Fallen for love

di Miss Simple
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***



Capitolo 1
*** I ***





 
Con mia più grande paura rieccomi a pubblicare.
Dopo aver scritto The Light of the dragon, non mi sono più dedicata a scrivere delle storie.
Questa, la iniziai a scrivere nell'estate del 2015 ma la lascia incompiuta dopo aver scritto il primo capitolo. 
Perchè? Perchè è molto pensata e particolare.
Perchè è una Sulay, e non so spiegarvi il motivo ma ho trovato difficoltà a scrivere su di loro ma non potevo cambiare i personaggi, perchè loro sono perfetti per questa storia.
Quindi, da qualche mese ho ripreso la scrittura di essa ed eccoci qui a pubblicare il primo capitolo. 
Spero che vi piaccia, mi piacerebbe leggere le vostre opinioni.
 
 
Fallen for love 1.

Il vento si infrangeva sul suo volto, i morbidi capelli neri pece vennero accarezzati dal vento. Prese un lungo respiro di quell'aria impregnata di salsedine. Il fischio assordante della nave echeggiava ancora nello spazio infinito, ma nelle sue orecchie tutto quello che udiva erano le parole del suo editore.
"Gli autori ormai sono in tanti, bisogna sempre avere idee nuove e freschezza. Il pubblico esige determinate tipologie di storie, tu avevi talento ma è da un po' che non lo vedo. Non voglio vederti inabissare. Scriverai questa storia..."
"E se non ci riuscissi?"
"Se non ci riuscissi dovrò cercare qualcun altro e non ci sarebbe più posto per te, Junmyeon ".
Quelle parole lo colpirono come un treno in corsa, il suo lavoro era tutto, tutto era il suo lavoro, su quelle pagine bianche poteva sfogare i suoi pensieri, le sue emozioni. Riversava sé stesso.
L’amore per la scrittura non nacque così per caso, non germogliò per un puro passatempo perché non aveva nulla da fare. Nacque dall’esigenza di parlare, di sfogarsi in quei giorni bui e sordi dove nessuno era disposto ad ascoltarlo.
Le esigenze, le paure, i pianti, i sospiri di un’anima spezzata dalle urla di coloro che l’hanno messo al mondo erano dimenticati, come se non esistessero quando scriveva.
L’amore tra due persone dovrebbe nascere spontaneamente, lasciando che quel sentimento penetri l’anima quasi fino a farti male e non forzarlo solo per il senso comune di un’alta società. Fu proprio questo ciò che successe tra i signori Kim, un matrimonio combinato, un affare andato a buon fine e un futuro erede che avrebbe preso, raggiunta la maturità economica e una giusta età, le redini della società.
Le urla si propagavano in quella enorme casa, parole di puro odio verso l’altro erano come saette nelle peggiori tempeste che colpivano i timpani del piccolo Junmyeon e dell’ancor più piccolo Jongin.
Altri due sbagli da parte dei due adulti.
Scriveva e scriveva senza sosta la notte, riempiendo pagine bianche di dolore, lacrime e speranze. Junmyeon non aveva persone con cui potesse parlare. In quegli anni si era estraniato, non volendo essere un peso per nessuno, non volendo far portare il suo peso emotivo a qualcun altro, neanche al suo piccolo fratellino.
Nessuno avrebbe letto quelle pagine piene di sproloqui. Quello era il modo per Junmyeon di sentirsi bene e, col senno di poi, persino ascoltato.
Con gli anni la sua scrittura si evolse lasciando spazio a delle piccole storie ispirate da brevi avvenimenti che riempivano le sue giornate, si divertiva sentendosi libero come qualsiasi ragazzo della sua età. I suoi compagni di classe lo trovarono un ragazzo strano, pensando che quello su cui Junmyeon scriveva era una sorta di Dead Note.
Di certo non era normale che un ragazzo delle scuole medie fosse più interessato a scrivere invece di passare le sue ore libere a fare amicizia.
Ma a Junmyeon non importava finché si sentiva felice.
La scrittura non lo faceva sentire solo come la gente poteva benissimo pensare.
Sfogliando ogni pagina alla fine di ogni storia c’era una speranza firmata da un nome formato da quattro lettere: Suho.
 Gli piaceva quel nome, suonava dolce e qualora avrebbe perso il suo quaderno mai nessuno avrebbe saputo che era lui l’ideatore di quelle strambe storie.
Ricordava bene, come se fosse oggi, quando decise di usare quel nome per le sue storie, era un bambino di otto anni, e anche quel giorno aveva sopportato l’astio in casa e consolato il suo piccolo fratello. Quella sera non scrisse nulla, era stanco delle troppe lacrime silenziose che erano scese causandogli dolori alla testa. Si adagiò sul suo morbido letto e chiudendo gli occhi si lasciò trasportare in un mondo parallelo.
Quel mondo chiamato sogno, dove la splendida luce si infrangeva sulla superfice blu del mare che si estendeva davanti agli occhi di un Junmyeon adulto, seduto su una roccia sul mare. La luce che illuminava il sogno era accanto a sé, così bella e pura dove si potevano intravedere piccoli schegge di arcobaleno. Ad un tratto quella luce si mosse e avvolse le sue spalle, come se qualcuno gli avesse messo un braccio attorno, come se lo stesse consolando.
Quel Junmyeon non si sentiva triste in quel momento, sentì la calma, la serenità e la sicurezza che vennero rafforzate quando udì una soave voce sussurrargli:
“Andrà tutto bene, Suho.”
Si destò dal sogno nelle prime luci dell’alba, la stessa alba che vide nel suo sogno, nelle sue orecchie risuonava ancora dolce e calda quella voce prolungandogli ancora quelle sensazioni positive che si erano incastonate nel suo petto. Si domandò a chi appartenesse quella voce, quale volto l’avesse accompagnata ma tutto ciò che ricorda era solo la forte luce priva di un viso ma provvista di un’anima.
Saltò giù dal letto e con fervore cominciò a scrivere quel meraviglioso sogno nei minimi dettagli, soffermandosi sulle sensazioni, provando a trovare le giuste parole e dargli il giusto peso. Scrisse e squarciava le parole finché non mise un punto lasciando una citazione di speranza dettata da un grande della musica.

«Sogna perché nel sonno puoi trovare quello che il giorno non ti può dare.»
(Jim Morrison)


Quella fu una delle prime storie che portarono il suo pseudonimo.
Junmyeon aveva trovato quella volta un qualcosa, o, ancora meglio, un calore a lui estraneo che negli anni lo accompagnò nel modo più piacevole che potesse esistere, come un fedele compagno.
Crescendo la vita di Junmyeon non cambiò molto, continuava a scrivere le sue storie in qualsiasi momento della giornata, senza prestare attenzione se, quel momento, fosse giusto o meno. L’ispirazione non aspetta, così come neanche le sue mani che prudevano dalla voglia di scrivere anche durante le lezioni. 
In casa le urla erano cessate dando spazio ai silenzi assordanti che erano più taglienti di qualsiasi parola urlata. L’indifferenza fa più male di ogni frase dettata dall’odio, perché se quest’ultimo si identifica in un sentimento, l’indifferenza sicuramente non lo era, è il peggior peccato che l’uomo possa fare verso il suo simile e a tutto ciò che lo circonda.
E così erano le cene in casa Kim, da quando Junmyeon raggiunse i quindici anni. Alle due estremità del tavolo si trovavano i signori Kim e poi ai lati, uno di fronte all’altro, erano seduti Junmyeon e Jongin. Il silenzio gravava sulle loro teste, l’unico suono era il rumore delle posate che picchiavano leggermente sul servizio di piatti in bone china.
I due fratelli, ormai, da anni parlavano con gli occhi regalandosi piccoli sorrisi rassicuranti intorno a quel tavolo. Junmyeon amò suo fratello dal primo minuto dalla sua venuta al mondo, Jongin era un piccolo fagottino gracile. Nato prematuramente sembrava così fragile e delicato che a Junmyeon faceva paura l’idea che il piccolo avrebbe vissuto in una realtà per niente serena e tranquilla.
Non era per niente facile essere un Kim.
Junmyeon si prese cura di Jongin nel modo più amorevole che potesse, ricordava ancora oggi le volte che correva in camera del più piccolo e premeva i palmi sulle sue orecchie per ovattare le urla, ricordava ancora le lacrime versate e la voce spezzata che chiedeva “J-Junm-myeon cosa sta succedendo?” e l’unica cosa che il più grande poteva fare era quella di avvicinarlo al suo petto e sussurrargli dolci parole di conforto.
Junmyeon non sapeva da dove venisse questa capacità di essere forte per sé stesso e per il fratello, ma qualcosa lo spingeva a farlo. La stessa sensazione che aveva avuto da quando fece quel sogno.
Quella sensazione lo faceva sentire forte, sicuro, capace di affrontare tutto senza paura.
L’atmosfera di quella sera a tavola sembrava essere più sgradevole del solito, più nauseante, più tesa come se da lì a poco sarebbe scoppiata una bomba.
“Junmyeon!” il padre chiamò causando l’incredulità dei presenti attorno al tavolo.
Il signor Kim stava rivolgendo la sua attenzione al suo primo genito proprio mentre cenavano, come avrebbe fatto una famiglia normale. Ma questo era inusuale, per niente comune al solito chiudersi in ufficio e avere una conversazione tra padre e figlio.
“Si padre?” rispose interrogativo, staccando gli occhi dal suo piatto e puntandoli incerto su quelli del padre.
“Ho incontrato a pranzo il professore Kang, si aspetta molto da te Junmyeon. Lo faccio anch’io. Sei prossimo alla laurea e credo che dovresti cominciare a prendere confidenza con la realtà, con gli affari.  Per questo da domani passerai delle ore in azienda, vedilo come un tirocinio.”
Il signor Kim era così serio che Junmyeon ebbe quasi paura di opporsi, stava studiando economia in una delle più prestigiose università di Seoul e l’odiava. Odiava tutto questo, il suo futuro era stato prescritto fin da quando era ancora un embrione e questo lo faceva impazzire.
Provava rabbia nel non avere la facoltà e la libertà di scelta. Il suo futuro. Le sue passioni.
Voleva intraprendere la facoltà di Lettere e scalare i gradini che lo avrebbero portato a realizzare il suo sogno, diventare uno scrittore. Il venticinquenne Junmyeon ancora scriveva, non si era mai fermato nonostante fosse sbagliato concentrarsi su qualcosa che non avrebbe fruttato all’azienda di famiglia.
Cosa avrebbe dovuto dire in quel momento?
Nulla che sarebbe andato contro le esigenze della famiglia. Anche questa volta avrebbe rifiutato di opporsi ma ad un tratto qualcosa successe, una lieve pressione sulla sua schiena si fece presente insieme a una sensazione piacevole all’altezza dell’orecchio come se qualcuno stesse sussurrando parole di incoraggiamento.
“P-preferirei concentrarmi sulla laurea al momento papà” disse mentre portò il labbro inferiore tra i denti. Stava provando a contraddire le parole di suo padre.
Il signor Kim a quelle parole ghignò beffardo.
“Concentrarti sulla laurea Junmyeon?”  domandò indagatore.
 Junmyeon fece un lieve cenno col capo.
“Junmyeon ti sembro un idiota?” domandò ancora il padre guardando il figlio che era rimasto basito a quella risposta.
“C-certo che no.” Si affrettò a dire quando si accorse che era rimasto in silenzio più del dovuto.
“Allora tu stai cercando di prendere in giro tuo padre? Perché a me risulta che ai corsi sei un po’ distratto Junmyeon.”
“Cosa vuoi dire?”
“Lo stesso professore Kang che si aspetta molto da te mi ha riferito anche altro: “Mi aspetto molto da Junmyeon se solo non passasse tutte le ore a scribacchiare su un quaderno, che palesemente, non ha nulla a che fare con le mie lezioni o a quelle dei colleghi.”
Nessuna parola venne proferita in quel momento, Junmyeon sentiva qualcosa allo stomaco che gli disse che questa discussione non stava andando a finir bene.
“Quindi ripeto. Ti senti così adulto da avere il coraggio di prendere in giro tuo padre? O vuoi spiegarmi questo?” e con questo si issò leggermente prendendo qualcosa che aveva nascosto sotto di sé mentre era seduto e lo tirò con poca grazia sul tavolo.
Gli occhi di Junmyeon si allargarono alla vista del suo quaderno che giaceva sulla superfice di legno, inghiottì impercettibilmente quel groppone di saliva che si era formata in bocca e istintivamente guardò suo fratello Jongin.
Jongin sapeva della sua passione, l’aveva scoperta quando aveva sei anni in una di quelle sere che un litigio si era tenuto in casa e Jongin non riusciva ad addormentarsi da solo sul suo letto. Quella sera bussò alla porta del fratello maggiore e senza ricevere nessuna risposta entrò, Junmyeon era troppo concentrato nello scrive qualcosa.
“H-Hyung?”
“Jongin che ci fai qui?” domandò Junmyeon appena udì quella piccola voce.
“Non riuscivo a dormire…” disse lasciandosi sfuggire un piccolo sospiro accompagnato da un tenero broncio.
“Vieni qui Jongin”
Jongin si avviò frettolosamente accanto a suo fratello che lo issò facendolo accomodare sulle sue ginocchia.
“Cosa fai hyung?” domandò il più piccolo mentre osservava quelle pagine davanti a sé piene di scrittura.
“Sto scrivendo delle storielle” disse mostrando un piccolo sorriso affettuoso al più piccolo.
“Oh. Hyung me ne leggeresti una?” domandò speranzoso.
Junmyeon non poteva negare nulla al piccolo Jongin, soprattutto quando metteva su quel faccino carino, così lo accompagnò sul letto facendolo adagiare sul suo petto e cominciò a leggergli una delle storie che aveva scritto in quei giorni. È inutile dire che Jongin si lasciò cullare da quelle parole.
“Quindi? Sto aspettando.” La voce del padre lo portò sull’attenti.
“Sono…sono delle cose che scrivo. Nulla di ché.”
“Nulla di ché. Ti fai distrarre dal tuo obbiettivo dal NULLA.
No, non erano il nulla, quelle erano le sue storie, quella era la sua anima. Quello era il suo obbiettivo. No l’economia, no l’azienda di famiglia e non gli affari.
“No quello non è il m- mio obbiettivo. È il tuo obbiettivo. Il vostro.” Disse voltandosi verso la madre che in quel momento non aveva proferito parola. “Quello che volete non è il mio obbiettivo, avete deciso voi per me e questo non mi va più bene. E no, quello non è il NULLA è il TUTTO.”
“Cosa stai insinuando di dire?”
Adesso Junmyeon si sentiva davvero in difficoltà. Ma ancora una volta quella presenza era lì, acconto a lui, e non sapeva come e non sapeva il perché lo spinse a dire quello che aveva nascosto per anni.
“Non prenderò l’azienda in mano, non mi laureerò in economia.”
“Cosa? Di cosa stai parlando?” domandò furioso.
“Ho sprecato troppi anni della mia vita a rincorrere un tuo sogno quando il mio era quello di diventare scrittore. E da questo momento in poi è quello che farò, sarà dura ma è ciò che voglio” proferì alzandosi dal suo posto quasi come se volesse sfidare il padre.
L’uomo a quelle parole non ci vide più dalla rabbia, si issò e si avvicinò al figlio lasciando andare uno schiaffo sul volto del figlio.
“Papà!” Jongin urlò alzandosi anche lui dal suo posto.
“Sta zitto Jongin, non è un affare che ti riguarda.”
“N-no, voglio che mi ascolti. Lascia fare a Junmyeon quello che più desidera, lasciagli vivere il suo sogno. Prenderò io il posto in azienda ma lascia Junmyeon vivere.” Disse il più piccolo con voce quasi rotta.
“Jongin non farlo” disse con le lacrime agli occhi
“No hyung voglio. Ti meriti la felicità più di chiunque altro.”
“Guarda un po’ cosa fa fare la fratellanza, almeno avete imparato qualcosa.” Disse l’uomo guardando i suoi due figli “Bene è questo che volete? Va bene ne pagherete le conseguenze. Jongin come avevo detto a tuo fratello da domani ti occuperai dell’azienda e nel contempo finisci gli studi. E tu, tu puoi benissimo seguire qualsiasi idea stupida che ti frulla per la testa ma lo farai al di fuori da questa casa. Non voglio più vederti.”
 
Il fischio della nave venne riudito destando lo scrittore dai suoi pensieri, la nave era giunta al porto dell’isola di Jeju. Pian piano tutti i passeggeri scesero dalla nave trascinando con sé valige dai mille colori.
Junmyeon si fece strada, anche lui con la sua valigia, osservando con stupore quel posto che gli si presentava alla vista. Da lì poteva vedere delle piccole montagne ricoperte dalla vegetazione e mentre si addentrava verso la città notò i molti negozi e la gente che entrava e usciva con sorrisi stampati sui volti. Decidendo di prendere un taxi riuscì ad arrivare al resort dove avrebbe soggiornato.
Davvero, non si sarebbe mai e poi mai aspettato che il suo capo avrebbe pagato questo posto per lui. Tutto sprigionava ricchezza ma soprattutto tranquillità, quella che serviva a Junmyeon per scrivere, secondo il suo editore.
Si sbrigò a risolvere tutta la burocrazia alla reception e si affrettò a salire in camera accompagnato da un facchino che si prese cura del suo bagaglio.
La camera avrebbe donato quella serenità e quel benessere a chiunque fosse entrato, tutto dall’arredo alla tappezzeria e persino le pareti erano sul bianco e color nocciola. Le lenzuola di un letto matrimoniale sembravano morbide come le nuvole e tutto profumava di incenso.
Ma Junmyeon non era chiunque.
Attraversò la stanza trovandosi davanti alla porta finestra che aprì ritrovandosi subito dopo su una balconata che dava su una spiaggia bianca e una distesa d’acqua.
Appoggiò le mani sulla ringhiera e osservò quel paradiso terrestre, si disse che qui magari avrebbe trovato l’ispirazione che gli serviva.
Al momento l’unica cosa che poteva fare, però, era tirare un lungo respiro e proseguire per gradi. Avrebbe osservato i posti, le persone e le coppie con il rischio di passare per un pazzo perverso. Non sapeva se ce l’avesse fatta, ma da questo lavoro dipendeva la sua carriera.
“Andrà tutto bene Suho!”
Quelle parole vennero pronunciate nell’aria, nessuno le avrebbe sentite, neanche lo stesso Junmyeon ma ciò che lo scrittore sentì fu solo un calore e una lieve pressione sulla spalla e subito dopo dei forti tuoni in un cielo limpido.
 

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Capitolo 2
*** II ***


 
NB: Buonsalve eccovi il secondo capitolo.
Non ho nulla da dire, semplicemente che: andate oltre le classiche coppie.
Di solito si leggono le classiche e le più frequenti come Chanbaek e Kaisoo ma date spazio anche ad altre.
E poi la Sulay è fantastica su.
Buona lettura...aspetto un vostro riscontro.

 
Fallen for love 2.

“Andrà tutto bene Suho!”
Il calore non estraneo a lui si era fatto presente dopo un lungo tempo, erano ormai due anni che non sentiva quel calore confortevole, quel calore che lo teneva al sicuro, quel calore che lo rendeva forte.
Gli era mancato.
Ma proprio in quell’istante si era fatto presente procurandogli un’agitazione interna che gli pervadeva il corpo, i suoi occhi istintivamente si riempirono di calde lacrime.
“Mi dispiace Suho. Mi dispiace…” sospirò “Non ti lascerò più.”
Una calda e delicata guancia si adagiò sulla spalla dello scrittore godendosi quel momento, inebriandosi del dolce profumo che emanava.
“Sono così perso.”
Continuò, volendo che quell’ istante non terminasse, che nessuno lo avrebbe visto interrompendo quello che gli era mancato così tanto. Stava rischiando, lo sapeva, stava disobbedendo agli ordini che gli erano stati dettati. Ma due anni di distanza furono troppi, guardarlo e non poterlo toccare per fargli sentire che lui era lì e facendolo sentire come se lo avesse abbandonato era troppo.
Questo era crudele. Fin troppo.
Issò il volto dalla spalla dell’uomo e avvicinò le labbra all’orecchio con la speranza che avesse sentito il suo respiro e ciò che le sue labbra si sarebbero lasciate sfuggire.
“Io-“
Un forte tuono in un cielo sereno si propagò facendolo saltare sul posto.
Lo sapeva, non aveva scampo ma voleva a tutti costi terminare quello che aveva intenzione di dire. Voleva sentirsi libero da quel sentimento anche se lo avesse detto e Joonmyeon non lo avrebbe sentito.
“Io -” riprovò per la seconda volta, ma il frastuono si fece più forte e più arrabbiato e lì capì che era davvero nei guai.
In sconfitta si allontanò dall’uomo e sospirò guardando il cielo con la tristezza nel cuore.
“Ok, va bene. Ho capito.” Disse esasperato agitando le braccia inveendo contro il cielo.
Guardò per l’ultima volta lo scrittore e subito dopo piccole scintille di luce bianca lo avvolsero ascendendolo verso i cieli.
Il luogo era caratterizzato da enormi giardini adornati di fiori colorati con distese d’acqua dove i contrasti di luce celestiale si rispecchiavano creando un’atmosfera surreale che incastonava pace nell’anima. Piccole e candite nuvole fluttuavano donando un luogo dove i puti amavano divertirsi e rilassarsi mentre cantavano e suonavano le loro piccole arpe.
Il Paradiso era sempre stato il luogo dove la pace e la felicità regnavano. Una felicità che tutte le anime terrestri cercavano sulla terra, quella felicità che Suho cercava ma che ancora non trovava. Dove tutto sprigionava la gioia e la serenità che i suoi fratelli creavano. Tutti lì erano felici, tranne lui.
Lui ormai da anni non trovava la felicità nella sua casa, il suo umore era sempre macchiato dalla tristezza e da un forte desiderio incolmabile. Sia chiaro, amava la sua casa, i suoi fratelli, suo padre ma qualcosa di più forte lo attraeva verso la terra.
“Lo hai fatto di nuovo, vero?” sentì la dolce voce, ma allo stesso tempo aspra, di Baekhyun alle sue spalle.
Non disse nulla, abbassò gli occhi a terra e aspettò che suo fratello lo rimproverasse. Baekhyun anche se era il più piccolo aveva quell’aurea di responsabilità che mancava in lui, si comportava come fosse il più grande dei due. Baekhyun amava suo fratello ed era per questo che cercava di essere duro nei toni, voleva salvarlo, voleva fargli capire che tutto quello che stava provando non era concesso ed era pericoloso.
Una delicata mano si posò sul suo viso accarezzandolo e facendolo issare per incontrare il viso celestiale del più piccolo.
“Cosa devo fare con te, fratello? Non voglio perderti ma questo non dipende da me”
“M-mi dispiace”
“Lo so. Ma non cambia la situazione” disse mentre portò la mano sul viso del più grande regalandogli un piccolo sorriso “Prendi la giusta decisone.”
“Che…?”
“Vuole vederti.”
Lo sapeva già ancor prima che suo fratello glielo annunciasse, l’aveva ben capito dal rombo dei tuoni. Non era mai successo che fosse stato richiamato dal suo Padre in quel modo, questo significava solo che il Padre era davvero arrabbiato questa volta.
Aveva paura, aveva disobbedito per l’ennesima volta, non sapeva che sorte gli sarebbe stata assegnata. Pensò che, mentre si incamminava nel grande tempio, conosceva l’ira del Padre anche se non in prima persona. Ma aveva sentito parlare i suoi fratelli più grandi, Michele, Raffaele, Gabriele e Uriel, quando il Padre era davvero arrabbiato prendeva decisioni davvero drastiche.
Come quando fece cadere Lucifero dal paradiso agli inferi. Il Padre amava suo figlio Lucifero, era la creatura più sublime che ci fosse nei cieli. Ma la sua bellezza, il suo narcisismo e la sua superbia nel voler prendere un posto al disopra al trono del Padre lo portò ad essere punito. Fu esiliato agli inferi.
Si domandò se avesse subito la stessa sorte, cadendo negli inferi e passando la vita da condannato o lo attendeva una sorte peggiore. La severità del Santo Padre era conosciuta persino agli uomini, le leggi dovevano essere rispettate, i peccati venivano puniti con l’Ira di Dio.
Sapeva che il peccato più grande lo aveva fatto lui.
“Padre…” chiamò mentre entrò nel silenzioso tempio “Sono qui ad adempiere alle mi colpe” sussurrò.
“Yixing!” una possente e severa voce si propagò “Mi hai deluso.”
“Lo so Padre.” disse l’angelo abbassando il capo in segno di colpa.
“Mi aspettavo molto da te. Hai disobbedito ai miei ordini, hai lasciato che i tuoi desideri si impadronissero di te. Come hai potuto?”
“Mi dispiace…”
“Ti avevo avvertito che questa storia avrebbe avuto le sue conseguenze. Sei un angelo Yixing, una mia creatura e si suppone che non avresti avuto istinti sconsiderati. Sei peggio di Lucifero”.
“P-Padre…” sussurrò mortificato
“Gli angeli non si innamorano degli esseri umani Yixing, non provano sentimenti impuri verso i loro protetti. E per di più ti sei innamorato di un altro uomo.”
“Padre io non…”
“Fai silenzio. Sai che punisco questi abomini, sai cosa successe a Sodoma e della fine che fece. Un uomo Yixing, ti sei innamorato di un essere del tuo stesso sesso.”
“H-ho provato, padre. Ho provato a non provare nulla per lui. Ho fatto come mi è stato detto, sono stato lontano da lui, l’ho protetto da lontano ma…”
“Nessun ma, Yixing. Questo è un atroce peccato. Dovrei punirti, e lo farò.”
Yixing aprì la bocca come se volesse dire qualcosa, voleva obbiettare. Voleva difendersi da quelle accuse, Yixing non sentiva di aver peccato, stava semplicemente amando qualcuno in silenzio. Non stava facendo nulla di male.
Gli occhi istintivamente si riempirono di calde lacrime pronte a solcargli il viso. Gli era stato detto che era peggio di Lucifero, peggio di colui che aveva provato e che prova a estirpare il trono al Santo Padre. La redenzione al suo peccato quale sarebbe stata? Gli avrebbe tolto la vita dicendogli che era l’unico modo per salvarlo dal peccato? Questo era per il suo bene.
“So che tutti voi pensate che sia severo. E lo sono Yixing, lo sono. Tutto quello che faccio è per voi. Ma non voglio perdere un altro figlio mandandolo agli inferi. Non te, Yixing. Sei l’angelo più buono e allo stesso tempo più debole che abbia mai creato. Hai fatto del bene hai tuoi fratelli e soprattutto al tuo protetto. Ti do una possibilità di scelta.”
A quelle parole gli occhi dell’angelo si allargarono in stupore, non poteva credere a ciò che stava udendo. Una scelta? Non sarebbe finito all’inferno? Non sarebbe morto?
“Puoi scegliere. Continuerai ad amare il tuo umano da qui ma non sarai più il suo angelo custode. Sarà affidato a qualcun altro, non potrai più vederlo, o cadrai, non sarai più un angelo. Oppure avrai l’opportunità di vivere sulla terra e di provare a rincorrere questo abominio.”
“E dove sarebbe la punizione in questo?”
“Cadendo sulla terra come essere umano perderai i ricordi su Joonmyeon. Non saprai chi sia e lui non saprà chi tu sia. Sarete due semplici sconosciuti che non sanno dell’esistenza dell’altro. Ti do tre mesi di tempo per cercarvi e amarvi, se tanto volete. Ma se allo scadere di quei tre mesi non siete riusciti a trovarvi e amarvi, ti ridarò i tuoi ricordi su di lui al prezzo della sua vita. Vivrai l’inferno sulla terra per aver perso la ragione per cui hai deciso di non essere più un angelo.”
Yixing ascoltò le opzioni che gli aveva dato. Non riuscì a dargli una risposta subito, aveva bisogno di pensarci. Si ritrovò su un monte fatto di nuvole da dove osservò la distesa d’acqua sotto di sé. Ricordava come se fosse oggi la sua nascita, fu proprio da queste acque che un giorno un bellissimo fior di loto bianco aprì i suoi petali dandolo alla luce. Non era mai stato bambino, le sue fattezze erano sempre state quelle di un adulto, ma la bellezza, la delicatezza e il bianco candito della sua pelle erano come quelle di un nascituro. Ricordava i giorni felici passati tra i giardini, le corse e le risate con i suoi fratelli. Ma quello che non potrà mai dimenticare fu quando gli venne affidato Joonmyeon, quella piccola creatura nata da un uomo e una donna che non si amavano. Cresciuto in quel contesto famigliare dove non esisteva nessuna forma di sentimento. Yixing non poteva non prendersi cura del suo protetto dandogli amore. Quel stesso amore che era cresciuto negli anni con Joonmyeon, quello stesso amore che lo aveva messo nei guai.
Doveva prendere una decisione prima che il giorno fosse finito.
“Dannazione!” gridò esasperato.
“Stai diventando proprio un ribelle, eh Yixing? Imprecare in paradiso” schernì Baekhyun che prese posto vicino al fratello.
“Non so più che fare Baekhyun. Mi sento così perso, qualunque scelta farò rischio di soffrire”
Baekhyun allungò il braccio afferrando il fratello e facendolo adagiare sulla sua spalla e cominciò ad accarezzargli i capelli.
“Lo ami davvero?” domandò dopo qualche istante.
Yixing morse il labbro inferiore e gli rispose con un accenno della testa.
“Capisco. Sai non mi sono innamorato di Chanyeol, il mio protetto, ma se succedesse rischierei il tutto per tutto.”
“V-vuoi dire che devo cadere?”
“La scelta sta a te fratello. Ti ho solo detto quello che farei io.” Disse guardandolo e regalandogli un sorriso angelico.
Yixing sapeva cosa doveva fare. Se doveva soffrire lo avrebbe fatto senza rimpianti, avrebbe lottato per Joonmyeon, per l’amore, per loro. Avrebbe perso le ali, avrebbe vissuto una vita da umano, questa fu la sua decisione.
Avrebbe lottato per ciò che gli era più caro. Non lo spaventava il perdere la memoria, era sicuro che neanche la mano divina avrebbe potuto fargli dimenticare di Joonmyeon e tutto quello che provava.
Avrebbe ricordato in un modo o nell’altro.
Con grande falcate decise varcò le colonne del tempio. Era pronto.
“Padre. Sono pronto a cadere!”
“Ne sei sicuro Yixing? Vuoi perdere il tutto per un uomo?”
“Lo amo.”
“Bene, questa è la tua decisione. Buona fortuna figliolo.”
Guardò per l’ultima volta suo Padre e una forte luce gli abbagliò la vista, accecandolo.
Tutto adesso era buio, non sapeva dove si trovava. Continuava a guardarsi intorno toccando le pareti scure che si stringevano man mano che i secondi scorrevano. Sembrava un incubo, voleva svegliarsi, voleva che questa sensazione di ansia scomparisse.
“Dottore lo stiamo perdendo. Il battito è debole.”
“Ancora una volta. Libera!”
I medici cercarono di salvare l’uomo sul tavolo operatorio, ma l’uomo non dava segni. Il battito cardiaco era sempre più debole finché la spia acustica non li avvertì che non c’era più battito nel corpo dell’uomo.
“Ora del decesso?”
“21:04”
“Abbiamo fatto il poss...”
Tutti si voltarono verso il macchinario quando riiniziò a dare segni. Il cuore cominciò a battere quasi regolare e degli occhi color pece si aprirono al mondo.

 

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Capitolo 3
*** III ***



 

Fallen for love 3.
 
Ampi occhi si aprirono alla realtà, il respiro accelerato come fosse rimasto in apnea per un tempo inimmaginabile, gocce di sudore gocciolavano lungo il suo volto. Una sensazione di angoscia gli si attanagliava al petto, sentiva che mancava qualcosa.
Si guardò attorno, ma tutto era come lo aveva lasciato.
Pc aperto su una pagina word con scritto semplicemente qualche riga per il lavoro che lo aveva portato su quell’isola. Qualche vecchio libro, portato con sé, dove vi erano narrate storie che esaltavano l’amore, erano ancora sparsi sul tavolo.
Joonmyeon si era appisolato qualche minuto, o così credeva. Ricorda di aver deciso di mettersi subito a scrivere, pensò di accorciare i tempi per poi godersi anche dei momenti di relax in quei giorni che avrebbe trascorso a Jeju. Ma a quanto pare la stanchezza del viaggio lo colse mandando a monte i suoi piani.
Ma questo era l’ultimo dei suoi pensieri. L’orrenda sensazione che lo destò dal suo pisolino lo lasciò sconvolto, non era certo di cosa si trattasse. Era sicuro che non aveva sognato, quindi non si poteva trattare di un sogno ma sentiva che si trattava di qualcosa di più profondo, importante, non un semplice sogno.
Non riusciva a darsi una spiegazione, arrivò alla conclusione che era inutile pensarci non sarebbe arrivato a nessuna conclusione, non sapeva a cosa era dovuto quel risveglio così caotico.
“Ma che diavolo…?!” sospirò, passandosi una mano sui capelli, appoggiandosi allo schienale della sedia.
Volse lo sguardo verso la finestra alla sua sinistra, guardò il panorama mentre ormai il sole lasciava l’orizzonte salutando la lunga giornata appena trascorsa, perdendosi per un attimo in quel cielo violaceo che pian piano si oscurava di grigie nuvole.
Tuoni e qualche lampo accompagnati da una leggera pioggerellina presero il suo posto, man mano che il tempo passava la pioggerellina si fece sempre più vigorosa. La strana sensazione che sentiva al petto si trasformò in qualcosa a cui seppe dargli un nome, tristezza e angoscia.
Il cielo in quel momento raffigurava le madri della Syria che aveva visto piangere, durante la visione di un telegiornale, la perdita di un figlio. La disperazione nelle loro grida, nel loro pianto, era tutta rappresentata da quel cielo.
Joonmyeon non era mai stato meteoropatico, non si era mai fatto influenzare dalle giornate di sole o pioggia ma in quel momento, inconsapevolmente, una solitaria lacrima si lasciò cadere sulla sua candita guancia.
Qualcosa era andato storto, qualcosa di importante aveva cessato di vivere e Joonmyeon si sentiva soffocare l’anima, un nodo stretto alla gola non gli permetteva di respirare, la camera in cui alloggiava gli dava l’impressione di rimpicciolirsi sempre di più diventando un cunicolo e un senso di claustrofobia si fece sempre più vivo. Doveva uscire da lì, doveva andarsene, allontanarsi, non importava dove ma l’unica cosa giusta da fare era correre fuori da quella stanza, da quell’albergo.
Senza prendere con sé una giacca o un ombrello corse fuori.
“Signor Kim…” L’uomo alla reception chiamò ma lui continuò a correre.
Si imbatté nella pioggia, che sembrava non volesse cessare. Gli si infrangeva addosso come se volesse punirlo, come se avesse commesso il più grande peccato del secolo. Come se le madri della Syria lo avessero incolpato dell’atroce perdita dei loro figli.
Il cielo piangeva, ne era sicuro, la pioggia non era mai stata salata e adesso quelle grandi lacrime si mischiavano con le sue.
Non cessò di correre, voleva scappare da quella sensazione, voleva liberarsi di quel peccato che non aveva commesso. Era tutto così irreale che non capiva il motivo di tutto ciò.
Cosa aveva fatto di male?
Le gambe iniziarono a bruciare ma lui non si fermò, scansava la gente che intralciava la sua corsa. Non ne poteva più, voleva gridare al cielo di smetterla di farlo sentire in quel modo, che non aveva fatto nulla di male, che non era di certo colpa sua tutto quello che stava succedendo. Se fosse stato possibile avrebbe chiesto anche scusa per qualsiasi cosa fosse successo affinché quei sentimenti di angoscia cessassero e lo lasciassero respirare.
Ad un tratto la sua corsa venne intralciata, la sua spalla colpì quella di un’altra persona, quello che ne seguì fu tutto così confusionario. Quel semplice impatto lo portò a fermarsi, gli occhi si sgranarono e un brivido si estese in tutto il colpo.
 “N-non può essere…”
Una fitta alla testa si fece pressante, portò le mani ai suoi lati stringendo gli occhi e i denti dal dolore.
Le gambe cedettero facendolo cadere su sé stesso mentre il fastidio alla testa si fece sempre più pressante.

Il sole splendeva su un cielo azzurro, un venticello che soffiava qua e là per non soffocare nel caldo estivo.
La famiglia Kim, come ogni anno passava qualche settimana nella residenza estiva.
In quelle settimane si riuniva tutta la famiglia Kim, nonni, zii, e i piccoli ereditieri che presto cresciuti avrebbero preso posto all’interno dell’azienda.

Joonmyeon in quei giorni era sempre perso nei suoi pensieri, nel suo mondo, nel suo prezioso quaderno, non che avrebbe potuto far qualcosa di diverso.
Poi c’era Jongin che in quei giorni passava molto tempo con Jongdae, i due piccoli Kim erano pieni di vita, come del resto tutti i bambi di 6 anni, correvano qua e là, scherzando, giocando ed esplorando.
E poi c’era Taeyeon, un anno più grande di Joonmyeon, fin da piccoli vicini, ma crescendo gli interessi si fecero diversi, portandoli a diventare distanti. Joonmyeon si era sempre più estraniato nel suo mondo non facendo quasi più caso alla cugina quando si riunivano. Così, con grande dispiacere, Taeyeon si allontanò prendendo parte alle chiacchiere della madre e della zia.
Quel mattino i piccoli di casa Kim erano molto iperattivi, correvano da una stanza all’altra, su per le scale, intorno al soggiorno gridando e sghignazzando facendo quasi cadere la signora Hwang mentre serviva del thè freddo ai signori Kim.
“Jongin! Jongdae!” il signor Kim li richiamò.
Joonmyeon non riusciva mai a capire come fosse possibile che un bambino così calmo, come Jongin, cambiasse in presenza del cugino. Ma in fondo avevano pur sempre 6 anni, anche se aveva l’impressione che Jongdae sarebbe stato sempre più iperattivo rispetto al suo fratellino anche da grande.
“P-papà è stata colpa di Dae…”
“Ehi!!”
“Non mi importa di chi sia la colpa. Non accusare nessuno, non ti ho insegnato questo Jongin. Non vi siete fermati un attimo da quando avete aperto gli occhi, cosa sarebbe successo se la signora Hwang fosse caduta? Andate in camera vostra e non uscite prima di pranzo”
“Ma papà.”
“Ma zio…”
Protestando all’ unisono i due piccoli Kim, ma si bloccarono quando videro lo sguardo del più grande, non osando ribattere ancora.
“Zio” chiamò una dolce voce destando il signor Kim “li porterò fuori verso la scogliera così possono correre liberamente.”
Taeyeon aveva visto quello che era successo, il suo piccolo fratellino insieme a Jongin volevano solo divertirsi, era estate e rimanere chiusi in camera non era giusto. Aveva visto come gli occhi dei piccoli Kim si erano rattristiti e come fosse comparso quel piccolo broncio sul loro musino.
“No, Taeyeon. Devono andare in camera l-“
“Su via zio, porterò con me anche Joonmyeon” disse facendo un cenno verso la veranda dove Joonmyeon era seduto su una delle poltrone.
Il più vecchio non disse nulla dandogli un silenzioso consenso.
I piccoli Kim a quella notizia si rianimarono e cominciarono a correre verso l’uscita. Taeyeon andò a chiamare Joonmyeon che era immerso nel suo quaderno.
“Joon ti andrebbe di venire con me e quelle piccole pesti alla scogliera?” domandò senza ricevere risposta.
“Joon? Joonmyeon?” provò ancora a richiamare alla sua attenzione.
“Eh?” fece come destato da un sogno, si voltò alla voce “Oh! Taeyeon”
“Vieni con me a tener d’occhio Jongin e Jongdae alla scogliera? Sono iperattivi e non possono rimanere in casa”
Così i due insieme ai piccoli Kim andarono verso la scogliera che si estendeva davanti alla residenza Kim. Una lunga scogliera dove si poteva ammirare l’orizzonte della grande distesa d’acqua. Taeyeon e Joonmyeon si sedettero ammirando il paesaggio che si mostrava davanti a loro dando qualche occhiata a Jongin e Jongdae che si divertivano con l’aquilone che avevano portato con sé.
“State attenti e non avvicinatevi all’ estremità della scogliera” gridò Joonmyeon.
Il silenzio li circondò, Taeyeon e Joonmyeon non dissero nulla, l’unica cosa che si poteva sentire erano le grida gioiose.
“Joon, ho…ho fatto qualcosa?” domandò Taeyeon mettendo fine a quel silenzio
“Eh? N-no. Perché?”
“Eravamo abituati a parlare del più del meno ma sembra che adesso non vuoi neanche riconoscere la mia presenza. Sei mio cugino e ti voglio bene ma sembra che tu non me ne voglia. O almeno non più.”
A quella confessione Joonmyeon non sapeva cosa rispondere, la guardò sorpreso non pensava che Taeyeon si sentisse così triste al cambiamento del loro rapporto.
“Non hai fatto nulla” disse aggrottando un po’ la fronte “Come hai detto tu sono tuo cugino e tu sei mia cugina, come faccio a non volerti bene? Non hai fatto nulla e solo che”
“AAAAAAAAAAAAHHHH!”
Un grido si udii tagliando qualsiasi cosa che Joonmyeon stesse per dire. Quella voce la conosceva bene ed era quella di Jongin. Da lontano vedeva Jongdae disteso all’estremità della scogliera e Jongin non era visibile in nessun posto.
Un altro grido di paura fu sentito, i due cugini Kim realizzarono ciò che ra successo, furono colpiti dall’evidenza dei fatti.
“Non lasciare la mia mano Jongin” piangeva il piccolo Jongdae “AIUTOOO!!”
Joonmyeon corse verso loro e pian piano la situazione era sempre più chiara, fece un ultimo passo e vide Jongin in bilico tra il vuoto e la scogliera. Sotto le onde furiose si stagliavano contro gli scogli Si bloccò sui suoi passi, la paura si fece prepotente non sapeva cosa fare, il suo fratellino avrebbe rischiato si cadere se non avesse fatto qualcosa. Ma come poteva quando la sua più grande paura gli bloccò ogni arto. La sua stupida fobia per le altezze non lo stava facendo agire, in quel momento odiò così tanto se stesso e la sua acrofobia.
“Oddio!! Joon fai qualcosa…tieni duro Jongin. Vado a chiamare i nostri genitori” disse Taeyeon mentre correva verso casa.
Joonmyeon doveva darsi una mossa non poteva più aspettare, il piccolo Jongdae non avrebbe resistito molto, non sarebbe riuscito a trattenere suo fratello.
“Suho.” Una soave voce lo chiamò “Suho puoi farlo. Avanza un passo” la dolce voce bisbigliava al suo orecchio.
“Non posso” balbettò
“Si che puoi. Dai Suho, Jongin sta per cadere. Sono qui con te non aver paura, puoi farcela. Mi fido di te. VAI SUHO!!!”

Joonmyeon aprì gli occhi, ansimava con fervore e il petto gli faceva su e giù. Si guardò in torno, si rese conto che era nella sua camera d’albergo nel suo letto. Un forte mal di testa gli impedì di alzarsi, sospirando portò il braccio alla sua fronte e volse lo sguardo verso la finestra.
“Non può essere…Era tutto un sogno?”
 


NA: Colgo l'occasione per ringraziare ad Angelaproffi per la meravigliosa copertina.
Grazie di cuore <3

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Capitolo 4
*** IV ***



 
Fallen for love 4.

Una aurea pesante alleggiava sul suo corpo, quel corpo che non riusciva a muore neanche di un millimetro, tutto era così pesante come se, con forza, lo stessero tenendo puntato in quella posizione.
Piedi, gambe, braccia erano come se fossero state incatenate, persino gli occhi non riuscivano ad aprirsi.
Voleva muoversi, il suo cervello glielo comandava, sentiva che era da molto tempo in quella posizione, era ormai da giorni che voleva svegliarsi. Provava e riprovava ma non riusciva, era come in un limbo e qualcuno o qualcosa lo stava trattenendo in quella dimensione. Sconfitto, come ogni volta, smise di combattere e ricadde nell’oscurità.
“Oh Yixing, non agitarti andrà tutto bene. Presto ritornerai da noi” una debole voce disse mentre asciugava quelle calde lacrime che scendevano dagli occhi serrati dell’uomo inferme.
Luhan.
Luhan era un giovane cinese che si era trasferito in Corea da qualche anno, venendo da una grande città come Pechino aveva deciso di trasferirsi in un isola invece che nella grande metropoli Sud Coreana, Seoul.
Ed eccoli lì, nell’isola di Jeju, dove svolgeva la sua attività di libraio insieme al suo amico e collega Yixing. Non sapeva molto del più giovane, Yixing era stato sempre un grande enigma, non parlava mai del suo passato ma quello che sapeva era che anche lui veniva dalla Cina, che per anni aveva vissuto con sua nonna, che, povera anziana, morì qualche mese prima.
Questo evento portò Yixing a lasciare la Cina e a trasferirsi. Ma se chiedeva qualcosa di più profondo, o qualche ricordo Yixing era solito alzare le spalle e dire “Non saprei”.
Per Luhan, Yixing sembrava non avere un reale passato, ma ovviamente era una cosa impossibile, tutti hanno un passato su questa terra e per quando ne sapesse il più piccolo non aveva avuto incidenti che lo portarono a perdere la memoria. Quindi Luhan aveva intuito che il più giovane non ne volesse semplicemente parlare.
“Quando si sveglierà?” domandò portando l’attenzione all’imponente figura del dottore.
“Quando sarà ora. Quando lui sarà davvero pronto!” disse la voce profonda prima di uscire dalla stanza.
Lasciò andare un sospiro, si accasciò sulla sedia osservando il corpo disteso sul letto.
“Dai, Yixing. Sii forte” disse prima di uscire anche lui dalla stanza.
Non udiva più quelle voci e il panico si impadronì del suo corpo.
“No, no non andate” piagnucolò.
Ad un tratto sentì il suo corpo cadere senza preavviso nel vuoto, gli occhi si spalancarono per la sorpresa e la paura.
Buio, era circondato dal buio e dal silenzio. Il panico si impadronì del suo corpo, aveva bisogno di sentire ancora quella voce, che chiamava il suo nome, immaginò, per dirgli di ritornare.
Ma non capiva dove, dove doveva ritornare? Tutto era così confuso. O forse in realtà era tutto frutto della sua immaginazione. Non esisteva nessuna voce che lo incitava, e lui in realtà si trovava bloccato in chissà quale dimensione.
Purgatorio, o ancora peggio, inferno?
Non sapeva dove si trovava, ma quel posto oscuro, senza neppure una lieve luce che filtrava, non gli piaceva. Il buio era qualcosa di sconosciuto a lui, non sapeva il perché, ma sentiva di non appartenervi.
Iniziò a vagare senza una meta in quel sentiero oscuro cercando di trovare una via d’uscita. Era ostinato ad uscirne, non voleva stare confinato in quella dimensione e in un modo o nell’altro avrebbe trovato una via di fuga.
Camminava e camminava e poi si ritrovò a correre in quel tunnel senza fine alla ricerca della luce.
Cadde sulle ginocchia, era stanco, aveva paura di non farcela, senza saperlo il suo volto si bagnò di calde lacrime che caddero sui pugni chiusi sulle ginocchia.
“Perché? Perché?” urlò nella disperazione.
Si raggomitolò e pianse tutto sé stesso, lanciando fuori qualche lamento.
“Non erano questi i patti…” disse ricordando quello che aveva discusso con il Padre.
Ricordava che aveva deciso di cadere, di perdere i ricordi, di provare a vivere il suo amore ma invece, ricordava ancora tutto e si trovava in un oblio a lui sconosciuto.
Perché stava passando tutto questo?
Non aveva tempo da perdere, il tempo per lui era troppo prezioso.
Quello che si udiva erano solo i suoi singhiozzi disperati ed era ormai certo che sarebbe rimasto lì a marcire.
“Sssh!” una delicata mano si appoggiò sulla sua testa accarezzandola amorevolmente “Yixing, fratello non fare così” disse la voce rassicurandolo.
Ad udire quella voce gli occhi dell’ex angelo si allargarono di sorpresa.
“B-Baekhyun” sospirò non spostandosi dalla posizione in cui si trovava per paura che tutto fosse frutto della sua immaginazione.
“Sono qui tesoro. Smettila di piangere” continuò
“S-sei tu?” domandò con incertezza.
“Certo che sono io. Guardami” ordinò amorevolmente. Afferrando il volto dell’ex angelo e portandolo a guardarlo dritto negli occhi.
Baekhyun asciugò quelle calde lacrime, un triste sorriso gli si disegnò sulle labbra vendendo le condizioni del fratello. Non aveva mai visto in quelle condizioni Yixing, che era sempre stato il più gioviale tra tutti gli angeli. Anche nei momenti di tristezza aveva sempre avuto quella nota di positività nel suo atteggiamento, sapendo che le cose prima o poi sarebbero andate meglio.
“Che ci fai qui? Dove siamo?”
“Il mio fratello ingenuo” rispose lasciando un piccolo sospiro.
Baekhyun aveva assistito abbastanza. Da quando a Yixing gli era stata data l’opportunità di cadere sembrava che in realtà non gli era stata data davvero quell’opportunità.
Quando Yixing sembrava di aver trovato la forza di svegliarsi nella sua nuova realtà, eccolo che ricadeva di nuovo nell’oblio. Ed era una cosa insopportabile, come si poteva giocare con una vita in quel modo, quando quella vita, quella persona è il tuo stesso figlio.
Pochi minuti fa era sulla sua solita nuvola, ad osservare cosa stesse succedendo a Chanyeol, il suo protetto, ma di tanto in tanto buttava un occhio su Yixing. E fu proprio in quel momento che vide la disperazione, il corpo tremante, avvolto da un semplice camice, del fratello.
Ne era sazio, aveva visto abbastanza e non lo accettava più. Varcando con determinazione il tempio gridò a grande voce il nome del Padre.
“Perché? Perché gli stai facendo questo?”
“Non ho detto che sarebbe stato facile”
“No, questo è semplicemente diabolico.” Gridò con rabbia “Come puoi farlo soffrire così? Sarà già difficile nei prossimi tre mesi, non sappiamo se riusciranno ad incontrarsi, non sappiamo se si innamoreranno uno dell’altro. Soffrirà già abbastanza se tutto quello che spera non accadrà.”
“È stata una sua scelta. Ha scelto di vivere nel peccato”
“Di quale peccato stiamo parlando? Che ama un uomo? Ama, Padre. Lui ama ed è questo quello che importa. Lì sotto, ci sono tanti di quei peccati. Abusi, omicidi, suicidi e ancor peggio guerre e tu non fai nulla per impedirlo. Ma qui stiamo parlando di amore e tu sembra che stia facendo di tutto per impedirlo.” Disse con voce avvilita.
Non ricevette nessuna risposta e Baekhyun si ritrovò a scuotere la testa con delusione.
“Non ho intenzione di assistere a questa tortura.”
“Non osare Baekhyun!” sentenziò
“Sennò cosa? Mi farai cadere anche a me? Mi manderai da Lucifero? Farai qualcosa a Chanyeol? Bene, vuol dire che avrai un altro figlio contro di te. Ma non ho intenzione di assistere alla distruzione di mio fratello.”
Adesso eccolo lì a dargli forza, ad abbracciarlo per l’ultima volta, e riportarlo alla sua nuova realtà.
“Baekhyun, non dovresti essere qui”
“Shh non preoccuparti. Sono qui per aiutarti, solo promettimi che ritornerai ad essere positivo, che non mollerai una sola volta anche se tutto sembra andare a rotoli. Che in un modo o nell’altro lo troverai e lo farai tuo. Yixing devi vincere questa battaglia, non lasciare che te lo portino via. Io sarò sempre al tuo fianco, ti proteggerò, vi proteggerò ma fai in modo che ne valga la pena.”
“Ho paura Baekhyun. Ho paura che non arriverò in tempo. Ho tanta paura, c’è così poco tempo.”
“Lo so tesoro, lo so. Ma ce la farai. Alla fine sarete insieme.” Gli disse dandogli uno sguardo d’intesa.
“Sei così prezioso” continuò “Adesso chiudi gli occhi e rilassati. Da adesso in poi non ricorderai più nulla, vivrai la tua nuova vita. Ama Yixing con tutte le tue forze. Ti voglio bene.”
Con queste ultime parole Baekhyun appoggiò le sue soffici labbra sulla fronte di Yixing e una luce accecante li avvolse risucchiandoli da quella oscurità.
Le palpebre pesavano ma non così tanto, con un leggero sfarfallio delle ciglia, di quel corpo inferme su quel letto d’ospedale, gli occhi si aprirono. La luce del sole che filtrava dalle finestre dava un sottile fastidio, quando riuscì ad abituarsi alla luce gli occhi vagavano all’interno della stanza. Tutto era bianco e sterile, non molto vi era all’interno, un semplice divano, una tv appesa al muro, un armadietto celestino e infine un letto dove giaceva.
Portò gli occhi lungo al suo corpo sdraiato, notò un ago che era infilzato sotto la pelle del suo braccio con un tubicino che andava fino ad una bottiglia piena di chissà quale sostanza, al suo torace erano attaccati degli aggeggi che erano collegati a dei macchinari accanto al suo letto.
Si sentì ipnotizzato dal quel bip costante che si estraniò del tutto dal mondo circostante finché un leggero rumore di collisione con il pavimento non lo destò.
Il suo sguardò incontrò la sostanza marroncina sul pavimento con accanto un bicchiere, subito dopo c’erano un paio di scarpe e così facendo continuò a perlustrare a chi appartenesse tutto quello. Pian piano con lo sguardo salì incontrando un corpo gracile ma virile che contrastava alla purezza bambinesca del volto.
Lì, sui suoi piedi c’era un ragazzo dai grandi occhi, come quelli di un cervo che lo guardava sorpreso con la bocca leggermente aperta. Costui portò le mani all’altezza delle labbra, mani che tremavano, e gli occhi si riempirono di lacrime.
“T-ti sei svegliato” piagnucolò mentre si avvicinava incerto verso il letto per paura che era tutto un sogno e che da un momento all’altro sparisse tutto.
“Oddio, Yixing sei sveglio. Sono Luhan, il tuo amico, ricordi giusto?” domando incerto.
Yixing in quel momento non aveva la più pallida idea del perché fosse lì o chi fosse Luhan o chi fosse semplicemente lui stesso. Sembrava di essersi svegliato da un lungo letargo e doveva ancora connettersi col mondo.
“D-dottor Wu. Devo chiamare il dottor Wu” come se si fosse appena ricordato qualcosa lo straniero corse subito alla porta.
“Dottor Wu! Dottor W- infermiera chiami il dottor Wu. Yixing si è svegliato.”
Così in poco tempo la stanza si riempì di persone estranee, un grande uomo che dedusse fosse il dottor Wu si prese cura di lui facendo dei piccoli accertamenti.
E così furono anche i giorni a venire, c’era chi entrava e usciva dalla stanza controllando le sue condizioni. In quei giorni imparò a conoscere Luhan, amico, collega e, a quanto pare, un tempo coinquilino. Dai racconti di Luhan, Yixing aveva preso la decisione di andare a vivere da solo lasciando spazio e privacy a Luhan che nell’ultimo periodo aveva trovato la sua dolce metà.
Luhan era davvero una persona amorevole e si prendeva cura di lui non mancando mai un giorno di fargli visita. A volte rimaneva anche la notte e rimanevano lì a chiacchierare, o meglio Luhan era quello che parlava. Raccontava un po’ di storie passate, che a detta del dottor Wu era il modo più facile di fargli ritornare la memoria, e Yixing gliene fu grado.
Stava facendo dei grossi progressi, era ormai a conoscenza del suo incidente, ma adesso si sentiva molto più informa. Fisicamente non si sentiva debole, riusciva persino a camminare da solo ma nonostante tutto qualcosa non lo faceva stare bene. Una sensazione di pesantezza gli chiudeva lo stomaco, aveva la sensazione che stando chiuso in quella stanza stava perdendo del tempo prezioso.
“Luhan” chiamò tagliando corto qualsiasi cosa che il più grande stava spifferando “Voglio uscire da qui. Portami via.” Disse guardando fuori dalla finestra e lanciando un lungo sospiro.


 

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Capitolo 5
*** V ***



Fallen for love 5.

I giorni trascorsero, uno dietro l’altro, e Yixing da quando era uscito dall’ospedale li visse come un automa.
Dopo aver espresso la sua volontà di ritornare a casa, Luhan rimase perplesso per qualche secondo, non sapeva se Yixing era in grado di ritornare a casa e alla sua vecchia vita. Era fin troppo presto e se fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato.
Ma Yixing era fin troppo insistente, voleva uscire da quelle quattro mura sterili, così disperatamente che Luhan non poté far altro che chiedere al dottor Wu se potesse andar bene.
Ovviamente non fu così facile, c’erano ancora degli accertamenti da fare, dovevano tenere sotto controllo lo stato fisico di Yixing. Ma sotto l’insistenza dello stesso il dottor Wu cedette a una sola condizione, che sarebbe stato sempre presente ai controlli settimanali.
Così la vita di Yixing riprese le sue vecchie abitudini, all’inizio Luhan si impose di abitare con Yixing per aiutarlo anche nelle più semplici mansioni. Era diventato una madre apprensiva, fin troppo.
Cucinava, puliva, andava a fare la spesa. Non gli faceva alzare nemmeno un dito, persino l’andare a prendere un bicchiere d’acqua dal frigo era diventato un’impresa.
Luhan era lì pronto a servirlo in tutto. Yixing era davvero grato all’amico ma voleva fare tutto questo da sé, non si sarebbe frantumato come una palla di cristallo se solo avesse fatto una sola di quelle semplici e abitudinarie cose.
Uno di quei giorni in cui tutto era già stato fatto senza che il padrone di casa alzasse un dito, Yixing e Luhan stavano guardando la TV. Uno di quei programmi trash, Yixing ebbe l’esigenza di andare in bagno così si alzò senza dire una parola e si diresse verso la stanza.
Quando era pronto ad aprire la porta sentì una presenza dietro di sé, voltandosi trovò il viso sorridente di Luhan che lo guardava.
“L-Luhan?!”
“Ti aiuto ad andare in bagno”
“O-ok..” disse stordito, ma quando riuscì a elaborare la dichiarazione si trovò a spalancare gli occhi dalla sorpresa “C-cosa? No, Luhan.”
“Cosa? Perché?”
“Luhan devo semplicemente andare in bagno. Non sto per scalare l’Everest.”
“Ma cosa succede se ti viene un capogiro? E svieni, e poi sbatti la testa e…” era così preoccupato e agitato che stava entrando in iperventilazione.
“Luhan! Calmati non mi succederà nulla” disse sospirando.
Gli occhi di Luhan erano ancora pieni di ansia e si rivestirono di un velo di tristezza, così Yixing prese le mani dell’amico e lo condusse verso il divano “Vieni. Siediti.”
Senza dire una parola, Luhan si sedette puntando lo sguardo sul morbido tappeto.
“Luhan ascolta, va tutto bene. Sto bene, posso fare tutto tranquillamente, non ho avuto nessun sintomo negli ultimi giorni, quindi questo vuol dire che tutto procede come deve procedere.”
“Ma…”
“Lu, devi stare tranquillo. Davvero, sono grato del tuo aiuto, sei il migliore amico ma non credi che ad accompagnarmi persino in bagno sia un po’ troppo?”
“No, cioè non è che io non abbia mai visto…Sai sono uomo anch’io e anche Sehun, quindi…”
“Luhan!” rimproverò. “Lo apprezzo, ma no! E poi non credo che al tuo ragazzo farebbe piacere sapere che mi accompagni in bagno”
“Nah, Sehun è comprensivo…”
“Non credo ma ok.”
“Quindi posso?”
“No, Luhan non volevo dire questo” sospirò “Ascoltami. Sto bene, davvero. Posso prendermi cura di me stesso. Quindi Luhan ritorna a casa, Sehun ha bisogno di te più di me, fidati.”
Lo sguardo di Luhan si rattristì, pensò che Yixing non apprezzasse la sua presenza e le sue attenzione ma lui voleva solamente fare in modo che il suo amico stesse bene.
“Lu non fare quello sguardo” disse portando le mani sul volto del più grande voltando il viso verso di sé “Apprezzo davvero molto tutto quello che hai fatto fin dall’inizio, dalle notti che hai passato in ospedale alle cure che mi ha rivoltò fino a qualche minuto fa. Ma Luhan, te lo ripeto sto bene, posso prendermi cura di me. Ma hai bisogno di riposare anche tu, di stare con Sehun, e io di avere un po’ più di privacy. Puoi continuare a venire qui, ovviamente, ma …”
“Ed accompagnarti alle visite di controllo, e di andare insieme a lavoro quando sarai pronto e…”
“Si, si.” Rise divertito dai modi materni dell’amico “Adesso vai, torna a casa e riposa e se qualcosa va male ti chiamo” si affrettò a dire le ultime parole quando vide che il più grande era pronto a protestare.
Sconfitto, Luhan buttò fuori un sospiro e si alzò dicendo un breve “Va bene.” Prese tutta la sua roba, dando un ultimo sguardo all’amico e dichiarò “Chiamami se non ti senti bene.”
“Si, mamma”
“Yah!!” gridò sconvolto alla dichiarazione dell’amico ma con un’ultima fragorosa risata uscì.
I giorni che seguirono furono più tranquilli senza la presenza costante di Luhan, era ormai metà Giugno, così in pochi giorni decise di ritornare a lavorare in libreria.
Tutto era tranquillo, fin troppo per i gusti di Yixing, nulla di nuovo era successo da quando si era ristabilito.
Trovandosi nella sezione romanzi, Yixing stava sistemando accuratamente gli scaffali mettendo in ordine alfabetico per autore, e per ognuno di essi in ordine alfabetico le opere.
Una copertina di un libro attirò la sua attenzione: Un uomo seduto su una roccia avvolto da un abbraccio di luce con il mare che si estendeva di fronte a sé.

La realtà che vorrei di Suho.

Inconsciamente si ritrovò ad accarezzare il nome dell’autore, un piccolo sorriso si presentò sulle sue labbra. Gli piaceva quel nome, gli trasmetteva tranquillità e sicurezza.
“Ehi!” una gioiosa voce richiamò la sua attenzione “Che stai facendo? Ti sei incantato su quel libro?”
“Eh? Oh questo, no stavo semplicemente sistemando la sezione.”
“Oh, è il libro dell’autore Suho…” disse Luhan mentre prendeva il libro dalle mani di Yixing che inavvertitamente corrugò la fronte.
“Lo conosci?”
“Ho letto qualche sua opera, ma no. Non lo conosco di persona. O per lo meno non lo conoscerò fino a domani.”
“Cosa?”
“Già, a quanto pare lo scrittore si trova sull’isola di Jeju e la sua casa editrice ha organizzato un evento per domani nella nostra libreria. Hanno appena chiamato il signor Lee e lo hanno informato che avevano intenzione di organizzare un fansign nella sua libreria. Oddio è così improvviso.”
“Beh è pubblicità in più per la libreria e questo vuol dire più soldi per il signor Lee”
“Si ma è lavoro in più per noi. Non possono avvisare all’ultimo minuto.” Disse un po’ indignato.
“Mio caro Luhan pensa in positivo, ci sarà un piccolo aumento per noi” disse facendogli un occhiolino mentre prendeva il libro dalle mani dell’amico.
“Oh, non ci avevo pensato” mormorò il più grande andando via.
Yixing sorrise all’ingenuità del più grande, rivolse un altro sguardo al libro che teneva in mano e lo collocò nella sua sezione.
Dopo aver finito il suo lavoro, Yixing si diresse verso la cassa dove trovò un Luhan tutto indaffarato, sembrava quasi preso dal panico.
“Dov’è il signor Lee?” domandò non vedendo il vecchio proprietario da nessuna parte.
“Quel vecchio ci ha lasciato in balia dell’evento. Se n’è lavato le mani. Dice che è troppo vecchio per occuparsene e che tutta quella gente gli porterà solo un gran mal di testa. No, vecchiaccio ti porterà soldi e pubblicità. Come può lasciarci qui da soli in questi due giorni di fuoco? Come?”
Luhan stava dando di matto non riusciva a reggere lo stress.
“Luhan vuoi calmati? Mi fai venire mal di testa vedendoti tutto agitato. E poi perché?”
“Perché? Tu mi chiedi il perché? Yixing, tu non hai la più pallida idea di chi è Suho vero? Hai mai letto i suoi libri? È davvero eccezionale, ti porta nel suo mondo e ti lascia delle strane sensazioni dentro quando finisci di leggere le sue opere. E io lo adoro, e adesso mi ritrovo ad organizzare un evento tutto da solo per lui.”
“Ok, ok ho capito. Ma prima di tutto prendi un lungo respiro e poi buttalo fuori. Non sei solo ci sono anche io qui, ok? Ricordi, lavoro qui.”
“Si ma tu non puoi affaticarti…”
“Ooh Luhan non iniziare. Organizzeremo questo evento per domani e sarà tutto perfetto. Rilassati!”
Detto ciò Luhan buttò fuori un po’ di sospiri e cominciò a rilassarsi, i due lessero l’email che la casa editrice aveva inviato per esporre cosa avrebbero voluto in questo fansign. Non c’erano delle richieste particolari quindi non avrebbero dovuto fare chissà quale lavoro.
Lo scrittore avrebbe semplicemente parlato un po’ con i suoi lettori e autografato i suoi libri.
Mettendosi subito all’opera, Yixing e Luhan cominciarono a creare lo spazio ideale per l’autore, spostarono qualche mobile non fisso, che stava al centro della libreria, facendo in modo di creare un varco che conducesse fino alla postazione dove l’autore si sarebbe seduto.
Avevano fatto un ottimo lavoro quel pomeriggio, era quasi tutto pronto per l’indomani, in tarda serata, poco prima della chiusura, un camion si appostò davanti all’ingresso. Un fattorino varcò l’entrata guardando qua e là alla ricerca di qualcuno.
“Posso aiutarla?” domandò Yixing vedendo l’uomo.
“Oh si, ho una consegna per il proprietario”
“Si, beh puoi consegnare anche a me. Lavoro qui.” Precisò quando vide l’incertezza dell’uomo.
Così dicendo l’uomo si affrettò a tirar fuori due sagome ad altezza uomo e li portò dentro, consegnandoli ad Yixing che dovette scarabocchiare una firma che indicasse la dovuta consegna e andò via
Yixing posizionò le due sagome ai lati del tavolo. Quelle sagome rappresentavano l’autore, Suho, e Yixing le osservò pensando che l’autore non poteva avere più della sua età e che era davvero un bell’uomo. Si chiese se non era tutto a causa del Photoshop che rendeva l’uomo così etereo.
Per tutto il resto della notte Yixing si ritrovò a pensare a quelle due sagome e all’uomo a lui sconosciuto che lo rappresentavano.
Il giorno dopo Luhan bussò alla sua porta un’ora prima del solito, l’eccitazione poteva leggersi benissimo nei suoi occhi e Yixing sorrise. Per tutto il tragitto non la smise di parlare del suo autore preferito e Yixing ascoltava senza pronunciare parola. Non perché non fosse interessato ma perché non voleva interrompere l’amico nel suo sproloquio sul suo idolo in campo letterario.
I due furono sorpresi di quanta gente stava fuori dalla libreria, non avevano osato immaginare che in così poco tempo si sarebbe presentata così tanta gente.
Yixing pensò che Suho doveva essere davvero un autore abbastanza famoso ed apprezzato.
Nel giro di due ore degli uomini si presentarono in libreria e con loro c’era l’autore, Yixing sembrava essersi estraniato dal mondo quando i suoi occhi si posarono sull’uomo che aveva riconosciuto come lo scrittore.
Etereo era etereo, la sua pelle era bianca come il latte e sembrava davvero morbida. I capelli color pece erano in netto contrasto con la sua carnagione ma era un piacevole contrasto per gli occhi. Un corpo minuto ma ben proporzionato, per quello che poteva immaginare, e il tutto era accompagnato da un favoloso sorriso che gli illuminava il viso.
“È molto più bello…” mormorò a sé stesso sentendo un’emozione estranea.

 

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Capitolo 6
*** VI ***




Fallen for love 6.

La punta della penna strisciava su ogni foglio che si presentava davanti a gli occhi.  Piccole dediche indelebili e ringraziamenti venivano lasciati su quei fogli, il tutto era accompagnato da i più dolci sorrisi che potesse fare.
Joonmyeon si ritrovò nel bel mezzo di un fansign organizzato così all’improvviso, la sera prima dopo un bel po’ di tempo il suo telefono suonò. Il nome del suo editore comparve sulla schermata e Joonmyeon si ritrovò a sospirare.
Era andato sull’isola di Jeju per non essere disturbato mentre cercava di scrivere la sua nuova opera, che fino a quel momento non stava facendo un ottimo lavoro. Sapeva che se fosse restato a Seoul il suo editore non solo lo avrebbe chiamato ma un giorno si e l’altro pure si sarebbe presentato in casa sua per mettergli pressione, anche se addetta del più grande sarebbe stato:
“Ti sto solo incoraggiando, Joonmyeon. E’  quello fa un ottimo editore per il proprio scrittore, ti voglio bene Joon.”
Certo, sapeva benissimo perché gli voleva bene, rispettava sempre le scadenza, più o meno, era uno dei suoi autori con più fama e questo gli portava denaro, quindi sapeva benissimo perché gli volesse bene.
“Non mettermi ansia” rispose al telefono in tono del tutto infastidito.
“Yah, Kim Joonmyeon!!! Non osare rispondermi così al telefono” ribatté interdetto l’uomo “ E per tua informazione non ti ho chiamato per quello che pensi. Ti avevo detto che ti avrei dato i tuoi spazi e lo sto facendo. Ma ricorda Joonmyeon, spazi e no tempo.”
A quell’ultima affermazione lo scrittore alzò gli occhi come se fosse infastidito per la solita pressione che l’uomo gli metteva.
“Allora dimmi perché hai chiamato?”
“Per sapere come stai?” domandò incerto questo.
“Dimmi il vero motivo, come hai detto non ho t-“
“Si, si va bene. Allora, ho organizzato un fansign per domani in una delle librerie più importanti sull’isola. Quindi domani mattina andrai all’evento.”
“Cosa? No.”
“Che vuoi con “No”. Non te lo sto chiedendo, ti sto solo informando quindi non mi aspetto nessuna risposta.”
“Ryeowook” chiamò stanco “Sono venuto qui a Jeju per un motivo di cui tu non mi darai tempi supplementari per finire. Quindi non pensi che sia più importante che finisca il libro in tempo invece di partecipare a degli eventi.”
“Mmh si, ma dato che sei lì è giusto che incontri i tuoi fan e firmi qualche tua opera. Ormai tutto è organizzato, la libreria è stata avvisata e si è già messa a disposizione. E poi siamo già a metà mese da quando sei partito e credo che sei già sulla buona strada, no?” domandò curioso.
NO.
Non era per niente sulla buona strada, non era neanche partito se doveva essere sincero, ogni parola che scriveva suonava così male e falsa che si ritrovava sempre a cancellare i progressi che sperava di stare ottenendo.
“C-certo!” mentì. E se non lo avesse fatto sapeva benissimo le conseguenze. Una lavata di capo dietro ad un cellulare, minacce, espressioni di delusione solo per farlo sentire in colpa e la presenza dell’uomo a Jeju che lo avrebbe “spronato”.
“Bene, vedi sei sempre il migliore. Adesso devo andare e buon proseguimento.” Canticchiò soddisfatto prima di riattaccare.
Ecco quello che in meno di 24 ore fa era successo.
Non gli dispiaceva incontrare i suoi lettori, amava vedere e sentire le persone che si ritrovavano ad avere un certo feeling con le sue opere. Spesso gli dicevano che si ritrovavano nelle parole che scriveva che si sentivano tanto affini a lui. Udendo quelle dichiarazioni ammetteva a se stesso che si sentiva meno solo.
Quella mattina quando arrivò in libreria fu esterrefatto dalla quantità dei suoi lettori presenti ma quello che più  lo colpì fu quando entro dentro e trovò due ragazzi che lo attendevano.
Uno di loro, capelli rossicci, sorriso smagliante e in preda all’agitazione.
L’altro, è quello che catturò la sua attenzione. Lo fissava con quegli occhi a mandorla un po’ smarriti, pelle chiara, delle piccole labbra rosee carnose e infine capelli decolorati di biondo, che a suo avviso, gli adornavano il viso in un modo serafico.
“Oddio, autore Suho è un onore averla nella nostra libreria. Cioè non proprio nostra ma del signor Lee, ma si, è ancora un onore” disse il ragazzo dai capelli rossicci distogliendo la sua attenzione portando gli occhi su di lui.
L’eccitazione del ragazzo lo prese un po’ alla sprovvista ma doveva ammettere che era carino.
“Il piacere è mio. E grazie per averci ospitato” disse gentilmente riportando lo sguardo sul ragazzo dai capelli biondi.
“Ma si figuri autore Suho.” Ribattè “Ad ogni modo il mio nome è Luhan e sono un suo grandissimo fan” continuò estendendo la mano che prontamente l’autore strinse.
“ E lui…” disse rivolgendosi all’amico “Lui è Yixing.”                                                                                                           
“Piacere di conoscerti Yixing”
Pronunciò il nome del ragazzo in un modo così dolce che Yixing al solo udire il suo nome dall’uomo sentì mancare il respiro.
“Piacere mio!” mormorò in modo udibile e con educazione si inchinò all’autore rivolgendogli un dolce sorriso.
Joonmyeon continuò a guardarlo incantato quando quel dolce sorriso diede vita ad un’adorabile fossetta sulla sua guancia e Joonmyeon si ritrovo a pensare “E’ davvero un angelo.”
“Autore Suho? Autore S-“ 
Joonmyeon si destò dai suoi pensieri quando udì una voce chiamare il suo nome. Una fan era li davanti a lui che lo guardava con uno sguardo preoccupato.
“Oppa stai bene?”
“Oh, si si” dichiarò con un ampio sorriso da tranquillizzarla.
Il fansing continuò senza problemi, Joonmyeon si dedicò ai suoi fan con devozione. Ogni tanto il suo sguardo si allontanava posandosi sulle due figure che stavano infondo vicino alla cassa. Vedeva Luhan ancora super emozionato e iperattivo dando fastidio a Yixing facendolo sorridere per le idiozie che stava facendo l’amico.
Inconsciamente Joonmyeon pensò che in qualche modo quei sorrisi erano rivolti a lui, che il motivo delle risate di Yixing forse lui. Non riusciva a capire perché sentisse delle strane vibrazioni quando incontrò il ragazzo quella mattina ma quello che sapeva era che qualcosa lo spingeva a conoscerlo.
L’evento era arrivato alla fine e la libreria pian piano cominciava a svuotarsi. Joonmyeon tirò un sospirò di una leggera stanchezza  uno dei collaboratori che gentilmente la sua casa editrice aveva mandato gli stava riferendo qualcosa che Ryeowook voleva sapesse. Distrattamente dava delle risposte, quando l’unico pensiero era quello di farla finita subito e andare dai due ragazzi.
“Ehy” chiamò l’attenzione dei due quando si avvicinò a loro. I due si voltarono incontrando il dolce sorriso dello scrittore.
“Autore Suho è stato fantastico” Luhan non perse tempo nel complimentassi con l’autore.
“Oh Luhan togli quel “autore”  e non darmi del lei è così  troppo formale e mi fa sentire a disaggio”
“Ok, certo. Mi dispiace ma davvero è stato fantastico averti qui”
“Grazie per averci dato l’opportunità di svolgere l’evento.”
“A scioc-”
“In realtà non dovresti ringraziare noi ma il signor Lee.” Disse Yixing interrompendo l’amico.
Gli occhi di Luhan si ampliarono quando udì la voce del più piccolo. Yixing non aveva detto molto in quel giorno, era stato più calmo del solito ma quelle parole che uscirono dalla sua bocca in quel momento sembravano così risolute.
“O-oh…” incespicò tra le sue parole non sapendo cosa dire “Beh non vedo nessun signor Lee qui, quindi credo che tutto questo è grazie a voi, no?”
Yixing non rispose, alzò semplicemente le spalle. L’aria si stava facendo un po’ imbarazzante e Luhan non capiva perché il suo amico si stesse comportando in quel modo inusuale.
“Già, Suho potresti autografarmi uno dei tuoi libri più cari a me?” domandò Luhan cercando di smorzare l’aria.
“Si, certo.” Distolse lo sguardo dal biondino prendendo il libro che Luhan gli stava porgendo. Mentre stava scrivendo qualche parola di gratitudine un pensiero gli passò per la mente “Dato che è ora di pranzo che ne dite di pranzare insieme? Così per ringraziarvi.”
“Oh si, cert-“ Luhan si interruppe mentre un cipiglio si fece strada sul suo viso ricordando che aveva già un impegno per pranzo con Sehun “mi dispiace ma ho già un impegno per pranzo” disse sconsolato, ma un idea gli venne subito in mente “Però Yixing può andare, non hai  nulla da fare no?”
Quando udì il suo nome, un senso di vuoto si propagò alla bocca dello stomaco. Guardò Luhan che aveva indossato il suo solito sorriso, e poi posizionò gli occhi su Suho che sembrava quasi come se sperasse in una risposta positiva.
“No. Mi dispiace…”
“Cosa?”
“Non posso Luhan, il signor Lee mi ha lasciato una consegna importante da fare.” Mentì, e anche spudoratamente. Non sapeva perché, tutte quelle strane sensazioni che aveva provato fin dalla mattina lo stavano soffocando. Tante emozioni contrastanti gli stavano mettendo confusione e non capiva il motivo. Voleva semplicemente allontanarsi dall’uomo.
Luhan stava per dire qualcosa quando il suo telefono cominciò a suonare e si scuso per andare a rispondere alla chiamata. Tra i due presenti non fu detta una sola parola, ma Joonmyeon voleva tanto parlare con quel ragazzo.
“Così, anche tu sei un mio fan?” domandò la prima cosa che gli venne in mente, forse era un po’ troppo impertinente nel domandare una cosa del genere. Ma fu come per istinto chiedere quando vide che Yixing stava tenendo qualcosa in mano. Era un suo libro, il primo che scrisse La realtà che vorrei.
Ricorda ancora oggi il sogno che lo portò a scrivere quell’opera.
“Mmh?”
“Tieni il mio libro in mano.” Disse facendo un accenno col capo verso l’oggetto “Quindi mi chiedevo se…”
“No. Sinceramente non ho mai letto nessuna tua opera” disse un po’ mortificato sentendo un certo imbarazzo “Mi dispiace.”
“Non preoccuparti, c’è sempre la prima volta.”
Con disinvoltura prese il libro che Yixing teneva e cominciò a scarabocchiare qualcosa al suo interno.
“Adesso devo andare” disse mentre gli porgeva il libro con un sorriso “Spero di rivederti Yixing. Saluta per me Luhan.”
Così dicendo Joonmyeon segui i due uomini che erano arrivati con lui quella mattina e varcò la porta lasciando un Yixing fissare la sua schiena finchè non scomparì e un Luhan che cominciò a lamentarsi perché non ha avuto l’opportunità di salutare il suo autore preferito.
Quel giorno, come una buona stella l’ispirazione venne a Joonmyeon e cominciò a scrivere il suo nuovo libro. Per quanto odiasse ammetterlo Ryeowook aveva avuto un ottima idea.
Dall’altro canto Yixing si sentiva stordito quella sera, continuava a pensare all’autore, e ai sorrise che rivolgeva ai suoi lettori pieni di gratitudine. Quegli occhi profondi che gli avevano rivolto qualche sguardo e la sua dolce voce che era quasi cullante.
Tra le mani aveva il libro che Suho aveva firmato senza chiedere il suo reale parere, si ritrovò a pagare il libro perché di certo non lo avrebbe lasciato li in vendita con una dedica che sicuramente era rivolta a lui.
Non aveva ancora letto cosa l’autore avesse scritto su una di quelle pagine, perchè sapeva che qualsiasi cosa ci fosse scritta li sopra non avrebbe smesso di pensarlo. Ed era davvero snervante pensare a qualcuno che non si conosce solo per delle sensazioni confuse che gli aveva trasmesso.
Non capiva perché gli stesse succedendo tutto ciò, ma quello che sapeva era che a causa di questa situazione gli era venuto grandissimo la di testa.
Sbuffando si issò dal suo letto, appoggiandogli il libro, e andò a procurare le sue medicine in bagno.
Quando ritornò i suoi occhi si posarono subito sul suo letto notando che il libro era aperto. Una smorfia di confusione si presentò sul suo volto e incerto si avvicinò al letto, ricordava di aver messo il libro ben chiuso e non di certo aperto.
“Ma che…” si zittì quando notò che il libro era aperto in una pagina ben precisa.
 
Spero che ti piaccia.
Quando finisci mi aspetto un tuo parere.
+82 **********
Kim Joonmyeon.
 
“Kim Joonmyeon” le sue labbra si mossero automaticamente come se non vedessero l’ora di pronunciare quel nome.
Quando si riprese dal suo attuale stordimento, chiuse il libro con forza spostandolo sul suo comodino e senza dire un ulteriore parola si infilò a letto con l’intenzione di dormire e di dimenticare qualsiasi sensazione che quello scrittore gli ha provocato per tutto il giorno.
 

“Stupido, fratello”
 


NA: Buonsalve a tutti. 
Non c'è tanto da dire, ma voglio ringraziare a tutti coloro che stanno leggendo la storia. Grazie mille!!
Mi piacerebbe sapere le vostre opinioni, sono un po' curiosa, chi volesse sa benissimo come farlo.
E niente. i due iniziano a interaggire finalmente. Ma come andrà a finire? Come si comporteranno i protagonisti? Quanta ansia mi hanno messo sti due per ogni capitolo scritto, non potete capirlo xD
Ma in questa storia, adoro molto Baekhyun, ha quell'occhio di riguardo per Yixing che sta andando contro il grande Padre pur di aiutarlo.
Baek sei l'amoreeee!!
Beh, che dire alla prossima ^^

 

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Capitolo 7
*** VII ***


Fallen for love 7.

 
Il sole splendeva come ogni mattina, dopo l’ultima tempesta che si era versata settimane fa, a Jeju le giornate erano di piena estate.
Non molto era successo in quelle ultime settimane, Yixing continuava a lavorare in libreria, facendo anche qualche commissione in più per tenere la mente occupata.
Da quando ci fu stato il fansing di Suho, l’animo di Yixing era sempre in tempesta. Non smetteva di pensare allo scrittore e al libro che, in un modo o nell’altro, se lo ritrovava davanti credendo di averlo posato da un’altra parte e non dove lo trovava. Per curiosità iniziò anche a leggerlo e riuscì a capire cosa intendesse dire Luhan.
Era come se in quell’opera ci fosse un fondo di verità, e Yixing si ritrovò ad indentificarsi molto spesso. Pensò che Joonmyeon, quello era il vero nome di Suho, era davvero un ottimo scrittore ma uno di quelli tormentati. Sentiva come se l’autore cercasse qualcosa nella sua scrittura, quel qualcosa o quella realtà a cui si era aggrappato.
Quel giorno in libreria era tranquillo, qualche turista entrava dava un’occhiata in giro e qualche volta acquistava. Yixing si trovò a sospirare, appoggiato sul bancone, Luhan sistemava qualcosa nel magazzino prima di partire fuori a pranzo con il suo fidanzato.
Distrattamente notò il piccolo calendario da scrivania che doveva essere ancora aggiornato, voltò la pagina successiva che segnava l’inizio di un nuovo mese.
“Luglio” mormorò mentre osservava quel foglio. Le sopracciglia si corrugavano formando inavvertitamente un broncio.
“Certo che trovi interesse per le cose strane”
“Eh?” Yixing si destò quando sentì la voce di Luhan.
“Osservavi il calendario come se da questo dipendesse qualcosa?” disse il più grande posizionando dei libri di fronte a Yixing.
“Forse…”  si voltò di nuovo verso il calendario ripetendo nella sua mente il nome del mese.
“Luhan, avevo qualcosa da fare in questi mesi?”
“Come cosa?”
“Non saprei, qualche evento importante a cui devo prendere parte? O non lo so…Sembra come se dovessi fare qualcosa di importante ma non riesco a ricordare cosa”
“Mmh che io sappia no. Ma Yixing ti senti bene? Vuoi che chiami il dottor Wu? Voglio dire se non ricordi qualcosa magari…”
“No, no non è nulla.” Scacciò via l’idea che aveva il suo amico “Magari è semplicemente una sensazione che non ha importanza. Sto bene” disse per assicurare il più grande ,che aveva assunto un’espressione preoccupata.
“Va bene.” Regalò un sorriso al più piccolo “Oh, guarda è già la pausa pranzo. Vuoi venire a pranzo con me e Sehun?”
“Mmh, no Lu. Va bene così” disse cercando qualche scusa. Non è che non voleva pranzare con il suo amico, o non gli piaceva Sehun era semplicemente che Yixing non voleva sentirsi la terza ruota del carro e in più Luhan aveva bisogno di passare del tempo di qualità con il suo fidanzato.
Lo sguardo catturò i libri che Luhan aveva posizionato sul bancone, con un piccolo post-it su con scritto “SPEDIRE IN LIBRERIA A SEOUL”
“Ma…”
“Luhan, davvero. E poi questi libri non si spediscono da soli, e se non erro la posta chiude alle 13:30. Va tranquillo e sai che ti dico prenditi tutto il giorno e stai con Sehun.”
“Ma no, non posso lasciarti solo qui”
“Si, puoi farlo. Mi occuperò di tutto io, tanto non c’è molto da fare in questi giorni quindi vai. Vai.”Gli disse mentre spingeva il più grande verso l’uscita senza permettergli di obbiettare.
“Yixing!!”
“Vai via!! Oh guarda il tuo grande amore. Sehun portalo via e non farlo ritornare” così dicendo spinse il più grande tra le braccia del ragazzo più alto che guardava la scena divertito.
Quando ritornò dentro, si guardò intorno e il silenzio lo avvolse. Era davvero raro con Luhan attorno avere un po’ di pace ma Yixing mentirebbe anche se solo pensasse che non gli piacevano i modi del più grande.
“Mettiamoci a lavoro!” disse a sé stesso mentre avanzava verso il bancone, controllò gli ultimi ordini che il signor Lee aveva fatto e mandò un’email alla figlia del vecchio che gestiva l’altra libreria a Seoul, avvertendola che in settimana sarebbero arrivati i libri che da lì a poco avrebbe spedito.
Così facendo controllò l’ora e si affrettò, con il carico da spedire, verso la posta che era a pochi isolati. Ringraziò Dio che fossero tanti e che quindi non gli avrebbero distrutto le braccia, quando arrivo compilò una raccomandata e lasciò fare tutto agli addetti.
Pensò come sarebbe stato bello andare a Seoul e se in realtà ci fosse mai andato, Jeju sicuramente era davvero un bel luogo ma era una piccola isola turistica e Yixing non sapeva perché si sia ritrovato lì, ma quello che sentiva nel profondo del suo cuore era che qualcosa, in quella minuscola isola, doveva essere risolto. E finché quella sensazione non lo avesse abbandonano sarebbe rimasto lì per capirne qualcosa.
Mentre camminava ammirava la costa dall’altra parte della strada, in spiaggia c’erano alcune persone che prendevano il sole o che giocavano in acqua. Sembrava si stessero rilassando.
Un genuino sorriso gli si dipinse sul volto, pensando che non gli sarebbe dispiaciuto passare una giornata sulla spiaggia.
Ma quel sorriso venne spazzato via quando i suoi occhi catturarono una figura all’interno di un’auto accostata sul ciglio della strada, impegnata a inveire contro essa e colpendo il volante. Con fare irritato scese dall’auto e si diresse verso il cofano per controllare il motore.
Il cuore di Yixing cominciò a battere più forte, non riuscendo a capire per quale motivo. Era agitato? Sorpreso? Panico?
Continuava a guardare la figura mentre svoltava le maniche della sua camicia bianca lasciando la visione di avambracci tesi, di vene accennate e pelle bianca. E in quel momento Yixing si ritrovò a pensare che fosse più bello di quello che si ricordava.
Lì, davanti ai suoi occhi Joonmyeon, anche in preda all’evidente irritazione, era ciò che di più bello avesse visto.
Come se avesse avvertito la presenza dell’altro l’uomo voltò il capo incontrando gli occhi del cinese e in un attimo quell’espressione irritata si trasformò in meravigliata, alla realizzazione che a pochi metri di distanza c’era l’uomo a cui stava pensando da due settimane. La meraviglia lasciò spazio alla serenità che lo portò a sorridere al biondo.
Yixing, voleva scappare, era quello che aveva pensato di fare prima che l’autore si accorgesse di lui, ma adesso non poteva. Sarebbe risultato immaturo e maleducato e Yixing, per quanto volesse stare alla larga da quell’uomo e dalle sensazioni che gli procurava solo a vederlo, non voleva di certo risultare in quel modo ai suoi occhi.
Con un profondo respirò e con una lieve fiducia ritrovata avanzò verso l’autore.
“Yixing”
“J-Joonmyeon, ciao”
“A bene allora hai letto la dedica” pronunciò senza mai abbandonare quel dolce sorriso che lo caratterizzava.
“Hai bisogno di un aiuto?” domandò facendo finta di non aver sentito quello che l’uomo disse.
Perché Yixing sapeva cosa volesse dire, a cosa si riferiva, e dal tono che aveva appena usato poteva percepire quel desiderio che persino quelle poche lettere scritte su quel foglio trasudavano.
“Oh non so, andava bene non aveva nessun problema ma all’improvviso” sospirò stancamente.
“Potremmo contattare un meccanico e fargli risolvere il problema” suggerì
“Beh sarebbe fantastico ma…” alzo il polso dove portava l’orologio dando un piccolo sguardo “È pausa pranzo anche per loro”
Nessuno dei due disse qualcosa, e per un momento quel silenzio portò un leggero imbarazzo.
“Allora...” iniziò schiarendosi la voce “Che dici di andare a pranzo insieme?” domandò lo scrittore con un tono di speranza “Tranne che hai già avuto il tuo pranzo” disse perdendo ogni speranza.
Yixing non aveva ancora pranzato, e l’ultima cosa che mise nel suo stomaco fu la colazione che consumò al mattino prima di uscire da casa. Per quanto volesse pranzare il prima possibile, non pensava che andare a pranzo con un uomo che non conosceva fosse un’ottima idea.
Joonmyeon inavvertitamente gli aveva fornito un ottima scusa per disdire l’invito, era pronto a dirgli che aveva già mangiato e così ognuno poteva andare per la propria strada ma il suo stomaco lo tradì nel modo più imbarazzante.
“Beh lo prendo per un no.” sorrise quando udì il brontolio e Yixing arrossi per l’imbarazzo. “Dai qui vicino c’è un ottimo ristorare, offro io” disse rivolgendogli un occhiolino giocoso.
Yixing rimase fermo sui suoi passi, incerto sul da farsi, guardando le spalle dell’uomo che aveva iniziato a fare strada.
“Dai Yixing, so di avere fame ma non ho intenzione di mangiarti. Il cannibalismo non è legale” scherzò facendogli cennò con la testa.
Si ritrovarono seduti in un confortevole ristorante che dava sulla spiaggia, gli interni erano azzurri e bianchi richiamando il paesaggio esterno. Non era nulla di eccessivo e Yixing cominciò a rilassarsi un po’.
Dopo aver fatto la loro ordinazione, Yixing non sapeva cosa doveva dire o fare, era tutto così strano per lui. Era abituato alla sola presenza di Luhan da quando si era risvegliato e Luhan era iperattivo così lui non doveva fare tanto per mantenere sù una conversazione. In più adesso non era di fronte a qualsiasi persona, era davanti a un famoso autore di libri, uno che con le parole sapeva farci, e la paura magari di utilizzare un termine sbagliato gli metteva ansia.
E poi era Kim Joonmyeon, l’uomo che gli creava trambusti emotivi e, sinceramente, anche grossi mal di testa.
“Allora Yixing come stanno andando le cose in libreria?” ruppe il ghiaccio avendo capito le eventuali difficoltà che il cinese stava avendo.
“Bene. Dopo il fansign si sono presentati tanti clienti e hanno acquistato molte delle tue opere. Ma per adesso sembra che le cose siano ritornate alla normalità.” Sorrise leggermente
“Bene sono felice”
“Che abbiamo venduto le tue opere?” domandò con tono impertinente di cui se ne pentì subito dopo con la paura di aver offeso l’uomo.
Yixing si rese conto che non era bravo in questo, nell’interagire con le persone. Ma pensò che in realtà lui interagisse ogni giorno con le persone e non è mai stato così sulle sue, difensivo. Era la presenza di quell’uomo non aveva altre spiegazione.
“No, no sono contento che gli affari vanno bene. Beh, si vanno bene sia per voi che per me ma era rivolto più che altro ai vostri affari.” Disse gentilmente.
“Oh”
“Hai letto il libro?”
“No, si…cioè” sospirò fermandosi in senso di sconfitta, abbassando il capo sul suo tovagliolo.
“Yixing” chiamò, ridendo ai modi tesi del biondo “va bene se non l’hai letto.”
“No, ma l’ho fatto.” Interruppe “Lo sto leggendo”
“Va bene allora” sorrise “E rilassati Yixing. Come ho detto non ho intenzione di mangiarti. Oh guarda, i nostri piatti stanno arrivando, quindi rilassati mangerò quello che ho ordinato” scherzò.
Il cameriere portò le portate ordinate e i due iniziarono a mangiare in silenzio, e finalmente per Yixing non era per nulla imbarazzante quel silenzio.
Pensò che in realtà Joonmyeon era davvero una persona piacevole, piena di parole e toni gentili e sorrisi da mozzare il fiato e invece lui, Zhang Yixing stava risultando l’opposto.
“Mi dispiace.” Mormorò tenendo gli occhi sul suo piatto.
Pensò che Joonmyeon lo avesse sentito dato che non ha ricevuto nessun tipo di risposta, così alzò gli occhi e incontrò quelli dell’autore.
Aveva sentito.
“Per cosa?”
“Per tutto. Per usare un tono odioso fin da quando ci siamo conosciuti, per non essere stato in nessuno modo gentile nei tuoi confronti. Per…” incerto si morse il labbro prima di continuare “Per non aver sfruttato il tuo numero di telefono nel modo in cui speravi”
“No, no Yixing non preoccuparti.” Dimenò le mani davanti a sé “Non avevo nessuna intenzione di metterti ansie. Capisco se non vuoi avere nulla a che fare con me. In fondo non mi conosci e potresti pensare: cosa vuole quest’uomo da me? Ma va bene, non preoccuparti volevo solamente conoscerti”
“Non è questo Joonmyeon. È che da quando mi sono risvegliato dal mio coma è tutto così strano e diverso e la tua presenza in realtà non aiuta.”
“C-coma?”
“Si, a quanto ne so ho avuto un terribile incidente una sera mentre ero fuori con Luhan e il suo fidanzato. Per quello che mi ha detto Luhan quella sera eravamo andati l’assunzione di Sehun in uno dei pub qui a Jeju e dopo aver festeggiato abbastanza ho pensato che era ora di lasciare i due piccioncini festeggiare da soli. Così quando stavo per ritornare a casa un’auto si è schiantata contro la mia e poi, beh e poi mi sono risvegliato dopo giorni in un letto di ospedale”
“Mi dispiace Yixing…”
Joonmyeon era senza parole per quello che aveva sentito. Yixing molto probabilmente, se le cose non sarebbero andate come erano andate, non sarebbe stato qui seduto di fronte a lui.
Un velo di tristezza si dipinse sul suo volto, non voleva pensare al peggio dato che adesso quel meraviglioso angelo era lì e di fronte a lui.
“Oh non esserlo, va bene così…sono ancora qui.”
“O-ok. Ma cosa è diverso adesso? E la mia presenza perché non aiuta?” domandò curioso e un po’ triste al pensiero che magari desse così tanto fastidio a Yixing.
“Non lo so, è come se ho dimenticato qualcosa di importante da fare. Come una missione, non riesco a spiegarti. Ma Luhan dice che non ho lasciato nulla in sospeso, ma non ne sono così convinto. E tu-”
Non era sicuro come spiegare a Joonmyeon quello che provava per non risultare strano, o di nuovo maleducato.
“Tu, Joonmyeon è strano da spiegare ma in tua presenza è tutto così strano, sento tante emozioni contrastanti. E questo sinceramente mi fa venire il mal di testa” dice l’ultima frase con tono scherzoso e regalandogli un sorriso che metteva in mostra le sue fossette.
Non voleva creare dell’aria tesa di nuovo, dopo aver trovato un certo equilibrio.
“Wow. Beh non so se è un bene o un male”
“Neanche io, ma per favore non offenderti”
“Yixing non preoccuparti, davvero. Guardo il lato positivo delle cose, ti sei aperto con me, il creatore del tuo mal di testa -”
“No, non vol-”
“Lasciami finire, stavo scherzando. Ti sei aperto con me, e prendo questo tutto a mio favore. Passeremo del tempo insieme. Capiremo perché ti creo emozioni contrastanti. Va bene?”
“O-ok?!”
“Bene questo è un affare!” disse risoluto.
Il pranzo continuò tranquillamente, Yixing sembrava più rilassato avendo preso confidenza con Joonmyeon. Come aveva promesso l’autore aveva pagato per il pranzo.
I due tornarono di nuovo alla macchina in avaria di Joonmyeon che per l‘ultima volta accese il quadro dell’auto e come per magia questa parti all’accensione.
“Ma che diavolo?”
“Beh a quanto pare adesso va. Voleva riposarsi un po’” Disse Yixing “Joonmyeon grazie per il pranzo e…”
“No, grazie a te”
E i due non dissero più niente, sapendo cosa volesse dire l’autore. Non c’erano più bisogno di parole.
Ma quando Joonmyeon andò via, un forte mal di testa e delle visioni sfocate si presentarono facendo barcollare Yixing che afferrò una delle panchine lì accanto per non crollare a terra.



 

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Capitolo 8
*** VIII ***



Fallen for love 8.

Le dita picchettavano con rapidità, le parole venivano digitate senza sosta come se in realtà fossero sempre state lì, pronte ad essere rivelate al mondo. L’estensione dell’opera sembrava non avere nessun intoppo.
Joonmyeon picchiettava in quei tasti inconsapevolmente con un sorriso sulle labbra, era ormai da tempo che non succedeva questo.
Il fansign aveva sbloccato quel blocco dello scrittore che Joonmyeon si portava da tempo, come se quella presenza che gli aveva permesso di scrivere durante gli anni si era ripresentata, ma adesso era più forte.
Più vera.
Oltre a Joonmyeon, ovviamente qualcun altro era felice che il lavoro stava andando bene. Ryeowook nonostante fosse impegnato a Seoul non mancava mai di accettarsi che il suo autore perdesse quell’ispirazione. Il tempo stava per volgere al termine, Settembre sarebbe stato alle porte nel minor tempo possibile, non potevano permettersi di rischiare adesso.
Quindi qualsiasi cosa fosse successa a Joonmyeon, Ryeowook non mancava di dirgli di alimentare questa ispirazione in un modo o nell’altro.
Il ricordo di quelle chiamate o messaggi pieni di ansia da parte del suo editore divertivano lo scrittore, a volte lo prendeva in giro facendogli credere che non riusciva più a scrivere, di nuovo, oppure che aveva perso tutto il suo lavoro per colpa di un virus nel suo PC.
“Kim Joonmyeon non è divertente. Jeju ti sta facendo male, non eri così prima. Che fine ha fatto il mio autore calmo e pacato? Non mi piace questo.” si lamentò imbronciandosi durante una telefonata.
Jeju lo ha cambiato?
No, non la pensava in quel modo. Era certo che era qualcos’altro.
Mentre scriveva lo sguardo si spostò sull’orologio che aveva al polso, le lancette puntavano le 21:30. Aveva scritto per tutto il pomeriggio, senza una sosta, non rendendosi conto che il sole aveva lasciato l’orizzonte dando spazio alla luna che splendeva su’ nel cielo stellato.
Realizzando l’ora incredibilmente sentì la stanchezza. Si alzò stirando un po’ i muscoli della schiena per scaricare un po’ la tensione che aveva accumulato rimanendo seduto per quelle ore. Si avvicinò al balcone della sua camera d’albergo e ammirò il panorama.
Era tutto così calmo e sereno, Joonmyeon chiuse gli occhi tirando un lungo respiro di quell’aria di mare e la prima immagine che si presentò nella sua mente era quella di Yixing.
Quel viso puro, quelle labbra che si tiravano in uno dei sorrisi più celestiali che avesse mai visto dando vita a quella adorabile fossetta.
Adorava quelle sensazioni che gli dava quel sorriso soprattutto quando era rivolto a lui o causato da lui. I due avevano passato del tempo insieme dopo l’inaspettato incontro di qualche settimana prima, Yixing sembrava essere molto più a suo agio in presenza dello scrittore e Joonmyeon ne fu felice. Perché questo per lui voleva dire tanto, aveva capito che il biondo non era una persona facile da scoprire, forse tutto questo era causa dell’incidente.
Avrebbe tanto voluto conoscerlo prima.
I suoi pensieri vennero interrotti da un brontolio del suo stomaco, era da un po’ che non metteva del cibo nello stomaco. Così decise di andare a prendere qualcosa in qualche street food.
Le bancherelle erano stracolme di turisti affamati, Joonmyeon sospirò a tale vista, non voleva di certo fare una fila infinita solo per mangiar qualcosa, ma del cibo da strada era ciò che voleva.
Quando fu il suo turno, ordinò il suo cibo da portare via, ma quando si voltò, all’improvvisto la folla cominciò a calcassi, qualcuno si scontrò contro il suo torace facendo in modo che del sugo del suo cibo traboccasse bruciando leggermente il petto, e la maglia era ormai macchiata. Joonmyeon si ritrovò a ringhiare a causa di quel pasticcio.
“Mi dispiace”  
Quella delicata voce richiamò l’attenzione dello scrittore lasciandosi alle spalle qualsiasi fastidio stesse provando per tutta quella sensazione.
Quella voce l’avrebbe riconosciuta tra tanti. Il ragazzo teneva il capo piegato in segno di scuse, con coraggio Joonmyeon afferrò delicatamente il volto del ragazzo e lo issò.
Eccolo lì in tutta la sua bellezza ultraterrena.
“J-Joonmyeon!”
“Ciao anche a te” sorrise.
Per un attimo il ragazzo rimase stordito, di certo non poteva immaginare che l’uomo che aveva urtato fosse proprio l’uomo che ormai invadeva giornalmente i suoi pensieri e talvolta le sue giornate.
Si beò di quel calore che le delicate mani stavo emanando sul suo volto.
Una macchia all’altezza del petto attirò la sua attenzione distogliendo lo sguardo dallo scrittore. Una smorfia di disappunto si dipinse sul suo volto.
“Mi dispiace…Non volevo, ti sei macchiato. Oddio ma era anche caldo? Ti sei bruciato?”
Le parole uscirono con tanta fretta e preoccupazione.
“Yixing, non preoccuparti non è nulla. Beh si ha bruciato un po’ ma non lo fa più” disse le ultime parole di fretta quando vide lo sguardo di preoccupazione sul quel volto del cinese.
“Sicuro?”
“Si, sicuro. Senti facciamo che per non sentirti in colpa, ceni con me. Facciamo il tuo ordine e ceniamo insieme!”
E così, dopo aver fatto l’ordine, Joonmyeon fece incartare il tutto da portare via, insieme si incamminarono.
“Joon, dove stiamo andando?” domandò quando vide che lo scrittore oltrepasso ben due panchine vuote.
“Dato che sei qui…e con me. Voglio portarti in un posto che avevo voglia di farti vedere.”
Erano vicino al resort dove Joonmyeon alloggiava, e proprio li vicino c’era un posto dove avrebbe tanto voluto portare Yixing. Gli era venuto in mente proprio quella sera quando osservava il panorama dalla sua stanza.
Yixing si fermò sui suoi passi quando arrivarono, osservava lo scenario con meraviglia. Aveva tanto desiderato essere lì, ma non aveva avuto tempo, o forse voglia, o forse non voleva andarci da solo.
“Togli le scarpe e le calze” disse lo scrittore mentre si piegò a togliere le sue.
In un attimo, una soffice e fresca superficie venne a contatto con il loro piedi, ogni piccolo granello si era insinuato tra le dita.
A Yixing piaceva quella sensazione, e ancor più gli piaceva la calma circostante. Lì in quella spiaggia non c’era nessuno a parte loro. L’unico suono che si sentiva era quello delle onde che si infrangevano dolcemente sulla riva.
I due non dissero nulla, mangiarono la loro cena apprezzando quello che la natura gli stava regalando in quel momento.
Quando ebbero finito, il più piccolo dei due alzò lo sguardo verso il cielo guardando le stelle che illuminavano quella grande distesa di cielo. Ne era del tutto attratto.
Gli occhi di Joonmyeon, invece, erano attratti sulla figura che gli sedeva accanto, pensava che quella visione valeva molto di più di qualsiasi cosa. Studiava attentamente il profilo del più piccolo, ogni espressione che quel meraviglioso volto dipingeva.
In quel momento il volto del più piccolo si corrugò, imbronciando impercettibilmente il labbro.
“Qualcosa non va?” domandò lo scrittore.
“Eh?” il biondo distolse lo sguardo da cielo puntandolo sul volto dello scrittore.
“Non so…hai cambiato espressione tutto ad un tratto. Qualcosa ti preoccupa?”
Per qualche secondo Yixing non proferì parola, continuò a guardare il volto di Joonmyeon, lasciando andare un sospiro.
“Non è nulla.”
“Non ti credo.”
“Non so spiegarti, Joon.”
E Joonmyeon amava quando il più piccolo lo chiamava in quel modo. Era successo qualche giorno fa e aveva sorpreso i due ma lo scrittore incitò il più piccolo di chiamarlo “Joon”.
Si sentiva più intimo, più confortevole.
“Prova. Sono qui per ascoltarti, non ho intenzione di giudicarti. Voglio solo sentire i tuoi pensieri e se posso aiutarti a risolvere qualsiasi cosa che ti disturba, voglio farlo.”
“Io…” iniziò, mordendosi leggermente il labbro cercando la forza di esprimere quello che provava “Io adoro guardare il cielo.” Disse guardando la reazione dello scrittore, con la paura di ricevere qualche espressione di divertimento.
Ma no, il più grande lo guardava come se fosse davvero interessato a quello che aveva da dire.
“Beh, si mi piace il cielo soprattutto di giorno quando si specchia nell’oceano sembra due volte più grande. Ma lo guardo con una sensazione strana che mi crea un vuoto nel cuore.”
“Tristezza? Malinconia? Nostalgia?”
“S-si”
Era davvero sorpreso di come Joonmyeon trovasse sempre le parole adatte ad ogni cosa. Forse era una caratteristica degli scrittori avere sempre le parole giuste a portata di mano ma a Yixing sembrava qualcosa in più. Credeva che lo scrittore lo riuscisse a capire, come se lo conoscesse da molto tempo.
E per quanto potrebbe spaventare, Yixing imparò, in quel poco tempo, invece che era confortevole.
“Mi tranquillizza, mi conforta ma poi…” si blocca per un attimo “Ti capita mai che ti manca qualcosa?” domandò ma senza aspettarsi nessuna risposta del più grande e continuò “È come se mi mancasse qualcosa. Ho la sensazione che il cielo sappia cos’è. E cerco delle risposte da esso. Ma so che non arriveranno mai…” sospirò beffandosi di sé stesso “È da stupidi.”
“No, non lo è. Hai passato tante di quelle cose, Yixing, negli ultimi mesi quindi è normale che cerchi risposte alle sensazioni che provi. Magari ti manca casa…la Cina.”
“Casa?” domandò riportando lo sguardo verso il cielo notturno. “Non credo che sia questo…voglio dire non ricordo nulla della Cina. Non ho nessun ricordo”
“Mi dispiace” lo scrittore si ritrovò a scusarsi non sapendo bene di che cosa. Ma vedere Yixing così combattuto, tormentato e confuso non gli piaceva.
“Non esserlo non è colpa tua se non ricordo nulla.” Disse regalandogli uno dei suoi sorrisi che tanto amava lo scrittore “E sinceramente, Joonmyeon io vorrei dirti grazie.”
“Eh? Ma non ho fatto nulla.” Disse confuso.
“Invece lo fai…Sai quando ti dissi che la tua presenza non aiuta?” domandò.
Joonmyeon non diede voce alla sua risposta perché aveva paura che qualcosa sarebbe andato storto da li a poco. Aveva paura che Yixing provasse ancora quel fastidio in sua presenza che in quei giorni solo lui aveva cominciato a provare sensazioni piacevoli in presenza del più piccolo.
“Beh, ad essere sincero lo fa ancora ma…” si affrettò ad aggiungere “è diverso. Quando provo queste sensazioni di tristezza, nostalgia…basta solo guardarti e tutto cambia. Come in questo momento…ed è strano.”
Quelle parole colpirono a fondo il cuore e lo stomaco di Joonmyeon. Non riusciva a capire esattamente cosa il più piccolo volesse dire. Qualsiasi passo falso avrebbe potuto rovinare quello che si era creato con fatica in quei giorni.
Ma Joonmyeon, aveva da tempo realizzato qualcosa.
Che tutte le sensazioni che provava in presenza dell’altro non erano altro che sentimenti per quella meravigliosa creatura.
“Yixing non ti muovere, voglio provare una cosa” disse inghiottendo il groppo che si era formato in gola.
Così, lo scrittore si avvicinò lentamente al volto del cinese. Il cuore tremava, la paura era tanta, ma per qualsiasi spiegazione se ne sarebbe preoccupato più tardi.
Le sue morbide mani avvolsero delicatamente il volto di Yixing e in un frangente le sue sottili labbra toccarono quelle carnose del ragazzo lasciando sentire la leggera pressione sulle sue labbra. Non osò chiedere l’accesso per approfondire il bacio, sapeva che quello per adesso era già tanto.
Yixing rimase lì immobile per tutto il tempo, incredulo di quello che stava succedendo. Gli occhi erano rimasti aperti testimoniando che tutto quello che stava accadendo era reale e non era un sogno.
Tremanti le mani si appoggiarono sulle spalle dello scrittore spingendolo lontano da quel contatto.
“Y-Yixing”
“N-no, no” disse il cinese portando una mano tremante sulle sue labbra calde “Non possiamo. Joonmyeon sei un uomo e i..” non sapeva cosa dire.
Tutto era confuso, non voleva questo. Lui non sapeva cosa provava per lo scrittore, quello che aveva detto in precedenza erano parole di gratitudine, non pensava di certo di innescare qualcosa del genere.
“Mi dispiace Yixing” mormorò pauroso quando percepì l’ansia e lo sgomento nelle parole e nelle azioni del più piccolo.
“ D-devo andare” si affretto a dire alzandosi, afferrando la sua roba e correndo via.
“No Yixing lasciami spieg..”
Tutto stava succedendo così in fretta, lo aveva baciato e adesso lo stava perdendo senza aver avuto l’opportunità di spiegare sé stesso.
Yixing corse ma non ebbe tempo di uscire dalla spiaggia quando Joonmyeon lo vide fermarsi ad un tratto.
Anche se in lontananza poteva percepire che qualcosa non andava con Yixing, notò che in una mossa repentina il ragazzo portò le mani alla testa e si piegò su sé stesso cadendo sulle sue ginocchia.
Joonmyeon in preda al panico si affretto a raggiungerlo, inginocchiandosi vicino a lui. Yixing era in preda al dolore, si agitava e gridava dalla disperazione.
“Y-Yixing?
“J-Joon” piangeva. Il suo volto era pieno di lacrime e doloro “p-per f-fa-favore. Fallo sme-smette…Fallo smettere!”
“Shh sono qui. Sono qui.” Disse il più grande cullando il corpo del ragazzo.
Non sapeva cosa stesse succedendo, ma quello che sapeva era che doveva portarlo in ospedale quando vide del sangue uscire dal naso e il cinese perdere i sensi.
La corsa in ospedale sembrava infinita, la paura che fosse successo qualcosa di grave gli procurava sensazioni di nausea.
Il dottor Wu, prese in consegna subito Yixing quando arrivarono, Joonmyeon capì che quell’uomo doveva essere il suo medico. Gli vennero fatte domande a cui lo scrittore non riusciva a dare delle risposte, sull’accaduto, che fu facile rispondere ommettendo le cose private, se fosse successo altre volte, o se Yixing stesse prendendo le sue medicine.
Ormai era da più di 15 minuti che era in sala d’attesa, aspettando una qualche notizia sulla salute di Yixing.
“Oddio che cosa è successo?” una voce resa stridula dal panico si propagò all’interno della sala mentre si avvicinava frettolosamente alla figura dello scrittore
“Luhan calmati” ammonì un'altra voce molto più tenue.
“C-come posso calmarmi? Il mio caro Yixing sta male…dopo tutto quello che ha passato.” Le lacrime stavano cadendo “S-Suho dimmi cosa è successo? Come sta?” domandò rivolgendosi allo scrittore.
“Eravamo in spiaggia e…”
“Signor Kim Joonmyeon”
La voce del dottor Wu richiamò la sua attenzione quando uscì dalla stanza di degenza. In quel momento ringraziò Dio per l’intervento del dottore perché sinceramente non sapeva come spiegare cosa era successo.
“Dottor Wu.” Chiamò Luhan prima che lo scrittore potesse rispondere “Come sta?”
“Oh, Luhan sei qui. Sta bene, è stabile. Lo tratterremo qui per una notte sotto osservazione. Non c’è nulla che non va con Yixing. Penso proprio che è dovuto tutto ad uno stress emotivo.”
Stress emotivo.
Quella parola colpì duramente Joonmyeon facendolo sentire in colpa.
“Grazie a Dio non è nulla” disse il cinese mentre si lasciò cullare dall’abbraccio del suo fidanzato.
Joonmyeon si ritrovò ad assistere a quell’atto di affetto tra i due e si ritrovò a pensare se avrebbe mai avuto questo tipo di opportunità con Yixing.
Il mattino dopo Yixing era sveglio, Luhan era stato nella sua camera a coccolarlo e dirgli che grosso spavento gli avesse fatto prendere.
Mentre Joonmyeon era fuori dalla stanza a parlare con il dottor Wu sulle condizioni del ragazzo.
“Come si sente il mio paziente preferito?” domandò il dottore mentre entrò in stanza seguito dallo scrittore.
I loro sguardi si incontrarono e chiaramente dicevano “mi dispiace”.
“Meglio, dottor Wu”
“Bene. Stavo parlando con il signor Kim delle tue attuali condizioni, Yixing. Esigo assoluto riposo per qualche giorno, non voglio che tu stia da solo per un eventuale ricaduta.”
“Posso stare con lui non è un problema” disse Luhan.
“Perfetto!”
“In realtà…” pronunciò Yixing con una debole voce che fece stringere il cuore dello scrittore “vorrei rimanere con Joonmyeon”
Quelle parole lasciarono in turbamento sia lo scrittore che l’amico, l’uno e l’altro per diverse ragioni.
“Ma Yixing…”
“Luhan, sarai impegnato con la libreria e hai una casa e un ragazzo di cui prenderti cura. Non voglio che ti aggravi con altri impegni. Se per Joonmyeon va bene vorrei rimanere con lui.”
Ovviamente per lo scrittore andava più che bene, era sorpreso dalla decisione di Yixing ma non disse nulla.
Quel giorno lo portò con sé, avrebbe soggiornato con lui nella sua camera. Joonmyeon aveva pensato che sarebbe stato meno stressante sia per lui che per Yixing. Lì l’aria era molto calma ed era quello che serviva al più piccolo.
Quando bussò alla porta della camera da letto, per riprendere il vassoio del cibo che aveva ordinato, trovò Yixing dormire beatamente. Avanzò silenziosamente, si avvicinò al corpo disteso sul suo letto e sistemò il lenzuolo che copriva malamente il biondo.
Con delicatezza passò una mano sulla fronte del più piccolo spostando la frangia biondiccia e lì, su quella pallida pelle posò un leggero bacio.
“Mi dispiace” mormorò.
Gli dispiaceva di amarlo? Gli dispiaceva di averlo baciato? Gli dispiaceva dello stress emotivo che gli aveva procurato? Gli dispiaceva che Yixing non avrebbe ricambiato i suoi sentimenti?
Tante domande gli invadevano la mente mentre chiudeva la porta della stanza dietro di sé, pronto a tornare a scrivere quel romanzo che di certo avrebbe avuto qualche nota amara tra le sue pagine, qualche lacrima di tristezza intrisa nell’inchiostro.
Quello che non sapeva era che all’interno di quelle camera qualcun altro era dispiaciuto, e stava versando silenziose lacrime.
“Mi dispiace”.
 

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Capitolo 9
*** IX ***



Fallen for love 9.

I giorni passarono e Yixing stava recuperando le forze alla grande, grazie all’aiuto di Joonmyeon.
Il giorno dopo la prima notte, Yixing voleva togliere il disturbo, pensando che aver chiesto a Joonmyeon di voler stare con lui era un po’ troppo.
Suonava come una pretesa, e soprattutto non voleva che si alzasse un muro di silenzi imbarazzanti. Aveva pensato per tutta la notte quello che era successo, le scuse sussurrate di Joonmyeon e di come poté catturare il senso di colpa in quel semplice “mi dispiace”.
Gli occhi di Yixing si riempirono di calde lacrime e quello che poteva fare era solo piangere, credendo che l’unico a sentirsi in colpa doveva essere lui. E non capiva neanche il perché.
La mattina seguente tutto era così calmo, nessun suono si riusciva a sentire in quella camera. Pensò che lo scrittore stesse ancora dormendo, domandandosi dove esattamente. L’unica stanza con un letto era dove lui aveva passato la notte. Il cuore gli si strinse al solo pensiero che Joonmyeon avesse potuto dormire sul divano.
Per quanto la stanza appartenesse ad un resort era pur sempre per una sola persona.
Lasciando andare un sospiro era pronto ad alzarsi, ringraziare Joonmyeon e andare via. Ma un bussare alla porta lo fermò sul posto, la porta si aprì e una chioma nera si fece spazio rivelando il dolce viso dell’uomo più grande.
“Oh sei sveglio” disse questo con una leggera sfumatura di allegria nella voce accompagnata da un sorriso.
Yixing non rispose, si morse le labbra, abbassò gli occhi puntandoli sul lenzuolo bianco e face un cenno con la testa.
“Bene. Come ti senti? Hai ancora mal di testa?” disse mentre si avvicinava al letto con un vassoio pieno di succo di frutto, latte, biscotti, marmellate e quant’altro servisse a una prima colazione.
“Meglio, grazie.”
“Ho fatto portare un po’ di colazione dal servizio.”
Yixing guardò il vassoio pieno di qualsiasi tipo di pietanza opportuna per la prima colazione, dal dolce al salato.
“Non guardare così, lo so è un po’ troppo ma non sapevo cosa preferissi così nel dubbio…” disse imbarazzato portando una mano dietro la nuca.
“Tranquillo, Joonmyeon, è già tanto quello che fai. Portandomi qui da te e prendendoti cura…cura di me. Non avevi bisogno di preoccuparti per la colazione, davvero. Anzi vorrei…”
Ansia, quello che stava provando in quel momento era ansia, mista con paura e qualcosa che da lì a poco gli avrebbe rotto il cuore. Sapeva benissimo cosa voleva dire, ma quello che non sapeva era la risposta che gli avrebbe dato lo scrittore. Se anche per lui era il momento che il cinese togliesse il disturbo o…
“Vorrei ringraziarti, credo che sia stato inopportuno e una pretesa volere che fossi tu a prenderti cura di me e di avermi qui. Non volevo essere un peso, non volevo disturbarti, mi dispiace…”
Yixing stava buttando lì parole che per lo scrittore non avevano senso, lo guardò corrugando la fronte, posò il vassoio ai piedi del letto e si avvicinò al ragazzo.
“Adesso tolgo il disturbo” disse mentre cercò di alzarsi dal letto.
Joonmyeon prontamente posò una mano sulla spalla del cinese e bloccò la sua azione.
“Tu non vai da nessuna parte. Da dove ti vengono questi stupidi pensieri?!”
Si sedette al margine del letto lasciando uno spazio confortante tra i due ma le sue mani andarono a catturare quelle del più giovane accarezzandole dolcemente.
“Yixing, quando hai detto che volevi che fossi io a prendermi cura di te, sono stato più che felice di poterlo farlo. Non sai neanche cosa ho sentito in quel momento, quando hai scelto me invece del tuo migliore amico. Me, capisci? Un estraneo a confronto.”
“N-non sei un estraneo…” mormorò
“No, non lo sono, ma ancora…lasciami finire. Mi sentivo così in colpa per quello che ti era successo ieri, ho avuto paura.”
“Non è colpa tua.”
“Ma cosa se…”
“No, Jun. Hai sentito il dottor Wu? Era solo stress…”
Si stress emotivo voleva tanto rispondere lo scrittore, ma preferì non dire nulla. Rimasero un po’ in silenzio, Joonmyeon continuava a tenere le mani del più piccolo accarezzandole e a Yixing quel contatto, che all’inizio gli portò un brivido per tutto il corpo, non gli dispiaceva, anzi lo stava rilassando.
“Non voglio che te ne vai. Non ti sei ripreso e non voglio che tu esca da questa stanza, mi prenderò cura di te. Perché voglio Yixing”, si affrettò a dire prima che il più piccolo potesse anche solo provare ad obiettare.
A quel tono deciso Yixing non poté che stare in silenzio e assecondare il più grande.
“Bene, adesso che abbiamo chiarito che non sei un peso. Facciamo colazione che qui qualcuno sta protestando” disse scherzosamente l’autore indicando lo stomaco del cinese che di rimando sorrise imbarazzato.
Trascorsero una tranquilla colazione, tra chiacchiere leggere e risate.
E così continuarono i giorni successivi, Joonmyeon che si prendeva cura di Yixing, dandogli attenzioni e non facendogli mancare nulla. Dal canto suo Yixing si sentiva così grado per tutto quello che lo scrittore stesse facendo che non sapeva come ripagarlo.
L’unica cosa che poteva fare era lasciarsi andare, cercare di conoscere davvero quell’uomo. Andare oltre le impressioni che aveva avuto in quei mesi, lasciare andare quelle paure. Voleva avvicinarsi a Joonmyeon ed era deciso a farlo.
Lo scrittore sembrava felice del cambiamento che il giovane cinese stava assumendo, a tal punto da pensare che quel bacio non fosse stata la decisione peggiore che avesse mai preso nella sua vita.
Non mise nessuna pressione alle azioni di Yixing, anzi lo assecondava facendo in modo di non farlo sentire mai imbarazzato. Erano piccoli passi, piccoli mattoni che stavano costruendo qualcosa di importante. Almeno questo era quello che sperava l’uomo.
Una sera, Yixing che si sentiva sempre più in forma, aveva riacquistato le sue forze, voleva uscire da quella stanza, fare qualcosa di diverso, anziché riposare e poltrire qua e là.
Così convinse Joonmyeon di andare a cena fuori, un po’ incerto lo scrittore acconsentì dopo le svariate assicurazioni sul suo stato di salute, su quanto si sentisse abbastanza in forma da passare qualche ora fuori.
La cena trascorse tranquillamente, Joonmyeon portò il più piccolo in un ristorante vicino al mare volendo che si gustasse una cena vera e propria invece di cibo da strada comprato in qualche bancherella.
Non c’era tanta confusione all’interno del locale, così i due non ebbero difficoltà a comunicare e a godersi la cena nel migliore dei modi. Tutto era così squisito, dalle pietanze all’atmosfera che li circondava.
Quando Joonmyeon si allontanò per andare a pagare il conto, Yixing aspettò in disparte avvicinandosi alla grande finestra vicino al tavolo dove avevano consumato la loro cena. La finestra dava sul mare, guardò lontano, cercando l’orizzonte in quella grande distesa d’acqua nera, un lieve venticello si scontrò con i suoi lineamenti facendogli chiudere gli occhi nella beatitudine.
Con la vista fuori uso in quel momento, gli altri sensi erano allertati. L’udito catturò il rumore delle onde che si schiantavano sugli scogli e l’olfatto si inebriava di quell’odore di salsedine caratteristica della zona di mare.
Si rilassò a quelle sensazioni, era da un po’ che non sentiva quel tipo di pace. Da quando si era svegliato dal suo coma era tutto troppo stressante, c’era così tanto rumore nella sua testa che non gli permetteva di rilassarsi e con l’arrivo di Joonmyeon quei fastidi si erano accentuati.
Ma adesso, sembrava che tutto sarebbe andato nei migliori dei modi.
Il tatto, già il tatto in quel momento aveva percepito qualcosa. Si era teso per un momento alla presenza estranea ma riuscì ad intuire che quel palmo morbido che stava toccando la sua mano, posizionata sulla ringhiera, era di Joonmyeon.
“Va tutto bene?”
Nessuna risposta venne udita, allarmando così lo scrittore.
“Yixing…”
“Si, Joon.” Tirò un lungo respiro “Va tutto bene. Sto bene” disse riaprendo gli occhi incontrando quelli preoccupati dell’uomo.
Non dissero più nulla, il silenzio confortevole li accompagnò per tutto il tragitto verso la camera del resort.
Quando entrarono in camera e andarono a prepararsi per la notte, Yixing uscendo dal bagno notò che lo scrittore era già davanti al suo laptop mentre digitava appassionatamente le lettere.
Aveva catturato spesso il più grande fare il suo lavoro nell’arco delle giornate, non lo aveva mai disturbato, non voleva che magari per colpa sua avesse perso il punto o l’ispirazione. Così si trovava sempre ad ammirarlo da lontano, studiando i suoi lineamenti perfetti che ogni tanto si corrugavano quando qualche frase scritta non suonava di suo gradimento.
Ma quella sera era diverso. Yixing guardò l’orologio appeso al muro era quasi mezzanotte, da quando aveva soggiornato lì Joonmyeon aveva preso posto sul divano lasciando il letto all’ospite, e non gli sembrava corretto. E inoltre non voleva che finisse così quella serata, qualsiasi cosa che Joonmyeon stesse scrivendo poteva benissimo farlo anche sul letto della sua stanza.
“Ehy!”
“Ehy, stai bene?”
“Sembri Luhan.” Disse ridacchiando un po’ pensando all’ultima volta che il suo amico si prese cura di lui “Sempre così molto apprensivo” spiegò.
“Scusa…”
“No, no, va bene così… mi fa piacere che ti preoccupi.”
Il silenzio si impadronì di nuovo di loro, Yixing si avvicinò al tavolo dove Joonmyeon era seduto lasciandosi cadere su una delle sedie.
“Devi per forza farlo a quest’orario?” domandò lanciando un accenno verso al dispositivo.
“Oh…È sempre il momento giusto quando arriva l’ispirazione”
“Non potresti scrivere su un posto più comodo?”
“È comodo, ma forse…” guardò l’ora “si magari potrei continuare sul divano.”
Disse mentre si alzava per andare a preparare il suo “letto”. Yixing non sapeva come dirglielo, non voleva che dormisse lì, su quel divano che per quanto sembrasse comodo era pur sempre un divano.
“Potresti…” iniziò fermandosi per un secondo mordendosi il labbro inferiore “Potresti continuare di là?! Sul letto. Sul tuo letto.”
“C-cosa? No, Yixing va bene così, non voglio che tu stia sul divano.”
“Ma io voglio che tu stia sul tuo letto. Potresti…È abbastanza grande per due quindi…” concluse dando uno sguardo speranzoso verso lo scrittore.
Era tutto così imbarazzante che non sapeva neanche lui perché lo stesse facendo.
“Ne sei sicuro?” domandò lo scrittore per accettarsi che Yixing dicesse sul serio e che in realtà non fosse frutto della sua immaginazione. Ma quando il più piccolo fece cenno con la testa, era sicuro che tutto questo fosse vero. Così rilasciò un sorriso di gratitudine.
Quando i due furono a letto, Joonmyeon continuò il suo lavoro e, Yixing sdraiato guardava lo scrittore.
“È arrivata molto spesso ultimamente” spezzò il silenzio
“Mh? Chi?” disse lo scrittore abbassando leggermente gli occhiali da vista che stava indossando per riuscire a guardare meglio il più giovane.
“L’ispirazione. Cosa stai scrivendo?”
“Oh si, ultimamente ho trovato la mia musa.” Disse guardando direttamente gli occhi del cinese per fargli capire che la sua unica musa era lui. “Il mio nuovo romanzo”
“Oh! Di che cosa parla?”
“Amore, Yixing. Parla di amore.” Disse chiudendo il suo laptop posandolo sul comodino alla sua destra.
“E…e hai conoscenza di questo argomento?” domandò.
Non sapeva neanche lui perché avesse posto quella domanda fin troppo sfacciata, personale, intima. Ma voleva sapere, voleva conoscere Joonmyeon. Chi era veramente.
“No. No finché…” finché non ho conosciuto te  “Finché non sono arrivato sull’isola, sono qui per questo…” disse lasciando andare un piccolo sbadiglio “ Il mio editore mi ha spedito qui, lontano da Seoul, per trovare la giusta ispirazione che mi permettesse di scrivere un romanzo sull’amore.”
“Seoul non era in grado di darti la giusta ispirazione?”
“No, non proprio. Ho avuto un’infanzia e un’adolescenza particolare, quasi privo d’amore se non fosse stato per quello di mio fratello ma poi per il resto…” lasciò andare un sospiro ricordando i suoi genitori.
“Dai dormiamo che è tardi” cercò di chiudere lì la discussione, non volendo rovinare la meravigliosa serata con della storia triste.
“Ma..ma voglio sapere.” Yixing domandò timidamente.
“Non c’è molto da sapere. Una famiglia priva d’amore, io diverso dagli altri, estraniato nel mio mondo composto solo da una penna, un quaderno e…” portò una mano al petto corrugando la fronte pensando a quello che stava per dire.
“E un qualcosa che ho amato ad avere accanto per molti anni. Un aurea che mi dava sicurezza, coraggio, forza…Qualcosa di davvero profondo, platonico e oserei dire spirituale che ho amato finché non ho sentito che mi aveva abbandonato. Ma qui, in quest’isola l’ho trovata.”
“Hai trovato..?”
“Trovo che è ora di dormire. È davvero tardi. Buona notte Yixing.” Concluse, chiudendo gli occhi senza lasciare il modo al più piccolo di controbattere.
L’espressione del più piccolo si corrugò, domandandosi perché gli avesse dato quella risposta. Forse era stato troppo impertinente con le sue domande? Aveva offeso in qualche modo Joonmyeon? Non si fidava abbastanza per dargli una risposta vera e sincera?
La sua espressione si rilassò, mentre comprese che il più grande era caduto nel mondo dei sogni.
Sospirò continuando ad osservare la figura dell’uomo che gli dormiva accanto, studiò ancora per la millesima volta, da quando era lì, il suo profilo. Portò il suo dito indice verso il volto addormentato dello scrittore e percorse il profilo, senza realmente toccarlo, tracciando delle linee immaginarie. Costatò che Joonmyeon era davvero perfetto. Una bellezza pura ed eterea.
Con quell’immagine perfetta si lasciò cullare anche lui nel mondo dei sogni.




NA: Buonsalve!! Non manca molto alla fine della storia. 
Voglio solo ringraziare chiunque stia leggendo,  spero che sia di vostro gradimento. <3

 

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Capitolo 10
*** X ***


 



Fallen for love 10.

Correva in un lungo e stretto corridoio buio, correva a perdifiato. Aveva perso qualcosa e sapeva che alla fine lo avrebbe ritrovato. Correva e correva, le mura era sempre uguali, sembrava che non finisse mai. Stremato si fermò, si accasciò a terra e iniziò a piangere, un’aura tenue di calda luce gli si presentò d’avanti. “Vai! Corri! Non devi fermarti, segui il tuo cuore” l’aurea gli indicò il percorso e poi scomparve. 
Pieno di nuova forza e coraggio ricominciò a correre, ad un tratto vide un punto luminoso lontano, un sorriso gli si dipinse sul volto, “Eccomi, sto arrivando”. 
Si avvicinava sempre più, iniziava a scorgere una figura in mezzo a quella luce, non smetteva di correre, era così vicino che riusciva a vedere i suoi capelli, a scorgere il suo profilo poi, ad un tratto non sentì la terra sotto ai piedi e cominciò a cadere. “Perché non ho le mie ali?!”

“Yixing, Yixing tranquillo, calmati. Era solo un sogno.
La sveglia segnava le 3 del mattino, dalla finestra si vedeva il mare appena rischiarato. Era quella luce formata dai primi raggi lontanissimi e dal bagliore della luna, una luce tenue, argentea.
Il cinese sussultava ancora, singhiozzava nervosamente e lacrime copiose scendevano sul suo viso.
“Joon, Joon, io…io” non riusciva a parlare, non riusciva a ricordare perché stesse piangendo, ricordava solo il profilo dell’uomo che aveva sognato.
“Yixing, va tutto bene, è stato un brutto sogno”
Lo scrittore si trovò spiazzato a quella scena, guardare Yixing in quello stato lo intenerì così decise di stringere le braccia attorno al corpo del più piccolo, che, dal canto suo, appoggiò la testa nell’incavo del collo. Stretto tra quelle braccia si trovò in pace con sé stesso, smise di piangere e sussultare, ma non lo lasciò andare. Chiuse gli occhi e si beava di quel calore e di quell’affetto che i più grande gli trasmetteva. Nella sua testa una voce gli ripeteva “Segui il tuo cuore”.
“Yixing, cosa hai sognato? Vuoi dirmelo?” gli chiese sottovoce Joonmyeon
“Non lo ricordo più. Ricordo solo una cosa”
“Cosa?”
“Una frase. Qualcuno che diceva che dovevo seguire…”
“Dovevi seguire cosa?”
Joonmyeon attese una risposta che non arrivò, non disse nulla e continuò ad aspettare. Quando si decise a chiedere nuovamente le parole gli si bloccarono sulle labbra.
“Non ricordo Joonmyeon, non ricordo…” disse stringendosi di più nell’abbraccio.
Non aveva la più pallida idea di cosa volesse dire quella frase. Perché doveva seguire il suo cuore? Per cosa? Non lo sapeva.
In quel momento voleva solo dimenticare quel sogno che lo aveva agitato.
“Ok, va bene. Adesso ritorna a dormire” mormorò all’orecchio del più giovane accarezzandogli il capo per farlo calmare.
Il mattino dopo, consumarono la colazione nel giardino del resort. L’aria a quell’ora del mattino non era tanto afosa, permettendogli di godersi il tempo.
Joonmyeon osservava Yixing che sembrava perso nel suo mondo, era ritornato silenzioso come ai tempi che lo aveva conosciuto. Non era di certo il meraviglioso, sorridente ragazzo che aveva imparato a conoscere in quella settimana.
Sembrava essere ancora turbato dal sogno della sera prima.
“Yixing stai bene?”
“Eh? Oh…si.” disse destandosi dai suoi pensieri.
“Ne sei sicuro? Sembravi così perso. Forse il sogn..”
“No, no. Te l’ho detto non lo ricordo. Stavo solo pensando che forse è ora di ritornare a casa. Alla mia vita.”
“Cosa?”
Lo sguardo del più grande si corrucciò inavvertitamente. Non voleva che Yixing se ne andasse, in quei giorni si era abituato alla presenza dell’altro. Sembrava tutto così naturale, come se stare insieme nello stesso posto, nello stesso tempo e prendersi cura del più piccolo fosse stata la cosa più naturale, si sentiva come se fosse stato creato per questo motivo.
Ma in fondo sapeva che Yixing non poteva rimanere per sempre lì, aveva una vita e un lavoro.
“Sto meglio. Non ho avuto ricadute da quando sono qui. Ti sei preso cura di me in modo più che eccellente e te ne sono grato. Ma adesso sto bene.”
“Già…” mormorò. Non aveva parole per confutare l’opposto. Yixing stava bene e non aveva più bisogno di lui.
“Ehy, Joon cos’è quella faccia? Non sto scomparendo. Continueremo a vederci come abbiamo sempre fatto, solo che non sarò qui. E a proposito ancora grazie. Grazie di tutto.”
“Lo so, è che… È che mi ero abituato alla tua costante presenza.” Disse arrossendo un po’ a quella confessione. “E inoltre smettila. Smettila di ringraziarmi. Non hai fatto altro per tutta la settimana. Ho fatto tutto perché volevo e non perché volessi la tua gratitudine.”
“Sei un caro ragazzo.” Pronunciò Yixing portando la sua mano su quella dello scrittore che teneva sul tavolo, accarezzandola con affetto.
Da quella mattina erano passati quattro giorni.
Yixing aveva ripreso il suo lavoro in libreria, nulla di affaticante, dato che Luhan si occupava di tutto quello che poteva essere “pericoloso” per Yixing.
“Sto bene posso…”
“No non puoi” in quel modo lo zittiva e iniziava a lavorare senza prestare attenzione alle lamentele del più piccolo.
Yixing si sentiva un po’ offeso da quell’atteggiamento, non voleva essere trattato come una bottiglia di cristallo pregiato che da lì a poco poteva frantumarsi. Non era un malato terminale, non sarebbe morto da un momento all’altro.
In quei giorni si rese conto di quanto Joonmyeon e Luhan fossero diversi. Diversi nel modo in cui si prendevano cura di lui.
Luhan: mamma chioccia protettiva, fin troppo, quasi a soffocarlo.
Joonmyeon: attento, ma mai opprimente.
Parlando di Joonmyeon lo aveva visto quest’ultimo lunedì quando ricominciò a lavorare, era venuto a trovarlo per verificare come se la stesse cavando il più piccolo e che impatto avesse avuto il rientro. Nei giorni a seguire, non si era fatto vedere, qualche messaggio ma nulla di ché. A quanto aveva intuito, il più grande era occupato con il suo romanzo e non poteva perdere del tempo.
Yixing al solo pensiero che significasse quello che pensava , al solo pensiero che fosse una perdita di tempo per lo scrittore si incupì, perché sperava che Joonmyeon non la pensasse così.
Ammise a sé stesso che in qualche modo gli mancava la presenza costante del più grande, i suoi sorrisi, la sua voce, i suoi occhi.
Forse Joon non è l’unico che si era abituato alla presenza dell’altro” pensò “È davvero un ragazzo fantastico. Un ottimo…amico”  
Le labbra si arricciarono alla parola “amico” che gli saltava in mente, non sapeva perché ma suonava così sbagliata quella parola, amico, ma era certo che lo scrittore era ormai un amico dopo tutto questo tempo.
“Zhang Yixing!” una voce veterana lo destò dai suoi pensieri.
“S-si signor Lee?”
Il vecchio signor Lee si posizionò davanti a lui, lo guardò con fare inquisitorio come se stesse valutando qualcosa.
“Vedo che stai meglio, figliolo.”
“Si signor Lee, grazie” rispose sorridendo gentilmente.
“Bene. Mi servi in forma per quello che sto per chiederti.”
Yixing alzò le sopracciglia sorpreso e curioso per quello che il signor Lee doveva dirgli. Pensando che si trattasse di qualche commissione da fare.
“Ti voglio a Seoul. Nella libreria che gestisce mia figlia. Qui non c’è tanto da fare e Luhan e io possiamo prendercene cura. Ma a Seoul mia figlia ha bisogno di una mano per un po’ di tempo, essendo incinta non riesce a fare molto quindi per non assumere altro personale, ti trasferisco lì.”
A quella dichiarazione Yixing restò sorpreso, avrebbe pensato di tutto ma non quello che il signor Lee gli aveva appena detto.
Aveva desiderato di andare a Seoul, ricordava ancora quando andò alla posta per una commissione e pensò che sarebbe stato bello stare nella grande metropoli. Ma adesso, suonava in qualche modo sbagliato, era una stonatura.
Non voleva lasciare Jeju.
“Parti questa domenica, è stato tutto organizzato non devi preoccuparti di nulla. Devi solo preparare la valigia.”
Con questo il vecchio voltò le spalle e tornò nel suo ufficio a sbrigare della burocrazia. Yixing era del tutto stordito a tal punto da non sentire Luhan.
“Yixing. Xing!!” il più grande scosse il più piccolo dal braccio per attirare la sua attenzione.
“Cosa?”
“COME COSA? SEOUL. NON PUOI LASCIARMI QUI DA SOLO. COME FARÒ SENZA DI TE? CHI SI PRENDERÀ CURA DI TE? “
“Luhan, calmati.” Disse con tono di voce piatto.
“CALMARMI?! COME FACCIO A CALMARMI? SEOUL…”
“Seoul? Qualcuno va a Seoul?” una nuova voce si propagò all’interno della libreria.
I due si voltarono vedendo all’ingresso la figura sorridente di Joonmyeon che si incamminava sornione verso di loro, con uno sguardo divertito per lo strambo comportamento di Luhan.
“Vai a Seoul Luhan?”
“Che ci fai qui?”
Domandarono all’unisono l’autore e Yixing.
Joonmyeon si arrestò a pochi centimetri da loro guadandolo accigliato. Non si sarebbe mai aspettato una reazione del genere dal più piccolo.
“Yixing!” rimproverò Luhan trovandosi spiazzato anche lui dal tono di voce che l’amico aveva usato con l’autore. “E no Suho, non sono io che vado a Seoul ma…” iniziò rompendo la tensione improvvisa che si era creata ma non riuscì a finire.
“Luhan, non hai nulla da fare?”
“Cosa? Ma Yixing…”
“Voglio parlare da solo con Joonmyeon. Puoi coprirmi?” domandò ritornando ad assumere un tono di voce pacato.
“Certo.”
Così Yixing prese il suo telefono dal bancone e si fece strada verso l’esterno dopo essersi assicurato che lo scrittore lo stesse seguendo. Nessuno dei due osò dire una parola mentre camminavano verso nessuna meta. Joonmyeon aveva paura che se avesse detto qualcosa avrebbe sconvolto il più piccolo. E Yixing si sentì terribilmente in colpa per come si era comportato qualche minuto fa.
Quando il signor Lee aveva buttato la bomba, l’unica cosa che gli venne in mente era Joonmyeon. Andare via da Jeju significava non vedere più lo scrittore per il resto del mese e sentiva che questo era terribilmente sbagliato e non capiva il perché.
“Non avrei dovuto. Mi dispiace” spezzò il silenzio. Si voltò verso l’uomo che lo stava guardando confuso “Per prima cosa, non avrei dovuto usare quel tono verso di te. Sono successe troppe cose, tutte una dietro l’altra e mi sentivo sottopressione…E poi tu non sei venuto in questi giorni ma hai deciso di presentarti proprio in quel momento…ogni tanto il caso è…è…le coincidenze sono…sono…sono così…”
“Ehy, ehy…va bene Yixing. Va tutto bene”
“No, non va tutto bene. Smettila di essere sempre comprensivo su tutto ciò che mi riguarda. Non ti meriti i modi in cui io ti tratto oh…oh Dio, Joonmyeon che diavolo mi hai fatto? Sento che potrei impazzire da un momento all’altro e non so neanche il perché. Cosa vuoi da me? Dimmi cosa vuoi da me?”
A quelle domande calò di nuovo il silenzio. Si erano fermati, uno di fronte all’altro, occhi puntati negli occhi, si guardavano con diverse emozioni.
Quelli di Yixing erano pieni di lacrime, pronti a fuoriuscire ma si trattenne nel farlo dandosi dello stupido per reagire in quel modo. E quelli di Joonmyeon erano pieni di preoccupazione e soprattutto d’amore.
“Ti amo.”
Venne fuori così, senza i preamboli che ogni scrittore che si rispetta avrebbe potuto usare, senza essere il Mr Darcy della situazione, senza orpelli e giri di parole, senza spiegare il perché il come e il quando, venne fuori così, non ce la faceva più a trattenere quelle semplici ma terribilmente piene di significato poche sillabe.
“C-cosa?” domandò il più piccolo con lo stesso sguardo che gli mostrò quella notte in spiaggia.
“Si Yixing. Dal primo momento che ho incontrato i tuoi occhi ho capito che eri una persona speciale, sotto ogni aspetto. Sei diverso da ogni essere umano che io abbia mai conosciuto.
I tuoi sorrisi così eterei, l’aurea che emani mi fa sentire tranquillo, come lo ero anni fa. C’è qualcosa di così famigliare in te che mi ha fatto pensare che mi appartenessi .
E ogni tuo sorriso, ogni tua parola, ogni tuo gesto ha colpito proprio qui, dentro a questa gabbia toracica. Hai penetrato il mio cuore dandogli vita e facendogli capire che cos’è l’amore. Non so cpsa sia stato, so solo che quando ho varcato quella soglia per la prima volta ho sentito qualcosa, mi sentivo stranamente tranquillo a mio agio, quando ho incontrato i tuoi occhi mi sentivo a casa. E non mi importa se tutto questo è sbagliato, non mi importa cosa dirà la gente o se la mia carriera ne risentirà, ciò che mi importa sei tu. Non so spiegare, è il colmo, uno scrittore sa sempre come spiegare le cose, ma è difficile spiegare quello che senti alla persona per cui lo senti. Io ti amo Yixing.”
Ogni parola che Joonmyeon diceva era come un pugno tirato allo stomaco di Yixing. Gli occhi, dapprima pieni di lacrime, adesso le stavano lasciando andare, come fossero gocce di rugiada argentei.
“Mi hai chiesto se fossi un esperto in amore. Be’ no! Non lo ero finché non ti ho incontrato. Hai ispirato ogni singola parola scritta in quel romanzo.”
Yixing cominciò a scuotere il volto, non voleva sentire più nulla, ogni parola lo faceva sentire strano.
Non sapeva neanche cosa provasse era tutto un gran caos dentro di sé.
Joonmyeon si avvicinò, afferrando il volto del più piccolo delicatamente spazzò via con i pollici le lacrime che gli rigavano la morbida pelle. Ma a quel tocco Joonmyeon sentì quanto Yixing si era irrigidito e questo gli fece perdere un battito.
“Yixing ti prego…”
“Non posso Joon. Non posso.” Disse iniziando a tremare.
Fu allora che Joonmyeon capì che Yixing aveva paura, e quella era l’ultima cosa che avrebbe voluto che il più piccolo sentisse.
Nel modo più cauto si avvicinò, aveva sempre rispettato Yixing e lo avrebbe fatto anche adesso. Anche se questo significasse che sarebbe stato lui a soffrire.
Prudentemente per paura di una reazione negativa appoggiò le labbra sulla fronte del più piccolo, con sorpresa Yixing non si scostò, ma sempre più lacrime piene di singhiozzi veniva giù.
“Va bene così…” mormorò “Non piangere, ti prego. Va bene, davvero. Ti amo troppo per forzarti in qualcosa che non vuoi.” concluse lasciando un leggero bacio sulla fronte “Adesso vado.”
Quando Joonmyeon si voltò, scomparendo pian piano in lontananza, Yixing portò la sua mano sinistra in un pugno all’altezza del cuore lasciando piccoli colpi sul torace.
Pianse, pianse per i due giorni a seguire. Maledicendosi per essere un codardo, per non capire quello che realmente provava, per non aver avuto modo di dire a Joonmyeon che sarebbe partito. Si erano lasciati in un modo così brutto, non si erano più sentiti da quel giorno.
L’unico testimone di tutte quelle lacrime era Luhan, aveva visto l’amico sconvolto come non mai. Lo aveva abbracciato per tutta la notte, avendo deciso che non avrebbe mai e poi mai lasciato il suo amico in quelle condizioni.
Non aveva insistito nel fargli raccontare cosa fosse successo, ma lo sapeva. Lo aveva compreso da tempo.
Il modo in cui lo scrittore gli sorrideva, come lo guardava, il tono che usava per rivolgersi a lui e il come si prese cura di Yixing. Era tutto così palese agli occhi di Luhan, ma non al suo piccolo Yixing che era troppo ingenuo, troppo puro, e troppo all’oscuro di certe cose.
Ma era sicuro che lo avrebbe capito un giorno o l’altro e magari si sarebbero rincontrati. La sua nonna gli diceva sempre: “有情人终成眷属 “*
E Luhan ci credeva in quel detto.
“Xing, per favore smettila”
“Non posso, devo fare la valigia il volo e tra 4 ore” disse singhiozzando silenziosamente provando a non farsi scoprire.
“Non intendo la valigia. Smettila di piangere, ti verrà un grosso mal di testa.”
“Non sto piangendo…” mormorò
Luhan non disse nulla, voleva tanto schermirlo, silenziosamente lo abbraccio da dietro e strinse finché il più piccolo non la smise di singhiozzare e Yixing ne fu grato per quel conforto.
“Gliel’hai detto? Di Seoul?” domandò dopo un po’ senza mai staccarsi dall’abbraccio.
“No” mormorò
“Stupido, perché? Deve saperlo, lo merita”
Yixing non disse nulla, sospirò cercando di regolarizzare il respiro.
“Hai paura?”
“Tanta…”
“Ti ama?”
“Si”
“E tu lo ami?”
A quella domanda non rispose, era tutto troppo confuso, troppo sconosciuto.
“Come fai a capire se ami qualcuno? Come sai che ami Sehun?” domandò 
“Lo so e basta. Non ho bisogno di pensarci tanto…Basta aprire quello che hai qui” disse mentre alzò le mani portandoli all’altezza del cuore “Aprilo Yixing e capirai”.
Non dissero più niente, continuarono a sistemare la valigia e quando tutto fu pronto un taxi portò via Yixing verso l’aeroporto.
Luhan guardò l’auto andare via e raccolse il cellulare dalle tasche

A: Autore Suho
Sta partendo. Vai all’aeroporto.
Adesso.
 
Yixing con il peso nel cuore era arrivato a destinazione, diede qualche won al tassista e si incamminò dentro l’aeroporto. Si bloccò all’ingresso, guardandosi alle spalle pensando a cosa stesse lasciando in quel posto. Non aveva nessun ricordo prima dell’incidente ma ne aveva costruiti tanti in quei mesi.
Il pensiero andò a quando si svegliò in quel letto di ospedale e ciò che sentì. Sentì che aveva una missione da compiere, come se gli fosse stata data un’opportunità. All’improvviso sentì un forte fitta alla testa e si presentarono dei flashback: ali, luce, un volto, una voce, lui d’avanti al Padre, delle scelte, Baekhyun, l’oscurità, Joonmyeon.
Gli mancava il respiro, pian piano tutto gli era più chiaro. I ricordi gli stavano affiorando alla mente. Calde lacrime gli rigavano il volto, la sua opportunità gli stava scivolando tra le dita.
“Vai. Corri”
“Baekhyun?!”
“Vai Yixing, vai o sarà troppo tardi. Vai! Corri! Non devi fermarti, segui il tuo cuore”
Si destò e corse al primo taxi presente.
“Vada. Vada!!” gridò in preda al panico.
Incitava l’autista di accelerare, di farsi spazio tra la folla. Non voleva più perdere tempo, aveva bisogno di Joonmyeon.
Il suo Joonmyeon, di colui per cui aveva dato tutto ciò a lui caro.
Ma il destino stava giocando con lui, una lunga coda d’auto non aveva intenzione di muoversi e in Yixing un gran senso di ansia si impadronì del suo corpo.
“Dannazione. Vi prego muovetevi”
“Mi dispiace signore, credo proprio che c’è stato un incidente”
Udite quelle parole, Yixing tremò sul posto. Una brutta sensazione gli attraversò il corpo e senza pensarci due volte scese dal taxi e cominciò a corre tra quella colonna di macchine.
Mormorò come un mantra infinito “Ti prego” senza smettere neanche per un secondo di correre. Fu come essere in quel sogno, correva e sembrava che quella strada non finisse mai.
Sentiva le sirene in arrivo dietro di lui, ma non gli importava doveva arrivare lì per prima. “Ti prego, ti prego!” La corsa si arrestò quando vide della folla accalcata intorno a qualcuno disteso per terra.
Delle lacrime scesero sul suo volto, si avvicinò tremante sul posto facendosi spazio tra ll folla.
“Spostatevi. SPOSTATEVI!”
E fu allora dopo essersi fatto spazio a spintoni e urla che lo vide lì a terra.
“No, no nooo. J-Joonmyeon” gridò inginocchiandosi e prendendolo tra le sue braccia.
“J-Joon. Ti prego, ti scongiuro.” singhiozzò
Deboli ciglia sbatterono finché dei piccoli occhi quasi spenti lo guardavano.
“Y-Yixing” disse alzando debolmente una mano per accarezzare l’angelico volto “S-se-sei tu. Sei sempre stato t-tu” disse tossendo.
“Sssh, non affaticarti.” Disse accarezzando la chioma imbrattata di sangue “Mi dispiace, mi dispiace”
“Non es-serlo. Sei qui”
“Ti prego non morire, ti scongiuro. Non provarci nemmeno.” Disse tra le lacrime.
“B-baciami, Yixing.”
Non aveva bisogno di farselo dire una seconda volta. Appoggiò le labbra su quelle dell’uomo che teneva tra le braccia. Il bacio non era per niente simile a quello che si erano dati sulla spiaggia. Quello era vivo, caldo, dolce. Questo era salato, ferroso, freddo e privo di vita.
Nella sua mente riaffiorarono tutti i suoi ricordi, tutte le volte che gli era stato vicino, il dolore che aveva visto nella vita del suo amato, il suo amore che cresceva ogni giorno di più.
Sentì l’ultimo respiro infrangersi sul suo volto. Si staccò tanto quanto gli bastò per vedere il volto del suo amato Joon, la vita scivolò via da quel corpo che teneva stretto a sé. Sentì un vuoto dentro di sé, sentì mille lame conficcarsi nel trace e il cuore andare in frantumi, la testa gli stava scoppiando, il dolore che provava era immenso, inspiegabile, inconsolabile.
“No…no…” sussurrò.
Il corpo di Joonmyeon giaceva tra le sue braccia privo di vita.
“J-Joon…Joonmyeon. No. No. NOO! PADRE NO. RIPORTALO DA ME, TI PREGO. TI SUPPLICO” Gridò.
Gridò il suo dolore così forte che era sicuro che il Padre avesse sentito.
Gridò così forte il suo dolore che sentì le spalle squarciarsi e il corpo diventare debole. Si sentì cadere in un oscuro abisso.
 


*有情人终成眷属 : Le persone che si amano alla fine staranno insieme
 

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