17 anni

di verichan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


PARTE 1 di 5

Ti trovi in un edificio dell'FBI di Santa Fe, in una stanza di metallo grigio, sorvegliata sicuramente da telecamere discrete, con al centro un tavolo bianco e due sedie e una porta alla tua sinistra. Sebbene tu non soffra di claustrofobia, provi un certo malessere. Sei lì da chissà quanto tempo, con le caviglie e i polsi assicurati a un anello al pavimento e uno alla superficie del banco, e ti scappa da un po'. Hai chiamato per una capatina al gabinetto, ma nessuno si è presentato, perciò resisti finché puoi, stringendo le cosce.

Il trattamento del silenzio e la noncuranza per i bisogni corporali essenziali non ti sono nuovi, tu e i fratelli li avete usati ogni tanto, insieme ad altre forme di... persuasione. Però ti hanno medicato i graffi, i lividi, la costola incrinata e le due dita rotte. Non sei mai stato così ricoperto di attenzioni da... beh, mai, e la cosa puzza. L'FBI non è famosa per le sessioni di tortura, okay, tuttavia non è gentile con i farabutti che ammazzano la sua gente, e i membri della Deadlock Gang hanno compiuto stragi tra i suoi ranghi. Finora l'unica parte che si avvicina a una qualche vendetta è la sedia scomoda. Non escludi che sia una tattica, cioè prima baci e carezze, poi calci in culo.

Con uno sbadiglio appoggi la testa sulle braccia, spossato. Non c'è altro da fare se non concentrarsi sulla vescica piena. Al massimo ti piscerai addosso. Ti è capitato già tre volte: la numero uno grazie a un cazzotto in pancia, la due durante interminabili ore nascosto in una cassa per non essere beccato, la tre quando sei stato talmente stupido da sfidare Alida a una gara di bevute. Quando la natura chiama, chiama. Peccato per il completo arancione e scarpette bianche che ti hanno appena regalato.

Ti raddrizzi al rumore delicato della porta che scompare lateralmente nel muro. Un uomo in tenuta tattica scura entra a passo sicuro e si piazza sulla sedia libera, ponendo un tablet davanti a sé. Sulla spalla ha un emblema a te sconosciuto. È forse la conferma che il tuo caso è passato di mano, il motivo del trattamento innocuo ricevuto, e ti immagini i federali digrignare i denti e mangiarsi i distintivi.

Dopo una veloce occhiata alla tua faccia rilassata, l'uomo si dedica allo schermo su cui probabilmente campeggia il tuo profilo. Lo conosci, anche se non rammenti il suo nome. È il Comandante, il tizio di Overwatch che ha combattuto nelle Guerre Omnic. Oggigiorno è il tipo biondo a ricoprire i media con i suoi begli occhioni blu e ti penti di non aver seguito i telegiornali per sapere qual è esattamente la mansione dell'ex capo. È solo un attimo, però, perché, nonostante tu non sia maggiorenne, non ti alludi che la tua condanna abbia un basso conteggio annuale, e Tizio qui non è certo venuto a darti buone notizie. 'fanculo.

«Lettura interessante?»

«Jesse McCree. Diciassette anni. Contrabbando, furto, estorsione, incendio doloso, sequestro di persona, omicidio.»

«Hai scordato gioco d'azzardo, viejo

Il tuo sorriso è amichevole, addolcito dalla stanchezza e dalla tua naturale espressività. Il suo cipiglio è severo, granitico. Le sue iridi sono quasi nere, più scure della sua pelle. La loro intensità ti mette a disagio e cerchi di non darlo a vedere. Sei bravo a recitare.

«Fossi in te sarei più preoccupato per il mio futuro. Non è roseo, nemmeno per una canaglia della tua età.»

«Davvero?» Ti assicuri che lo stupore sia palesemente finto. «Ehi, tío, dovrei proprio andare al gabinetto.»

«Tienila. Prima parliamo.»

«Un barattolo?» Alza un sopracciglio lapidario. «Chiedevo.»

La conversazione non dura molto, sono domande sulla gang a cui rispondi in modo vago. Sai tutto, ieri non eri solo vicino al jefe, rimasto secco nella retata, eri anche uno in lizza per essere promosso a vicecapo delle operazioni ad Albuquerque, un bel giro di soldi. Ti sei spaccato le ossa per quella posizione e adesso ti tocca rinunciarci e tacere. Chissenefrega se non aiuta la tua sentenza, poiché di una cosa sei sicuro: se i fratelli ti beccano dopo che hai cantato, sei bello che morto, preda delle loro amorevoli cure.

«- in un carcere di massima sicurezza, a vita.»

Scrolli le spalle, indifferente alla minaccia, mentre dentro di te già ti manca la libertà. Hai diciassette anni. Non che non te lo meriti, ma sfidi chiunque, anche il pentito più pentito, a gioire alla prospettiva di trascorrere tre quarti della propria esistenza in prigione. Per scherzo ti domandi se sia ancora possibile suicidarsi con le lenzuola della branda della cella o se le misure di sicurezza siano talmente avanzate da prevenire l'estrema fuga. Dio, non ci vuoi andare in prigione. Perché non ti hanno ammazzato allo stupido incontro-farsa al magazzino?

«Niente da dire, canaglia?»

«Che vuoi che dica, viejo? Ero preparato a morire prima dei venti, ora mi tocca vivere fino ai cento in una bara. Triste, ma sono le carte che mi hanno dato.»

L'uomo, che non si è ancora presentato, il maleducato, ti studia. Perdi il tuo sorriso falso e sostieni il suo sguardo con una maschera apatica. Il vecchio vince e tu sbuffi piegando la testa di lato. Sei stanco, la vescica sta per cedere e in meno di ventiquattro ore il panorama del Nuovo Messico sarà sostituito da sbarre e brutti ceffi da galera. Nascondi la faccia tra gli avambracci con un sospiro, troppa sbatta tenerla su.

«Pisciatina in arrivo.» borbotti.

È una constatazione, e quando il tuo nuovo amico si accorge del sibilo della tua urina, impreca. Ridacchi sommessamente senza alzare il volto. Magari avresti potuto sforzarti di tenerla fino a fine intervista, ma la sua singola bestemmia e perdita di compostezza sono una piccola vittoria per te, forse l'ultima. Il liquido caldo ti riempie le mutande e straripa, gocciola dalla seduta e percorre veloce le gambe, formando una pozza per terra con un rumore a cascata ridicolo rispetto alla quantità di fluido prodotta. Ti sembra di galleggiare beato in una piscina finché il sogno viene irrimediabilmente interrotto da qualcuno che parla e ti muove la testa. È Tizio, vedi la sua mano guantata. Non odi un'acca di quello che blatera e le palpebre calano senza che tu possa farci nulla. Perché sei così stanco?

 

Ti risvegli in un letto ospedaliero, polsi e caviglie legati alla barriera metallica con bracciali dall'imbottitura morbida. Ricordi di esserti addormentato nella stanza interrogatori dopo aver creato un lago di piscio e adesso c'è una donna con gli stessi vestiti di Tizio che comunica al suo comandante il tuo risveglio in un auricolare. Che cazzo è successo?

Sei esausto, ma prima che tu possa porre qualche domanda alla tipa, ecco Tizio riapparire dall'ennesima porta. Ti esamina ascoltando un breve rapporto dalla sua subordinata, a cui ordina di lasciarvi, per poi posizionarsi in piedi accanto a te a braccia conserte. In teoria non sarebbe il dottore il primo a visitare il paziente?

«Ehi...» saluti, o almeno ci provi.

Tizio ti offre dell'acqua da una bottiglietta, per pietà della tua gola secca o semplice praticità, visto che gli occorri ciarliero. Ti spiega che un membro del team medico federale che ti ha curato dopo la cattura ti ha somministrato una sostanza letale a effetto ritardato, tempo sufficiente per tornare a casa e spararsi in testa. A quanto pare i Deadlock le hanno ucciso il fidanzato in un colpo ad Albuquerque e tu sei il sospettato numero uno. Quanti drammi.

«Carino da parte tua venire a trovarmi.»

«Non abbiamo concluso.»

«Dove sono i miei fiori?»

«Senti, ragazzo-»

«Com'è che ti chiami, tío

Ti lancia un'occhiataccia. Non gradisce le interruzioni, buono a sapersi. Vuoi conoscere il suo nome, l'organizzazione a cui appartiene, il suo ruolo nelle indagini. Sei in un fottuto ospedale e con le talpe che i tuoi hanno tra i distintivi è possibilissimo che tentino un salvataggio. O un'esecuzione. D'altronde sai fin troppe cose. Entrambi i casi sono i benvenuti, piuttosto che marcire in gattabuia. Preferiresti non morire e mantenere la libertà, comunque.

«L'incontro ravvicinato con la morte non ti ha insegnato niente, vedo.»

«Non è il primo, non sarà l'ultimo. La mia è un'occupazione movimentata, sai.»

«Di cui ti conviene parlare.»

«Spiacente, non sono uno spione.»

«Se credi che i tuoi cosiddetti fratelli verranno a salvarti sei più stupido di quanto pensassi. Non sei niente per loro.» Sbuffi divertito. «Svegliati, ragazzo. Sei una pedina sacrificabile.»

Sospiri ai suoi tentativi di spaventarti. Non ha offerto una diminuzione di pena, o il programma di protezione testimoni, che in tutta sincerità è l'unica opzione per cui canteresti, il che significa che spifferare non ti porterà alcun vantaggio. Tizio sta sprecando il suo tempo e più rimani qui, più le chance della banda di raggiungerti aumentano. Non ti sbilanci a giudicarlo idiota, scommetti che abbia l'edificio sotto controllo con l'ausilio dei federali e due o tre protocolli nell'eventualità di un attacco, tuttavia dubiti che sia a conoscenza delle risorse che i Deadlock possiedono. La gang è famosa per la violenza e l'uso dell'artiglieria pesante, show rumorosi che finiscono sulle prime pagine, ma jefe Randy era uno furbo, che ha messo radici negli uffici e nelle aule dei tribunali, che aveva info sporche sulle persone giuste, e questi contatti ben celati non sono spariti con la sua dipartita. In sintesi i tuoi fratelli sanno dove venirti a raccattare e nessun Tizio, Caio o Sempronio sarà in grado di impedirglielo.

Tizio schiocca le dita sopra il tuo viso. Gli occhi ti si sono chiusi mentre ti perdevi nei tuoi pensieri. L'uomo prende il fatto per spossatezza e ti abbandona alle cure del medico, con la sua collega a sorvegliarti. Effettivamente sei fiacco. Non sai neanche da quanto sei lì, ma il caro dottore, nervoso e sudaticcio, ti informa che sono trascorse quattro ore dal tuo ricovero e che ne occorreranno minimo quarantotto per ritrovare le energie perdute. Poi, però, nell'accomiatarsi dice qualcosa che fa trottare il tuo cuore. Meno male che il battito cardiaco non è segnalato dai macchinari e che l'amica in nero non si è accorta di nulla.

Il messaggio ti prepara all'esplosione che avviene circa un'ora più tardi da qualche parte nell'ospedale. Una distrazione. La guardia estrae la pistola e si piazza davanti all'entrata, la sola via d'accesso, ma non importa che la stanza sia priva di finestre, perché i ragazzi ne creano una proprio in quel momento. Sotto il tuo letto.

Cadi nel vuoto e urli peggio che sulle montagne russe, con la tizia sbalordita che ti osserva discendere piano dopo piano nelle profondità del seminterrato. È troppo lontana per vedere cosa succede laggiù: una pedana ferma dolcemente la tua caduta grazie al meccanismo magnetico del lettino e ti ritrovi a ridere senza fiato mentre un gruppo dei tuoi ti slega e ti carica di peso su un mezzo blindato, un magnifico fuoristrada d'assalto russo, di cui siete di recente entrati in possesso.

«Mettiti questi, Jes. Basta avere il culo al vento, o mi sanguineranno le palle degli occhi.»

Esplodete tutti in una sonora risata, sballottati dalle manovre dell'autista e circondati dall'epico casino all'esterno. Getti il camicie ospedaliero da parte, indossando calzini, jeans, scarpe e maglietta, e ti allacci le cinture. L'inseguimento non dura molto e in men che non si dica ve la siete filata da Santa Fe con alle spalle poliziotti fumanti, politici in imbarazzo e giornalisti affamati.

 

Viejo = vecchio

Tío = zio

Jefe = capo, boss

 


Note dell'autore:

Mai giocato a Overwatch ma mi piacciono il design e le storie dei personaggi. Leggendo poi delle ficci in inglese, mi sono affezionata a Jesse McCree, perciò sentivo di dover scriverci su qualcosina, resistendo alla fortissima tentazione di aggiungere elementi soprannaturali con il Deadeye. Avevo tante di quelle idee... una era semplice e carina, ma mi sono trattenuta u_u
Avverto che sarà la prima e ultima ficci su Overwatch, devo semplicemente esorcizzarlo dal mio corpo e poi non ci penso più XD
Questa comunque è la prima storia che scrivo in seconda persona, e ne sono piuttosto soddisfatta!
Ho riletto due o tre volte, ma se mi sono scappati errori non esitate a dirmelo ^^

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


PARTE 2 di 5


Dopo una chiacchierata con il boss Rosa, uno spuntino e un sonno ristoratore, ti ritrovi comodamente steso su una branda dell'ala del magazzino adibita a dormitorio a esaminare la pagina di Wikipedia di Gabriel Reyes sul telefono. È ancora dentro Overwatch, spodestato però da occhioni blu e sorriso smagliante. Che smacco, con tutte le medaglie e i riconoscimenti ottenuti. Malgrado i meriti, non ha avuto chance contro lo stereotipo americano d'élite. Ecco il perché di quella perenne faccia scontrosa, povero Gabe.

Trascorrono quattro giorni dalla fuga. La polizia è la barzelletta dei notiziari mentre voi continuate i vostri affari come al solito. Rosa, donna forte sulla quarantina, è un jefe identico a Randy, manco fossero gemelli: intelligente, paziente e spietata. I due erano cugini e tra loro correva un affetto sincero, credi, considerato che hanno fatto la pelle a Joseph, il boss precedente, e governato insieme e in armonia la banda triplicando i profitti. I Deadlock la rispettano.

Rosa non ti ha salvato per compassione. La tua evasione spettacolare ha creato vittime tra civili e forze dell'ordine, scatenato il panico nella popolazione, indebolito le figure politiche, istigato l'insofferenza dei giornali verso l'incompetenza degli addetti alla pubblica sicurezza. La Deadlock Gang ha aggiunto peso alla sua fama, come se le impiccagioni, i disgraziati sotterrati fino al collo nel deserto, le abitazioni e i negozi incendiati, le minacce, i pestaggi e le sevizie non fossero sufficienti. Non siete semplici contrabbandieri, siete gente che mantiene i patti e punisce chi vi ostacola. Deadlock: un nome, una garanzia.

Tuttavia c'è dell'agitazione tra le vostre fila. I ragazzi pensano che il colpo inflitto manchi di personalità.

«Dovremmo buttare giù un pesce grosso.»

«Tipo il sindaco?»

«Chissenefrega del sindaco. Dobbiamo appendere chi ha ammazzato Randy.»

«Jes. Jesse!»

«Sono al cesso.»

«Sbrigati e vieni qui.»

Sospiri seccato, pettinandoti i capelli indietro con una mano. Inutilmente, visto che un paio di ciocche castane ti ricadono sugli occhi. Joe lo Spillo ti ha tagliato la chioma fino alle orecchie, salvandoti da un look hippy, ma si è dimenticato della fastidiosa frangia. Attorcigli un ciuffo sull'indice e il ricciolo rimane a livello delle sopracciglia. Lo specchio e la luce a soffitto dell'angusto ma lindo gabinetto mettono in risalto le occhiaie violacee, rimasuglio delle tossine che la tua assassina ti ha iniettato. Non ti lamenti, hai ripreso le forze e non assomigli più a un cadavere che girovaga per la base indossando maglione e berretto di lana con trentadue gradi all'ombra. Ti concedi un attimo vanitoso, apprezzando il tuo giovane riflesso, scontento, capelli a parte, soltanto del pizzetto sul mento che non si decide a crescere decentemente. È dura essere adolescenti.

Tornato dai tuoi, ti siedi di traverso su una sedia, incrociando le braccia sullo schienale. Al tavolo sono riuniti una decina di banditi che hanno consumato già due birre ciascuno durante la partita a carte. L'odore di tabacco inquina l'aria dello stanzone-dormitorio, impregnando le brande, e non vedi l'ora di uscire a prendere una boccata d'aria, nonostante tu stesso indulgi in quella robaccia di tanto in tanto. Sarà infantile, ma ti fa sentire adulto e figo.

«Sei sicuro di non aver visto chi ha ucciso Randy, Jes?»

Ci risiamo. Tu e gli altri due sfuggiti ai piedipiatti siete costantemente bombardati di domande idiote. Cerchi di non essere troppo scorbutico, anche se vorresti rispondere a tono. Gli animi sono caldi, meglio non portarli a ebollizione.

«Sono sicuro. Non ho visto.»

Fra i borbottii annoiati Marissa ti fissa compiaciuta. Il tuo status all'interno della gerarchia è calato col fiasco a Santa Fe e la ragazza, poco più vecchia di te, è in agguato nella corsia di sorpasso. È stata tua rivale sin dal principio e le bruciature di sigaro sul tuo stinco destro sono opera sua, ricambiate da te con la cicatrice da taglio verticale che le scende dall'attaccatura del naso, attraverso le labbra, fino al mento. Non escludi che Albuquerque verrà assegnata a lei e la cosa ti brucia parecchio. Le invii un bacio, a cui la sfregiata sbuffa dalla narici, contraccambiando con una smorfia di disprezzo.

Abbandoni la discussione superflua ed esci dall'edificio. La base, composta di quattro grandi depositi più un hangar circondati da un recinto sorvegliato, è tranquilla. L'aridità del pomeriggio si è mitigata a sera, e passeggiare il misero centinaio di metri fino al capannone dove avete predisposto un poligono di tiro non ti arrostisce come ti arrostirebbe nel caldo torrido. Mikey ti saluta alla guida di un carrello elevatore e non puoi fare a meno di domandarti se Alida gli abbia tagliato i coglioni dopo l'offesa di ieri. Dal suo sorriso spensierato non sembra, comunque, una volta indossate le cuffie, ti concentri sui bersagli olografici che appaiono sul campo. Non ne manchi uno.

Sparare ti piace. Se non fosse uno stile di vita, sarebbe un hobby, uno in cui eccelli. I pensieri scivolano via insieme ai bossoli, sostituiti dall'istinto della caccia e dalla perfetta coordinazione oculo-manuale. Le dita sono guarite bene e l'esercizio aiuta a risvegliarne la sensibilità, passando dalle pistole ai fucili, concludendo con il lanciagranate e guadagnando una manciata di spettatori, attratti dal tuo puro talento. Centri la stringa finale di obiettivi ed esali un sospiro soddisfatto.

Marissa non è migliore di te.

Sei giovane, eppure non c'è fratello che non ti tratti da pari. Quando qualcuno nuovo curiosa sulla tua storia, tra le risposte che ottengono c'è solitamente questa: «È uno dei bambini di Joseph.». Joseph, il vecchio jefe, il figlio di puttana che di punto in bianco ha voluto sperimentare, reclutando una ventina di poppanti per plasmarli secondo la sua teoria darwiniana: adattati, evolvi o muori. L'iniziazione per entrare nei Deadlock, è l'esempio perfetto per descrivere il genere d'uomo che era stato. Joseph chiamava il container la Scatola. La regola era che si entrava in due, disarmati, e dopo un'ora, alla riapertura della Scatola, doveva esserne rimasto solo uno. In caso contrario entrambi i candidati venivano... scartati. Nessuno strizzacervelli riuscirà mai a cancellare dalla tua memoria le emozioni che hai provato in quei sessanta minuti. A volte, nel buio pesto, mentre i fratelli dormono attorno a te, è solamente grazie al coltello o alla pistola sotto il cuscino che riesci ad addormentarti. La loro solidità è la conferma che non sei nella Scatola, a brancolare nell'oscurità all'inseguimento di un respiro disperato quanto il tuo.

Hai superato il test il giorno stesso in cui ti sei presentato alla banda, impossibilitato a rifiutare. Avevi tredici anni. Marissa, entrata dopo il golpe, non ha idea di cosa potresti arrivare a fare per ottenere la vittoria nella stupida faida che lei stessa ha provocato.

Rimetti in ordine l'armamentario utilizzato, chiacchieri con Therese e Anton della nuova merce, poi insieme vi dirigete alla mensa per cena. Ti aggreghi alla gente con cui bazzichi più spesso, condividete il cibo, gli scherzi, il calore. In questi pacifici frangenti la Deadlock Gang è davvero una famiglia. Tuo padre se l'è squagliata perché non riusciva più a sopportare tua madre; tua madre ti considerava il frutto di una gravidanza indesiderata; i nonni vedevano in te il genero detestato. Nessuno ti voleva, perciò te ne sei andato in cerca d'altro. Una banda di farabutti non è la famigliola perfetta, anzi, ma te la sei scelta tu, nel bene o nel male.

«RAGAZZI!»

Rosa è in piedi su un podio di tre casse di tequila, il che di per sé è abbastanza per catturare l'attenzione di chiunque. Un'espressione maliziosa danza sul viso della leonessa indomita dal naso schiacciato e mancante di un orecchio, mentre lo sguardo abbraccia la trentina di mascalzoni lì radunati. Ti giri sulla panca per non darle la schiena. Sam si siede sopra il tavolo, dietro di te, affiancandoti il corpo con le gambe lunghe e posandoti le mani sulle spalle. Gli passi la tua birra mezza vuota, che lui tracanna, e accomodi le braccia sulle sue ginocchia. I fratelli fremono impazienti ma si quietano a un gesto del boss.

«È passata quasi una settimana da che quei bastardi hanno ammazzato il nostro Randy.»

Sei tra quelli a cui sfugge un'esclamazione. Lanci un'occhiata eccitata a Sam, che non sta nella pelle, uguale a te, e come ragazzini vi date pacche concitate. Rosa si è finalmente decisa a menzionare la morte del cugino e questo significa una sola cosa: vendetta. Il nuovo jefe vi esalta con la promessa di una lezione che le autorità non dimenticheranno, grazie al carico di esplosivi che aspetta solo di essere posizionato nella sede del municipio e dell'FBI di Santa Fe. Il nome dell'assassino è stato scoperto, Danielle Anderson, insieme alla locazione della sua residenza. Tre gruppi scelti partiranno alle quattro di domattina. La sala si riempie di grida feroci e l'alcool scorre a fiumi.

Rosa ti sorprende strappandoti ai festeggiamenti e conducendoti nel suo ufficio spartano. Con un cenno ti fa accomodare sulla sontuosa poltrona di pelle gemella alla sua, unici accessori di lusso della base. Era stata di Randy e sedercisi è un onore. Tra voi un tavolino da caffè ricavato da un tavolo metallico del magazzino. Il tablet su di esso è per te e all'accensione dello schermo compaiono due paia di occhi innocenti, i due figli della Anderson. Non è vero, ma ti sembra che la temperatura della stanza sia scesa a livelli polari.

«Vedo che hai capito.» Rosa ti inchioda con iridi inclementi. «Consideralo un test: superalo e Albuquerque è tua.»

«Credevo di aver già superato ogni test.» rispondi con una calma che non senti.

«Mmpf. Che c'è, Jes? Mi guardi come se tu non avessi mai ammazzato marmocchi prima.»

«Non sto dicen-»

«Non ti far crescere una coscienza proprio adesso, cariño. Randy sta marcendo in un obitorio federale e tu e gli altri due incapaci scampati alla morte siete responsabili. Ora, non ho bisogno di loro, di pisciasotto il mondo è pieno. Di te, invece...» Lascia la frase in sospeso. Conoscete entrambi il tuo valore. «Mi occorrono persone fidate.» continua. «C'è puzza di fogna. Un fottuto ratto nella nostra casa. Capisci il mio dilemma, Jes?» Un groppo in gola ti impedisce di spiccicare parola. Annuisci. «Sei uno dei pochi figli di puttana indispensabili in questa organizzazione. Non voglio spedirti al Creatore, se posso evitarlo. Fai fuori Anderson e famiglia, dimostrami quanto ci tieni, alla tua pellaccia e alla Deadlock Gang. Pensi di riuscirci, tesoro?» Annuisci di nuovo, ma alla sua alzata di sopracciglio ti sforzi di disfare il nodo vocale.

«Claro, jefe

«Bravo ragazzo. E ora regalami un bel sorriso, Jessito. Dio solo sa quanto è bello il tuo sorriso.» ti prende bonariamente in giro.

Le mostri il tuo marchio di fabbrica a denti bianchi mentre muori dentro.

Tornato alla mensa, hai tutta l'intenzione di sfasciarti di tequila. Non sei un gran bevitore, perciò non ci vorrà molto per vomitare l'anima e svuotare la mente da quello che ti aspetta l'indomani. Rosa ti toglie anche questa consolazione, dato che vi vuole bei vispi senza i postumi di una sbornia colossale. Allora fumi un sigaro all'aperto, appoggiato al muro del deposito, il viso rivolto verso l'alto senza però notare la maestosità del cielo stellato, un privilegio visibile soltanto lontano dai centri abitati. Tiri su col naso dalla punta fredda e ti stringi nel serape che hai preso da qualcuno, non sai chi, non hai chiesto.

Ti eri convinto che sparito Joseph non avresti più dovuto fare... certe cose. Non avete toccato bambini dal rovescio di governo, dopotutto. Non direttamente, giusto danni collaterali. Forse Rosa sta calcando la mano per Randy, un'eccezione che non si ripeterà. Osservi la brace luminosa all'estremità del cilindro costoso.

Sei un codardo, Jesse McCree, menti a te stesso per sentirti meglio e tirare avanti.

Getti il sigaro e lo calpesti stizzito, sollevando una nuvoletta di sabbia che viene trascinata via dal vento. Prendi un respiro profondo, che in un attimo raffredda i polmoni scaldati dal fumo, e soffochi il lamento da animale ferito che ti artiglia la gola. Diventa sempre più arduo metterlo a tacere, non importano i soldi che guadagni o le distrazioni che compri.

Rimani lì ancora un po', ascoltando distrattamente il concludersi dei festeggiamenti all'interno. Non per la prima volta ti senti solo, ma ormai ci sei abituato e la sensazione non ti fa male come quando eri uno scricciolo e piangevi con la testa infossata nel cuscino. Sei grande ormai, non un bambino.

Steso sulla branda, reciti mentalmente uno dei motti di Joseph, uno di quelli utili: i problemi si affrontano, non si delegano o rimandano. Domani ucciderai quella famiglia e la tua vita andrà avanti. Magari esiterai, magari mormorerai delle scuse, ma lo farai, come hai fatto tante altre brutte cose in passato.

Dio.

Come puoi avere solo diciassette anni e trovarti in questa merda?

 

Jefe = capo, boss

Golpe = colpo di stato (lo si usa anche in italiano)

Cariño = appellativo tesoro, amore

Claro, jefe = Certo, capo

Jessito = vezzeggiativo di Jesse

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


PARTE 3 di 5

 

L'allarme che d'improvviso risuona negli edifici vi fa saltare giù dalle brande e correre in posizione, pronti ad affrontare i bastardi che... non ci sono.

Vi guardate attorno, fate rapporto attraverso i comunicatori. La causa del trambusto non si trova. Rosa è su tutte le furie e ordina controlli approfonditi del perimetro, delle merci e del sistema di sicurezza. Trattieni il fiato quando le domandano se il piano delle quattro è ancora valido: risponde di sì. Non è la prima volta che passate una notte in bianco e la scoperta di un malfunzionamento elettronico, sebbene sospetto, non fermerà l'operazione. Il tuo ingenuo rammarico ti disgusta. Non sei un bambino, McCree.

Le acque si calmano. Alcuni tornano a dormire nonostante siano le due, tu vai in cucina dove una manciata di fratelli sta preparando caffeina liquida in quantità industriale. Bevi la brodaglia nera e bollente con una smorfia. Fa schifo, ma è migliore della macchinetta a Deadlock Gorge, il vostro quartier generale. È incredibile che con tutti i soldi che avete ci siano fratelli che hanno la faccia tosta di sgraffignare una macchina del caffè decente appena la si compra. Spilorci.

Scosti rudemente Anton, che ha confuso la panca della mensa per un letto e la tua coscia per un guanciale, e decidi di rifugiarti al poligono di tiro fino all'ora stabilita per distendere i nervi. Sei bravo con il fucile di precisione, ma preferisci avere una visuale aperta, così da sfruttare al massimo i tuoi riflessi. Lo scegli proprio perché non è il tuo preferito, come una sorta di punizione o specchio del tuo cattivo umore.

«FBI! GETTATE LE ARMI!»

«MANI IN ALTO!»

«NON MUOVETEVI!»

«SIETE IN ARRESTO!»

Non pensi, agisci. Ti butti al riparo, copri un paio dei tuoi col fucile e vi infilate nella botola segreta che conduce al bunker sotterraneo. Anton non ce la fa. È all'imboccatura, un piede sul primo piolo della scaletta, e un proiettile gli trapassa la gola, spruzzando di sangue voi dabbasso. Un fratello calpesta il suo corpo precipitato a terra nella fretta di raggiungere i comandi e sigillare l'entrata. È una triste visione: Anton si contorce e boccheggia come un pesce, le mani al collo straripante. Alida ti precede, togliendogli il cappello da cowboy e sparandogli in testa in un atto di compassione. Incazzata, indossa il cappello e vi sprona a muovere il culo.

I comunicatori non funzionano. Seguite il protocollo d'emergenza e vi riunite nell'atrio a cui i cinque tunnel principali sono collegati. Il quinto è la vostra via di fuga, sette chilometri più in là nel deserto, ma Spillo riferisce che il boss è incastrato nel magazzino. Come se non bastasse, i federali hanno indovinato le password d'accesso e si stanno infiltrando nel sottosuolo. Maledetto il ratto che vi ha tradito.

Ti unisci al gruppo di Spillo per raccattare Rosa. Protetti da scudi energetici, siete in grado di disporvi a ventaglio attorno alla botola il tempo sufficiente per coprire lei e altri. Scorgi un'uniforme in nero integrale nel caos. Tizio, o uno dei suoi uomini, è tra gli assalitori, in movimento tra gli imballaggi, e il pensiero che forse, se uccidi il grande capo, Rosa ti premierà esentandoti dall'infanticidio, ti spinge a correre il rischio con la durata degli scudi, rinfoderare la pistola, imbracciare il fucile e prendere la mira. Hai cinque cartucce e tre spiragli in punti scomodi tra le casse impilate del deposito dove è-o-non-è-Gabe si è nascosto. Beh, non è impossibile, devi solamente incoraggiarlo a posizionarsi nel modo giusto.

Il primo colpo gli centra lateralmente lo stivale, a livello del pavimento. La figura lancia un grido e si accovaccia, il capo entra parzialmente nella tua visuale. Col secondo colpo gli distruggi la mascella, e le grida di soccorso dei suoi compagni si fondono alle sue laceranti. Finalmente il suo cranio è nel tuo mirino.

Chao-chao, forse-è-Gabe.

«JESSE! MUOVITI, CAZZO!»

Ti afferrano da dietro per il giubbotto antiproiettile e il colpo va sprecato. Non sei troppo arrabbiato, però, perché un attimo dopo la barriera va in frantumi e per poco non ti crivellano.

La situazione sta lentamente volgendo a vostro vantaggio: avere fatto collassare il tunnel 1; le saracinesche rinforzate nei tunnel 3 e 4 stanno ritardando l'avanzata nemica; il tunnel 2 è preso da una sparatoria altalenante; il tunnel 5 è libero. Disgraziatamente il traditore ha sabotato la sala controllo del bunker e il collegamento con l'esterno, e tutto deve essere svolto manualmente e con le torce. Meno male che non rimarrete lì tanto a lungo da preoccuparvi dell'ossigeno.

«Boss! Abbiamo Reyes, boss!»

Gabe? Tizio ha un taglio sulla fronte sanguinante e polveri del crollo sull'uniforme. Ah! Il povero diavolo è uscito dalla parte sbagliata del collasso nel tunnel 1, insieme a due piedipiatti. Forse-è-Gabe non era Gabe, alla fine.

Vedi i tre ammanettati venire trascinati di forza nella sala controllo per essere interrogati. Non ci badi troppo, collezioni munizioni e ti apposti dietro la barricata che avete innalzato presso il tunnel 2, in caso i federali riuscissero nella loro impresa. I ragazzi si adoperano ad attivare le torrette automatiche, attaccandole a generatori autonomi, conservate lì sotto tra l'artiglieria di scorta.

«Jes!» Jonas corre verso di te da dove si sta svolgendo il conflitto a fuoco e ti punta in faccia un fascio di luce. «Adila ti vuole nel numero 2. E ha bisogno di robe varie.»

Bene, bene, un po' di azione. Raggiungi il gruppo di Alida, consegnandole delle bombe-E contro gli agenti omnic e dei visori notturni, con cui rovesciate la frittata. Un gioco da bambini.

Gli imbecilli vi hanno preso sottogamba. Avete risposto alla loro offesa con azioni precise, militari, che i boss vi hanno inculcato a furia di esercitazioni, cogliendoli, ironicamente, di sorpresa. I Deadlock non sono solo forza bruta, il ratto s'è scordato di scriverglielo negli appunti?

Fate saltare anche questo tunnel e ora non rimane che andarvene prima che le saracinesche cedano.

L'atrio è illuminato da fari a batteria, creando un'atmosfera meno da film horror. Chiacchierando con Alida, ipotizzate sulle strategie in caso questa non sia l'unica base sotto assedio e concordate che Deadlock Gorge sia la destinazione più sicura. Della quarantina di fratelli che eravate ne rimangono meno della metà e le jeep e motociclette lì parcheggiate trasporteranno tutti. Con le telecamere cieche non avete idea se all'esterno del tunnel 5 ci sia qualcuno ad aspettarvi, perciò caricate i mezzi in prima fila con delle mitragliatrici. Una gran sfortuna non avere a disposizione i fuoristrada d'assalto russi, rimasti di sopra, ma tutto sommato poteva andarvi peggio.

«Secondo te chi è la talpa?»

Alida ha atteso che foste soli per pronunciare la domanda scottante che potrebbe dare luogo a una pericolosa caccia alle streghe. Non ti guarda mentre te la porge, osserva la famiglia indaffarata, i lamentoni, i nervosetti, gli scioccati. Ha le braccia conserte e in una mano tiene stretto il cappello da cowboy di Anton per la falda, nell'altra una pezza umida con cui vi siete appena puliti del suo sangue dalla faccia. Anton il Buffone non era particolarmente brillante, ma sopperiva all'assenza di materia grigia con un'idiozia da clown che rallegrava lo spirito. Era il vostro giullare.

«Logicamente nominerei me stesso, col fatto che mi hanno tenuto sottochiave per quasi ventiquattro ore.» La sorella non fa una piega, segno che ci è già arrivata. Ti giudica innocente? «Ma visto che so di non aver cantato, mi tolgo dall'equazione.»

«Chi rimane?»

«Chiunque sia ancora vivo.» Lei inclusa. «Oppure il ratto potrebbe essersela svignata quando è suonato l'allarme, o durante l'attacco.» ragioni. «Non lo so, Ali.»

«Se il trio non parla, sono sicura che Rosa cercherà di accedere al sistema.»

«Pensavo che avessero bruciato la scheda madre.»

«Jefe Rosa ha un asso nella manica, me lo sento.»

«Allora» sorridi furbescamente, «dovremmo spargere la voce in giro e vedere chi comincia a sudare freddo.»

La donna ricambia il sorriso e ti piazza il cappello sulla capoccia. Vi separate e condividete l'informazione, vera o falsa che sia. Se nessuno si comporta in modo strano, vuol dire che la talpa non è qui, o è col boss, o troppo astuta da smascherarsi. Che seccatura.

Marissa appare dal tunnel 4 con aggiornamenti sulla saracinesca. Ovviamente la snob li comunicherà unicamente al capo. Le spieghi che la jefe è occupata in interrogazioni e recupero dati e noti un sottile cambiamento sul suo viso. È lei? Ti sta così sulle palle che vorresti fosse lei, una scusa come un'altra per togliertela dai piedi, tuttavia la ragazza si adagia nel suo solito sogghigno compiaciuto, ansiosa di ammirare il boss all'opera. Tze, leccaculo. Più per infastidirla che per un'effettiva ragione, la accompagni. Non ci tieni a rivedere da vicino il vecchio Gabe, ma preferisci non perderla di vista, un passo avanti a te. Non si sa mai.

Overwatch è legato a una delle sedie da ufficio e per ora non ha subito danni. Le braccia allacciate strette sui braccioli hanno le dita dritte e pare che la dentiera sia integra, anche se potrebbe partire da un momento all'altro da quanto la sta serrando. Accantonato al muro c'è il cadavere seviziato di un agente, il terzo del trio sta annaspando con la testa intrappolata in un sacchetto di plastica. Insomma, finora hanno solo parlato amichevolmente.

I suoi occhi scuri ti studiano per un istante, poi tornano su Rosa.

«Dimmi qualcosa, Re dei Re. Pinco Pallino qui non sembra abbia una bella cera. No? Niente? Ay, che cuore gelido.» A un suo cenno una sorella serra la busta e si siede sopra la schiena del disgraziato, in attesa della sua convulsa dipartita. «Questo tuo silenzio mi ferisce, lo sai?»

«Rosa.» La jefe piega il capo verso Marissa. «La saracinesca 4 non reggerà a lungo. Dobbiamo andare.»

«Non preoccuparti, tesoro, non manca molto.»

Sei confuso. Non ha nemmeno cominciato con Gabe, e nessuno dei presenti sta smanettando con i circuiti del computer. Non manca molto a cosa?

«Tu che vuoi, Jessito?»

«Sapere come va. Siamo pronti a partire al tuo via, jefe

«Beh, avete la vostra risposta. Smammate. Anzi, no. Tu rimani, Marissa. Ti serve della pratica.»

Rabbrividisci. L'istinto ti suggerisce di filartela, e non perché di lì a poco Overwatch verrà tagliato a pezzi. Sta succedendo qualcosa di strano. Alida ti consiglia di fidarti di Rosa e non rimuginarci troppo. Soltanto dopo scoprite che i lamenti dell'interrogatorio non sono maschili. Marissa? Un brusio incredulo serpeggia tra voi ma si placa allo sbattere della porta della sala controllo e all'immagine di una Rosa sorridente con un megafono.

«SI PARTE, RAGAZZI!»

Rispondete con voci tonanti e schizzando a completare gli ultimi preparativi. Dalla stanza escono tutti tranne i tre cadaveri. Marissa non è tra i vivi.

Sei appena montato in sella a una motocicletta, dietro la schiena di Alida, quando il capo decide che viaggerai con lei nella seconda jeep. Nervoso, ti siedi sul sedile del passeggero, mentre Rosa regola il quadro comandi, attivando la torretta automatica sul cofano. Alle vostre spalle Overwatch è ammanettato mani e piedi, Muto lo sorveglia, e Jio è l'addetto alla mitragliatrice MG sul tetto semi-scoperto, una bellezza tedesca. Il convoglio accende i motori e si avvia per il corridoio tenebroso.

«Anton?» domanda Rosa notando di sfuggita il tuo nuovo cappello, rovinato da un paio di aloni rosso-bruni.

«Già.»

«Peccato, era divertente. A proposito di divertente! Non indovinerai mai chi ci ha mandato la piccola serpe.» Poggia una sigaretta tra le labbra e ti lancia l'accendino. Lo afferri al volo e le dai fuoco.

«L'FBI?»

«Sbagliato, mio Jessito. Quel cretino di Joseph ne ha combinata un'altra delle sue. Perfino l'oltretomba non riesce a contenere la sua stupidità. Ti dice niente il nome Rodriguez?» Scuoti la testa. «Un indizio: è una storia che finisce nelle fiamme.»

Non le importa che Gabe vi ascolti, il che significa che il suo destino è segnato, una volta svolto il ruolo che Rosa gli ha affibbiato. Il Muto, storico braccio destro barra amante di Rosa, rimane... beh, muto. Non parla molto, i coltelli lo fanno per lui.

«Aspetta.» Ti ci vuole un po' per connettere quel nome così comune a qualcosa. «I Rodriguez di La Mesilla?»

«Bingo!»

«È roba di quasi tre anni fa. Che c'entrano?»

«Loro nulla. I vicini di casa.» Ridacchia alla tua perplessità. «Sono bruciati i genitori e il figlioletto. Indovina chi non era a casa quella sera?»

«La figlia.»

«La figlia. Marissa, o come cavolo si chiamava.» Soffia il fumo nell'abitacolo, gli occhi puntati sulla jeep che vi sta di fronte. «Per farla breve, la piccola Marissa guarda i video dei testimoni e decide di vendicare i suoi. Ultimo indovinello: chi riconosce uscire dalla casa dei Rodriguez armato di lanciafiamme?»

«Ora capisco perché ce l'aveva tanto con me.»

I Rodriguez erano stati una delle tredici famiglie che Joseph aveva raso al suolo sulla strada per il successo. Un buon esercizio per i suoi bambini-soldato. I ricordi si confondono, e non sai se i Rodriguez erano quelli con la cameretta con i letti a castello invasi da peluche, la stanza singola col soffitto dipinto di stelle rosa o la camera tappezzata di poster di celebrità dei cartoni animati. Hai sognato i fagotti agonizzanti sotto le coperte per le due settimane seguenti, aggiungendo un volto ai corpi carbonizzati grazie alle foto del telegiornale e alla tua ricerca colpevole sul web.

Madre e figlio che hai contribuito a sotterrare vivi in una fossa invece ogni tanto ti vengono ancora a trovare la notte. Chissà quanto gli Anderson sarebbero rimasti con te.

Mmpf. Che belle domande che ti fai a diciassette anni.

 

Chao = addio, arrivederci informali

Reyes = guarda caso il cognome di Gabriel in spagnolo significa “re” al plurale, perciò Rosa lo chiama Re dei Re.

Ay = un'esclamazione tipica spagnola

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


PARTE 4 di 5

 

Nel tunnel echeggiante dell'ovattato rombo dei motori a impulso, Rosa si dilunga su Marissa e i suoi piagnistei. Hai imparato che questi monologhi sono il suo modo più innocuo di sfogarsi, che bisogna stare zitti e rispondere molto brevemente a eventuali domande retoriche. Il doppio gioco di Marissa, il non essersene accorta, la derivante perdita di mercanzia e base operativa e, infine, il piano per vendicare Randy andato in fumo le bruciano parecchio. Nonostante la perfetta faccia da poker e il tono scherzoso, l'astio si spande denso come melassa nell'abitacolo.

Personalmente non hai rimorsi. La ragazza è entrata in famiglia meno di un anno fa e ti ha preso di mira, conquistando la tua eterna antipatia, ed è soltanto il fatto che le hai ucciso i parenti stretti a impedirti di gioire apertamente della sua morte. Non sei fiero delle tue azioni, ma ai tempi la scelta stava tra te e loro. Certo, se avessi avuto l'esperienza attuale, invece di cedere alle minacce di Joseph avresti potuto uccidere lui, anticipando Randy e Rosa, tuttavia dubiti che la banda avrebbe seguito un pivello sbarbato, anzi, probabilmente ti avrebbero gettato in una fossa e si sarebbero scannati per la leadership.

Nei pressi del portale che dà sul deserto la jefe si accerta con il megafono che le istruzioni siano chiare e ordina l'apertura manuale. Dalla saracinesca orizzontale camuffata da insospettabile terreno inospitale, piovono sassolini, sabbia e arbusti. Ti prepari al balzo che il superare in velocità la salita causerà, afferrando la maniglia di sicurezza alla tua destra, mentre nella sinistra impugni una delle tue pistole per salutare una quasi sicura imboscata. I guidatori schiacciano sull'acceleratore, saltando sul manto torrido illuminato dalla luce dell'alba. È un gioia sentire l'aria sulla pelle e separarsi dal paesaggio di cemento armato del bunker.

I fari vengono spenti, le motociclette affiancano le jeep e gli scudi vengono attivati. Appena la moto di coda è fuori dalla fossa artificiale, venite bombardati di proiettili. Sinceramente ti aspettavi qualcosa di più ed è un'altra dimostrazione di quanto la polizia abbia sottovalutato i Deadlock. Questo però non ti impedisce di divertirti.

La vostra artiglieria ultramoderna calcola la provenienza degli spari, individuando i bastardi nascosti da ologrammi ambientali. Non vi fermate a bisticciare, continuate a tavoletta in formazione sfondando il perimetro avversario con schiamazzi stile gang motociclista a schernire i patetici inseguitori. Siete in campo aperto, ma al contrario di uno svantaggio è la condizione perfetta per tirare fuori i giocattoli pesanti, che provocano il rovesciamento di tre dei loro mezzi e ne spedisce quattro dal carrozziere, finché rimangono due fuoristrada. Vi suddividete in gruppi di una jeep e una o due moto, prendendo direzioni differenti. Il nemico si concentra su un team con due accompagnatori nella speranza si tratti del boss, mentre tu e Rosa ridete sguaiati guidando dalla parte opposta, scortati da una Kim ululante in motocicletta. Jio non ce l'ha fatta.

«Beh, questo sì che è stato divertente! Eh, Muto?»

Sbirci l'occhiata caliente che si passano dallo specchietto retrovisore ed emetti un verso schifato come fanno i figli nel vedere i genitori baciarsi. La jefe ti dà della piccola merda e ti abbassa la falda del cappello con una manata. Ti piace quando è felice, il genuino sorriso le toglie dieci anni e fa scordare le fauci e gli artigli della leonessa. Ti sembra una gita di famiglia da sitcom: la mamma prepotente, il papà accomodante, il figlio ribelle e lo zio taciturno. Sei perfino tentato di inviare un biglietto di ringraziamento all'ufficio dell'FBI per averti liberato dall'onere di ammazzare i piccoli Anderson.

«Ehi, Re dei Re. Presto vedrai la nostra bella casetta.» cinguetta Rosa. «Sei emozionato?»

Ha un'espressione tetra, il povero Gabe, e non per essere stato sbatacchiato qua e là nelle manovre evasive. Nemmeno l'arroganza del boss lo scuote. Ne riconosci la tostaggine e ti domandi chi dovrà occuparsi di lui al quartier generale, nella suite a cinque stelle dotata di tutti i comfort di una camera delle torture. Incroci le dita. Ti sei giusto sbarazzato del gravoso peso dell'infanticidio, sarebbe gentile da parte dell'universo trascorrere tranquillamente il resto della giornata.

L'adrenalina scende nella pace desolante del Nuovo Messico. Attorno a voi si estendono chilometri di deserto senza segnalazioni e la linea laggiù in fondo che separa la terra giallastra dal cielo azzurro tremola nel calore. Non ti arrischi a conversare, neanche con la prospettiva di un viaggio di sei ore davanti. Alla jefe non va a genio udire per un periodo prolungato uno sproloquio che non sia il suo e il tamburellare sul volante è segno che le rotelle sono occupate in faccende ben più pressanti di una battuta sull'ultimo film o match sportivo o ascoltare la radio. Ti godi il vento pre-calura cocente del mattino dal finestrino abbassato, gesticolando idiozie a Kim quando si sposta nel tuo lato.

Usciti dal raggio del jammer dei federali, il capo controlla e assesta lo status della gang con frasi sibilline. Dall'altra parte dell'auricolare devono averle riferito qualcosa di buono, perché il picchiettio delle dita si ferma e le labbra corrucciate si distendono sornione.

«Avevamo un così ottimo piano.» sospira con amarezza assolutamente finta. «Da fare invidia ai terroristi. Vero, Jesse?»

«Non disperare, boss.» assecondi la sua recita. «Il sole è appena sorto, abbiamo tempo di pensarne un altro, uno ancora migliore.»

«E bravo Jes!» Batte una mano soddisfatta sullo sterzo. «Sentito, Re? Di ragazzi in gamba come il mio Jesse il mondo scarseggia, sono fortunata ad averlo.»

«Non essere geloso, cariño.» dici a Muto, che sogghigna.

«Il mio Jessito. Dolcezza mia. Amor verdadero de mi corazón. Luz de mis ojos. Mi amor por ti no tiene limite por frontera, no tiene sentido del tiempo.»

«Que quieres, jefe?»

«Sabes que estoy loca por ti?»

Rosa toglie l'attenzione dalla strada non marcata e vi fissate per una manciata di secondi. Ridi quando fa quel comico movimento di sopracciglia. Conosci il guizzo che scintilla nelle orbite argute e muori dalla voglia di sapere.

«Dio quanto è bello il tuo sorriso.» La ricatti con un broncio e lei sbuffa. «Ho un regalo per te.»

Ti raddrizzi sul sedile come se ti avessero dato una scossa. Rosa ha un debole per pochissime persone e i suoi rari regali sono la prova di appartenere al ristretto VIP Club. È praticamente Natale. Che sia una scatola di sigari, un'arma tra i nuovi arrivi o un braccialetto dell'amicizia, quel che conta è che proviene da lei.

«Abbiamo gli Anderson. Un uccellino sa dove li hanno nascosti.»

«Cosa?» esali colto alla sprovvista.

Dimentichi di respirare mentre spiega che bisogna snidarli entro stanotte, prima che vengano trasferiti altrove. Il tuo sguardo inebetito, fermo su di lei, si sposta su un punto a caso di fronte a te.

Aspetta un attimo. Aspetta un dannato attimo. Non ci credi. Era tutto okay fino a trenta secondi fa, che cos'è successo? Perché? Non lo vuoi fare! Perché è ossessionata da quei cazzo di bambini, non vuoi farlo, perché devi essere tu?!

Ti occorre un minuto buono per riordinare i pensieri, non che il boss si sia accorta del tuo pessimo umore. Sta blaterando assurdità, tipo girare un video con lacrime, urla, sangue, eccetera, le solite cose che vendono al botteghino, per regolare i conti con la bravata della polizia di stamattina. Non ti azzardi a protestare finché non ha concluso. Non è saggio discutere col capo, specialmente nel mezzo del deserto, dove la gente scompare facilmente.

Adoperi un tono moderato e cominci domandandole perché proprio te.

«Albuquerque, Jesse. L'hai dimenticato? È un test, come la Scatola.»

Gesù! Il solo nominare quel merdoso pezzo del tuo passato ti manda in bestia. L'ha detto di proposito? Agguanti il cappello e lo stropicci tra le dita sudate, mordendoti la lingua con il barlume di buonsenso che ti è rimasto nel turbolento vortice di emozioni che si è alzato dentro di te.

«Il prezzo è troppo alto, ci rinuncio.» dici deciso.

«Ci rinunci?» ripete lei scioccata.

«Il ratto è stato stanato, non c'è più bisogno che ti dimostri la mia lealtà. Dai Albuquerque a qualcun altro e siamo a posto.»

«Non stai dicendo sul serio, Jes.»

«Spiacente, boss. Ho già abbastanza marmocchi che mi visitano nel sonno.»

«Jesse.» ti avverte con un timbro aspro il Muto.

«Jesse cosa?» lo fulmini.

Rosa espira lentamente dal naso, si passa la lingua sui denti e stringe il manubrio, creando un nefasto rumore tra la protezione in gomma e i guanti neri. Porca... È un gioco pericoloso, il tuo, Jesse McCree. Il cuore ti galoppa tra paura e ostinazione. Sei certo che la tua utilità ti salverà, ma d'istinto e con discrezione le mani vanno verso le due Glock appese ai tuoi fianchi. Preghi di non doverle usare.

«Ora ascoltami bene, razza di idiota.» sbraita la donna. «Hai potenziale. Parecchio potenziale. Hai diciassette anni, cazzo, usa il cervello! Immagina cosa puoi diventare da qui a cinque, sei anni se la smetti di frignare. In futuro conosceranno il tuo fottuto nome e cosa diranno di Jesse McCree, eh? Che se l'è fatta sotto davanti a dei poppanti o che ha trucidato un'intera famiglia “occhio per occhio, dente per dente”?»

Anni fa questo discorsetto da sorella barra madre preoccupata per il tuo futuro ti avrebbe spinto a non deludere la persona che, con Randy, ha fatto tanto per te, per tutti voi, che a quest'ora chissà in che inferno vi trovereste sotto il comando di Joseph. Il diciassettenne Jesse sa che non c'è ragione di sentirsi in debito con nessuno e che Rosa sta cercando di piazzare una pedina sulla sua scacchiera scombussolata dalla perdita del cugino. E poi, semplicemente, non ne saresti capace. Joseph non ti ha desensibilizzato al punto da torturare bambini senza conseguenze sulla tua sanità mentale.

«Non è con le buone maniere che si conducono gli affari, ma col rispetto, e il rispetto va guadagnato, non lo danno gratis con il tre per due al supermercato.»

Scuoti la testa, ripetendoti a mo' di mantra che non ti abbandonerà a marcire nell'inferno caldo che vi circonda. La leonessa divora il tuo coraggio con un cipiglio impassibile e il terrore si espande in te di pari passo col suo silenzio. Deglutisci a vuoto, irrigidendoti come una statua.

Dio, ti vuole morto. Perché non hai chiuso la ciabatta, McCree?! Avresti dovuto tacere e risolvere il problema in un'altra maniera, ma no, hai voluto atteggiarti a grand'uomo! Maled-

«Non finisce qui.»

Rilasci piano un sospiro, con lo stomaco che si contorce su se stesso. Non sai se provare sollievo o se la situazione ha preso l'ennesima brutta piega, però sei vivo, ed è già qualcosa. Il ringhio di Reyes vi coglie alla sprovvista.

«Sei una gran figlia di puttana, te l'ha mai detto nessuno?»

«Tappagli la bocca.» ordina seccamente Rosa.

«Qualunque morte ti tocchi, non sarà mai abbastanza da cancellare i crimini che hai commesso. O la tua personalità d'oro.»

«Risparmiami la predica, Re dei Re. Sono troppo vecchia per le tue stronzate.»

Mancano tre ore a Deadlock Gorge. La jefe non è più felice, il tuo destino è in bilico tra la vita e la morte, e Muto ha ficcato un guanto nella bocca del prigioniero. Gabe non ne è contento.

«Non sei nato ieri, Jes.» riprende senza preavviso Rosa. «Sai come funziona. Guarda me. Lo sai come ho raggiunto la vetta. Segui le mie orme e-»

«Non voglio essere te!» sbotti esasperato. Cristo Santo, la capisce o no?! «Non me ne fotte un cazzo di essere un pezzo grosso, non se devo vendermi l'anima!»

La jeep inchioda, e per un pelo non sbatti la faccia contro il parabrezza. La motocicletta vi supera di un tratto, arresta la corsa ed esegue un cauto dietrofront. Rosa è furibonda, girata verso di te, che hai gli occhi strabuzzati e il cuore in gola.

«MALEDETTO INGRATO!»

Fa per estrarre la sua SIG Sauer.

Non pensi, agisci. In meno di un secondo hai fuori le pistole a braccia incrociate per sopperire all'angolatura scomoda: il primo proiettile entra nella fronte di Rosa, bersaglio elementare dinnanzi a te, mandando il finestrino del guidatore in frantumi; il secondo centra l'orbita destra di Muto, di cui hai rilevato il movimento nel perimetro della tua visuale; il terzo è per il cranio scoperto di Kim, testimone e possibile assassina, attraverso il buco nella finestra. Non sbagli un colpo. Puro talento.

«Cazzo.» Ti mordi il labbro, osservando la sostanza cerebrale e il sangue di Rosa colare verso il basso sulle superfici della vettura e il suo corpo inclinato lontano da te. «Cazzo.» Prendi boccate profonde, lanciando uno sguardo a Muto e Kim. «Beh...» Deglutisci. «Beh, sono fottuto.» Ti gratti la testa con l'impugnatura della Glock. «Porca puttana.»

Porca puttana, hai ucciso Rosa. E il suo braccio destro. E una sorella. Qualcun altro, McCree? Non che un cadavere in più faccia tanta differenza. Non appena la famiglia scoprirà l'accaduto sarà stagione di caccia, magari con una taglia internazionale sulla tua capoccia, visto che, ora, non c'è posto sicuro per te in America e ovunque i Deadlock svolgano affari. Cristo, che casino. Hai perso praticamente tutto, con tre proiettili.

Okay, McCree, basta drammi, ogni secondo è prezioso. Raccogli la tua roba e scappa.

«Gabe, amico mio. Ho una buona notizia e una cattiva.» annunci smontando precipitoso dalla jeep.

Apri la portiera del conducente, scarichi bruscamente la donna e ti metti alla guida. Sei talmente preso dal ragionare sul gruzzoletto che hai accantonato negli anni su un conto estero che non ti schifi ai rimasugli fisici con cui entri in contatto.

«Quale vuoi sentire per prima?» continui smanettando con il quadro comandi per disattivare la segnalazione delle coordinate GPS del mezzo.

«Mmm.»

«Ah, sì.» Gli togli il guanto dalla bocca. «Dicevi?»

«Che intenzioni hai?»

«Tutto insieme? Okay, capo. Il piano è mollarti qui nel deserto e raggiungere la destinazione più sconosciuta e lontana di questo mondo.» Non sarà difficile, c'è sempre qualcuno che accetta mazzette senza domande, piloti di aerei privati compresi. «Tranquillo, mi sei simpatico. Invierò la tua posizione ai federali. A proposito, ho accidentalmente sparato via la mascella a uno dei tuoi amici in nero.»

«Cosa?»

«Niente di personale, pensavo fossi tu. Porgigli le mie scuse, se è sopravvissuto. Ho già troppa gente che tra poco vorrà la mia testa su un piatto d'argento, non ho bisogno di un altro che se la lega al dito.» Riprendi fiato e lo guardi con aspettativa. «Beh? Scendi o no? Scommetto che alla scuola di tostaggine ti hanno insegnato a operare con le mani legate dietro la schiena.»

Se possibile, l'espressione di Overwatch diventa ancora più severa.

«È un piano stupido.»

«Grazie. Ora scendi, per cortesia.» Gli punti una pistola alla testa e accenni alla portiera.

«Ho una controproposta.»

 

Caliente = caldo, bollente

jefe = capo, boss

sitcom = abbreviazione di situation comedy, genere di show comico

jammer = dall'inglese, disturbatore di frequenze

cariño = appellativo tesoro, amore

Amor verdadero de mi corazón = vero amore del mio cuore

Luz de mis ojos = luce dei miei occhi

Mi amor por ti no tiene limite por frontera, no tiene sentido del tiempo = il mio amore per te non ha confini, non sente il trascorrere del tempo

Que quieres, jefe? = Che vuoi, capo?

Sabes que estoy loca por ti? = Lo sai che sono pazza di te?




Note dell'autore:
Il capitolo mi è uscito un po' lunghetto, perciò l'ho diviso e la settimana prossima posterò l'ultimo pezzettino ^^

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


PARTE 5 di 5

 

Dopo tre mesi e otto giorni in gattabuia ti sei convinto che sia stata la battuta sulla scuola della tostaggine a portarti iella. Sì, Gabriel Reyes sa cavarsela anche con le mani legate dietro la schiena, soprattutto quando in realtà non sono affatto legate. Non ce l'hai con lui, però, dopotutto la sua versione dei fatti, la bugia che ti sei volontariamente costituito, ti ha risparmiato l'ergastolo.

Hai rifiutato l'assistenza legale dopo che l'avvocato assegnatoti ha tentato di ucciderti, perciò, sebbene tu abbia spiattellato tutto, per ridurre la sentenza e il numero di Deadlock nel mondo, ti hanno comunque sbattuto all'ADX Florence, il penitenziario di livello Supermax in Colorado, insieme a terroristi, serial killer, traditori della patria e altra bella gente allergica alla redenzione. La tua cella è un buco di tre metri e mezzo per due, accessoriata del minimo indispensabile e con una finestrella lunga e stretta da cui si deduce il ciclo giorno-notte e il colore del tetto. Ci trascorri ventitré ore su ventiquattro in completo isolamento e alla ventiquattresima ora ti scortano in una stanzetta solitaria adibita alla ricreazione intellettuale. Non esiste privacy.

Giuri che ti sta venendo la depressione.

Cerchi di mantenerti in forma, combattere l'apatia che ti vorrebbe costantemente allettato, dormire e non rimanere sveglio a rimirare il soffitto, ingurgitare più di metà brodaglia ai pasti. Stai gradualmente appassendo, e non è una metafora. Il pensiero che rimarrai qui per settantanove anni ti fa raggomitolare sul materasso sottile sostenuto da una base in cemento. Tanto valeva darti la pena capitale.

«Sei dimagrito, ragazzo.»

È la quarta visita di Gabe. Pensavi non lo avresti più rivisto in seguito alla scenata di tre settimane fa, quando ti sono crollati i nervi e gliene hai dette di ogni. Invece eccolo qua, in abiti civili, a rischio di un'altra serie di urlate oscene. Beh, non deve temere una ripetizione, sei spompato.

«Non ho appetito.» Sbadigli.

«E riguardo le due borse che hai per occhiaie?» Fai spallucce, per quanto le restrizioni che ti inchiodano alla sedia d'acciaio te lo consentano.

«Lo staff ti tratta bene?»

«Gabe, che cosa vuoi?» Sei stufo di girarci attorno. «Mi hanno spremuto fino all'osso, non ho più nulla da dire.»

Non afferri il suo scopo. Sta indagando in incognito sulla prigione? No, non è nelle sue mansioni, credi. Il nome della sua divisione non è mai stato citato durante il processo, il che indica black ops. Visto? Jesse McCree non è nato ieri.

«Il mio è un interesse personale.»

Assottigli le palpebre, immaginando uno scenario poco promettente. Ti domandi se il vecchio tío commetterebbe molestie sessuali su di te in mancanza del vetro divisorio. Sarebbe la prima volta che qualcuno riuscirebbe a metterti le mani addosso in quel senso. Supponi che potrebbe corrompere lo staff per un incontro a tu per tu, e la realizzazione che non c'è assolutamente niente che tu possa fare per impedirlo ti fa perdere ogni traccia di umorismo. Ti auguri che la tua sia unicamente paranoia.

«Non sei il mio tipo, viejo.» Al tuo tono difensivo Gabe sgrana gli occhi e perde il suo contegno, il che ti rassicura un po'.

«Non intendevo-» farfuglia, sorpreso dall'equivoco. Con uno schiarimento di voce riprende le redini, tuttavia trattiene un certo disagio. «Ho una proposta per te.» dice mostrandoti una cartelletta apparsa dall'interno della giaccia.

«Di che genere di proposta stiamo parlando?»

«Del genere che capita una sola volta nella vita.»

Ti servirebbe proprio un avvocato. Ormai sei una pedina priva di valore, un nessuno incastrato tra quattro mura e una finestra. Non sei scemo, sebbene tu abbia mollato la scuola da ragazzino, ma neanche così sicuro di te da credere di riuscire a strappare un accordo favorevole a un veterano come Gabriel Reyes. Il grande interrogativo la cui risposta ti darebbe un vantaggio è cosa gli interessa di preciso. Cosa sai che lui non sa? A quanti anni di sconto equivale?

Ti stupisce proponendoti l'arruolamento in Blackwatch, sezione semi-segreta di Overwatch. La sua sezione. Il tuo curriculum criminale verrà perdonato in questo percorso riabilitativo in cui aiuterai la popolazione mondiale.

«Allora?» Non rispondi subito. Sei piuttosto confuso e la colpa non è totalmente del sonno perduto.

«Perdonami ma» ridacchi sommesso, «dove sta la fregatura? Insomma, addestramento militare, educazione scolastica, vitto, alloggio, stipendio... e in cambio devo soltanto ammazzare le persone che mi indichi e rispettare le tue regole? È uno scherzo.»

«Non lo è. Prendi sul serio questa offerta, ragazzo. Non ho l'autorizzazione di riproportela.»

Qualcosa ti sfugge, il puzzle è incompleto. Stringi le mani sui braccioli di metallo, impensierito. Gabe lo è altrettanto. Il volto tirato assomiglia al comandante scontroso che hai incontrato anni luce fa, eppure stavolta il freddo calcolatore non è presente all'appello, sostituito da un uomo incerto dell'esito della missione. Qualsiasi sia il suo vero scopo, deve tenerci parecchio e la decisione cruciale sta a te. Con quel contratto otterrebbe il tuo rilascio e la tua obbedienza, ma cos'hai di così speciale rispetto a qualunque altro soldato bene addestrato? Vuole spedirti all'inferno durante un lavoro? No, non c'è ragione, Reyes non ha niente contro di te. Non che tu sappia.

Lo studi apertamente, inclinando la testa e venendo colto da un leggero capogiro. Strizzi gli occhi aggrottando la fronte.

«Non stai bene. Ti hanno dato qualcosa?»

«Sono solo stanco, Gabe, rilassati.» ribatti, seccato dalla finta misericordia. Si è perfino alzato in piedi, il tío.

«Dammi il tuo consenso e ti porto via di qui seduta stante.»

«Perché ti importa della mia libertà? Cosa ci guadagni?»

Sei stanco, stanco di non vedere la trappola davanti a te. È una vendetta per Tizio-mascella? Ne hai piene le palle di doverti guardare le spalle, di dubitare di ogni gesto e parola. Hai bisogno di una fottuta pausa, di aria fresca, di un sigaro, di cucinarti un burrito come piace a te. Ti manca la relativa sicurezza della banda: lì sapevi quando rilassarti, quando stare in campana per una pugnalata alla schiena e quando farti una cazzo di dormita. Sei...

«Ragazzo. Jesse. Mi senti, Jesse? Qui gli occhi, ragazzo. Andiamo, guardami, maledizione.»

Ah, ti sei appisolato. Bella figura, McCree.

A quest'ora saresti impegnato nel tuo pisolino pomeridiano, di cui il tuo cervello ha disperatamente bisogno per mantenere lucidità. La voce di Gabe è fastidiosa, alta, con una nota ringhiosa che attribuisci al cruccio di non ottenere tutto e subito, povero pesce grosso di Overwatch. Non vedi l'ora che se ne vada, lui e la sua esca su fogli stampati scritta in avvocatese.

«Il tuo consenso. Dammi il tuo consenso, ragazzo. Coraggio.»

«Consenso a cosa?» lo provochi con quel poco di forza che hai in corpo.

Stai iniziando a biascicare ed è faticoso alzare il capo. Vuoi andare a nanna e al contempo non vuoi tornare nella cella. Forse stai diventando claustrofobico, oltre che depresso.

Merda, l'insonnia ti sta distruggendo. Ripigliati, McCree.

«Alla proposta, maledizione.»

Sbatti le palpebre ripetutamente per metterlo a fuoco. Gabe è frustrato. Beh, se viene a trovarti solo per arrabbiarsi con te, se ne può anche tornare a casa.

«Non sono arrabbiato, ragazzo.» Ops, ti è sfuggito di bocca. «È un lavoro dove avrai vitto e alloggio e potrai stare all'aperto. Non ti va una boccata d'aria fresca? Dammi il tuo consenso, Jesse, e l'avrai.» Tze, troppo ovvio, Gabe.

«Okay, okay. Aspetta un attimo, che cazzo. Devo... devo fare mente locale.»

Compi dei respiri profondi per ossigenare i neuroni, pronto ad irritarlo al punto di spingerlo a scappare urlando. Oppure... Non hai nulla da perdere, cazzo. Magari accettare non sarà un suicidio. Speri. Preghi. I bonus sono impossibilmente allettanti e in tutta sincerità preferiresti morire là fuori che qui dentro, chissenefrega delle macchinazioni di Reyes. Tuttavia, quando ti concentri per snebbiare la vista e posi lo sguardo sul divisorio, Gabe è sparito.

Che...? Che è successo? Cristo, hai avuto le allucinazioni fino ad ora?! Tre guardie vengono a prelevarti, annunciando la conclusione della visita e dimostrando che non hai perso il senno, però, dopo poco esserti steso sul tuo misero lettuccio, ritornano affermando che sei stato rilasciato. L'adrenalina sale e il pisolino viene rimandato. Cosa?!

Con le palpitazioni cammini per i corridoi sotterranei che collegano le sezioni del penitenziario e vieni condotto non dal direttore, non all'ufficio dei beni personali, ma direttamente all'uscita. Rimuovono le manette a polsi, caviglie e collo e aprono il portale addobbato di filo spinato e agenti armati.

Dall'altra parte c'è Gabe che ti aspetta, occhiali da sole e cappello da baseball con il suo peculiare logo personale. Resti immobile, indeciso. E se ti scorticasse vivo appena siete soli?

«Ti muovi, cowboy?»

Ti lancia il cappello di Anton, con la grossa macchia bruna del suo sangue, marciando verso il parcheggio, non dubitando che lo seguirai. Agguanti il copricapo per miracolo, rischiando di cadere alla repentina perdita di equilibrio. Avanzi inebetito, dando un occhio dietro di te al Supermax, non convinto che non sia un sogno o che non ci sia stato un errore burocratico. Presso il suo pick-up nero Gabe ti consegna una sacca con dei vestiti e una cavigliera elettronica stile arresti domiciliari. Zero camerini in vista, di conseguenza ti cambi lì, sotto la sua attenta vigilanza, un nonnulla in confronto a quella oppressiva del Supermax ma che ti mette comunque sull'attenti, visto l'argomento precedentemente affrontato. Deve avere un'enorme dose di pazienza, pietà del tuo stato di salute o godere troppo dello spogliarello per lamentarsi della tua velocità da lumaca. Poi ti fa firmare il famoso documento di sessantasei pagine che non hai l'energia di leggere e consideri in ogni caso un contratto col diavolo. Il tuo “okay” è stato un consenso sufficiente? È legale?

«Ci sei?» ti interroga alla chiusura della portiera, uno sforzo immane che ti lascia senza fiato.

No, non ci sei. Ti spaventi al riflesso dello specchietto retrovisore, che ti mostra uno sciroccato in procinto di una crisi. Ti stropicci la faccia con i palmi, combattuto tra la necessità di spegnere le luci e dare un senso alla realtà, una realtà in cui sei finito chissà come in questo pick-up. Accanto a Gabe. Che ti fissa. Preoccupato.

È tutto talmente surreale.

«Che cazzo è successo?» chiedi debolmente dopo un paio di tentativi a vuoto.

«Delle volte non c'è una spiegazione logica, ragazzo.» replica il tuo nuovo boss, con la saggezza di un biscotto della fortuna. «Delle volte alla gente importa di te e basta. Anche se credi di non meritartelo.» Si gira e aziona il motore, fidandosi che non tenterai di sottrargli un'arma, attaccarlo e squagliartela, incurante del guinzaglio alla caviglia.

Quindi a qualcuno, a lui, importerebbe sinceramente di te, niente secondi fini? Si sarà pure espresso nel modo più gentile che tu gli abbia mai sentito, tuttavia ti tieni aggrappato al tuo scetticismo.

«Wow. C'è davvero una prima volta per tutto.»

Ti abbandoni sul sedile, stravolto. Provi a ragionare, mettere in ordine le tue priorità, prevedere le aspettative, prepararti a diversi scenari ostili.

In meno di cinque secondi ti sei addormentato.

 

*

 

Sorridi ripensando a quel giorno, un ricordo agrodolce in cui ti sei tuffato davanti a un bicchiere di tequila. Tuttora, a trentasette anni, non sei un gran bevitore, ma ne ordinerai comunque un secondo al barista prima di andartene.

Sono trascorsi sei anni dall'esplosione in Svizzera e dallo scioglimento ufficiale di Overwatch. Gabe è morto là, insieme ad altre persone a te care.

Osservi il liquido ambrato, ondeggiante al movimento della tua mano robotica che stringe delicatamente il bicchiere. Stamattina Winston ha indetto una rimpatriata che viola l'Atto di Petras. Gorilla coraggioso. Hai sempre ammirato la sua determinazione e il suo spirito combattivo, parzialmente nascosti dietro un paio di occhiali e due occhioni timidi e innocenti.

Ha riportato a galla un mucchio di immagini del capitolo più felice della tua vita, nella buona e nella cattiva sorte, e ha acceso la speranza di iniziarne uno nuovo. Distendi le labbra nel sorriso di cui Rosa era tanto innamorata.

Col primo drink hai brindato al passato.

Col secondo drink brindi al futuro.

 

Black ops = letteralmente è “operazioni nere”. Indica le operazioni segrete, intraprese da governi o altre organizzazioni, svolte in clandestinità

Tío = zio

Viejo = vecchio

Burrito = pietanza messicana cucinata anche in territorio americano, consistente di una tortilla di farina riempita di tutto quel che vuoi (carne, verdura, formaggi, ecc.). La parola burrito, “piccolo asino”, deriva dallo spagnolo burro, “asino”. Wikipedia suppone che la parola sia ispirata dai rotoli di merce trasportati dagli asini




Note dell'autore:
Finalmente ho iniziato e concluso una storia in tempi ragionevoli, rimanendo completamente soddisfatta del risultato e del finale. Un miracolo! XD Ho imparato parecchio da questa ficci, seguendo i consigli che mi hanno dato in altre recensioni. Ci sono alcune cose in cui posso ancora migliorare, ma il fatto che io stessa riesca ad adocchiarle mi fa crescere di 10 kg d'orgoglio. Brava Me! :D
Questa è stata una storia breve, con descrizioni essenziali, e vorrei usare la seconda persona singolare per una storia più completa, ma penso succederà moooolto più in là nel tempo.
Ora spero di tornare sulla ficci di Dragon Age. Sarà difficile perché ho scritto tanta roba (fortuna che ho preso appunti XD) e perché è in terza persona. Mi voglio male!

Concludo inviando un sentito grazie a tutte le persone che mi hanno letto ;)

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