Cronache del Primo Quadrante - L'impero Quyil'ish

di MinervaDrago
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una Lettera ***
Capitolo 2: *** Prologo ***
Capitolo 3: *** Capitolo I ***
Capitolo 4: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Una Lettera ***


UNA LETTERA
 

 

“Esistono tanti mondi in questo universo,

così tanti che non riesco ancora a credere

come il destino ci abbia uniti in un solo cammino.

Anche se proveniamo da mondi diversi,

milioni di stelle non potranno mai dividerci.”

 

-Testo Originale-

 

“Xatu Th'avi gevia na je ish'at,

Ka th'avi ka na hai besh'tu-ta

Ha nish jaritu-tas ylo th'ati.

Na jutu-tas harish gevia,

Th'avi rovias ma niru-tas”

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Capitolo 2
*** Prologo ***


PROLOGO

 

-Gli ultimi segnali del Quantus-

 

 

Il tramonto di Pacific Bay mi ha sempre affascinato: qui su Criphos IV, quando il sole tocca l'unico grande strato di oceano superficiale, quest'ultimo si trasforma in un pavimento di luce, fondendosi in un unico corpo attraverso un sottilissimo punto di congiunzione.
A questo punto è difficile capire dove inizia il mare o dove finisce il cielo e guardandolo si può provare la sensazione di assistere a qualcosa di paradossale. Ecco, era così che mi sentivo in quel momento;
al mio risveglio, non riuscendo a distinguere l'orizzonte, trovai miracolosamente la forza per rialzarmi da terra e cercare di capire se non fossi ancora per aria o non fossi già atterrato.
Poichè la testa mi girava ancora molto, le mie mani, tastando la terra quasi per inerzia, riconobbero la sabbia soffice e calda della spiaggia dandomi la risposta. 
Mi rannicchiai su me stesso e levai il casco di protezione dalla testa, liberando la mia folta chioma e respirando l'aria salmastra e pesante. Quando ripresi del tutto i sensi, alzai lo sguardo in cielo e iniziai a fare i calcoli: a occhio e croce dovevo aver affrontato un volo di cinquanta metri circa e se non fosse stato per lo scudo di particelle, che ho direzionato e aperto in direzione della spiaggia a circa trenta metri di distanza da essa, sì, avrei potuto lasciarci le penne. Fortunatamente il mio amore per la fisica mi aveva salvato ancora una volta, ma diciamo che il merito va anche alla fortuna, una costante che mi assiste sempre. Quando sono scivolato sullo scudo dovevo essere finito in acqua – in effetti la tuta interna era tutta bagnata – e trascinato a riva. L'unica cosa che non riuscivo ancora a capire era come diamine fossi arrivato fin là, a circa cinque metri dal bagnasciuga. Poichè in quel momento non avevo né le forze né la voglia di capirlo, accesi l'auricolare radiotrasmettitore per mettermi in contatto con la base.
Non so quanto tempo sia passato dallo schianto, ma non avendo ancora ricevuto segnali di soccorso potrebbe non essere passato molto, a meno che il mio segnale non si fosse completamente annullato a contatto con le acque di Criphos e mi avessero dato per disperso.
Mentre sistemavo la frequenza radio e aspettavo di ricevere un qualche feedback dalla base, controllai l'orario sullo schermo visore del casco, giusto per farmi un'idea e realizzai che fossero già le sette e mezza del pomeriggio – l'orologio dello schermo indica le ore terrestri, ma facendomi i calcoli, sapendo che un giorno su Criphos IV dura due ore in meno della Terra, sono arrivato a questa conclusione. Istintivamente mi voltai a guardare il sole che stava per essere inghiottito dal mare e mi ricordai che lo scontro avvenuto prima si era svolto quando il sole si trovava a circa trenta gradi dal mio attuale Azimut, quindi realizzai che dovevano essere passate due ore circa o qualcosa del genere dal mio impatto con lo scudo; se non si era capito, sono ossessionato dal tempo, ho sempre avuto l'irrazionale bisogno di sapere che ore sono, ma credo sia normale per tutti, specialmente quando si viaggia da un pianeta all'altro: bisogna pur sapersi regolare con i tempi in questi casi.
Dopo qualche minuto di attesa, la radio smise di fare le bizze e riconobbi la voce di una degli assistenti che provava a mettersi in contatto con me. Il segnale purtroppo non arrivava chiaramente e la voce dell'assistente si sentiva a scatti.
-Continua a parlare- le chiesi mentre mi spostavo verso il porto, dove il segnale sarebbe dovuto migliorare. Avvicinandomi a quel luogo notai che era stato fatto evaquare come previsto: intorno a me vi erano delle piccole imbarcazioni abbandonate, alcune erano riverse e coperte da grossi strati di sabbia grigia che era stata trasportata dal vento funesto di quei giorni.
-Riesci a sentirmi?- la flebile voce dell'assistente divenne sempre più chiara una volta raggiunto il molo -dove ti trovi adesso? Stai bene?-
-Sì, sono ancora tutto intero, credo. Ho effettuato un'atterraggio d'emergenza e al momento mi trovo al porto centrale-
-Sei ferito? Abbiamo perso il tuo segnale tre ore fa, dopo il tuo ultimo rapporto-
-Oh...- In quel momento mi tornò in mente tutto ciò che era accaduto prima:
riuscito ad infiltrarmi su un cargo nemico Quyil-Ish insieme ai miei compagni, sono stato pedinato da una sentinella che mi aveva attaccato non appena raggiunsi la stiva, danneggiando il ricetrasmettitore e i propulsori sulla schiena. Sono riuscito a tenerlo a bada per un po', nonostante fossero stati chiamati i rinforzi, fino a quando i miei compagni non arrivarono a coprirmi le spalle. A quel punto mi fiondai fino alla cabina di controllo della stiva e compì un folle gesto, l'unico che in quel momento mi pareva la sola soluzione per recuperare: aprì il portello della stiva facendo volare via tutto e tutti. Fortunatamente ero coperto da unità volanti che riuscirono a ristabilizzarsi in volo con i propri propulsori, in quanto a me, unità tank senza più propulsori, mi dovetti aggrappare forte alla cabina per non volare via. Un soldato nemico, che era riuscito a salvarsi aggrappandosi alla scaletta che portava alla cabina, mi raggiunse e mi spinse via con lui, fuori dal cargo che, come previsto, iniziava ad espellere il materiale che dovevamo requisire affinchè non raggiungessero le flotte nemiche per rifornirle. Ci siamo presi a botte per aria, poi, a parte quel geniale istinto di sopravvivenza con lo scudo di particelle, non ricordo più nulla – probabilmente devo averne prese tante. Il piano in realtà era diverso: divisi in due squadre, una avrebbe dovuto prendere il controllo del cargo, l'altra si sarebbe occupata della stiva. Considerando che l'obbiettivo della missione era quello di non far arrivare la merce a destinazione, sebbene l'abbia fatta disperdere tutta, non penso di aver rovinato nulla in fondo.
Mentre l'assistente cercava di localizzarmi, una fitta dolorosissima al petto mi ricordò la ferità che il soldato Quyil-ish mi aveva inferto con la propria lama di particelle mentre cadevamo giù dal cargo. Lo sguardo cadde subito su di essa: il pettorale dell'armatura era stato perforato da un grosso taglio che si estendeva su tutto il petto, bruciando la pelle a contatto col tessuto della tuta che indossavo sotto. Poiché fino a quel momento mi sentivo ancora frastornato, non ci avevo fatto minimamente caso. Osservandola meglio mi accorsi di non aver perso molto sangue e soprattutto non era in brutte condizioni, forse perché l'acqua del mare l'aveva disinfettata e inconsciamente, una volta raggiunta la riva con le ultime forze che avevo in corpo, dovevo essermi trascinato via dal bagnasciuga rimanendo consapevole di dover rimanere a pancia in su per evitare il contatto con la sabbia. 
-È un problema se mi sono accorto adesso di essere ferito?- l'assistente rimase in silenzio per qualche secondo.
-Che vuoi dire?-
-Non è grave, ma ho paura che si infetti con tutta questa sabbia-
-Non preoccuparti, stanno arrivando i soccorsi-
-Come procede la missione?- ancora una volta percepì come un attimo di esitazione da parte dell'assistente.
-Il Cargo è stato fermato, ma non è quello il problema-
-Che vuoi dire? È successo qualcosa ai ragazzi? Avete perso anche i loro contatti?-
-Il Cargo è esploso qualche attimo prima che una nostra flotta lo raggiungesse-
Rimasi immobile mentre delle unità di soccorso si avvicinavano su una navetta che apparve all'orizzonte, quando il pavimento di luce si spense non appena il sole ne fu completamente inghiottito.
Mi ero salvato per puro caso.
-C'erano ancora nostre unità dentro?-
-Ethan, oggi abbiamo perso molte delle nostre unità in battaglia, persino il Quantus ha smesso di inviarci segnali-
-Che cosa?!- caddi con le ginocchia a terra, completamente incredulo. Tutti coloro che erano rimasti dentro il cargo erano scomparsi, persino i miei compagni che pilotavano il Quantus non c'erano più.
-Pare che il Quantus abbia aperto un Wormhole senza autorizzazione ed è scomparso nel nulla-
-Da quanto tempo è scomparso?-
-In realtà da molto prima che perdessimo i vostri contatti. Immagina com'eravamo agitati qui al quartier generale con tutte queste disgrazie una dopo l'altra! Se non fosse stato per Zoran che ti ha visto cadere dal Cargo e portato in salvo, non avremmo mai saputo che tu fossi ancora vivo-
Ecco cosa, anzi chi, mi aveva portato fino in spiaggia, altro che istinto di sopravvivenza!
Da un lato il mio cuore si era rasserenato al fatto che almeno il mio vecchio volpone di Zoran si fosse salvato, ma dall'altro ero ancora angosciato. Due pattuglie erano scomparse nel nulla, senza lasciare alcuna traccia, ma il peggio doveva ancora venire: quelle non erano le uniche vittime destinate a lasciare questo Quadrante.

 

 

 

***Glossario***

 

Criphos IV: piccolo pianeta del Primo Quadrante, appartenente al sistema solare “Omicron-Keplero”, è un pianeta oceanico, ma solo il 20% delle proprie acque si possono trovare sullo strato superficiale e sono visibili dallo spazio, la quantità restante si trova sotto lo strato di crosta terrestre.

 

Impero Quyil-Ish: Con il termine “Impero Quyl-Ish” si fa riferimento a due sistemi solari del Secondo Quadrante che sono stati uniti politicamente dall'Imperatore del pianeta Quyil-Isha, che comprende il pianeta Kathara e Quyil-Ygon. L'Impero si trova ai margini della nostra galassia, ma si colloca esattamente ai confini con il Primo Quadrante, a poche unità astronomiche dal sistema Omicron-Keplero.

 

Unità volante: Soldato specializzato in esplorazioni spaziali e combattimenti a distanza per aria del Fronte di Difesa Intergalattico.

 

Unità Tank: Soldato specializzato nei combattimenti corpo a corpo, detta anche “Unità di terra”, anch'esso appartenente al Fronte di Difesa Intergalattico.

 

Quantus: Una delle più grandi navi di esplorazione mai inventate su tutto il Primo Quadrante, gode di incredibili sistemi di difesa all'avanguardia e, insieme ad altre tre navi, costituisce la mitica flotta del “Galactus”.


--Note dell'autrice--
Scrivere una Science Fiction dal nulla è praticamente impossibile: mi ci sono voluti almeno due mesi per elaborare una trama e un intero universo nella quale  si muovono i personaggi, ma alla fine sono rimasta soddisfatta del risultato. Come avete potuto notare sono stata talmente folle da inventare un linguaggio alieno pur di rendere l'idea d iquanto complesso sia questo mondo - ma bando alle ciance - spero che questo prologo vi abbia incuriositi, se ci sono punti confusionari e\o bestemmie grammaticali, vi prego di farmelo sapere.
Grazie ancora per l'attenzione, spero di rivedervi al prossimo capitolo.
Th'ali-jas, terrestri!

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Capitolo 3
*** Capitolo I ***


Capitolo I

-Verso il pianeta rosso-

 

 

Ogni anno, all'Accademia Spaziale di Ganea, sul sistema solare Omega-Keplero, vengono indette le prove finali per tutti gli aspiranti soldati del Fronte di Difesa Intergalattico:

Tutti i giovani studenti, in base alla propria specializzazione, devono affrontare degli esami che ne metteranno alla prova l'efficienza e la potenzialità. In base ai risultati avranno la possibilità di scegliere la propria collocazione su uno dei quattro quadranti della galassia e a quale gruppo appartenere.

Il Pentagono, la commissione d'esame formata da cinque importanti membri del Fronte, mi scelse, per la terza volta consecutiva, come responsabile del gruppo terrestre: in altre parole il mio compito consisterebbe nel recare supporto ai candidati e salvargli la pellaccia qualora combinassero qualche guaio durante l'esame.

Nonostante l'abbondante numero di giovani terrestri arrivati alla specialistica - ai miei tempi era già un miracolo raggiungere le dieci unità- solamente quattro ragazzi su venticinque vennero autorizzati a sostenere la prova finale.

Una volta schedati e consegnatogli tutto il necessario per affrontare le tre prove, gli studenti dovevano abbandonare l'Accademia che li ha ospitati per cinque anni e recarsi su una navicella che li avrebbe portati sul pianeta scelto come luogo d'esame.

Come da tradizione, l'ubicazione dell'esame venne svelata il giorno stesso della partenza, dopo la raccolta di tutti gli studenti nella cabina di comando, una volta lasciata Ganea: Marte.

Quando il Pentagono lo annunciò, io e i miei studenti restammo a bocca aperta: era la prima volta che l'esame si sarebbe tenuto sul nostro sistema solare. Anche gli altri studenti con i rispettivi responsabili rimasero di stucco, in effetti era anche la prima volta in assoluto che il Terzo Quadrante ospitava un evento di tale portata. In cabina si era creato un tale brusio che uno dei cinque membri del Pentagono dovette richiamare gli studenti per farli tacere.

Non appena la quiete tornò nell'abitacolo e i rumori dei motori furono gli unici udibili, un esaminatore si fece avanti: era un Gam'daariano alto circa due metri, vestiva l'alta uniforme e teneva tra le tre dita lunghe e affusolate un vecchio proiettore olografico, il cui aspetto ricordava quello di un libro sulla cui copertina vi era riportato il simbolo del Fronte. La sua pelle era grigio-verde per via dell'età e i suoi occhi erano già diventati gialli, aveva anche qualche ruga sulle labbra e sul lunghissimo collo. Notai inoltre un distintivo sulla sua uniforme, coperta da una tipica toga Gamd'aariana, che ne indicava il settore di provenienza.

«In quanto Vertice massimo del Pentagono, mi sembra doveroso dovervi delle spiegazioni, ma lasciate prima che mi presenti: Il mio nome è Sag'has, sono il responsabile del gruppo di vigilanza interno di Gam'dari e questo è per me il terzo anno consecutivo come membro del Pentagono, non come Vertice s'intende» Nonostante fosse Gam'daariano, l'esaminatore si esprimeva in Roviano, cosa che probabilmente confuse i ragazzi, abituati com'erano a parlarsi in Gamd'hari tra loro e con i professori. Il vertice Sag'has doveva essersene accorto, in effetti si concesse un sorriso prima di spiegarne il perché.

«Come ben sapete, sono due le lingue ufficiali della nostra alleanza galattica, ma una volta entrati a far parte del Fronte di Difesa dovrete formalmente esprimervi in Roviano, come previsto da regolamento. Proprio per questo motivo, in via del tutto eccezionale, abbiamo deciso di abilitare le comunicazioni e le richieste di soccorso con questa navetta durante le prove su Marte, ma le accetteremo soltanto se espresse in Roviano»

Una buona metà degli studenti iniziò a guardarsi preoccupata e a bisbigliare tra loro per il nervoso. Come non biasimarli, nonostante la semplicità della grammatica, foneticamente parlando è una lingua difficile; personalmente, per imparare a scrivere e a leggerlo, mi ci sono voluti anni e un Roviano in squadra che si esprimeva solo ed esclusivamente nella sua lingua.

«Fatta questa premessa» riprese l'esaminatore «Torniamo al luogo della vostra prova: come ben sapete, la nostra galassia sta vivendo tempi difficili e ciò ha influenzato persino i regolamenti e le modalità previste nei vostri esami a causa dello stato di allarme. Per questo motivo abbiamo deciso di spostare la vostra prova finale su un quadrante relativamente tranquillo, al fine di garantirvi l'incolumità, inoltre è bene che iniziate ad acquisire una visione più ampia e chiara delle cose: il Fronte non esiste soltanto al Primo e al Secondo Quadrante, nonostante i maggiori eventi si stiano svolgendo in quello spazio, vi ricordo che la Galassia ne è composta da almeno quattro e bisogna difenderli tutti»

Il Gam'daariano aprì il proiettore olografico e lo accese, mostrando all'intero equipaggio la mappa del Terzo Quadrante, per poi ingrandire la visuale sul nostro sistema solare e infine su Marte.

«Marte è un pianeta desertico, i Terrestri lo usano come base scientifica di osservazione astronomica, inoltre è sede dell'ambasciata interplanetaria di Gam'dari su questo sistema solare. A causa delle condizioni sfavorevoli degli ultimi giorni, aspetteremo un feedback positivo da parte delle autorità Terrestri su Marte, prima che possiate iniziare la vostra missione. Dunque...ci sono domande?» L'esaminatore guardò i candidati ad uno ad uno, fino a quando uno dei miei studenti non alzò coraggiosamente la mano dopo aver esitato per un po'.

«In cosa consisteranno le prove?»

Il Vertice Sag'has sgranò gli occhi e si grattò il mento rugoso «Oh, certo, che sbadato, ho saltato la parte più importante» passando due dita sulla mappa olografica di Marte, il Gam'daariano ingrandì una zona ben precisa del pianeta che si trovava a poche miglia dalla base centrale di osservazione.

«In realtà le direttive per le tre prove vengono date durante l'esame stesso, quindi, sebbene la vostra sia una domanda lecita è alquanto fuori luogo» Il ragazzo arrossì suscitando l'ilarità tra tutti i candidati - era una cosa risaputa, probabilmente l'emozione gli aveva giocato un brutto scherzo.

«Tuttavia mi avete ricordato una cosa di fondamentale importanza e non posso che esservene grato: come decretato nei mesi precedenti, il Pentagono ha scelto di abolire le tre classiche prove e di sostituirle con un'unica grande missione che prevede più obbiettivi. La durata dell'esame è di un Sol, che corrisponde esattamente a ventiquattro ore, trentanove minuti e trentacinque virgola quattrocento quarantaquattro secondi, avrete quindi a disposizione un intero giorno marziano per portare a termine i vostri compiti. Allo scadere della prova dovrete tornare qui per i risultati finali, tutto chiaro? Ci sono altre domande signor...?» il ragazzo si trovò nuovamente al centro dell'attenzione quando l'esaminatore puntò il suo sguardo su di lui.

«Marshall, Kyle Marshall» gli rispose imbarazzato

«Ah ,ecco! Signor Marshall, avete altre domande?»

«Nessuna domanda, signore»

«Ne siete sicuro?»

«Sissignore»

L'esaminatore gli rivolse un sorriso quasi divertito, rivolgendo poi lo sguardo ad un altro esaminatore, l'unico terrestre del pentagono: Elizabeth Perry, stratega del Terzo Settore.

Chiuso il proiettore olografico, la stratega si fece avanti e prese la parola:

«Colgo l'occasione per farvi i complimenti a nome di tutto il Pentagono, arrivare qui non è cosa facile, ne siamo pienamente consapevoli, tuttavia adesso tocca a voi dimostrarci quanto davvero valete. Quest'anno siete riusciti ad accedere in ventitré alla prova finale, inoltre abbiamo già appreso dalle vostre schede che qualcuno di voi ha già formato dei gruppi d'azione e vi ha lavorato splendidamente. La collaborazione è fondamentale all'interno della nostra organizzazione, tuttavia, proprio per questo motivo, abbiamo deciso di cambiare le regole. Per la missione ignoreremo le formazioni con cui vi siete presentati e formeremo quattro gruppi da cinque e uno da tre soli membri, ma la formazione verrà decisa secondo un sorteggio che faremo qui sul momento»

Il Vertice Sag'has premette un pulsante su un telecomando che portava attaccato alla cintura dell'uniforme, facendo comparire al centro della stanza una piccola sfera di vetro al cui interno vi erano dei cubi metallici. I ragazzi ripresero a chiacchierare tra loro, i Roviani in particolar modo sembravano i più agitati di tutti.

«All'interno di questi contenitori c'è il vostro nome» spiegò la stratega, «In base a quel che uscirà, formeremo i gruppi d'azione»

«Signor Marshall» il Vertice richiamò il ragazzo «Poiché al momento ricordo solo il vostro nome e non ho avuto l'occasione di imparare gli altri, vorreste avere l'onore di estrarre il primo nome? Il vostro ovviamente conterà come il primo estratto»

La stratega fece uscire il nominativo del ragazzo inserendo un codice sulla sfera e la aprì per facilitargli le cose.

Kyle si diresse a passo incerto verso la sfera, le sue mani tremavano visibilmente, tanto che la donna dovette rivolgergli un sorriso di incoraggiamento. Allungò una mano verso l'interno della sfera e prese un cubo a caso che si trovava sul fondo, poi la uscì fuori e la aprì.

Un fascio luminoso precedette l'apertura del piccolo oggetto metallico, al cui interno vi era stato depositato un bigliettino di carta con un nominativo scritto in Roviano.

«Vi dispiacerebbe leggere ad alta voce nome e specializzazione del candidato?»

il ragazzo esitò un attimo, pareva sconcertato, quasi come se vi fosse scritta qualche blasfemia.

«Nakamura Akko, Pilota»

L'attenzione si spostò verso l'unico candidato femminile terrestre.

«Ironico» commentò il Vertice, «le prime unità a mettere piede su Marte saranno proprio due terrestri!»

Vedendola in difficoltà, le misi una mano sulla spalla per incoraggiarla, ma quella in tutta risposta si voltò ancora più preoccupata verso di me.

«Signorina Nakamura» la chiamò la stratega facendole cenno di avvicinarsi per l'estrazione.

«Andrà tutto bene» le dissi in labiale prima di vederla avvicinarsi anch'essa a passo incerto verso la sfera «Mi fido di te»

Una volta estratti i tre nomi restanti, la prima squadra si formò:

per ironia della sorte uscì un terzo terrestre, Nicolaos Papadakis, Unità Tank, infine fu il turno di un pilota Gam'daariano, Syf, e un'altra unità Tank Elegoniana, Medo.

In quanto responsabile del gruppo terrestre, ero sollevato dal fatto che almeno tre dei miei studenti erano capitati insieme: così facendo avrei potuto controllare meglio le loro mosse, l'unico problema era che ne rimaneva uno solo fuori dal gruppo: Jason Knights, pilota.

Dopo le estrazioni, Jason si ritrovò nell'ultimo gruppo, dove avrebbe dovuto affrontare la missione con ben due Unità volanti Roviane, povero ragazzo.

Una volta finite le estrazioni e dato gli ultimi avvisi, il Pentagono sciolse l'assemblea e invitò i ragazzi a raggiungere le proprie cabine prima del salto nell'Iperspazio che li avrebbe portati al Terzo Quadrante.

Raggiunta la zona che ci era stata assegnata, assistetti ad una scenata: Kyle si allontanò furente verso la sua cabina, sbattendo la porta scorrevole, mentre Akko si sedette a terra a braccia conserte seguita da Nicolaos che cercava di calmarla.

«Dai, non fare così, poteva capitarti di peggio»<<>>

«Potevano capitarti i Roviani» si intromise Jason.

«Cosa sta succedendo qui?» chiesi confuso.

«Akko e Kyle non vanno molto d'accordo»

«Ed è così grave la cosa?»

«Oh, beh...» i due ragazzi si guardarono tra loro «Il punto è che se non si fossero scelti due squadre d'azione diverse durante i cinque anni, non sarebbero qui»

«Non capisco, non riescono davvero a collaborare tra loro?»

«Sì, certo... ma per pochi secondi»

Sospirai «Beh, cosa si aspettavano? Avrebbero dovuto metterlo in conto»

«Il fatto è che hanno litigato prima della riunione e...»

«Non posso credere di essere stata così sfortunata» lo interruppe la ragazza.

Mi abbassai anche io alla sua altezza e la guardai negli occhi «Non so che tipo di rapporto abbiate, ma è necessario che mettiate da parte i vostri conflitti per la prova, alla fine sarà il Pentagono a scegliere chi sarà meritevole di passarlo e chi no»

«Non è quello il punto, io so che con lui non passerò mai l'esame» la ragazza si alzò da terra e se ne andò via, attraversando il corridoio per restare un po' sola.

«Cominciamo bene» mi dissi tra me e me, «voi due invece che problemi avete?»

i ragazzi non mi risposero, Nicolaos si limitò ad alzare le mani in risposta mentre Jason corse dietro la ragazza.

Iniziavo ad agitarmi anche io.

«è meglio se la fate tornare prima del salto nell'Iperspazio»

«Non si preoccupi, signor Thorne, Jason è un bravo diplomatico» mi rassicurò il ragazzo.

«Chiamami pure Ethan, anche se non hai ancora passato l'esame, siamo potenziali colleghi»

«Va bene, signor Ethan»

«Intanto vai in cabina, io li aspetto qui»

Il viaggio continuò tranquillo, una volta arrivati al sistema solare, i ragazzi iniziarono a prepararsi prima di entrare nell'orbita marziana. In cabina c'era un'aria strana, ognuno di loro aveva un proprio rito scaramantico che Nicolaos non poté fare a meno di spiegarmi: Akko stava seduta sulla sua branda a sospirare e a stringersi le mani, Kyle armeggiava con i propulsori delle sue ali meccaniche canticchiando qualche motivetto strano, Jason invece faceva avanti e indietro ripetendo ad alta voce le regole di pilotaggio basiche come se fossero un mantra.

«Adesso si ferma a "manutenzione scudo di particelle"» mi informò Nicolaos e in effetti il ragazzo si fermò proprio a quelle parole, si grattò la nuca e dopo qualche attimo di esitazione continuò il suo mantra con "accensione dei propulsori posteriori".

«Wow, vi dovete conoscere a memoria!» commentai.

«Io, Akko e Jason facevamo parte della stessa squadra»

«A giudicare dalla situazione, scommetto che Jason era il co-pilota di Akko»

«Esatto, ha sempre lavorato come assistente di volo ed è un fenomeno con i comandi offensivi, tuttavia è da un po' che non tocca i comandi principali»

«Male, male! Bisogna essere sempre versatili in questo campo... che mi dici di Kyle, invece?»

«Che è un gran testone, ma ha una mira infallibile, i suoi occhi sembrano due mirini!»

«Almeno questo... c'è un modo per farli collaborare senza il rischio di mettere a repentaglio la riuscita della missione?»

«Potrei mediare io, ma non so fino a quanto possa riuscirci, sai, sono un po' di "parte" per Akko»

«Non c'è problema, potrei occuparmi io del ragazzo, ma non conosco il suo livello di Roviano, purtroppo anche noi responsabili dobbiamo parlarvi in questa lingua»

«Akko è brava col Roviano, ma per quanto riguarda Kyle, non saprei dirti»

«Tu invece, come te a cavi?»

il ragazzo fece una smorfia e poi rivolse un pollice all'ingiù.

«Ma almeno hai capito qualcosa di ciò che è stato detto alla riunione?»

«Me lo sono fatto spiegare da Jason»

«E questo è un altro problema...»

«Non possiamo usare l'inglese durante la prova? Tanto il Pentagono non lo può capire»

«Ma la stratega lo parla benissimo, ti ricordo che è americana»

«Vero... non so più che inventarmi adesso...»

Portai una mano al mento e mi grattai la barba, confuso «Scusa la domanda, ma se il tuo livello di Roviano è così scarso, come hai fatto a superare il test di idoneità per l'esame?»

«Non è che sia così scarso, è solo che ho qualche problema a comprenderlo, insomma, voi create dei soldati in grado di fare qualsiasi cosa, ma non avete mai messo in conto il fatto che non possiamo essere tutti portati per la lingua. Prima di entrare qui ho dovuto fare sacrifici enormi per imparare l'inglese, poi, arrivato all'Accademia, ho dovuto imparare a parlare il Gam'dhari e infine il Roviano»

«Hai ragione, ma la conoscenza linguistica è un fattore importantissimo, bisogna portare pazienza»

«Ne sono consapevole...comunque ho passato il test con un buon punteggio e alla fine sono riuscito a copiare qualcosa da Akko»

ci guardammo un attimo e sbottammo a ridere.

«Il trucco più antico del mondo!» commentai, «Ma come diamine hai fatto?»

«Le ore passate a studiare i sistemi di spionaggio Roviani mi sono servite!»

Una volta arrivati in prossimità dell'orbita marziana, i ragazzi raggiunsero l'Hangar dove cinque incrociatori di modeste dimensioni li aspettavano. Il Vertice spiegò loro che tutti i piloti delle squadre avrebbero dovuto portare i loro colleghi sulla superfice di Marte, su un punto che era già stato inserito nelle mappe olografiche degli incrociatori, infine avrebbero lasciato noi responsabili su quel punto. Akko e il Gam'daariano si strinsero la mano e si presentarono per bene, organizzandosi per mettere in chiaro il proprio ruolo all'interno della navicella e così fecero anche Nicolaos, Kyle e l'Elegoniano.

Cercai Jason con lo sguardo e notai che aveva già raggiunto la propria posizione davanti l'incrociatore, lo raggiunsi salutando anche i suoi compagni Roviani.

«Come ti senti?» gli chiesi strategicamente in inglese.

«Abbastanza nervoso, non so se sia per via del fatto che sto per affrontare l'esame finale o perché sono solo come un cane»

«Sta tranquillo, per quanto possano essere freddi, quando si tratta di dovere i Roviani sono affidabilissimi. In ogni caso, per qualsiasi cosa, mettiti pure in contatto con me»

Jason annuì impercettibilmente.

La stratega richiamò tutti i responsabili e ci divise nei vari incrociatori, poi ognuno raggiunse i posti.

«Occhi aperti» mi raccomandò la donna quasi con un sussurro, lanciandomi un ultimo sguardo prima di partire.

«Farò del mio meglio» e mi diressi vero l'incrociatore di Akko.

Una volta che l'hangar fu aperto, le navicelle azionarono i motori e in un batter d'occhio si ritrovarono nello spazio aperto.

Marte ci stava aspettando.


 

***Glossario***

Omega-keplero: Sistema solare del Primo Quadrante che comprende i due pianeti abitati di Gam'dari e Ganea.

Fronte di Difesa Intergalattico: è una delle più grandi organizzazioni militari del nostro universo, nato per garantire pace e prosperità all'interno delle alleanze planetarie.

Accademia Interplanetaria: luogo di preparazione in cui gli aspiranti difensori galattici si preparano per cinque anni, in genere gli anni di suddividono in due anni generali e tre di specialistica. Dall'accademia, tuttavia, non escono solamente soldati ma anche strateghi e collaboratori del Fronte, che lavorano "dietro le quinte".

Pentagono: Commissione d'esami dell'Accademia, ogni anno vengono scelti in base a criteri scelti dai vertici del Fronte. In genere sono formati da uno stratega, un capo di settore e da veterani il cui valore è stato riconosciuto dal Fronte stesso.

Roviano: Lingua parlata nel pianeta Rovio e su tutta Elegon, viene usata come lingua interplanetaria assieme al Gam'dhari, ma, considerata come una delle lingue più "nobili" di tutta la galassia, viene maggiormente usata nei contesti formali e ufficiali.

Gam'dhari: lingua parlata nel pianeta Gam'dari. Per la sua semplicità viene utilizzata in vari contesti, formali e non. Poichè L'Accademia si trova sul sistema solare di Gam'dari, si è deciso di utilizzare questa lingua per la comunicazione.

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Capitolo 4
*** Capitolo II ***


Capitolo II
-La missione-


 

Una volta entrati in orbita, gli incrociatori si prepararono all'impatto con l'atmosfera marziana.

Lo schermo proiettò delle coordinate per l'atterraggio mentre il Co-pilota si dedicava alla manutenzione della camera di passaggio, dal quale il resto dell'equipaggio sarebbe uscito per mettere piede sul pianeta rosso. Ci fu un attimo di turbolenza prima dell'attracco dovuto alla discesa in picchiata dell'incrociatore, ma a quasi duemila metri dal suolo la velocità si stabilizzò, così io e gli altri ragazzi raggiungemmo la cabina di passaggio, indossando tuta e casco di protezione.

Le istruzioni erano semplici: dopo l'atterraggio ogni squadra avrebbe dovuto seguire le consegne datole da uno dei membri del Pentagono e cercare di totalizzare quanti più punti possibili. I punti si basavano su diversi criteri che riguardavano: il lavoro individuale, lo spirito di collaborazione e la strategia. Per passare l'esame ogni candidato deve soddisfare i minimi requisiti di ogni punto.

Il responsabile del nostro gruppo, con grande sorpresa di Kyle, era proprio il Vertice Sag'has.

Poco prima dell'atterraggio il Gam'daariano aprì un collegamento video con i due piloti, spiegandogli in cosa sarebbe consistita la prima parte della missione:

«Th'ali-jas, cari studenti, come penso avrete notato il vento di Marte non si è ancora placato, tuttavia le autorità ci hanno assicurato che le condizioni meteorologiche potrebbero addirittura migliorare in giornata, dunque non preoccupatevi ulteriormente»

Nonostante le parole del Vertice, i due piloti e Kyle si guardarono silenziosamente tra loro, non nascondendo la propria incertezza.

L'intero esame dipendeva da loro tre, in quanto si trattasse chiaramente di una missione d'esplorazione.

«Ma tornando a noi, credo di essermi dilungato anche troppo: le coordinate che vedete apparire qui sopra la mia testa vi indicheranno un luogo diverso da quello assegnato a tutti gli altri incrociatori» una sequenza di numeri e scritte in Roviano apparvero luminescenti appena sopra la testa del Vertice, indicando un'area non molto lontana dallo storico settore d'osservazione di Acidalia Planitia, poi il volto del Gam'daariano scomparve per dare spazio alle coordinate tridimensionali del luogo in questione.

«la vostra zona è quella contrassegnata in rosso. In altre parole, in questa missione le vostre squadre si troveranno contro tutte le altre e ognuno avrà un obbiettivo in particolare da portare a termine»

«Proprio come a Risiko» mi permisi di commentare.

«La vostra missione sarà quella di trovare e disinnescare gli ordigni di colore nero e mettere fuori gioco la squadra di questo colore. Usate ogni mezzo a vostra disposizione e seguite qualsiasi strategia vi sembri più logica»

«Vi sono delle restrizioni?» chiese Kyle, fattosi coraggio.

«No, signor Marshall, nessuna regola. Seguite solo il vostro "istinto" di squadra»

Il Vertice chiuse il collegamento prima ancora che il ragazzo potesse esprimersi a riguardo, a quel punto si sentì una scossa all'interno della cabina di passaggio in cui io e i ragazzi ci trovavamo e il suono di un allarme risuonò all'interno di quell'angusto spazio.

«Attenzione: apertura della cabina di passaggio in dieci secondi, prepararsi all'atterraggio»

la voce di Akko arrivava forte e chiara dal ricetrasmettitore, a quanto pare le era toccato fare da Co-pilota al collega Gamd'aariano, «Kyle, raggiungi la torretta rossa non appena il portello si apre, ti daremo istruzioni in volo, unità tank, tenetevi forte e aspettate l'attracco a terra per accompagnare il responsabile fino alla cabina»

«Ricevuto» Kyle accese le ali, illuminando le piccole strisce di energia che partivano dal motore principale sulla schiena per arrivare ai propulsori laterali, che azionò non appena vide l'apertura del portellone e il conseguente cambio d'aria, «Ci vediamo a terra» gridò prima di buttarsi giù e planare nel vuoto. Io e i ragazzi ci tenemmo stretti ai muri della cabina e aspettammo l'attracco.

Fiumi di sabbia entravano violenti, picchiettando contro il portello che ci separava da quel vento funesto.

La nostra base era un piccolo complesso che consisteva in una larga pista di atterraggio, una torre radio e una piccola struttura bianca situata ai piedi di quest'ultima. Mi parse anche di vedere un Rover parcheggiato lì vicino, ma la nube rossa che infuriava al di sotto dell'incrociatore non mi permise di confermarlo.

Arrivati a destinazione un grosso cumulo di sabbia si alzò circondando la modesta astronave .

«Meno male che le condizioni dovevano migliorare» commentò Nicolaos, messo piede a terra.

«E tu pensavi che il Pentagono fosse davvero così premuroso a fare tutte queste cose per voi? Non siete più all'accademia» gli ricordai mentre mettevo finalmente piede a terra, dando le spalle alla direzione del vento.

«Quindi ci hanno presi per in giro per tutto questo tempo?»

«Praticamente... forse vi hanno voluto dare questa impressione giusto per rassicurarvi»

«Bei pezzi di merda!» commentò il ragazzo in inglese.

«Questo è niente: quando affrontai gli esami, circa dieci anni fa, ci avevano detto che si sarebbero svolti su una piana verdeggiante di Rovio e invece hanno preparato una bella messa in scena costringendoci ad atterrare su Elegon V e, indovina un po'? Non era affatto verdeggiante!»

«Posso confermare» ammise Medo, l'Elegoniano della nostra squadra, mentre si faceva strada.

«Ogni anno si inventano qualcosa per mettere i ragazzi in difficoltà: a noi è toccato prenderci un mezzo infarto con la storia dell'atterraggio di emergenza, poiché avevano sabotato le navicelle e ci siamo dovuti ingegnare per trovare una soluzione. Ai ragazzi dell'anno scorso è toccato affrontare un salto nell'iperspazio per "liberare" degli ostaggi a Thalia, nel Secondo Quadrante. Quelli dell'anno prima sono stati costretti a proteggere gli incrociatori da invasori che hanno dovuto combattere fuori dalla navicella, nello spazio aperto, poiché si attaccavano ai motori e succhiavano l'energia. Tutto sommato la vostra missione non è poi così brutta come credete!»

I ragazzi mi guardarono sconvolti, ma preferirono non commentare, decidendo piuttosto di attraversare il muro di sabbia che li separava dalla base, lasciando i due piloti a sorvegliare l'incrociatore.

Appena entrati notammo che la struttura si divideva in due parti principali: la cabina di controllo, dove vi erano stati installati dei monitor, e una piccola branda con sei posti letto, sistemati l'uno sopra l'altro. La base si presentava come una tipica struttura da campo d'osservazione, con l'unica differenza di avere questa strana torre radio accanto.

Al centro della stanza trovammo un contenitore metallico, il cui materiale ricordava i cubi dal quale i ragazzi avevano estratto i propri nomi per il sorteggio, ma era più scuro e le strisce luminose dal quale si apriva era di un rosso molto acceso.

«Si tratta di un contenitore antiatomico Roviano» spiegai ai ragazzi.

«Come tutto in questa diamine di missione!» esclamò Nicolaos avvicinandosi all'oggetto, «Mi chiedo cosa ci sia dentro, forse un altro bigliettino?»

«Non rimane che scoprirlo»

Il ragazzo aprì il contenitore facendo scivolare un dito lungo le strisce rosse, un bagliore scarlatto precedette la sua apertura illuminando l'area. Al suo interno trovammo tutti gli attrezzi necessari per il disinnesco, due tubi metallici contenenti degli scudi di particelle, delle fascette rosse e un biglietto.

«E queste cosa sono?» chiese afferrando le cinque fasce rosse.

«Credo servano per distinguerci dalle altre squadre»

Mentre Nicolaos pose la fascetta rossa sopra il casco di protezione, a mo' di bandana, Medo prese il biglietto tra le sue grosse mani e schiarì la voce per leggerlo.

Kyle e Nicolaos avevano precedentemente concordato nel sceglierlo come interprete del terzetto, poiché la sua lingua era una variante dialettale derivante proprio dal Roviano, in modo tale da comunicare il più velocemente possibile.

«"Squadra Rossa, benvenuti nella vostra base"» lesse scandendo ogni parola, cercando di nascondere la propria inflessione per far comprendere anche ai due piloti in collegamento radio, «"All'interno di questo contenitore troverete tutto il necessario per affrontare la vostra missione, vi abbiamo anche dotati di qualche supplemento in più, data la situazione. Fatene buon uso e ricordate: gli imprevisti possono sempre accadere»

«Perché quest'ultima affermazione mi sapeva di minaccia?»

«Non esagerate adesso, non c'è motivo di prendere tutto alla lettera: stiamo parlando di un'eventualità, se agirete bene potrebbe anche non succedere»

«Se agiremo bene» sottolineò il ragazzo.

«In ogni caso, ragazzi, la domanda adesso sorge spontanea: chi di voi è bravo con i disinneschi?»

Nicolaos alzò le spalle rivolgendosi al compagno.

«Mi duole ammetterlo» intervenne la voce di Akko, «Ma Kyle è proprio specializzato in analisi e disinneschi di trappole e ordigni e credo che sia la persona che fa al caso nostro»

«Ma dove si trova al momento? Perché non è qui?»

«Lo abbiamo mandato a fare un giro di ricognizione»

«Avete fatto bene» commentai, «questi sono punti in più per la strategia»

Mentre Medo sistemava il tubo metallico sulla propria cintura, Nicolaos entrò nella branda per dargli un'occhiata prima di tornare all'incrociatore.

«Perché ci sono dei letti qui?»

«Non ci sei ancora arrivato?»

Il ragazzo mi guardò confuso

«Non ricordi cos'ha detto il Vertice a proposito della missione?»

«Vediamo se ci arrivo io» rispose Syf, «Avendo un intero Sol a nostra disposizione, significa che passeremo la notte qui?»

«Ding ding, indovinato!»

«Beh, che problema c'è?» Nicolaos si poggiò al muro, incrociando le braccia.

«Oh, nessuno, se solo Marte non fosse così "freschina" la notte»

«Quanto "freschina"?»

«Considerando che siamo in piena estate, circa meno cento gradi centigradi.»

«Freddino il pianeta!» si lasciò sfuggire Medo, emettendo prima un lungo fischio.

«Le vostre tute di base sono in grado di sostenere questo impervio clima, tuttavia non so quanto possa convenire restare al freddo e al buio in un'area del genere»

«Praticamente non abbiamo davvero un Sol a nostra disposizione e il Pentagono ci ha mentito di nuovo» realizzò Nicolaos, lasciando dondolare le braccia lungo i fianchi.

«Cosa facciamo allora?» chiese l'Elegoniano grattandosi la testa.

«Vi suggerirei di non perdere altro tempo, se non volete passare davvero una notte nella piana desertica»

«Ethan ha ragione» il ragazzo prese il contenitore Roviano tra le braccia e si avvicinò all'uscita, «Dobbiamo portare subito questa roba a Kyle»

«Ma chi sorveglierà la base? Questa storia delle bombe non mi convince» ammise Syf.

«Non preoccupatevi, ci sono io qui» lo rassicurai mentre aiutavo il ragazzo a caricare il contenitore appena sotto il piccoli propulsori, «Se qualcosa dovesse andare storto vi farò sapere»

Una volta raggiunto l'incrociatore, i ragazzi attivarono il collegamento radio, lasciandomi solo nella cabina di controllo, dove accesi i monitor che ci erano stati dati in dotazione per controllare meglio le loro mosse.

Con l'arrivo delle informazioni raccolte dalla giovane unità volante, i due piloti misero in moto l'astronave e si diressero verso Nord-Ovest. Due finestre si accesero sugli olo-schermi, riprendendone il volo dall'alto. A giudicare dalla distanza delle riprese e dall'angolazione della telecamera, dedussi che quest'ultima potesse essere posta in cima alla torre radio, tuttavia rimaneva ancora l'incognita sul suo possibile uso, che probabilmente non si limitava a quello di controllare dall'alto l'area.

In effetti il modello della torre somigliava moltissimo a quello delle vecchissime emittenti radio terrestri, con una struttura metallica dotata di parabole e antenna.

Mentre controllavo la situazione dalla telecamera della torre, qualche minuto dopo mi accorsi che quelle piazzate all'interno della base non riuscivano più a trasmettere il segnale, una di esse addirittura di spense non rispondendo più ai comandi di riavvio. Convinto si trattasse solo del forte vento, non appena anche la seconda telecamera, posta all'entrata della struttura, si spense, decisi di rimettere il casco per uscire a controllare. L'ambiente fuori, nonostante la grande quantità di sabbia mossa dal vento, non era poi così ostile: ripensandoci non avrebbe mai potuto danneggiare così tanto le telecamere, dunque la colpa poteva solo essere attribuita ad un altro agente.

Avvicinatomi all'entrata, notai che effettivamente una telecamera era stata manomessa "ad arte": tutte le componenti erano state smontate e lo schermo era completamente bruciato.

Capii di non essere solo.

Le mie mani corsero subito alla pistola, ma i miei riflessi non furono pronti all'attacco arrivatomi alle spalle: un calcio poderoso sulla schiena mi fece perdere l'equilibrio, costringendomi a cadere in avanti. Rotolai per evitare un altro colpo, ma non avevo scampo, ero praticamente circondato.

 

 

 

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