XV-439

di Najara
(/viewuser.php?uid=44847)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Sensazioni ***
Capitolo 2: *** Primo capitolo: Chi sei? ***
Capitolo 3: *** Secondo capitolo: Completa ***
Capitolo 4: *** Terzo capitolo: La bomba ***
Capitolo 5: *** Quarto capitolo: Lontane ***
Capitolo 6: *** Quinto capitolo: Specchiarsi ***
Capitolo 7: *** Sesto capitolo: Suite 18 ***
Capitolo 8: *** Settimo capitolo: Luthor ***
Capitolo 9: *** Ottavo capitolo: Super e Luthor ***
Capitolo 10: *** Nono capitolo: Accuse ***
Capitolo 11: *** Decimo capitolo: Rivelazioni ***
Capitolo 12: *** Undicesimo capitolo: Fredda solitudine ***
Capitolo 13: *** Dodicesimo capitolo: L’errore ***
Capitolo 14: *** Tredicesimo capitolo: Il tentativo ***
Capitolo 15: *** Quattordicesimo capitolo: Provare ***
Capitolo 16: *** Quindicesimo capitolo: Sono qui ***
Capitolo 17: *** Sedicesimo capitolo: Addio ***
Capitolo 18: *** Diciassettesimo capitolo: Arrendersi ***



Capitolo 1
*** Prologo: Sensazioni ***


XV-439

 

 

Sensazioni

 

Supergirl sfrecciò nel cielo, ruotò su se stessa e tornò indietro, evitando con una rotazione le scaglie di metallo che l’alieno lanciava. Quando lo colpì il corpo del suo avversario risuonò come una campana e lei sentì un dolore sordo risalire come un fulmine dalle sue nocche fino alla spalla.

Strinse i denti e colpì una seconda volta, l’alieno fece un passo indietro, ma non sembrò risentire in altri modi della sua forza. Con un guizzo fu di nuovo in cielo. Se non poteva usare la forza allora doveva usare altre sue qualità, così concentrò il suo sguardo facendo appello alla vista calorifera.

L’essere non risuonava solo come il metallo, era anche di base metallica e infatti iniziò a urlare e, pochi istanti dopo, si arrese alzando le mani e chiedendole di smettere. Kara scese a terra con un sorriso soddisfatto e aiutò gli agenti DEO, accorsi sul posto, ad ammanettare l’ostile e a caricarlo su un camion che lo avrebbe portato in una zone di contenimento adatta a lui.

“Ottimo lavoro, Supergirl.” Gli disse il direttore nel suo auricolare.

“Grazie, J’onn.” Rispose, poi al cenno affermativo di Alex, a capo del gruppo di agenti DEO, spiccò il volo verso il cielo e sparì agli occhi di tutti.

In realtà si diresse verso casa dove atterrò qualche minuto dopo.

“Ciao, tesoro.” Sorrise alle parole di Mon-El che stava leggendo seduto sul divano, e si diresse in camera per indossare i suoi abiti da Kara Danvers. Avrebbe potuto usare la super-velocità, ma non lo fece. Sospirò mentre, lentamente, si toglieva il mantello, la gonna e gli stivali per sostituirli con pantaloni e camicia. Prima di indossare le scarpe si sedette sul letto e si massaggiò le nocche della mano destra.

Era strano, aveva una vita felice: come Supergirl riusciva sempre a vincere, come Kara aveva un lavoro che amava e nel quale si sentiva realizzata, aveva un fidanzato che l’amava e una sorella che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei… allora perché si sentiva così vuota? Perché si sentiva soffocare, come se attorno al suo collo si stesse stringendo un cappio?

Era da alcune settimane che quella sensazione la tormentava, ma oggi sembrava quasi toglierle il respiro.

Si alzò e si fissò allo specchio. Per un secondo, un brevissimo secondo, non fu il suo riflesso quello che vide, sbatté gli occhi e vi era solo lei, Kara Danvers. La donna dai bruni capelli era scomparsa.

Doveva essere stanca.

 

Lena Luthor si guardò nello specchio per l’ennesima volta. I capelli erano perfettamente in ordine, così come il trucco e il suo abito elegante. Era l’immagine della donna di successo, sicura di sé, forte e pronta a dominare il mondo. Quell’ultimo pensiero le fece storcere il naso, no, era una Luthor, era meglio se non esagerasse, lei voleva solo controllare la sua compagnia, quella era l’immagine giusta da dare in quel momento.

Tolse un invisibile granello di polvere dal suo polsino e poi si voltò con un sospiro, aveva ventiquattro anni e stava per prendere il controllo di una delle più ricche compagnie del paese, eppure non era felice, neppure un po’. Era così difficile credere che lei volesse solo tornare al suo laboratorio, ai suoi esperimenti, alla sua vita fatta di piccole sfide per cambiare il mondo? Da poco era riuscita a trovare qualcosa di promettente e…

“Miss Luthor?” Si voltò verso la segretaria, perché ora aveva una segretaria, e annuì.

Era pronta, doveva essere pronta. L’intero consiglio d’amministrazione la stava aspettando. Sapeva che volevano che prendesse le redini della compagnia ora che suo fratello era stato arrestato. Avrebbe dovuto condurre la Luthor Corporation oltre quel momento di grave crisi finanziaria e ridarle l’antico splendore. Era suo dovere, era una Luthor, l’ultima visto che sua madre era stata nel consiglio d’amministrazione di Lex e ora doveva tirarsene fuori se non voleva che la compagnia affondasse assieme al figlio.

“Signori.” Disse, entrando nella stanza e guardandosi attorno. Sentiva il cuore battere veloce, ma nulla nel suo aspetto indicava che era tesa.

Sorrise, annuì, strinse mani e dopo appena mezz’ora era la nuova CEO della Luthor Corporation.

Attorno al suo collo si era appena chiuso un cappio.

Prima ancora di accettare il nuovo ruolo aveva già preso numerose decisioni, una su tutte spostare la sede principale della compagnia. Aveva bisogno di un nuovo inizio.

Così, quel pomeriggio stesso, prese l’aereo e arrivò a National City. Una macchina la stava aspettando e la portò a casa. Lena osservò i grattacieli di quella nuova città con gli occhi persi, sentiva che avrebbe potuto solcare i cieli se solo avesse voluto. Scosse la testa a quel pensiero anomalo, lei odiava volare e per quel giorno aveva già fatto un volo di troppo.

Quando la macchina si fermò, scese, anticipando l’autista che voleva aprirle la porta, e salì gli scalini guardando la casa con un misto di piacere e dolore. Tra quelle mura aveva passato numerose vacanze, lì suo padre aveva saputo rilassarsi per qualche giorno, lontano dagli affari e da Metropolis, con Lex aveva potuto giocare, dimenticando la scuola e la rigida scaletta di impegni che entrambi avevano dovuto seguire, lì, persino sua madre era stata più morbida. Era la casa in cui l’avevano accolta per la prima volta a quattro anni e in cui aveva imparato a giocare a scacchi.

Una cameriera anziana, Catherine, ricordò, le aprì il ricco portone e la accolse con un sorriso.

“Bentornata a casa, miss. Ci è mancata.” Lena rimase sorpresa nel vedere il personale schierato nell’atrio, tutti con ampi sorrisi sulle labbra. Non si era aspettata una simile accoglienza.

“Grazie…” Riuscì a dire, leggermente commossa.

“La sua stanza è pronta, desidera qualcosa di speciale per cena?” Lena scosse la testa. “Il cuoco si chiedeva se le piacciono ancora…”

“Pizza.” Rispose. “Pizza hawaiana.”

“Pizza, miss?” Chiese il cuoco intervenendo, sorpreso. Lena sbatté le palpebre confusa, aveva avuto un intenso desiderio di pizza con l’ananas, ma era assurdo.

Rise e il personale la imitò, sorpreso dal fatto che avesse fatto loro uno scherzo.

“Qualsiasi cosa avete in mente andrà benissimo. Grazie.” Affermò alla fine.

Il meeting con il consiglio d’amministrazione e il viaggio dovevano averla stancata più di quanto immaginasse.

 

“Pizza!” Esclamò Kara entusiasta osservando Mon-El entrare con un cartone gigante.

“Mi sembravi un po’ giù, così ho pensato che questa avrebbe potuto ritirarti su.” Ammise con un sorriso, ruotando il pollice da giù in su e lei annuì afferrando lo scatolone e aprendolo, i suoi occhi confermarono ciò che il suo naso aveva già capito.

“La mia preferita.” Costatò.

“Non mi merito un bacio?” Chiese il ragazzo, ma lei si era già voltata verso la cucina per prendersi da bere e lasciò il ragazzo a stringersi nelle spalle.

“Mangi con me o devi andare?” Gli chiese, Kara, con una fetta già in bocca.

“Devo andare, mi aspettano al bar.”

“Buon lavoro e grazie per la pizza!” Le disse allora lei prendendo un altro boccone.

Rimasta sola Kara prese lo scatolone e il bicchiere di coca cola e si sedette alla finestra osservando il cielo e le stelle. Non lo aveva detto a Mon-El, ma aveva un profondo senso di nostalgia quella sera. Quel senso di oppressione non se n’era andato, anche se ora forse era mischiato a della rassegnazione, ma al tutto si era aggiunta la malinconia.

Finì la pizza e rimase, lì, immobile a pensare ai suoi genitori e al suo mondo, gli occhi puntati verso il cielo, verso Rao, la stella attorno alla quale aveva orbitato il suo pianeta.

Una lacrima scese lungo il suo viso e lei lasciò che le rigasse la gota.

 

Lena raccolse la lacrima e la osservò con sorpresa. Era nella stanza della sua gioventù, per tutta la serata non aveva potuto fare a meno di pensare a suo padre e a suo fratello, persino a Lillian che ogni tanto si era mostrata gentile verso di lei. Provava un’intensa nostalgia, come se essere di nuovo lì avesse acuito un sentimento che non pensava di provare. Era stata felice quando se n’era andata, perché ora si sentiva in quel modo?

Sfregò la lacrima tra i polpastrelli di pollice e indice, poi scelse uno dei pigiami dall’armadio, notando che le sue cose erano già state sistemate al loro posto, e si stese nel letto.

Per qualche ragione le nocche della mano destra le dolevano da un po’, le massaggiò per qualche minuto, poi chiuse gli occhi e si addormentò.

 

Kara aprì e chiuse la mano destra, Alex l’avrebbe uccisa se avesse scoperto che non le aveva detto quanto male si era fatta, ma il dolore stava lentamente passando ed era sicura che l’indomani sarebbe scomparso del tutto. Sperava che anche quella malinconia sarebbe scomparsa assieme al dolore. Si stese nel letto e chiuse gli occhi, pochi minuti e si addormentò.

 

Lena si guardò attorno con interesse.

“Ciao.” Mormorò una voce alle sue spalle e lei si voltò. C’era una bambina che guardava il paesaggio.

“Dove siamo?” Chiese. Ora anche lei era una bambina.

“Casa…” Disse soltanto la piccola. Aveva capelli lunghi e biondi e grandi occhi azzurri, tristi.

È bella.” Commentò, tornando a osservare la città. I grandi palazzi di vetro erano colorati di rosso dal sole, come al tramonto.

“Mi manca.” Bisbigliò la bambina e Lena si voltò osservando i lacrimoni scendere lungo quelle infantili guance.

“Lo so.” Ed era vero, sentiva un dolore sordo nel cuore. Era di nuovo grande quando prese tra le braccia la donna, perché ora anche la bambina era cresciuta.

La stretta sciolse il dolore nel suo petto e lei si sentì finalmente libera dall’oppressione che l’aveva condannata per settimane, da quando aveva saputo di Lex e di conseguenza del suo destino.

Sorrise e si sistemò meglio in quel tranquillo abbraccio.

 

Nel letto Kara si sistemò meglio, le lacrime si asciugarono sul suo volto, mentre il sogno sfumava e la sua mente si rilassava in un placido sonno.

 

Lena si spostò nel letto e le sue labbra sorrisero, mentre il sogno sfumava e la tensione della giornata spariva, lasciando spazio a un sonno ristoratore.

 

 

 

 

Note: Finalmente ho una nuova long pronta per voi. Ovviamente SuperCorp!

Non c’è molto da dire, questo primo capitolo introduce la situazione, come avrete notato gli eventi sono simili, ma non identici a quelli della serie. Sintetizzando vi è una traslazione negli eventi, Lena è appena arrivata a National City, ma Kara e Mon-El sono già una coppia e, vedremo, anche Alex e Maggie… detto questo, spero che questi primi accenni di trama vi abbiano intrigato a sufficienza da farvi desiderare un seguito.

 

Cosa ne pensate? Fatemi sapere!

 

La storia è completa, quindi, la velocità di pubblicazione dipende, come sempre, solo da voi! ;-)

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Primo capitolo: Chi sei? ***


Chi sei?

 

Kara si svegliò, ma non aprì gli occhi, invece si stiracchiò, sorridendo. Era da settimane che non si sentiva così bene!

Non ricordava neppure che le sue lenzuola fossero così morbide. Sorridendo beata aprì finalmente gli occhi e sussultò. Quella non era la sua camera, quello non era neppure il suo letto! Saltò in piedi e con un senso di vertigine si rese conto di essere in casa sua. Sbatté gli occhi ed ecco che era di nuovo da qualche altra parte.

“Che cosa sta succedendo?” Chiese ad alta voce, perché aveva bisogno di ancorarsi a qualcosa di reale.

“Chi ha parlato?” Il tono era leggermente acuto, come se contenesse una punta di panico.

“Oh Rao, sto impazzendo.”

“Sto impazzendo.” Disse in contemporanea la voce nella sua testa.

Kara sentiva il cuore che batteva veloce, i suoi occhi coglievano due posti, uno era casa sua, l’altro una camera enorme, con un’ampia scrivania sul fondo e delle finestre dalle quali, attraverso le tende, filtrava la luce del sole.

“Chi sei?” Mormorò piano.

“Chi sei, tu!” Rispose con tono deciso la voce nella sua testa.

“Io… mi chiamo Kara.” Forse era da pazzi parlare con una voce nella testa, ma era meglio che rimanere lì semi terrorizzata.

“Lena.” Rispose allora la donna e lei sentì la paura lentamente scemare.

“Quindi… sei nella mia testa?” Provò di nuovo.

“Direi che, tu, sei nella mia di testa.” Nel tono della donna si percepiva la tensione, ma anche dell’ironia. Si era ripresa in fretta. Kara non poté fare a meno di sorridere.

“Oh, no. Se qualcuno deve essere pazzo, quella sono io, quindi, tu, sei nella mia testa.” Controbatté e sentì una piccola risata.

“Questa situazione è assurda: la voce nella mia testa cerca di fare dell’ironia con me…” Lena sospirò e Kara ebbe la sensazione che la stanza attorno a lei cambiasse, fu colpita da un’idea.

“Ti stai muovendo?” Chiese.

Sì…” Ammise la donna.

“Sei in una stanza con delle tende verdi chiare? Un grande letto dalle lenzuola di seta e alla tua destra c’è un armadio di legno scuro?” Un lungo silenzio seguì le sue parole.

“E tu in una stanza dai colori caldi, vedo la cucina e il salotto e un’ampia finestra dalle tende bianche.”

“Esatto!” Affermò lei, sedendosi sul letto.

“Vuoi dire che sei… vera?”

“Sì!” Esclamò decisa. “Siamo reali entrambi, solo che…”

“Siamo una nella testa dell’altra.” Concluse Lena. “Com’è possibile?” Domandò.

“Non lo so… ma ti assicuro che ho visto molte cose strane, questa non è molto più strana di altre.”

“Davvero?” Il tono scettico non sfuggì a Kara.

“Sì, davvero. Una volta sono stata intrappolata nella mia stessa mente da un parassita pianta schifoso e il mio pianeta non era distrutto, la mia famiglia viveva e io ero felice, c’era persino mio cugino e aveva quel ricciolino carino e…” Si interruppe portandosi le mani alla bocca. Era ovvio che aveva detto troppo. Vi fu un lungo silenzio, ma Kara sapeva che Lena era ancora lì, se stringeva appena gli occhi poteva vedere le tende verdi ondeggiare ora che lei aveva aperto un poco la finestra.

“Lena?” Chiamò titubante.

“Sei Supergirl?” Chiese la donna e lei arrossì, abbassando il capo.

“Io… ehm…”

“Ci sono molti alieni sulla terra, ma pochi hanno un cugino con un ricciolo sulla fronte carino come quello di Superman o invocano Rao.” Kara chiuse gli occhi e provò un immediato divertimento. “Non credo che chiudere gli occhi basti.” Kara li riaprì, sorpresa, non per la frase, ma per la sensazione, non proveniva da lei, no, era evidente che provenisse dall’altra donna.

“Non possiamo solo vedere una attraverso gli occhi dell’altra e sentire ciò che diciamo, posso anche sentire le tue emozioni!”

“Cosa?” Questa volta da Lena provenne un picco di panico.

“Oh!” Esclamò lei. “Questo era intenso!”

“Hai sentito…?”

“La tua paura, sì, ma non devi averne, le tue emozioni sono al sicuro con me.”

“Non ti conosco, come posso fidarmi? Nessuno è mai arrivato tanto vicino a me da…” Si interruppe e Kara sentì la sua tristezza.

“Lena.” La chiamò con dolcezza. “Tu puoi sentire le mie.” Cercò di infonderle quel senso di protezione, di coraggio, di condivisione. Qualcosa che istintivamente, per qualche oscura ragione, sapeva di poter offrire a questa perfetta sconosciuta.

“Va bene…” Accettò la donna e Kara sorrise. Si alzò e si stiracchiò. “Non ti preoccupa neanche un po’ questa situazione?” Chiese, con voce bassa, Lena.

“Non lo so… il fatto è che sono giorni che non mi sento bene e ora che sei qui, beh, non mi sono mai sentita meglio.” Provò un immediato senso di benessere e capì che Lena non solo aveva apprezzato le sue parole, ma si era resa conto che era la stessa cosa per lei. “Però dovremmo capire come gestire la cosa e… aspetta!” Si interruppe e sgranò gli occhi. Davanti a lei si apriva un panorama sconosciuto. “Dove abiti?” Domandò. Vi erano alberi alti e verdi, siepi elegantemente disposte a formare disegni e poteva persino scorgere l’oceano.

“Questa è la casa delle vacanze della mia famiglia… vi sono tornata ieri sera, perché adesso…” Si interruppe. Kara percepì un dubbio, un timore, qualcosa di indefinito che la tratteneva dal dire di più.

“Ho capito, sei una riccona! Ora mi vergogno del mio appartamento minuscolo.”

“Il tuo appartamento è molto bello, luminoso, caldo, accogliente.” Era evidente il suo sollievo nel non essere stata interrogata ulteriormente.

“Grazie.”

“Non avevo mai pensato al fatto che Supergirl dovesse avere un appartamento, pagare le bollette e gettare la spazzatura.” Kara sorrise nel percepire la curiosità serpeggiare in Lena.

“Devo anche mangiare.” Ricordò dirigendosi in cucina. Bussarono alla porta e lei si voltò, rendendosi conto solo dopo un istante che non era alla sua porta che avevano bussato.

“Buongiorno, miss. Ha dormito bene?”

“Sì, grazie.” La voce della cameriera giungeva alle sue orecchie come se si fosse trovata davanti a lei.

“Per Rao sei davvero ricca!” Un profumino invitante raggiunse le sue narici e Kara sentì il suo stomaco brontolare. “Colazione in camera? Stai scherzando?” Lena non rispondeva, ma Kara percepiva il suo divertimento. “Aspetta un attimo, come faceva a sapere che eri sveglia? Non è che entra in camera tua ogni dieci minuti per controllare?” Scoppiò a ridere all’idea.

“Kara!” La redarguì con divertimento Lena e attraverso gli occhi della donna vide la cameriera fissarla.

“Come, miss?” Chiese e lei soffocò le risate nelle mani.

“Nulla, Catherine. Grazie mille della colazione, sembra tutto buonissimo.”

“Grazie, miss.”

“Deve sempre chiamarti ‘miss’? Devo chiamarti ‘miss’ anche io?” Kara ridacchiava, ma quando vide la colazione luculliana davanti agli occhi di Lena si zittì.

“Senti che profumino.” La provocò allora la ragazza, agitando la mano e abbassando il volto sui croissant caldi.

Ahhhh! Questo non è giusto!” Protestò.

“Oh, perché provocarmi quando non posso rispondere è giusto?” Le rispose divertita la donna e Kara corrugò la fronte.

“Ok…” Lena rise e Kara provò un senso di orgoglio e di felicità, era bello sentirla ridere, era bello essere la fonte di quella risata. Di nuovo percepì quel senso di calore, provenire da Lena e si crogiolò in quella sensazione.

La porta alle sue spalle si aprì e Mon-El fece la sua comparsa.

“Kara, sono a casa!” Sbraitò. Amava troppo quella frase, era stata divertente le prime volte, ma ora iniziava a essere ripetitiva.

“E questo chi è?” Chiese la voce perplessa di Lena.

“Il mio ragazzo.”

“Come, Kara?” Chiese Mon-El avvicinandosi a lei e dandole un bacio.

“Questo è stato strano.” La voce di Lena nella sua testa la fece arrossire.

“Credo che dovresti andare.”

“Andare? Ma sono appena arrivato?”

“No… ehm… non dicevo a te.” Kara fece un sorriso al ragazzo. Poteva vedere Lena che stava tranquillamente spalmando del burro su una fetta di pane tostato e, per quanto la conoscesse da pochi minuti, poteva indovinare il sorrisino divertito che aveva sulle labbra.

“Mi dispiace, ma non so come andarmene. Fidati, neanche io vorrei essere stata lì quando ti ha baciata.” Da Lena provenne un’onda di fastidio mista a divertimento per la situazione scomoda in cui si trovava la ragazza d’acciaio.

“Posso prepararti i pancake?” Chiese Mon-El, affaccendandosi in cucina.

“Oh, un uomo che cucina!” Commentò Lena, adesso sorseggiava un caffè. “Una perla rara.”

“Sì, grazie… solo un minuto.” Kara fece dietro front e si nascose in bagno. “Dobbiamo trovare un modo per…” Si fermò e corrugò la fronte. Gli occhi di Lena erano caduti casualmente su un giornale posato sul tavolo accanto alla marmellata. Kara non ci avrebbe fatto caso se non avesse riconosciuto il titolo che campeggiava in prima pagina. “Luthor?” Chiese incuriosita. “Cos’hanno fatto questa volta?”

“Come?” Kara percepì qualcosa in Lena, per un istante le sembrò di cogliere del panico, di nuovo, poi non percepì più nulla, sbatté le palpebre e capì che era sola. Lena non c’era più.

 

Chiuse il pugno sul giornale, nel panico. Percepiva la perplessità di Kara alla sua reazione e poi… nulla. Lena sbatté le palpebre, confusa.

“Kara?” Chiamò. Non c’era più. L’aveva spinta via?

Scosse la testa, scossa. Com’era possibile che un simile legame si fosse creato? Com’era possibile che ora si sentisse tremendamente vuota?

Chiuse gli occhi e respirò profondamente, tutta quella storia non aveva senso. Si alzò, prese il telefono e chiamò il suo medico. fissando una serie completa di test ed esami per quello stesso pomeriggio.

Passare all’azione la calmò, qualsiasi cosa non andasse nel suo cervello l’avrebbe risolta. Perché era chiaro che qualcosa non andava in lei. Le avevano forse innestato un congegno che le dava allucinazioni?

Doveva essere tecnologia di grido, perché aveva avuto allucinazioni visive, olfattive, uditive, persino… non riuscì a impedirsi di provare un senso di benessere mentre ricordava il delicato, ma deciso, senso di protezione che aveva percepito dalla ragazza.

Supergirl. Era possibile? No, molto più probabilmente qualcuno si stava divertendo con il suo cervello.

Questa era la parte razionale, ma un piccola parte di lei, la parte emotiva, sapeva che Kara era reale, che era da qualche parte intenta a mangiare pancake con quel ragazzo. Corrugò la fronte al pensiero, dunque Supergirl aveva un ragazzo… chissà se sapeva che lei era la supereroina di National City… e questo la portava ad un altro pensiero: Kara. Era il nome con cui si era presentata, era forse il nome kryptoniano o, più probabilmente, il nome con il quale si presentava al mondo con la sua identità segreta?

Troppe domande per cui lei non aveva tempo, aveva appena accettato di guidare la Luthor Corporation, non poteva pensare di avere un chip nel cervello o di essere in contatto psichico con un Super!

Ma l’aveva spinta via… forse non l’avrebbe mai più sentita. L’idea le provocò un senso di perdita acuto che lei soffocò alzandosi con uno scatto e raggiungendo l’armadio. Avrebbe smesso di pensare e avrebbe affrontato la giornata come ogni altra mattina.

 

“Tutto a posto.” Affermò Alex con un sorriso.

“Davvero?” Chiese Kara, saltando giù dal lettino con aria perplessa.

“Sì, perché?”

“Nulla, così…” Sorrise alla sorella che la guardò corrugando la fronte. Kara capì che sarebbe finita presto sotto interrogatorio se non si toglieva da lì in fretta. “Ora devo andare, mi aspettano alla CatCo! Grazie Alex, questi test mensili sono noiosi!”

“Tutti gli agenti del DEO fanno i test mensili, nessuno escluso, Supergirl.” J’onn la guardò con aria seria.

“Ma certo!”

“Ma il tuo non era fissato tra una settimana?” Intervenne Winn, perplesso, e Kara fece una smorfia, maledendo la memoria del ragazzo.

“Davvero? Ero sicura che fosse oggi!” Affermò, arrossendo un poco, mentre vedeva Alex che controllava le date inarcando un sopracciglio. “Vado!” Sorrise a tutti e sparì prima che sua sorella potesse interrogarla.

Nel cielo di National City non c’era una nuvola e Kara volò piano, riflettendo. Lena.

Com’era possibile che ci fosse una persona connessa alla sua mente? Era sembrato tutto così sensato, così giusto, così vero eppure da quando non c’era più aveva vissuto nel dubbio. Aveva sognato? Stava impazzendo? Le stavano controllando la mente?

Chiedere ad Alex di farle un controllo era stata l’unica mossa logica a cui era riuscita a pensare, ma non era riuscita a dirglielo. Perché? Non lo sapeva.

Una piccola vocina nella sua testa, questa volta tutta sua, le diede della bugiarda. Lei sapeva perché non aveva detto niente a nessuno, non a Mon-El, non ad Alex, non a Winn e, meno che mai, a J’onn… perché loro avrebbero fatto il possibile per eliminare quel collegamento. Avrebbero pensato e lavorato ad un modo per separarle e lei… lei non lo voleva. Era assurdo, ma, per la prima volta da quando ricordava, si era sentita perfettamente completa solo con quell’estranea nella mente.

Atterrò in un piccolo vicolo dietro al grande palazzo della CatCo e indossò gli abiti di Kara Danvers, prese un profondo respiro e annuì. Avrebbe affrontato la giornata come tutte le altre e sperato, con tutta se stessa, che il miracolo si fosse ripetuto e che Lena sarebbe tornata.

 

 

Note: Primo capitolo, siete state così veloci ad arrivare a 5 commenti che ve lo siete meritate, anche se avevo pensato di lasciare un po’ più di tempo al prologo.

Le cose si fanno interessanti… spero… ;-)

Lena e Kara si solo incontrate, ma non nel modo “classico”, le loro menti si sono connesse e le due ragazze sembravano averla presa abbastanza bene, almeno fino a quando erano insieme, poi sono arrivati i dubbi e le preoccupazioni, ma anche il desiderio di ritrovarsi ancora.

Sorprese dalla rivelazione immediata di Kara? Sì, la nostra ragazza d’acciaio non ha saputo mantenere il suo grande segreto neanche per tre secondi, Lena invece non ha detto proprio tutto… guai in vista? Lascio giudicare a voi!

 

Nel prologo volevo lasciarvi un po’ di mistero sul legame tra Kara e Lena e non l’ho detto, ma ho pensato a questa storia dopo aver visto il film “In your eyes” se vi va di vederlo non è male.

 

Come sempre fatemi sapere cosa ne pensate! Rendere felice un autore non ha prezzo! Giusto? ;-)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Secondo capitolo: Completa ***


Completa

 

Nel palazzo l’incendio imperversava, Kara atterrò accanto al capo dei pompieri che ebbe un evidente sospiro di sollievo, mentre lei gli consegnava un bambino avvolto in una copertina. La madre poco lontana gemette, scoppiando in lacrime, e corse verso di loro.

“Ho ancora due uomini bloccati al secondo piano.” L’avvertì il comandante dei pompieri e lei annuì. Poteva sentire, grazie al suo super-udito, il loro respiro farsi sempre più difficile.

“Vado a prenderli.” Affermò prima di gettarsi tra le fiamme.

 

Lena osservò l’innumerevole quantità di fogli davanti a lei e fu presa da un attimo di profondo sgomento, sarebbe stata quella la sua vita d’ora in poi? Intere giornate perse tra bilanci, preventivi, previsioni… Una vampata di caldo le fece girare la testa. Prese un profondo respiro cercando di calmarsi.

“Va tutto bene, miss Luthor?” Le chiese la segretaria osservandola.

“Fa caldo.” Disse, lei, agitando appena la mano davanti al viso.

“Oh… posso abbassare la temperatura se lo desidera…”

Una vivida fiamma arancio apparve davanti ai suoi occhi e lei saltò indietro facendo cadere la sedia.

 

Kara entrò nell’edificio in fiamme, mentre con i raggi-X cercava i due pompieri, li trovò quasi subito e si diresse decisa verso di loro. Il calore era intenso e una violenta fiammata scaturì davanti ai suoi occhi.

Un istante e Kara si ritrovò a guardare una segretaria stupefatta e un tavolo pieno di fogli.

“Oh!” Esclamò, mentre veniva avvolta dalla decisa presenza di Lena.

“Un ragno. Detesto i ragni.” Sentì quelle parole e nello stesso tempo udì un gemito proveniente dai due pompieri, non sarebbero rimasti vivi ancora a lungo in quella fornace.

“Non te ne andare! Sono subito da te, devo solo salvare questi due e spegnere l’incendio.”

 

Lena ci aveva quasi creduto quando il medico, dopo averla sottoposta a ogni test immaginabile, le aveva detto che tutto andava benissimo. Eppure, ora, eccola lì, a camminare tra le fiamme nella testa di Supergirl.

Sulle sue labbra si formò un sorriso quando la sentì di nuovo dentro di lei, così forte, così sicura, così… felice. Sono subito da te, aveva detto e nella sua voce vi era del vero calore.

“Un ragno?” Chiese la segretaria guardando la scrivania con apprensione, mentre si alzava a sua volta. Per fortuna se l’era bevuta.

“Non lo vedo più ora.” Sorrise. Era folle, poteva chiaramente vedersi nell’atto di afferrare due grossi pompieri e portarli fuori da un edificio in fiamme, ma nello stesso tempo era lì, nel suo nuovo ufficio. “Penso che possa bastare per oggi. Grazie, Jess. Concludo io, ci vediamo domani mattina.” La donna annuì, prese un plico di dossier che avevano già analizzato e uscì dall’ufficio. Chissà dove, nello stesso momento, Kara spegneva l’incendio con il soffio raggelante dei Super.

“Grazie, Supergirl.” Il comandante dei pompieri le fece un cenno mentre il pubblico applaudiva. Lena poteva sentire un senso di orgoglio e di felicità provenire dalla donna. Un sentimento che non aveva mai provato e che risultava strano. Poi dovette aggrapparsi alla scrivania perché Kara stava volando sulla città.

“Ti prego! Detesto volare!” Chiuse gli occhi, ma percepì lo stesso lo stupore della ragazza.

“Cosa?” Le chiese, evidentemente senza parole. “Ma… ma è la cosa più bella che esista!”

“Non credo proprio.” Affermò lei. Tenendo gli occhi ben chiusi.

“Apri gli occhi, ascolta.” Le domandò, gentilmente. Lena obbedì, perché era difficile resistere a quel tono dolce. La città si stendeva sotto ai suoi piedi, il cielo era buio, ma i palazzi e le strade risplendevano come gemme. Kara era ferma a mezzaria, ma lentamente ricominciò a volare, lasciando che l’aria scivolasse morbida attorno a lei, accarezzando il suo corpo.

Vi era distacco, ma anche comunione, in quel semplice gesto, e lei percepì entrambi, perché Kara li percepiva. Lena lasciò che la fatica e la tensione della giornata scivolassero via da lei e sulle labbra le nacque un sorriso spontaneo.

“Questo è volare…” Ammise, godendosi il sentimento di libertà che giungeva da Kara.

“Sì.” Approvò la ragazza. “Non ero sicura che avremmo potuto parlare di nuovo.” Lena percepì la preoccupazione dietro a quelle semplici parole e la condivise.

“Mi dispiace, questa mattina credo di averti… spinto via.” Rimasero in silenzio. Kara atterrò su di un balcone e Lena si ritrovò ad entrare di nuovo nel piccolo appartamento in cui si era trovata quella mattina.

“Ho fatto dei test… oggi.” Ricominciò a dire la ragazza. “Non capisco, quando sei qui mi sembra tutto così…”

“Giusto.” Concluse lei, conscia di provare lo stesso, insensato, sentimento.

“Ma quando non c’eri più ho creduto che forse…”

“Fossi pazza? O malata?” Chiese con divertimento. “Ho passato il pomeriggio a eseguire test, non ci sono chip nel mio cervello, la chimica, la fisica, la biologia, dicono che sono normale, che sto bene.”

“Anche a me hanno detto che è tutto normale!” Confermò decisa, Kara.

“Cosa dobbiamo fare?” Chiese lei dopo un lungo istante di silenzio.

“Non lo so…” Ammise la giovane, ma Lena poteva sentire che provava un senso di paura all’idea di perderla, la stessa che, irrazionalmente, provava lei.

“Potremmo… potremo vedere cosa succede…” Tentò di proporre.

“Sì!” Accettò immediatamente la ragazza e Lena sorrise, felice.

“Lo hai detto a qualcuno?” Domandò ancora.

“Scherzi? Cercherebbero di…”

“Farci smettere.” Concluse lei.

“Esatto.” Non dissero che non lo desideravano, non c’era bisogno di parole o forse erano parole che non erano ancora pronte a dire.

Lena prese la sedia che prima aveva buttato a terra e la sollevò, sedendosi poi alla scrivania, guardando la massa di lavoro che aveva ancora davanti.

“Sei nel tuo ufficio? A quest’ora?” Realizzò allora Kara.

“Sì.” Rispose e tutta la stanchezza della giornata tornò a schiacciarla. Era così diverso dalla stanchezza rilassata che percepiva in Supergirl.

“Sei stanca.” Affermò la ragazza, decisa. Lena la vide entrare in camera e poi infilarsi in fretta degli abiti. “Esci da lì. Adesso.”

“Ma…” Cercò di protestare.

“Il lavoro non scapperà, su, ora facciamo qualcosa di divertente.” Lena inarcò un sopracciglio divertita. “Cosa fai ancora lì a guardare quei noiosi fogli?” Kara era in cucina, si stava preparando la cena.

“Va bene.”

“Sì!” Esclamò la ragazza e lei non poté fare a meno di ridere. Prese la borsa e uscì.

“Qualcosa di divertente, hai detto?”

“Certo, cosa fai, Lena, per divertirti?” La interrogò.

“Vedrai…” Le promise. L’idea di dedicarsi a ciò che amava davvero le regalò una scarica di gioia. Non si era resa conto di quanto lo desiderasse fino a quando Kara non l’aveva spinta a pensarlo, sarebbe andata nel suo laboratorio, avrebbe smontato, progettato o riconfigurato qualcosa, insomma avrebbe giocato, come faceva molti anni prima con Lex.

L’autista la stava aspettando e lei infilò un auricolare nell’orecchio, così non sarebbe sembrata pazza, e continuò a parlare con Kara. Ridendo di come stava bruciando la carne e cercando di impedirle di mettere del ketchup nella pasta.

Arrivò nella grande tenuta dei Luthor, fuori città, dopo una ventina di minuti. Kara ormai era a tavola e cercava in tutti i modi di infastidirla aggiungendo altro ketchup sugli spaghetti.

“Posso avere la cena nel laboratorio?” Chiese alla cameriera e la donna annuì, sorridendo.

“Laboratorio?” Chiese, subito attenta, Kara. “Non avrai intenzione di metterti di nuovo al lavoro?”

“Non è lavoro.” Le assicurò, aprì la porta e guardò con un ampio sorriso le attrezzature nella stanza.

“Ok…” Kara era scettica e Lena sorrise, mentre si toglieva la giacca del tailleur e arrotolava le maniche della camicia.

“Qua ho compreso cosa volessi fare da grande.” Spiegò, con gli occhi che luccicavano di gioia. Kara sorrideva ora, era chiaro che percepiva la sua gioia, perché si lanciò in una serie di domande, interrogandola su ogni cosa che vedeva ed entusiasmandosi alle sue risposte.

“Mia sorella o Winn impazzirebbero se potessero avere un laboratorio simile in casa!”

“Tua sorella?” Chiese perplessa, lei, mentre smontava un pezzo di condensatore.

“Non ti ho ancora parlato di lei? È fantastica!” Un fiotto di puro amore attraversò il cuore di Lena. Per un istante sussultò, era qualcosa di così genuino e puro che la lasciò confusa. Era questo l’amore incondizionato?

Dieci minuti dopo Kara era ancora alle prese con la sua famiglia, come definiva quello che Lena aveva compreso essere un circolo di amici che ruotava attorno all’eroina.

Osservò il circuito bruciato e annuì, gliene serviva uno più grande.

“Com’è che non mi dici nulla del tuo ragazzo?” Chiese, mentre apriva un cassetto cercando quello che le serviva.

“La cena, miss.” Annuì alla cameriera indicandole il tavolo. La donna posò il vassoio e se ne andò.

“Cosa mangi?” Chiese subito Kara e Lena capì che stava evitando il discorso.

“Scopriamolo.” Accettò, senza insistere.

Mangiò con le chiacchiere di Kara nelle orecchie, rise con lei, scherzò, la prese in giro e si rese conto che stava bene. Sorprendentemente bene. Da quanto non succedeva? Erano settimane che si sentiva oppressa, schiacciata dalle sue responsabilità verso la famiglia. Obbligata a prendere una strada che non desiderava. Aveva sempre lottato per separarsi dal cognome che portava, ma accettando le redini della compagnia aveva messo su di sé un bersaglio. Ora però si sentiva leggera, felice.

“Stai meglio.” Constatò la ragazza che parlava nella sua testa.

“Sì…”

“Bene.” Ed eccola di nuovo quella sensazione di calda accoglienza, quell’abbraccio fatto di calore e dolcezza, come se la ragazza la attirasse in un bozzolo di benessere.

Chiacchierarono ancora, parlando di tutto e di niente, imparando a conoscersi, scoprendo i gusti musicali, i libri preferiti, i film indimenticabili, fino a quando non fu davvero tardi e Kara iniziò a sbadigliare sempre più spesso.

“A quanto pare anche tu hai bisogno di dormire.” Notò con divertimento Lena.

“In realtà mi hanno detto che è un riflesso dovuto all’abitare tra gli umani… potrei anche non dormire affatto, il mio organismo si ricarica da solo.”

“Davvero?” Chiese, questa volta incuriosita, Lena.

“Sì.” Kara si strinse nelle spalle e sbadigliò di nuovo.

“A me sembra qualcosa di più impellente che un riflesso.” Kara si era lanciata sul letto e i suoi occhi si stavano lentamente chiudendo. “Buona notte…” Mormorò percependo un senso di perdita all’idea di salutarla. Gli occhi di Kara si sgranarono.

“E se domani tu non ci fossi più?” Chiese, preoccupata, come in un riflesso dei suoi stessi pensieri.

“Ci sarò.” Tentò di rassicurarla e rassicurarsi al contempo.

“Ok…” Accettò la ragazza ricadendo tra le lenzuola. “Buona notte.”

 

Infatti, l’indomani, Kara ritrovò Lena, mentre stava pranzando. La donna era impegnata con un gruppo di investitori e lei non la disturbò, ma percepì un caldo senso di gioia proveniente dalla ragazza nel sentirla. La sera parlarono di nuovo, mentre Kara salvava un gattino da un albero e fermava una rapina.

Passarono i giorni e poi le settimane. Vi erano giornate in cui erano troppo occupate per parlare, ma riuscivano lo stesso a dedicarsi qualche minuto, magari inviandosi il profumo di un fiore o l’aroma di un croissant. Spesso Kara condivideva un volo con Lena regalandole quella dolce sensazione di libertà proprio quando ne aveva più bisogno. Altri giorni invece li passavano a chiacchierare animatamente, andando dal raccontarsi aneddoti divertenti del loro passato allo spiegare emozioni e sensazioni. Kara sapeva che Lena le stava nascondendo qualcosa, ma capì che aveva un rapporto conflittuale con la sua famiglia, un momento ne era fiera, il successivo se ne vergognava. Un momento era indipendente e forte, quello successivo si sentiva debole e nostalgica.

Era una donna complessa e Kara ne apprezzava ogni sfumatura e sapeva che Lena apprezzava lei, era sempre lì quando aveva paura di sbagliare, quando si sentiva impotente davanti ad un disastro che non aveva potuto fermare ed era lì a risplendere d’orgoglio per lei quando invece riusciva.

Da quando Lena era nella sua vita si sentiva completa.

 

“Ciao, Alex.” La maggiore delle Danvers osservò la sorella lanciarsi verso il cielo e corrugò la fronte perplessa.

“C’è qualcosa di diverso in lei.” Commentò Winn, seguendo il suo sguardo.

“Non l’ho mai vista così… completa.” Cercò di spiegare Alex, facendo una smorfia preoccupata.

“Non dovrebbe essere positivo?” Chiese il ragazzo, stringendosi nelle spalle.

“Certo… ma non capisco il perché e mi preoccupa. A volte parla da sola. Non ha mai parlato da sola e a volte scoppia a ridere, così, dal nulla.”

“Lo so.” Ammise Winn. “Forse è solo felice perché tra lei e Mon-El le cose vanno bene…” Ipotizzò Winn e Alex lo guardò con un’aria tremendamente sarcastica.

Mon-El? Andiamo, quel ragazzo non può essere la fonte di tanta gioia in mia sorella. Ormai lo conosco abbastanza bene da sapere che non è cattivo, ma di certo non è il tipo di uomo che può completare Kara.”

Winn dovette di nuovo annuire. Effettivamente, Mon-El era un tipo simpatico, ma per quanto fosse suo amico non si avvicinava neanche lontanamente alla profondità morale e psicologica di Kara.

“Devi aiutarmi a tenerla d’occhio, se c’è qualcosa che non va in lei, dobbiamo scoprirlo il prima possibile.” Alex fece una smorfia preoccupata e poi sospirò, per quanto desiderasse e amasse vedere sua sorella felice aveva paura che quella situazione potesse essere frutto di qualcosa di malvagio, come era successo un anno prima con quel maledetto parassita che l’aveva intrappolata in un mondo perfetto, ma falso.

Avrebbe tenuto Kara sotto stretta sorveglianza e avrebbe capito cosa le stava succedendo.

 

 

 

Note: Come immaginavate si sono ritrovate e hanno scoperto un nuovo equilibrio. Ora una è parte integrante della vita dell’altra. Lena e Kara si completano, certo e loro sono felici così, hanno messo da parte dubbi e perplessità e vivono il momento, ma Alex che non si lascia sfuggire mai nulla, ha iniziato ad avere dei sospetti e questo potrebbe essere un problema… oppure no? Non dimentichiamo che c’è un segreto tra di loro e questo non è mai un bene!

 

Fatemi sapere cosa ne pensate, condividete i vostri timori e le vostre speranze per il futuro!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Terzo capitolo: La bomba ***


La bomba

 

“Miss Luthor? Il suo appuntamento delle undici è arrivato.” Le annunciò la segretaria e Lena fece una smorfia. Non aveva nessuna voglia di parlare con quell’uomo. Aveva mal di testa, un mal di testa che appariva sempre più spesso, ed era stanca. La sua mente andò a cercare, come una calamita, quella di Kara.

“Ciao.” La salutò la voce piena di vita della ragazza. Lena si guardò attorno, Kara era in un ufficio che riconobbe subito come il posto in cui lavorava.

“Scusa, non volevo disturbarti…”

“Non disturbi mai, pensavo a te.” Ammise, candidamente, la ragazza e Lena arrossì di soddisfazione, mentre il mal di testa scompariva assieme alla stanchezza.

“In realtà sto per avere un incontro delicato e…” Si interruppe perché la porta del suo ufficio si stava aprendo e Jess accompagnò all’interno un uomo, sulla quarantina, elegante e dal sorriso seducente.

“Mr. Lord.”

“Oh, da quando sei così formale, Lena?” L’uomo ampliò il suo sorriso e le tese la mano.

“Maxwell Lord? Hai fatto bene a chiamarmi! Quell’uomo non mi piace.” Affermò decisa la ragazza incrociando le braccia. Lena cercò di non farsi distrarre, ma percepì tutta la determinazione di Kara nel rimanere.

“Avevamo degli accordi, Mr. Lord, e lei li ha disattesi.”

“Guarda che faccia ha, non ti fidare di lui, proprio per niente.” Lena cercò di mantenere uno sguardo neutro su Maxwell, ma le risultò difficile, soprattutto perché poteva quasi immaginare il viso corrucciato e ostile di Kara tramite le sue emozioni.

“I settori in cui le nostre compagnie operano sono affini, ma nessun prodotto uscito dalla mia produzione è in competizione con i tuoi.” L’uomo fece un sorriso seducente.

“Non ancora, certo, ma so che state per lanciare un prodotto su cui stiamo lavorando da un anno. Forse credevi che avessi troppe cose a cui pensare per accorgermene?”

L’uomo corrugò la fronte, fingendo sorpresa a quell’affermazione.

“Questo è impossibile.”

“Impossibile?” Lena si lasciò andare sullo schienale della sedia, un sorriso sarcastico sulle labbra. “Impossibile quanto il fatto che anticiperò di un mese il lancio del prodotto precedendo l’uscita del tuo, costruito su disegni rubati ai miei laboratori? Posso essere a capo della compagnia da poche settimane, ma non mi lascerò scavalcare tanto facilmente.”

“Suvvia, Lena, le tue accuse sono infondate e poco gentili, sai che non farei mai nulla di simile.”

“Mente.” Affermò la ragazza nella sua testa. “Mente spudoratamente.”

“Lo so.” Si rese conto di aver risposto alla ragazza a voce alta quando vide la sorpresa nello sguardo di Maxwell.

Ops…” La giovane si morse il labbro con aria afflitta. “Perdonami, ora me ne resto zitta.”

“Sono contento che tu abbia ancora fiducia in me, ma non capisco perché hai lanciato certe accuse se poi…”

“Mettiamola così: non credo che ci fosse della malafede nel tuo atto, magari ti hanno presentato dei progetti e tu non hai intuito che erano stati rubati. Dunque possiamo giungere a un accordo amichevole: io non metto sul mercato il mio prodotto, lasciando a te quella fetta di mercato, ma tu, chiudi ogni ricerca e progetto riguardanti XV-439.”

L’uomo inclinò la testa pensoso.

“XV-439 è un prodotto che non mostra sviluppi interessanti se non in campo dell’armamento, di cui io non mi occupo e, credevo, neppure tu, perché vorresti averne il monopolio?” Lena si strinse nelle spalle.

“C’è qualche idea… dobbiamo lavorarci, quello che mi importa sopra ogni cosa è sapere che tra le nostre compagnie ci sia un mutuo rispetto e una reciproca collaborazione. Sono disposta a sacrificare un progetto durato un anno per evitare la competizione diretta tra i nostri prodotti che porterebbe solo a una guerra dispendiosa per entrambi, ma devo chiederti qualcosa in cambio, altrimenti che figura farei con il mio consiglio d’amministrazione? XV-439 mi sembra un buon compromesso.” Poteva quasi sentire la concentrazione di Kara, sommarsi alla sua, quello era il momento a cui aveva teso.

“Molto bene.”

“Abbiamo un accordo?” Chiese conferma Lena e Lord annuì. Fu avvolta dalla soddisfazione e sentì Kara emettere un versetto di gioia.

“Ce lo abbiamo.” L’uomo sorrise, poi si alzò tenendole la mano che Lena strinse. “Questo incontro è stato particolarmente piacevole, mi chiedo se non lo sarebbe ancora di più se tra noi due vi fosse una prelibata cena.” Il tono dell’uomo era seducente e così il suo sorriso.

“Ora ci prova con te? Non ci credo!” La ragazza si era dimenticata in fretta l’entusiasmo.

“Perché no, magari, quando il nostro limitato tempo ce lo permetterà.”

“Perché no? Te lo dico io perché no! Quest’uomo è un arrogante, maschilista, bugiardo! E ci ha anche provato con mia sorella! Io lo spezzo in due!”

“Sarà un immenso piacere.” Rispose Maxwell, poi lasciò l’ufficio.

“Sarà un immenso piacere.” Lo imitò la donna con tono civettuolo. “Avresti dovuto…” Fece dei versi strozzati, mentre con le mani imitava lo strozzamento di un invisibile nemico.

“Kara, ti stanno guardando.” L’avvisò, Lena, divertita nel notare alcuni colleghi della ragazza fissarla con perplessità.

“Dovrebbero detestarlo tutti, anche se ogni tanto è utile.” Mormorò allora Kara smettendola di fare gesti strani. “Non volevo disturbare il tuo lavoro.” Aggiunse poi, un poco in imbarazzo.

“In realtà non hai disturbato, anzi, credo che con quella replica io abbia vinto l’incontro.”

“Oh… davvero?” Lena sorrise annuendo, anche se Kara non era lì con lei, fisicamente, sapeva che avrebbe colto il movimento della sua testa, ormai tra loro vi era una perfetta simbiosi.

“L’ho spiazzato e così, quando gli ho fatto la mia offerta, ha accettato.”

“Aspetta, vuoi dirmi che lo hai raggirato?” Sul volto della ragazza si stava aprendo un ampio sorriso e Lena lo sentì nitidamente.

“Sì. Io gli ho fatto arrivare il progetto di cui parlavamo, quello che ci avrebbe messo in concorrenza, non è nulla di eccezionale e frutterà un’entrata modesta.”

“E perché lo hai fatto?”

“Volevo l’esclusiva sull’XV-439.”

“Oh.” Iniziò a capire la donna. “Sei un genio!” Affermò mettendo insieme i pezzi della storia.

“No, ma sono cresciuta tra gli uomini d’affari e so come ragionano, anche quelli brillanti come Mr. Lord.” Chiuse il discorso lei, con un piccolo sorriso soddisfatto.

“Cos’è questo XV-439?” Chiese allora Kara.

“Un composto chimico altamente instabile, ma con ottime proprietà leganti.” Spiegò lei. “La mia azienda lo stava testando per applicazioni militari, pensavamo che potesse funzionare benissimo anche per produrre energia alternativa pulita essendo completamente innocuo per l’uomo, i risultati però erano deludenti. Quello che Lord non sa è che mostra interessanti risultati in campo farmacologico.” Lena sorrise, ripensando ad un aneddoto divertente legato al composto. “Una sera, qualche settimana prima che tu entrassi nella mia mente, mentre lavoravo sul progetto vi è stata una piccola esplosione, l’aria si è riempita del composto a base di XV-439 che stavo testando e…” Si interruppe perché nel campo visivo di Kara era apparso Mon-El.

“Ciao, tesoro!” Urlò il giovane da lontano. Lena sentì la solita morsa di fastidio.

“Devo lasciarti al tuo eroico compagno?” Chiese lasciando che Kara sentisse la vena di sarcasmo che provava ogni volta che vedeva il ragazzo, soprattutto da quando lo aveva sentito definirsi un eroe.

“No, aspetta!” La richiamò Kara, voltandosi e dando le spalle al ragazzo, fingendo di non averlo ancora visto. “Mi libero in un istante. Devi mangiare, no?”

“Vuoi dire che pianti in asso il tuo ragazzo per me? Cosa devo dedurne?” Sorrise nel sentire le guance di Kara scaldarsi, non c’era quasi nulla che la divertisse o le desse più soddisfazione del far arrossire la ragazza d’acciaio, chi lo avrebbe detto che fosse così facile.

“Oh, ciao Mon-El, non ti avevo visto.”

“Come no…” La provocò Lena.

“Passavo di qua e dato che è l’ora di pranzo…”

“Oh… sì… ecco, il fatto è che…” Kara cercava una scusa, Lena aveva scoperto che non mentiva, praticamente mai, se non sulla sua identità segreta, ma quella, più che una menzogna era un’omissione.

“Hai un appuntamento con qualcuno di più interessante.” Le venne in aiuto.

“Ho un appuntamento.” Spiegò Kara, arrossendo ancora un po’. La ragazza alzò la mano e si aggiustò gli occhiali, la sua maschera da essere umano.

“Capisco…” Lena sentì la voce delusa del ragazzo e non provò il minimo dispiacere. Non le piaceva… non che lo conoscesse, tendeva ad andarsene quando lui compariva, ma sentiva quello che Kara provava per lui e si chiedeva perché ci stesse assieme, non vi era un briciolo di passione o di intensità in lei, la maggior parte delle volte provava solo del fastidio e anche quando non era fastidio era annoiata abitudine o semplice e superficiale affetto.

“Mi dispiace, magari domani potrei avere qualche ora libera.”

“Domani sono a Metropolis e vado a mangiare in quel ristorante cinese di cui ti ho parlato… sei sicura che non vorrai essere con me quando assaggerò quei meravigliosi involtini di…”

“No, domani no.” Affermò, Kara, decisa e Lena ridacchiò divertita.

“Magari potrei anche provare un dolce in quella pasticceria in cui fanno la crema con i pistacchi…” Continuò sempre più divertita, sentiva la fame di Kara sopraffare ogni altro desiderio, era folle quanto mangiasse la ragazza, ma dopo tutto aveva un super-organismo da sostenere.

“Decisamente, non domani.” Concluse Kara. “Ora devo proprio andare.” Mon-El annuì.

“Ma certo…” Poi si avvicinò per un bacio. Lena si accigliò. Kara esitò, poi posò un bacio sulle labbra del giovane, velocemente, ma non a sufficienza per i gusti di Lena.

“Avevamo concordato che non lo avresti più fatto mentre sono nella tua testa.” Commentò con una punta di acidità nella voce che non riuscì a nascondere.

“Oh, sii clemente!” Le chiese la ragazza, ma la smorfia di disappunto non abbandonò il viso di Lena. Prima che Kara potesse aggiungere altro per blandirla il telefono suonò, sullo schermo Lena lesse il nome della sorella.

“Dimmi…” La voce di Kara si spense e Lena si drizzò sulla sedia, mentre sentiva la voce concitata di Alex.

“C’è una bomba in Ocean Plaza! Gli artificieri non arriveranno mai in tempo e neppure noi, devi portarla via da lì, subito!”

Lena posò le mani sulla scrivania, mentre il paesaggio cambiava troppo bruscamente per lei, Kara si stava già muovendo a tutta velocità. Giunta in basso dell’edificio strappò la camicia mettendo in mostra il costume, poi spiccò il volo.

La mente della ragazza scivolò lontano e Lena rimase sola nel suo ufficio. Si diede un istante per ritrovare l’equilibrio, poi prese il telecomando e accese lo schermo che aveva alla parete. Il telegiornale non stava parlando della bomba, probabilmente la notizia sarebbe giunta a minuti.

Un forte senso di agitazione la riportò, contro la volontà di entrambe, nella mente di Kara. Sbatté gli occhi e si ritrovò ad osservare un timer.

 

“Due minuti!” Kara osservò il timer della bomba con apprensione. “Posso portarla in cielo e lasciare che esploda là, dove non può fare danni.” Mise le mani sull’ordigno, pronta ad agire.

“Ferma!” Era la voce sicura di Lena.

“Cosa? Perché?”

È una bomba a pressione.” Evidenziò la donna.

Supergirl, va tutto bene?” La voce di Winn proveniva dal suo auricolare e Kara si ritrovò confusa nell’udire le due voci.

“Sì… ma è una bomba a pressione, non posso portarla via.”

“Hai ragione!” Confermò Winn con qualche istante di ritardo.

“Sto arrivando.” Affermò Alex, ma, il tempo scorreva in fretta sul timer, cosa avrebbe potuto fare arrivando con pochi istanti di anticipo sull’esplosione? Probabilmente sua sorella si sarebbe fatta uccidere nel tentativo di disinnescarla. Un secondo intenso senso di panico la sommerse.

“Va tutto bene.” Intervenne però, calma, Lena. “Devi farlo tu.” Kara sentì il cuore accelerare.

“Non so disinnestare una bomba… posso congelarla o…”

“Non funzionerebbe, non con una bomba così potente.” La contraddisse Winn, convinto che lei parlasse con lui.

“Io so farlo, ascoltami.” Lena sembrava non sentire la tensione della situazione, la sua voce era ferma e pacata.

“Non l’ho mai fatto prima, io…” L’agitazione crebbe in lei, mentre il timer scorreva sotto i suoi occhi.

“Ci riuscirai, ascolta: c’è un pannello, aprilo.” Kara scosse la testa poi si guardò attorno. Lei non avrebbe ricevuto altro che un pugno da quella bomba, ma era stata messa in centro città e, malgrado avesse detto alla gente di allontanarsi, molti erano ancora nell’arco dell’esplosione, alzò la testa verso l’imponente edificio che la sovrastava. Quel palazzo sarebbe crollato se la bomba fosse esplosa e all’interno vi erano decine di persone. “Kara, respira.” L’ordine giunse dalla mente calma di Lena e Kara obbedì. “Ora, apri il panello e dimmi cosa vedi.” Eseguì e lasciò che Lena riflettesse. “Molto bene, congela il cavo che parte dal detonatore e va al timer.” Kara si concentrò, individuò il cavo a cui la donna si riferiva e vi soffiò sopra. “Ora trova i tre cavi che dal detonatore vanno alla camera dell’esplosivo.” Kara osservò il timer che segnava trenta secondi e sentì il cuore battere più veloce, ma la voce calma di Lena continuava a guidarla passo dopo passo. “Ottimo, ora strappa quel filo.” Kara eseguì e il timer si spense, le ultime cifre che aveva segnato indicavano tre secondi.

È stato epico!” Esclamò esaltata, ma da Lena non proveniva la giusta reazione.

“Ha un secondo sistema d’innesco. Afferra il nucleo e portalo in alto, veloce!” L’agitazione di Lena filtrò fino a lei e Kara agì d’istinto, afferrò il nucleo esposto della bomba e si lanciò verso il cielo azzurro. Pochi istanti e la bomba esplose tra le sue mani. Fu scaraventata via, ma riprese in fretta l’equilibrio e sorrise.

“Ce l’abbiamo fatta!” Questa volta da Lena proveniva soddisfazione.

Alex e una squadra di agenti arrivarono in quel momento e Kara che era di nuovo a terra, lasciò loro quello che rimaneva della bomba, aveva ancora il cuore che batteva veloce e le mani che tremavano, ma ce l’aveva fatta, anzi, ce l’avevano fatta.

“Grazie.” Disse, con un profondo senso di sollievo e gratitudine. “Non ce l’avrei fatta senza di te.”

“Mi ha fatto piacere poterti aiutare.” Kara percepì la gioia nascosta dietro alle parole di Lena e sorrise.

“Kara.” La ragazza sobbalzò e guardò sua sorella.

“Sì?”

“Io e te dobbiamo parlare.”

 

 

 

Note: Considerazione “tecnica” spero che non abbiate avuto difficoltà a differenziare le due voci nella mente di Kara, in corsivo Lena e in corsivo sottolineato le comunicazioni dell’auricolare.

 

Ora, la storia! E’ comparso il titolo… ipotesi sul perché sia così importante questo misterioso composto dal nome così… banale? Idee??

Piccola comparsa di Maxwell Lord, che ovviamente ci prova con Lena, vi è piaciuta la reazione di Kara? E la reazione di Lena a Mon-El? Infine: Alex! Cosa vorrà dire alla sorella?

 

Come sempre, fatemi sapere!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Quarto capitolo: Lontane ***


Lontane

 

“Una persona parla, nella tua testa?” Alex la guardava con aria esterrefatta.

“Non so se sia stata una buona idea dirglielo.”

“Alex, non devi agitarti, non è niente di malvagio o…”

“Una persona parla nella tua testa da settimane, ormai, e tu non hai pensato che fosse il caso di dirmelo? Cosa sa di te? Cosa sa del DEO?”

“Ehm… io…”

“Tutto. O quasi, che lo voglia o no, non fai nulla per nascondermi dove vai, cosa fai e con chi, anzi. A proposito, avrei qualche consiglio di moda da dare ad Alex: il nero non è l’unico colore esistente.”

“Lena…”

“Aspetta, si chiama Lena?”

Kara sentì il divertimento sparire dalla mente della ragazza ed essere sostituito da una punta di panico. Avrebbe davvero dovuto parlare di questo con Lena, non capiva perché le tenesse nascoste delle cose, come il nome della compagnia per cui lavorava, o la città in cui abitava.

“Sì.”

“Ed è qui, nella tua mente, adesso?”

“Esatto.” Kara annuì. Erano nel suo appartamento e Alex andava avanti e indietro come un leone in gabbia.

“Non riesci a mandarla via? Hai detto che non è sempre con te.”

“Forse ha ragione, dovrei andarmene.”

“No!” Protestò Kara. “Lei non se ne va e tu smettila di trattarla come se fosse un nemico, mi ha appena permesso di salvare decine se non centinaia di persone, un intero palazzo, la tua squadra e, te, Alex.”

“Non capisci? Non è normale avere… come l’hai definita?”

“Una connessione psichica. Ed è normale, per i marziani o per altre razze di alieni.”

“Vuoi dirmi che questa Lena, oltre a saper disinnescare bombe di alta tecnologia, è anche un’aliena?”

“No, anche se mio fratello, una volta, ha detto che avrei potuto essere un vampiro.”

“No, non lo è, ma potrebbe essere un vampiro.” Kara ridacchiò alla battuta, ma Alex la guardò malamente e lei fece roteare gli occhi. “Alex, non è niente di tremendo, te l’ho detto, è come se avessi un’amica intima con cui chiacchiero parecchio.”

“Quindi siamo amiche intime? Quanto intime?” Chiese Lena e Kara sentì la temperatura delle sue guance alzarsi. Quando usava quel tono, quando faceva certe allusioni, lei non poteva fare a meno di andare in crisi.

“Devi farti fare delle analisi e…” Iniziò Alex.

“No, non ce n’è bisogno, le ho già fatte, ricordi?” La ragazza la guardò interdetta.

“Ma è stato più di un mese fa! Avevi detto qualche settimana!” Kara corrugò la fronte, era passato davvero più di un mese?

“Ha ragione lei, ci siamo connesse, la prima volta, quarantadue giorni fa.”

“Wow…” Commentò Kara.

“Cosa?”

“Ci siamo connesse quarantadue giorni fa.”

“E questo lo dice lei?” Alex la fissava come se improvvisamente avesse due teste.

“Sì, è più brava di me in queste cose, ricordarsi le date…”

“Disinnescare bombe…” Aggiunse Lena e lei sorrise, poi si trattenne, perché vide lo sguardo di fuoco di Alex.

“Devo dirlo a J’onn, ne va della sicurezza dell’intera base.”

“Dille che se avessi voluto nuocere al DEO ormai lo avrei già fatto, sono settimane che grazie a te mi aggiro nei loro corridoi, mi hai fatto fare il tour completo dopo appena tre giorni che ci conoscevamo.”

Kara ripeté quelle parole omettendo il tour completo, sapeva che Alex si sarebbe arrabbiata ancora di più.

“Ho capito, questa ragazza ti piace. Ma chi è, come si chiama, che faccia ha?”

“Io…” Kara percepì il disagio di Lena. “Non lo so.”

“Perché?” Chiese Alex, ora si era fermata, non sembrava più arrabbiata, piuttosto preoccupata.

“Credo che…” Si strinse nelle spalle, era la prima volta che se lo chiedeva per davvero, aveva solo una vaga immagine di Lena, sapeva che aveva lunghi capelli neri perché a volte, quando era rilassata a casa, li avvolgeva attorno a un dito, e che aveva la pelle perlacea, perché aveva visto le sue braccia o le sue gambe… Arrossì e abbassò lo sguardo.

“Kara, perché?” Insistette Alex.

“Neanche io ho mai visto te.” Commentò Lena nella sua mente, ma il suo tono non conteneva la solita sicurezza.

“Ma io sono Supergirl… hai visto la mia immagine mille volte… perché io non ho mai visto te?”

“Io…”

Alex la guardava, era in attesa, vedeva che non riusciva a rispondere.

“Posso raggiungerti in qualsiasi parte del mondo in pochi minuti, perché non ci siamo mai viste, dal vero, voglio dire?”

“Kara, non credo che sia questo il momento per parlarne e…” Eccolo di nuovo, quel blocco, quel tenerla lontana da un’informazione particolare. Non potevano leggere una nella mente dell’altra, ma questo non le impediva di percepire un irrigidimento in Lena ogni volta che si avvicinavano al soggetto e, comprese, era per quello che non lo aveva mai affrontato che fosse una scelta cosciente o no.

Kara si fermò a riflettere. Quando erano insieme Lena era sempre stata molto attenta, non si era mai osservata in un riflesso, non aveva mai guardato oltre i finestrini scuri della sua auto, non aveva mai voltato la sedia mostrandole il panorama che doveva esserci oltre la grande finestra che illuminava il suo ufficio. A volte le parlava dei suoi viaggi di lavoro, ma non entrava mai in dettagli che le permettessero di capire dove si trovasse realmente, certo condividevano lo stesso fuso orario, ma… oltre a questo? Poteva abitare in qualsiasi città della costa occidentale.

“Voglio vederti.” Disse e sentì il brivido di terrore che proveniva da Lena, lo sentì distintamente e provò paura a sua volta. Cosa voleva nasconderle?

“Non… ho paura che se tu…” Lena aveva abbassato il volto, appoggiandolo sulle mani. Kara sentì una lacrima scorrerle lungo il viso e ne rimase stupefatta, alzò la mano, ma la sua guancia era asciutta. Lena stava piangendo.

“Alex, puoi lasciarmi sola?” Guardò la sorella e lei sembrò leggere il dolore nei suoi occhi perché si accigliò. “Per favore.” Insistette lei e la ragazza sospirò.

“Domani devi dirlo a J’onn.” Non aggiunse che altrimenti lo avrebbe fatto lei e Kara sapeva che non lo avrebbe mai detto, era sua sorella e l’avrebbe sempre protetta. “Devi farlo.” Aggiunse Alex, seguendo il filo dei suoi pensieri, poi afferrò la giacca e uscì.

Rimasta sola si concentrò su Lena. Era in piedi ora, il suo viso era asciutto, ma in lei vi era una profonda indecisione.

“Lena…” Chiamò piano lei e sentì la ragazza sobbalzare. “Perché mi nascondi chi sei?”

“Non ti ho mai nascosto chi sono. Come potrei?” La sua voce era dura, fredda.

“Sai di cosa parlo.”

“Perché è così importante? Perché non possiamo semplicemente continuare così?”

“Devo dare a J’onn delle risposte e…” Si interruppe, si alzò e iniziò a camminare avanti e indietro imitando, inconsciamente, la sorella. “Perché non possiamo conoscerci per davvero?”

“Non credo sia una buona idea.”

“Perché?” Insistette le esasperata.

“Kara!” Questa volta era Lena ad essere spazientita, vi erano cose tra di loro che non avevano mai affrontato, cose che nessuna delle due ammetteva davvero e che solo le piccole allusioni di Lena portavano alla luce, ogni tanto.

La kryptoniana arrossì, forse non era tutta colpa della reticenza di Lena, se non avevano mai affrontato l’idea di vedersi. Magari anche lei nascondeva qualcosa, perfino a se stessa. Non si sentiva un poco in colpa quando stava con Lena invece che con Mon-El? Ma poteva gestirlo, perché, in fondo, era solo una voce nella sua testa, ma, incontrarla? Incontrarla l’avrebbe messa davanti a qualcosa di concreto e…

“Non…” Riprese fiato e riprovò. “Va bene, ma potresti mostrarmi il tuo volto e dirmi il tuo nome completo. Se avessi queste informazioni potrei darle al DEO e tutti sarebbero più tranquilli. Al massimo ti faranno firmare un accordo di riservatezza e…”

“No.” La risposta secca di Lena la spiazzò.

È davvero così importante per te non mostrarti? Non ti capisco!” Raggiunse l’armadio e aprì l’anta guardando dritto verso il suo riflesso. “Non è difficile!”

 

Il cuore di Lena accelerò nel vedere, per la prima volta, Kara. Non la Supergirl del telegiornale e neppure i rapidi riflessi che aveva colto della ragazza, magari mentre passava davanti ad una grande vetrata o a degli specchi in un negozio. Ora era lì come se fosse di fronte a lei e la guardava con vibranti occhi azzurri. No, non la guardava, la sfidava.

L’avrebbe persa? Perché si sentiva in trappola? In qualsiasi modo avrebbe agito, Kara non l’avrebbe più guardata come prima.

La segretaria aprì la porta e lei alzò la mano impedendole di parlare e indicandole l’auricolare che ormai indossava quasi sempre, non voleva passare per pazza e poi… non voleva che Kara sentisse che la chiamavano miss Luthor.

“Devo andare.” Vide gli occhi di Kara chiudersi e percepì il suo profondo disappunto. “Lasciami qualche ora, ci penserò.”

Non ci furono risposte, Kara aveva chiuso l’armadio, nascondendo o specchio, e ora fissava il legno con deliberata ostinazione.

Avrebbe voluto aggiungere altro, ma sapeva che Jess era lì per annunciarle il suo primo appuntamento del pomeriggio e non poteva esimersi.

Allontanò il legame con Kara e la ragazza svanì dalla sua mente. Era sola, guardò Jess e annuì.

“Sono arrivati i grafici con i disegni, miss Luthor.”

“Va bene, falli entrare.” Aveva deciso di cambiare il nome alla sua compagnia, aveva deciso di rinominarla L-Corp, e aveva bisogno di un nuovo logo. Erano giorni che lavorava per organizzare ogni cosa, eppure ora c’era solo Kara nei suoi pensieri, ma non nel modo meraviglioso in cui vi era di solito. Non poteva perderla.

Il pomeriggio sembrò non finire mai, di solito Kara appariva per raccontarle o mostrarle qualcosa, brevi lampi che coloravano la sua giornata senza interrompere il suo lavoro, ma rendendolo sopportabile, oppure era lei a cercare nella ragazza un momento di distensione, magari dopo un meeting difficile o prima di prendere una decisione cruciale. Non aveva bisogno di spiegarle nulla, bastava che Kara percepisse la sua tensione perché con poche parole e una risata la sciogliesse. A volte Kara si allontanava dal suo ufficio anche solo per farla volare, pochi minuti tra le nuvole di National City e la sua mente era rilassata e pronta a tornare al lavoro.

Ma quel giorno Kara non venne e lei non la cercò, il mal di testa arrivò e non la lasciò neppure per un istante giungendo ad essere un ritmico pulsare appena dietro ai suoi occhi.

Il mattino dopo partì per Metropolis e passò la giornata a sistemare gli ultimi dettagli affinché la nuova sede ufficiale della L-Corp fosse National City.

“La porto a casa, miss Luthor?” Le chiese l’autista aprendole la porta.

“No, al Royal Hotel.”

Certo, miss.” Non aveva nessuna intenzione di passare la notte sotto lo stesso tetto di sua madre e sapeva che lei si sarebbe trovata nella casa dei Luthor a Metropolis.

Arrivò in pochi minuti, ma quando scese ed entrò nell’atrio il suo cuore sprofondò e una fitta più intensa alla testa le fece chiudere per un istante gli occhi. Aveva preso due antidolorifici, ma niente sembrava riuscire a farla stare meglio.

“Lena.” Il tono di sua madre era freddo, venato di disapprovazione, la donna la squadrò e una piccola smorfia apparve sulle sue labbra. “Vedo che il tuo gusto in fatto di abbigliamento non è ancora migliorato.” Commentò, sferzante come sempre.

“Madre.” La salutò lei con freddezza cecando di non mostrare il dolore che provava a quelle critiche. “Non credo che abbiamo fissato un appuntamento.”

“Infatti non ho bisogno di un appuntamento per vedere mia figlia. Non capisco perché hai deciso di pernottare qua e non a casa, ma, visto che sei qui e non in quella volgare città della costa occidentale, ceneremo assieme.” Lena annuì secca. Sapeva benissimo che non poteva sottrarsi. Per un istante fu sul punto di legarsi con Kara, poi si trattenne, non poteva sopportare anche la l’ostilità della kryptoniana, non in quel momento.

Avrebbe avuto bisogno di un bicchiere di brandy o di whiskey…

“Ti sanguina il naso, spero non ti succeda anche durante i meeting, sarebbe un imperdonabile segno di debolezza.” Lena strinse i denti cercando di ignorare la madre. La donna le tese un fazzolettino che lei accettò, tamponandosi il naso. “Così va meglio.” Disse, Lillian, tendendo la mano per riavere il bianco fazzoletto ricamato con un giglio e le due L tipiche dei Luthor. “Ora vai a cambiarti e indossa qualcosa di appropriato a un cena.”

Lena sospirò, sì, aveva bisogno di qualcosa di forte.

 

Kara sferrò un pugno dritto verso Mon-El, il ragazzo sgranò gli occhi, ma era troppo tardi, il colpo gli arrivò dritto sul naso e lo buttò a terra.

“Ahi!” Si lamentò portandosi le mani al volto. Kara fece una smorfia.

“Scusa, scusa, scusa…” Iniziò, tendendogli la mano e aiutandolo ad alzarsi.

“Cos’hai oggi?” Le chiese il giovane massaggiandosi il naso. “Sei arrabbiata per qualcosa?” Se persino Mon-El si era accorto che qualcosa non andava allora doveva davvero essere evidente.

Kara sbuffò, mentre sentiva di nuovo la rabbia crescere. Lena le aveva chiesto del tempo e ora non si faceva più sentire. Era sparita, sparita dalla sua mente, ma questo non significava che non fosse costantemente nei suoi pensieri.

“Non sono arrabbiata con te, scusami, mi sono distratta, non volevo colpirti così forte.”

“Kara.” Il ragazzo abbassò la mano e la guardò con occhi dolci. “Qualsiasi cosa sia andrà bene, vedrai.” Sorrise e si tese in avanti cercando le sue labbra. Lei però voltò la testa girandosi a prendere dell’acqua, Mon-El sapeva essere così frustrante, invece di chiederle cosa non andasse e di aiutarla riusciva sempre e solo a dire quelle frasi inutili. Perché doveva essere sempre e solo interessante quello che lui provava?

“Non capisco.” Questa volta il tono di Mon-El era seccato. “Cosa c’è che non va in te?” Kara si voltò di nuovo verso di lui, sorpresa dal suo tono.

“Non c’è nulla che non va.” Affermò decisa.

“Ho fatto qualcosa di male? Sembra che tu non voglia passare del tempo con me e quel poco di tempo che passiamo assieme eviti di toccarmi, baciarmi, figurarsi altro!” Kara arrossì violentemente all’allusione del ragazzo.

“Non è vero!” Rispose, ma sapeva che il ragazzo aveva ragione, il fatto era che c’era Lena e quando c’era Mon-El la ragazza se ne andava e lei non voleva che se ne andasse…

“Allora baciami.” Richiese il giovane e Kara fece una smorfia.

“Non ti bacerò se usi un simile tono!” Ritorse mettendo le mani sui fianchi.

“Ma certo, ogni scusa è buona per non farlo!” Il daxamite si allontanò a passo deciso, afferrò l’asciugamano e risalì le scale della piccola palestra del DEO.

Kara strinse le dita e poi sferrò un pugno contro il grande blocco di cemento. Ci mancava solo più che litigasse con Mon-El!

Due mani si posarono su di lei strisciando sulla sua schiena fino ad arrivare alle spalle, mentre una fragorosa musica riempiva le sue orecchie. Kara fu sommersa dalla sensazione, era appoggiata ad un muro, ma i suoi sensi sembravano non funzionare bene, scosse la testa cercando di capire che diavolo Lena stesse facendo, poi una bocca si posò nell’incavo del suo collo e Kara sgranò gli occhi.

“Vai via, Kara.” La voce di Lena era impastata.

“Hai bevuto?” La accusò lei cercando di non sentire le mani di qualcuno che scivolavano sulla sua schiena e di non pensare a quella bocca che stava appoggiata al collo di Lena.

“Non sono affari tuoi.”

“Cosa?” La voce era di una donna e mormorò la domanda direttamente nelle orecchie di Lena. Quella consapevolezza le fece girare la testa. Poi le mani della donna si posarono sul seno di Lena e Kara sobbalzò, arrossendo violentemente.

“Falla smettere! Subito!”

“E perché dovrei?” La voce di Lena era divertita ora, anche se Kara sentiva che faceva fatica ad articolare le parole.

“Sei stata tu a chiamarmi, è ovvio che vuoi essere fermata.” Kara strinse di nuovo i pugni, era furiosa, sentire quelle mani accarezzare il corpo di Lena la mandava in bestia.

“Non credo proprio.” Mormorò però Lena.

“Smettila.”

“Perché, Kara?” Insistette la donna, poi si voltò e Kara poté vedere la ragazza che prima sentiva soltanto. Era bella, i capelli rossi e gli occhi nocciola, pieni di lussuria. Kara strinse la mascella, sentiva il cuore battere forte. Lena si tese in avanti e Kara la sentì mentre baciava labbra morbide e avide. Percepì il gusto dell’alcool nella bocca della donna e provò un profondo disgusto.

“Questa non sei tu.” Mormorò e poi, per la prima volta, fu lei a spingere via Lena, chiudendo la propria mente.

 

 

 

Note: Kara ha vuotato il sacco e Alex ha spinto le due ragazze verso qualcosa che stavano accuratamente evitando: un incontro vero, un guardarsi faccia a faccia.

Cosa succederà ora? Lena ha esagerato con l’alcool dopo aver allontanato Kara e cenato con Lillian, Kara ha litigato con Mon-El e poi ha dovuto essere partecipe di un momento a cui di certo non voleva assistere…

E Alex? Alex ha chiesto chiarezza e verità, starà ad aspettare che Kara e Lena risolvano i loro problemi?

Idee su come la situazione si svilupperà?

 

Fatemi sapere se la storia continua a piacervi e se siete curiose di sapere come le cose si evolveranno!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Quinto capitolo: Specchiarsi ***


Specchiarsi

 

Lena si alzò dal letto e andò nel bagno accese la luce e mise un’aspirina in un bicchiere d’acqua poi bevve facendo una smorfia, il suo mal di testa non si era attenuato e l’alcool non stava aiutando affatto. Tornò in camera si stese nel letto e guardò l’ora, erano le quattro di mattina il che significava che a National City era tarda serata. Kara era a casa o intenta a catturare qualche malvivente?

Al pensiero della ragazza provò un senso di disgusto verso se stessa. Perché, dopo la cena con sua madre, aveva deciso di andare in quel night club e di scolarsi una decina di cocktail in rapida successione, di lasciarsi rimorchiare da quella ragazza, e poi di cercare Kara?

Dopo aver passato un’ora con sua madre a farsi disprezzare aveva voluto che l’unica persona il cui sguardo contasse la vedesse per quella donna persa che era. Perché? Aveva così paura di dirle chi fosse realmente, di dirle che era una Luthor da voler mettere fine alla situazione in anticipo?

Si morse il labbro e si alzò di scatto dal letto.

“Kara.” Chiamò con forza e decisione, il suo cuore batteva veloce, ma aveva deciso e niente l’avrebbe fermata.

“Sto dormendo, se hai altre donne da presentarmi lo farai in un altro momento!” Il tono di Kara era ferito, offeso eppure sentire che aveva risposto le procurò un’onda di sollievo e il suo mal di testa si attenuò.

“Mi dispiace per quello che è successo prima… non avrei dovuto…”

“Non avresti dovuto chiamarmi mentre…” Lena sentì la rabbia ora, una rabbia vibrante. Corrugò la fronte, Kara non era disgustata, era arrabbiata, perché?

“Non è successo nulla… dopo che te ne sei andata.” Specificò, il cuore che accelerava all’idea che Kara potesse essere gelosa. Era difficile comprendere le sfumature dei sentimenti della ragazza, era troppo arrabbiata.

“Mi sembrava che fosse evidente che vi piacevate.” Affermò, picata, Kara.

“Ero ubriaca e sola e lei era lì, ma baciarla mi ha ricordato cosa provi tu quando baci Mon-El e…” Il riferimento al ragazzo provocò in Kara un sussulto, Lena scosse la testa e si concentrò su quello che voleva fare. “Ne riparleremo se lo vorrai ancora. Dopo…” Sentì che Kara si sollevava a sedere attenta, tesa.

“Dopo?” Chiese con un poco di titubanza.

“Dopo che avrai visto chi sono.” Si alzò dal letto, aveva la bocca secca e il cuore che batteva veloce, l’avrebbe fatto, avrebbe mostrato a Kara il suo volto.

“Adesso? Vuoi dire… adesso?” Balbettò la ragazza, agitandosi.

“Sì.” Decretò lei. Gli occhi puntati sul grande specchio messo in un angolo della stanza. Non vi era molta luce nella camera d’albergo, ma a sufficienza perché lei potesse vedersi, sarebbe bastata anche a Kara. Di certo sarebbe bastato a chiunque per riconoscere Lena Luthor, troppo spesso in prima pagina. Con un tuffo al cuore si rese conto che indossava solo mutande e reggiseno, così afferrò la camicia che aveva gettato ai piedi del letto e la infilò in fretta. Sentiva l’impazienza di Kara e ciò la spinse a fare in fretta e a lasciar perdere i pantaloni.

Prese un profondo respiro e si mosse di modo che il suo riflesso entrasse nello specchio.

 

Il cuore di Kara batteva veloce. Sentì la seta della camicia scivolare sulla pelle di Lena e capì che era quasi nuda, quel pensiero le diede una nuova scossa d’adrenalina. Perché ci stava mettendo così tanto?

E, poi, eccola lì.

Gli occhi di Kara si sgranarono mentre, per la prima volta, vedeva Lena. Due occhi chiari, indefinibili nella scarsa luce della stanza, la fissarono decisi eppure leggermente sgranati, forse dalla paura, le emozioni che provenivano dalla donna erano confuse. Un viso dalle linee forti, un naso dritto, la mascella ben delineata, ma addolcito da labbra che promettevano di essere morbide. Come se seguisse la linea dei suoi pensieri Lena alzò la mano e si accarezzò le labbra. La sensazione le diede le vertigini. Kara osservò la pelle bianca di Lena, il reggiseno borgogna spiccava sotto la camicia panna sbottonata, senza che lo volesse il suo sguardo scese lungo il ventre piatto per poi continuare lungo le gambe. Si morse il labbro tornando a guardare Lena negli occhi.

“Sei…” La mano di Lena ricadde lungo il corpo e Kara percepì l’onda di paura che la attraversava. “Bellissima.” Concluse, senza riuscire a dire altro, incapace di distogliere gli occhi dalla ragazza che aveva davanti.

“Cos…cosa?” Chiese allora Lena, sembrava confusa.

Rao, Lena, sei la donna più bella che io abbia mai visto! Perché non hai mai voluto che vedessi il tuo viso?” Kara sentiva le guance calde, ma allo stesso tempo sapeva di dover rassicurare la ragazza ed eliminare le paure che percepiva in Lena.

“Non era per questo.” Le sue mani indicarono il corpo e Kara dovette mordersi di nuovo le labbra. Lena ora provava una sorta di profondo sollievo, subito sostituito da qualcosa di nuovo. “Ti stai mordendo le labbra?” Chiese e Kara smise subito.

“No.” Mentì d’impulso e Lena scoppiò a ridere.

“Bugiarda.” L’accusò. Forse vi era ancora dell’alcool nel suo corpo, perché Lena si morse il labbro e poi alzò le mani passando i polpastrelli lungo la fila di bottoni della camicia. Nei suoi occhi Kara vide brillare una luce maliziosa, la stessa che aveva immaginato molte volte.

“Lena… cosa…” Chiese, ma la donna ridacchiò e, molto lentamente, sfilò la camicia lasciandola cadere a terra. Kara sentì il suo ventre attorcigliarsi, mentre un nucleo caldo si accendeva nel centro del suo corpo.

Lena iniziò a passarsi le mani lungo il volto, poi lentamente scese sul collo, si sfiorò le clavicole e scese ancora, passando morbidamente tra i seni. Le mani di Kara fremevano, percependo sotto le dita la pelle di Lena, quasi cose se fosse lei stessa ad accarezzarla.

“Lena!” La richiamò. La ragazza alzò lo sguardo fissandosi nello specchio e permettendole di guardarla dritta negli occhi. “Sei… sei la mia migliore amica…” Disse cercando di capire quello che provava.

“Davvero?” Chiese la ragazza. È questo quello che provi per un’amica?” Domandò, sfrontata, ora, come se l’immenso sollievo provato l’avesse scatenata.

Kara non poteva negare, sapeva che Lena sentiva il suo turbamento.

“Ammettilo.” Pronunciò Lena con tono basso, delicato adesso, timoroso.

“Cosa… cosa devo dire?” Chiese bisbigliando a sua volta.

“Di che vuoi baciarmi.” Kara sentì la testa girare. Quelle parole avevano attraversato il suo cervello come una violenta scossa, scuotendola nell’animo. “Sono al Royal Hotel di Metropolis, suite 18. Lascerò la finestra aperta.” Kara fu in piedi prima ancora di capire cosa stesse facendo. Si bloccò e rimase un istante immobile, il suo cuore batteva veloce, il desiderio di raggiungere la ragazza era altrettanto forte.

Mon-El.” Ricordò e percepì un tremito in Lena. Vi era un motivo se non aveva mai riflettuto davvero su quello che provasse per Lena, se non aveva mai pensato troppo alle allusioni della ragazza, se non le aveva mai chiesto di vedersi. Sapeva, dentro di lei, che se si fossero viste, allora, avrebbe dovuto affrontare una nuova forma di verità, una verità di cui aveva paura e che al contempo, la eccitava terribilmente.

Guardò Lena ancora immobile davanti allo specchio. La ragazza si era esposta, si era letteralmente messa tra le sue mani e lei esitava…

“Capirò se non verrai.” Mormorò e poi sparì dalla sua mente.

Kara arrivò fino alla finestra, poi si fermò. Cosa stava facendo?

Si lanciò in volo e raggiunse il bar nel quale lavorava Mon-El. Il ragazzo nel vederla si accigliò, dopo tutto, quel pomeriggio, non si erano lasciati molto bene.

“Possiamo andare da qualche parte, da soli, un attimo?” Il giovane la fissò perplesso poi annuì, fece un cenno alla seconda barista e poi la condusse sul retro del bar.

“Cosa succede?” Chiese, il tono ancora un po’ rigido. Kara prese un profondo respiro e gettò le braccia attorno al collo del ragazzo, lo attirò a sé e lo baciò. Mon-El rimase immobile, per un istante, preso alla sprovvista, poi la afferrò per i fianchi e spinse, con veemenza, la lingua nella sua bocca. Il corpo del giovane premuto contro il suo non nascose nulla a Kara che cercò di rifiutare quell’immediato senso di repulsione all’eccitazione del ragazzo.

Mon-El la sollevò spingendola contro il muro, la forza del ragazzo era decisamente inferiore alla sua, ma fu brusco e, per quanto non potesse sentire male, provò del fastidio.

Mon-El…” Cercò di rallentare, ma il giovane aveva atteso settimane e ora era convinto che lei fosse lì per questo.

“Ti voglio.” Mormorò il giovane baciandole il collo. Si era fatto la barba quella mattina, ma ora doveva essere ricresciuta, perché la punse.

“Aspetta… volevo parlare e…” Il ragazzo annuì, ma le sue mani corsero a sollevarle la maglietta. “Mon-El potrebbe entra qualcuno da un momento all’altro!” Esclamò, cercando di fermarlo senza essere troppo brusca.

“Non mi importa.” Affermò lui, la voce leggermente roca.

“Importa a me!” Kara lo spinse via e il ragazzo si ritrovò scaraventato indietro, finendo a sbattere contro un armadio. “Scusa…” Mormorò lei, facendo una smorfia.

“C’è un altro, non è vero?” Il tono di Mon-El ora era basso, triste, rassegnato. Si era aspettata della rabbia, con quella avrebbe potuto rispondere, ma così…

“No!” Protestò, ma arrossì per la mezza bugia.

“E allora perché? Cosa c’è che non va?” Kara scosse la testa incapace di spiegare. Eppure nella sua testa risuonavano le parole di Lena: baciare quella sconosciuta le aveva ricordato lei che baciava Mon-El, ma Mon-El non erano uno sconosciuto qualsiasi, lei gli voleva bene…

“Perché non mi hai mai detto che mi ami?” Il ragazzo sembrava aver seguito il filo dei suoi pensieri, perché quella domanda arrivò precisa e puntuale sorprendendola e al contempo chiarendo ogni dubbio. Lei non lo amava.

“Mi dispiace.” Ammise e vide le spalle del ragazzo afflosciarsi, la guardò con un sorriso amaro, sconfitto.

“Posso offriti da bere? Credo che io mi prenderò una bella sbronza adesso.” Affermò il giovane e Kara scosse la testa.

“No, ne ho avuto abbastanza di alcool per oggi.” Tese la mano al ragazzo e fece un sorriso triste. “Ma rimarrò con te, se ti va.” Lui annuì, prese la sua mano e si lasciò accompagnare di nuovo nel bar.

Mentre Kara lo guardava bere cercava con tutta se stessa di non pensare a Lena in attesa, nella stanza d’albergo, l’idea di raggiungerla era così forte da essere quasi soffocante, ma non poteva abbandonare Mon-El e non era così sicura di poter gestire quello che provava per la ragazza.

 

Lena si voltò nel letto, aprì gli occhi e sbuffò. La tenda ondeggiava leggermente al vento, ma la stanza era vuota.

Vuota.

Kara non sarebbe arrivata. Era stata sciocca a chiederle di venire. Perché diavolo lo aveva fatto? Era stata così felice che non avesse riconosciuto il suo viso che non avesse compreso chi era la sua nuova amica che… o forse erano stati gli occhi di Kara su di lei, quello sguardo caldo, che aveva scaldato il suo stesso cuore, emozionandola. Sapere che non era solo lei a provare del desiderio per la giovane aveva scatenato in lei la voglia di spingersi più in là. Non poteva dare la colpa all’alcool, ma di certo l’aveva aiutata e poi, finalmente, il suo mal di tesa era sparito e lei si era sentita così bene!

Ma non avrebbe dovuto provocarla, Kara era fidanzata ed era troppo onesta per tradire Mon-El, anche se, entrambe sapevano, consciamente o inconsciamente, che non lo amava.

Ruotò nel letto e lanciò un’altra occhiata alla finestra. Quanto ci avrebbe messo Supergirl ad arrivare a Metropolis? Cinque minuti? Probabilmente meno e ne erano passati venti ormai.

Per un istante pensò che avrebbe potuto entrare nella mente della ragazza e scoprire da sola cosa stesse facendo, ma poi se lo impedì. Forse aveva mal interpretato il suo sguardo e… no, non poteva aver frainteso e…

E lei era una dannata Luthor e non lo aveva detto a Kara. Se fosse apparsa ora, in quella stanza, cosa avrebbe fatto? Sarebbero finite a letto assieme senza che lei sapesse che era a letto con ‘il nemico’? No, forse era meglio se non arrivava, il giorno dopo avrebbero parlato, calme, senza alcool o sentimenti a mettersi di traverso. Sì, non appena sarebbe atterrata a National City avrebbe chiamato Kara con il telefono, perché aveva memorizzato il suo numero quando lo aveva dato a un collega, e le avrebbe chiesto di raggiungerla in quel ristorante che amava tanto, poi le avrebbe parlato.

Era decisamente meglio che non fosse venuta. Strinse gli occhi e cercò di fingere che il suo cuore non dolesse per quel rifiuto. Cercò di non pensare al fatto che ancora una volta era stata rifiutata, perché non era giusto, Kara non l’aveva rifiutata, era stata lei a chiederle troppo e troppo in fretta.

Prese un profondo respiro e lasciò che la stanchezza della giornata la sommergesse, aveva bisogno di dormire e sperò di riuscirci, anche se il mal di testa stava lentamente tornando.

 

“Lo sai che ti amo, non è vero?” La voce impastata di Mon-El le fece storcere il naso, così come l’odore d’alcool che lo attorniava.

“Lo so, Mon-El, e mi dispiace.”

“Ti dispiace? E allora perché mi lasci?” I lacrimoni scendevano lungo il viso di Mon-El che non sembrava intenzionato a smettere.

“Non credo di potertelo spiegare meglio di come ho fatto nelle ultime due ore… credevo di poter trovare in te qualcuno che mi capisse, ma non basta aver vissuto esperienze traumatiche simile per capirsi e completarsi.” Il daxamite probabilmente non aveva capito neppure una parola.

“Ma siamo la ragazza di Krypton e il ragazzo di Daxam! Siamo la più bella coppia del mondo, no, dell’universo.” Kara fece una smorfia, Mon-El era ubriaco fradicio e non si reggeva sulle sue gambe, per fortuna sostenere il peso del giovane non era affatto un problema per lei.

“Siamo quasi arrivati.” Affermò con un certo sollievo. Risalì le scale e aspettò che Mon-El si frugasse nelle tasche alla ricerca delle chiavi. Fu una ricerca molto lunga, ma alla fine il giovane le consegnò il mazzo.

Kara aprì la porta e accompagnò Mon-El fino al letto dove lo lasciò cadere, pancia in su.

“Rimani con me.” Le chiese il ragazzo guardandola con occhi lucidi a causa dell’alcool.

“Non posso, Mon-El.” Mormorò lei. Poi gli tolse le scarpe e lo coprì con una coperta. “Ti voglio bene, lo sai questo, vero?”

“Sì… speravo bastasse.” Borbottò. Kara annuì piano, anche lei credeva che sarebbe bastato, ma poi nella sua mente una voce aveva iniziata a parlare e, improvvisamente, accontentarsi non aveva più avuto senso.

Con un piccolo sorriso dispiaciuto si piegò sul giovane e gli lasciò un bacio sulla fronte.

“Domani ti sentirai molto male, ma passerà.” Il giovane aveva già chiuso gli occhi e iniziato a russare. Kara raggiunse la piccola cucina e prese un bicchiere d’acqua, lo riempì e lo posò sul comodino. Corrugò la fronte cercando di pensare a cosa le aveva detto Alex su come alleviare gli effetti della sbronza, ma non ricordava altro oltre all’acqua. Sperando che sarebbe bastata lanciò un ultimo sguardo a Mon-El e se ne andò.

Raggiunse Metropolis in pochi minuti. Il Royal era l’hotel più elegante e lussuoso della città, le bastò un istante per identificare la suite 18 e fermarsi davanti alla finestra.

Poteva sentire il respiro calmo di Lena, poteva sentire il suo cuore battere lento e regolare, poteva persino sentire il suo profumo. Rimase immobile per un tempo che le parve infinito, poi radunò tutto il suo coraggio ed entrò nella stanza scostando appena le tende.

Lei era lì, stesa sul letto, addormentata. Per la prima volta la vedeva per davvero e non importava che fosse semi nascosta tra le lenzuola e che i suoi occhi fossero chiusi: era la donna più bella che avesse mai visto. Lo aveva compreso nel vederla nello specchio e ora lo comprendeva vedendola dormire.

Doveva svegliarla?

 

 

 

 

Note: Ebbene sì, Lena ha raccolto il coraggio e si è mostrata a Kara, ma le cose non sono andate come progettava lei. Straordinariamente, Kara, non l’ha riconosciuta. Sollievo, un pizzico di coraggio liquido (alcool) e le sensazioni di Kara nel vederla per la prima volta hanno spinto Lena al di là della soglia dell’amicizia… E Kara? Kara ha fatto due più due e ha mollato Mon-El, era ora, direte voi! XD Cosa ne pensate, è stata gentile, no? Non l’ha lasciato da solo, neppure sapendo che Lena aspettava semi nuda in una camera d’albergo. Io direi che è stata pazza, ma va beh… lo doveva a Mon-El, giusto?

Cosa dite che succederà? Kara sveglierà Lena?

 

Bene, spero che questa svolta vi sia piaciuta, ma non dimenticate che Alex è sempre là fuori e che un certo segreto non è stato svelato!

Fatemi sapere tutto quello che pensate!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Sesto capitolo: Suite 18 ***


Suite 18

 

Il pensiero scivolò nella sua mente, dolce, delicato. Lena aprì gli occhi lentamente e sorrise. Sapeva che era lì, lo sapeva senza bisogno di vederla.

“Sei venuta.” Mormorò. La luce dell’alba stava già filtrando tra le tende.

“Non volevo svegliarti…”

“Oh sì che lo volevi.” Alzò lo sguardo e lei era lì, per la prima volta non erano una nella mente dell’altra, ma si guardavano, per davvero.

“Ehm… va bene.” Ammise Kara e Lena apprezzò il rossore sulle sue guance, quante volte lo aveva immaginato e percepito?

“Sei bellissima.” Non riuscì a trattenersi dal dire. Aveva sempre pensato che fosse bella e vederla allo specchio le aveva tolto il respiro, ma dal vivo… era qualcosa di splendido. I suoi capelli color del grano maturo sembrano risplendere anche senza il sole che li illuminava e i suoi occhi azzurri erano vivaci e profondi.

“Oh, no, tu sei bellissima.” Il complimento la fece sorridere e abbassare gli occhi, non era da lei arrossire, ma nessuno, mai, l’aveva guardata con occhi così puri e così sinceramente colpiti.

“Vieni qua.” Le indicò il letto e vide Kara ondeggiare sul posto, indecisa. Dovette ridere nel vedere la famosa eroina di National City stringere le mani e mordicchiarsi il labbro, esitante, il mantello che ondeggiava piano alle sue spalle seguendo in movimento del suo corpo. “Non mordo.” La rassicurò con un sorriso.

“Oh… potresti anche mordere, non mi farebbe nulla. Una volta un gatto mi ha morsa, ma si è rotto un dente, Eliza ha detto che era un dentino da latte e che non dovevo preoccuparmi per il gatto.” Parlava veloce, come quando era tesa, Lena si tirò a sedere sul letto, ma quando vide gli occhi di Kara sgranarsi ricordò che indossava solo la biancheria intima, così tirò su anche il lenzuolo.

“Kara.” Richiamò la ragazza che era diventata rossa. “Vieni e siediti qui.” Con la mano batté sul materasso accanto a lei. La kryptoniana esitò ancora un istante poi obbedì. Ora erano vicine e Lena sorrise, poteva sentire il calore provenire da Kara, ma non si toccavano, non ancora.

Lentamente alzò lo sguardo fino a incrociare quello di lei.

Lena aveva giocato davanti allo specchio qualche ora prima, l’aveva provocata, e, fino ad un istante fa, le sembrava di avere la situazione sotto controllo, eppure ora sentiva il cuore batterle veloce nel petto. Improvvisamente era tornata un’adolescente alla sua prima cotta.

Nel vedere lo sguardo di Kara, pieno di timidezza, sorrise, non aveva bisogno di essere nella sua mente per conoscere i suoi sentimenti.

Alzò la mano e Kara la imitò, lentamente le loro dita si sfiorarono e poi si intrecciarono. Sospirarono entrambe a quel breve contatto, il primo tra loro due.

Lena osservò le loro dita intrecciate, affascinata si portò la mano di Kara al viso lasciando che il dorso aderisse alla sua pelle. Sentì il fremito della ragazza e chiuse gli occhi.

Kara allungò la seconda mano e le sfiorò il viso con le dita.

È diverso…” Mormorò affascinata Kara, la mano ora tracciava lentamente la forma del viso di Lena. “Rispetto a quando ero nella tua mente.” Si spiegò e Lena annuì piano, anche dal suo punto di vista era decisamente diverso. Nulla l’aveva preparata alle emozioni che quel semplice contatto le stava trasmettendo. Chiuse gli occhi e strinse la mano di Kara allontanandola dal proprio viso.

“Dobbiamo parlare.” Affermò cercando di apparire decisa. Gentilmente la mano di Kara si sciolse dalla sua e prese a scorrere sulla sua spalla nuda fino a scendere ad accarezzarle il braccio, delicata come una piuma.

“Non riesco a credere di essere finalmente qui, davanti a te.” La voce della ragazza era bassa e profonda. Lena non l’aveva mai sentita così, le diede un brivido. Eppure dovevano parlare, era importante che sapesse chi era e…

“Non riesco a credere che la tua pelle sia ancora più morbida di quello che avessi immaginato.” Gli occhiazzurri di Kara si fissarono sulle sue labbra come se il pensiero l’avesse portata a pensare ad un’altra morbidezza. “Mi hai chiesto di dirtelo…” Mormorò ad un soffio da lei.

“Cosa?” Chiese, allora, Lena, cercando di respirare.

“Voglio baciarti.” Ammise, finalmente, Kara.

Lena sentì il cuore batterle veloce nel petto, mentre le labbra di Kara scendevano dolci sulle sue. Chiuse gli occhi e semplicemente si lasciò andare assaporando la morbida dolcezza della ragazza d’acciaio.

Quando si separarono i loro occhi tornarono a cercarsi, mentre un dolce sorriso appariva sui loro volti. Kara le accarezzò il viso, senza smettere di sorridere, sembrava emettere luce tanto era felice. Il cuore di Lena si riempì di quella felicità fino a traboccare, ma c’era un neo in tutto ciò, qualcosa che le impediva di essere felice appieno, un’ombra che doveva essere dissipata.

“Kara…” Iniziò.

“Mi fido di te.” Rispose la ragazza, non era nella sua mente, era come se si trattenessero entrambe dal farlo, come se temessero di perdere il controllo, ma doveva aver visto l’ombra offuscare la sua gioia. “Mi spiace essere venuta così tardi… ma c’era una cosa che doveva risolvere.” Lena annuì a quelle parole, non c’era bisogno di chiedere.

Kara arrossì un poco e poi guardò il letto.

“Credi che potremmo… stare un po’ assieme?” Domandò, titubante e imbarazzata al contempo.

“Mi piacerebbe molto se restassi qui, per quello che rimane della notte.” Le rispose lei, dolcemente, sorridendo. Kara sapeva sempre sorprenderla, invece di prendersi quello che desiderava, quello per cui era venuta e che tutti si sarebbero aspettati, lei chiedeva, gentilmente, le gote rosee e gli occhi timidi.

Per chiarire la sua volontà si tirò un poco indietro lasciando a Kara lo spazio nel letto. La supereroina si sistemò il mantello di modo che non le infastidisse, poi si sdraiò accanto a lei, su di un fianco, la mano sotto al viso, mentre la guardava. Lena ridacchiò all’innocenza della ragazza e la attirò contro di sé. Il suo cuore accelerò nel sentire il calore proveniente dal corpo della giovane, ma non fece nulla di più che lasciarsi avvolgere dalle braccia di Kara, sistemando il volto nell’incavo del suo collo, respirando il suo profumo e godendo della sensazione di pace e serenità che quell’abbraccio le trasmetteva. No, non era solo quello, era sicurezza e… completezza. Avrebbe chiuso gli occhi solo un momento, per godere di quella sensazione, poi avrebbero parlato.

 

Kara allungò il braccio e diede un colpo al telefono dell’hotel che si ruppe, aprì gli occhi e si guardò attorno leggermente spaesata. Un peso estraneo era appoggiato a lei. Le ci volle un istante per iniziare a sorridere.

Lena si mosse leggermente, infastidita dal suo brusco movimento, si stiracchiò tendendo la schiena e spingendosi ancora un poco contro di lei e poi aprì gli occhi. Kara osservò il momento del risveglio con occhi adoranti, non aveva mai provato tanta emozione nel vedere una cosa così semplice e, doveva ammetterlo, non aveva mai sentito il suo corpo risvegliarsi così in fretta come nel vedere quello di lei semi nudo arcuarsi e poi spingersi contro il proprio. Rao, era bella anche con i cappelli scarmigliati e gli occhi ancora appiccicati dal sonno.

“Buongiorno…” Mormorò, trattenendo il desiderio di baciarla.

La donna spalancò gli occhi.

“No!” Disse, ora decisamente sveglia. “Mi sono addormentata?” Si portò le mani al viso arrossendo e Kara ridacchiò.

“Eri molto stanca.” La giustificò.

“Ma…”

“Ti sei rilassata tra le mie braccia e ti sei addormentata, non mi sembra una cosa brutta.” Lena aveva abbassato le mani, ma la guardava con un misto di vergogna e un rossore sulle guance. Kara allungò le dita e le sistemò una ciocca di capelli. Guardandola con occhi sognanti.

“Ci siamo baciate.” Ricordò, arrossendo, ma senza distogliere gli occhi da lei. Sul viso di Lena si aprì un ampio sorriso.

“Ci siamo baciate.” Confermò. Poi i suoi occhi si fecero maliziosi, mentre si avvicinava lentamente a lei, senza distogliere lo sguardo. “Potremmo farlo ancora.” Propose.

Si fermò a qualche millimetro dalle sue labbra, poi, per la prima volta da quando si erano fisicamente incontrate, entrò nella sua mente, chiuse gli occhi e la baciò.

Fu straordinario. Condividere il bacio amplificò le sue sensazioni, non era più solo nel proprio corpo, ma anche in quello di Lena, un caleidoscopio di emozioni che la lasciò senza fiato.

“Wow!” Esclamò, sbattendo le palpebre, negli occhi di Lena poteva scorgere la stessa esperienza che aveva provato lei. “Forse dovremmo andarci piano con questo, altrimenti…” Lena la baciò di nuovo e i suoi sensi si infiammarono di desiderio, il suo, misto a quello di lei, rendeva la situazione ingestibile.

Sentì le mani della donna scivolare lungo il suo busto dandole una lunga serie di brividi, le sue dita scivolarono lungo il collo della donna poi sulle spalle, il fatto che fosse in intimo non la aiutò a mantenere la mente calma.

Il cellulare si mise a suonare e Lena mugugnò di ignorarlo.

“L’ho spento dieci volte questa mattina. Se la ragazza di ieri si chiamava Jess è una tipa decisamente assillante!” Riuscì a dirle Kara mentre Lena le stava baciando il collo. La donna si tirò indietro bruscamente.

“Hai chiuso delle chiamate?” Chiese sorpresa.

“Sì, avevi bisogno di dormire e…” La ragazza saltò già dal letto e afferrò il telefono.

“Sono le undici!” Esclamò stupefatta, notando per la prima volta l’ora.

“Sì…” Kara la guardò mentre controllava il telefono con aria febbrile. “Non avrei dovuto spostare la sveglia?” Domandò con aria preoccupata, anche se non fosse stata nella mente della giovane avrebbe capito che era contrariata.

Lena si voltò, la guardò e poi scosse la testa, sorridendo.

“Sembra proprio che non abbiamo diritto ad un momento tutto per noi, non è vero?” Si avvicinò e si piegò su di lei, baciandola con delicatezza. “Ora devo andare, Jess è la mia segretaria e, probabilmente, starà impazzendo. Avevo diversi impegni questa mattina e un aereo da prendere.” Kara percepì un istante di dubbio nella giovane e si chiese se le avrebbe detto dove sarebbe andata. “Per National City.”

“Oh.” Kara sgranò gli occhi e Lena sorrise.

“Sì, abitiamo nella stessa città, mi dispiace di non avertelo detto. Ci sono tante cose che devo dirti…” Il telefono suonò di nuovo e lei fece una smorfia. “Sì.” Rispose. “Sì. Sto arrivando, dieci minuti. Benissimo.”

“Devi andare?” Le chiese e Lena annuì.

“Sì, ma dobbiamo parlare, quindi, lo faremo. Stasera, alle 21.00 da Glissem. Va bene?”

“Oh, c’è sempre un profumino delizioso vicino a quel ristorante, ma ci vuole un mese per prenotare e…” Lena fece un sorriso immodesto e inarcò un sopracciglio facendo ridere Kara. “Va bene, allora, a stasera.”

Si alzò e raggiunse Lena, la attirò tra le braccia e la baciò.

“A stasera…” Mormorò la ragazza, poi la lasciò andare e lei camminò all’indietro, incapace di distogliere gli occhi da quella meravigliosa visione.

Lena rise quando la vide continuare a camminare nell’aria ormai fuori dalla finestra e lei sorrise felice.

“Devo davvero andare.” Le disse la donna e lei annuì, alzò il pugno verso il cielo e volò via.

 

Entrò al DEO con un sorriso enorme sulle labbra.

“Kara.” Alex la chiamò subito e il sorriso fu trasformato in una smorfia. Raggiunse la sorella che la guardò interrogativa.

“L’ho incontrata! Ieri notte e…”

“Come si chiama.” Chiese subito la donna prendendo un tablet e preparandosi a inserire il nome e fare una ricerca.

“Ehm… non lo so ancora, non è che abbiamo parlato molto e…” Gli occhi di Alex si assottigliarono.

“Cosa vorresti dire?” Kara arrossì violentemente e la maggiore sgranò gli occhi sorpresa. “Aspetta… avete passato la notte assieme? Ma… e Mon-El?” Kara era sempre più rossa.

“Non è che abbiamo fatto quello che credi… non ancora perché lei si è addormentata, era tanto stanca e aveva bevuto e…” Ogni nuova parola la rese un po’ più rossa, mentre Alex inorridiva sempre di più. “Non è come credi, ma ehm… io e Mon-El ci siamo lasciati… insomma, io l’ho lasciato.”

“E poi non sarebbe come credo?” Chiese Alex, sempre più sconvolta.

“Stasera la incontro, ha detto che parleremo.” Alzò il dito tutta felice, ricordando un dettaglio. “Ha detto che abita a National City, non è magnifico?” Alex annuì piano.

“Stasera, hai detto?”

“Sì, da Glissem! Ti immagini!”

Supergirl.” La chiamò J’onn e lei guardò la sorella con un attimo di panico.

“Non gli hai detto che…”

“No.” Le rispose lei. “Ma…”

“Glielo dirò, promesso, ma domani.” Alex fece una smorfia, ma alla fine annuì e Kara si diresse di corsa da J’onn per sapere di cosa le volesse parlare.

 

Alex osservò la sorella ridacchiare con un’agente e poi scherzare con un secondo. Era evidentemente l’immagine della felicità. La osservò e poi lo vide. Kara distolse gli occhi dal suo interlocutore, sorrise e arrossì. Come aveva fatto a non vederlo prima? Era chiaro che non era più lì, stava parlando con lei, la misteriosa ragazza che sembrava essere entrata nel cuore oltre che nel cervello.

Winn.” Il giovane ruotò sulla sedia e la guardò interrogativo.

“Dimmi.”

“Puoi dirmi dov’è stata Kara ieri sera?” Winn la guardò corrugando la fronte, il suo viso si voltò a guardare Kara che ora rideva da sola, appoggiata al tavolo centrale.

“Il trasmettitore su Supergirl non dovrebbe servire per spiare Kara…” Iniziò, ma lei le lanciò uno dei suoi sguardi assassini. “Va bene!” Cedette subito lui tornando a ruotare la sedia e digitando rapidamente sulla tastiera.

“Io vado!” Proruppe Kara agitando la mano verso di loro per poi lanciarsi verso il cielo.

Alex strinse le labbra e con un cenno indicò a Winn di continuare. Lui roteò gli occhi e poi si rimise al lavoro.

“Allora… ieri era qua a National City...”

“Mi servono i dettagli.” Lo incitò Alex e il ragazzo, a malincuore, obbedì. Alex osservò che era rimasta al bar ritrovo degli alieni per buona parte della serata, verso mezzanotte era andata all’appartamento di Mon-El, vi era rimasta pochi minuti e poi era volata fino a Metropolis.

Metropolis.” Mormorò.

“Sarà andata a trovare Superman…” Provò Winn. “O le sarà venuta voglia di quel frullato che mi ha portato una volta, banana, mela, kiwi e un ingrediente segreto… un sapore simile non l’ho mai più…” Alex lo guardava con occhi minacciosi e il ragazzo cedette, premette su due tasti e apparve un indirizzo. “Non credo che sia giusto quello che stiamo facendo. Penso non ci riguardi cos’ha fatto Kara nella suite 18 del Royal.” Protestò, questa volta con più veemenza.

“Non credere che lo faccia per mettere il naso nelle sue faccende, devo proteggerla, anche da se stessa. Dimmi chi ha prenotato quella camera d’albergo.”

“Alex, non ho mai visto Kara più felice e non credo che questo sia un male, capisco che tu voglia proteggerla, ma questo va al di là di…” Mentre parlava digitava sulla tastiera e dalle sue labbra non uscì più alcun suono quando un nome si evidenziò sullo schermo. “Cosa… cosa significa?” Chiese voltandosi interrogativo verso la maggiore delle Danvers.

“Significa che avevo ragione. Winn, ho bisogno di te.”

“Cosa devo fare?” Il ragazzo continuava a guardare il nome sullo schermo con un misto di incomprensione e stupore.

“Dobbiamo analizzare la bomba lasciata in centro città.”

“Non vedo il rapporto tra le due cose e, comunque, se ne stanno occupando i tecnici…”

“Non possiamo aspettare, dobbiamo fare in fretta, se troverò quello che penso allora capirai.” Lo bloccò Alex allontanandosi con passo deciso, Winn la guardò per alcuni istanti poi capì che l’agente si aspettava che lo seguisse così scattò in piedi e la seguì.

 

 

 

Note: Allora, allora, cosa mi dite? Kara l’ha svegliata e le nostre ragazze si sono baciate! Ecco i due punti positivi… poi abbiamo qualche aspetto meno “ideale”: un segreto ancora da svelare e un’Alex decisamente alla carica. Dobbiamo preoccuparci? Intanto godiamoci il momento, no?

Vi è piaciuto il loro primo incontro? Vi aspettavate di più, di meno?

 

Come sempre, ditemi tutto!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Settimo capitolo: Luthor ***


Luthor

 

Alex alzò gli occhi dal microscopio riportandoli sullo schermo del computer, non c’erano più dubbi, le due sostanze combaciavano.

“Hai trovato qualcosa?” Chiese Winn, vedendo la sua faccia.

“Combacia con la sostanza che abbiamo raccolto addosso agli abiti di Kara qualche mese fa.” Il giovane corrugò la fronte perplesso.

“Quindi possiamo dedurne che coloro che hanno piazzato la bomba siano gli stessi che hanno lanciato quel missile mesi fa?”

“Sì, il missile che è esploso mentre Kara tentava di spingerlo fuori dall’atmosfera.” Confermò Alex, mentre gli indicava i due diagrammi sullo schermo. “Guarda la chimica dei composti, identica.”

“Appartengono allo stesso lotto di produzione o…” Dedusse Winn.

“O provengono dallo stesso laboratorio.” Alex si alzò in piedi decisa. “Devi rintracciarne la fonte, il più in fretta possibile.”

“Ma i laboratori che potenzialmente potrebbero trattare una simile sostanza sono numerosi e lo sai quanto sono gelose dei loro composti le industrie chimiche! Di sicuro si tratta di un progetto top secret altrimenti ne avremmo trovato traccia sul mercato.” Si lamentò il ragazzo.

“Concentrati sui suoi laboratori.” Alex gli gettò un dossier, appena stampato. Winn sospirò, consapevole di quello che avrebbe trovato una volta aperto il plico e infatti si ritrovò davanti lo stesso nome di poche ore prima.

“Sei sicura che…”

“Sì.” Replicò, decisa, Alex. “E, Winn, non dirlo a Kara, non ancora. Dobbiamo essere in possesso di prove schiaccianti.” Il ragazzo fece una smorfia, ma sotto lo sguardo duro di Alex annuì.

 

Kara uscì dalla camera con un abito azzurro, le spalline sottili, la gonna plissé che arrivava appena sopra al ginocchio e una piccola cintura rosso scuro alla vita. Aveva raccolto i capelli in uno chignon morbido ed era molto soddisfatta del suo aspetto. Indossò gli occhiali e poi guardò la massa di cose che aveva lasciato sul ripiano della cucina. Non era sicura di quello che avrebbe dovuto portare a Lena così aveva preso del vino rosso, un mazzo di rose, una scatola di cioccolatini, un profumo francese, un altro mazzo di fiori, questa volta dei tulipani perché le sembrava di aver esagerato con le rose, e, infine, un cuscino con lo stemma di Supergirl perché una volta Lena lo aveva visto in casa sua e aveva detto che ne voleva uno uguale. Ora però non era più sicura che non fosse stata una battuta…

Bussarono alla sua porta e lei abbassò gli occhiali perplessa, non aspettava visite e di certo non voleva arrivare in ritardo al suo appuntamento.

Nel riconoscere Maggie aprì la porta e la ragazza la guardò, sorpresa.

“Quanto siamo belli, questa sera. Seratina con Mon-El? Sarebbe la prima volta che uscite per davvero, se non si conta il bar, era ora che faceste qualcosa solo voi due!”

“Ehm…” Kara arrossì un poco e Maggie la scrutò perplessa.

“Non esci con Mon-El?” Domandò, poi alzò le mani in segno di scusa. “Perdonami, a volte salta fuori il mio lato da poliziotta. Sono passata solo perché Alex mi ha chiesto se potevo vedere se ha lasciato qui le sue chiavi dell’appartamento.” Kara corrugò la fronte perplessa, non aveva visto nessuna chiave e Alex non era tipa da dimenticare le cose in giro, era organizzata e precisa, dopo tutto aveva ricevuto un addestramento militare.

Maggie entrò nell’appartamento, ma si bloccò quando notò la massa di oggetti sul ripiano della cucina.

“Wow, Kara, hai intenzione di partecipare a una decina di appuntamenti in una sola serata o ti sei portata avanti per gli appuntamenti di un intero anno?” La donna iniziò a guardarsi in giro, come se cercasse le chiavi, mentre Kara arrossiva a quelle parole.

“No… ehm… io non sapevo cosa prendere e…”

“Dove vi vedete?” Chiese Maggie piegata per terra mentre guardava sotto il divano.

“Da Glissem.” Affermò, torturandosi le mani. La detective si voltò verso di lei con occhi sgranati.

“Ma in quel posto anche solo un’insalata costa quanto il mio stipendio mensile!” Esclamò stupefatta.

“Oh.”

“La persona che ti ci porta non deve avere idea di quanto mangi.” Commentò ancora Maggie rialzandosi in piedi con un ghigno divertito. “Oppure hai accalappiato un riccone che vuole fare colpo.” Le fece l’occhiolino per poi voltarsi e osservare la casa con occhio clinico. No, qua le chiavi non ci sono.” Decretò.

“Maggie…?”

“Sì?” La detective si voltò con aria interrogativa.

“Cosa credi che dovrei portarle?”

“Oh!” Kara arrossì nel rendersi conto di aver specificato il genere della persona con cui si sarebbe vista. “Questa non me l’aspettavo!” Commentò infatti Maggie con aria divertita. “Anche se avrei dovuto intuirlo visto il profumo francese, decisamente femminile. Ebbene.” Raggiunse il ripiano della cucina ed estrasse una singola rosa dal mazzo per poi consegnargliela. “Questa andrà benissimo.” La rassicurò con un sorriso.

“Grazie.” Mormorò lei, arrossendo. Maggie annuì, sembrava particolarmente seria ora.

“Fai attenzione, va bene?” Le disse, sorprendendola. “Buona serata, Kara. Dirò ad Alex che le chiavi non sono da te.”

“Va bene…” La ragazza esitò ancora un istante e poi se ne andò con un piccolo sorriso sulle labbra.

Era stato strano.

Kara osservò la rosa tra le mani e dimenticò la conversazione mentre veniva attraversata da un fiotto d’ansia. Sorrise nel rendersi conto che non proveniva tutto da se stessa. Lena era agitata tanto quanto lei. Questo la rilassò e al contempo rilassò Lena. Era strano il modo in cui le loro sensazione si armonizzavano, ormai non c’era più neppure bisogno che fossero veramente in connessione, era come se il confine tra le loro due menti fosse sempre più esile.

Sorrise e uscì di casa, pronta a ritrovare la ragazza, il cuore che batteva veloce per l’aspettativa e la gioia.

 

Alex osservò la sorella uscire dal palazzo con una rosa e un sorriso luminoso sulle labbra.

“Sei sicura di quello che stai facendo? Non ti dirò che non mi è piaciuto mentirle perché so che non è piaciuto neanche a te chiedermi di farlo, ma, sei davvero sicura che quella donna voglia farle del male? Perché ha un modo dannatamente strano di farlo.”

"Hai eseguito la scansione?” Chiese solo Alex, senza risponderle. Maggie annuì alla compagna. Estrasse dalla tasca della giacca un piccolo rivelatore e lo consegnò alla donna che lo inserì nel PC.

“Alex…” La chiamò, ma la ragazza stava digitando rapidamente sul computer poi si toccò l’orecchio e parlò a Winn.

“Ti sto mandando i dati, fammi sapere quando hai i risultati.” Annuì e poi guardò Maggie. “Non ci vorrà molto.” Sospirò nel vedere la sua espressione e si strinse nelle spalle. “È mia sorella, farò tutto il necessario per proteggerla.”

 

Lena prese un profondo respiro e scese dall’auto, ringraziò l’autista e lo congedò, avviandosi con passo deciso verso il ristorante. Era leggermente in anticipo, non voleva che Kara aspettasse.

“Buona sera, miss Luthor.” La salutò il maître con un ampio sorriso e poi la accompagnò al tavolo defilato che aveva chiesto.

“Per questa sera, gradirei se si dimenticasse il Luthor…”

“Certo, miss.” Le assicurò l’uomo, sempre discreto ed efficiente.

Non dovette aspettare molto, appena pochi minuti e dalla porta vide entrare Kara. Il maître le rivolse uno sguardo e lei annuì così l’uomo accompagnò la ragazza immediatamente da lei.

Vederla avvicinarsi con una rosa e un sorriso emozionato sulle labbra le fece battere più forte il cuore e la spinse a sorridere ancora un po’ di più.

“Ciao.” La salutò la ragazza, mentre si sedeva. “Oh!” Esclamò poi tendendole la rosa e arrossendo un poco.

“Grazie, è bellissima.”

“Tu sei bellissima.” Ritorse Kara e arrossì. “L’ho già detto, vero? Scusa è che sono un po’ nervosa…”

“Non devi.” Lena allungò la mano posandola sulla sua per poi fare una piccola smorfia. “Ci sono già io ad essere nervosa!”

“Perché?” Chiese allora Kara, cogliendo immediatamente che non si trattava solo dell’essere di nuovo assieme.

“Ho previsto di dirti chi sono e ho paura che non ti piacerà.” Ammise per la prima volta ad alta voce, Lena.

“Oh, non può essere così terribile!” Sdrammatizzò Kara. Ruotò la mano e intrecciò le dita con le sue. “Nulla può cambiare quello che sento quando sono con te…” Mormorò piano arrossendo, ma senza distogliere gli occhi da lei.

Lena sentì di nuovo quella forte sensazione di calore e di protezione provenire da Kara e non poté fare a meno di sentirsi al sicuro.

Un cameriere arrivò portando i menù, Kara guardò la liste con la fronte corrugata, poi ordinò un’insalata. Lena la guardò perplessa.

“Non ti senti bene?” Chiese, conscia che la ragazza d’acciaio non poteva stare male.

“Come? Oh, no… non ho molta fame…” Arrossì alla menzogna evidente e Lena inclinò la testa per poi scoppiare a ridere, chiamò il cameriere e gli disse di aggiungere un primo e un secondo di carne e di pesce.

“Questo è il nostro primo vero appuntamento, non ti devi preoccupare di nulla, va bene? Posso permettermi di offrirti un pasto completo.” Kara si morse il labbro leggermente rossa per l’imbarazzo, poi si tese avanti verso di lei, parlando piano.

“Maggie mi ha detto che qui un’insalata costa come il suo stipendio di un mese e sul menù non ci sono i prezzi quindi…” Lena sentì una vampata di calore nel ritrovarsi Kara così vicina, alzò la mano e le accarezzò il viso, interrompendo di netto le sue parole.

Si specchiò in quegli occhi che riuscivano a scioglierle l’anima e attirò la ragazza verso le sue labbra in un dolce bacio.

“Ciao…” Mormorò separandosi da lei, un sorriso sulle labbra.

“Credevo ci fossimo già salutate.” Disse allora Kara, mordicchiandosi il labbro.

“Non nel modo migliore.” Assicurò lei, lasciando andare il suo volto nel vedere arrivare il cameriere con la bottiglia di vino che aveva scelto per gli antipasti.

 

Kara guardò il dolce con un’aria beata, non aveva mai mangiato nulla di così squisito e la compagnia di Lena era stata la cosa migliore che potesse chiedere. Non che non lo sapesse, conversavano assieme da settimane e infatti non ci fu tra loro un solo istante di imbarazzo, quello non sembrava affatto un primo appuntamento, anche se quando si sfioravano le sensazioni erano decisamente nuove, intense e perfette.

“Direi che ogni centesimo investito nel cibo è ben investito, sapevo che amavi mangiare, ma sembra che oggi ogni piatto fosse come un regalo di Natale.” Kara alzò lo sguardo su Lena che parlava sbocconcellando il suo dessert, osservandola con aria divertita, mentre lei finiva il suo in appena tre cucchiaini.

È stata una cena deliziosa.” Affermò.

“Ne sono felice.” Sospirò lasciando cadere il suo cucchiaino e mordendosi il labbro con un sorriso incerto. “Ti andrebbe di venire in un posto con me…” Sentiva che era tesa e spaventata.

“Certo.” Annuì cercando di rassicurarla. Si alzò e le tese la mano.

Uscirono dal ristorante salutate dal maître, si allontanarono un poco poi Kara la guidò in un vicolo scuro e vuoto.

“Kara… devo preoccuparmi riguardo alle tue intenzioni?” Chiese Lena, perplessa.

“No, non dovrai mai preoccuparti quando sei con me.” Le fece un ampio sorriso rassicurante e poi la sollevò stringendola contro il proprio corpo. “Sei pronta?” Le chiese, mentre Lena si aggrappava al suo collo spaventata.

“No!” Esclamò, ma Kara rise.

“Sì che sei pronta, lo sento nel tuo cuore.” Senza attendere oltre si spinse verso il cielo e in un attimo furono lontane dagli occhi di tutti, dalle luci della città, dalle paure e dalle esitazioni. Libere, assieme.

Kara sentiva il cuore di Lena battere veloce, ma sentiva anche il suo stesso sentimento di gioia e libertà riverberare in lei. Lena chiuse gli occhi e appoggiò la testa contro il suo petto lasciando che il suo corpo e la sua mente si rilassassero, così come aveva fatto tante volte in quelle ultime settimane.

“Dimmi, dove volevi andare?” Le chiese dopo alcuni lunghi minuti di silenzio, quando seppe che Lena era di nuovo pronta a parlarle.

La donna si guardò attorno e poi le indicò un alto palazzo, ben identificabile tra gli altri della città.

Kara corrugò la fronte, perplessa. Quello era il palazzo della Luthor Corporation. La ragazza voleva forse dirle che lavorava per i Luthor? Era quello che la spaventava tanto?

“Lo vedi quel balcone? Potresti portarmi lì?” Chiese con voce leggermente emozionata Lena. Kara obbedì e pochi istanti dopo atterrò, delicatamente, lasciandola scendere.

“Kara…” Iniziò, aveva la voce rotta adesso, come se le mancasse il fiato. Kara sentiva ondate di panico provenire da lei.

“Aspetta.” Kara la attirò a sé le prese il viso tra le mani e la baciò, lasciando che sentisse tutto ciò che provava per lei. “Andrà tutto bene.” Mormorò e con l’indice spazzò via una lacrima che stava scivolando lungo la guancia della ragazza.

“Il mio nome è Lena Luthor.” Lasciò uscire la donna, mentre il suo cuore accelerava di nuovo.

Kara sbatté gli occhi sorpresa. Lena fece un passo indietro separandosi da lei, poteva sentire di nuovo quel muro tra di loro, non l’aveva spinta via perché non era esattamente nella sua mente, ma si teneva lontano dai suoi sentimenti, come se fosse pronta ad esserne ferita, come se temesse che lei la odiasse per questo.

“Lena…” Mormorò cercando di dire qualcosa, qualsiasi cosa.

Lena si voltò, premette la mano sulla porta vetro che si aprì ed entrò in un ufficio, il suo, immaginò Kara. Perché Lena era la proprietaria di quell’edificio, perché lei era una Luthor. Come aveva fatto a non capire? Una Luthor, nella sua mente. Una Luthor!

Lena si voltò, sul viso un sorriso falso, vuoto di ogni sentimento.

“Lo so, capisco.”

 

 

 

Note: Prima di tutto, so che siete tormentate da questa cosa, quindi togliamoci il dente: Lena ha un conto aperto con il ristorante ed è per questo che esce senza pagare. ;-)

Bene, detto questo… Vi aspettavate che le cose andassero così? Alex ha messo in campo il suo uomo migliore… o meglio, la sua donna migliore: Maggie! Per chissà quale scansione; e Lena è riuscita a dire a Kara chi è, ora, le cose sono in mano alla ragazza d’acciaio, come reagirà?

 

Fatemi sapere, ragazze, adoro i vostri commenti!

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Ottavo capitolo: Super e Luthor ***


Super e Luthor

 

Lena si voltò e guardò Kara. La ragazza aveva gli occhi sgranati, la faccia scioccata. Eccola lì, l’espressione che più temeva: l’orrore di Kara nel capire con chi aveva condiviso la mente fino a qual momento.

“Lo so.” Ammise. “Capisco.” Sorrise, ma nel suo cuore vi era il vuoto.

“Lena Luthor.” Mormorò la ragazza e lei annuì stringendo la mascella, sarebbe rimasta lì ad attendere il suo disprezzo, il suo orrore, il suo disgusto? Meglio questi sentimenti che veder nascere il sospetto in quegli occhi sempre pieni di fiducia.

Forse sarebbe stato meglio andarsene, semplicemente, ma non poteva, non riusciva a distogliere gli occhi, Kara era troppo importante e se c’era anche solo una piccola, minuscola possibilità che lei…

“Perché non me lo hai detto prima?” Chiese la kryptoniana. Non vi erano rabbia o accusa nel suo tono. Lena la fissò, perplessa.

“Perché sei una Super e…”

“E tu una Luthor.” Acconsentì Kara. “Posso capire all’inizio, ma sono mesi che… e ora ci siamo baciate…” Kara arrossì. “Credevo che mi conoscessi, credevo che tu, tra tutti, sapessi quanto tengo a te…”

“Io…” Lena la guardò senza parole, dalla ragazza provenivano emozioni contrastanti, malgrado si fosse protetta le era impossibile non sentire quello che Kara provava, incredulità, dispiacere, ma soprattutto una decisa volontà di protezione, come se tentasse di buttare giù il muro che si era costruita attorno al cuore con il semplice desiderio di proteggerla, ancora, comunque, sempre.

La ragazza fece due passi avanti, decisa entrò nell’ufficio e le prese il volto tra le mani attirandolo verso il suo e baciando le sue labbra. Le emozioni si riversarono in lei, potenti ora, quel bacio aveva infranto di nuovo le sue difese, nulla poteva contro Kara, perché Kara era già dentro di lei.

Le labbra della ragazza si separarono dalle sue, mentre due lacrime gemelle scendevano lungo le loro guance.

Sulle labbra di Lena si disegnò un sorriso.

“Non pensi che io sia…”

“No.” Rispose la ragazza, decisa. “Sei una donna meravigliosa e non mi interessa il nome che porti.” Le prese le mani stringendole piano, appoggiò la fronte alla sua, guardandola con i suoi brillanti e vivaci occhi azzurri, ora tristi. “Vorrei che tu avessi avuto più fiducia in me.” Ammise e Lena sentì una piccola stretta al cuore.

“Non succederà più, mai più.” Promise e rafforzò la promessa suggellandola con un altro bacio. Il cuore di Lena sembrava voler esplodere, non era mai stata così felice, non si era mai sentita così completa come in quel momento, tra le braccia di Kara, le loro labbra allacciate e nessun segreto che pesasse tra di loro. Si separò e scosse la testa, incredula.

“Credevo che mi avresti odiata, disprezzata o che avresti avuto paura dei segreti che mi hai mostrato… io temevo che…”

“No, non potrei mai dubitare di te.” Kara sorrise dolcemente e le loro labbra furono di nuovo a contatto.

Un bacio dolce, lungo e questa volta nessuna delle due volle interromperlo fino a quando non si accese, le loro labbra si schiusero e le loro lingue si sfiorarono, dando un brivido ad entrambe.

“Kara…” Ansimò Lena, separandosi dalla ragazza con uno sforzo di volontà. “Portami a casa.” Quasi ordinò.

Kara non se lo fece ripetere, la sollevò tra le braccia e uscì dall’ufficio già in volo.

A Lena bastarono due indicazioni, la sua dimora era fuori città, isolata tra il verde e poco distante dall’oceano che si infrangeva su di una lunga spiaggia bianca sotto la luce della luna e Kara la trovò facilmente. Atterrano nel giardino, poco distante dalla porta d’ingresso.

Lena la guardò con un sorriso, mordendosi appena il labbro.

“Dammi cinque minuti, ti apro la finestra.”

“Sembriamo due adolescenti…” Le fece notare Kara.

“Non credo sia una buona idea entrare assieme dalla porta d’ingresso e dirigersi in camera da letto, ma se preferisci avere su di te lo sguardo di mezzo personale Luthor…” Kara sgranò gli occhi e scosse la testa.

“Aspetto che apri la finestra, almeno non dovrò scalare nessuna edera, visto che so volare.” Lena rise alle parole convinte di Kara, poi la attirò a sé e la baciò.

“Cinque minuti.” Le ricordò, sorridendo nel sentire la vampata di desiderio di Kara attraversarle la mente.

Si voltò, conscia di avere gli occhi della ragazza addosso e raggiunse in fretta la porta, entrò e salutò Catherine con un cenno.

“È stata una buona serata, miss?” Le chiese la donna, cordiale.

“Decisamente, Catherine.” Vide la donna sorridere felice e non poté fare a meno di aggiungere. “Potrebbe ancora migliorare…” Il volto della cameriera, una donna che l’aveva vista crescere, si illuminò di divertimento, non era una sciocca né un’ingenua.

“Molto bene, miss, vorrà dire che prepareremo una lauta colazione per domani mattina, un pasto che potrei definire… per due.” Lena annuì, un grande sorriso sulle labbra e poi salì di corsa gli scalini, entrò in camera e spalancò la finestra ritrovando Kara che veleggiava proprio davanti a lei. Lena appoggiò il gomito sul davanzale e la fissò, sotto i chiari raggi della luna.

“Cosa succede?” Le chiese, sentiva che era di nuovo preoccupata. Kara la guardò con occhi imbarazzati.

“Io… non ho mai… con un umano… insomma, sì, ma non è mai finita bene… ho rotto dei nasi e…” Lena la guardò, mentre un sorriso malizioso si apriva sulle sue labbra.

“Davvero?” Chiese con tono basso. “Quindi sarò la tua prima volta?” Kara arrossì.

“Beh… ehm… lo saresti comunque perché… insomma, sei una donna e…” Lena si morse il labbro, poi lentamente drizzò la schiena e iniziò a sbottonarsi la camicia scura, un bottone dopo l’altro. Vide gli occhi di Kara sgranarsi e percepì l’ondata di calore che attraversò il corpo della supereroina. Fece un passo indietro e poi un altro, mentre lentamente i bottoni uscivano dalle asole. I suoi occhi erano fissi in quelli di Kara che sembrava osservarla ipnotizzata.

“Pensi di raggiungermi?” Chiese e lasciò cadere a terra l’indumento.

Kara attraversò la finestra metà volando, metà saltando, entrò della stanza e fu sulle sue labbra.

Lena rise, ma il suo divertimento fu presto sostituito dall’eccitazione, perché Kara non sembrava più timida o indecisa. La sollevò con facilità e lei le avvolse le gambe attorno alla vita e le braccia attorno al collo mentre si baciavano con trasporto. Le loro lingue si trovarono in fretta ed entrambe ansimarono di piacere.

Lena si ritrovò contro il muro e rise, di nuovo, perché Kara si era persa nella camera e ora si guardò attorno spaesata alla ricerca del letto.

“Dietro di te…” Le mormorò e Kara si voltò, portandola con sé.

Caddero sul letto ridendo. Lena sollevò le mani accarezzando dolcemente il viso di Kara, che era sopra di lei, mentre il riso lentamente scemava lasciando sul loro volto un sorriso.

Le mani della giovane Luthor passarono lungo il collo di Kara, poi sulle spalle, catturarono le spalline dell’abitino azzurro tirandole lungo il braccio della ragazza. Kara agevolò i suoi movimenti e, quando Lena ebbe trovato la cerniera e l’ebbe abbassata, si sollevò lasciando che l’abito scorresse lungo il suo corpo fino a cadere per terra.

Lena stesa sul letto la guardò con meraviglia. Era stata stretta da quel corpo numerose volte negli ultimi due giorni e si era fatta una precisa idea di quello che avrebbe trovato sotto il costume di Supergirl o gli abiti di Kara… ma ora che poteva passare lo sguardo su quel corpo snello, ma muscoloso, non poté fare a meno che ammirarne la bellezza.

“Sei perfetta…” Mormorò e vide Kara arrossire.

“È il mio organismo kryptoniano a…”

“No.” La fermò lei, scuotendo la testa. “No. Sei perfetta.” Ripeté e questa volta la guardò dritta negli occhi, perché non era solo quel corpo meraviglioso, era tutto di lei. Lasciò che la sua mente si aprisse e permise a Kara di vedere attraverso i suoi occhi e attraverso i suoi sentimenti. Non si era mai aperta così tanto a lei eppure, ora, nel suo letto, con nessun segreto a dividerle, seppe che era pronta, pronta a lasciarsi andare completamente, a donarsi a Kara senza paura di essere ferita o respinta.

La ragazza sorrise e tra loro caddero le ultime mura, non ci fu più spazio per imbarazzo o timidezza, non c’era niente che desiderassero o amassero di più che essere lì, una tra le braccia dell’altra, i loro corpi lo sapevano, così come le loro menti e i loro cuori.

“Vieni…” Mormorò allora Lena e Kara tornò a stendersi sopra di lei. La giovane Luthor affondò le mani nei capelli dorati della ragazza attirandone il volto affinché le loro bocche potesse baciarsi e, ancora una volta, scoprirsi.

Quando le mani di Kara la liberarono dal reggiseno, la kryptoniana separò le loro labbra per poter baciare la sua candida pelle. Si meravigliò per la reazione immediata dei suoi capezzoli causata dal leggero sfiorarli con la punta delle dita e sorrise estasiata quando Lena boccheggiò nel sentirla passare la lingua attorno ad essi. Con delicatezze ne prese uno tra le labbra e lo picchiettò con la lingua. Lena ansimò di piacere, le mani che stringevano con voluttà i suoi capelli, spingendola a non fermarsi ad uno soltanto.

Pochi minuti e Kara prese a scendere ancora, baciò il ventre piatto e teso della giovane Luthor fino a quando non raggiunse l’orlo dei pantaloni beige che aveva indossato quella sera. Alzò lo sguardò e incontrò i chiarissimi occhi di Lena, nella sua mente il desiderio della donna era inequivocabile e lo vide riflesso nei suoi meravigliosi occhi verde-azzurri.

Il primo impulso fu quello di strapparli, Kara sapeva che avrebbe potuto farlo con estrema facilità, prese un profondo respiro e si morse il labbro. Lena rise piano, una risata profonda diversa dalla solita e che conteneva frustrazione, desiderio, ma anche complicità e comprensione.

Kara si obbligò ad andare piano. Sbottò il primo bottone e il secondo. La donna indossava delle mutandine verdi, in tono con il reggiseno, Kara le abbassò leggermente baciando la pelle che aveva esposto, mentre sbottonava l’ultimo bottone dei pantaloni abbassando ancora di un poco il verde tessuto sotto di essi. Sollevò lo sguardo, ma Lena ora aveva gli occhi chiusi, la fronte leggermente corrucciata. Continuando a muoversi lentamente lasciò che un dito scorresse lungo la donna, al di sopra del tessuto. Anche così percepì l’elevato calore della compagna e si morse il labbro con più forza, sommersa dal proprio desiderio e da quello di Lena, sempre più impellente.

Si sollevò e sfilò i pantaloni della ragazza, ma quando si riabbassò Lena la attirò a sé per altri baci, mentre le accarezzava i fianchi e la schiena, liberandola a sua volta del reggiseno. Le loro gambe erano intrecciate e Kara spinse il bacino contro Lena chiudendo gli occhi e ansimando nel riceve una doppia scarica di piacere.

La donna sotto di lei fece forza sui gomiti e ribaltò le posizioni, catturò i suoi polsi e li spinse in alto, sopra la sua testa, fece combaciare i loro bacini e iniziò a muoversi lentamente, gli occhi piantati nei suoi, uno sguardo pieno di desiderio e di passione che era specchio del suo.

Il piacere era intenso, ma frustrato dal tessuto che ancora le divideva. Dopo poco la ragazza si lasciò cadere al suo fianco e si sfilò l’indumento poi mordendosi le labbra la liberò a sua volta. Gli occhi di Lena brillarono nell’osservarla, per la prima volta, nuda, ma Kara non provò vergogna, anzi, quello sguardo la eccitò enormemente e quando Lena posò la mano sul suo centro non riuscì a trattenere un gemito di desiderio.

La ragazza scivolò dolcemente su di lei, le sue labbra raggiunsero il suo collo baciandola e mordicchiandola, mentre la mano scivolava sulle sue cosce, accarezzandone l’interno e innalzando il suo desiderio. Un gioco che non durò a lungo, Lena era nella sua mente e non poteva resistere alla sua stessa tortura.

Finalmente la ragazza spinse la mano contro di lei con maggiore decisione. Kara rovesciò la testa e chiuse gli occhi lasciando che la sensazione delle dita di Lena che accarezzavano la sua parte più sensibile, la portasse lontano e al contempo la ancorasse a quel momento. Una sensazione unica e meravigliosa accentuata dalla presenza di Lena nella sua mente.

Kara posò le mani sul sedere della compagna attirandola contro se stessa e contro la mano della donna. Seppe, all’instate di aver fatto la cosa giusta, il piacere di Lena riverberò dentro di lei ed entrambe gemettero. Non avrebbero resistito ancora a lungo, lo sapeva lei e lo sapeva anche Lena, ma Kara desiderava di più, la desiderava dentro di lei, fisicamente, così come era dentro alla sua mente.

Come se anche i loro pensieri fossero diventati una cosa sola, Lena sembrò comprendere il suo desiderio e penetrò dentro di lei con due dita, scivolando con facilità nel suo piacere e scuotendo il suo intero corpo con quell’intensa e nuova sensazione.

Rao!” Riuscì solo a dire, mentre tutto il suo corpo veniva assorbito da quel gesto che ora Lena ripeteva e ripeteva ancora, aggrappata a lei, stretta a lei, non solo nel corpo, ma anche nella mente. Lasciò andare il corpo di Lena e intrecciò le loro braccia di modo da poter scendere, a sua volta tra i loro corpi e raggiungere Lena, istintivamente consapevole che era quello che la ragazza desiderava.

La sua mente fu attraversata da nuovo piacere quando sfiorò il centro della donna e lo trovò caldo e decisamente pronto ad accoglierla. Senza esitare la penetrò con un dito e poi, quando capì che non bastava, ne aggiunse un secondo, assumendo in fretta lo stesso ritmo impresso da Lena.

La donna gemette, poi il suo corpo si tese e quello di Kara la imitò, come in uno specchio, il loro desiderio si cristallizzò per un istante, solo le loro dita si muovevano ancora, mentre loro trattenevano il respiro prima di lasciarsi andare in un doppio orgasmo amplificato una dalla mente dell’altra.

Senza fiato Lena si lasciò cadere su di lei che ansimava, malgrado i suoi polmoni kryptoniani non avrebbero dovuto avere simili carenze.

“Non so se il mio cuore reggerà una seconda volta.” Borbottò Lena, mentre scivolava fuori da lei e la abbracciava, stringendo però le gambe attorno al suo braccio e impedendole di lasciare il suo corpo. “Ancora un momento…” Chiese, sospirando. Il cuore della ragazza batteva veloce. Kara chiuse gli occhi, godendosi l’istante, la comunione, la calda presenza di Lena e quel contatto, ora non più fatto di piacere, ma di appartenenza, questo le diceva la mente della donna. Lentamente Lena aprì le cosce e la lasciò andare con appena un tremito nel corpo quando lei indugiò con le dita accarezzandola piano.

“Sicura che non si possa tentare una seconda volta?” Mormorò, allora, Kara, continuando a sfiorarla delicatamente.

La giovane Luthor aprì gli occhi e la guardò. Kara fu sommersa da sensazioni intense e capì cosa stava facendo Lena. Attraverso i suoi occhi e i suoi sentimenti si guardò e fu sopraffatta dall’amore. Perché quello era amore, puro, concreto e totale, perché Lena forse non si lasciava andare facilmente, ma quando si donava era interamente. Sorrise guardando la donna e restituendole ogni goccia di quell’amore. Non ci fu bisogno di parole, nei loro occhi brillava la consapevolezza.

Fecero di nuovo l’amore dolcemente, ridendo, giocando, seducendosi l’un l’altra ancora e ancora. Prive di ogni inibizione scoprirono il corpo della donna che amavano lasciandosi andare alla passione, imparando a conoscersi ancora un po’ di più e fondendo le loro menti sempre più profondamente.

 

Quando riaprì gli occhi il sole filtrava tra le tendi verdi della stanza di Lena. Contro di lei vi era il corpo caldo della giovane Luthor. La donna si stiracchiò e Kara sentì l’immediato risveglio del desiderio. Ridacchiò e Lena si voltò a guardarla. Kara inorridì.

“Ti ho fatto male!” Esclamò notando il sangue che macchiava il viso della donna. Lena si portò la mano al volto e la ritirò facendo una smorfia nel notare che era macchiata di rosso.

“No, non mi hai fatto male, ogni tanto mi sanguina il naso.” Si alzò dal letto per recuperare un fazzoletto, ma si ritrovò ad ondeggiare priva di equilibrio. Kara nello spazio di un battito di ciglia era già accanto a lei sorreggendola.

“Stai male? Cosa ti succede?” Chiese, agitata.

“Non ti preoccupare, non è nulla. Un calo di zuccheri.” Lena le sorrise e si separò da lei, entrò nel bagno osservandosi allo specchio e sorridendo nel vedere che Kara l’aveva seguita e la fissava con ansia. “Davvero Kara, non è nulla.” Si lavò e nel vedere che il naso non sanguinava più si tese verso la ragazza, le avvolse le braccia attorno al collo e la baciò dolcemente.

“Sei sicura di stare bene?” Le chiese lei, perplessa.

“Sì, è stata la migliore notte della mia vita.” Kara arrossì e sorrise a quelle parole, poi sollevò Lena tra le braccia e la riportò a letto.

“Potrebbe anche essere la migliore mattinata…” Insinuò facendo ridere Lena, mentre le sue mani scivolavano lungo il corpo perlaceo della donna risvegliandone il desiderio.

 

Lena infilò una vestaglia e si piegò su di lei baciandola.

“Torno subito con la colazione, tu, non ti muovere da lì!” Ordinò, un sorriso felice e divertito negli occhi.

“Tanta colazione.” Le ricordò la ragazza mentre Lena lasciava la stanza ridendo.

Scese le scale canticchiando, entrò in cucina e trovò il cuoco impegnato a far saltare del bacon.

“Buongiorno, miss.” La salutò l’uomo, un ampio sorriso sulle labbra.

“Giorno, Patrick.” Lo salutò lei.

“Le servo subito la colazione.” Affermò l’uomo, vuotando la padella di bacon su di un piatto posato su di un vassoio che conteneva il doppio del cibo a cui di solito era abituata, Catherine aveva già dato i suoi ordini, evidentemente. “Chiamo Catherine perché porti su tutto.” Disse poi, l’uomo, disponendo due fette di torta.

“Ci penso io, grazie.” Assicurò però, Lena, afferrando il vassoio e uscendo.

“Prendi anche dell’aranciata!” Le ricordò Kara che osservava ogni suo movimento con l’acquolina in bocca. Lena ruotò su se stessa e il chef la guardò interrogativo.

“Spremuta di arance?” Chiese e l’uomo sorrise.

“Certo, miss.” Aprì il frigo ed estrasse una caraffa di spremuta appena fatta, ne riempì due bicchieri e li posò sul vassoio.

“Inizia ad essere pesante…” Brontolò Lena uscendo dalla cucina.

“Se vuoi arrivo.” Kara era già in piedi, la voglia di cibo aveva spento la sua paura all’idea di incontrare il personale dei Luthor.

“Ce la faccio.” Assicurò però Lena salendo le scale con molta meno velocità di quando le aveva scese.

Quando arrivò alla porta Kara la spalancò, prese il vassoio con una mano sola, assolutamente incurante del peso e la attirò a sé per un lungo bacio.

“Sei il mio eroe!” Affermò, per poi posare il vassoio sul letto e gettarsi sul cibo con foga e una montagna di mugolii di apprezzamento per la gioia di Lena che la osservò con un sorriso sulle labbra.

Si era aspettata molte cosa dalla vita, spesso era stata disillusa, ma non questa volta, Kara era autentica e meravigliosa ed era sua… una parte di lei, ormai. Si tese e le baciò la guancia. Era bello essere innamorati.

 

“Ogni dettaglio combacia.” Alex posò il dossier e guardò la compagna. “Con queste prove potrai ordinare una perquisizione e, non appena mi darai conferma della presenza del composto, potrò arrestare Lena Luthor.”

Maggie annuì, piano, non appariva convinta.

“Siete sicuri che nessun’altro può essere legato a questo composto?”

“Sicuri, solo un laboratorio sta eseguendo dei test con esso.” Confermò Winn, indicandolo sulla mappa.

Maggie annuì.

“Non sarà difficile ottenere un mandato con queste prove…”

“Ma?” Chiese Alex che conosceva bene la detective e non aveva difficoltà nel cogliere la sua titubanza.

“Kara?” Domandò allora la donna. Alex e Winn si lanciarono uno sguardo.

“Lei è meglio che non sappia nulla.”

“Perché? Mi sembra coinvolta personalmente nella questione.”

“Appunto.” Alex sospirò. “Kara non deve sapere nulla, altrimenti lo saprà anche Lena Luthor e perderemmo l’effetto sorpresa.”

Maggie fu sul punto di obbiettare, ma Alex scosse la testa, anticipandola.

“Se, come crediamo, Lena Luthor è a capo di Cadmus allora dobbiamo considerare Kara compromessa.”

“Compromessa?” Maggie passò lo sguardo da Winn ad Alex e per la prima volta sembrò davvero preoccupata. “È per questo che siamo a casa tua e non al DEO?” Chiese guardando la compagna.

“Esatto. Non posso dire nulla a J’onn senza rischiare di relegare Kara alle celle di contenimento. Prima ho bisogno di essere sicura al cento per cento della colpevolezza di Lena, solo allora potrò dirle come stanno le cose e lei non potrà obbiettare, insieme diremo ogni cosa a J’onn e lei apparirà ancora degna di fiducia, malgrado…” Si interruppe e si strinse nelle spalle. “Mi dispiace, non posso dirti tutto.”

“Va bene, lo capisco.” Accettò la donna, sapeva che entrambe avevano un lavoro che prevedeva dei segreti.

Winn, invece fece una smorfia.

“Se tu ci raccontassi l’intera storia, forse, potrei aiutare Kara! Le letture che mi hai dato indicano un alto tasso di quella sostanza chimica nel suo organismo, ma non sappiamo quello che le sta facendo e…”

“Io so cosa le sta facendo, mia madre ci sta lavorando, presto troverà un modo per neutralizzarne gli effetti.” Rispose decisa Alex, era evidentemente una discussione che avevano già avuto.

“Non mi piace.” Protestò Winn, ma non aggiunse altro. Maggie guardò la compagna e fece una piccola smorfia, erano un paio di giorni che Alex non dormiva, era evidentemente molto preoccupata e al contempo decisa a mettere fine alla questione a modo suo. Ma era il modo migliore?

“Sei con me?” Le chiese la ragazza e lei annuì. Sì, si fidava di Alex e, soprattutto, sapeva che avrebbe fatto di tutto per la sua sorellina.

 

 

 

Note: Vi ho sorpreso? Niente angst!! Le cose sono andate a meraviglia, Kara è nella mente di Lena da settimane e settimane, la conosce come conosce se stessa, il cognome è un dettaglio insignificante, almeno per lei, perché, invece, Alex è sempre un po’ più vicina a scendere in guerra, affiancata da Maggie, Winn e persino Eliza. Rimane, invece all’oscuro J’onn, l’unico veramente esperto di contatti mentali…

 

Ma, tornando alle nostre ragazze, cosa mi dite? Direi che, ormai sono diventate, mooolto intime… ;-)

 

Fatemi sapere emozioni e pensieri, non vedo l’ora di conoscere le vostre impressioni!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Nono capitolo: Accuse ***


Accuse

 

Lena rise, mentre lei la baciava sul sedile della lussuosa berlina nera.

“Siamo arrivati, miss.” L’avvisò l’autista, nel tono solo un leggero accenno di divertimento per l’atipica situazione. Kara arrossì rendendosi conto di aver dimenticato l’uomo.

Ops…”

“Non ti preoccupare, Tom non guarderebbe mai nello specchietto per vedere cosa succede qua dietro.” Le fece l’occhiolino e poi la baciò di nuovo, sorrise e si rivolse all’autista. “Va bene, grazie.”

L’uomo scese dall’auto e le aprì la porta.

“Buona giornata, misses.” Disse, aspettando che scendessero per poi chiudere la porta e portare via l’auto.

“Mi accompagni in ufficio?” Chiese allora a Kara che osservava il grande edificio della Luthor Corporation.

“Va bene.” Acconsentì la ragazza, leggermente in soggezione.

Lena intrecciò le loro dita, incurante degli sguardi del suo personale, improvvisamente, con la ragazza accanto non gli importava più di nulla, era felice e che il mondi intero lo sapesse.

Presero l’ascensore e raggiunsero l’ufficio, Jess gettò loro uno sguardo intenso, sembrò valutare attentamente la situazione e poi fece il giro della scrivania, aprì loro la porta dell’ufficio e posò i titoli delle maggiori testate che trattavano di economia sul bianco tavolo.

“Grazie, Jess.” La salutò, la donna annuì e poi le lasciò sole.

“Dovrei lasciarti lavorare, immagino.” Le disse Kara, piegandosi su di lei per un bacio.

“Dovresti.” Confermò Lena, avvolgendole le braccia attorno al collo, gli occhi che brillavano. Le loro labbra si incontrarono e il bacio si accese di desiderio.

Supergirl.” Kara sobbalzò, mentre Lena corrugava la fronte, alzò la mano sfiorandosi l’orecchio e rispose alla sorella.

“Sì.”

“Abbiamo bisogno di te, alla base.”

“Arrivo.” Disse, guardando Lena con una smorfia. Premette di nuovo e chiuse la chiamata. “Mi dispiace.” Mormorò e Lena le baciò delicatamente le labbra.

“Devo lavorare anche io.” La rassicurò con un sorriso. “E poi, non vai mai lontano.” Si indicò la tempia, poi prese la mano di Kara e se la posò sul cuore. “Anzi, non mi lasci mai.” Kara sorrise felice, la baciò ancora una volta e poi uscì dall’ufficio, dirigendosi agli ascensori.

Lena sospirò, la mente che continuava a seguire Kara, poi, lentamente la lasciò sfumare, ormai era solo più un piccolo dolce pensiero in un angolo della sua mente. Prese il primo giornale e diede inizio alla sua giornata.

 

“Ciao Winn, qual è l’emergenza?” Kara era appena atterrata al DEO e si guardò attorno confusa. Gli agenti erano impegnati nelle normali attività, nessuno di loro sembrava teso o preoccupato, non pareva che fosse necessaria la sua presenza.

“Oh, ehm… ecco…” Kara lo guardò interrogativa e lui le indicò la piccola infermeria. “Alex ha fissato per te una serie di controlli, dice che sono importanti e di obbligarti a farli anche se lei non è qui.”

“E dove sarebbe?”

“Ciao, Kara.” La ragazza si illuminò nel vedere la madre adottiva.

Eliza!” Disse, correndo ad abbracciarla. “Alex non mi ha detto che dovevi venire!”

“Voleva che fosse una sorpresa, per questo non te lo ha detto.” Sorrise e la guardò intensamente. “Stai bene? Sembri diversa.”

“Sono felice, mamma.” Affermò lei e la donna sorrise contenta di sentirsi chiamare così dalla più piccola delle sue figlie.

“Se quel ragazzo riesce a farti sorridere in questo modo allora…”

“Ehm…” Kara fece una piccola smorfia e arrossì. Eliza annuì comprensiva.

“Capisco. Me ne parlerai quando ti sentirai pronta. Alex è dovuta uscire di corsa e mi ha chiesto se potevo pensare io alle analisi che ha prescritto per te, quindi…” Le indicò l’infermeria e lei sbuffò.

Probabilmente Alex aveva deciso che le analisi di routine non era sufficienti per provare che lei stava benissimo.

“Su signorina, niente sbuffi, sul lettino.” Kara sorrise al tono della madre adottiva e obbedì.

Poco dopo sul viso di Eliza vi era una ruga preoccupata.

“C’è qualcosa che non va?” Le chiese Kara, perplessa.

“No, tesoro, va tutto bene.” Le assicurò la donna con un sorriso. Kara la guardò cercando di indovinare cosa le passasse per la testa, ma Winn la chiamò con concitazione.

“Abbiamo degli agenti bloccati in Madagascar .”

“In Madagascar?” Chiese lei perplessa, saltando giù dal lettino e seguendo il giovane.

“Sì, la connessione è saltata, ma sembravano in serie difficoltà… queste sono le coordinate.” Kara non notò il tono strano del giovane, invece fece un ampio sorriso e annuì.

“Vado a vedere.” Annunciò alzò il pugno verso il cielo e sparì, facendo volare qualche foglio.

 

“Dov’è?” Chiese Alex, la mano all’auricolare.

“Il rilevatore dice che sta attraversando l’Oceano Pacifico, presto sarà in vista della costa cinese.” Affermò con tono sconsolato Winn.

“Va bene, dovremmo averla allontanata abbastanza.”

“Alexandra, non mi piace quello che hanno mostrato le analisi.” Affermò allora sua madre.

“Lo so… riuscirai a stabilizzare il siero?”

“Sì, ora ho tutti i dati che mi servivano, ci metterò pochi minuti. Ma non sono ancora sicura di capire come funzioni questa sostanza e non va bene. Perché non coinvolgi J’onn? Lui è la persona più indicata in questo particolare caso.”

J’onn la metterebbe in isolamento, è la procedura standard in caso di agente compromesso, questo porterebbe Kara alla ribellione invece che alla collaborazione, vedrai che risolveremo tutto per il meglio.”

“Va bene.” Accettò la madre e Alex chiuse la comunicazione.

La maggiore delle Danvers chiamò Maggie e diede il via alla perquisizione, lei intanto scese dal furgone del DEO e guardò in su verso il grande palazzo della Luthor Corporation. Aveva sentito che volevano cambiare il nome della compagnia, come se quello bastasse per cambiarne la sostanza.

Entrò nell’ascensore e raggiunse l’ultimo piano presentandosi davanti alla segretaria, con lei vi erano due agenti.

“Dobbiamo vedere Lena Luthor, subito.” Aprì il badge mostrandole l’insegna dell’FBI.

“Miss Luthor è in riunione.” Affermò la donna alzandosi in piedi, decisa.

“Non mi importa, dobbiamo parlarle, immediatamente.” Si voltò e si diresse verso le porte dell’ufficio della donna.

“Abbiamo trovato il composto. Non era neppure nascosto. Tra i file ci sono le specifiche del missile e della bomba.” Alex strinse i pugni, quella era la conferma che aspettava.

“Grazie, Sawyer.” Non ebbe bisogno di dirle di repertoriare tutto, era consapevole che la donna sapeva fare il suo lavoro e Winn avrebbe avuto facile accesso ai rapporti della polizia.

Spalancò la porta e si ritrovò davanti Lena Luthor. La donna la fissò stupita per qualche secondo, poi si alzò.

“Come posso aiutarla, agente Danvers?” Alex sentì una fitta di rabbia, la donna stava volutamente dichiarando di conoscerla probabilmente cercando di far leva sull’amore che lei provava per la sorella. “Come vede sono impegnata.” Indicò i due uomini seduti davanti alla scrivania che fissavano la nuova arrivata con perplessità.

“Lei è in arresto, ha il diritto di rimanere in silenzio, qualsiasi cosa dirà, potrà e sarà utilizzato contro di lei in tribunale.”

“Cosa?” Lena la guardò senza parole e poi Alex lo vide, gli occhi della donna si sfocarono, come se guardasse da qualche altra parte. Stava chiamando Kara.

È impegnata.” Le comunicò e Lena sbatté gli occhi sorpresa.

“Una trappola…” Comprese. Alex fece il giro della scrivania e le mise le manette, sotto lo sguardo incredulo dei due uomini ancora seduti alla scrivania e della segretaria che guardava impotente la donna.

“Chiamo i suoi avvocati, miss Luthor?”

La donna guardò Alex con un sorriso amareggiato.

“Non credo che degli avvocati possano tirarmi fuori da questa situazione, dico bene agente Danvers? Sono già stata giudicata e trovata colpevole, immagino, ma posso almeno sapere per cosa?”

“Atti terroristici contro la città.”

“Non ha nessun senso!” Questa volta la voce di Lena era alta, stava perdendo la calma di facciata. “Alex!” Questa volta l’agente sobbalzò, vi era Kara nel tono e negli occhi della Luthor.

Spinse la donna verso la porta, un agente apriva la strada, mentre il secondo chiudeva il quartetto, l’aria attenta, la mano sulla fondina.

“Alex, lasciala andare.” Di nuovo era Kara a parlare attraverso Lena, Alex rabbrividì, quella situazione era sempre più spaventosa.

“Smettila subito!” Ordinò con un sibilo, rendendosi conto che Lena stava tendendo le manette nel futile tentativo di spezzarle… o era Kara a farlo? “Si ferirà soltanto, queste manette non si spezzeranno!” Mormorò all’orecchio di Lena facendo arrivare il messaggio a Kara. La donna smise di sforzare i polsi e Alex la guidò fuori.

Uscirono dal palazzo, un furgone con altri tre agenti li stava aspettando, Alex fece salire Lena e poi la seguì. Pochi minuti e sarebbero stati al sicuro, al DEO.

 

Lena sentiva la rabbia di Kara, la sentiva violenta, pulsare dentro di lei, mescolata alla sua. L’accusa era ridicola e proveniva da sua sorella. Alex l’aveva tradita! Tradita di nuovo da un legame di sangue, prima Lex poi Alex… Scosse la testa confusa dal pensiero. Era stato strano il modo in cui Kara aveva preso il controllo della sua voce, persino del suo corpo. Quando la kryptoniana si era vista tagliata fuori dalle comunicazioni del DEO aveva usato l’unico modo a sua disposizione per parlare con sua sorella: lei.

“Tieni.” Alex le consegnò un fazzolettino e lei la fissò perplessa. “Ti sanguina il naso.” Le comunicò.

Lena prese il fazzoletto e si tamponò il sangue, le avevano ammanettato le mani davanti e ora, seduta nella sala interrogatori, aspettava l’arrivo di Kara, in silenzio, senza rispondere alle domande dell’agente.

“Se credi che il silenzio ti salverà ti sbagli.” Affermò la donna. “E se pensi che Kara possa difenderti ti sbagli di nuovo.”

“Non ho fatto nulla di male, non ho bisogno di essere difesa.” Assicurò, cercando di mantenere un tono di voce calmo, ma era difficile con Kara che ruggiva dentro di lei. Poteva quasi sentire la violenza del vento sul suo viso a causa della velocità con cui Kara stava volando per rientrare.

“Abbiamo le prove.”

“Non potete avere prove, visto che non ho nulla a che vedere con nessun tipo di attacco.” Dovette rispondere, era difficile rimanere in silenzio. “Comunque, voglio i miei avvocati.” Affermò.

“Sei accusata di atti terroristici, non valgono le stesse regole applicate ai criminali comuni.” La porta si aprì ed entrò Winn.

Winn.” Lo salutò lei, con un sorriso sarcastico. “Come sta Lyra? Le sono piaciuti i lilla? Perché era una mia idea.” Il ragazzo balbettò qualche parola, rosso in volto poi sembrò riprendersi perché consegnò ad Alex un dossier.

“Kara sarà qui tra pochi minuti.” Riuscì a dire prima di andarsene.

“Immagino che lo sapevi già.” Osservò la maggiore delle Danvers nel notare il suo sorrisino.

“Sì.” Confermò lei. “Ed è tremendamente arrabbiata con te.”

“Non lo sarà più quando vedrà queste.” Aprì il dossier e sparse le foto sul tavolo davanti a lei.

Suo malgrado Lena le osservò, si trattava di progetti di armamenti della Luthor Corporation.

“Sono progetti vecchi, sotto la mia direzione la compagnia ha chiuso il settore armi.”

“Davvero?” Chiese Alex.

“Eccola.” Affermò solo Lena e il pavimento sotto ai loro piedi vibrò leggermente. La stanza era insonorizzata, ma Alex non faceva fatica ad immaginare cosa stesse succedendo all’esterno, pochi istanti e la porta della sala interrogatori fu spalancata e una Kara dal viso terribilmente arrabbiato si fece avanti.

“Cosa significa tutto questo?” Chiese e la sua voce vibrava di rabbia.

“Calmati.” Le ingiunse Alex, alzandosi e chiudendo la porta dietro di loro.

“Calmarmi? Mi hai appena tradita! Hai arrestato Lena facendo sì che non potessi intervenire se non quando ormai era troppo tardi! Lo sai il danno che questa tua azione avrà sulla sua immagine? Sono settimane che lavora per ristabilire il suo nome e tu, con un solo gesto, hai spazzato via tutto il suo lavoro!” Gli occhi di Kara brillavano di rabbia. Lena strinse i pugni, ferendosi i palmi. Chiuse gli occhi, ma nessuno nella stanza stava guardando lei, le due sorelle si fronteggiavano con uguale determinazione a prevalere.

“Ho le prove che tutta questa storia è colpa sua.” Affermò Alex. La ragazza prese i fogli e li tese a Kara. “Guarda tu stessa. Tre mesi fa è stato lanciato un missile, sei riuscita a deviarlo, ma prima che uscisse dall’atmosfera è esploso e ti ha ricoperto di questa sostanza.” Alex cercò tra i fogli e le indicò un diagramma. Attraverso gli occhi di Kara, Lena lesse il nome del composto.

“XV-439…” Notò Kara e nella sua voce, per la prima volta, ci fu perplessità e non rabbia.

“Esatto. Un composto estremamente instabile testato per gli armamenti, ma che, guarda caso, la Luthor Corporation sta studiando in un altro settore.”

“La farmaceutica.” Mormorò Lena alzando la testa. “Ha dimostrato di saper accelerare la risposta delle sinapsi, potrebbe guarire malattie come l’alzheimer, la demenza senile, il parkinson, forse persino alcune malattie psichiatriche come…”

“Questa è la facciata, quello che racconti al consiglio d’amministrazione, non è vero?” Alex la fissava. Lena sentì il cuore accelerare. Kara la fissò stupita, percependo in lei un dubbio.

“Credevo che non ci fossero più segreti tra di noi.” Mormorò, guardandola.

“Non ci sono segreti tra di noi!” Esclamò allora lei.

“Ah no? Lena sa perché le vostre menti sono legate, è una donna intelligente, dopo tutto, e ha organizzato ogni cosa, non è vero?”

“Non è vero e tu lo sai Kara.”

“Di cosa sta parlando?” Kara ora la fissava e Lena poteva sentire tutta la sua tensione.

“L’XV-439.” Ammise.

“Non capisco.” Affermò allora esasperata la kryptoniana e Lena si maledì perché era evidente ora che aveva tutti i pezzi.

“Il missile ti ha contaminato di XV-439, ma non bastava, il legame tra voi due era forte, ma evidentemente non abbastanza, allora Lena ha posizionato la bomba.”

“Ma lei mi ha aiutata a disinnestarla!” Protestò Kara. Lena sentiva le emozioni ovattate, la testa le girava e il naso riprese a sanguinarle, alzò il fazzoletto nascondendo il fatto a Kara che frugava dentro di lei, cercando una risposta ai dubbi che la sorella stava sollevando.

“Certo, il suo obbiettivo era esporti a una seconda dose.” Spiegò Alex. “E ce l’ha fatta, la bomba ti è esplosa tra le mani.”

“Non ha nessun senso, Lena non ha nessun controllo su di me. Perché avrebbe dovuto fare una cosa simile?”

“Non ha nessun controllo? Vuoi dire che non saresti pronta a fare qualsiasi cosa per lei?” Kara aprì la bocca e la richiuse, guardò Lena e si accigliò.

“Ti senti bene?”

“Sì…” Riuscì a dirle, ma la testa le girava sempre più violentemente.

“Kara, apri gli occhi! Lena è il capo di Cadmus e sta prendendo il controllo della tua mente! Guarda!” Scelse un foglio e glielo mostrò. “Queste sono le tue analisi. L’XV-439 è in ogni tuo tessuto, così lei riesce a entrare nella tua mente!” Kara fissò le analisi e poi Lena.

È vero?” Chiese.

“Non sono il capo di Cadmus.” Affermò lei abbassando la mano, di nuovo arrabbiata.

“Il missile, la bomba, provengono dal tuo laboratorio, così come l’XV-439. Nessun’altra azienda lo sta studiando.” Incalzò Alex.

“Maxwell Lord.” Ricordò Kara. “Parlavi di questo composto… hai fatto in modo di essere l’unica a lavorare con esso…” Lena sentì il tono di Kara che cambiava, ora vi era del dubbio in lei, ma per qualche ragione non riusciva più a raggiungere la sua mente, era lontana, ovattata. Cosa le stava succedendo?

“Vi è solo una spiegazione a questa storia ed è la più logica: Lena è a capo di Cadmus, in qualche modo ha scoperto gli effetti dell’XV-439 e ha deciso di testarlo su di te.”

“No…” Kara scosse la testa, allontanandosi dalla sorella e da Lena, incapace di ascoltare ancora. “No!”

Lena posò le mani sul tavolo, il fazzolettino ormai era rosso di sangue, la testa le pulsava con forza.

“Kara…” Cercò di chiamare, si alzò e la stanza iniziò a girare attorno a lei, fece un passo, ignorando il suo malessere e cadde, il buio l’avvolse e Lena perse i sensi.

 

 

 

Note: Che dirvi… Alex ha fatto la sua mossa, distratto Kara e arrestato Lena, con accuse molto precise. Ma… cosa sta succedendo a Lena, perché, improvvisamente, o non così tanto improvvisamente, sta male?

Idee?

Non aggiungo altro, fatemi sapere!

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Decimo capitolo: Rivelazioni ***


Rivelazioni

 

Kara si mosse come il vento e afferrò Lena prima che cadesse a terra. La guardò con orrore e poi fissò Alex.

“Cosa le avete fatto?” Domandò con ira.

“Io…” Alex aprì la porta della sala interrogatori e Kara intercettò lo sguardo di Eliza.

“Non avrebbe dovuto farle del male.” Affermò confusa la donna.

“Cosa le avete fatto?” Quasi urlò Kara.

“Nulla!” Assicurò Eliza, prendendo il polso della ragazza tra le dita. “Ha il polso debole, portala in infermeria.” Kara non esitò trasportando Lena fino al lettino, la adagiò con delicatezza, guardando con occhi scioccati il rivolo di sangue che le scendeva dal naso.

Eliza si mise subito all’opera attorno alla donna aiutata da Alex.

“Tu come ti senti?” Chiese Winn, tra le mani un tablet.

“Io? Cosa importa di come sto io?” Kara stringeva i pugni furibonda, ma Alex alzò lo sguardo su di lei.

“Hai mal di testa? Nausea? Qualsiasi sintomo di malessere?”

“Malessere? Certo che sto male! Lena è…” La indicò con le mani. “E siete state voi a farle questo! Come avete potuto tenermi all’oscuro delle indagini che stavate svolgendo su di lei e come avete anche solo potuto pensare che centrasse con Cadmus? Sono mesi che sono nella sua mente, credete davvero che non lo avrei capito?”

“Kara… hai scoperto che era una Luthor solo qualche ora fa, non puoi biasimarci!” Le rispose Alex. “Mi dispiace, ma credo ancora che sia colpevole e…”

“Cosa sta succedendo?” J’onn arrivò, le mani sui fianchi, gli occhi corrucciati.

“Ti spiegherò tutto.” Assicurò Alex.

“Lo spero bene. Perché non avevo idea che…” L’uomo si interruppe, corrugò la fronte e poi si avvicinò a Lena. Alzò la mano e la posò sulla fronte della donna.

“Cosa stai facendo?” Kara fece un passo avanti protettiva, ma J’onn alzò la mano bloccandola con uno sguardo duro. Dopo una decina di secondi tolse la mano dalla fronte della donna. Il naso di Lena non sanguinava più.

“Avete un sacco di cose da dirmi e direi che dovreste iniziare con il perché la mente di Lena Luthor è completamente alterata dalla tua.” Guardò Kara dritto negli occhi e la ragazza aprì la bocca, la richiuse e poi guardò la sorella.

“Devi dirgli tutto.” Affermò la donna e lei annuì. Posò uno sguardo su Lena, ma J’onn intervenne.

“È stabile, ma non si sveglierà per un po’.” Con la testa indicò la sala delle riunioni. “Danvers con me. Eliza, ti sarei grato se eseguissi un’analisi completa sulla nostra ospite, Winn ti darà tutta l’assistenza di cui necessiti.” La donna annuì e il direttore si voltò raggiungendo la stanza. Alex lo seguì immediatamente, invece Kara esitò ancora un istante. Poi, ignorando lo sguardo che le rivolse la sua madre adottiva, si piegò su Lena e le depose un bacio sulla fronte.

“Non sarò mai lontano.” Mormorò prima di seguire la sorella e J’onn.

 

J’onn incrociò le braccia e le guardò, arrabbiato.

“Voglio sapere tutto. Sapevo che stavi tramando qualcosa, Alex, ma credevo di potermi fidare del tuo giudizio.”

“Infatti puoi.”

“No, invece.” Kara incrociò le braccia sotto il seno, imitando il direttore, mentre lanciava alla sorella uno sguardo furibondo. “Ha arrestato Lena senza dirmi nulla, solo perché…” Si interruppe e fece una smorfia.

“L’ho fatto per proteggerti!” Affermò allora Alex, ma prima che Kara potesse rispondere J’onn alzò la mano severo.

“Non sono qui per sentire i vostri battibecchi infantili! Questa è un’agenzia governativa e voi siete delle adulte! Lasciate da parte le vostre questioni e datemi un quadro preciso della situazione.”

Il rimprovero colpì entrambe le ragazze, ma Kara non abbassò lo sguardo, non avrebbe permesso che quello che era stato fatto a Lena rimanesse impunito.

“Qualche giorno fa ho scoperto che Kara e Lena condividevano una connessione mentale.” Spiegò Alex e J’onn corrugò la fronte, ma quando Kara aprì la bocca la bloccò con uno sguardo e lasciò che l’agente continuasse. “Non aveva idea di chi fosse la ragazza con cui era in comunione così le ho detto di scoprirlo e in fretta. Ma la donna non voleva darle il suo cognome, così ho indagato e ho scoperto che era Lena Luthor. Non ci ho messo molto a collegare i pezzi. Avevamo ipotizzato che il missile e la bomba fossero azioni separate di gruppi terroristici senza grande organizzazione, entrati in possesso di oggetti estremamente pericolosi grazie al flusso di armi arrivati sul mercato nero dopo la caduta di Lex Luthor. Quando ho saputo che nella mente di Kara vi era una Luthor, però, non ho potuto non collegare gli avvenimenti e, come temevo, essi sono collegati non solo, come sapevamo già, perché sono prodotti costruiti dalla divisioni armi della Luthor Corporation, ma perché per armarli è stato utilizzato un composto sperimentale: l’XV-439.” Alex guardò la sorella, era chiaro che cercava di convincere anche lei. “L’XV-439 è un prodotto estremamente instabile il cui utilizzo, anche in ambito militare, non prometteva bene, così è stato abbandonato da tutti tranne che da un piccolo laboratorio delle Luthor Corporation. Indovinate chi guidava questo laboratorio? Lena Luthor, prima di diventare CEO della compagnia di famiglia. E, cosa aveva scoperto questo gruppo di scienziati guidati dalla giovane Luthor? Che il composto aveva un effetto molto interessante sul cervello umano. Non è difficile immaginare, dunque, che il missile servisse per colpire Kara e che la bomba, un mese dopo, fosse stata piazzata per rafforzarne l’effetto. Ho le prove di quanto affermo, la polizia ha fatto irruzione nel laboratorio che studia l’XV-439 e ha trovato gli studi che stanno effettuando su delle cavie e persino i dossier originali delle armi in cui è stato utilizzato.”

“Quindi, ne hai dedotto che Lena è il capo di Cadmus e che questa sia stata la sua geniale mossa per controllarmi? Beh, si da il caso che non mi controlli affatto.” Affermò Kara. “E che non ha mai fatto del male a nessuno. Aveva paura di dirmi chi fosse la sua famiglia proprio perché temeva il pregiudizio, pregiudizio di cui tu ti sei resa colpevole e sul quale hai basato la tua intera indagine!”

“Io dovevo proteggerti! Ho fatto delle analisi e le tue cellule sono sature di XV-439, non lo avrei mai scoperto se non avessi prima analizzato il missile e la bomba, è un elemento estremamente complesso che sfugge alle comuni analisi, perché muta molto velocemente. Ma quello che è chiaro è che Lena Luthor ti stava manipolando e mi sono assicurata che non potesse più farlo.” Alex annuì decisa e Kara la fissò interdetta.

“Cosa hai fatto?” Chiese con voce bassa, tremante.

“Ho chiesto a mamma e lei ha ideato un composto che neutralizza l’effetto dell’XV-439.” Kara sbatté le palpebre cercando di interpretare in maniera diversa quelle parole, Alex non poteva averle fatto quello, no, era impossibile…

“Da quanto tempo eravate in connessione mentale?” La domanda di J’onn stupì tutte e due.

“Io… non lo so un po’ più di quaranta giorni…” L’uomo scosse la testa e si sedette, invitando le due ragazze a imitarlo.

“Kara, perché non me ne hai parlato prima?” Il tono dell’uomo era stanco, triste, non sembrava più arrabbiato e questo spaventò Kara.

“Era… non lo so, mi sembrava così giusto e non volevo che tu e Alex mi faceste smettere.” Ammise.

“Eppure sai quanto possa essere dannoso una connessione mentale.” A quelle parole Kara scosse la testa.

“Ma è diverso… non…” Si fermò pensando ai mal di testa di Lena, non gliene parlava, ma lei li sentiva svanire non appena la loro connessione cresceva. Le sembrava bello e giusto alleviare i dolori di Lena, ma, e se ne fosse stata lei, in primo luogo, la causa?

“La tua mente kryptoniana è più forte, tanto forte che non posso leggerti i pensieri, ma la mente umana… ho sentito lo sconvolgimento nella chimica del cervello di Lena. Non capivo come fosse possibile, ma ora mi è evidente.”

“Le ho fatto del male?” Chiese Kara, sconvolta.

“Non so neppure come abbia fatto a rimanere sana di mente…” Affermò il marziano, stancamente.

“Aspetta, vuoi dire che non era lei a controllare Kara?” Intervenne Alex, incredula.

“Non credo e sono quasi sicuro che le analisi mostreranno che la giovane Luthor è, a sua volta, satura di XV-439.”

“Come fai a dirlo?” Chiese Alex, conscia che tutta la sua teoria, quella di cui era tanto sicura, stava crollando a pezzi.

“Hai modificato l’aria della stanza degli interrogatori con un neutralizzatore del composto XV-439, sicura che lì sarebbe andata Kara, non è vero?” Ritorse il marziano.

“Sì… Kara doveva essere tanto distratta da non percepire che la stavamo trattando…” Ammise Alex.

“L’organismo di Kara avrà assorbito il composto antidoto e ora, immagino, che lentamente sarà ripulita dall’XV-439, ma la Luthor è umana e ne ha assorbito un’eguale quantità. Dopo mesi di assuefazione alla mente kryptoniana di Kara e al composto, tu hai tagliato il contatto e le hai provocato una crisi.” Spiegò J’onn. “L’ho visto succedere, l’ho subito io stesso, quando la mia compagna e la mia famiglia è stata uccisa, la loro mancanza mi ha reso… vuoto emotivamente, certo, ma anche fisicamente è stato terribile.” Ricordò con il volto triste.

“Ma starà meglio, non è vero?” Chiese, agitata, Kara.

“Alex… puoi lasciarci soli un momento?” Chiese il direttore e l’estrema gentilezza con cui lo chiese creò in Kara un senso di profondo panico. Alex si alzò, ma lei le prese la mano, trattenendola. Cercò il suo sguardo con gli occhi.

“Rimani… per favore…” Chiese. Le costò, ma per quanto fosse arrabbiata, sapeva che Alex aveva solo agito per il suo bene e, quello che J’onn stava dicendo, era molto più grave. Lei aveva bisogno di sua sorella.

“Molto bene.” Accettò il marziano e Alex sorrise dolcemente, sul viso un’espressione preoccupata e colpevole. “Kara, cosa provate una per l’altra?” La domanda sorprese la ragazza che arrossì. “Lo immaginavo.” Il direttore non ebbe bisogno di altre risposte sospirò e congiunse le mani davanti a sé, sul tavolo. “Il legame mentale non è qualcosa di naturale per gli umani o i kryptoniani, le vostre menti non sono fatte per fondersi con un altro essere della vostra specie. Quello che tu e miss Luthor avete condiviso è qualcosa di speciale e unico… ma che nessuna di voi due ha saputo gestire nel modo giusto.”

“Non capisco J’onn, non è stato difficile. Te l’ho detto, era giusto!” Lo interruppe Kara agitando le mani. L’ansia non se n’era andata, non era sicura di voler sentire la fine del discorso.

“Ascoltami. Non so come spiegartelo… ma è come se Lena Luthor fosse sotto effetto di uno stupefacente. Ogni sensazione amplificata, distorta, cambiata. I sentimenti che prova non sono… veri.” Kara strinse la mascella alzandosi in piedi.

“Non hai il diritto di giudicare quello che prova Lena!”

“Kara, è questo il problema, quello che provi tu ha preso il sopravvento su quello che prova lei, te l’ho detto, la tua mente è più forte. Il sole giallo ti ha dato la capacità di guarire e di contrastare gli effetti di questa connessione, ma Lena… lei è solo umana.” Questa volta il cuore di Kara iniziò a battere forte nel petto. Non era possibile… non era vero! Lena l’amava, tanto quanto lei amava Lena. Lo aveva sentito, nel suo cuore, lo aveva visto nei suoi occhi, lo aveva percepito nel modo in cui la toccava.

“No.” Dichiarò.

“Ti ho detto quanto il mio potere sia dannoso, ti ho spiegato perché devo usarlo il meno possibile sugli umani. Tu hai passato settimane intere nella mente di questa donna. Rifletti, non credi che lei fosse proprio la persona che stavi cercando, talmente perfetta per te da essere troppo? Forse stavi semplicemente cercando un modo per uscire dalla relazione con Mon-El… una via di fuga che quella ragazza ti ha offerto. Non dico che tu l’abbia fatto consciamente, ma, giorno dopo giorno hai plasmato la sua mente e… te ne sei innamorata, facendo sì che lei ti amasse allo stesso modo, un amore totale e perfetto.”

Kara scuoteva la testa, incapace di ascoltare. Alex guardava la sorella con occhi pieni di tristezza e J’onn con la sua calma perorazione sembrava mostrare la saggezza che gli derivava da una vita lunga centinaia di anni.

Un leggero bussare alla porta la fece sobbalzare, Kara si strinse nelle braccia voltando la schiena a J’onn e ad Alex, cercando di non pensare, cercando di non sentire quel vuoto dentro alla mente che ora veniva amplificato da quello dentro al suo cuore.

“Le analisi di Lena Luthor mostrano che ha un’alta dose di XV-439 nell’organismo.” Sentì dire da Winn. Chiuse gli occhi, perché ormai non aveva più importanza provare la sua innocenza, dopo tutto lei non aveva mai davvero dubitato di Lena.

“Kara…” Era la voce di Alex, la sorella le posò la mano sulla spalla. “Mi dispiace… le prove mi sembravano così evidenti e… volevo proteggerti.”

“Non ha più importanza.” Commentò, si voltò e la guardò con occhi vuoti e quasi vitrei. “Anzi, dovrei ringraziarti, la stavo uccidendo fisicamente e violentando emotivamente. Senza di te, senza tutta questa storia, non l’avrei saputo, forse l’avrei persino uccisa.”

“No, Kara, non…” Iniziò la sorella, ma Kara scosse la testa.

“Fatela stare meglio, è l’unica cosa che importa.” Mormorò e quando ebbe il cenno deciso di Alex uscì dalla stanza e si lanciò nel cielo alla ricerca di un sollievo che sapeva di non poter più trovare, nemmeno lì, nella libertà del volo.

 

La donna osservò con aria soddisfatta la reazione chimica davanti a lei.

“Funziona?” Le chiese l’uomo.

“Sì, grazie ai test con il missile e la bomba e le analisi del suo sangue ho raccolto un numero di dati sufficienti a stabilizzare la reazione.” Affermò soddisfatta. “Chi lo avrebbe detto che XV-439 si sarebbe mostrato un perfetto legante. Ci serve solo più il vettore dominante.” Dichiarò, alzandosi e degnando di appena un’occhiata lo schermo che mostrava un reporter davanti alla sede della Luthor Corporation mentre commentava l’arresto della giovane CEO.

“Per quello ci serve la ragazza.” Commentò l’uomo.

“Non sarà difficile, i Super non guardano mai prima di saltare, ma quando ce l’avremo dovremmo fare in fretta e ho in mente il luogo ideale. Cosa diceva Arthur Conan Doyle? Il posto migliore in cui nascondere qualcosa è in piena vista.” Il sorriso sulle labbra della donna si ampliò. “Tutto andrà come previsto.”

 

 

 

 

 

Note: Capitolo di spiegazioni… Lena è stata scagionata da ogni colpa, ma Kara… Kara ha scoperto una dolorosa verità: tutto ciò che credeva vero è falso, Lena, il loro amore, la loro perfetta sintonia era frutto di un’alterazione chimica e psichica.

La tempesta infuria e Kara è stata colpita in pieno cuore da un fulmine. Cosa succederà quando Lena si sveglierà?

 

Ma se, finalmente, tutto sembrava chiaro, anche se triste, il paragrafo finale si apre a nuovi misteri. Idee? Fatemi sapere!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Undicesimo capitolo: Fredda solitudine ***


Fredda solitudine

 

Lena aprì lentamente gli occhi e una fitta intensa alla testa le diede il benvenuto nel mondo. Alzò la mano e notò che vi era una flebo attaccata.

“Come ti senti?” La voce le era famigliare, ma quando l’aveva udita direttamente non era stata mai così dolce. Per un attimo pensò di essere nella mente di Kara, ma con un sussulto doloroso seppe che era sola. “Lena, riesci a sentirmi?” Insistette Alex, piegandosi su di lei per poi voltarsi preoccupata verso un monitor il cui ritmico suono si era improvvisamente accelerato.

Sola, terribilmente sola. Lena scosse la testa provocandosi un’altra violenta fitta. Dov’era Kara?

“Kara?” Chiamò, questa volta a voce alta, cercando, spingendo la propria mente verso qualcosa che, istintivamente, sapeva non esserci più.

“Calmati, Lena!” Due mani forti la trattennero mentre lei si agitava sul lettino.

“Sedatela.” Ordinò la voce profonda di un uomo.

“Kara!” Urlò, mentre il suo cuore esplodeva per il dolore della perdita. Sentiva le lacrime calde scenderle lungo il volto, ma non riuscì più ad agitarsi, il sedativo stava facendo effetto.

“Andrà tutto bene…” Mormorò la stessa voce maschile di prima, sulla sua fronte si appoggiò una mano fresca e la sua mente ricadde nel buio.

 

Kara si premette le mani sulle orecchie. Sentire Lena urlare il suo nome la stava straziando e il non poter andare da lei le spezzava il cuore. Strinse il pugno contro la sua testa e poi lo abbatté con violenza contro la massa di cemento spezzandola in due.

“Ok… direi che ti serve una pausa.” Si voltò, il respiro accelerato, le lacrime che le scendevano lungo il viso e fissò Maggie che, nel notare la sua espressione, sospirò e si sedette sulle scale della palestra del DEO.

“Come sta?” Chiese. Kara si asciugò il viso lasciandosi cadere accanto alla ragazza. Vuota.

“Sono tre giorni che si sveglia e mi chiama… i sedativi e J’onn la rimettono a dormire, ma…”

“Ma nessuno mette a dormire te, giusto? Tu devi sentirla urlare e non puoi fare nulla.” Kara scosse la testa.

“Me lo merito, io mi merito questo dolore, non lei… lei non ha potuto opporsi, io…” Nuove lacrime iniziarono a scenderle lungo il viso, incontrollate.

“Non è colpa tua!” La sgridò Maggie, passandole il braccio attorno alle spalle. “Alex mi ha detto tutto, finalmente e, mai, neppure una volta, ha accennato a una tua colpa.”

“Alex si sente in difetto per aver dubitato di Lena, non lascia l’infermeria.” Commentò. Sentiva il cuore della sorella battere regolare accanto a quello più lento di Lena.

“Vedrai che starà presto meglio e allora potrai parlarle.” Tentò di rassicurarla, Maggie.

“No, non potrò.” Kara si voltò, gli occhi gonfi dal pianto, un’amara smorfia sulle labbra. “J’onn dice che ci vorranno mesi, forse anni prima che la sua mente si liberi di me… sono come una droga per lei, non può avermi accanto, rischierebbe di ricadere nel…” Un singhiozzo le portò via l’ultima parola. “Nell’errore.” Riuscì a dire. Maggie scosse la testa.

“Non sei un errore, Kara, non dire così.”

“Ci sono termini peggiori per definire quello che ho fatto.” Assicurò, con la voce spezzata dai singhiozzi. “Quando si sveglierà Alex le dirà tutto e lei mi odierà!”

“No, saprà usare le parole giuste…” Kara appoggiò la testa contro la spalla della detective lasciandosi andare, scossa dai singhiozzi, mentre Maggie la stringeva cercando di darle il conforto di cui aveva bisogno, anche se era conscia che non sarebbe mai bastato.

 

Questa volta il dolore alla testa era solo un lontano pulsare. Lena aprì gli occhi ritrovandosi a guardare lo stesso panorama che ormai conosceva bene. Non si agitò, non urlò il suo nome, sapeva che non sarebbe venuta. Perché avrebbe dovuto farlo quella volta quando non era venuta in tutte quelle precedenti?

“Lena?” La chiamò la voce che aveva imparato ad associare al risveglio.

“Agente Danvers.” Mormorò rendendosi conto di quanto fosse roca la sua voce.

“Tieni.” La donna le diede un bicchiere d’acqua e Lena ne bevve un sorso. Fingendo di ignorare il dolore sordo al centro del suo petto e quel terribile silenzio nella sua mente, un silenzio che urlava il suo nome.

“Come ti senti?” Le chiese quando lei le riconsegnò il bicchiere. “La testa ti fa ancora male?”

“No.” Mentì, non le importava, anzi, il dolore era… qualcosa, almeno.

Alex annuì osservando il tracciato di uno dei tanti monitor.

“Quando potrò andarmene di qua? O sono ancora accusata di terrorismo?”

“Le accuse sono state ritirate, non ti devi preoccupare…”

“Non mi preoccupo.” Rispose secca. Si sentiva distante, fredda, vuota. Sì, vuota.

“Abbiamo smentito la voce del tuo arresto e spiegato che stavi collaborando con l’FBI riguardo all’identificazione e al recupero delle armi della Luthor Corporation finite sul mercato nero all’arresto di tuo fratello.” Spiegò Alex prendendo uno sgabello e sedendosi accanto a lei. Aveva il volto stanco, probabilmente non dormiva da parecchio.

“Non ci crederanno, sono una Luthor, ma è una bugia che può reggere.” Affermò, gli occhi che si allontanavano dal viso di Alex per fissarsi sul soffitto, indifferenti. “Dimmi, come siete riusciti a togliermela?” La domanda bruciava nella sua mente, ma lei la buttò lì, come se non avesse importanza.

Alex rimase in silenzio e lei ruotò di nuovo lo sguardo fissandolo su di lei. “E come l’avete convinta a starmi lontana?” Ora nei suoi occhi bruciò un fuoco intenso e Alex lo vide perché si tirò indietro, come se si preparasse ad un colpo. Non che lei volesse colpirla, era sua sorella.

“Il vostro legame era dovuto ad un’esposizione al composto chimico XV-439.” Iniziò la donna risistemandosi sullo sgabello.

“Dimmi qualcosa che non so, agente.” Mormorò lei, di nuovo fredda.

“Sei rimasta incosciente per tre giorni, quando ti sei svegliati non eri… stabile, così abbiamo dovuto sedarti, è successo cinque volte.” Alex prese la cartella e gliela passò. “So che puoi capire da sola, dopo tutto hai studiato tu stessa l’XV-439.”

Lena lesse i dati, i diagrammi le erano stranamente familiari, ma era impossibile che provenissero da letture della sua attività celebrale.

“Non hanno senso.” Affermò. “Se avessi presentato simili danni me ne sarei accorta.”

“I sintomi sono forti dolori alla testa, fino ad arrivare al sanguinamento del naso e, in casi davvero gravi, anche dalle orecchie e dalla bocca. Kara mi ha detto che avevi spesso mal di testa e che è capitato che ti sanguinasse il naso.” Al sentir pronunciare il nome di Kara, Lena ebbe un sussulto che soffocò con fatica, cercando di dipanarsi tra le menzogne della donna. Non aveva senso a meno che… “Il dolore passava quando eri in contatto con lei, come se…”

“Fosse una droga.” Comprese lei e per la prima volta dubitò delle proprie convinzioni.

“Sì.” Confermò Alex. Lena sollevò di nuovo il dossier capendo cosa avesse colpito la sua memoria. Quei diagrammi ricordavano sorprendentemente quelli di pazienti affetti da dipendenze alle droghe.

“Va bene…” Acconsentì anche se una parte del suo cervello continuava a rifiutare quell’informazione. “Perché non posso vederla, perché non è qui? Lei non è mai stata male, ne deduco che il nostro legame abbia danneggiato solo me.” Quell’idea, espressa ad alta voce, le fece corrugare la fronte. “Si sente in colpa? È per questo che non è qui? Potresti dirle di non essere sciocca? È ovvio che non è colpa sua.” Alex abbassò lo sguardo e lei sentì una stretta al cuore. “Alex, perché non posso vederla? Dimmelo!” La ragazza si alzò preoccupata osservando il monitor che segnalava l’innalzarsi del suo battito cardiaco.

“Calmati.” Le ordinò, poi si sfiorò l’orecchio e sembrò ascoltare qualcuno. “Dimmi le cifre del pi greco.” Chiese e lei sbatté le palpebre stupita dalla domanda.

“Co…cosa?” Chiese, il cuore che continuava a batterle veloce nel petto.

“Se non ti calmi dovrò di nuovo sedarti. Quindi: dimmi le cifre del pi greco.”

“3,14159265358979323846264338327950…” Iniziò in una lenta litania, mentre il suo cuore si calmava.

“Ti senti meglio?” Le chiese Alex dopo un poco.

“Sì…” Ammise. “È stata lei a dirtelo, non è vero?” Chiese voltandosi verso la parete. “Può sentirmi, può vedermi. Ma io non posso vedere e sentire lei, perché?” Intuì, si voltò verso Alex e lesse nei suoi occhi che aveva posto la domanda giusta.

“Vorrebbe dirtelo lei, ma non può.”

“Perché?” Forse il suo cuore non batteva più veloce, ma sembrava lo stesso un peso rovente all’interno del suo petto in netto contrasto con la sua mente, di nuovo fredda.

“È difficile da accettare, ma… il legame tra voi due non era paritario.”

“Certo che era paritario, io entravo nella sua mente e lei nella mia, io sentivo quello che provava e lei sentiva quello che provavo.” Affermò, decisa.

“La sua mente kryptoniana è più forte di qualunque mente umana. Lei ha… riscritto, grazie all’XV-439 nel tuo corpo, la chimica del tuo cervello ferendoti a livello fisico, ma ha anche influenzato i tuoi sentimenti, li ha, involontariamente, plagiati in sintonia con i suoi.”

“È ridicolo. So cosa provo.”

“Cosa provi per me?” Domandò la donna a bruciapelo. Lena la guardò sbattendo le palpebre confusa. Cosa provava? Si sentiva tradita, perché lei l’aveva sempre protetta. Scosse la testa, proteggeva Kara. “Senti dell’affetto per me, non  è vero?”

“Kara prova dell’affetto per te, mi ha parlato spesso di te, ti ho vista attraverso i suoi occhi e ho imparato a conoscerti a mia volta, per questo sento di…” Scosse la testa incapace di comprendere cosa fosse un suo sentimento e cosa provenisse dai ricordi di Kara.

“Mi conosci da così poco tempo eppure senti per me un sentimento forte e al contempo mi detesti, perché ti ho tradita, come ti ha tradito Lex.” A quelle parole Lena scosse la testa, ma sapeva che stava mentendo anche a se stessa. “E se quello che provi per me è artefatto allora…”

“Anche quello che provo per lei lo è.” Ora il suo cuore non bruciava più, vi era solo freddo ghiaccio in tutto il suo corpo. Calma e fredda immobilità.

“Per questo Kara non può essere qua, devi dimenticarla e, con il tempo, ritroverai le tue emozioni, dimenticando le sue.” Rimase in silenzio, il suo sguardo tornò al soffitto, bianco e perfetto.

“Quando potrò uscire da qui?” Alex rimase in silenzio, forse era stupita dal suo contegno, dalla sua accettazione passiva, non le importava.

“Non appena starai meglio. Le analisi mostrano una rapida ripresa ora che le crisi peggiori sono passate, ma potresti avere delle ricadute e soprattutto…”

“L’astinenza.” Concluse lei. “Immagino che non ci si uno speciale metadone per astinenza da legame mentale, dico bene?”

“C’è una persona che può aiutarti.” Affermò lei e Lena ricordò una mano fresca sulla sua pelle e una presenza calma, ma lontana, nella sua mente. Strinse la mascella all’idea di avere qualcuno che non era lei nella sua mente e provò un senso di profonda repulsione quando comprese che lo desiderava, perché qualsiasi cosa era meglio di quel vuoto.

“Non credo che ne avrò bisogno.” Affermò decisa, cercando di contrastare quella parte di lei che invece implorava una comunione simile. “Ci vorranno giorni, settimane? Ho una compagnia da dirigere e non posso rimanere a letto a dormire.” L’agente Danvers sospirò.

“Potrai essere dimessa tra qualche giorno.”

“Bene. Ora vorrei rimanere sola.” Chiuse la discussione e la ragazza annuì, ma prima di uscire si voltò sulla porta.

“Lei… è molto dispiaciuta.” Disse alla fine. Lena non rispose, lo sguardo rivolto verso l’alto. Alex annuì piano e se ne andò, solo allora Lena permise ad una lacrima di scivolare lungo il suo viso.

 

Una singola lacrima scivolò lungo il viso di Kara. Poteva sentire i passi di Alex che si allontanavano dalla stanza di Lena e poteva sentire il battito calmo della donna. Ora sapeva tutto. Era finita.

Presto Lena sarebbe tornata alla sua compagnia e avrebbe potuto ricominciare a vivere la sua vita, senza che lei soffocasse le sue emozioni obbligandola verso sentimenti che non provava.

Quel pensiero la portò a stringere forte gli occhi, non riusciva a sopportare che i loro ricordi insieme fosse frutto di una forzatura. Non riusciva ad accettare che mentre facevano l’amore era solo lei quella che amava, Lena era un corpo vuoto riempito da quelli che erano i suoi sentimenti.

Quei pensieri le diedero la nausea, per l’ennesima volta. Si meritava ogni dolore, ogni sofferenza per quello che aveva fatto. L’unica volta che erano rimaste lontane Lena era finita tra le braccia di un’altra donna, perché non aveva capito all’ora che il suo sentimento era unilaterale? Perché non aveva capito che stava stringendo un cappio attorno a Lena? Perché era stata così stupida dal credere che una donna così meravigliosa potesse amare lei? Oh, certo, lei era l’eroina di National City, Supergirl! Ma Lena la conosceva come l’impacciata ragazza che arrossiva e parlava troppo quando era tesa, quella che amava mangiare e adorava guardare le stelle nel cielo, a cui mancava casa e che per rilassarsi volava: la vera lei, né Supergirl, né Kara Danvers, solo lei, Kara.

“Va tutto bene?” Scosse la testa e Alex sospirò. “Starà meglio…”

“Ha perso tutto nella sua vita, la madre quando aveva quattro anni, il padre a sedici, la sua madre adottiva non l’ha mai amata e LexLex l’ha tradita più di tutti. Ora… ora ha scoperto che anche la sua stessa mente l’ha tradita. Riesci ad immaginare? Io sì, la mia mente sotto l’influenza della Black Mercy ha creduto davvero a quello che vivevo, scoprire che era tutto falso non mi ha impedito di sentire il dolore per quello che avevo perso. Ora lei si ritrova a dover combattere con il dolore di avermi persa e la consapevolezza che era tutto falso. Come potrà stare meglio?” Domandò e Alex non seppe risponderle.

 

Maggie prese il telefono e attese, pochi squilli e Alex rispose.

“Non è un buon momento.” Affermò la donna.

“Ho scoperto chi guida Cadmus.” Le disse però lei e quasi poté immaginare lo stupore della compagna. “Il missile, la bomba, avevi ragione, erano collegati e proprio attraverso la Luthor Corporation, ma, avevi puntato alla Luthor sbagliata. Non si tratta della figlia, ma della madre.” Sorrise osservando la confessione firmata che aveva appena strappato a uno dei membri del laboratorio che studiava XV-439, aveva avuto ragione a non mollare la presa e, finalmente, dopo giorni di interrogatori aveva trovato la talpa.

Lillian Luthor è al comando di Cadmus e, di certo, sta progettando qualcosa di grosso.”

“Ti amo, lo sai questo?” Le chiese Alex e lei annuì.

“Certo Danvers, ora prepara una squadra, perché abbiamo un’irruzione da fare.” Chiuse la chiamata e afferrò in giubbotto antiproiettile, era ora di mettere la parola fine a quella storia.

 

 

 

Note: E ora sappiamo come l’ha presa Lena…

Non ho molto da dirvi, il capitolo parla da sé, purtroppo. Dolore e sofferenza su ogni fronte.

La storia tra Kara e Lena sembra finita perché nessuna delle due ha deciso di battersi per essa. Kara incastrata dal senso di colpa e Lena dall’idea di essere stata usata, ancora una volta.

Il finale riapre di nuovo i giochi o forse li chiude. Maggie avrà ragione? Ha davvero trovato il capo di Cadmus? E a cosa ci porterà questa nuova informazione?

 

Vi lascio con queste domande, scrivetemi cosa ne pensate!

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Dodicesimo capitolo: L’errore ***


L’errore

 

Lena lasciò che l’alcool scendesse nel suo stomaco bruciando. Quello, almeno, lo sentiva ancora. Si rialzò  posò il bicchiere e tornò alla sua scrivania. Il lavoro non riempiva il vuoto dentro di lei, ma lo rendeva sopportabile. La L-Corp, perché finalmente aveva potuto cambiare nome alla Luthor Corporation, era reale, tangibile, i problemi erano risolvibili con la giusta dedizione e il necessario tempo.

Il sole tramontò e Jess fu sostituita da Alana, ma Lena se ne accorse appena. Gli occhi le bruciavano, ma vi erano rapporti da leggere, bilanci da approvare e decisioni da prendere.

“C’è una chiamata per lei, miss Luthor.” Lena sbatté gli occhi e sollevò lo sguardo osservando la segretaria che indicava il telefono che squillò ancora. Non si era resa conto che stava suonando, era davvero stanca.

Sollevò la cornetta e per un folle istante pensò che avrebbe potuto essere lei.

“Buonasera, mi fa piacere trovarti in ufficio.” Il tono arrogante e saccente di sua madre la colpì quasi fisicamente.

“Cosa vuoi, madre? Forse desideri consegnarti, finalmente?” Alex… l’agente Danvers, si corresse mentalmente, l’aveva tenuta aggiornata sugli sviluppi della sua indagine che era diventata l’indagine su sua madre. Avrebbe dovuto capire che sua madre era il leader di Cadmus, chi meglio di lei aveva libero accesso alla tecnologia delle Luthor Corporation? Lo avrebbe intuito subito nel vedere la bomba se non fosse stato che… si interruppe perché quel filo di pensieri l’avrebbe attirata, come un vortice a lei. Kara.

Lena chiuse gli occhi cercando di concentrarsi sulla telefonata e non sul vuoto abisso in cui le sembrava di precipitare.

“Non dire sciocchezze. Ho saputo che quei barbari ti hanno trattenuto per giorni e volevo assicurarmi sul tuo stato di salute, perché so che sei stata male.” Lena sbatté le palpebre, sorpresa. Vi era davvero della preoccupazione nel tono di sua madre o era solo frutto della sua immaginazione?

“Sto bene.” Affermò, lo aveva detto talmente tante volte ormai, guardandosi allo specchio, mentendosi persino quando era sola, che suonò quasi convincente.

“Vedrai che tutto andrà meglio, mi occuperò io di ogni cosa.”

“Cosa stai progettando?” Domandò, un brivido di paura che le irrigidiva i muscoli.

“Il cugino si è preso la sanità mentale di mio figlio, non permetterò che quella sciocchina si porti via la tua.”

“Madre, di cosa stai parlando?” Lena si aggrappò alla cornetta del telefono, il panico che le si attorcigliava nel ventre.

“Non ti preoccupare.” Asserì ancora la donna e poi la chiamata fu interrotta.

Alana!” Chiamò, alzandosi in piedi.

“Sì, miss Luthor?” La ragazza entrò, guardandola con aria preoccupata.

“Rintraccia il numero che ha appena chiamato, subito.” La donna annuì e tornò al suo computer mettendosi all’opera.

Intanto Lena digitò il numero personale di Alex Danvers, lo aveva appreso a memoria proprio per usarlo in una situazione simile.

“Pronto?” La voce di Alex conteneva della perplessità. Forse l’aveva svegliata, dopo tutto erano le tre di notte.

“Sono Lena, Lena Luthor.” Finì per dire ricordando che tra loro due non vi era il rapporto che sentiva, quello falso che le aveva dato lei.

“Sì, cosa succede?” Ora il suo tono era allarmato. Era folle quanto conoscesse la donna senza conoscerla davvero… avrebbe dovuto capire che… si morse il labbro, concentrandosi.

“Mi ha chiamato mia madre. Deve avere un piano, sapeva quello che mi è successo e… vuole farle del male.” Non disse il suo nome, non riusciva neppure a pensarlo senza affogare tra i ricordi e il bisogno di averla vicino, figurarsi pronunciarlo ad alta voce.

“Sai che non posso parlare delle indagini, ma posso assicurarti che le stiamo con il fiato sul collo, non riuscirà a scapparci ancora a lungo e dubito che possa organizzare qualcosa contro…” Si fermò a sua volta.

“Chi è?” Chiese una voce addormentata e Lena sentì un piccolo tuffo al cuore nell’immaginare Maggie e Alex assieme, addormentate, il suo letto era così vuoto e freddo…

“Lena.” Sentì borbottare. In quel momento Alana entrò nel suo ufficio e le consegnò un foglio con delle coordinate.

“Alex.” La chiamò lei, in un sussulto di fastidio, dimenticando la decisione di riferirsi a lei sempre e solo come agente Danvers.

“Sì.”

“Ho le coordinate del luogo da cui proveniva la chiamata. Se non ci vai tu sarò io a farlo.”

“No, dammi le coordinate.” Ordinò decisa e Lena percepì fastidio e al contempo sollievo, non era sicura di essere nello stato emotivo adatto ad affrontare sua madre.

Le diede le indicazioni e poi le augurò buona fortuna. Per un istante fu sul punto di dirle di fare attenzione, ma era lei a farlo e così tacque e riattaccò.

 

Kara si rigirò nel letto con uno sbuffo. Le avevano detto che per lei sarebbe stato più facile il distacco, perché il suo corpo era più forte e stava eliminando l’XV-439 molto lentamente e solo grazie alle inalazioni che Eliza le aveva preparato. Ma non avevano nessuna idea del dolore che provava, non avevano idea di quanto Lena le mancasse. Forse non era fisico il suo bisogno, come lo era per Lena, ma era, di certo, dannatamente intenso.

Avrebbe voluto urlare, perché la città non faceva silenzio? Perché il mondo continuava a vivere quando lei soffriva così tanto? Perché il sole sorgeva?

Strinse gli occhi e i pugni, frustrata. Quando il telefono suonò fu una specie di liberazione. Lo afferrò e per un istante sperò che fosse lei, che l’avesse perdonata, che la chiamasse per dirle che le mancava. Ma era il numero di Alex.

“Cosa succede?” Chiese di getto, erano le tre di notte e Alex aveva avuto la serata libera assieme a Maggie, se la chiamava era per un’emergenza.

“Abbiamo avuto una soffiata, forse sappiamo dove si nasconde Lillian Luthor.”

“Dimmi.” Saltò su dal letto e indossò il costume di Supergirl prima ancora che Alex avesse il tempo di risponderle.

“Si tratta di capannoni abbandonati, vicino al porto. Sto andando al DEO, preparo una squadra e interveniamo.”

“Non serve una squadra, vado io.” Affermò lei, decisa.

“Kara…” Iniziò la sorella.

“No, sto bene e questa storia deve finire. Sono settimane che la inseguite di laboratorio in laboratorio, capannone abbandonato dopo capannone abbandonato. Adesso basta. Lena ha bisogno…” Si bloccò. Dire il suo nome le aveva provocato un’acuta fitta di nostalgia. Assaporò quel dolore perché era l’unica cosa che le rimaneva di lei, l’unica cosa che le era concessa. “Lena merita che la vera colpevole venga messa in carcere.” Riuscì a dire. “Solo così il suo nome sarà completamente ripulito dal sospetto.” Sapeva che non era del tutto vero, ma aveva bisogno di crederci. Voleva che Lena avesse la possibilità di ricominciare per davvero.

“Va bene.” Accettò la sorella e le diede l’indirizzo. Kara annuì soddisfatta e si spinse fuori dalla finestra, dirigendosi verso il porto.

Malgrado l’ora tarda l’aria era tiepida, come sempre a National City. Kara volò rapida sopra la città percorsa da un perenne brusio, anche in quel momento, quando la maggior parte dei suoi abitanti dormiva.

I suoi occhi corsero traditori al palazzo della L-Corp, aveva osservato da lontano mentre le gru montavano la nuova insegna e aveva sorvegliato la cerimonia di cambio del nome. Lontana dagli occhi di Lena, ma pronta ad intervenire se fosse successo qualcosa. Era stato difficile vederla lì, bella come non mai, gli occhi fieri e la voce piena di sincerità e di forza, e non poterla raggiungere, non poterle dire quanto fosse orgogliosa di lei.

Malgrado fosse lontana, ora, poteva vederla, seduta alla sua scrivania, intenta, ancora una volta, a lavorare fino a tardi. Sentì una fitta di vergogna nel pensare a come l’aveva obbligata ad andarsene a casa. A lasciare il suo lavoro per fare altro. Ora che era libera di agire e di pensare era evidentemente diverso il suo impiego del tempo, un’altra prova di come si era imposta a lei.

Scosse la testa e tornò a concentrarsi sulla sua meta, spinse i pugni in avanti e rapidamente si ritrovò sul porto, non le fu difficile orientarsi e scendere veloce attraversando il leggero tetto in lamiere, fino ad atterrare tra un gruppo di uomini in nero.

Kara fu investita da un fiotto di proiettili che non le fecero nulla, si mosse veloce e i soldati di Cadmus si ritrovarono legati, mentre lei piegava le loro armi come se fossero state di gomma.

“Dov’è Lillian Luthor?” Chiese con voce decisa.

Un uomo si diresse verso di lei, uscendo dall’ombra e Kara lo riconobbe subito.

J’onn? Sei venuto anche tu? Potevo gestire la cosa da…” Il pugno la raggiunge in pieno petto e la scaraventò lontano. Kara sbatté contro il muro di cemento e cadde a terra con un gemito di dolore. Rialzò la testa e osservò l’uomo sconvolta. “Hank Henshaw.” Comprese, ma l’uomo scosse la testa.

“Non sono più quell’uomo, ora sono Cyborg Superman.” La afferrò e le diede un pugno, lei questa volta parò il colpo, cercando di sottrarsi alla sua presa, ma si ritrovò di nuovo scagliata a terra. La forza di quell’essere era, di certo, sovraumana. Strinse i denti e si scagliò in avanti. Colpì Henshaw al viso e sentì del dolore riverberare tra le sue dita, lo colpì ancora, ma l’uomo catturò il suo pugno e strinse facendola urlare.

“Non sei abbastanza forte, ragazza.” Le disse e poi la colpì con violenza facendola stramazzare al suolo.

Supergirl, mi fa piacere vedere che sei venuta.” Kara alzò il viso con sofferenza e incrociò lo sguardo divertito di Lillian Luthor. “Mia figlia ha fatto esattamente quello che mi aspettavo da lei.” Kara strinse i denti e cercò di alzarsi in piedi, ma la colpirono dietro alla testa e la sua coscienza scivolò nel buio.

 

“Il trasmettitore di posizione è appena stato spento.” Comunicò Winn con agitazione.

“Cosa?” Chiese Alex tirandosi avanti e osservando lei stessa lo schermo.

Winn digitava rapido, ma il risultato era sempre una scritta rossa che diceva ‘perso’.

“Prepara una squadra, subito.” Ordinò J’onn e lei annuì scattando verso l’armeria.

Una decina di minuti dopo faceva irruzione nel capannone verso il quale si era diretta Kara, il posto era vuoto.

“Agente Danvers, venga a vedere.” La chiamò un agente DEO, per terra vi erano numerosi bossoli, ma, più tipico ancora, vi erano le punte dei proiettili, schiacciati.

Supergirl ha affrontato uno scontro a fuoco.” Comunicò alla base. Alex si guardò attorno con ansia crescente, aveva forse lanciato sua sorella in una trappola?

 

Lena guardò il telefono con aria tesa, poi controllò il suo cellulare. Perché non erano ancora arrivate notizie? Alex doveva sapere che era in attesa!

Si alzò e si versò altro whiskey ambrato nel bicchiere. Guardando la città e si chiese dove fosse lei. Stava volando libera nel vento oppure dormiva? Stava salvando qualcuno, con il suo sorriso soddisfatto e fiero?

Scosse la testa e bevve un lungo sorso, reagendo appena al bruciore. Si voltò e afferrò il telefono, avrebbe chiamato solo per essere sicura che avessero preso sua madre, dopo tutto meritava di sapere, no? Era lei che aveva avuto l’informazione vincente, dopo settimane di caccia sua madre aveva fatto un errore… Lena corrugò la fronte osservando il proprio cellulare e il telefono dell’ufficio.

Perché sua madre aveva chiamato lì? Conosceva benissimo il suo numero privato. Sentì una stretta al ventre quando intuì che l’errore lo aveva fatto lei.

Questa volta non esitò nel comporre il numero di Alex Danvers. Il telefono ebbe il tempo di fare un solo squillo, poi la donna rispose.

“È una trappola!” Quasi le urlò, il cuore che batteva veloce.

“Lo sappiamo.” L’istante di sollievo fu subito sostituito da un altro brivido, nel tono di Alex c’era qualcosa che non andava.

“Come fate a saperlo?” Chiese, mentre chiudeva gli occhi in attesa della risposta, sperando con tutta se stessa di essere in errore.

“Vai a dormire, Lena. Ci pensiamo noi.” Riaprì gli occhi e li fissò verso il panorama, il sole stava sorgendo e i palazzi assumevano colori rosa e gialli.

“Dimmelo.” Ordinò, con tono duro. “Dimmi cos’è successo a…” Strinse i denti. “Dimmi cos’è successo a Kara.” Con rabbia scacciò la lacrima che traditrice le era sfuggita dagli occhi, non sapeva quando quel dolore sarebbe scomparso, ma di certo non sarebbe stato a breve.

“Presumiamo che tua madre l’abbia presa.”

“Ha preparato ogni cosa: la telefonata sul numero dell’ufficio proprio perché abbiamo un modo per tracciare tutte le chiamate che arrivano così e poi mi ha detto quelle precise parole perché sapeva che avrei agito d’impulso senza riflettere, solo perché era coinvolta lei. Mia madre sa. Sa quello che ci ha legate e ha saputo sfruttarlo, mi ha usata, come sempre, e io, scioccamente, ci sono cascata, ancora una volta.”

“Non biasimarti. Io ho dato l’indirizzo a mia sorella, io l’ho mandata lì, da sola.” Nella voce di Alex ora non era più nascosta la paura e la preoccupazione.

“Cosa…” Si interruppe. Cosa poteva fare? Non aveva già fatto sufficiente danno?

“La troveremo. Lei… Kara se la cava sempre, vedrai.”

“Sì.” Cercò di convincersi. “Lei è Supergirl, dopo tutto.” Annuì cercando di soffocare i sentimenti di paura per la ragazza, quello che sentiva non era vero!

Afferrò il bicchiere e lo gettò a schiantarsi lontano.

 

Lena osservò il cielo infuocato. Rosso, lo stesso rosso che si rifletteva sugli alti palazzi.

“Casa…” Mormorò una voce accanto a lei. Lena si voltò a guardarla e vide il suo viso rigato dalle lacrime, non guardava la città, non guardava il pianeta morente, guardava lei. “Non pensavo di rivederti.” Disse ancora la giovane donna, i capelli biondi che ondeggiavano sulle sue spalle, morbidi nel leggero vento.

“Dove sei?” Le domandò. Perché sentiva che quella domanda era importante, la più importante di tutte, il resto poteva aspettare.

“Con te.” Affermò però lei e sorrise, senza smettere di piangere.

Lena sbatté le palpebre. Qualcosa non andava, quel sogno era sbagliato o…

“Siamo già state qui…” Mormorò.

“Sì. Assieme.” Confermò la ragazza voltandosi verso la città. “Krypton.”

“Perché è importante?” Domandò, confusa. Perché quel sogno era così importante? Sogno?

 

Lena aprì gli occhi sobbalzando, una mano delicata si era posata su di lei.

“Scusi, miss, ma c’è un agente della polizia che ha chiesto di vederla. Ha detto che se non la svegliavo io sarebbe venuta lei.”

“Catherine?” Domandò lei, confusa nel vedere l’anziana domestica.

“Sì, miss. Mi dispiace, aveva così tanto bisogno di dormire… non dovrebbe fare così tardi, miss.” Per una volta Lena sorrise nel sentire il tono materno che la donna aveva assunto spesso quando lei era più piccola.

“Hai ragione, Catherine.” Ammise, alzandosi.

“Dirò all’agente Sawyer di aspettare che…” Lena era sobbalzata.

“Maggie Sawyer?” Domandò, scendendo dal letto in fretta.

“Sì, miss.” La giovane Luthor afferrò la vestaglia e la infilò in fretta, uscendo dalla stanza a piedi nudi e scendendo le scale quasi correndo.

“Maggie.” Chiamò e la detective si voltò sorpresa nel sentirsi apostrofare in modo tanto famigliare.

“Oh… giusto, immagino che tu mi conosca.” La donna abbozzò un sorriso, ma si vedeva che era tesa.

“Kara?” Domandò lei, il cuore che batteva veloce.

“Non abbiamo ancora novità su di lei, ma… sì, sono qua per questo.” Prese un profondo respiro e la guardò dritta negli occhi. “Io e te dobbiamo parlare.”

 

 

 

Note: Ed eccoci passati all’azione! Mamma Luthor è, effettivamente, a capo di Cadmus e ha un piano preciso di cui non sappiamo molto, se non che le serve Kara. Lillian, come al solito, ha usato la figlia per giungere ai suoi fini e, al suo fianco, ha un alleato tanto forte da stendere Supergirl, il cyborg.

Maggie, però, il nostro allegro jolly, salta di nuovo fuori. Vuole parlare con Lena, per dirle cosa? E come reagirà Lena alla conversazione?

Idee?

Ultimo, ma non ultimo… il sogno… vi ricorda qualcosa? ;-)

Fatemi sapere!

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Tredicesimo capitolo: Il tentativo ***


Il tentativo

 

“Sono due giorni che la stiamo cercando e tu, cosa stai facendo?” Lena guardò la donna, le aveva puntato il dito contro e la fissava, arrabbiata.

“Io? Non ho modo di rintracciare mia madre e quindi di trovare Supergirl, non vedo cosa dovrei fare.” Maggie strinse gli occhi fissandola per un lungo istante.

“Puoi fingere quanto vuoi, puoi usare la glaciale indifferenza che ti avrà insegnato mammina, ma, io, non me la bevo! Kara ha bisogno di te e tu non stai facendo nulla.”

“Non pronunciare il suo nome!” Sibilò, gli occhi che brillavano d’ira.

“Perché?” Chiese lei con sfida. “Cosa c’è che non va nel dire il suo nome, tanto cosa ti importa? Kara è tra le mani di tua madre per un tuo errore e tu stai qui a dormire, non credo che…”

Lo schiaffo arrivò dritto sul volto della detective che si portò la mano alla guancia.

“Tu non hai idea di quello che provo!” Urlò Lena, con un furore che avrebbe potuto illuminare mezza città. “Lei è tutto per me!” Lena strinse i denti. “Era.” Si corresse.

“Bene, finalmente una reazione adeguata.”

“Cosa?” Domandò lei, confusa nel vedere un sorriso compiaciuto apparire sulle labbra di Maggie.

“Avevo bisogno di capire e ho avuto la mia risposta. Kara ha bisogno di te e, tu, devi aiutarci.”

“No.” Lena scosse la testa incrociando le braccia. “Sono stanca di essere usata, manipolata, sfruttata. Mia madre, Lex, persino mio padre mi hanno sempre vista come qualcuno da usare, qualcuno su cui sfogare la propria rabbia, qualcuno che avrebbe potuto fungere da immagine, un trofeo da mostrare ai colleghi. Credevo di aver trovato l’unica persona al mondo che vedeva me, quella che ero, e che non voleva nulla se non amarmi, proteggermi, capirmi. Menzogne, tutte menzogne. Ora basta. Sarò solo più io e mi basterò.”

“E la lascerai soffrire, forse morire, solo perché…”

“Ho fatto quello che ho potuto ed era, ancora una volta, la cosa sbagliata. Alex mi ha detto di lasciarvi fare ed è quello che ho fatto.” A quelle parole Maggie la guardò con profondo disprezzo.

“Kara ti ama, credevo che tu lo meritassi il suo amore, mi sbagliavo.” Lena accusò il colpo, ma drizzò la testa e la guardò uscire senza aggiungere altro, pensasse pure quello che voleva, non avrebbe cambiato idea.

 

“Qua squadra beta. Nulla. Il laboratorio sembra abbandonato da settimane.” La voce dell’agente DEO era rassegnata. Alex strinse i denti cercando di calmarsi.

“Ricevuto, squadra beta, rientrate.” L’ennesimo buco nell’acqua, l’ennesimo fallimento. Erano due giorni che Kara era scomparsa e non avevano nemmeno una piccola traccia da seguire. Lillian Luthor era sparita e così i suoi uomini, non c’era nessuno da interrogare, nessun indizio da analizzare, nulla.

Con un crescente senso di panico Alex pensò a suo padre e se, anche Kara, fosse svanita come lui?

“La troveremo.” Maggie le posò una mano sul fianco attirandola in un abbraccio. “Vedrai che la troveremo.”

“Dove sei andata?” Le chiese appoggiando la testa contro quella di lei, traendo conforto dalla sua presenza.

“Dovevo tentare una cosa, non ha funzionato… per ora…” Alex la guardò, ma la detective non aggiunse altro e lei lasciò cadere l’argomento, se Maggie preferiva non dirglielo di sicuro aveva i suoi motivi.

“Pensi che le stiano facendo del male?” Chiese dopo un poco.

“Non lo so… immagino che abbia bisogno di lei, quindi dobbiamo pensare che sia viva.” Le disse con convinzione Maggie.

“E quando non le servirà più?” Mormorò lei, dando voce alla sua grande paura.

“La troveremo prima o lei riuscirà a venirne fuori. Non è facile abbattere una Danvers, posso testimoniarlo.” Alex sospirò, annuendo piano.

“Hai ragione, Lillian potrà anche essere intelligente, ma non è infallibile, deve aver fatto un errore.” Alex osservò i dossier che aveva davanti come se un dettaglio fondamentale potesse saltarle agli occhi. “Se solo sapessimo cos’ha in mente…” Disse piano, mordendosi il labbro pensierosa.

 

“Cosa vuoi da me?” Kara rinchiusa in una stanza guardò la donna con odio, il verde delle pareti la teneva al centro della stanza, ma anche lì gli effetti della kryptonite la facevano stare male.

“Lo saprai molto presto.” Le assicurò Lillian Luthor con un sorriso sarcastico sulle labbra.

“Perché siamo qui?” Chiese, aveva visto abbastanza del luogo all’esterno dell’aereo in cui era rinchiusa, per riconoscere a colpo d’occhio il posto.

“Domande, domande, domande… Siamo qui per qualcosa di molto importante e tu sei la chiave del mio piccolo progetto.”

“Non ti permetterò di portare a termine uno dei tuoi folli piani.” La sua minaccia suonò vuota anche a lei, era in ginocchio, il corpo che rabbrividiva per l’esposizione prolungata alla kryptonite e, di certo, non sembrava pronta a fuggire, men che meno ad opporsi.

“Super: sempre pronti a minacciare. Sbandierate i vostri poteri, vi ergete a giudici, ma chi vi ha dato il permesso di decidere chi deve vivere e chi deve morire? Chi vi ha chiesto di venire sulla Terra, di rubare il nostro mondo e rendere i suoi abitanti una massa di sciocchi capaci solo ad adorare il lucente simbolo che avete sul petto? Io libererò il mondo dai Super e da tutti i parassiti della galassia, la feccia che è giunta qua perché incapace di lottare e vivere sul proprio mondo. Tu sei la chiave del mio progetto, tu e l’XV-439.” Gli occhi della donna ora brillavano d’ira, ma anche di profonda soddisfazione.

“Sei pazza. Come tuo figlio.” Disse solo Kara, incapace di credere che qualcuno potesse anche solo pensare le cose di cui lei sembrava così fortemente convinta.

Lex era un genio! Il mio povero bambino, tuo cugino lo ha fatto passare per un criminale e ciò l’ha reso pazzo, ma io porterò a compimento il suo lavoro.” Sorrise. “Presto saremo pronti per te, ora dormi.” La donna aprì un pannello e alzò il livello di intensità dell’irradiazione di kryptonite. Kara urlò di dolore e quando fu troppo svenne, per l’ennesima volta.

 

“Perché siamo qui?” Domandò, osservando la città tinta di rosso.

“Casa…” Mormorò la bionda ragazza fissandola con occhi pieni di lacrime.

“Non capisco.” Lena scosse la testa, si guardava attorno, ma non capiva perché era lì.

“Pensavo di non rivederti mai più. Mi hanno detto che ti ho fatto del male… che…” Le lacrime scendevano copiose lungo le sue guance. “Il mio amore…”

“No.” Lena si stupì nel sentire se stessa rispondere con tanta veemenza, ma la ragazza continuava a parlare.

“Avevo così bisogno di qualcuno che potesse capirmi, che potesse starmi accanto e vedere me, solo me…” Le parole echeggiarono nella sua mente, solleticando la sua memoria. “Ti ho obbligato ad amarmi, mi dispiace tanto, così tanto…” Ora la ragazza era vicina, sollevò la mano e le sfiorò la guancia, in una carezza delicata, come se avesse paura ad osare di più.

“Dove sei?” Le chiese Lena, appoggiando la mano a quella di lei e chiudendo gli occhi incapace di rallentare il proprio cuore a causa della gioia che quel semplice gesto le provocava.

“Non sarò mai lontana…” Lena sentì che la ragazza le sfiorava la fronte e poi il cuore.

 

Lena si svegliò di soprassalto il cuore che batteva veloce, alzò la mano come a voler trattenere una mano che ormai non c’era più.

Perché quel sogno? Perché ancora lei, perché Krypton? Che senso aveva tutto quello?

All’esterno la luce del mattino filtrava tra le tende. Lena si alzò e raggiunse la finestra, la spalancò ed osservò il giardino. Kara era stata lì. Sorrise al ricordo, era stata così timida, lei aveva dovuta attirarla nella stanza. Corrugò la fronte. All’hotel era stata lei a spingere Kara a guardarla con occhi meno amichevoli e più desiderosi… e la prima volta lei l’aveva spinta via dalla sua mente. Il suo cuore iniziò a battere veloce, si era impedita di pensare, si era obbligata a rigettare ogni ricordo, ma quel sogno, le parole di Kara… chi aveva voluto di più? Chi aveva preteso di più che un’amicizia? Poteva essere stato tutto una contorta forma di controllo? Un desiderio inespresso di Kara che aveva agito dentro di lei spingendola a…

Lena chiuse gli occhi calmando il suo cuore, calmando il suo respiro. Aveva bisogno di essere lucida. Lentamente iniziò a recitare i numeri del pi greco, lasciando che la sua mente si rilassasse. Come aveva già fatto una volta… come le aveva suggerito, tramite Alex, lei. Kara. Perché, Kara, la conosceva, si preoccupava per lei e…

Lena spalancò gli occhi, non importava se il suo amore per Kara fosse vero o falso, quello che importava davvero è che Kara l’amava, l’amava con tutte se stessa, sinceramente e profondamente. Forse, persino così profondamente da spingere lei ad amarla a sua volta. Chi, in tutta la sua vita, si era donata così completamente a lei? Nessuno.

Questo bastava, per ora.

In pochi minuti era pronta, si vestì, ignorò la colazione e richiese subito l’auto. Venti minuti dopo scese davanti a un grande palazzo in centro città, apparentemente sede di attività governative assolutamente non segrete, in realtà centro operativo del DEO.

Entrò nell’edificio, si diresse decisa verso l’ascensore e digitò il codice d’accesso di Alex Danvers. Kara aveva preso l’ascensore con lei, in un paio di occasioni, quando si erano recate a lavoro assieme o quando erano uscite per un caffè.

Il codice fu validato e l’ascensore si mosse arrivando ad aprirsi al piano che conteneva il centro logistico.

Identificò subito Winn, seduto al suo posto intento a controllare informazioni sul computer, anche da lì poteva vedere che era esausto, ma non lasciava la postazione. Poco più in là James Olsen litigava con Mon-El, attraverso Kara aveva conosciuto il rampante reporter che andava in giro mascherato facendo l’eroe, non aveva difficoltà ad immaginare perché litigassero, probabilmente volevano capire chi dei due fosse più pronto e degno ad aiutare Kara.

“Com’è entrata qui!” Un agente si fece avanti, la mano sulla pistola.

“Ciao John, tua madre sta meglio?” L’uomo la fissò, sconvolto.

“Come… come fa a sapere che mia madre…”

“Lena.” Alex si fece avanti, facendo un cenno all’agente che la guardava ancora scioccato. “Potresti evitare di usare in quel modo le informazione che hai ottenuto grazie a Kara?” Le domandò la donna con una punta di fastidio nella voce.

“Non mi andava di farmi sparare addosso.” Le fece notare inarcando un sopracciglio, ironica. Essere lì era strano, l’ultima volta aveva visto solo l’infermeria e la sala interrogatori, dunque per lei quel posto era Kara. Poteva quasi ricordarsi tutte le volte in cui la ragazza si era appoggiata al grande tavolo al centro della stanza ridacchiando per qualche stupida battuta che lei aveva detto solo con quel proposito. Lei, di nuovo lei.

Eccolo di nuovo, quel dubbio. Lo allontanò decisa, non poteva perdersi adesso.

“Non ti chiederò come sei entrata, ma immagino di dover cambiare i miei codici di accesso.” Lena osservò meglio il viso della donna, aveva gli occhi rossi, il viso stanco e tirato. “Perché sei venuta, credevo avessimo un accordo.”

“Sì, credo di aver detto, più che chiaramente, che non avrei più rimesso piede qui se non con delle manette ai polsi… ma…”

“Lena, se sei venuta per il secondo round ti faccio presente che non mi lascerò colpire una seconda volta.” Maggie era appena arrivata dall’ascensore, i suoi occhi si posarono sulla compagna e il sorriso sarcastico scomparve sostituito dalla preoccupazione. “Non hai dormito.” Costatò.

“Non ho tempo di dormire. Kara non è ancora a casa, al sicuro.” Fece notare Alex e poi si voltò verso Lena, sembrava aver finito la pazienza. “Dimmi perché sei qui.”

“Il detective ha detto che avevate bisogno del mio aiuto. Sono qui.”

Alex guardò Maggie con aria interrogativa.

“È lei il tuo tentativo?”

“Avete scartato quell’idea, ma non mi sembra che abbiamo avuto fortuna, fino ad ora.”

“Quale idea?” Chiese Lena, una piccolo tremito la percorse, stava forse di nuovo mentendo a se stessa? Non era forse lì proprio perché sperava che in qualche modo…

Danvers, Sawyer.” J’onn le aveva viste e ora le fissava dall’altra parte della stanza con aria corrucciata. James e Mon-El si voltarono, fissandole. Lena poté vedere il viso del giovane daxamite corrucciarsi nel vederla. Winn, invece sgranò gli occhi, una nuova speranza che nasceva in lui.

“Bene, Sawyer, ora te la vedi tu con lui. Ha escluso la tua proposta la prima volta, non apprezzerà che sei andata vanti in quella direzione senza il suo permesso.” Bisbigliò Alex a Maggie, Lena poco distante non poté fare a meno di sentire.

Una parte di lei sperava di essere fermata, l’altra parte era pronta a lottare con i denti pur di riuscire. Perché non poteva essere una scelta semplice?

“Miss Luthor, usare i codici di un agente DEO per accedere ad una zona ad alta restrizione potrebbe costarle il carcere.” La salutò il marziano con il suo tono duro.

“Sappiamo entrambi che non avevo tempo di passare attraverso la vostra burocrazia. Ora sono qui, veniamo al dunque.” Il direttore guardò verso Alex e Maggie, la detective prese subito la parola.

“Sappiamo tutti che non abbiamo altri modi per trovarla.”

“No, non possiamo, il rischio è troppo grande e…” Rispose subito J’onn.

“Lasciate decidere a me i rischio che posso e voglio correre.” Insistette Lena interrompendo il marziano.

“Miss Luthor, lei non capisce. Il suo parere non conta, se la sua mente non fosse stata alterata non si esporrebbe al rischio di una nuova inoculazione di XV-439 solo per tentare qualcosa di, comunque, difficile. Lei è come una drogata che cerca di smettere, a cui viene offerta una nuova dose. Non potrebbe dire di no neanche se lo volesse.” Lena arrossì davanti ad una simile brusca affermazione.

J’onn…” Cercò di intervenire Alex, notando il modo in cui la frase l’aveva colpita, ma lei alzò la mano interrompendola.

“Va bene, sono una drogata, l’amore che provo per Kara è falso, artificiale, costruito grazie a una sostanza chimica.” Ammise ed era la prima volta che lo diceva per davvero, che lo ammetteva ad alta voce davanti ad altre persone. “La mia debole e bisognosa mente si è lasciata catturare dalla sua. Lo accetto.” Strinse i denti, non avrebbe pianto davanti a quegli estranei, poco importa se i sentimenti di Kara la spingevano a vederli come una famiglia amorevole e attenta. “Ma, tutti voi, dimenticate una cosa: Kara. Il suo amore per me era vero, su questo, neppure tu puoi discutere.” Puntò il dito contro il marziano che strinse la mascella, ma non si oppose a quella verità. Perché quella era una verità, un punto fisso, sicuro.

Kara l’amava.

“Per l’amore che lei prova per me, sono disposta a tentare qualsiasi cosa.”

 

 

 

Note: Abbiamo visto in che situazione si trova Kara, sul piano di Lillian avete avuto qualche illuminazione? Qualche indizio è arrivato…

Intanto al DEO tutti stanno lavorando per trovare Supergirl e Maggie ha tentato di arruolare Lena che non ha ceduto, se non dopo un altro sogno. Riuscite a intravedere uno schema, una traccia?

Di sicuro Lena ha compreso qualcosa di fondamentale: forse il suo amore era artefatto, ma quello di Kara no.

Il piano d’azione è chiaro, almeno questo, ma il rischio è altrettanto evidente… fino a che punto si spingerà Lena per salvare Kara?

 

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere!

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Quattordicesimo capitolo: Provare ***


Provare

 

“Non sappiamo se funzionerà, Kara dovrebbe avere ancora dell’XV-439 nelle sue cellule, ma potrebbe anche non essere abbastanza per creare il legame, non sappiamo come funzionerà e soprattutto…”

“Non sapete i danni che subirà il mio cervello.” Lena concluse il discorso di Alex alzando un sopracciglio. “Credevo che non avessimo tempo.” Commentò, poi, nel notare l’esitazione della ragazza.

“Non capisci… non sappiamo come funziona l’XV-439. Non per davvero, gli studi preliminari dei tuoi laboratori vertono solo sulle sue capacità nell’accelerazione delle trasmissioni neuronali.”

“Possiamo presumere che, nel mio caso e in quello di Kara, l’esposizione al XV-439 in un cervello sano abbia potenziato le interconnessioni neuronali risvegliando latenti capacità telepatiche. Dopo tutto sappiamo che il nostro cervello è in gran parte dormiente.” Il suo ricorso alla scienza per calmarsi era più che evidente, poteva tentare quanto voleva, quello che era successo era, probabilmente, impossibile da razionalizzare.

“Non devi farlo per forza.” Le ricordò ancora Alex, eppure Lena sapeva che la ragazza fremeva, conscia che ogni istante poteva essere fondamentale per salvare la sorella.

“Avete un altro modo per trovarla?” Chiese ad Alex, ma poi guardò tutti coloro che erano nella stanza: Mon-El, James, Winn, Maggie e, ovviamente J’onn. Il marziano scosse la testa poi si fece avanti.

“La mente di Kara potrebbe essere… sotto shock, non sappiamo cosa le stiano facendo. In quel caso potrebbe essere molto difficile da raggiungere oppure quasi impossibile da lasciare, potrebbe attirarti e trattenerti o semplicemente considerarti ostile e tentare di distruggerti. Non sottovalutare la forza della sua mente e non sottovalutare l’impatto che potrebbe avere sul tuo corpo fisico un’aggressione mentale di Kara.” Lena annuì, era pronta, aveva deciso. “Io sarò qua, accanto a te, se qualcosa andasse storto sarò pronto ad aiutarti.”

“Molto bene.” Si voltò verso Alex e annuì ancora una volta, rilassando il corpo sul lettino. L’agente Danvers guardò J’onn che con un cenno le diede il permesso di proseguire e poi allungò l’inalatore sul suo viso.

“La prima volta, nel tuo laboratorio sei stata esposta al composto tramite un’esplosione.”

“La centrifuga.” Ricordò lei. L’intero laboratorio era stato gettato a soqquadro, ma l’XV-439 non era velenoso e, per fortuna, c’era solo lei a quell’ora della notte, le analisi avevano mostrato che stava bene e nessuno aveva indagato oltre. Era successo settimane prima che nascesse il suo legame con Kara.

“Ci sono volute settimane perché i miei tessuti…” Chiuse gli occhi, mentre veniva attraversata da un intensa fitta di dolore. “Kara.” Chiamò sussultando.

Non era più una fitta ora, tutto il suo corpo bruciava come se… “Kryptonite… l’intera stanza irradia kryptonite.” Comprese. La mano di J’onn si strinse alla sua.

“Vai oltre il suo dolore, cerca di raggiungerla, la sua mente deve essere trincerata da qualche parte. Devi trovarla e farti dire dov’è.”

“Kara.” Chiamò di nuovo.

L’euforia di sentirla di nuovo era forte quasi quanto il dolore nel percepire la sua sofferenza.

“Sono qui…” Mormorò a fior di labbra e sorrise, sorrise perché Kara aprì gli occhi e lei poté vedere.

“Lena…?” Chiamò con voce roca, soffocata. “Sei… sto sognando di nuovo?” Domandò la kryptoniata. La sua voce era così debole, il cuore di Lena sanguinò nel sentirla.

“No, sono davvero qui. Dimmi, dove sei?”

“Lena, mi dispiace così tanto… io non volevo obbligarti, credevo fosse vero quello che provavi e…” L’onda di profonda infelicità, di sgomento per quello che aveva fatto, di sofferenza per la pena che le aveva causato la sommerse tanto da farla boccheggiare.

“Non ha importanza adesso!” Cercò di dirle, ma era difficile, così difficile resistere di fronte a quel malessere che non aveva nulla a che vedere con quello fisico ed era dieci volte più intenso. “Non ha importanza…” Cercò di convincersi.

“Ti amo, Lena. Ti amo e avrei tanto voluto dirtelo quando ne avevo l’occasione, ma… credevo che le parole non servissero, credevo che tu lo sentissi e lo ricambiassi… mi sbagliavo, perdonami, perdonami, perdonami…”

 

Alex osservò le lacrime scendere sul viso di Lena, aveva gli occhi aperti, ma la sua mente doveva essere lontana.

“La stiamo perdendo.” Comunicò J’onn gli occhi chiusi, il viso concentrato. “Tieniti pronta con l’antidoto.”

“No!” La voce di Lena sembrava decisa. “Posso farcela.” Assicurò. Alex guardò J’onn, il marziano corrugò la fronte, poi dopo un attimo di indecisione annuì.

“Dovrei esserci io lì.” Mormorò amareggiata. Stare a guardare era la peggiore delle cose.

“Kara…” Chiamò di nuovo Lena e vi era una profonda dolcezza in lei, come se pronunciare quel nome fosse la vita stessa.

 

“Kara…” Tentò di chiamare ancora, andando oltre la sofferenza e il senso di colpa. “Sono qui, ora.”

“Ho bisogno di te, ho sempre avuto bisogno di te, mi dispiace così tanto.” Mugugnò la donna.

“Siamo pronti, è sveglia, è più forte di quanto credessi.” Lena si irrigidì, quella era la voce di sua madre. Sentì la paura di Kara come se fosse sua e rabbrividì.

“Kara dimmi dove sei!” L’intensità della kryptonite crebbe tutto attorno a lei, Kara urlò e Lena la imitò, incapace di resistere, mentre veniva attirata nel buio dell’incoscienza assieme a Kara.

 

“Tirala fuori, adesso!” La fronte di J’onn era imperlata di sudore, il monitor accanto a Lena suonava rapido mostrando il brusco acceleramento del cuore della donna. James la tratteneva nel lettino, mentre lei si agitava, urlando.

Alex posò sulla bocca della donna il secondo inalatore che rilasciò il composto creato da Eliza. Pochi minuti e Lena smise di agitarsi. J’onn si tirò indietro con un sospiro.

“Il loro legame è molto forte.” Commentò, non ebbe bisogno di dire quanto fossero andati vicini a perderla.

“Le farà del male.” Lena aprì gli occhi. Alex le diede un fazzoletto e lei se lo portò al naso che sanguinava. “Mia madre le farà del male, ora, in questo preciso istante, e io non ho scoperto dov’è.”

“Non è vero.” Winn corrugò la fronte. “Che stupido!” Inveì. Alzò il tablet che aveva tra le mani e iniziò a digitare velocemente.

“Cosa stai facendo?” Chiese Alex, J’onn si era seduto e teneva gli occhi chiusi. Lena sul lettino sembrava altrettanto esausta.

“Lena ci ha detto che Lillian Luthor sta usando della kryptonite, devo essere in grado di rintracciarla.”

“Credevo che lo avessimo già fatto.” Commentò Mon-El.

“Sì, ma…”

“Mia madre non ne possedeva solo una scheggia, ma abbastanza da creare una cella. Significa che…” Intervenne Lena, seguendo, malgrado il dolore, il ragionamento di Winn.

“Deve aver sintetizzato della kryptonite in laboratorio.” Concluse il ragazzo

“È possibile?” Chiese Maggie, perplessa.

“Teoricamente sì.” Affermò Alex. “Difficile, ma non impossibile.”

“Mia madre può farlo, ha i fondi e la determinazione.” Assicurò Lena.

“Quindi devo solo ricalibrare la frequenza affinché i nostri satelliti amplino il loro spettro di sensibilità e… fatto!” Annunciò Winn.

“Quanto ci vorrà?”

“Dipende, se la tiene in città pochi minuti, ma se non sono qui ci vorranno ore per scannerizzare l’intero pianeta.” Sul volto del giovane ci fu una smorfia.

“Va bene, agente Danvers prepara tre squadre, pronti a partire.”

“Io vengo.” Affermò deciso James e Mon-El annuì a sua volta. Il marziano accettò e Alex uscì dalla stanza, seguita da Maggie, lei non aveva bisogno di chiedere il permesso al direttore del DEO, poco importava la sua decisione, avrebbe seguito Alex in capo al mondo.

“Miss Luthor, grazie per il vostro aiuto.”

“Trovatela.” Rispose solo lei, mentre il marziano usciva dalla stanza. Il direttore annuì e poi se ne andò.

Rimasero solo più Winn e Lena.

“Mia madre avrà schermato la cella con del piombo. Non la troverete così.” Il giovane la guardò stupito.

“Non è detto e…”

“Lo sai che ho ragione.” Il ragazzo fece una smorfia poi si strinse nelle spalle. “Dobbiamo provare, qualsiasi cosa…” Si corrucciò e la fissò mentre lei si alzava dal lettino. “Dovresti riposare, non è stata una prova semplice.” La guardò mentre armeggiava con l’inalatore e il suoi occhi si sgranarono. “Cosa stai facendo?”

“C’è un solo modo per trovarla e passa attraverso la mia mente.”

“No, no, no!” Cercò di fermarla lui.

Winn!” Lo richiamò lei, mentre il ragazzo correva alla porta per chiamare gli altri. “Non capisci?” Domandò arrabbiata. “Mia madre sta per farle del male, ucciderla forse! Lo so, l’ho sentito attraverso la sua paura! Devo fermarla, adesso, e solo l’unica che può farlo.”

“Ma… come?” Lena estrasse la fiala di XV-439 e gliela mostrò.

“Prendendone una dose massiccia. Non ho saputo capire dove si trovava e Kara era troppo confusa per dirmelo, ma se l’hanno portata fuori dalla cella potrò ottenere molto indizi utili.”

“Non è una buona idea, chiamo gli altri e loro te lo diranno.” Winn scuoteva la testa.

Winn, ho bisogno che qualcuno ascolti quello che dico e informi gli altri. Altrimenti avrei atteso che anche tu te ne fossi andato.” Il ragazzo era pallido in volto, teso, preoccupato. Lena poteva vedere i sentimenti scontrarsi dentro di lui. “Vuoi bene a Kara e sai che questo è l’unico modo per salvarla.”

“Ma… ma se farlo ti ucciderà, lei… lei ne morirebbe comunque.” Ammise il giovane e Lena sbatté le palpebre sorpresa. Ancora una volta quell’amore. Quell’amore totale, forte, incondizionato. Maggie lo sapeva, Alex lo sapeva, Winn lo sapeva, J’onn

Sapevano eppure non capivano. Kara l’amava e lei voleva quell’amore, lo voleva perché ne provava uno altrettanto forte. Non era frutto di un’alterazione chimica, i suoi sentimenti non erano artificiosi, lei l’amava, l’amava dal primo momento in cui aveva sentito il suo caldo abbraccio mentale, la sua forte rassicurazione. Per la prima volta si era sentita speciale, unica, amata, ma non era per questo che amava Kara, no, quello sarebbe stato un riflesso condizionato, quello di cui parlavano J’onn e Alex, quello di cui si era convinta Kara e che aveva convinto anche lei, perché era stata usata per tutta la vita, quindi, una volta in più cosa cambiava? Ma si sbagliavano, tutti, lei compresa.

Il suo amore per Kara proveniva da una profonda conoscenza della donna, delle sue debolezze, delle sue forze, non era il bisogno di una dell’altra e non era solo desiderio, era comunione, comprensione. Questi non erano sentimenti che potevano essere innestati, imposti, artificialmente creati.

No.

Lei l’amava e l’avrebbe salvata. Il pensiero fu così intenso e limpido nella sua mente che il suo cuore ebbe un sussulto di gioia, dimenticando la sofferenza che il suo corpo ancora provava per quella prima insoddisfacente prova.

“Ora sono pronta.” Comprese e disse, guardando Winn negli occhi. “Ora posso aiutarla.”

 

“Non succede tutti i giorni di avere sul tavolo un Super.” Commentò Lillian indossando i guanti, sul viso un’aria divertita.

“Perché è ancora viva?” Chiese il cyborg, truce.

“Perché il suo cervello ci serve vivo, ottenere un siero capace di controllare la popolazione aliena della Terra sarà complesso, anche con l’aiuto dell’intelligenza artificiale e non posso rischiare tutto su di un solo tentativo, quindi rimarrà viva fino a quando i risultati sulle nostre cavie non saranno soddisfacenti.” Spiegò e Hank Henshaw annuì.

“La kryptonite deve averla indebolita a sufficienza. Operiamo.” La donna alzò la mascherina, prese un bisturi dal vassoio sterilizzato e mosse il polso delicatamente, tracciando una linea sulla fronte di Supergirl. “Molto bene.” Commentò nel vedere il sangue rosso. Un’infermiera tamponò la ferita, mentre lei posava il bisturi e prendeva un trapano.

Il rumore durò qualche secondo, poi Lillian ritirò l’attrezzo dalla fronte di Kara.

“Curioso quanto siano simili a noi… eppure così dannatamente diversi.” Commentò, tendendo la mano verso una grande siringa. L’infermiera che la assisteva tamponò il piccolo rivolo di sangue che stava scendendo tra la fronte di Supergirl. Quando ebbe finito Lillian aspirò del liquido cerebrale e, quando estrasse la siringa, la mascherina non bastava per nascondere la sua soddisfazione.

“Lascia che si riprenda abbastanza e che la ferita si rimargini, poi riportala nella cella. Ci vorranno un paio d’ore prima che si svegli.” Ordinò al cyborg che annuì. “Io vado a eseguire i primi test con l’XV-439 e il sangue di Lena. Ma, se i miei precedenti test con liquido cerebrale umano non hanno mentito, avrò un composto funzionante prima di sera, di certo sfruttare il computer di questo posto renderà il tutto molto più semplice e accurato.”

“E allora avremmo l’intera popolazione aliena al nostro comando.” Concluse il cyborg mostrando uno dei suoi rari sorrisi.

“Trasformerò una piaga in una benedizione, finalmente questo pianeta tornerà ad appartenere agli umani.”

 

 

 

Note: Il primo tentativo di Lena è fallito, ma lei non si arrende, tenterà di nuovo… perché? Perché finalmente ha capito la verità, quello che prova non è artefatto, perché il suo amore per Kara deriva da qualcosa di più profondo di semplice attrazione o bisogno, deriva dalla comprensione, dalla conoscenza e dalla comunione. Lena ora è pronta a salvare Kara.

Kara… di certo la kryptoniana non sta passando un bel momento, non è neppure riuscita a dire a Lena dove si trova. Ora conosciamo le intenzioni di Lillian e abbiamo altri indizi su dove si trovano… idee? O preferite aspettare il prossimo capitolo per scoprirlo? ;-)

 

Come sempre aspetto le vostre idee e impressioni sul capitolo!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Quindicesimo capitolo: Sono qui ***


Sono qui

 

“Non è una buona idea.” Tentò ancora una volta Winn, mentre le sistemava gli elettrodi sul petto.

Lena non lo ascoltò neppure, infilò la siringa nella fiala e aspirò l’intero contenuto.

“Non credi che sia troppo? Magari la metà…”

“La fialetta che è esplosa nel mio laboratorio mesi fa, ne conteneva una quantità simile, non mi ucciderà.”

“So bene che non è l’XV-439 ad essere dannoso!” Affermò, frustrato Winn. “Ma piuttosto il tuo legame con Kara.”

“Smettila di preoccuparti.” Lo zittì. Prese un profondo respiro e si stese di nuovo sul lettino. “Quello che farò sarà capire dove si trova, sono passati solo una decina di minuti da quando mia madre l’ha prelevata dalla cella, deve essere ancora svenuta, quindi devo svegliarla.” Ricapitolò per l’ennesima volta. “O almeno farle aprire gli occhi.” Voltò la testa e guardò Winn. “Ho bisogno che tu rispetti la mia volontà e che non decida di tirarmi fuori usando il siero della madre di Alex. Non fino a quando non ti avrò dato l’informazione necessaria a salvarla, poco importa cosa mi succede. È chiaro?”

“Sì.” Winn annuì, finalmente si era deciso. “Sì, perché è ovvio che tu la ami, quanto lei ama te. Kara è la persona più dolce che conosco, non riesce neppure a imporsi e prendere la sua pedina preferita a monopoli, mentre tu sei più testarda di un klingon figurarsi se ha potuto obbligarti ad amarla…”

Lena sorrise e annuì. Il giovane la imitò poi prese un profondo respiro e tornò serio.

“Facciamolo.” Disse e Lena si infilò l’ago nel braccio per iniettare la sostanza. Bruciò appena, ma lei ignorò quel piccolo dolore, rilassandosi. “Arrivo…” Mormorò piano.

 

Lena guardò il rosso paesaggio kryptoniano prima di voltarsi verso la bionda ragazza.

“Perché siamo qui?” Domandò, immediatamente colpita da un senso di déjà vu.

“Casa…” Mormorò la donna. “Ma tu non dovresti essere qui.”

“Kara.” La donna sbatté gli occhi sorpresa dalla forza nella sua voce, così inadeguata al tono morbido del sogno. “Devi svegliarti!”

“Ma sto bene qui, sono a casa.” Non indicò i palazzi, ma lei. Sorrise e Lena sbatté le palpebre confusa, perché le sembrava che ci fosse un messaggio nascosto in quelle parole?

Un sogno ricorrente, qualcosa che aveva già sentito, ma quando?

“Stai ripetendo un sogno che abbiamo già fatto, non è vero?” Domandò, ma la ragazza non rispose, continuava a guardarla con occhi dolci. Lena cercò di sforzare la memoria, era brava in quello, lei ricordava le cose… In un bagliore di consapevolezza ricordò.

“Il nostro primo sogno assieme! Così si siamo trovate! Mi hai attirato nel tuo sogno, eri malinconica perché ti mancava casa tua e io… io ero malinconica perché mi mancavano i pochi momenti felici con la mia famiglia.”

“Casa.” Mormorò lei. “Sono a casa.”

Lena strinse le mani alla ragazza, frustrata, sapeva che la soluzione era lì, vicina, così vicina che le sarebbe bastato un soffio per raggiungerla. Il sogno, non era stato solo il primo, ma era anche uno ricorrente, da quando? Da quando Kara era stata presa…

“Oh, mio dio, Kara, stavi cercando di parlarmi, nel mio sonno sei riuscita a raggiungermi, chiedevi aiuto e io non ascoltavo!”

 

Winn, osservò il battito cardiaco di Lena aumentare e si mordicchiò il labbro, aveva promesso, ma…

“La Fortezza della Solitudine.” Mormorò la giovane Luthor. “Kara si trova a casa.”

Winn rimase un solo secondo immobile poi scattò come un fulmine fuori dalla stanza.

 

“Devi svegliarti, amore mio.” La ragazza la guardò con occhi sgranati, forse non si aspettava che la chiamasse così.

“Lena… non devi… non dovresti essere qui.” Sembrava più lucida, il paesaggio sfocava attorno a loro.

“Sono qui perché ti amo. Kara.”

“No… no, loro hanno detto che io…”

“Si sbagliavano! Hai sempre sentito il mio amore per te, sempre, fin dal primo istante, ricordalo Kara, ricorda.” Mormorò. La ragazza sembrava confusa, ma ora erano sole nel buio. Lena le catturò il viso con le mani, un dolce sorriso le illuminava il volto.

“Io ti amo e tu ami me. Accettalo.” Si sollevò appena sui piedi e raggiunse le sue labbra, baciandola con delicatezza. Quando si separarono gli occhi di Lena brillarono. “E ora, svegliati.”

 

Winn tornò nella stanza, le squadre erano partite e nessuno aveva chiesto come avesse fatto ad ottenere l’informazione. Forse avevano supposto che aveva rilevato le radiazioni di kryptonite, ma Maggie gli aveva lanciato un lungo sguardo e poi aveva annuito prima di seguire Alex verso il tetto, l’elicottero e poi l’aereo che li avrebbe portati tra i ghiacci artici, la detective era unica con la mente ancora lucida.

Lena era stesa sul lettino, un piccolo rivolo di sangue colava lungo la sua guancia. Avrebbe dovuto svegliarla? Dopo tutto l’informazione l’aveva ottenuta. Prese l’antidoto e lo aspirò con una siringa, poi lo iniettò nel braccio di Lena. Il cuore della donna ebbe un balzo deciso. Winn osservò preoccupato il diagramma ed eccolo di nuovo, un secondo balzo.

“Lena.” La chiamò e percepì una vampata di paura, senza J’onn a fungere da ancora sarebbe riuscita a svegliarsi?

 

Kara aprì gli occhi con difficoltà, osservando il lontano e bianco soffitto della Fortezza. Un doloro atroce alla testa le tagliò il respiro e accelerò il battito del suo cuore.

“Sono qui.” Mormorò una voce nella sua mente e lei fu avvolta da una calda e famigliare sensazione. Ma non poteva essere vero, Lena non poteva essere lì con lei, la sua mente le giocava brutti scherzi oppure stava ancora sognando. “No, amore mio, sono qui.”

La voce era rassicurante, decisa, sembrava portare via il dolore, come se lo inglobasse da qualche parte lontano da lei. Aprì la bocca per dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma Lena fu più veloce di lei.

“Non parlare, c’è qualcuno che sta aspettando che ti svegli.” Alle sue parole capì cos’era il suono che le sue orecchie sentivano, ma la sua mente dolorante non riusciva a comprendere: il respiro calmo di un uomo.

Improvvisamente ricordò, la prigionia, la kryptonite, la paura e… cosa le avevano fatto?

“Sei viva ed è l’unica cosa che importa, Alex, J’onn, tutti, stanno arrivando a prenderti, devi solo resistere.” La voce di Lena era calma, rassicurante. Kara ricordò il volto della donna, la sua dolcezza, il modo in cui sorrideva, il modo in cui prendeva il suo volto tra le mani, ignorava il suo rossore e la baciava, dichiarando con quel semplice gesto che si appartenevano. Una lacrima scivolò lungo il suo viso, ma era sollievo, gioia, amore. Non aveva più paura, ora era pronta a lottare.

“Sì, Kara, dobbiamo capire cosa vuole mia madre e dobbiamo scoprire che pericoli attendono le squadre che ho mandato a prenderti.”

Lentamente ruotò la testa, sforzando sulla cinghia che la teneva bloccata. I suoi occhi colsero la figura seduta di Hank Henshaw.

“Va bene, non puoi parlare, ma dobbiamo capirci, sbatti gli occhi una volta per sì, due per no. Capito?” Sbatté gli occhi una volta. “Ottimo. Quello è J’onn, immagino che non sia il nostro J’onn, giusto?” Di nuovo sbatté le palpebre e poi ripensò alla loro lotta, la paura e il dolore furono sufficienti perché Lena sobbalzasse.

Un senso di profonda ansia la sommerse, rischiando di farle perdere il controllo.

“Kara, ascolta, va tutto bene.”

“Potrebbe prenderti, farti del male!” Bisbigliò, terrorizzata.

“No, non può perché sono al sicuro.” Kara poté vedere il soffitto del DEO sopra la propria testa e sentire Winn che si agitava attorno a lei. Quella visione la tranquillizzò e fu grata a Lena che aveva saputo mostrargliela.

“Sì, va tutto bene, dunque questo J’onn è pericoloso.” Kara cercò di annuire, ma i suoi occhi si sgranarono quando quelli del cyborg si fissarono su di lei.

“Già sveglia? Sei più forte di quanto immaginassimo.” Il panico la fece agitare e tirare sulle cinghie che la tenevano legata.

“No!” Cercò di dire nel vederlo avvicinarsi.

“Sono qui, non avere paura, non andrò via.” Lena era tesa, preoccupata, ma era lì, al suo fianco. “Lotta.” Le ordinò. “Tu sei Kara Zor-El.” A quelle parole fluì il lei un forte senso d’orgoglio. Si vide attraverso gli occhi di Lena, forte, coraggiosa, decisa. Non era solo una donna dolce e gentile, era anche risolutezza e potenza, lei lottava per quello che era giusto, lei lottava per il mondo.

La paura fu scacciata via da quel pensiero: lei era l’ultima figlia di Krypton, lei era Kara Zor-El e non avrebbe permesso a nessuno di usarla!

L’occhio ancora umano del cyborg brillò, cogliendo in lei la nuova forza, ma era troppo tardi, con un grido Kara strappò le braccia dalle cinghie e lo colpì al viso con tutte le sue forze rovesciandolo indietro.

“Ora ci serve un diversivo!” Ordinò Lena. Kara si strappò le altre cinghie dal corpo e poi scese dal lettino in cui era trattenuta, barcollò appena e si appoggiò ad una parete di gelido ghiaccio.

Kelex… ma devono averlo disattivato.” Ansimò, camminando con fatica verso una delle numerosi postazioni per l’accesso al computer della Fortezza. Posò la mano sui comandi e fu subito riconosciuta.

“Intrusi nella fortezza. Attaccare con tutta la forza disponibile.” Ordinò. La Fortezza non era un’arma, ma aveva un ottimo sistema difensivo, se Lillian Luthor e il cyborg erano riusciti a entrare probabilmente avrebbero saputo disattivare anche quel sistema, ma ciò li avrebbe tenuti occupati mentre lei recuperava le forze. Entrò in una sala e la sigillò alle sue spalle.

“Dove siamo?” Chiese Lena.

“Nella sala della rigenerazione, la Fortezza accumula le radiazioni solari e le restituisce qua. Serve nel caso le nostre ferite siano gravi.” Con una certa fatica si sistemò sul blocco di ghiaccio. La porta di cristallo kryptoniano sussultò, ma lei ignorò i colpi del cyborg. Sarebbero bastati pochi minuti.

“Lena?” Chiamò mentre chiudeva gli occhi e si lasciava curare dal sole.

“Sì?”

“Non dovresti essere nella mia mente, vero?”

“Non dovrei, no.”

“Starai male?”

“Sì.” Confermò la donna.

“Ma…”

“Ma ce la farò. Se tu tornerai a casa io starò bene.” La rassicurò, eppure Kara sapeva che stava mentendo.

“Uscirò di qua e verrò da te.” Promise.

“Non ti preoccupare di questo ora, stanno per distruggere la porta e hanno della kryptonite, devi evitare lo scontro diretto e usare l’astuzia.” Kara strinse i pugni, felice di sentire di nuovo tutto il suo potere.

“Non posso andarmene senza scoprire cosa tua madre vuole fare.” Affermò decisa. Poi alzò la testa e usò la sua vista calorifera per aprirsi un passaggio tra il ghiaccio che si era formato tra i cristalli kryptoniani.

All’esterno si guardò attorno. Poco distante dalla Fortezza vi era un grande aereo cargo.

“Mi tenevano lì.”

“È grande… troppo grande.”

“Forse avevano bisogno di portare del materiale…” Ipotizzò.

“No, sono venuti alla Fortezza perché qui c’è qualcosa che serviva loro.” Kara poté immaginare il lavorio nella mente di Lena. “Il computer! Che stupida, ovvio che è quello che serve loro. Mia madre ama essere subdola e invisibile fino a quando non colpisce con il massimo della forza. Quell’aereo deve avere un motivo diverso.” Kara usò i raggi-X per scannerizzare l’aereo e si rese conto di non essere stata la sola prigioniera.

“Ci sono degli alieni a bordo.” Comunicò alla ragazza, che attraverso i suoi occhi aveva già visto.

“Alieni, te, il computer della Fortezza…” Lena rifletteva velocemente, mentre Kara ascoltava il rumore della porta che andava in frantumi. “Deve avere un piano preciso, ma quale…”

“Ha detto che io ero la chiave, io e l’XV-439.” Ricordò in un sussulto Kara.

“Oddio.” Comprese finalmente Lena. “Ti ha operata, ho prelevato dalla tua testa del liquido celebrale, mescolato all’XV-439 potrebbe…”

“Potrebbe piegare le menti di chiunque lei desideri.”

“Ma ci vorrebbero anni anche solo per testare… a meno che non abbia già un soggetto che è risultato positivo…” Kara quasi percepì il sussulto di Lena mentre comprendeva. “Il mio sangue, per quello la cena! Mi sanguinava il naso e lei mi ha teso il suo prezioso fazzoletto.”

“E per questo il computer, l’intelligenza artificiale della Fortezza può eseguire milioni di simulazioni in un istante e contiene il sapere del mio pianeta in cui chimica e biotecnica erano molto più avanzati. Le basta inserire un campione positivo per avere un tracciato chimico dalle ampie possibilità di successo.”

“Se mia madre possedesse un simile composto, ridisegnerebbe il mondo secondo i suoi desideri.”

“Qualcosa che non vogliamo vedere.” Kara strinse i pugni e si lanciò verso l’aereo. Il cyborg iniziò a spararle contro velenosi proiettili di kryptonite, ma lei li schivò. Con il soffio raggelante spinse lontano i soldati di Cadmus che si stavano organizzando e si posò sul grande velivolo. Un solo pugno e sfondò la fusoliera per poi aprila in due.

Fu rapida e precisa, liberando i prigionieri uno dopo l’altro, ben attenta a non avvicinarsi troppo alla pericolosa cella di kryptonite.

“Dobbiamo farlo saltare in aria.” Le comunicò Lena, la sua voce era lontana, soffocata, ma Kara sorrise distratta dal suo compito, l’idea era semplice, senza quell’aereo non sarebbero potuti andare da nessuna parte e il DEO stava arrivando.

Controllò che non ci fosse più nessuno all’interno e poi concentrò la sua vista calorifera verso i grandi serbatoi che esplosero con un boato.

“Ora mia madre…” Kara annuì, attorno a lei vi era il caos, gli alieni liberati lottavano contro gli agenti di Cadmus e, grazie alla sorpresa e alla rabbia, stavano avendo il sopravvento. Lo stesso Hank Henshaw stava lottando con fatica contro due alieni uno dei quali era un pericoloso marziano bianco. Rapida tornò alla Fortezza e atterrò accanto a Lillian Luthor che stava inserendo un certo numero di fiale in una valigetta.

“Non così in fretta.” Dichiarò e con un singolo sguardo mandò in ebollizione le fialette che esplosero. “Arrenditi, Lillian, non voglio farti del male.” La donna digrignò i denti estraendo una pistola.

“Avrei dovuto ucciderti quando eri inerme sul mio tavolo operatorio!” La donna sparò un colpo verso di lei e Kara lo schivò, temendo fosse kryptonite, ma mentre lei era distratta Lillian aveva estratto un globo del verde minerale sintetico e ora glielo puntava contro. Kara sentì la famigliare onda di dolore attraversarla.

“No, madre!” Le sue labbra si mossero, ma era Lena a parlare, così come aveva fatto lei giorni prima quando Alex aveva arrestato la giovane Luthor. “Non le farai del male!” La donna sbatté gli occhi sorpresa.

“Possiedi ancora la mente di mia figlia?” Domandò, scioccata. Kara scosse la testa, Lena era protesa dentro di lei, così in profondità che…

“Lena, non lo fare…” Disse, cercando di oltrepassare il dolore della kryptonite. Ma la donna era una furia dentro di lei. Kara si alzò in piedi, ignorando il dolore, guidata solo dalla ferrea volontà di Lena.

“Tu sei pazza e non ti permetterò di farle del male, né ora né mai.” Le fece dire la donna.

La mano di Kara si strinse a pugno attorno alla kryptonite e la strappò dalla stretta della Luthor. Con un urlò di rabbia Lena scagliò la pietra lontano, probabilmente oltre l’atmosfera. Lillian ora era in suo potere.

“Lena?” Chiamò allora Kara. Era di nuovo lei a controllare il proprio corpo, ma… era sola.

 

“Presto, presto!” I medici si affollarono attorno a Lena, il diagramma sul monitor era piatto, il suono lungo e continuo feriva le orecchie di Winn, ma mai quanto vedere il sangue che fuoriusciva da naso, bocca e orecchie. La donna aveva urlato parole di rabbia. Winn non aveva capito tutto, ma sapeva che stava lottando per Kara contro sua madre e poi il suo cuore aveva smesso di battere. Lo sforzo era stato eccessivo.

 

 

 

Note: Ebbene che dire? Lena ha dato tutto, la sua intelligenza, la sua forza, il suo coraggio e la sua determinazione… avrà dato anche la sua vita?

Il piano di Lillian Luthor è fallito e Kara è riuscita a liberarsi, ma, quando tornerà a casa, cosa troverà?

 

La storia sta per giungere al suo termine. Dopo questo appena pubblicato ve ne sono solo più due. Lettrici avvisate.

Aspetto i vostri commenti su questo salvataggio e le vostre ipotesi sul futuro!

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Sedicesimo capitolo: Addio ***


Addio

 

“Come sta?” Kara atterrò al DEO e guardò Winn.

Le squadre del DEO erano arrivate mentre lei e gli alieni superstiti legavano gli agenti Cadmus che erano sopravvissuti, assieme a Lillian Luthor. Il cyborg era fuggito, malgrado fosse solo in mezzo ai ghiacci Kara non dubitava che sarebbe riuscito a tornare a National City od ovunque avesse desiderato. La prima cosa che Alex le aveva detto era che Lena era stabile, il suo cuore si era fermato, ma i medici erano riusciti a salvarla.

“Stabile, ma non cosciente.” Le comunicò Winn, come le aveva detto cinque minuti prima mentre lei tornava a casa a tutta velocità.

Kara entrò nell’infermeria e osservò la donna stesa sul lettino. Era pallida, estremamente pallida anche per i suoi standard, le era stata praticata una tracheotomia e una macchina respirava al suo posto.

Vederla le fece uno strano effetto e rimase immobile sulla porta. Si era convinta di non poterla più avvicinare, ora poteva? Era sicura di quello che era successo? E se fosse stato…

“Non essere ridicola.” La voce di Winn era seria, secca. “È quasi morta per salvarti: ti ama.” Kara arrossì e al contempo si vergognò per aver esitato.

Pochi passi e fu accanto a lei, le prese la mano e la strinse.

“Perché non si sveglia?” Chiese, accarezzando la fronte della donna.

“Aspettiamo J’onn per dirlo, ma…” Kara lo guardò interrogativa e lui sospirò. “J’onn l’aveva avvista che avrebbe potuto perdersi se esagerava. La sua mente non era ancora guarita dalla prolungata esposizione alla tua e alla connessione psichica, farlo di nuovo e con una simile intensità, avrebbe potuto…”

“Ucciderla.” Mormorò lei, accarezzando il viso della ragazza, la mano stretta tra le dita. “Mi hai promesso che tutto sarebbe andato bene se fossi tornata a casa.” Le disse. “Hai promesso.” Ripeté piegandosi su di lei e lasciandole un piccolo bacio sulla fronte.

 

Winn osservò la scena, poi si voltò e chiuse la porta lasciando le due donne sole.

Il cuore di Lena batteva, ma la donna era intrappolata da qualche parte e non era sicuro che la sua mente avrebbe mai potuto svegliarsi da un trauma simile.

 

***

 

Kara entrò nella stanza e si sedette al suo posto.

“Non credi che stia diventando imbarazzante? Insomma, va bene un sonno di bellezza, ma ora diventa un pochino troppo lungo.” Si obbligò a sorridere. “Oh, guarda cos’ho qui per te!” Agitò il giornale economico davanti alla ragazza. “Jess ne manda un plico ogni giorno.” Si sistemò meglio sullo sgabello e si preparò a leggere, ma fu interrotta dall’arrivo di J’onn.

“Stai lontano da lei.” Intimò subito mettendosi davanti al corpo della donna con aria protettiva.

“Kara… non le farei mai del male, ma devi capire che non c’è più. Devi lasciarla andare.” Il marziano aveva il volto sconfitto, ma questo non impedì a Kara di arrabbiarsi ancora di più.

“Ne ho a sufficienza dei tuoi discorsi! Me l’hai portata via una volta, non ti permetterò di farlo ancora!” Alex arrivò di corsa nella stanza, attirata dal tono di Kara che di certo non era basso.

“Smettetela.” Intimò, decisa.

“Alex, non t’immischiare. Tu faresti di tutto per Maggie, io farò di tutto per Lena, troverò un modo di riportarla indietro, così come lei ha trovato il modo di salvare me.”

“Ho fatto tutto quello che ho potuto per lei, lo sai che ci ho provato.” Kara sentì la rabbia scemare davanti all’arrendevolezza del marziano. Era vero, aveva passato giorni a tentare di risvegliarla, frugando nella sua mente, ma aveva trovato solo il vuoto.

“Lo so…” Ammise. “Scusami.” J’onn annuì piano.

“Rimarrà qui tutto il tempo che vuoi.” Disse allora l’uomo e poi uscì, tornando ai suoi doveri.

Alex guardò Kara che si sedeva accanto al lettino in cui era stesa Lena e sospirò.

“Kara…”

“Non lo dire, ti prego, non tu.” La supplicò lei.

“Conosceva i rischi, sapeva a cosa andava incontro, ma ha deciso che voleva rischiare, per te o forse, solo per l’amore che vedeva in te.”

“Se l’avessi uccisa?” Domandò piano e Alex le posò una mano sulla spalla scuotendo la testa.

“No, se c’è qualcuno da incolpare quella è Lillian Luthor, passerà la vita in carcere per quello che ha fatto, puoi starne certa.”

“Non mi basta.” Ringhiò lei, con rabbia. “Avrei dovuto ucciderla subito, ma sono stata stupida, ho voluto darle la possibilità di arrendersi e così lei…”

“No, uccidere non sarebbe stata comunque la scelta giusta. Lo sai.” Kara abbassò il capo, ma non discusse quella verità, uccidere era inaccettabile e lo sarebbe sempre stato, ma…

“Come posso svegliarla?” Domandò alzando lo sguardo verso la sorella, implorante, alla ricerca di una soluzione che da sola non riusciva a trovare.

“Abbiamo iniettato altro XV-439 nel suo corpo affinché tu provassi a raggiungerla quando J’onn non riusciva, abbiamo provato ogni stimolante che conosciamo, chiesto alla scienza di Krypton, credo a ogni alieno sulla Terra con potenziale psichico… sei persino andata da Barry per chiedere aiuto e non siamo riusciti a risvegliarla. Sono due mesi che è in coma, il suo encefalogramma è piatto, presto i suoi muscoli si atrofizzeranno e un giorno il suo cuore smetterà di battere.”

“Non voglio arrendermi.” Affermò, però lei, rifiutando la logica a cui portava quel discorso. “Non voglio vivere in un mondo in cui lei non esiste più.”

“Mi dispiace, ma non ho soluzioni per te.” Kara abbassò lo sguardo fissandolo sul volto pallido di Lena, era bella, anche così era la creatura più bella che avesse mai visto.

Alex si allontanò lasciandola sola, ma lei aveva dimenticato il giornale, invece rimase a guardarla per lunghe ore, mentre il sole si spostava nel cielo lei rimase immobile a vegliare, pronta a cogliere un segno, uno qualsiasi che la donna si sarebbe presto svegliata.

Entrarono nella stanza James, Mon-El, Winn, Maggie e J’onn, rimasero con lei per un po’ poi andarono via.

Sapevano, lo sapevano anche se lei non lo aveva ancora ammesso neppure con se stessa.

Alex fu l’ultima, arrivò e si sedette accanto a lei.

“Devo dirle addio, non è vero?” Chiese piano, quando ormai era notte fonda.

“Quando sarai pronta.” Mormorò con lo stesso tono, come a non voler disturbare quella veglia anticipata.

“Sembra così calma, così serena.” Argomentò Kara. “Ho l’impressione che potrebbe svegliarsi da un momento all’altro.”

“È venuta qui con un obiettivo e l’ha portato a termine.” Rimarcò Alex e Kara sorrise appena, annuendo, gli occhi sempre fissi sul volto della donna.

“Lei è così: testarda, determinata, non sa cosa significa arrendersi. Si arrabbiava e a volte si disperava quando non riusciva a venire a capo di un progetto, ma poi, qualche ora dopo, o il giorno dopo, era di nuovo lì, pronta ad affrontare il problema con rinnovato vigore.”

“Ti assomiglia.” Le fece notare Alex. Rimasero in silenzio per un poco poi Kara la guardò.

“È venuta a salvarmi.”

“Sì.”

“Sapeva che avrebbe potuto morire e lo ha fatto lo stesso.”

“Ti amava.” Parole che aveva già detto, parole che aveva già sentito.

“Mi amava…” Mormorò, quel passato bruciava nel suo petto, peggio della kryptonite, molto peggio. “Devo lasciarla andare, non è vero?” Alex sospirò, non annuì, ma Kara sapeva che quella era l’ultimo gesto di rispetto che poteva dare alla donna. Lasciarla andare. Il suo cuore si spezzò, ma lei seppe che, ormai, aveva preso la sua decisione. “Domani, quando il sole sorge e… vorrei che si sapesse che è morta per salvarmi. Vorrei che il mondo la veda attraverso i miei occhi che la pianga come la piangerò io. Vorrei che…” La sua voce si spezzò e Alex la prese tra le braccia cullandola mentre lei piangeva, per la prima volta da quando era tornata.

 

“Come sta?” Chiese, Winn, con aria afflitta.

Alex scosse la testa, non c’era bisogno di dire nulla, tutti lì sapevano che Kara era a pezzi.

“Dovremmo pensare a qualche altra nuova idea.” Affermò decisa Maggie. “Siete voi i geni, pensate fuori dagli schemi!” La detective si sentiva in colpa, era lei ad essere andata a cercare Lena.

“Non c’è nulla che non abbiamo tentato.” Disse sconsolato J’onn, sembrava invecchiato, non era difficile immaginare quanto quella situazione fosse pesante per lui, ancora una volta pensava di aver fallito nel proteggere Kara e colei che la ragazza amava.

“Non è possibile!” Mon-El sbatté frustrato il pugno sul tavolo, come al solito la rabbia e la violenza erano il suo modo di comunicare, ma anche lui, come tutti, era sconvolto da quella situazione, poteva non amare Lena, ma provava comunque un forte affetto per Kara e lo distruggeva vederla così sofferente.

“Ha deciso e lo sappiamo tutti.” Affermò Alex, mettendo a tacere proteste vane e discorsi che aveva sentito milioni di volte in quegli ultimi due mesi.

“Dobbiamo starle vicina, dobbiamo farle sapere che siamo con lei e non mettere in dubbio la sua decisione. L’ha presa con estrema difficoltà, ma è coraggiosa e sa che è la cosa giusta da fare.”

“Quando?” Chiese allora James.

“Domani all’alba.” Rispose Alex poi guardò il direttore del DEO. “Kara vorrebbe che il mondo sapesse cos’ha fatto.”

“Non possiamo divulgare informazioni…” J’onn alzò la mano interrompendo Winn.

“Il mondo saprà che è morta facendo la cosa giusta. Una Luthor ha donato la sua vita per un Super, i dettagli non sono necessari.” Alex fece un sorriso tirato, ringraziando il marziano con uno sguardo.

Maggie si voltò e se ne andò, arrabbiata. Alex la lasciò andare, sapeva che più tardi avrebbero parlato.

 

Accettare di lasciarla andare era la decisione più difficile che avesse mai dovuto prendere in tutta la sua vita. Kara abbassò il capo appoggiando la fronte al lettino e chiuse gli occhi.

“Sarebbe stato bello, non è vero? Ti avrei fatta impazzire obbligandoti a tornare a casa presto e facendoti mangiare la pizza con l’ananas che odi, ma ti avrei anche fatta ridere, spesso. E tu saresti riuscita a farmi arrossire anche dopo vent’anni di matrimonio soltanto alzando un sopracciglio. Lo sai che per sposarmi avresti dovuto chiedere a Kal? Sì, la tradizione kryptoniana è un po’ medievale ora che ci penso.” Sorrise, gli occhi sempre chiusi. “Avrei fatto forgiare due bracciali matrimoniali, ma tu avresti scelto la musica, promesso. Ti fa ridere che io pensi al nostro matrimonio? O ti spaventa? Se fossi nella tua mente lo saprei…” Si interruppe, rimanendo in silenzio per un po’, poi sospirò. “Chi lo avrebbe mai detto che quella voce nella mia testa mi avrebbe rubato il cuore? È successo così in fretta, credo che un solo sorriso sia bastato. O forse è stata quella volta che hai riso perché mi sono quasi soffocata con quel bicchiere di coca cola. Era divertente che la ragazza d’acciaio morisse per aver riso, mentre beveva, non è vero?” Ridacchiò al ricordo, Lena aveva quasi pianto dal ridere, si conoscevano da tre giorni… “E quella volta che ti sei addormentata alla tua scrivania perché ti ho tenuta sveglia tutta la notte per fare un rewatch insieme della saga di Star Wars? Sono sicura che Jess ti ha beccato, perché quando sei uscita, dopo il pisolino, aveva una faccia strana.” Rise, questa volta con maggior divertimento. “Per non pensare a quando mi hai svegliata in piena notte perché hai capito come bilanciare non so che reazione ed eri così eccitata che è stato impossibile per me dormire fino a quando non hai scritto tutto su di un foglio? Tre ore del mio sonno rubato, mentre tu scrivevi come una forsennata su un foglio con una matita e mi zittivi ogni volta che provavo a dire qualcosa!”

 

Alex alzò la testa stupita, sorpresa di udire la risata di Kara. Per un istante sperò che l’impossibile fosse successo, ma incrociò lo sguardo di J’onn e il marziano scosse la testa.

“Le sta dicendo addio.” Spiegò l’uomo. “E lo sta facendo nel migliore dei modi.”

 

Rao, quanto eri bella! Così bella da togliere il fiato! Non pensavo, voglio dire, certo che mi ero immaginata il tuo aspetto, ma incrociare i tuoi occhi, anche attraverso lo specchio mi ha tolto il respiro e lo sai che posso trattenere il respiro per trenta minuti, hai voluto persino testarlo.” Ricordò con un altro sorriso. Ora era in piedi e gesticolava. “Credevo, che il tuo sguardo fosse bello, ma quando…” Arrossì, guardando Lena con imbarazzo, poi si chinò e sussurrò soltanto. “Quando abbiamo fatto l’amore… oh i tuoi occhi erano così intensi! Avrei potuto perdermici per sempre. Anzi, credo di averlo fatto.” Accarezzò il viso della donna, ora così vicino a lei, poi sospirò. “Vorrei essere stata più forte, vorrei non averti lasciata sola quando avevi bisogno di me. Forse credevo troppo nel mio amore per te. Ironico, non credi? Sapevo quanto ti amassi e così ho accettato che proprio il mio troppo amore avesse avuto il potere di influenzarti. Che stupida. C’è una mente più forte e determinata della tua? No. Lo hai dimostrato, sai? Oltre ogni dubbio, nella Fortezza, opponendoti a tua madre, vincendo persino la kryptonite con la sola forza della volontà.” Sorrise. “Neppure Kal è mai riuscito a stringere tra le mani della kryptonite e avere ancora la forza di lanciarla lontano.” Accarezzò il viso della donna e poi si piegò su di lei, lasciò sulle sue pallide labbra un bacio e mormorò un ultima frase. “Sei la donna più forte che io abbia mai conosciuto e il tuo amore resterà nel mio cuore per sempre. Addio, amore mio.”

 

 

 

Note: Come ho appena scritto in una risposta di commento il lieto fine è un lusso e, questa volta, sembra sfuggirci tra le dita.

Il prossimo capitolo sarà l’ultimo…

A voi la parola. Fatemi sapere cosa ne pensate di questo addio.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Diciassettesimo capitolo: Arrendersi ***


Arrendersi

 

La città era rossa sotto i suoi occhi. Rossi erano i palazzi e rosso il cielo, così come rosso era lo spendente astro nel cielo.

Lena osservò il paesaggio meravigliata, come ogni volta, dallo splendore che l’attorniava, poi si girò su se stessa cercando un riflesso di biondi capelli, perché quello mancava al paesaggio e mentre lo pensava la ragazza apparve.

“Ti aspettavo.” Disse, semplicemente.

“Avevo paura di non vederti mai più.” Mormorò la ragazza attirandola tra le sue braccia e stringendola forte a sé.

“È solo un sogno, Kara.”

“Lo so.” Ammise la giovane. “Ma sembri così vera, non voglio lasciarti andare. Io volevo trovarti, riportati da me.” Lena scosse la testa divertita da quelle parole.

“Non vado mai lontano.” Si indicò la tempia e poi le sfiorò il cuore, un sorriso sulle labbra. “Se non sono nella tua mente, sono nel tuo cuore. Devi sono lasciarmi uscire.” Le mormorò, piano. Poi le prese il viso tra le mani e la attirò a sé, deponendo un bacio delicato sulla sua bocca.

 

Kara si svegliò di scatto, il cuore che batteva veloce. Alex aveva appoggiato la mano sulla sua spalle e la guardava addolorata.

“È giunto il momento.”

“Nel mio cuore… io… io credo di aver sbagliato tutto.”

“Kara…” La pregò sua sorella. Quello stillicidio doveva finire, non poteva più vedere sua sorella sperare, piangere, disperarsi, sperare ancora. La stava distruggendo.

“Dammi… dammi qualche minuto, qualche minuto ancora.” Chiese, il cuore che continuava a correre nel suo petto.

“Kara…” Ripeté la donna.

“Lei, non è nella mia mente, ma nel mio cuore! Non ha mai lasciato il mio cuore!”

“Quello che dici non ha senso, lo sai? La scienza…” Kara sbuffò, agitata.

“La scienza non è tutto! Sai bene che quello che ci è successo, il nostro legame, andava al di là della scienza. Né tu, né lei, né nessun altro ha saputo dire perché io e lei ci siamo scelte, perché ci siamo connesse.”

“Siete rimaste esposte entrambe all’XV-439.” Rispose, calma, Alex.

“Non è solo quello! Io ho potuto parlare con lei anche quando il suo organismo era libero da quella sostanza, mentre ero prigioniera!”

“Cosa? Questo non è possibile.”

“Sì, sì! È così che ha saputo come trovarmi, grazie a un sogno!”

“Kara, lo so che vuoi crederci, ma…” Alex aveva le braccia incrociate, il viso pieno di rassegnazione, ma Kara non era più pronta a lasciarla andare. Aveva ragione lei, ne era sicura.

“Tra me e lei non è solo una questione di scienza.”

“Parli di anime gemelle? Di destino? Di legami speciali?”

“Sì, forse parlo di quello, non lo so neppure io, non mi importa. So che è ancora qui.” Si portò la mano al petto e sorrise. “Devo solo…”

“Va bene.” Alla concessione di Alex, Kara sgranò gli occhi, si era aspettata una sicura opposizione, ma la sorella la guardava, un piccolo sorriso sulle labbra. “Mi sono sbagliata una volta, non lo farò di nuovo, se credi di poterla salvare, se credi che sia davvero possibile che non sia una questione di scienza allora, fallo. Salvala, riportala indietro.” Kara annuì decisa, poi afferrò la sorella e la strinse forte. “Ahi, Kara… non così forte.”

“Oh, scusa…” La kryptoniana la lasciò andare e sorrise. Nei suoi occhi brillava una nuova speranza.

“Cosa vuoi fare?” Le chiese Alex. “Come posso aiutarti?” Kara osservò la donna stesa nel lettino, il respiratore, infisso nella sua gola, il monitor con il battito lento e regolare.

“Non lo so…” Ammise, guardando la sorella in cerca di un aiuto, come faceva sempre.

“Abbiamo fatto tutto ciò che la scienza poteva e J’onn ha tentato tutto ciò che la sua mente poteva…”

“Il cuore… il mio cuore.” Cercò di riflettere, sapeva che il sogno era importante… sapeva che… “Krypton… Il mio cuore Kryptoniano!” Mormorò.

“Cosa?”

“Oh, Lena…” Kara sorrise e Alex la guardò perplessa. “Mi sono lasciata trasportare dal romanticismo, ma Lena è più scienziata, persino di te.”

“Kara, non capisco.”

“Il mio sangue, il mio sangue la guarirà.” Si indicò la mente e poi il petto. “La chimica del suo cervello è stata sconvolta dalla mia, è una replica della mia, ci vorranno anni prima che torni come prima, siete stati voi a dirlo. Questo significa che può guarire, esattamente come guarisco io, se solo avesse il mio sangue in circolo.”

“Non sono sicura che questa cosa abbia…”

“È una sua idea, funzionerà.” Kara sorrideva e sembrava che il mondo splendesse di nuovo. “Ora, Alex, mi serve della kryptonite.”

 

Lena sbatté le palpebre e si ritrovò a specchiarsi in due lucenti occhi azzurri.

“Sei un genio.” Mormorò la ragazza. Era stesa davanti a lei, gli occhi lucidi, sembrava un poco pallida, ma stava bene.

“Sei tornata a casa?” Le domandò e Kara sorrise.

“Sì.” Una lacrima scese lunga la sua guancia e Lena allungò la mano per catturarla.

“Perché piangi?” Chiese ancora. Si sentiva bene, si sentiva forte.

“Sono felice.” Ammise la kryptoniana. “Avevo paura di doverti dire addio.”

“Non lo avrei permesso.” Commentò lei, con un sorriso dolce. “Ti ho trovata, non ho intenzione di perderti di nuovo.” C’era ferma risoluzione nella sua voce e Kara rise.

“Sei determinata?”

“Sì.” Confermò lei e sorrise, accarezzandole il volto, poi si fece più seria. “Quanto tempo sono rimasta svenuta?”

“Abbastanza perché io abbia scoperto troppo sull’andamento economico delle maggiori compagnie del paese…” Lena corrugò la fronte e Kara rise di nuovo, i suoi occhi si asciugarono e lei tentò di alzarsi, ma la testa le girò, così rimase stesa.

“Hai ascoltato il mio suggerimento?”

“Potevi essere un po’ meno criptica, non credi?” Ritorse lei e Lena si strinse nelle spalle.

“Credo che i sogni funzionino in maniera strana, no? Ma non ce l’avrei mai fatta se tu non avessi aperto il tuo cuore, accettando di lasciarmi andare. Prima non riuscivo a sentirti, non riuscivo a raggiungerti e poi… eravamo di nuovo assieme, a casa.”

Kara ascoltò quelle parole con sorpresa, rendendosi conto, solo adesso, che, per la prima volta quella notte, aveva lasciato cadere i muri costruiti per proteggersi dal dolore. Cedere a quel dolore tremendo, soffocante le aveva permesso di accogliere Lena nel suo cuore e, poi, nella sua mente. Arrendersi non solo le aveva permesso di accettare la sofferenza, le aveva anche dato la possibilità di ripensare a Lena, a loro assieme, al loro amore. Arrendersi aveva significato vincere, questa volta.

Lena lasciò che la ragazza assimilasse quella verità.

“Oggi, questa notte, ho accettato di poterti perdere, ho accettato di aver fallito, ho accettato il dolore e la sofferenza che questo comportava e questo mi ha dato l’ampiezza dell’amore che provo per te.” Lena sorrise e Kara sospirò. “Mi dispiace non aver…” Lena le appoggiò un dito sulle labbra scuotendo la testa.

“No, non ti scusare. Una parte di te temeva di farmi male, ancora, di perdermi ancora. È umano, Kara, avere paura è umano.” Lena sorrise dolcemente, lasciò scivolare la mano lungo il suo volto e nei suoi occhi brillò una nuova luce. “Nei sogni non si riesce mai davvero a dire ciò che si vuole o a fare…” Si interruppe e sorrise maliziosa. “Ma ti ho baciato, quindi, forse ho fatto ciò che volevo, dopo tutto.” Kara arrossì e fu il turno di Lena di ridere. “Credi che arrossirai anche dopo vent’anni di matrimonio?” Kara sgranò gli occhi e Lena la guardò innocente. “Cosa ho detto?”

 

Alex fece un cenno ai medici che uscirono, poi anche lei lasciò dalla stanza, l’ultima cosa che vide prima di voltarsi fu sua sorella che piangeva di gioia, il corpo steso su di un lettino identico a quello che aveva ospitato per tutti quei mesi Lena. Di fronte a lei c’era la giovane Luthor che non solo era guarita in pochi minuti, ma aveva aperto gli occhi e sorrideva con gioia.

“Ho vissuto centinaia di anni e credevo di aver appreso tutto, almeno su quello che riguardava i legami mentali…” J’onn incrociò le braccia, scuotendo la testa.

“Che vogliamo ammetterlo o no, Kara aveva ragione, il loro legame va al di là della scienza. Ci sono cose che sono successe che non avrebbero senso altrimenti.”

“Nell’universo molte sono le cose possibili. Anime gemelle?” J’onn si strinse nelle spalle e sorrise. “Perché no.”

Entrambi si voltarono verso l’infermeria, anche da lì erano ben udibili le risate delle due donne.

“Credi che sapranno perdonarci per averle divise?” Domandò ancora il marziano.

“Credo che ci abbiano già perdonato.” Alex sospirò. “Ma, noi, saremo capaci di perdonare noi stessi?”

 

***

 

Kara atterrò morbidamente sul marmo della base del DEO. Con un ampio sorriso raggiunse Lena, la attirò a sé e le diede un bacio.

“Kara!” La redarguì lei.

“Lo so, lo so, non quando sei in ufficio alla L-Corp né quando sei qui…” Ma il suo sorriso non sembrava mostrare nessun segno di pentimento. Alcuni agenti sogghignarono davanti alla scena e J’onn alzò un sopracciglio, ma nessuno fece commenti, fino a quando non arrivò Maggie.

“Solo io ho dovuto firmare in triplice copia un dossier di almeno venti pagine sul non fraternizzare sul posto di lavoro?”

“Sono cinque pagine.” La contraddisse J’onn, senza nemmeno voltarsi.

“Io non ho dovuto firmare nulla.” Affermò, spumeggiante e felice, Kara.

“Ma dai?” Domandò, ironica, la detective.

“Davvero.” Assicurò Supergirl, facendo ondeggiare il mantello giocosamente e osservando con occhi adoranti Lena il cui sguardo accigliato non resistette ammorbidendosi subito in un sorriso.

“Maggie, sei arrivata, volevo parlarti di una retata al porto, i tuoi devono aver arrestato…”

“Alex, perché Kara può baciare Lena al DEO e io non posso baciare te?” L’agente arrossì passando lo sguardo da Maggie a Lena a Kara. Quest’ultima sembrava l’unica ignara e continuava a sorridere.

“Agente Danvers, mi chiedevo se ora…” Intervenne Lena cercando di cambiare il discorso.

“Ehm, sì, decisamente.”

“Benissimo!” Lena tese le mani e Alex che aveva risposto d’istinto senza riflettere, solo per togliersi dall’imbarazzo, la fissò perplessa. “La sua pistola, agente.”

“Oh! Finalmente l’hai convinta a farti dare un’occhiata alla sua preziosa pistola?” Affermò Kara gli occhi che brillavano di divertimento. Alex fissò la Luthor con una smorfia.

“Ben fatto, lo ammetto.”

“Grazie.” Commentò solo la donna prendendo l’arma con grande soddisfazione, poi si tese verso Kara e le diede un bacio sulla guancia. “E grazie a te, Kara, riesci sempre a fare la cosa giusta.” La kryptoniana arrossì di gioia e seguì la donna verso il laboratorio, raccontandole delle sue avventure mattutine.

“Ti sei fatta fregare dalla Luthor.” Rimarcò Maggie, divertita. “Sono mesi che vuole mettere le mani sulla tua pistola.”

“Merito tuo!” Alex fece una smorfia. “Cos’era questa storia dei baci?” Domandò.

“Oh, nulla, volevo far arrossire la Luthor.”

“Non ci riuscirai.” Commentò Alex. “Solo Kara ci riesce.”

“Scommettiamo?” Chiese Maggie e gli occhi di Alex si accesero di giocosa sfida.

 

“Cosa dicono?” Domandò Lena posando la pistola sul tavolo d’acciaio davanti a sé.

“Scommettono sul farti arrossire.” Rispose Kara, divertita. “Non pensavo funzionasse così bene.” Aggiunse indicando l’arma aliena di Alex.

“Quand’è che uno dei miei piani non funziona?” Domandò la Luthor lanciandole una delle sue occhiate soddisfatte. “Sono una Luthor, so essere subdola se voglio.”

“Hai ragione.” Ridacchiò, Kara.

“Ma non ce l’avrei mai fatta senza di te.” Aggiunse Lena.

“Esatto e credo di meritare qualcosa di più di un bacio sulla guancia.” Si tese verso la giovane allontanando con la mano la pistola e facendo si che i loro occhi si trovassero.

“Oh, davvero?” Domandò Lena, mordendosi appena il labbro. Kara arrossì, aveva pensato ad un bacio sulle labbra, ma negli occhi di Lena vide intenzioni molto meno caste.

“Ehm… io…”

“Credo che la pistola di Alex possa aspettare ancora un poco, dopo tutto sono mesi che aspetto…” Le labbra di Lena, morbide, dolci, dal sapore indimenticabile, catturarono le sue e Kara smise di preoccuparsi per lasciarsi andare tra le braccia della ragazza.

Pochi baci e le loro menti si legarono. Kara sorrise nel sentire il caldo desiderio di Lena e la giovane Luthor si morse il labbro nel percepire la dolce passione della kryptoniana.

Si incontravano spesso nei loro sogni e succedeva che le loro menti si trovassero quando Kara volava o Lena risolveva un problema difficile, ma spesso, molto spesso, succedeva quando facevano l’amore perché non vi era momento in cui la loro unione fosse più perfetta di quando, mente, spirito e cuore si univano in un gesto di piacere e amore.

Non era niente di così profondo e intenso come quando erano unite dall’XV-439, ma le loro menti erano state troppo profondamente legate per perdersi del tutto.

“Ti amo.” Mormorò Kara, conscia che non lo avrebbe mai detto a sufficienza.

“Ti amo.” Rispose Lena, con gioia, percependo quel calore, quello che proveniva da Kara e che prometteva di esserci sempre, di amarla e proteggerla sempre.

I loro occhi si incontrarono e una si specchiò nell’amore dell’altra.

“Per sempre.” Mormorarono assieme, sorridendosi.

 

 

 

Note: E così finisce anche questa long. Spero che il finale vi sia piaciuto. Dopo tutto la sofferenza non è sempre malvagia. Kara doveva lasciarsi andare ad essa, accettare la paura di perdere la persona che ama di più e così permettere al suo cuore di essere toccato. Lena aspettava solo quello per suggerire a Kara come salvarla.

 

Bene, devo ringraziarvi per aver seguito anche questa storia e per averla apprezzata anche quando le cose si facevano più nere e cupe. Vi ringrazio sempre, ma non mi dispiace affatto farlo ancora!

Quindi, grazie mille a tutte coloro che hanno commentato ogni capitolo, permettendo alla storia di andare avanti precisa e filata ogni giorno e permettendo a me di sapere che era apprezzata. Grazie anche a coloro che hanno lasciato vari commenti qua e la per la storia, facendomi capire che seguivano e leggevano.

Senza i commentatori non si pubblicherebbero le storie, perché, se non si ha un ritorno, tanto vale tenere le storie al sicuro nel proprio computer, giusto? ;-)

 

Alla prossima storia! Come, quando? Non lo so, per ora ho solo una OneShot pronta, forse diventerà una storia in due capitoli, ma non lo so ancora, quindi vedremo!

Ciao ciao e, ancora, grazie!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3671409