Preparazione

di TrueCroix2
(/viewuser.php?uid=992801)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il primo passo verso la gloria ***
Capitolo 2: *** Nuove Blade ***
Capitolo 3: *** Crudeltà Thalmor ***
Capitolo 4: *** Il Barbagrigia ***



Capitolo 1
*** Il primo passo verso la gloria ***


Si dice che in realtà tutte le guerre siano un unico grande conflitto, un conflitto nato dallo scontro di forti ambizioni che cercano di prevalere sulle altre. Un esempio è l’impero degli uomini, che fin dalla sua nascita è stato covo di corruzione e tradimento, la corona passava di capo in capo il più delle volte attraverso spargimenti di sangue e, tra le stanze del palazzo reale, ogni giorno spuntavano fuori complotti come a presagire la decadenza di quello che era uno dei più duraturi domini nel continente di Tamriel nonostante le sue due rinascite che lo resero, a discapito delle altre razze, sempre più potente. Ora l’Impero, ridotto al solo dominio di Cyrodill, era senza una guida. L’imperatore Titus Mede II era morto, la ribellione scoppiata nella regione di Skyrim era riuscita nella sua secessione e così i territori imperiali settentrionali erano perduti, l’Impero non era mai più debole come in questo momento storico. Ma mentre i nobili cyrodilici soffrivano nei loro sontuosi palazzi, nella Terra dei Padri si festeggiava la vittoria del loro nuovo Re dei Re, Ulfric Manto della Tempesta.

A Windhelm fu indetto un grande banchetto a cui tutti i potenti dei vari feudi erano invitati per festeggiare la gloria del loro nuovo sovrano. Brunwulf Libero Inverno era una delle poche persone, insieme agli argoniani e agli elfi scuri, a non accettare la nuova reggenza, ma c’era ben poco da fare e l’unica cosa che gli passava per la testa quella mattina di sole, stranamente troppo luminoso per quella regione, era il suo futuro a cui avrebbe dovuto aggiungere i mille fardelli che la popolazione dunmer gli avrebbe causato. In quella città, e presto in tutta Skyrim, vigeva una forte discriminazione verso le razze che non erano Nord specialmente verso i non umani e, durante il periodo antecedente e durante la guerra civile dei Manto della Tempesta, le minoranze chiedevano aiuto a l’unico Nord che accettava le loro diversità e che odiava quel razzismo. Le richieste andavano dall’intercedere alla corte in rappresentanza del Quartiere Grigio all’accompagnare da un luogo ad un altro gli elfi durante la notte per paura di essere pestati, o peggio. I pensieri erano tanti e Brunwulf decise che per quel giorno sarebbe stato meglio pensare a come comportarsi alla festa con tutti gli invitati che sicuramente si sarebbero avventati su di lui con frecciatine riguardanti la sua amicizia con lo Sporco Popolo, come di solito la gente di Windhelm identificava i maltrattati elfi. In giro per il Palazzo dei Re erano poche le guardie ancora sobrie, infatti la maggior parte se ne stava seduta al grande banchetto a trangugiare Idromele oppure per terra a causa del troppo bere.

Appena Brunwulf aprì le vecchie e cigolanti porte dell’antico palazzo una ventata d’alcol lo investì portandolo quasi istintivamente a coprirsi il naso, il Nord era diverso anche in questo, lui non era il pregiudicato omone del nord ubriacone e amante delle battaglie, lui odiava le guerre anche se spesso durante la sua vita aveva dovuto imbracciare le proprie armi per proteggere ciò in cui credeva. La Guerra Civile infatti non era una causa che lui considerava nobile e per questo non si era unito agli eserciti di Ulfric, insomma, un altro pretesto da usare come oggetto di scherno e debolezza verso di lui che i “grandi guerrieri” come Galmar Pugno Roccioso, inseparabile amico di Ulfric, non avrebbero tardato a sottolineare. La festa sembrava essere entrata nel vivo nonostante fosse iniziata solo un’ora prima. Camminando nella sala, in cerca di un angolo che lo avrebbe nascosto dagli sguardi altezzosi dei nuovi nobili di Skyrim, Brunwulf non poté fare a meno di notare il degrado a cui stava assistendo: vicino all’entrata della Sala Strategica un uomo e una donna se le stavano dando di santa ragione mentre i servitori tentavano in tutti i modi di dividerli per evitare che in quella giornata di festa non se ne uscissero con più morti che in una battaglia, infatti la sala era una mescolanza di bevitori, rissosi, casinisti e di servi che, come skeever, sgusciavano velocemente tra gli invitati andando da una parte all’altra della sala rimediando al disastro dei padroni che, inconsapevoli o meno, devastavano quel palazzo un tempo casa di nobili eroi e gloriosi guerrieri. Con sorpresa di Brunwulf i bardi, invece di celebrare la grande vittoria inneggiando inni in onore del loro nuovo sovrano, cantavano le gesta del Sangue di Drago mettendo passione e intensità nei versi cantati come se da quell’esibizione andasse della loro vita, in realtà si poteva capire del perché di quel canto, dopotutto il leggendario Eroe di cui le leggende parlavano ormai da secoli fu il fautore della vittoria dei Manto della Tempesta sull’Impero e prima ancora colui che sconfisse il dio della distruzione, Alduin, salvando l’intera Tamriel da un futuro di schiavitù. Si diceva che, come un dio sceso in terra, avanzasse tra i campi di battaglia e, spietato, facesse a pezzi i soldati imperiali con una facilità disarmante, il potere della sua Voce rendeva inermi anche le truppe dei Berseker e nel frattempo innalzava il terrore nei cuori dei Legati il quale coraggio andò a scemare mano a mano ad ogni Urlo che usciva dirompente dalla bocca di colui che sembrava essere la morte in persona. Una delle tante storie più raccontate era la presa della città di Solitude, ultima roccaforte imperiale, dove il Generale Tullius, governatore militare di Skyrim, attendeva la venuta dell’esercito di Ulfric e del suo più fidato ufficiale, il Sangue di Drago. I racconti narravano di come l’eroe dei ribelli, con un solo urlo, riuscì a sfondare le linee difensive della Legione e a massacrare migliaia di legionari grazie alla sua spada di luce che si dicesse provenire dall’Oblivion stesso. Infine la sua più grande impresa nella guerra fu il suo scontro contro il generale Tullius e il Legato Rikke, vecchia amica del Re di Windhelm e ora al servizio dell’Impero, insieme ad Ulfric e Galmar che, sebbene fossero entrambi grandi guerrieri e temibili combattenti, restarono immobili impallidendo davanti alla maestria del Sangue di Drago mentre massacrava senza pietà il Legato Rikke per poi passare con rapidità a Tullius recidendogli i muscoli delle braccia e delle gambe facendolo cadere in ginocchio in preda al dolore davanti al Re ribelle, ancora sgomentato dalle capacità del suo guerriero più forte. Anche se gli fu offerto, Ulfric decise di passare l’onore della morte del Generale al Sangue di Drago donandogli la sua ascia con la quale, con un taglio netto e deciso, staccò la testa all’inerme nemico. Ognuno aveva la sua versione della storia, ma per Brunwulf nessuna di quelle rendevano giustizia al loro Eroe a cui affibbiarono il titolo di Lama della Tempesta, lui sapeva che non era per onore e l’ideale di una Skyrim indipendente che il Sangue di Drago uccideva, ma che c’era qualcosa di più oscuro e profondo o addirittura che lo facesse per divertimento, infatti alcuni soldati della ribellione sostenevano che, mentre combattesse, il Sangue di Drago ridesse di gusto e che leccasse, come affamato, la sua spada piena di sangue ed interiora umane.

Brunwulf desiderava ritornare a casa dopo essere stato per mezza giornata all’interno di quelle mura ormai sconsacrate dagli atti dei guerrieri Nord e del loro Re che, seduto sul trono, si sollazzava con una cameriera incurante del disastro che stava avvenendo in quella sala. Il povero Nord stava per dirigersi verso l’uscita, con in testa un misto di rabbia e fastidio, quando l’enorme portone si aprì, facendo entrare il gelido vento dell’Eastmarch e rivelando una figura oscura. Il volto era coperto da un cappuccio, mentre gran parte del corpo era coperto da un mantello nero, ma gli si poteva osservare addosso, con un occhio attento, una giacca simile a quella dei membri della Gilda dei Ladri ma nera come la pece. L’individuo avanzò verso il trono dove Ulfric lo accolse con un grande sorriso e quasi urlando con voce acuta a causa dell’alcol disse: “Lama della Tempesta! Mio caro amico!”. La figura si rivelò essere il Sangue di Drago.

Brunwulf sentì un brivido corrergli lungo la schiena, non seppe perché, ma avvertì che l’atmosfera era cambiata anche se tutto sembrava essere come prima, a parte la presenza dell’Eroe di Skyrim e del Re dei Re che cercava di reggersi in piedi mentre si alzava dal trono.

“Fratello! Sei arrivato finalmente! Temevo che non ti saresti presentato a questa magnifica festa.”
“Sì, vedo.” Brunwulf notò un sottile sarcasmo nelle parole del Sangue di Drago.
“Comunque” iniziò Ulfric cercando di ritornare un minimo più serio rispetto alla sua condizione “Come mai sei già di ritorno? Non dovevi trovare qualcosa?”
“Sono qui proprio perché ho ottenuto quello che volevo, mio Re.”
“E cosa hai trovato allora?” Ulfric fece quella domanda sorridendo, felice che il suo amico avesse risolto quel problema che solo il giorno prima lo rendeva nervoso.
La risposta del Sangue di Drago non tardò ad arrivare.
“Potere.”
Brunwulf notò un sorriso nascere all’interno del cappuccio del Sangue di Drago, anche Ulfric se ne accorse e, con un volto preoccupato, si allontanò con un passo indietro. L’atmosfera cambiò decisamente in quei minuti, alcuni servi si fermarono dal loro andirivieni e fissarono tutti nella direzione dove vi erano il Re e Lama della tempesta che, con un gesto della mano, schiaffeggiò l’aria.

Quello che accadde dopo fu terrificante. I servitori che un attimo prima servivano e riverivano le guardie ora le macellavano come maiali con daghe e coltelli. Le risate e il profumo del cibo si scambiarono con urla e l’odore del sangue, gli invitati ancora coscienti cercavano di uscire dal portone del Palazzo, ma un ondata di frecce gli investì macchiando le mura di pietra di rosso, intanto il Sangue di Drago evitava con maestria gli affondi sgraziati di Ulfric che gridava ad ogni colpo “Traditore!” e “Maledetto!” mentre le lacrime gli rigavano il viso. Anche Galmar si unì allo scontro e avanzò con il suo martello urlando a più non posso il nome del Sangue di Drago: “BAAAAAAAANE!”. Brunwulf, che intanto si era andato a nascondere sotto i corpi dei guerrieri caduti ignorando la forte puzza di cadavere, sentì nel grido di Galmar per la prima volta il nome del Sangue di Drago. “Nome più azzeccato non poteva avere” pensò Libero Inverno mentre, cercando di non farsi vedere, osservava il combattimento di quelli che soltanto il giorno prima lottavano insieme nell’ultima battaglia della ribellione. Bane schivò ogni colpo che proveniva dai due, sembrava addirittura divertito, come se stesse vedendo due formiche che inutilmente mordicchiavano la pelle di un leone, finché non iniziò a prendere l’iniziativa e, puntando il suo dito contro Galmar, lo fulminò con un incantesimo di potenza inaudita facendo rimanere solo le ceneri del grande amico d’infanzia di Ulfric.

Il Re si fermò, incredulo davanti a quell'accaduto. La rabbia crebbe dentro di lui mentre tentava di nascondere la tristezza e far crescere l'ira. Urlò con tutto il fiato che aveva e, alzando la spada verso l’alto, corse verso Bane con un impeto degno di un Mammuth. Il Sangue di Drago tese ancora la mano davanti a sé ma invece di far uscire fuori un altro potente fulmine successe altro. Ulfric levitava in aria come stretto da una morsa mentre Bane cacciò l’arma che teneva nascosta nel mantello; Una mazza argentea con venature verdi ornata dalla rappresentazione di un Principe Daedrico.
“Maledetto” urlò Ulfric “Che tu sia Dannato! Io ti revoco il titolo di Lama della Tempesta! Brucia tra le fiamme dell’Oblivion insulso traditore!”.
Bane scoppiò in una grossa risata, che andò ad unirsi a quella dei servitori che intanto mozzavano gli arti dei morti e anche degli invitati ancora in vita, poi puntò la grossa arma contro Ulfric mentre con l’altra, grazie a chissà quale incantesimo, lo teneva in aria.

“Ulfric, come puoi farmi questo? Privarmi di un inutile titolo così!? Sei davvero crudele” disse Bane prendendo in giro il Re ormai sconfitto “ma non preoccuparti ho già rimediato con un altro titolo che ho ottenuto proprio oggi. Chiamami pure Re dei Re!”
Ulfric sbiancò.
Il Sangue di Drago, lasciando la presa di quella morsa magica, colpi con forza la testa del sovrano schiacciandogli il cranio. L’Orso di Windhelm era morto.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Nuove Blade ***


Erano passati ormai cinque giorni dal grande disastro di Windhelm e la notizia della morte di Ulfric si era sparsa per tutta Skyrim; in quell’epoca piena di incertezze per gli uomini, tutto sembrava andare sempre peggio. Non sembrava esserci nessun condottiero pronto a condurre l’umanità in una nuova rinascita, non c’era nessuno pronto a dare sicurezza e prosperità ad una razza che stava sempre più regredendo. Nessuno ormai era degno di fiducia.

Delphine lo sapeva bene. Lei era stata testimone della caduta del secolare Ordine delle Blade, nella sua fuga dallo spietato popolo dalle orecchie a punta in molti la vendettero per ricavare quel poco che bastava per riuscire a superare la miseria che la guerra aveva portato con sé. Il 30 della Gelata 4E 171, mai dimenticherà quella data. Era un giorno nuvoloso al Tempio del Signore delle Nuvole, e lei come di consueto si allenava con la katana Akaviri, il suo maestro d’armi l’aveva più volte elogiata ma lei sentiva sempre il bisogno di migliorare per riuscire a diventare la migliore. Le braccia incominciavano a cedere al peso dell’arma ma, decisa a non voler smettere, continuò a fendere l’aria cercando di colpire il fantoccio di legno, il sudore la ricopriva e il calore della fatica la pervase, ma lei non voleva smettere, doveva diventare ancora più forte.
La porta che dava sul cortile si aprì e si presentarono due Blade che Delphine ben conosceva: Chorul e Magda. Loro erano i suoi più cari compagni dell’Ordine, anche se Chorul era più alto di grado e Magda una delle allieve dell’Archivista Esbern, riuscì a legare una forte amicizia fin dal suo ingresso nel Tempio, infatti Delphine proveniva dalla fredda regione di Skyrim, ma venne ben presto spedita a Bruma per migliorare e poter scalare i ranghi dell’Ordine. Appena vide il suo superiore sghignazzare insieme alla compagna buttò sonoramente la katana per terra e con il fiatone li guardò perplessa.

“Cosa c’è? Vi sembro tanto divertente?”
“No, scusa Delphine, è solo che immaginavamo che tu ti stessi ancora allenando dopo gli straordinari di ieri ed infatti…” Chorul scoppiò in un'altra risata e lo seguì anche Magda.
“Starete scherzando. I Thalmor si stanno facendo sempre più audaci e non riceviamo più notizie né da Valenwood né dalle Isole Summerset e voi dite che allenarmi ancora sia inutile?”
“Non vogliamo dire questo” incominciò Magda “ma stai andando troppo oltre, i tuoi allenamenti rasentano la follia, in quanto tuoi amici non possiamo non dirti che tutto questo sia inutile! Se mai dovesse giungere il momento dello scontro tu non avresti nemmeno la forza di stare in piedi”
Delphine si calmò, in fondo avevano ragione. Forse doveva smetterla, forse doveva dedicare il suo tempo a fare altro “Chorul… quindi anche tu la pensi così?” Chorul annuì “Capisco. Va bene allora per oggi lascerò stare”
“Ed anche domani signorina!” esclamò divertito Chorul.
“Sì, sì va bene. Comunque Magda che mi dici? Il vecchio Esbern farnetica ancora storie su questo fantomatico Alduin?”
Magda esordì con una piccola risata “Assolutamente sì! Proprio poco fa mi ha chiesto di spedire questa missiva al comando delle Blade di Skyrim a Solitude. Dice di mettersi in cerca di un posto che sanno loro, ma non accenna ad altro. Tu, per caso, ne sai qualcosa?”
Delphine ci rimuginò un po’ su, intanto rientrò all’interno dell’edificio mentre si asciugava dal sudore, i suoi compagni la seguirono “Ci ho pensato, ma niente, non ho idea di che cosa voglia dire Esbern. Forse il Granmaestro ne è a conoscenza”
“Cavolo… mi aveva davvero incuriosito, ma sicuramente è un’altra delle sue invenzioni” concluse dispiaciuta Magda.

Il trio, dopo aver attraversato le sale per dirigersi verso la mensa e potersi così ristorare, si ritrovò a faccia a faccia con uno spiazzato Esbern che li venne incontro con un drappello di Blade che si diressero immediatamente verso l’uscita. Delphine ricorda ancora quanto quell’uomo fosse agitato, sembrava che avesse anche pianto prima di venire di corsa da loro.
“Esbern cosa sta succedendo?” Domandò seriamente preoccupato Chorul mentre offrì da sedere al povero Archivista.
“Notizie peggiori di questa non potevano capitarci!” iniziò dopo aver preso fiato “Un ambasciatore dei Thalmor si è presentato oggi alla Città imperiale chiedendo la resa dell’impero al Dominio Aldmeri, l'annessione dei territori di Hammerfell, il bando del Culto di Talos e infine… lo scioglimento delle Blade”
“Cosa!?” disse tuonando Delphine “E l’Imperatore cosa ha risposto?”
“Ovviamente ha rifiutato, ma… l’ambasciatore ha dichiarato guerra all’Impero mostrando…” lacrime amare iniziare a bagnare il viso del vecchio “… mostrando le teste di tutti i nostri Agenti che erano nel Dominio Aldmeri”

Magda cadde in ginocchio davanti a quella dura realtà, Delphine invece divenne silenziosa come a voler elaborare tutti i fatti accaduti, ma Chorul rimase freddo chiedendo un ultima cosa “Gli uomini di prima. Dove si stavano dirigendo?”
“Alla Città Imperiale. Vogliono riportare il Granmaestro al Tempio. Abbiamo già inviato dei messaggeri alati in tutta Tamriel per avvertire tutti. Presto non ci sarà più un luogo sicuro per noi…”
E così fu. Dopo anni di guerra, dopo la presa della Città Imperiale, dopo la battaglia dell’Anello Rosso, arrivò il Concordato Oro Bianco. La battaglia che seguì al Tempio del Signore delle Nubi fu logorante e sanguinosa, in molti persero la vita tra cui anche il Granmaestro, I Thalmor espugnarono la fortezza e iniziarono a cacciare come animali le restanti Blade. Delphine fù testimone di indicibili atrocità: la testa di Chorul venne messa su una picca davanti l’entrata del tempio insieme a quella di tutta la sua squadra di agenti, Magda dopo essere stata stuprata dai soldati Thalmor venne scuoiata viva e arsa insieme al gruppo dei prigionieri che gli Altmer si erano portati con loro. Di Esbern si persero le tracce, per quello che poteva saperne la giovane Blade poteva essere morto anche lui. Delphine non riuscì a cacciare nemmeno una lacrima, la sua natura non glielo permetteva, neppure di fronte a quelle scene brutali. No. Lei decise di sopravvivere e ritornare a Skyrim dove avrebbe fatto perdere le sue tracce e poter trovare vendetta. Per giungervi affrontò un lungo ed estenuante viaggio, in molti la segnalarono ai Giudici Thalmor ma riuscì sempre a scappare e a tornare sui suoi passi. Tutto questo periodo di sofferenza e sacrificio durò finchè non incontrò Orgnar. Era un boscaiolo che viveva nel feudo di Whiterun, a Skyrim, e la trovò infreddolita e malata nella foresta, la portò con sé e la curò. Ben presto i due incominciarono a fidarsi l’uno dell’altra e, grazie ad alcune conoscenze e qualche favore, insieme aprirono la locanda del Gigante Addormentato. Un giorno lei le rivelò la sua vera identità di Blade, ma contro ogni previsione la sola cosa che fece Orgnar fu solo quella di mugugnare qualcosa e accettare il tutto. Era un tipo di poche parole e l'aver stretto una salda amicizia con la donna fu la sola cosa che gli bastava. Ben presto Delphine costruì un suo covo all’interno della locanda dove gestire le operazioni con le poche Blade rimaste per cercare di intralciare i Giudici Thalmor tra cui la terribile ambasciatrice Elenwen. Con il tempo si perse tutte le comunicazioni con gli agenti sopravvissuti, ma lei non si diede per vinto e continuò ad essere una Blade pronta ad agire in qualsiasi modo per i suoi scopi di vendetta, anche accettare incarichi della decadente Gilda dei Ladri. Gli anni passarono, ma Delphine non mollò mai. Cercò di rendere giustizia nella fredda regione in qualsiasi modo possibile.

Poi arrivarono loro, i draghi.

Ricordò le lezioni di Esbern sulle origini delle Blade e capì che adesso dovevano rinascere per tornare agli antichi fasti di cacciatori di draghi. La notizia del ritorno del Sangue di Drago spinse Delphine a fare l’impossibile pur di portare da lei colui che sarebbe dovuto diventare il padrone del nuovo ordine delle Blade. Rintracciò ogni messaggio e altro riguardasse il sospettato, tutto portava a lui come il Dovahkiin invocato dai Barbagrigia. Scoprì che le vecchie Lingue lo avevano indirizzato vero il tumolo di Ustengrav, dove aveva il compito di ritrovare il corno di Jurgen Windcaller, fondatore della loro setta. Affrontò varie minacce per la strada verso il tumolo e al suo interno, ma i suoi anni di allenamento l’avevano resa una macchina di morte in grado ancora di portare avanti operazioni sul campo.
Fu la prima volta che osò sperare in qualcuno dopo anni passati a dubitare di chiunque, ma il giovane era pieno di desiderio di rivalsa e si presentò determinato a riavere l’antico oggetto una volta giunto nella locanda a Riverwood. Il Dovahkiin raccontò la sua triste storia, la sua famiglia non gli diede nemmeno un nome, infatti lo chiamavano con un odioso dispreggiativo, Bane, a causa della sua ignoranza da infante e della sua indole pacifica che non lo rendevano adatto nemmeno per essere un soldato al servizio dell’Impero, mentre in quel momento mostrò avere nei suoi occhi coraggio e forza. Questo perché a causa della sua inutilità il padre lo spedì sui monti Jerall, verso le fredde terre di Skyrim, in modo da avere almeno una bocca in meno da sfamare, ma fu lì che quel giovane capì il vero significato di sopravvivenza e dovette andare oltre i suoi limiti pur di rimanere in vita. Chi avrebbe mai pensato che un tipo del genere fosse il prescelto degli Dei? Nemmeno Delphine lo avrebbe mai pensato, eppure quando fu il momento di testare la verità accadde l’inimmaginabile: quel piccolo uomo aveva messo a tacere per sempre un drago! E non solo, come per confermare una volta per tutte che era colui che l’ordine delle Blade attendeva da secoli, le scaglie e la carne del drago svanirono e al loro posto rimanerono solo ossa mentre quel giovane assorbiva l’anima di quella creatura. Proprio come le antiche storie dei libri del Tempio di Bruma narravano.

Un miracolo. Ecco cosa accadde quella volta e solo in quel momento Delphine lo capì per certo. Vide il debole trasformarsi nel forte, grazie a lui potè ritrovare il vecchio Esbern a cui con un accenno di amarezza dovette dargli tutte le scuse possibili per gli anni in cui non credette ad una sola parola sul ritorno di Alduin e che in quel momento invece era la più vivida realtà, fu testimone della crescita morale e della scalata al potere di un uomo su cui nessuno prima avrebbe mai scommesso e che ora sedeva, attraverso lunghe strategie, sul trono del Re dei Re. La morte del prediletto figlio di Skyrim avrebbe portato in molti a non seguire il nuovo sovrano, ma era stato tutto già da tempo anticipato; bisognava dare al popolo un messaggio forte, un messaggio che avrebbe dovuto colpire non solo la popolazione di Skyrim, ma dell’intero continente. Prima di partire per l’assedio di Solitude lei, Esbern e Bane si erano riuniti nel cavernoso salone del Tempio del Rifugio Celeste, vecchio avamposto e fortezza Akaviri, per suddividersi le varie fasi di preparazione per raggiungere il loro agognato fine ultimo: creare un nuovo impero governato, come al tempo di Tiber Septim, da un vero Sangue di Drago. Esbern fu il primo a farsi avanti.

“Abbiamo bisogno di un nostro esercito, e se la memoria non mi inganna so esattamente dove andare per trovare reclute pronte alla nostra causa” La sua vecchia voce vibrava in quel ampio e tetro salone, ripetuta dall’eco che si veniva a creare “intanto tu, Sangue di Drago, una volta caduta Solitude, dovrai immediatamente partire per l’Accademia e ottenere quello che hai scoperto esserci grazie alle conoscenze ottenute ad Apocryphia. Per non destare sospetti dovrai allontanarti a cavallo, ma una volta salito in groppa a quel tuo drago sarai a Winterhold in men che non si dica.” Bane annuì, e con lo sguardo deciso guardò Delphine; non lo dava a vedere ma lei era la più preoccupata per il compito affidatole.
“Sei sicura di volerlo fare?” Domandò Bane vedendo il Granmaestro delle Blade crucciarsi in viso “Se vuoi posso occuparmene io”
“No” la risposta fu secca “tu hai il tuo dovere da compiere ed io ho il mio. Con l’aiuto di Talos sta pur certo che farò anche di più” Quella rinnovata sicurezza fece capire a Bane che lei non lo avrebbe deluso, dopotutto per arrivare lì aveva dovuto sacrificare la vita di un grande amico e mentore.
“Oh Delphine sta tranquilla” cercò di rincuorarla il vecchio Archivista delle Blade “vedrai che troverò uomini capaci, pronti ad ogni tuo ordine” alla Blade le aveva sempre fatto piacere come Esbern sapesse come rincuorarla. Quando infatti lo rivide dopo anni di fughe e sacrifici fu come abbracciare un padre creduto morto che la cingeva in un amorevole e caldo abbraccio. Anche se ai tempi spesso veniva criticato per le sue convinzioni, in quel momento non solo vide che invece quelle che elargiva erano tutte verità, ma rappresentava per lei un passato ormai andato ed amici che ormai non vi erano più.
Il tempo era arrivato, il vecchio e Bane fecero per andare verso l’uscita lasciando Delphine con i suoi mille pensieri. Poi il giovane dai capelli castano chiari si voltò per un ultimo saluto e come per dare ancora più sicurezza alla donna urlò: “Delphine, voglio che il messaggio sia chiaro e forte!”
“Stanne certo e fa attenzione, Sangue di Drago!” urlò lei di rimando. Dopodiché la doppia porta si richiuse con un tonfo che si propagò con un eco per tutto il Tempio. Delphine doveva solo aspettare notizie prima da Esbern ed infine dal Sangue di Drago prima di poter agire.

Il giorno dopo arrivarono un centinaio di uomini e donne di razze differenti all’interno del Tempio. Bastava solo armarli dato che Esbern aveva assicurato che fossero già tutti grandi combattenti; la donna ancora non capiva dove quell’uomo fosse riuscito a trovare tutta quella gente, favori? Ammirazione? Voglia di sangue? Ma decise di non farsi domande, poteva fidarsi ciecamente delle risorse del fedele Archivista. Ci vollero almeno altri due giorni per poter affermare che le truppe fossero pronte. Tutti ora possedevano la loro corazza da Blade e tutti avevano completato il loro giuramento ma, anche se pronti, del Sangue di Drago nessuna notizia. Un messaggero era giunto all’alba del terzo giorno per informare della caduta di Solitude, ma di Windhelm ancora niente. Che non avesse trovato il coraggio di attuare quel tradimento? No era impossibile, l’uomo che conosceva non si sarebbe fatto mettere i piedi in testa come un tempo da simili sentimenti, la sua ambizione era più forte. Poi il quinto giorno arrivò e la notizia si sparse come una macchia d’olio sopra un foglio bianco. La vecchia capitale di pietra era ora sotto il controllo del Dovahkiin e l’amministrazione era stata data ad un certo Brunwulf Libero Inverno che aveva colpito molto il "Nord dall’anima di drago" ed era stato nominato così Jarl del feudo dell’Eastmarch, le truppe dei Manto della tempesta si arresero davanti ai draghi che assediavano la città e nessuno osò protestare davanti a quel devastante potere. L’altra fase del piano poteva cominciare. Delphine, davanti l’entrata del Tempio, sulle colline rocciose del Reach dove prima vivevano un gruppo di Rinnegati, trucidati precedentemente, si ergeva al di sopra di 400 Blade pronte a dare la vita per quel futuro promesso. Con un respiro profondo, la donna prese coraggio e iniziò il suo discorso.

“Soldati del Sacro Ordine delle Blade! Figlie e figli di Talos! Ascoltate il vostro Gran Maestro!” La sua voce tuonante caricò le truppe che si diedero ad un urlo pieno di adrenalina “A lungo abbiamo atteso il tempo della rivalsa, mi ritrovo ora davanti al nucleo di un forte e nuovo Ordine che sarà in grado di mostrare a tutti la sua vera potenza! Ci siamo lasciati indietro molte delle nostre antiche tradizioni per poter risorgere ma questo è il tempo delle rivoluzioni e del cambiamento! I maledetti Thalmor infestano da troppo le terre di questo magnifico continente, quei cani hanno insozzato con le loro idee piene di superbia ed arroganza la straordinaria cultura dell’Impero! Hanno massacrato e torturato amici e famiglie innocenti e reso schiave donne e bambini di qualsiasi razza non fosse la loro. Ed infine hanno ridotto il nostro Ordine a niente sconfiggendoci. Ma solo sconfitto, non distrutti! Ora io accolgo voi come nuovi membri delle Blade e vi annuncio che, come primo compito, vi sarà dato l’onore di fare il primo grande passo verso la gloria. Inizieremo infatti dando un messaggio al Dominio Aldmeri e a tutto il fiero popolo di Skyrim! Marceremo verso l’ambasciata del Dominio e la raderemo al suolo!” Un boato carico di gioia e ferocia si innalzò al sentire quelle parole, Delphine attese che quella accozzaglia di urla calasse per poter continuare “I Thalmor dovranno tremare al pensiero che il loro antico nemico sia ancora in circolazione e pronto ad azzannarli! Perché ora abbiamo finalmente la nostra guida. Il Sangue di Drago è tornato ed il Dominio dovrà solo implorare gli dei affinché il Dovahkiin abbia pietà di loro! Ed ora vi domando, siete con me!?” Un boato si levò al cielo, mentre il sole illuminava le scintillanti armature di fattura Akaviri “Allora andiamo! Verso l’Ambasciata!”
L’esercito si compattò ed Esbern ne prese la guida in sella al suo cavallo guidandoli in marcia verso l’Haafingar. Delphine guardò malinconica l’elmo delle Blade prima di infilarselo, ricordò tutte le reclute che nella Grande Guerra persero la vita in modo atroce e ricordò Chorul e Magda, ma non nel momento della loro morte ma come quando sorridenti affrontavano insieme le avversità, li sentì accanto a lei in quel momento. Salì in groppa al suo cavallo nero e a bassa voce, come se i suoi compagni di una vita potessero udirla disse: “ragazzi, il vostro ricordo vivrà per sempre in me ed ora datemi la forza di abbattere i vostri carnefici!” poi dando qualche colpetto al suo destriero trottò a capo delle nuove Blade come Granmaestro. Tutto procedeva secondo i piani.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Crudeltà Thalmor ***


Lo sentiva. Gli spiriti dei sottomessi reclamavano la sua anima. Molto male aveva causato nella sua vita, lo sapeva, ma lei amava farlo. Fin dai giorni della sua vita da soldato, lei adorava far soffrire e sentire la gioia del comando, di avere potere decisionale sulla vita, di essere un Giudice. Ecco, essere un Giudice. Ogni Giudice Thalmor aveva il compito di decidere qualsiasi pena verso il condannato, erano bravi nel far rispettare la legge Altmer nel Continente. A loro non importava cosa tu avessi fatto, se ti sospettavano di tradimento il Giudice aveva il dovere di eseguire la sentenza sul posto. Nessun processo, nessun giurato, nessuna sentenza, solo il boia dalle orecchie a punta che trucida il colpevole.
Il Dominio Aldmeri è potere e nessuno deve mai mettersi contro il potere. Rinato dalle ceneri del precedente Dominio, il partito Thalmor ha ben presto ottenuto rispetto all’interno della politica interna della neo Alinor e il concentramento sulla ricerca militare ha garantito al popolo Altmer la giusta spinta verso la gloria. Dopo i disordini interni, ottenere l’Indipendenza dall’Impero fu una passeggiata, dopotutto se ci erano riusciti gli sporchi popoli di Argonia perché la razza perfetta non avrebbe dovuto? Inoltre i tempi erano maturi e i giovani Elfi Alti avevano acquisito destrezza nel dominio delle creature dell’Oblivion e nelle arti militari.
In molti sottovalutavano quel popolo, nessuno riusciva a fiutare con le loro subdole spie il pericolo che si celava tra le forze Altmer.
Solo un gruppo lo comprese, Le Blade.

Discendenti degli invasori Akaviri, quest’Ordine non si limitava solo ad essere la forza militare d’elite dell’Imperatore, essi ricoprivano molteplici ruoli: Fabbri, ricercatori, cacciatori, spie, assassini, soldati, loro erano le mani e gli occhi dell’imperatore Sangue di Drago su tutto il continente. Le Blade ingaggiarono una guerra tra le ombre contro i Thalmor cercando di prevenire il loro inevitabile conflitto con l’Impero. Ogni agente delle Isole Summerset e di Valenwood non riposava mai, ogni giorno cercavano di provocare attentati alle vite dei diplomatici Thalmor o di distruggere una possibile arma letale. Gli elfi però non si diedero per vinto e con la calma misero in atto la giusta punizione per quei miseri e deboli uomini: La Grande Purga.
Nacquero i Giudici Thalmor, potenti Spade Stregate ed Evocatori di creature dell’Oblivion che radunarono in men che non si dica un buon numero di affiliati pronti a dare la caccia alle sciocche Blade. Una ad una furono catturate e relegate nelle vaste prigioni di Alinor. I Giudici furono anche attenti a non lasciar trapelare qualsiasi informazione riguardasse quel rastrellamento all’Alto Comando delle Blade a Bruma. Dopotutto lo aveva detto anche il Gran Giudice Supremo Naarifin: doveva essere una squisita sorpresa per sua Maestà e una dolorosa ferita al cuore per l’Ordine. Mentre la Dominazione Aldmeri cresceva sempre più con l’annessione di Elsweyr, l’Impero si indeboliva pericolosamente fino a giungere al momento dell’attacco. Il 30 della Gelata 4E 171, ebbe inizio la decisiva disfatta del regno degli Uomini che si concluse con il Concordato Oro Bianco. La dignità degli uomini era stata incenerita, l’eresia del loro Dio era stata ammessa e il loro “Impero” era divenuto uno stato cliente del Dominio.
Mancava solo una cosa da fare: Eliminare coloro che avevano osato sfidare per primi il diritto degli Altmer su Tamriel.
Fu così che continuò la Grande Purga. Il Tempio del Signore delle Nubi venne attaccato e i suoi abitanti seviziati. Le ceneri salivano tra le cupe nuvole di quel giorno. In quella spedizione punitiva tra i giudici addetti alla tortura emerse la figura della più sadica elfa mai esistita. Sanguinaria, amante delle grida e delle sofferenze altrui, Elewen risultò essere la torturatrice più esperta dell’intero esercito. A lei vennero affidati gli incarichi più delicati come la tortura del giovane figlio dello Jarl di Windhelm Ulfric, grazie a questo i Thalmor riuscirono ad aggiudicarsi molte informazioni e a far passare il seme del dubbio nella testa di Ulfric. Elewen infine riuscì a diventare Ambasciatrice dei Thalmor a Skyrim dopo il terribile Incidente di Markhart. L’obiettivo era riuscire a trovare nuovi alleati per il Dominio ed indebolire la regione. La Guerra Civile scoppiata grazie ad Ulfric si dimostrò un’ottima opportunità e quindi l’unica cosa che bisognava fare era mantenere quella guerra e uccidere il maggior numero di adoratori di Talos. Tutto procedeva per il meglio se non fosse stato per lui.

Elewen capì già dalla prima volta che lo vide che quel Nord sarebbe stato un pericolo per i suoi piani ma non avrebbe mai immaginato quello che realmente accadde.
Liberazione di prigionieri, intrufolamento all’interno dell’ambasciata con conseguente omicidio di personale, la fine della guerra ed infine l’affronto più grande. Il suo esercito formato da Blade che teneva sotto assedio la fortezza dell’ambasciata dove ora Elewen sentiva la sua fine sempre più vicina.
Odio puro cresceva sempre di più dentro lei, un odio generato da un essere che ora a stento poteva considerare un uomo. A Hrotghar lo aveva lasciato come qualcuno terrorizzato dalle scelte, terrorizzato di non fare la cosa giusta, di dire la cosa sbagliata. Lui ora era qualcosa di più, di inarrivabile. Poteva considerarlo con una punta di eresia... un semidio.
Le mura tremavano mentre lei frettolosamente cercava di prendere più documenti possibili dal suo ufficio. Ne prendeva uno e via nella sacca. Un altro e via nella sacca. Ansimava. Un fiatone uscito fuori per la paura. Doveva andarsene immediatamente e raggiungere Ondolemar a Markarth, lì sarebbe stata al sicuro. Altre esplosioni, i maghi delle Blade stavano creando un pandemonio, in quella stanza echi lontani di grida e di urla cariche di ferocia raggiungevano la tremolante elfa. Avrebbe voluto più tempo, ma di tempo non c’era. Lanciò delle rune esplosive vicino l’ingresso. Avrebbero dovuto faticare per il suo cadavere e lei si sarebbe fatta sudare, questo era certo. Sentiva le pesanti armature con il loro assordante rumore metallico essere sempre più vicine e, come esse si avvicinavano, così nuove strazianti urla elfiche si levavano nell’aria di cenere e zolfo. Elenwen sentiva che il soffitto non avrebbe retto a lungo e che erano solo questioni di minuti prima che la Vendicativa avrebbe sfondato il portone, quindi non poté fare altro che bruciare il resto dei documenti dell’ufficio. Una fiamma calda come l’inferno uscì dal palmo dorato dell’Altmer e incenerì anni di ricerche, di sentenze e di importanti informazioni sul Dominio. Nessuno dovrà mai sapere di quelle e non sarebbero mai finite in mano al nemico, meglio ridurle in cenere invece! Ora poté scappare. Scese di corsa le scale che portavano alle prigioni e alla sala di tortura. Cercò le chiavi della botola che tempo addietro aveva permesso la fuga del dannato “draghetto” che ora voleva la sua testa. Non le trovava. Senza pensarci su due volte sfondò il pavimento con un grido tutt’altro che normale ma pieno di disperazione. La via era lì! Ora poteva fuggire!

Ma non riuscì.

Qualcosa l’aveva sbalzata con forza contro il muro rompendogli qualche costola. Il dolore si sovrappose alla rabbia e le urla furono la sola cosa che riuscì a fare uscire dalla suo bocca. Alzò gli occhi dal polveroso pavimento cercando di capire cosa l’avesse colpita. Distinse sei figure, e mano a mano che la vista andava a fuoco riuscì solo a farle crescere l’angoscia a causa della sua fantasia che stava diventando realtà.
Il forte urto che la colpì era in realtà una poderosa spallata di una rabbiosa cagna umana, anzi della regina di tutte le cagne: Delphine.
La Blade si ergeva imponente sulla dolorante Thalmor e quest’ultima riusciva a sentire ogni tuono proveniente dagli occhi fulminanti che la fissavano. Non ci furono parole, solo fatti, ed infatti veloce come un lampo un calcio colpì Elenwen sul viso rompendogli qualche dente, poi venne presa dal colletto impreziosito d’oro da luride mani sporche di sangue elfico e venne scaraventata sul pavimento verso le altre figure.

"PENSAVI DI SCAPPARE!?" L’urlo di Delphine fece tremare di paura anche le altre Blade intorno, la sua voce infatti era simile al ruggire di una fiera pronta a sbranare la sua preda e a non voler condividere il proprio pasto con nessuno "Guardati! Un tempo con il tuo ego e la tua crudeltà schiacciavi i deboli. Ed ora? Strisci come il verme che sei!"

Elenwen non disse nulla. Anzi sarebbe meglio specificare che non riusciva a sentire nulla. La botta in testa di prima l’aveva così stordita da non farle riuscire più a distinguere i suoni, poi alzò lo sguardo verso l’alto e un ghigno le nacque in volto
"Tutto… è inutile" faceva fatica anche a parlare "ho già avvertito Ondolemar… presto sarà qui con tremila Thalmor pronti… a divorarvi!" Elenwen notò una scintilla di paura su Delphine e vide che le Blade intorno incominciavano a fissarsi come se con i loro sguardi potessero instaurare una silenziosa discussione "Avete perso miserabili insetti!"

Delphine ordinò di legare l’ambasciatrice del Dominio e di portarla su un carro e così fecero. Mentre veniva portata con la forza fuori dai suoi uffici, Elenwen vide con i suoi occhi le fiamme che avvolgevano le rovine di quella che, fino a poche ore fa, si presentava come una gloriosa fortezza. I corpi dei suoi sottoposti marcivano nella nuda terra e l’aria era pregna di fumo che rendeva difficile respirare, la sala dei ricevimenti dove era solita preparare sontuosi banchetti era ora un cumulo di macerie. Era insolito che un gruppo di soldati potesse creare una tale distruzione, chi era capace di tanto potere? Cercò però poi di non pensare a simili inerzie, tra poco sarebbero tutti morti e lei libera di torturare uno ad uno tutti i suoi aguzzini.
Il gelo di Skyrim riuscì a farla riprendere un po’, il sole era oscurato da nubi nere di fiamme e il contrasto con il panorama innevato era molto forte, e in quel paesaggio Elenwen non aspettava altro che la macchia nera delle truppe di Ondolemar, che avevano già avvistato l’esercito delle Blade avvicinarsi all’ambasciata giorni prima. Era solo questione di momenti. Prima di mettere piede sul carro dei prigionieri, Elenwen sentì un rumore assordante vibrare nell’aria, tutti lo sentirono. Era simile ad un forte stridio ma più profondo e rauco, era simile ad un urlo. Alla fiera ambasciatrice Thalmor a quel suono si sentì mancare. Possibile fosse lui?

La paura divenne certezza. Uno stormo di draghi apparve dalle nuvole cineree urlando le loro arcaiche parole, in testa un drago rosso che si distingueva in quella macchia di bestie oscure. Ben presto circondarono i cieli dell’ambasciata e il grido di vittoria degli eserciti delle Blade onoravano il comandate di quei soldati alati. Il drago rosso atterrò generando un tonfo che alzò il nevischio sul terreno e dal suo groppo scese la più grande disgrazia che gli elfi avessero mai potuto vedere dai tempi di Tiber Septim. Quel Nord, acclamato dalle Blade quasi come una divinità, si avvicinò alle sue truppe gridando tre Parole del Potere.

"YOR TOOR SHUL!"

E una vampata di fiamme, calde come quelle dell’Oblivion, uscì come un soffio dalle bocca di quell’individuo. Diede spettacolo per tutti i soldati che avevano combattuto in quella sanguinosa battaglia con una dimostrazione di forza, poi si voltò verso Elenwen guardandola compiaciuto proprio come si guarda un perdente.

"Bane…" quel nome le uscì fuori come vomito.

"Elenwen. Noto che finalmente ti hanno messa al tuo posto"

"Maledetto! Dov’è Ondolemar!?"

"Intendi quell’elfo che ha provato ad intralciare la mia armata e che si è messo a piangere come una puttana gridando di risparmiargli la vita? Un attimo…" Bane prese una sacca che aveva con sé e tirò fuori qualcosa lordo di sangue "ecco digli ciao"

Il disgusto stava facendo vomitare la Thalmor mentre guardava impotente la testa sanguinante e crucciata a causa del dolore inflittogli nel momento della morte di Ondolemar "Non posso crederci… Ondolemar…"

"Vedi? Ecco! Guardati intorno e ammira la sua testa! Questa è la punizione per tutta la sofferenza che voi avete causato in queste terre e in tutta Tamriel. Questa è la punizione per tutti quelli che provano a sfidarmi"
Forse per la prima volta nella sua vita Elenwen pianse lacrime di terrore.

"Portatela al Tempio" ordinò il Sangue di Drago "torturatela per un mese intero. Giorno e Notte. Poi inviate la sua testa ad Alinor"
Le Blade lì vicino si inchinarono e portarono via Elenwen. Intanto Delphine raggiunse il Dovahkiin "Sangue di Drago. Grazie… credevo di essere spacciata e invece ironicamente devo ringraziare questi draghi di cui nemmeno mi fidavo… ma ora qual è il
prossimo passo?

Bane la guardò con uno sguardo rilassato e compiaciuto "Manda un corriere ad ogni Jarl di Skyrim, li riuniremo a Whiterun. Credo sia giunto il momento di discutere con loro dell’invasione"
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Il Barbagrigia ***


I gelidi venti invernali soffiavano forti sulla cima della Gola del Mondo. Dove fino a poco tempo fa viveva la più possente e nobile creatura che fosse mai vissuta, ora una grande tomba fatta di ossa, antiche come la terra stessa, si ergeva vicino ad un muro della Parola distrutto. Un uomo, anzi, un vecchio era inginocchiato in preghiera davanti alla tomba appartenente a quello che era stato il capo del suo Ordine. I Barbagrigia, maestri nell’antica arte nordica della Voce, vegliavano sulle gelide terre di Skyrim dalla cima di quella montagna. Il compito che gli fu affidato dal loro fondatore, Jurgen Windcaller, era insegnare l’uso della lingua dei draghi ai più meritevoli e, in caso fosse apparso, guidare il portatore del sangue di drago nella via che gli dèi avrebbero voluto per lui. Quell’uomo in preghiera in effetti era riuscito nel compito assegnatogli.
Egli ricordava ancora quando, negli ultimi istanti di vita, il Maestro Jurgen lo aveva ammonito su qualcosa che stava al suo allievo scoprire. Il vecchio ricordava ancora l’oscurità di quella notte, una notte così calma come non lo erano mai state in una vita intera. Ricordava che era stellata, come se gli dèi creatori stessero per ritornare attraverso quegli squarci luminosi, per rendere omaggio all’uomo che li aveva adorati con la voce più dolce e potente di qualsiasi altro mortale. Anche la neve aveva smesso di cadere, come se qualcuno avesse spazzato via il caos della tormenta lasciando solo cieli limpidi.
La dura stanza di pietra nera accoglieva tra le sue braccia, sopra un letto anch’esso della medesima pietra, il corpo la cui anima stava per lasciare il Mundus per recarsi nel luminoso Aetherius. Gli adepti erano riuniti in preghiera, intonando Parole del Potere. Solitamente una sola di quelle Parole avrebbe fatto tremare la Montagna stessa, ma una grazia divina aveva impedito alle rocce di sgretolarsi e alla terra di tremare. All’improvviso, dal lungo corridoio nero, quattro adepti erano arrivati con una branda per trasportare il sacro moribondo, una branda povera senza fronzoli o chissà cos’altro; austera, come lo era tutto in quel posto.
Le porte del cortile di Hrothgar Alto si erano spalancate, per lasciar passare un piccolo corteo di uomini incappucciati, che con riverenza stava trasportando il Maestro verso la sommità della Gola del Mondo. I venti, che tempo prima avevano soffiato contro le scoscese pareti, in quel momento avevano taciuto in rigoroso silenzio. Jurgen il Calmo era stato, tra i Nord, colui che aveva compreso il vero uso della Voce, lo aveva reso degno della stima della natura stessa e soprattutto di Kyne, colei che per prima aveva avuto pietà degli uomini, insegnando loro il Thu’um. Jurgen aveva vissuto abbastanza da comprendere i suoi errori, e capendo la verità non solo era divenuto il più meritevole, ma anche il più potente tra gli utilizzatori delle Parole del Potere. Quando il corteo era arrivato in cima, Jurgen si era alzato con le ultime forze rimaste. Sorreggendosi in piedi, grazie all’ausilio di un bastone, si era messo davanti il muro della Parola che maggiormente rappresentava il cambiamento: Yol. In effetti un cambiamento stava per avvenire, qualcuno avrebbe dovuto prendere il posto del Maestro.
- Amici – aveva esordito Jurgen, con una voce flebile ma profonda – Siamo riuniti qui oggi nell’esatto punto dove il mio antenato, Felldir, ed i suoi due compagni scacciarono il Tiranno via da Nirn. Qui io voglio darvi il mio addio e scegliere il prossimo capo dell’Ordine dei Barbagrigia. -
Tutti rimasero in silenzio. Il vecchio ricordava anche che, durante quel lungo silenzio, si poteva sentire il respiro di ognuno di quei che al tempo furono presenti, persino i battiti del loro cuore.
- La mia anima reclama il suo agognato riposo, ma prima voglio presentare colui che ho scelto per essere il mio successore, egli è stato il mio allievo più testardo e più fedele – in quel momento, coloro che avevano reputato di combaciare con quella descrizione si erano impettiti ed avevano atteso speranzosi, ma fu lì che era accaduto l’impensabile.
Dalla punta della montagna, una figura colossale era volata sopra le loro teste e con un enorme boato si era appoggiata sopra il gigantesco muro di pietra. Un drago si era levato, fiero, coprendo la luce delle due lune con le sue ali ed oscurando quasi del tutto i presenti.
- Lui sarà il vostro capo, il suo nome è Paarthurnax. -
Il silenzio era stato rotto dai bisbigli dei presenti, ma Jurgen era riuscito a riportare la calma.
- Comprendo i vostri dubbi, ma vi prego fidatevi di lui. Ha dato la possibilità a noi uomini di imparare la più potente tra le lingue, ha compreso i suoi errori e quelli di suo fratello e si è sempre dimostrato consapevole della sua natura cercando continuamente di combatterla. Fu lui il mio maestro ed io fui il suo. La Via della Voce lo ha plasmato nel mio degno erede ed ora vorrei che lo ascoltaste, perché cose molto importanti ha da dire. -
L’enorme bestione aveva iniziato a parlare.
- Drem Yol Lok -
- Drem Yol Lok! – avevano ripetuto gli adepti, salutando il loro nuovo capo.
- Voi siete tutti potenti Bron, Nord. Però non sarete in grado di scongiurare un terribile fato che mio bormah, mio padre, Akatosh mi ha rivelato. Un grande dez, un destino, attende quattro di voi. Vi sarà data una benedizione e vivrete molto più degli altri jun, degli altri umani. Un potente kendov, un guerriero, giungerà qui alla nostra strunmah. Sarà compito di questi quattro aiutarlo nella sua impresa, ma prima di costui giungerà un'altra grande sil, anima. Tutti e due Dovahkiin, Sangue di Drago. Il primo sarà il fautore di un potente Impero ma il secondo sarà l’ultimo del suo genere. Questo jun sarà il braccio degli dèi. Chi di voi sono degni di un tale onere? -
- A questo posso rispondere io – aveva detto Jurgen con la sua voce flebile – Arngeir, Borri, Einarth e Wulfgar. Fatevi avanti. -
Il più giovane fra gli adepti si era fatto largo insieme agli altri tre compagni, e insieme si erano inginocchiati.
- Drem Yol Lok – Paarthurnax aveva salutato i quattro adepti della Via della Voce – Migliaia di anni di segregazione e sventure attendono voi e il Mundus intero. Quando però i figli del dio torneranno a solcare il lok, la forza del Dovahkiin risuonerà nella terra dei padri e l’antica profezia sarà compiuta. Io vi assisterò in questo arduo compito. Che gli dèi siano con noi. -
Jurgen, ormai prossimo alla morte, si era steso sulla neve. Il suo letto di morte sarebbe stato la terra innevata stessa. Gli occhi gli erano diventati pesanti, ma prima di spirare si era rivolto un’ultima volta ai quattro adepti.
- Barbagrigia, respirate e concentratevi. La Via della Voce renderà chiaro il vostro cammino. -
Passarono migliaia di anni da quel giorno. Jurgen era stato seppellito, insieme al suo corno, in un tumulo vicino la capitale di Skyrim, la sua città natale, Solitude. Quella era stata l’ultima volta in cui la gente di Hrothgar Alto calpestò un terreno che non fosse quello della Gola del Mondo. Il Nirn mutava e così anche gli uomini, ma i Barbagrigia sopravvisero al tempo e, immutabili, attendevano l’ultimo Dovahkiin.

FUS.

Nella Quarta Era di Tamriel, dopo secoli dall’ultimo Sangue di Drago, una Parola del Potere fu pronunciata. La forza. Essa fu il segnale.
I quattro scelti di Windcaller si riunirono nel nero atrio del Monastero, ognuno posizionato in un punto cardinale, e si concentrarono per Urlare il Richiamo. I tre più vecchi avevano ottenuto, nel corso dei secoli, una Voce così potente che perfino il loro semplice sussurrare causava una piccola scossa; in quel momento tutti e quattro dovevano invocare il Sangue di Drago.

- DOVAHKIIN!

La benedizione della dea Kyne protesse l’intera provincia da terribili catastrofi. Tutti avevano udito quel nome, in tutta Tamriel nobili e poveri avevano sentito l’invocazione di un eroe leggendario. Il boato aveva raggiunto anche le distanti isole di Alinor.
Il vecchio, immerso completamente in quei ricordi ormai lontani, si destò come da un sonno profondo quando sentì la neve dietro di lui essere calpestata da qualcuno. Solo un altro mortale poteva essere arrivato fin su la cima della Montagna.
- Il Drago del Nord – esordì il vecchio.
- Maestro Arngeir – salutò Bane.
Per una manciata di secondi che parvero ad entrambi un eternità, i due si squadrarono.
- Perché sei qui, Sangue di Drago? -
- Per dare spiegazioni. -
- Mi dispiace. Le tue giustificazioni sono inutili. -
- Paarthurnax era il mio amico più fidato, Arngeir. Credi davvero che non l’avrei fatto se non fosse stato così importante? -
- Cosa sei diventato? Un tempo eri così volenteroso di apprendere la Via della voce, quando sei giunto qui riuscivo a vedere le fiamme ardenti di chi voleva dimostrare al mondo la propria bontà, la propria rivalsa contro il passato, nei tuoi occhi. Adesso… aspetta… i tuoi occhi... ora c’è qualcosa di strano. Sento provenire da te una presenza molto più potente e… divina. -
- Ero venuto qui per questo, per darti spiegazioni, Maestro. -
Bane raccontò tutto quello che aveva fatto da quando aveva lasciato Hrothgar Alto nella sua ultima “visita”. Non tralasciò nemmeno un particolare, in alcuni punti del racconto Angeir si permise anche di fare una smorfia disgustata e vari sguardi di apprensione. Poi giunse a dirgli quello che aveva trovato ad Apocrypha, il Mondo/biblioteca di Hermaeus Mora, Principe Daedrico del Fato e del Sapere. Soprattutto gli raccontò ciò che aveva ottenuto sotto l’accademia di Winterhold, qualcosa che nessuno si sarebbe mai aspettato di trovare sotto una costruzione del genere.
- Oh divino Akatosh – esclamò Arngeir dalla sorpresa – quindi adesso hai… -
- Esattamente, Maestro – rispose Bane – il potere di Magnus è in me, il potere supremo mi appartiene ora. -
Il cielo tuonò violentemente, come se gli dèi volessero controbattere a quella affermazione.
- Magnus, colui che ha edificato il Piano Mortale imprigionato da un mago... - rimuginò Arngeir.
- Magnus tentò anche di liberarsi dopo che Shalidor lo ebbe sigillato sotto l’Accademia. Quella volta ci fu il Grande Crollo di Winterhold Io sono riuscito a spezzare quel sigillo. Questo dimostra che ciò che definiamo dei possono essere domati, Maestro! -
- Come osi bestemmiare in un luogo sacro!? Eresia! – per la prima volta dopo millenni, Arngeir alzò il volume della voce. Ci fu un piccolo crollo di rocce dalle pendici della Gola del Mondo.
- Maestro devi credermi. Usa i tuoi doni per me. Molag Bal ha fatto un grande torto verso la mia persona e va punito. Volevo spiegarti chel’unico modo che avevo per fronteggiare il Signore della Dominazione a pieno potere nell’Oblivion era quello di avere io stesso una potenza divina. Allo stesso tempo, dovevo sottomettere al mio volere il trono di Nirn: la Torre di Oro-Bianco. Mi serviva un esercito ed un sacrificio per eliminare il sigillo che imprigionava Magnus. Paarthurnax, dopo che ebbi sconfitto Alduin, era riuscito a piegare con il suo Thu’um la maggior parte dei draghi al suo dominio e purtroppo solo la sua morte mi avrebbe dato il giusto vantaggio, tra cui il controllo dei draghi… -
Gli occhi di Arngeir erano due pozze di dolore. Sentire quelle parole fuoriuscire dallo strumento degli dèi era come se mille lame lo stessero trafiggendo. Per aspettare il suo arrivo, lui e gli altri tre suoi confratelli avevano sopportato migliaia di anni di sacrifici ed ora era questo il risultato.
- Akatosh aveva predetto… - stava per continuare quando Bane lo fermò.
- Akatosh è solo un bambinone che gioca a fare il dio! -
- Ancora eresia… la tua insolenza non conosce limiti, Sangue di Drago? -
- Maestro non capisci? Qualcosa di grosso sta per accadere, lo sento. Prima però devo sistemare quel bastardo di Molag Bal e fargli pentire di avermi sfidato. -
Arngeir fissò ancora una volta il suo allievo – Vuoi sfidare un Principe Daedrico? Vorresti sfidare un tuo Patrono? -
Bane sorrise – No, dato che non sono io il campione di Molag Bal, diciamo che si è accorto del mio potere e ha deciso di tradirmi. -
- Molte altre cose meriteresti per le tue affermazioni. Ora vattene! -
- Va bene Maestro, volevo aprirti gli occhi alla verità ma vedo che la tua ottusità è più forte. Presto Tamriel sarà mia e spero che quando giungerà quel momento tu capisca i tuoi sbagli -
- Vorresti tentare anche tu l'impresa di Talos adesso!? Non volevi puntare più in alto o sbaglio? -
- Non sbagli. Vedi il fatto è che Molag mi ha reso il compito di abbatterlo molto più difficile. Il suo Campione è proprio il nuovo Reggente di Cyrodill e attuale capo dei Thalmor, successore ed ex braccio destro del defunto Lord Naarifin, il Gran Giudice Mar. Lui è il mio bersaglio ed ora si trova nella Città Imperiale. Quella città cadrà in mano mia, e con lei tutta Tamriel. -
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3623133