Serendipity

di _Magica_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** May we meet again -Parte prima ***
Capitolo 2: *** May we meet again- Parte Seconda ***
Capitolo 3: *** May we meet again -Parte terza ***
Capitolo 4: *** Deep in your heart ***
Capitolo 5: *** In front of your eyes ***
Capitolo 6: *** Right in your life ***
Capitolo 7: *** Away from my fate ***
Capitolo 8: *** I see you- Parte prima ***
Capitolo 9: *** I see you - Parte Seconda ***



Capitolo 1
*** May we meet again -Parte prima ***


 

5 anni prima

 

Quella mattina del 20 dicembre Clarke la passò cercando all'ultimo minuto i regali che le mancavano.

 Aveva appena scovato in fondo ad un negozio un paio di cuffie enormi e stravaganti che avrebbero fatto impazzire Jasper ed un libro che sarebbe piaciuto sicuramente a Wells. Per gli altri aveva, più o meno comprato tutto;  le mancava solamente il regalo per Finn, il suo ragazzo, e non aveva in mente niente di adatto.

 Non che non fosse una cosa seria, la loro storia, però non sapeva proprio cosa cercare. Vagò senza meta per negozi un'altra mezz'ora alla ricerca di qualcosa, qualunque cosa.

La cosa brutta è che non conosceva così bene i gusti di Finn, e la cosa ancora più brutta è che non aveva molta voglia di farlo. La loro relazione era particolare e Clarke non riusciva ad immaginare qualcosa che sarebbe piaciuto a Finn, sebbene stessero insieme da un anno.

 Non poteva neanche non comprargli nulla, perché sicuramente non l’avrebbe presa bene.

Così Clarke Griffin, 19 anni, aspirante psicologa, passò la mattina di quel 20 novembre sperando di trovare qualcosa tra i negozi ormai svaligiati.

 Era appena tornata dal college, moriva dalla voglia di tornare a casa a godersi la compagnia della sua famiglia e dei suoi amici, e sicuramente non impazziva all’idea di girare e rigirare alla ricerca di qualcosa di inesistente.

 Sbuffò sonoramente mentre tentava nell'ennesimo negozio di vestiti, sicura di non trovare nulla. Una volta dentro, sorpresa dal caldo del condizionatore, si sfilò i guanti.

"A proposito di guanti..." penso fra sé e sé mentre adocchiava l'ultimo paio di guanti neri in sconto appesi vicino alla cassa.

Quelli che si sarebbero andati bene per Finn. Niente di troppo romantico o troppo appariscente.

Si avvicinò velocemente facendosi largo tra la folla di persone e li afferrò. Nello stesso istante in cui allungava la propria mano, un'altra entrava nel suo campo visivo afferrando lo stesso articolo.

 << Mi scusi, io …  >>  iniziò la ragazza.

 I suoi occhi, cielo e ghiaccio, ne incontrarono un paio ebano e ossidiana.

 Appartenevano ad un ragazzo alto, dai tratti orientali e lo sguardo sorpreso.

Senza lasciare la presa sull'articolo il ragazzo moro dagli occhi ossidiana si sporse verso la cassa per chiedere se ne avessero un altro paio. La cassiera gli sorrise languidamente e, dopo avergli lanciato una lunga occhiata e un occhiolino, gli disse di non poterlo aiutare e che quello purtroppo era l'ultimo.

 Entrambi i ragazzi sbuffarono.

Clarke sospirò e porse i guanti al ragazzo moro dagli occhi ossidiana.

<< Li prenda lei >>

Egli si passò una mano tra i capelli mentre cercava di rifiutare.

<< Nono, non c’è problema, li prenda lei >>

<< Veramente … non si preoccupi, troverò qualcos’altro >>

 

Passarono qualche minuto a discutere. Quella che era iniziata come una semplice questione di gentilezza degenerò pian piano. Entrambi erano agitati: gli occhi fissi negli occhi, le braccia incrociate al petto, mentre si spiegavano a vicenda quali fossero le motivazioni per cui l’altro aveva più  bisogno di acquistarli.

 Fino a che un signore sulla sessantina si sporse per afferrare i guanti che i due, troppo impegnati a discutere, avevano lasciato appesi.

<< No!! >> dissero all’unisono.

Poi il ragazzo moro con gli occhi ossidiana con fare garbato e un sorriso divertito sulle labbra disse all’uomo che la ragazza di fronte a lui stava giusto per acquistarli.

 Così Clarke prese i guanti e si diresse alla cassa per pagarli.

 Poi ritornò da lui, aprì la confezione, e gli diede uno dei due guanti.

 Egli la guardò sorpreso, poi un ghigno divertito gli attraversò lo sguardo.

 Era molto affascinante: il portamento disinvolto, il fisico slanciato e il volto marmoreo ( questo spiegava lo sguardo rapito della cassiera); però aveva anche qualcos’altro, di profondo e indescrivibile, che riusciva a calamitarla verso i suoi occhi.

<< Lo sai che adesso né io né tu riusciremo a fare il regalo? >>

 Il ragazzo lo disse con voce seria, ma continuò a sorridere come se non riuscisse a smettere.

 Clarke sospirò esageratamente, sorridendo sua volta << Me ne farò una ragione >>

Allora lui rise e fece un profondo inchino con fare teatrale

<< Come posso ora sdebitarmi con lei, dopo che mi ha regalato un guanto assolutamente inutile? >> Continuò a sorridere.

 E ci fu qualcosa in qual sorriso, qualcosa di così magico e dolce, di così intenso e intrigante che Clarke non poté che sorridere di nuovo. << Beh...vediamo. Potresti offrirmi qualcosa alla gelateria qui affianco >>

 Ripensandoci, neanche lei saprebbe perfettamente cosa la spinse a farlo. Ma sentiva di condividere con quel ragazzo, pur non sapendo chi fosse, forse solo istintivamente, magari sconsideratamente, un legame tremendamente profondo.

 

                                                                     ***

 

<< Come sei entrata la prima volta in questo posto? >>

<< Mi attirava il nome, è una delle mia parole preferite. >>

<< ‘’Serendipity’’ eh? >>

<< Sì! Significa ‘’incontro fortunato >>

Lo disse quasi inconsapevolmente ma, appena le parole ebbero lasciato le sue labbra, i suoi occhi limpidi e brillanti si fissarono in quelli profondi e burrascosi di lui che le sussurravano qualcosa di indecifrabile.

 

Esiste l’anima gemella?

 

<< E’ tutto basato sul destino. Non fraintendermi, non è che non abbiamo scelta, solo che lui ci mette in mezzo alla strada dei piccoli segni, e dalla nostra capacità di coglierli dipende la nostra felicità >>.

<< Come Bacco ed Arianna! >>

<< Esatto! Come Newton con la mela! >>

<< Oppure Bellamy con i guanti >>

Clarke lo guardò curiosa. Il ragazzo moro dagli occhi ossidiana sorrise misterioso e si sporse sul tavolo verso di lei.

<< Dai! E’ una leggenda molto famosa. Parla di un ragazzo Bellamy che, entrato in un negozio per cercare dei guanti, in un momento di massima sendipità o serendipitezza … come si dice, incontra una bellissima e affascinante ragazza, che però ha un fidanzato >>

 La guardò sospetto, il sorriso furbo e gli occhi profondi. Clarke trattenne il respiro. << Ce l’hai il ragazzo, vero? >>

Ella abbassò gli occhi scuotendo la testa divertita.

<< Si, ce l’ho >>

Egli sembrò quasi dispiaciuto.

<< Tu invece, ce l’hai la ragazza? >>

Egli scattò sedere sul posto, come risvegliato dai pensieri in cui si era perso.

<< Sisi, certo che ce l’ho >>

 

 

                                                                       ***

Nessun gelato era mai stato più buono. Non si era mai sentita così con nessuno, così completa, così compresa... era strabiliante.

Conosceva il ragazzo da qualche ora eppure le sembrava impossibile che non si conoscessero da una vita intera.

 Non si spinsero oltre, non ce ne era bisogno. Eppure Clarke sapeva che non lo avrebbe raccontato a Finn... come fai a spiegare al tuo ragazzo che hai incontrato qualcun'altro che, in pochi minuti, ti ha fatto sentire più importante e indispensabile di quanto non abbia fatto lui in un intero anno?

Eppure ci fu qualcosa di così perfetto, nel modo in cui le loro anime combaciavano, che la spaventò un poco.

 

Esiste l’anima gemella?

 

                                                                        ***

 

Quando fu ormai ora per lei di andare, il ragazzo moro dagli occhi ossidiana l’accompagnò fuori.

<< Che fai, ora vai dal tuo ragazzo? >>

Non sembrava geloso, solo malinconico.

<< Nono, starà in giro a bighellonare come te >> Disse Clarke sorridendo.

<< E a prendersi una cotta per la ragazza di qualcun altro? >>

Clarke trattenne il respiro, di nuovo, mentre sentiva il proprio cuore mancare un battito.

Cercò di ricomporsi, ma trovò gli occhi di Bellamy puntati penetranti nei propri.

Respirò a fondo, il battito totalmente accelerato.

<< Forse è meglio che vada >> Disse la ragazza dagli occhi color del cielo bassi, mentre fermava un taxi.

<< Hey … non so il tuo nome, potresti lasciarmi il tuo numero di telefono in caso … >>

<< In caso cosa? >> Clarke era triste.

<< Beh … sai com’è, i casi della vita … >>

Lei non gli stava dando ascolto, così la prese per le spalle e la guardò negli occhi, a fondo, con quella comprensione che esisteva solo tra loro due.

<< Sono state ore stupende con te oggi, metti che non riesca a rintracciarti …  >>

Mentre il taxi si fermava alla ragazza dagli occhi color del cielo doleva il cuore per lasciare Bellamy lì, in quel modo. Ma quell’empatia le faceva paura, e poi aveva comunque un fidanzato.

Perciò lo guardò negli occhi a sua volta, lo scrutò in fondo all’anima, e quando parlò fu terribilmente seria.

<< Se è scritto che dobbiamo incontrarci, ci rincontreremo … magari questo non è il momento giusto >>

Il ragazzo dagli occhi ossidiana rimase sorpreso, Clarke poteva sentire il suo cuore battere veloce quanto il proprio.

<< Aspetta! Non so neanche il tuo nome, io mi chiamo Bellamy. >> I suoi occhi sembravano tristi a lasciarla andare. << Non c’è qualcosa che devi dirmi? >>

Ella sorrise mistica, annui, poi, prima di salire nel taxi, si sporse verso di lui, gli appoggiò le mani sulle spalle e gli posò un bacio leggero e delicato sulla guancia morbida.

 

<< Buon Natale, Bellamy >>

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Capitolo 2
*** May we meet again- Parte Seconda ***


Capitolo 2

5 anni prima

 

Bellamy Blake scese gli scalini che portavano alla metropolitana sconsolato. Cercava di convincere se stesso che quelle poche ore non avevano significato nulla per lui, eppure appena chiudeva le palpebre non riusciva a non pensare a degli occhi turchesi fissi nei propri. Era qualcosa di doloroso.

Non l’avrebbe mai più rivista, ella aveva preso il taxi e se ne era andata, eppure Bellamy non riusciva a non pensarle.

‘’Se è scritto che dobbiamo incontrarci, ci rincontreremo … ’’

Si fermò ,prima di entrare nel caos della metropolitana, a fissare il cielo dello stesso colore dei suoi occhi. Un pensiero improvviso gli squarciò la mente …

‘’Se è scritto che dobbiamo incontrarci, ci rincontreremo … ’’

 ‘’Beh, se è davvero così , non vedo l’ora di poterlo fare …”

Detto questo, si lasciò il cielo alle spalle e si addentrò nei cunicoli.

Mentre aspettava alla fermata percepì il freddo di dicembre entrargli nelle ossa, allora portò le mani al collo per stringere la sciarpa …

“Cavolo,la sciarpa! “ imprecò ricordando di averla lasciata al tavolino del bar.

Risalì i gradini due a due ed arrivò alla gelateria in cinque minuti.

Persino in quell’istante, continuava a percepire il sorriso della bionda impresso dietro le palpebre.

Prima di entrare si ritrovò a fissare la scritta del locale.

‘’Serendipity’’, adesso quel nome aveva un retrogusto amaro.

Arrivato in fondo al locale, svoltò l’angolo per tornare al punto in cui ricordava di aver lasciato la sciarpa.

 

E …

 

La vide lì.

 

La ragazza teneva in mano il sacchetto con il guanto che doveva aver dimenticato nel locale e stava giusto raccogliendo la sciarpa di Bellamy caduta a terra.

Si guardarono negli occhi.

Bellamy percepì ogni fibra del proprio corpo fremere per la sorpresa.

Si fissarono meravigliati, quasi con gli occhi lucidi, iridi nelle iridi, senza paura o reticenza questa volta.

Cielo limpido contro ossidiana scura.

 ‘’Se è scritto che dobbiamo incontrarci, ci rincontreremo … ’’

“Non so dove, ma sicuramente da qualche parte c’è scritto … ’’

Le si avvicinò piano, incerto che fosse reale.

Nessuno dei due disse una parola, ma i loro sguardi espressero tutto quello che la voce non aveva il permesso di dire.

Ella aveva ancora le mani ferme a mezz’aria, la bocca semiaperta e le labbra socchiuse.

Si avvicinarono piano, come avessero paura che l’altro fosse una visione e sarebbe scomparso da un momento all’altro.

La ragazza bionda dagli occhi color del cielo sorrise sorpresa, senza parole.

‘’Se è scritto che dobbiamo incontrarci, ci rincontreremo … ’’

Gli arrivò vicino, mai smettendo di sorridere meravigliata, e gli avvolse la sciarpa intorno al collo.

Continuarono a scrutarsi l’anima per qualche istante, incapaci di esprimere quello che batteva nei loro petti all’impazzata.

Quando Bellamy trovò le parole le disse:

<< Andiamo a fare qualcosa >>

<< Va bene, che cosa? >>

<<  Qualunque cosa con te sarebbe perfetta>>

Ella sorrise nascondendo il viso nella sciarpa, gli occhi bassi.

<< Okay, andiamo >>

Gli prese la mano e lo guidò tra le vie affollate.

 

***

 

Quando gli propose di fare un giro nella pista di pattinaggio, Bellamy, disse immediatamente di si.

Avrebbe fatto qualunque cosa per passare con lei anche solo un minuto in più.

Appena ella glielo chiese il ragazzo moro fece un passo sicuro, una mossa sbruffona e si passò una mano tra i capelli con fare affascinante.

<< Ti avverto che il mio nome intero è Bellamy Balla-da-Dio-sul-ghiaccio >>

La ragazza bionda dagli occhi color del cielo scosse la testa divertita, mentre gli si faceva più vicina con fare provocatorio.

<< Che presuntuoso! Per tua informazione, invece, il mio cognome è Balla-molto-più-da-Dio-di-Bellamy-sul-ghiaccio >>

Bellamy sorrise, colpito e ammirato dalla prontezza di spirito della bionda.

Ogni secondo in più che trascorreva con lei, percepiva il proprio cuore essere rapito e stregato.

<< Coraggiosa, la principessa! >>

Lei spalancò la bocca, le mani sui fianchi, ed un dito puntato nella sua direzione.

<< Non azzardarti mai più a chiamarmi così! >>

Il ghigno divertito si allargò nel viso di lui mentre le afferrava un riccio biondo e se lo attorcigliava tra le dita.

<< Okay, principessa >>

 

***

 

Bellamy non sapeva assolutamente pattinare, aveva usato la pista come scusa per passare altro tempo con lei, e questo agli occhi della bionda lo fece apparire adorabile, attaccato costantemente al bordo della pista.

 Ella, da parte sua, era molto più che brava. Aveva preso lezioni da bambina, e sfreccia nel ghiaccio con grazia ed eleganza.

 Pareva quasi volasse, e sembrava che, solo in quel momento, con i pattini addosso, ed il vento tra i capelli, potesse veramente essere libera da tutte le preoccupazioni che altrimenti le corrucciavano la fronte candida.

Bellamy la fissò per tutto il tempo incantato.

 C'era qualcosa in lei: nel modo in cui respirava, nel modo in cui sbuffava fingendo di essere scocciata da lui, nel modo in cui sorrideva seppellendo la il viso a fondo nella sciarpa come se avesse paura che qualcuno potesse vederla, qualcosa che irrimediabilmente lo stregava.

Esiste l'anima gemella?

Poi  la ragazza dagli occhi color del cielo tornò da lui e, tenendosi una mano davanti alla bocca per non ridere, sorrise alla visione di Bellamy ancora aggrappato al bordo della pista.

<< Appunto mentale: quando vuoi sedurre una ragazza non accettare di fare qualcosa in cui sei negato! >>

Egli si passò una mano tra i capelli, a disagio.

 << Guarda che sei tu che non capisci! Il mio piano era perfetto: andare alla pista di pattinaggio, fare entrambi la figura degli incapaci, poi cadere, e finalmente trovare un pretesto per baciarti >>

 La ragazza questa volta rise apertamente.

 Aveva una risata cristallina e particolare, e Bellamy non era mai stato incantato così tanto da una voce in vita sua.

Esiste l’anima gemella?

 Ella fece qualche altro passo, avvicinò i loro corpi, poi, ridendo, gli strinse le mani e lo condusse in mezzo alla pista  tenendolo in equilibrio.

Si fissarono negli occhi per tutto il tempo.

Cielo limpido contro ossidiana scura.

 E nello sguardo dell’altro videro quelle migliaia di risposte alle diverse domande che si erano posti senza successo negli ultimi anni.

 Poi la bionda, pattinatrice professionista, fece finta di inciampare, ed entrambi si ritrovarono stesi in mezzo alla pista, i corpi a contatto.

 Nessuno dei due riusciva a smettere di ridere.

 Allora Bellamy lentamente le prese il volto tra le mani, incatenò le proprie iridi ebano in quelle turchesi di lei, e continuò a sorridere mentre avvicinava il proprio viso al suo.

 

 Il cuore nel petto della ragazza non aveva mai palpitato così forte.

Riusciva sentirlo nelle orecchie, il tempo scandito dai battiti del suo cuore.

Sapeva che forse baciarlo non era corretto, ma a suggerirlo era solo una vocina remota in fondo alla testa.

 Poi anche quella tacque.

 E lì, in quell’istante, in quell’attimo di assoluta magia, non poté trovare nell’intero universo una sola ragione per la quale non fosse giusto baciarlo.

 Sembrava che tutto il mondo si fosse fermato, mentre le loro volti si avvicinavano pian piano, impazienti di toccarsi.

 

Bellamy si fermò ad un soffio dalle sue labbra, ammaliato:

 Entrambi respiravano lo stesso respiro.

 

 Esiste l'anima gemella?

 

Poi telefono della ragazza trillò all'improvviso, rompendo la magia del momento, e facendoli tornare entrambi alla realtà.

Ella si alzò, rispose, e fece finta che niente fosse accaduto, dal canto suo, Bellamy, non era così sicuro di poter fare lo stesso.





ANGOLO AUTRICE
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​Allora, questa fanfiction è un esperimento per un'altra serie che ho in mente. E' palesemente ispirata all'omonimo film ''Serendipity'' come idea generale, però non c'è bisogno di aver visto il film, perché più si va avanti più le  due storie si distaccheranno. Vorrei sapere che ne pensate e se l'idea vi ispira.

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Capitolo 3
*** May we meet again -Parte terza ***


Capitolo 3

 

5 anni prima

 

 

<< Film preferito? >> Chiese lei mentre pattinava disinvolta.

<< Troy >>

<< Troy, mi prendi in giro? >>

Quando le rispose aveva una faccia serissima.

<< Hey! Sono un nerd, vado matto per queste cose! >>

Ella rise seppellendo il viso nella sciarpa e Bellamy sentì l’impulso di provare a baciarla di nuovo. Era così …

Indescrivibilmente magnetica, stupendamente perfetta, da lasciarlo senza parole.

 

Esiste l’anima gemella?

 

Aveva da poco iniziato a nevicare, ed i fiocchi candidi danzavano tutto intorno a loro in un’incantevole danza.

Dolcemente alcuni batuffoli le si impigliavano tra i capelli, biondi come oro puro, grano in estate, tramonto sereno in una giornata d’autunno.

E  mentre continuavano a cadere cristalli la ragazza dagli occhi turchesi ai suoi occhi parve signora di vetro, regina di ghiaccio, principessa di neve.

Era come se tutto ciò in cui credeva fosse stato distrutto e sconvolto, e poi ricostruito d’accapo, migliore. E tutto ciò a cui riuscì a pensare era che alla base di quel cambiamento c’era sicuramente lei.

 

***

 

Quando ella si tocco il gomito con una smorfia in viso, Bellamy le chiese subito come stesse.

<< Ti sei graffiata cadendo? Perché non me lo hai detto? >>

<< Non volevo rovinare il momento! >>

<< Dai usciamo, ti metto un cerotto >>

Entrambi si sedettero su una panchina appena fuori la pista. Erano rimasti solamente loro, e come testimoni dei loro discorsi erano presenti solo le stelle.

Bellamy le sollevò la manica del maglione lasciando scoperta una ferita rossastra. La sfiorò con un tocco così delicato da farla rabbrividire e mise il cerotto con tanta attenzione che Clarke non percepì il minimo dolore.

<< Hai dei nei nel braccio >>

<< Cosa? Ah si, sono un difetto di famiglia, anche mia madre ce li ha >>

Egli sfiorò i puntini neri nel suo avambraccio, poi la fissò negli occhi.

Cielo limpido contro ossidiana scura.

<< Secondo me non sono difetti >> Disse mentre un sorriso caldo gli illuminava il viso. Alla luce dei lampioni, nel parco deserto, i suoi occhi erano irrealmente profondi, carichi di speranze e promesse.

<< Sono costellazioni! Hai una penna? Sì? grande, passamela >>

Collegò velocemente i puntini neri nel suo braccio e poi indicò il cielo.

<< Vedi? Questa qui è Cassiopea, fa parte di una leggenda antica, la conosci? >>

Clarke la conosceva, eppure negò convinta, poiché moriva dalla voglia di sentirlo parlare di ciò che lo appassionava.

Mentre le raccontava entusiasticamente aveva gli occhi lucidi. Clarke non seppe capire se fosse per l’amore per la mitologia o per la sua vicinanza.

<< Un giorno Cassiopea, regina d’Etiopia, osò vantarsi di essere più bella delle nereidi. Come punizione Poseidone, il dio del mare, la costrinse a girare eternamente intorno al polo celeste, a volte anche sottosopra, posizione assolutamente poco dignitosa. Ora è solo una costellazione, costretta per sempre a girare nel cielo, capovolta col suo trono >>

La guardò dritta negli occhi ,mentre si fermava un secondo a labbra schiuse, e Clarke si ritrovò incatenata dal suo sguardo.

Le ultime parole le pronunciò sussurrando.

<< Fece un solo tragico errore … >>

<< E pagò per l’eternità >> Concluse Clarke al posto suo.

Bellamy annui, perso a sua volta nel turchese delle sue iridi.

 

Esiste l’anima gemella?

 

***

 

<< Leggibile! Leggibile, mi raccomando >>

Le intimò Bellamy, mentre lei scriveva il proprio nome ed il proprio numero di telefono su un pezzo di carta.

Ella sbuffò.

<< Non so neanche perche lo faccio … >>

Il moro si voltò verso di lei, impaziente di ricevere il biglietto.

<< Adesso, lascia che il fato faccia il proprio corso >>

La ragazza soppesò per un altro istante le possibilità, indecisa, poi gli tese il bigliettino con ansia.

Bellamy stava giusto per afferrarlo quando, una folata di vento improvvisa, glielo fece sfuggire dalle mani e lo confuse con migliaia di altri che erano in quel momento trasportati nel vicolo dal vento.

<< Devi riscrivermelo, è stato un caso! >>

La ragazza fece una faccia sconvolta.

<< No! Non posso, quello era un segno: il destino ci sta dicendo che non può funzionare >>

Bellamy era sicuro di non aver mai sentito in vita sua una più grande sciocchezza.

<< Se non avesse voluto farci incontrare, allora perché tutte le stranezze di questa notte? >>

<< Non lo so, non è una scienza esatta! >>

<< E se invece rovinassimo tutto? Ci conosciamo a New York, una delle città più popolate del mondo, e ci lasciamo così: nessun nome, nessun numero di telefono, nessun indirizzo! Se fosse tutto nelle nostre mani? Adesso ci lasciamo, ce ne andiamo, che pensi succederà? Credi che il fato ti recapiterà a casa il mio numero di telefono? >>

Lo stava dicendo con il cuore negli occhi, stava, in tutti i modi, cercando di convincerla a non fare una sciocchezza di cui poi si sarebbe pentita per sempre.

Nella mente della ragazza salì rapidissima un’idea folle. Lo guardò negli occhi.

 

‘’Se è scritto che dobbiamo incontrarci, ci rincontreremo … ’’

 

Era convinta fin dentro alle ossa che lo avrebbero fatto, in qualche modo. Ne era certa, solamente quello non era il momento giusto: lei aveva Finn, Bellamy aveva una ragazza. Si sarebbero rincontrati e tutto sarebbe stato perfetto.

Sperò solo che fosse la scelta giusta.

Tirò velocemente fuori dalla borsa una banconota da 5 dollari e gli tese il pennarello fucsia.

<< Scrivi qui sopra il tuo nome ed il tuo numero di telefono! >>

Lui la guardò curioso.

<< Sei una donna particolare ed interessante … >>

Glielo disse mentre scriveva sulla banconota ed un sorriso gli illuminava il viso. Clarke sentì il proprio cuore fare una capriola.

Non era più sicura di volerlo fare. Ma in quel momento fu tutto quello che le venne in mente.

Quando lui le passò il biglietto, Clarke corse velocemente verso un’edicola lì affianco e torno poco dopo con un giornale tra le mani ed il resto in mano.

<< Stai scherzando vero? >>

Aveva appena utilizzato la banconota con il suo numero.

<< E’ un’idea geniale. Adesso non è il momento per stare insieme, ma quando la banconota da 5 dollari tornerà nelle mie mani potrò chiamarti. E in quel momento, finalmente, tu crederai nel fato! >>

Egli aveva gli occhi fuori dalle orbite, non riusciva a credere alle proprie orecchie.

<< Ma io ci credo già, mi ha fatto incontrare te … >>

Il cuore di Clarke ebbe un altro spasmo, se possibile. C’era veramente qualcosa di magico tra di loro.

<< Ed invece per me? Non dovrebbe esserci qualcosa per me in circolo nell’universo con il tuo nome scritto sopra? >>

La ragazza sobbalzò sorpresa, aveva ragione dopo tutto.

Infilò una mano nella borsa cercando di trovare qualcosa di adatto.

Tirò fuori il suo libro preferito. ‘’L’amore ai tempi del colera’’.

<< Vedi questo libro? Okay, allora domani mattina scriverò dentro il mio nome ed il mio numero di telefono, poi andrò in una libreria dell’usato e lo venderò >>

<< Perché?! >> Bellamy non aveva mai fatto una faccia più sconsolata.

<< Perché così, ogni volta che passerai davanti ad un negozio di libri usati, dovrai entrare a vedere se c’è! >>

Egli la prese per le spalle, disperato, non poteva lasciarla andare. La guardò negli occhi cercando di farle cambiare idea, farla ragionare.

<< Ti prego, no. E’ semplicemente sbagliato. >> Mentre glielo disse le accarezzò i capelli che le erano caduti ai lati del viso. Erano vicini, tanto vicini. << Non puoi trascorrere la serata più bella della tua vita con uno sconosciuto e poi lasciare tutto in mano al caso … >>

Clarke sapeva che egli probabilmente avesse ragione. Sentì di nuovo l’impulso di baciarlo.

Gli resistette.

Quando alzò lo sguardo  scoprì che erano davanti ad un hotel.

‘’Arkadia’’, recitava l’insegna a lettere illuminate blu elettrico.

Le venne un’altra idea.

<< Okay, vieni con me >>

Afferrò il ragazzo per una manica e lo trascinò all’interno.

<< Cosa? Vuoi prendere una camera? Prima mi piacerebbe conoscerti meglio! >>

Ella sorrise divertita mentre nascondeva il viso nella sciarpa.

Nell’atrio dell’hotel si trovavano due ascensori.

Bellamy, dopo un’indicazione di Clarke, si mise davanti quello sulla destra, mentre lei a quello sulla sinistra.

<< Okay, entriamo e, quando si chiudono le porte, scegliamo un piano a caso. Se scegliamo lo stesso, restiamo insieme per sempre. >>

Clarke percepiva l’ansia, l’adrenalina e la paura crescere dentro di lei. Sperò solo di non commettere un errore di cui si sarebbe pentita per sempre.

‘’Ti prego, ti prego, premi il 25 ‘’ pensò disperata.

Mentre le porte dell’ascensore si chiusero, loro si guardarono un’ultima volta negli occhi.

Cielo limpido contro ossidiana scura.

Clarke strinse in mano il guanto nero comperato quel pomeriggio mentre osservò Bellamy stringere convulsamente il proprio. Avrebbe voluto cambiare idea, avrebbe voluto uscire, non avrebbe voluto rischiare di non rivederlo più, anche se sapeva in cuor suo che si sarebbero rivisti.

Sentì un brutto presentimento montarle dentro.

Si fissarono un’ultima volta, la ragazza aveva paura e, la sentiva anche lui, gliela lesse nelle iridi.

Lui che le apparteneva , che aveva cercato di tenerla con sé, che aveva chiamato quella la serata più bella della sua vita.

‘’Bellamy, Bellamy, Bellamy, che non sa neanche il mio nome.’’

<< Clarke, il mio nome è Clarke >>

Sperò solo che lui l’avesse sentita mentre le si serrarono.

La ragazza premette il pulante con il numero 25, sperando che lui facesse lo stesso.

‘’Speriamo solo di poterci rincontrare ... “

                                                                     ***

Bellamy sconsolato premette il tasto 25 per puro caso.

‘’Speriamo solo di poterci rincontrare ... “

Sarebbe salito fino in cima, si sarebbero rivisti, e non lasciati mai più, se l’ascensore non si fosse fermato prima al piano 3, poi al 7, poi al 14, per far salire gente. Ci mise troppo tempo.

 

***

 

Clarke aspettò speranzosa, tremante, con il guanto stretto tra le mani con fare disperato.

Lui non arrivò.

Ella trattenne le lacrime e rientrò nell’ascensore.

‘’Speriamo solo di poterci rincontrare ... “

Se Bellamy fosse uscito dall’ascensore anche solo un secondo prima l’avrebbe vista.

 

***

Il ragazzo tornò nella Hall, sconsolato, di corsa, con il cuore a mille e la paura che gli toglieva il respiro. Corse fuori dall’hotel. Si guardò prima a destra e poi a sinistra. Niente.

Se avesse guardato prima a sinistra l’avrebbe vista.

 

‘’Speriamo solo di poterci rincontrare ... “.

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Deep in your heart ***


Capitolo 4

 

5 anni dopo

 

Bellamy Blake. New York.

 

<< Quando mi hanno chiesto di organizzare il discorso di questo matrimonio, lo ammetto, mi sono sentito un poco a disagio. >>

Murphy prese un profondo respiro prima di riprendere a parlare.

<< Io e Bellamy, ormai, ci conosciamo da tanto, troppo tempo, e mi ritengo l’unica persona in grado di giudicare quando egli è felice oppure no. Octavia, non guardarmi così male, perché, la maggior parte delle volte, sei tu la causa della sua infelicità >>

Bellamy scoppiò a ridere perché Jhon aveva inserito nel discorso del matrimonio un riferimento ad Octavia. La cosa divertente fu che alle prove sua sorella non ci fosse, (Era a San Francisco con il suo ragazzo) ma Murphy l’aveva comunque nominata come se fosse presente.

Era davvero ubriaco.

<< Fatto sta che io, Jhon Murphy, per anni sia stato costretto a sorbirmi i suoi continui momenti di depressione dopo la rottura con qualche ragazza. Nono, non mi guardate così tristi, era depressione per astinenza dal sesso, non dall’affetto >>

Le persone al tavolo scoppiarono a ridere. Bellamy sentì le proprie labbra arricciarsi in un sorriso, adorava il suo amico.

<< Si dice che solo una volta nella vita si ha la fortuna di conoscere quella persona perfetta che era destinata a stare con te. Quella persona con la quale percepisci ogni attimo eterno ed ogni anno istantaneo. Quella persona che ti conosce più a fondo di quanto tu non conosca te stesso. Quella persona che, nel momento stesso in cui la incontri, sai che è quella giusta >>

Il cuore di Bellamy fece un capriola.

 Il ragazzo trattenne il respiro, cercò di mantenere i pensieri ancorati a terra, inspirò a fondo una volta. Poi fu tutto come se non fosse mai successo nulla.

Nessuno si accorse del suo mancamento.

 Bene, anche per questa volta ha funzionato.

<< Per Bellamy Blake quella persona ero io >>

Di nuovo tutti scoppiarono a ridere. Era un ambiente tranquillo, il matrimonio ci sarebbe stato da lì a 4 giorni e ,per quanto strane, le prove stavano andando bene.

Bellamy sorrise alla ragazza al suo fianco, la sua futura moglie, mentre la osservava coprirsi la mano con la bocca, divertita dal discorso di Jhon.

<< Ma, a parte gli scherzi, una sera Bellamy tornò a casa diverso, era completamente cambiato, qualcosa lo aveva sconvolto … >>

Il cuore di Bellamy perse un altro battito, mentre proibiva alla propria mente di soppesare troppo le parole dell’amico.

<< Era perche aveva incontrato lei >> disse indicando la ragazza che sedeva al fianco di Bellamy, la sua futura moglie.

<< E’ bella, spiritosa, e divertente. E non potrei pensare a nessun altro migliore per lui di Echo >>

Il tavolo dei familiari, applaudì alle prove del ricevimento con un grande entusiasmo.

Echo, la ragazza di fianco a lui, la sua futura moglie, si protese nella sua direzione per baciarlo.

  Fu un bacio lento, dolce; come se ne erano scambiati tanti in quegli anni.

<< Quanto è ubriaco da una scala da uno a dieci? >> Chiese Echo nel suo orecchio.

Bellamy sorrise, sconsolato << Non saprei, magari dodici >>

 

   ***

 

<< Echo ascoltami, non è tardi per cambiare idea, puoi ancora farlo. Non sposare questo rifiuto umano, meriti di meglio >>

Erano proprio fuori dall’albergo, la ragazza scosse la testa divertita, mentre Bellamy si piegava in due dalle risate.

<< Buona notte anche a te, Murphy. Emori, portalo a casa, prima che combini qualcosa di grave! >>

Poi Murphy si girò per abbracciare Bellamy. Lo strinse forte e gli sussurrò all’orecchio.

<< Sai quante bevute dovrai pagarmi dopo avermi fatto rischiare di prendere il diabete per tutte le cose schifosamente romantiche che ho detto stasera? >>

Bellamy lo strinse a sua volta. Sussurrò indietro un ‘’grazie’’ perché gli era riconoscente per averci provato.

Si rivolse poi ai parenti della sposa.

<< Allora, scusatemi tutti, ma domani ho una giornata pienissima e devo proprio andare a dormire, ci vediamo al matrimonio  >>

Bellamy, veramente, non vedeva l’ora di allontanarsi da quel posto, perché qualcosa, che aveva cercato di reprimere per tanto tempo, quella sera era tornato a galla.

 E gli aveva fatto malissimo.

Sorrise a tutti, poi diede un bacio ad Echo.

<< Ci vediamo domani mattina >>

Annui sorridendo e, quando lei fu tornata dentro, alzò gli occhi verso il nome dell’hotel.

Un’insegna a lettere illuminate blu elettrico recitava la sigla ‘’Arkadia’’.

Quella fitta che aveva provato durante la prova del ricevimento, si fece risentire ancora.

La scacciò immediatamente e si incamminò verso casa.

 

Le strade erano quasi vuote a quell’ora tarda, ogni tanto si scorgeva una coppia di amanti, impegnati a baciarsi, oppure qualche venditore ambulante.

Mentre passava sul marciapiede si accorse che alcune persone avevano allestito dei banchetti improvvisati.

Si vendeva di tutto: orecchini, borse, scarpe, libri.

Libri.

 

Bellamy si fermò di colpo scorgendo tra i volumi uno con la copertina verde foresta dal titolo: ‘’L’amore ai tempi del colera’’.

Tutto nella sua mente gli ordinò di andare avanti e non fermarsi.

Ma si sentì inevitabilmente incatenato dal desiderio di aprirlo sulla prima pagina.

Titubante fece due passi verso il banchetto, sollevò il libro e stette a fissarlo due minuti interi indeciso se aprirlo o meno.

 Fu come stare nell’orlo di un precipizio e provare al contempo la necessità istintiva di indietreggiare e il desiderio impellente di lasciarsi cadere.

Anche quella volta, come tutte le volte prima, lo aprì giurando a se stesso che ,se il suo nome non ci fosse stato, avrebbe rinunciato per sempre.

Anche quella volta, come tutte le volte prima, la prima pagina del libro fu vuota.

Lo chiuse sconsolato e lo rimise a posto, mentre si batteva una mano in testa e si dava dell’imbecille per averci anche solo provato.

Impose a se stesso che non avrebbe mai, e poi mai riaperto uno di quei libri.

Anche quella volta, come tutte le volte prima, non fu così sicuro di poter mantenere quella promessa.

 

 

***

 

 

Clarke Griffin. San Francisco.

 

 

<< Perché, dottoressa Griffin, non glielo so spiegare bene. So solo che ho incontrato questa ragazza, ho trascorso con lei una serata fantastica alla festa ma poi … >>

Clarke sorrise comprensiva mentre fissava il suo paziente seduto nel divanetto.

<< Avanti Jasper, non avere paura, raccontami tutto >>

<< Okay. Come le dicevo era meravigliosa, si chiamava Maia,  purtroppo ho lasciato che se ne andasse … ed ora non la rivedrò mai più >>

Clarke percepì un pensiero doloroso mandarle una stilettata nel cervello, scosse immediatamente la testa per scacciarlo.

<< Era la mia anima gemella >>

Qualcosa nel cuore della ragazza si strinse, le fece trattenere il respiro, le mandò un centinaio di scariche elettriche in tutto il corpo.

Poi semplicemente si quietò.

<< Jasper, ascoltami, credo fortemente che, molte volte, sia eccessivo utilizzare la parola ‘’anima gemella’’ >> Si bloccò un secondo per riprendere fiato << Perché implica un fattore magico e mistico su cui noi non abbiamo alcun controllo, tipo il fato, o il destino>>

Dicendo quelle parole quasi si mangiò la lingua e dei pensieri, che aveva coscienziosamente sepolto dentro se stessa, tornarono velocemente a galla.

<< Credo che, il credere in convinzioni come questa, ci tenga lontani dal concentrarci sulla vita vera, quella reale. >>

Jasper non sembrò veramente convinto, forse perché neanche lei disse col tono giusto.

Perciò Clarke mise su l’espressione più seria e distaccata che possedesse e, guardando il ragazzo negli occhi, gli ripeté quello che per 5 anni aveva costantemente ripetuto a se stessa.

<< Se ti concentrassi nella realtà, seguissi la mia terapia, e ti guardassi intorno con gli occhi aperti, scopriresti che ci sono tante, tante e tante altre persone con cui potresti benissimo vivere bene >>

Sorrise di nuovo, incerta, mentre qualcosa le continuava a pungere il cuore.

<< Lei ci crede veramente, Clarke? >>

Jasper sembrava quasi convinto.

Clarke si prese un secondo per respirare e chiudere gli occhi.
Deglutì con forza.

Poi con la voce più ferma possibile gli sorrise e gli disse.

<< Sì, ne sono assolutamente convinta >>

Poche cose in vita sue le erano mai sembrate più false.

 

***

 

Quando tornò a casa infilò stanca le chiavi nella porta d’ingresso.

Una volta dentro trovò centinaia di petali di rosa sul pavimento. Si guardò intorno sorpresa.

In mezzo alla stanza c’era uno scatolone coperto da un velo rosa, mentre tutto il salotto era disseminato di candele.

Clarke scoperchiò la scatola e dentro ve ne trovò un’altra. Come una matriosca ne aprì una dopo l’altra.

I veli di carta velina finivano a terra frusciando e si mischiavano con le rose dello stesso colore.

Finché non scorse nell’ultima un portagioie nero simile a quelli che si vedono nei film.

Per un istante ebbe paura di aprirlo poiché sapeva già quello che vi avrebbe trovato all’interno.

Poi, semplicemente, lo fece e vi trovò dentro un anellino argento con una pietra incastonata sopra.

Il suo cuore sussultò.

In quel momento fu felice, e le parole che aveva detto quel pomeriggio a Jasper sembrarono un po’ più vere.

Finn uscì da dietro la porta della cucina e le venne in contro, gli occhi profondi e gioiosi.

Quando le fu vicino le prese il volto tra le mani.

Clarke pensò di volergli proprio bene.

<< Non mi hai ancora detto di si >> Le fece notare lui.

Clarke percepì qualcosa, una lucina infondo all’anima sussurrarle che quello non era ciò che desiderava.
Ella la mise solo a tacere, perché, in fondo, questo era ciò che aveva sempre voluto.

Finn era lì, c’era sempre stato da 6 anni a quella parte.

Finn era lì, paziente, a trascorrere ogni giornata al suo fianco.

Finn era lì, dolce e romantico, in ogni cosa che faceva.

Ma soprattutto Finn era lì … vivo.

Reale.

Concreto.

Non un volto confuso di una serata di dicembre lontana 5 anni nel passato.

Disse di si perché era probabilmente ciò che voleva.

In quel momento, convinse se stessa a credere più vere le parole che aveva detto a Jasper quel pomeriggio.

 

 

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Capitolo 5
*** In front of your eyes ***


 

Capitolo 5

 

Bellamy stava giusto uscendo dal lavoro quando annunciarono che Clarke Connor era attesa in segreteria.

 Gelò completamente, respirò a fondo, e senza che se ne rendesse conto si era già girato di colpo.

Clarke Connor, purtroppo, era una donna di 85 con un cappellino rosa ed un minuscolo cagnolino al guinzaglio.

Bellamy si diede immediatamente dello scemo e si diresse dalla parrucchiera.

Echo, la donna che da lì a tre giorni sarebbe stata sua moglie, aveva insistito che quei capelli fossero indecenti, così Bellamy, per farla felice, sebbene a lui i capelli piacessero così, decise di aggiustarli.

Entrato dalla parrucchiera si sedette sulla poltrona davanti allo specchio, aspettando che arrivasse la solita ragazza.

<< Salve novello sposo! Come le faccio i capelli? >> Gli disse avvicinandosi una donna castana e prosperosa.

<< Dov’è Roma? Di solito è lei a tagliarmeli >>

<< Si è presa una settimana di ferie >> Gli disse mentre gli metteva l’asciugamano intorno al collo. << Oggi me ne occuperò io, mi chiamo Clarke >>

Il ragazzo saltò sulla sedia, andò  a sbattere contro lo spigolo di un armadietto e per poco non cadde  a terra.

Si alzò in piedi, il respiro corto.

<< Adesso che ci penso, i capelli mi piacciono così >>

Si alzò di corsa ed in pochi secondi fu fuori dal negozio.

 

Quel giorno fu veramente un incubo.

Passeggiò per un po’ cercando la forza per rientrare e far felice Echo, ma non riusciva a farsi tagliare i capelli da una che si chiamasse Clarke.

Si sciacquò il viso ad una fontanella e si prese la testa tra le mani.

 Devo calmarmi, è solo l’ansia per il matrimonio. Sicuramente.

Salì su un taxi per tornare a casa.

Ma in una mattinata caotica di New York il traffico non poteva di certo mancare.

Quindi ,mentre aspettava annoiato che il semaforo diventasse verde, si ritrovò a fissare il fattorino delle pizze in bicicletta fermo di fianco al taxi.

Parlava al telefono.

<< Sì, sì, ho capito, va bene tesoro, ci vediamo dopo >> Sicuramente parlava con la fidanzata.

<< Sì, sì, Clarke ti ho detto che te lo comprerò! >>

Poi semplicemente rimise il cellulare in tasca.

Per poco Bellamy non sbatté con forza la testa contro il finestrino.

Dopo poco si sporse.

<<  Mi scusi, eheh com’è che fa di cognome la sua ragazza? >>

Il fattorino delle pizze lo guardò malissimo, per poi rispondere offeso:

<< Era mia sorella di 6 anni, imbecille! >>

Per fortuna in quel momento il taxi ripartì, sollevando Bellamy dalla responsabilità di trovare una scusa accettabile per la sua domanda.

In quel momento decise che non ce la faceva più.

Si sporse verso l’autista per chiedergli di cambiare destinazione e portarlo immediatamente alla sede del New York Times per incontrare Murphy.

 

***

 

<< Te l’ho detto, è agghiacciante, la sto vedendo ovunque, sono a lavoro e Clarke è chiamata in segreteria, vado dalla parrucchiera e Clarke mi vuole tagliare i capelli, sono in taxi ed il fattorino delle pizze parla con sua sorella Clarke >>

<< Magari era lei! >>

<< Aveva sei anni … >>

Murphy non sollevò mai gli occhi dal computer mentre Bellamy gli raccontò, stranito, tutti gli incontri con Clarke di quella giornata.

<< L’universo continua a ripropormela! Ad incasinarmi la testa mettendomela sempre ovunque >>

Murphy lasciò stare il pezzo a cui stava lavorando e si voltò verso l’amico esasperato.

<< Bell, ti sposi tra 3 giorni! Questo comportamento è assolutamente bipolare! >>

<< Lo so!!>> Disse Bellamy con la testa tra le mani.

<< Vorresti rischiare la tua relazione con Echo, per trovare una ragazza che molto probabilmente ti sei solo immaginato?! >>

Bellamy percepì la verità nelle parole di Murphy colpirlo con violenza. Stava rischiando il suo matrimonio, la ragazza che amava, ogni cosa che in quegli anni aveva faticosamente costruito, per una ragazza sconosciuta.

Una ragazza a cui, ormai, dopo cinque anni, non riusciva più ad associare un volto. Rimanevano di lei solamente un’immagine sbiadita, un ombra dai capelli oro, ed un nome che avrebbe potuto benissimo essere falso.

Le cose che ricordava perfettamente, e che probabilmente avrebbe ricordato per sempre, fino alla fine dei suoi giorni, erano il libro dalla copertina verde foresta che non avrebbe mai trovato ed un paio di occhi azzurri come il cielo estivo che non avrebbe più visto.

 Quelli, non lo lasciavano in pace mai.

<< Ascoltami, non pensare che io non ami Echo, io la amo, molto. Però … >> Si fermò per pensare alle parole giuste << Prima di lasciarmi andare completamente a questo amore, devo abbandonare l’altro. Devo trovarla, ed una volta che l’avrò fatto, magari capirò che il ricordo che ho di lei è solamente la fissa di un ragazzino e che non c’è niente di lei che ancora mi piaccia, come sicuramente sarà >>

Murphy abbassò gli occhi.

  << Ascolta Jhon, tu lavori per il quotidiano più grande del mondo e, magari, se ci impegnassimo, potremo anche trovarla >>

L’amico alzò gli occhi al cielo e sbuffò sonoramente.

<< Quante volte te l’ho detto, Bell?! Mi serve almeno un cognome, un numero civico … qualcosa! >>

<< Se solo trovassimo quel libro … >>

Murphy questa volta scattò in piedi.

<< Bell, smettila! Lo hai già fatto, ricordi? Anni fa. E ti ho anche accompagnato, abbiamo girato tutte le librerie di New York e di quel libro neanche l’ombra! Hai mai pensato che forse non lo ha mai venduto? >>

Sì, sì che ci aveva pensato, le aveva pensate tutte. Aveva guardato in ogni libreria, ogni banchetto, ogni biblioteca ma non era mai riuscito a trovarlo.

’Perché le ho lasciato fare quello stupido gioco? Se ci avessi provato di più magari l’avrei convinta.

Forse, se nella pista sul ghiaccio l’avessi baciata, e poi baciata ancora, e poi le avessi detto che così bene non mi ci ero mai trovato con nessuno, lei non se ne sarebbe mai andata.’’

<< Jhon ti prego, forse ne abbiamo mancata una, forse lo hanno acquistato poi rivenduto! Sto solo chiedendo al mio migliore amico una mano. Per favore >>

Murphy scosse sonoramente la testa, ma in fondo a quello sguardo scorbutico, Bellamy sapeva ci fosse un cuore d’oro.

 

***

 

Bellamy si ritrovò a bussare alla porta di casa.

Aveva trascorso tutto il pomeriggio con Murphy a girare ogni libreria di New York.

 Ma anche scartabellando dentro ad ogni negozio, in fondo ad ogni scaffale, in nessuno di quei libri il nome di Clarke era mai comparso.

Magari era ora di arrendersi.

Magari era solamente l’ansia per il matrimonio, uno dei dubbi prima delle nozze, giusto il colpo di coda di un demone che per cinque anni non aveva fatto altro che tormentarlo.

Echo aprì sorridente i battenti e lo baciò con dolcezza.

Lui le appoggiò una mano tra i capelli e si chiese come sarebbe stata la sua vita in quel momento se la donna davanti a lui fosse stata invece bionda.

Non avrebbe mai conosciuto quella risposta.

<< Dimmi che mi ami >>

Bellamy glielo disse senza esitazioni.

<< Dimmi qualcosa di romantico >>

Il ragazzo rise.

<< Tipo? >>

<< Tipo che sono l’unica donna nell’universo giusta per te >>

Egli gelò completamente, tremò, aprì la bocca per dire qualcosa.

''L'unica donna nell'universo...''

 

 In quel momento suonò la sveglia ed Echo si alzò di scatto lamentandosi di aver bruciato la cena.

Bellamy venne salvato giusto in tempo, perché, sinceramente, non sapeva cosa avrebbe detto.

 

Mentre dalla cucina proveniva un odore di bruciato Bellamy si allungò nella poltrona cercando di trovare un angolino vuoto. Echo aveva messo a soqquadro l’intera casa in preparazione alla luna di miele. Ebbe l’impressione che una bomba atomica fosse scoppiata nell’appartamento.

Una volta allungatosi nello schienale sentì qualcosa pungergli la schiena.

Si alzò per vedere cosa fosse.

Un sacchettino rosso con decori natalizi era accartocciato tra le pieghe dei cuscini.

Bellamy trasalì riconoscendolo.

Si voltò in direzione della sua futura moglie che intanto smacchinava in cucina, come se si sentisse di tradirla a riaprire il sacchettino rosso.

Lo sollevò con mani tremanti e si risedette pesantemente sulla poltrona.

Pensava di averlo perso anni prima.

Infilata una mano dentro tirò fuori un unico guanto nero

 Si chiese in quale angolo sperduto del mondo si stesse nascondendo il suo compagno.

Credeva non lo avrebbe più visto, eppure eccolo lì, rispuntare fuori a tre giorni dal suo matrimonio.

Quasi con nostalgia, ricordo, dolore, infilò una mano all’interno e percepì il colore familiare della stoffa togliergli il fiato.

Un ricordo doloroso gli distrusse ogni convinzione presente facendolo ritornare quel ragazzino spaesato di cinque anni prima.

Decisamente le cose non stavano andando bene.

Mentre teneva gli occhi chiusi e il guanto infilato percepì un foglio di carta accartocciato in fondo alla punta dell’indice. Lo tirò fuori con cautela, paura, ed ansia.

Quando lo aprì si rese conto che fosse lo scontrino dell’acquisto.

Stava per gettarlo, scoraggiato, quando notò qualcosa scritto minuscolo.

Era il numero di conto corrente.

Gelò sul posto, metà sorpreso e metà confuso, mentre una lacrima gli solcava profondamente la guancia sinistra.

Non tutto era perduto.

In quel momento seppe da dove partire.

Clarke, sto arrivando.


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V
​Ormai siamo al quinto capitolo di questa storia e le cose iniziano a farsi interessanti. Nel prossimo vedremo la reazione di Clarke.
​Ringrazio chi abbia messo la storia tra le seguite. Vi prego di farmi sapere se vi stia piacendo, se la trovaite noiosa, o se ci siano dei passaggi non chiari. Grazie anche solo per leggerla.

 

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Capitolo 6
*** Right in your life ***


~~Capitolo 6

 

<< Clarke sono felice per te, per quanto Finn non mi piaccia >>
<< Octavia smettila, mica tutti possono trovare un Licnoln! A proposito, ricordati che devi venire con me al concerto di Finn questo weekend >>
<< Clarke parla più forte non ti sento >>
Gridò Octavia da sotto la doccia mentre Clarke sedeva su uno sgabello appena fuori per farle compagnia.
Ripetè la domanda.
<< Clarke non posso, devo andare a New York per il matrimonio di mio fratello >>
New York, New York …
Il cuore di Clarke ebbe un tuffo.
<< Questo famosissimo fratello che non ti viene mai a trovare. Ma come mai? >>
<< Perché,  a detta sua, non vuole vedermi convivere con il mio ragazzo. Lui può sposarsi, ma io non posso vivere da Lincoln. Eppure, sotto sotto, so che gli vuole bene >>
Evidentemente Octavia amava parlare di suo fratello.
<< Se può farti sentire meglio ,per la cronaca, la sua ragazza mi piace meno di Finn, lui merita di meglio >>
<< A proposito, come si chiama questo famosissimo fratello? non te l’ho mai chiesto >>
<< Bellamy >>
Clarke fece un salto per la sorpresa e cadde rumorosamente dalla sedia.
Per un momento non ricordò come si respirasse. Annaspò come se stesse affogando, percepì ogni cellula del proprio corpo tremare.
Sentì Octavia in lontananza chiamarla.
Respira, respira, respira.
Bellamy, Bellamy Bellamy.
Oddio, oddio, oddio è da due anni che passo ogni pomeriggio con sua sorella.

<< Octavia hai una sua foto? >> Il tono di voce tremendamente più alto del solito, sembrò isterica.
<< Clarke ti senti bene? >>
<< Dimmi se hai una sua foto >>
<< Dovrebbe essercene una nella borsa >>
Clarke si alzò da terra e si diresse come un tornado nel salotto. Sentiva ancora il respiro corto ed il cuore pulsare come un pugno nella cassa toracica.
Non stava reagendo come una ragazza che aveva appena accettato di sposare Finn apparentemente senza il minimo dubbio.
Frugò nella borsa della sua amica e ne tirò fuori una foto spiegazzata.
C’erano impressi sopra un’Octavia sorridente ed un ragazzo moro dagli occhi azzurri.
 Non era lui.
Sebbene, oramai, fosse un’immagine confusa nella sua mente, i suoi occhi non l’avrebbero mai lasciata in pace.
Erano profondi, scuri, burrascosi; mentre quelli del ragazzo della foto erano azzurro opaco.
Decisamente aveva di nuovo fatto un buco nell’acqua.
(Non girò mai la foto, e non lesse mai:
‘’Me ed Atom al compleanno di Bell’’
Se avesse cercato nella tasca davanti della borsa avrebbe invece visto Octavia e suo fratello. Allora tutto le sarebbe apparso chiaro.
Ma non lo fece mai.)
Rimise tutto a posto nella borsa e si sedette scompostamente a terra.
Aveva di nuovo iper-reagito, si era di nuovo illusa.
Ma era anche il destino che la distruggeva, continuando, e continuando, e continuando a riproporglielo.
Sentì le lacrime iniziare a scenderle sulle guance. Sembravano scavare solchi nella sua pelle, emise un singhiozzo e si portò le mani alla bocca, non riusciva a smettere.
Se magari non mi fossi inventata quello stupido gioco, se non fossi stata così presa da quella cavolata del destino. Se gli avessi dato ascolto, se su quella pista sul ghiaccio l’avessi baciato, poi baciato ancora, e poi gli avessi detto che nessun sorriso mi aveva mai incantato di più, magari adesso saremmo felici.
Sentì Octavia uscire dalla doccia e, dopo essersi cambiata, raggiungerla.
Appena si accorse che Clarke stava piangendo le si avvicinò di corsa e le chiese cosa fosse successo.
Clarke cercò di negare. Niente, davvero, non ti preoccupare.
Ma l’amica le prese il volto tra le mani, la guardò negli occhi, e in quello sguardo Clarke vi lesse qualcosa di familiare. Non seppe sul momento capire cosa.
<< Clarke dimmi la verità >>
E Clarke le disse tutto. Come fosse difficile convivere con quella consapevolezza, con quel ricordo, con quella smania di girare morbosamente qualunque banconota da 5 dollari le si presenti davanti. Le raccontò di quella sera, di quegli occhi, di quel modo di fare. Di quel ragazzo misterioso che, ogni giorno che passava, diventava una figura sempre più indistinta nella sua mente.
Erano state solo poche ore, qualche istante se confrontate con il corso della vita, ma avevano portato così tanti sentimenti dentro di lei che da cinque anni a quella parte la tormentavano incessantemente.
Le raccontò del ragazzo in terapia che continuava a parlare di anime gemelle e di come lei mentisse spudoratamente dicendogli che non esistessero.
Le raccontò del guanto nero, che una volta Finn aveva buttato poiché considerava inutile senza il compagno, e di come lei fosse corsa dietro al camion della spazzatura per 4 chilometri.
Le raccontò del senso di colpa costante nel sapere che fosse stata completamente colpa sua.
E della consapevolezza che forse lui fosse sposato, che fosse felice, che vivesse tranquillo e che non ricordasse nemmeno quell’incontro di poche ore.
<< Ascoltami, non è che io non ami Finn, io lo amo. Ma la maggior parte delle volte mi ritrovo a pensare, non al mio fidanzato, ma a questo ragazzo del mistero che ho incontrato un milione e mezzo di ore fa, e che neanche ricordo distintamente se non per una vaga immagine che ho ancora nella mia testa. Io amo Finn solo che, se potessi, scambierei in un secondo questi cinque anni con lui, per un’altra sola ora con Bellamy. Mi faccio schifo a dirlo ma: ci sono vite che valgono un’ora ed ore che valgono una vita. Sono un brutta persona per volere questo? >>
Clarke, dopo cinque anni di autodistruzione interiore, ebbe la possibilità di sfogarsi e piangere.
Octavia, dal canto suo, ascoltò con tristezza mentre abbracciava stretta l’amica, e capì finalmente cosa la tormentasse nel profondo. Le sussurrò che andava tutto bene.
<<  Clarke, guardami, io domani parto per New York, il matrimonio è tra due giorni, però, se vuoi, potrei passare con te l’intera giornata a cercare quest’altro Bellamy. Anche solo per essere sicura che, una volta che tutto questo sarà finito, non dovrai mai più pensare a lui di nuovo, sapendo che hai fatto tutto ciò che fosse in tuo potere per trovarlo, ok?  >>
Clarke abbracciò l’amica stretta.
Rimasero così, per qualche ora abbracciate nel pavimento.

***

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<< Dove stiamo? >>
<< All’Arkadia >>
Clarke rabbrividì, tutto questo non poteva essere una coincidenza.
Quando scesero dal taxi Clarke rimase un secondo a fissare l’insegna a lettere blu elettrico. Aiutò Octavia a portare le valigie che, come suo solito, non potevano essere meno di cinque.
 Per fortuna aveva un fidanzato come Lincoln che ne sollevò la maggior parte.
Mentre le porte dell’ascensore si aprivano, ne uscì una donna.
Era bellissima: le labbra piene, il portamento deciso, i lineamenti austeri di una dea nordica.
<< Ecco la bestia >> Sussurrò Octavia all’orecchio di Clarke per poi mettere su un sorriso falsissimo voltandosi a salutare la donna.
<< Echo! Quanto tempo, come stai? >>
Il sorriso che la donna le ricambiò non fu meno finto.
<< Octavia io benissimo >> Disse Echo mentre mostrava l’anello al dito.
Ci fu qualcosa, in quella scena, che mise Clarke a disagio.
<< Dov’è Bellamy? >>
Clarke, al solo sentir pronunciare quel nome, tremò.
 Dovette  ricordarsi che non era quello l’uomo che stava cercando.
<< Non lo so, è in giro con Murphy, non l’ho mai visto oggi >>
Le due ragazze si salutarono. Una volta entrate in ascensore Octavia fece un commentino poco simpatico sulla futura cognata, e su come suo fratello si stesse godendo gli ultimi momenti di libertà.
Scesero al piano 25, sicuramente ci fu qualcosa di strano in tutto quello.
***

Dopo aver posato le valigie furono fuori.
 Clarke inspirò l’aria familiare e vagabondò seguendo il proprio cuore. Non aveva una meta precisa, sapeva solo che se doveva incontrarlo l’avrebbe fatto.
Mentre vagava per le strade, cercò quell’odore magico nell’aria che l’aveva condotta da lui la prima volta.
Magari se l’avesse incontrato non lo avrebbe riconosciuto.
Mentre era in aereo aveva provato una qualche paura all’idea di rivederlo e scoprire, chissà, che fosse sposato, che avesse figli, che non si ricordasse minimamente di lei.
Ma in quel momento, mentre il suo cuore palpitava di emozione, non trovò una sola ragione nell’intero universo per la quale non fosse giusto cercarlo.
Non sapeva dove, quando, come, ma l’avrebbe rivisto. Dio, sì, che l’avrebbe rivisto.
Non aveva altro che un nome.
Bellamy, Bellamy, Bellamy.
E tutto dentro di lei sembrava gridare:
Trovami, trovami, trovami.

***

Dopo aver vagato per qualche ora, Octavia le chiese se volesse accompagnarla a comprare un mazzo di fiori per il matrimonio.
<< Cosa vorresti comprarle? >>
<< Un mazzo di ortiche >>
Clarke rise divertita.
<< Hai mai detto a tuo fratello che non sopporti la sua ragazza? >>
<< Fidati, gliel’ho detto. Ma lui è convinto che il mio rapporto con Echo sia simile al suo con Lincoln, non ha capito che io Echo la odio. La conosco dal liceo, ed era una stronza doppiogiochista! >>
Octavia Blake finì per comprare alla sua futura cognata una mazzo di rose gialle che, a detta sua, portano sfortuna nei matrimoni.
<< Bell saprà cosa intendo con questi fiori >>
<< Sei un mostro Octavia >> Disse Clarke mentre non riusciva a smettere di ridere.
La mora stava giusto allungando una mano per prendere il resto quando Clarke la pregò di chiederlo tutto in banconote da 5 dollari. Octavia sbuffò, ma fece come le fu detto.
In quelle banconote, come in tutte quelle precedenti che erano capitate nelle mani di Clarke, non ci fu scritto alcun nome.
Passarono il pomeriggio camminando e cambiando banconote da 5 dollari, ma tutto ciò non servì assolutamente a niente. Clarke si chiese se avesse fatto bene a tornare lì quando aveva un ragazzo innamorato ad aspettarla a casa.
Quando tornò in albergo quella sera trovò con sorpresa Finn davanti alla porta della sua camera.
Clarke inspirò profondamente, chiuse gli occhi e si convinse che quello fosse un segno del destino.
Il suo posto era con lui.

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Il ragazzo era giusto, ma la foto sbagliata ( non picchiatemi).
Grazie mille per seguire e recensire questa storia, devo dire che mi sta piacendo scriverla. Vi consiglio di vedere l'omonimo film 'Serendipity' dopo il finale, dovrebbero mancare un paio di capitoli(bellissimo film). Fatemi sapere come sta andando la storia, se vi sta piacendo ed altro. Se qualcosa non è chiaro chiedetemi senza problemi.

 

 

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Capitolo 7
*** Away from my fate ***


Capitolo 7

 

<< Monty, per piacere, facci questo favore >>

L’amico rispose sottovoce: << Bell, cavolo, lo sai che non posso, sai quante leggi starei violando?! >>

Mentre i due amici discutevano Murphy ripetutamente sollevò gli occhi al cielo.

Dopo l’ennesimo tentativo infruttuoso di Bellamy per convincere l’amico a trovare il nome della ragazza nel database del negozio, Monty sbottò.

<< Bellamy Blake, lo sai che non posso! >>

Bellamy mise su l’espressione da cane bastonato che l’amico detestava.

Stava perdendo le speranze, non avrebbe mai trovato la ragazza prima del matrimonio.

<< Monty, avanti, dicci un po’ chi ti ha fatto conoscere Harper … >>: Rimescolò le carte Murphy.

L’amico lo fissò con uno sguardo glaciale, era alle strette.

<< Non potete giocare sulla gratitudine. Bell, non mi guardare con quella faccia, no, non vi aiuterò! Dai! Smettila … okay, ma facciamo veloce! >>

Bellamy Blake esultò rumorosamente e poi diede un bacino sulla guancia dell’amico.

<< Approfittatore … >>

<< Ti voglio bene anche io >>

Dopo qualche ricerca Monty alzò le braccia sconsolato.

<< Gli archivi vanno indietro solo di qualche anno, il resto è stato cancellato >>

Bellamy rischiò di svenire.

<< Non esiste alcun altro posto dove trovarlo? >>

<< Senza un nome? Penso proprio di no >>

Tutta la speranza, tutto l’ardore, tutto il desiderio che erano riusciti ad alzare il velo della depressione ricaddero su Bellamy con tutta la forza che possedevano.

 

***

 

Non la rivedrai più, non la rivedrai più.

Fu una consapevolezza dolorosa. Il ricordo dei capelli come oro puro, gli occhi come spicchi di cielo nella giornata più limpida d’estate, il volto sepolto nella sciarpa per nascondere il riso, ogni cosa,  lo colpì con l’intensità di una scarica elettrica.

Lei era sparita, aveva deciso di andarsene, e magari quel libro non lo aveva mai venduto.

Lei era passato, doloroso, dolce, e meraviglioso passato.

Ma apparteneva ad una notte perduta, una danza su pattini d’argento, una bacio quasi rubato su un tappeto di ghiaccio.

Non poteva dire di non averla cercata, di non averla aspettata, di non averla amata con ogni minuscola fibra del proprio corpo.

Ma rappresentava le sue insicurezze, le sue paure, i suoi ripensamenti. E forse ella aveva incanalato, si disse cercando di convincere se stesso, il suo pretesto per non lasciarsi mai andare, per non amare mai veramente .

Era, però, il momento di farlo, di dimenticarla, di lasciare che il suo ricordo lo lasciasse in pace.

Addio notti insonni, a rigirarsi nel letto, al ricordo del suo profumo.

Addio librerie, scaffali ammuffiti, libri dalla copertina verde foresta.

Addio ripensamenti su che sapore avrebbero avuto le sue labbra se l’avesse baciata.

Era ora di lasciarla andare, e vivere questa nuova vita con Echo, senza mai voltarsi indietro a cercarla con lo sguardo.

Clarke, ovunque tu sia, qualunque sia il tuo cognome, dovunque sia la tua storia, qualunque sia il tuo destino, ti auguro tutto il bene e tutta la felicità del mondo.

Te la meriti assolutamente.

Detto questo, entrò per le prove della cerimonia.

Il giorno dopo si sarebbe sposato.

 

***

 

 

Finn affittò una di quelle carrozze da favola che si vedono nei film.

Poi la prese per mano e la fece accomodare tra i sedili morbidi.

Fu romantico, ammirare una New York diversa, nuova come non l’aveva mai vista.

E forse rappresentava anche un modo diverso di affrontare e vedere la vita.

Magari era sempre stata troppo concentrata su un ragazzo incontrato anni prima, senza concedersi di ammirare ciò che veramente possedeva.

Magari era ora di lasciar andare l’altro. Aveva spettato, aveva cercato, aveva amato senza posa un ragazzo conosciuto per caso in un negozio di vestiti. Il guanto che aveva in tasca sembrava bruciarle la pelle. Magari era ora di lasciarlo andare e dedicarsi a quella vita con Finn.

Aveva sempre voluto questo, no?

Aveva sempre voluto essere felice.

In quel momento, mentre silenziosamente lasciava andare il ragazzo dagli occhi ossidiana delle costellazioni e una lacrima nostalgica le scese sulla guancia destra, lo fu.

Forse, poteva veramente ricominciare da capo.

Bellamy, ovunque tu sia, qualunque sia il tuo cognome, dovunque sia la tua storia, qualunque sia il tuo destino, ti auguro tutto il bene e tutta la felicità del mondo.

Te la meriti assolutamente.

Stava giusto pensando questo quando Finn ricevette una telefonata e si mise animosamente a discutere al cellulare riguardo il suo prossimo concerto.

Clarke sbuffò annoiata, mentre il momento magico finiva nel cassonetto dell’immondizia.

Quando ormai il suo ragazzo aveva passato ben 15 minuti al cellulare, decise di scendere dalla carrozza.

Le luci illuminavano tutto intorno a lei, i fanali delle poche macchine si vedevano in lontananza e le stelle brillavano sopra la sua testa.

Si avvicinò al marciapiede, e ammirò il panorama sotto di lei.

Quasi perse un battito quando scorse su che spettacolo si affacciasse la vista.

Una grande pista di pattinaggio si estendeva sotto di lei, le persone volteggiavano al suo interno, e chiudendo gli occhi, Clarke quasi poté vedere lei e Bellamy cinque anni prima stesi in mezzo ad essa.

Quasi immersa in un sogno, riscese le scalette.

Sembrava che nulla fosse cambiato e quasi, per un secondo, poté illudersi che per lei fosse lo stesso.

Si sedette sulla panchina in cui lui le aveva messo il cerotto e le aveva raccontato delle stelle.

Alzò lo sguardo per fissarle, loro, come la pista, erano sempre le stesse.

Non seppe neanche lei per quanto rimase ad osservare le persone danzare, fatto sta che ad un certo punto Finn la raggiunse.

<< Mi dispiace per prima, ma in questi ultimi giorni ho avuto molto da fare, spero potrai perdonarmi. >>

Clarke annuì gli occhi incantati dal ricordo, fu quasi troppo vedere Finn sedersi al suo fianco, dove una volta c’era stato Bellamy.

<< Sai che ognuna di queste stelle ha un nome e che ogni aggromerato forma un disegno. Chissà come si chiama questo qui >>

Clarke fissò le stelle indicate da Finn, le guardò bene, per poco non ebbe un infarto.

Rimase a bocca aperta mentre cercava di respirare.

Si tolse la giacca e tirò su la manica del maglione.

Nel suo braccio dei piccoli puntini neri rispecchiavano le stelle nel cielo.

<< Cassiopea >> Disse mentre ogni cosa tornava ad avere senso, e si accorgeva di non poter più mentire a se stessa e a Finn. In quella notte di cinque anni prima qualcosa era successo e, dentro di lei, un pezzo si era rotto: da quel momento amare di nuovo le era impossibile. << Le stelle nel cielo sono Cassiopea >>

Finalmente si permise di chiudere gli occhi e quelle lacrime, che aveva represso per tanto tempo, vennero a galla. Clarke le lasciò cadere mentre fissava le stelle nel cielo.

In quel momento seppe di preciso cosa volesse.

 

 

***

 

Le prove andarono bene, molto bene. Tutti furono felici, tranne Octavia che continuava a sventolargli davanti alla faccia delle rose gialle che, a suo dire, portavano sfortuna nei matrimoni.

Come se gli servisse qualche altro dubbio in più.

I familiari della sposa sorrisero felici.

Sua madre Aurora gli si avvicinò sorridente e gli disse che, se davvero quello era ciò che desiderava e ciò che lo rendeva felice, lei gli augurava tutta la felicità del mondo.

Bellamy la strinse forte a sé e cercò in lei la forza per entrare in chiesa il giorno seguente.

Ormai credeva di non avere più dubbi.

Octavia lo informò che avrebbe portato con sé la sua amica al matrimonio. Questa famosissima amica di Octavia, non ricordava nemmeno come si chiamasse, magari non lo aveva mai saputo.

Quando se ne furono tutti andati Bellamy notò che in una delle prime file sedeva Echo a testa bassa.

<< Hey, che c’è che non va? >>

<< Sei tu >>

<< Cosa? >>

<< Bell, è come se fossi stato concentrato su qualcos’altro negli ultimi giorni >>

Bellamy percepì la verità di quelle parole colpirlo, non sapeva cosa dire. Cercò di difendersi.

<< Non mi mentire Bell! Ho sognato questo giorno per tutta la mia vita. Avevo sognato il colore dei fiori, il luogo delle nozze, il vestito >>

Sollevò gli occhi dal pavimento e li incatenò nei suoi, erano tristi.

<< Ed è tutto perfetto, tranne te. Bell, promettimi che, qualunque cosa tu stia trattenendo, la lascerai andare >>

Egli si protese per abbracciarla, decise che era giunto il momento. La stava lasciando andare.

Poteva sentire il suo sorriso scomparire da dietro le palpebre, i suoi occhi sparire dal cielo estivo, e la sua anima sciogliersi dalla sua. Clarke, ti sto lasciando andare.

<< Qualunque cosa sia, lasciala andare >>

Bellamy pensò in quell’istante di esserci veramente riuscito.

Poi la ragazza si alzò di colpo e gli consegnò un pacchetto incartato.

<< E’ il regalo delle nozze, è di rito >>

Bellamy si diede dell’imbecille per non averci pensato, inventò qualche scusa dicendo che il suo fosse a casa. Echo disse che non importava.

<< Aprilo, dai! >>

Bellamy lo scartò con un sorriso sulle labbra finché non vide la copertina che proteggeva il libro.

Era una verde foresta calamitante, con dei disegnini argentei e la scritta dorata.

‘’ L’amore ai tempi del colera’’

Bellamy non riusciva più a respirare. Cercò di mantenere il battito controllato mentre le mani gli tremarono.

<< Sai, ogni volta che andiamo in libreria ti vedo sfogliarlo, ho pensato che ti sarebbe piaciuto averlo >>

Per la prima volta in cinque anni Bellamy ebbe davvero paura di aprire quel libro, sapendo che il suo contenuto avrebbe potuto cambiare in un attimo ogni convinzione che avesse raggiunto.

Tremò un istante, considerò tutte le possibilità, cercò disperatamente di convincersi che, qualora ci fosse scritto il suo nome, per lui non sarebbe cambiato nulla. Non l’avrebbe chiamata.

Sarebbe andato in chiesa e avrebbe sposato Echo. Senza ripensamenti, senza paura, senza dubbi.

Convinse se stesso che in quel libro, come in tutti quelli precedenti, non potesse esserci il suo nome.

Non poteva, quel libro che aveva tanto agognato, essergli regalato dalla sua futura moglie, il destino sarebbe stato troppo crudele.

Senza pensarci voltò la prima pagina.

 

‘’Clarke Griffin 6755 10’’

 

Percepì gli occhi farsi lucidi, ogni barriera mentale sgretolarsi, ogni convinzione cadere.

Pensò che non fosse giusto, pensò che fosse infantile, pensò che fosse stupido.

Ma in quel momento, con il libro stretto tra le mani ed il nome Clarke Griffin ormai impresso per sempre nella testa, non trovò in tutto l’universo una sola ragione per la quale non fosse giusto cercarla.

<< Che c’è non ti piace? >>

Sollevò gli occhi lucidi e sconvolti su Echo. Cercò di sembrare credibile.

<< E’ perfetto, ottima scelta >>

 

***

 

Una volta uscito si gettò su una panchina all’ombra.

Le lacrime che, in quegli anni aveva miracolosamente represso, presero a scendergli a fiotti. Non riusciva a fermarle, cinque anni di lacrime scesero con l’intensità di una cascata.

Un dolore lancinante, una felicità incontrollata, ed un pianto disperato lo sconvolsero contemporaneamente.

Tutte le gioie, i dolori, le scelte, fatte successivamente a quella notte di dicembre sembrarono scomparire, minimizzarsi, e vaporizzare. Ogni singolo pensiero, ogni singolo muscolo, ogni singolo battito rimbombante del suo cuore ancora innamorato si focalizzarono su quel nome.

Clarke Griffin, Clarke Griffin, Clarke Griffin.

L’aveva trovata.

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** I see you- Parte prima ***


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Capitolo 8
Cercò di chiamare il suo numero per tutta la sera, molto probabilmente Clarke aveva cambiato numero, così non rispose mai nessuno.

Ma aveva il suo nome, l’avrebbe trovata, prima o poi.

Il problema era il matrimonio.
Quel dannato matrimonio.
Era davvero disposto a mandare all’aria tutto quello che aveva costruito con Echo per una ragazza sconosciuta?
E se Clarke fosse sposata, avesse dei figli, e vivesse felicemente dimentica di quelle poche ore passate insieme anni fa?
E se anche l’avesse trovata, che cosa gli faceva credere che ella lo amasse.
Quando Murphy entrò nella sua camera erano le due notte e Bellamy stava ancora fissando il soffitto con il libro tra le mani.

<< Ho fatto delle indagini nel database del Time, ho trovato un numero di cellulare collegato a quello >>
Bellamy scattò a sedere e agguantò il telefono.
<< Bellamy Blake, non puoi chiamarla alle due di notte! >>
Bellamy sollevò lo sguardo, fissò l’amico e qualcosa guizzò pericoloso in fondo al suo sguardo.

<< Ho aspettato cinque anni, non aspetterò un altro secondo >>

Compose il numero.

***
Quando suonò il telefono Finn si trovava al bar.
Non riusciva a ricordare quanti drink avesse bevuto, aveva perso il conto.
Fortunatamente per lui, però, aveva dimenticato la serata precedente ed il discorso con Clarke.
All’improvviso tutto andò bene, ogni cosa fu al suo posto.

Questo era il motivo per cui Finn amava bere, era come rinascere, svegliarsi e vivere per qualche ora in un universo parallelo dove ogni cosa andava sempre nel verso giusto.
Premette il tasto verde del cellulare per rispondere.
<< Pronto >>
<< Pronto, mi scusi, sto cercando Clarke Griffin >>
Finn non riconobbe la voce dall’altro capo del telefono.

Nel suo mondo immaginario, nella sua realtà distorta, nel suo universo parallelo Clarke era sua moglie, avevano 4 figli, i cui nomi erano Jamie, Henry, Amy, e Lucy.
Mentre cercava di ricordare come si parlasse, strinse gli occhi e mandò giù un altro sorso.
<< Sta mettendo a dormire i bambini, la trovi tra un poco >>
La persona dall’altro capo del telefono attaccò di colpo.
Finn sbuffò, disse qualcosa a proposito la maleducazione ed avvicinò il bicchiere nuovamente alle labbra.
Probabilmente il giorno dopo non avrebbe ricordato nulla.
Dopo poco si alzò per pagare ma si accorse di non avere con sé il portafoglio.
Merda.

***

<< Bell, tutto a posto? >>
Bellamy prese un respiro profondo e serrò gli occhi.
<< E’ sposata, ha dei figli …>>
Jhon sembrò triste, si avvicinò all’amico e gli mise una mano sulla spalla.
Non disse nulla. Ma cosa avrebbe potuto dirgli?
Che sarebbe andato tutto bene, che era giusto fare una cosa invece che un’altra?
<< Jhon, credo di aver raggiunto la conclusione >>
Bellamy aveva gli occhi lucidi ed il respiro corto.

 << Non vedi?! Tutto mi ha portato a questo! Il fatto di aver trovato il libro solo adesso, il fatto che a regalarmelo sia stata Echo, è questo il destino! Mi sta dicendo ‘’hai scoperto chi è, l’hai trovata, beh … sappi che è felice e che ha dei figli, ora è il momento di andare avanti’’! Se domani vado: entro in quella sala, cammino fino all’altare e dico , ella non mi tormenterà più... >>

Spero.

Ma spero non lo disse ad alta voce. Lo pensò solamente.
<< Sei sicuro? >>

Bellamy prese un respiro, chiuse gli occhi, e zittì il proprio cuore, che urlava dilaniato e distrutto.

<< >>

 

***

<< Hai parlato con Finn? >>

Clarke si sedette nel posto vicino al finestrino mentre mancavano ancora 5 minuti dal decollo dell’aereo.
<< Si, ci ho parlato, e ho fatto quello che andava fatto. Non potevo continuare così, non era giusto nei suoi confronti. >>
<< Ti ammiro molto, Clarke, segui il tuo cuore. Ma non potevi restare al matrimonio per farmi compagnia? Non hai neanche conosciuto Bellamy! Oddio, sta iniziando, non puoi capire che odio: quella stronza di Echo, vestita di bianco, sta benissimo >>
Clarke rise alle parole dell’amica.
<< No, mi sarebbe sembrato strano conoscere Bellamy >>
<< Guarda che è un figo pazzesco, mio fratello! >>
Clarke sorrise di nuovo. Non era quel Bellamy che lei cercava, purtroppo.
<< Devo spegnere, O. Ci vediamo a casa >>

Mise giù il cellulare proprio mentre un’hostess stava passando.
La donna le chiese se desiderasse qualcosa.
Clarke annuì, ma chiese solo una bottiglietta d’acqua. In quel momento non aveva proprio fame.
Quando cercò il portafoglio nello zaino scopri di aver scambiato il proprio con quello di Finn.
Fantastico, dovrò anche rivederlo.
Cercò comunque all’interno qualche banconota.
Ne aveva solamente una da 5 dollari.
In quel momento non ci fece subito caso.
Allungò la banconota alla donna.

Stava giusto per afferrare la bottiglietta quando scorse qualcosa.

Una scritta fucsia sbiadita si scorgeva a malapena dalla banconota che la donna stava prendendo.

Per un secondo non fu in grado di muovere un muscolo.
Non aveva più fiato, ogni cosa sembrò andare a rallentatore.
Tutto il mondo smise di esistere, ogni singola cellula della ragazza concentrata in quel pezzetto di carta scritto di pennarello fucsia.
Clarke Griffin in meno di un secondo morì e tornò in vita con la forza di un uragano.
<< No! >>

Afferrò la banconota dalle mani della donna a mezz’aria, prese il proprio zaino mentre sentiva ogni centimetro quadrato del proprio corpo tremare, e scese dall’aereo proprio quando il portellone stava per chiudersi.

Poi corse, corse, corse, corse finché non ebbe più fiato, e finché non raggiunse un taxi.

Mentre saliva sulla vettura strinse convulsamente la banconota, il guanto nero che aveva in tasca sembrava corroderla attraverso i vestiti.
Le lacrime scesero.
Clarke chiuse gli occhi.
Rivide tra i ricordi il sorriso di Bellamy, i suoi occhi scuri, la sua risata particolare, il modo dolce in cui le parlava.
Ogni cellula del proprio corpo sembrò trovare un posto nell’universo.

Finalmente dopo un attimo di esitazione svolse la banconota.

Bellamy Blake.
99  2345.


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Allora come sta andando. Ormai siamo quasi alla fine, credo che il prossimo capitolo sarà l'ultimo. Allora è stata carina come idea ( Quella di ispirarsi ad un film e tirarci fuori una ff Bellarke), si può rifare?
Grazie a tutti quelli che seguono la storia, è bello sapere che stia piacendo.
 

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Capitolo 9
*** I see you - Parte Seconda ***


Capitolo 9

 

Octavia non rispose al telefono.

Maledizione.

Ma come è stato  possibile?

 Clarke Griffin si sentì pesantemente presa in giro dal destino.

Aveva vissuto con Octavia per due anni, aveva parlato con lei di qualunque cosa, come era possibile che non fossero mai finite sull’argomento Bellamy? E come era possibile che Clarke avesse visto la foto sbagliata nella borsa dell’amica?
 

Si diede della cretina.

L’autista la guardò sconcertato mentre percorreva la strada diretta all’Arkadia.

Clarke all’improvvisò ripensò al suo primo incontro con Octavia, a cosa l’avesse colpita nel suo aspetto, a cosa l’avesse incuriosita del suo carattere.

Aveva sempre trovato familiare il sorriso della ragazza, la piega che le sue labbra prendevano quando ghignava divertita.

Aveva sempre adorato tremendamente qualcosa in fondo ai suoi occhi, una scintilla strana, che riusciva a trasmetterle un senso imponente di tranquillità.

Non aveva mai capito il perché.

Il perché ci fosse qualcosa di terribilmente familiare in lei che non era mai riuscita a spiegarsi.

 

Improvvisamente il taxi si fermò in mezzo al traffico. L’autista cercò di scusarsi, ma Clarke afferrò le proprie cose, e si mise a correre sul marciapiede.

Cercò di non piangere mentre sfrecciava di fianco alla strada.

E se stesse sbagliando, se stesse correndo inutilmente, se Bellamy fosse terribilmente innamorato di Echo da non ricordarsi nemmeno l’esistenza di una ragazza incontrata una sera anni prima?

Corse più velocemente, mentre i pensieri le correvano in testa alla velocità della luce.

Quando salì le scale dell’Arkadia percepì il peso della verità piombarle addosso.

Entrò comunque nella sala, e rimase sconvolta.

Era completamente vuota, la cerimonia terminata da tempo, ormai era rimasto solo un uomo a sistemare le sedie.

Sentì il respiro bloccato e la consapevolezza di averlo perduto farsi strada fino al cuore.

<< E’ qui per la cerimonia? Mi dispiace è tutto finito >>

L’uomo sembrava dispiaciuto.

Clarke si voltò, nascondendo le lacrime, per andarsene, perché per lei, in quel posto, non era rimasto più niente.

<< Ma non si preoccupi in questi casi mandano tutto indietro >>

<< Mi scusi ? >>

<< Restituiscono sempre i regali >>

Alla faccia perplessa di Clarke l’uomo sembrò un po’ stupito.

<< Le ho detto che era finito, la verità è che non è mai neanche iniziato >>

Clarke sentì il proprio corpo fremere di sorpresa, sicura di aver malcompreso.

<< Sìsì, lo sposo ha annullato tutto ad un certo punto questa mattina >>

Clarke pensò di star veramente per  avere un infarto.

Un immenso stupore, un forte sollievo, e una gioia incontrollata la colsero all’improvviso.

Sentì le lacrime scenderle sulle guance a bagnarle il viso, la maglia, i capelli.

Non le importò, perché in quell’istante seppe.

Che anche per lui era lo stesso.

Anche lui fissava il soffitto la sera cercando di addormentarsi, apriva morbosamente ogni libro dalla copertina verde come lei girava qualsiasi maledetta banconota.

Anche lui l’aveva cercata, tanto da stare male, tanto da non avere più parole.

E non le importò il pensiero che fosse cambiato, di quante ragazze avesse avuto, di quante volte avesse cercato di scacciarla dal proprio pensiero.

Seppe solo che egli non ce l’aveva fatta, non l’aveva dimenticata; altrimenti a quest’ora sarebbe già stato sposato.

Sorrise fra le lacrime, che continuavano a scenderle sul viso.

L'uomo nella sala la guardò male.

Come si può essere felici alla cancellazione di un matrimonio?

<< Oh, è veramente terribile >>

Clarke cercò di ricomporsi, ma quel sorriso non le lasciò mai il viso.

Mai.

 

 

***

 

<< Dimmi che ho fatto la cosa giusta >>

<< Non posso >>

<< Grazie Jhon, sei sempre di grande aiuto >>

Murphy scosse la testa e tirò fuori dai pantaloni un foglio scritto a penna.

<< Ho riscritto il tuo discorso di matrimonio >>

Bellamy lo guardò stupito.

<< Ci sono così tante smancerie solo perché sei triste e non voglio finire in galera per aiuto al suicidio >>

Il maggiore dei Blake sorrise. Jhon Murphy era quel tipo di persona dal cuore grande ma che cercava costantemente di minimizzare se stesso.

<< Grazie Jhon >>

L’amico si allontanò verso casa, e Bellamy aprì la busta.

 

 

Bellamy Blake, il più grande coglione sulla faccia della terra, questa mattina ha fatto la cosa più stupida della sua vita.

Dopo aver saputo che la sua anima gemella, una ragazza misteriosa incontrata un milione e mezzo di ore prime, che ha morbosamente cercato per cinque anni, fosse sposata con dei figli  ha annullato il proprio matrimonio.

L’unica persona felice di questo annullamento è sua sorella Octavia ( ma non conta poiché quella ragazza è veramente disturbata).

 

Bellamy sorrise mentre leggeva, adorava il modo scherzoso con cui Murphy si rivolgeva a sua sorella.

 

 

Vi starete chiedendo come sia possibile essere innamorati di una ragazza con cui si è parlato solo per qualche ora, tranquilli, non vi preoccupate, me lo sono chiesto anche io in questi anni.

Eppure c’è qualcosa in Bellamy, quando parla di lei, di diverso.

Saranno gli occhi più lucidi, lo sguardo più serio, la voce più profonda? No, nessuna di queste cose in particolare. Sono solo un miliardo di minuscole cose impercettibili che nel complesso lo rendono una persona nuova.

Io, come suo amico e come suo confidente, sono veramente orgoglioso di questa persona.

Vorrei anche incontrarla un giorno, questa misteriosa Clarke, per dirle grazie: grazie per aver contribuito a rendere Bellamy la persona meravigliosa che è; non so come tu sia riuscita con poche ore, una manciata di secondi, un granello di sabbia nella clessidra del tempo, a farlo diventare l’uomo magnifico che tutti sapevamo potesse diventare.

Quindi … grazie.

In questo momento probabilmente Bellamy starà girovagando, leggendo e rileggendo questa stupida lettera mentre un guanto nero nella sua tasca destra gli ricorda una ragazza ormai perduta.

Sapete cosa vi dico però? Non importa dove sia questa ragazza ora, quanti figli abbia, se ogni tanto ripensi o meno a lui. So solo che ovunque sia, qualunque sia il suo destino, qualunque sia la sua storia, chiunque sia al suo fianco, una parte nascosta nel cuore del mio amico resterà per sempre legata a lei. Ai suoi capelli color del grano, ai suoi occhi come specchi di cielo a primavera, al suo sorriso luminoso nascosto sotto la sciarpa. Ho sentito così tanto parlare di questa ragazza che adesso sto usando le stesse parole di Bellamy ( quel ragazzo è veramente smielato).

Grazie a tutti, e buona serata.

 

 

Bellamy lesse e rilesse veramente quella lettera, felice per il sostegno dell’amico, e triste per la verità di quelle parole.

Il guanto nella tasca destra gli bruciava veramente la pelle tanto quanto il dolore gli lambiva il cuore.

Sebbene Clarke non fosse più un’opzione, poiché ormai stava vivendo felicemente la sua vita, egli non era riuscito ad entrare in quella chiesa.

Perché?

Forse la consapevolezza che, se Clarke si fosse mai presentata alla sua porta, anche ad ottant’anni, con una famiglia alle spalle e dei nipoti sulle ginocchia, egli l’avrebbe comunque seguita.

Non poteva sposare Echo sapendo che ogni piccolo riferimento a lei l’avrebbe scosso, sicuro di continuare a passare le notti insonni, desideroso di presentarsi alla sua porta ad incontrarla.

 

Mentre passeggiava arrivò nei pressi di una parco molto familiare, non sembrava essere cambiato affatto: stessi alberi, stesse fontane, stessa pista di pattinaggio illuminata da una luce calda.

Per un secondo socchiuse gli occhi, e rivide se stesso e Clarke distesi al suo centro anni prima.

Per un momento si illuse che il tempo non fosse passato.

Allora entrò nella pista con le scarpe addosso mentre la gente gli lanciava occhiate curiose.

Si distese proprio al suo centro, nel punto esatto in cui ella aveva finto di cadere.

Bellamy Blake estrasse il guanto nero dalla tasca, il cui compagno era perso chissà dove.

 Chissà dove.

Dei piccoli fiocchi iniziarono a cadere e Bellamy rimase sorpreso, era tutto come quella volta.

Guardò il cielo sopra di lui e sorrise triste.

Cassiopea. Le stelle nel cielo sono Cassiopea.

 

***

 

<< O, senti. Hai più sentito tuo fratello dopo stamattina? >>

Clarke Griffin cercò di sembrare il più tranquilla possibile, mentre invece si era già mangiata la metà delle unghie della mano destra prima della chiamata.

<< Perché? >>

Come poteva dirglielo?

E’ lui, è sempre stato lui.

Non è un caso se siamo amiche, se ci siamo capite subito.

E’ che il tuo sorriso mi ricorda il suo, i tuoi occhi i suoi.

<< O … è lui >>

Clarke si sarebbe aspettata che l’amica le bucasse un timpano per le urla di gioia, invece Octavia la stupì.

Non disse nulla, però Clarke percepì che stesse sorridendo dall’altro capo del telefono.

<< Clarke, non posso dirti come trovarlo, perché non so dov’è. Ma semplicemente: chiudi gli occhi, zittisci la mente, e segui il cuore. Sa dove andare >>

Octavia chiuse la chiamata, e Clarke si ritrovò a camminare tra le strade senza una meta precisa.

Non le ci volle molto per pensare a l’unico posto di New York in cui volesse trovarsi in quel momento.

All’improvviso seppe dove andare.

‘’Se è scritto che dobbiamo incontrarci, ci rincontreremo …’’

 

***

 

Belamy continuò a fissare la neve cadere mentre il guanto nero rimaneva appoggiato al suo petto e le persone se ne andavano una alla volta.

Rimasero soli.

Lui, la pista e i ricordi.

Chiuse gli occhi un po’ e per un momento poté quasi rivederla, mentre leggiadra volava sulla lastra trasparente.

E  mentre continuavano a cadere cristalli la ragazza dagli occhi turchesi ai suoi occhi parve signora di vetro, regina di ghiaccio, principessa di neve.

 Padrona indiscussa del suo cuore.

Dopo cinque anni non sembrò passato neanche un giorno.

Ci sono vite valgono un istante, ed istanti che valgono una vita.

 

Quando, ad un certo punto, un guanto nero atterrò vicino al proprio non capì.

 Poi lo guardò attentamente, ed un brivido freddo gli attraversò la spina dorsale.

Era il compagno del proprio.

Per un momento Bellamy Blake ebbe paura di alzare lo sguardo, come aveva avuto paura di aprire il libro per trovarvi la scritta.

Preso coraggio, lo fece.

E la vide.

Era ferma all’ingresso della pista.

Non saprei dirvi come capì all’istante, dopo cinque anni, pur avendola vista una sola volta, che fosse lei.

 Ma fu istantaneo.

Bellamy si alzò in piedi, il respiro corto, il cuore in gola, ed i due guanti stretti in una morsa d’acciaio nella mano destra.

Si sentì felice, triste, euforico e disperato.

Il petto gli batté così forte nel petto che ebbe paura che la gabbia toracica potesse rompersi da un momento all’altro.

Era come la ricordava.

I capelli dello stesso colore, sebbene più corti, gli occhi della sfumatura del cielo nella giornata più limpida d’estate, il sorriso triste sommerso dalle lacrime.

Percepì anche il proprio volto bagnarsi, ma non ebbe importanza, mentre i due si avvicinavano lentamente.

Clarke si asciugò le lacrime con il dorso della mano e tremò dalla testa ai piedi.

Sembrava felice, triste, euforica disperata.

Per un momento, mentre si fermavano l’uno di fronte a l’altra, Bellamy ebbe paura che fosse un miraggio.

Così bella, triste, fiera e perfetta.

Allungò un braccio tremante verso di lei.

<< Piacere, Bellamy >>

Ella di asciugò di nuovo le lacrime con il dorso della mano mentre un sorriso le illuminava il volto umido.

<< Clarke >>

Il sorriso della ragazza si allargò sul suo viso. Ella piangeva mentre rideva, rideva mentre piangeva, e Bellamy pensò che fosse la cosa più bella che avesse mai visto.

Lentamente, con tutto il tempo di cui avevano bisogno, si avvicinarono sempre di più.

Pian piano, centimetro dopo centimetro, mentre le lacrime continuavano a bagnare i visi di entrambi.

Poi quando furono ad un soffio uno dall’altra, la bionda, danzatrice professionista, fece finta di cadere, ed entrambi si ritrovarono distesi in mezzo alla pista, i corpi a contatto.

Nessuno dei due riusciva a smettere di ridere e piangere, entrambi completamente assorbiti dalla magia e dal ricordo.

 Bellamy, lentamente, le prese il volto tra le mani, incatenò le proprie iridi ebano in quelle turchesi di lei, e continuò a sorridere e piangere mentre avvicinava il proprio viso al suo.

 

Ella gli circondò il collo con le braccia, intrecciò le mani tra i capelli corvini del ragazzo e capì di amarlo oltre ogni limite possibile ed immaginabile.

Si fermarono ad un soffio dalle labbra dell’altro, sorpresi.

Respiravano lo stesso respiro.

 

Poi telefono della ragazza trillò all'improvviso. Bellamy sbuffò esasperato.

<< Ti prego, chiunque sia, non rispondere >>

Clarke, sotto di lui, scoppiò a ridere, ed egli rise a sua volta estasiato sempre di più da quella ragazza.

<< Non lo farei per niente al mondo >>

Si guardarono un altro secondo negli occhi, poi, finalmente, si sporsero l’uno verso l’altra per quel tanto atteso e desiderato bacio.

Niente, in tutta la loro vita, era mai stato così bello.
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​E allora eccoci giunti alla fine. Devo dire che è stato un piacere scrivere questa storia. Ringrazio tutte le recnesioni positive, tutti quelli che l'hanno messa tra le seguite e le preferite, e tutti quelli che hanno semplicemente letto e basta.
Spero che vi sia piaciuto anche il finale.
Ho in mente qualche altro progetto per il futuro, e se seguite il mio profilo, prima o poi, qualche storia bellarke spunterà fuori.
Grazie per il sostegno.
​A presto.

 

 

 

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