Tu.

di dekembrios
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Fast Car ***
Capitolo 2: *** 2. Soul ***



Capitolo 1
*** 1. Fast Car ***


1. Fast Car

La macchina sfrecciava veloce sulla strada appena asfaltata di non sapevamo quale paese. Era una strada immersa nelle campagne, circondate dalle alte spighe di grano che ondeggiavano al vento in una danza soave che veniva disturbata e talvolta interrotta da noi che cercavamo di toccarle, allungandoci fuori dal finestrino. Il vento che entrava nell’auto dai finestrini era caldo, secco; un’aria che non avremmo trovato a Milano quell’estate.
Dopo gli esami universitari avevamo deciso di scappare via tutti insieme per almeno una settimana dalle torride e umide città in cui eravamo cresciuti e in cui eravamo destinati a rimanere per quasi tutto agosto. La sessione estiva era ormai un lontano ricordo, per alcuni di noi piacevole e per altri un po’ meno, ma ci eravamo promessi che per una settimana non ne avremmo mai parlato e non ci avremmo pensato, anche se quest’ultima promessa non l’avrebbe mantenuta nessuno e lo sapevamo.
Ritirai la mano che fino a quel momento era rimasta fuori dal finestrino per sentire il vento dentro l’auto, chiusi il vetro e vi appoggiai la testa; lo sguardo si spostò sul lato della strada, verso le spighe, e la mente incominciò a viaggiare e a pensare a quello che sarebbe potuto succedere in quei pochi giorni lontani da casa, pensieri di tanto in tanto interrotti dai canti a squarciagola intonati dai miei compagni di viaggio nei sedili posteriori. La mia attenzione venne distolta da una macchina che ci superò a tutta velocità e che ci suonò più volte; dopo poco Francesco rispose al clacson e capì che era l’auto dei restanti nostri compagni di avventura che inevitabilmente furono costretti a stare separati da noi. Ormai per lui era diventata una questione d’onore e premette istantaneamente il piede sull’acceleratore, superandoli in pochi secondi. La corsa clandestina finì quasi subito dopo un seccato “Oh piantala, che se facciamo un incidente muoio pure io!” di Lucrezia, che si trovava esattamente dietro di me.
Da quella matta gara passarono pochi minuti e la nostra attenzione fu catturata dal mare; finalmente eravamo arrivati. Dopo parecchie ore di viaggio, musica ed euforia eravamo finalmente giunti alla nostra meta. La gioia salì subito alle stelle; era visibile negli sguardi di tutti. Già ci stavamo immaginando sulla spiaggia, davanti ad un fuoco a cantare con chissà quali altri personaggi che lì avremmo conosciuto, a fare e a raccontarci le peggiori stupidaggini; ci stavamo costruendo in testa  la tipica estate da adolescenti che da poco tempo non eravamo più, quell’estate che aveva contrassegnato la fine della fanciullezza, che però volevamo disperatamente rivivere e che avevamo intenzione di rivivere ogni anno fino alla fine del percorso universitario, se tutto fosse andato per il meglio. 
Dopo pochi tornanti ci si figurò davanti il parcheggio del campeggio quasi del tutto occupato e senza più posti all’ombra. Con un’abile manovra Francesco riuscì a parcheggiare e senza nemmeno dargli il tempo di dire qualcosa io e Lucrezia ci catapultammo in spiaggia, per capire com’era la situazione e prendere dei posti per le tende. In poco tempo ci raggiunsero anche tutti gli altri con le tende già fuori dalla loro custodia e pronte per essere montate.
 
Al grido di “Bene, ragazzi, si comincia!” la nostra estate poté avere ufficialmente inizio. 

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Capitolo 2
*** 2. Soul ***


L’odore delle varie grigliate si diffondeva per tutta la spiaggia assieme alle risate e alla musica proveniente da qualche cassa bluetooth. Il tramonto era la cornice perfetta per un perfetto primo giorno di mare. Di quel pomeriggio rimanevano i bei ricordi, le battute e la stanchezza derivante da un lungo viaggio e da sfiancanti partite a beach volley. Non pensavo che sarei rimasta sveglia per vedere il tramonto, ero convinta che mi sarei addormentata prima di cena. La sorpresa e la gioia nello scoprire che il sonno stava via via svanendo fu tanta e come premio per la mia perseveranza ricevetti un meraviglioso momento da sola, seduta su uno scoglio, ad osservare l’orizzonte. I colori del tramonto mi rapirono completamente e riuscivo solo a sentire il rumore del mare e dei miei pensieri; tutto il resto sparì. La mente tornò indietro nel tempo, a settembre. Ripensai ai miei primi giorni di università, all'ansia della matricola, alla paura di aver sbagliato strada, di capire che quello non sarebbe stato il mio futuro, di rimanere da sola per tutto il resto dell’anno… La preoccupazione era tanta, ma fortunatamente nessuna delle mie paure si concretizzò. La passione per la chimica e la voglia di far diventare tutto ciò che stavo studiando un lavoro cresceva ogni giorno di più e quella passione la stavo condividendo con delle persone fantastiche, che speravo sarebbero rimaste nella mia vita per ancora molto tempo. Se da una parte potevo considerarmi la persona più felice del mondo, dall'altra c’era un fattore, che fino a quel momento era sempre stato oggetto di poca considerazione da parte mia per via degli effetti che aveva su di me, che mi aveva fatto soffrire e mi stava facendo soffrire molto: l’amore. Questo aspetto è sempre stato per me un argomento complicato; un tasto dolente. Non avevo mai avuto esperienze, mai un ragazzo, mai il primo bacio e soprattutto mai ero stata innamorata di qualcuno. Sapevo che andare all'università mi avrebbe sconvolto l’esistenza e che sarebbero cambiate molte cose, ma non credevo che tutto ciò comprendesse anche innamorarsi. Nella mia esistenza ho sempre avuto il bisogno di controllare tutto ciò che mi riguardasse, di tenere le redini della mia vita in qualsiasi modo e amare non era proprio l'esatta definizione di controllo e forse è proprio questo il motivo per cui l'ho sempre respinto, fino a quel momento. Sono sempre stata convinta del fatto che nessuno potesse innamorarsi di me e di conseguenza che, per non soffrire, avrei dovuto imparare a non innamorarmi a mia volta, ma evidentemente tutto ciò non era destinato a funzionare: ho trovato l’amore, sì, ma ero comunque convinta che nessuno avrebbe mai provato questo sentimento per me; era come se avessi messo in atto un’opera di autodistruzione per venti lunghi anni che mi aveva portato alla quasi inesistente stima per me stessa. I flusso di pensieri continuò su questa linea per tanto tempo, fino ad arrivare alle lacrime; da molto non pensavo più a questo lato della mia vita e non ero pronta ad affrontarlo di nuovo. Cercai in tutti i modi di smettere di piangere, per paura che qualcuno mi scoprisse, ma tutto fu inutile. Fui sorpresa in un momento di enorme debolezza dalla persona che non sarebbe mai dovuta venire a conoscenza delle mie turbe e dei miei disagi, tanto meno in una situazione del genere: Francesco.

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