Storie di Vita e Morte

di Pasquale Santedicola
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: La nascita. Due faccie della stessa medaglia ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Il Crepuscolo ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: L'incontro ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: Il contatto ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: La nascita. Due faccie della stessa medaglia ***


Capitolo 1: La nascita. Due facce della stessa medaglia.

molti uomini si sono chiesti nel corso del tempo se all'inizio di tutto ci fosse qualcosa, una forza o della materia esistente che ha dato vita al nostro pianeta. Questo non mi è dato dirlo - alcuni segreti rimangono tra gli dei -, ma posso dirvi altro. Il pianeta Terra era, come oggi, diviso in giorno e notte con la differenza che questi non cambiavano, erano sempre fissi e non si poteva entrare in uno o nell'altro.

Il territorio del giorno era una pianura dalle lunghe distese fiorite, dipinte di mille colori e ricoperta da foreste di pini profumati, frutteti con i più succosi frutti mai visti. era la quintessenza della rigogliosità. Nella zona del Giorno non era mai brutto tempo, né la temperatura era esagerata. Il sole splendeva sempre placido e tiepido su quella rigogliosa natura e una brezza tiepida primaverile allietava gli abitanti di quel luogo. al centro di questa enorme distesa verde c'era come uno scranno creato dall'intreccio delle radici della più grossa quercia che la terra abbia mai ospitato. La culla di legno, ricoperta dai petali delle rose più pure, ospitava una piccola creatura, una bambina dai capelli biondi come il miele d'acacia e gli occhi verdi come le fronde di quell'albero che la cullava e la proteggeva dal sole. la bambina era così bella da emanare luce prorpia e il suo sorriso era capace di scaldare i cuori. tuttavia la creatura era sola, nessun'altra forma di vita umana era presente, era la diretta figlia della terra. sull'albero, appena sopra la culla, gli animali avevano inciso una scritta:

"qui è la culla di Vita, figlia di Natura."

La piccola creatura in fasce era coccolata e vegliata da tutti gli animali su cui la natura poteva contare, dal grande lupo di prateria al piccolo passerotto cinquettante e tutti si facevano in quattro pur di vedere su quel piccolo dolce visino roseo quel solare sorriso.

ma come in ogni mito che si rispetti c'è comunque una controparte.

la zona della Notte era arida, buia e rocciosa. spesso spirava un vento gelido e secco da far intirizzire anche il più forte degli uomini del nord. non un fremito, non un suono. il paesaggio era caraterizzato da impervie montagne ripide simili ad artigli di corvi. tra un cerchio di aspre montagne c'era un cratere dove, per controparte, era adagiato un bambino. il piccolo scricciolo aveva la pelle bianca come il latte appena munto, i capelli di un biondo platino che quasi rilucevano d'azzurro e due occhi rossi come le fiamme. Un solo sguardo sarebbe stato capace di scogliere anche le montagne. intorno, per tutto il cratere c'erano cerchi concentrici e disegni geometrici e tra il primo e il secondo cerchio c'era inciso:

"questo è il giacilio di Morte, figlio di Natura."

il fanciullo non avena nessuno che si curasse di lui, nè persone nè animali che potessero in qualche modo proteggerlo o riscaldarlo dalle correnti gelide, aveva per se solo un albero mezzo rinsecchito che produceva però frutti meravigliosi, dal gusto - oserei dire - divino.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: Il Crepuscolo ***


Vita e Morte crescevano bene e in salute. lei ogni giorno apprendeva le meraviglie della natura e imparava anche come interagire con loro, con la loro energia, mentre lui apprendeva come resistere al freddo e alla nuda terra arida. vita era ormai diventata una fanciulla bellissima e prosperosa e portava i suoi quattordici anni rispecchiando la rigogliosità di giorno. anche Morte era cresciuto e nonostante il suo fisico scarno era diventato un alto ragazzo agile come il migliore dei felini. Rispecchiava ormai la durezza di quella terra dove viveva. Già da qualche tempo, dove c'era stata prima la culla, tra le radici della quercia e nei cerchi concentrici si era formata una sfera. Non era niente di particolare, solamente una piccola sfera luminosa sospesa poco più in alto dal piedistallo che la reggeva. Come per i bambini, anche la sfera portava un'iscrizione che in entrambi gli emisferi portava scritto: Questa è la voce di Natura. Usate la sfera per apprendere. *** Quando Vita notò la sfera fu appena dopo essersi riposata tra le fronde di un possente melo. La fanciulla fu svegliata dal cinguettare ossessivo di un piccolo pettirosso. "Cosa c'è piccolo?" Disse la fanciulla tirandosi in su timidamente. L'uccellino prese a beccarle i capelli e a tirarla come a dire dai Vita, scendi! E lei, capito il messaggio, seguì il suo amico pennuto. Scese dall'albero dondolandosi tra i rami e con il passo delicato come una piuma si diresse alla quercia. Il pettirosso la precedette e si andò a poggiare su ciò che l'aveva spinto a svegliare la fanciulla. Vita, arrivata, piegò la testa da un lato e si scostò i capelli guardando la strana palla fluttuante con un misto di dubbio e forte curiosità. Cos'è questa novità ora? Di sicuro non è un animale. Presa dalla curiosità mise le mani sulla parte bassa della sfera e l'uccellino, chiaramente indispettito, volò via. La fanciulla sentì un tepore prenderle prima le braccia e poi tutto il corpo. Era qualcosa di piacevole, quasi materno. D'un tratto vide tutto ciò che non aveva conosciuto, un mondo buio e desolato fatto di ombre, freddo, quasi glaciale. Vide lo scorrere del tempo e capì che forse c'era qualcun altro. Capì cos'era la vita, quale magnificenza essa portava e dentro di sé, in un minuto seppe cosa fare e quale fosse il suo scopo: quello di creare. Ciò mise del dubbio nell'animo della dolce Vita. Essa d'altronde era una creatura normale che, sì capiva gli animali, ma come poteva crearne degli altri? Si sedette a terra e si lasciò andare a un sospiro che le fece rigare il volto. Nello stesso momento, anche Morte scoprì la sua sfera. Era in piena scalata quando, improvvisamente nel vento senti un sospiro. Cos... cos'è questo suono? Tale cosa lo mise sul "chi va là" in quanto, oltre al vento, non esistevano suoni nella notte. Subito scese dalla montagna. Quella sera la notte era stranamente più buia e paradossalmente splendente, perché illuminata da una sfera posizionata lì dove c'era un tempo la sua culla. Seguendo il sibilo nel vento giunse al centro del suo vecchio giaciglio. La voce cullata nella tempesta sembrava dire "avvicinati. Vieni" ed era una voce quasi irresistibile. Morte si avvicinò a passo lento, costante, con gli occhi rossi che rilucevano di curiosità nel suo pallido volto. Quando si trovò faccia a faccia con quella che pensava fosse l'origine della voce rimase immobile a fissarla. Sapeva bene, che oltre all'albero, ogni cosa che nasceva in quel luogo era fatta per essere sua nemica. Allungò timidamente la mano e ne sentì l'energia. Quello strano calore lo spaventò e per un attimo gliela fece ritirare. Però poi la toccò e vide tutto. Vide la prateria e gli animali, lo splendere del sole e conobbe la felicità. Insieme ad essa però si faceva più pesante la notte ed il buio, comprendeva che la luce del giorno appena mirata era effimera, fugace, destinata a spegnersi. Lì comprese che il suo scopo consisteva nel far sì che ciò si realizzasse. Il giovane cadde in ginocchio, preso da una fitta allo stomaco di un sentimento che fin ora non aveva mai provato: tristezza. Nei giorni successivi, sia Vita che Morte cercarono di sviluppare i compiti che la sfera aveva dato loro, ma mentre lei era già riuscita a far sbocciare nuove specie di piante, lui non poteva fare nulla, perché era circondato dal nulla. Entrambi i ragazzi però provavano una forte attrazione per quello che avevano visto in quel sogno ad occhi aperti, sentivano una forte spinta di scoprire quella luce o ombra che non avevano mai visto, raggiungere l'altra faccia della medaglia. Non è da me rivelarvi i segreti degli dei, ma quello che cercavano era un punto di contatto. Il giorno e la notte non erano nettamente divisi. Esisteva tra loro una striscia di terra dov'era al contempo giorno e notte detta tra i Sommi Crepuscolo. Qui la natura cedeva il posto alla terra arida perdendosi tra impervie montagne e fossati rocciosi, e vice versa. Nonostante fosse accessibile dagli animali... no, ho detto troppo. Morte rimase lì a lungo. Passava mentalmente davanti ai suoi occhi quelle immagini meravigliose. Esisteva qualcosa dunque. Doveva scoprire cosa fosse, ma non oggi, spossato com'era. Intanto Vita s'era ripresa, consolata da due marmotte e una suricata, anche se nel suo animo voleva conoscere quel mondo tenebroso e capire perché lì non crescesse nulla. Decise però di pensarci più tardi e si occupò di due gatti che si litigavano un succoso pompelmo. *** Il tempo passò e i due fanciulli finirono di crescere e, con loro, le loro abilità – o per lo meno quelle di Vita -. La fanciulla era ormai riuscita a dare vita a qualsiasi altra forma animale, dalle rane agli uccelli agli insetti e ogni volta che qualche cucciolo prendeva forma da quella sfera ballonzolante di energia tra le sue mani il cuore le si riempiva di gioia. Un giorno Vita diede vita ad un piccolo gattino, a macchie bianche e nere, che non appena posò a terra aprì i suoi dolci occhi e cominciò a zampettare timidamente qua e là per capire bene come si facesse a camminare. "Oh, che piccolo batuffolo tenero!" esclamò la fanciulla appena lo vide e gli diede una grattatina in mezzo le orecchie. Il gatto sembrò apprezzare sulle prime e poi si mise a correre via. "Ehi! Dove vai? Fermati!" disse lei ridendo e lo seguì. Corsero a lungo per le vaste praterie e le distese di fiori, fece slalom tra i leoni e i panda, corse insieme alle gazzelle, ma nonostante ciò il gatto la distanziava. Dopo tanto correre il gatto si fermò e lei con un salto riuscì ad acciuffarlo, ma solo alzandosi vide ciò che aveva fermato il gatto. La terra si era fatta secca, e le piante erano molto diradate, nonché la luce del sole che era drasticamente diminuita. Davanti a sé vide quel posto che la sfera gli aveva mostrato e ne rimase a bocca aperta. Lasciò la presa ed il gatto continuò a correre avanti, impavido di quella terra sconosciuta. "Fermati! Potrebbe essere pericoloso quel posto!" gridava lei, ma nulla servì a far cambiare idea al gatto che, nel frattempo era già scappato tra le rocce. Vita, in pena per quella creatura appena nata, si sedette su una sporgenza ad aspettarlo, proprio come una madre, proprio come una madre in pena per il proprio figlio. Morte si trovava sulla cima di un monte a contemplare l'infinito davanti ai suoi occhi, o meglio quello che aveva dentro. Nonostante fosse passato del tempo tutto ciò che aveva visto toccando la sfera ancora non lo aveva metabolizzato. Da lì poteva vedere tutta l'immensità e la desolazione della notte, tutto quello spazio immenso e vuoto. O così credeva. Il giovane fu destato dai suoi pensieri a causa di una figura alla base del piccolo monte. Era a quattro zampe, apparentemente peloso e stranamente per nulla minaccioso. Morte scese esitante e si avvicinò alla creatura senza però toccarla "cosa...cosa sei? Chiese lui e il gatto lo guardo fisso, per poi girarsi e iniziare a camminare. Il ragazzo sulle prime non lo capì e rimase fermo a vedere le movenze del felino che, nel frattempo si era fermato e muovendo la testa sembrava dire dai, seguimi, e si rimise in cammino. Alla fine Morte lo seguì da una distanza di sicurezza per un bel tragitto. A quel punto, con una punta di dubbio, chiese "dove mi stai port..." ma non riuscì a finire la frase che lì vide Vita. Era la rappresentazione di tutto ciò che, da molto tempo, gli vorticava nei pensieri. "Allora esiste qualcuno, oltre me".

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: L'incontro ***


Vita alla sua vista sbarrò gli occhi. Quindi esisteva un altro essere come lei? Ma com’era possibile. Si sentì allo stesso tempo terrorizzata, curiosa, sconcertata ed emozionata. “Chi… chi sei tu? Non ti ho mai visto”. Morte, dal canto suo era praticamente incantato e i suoi occhi rossi brillavano di meraviglia. “nemmeno io ti ho mai vista. Io sono Morte, tu?” “Vita”. I due si studiarono a lungo, ogni singolo centimetro visibile del corpo, come due animali incappati nello stesso territorio, dalla punta dei capelli a quella dei piedi”. “Che posto è questo? E quella roba dietro di te?” Vita si girò per un attimo e tornando a guardare il ragazzo disse sorridendo “nulla di cui aver paura, è erba! Da te non ce n’è?” “No.” “Veramente? Beh da dove vengo io è pieno! Fiori, erba e alberi sono in ogni dove.” Morte la guardò come se avesse detto qualcosa che potesse rendere quella situazione ai suoi occhi ancora più assurda e paradossale, e poi disse “come sei arrivata qui? E che posto è questo?” “Del posto non so nulla, ma sono arrivata seguendo questo gatto appena nato! Neanche il tempo di mettersi saldo sulle sue zampette che ha cominciato a correre verso questa parte.” “gat...to? E sarebbe?” “Una sorta di animale, o almeno è quello che so! Beh, non lo so di per certo… ma ci vivo da molto con loro e lo sento dentro. I loro nomi mi vengono fuori spontaneamente quando li vedo. Ma come mai tanti dubbi? Tu non ne hai da te?” “No … da me non c’è nulla di ciò che parli. Da dove vengo io la terra è arida e desolata. Nessun animale, a parte me, vive lì. l’unica cosa naturale è l’albero da cui mi nutro.” “Strano. Bene,” Vita prese il gatto in braccio e gli diede una grattata tra le orecchie “noi torniamo indietro. Ciao Morte”. Lei fece per andarsene quando lui timidamente disse “aspetta. Tornerai? Sai ho molte questioni irrisolte e ora che ti ho incontrata magari potresti aiutarmi.” Vita lo guardo dubbiosa poi disse “ok. Ma non so come dirti che sono qui… ho trovato! Manderò lui a chiamarti, proprio come ha fatto oggi” disse lei indicando il gatto, poi sorrise e se ne andò *** Morte, col passare del tempo, imparò un nuovo sentimento: l’attesa. Era curioso di vedere quella creatura e di conoscerne i suoi segreti e quelli della terra che la ospitava. Sapeva che vivevano sullo stesso pianeta, ma gli sembrava comunque un essere di un altro universo. Aveva quasi abbandonato le scalate – ormai quelle montagne le conosceva perfettamente – e si era dedicato alla meditazione. Fissava l’orizzonte e le stelle e pensava. Pensava spesso alla visione datagli dalla sfera. Non poteva essere vero che lui doveva distruggere, e poi cosa? Quel dolce gattino? Mai. Sapete, Morte, il terribile distruttore di vite, il terrore di ogni singola creatura che popola questa terra, è come tutti noi un uomo. All’alba dei suoi giorni non credete che fosse già come lo immagina la maggior parte delle religioni, incappucciato con la falce e il volto nascosto. Era un semplice ragazzo con troppi pensieri per la testa che non riusciva a gestire, come il fatto che fosse nato per distruggere. La mente dell’uomo spesso non concepisce compiti assai ardui e pesanti. E si ferma a meditare sul da farsi, sul come e soprattutto sul perché. Tuttavia gli idei sono infelicemente avversi a quest’indole umana e non danno risposte. All’uomo è dato tutto, tranne le risposte e, forse, trovarle è anche più arduo del compito del nostro povero morte. Durante una camminata in quella landa desolata, mentre Morte puntava fisso lo sguardo verso dove c’era il Crepuscolo, sentì un allegro miagolare dietro le sue spalle. Preso alla completa sprovvista fece un balzo girandosi e mettendosi sulla difensiva, pronto all’attacco. Fermo immobile vide quel dolce musetto fissarlo dubbioso, come se non capisse se voleva giocare o altro e tranquillizzatosi disse: “oh, ma sei tu! Sei venuto a chiamarmi? Vita è tornata?” Il gatto scosse la testa come per annuire e si girò sulle sue quattro zampe pelose e, muovendo delicatamente la sua coda, anticipò la strada del ragazzo. Vita era lì che aspettava e nella penombra del crepuscolo sembrava risplendere di luce propria. I capelli di miele erano mossi da una leggera brezza che perdeva le sue forze alle porte della notte e il suo vestito – elegante come il ballo delle foglie in autunno e semplice come un petalo di rosa – ondeggiavano col vento. La fanciulla giocherellava con una pozza d’acqua ai suoi piedi dove nuotavano felici due o tre pesciolini color corallo. “C…ciao” disse Morte timidamente. Vita alzò gli occhi e sorrise – chiaramente contenta – nel rivedere il ragazzo “ciao! Visto? L’ho mantenuta la promessa”. “quale?” “volevi rivedermi, volevi che parlassimo. Ed eccomi qui! Puoi chiedermi tutto.” “tutto tutto?” “assolutamente.” Morte si sedette davanti a lei, di fronte al laghetto e fece per parlare, ma le parole non gli uscivano. Da dove cominciare? Non lo sapeva. “beh?” la ragazza rise “e per fortuna che eri tu quello che voleva parlare!” “lo so… lo so, ma non so da dove iniziare. Vita dimmi, cosa hai visto?” Il ragazzo non specificò quando ma lei sembrò intuire e senza pensarci troppo su rispose “ho visto molte cose. La luce e gli animali che mi circondano. Il calore della nascita e dell’amore di mamma leone verso il suo cucciolo. Ho capito che ciò che mi circonda è costituito da qualcosa di più di semplici esseri viventi, sono energia allo stato puro.” Di colpo Vita, però, si rabbuiò e disse “però ho visto il buio, il freddo, l’assenza di energia. Come se esistesse uno spazio che, prima occupato da qualcosa, ora fosse vuoto. Ho sentito il dolore di qualcosa che senza un motivo se ne va senza lasciare tracce, in modo silenzioso. Ho visto il dolore.” Morte si sentì a pezzi. Aveva visto il contrario di ciò che aveva visto lei, la luce la bellezza e l’energia che scaldano i cuori della gente, ma nel contempo aveva visto l’autore di quelle sparizioni. Lui doveva far sparire tutto ciò che circondava la ragazza, dalle piante agli animali. Doveva portare l’oblio in quel mondo di sole. “tutto bene?” Vita vide che Morte tremava e aveva la faccia incordata in un ghigno misto a rabbia e dolore. “cos… ah sì, sì! Non ti preoccupare. Sono pensieri che mi perseguitano da un po’, non farci caso.” Vita piegò la testa da un lato come a dire sei sicuro? E poi continuò. La fanciulla descrisse ogni singolo animale che popolava il suo mondo, dalla formica al leone, descrisse le piante e i profumi che emanavano e i gusti dei frutti, descrisse tutto nel minimo dettaglio e particolare. Terra rimase ad ascoltare incantato, immaginandosi tutte quelle meraviglie davanti ai suoi occhi. Il tempo – relativo come in tutto il pianeta – passò rapido mentre i due giovani si conoscevano a vicenda e si raccontavano le loro storie e avventure. Morte era incantato da quella creatura e pendeva dalle sue labbra e vita dal canto suo adorava l’espressione di dubbio che spesso ornava gli occhi di lui davanti a qualcosa che non aveva mai sentito nominare prima. Per il ragazzo e la ragazza era finalmente nata la possibilità di conoscere ciò che li tormentava e anche qualcosa di nuovo ed emozionante. “beh è un po’ che parliamo, si è fatto tardi” disse ad un tratto lei, riportando Morte alla realtà dal suo fantasticare “io devo tornare. Ci vediamo presto, ok?” Morte, a quelle parole, non riuscì a dire che un semplice e timido ok e lasciò andare la ragazza e il gattino, vedendoli sprofondare nell’emisfero di luce e perdersi all’orizzonte.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: Il contatto ***


Col passare del tempo gli incontri dei ragazzi si facevano sempre più frequenti e ormai i due erano diventati buoni amici. Vita portava a Morte i vari fiori che popolavano il giorno e Morte si era messo alla ricerca delle pietre più preziose che potesse trovare nella notte per regalarle alla ragazza. Ormai conosceva tutto del giorno e sapeva persino distinguere i vari tipi di piante e animali. Tutto sembrava perfetto ora che due esseri uguali si erano incontrati, ma agli dei la perfezione non piace. Quella volta fu Morte, di sua spontanea volontà, ad aspettare vita al crepuscolo. Non fu il gatto come al solito a spingercelo, ma fu uno strano presentimento, un nonsoché che faceva presagire nell’aria un sentore di cambiamento. Dopo poco tempo che era giunto lì, Vita arrivò radiosa come sempre con in braccio il loro gatto-araldo. Era sorprendente vedere come quell’animale fosse rimasto immutato nonostante fosse passato tempo dalla prima volta che si incontrarono. Vita portava il suo classico vestito bianco avorio e i capelli acconciati in una croccia fine ed elegante ed adornata con una rosa, della lavanda e tulipani. “Ehi! Non credevo di trovarti già qui! Cosa fai, rubi il lavoro a questo tesorino?” disse lei guardando prima Morte e poi il gattino. “È che… non lo so, sentivo di dover venire qui, ecco tutto.” “Tranquillo, stavo scherzando!” disse lei allegra. “Allora, hai trovato qualche bella pietra?” Morte annuì con la testa e le mostro un grande pezzo di ametista incastonato all’interno di una normale pietra. Il minerale era di un bel viola intenso e tutti i suoi piccoli cristalli riflettevano la fioca luce del crepuscolo emanando un caldo riflesso tra il viola e il fucsia. Vita rimase innamorata subito di quella pietra. Nonostante avesse tutto dove viveva lei, di oggetti così non ne aveva mai incontrati e tra quelli che le aveva mostrato questo era di gran lunga più bello. “che bella! Come si chiama questa pietra?” “non lo so…” “mh… che dici di chiamarla “Crepuscolo”? in onore di questo posto!” “crepuscolo…” disse lui incerto “crepuscolo. Sì! Mi piace come nome! Crepuscolo è perfetto!” I due risero in un’unica, dolce risata. Tuttavia quella volta i due non parlarono, rimasero in un silenzio imbarazzato. Stranamente né Vita né Morte avevano delle curiosità da colmare. Il ragazzo fissava attento il beato gatto in braccio alla ragazza e dimenticò tutto il male di cui i suoi rossi occhi erano impregnati. “vita…” disse a un tratto lui rompendo il silenzio. “sì?” “posso… posso toccare il gatto? Posso accarezzarlo? Volevo sentire com’è avere una piccola creaturina vivente tra le braccia.” Senza pensarci un momento la ragazza glielo passo e morte lo prese tra le mani. Il gattino non si lamentò, anzi sembrava più felice nelle braccia di Morte che in quelle di Vita. Successe però una cosa strana. Il gatto cominciò a crescere a vista d’occhio, a diventare un bel gattone forte e coraggioso, con il pelo luminoso, soffice e morbido, ma poi cominciò con la stessa rapidità ad invecchiare, a perdere energia e colore, da quel nero corvino che era il suo pelo diventò di un grigio slavato. Il gatto cominciò a perdere la sua prestanza fisica, a diventare sempre più magro ed emaciato, a perdere il pelo e i suoi occhi prima rilucenti di un verde simile a quelli di vita diventavano via via sempre più grigi e spenti. Il gatto era invecchiato nel giro di pochi secondi. Guardo sua madre, Vita e poi Morte, espirò l’ultimo respiro e si accasciò tra le braccia del ragazzo. Altrettanto velocemente il cadavere del loro piccolo dolce araldo inizio a decomporsi fin quando le ossa non diventarono polvere spazzata via dal vento. Morte aveva per la prima volta messo in atto il suo potere. Era sconvolto. Era dunque in quel modo che lui agiva. Aveva le lacrime agli occhi per il dolore e la disperazione. Vita era lì in piedi con gli occhi sbarrati e la bocca aperta come a dire fermati. Era per la prima volta su tutte le furie. Dentro di lei vorticavano sentimenti di odio, rabbia e astio che solo un puro figlio della natura sarebbe riuscito a provare. “tu… tu…” non riusciva a mettere insieme le parole per quanto forte fosse il suo impeto di rabbia. “non… non è stata colpa mia… ti giuro, non ho fatto nulla” disse lui singhiozzando. “L’HAI UCCISO!” tuonò lei insieme al cielo. “Hai ucciso quella povera creatura!” Vita tremava visibilmente ed il suo dolce volto era rigato da lacrime incontrollate. “ascoltami, io non ho fatto nulla. O per lo meno non me ne sono reso conto. Non è colpa mia. Te lo giuro!” Morte si odiava per quello che aveva fatto. “NO! Non voglio più sentirti!” disse lei urlando e poi con una glaciale calma e severità disse “torna nella tua fredda terra, non farti vedere mai più, non cercarmi mai più tu, orribile mostro” si girò e fece per andarsene. Morte mentre urlò un disperato aspetta le prese il polso. La Vita e La Morte si erano, per un ancestrale istante congiunti. Non doveva succedere.

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