Hell's daughter

di Fenice_Bea_2004
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La figlia di Satana ***
Capitolo 2: *** La festa ***
Capitolo 3: *** Los vampiros ***
Capitolo 4: *** Da Taki ***
Capitolo 5: *** La Coppa ***
Capitolo 6: *** Il Diavolo fa una visita e si scopre quanto è rompiscatole l'Inquisitrice ***
Capitolo 7: *** La Guerra Mortale part.1 ***
Capitolo 8: *** La Guerra Mortale part.2 ***
Capitolo 9: *** Mia mamma ***
Capitolo 10: *** Sebastian ***
Capitolo 11: *** Casa dolce casa? ***
Capitolo 12: *** Il demone è nato ***
Capitolo 13: *** Vita ***



Capitolo 1
*** La figlia di Satana ***


Era notte fonda. Ormai erano quasi quattro ore che ero salita in questo mondo.

Mi diressi verso le porte dell'enorme cattedrale. Sorrisi.

Suonai il campanello e dopo un po' venne ad aprirmi un ragazzo alto, con i capelli scuri e gli occhi azzurri.

- Chi sei? - mi chiese.

Sorrisi di più – Mi chiamo Calypso. Vorrei parlare con il vostro capo -

Il ragazzo sgranò gli occhi. Vidi la sua mano correre alla spada angelica che teneva in tasca – Quella Calypso?! -

Abbassai il cappuccio del mio mantello, in modo che il ragazzo vedesse i miei capelli castani fluenti e i miei occhi rosso fiamma. - Sì, sono io -

Il ragazzo mi guardò e mi chiese con voce tremula – Ma tu puoi entrare? Il terreno consacrato di solito non lascia passare i dannati. -

- Io non sono dannata. - Feci un passo avanti ed entrai senza problemi nell'Istituto.

- Comunque io sono Alec – disse il ragazzo scortandomi all'interno dei corridoi in pietra.

Feci un cenno con la testa per salutare.

Arrivammo in una grande biblioteca, dove c'era un'enorme scrivania.

Intorno alla scrivania c'erano molte persone: una ragazza alta e con i capelli scuri come quelli di Alec, probabilmente era sua sorella. Un ragazzo affascinante, biondo, con gli occhi ambrati seduto di fianco ad un'altra ragazza minuta con i capelli rossi. La forse-sorella di Alec chiacchierava con un ragazzo, di sicuro un mondano, con gli occhiali e i capelli castano scuro.

- Ciao – dissi, prima che il ragazzo biondo mi saltasse addosso, una spada angelica impugnata nella mano.

- Fermo Jace! - urlò Alec.

Non ce n'era bisogno.

Afferrai la spada in mano e quella si spense subito sfrigolando.

Mi pulii la mano nel mantello e aggirai Jace, che era rimasto fermo a fissarmi.

Mi sedetti di fianco alla ragazza rossa, che mi fece un ciao con la mano.

Guardai la scrivania: cibo cinese.

Afferrai del pollo mushu e iniziai a mangiare come se niente fosse.

La forse-sorella di Alec, che era davvero la sorella di Alec, mi disse – Ciao! Mio chiamo Isabelle e lui – indicò il mondano – è Simon -

Lui mi sorrise e io ricambiai.

- Io sono Clary – mi disse sottovoce la rossa.

Alec si sedette di fianco a Isabelle.

Jace mi si sedette di fianco, anche se non sembrava molto contento.

- Ma cosa ci fai tu qua? - borbottò.

- Mi conosci? - gli chiesi.

- Certo -

- Io sono qua per conto di mio padre. - e gli spiegai il mio compito.

Isabelle mi sorrise incerta e mi disse – Stavamo giusto progettando di ritrovare la Coppa Mortale. Clary forse sa dov'è, ma ha un blocco mentale, quindi stasera andremo da Magnus Bane ad una festa per incontrarlo.

Sorrisi di nuovo – Posso venire? -

Mi guardarono e annuirono.

 

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Capitolo 2
*** La festa ***


Quando arrivammo alla festa di Magnus Bane c'era già un sacco di gente.

Mi ero messa per l'occasione un vestito di Isabelle, un vestito rosso scuro corto, con le spalline sottili.

Jace bussò alla porta e Magnus venne ad aprirci. Spuntò dalla porta vestito di pelle e con il viso pieno di glitter.

Si appoggiò allo stipite e salutò gli Shadowhunters e Simon, spostando lentamente lo sguardo da gatto per tutto il gruppo.

Quando mi vide sbattè le aplpebre un paio di volte, spalancò la bocca e scese velocemente gli ultimi gradini per venirmi incontro.

Mi abbracciò e mi disse – Cal. Da quanto tempo -

Gli sorrisi – Magnus. Direi dalla Londra dell'Ottocento. -

Scoppiò a ridere al ricordo di quando ci eravamo incontrati alla festa dei vampiri, durante un'altra mia alleanza con i Nephilim per aiutare Teresa Gray e William Herondale.

- Ti presento Jace, Clary, Simon, Isabelle e Alec – lo sguardo di Magnus si soffermò sul ragazzo.

- Prego, entrate – disse lo stregone.

Raggiungemmo la festa e ci ritrovammo circondati da vampiri, fate e esserini volanti.

Mi guardai intorno e seguii Magnus che, mentre Isabelle e Simon si avviavano verso la pista da ballo, raggiungeva insieme a Clary e ai parabatai il piano superiore.

Entrammo in una stanza con un letto leopardato.

- Allora, cosa ci fai di nuovo qui Calypso? - mi chiese curioso Magnus sedendosi sul bordo del letto.

- Vedi, qualche giorno fa mio padre... -

- Il diavolo – commentò interrompendomi Jace,appoggiato al muro.

Lo ignorai – Ha sentito che qualcuno stava richiamando alcuni demoni senza il suo permesso. Allora mi ha chiesto di venire quassù per vedere come andava e nel caso aiutarvi. -

- Scusa, ma se tu sei la figlia del diavolo non dovresti avere dei poteri pazzeschi? - mi chiese Clary.

- Sì, ma non bisogna usarli a cuor leggero. Ricordati che i miei poteri vengono dall'Inferno – le risposi seria - Comunque, Magnus, noi saremmo qui per far sbloccare i ricordi di Clary -

Il Sommo Stregone annuì e iniziò a lavorare intorno alla ragazza con la magia.

Dopo un po' disse – Il mio incantesimo dovrebbe svanire tra pochi giorni - Clary annuì e si affiancò a Jace.

Scendemmo le scale e vedemmo Isabelle correrci incontro, facendo svolazzare l'abito bianco, urlando qualcosa su “Simon”, “Topo” e “Cocktail”.

Clary la raggiunse e la fece calmare: a quanto pareva il mondano si era trasformato, bevendo un intruglio, in un topo.

Dopo che Magnus li ebbe rassicurati più volte sul fatto che l'incantesimo sarebbe terminato all'alba decidemmo di tornare a casa.

Salutai Magnus con un abbraccio e raggiunsi gli Shadowhunters.

Stavamo per prendere un taxi quando Clary rovistò nello zaino strabuzzò gli occhi e ci disse – Simon è sparito -

Jace guardò la cerniera dello zainetto e disse – La zip è rotta. L'avranno rapito quei vampiri che ti fissavano. Forse pensavano che fosse uno di loro -

- Dobbiamo tornare a riprenderlo – disse Clary.

- Se non mi sbaglio la tana dei vampiri dovrebbe essere l'hotel Dumont. - aggiunsi.

- Andiamo –

Annuii e io, Clary e Jace ci avviammo verso l'hotel, mentre Alec e Isabelle tornarono all'Istituto.

Prendemmo un taxi e raggiungemmo la destinazione.

Guardammo l'oscuro edificio, tutte le finestre sbarrate, la scritta “Dumont” ritoccata in “Dumort”.

Girammo intorno all'edificio alla ricerca della porta di servizio, dato che la porta principale era sbarrata.

Stavamo rovistando tra dei rifiuti quando una voce dietro di noi ci interruppe – Dios, cosa state combinando? - 

Nota: Non preoccupatevi. Per adesso sto velocizzando in modo da non ripetere quasi uguale il libro e annoiarvi, ma già dal prossimo capitolo allungherò i capitoli e aggiungerò cose nuove. Grazie di aver letto :DD

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Capitolo 3
*** Los vampiros ***


- Dios, cosa state combinando? -

Guardai i ragazzi che rovistavano in mezzo ai rifiuti.

Stupidi cazadores.

La rossa si nascose dietro al biondino, mentre la ragazza mora col vestito rosso si girò verso di me e mi guardò spalancando gli occhi.

Per la prima volta da cinquant'anni rimasi colpito.

C'era qualcosa che mi attirava in lei, come la falena alla lanterna.

E poi, perché mai una Cacciatrice dovrebbe avere gli occhi rossi?

Il biondino attirò la mia attenzione. Spostai lo sguardo dalla ragazza a lui.

- Chi sei? - mi chiese.

- Mi nombre es Raphael Santiago – risposi – e voi cosa diablo state facendo? -

 

Osservai Raphael, la pelle olivastra, i capelli scuri e gli occhi quasi neri.

La sua figura esile era avvolta da un paio di pantaloni scuri e da una camicia bianca che lasciava intravedere una cicatrice sul collo.

- Abbiamo sentito dire che qua dentro ci sono dei vampiri – mentì Jace – vorremmo entrare per vedere se quello che dicono è vero.

- Claro che è vero. Mio fratello ci è morto là dentro. -

- Mi dispiace – gli disse Clary.

Raphael la ignorò – L'entrata secondaria è lì dietro. Vi accompagno. - Indicò con la testa una fogna.

Clary e Jace si guardarono, poi mi osservarono. Feci spallucce e il ragazzo rispose – Va bene... -

Il Nephilim e Raphael tirarono su la grata del tombino e iniziarono a calarsi all'interno. Atterrarono entrambi con grazia e guardarono verso l'alto.

Clary si gettò e Jace la prese al volo, rimettendola in piedi.

Poi venne il mio turno. Osservai il buio sotto di me, la piattaforma dove si erano posizionati gli altri e la grata lì di fianco. Mi lasciai cadere e, ovviamente, atterrai sulla grata.

Quella emise uno scricchiolio terribile e cedette, cadendo verso il baratro sottostante.

Due braccia mi afferrarono per la vita, trascinandomi via appena in tempo. La grata sbatté sul fondo, facendo riecheggiare il rumore.

Aprii gli occhi. Raphael mi avvolgeva la vita con un braccio, sostenendomi.

- Grazie – gli dissi. Lui non sapeva che avrei potuto benissimo farmi apparire un paio di ali di fuoco e volare.

Lui mi guardò di sottecchi, come se stesse pensando a qualcosa osservandomi – De nada -

Si allontanò, iniziando a percorrere il corridoio buio.

Entrammo nell'atrio dell'hotel, un'enorme sala impolverata, le scale distrutte, i pavimenti rovinati, i mobili ricoperti da teli.

Ci guardammo intorno. Di sicuro i vampiri e Simon si trovavano ai piani alti.

- La scala è impraticabile. Come facciamo? - chiese Jace, rivolgendosi verso Raphael. Con un movimento impercettibile estrasse un pugnale dal fodero.

- Potremmo... - rispose il ragazzo, prima che Jace lanciasse il coltello nel suo petto.

Un'ansia terribile mi prese il cuore.

Ma poi, vedendo che Raphael non cadeva e si limitava a ridere capii.

Clary ci arrivò più lentamente.

- Perché? - chiese a Jace.

- Perché è un succhiasangue – rispose sibilando lui.

Raphael continuava a ridere – Da quanto lo hai capito, cazadore? -

- Da quando ho visto la cicatrice a forma di croce sul tuo collo. -

Il vampiro si estrasse il pugnale dal cuore, macchiandolo di sangue nero. Lo lanciò al Nephilim che lo prese al volo.

- Cosa volete da noi? Non abbiamo infranto nessuna legge del Conclave -

- Avete un nostro amico, trasformato in topo, un mondano. Lo rivogliamo indietro -

Raphael fece un sorriso sghembo – No -

Io semplicemente stavo lì ad osservare mentre battibeccavano.

Guardai verso l'alto e vidi pallidi volti affacciarsi dalle scale – Jace – chiamai – Su -

Il ragazzo seguì il mio sguardo proprio nel momento in cui i vampiri si lasciavano cadere verso il basso, atterrando leggiadri.

Uno di loro teneva in mano qualcosa. E quel qualcosa era Simon il topolino.

Che carino che era, con i baffettini tremolanti.

Clary si lanciò contro il vampiro che lo teneva, ma la fermai in tempo.

- Lascia fare a me – le dissi.

Mi concentrai e puntai lo sguardo sul vampiro.

Sentii la voce di Raphael dire – Che diablo pensa di fare? -

Allungai una mano e il potere demoniaco scorse sulle mie dita. Il vampiro che teneva Simon lo mollò di colpo, urlando di dolore.

Mollai la presa sul suo spirito e guardai il topino che correva nelle mani di Clary.

- Come diavolo... - iniziò a dire il vampiro.

Ma un fracasso proveniente dai vetri infranti lo distrasse.

- Ci mancava solo questa... - sussurrai: i Figli della Luna.

 

Pessima nottata per me.

Prima dei ragazzini provano a entrare nel mio covo.

Poi quella ragazza prende il controllo di un mio generale.

E poi i Figli della Luna.

Diablo... che pessima idea far entrare i Nephilim.

Anche se quella ragazza non era una Cacciatrice. L'avevo osservata durante tutto il tempo e mi era sembrata diversa, più oscura, più... demone.

Poi, quando avevo guardato dritto nei suoi occhi dopo che l'avevo salvata avevo capito: la hija del diablo.

Ne ero rimasto piacevolmente sorpreso.

Ma adesso mi dovevo concentrare sui licantropi non su lei.

- Questo è il nostro territorio, non potete venire qui - dissi al capo dei lupi.

Lui non mi rispose, si limitò a ringhiare.

Poi mi saltò addosso. Mi spostai grazie ai miei riflessi ed evitai il suo attacco.

I miei e i lupi iniziarono ad attaccarsi.

Il licantropo capo mi puntò di nuovo. E stavolta fui troppo lento.

Se non fosse stato per la ragazza, sarei morto. Più morto.

Calypso, così si chiamava la figlia del diablo, mi afferrò un braccio e mi trascinò via.

Scrollai la spalla e le feci mollare la presa – Che vuoi? - le chiesi.

Lei mi guardò e mi pentii subito di averle risposto male.

Il suo sguardo di fuoco mi inchiodava sul posto. Forse non era una grande idea urlare alla figlia dell'Inferno.

Non mi ero mai sentito così impotente.

Mi riafferrò il braccio e disse – Se vuoi che il branco lasci in pace i tuoi dobbiamo farlo allontanare -

- E come? -

Sorrise - Volando -

Attirammo l'attenzione dei Figli della Luna e seguimmo di corsa i due Cacciatori, che risalivano le scale di servizio.

Arrivammo sul tetto e afferrammo due moto.

Su una salirono i Nephilim, che si diressero verso l'Istituto.

Vidi Calypso fare un cenno d'intesa alla rossa.

Diedi gas alla seconda moto e la guardai.

Lei salì dietro di me e si attaccò alla mia camicia.

Aspettammo che i lupi arrivassero sul tetto e partimmo.

Ci lanciammo dal parapetto e volammo.

Gli Shadowhunters si diressero a sud, mentre noi ci dirigemmo a Central Park.

La notte era ancora giovane, quindi avevo abbastanza tempo.

I lupi ci seguivano dal basso, ma dopo un po' si arresero e scomparvero nei meandri delle stradine di New York.

Sentii la ragazza sospirare dietro di me e appoggiare la fronte alla mia schiena.

Feci scendere la moto verso il lago.

Atterrammo.

 

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Capitolo 4
*** Da Taki ***


Atterrammo nel bel mezzo del parco, slittando sulle ruote.

I lupi non ci seguivano più da un po'.

Lasciai la camicia di Raphael, scesi dalla moto e mi spazzolai il vestito.

Per fortuna non si era rotto...

La luna si rifletteva nel lago.

Mi girai e osservai il vampiro, che stava spegnendo la moto.

- Gracias – mi disse.

- Per cosa? - gli chiesi.

- Per aver salvato il mio clan – rispose.

Feci spallucce.

Raphael mi fece un sorriso sghembo – Non pensavo che la figlia del diablo salvasse. -

Gli feci una smorfia – Solo perché ho un padre così non significa che sia cattiva – mi sedetti sul prato.

- Se non mi sbaglio sei cinica, sarcastica, misteriosa... - lasciò il continuo in sospeso.

Lo guardai male.

Si sedette di fianco a me, la luna riflessa negli occhi.

Sospirai – Forse quella è solo la facciata, magari non assomiglio a mio padre. Potrebbe essere che io sia timida e gentile. -

Mi fissava.

- Potrebbe – sussurrai.

Scosse la testa, si alzò e raggiunse la moto. Diede gas e mi guardò – Ci si vede -

Feci un cenno con la testa e sorrisi.

Il motore rombò e lui partì.

Lo osservai andarsene e sospirai di nuovo.

Mi alzai e mi incamminai verso l'Istituto.

 

 

La notte dopo il “viaggio” a Central Park uscii dall'hotel senza farmi notare.

Mi incamminai, mani in tasca, verso la casa dei cazadores.

Suonai il campanello e aspettai.

Dopo un po' la porta si socchiuse, facendo stagliare la figura di Calypso sull'ingresso. Era vestita con un paio di jeans e una canottiera.

Mi osservò stupita.

- Ciao – gli dissi.

- Ciao – mi rispose lei.

- Ti va di andare da Taki? - le chiesi.

Mi rivolse uno sguardo confuso – Taki? -

- Fidati -

 

 

Quando raggiungemmo il ristorante “Taki” entrammo senza problemi.

Ci sedemmo ad un tavolo.

Una ragazza bionda con gli occhi completamente blu ci porse i menù.

Lo aprii e osservai le file di pietanze.

Pagine e pagine di carni crude, miscugli di sangue, pesci ancora vivi e, finalmente, i cibi per umani.

Quando tornò la cameriera ordinai una pizza margherita, mentre Raphael prese un cocktail di sangue.

Affondai i denti in una fettina.

Raphael mi osservava.

- Che c'è? - gli chiesi.

- Nada -

Appoggiai la pizza sul piatto e lo guardai – Perché mi hai invitato qua? -

Sorrise – Ieri non abbiamo potuto finire il discorso sul tuo... carattere -

- Senti, non c'è molto da spiegare. E di certo non a te -

- Non ci credo. -

Mangiai un po' di pizza.

- Secondo me tu nascondi i tuoi veri aspetti – mi disse lui.

- Ok... io non sono del tutto demone, va bene? Io sono metà angelo. É per questo che non sono così cattiva. -

Raphael bevve un po' di sangue e aggrottò le sopracciglia – Ma se tuo padre è Satana... -

- Sì, ma lui prima era un angelo, quindi... -

- Ok, ho capito... -

Finimmo di mangiare senza parlare.

Poi ce en andammo e insistè per accompagnarmi all'Istituto.

- Ma perché sei così carino? - gli chiesi sorridendo.

Scoppiò a ridere e rispose – Non lo so, sinceramente. -

Lo osservai confusa. Mi guardava mentre camminava.

Si accorse che lo guardavo e sorrise di nuovo.

I suoi occhi si dilatarono.

Una striscia di sudore mi percorse la schiena.

Mi fermai di colpo.

Lui mi fissava, scrutando i miei occhi rossi.

Si avvicinò lentamente, molto lentamente.

D'istinto arretrai di un po', ma poi mi fermai.

Mi mise una mano sul collo e mi baciò.

Non mi trattenni e rilasciai un'ondata di energia demoniaca che lo sbalzò all'indietro, facendolo cadere.

- Oddio, scusa – gli dissi aiutandolo a rialzarsi.

Scoppiò a ridere e mi disse – Direi che per oggi va bene. - Mi fece un cenno e se ne andò, continuando a sorridere.

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Capitolo 5
*** La Coppa ***


Dopo essere tornata nella cattedrale barcollai nella mia stanza e mi feci una doccia. Erano quasi le cinque del mattino.

Mi misi a letto e mi addormentai, un sonno tranquillo senza sogni.

Il giorno dopo mi svegliai che erano quasi le sei del pomeriggio.

Avevo avuto un collasso.

Ero avvoltolata nelle coperte con i capelli stile nido di uccello.

Alzai lo sguardo e vidi Isabelle seduta sul bordo del letto, intenta a guardarmi.

Io e Isabelle eravamo diventate amiche, nel poco tempo da quando ero arrivata. Anche con Clary avevo legato, ma non tanto quanto la Cacciatrice con i capelli neri.

La ragazza mi porse un piatto di waffle, ma rifiutai: non avevo digerito la mia “cena”.

Lei mi guardò di traverso – Come mai? -

- Ho mangiato una pizza, stanotte. Con... con Raphael -

- Racconta tutto – disse decisa lei, incrociando le gambe.

Sorrisi debolmente e raccontai tutta la serata, dalla porta dell'Istituto al bacio inaspettato.

Neanche in quel momento capivo perché mi avesse baciato.

Isabelle mi ascoltava a bocca aperta.

Quando finii di raccontare la mia storia rimasi a guardarla, sperando che dicesse qualcosa.

Lei si riprese e scoppiò in gridolini – Oddio! Oddio! Che fortuna! -

- Che fortuna?! -

- Dai! Lo sai anche te che Raphael Santiago è un vampiro niente male. Per essere uno spagnolo – aggiunse maliziosa.

- Sì, ma... - cominciai a dire.

- Non ti piace? -

- No. Cioè, sì. Cioè... - mi stavo incartando alla grande.

Ora. Va bene tutto quello che avevo detto nel discorso su ciò che ero veramente, ma essere baciata da Raphael, così, senza un motivo, e credere che fosse innamorato era... strano... non nel senso che era strano cattivo, ma strano impossibile.

E poi, ripensavo a come sentivo i suoi canini pungere le mie labbra e andavo in ventilazione.

Lo dissi a Isabelle e lei fece una risatina stridula – Sareste troppo carini insieme! -

- Ma cosa, che non lo conosci nemmeno! -

Mi guardò di sottecchi – Sì, ma chiunque riduca così la figlia dell'Inferno lo merita di sicuro -

Ci pensai su e aveva ragione.

Prima che potessimo parlarne ancora la porta della mia stanza si aprì.

- Ragazze – ci chiamò Alec – Abbiamo trovato la Coppa -

Ero sulla Terra per un motivo e me ne ero dimenticata completamente, il pensiero della Coppa Mortale rimpiazzato dall'immagine di un punto di domanda di fianco al vampiro.

Ci alzammo, mi misi il mio mantello, e raggiungemmo Clary, Jace e Simon, che se ne stavano agli angoli opposti guardandosi male.

Li ignorammo e Clary ci condusse a casa sua, dove diceva che sua madre aveva nascosto la Coppa, in una carta dei tarocchi di una strega, Madame Dorothea.

Dorothea era una persona simpatica, molto misteriosa.

Quando mi vide rimase a bocca aperta e si prolungò in diversi inchini e promesse di obbedienza, le solite cose che dicevano le persone che avevano paura di me.

La ringraziai e ci fece sedere dentro al suo appartamento.

Sul tavolo c'era del tè e le famigerate carte del tarocco.

Clary iniziò a spiegare la situazione alla strega, mentre io osservai la stanza.

Mi sentivo un odore soffuso, come di bruciato, nel naso.

Rivolsi uno sguardo a Jace, che sembrò leggermi nel pensiero.

Finalmente andavamo abbastanza d'accordo da smetterla di cercare di ucciderci.

Il ragazzo spronò Clary a darsi una mossa.

Lei prese la carta dell'asso di cuori, credo, e ci disegnò delle rune. Infilò la mano nell'immagine e tirò fuori la Coppa.

Rimasi a bocca aperta.

Proprio nel momento in cui la Coppa mandava un bagliore sanguigno dai rubini Madame Dorothea si volse di scattò e aprì la porta del portale.

Ne uscì lentamente un mostro osseo, alto e nero, che si infilò nel corpo della signora.

Balzai in piedi e mi preparai.

Se non era un demone eravamo nei guai.

Forse anche se lo era.

La creatura divorò Dorothea e iniziò a parlare con una voce gutturale – Io sono Abbadon, il signore degli Abissi -

Jace fece uno svolazzo con la mano – Sì, sì, tipica presentazione da mostro, in cui ci riveli il tuo nome e ciò che vuoi fare con noi eccetera eccetera. -

Scoppiai a ridacchiare.

Abbadon spostò lo sguardo su di me e ringhiò – Figlia di Lucifero, quand'è che ti farai gli affari tuoi e di tuo padre? -

- Abbadon, porta rispetto. Posso sempre bandirti in un nanosecondo -

Scoppiò a ridere. Poi iniziò ad attaccarci.

Urlai agli altri di scappare e liberai il mio potere.

Ali da demone si aprirono strada dalle mie spalle, i capelli iniziarono ad agitarsi, i miei occhi si illuminarono e intorno ad essi si formarono dei ventagli rossi di fuoco.

Ringhiai e aprii le mani, facendoci sbocciare fiori di fuoco.

Abbadon si ritrasse, quel tanto che bastava per far uscire tutti dall'appartamento.

Abbadon allungò un braccio e mi fece lo sgambetto.

Io mi alzai in volo e lo schivai.

Poi urlai e gli feci esplodere addosso il fuoco.

Abbadon gracchiò di dolore, ma senza arrendersi, e mi colpì con un artiglio.

Mi schiantai contro la parete e scivolai di fianco alla porta.

Simon corse all'interno, mi vide e si sedette di fianco a me.

Aprì un involucro e mi mostrò l'arco di Alec.

Sorrisi – Ottima idea – lo presi in mano, incoccando una freccia e puntandola verso il lucernario.

La freccia prese fuoco e la lasciai partire, facendole prendere la traiettoria giusta.

Ruppe il vetro e il sole inondò l'appartamento e l'ingresso, facendo bruciare il demone.

Con un ultimo urlo Abbadon sparì.

E io svenni, sforzata.

Era questo il motivo della mia riluttanza a usare i poteri.

A differenza di mio papà usare i poteri mi stancava dopo un po'.

Caddi come una pera e atterrai tra le braccia del mondano.

Tutto divenne buio per molto tempo.

 

 

Quando la Cacciatrice mi venne a chiamare la feci entrare riluttante, aspettandomi messaggi come: “dal Conclave” e cose così.

Invece la ragazza dai capelli neri mi guardò e disse – Sono amica di Calypso -

Trattenni il fiato. Non la vedevo da tre settimane ormai. Probabilmente l'avevo spaventata con quel bacio... di certo non ero abituato neanch'io a baciare ragazze a caso, soprattutto del suo rango.

Ma da quando l'avevo vista, fuori dall'hotel mi ero incantato.

Non sapevo neanche se mi ero innamorato, semplicemente non avevo resistito. Come se le sue labbra fossero droga...

Chiesi alla ragazza – Cos'è successo? -

- Sta male. Sono tre settimane che non si sveglia. Dato che mi ha parlato di te, ho deciso di venire ad avvertirti, nel caso avessi voluto vederla. -

Notai che gli altri vampiri cominciavano ad avvicinarsi.

Chiamai la mia seconda, Lily e le dissi – Devo andare via per un po'. Tieni d'occhio te i ragazzi? -

Lei annuì.

Mi rivolsi di nuovo alla Shadowhunters e le dissi – Guidami -

Lei mi portò in un ospedale mondano, in una stanza numerata 512.

Era notte fonda e non c'era quasi nessuno.

Mi sedetti di fianco al letto dove c'era lei, sdraiata sotto alle coperte, tubicini pieni di sangue che correvano dentro e fuori a delle macchine.

Sospirai e la osservai. La Cacciatrice se ne era andata, chissà dove, lasciandomi da solo con lei.

Le presi una mano e la accarezzai con il pollice.

- Ehi – mi richiamò una voce.

Alzai lo sguardo e rimasi a bocca aperta.

Calypso mi fissava, gli occhi rossi mezzi aperti, un sorriso ebete sul volto.

- Ehi – le risposi.

La stessa sensazione che avevo sentito quando l'avevo baciata mi prese ciò che un tempo era il mio cuore. Per la prima volta mi sentii felice.

La osservai sedersi e chinarsi verso di me. Mi abbracciò piano, delicata.

Ricambiai l'abbraccio e appoggiai il viso alla sua spalla.

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Capitolo 6
*** Il Diavolo fa una visita e si scopre quanto è rompiscatole l'Inquisitrice ***


 

Erano due giorni che tenevano Calypso in ospedale per “accertamenti”.

O semplicemente, avevano paura di lei.

Erano le due di notte, ormai ero nella sua stanza da un po'. Andavo lì tutte le notti.

Mi alzai dalla poltrona blu nell'angolo della stanza per andare nel corridoio a prendere un caffè dalla macchinetta.

Nonostante fossi un vampiro riuscivo a bere ogni tanto qualcosa di umano.

E il caffè mi piaceva.

Cal dormiva quando rientrai in stanza con la mia tazzina di carta in mano.

Alzai lo sguardo e vidi un uomo in piedi di fianco al letto.

Mi bloccai sulla porta e sguainai i canini.

- Chi sei? - gli chiesi guardingo.

Sorrise sprezzante. Era un signore di mezza età con i capelli sale e pepe e gli occhi che sembravano cambiare continuamente colore.

Continuò a guardare Calypso – È così fragile. Non come me. D'altronde, ha preso da sua madre. - sospirò e finalmente spostò lo sguardo su di me – E tu chi saresti? -

- Io soy Raphael -

Sospirò e accarezzò la guancia della ragazza – Non potrò restare ancora per molto. Mi mancherà. - si chinò e gli diede un bacio sulla guancia. Lei si agitò ma continuò a dormire.

Io ero stupefatto.

- Ma chi diavolo sei? -

Mi guardò, alzando un angolo della bocca. E capii – Tu sei Lucifero, non è così? -

Lui sorrise – Diciamo che preferisco definirmi il papà di Calypso -

- Tu sei il diavolo? -

- Più o meno. Ho preso il controllo di questo corpo per venire quassù a vedere come stava. E quindi tu sei il suo ragazzo? -

Nei suoi occhi si accesero dei fuocherelli sull'ultima parola.

- Ehm... diciamo di sì... -

Si avvicinò verso di me.

Io arretrai finché non sentii il muro intonacato sulla schiena.

Lucifero mi raggiunse, bloccandomi contro al muro.

- Tu prova solo a farle del male con un dito – disse, gli occhi che si illuminavano, i denti che crescevano in due zanne – E ti ammazzo. Intesi? -

La sua faccia tornò normale, si rassettò il vestito elegante e mi disse con un sorriso cordiale – Buona serata Raphael -

Uscì dalla porta e io rimasi contro al muro un altro po'.

Essere minacciati dal diavolo in persona non mi rendeva molto contento.

D'altronde, come avrei potuto fare del male a Calypso?

- Che fai lì? Aspetti l'infermiera per saltarle addosso? - a proposito di Cal, si era appena svegliata.

- Ti darebbe fastidio? - le chiesi avvicinandomi al letto.

- Solo se non lo fai per il sangue – sorrise.

Si spostò di lato sul letto bianco per farmi spazio.

Mi sdraiai accanto a lei, avvolgendola con un braccio.

Si rannicchiò sulla mia spalla e sospirò.

- Quando capirò come fate voi vampiri a essere così comodi sarò felice -

Scoppiai a ridere, una risata soffocata.

- No, dico sul serio. Perché non vi lasciate infilare nei materassi? Sarebbero molto più morbidi. -

Le diedi un buffetto sul braccio – Preferiresti avermi di fianco a te o dentro un materasso? -

- Così non vale. -

 

 

Il mattino dopo, finalmente, l'infermiera Catarina Loss mi lasciò andare.

Uscii dall'ospedale quasi correndo, felice di poter tornare all'aria aperta.

Insomma, avevo solo quasi usato tutte le mie energie, mica ero morta.

Tornai all'Istituto, tutti che mi sorridevano e mi salutavano.

Isabelle mi regalò dei cioccolatini di “bentornata”.

Non mi ero persa molto dopo la battaglia contro Abbadon.

Valentine, colui che rubava i demoni, se ne era andato a Idris, e l'unica cosa davvero strana era l'arrivo di una signora molto antipatica, Imogen Herondale.

Quando mi vide rimase a bocca aperta.

- Voi date rifugio alla figlia del diavolo? -

La guardai male. Mica ero una senzatetto. Potevo benissimo andare a vivere da sola.

Dall'aspetto non sembrava, assomigliavo a una quindicenne, ma legalmente avevo più di 2000 anni.

- Se vuole posso andare via. -

- Quanto sei dannata? -

La mamma di Isabelle e Alec, Mayrise, si fece avanti e cercò di contenere l'Inquisitrice – Imogen, ti prego... -

Lei la ignorò alla grande e continuò – Potresti partecipare ad un interrogatorio tenendo in mano la Spada Mortale? -

- Ma voi Nephilim non avete fantasia? E la Coppa Mortale, e la Spada Mortale. -

Mi guardò malissimo.

- Comunque sì, posso tenerla in mano -

- Mmhh... - Imogen tornò nei suoi pensieri e iniziò a parlare con Mayrise.

Sospirai, entrai in camera mia e disfai le mie cose che avevo portato all'ospedale.

Mi buttai sul letto e dormii per un sacco di tempo.

Mi svegliai che era ora di cena.

Scesi le scale e raggiunsi la cucina.

Vedevo la famiglia Lightwood, la signora Herondale, ma non vedevo Jace.

- Dov'è Jace? - chiesi.

- Ehm... - iniziò Isabelle.

- È momentaneamente in prigione. E si chiama Jhonatan Cristopher Morgenstern -

- Che nome lungo. Non lo posso chiamare J.C.? -

Riuscii a strappare una risata ad Alec, ma l'Inquisitrice mi rivolse uno sguardo in cagnesco.

- Cos'altro mi sono persa? -

- Simon è un vampiro. -

- Forte -

Ci sedemmo a mangiare cinese.

Il campanello suonò e corsi a vedere chi era, seguita come un'ombra da Imogen.

Era Raphael.

Il mio cuore iniziò a battere veloce, mentre lo salutavo dandogli un bacio sulla fredda guancia.

- E lui chi è? - Mi chiese inorridita Imogen.

Che scatole.

- Piacere, io sono Raphael Santiago, il ragazzo di Calypso. Potrebbe porgermi lei la mano, che io più di così non posso entrare? -

Ridacchiai.

Imogen spostava lo sguardo da me a Raphael e da Raphael a me.

- Quindi non solo quest'Istituto ospita demoni superiori ma anche i loro ragazzi vampiri? -

- Ehi! Io sono superiore, ma non un demone! E comunque, non sono affari suoi se il mio ragazzo è un vampiro, un umano o una lumaca -

Uscii sui gradini dell'ingresso e mi sbattei il portone dietro.

- Che rompi scatole! -

Raphael mi sorrise, alzando gli occhi al cielo e mi appoggiò le mani sui fianchi e mi baciò.

- Che vuoi fare? - mi chiese.

Sorrisi.

Passammo tutta la serata a girare mano nella mano per New York.

Quando tornammo all'Istituto incontrammo Clary, Alec e Isabelle che correvano fuori.

- Che succede? - chiesi.

- Attacco alla città di ossa – mi rispose Alec.

Io e Raphael ci scambiammo uno sguardo d'intesa e corremmo insieme agli altri verso la strada.

Prendemmo un taxi e in poco tempo raggiungemmo la casa dei Fratelli Silenti.

Io ne conoscevo uno, Fratello Zaccaria, l'avevo incontrato a Londra, insieme a Magnus.

E sapevo com'erano... tristi? Strani?

Entrammo nella città e trovammo Fratelli morti ovunque.

Afferrai la mano di Raphael, che iniziò a ringhiare e accesi nell'altra una fiammella.

Ci fece luce e raggiungemmo le celle.

Clary aprì con un boato quella di Jace e lo portammo fuori, lontano da quel macello.

Quando risalimmo in superficie incontrai lo sguardo furioso di Imogen e quello preoccupato di Mayrise.

Ci aiutarono a perlustrare la città in cerca di sopravvissuti.

Sospirai e appoggiai la fronte al petto di Raphael.

Lui mi abbracciò e aspettammo.

Nessun sopravvissuto.

Speravo che Jem si fosse salvato.

Magnus guarì Jace, mi salutò e offrì un fazzolettino ad Isabelle.

Imogen e lo stregone strinsero un patto: lui avrebbe tenuto Jace con sé.

Tornammo all'Istituto.

Salutai il mio ragazzo.

Dovevamo fare qualcosa. Mi dava fastidio vederlo tornare sempre a casa da solo, non poterlo farlo entrare in casa mia.

Lo presi per mano e lo portai in un angolo.

- Senti... - iniziai.

Ma lui mi interruppe – Sono quasi quattro settimane che stiamo insieme. E io capisco tutti i giorni quanto voglia stare con te. Ti rendi conto che in cinquant'anni tu sei la prima? Quindi vorrei chiederti una cosa: vuoi venire a vivere con me? -

Rimasi a bocca aperta.

Certo, glielo stavo per chiedere io ma sentirselo dire in un discorso così faceva un bell'effetto.

Lui mi guardava speranzoso, i riccioli mossi dal vento e gli occhi scuri spalancati.

- Sì – risposi semplicemente.

 

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Capitolo 7
*** La Guerra Mortale part.1 ***


La mia convivenza con Raphael era una cosa meravigliosa.

Ogni mattina mi svegliavo in un bellissimo loft a Brooklyn, comodamente appoggiata al petto di Raphael.

Mi alzavo, mi facevo una doccia, mi vestivo e andavo in cucina.

Preparavo un caffè e mangiavo un biscotto.

Poi mi sedevo sul letto e bevevo dalla mia tazzina osservando il mio splendido vampiro dormire.

Stava con le coperte avvolte intorno alla vita, il petto scoperto, i riccioli sparsi sul cuscino e il volto rilassato nella penombra soffusa del mattino.

Io sapevo che era mattino perché avevo l'orologio, ma in camera nostra le tende erano tirate e la luce del sole non poteva entrare.

Verso le otto uscivo da casa e lo lasciavo dormire.

Andavo all'Istituto e aiutavo gli Shadowhunters in varie missioni, cercando di sopportare l'Inquisitrice.

Poi tornavo a casa al tramonto e trovavo Raphael ben vestito, appena svegliato.

A volte andavamo al Dumort per aiutare Lily, che era molto simpatica, a volte uscivamo con Clary, Jace, Magnus, Alec, Simon e Isabelle o restavamo semplicemente a casa, sdraiati insieme sul divano a guardare qualche telefilm.

Eravamo felici.

Tutto finché non ci fu la Guerra Mortale.

Sulla barca di Valentine non ci avevano fatto venire, avevano paura di me. Paura di me. Paura.

Mi avevano lasciato a casa con una scusa da due soldi, e ci ero pure cascata.

Ma lasciamo perdere.

Era andata bene.

L'Inquisitrice era morta e nonostante mi trattasse sempre male mi dispiacque.

La Guerra Mortale.

Io e Raphael avevamo deciso di andare a Idris insieme ai Nephilim.

Eravamo riusciti ad avere il permesso di entrare ad Alicante, anche se in cambio dovevamo testimoniare in Consiglio.

Idris era una meraviglia.

Magnus ci aveva aperto un portale dopo quello dei Lightwood, riusciti a passare per miracolo dopo un attacco di Dimenticati.

Abbracciai Magnus, tutto glitterato, presi per mano il mio ragazzo ed entrammo nel Portale.

Arrivammo che era notte, per fortuna.

Raphael mi sorrideva – Contenta, mi amor? -

- Insomma -

- Come mai? -

- Non lo so... sento che qualcosa andrà storto, ma non so cosa... -

- Non ti preoccupare. D'altronde cosa potrebbero farci? Rilassati. -

Sospirai e gli feci passare la mano intorno alla schiena, appoggiandomi al suo fianco.

- Tu mi devi ancora spiegare cosa ci trovi in me - gli dissi.

- In che senso? -

- Andiamo! Sono la figlia del capo, ma non per questo tu, la quinta essenza della perfezione, dovresti stare con me. Non sono carina. -

Mi guardò male – E allora? Solo perché non sei bella come Isabelle Lightwood non significa che io non ti ama. Tu sei bella dentro, io adoro non solo il tuo aspetto ma anche i tuoi pensieri, il tuo modo di guardarmi... ma mi stai ascoltando? -

No. Non lo stavo ascoltando.

Lo stavo guardando imbambolata.

- Ripeti quello che hai detto – gli dissi.

- Cosa? -

- La parte in cui dici che mi ami -

Sorrise dolcemente, mi guardò dritto negli occhi e ripeté – Ti amo -

Lo baciai con foga, lì, in mezzo alla strada di Alicante – Ti amo anch'io -

Raggiungemmo la casa assegnataci dal Conclave.

Passammo due giorni ad ascoltare le domande del Console, a rispondere a cose estremamente personali.

Un giorno il nuovo Inquisitore mi chiese – Ti puoi riprodurre? -

E che diavolo, l'aveva detto davanti a tutti, senza che nessuno sbattesse ciglio.

Raphael si irrigidì di fianco a me.

- No. Sono sterile – la mia voce si incrinò. Quanto avrei dato per poter mettere su famiglia un giorno o l'altro.

Nel salone iniziarono i bisbigli.

Poi, una sera, mentre io e Raph eravamo stati invitati alla magione dei Penhallow, successe l'Inferno.

Le torri antidemoni crollarono e masse oscure si riversarono per la città.

Lasciai Isabelle e Max, suo fratello minore, nelle mani di Sebastian, un ragazzo davvero simpatico, con cui avevo parlato spesso nel corso della settimana.

A Raphael non andava a genio e ogni volta che il ragazzo mi parlava lui borbottava qualcosa in spagnolo. Ogni volta gli davo una gomitata.

Seguimmo Alec per le vie di Alicante, la città di vetro, alla ricerca di demoni da uccidere e gente da salvare.

Non rispondevano al diavolo.

Erano mostri di Valentine.

Girammo in un vicolo e vedemmo un demone alato prendersela con dei bambini.

- Alec, vai avanti. Ci pensiamo noi – disse Raphael al ragazzo.

Lui annuì e noi fronteggiammo il demone.

- Calyyyypso – sibilò lui.

Le mie mani si coprirono di fuoco.

Il demone volante partì all'attacco puntandomi.

Mi preparai a fronteggiarlo, ma invece lui colpì con gli artigli Raphael, facendolo volare contro ad un muro, un'enorme squarcio nel petto.

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Capitolo 8
*** La Guerra Mortale part.2 ***


Il tonfo del suo corpo che veniva sbattuto contro il muro si mischiò al grido della mia disperazione.

L'urlo che tirai fuori dalla mia gola fu disumano.

I miei livelli di potere demoniaco salirono alle stelle, riversandosi fuori da me ed espandendosi in suono.

Tutti i demoni che infestavano la città di Alicante iniziarono a stridere e a tremare, fino ad esplodere in enormi nubi di schifezze. Non potevano resistere alla tristezza della figlia dell'Inferno.

Perché in teoria non dovrei essere triste.

In teoria avrei dovuto crescere senza emozioni, in modo da diventare la perfetta macchina da guerra dei demoni.

Ma mio padre, sebbene fosse Lucifero, il re dei demoni, era pur sempre stato un angelo e il fatto di avere un'unica figlia aveva fatto in modo che mi crescesse in quelle briciole di amore che gli restavano.

Quindi sì, potevo provare sentimenti e no, non ero dannata.

Perché chi cresce e vive nell'amore non sarà mai dannato.

E quei demoni, loro sì che erano dannati.

Avevano appena fatto soffrire la figlia del “capo”.

Non se la sarebbero passata bene tornati a casa.

Corsi in mezzo alla strada, fregandomene di essere ricoperta di poltiglia di demone volante, raggiungendo con una scivolata il corpo del mio ragazzo che giaceva a terra.

Vidi la breve pulsazione sul suo collo e trattenni il fiato. Respirava.

Lo squarcio aveva distrutto la camicia che portava quella notte, aprendo in due la superficie del petto.

Mi venne da piangere e lasciai che tutto venisse fuori.

Iniziai a parlare tra me e me – Allora, se un vampiro viene ferito bisogna dargli… sangue! -

Appoggiai la sua testa sul mio grembo e avvicinai il polso ai suoi canini affilati.

Sapevo che era abbastanza cosciente da potersi nutrire.

Infatti socchiuse gli occhi, vide il mio braccio bianco e ci infilò i denti.

Trattenni un gemito di dolore e lasciai che prendesse ciò che gli serviva.

Dopo qualche minuto lasciò andare la mia mano e riprese fiato.

- Come va? - gli chiesi esausta. Il grido e la mancanza di sangue cominciavano a farsi sentire.

- Bene, credo – mi rispose lui mezzo assopito.

Sospirai e appoggiai la sua testa ricciuta per terra, alzandomi.

Gli afferrai la mano e lo tirai su.

Il taglio er guarito, rimanva solo una cicatrice bianca sottile.

La camicia era irreparabile, ma in quel momento non ci importava molto.

Perché un viso, un viso familiare ma diverso, ci veniva incontro.

Sebastian.

Sollevata gli corsi incontro, ma venni fermata da un rantolo di Raphael.

Non riusciva a stare bene in piedi, quindi mi misi un suo braccio intorno alle spalle per sorreggerlo.

- Seb – chiamai.

Il ragazzo mi vide e sorrise, correndoci incontro.

- Calypso! Raphael! Come state? -

- Non c'è male. Come stanno Max e Isabelle? -

- Bene, sono ancora nella tenuta Penhallow che aspettano i loro genitori -

- Grazie al cielo – lo osservai attentamente e chiesi confusa – Ma non avevi i capelli neri? -

Eh, già, perché in quel momento avevo davanti a m un ragazzo con il viso di Sebastian Verlac ma biondo cenere con occhi di ossidiana.

- Li avevo tinti – rispose lui vago.

Decisi di lasciar perdere, in quel momento non potevo rifiutare l'aiuto di nessuno.

- Mi dai una mano? - gli chiesi indicando con la testa il peso morto del mio ragazzo che mi distruggeva la schiena.

- Certo! - Sebastian prese Raphael dall'altro lato, non senza una punta di ribrezzo, (nessun Shadowhunters è completamente abitutato a toccare un nascosto. Non gli faccio una colpa) e mi aiutò a riportare il vampiro al sicuo, all'interno delle mura della Sala degli Accordi.

Lo appoggiammo di fianco a Magnus.

Kin mezzo a tutta quella olla non riuscivo a intravedere neanche un Lightwood, ma speravo che fossero al sicuro.

- Magnus – ansimai.

Lui mi guardò, venendomi incontro – che succede, Cal? -

Indicai il ragazzo steso per terra – Io torno là fuori con Sebastian, tu puoi dargli un occhio? -

Un sorriso caldo gli comparve sulle labbra – Certo -

Lo abbracciai e gli diedi un bacio sulla guancia – Grazie -

Poi mi girai e me ne andai, seguendo l'ombra cenere dei capelli di Sebastian verso l'uscita.

Ma appena davanti alle porte non lo vidi più.

Mi girai attorno, ma sembrava semplicemente sparito nel nulla.

- Maledizione – Sospirai e mi avviai verso le stradine della città di Vetro.

Per due giorni vagai in giro per Idris alla ricerca di tutti i demoni che erano sopravvissuti al mio attacco... ehm… urlante.

Non osavo neanche avvicinarmi alla sala dell'Angelo per paura di vedere qualcuno corrermi incontro e dirmi – Mi dispiace Raphael non ce l'ha fatta -
Per quanto ne sapevo il mio sangue su un Nascosto poteva essere una cura quanto un veleno.

Ma non avevo avuto molta scelta.

Quando tornai in città era il tramonto e di certo non mi aspettavo quell'assembramento di persone davanti ala sala degli Accordi.

Shadowhunters, vampiri, stregoni, lupi mannari e fate si erano riuniti tutti insieme.

Mi feci strada tra la folla fino a raggiungere Isabelle, che piangeva da sola in un angolo – Ohi, tutto bene? -

Lei mi guardò stupita - Non hai saputo? Max è morto, ucciso da Sebastian -

- Mi dispiace tantissimo – la abbracciai cercando di darle conforto, ma con la mente ripensavo al ragazzo, che quella sera mia aveva aiutato, senza dire niente, come una persona buona.

Se era un assassino, perché mi aveva aiutato?

- Cosa succede qua? - le chiesi cambiando discorso.

- Valentine. È stato lui a mandare i demoni in città e adesso o lo combattiamo o soccombiamo. Combatteremo -

- Mi sembra giusto -

Un mano si posò sulla mia spalla, facendomi girare.

Lui era lì. Raphael.

 

 

Quando si girò sorrisi al suo sguardo di felicità.

Erano giorni che la cercavo.

Poi però lei mi tirò uno schiaffo.

- Ahi – mi lamentai – Perché l'hai fatto? -

- Questo è per lo spavento – mi disse.

Poi mi baciò – Questo per tutto il resto -

Sorrisi ancora. Mi era mancata.

La ragazza rossa, Clary, ci aveva insegnato come farci una runa, che serviva per unire i poteri di due persone.

Spostai il mio sguardo su Calypso e lei si ritrasse.

- Che succede? - le chiesi.

- Non puoi farti la runa con me – disse lei terrorizzata, allontanandosi.

- Perché? -

- Perché non sei in grado di controllare i poteri demoniaci. Ti distruggerai -

- Fidati di me. -

Lei sospirò e allungò la mano con riluttanza. Mi passarono uno stilo e le feci il segno della runa sul dorso della mano.

Poi la disegnai su di me.

Subito un'ondata di potere mi travolse, scaraventandomi a terra in mezzo alla folla.

Mi rialzai e mi sentii bene.

Quanto era potente quella ragazza!

Lei si avvicinò e mi prese per mano.

- Tutto bene? -

Annuii. Non mi ero mai sentito così forte.

Era come se nelle mie vene, invece del sangue scorreva energia pura, potente, demoniaca.

I miei sensi si erano sviluppati al massimo e non distruggere tutto era difficile.

Adesso capivo quanto era tentatore l'Inferno.

A mezzanotte entrammo tutti in un portale creato da Magnus, che ci condusse alla piana di Brocelind.

Aspettammo, serrati in ranghi, Nephilim e nascosti, l'intero Mondo Invisibile riunito in aiuto.

Calypso era di fianco a me, già pronta per combattere con le ali spiegate sulla schiena.

Mi guardò e sorrise.

Poi un boato riportò i nostri sguardi davanti a noi.

Migliaia di demoni, terrestri, volanti, striscianti, ci venivano incontro, pronti per combattere.

Appena i due eserciti si scontrarono ci fu un massacro.

Combattevo, usando la mia forza, i miei denti e quel nuovo potere tentatore, che cercavo di non assorbire troppo.

Di fianco a me la mia ragazza sembrava una furia: tutti i demoni nel raggio di cinque metri venivano polverizzati, altri scappavano, altri ancora la ignoravano.

I più forti (e probabilmente anche i più stupidi) che la fronteggiavano venivano bruciati o dilaniati.

Erano tantissimi.

Alcuni continuavano a seguirci.

Vidi che combattevano i loro simile e capii.

Avevano visto la figlia dell'angelo caduto combattere per noi e si erano schierati dalla sua parte. Erano pochi ma aiutavano, questo sì.

Passarono ore e ore, perfino io cominciavo a stancarmi.

E poi uscì lui: un demone superiore, un principe dell'Inferno che non riconobbi.

Probabilmente aveva usato l'apertura di Valentine per sgattaiolare fuori.

Calypso lo vide e attaccò.

 

 

Saltai addossi al principe senza spendere neanche un secondo.

Volai contro di lui, che mi riconobbe e sorrise malvagio.

- Mi divertirò a vedere quanto puoi morire, principessa -

Ringhiai e attaccai.

Lottammo, cadendo per terra, ignorando i demoni minori che ci correvano intorno, finché un suo pugno mi raggiunse, dritto in pancia.

Boccheggiai e vidi il suo colpo finale schiantarsi verso di me.

Ma un terremoto fece tremare il terreno e lo bloccò.

Un crepaccio s aprì sotto di lui, riportandolo all'Inferno.

- Grazie papà – sussurrai, riprendendo a combattere.

Molto dopo, finalmente, i demoni scomparvero.

Così, di colpo.

Svanirono semplicemente.

Ci guardammo tra di noi,cercando di dare una spiegazione.

Un Nephilim prese a urlare trionfante e ci unimmo tutti, stanchi ma fieri.

Gli shadowhunters erano salvi.

Abbracciai Raphael, che si era avvicinato e guardai la luna alta nel cielo, prossima al tramonto.

Lui stava bene, io stavo bene ed eravamo tutti salvi.

Se solo avessi capito perché Sebastian ci aveva aiutato.

 

 

P.S. scusate il ritardo, ma ho avuto problemi di pc.

Adesso sto scrivendo su un portatile che sembra antidiluviano :D

Spero che vi piaccia questo capitolo ;)

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Capitolo 9
*** Mia mamma ***


Tutta la nostra vita proseguì bene, dopo la guerra, almeno fino a quando, una notte, Sebastian non si fece rivedere. Io non l'avevo più visto da quando era sparito quella sera della Guerra Mortale. Nessuno mi aveva detto niente su dov'era finito. Ma quella sera, quando me lo ritrovai davanti, ritto in piedi davanti a me, un sorriso sulle labbra e Jace al fianco capii chi era. Il suo sangue demoniaco era come una calamita per me. Da sempre ero riuscita a tenere a bada il mio lato demoniaco più profondo. L'unica volta che si era manifestato era stata quella volta che mia madre morì. Alla mia nascita. Ricordo perfettamente il momento. Erano passate due ore da quando mi aveva partorito, nel palazzo di mio padre giù agli Inferi. Sentii la voce di Lucifero chiamarmi dolcemente e le sue braccia sollevarmi in cielo. Non ero prevista, eppure mi amava. Mi portò nella camera dove riposava la mia mamma, un angelo del paradiso, la sorella di Raziel. Aveva conosciuto mio padre e, nonostante fosse proibito, si era innamorata. Io non le facevo una colpa. Quando ti innamori non ci puoi fare niente. Puoi solo sperare che amare non ti faccia male. Mio papà la chiamò e mi mise tra le sue braccia pallide e sottili, così simili alle mie. “- È proprio uguale a te – ridacchiò Satana, dandomi un buffetto sulla guancia. Io feci quella tipica risatina da bambini, agitando i piccoli pugnetti paffuti. Mia mamma mi guardò con gli occhi dolci, i capelli scuri che ricadevano sulle spalle – Eh, già. - Lucifero le diede un bacio in fronte e mi riprese – Forza, è stata una lunga giornata, dovete riposare entrambe - Stava per uscire dalla stanza quando mia mamma fece un singulto. Alzammo entrambi gli occhi su di lei e vidi l'orrore sul viso di papà. Si precipitò di fianco al letto, lasciandomi in mano ad un demone sopraggiunto in quel momento. - Maria – lo sentii urlare disperato. Mia mamma aveva il naso che rivolava sangue, che gli sporcava le perfette labbra. Un demone dottore si avvicinò a papà e gli disse – Mi dispiace, signore, ma non ha retto l'aria del nostro mondo. La stanchezza del parto le ha affaticato i polmoni e la sua natura angelica ha rigettato tutto ciò che è demoniaco, fcendola soffocare - Vidi gli occhi di papà incendiarsi, mentre il suo dolore si riversava in tutto il nostro mondo, facendo fremere le migliaia di demoni che ci vivevano. E il mio non tardò ad arrivare. Nessuno se ne accorse, ma il mio pianto generò morte, peste e carestia in tutto il mondo mortale. Ancora non sapevo controllare i miei poteri. Poco tempo dopo, mentre io stavo nella culla sconvolta papà, che sedeva affianco a me, ricevette una visita. Da parte di Raziel. - Mi dspiace, Lucifero – disse con la sua voce musicale. Assomigliava tanto a quella della mamma. - Non ti dispiacere Raziel. So che la disapprovavi. - - Ciò non vuol dire che la volessi morta. Il pardiso gli darà una sepoltura degna, ma in cambio vuole la promessa tua e di tua figlia – mi guardò – che ci aiuterete in caso di guerra. E che darete una mano ai miei prediletti, gli Shadowhunters - - Come desiderate – rispose pacato e monotono papà. Vidi una piccola lacrima imperlarsi nei suoi occhi ed evaporare subito.” Da quell'episodio mai mi ricapitò nella mia vita di tirar fuori veramente la mia natura demoniaca e provocare scompiglio in tutto il mondo mortale. Raphael non sapeva di mia madre, non avevo avuto il coraggio di raccontarglielo, perché mi faceva soffrire ancora. Ma Sebastian, con quella forza simile alla mia che pulsava appena sotto la sua pelle era così inebriante che non mi preoccupai di niente, finchè Jace non mi afferrò e sparimmo tutti e tre in un secondo, attraversando una specie di cortina di fumo.

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Capitolo 10
*** Sebastian ***


Era notte e stavo tornando dall'hotel Dumort, dove avevo appena lasciato Lily, a casa nostra.

Dopo la Guerra Mortale il sangue di Calypso si era assorbito, donandomi il potere di sentirla, più o meno.

Se era a casa sentivo la sua aurea mostrarsi nell'isolato e ciò era una specie di bussola poco precisa.

Ma quando sentii svanire la sua posizione mi prese il panico.

Corsi fino alla porta d'ingresso e, invece di Cal, trovai il giovane che mi aveva dato tanto fastidio con quei suoi modi troppo gentili: Sebastian.

Ringhiai e lo attaccai.

Ma lui si spostò come se niente fosse e rise – Spagnolo, pensavo che fossi più intelligente. Mai attaccarmi. -

- Bastardo, cosa hai fatto a Calypso? -

- L'ho solo riportata vicino ad un suo simile, cioè me. Se scoprissi cosa ha fatto da giovane non rimpiangeresti di niente. Adios, e prometto che saluterò la mia nuova amica – Scoppiò in una risata e scomparve nell'aria, letteralmente.

Tirai un calcio ad un lampione, stortandolo, e imprecai in spagnolo per tutta la strada fino all'Istituto.

Quando la giovane Isabelle mi aprì un unico pensiero mi affollava la testa: dovevo trovarla.

 

 

Quando tutto ritornò a colori ero nel salotto di una splendida casa moderna.

Jace era sparito su per le scale e io ero da sola in quella villa.

Mi guardai intorno e feci per andare dietro il Nephilim quando sentii una voce dietro di me.

- Ciao -

- Sebastian. Che cosa vuoi? -

- Niente -

- E allora perché diavolo mi hai portata qui? -

Lui mi guardò, gli occhi che brillavano.

- Tu sei mia sorella. Abbiamo lo stesso sangue. Io e Clary. Io e… te -

Lo guardai. Tutti i ricordi della Guerra Mortale non erano semplicemente spariti, puf!, la morte di Max, non erano andati.

- È notte. Vai a dormire sorellina -

Si avvicinò e mi diede un bacio sulla guancia. Io mi girai e me ne andai impettita, salendo le scale come un robot.

Di sicuro se Alec, Izzy o qualunque altro Cacciatore mi avrebbe esortato ad attaccarlo, ma c'era qualcosa, come se nelle sue parole ci fosse un fondo di verità. Lo sentio per davvero come un fratello. Non mi aveva aiutato?

Entrai nella prima stanza del corridoio, una camera con un letto posizionato di fianco ad una finestra e un armadio nell'angolo. Mi sdraiai sul bordo delle coperte e guardai il soffitto.

Sospirai. Fuori dalla finestra vidi la torre di Pisa.

Quando ero stata in Italia molto tempo fa quella torre non c'era ancora.

E guardandola con la testa orizzontale sembrava dritta.

Mi alzai e socchiusi la porta: nel corridoio non c'era nessuno.

Tornai indietro e aprii la finestra, spalancai le ali e uscii nel buio della notte.

Planai alla base della torre e mi avviai per le antiche strade italiane, sola.

Mentre camminavo pensavo. Quanto mi mancava Raphael.

L'ultima cosa che gli avevo detto era che mancava il latte.

Mancava il latte. Chissà se l'aveva comprato.

Tirai un calcio ad un sasso e mi lasciai cadere su una panchina.

Una minuscola lacrima perfettamente tona scese sulla mia guancia.

Sospirai e i miei occhi tornarono asciutti.

Una mano si posò sulla mia spalla facendomi sobbalzare.

Era Sebastian.

- Dove credevi di andare? - con un balzo si sedette di fianco a me, la mano ancora appoggiata sul mio braccio, e sorrise.

Rimasi di sasso.

Non era il suo solito ghigno sghembo.

La sua mano premeva sulla mia spalla e i suoi occhi non erano più color carbone, ma verde splendente.

Il suo sorriso era un sorriso.

Ma non appena lasciò scivolare le sue dita via da me tornò Sebastian.

E capii.

La mia aura annullava la sua.

Era come se assorbissi il sanguie demoniaco nelle sue vene rivelando il vero Jhonatan Cristopher Morgenstern, quello che non era mai nato.

Mi riscossi dalle mie riflessioni quando Sebastian disse – Sorellina, tutto bene? -

- Sì. Sì, solo un po' di sonno -

- Allora ti riporto a casa.

Mi prese per mano e il fumo bianco tornò su di noi.

Quando mi accompagnò in una delle stanze lo salutai e mi sdraiai tra le coperte.

Quando mi svegliai erano le due più o meno.

Un rumore mi aveva svegliato. Quello della porta.

Mi misi le scarpe e scesi silenziosamente le scale.

La porta era aperta e dava su una grotta piena di luccichii.

Il regno della Corte Seelie.

Mi venne un'idea.

- Prometto che salverò mio fratello e tornerò da te Raphael – sussurrai.

Poi entrai nel portale.

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Capitolo 11
*** Casa dolce casa? ***


Quando Isabelle uccise il demone che mi stava facendo sognare ne fui quasi dispiaciuta.
Il sogno era perfettamente perfetto: Raphael viveva con me, era tranquillo e nessuno voleva rapirmi e il mondo era perfetto.
Dopo che ero entrata nel portale che conduceva al regno delle fate mi ero nascosta dietro ad un masso. Sebastian era entrato insieme alla regina dentro una stanza, così io ero sgattaiolata dentro ad un corridoio pieno di radici.
Stavo saltando un'enorme tralcio di erba quando davanti a me si aprirono tre corridoi.
Uno era molto “naturalistico” con gli alberi e i luccichii di prima.
L'altro era pieno di spine e pioveva. No, sul serio, se mettevi la mano all'interno del corridoio ti bagnavi la mano, ma dove stavo io era asciutto.
L'ultimo, quello a destra, era buio.
Un sacco buio. E io ovviamente dove andai?
Ma in quello buio ovvio!
Quel buco oscuro era molto invitante, ero sicura che fosse la strada per andare a casa.
E per casa intendo l'Inferno.
Da lì poi sarei riuscita a risalire in superficie.
Ma appena misi piede nell'oscurità quel demone dei sogni mi entrò nella testa, facendomi addormentare. Mi accasciai contro una parete di roccia rosso scuro e lì restai fino a quando la mia cara amica Isabelle mi svegliò trafiggendo il demone che mi imprigionava, accompagnata da Clary e Jace (Jace?), Alec e Simon.
Aprii lentamente gli occhi e sentii l'odore bruciacchiato di casa inondarmi le narici, ridonandomi di forza, la forza che potevo avere solo in un posto: all'Inferno.
Guardai male Jace e lui abbassò lo sguardo imbarazzato – Scusa – sussurrò – Non ero in me -
Sorrisi e gli risposi – Non ti preoccupare -
Poi mi rivolsi a Izzy – ciao! Che fate qui? Siete riusciti a trovarmi? Come sta Raphael? Mi aspetta nel mondo umano? Dov'è l'uscita? -
La inondai di domande, ma lei non rispose a nessuna.
Si limitò a guardare di sottecchi Alec.
Poi sospirò, mi prese le mani e disse – Sei qui da molti giorni ormai. Mentre dormivi Sebastian ha attaccato gli Shadowhunters, trasformandone alcuni in esseri malvagi e ha catturato con l'aiuto delle fate i rappresentanti del Conclave -
- Quindi? -
- I rappresentanti sono la mamma di Clary, Luke, Magnus e… Raphael -
Il mondo crollò.
O forse caddi io?
Mi ritrovai sdraiata addosso ad Alec, che mi aveva preso, con la testa leggermente confusa.
Sebastian aveva preso Raphael e l'aveva portato lì.
Quindi poteva essere ancora più morto?
Mi alzai e aspettai che la mia testa smettesse di girare.
Poi guardai negli occhi Clary e chiesi, la voce dura – Cosa facciamo? -
Camminare all'interno dell'Inferno non era per niente male.
Almeno per me.
Ogni passo all'interno di quel mondo era un briciolo di forza in più nel mio cuore, che trasformavo in fuoco per alimentare la mia rabbia.
Nessuno poteva toccare Raphael. Nessuno.
Parecchi demoni provavano ad attaccarci e o scappavano, o li uccidevano Simon, Jace e Alec o li bruciavo con una semplice occhiata.
Passammo la notte all'interno di una grotta.
Il mattino dopo mangiammo un po' e salimmo sopra una collina.
Da quella collina un'enorme castello rotondo apparve sotto di noi, in tutta la sua magnificenza. Era mezzo distrutto, ma era comunque tantissimo simile alla Guardia dei Cacciatori.
Ci guardammo tra di noi.
Stavamo per scendere furtivamente verso le mura di cinta quando Simon, dietro di noi, mandò un gemito di dolore e si accasciò.
Isabelle gli corse incontro e lo sollevò da terra.
Il vampiro si artigliava con la mano il petto, ma non aveva niente.
Il suo sguardo sofferente puntò il mio e con un rantolo disse – Raphael… gli è successo qualcosa -
Poi i suoi occhi si rivoltarono e svenne.
O continuai a fissarlo, immobile come una statua.
Poi le mie ginocchia cedettero, come il mio cervello, mentre ciò che aveva detto veniva recepito dalla mia testa.


Ero in quella maledetta cella da un sacco.
Ero andato a cenare a casa di Meliorn, mentre i Nephilim cercavano ancora Calypso.
Ma non potevo rifiutare un invito delle fate.
Avevo assaggiato la mia zuppa di sangue quando la mia testa aveva iniziato a girare ed ero svenuto.
Mi ero svegliato all'interno di una cella in mattoni neri.
Fuori dalle grate si vedeva un cielo color rosso sangue e le mie mani erano inchiodate a terra tramite catene.
Insieme a me c'era Magnus Bane, la mamma di Clarissa e il suo compagno, Lucian Graymark.
Avevamo parlato un po'.
La sete cominciava a farsi sentire.
E poi la porta della cella si aprì, stagliando la figura di Sebastian nell'ombra, i capelli biondissimi spettinati e gli occhi pece sorridenti,
in mano teneva un coltello.
Sorrise e disse – Ma ciao! Come state? Mamma – rivolse un cenno a Jocelyn.
Poi il suo sguardo si spostò su di me e si affilò.
Si avvicino e disse – Tu sei il ragazzo di Calypso giusto? Piacere. Sono suo fratello da parte demoniaca – sorrise – Non mi perdonerà mai, ma… -
Come un fulmine infilò il pugnale nel mio cuore.
Boccheggiai e mi accasciai e tutto divenne nero.

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Capitolo 12
*** Il demone è nato ***


Ero completamente immobile.
Non riuscivo a muovere un muscolo.
Era davvero morto?
La confusione era tale che non capivo più niente.
Sentivo Isabelle che mi chiamava ma non volevo rispondere.
Ogni volta che pronunciava il mio nome pensavo “lasciami in pace, lasciami...”.
Era una tortura.
Clary parlava a Simon, chiedendogli cos'era successo.
Lui stava bene, ma non sapeva dire niente.
Sentii Alec e Jace che mi tiravano in piedi e mi sostenevano.
Tutto il mondo girava e ogni cosa era rossa. Rossa come il sangue.
Il suo sangue.
Come potevo soffrire così tanto per un umano, mi chiedevo.
Anche se era un vampiro era pur sempre un terrestre, una creatura completamene diversa dal mio mondo.
Il mo mondo.
Ci stavo dentro al mio paese, sentivo la forza pulsare in ogni roccia, in ogni centimetro di terreno.
Sentivo che era casa.
Ma come potevo chiamare casa il luogo dove la persona che amo di più è morta? Come? Uccisa da un mio simile?
Alec mi prese in  braccio, tenendomi forte e ripresero a camminare.
Io restavo ferma, a osservare il viso sfocato del Nephilim, che sembrava quasi il suo. Quello di Raphael.
Pesanti lacrime, grosse e lente, percorrevano il mio viso e sapevo che ogni goccia che cadeva per terra mandava un segnale in tutto quel luogo del mio dolore.
Ogni goccia uccideva un demone.
Ogni goccia.
Camminando e camminando superammo la collina e davanti a noi si stagliava sempre più grande il castello di Sebastian.
Ogni guardia che incontravamo scappava, come se mio fratello volesse farci passare.
Sentii che i ragazzi confabulavano e finalmente qualcosa si mise a fuoco: l'immagine di due scale, perfettamente identiche, una che andava su e una che andava giù.
Alec mi appoggiò a Jace e insieme a sua sorella e a Simon scesero la prima scala verso lo scantinato.
Noi tre salimmo.
La sala del trono di Sebastian era enorme.
Due troni si stagliavano sullo sfondo.
Uno nero e uno rosso.
Spostai lo sguardo per la stanza, fino a posarlo sul ragazzo dagli occhi neri e i capelli quasi bianchi.
Sebastian stava parlando a Jace e a Clary, ma io non capivo ciò che diceva.
La cosa che stavo osservando, invece, era un pugnale infilato nella sua cintura, col manico argento, sembrava una saetta.
E sulla lama, non ancora pulita, c'era del sangue scuro.
Le mie mani si chiusero a pugno di loro spontanea volontà.
L'aveva ucciso con quel pugnale.
L'aveva ucciso. Lui.
E come un incubo che torna a perseguitarti, sentii un calore in fondo al petto.
Il mio demone interiore si era svegliato.

P.s. scusate per il capitolo un po' corto, ma dovevo lasciare la parte più bella per il prossimo, l'ultimo. Grazie a tutti che leggete e preparatevi. Il tredicesimo capitolo sarà il più emozionante ;)

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Capitolo 13
*** Vita ***


Sono passati due mesi dalla fine della Guerra Oscura. E sono due mesi che vivo come non ho mai vissuto.
"Attacca Sebastian, saltandogli addosso e sprigionano tutto il mio potere in un unico urlo, che lo investì e gli risucchió tutto il sangue demoniaco che venne assorbito dal terreno. E lui tornò il Sebastian che avevo visto: occhi verdi e sorriso smagliante, anche se intriso di dolore.
- Grazie - mi sussurró prima di morire.
Guardai i miei amici e vidi che stavano combattendo i guerrieri oscuri. Con un gesto della mano li trasforma i in cenere.
Nave mi guardò e mi fece un cenno con la testa.
La minaccia di Sebastian si era conclusa in poco tempo. Ma per esringuere il mio dolore mi ci sarebbero voluti anni.
Anni.
Anni.
All'improvviso una luce abbagliante apparve nel buio di quella terra che era casa mia. Mio zio Raziel apparve in tutto il suo splendore e mi guardò teneramente.
- Ti ho osservato nipote mia. E anche tuo papà. Siamo fieri di ciò che hai fatto -
Gli risposi con voce monotona - Non mi interessa di cosa pensate. Ho perso tutto -
- Forse no - rispose Raziel.
Lo guardai confusa.
Schioccó le dita e una luce bianca ci abbaglió.
Quando riprendemmo a  vedere intorno a noi c'era il mondo di superficie. C'eravamo tutti: io, Clary, Jace, Magnus, Alec, Simon, Isabelle e gli altri prigionieri.
Tutti si ricongiunsero tra loro, ma io rimasi in disparte. Cosa intendeva dire Raziel?
- Mi amor - sentii da dietro di me. Quella voce. L'avrei riconosciuta tra mille.
Mi volta di scatto e corsi tra le braccia di Raphael.
Raziel l'aveva resuscitato. L'aveva reso come me, un essere immortale.
Era con me. Questo contava.
Lo baciai e fu come se mille fuochi si accendessero in me."
Adesso avevamo una casa stupenda a Idris.
Vivevamo contenti e ci eravamo anche sposati.
È questa è la nostra storia.
- Amore? - chiesi.
- Sì? - mi rispose Raphael.
- Ti amo. -
- Sempre -

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