Meravigliosamente imperfetti

di mavima
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una mattina ***
Capitolo 2: *** Qualcosa è cambiato ***
Capitolo 3: *** La dichiarazione ***
Capitolo 4: *** Una domenica soleggiata ***
Capitolo 5: *** Prima del giorno zero ***
Capitolo 6: *** Giorni difficili ***
Capitolo 7: *** Passioni ***
Capitolo 8: *** Lasagne e fiori d'arancio ***
Capitolo 9: *** Vita quotidiana ***
Capitolo 10: *** Imprevisti ***
Capitolo 11: *** Marco ed Emma ***
Capitolo 12: *** Una nascita avventurosa ***
Capitolo 13: *** La vita non è mai semplice ***
Capitolo 14: *** Se impari ad essere felice lo sarai per sempre ***
Capitolo 15: *** Devo trovare una strada... ***



Capitolo 1
*** Una mattina ***


CAPITOLO  I  -  UNA MATTINA
 
Quella mattina Sergio Antinori era arrivato leggermente in ritardo in ospedale. Di solito era puntualissimo, ma si era dovuto organizzare con il figlio: “Sono in ospedale fino alle sei di stasera. Quando vieni a casa da scuola, scaldati quello che ti ha preparato Marta per pranzo, poi rimani a casa a studiare….oggi non uscire, hai già basket domani… oggi non uscire!  Alla cena ci penso io quando ritorno”
Il figlio gli aveva prontamente risposto di non rompere ed era uscito trafelato, con i suoi jeans calati, le sue  scarpe da ginnastica non allacciate e la sua andatura goffa da adolescente.
 Sergio e Marco vivevano da soli. Marta, una donna di mezz’ età , che  c’era già prima della separazione di Sergio ed Elisa, si prendeva cura della casa e cucinava per loro.
 Elisa se ne era andata già da cinque anni. La vita matrimoniale le andava stretta , la quotidianità la soffocava, ma quando si era sposata con Sergio a ventidue anni, questo non lo sapeva ancora.
Era una giornalista di successo ed il suo habitat naturale, oltre al giornale, erano i salotti dell’intellighenzia milanese.
Sergio invece la vita non la commentava o descriveva: la viveva e basta. Era un anestesista, si rapportava con la vita e la morte tutti i giorni, senza rifletterci, facendone esperienza.
I salotti lo soffocavano almeno quanto il matrimonio soffocava Elisa. Nel piccolo ospedale di provincia lui ci si trovava benissimo e quando la moglie se ne era andata, aveva deciso di rimanere lì con il figlio.
Sergio diceva che Marco era un po’cazzone, ma buono….e forse era proprio così. Doveva sempre controllare che il figlio non si abbandonasse alla sua ignavia adolescenziale, lo doveva sempre spronare.
L’anno precedente aveva rischiato di essere rimandato per pura pigrizia.
Quando entrò in ospedale, gli fece incontro subito la caposala: “Dottor Antinori, si ricorda questa mattina deve fare una rachicentesi ad una paziente di ematologia…si ricorda?”
Sergio, passando il badge: “Grazie sì, sì…mi cambio e tra cinque minuti sono in ambulatorio”.
Gli capitava  di stare in rianimazione, in sala operatoria, o in pronto soccorso, o anche di eseguire questo tipo di interventi.
Sergio indossò pantaloni,  casacca verde e le calzature sanitarie. Fortunatamente la paziente non era ancora  in ambulatorio.
 Meglio…avrebbe avuto il tempo di controllare la cartella clinica. Laura Costa: leucemia linfoblastica acuta, trent’anni, malata da uno…che brutta roba!
Mentre Sergio aveva  ancora la testa piegata sulla cartella clinica, ecco arrivare la paziente su una carrozzella, spinta svogliatamente da un’infermiera non molto giovane.
La  ragazza oltre al colorito pallido, aveva un incarnato chiarissimo. Gli occhi azzurri e grandi spiccavano ancora di più, circondati da quel  viso magro. Indossava  il camice dell’ospedale, legato sul dietro, che camuffava  un po’ il fisico emaciato.
La carrozzina era  arrivata di fronte il lettino, l’infermiera le fece  cenno discendere, indicando il lettino. Laura si alzò e barcollò un po’.  Sergio la sostenne, appoggiando le mani sulla parte alta delle braccia e l’aiutò a sedersi sul lettino. Poi si girò e fulminò con uno sguardo l’infermiera, ma questa, spostando la carrozzina, non se ne curò.
“ Sono il dottor Antinori” e le porse la mano.
“Laura Costa…., guardi non so se potrò fare questo esame, mi è ritornato il ciclo”
L’indolenza dell’infermiera lo fecero ancora più innervosire: avrebbe dovuto lei riferirgli delle condizioni della paziente, togliendo l’incombenza a quella poveretta  di parlare delle sue mestruazioni a un medico, che aveva visto per la prima volta due minuti prima.
 “Bene…. segno che il suo fisico sta reagendo…non importa che lei abbia il ciclo, è ininfluente per questo esame”
 “Bene sì…in effetti meglio un disagio in più, che uno in meno….sa… la mia fertilità non mi preme molto….come obiettivo avrei piuttosto la sopravvivenza!”
Sergio sorridendo: “ Mi scusi, ho detto una sciocchezza”
 “ Non si preoccupi, ci sono abituata….sarà il cancro che  attira….le sciocchezze”
 “Per fare il prelievo del liquor, può rimanere seduta e piegarsi sulle gambe, o distendersi su un fianco , raccogliendosi in posizione fetale…la colonna vertebrale deve essere il più flessa possibile….”
Di solito non parlava molto con i pazienti, anche se li rispettava  e riteneva opportuno spiegare loro  tutte le procedure.
Laura: “Io sono già stanca così…credo che sia meglio che mi sdrai…strano che lei non sia una cariatide…”
Sergio sorrise e cercò con lo sguardo la collaborazione dell’infermiera, che invece stava  in un angolo, guardandosi la ricostruzione delle unghie, fatta il giorno prima.
Allora aiutò lui stesso Laura a distendersi su un fianco e le tirò su le gambe, flettendogliele contro il petto e ponendo in mezzo un cuscino.
 Nel toccarla fu  impressionato dalla leggerezza di quel corpo quasi etereo e pensò che, nonostante tutto, Laura fosse molto bella. Aveva paura di lasciarle dei lividi e allentò un po’ la presa: la pelle era sottilissima e sembrava  rivestire solo delle ossa, come se in quel corpo non ci fossero più né muscoli, né tessuti.
Laura a sua volta, guardando i suoi capelli un po’mossi e un po’ spettinati e i suoi occhi chiari, : “Se fossi una persona che può disporre di un futuro, lo troverei  un uomo interessante”
Sergio si sedette su uno sgabello, alle spalle di Laura, le slacciò il camice per scoprirle la schiena. Notò che dagli slip fuoriusciva un pannolone per incontinenti.
Ebbe un flash di quanto era accaduto prima: Laura, accortasi di essersi sporcata con le mestruazioni ,aveva dovuto chiedere di essere pulita a quell’infermiera stronza, che ora stava immobile a guardarsi le unghie.
Questa le aveva messo il primo pannolino che le era capitato, non avendo avuto voglia di cercarne uno in un altro reparto.
  Probabilmente si era scocciata di doverla lavare e cambiare e l’aveva trattata anche male. Poi l’aveva accompagnata  frettolosamente in ambulatorio per la rachicentesi.
 Per questo avevano tardato qualche minuto in più di lui e l’infermiera era più stronza del solito.
Il sangue gli ribollì, ma cercò di mantenere la calma per mettere a proprio agio Laura: “Visto che non sono una cariatide ci possiamo dare del tu …no? Adesso ti farò un’anestesia locale, così durante l’esame non sentirai nulla”
Quando la punse nella zona lombare, Laura si ritrasse.
Sergio: “Non è piacevole lo so…. ma adesso non avrai più male”
Laura: “Non è il dolore…è la paura”
Cercò di distrarla:
 “ Dobbiamo aspettare che l’anestetico ti faccia effetto…raccontami qualcosa …che cosa fai nella vita?”
 “Prima di tutto questo, insegnavo lettere e  storia in un liceo”
Sergio le poggiò una mano sopra il braccio  del fianco rimasto verso l’alto, poco più su del gomito.
 Si accorse che la ragazza era gelata.
Non riuscì più a trattenere la rabbia e  rivolgendosi verso l’infermiera:
“Lo sa lei quale sarebbe  il suo dovere? Dovrebbe collaborare con me….e questo ne faccio volentieri a meno….ma soprattutto dovrebbe prendersi cura della paziente…
non l’ha aiutata a muoversi  e non si è preoccupata che potesse aver freddo…
Credo anche di capire con quale gentilezza l’ha aiutata a prepararsi stamattina.
 Non ritengo che sia rispettoso far indossare un pannolone per incontinenti a una paziente giovane, a cui sono venute le mestruazioni…
E poi solo per il fatto che c’è da fare un passo in più e cercare degli assorbenti  in un altro reparto…
Vada immediatamente a prendere qualcosa per coprirla  e procuri anche degli assorbenti adatti …
poi sparisca…faccia venire un suo collega con una barella, la paziente dopo l’esame dovrà rimanere coricata…
Si metta in mutua…se vuole le faccio io il certificato…basta che sparisca!”
Dopo un po’ arrivò Emanuele, un infermiere specializzato socievole e di buon carattere….. spingeva  una barella, con sopra una copertina , un telo e un sacchetto di assorbenti , presi in ginecologia.
Mentre copriva  Laura prima con il telo, e poi con la coperta: “A bella!  Te l’avevo detto che a te ce devo pensà  io…me potevi  fa chiamà”
Laura: “Ciao Emanuele…che bello che adesso ci sei tu…prima ho chiesto a quella lì, se potevi accompagnarmi tu…ma non mi ha neanche risposto… quando mi sono svegliata stamattina e ho visto il pigiama e il letto macchiati di sangue avrei voluto morire…anzi avrei voluto essere già morta”
Sergio: “Uno a uno… adesso la stupidaggine l’hai detta tu ….era solo il suo dovere…e tu  vorresti morire per un essere del  genere?”
Emanuele: “Dottò ce vo pazienza …nun s’arrabbi…la dovrebbero arrestà la Fornero…pe colpa sua la Enza ce la dovemo tenè artri du anni”
Sergio: “No adesso m’è passata…ma quella non voglio averla sulla mia traiettoria per un po’ di giorni”
Emanuele : “Comunque , dottò… lei m’ha stupito….allora nun è vero quello che dicono de lei….”
Sergio : “Perché….che cosa dicono?”
Emanuele: “Che è come er  Mosè del Michelangelo….tanto bello…ma je manca la parola!”
Laura e Sergio scoppiarono a ridere mentre Emanuele si mise a preparare il necessario per l’esame.
Laura: “Ma quindi ….Marco Antinori è tuo figlio?”
Sergio: “Ho paura ad ammetterlo…ma è così…è tuo allievo? Dio mio, chissà che cosa combina a scuola”
Laura: “E’ un ragazzo stupendo invece….”
Emanuele: “ Dottò, qui semo pronti…”
Sergio si alzò per lavarsi le mani , Emanuele l’aiutò ad infilarsi i guanti sterili. Si rimise seduto sullo sgabello alle spalle di Laura. Emanuele delicatamente, la scoprì solo lo spazio necessario per la rachicentesi ,le passò la tintura di iodio sulla zona lombare, poi porse a Sergio il vassoietto con l’ago.
Sergio si sentiva rassicurato dall’affabilità di Emanuele, ma anche dalla sua professionalità. Avvertiva che la sua presenza aveva tranquillizzato Laura
“Adesso ti pungerò con questo ago tra la terza e la quarta vertebra lombare…non sentirai niente…solo del formicolio alle gambe…devi rimanere ferma…altrimenti l’ago potrebbe spezzarsi…è l’unico rischio. Non devi avere paura…capito?. Poi Emanuele raccoglierà qualche goccia di liquor, che esce ,in una provetta… tutto qui…”
Laura: “Okai”. Si sentiva rassicurata e protetta.
 L’esame si concluse rapidamente. Emanuele le applicò un cerotto sulla zona della puntura e la ricoprì.
Sergio: “L’aiuto a spostarla sulla barella”
Emanuele: “Ma che scherza dottò…sta piuma me la sposto da solo…e poi prima d’ariportalla in stanza je levo sto pannolone de mi nonna…Stellì te lavo e te cambio io mò”
Sergio: “ Va bene…allora. Ti lascio in buone mani. Nel caso ti venisse mal di testa , se non torno io prima, fammi chiamare…a dopo”
Laura: “Grazie”
Sergio: “ E di cosa? E’ il mio lavoro”
Laura: “No, hai fatto di più di quello che ti era richiesto…se non ci fossero persone come te ed Emanuele…non so se potrei sopportare tutto questo”
Emanuele: “ Piano m po’co tutti ‘sti complimenti che l’dottorino se monta la testa e io so geloso”
Sergio ad Emanuele, mentre erano  un po’ scostati da Laura: “Ma lei parla sempre in romanesco? Non mi sembrava in altre occasioni…”
Emanuele: “ No, ma la fa ridere...mi piace farla ridere!”
 
Emanuele  e Laura rimasero soli . L’infermiere sapientemente e sempre continuando a scherzare, rigirò la ragazza sulla schiena, la lavò, le rimise gli slip con l’assorbente , arrivati in stanza le tolse il camice e le fece indossare un pigiama pulito. Dopo qualche battuta la lasciò mentre si appisolava tranquilla.
Intanto Sergio uscendo aveva rivisto Enza, che piagnucolava seduta in mezzo alle colleghe, raccontando l’accaduto….
fulminò con uno sguardo tutto il gruppo.
Avrebbe dovuto andare in sala operatoria, ma prima decise di passare in ematologia. Voleva parlare con chi aveva in cura Laura, ma anche riferire alla caposala del comportamento dell’infermiera.
Due piccioni con una fava….in sala medica c’erano tutti e due.
Di vista li conosceva già.
“Non so se sapete già della mia lite con una tal Enza..”
La caposala: “ Sì, stavamo parlando appunto di quello… non è la prima volta che si comporta così, ha fatto bene dottore a staccargliene quattro…purtroppo questa mattina l’altra infermiera professionale si è messa in mutua …di solito faccio assistere la signorina Costa da Emanuele…so che ci sa fare con lei…ma dovevamo distribuire le colazioni e le terapie …eravamo solo in due….”
Dottor Fabbri: “Comunque se ne starà a casa una settimana…ma non in mutua…. è stata sospesa con tanto di lettera di richiamo della direzione….”
Sergio rivolgendosi a Fabbri. “ Ma Laura Costa come è messa…è pelle e ossa…è molto debole”
“ E’ un anno che andiamo avanti con i cicli di chemio...tira avanti …ma non riusciamo a mettere la malattia in remissione…
in più non c’è  nessun consanguineo compatibile….avrebbe bisogno di un trapianto del midollo….è iscritta nel registro dell’ADMO…
speriamo…non ci resta che sperare”
Rimase turbato, prima di scendere in sala operatoria decise di andare a vedere Laura.
La ragazza era distesa in penombra. Sergio si avvicinò e le prese  una mano:
“Ehi, come va?”
“Ho male  lungo tutta la schiena…e la testa mi scoppia”
“Perché non mi hai fatto chiamare subito, come ti avevo  detto….”
Ritornò con una siringa. Iniettò il farmaco nel catetere venoso posto sul braccio. Lo annotò sulla cartella clinica
“Devo  scendere giù insala operatoria…ritorno dopo…vedrai che ti passerà tutto”
Si stupì di se stesso, non si era mai preoccupato così per una paziente….e poi non era neanche una sua paziente, non era neanche del suo reparto.
La giornata proseguì caoticamente,  non ebbe un an attimo di tregua.
Venne chiamato più volte in pronto soccorso. Niente di grave , ma non riescì a ritornare da Laura che verso sera.
La trovò seduta sul letto mentre rigirava il cucchiaio nella minestrina.
“Mi devi dare l’indirizzo del tuo spacciatore….quella roba che mi hai iniettato è stata miracolosa”
“Non ci conosciamo abbastanza bene…io sono un anestesista, è il mio campo….ma non mangi perché hai la nausea o perché ti fa  schifo?”
“No, non sto male….è colpa della minestrina di stelline….è un anno che me la ritrovo davanti tutte le sere….ma ha qualche virtù terapeutica? Perché negli ospedali danno sempre minestra di stelline?”
“Non lo so, non ci avevo mai pensato….Ma che cosa vorresti mangiare?”
“Una pizza margherita, calda e profumata….e per finire un bel tiramisù”
“Allora ceniamo insieme, aspettami qui…..”
“E dove devo andare…”
Dopo un po’ ritornò con due pizze, due aranciate e due porzioni di dolce.  
Sergio si sedette sul letto e mangiarono appoggiandosi al tavolinetto che si allungava dal comodino.
Laura non riuscì a finire tutto, ma mangiò più di mezza pizza e quasi tutto il tiramisù.
“In ogni reparto di ematologia ci dovrebbe essere un pizzaiolo”
“Lo proporrò alla prossima riunione”
“ Ma che mi dicevi di mio figlio?”
“ Che è un ragazzo straordinario…è considerato un figo, ma se ne frega…potrebbe avere le ragazze più belle della scuola ed invece si sceglie delle tipe un po’ bruttine, ma interessanti…dice lui,
è sempre schierato con i più deboli….il Don Chisciotte della situazione….e poi non è un leccaculo…..non ha peli sulla lingua per nessuno.
Lui aiutava me  e io aiutavo lui. Se c’era qualcuno in difficoltà …era il mio informatore…
io nei consigli di classe lo difendevo a spada tratta…..anche se non si ammazza di studio….diciamolo!”
“Quante cose si scoprono dei propri figli”
“ Grazie della cena, grazie di tutto”
“E’ stato un piacere, ma adesso ti lascerò riposare, domani magari ci mangeremo  qualcos’altro…
Però se non stai bene o c’è qualcosa che non va, devi rompere le palle a tutti…. è un tuo diritto!”,
“Stresserò tutto il  reparto , salutami Marco”
“Lo farò….a domani”
“Ciao”
Laura pensò: “Chissà perché ritornerà a trovarmi…ma, magari sono quelle cose che si dicono…ma poi non si fanno…oppure sono un caso così disperato, che gli faccio pena…in ogni caso se ritornerà mi farà piacere”
Sergio arrivò a casa con una pizza anche per il figlio.
Il tavolo della cucina era apparecchiato per due
“Ti ho preso una pizza perché ho mangiato in ospedale con una paziente”
“E’ figa allora”
“Ma tu le donne le distingui solo in fighe e non fighe?”
“Sì, ma a me spesso piacciono di più quelle non fighe….invece te…quelle che intravedo ogni tanto non sono propriamente delle ciospe”
“Beh  allora… è figa, anche se adesso ha dei problemi….è la tua prof di lettere, ti saluta…”
“La Costa…sì che è figa…ma mi hanno detto che ha la leucemia…ma  allora sta morendo”
“Non è detto che se uno ha la leucemia debba morire…la stanno curando…certo, se si trovasse un donatore di midollo, avrebbe più possibilità di farcela”
Marco rimase assorto e continuò a mangiare la pizza.
Sergio fermò lo sguardo sulla foto di classe dell’anno precedente del figlio
Sul lato sinistro c’era  Laura, la riconobbe dallo sguardo. Era una persona completamente diversa: aveva lunghi capelli castano chiari, con qualche riflesso biondo; Il viso era tondo; gli occhi erano sempre luminosi; era  persino leggermente sovrappeso, la maglietta rivelava qualche rotolino e il seno era prosperoso; era  vitale e bella con i jeans e con le scarpe da ginnastica.
Quando andò a dormire non riuscì a smettere di pensare a quell’immagine, rappresentava  il tipo di donna che avrebbe voluto trovarsi a casa la sera. Se la immaginava  insieme al profumo della caffettiera che saliva al mattino….un attimo di eternità.
Il giorno successivo , Marco era già sveglio….stava macchinando qualcosa…per tirarlo giù dal letto  di solito impiegava  più di venti minuti ed invece era già vestito.
“Come mai già sveglio?”
“E’ tutta la notte che penso alla Costa. Devo far qualcosa. Oggi c’è assemblea….voglio convincere tutti a fare l’esame del sangue per donare il  midollo….se abbiamo culo, magari troviamo qualcuno compatibile.
 Io verrò  in ospedale quando esco da scuola, prima di basket”
“E’ bello quello che vuoi fare….ma se si è minorenni, non si può essere donatori”
“Ma allora, i bambini che donano il midollo ai fratelli?….senti papà, i genitori firmeranno un autorizzazione…un cazzo di modo lo troviamo…”
“Okai, ti aspetto per le due”.

 

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Capitolo 2
*** Qualcosa è cambiato ***


CAPITOLO II  -  QUALCOSA È CAMBIATO
Sergio: Sto andando in ospedale, ho voglia di vederla….le ho detto che magari avremmo cenato di nuovo insieme, ma io ho voglia di vederla già questa mattina.
Mentre prendevo il caffè , continuavo a guardare quella foto. Cercavo di rubare qualche particolare di quella che era prima che si ammalasse. Ho voglia di parlare con lei, ho voglia di toccarla. Mi piace!
Mi è capitato di avere delle relazioni con qualcuna conosciuta in ospedale. Erano donne che desideravano legarsi meno di me, spesso erano sposate….. Rigorosamente  una volta che non erano più mie pazienti….la regola era ferrea.
Qualcosa è cambiato. Non posso volere da lei quello che volevo da loro, ma  non posso neanche sapere se ci potrà essere una relazione  con lei…
Se non salterà fuori un donatore….no, non posso neanche pensarci.
Ieri sera sembrava felice, ha mangiato e dopo le sue guance  mi sembravano un po’ più rosse
 
Laura: Vorrei che ritornasse…ha detto che avremmo di nuovo cenato insieme…ma forse non ritornerà.
Ieri si sarà impietosito della mia situazione …ma oggi la pietas gli sarà già passata.
Forse lo rivedrò solo la prossima settimana. Emanuele mi ha detto che mi dovranno fare un piccolo intervento in anestesia locale. Mi pare che si chiami catetere venoso centrale…servirà per continuare la chemio e per nutrirmi, se non riuscirò a mangiare. Mi servirebbe anche per il trapianto, se si trovasse un donatore….
Dovrà farmelo lui quindi….il primario sta per andare in  pensione e se ne sta sempre nel suo ufficio.
Ecco lo sapevo… una complicanza in più: mi piace!
Non sono nelle condizioni in cui mi possa piacere nessuno…sono una  malata di cancro, non so neanche se tra un mese sarò viva

Sergio arrivò in ospedale e non poté fare a meno di salire in ematologia. Arrivò davanti alla stanza e scorse al suo interno Emanuele.
Emanuele, toccando la testa calva di Laura: “Dottò… entri…qui avemo quasi fatto con la toilette del mattino…ce mancano ancora i bigodini e le medicazioni”
“Per i bigodini avrei qualche problema , diciamo che non ho la formazione adatta, però per le medicazioni ci potrei pensare io”
Emanuele rivolgendosi a Laura: “Je volemo dà fiducia?”
Laura ridendo : “ Sì, ma dopo passi per la messa in piega… promesso?”
“ Vò a pijà il carrello delle medicazioni e poi vado a finì er giro”
Sergio. “ Le ordinazioni per questa sera…che ci mangiamo questa sera?”
Laura: “Focaccia con la mortadella e gelato?  Che dici fa bene?”
“ Benissimo…è riportato in tutti i testi di medicina e ci sono importanti studi internazionali a riguardo!”
“Eccove er carrello a dopo”
Sergio si mise i guanti monouso.
Laura invece pensò di chiedergli  perché la continuava  ad andare a trovare...
No non glielo chiedo adesso, mentre mi medica il catetere per la flebo nel braccio…poi lui mi guarderebbe negli occhi…no…glielo chiedo dopo quando mi sostituirà la medicazione della rachicentesi…così non potrà vedere le mie espressioni!”
Sergio si mise seduto sul letto .
“Qua il braccio!”
Le sollevò la manica del pigiama e distese il braccio sulle sue gambe. Molto delicatamente staccò un pezzettino per volta il cerotto trasparente, che ricopriva il catetere venoso.
“Se ti faccio male, dimmelo...si è un po’ incollato”
“No, non mi stai facendo male…”
“Avevo  voglia di parlare un po’ con te prima di iniziare la giornata”
“Ah!”
Cavoli, ha risposto alla mia domanda prima che gliela facessi….però adesso non posso più chiedergli nulla e lui in realtà non mi ha detto niente”
“Qua abbiamo finito, mettiamo un altro cerotto e siamo a posto.  Adesso...piano, piano  a girati su un fianco…ti aiuto”
Laura avvertì che aveva quasi paura a toccarla.
Le sollevò la maglia del pigiama. Lei ebbe un brivido.
“Hai paura o freddo?”
Dentro di sé: “Cavoli, cavoli, cavoli….m’ha beccata”-
 “No è il solletico”
“Allora da adesso  in poi sei ricattabile….interessante!”
La disinfettò , le sostituì il cerotto, la rimise supina e la coprì.
“Ti mancano solo i bigodini allora, ma per questa sera a me piaci così”
“Non puoi  giudicare, non mi hai mai vista con i capelli”
Sergio, ripensando alla foto: “Tu credi?”
Adesso devo scendere giù…in sala operatoria mi staranno già aspettando: se non arrivo, io la festa non può iniziare.
 Però è bello cominciare una giornata con te…sei come il profumo di moka al mattino…
 Ci vediamo questa sera, passo a prendere gli approvvigionamenti  e arrivo.
Ti stanno portando la colazione…mangia, mi raccomando”
Laura rimase in stato confusionale, o meglio confusionalmente euforico.
Che cavolo vuol dire che sono come la moka?...Però non  si comporta da medico …ma che cosa vuole da me…che cosa può volere da una malata di cancro? Io non ho fatto o detto niente di eccezionale…però si comporta come se gli piacessi…e adesso come faccio ad aspettare fino a questa sera? Non riuscirò ne’ a leggere, ne’ a guardare la televisione”
 
Verso le due arrivò Marco, incontrò il padre nel corridoio.
“Ti accompagno al centro prelievi, ci vorrà la mia autorizzazione”
“ Sai ho parlato della situazione della Costa in assemblea, domani ci sarà un’invasione qui in ospedale…non credevo”
“Gli hai detto che devono venire con l’autorizzazione dei genitori?
“Sì, sì…vogliono fare il prelievo anche degli insegnanti e dei bidelli”
“Se sono sotto i trentacinque anni…bisogna essere giovani per donare il midollo. E poi, non farti tante illusioni…non è così semplice trovare un midollo compatibile”
Sergio firmò l’autorizzazione e salutò il figlio, perché era stato chiamato in pronto soccorso.
Marco dopo il prelievo chiese dove era ricoverata Laura e andò a trovarla.
Si  trovò davanti una persona molto diversa da quella ragazza florida e allegra, che era la sua Prof. Di italiano.
“Ciao Prof. Come butta?”
“Maaarcooo….come butta lo vedi da te….comunque sono ancora qui , per adesso.  Ho conosciuto tuo padre…simpatico!”
“Dici? Beh secondo me è un rompicoglioni…ma magari come medico è diverso”
“Giochi sempre a basket?”
“Sì, sono titolare adesso…una figata.  Giusi m’ha lasciato…invece, sai quella col sedere un po’grosso, che a me ovviamente faceva impazzire…sai no quali ragazze mi piacciono?”
“Sì, lo so …quelle non fighe, perché quelle fighe si autocelebrano, mentre quelle non fighe stanno sempre lì a cercare di nascondere i propri difetti e a te t’arrapa”
“E che ci posso fare…io quando vedo una che si annoda la felpa sul sedere un po’grosso…non te lo posso dire quello che le farei…sei pur sempre una prof.”
“Lo immagino Marco”
“Adesso me ne piace un’altra”
“Brufoli?”
“No molto meglio, ma non ti dico ancora niente per scaramanzia…non so se ci sta…ma dai che ci starà…bisogna pensare positivo. Ti saluto che ho una partita, tanto adesso che so dove sei, torno”
“Ciao Marco, qualunque difetto abbia, vacci piano però….sei ancora  giovane”
“Okay  prof, cerco di non scoparmela subito”
 
Verso le sei Sergio uscì a comprare la cena ordinata da Laura. Quando ritornò, vide nella sua stanza un bell’uomo alto, più o meno della sua età, ma un po’ più brizzolato, vestito con giacca e cravatta.
Le parlava velocemente, mentre Laura lo guardava un po’ annoiata. Dopo poco si alzò e se ne andò, dandole un bacio su una guancia.
Sergio entrò, facendo finta di niente.
“Senti qua che profumo…sono andato all’Antico forno….la miglior focaccia della città con mortadella aspetta di essere mangiata da noi…o ti sei già strafogata di minestrina?”
“No, no ti aspettavo, ho una fame!”
“Questa sera però andiamo a mangiare sul terrazzino del reparto, c’è un clima ideale…non fa ne’ caldo, ne’ freddo…dove hai la vestaglia”
“Nell’armadio…ma pensi che sia il caso? Io non ce la faccio a camminare”
“Certo che è il caso, tanto c’è la sedia a rotelle”
Le infilò la vestaglia,  la aiutò a scendere dal letto e a sedersi  sulla carrozzella.
“Le infermiere, a forza di vederti qui, chissà che cosa diranno”
“Io sono separato da cinque anni e divorziato da due…tu  piuttosto, chi era quel tipo?”
“Il mio ex convivente”
“Ex?”
“Sì ex, ex!”
Passarono davanti le infermiere, Sergio le salutò incurante.
Arrivati sul terrazzino avvicinò la sedia a rotelle a un tavolino e tirò fuori le focacce ripiene,  una bottiglia di vino bianco fresco , la vaschetta del gelato e bicchieri, coppette e cucchiai, in plastica.
Laura iniziò a mangiare voracemente, ma dopo poco si fermò.
“Mia madre avrebbe detto che hai gli occhi più grandi della bocca”
“Ironia della sorte…ho passato una vita a cercare di stare a dieta….e adesso dopo due bocconi mi viene voglia di scappare. Passavo davanti a quel forno e dovevo far appello a tutta la mia volontà per non entrarci.
Giorgio…il tipo che hai visto, è un giudice del tribunale dei minori.
Quando veniva a casa mi diceva sempre di smetterla con i carboidrati.
 Non capiva come non mi interessasse la mia linea….mi guardava sempre un po’ disgustato.
Non smetteva mai di fare il giudice…neanche  a casa. Aveva una grande passione: lo sport in ogni sua disciplina.
Per me lo sport è sport, punto e basta. Per lui era ambizione continua di performance e di forma fisica perfetta.
 Intere sere a parlare di bici e alpinismo.
Quando uscivamo insieme, io stavo ore per trovare dei jeans che non mi segnassero….lui mi guardava e  mi chiedeva come mai non mi fossi ancora cambiata…e poi aggiungeva di mettermi un bel tailleur..
Ma il tailleur mi è sempre stato da schifo…non come alle mogli  dei suoi amici.
Non so…. è una cosa strana: ce n’era anche qualcuna cicciottella di queste tipe, magari  la gonna la fasciava un po’,  ma sopra era di un ‘eleganza strepitosa.
Io ero un bignè e quando mi sedevo , il cinturino in vita si attorcigliava. Sopra capeggiavano le mie tette, dandomi l’aria di un colonnello!”
“Non ci credo che vi siete lasciati per il tailleur e poi non credo neanche che  ti stesse  così male, voi donne siete piene di paranoie!”
“No, infatti. La botta finale c’è stata quando abbiamo deciso di avere un figlio.
Io non rimanevo incinta, allora abbiamo fatto ogni tipo di analisi….ma niente, non si capiva il perché.
Con il senno di poi penso che il mio corpo si rifiutasse.
Interi  mesi  a fare test dell’ovulazione e ad avere rapporti mirati…una vera e propria libidine.
Poi centinaia di iniezioni per stimolarmi l’ovulazione, con il risultato che il mio sedere era pieno di lividi e gonfiavo sempre di più e lui, durante i soliti rapporti mirati, mi toccava disgustato i rotolini”
“Che coglione!”
“Sapevo tutto il copione a memoria, prevedevo già come e quando avremmo fatto l’amore”.
L’ultima volta, nel mentre….. ripassavo il discorso per non fare rimandare tuo figlio”
“Ma lui non si accorgeva di niente?”
“A parte che io recito benissimo, poi voi uomini, nonostante che ci siano film come-Hanry ti presento Sally-, non ipotizzate mai che le vostre partner possano fingere! 
Due preliminari e zac, il gioco è fatto : voi vi sentite degli amanti irresistibili!”
Sergio scoppiò a ridere.
“Ridi, ridi….chissà anche tu…poi l’ho lasciato il giorno prima di sapere della leucemia…e a pensare che era così contento che finalmente ero dimagrita.
 Lui adesso mi viene a trovare, perché non vuole fare  la figura di quello che ha lasciato la fidanzata, perché è malata ….boh…di che si preoccupa …l’ho lasciato io”
“Un campione sto’ Giorgio…a me le donne un po’ morbide mi fanno impazzire….i bignè poi…mangiamo il gelato?”
“Sì, dai…ma tu perché ti sei separato?”
“Hanno ragione gli indiani….non bisognerebbe sposarsi fra caste diverse. Io sono figlio di un impiegato, mia mamma è casalinga. A ventisei anni ero già laureato e avevo già preso  la specializzazione.
Avevo addosso il peso del sacrificio economico che avevano dovuto sostenere i miei per farmi studiare. Studiavo e basta. Ho conosciuto questa ragazza figlia di un architetto di grido, più piccola di me di cinque anni. Lei mi ha voluto a tutti costi….Ci siamo messi insieme.
Quando abbiamo fatto l’amore per la prima volta…era la nostra prima volta per entrambi… sarà durata un mese, tra una ripresa e l’altra. Io ero peggio di Giorgio…non capivo neanche di accarezzarla…un completo disastro. Poi sono migliorato però eh”
“lo spero per lei”
“Per me era rimasta sempre la ragazzina con lo zainetto, che mi aspettava sotto casa. Invece lei era diventata una donna di successo. Voleva tornare a Milano e io non l’ho seguita. Non avevamo più niente in comune.  Apparteniamo a due mondi diversi. A me piacciono delle cose tipo il profumo del caffè al mattino”
“Questa me l’hai già detta”
“Poi mi piace tornare a casa e trovare qualcuno che ha cucinato per me…rimanere a letto la domenica mattina insieme e poi fare una passeggiata in centro….”
“Peccato, avremmo dovuto incontrarci prima”
“Chi ti ha detto che sia tardi? Ti faccio vedere una cosa….guarda come ho trascorso il pomeriggio…”
Le mostrò un telefonino con la foto di un neonato.
“Che  carino”
“Mi hanno chiamato verso  le quattro…sai l’anestesista ci deve essere sempre…è come il prezzemolo. Il bambino non era ben posizionato, per cui all’ultimo hanno deciso di farlo nascere con un cesareo.
 Quando ho letto la cartella clinica ho pensato a te….la madre due anni fa ha avuto un linfoma”
“Speriamo”
“Sulla tua cartella clinica invece,  questa mattina ho letto che domani ti avrò di nuovo, sotto le mie grinfie”
“Catetere venoso centrale e poi chemio…giornata da urlo”
“Dai, domani mattina passo a prenderti….andiamo a nanna?”
“Sì sono stanca”
La accompagnò in camera, l’aiutò a sistemarsi a letto.
La baciò sulla fronte.
“Che cosa vuoi da me?”  gli domandò Laura a bruciapelo.
“Tutto…ma adesso devi pensare a guarire…e poi non so se tu mi vorrai…anche se qualche tuo  brivido mi fa ben sperare. Ma adesso non ci pensare…stiamo bene, abbiamo voglia di passare del tempo insieme, perché non dovremmo farlo, non facciamo male a nessuno. Comunque sì, sono innamorato di te.
Buonanotte Laura, riposati!”
 
 
Spero che questa storia, che ho già scritto per il 70%, possa interessare qualcuno. Lasciatemi una piccola recensione, vi prego. Accetterò di buon grado anche le critiche, ma fatemi sapere che cosa ne pensate.
Vi ringrazio di cuore!
 
 

 

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Capitolo 3
*** La dichiarazione ***


CAPITOLO III  -  LA DICHIARAZIONE
Il giorno seguente Sergio arrivò in ospedale un’ora prima . Ci sarebbe stata l’invasione dei ragazzi del liceo, che sarebbero venuti a fare il prelievo per un’eventuale donazione di midollo. Voleva dare una mano in laboratorio analisi.
I ragazzi aspettavano in sala d’attesa. Erano più di un centinaio . Pensò  che non avrebbe detto che, dietro tutti quei  jeans calati, ci fosse tutta questa sensibilità.
Con la collega riuscirono rapidamente a smaltire la coda, stavano quasi per finire i prelievi, quando vide arrivare Emanuele.
“Senti , ti do del tu perché voi due è come se foste figli miei. Laura questa mattina si è svegliata strana , mentre la stavo lavando mi ha detto che non vuole farsi mettere la centrale e neanche vuole più fare la chemio. Ho cercato di farla ragionare, ma niente. Continua a piangere e basta. Ho chiamato anche Fabbri, ci sta parlando, ma secondo me è meglio se vieni tu”
La collega del laboratorio analisi gli fece cenno di andare.
“Ma con me non parli in romanesco Emanuele”
“Con te non mi viene”
Sergio entrò nella stanza di Laura, Fabbri le stava ancora vicino.
“Signorina Costa, noi ce la mettiamo tutta per curarla, ma la battaglia la deve vincere lei, non si può arrendere!”
“Ciao… vorrei rimanere da solo con lei”
Emanuele e Fabbri uscirono.
“E’ colpa mia?”
Si sedette sul letto di Laura e l’abbracciò.
Lei singhiozzando.
“Sì è colpa tua, perché mi hai ricordato di quanto sarebbe bella la vita, se io non fossi malata.
Non vorrei morire, ma visto che tanto  la strada è quella, almeno voglio vivere decentemente il tempo che mi resta.
Il cancro non fa male, la chemio  mi fa vomitare, perdere i capelli e venire tutti tagli in bocca ..e  anche altre cose. Tanto se non c’è un donatore, a che serve mettermi un catetere venoso centrale…. per farmi più chemio? A che cosa serve morire di chemio anziché di cancro? Te lo dico io: a morire con più dolore.
Comunque anch’io sono innamorata di te, ma non è un lusso che posso prendermi l’innamorarmi.
 Per me non c’è più tempo”
Sergio tirò fuori un fazzoletto dalla tasca del camice e le asciugò le lacrime.
“Salterà fuori questo midollo…non è una possibilità così remota. Nell’attesa dobbiamo continuare a combattere la malattia, anche se ti fa star male. Non abbiamo scelto di innamorarci, è capitato e basta. Finché sarai malata staremo insieme così, quando guarirai, staremo insieme come le coppie normali…anzi no, come le poche coppie che si amano. Fabbri ha ragione non puoi arrenderti…ti faccio vedere una cosa”
Scansò le coperte, le mise la vestaglia e la fece sedere sulla carrozzina. Spinse la carrozzina fino alla finestra.
“Li vedi tutti quei ragazzi nel cortile, molti sono tuoi allievi, sono venuti a fare un esame del sangue per iscriversi all’ADMO.  Anche se ti sembra strano, molta gente nel mondo, per un qualche strano motivo, decide di farlo ogni giorno. Vuoi deludere tutte queste persone?
Io so che guarirai, non mi chiedere perché, ma so che guarirai….e non mi sbaglio mai.
Sono contento che… mi ami anche tu, allora non mi ero sbagliato con i brividi?”
“No, diagnosi esatta”
“Andiamo a mettere sta centrale?”
“Sì”
Le diede un bacio sulla bocca sfiorandole solo le labbra, aprì la porta sporgendosi fuori.
“Namo  Emanuè…”
Laura rise.
Emanuele: “Mo me spieghi che jai detto…Stellì che t’ha detto questo che  nun t’avevamo detto noi?”
Laura: “Ehh…sapessi”
Arrivano in laboratorio. Emanuele prese in braccio Laura e la mise seduta sul lettino.
Cercò di sfilarle la parte superiore del pigiama , ma Laura lo bloccò.
“Fai uscire lui prima!”
 “Ma io sono un medico…e poi di lui non ti vergogni e di me sì?”
“Ma con lui non mangiavo la focaccia con la mortadella ieri sera, con te sì”
“Non fa ‘na piega dottò..”
“Non posso uscire, se le infermiere  mi vedono, non posso dire che sono andato fuori per non vedere una paziente a torace nudo….sono un anestesista. Vado alla scrivania a compilare la cartella clinica. Non guarderò.”
Emanuele le sfilò la maglia , la distese sul lettino. Sergio con la coda dell’occhio la guardò. Nonostante che le si contavano le costole, aveva dei seni abbondanti, morbidi, e con capezzoli piccoli e rosati.
L’infermiere la ricoprì con i teli verdi, che avevano una’ apertura solo nella zona dove sarebbe stato inserito il catetere, sotto la clavicola destra. Allora Sergio si avvicinò . Con due dita iniziò a ispezionare la zona .
Accese l’ecografo, e andò a preparare il necessario. Si avvicinò a Laura pronto a farle l’anestesia locale. Teneva la mano con la siringa bassa. Voleva capire prima la sua situazione emotiva. Due lacrime le affioravano ai lati degli occhi. Fece cenno ad Emanuele, che era di fronte, dall’altra parte del lettino, di farle girare il viso verso di lui.
“Fa un po’  vedè sti occhi…asciugamo un po’ ste lacrime” girandole il viso con una mano.
Nel mentre Sergio le aveva già passato la garza con il disinfettante e le stava già iniettando l’anestetico.
“Hai…. brucia!”
“lo so , ma ho già quasi finito…ti vedevo un po’ tesa, ho pensato che la tattica di- ti spiego tutto così non hai paura- oggi non avrebbe funzionato”
“Forse è vero”
“Continua a guardare Emanuele”
Emanuele le teneva il viso piegato verso di lui, mentre Sergio armeggiava con aghi e tubicini con una mano e con l’altra dirigeva il sondino dell’ecografo. Pensava che Laura fosse ancora troppo impaurita. Provò a distrarla ed aveva voglia anche di dirle tutto ciò che gli saltava in mente in quel momento, senza remore.
Stupito anche lui di se stesso iniziò a parlare:
“Ma con me non fingerai, come con Giorgio quando faremo l’amore….che bello che sarà”
“Ma chi t’ha detto che te la darò”
“Parli come mio figlio…te la darò…faremo l’amore….ma sì che faremo l’amore prima o poi….ci amiamo…tanto Emanuele l’ha già capito”
“E sì …che ho capito, n’te preoccupà che quando starà un po’ meglio te la darà”
“Ma io aspetterò  tutto il tempo che ci sarà bisogno…perché dopo  lo so…. sarà bellissimo…faremo l’amore tutte le sere”
“Tutte le sere?”
“Tutte le sere sì, che c’è di male…saremo sposati! Ma vuoi sposarti in comune o in chiesa?
 Se vuoi ci possiamo sposare anche in chiesa , perché io la prima volta mi sono sposato in comune.
 Ma la cresima l’hai fatta?”
“Ma stai scherzando?”
“No….non sto scherzando, io voglio sposarti”
“Ma sposateve in chiesa…è più bello. Chissà quando la racconto a mi moje sta bella storia d’amore come sarà contenta…magari al matrimonio ce porto pure lei…perché io sarò il testimone vero?”
“Se ci sposeremo, sì” rispose Laura sorridendo.
Sergio: “Come se ci sposeremo…quando uscirai di qui ci sposeremo”
Emanuele: “ Io come testimone ve regalerò uno scatolone de preservativi…che a fa l’amore tutte le sere questa me la metti incinta subito…e lei se deve curà bene prima”
Sergio: “Giusto… e poi quando sarà passato il tempo necessario, se arriverà un bambino bene…se no niente lividi sul sedere …niente cure ormonali”
Laura: “Allora ti sposo”
Sergio : “Ti bacerei, ma sto inserendo il catetere nella succlavia, però dopo ti bacio…non ti girare, ma ritieniti baciata…. hai mai visto delle tette  più belle Emanuele?”
“No, so veramente belle”
Laura: “Ma allora hai guardato”
Sergio : “Certo che sì…sono innamorato di te e non posso guardarti le tette….a toccarle aspetterò, ma almeno guardarle! Allora mi sposerai?”
“Sì, sì ti sposerò”
Nel frattempo Sergio aveva finito di inserirle il catetere venoso. Incurante della presenza di Emanuele, si era piegato verso Laura e l’aveva baciata.
“Abbiamo finito… ti senti di ritornare in camera con la sedia a rotelle o andiamo a prendere una barella?”
“Va bene la sedia a rotelle, ma tu puoi rimanere, non mi importa se mi guardi ”
“No vado giù, ci sarà un tempo per ogni cosa e io aspetterò. Mi dispiace che quel coglione ti abbia traumatizzata. Tu sei bellissima e lo eri anche con i rotolini…come li chiami tu. Anzi non vedo l’ora che ti ritornino”
“Ah dottò, sei più cotto di una pera”
“Lo so”
 
La sera Sergio passò a trovare Laura. La ragazza era sofferente per la chemioterapia.
“Se potessi, vorrei soffrire io per te…”
“E’ solo un po’ di nausea, tra qualche ora mi passerà”
“Domenica andiamo a mangiare in un agriturismo in campagna…te la senti? Hai bisogno di uscire una giornata di qui”
“Con te sì”

 

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Capitolo 4
*** Una domenica soleggiata ***


CAPITOLO  IV  -  UNA DOMENICA SOLEGGIATA
 
 
Laura quella mattina stava abbastanza bene, il pensiero di passare finalmente una giornata fuori da quell’ospedale le avevano fatto trovare le energie per superare l’ultima chemio.
Tutti parlavano ormai di quella bella storia d’amore, che era nata tra lei e Sergio. Tutti ne erano stupiti, perché Sergio non aveva frequentato mai nessuna paziente. O meglio: nessuno lo era mai venuto a sapere.
Ma prima di Laura, erano un altro tipo di relazione: svago per entrambi senza nessun legame. Adesso era solo uno svago cerebrale, con molto impegno per entrambi.
Facevano tenerezza a tutti, tranne che alla Enza, che aveva accusato il medico di poca serietà professionale. Nessuno l’aveva calcolata: era un rapporto che trasudava trasparenza e onestà di sentimenti.
La caposala aveva aiutato Laura a prepararsi, aveva dovuto cacciare via Emanuele, dicendo che per quell’occasione ci voleva del gusto femminile. L’infermiere se ne era andato via un po’ dispiaciuto, ma alla fine aveva capito.
Non era semplice trovare qualcosa che andasse ancora bene a Laura. Tutto le stava ormai enorme.
Alla fine la caposala le aveva fatto indossare un vestitino leggero che le cadeva morbido, mentre prima era aderente. Anche il golfino era diventato un cardigan, ma alla fine era molto carina ugualmente.
 Poi l’aveva anche truccata in modo leggero. Con un po’ di colore sul viso Laura non sembrava più malata,  assomigliava più a quelle ragazzine straniere che si radono i capelli per tendenza.
E poi era arrivato Sergio.
“Ma sei bellissima, andiamo? Dai, ti aiuto a metterti sulla carrozzina”
“No piano, piano ce la faccio…mi sento di camminare, è strano non ti avevo mai visto vestito normale….sembri un ragazzino”
“Sono un ragazzino…”
La caposala: “ Vi accompagno fino all’auto con la sedia a rotelle, la porterete via per precauzione, poi se Laura si sente di camminare tanto meglio”
Sergio: “Grazie…allora prendimi  a braccetto”
Laura: “Okay andiamo!”
Sergio aveva una monovolume non tanto nuova. Laura aveva pensato che avesse comprato quell’auto quando era ancora sposato.
Sergio: “Ti piace l’ho comprata da poco…usata ovviamente.  A me sono sempre piaciute le macchine capienti.  Che siano potenti, non me ne frega niente, ma le voglio grandi da poterci mettere sopra una lavatrice, o farci una vacanza mettendoci tutto il necessario  per il campeggio…..
In realtà non sono mai andato a comprare una lavatrice e non ho mai fatto una vacanza in campeggio, però adesso guarda come è comoda…la sedia a rotelle sta nel bagagliaio senza neanche bisogno di chiuderla.
Sarà sempre una questione di caste questa mia predilezione per le auto grandi , quand’ero piccolo andavamo in vacanza con un’utilitaria. I bagagli li caricavamo sul tetto.  In autostrada vedevo sempre queste auto enormi e tutte vuote. Mi sono ripromesso che, quando sarei stato adulto, ne avrei comprata una così”
“La questione caste ritorna spesso nei tuoi discorsi”
“Credo che il mio matrimonio sia finito per un problema di estrazione sociale diversa. La mia ex- moglie mi diceva che, medicina  a parte, sono un ignorante. Mi faceva sentire inadeguato. In effetti io sono una persona semplice a cui piacciono cose semplici, non ci posso fare nulla”
“Tu hai detto che mi vuoi sposare no?”
“Semplicemente….sì”
“Ma chi te l’ha detto che io sono della casta giusta?”
“Per te potrei fare un’eccezione”
“ Se vuoi sposarmi sì. I miei vivono a Lugano. Hanno una fabbrica di rubinetti che esporta in oltre cinquanta paesi.  Non sono propriamente gente modesta.
 Il  problema con la  tua ex- moglie era che ti faceva sentire inadeguato, come hai detto tu, non la casta.
Anche Giorgio mi faceva sentire sempre inadeguata…. perché ero grassa, timida e a volte impacciata. Eppure appartenevamo tutti e due alla stessa casta.
Il problema vero è che, quando uno si ritrova accanto una persona che non ama più, dovrebbe trovare il coraggio di lasciarla, invece di demolirla psicologicamente”
“Cavoli, hai ragione….vedi che faccio bene a sposarti…ma la famiglia Rubinetti, perché non viene mai a trovarti?”
“Già non avevano digerito che avessi scelto di fare l’insegnante, a milleduecento euro al mese e non fossi andata a lavorare in fabbrica. Poi la botta finale gliel’ho data quando ho lasciato Giorgio. Stavano già organizzando il matrimonio. Mi hanno fatta stare talmente male, che gli ho detto che non volevo più vederli. Certo, ora se morissi senza vederli più mi dispiacerebbe….ma ormai è tardi. Le parole purtroppo non rientrano in bocca”
“Non è mai troppo tardi…dì piuttosto che è una questione di orgoglio”
“Forse sì…ci penserò”
Era una bella giornata di sole, i due arrivarono all’agriturismo che era ormai ora di pranzo. Laura riuscì ad assaggiare ogni portata, Sergio mangiò avidamente il suo e gli avanzi di  Laura.
“Nella mia macchina contenitore ho anche una coperta per distenderci nel prato… però se sei stanca dimmelo”
“No, erano mesi che non mi sentivo così in forze…non sono stanca”
I due si distesero  al sole. 
“ Ma gli  anestesisti, sono specializzati anche in terapia del dolore, vero ?”
“Dove vuoi arrivare?”
“Lo sai dove voglio arrivare”
“No, non lo so”
“Io ho accettato l’eventualità, non tanto remota di morire, ma ho una terribile paura del dolore fisico”
“Ma tu guarirai”
“Lo sai meglio di me, che ho più possibilità di morire che di guarire”
“Non è così…quando si troverà il donatore avrai più possibilità di guarire”
“Per favore….fammi stare tranquilla…se io mi aggravassi, tu non mi farai soffrire vero?”
“No… ti bomberei di morfina… è questo che vuoi sentirti dire?”
“Sì, ora sono più tranquilla. Però poi non rilasciare interviste a qualche rivista, in cui riveli di avere i rimorsi per avermi aiutata a morire…non li sopporto quegli articoli lì…se una  te lo chiede, perché dovresti avere i rimorsi? Saresti uno stronzo se decidessi di farmi soffrire…”
“Un conto è aiutarti a morire, un conto è farti morire il più possibile  senza dolore e senza accanimento terapeutico. Non sarei uno stronzo, come non lo sono stato con tutti i miei pazienti terminali…e non ho lasciato mai nessuna intervista. Resta il fatto che so che tu non morirai”
“ Ma allora dovevi fare il veggente, non il medico”
“Può darsi”
Quando il sole tramontò  i due fecero ritorno in ospedale. Laura accusava i primi segni di stanchezza, così Sergio decise di utilizzare la sedia a rotelle per accompagnarla in reparto.
La caposala: “Allora, come è andata? Dal colorito direi benissimo, vengo ad aiutarti a rimetterti a letto”
“No mi aiuta lui, no?”
“Certo…tanto poi ci sposiamo”
“Se anche andrete a convivere, per me va bene ugualmente”
In stanza Sergio aiutò Laura a sedersi sul letto.
“In quell’armadio c’è il pigiama”
“E’ stata una bella giornata oggi”
“Sì”
Le sfilò il vestito, le sganciò il reggiseno. Laura se lo tolse rimanendo a seno nudo. Le diede un bacio leggero sul petto e poi l’aiutò a infilarsi il pigiama.
“Ma io non posso…insomma hai capito”
“Non me ne importa niente…avremo una vita per fare l’amore...si tratta solo di aspettare.  Io voglio tutto, ma so aspettare. Io non sono mai stato più felice di così…”
 
 

 

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Capitolo 5
*** Prima del giorno zero ***


CAPITOLO V   -   PRIMA DEL GIORNO ZERO
 
Erano passati circa quindici giorni dalla domenica in agriturismo.
Sergio continuava a passare le sue serate con Laura. Parlavano di tutto, come una coppia normale, anche se si baciavano e basta, come due tredicenni. Facevano sogni e progetti insieme, come se la guarigione di Laura fosse una certezza.
Una mattina , appena varcato il portone di ingresso dell’ospedale, gli corsero incontro Fabbri con La sua collega del laboratorio analisi.
“Sergio, abbiamo trovato il donatore per Laura…non ci crederai mai, c’è compatibilità quasi assoluta…è tuo figlio”
“Ma è una cosa fantastica…aspetta che mi siedo…mi manca il respiro. Ma Laura lo sa già?”
“Pensavamo, che visto il rapporto particolare che hai con lei, sia meglio che glielo dica tu”
Sergio corse subito da Laura
“Laura …non so neanche come dirtelo, il midollo giusto c’è…è quello di Marco”
Laura si mise a piangere
“E’ tutto così incredibile…ho passato degli anni…di merda e ora sembra che tutto voglia andare nella direzione giusta, ma Marco lo sa?”
“No, non ancora …anche se penso di telefonargli a scuola…ho voglia di dirglielo e poi è meglio che ci muoviamo subito. Già domani dovrà fare degli esami per la donazione. Ne sarà felicissimo”
In quel momento entrò Fabbri.
“Sergio le avrà già detto tutto…vorrei spiegarle un po’ meglio quello che capiterà.
 Prima però vorrei domandarle nuovamente un qualcosa che le avevo già chiesto un anno fa. Il trapianto sono certo che potrà guarirla, ma molto probabilmente lei diverrà sterile.
 Vuole farsi prelevare degli ovuli da crioconservare?”
“Anche se la mia situazione sentimentale è cambiata,  non potrei più sopportare alcuna manovra di questo tipo…non importa se non potrò avere figli”
“Bene la capisco, ma era mio dovere avvisarla.
Il trapianto non sarà una passeggiata . Ci sarà una fase di preparazione, che noi chiamiamo condizionamento,  nella quale verrà sottoposta a vari trattamenti di chemioterapia e radioterapia.
Gli aspetti spiacevoli di questi trattamenti li conosce già, ma sono necessari per distruggere le cellule tumorali, ancora presenti  e il midollo malato.
 Dobbiamo far spazio al nuovo midollo. Il trapianto avverrà attraverso una semplice trasfusione, che sarà un po’ più lunga di una normale. Dovrà essere ricoverata in camera sterile per almeno quattro settimane.
Infatti nelle prime due settimane lei avrà i globuli bianchi quasi azzerati e di conseguenza anche le sue difese immunitarie. Quando il midollo nuovo avrà attecchito, i globuli bianchi si riprodurranno di nuovo.  In questa fase il nuovo midollo ingaggerà una lotta verso la leucemia, che avrà però come conseguenza alcuni nuovi fastidi per lei, come l’arrossamento della pelle e l’infiammazione delle mucose.
Di qui in poi, la strada sarà in discesa. Le tornerà l’appetito e si sentirà più forte. Dopo circa un mese dal giorno zero, con ogni probabilità potrà tornare a casa , anche se dovrà tornare per dei controlli prima settimanali  e poi via, via sempre meno frequenti.
L’ho spaventata troppo…allora che cosa facciamo, partiamo per questa avventura?”
“Spaventata, sono spaventata a morte…però sì, partiamo”
Rivolgendosi a Sergio: “Ho bisogno anche di un agoaspirato del midollo…per questo ci penserà il suo medico personale vero? ”
“Sì certo, anche oggi. Dovrei finire in sala operatoria intorno a Mezzogiorno”
Fabbri uscì.
“La nostra storia è densa di momenti romantici: rachicentesi, centrale, agoaspirato…”
“Diciamo che è una storia fuori dal comune”
“Ti dispiace che non ho accettato di congelare gli ovuli?”
“No, ti capisco. Quando mi hai raccontato delle cure contro la sterilità, si percepiva che ci soffrivi  ancora.
Io voglio te…i figli se verranno bene, se no…per me non è importante. Te l’ho detto che sono una persona semplice, sono portato ad accettare la realtà. Non vorrei solo che tu, quando sarai guarita, te ne pentissi ”
“Anche a me questa realtà va benissimo, piuttosto….se qualcosa andasse storto, non dimenticarti di bombarmi di morfina”
“ Scema! E va beh, non mancherò…allora, appuntamento a mezzogiorno”
“Va bene, va bene”
 
Erano passate le tredici, ma di Sergio non c’era ancora l’ombra. Emanuele aveva già preparato Laura con il solito camice aperto sulla schiena , sopra le aveva messo una vestaglia .
L’infermiere visto che l’attesa ormai si protraeva da un po’: “Appena arriva Sergio chiamateme  Stellì, vo a fa qualcosa, ma vengo con voi poi”
“ Puoi scommetterci Emanuele…senza di te non vado da nessuna parte”
In quel momento entrò Sergio, diede un bacio sulle labbra a Laura:
“Scusatemi, ma avevo un paziente nel mio reparto da stabilizzare, il suo cuore faceva le bizze,
Ora è tutto a posto…cos’è quella faccia? Non sei contenta di vedermi?”
“Sono contenta, ma so che cosa mi aspetta…”
“Esagerata, manco andassi al patibolo, dai ti aiuto ad andare sulla carrozzella”
“No, prima del bombardamento chimico e radioattivo, voglio fare da sola”
Laura a fatica si alzò e si mise a sedere sulla sedia a rotelle.
Sergio: “Però!”
Emanuele: “Ganza!”
Arrivati in ambulatorio Laura, sempre da sola , si mise a sedere sul lettino, dopo essersi tolta la vestaglia:
“Questa volta scelgo l’opzione seduta, mi sento più in forze”
“Bene, saranno le leccornie che ci mangiamo insieme la sera”
“ Na volta invitate pure me!”
“ Come  no…Laura piegati un po’ in avanti , curvando la schiena”
 “Poggia la testa qua sur petto mio”
“Puoi dire ahi se vuoi” e le aprì il camice sulla schiena
“Altro che ahi direi…bruciaaa”
“Solito discorso: dopo l’anestesia non sentirai più niente. Comunque i miei pazienti non si lamentano mai”
“Ce credo… en terapia intensiva ce stanno cinque letti e nun c’è un paziente svejo”
“Ma ogni tanto se ne sveglia qualcuno?”
“ Ma certo, si sveglia la maggior parte…ognuno con i suoi tempi ….e quando si svegliano non si lamentano, anzi mi ringraziano”
“ Va beh di che parliamo? Di matrimonio abbiamo parlato già l’altra volta, di figli probabilmente è inutile parlarne…”
“Parliamo della famiglia Rubinetti! Sarà il caso che tu gli dica del trapianto…o sei troppo orgogliosa per telefonargli?”
“Je l’hai da dì…so la famija tua!”
“Non sono orgogliosa…non ne ho il coraggio…e Don Abbondio diceva che il coraggio uno non se lo può dare da solo”
“Quindi io sono innamorato di Don Abbondio?”
“Nessuno è perfetto…io sono paurosa e un po’ codarda”
“E se li chiamassi io….come medico potrei volerli informare delle tue condizioni”
“Vorrei dirti di no, però poi se morissi, mi dispiacerebbe non rivederli più…”
“E se invece tu vivessi…potresti continuare tranquillamente a non vederli? Li chiamerò io….sei meravigliosamente codarda”
“Hai finito?”
“ Sì, puoi tirare su la schiena”
“Grazie!”
“ Prego….amore mio”
 
Il giorno dopo Marco andò in ospedale insieme al padre, dovevano prelevargli delle sacche di sangue per l’autotrasfusione, necessarie per  il giorno del trapianto.
Chiara, la collega del laboratorio analisi gli fece qualche domanda, in presenza di Sergio
“Hai avuto rapporti sessuali negli ultimi tre mesi?”
Marco guarda
ò il padre e sorrise nervosamente
“Eh…sì”
“Hai sempre usato il preservativo ?”
“Sì”
Sergio: “Beh….è già qualcosa”
“Hai fatto uso di droghe o abusato di alcol?”
“Qualche canna…ma sporadicamente e qualche birra”
Sergio: “Ma c’è qualcosa che non hai fatto? Va beh…ti aspetto nel mio studio per la visita anestesiologica”
“Ma non c’è un altro anestesista?”
“C’è il primario, a quest’ora è sempre un po’ assopito….sarà dovuto all’età, però se vuoi vado a svegliarlo”
“Direi che vai bene tu”
“Dopo il prelievo della sacca del sangue, il ragazzo raggiunse il padre
“Hai fatto colazione?”
“Ho preso un cappuccino e dei biscotti alla macchinetta”
“Ok iniziamo…togliti la maglietta e siediti sul lettino…. ti misuro la pressione e ti ausculto cuore e polmoni”
“Tutto a posto… ora sali sulla bilancia…ottanta chili per un metro e ottantotto, che invidia”
“Senti papà….ma tu e la Costa state insieme”
“Come te ne sei accorto?”
“Sei diventato meno rompicoglioni, a volte sei persino simpatico”
“Grazie”
“L’elettrocardiogramma è perfetto…ti sei accorto di essere allergico a qualcosa ultimamente?”
“No…posso andare a salutarla ora?”
“Ti accompagno …deve darmi un’ informazione”
Arrivati nella stanza di Laura
Sergio:  “Guarda chi ti porto…il figo della scuola. Prima di lasciarvi, mi dovresti dare il numero della signora Rubinetti e almeno dirmi come si chiama…”
“Si chiama Livia…il numero puoi copiarlo da qui” gli porse il suo cellulare
“Okay vi lascio a sparlare di me…vado a fare una telefonata”
“Speriamo di non pentirmi di avertelo permesso”
“Taci Don Abbondio!”
Sergio uscì.
“Prof, avevi ragione l’amore rende migliori….è un'altra persona da quando sta con te”
“Invece lui , anche se morissi…. mi ha salvata”
“Oh, non fare scherzi… che io non potrò farmi neanche una canna la prossima settimana e neppure prendermi  una ciucca….tutto per donarti un midollo immacolato…speriamo che basti una settimana”
“Speriamo, comunque grazie!”
“Ma di che…devo dire che con questa cosa ho avuto un notevole ritorno di immagine, la tipa che mi piace adesso non si gira neanche più dall’altra parte e quel cerbero della tua supplente mi ha dato sei meno del tema, al posto del solito cinque…Naturalmente ero andato fuori traccia come al solito…te lo sai: quando attacco a scrivere, alla fine butto giù sempre quello che mi passa per la testa….”
“I più bei temi fuori tema che io abbia mai letto.  Però una volta potresti provare a seguire il titolo…così, tanto per dare una minima soddisfazione a una povera professoressa, che è pure precaria”
“Se me la butti sull’umanitario, allora ci proverò. Non vedo l’ora che sarai guarita”
“Ce la metterò tutta”
“Quando esci, poi verrai a stare a casa nostra? Mi piacerà averti lì…sei una tipa che sa di torta di mele”
“Vedremo, comunque mi piace fare i dolci”
 
“Buongiorno, mi chiamo Sergio Antinori, sono un medico dell’ospedale dove è ricoverata sua figlia, lei è la signora Livia?”
“Sì, sono io….è successo qualcosa a mia figlia? Mio Dio…”
“No signora, stia tranquilla…almeno, non è successo niente di brutto. Volevo avvisarvi che a breve Laura riceverà il trapianto del midollo, abbiamo trovato un donatore compatibile. Credo che vorrete starle vicino…A volte purtroppo nelle famiglie ci sono delle incomprensioni, ma poi nei momenti importanti è meglio stare insieme…e non servono neanche tante  parole”
“Non la conosco, ma lei è una persona eccezionale, non so come ringraziarla. Domani io e mio marito saremo lì…..infinitamente grazie”
 

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Capitolo 6
*** Giorni difficili ***


 
VI  -  GIORNI DIFFICILI
 
Il giorno dopo, mentre Sergio arrivava in ospedale, notò una berlina di grossa cilindrata  con targa svizzera arrivare nel parcheggio. Sicuramente erano i genitori di Laura.
Sergio pensò  che anche i genitori di Laura non erano esattamente della casta giusta: emanavano profumo di soldi da tutti i pori, avevano dei modi così distinti e silenziosi, il padre aveva un aspetto così autorevole .
“Piacere, sono il dottor Antinori, credo che voi siate i Signori Costa...”
La madre di Laura: “Sì siamo noi…lei è il medico che mi ha telefonato?”
“ Sì, vi accompagno da Laura, sarà felice di vedervi”
Il padre: “Speriamo…”
“Sono felice che siate arrivati subito, da domani Laura verrà trasferita in camera sterile, per i trattamenti in vista del trapianto e lì sarà più complicato farle visita”
Il padre: “Ce la farà?”
Sergio: “Sicuramente, mi creda…dobbiamo aver fiducia. Certamente il periodo che dovrà affrontare non sarà semplice ed è per questo che è importante che il rapporto con voi torni sereno”
 
Laura e i genitori si abbracciarono e non avvertirono neppure una forma di imbarazzo iniziale. Non si dissero molte parole, ma una frattura si era ricomposta da entrambe le parti. Passarono con la figlia tutto il  giorno. La madre di Laura voleva  stabilirsi nell’alloggio di Laura per assisterla fino a dopo il trapianto, ma Laura la distolse, spiegandole che in camera sterile sarebbe stata assistita da personale specializzato e avrebbe potuto ricevere visite solo per un’ ora al giorno. Decisero insieme che sarebbero ritornati a trovarla tutte le settimane.
Prima di andare via i genitori di Laura salutarono e ringraziarono Sergio. La madre di Laura, anche se nessuno le aveva detto niente, aveva capito che Sergio e la figlia erano innamorati, dai loro sguardi.
Laura era felice di essersi riappacificata con i suoi, ma era anche contenta che fossero ripartiti. Si sentiva di affrontare il periodo difficile che l’aspettava, solo con Sergio.
Il giorno seguente venne trasferita in camera sterile . I trattamenti per distruggere il midollo malato erano molto duri da sopportare. Laura ottenne di farsi assistere anche lì  da Emanuele. Tutti coloro che entravano in contatto con lei dovevano indossare indumenti sterili, guanti, mascherina e cuffia.  Anche Sergio.  Le sembravano tutti dei marziani. La nausea, nonostante i medicinali era forte, la pelle le bruciava. Sergio , anche se in tenuta sterile, la prendeva in braccio , sedendosi sul suo letto e non finiva mai di accarezzarla.
Il morale di Laura scendeva  sempre di più e ad un certo punto chiese a Sergio se non fosse arrivato il momento di bombarla di morfina.
“Ma che dici, lo sapevi ….questo sarà il periodo più difficile, ma io ti rimarrò sempre vicino. Queste ore che adesso ti sembrano interminabili, tra due mesi saranno solo un ricordo. Finalmente inizieremo una nuova vita insieme e tu non soffrirai mai più…te lo prometto”
Laura: “Non è una favola, è la vita….”
Sergio: “Ed invece per noi sarà una favola…non esistono regole a riguardo”
 
Intanto Marco si preparava  alla donazione del midollo. A scuola lo guardavano tutti con ammirazione, tranne la ragazza di cui si è innamorato. Si chiama Emma, aveva perso una gamba in un incidente d’auto con i suoi ; indossava  una protesi. Aveva dei capelli lunghi e lisci….e rosso carota.  Il viso era un po’ paffuto, sul naso aveva qualche lentiggine . I suoi occhi erano grandi, un po’ a mandorla e verdi, di un verde intensissimo..
Durante gli intervalli Marco cercava sempre di attaccarle bottone, ma la ragazza troncava ogni discorso.
Marco non demordeva, si accorgeva che comunque lo cercava sempre con lo sguardo.
Marco: “Ti va se uno di questi pomeriggi andiamo a fare un giro insieme, ti vengo a prendere con il vespino..”
Emma: “ Devi fare la tua buona azione quotidiana, o è una  scommessa?”
Marco : “ Non credi di essere un po’ presuntuosa…pensi davvero di sapere quello che mi frulla in testa?”
Emma : “E che cosa vorrebbe da me il più figo della scuola….ora anche eroe?”
Marco: “ Conoscerti….la tua acidità, mi fa  venir voglia di morderti una chiappa…meglio che vada, non sarebbe molto rispettoso… di norma cerco di rispettare tutti, soprattutto  le donne”
Emma rimase colpita dal linguaggio schietto e colorito, non le era capitato mai che qualcuno le parlasse in questo modo.
“ Va bene, vieni a prendermi oggi alle cinque”
“ Alle cinque allora”
Marco non vedeva  l’ora che arrivasse l’ora dell’appuntamento, correva dappertutto come un pazzo, lanciando in aria lo zaino.
Alle cinque era davanti casa di Emma con il suo vespino. La ragazza fece un po’ di fatica a salirci sopra, ma Marco non l’aiutò, si ricordò che una volta che le aveva raccolto un foglio nel corridoio, l’aveva fulminato con uno sguardo.
Davanti a due coppe di gelato Emma gli domandò: “Perché io?”
“Perché ti comporti sempre come se fossi fuori dal gioco, come se fossi esclusa dal gruppo delle fidanzabili; perché sei un po’ acida; perché se uno cerca di aiutarti, ti incazzi….e perché sei oggettivamente bella . Questa per me è una news…perché a me sono sempre piaciute quelle oggettivamente non belle, ma tu… mi fai impazzire”
“Ma sei un insicuro?....Voglio dire: ti senti più sicuro ad avere accanto una che ritieni a un livello inferiore al tuo?”
“Ma che cazzo dici?...Che ci posso fare se la perfezione canonica me l’ammoscia. Non mi interessa, punto e basta. Penso che le persone che devono  superare degli ostacoli diventano più interessanti…. Me ne vengono dietro di ragazze, che come unico problema della vita hanno avuto la ricostruzione delle unghie. Mi rompono i coglioni: so già cosa vorranno, che diranno, quando me la daranno e quando mi lasceranno per uno più figo. Per me tu sei uno splendido mistero…e mi emozioni quando pensi di non poter piacere”
“Ma ti piacerei  lo stesso anche se avessi tutte e due le gambe?”
“Se tu fossi troppo sicura di te e ti sentissi troppo figa e perfetta, no”
“Almeno potevi mentire!”
“Hai ragione….avrebbe suonato meglio un…. io ti avrei amato comunque. Con la menzogna mi devo ancora un po’ esercitare, può tornare sempre utile… Adesso non vorrai più uscire con me…”
“Vedremo”
“In ogni caso, vedremo tra una settimana…domani mi ricovereranno per la donazione  del midollo alla Costa. Vado a casa già il giorno dopo, ma mio padre  ha detto che per qualche giorno devo stare a riposo”
“Potrei venirti a trovare io”
“ Brava, potresti….cercherò di non saltarti addosso subito….”
“Hai ragione…qualche bugia e qualche omissione in più non ti guasterebbe”
“Dai, dai…migliorerò!”
 
Il giorno dopo Sergio e Marco arrivano in ospedale molto presto, si misero in  tenuta sterile e andarono a salutare Laura. Vedendola così debilitata Marco non aveva quasi il coraggio di parlarle.
“Sono stato bravo, non ho bevuto neanche una birretta…ci vediamo dopo Laura…adesso non ti chiamerò più prof…poi vivremo nella stessa casa no?”
“Sì, sì verrà a stare con noi…ha ancora un mese per abituarsi all’idea”
“Se sopravvivrò….”
Marco: “Non dire minchiate indegne del mio midollo”
 
Sergio era un po’ agitato…stava per entrare in sala operatoria insieme a Fabbri, che sarebbe stata una situazione abituale, se non fosse che questa volta il paziente era suo figlio. Nonostante la sedazione pre-intervento, Marco continuava  a chiacchierare: “Perché devo stare sdraiato su un fianco, con questo ridicolo camice?”
Sergio: “ E secondo te, come dovremmo fare per prelevarti il midollo? Ma non sei neanche un po’ stordito?”
“Per ora no…oh se ci rimango con l’anestesia…dì a Emma che l’amo, invece il vespino regalalo al Viscido. Glielo devo, sono due anni che lo prendo per il culo”
“ Chi è Emma?”
“ E’ una troppo figa…”
Sergio intanto stava facendo tutti i preparativi per l’intervento , gli stava mettendo i cerotti sul petto, che lo collegavano al monitoraggio, gli avvolgeva intorno al braccio il bracciale per la pressione e gli stava inserendo una cannula per iniettargli i fluidi.
“ Marco conta fino a dieci”
“Uno, Due…………”
Sergio rivolgendosi a Fabbri: “ Non arrivano mai al tre….”
 
L’intervento fu velocissimo, le sacche con il midollo furono subito trasferite da Fabbri in camera sterile  per la trasfusione a Laura. Sergio assistette il figlio nel risveglio.
“….tre, quattro…”
“E’ già tutto finito, come stai campione?”
“Non mi avevi mai chiamato così…”
“Sono fiero di te”
Marco non rispose e gli uscirono due lacrime.
“ Hai mal di schiena?”
“Un po’”
“Ti inietto un po’ di antidolorifico…”
Nel pomeriggio Emma lo venne a trovare, lo salutò sfiorandogli le labbra con un bacio…Marco sembra va toccare il cielo con un dito. Sergio notò che la ragazza era bellissima e un po’ claudicante….si sentì accumunato al figlio, per questa loro predilezione per donne particolari. 
Ben presto Marco tornò a casa ed iniziò a vivere la sua storia d’amore con Emma. Laura invece, dovette affrontare un dolore dopo l’altro. Subito dopo il trapianto era debolissima, per la mancanza di globuli bianchi.
Poi la reazione del midollo nuovo contro la leucemia,  le faceva bruciare tutta la pelle, aveva la bocca piena di ulcere, si nutriva solamente attraverso le flebo. Qualche giorno dopo il trapianto, i suoi genitori la vennero nuovamente a trovare. Vedendola in quelle condizioni, la madre si abbandonò ad un pianto a dirotto nelle braccia di Sergio. Il medico le spiegò che erano reazioni normali dopo il trapianto, ma la donna temeva che la figlia fosse prossima alla fine.
Il tempo passava e dopo venti giorni Laura finalmente stava un po’ meglio, chiese di mangiare qualcosa, iniziò a star seduta sul letto. Gli esami del sangue erano molto positivi: il midollo nuovo aveva attecchito, i globuli bianchi si stavano riformando e Laura si sentiva più in forze.
Marco gli portò in dono un libro elettronico, contenente più di duecento testi. Era stato acquistato con una colletta a scuola. Laura era molto fiera dei suoi ragazzi e lo leggeva avidamente.
Sergio: “Tra un paio di settimane potrai tornare a casa, allora vieni a stare da noi?”
Laura: “Ci verrò, ma non subito, devo prima ripartire da dove la mia vita si era interrotta. Quando avrò ripreso le fila del discorso, verrò a casa vostra”
“ E quando ci sposeremo?”
“ Dopo che mi saranno ricresciuti i capelli e prima che mi ringrassi….”
“Presto allora no?”
“Spero di sì, ma come fai a essere così sicuro che sono la donna giusta per te…praticamente mi hai conosciuta solo qua dentro”
“E’ come se ti avessi sempre conosciuta, so tutto di te, anche le paure che non sai di avere…so quello che ti piace…so quello che ti fa arrabbiare. Non so perché è così, ma è così”
“Anche io è come se ti conoscessi da sempre”
“Ma quanto ci metteranno  i capelli a ricrescere?”
“Un centimetro e mezzo al mese”
“Troppo…te li farai andare bene corti almeno?”
“No, ma esistono le extension”.
 
Il papà di Laura quando seppe che era stato Marco a donare il midollo alla figlia iniziò a stravedere per lui. Il ragazzo a sua volta si mostrò molto interessato alla sua produzione di rubinetti e lo riempiva di domande sulla sua fabbrica.

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Capitolo 7
*** Passioni ***


CAPITOLO VII  -  PASSIONI
 
Mentre Sergio era impegnato a seguire Laura nel difficile periodo dopo il trapianto, Marco viveva intensamente la sua storia con Emma. Con il vespino se la portava  dappertutto, riuscendo di volta, in volta ad ovviare a qualche problema che insorgeva per la sua gamba artificiale. Andavano a fare persino trekking in montagna . In un passaggio impervio se la era presa in spalle, come la cosa più naturale del mondo.
Dopo  la scuola spesso Marco faceva ritorno a casa con Emma e mangiavano insieme. Anche Marta ormai, vedendoli arrivare quasi sempre insieme, preparava il pranzo per due. Poi quando rimanevano soli , studiavano, ma anche si baciavano e si toccavano.
Marco era solito non aspettare molto a far l’amore con le sue ragazze, ma sapeva di essere il primo ragazzo di Emma. Anche se fortemente attratto da lei, aveva paura di sbagliare qualche mossa e di giocarsi l’amore della sua vita.
Sergio, anche se non era mai in casa, era come se avesse capito tutto. Una mattina di punto in bianco gli disse: “Marco prima di tutto..…baciala e accarezzala , poi verrà tutto il resto. Tieni cinquanta euro, penso che avrai delle spese in più in farmacia in questo periodo…ci siamo capiti vero? Forse la tua paghetta settimanale non è sufficiente”
Marco prese i soldi e per la prima volta fu in imbarazzo con il padre, per cui non gli rispose niente. Dentro di lui era grato a Laura per averlo cambiato così.
Un pomeriggio Emma mentre si baciavano, gli chiese di fare l’amore. Marco ebbe un tuffo al cuore, aveva paura…
Poi si disse tra sé e sé che non ci sarebbe mai stato un momento in cui non avrebbe avuto paura di far l’amore con lei. La prese in braccio e la portò nella sua cameretta. Iniziò a spogliarla ed accarezzarla. La baciò e l’accarezzò…gli tornarono in mente le parole del padre. Emma era ormai nuda, Marco le tolse anche la gamba artificiale, che cadde a terra come se fosse una piuma, come se l’amore del ragazzo ne avesse cambiato la sostanza.
Entrò dentro di lei, continuando a baciarla. Rimasero uniti così, pieni di gioia. Marco in quel momento pensò di non poter essere più felice di così. Emma si sentì una donna vera e in più si sentì una donna speciale: la donna di Marco.
Il giorno dopo il ragazzo si accorse che il piumone del suo letto si era macchiato di sangue, provò a smacchiarlo, ma niente, quelle macchie rimasero lì, fiere e ostinate. Scese a  colazione, in cucina c’era già il padre. Gli chiese qualche notizia di Laura, intanto era arrivata Marta, come ogni mattina. Salì di sopra a rifare i letti: “Che cosa sono queste macchie di sangue sul letto?”
Marco: “ Niente, un po’ di epistassi dal naso”
Sergio gli sorrise se gli diede una pacca sulla spalla.
 
Laura quella mattina si sentiva  finalmente bene, aveva anche fame e non vedeva  l’ora che le portassero la colazione.
Invece vide entrare Sergio, Fabbri ed Emanuele, senza guanti e senza mascherine.
Fabbri: “Ormai il suo nuovo midollo è pienamente efficiente, tutti i valori del suo sangue sono nella norma: la trasferiamo in reparto una settimana, solo per collaudare la terapia orale. Poi potrà ritornare a casa” Sergio rimase zitto, ma con un’espressione felice, come quella di un bambino al luna park. Emanuele era commosso e non riusciva neanche a tirare fuori una battuta per l’occasione, poi bofonchiò: “Ci penso io a portare  la sua roba di sopra”
Fabbri uscì.
Sergio: “Sei contenta?”
Laura: “Comincio a crederci…forse ce l’ho fatta”
Sergio la strinse e la baciò.
Laura: “ Ma non c’è bisogno di te oggi in sala operatoria?”
Sergio: “No oggi è il mio giorno delle visite ambulatoriali, dopo tocca a te: dobbiamo togliere questa, ormai non ti servirà più” indicando il catetere venoso centrale
Laura: “Almeno, mi offri un cappuccio e una brioches al bar?”
Sergio: “Mi piacerebbe, ma temo che per i primi mesi  dovrai seguire un regime dietetico controllato…una brioches non è esattamente un cibo digeribilissimo. Non fare quella faccia, pensa a tutte le cose che ora potrai tornare a fare, non a quelle poche che dovrai rimandare un po’”
“Prima non potevo mangiare perché ero grassa, adesso che sono troppo magra non posso mangiare lo stesso….uffa”
“Ci penserà Marta, lei è bravissima a prendersi cura delle persone, ci metterai pochissimo a tornare in forma”
“Sergio, io non mi trasferirò subito da te, te l’ho detto, devo prima ritornare a casa mia. E poi non mi sembra una buona idea arrivare a casa vostra così malata, con una dieta da seguire e tremila medicine da prendere”
“E dov’è il problema? Sono un medico, lo so da solo che all’inizio avrai bisogno di cure. A me non sembra una buona idea invece, ritornare in una casa dove hai vissuto dei momenti così tristi. E poi da sola, ti affaticherai troppo.  Piuttosto a casa tua tornaci quando ti sarai rimessa un po’”
“ Anch’io ho una signora che mi aiuta, mi farò seguire da lei… e poi  verrò, non mi scollerò più da te, tranquillo”
“ Come vuoi. Allora scendo in ambulatorio. Appena ti avranno portata la colazione, ti aspetto con Emanuele”
“Ce la faccio da sola, mi sento bene. Mangerò, mi farò una doccia, mi cambierò e scenderò giù”
“Se non ti vedrò arrivare entro un’ora, ti verrò a cercare”
Sergio iniziò a fare le visite anestesiologiche nel suo ambulatorio, finalmente dopo più di un’ ora vide la ragazza seduta fuori. Concluse l’ultima visita ad un signore anziano, che avrebbe dovuto subire un intervento. Lo accompagnò fuori e lo salutò cordialmente, stringendogli la mano e scambiando qualche battuta.
Mentre  Laura era felice di vederlo gentile non solo con lei, Sergio pensò a come era cambiata la sua maniera di porsi con i pazienti, proprio grazie a Laura.
“Pensavo non arrivassi più”
“In effetti ho pensato ad una fuga, solo che ho voglia anch’io di liberarmi di questo coso”
Laura entrò nell’ambulatorio. Sergio l’aiutò a sfilarsi la vestaglia e le diede un bacio sfiorandole le labbra.
La ragazza si sedette sul lettino e si sfilò la parte superiore del pigiama. Era visibilmente imbarazzata.
“Devo andare a leggere la tua cartella clinica alla scrivania?”
“No tanto hai già visto tutto…quasi  tutto”
Sergio l’aiutò a distendersi sul lettino  e la coprì con un telo verde, riquadrato, nel punto dove avrebbe dovuto toglierle il catetere.
“Appunto... quello che ho visto mi è piaciuto, anzi meglio che ti copra, così tu non prenderai freddo e io non mi distrarrò troppo”
“ Sembro uno di quei bambini denutriti del terzo mondo”
“Ma non l’hai ancora capito, che grassa o magra, mi sono innamorato di te? Se mi cadranno i capelli devo aspettarmi che non mi vorrai più?”
“Devo superare diverse malattie…alcune di natura psicologica. Mi ci vorrà un po’”
“E io ti aspetterò…l’anestesia locale non te la faccio, devo solo sfilarti questa cannula e darti due punti”
“Tu sei pazzo, guarda che mi alzo e scappo, io ho paura del dolore”
“No, no scherzavo…cioè non scherzavo, ma ti farò l’anestesia, stai tranquilla”
“Gira il visino di là”
“Perché?”
“Perché sei una tipetta impressionabile”
“Hai brucia”
“Vuoi la botte piena e la moglie ubriaca?”
“Certo”
“Non si può… sei già molto fortunata ad avere il fidanzato anestesista”
“Lo so”
“ Senti male?”
“Non più”
“Visto che sono la persona giusta per te”
Sergio finì di suturare il punto dove era inserito il catetere, le rigirò il viso,  le tolse il telo, porgendo a Laura i suoi indumenti. Laura si mise seduta e si rinfilò la maglia del pigiama. Sergio l’aiutò a d indossare la vestaglia  e a scendere dal lettino. 
“Umm la prossima volta che metterò le mani su di te, non saremo più qui dentro e non sarò così professionale”
“Correrò il rischio…”
Il giorno della dimissione di Laura, lei e Sergio sembravano due sposini che partivano per il viaggio di nozze. Sergio era riuscito a prendersi un giorno di ferie, facendosi sostituire da un collega di Milano (il primario ormai aspettava  solo qualche settimana per andare in pensione). La caposala aveva regalato a Laura un abitino della sua misura(ormai anche quello della gita all’agriturismo sarebbe stato improponibile). Emanuele continuava  ad asciugarsi le lacrime ed era arrivato con un mazzo di fiori che sua moglie aveva mandato , alla paziente a cui lui si è affezionato di più in tutta la sua carriera.
“Verrò a trovarvi, lo giuro”
“No, no veniamo noi…qui tu ci dovrai venire solo a fare i controlli, poi meglio che questo posto te lo dimentichi…hai una nuova vita davanti” ed Emanuele pianse di nuovo.
Laura lo abbracciò con tutte le sue forze: “Senza di te non ce l’avrei fatta”
Salirono sulla macchina di Sergio e si avviano verso la casa di Laura: “Sicura che devo accompagnarti a casa tua”
“Sicurissima, ma inizia già a farmi spazio nel tuo armadio”
“Non c’è problema, non ho molti vestiti io”
La casa di Laura era un piccolo alloggetto per una persona sola.
“Ma Giorgio non viveva con te?”
“No, viveva  a Milano, veniva solo i fine settimana”
Sergio rimase colpito dal calore di quell’alloggetto: era pieno di libri, fotografie, stampi per budini, ricordi di viaggi, oggetti vecchi e nuovi, cuscini, tessuti colorati, tappeti, candele.
“Credo che dovrò stare attento a portarti all’Ikea”
“Temo di sì…sono un po’ compulsiva con gli oggetti per la casa”
“Prima di tutto vado a comprarti  le medicine, fammi un po’ vedere che cosa ti ha prescritto Fabbri…sì, magari ti aggiungo qualche ricostituente…” afferrando il foglio della dimissione.
“Andiamo insieme, prendiamo la mia macchina, è un anno che non guido più”
Scesero  in garage, ma la piccola utilitaria di Laura aveva ormai la batteria fuori uso.
“C’è un’ officina qui davanti, lasciamogli le chiavi, intanto puoi guidare la mia auto se vuoi”
“Mai toccare l’auto a quelli della tua casta, giusto?”
“Giusto, ma con te potrei fare un’eccezione”
“Non importa, andiamo a comprare anche qualcosa da mangiare per questa sera, oltre alle medicine. Cucinerò per te”
“Cucineremo insieme, non voglio che ti affatichi”
Al supermercato Laura sembrava  una bambina: avrebbe voluto comprare tutto, entusiasta di essere tornata ad un’esistenza quasi normale.
“Ma non puoi mangiare il salame e neanche il gelato….orientati sugli alimenti che ti hanno indicato. Te la faccio io la spesa. Conserva le tue voglie per qualche mese. Allora, compriamo, pasta, riso, pelati, olio, mele, arance, prosciutto cotto, carne”
“Stelline per minestrina no?”
“No stelline no….ti andrebbe del semolino?”
“No grazie”
A casa Laura iniziò a mettere la pentola dell’acqua sul fuoco e a cucinare un sughetto di pomodoro. Sergio apparecchiò , riuscendo a trovare piatti, posate e bicchieri da solo, come se conoscesse quella casa. Poi preparò una fila di compresse davanti il piatto di Laura.
“Uffa, ma le devo ingoiarle tutte?”
“Non tutte insieme, ma una per volta sì, ma di che ti lamenti? Non dovrai prendere neanche la ciclosporina per sempre. Tra tre mesi potrai vivere una vita normale”
“Tranne che  molto probabilmente sarò sterile”
“Non è detto…e poi io ho te e tu hai me no?...E  poi c’è anche Marco che vale per tre figli”
“Già…”
Mangiarono finalmente, lontani dall’ambiente ospedaliero. Laura non riuscì a finire la sua porzione e incominciava ad essere un po’ stanca.
“Adesso tu ti distendi sul divano e io metto a posto la cucina, sono bravo sai…ci sono abituato”
“Siamo una bella coppia vero?”
“Sì, ma ora chiudi il becco e riposati un po’”
Sergio sparecchiò e caricò la lavastoviglie, poi raggiunse Laura sul divano.  Le si sedette vicino e le accarezzava  il viso.
Laura: “Voglio fare l’amore con te”
Sergio non desiderava  altro da molto tempo, ma la vedeva  ancora molto fragile e non avrebbe mai preso l’iniziativa.
Iniziò a risalire le sue gambe con le mani tirandole su il  vestito
“Non qui….in camera”
La prese in braccio baciandola, arrivarono sul letto matrimoniale, iniziò a tirarle su il vestito per sfilarglielo
“Spegni la luce del corridoio” gli ordinò Laura con un filo di voce
“Ma ti vergogni ancora di me?”
“Soprattutto di te…”
“Questa malattia sarà più difficile da curare della leucemia”
“E’ stato Giorgio…non riesco a fare pace con il mio corpo”
Sergio spense la  luce, si spogliò e la spogliò. La baciò e l’accarezzò dappertutto. Fecero l’amore con dolcezza, ma anche con passione.
 
“Non ho finto…”
“Lo so”
“Non sei un po’ presuntuoso? Come fai a saperlo?”
“Non sono presuntuoso….è che sono un medico ed in più anestesista. Tu puoi variare volontariamente il ritmo respiratorio ed ansimare…..ma non puoi variare il ritmo cardiaco. Il tuo cuoricino ha battuto all’impazzata….”
“Quindi, non potrò mai fingere con te? Meno male che non l l’ho scoperto prima, altrimenti non ti avrei chiesto di far l’amore….avrei avuto troppa paura”
“Ma non ci sarà bisogno di fingere no?”
“No, non ce ne sarà bisogno….”
“Chissà se un giorno riuscirò a vederti  nuda…”
“Prima o poi”
“Più poi che prima eh? Va beh, nell’ attesa potenzierò il tatto”
Laura si alzò, sgattaiolò in bagno e tornò con un pigiamone, ormai troppo grande.
“Io questo pigiamone con i pupazzi avrei già voglia di togliertelo…”
“Devi andare a casa, non vedi Marco da questa mattina”
“Secondo me, non gli sono mancato, avrà trascorso la serata con Emma ed avranno fatto più o meno quello che abbiamo fatto noi…vieni a casa mia, mi sentirei più tranquillo….”
“Non ora”.
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** Lasagne e fiori d'arancio ***


CAPITOLO VIII  -  LASAGNE E FIORI D’ARANCIO
 
Sergio entrò in casa passando dalla porta della cucina. Era felice, ma al tempo stesso era preoccupato per aver lasciato Laura a casa da sola. Marco gli diede una pacca sulla spalla.
“Chiamala, se sta bene, le dai solo la buonanotte, se sta male, te la vai a prendere….e secondo me sta peggio di te”
“Delle volte Marco, mi sembra che tu abbia centocinquant’anni….hai ragione”
“Ciao sono io, volevo solo sentirti…”
Dall’altra parte Sergio sentì Laura singhiozzare
“Calmati, stai tranquilla, arrivo subito…”
 
“Non ce la facevo più, a stare qui da sola, riaffiorano tutti i fantasmi…”
“Non dovevi neanche provarci, prenditi solo l’indispensabile, andiamo via di qui, quando uscirò dall’ospedale domani verremo a prendere le tue cose e vivremo insieme, non c’è una sola ragione perché tu non debba venire a stare da noi…”
“Ma Marco….”
“É lui che mi ha fatto telefonare…”
 
Laura arrivò a casa di Sergio come un gattino randagio , raccolto per strada. Era timorosa ad entrare di botto in una casa non sua, ancora malata e psicologicamente ancora distrutta dalla relazione con Giorgio.
Le sue continue critiche al suo aspetto fisico  avevano fatto a pezzi la sua autostima e l’avevano  provata più che un anno di chemioterapie.
Entrarono per  mano dalla porta della cucina della villetta a schiera. Marco li aspettava in cucina e si precipitò ad abbracciare Laura
“Era ora…e quanto me la volevi far aspettare questa torta di mele…io il midollo te l’ho dato di ottima qualità….me la merito no?”
Sergio: “Staremo bene insieme”
Laura “Sì…staremo bene!”
Andarono al piano superiore, Laura si addormentò con la testa sul petto di Sergio, mentre lui continuava  ad accarezzarla.
Il mattino seguente Sergio scese al piano inferiore prima di Laura . Marta stava  per arrivare e voleva parlarle:
“Marta, in questi ultimi due mesi è successo un qualcosa di importante nella mia vita…”
“L’avevo capito dottore, non è più musone e scherza sempre”
“Si chiama Laura, io l’ho conosciuta in ospedale… lei ha avuto la leucemia…ora dopo il trapianto sta meglio, ma ha bisogno di molte cure ed attenzioni per rimettersi. Io l’ho convinta a stabilirsi qui… con me e Marco.
Lei mi aiuterà vero …si prenderà cura di lei , quando io sarò in ospedale?”
“Certo dottore, stia tranquillo, lei lo sa che io non ho figli….lei e Marco siete un po’ la mia famiglia. Sono passati sedici anni , da quando lavoro in questa casa…e poi sono contenta che finalmente ha trovato una compagna…non poteva mica restare solo a quarant’anni…alla signora ci penserò io”
“Non credo che vorrà essere chiamata signora…”
Risalì al piano superiore, salendo due gradini per volta, desideroso di svegliare Laura e stare un po’ con lei, prima di andare a lavoro. La trovò seduta sul letto, piegata con le braccia incrociate sulla pancia e il capo buttato in avanti.
“Non stai bene? Che cos’hai amore mio?”
“Tanta nausea…devono essere state tutte quelle pillole, come farò ad ingerirne delle altre questa mattina? Fammi delle iniezioni, preferisco il sedere livido…al solo pensiero di doverne ingurgitare ancora una,  mi viene da correre in bagno  a vomitare”
“Stai calma, distenditi ,vediamo un po’ che cosa succede”
Sergio prese la sua borsa da medico, iniziò a palpeggiarle l’addome, le misurò la febbre e la pressione arteriosa.
“In effetti tutte  queste medicine hanno messo un po’ alla prova il tuo stomaco. Ma non c’è nulla che non sia risolvibile. Basta che tu prenda un protettore gastrico, ti  farò un’iniezione per farti andare via questa fastidiosa gastrite, poi potrai continuare con la terapia orale”
 “Altro che fare l’amore tutte le sere…ti sei portato il lavoro a casa”
“Beh …ieri sera mi è andata bene, direi…mettiti su un fianco”
Le sollevo delicatamente la maglietta, le abbassò leggermente gli slip, e le fece l’iniezione.  La massaggiò poi con una pomata.
“Non sia mai che ti faccia venire un livido io!”
Sentirono bussare alla porta, era Marta: “Volevo sapere che cosa  potevo preparare alla signora per colazione”
Sergio: “Entri pure Marta, Laura ha un po’ di nausea, nulla di grave, ma non so se riuscirà a fare colazione subito”
Marta: “Che bella signora…se vuole le preparo acqua limone e salvia, un rimedio infallibile delle nonne”
Laura: “Vada per acqua limone e salvia a patto che mi Chiami Laura e ci diamo del tu”
Marta: “Va bene sign…Laura”
Mentre Marta ridiscendeva in cucina Sergio si sedette sul letto, vicino a Laura.
“Sono contento che sei qui, sono due mesi che aspettavo questo momento. Adesso non ho più voglia di andare in ospedale, non posso neanche venirti a trovare al piano di sopra”
“Mi troverai qui questa sera, vedrai ti stuferai di me”
“No, non accadrà, come stai adesso?
“Meglio”
“Scendiamo a fare colazione?”
“Sì”
 
Marta: “Beva…cioè bevi questa tazza di acqua limone e salvia, prima di mangiare”
Laura bevve tutto d’un fiato la tisana
“Buona, mi ha fatto venire fame!”
“Bene qui c’è del ciambellone fatto in casa e dei biscotti, mangia che ti riprendi!”
Sergio: “Io devo andare, te ne starai tranquilla a letto, Laura vero?”
“No, adesso che sto meglio, voglio andare a ritirare la macchina dal meccanico e prendermi un po’ della mia roba da portare qui”
Marta: “Posso accompagnarti io, dovevo stirare, ma lo farò domani. Vengo con te?”
Laura: “ Grazie…veramente, grazie”
Sergio: “ Sei eccezionale Marta!”


Fu amore a prima vista tra Marta e Laura.
Marta, che aveva sempre dovuto relazionarsi solo con degli uomini, trovò in Laura una figlia e anche
 un’ amica.
Laura trovò in Marta una mamma più affettuosa della sua, più semplice, ma più calorosa.
Marta, continuò il lavoro iniziato da Emanuele: con il vento caldo del suo affetto, scioglieva quei ghiacci nel cuore di Laura, creati dalla sua famiglia e ancor più, da Giorgio.
Ben presto Laura rifiorì, riacquistò dei chili e divenne più bella di prima della malattia.
Velocemente le si allungarono anche i capelli, che le ricrebbero, più mossi …sembravano anche loro più felici.
La domenica spesso Emanuele e sua moglie andavano a trovare Sergio e Laura, cuocevano carne alla griglia, nel giardino della villetta e passavano del tempo insieme in allegria.
Laura dopo solo tre mesi ritornò anche a scuola.
Una domenica, al termine di un pic-nic in giardino, con Emanuele e sua moglie, Sergio chiese a Laura di sposarlo: “Non trovate che siano cresciuti molto i capelli alla mia fidanzata, non sarebbe ora che ci sposassimo?”
Laura: “Forse sì, anche perché se aspettassimo ancora un po’, Marta mi farebbe ingrassare troppo…non entrerei più in nessun abito da sposa”
Luisa, la moglie di Emanuele: “Ma se sembri la Vittoria Puccini, comunque, l’abito se sei d’accordo, te lo cucirò io su misura”.
I genitori di Laura vollero organizzare la cerimonia e il ricevimento, nella loro villa di Lugano.
Laura, nel suo morbido abito di chiffon , color avorio, era bellissima. La festa fu magnifica, anche se gli invitati erano molto assortiti. C’erano diplomatici, top manager, esponenti della finanza mondiale, e poi gente semplice, come Emanuele e Luisa, Marco ed Emma, i genitori di Sergio, i colleghi di Laura.
Anche Marco ed Emma erano presenti alla festa, ma quel giorno la ragazza per la prima volta si era  sentita trascurata: il padre di Laura si era impossessato di Marco, mostrandogli ogni tipo di rubinetto, prodotto nella sua fabbrica ed egli era letteralmente conquistato da questi oggetti così concreti e lontani dalla vita che aveva vissuto fino a quel giorno. Era innamorato dei rubinetti, di Emma, di suo padre, di Laura, di quel vecchio signore benestante, così affettuoso e riconoscente, ma soprattutto era innamorato di quella nuova vita senza solitudine.
La madre di Laura si era dispiaciuta che la figlia non aveva voluto sposarsi in chiesa.
“Ma se Sergio può sposarsi in chiesa, non capisco perché abbiate scelto una cerimonia civile”
“Perché mi piacerebbe credere in Dio, ma non ci credo mamma”
“Ma come, dopo che Dio ti ha anche salvata”
“Mi hanno salvata la chemioterapia e il midollo di Marco…non Dio. E poi, se fosse stato lui, perché mi ha fatto ammalare?”
“Per farti ritrovare la felicità. E poi ci dovrà essere pur qualcuno che ha creato tutto!”
“La felicità l’ho ritrovata prima, avendo il coraggio di lasciare Giorgio e poi iniziando ad accettarmi ed amarmi…e poi con Sergio.  Sono stufa di questo Dio a cui danno tutti i meriti e nessuna colpa. È troppo facile essere responsabili solo delle cose belle, imputando al libero arbitrio umano,  quelle brutte.
Se Dio è così perfetto, questo libero arbitrio lo poteva studiare un po’ meglio”
“Laura, non bestemmiare”
“Mamma, non bestemmio, ma io questo Dio non lo capisco. Lo rispetto, ma non lo capisco e finché non lo capirò, non farò nulla a casa sua. Quanto alla creazione…”
“Sono curiosa, dimmi…chi ha creato tutto questo? E la nostra anima, che ne è della nostra anima quando moriamo?”
“Gli uomini sono presuntuosi, non accettano di dover morire, come le foglie cadono dall’albero. Il pensiero è una funzione del corpo, quando il corpo non c’è più… non c’è più neanche il pensiero.
Il nascere e morire è una categoria umana.  In un ordine di cose più grande, non ci deve essere stata per  forza la creazione. Se i numeri sono infiniti, l’universo, il tutto, può esserci sempre stato…è infinito e basta!
La nostra testa è troppo piccola per comprendere l’universo. Scusa, ma tu puoi pesare la terra sulla bilancia da cucina?”
“Sono tutti quei libri che ti hanno rovinata”
“No, mi hanno resa felice, perché mi hanno regalato la libertà di pensiero!”
C’era poco da fare, la signora Livia dovette accettare le nozze civili.

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Capitolo 9
*** Vita quotidiana ***


CAPITOLO IX – VITA QUOTIDIANA
 
 
Laura era rifiorita completamente ed era radiosa nei suoi nuovi boccoli castano biondo e nei suoi fianchi riconquistati. La scuola le rubava molta energia, ma era felice come non era mai stata prima con Sergio e  Marco.
Una mattina Sergio scese e si stupì nel constatare che la moglie non canticchiava come il solito.
“Che succede, ti ha morsicato una tarantola stamattina?”
“No è che…insomma mi è tornato il ciclo”
“Bene, questa volta posso dire bene no? Sta tornando tutto alla normalità, questo significa che devi fare anche una visita di controllo dal ginecologo…è già un po’ che telo dico. Quant’è che non ci vai più?”
“Da prima che mi ammalassi…dalle cure per la sterilità, un paio d’anni. Ma era un amico di Giorgio, mi imbarazza tornarci”
“Posso prenderti appuntamento con uno dei colleghi in ospedale…c’è la Ciacci che è simpaticissima e poi, a te che piacciono i dialetti, parla in toscano!”
“ No ci penserò io, poi finirebbe che parlereste solo tra di voi, come accadeva tra l’amico di Giorgio e Giorgio. Anzi se mi accompagnerai, non dovrai neanche dire che sei un medico”
“Meno male, che non ho regalato tutta la scatola di preservativi, che ci ha regalato Emanuele per il matrimonio, a Marco…ci abbiamo riso tanto e invece adesso ci saranno utili”
“Non credo proprio, ho sempre avuto un ciclo regolare e non sono mai rimasta incinta in due anni di stimolazioni ormonali…non farti illusioni, io so già com’è e non voglio pensarci più…di delusioni ne ho avute anche troppe”
Sergio le si avvicinò e la strinse a sé
“Non è detto che sia ancora così, a volte le cose cambiano senza che noi medici riusciamo a capirne il motivo…comunque è necessario che tu faccia una visita, prenota da chi vuoi, ma prenota!”
 “Agli ordini” e lo abbracciò.
Quella stessa mattina Sergio fu chiamato dal primario, nonostante che fosse atteso in sala operatoria.
“Sergio, dovrai occuparti del concorso per il nuovo aiuto anestesista, da Lunedì sarò in pensione”
“Quindi sono licenziato?”
“No, sarai il nuovo primario di-Anestesia e Rianimazione-. Forse non ti ho dimostrato molto la mia stima, in questi anni, ma sappi che so quanto vali e ho proposto la tua promozione al direttore generale, senza esitazioni…in realtà è molto tempo che mandi avanti il reparto da solo, almeno avrai la collaborazione di un collega giovane”
Finalmente sembrava che la sorte avesse preso la direzione giusta!
Laura aveva prenotato da un ginecologo, consigliato da una collega. Aveva fatto questa scelta, non tanto perché questo medico le fosse stato elogiato molto, ma per il fatto che svolgeva la libera professione, senza aver nessun collegamento con l’ospedale.
Sergio, ora che poteva contare sul suo nuovo aiuto, si era preso mezza giornata di ferie per accompagnarla.
Era un periodo molto positivo per lui, Luca era un ragazzo fresco di specializzazione e pieno di entusiasmo, rivedeva in lui se stesso agli inizi. Insieme stavano sviluppando anche un nuovo progetto in ospedale: ogni giorno si recavano in un reparto per dare una consulenza sulla terapia antalgica di ogni paziente ricoverato.
Inoltre lo stipendio da primario, gli aveva finalmente regalato una certa tranquillità economica.
Entrò in cucina fischiettando: “Allora sei pronta?...Ma come,  gonna,  stivali, orecchini, foulard…con me invece sempre jeans e maglioncino, ma chi è sto qua per meritarsi tanto?”
“Non è come pensi tu…è che…così dovrò togliere il minimo indispensabile, mi sfilerò le mutande, i collant e gli stivali, ma mi terrò la gonna , così rimarrò praticamente vestita, lo sai che detesto spogliarmi!”
“Eh, lo so, lo so, che cosa avrai da vergognarti poi , lo sai solo tu… comunque sei bellissima, vestita così, peccato che non ho fatto il ginecologo!”
Già in sala d’attesa Laura era agitata e continuava a sospirare, Sergio cercava di distrarla: “Poi andiamo a farci una passeggiata in centro e andiamo a prenderci una bella fetta di torta”
“Sì…ma quando ci chiama? È già in ritardo di un quarto d’ora!”
Finalmente arrivò il loro turno.
Il medico era sulla sessantina, stempiato e con un po’ di pancia, Sergio gli porse  subito la mano precedendo, la moglie.
“Piacere, Sergio Antinori e questa è mia moglie Laura”
“Piacere, accomodatevi pure”
Laura sedendosi esordì con: “Io dovrei fare una visita di controllo…è molto che non vado più da un ginecologo… perché sono stata malata a lungo, ero ricoverata…”
Il medico, sempre inespressivo ed imperturbabile la interruppe
“Che cosa ha avuto?”
Sergio: “Una forma di leucemia, curata con chemioterapia, radioterapia ed infine un trapianto  un anno fa…ora è guarita”
Il medico: “Guarita…la malattia è in remissione diciamo…il ciclo?”
Sergio dalla puntualizzazione non necessaria e dall’atteggiamento distaccato ad oltranza, capì  di essersi imbattuto in uno splendido esemplare di collega stronzo, ma non semplicemente un po’ freddo e professionale, come era lui prima di conoscere Laura, ma decisamente, irrimediabilmente STRONZO.
 Ma non poteva  fare nulla, Laura gli aveva fatto promettere che non avrebbe  neanche detto di essere un medico, voleva controllare la situazione da sola, forse per buttarsi alle spalle il periodo delle stimolazioni ormonali, in cui durante le visite Giorgio e il suo amico ginecologo parlavano tra di loro, come se lei non fosse presente e non curandosi di quello che provava.
Dopo una breve pausa Laura rispose: “Mi è tornato il ciclo da tre mesi”
Il medico: “È regolare?”
Laura: “Sì, ho avuto l’ultimo quindici giorni fa”
Il medico: “ Ha avuto gravidanze?”
Laura sempre più tremante: “No, ho provato per due anni ad avere un bambino prima della malattia. Ho  fatto anche delle stimolazioni ormonali, ma senza risultati.”
Il medico rivolgendosi a Sergio: “Lei aveva fatto dei controlli?”
Laura: “ Noi non ci conoscevamo ancora, il mio compagno di allora aveva fatto uno spermiogramma dal quale non era emersa nessuna patologia”
Il medico, non nascondendo una leggera espressione di disapprovazione, per il giudizio morale sul cambio di partner: “Va bene, si accomodi per la visita, se ne ha bisogno svuoti prima la vescica e poi si svesta e indossi il camice che troverà dietro il paravento”
Sergio vide ormai Laura definitivamente messa K.O.  I suoi piani per spogliarsi il meno possibile erano andati in fumo e il medico stronzo l’aveva oltremodo messa a disagio. L’aiutò ad alzarsi, quasi sorreggendola e augurandosi che quella visita fosse finita il prima possibile, ma il peggio doveva ancora venire.
Laura andò dietro il paravento accennandogli un flebile sorriso. Passarono istanti interminabili in cui Sergio immaginava quello che stesse provando la moglie. Alla fine la vide spuntare da dietro il paravento, tenendosi accavallati i due lembi del camice.
Il medico: “Prima di andare sul  lettino salga sulla bilancia”
Ecco, la disfatta era totale, tutti i complessi di Laura erano stati esposti a dovere. Sergio pensava a come poter intervenire per salvare un po’ la situazione: “Ma è proprio necessario? Mia moglie fa controlli periodici in ematologia, a seguito del trapianto”
Il medico: “ Crede che glielo avrei chiesto se non fosse necessario?”
Laura salì sulla bilancia, quasi abbracciandosi da sola con il camice.
Il medico stronzo aveva ormai un nome, Sergio lo aveva scorto curiosando tra gli incartamenti sulla scrivania: “Dottor Ghisleri”
Il dottor Ghisleri si si avvicinò alla bilancia e con tono sprezzante: “Quant’è alta?”
Laura: “Un metro e sessantacinque”
Ghisleri: “Ammesso che lei sia alta un metro e sessantacinque, sessantacinque chili sono troppi”
Sergio: “ Strano , perché secondo le tabelle più accreditate è normopeso”
Laura nel frattempo tremante si stava sdraiando sul lettino e Sergio raggiuntala, la stava  aiutando a poggiare i piedi sugli appositi sostegni del lettino ginecologico.
Ghisleri:  “Tenga ancora le gambe giù, devo visitarle prima il seno”
Si avvicinò e in modo brusco e sgarbato le scostò i lembi del camice, lasciandola praticamente nuda.
Laura era oltremodo a disagio e quasi ormai in preda ad un attacco di panico.
Mentre Ghisleri le tastava il seno, senza cambiare i modi,  Sergio tentò di tranquillizzarla: “Pochi minuti e sarà tutto finito”
Poi, mentre Ghisleri si infilava i guanti, le risistemò il camice e l’aiutò a tirare su le gambe, che continuavano a tremare
Sergio: “Stai tranquilla, due minuti e sarà tutto fatto”
Ghisleri nel frattempo cercava di introdurle lo speculum:  “Si rilassi, non è una bambina…”
Laura si tirò su rapidamente e rivolgendosi a Sergio: “ Io non ce la faccio, mi dispiace ma non ce la  faccio”
Sergio: “È naturale che tu non ce la faccia…senta lei…è un deficiente, non  ci sono altri termini.  Ha fatto tutto quello che poteva fare per metterla a disagio…non si aspetti che pagheremo qualcosa per questa visita e spero di non rivederla mai più…perché fa il ginecologo se odia le donne?...Che imbecille!”
Intanto Laura era corsa dietro il paravento  a rivestirsi, piangendo; Sergio l’aspettava con le braccia incrociate, in piedi , vicino alla scrivania, dove Ghisleri ,impassibile, era ritornato.
Quando Laura sbucò dal paravento, la coppia se ne andò sbattendo la porta. Sergio mise un braccio sulla spalla di Laura, mentre lei continuava a scusarsi di non aver terminato la visita.
Sergio: “Secondo me , hai resistito anche troppo, ma chi te l’ha consigliato il dottor Frankestain?”
Laura: “Era l’unico che non ti conosceva, non avendo mai lavorato in ospedale”
Sergio: “Vorrei  capire perché sei così sicura che io mi debba comportare come Giorgio”
Laura: “Tra colleghi è naturale che si crei una certa complicità”
Sergio: “Un bravo medico non perde mai di vista il paziente e io penso di conoscerne a decine, di medici migliori di Ghisleri”
Laura: “Hai ragione…tra un po’ di tempo, mi prenderai un appuntamento tu “
Sergio: “Va bene, lasciamo passare qualche giorno…ora passeggiata in centro e fetta di torta, con un buon caffè?”
Laura: “ Sì, alla faccia di Ghisleri”
Ma il loro progetto fu interrotto dallo squillare del cellulare di Sergio. Era l’ospedale, c’era un cesareo d’urgenza. Luca era già in sala operatoria per un intervento a seguito di un incidente. Se Sergio non fosse potuto rientrare, avrebbero dovuto trasportare la donna in un altro ospedale, mancando l’anestesista.
Sergio: “No vengo, dieci minuti e sono lì”
Laura: “Scommetto che c’è un’urgenza…”
Sergio: “Sì un cesareo e Luca è già impegnato. Se vuoi chiamiamo un taxi per riportarti a casa…altrimenti, se mi accompagni, in un’ oretta penso di risolvere tutto… poi possiamo andare in centro e magari rimanere anche a cena fuori”
Laura: “Ti accompagno, tanto mi sono portata i compiti in classe da correggere, ormai ho una certa esperienza sull’essere la moglie di un anestesista”
In pochi minuti arrivarono in ospedale. Sergio andò subito a cambiarsi, dopo aver fatto accomodare Laura nella sala d’aspetto davanti alla sala cesarei, con i suoi compiti da correggere sparsi su uno dei tavolinetti.
Dopo pochi minuti ecco dischiudersi le porte dell’ascensore,   dietro c’era una barella con una donna in lacrime, il marito, in divisa da vigile del fuoco e la dottoressa Ciacci, tutta trafelata come sempre.
Sergio, già cambiato, gli andò incontro.
Dott.sa Ciacci: “Già qui? Sei meglio di Superman!”
Sergio: “Ero in zona”
Dott.sa Ciacci: “Scusa che t’ho fatto chiamare, ma questa Signora, è già abbastanza provata. Ha rotto le acque da dodici ore , ma ha poche contrazioni  e non ha dilatazione, nonostante che abbiamo cercato di indurle il parto.  Ho cercato di evitare di  trasportarla a Milano… come vedi è molto scossa”
Laura intanto sorrideva, sentendo in lontananza la parlata toscana della dottoressa Ciacci.
Sergio prendendo la mano della signora “ No, hai fatto bene, mi sarei arrabbiato se l’aveste fatta trasportare da un’altra parte…ma…perché piange signora? Sta per diventare mamma non può vivere così questo momento… Ha male?”
La signora: “Non ho male …è che ho paura”
Sergio: “Di Che cosa?”
“Mi hanno detto che mi farà  l’anestesia spinale… e a me fa paura, io voglio dormire , non voglio rimanere cosciente durante l’intervento , sono terrorizzata  … mi hanno già spiegato tutto… mi hanno già detto che per la bambina è meglio la spinale, ma io ho paura…”
Sergio: “ Io non tenterò di farle cambiare idea, tanto le hanno già detto che non sentirebbe dolore né durante l’anestesia, né durante l’intervento…Ma se lei ha paura, ha paura, punto e basta.
Vorrà dire che la farò dormire…ma non pianga più, ho già visto  piangere mia moglie tutto il pomeriggio, oggi ”
Dott.sa Ciacci: “E perché hai fatto piangere la tu moglie?”
Sergio: “Non io…un nostro collega… anzi più un tuo collega. L’ho accompagnata ad una visita, è stato un disastro, poi ti spiego”
Dott.sa Ciacci: “Sarà stato ‘no stronzo, immagino”
Sergio: “Immagini bene…ma torniamo a questa signora. Chi dobbiamo tirare fuori da questo pancione , un bambino o una bambina?”
Intanto la signora aveva smesso di piangere: “Una bambina…io non voglio che l’anestesia le faccia male…e poi tutto per colpa delle mie stupide paure…”
Sergio: “ Non tema per la bambina, non appena dormirà, in pochi minuti, la dottoressa Ciacci, l’avrà tirata fuori, prima che l’anestetico le sia arrivato. Fino a pochi anni fa non si facevano ne’ spinali, ne’ epidurali…eppure quanti milioni di bambini sono nati con il parto cesareo, in anestesia generale?
Lei aveva fatto una visita anestesiologica?”
La signora un po’ rasserenata: “Sì quindici giorni fa”
Sergio: “Brava, è stata previdente…questo facilita molto le cose…e non si colpevolizzi, la paura è un sentimento nobile e umano”
La dottoressa Ciacci, vedendo Sergio che accarezzava il viso della donna, fece un bel fischio di approvazione: “ Che eri molto cambiato dopo il matrimonio, me l’avevano detto, ma che eri diventato un super- eroe non lo sospettavo! Magari  tutti i colleghi omini fossero come te!”
Sergio: “Non fare affermazioni sessiste…ma scusa come sarei stato prima?”
Dott. sa Ciacci: “L’eri un po’ ingessato…ma l’è la tu moglie quella bella ragazza, sommersa da fogli di liceali, in sala d’aspetto? La mi pare la Cabbage Patch, tanto l’è bellina”
Sergio: “Sì è mia moglie”
Dott.sa Ciacci: “Magari la potrei visitare io la tu moglie!”
Sergio: “Magari sì… dopo ne parliamo”
E poi rivolgendosi al marito: “ Lei, se si vuole cambiare, potrà fare compagnia a sua moglie finché non si addormenterà e poi aspetterà in questa saletta. Dopo pochi minuti le porterò sua figlia, giusto il tempo di controllarla… e poi risveglieremo la neo  mamma insieme”
Sergio addormentò la donna, con ancora il marito accanto, la dottoressa Ciacci in pochi minuti tirò fuori una rosea bambina di quattro chili. Sergio la visitò, in attesa dell’arrivo del neonatologo. Stava benissimo e quindi, dopo che la puericultrice le aveva fatto il bagnetto e l’aveva vestita, l’aveva messa nelle braccia del neo papà nella saletta accanto. Quindi rientrò in sala cesarei.
Dott.sa Ciacci: “Ho quasi finito di darle i punti, ma che cosa è successo alla tu moglie?”
Sergio: “Lei ha avuto una leucemia…”
Dott.sa Ciacci: “La conoscono tutti in ospedale la storia tua e della tu moglie…io poi… in mensa mangio sempre al tavolo con Emanuele! È guarita, grazie al trapianto del midollo del tu figliolo. Meglio di Beautiful!”
Sergio: “Io sarei Ridge?”
Dott.sa Ciacci: “Figo, sei figo…ora magari la mascella l’è un po’ meno pronunciata…e quindi sarà andata da un ginecologo per una normale visita di controllo…”
Sergio: “Sì, tre mesi fa le è ritornato il ciclo e dopo un po’ di insistenze l’ho convinta a prendere un appuntamento. Non è stato semplice. Si è rivolta a uno, consigliato da una sua collega.
Il dottor Frankenstein sarebbe stato più umano: l’ha fatta spogliare quasi completamente, l’ha pesata, poi criticando il suo presunto sovrappeso, le ha dato dell’immatura, perché le tremavano le gambe e non riusciva a visitarla…l’avrei voluto strangolare. Lei non ha un buon rapporto con il suo corpo, prima di oggi non si era fatta vedere nuda neanche da me. Eppure è bellissima…tutta colpa di una relazione precedente con un cretino”
Dott.sa: “Mo’ si risveglia ‘sta signora e poi intanto me la presenti…vedrai che saprò fare il mi lavoro”
Sergio: “Non dubito”
Appena fuori Sergio ed Elvira Ciacci raggiunsero Laura.
Sergio: “Ciao amore, li hai corretti tutti i compiti, o siamo stati troppo veloci”
Laura: “Beh, io sono stata più veloce di te,  perché li ho corretti tutti ed in più sono andata anche a salutare Emanuele”
Sergio: “Ti volevo presentare Elvira Ciacci, è la più brava ginecologa che io conosca, mi piacerebbe  che fra un po’ di tempo, tu prendessi appuntamento con lei”
Elvira: “Piacere sono Elvira, comunque cara mia anche il tu marito non scherza, tanto era comprensivo e affabile, mi pareva un super -eroe gentiluomo…mi sa che l’è merito tuo…
quando vuoi io sono a disposizione.  Mi dispiace, Sergio mi ha raccontato di quello stronzo del mi collega…che ci voi fare di stronzi ce ne son tanti”
Laura: “Piacere!...Ma sarebbe possibile anche adesso? Perché ho paura che quello che è successo prima , potrebbe trasformarsi in un incubo ricorrente, se non lo rimpiazzo con un altro ricordo più accettabile”
Elvira: “ Ma certo… andiamo nel mio studio”
Elvira strizzò l’occhio a Sergio: “Meglio di quanto potessimo immaginare”
Elvira era subito piaciuta a Laura, che, arrivati nello studio, cominciò a raccontare alla ginecologa  tutto quello che le era successo:  dalle inseminazioni, alle chemioterapie a quel ciclo che le era tornato, quando ormai pensava di essere diventata sterile.
Elvira: “Guarda bellina che il corpo l’è più saggio di noi. Prima in realtà tu un figlio non lo volevi e allora non sei rimasta incinta, nonostante tutte quelle stimolazioni ormonali…ma ora è cambiato tutto, e magari sei pronta più che mai ad una gravidanza…e chi se ne frega di quante chemio hai sopportato. Il corpo l’è più forte, credi a me”
Sergio: “In ogni caso, è meglio che si riguardi ancora un po’, non è passato nemmeno un anno dal  trapianto”
Laura: “Io non ci voglio pensare più…ho avuto troppe delusioni, se capiterà, capiterà, basta!”
Elvira: “Certo bellina, ora se te la senti facciamo la visita, se no poi torni quando ti pare, io sono qua”
Laura: “No, facciamo questa visita, così non ci penso più e lui mi lascerà in pace!”
Elvira: “Accomodati pure, togli solo le mutandine…ma niente gambine che tremano, se no io ti fo visitare dal tu marito…che se sei fortunata te la rianima, ma se sei sfortunata te l’anestetizza e io poi non voglio reclami”
Laura si era rasserenata e sembrava a proprio agio, Elvira la visitò senza problemi.
Elvira: “Mo si fa pure un’ecografia…abbiam fatto trenta…facciam trentuno!”
Quando apparvero le immagini sul monitor Elvira esclamò: “lo sapevo io, tu ovuli regolarmente e visto che il mi collega lo vedo aitante, se volete aspettare un po’ , meglio che ti prescriva la pillola”
Laura sorrise e Sergio era felicissimo di come si era risolto quel pomeriggio partito così male.
Se ne andarono via abbracciati e d Elvira era contenta per loro e commossa da quell’amore genuino. Vedere quella coppia le faceva tornare l’entusiasmo dell’inizio della sua carriera.

 

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Capitolo 10
*** Imprevisti ***


CAPITOLO  X – IMPREVISTI
 
 
Tutto sembrava tornato sereno, quella mattina però a pensarci bene, qualcosa di strano c’era, anzi erano un po’ di mattine che c’era qualcosa di strano.
Laura, che di solito si alzava per prima, dormiva profondamente.
Sergio pensò che fosse stanca per la fine dell’anno scolastico. La solita maratona tra programmi da finire, verifiche da correggere, lotte con studenti che non sembravano minimamente interessati a voler recuperare alcunché.
Pensò che sarebbe sceso a preparare la famosa moka, anche se per lui era un piacere unico trovare Laura in cucina che canticchiava, avvolta da quel profumo irresistibile di mattina qualunque.
Marco era già in cucina.
“Allora che cosa aspettate a dirmi del fratellino? Non sono geloso, lo giuro, basta che non gli farete toccare la mia collezione di Hot Wells”
Sergio: “Ma di che cosa stai parlando?”
Marco: “Stai perdendo qualche colpo…eppure adesso sei anche primario. Vediamo di farti capire qualcosa: Laura che svegliava sempre tutti e che ora  dorme ancora, Laura che quando si svegliava  di solito mangiava voracemente di tutto e ora mangia poco e corre in bagno a vomitare, Laura che era sempre bianca e rossa e ora è sempre un po’ pallidina, ma con degli occhi con una strana luce…Secondo te? Aspetta un bambino, è evidente!”
Sergio ebbe un tuffo al cuore…non era possibile: Laura prendeva la pillola. Però non l’aveva mai vista prenderne una e non ne aveva mai parlato. Salì velocemente le scale fino al piano superiore, con il cuore sempre più pesante per il presentimento che Marco ci avesse azzeccato. La trovò seduta sul letto. Le si sedette vicino.
Sergio: “Che ti succede?”
Laura: “Pensavo veramente che non fosse possibile, dopo anni di tentativi a vuoto. Mi dispiace: non ho mai preso la pillola…”
Sergio con un filo di voce: “Sei incinta?”
Laura fece cenno di sì.
Sergio: “Perché non me ne hai parlato…avrei capito che non te la sentivi, avremmo fatto in un  altro modo…ma ora è troppo presto, potresti avere bisogno di fare altre terapie…non puoi ancora avere un bambino”
Ma a Laura non arrivò la sua disperazione, derivata dalla paura di poterla perdere. Le arrivò solo il suo rifiuto. Si alzò frettolosamente e si precipitò in bagno afferrando jeans e maglia da indossare
Quando uscì infilò le scarpe e corse via, mentre Sergio cercava invano di fermarla.
La rincorse fino alla porta di ingresso, supplicandola di fermarsi per parlare. Laura era sconvolta e voleva solo fuggire da quella casa. Quindi l’illusione di una vita normale, doveva rimanere solo un’illusione, secondo suo marito.
Marco aveva visto la scena e anche lui non credeva ai suoi occhi. Vedere la coppia di suo padre e di Laura disgregarsi era inaccettabile e incomprensibile: “Ma che cazzo stai facendo?”
Sergio: “Tu non capisci, è un rischio per lei, lo desidererei anch’io, ma non sopporto l’idea di quello che potrebbe accadere”
Marco: “Una cosa è sicura, così la stai perdendo di sicuro…sei tu che devi tirare fuori i coglioni  e basta! Non l’hai conosciuta ieri, come puoi chiederle di rinunciare a questo bambino perché tu hai paura?”
Sergio uscì sbattendo la porta, gli venne in mente solo di andare a parlare con Elvira.
Compì il tragitto come un automa e si precipitò nel suo ambulatorio.
Elvira: “Sembra che t’abbia investito il Freccia Rossa…”
Sergio: “Laura è incinta”
Elvira: “Bene, congratulazioni, allora c’avevo azzeccato anche questa volta, quasi quasi mi do al vaticinio. Smettila di torturarti quella barba, qual è il problema?”
Sergio: “Lo sai benissimo qual è il problema, non è passato neanche un anno dal trapianto, potrebbe accadere qualunque cosa”
Elvira: “Mi pare che tu questa donna l’abbia voluta qualunque cosa potesse accadere…
Son stata una bischera io a pensare che potesse prendere la pillola. Siam stati bischeri tutti e due. Lei l’ha detto chiaramente: vuole lasciare che la natura segua il suo corso. Non vuole più permettere agli altri di gestire il suo corpo.
Consciamente avrà pensato che non sarebbe mai rimasta incinta, inconsciamente l’avrà anche desiderato…
Quanto ai rischi tu sai bene che non ci sono studi che dimostrino a una maggiore incidenza di ricadute tumorali, correlate a gravidanze. Anche fra dieci anni tu avresti paura lo stesso, devi tirar fuori le palle e basta!”
Sergio: “Questa è la seconda volta che me lo sento dire oggi”
Il telefono dello studio squillò, la caposala avvertiva Elvira che in sala d’aspetto c’era la moglie del dottor Antinori, che desiderava vederla.
Elvira: “Falla entrare, meno male!”
Laura entrò con il viso che denunciava di aver pianto molto. Sergio, sollevato nel vederla, si alzò e l’abbracciò stringendola a sé.
Sergio: “Sono stato un cretino, mi dispiace”
Elvira: “E che ci voi fare l’è un omo”
A Laura spuntò tra le lacrime un sorriso.
Elvira: “Diamoci daffare, andiamo a vedere quanti ce ne sono!”
Sergio: “Quanti ce ne sono?”
Elvira: “Sto scherzando, ce ne saranno al massimo due…allora facciamo la prima visita e l’ecografia?”
Laura: “Sì”
Quando spuntarono le prime immagini dell’ecografia sullo schermo dell’ecografo Elvira esclamò: “L’è una bambina son sicura! L’è cazzuta!”
Laura: “Ma se è cazzuta non dovrebbe essere un bambino?”
Elvira: “Vedete come le pulsa vigorosamente il cuoricino? L’è il cazzo invisibile delle donne!”
Dopo che Elvira ebbe terminato la visita, Laura  e Sergio erano pronti per uscire dall’ambulatorio abbracciandosi, ma la dottoressa li fermò: “ Dov’andate voi due? E non ho ancora finito…sedete, che v’ho da dire ancora parecchie cosette. Allora questa è la lista degli esami del sangue, da fare il prima possibile; qui ci sono dei consigli per la dieta da seguire, non devi ingrassare più di un kilo al mese; e poi tu Sergio va pure a fare l’abbonamento a Sky”
Sergio: “L’abbonamento a Sky?”
Elvira: “Non l’hai da toccare per le prime venti settimane…coraggio ne sono passate già quasi otto!”
Sergio: “Elvira forse non mi sei più tanto simpatica!”
Laura: “Neanche a me…ti preferivo prima!”
Elvira: “Allora potete rivolgervi al mi collega Ghisleri…via, via, mo’ andate che, con tutte codeste vostre smancerie, mi si cariano i denti”
 
Il mattino seguente Laura seguitava a dormire, ormai come di solito, da quando era incinta. Sergio tentava invano di svegliarla: “ Laura, sono le sei e mezza, ti devi svegliare, ti devo fare il prelievo, hai visto tutte le analisi che ti ha prescritto Elvira”
Laura, sempre dormendo, si tirò su la manica del pigiama e distendendo il braccio si girò dall’altra parte.
Sergio, accarezzandole il viso: “Quel che si dice fidarsi ad occhi chiusi…ma non ti posso fare un prelievo da cadavere e poi ho bisogno anche che tu riempia questa provetta per le urine, o ti devo mettere un catetere?”
Laura: “No, no, mi sveglio, solo un attimo”.
Sergio, infilandole una mano sotto la maglia del pigiama e poggiandola sulla sua pancia: “Ora ti devi prendere cura anche del passeggero, anzi, secondo me Elvira ha ragione, sicuramente sarà una bambina”
Piano, piano, Laura si alzò e andò in bagno con la provetta. Al suo ritorno, Sergio la fece distendere di nuovo: “ Gira il visino dall’altra parte…guarda fuori dalla finestra… apri e chiudi il pugno…e da quant’è che lo sai?”
Laura: “Ti ricordi, dieci giorni fa, quando siamo tornati da Lugano, che ti ho fatto passare in farmacia”
Sergio: “Quindi non avevi finito la tua crema idratante, senza la quale non potevi sopravvivere”
Laura: “No, ho comprato un test di gravidanza”
Sergio: “ E poi il mattino dopo non solo, non mi hai detto niente, ma hai anche fatto tutte quelle storie, per non fare il prelievo di controllo post- trapianto”
Laura: “Esattamente… però dopo ieri, secondo me, ti conviene stare zitto”
Sergio: “Forse sì…apri il pugno…non ti girare fino a quando te lo dico io, già ti impressioni per un nonnulla, ora poi con la gravidanza avrai anche la pressione un po’ bassina, dopo il prelievo  te la misuro…”
Marco passando davanti alla loro camera: “Ma non è meglio che rimanga a casa?
Laura: “Ma io sto benissimo e poi c’è la verifica su Manzoni”
Marco: “Appunto”
Sergio: “110 e 70 di minima…può andare, adesso con calma scendiamo a fare colazione”
Nel mentre era arrivata anche Marta: “Buongiorno ma…perché dottore le fa di nuovo il prelievo? Non gliel’aveva già fatto dieci giorni fa?”
Sergio: “Sono analisi diverse Marta!”
Marta: “Volete dire …è quello che penso io?!!”
Laura: “Credo di sì”
Marta non la smetteva più di abbracciare e sbaciucchiare Laura e cominciò a dettare le nuove regole che la sua ansietà, in poco tempo aveva prodotto: “Adesso ti devi riguardare, non ti devi stancare troppo , telefono subito alla moglie di Emanuele che alla liquidazione di quelle tende, andremo più tardi, dopo che ti sarai riposata un po’ dopo pranzo. Quando vai in bagno, non ti chiudere dentro, tanto nessuno entra, ma  se svieni , come facciamo ad entrare?”
Sergio: “Io sono d’accordo su tutto”
Laura: “Saranno impegnativi i prossimi sette mesi!”

 

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Capitolo 11
*** Marco ed Emma ***


CAPITOLO XI – MARCO ED EMMA
 
E Marco era sempre più innamorato di Emma, al punto da aver rivoluzionato la sua vita ed esserne contento. Emma prima di mettersi con lui era solita frequentare la parrocchia. Marco non ci aveva mai messo piede, prima di conoscerla .  La ragazza aveva provato a portarcelo, ma l’oratorio lo innervosiva moltissimo e ancor più lo facevano imbestialire tutti quei ragazzi che stavano lì senza una vera convinzione, mentre magari  a casa non avrebbero portato un bicchiere d’acqua alla loro nonna .
Certo non faceva più le corse con i motorini e non sentiva più la necessità di sballarsi bevendo, o fumando qualche canna. I due ragazzi avevano iniziato a frequentare una casa famiglia lì in zona, e stavano organizzando una recita teatrale con i ragazzini ospiti. Inaspettatamente Marco rivelò grandi doti di intrattenimento e un certo carisma su questi bambini per lo più delle elementari.
Passavano buona parte del loro tempo libero alla preparazione de: “La gabbianella e il gatto”.
Si era così innamorato del sentirsi utile per il prossimo, che aveva cambiato i suoi piani futuri: aveva deciso che dopo la maturità sarebbe andato a lavorare nella fabbrica di rubinetti del padre di Laura e si sarebbe iscritto alla facoltà di economia e commercio. Marco diceva che per far del bene agli altri, non bastavano solo i buoni sentimenti, ma serviva anche una certa disponibilità economica. Era inutile far finta di disprezzare il denaro, era  da figli di papà minchioni…e quando pronunciava questa frase Emma faceva sempre finta di arrabbiarsi. Ovviamente il padre di Laura era felicissimo delle sue intenzioni e non vedeva l’ora di passare il testimone, a questo ragazzo, che mostrava di apprezzare l’impero che aveva creato.
Era una Domenica sera, Laura e Sergio stavano ritornando da Lugano. Laura era ormai di sette mesi  e si era appisolata un po’.
La musica dell’autoradio risuonava non troppo forte, quando si inserì in viva voce una telefonata di Marco:
“Papà dove siete”
“Siamo sulla provinciale , siamo appena usciti dall’autostrada, tra dieci minuti siamo a casa”
“Ma Laura sta bene?”
Laura intervenne: “Sto benissimo, perché?”
“C’è una ragazzina qua che ha la febbre, da ieri. Gli educatori dicono che è normale, ma io ed Emma siamo preoccupati, non mangia nulla e sta tutta raggomitolata per i dolori all’addome…magari non riesce neanche a spiegarsi bene…papà, ha la sindrome di down.  Poi la febbre non scende, nonostante la tachipirina, non so …non è che potreste passare di qua”
“Sì certo, arriviamo tra pochi minuti”
Quando la telefonata terminò Sergio disse: “ Non è vero che i caratteri non si cambiano… almeno per me e mio figlio non è stato così , dopo aver incontrato le nostre donne”
 
 
“Ma voi in realtà eravate già così, solo che noi vi abbiamo aiutato a far emergere le vostre qualità”
“Mi commuove vederlo farsi carico di una situazione così …da quello che ho capito, questa bambina sta male da ieri e gli educatori non hanno chiamato un medico”
“Ma Marco si è sempre preso cura degli altri, anche a scuola…da qualcuno avrà preso!”
Sergio facendo un sorrisetto: “Spengo il climatizzatore, non posso posare queste mani ghiacciate sulla pancia di nessuno!”
“Spegni pure…vedi è più forte di te, hai delle attenzioni per il prossimo, non comuni … le avevi anche quando eri un po’ più orso… prima di conoscerci”
Davanti la casa- famiglia li aspettava Marco che li fece subito salire al piano superiore.
Marco: “Evita di toglierle la corona, se puoi”
Sergio: “La corona?”
Marco: “Gliela abbiamo regalata per Natale io e Emma …è una piccola coroncina giocattolo delle principesse Disney e non se la vuole togliere quasi mai. In ogni spettacolo ovviamente dobbiamo inventarci una parte per una principessa, anche quando non è prevista. Anche nella gabbianella e il gatto c’è una principessa…lo sapevate?”
Laura: “Beh deve essere un versione interessante”
Sergio: “Non sarà necessario toglierle la sua coroncina”
La piccola Stefania era distesa in posizione fetale su un fianco, Emma le teneva una mano. Aveva dei grandi occhi scuri,  un po’ a mandorla e capelli castani di media lunghezza, che incorniciavano il viso paffuto. Sergio si mise a sedere sul suo lettino, poggiando la borsa da medico sulla sedia vicina: “Ciao, sono il papà di Marco, come ti chiami?”
La bambina: “Stefania…devo fare aaaa?”
Sergio: “Ok,è un buon suggerimento, iniziamo a controllare la gola”
La bambina si rigirò con fatica e si vedeva che era in preda agli spasmi del dolore. Sergio l’aiutò.
Emma: “Quando siamo arrivati qui stamattina, gli educatori ci hanno detto che aveva la febbre da ieri e che non avrebbe potuto fare le prove. Ma nel corso della giornata, nonostante le supposte di tachipirina , la febbre non si è abbassata. Ha vomitato due volte, anche se non riesce ne’ a mangiare, ne’ a bere”
Sergio cercò di alitarsi sulle mani, per riscaldarle un po’. Le controllò la gola e le ghiandole del collo. Poi dopo averle messo il termometro sotto l’ascella, le sollevò la maglia del pigiamino: “Quanti anni hai?”
Stefania: “Dieci”
Sergio: “Ma dov’è che ti fa tanto male?”
Stefania indicò la pancia. Il quadrante inferiore destro era turgido e dolente e non appena Sergio la  toccò, la piccola gridò. La diagnosi era chiara: appendicite acuta.
Sergio: “Dobbiamo fare un discorso serio.  Hai un tubicino nella pancia, che si chiama appendice, che si è otturato e se non ti operiamo, potrebbe rompersi. L’infezione potrebbe diffondersi agli organi vicini e sarebbe molto pericoloso. .  Dobbiamo al più presto andare in ospedale.”
Stefania scoppiando a piangere: “Non voglio andare in ambulanza e voglio la mia mamma!”
Sergio: “Non occorre l’ambulanza. Possiamo andare con la mia macchina. E per quanto riguarda tua madre, la faremo avvisare e verrà il prima possibile, se vuoi può venire anche lui!” indicando l’asinello di peluche sul comodino.
Le accarezzò la testa: “Ti fidi di me?”
Stefania fece cenno di sì.
Sergio: “ Bene, mentre io e Marco avvisiamo l’ospedale e andiamo a parlare con gli educatori, Emma e Laura, ti aiuteranno a prepararti.
Laura: “ Sì, ci pensiamo noi”
Sergio telefonò in ospedale affinché chiamassero tutto il personale reperibile, necessario all’intervento d’urgenza, ad eccezione dell’anestesista ovviamente. Si accertò che fosse reperito anche un tecnico di radiologia per la tac.
Quando scesero al  piano inferiore i bambini con i due educatori stavano cenando. I ragazzini li tempestarono di domande sullo stato di salute di Stefania.
Sergio: “Dobbiamo portarla in ospedale per un intervento e poi starà bene, ma non dobbiamo perdere altro tempo”
Educatore: “La bambina è affidata alla casa famiglia, non può portarla via così”
Sergio: “Se non la portassi via, sarebbe omissione di soccorso… lei  non si rende conto che Stefania deve essere operata urgentemente, c’è il rischio di una peritonite. Comunque non c’è tempo da perdere,  ne è già stato perso troppo e lei come responsabile della casa-famiglia dovrà svolgere tutte le pratiche per il ricovero”
Educatore: “Vi seguo con la mia macchina”
Sergio: “Prima deve avvisare la madre”
Educatore: “La mamma è agli arresti domiciliari in una comunità per tossicodipendenti”
Sergio: “Le farò un certificato medico che attesta la gravità della bambina, in modo che ottenga un permesso”
Intanto Emma e Laura avevano messo una giacca leggera alla bambina e le avevano infilato le ciabattine. Poi le avevano preparato una piccola borsa con il necessario per il ricovero. Stefania , per  l’effetto dell’analgesico che le aveva iniettato Sergio e per la stanchezza della notte precedente passata in bianco, si era addormentata stringendo “Hi Ho”.
Marco la prese in braccio e salirono tutti in macchina per raggiungere l’ospedale, seguiti dall’educatore sulla sua auto. Durante il viaggio Sergio aveva notato che Laura aveva il viso stanco e le caviglie un po’ gonfie. Quando arrivarono il pronto soccorso, stranamente ,non era molto affollato e mentre Stefania, ancora addormentata ,veniva posta su una barella per  essere portata a fare la tac, Sergio si fermò a parlare con Laura nell’atrio: “Prendi le chiavi della macchina e vai a casa, hai bisogno di mangiare qualcosa e di distenderti…hai le caviglie gonfie”
“Non sono stanca, andiamo a casa insieme dopo l’intervento”
“Probabilmente, non finiremo prima di mezzanotte, devi pensare a lei” mettendole una mano sul pancione.
Li raggiunse Marco: “Panzona, ha ragione lui, anzi, io direi…chiamiamo un taxi, così il taxista ti aiuterà a scaricare il bagaglio”
“Vada per il taxi allora!”
“Non appena l’intervento sarà finito ti chiamerò, poi aspetterò che Stefania si risvegli e verrò a casa”
Un’ infermiera chiamò Sergio: “Dottor Antinori, la bambina non vuole farsi toccare da nessuno e urla, perché non la vede più”
“Arrivo, arrivo!”
Laura: “Corri, stai tranquillo, che chiamo subito il taxi”
Marco rivolgendosi al padre: “Non ti preoccupare, ci penso io alla panzona, prendo le borse dalla tua macchina e parlo con il taxista, che gliele scarichi a casa!”
Sergio raggiunse di nuovo Stefania, nel frattempo era arrivato il dottor Sandri, il chirurgo pediatrico.
Sergio: “Che fortuna che ci sei tu!”
Dott. Sandri: “Che fortuna anche per me, la cena con i miei suoceri era piuttosto noiosa e mia moglie e mia cognata si beccavano già da ore!”
Sergio: “Stefania, il dottor Sandri è bravissimo, fatti visitare da lui”
Stefania: “Non te ne devi andare!”
Sergio: “ Ti lascerò solo per cambiarmi prima di entrare in sala operatoria, promesso. Prima  ho dovuto mandare a casa Laura, sai, lei aspetta una bambina…era un po’ stanca, ho dovuto convincerla”
Stefania: “Ah sì, la panzona!”
Intanto il dottor Sandri  palpava l’addome della bambina: “Non c’è molto tempo da perdere, falle un prelievo e poi procediamo subito con la tac”
L’intervento si concluse bene, ma la bambina aveva corso il serio pericolo che la sua appendicite degenerasse in peritonite.
Il giorno seguente arrivò anche la sua mamma, accompagnata d due agenti di polizia penitenziaria, che furono presentate a Stefania come due colleghe della madre.
Stefania quando si risvegliò era tutta contenta di avere sua madre accanto e raccontava a tutti che tra non molto tempo sarebbe ritornata a vivere con lei . Spiegava entusiasta, che sua mamma avrebbe aperto una pasticceria e che loro sarebbero andate ad abitare in un alloggetto dietro.
Purtroppo i giorni passarono in fretta e Stefania ritornò alla casa famiglia e sua madre in comunità.

 

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Capitolo 12
*** Una nascita avventurosa ***


CAPITOLO  XII - UNA NASCITA AVVENTUROSA
 
Quella mattina c’era già qualcosa di insolito nell’aria.  Marta, che di solito arrivava già alle sette e trenta e che nell’ultimo periodo quasi non si staccava mai da Laura, era dovuta andare con il marito dal notaio;
Marco doveva andare con Emma alla casa famiglia e Sergio stava per iniziare il turno in ospedale; Laura trafficava in cucina come al solito.
Sergio: “ Mmm che profumo, che cosa stai preparando?”
Laura: “Lasagne e verdure gratinate, Marco ed Emma mangiano qui questa sera”
Sergio: “Non mi sento tanto tranquillo a lasciarti da sola, mi sembra che il pancione sia un po’ sceso…proprio oggi che non c’è Marta”
Laura: “Ma io sto benissimo e poi Elvira mi ha visitata la settimana scorsa e mancano ancora quindici giorni”
Sergio: “ In una settimana può cambiare tutto in una gravidanza”
Marco: “ Rimarrò a casa io, accompagnerò Emma alla casa famiglia e poi ritornerò qui ...tranquo pà… la lascerò da sola soltanto una mezzoretta”
Sergio: “Grazie Marco e se succede qualcosa fammi avvisare, anche se sarò in sala operatoria, mi farò sostituire da Luca”
Laura: “Ma voi vi preoccupate troppo …sto benissimo vi dico e poi casomai chiamerei un taxi e mi farei portare in ospedale”
Marco scherzando: “ Silenzio qui decidono gli uomini…e poi io lo faccio solo per mia sorella…quando uscirà fuori dovrà capire subito chi comanda e guardare subito il mio bel visino…”
Laura: “…visino da schiaffi! Comunque grazie Marco!”
Nel breve lasso di tempo che Laura rimase da sola iniziò subito ad avere dei doloretti alla pancia.
 Pensò di essersi suggestionata con il discorso precedente e non gli diede peso. Continuava a disporre le lasagne , alternandole con sugo e besciamella in una pirofila da forno.
Ma i doloretti si trasformarono ben presto in delle fitte fortissime che si irradiavano dalla schiena a tutto l’addome.
Quando Marco entrò dalla porta della cucina la trovò piegata per il dolore.
“Laura come stai, non mi dire…no stai male ?”
“Mi stanno arrivando le prime contrazioni, ma non ti preoccupare, telefona a tuo padre…tanto ci vorrà ancora un bel po’ di tempo”
Marco si precipitò verso il telefono e quasi  gli sembrava un’ impresa impossibile digitare il numero dell’ospedale sulla tastiera, dall’agitazione che gli si era scatenata.
“ Sono Marco , il figlio del dottor Antinori…lo potrebbe avvisare che sua moglie…che sua moglie ha le doglie”
L’impiegata della reception conosceva benissimo sia Sergio che Laura, ma sapeva anche che Laura era seguita da Elvira: “Sì certo lo avviseremo al più presto,  anche se l’ho visto dirigersi mezz’ora fa verso la sala operatoria. Rimani in linea,  intanto cerco di farti parlare con la dottoressa Ciacci”.
“ Ooottima iiidea” rispose Marco un po’ balbettando.
I minuti che attese che Elvira gli rispondesse al telefono, gli parvero interminabili.
Elvira: “Che succede Marco… ho capito bene, Laura ha le doglie?
“ Da coooome si cooontoooorce  direi di sì…aaaadesso chiaaamo un taaaaxi e aaarriviiiamo”
Elvira: “Stai calmo che non ci vole poco a nascere…ma ogni quanto ha le contrazioni?”
Marco: “Seeempre…le ha seeempre”
Elvira: “N’è possibile…ma te mi pari un po’ troppo agitato…salto su un ambulanza e vengo io”
Marco: “Sii maaaa preeeesto”
Quando Elvira arrivò trovò Laura sdraiata sul divano che gemeva per le doglie e Marco che gli camminava davanti, avanti e indietro borbottando frasi come: “ Va beh che bisogna crescere, maturare…ma tutt’assieme? Dove ce l’hai il borsone per andare in ospedale, che lo vado a prendere”
Laura: “Non l’avevo ancora preparato”
Elvira: “Tu va sopra a prenderle un camicia da notte e delle ciabatte che intanto noi si vede quello che succede”
Elvira visitò Laura e constatò che stava tutto procedendo in maniera molto più rapida del normale per essere una prima gravidanza.
Laura oltre che dolorante era presa dal panico di non arrivare in tempo in ospedale:
“Non voglio partorire qui…voglio Sergio”
“Oh bellina non ti preoccupare che ora si corre subito in ospedale, tu fai dei bei respiri profondi e stai tranquilla…tanto ci sono io, il tu marito non è specializzato a far nascere i figlioli…eccolo qua che già telefona, l’avranno già avvisato….”
Elvira afferrò il cellulare che squillava nella tasca del camice: “Stai lì non ti muovere che si arriva noi con l’ambulanza… va tutto bene, fin troppo bene direi…aspettaci già in sala parto e non ti cagare sotto come tutti gli omini che stanno per diventare padri”
Invece Sergio attese l’ambulanza nel cortile e quasi non respirò finché non la vide spuntare.
Laura gli gettò le braccia al collo, mentre le scendevano le lacrime dagli occhi in un misto di dolore e commozione.
 Marco scese dall’ambulanza un po’ goffamente, con i capelli tutti spettinati e trascinando un’enorme valigia, in cui aveva schiacciato tutta la biancheria di Laura, che aveva trovato: “Fiuu…ce l’abbiamo fattaaaa!!!!”
Sergio accarezzando il viso della moglie e asciugandole le lacrime: “Credo che adesso dobbiamo andare”
Elvira: “ Credi bene…se no qui s’è corso per nulla, il prossimo fatelo veloce, perché questi non son ritmi per una di più di cinquant’anni… mi piglia un infarto… andiamo carini”
Laura partorì con poche spinte, ma non ne volle sapere di aggrapparsi alle maniglie del lettino da parto, s’aggrappò invece al collo del marito.
Elvira, si commosse, ma non volle darlo a vedere, così iniziò  a tirar fuori frasette spiritose prendendoli un po’ in giro: “Manco un punto ti s’ha da dare…una sciacquata e a posto…dopo aver partorito con due sospiri”.
 Intanto Sergio aveva messo la bambina tra le braccia di Laura.
Dopo qualche minuto arrivò un ostetrica per portare la piccola dal neonatologo: “ Signora gliela riportiamo subito, le facciamo un bagnetto e dopo la visita starà sempre vicino a lei”
 Ma Laura continuava a stringere la bambina, mentre le scendevano delle lacrime di commozione.
Sergio : “ Il neonatologo lo conosco, è un mio amico…non ha mai rubato nessun bambino, poi la accompagnerò io”.
 Ma neanche con queste rassicurazioni Laura staccò le mani dal fagottino.
Allora Elvira ebbe un’idea geniale: “Senti Sergio…non dici sempre, durante quelle noiosissime riunioni , che fate tra primari, che non dovrebbero esistere protocolli standard, che ogni procedura va adattata al singolo  e alla situazione…beh ti sembra  che adesso le possiamo portare via codesta bambina… mo’  carichi la tu moglie con la tu figliola su una sedia a rotelle e le porti dal neonatologo”.
 Finalmente Laura sorrise.
La neo –mamma cominciò a staccarsi dalla piccola Gaia solo il giorno dopo, quando Marco irruppe nella stanza strappandogliela dalle braccia, volteggiandola in aria e passandola anche ai nonni, che erano accorsi da Lugano e a Marta.
Sergio tirò finalmente un respiro di sollievo e pensò che Marco aveva un talento innato nel risolvere le situazioni e che finalmente  la vita sembrava andare nel verso giusto.
 
 

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Capitolo 13
*** La vita non è mai semplice ***


CAPITOLO XIII- LA VITA NON È MAI SEMPLICE
 
 
 
Sergio era felice, ma aveva sempre il presentimento che quella vita serena non potesse durare per sempre.
Aveva troppa esperienza della sua vita e delle altrui vite…la felicità stabile non esiste. La malinconia , il rimpianto, il rancore la rabbia possono diventare cronici, ma la felicità no, è fugace… quando la afferri, la assapori, lei non c’è già più. E lui era già da tanto tempo che era consapevole di essere felice e anche se scacciava via questo pensiero, sapeva nella parte più profonda di sé, che quell’ esistenza ,perfetta nella sua quotidianità, lo avrebbe abbandonato.
Quando si svegliava al mattino e vedeva Laura addormentata e Gaia nella culla accanto che iniziava con i primi gorgheggi , aveva una stretta al cuore, perché sentiva che tutto ciò era troppo bello per essere per sempre. Poi prendeva in braccio la bambina e svegliava delicatamente Laura perché la allattasse e si auto consolava dicendo fra sé e sé, che era normale temere che la moglie  potesse riammalarsi, ma che no, questo non sarebbe mai accaduto.
Invece Marco lo vedeva forte della sua giovinezza, della sua spavalderia, del suo essere così fuori dal comune….
Marco ed Emma avevano superato brillantemente l’esame di maturità.  Anche Marco si era impegnato molto, spinto dal desiderio di realizzare i suoi progetti futuri con Emma. 
Si sarebbe abbandonato a quell’ozio meritato dopo tanto studio in quell’ estate che era già molto calda, anche se era ancora agli inizi, e poi via con l’università e la fabbrica di rubinetti. Voleva potersi creare una posizione tale da poter concretamente aiutare i ragazzi della casa- famiglia. Sognava  di potergli costruire una struttura adeguata , con tanti laboratori e chissà, magari anche con una piscina…
Il padre di Laura stravedeva sempre di più per lui e anche se non era mai stato incline al mondo del volontariato, aveva iniziato a fare cospicue elargizioni, grazie alle quali era stato potuto inaugurare un piccolo teatrino.  Quando il vespino di Marco, dopo tanti anni di onorato sevizio, aveva tirato le cuoia, gli regalò una bellissima moto, quella che il ragazzo aveva sempre sognato:
“Così verrai a Lugano più spesso, ma non correre troppo!”
E Marco non correva più, perché gli piaceva troppo quella vita e non voleva più scappare da nessuna parte.
Godeva della brezza che urtava il suo viso sorridendo, pensando sempre a ciò che avrebbe fatto un minuto dopo.
Una sera quel sorriso si dipinse sul suo viso per sempre.
Aveva appena accompagnato a casa Emma, dopo una serata con gli amici. Stranamente si era soffermato più del solito ad abbracciare la ragazza e poi con aria un po’ malinconica le aveva detto: “Vedrai , la nostra vita sarà bellissima, qualunque cosa accada…perché ormai la felicità la conosciamo, non ce la faremo più sfuggire”.
Marco morì mezz’ora dopo , travolto frontalmente da un auto guidata da uno che invece la felicità non l’aveva mai incontrata, ma aveva incontrato molti alcolici.
Morì sul colpo, con quel sorriso della brezza estiva sulla faccia scolpito per sempre.
Quando fu portato in ospedale, era di turno Luca, che non poté tentare neanche la rianimazione e ne  constatò  solo la morte. Con il cuore a pezzi  accarezzò le guance vicino a quel bel sorriso e poi chiuse per sempre le palpebre su quegli occhi vivaci , insaziabili di vita.
Quella sera anche se erano molte notti che la piccola si svegliava per i primi dentini, Gaia dormiva serena.
Anche Laura aveva ceduto alla stanchezza , invece Sergio non riusciva a prendere sonno. Neppure gli ultimi esami di Laura, perfetti, come aveva confermato anche Fabbri, lo avevano tranquillizzato.
Sentiva questo macigno che gli opprimeva il petto e non sapeva perché.
Poi arrivò quella telefonata e Sergio sentendo il cellulare squillare con il numero dell’ospedale che lampeggiava sul display, guardò la stanza vuota di Marco e capì subito che non lo chiamavano per un’urgenza, ma che Marco non sarebbe più tornato in quella cameretta.
I giorni che seguirono furono così terribili che nessuno riuscì a viverli .
Tutti erano usciti dalla propria esistenza e assistevano a questo brutto film da fuori, vedendo persone diventate contenitori vuoti che organizzavano il funerale e la sepoltura e rispondevano con frasi di circostanza alle frasi di circostanza dei visitatori.
Poi quando non ci fu più nulla da organizzare fu ancora peggio,  perché, loro malgrado, le loro esistenze sospese dovettero tornare ad abitare il vuoto della loro anima.
Nessuno poté più essere quello di prima.
Laura straziata da quel dolore perse il latte. Non riusciva in alcun modo ad essere vicina a Sergio, sprofondato nella solitudine e completamente chiuso in sé stesso .
Neanche più Gaia lo faceva sorridere.
Si sentiva ingiustamente colpevole di essere viva, pensava che forse se  il  suo destino non si fosse incrociato con quello di Sergio e Marco , lei sarebbe morta, ma Marco sarebbe stato ancora vivo.
Lo aveva urlato anche a Sergio una sera disperata, ma lui non era riuscito a risponderle niente, ormai lontano da tutti e incapace di amare e consolare.
Poterono sopravvivere grazie alla vicinanza di Emanuele e sua moglie, di Marta e Elvira.
Pur anche loro nel loro strazio, non li abbandonarono mai.  Con la scusa di portargli qualcosa da mangiare o di fare un regalo alla bambina,  gli rimasero sempre vicini, anche loro arrabbiati con l’ingiustizia della vita.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 14
*** Se impari ad essere felice lo sarai per sempre ***


Erano passati quasi tre mesi dalla scomparsa di Marco. Sergio continuava a vivere nella sua bolla di dolore, isolato da tutto e da tutti.
Quello che faceva più male a Laura era che non considerava più neanche la piccola Gaia.
Non la sentiva neanche piangere, continuava come un automa a svestirsi, vestirsi, mangiare, andare a dormire, svegliarsi, andare a lavoro, ritornare.
Senza un sorriso, senza una lacrima, senza accorgersi di  nessuno.
Lei era lacerata dalla morte di Marco, ma si sentiva anche abbandonata dal marito.
Il suo distacco la faceva sentire colpevole di quella disgrazia.
Per il solo fatto di essere entrata nella loro vita, si sentiva responsabile della morte del ragazzo.
Razionalmente non c’era nessun collegamento con essa, eppure era giunta alla conclusione, che l’unica soluzione era ritornare nel suo piccolo appartamento con la bambina.
Una mattina stava meditando a come organizzare un piccolo trasloco, cercando di individuare un lasso di tempo utile, in cui non ci fossero ne’ Sergio, ne’ Marta, quando sentì suonare il telefono.
 Era il dottor  Fabbri: “ Buongiorno Laura, non avevo ancora avuto modo di farvi le mie condoglianze…è  stata una terribile disgrazia…l’ho chiamata anche perché la mia assistente mi ha fatto notare che siamo in ritardo con i suoi esami di controllo già da un mese. Capisco la situazione, ma se Sergio volesse farle al più presto un prelievo, sarebbe meglio”
Laura: “Verrò domani mattina al laboratorio in ospedale…Sergio è ancora sconvolto, non voglio chiedergli nulla”
Fabbri: “ Come ritiene più opportuno, ma mi raccomando, non abbiamo più esami da dopo la nascita della bambina”
Laura:  “Senz’altro dottor Fabbri, a domani”
Sembrava passato un secolo da quando Sergio la svegliava con  i denti finti da vampiro, prendendola in giro per la sua paura. Conoscendo la fobia della moglie, le aveva fatto tutti i prelievi di controllo post-trapianto e per la gravidanza a casa e poi aveva portato le provette in ematologia, dove Emanuele scherzava sempre sul fatto che era lui il prelevatore di sangue di fiducia di Laura, prima del loro incontro.
Il mattino dopo Sergio se ne era andato pronunciando un ciao sbiadito. Laura aveva allattato Gaia e l’aveva riaddormentata. Fortunatamente la piccola non era rimasta turbata dalla tragedia e continuava ad essere una neonata molto tranquilla che dormiva e mangiava pacificamente.
Poi aveva atteso l’arrivo di Marta per affidarle la bambina e aveva raggiunto l’ospedale.
Varcando l’atrio aveva due speranze: la prima era di non incontrare il marito, la seconda era che fosse di turno Emanuele, per potersi far fare il prelievo da lui.
Decise perciò di passare prima in ematologia. Ovviamente Emanuele quella settimana aveva il turno di notte.
Sconsolata raggiunse il laboratorio analisi. C’erano già parecchie persone in attesa, specialmente anziane, arrivate già  un’ora prima dell’apertura del laboratorio.
Prese il numero ventidue, ma quando arrivò il suo turno non ebbe il coraggio di alzarsi.
Proprio mentre stava facendo passare il numero trentatré, passò Sergio, che uscito dalla sala operatoria, stava andandosi a prendere un caffè.
Con la coda dell’occhio, riconobbe le scarpe da ginnastica colorate di Laura, allora guardò meglio e vide la moglie che nel frattempo si era andata a risedere tenendosi il mento con una mano e con il gomito appoggiato al ginocchio.
Da quando era morto Marco per la prima volta pensò a qualcos’altro.
In un primo momento rimase fuori dalla sala di attesa e sorrise vedendo ripetersi la scena della moglie che, quando scattava il numeratore, goffamente spiegava di passare pure al suo posto, che lei doveva aspettare qualcuno.
Poi si rattristì di nuovo pensando di aver dimenticato gli esami di controllo della moglie e nel vederla in difficoltà,  in preda a quella fobia della quale l’aveva presa in giro tante volte…sì, ma proteggendola.
Ora invece era lì sola a cercare di vincere la sua paura.
Per la prima volta ebbe la percezione dell’ isolamento e della solitudine in cui aveva lasciato Laura, dopo quella terribile notte.
E così erano passati anche il trentaquattro e il trentacinque, come avrebbe fatto adesso ? In sala di attesa era rimasta solo lei.
Piano, piano si avvicinò e le si sedette accanto, Laura alzando la testa lo vide e nonostante tutto si sentì sollevata.
Sergio: “ Posso esserti utile…o preferisci far passare anche tutti quelli di domani mattina?”
Laura: “…Diciamo che mi potresti essere utile…sono andata a cercare Emanuele, ma fa la notte e …”
Sergio: “ e il coraggio uno non se lo può mica dare da soli…come diceva il caro Don Abbondio…scusami, è colpa mia…dopo quello che è successo, ho dimenticato tutto, non ho pensato  ad altro…perdonami…dammi un po’  di tempo…anch’io ho bisogno d’aiuto…ma adesso pensiamo a toglierci questo pensiero”
La prese per mano e la trascinò dentro la stanza dei prelievi, proprio mentre usciva il trentacinque.
La collega del laboratorio, vedendoli entrare se ne uscì con: “Ma allora è vero che la signora attendeva qualcuno…cominciavo a pensare che fosse una dei tanti pazienti che hanno la fobia del prelievo”
Sergio: “ È mia moglie… è colpa mia l’ho fatta aspettare un po’ troppo”
Laura: “e poi ho anche paura …è vero”
La collega:“Bene, dopo tutta questa attesa, non credo che voglia farsi fare il prelievo da me, ma se la signora mi consegna la richiesta, le stampo le etichette per le provette, Dottor Antinori”
Sergio: “Così noi intanto ci mettiamo all’opera”
Ma Laura era stranamente tranquilla e incredibilmente tutto si stava trasformando in positivo.
Era dalla morte di Marco che Sergio non si occupava più di nulla e di nessuno. Ora invece lo sentiva di nuovo vicino. Anche lei soffriva, ma voleva soffrire insieme a lui e soprattutto, non voleva sentirsi esclusa dalla sua sofferenza.
Adesso la stava aiutando a sfilarsi la giacchetta in felpa e il sentirsi manipolata da lui la rendeva felice. Poi l’aveva aiutata a sedersi sulla poltrona e ora mentre le tastava la cavità del gomito per trovare una vena adatta, lei lo guardava mentre si infilava gli occhiali da presbite e  si accorgeva che il dolore lo aveva fatto invecchiare un po’, qualche capello bianco  e qualche rughetta in più gli avevano fatto perdere la sua aria da ragazzino.
Poi mentre lui le disinfettava il braccio, delicatamente le aveva girato il viso e il suo sguardo si era posato sulla sagoma del reggiseno da allattamento, che traspariva dalla maglietta chiara. Si era sentito nuovamente in colpa, perché, per il suo disinteresse, Laura aveva dovuto lasciare Gaia, che prendeva ancora le poppate ogni tre, quattro ore.
Sergio cercava di essere il più delicato possibile e quando aveva iniziato ad aspirare aveva sentito la moglie deglutire.  Conoscendola era un chiaro segno di disagio e quindi con la mano libera le aveva fatto una carezza sulla guancia.  Lei aveva voglia di piangere, ma ne’ per il dolore, ne’ per la paura, per tutto quel tempo che aveva sentito Sergio così lontano.
Nel frattempo la collega si era allontanata con le provette del sangue appena prelevato, così ne aveva approfittato per dirle “Scusami…l’angoscia mi aveva fatto dimenticare quanto ti amo” e nel mentre con una mano schiacciava con il cotone sul braccio e con l’altra continuava ad accarezzarle il viso.
Laura non gli aveva risposto nulla perché le parole non le erano uscite, le erano uscite solo alcune lacrime.
Il marito gliele aveva asciugate: “ Ce la fai ad alzarti? Siamo ancora in tempo per le ultime brioches alla crema…”
Laura: “Ho fatto bene a far passare tutta quella gente al posto mio, mio marito è sempre il migliore per i prelievi…beh no il migliore, diciamo pari merito  con Emanuele… certi invece pare che ti conficchino una trave nel braccio…ci credo che ho paura”
Sergio : “ Addirittura…però sta cosa che sono pari merito con Emanuele non mi va tanto bene…beh sì lui è più anziano”
L’ aveva aiutata a rimettersi in piedi e a rimettersi la giacca e poi si erano diretti verso il bar dell’ospedale.
Il dolore c’era sempre, ma non era più l’unico abitante delle loro menti.
Dopo la colazione Sergio aveva accompagnato Laura fino all’atrio, cingendole la vita, poi vedendola  allontanarsi nel cortile, l’aveva richiamata bussando dai vetri.
“ Senti , ti va se questo fine settimana andiamo a Lugano…ci farà bene cambiare un po’ d’aria e poi  portare un Gaia dai tuoi, forse li risolleverà un po’…non deve essere stato semplice nemmeno per tuo padre perdere Marco”
“ Sì…Sì”.
“ Adesso vai, a casa c’è qualcuno che avrà fame”
“No , mi sono tirata il  latte,  Marta darà la poppata a Gaia con il biberon”
“Non credo che si accontenterà di un biberon…e come biasimarla!”

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Capitolo 15
*** Devo trovare una strada... ***


CAPITOLO XV  - DEVO TROVARE UNA STRADA
 
Sergio doveva trovare un modo per continuare a vivere, aveva in parte metabolizzato il dolore , ma avvertiva l’esigenza di capire che cos’era che spingeva avanti la vita di Emma, qual era il segreto del  padre di Laura, che era così inspiegabilmente cambiato.
Come facevano ad essere così propositivi pur nella loro tristezza? Come riuscivano ad affrontare tutto questo?
Quel fine settimana erano stati a Lugano, il padre di Laura aveva ricordato più volte Marco, sempre sorridendo, ricordava alcuni aneddoti , come quando si era infilato in fabbrica per rendersi conto di come avveniva la produzione e con la sua imbranataggine e spiritosità aveva fatto ridere tutti fino alle lacrime.
Poi era stato un po’ in silenzio e aveva detto sospirando: “ Quel ragazzo era fantastico…lui non giudicava mai gli altri, sapeva cogliere quello che c’era di buono in ognuno e  trasformava  la sua vita in positivo…persino l’esistenza di un vecchio caprone come me.
Sono sempre stato riverito, o snobbato per la mia ricchezza…
Marco semplicemente mi apprezzava per quello che avevo creato, ma già guardava più in là…
 sapeva che avrebbe sfruttato tutto questo per creare qualcosa alla casa famiglia…
diceva che bisognava trarre il massimo profitto dalle persone come dalle fabbriche…
Nella sua totale assenza di pregiudizi e sovrastrutture aveva orientato quanto c’era di positivo in me, la mia capacità negli affari, a raggiungere quella felicità che solo la condivisione ti può dare … non tanto aiutare qualcuno, ma stare con qualcuno , immergersi nella sua vita portando la tua dote…
Non può andare sprecato tutto questo…voi dovete aiutarmi a capire quali erano i suoi progetti…dobbiamo cercare di realizzarli, capire quella sua fiamma vitale che lo spingeva sempre avanti e farla nostra, solo così ce la possiamo fare”
Laura pensò che anche lei non era stata capace di essere così aperta e di apprezzare suo padre.
Era stato un rapporto tutto sbagliato: lo aveva giudicato, sentendosi giudicata.
Sergio si rese conto che Marco era stato capace di regalare a quest’uomo una sorta di felicità immortale, fatta di autostima, indulgenza, semplicità, capacità di guardare oltre il confine della propria vita…
un tipo di felicità che una volta che ti è entrata dentro non ti abbandona più…neanche la morte te la può far uscire dalla testa.
Fortunatamente le cose con Laura erano migliorate, Sergio era ritornato affettuoso con lei e con la bambina.
Anche a lavoro ogni tanto gli scappava qualche sorriso…
Quand’è che aveva cominciato a sorridere? Durante il suo primo matrimonio non aveva sorriso quasi mai , né a casa, né in ospedale.
Elisa lo faceva sentire sbagliato, era solo una gabbia per lei, quello che rimaneva taciturno in pubblico…
non  aveva neanche apprezzato la velocità con cui si era laureato in medicina, la sua caparbietà per non pesare economicamente su i suoi .
Poi quando lei era rimasta incinta, con la stessa volontà e abnegazione aveva fatto la specializzazione, per poterla sposare il prima possibile…anche se  non ce n’era bisogno, vista l’agiatezza della famiglia di Elisa.
E invece che cos’era cambiato con Laura?
Era stato sempre un medico riservato e invece lei lo aveva subito intenerito, la aveva accolta e si era sentito accolto.
Sergio sentì la pulsione forte di passare alla casa famiglia, avvisò Laura che avrebbe tardato un po’.
Emma lo abbracciò forte ed esclamò: “Vedi che la provvidenza esiste? Stavo per chiamarti, è per Stefania , dobbiamo farle fare il vaccino per l’allergia, ma fa un sacco di storie con il pediatra…con te invece, si fida ciecamente di te”
Sergio: “ Ma Stefania non è tornata a vivere con sua madre?”
Emma : “ Sì …poi sua mamma è ricascata nella droga, Stefania era già stata riportata qui, quando  il mese scorso è morta per overdose”
Una nuova fitta penetrò allo stomaco di Sergio.
Stefania fu felicissima di rivederlo, gli saltò in braccio con la sua coroncina in testa e si fece fare il vaccino senza neppure una smorfia di disappunto.
Sergio non la finiva più di stringere la bambina ed era dispiaciuto di salutarla.
Gli scese una lacrima, si girò verso Emma e le disse: “ È grazie a questi bambini che ce la fai vero Emma?”
Emma. “ Stando qui io Marco non l’ho mai perso…non lo perderò mai…lui è in ogni sorriso, in ogni situazione che pare irrisolvibile e poi , come d’incanto si risolve, in ogni meravigliosa buffagine della vita…
Non sapevo che pesci prendere con il vaccino di Stefania…e sei arrivato tu.
È tutto fantastico  se guardi dal lato giusto…
 È vero  abbiamo perso fisicamente Marco, ma lui mi ha insegnato ad essere felice…un tipo di felicità che una volta che hai raggiunto, non puoi più tornare indietro.
Sergio tornò a casa con una nuova strana serenità.
Laura lo ascoltò muta…ogni parola le penetrava dentro  e le si svelava qualcosa che era immerso dentro di lei e che quel racconto le portava a galla.
Poi mentre cenavano e Gaia gorgheggiava nella sdraietta sul tavolo, lo guardò e gli disse : “ Adottiamola!
Vedrai , staremo bene insieme! Non so perché è così, ma mi sento che è così”
E fu così, Stefania, con la sua magica allegria down ripopolò la casa.
Il signor Costa continuò a d accumulare molto denaro, ma una volta guadagnato non si preoccupava più di come investirlo, ma di quale struttura per l’accoglienza dei disabili avesse più bisogno e di cosa.
E così le loro esistenze continuarono…meravigliosamente imperfette.
 
 
 
 
 

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