Insegnami a sognare, non so più come si fa.

di Brigi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 2: *** Nuove amicizie ***
Capitolo 3: *** Emozioni confuse ***



Capitolo 1
*** Un nuovo inizio ***


Arrivai a pensare che mai più avrei provato felicità, mai più spensieratezza… mai più niente. Si arriva ad un punto di non ritorno, quando il dolore è così forte da sovrastare qualsiasi altro sentimento. Ecco ciò che pensavo, mentre con lo sguardo vedevo scorrere gli alberi intorno a me, quasi come se si dissolvessero. Era ormai passata qualche ora, da quando io e mio fratello avevamo lasciato la nostra vecchia città, per trasferirci definitivamente a Newport. L’idea non mi allettava, anche se, come prospettiva, era pur sempre meglio quella, piuttosto che rimanere nel luogo dei miei incubi.

<< Chri quanto manca? Credo mi si sia appiattito il sedere a forza di starmene seduta immobile su questa macchina del cavolo >> dissi a mio fratello.

<< Meg, ascolta, sono passate a malapena tre ore, perciò fammi un favore: sta’ zitta e buona, tra non molto ci fermeremo per mangiare qualcosa okay? >>.

Dio, odiavo quando mi trattava così, come una bambina con problemi di comprendonio. Diamine, 18 anni non erano poi così pochi, meritavo di essere trattata come un’adulta! Eppure, malgrado i litigi e le incomprensioni, Christian era il mio unico punto fermo e gli volevo un bene infinito. E lui ne voleva a me ovviamente. Nonostante i cinque anni di differenza, aveva sempre cercato di passare del tempo con me, ed io gliene ero grata, non ero una ragazza molto aperta e sociale, per cui creare amicizie non era il mio forte, per quanto tentassi di farlo. Passai un’altra mezz’ora a guardare il panorama, dopo di che mi addormentai, nella speranza che quel viaggio infinito terminasse.

Dopo circa altre quattro ore ed una sosta per fare pipì, finalmente arrivammo. Non so dire come mi sentissi, forse l’agitazione rese tutto più confuso, per cui ricordo ben poco delle sensazioni provate in quel momento. Mio fratello fermò la macchina proprio vicino alla spiaggia e mi condusse davanti a quella che sarebbe stata la nostra nuova casa. Non era male, un po’ troppo grande per i miei gusti, ma ci avrei fatto l’abitudine.

<< La camera più grande la prendo io! >> urlai a Chri prima di entrare. Oh.Mio.Dio. era perfetta! Mobili moderni, colore predominante panna, ma soprattutto una cucina enorme! Beh, se non altro mio fratello per questa volta aveva fatto la scelta giusta. Salii al piano di sopra e, al contrario di quanto dissi a mio fratello, scelsi la camera più piccola. Aveva fatto tanto per me, e ancora avrebbe continuato a fare molto, perciò almeno quello glielo dovevo. Disfai le valigie e andai a dormire. Consapevole del fatto che il giorno dopo sarei andata a scuola, sentii montare l’ansia dentro di me, ma potevo farcela. Dovevo farcela. Magari avrei trovato qualche amica, chissà.

In quel momento, non sapevo quanto in realtà mi sbagliassi.

La mattina mi svegliai dopo aver dormito appena qualche ora: anche quella volta i brutti ricordi e l’agitazione avevano avuto la meglio. Convivevo con quei sentimenti da molto ormai, perciò con il tempo avrei dovuto farci l’abitudine, ma così non era stato: ogni volta in cui mi LORO mi tornavano in mente, il fiato mi mancava e rantolavo in cerca di qualcosa che potesse darmi sollievo.

Ad ogni modo, mi alzai e andai a fare una doccia: per il primo giorno, avrei dovuto essere impeccabile, la prima impressione conta molto. Impiegai molto tempo per truccarmi, arricciare i capelli e scegliere i vestiti, tanto che Christian cominciò a minacciarmi, dicendo che mi avrebbe fatta andare a piedi se non fossi uscita subito dal bagno. Non gli diedi ascolto, le sue minacce erano innocue. Dopo circa un’ora e mezza di preparativi, uscimmo di casa, par andare in quello che si sarebbe rivelato un inferno.

<< Se qualcuno ti infastidisce, vienimelo a dire chiaro? Non voglio che tu lo tenga nascosto per non farmi preoccupare, dimmi tutto ciò che succede, cose belle e cose brutte, sono disposto a parlare con te se hai bisogno e lo sai >> mi disse Chri.

<< Sei troppo apprensivo, ti ringrazio, ma a 18 anni, come già ti ho detto, sono capace a difendermi da sola. Ci vediamo dopo dai, ti voglio bene >> gli diedi un bacio e scesi dalla macchina.

Okay, era arrivato il momento: testa alta, petto in fuori, pancia dentro e schiena dritta. Attraversai il viale d’ingresso, consapevole di tutti gli sguardi curiosi che avevo addosso. Non ci feci caso e proseguii, nessuno avrebbe potuto mettermi in soggezione, non quel giorno.

La campanella suonò ed io, dopo aver preso l’orario in segreteria, andai alla prima lezione. Merda, erano già tutti dentro. “Okay, calma” mi dissi. Bussai ed aprii: entrai e mi sentii come una cavia da laboratorio, tutti mi guardavano, chi con curiosità, chi con malizia (ragazzi), chi con invidia.

<< Ehm salve, sono la nuova studentessa, mi chiamo Megan, Megan Jhonson >> dissi ad alta voce.

Quella che sentii però, non era la risposta che mi aspettavo << Si si, okay, siediti, sei in ritardo e io non tollero nessun ritardatario, chiaro?! >>.

Okay, quel prof aveva dei seri problemi.

I posti erano tutti occupati, eccetto uno, vicino a quello che più che un ragazzo, sembrava un barbone. La mia solita fortuna. Andai a sedermi e per poco non vomitai, nel sentire l’odore del mio vicino di banco. Il prof. cominciò a spiegare e ben presto mi ritrovai ad odiare la mia vita: primo giorno di scuola, prima ora di lezione e secondo voi che materia mi era capitata? Scienze! Odiavo scienze, fin da piccola, perciò passai quell’ora a cercare di non fissare un bellissimo ragazzo moro, anziché seguire la spiegazione.

DEAN’S POV

 

Cavolo quanto era bella. Capelli neri, così lunghi da arrivare fino al fondoschiena, corpo perfetto, culo da urlo e occhi verdi. Non l’avevo mai vista prima, perciò quando disse che era nuova non ne fui sorpreso. Megan Jhonson… bel nome. Beh, poco importava, non ero il tipo da relazioni serie, perciò al massimo le avrei proposto qualche ora di divertimento. Anche se, a vederla, non sembrava proprio una ragazza da una botta e via. Poco male, in quella scuola ci saranno state almeno altre 200 ragazze fattibili. Si andò a sedere vicino a David il lercio, cavolo che sfortuna!

Mi sentii toccare la spalla, mi girai e vidi Mark, il mio migliore amico, che mi fissava sconcertato: << Hai finito di guardarla? April se ne accorgerà se non la pianti, e tu non vuoi che se ne accorga, altrimenti quella ti uccide >>.

April. Il mio sbaglio più grande. Tempo prima si era trasferita dal Texas ed io, da bravo ragazzo, mi ero reso disponibile per farle vedere la città. Insomma, era una ragazza carina, perciò ci provai. Beh, il risultato fu che non si scollò più. In realtà da una parte era un bene, era sempre a disposizione per soddisfare i miei “bisogni”.

La campanella suonò ed io uscii dalla classe per primo, spingendo chiunque intralciasse il mio percorso. Avevo bisogno di una sigaretta, subito.

Uscito in cortile mi andai a sedere su una panchina, sotto a un albero, il sole picchiava forte anche a quell’ora del mattino, perciò meglio stare all’ombra. Ciò che non mi aspettavo era di vedere Megan su una panchina poco più in là: teneva la testa fra le mani, ripiegata su se stessa ed era scossa dai singhiozzi. Non potevo lasciarla li a piangere da sola… sì, ero uno stronzo, ma con un certo limite.

Mi alzai e mi diressi verso di lei. Una volta raggiunta, le sedetti di fianco ed aspettai che si calmasse prima di parlare.

MEGAN’S POV

 

<< Senti, so che non ci conosciamo e che probabilmente starai pensando per quale motivo io sia qui ma, per esperienza, so che in questi momenti si ha bisogno di parlare con uno sconosciuto, perciò eccomi, a tua disposizione >> mi disse quel bellissimo ragazzo. L’avevo notato poco prima in classe, ma soprattutto avevo notato come mi fissava e, stranamente, la cosa mi aveva fatto piacere. Era alto, muscoloso, moro, con occhi azzurri. Insomma, il tipico ragazzo dei sogni. Ed era lì per me. Presi fiato (e coraggio) e tentai di rispondergli. Quella volta l’attacco d’ansia era molto forte, perciò per quanto tentassi di parlare, la voce non si decideva ad uscire. Che figuraccia stavo facendo.

<< Ehi, devi calmarti, finirai per sentirti male. Fai un bel respiro, sono sicuro che poi andrà meglio. Forza, puoi farcela >> cercò di incoraggiarmi ed io, concentrata sul suono della sua voce roca e profonda, piano piano cominciai a calmarmi. Forse anche il suo braccio intorno alla mia vita era stato molto d’aiuto. Quel ragazzo mi stava abbracciando! Oddio, dovevo smetterla, altrimenti avrei finito per peggiorare la mia ansia.

Dopo una decina di minuti riuscii a prendere fiato e respirare normalmente.

<< Scusa, mi dispiace che tu debba aver visto questa scena piuttosto imbarazzante, comunque grazie. Credo che se non fossi arrivato tu, sarei stata così ancora per un po’. Grazie davvero >> gli dissi.

<< Non c’è problema, non devi vergognarti, tutti abbiamo dei problemi, chi più, chi meno. Comunque io sono Dean. Tu sei Megan giusto? >> mi chiese.

<< Sì, sono io. Mi faresti un favore? Puoi evitare di raccontare questa cosa a tutti quanti? Sai, sono nuova e non vorrei diventare lo zimbello della scuola >>

<< Non dirò niente a nessuno, puoi starne certa. Vuoi parlarne? >>.

Il famoso “vuoi parlarne”. Da mesi mi sentivo ripetere quella domanda, ed imperterrita rispondevo di no. Ma con lui era diverso, quella proposta, uscita dalle sue labbra, aveva un ché di dolce. Fui tentata di raccontargli tutto, ma poi mi resi conto che, con ogni probabilità era il ragazzo più popolare della scuola, perciò avrebbe potuto rendermi ridicola davanti a tutti, raccontando la mia storia. Sembrava carino e dolce, ma d’altronde non lo conoscevo.

<< Non ce n’è bisogno, ora sto meglio. Scusa, ma ora è meglio se vado, sta arrivando mio fratello a prendermi. Grazie ancora >>.

Detto questo lo salutai impacciata e corsi in strada per aspettare Chri, non accorgendomi di aver lasciato il foglio con gli orari delle lezioni, su quella maledetta panchina.

 

 

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Capitolo 2
*** Nuove amicizie ***


Arrivai a casa con gli occhi ancora gonfi dal pianto. Nonostante la distanza dalla scuola a casa mia fosse minima, il viaggio in auto sembrò non finire mai. Mio fratello non aveva fatto altro che ripetermi quanto fosse preoccupato per la mia situazione e che, il prima possibile, avrebbe trovato qualcuno che “potesse aiutarmi”. Quel che non capiva è che nessuno avrebbe potuto farmi stare meglio. Non dopo quello che avevo passato.

Andai spedita in camera, per finire di sistemare le ultime cose. Durante quell’ora di assenza a casa, Chri aveva messo tutto in ordine ed ora gli scatoloni da svuotare erano pochissimi. Mi misi all’opera e in un batter d’occhio terminai. Andai in camera per riguardare l’orario delle lezioni e prepararmi psicologicamente alle materie che avrei avuto, ma per quanto frugassi nello zaino, quel benedetto foglio non usciva. Pensai a dove potessi averlo lasciato, ma non mi veniva in mente nessun posto specifico… insomma, poteva essere in classe, in corridoio, nel bagno, in cortile… pazienza, l’indomani ne avrei recuperato un altro in segreteria.

Il cielo era limpido e il sole caldissimo, perciò decisi di andare in spiaggia. Preparai la borsa con tutto l’occorrente ed uscii di casa. Adoravo la sensazione della sabbia soffice sotto i piedi, così come l’odore di salsedine. Fin da piccola mi aveva affascinata l’acqua del mare, a volte calma e limpida, altre scura e turbolenta, proprio come la vita. Stesi l’asciugamano, pronta ad abbronzarmi per bene. Tolsi il pareo e mi chinai a riporlo nella borsa quando, all’improvviso, una palla mi arrivò dritta sul sedere. Ma che cavolo?! Mi voltai lentamente, tentando di mantenere la calma, probabilmente un bambino maldestro mi aveva appena colpita. Alzai lo sguardo e rimasi scioccata: Dean mi aveva appena tirato una pallonata dritta sulle chiappe.

<< Ahah, scusa Meg, ma la tentazione era troppo forte, eri lì, con il sedere per aria e beh, non ho resistito >> mi disse ridendo. In quel momento non seppi se ridere insieme a lui, oppure vendicarmi. Scelsi la seconda opzione: era così concentrato a sbellicarsi dalle risate, che non si accorse del momento in cui presi due manciate di sabbia e gliele tirai in pieno viso. << Scusa Dean, la tentazione era forte e sai com’è, non ho resistito >> lo presi in giro con voce saccente. Pensavo si sarebbe arrabbiato, certo, ma non a tal punto. Emise un grugnito e mi caricò in spalla, cominciando a correre verso il mare. Urlavo e scalciavo, nel tentativo invano di liberarmi dalla sua presa. All’improvviso entrai a contatto con l’acqua fredda e mi si mozzò il respiro. Rimasi aggrappata a lui, determinata a trascinarlo in acqua insieme a me. La mia pelle, a contatto con la sua, venne percorsa da mille brividi. Risalimmo in superficie ed incontrai il suo sguardo. Quegli occhi, azzurri e profondi come il mare, mi fecero sentire viva come mai prima d’ora. Buffo pensare come in così poco tempo, una persona possa suscitare sensazioni così forti. Mi accorsi di non aver ancora mollato la presa dal suo collo e, con molta riluttanza, gli tolsi le mani di dosso imbarazzata. Chissà cosa aveva pensato… probabilmente che ero una pazza psicopatica. Deviai lo sguardo non appena sentii arrivare il rossore alle guance, non volevo capisse le emozioni che stavo provando. Sentivo i suoi occhi addosso, quasi come se mi stessero toccando. Cercai qualcosa da dire, per spezzare quel silenzio strano. Ma mi anticipò:    << Devo andare, i miei amici si chiederanno che fine ho fatto >> esordì, con atteggiamento serio e distaccato. Non so perchè, ma quella reazione mi mortificò. Senza dire altro uscì dall’acqua svelto. Mi presi qualche minuto per elaborare il tutto e decisi che non aveva importanza. Non avevo mai avuto amici e di conseguenza nemmeno attenzioni degne di valore, perciò perchè aspettarsele in quel momento? Potevo benissimo continuare a vivere senza. Andai a recuperare l’asciugamano e la borsa, decidendo che per quel giorno ne avevo avuto abbastanza del mare. Dean era ancora lì, con i suoi amici, ma non si accorse nemmeno di me. Che razza di idiota. Varcai la soglia di casa e chiamai mio fratello ad alta voce, ma non ottenni risposta. Wow, quel giorno tutti avevano deciso di lasciarmi sola. L’improvviso brontolio del mio stomaco mi ricordò che non toccavo cibo da un bel po’, quindi decisi di preparare qualcosa di commestibile. In cucina me la cavavo piuttosto bene, mia madre mi aveva insegnato un paio di ricette niente male. Preparai i muffin al cioccolato e cocco, i miei preferiti. Quando ebbi finito erano ormai le 19:00, eppure di Chri nemmeno l’ombra. Mi dissi che non c’era da preoccuparsi, era un bel ragazzo e magari aveva conosciuto qualcuna del posto, decidendo poi di fermarsi a cena fuori. Anche se, di solito si sarebbe degnato di avvisare. Per non pensarci ulteriormente, cercai di distrarmi con la tv. Non c’era nulla di interessante e ben presto mi stufai. Al diavolo, ero giovane e bella, non aveva senso restare in casa. Avevo la possibilità di cambiare le cose e provare a farmi qualche amico. Nuova casa, nuova vita. Indossai un tubino nero, nulla di esagerato, ma evidenziava le mie forme sinuose, mettendole in risalto. Finito il trucco presi la borsa ed uscii. Non sapevo bene dove andare, perciò mi limitai a passeggiare lungo il molo, sperando di trovare un locale che facesse al caso mio. In lontananza si sentiva della musica: bingo! Affrettai il passo, ansiosa di bere qualcosa e sciogliermi un po’. Il locale era ampio, le luci soffuse ricreavano un’atmosfera piuttosto confidenziale, forse un po’ troppo. I ragazzi erano accalcati in pista a ballare, con quel caldo quasi insopportabile. Andai dritta al bancone ed ordinai un sex on the beach. L’età per bere ancora non l’avevo, ma lì dentro tutti erano ubriachi, benché avessero all’incirca 18/19 anni. Il barista mi sorrise e dopo poco mi porse il cocktail. In un attimo lo terminai, cosa molto sbagliata, non essendo abituata a bere iniziò a girarmi la testa. Non ci diedi peso. << Ehi splendore, sei nuova di qui? >> mi chiese un ragazzo biondo. Niente male: il fisico era perfetto, così come il suo sorriso. << Sì, sono arrivata giusto ieri sera. Piacere, Meg >> gli porsi la mano e mi stupii della mia audacia. Non era proprio da me con versare in quel modo! L'alcool stava facendo effetto probabilmente. << Io sono Mike, posso offrirti qualcosa da bere? >> mi domandò, indicando il mio bicchiere vuoto. << Ehm, certo, va bene >> accettai riluttante, sapendo che con un secondo drink, mi sarei ubriacata. << Da dove vieni? >> “ha una voce molto sensuale” pensai. Cavolo, ero già brilla. << Vengo da Seattle, tu invece sei nato qui? >> chiesi cortese. Non sapevo come conversare, perciò decisi di dire la prima cosa che mi venisse in mente. Rise: anche se non capii il motivo, immaginai fosse per il mio impaccio. << Si, Newport è la mia città! Ti va di uscire? Qui si muore di caldo e la musica è troppo alta >>. Se fossi stata lucida, avrei sicuramente rifiutato, ma la mente annebbiata mi impedì di ragionare. Annuii in silenzio, mi aiutò ad alzarmi e uscimmo. L’aria era ancora calda all’esterno, ma provai comunque sollievo a lasciare quel pub. Mike però, non si fermò davanti all’entrata, proseguì lungo il molo ed io decisi di seguirlo. << Andiamo a sederci laggiù, in fondo al molo, ci sono delle panchine >> spiegò. Okay beh, non c’era da preoccuparsi, voleva soltanto andarsi a sedere, ovviamente. Il posto da lui indicato era immerso nel buio, escluso un lampione che illuminava a malapena un metro quadrato di strada. Il battito cominciò ad accelerare, temevo il fatto che andare con lui, non fosse una buona idea. Ma quando poteva ricapitare che qualcuno si interessasse a me? Ci sedemmo sulla prima panchina, fortunatamente quella illuminata, almeno in parte.       << Venivo sempre qui da piccolo, io e miei amici passavamo un sacco di tempo al molo. Un po’ mi manca sai? Da piccoli tutto è più bello, niente preoccupazioni o problemi, si è ignari di tutto e la cosa è perfetta. Diventare grandi fa schifo >> non compresi per quale motivo si stesse sfogando con me, ma la diffidenza di prima sparì in un baleno. Lo capivo, capivo i suoi pensieri e li condividevo. << Scusa, ti sembrerò strano, è che sembri una ragazza gentile e disponibile, perciò mi è venuto spontaneo sfogarmi con te >>. Aveva il viso in fiamme e mi venne da ridere, era così dolce. << Non ti preoccupare, non mi ha dato fastidio. Hai ragione comunque, essere grandi fa proprio schifo >> scoppiammo a ridere insieme, probabilmente per il disagio di quel momento. << Devo confessarti che ti avevo già notata oggi a scuola, all’entrata. Anzi, credo ti abbiano notato tutti, soprattutto i ragazzi, sei davvero bella >>.         << Grazie, anche tu lo sei Mike. Che mi dici di te? Raccontami qualcosa >> mi piaceva quel nuovo lato di me, parlavo senza timore. Magari sarei riuscita finalmente a trovare un amico. << Mh, non saprei. Ho 18 anni, come te credo. Mi piace il surf e, anche se mi vergogno, amo leggere. I miei amici non lo sanno, altrimenti credo mi prenderebbero per il culo a vita >> rise di gusto. Era simpatico e gentile, avevo sbagliato a dubitare di lui. << Allora una cosa in comune l’abbiamo! Io adoro i libri. Credo di avere avuto più libri che amici, durante tutta la mia vita. Anzi, è così. Nessuno si è mai trovato bene a parlare con me, forse per la mia timidezza. E le cose sono peggiorate con il tempo, soprattutto da quando… >> mi fermai di colpo. Stavo per rivelargli i miei problemi e non era il caso. Lo conoscevo da circa mezz’ora e non volevo annoiarlo con le mie vicende. << Da quando? >> mi domandò. << Nulla di importante, mi stavo soltanto perdendo in ricordi deprimenti! Lascia stare >> risposi in fretta, sperando che il discorso si chiudesse lì. Fortunatamente Mike capì e non fece altre domande. Quel ragazzo stava davvero cominciando a piacermi. Un’altra persona, al suo posto, avrebbe insistito perchè io finissi la frase. << Ti andrebbe di rivederci una di queste sere? Anche solo per un gelato. Mi piace stare in tua compagnia e vorrei conoscerti meglio >> propose. Non mi fu necessario pensarci, accettai di buon grando e felice di quell’invito. << Ti lascio il mio numero allora, così quando sei libera mi chiami >> disse prendendo il telefono. Salvai il numero in rubrica e controllai l’ora. Mezzanotte e un quarto! A Chri sarebbe venuto un infarto, se tornando non mi avesse trovata in casa! << Oddio, è tardissimo! Scusa Mike, devo andare, o mio fratello si preoccuperà tantissimo. Ti chiamo okay? >> dissi, alzandomi.        << Vuoi che ti accompagni? Tanto abito sulla spiaggia anche io, quindi sono di strada >> si offrì. Ovviamente acconsentii, era passata la mezzanotte e non sapevo chi avrei potuto trovare sulla strada del ritorno. Arrivammo davanti a casa e pensai a come mi avrebbe salutata. << Grazie della serata, il tempo è volato e sono stato davvero bene. Spero tu mi chiami presto >> si passò una mano fra i capelli, con fare imbarazzato. Beh, almeno non ero l’unica ad esserlo. << Grazie a te Mike. Ti chiamerò prima di quanto pensi, puoi starne certo >> scherzai. Si sporse verso di me e mi diede un bacio sulla guancia.   << Buona notte >> mi disse. << Notte >> bisbigliai. Entrai in casa al settimo cielo per quella nuova conoscenza ed andai a cercare mio fratello. Stava dormendo! Quel brutto babbuino non si era degnato nemmeno di richiamarmi! Aaaah che nervoso! Il mattino dopo mi avrebbe sentita!

Quando la sveglia suonò pensai di sentirmi male. La sera prima avevo fatto troppo tardi ed ora mi ritrovavo con un sonno assurdo. Mi alzai con un grande sforzo e mi diressi al bagno. Mi preparai e feci del mio meglio per coprire quelle occhiaie terribili. Purtroppo quel giorno sarei dovuta tornare a scuola, sperando non arrivassero altri attacchi di panico. Indossai un completo piuttosto semplice, adatto per la scuola e per quel caldo incessante. (https://images-eu.ssl-images-amazon.com/images/I/51nEKFedYmL._AC_US218_.jpg )

Chri si era svegliato poco dopo di me, beccandosi rimproveri e insulti di ogni tipo, per il comportamento della sera prima. Mi aveva fatta stare in pensiero. Non mi diede alcuna spiegazione e aspettò in silenzio che finissi di sbraitare. Dopo di che si preparò velocemente, per accompagnarmi a scuola. Quel giorno avrebbe cominciato a lavorare, forse tutta quella stranezza da parte sua era dovuta all’agitazione del primo giorno. Non sapevo cosa pensare, perciò decisi di aspettare ancora qualche giorno: se il suo comportamento non fosse cambiato, allora gliene avrei parlato. Si fermò davanti al cancello della scuola, lo salutai con un bacio sulla guancia e scesi. Quel giorno sarei dovuta andare a prendere di nuovo l’orario in segreteria, per colpa della mia sbadataggine. Entrai e dopo aver preso l’orario, andai a cercare l’aula del professor Bently (insegnava storia). Poco prima che suonasse la campanella presi posto in terza fila, per fortuna non più vicino a quel David. Il professore entrò e cominciò subito a spiegare le vicende storiche, di cui sembrava tanto appassionato. Dopo circa una decina di minuti dall’inizio, entrò Dean, senza nemmeno bussare, con il fiato corto e un velo di sudore in fronte. << Scusi il ritardo, ho avuto un contrattempo >> disse beffardo al prof. Quest’ultimo non lo degnò di attenzione, si limitò semplicemente a redarguirlo, non avrebbe accettato un altro ritardo da parte sua. Il posto accanto al mio era rimasto libero, così Dean si sedette vicino a me. << Ciao >> mi salutò. Non pensavo mi avrebbe parlato, non dopo l’atteggiamento di ieri. << Ciao >> detto questo, mi voltai, senza più considerarlo. Gli avrei reso pan per focaccia, non avevo intenzione di stare ai suoi sbalzi d’umore. Certo, gli ero grata di avermi consolata il giorno prima, ma per quale motivo trattarmi in quel modo nel pomeriggio? Cercai di concentrarmi sulla lezione, ma la sua presenza mi distraeva. Era troppo vicino. Fortunatamente l’ora finì ed io mi alzai di fretta, per andare alla prossima lezione. << Meg aspetta! >> lo sentii urlare. Finsi di non averlo sentito e proseguii. Arrivata nell’aula scelsi un posto in ultima fila, l’unico con accanto un altro banco vuoto. Avevo bisogno di starmene per i fatti miei. Mi lasciai ricadere sulla sedia e posai la testa sul banco, stanca dalla sera prima. Sentii la sedia vicino a me scostarsi e quando alzai la testa, ritrovai Dean. Non poteva essere.

DEAN’S POVE

 

Quando, il giorno prima, Meg era andata via da scuola, aveva dimenticato l’orario delle lezioni sulla panchina. Non so per quale motivo, ma quella ragazza mi aveva colpito. La sua timidezza, la sua fragilità… in qualche modo mi era entrata dentro fin dal primo momento. Avevo bisogno di passare altro tempo con lei, per conoscerla e capirla. Per capire cosa la tormentava, cosa le toglieva il sorriso dalle labbra. Allo stesso tempo però, odiavo provare quelle sensazioni. Ero sempre stato indipendente da tutti, mai nessuno era riuscito a catturare la mia attenzione e ciò era perfetto. Era perfetto perché, così, non sarei rimasto ferito. Ero abituato ad usare le ragazze e a vederle soffrire per me, mai avevo rischiato che i ruoli si invertissero. Per questo motivo il giorno prima, al mare, ero stato distaccato e freddo nei suoi confronti. Anche se, subito dopo mi ero pentito. Ad ogni modo, avere l’orario delle sue lezioni era stata un’opportunità perfetta: ero andato in segreteria e avevo cambiato il mio, facendo incazzare la segretaria come non mai. Avevo cambiato tutti i corsi da seguire, pur di passare del tempo in sua presenza. Mi ero sentito un vero idiota, ma la tentazione era stata così forte da non potervi resistere. E così, eccomi alla seconda lezione, seduto affianco a lei, che mi guardava come fossi pazzo. << Ma che coincidenza! Di nuovo insieme! >> feci sorridendo. Ero sicuro di sembrare pazzo, ma non sapevo che altro dire per intavolare un discorso. << Già, che fortuna >> mi rispose sarcastica. Non ero certo del motivo di quel comportamento così distaccato, ma quasi sicuramente era per via del pomeriggio prima. Dovevo rimediare, altrimenti non mi avrebbe più considerato. << Come ti trovi qui a Newport? >> domandai. << Senti, apprezzo il tuo sforzo ma, non devi per forza mostrarti interessato a parlare con me, ho capito perfettamente di non essere il tipo di ragazza che frequenti di solito. Anzi, sei stato tu a farmelo capire, ieri. Perciò, non preoccuparti, io non ti disturberò più, cosa che non credo di aver fatto comunque >> esclamò arrabbiata. Non seppi cosa rispondere e, quando si alzò per andare in bagno, decisi che non era poi così importante quella ragazza. Pensai che le emozioni provate, fossero dovute semplicemente al suo aspetto fisico e che presto si sarebbero dissolte. Doveva essere così.

MEGAN’S POV

 

Il resto delle ore a scuola, le passai cercando di ignorare Dean. L’ora di pranzo arrivò in fretta ed io mi diressi a mensa. << Meg! Megan aspettami >> sentii urlare in corridoio. Vidi correre Mike verso di me, con un sorriso a 32 denti stampato in viso. << Ti chiamavo da un po’, ma non ti giravi! Ho dovuto fare una corsa assurda rischiando di perdere un polmone, per colpa tua >> scherzò, cercando di riprendere fiato. << Scusa, ero sovrappensiero. Vai a pranzo? >> chiesi. << Certo che si. Pranzi con me? Ci sono anche i miei amici, te li presento! >>. Ero un po’ restia ad accettare, non ancora pronta per conoscere un gruppo di persone, tutte in una volta, ma non feci in tempo a declinare l’invito, perché Mike mi trascinò dentro alla sala da pranzo. Si diresse verso un tavolo pieno di ragazzi e ragazze e capii che, non solo erano molti, ma erano anche i più “popolari” della scuola. Odiavo quel tipo di gente, con la puzza sotto il naso e antipatica con chiunque non appartenesse alla sua cerchia. Ma visto il carattere di Mike, magari non erano così. Magari erano l’eccezione e non si sarebbero mostrati antipatici. Illusa.

<< Ehi ragazzi, vi presento Megan, è nuova! >> urlò il mio amico. Che imbarazzo. Scorsi con lo sguardo le persone presenti al tavolo… mi andò di traverso la saliva quando vidi Dean. Odio essere ripetitiva, ma ero davvero sfortunata. Il mio incubo dagli occhi azzurri, mi lanciò un’occhiata glaciale, risentito dal mio rifiuto della mattina. Mi costrinsi a guardare gli altri: circa 8 ragazzi e soltanto 4 ragazze. Una in particolare mi colpì: portava i capelli acconciati in una treccia lunghissima e dorata, un vestito che sfiorava a dir poco l’oscenità e dei tacchi così alti da sembrare trampoli. Tutto sommato, invece, le altre tre al suo fianco parevano abbastanza cordiali. Ma si sa, l’apparenza inganna. I ragazzi si presentarono uno ad uno, con sorrisi degni di una pubblicità per dentifrici ed un fisico così perfetto da sembrare un sogno. Mike si sedette e mi trascinò con sé. I suoi amici si dimostrarono fin da subito amichevoli e simpatici, mettendomi quasi del tutto a mio agio. Purtroppo per me, però, la presenza di altre due persone non mi permetteva di stare del tutto tranquilla. Per sbaglio, con la coda dell’occhio, vidi la bionda mentre si spostava in braccio a Dean. Ah, quindi mentre si divertiva a fare l’amicone con me, si era dimenticato di dirmi che aveva la ragazza. I due cominciarono a mangiarsi la bocca a vicenda, davanti a tutti. Presto la situazione si fece bollente ed arrossii imbarazzata. Ma non si vergognavano? << Tranquilla, prima o poi ti ci abituerai. Anche noi eravamo scandalizzati all’inizio, ma dopo un po’ non ci farai più caso. Comunque lei è April, la non-fidanzata di Dean. Non chiedermi cosa significhi, lui la definisce così >> mi spiegò il ragazzo seduto di fronte a me, Kyle. << Oh, capisco. Ad ogni modo non mi hanno scandalizzata, mi chiedevo solo come si faccia a non vergognarsi di fare certe cose in pubblico >> confessai, rossa per l’imbarazzo di essere stata colta in fragrante, a fissare i due piccioncini. Il pranzo proseguì piuttosto velocemente e ben presto mi ritrovai alla lezione pomeridiana di… scienze.

 

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Capitolo 3
*** Emozioni confuse ***


Devo dire che, nonostante i trascorsi piuttosto difficili, quel posto stava iniziando a piacermi. Cominciavo ad abituarmi a quella sorta di normalità, quasi come se il mio passato fosse stato tutto un sogno. Improvvisamente credevo di poter ricominciare, lasciandomi alle spalle il dolore. In soli due giorni ero riuscita a trovare un amico e questo bastava per rendermi, almeno in parte, felice. Il weekend arrivò presto fortunatamente e con lui anche il mio appuntamento con Mike. Avevo deciso di chiamarlo ed invitarlo ad uscire il venerdì sera. Mi sarei svagata e finalmente sarei stata bene, dopo tanto tempo. Quel giorno ero molto agitata: all’appuntamento non ci sarebbe più stato l’alcool ad aiutarmi, a rendermi simpatica e sfrontata. Avrei dovuto essere me stessa ed impegnarmi ad eliminare quella fottuta timidezza. Erano le 18:00 quando cominciai a prepararmi, nonostante l’ora dell’incontro fosse alle 21:00. Avevo bisogno di tempo, per rendermi adatta al ristorante elegante in cui aveva prenotato. Finiti la doccia ed il trucco, arricciai i capelli e mi diressi in camera da letto per decidere cosa indossare. Dopo qualche istante di indecisione optai per un vestitino rosa antico, era elegante ma nulla di troppo vistoso. Mamma diceva sempre che la semplicità era una delle qualità migliori che una persona potesse avere.

Ma basta con questi pensieri deprimenti, dovevo mettere le scarpe ed uscire, un bellissimo ragazzo mi stava aspettando fuori dalla porta. Pregai che non suonasse il campanello, perché ciò avrebbe significato che Chris lo avrebbe invitato ad entrare, per poi riempirlo di domande imbarazzanti e avvertimenti inquietanti. Il tutto con il risultato di una fuga disperata da parte di Mike.

Scesi le scale di corsa, troppo agitata per rallentare.

«Ciao Chris ci vediamo più tardi, non aspettarmi sveglio!» urlai, per poi uscire senza aspettare una risposta.

«Ehi splendore! Wow stai benissimo» mi accolse Mike.

«Grazie, anche tu non sei niente male!» risposi ridendo.

«Avevo pensato di passarti a prendere in auto ma poi ho cambiato idea, l’aria è calda e non ci sono nuvole in lontananza. Spero non ti dispiaccia» era davvero in imbarazzo e non capivo per quale motivo. Insomma, le volte precedenti mi era sembrato tutto fuorché timido!

«Non ti preoccupare, va benissimo fare una passeggiata» cercai di tranquillizzarlo. Buffa come cosa, io che cercavo di mettere a suo agio una persona imbarazzata! Di solito i ruoli erano invertiti. Poco male, forse cambiare città mi aveva cambiata dentro.

«Allora, ho visto che oggi ti sei trovata bene con i ragazzi, ti sono piaciuti? Sono un po’ fuori di testa, ma con il tempo ci farai l’abitudine».

«Sembrano simpatici, o almeno, con me si sono dimostrati cordiali. Da quanto vi conoscete?» chiesi con fare interessato. La conversazione stava andando bene e speravo che nulla andasse storto. Ma, andiamo, secondo voi ad una persona sfortunata come me, poteva andare bene una serata con un ragazzo favoloso?

«In realtà non ricordo quando ci siamo conosciuti, eravamo piccoli, forse all’asilo, ma da quel momento in poi non ci siamo mai più separati. Sono come una seconda famiglia per me. In realtà, beh, non so se te ne sei accorta: l’unico con cui non parlo, tra loro, è Dean».

«E come mai? Se posso chiedere» ecco perchè Dean mi aveva lanciato quell’occhiataccia vedendomi con Mike in mensa.

«Non lo so, non credo ci sia un’unica motivazione. Sono state più cose che messe assieme ci hanno allontanati. Era il mio migliore amico, ed ora è come se fossimo degli sconosciuti». Aveva lo sguardo triste, ma mi sembrava di cogliere qualcosa di strano. Lasciai correre, come al solito la mia fantasia viaggiava un po’ troppo.

«Avete mai provato a risolvere?» domandai. Volevo sapere cosa fosse successo davvero, quale fosse la causa della loro lite.

«Una volta. Dopo scuola mi sono presentato a casa sua e ho cercato di parlare e capire come potessimo ritornare quelli di prima. Ma lui non ha reagito molto bene, dopo un pugno in faccia ho deciso che sarebbe stato meglio lasciare perdere». Davvero Dean lo aveva picchiato? Mi pareva strano. Non lo conoscevo nemmeno, è vero, ma non mi sembrava una persona violenta o cattiva. Prima di credere a Mike, avrei dovuto sentire la versione di Dean.

Arrivammo al ristorante finalmente, la conversazione era divenuta un po’ troppo seria e non avevo intenzione di rovinare il mio primo ed unico vero appuntamento. L’interno era stupendo, forse un po’ troppo per i miei gusti. Ma che mi stava succedendo? All’inizio ero così felice, ora tutto mi sembrava troppo sfarzoso e Mike un falso. Forse l’argomento “Dean” mi aveva scombussolato i pensieri.

Il cameriere ci fece accomodare sulla terrazza, vista mare, molto romantico. Il problema era che niente di tutto ciò mi faceva sentire felice o a mio agio. Mi sembrava “sbagliato”. Decisi di lasciar perdere quei pensieri idioti e di proseguire la serata con più tranquillità.

«Allora, raccontami qualcosa di te. Sono curioso di conoscerti» domandò incuriosito Mike.

«Che vuoi sapere?» speravo non mi chiedesse nulla riguardo la mia famiglia o cose simili.

«Non so, cibo preferito, passatempo, cosa sognavi di diventare da piccola, a che età hai perso il primo dentino?» stava ridendo come un pazzo e la sua risata contagiò anche me.

«Vediamo, in ordine: pizza con patatine (banale lo so), leggo e scrivo, sognavo di essere una principessa… e all’ultima domanda non so rispondere credo, ahahah» cominciai a rilassarmi.

«Beh wow, interessante e originale, davvero!» mi prese in giro.

«Ehi non prendermi in giro! Vai, ora tocca a te: cibo preferito, libro preferito (mi hai detto che ti piace leggere no?) e momento più imbarazzante della tua vita».

«Mi vuoi davvero umiliare così? Vuoi sapere il momento più imbarazzante?».

«Oh andiamo! Non farò nessun commento, promesso» risposi ridendo.

«D’accordo. Beh fammi pensare… suppongo sia stata la lezione di ginnastica durante la quale mi venne un attacco di influenza intestinale e diciamo che vomitare davanti a tutti i compagni è stato piuttosto orribile» arrossì un pochino ed era così carino che non potei resistere, gli feci una carezza, nulla di malizioso, ma quel contatto mise fine al momento divertente e divenimmo entrambi seri. Mike mi guardava fisso negli occhi ed io non potevo fare altro che ricambiare. Cominciò ad avvicinare le sue labbra alle mie, il mio primo bacio stava per arrivare! L’agitazione cominciò a farsi sentire nello stomaco… ma ecco che arrivò il cameriere, imbarazzato, che si schiarì la voce, interrompendo quel momento dolce.

«Scusate ragazzi, mi dispiace disturbare, ma devo prendere le vostre ordinazioni...» parlò a voce bassa, quasi con timore della nostra reazione. Non capivo il motivo di tanta cautela, ma quando mi voltai verso Mike, compresi perché quel povero ragazzo fosse tanto preoccupato. Il mio gentile e super carino accompagnatore lo stava guardando in cagnesco, quasi gli usciva il fumo dalle orecchie.

«Non preoccuparti caro, la colpa è nostra! Io prendo una bella lasagna se possibile» dissi con voce gentile, per cercare di calmare le acque. L’atteggiamento di Mike non mi stava affatto piacendo.

 

 

La cena trascorse in fretta, ma dopo l’accaduto con il cameriere e le mie strane sensazioni riguardo Mike, l’atmosfera fu tutt’altro che dolce e romantica. Non riuscivo a togliermi dalla testa il discorso riguardo la sua lite con Dean, volevo capire cosa fosse successo e allo stesso tempo mi era rimasto impresso quel suo sguardo cattivo e astioso, che aveva rivolto al cameriere. Probabilmente non si accorse che con la testa ero altrove, oppure finse di non notarlo, perchè per tutta la sera non disse niente a tal proposito. Gliene fui grata, perchè di certo non avrei saputo cosa rispondere alla domanda “come mai così seria e taciturna?”.

Probabilmente mi stavo facendo troppe paranoie, come sempre, rovinando il mio primo appuntamento.

Arrivammo davanti a casa molto presto, nonostante la cena fosse durata più di un’ora, ma dopo aver finito Mike non propose di andare altrove e io decisi che era meglio così.

«Allora, ehm, non so come sia andata… da parte mia credo bene, spero ti sia divertita anche tu. Mh se ti va, domani ci sarà una festa in spiaggia. Un falò, verranno parecchi ragazzi della scuola, dovresti venire anche tu» mi propose di uscire ancora e non seppi se esserne felice oppure no.

Pensai che ci sarebbero state altre persone e che quindi avrei potuto farmi altri amici e ciò non poteva essere che positivo.

«Certo, perchè no. Fammi sapere a che ora andrete. Ora vado, mio fratello mi starà aspettando, con ogni probabilità sta origliando da dietro la porta! Grazie per la cena e tutto quanto. Ci vediamo domani» parlai velocemente, quasi come se volessi fuggire, per evitare che mi desse quel bacio mancato, che prima avevo desiderato.

«Va bene… A domani Meggy». Oddio Meggy no, ti prego.

«A domani». Entrai in casa e richiusi la porta velocemente. Davvero mi aveva chiamata così? Era molto meglio il nomignolo scelto da Dean. Ma perchè continuavo a pensare a lui? Meglio smetterla e distrarmi con un po’ di gelato e un bel film.

«Chris?» chiamai più volte, ma anche questa volta mio fratello non c’era. Ma che diavolo stava facendo in giro? Non mi pareva avesse già conosciuto qualcuno.

 

Mi svegliai alle 10 circa. Uno strano rumore mi aveva infastidita ma non capivo cosa fosse. Mi alzai e aprii la porta della camera per controllare e lo sentii di nuovo. Oh no ti prego. Mi diressi verso la porta del bagno e la visione fu alquanto disgustosa: Chris era seduto a terra, con la faccia dentro la tazza, intento a vomitare quella che penso fosse tequila.

«Complimenti, davvero maturo da parte tua. Ieri sera sono tornata e non c’eri, ora so che con ogni probabilità eri già ubriaco da qualche parte. Vado a prepararti dell’acqua con limone, cerca di centrare il water almeno».

Detto questo lo lasciai lì, per scendere di sotto a fare ciò che gli avevo detto. Non potevo credere che avesse ricominciato a bere, per un po’ di tempo si era comportato così, dopo quello che avevamo passato aveva deciso di sfogarsi ubriacandosi fino a non capire più niente. Per fortuna però fu un periodo breve e dopo di che non ricapitò più. Chissà perchè lo stava rifacendo… forse cambiare città non era stato così facile nemmeno per lui.

Tornai al piano di sopra ma si era addormentato. Il pensiero di portarlo in camera mi passò per la mente, ma poi compresi che sarebbe stato impossibile alzarlo da sola. Presi una coperta e gliela posai sulle spalle, sperando che si riprendesse almeno un po’.

Avevo intenzione di prepararmi una bella colazione e poi uscire a correre, ma una volta aperto il frigo compresi che forse sarebbe stato necessario fare la spesa, dato che non c’era nulla a parte qualche birra e delle uova. Mi vestii velocemente, tanto dovevo soltanto andare al supermercato, non c’era il caso di farsi bella. Le ultime parole famose!

 

DEAN’S POV

 

«Dean per favore vai a comprare le cose che mancano, ti ho fatto un elenco, è sul bancone in cucina. Mi raccomando, niente schifezze, sai quanto le odia tuo padre». Il mio incubo da circa 11 anni: la fidanzata di mio padre. Credo che nessuno possa odiare una persona quanto io odiavo Kaylie. Quella donna era capace di farmi incazzare come nessuno mai era riuscito a fare. A 7 anni persi mia madre, un cancro del cazzo che i dottori scoprirono troppo tardi e non ci fu alcuna possibilità di salvarla. I ricordi erano alquanto sfocati e confusi, ero troppo piccolo quando successe e con il tempo il profumo, il volto e la voce di mia madre svanirono nel nulla, senza che io potessi fare nulla per tenerli a mente. Dopo la sua morte, mio padre divenne un vero e proprio coglione. Capisco che il dolore porti a reagire ognuno in modo differente, ma ciò non giustifica le sue azioni. Per anni mi aveva messo le mani addosso, picchiandomi e facendomi del male quando gli pareva. Crescendo poi decisi che non potevo lasciarlo fare, misi su qualche muscolo e cominciai a reagire. Da quel momento non ricapitò più. Molta gente penserebbe sia stupido rimanere in silenzio e non andare via. La verità è che avevo bisogno di lui, o meglio, dei suoi soldi, per potermi iscrivere al college e andare via da questo incubo. Una volta cominciato il college avrei trovato un lavoro e a quel punto avrei potuto mantenermi da solo. Ma fino ad allora mi serviva restare qui. Ad ogni modo, dopo due anni dalla morte mia madre, mio padre John incontrò Kaylie in uno stupido bar ed ecco che ora viveva con noi, purtroppo. Non era cattiva, non mi aveva mai fatto nulla di male. Ma era rimasta ferma immobile tutte le volte in cui mio padre aveva alzato le mani su di me. Ma d’altronde anche io ero stato zitto e ancora non lo avevo denunciato… ero esattamente come lei, un vigliacco.

Presi la lista della spesa ed uscii di casa. Quella mattina ero davvero stanco, la sera prima ero rimasto fuori casa fino a tardi con gli altri ragazzi ed April, avevamo fumato qualche sigaretta in compagnia e bevuto qualche birra, ma ci eravamo dilungati un po’ troppo e le due erano arrivate velocemente. Raggiunsi il market ed entrai con molta calma, non avevo fretta di tornare a casa. Arrivato al banco gelati notai una massa di capelli scuri tutti scompigliati e raccolti in una crocchia morbida. La riconobbi immediatamente. Meg era così concentrata sui gelati che nemmeno si accorse di me. Mi avvicinai piano, per non farmi vedere. Accostai il mio viso alla sua spalla sussurrandole «Buongiorno Meg». Non reagì molto bene, ma d’altronde era ciò che speravo. Fece un salto pazzesco urlando come una marmocchia di 3 anni, diventando tutta rossa quando si accorse di chi era stato. Era così carina.

Oddio ma che stavo pensando? Dovevo assolutamente riprendermi, stavo perdendo la testa.

«Non farlo mai più! Ho perso dieci anni di vita! Idiota ma che vuoi?!» urlava come una pazza e i capelli, già spettinati, stavano peggiorando sempre più. Solitamente, se avessi visto una ragazza conciata a quel modo avrei pensato “oddio no”, ma lei era stupenda ugualmente, anzi anche di più.

«Scusa Meg, ma eri così concentrata su quel gelato al fior di latte che non ho potuto resistere. Allora, ti piace il gelato eh? Beh a chi non piace. Ti consiglio quello al cocco però, è squisito».

Non so per quale motivo le stessi dando consigli sul gelato, ma volevo parlare con lei, non importa di cosa, mi bastava sentire la sua voce ancora un po’.

«Ehm, si, insomma, mh… certo, prenderò quello al cocco. In realtà stavo già fissando quello e non il fior di latte». Era così imbarazzata che mi fece ridere. Ero forse io a metterla in imbarazzo? Forse non le ero così indifferente come voleva farmi credere. E poi quel giorno a mensa ho visto come fissava me ed April. Quel siparietto lo avevo fatto solo per lei, perchè usciva con quel cretino di Mike. Non potevo crederci. Ma le cose sarebbero cambiate, quello sfigato non l’avrebbe avuta vinta.

«Senti ora devo finire la spesa e tornare da mio fratello, sperando che non stia ancora vomitando l’anima, perciò ti saluto».

Cazzo, non mi ero accorto di essere rimasto in silenzio immerso nei miei pensieri.

«Ti accompagno, tanto devo fare anche io la spesa e poi ti faccio compagnia fino a casa. Abitiamo più vicini di quanto pensi» dissi con fare malizioso. La sera prima l’avevo vista rientrare a casa accompagnata da Mike, dato che mentre io uscivo loro rientravano. Con mio grande piacere non c’era stato alcun bacio e ciò mi rendeva felice.

«Va bene, come ti pare» rispose fingendosi disinteressata, ma in realtà avevo notato benissimo quel rossore che le colorava le guance.

Fare la spesa insieme fu più divertente di quanto pensassi, continuai a prenderla in giro fino allo scaffale degli assorbenti, lì quasi soffocai per le risate.

«Non è affatto divertente idiota. Voi maschi non potete capire cosa significa. E poi non fa ridere». Si era davvero offesa?

«Hai ragione, scusa Meg, è stato poco gentile da parte mia, accetti le mie umili scuse?» dissi ridendo e fingendomi un gentiluomo d’altri tempi.

«Ci penserò su e vedrò se ne varrà la pena. Dai andiamo, ci abbiamo messo una vita ed è quasi mezzogiorno».

«Come ti trovi qui?» chiesi senza pensarci. La strada da fare non era molta e volevo sapere il più possibile su di lei durante il tempo che ci restava.

«Bene, credo. Sono appena arrivata perciò non saprei, per ora non è male».

«Beh, sicuramente Mike ti sta aiutando ad ambientarti immagino». Non so per quale motivo pronunciai quelle parole, ma qualcosa nel suo sguardo mi disse che avevo colpito nel segno, forse non era poi così felice della sua amicizia con quel coglione.

«Tu e Mike vi odiate proprio eh? Come mai? Che è successo?» era curiosa, un po’ troppo.

«Niente che ti riguardi credo». Forse fui un po’ troppo scontroso e ci rimase male, ma non sapevo controllarmi, non quando si trattava di parlare di me.

«Io sono arrivata, grazie di avermi accompagnata» non fece in tempo a pronunciare quelle parole che qualcuno cominciò ad urlare il suo nome, in modo disperato.

«Oh cazzo, mio fratello». Megan corse in casa preoccupata ed io non potei far altro che seguirla per controllare che fosse tutto a posto e aiutarla in casa di bisogno.

 

 

MEGAN’S POV

 

Corsi dentro disperata, temevo che mio fratello stesse più male del previsto. Lo raggiunsi nel bagno, dove lo avevo lasciato prima di uscire. Era ancora riverso sulla tazza, il corpo tentava di farlo rimettere ancora ma aveva ormai lo stomaco vuoto perciò era impossibile. Era bianco in volto e cominciai ad andare in panico. Cosa potevo fare?

«Ehi amico, esagerato un po’? Vieni dai, ti aiuto io, appoggiati a me, al mio tre ti alzo okay? Cerca solo di non vomitarmi addosso». Dean mi passò accanto con passo sicuro e tirò su mio fratello, come se fosse leggero quanto una piuma. In effetti, pur essendo più piccolo d’età, Dean era più grosso di mio fratello, non che quest’ultimo fosse minuto, ovvio. Ero felice di quel gesto, forse non era così stronzo come voleva farmi credere.

«Ecco qui, ora cerca di riposare, ti portiamo un secchio in caso ti venisse di nuovo da rimettere, d’accordo? Non alzarti o finirai a terra, sei troppo debole».

Uscimmo dalla stanza in silenzio e dopo aver portato un secchiello a mio fratello, raggiunsi Dean che nel frattempo era sceso di sotto. Non so dove trovai il coraggio di pronunciare quelle parole, ma lo feci: «Ti va di fermarti a pranzo? Ormai è tardi e poi vorrei renderti il favore. Posso preparare la pasta o quello che preferisci».

«Sicura che non sia un problema?» domandò curioso.

«Certo che no, altrimenti non te l'avrei chiesto. Vieni andiamo in cucina così preparo qualcosa».

«Avete già sistemato tutto, complimenti. Credo che al vostro posto ci avrei impiegato almeno un mese» disse ridendo. Quel suo lato gentile e cordiale mi piaceva, ma poi ogni volta mi deludeva con qualche risposta sgarbata e non capivo perché.

«Già, ci siamo dati da fare per finire in fretta. Né a me né a Chris piace il disordine». Mi veniva quasi naturale parlare con lui. «Ti piace la pasta carbonara? Mia madre era italiana, perciò sono molto brava con la cucina, soprattutto con la pasta. Mi ha insegnato un paio di cosette niente male». Non so per quale motivo mi lasciai sfuggire quel dettaglio su mia madre, a quel punto avrebbe sicuramente fatto domande riguardo i miei genitori e non avevo intenzione di rispondere.

«Vada per la carbonara. Ho sempre avuto un debole per il cibo italiano. Posso aiutarti?». Era gentile. E non aveva fatto domande. Meritava un premio solo per questo.

«Comincia a tagliare la cipolla, mi raccomando fine e non spessa come una bistecca, altrimenti farà schifo». Dopo il mio suggerimento, che poi era quasi un ordine, Dean cominciò a tagliare la cipolla concentrato a non sbagliare. Eravamo uno affianco all’altro e il calore della sua pelle affianco al mio mi faceva sentire in pace e agitata allo stesso tempo. Probabilmente se ne accorse perchè cominciò a fissarmi insistentemente con quel suo sguardo profondo.

«Che c’è?» domandai nervosa.

«Nulla, sembravi agitata e non ne capivo il motivo. Stasera vieni alla festa in spiaggia?». Quel repentino cambio di argomento mi confuse e risposi sì, senza pensarci.

«Allora passo a casa tua per le sei e mezza, così andiamo insieme. E poi voglio vedere la faccia di Mike quando mi vedrà arrivare con te» rideva come un matto.

«Ehi, lo fai solo per dargli fastidio? Non voglio essere usata soltanto per i tuoi scopi». Avevo sperato che me lo chiedesse per passare del tempo con me, perché sentiva ciò che sentivo io. Che illusa.

«Non lo faccio per i miei scopi o cose simili. Te l’ho chiesto perché mi farebbe piacere andarci con te. La cosa di Mike è soltanto un vantaggio in più. Eddai vieni, ci divertiremo, ci saranno anche gli altri ragazzi».

«Ed April? Lei non ci sarà? Peccato, speravo tanto di poter rivedere la tua lingua ficcata nella sua gola». Il mio commento acido mi avrebbe sicuramente messa nei guai, avrebbe capito quanto mi avesse dato fastidio e ciò non andava bene, non doveva saperlo.

«Sei gelosa Meg? Se vuoi posso ficcarla anche nella tua di gola». Quel sorrisetto e il suo sguardo mi fecero agitare immediatamente. Quel ragazzo mi piaceva ed eccitava come nessuno prima d’ora. Ma era uno stronzo e si sarebbe preso gioco di me.

«N-no grazie, s-sto bene così» cazzo stavo balbettando. Ben fatto Megan, nessuno si era accorto che stessi mentendo.

«Tu dici?». Mi si avvicinò lento, mettendo una mano sul mio fianco e portando l’altra sulla mia fronte, per spostarmi un ciuffo ribelle.

«Io credo che tu lo desideri quanto me, ma se dici di no non intendo disobbedire. Non sai cosa ti stai perdendo» terminò la frase spostandosi da me e ricominciando a tagliare la cipolla, come se non fosse successo nulla. Io, al contrario, ero accaldata e rossa in viso.

Ma che mi stava succedendo?

 

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