Gladiator

di Drew Bieber
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Nox ***
Capitolo 2: *** 2. Fortuna ***
Capitolo 3: *** 3. Marte ***
Capitolo 4: *** 4. Giunone ***
Capitolo 5: *** 5. Venere ***
Capitolo 6: *** 6. Apollo ***
Capitolo 7: *** 7.Somnus ***
Capitolo 8: *** 8. Bacco ***



Capitolo 1
*** 1. Nox ***


Il sangue scorreva sulla fronte e il sudore le imperlava tutta la schiena rivolta verso il sole mentre Thalissa guardava la folla esultante per la sua ennesima vittoria in quell’arena e stringeva la sua palma, ricompensa per aver avuto la meglio.
A quel punto non voleva che tornarsene a casa a riposare.
-Stai diventando una vera macchina da guerra eh?- sull’uscio della porta della sua stanza, con un braccio sul fianco e l’altro disteso la guardava con il suo solito sorrisetto.
Thalissa non si scomodò nemmeno a girarsi a guardarlo. Sapeva riconoscere fin troppo bene la voce del ragazzo con cui era cresciuta fin da piccola. Fin da quando aveva messo piede in quella casa. Semplicemente finì di acconciarsi i capelli, si mise sul letto e rispose volgendo la testa verso di lui.
-A tuo padre farà sicuramente piacere-
Fabiano si decise ad entrare e le si sedette accanto incurvandosi in avanti e poggiando le braccia sulle gambe appena divaricate.
-Certo che si, lo rendi più orgoglioso tu di quanto non faccia suo figlio- nella voce di lui c’era un sentore come di amarezza. Dopotutto lui voleva davvero dare orgoglio a suo padre ma purtroppo le sue ambizioni non glielo permettevano.
-Dovresti metterlo al corrente dei tuoi piani, dovrebbe sapere che tu…-
-Che cosa? Che io voglio entrare nell’esercito mentre lui mi vuole in politica? È questo che dovrei dirgli?-parlare di questo tipo di cose gli metteva addosso una certa rabbia e impazienza tanto che si alzò d’impulso senza neanche pensarci e con lui anche Thalissa.
-E cosa intendi fare allora? Ritrovarti ogni singolo giorno della tua vita in un posto che odi o realizzare i tuoi sogni?-
-I miei sogni… i miei sogni sono qualcosa di impossibile da realizzare… lo sai Thalissa…- ora alla rabbia si era sostituita l’angoscia, ma Thalissa non aveva intenzione di mollare, quando si trattava di lui non lo faceva mai.
-Fabiano guarda me, io non ero che una bambina orfana che è stata venduta a tuo padre come schiava, io però volevo qualcosa di meglio e nonostante la mia condizione ora sono riuscita a diventare una gladiatrice conosciuta ed acclamata dalle folle e vivo meglio di qualunque altra schiava come me ed io Fabiano sono venuta dal nulla, sapevo solo qual era il mio nome ed ero senza nessuno. Non dire che i tuoi sogni sono impossibili da realizzare perché non è vero… lo sai…- ora si guardavano con occhi compassionevoli, dolci, comprensivi e spaventati riuscendo però a sentirsi rassicurati l’una dallo sguardo dell’altra e dalle loro mani che si stringevano.
 
 
-Gli hai dato proprio un bel colpo a quel tipo, un bel pugno dritto in faccia ahahah e così forte che non riusciva più a rialzarsi- raccontava Fabiano ripercorrendo quello che era stato il combattimento di Thalissa agitando un pugno in aria e con l’altra mano teneva le redini del cavallo.
Affianco a lui l’amica lo seguiva, anch’essa a cavallo, per le strade di Roma, girando senza una meta ben precisa così come facevano ogni tanto. -Ma la vuoi smettere di parlare di me in questo modo? Già mi sento poco femminile, se poi ti ci metti anche tu con questo tipo di discorsi…-
-Beh anche tu potresti sforzarti un po’ se vuoi apparire più come un ragazza-
-Ah si? E cosa potrei fare ad esempio?-
-Vestirti con abiti femminili- Entrambi fermarono i cavalli e Thalissa si rese conto che nel gruppetto di ragazze che si trovava poco distanti da loro nella piazza c’era una persona molto speciale
-Continua-
-Curare di più l’aspetto dei capelli, essere più gentile e meno aggressiva e comportarti più come una ragazza e magari… magari rinunciare alla gladiatura - Fabiano parlava senza rendersi conto di niente, intanto Thalissa lo stava ad ascoltare comodamente piegata in avanti sul dorso del cavallo con il mento appoggiato alla mano -Quindi dovrei essere più simile a Flora eh?- senza neanche curarsi troppo di quel nome Fabiano non attese a rispondere -Si esatto, sarebbe perfetto così come lei è perfetta- incurante del fatto che la ragazza appena nominata si stava avvicinando a lui.
-Buonasera Fabiano, è un piacere vederti- la voce candida della fanciulla arrivò alle orecchie del ragazzo facendogli perdere la testa come succedeva quasi tutte le volte che si incontravano.
-Salve a te Flora, non mi aspettavo di incontrarti qui, ma si tratta comunque di un ben lieto incontro- quella risposta fece ridere dolcemente la ragazza e Fabiano non riusciva più a toglierle gli occhi di dosso. Thalissa sapeva che il loro dialogo si sarebbe prolungato a lungo e non poteva che sentirsi il terzo in comodo in quella situazione quindi fece bene a salutare e voltare il cavallo per girare al largo, non che i due le prestassero poi così tanta attenzione troppo presi l’uno dall’altra.
 
-Mh, io come Flora, Fabiano è proprio matto!- in effetti Thalissa non ricordava neanche più l’ultima volta che aveva indossato un vero abito femminile, persino da bambina era più solita vestirsi da maschio e comportarsi come tale. Questo perché, invece che doti femminili come cucire, cucinare e rassettare, aveva sempre dimostrato certa attitudine verso il combattimento, la lotta, lo scontro corpo a corpo e sebbene neanche lei fosse a conoscenza dell’origine di quel talento innato lo aveva ben accettato e usato a suo vantaggio. C’era però qualcosa dell’universo femminile che la incuriosiva.
-Ehi tu sta un po’ più attenta con quel cavallo- l’uomo, anche lui in sella, si trovava poco distante da lei dopo l’urto delle due bestie. Assorta nei suoi pensieri Thalissa non aveva infatti notato che il suo cavallo stava per essere colpito da quello dell’uomo, che dopo essere stato spaventato da un gatto aveva impennato indietro rischiando di far cadere il suo cavaliere e colpire con gli zoccoli Thalissa. -Vedi di non essere così pensierosa mentre cavalchi è pericoloso- dopo aver capito le dinamiche e aver sentito la sgridata di quello stupido, la ragazza non poteva davvero mantenere oltre la calma -Tu sarai quello pericoloso! Io stavo camminando tranquillamente mentre tu non riesci neanche a tenere a bada un cavallo!- la replica altrettanto infiammata dell’altro non si fece attendere -Scusami se il mio cavallo si è spaventato e non sono riuscito a tenerlo con le gambe puntate per terra ma sai mi ha preso alla sprovvista e tu potresti anche evitare di metterti in mezzo- attirati dalle urla poco trattenute lentamente la folla avanzava ponendosi intorno ai due litiganti -Io non stavo in mezzo! Sei tu quello nel torto quindi vedi di non inventarti scuse inutili sempre che tu non sappia fare qualcosa di meglio!- quella frase sapeva tanto di dichiarazione di sfida, o almeno così la interpretò lui e infatti non ci pensò due volte a estrarre la spada -In effetti qualcosa di meglio la so fare- a quel gesto Thalissa rispose con un sorriso di soddisfazione, dopotutto anche lei preferiva risolvere quel tipo di situazioni con la lama che con la lingua, visto anche il tipo di persona con cui si trovava ad avere a che fare. Stava per sfoderare anche lei la spada ma proprio quando aveva stretto in mano l’elsa, un’altra mano si poggiò sulla sua bloccandole il movimento.
-Stai ferma, non agire in modo impulsivo- la voce di Fabiano era ferma e severa tanto quanto lo erano gli occhi puntati sul giovane uomo armato davanti a lui. Thalissa non fece né disse nulla per rispondere semplicemente si limitò ad osservare lo svilupparsi della situazione. -Vi prego di andarvene e dichiarare questa sciocca messa in scena conclusa, non vi saranno spargimenti di sangue solo per il vostro divertimento- quando parlava con tutta quella autorità Fabiano era quasi irriconoscibile, sembrava più che altro che imitasse il padre così come faceva da piccolo per gioco. Questa volta però era sicuramente serio -Spero tu sappia con chi hai a che fare in questo momento- Fabiano davanti a quell’avvertimento non batté minimamente ciglio -Un parente stretto dell’imperatore, lo so, e per questo vi sto parlando col giusto tono, ma di certo non vi dà il diritto di poter fare ciò che vi pare, quindi ora noi ce ne andiamo- sempre tenendo stretta la sua mano, Thalissa posò la spada, girò il cavallo imitando Fabiano e fecero per andarsene quando -Un momento, aspettate- i due si girarono e l’altro continuò -Tu sei la gladiatrice che si è battuta oggi vero? Thalissa, ricordo bene il tuo nome, le folle non fanno che acclamare te e la tua bravura-  entrambi si voltarono completamente -E con questo? Che vorresti dire?- la ragazza non capiva dove voleva andare a parare ma l’uomo non volle dar soddisfazioni a quella curiosità tanto che senza dir più nulla se ne andò al galoppo allontanandosi.
 
-Certa gente non la capisco proprio- Thalissa ancora non riusciva a comprendere le intenzioni di quell’uomo e continuava a volgere a lui ogni suo pensiero, Fabiano sembrava completamente disinteressato invece.
-Aaah, non ci pensare, quello è solo un montato di testa a cui piace perdere tempo e attaccar briga-
-Dì un po’, davvero conoscevi quell’uomo?- a quella domanda il ragazzo si voltò -Si, come ho detto prima è un parente dell’imperatore e si chiama Emilio, è uno dei funzionari a corte-, -Quindi lavora con tuo padre?- Thalissa iniziava ad essere alquanto curiosa -Si, ogni tanto si incontrano, ma mio padre cerca di non avere niente a che fare con lui, come hai visto è solo una testa calda- il ragazzo raccontava tutto con molto disinteresse, si vede che quel tipo di argomento era molto noioso ed ostico per lui, che voleva tenersi il più lontano possibile da corti e funzionari -Pensi che tuo padre verrà a sapere di questo episodio?- da lontano si intravedeva ormai la loro casa ed era quindi meglio chiudere l’argomento prima di metter piede nel cortile -Probabilmente si, anche perché quello si farà certamente sentire, credo sappia che mio padre è tuo padrone, dopotutto con la fama che ti sei guadagnata tutti sanno praticamente tutto di te- arrivati lasciarono i cavalli e salirono le scale per entrare dentro -Non esagerare non sono mica l’imperatore io hahahah-
 
Dal balcone di camera sua ci si poteva godere un piacevolissimo venticello fresco nonché un fantastico cielo stellato. Tutto ciò permetteva a Tahlissa di ripensare alla sua giornata. Pesante non c’era dubbio. Nel combattimento si era anche procurata un paio di tagli profondi.
“Curare di più l’aspetto dei capelli, essere più gentile e meno aggressiva e comportarti più come una ragazza e magari… magari rinunciare alla gladiatura”
-Rinunciare alla gladiatura...-
Quel suggerimento lo aveva sentito forte e chiaro benché avesse fatto finta di ignorarlo davanti al suo amico. Secondo lui per essere più femminile avrebbe dovuto rinunciare a ciò che le veniva meglio, ciò che le aveva permesso di diventare qualcuno, qualcuno in qualche modo rispettabile.
-Rinunciare alla gladiatura… rinunciare a combattere… rinunciare a me stessa quindi?-
Non poteva annullare il suo modo di essere. A quale proposito poi? Trovare qualcuno a cui potesse piacere? Qualcuno che la guardasse in modo diverso?
La verità è che lei non aveva mai pensato di poter far innamorare qualcuno di lei, anche se aveva già sperimentato quel tipo di sensazione. Ricordava quei tempi in cui lei si stava accorgendo di diventare donna mentre quello che era il suo amico di sempre stava diventando un uomo. I suoi sentimenti verso di lui presero una piega diversa, quando stavano vicini il cuore di Thalissa iniziava a battere forte, a volte lo guardava fisso in quegli occhi scurissimi e così profondi da potercisi perdere dentro e desiderava di baciarlo. Poi però quei sentimenti e quei desideri furono messi da parte e sostituiti per sempre e da allora Thalissa si concentrò esclusivamente sui suoi allenamenti e combattimenti. Non le sarebbe mai interessato più niente né di Fabiano né dell’amore in generale. Già tempo prima aveva deciso che non facevano per lei romanticismo e sdolcinatezze varie.
Ancora una volta alzò lo sguardo in cielo e si chiese se gli dei dall’alto delle nuvole la stessero osservando attraverso quello specchio stellato.
Più di ogni altra, quella sera era difficile distaccarsi da quello spettacolo per andare a letto.
 

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Capitolo 2
*** 2. Fortuna ***


Mentre gli altri stavano andandosene lei era appena entrata dei bagni dove ad attenderla c’era un enorme vasca d’acqua bollente.
-Thalissa vedi di non far tardi alla cena di stasera-
-No, sarò puntuale-
Si sarebbe stata puntuale, ma se la sarebbe anche presa comoda. D
opo tutto quando sarebbe ricapitata la possibilità di avere non solo i bagni ma l’intera casa tutta per se?
Il telo che le copriva il corpo ricadde in prossimità delle scale e si immerse lentamente nell’acqua che poco alla volte le tolse di dosso la polvere, il sudore, lo sporco, la fatica e la stanchezza di quella lunga giornata di estenuanti allenamenti. L’acqua le faceva sempre un effetto, come dire, terapeutico. Si sentiva così bene e coccolata mentre galleggiava cullata dal rumore delle piccole onde che le si infrangevano contro il corpo. Era più a suo agio lì che sulla terra ferma. E quella sensazione così piacevole fece di nuovo nascere in lei il desiderio di vedere il mare. Ripensando alla sua infanzia sentiva l’odore si salmastro, ricordava le sue guance rosse screpolate dal ruvido vento marino, la sabbia bianca che ogni volta le si appiccicava ai piedi bagnati, quegli animaletti che trovava tra le insenature degli scogli quando ci si arrampicava sopra, taglienti e pericolosamente bagnati dalle onde che vi si scagliavano contro ora con forza ora con dolcezza. A volte Thalissa credeva seriamente che lei fosse nata dalla schiuma del mare così come la bella dea Venere nacque nei pressi dell’isola di Cipro, anzi quello era un vero e proprio desiderio. Se fosse stata figlia del mare di sicuro non si sarebbe più dovuta preoccupare di chi fossero i suoi genitori e soprattutto del perché l’avevano abbandonata…
Quando uscì dalla piscina il suo corpo venne scosso da brividi incontrollati e si affrettò a coprirsi col telo che aveva gettato prima sul pavimento. Nel ritornare agli spogliatoi si rese conto che sia la palestra, che gli alloggi e il magazzino erano ancora deserti quindi decise di recuperare i suoi vestiti e andarsene a riposare sul letto per almeno un’ora. La tunica era lì dove l’aveva lasciata, piegata su una panca e i suoi sandali erano ai suoi piedi. Mentre si calava per prenderli sentì come un fruscio dietro di lei e subito alzò la testa per controllare intorno. Nessuno. Non ci fece troppo caso e con sandali e tunica in mano uscì dagli spogliatoi per imboccare il corridoio ed entrare nella stanza degli alloggi. Senza neanche rivestirsi si buttò sul letto mezza scoperta dal telo, faccia al muro e cercò di farsi una misera ora di sonno.
Dopo i primi 20 minuti ed un continuo rigirarsi sembrava essersi addormentata quando avvertì una strana sensazione: quella di sentirsi osservata.
Non si mosse ancora ma nel momento in cui quel fruscio sospetto ritornò si alzò su un fianco tenendosi su di una mano.
La schiena nuda e lo sguardo rivolto verso la porta.
Ancora nessuno quindi si girò completamente e si mise seduta, stava per alzarsi quando davanti ai suoi occhi passò un gatto che correva dietro a un topo. Tirò un sospiro di sollievo, sollevata del fatto che non si sarebbe dovuta scomodare più di tanto.
Stava per rimettersi a letto quando ecco uno scricchiolio proveniente dal piano di sopra. Poco dopo il rumore di alcuni passi al piano sottostante. Gettato il telo e terra indossò la tunica, mise i sandali e si lanciò fuori la porta, giù per le scale.
Prima di giungere definitivamente nell’arena dove si svolgevano gli allenamenti decide di dare un’occhiata dei magazzini per assicurarsi che lì non ci fosse nessuno. Aprendo la porta ad una prima occhiata tutto sembrava in ordine: le spade, le lance, i pugnali, i tridenti, le reti, gli scudi, gli elmi e gli altri accessori delle armature al loro posto. Mentre effettuava una seconda ispezione un chiarissimo rumore di qualcosa che cadeva arrivò fin nel deposito. Velocemente la ragazza richiuse la porta e si affacciò dal porticato e, non vide bene chi, ma sicuramente qualcuno stava correndo fuori dall’arena dopo aver fatto cascare a terra un paio di scudi rimasti lì vicino agli spalti e aver alzato un bel po’ di polvere cercando di guadagnarsi l’uscita. Thalissa non aveva di certo intenzione di lasciarselo sfuggire e senza pensarci troppo si lanciò all’inseguimento.
Fece l’ultima rampa di scala ritrovandosi nel porticato sottostante. Invece di scendere nell’arena, ne percorse il perimetro per giungere la parte opposta rispetto a dove si trovava prima.
Sapeva quale fosse la meta di quella persona, chiunque ella fosse, e in quel modo l’avrebbe non solo raggiunta ma anche superata e quindi battuta sul tempo anche perché aveva chiaramente notato che l’individuo aveva scelto una via che l’avrebbe portato a superare una serie di stanzini e corridoi vari. Inoltre lei era particolarmente veloce.
Infatti dopo aver superato anche il porticato opposto e poche stanze, si ritrovò subito sugli scalini del cortile.
Si fermò lì e si guardò attorno riprendendo fiato.
Il sole era piuttosto caldo ma tirava anche un po’ di vento che alzava quella poca polvere che c’era e faceva piegare le piante lì intorno. Thalissa fece a destra, a sinistra, a destra, a sinistra e ancora a destra con gli occhi.
Niente di niente purtroppo.
Il cancello però era chiuso. Non sembrava che qualcuno lo avesse aperto per uscire.
C’era solo un ipotesi plausibile allora:
la persona che stava cercando era ancora lì dentro.
Girandosi su stessa per rivolgersi verso l’interno pensò tra se e se accennando un passo “Adesso dovrò controllare l’intero edificio se voglio tro…”
E proprio appena prima che finisse la frase qualcosa le si catapultò addosso.
 
-Valerio! Valerio dove ti sei cacciato? … … … Valerio!!-
Il ragazzino si alzò subito dalla sedia stordito e allo stesso tempo agitato come si fosse appena svegliato da un lungo sonno a causa di quella voce.
-Oh già mi ero dimenticato di lui! Adesso Domizio mi ucciderà!!-
Thalissa intanto stava a guardarlo mentre andava avanti e indietro disperato ovviamente senza capire neanche un po’ di ciò che stava succedendo.
-E’ questo Domizio che ti ha appena chiamato urlando? La voce sembrerebbe provenire da fuori. – rispose lei alzandosi a sua volta.
-Si è lui, è mio fratello, mi è venuto a cercare perché sapeva che volevo venire qui- infatti poter visitare la famosa casa dei gladiatori in cui i combattenti vivevano e si allenavano era uno dei sogni più grandi di Valerio, forse quello più importante, per questo si era intrufolato lì dentro e si era messo a curiosare convinto che non ci fosse più nessuno dentro. Non sapeva infatti che Thalissa era ancora lì e che, sentendolo, si era messa a cercarlo fino a che non si erano incontrati per sbaglio scontrandosi l’uno contro l’altra. Era comunque rimasto felicemente sorpreso di questa scoperta. Valerio conosceva molto bene Thalissa e spesso la guardava combattere nell’arena con ammirazione e con orgoglio gridava a squarcia gola il suo nome ad ogni incontro. Il ragazzino si era però dimenticato che non era solo e che con lui c’era anche il fratello che, notando la sua assenza, si era messo a cercarlo.
-Valerioo!!!- ancora una volta quella voce maschile così forte arrivò fin nella stanza dove fino a pochi minuti fa i due stavano chiacchierando.
-Aaaah! Mi sa che è seriamente arrabbiato…- Thalissa stava quasi per ridere nel vedere l’espressione di terrore negli occhi di quel ragazzo che non sapeva proprio cosa fare –Vieni andiamo, credo si trovi nell’arena- gli appoggiò una mano sulla spalla e lo condusse lì, dove, vicino le gradinate c’era effettivamente un ragazzo e si stava guardando intorno come in cerca di qualcuno.
Dopo aver finito un giro su se stesso si voltò verso sinistra e sopra i gradini notò il fratello con accanto quella donna.
Rimasero lì a guardarsi per un po’, senza dire niente e senza fare niente. Thalissa in particolare si sentiva leggermente fuori posto paradossalmente in un posto dopo lei aveva passato parte della sua vita ma la presenza di quei due la faceva sentire superflua. Decisamente a disagio quindi ruppe il ghiaccio.
-Allora abbiamo trovato tuo fratello a quanto pare- disse mentre iniziò a scendere gli scalini che portavano nell’arena per poi avvicinarsi a quel ragazzo senza però rendersi conto che Valerio non la stava affatto seguendo anche se avrebbe dovuto farlo. Così si ritrovò faccia a faccia con… come si chiamava? Domizio? Si… Domizio…
Poco dopo Valerio si decise a raggiungerli e affiancò suo fratello che lo riproverò non appena realizzò di averlo affianco –Ma si può sapere dove ti eri cacciato? Lo sai che non saresti dovuto venire qui!- ovviamente l’altro fece di tutto per sviare il discorso e far risalire l’umore –Invece sono stato fortunatissimo, come vedi ho incontrato proprio la persona che avrei sempre voluto conoscere, Thalissa- il ragazzo stacco lo sguardo dal fratello per posarlo sulla ragazza davanti a se senza apparire troppo impressionato –Si, so chi è- a lei dava quasi fastidio quel modo di fare, non che dovesse cadere ai suoi piedi perché aveva davanti un idolo delle folle ma almeno poteva non sembrare quasi seccato di vederla.
– Sai Thalissa, quando combatti mio fratello consiglia sempre di scommettere su di te perché sa che sei bravissima e che sicuramente vincerai l’incontro – Valerio fece questo piccolo appunto tenendosi appeso al braccio della ragazza che era abbastanza stupita mentre l’altro piuttosto imbarazzato si passava le mani tra i capelli.
Erano ricci i suoi capelli. Scuri. Ma non come i suoi che li avevi nero corvino. Quelli del fratello di Valerio erano di un castano intenso e luminoso. Un po’ lunghi. Sfioravano la nuca. Ed incorniciavano il viso alla perfezione. Aveva una forma leggermente ovale e lineamenti dolci ma comunque maschili. Naso dritto. Labbra carnose. Gli occhi erano grandi e scuri anche quelli, così come la carnagione quasi ambrata. Simili e allo stesso tempo diversi da quelli di Fabiano.
Probabilmente entrambi si accorsero quasi contemporaneamente che si stavano fissando e studiando l’un l’altra e ciò mise a disagio entrambi.
-Andiamo Valerio, si sta facendo tardi- dopo aver preso il fratellino per un braccio quest’ultimo la salutò e Thalissa ricambiò con un sorriso appena accennato e un cenno di mano.
Lei rimase ferma lì ancora qualche attimo fissando la direzione che i due avevano preso per andarsene.
 
La cena stava per volgere al termine e perciò lei è Fabiano decisero di fare un giro nel giardino della villa prima di andarsene mentre Fabrizio, padre del migliore amico di Thalissa e padrone della stessa, stava finendo di discutere con alcuni suoi conoscenti.
-Agitata per domani?- disse ad un certo punto Fabiano.
-Perché dovrei esserlo?  - effettivamente la ragazza non era mai stata in ansia per nessun suo combattimento e quella volta non ci sarebbe di certo stata qualche eccezione.
-Beh ho visto come ti osservavano e si informavano su di te stasera. Credo che domani avrai un bel po’ di occhi addosso e la responsabilità di una quantità ingente di denaro – il giorno prima di un combattimento tra gladiatori, si era soliti organizzare una cena in modo che ciascuno avrebbe avuto modo di studiare coloro che si sarebbero battuti l’indomani.
Per far ciò non ci si poneva troppo problemi a fare domande, fissare, commentare.
Alcuni erano anche disposti a pagare incontri truccati pur di aumentare il profitto derivante dalle scommesse. Cosa che Thalissa non aveva mai accettato.
Insomma era una situazione strana che viveva già da molti anni e che aveva perciò imparato ad accettare e a non far più troppo caso a determinati comportamenti.
Era tutto per un tornaconto personale alla fine.
-Quando combatto non penso di certo a quanti soldi ho puntati sulla mia testa. E di certo non mi preoccupo di farli vincere quei soldi. O farli andar perduti. Semplicemente combatto e come va va-
-FABIANO! TORNATE QUI CHE TUO PADRE VUOLE PARLARTI!- a quella richiesta fatta da lontano da uno dei vari amici di suo padre Fabiano non riuscì a trattenersi dallo sbuffare.
In quei momenti sembrava non essere mai cresciuto e di essere invece rimasto il bambino pigro e testardo di un tempo.
A quella reazione Thalissa scoppiò a ridere e capì che se non ci avrebbe pensato lei nessuno sarebbe stato capace di smuovere Fabiano –Dai cammina o tuo padre si arrabbia!- e piano piano tirandolo per il braccio alla fine arrivarono a destinazione.
In quella che era stata la sala da pranzo non vi erano più né tavoli o sedie o eventuali pietanze da degustare. Qua e là qualche piccolo trono su cui sedersi con più comodità e brocche di vino aromatico in abbondanza appoggiate ad altrettanti piccoli e numerosi tavolini. A sedersi sui quei piccoli troni e a bere quel vino aromatico versato da brocche poste su quei tavolini erano funzionari, senatori, proprietari di importanti imprese private e gladiatori. Tutti che discutevano a voce più o meno bassa, alcuni scherzando altri litigando. Tra di loro vi era anche il padre di Fabiano che li notò quasi subito e li richiamò a se –Figlio si è fatto tardi, meglio far ritorno alla nostra dimora – prima che però potesse essere data una risposta il discorso fu interrotto da un uomo che sembrava avere una certa confidenza con Fabrizio. Mentre i tre parlavano animatamente Thalissa si guardava in giro e tra i presenti notò un viso conosciuto.
Già.
Anche l’altro si girò e rimase anche lui sorpreso nel vederla.
La ragazza fece particolarmente caso alle sopracciglia alzarsi e agli occhi spalancarsi in un espressione di stupore.
Le diede le spalle e poco alla volta iniziò ad avvicinarsi.
Così anche lei senza dare nell’occhio ed allontanandosi progressivamente da Fabiano e Fabrizio completamente assorbiti dal discorso che quell’uomo aveva iniziato.
Non si poteva dire che quella sala era poco affollata infatti entrambi dovettero dare qualche spintarella e infilarsi per potersi avvicinare. Thalissa fu anche fermata più di una volta per poter scambiare due parole ma lei si finse chiaramente impegnata.
Alla fine raggiunsero uno dei tanti tavolini su cui vi erano le brocche di vino.
L’una appoggiata di schiena con le braccia incrociate.
L’altro intento a versarsi da bere in una coppa d’argento.
-Come mai qui?-
-Potrei farti la stessa domanda-
-Beh come sai sono una gladiatrice e quindi è normale che mi trovo a questo tipo di cene-
-Beh come hai saputo qualche ora fa mi intendo di scommette quindi è naturale che partecipi a questo tipo di incontri- dopo aver concluso si girò verso di lei a guardarla sorseggiando un goccio di vino.
Thalissa fu sinceramente stuzzicata da quella risposta –Ti ho notato solo ora. Sei appena arrivato? Sei da solo?-
-Quante domande. Sono qui da qualcosa come mezz’ora ma giustamente non siamo tutti famosi come i campioni dell’anfiteatro quindi è del tutto comprensibile se si passa inosservati. Niente di che stupirsi. E comunque sono qui con mio padre. – Un sorriso dolce e furbo allo stesso tempo le fece venire la pelle d’oca e la mise in difficoltà sul rispondere.
-Hai ragione. Non è da tutti farsi un nome in questo campo. Ad esempio non credo tu sia adatto. Però tu sai il mio nome mentre io non so il tuo- Cercò di farsi audace abbastanza da indurlo a dirle ciò che voleva mentre interiormente era stranamente nervosa.
-Mi chiamo Domizio- mise da parte il calice e, con una mano sul fianco, si piegò in avanti in modo da avvicinare le labbra all’orecchio di lei e sussurrarle –Ma credo che tu questo già lo sappia-
La ragazza rimase realmente colpita.
Cercò comunque di tirarsi fuori da quel piccolo impiccio e gli rispose a tono.
-Può darsi che lo abbia dimenticato. Magari potresti ricordarmelo più spesso. Sai non sono tutti famosi come i campioni dell’anfiteatro- e con questo si poteva ritenere soddisfatta. Senza pensarci posò una maso sul petto del ragazzo e lo distanziò piano da lei. Con quasi lo stesso istinto Domizio stava per prendere la mano di lei per stringerla ma prima che ci riuscisse Thalissa se ne stava già andando e nel giro di qualche secondo era scomparsa così come gli era apparsa davanti.
 
Fabiano e suo padre erano già fuori la villa pronti ad andare a casa.
Prima di seguirli Thalissa strinse forte in un pugno la mano che aveva iniziato a formicolare.

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Capitolo 3
*** 3. Marte ***



Quando fu il loro momento i gladiatori fecero la loro entrata trionfale su regali carri trainati da almeno due cavalli maestosi. Ognuno di loro si voltava a destra e a manca e alzava il braccio per salutare gli spettatori euforici. C’era un gran baccano. Come sempre. Dopotutto si trattava pur sempre di un momento di svago per coloro che erano seduti sulle tribune. Più e più nomi venivano urlati ripetutamente: Bato, Caladus, Mevia,Viridea, Iutto e tra i tanti ovviamente anche Thalissa. Quello era l’ultimo combattimento dell’anno per la gladiatrice e di conseguenza nessuno voleva perderselo per niente al mondo, soprattutto i sostenitori più accaniti.
 Una volta al centro dell’arena, uno affianco all’altro aspettarono l’arrivo dei condannati a morte.
Erano stranamente numerosi. Erano sia donne che uomini. Chi più giovane chi più vecchio. Qualcuno aveva un’espressione affranta, altri sembravano più coraggiosi. Mentre camminavano si sentivano le catene che si scontravano e tintinnavano.
Per loro era la fine. Quel giorno non avrebbero conosciuto che la morte certa.
Da quel momento in poi lo spettacolo poteva iniziare.
Lasciata l’arena l’unica cosa da fare era attendere fino al pomeriggio. Una bella seccatura.
Solitamente nell’attesa alcuni gladiatori preferivano allenarsi. Altri se ne andavano sugli spalti a chiacchierare. Raramente qualcuno chiedeva si recava in quello che fungeva da piccolo tempietto in modo da chiedere l’aiuto degli dei.
Thalissa non aveva nessuna di queste intenzioni e decise quindi di andarsene in giro tutta sola.
Nel frattempo lì fuori si stava consumando una vera e propria carneficina. Le urla delle povere vittime che venivano sbranate da leoni e tigri famelici non si fecero per niente attendere e rimbombavano senza sosta nelle orecchie di tutti. Un paio di volte capitò anche a lei di dover combattere contro simili belve.
Era tutt’altra cosa. Difendersi e uccidere un vero e proprio predatore non era come combattere contro un altro gladiatore. Con gli animali non c’erano tattiche da comprendere, colpi da parare o mosse da prevedere. E quando una bestia del genere ti saltava addosso era un’impresa immane scacciarla e rialzarti più forte di prima.
Soprattutto era difficile avere coraggio e mantenere quel coraggio dall’inizio alla fine.
Lei lo sapeva bene. E stava per lasciarci la pelle.
Fortunatamente aveva solo rischiato di perdere una gamba. E non la vita. Se non fosse stata la tigre a staccargliela avrebbero potuto amputargliela per evitare l’espansione di una probabile infezione. In ogni caso era riuscita a tenersela ben attaccata al resto del corpo nonostante gli evidenti segni di zanne e artigli e a volte non riusciva neanche a muoverla correttamente.
Ancora oggi però, l’idea di ritrovarsi faccia a faccia con uno di quei felini la spaventava e non poco. 
Mentre guardava lo spettacolo Thalissa continuò il suo giro attraverso i corridoi collegati ad un diverso settore di tribune. Camminando camminando era giunta nel livello destinato a persone di una certa importanza come i funzionari pubblici. Proprio qui, dall’altra parte delle scale, poco prima di avvicinarsi troppo notò tre uomini intenti a discutere. Per evitare di essere vista la ragazza di nascose dietro un muro. Una delle voci che sentì le era familiare e quindi decise di affacciarsi giusto un po’ per capire di chi si trattasse.
Fabrizio.
E riconobbe anche uno degli altri due difronte a lui.
Si è lui. L’uomo che Fabiano conosceva. Era stato proprio lui a dirle il nome. L’uomo con cui aveva avuto quella piccola discussione. Ma come si chiamava?
-Ti do un’ultima possibilità Fabrizio. Questa faccenda sta durando fin troppo. Sai che non ho nulla contro di te ma voglio assolutamente che tu saldi il debito che hai con me. Dopotutto ti sto solo chiedendo di cedermi una schi…- era stato l’altro ancora a parlare ma non aveva potuto finire perché interrotto.
-Non dire quella parola. La persona che tu vuoi l’avrò sicuramente comprata come schiava ma è come un membro della mia famiglia- sembrava proprio che Fabrizio era stato toccato su un punto molto delicato per l’espressione di rabbia che aveva. Tuttavia per comprendere bene la situazione c’era bisogno di origliare ancora un po’ quella conversazione.
Gli uomini però aspettavano a parlare e Thalissa non comprendeva quale potesse essere il motivo.
Poi si rese conto che un gruppo di donne stava passando in quel momento e si era fermato poco distante da lei. Furono allora loro tre ad andarsene in un luogo più appartato dove poter discutere senza essere sentiti da orecchie indiscrete.
-Maledizione!- uscita allo scoperto era quasi tentata dal seguirli.
Non era però una buona idea.
 
Nella palestra non c’erano che pochi gladiatori e Thalissa ne aveva già sfidati e battuti una buona parte quindi per evitare di far male anche agli altri si mise buona buona seduta con la schiena contro il muro e le gambe piegate al petto a pensare e pensare.
 ‘Non riesco davvero a capire a chi si riferissero’
“Ti do un’ultima possibilità” possibile che Fabrizio fosse davvero in debito con qualcuno?
“Dopotutto ti sto solo chiedendo di cedermi una schi…” ovviamente stava per dire “schiava” non ci voleva molto a capire. Lo stesso Fabrizio lo aveva confermato. Era però strano che l’uomo si infiammasse così tanto per quella richiesta. Nella sua casa gli schiavi erano numerosi e lui trattava tutti con il dovuto rispetto da uomo giusto quale era. Thalissa non riusciva però a capire a quale schiava in particolare si riferisse. Era ovvio che fosse stata richiesta una persona in particolare ed evidentemente quella sbagliata visto che Fabrizio sembrava non essere assolutamente disposto a cedere.
Che ci faceva lì quell’altro losco individuo che Thalissa non riusciva proprio a digerire? Forse quei due erano parenti o comunque intimi amici. C’entrava sicuramente qualcosa.
Dall’arena principale venne annunciata anche la fine delle esecuzioni dei condannati a morte e a breve sarebbero scesi in campo i gladiatori, quindi ci sarebbe stata una piccola pausa durante la quale gli spettatori potevano sgranchirsi le gambe.
Quell’avviso le entrò da un orecchio e le uscì dall’altro.
Con quell’umore non sarebbe scesa in campo finché non avesse preso Fabrizio da parte e gli avesse chiesto spiegazioni anche se magari lei non c’entrava niente.
Eppure quel “è come un membro della mia famiglia” era come se la tirasse in gioco.
In realtà Thalissa già sapeva chi potesse essere la schiava in questione.
Da fuori la palestra Fabrizio la stava chiamando.
 -Thalissa, ti dispiacerebbe raggiungermi qui, figliola mia?-
Già.
Come un membro della famiglia.
 
Fabrizio la stava trascinando per tutto l’anfiteatro senza però parlare o accennare un sorriso.
La sua era un’espressione strana.
Di qualcuno a cui fosse rimasto l’amaro in bocca.
E quel modo di fare così insolito le stava facendo perdere le staffe.
-Dov’è Fabiano? Non lo vedo da stamattina- quella frase doveva assottigliare almeno un po’ la tensione che regnava sovrana ma anche a quella semplice domanda Fabrizio non sembrava trovar risposta.
Cosa gli stava succedendo?
-E’ in giro… qui da qualche parte…- sembrava che stesse per continuare dicendole ciò che in realtà aveva voluto dirle fin dall’inizio e sembrava che ci stesse riuscendo poi invece –Dopo l’incontro, quando avrai finito torna subito a casa. Dobbiamo discutere di cose importanti- arrivati ormai vicino le scale che conducevano agli spalti del suo settore, l’uomo se ne andò lasciando Thalissa tutta sola e senza parole. Nell’arena si stavano svolgendo i primi incontri ma lei se ne tornò comunque con calma.
Il comportamento di Fabrizio stava rendendo le sue supposizioni più fondate di quel che credeva.
Dopo aver indossato schinieri e bracciali per protezione con la spada in mano come arma non restava che aspettare sotto le tribune che l’incontro finisse e lei potesse iniziare il suo. Guardando quei due incapaci davanti a lei che combattevano si annoio non poco.
Sfortunatamente i gladiatori più esperti ancora non si erano battuti ed ora stava per finire il turno dei principianti. Persino il pubblico era piuttosto scocciato e neanche un paio di colpi di frusta riuscì a far rinsavire i combattenti. Ancora qualche altro minuto e l’arena fu finalmente sgombra.
La folla aveva di nuovo gli occhi spalancati, pronta a non perdersi neanche un passaggio dell’incontro che a breve sarebbe iniziato.
Nel mentre lo sfidante si faceva avanti, Thalissa diede un’occhiata in giro e sugli spalti Fabiano non c’era, forse se n’era andato. Suo padre invece se ne stava solo soletto con ancora quell’espressione indecifrabile sul volto. La stava guardando ora. Era sofferenza, tristezza, dispiacere, rabbia e impotenza tutto in una volta. E già alla terza occhiata non fu più capace di tenere gli occhi su di lei.
La ragazza avrebbe voluto lasciar tutto ed andarsene. Lo conosceva Fabrizio. Sapeva che qualcosa lo turbava. Sapeva cosa. Sapeva perché. Doveva solo esserne certa.
Il suo avversario era lì però pronto a combattere e non poteva tirarsi indietro.
Stavano per dare una volta per tutte il via quando l’imperatore in persona, dall’alto della sua tribuna d’onore fermò i giochi.
L’uomo che era con Thalissa nell’arena venne preso da alcuni addetti e bloccato mentre altri due gladiatori, ed un uomo, che sarebbe potuto essere un qualunque spettatore comune, vennero portati sul campo.
-Dichiaro il combattimento concluso e cancellato-
Ovviamente questa decisione causò l’indignazione della folla che altro non aveva fatto che attendere questo momento con ansia. L’imperatore cercò però di spiegare le sue buone ragioni. –Mi è stato appena riferito che questo incontro è stato truccato in modo da nuocere alla gladiatrice senza che nessuno, se non i quattro vigliacchi che vedete lì fermi, sapessero alcunché - dopo ciò la rabbia degli spettatori non poté che aumentare e invece di accettare la decisione presa domandarono una punizione per lo sfidante e i suoi complici da parte della ragazza in modo da potersi vendicare.
Anche Thalissa voleva dire la sua.
-Chiedo all’imperatore di accogliere anche da parte mia la richiesta di una castigazione nei confronti del mio avversario e degli altri tre uomini che erano d’accordo con lui. Io sono la prima a non accettare questo tipo di imbrogli e credo che un’autorità così importante come la vostra debba dare il buon esempio non lasciando impunito un tentativo del genere-
-Tu sei sicura di volerti macchiare il talo modo le mani?-
-Le mie mani si sono tinte di rosso per motivi ben più futili rispetto a questo, non mi è di alcun peso giustiziare individui simili- con totale calma e freddezza la ragazza si era dimostrata del tutto convincente tanto che alla fine l’imperatore cedette –E così sia- anche la folla si fece molto più spietata e desiderosa di veder scorrere sangue.
Agli uomini vennero date diverse armi. Si doveva pur trattare di un combattimento ad armi pari anche se quattro contro una non era il massino dell’equità. Thalissa però confidava molto in se e ora più che mai aveva voglia di uccidere.
Il primo ad attaccare fu l’effettivo sfidante della giornata. Anche lui aveva uno spada ed era munito di scudo ed elmo.
Poiché era più alto e robusto cercò di sfruttare la sua fisicità per caricare Thalissa e scontrarvisi contro con lo scudo in modo da buttarla a terra e bloccarla. Quello non era però il primo ed unico combattimento della ragazza, che in tutti quegli anni tra la palestra e l’anfiteatro aveva non sono imparato un gran numero di tattiche ma anche a riconoscerle, evitarle e soprattutto contraccambiare prontamente. Lei era troppo bassa ed esile per sostenere il colpo quindi le conveniva schivare. E così fece. Una volta dopo l’altra con grande velocità e maestria. Quasi sembrava danzasse tanto era elegante. Non era però finita qui. Lo sfidante era le stava comunque addosso senza darle neanche un secondo di vantaggio. Alla meglio Thalissa cercò di evitare ogni colpo che l’avversario le infliggeva piombandole addosso facendolo stancare sempre di più. Quando ormai l’uomo era evidentemente a corto di forze e barcollante non restava che finirlo e per far ciò la ragazza lo aveva condotto progressivamente verso il muro di cinta che circondava l’arena. Come per l’ennesima volta il gladiatore si preparò per poi mettersi a correre nel tentativo di schiacciare Thalissa che però prontamente scivolò a destra facendo sbattere l’avversario contro il muro che per l’impatto si crepò. Nello schivare, la ragazza non si rese conto che però in quella stessa direzione c’era l’altro sfidante ad attenderla con la lancia in mano, davanti a se l’altro ancora e anche il gladiatore che aveva appena steso stava rialzandosi.
“Sono più furbi di quel che pensavo”
In poco tempo Thalissa si ritrovò spalle al muro circondata da quei tre giganti che poi così stupidi non erano e sarebbero rimasti lì a fissarla solo per poco quindi c’era assoluto bisogno di agire.
Uno di loro cercò di colpirla con la lancia ma si parò con lo scudo. Approfittando di ciò l’altro impugnò la spada e la scagliò contro di lei. La gladiatrice schivò la lama che si andò a conficcare nel muro in modo che il suo possessore si trovasse indifeso, velocemente prese anche lei la sua arma e ancora più velocemente Thalissa fu coperta di rosso. L’uomo cadde a terra mentre dal suo petto zampillava sangue scarlatto. Visto che uno era a terra la ragazza poté distaccarsi dal muro e quindi avere del vantaggio in più. Il gladiatore alto e grosso la rincorse e iniziarono un combattimento senza esclusione di colpi. Era sicura che l’uomo fosse esausto. Le sue gambe addirittura tremavano eppure nelle braccia aveva una forza incredibile. E stava per avere la meglio. Thalissa stava per cadere schiacciata da quel colosso. Per prendere le distanze ed allontanarsi decise di ricorrere allo scudo. Lo fece quindi passare su tutto il torace dell’avversario, dalle costole fino alla guancia inferendogli un duro colpo che lo fece piegare con un ginocchio a terra. Ora poteva finirlo senza troppi sforzi. Gettò lo scudo ai suoi piedi e impugnò la spada, ma nel momento in cui l’alzò sopra la testa una frusta le si attorcigliò intorno alla gamba, quella piena di cicatrici, quella che era stata azzannata, quella che ogni tanto aveva difficoltà a muovere, quella debole. Uno strattone la fece piombare a terra con tutta la spada che le cadde di mano.
Era stato il terzo gladiatore che aveva lasciato la lancia per ricorrere alla frusta. Stava iniziando a tirarla verso di se e prima che la sua arma fosse troppo lontana la recuperò. Avrebbe voluto liberarsi ma l’arto intrappolato era come paralizzato. Le serviva un appiglio per poter evitare si essere ulteriormente trascinata.  La sua schiena scivolava a terra incontrando piccole pietre e alzando polvere andandole anche negli occhi e facendoli lacrimare. Nonostante le immagini fossero sfocate da lontano riuscì a vedere il cadavere coperto di sangue e sopra di lui, ancora con la lama nel muro, la sua spada.
Allora le venne l’idea.
La spada poteva essere un buon appiglio. Una volta infilata per bene in terra riuscì infatti a liberarsi e prima che l’avversario potesse reagire in qualche modo si alzò e cercò di raggiungere il muro di cinta. Con entrambe le mani impugno l’elsa della spada davanti a lei e tirò con tutte le sue forze facendo sbriciolare ulteriormente la parete ma alla fine ce la fece. Il suo avversario le era dietro ma non era quello con la frusta. Infatti in mano aveva una spada e a segnargli petto e guancia era uno squarcio rosso che ancora traboccava sangue. L’altro si era invece messo in disparte. Probabilmente stava dando la possibilità al suo amico di vendicarsi dello sfregio subito da solo.
Calò sulla ragazza con la spada, ma Thalissa seppe rispondere bene incrociando le due spade in modo da creare uno scudo e bloccando così la lama avversaria. Nel tentativo di riavere possesso dell’arma il gladiatore fece pressione verso il basso ma la lama scivolò sul braccio della ragazza tagliandola dal polso al gomito. Ora iniziava ad averne abbastanza. Quel combattimento stava durando fin troppo. Ignorando completamente il dolore iniziò a colpire l’avversario con pura follia, senza pensare, senza calcolare bene i tempi o le zone del corpo da ferire. La velocità e la forza erano le uniche cose di cui aveva bisogno e prima che la seconda venisse meno si assicurò di infliggere un numero sufficiente di fendenti e affondi. Infine l’uomo si ritrovò con due spade che gli trapassavano la gabbia toracica.
Le estremità delle lame grondavano sangue e le narici della ragazza erano cariche del suo odore metallico attraverso il quale se ne poteva addirittura percepire il sapore. Ne era ricoperta completamente. Le mani. Le braccia. Il torace. Le gambe. Il collo. Il viso. Persino i capelli ne erano impregnati. E tutto ciò non faceva che renderla più spietata. Era ora di mettere fine ai giochi.
Ne mancavano solo due.
Ai suoi piedi vi era la lancia caduta prima al secondo gladiatore. La guardò e pensò che sarebbe stato giusto restituirgliela. Alzò lo sguardo su di lui. Aveva ancora la frusta in mano ma era immobile a qualche metro di distanza.
Non lontano abbastanza da salvarsi però.
Thalissa allungò un piede verso l’asta. Con questo la fece ruotare e alzare a pochi centimetri da terra, con un ulteriore spinta portò la lancia abbastanza in alto da essere presa in mano.
Piede destro indietro e flesso.
Piede sinistro piegato in avanti.
Braccio destro in alto e con il pugno l’arma.
Precisione.
Forza.
Velocità.
Nel giro di pochi secondo la punta tagliente fendé l’aria e prese in pieno il gladiatore nel basso ventre scaraventandolo a terra. Non avendo però  colpito alcun punto vitale gli assicurò una morte lenta e dolorosa.
A quel punto la folla non era ancora soddisfatta.
C’era ancora un uomo che mancava all’appello dei condannati.
Se n’era stato tutto il tempo lì, in disparte. Tutto tremante.
Si capiva chiaramente che non era né un gladiatore, né un combattente. Probabilmente l’unica lama che aveva tenuto in mano era quella del coltello per mangiare. Non per questo però meritava clemenza.
Con passo deciso e uno sguardo che era a metà tra rabbia e freddezza e quel corpo lordo di sangue, suo e non, andò verso l’uomo e semplicemente gli afferrò i capelli strattonandolo. Lui non fece niente per difendersi, spaventato non chiedeva pietà, di essere risparmiato, che si era pentito. Dai suoi occhi iniziarono anche a traboccare delle lacrime.
A questo punto Thalissa si voltò verso la platea e l’imperatore.
-Quest’uomo chiede pietà. Quale deve essere la sua sorte?-
Dopo aver finito di parlare il silenzio non durò neanche una frazione di secondo.
Come un’unica persona tutti gli spettatori si alzarono e urlarono a gran voce.
-IUGULA! IUGULAA!!-
La ragazza scrutò ogni singolo individuo su quegli spalti.
Nessuno di loro sembrava mostrare un minimo di clemenza.
Al posto dove sarebbe dovuto trovarsi Fabrizio vi era il vuoto e per un momento Thalissa ricordò ciò che era accaduto prima di scendere in campo.
Infine voltò lo sguardo all’imperatore.
Il verdetto fu uno solo.
-Iugula!-
Tirò indietro la testa dell’uomo.
-No ti prego! NO! RISPARMIAMI! TI SCONGIURO!-
Per quanto assurdo potesse essere i suoi occhi erano carichi di paura più di prima.  
Anzi quella non era più paura.
Ma disperazione.
E tremava sotto le mani di Thalissa.
Un solo colpo.
Uno solo.
Da un orecchio all’altro la mano segnò il collo di quel povero disgraziato che aveva provato a giocare con la  vita della persona sbagliata.
 
Finalmente aveva lasciato l’arena e poteva dirigersi verso la fontana dove in genere i gladiatori potevano rigenerarsi dopo un combattimento.
Prima che potesse far ciò però udì una voce e i piedi le si bloccarono a terra.
-Thalissa. Dobbiamo parlare-
Fabrizio non poteva farle più paura.
 
Salve a tutti spero che questa lettura sia stata di vostro gradimento. Non so se avete già letto i capitoli precedenti o siate passati direttamente a questo, tuttavia vi ringrazio per aver scelto la mia storia. Non so se avete notato ma i titoli dei capitoli hanno dei nomi un po’ particolari. Infatti sono i nomi di alcuni dei cui ruolo si può ricondurre a ciò che viene raccontato nei capitoli stessi. Mi è sembrata un’idea abbastanza originale, sempre meglio che scrivere “Capitolo 1, Capitolo 2”. Comunque questa è la terza parte del racconto e posso dirvi che è da qui che partiranno tutta una serie di cose quindi vi invito a continuare a leggere e a lasciare anche qualche recensione magari spiegandomi cosa vi è piaciuto di più e cosa no in modo da poter migliorare la storia. Grazie ancora, vi auguro una buona lettura e a presto.  

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Capitolo 4
*** 4. Giunone ***


4. GIUNONE

CEDUTA COME SCHIAVA AD UN'ALTRA FAMIGLIA PER SALDARE UN DEBITO
Tutto qui.
Nient’altro che merce di scambio.
Un oggetto.
Un soprammobile.
Qualcosa di inanimato.
Nel corso della sua vita Thalissa aveva dimenticato che in realtà era quella la sua vera condizione.
Aveva potuto sognare di cambiare, di diventare qualcuno.
Ma infondo restava solo un qualcosa.
Una cosa…
Tutto qui.
 
Era per questo che Fabiano era sparito tutto il giorno.
Non riusciva a guardare suo padre se non con sguardo carico d’odio.
-Diglielo. Diglielo che cosa le hai fatto. Per saldare un debito. DIGLIELO!-
Lui che ci teneva così tanto a quella persona con cui ha condiviso la vita.
A quella ragazza che ora non avrebbe più rivisto tutti i giorni.
Con cui non sarebbe più andato in giro a cavallo.
Con cui non avrebbe più parlato.
Quella ragazza che non avrebbe più potuto sfidare ogni tanto in un duello con le spade per poi essere miserabilmente sconfitto.
E si gli sarebbero mancati anche quegli aspetti.
Perché ormai non poteva far altro che accettare quel cambiamento così drastico.
Non poteva fare niente per evitarlo.
Egoista lo aveva chiamato.
Sembrava davvero furioso Fabiano.
L’aveva salutata.
Abbracciata.
Rassicurata.
Abbracciata.
Guardata negli occhi e stratta a se.
Non voleva lasciarla andare.
Poi uscì dalla porta e non si fece più rivedere.
Perché il realtà per lui Thalissa era un essere vivente a cui voler bene.
 
Tre mesi.
Tre mesi che non lo vide più.
 
Nella nuova casa tutto era bello e confortevole. La sua camera era più spaziosa. C’era un giardino molto grande. Aveva nuovi vestiti che però non usava spesso. Poteva andare in giro dove voleva. Quasi ogni giorno si recava nella casa dei gladiatori e si allenava. Tutti erano gentili con lei. Anche il suo nuovo padrone lo era.
Augusto.
Quello era il suo nome.
Quasi subito Thalissa aveva anche scoperto che a quell’uomo erano collegate molte persone che lei conosceva.
Fabrizio certo.
Quell’uomo di cui non riusciva a ricordare il nome. Poi quel nome lo aveva ricordato. Emilio. Ecco costui si era rivelato essere cugino di Augusto. Fortunatamente però non vivevano nella stessa casa e lei non avrebbe dovuto sopportarlo.
Aveva anche scoperto che nella sua nuova dimora abitavano anche due persone in particolare.
Entrambi figli del suo attuale padrone.
Valerio.
E Domizio.
Il ragazzino era molto, molto meravigliato quando la vide. Non poteva di certo credere ai suoi occhi. Tutto gli sembrava surreale. Per i primi tempi non faceva che gironzolarle intorno e assillarla. Quasi era insopportabile per tutta quell’insistenza.
Suo fratello era chiaramente a conoscenza delle manovre di suo padre. Era stato lui stesso ad ammetterlo. Sembrava quasi felice di quella situazione. Le parlava ogni volta che si incontravano. Le chiedeva come stava. Ogni tanto Thalissa lo accompagnava nelle sue uscite. Oppure era il ragazzo a proporsi di accompagnarla in giro per la città. Non che lui potesse avesse particolare interesse verso Thalissa.
Oh no.
Lui aveva già un’altra.
Si chiamava Claudia.
Era molto giovane. Non troppo alta. Lineamenti delicati. Capelli lunghi e ramati. Occhi verdi. Vestiva sempre in modo molto femminile ed elegante. I suoi modi erano cordiali e impeccabili.
Domizio andava a trovarla praticamente tutte le sere ed ogni volta tornava a tarda ora. Quando la maggior parte delle persone in casa dormivano. Thalissa però era sempre sveglia e lo vedeva entrare nel cortile, scendere da cavallo e salire le scale.
Quella di Domizio non era che gentilezza nei confronti di lei, almeno così credeva la ragazza.
Quei due sembravano davvero innamorati.
Le ricordavano Fabiano e Flora.
Aveva saputo che si erano fidanzati ufficialmente. Era ora dopotutto. Solo le dispiaceva non essere col suo migliore amico per condividere con lui la gioia. Chissà a chi avrà chiesto consiglio. Chissà come le avrà parlato. Chissà se gli mancava.
 
Quel giorno Damiano aveva chiesto a Thalissa di accompagnarlo al mercato. Ovviamente non erano lì per far compere o cose del genere ma semplicemente per far passare il tempo. Ultimamente era un po’ un impresa. Lì c’era molta gente, molti mercanti che urlavano di tutto e di più ai quattro venti per attirare clienti. Alcuni ci provavano anche dicendo di vendere amuleti magici o pozioni miracolose, altri invece erano convinti di poter leggere il futuro.
-Tu ci credi?- Domizio si girò verso di lei in attesa di una risposta.
-Se dicono di poterti leggere il futuro o sono dei bravi oratori sicuri di se oppure dicono il vero- un piccolo sorriso comparve sul viso del ragazzo –comunque sarei tentata dal verificare questa particolare dote di persona- detto ciò Domizio divenne come curioso e fermò il cavallo poco lontano dal quel fantomatico oracolo e smontò invitando anche la ragazza a farlo –cosa stai facendo?- iniziò ad avvicinarsi alla donna anziana –hai detto che vuoi provare a conoscere il tuo futuro, bene, proviamo!-lei non credeva di certo di essere presa alla lettera ma quella poteva essere un’opportunità da non perdere, in effetti lei aveva alcune domande a cui non sapeva dar risposta. Che quella donna potesse davvero mettere fine ai suoi dubbi? Tentar non le avrebbe di certo potuto nuocere.
Il tempo di raggiungere i due e già si erano messi d’accordo, quindi non poteva di certo tirarsi indietro ora.
Quel tavolino rotondo era leggermente più grande che da lontano. Non vi era niente lì sopra se non una specie di telo rosso mezzo sporco. La donna di fronte a lei aveva le mani poggiata sopra. Erano rugose e chiazzate con lunghe unghie. Già da quel particolare si poteva intuire che avesse un bel po’ di anni. Anche dai suoi capelli si poteva intuire. Erano bianchi e grigi. Il suo viso però. Il suo viso. Era così giovane. E talmente bello. Sembrava non appartenere al resto del corpo. La donna le prese le mani tra le sue e le rigirò più volte percorrendo con le dita le linee dei palmi. Le strinse paio di volte e poi si rimise a studiarle. Quelle mani erano anche terribilmente rovinate. Avevano dovuto sopportare anni e anni di allenamenti e combattimenti ed era quasi vergognoso mostrarle. 
-Guarda qui quante piaghe e cicatrici. Dimmi, dove sei nata, Thalissa?- sia lei che Domizio si guardarono contemporaneamente in faccia. Dallo sguardo di lui era evidente che non avesse di certo rivelato alcun nome alla donna quindi lo aveva indovinato –Io in realtà non lo so, non so niente delle mie origini, quindi neanche dei miei genitori- Domizio, nonostante fosse all’oscuro del passato della ragazza non rimase poi così sorpreso. Era normale che i bambini che restavano orfani venivano portati in luoghi diversi da dove erano nati e venduti come schiavi e che poi dimenticassero alcuni avvenimenti  della loro infanzia una volta cresciuti. –Qual è l’ultimo ricordo che hai da piccola prima che venissi presa dal mercante di schiavi?- ancora una volta quella donna aveva fatto centro in qualcosa di cui non sapeva assolutissimamente niente. Dopotutto Thalissa poteva anche passare per una ragazza di buona famiglia o comunque non come una schiava, eppure quelle parole erano cariche di convinzione –L’unico ricordo che io abbia mai avuto è il mare, ogni volta che torno indietro con la mente è quello ciò che vedo- la donna le strinse forte le mani e chiuse gli occhi. Rimase così per un po’ poi come se avesse ricevuto una scarica di alzò di scatto e si avvicinò all’orecchio della ragazza –Qualcuno ti reclama e ti piange fin dal giorno della tua nascita. Non credere di non aver mai avuto nessuno perché ciò che cerchi c’è sempre stato ma è lontano migliaia di leghe eppure vicino pochi passi. Per riavere ciò che è perduto bisogna perdere di nuovo e arrivare a fondo in modo da poter salire in superficie vittoriosi. – la donna si rimise seduta sorridente e con gli occhi socchiusi soddisfatta del proprio lavoro.
Ma ti rendi conto di quanto hai speso per quelle quattro sciocchezze che ci ha detto la veggente? – Thalissa sembrava più seccata lei che Domizio riguardo alla somma che il ragazzo ha dovuto sborsare per la predizione fatta. Infatti lui era abbastanza soddisfatto. –Io non le definirei sciocchezze, non vedendo la tua faccia mentre quella donna parlava- intanto erano quasi fuori il mercato e fortunatamente stava diventando più facile condurre il cavallo. –Ha avuto solo fortuna- Thalissa sembrava sempre più imbronciata –Quindi a te piace il mare?- quella domanda la prese un po’ alla sprovvista e il silenzio che ne derivò era sicuramente un modo per approvare –Se vuoi ti ci porto- la proposta era anche più strana della domanda, perché mai avrebbe dovuto farlo? –Perché mai dovresti farlo?- la ragazza si rivolse verso di lui con fare molto interrogativo e confuso –Beh, per renderti felice- fermò il cavallo e si mise e guardalo quasi a bocca aperta.
Renderla felice?
Lui?
Perché mai?
Che interessa aveva?
Lei che non significava nulla per quel ragazzo… che non doveva significare nulla!
Resosi conto di quella reazione Domizio fermò il cavallo a sua volta voltandosi verso Thalissa e avvicinando i due destrieri il più possibile.
Quei due erano così vicini.
La ragazza riusciva a vedere i suoi occhi verdi riflessi nelle iridi scure di lui.
Probabilmente anche gli occhi del ragazzo si riflettevano in quelli di lei.
Fu quasi spaventata da quella situazione.
Erano troppo vicini. C’era troppo silenzio. Troppe persone che li guardavano…
-Smettila di dire sciocchezze- si allontanò –tu hai altre persone che devi rendere felici!- lo disse quasi con rabbia, con disprezzo, con odio, o con gelosia?
-Io rendo felice chi mi pare- anche Domizio si allontano, con un certo sdegno. Sembrava offeso –So a cosa ti stai probabilmente riferendo, o meglio, a chi. Ma tu non sai niente, perciò non saltare a conclusioni affrettate-
-Comunque si- il ragazzo si girò verso di lei –mi piacerebbe vedere il mare…- adesso Thalissa aveva uno sguardo innocente, come quello di una bambina e a vederla Domizio parve intenerirsi –allora ci andremo- ripresero quindi a galoppare e a chiacchierare come se niente fosse. Infondo andavano più d’accordo di quanto pensassero, nonostante qualche volta capitasse che uno dei due toccasse un argomento un po’ delicato. Ma almeno così stavano iniziando a conoscersi. Solo che… solo che effettivamente più andavano avanti e più Thalissa notava una particolare luce negli occhi del ragazzo. Aveva forse motivo di preoccuparsi?
 
 
 

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Capitolo 5
*** 5. Venere ***


5. VENERE
La casa era in subbuglio. La servitù andava avanti e indietro. A breve infatti sarebbe iniziato il banchetto che la consorte di Augusto, Tiziana, si era impegnata ad organizzare da almeno una settimana. Avrebbe partecipato buona parte della cerchia dei più importanti uomini di Roma. Funzionari, senatori… a quanto pare anche quella famosa Claudia avrebbe degnato gli ospiti della sua presenza. A Thalissa non importava niente di niente di ciò che succedeva fuori la sua camera. Non avrebbe dicerto preso parte a quella festicciola di soli ricchi e nessuno sulla faccia della terra sarebbe stato in grado di farle cambiare idea neanche la stessa…
-Thalissa non sei ancora pronta?!-
…madre di Domizio.
La donna irruppe nella stanza come suo solito e vedendo Thalissa seduta alla finestra con espressione annoiata e i vestiti di sempre rimase alquanto delusa
-Vi ho già detto che non ho intenzione di partecipare al banchetto- la ragazza non fece neanche lo sforzo di guardare in faccia la donna. Sapeva che lei non se la sarebbe presa, non ne aveva motivo. 
-Mia cara quante volte ti ho detto di darmi del tu? Non c’è bisogno di tutta questa formalità, piuttosto dimmi, dove sono quei vestiti che ti avevo comprato? Non dirmi che sono dove te li ho lasciati io?-
-Si, non li ho neanche potuti vedere, non ho avuto tempo- intanto la donna si stava già preoccupando di cacciarli tutti dal bauletto per poggiarli sul letto ben distesi –Suvvia Thalissa vieni qua a vedere come sono belli -
A quell’invito la ragazza si sarebbe sentita troppo antipatica e scontrosa nonché ingrata se non si fosse alzata per dare un’occhiata. Dopotutto quella donna aveva speso così tanti soldi, tempo e impegno a scegliere vestiti tanto eleganti e costosi.
-Guarda questo rosa com’è bello! Ti va di provarlo?- Tiziana teneva il vestito in bella mostra in modo da poterlo ammirare. Thalissa prese la gonna dell’abito e la tirò verso di sé. Era un bell’abito senza dubbio. In seta ma comunque abbastanza spesso da non lasciar intravedere le forme del corpo. Dopo averlo osservato brevemente decise di metterlo da parte. L’occhio le cadde invece su un vestito realizzato con seta cui colore era tra l’azzurro e il verde.
-Trovo che quello sarebbe perfetto per te, lascia che ti aiuti a metterlo-
L’abito era piuttosto lungo. Ricadeva a terra in copiose pieghe. Sulle spalle era fermato da due cammei di lapislazzuli e oro mentre seno e fianchi erano segnati da una fascia dorata. I capelli le ricadevano in perfetto disordine giù per le spalle quasi fino al fondoschiena. La donna la guardava esterrefatta. Dalla sua espressione Thalissa intuì che forse vestita in quel modo era davvero bella.
-Bene adesso pensiamo all’acconciatura- la donna la minacciava con un sorriso spietato e una spazzola
-Cosa? acconciatura?- lei non aveva la minima intenzione di farsi toccare i capelli, nessuno lo aveva mai fatto a parte lei e le cose non sarebbero di certo cambiate
-Si, con un abbigliamento così elegante l’acconciatura non può essere da meno-
-Ma a me piace così!-
-Suvvia, poche storie, vedrai che sarai ancora più bella- e fu così che Thalissa si ritrovò seduta a farsi pettinare dalla donna e soprattutto contro la sua volontà
Sembravano quasi madre e figlia. Nonostante ci fosse qualche differenza somatica tra le due. In effetti da quando Thalissa aveva messo piede in quella casa era sempre stata trattata come una figlia da Tiziana. Lei le voleva davvero bene, era sempre cordiale e molto in confidenza. Parlava spesso con la ragazza e le offriva più volte il suo aiuto. Le faceva numerosi regali e la viziava. Più volte tentava di correggere alcuni comportamenti troppi maschili di Thalissa e spesso le impediva anche di prendere parte agli allenamenti con i gladiatori invitandola a dedicarsi ad attività più consone ad una donna. Tutto ciò spesso senza successo. Ma la donna ci rideva su senza problemi. Le piaceva il modo di fare e il carattere di Thalissa compresa la sua testardaggine e disobbedienza. Insomma la ragazza era diventata quella figlia femmina che non aveva mai avuto. 
Tiziana prese un nastro e con l’aiuto di Thalissa raccolse per bene tutti i capelli e li acconciò a dovere. E alla fine fu finalmente pronta.
La casa era stracolma di gente e per questo Thalissa aveva preferito scendere direttamente in giardino, quasi deserto poiché in molti, all’interno, stavano ronzando intorno alle varie pietanze preparate per l’occasione. Senza rendersene conto stava passando diversi minuti a fissare il proprio riflesso nello specchio d’acqua della fontana. In effetti non sembrava neanche lei. Era difficile riconoscersi in quell’abbigliamento. Ma si piaceva. Non era però troppo impegnata da non notare la presenza di due persone che stavano passando di lì. Alzando la testa si trovò davanti un ragazzo e una ragazza. Era un po’ troppo buio però riuscì a riconoscere Domizio. Quella affianco a lui non capì chi fosse. Non l’aveva mai vista prima. A rigor di logica poteva solo essere Claudia. Già sicuro era lei. Dal modo in cui erano vestite sembravano quasi uguali. Aveva l’aria di una per bene, di buona famiglia, di rango elevato. Niente che avesse a che fare con Thalissa. Sembrava anche dolce e gentile dal modo in cui sorrideva.
Domizio resosi conto del fatto che si stavano osservando tra loro ritenne giusto fare le dovute presentazione
-Thalissa vorrei presentarti Claudia…-
-La sua promessa sposa- aggiunse subito lei stringendosi al ragazzo
Eh si: non le piaceva per niente…
In effetti quella non piaceva a nessuno. Tiziana le aveva detto chiaro e tondo che non si trattava d’altro che del tipico matrimonio per interesse. Era stato infatti Augusto a sceglierla per suo figlio. Secondo la sua filosofia infatti il ricco doveva sposare il ricco e il povero doveva sposare il povero. Una rigida regola che nessuno si sarebbe sognato di infrangere. Claudia non era altro che l’unica erede di un ricco patrimonio ed era proprio questo che la rendeva così appetibile agli occhi di molti uomini. Con la fortuna che però Domizio avesse la stessa età di lei molti pretendenti furono facilmente superati. Domizio aveva ben accettato la scelta del padre, benché lui non avesse interesse nel patrimonio della ragazza. Lui era già destinato ad ereditare sostanziose ricchezze quindi non aveva poi tutto questo desiderio di arricchirsi ulteriormente. Detto ciò una moglie valeva l’altra. Eppure i due sembravano andare davvero d’accordo.
-E’ un piacere fare la vostra conoscenza- si mise in piedi –chiedo venia ma temo di non potermi trattenere con voi, avrei desiderio di recarmi all’interno per far compagnia alla signora di questa casa, mi sta attendendo, spero possiate comprendere- così dicendo girò i tacchi e lì lasciò lì allibiti
Quella sciocca sicuramente conosceva Thalissa come una rozza gladiatrice priva di tatto e mai si sarebbe sognata di udire tali parole dalla bocca della ragazza. Domizio, che invece la conosceva meglio, sapeva che Thalissa rozza non lo era per niente, ma non era neanche solita parlare a quel modo perciò rimase di stucco anche lui. Di ciò non c’era che da ringraziare i preziosi insegnamenti di Tiziana.
All’interno i festeggiamenti sembravano più piacevoli di quanto si potesse credere. Al fianco della donna di casa Thalissa conversava amabilmente con tutti e nessuno riusciva a credere che la gladiatrice amata da tutte le folle potesse coincidere con quella dolce ed piacevole fanciulla che avevano davanti. Thalissa quasi si sentì parte di quel mondo, quasi si sentì appartenente ad una famiglia rinomata. Si stava per scordare di essere l’orfanella che per anni ed anni della sua vita non aveva fatto che rotolare nella polvere grondante di sangue e sudore e lacrime a volte. Quel passato stava per dimenticarlo davvero. Per un secondo immaginò di poter essere figlia di Tiziana e Augusto, Valerio il suo fratellino, quella la sua bellissima casa in cui lei comandava chi voleva, e poi c’era Fabiano che veniva a farle visita quando voleva… e poi… poi c’era Domizio… che in quel momento si era messo di fianco a lei e lo guardava in silenzio quasi come se volesse diventare invisibile ai suoi occhi scuri.
“E lui dovrebbe essere un fratello maggiore nel mio sogno?”
Lì immersa nei pensieri ecco che una voce familiare e al contempo tanto odiata le entrò in testa
-Bene bene chi abbiamo qui? Una bellissima fanciulla nevvero? – difronte a Claudia vi era quell’essere insopportabile, Emilio. Era appena arrivato e già aveva in mano due calici di vino e dal suo modo sbiascicato di parlare sembrava averne buttati giù già un gran numero. Un motivo in più per evitare quello scocciatore. Proprio mentre Thalissa stava per andarsene si sentì chiamare proprio da lui –E chi è invece quella ragazza che sfugge allo sguardo dei presenti? Ci faccia il favore di voltarsi in modo da ammirare anche la sua bellezza!- purtroppo non era stata abbastanza svelta nel sottrarsi all’occhio dell’uomo, attento purché annebbiato dall’alcol. Fece come le venne chiesto e si girò. Tutti gli occhi erano puntati su di lei e si sentì così in soggezione da non riuscire a dar risposta alla domanda fatta. I presenti che però ebbero la possibilità di scrutarla da capo a piede erano esterrefatti.
-Non mi sbagliavo affatto- l’uomo prese un sorso di vino e posò il boccale vuoto tenendone solo uno in mano –la vostra bellezza è tale da essere degnamente ammirata- Emilio si avvicinò alla ragazza per poi rivolgersi all’intera platea –oserei paragonarvi addirittura alla dea della bellezza sempre che la magnifica Venere non ne abbia a male, oppure sotto il vostro regale aspetto nascondete forse il ferro di una dea della morte?- quel tono che da cordiale si era trasformato in un tono di sfida fece iniziar a far ribollire il sangue di Thalissa e la soggezione poco alla volta sparì lasciando posto al nervosismo. Sapeva bene a cosa si stesse riferendo Emilio con quella definizione di “dea della morte”. Certo. Ovvio. L’aveva riconosciuta. Perché alla fine Thalissa poteva indossare tutti i bei vestiti che voleva o acconciarsi i capelli nel modo in cui le stavano meglio ma lei restava pur sempre Thalissa. Tuttavia non lasciò che imprudenza e irrazionalità prendessero il sopravvento.
-Mi duole ascoltare tali parole. Dea della morte? È forse per un simile essere che passo ai vostri occhi?- nel formulare la domanda la ragazza usò un tono così ingenuo e tenero che Emilio non seppe davvero cosa rispondere
-A dire il vero guardando tale fanciulla non posso che restar incantato da cotanta perfezione e son costretto a pensare che debba per forza trattarsi di una splendida creazione di Diana, dea della natura selvaggia, poiché solo dalla natura può scaturire una simile bellezza unica nel suo genere a metà fra il fragile e l’indomabile- Domizio si era fatto avanti parlando al cugino, alla folla radunata lì intorno e al contempo guardando Thalissa, di nuovo con quella splendida luce negli occhi. I presenti erano esterrefatti dal modo di parlare del giovane e da come abbia dato una definizione così calzante della ragazza. Emilio in quel momento si sentì davvero sopraffatto dal peso delle parole appena udite e sentiva addirittura le critiche che qualcuno gli lanciava alle spalle. Domizio non aveva ancora finito però di umiliarlo –Devo anche dire che però è naturale dare una definizione sbagliata di questa creatura cugino poiché solo chi ha occhi per vedere e cuore per sentire può davvero apprezzare con chiarezza ciò che ha davanti e credo proprio che questo non sia il tuo caso mio buon Emilio e non di certo per l’abuso di vino che hai fatto- detto ciò l’uomo non poté che lasciare la sala con la coda fra le gambe e seguito da qualche risatina facendolo gonfiare di umiliazione. Il gruppetto di gente che si era radunato lì iniziava a disfarsi. Ormai si era notte fonda ed era anche ora di tornare a casa. Alla fine lì rimasero solo Domizio, Thalissa e Claudia. I primi due stavano lì a guardarsi. Lei con ammirazione. Lui con tenerezza. Claudia invece, resasi conto dello scambio di sguardi tra loro, decise di andarsene piena di rabbia. Thalissa lo fissò come un’ebete e quando poi si rese conto della reazione della ragazza subito lo spronò a seguirla. Lei invece restò lì con le braccia incrociate mentre ripeteva copiosamente quelle parole nella testa.
“Che lo pensasse davvero? Non credo sia possibile dire una cosa del genere se non la si pensa”
Curiosa andò dietro i due per vedere cosa stesse succedendo. Fece quindi il giro di tutto il porticato osservandoli da lontano attraverso gli intervalli di colonne. Claudia sembrava molto arrabbiata e sbraitava contro quel poveretto che muoveva le braccia davanti a se come se stesse dando spiegazioni di quanto successo.
“Non sarà mica… gelosa? Per quello che ha detto Domizio? Mi sembra strano, ma forse non sono poi così uniti come sembra”
Alla fine la ragazza se ne andò imbronciatissima, ma avvicinandosi Thalissa si rese conto che Domizio non era poi così disperato. Anzi non sembrava assolutamente interessato a quanto successo. La ragazza si poggiò ad una colonna poco distante da lì in modo che lui la notasse. Una volta che la vide Thalissa fece invece per allontanarsi verso il giardino più grande. Dietro di se sperava di avvertire da presenza di Domizio, ma non si voltò a guardare tanto meno rallentò il passo. Solo dopo aver superato il porticato, aver raggiunto il secondo giardino ed essersi seduta sul bordo della piscina esterna si rese effettivamente conto che davanti a lei torreggiava Domizio. Nel vederlo le scappò un sorrisetto –Posso sedermi accanto a te?- la ragazza abbassò la testa facendogli cenno di sì e lui si sedette.
-E’ stata una bella serata, non trovi?-
-Si, il finale è stato davvero a sorpresa. Dove hai imparato ad orare così bene?-
-Merito di tua madre, ma ciò che ho detto io che cosa di poco conto rispetto a ciò che è uscito dalla tua bocca- si mise le mani tra i capelli e prese a scioglierseli cercando di liberarli dal nastro –Di un po’, le pensavi davvero quelle cose?-
-Io? Beh ecco… credo che…- si voltò verso le ragazza che ormai stava lì a fissarlo con quei capelli lunghissimi e scuri come la notte, leggermente mossi che le ricadevano giù per le spalle. Per un momento le parole gli si bloccarono in gola – diciamo che con un buon soggetto si possono fare giusti apprezzamenti- era evidentemente in imbarazzo. Lo si capiva da quelle gote che diventavano man mano sempre più rosse.
-Ti ho causato qualche problema con la tua fidanzata?-
-Di problemi ce ne sono sempre stati con lei, in realtà non siamo mai andati davvero d’amore e d’accordo-
-Ma come? sembrate così innamorati-
-Infatti, sembriamo. E’ una simpatica recita che mi impegno a portar avanti-
-E per quale motivo?-
-Per mio padre, non voglio deluderlo-
-Quindi a te non piace Claudia?-
-Come potrebbe mai piacermi una persona del genere?! Si è una ragazza di belle sembianze, la sua è una famiglia importante ma sappi che lei sa essere gentile solo quando vuole, davanti chi le pare, se ottiene ciò che desidera, se non è soddisfatta, cioè quasi mai, allora diventa talmente acida da non poterci parlare. È viziata, esigente e capricciosa. Vanitosa non lo è poi così tanto, non è neanche gelosa, infatti se prima se n’è andata in quel modo e se l’è presa con me è esclusivamente per amor proprio perché io l’ho sminuita e ridicolizzata- Thalissa lo ascoltava non troppo esterrefatta, non c’era molto da stupirsi infondo, mentre Domizio continuava a parlare guardando un punto fisso davanti a se. Il suo era uno sguardo talmente freddo…
-Ma allora se è questa la situazione perché non parli con tuo padre e chiedi di poterti trovare un’altra ragazza da sposare? Voglio dire, Claudia non sarà mica l’unica erede di un ricco patrimonio. C’è anche chi appartiene a famiglie più prestigiose della sua!- la determinazione di Thalissa fece sorridere Domizio, come quando un bambino dice una sciocchezza o qualcosa di ovvio e fa ridere l’adulto che lo ascolta.
-Sai Thalissa, non cambierebbe proprio niente… devi sapere che il mondo in cui io vivo è già di per se avido, egocentrico, falso ed egoista. Questo perché sono gli stessi abitanti ad esserlo, io ovviamente non faccio eccezione, e per tale motivo una persona vale l’altra. Claudia avrà sicuramente numerosi difetti ma sta pur certa che se rifiutassi lei in favore di un’altra donna le cose non cambierebbero. Tra questa gente è così, a me più di tanto non importa, è una moglie che mi serve e chiunque mi va bene. A questo ormai mi sono rassegnato, nessuna sarà mai in grado di amarmi come io desidero poiché nessuna ha le doti necessarie a poterlo fare- adesso erano entrambi in piede uno di fronte all’altra. La differenza di altezza era chiara. Thalissa riusciva appena ad arrivare al livello degli occhi di Domizio con la fronte. Quella realtà non l’aveva ancora presa in considerazione. Eppure riflettendoci bene era vero. Solo che lei non se n’è mai preoccupata, diciamoci la verità, lei di quel tipo di mondo non faceva assolutamente parte, poteva fingere come fino a pochi minuti prima, ma osservando certi aspetti lei preferiva il suo di mondo. Un mondo duro e ingiusto anche. In cui è necessario sopravvivere per il riscatto di se stessi e questo comporta anche combattere contro i più potenti che certamente godono nel mettere i bastoni tra le ruote. Quello di Thalissa era anche un mondo povero, povero di soldi, di cibo, di comodità, ma ricco di affetto e complicità, basti solo pensare a quanti amici ha trovato nella casa dei gladiatori, quegli omonimi che poi così tanto minacciosi non sono.
Alle parole del ragazzo Thalissa non seppe far altro e prende entrambe le sue mani e stringerle –Perché non cambi mondo allora?- quella proposta suonò alle orecchie di Domizio come qualcosa di troppo strano per essere compreso appieno –Entra nel mio di mondo! Ti posso assicurare che è molto meglio di quello cui mi hai appena parlato. È un mondo un po’ difficile in cui vivere, ma ogni giorno è speciale e unico, le stesse persone lo sono e ti sanno regalare così tante emozioni che non sapresti più cosa farne, non so se ti possa piacere per davvero, io però mi ci trovo bene e mi rende felice…- Domizio la prese da sotto il mento alzandole il viso nella sua direzione. Le sorrideva ancora ma non come prima, il suo era un sorriso più dolce adesso. Intenerito. A causa di quella reazione inaspettata Thalissa iniziò ad arrossire ma non lasciò le mani del ragazzo, neanche quella che le teneva il mento.
-Perciò tu vuoi rendere felice anche me?-
-Non vedo perché no…-
Adesso lo sguardo di lui sembrò farsi freddo e calcolare, allo stesso tempo soddisfatto. Evidentemente la ragazza aveva detto le esatte parole che egli voleva sentire.
-Smettila di dire sciocchezze- le tolse la mano dal mento e si allontanò – tu hai altre persone che devi rendere felici!- dopo aver sentito ciò Thalissa aveva capito cosa stava esattamente facendo il ragazzo. Semplicemente le aveva spiattellato in faccia l’identica frase che lei gli aveva detto al mercato. Nel vedere la reazione di lei che aveva capito quell’infantile giochetto, Domizio appariva chiaramente fiero di se e divertito. Non per questo però Thalissa avrebbe incassato quel duro colpo senza dir nulla.
-Io però non ho proprio nessuno da rendere felice-
Detto ciò si poteva ritenere più che soddisfatta. Senza attendere risposta decise che ormai era abbastanza tardi per tornarsene nella sua camera e così fece.
Nel mente si voltò ebbe quasi l’impressione che Domizio avesse allungato il braccio nella speranza di afferrarle la mano e fermarla. Anche questa volta non si voltò a guardare tanto meno si fermò.

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Capitolo 6
*** 6. Apollo ***


6. APOLLO
Le lenzuola del letto da bianche e candide stavano diventando rosse scarlatte. Il sangue non voleva proprio saperne di fermarsi malgrado le ferite venivano continuamente tamponate con dei panni. C’era immediato bisogno di ricucirle. Domizio non poteva reggere oltre.
Qualche ora prima
-C’è voluto meno del previsto, vedi che avevo ragione?-
-Si ma è sempre un fastidio dover gestire gli affari di mio padre in sua assenza, è sempre la solita storia, quei tre partono in viaggio e io resto a casa-
Thalissa e Domizio stavano appena uscendo dalla casa di un amico di Augusto per saldare alcuni conti rimasti in sospeso. Il ragazzo non aveva alcun interesse a svolgere quel tipo di compiti per quanto fossero ricorrenti ma non aveva mai altra scelta.
-Certo che però quell’uomo era davvero buffo-
-E’ un tipo molto alla mano e socievole, comunque non è un amico stretto di mio padre-
-Tuo padre è un tipo piuttosto serio eh?-
-E anche molto noioso fidati-
Dopo aver sceso gli ultimi scalini dell’abitazione si trovarono nel bel mezzo della piazza. Un po’ meno sovraffollata del solito. Quel giorno aveva deciso di uscire a piedi quindi non c’era nessun cavallo da prende e potevano anche fare un comodo giro nei dintorni dando un’occhiata alle varie botteghe. Lì vicino in particolare vi era un orafo. I due si avvicinarono per vedere cosa il venditore avesse da offrire. C’erano i soliti bracciali e anelli a forma di serpente attorcigliato in oro e impreziositi con ametiste e rubini, amuleti portafortuna nei materiali più pregiati, fermacapelli, monili, girocolli d’ambra e perle. Una vasta scelta insomma. Ogni oggetto costava più di un altro, questo però era un problema che Domizio sembrava non porsi poiché aveva già adocchiato alcuni tra gli articoli più costosi.
-E quegli orecchini per chi sono?-
-Mia madre, ne ha già molti ma le fa sempre piacere riceverne altri, solo che è sempre difficile scegliere-
Tra i vari modelli mostrati uno in particolare piaceva a Thalissa. Quelli a grappolo composti da non meno di cinque perle, due delle quali erano davvero enormi, avevano anche uno smeraldo e il tutto era tenuto insieme da fili dorati. Costavano una fortuna, decisamente. Anche Domizio preferiva quegli orecchini agli altri e non ci pensò due volte a comprarli.
-Dimmi, c’è qualcosa che vorresti?-
-Io? Dici sul serio?- Era davvero strano che il ragazzo si stesse proponendo di farle un regalo del genere. Thalissa però non sapeva proprio cosa scegliere. C’erano molte cose che le piacevano e le sarebbe piaciuto averle tutte ma si sentiva comunque in colpa, non voleva far spendere ulteriori soldi al suo amico. Di orecchini ne aveva un bel po’ dato che aveva forato le orecchie più volte. Le collane non le piacevano poi così tanto, le sembravano accessori da usare solo in occasioni particolari così come i bracciali. Gli anelli invece li aveva sempre amati ma non poteva di certo permetterseli né si era sognata di chiedere a Fabiano di comprarglieli. In realtà non voleva neanche che fosse Domizio a spendere soldi per lei, ma il ragazzo non voleva proprio cedere quindi si vide costretta a scegliere. Aveva preso in mano un anello che a detta del venditore era in oro e quarzo rosa con su inciso un cavallo alato. Stava anche per rimetterlo al suo posto dopo aver sentito la sua cifra esorbitante ma prima che potesse farlo Domizio glielo tolse di mano facendole chiaramente capire che era determinato a comprarglielo. Davanti a tanta testardaggine Thalissa non poteva di certo obiettare oltre. Mentre il ragazzo contrattava il giusto prezzo con il proprietario della bottega lei teneva in mano uno specchio fingendo si essere interessata all’articolo  –Che bello questo qui - lo aveva alzato in modo da poter vedere chi ci fosse dietro di loro. Per tutto il tempo aveva avuto la sensazione che qualcuno li stesse spiando e in effetti girando in modo strategico lo specchio vide qualcuno dal volto sospetto proprio alle sue spalle. Era vestito di nero, la testa e il viso erano ovviamente coperti in modo da non farsi riconoscere. Aveva capito di essere stato scoperto, infatti si stava avvicinando e mentre lo faceva sfilava da sotto il mantello che lo copriva un pugnale. Per un momento la ragazza andò nel panico non sapendo cosa fare, come comportarsi. Domizio non si era accorto di nulla ma lei doveva fare qualcosa. Lo sconosciuto improvvisamente si avventò su di loro da dietro le spalle. Non sapendo esattamente chi dei due avrebbe colpito Thalissa spinse Domizio in modo da evitare di essere ferito. Non era però lui la vittima poiché quell’uomo sbucato dal nulla era pronto a colpire lei. Fortunatamente i suoi riflessi pronti le permisero di pensare velocemente. Lì vicino c’era un mercante d’armi e così prese la prima cosa che le capitò in mano. Una spada. Avrebbe preferito uno scudo ma grazie alla lama messa di traverso riuscì comunque a difendersi dal pugnale che però l’aveva già tagliata all’altezza della guancia. Con un po’ di forza riuscì a distanziare l’avversario e ne approfittò per cercare di disarmarlo in qualche modo. L’impresa si rivelò più difficile di quanto pensasse. Lo sconosciuto aveva in mano solo un pugnale eppure lo maneggiava come una spada tenendo testa a Thalissa con estrema bravura tanto che essa stessa venne ferita e la spada le cadde di mano. Fortunatamente Domizio si intromise nel momento più opportuno, ma non nel modo più adatto. Era disarmato quindi non aveva altro modo di difendere Thalissa se non facendole da scudo col corpo. In questo modo però il pugnale gli aprì il torace in obliquo dalla clavicola alla costole. Dopo aver inferto un tale duro colpo probabilmente l’assalitore si riteneva soddisfatto del lavoro compiuto e se ne andò. Di lì a poco il ragazzo sarebbe stato trasportato a casa dalle guardie accorse subito dopo.
 
 
Ago e filo erano finalmente arrivati.
Nella stanza non c’erano che i due ragazzi. Domizio era steso sul letto sporco di sangue e abbastanza lucido nonostante il dolore acuto. Accanto a lui Thalissa si stava dando da fare per chiudere quella ferita spaventosa. Era quasi arrivata alle costole e mancava poco per terminare. Era così intenta nel suo lavoro che neanche si accorse che Domizio, ad occhi socchiusi la stava osservando. Ripiegata sul suo torace con l’ago in mano e le dita sporche di vari strati di sangue, quello più secco e quello più fresco. Aveva delle strisce di sangue anche sui polsi e lungo le braccia. Non era però sangue di lei bensì del ragazzo. Ne aveva perso molto soprattutto lungo il tragitto verso casa. Domizio alzò una mano e riuscì a sfiorarle le punte dei capelli. A quel tocco Thalissa alzò la testa e lo guardò con sorpresa smettendo di ricucire.
-Sei sveglio-
-Lo sono sempre stato- dalla voce rauca si capiva chiaramente lo sforzo che stesse facendo per parlare. Sotto le mani della ragazza il torace tremava anche ad ogni minimo sussulto
-Come ti senti?- passato lo stupore riprese quindi a lavorare con l’ago
-Non te la cavi male a ricucire le ferite, mia madre va sempre troppo a fondo con quello spillo-
-E’ normale, dopotutto sono abituata, me le sono sempre ricucite da sola le mie di ferite-
-Menomale che si sei tu allora, e non lei- Thalissa infilò l’ago un po’ più in profondità in modo da causare di proposito del dolore al ragazzo che infatti non tardò a lamentarsi –Guarda che lei è molto preoccupata, per colpa tua e delle tue azioni sconsiderate-
-Avresti preferito essere tu al mio posto allora?-
-No ma qui adesso non ci dovresti essere neanche tu-
- Sfortunatamente è stato più forte di me intervenire- una volta arrivata alle costole e aver ricucito anche l’ultima parte della ferita Thalissa poté dare un taglio al filo e metterlo da parte con l’ago per immergere le mani nel secchio d’acqua calda, prendere il panno e strizzarlo per poi passarlo mano a mano sulla cucitura a partire da dove aveva appena terminato ripulendo il corpo dal sangue che iniziava ad asciugarsi.
-Secondo te perché quell’uomo ti ha attaccata? Lo conosci per caso?-
- Non di certo, non ho la minima idea di chi sia né che interesse avesse nel farmi del male-
-E se fosse stato inviato da qualcuno?-
-Per quale motivo?- ora era arrivata sulla porzione di taglio sul petto e quindi e particolarmente vicina a Domizio. Per questo motivo tendeva a tenere la testa bassa e a concentrarsi sul ripulire per bene e per bene e per bene –Ahi! Non premere così tanto, fa male- così bene che si era dimenticata la delicatezza. Si allontanò per risciacquare un’ennesima volta il panno –Comunque non so quale sia il motivo, ma se quel tipo si dovesse ripresentare una seconda volta lo affronterò con la spada- prese le bende Thalissa aiutò il ragazzo ad alzare la schiena dal cuscino in modo da poterle avvolgere più facilmente. Nel mettergliele Domizio si lamentò non poche volte –Ehi fai piano, ti ho detto che fa male-
-Sta zitto, devo stringere bene altrimenti è tutto inutile-
-Ho capito ma così finirai per spezzarmi in due-
-Sciocchezze, fai l’uomo e resisti-
Sembravano effettivamente due bambini che giocavano. Thalissa ci prese anche gusto a sentirlo lamentarsi tanto da fargli male di proposito ogni tanto, lui non faceva che urlare e lei scoppiava a ridere
-Thalissa non ce la faccio più basta!!-
-HAHAHAHA suvvia ho quasi fatto! Vedi di resistere-
-Lo hai detto anche poco fa e ancora non hai finito!!-
-Questo è l’ultimo giro promesso ahahah-
Una volta sistemate anche le bende Thalissa aveva davvero finito, di fare il medico ma non di scherzare.
-Ti serve qualcosa prima che me ne vada lasciandoti tutto solo abbandonato a te stesso?-
-Domani un briciolo di tempo per concedermi parte della tua preziosa compagnia splendido capolavoro della natura ahhaha-
-Ma ancora con questa storia? basta! Ahahah- la ragazza piano piano si avvicinava a Domizio –Dì un po’, eri serio mentre parlavi quella sera?- e si ritrovò prolungata sul torso del ragazzo dove aveva appoggiato anche le braccia mentre con le mani gli solleticava appena il petto attraversato dalle bende –Perché me lo chiedi? Pensi che non sia stato sincero?- le dita andarono ad accarezzare quei pochi peli corti e ricci lasciati fuori dalla fasciatura e sentiva chiaramente come quel gesto fece ricoprire il petto di pelle d’oca così come il braccio che il ragazzo teneva teso verso di lei, con la mano appoggiata alla guancia le stava infatti accarezzando il taglietto che si era procurata passandoci la punta del dito sopra –Penso solo che… certe cose possono essere dette solo se qualcuno le pensa per davvero- il viso di lei era alquanto vicino a quello di lui, qualcosa come 10 centimetri di distanza e ovviamente non potevano far altro che guardarsi negli occhi –E non credi che io quelle cose che ho detto le penso per davvero?- la mano libera di Domizio andò a stringere quella della ragazza ed inoltre staccò anche la testa dal cuscino in modo da ridurre ancor di più la distanza tra loro due per poi ridurla inaspettatamente per Thalissa. In un secondo all’altro si ritrovarono labbra contro labbra una sull’altro. Lei però per quanto non fosse dispiaciuta di quella situazione sapeva che era terribilmente sbagliata e se pur controvoglia molto lentamente dovette distanziarsi benché il ragazzo cercava disperatamente le sua bocca vietandosi anche il piacere di godersi quel momento per pochi istanti. In brevissimo tempo, una volta decisasi, si allontanò definitivamente e si alzò con decisione. Prese tutto ciò che le era servito per la medicazione per poi lasciare la stanza senza dire una parola e senza neanche rivolgere uno sguardo a Domizio che in tutto ciò non aveva mosso ciglio. Anche lui sapeva bene che la sua mossa era stato un azzardo troppo grande.
Fuori la stanza a Thalissa non importò più di niente. Si mise a correre lasciando cadere tutto a terra. Per i corridoi tutti la guardavano cercando di capire cosa stesse succedendo. Lei però non diede modo di comprendere. Arrivò in camera sua, si buttò sul letto e cercò ancora di trattenere. La testa appoggiata sul cuscino e gli occhi lucidi, così lucidi che bastò sbattere le palpebre per far cadere un paio di lacrime.
 

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Capitolo 7
*** 7.Somnus ***


7. SOMNUS


L’impatto con la superficie di gelida limpidezza fu tremendo.
Il corpo nudo fu come frustato dall’acqua e il freddo la invase come una moltitudine di punte di lance acuminate.
I capelli danzavano al ritmo delle correnti, morbidi sembravano come le code fluttuanti di quei pesci dai colori sgargianti.
Gli occhi le bruciavano tremendamente a causa dell’acqua salmastra e per questo la sua vista era leggermente annebbiata. Quel pizzicore però quasi le piaceva.
Ovviamente le era anche impossibile respirare. Da naso e bocca una bolla d’aria tirava l’altra.
Intorno a lei era tutto buio, le profondità marine erano dipinte di un blu quasi nero, striato da qualche piccolo fascio di luce.
Le sue orecchie erano tappate e stava per chiudere gli occhi per abbandonarsi a quella piacevolissima sensazione. Sembrava che il mare la stesse cullando.
Apparentemente sembrava non esserci nessuno lì intorno ma con la coda dell’occhio da lontano riuscì a scorgere delle figure ancora più scure dell’acqua che sembravano umane. Una volta averle notate non vi tolse più lo sguardo di dosso e infatti non si accorse che mentre era distratta una scia di schiuma bianca come le ossa dei morti le si stava attorcigliando alle caviglie come dei tentacoli.
Quando se ne rese conto era troppo tardi. Era bloccata fin sopra il ginocchio. Anche i polsi e il busto erano strati avvinghiati da quel non so cosa.
Quasi subito quella specie di piovra iniziò a tirare e Thalissa prese a sprofondare negli abissi più oscuri del mare.
Il sole è così forte da accecarla, nonostante le foglie degli alberi facessero da filtro. Dai rami sopra di lei gli uccelli cinguettavano senza sosta e a piena voce. Tra di loro un picchio batteva velocemente il tronco di un pino. Difficile da sopportare. Soprattutto se ti eri appena risvegliata da un incubo, ti trovavi nel bel mezzo di un bosco, su un terreno polveroso e il mal di testa ti martellava le tempie. Mettendosi seduta ai piedi dell’albero sotto il quale si era addormentata, Thalissa si guardò intorno cercando Valerio. I due si erano recati lì di buon ora per cacciare. Dopo un paio di conigli e qualche fagiano la ragazza si era concessa qualche secondo di risposo visto che la notte precedente non aveva avuto modo di dormire. Ma a quanto pare quella che doveva essere solo una piccola pausa si era invece rivelata una vera a propria dormita. Thalissa sperava solo che in quel modo non avesse perso il ragazzo. Ricordava di avergli raccomandato di restare nelle vicinanze, entro i confini del fiume, ma purtroppo non riusciva a vederlo o a sentirlo.
-Valeriooo, Valerio dove sei? Valeriooooo!-
Niente. Nessuna risposta.
A questo punto Thalissa si mise in piedi per guardarsi meglio intorno senza smettere di chiamare a squarciagola con entrambe le mani vicino la bocca in modo da amplificare la voce.
-VALERIO! VALERIO RISPONDI!-
Anche silenzio per qualche secondo. Un fruscio tra i cespugli bassi dietro di lei ed ecco il ragazzino rotolare ai piedi di Thalissa mentre litigava con un cinghiale tanto giovane da non aver ancora sviluppato un paio di zanne sufficientemente grandi. L’animaletto cercava di sfuggire urlando e scalciando ma Valerio non aveva di certo intensione di mollare la preda. Tutto sporco di terra, era evidente che fosse andato a stanare quella povera bestia fin nella tana correndo un gran pericolo.
-Thalissa, dammi una mano, non riesco a tenerlo fermo!-
Disperato non faceva che divincolarsi nella polvere tenendo le zampe anteriore del cinghiale con le mani e quelle posteriori strette tra le gambe. Davanti quella scena la ragazza si lasciò scappare una risatina ma poi decise di intervenire, prese quindi l’animale a testa in giù tenendolo da dietro –Valerio prendi una corda- immediatamente andò a frugare nella tasca della sella del cavallo dove c’era una corda lunga e robusta. Thalissa pensò a mettere la bestia a terra e a tenere ferme le zampe cosicché il ragazzo potesse legarlo per bene.
-Sei andato a prendere questo cinghiale fin nella tana vero?-
-Già, c’era solo lui però-
-Per fortuna dovresti dire, se ci fosse stata anche la madre, avrebbe potuto ucciderti-
Caricata la cacciagione sui cavalli i due poterono finalmente tornarsene indietro. Il sole era alto ormai, quasi ora di pranzo e non era più il caso di starsene in giro per i boschi.
 
Thalissa fu trattenuta all’entrata da una serva così Valerio dovette accompagnare entrambi i destrieri alle scuderie e scaricare le bestie che avevano trovato in mattinata. Poco dopo il ragazzino si affacciò al portone di casa facendo notare a Thalissa che dentro c’era qualcuno ad attenderla. Strano. Non aspettava di certo visite. Né poteva immaginare che quella sotto il porticato potesse davvero essere sua sorella.
Non si vedevano da quasi un anno, eppure se Thalissa era rimasta sempre la stessa, Giuditta era quasi irriconoscibile. I capelli le erano diventati molto più lunghi, non più raccolti disordinatamente ma adornati con preziosi fermagli. Il viso era stato trattato con diversi prodotti in modo da schiarirlo un po’. Portava gioielli al collo, sulle braccia, ai polsi, mani e orecchie. Per non parlare dell’abito, forse più costoso di tutto il resto messo assieme. Nonostante l’aspetto suggerisse una persona diversa, Giuditta era ancora Giuditta e le sue maniere non erano diverse. Neanche il tempo di avvicinarsi e parlare che si fiondò al collo della sorella, entusiasta di rivederla dopo tanto tempo.
-Giuditta! Ma cosa ti è successo? Sei così…-
-Cambiata? Si lo so, in molti me lo dicono!- la sorpresa e la confusione che la ragazza aveva suscitato in Thalissa non smorzò la sua allegria, lei era ben consapevole di essere diversa e sembrava non dispiacerle affatto! Solo che… com’era possibile?
-Com’è possibile? Come hai fatto? Cosa ti è successo?- non c’erano abbastanza domande per soddisfare la sete di curiosità di Thalissa, così incredula davanti a quella ragazzina che aveva si e no l’età di Valerio ma che conciata così sembrava quasi più grande della sorella maggiore –Ma come? dopo tutto questo tempo non sai chiedere altro? Ad esempio come sto?- disse Giuditta con una falsa delusione, era fin troppo divertita dalla reazione che ella stessa aveva suscitato per apparire seriamente arrabbiata o delusa –In realtà mi sembra che tu te la stia passando fin troppo bene e vorrei sapere il perché- Thalissa ovviamente puntava invece al sodo, che sua sorella fosse in una buona salute fosse evidente, pimpante com’era, Giuditta ridacchiò per quella che poteva essere l’ennesima volta e rispose –Vieni con me ti racconto tutto!- stringe tra le proprie le mani della sorella conducendola sotto il porticato verso il giardino. –Tu hai finito con i combattimenti?- iniziò Giuditta –Si per questa stagione sono apposto, sentirò la mancanza dell’arena ma non smetterò di certo di allenarmi- in realtà in quel periodo Thalissa aveva marinato ben volentieri i suoi allenamenti –E dimmi, ti trovi bene qui? Come ti trattano?- continuò la ragazzina –Benissimo, mi sembra di stare ancora nella vecchia casa anche se le persone sono diverse, ma ugualmente gentili e disponibili- a quel punto Giuditta non sapeva più che dire –Sono felice per te!- Rimase zitta per un po’ osservando le pietre a terra, come se stesse pensando a cosa dire, non si decise a parlare finché Thalissa non si fece più insistente.
–Ho conosciuto un uomo… è lui che mi ha regalato tutti questi gioielli e il bel vestito- quella non poteva essere la prefazione migliore, solitamente un uomo che poteva permettere ad una donna di vestire in quel modo era un uomo ricco, e gli uomini ricchi, se interessati ad una serva, non avevano di certo le migliori intenzioni, spesso si finiva a fare da concubine e Thalissa non voleva di certo una sorte simile per sua sorella… -venne circa un anno fa nella casa del padrone, è lì che lo vidi per la prima volta. Ritornò a far visita più volte e solo in una di queste lui mi notò. Successivamente iniziò a rivolgermi la parola, ci incontravamo anche per strada, al mercato e col passare del tempo prese anche a farmi doni e ricevetti diverse attenzioni da parte sua. Fino ad ora non ho mai messo piede nella sua dimora, benché io sapessi riconoscerla ogni volta che mi trovavo a passeggio per la città. L’altro giorno, quest’uomo mi ha detto che avrebbe organizzato una grande festa in casa sua, questa festa è domani e vuole che io partecipi e resti a fargli compagnia anche durante la notte…- man mano che Giuditta parlava, con fin troppa leggerezza, l’espressione di Thalissa si fece sempre più severa e fredda, nonostante fosse rimasta assolutamente muta durante tutto il tempo, eppure più sua sorella parlava e più aveva la sensazione che quella situazione stesse sfuggendo di mano. Giuditta non si rendeva conto di nulla. Vedeva solo il lato positivo delle cose, lei era felice perché riceveva tutto ciò che aveva sempre desiderato e mai avuto, eppure un uomo voleva sua sorella in casa propria in vista di una festa, e l’aveva anche invitata da lui per la notte. Certo Giuditta era abbastanza grande ormai, ma agli occhi di Thalissa era poco più di una ragazzina che di bambole non ne aveva mai avute, ma che conservava ancora in se l’innocenza di una bambina. Chiunque fosse, quell’uomo avrebbe potuto rappresentare un vero pericolo per la sua sorellina.
-E dimmi com’è che si chiama costui?-
-Ohw credo tu lo conosca, è parente al tuo attuale padrone, il suo nome è Emilio-
Dopo quel nome il sangue di Thalissa si gelò letteralmente nelle vene tanto che nulla fu la sua reazione alle parole della ragazzina. L’unica cosa che tu in grado di fare fu fermarsi. Anche Giuditta lo fece, senza però capire per quale motivo la sorella lo avesse fatto, si voltò con sorpresa –Tutto ben…- non ci fu tempo per concludere la frase che ricevette un ceffone in faccia così forte da richiamare l’attenzione di chi era lì intorno e far girar la testa della ragazzina indietro. Thalissa non usò parole per giustificare il suo gesto, dall’occhiataccia che Giuditta le mandò sapeva che non ce n’era bisogno, sua sorella sapeva dietro quale uomo stesse correndo e a quanto pare non aveva intenzione di mollare la presa. Ma a lei non importava, le stava bene così, a qualunque prezzo, lei non avrebbe rinunciato a quella fortuna. Era questa una delle tante sfortune dell’essere nati poveri. Pur di avere ciò che si voleva si era disposti a fare di tutto. Questa consapevolezza non fece che far arrabbiare ancora di più Thalissa che però sapeva di non poter fare assolutamente nulla per sperare in un ripensamento. Era inutile perder tempo. Neanche Giuditta aveva più intenzione di restare lì inutilmente. La conversazione era chiaramente conclusa e così, con viso mezzo arrossato e le lacrime agli occhi per il bruciore, prese un lembo del vestito alzandoselo e con testa alta superò prima sua sorella e poi Domizio che era dietro di lei, senza rivolgere parola a nessuno dei due se ne andò in religioso silenzio. Dietro di lei sua Thalissa fissava, con fredda follia, le pietre del pavimento.
“Non sarai sangue del mio sangue, ma è comunque difficile lasciarti andare così, non hai idea del destino che ti aspetta… Giuditta…”

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Capitolo 8
*** 8. Bacco ***


8. BACCO

Il cinghiale era davvero cotto a puntino, ma per quanto delizioso fosse, Thalissa non riuscì ad assaggiarne neanche un pezzetto lasciando la sua porzione a Valerio che non ci pensò due volte a ripulire il piatto. A lei bastavano un calice e una brocca di vino, seduta a terra appoggiata al davanzale della finestra con quella sua tipica aria pensierosa. Da qualche parte lì fuori sua sorella di stava preparando per andare alla festa organizzata da Emilio e chissà cosa sarebbe successo. Lei non avrebbe di certo potuto saperlo standosene là a sorseggiare vino. 
-Sapevo che ti avrei trovata qui- Domizio si mise a terra con le spalle al muro e di fianco a lei che nel vederlo non batté affatto ciglio -Stai pensando a tua sorella?- quell’insistenza riusciva sempre ad irritare la ragazza che puntualmente non riusciva ad ignorare il seccatore -Si- stizzita si versò un altro bicchiere di vino e prese a bere –Potresti andare anche tu alla festa e vedere come sta andando- una possibilità che Thalissa non avrebbe neanche preso in considerazione, così come non prese in considerazione la cortesia di rispondere-Non sapevo avessi una sorella, parlami di lei, sono curioso- una richiesta più fuori luogo di così non poteva esserci, Thalissa non faceva che pensare a Giuditta e magari invece di distrarla cambiando totalmente argomento Domizio decise proprio di parlare di lei. Ad ogni modo la ragazza non vide ragione di far storie e prese a raccontare:
-Cosa vuoi sapere?- tra le varie cose che non sapeva fare c’era anche il non saper iniziare a raccontare una storia e quindi vi era per forza bisogno che qualcuno l’aiutasse in questo -Beh parti dall’inizio no?- “Dall’inizio” si era un buon modo per cominciare -Vedi noi… non siamo davvero sorelle..- fin da subito lui ebbe da ridire -Ah no? Ma se vi riferite l’una a l’altra chiamandovi “sorella”? – che domanda stupida -Questo perché io e lei siamo cresciute insieme come sorelle, quando io arrivai nella casa del mio primo padrone non ero che un’orfana di 4-5 anni al massimo, Giuditta aveva 1-2 anni e quando mi vide, sua madre decise di prendersi cura di me. Abbiamo vissuto nella stessa casa, ci conosciamo affondo e io le voglio molto bene- Domizio sorrise con sguardo furbo -È per questo che non l’hai fermata vero? Sai che anche gridandole contro lei non avrebbe rinunciato all’idea di prendere parte alla festa- Thalissa non era per niente sorpresa di quella deduzione, dopotutto aveva ben capito che il ragazzo avanti a lei era molto più furbo di quanto ella stessa pensasse -Tra me e lei non c’è mai stato davvero bisogno di chiarire o discutere, sapevamo ciò che l’altra pensasse prima ancora che le parole potessero uscire dalla bocca, tra di noi sono gli sguardi e i gesti a parlare, come lo schiaffo che le ho dato e come lo sguardo che lei mi ha lanciato…- Thalissa fece per portarsi il calice alla bocca ma prima che potesse bere Domizio glielo tolse dalle mani bevendo al suo posto -Eppure non capisco perché te la prendi tanto, le intenzioni di Emilio sono ben chiare a tutti e se tua sorella è soddisfatta non credi che dovresti metterti il cuore in pace?- la ragazza sembrò davvero risentita dalle parole appena pronunciate -Tu non capisci, e neanche Giuditta capisce, voi uomini, soprattutto quelli ricchi, credete tutti di avere il mondo in mano e di poter fare ciò che volete, le donne non le vedete che come oggetti, le usate per diletto, per capriccio o per noia, poi vi stancate e le gettate via, senza curarvi dei sentimenti e se vi mancano di rispetto non ci pensate due volte a ricorrere a dure punizioni- la voce di Thalissa non era né alta né severa ma nel tono c’era una freddezza e una fermezza tagliente che andavano ben più a fondo, suscitando l’indignazione Domizio -Come puoi parlare così? In base a cosa tu affermi ciò?- alla ragazza venne spontaneamente ma sorridere, beffeggiando l’ingenuità dell’amico -Se parlo così è perché io ricordo, io ho visto e ricordo, cosa che non vale per Giuditta, troppo piccola anche solo per capire. Ricordo chiaramente quella donna che mi crebbe come una figlia. Era una donna alta, formosa, dai tratti delicati, i suoi erano capelli lunghi e ricci, color del miele, i suoi occhi erano blu come il cielo, sapeva cantare, cantava spesso, per questo durante i banchetti intratteneva sempre gli ospiti. Per queste sue qualità era desiderata da molti uomini e preferita preferita da uno in particolare. Quasi ogni notte, quando arrivava l’ora di dormire lei mi intimava di andarmene a letto e di potar con me anche Giuditta e per nessuna ragione avremmo dovuto cercarla. Una volta lei era seduta in braccio ad un uomo che continuava ad infastidirla e lei faceva buon viso a cattivo gioco, fingeva la normalità eppure si capiva chiaramente che non ne poteva più di tutti quegli abusi. Poi si stancò e si ribellò ad uno di loro. Una sera la costrinse a stare in camera sua e lei durante il sonno tentò di assassinarlo, presa dalla disperazione stava per pugnalarlo, l’uomo però si svegliò e fu lui ad ucciderla. Giuditta non seppe mai come andarono davvero le cose, ma io si, io lo seppi. Perché mentre quella povera donna urlava dal dolore e cercava di aprire la porta per scappare io ero dall’altra parte a sentire i suoi lamenti a vedere il sangue scorrere a terra. Le avevo disobbedito: Giuditta si era svegliata piangendo il nome della madre e io nel tentativo di calmarla andai a chiamarla. Non avevo idea… - in quel momento la voce di Thalissa si spezzò, sembrava stesse per piangere ma era solo tanto odio accumulato, lo si vedeva chiaramente negli occhi e per il nervoso le tremavano le mani- È per questo che sono diffidente dagli uomini. Non fanno che abusare delle donne… e non voglio che mia sorella faccia la stessa fine di nostra madre, almeno Giuditta io la voglio proteggere, purtroppo so che non ci riuscirò, lei è davvero troppo testarda…-
Thalissa parlò davvero allungo eppure quello stanco sembrava Domizio che, non aver ascoltato la vicenda, non sapeva più che dire, neanche riusciva a sorseggiare il vino come aveva fatto fino a qualche minuto fa. Ai due andava bene anche il silenzio assoluto, tanto che restarono lì per un bel po, con come sottofondo il ciabattare dei servi.

La festa intanto procedeva bene. Gli invitati erano numerosi, il cibo e il vino abbondanti. Emilio andava in giro tenendo sottobraccio Giuditta che si era degnamente preparata per l’occasione indossando i regali che Emilio stesso le aveva fatto in modo che lei potesse sfoggiarli quella sera. La ragazzina sembrava non essere mai stata una serva, tutti erano gentili con lei, gli uomini le porgevano complimenti, le signore sembravano un po’ più acide, probabilmente prese dall’invidia. Mentre Giuditta stava riempiendo una coppa di vino per il suo signore sentì un paio di loro parlar male di lei -Ma l’avete vista quella sgualdina? Si è adornata per bene e crede di essere al nostro livello, se non superiore a noi! Povera illusa non ha capito di essere solo il divertimento del signore che tanto sembra adorare- parole che non le furono indifferenti e che per un secondo le ricordarono sua sorella, d’istinto si mise una mano sulla guancia che il giorno prima aveva ricevuto un sonoro schiaffo. Quasi percepiva ancora il forte dolore. Giuditta non si accorse che ora accanto a lei era arrivato Emilio che vedendola come incantata le aveva appoggiato una mano sulla sua. Questo gesto fece ritornare in se la ragazza che alzò lo sguardo sull’uomo -Tutto bene?- chiese lui – Si… tutto bene- i due si allontanarono dal tavolo, lasciando stare il vino -Ti vedo stanca, andiamo in camera mia così vai a riposarti- un’idea che a Giuditta non fece molto gola in quel momento, molto probabilmente Emilio non l’avrebbe lasciata immediatamente dormire e un pensiero simile la rese titubante. Durò poco però perché la ragazza non ci mise molto a scacciare indecisioni varie e fuori luogo e si dimostrò ben disposta ad accettare tale accortezza. Prese la mano dell’uomo e lui stesso non si ci mise molto a lasciare i vari ospiti a banchettare nella sala. 

Ormai a notte fonda gli occhi di Domizio avevano ceduto completamente e si era quindi abbandonato sulla spalla di Thalissa seduta a terra accanto a lui. Lei però era ben sveglia e vigile, troppo presa dall’ansia per dormire come il ragazzo lì vicino. Per tutto il giorno aveva vagato in lungo in largo, su e giù per l’intera casa in una sorta di angosciante impazienza. A quell’ora il suo corpo aveva trovato pace, ormai stanco,  ma questo non valeva per il suo spirito, mentre la mente volava a pensieri lontani e assurdi pur di evadere dalla prigione di preoccupazioni in cui era rinchiusa. Osservando il cielo sopra le loro teste ricordò il sogno fatto qualche sera prima. Senza neanche una stella ad illuminarlo era davvero simile alla profondità marine in cui Thalissa stava per essere trascinata. Quasi sentiva il freddo penetrarle nelle ossa. Le venne anche in mente la predizione che ricevette un giorno da una vecchia signora al mercato. Era con Fabiano quella volta e fu stesso il ragazzo, titubante, a trascinarla in quella che forse era stata una vera e propria perdita di tempo. Nonostante ciò Thalissa ricordava ancora le parole dell’anziana, benché per sommi capi: semplicemente lei non era sola, c’era ancora qualcuno lì fuori per lei, forse una madre, un fratello, degli zii, chiunque fosse la stava reclamando, ma in che senso? C’era bisogno di perdere per trovare e di affondare per risalire… lei però in quel sogno stava solo affondando… probabilmente non era uno dei presagi migliori che potesse avere e forse si trattata di sole sciocchezze, fatto sta che la mente di Thalissa restò con un chiodo fermo per attimi interminabili. 
Intanto Domizio stava diventando davvero inquieto nel sonno. A quanto pare non riusciva più a trovare una posizione comoda per dormire e si muoveva continuamente. Certo che chi si sarebbe immaginato un finale del genere? Non si erano che conosciuti per caso, grazie ad un bambino un po’ troppo disobbediente che pur di incontrare la famosa Thalissa si era infiltrato nella casa dei gladiatori e suo fratello per recuperarlo, altro non poté fare che seguirlo. Il ragazzino se ne era andato su e giù per i piani dell’edificio nella speranza di scovare la sua tanto amata gladiatrice e Thalissa per poco non impazzì a trovarlo, non avendo la benché minima idea di chi fosse il piccolo infiltrato. Poi, nell’accompagnare il piccolo dal fratello, si ritrovò davanti Domizio, con Valerio che gli correva in contro. A prima vista era difficile decidere chi dei due fosse più imbambolato dell’altro nello scambiarsi reciproci sguardi. Ora invece Thalissa si ritrovava a vivere nella casa dei due: col più piccolo giocava, combatteva, per modo di dire, e andava a caccia. Con il più grande ci litigava, ci si scontrava, si sfogava, ci rideva, ci si annoiava e gli faceva da cuscino. Non che la spalla della ragazza fosse il miglior sostituto di un vero e proprio cuscino. Infatti Domizio non aveva di certo smesso di agitarsi, facendo smuovere la stessa Thalissa, ma quella era una situazione alla quale lei stessa era abituata. 
Da piccola lei e Giuditta avevano sempre condiviso lo stesso letto. Finché erano entrambe piccole si stava anche comodi in due ma non appena iniziarono a crescere non si poteva dire lo stesso, tanto che ci si ritrovava a riposare su un fianco solo. Per questo motivo le due andavano sempre a dormire piuttosto tardi poiché Thalissa passava le ore ad inventare storie per la sorellina, sembra troppo attiva per chiudere gli occhi. Si mettevano l’una su l’altra e mentre Giuditta le accarezzava i capelli, Thalissa parlava e parlava rischiando di essere la prima ad addormentarsi. Una volta che la piccolina sprofondava nel sonno più profondo non era di certo finita lì, iniziava infatti una serie di calci e manate, anche parole senza senso qualche volta, spesso capitava di restare senza coperte o cuscino e insomma Thalissa non passava di certo una notte tranquilla con una peste del genere accanto. 
Con tutti questi ricordi in mente alla ragazza era proprio difficile ritornare alla realtà in cui la sua sorellina ora si trovava. Quel salto da piccola e innocente a grande e cresciuta la spaventava per davvero. In fondo lei sapeva che Giuditta restava una bambina ingenua e sicuramente incapace di difendersi. Anche per quello ci aveva pensato sempre Thalissa. Quando quelli più grandi le deridevano lei era sempre pronta a fare a botte con i maschi e si conciava proprio male. Non si trattava mai di scontri alla pari quindi lei le prendeva di santa ragione ogni singola volta. Thalissa aveva iniziato così, rotolandosi nella polvere con bambini troppi prepotenti, per poi finire nell’arena del più grande anfiteatro di Roma a combattere contro vere e proprie macchine da guerra. Anche quella era una cosa inaspettata.

-Thalissa- Domizio si era svegliato e aveva lo sguardo rivolto nella direzione della ragazza, non stava guardando lei però, ma più infondo, dietro di lei -Quello lì… non è fumo?- voltando la testa, lo notò anche lei. Un’enorme nuvola di fumo che si alzava da terra e si espandeva immensa nel cielo inquinando l’aria. Un odore acre di erba e carne bruciata.  Aguzzando l’udito si riuscivano a percepire anche delle grida, delle richieste di aiuto, voci così forti da sembrare disumane. Evidentemente poco lontano da lì era scoppiato un incendio. Per un attimo pensò quasi che il sonno stesse giocando brutti scherzi ed entrambi ma loro non furono gli unici ad accorgersi di quanto stava accadendo. Dalle finestre, non solo di casa propria, si stavano affacciando sempre più persone tutte probabilmente disturbate o dalle grida o dall’odore fastidioso, qualcuno forse vedendo i vicini svegli si era svegliato a sua volta. Chi si agitava e gridava chiedendo soccorso, chi osservava in silenzio, chi già era fuori casa pronto a correre in direzione dell’incendio, alcune donne erano addirittura svenute dalla paura, dei bambini piangevano con le fiamme negli occhi. Qualcuno, la madre di Domizio probabilmente, urlò -LA CASA DI EMILIO STA BRUCIANDO!- il ragazzo si mise in piedi ma non fu in grado di fare altro. Thalissa invece era una di quelli che guardavano con totale e apparente indifferenza.

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