Notti perse a non dormire

di trenodicarta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Posso aiutarti ***
Capitolo 3: *** Non ne hai il diritto ***
Capitolo 4: *** L'unico che volessi chiamare ***
Capitolo 5: *** Sotto processo ***
Capitolo 6: *** Cos'è successo quella sera? ***
Capitolo 7: *** Sapore di salvezza ***
Capitolo 8: *** Processo ***
Capitolo 9: *** Scusa ***
Capitolo 10: *** Ti odio ***
Capitolo 11: *** Vattene ***
Capitolo 12: *** Imparare a perdonare ***
Capitolo 13: *** Buon Compleanno ***
Capitolo 14: *** Mai stata più sicura ***
Capitolo 15: *** Credi di essere diverso? ***
Capitolo 16: *** Devo parlargli ***
Capitolo 17: *** Incontro ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Notti perse a non dormire

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Prologo

- Vorrei che tu ti fidassi di me. -

Davanti a quelle parole, per non ridere, Viola dovette fare un notevole sforzo. Fidarsi? Le stava davvero chiedendo di farlo? Ormai quella parola non rientrava più nel suo vocabolario, non dopo tutto ciò che aveva passato. Non riusciva a fidarsi nemmeno più di se stessa, come poteva farlo con qualcun'altro? Specie se quel qualcuno era Simone. 

- So che ti sembra impossibile, io non sono la persona adatta, però non puoi punirmi per quello che ha fatto Riccardo. - 

Uno spasmo attraversò il corpo di lei. 

- Non pronunciare il suo nome. - Sibilò mettendosi improvvisamente sulla difensiva, più di quanto non fosse già.

Non riusciva nemmeno più a sentire o pronunciare quel nome, quello che apparteneva all'uomo che le aveva fatto così male. Male? Era un eufemismo, aveva fatto ben peggio: l'aveva spogliata della sua sicurezza, delle sue certezze, le aveva tolto la fiducia negli altri, le aveva strappato ogni briciolo di sentimento che non fosse paura o diffidenza. Riccardo l'aveva resa tutto ciò che lei mai avrebbe voluto divenire. 

- Vattene, io non ... non ti voglio. Non ho bisogno di te, so perchè sei qui, cerchi di rimediare perchè ti senti in colpa, ma la verità è che fare beneficienza nei miei confronti non riuscirà a pulire la tua coscienza o quella della tua famiglia. - Viola gli sputò quelle parole in faccia, con un tono talmente duro e freddo che persino lei si sorprese di essere stata più gelida di quanto volesse.

Il viso di Simone assunse una sfumatura di tristezza, i begli occhi azzurri si abbassarono. Lui rimase in silenzio osservando il pavimento, soltanto in seguito rialzò gli occhi, come a voler fare un ultimo disperato tentativo. Fece un passo verso di lei e in risposta Viola ne fece due indietro. 

- Non ti avvicinare. -

- Non tenermi fuori da tutto questo. - Sussurrò il ragazzo, avanzando ulteriormente.

Era così cauto nei suoi movimenti, come un cacciatore che lentamente cerca di avvicinarsi alla propria preda. 
Viola avrebbe voluto allontanarsi ulteriormente, ma si ritrovò con la schiena bloccata dalla parete, non poteva andare da nessuna parte. Era una situazione così familiare. 

- Per favore non ti avvicinare. - Ripetè, stavolta assumendo una nota di paura nella voce. 

Forse fu proprio quello a frenare Simone, il quale rimase immobile, limitandosi ad osservarla. Si ritrovò a pensare che fosse terribilmente dolce, mentre cercava di apparire fredda e distaccata, ma in realtà non era altro che una ragazza terrorizzata.

- Non sono lui. - 

- Ah no? Ma hai mentito, hai mentito su tutto. Come faceva lui. Hai fatto finta, era tutto programmato...tu volevi solo ingannarmi. -

Simone scosse la testa davanti a tutte quelle accuse. 

- No, era tutto vero, lo giuro. Se tu mi dessi la possibilità... -

- No. Voglio che tu te ne vada, non voglio più averti nella mia vita, te e tutta la tua famiglia. Spero che finiate tutti all'inferno, siete solo un mucchio di bastardi! Vattene! - Viola recuperò la grinta perduta e in un moto di rabbia fece un passo in avanti, ringhiando quelle parole davanti al viso di Simone. 

Quest'ultimo incassò anche quegli insulti, quella volta fu lui a rimanere in silenzio e a indietreggiare. 

- Mi dispiace per averti mentito... - Si limitò a dire, mentre la osservava contrito. 

Era così bella con quegli occhi lucidi color nocciola, della stessa tonalità dei capelli mossi. Aveva le guance arrossate dalla rabbia e gli occhi pronti a scoppiare in un pianto. Simone avrebbe voluto abbracciarla ma avrebbe solo ottenuto un rifiuto. Non voleva terrorizzarla, ci aveva già pensato Riccardo a farlo. Rimasero a guardarsi per qualche secondo, prima che Simone facesse qualche passo indietro fino a scomparire, uscendo dalla porta di casa. Non appena fu sola nella stanza, Viola attese qualche secondo prima di lasciarsi andare. Scivolò con la schiena contro il muro, lasciandosi cadere a terra, con le ginocchia strette al petto e le lacrime che le scivolavano lungo le guance. Era stata ingannata da una persona da cui non se l'aspettava, di nuovo. 



Chiarimenti
Ciao a tutti! Ho riflettuto a lungo sul pubblicare o meno questa storia, però alla fine l'ho fatto. Volevo solo precisare alcune cose prima di andare avanti:

- Tutti avrete capito che Viola nasconde alle spalle un passato violento, dovuto a questo Riccardo (tenete a mente il suo nome perchè ritornerà parecchie volte), ci tengo a dire che non descriverò scene violente nei particolari perchè trovo sia una tematica troppo delicata che non mi sento di affrontare nei minimi dettagli, ci saranno dei flashback nel corso della storia che vi faranno capire cos'è accaduto a Viola. 
- Questo è solo un prologo, riprende una scena che vi sarà in futuro, quindi capisco che possa essere poco chiaro, essendo anche piuttosto corto, però vi prometto che presto pubblicherò il primo capitolo (magari lo farò stasera o domani) in cui le cose vi saranno più chiare e comprenderete cos'è accaduto.
- Ho inserito una gif con Mila Kunis e Stephen Amell perchè loro due sono i volti a cui mi sono ispirata e inoltre quella gif mi sembra molto adatta alla scena descritta qui nel prologo. 

Spero di aver stuzzicato la vostra curiosità. Presto pubblicherò un altro capitolo, nel frattempo avrei piacere nel ricevere una piccola recensione per sapere se ne vale la pena continuare. A presto :3

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Capitolo 2
*** Posso aiutarti ***


Capitolo 1 

La prima volta che Viola e Simone si videro, lei era nel letto di un ospedale e lui alla ricerca di risposte. Non appena gli occhi di ghiaccio dell'uomo si posarono sul corpicino di quella sconosciuta, sussultò. Era impressionato dallo stato in cui si trovava: dormiva immobile, quasi fosse una statua, con quelle lenzuola chiare a fare da contrasto con i lividi violacei che le attraversavano viso e braccia. Tristemente, Simone immaginò che anche il resto del corpo, in quel momento coperto dal camice, fosse ridotto alla stessa maniera, se non peggio. 
L'uomo si avvicinò lentamente, attento a non svegliarla. Mentre osservava il viso di quella ragazza che lui nemmeno conosceva, ma alla quale era inevitabilmente legato, si sentì tremendamente in colpa. 

- Mi dispiace così tanto... - Sussurrò Simone, poggiando un mazzo di fiori sul comodino, come se questi potessero bastare a rimediare.

Dopo aver fatto ciò, indietreggiò deciso ad andarsene, ma qualcosa lo bloccò. 

- No...vai via... - Le piccole labbra di Viola si mossero biascicando tali parole. 

In un primo momento Simone pensò che stesse parlando con lui, ma in seguito si accorse che la ragazza teneva ancora gli occhi chiusi: stava avendo un incubo. 
Mordendosi un labbro, Simone cercò di comprendere quale fosse la cosa giusta da fare. Viola si dimenava spaventata davanti ai suoi occhi blu, senza che lui potesse far nulla. Dopo qualche istante di indecisione, decise di porre fine a tutto ciò, poggiandole le mani sulle spalle nel tentativo di risvegliarla senza farle male. 

- Viola, svegliati... -

Le palpebre di lei si mossero, fino ad aprirsi, rivelando un paio di occhi scuri ancora sconvolti. Non appena questi ultimi incontrarono quelli di ghiaccio di lui, Viola passò dall'avere un'espressione confusa ad una sorpresa.

- Non toccarmi! - Davanti a quel grido, Simone la lasciò andare immediatamente. 

La ragazza lo studiò, tranquillizzandosi solo non appena vide la divisa che portava: Simone era un poliziotto. La sua diffidenza andò pian piano scemando, almeno in parte. - Che cosa vuole? Ho già parlato con altri suoi colleghi...-

- Io... - La verità era che Simone non sapeva nemmeno cosa dirle. Era sempre stato spalvaldo e deciso, eppure in quella situazione si sentiva del tutto spaesato. - Volevo solo informarla sugli ultimi avvenimenti e ...vedere come stesse. - 

- Sto una meraviglia, non si vede? - Chiese retoricamente e con un tono alquanto pungente lei. - Quali sarebbero le novit...- La ragazza non terminò la frase, poichè nel momento in cui rivolse una veloce occhiata al proprio comodino, venne attratta da qualcosa di colorato. Fiori. Lui le regalava sempre dei fiori per farsi perdonare. - Chi li ha portati? - Chiese immediatamente allarmata. 

Simone comprese di aver fatto un madornale errore e tentò di rimediare senza farsi scoprire.

- I suoi genitori. - Si inventò, mantenendo un tono neutro, senza lasciar trapelare l'indecisione che invece provava dentro di sè. 

Viola sembrò crederci, per il momento. 

- Ha una ragazza per caso? - Chiese di punto in bianco lei, lasciandolo basito: mai si sarebbe aspettato una tale domanda. - Non ci sto provando tranquillo, volevo solo dirle che ... se ha una ragazza può prenderli e darli a lei, io odio i fiori. -

Simone annuì più volte e mordendosi le labbra carnose afferrò quel mazzo stringendolo con forza tra le mani, avrebbe voluto scaraventarlo fuori dalla finestra. 
Viola si mosse appena per mettersi a sedere, ma si fermò, lasciandosi sfuggire un gemito di dolore. 

- Vuole che chiami un dottore? - 

Viola scosse la testa, ma continuò a mantenere un'espressione dolorante sul viso. 

- Vuole una mano? -

- Voglio solo bere quel dannato bicchiere d'acqua. - Borbottò spazientita, cercando di allungarsi ulteriormente per afferrare l'oggetto poggiato sul suo comodino. Non era tipa da chiedere aiuto, nemmeno in quel caso, non esplicitamente almeno. 

Simone colse la richiesta nascosta tra le righe e con un semplice movimento prese il bicchiere e glielo porse. 

- Grazie. - Sussurrò appena lei, prendendoglielo dalle mani e portandoselo alle labbra. - Senta io... la ringrazio ma qualsiasi novità ci sia preferirei saperla in un altro momento. Vorrei dormire. - 

Il poliziotto annuì, mentre riprendeva il bicchiere posandolo sul mobile. 
Lavorava in polizia, aveva visto ogni tipo di caso di violenza, conosceva le vittime di stalking e le moglie picchiate dai mariti, era sempre riuscito a dimostrarsi pacato e distaccato al tempo stesso, ma quella volta era diverso: Viola era vicina a lui, il problema era che lei non lo sapeva e mai avrebbe dovuto scoprirlo. 

***

- Ancora lei? -

Simone tentò di non ridere davanti allo sguardo esasperato di Viola. La ragazza stava infilando alcuni vestiti in un borsone quando lo vide spuntare dalla porta della propria camera. 
Viola ci aveva messo un po' a riconoscerlo a dirla tutta: Simone quel giorno non aveva indossato la sua divisa, si era limitato a una camicia e un paio di jeans. Eppure, anche senza uniforme, aveva tutta l'aria da sbirro, con quell'espressione seria e dura. 

- Ci sono novità? - Chiese in seguito la ragazza usando un tono più pacato. 

- No, affatto. - Finalmente Simone parlò. - Volevo solo dirle che il suo ex compagno è stato arrestato e ... - 

- Bene, mi fa piacere. - Tagliò corto Viola, non volendo sentire più nient'altro riguardo a quella storia. 

Afferrò la propria giacca e il proprio borsone, ma non appena provò a tirarlo le sfuggì un altro lamento. 

- Serve una mano? -

- Non ho bisogno del suo aiuto. - Rispose in meno di mezzo secondo la ragazza, assumendo un'aria offesa, quasi le fosse stato rivolto il peggiore degli insulti. 

- La sua borsa mi sembra pesante e casa sua non è vicina, mi permetta di accompagnarla. -

Lo sbirro appariva piuttosto gentile nei suoi riguardi, ma Viola non era in vena di fidarsi delle apparenze, non dopo tutto ciò che le era successo. Simone percepì tale diffidenza, fu per questo che decise di giocarsi una carta che sperava sarebbe stata quella vincente.  

- Avevo una sorella alla quale è successo quello che è capitato a lei. - Mormorò dopo un minuto di silenzio. 

Il viso di Viola mutò, da scontroso assunse una sfumatura dispiaciuta. Osservò incuriosita il ragazzo, il quale riprese a parlare consapevole di aver toccato il tasto giusto. Le stava mentendo, lui mentiva sempre a tutti, ma quella volta per la prima volta si sentì in colpa. 

- Avrei voluto che qualcuno si occupasse di lei, io non ho potuto farlo, lei non ha mai detto niente di ciò che le era successo, l'ha tenuto nascosto fino a quando non l'ho scoperto da solo. So che tu, Viola, sei come lei. So che pensi che io sia qui per pietà nei tuoi riguardi, ma non è così, sono qui perchè se posso fare un piccolo gesto per far stare meglio te, sento che potrei stare meglio a mia volta. -

Viola mantenne la sua espressione impenetrabile, mentre rifletteva sul da farsi a braccia incrociate. - Accetto il passaggio, ma pretendo di poter scegliere la radio. -

Tentava di apparire scontrosa e fredda e di sicuro ci riusciva alla perfezione, ma Simone era certo del fatto che non lo fosse: in primo luogo anche lei gli tava dando del tu e seconda cosa, aveva accettato la sua offerta d'aiuto. Evidentemente, aveva bisogno di assistenza più di quanto volesse far apparire.

- Affare fatto, la scelta della radio è tutta tua. - Mormorò infine lui, sfoderando un sorriso compiaciuto. 

 
***

La accompagnò paziente per tutte le scale, fino a quando non giunsero alla porta del suo appartamento. Simone si guardò attorno, dopo aver aiutato Viola a sedersi sul divano. Era tutto così vuoto in quella casa, ad alcuni angoli mancavano persino dei mobili.

- Lui ha voluto che andassi a vivere da lui. - Spiegò Viola, notando lo sguardo spaesato del ragazzo. - Diceva che convivere sarebbe stato un passo in avanti, che sarebbe stata una prova d'amore: se io l'avessi fatto allora avrebbe significato che lo amavo. - 

Simone si sorprese davanti a quella confessione, non pensava che Viola gli avrebbe rivelato tutto ciò. Per un attimo nutrì la speranza che quella ragazza si sarebbe aperta raccontandogli altro, ma invece lei ripiombò nel silenzio, osservandolo. Simone non sapeva bene se toccasse a lui parlare o se quello sguardo volesse dire "fuori da casa mia ora". 

- Mi chiamo Simone. - Disse infine, pensando che presentarsi fosse la scelta migliore, non voleva continuare ad essere chiamato "Sbirro". 

Viola annuì più volte.

- Ciao Simone. - Rispose, utilizzando il tono tipico di un gruppo di sostegno ad un acolizzato. 

Lui rise, lei abbozzò una smorfia che sembrava essere un sorrisetto.

- Sei una tipa simpatica. - Commentò quindi il ragazzo, passandosi una mano tra i capelli neri. 

- Sono una tipa sarcastica, non confondere i concetti. -

Simone pensò che Viola fosse la ragazza più interessante che avesse mai conosciuto, le sue risposte erano saccenti e intriganti al punto giusto, non si sorprendeva del fatto che Riccardo si fosse interessato a lei. Viola non voleva parlare di sè, questo Simone lo comprese chiaramente, dal momento che lei non fece altro che fargli domande sulla sua vita, i suoi interessi, la sua famiglia e così via. Simone però non voleva parlare della sua famiglia, fu per questo che in maniera piuttosto abile, il giovane medico dirottò il discorso su di lei.

- La tua famigia invece? -

Un sorriso spontaneo nacque sulle labbra di lei, un sorriso che fece immensamente piacere a Simone. 

- Loro sono separati, però ... sono le persone migliori che io conosca. Sono stati molto pazienti con me, nonostante tutto ciò che sia capitato. -

Simone si morse le labbra carnose, avrebbe voluto domandarle di più, in un attimo tutto il suo interesse verso quella ragazza si era acceso maggiormente. Fin da quando aveva saputo cosa le era stato fatto, aveva sentito l'impulso di andare da lei, era stato come un bisogno irrefrenabile, doveva parlarle, conoscerla, capire chi fosse. Ora che ce l'aveva davanti provava una serie di sentimenti contrastanti, da una parte stare con lei gli piaceva, ma dall'altro era terribilmente doloroso, per non parlare del fatto che odiava se stesso per le menzogne che le aveva detto. 

- Vorrei riposarmi se non ti dispiace... - Affermò a un certo punto Viola e lui comprese al volo che non era vero, probabilmente voleva stare da sola.

Educatamente, Simone si alzò dal divano e rivolgendole un mezzo sorriso disse: - So che ti sembrerà strano ma, vorrei rivederti, potremmo parlare. Sono nuovo in città e non conosco nessuno... - Viola non disse nulla, quindi lui andò avanti: - Questo è il mio numero, se ti va. -

Lasciò sul tavolino davanti a loro un biglietto da visita. Viola non lo raccolse, si limitò a guardarlo, per poi tornare ad osservare il ragazzo. 

- Arrivederci. - Disse solamente e Simone non seppe come interpretare quel saluto, forse avrebbe significato che l'avrebbe richiamato o era semplicemente un addio. 
Ad ogni modo, lui prese la propria giacca e rivolgendole un ultimo cenno di saluto raggiunse la porta, dalla quale uscì. 


Note autrice
Allora ecco qui il primo capitolo, so che magari potrebbe risultare un po' noioso all'inizio, dal momento che Simone e Viola si sono appena conosciuti, però ovviamente la storia deve ancora svilupparsi. Per ora posso solo dirvi, ma l'avrete capito anche da soli, che Simone conosce già Viola in realtà e ... si scoprirà entro qualche capitolo come mai lui sia andato in ospedale e perchè si senta in colpa. A presto :)


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Capitolo 3
*** Non ne hai il diritto ***


Capitolo 2 

- Vedrai che ti piacerà. -

- Detesto gli appuntamenti al buio. - Borbottò una scocciata Viola, la quale prese a giocherellare con il bordo del proprio bicchiere. 

Giulia, una sua cara amica, l'aveva costretta a partecipare a quell'imbarazzante appuntamento a quattro. Oltre a loro due vi era anche Luca, il ragazzo di Giulia, accompagnato da un suo amico, un misterioso ragazzo che avevano invitato quella sera quei due, nella speranza che potesse diventare il futuro fidanzato di Viola, o qualcosa del genere.

- Rilassati ti piacerà, è proprio il tuo tipo. - Le disse Luca, nel tentativo di rassicurarla. Lei avrebbe tanto voluto chiedere: "Perchè? Qual è il mio tipo?", ma non lo fece, poichè Luca cessò di guardare lei per spostare lo sguardo alle sue spalle. 

- Eccolo! - Mormorò, alzandosi in piedi e facendo un cenno a qualcuno. 

Viola si voltò, cercando di apparire il più possibile naturale ...e lo vide. Era un ragazzo alto, ma questo lei lo sapeva già, Giulia glielo aveva descritto minuziosamente, rifiutandosi però di mostrarle una foto o rivelarle il suo nome: voleva che fosse un vero e proprio appuntamento al buio. Viola si ritrovò a fare un mezzo sorriso soddisfatto mentre osservava quel tizio venire verso di loro. Sorrisetto che Giulia notò immediatamente. 

- Ti piace eh? - Sussurrò Giulia all'orecchio dell'amica.

- Shh. - La zittì, notando che ormai il ragazzo era vicino a loro.

Da vicino sembrava ancora più carino, con quei lineamenti marcati e i colori tipicamente mediterranei. La sua pelle era leggermente abbronzata, i suoi capelli neri e gli occhi del medesimo colore. Viola si passò una mano tra i capelli osservando il ragazzo misterioso salutare Luca per primo, il quale lo accolse dicendo: - Finalmente! Eccoti. Questa è Giulia e lei... è Viola. - 

Il nuvo arrivato sorrise a Giulia, stringendole la mano, per poi passare subito a Viola, rivolgendole un sorriso caloroso.

- Piacere, Viola. - Ripetè lei, afferrando la sua mano.

- Piacere...Riccardo. - 

La sua stretta di mano era decisa, proprio come lo sguardo che le rivolse. Fu in quel momento che lei iniziò ad adorare gli appuntamenti al buio. Ancora non sapeva che avrebbe rimpianto quell'incontro per il resto della propria vita. 

***

L'avevano convocata in commissariato. Era lì che si trovava Viola, in una sorta di sala d'attesa, mentre batteva nervosamente un piede sul pavimento, impaziente di sapere di cosa si trattasse. 
- Signorina, prego mi segua. - 
Era lo stesso poliziotto al quale più di due mesi prima, Viola aveva lasciato la denuncia. La ragazza provò un moto di irritazione nel vederlo, se lui avesse fatto qualcosa, se fosse intervenuto tempestivamente, forse le cose per lei sarebbero andate diversamente. Però non disse nulla, decise di reprimere ogni tipo di astio nei suoi riguardi e lo seguì fino al suo ufficio, sedendosi sulla sedia che lui le aveva gentilmente indicato.
- Volevo solo dirle che... ci sarà un processo presto. -
- Un processo? - Viola appariva confusa e scandalizzata. Un uomo aggrediva una donna e c'era bisogno di un processo? Avrebbro dovuto sbatterlo dentro e buttar via la chiave.
- Sì, abbiamo arrestato il signor Riccardo Pollini, ma ... lui afferma di essere del tutto innocente. -
- Certo che afferma di esserlo, cos'altro potrebbe fare? - Chiese Viola alzando involontariamente la voce. - E come potrebbe essere innocente mi scusi? Ma ha visto la mia faccia? - 
Il poliziotto rimase in silenzio, tentando di apparire calmo e stoico davanti a tutto ciò, in realtà era dispiaciuto quanto Viola e quest'ultima lo comprese chiaramente dal suo sguardo mortificato.
- Mi scusi, non volevo prendermela con lei. - Sussurrò infine la ragazza. 
- Si figuri. - Rispose lui, gentile. - Senta, il signor Pollini è praticamente già in prigione. Non uscirà salvo dal processo, glielo assicuro. Lei verrà chiamata a raccontare gli eventi, in seguito sarà...libera.-
Viola annuì più volte, ma non era certa di credere alle sue parole. Una volta uscita dall'ufficio, Viola era ancora più nervosa di quanto non fosse già stata prima di entrarvi. Si accomodò nuovamente su una delle sedie in sala d'attesa, osservando il pavimento. Si prese qualche attimo per sè. 

***

- Te ne vai di già? - Sussurrò al suo orecchio Monica, avvicinandosi a lui da dietro e tentando di stringerlo in un dolce abbraccio. Un tentativo che fallì. 

- Ho molto lavoro da sbrigare. - Simone si allontanò da lei con un gesto naturale, ma in realtà entrambi sapevano che il ragazzo non voleva alcun abbraccio da quella donna.

Monica fece finta di niente, nascondendo una leggera smorfia di dispiacere sul proprio viso. Aveva conosciuto quel poliziotto tre mesi prima, a casa della madre dello stesso Simone. Monica era una designer, avrebbe dovuto occuparsi dell'arredamento del salotto della casa di famiglia. Non c'era voluto molto per conquistare il corpo del bel Simone, era la sua mente quella difficile da colpire. Lui appariva impenetrabile con quegli occhi blu ghiaccio, a volte Monica stessa dubitava che avesse emozioni. Era sempre silenzioso, le poche volte che le aveva sorriso l'aveva fatto in maniera forzata, gli unici momenti di calore avvenivano durante il sesso, quando arrabbiato sembrava sfogare tutte le sue preoccupazioni sfoderando la propria passione e foga. Monica era conscia del fatto di non essere a tutti gli effetti la sua ragazza, lui non le aveva mai detto ti amo nè aveva mai fatto qualcosa per illuderla. La chiamava ogni giorno, le dava appuntamento a casa dell'uno o dell'altro e poi fuggiva via dicendo di dover lavorare. 

- Tua madre mi ha invitata a pranzo domani. - Lo informò, sperando di causare in lui una piccola smorfia di sorpresa, ma lui non le diede nemmeno quella soddisfazione.

- Ah si? - Domandò distrattamente mentre si infilava i pantaloni. - Come mai? -

- Beh immagino voglia discutere delle prossime stanze da arredare. - Ipotizzò lei. - O forse vuole conoscere la fidanzata di suo figlio. - 

Fu a quel punto che Simone ebbe una reazione: rialzò lo sguardo su di lei e ...scoppiò a ridere.

- Molto divertente. - Commentò infine, continuando a mantenere uno sguardo divertito. 

- Che c'è di divertente? - Domandò lei, incrociando le braccia con tono offeso.

Simone percepì tale fastidio, per questo la osservò nuovamente. Monica era decisamente il suo tipo, bionda, alta e bella. Quando l'aveva vista pensava che fosse più una top model che un'arredatrice. Però... lui non era pronto a considerarla la propria ragazza. Per niente.

- Monica, ti dispiacerebbe parlarne in un altro momento? - Mormorò appena, rivolgendole un breve sorriso, prima di avvicinarsi e baciarla fugacemente. - Ti va di uscire a cena stasera? -

La donna annuì appena, osservandolo mentre sgattaiolava via dalla sua stanza, di nuovo. 
Simone non era esattamente bravo con le donne. Era un bravo poliziotto, era anche una brava persona, cercava di comportarsi al meglio e correttamente con tutti, ma quando si trattava di donne, per quanto cercasse di essere chiaro fin da subito, si ritrovava sempre a recitare la parte del bastardo. Non era tipo da fidanzamenti o cose del genere, eppure quando trovava una ragazza che gli piacesse a livello fisico, era disposto a dedicarsi solo a lei, in senso sessuale si intende, senza andare con altre. La relazione con Monica non era un reale fidanzamento, era una ragazza carina a cui aveva dato "l'esclusiva" e con cui gli piaceva uscire ogni tanto e fare sesso spesso. Come chiamereste questo tipo di relazione? 
Simone pensò a una definizione adatta durante tutto ilt ragitto. La stazione di polizia in cui lavorava era a poca distanza di casa di Monica, per questo vi si recò a piedi. Aveva approfittato della sua pausa pranzo per fare una pausa sesso. 
Non appena entrò, tutti i pensieri riguardanti le questioni private si dissolsero nella sua mente e Simone entrò subito nel ruolo di poliziotto, almeno fino a quando... non la vide.

- Viola. - Mormorò sorpreso. La ragazza sollevò il viso e lo osservò per qualche istante. 

Simone rimase impressionato: erano passate due settimane dall'ultima volta che l'aveva vista, eppure era tremendamente cambiata, le sue ferite fisiche stavano guarendo. Il suo bel viso cominciava a trasparire in maniera piuttosto chiara, i lividi ora erano solo leggere sfumature sulla sua pelle. Chiaramente il trucco non bastava a nasconderle, ma fortunatamente stava guarendo, almeno fisicamente.

- Me ne stavo andando. - Disse la ragazza sbrigativa, alzandosi dalla sedia e cercando di superarlo. 

- Ehi, non ti stavo mica arrestando per esserti seduta. - Scherzò lui, inseguendola fino ad affiancarla. 

Viola non sorrise davanti a quella battuta, si limitò a camminare più in fretta per raggiungere l'uscita.

- Non mi hai chiamato, ti ho lasciato il mio numero l'altra volta. -

- Si me lo ricordo, non soffro di amnesia. - Tagliò corto lei, varcando finalmente l'uscita e sentendo l'aria fredda pizzicarle sul viso.

Sperava che Simone cessasse di camminarle vicino, ma invece lui non si arrese e la seguì fin fuori.

- Come mai non mi hai chiamato? -

Viola si fermò di colpo, guardandolo con un sopraciglio alzato.

- Davvero me lo stai chiedendo? - Per poco non si mise a ridere. - Santo Cielo non capisci niente di donne. - Commentò e davanti a quelle parole Simone non poteva che darle ragione. - Senti io non so se l'hai notato ma non sono nel mio periodo migliore per avere una relazione o frequentare qualcuno. - 

Wow, pensò Simone, sentendosi rifiutato per la prima volta in tutta la sua vita. In realtà lui non aveva mai cercato di conquistarla o altro, voleva solo... aiutarla. Il senso di colpa lo divorava ogni giorno, non poteva fare il proprio lavoro e continuare la propria vita come se nulla fosse, sapendo che da qualche parte Viola era là fuori, mentre cercava di affrontare una situazione più grande di lei.

- Non ci stavo provando con te, Viola. - Scandì bene tali parole. - Volevo solo esserti amico. -

- Perchè ti faccio pena. - 

- No, perchè mi sembri una ragazza in gamba e sì, vorrei aiutarti, ma non perchè tu mi faccia pena. - 

- Beh senza offesa ma tu me ne fai eccome. La tua vita dev'essere un vero fallimento se non hai niente di meglio da fare che inseguire me. In ogni caso, ho buttato il tuo biglietto da visita. - Rispose acidamente lei, prima di riprendere a camminare verso la propria macchina. Frugò nella propria borsa, andando alla ricerca delle fatidiche chiavi, che come ogni volta, non si trovavano mai nel momento del bisogno. 

- Lo sai non hai il diritto di farlo. - 

- Fare cosa? - Domandò spazientita lei.

- Trattare le persone così. Il fatto che ti sia successo ciò che ti è successo non ti dà il diritto di essere così dannatamente stronza, specie con l'unica persona sulla faccia della terra che ti stia offrendo aiuto. - 

Viole fu colpita dalla crudezza di tali parole. - Io ho tante persone che vogliono aiutarmi. -

- Ah si? Non mi sembra di vedere una gran folla intorno a te. Fossi in te comincerei a fare meno la scontrosa, perchè la gente ti comprenderà fino ad un certo punto, poi dimenticherà ciò che ti è successo e quando accadrà, ti manderà al diavolo stanca del tuo essere così acida.  - Simone fece un passo indietro e raccolse da terra un paio di chiavi che erano cadute senza che Viola se ne rendesse conto. - Pensaci su, il mio numero ce l'hai se vuoi parlare. - 

- L'ho buttato a dire la verità. - 

- Bene, ora ce l'hai di nuovo. - 

Le lasciò le chiavi dell'auto sul parabrezza, in seguito si infilò una mano in tasca estraendo un biglietto uguale a quello che già le aveva dato un tempo. Viola sollevò un sopraciglio, chiedendosi se li portasse sempre dietro. 
Il poliziotto si voltò deciso, senza guardarsi indietro. Viola invece lo osservò fino a quando non vide più la sua figura. Le sue parole l'avevano colpita dritta allo stomaco. Silenziosa afferrò le proprie chiavi e ... infilò il suo biglietto da visita nella propria borsa. 

Angolo autrice
Cercherò di inserire un capitolo ogni 5/7 giorni. Nei prossimi ci saranno altri flashback riguardanti il passato di Viola, di modo da capire meglio che tipo di personaggio sia. A presto :)


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Capitolo 4
*** L'unico che volessi chiamare ***


Capitolo 3

- E così stai studiando per diventare medico. - Viola appariva colpita da quell'informazione. 

- Sì, mi piacerebbe aiutare le persone. - Se Viola avesse potuto vedere nel futuro, probabilmente avrebbe riso davanti a una tale affermazione. Riccardo che aiutava la gente? Ma se era il primo a ferirla? - Ho una cosa per te. - Le disse a un certo punto, cambiando discorso di punto in bianco. Il ragazzo infilò una mano in tasca, estraendone qualcosa che si trovava al suo interno. 

Era un braccialetto con un fiore viola come ciondolo. 

- Non ho avuto molta fantasia lo ammetto. - Scherzò lui, facendole un breve occhiolino.

- Oh no, è un bel regalo, figurati! - Esclamò immediatamente lei, sorpresa di un tale gesto.

Riccardo sorrise e l'aiutò ad indossare quel bracciale. 

- Sai cos'altro mi piacerebbe? - Chiese più tardi lui.

- Cosa? -

- Pensavo che potremmo smetterla di dire a tutti che ci stiamo solo frequentando, mi piacerebbe presentarti come la mia ragazza. - 

Si conoscevano da solo due settimane ma Viola non ebbe esitazioni nel dire: - Piacerebbe anche a me. -

 
***

Viola ritrovò quel bracciale in uno degli scatoloni che i suoi genitori le avevano portato quella stessa mattina. Erano andati loro a recuperare le sue cose nella casa in cui aveva vissuto con Riccardo in cui tutti quei mesi, ovviamente lei non era riuscita a fare un passo così importante. Viola si rigirò tra le mani quell'oggetto per un po', prima di gettarlo nel cestino lì vicino.
Rivedere e toccare quel bracciale le aveva fatto mancare improvvisamente l'aria. Aveva bisogno di uscire. Si avvicinò alla porta e quando si ritrovò ad aprirla l'ansia aumentò. Non potè fare a meno di domandare a se stessa: sarò davvero al sicuro lì fuori? 

- Forza, Viola. - Sussurrò a se stessa. 

Doveva fare la spesa, questo fu un ulteriore motivo che la spinse ad uscire: il supermercato era a pochi metri di distanza da casa sua, le avrebbe fatto bene camminare, sarebbe stato un primo passo verso la normalià.
Ritrovarsi tra le gente le fece una strana impressione: le persone le passavano vicino, superandola, sfiorandola, come se niente fosse. Inizialmente pensò che fosse fastidioso, ma poi sembrò prendere confidenza con la sua vecchia vita, cominciò a guardare tra i vari scaffali del supermercato con naturalezza, senza più pensare a quanto le facesse paura stare lì. Riuscì persino a sorridere a un certo punto, soddisfatta di ciò che stava facendo.
Fu solo una breve illusione purtroppo, che terminò bruscamente nel momento in cui lo vide. Se ne stava di spalle davanti a lei, era alto e magro come lo ricordava, con quei capelli neri troppo lunghi. 

- Riccardo... - Sussurrò sgomenta, attirando l'attenzione di quell'uomo che si voltò subito.

Viola trasse un respiro di sollievo: non era lui. 

- Sta parlando con me? - Le domandò quello sconosciuto, confuso quanto lei.

- Scusi, h-ho sbagliato. - Balbettò appena Viola, passandosi una mano tra i capelli corvini.

Lo sconosciuto le rivolse un sorriso cortese e tornò a fissare un pacco di pasta. Viola indietreggiò, guardandosi istintivamente intorno e rendendosi spaventosamente conto del fatto che ... lo vedeva ovunque. In ogni uomo, in ogni ragazzo che le passasse accanto. Era ovunque, sempre con lei. Doveva tornare a casa subito, ma ... non riusciva nemmeno a muoversi. Lasciò il proprio carrello lì in mezzo alla corsia del supermercato e corse fuori, lontano da tutte quelle persone. 
Il cuore le martellava nel petto e la testa le girava. Senza nemmeno rendersene conto afferrò il proprio telefono. Chi avrebbe potuto chiamare? Non voleva disturbare i suoi, non voleva nemmeno contattare i suoi amici, l'avrebbero giudicata come la povera ragazza che aveva paura persino a fare la spesa. Chi chiamare allora? 
Lo sguardo le cadde sul biglietto da visita che sporgeva fuori dalla borsa. 

***

Monica aveva delle belle labbra, Simone aveva notato quel particolare fin da subito. Il rossetto rosso che indossava quella sera le metteva in risalto ancora di più. Era questo ciò a cui pensava il ragazzo mentre la osservava.

- Com'è andata a lavoro? - Domandò lei, con tono interessato, mentre osservava il menù.

Davanti a quella domanda, l'immagine di Viola gli tornò in mente. Si sentì improvvisamente stupido, si era pentito di aver trattato in quel modo quella ragazza, però... lui era fatto così, perdeva le staffe facilmente. Monica lo osservava di sottecchi, Simone era rimasto in silenzio per troppo tempo, fu per questo che sorridendole rispose con un breve: - Come al solito, tu invece? -

Monica cominciò a parlare e Simone si impegnò ad ascoltarla, ma a metà discorso il suono del proprio telefono lo distrasse.

- Scusa, ci metto un attimo. - 

Monica assunse un'aria infastidita, ma non disse nulla. Simone non riconobbe il numero luccicante sullo schermo del proprio telefono, per questo rispose con forte curiosità e diffidenza.

- Pronto? - Vi fu silenzio dall'altra parte, qualcuno però sembrava respirare freneticamente. 
- Pronto? - Ripetè, scandendo meglio quella parola. 

- Ciao, sono Viola. - Finalmente lei parlò.

Il ragazzo sospirò sollevato sentendo la sua voce. Il sollievo passò poi in secondo piano, non appena si rese conto che Viola appariva spaventata a morte. Le era successo qualcosa?

- Viola? Tutto bene? - 

Monica sobbalzò nel sentire quel nome, ma continuò a rimanere in silenzio. 

- Si...no...in realtà non lo so. Non sapevo chi chiamare, probabilmente non è niente ... - 

Simone corrugò la fronte confuso da quelle deliranti parole. Davanti a una chiamata del genere normalmente avrebbe attaccato, ma quella volta non poteva farlo, non con Viola.

- Viola dimmi dove sei. - 

- Sono nel parcheggio di un Supermercato. Io credo di aver avuto un attacco di panico o qualcosa del genere e... - 

- Rimani dove sei. Ora vado in macchina e ti richiamo, così mi dici come arrivare. - 

Simone si alzò da tavola, sotto lo sguardo sbalordito di Monica.

- Dove stai andando?! E chi è questa Viola? Simo non abbiamo nemmeno ordinato! - 

Il poliziotto serrò la mascella, avrebbe voluto spiegarle perchè doveva andare, ma lei non avrebbe capito. 

- Perdonami, davvero. Tieni ti pago un taxi per tornare a casa. - 

Stava giusto per prendere il portafoglio, ma lei sbuffò gridando: - Lascia perdere, vattene e basta! - 

Molte persone si voltarono a fissarli, incuriositi da quella discussione. Simone osservò dispiaciuto Monica, avrebbe voluto sedersi e parlarle ma ... la voce spaventata di Viola gli tornò in mente e non potè fare altro che lasciare il ristorante, sperando di potersi far perdonare da Monica il giorno dopo. 
Ci mise un po' a trovare il Supermercato di cui parlava Viola, ma ce la fece. Quando arrivò la vide immediatamente, se ne stava appoggiata con la schiena al muro, con le braccia conserte e lo sguardo perso. 

- Che è successo? - Domandò cauto, una volta vicino a lei. Viola sembrava sovrappensiero, continuava a osservare la strada silenziosamente. - Viola, dimmi che è successo. - Ripetè, stavolta in maniera più autoritaria. 

Quella volta la ragazza spostò lo sguardo su di lui, assumendo un'aria dispiaciuta nel vederlo.

- Sei vestito elegante. Eri a cena fuori? Mi spiace io... - 

- Viola smettila, dimmi perchè stai tremando. - 

La ragazza si strinse, come a voler nascondere quel tremore, ma ormai era troppo tardi. Cercava di assumere la sua solita aria impenetrabile ma non ci riusciva, era troppo spaventata e Simone cominciava ad essere stanco di domandarle perchè. 

- Lo vedo. - Disse infine, guardandolo negli occhi azzurri. 

- Chi? - Chiese lui, ma non vi fu bisogno che lei rispondesse, bastava il suo sguardo per comprendere a chi si riferisse. - Lui è in prigione. - Tentò di assumere un tono rassicurante, ma non ci riusciva, non era mai stato bravo nel consolare le persone. 

- Lo so, è solo che ovunque io mi giri, lo vedo. - 

- Lo vedi anche in me? - Chiese Simone, facendo un passo verso di lei.

Viola lo osservò, scrutandolo attenta con i suoi occhi nocciola prima di scuotere il capo. - No. -

- Perchè hai chiamato proprio me, Viola? Credevo di non piacerti. -

Era una bella domanda, anche Viola se lo chiedeva. La risposta le scivolò fuori dalle labbra con naturalezza: - Perchè... tu non mi guardi come mi avrebbero guardato loro. - Rimase in silenzio ancora qualche secondo. - Se avessi chiamato i miei o un'amica...loro mi avrebbero guardato con pietà, mi avrebbero consigliato uno psicologo e avrebbero continuato a trattarmi come una vittima. Tu non lo fai, l'ultima volta che siamo visti mi hai detto delle parole forti, mi hai scossa. Sei il primo che lo fa. Eri l'unico che io volessi chiamare. - 

Simone si sentì colpito da tali parole, in particolare dalle ultime, che prese come un complimento.
sservò le proprie scarpe per qualche istante, poi con un sorriso disse: - Forse mi hai chiamato anche perchè sono bello. -

Viola fece una smorfia che doveva essere un sorriso divertito. 

- Vieni, ti riporto a casa. - 

Si aspettava qualche obiezione, d'altra parte stava avendo a che fare con una delle ragazze più orgogliose che conoscesse, ma Viola non fiatò. Silenziosa annuì e salì in macchina,

 
***

- Eccoci qui. - 

Simone parcheggiò proprio davanti al portone di casa di Viola. quest'ultima gli rivolse un mezzo sorriso, prima di aprire la portiera.
Lui non si aspettava alcun ringraziamento o alcun saluto, per questo non si offese quando lei scese dall'auto senza neanche parlare. 
Poi qualcosa accadde. Era appena scesa dall'auto, stava giusto per richiudere la portiera alle sue spalle quando si fermò.

- Simone... - Lo richiamò.

- Dimmi. - 

- Hai cenato? - 

Si aspettava una qualsiasi domanda, ma quella proprio no. 

- Mi stai davvero chiedendo se ho mangiato? - Sembrava una situazione surreale. Il ragazzo trattenne le risate, mentre scuoteva la testa facendo cenno di no.

- Vieni, sali. - Sussurrò piano Viola. 

Il ragazzo rimase a bocca aperta, letteralmente. L'aveva appena invitato a salire? Di sua spontanea volontà? L'aveva insultato e allontanato fino a poco tempo prima e ora ... lo invitava a cenare da lei? Forse quello era il suo modo di ringraziare. 

- Sbrigati, prima che io cambi idea. - Aggiunse poco dopo la ragazza, sbattendo la portiera.

Simone non se lo fece ripetere e si affrettò a raggiungerla. 


Angolo autrice
Volevo solo farvi gli auguri, buone feste <3
Al prossimo capitolo, dove vedremo Viola e Simone entrare decisamente più a contatto, a presto ^^


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Capitolo 5
*** Sotto processo ***


Capitolo 4

L'appartamento era diverso, questo Simone lo notò immediatamente. Fino a due settimane prima aveva definito quella stessa casa spoglia e fredda, ma ora che ci rimetteva piede sembrava di stare in un appartamento completamente diverso. Le pareti erano state ridipinte di un azzurro tenue, nuovi mobili occupavano ogni angolo del salotto e numerose foto spiccavano appese ai muri. Ognuna di esse ritraeva una Viola felice: lei sorridente con un gruppo di amici, lei bambina senza un dente davanti, lei ad una cena di Natale in famiglia. 
Le esponeva come a voler dire: sono felice, o almeno lo sono stata un tempo.

- Lo so, sono sempre stata carina fin da bambina. - Mormorò Viola, notando l'attenzione che Simone stava dedicando ai suoi ricordi. - Vieni in cucina, dai. - Mormorò alla fine, facendogli cenno di seguirla.

Nessuno dei due si sarebbe mai aspettato di sedersi a tavola in compagnia dell'altro, per questo quando furono lì uno di fronte all'altra, si osservarono imbarazzati per i primi dieci minuti. 

- Ho comprato una libreria, vorrei metterla su quella parete. - Lo informò Viola, indicando con un dito l'angolo ora vuoto in cui avrebbe voluto sistemare il mobile. - Purtroppo non riesco a montarla. - Lo disse come se fosse una grave colpa. Evidentemente doveva essere sempre stata abituata ad avere successo in tutto, non riuscire in qualcosa doveva ferirla a morte. 

Si stava impegnando al massimo per modificare quella casa, glielo si leggeva negli occhi. Con ironia Simone pensò che avrebbe potuto presentarle Monica, la miglior interior designer della zona, ma ... chissà perchè aveva come la sensazione che si sarebbero detestate fin da subito. Erano troppo diverse.

- Allora, con chi eri a cena? - Chiese di punto in bianco Viola, presa dalla curiosità.

- Chi ti dice che fossi a cena con qualcuno? - Rispose vago il poliziotto.

- Ma per favore, sei tutto in tiro, nessuno si vestirebbe così bene per andare a cena da solo, a meno che non stia cercando compagnia. - 

Simone rise nuovamente e annuì.

- Saresti una brava poliziotta, sai? - Sorrise. - Ero con una donna. - Rispose sinceramente.

- La tua ragazza? -

- Una specie. - Rispose infine con un sorrisetto lui. 

Viola corrugò la fronte, riflettendo sulla parola "specie". Dopo qualche istante assunse un'espressione divertita, mentre diceva: - Ohh, ho capito. -

A quel punto fu Simone a mostrarsi poco convinto. - Cosa avresti capito? -

- Beh ... tu non la ami ma ci vai a letto ugualmente, è abbastanza normale oggi fare così. -

Simone aprì bocca per ribattere, in quanto detta così suonava piuttosto male, però rimase in silenzio. Non c'era nulla da obiettare: Viola aveva ragione.

- Sei davvero diretta. - Commentò lui, non sapendo bene se fosse un complimento o meno.

- Anche tu lo sei stato stamattina. - Fece notare lei a quel punto. 

- A questo proposito...mi spiac... -

- Non ti azzardare a scusarti! - Esclamò la ragazza, fermandolo giusto in tempo. - Ci sono già abbastanza persone che si scusano con me in questo periodo, per favore tu continua ad essere diretto senza dispiacerti. - 

Simone annuì, non riuscendo a fare a meno di sorridere. Osservò il piatto di pasta davanti a sè e dopo un minuto di silenzio disse: - Fai schifo a cucinare. - Commentò alla fine. - Che c'è? Mi hai chiesto di essere diretto. - 

Viola lo guardò torva per qualche secondo e poi...scoppià a ridere. Era la prima volta che la vedeva ridere. 

 
***

- Ho saputo del processo... - Simone lo disse con fare incerto. Avevano passato una bella serata, lei si era dimostrata divertente e disponibile, l'ultima cosa che il ragazzo voleva era che si chiudesse nuovamente a riccio. 

- Già, a quanto pare vogliono essere sicuri che lui sia il colpevole. - 

- è solo la procedura Viola, ognuno ha diritto ad avere un processo. - 

- Anche io a quanto pare sarò messa sotto processo. - 

- Che vorresti dire? -

Viola si lasciò sfuggire un sorriso malinconico prima di rispondere: - Questo processo non è solo per lui, è anche per me. Vedi lui non dovrà fare nulla, dovrà solo lasciar fare tutto al suo avvocato coi fiocchi. Io invece dovrò sedermi lì, davanti a quella gente ed essere giudicata. Le persone mormoreranno: "Come mai non l'ha lasciato prima?", "Come mai non l'ha denunciato?" - Viola fece una mezza risata nervosa. - Sono io quella che paga qui, Simone. Io sarò la povera vittima oppure nel peggiore dei casi sarò la fidanzata stupida che avrebbe potuto lasciare il ragazzo violento ai primi segnali. Comunque la metti, io sarò processata. Il fatto che lui vada in prigione non mi consola molto sai? L'unica cosa che mi consolerebbe sarebbe riuscire a uscire da questa prigione di paura in cui vivo io, ogni giorno. Invece non riesco a fare nemmeno la spesa senza sentirmi braccata da qualcuno. -

Viola si pentì di avergli detto tutte quelle cose, di aver confessato come si sentisse. Improvvisamente si sentì vulnerabile, avrebbe voluto rimangiarsi tutto ma ormai era tardi per farlo, così si limitò a rimanere in silenzio. Immaginava che Simone si sarebbe alzato inventandosi una scusa per andarsene, chi voleva passare la serata su un divano ad ascoltare gli sproloqui di una ragazza fragile? Nessuno. Non importava, lei non si sarebbe offesa. 

- Sono stronzate. - Disse lui infine, avvicinandosi a lei lento.  - La gente giudicherà hai ragione, ma non giudicherà di certo te e anche se lo facesse, a chi importa? Sei la ragazza più snervante che io conosca, ma sei anche intelligente, sveglia e ... forte, diamine se lo sei. Hai ragione su una cosa però: il processo è per te, ma non per quello che pensi tu. Ti siederai davanti a quelle persone, dirai quello che lui ti ha fatto e lo farai guardandolo negli occhi. E avrai vinto tu, perchè nel momento in cui riuscirai a sostenere il suo sguardo, l'avrai sconfitto. Ecco a cosa ti serve quel processo, a uscire dalla tua prigione. Non avrai paura, lo prometto. - 

Le sfiorò una mano mentre parlava e Viola ebbe l'istinto di ritrarsi, ma non lo fece. Si perse nei suoi occhi blu e nelle sue incoraggianti parole. 

- Verrai al processo? - Domandò quindi seria e quando lui annuì, lei sorrise. - Sei bravo con le parole. -

Simone ridacchiò e scrollò appena le spalle. Posò gli occhi sulla sua mano ancora così vicina a quella di Viola, anche lei lo fece. 

- è meglio che tu vada, ora. - Disse di colpo la ragazza, incrociando le braccia al petto.

Simone annuì, anche se dentro di sè si ritrovò a pensare che non avrebbe voluto andarsene. 

- Quindi, ora siamo amici? - Chiese a un certo punto, mentre lei lo accompagnava alla porta. 

Viola ci pensò su. Forse un amico era quello che più le serviva in quel momento. 

- Non lo so, ci penso e ti faccio sapere, sbirro. - Lo disse con fare vago, ma stava sorridendo. 

- Stavo pensando che potrei aiutarti col processo, magari posso presentarti una mia amica, è un avvocato in gamba. Se domani mattina sei libera posso passare a prenderti per portarti nel suo studio. - 

Quella proposta lasciò spiazzata Viola, la quale annuì, anche se con fare dubbioso. Perchè quel ragazzo si preoccupava tanto per lei? 
Lo avrebbe scoperto solo in seguito e ... non le sarebbe piaciuta affatto la verità.

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Capitolo 6
*** Cos'è successo quella sera? ***


Capitolo 5

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Viola ticchettava con il piede a terra.
Il suo viso era impassibile, indossava come sempre una maschera di indifferenza, come se nulla la sfiorasse, ma quel piccolo movimento lasciava trasparire la sua agitazione. 

- Viola... - Sussurrò Simone richiamano la sua attenzione. - Ti prego, smettila. - 

La ragazza corrugò la fronte non capendo cosa dovesse smettere di fare, solo in seguito se ne rese conto.

- Oh, scusami. - Strinse una mano sul proprio ginocchio, come a volerlo costringere a rimanere fermo. Simone stava per aprire bocca e dirle qualcosa per tranquillizzarla, ma non ebbe modo di fare nulla di tutto ciò in quanto davanti a loro comparve una ragazza bassa e mora.

- Seguitemi pure, l'avvocato Lucini vi sta aspettando. - Rivolgendo loro un sorriso gentile, la segretaria li condusse attraverso un corridoio e poi davanti ad una porta, che la ragazza aprì con un sorriso cordiale.

Era uno studio piccolo, ma ben illuminato. Viola però non si concentrò molto sull'arredamento della stanza, quanto sulla donna che le venne incontro. 

- Simo, sei puntuale. Che strano! - Si sorrisero a vicenda, scambiandosi due baci amichevoli sulla 
guancia. 

Avrà avuto quarant'anni, i suoi capelli erano corti, color caramello e lei era ... la donna più affascinante che Viola avesse mai visto in circolazione. Non era l'unica a pensarlo, in quanto Simone fece scorrere per mezzo secondo gli occhi sul fisico formoso della donna, per poi osservarla negli occhi verdi e dire: 

- è stato merito di Viola, mi ha obbligato ad essere puntuale. - 

Inevitabilmente, l'attenzione della donna si spostò sulla ragazza appena nominata, la quale abbozzò un sorriso. 

- Puoi chiamarmi Giulia, cara. Gli amici di Simone sono i miei amici. -

Era affascinante, gentile, perfetta. Un piccolo pensiero si insinuò nella mente di Viola, ma l'avrebbe espresso più tardi una volta sola con Simone. 
Giulia li fece accomodare e per tutto il tempo, a Viola non sembrò di star avendo una conversazione formale col proprio avvocato, le sembrò più che altro di star tranquillamente chiacchierando con un'amica di vecchia data. 
Giulia fu professionale ed amichevole al tempo stesso, mentre le spiegava il modo in cui il processo si sarebbe svolto. 

- Ti chiederanno il tipo di rapporto che legava te e il signor Pollini. Ti faranno delle domande su quella sera. - Disse pacato l'avvocato, facendo poi qualche istante di silenzio prima di tornare a parlare. - A questo proposito, ho bisogno che tu mi dica come sono andate le cose Viola. - 

Viola annuì, aspettandosi quella domanda.  - Da dove inizio? - 

- Dal principio. Quando hai iniziato a notare il comportamento possessivo del signor Pollini? -

Dopo aver preso un lungo respiro, Viola cominciò:

- è successo dopo un mese di convivenza. Andava tutto bene, ma un giorno lui mi ha vista parlare con un altro, era solo un mio amico. Riccardo mi ha accusata di avere una relazione con lui e abbiamo litigato. Io me ne sono andata e qualche giorno dopo lui è venuto a domandarmi scusa. -

- E tu l'hai perdonato. - Terminò la frase Giulia.

Viola si mordicchiò il labbro.

- Viola nessuno ti giudica. - Le sussurrò Simone. 

Giulia scosse la testa.

- Invece sì, al processo giudicheranno ogni singola parola che dirai. Non ti mentirò Viola. Ho bisogno però che tu sia pronta, devi essere convinta di ciò che dici. -

Simone sembrò rivolgere un'occhiataccia a Giulia per le sue parole dirette, ma Viola al contrario apprezzò la sua franchezza. La ragazza annuì e riprese il racconto. 

- Non ci furono altri episodi di gelosia, per un po'. Eravamo felici o almeno credevo lo fossimo. Poi lui ha cominciato ad essere paranoico. Vedeva cose che non esistevano, ha ricominciato ad accusarmi di avere altre storie. - 

- Ma tu non avevi altre storie, giusto? -

Viola rimase in silenzio nuovamente. - L'ho tradito una volta. - 

L'espressione di Giulia mutò di colpo e anche Simone fece lo stesso. 
- Questo non l'hai mai detto alla polizia. - Intervenne Simone, voltandosi a guardarla irritato. I muscoli del suo viso erano contratti e il suo tono accusatorio. - Hai mentito alla polizia, ti rendi conto? -

- Non ho mentito! Nessuno mi ha mai chiesto nulla al riguardo. - Si difese Viola, quasi offesa davanti all'accusa di essere una bugiarda. - Smettila di guardarmi così! - Esclamò in seguito, rendendosi conto del fatto che ... Simone aveva appena assunto il ruolo del poliziotto, la osservava come fosse una criminale.

- Okay, basta. - Si intromise Giulia, lanciando a Simone un'occhiata che stava a significare di tacere. Tornò a rivolgersi poi a Viola. - Hai denunciato Riccardo a un certo punto... dimmi perchè. -

- Mi sono resa conto che c'era qualcosa di sbagliato in Riccardo. Non gli ho mai confessato del mio tradimento. Lui però...continuava ad essere sospettoso, paranoico, bastava che mi vedesse parlare con un ragazzo per farmi una scenata. Una sera mi disse che non sarei più dovuta uscire da sola, che ovunque andassi sarei dovuta andare con lui, che tutti dovevano sapere che ero fidanzata, altrimenti chiunque avrebbe potuto avvicinarsi a me pensando fossi libera.
Mi sembrava pura follia, così me ne sono andata. 
Lui ha iniziato a chiamarmi, a cercarmi, a contattare chiunque io conoscessi per trovarmi. L'ho denunciato per questo, ma non è servito. -

Giulia annuiva, poi fece la più temuta delle domande. - Che è accaduto quella sera, Viola? -

- Mi ha chiamata. Ha detto che era successo qualcosa di terribile, sapevo che poteva essere un trucco ma ... sono andata. Ed era una finta, non era successo nulla di grave. Voleva solo convincermi a tornare con lui. Era gentile, dolce. Io l'ho rifiutato e lui mi ha... - 

Simone le prese la mano. Era ancora visibilmente irritato per l'informazione che Viola aveva omesso di dire alla polizia, ma le prese la mano e lei gliela strinse. 

- Mi ha colpita. Una volta, due volte, tre volte. Ho perso i sensi, quando ho aperto gli occhi...- Viola chiuse gli occhi per un momento. 

- Credo possa bastare. - Sussurrò Simone.

- No, voglio continuare. Se non riesco a raccontarlo a voi come farò a raccontarlo ad un giudice? - Viola deglutì. - Ho aperto gli occhi e lui non era nella stanza. Sono corsa via ma non abbastanza in fretta, perchè lui mi ha raggiunta e ... - Viola si posò una mano sul fianco. - Mi ha colpita qui con un coltello. - 

- Che è accaduto poi? - Chiese Giulia, probabilmente curiosa di sapere come avesse fatto Viola ad uscire da quella casa viva.

- Non lo so, non me lo ricordo. Ho perso i sensi e quando mi sono risvegliata ero in ospedale. - 

Giulia sembrava sconvolta da quella notizia, quindi si voltò a fissare Simone, in attesa di spiegazioni. 

- Sappiamo solo che qualcuno è arrivato in tempo e ha chiamato soccorsi. - Quella fu la risposta secca che Simone diede.

- Credi che sia abbastanza per sbattere quello stronzo dentro a vita? - Chiese Viola, posando gli occhi lucidi sul suo avvocato.

- Oh Viola, ti giuro che lo farò marcire in quella cella. - Promise Giulia, con tono solenne.

***

- Ti riaccompagno a casa. - 

- No, aspetta. - 

Fermi nel parcheggio i due si osservarono. Come sempre, Viola si prese qualche attimo di silenzio prima di parlare. - è successo solo una volta. -

Simone sapeva a cosa si riferisse. Scosse appena la testa, mentre diceva: - Non mi devi spiegazioni, Viola. Di sicuro sarò l'ultimo a giudicarti per aver tradito il tuo ragazzo. -

- Riccardo ha iniziato ad essere paranoico molto prima della mia relazione. Non so perchè io l'abbia tradito, ho commesso un errore. Non l'ho detto a nessuno perchè non volevo che qualcuno mi giudicasse. - 

Simone abbassò lo sguardo e si avvicinò a lei.

- Devi smetterla di pensare al giudizio degli altri. - Esordì, con tono pacato. - Mio padre e mia madre hanno divorziato quand'ero piccolo. Lui ora vive in un'altra città con un'altra donna e mia madre si è risposata. -

- Perchè mi dici questo? -

- La mia famiglia è ricca, Viola. Sai... medici, avvocati, tutte professioni meravigliose. E poi ci sono io, la pecora nera. - Ridacchiò mentre lo diceva. - Sto solo cercando di dirti che io ho passato tutta la mia vita ad essere giudicato dalla mia stessa famiglia per le scelte che ho fatto, per cui non permettere che il giudizio di qualche estraneo ti faccia sentire ciò che non sei. -

Le rivolse un sorriso e lei ricambiò. 

- Confermo, sei davvero bravo con i discorsi. - 

- Lo so. - Si pavoneggiò lui, prima di farle segno di salire in macchina. 

- Ti riaccompagno a casa, dai. - 

- Aspetta...ho una domanda. - Mormorò all'improvviso Viola, ripensando a una cosa che aveva notato nello studio dell'avvocato precedentemente. Aveva visto come Simone aveva guardato Giulia. - Sei andato a letto col mio avvocato, Simone? - 

Il ragazzo sembrò basito e rimase a bocca aperta per qualche secondo, prima di scoppiare a ridere. 

- Viola per chi mi hai preso? - Chiese offeso. - Certo che ci sono andato a letto. Che domanda ovvia. - 

La donna rise appena, mentre saliva in macchina. 

- Ora sono io ad avere una domanda. - Mormorò lui. - Che ne dici di uscire stasera? - 

Viola assunse un'aria spasata davanti a quella richiesta. Non era sicura che fosse una buona idea, visto ciò che era accaduto l'ultima volta che aveva messo piede fuori di casa.

- Fidati di me, ti divertirai. -

Saranno stati gli occhi blu di Simone, sarà stata la sua voce rassicurante, sarà stato il suo sorriso gentile, fatto sta che senza nemmeno rendersene conto, Viola annuì.

Angolo autrice
Ecco un altro capitolo, vi dò una piccola anticipazione sul prossimo dicendo che probabilmente sarà uno dei più ...emozionanti. Nello scriverlo mi sono emozionata anche io. Dico anche che prossimamente verrà fuori cosa Simone stia nascondendo. 
Tenete a mente il fatto che non si sa chi abbia "salvato" Viola. Simone potrebbe essere connesso con questo fatto? Il suo segreto potrebbe aver a che fare con questo? Conosce chi è stato? è stato lui? Se sì, perchè non lo dice? Chi lo sa. 


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Capitolo 7
*** Sapore di salvezza ***


Capitolo 6

Non si truccava da tempo oramai, se non per coprire i lividi, perciò dovette provare svariate volte prima di riuscire a prendere confidenza con l'eye liner nero che un tempo amava tanto usare. 

- è stata una pessima idea. - Continuò a ripeterlo, mentre osservandosi allo specchio si metteva l'ombretto, poi il mascara ed infine un rossetto rosso. Continuò a ripeterlo anche mentre sistemava i propri capelli ondulati in una treccia laterale. Si zittì solo quando si ritrovò davanti all'armadio. 

Che avrebbe indossato? 
Decidere cosa mettersi fu ben più difficile del semplice truccarsi. 
Quando Simone arrivò, lei aveva appena finito di prepararsi. 

- Questa è una pessima idea. - Mormorò Viola facendo il suo ingresso in macchina. 

- Oh ma dai non essere così pess... - Simone non terminò di parlare, non ci riuscì, non nel momento in cui voltandosi la vide. Se l'avesse incontrata per strada l'avrebbe riconosciuta a fatica. Il vestito rosso che indossava le lasciava scoperte le gambe, sulle quali lo sguardo del ragazzo indugiò forse più del dovuto. Il trucco metteva in risalto i suoi bei lineamenti fini, a cominciare dal suo nasino sottile fino alle labbra piene. Wow, era spettacolare. 

- Lo so, sono uno schianto. - Viola gli fece l'occhiolino, per poi ridere. Non credeva affatto di essere bella, ma Simone non era della stessa opinione. 
Quando si fu "ripreso", finalmente parlò.  

- Mai quanto me. - Sussurrò, pavoneggiandosi, prima di mettere in moto l'auto. 
***

La musica rieccheggiava intorno a loro, ma non era fastidiosa, anzi. I due potevano tranquillamente parlare, seduti al bancone del locale. 
Viola non era certa di sentirsi a proprio agio. Temeva che i lividi si notassero, o che qualcuno si avvicinasse più del dovuto, per questo di tanto in tanto lanciava qualche occhiata nervosa intorno a sè.
Vedeva persone ballare, ridere, divertirsi. Un tempo anche per lei era così semplice vivere la vita, ora invece le bastava essere sfiorata da qualche sconosciuto per tremare. Non voleva sentirsi così, non quella sera. La soluzione a quel problema fu una sola: bere.

- Dillo che ti stai divertendo! - 

- Ok, ok... solo un pochino... - Viola rise mentre parlava e Simone comprese che era brilla come non mai. 

La osservò per qualche istante, domandandosi se fosse la cosa giusta da fare. Essendo un poliziotto non apprezzava molto le persone ubriache, avrebbe dovuto fermarla, ma non ebbe il coraggio di farlo.  Viola era raggiante, l'alcol l'aveva resa disinibita e felice, di certo si trattava di una felicità momentanea, ma meritava ugualmente di svagarsi senza pensare ad altro. 
Dopo poco, Viola si sentì osservata.

- Perchè mi guardi? - Chiese ad un certo punto. 

Simone non seppe bene cosa dire inizialmente. - Perchè sei bella. - Era la verità, non si pentì di averlo detto, così come Viola non si pentì di averlo chiesto. 
Si sorrisero a vicenda, non avendo nient'altro da dirsi, quella frase aveva già detto abbastanza.

Ci pensò qualcun'altro a parlare.

- Simone?! - La voce di Monica suonò quasi uno squittio fastidioso.

Il ragazzo non potè fare a meno di pensare "Maledizione". Incontrarla non era nei suoi piani, ma finse di esserne felice, voltandosi ad osservarla con un sorriso abbozzato. 

- Monica! Non mi aspettavo di vederti... -

- Nemmeno io, specie perchè mi avevi detto di avere un incontro di lavoro... - Sussurrò Monica, lanciando una velata accusa con quelle parole. Il suo sguardo cadde inevitabilmente su Viola e quando ciò accadde, il suo viso mutò, era sbalordita. 

A Viola non sfuggì quel particolare, era ubriaca ma non stupida. La osservava come se la conoscesse, come se sapesse chi fosse. Viola leggeva pietà e sgomento nei suoi occhi e non le piacque affatto. 

- Viola, ti presento Monica. - 

Monica le sorrise, mentre Viola incurvò a fatica un lato delle labbra: era troppo onesta per fingere di sorridere. Monica la scrutava dall'alto in basso con un misto di fastidio e sufficienza e Viola fingeva di non farci caso, mentre sorseggiava un ulteriore drink.

- Io ora devo raggiungere delle amiche... ci vediamo Simone.. ciao Viola. -

Prima di andarsene Monica si piegò su Simone, lasciandogli un leggero bacio sulle labbra. Quel gesto infastidì Simone, che tossicchiò, osservando la biondina allontanarsi. Nessuno dei due osò parlare una volta soli, solo dopo un minuto Viola prese parola. 

- Così quella è la tua specie di ragazza? - Una nota di fastidio trasparì chiaramente nelle sue parole. Simone non ebbe possibilità di rispondere, in quanto subito dopo, lei mormorò: - Lascia stare, sai che me ne frega. - 

Detto ciò, Viola si alzò dal tavolo quasi traballando e lui si affrettò e porgerle una mano. 

- Nono stai qui, vado in bagno. Ho bevuto troppo. - 

Simone fu diviso tra un senso di dispiacere e vittoria. Non voleva che la serata si rovinasse, ma d'altro canto si sentì lusingato nel notare in Viola un nuovo sentimento, un sentimento che lui avrebbe chiamato...gelosia? 
Ridacchiò a tale pensiero, mentre la osservava allontanarsi verso le toilette. 
Giocherellò col bordo del proprio bicchiere, mentre attendeva il ritorno di Viola. Si insospettì, quando dopo dieci minuti lei non tornò. 

- Merda. - Sbottò di colpo, alzandosi immediatamente dal tavolo. Forse si era sentita male in bagno per il troppo alcol, o forse Simone stava diventando paranoico. 
Una ragazza dai capelli corvini stava giusto uscendo dalla toilette femminile, per cui Simone ne approfittò per bloccarla.

- Scusa, c'è una ragazza mora e ubriaca lì dentro? - 

- Tesoro, lì dentro non c'è nessuno. - 

La preoccupazione salì immediatamente in lui. Imprecò nuovamente, sotto lo sguardo confuso della rossa. Il poliziotto prese a guardarsi attorno, sperando di adocchiarla tra la folla. Dov'era finita? Qualcuno poteva averla abbordata, era così ubriaca da essere una preda facile. Simone si detestò per averla portata in quel locale e ancora di più per averla fatta bere senza provare a fermarla. Non era stato capace di proteggerla. 
Stava giusto per schiaffeggiarsi da solo, quando la vide. 
La osservò incantato per qualche istante. 
Si muoveva sinuosa in pista, era lì, con quel suo abito scarlatto e i capelli scombinati che rideva con gli occhi chiusi, seguendo il ritmo della musica. Era così libera, senza pensieri. Fu in quel momento che Simone comprese di volere quella ragazza, ma non nel senso possessivo del termine, lui non era come Riccardo. 
Quasi fosse una calamita si avvicinò a lei, sfiorandole la mano. Bastò quel gesto per far sì che lei aprisse gli occhi.

- Ehi, ma dov'eri finito? - Domandò Viola ridendo.

- Io? Tu piuttosto, avevi detto che saresti andata un attimo al bagno. -

- L'ho fatto poi...ho visto tutta questa gente ballare e allora... - 

Non terminò la frase, inciampò nelle sue stesse parole e nei suoi piedi. Simone la afferrò prontamente, stringendola innavertitamente a sè.
Non erano mai stati così vicini, per questo Simone si aspettava che da un momento all'altro lei lo respingesse, ma ciò non accadde, forse per l'alcol o forse perchè anche lei desiderava rimanere così, col viso a pochi millimetri di distanza dal suo e il suo petto contro il suo seno. La seconda ipotesi fu confermata nel momento in cui Viola si sporse verso di lui, abbastanza da potergli sussurre all'orecchio: 

- Vorrei che tu mi spogliassi... - 

Quelle parole lasciarono basito Simone a tal punto che lui stesso credette di aver sentito male. 

- Sei ubriaca, non sai quello che dici. - 

- Oh no, proprio perchè sono ubriaca so quello che dico... - Ribattè lei, sicura. - La tua ragazza è una stronza...che ci fai con una così? -

- E con chi dovrei stare? - Domandò a quel punto lui, volendo approfittare di quel momento di dubbia sincerità dato dall'alcol.  - Vuoi che stia con te? - La incalzò, portando una mano sul suo viso e accarezzandoglielo. 

- Mesi fa io sarei stata perfetta per te. - 

- Ora non lo sei più? -

Viola sembrò riacquisire un minimo di lucidità, poichè abbassò il viso rattristata e rimase in silenzio. 

- Portami a casa, per favore.  - Affermò risoluta.
*** 

Dovette sorreggerla per tutte le scale e quando furono in casa, fece in modo che si appoggiasse al muro, temendo che potesse perdere l'equilibrio da un momento all'altro. Era rimasta in silenzio per tutto il tragitto, senza guardarlo. Simone pensò che dovesse essere arrabbiata per Monica, o forse era semplicemente stanca.

- Vieni, ti aiuto a toglierti la giacca. - Il poliziotto allungò una mano verso quell'indumento, cercando di sfilarglielo, ma tutto d'un tratto, lei gli posò una mano sul petto.  Simone la osservò senza capire. - Viola, che c'è? - 

Lo fissava senza distogliere lo sguardo, con una strana espressione sul viso. Fu quello stesso viso  ad avvicinarsi lentamente. Simone comprese ciò che stava per accadere e per quanto fosse sbagliato, si sporse a sua volta, fino a far incontrare le proprie labbra con quelle di Viola. Quel bacio sapeva di alcol, ma anche di passione, dolcezza e soprattutto di bisogno disperato di aggrapparsi a qualcosa, a qualcuno. Aveva il gusto di salvezza e desiderio. 
Quando si separarono, entrambi sentirono già la mancanza delle labbra dell'altro. 
Dopo alcuni istanti però, il viso di Viola mutò, tornando freddo e impassibile. 

- Ho sonno. - 

Simone annuì più volte, nonostante si aspettasse parole diverse dopo quel bacio. Stava per riprendere a sfilarle la giacca, ma lei si ritrasse. 

- Non toccarmi, faccio da sola. - 

Quelle parole, quello sguardo e quel tono distaccato lo ferirono. Era di nuovo sulla difensiva.

- Certo, me ne vado. - 

Avrebbe voluto afferrarla e scuoterla, gridarle contro di smetterla di avere paura. Ma a che sarebbe servito? Silenzioso Simone strinse i pugni e la lasciò lì, sola e pentita nel suo appartamento. 
***
 
Ripensava alle sue labbra e più lo faceva, più aveva voglia di rivederla. Gli capitava spesso di voler rivedere una ragazza che aveva baciato la sera prima, ma quella volta era diverso. Con un sorriso stampato in faccia entrà in casa. Sua madre Eleonora l'aveva invitato per un pranzo quel giorno, così come faceva ogni domenica. 
- Monica, che fai qui? - Si imbattè in lei nel corridoio di ingresso e ciò lo sorprese. - Mia madre ti ha invitata per pranzare insieme? - Domandò in seguito confuso.

- In realtà è venuta per parlarmi di te. - Eleonora spuntò alle spalle di Monica. - E di Viola. - 

Simone le osservò entrambe, irrigendosi improvvisamente. I suoi occhi azzurri si soffermarono glaciali sul viso di Monica, mentre con ironia le diceva: - Cos'è? Ora sei la mia babysitter? Se faccio qualcosa che non ti va lo dici a mammina? - 

- Non è come pensi... - Cercò di giustificarsi la donna, muovendo i capelli biondi e lucidi.

- Monica, ci puoi lasciare un momento? - Si intromise Eleonora, facendo un passo avanti verso suo figlio.

Monica annuì brevemente e abbassò lo sguardo, sotto le occhiate furiose del ragazzo. 

- Simone, che stai facendo? -

- Volevo solo conoscerla. - Si giustificò. - Sì, so che è una situazione insolita ma quella ragazza è fantastica, anche dopo che Riccardo l'ha ... - Simone si fermò, sapendo bene che a sua madre non andava di sentir parlare di tutto questo. - Voglio solo aiutarla, tutto qui. - 

Elisa lo scrutò per qualche istante, con quegli occhi azzurri così simili ai suoi, poi gli posò una mano sul viso.

- Prima o poi scoprirà chi sei. - Sussurrò. - Scoprirà che sei il fratello di Riccardo. - 

Note autrice
So che è un capitolo lunghissimo, specie rispetto a tutti gli altri.. Inizialmente il capitolo doveva terminare col bacio tra Viola e Simone (*.*) ma poi ho preferito includere anche l'ultima parte perchè...dovevo dire quale fosse il segreto di Simone! Non è finita qui, nei prossimi capitoli se ne vedranno delle belle!
Chiedo scusa per eventuali errori o sviste grammaticali ma ho modificato alcune parti stasera e stando davanti al pc i miei occhi a un certo punto hanno girdato pietà, quindi dopo un po' ho smesso di leggere accuratamente ogni parte.
A presto :)

 

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Capitolo 8
*** Processo ***


Capitolo 7 


- Lui non è mio fratello. - Sibilò Simone, sfuggendo a quel tocco e facendo un passo indietro. 

Era la verità: Simone e Riccardo non avevano alcun legame di sangue, nè tantomeno affettivo. I loro rispettivi genitori si erano incontrati, innamorati e sposati. Entrambi avevano già figli avuti da precedenti matrimoni. Simone e Riccardo era fratellastri, o nemmeno quello forse. Erano semplicemente due ragazzini che casualmente si erano ritrovati a vivere sotto lo stesso tetto. Il loro rapporto non era mai stato lineare, troppo diversi, troppo distanti: Riccardo era così freddo e silenzioso, mentre Simone era tutto l'opposto. La verità era che erano da sempre vissuti nell'indifferenza l'uno dell'altro e le cose non erano mai cambiate nemmeno una volta diventati adulti. 

- Luigi ha deciso di chiamare l'avvocato stamattina. - Lo informò Eleonora cauta, aspettandosi una reazione che non tardò ad arrivare.

Luigi era il padre di Riccardo, un uomo con cui Simone non aveva mai avuti scontri, almeno fino a quel momento.

- Gli pagherete persino un avvocato? Caspita, vi rendete conto di quello che ha fatto? -

- Simone, sai quello che sta accadendo in questa famiglia. Quello che ha fatto Riccardo ha sconvolto tutti noi. -

- Famiglia? Per favore. - Borbottò Simone, passeggiando nervosamente per la stanza. - Firma quelle carte per il divorzio e butta fuori da questa casa Luigi. - 

- Non puoi chiedermi davvero questo. -

- Non metterò più piede in questa casa se ci sarà lui. Non voglio pranzare ogni domenica con l'uomo che ha coperto il suo adorato figlio psicopatico. Riccardo finirà dentro ma se per puro caso dovesse cavarsela e tornasse qui con voi, non mi rivedrai più mamma. O loro o me. -

- Stai parlando così perchè sei un poliziotto o perchè... provi qualcosa per quella ragazza? -

- Quella ragazza ha un nome. Si chiama Viola e ... mi chiedo come diavolo abbia fatto a mettersi con un fallito come Riccardo. Potrete pagargli tutti gli avvocati che vorrete, ma io farò in modo che non la passi liscia. - Sembrava tanto una velata minaccia. 

Eleonora sospirò, comprendendo le parole di Simone. Gli si avvicinò nuovamente, fino a prendergli una mano.

- Se devo scegliere tra mio figlio e Luigi, sai già chi sceglierò. - Gli sussurrò docile. 

Simone si sentì in colpa per averla trattata in quel modo, per averla messa davanti a quella scelta, ma non vi erano mezze soluzioni in quel momento. 

- Me ne vado, mi è passata la fame. - 

Eleonora lo osservò mentre gli dava le spalle, decisa a non fermarlo. Conosceva Simone e sapeva quanto potesse essere insopportabile quand'era arrabbiato. Sapeva che sarebbe tornato, una volta calmo, disposto a parlarne con toni diversi. Lo lasciò quindi andare.
Monica non fu altrettanto intelligente. 

- Simo, aspetta! - Esclamò la ragazza in questione, vedendoselo passare davanti. Lui non la ascoltò, al contrario proseguì diritto per la sua strada, uscendo da quella casa. - Simo, ascoltami! - Lo prese per un braccio e lui si ribellò voltandosi verso di lei e gridando:

- Stammi a sentire, non so cosa tu ti sia messa in testa ma non sei nulla per me. Quindi non provare a fare mai più la spia con mia madre, come se io avessi 10 anni. Ristruttura questa cazzo di casa e poi sparisci. -

Le sue parole la colpirono con una tale forza che Monica sentì quasi le sue gambe cederle. 

- Tanto stasera mi richiamerai chiedendomi scusa per avermi detto queste cose. -

Simone le rise in faccia.

- Sei la donna con meno rispetto per se stessa che io abbia mai conosciuto sai? Monica l'unico motivo per cui io ti abbia sempre domandato scusa era per scopare. - 

- Oh e quindi ora non mi cercherai più perchè hai trovato un'altra? E chi sarebbe, Viola? - Quella volta fu lei a ridere, guadagnandosi la completa attenzione di Simone, il quale si voltò a guardarla con durezza. - Neanche si farà sfiorare da te. - 

- Non parlare di Viola, altrimenti ti faccio stare zitta. -

- Davvero? E come? - Lo provocò la designer, incrociando le braccia al petto. - Sei uguale a tuo fratello. - Sibilò con disprezzo.

Il suo intento era quello di ferirlo e con quelle parole lo fece. Colpì il bersaglio: Simone deglutì, cercando di calmarsi. Non era come suo fratello e mai lo sarebbe stato. Si infilò in macchina partendo a tutto gas, voleva allontanarsi da Monica il più possibile, prima di commettere qualche imperdonabile sciocchezza.
***

Andò da lei, non gli venne in mente un luogo migliore in cui recarsi dopo quanto era successo. Suonò al citofono, attendendo impaziente che lei rispondesse.

- Chi è? - Aveva la voce assonnata, probabilmente doveva essersi svegliata da poco.

- Ehi, sono io. Mi apri? -

La sentì respirare pesantemente dall'altra parte del citofono, per poi rimanere in silenzio troppo a lungo. Simone stava per dirle qualcosa, ma lei parlò per prima.

- Non credo sia una buona idea, Simone. - 

Il ragazzo corrugò la fronte, non voleva che lui salisse in casa? Si passò una mano tra i capelli, non capendo quale fosse il problema.

- Perchè? - Fu l'unica cosa che riuscì a dire.

- Lo sai perchè. - Fu l'unica cosa che lei rispose.

Certo che lo sapeva: era per il bacio

- Almeno apri, parlami in faccia. - Fece un ultimo tentativo disperato, sperando di riuscire almeno a guardarla negli occhi per poter discutere.

- Non c'è niente da dire Simone, voglio solamente che tu te ne vada. -

- è così che vuoi finirla quindi? - Il tono del ragazzo era deluso e Viola lo percepì chiaramente,ma questo non la fermò dal pronunciare le seguenti crudeli parole.

- Simone non c'è niente da finire, perchè non è mai iniziato nulla. Ora torna alla tua vita e lasciami in pace. - 

Simone non poteva credere alle sue orecchie, non era certo di poter dire qualcosa, d'altra parte che poteva dirle? Lo stava tagliando fuori, lo stava facendo per paura, Simone lo capiva, ma era ugualmente ferito. 

- Sei ancora lì? - Chiese la voce chiara di Viola.

Simone non rispose inizialmente, fece un passo indietro. Ne fece poi un altro, fino ad andarsene. 
Viola invece rimase lì, con il citofono poggiato all'orecchio e gli occhi socchiusi.

- Scusami. - Sussurrò piano, ma non c'era nessuno ad ascoltarla. Era sola. 

 
***


I giorni passarono veloci e anche il momento del processo giunse. 

- Sei pronta? - Giulia le si avvicinò, sfiorandole la spalla in una carezza rassicurante. - Andrà tutto bene, vedrai. - 

Viola annuiva ripetutamente, cercando di apparire calma e sicura di sè, ma la verità era che quella che stava per fare, era forse una delle cose più difficili che avesse mai fatto. Sarebbe dovuta entrare di lì a poco e nel frattempo, nel tentativo di distrarsi, infilò una mano in borsa alla ricerca del cellulare. Frugando, le sue dita si scontrarono con un foglietto di carta. Era il biglietto da visita di Simone. La ragazza osservò quell'oggetto per qualche istante, con occhi nostalgici e dispiaciuti. Per un attimo le sembrò di percepire le labbra calde di Simone sulle sue, com'era accaduto quella sera, quand'era stata talmente ubriaca da baciarlo ma non abbastanza da dimenticarlo. 

- Ho fatto una stronzata... - Sussurrò a se stessa.

- Che cosa hai detto? - Chiese Giulia, probabilmente sentendola.

Viola scosse la testa. - Nulla. - Ormai che importanza aveva? L'aveva ferito e gli aveva detto di sparire dalla sua vita e così lui aveva fatto. Forse era meglio così per entrambi. 

- Forza, tocca a te. - 

Toccava a lei entrare e per quanto Giulia le sorridesse rassicurante, Viola proprio non riusciva a tranquillizzarsi. Avanzò a passi incerti nell'aula, cercando di evitare di incrociare gli sguardi altrui. In realtà, cercava di evitare quello di una sola persona, qualcuno che la osservava con un mezzo sorriso. 

Riccardo. 

Viola ripensò alle parole di Simone: 
Avrai vinto solo quando sarai riuscita a guardarlo negli occhi. 

Ma lei non avrebbe vinto. Lei avrebbe perso, lei perdeva sempre. 

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Capitolo 9
*** Scusa ***


Capitolo 8

Viola non era brava con le parole, specie quando si trattava di pronunciarle davanti a tante persone. 
Sarebbe dovuto essere tutto semplice: lei sarebbe entrata, avrebbe raccontato la sua versione dei fatti e in seguito se ne sarebbe andata, sfuggendo dal suo passato, da ciò che era successo, da Riccardo.
Quest’ultimo però non era della stessa idea. Il ragazzo teneva gli occhi neri puntati su Viola, aveva atteso impaziente di vederla e quando ciò era successo, quando lei gli era passata accanto, aveva sentito quasi un brivido lungo la schiena. 
Riccardo aveva abbozzato un sorriso, pensando che fosse graziosa mentre si muoveva lenta e con gli occhi bassi, il suo sorriso si ampliò quando si rese conto che Viola guardava ovunque tranne lui. All’inizio si sentì offeso, ignorato, ma poi comprese che quella di Viola non era indifferenza, era paura. Riccardo si sentì sadicamente potente, per questo tenne fissi gli occhi su di lei, scrutandola attento. 

- Signorina, quindi non ricorda nulla di ciò che è avvenuto in seguito all’aggressione? – Viola fece un breve cenno davanti alla domanda dell’avvocato di Riccardo, il quale sospirò, prima di mormorare un’ultima domanda: - Posso chiederle un’opinione personale, signorina Agostini? –

Viola si sentì presa in contropiede, ma annuì, cos'altro avrebbe potuto fare?

- Il mio cliente aveva motivi di essere geloso di lei? O era solamente paranoico? –

Fu la domanda peggiore che potesse farle, per questo Viola sbattè più volte le palpebre, nervosa. Giulia intervenne, esclamando: - Non siamo qui per parlare della gelosia del signor Pollini, siamo qui per parlare del tentato omicidio che ha attuato a danno della mia assistita! –

Tutti si voltarono, ma non verso Giulia. Qualcuno era entrato rumorosamente all’interno della sala, attirando l’attenzione di molti, di Viola in particolare. Era lui. Simone. 
Di colpo Viola si risvegliò, come se qualcuno l’avesse appena schiaffeggiata, ma non si trattò di uno schiaffo violento, tutt’altro. Simone era venuto, nonostante le parole dure che lei gli aveva rivolto al citofono giorni prima, nonostante il suo fuggire e la sua freddezza, lui era lì per lei. 
Il poliziotto le rivolse un fugace sorriso, rimanendo in disparte e osservandola. 
Simone si era accorto di provare qualcosa per lei nel momento in cui l’aveva vista danzare su quella pista di ballo, Viola comprese di sentire qualcosa per lui in quell’esatto istante. 
Non fu la sola a soffermarsi sulla figura del ragazzo: Riccardo, notando il cambiamento sul viso di Viola, si era voltato. Non appena vide il suo fratellastro lì, perse il suo sorriso trionfante. Era violento, ma non stupido. 
Loro due si conoscono? Pensò nella propria testa. 
Non ebbe bisogno di risposte, gli bastava vedere il modo in cui Viola lo osservava. 

- Voglio rispondere alla domanda. – Esordì di colpo quest'ultima, causando un leggero stupore, specie in Giulia, la quale la osservò preoccupata. – Ho tradito il mio ex fidanzato una volta. - Rispose infine, mentre un brusio si levava per l’aula. - Non sono stata fedele, lo so. Però so anche qualcos’altro… io non meritavo quello che mi è successo, nessuno lo meriterebbe. Sono stata picchiata e ho quasi rischiato la morte nel caso non se lo ricordasse, avvocato. Quindi tornando alla sua domanda: no, la sua follia non era giustificata, nulla giustifica una tale violenza. Di una sola cosa mi ritengo colpevole…– La ragazza spostò lo sguardo dall’avvocato alla persona che più aveva temuto in quell’aula: Riccardo. – Aver amato qualcuno che alla fine non ha fatto altro che cercare di distruggermi, senza riuscirci. – Sentenziò alla fine, lasciando tutti ammutoliti. 
***

- Sicura di non voler rimanere fino alla fine? - Chiese Giulia, mentre accompagnava Viola fuori dall'aula. 

Quando furono nel corridoio d'entrata del tribunale, Viola annuì, mentre rivolgeva una leggera occhiata pochi metri più in là: verso Simone. 
Giulia intercettò il suo sguardo e sorridendo le disse: - Vai da lui, è un bravo ragazzo. -

- Non saprei cosa dirgli. - 

- Che hai fatto una stronzata per esempio. - Le consigliò Giulia, ripensando alle parole che Viola aveva pronunciato prima di entrare in aula. 

La ragazza rivolse un sorriso all'altra, pensando che oltre ad essere bella, professionale e gentile, era anche una brava persona. In seguito Viola seguì il consiglio di Giulia e si incamminò verso Simone, andando verso di lui. 

- Ehi, sei stata fantastica. - Si complimentò Simone vedendola arrivare. 

Lei si limitò ad annuire, prima di avvicinarsi ulteriormente fino a baciarlo per qualche secondo sulle labbra. - Scusa. - 

Simone meritava delle scuse migliori, ma lei non era in grado di dargliele al momento e a lui non importava. 

- Accetto le scuse, ragazzina. - 
***

- E così questa è la tua tana. - Mormorò Viola incuriosita mentre metteva piede nell'appartamento di Simone. 
Quest'ultimo fece una risatina.

- Io preferisco chiamarla casa. - 

Viola si guardò intorno dopo aver rivolto un sorriso al ragazzo. Quell'appartamento era tutto l'opposto di quello che si sarebbe aspettata: era ordinato, pulito, non c'era nulla fuori posto, era come appena uscito da una rivista di mobili.

- Non sapevo fossi un tipo maniacale. -

- Non lo sono, non pulisco io. -

Viola ridacchiò, ecco dove stava il trucco. 

- Però sono un cuoco eccellente, per questo ti preparerò una carbonara coi fiocchi. - 

Così fu, dieci minuti dopo Viola osservava un attento e concentrato Simone ai fornelli. La ragazza se ne stava seduta appoggiata coi gomiti alla penisola della cucina. Aveva provato a offrire il proprio aiuto a Simone, ma lui l'aveva categoricamente rifiutato.

- Quel divano è terribile. - Mormorò all'improvviso la ragazza, lanciando un'occhiata al divano giallo che intravedeva in salotto. 

Simone si irrigidì appena davanti a quel commento. Viola si pentì di averlo fatto, non voleva offenderlo, poi però comprese quale fosse il problema.

- L'ha scelto la tua specie di ragazza vero? - Una volta gli aveva detto che era un interior designer, perciò non le ci volle molto per riordinare i pezzi del puzzle. 

Simone annuì lento. - Non chiamarla così, non era nemmeno una conoscente. - 

Viola non comprese il perchè di quella reazione irritata, ad ogni modo gli si avvicinò sfiorandogli un braccio. 

- E io cosa sono? - Chiese incuriosita.

Simone spostò lo sguardo dalla pancetta nella padella a lei. Per un secondo Viola giurò di aver notato uno scintillio di amarezza nei suoi occhi. 
Definirla la sua ragazza sarebbe stata una presa in giro, non era però nemmeno un'amica. La verità era che lei non sarebbe mai stata nulla se lui non le avesse rivelato la sua vera identità. Ma come poteva dirle di essere il fratellastro di Riccardo? Lo avrebbe fatto, ma non in quel momento. 

- Tu sei... - Le si avvicinò fino ad abbracciarla e spingerla con la schiena contro la cucina. Viola sentì il suo respiro sul collo, si aspettava un bacio ma lui... dopo averle sorriso seducente le sussurrò all'orecchio: - Sei la ragazzina che sta distraendo il cuoco. - Concluse la frase, lasciandola andare divertito.

 
***

Simone non aveva mai passato la notte con una donna senza portarsela a letto.
Viola non dormiva con un uomo da mesi.
Non potrei quindi ben dire chi dei due fosse più a disagio in quel momento. 
Simone si era seduto sul proprio letto fingendo di guardare la televisione.
Viola aveva indossato una maglia del ragazzo per dormire e dopo essere uscita dal bagno si era avvcinata al materasso lenta. Si sentiva impacciata, non sapendo bene se fosse stata una buona idea accettare l'invito a rimanere lì. Si sedette quasi in un angolo del letto, come a voler occupare meno spazio possibile. 
Simone d'altra parte cercò di non avvicinarsi troppo, impaurito di fare qualcosa che potesse essere frainteso. 
Osservavano entrambi la tv, senza realmente guardarla, questo fino a quando Simone non parlò:

- Non voglio venire a letto con te. -

Viola spalancò appena le labbra e solo in seguito Simone si rese conto di ciò che aveva appena detto.

- Ti ringrazio. - Mormorò ironica e offesa lei.

- Nono, non volevo dire questo... - Cercò di rimediare il poliziotto. - Voglio fare sesso con te. - Si corresse. - Dio, se lo voglio. - Mormorò con tono di voce più basso, mentre Viola lo osservava divertita. - Sto solo cercando di dire che... voglio che tu venga qui vicino a me. - 

Il ragazzo allargò le braccia muscolose e Viola non se lo fece ripetere: vi si tuffò quasi all'interno, appoggiandosi con la testa al suo petto.

- Per la cronaca... se a te va di fare sesso, per me va benissimo. -

- Sta' zitto Simone, non rovinare il momento. - 

Il poliziotto si zittì, mentre un sorriso gli si allargò poco dopo sul viso, sentendo Viola mormorare "Anche io ti voglio". 

 
***

- Lasciami! Lasciami! - Viola lanciò un grido nel buio, dimenandosi tra le braccia di Simone, il quale sobbalzò immediatamente.

- Viola che succ... - Sussurrò assonnato, prima di voltarsi a osservarla. Nella penombra della stanza la vide agitarsi, e contorcersi, con il viso segnato da una smorfia di puro terrore. La afferrò immediatamente per le braccia, scuotendola quel tanto da farle aprire gli occhi. - Viola, svegliati! - 

La ragazza era sveglia, ma credendo di star ancora sognando lo spinse via. Solo dopo qualche istante comprese ciò era appena successo. 
Si tirò su a sedere, guardandosi attorno confusa con quegli occhi marroni rigati di lacrime.  

- Scusa... - Sussurrò infine prendendosi il viso tra le mani. 

- Shh! Tranquilla, ci sono io qui. - La strinse quasi avesse paura di vederla scappareda un momento all'altro. - Non ti farà più del male, lo prometto. Penserò io a te. - Sussurrò al suo orecchio, mentre lei ancora singhiozzava. 

La abbracciò tutta la notte, anche quando lei si fu addormentata, lui non la lasciò andare. 

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Capitolo 10
*** Ti odio ***


Capitolo  9

La vicinanza di Simone fece scomparire ogni altro incubo, almeno per quella notte. 
Nonstante ciò, quando Viola si risvegliò, non si sentì affatto riposata. Si sentì stanca e assonnata, ma non appena si voltò ad osservare Simone, non volle più chiudere gli occhi per dormire ancora. 
Il ragazzo la circondava con un braccio, dormiva ancora, con il viso impassibile e le labbra leggermente schiuse. Viola non l'aveva mai osservato così da vicino, per questo ne approfittò per scrutarlo. Fece scivolare lo sguardo sui suoi capelli castani, sul suo bel viso, sul suo naso triangolare e le labbra rosee e sottili. Pensò che fosse ... bello. 
Non potendo resistere alla tentazione, gli sfiorò una guancia, toccando la lieve barba che gli ricopriva la pelle. Fece scorrere poi la mano lungo il collo del ragazzo, passandovi sopra i polpastrelli, fino ad arrivare ai muscoli del petto che si riuscivano ad intravedere dalla maglia. Viola era così presa che non si rese conto del fatto che Simone aveva gli occhi aperti. Solamente quando lui si mosse prendendole la mano, lei riportò lo sguardo sul suo viso e sorrise. 

- Da quanto tempo mi fissi? - Chiese Viola.

- Stavo per farti la stessa domanda. - Ribattè lui con tono ironico, avvicinandosi a lei abbastanza da poterle accarezzare una guancia. - Ora tocca a me. - Sussurrò poco dopo, prima di imitare i gesti che la ragazza aveva compiuto poco prima. 

Il poliziotto infatti le accarezzò la pelle della guancia, poi del mento e del collo. Le rivolse una breve occhiata, così da esser certo di poter andare avanti, così quando lei gli fece cenno di sì, lui le sfiorò una clavicola e poi una spalla rimasta scoperta dalla maglia. 
A Viola il cuore battè un po' più forte quando lui andò ad accarezzarle il ventre, punto sul quale la sua mano si bloccò. 

- Posso vedere la cicatrice? - Chiese improvvisamente Simone. 

Viola sembrò rifletterci qualche secondo, prima di annuire. 
L'uomo scostò la coperta del letto quel tanto che bastava per scoprire il corpo di Viola. In seguito le alzò leggermente la maglia che lei aveva indossato per dormire. Fu così che la vide: era lì, leggermente in rilievo, una cicatrice lunga qualche centimetro a rovinarle la pelle del fianco destro. 

- Lo so è orribile. - Mormorò Viola, a disagio. 

Simone tornò ad osservarla con i suoi occhi azzurri. - Non lo è. - Mentre pronunciava tali parole, posò una mano su quel ricordo doloroso. 

Viola fremette appena davanti alle dita fredde di Simone sulla sua pancia, ma non disse nulla. Rimasero così qualche istante, fino a quando Simone non si rese conto che Viola stava rabbrividendo, avendo probabilmente freddo. Si sistemò vicino a lei, sistemando la coperta sul suo corpo di modo da coprirla nuovamente.

- Mi spiace per averti svegliato stanotte. - Sussurrò dispiaciuta Viola. - Quando smetterò di sognarlo secondo te? - 

Simone non poteva rispondere a quella domanda. Si limitò a scostarle una ciocca e sviare la risposta. - Lo sogni ogni notte? -

- Prima sì, ma ora non più. Da quando... - 

- Da quando... - La incitò ad andare avanti il ragazzo.

- Da quando conosco te. - Confessò lei. - Mi fido di te, Simone. Sei l'unico uomo che non mi abbia mai mentito. -

Quelle parole arrivarono al cuore di Simone come un proiettile. Il suo viso mutò d'espressione, diventando di colpo malinconico. Doveva dirle la verità, altrimenti come avrebbero potuto stare insieme? Non poteva nasconderle il suo passato sperando che mai lo scoprisse, doveva parlarle. 

- Viola io... - Le parole non riuscirono ad uscire: quali erano le parole giuste poi? - Io devo andare a lavoro. - Fu così che si salvò, dando una veloce occhiata alla sveglia e tirandosi su bruscamente. 

La ragazza lo guardò dispiaciuta dal fatto che si fosse allontanato così velocemente e che se ne stesse andando. 

- Tu resta qui, fa' come se fossi a casa tua. Tornerò subito appena finito, promesso. - Simone cercava di apparire sorridente e dolce, ma Viola riusciva a percepire la sua distanza ugualmente, nonostante fosse a pochi metri da lei. Persino quando lui la baciò per poi uscire, non riuscì a sentirlo vicino a sè.

***

Viola si annoiò ben presto in quella casa che non conosceva e soprattutto senza Simone. Dopo essersi fatta una doccia ed essersi infilata i suoi vestiti, si guardò attorno, esplorando le varie stanze e ficcanansando nella vita di Simone. 
Trovò un album di fotografie, quindi decise di approfittarne per scoprire qualcosa di più su quel ragazzo, sedendosi sul divano e sfogliandolo lentamente. Rise davanti a qualche buffa foto di Simone da bimbo, osservando di tanto in tanto incuriosita i personaggi che comparivano con lui in quegli scatti.
Notò che sua madre era davvero bella, gli assomigliava molto. Le foto del padre invece terminavano dopo i tredici anni di Simone. Forse avevano divorziato, pensò Viola.  Quest'ultima stava giusto voltando un'ulteriore pagina, quando il campanello suonò, facendola sobbalzare.
Si domandò chi potesse essere, forse la donna delle pulizie. Viola lascò l'album sul tavolino, aviandosi verso la porta. 
Non appena la aprì, restò immobile e sbigottita per qualche momento, ma mai quanto la parsona che aveva bussato. 

Monica la scrutò colpita, ma dopo qualche istante riprese il controllo di se stessa.

- Sono solo venuta a prendere delle cose che ho lasciato qui. - Spiegò, nonostante nessuno le avesse posto domande.

Viola annuì appena, lasciando che entrasse. Dentro di sè avrebbe voluto scappare. 
Non si dissero granchè, Monica andò diritta verso la camera da letto, storcendo il naso davanti al letto disfatto. Avevano dormito insieme? Monica si domandava cosa avesse quella ragazza in più rispetto a lei, ci pensò per tutto il tempo mentre raccoglieva le proprie cose: qualche vestito lasciato in un cassetto del comodino. Quello era lo spazio che Simone le aveva riservato nella sua vita, mentre a quella ragazza aveva concesso molto di più. 
Viola se ne stette in un angolo per tutto il tempo, fino a quando non la vide uscire dalla camera e avviarsi verso la porta. 
Grazie al cielo tutto era terminato nel giro di pochi minuti, o almeno così credeva.

- Non me l'aspettavo sai? - Affermò improvvisamente Monica una volta sullo stipite della porta, voltandosi verso di lei e rivolgendole un'occhiata sorpresa.

- Che cosa? - Chiese a quel punto Viola. 

- Sei davvero coraggiosa, io non l'avrei mai fatto. -

- Di che parli scusa? - Domandò sulla difensiva Viola, incrociando le braccia  in attesa di risposte. 

- Io non sarei mai riuscita ad andare a letto con il fratello del mio assalitore. -

L'espressione da dura di Viola scomparve di colpo. Ragionò su quelle parole, rielaborandole nella propria mente. 

- C-che cosa? - Non capiva, non riusciva davvro a capire cosa volesse dire quella donna.

- Oh ... - Monica si finse sorpresa. - Non sapevi che Simone e Riccardo fossero fratelli? - L'interior designer si portò una mano alla bocca. - Che sciocca che sono...pensavo lo sapessi. Mi spiace molto... -

Riccardo e Simone? Non era possibile, non avevano lo stesso cognome, non si somigliavano affatto, loro non...

- Stai mentendo. - L'accusò Viola, mentre tutti quei pensieri le si affollavano nella testa. 

- Non sto affatto mentendo. Anzi voglio metterti in guardia: quei due sono uno la fotocopia dell'altro, bugiardi e manipolatori entrambi. Fossi in te me ne andrei, prima di finire picchiata anche da Simone. -

Viola divenne paonazza. Avrebbe voluto gridare, piangere, spingere via Monica, dirle che non era vero, che stava mentendo. 

- VATTENE! - Gridò alla fine, sotto lo sguardo compiaciuto di Monica.

Quest'ultima si limitò a dire: - Certo, io ho finito qui. - 

Non appena fu sola Viola tornò in salotto, sfogliando come una pazza l'album di fotografie. Finalmente la trovò.
Era una foto di Simone...accanto a Riccardo.

***

- Mi aspetti qui per favore. - Disse Viola all'autista del taxi, non gli diede però nemmeno il tempo di rispondere, in quanto era già uscita fuori dalla macchina.

Entrò all'interno di quella stazione di polizia come una furia, camminando veloce e guardandosi intorno freneticamente. Le persone si voltarono a fissarla, domandandosi dove stesse andando quella ragazza dalle guance rosse e gli occhi lucidi per il pianto che tentava disperatamente di trattenere. 

- Ehi, sei venuta a trovarmi? - Simone le venne in contro sorridendole, o almeno lo fece all'inizio, poichè vedendola in quello stato assunse immediatamente un'aria preoccupata. - Che è successo? -

- è successo che mi fai schifo! - Viola gli sputò addosso quelle parole, sotto lo sguardo attonito del resto delle persone lì intorno. 

Il poliziotto spalancò appena gli occhi, non comprendendo. Quella mattina si erano lasciati con un bacio e qualche sorriso, perchè ora gli stava gridando addosso fissandolo come fosse un mostro?

- Che ti prende? - Domandò simone, tentando di afferrarla per un braccio.

- Cosa stavi cercando di dimostrare? - Continuò a gridare Viola. - L'hai fatto per una scommessa? Volevi vedere in quanto tempo ti saresti portato a letto la ex di tuo fratello? -

Davanti a quelle parole persino Simone sbiancò.

- C-come sai ... - 

- Come l'ho scoperto?! Alla tua amica Monica piace parlare. -

Simone strise i pugni. - Viola non è come pensi, io non volevo nulla da te. Volevo solo vedere chi fossi, come stessi e... - 

- E cosa?! - Viola era al limite, sarebbe scoppiata in lacrime entro poco tempo, ma non voleva farlo lì davanti a lui, non voleva dargliela vinta. - Quante altre stronzate mi hai detto? -

- Ti prego parliamone in un altro posto. - Mormorò a voce bassa Simone, notando che ormai in molti li stavano guardando. 

- Si certo, parliamone in un posto dove nessuno può sentirci. Dove nessuno può sapere che sei il fratello sbirro di uno che ha quasi ucciso una persona! -

Simone la afferrò per il braccio, cercando di trascinarla in un ufficio lì vicino, ma lei si ribellò nel peggiore dei modi. 

- Non toccarmi! - Gli diede uno schiaffo. Non se ne rese neanche conto, eppure accadde. Simone la lasciò andare all'istante, sconvolto da quel gesto. 

 - Ti odio. - Sibilò. - Stammi alla larga. -

Quelle parole lo legarono lì, gli impedirono di seguirla mentre lei fuggiva ferita e arrabbiata. 

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Capitolo 11
*** Vattene ***


Capitolo 10

Mentivano tutti. Ormai doveva averlo imparato Viola, visti i precedenti con Riccardo. Cosa poteva aspettarsi da Simone se non la stessa cosa? 
Si era avvicinato a lei per curiosità, per poi mentirle giorno dopo giorno, minuto dopo minuto e secondo dopo secondo. 
Viola riviveva ogni istante insieme a lui, domandandosi se ci fosse mai stato qualcosa di vero nel loro rapporto. 
Il telefono continuava a squillare, ma Viola non si alzò per poter rispondere, sapeva già chi fosse e non le importava. Solamente alla ventesima telefonata, stanca di sentire quella fastidiosa suoneria, decise di spegnere tutto. 
Era buffo: alla fine della fiera l'unica che le avesse sbattuto in faccia la verità era stata Monica, l'unica persona sincera in tutta quella storia era stata lei. 
Tutti sapevano la verità, compresa Giulia, eppure aveva sempre finto. L'unica idiota era stata proprio lei: Viola. 

- Che stupida... - Sussurrò a se stessa, asciugandosi l'ennesima lacrima che lentamente le scorreva sul viso. - Cavolo, che stupida... - Ripetè ancora una volta. Avrebbe continuato a ripeterselo tutto il pomeriggio, ma qualcuno bussò alla porta.

- Viola so che sei lì dentro, ascolta aprimi per favore. -

La voce di Simone la infastidiva, ma ancor di più la infastidiva il fatto che fosse fuori dalla porta, così vicino a lei. 

- Va bene, non vuoi aprirmi, ma devi ascoltarmi almeno. - 

Viola rimase in silenzio, osservando la finestra indifferente. Simone da parte sua si appoggiò con la fronte al legno della porta, prima di tornare a parlare: - Non è mai stata una scommessa. Riccardo è il mio fratellastro, suo padre e mia madre si sono sposati quando io e lui eravamo solo dei ragazzini. Immagino che dirti che non siamo mai andati d'accordo non serva a rimediare... - Fece qualche secondo di silenzio, forse aspettandosi un commento da parte di Viola, che non arrivò naturalmente. - Sono venuto a cercarti perchè volevo vederti, volevo sapere chi fossi, volevo aiutarti. Mi sentivo in colpa, non so perchè. Non avevo previsto di ... provare qualcosa per te. Non pensavo che saremmo diventati amici, nè tantomeno qualcosa di più. Volevo dirti la verità lo giuro, ma non sapevo come fare. - 

Finalmente la portà si aprì. Viola lo osservò per qualche istante, prima di dire: - Devi andartene. - 

- Prima devo dirti un'altra cosa. - Ammise lui. - So cos'è successo quella notte, so chi ti ha salvata. -

Viola lo guardò, improvvisamente interessata. Si sentì ancor più arrabbiata nel sapere che lui avesse saputo la verità per tutto quel tempo senza mai confidarglielo, ma al tempo stesso un briciolo di speranza le illuminò gli occhi. Avrebbe saputo la verità, avrebbe conosciuto il tassello mancante di quella sera, quello che non riusciva a ricordare.
Lo fece entrare solo per sapere.

- Come fai a sapere cos'è successo? - Chiese Viola, in attesa di risposte.

- Quella sera il marito di mia madre, cioè il padre di Riccardo, andò da lui. Nessuno gli aprì la porta, per questo entrò da sè e vide tutto. Fermò Riccardo prima che potesse colpirti ancora e probabilmente ucciderti e chiamò i soccorsi. - 

Viola si sentì improvvisamente grata a quell'uomo che neanche conosceva, ma la gratitudine sparì nel momento in cui Simone terminò il racconto.

- Il marito di mia madre ha aiutato Riccardo a fuggire, o almeno ci ha provato. - Quelle parole furono difficili da pronunciare persino per lui. - Ha chiamato poi i soccorsi e se n'è andato prima che arrivassero, per non essere accusato di favoreggiamento. Riccardo l'avrebbe fatta franca, ma suo padre mi ha detto dove si trovasse. Sono stato io a farlo arrestare. - 

Viola era frastornata. Quello sconosciuto l'aveva salvata ma al tempo stesso aveva aiutato il proprio figlio a fuggire. Se un giorno avesse dovuto incontrarlo cosa avrebbe dovuto fare? Ringraziarlo o mandarlo al diavolo?

- Siete una famiglia di psicopatici. - Sussurrò Viola, rendendosi conto del fatto che ogni uomo di quella famiglia l'avesse ferita a modo suo. 

Simone non si aspettava una simile reazione, non dopo ciò che le aveva detto. Aveva arrestato il suo stesso fratello, era la prova che fosse diverso da Riccardo!

- Hai ascoltato quello che ho detto? -

- Certo. Hai un fratello violento, un patrigno disonesto e tu sei un bugiardo. Siete una famiglia perfetta, una famiglia con cui non voglio avere a che fare. -

- Non sono la mia famiglia! - Esclamò leggermente innervosito Simone. Prese un lungo respiro, tentando di calmarsi di modo da spiegarsi meglio. - Io e mia madre non vogliamo più alcun contatto con Riccardo o con suo padre. Io non centro con loro, lo sai tu mi conosci! - 

Una risatina nervosa fuoriuscì dalle labbra sottili della ragazza.

- Davvero? Perchè a me non sembra di conoscerti affatto. -

Il poliziotto sospirò rumorosamente, non sapendo più a quali parole aggrapparsi per convincerla della sua sincerità.

- Vorrei che tu ti fidassi di me. -

Davanti a quelle parole, per non ridere nuovamente, Viola dovette fare un notevole sforzo. Fidarsi? Le stava davvero chiedendo di farlo? Ormai quella parola non rientrava più nel suo vocabolario, non dopo tutto ciò che aveva passato. Non riusciva a fidarsi nemmeno più di se stessa, come poteva farlo con qualcun'altro? Specie se quel qualcuno era Simone. 

- So che ti sembra impossibile, io non sono la persona adatta, però non puoi punirmi per quello che ha fatto Riccardo. - 

Uno spasmo attraversò il corpo di lei. 

- Non pronunciare il suo nome. - Sibilò mettendosi improvvisamente sulla difensiva, più di quanto non fosse già.

Non riusciva nemmeno più a sentire o pronunciare quel nome, quello che apparteneva all'uomo che le aveva fatto così male. Male? Era un eufemismo, aveva fatto ben peggio: l'aveva spogliata della sua sicurezza, delle sue certezze, le aveva tolto la fiducia negli altri, le aveva strappato ogni briciolo di sentimento che non fosse paura o diffidenza. Riccardo l'aveva resa tutto ciò che lei mai avrebbe voluto divenire. 

- Vattene, io non ... non ti voglio. Non ho bisogno di te, so perchè sei qui, cerchi di rimediare perchè ti senti in colpa, ma la verità è che fare beneficienza nei miei confronti non riuscirà a pulire la tua coscienza o quella della tua famiglia. - Viola gli sputò quelle parole in faccia, con un tono talmente duro e freddo che persino lei si sorprese di essere stata più gelida di quanto volesse.

Il viso di Simone assunse una sfumatura di tristezza, i begli occhi azzurri si abbassarono. Lui rimase in silenzio osservando il pavimento, soltanto in seguito rialzò gli occhi, come a voler fare un ultimo disperato tentativo. Fece un passo verso di lei e in risposta Viola ne fece due indietro. 

- Non ti avvicinare. -

- Non tenermi fuori da tutto questo. - Sussurrò il ragazzo, avanzando ulteriormente.

Era così cauto nei suoi movimenti, come un cacciatore che lentamente cerca di avvicinarsi alla propria preda. 
Viola avrebbe voluto allontanarsi ulteriormente, ma si ritrovò con la schiena bloccata dalla parete, non poteva andare da nessuna parte. Era una situazione così familiare. 

- Per favore non ti avvicinare. - Ripetè, stavolta assumendo una nota di paura nella voce. 

Forse fu proprio quello a frenare Simone, il quale rimase immobile, limitandosi ad osservarla. Si ritrovò a pensare che fosse terribilmente dolce, mentre cercava di apparire fredda e distaccata, ma in realtà non era altro che una ragazza terrorizzata.

- Non sono lui. - 

- Ah no? Ma hai mentito, hai mentito su tutto. Come faceva lui. Hai fatto finta, era tutto programmato...tu volevi solo ingannarmi. -

Simone scosse la testa davanti a tutte quelle accuse. 

- No, era tutto vero, lo giuro. Se tu mi dessi la possibilità... -

- No. Voglio che tu te ne vada, non voglio più averti nella mia vita, te e tutta la tua famiglia. Spero che finiate tutti all'inferno, siete solo un mucchio di bastardi! Vattene! - Viola recuperò la grinta perduta e in un moto di rabbia fece un passo in avanti, ringhiando quelle parole davanti al viso di Simone. 

Quest'ultimo incassò anche quegli insulti, quella volta fu lui a rimanere in silenzio e a indietreggiare. 

- Mi dispiace per averti mentito... - Si limitò a dire, mentre la osservava contrito. 

Era così bella con quegli occhi lucidi color nocciola, della stessa tonalità dei capelli mossi. Aveva le guance arrossate dalla rabbia e gli occhi pronti a scoppiare in un pianto. Simone avrebbe voluto abbracciarla ma avrebbe solo ottenuto un rifiuto. Non voleva terrorizzarla, ci aveva già pensato Riccardo a farlo. Rimasero a guardarsi per qualche secondo, prima che Simone facesse qualche passo indietro fino a scomparire, uscendo dalla porta di casa. Non appena fu sola nella stanza, Viola attese qualche secondo prima di lasciarsi andare. Scivolò con la schiena contro il muro, lasciandosi cadere a terra, con le ginocchia strette al petto e le lacrime che le scivolavano lungo le guance. Era stata ingannata da una persona da cui non se l'aspettava, di nuovo.
 
***

- Spero tu sia soddisfatta. - 

Simone chiamò immediatamente Monica, pur sapendo che telefonarle non sarebbe di certo servito a qualcosa. 

- Qualcuno doveva dirle la verità. - Si limitò a dire la donna, con la cornetta poggiata all'orecchio e un tono ovvio nel pronunciare quelle parole. 

- Non fingere di essere la paladina della verità, l'hai fatto solo per far star male Viola. - L'accusò a quel punto Simone.

L'interior designer non si sentiva in colpa, non si sarebbe mai scusata o pentita per ciò che aveva detto a Viola, non era nella sua natura. 

- In realtà l'ho fatto per star male te. - Precisò l'interior designer, facendo un mezzo sorriso. - Mi spiace per ciò che è capitato a Viola, non volevo di certo ferirla. Volevo solo ferire te, come tu hai ferito me. -

Il poliziotto dovette trattenersi per non imprecare. Strinse il volante tra le mani, nervoso.

- Monica, sei la donna più vuota che io abbia mai conosciuto, per questo non ti avrei mai amato. -

La donna fu colpita da quelle parole, ma mantenne la solita compostezza.

- Beh, ora siamo in due a non essere amati dalla persona che vogliamo. - 

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Capitolo 12
*** Imparare a perdonare ***


Capitolo 11

Il sole le batteva sui capelli riscaldandole il viso magro e affaticato dalla corsa. 
Era da più di mezz'ora che Viola correva senza fermarsi, sfrecciando tra la gente che a malapena notava e fuggendo via dai suoi pensieri che pian piano diventavano solo un eco lontano. 
Le era sempre piaciuto correre, un tempo amava farlo quasi ogni giorno, diceva che l'aiutava a scaricare la tensione, a rilassarsi, a non pensare. Non pensare era proprio quello di cui aveva bisogno in quel periodo. 
Aveva cessato di andare a correre nel momento stesso in cui aveva incontrato Riccardo, al quale non andava molto a genio l'idea. Ora ritrovarsi lì in quel parco, con i piedi che battevano  scattanti sull'erba, era come una rivalsa per lei, un modo per dire: indovina un po' Ricky, vado a correre quando mi pare!
Fu una sensazione bellissima: per la prima volta in vita sua non ebbe paura, le venne persino da sbuffare quando si rese conto che era ora di tornare a casa. Camminando a passo sostenuto tornò nel proprio quartiere, rallentando leggermente nel notare una donna trafficare tra i citofoni della sua palazzina. 
La superò, lanciandole una leggera occhiata incuriosita. Le sembrava familiare, come se l'avesse già incrociata da qualche parte, ma dove?

- Mi scusi, sto cercando una ragazza...si chiama Viola. Abita qui? - 

Fu quando la donna le rivolse parola e i loro occhi si incrociarono che d'improvviso Viola ricordò dove l'avesse vista: tra le vecchie foto trovate a casa di Simone. 
Era la madre di quest'ultimo. Certo che lo era, avevano gli stessi occhi azzurri.
Cosa ci faceva lì? Cosa voleva da lei? Viola avrebbe potuto mentire, scrollare le spalle e dirle che la ragazza che stava cercando abitava altrove, sarebbe stato semplice farlo, eppure non lo fece.

- Sono io. - Rispose invece, ritrovandosi senza volerlo a rivolgere occhiate di diffidenza ad Elisa, la quale con eleganza le ignorò, per continuare a parlare:

 - è un piacere conoscerti, io sono... -

- Credo di sapere chi è lei. - La ragazza si rese conto di essere stata maleducata non appena la interruppe, tentò quindi di rimediare dicendole: - Senta io so perchè è qui, ma preferirei non parlare di suo figlio. Mi scusi, ora devo andare.- Tagliare le conversazioni sul nascere era tra le sue specialità, per cui non ebbe difficoltà nel rivolgere ad Elisa quella risposta fredda per poi incamminarsi verso il portone.

- Di quale dei miei due figli non vorresti parlare? - L'intento di Elisa con quella domanda non era di risultare pungente, ma lo fu.

Sembrava una domanda semplice, eppure Viola non seppe rispondere: era difficile per lei capacitarsi del fatto che Simone e Riccardo fossero imparentati. 

- Ti ruberò solo pochi minuti, lo prometto. - 

Di sicuro la tenacia doveva essere una caratteristica di famiglia, perchè Elisa non sembrava intenzionata ad arrendersi.

 
***

Mentre Viola apriva al porta del proprio appartamento, si ritrovò amaramente a pensare al fatto che ormai tutta la famiglia di Riccardo aveva messo piede lì dentro: lui, Simone ed ora Elisa. 
Avere quest'ultima in casa metteva a dir poco a disagio Viola, per non parlare del fatto che stava indossando una tuta sudata e sgualcita dalla corsa appena fatta. Si sentiva poco presentabile, a differenza di Elisa: pacata, elegante ed impeccabile. 
La fece accomodare sul divano, approfittando di una scusa per potersi rinchiudere in camera e cambiarsi, nel tentativo di migliorare il proprio aspetto.
Elisa approfittò di quei brevi momenti da sola per osservare il salotto, fin quando il suo sguardo non ricadde sul telefonino di Viola, il quale continuava ad illuminarsi. 
Il nome "Simone" brillava sullo schermo. 
La donna distolse lo sguardo sospirando, riportandolo immediatamente su Viola non appena quest'ultima comparve di nuovo nella stanza. 

- Che ne dice di un tè? - 

Era la domanda più ridicola che potesse fare in quel momento, ma entrambe perlomeno sorrisero e poco dopo si ritrovarono sedute una davanti all'altra con una tazza bollente tra le mani.

- Simone sa che lei è qui? - Domandò Viola, pur immaginando già quale fosse la risposta.

- No, se lo sapesse mi arresterebbe. - Scherzò Elisa, sentendosi sollevata nel vedere Viola abbozzare un sorriso. Prese ad osservarla, senza farsi notare ovviamente: era una donna troppo educata per fissarla direttamente, si limitava a rivolgerle brevi sguardi casuali fingendo di osservare la stanza. Viola era esattamente come se l'era immaginata, anzi era anche più graziosa nella realtà. - Come stai? - Mormorò tutto d'un tratto, quando il silenzio divenne insopportabile.

Nessuno faceva quella domanda a Viola da molto tempo, tutti pensavano fosse stupido chiederlo: come poteva stare dopo tutto ciò che le era capitato? Ad ogni modo, quella domanda la colpì dritta al cuore, lasciandola senza respiro per qualche istante. 

- Non lo so. - Si concesse il lusso di rispondere sinceramente ed Elisa lo apprezzò.

- Volevo incontrarti da tempo, sai? -

Quelle parole provocarono una leggera risatina in Viola. Certo che lo sapeva: lei era una sorta di attrazione turistica no? Anche Simone aveva confessato di essere venuto in ospedale quella sera solamente per vederla, ormai era diventata una sorta di monumento a cui fare visita.

- Volevo incontrarti per domandarti scusa. - Quelle parole fuoriuscirono dalle labbra sottili della donna con difficoltà, causando un sussulto sorpreso in Viola: domandarle scusa per cosa?

Elisa dovette comprendere al volo il significato dell'espressione confusa della ragazza, poichè subito si affrettò a spiegare cosa intendesse dire: - Forse è stata colpa mia, forse avrei potuto fare qualcosa per evitarlo. Riccardo è vissuto sotto il mio tetto per dieci anni e io non mi sono mai sono resa conto di nulla. Era taciturno, riservato, alle volte si dimostrava aggressivo è vero, eppure era anche così bravo nel... -

- ... fingere. - Fu Viola a terminare la frase. - Sì, era bravo a recitare la parte del ragazzo perfetto. -

L'altra donna sospirò annuendo. - Mio marito lo ha sempre venerato. Era il figlio modello, quello che aveva completato gli studi, che sognava di diventare medico e avviare una propria carriera. Simone invece è sempre stato... sminuito. Non ho mai fatto nulla per evitarlo. -

Viola ricordava di aver già affrontato quell'argomento con Simone una volta: lui le aveva detto di essere sempre stato considerato la pecora nera di famiglia. Il ricordo di quel momento le scoppiò nella mente e la costrinse a scuotere leggermente la testa come a voler scacciare l'immagine del ragazzo da dentro di sè.

- Senta non si deve sentire in colpa, io non ce l'ho con lei. - Mormorò Viola, sentendosi nuovamente a disagio davanti a quella conversazione. Era la verità: non provava nessun tipo di rancore verso quella povera donna, forse era l'unica contro cui non avesse nulla. 

- Allora perchè ce l'hai con Simone? Nemmeno lui ha fatto nulla. - 

Il disagio crebbe ulteriormente, insieme all'irritazione. - Ha detto che non avremmo parlato di loro. - Le fece notare Viola, abbassando lo sguardo sulla tazza ormai tiepida tra le proprie mani.

- Anche tu hai detto di non volerne parlare, ma è una bugia: la prima domanda che mi hai fatto è stata su Simone. -

Quella donna era acuta nelle sue osservazioni, questo Viola doveva concederglielo. 

- L'ho chiesto solo per... - Le parole le morirono in gola. Viola smise di parlare nel momento stesso in cui Elisa le si avvicinò, prendendole una mano. Quel gesto la sconvolse, scutendo dentro di lei una serie di emozioni contrastanti: avrebbe voluto urlarle di allontanarsi, ma al tempo stesso non potè fare a meno di stringere la presa, come a volersi aggrappare a lei.  

- Simone ti ha mentito, fidati nessuno può capirti più di me in questo momento. Mio marito si ostina a voler proteggere Riccardo, senza riuscire a vedere la realtà. Hanno mentito anche a me Viola, so cosa significa essere traditi da coloro di cui ci fidiamo. Mio marito ha aiutato a fuggire Riccardo quella sera, ma non me l'ha mai confessato. Se avessi saputo la verità su quella notte avrei domandato il divorzio molto prima. -

Forse quelle parole fecero sentire Viola più vicina ad Elisa, poichè la ragazza le rivolse uno sguardo di comprensione. 

- Mentire è sbagliato, ma devi saper distinguere chi mente per ferirti e tramarti alle spalle e chi invece lo fa per proteggerti. La mia famiglia ormai è distrutta, ma tu... -

- Non posso farlo. - La interruppe Viola, lasciandole la mano e alzandosi di scatto. La tazza si sfracellò a terra con un rumore secco, ma Viola a malapena lo sentì, era troppo impegnata a parlare freneticamente: - Vorrei tantissimo stare con Simone in questo momento. Però... non posso farlo ora che so chi è. Se io stessi con lui mi basterebbe guardarlo, sfiorarlo o anche solo pensare a lui per ... rivedere Riccardo. è come se fossero collegati, ogni volta che penso ad uno mi viene il mente l'altro, è come un circolo... io davvero non posso. - Una volta pronunciate quelle caotiche parole, Viola prese ad osservare la macchia di tè ingrandirsi sul tappeto. - Ha fatto male. - Sussurrò piano, senza sapere bene a chi si stesse riferendo: a Simone o a Riccardo?

- Oh, mia cara... - Mormorò Elisa, sentendosi il cuore stringersi nel petto dal dispiacere. - Farà ancora più male se non riesci a perdonare. -

- Ho perdonato Simone, davvero. -

- Non parlo di Simone. - Elisa si alzò avvicinandosi a lei. - Parlo di perdonare te stessa. - 

- Ma che di che parla? - A Viola quella frase sembrò un'assurdità, fino a quando non ascoltò le seguenti parole. 

- Credi che sia colpa tua vero? Continui a domandarti cosa sarebbe accaduto se non ti fossi fidata di Riccardo. Probabilmente non ti sarebbe accaduto nulla di male, invece incolpi te stessa di esserti lasciata ingannare, di aver ceduto all'amore. Lui ti sembrava perfetto, credevi fosse quello giusto e ci sei cascata. 
Viola non è vero che non riesci più a fidarti degli altri, il problema è che non riesci più a fidarti di te stessa, del tuo metro di giudizio sulle persone. Temi di sbagliare ancora, come hai fatto in passato, quindi preferisci rinchiuderti in questo bel appartamento fingendo che il mondo non esista. Il mondo però esiste. - A quel punto le sfiorò la spalla in una carezza. - Non è colpa tua. - Le disse con tono sicuro. - Sai però cosa sarà colpa tua? La tua infelicità. Prova a darti una seconda occasione, prova a perdonarti. -

Viola non disse nulla, le parole di quella donna l'avevano colpita diritta al cuore, togliendole la capacità di parlare, di reagire o anche solo di pensare. 
Aveva ragione. 
La infastidiva a morte che un'estranea fosse stata in grado di esprimere in pochi minuti qualcosa che lei non riusciva ad ammettere a se stessa da mesi.

- Quello che Riccardo ha fatto, mi ha fatto comprendere quanto poco lo conoscessi. Però posso affermare con sicurezza di conoscere benissimo Simone e voglio solo dirti che...Hai il diritto di essere arrabbiata con lui per tutto il tempo che vorrai, Simone lo capirà e sarà lì quando vorrai parlargli. Non è tipo da arrendersi facilmente. - Elisa le rivolse un sorrisetto incoraggiante nonostante Viola non la stesse nemmeno guardando: fissava un punto nel vuoto davanti a sè. 

- Sarà meglio che vada. - Mormorò la donna allontanandosi lentamente verso la porta. - è stato un piacere conoscerti, avrei preferito farlo in altre circostanze. -

Con volto rammaricato, Elisa aprì la porta per uscirne, ma si bloccò immediatamente. 

- Aspetti un attimo! - Esclamò Viola, voltandosi finalmente a guardarla.




Angolo autrice
Mi scuso per il ritardo, stavolta mi sono fatta attendere devo ammetterlo. Non è stato per mancato interesse nei confronti della storia, anzi, ma solo per impegni personali e scolastici. 
Grazie per le recensioni positive lasciate, davvero e a presto con un nuovo capitolo (prometto di non far attendere troppo com'è successo stavolta) ^.^

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Capitolo 13
*** Buon Compleanno ***


Capitolo 12



Era il suo compleanno. 
E lo detestava. 

- Non era il caso di organizzare una festa a sorpresa, lo sai? - Borbottò Simone, voltandosi a guardare sua madre, che sorridente camminava al suo fianco. 

Inutile dire che il sorriso le si spense immediatamente nell'udire quelle parole.  Elisa assunse un'aria sorpresa e al tempo stesso dispiaciuta: era stata scoperta, ancora una volta. Ogni anno si impegnava nella preparazione di una festa a sorpresa per il compleanno del figlio, che puntualmente la smascherava.

- Fingi almeno di essere sorpreso quando entrerai in casa. - Lo pregò, mentre insieme attraversavano il vialetto di casa per avvicinarsi alla porta dell'enorme villa in cui Elisa dimorava da decenni. 

- Tranquilla, sarò un perfetto attore. Fingo da quando avevo 14 anni. -

Elisa trattenne una risatina, mentre infilava la chiave nella serratura e la girava lentamente. Nel mentre sussurrò un rassicurante: - Stavolta ti piacerà... - 

Se Viola verrà... Non disse ad alta voce quest'ultima parte, si limitò a pensarlo.
Quella ragazza si sarebbe presentata? Chi poteva saperlo.
La prima e ultima volta che si erano viste, Elisa aveva accennato qualcosa a proposito del compleanno di Simone e Viola si era limitata a dire: "Ci penserò".  

- SORPRESA! - Le voci degli amici e colleghi di Simone distolsero Elisa dai propri pensieri...per qualche istante. 

- Wow... - Mormorò Simone, assumendo un'espressione sbalordita. - Chi se lo aspettava? - Mormorò poi a voce più bassa, rivolgendo un'occhiata eloquente a sua madre, la quale si limitò a sorridere, mentre con lo sguardo già stava cercando Viola per la stanza.

C'erano tutti: amici di famiglia, parenti, colleghi di lavoro di Simone. Tutti tranne lei. 
Elisa decise di non scoraggiarsi, d'altra parte poteva anche essere semplicemente in ritardo. Sarebbe venuta, ne era certa. 
Mezz'ora dopo però, la sua sicurezza cominciò a scemare, fino a scomparire totalmente. Dispiaciuta Elisa osservò in lontananza Simone parlare con qualcuno e abbozzare qualche "Grazie per il regalo", per poi congedarsi con una scusa e uscire in giardino.

- Non posso credere che non sia venuta... - Sussurrò Elisa delusa da se stessa: avrebbe dovuto essere più convincente. Eppure era certa di averla quasi convinta, era certa che sarebbe venuta.

La madre di Simone era una di quelle donne sempre pacate e calme, costantemente pronte a nascondere anche il minimo segno di nervosismo dietro un finto sorriso, eppure quella volta non ci riuscì: l'irritazione fu talmente tanta che rovesciò un bicchiere di champagne a terra.

- Oh no, accidenti... - Sibilò la donna, guardandosi attorno così da poter attirare l'attenzione della cameriera assunta appositamente per quella festicciola.

- In genere sono io quella che fa cadere le cose. - 

Elisa mise a fuoco la figura che le si era avvicinata di lato, stentando quasi a riconoscerla:  era Viola. 

- Scusi per il ritardo, io... non sapevo cosa mettere. - 

Era una bugia: Viola aveva indossato senza incertezze il corto vestito floreale che le cingeva la vita sottile alla perfezione. L'abbigliamento non era stato un problema, così come non lo era  guidare fin lì. La difficoltà era arrivata nel momento in cui aveva parcheggiato davanti casa di Elisa, rimanendo lì chiusa per mezz'ora, indecisa sul da farsi.

- Stai molto bene. - Commentò alla fine Elisa. - Simone è uscito in giardino, se vuoi salutarlo. - Le indicò più che volentieri le vetrate in fondo alla stanza, dalle quali si poteva godere di un piccolo scorcio del giardino.

Viola annuì, più volte, osservando titubante la direzione che le era stata indicata, prima di decidersi a muovere un passo dopo l'altro verso quest'ultima, sotto lo sguardo speranzoso di Elisa.
La brezza fresca di quella giornata soleggiata colpì in viso la ragazza, dandole una sensazione di benessere, mai quanto quella che provò nel vederselo lì davanti. 

- Viola. -

Simone ed Elisa avevano lo stesso modo di pronunciare il suo nome, la stessa intensità, lo stesso tono. Era impressionante. 
La ragazza scrollò appena le spalle, corrugando il viso nel notare una sigaretta tra le dita del poliziotto. 

- Da quando fumi? - 

Era assurdo: non si vedevano da settimane, avrebbe potuto chiedergli di tutto, eppure la sua curiosità principale fu rivolta a una semplice sigaretta. 

- Ehm... fumo ogni tanto, quando sono nervoso. - Mentre pronunciava quelle parole, Simone gettò a terra il mozzicone, quasi volesse nascondere le prove del suo atto.

- Sei nervoso? Strano, è il tuo compleanno, dovresti ess... -

- Che ci fai qui, Viola? - Fu lui a tagliare corto quella volta e questo sorprese entrambi.

La ragazza ne rimase delusa, si aspettava un incontro diverso, una reazione diversa, ma probabilmente se lo meritava: non poteva aspettarsi un'accoglienza a braccia aperte, visto il modo in cui l'aveva trattato nell'ultimo periodo. 

- Tua madre mi ha invitato. -

- Mia madre? -

- Sì, è una lunga storia. - E lei non era lì per raccontarla ovviamente. A proposito: perchè era lì? Non lo sapeva bene nemmeno lei. - Io volevo solo dirti... - Non si era nemmeno preparata un discorso. - Volevo solo dirti "auguri". - Dichiarò infine veloce. - Non sarei dovuta venire, scusa. - Farfugliò veloce, voltandosi immediatamente pronta ad andarsene.

- Aspetta! - Simone la bloccò, colmando con un passo la distanza tra entrambi e afferrandole un braccio. Non l'avrebbe lasciata andare via, non così almeno. - Tutto qui? -

Era tutto lì? 

- No, c'è dell'altro. - Confessò la ragazza. - Perchè? - Sbottò infine rialzando lo sguardo sui suoi occhi. - Perchè hai insistito con me? -

Era una bella domanda, che meritava una bella risposta.

- Per lo stesso motivo per cui tu sei qui. - Sussurrò infine lui, inchiodandola lì sul posto con quegli occhi azzurri.  Comprendendo che lei non avrebbe detto nulla, fu Simone a parlare di nuovo: 
- Senti, che ne dici di ricominciare da zero? Io sono Simone e tu sei Viola e ci siamo conosciuti oggi a questa terribile festa. -

Viola ridacchiò e scosse la testa. - No, non voglio ricominciare dall'inizio. Significherebbe cancellare tutto quello che di bello mi hai fatto provare fino ad ora. -

***

Se prima Viola era riuscita a passare inosservata, appena rientrò in casa tenendo per mano Simone, la situazione fu del tutto differente. Le persone le rivolsero occhiatine incuriosite, domandandosi chi fosse quella misteriosa ragazza. 

- Se vuoi ce ne andiamo. - Le disse all'orecchio ad un certo punto Simone, temendo si potesse sentire a disagio.

- Stai scherzando, mi sono messa questo vestito per farmi osservare. - Mormorò divertita lei, causando una risatina in entrambi. 

Per nessuno sarebbe stato piacevole essere al centro dell'attenzione, specie in una situazione assurda come quella, eppure Viola se la cavò egregiamente. Sorrise ogni volta che Simone la presentava come una sua cara amica e rispose secca e senza esitazioni quando le veniva chiesto dove si fossero conosciuti. "Stazione di polizia" fu la risposta data dalla ragazza, nella speranza che potesse placare ogni altra curiosità. Così fu, ben presto nessuno fece più caso a Viola, tutti tornarono a chiacchierare tra loro, discutendo a proposito del cibo servito e del magnifico arredamento della casa. 
Fu inevitabile pensare a Monica. Era stata lei ad occuparsi dell'intero arredamento giusto? Ovunque si voltasse Viola riconosceva la sua firma, era come se quell'arpia fosse lì. Viola avrebbe voluto domandare a Simone se l'avesse più rivista, ma non lo fece, non era il momento. 
Qualche ora dopo le persone se ne furono andate e l'ampio salotto della villa apparve vuoto, animato solamente da Elisa, impegnata nel dare istruzioni ai camerieri che silenziosamente stavano ripulendo tutto.

- Casa tua è fantastica. - Commentò Viola, mentre il poliziotto le mostrava il resto della villa.

- Sì, è il vantaggio di essere ricchi. - Si limitò a dire Simone, facendole un occhiolino. 

- Se avessi saputo prima della tua ricchezza mi sarei gettata tra le tue braccia da un pezzo. - Ovviamente scherzava... forse. 

- Forza dai, andiamo nel mio modesto appartamento. - Dichiarò lui dando un'occhiata all'orologio al polso e rendendosi conto che fosse ora di andare. 

- Va bene, prendo la borsa. - 

Simone annuì brevemente, prima di lasciare andare la mano di Viola, così che lei potesse recarsi in cucina, dove aveva lasciato la sua borsetta. Quest'ultima era ancora sulla sedia in legno su cui era stata posata. Viola l'afferrò veloce, volendo andarsene al più presto per rimanere sola con Simone...ma un rumore la frenò. Proveniva dal corridoio lì vicino.

- Elisa? - Chiamò Viola, certa che fosse la donna. 

I rumori provenivano da una stanza precisa, nella quale Viola non esitò ad entrare. Scoprì che si trattava di uno studio, ma al suo interno non c'era Elisa, bensì un uomo. 
Quest'ultimo sobbalzò nel notare la presenza silenziosa di Viola, ma il suo viso non fu sorpreso, al contrario si adombrò nel vederla, era come se non gli facesse piacere averla lì.
Si conoscevano per caso? La osservava come se fosse così. 
Viola dal canto suo era sicura di non aver mai visto quell'uomo, si concesse comunque qualche istante per poterlo studiare: i capelli brizzolati circondavano un volto che dimostrava all'incirca sessant'anni. Forse era il fratello di Elisa? Un amico di famiglia? Gli occhi verdi di quell'uomo non le dicevano nulla, così come i lineamenti del viso completamente sconosciuti. Una rughetta profonda tra gli occhi di quello sconosciuto attirò per qualche momento l'attenzione di Viola, la quale però tornò subito in sè dichiarando: 

- Mi scusi, non volevo spaventarla. Ho sentito un rumore e ho voluto controllare. Se sta cercando Simone per gli auguri posso chiamarglielo. -

Quell'uomo non lasciò trasparire alcuna emozione, se ne stava lì, stoico e immobile a scrutarla. A Viola non piacque il modo in cui la stava osservando, fu per questo che si voltò pronta a chiamare Simone o Elisa, per domandare loro chi fosse quell'inquietante ospite che rovistava tra i cassetti della scrivania dello studio.

- Non disturbarti a chiamare Simone, sono qui per prendere degli oggetti che mi appartengono. -

Viola apparì confusa. 

- Sono Luigi, il patrigno di Simone. - Si presentò finalmente e quella volta fu Viola a rimanere senza fiato. - E tu sei la ragazza che ha mandato in galera mio figlio, se non sbaglio. -



Angolo Autrice
Sì, c'è un nuovo personaggio: Luigi. L'avevamo già nominato in qualche capitolo precedente, è il padre di Riccardo. Per chi non se lo ricordasse è anche colui che ha salvato Viola, ma è anche colui che ha fatto in modo che Riccardo scappasse (o almeno che ci provasse). Nonostante abbia salvato la vita della nostra protagonista, si capisce perfettamente anche da queste poche righe, che non è un suo fan. Nel prossimo capitolo vedremo meglio, non credo comunque che sia un personaggio che apprezzerete (io stessa, la ragazza che l'ha "creato", non lo sopporto: per scrivere i suoi dialoghi ho dovuto ragionare come purtroppo ragiona la maggior parte della gente ignorante quando si parla di violenza ai danni delle donne.) 
A parte questo, volevo precisare una cosa sulla gif iniziale: mi sono ispirata a Mila Kunis e Stephen Amell per le descrizioni fisiche di Viola e Simone, quindi ogni tanto quando trovo un'immagine che li ritrae insieme la inserisco volentieri, ad ogni modo voi ovviamente potete immaginarvi i personaggi come più preferite. 
Colgo l'occasione per farvi gli AUGURI DONNE :3

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Capitolo 14
*** Mai stata più sicura ***


Capitolo 13


E tu sei la ragazza che ha mandato in galera mio figlio, se non sbaglio. 

Quelle parole le rieccheggiarono nella mente per un tempo che le sembrò infinito.

- Come scusi? - Sperò di aver sentito male, ma quella speranza fu vana: le parole di Luigi erano fin troppo chiare.

Quell'uomo non era solo il patrigno di Simone. Era il padre di Riccardo. Era colui che l'aveva salvata quella notte, colui a cui avrebbe dovuto mostrare riconoscenza. Ma come poteva ringraziare un uomo che l'aveva appena incolpata di aver mandato in prigione un folle?
Viola non aveva più voluto sapere nulla del processo, nemmeno l'esito. Sapeva che avrebbero mandato dentro Riccardo, quello era scontato dopo tutto ciò che le aveva fatto, ma non aveva mai voluto conoscere la durata di tale pena. Nessuna quantità di anni avrebbe reso giustizia a ciò che le era accaduto.

- 15 anni. - Si limitò a mormorare amareggiato Luigi, come leggendole nel pensiero.

Viola non si sentì sollevata, ad ogni modo fu lieta che anche a Riccardo fosse stato portato via qualcosa: il tempo.

- Riccardo non è un cattivo ragazzo. Non voleva fare quello che ha fatto. - Erano frasi incoerenti, dette da un uomo che cercava in tutti modi di convincere se stesso di aver cresciuto un bravo figlio. - Lui parla ancora di te, è dispiaciuto. -

Viola alzò un sopraciglio, assumendo un'aria scettica davanti a quelle farneticazioni. 

- è dispiaciuto per cosa? Per avermi quasi uccisa? - Quel dialogo stava prendendo una piega del tutto errata e quel tono amaramente ironico utilizzato dalla ragazza non fece che peggiorare le cose. 

- E se ti fossi sbagliata? - Insinuò Luigi, osservandola con occhi lucidi e speranzosi. Sperava che lei rispondesse: "Certamente, è stata colpa mia, suo figlio è buono". 

- Come, scusi? - Nuovamente Viola sperò di non aver compreso bene quell'atroce domanda.

- E se lui avesse bevuto? - Ipotizzò a quel punto l'uomo, come a voler giustificare l'accaduto incolpando l'alcol. - L'hai dipinto come un mostro possessivo. Eppure tu l'hai tradito, è normale che fosse geloso. - Quelle accuse infastidirono Viola, la quale fece un passo indietro decisa ad andarsene prima che tutto degenerasse. Così come accadde entro pochi istanti, quando Luigi pronunciò un'ultima dolora frase:

- Forse sei stata tu a provocarlo. - 

Viola si portò una mano al petto. Era come se una lama si fosse conficcata nel cuore.
Era stata lei?
Lo aveva provocato?
Era colpa sua? 
Si era meritata tutto ciò? 
Senza rendersene conto alzò una mano e poco dopo sentì il palmo bruciarle. Aveva tirato uno schiaffo a Luigi. 

- Lo sa, volevo dirle grazie per quello che ha fatto, se non fosse per lei io non sarei qui. Però...dopo tutto ciò che mi ha appena detto mi rendo conto di non doverle nessun ringraziamento. Lei non merita nulla. Suo figlio è uno psicopatico, non era ubriaco. Era sobrio. qualsiasi condanna gli abbiano dato non sarà mai abbastanza. Dovrebbe accettare il fatto di aver cresciuto un mostro e andare avanti. -

Luigi la fissava con occhi spalancati, non riuscendo a capacitarsi di quanto fosse accaduto. Non era l'unico lì dentro a sentirsi spaesato, a Viola sembrò quasi di star soffocando in quella stanza dove solo l'astio poteva trovar spazio. La ragazza diede le spalle a quello sconosciuto, fuggendo via  quasi correndo, mentre qualche lacrima le scorreva lungo le guance. 
Lei non piangeva mai, lei si teneva tutto dentro, ma quella volta le fu impossibile, era troppo da sopportare persino per lei. 
Si passò una mano al di sotto degli occhi lucidi, scacciando le lacrime nella speranza che nessuno si accorgesse di qualcosa. Avrebbe voluto salutare la madre di Simone, ma andò diritta verso l'uscio, chiudendosi la porta alle spalle e traendo un profondo respiro prima di avviarsi verso la macchina di Simone, che paziente la attendeva davanti al vialetto. 

- Ehi ci hai messo un po', trovato la borsa? - 

Viola annuì silenziosa, mentre fingeva di guardare fuori dal finestrino. Non le andava di parlare, perchè sapeva benissimo che se avesse aperto bocca, sarebbe scoppiata in lacrime.
*** 

Il silenzio non servì a nulla, ben presto Simone si accorse dello stato d'animo tormentato della ragazza. Dopo aver messo piede dentro l'appartamento del poliziotto, Viola si era seduta sul divano, fissando un punto davanti a sè nel vuoto, prendendo a rispondere  solamente a monosillabi, circondata da un alone di apatia che ben presto snervò Simone. 

- Ho fatto qualcosa che non va? - Chiese di punto in bianco. - Sembri arrabbiata con me eppure mi sembrava che stesse andando tutto bene. Vuoi parlare o devo leggerti nel pensiero? -

Viola si voltò ad osservarlo sorpresa, come se si fosse accorta solo in quel momento della sua presenza. Pian piano la sua espressione mutò, prese difatti a scrutarlo con una luce che Simone non le aveva mai visto negli occhi.  

- No, non voglio parlare... - Dichiarò decisa, mentre con altrettanta determinazione si muoveva verso di lui. Quando lo raggiunse gli gettò inaspettatamente le braccia al collo e lo baciò con trasporto, stringendosi a lui con forza. Aveva così tanto bisogno di sentirlo vicino in quel momento.

Quel bacio era passionale quasi quanto quello che si erano scambiati per la prima volta settimane prima, ma questa volta non era ubriaca, non di alcol perlomeno. 
Era sobria mentre con decisione muoveva le proprie labbra sulle sue, ed era altrettanto sobria quando si ritrovò a sussurrare all'orecchio del poliziotto: - Voglio fare l'amore con te. -

Un brivido percorse la schiena di Simone, il quale rimase sbalordito davanti a quella confessione. Era incredibile come Viola potesse passare da un estremo all'altro con tale facilità, un secondo prima a malapena riusciva a rivolgergli parola e un secondo dopo era in grado di dire quel genere di cose con una disarmante naturalezza.

- Anche io. - Sussurrò a sua volta il poliziotto, senza nascondere una leggera nota di eccitazione nella voce. Un sorriso sereno spuntò sul viso della ragazza, convinta di poter ottenere ciò che aveva appena implicitamente domandato.

Le mani di Viola vagarono sul petto di Simone, prima di prendere a sbottonargli con decisione la camicia. Si bloccò solo quando sentì le mani le mani del ragazzo circondarle il viso, sollevandolo di modo che i loro occhi si potessero incontrare.

- Non posso farlo. - 

Per quanto Simone avesse utilizzato un tono cauto nel pronunciarle, quelle parole la colpirono con una violenza disarmante, ferendola quanto avrebbe fatto uno schiaffo in pieno viso.

- Come sarebbe no? - Domandò ferita Viola, facendo un passo indietro. Perchè la stava respingendo? Perchè le stava facendo così male?

Rifiutarla non fu semplice nemmeno per Simone. Quest'ultimo la desiderava con tutto se stesso, andare a letto con lei avrebbe voluto dire abbattere ogni barriera, sentirla finalmente vicina, ma era quello il momento giusto? 

- Perchè vuoi farlo proprio ora? - Chiese a quel punto il ragazzo, dando voce ai suoi pensieri. - So che c'è qualcosa che non va Viola e so anche che sei abituata a tenerti tutto dentro. Però ora ci sono io e sono stanco di essere tagliato fuori dai tuoi pensieri. - 

Com'era nel suo stile, Viola non rispose, al contrario si allontanò maggiormente da lui. Simone però cominciava ad essere stanco di quell'atteggiamento, fu per questo che esasperato affermò: - Ti prego parla perchè...- Si bloccò immediatamente quando la vide sfilarsi silenziosa i vesitti che stava indossando. - Che stai facendo? -

Era lì, seminuda, con il solo intimo nero addosso. Era più magra di quanto avesse immaginato, con la pelle olivastra, morbida e ... eccitante. Le pupille di Simone si dilatarono e non solo i suoi occhi reagirono davanti a quella visione. 
Eppure l'eccitazione passò in secondo piano, per quanto possibile, quando notò che Viola teneva la mano sul fianco destro, coprendolo come a volergli celare qualcosa.

- Vuoi che ti parli e ti dica cosa sento? Va bene, lo farò. - Proruppe lei ad un certo punto. - Ti giuro che ti dirò tutto, potrai farmi qualsiasi domanda e io risponderò. Puoi chiedermi di Riccardo, di come l'ho conosciuto, di come io mi senta quando penso a lui. Ti dirò qualsiasi cosa Simone, lo prometto. Io voglio che tu sappia quello che penso o quello che sento, però ti prego non ora. Devi sapere una sola cosa ora... - Fece una pausa di qualche istante, sospirando piano. - Credo di amarti. - A quel punto avanzò verso di lui, fino a ritrovarsi di fronte al suo viso come poco prima. - E voglio stare con te, ho voglia di stare con te, ne ho bisogno. Ecco perchè voglio farlo ora...ti basta come spiegazione? -

Il poliziotto sorrise annuendo appena, stava quasi per rispondere ma lei fu più veloce nel parlare. 

- Però... - Ovviamente c'era sempre un però quando si trattava di Viola. - Se tu vorrai rifiutarmi lo capirò. -

Simone non comprese e confuso le rivolse uno sguardo perplesso, davanti al quale Viola si limitò a rispondere mormorando: - La mia cicatrice. -  Gli occhi di entrambi si spostarono sulla mano magra della ragazza che copriva il proprio fianco. - Non è molto eccitante, quindi se tu non... -

- Viola, sta' zitta. - Quella frase sorprese entrambi, specie perchè venne pronunciata da Simone, il quale lentamente le si fece più vicino, fino ad inginocchiarsi davanti a lei. Il suo volto era all'altezza del bacino della ragazza, che senza alcuna protesta lasciò che la sua mano venisse scostata, rivelando la ferita che aveva celato fino a quel momento.

Era una linea biancastra, lunga qualche centimetro. Nemmeno si sarebbe notata, se soltanto non avesse avuto bordi rossastri a risaltare sul pallido corpo di Viola. Quest'ultima fece per aprire bocca, ma alla fine preferì rimanere in silenzio. Simone nemmeno se ne rese conto, troppo concentrato ad osservare quella linea che fastidiosamente le rovinava i bei fianchi. Istintivamente il poliziotto allungò un dito, percorrendo la cicatrice appena sporgente col polpastrello. Brividi intensi si crearono sulle pelle di Viola, forse fu per le fredde mani del ragazzo, o forse per il timore che Simone stesse per fare un doloroso commento.
Eppure quest'ultimo non disse nulla, ma quello che fece in seguito fu più potente di qualsiasi parola esistente al mondo: le baciò quella traccia indelebile del passato. Viola percepì charamente le labbra carnose e calde del ragazzo sulla cicatrice e tutto ciò le fece uno strano effetto. 
La lingua di Simone si mosse sulla sua pelle candida, passando a sfiorarle il ventre, poi l'addome, il solco tra i seni per poi arrivare alle sue labbra dolci.
I loro occhi si incontrarono e per il loro corpo fu lo stesso, in quanto Simone la afferrò per i fianchi stringendola nuovamente a sè. 

Ritrovarsi su un letto con il corpo di un uomo sopra di sè le sembrò surreale, specie considerando l'identità di quell'uomo. Dopo i primi tocchi e i primi baci però, la sensazione di disagio svanì totalmente, lasciando spazio all'eccitazione e al desiderio. L'uno esplorava il corpo dell'altro con ardente curiosità. Viola passava i polpastrelli sui muscoli tesi del ragazzo, mentre quest'ultimo accarezzava con le proprie labbra ogni centimetro della pelle della ragazza. 

- Sei sicura? - Le sussurrò Simone quando furono entrambi nudi, spogliati di ogni vestito e anche di ogni incertezza, vista la risposta che Viola gli diede. 

- Mai stata più sicura di qualcosa in vita mia. - 

In effetti era così e non appena sentì Simone entrare dentro di lei, ricevette la conferma di aver fatto la scelta giusta. 

Angolo autrice
Chiedo scusa per averci messo così tanto ad aggiornare, spero di poter essere più presente in futuro. 
Scusate anche per lgi eventuali errori.
Grazie a presto <3


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Capitolo 15
*** Credi di essere diverso? ***


Capitolo 14

Sembrava tutto perfetto: c'era silenzio, pace, calma. Per la prima volta dopo molto tempo Viola si sentì al sicuro, tra le braccia di Simone che dolcemente le accarezzava i capelli corvini. Vi era talmente tanta quiete che a Viola quasi dispiacque porre fine a quel momento, sussurrando lieve: - Ho un regalo per te. - 

Il petto di Simone vibrò sotto di lei in una spontanea risatina. - Credevo che mi avessi già dato il mio regalo. - Rispose con evidente malizia, facendole un'occhiolino eloquente.

- Stupido... - Si limitò a commentare la ragazza, mentre si tirava su a sedere, liberandosi poi dal lenzuolo che la copriva per poter liberamente uscire dal letto e aggirarsi per la stanza. 

Il poliziotto fece scorrere lo sguardo lungo la schiena nuda della ragazza, osservandola attento mentre quest'ultima trafficava con la propria borsetta lì vicino. La curiosità cominciava a stuzzicarlo, per questo si sporse leggermente nella speranza di poter intravedere un indizio, ma tutto ciò che vide fu Viola stringere tra le mani qualcosa.
Silenziosa la donna ritornò a sedersi al suo fianco, tra le lenzuola morbide del letto, prima di schiudere le proprie mani e lasciare una scatoletta rossa tra quelle di Simone. Inutile dire che quest'ultimo incuriosito non perse tempo ad aprire l'oggetto rivelandone il contenuto: una coppia di chiavi. Le sue labbra proruppero in un lieve "Oh", mentre le afferrava facendole tintinnare.

- Se sono le chiavi della tua cintura di castità direi che è un po' troppo tardi. - Scherzò lui, rivolgendole uno sguardo a metà tra il divertito e il perplesso, non essendo sicuro di capire quale fosse il motivo di quel regalo. 

- Sono le chiavi di casa mia. - Spiegò Viola, roteando gli occhi al cielo davanti al poco intuito di Simone. - Così la smetterai di suonare al citofono quando litigheremo. - Aggiunse poco dopo, rivelando una smorfia affabile. - Non ti sto chiedendo di convivere. Ti sto solo dicendo che mi fido di te e voglio che tu tenga le chiavi di qualcosa a cui tengo molto. Sei il primo a cui io dia le chiavi di ingresso del mio appartamento, nemmeno Riccardo le ha mai avute. - 

Simone strinse quello speciale oggetto tra le proprie mani, prima di sussurrare: - è il più bel regalo che io abbia mai ricevuto. -

- Certo che lo è, te l'ho fatto io! - Si pavoneggiò a quel punto la ragazza, scuotendo i capelli castani e prorompendo in una sincera risata.

Quel breve momento di allegria svanì dal suo volto poco dopo, quando si rese conto che aveva ancora una promessa da mantere: prima di andare a letto con lui aveva giurato di raccontargli cosa la preoccupasse così tanto, era giunto il momento di farlo.

- Il tuo patrigno mi ha parlato. -  

Simone alzò il viso di scatto, osservandola sbalordito. Era sconvolto da quella notizia e soprattutto dal modo in cui Viola gliel'aveva comunicata. Forse effettivamente era stata troppo diretta, ma non vi erano molti altri modi per dire qualcosa del genere.

- Che cosa? Quando? -

- L'ho incontrato mentre cercavo la mia borsa a casa di tua madre. - 

In quel momento a Simone fu tutto chiaro: ecco il perchè del malumore di Viola in seguito alla festa. Luigi doveva averle parlato, dicendole Dio solo sa quali cattiverie... il poliziotto serrò la mandibola, nervoso. Non ce l'aveva con Viola, nemmeno con Luigi, ce l'aveva con se stesso: il suo patrigno si era avvicinato a Viola sotto il suo naso, nella sua stessa casa, senza che lui potesse impedirlo. 

- Che ti ha detto? -

- Nulla di importante per me. - Si limitò ad affermare lei, non volendo nemmeno ripensare alle crudeli accuse che le erano state rivolte.

A Simone quella risposta bastò per comprendere che qualsiasi cosa dovesse averle detto Luigi, doveva essersi trattato di qualcosa di doloroso, dal momento che la ragazza non desiderava nemmeno ripeterlo.

- Non ha importanza Simo, davvero. - Insistette lei, posandogli una mano sulla spalla nel tentativo di convincerlo a desistere.

Sembrò esserci riuscita, poichè il poliziotto sorrise e annuì, dimostrando di volerle dare ascolto per una volta. - è ora di cena, andrò a prendere una pizza. Che ne dici? -

Quell'improvviso cambio di discorso insospettì Viola, alla quale sembrò strano che il poliziotto si fosse lasciato così facilmente alle spalle ciò di cui stavano parlando in precedenza. In seguito però pensò che fosse meglio così, non era il caso di rovinare quel momento di serenità discutendo ancora una volta di questioni legate al passato.

- Certo, perchè non la ordiniamo a telefono e ce la facciamo portare? -

- C'è un posto qui che fa delle pizze spettacolari, purtroppo non le consegna a domicilio. - Si limitò a rispondere con cautela Simone, mentre si rialzava dal letto per potersi rivestire. - Andrò a prenderle io. -

- D'accordo... -

- Tranquilla, ci metterò poco. - Era una normale ed innocente frase, eppure a Viola sembrò quasi una minacciosa promessa.

 
***

L'odore di patatine fritte e pomodori si era diffuso nell'abitacolo in poco tempo. Simone diede una veloce occhiata alle pizze ancora calde poste sul sedile accanto al suo. 
Si sarebbero raffreddate, dal momento che Simone aveva intenzione di fare una veloce tappa prima di tornare da Viola. 
Parcheggiò davanti all'appartamento in cui lui si era trasferito dopo la separazione da Elisa. 
Fu tentato per un attimo di mettere in moto e andarsene a casa, seguendo il consiglio di Viola e lasciando perdere, stava quasi per farlo...quando lo vide uscire per gettare la spazzatura. Spalancare la portiera e andargli incontro fu un gesto automatico a quel punto. 

- Ehi! - Gridò, attirando l'attenzione di Luigi, che con espressione sorpresa si voltò ad osservarlo. 

- Simone, che cos... -

Non ebbe modo di domandare il motivo della sua visita, nonostante potesse immaginarlo, poichè Simone lo aggredì con le proprie parole: - Che cosa le hai detto? -

Ovvio, era venuto lì a difendere la sua ragazza, o qualsiasi cosa fosse Viola per lui. Luigi gli rivolse un'occhiata carica di disprezzo, prima di dargli le spalle per incamminarsi verso l'ingresso.

- La verità. - Sentenziò, senza nemmeno voltarsi a guardarlo in faccia.

- Quale verità? Quella di quello stronzo di tuo figlio? - 

Luigi si bloccò, voltandosi lentamente verso il figliastro. Quest'ultimo era il ritratto della rabbia, con i muscoli contratti, i pugni serrati e lo sguardo carico d'odio. 

- Sei accecato dai sentimenti che provi per quella ragazza. - Sibilò il patrigno, con tono quasi compassionevole. - Le hai mai chiesto cosa sia accaduto davvero quella sera? Le hai chiesto se per caso sia stata lei stessa a provocare tuo fratello? - 

Se fino a quel momento Simone era riuscito a fatica a contenere la propria ira, non appena udì quelle parole, divenne la furia in persona. Afferrò Luigi per il colletto della camicia, sputandogli addosso le seguenti parole: - Non ti azzardare. - I loro visi erano a pochi millimetri l'uno dall'altro. - Non ti azzardare ad accusarla di qualcosa. -

L'uomo lo osservò, impressionato dal rancore che riusciva a leggere negli occhi e nella voce di Simone. L'aveva visto in quelle condizioni molte volte da ragazzino, era sempre stato un tipo facilmente irritabile, ma quella volta fu diverso. Per un secondo, o forse anche di più, Luigi temette per la propria incolumità. Rimase in silenzio, rendendosi conto che se avesse proferito un'ulteriore parola, probabilmente avrebbe rischiato grosso. 

- Ehi, che sta succedendo? - Un passante incuriosito dalla scena fece qualche passo verso di loro. - Devo chiamare la polizia? -

Simone si voltò ad osservare quello sconosciuto. - Non si preoccupi, la polizia è già qui. - Il tono minaccioso che il ragazzo utilizzò costrinse l'altro a fare qualche passo indietro. 

- Va tutto bene, non si preoccupi. - Intervenne Luigi, non volendo ulteriori sceneggiate.

Il passante, in parte tranquillizzato, rivolse un ultimo sguardo diffidente a Simone, prima di ritornare alla propria passeggiata. Solamente quando si fu del tutto allontanato Simone riprese a parlare. 

- Ti ricordi quella notte? - 

- Simone io... - 

- Parlane, voglio che tu mi dica esattamente cos'è accaduto.  - 

Luigi socchiuse appena gli occhi, rivivendo chiaramente davanti a sè la scena atroce di quella sera. Pur non capendo quale senso avesse farlo, cominciò a parlare...

Riccardo non rispondeva al telefono quella sera, l'avevo incontrato pochi giorni prima, era sconvolto, irascibile, temevo gli fosse accaduto qualcosa. Sono andato a casa sua e... ciò che ho visto non potrò mai scordarlo. 
La porta era aperta, sono entrato e ...li ho visti. 
Riccardo doveva averla già colpita numerose volte, c'era molto sangue a terra, ho dovuto faticare a distinguere il corpo di Viola. Era ferita, aveva perso i sensi. 
Riccardo stava per colpirla ancora con quel dannato coltello ma io ho gridato: - Riccardo! -

Era come se fosse in trance, con quegli occhi spalancati e tinti di follia. Non sembrava più lui, era come se un diavolo si fosse impossessato del suo corpo. Non appena mi vide gettò a terra il coltello continuando a ripetere "Voleva lasciarmi, voleva andarsene". 
Dopo qualche secondo è tornato in sè, gridava che gli dispiaceva, capisci? Lui era addolorato! Si era pentito! Se fosse stato davvero malvagio non si sarebbe mai pentito di tutto ciò. 
Gli ho detto di andarsene. Mi sono poi reso conto che quella ragazza respirava ancora, sussurrava di aiutarla e io... ho chiamato i soccorsi e me ne sono andato prima che arrivassero.

Simone lo lasciò andare lentamente, provando un dolore immenso al petto nell'immaginare la scena particolareggiata che Luigi gli aveva appena descritto. Aveva costretto l'uomo a parlare di quella sera nella speranza che si rendesse conto di quale mostro avesse cresciuto, ma l'effetto fu ben altro...

- Poi sono venuto da te e ti ho chiesto aiuto, ma tu... - Quella volta fu Luigi a rivolgere uno sguardo d'accusa a Simone. - Tu l'hai arrestato, anzichè aiutarlo! - 

Boom. 
Luigi cadde all'indietro dinnanzi al pugno che ricevette in pieno viso. Il sangue cominciò a fuoriuscire dal naso certamente rotto dopo quel colpo, che fu forte a tal punto da provocare qualche sbucciatura sulle nocche del poliziotto.

- Manda un messaggio a Riccardo da parte mia. Digli che se proverà ad avvicinarsi a Viola di nuovo, sarà lui a ritrovarsi un coltello nel fianco. - Si abbassò sul proprio patrigno, il quale ancora a terra tentava inutilmente di tamponare il sangue con la manica della propria camicia. - Ma stavolta farò in modo che nessuno chiami i soccorsi. - Aggiunse poco dopo, con decisione. - Ovviamente l'avviso vale anche per te, stai lontano da mia madre e da casa nostra. -

Si rialzò lento, voltandosi per ritornare alla macchina. 

- E tu credi di essere diverso da Riccardo? - Gli gridò Luigi. - Non sei meno violento di tuo fratello. - 

Simone chiuse gli occhi per un breve istante. 
Monica gli aveva rivolto le stesse parole settimane prima. 
Sei uguale a tuo fratello gli aveva detto.

- Lui non è mio fratello. - Sussurrò, prima di risalire in macchina.

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Capitolo 16
*** Devo parlargli ***


Note autrice
Stavolta mi sono superata aggiornado un mese esatto dopo l'ultimo capitolo pubblicato. Sono un disastro lo so, però ho avuto un momento bello lungo di blocco e di indecisione su come mandare avanti la vicenda. Per farmi perdonare vi regalo questo capitolo abbastanza lunghetto che spero possa piacervi :3

Capitolo 15


 

Viola vagò con lo sguardo sulla tavola apparecchiata davanti a sè, prima di spostarlo sull'orologio che appeso al muro segnava le dieci di sera.
Erano passate due ore da quando Simone aveva lasciato l'abitazione e ancora non vi aveva fatto ritorno. Una strana sensazione le invase il petto, stringendoglielo come una tenaglia fino a farla sentire come se stesse soffocando.
Dov'era Simone? Perchè non rispondeva al telefono? Perchè sparire in quel modo?
Anzi, era scorretto parlare di sparizione, sarebbe stato molto più opportuno dire "fuga". D'altra parte era quello che era accaduto, no? Il poliziotto se l'era data a gambe senza neanche fornire una spiegazione.
Essendo una donna Viola non potè fare altro che cominciare a riversare la colpa su se stessa, domandandosi se avesse per caso fatto qualcosa di sbagliato, se fosse stata troppo pressante, spaventandolo magari. Forse la soluzione a tutto ciò era molto più semplice di quanto credesse: Simone, da bravo maschio quale era, una volta ottenuta qualche ora di sesso non aveva trovato molto altro in lei da costringerlo a rimanere.
- No, non può essere così. - Bisbigliò a se stessa Viola, trovando inacettabile quel pensiero. Simone non era quel genere di uomo, perlomeno non con lei, doveva quindi esserci una qualche altra motivazione. 
Nervosa la ragazza prese a guardarsi intorno, come se la risposta si trovasse proprio lì vicino. Intercettò con lo sguardo l'album di fotografie che aveva già sfogliato tempo prima, scoprendo la verità sulle origini di Simone e il suo legame con Riccardo.  
Fu naturale per lei afferrarlo e fare ciò che le sembrava essere la cosa giusta.

 
***

- Un altro, per favore. - La mano di Simone spinse piano il bicchiere vuoto in direzione di Daniele. Quest'ultimo, barista del locale, lo osservò poco convinto, mormorando: - Sicuro di non aver già bevuto abbastanza? - 
Si conoscevano, non erano di certo amici, ma avevano più volte scambiato quattro chiacchiere tutte le volte che Simone era venuto in quel bar a rilassarsi dopo il lavoro. 
- No, non sono sicuro. - In genere il poliziotto non avrebbe risposto in maniera così secca, ma quella volta lo fece, complice l'alcol e la serata movimentata appena vissuta. 
Davanti a quel tono scocciato il cameriere non potè fare altro che riempire nuovamente il bicchiere del ragazzo, prima di voltarsi per poter servire un cliente appena arrivato.
 
Sei come tuo fratello. 

Una voce continuava a fargugliargli all'orecchio quelle atroci parole. Aveva cercato di coprirle con l'alcol, ma dopo tutti quei bicchieri ancora non c'era riuscito. Silenzioso fece un ulteriore tentativo, bevendo a grandi sorsi quel liquido amaro che Daniele gli aveva appena versato, ma fallì nuovamente. 
E se Monica e Luigi avessero avuto ragione? E se anche lui fosse stato come suo fratello Riccardo? Lo aveva tanto giudicato, odiato, eppure alla fine Simone si era comportato nella medesima maniera del fratellastro, utilizzando la violenza per zittire chiunque lo avesse contraddetto. Posò lo sguardo sulle proprie mani, le stesse che avevano colpito il patrigno. Forse c'era davvero qualcosa di sbagliato nella sua famiglia, una sorta di virus violento che aveva colpito prima Riccardo e poi lui. E se per caso un giorno Viola l'avesse fatto irritare come avrebbe reagito? Avrebbe colpito anche lei? Certo che no! Simone non avrebbe mai osato, eppure un tempo non avrebbe neanche mai pensato di essere in grado di minacciare Monica o picchiare il proprio patrigno. 
Abbandonò lì quel bicchiere ancora mezzo pieno, prima di correre verso il bagno e sciacquarsi il viso. L'acqua fredda gli ristabilì un minimo di lucidità, quel tanto da poter infilare una mano in tasca ed afferrare quel telefono che per tutta la sera aveva vibrato ad ogni chiamata di Viola. 
Giusto, Viola. Osservando le sue chiamate perse Simone si ritrovò a pensare con amarezza che c'era sempre qualcuno o qualcosa pronto a separarli: dapprima era stato il fantasma di Riccardo a frapporsi tra loro, poi vi era stato quel muro di menzogne e finzioni che lo stesso poliziotto aveva costruito, poi c'era stato Luigi e ora...c'era lui, Simone, a rovinare tutto. Si era rifugiato in quel bar di bassa lega come se un po' di alcol potesse aiutarlo a trovare una soluzione, a trovare un filo logico in quell'ingarbugliata mente che si ritrovava, ma tutto ciò non era bastato. 
Come poteva spiegare a Viola come si sentisse quando nemmeno lui era in grado di capirlo? 

 
***

La prima cosa che notò rientrando in casa furono le fotografie sparse a terra. Simone si chinò di modo da raccoglierne una malamente strappata, in cui ancora si poteva notare metà del viso di Riccardo. Ricordava il momento in cui l'avevano scattata: erano solo due ragazzini, in una piazza di Madrid, città in cui erano andati in occasione di una vacanza estiva. Era buffo quanto l'apparenza potesse mascherare la triste verità, a guardarli sembravano una tranquilla famigliola benestante in vacanza, eppure non erano nulla di tutto ciò, non lo erano mai stati.
Simone non era un tipo nostalgico, per questo non si dispiacque tanto nel vedere quei pezzi di carta strappati, anzi calpestò tutti quei ricordi prima di raggiungere il divano dove Viola se ne stava seduta, illuminata solo da una lampada. Teneva sulle ginocchia quello stupido album, o almeno ciò che ne rimaneva, fingendo di non aver notato l'ingresso del poliziotto, solamento quando quest'ultimo si accomodò al suo fianco si voltò a fissarlo.
- Dov'eri finito? - Aveva un tono stanco, eppure il suo viso appariva deluso, confuso e a tratti arrabbiato. 
Simone non seppe come rispondere, fu per questo che disse ben altro, parlando come se non l'avesse nemmeno sentita: - Ho fatto una cosa di cui mi vergogno. -  
Lo sguardo arrabbiato di Viola evaporò in quell'istante, lasciando spazio a un'espressione attenta. - Sei andato da Luigi. - Non vi fu bisogno che lui rispondesse, bastò il suo viso colpevole a dire tutto. - Ti avevo detto di non fare nulla. - 
- Si, beh indovina Viola... non posso farlo! - Sbottò di colpo Simone, passandosi una mano tra i capelli. - Non posso fingere, non posso sentirmi dire che Luigi ti abbia ferita e fare finta di nulla. Non posso far finta che tu non sia stata picchiata dal mio fratellastro e non posso dimenticare il passato. - 
Viola si sorprese di una tale reazione, ma fu in quel momento che comprese quale grande errore avesse fatto fino a quell'istante: aveva sempre pensato di essere l'unica vittima di quella storia, ma non era così. Non era stata l'unica a perdere qualcosa, anche Simone aveva perso molto, a cominciare dalla propria famiglia, dai propri punti di riferimento, dalla propria normalità, da sè stesso. 
Prese un lungo respiro prima di calmarsi sufficientemente per poter parlare. - Non ti chiedo di fingere o di dimenticare. Tutto questo ci segnerà a vita, ogni volta che ci guarderemo ci ripenseremo ma... non voglio che sia l'unica cosa a cui penseremo. - Si avvicinò ulteriormente a lui. - è per questo che non sei tornato a casa, perchè non volevi dirmi di Luigi? -
Quello fu il momento più difficile per Simone, che fece segno di no. - Non volevo tornare a casa perchè...avrei dovuto dirti quello che ho fatto. Ho colpito il mio patrigno. - 
Viola gli prese le mani tra le proprie, notando solo in quell'istante le sbucciature sulle sue nocche. 
- Non credo di essere migliore di Riccardo, sai? -
Viola scoppiò a ridere, mentre lui si voltò ad osservarla come se fosse pazza.
- C'è qualcosa di divertente? - 
- No, è solo che ... hai detto una cosa stupida. Non c'è nulla di Riccardo in te. -  
- Ho fatto male a qualcuno, forse una cosa in comune l'abbiamo. -
- è vero hai colpito qualcuno, non è un bel gesto però... - Viola cercò le parole adatte. - Gli occhi di Riccardo erano vuoti quella sera, era come se non provasse niente. Ho visto un'unica scintilla nei suoi occhi, ed era cattiveria. - Accarezzò una guancia di Simone, osservandolo diritta negli occhi. - Nei tuoi non c'è traccia di quella scintilla. Non sei una persona malvagia Simone, sei solo una persona che ha perso il controllo per difendere qualcuno che ama. - 
Il poliziotto la guardò attento con i suoi occhi chiari. Le parole di Viola misero a tacere definitivamente le voci che il ragazzo aveva sentito per tutta la sera, quelle che lo accusavano di essere uguale al fratellastro. 
- Sai sempre quale sia la cosa giusta da dire. - 
- Forse se tu la smettessi di darti colpe che non hai ci riusciresti anche tu...anche smettere di scolarsi tutti i bar della zona potrebbe aiutare. - 
Eccola, ancora una volta la solita saccente sarcastica.
- Anche tu sei stata una piccola ubriacona una sera se non sbaglio. - 
Colpita e affondata Viola annuì, ricordando vagamente quella sera e soprattutto il bacio che c'era stato. Di colpo rimase in silenzio, osservandosi attorno per poi domandare confusa: - E ora che facciamo? - 
Simone sorrise e per la prima volta fu lui a sapere come agire. 
- Un'idea ce l'avrei. - 
***

Il fuoco del camino divorò ogni foto, lasciando solo cenere al posto di quei dolorosi ricordi. Mentre il passato veniva dato in pasto alle fiamme, i corpi accaldati di Viola e Simone si muovevano l'uno contro l'altro simultaneamente, fremendo di tanto in tanto per il piacere sempre più vicino. Viola notò che le labbra di Simone sapevano ancora vagamente di alcol, ma non le importò granchè, poichè di lì a poco ogni pensiero perse d'importanza, travolto dall'orgasmo che entrambi provarono gemendo.
Per la seconda volta in quel giorno, Viola si era sentita libera e al sicuro e tali sensazioni non fecero che rafforzarsi poco dopo, quando Simone l'abbracciò, tenendola tra le proprie braccia e osservando silenziosamente insieme a lei il fuoco. Era come se ci fossero solo loro due al mondo, come se non vi fosse mai stato altro. 
- Vieni via con me... - Bisbigliò al suo orecchio il poliziotto. - Dove vuoi, quando vuoi. - 
Viola si voltò ad osservarlo, incontrando il suo sorriso.- Stai parlando sul serio? - 
- Andiamo via per un po', solo io e te. -
Sembrava una pazzia e una pazzia era proprio ciò di cui avevano bisogno. Viola annuì senza alcuna esitazione, ma prima che Simone potesse baciarla lo bloccò, mormorando: - Prima però devo parlare con una persona. - 

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Capitolo 17
*** Incontro ***


Capitolo 16 

- So che non sei d'accordo, ma ho bisogno che tu mi stia vicino in questo momento. -  
Simone, rimasto fino a quel momento in silenzio a fissare il pavimento davanti a sè, si voltò ad osservarla sospirando lievemente. 
- Non riesco a capire che bisogno ci sia di farsi ancora più male. - Proruppe infine, utilizzando un tono cauto mentre la osservava con occhi dubbiosi e preoccupati. 
Viola comprendeva il motivo di tutto quel timore, eppure continuava ad essere sicura che quella fosse la scelta giusta. Anzi forse non c'era nulla di giusto in tutta quella storia, c'erano solo scelte e quella era la sua: far visita a Riccardo.  Non sapeva cosa gli avrebbe detto, non c'erano discorsi pronti per quel tipo di occasioni. Non sapeva nemmeno come avrebbe reagito ritrovandoselo davanti; l'ultima volta che si erano visti, in Tribunale, per poco non le si era fermato il cuore dalla paura. 
Simone aveva ragione a preoccuparsi, quell'incontro avrebbe potuto essere disastroso per Viola, così come avrebbe anche potuto aiutarla a chiudere i conti col passato. Purtroppo non si poteva conoscere l'esito finale in anticipo, bisognava vivere quel doloroso momento e basta.
- Se non lo faccio passerò tutta la vita a domandarmi cosa sarebbe accaduto se invece l'avessi fatto. - 
Quella semplice spiegazione non bastò a mutare l'opinione del ragazzo, che continuò a scuotere la testa e a sospirare. - Se è quello che vuoi, fallo. Ti aiuterò, anche se non sono d'accordo. - Il poliziotto fece una breve pausa. - Però ci dovranno essere minimo due guardie con te quando avverrà e se dovesse servire entrerò anche io. - 
Era evidente che Simone stesse faticando parecchio a darle il suo appoggio, ma glielo doveva, dopotutto erano una coppia ormai, no?
La ragazza gli lasciò un bacio lieve sulle labbra, bisbigliando poi un sincero 'grazie'.

***

Simone provò a convincerla a desistere fino all'ultimo. - Sei sicura? Basta una parola e ce ne andiamo, non è necessario che tu lo faccia. - 
Per Viola fu impossibile non sorridere davanti alla tenacia del ragazzo. - Ci vorrà poco. - 
Non era mai stata in un carcere e non desiderava rimanervi a lungo, inoltre dubitava che lei e Riccardo avrebbero fatto una lunga chiacchierata sui bei tempi andati, per questo era certa che l'incontro sarebbe durato qualche minuto al massimo.
- Ho chiesto un favore al direttore della struttura. - La informò poco dopo il poliziotto. - Oltre quella porta c'è la sala per i colloqui coi detenuti, ci sarà solo lui insieme a una guardia. Tu entrerai con Michele... - Indicò un uomo di colore in uniforme che le sorrise gentile. - Se fa lo stronzo con te ci penseranno loro a rimetterlo a posto. Subito dopo di me ovviamente. - 
Viola scosse la testa, quando comprese che Simone sarebbe entrato alla prima occasione, 'rovinando' quel colloquio che spettava a lei affrontare. - Non voglio che tu entri. -
Quelle parole lo ferirono terribilmente, si sentì come se lei lo stesse rifiutando. 
- Non puoi chiedermelo. - Toccava a lui proteggerla, l'aveva promesso. L'avrebbe fatto anche in quell'occasione, difendendola dalle parole crudeli che di sicuro Riccardo le avrebbe rivolto. 
- Ti prego. - Viola gli prese una mano, fissandolo con quel visetto implorante davanti al quale Simone si sciolse. 
- Chiudi la porta, così non rischierò di sentire e di perdere la pazienza. - 
Se fossero stati nel luogo adatto, Viola lo avrebbe baciato per poi gridargli 'ti amo'. Nessuno aveva mai fatto tutto ciò per lei, nessuno era come Simone. 
- Fidati di me, andrà tutto bene. - 
Non era vero, nemmeno lei sapeva come sarebbe potuto finire quel colloquio. 
Si avvicinò lenta all'ingresso della sala. Tutto ciò che la separava dal suo mostro era una sottile porta. Sfiorò la maniglia con i polpastrelli, respirando piano. Michele fu così gentile da rimanere in silenzio senza metterle fretta, per poi affiancarla immediatamente quando lei finalmente spalancò le porte al passato.

 
***

Non appena gli occhi scuri di Riccardo la videro, su di essi calò un velo di sorpresa. Il ragazzo dovette sbattere più volte le palpebre, come se credesse di star avendo una sorta di miraggio.
Quand'era stato prelevato dalla propria cella per una visita inaspettata di certo non credeva che si sarebbe trattato proprio di lei. Viola era più coraggiosa di quanto pensasse. Non aprì bocca, si limitò a scrutarla, in attesa che il momento opportuno per poter parlare arrivasse.
Anche Viola si prese qualche attimo per poterlo scrutare silenziosamente. 
Dal loro ultimo incontro in Tribunale non era passato molto tempo, eppure Viola lo trovò piuttosto cambiato. Era abituata a vederlo in tutt'altra veste, era sempre stato impeccabile, ben vestito, coi capelli ordinati e il viso liscio. Invece in quel momento Riccardo appariva tutt'altra persona, con la chioma nera e riccioluta scompigliata, la barba leggermente incolta e il viso magro e stanco del solito. 
Quel silenzio venne inaspettatamente spezzato. - Viola, sapevo saresti venuta, prima o poi. -  Sfoderò un sorriso beffardo, mentre con le mani ammanettate indicava la sedia posta dall'altra parte del tavolo a cui sedeva. - Accomodati. Ti offrirei caffè e biscotti ma il servizio in camera non è previsto in carcere. - Perlomeno non aveva perso il senso dell'umorismo.
Viola tentennò per qualche istante, poco convinta di volersi accomodare così vicina a lui. Gettò un'occhiata a Michele, posto al fianco della seconda guardia presente nella stanza. Era al sicuro, non c'era nulla da temere ma...la precauzione non è mai troppa: Viola decise di afferrare la sedia e allontanarla di circa un metro dal tavolo. Solo a quel punto, abbastanza distanziata da lui, decise di sedersi. 
- Hai paura di me. - Quella non era una domanda, eppure Viola scosse la testa ugualmente.
- Non ho paura. Sei in manette e ci sono due guardie qui con noi, anche volendo non potresti nemmeno sfiorarmi. - 
Riccardo si comportò come se non l'avesse sentita. - So perchè sei qui. - 
Ah sì, lo sapeva? Viola incrociò le braccia al petto, improvvisamente curiosa di ascoltarlo.
- Vuoi sapere  perchè ti ho fatto tutto ciò, vuoi sapere se sono un pazzo o un uomo malvagio. Sei sempre stata una tipa molto razionale, sempre alla ricerca di una spiegazione logica per tutto. -
La ragazza continuò a rimanere in silenzio, senza però abbassare lo sguardo.
- Ho ripensato spesso a quella notte. Mi sono sentito in colpa, non hai idea di quanto io mi sia disperato, punendo addirittura me stesso. Ho pensato di togliermi la vita, talmente il senso di vergogna mi tormentava. - Per un attimo i suoi occhi divennero lucidi, come se un minimo di umanità avesse fatto breccia nel suo cuore. - Ho pensato che se avessi potuto riportare indietro le lancette dell'orologio non ti avrei mai fatto del male. Ho capito di aver sbagliato, di essere un mostro. - 
Il suo sguardo si abbassò, mentre con aria pentita mormorava quelle parole. Prese a fissare le proprie mani come se le vedesse per la prima volta. Viola fu certa che in quel momento stessero pensando la stessa cosa: 'Si, queste sono le mani di un assassino'. Non aveva idea di quanto si stesse sbagliando. 
Riccardo riprese a parlare. - Poi però al processo ho capito... -
Vola corrugò la fronte con una smorfia confusa. - Cosa hai capito? -
- Ho capito di aver fatto bene. - Sentenziò con tono duro, mentre tornava a guardarla diritto negli occhi. - Mi hai tradito, avevo ragione io. - Era realmente convinto delle proprie parole, credeva davvero di essere dalla parte della ragione.  - Fammi indovinare... ora ti scopi mio fratello? - 
Il viso di Viola si tinse di rosso dinnanzi a quell'inaspettata domanda. 
- Vi ho visti in Tribunale. - Le spiegò. - è proprio tipico di te... aprire le gambe ad ogni occasione. - 
Vi fu un momento di silenzio, fino a quando...

- FIGLIO DI PUTTANA! - 
Viola si voltò di scatto, non essendosi nemmeno accorta dell'ingresso di Simone, che come una furia si scagliò su Riccardo, o almeno ci provò. Le due guardie intervennero prontamente, bloccandolo a pochi metri di distanza.
La ragazza si alzò di scatto osservando sgomenta la scena, mentre nella stanza si diffondevano le inquietanti risate di Riccardo.
Quest'ultimo, approfittando del momento di distrazione delle guardie, si avvicinò pericolosamente a Viola, abbastanza da sussurrarle all'orecchio: - Sei proprio sicura che sia meglio di me? - 
Quando Viola si voltò verso di lui tutto ciò che vide fu il suo ghigno malefico, soddisfatto di cosa stesse accadendo lì dentro. 

Simone sbraitava mentre Michele lo teneva fermo. 
La seconda guardia rendosi conto della vicinanza di Riccardo si mosse verso di lui. 
Riccardo rideva come un folle. 

Viola strinse i pugni e senza rendersene conto colpì Riccardo con una forza tale che sentì il polso scricchiolarle. Finalmente gli tolse quel cazzo di ghigno dalla faccia.
- Tu... - La ragazza tremava, sentendo l'adrenalina scorrerle nelle vene.  - Non sono venuta qui per domandarti il perchè, quello lo so già. Lo hai fatto perchè sei malvagio e sei anche un fallito, avevi bisogno di sentirti forte. Sono qui per dimostrarti che non sei forte per niente, sei solo un essere minuscolo. - Prese un lungo respiro. - Sì, sono sicura che Simone sia diverso da te. Lui è un uomo vero, a differenza tua. - 
Riccardo tentò di ostentare una finta calma, ma ben presto perse il controllo, proprio com'era accaduto in Tribunale. Fortunatamente la guardia lo afferrò con forza, strattonandolo nel tentativo di farlo calmare.
- Non sarete mai felici! Ogni volta ci sarò io tra di voi! - Quella sorta di maledizione fuoriuscì dalle labbra di Riccardo, trattenuto anche da Michele che aveva appena lasciato andare Simone per aiutare il collega.
Viola non rispose a quella provocazione, si limitò a dare le spalle al suo ex fidanzato. Quell'essere ignorato fece perdere ulteriormente la testa a quest'ultimo, che paonazzo in viso continuò a imprecare furibondo. 
Simone imitò l'esempio di Viola e gli rivolse a malapena un'occhiata, prima di uscire insieme alla ragazza, afferrandole la mano e stringendogliela. 


Angolo autrice
Dai stavolta non mi sono fatta attendere troppo. 
Credo proprio che entro due capitoli la storia si concluderà, spero vi sia piaciuta ;)
 

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Capitolo 18
*** Epilogo ***


Epilogo 

- Ti fa male? - 
Era l'ennesima volta che Simone faceva quella domanda e per l'ennesima volta Viola rispose con un secco no. Aveva sentito dolore al polso per poco tempo, in seguito al colpo dato a Riccardo in prigione, ma ormai era passato, non c'era quindi bisogno che il poliziotto continuasse a preoccuparsi. 
- Sto bene, ma le valigie le porterai ugualmente tu. - 
Sì, erano in partenza. Subito dopo la visita a Riccardo non avevano più parlato del passato, al contrario la prima domanda che Simone le aveva posto usciti dal carcere era stata: 'Allora, quando vuoi partire?'. Non avevano perso tempo, il ragazzo si era preoccupato di prenotare un volo dalla misteriosa destinazione il giorno stesso. 
Elisa, pur essendo rimasta sorpresa da quella decisione, non aveva detto nulla in proposito, limitandosi ad invitarli per un saluto prima della partenza. 
- Quanto starete via? - 
Dinnanzi a quella lecita domanda i due ragazzi si rivolsero un'occhiata complice, sollevando le spalle e rispondendo all'unisono 'non si sa': non avevano acquistato nessun biglietto di ritorno!
Inevitabilmente Elisa assunse un'aria confusa, non essendo certa di approvare quella folle scelta ma anche in quel caso non commentò. - Beh allora fate buon viaggio! - 
Salutò affettuosamente entrambi, dando a ciascuno un abbraccio, per poi osservarli mentre insieme si avviavano verso l'uscita. Nel guardarli allontanarsi mano per la mano Elisa pensò che quei due fossero perfetti insieme, un po' folli e complicati, ma perfetti proprio per quello. 
***

Le coincidenze sono una delle cose più buffe della nostra vita, a volte sembrano capitare al momento giusto e altre invece... sarebbe stato meglio se non fossero mai capitate. Come in quel caso, quando mentre i due uscivano di casa, Monica si accingeva a bussare alla porta. Inutile dire che la reazione dei tre nel ritrovarsi faccia a faccia non fu piacevole: Simone si irrigidì, Monica abbassò lo sguardo e Viola la fulminò con un'occhiata. 
- Scusate io non immaginavo di incontrarvi. - Si giustificò imbarazzata la designer, venuta fin lì con il solo scopo di riscuotere il compenso per i lavori fatti in casa.
Viola roteò gli occhi al cielo. - Davvero? Non ti aspettavi di incontrarci a casa di Elisa? - Le fu impossibile non risponderle con quel tono astioso. Con quale faccia tosta quella stronza osava venire fin lì? 
Monica sapeva di essere nel torto, per questo decise di rimanere in silenzio lasciando che le occhiatacce di Viola la investissero. Quest'ultima fu ancora più infastidita da tale atteggiamento, per questo si preparò ad aprir bocca nuovamente, prima che Simone la bloccasse.
- Mi aspetteresti in macchina? - Domandò difatti il ragazzo, ricevendo in risposta una chiara occhiata attonita da entrambe le donne. Viola avrebbe tanto voluto chiedergli cosa gli passasse per la testa, ma alla fine preferì sospirare e avviarsi verso l'auto, non prima di dire: - Fai in fretta, l'aereo non ci aspetta.  - 
Monica attese di rimanere sola con Simone prima di parlare. 
- Siete in partenza? - 
- Sì, un piccolo viaggio. - 
- Che strano, hai sempre detto di essere troppo impegnato col lavoro per viaggiare con me. - 
Quell'accusa lasciò spiazzato Simone: si aspettava delle scuse, non delle accuse.
- è proprio un clichè non è vero? - Domandò improvvisamente la donna, mentre con uno strano sguardo malinconico scrutava Viola in lontananza.
- Cosa? -
- La nostra situazione. Io che mi affeziono al playboy che alla fine mi spezza il cuore andandosene con un'altra. - 
Simone non seppe bene che rispondere. Durante la frequentazione con Monica non si era mai considerato un playboy, ma neanche un ragazzo impegnato. Non aveva colpe, non l'aveva mai presa in giro, eppure al tempo stesso era dispiaciuto per quanto era accaduto tra di loro.
- Sono stato chiaro con te Monica, fin dall'inizio io te l'avevo detto che ... -
- No tu mi hai detto di non volerti innamorare. La verità era che non volevi innamorarti di me. - Non lo disse con tono astioso, per quanto in realtà provasse una forte rabbia nei confronti del ragazzo. 
- Tu non hai nulla meno di Viola, sei fantastica davvero ma... credo che dovesse andare così e basta. -
Certo, una tipica frase da maschio. Doveva andare così. 
- So bene di non avere niente in meno di lei! - Esclamò d'un tratto lei, mostrando solita presunzione che da sempre l'aveva contraddistinta. - Sei sempre stato tu il problema. Se tu l'avessi voluto forse ci sarei io in quella macchina. - 
Wow, dinnanzi a quelle frasi la reazione di Simone fu ridere e scuotere il capo. - è incredibile, pensavo che parlarti sarebbe stata l'occasione per chiarire, ma ... sei proprio fatta così, sei così egocentrica, non c'è nulla da fare. - Non c'era più nessun motivo per fermarsi a "parlare" con lei, pertanto il poliziotto la superò, diretto all'auto. 
- Simone. - 
Con aria scocciata l'uomo si voltò verso Monica, la quale dopo qualche istante di silenzio mormorò: - Ti chiedo scusa. - Pensava si stesse scusando per aver spifferato la verità a Viola, ma così non era. Monica, dal suo punto di visto, pensava ancora di aver fatto la cosa giusta a quel riguardo. - Mi spiace di averti paragonato a Riccardo, tu non sei come lui. -
Per quanto poco gli importasse dell'opinione di Monica, quelle parole lo rasserenarono, come se avesse bisogno di una tale rassicurazione. Fece un breve cenno col capo, a mo' di saluto, consapevole del fatto che quella sarebbe stata l'ultima volta in cui si sarebbero visti.

 
***

Fu solamente una volta giunti in aeroporto che Viola comprese quale sarebbe stata la loro destinazione. 
Simone aveva mantenuto il segreto fino all'ultimo, affermando di volerle fare una sorpresa.
- Hawaii?! - Viola era sconvolta, dalla gioia ovviamente. - Mi hai regalato una vacanza alle Hawaii? Tu sei pazzo! Non potrò mai sdebitarmi. - 
Ovviamente la reazione di Simone fu quella di ridacchiare, mentre la afferrava per la vita. - Sono sicura che troverai molti modi fantasiosi per ripagarmi. - Scherzò facendole un occhiolino, prima di rubarle un fugace bacio. 
Anche Viola ridacchiò, per poi lasciarsi sfuggire un leggero: - Ti amo. -
Forse non era il momento più romantico per dirglielo, d'altra parte erano nel bel mezzo di un affolato aeroporto chiassoso, ma ad entrambi importò ben poco del luogo. 
- Anche io ti amo. - Si osservarono per qualche istante, sorridendo e guardandosi come solo due persone innamorate sanno fare. - Ora basta, stiamo diventando troppo smielati. Forza, andiamo. -
Viola rise nuovamente, mentre afferrava il proprio bagaglio a mano pronta ad imbarcarsi. Mentre camminava non potè fare a meno di pensare a quanto la sua vita fosse cambiata in così poco tempo. Aveva conosciuto il dolore, la rabbia, la paura, ma anche la felicità, il coraggio e ... l'amore, con una persona per cui mai avrebbe immaginato di provarlo! 
Seduta sul proprio sedile si ritrovò ad osservare fuori dal finestrino, mentre l'aereo decollava e la terra sotto di loro si allontanava sempre di più. 
A Viola non erano mai piaciute tutte quelle situazioni in cui si perde il controllo ed essere su un aereo in volo di certo rientrava in quella categoria. Eppure a Viola piacque! Adorò non avere in mano le redini della situazione, in quel momento si sentì forte, ma questo non dipendeva solo da lei: era anche merito della persona che al suo fianco le stringeva la mano. Forse sarebbe finita prima o poi, o forse no, fatto sta che Simone sarebbe rimasto per sempre l'uomo che le aveva ridato la voglia di vivere e il coraggio per farlo. 

FINE.


Angolo autrice 
E così termina la storia! Spero vi sia piaciuta e di avervi lasciato qualche emozione. Non avevo mai scritto una storia su una tematica importante come quella della violenza sulle donne, quindi spero di aver reso correttamente ogni pensiero e riflessione di Viola senza cadere nel banale, soprattutto spero di non aver offeso o urtato la sensibilità di nessuno (anche se c'è da dire che le scene di violenza sono praticamente inesistenti nella storia, c'è solo qualche rimando quindi non credo di aver 'spaventato' nessuno con alcuna scena di crudeltà). Complessivamente sono soddisfatta della storia, anche se sinceramente credevo sarebbe venuta meglio, specie il finale di cui ovviamente non sono convinta (ma io non sono convinta mai di nessun finale quindi è normale che io dica così), purtroppo negli ultimi capitoli devo ammettere di aver perso la passione iniziale e credo che si sia notato dal momento che ho aggiornato in maniera per nulla tempestiva. Ripeto però che complessivamente credo che sia venuta fuori una bella storiella originale con dei protagonisti meravigliosi a cui mi sono affezionata *.*
Passiamo alla parte dei ringraziamenti!
Vorrei ringraziare in particolare Claddaghring8, Luna5 e youbetterkissme, che hanno commentato la maggior parte dei capitoli facendomi anche notare eventuali sviste e via dicendo <3 Ringrazio anche tutti gli altri che hanno dedicato una parte del loro tempo per lasciare qualche recensione, come Crudelia_02, iker, sefora1996 (spero di aver scritto correttamente ogni nome e di aver nominato tutti). Grazie anche a chi ha seguito il racconto o l'ha inserito tra i preferiti! 
C'è chi in una recensione si è domandato se avessi in mente un continuo e devo dire che onestamente non credo ce ne sarà uno. Diciamo che ci sto riflettendo, al momento ho altre storie per la testa da pubblicare, quindi se dovesse esserci un seguito (ma non credo) sarà tra un po' di tempo. 
Ad ogni modo, grazie ancora e a presto!
 

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