Corsa contro il tempo

di MaryS5
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


1

Era una mattina assolata, come sempre a Miami . Carlos aveva appena finito di lavorare e stava uscendo dallo studio per tornare a casa.
Il mese stava per finire. Era stato abbastanza producente e tranquillo. Il lavoro andava bene, in famiglia tutto a posto. Ogni cosa sembrava andare per il verso giusto.
Gli avevano proposto varie parti in diversi film, lui aveva tenuto in considerazione ogni offerta, ma programmava anche di scrivere una canzone, magari in spagnolo, quindi avrebbe scelto qualcosa di poco impegnativo, così avrebbe avuto un po’ di tempo per la prossima creazione.
Era difficile incastrare ogni impegno. Tutto sembrava troppo importante per essere tralasciato, ma lui non si scoraggiava, aveva anche il tempo di uscire con gli amici. Ovviamente qualche pausa qua e là ci stava sempre, un viaggetto, una vacanza, comunque non gli pesava lavorare per molte ore di seguito.
Aveva passato una mattina tranquilla e leggermente monotona. Si era divertito a lavoro e con la sua solita energia aveva contagiato anche i colleghi più pigri o musoni.
 Era felice, senza alcuna ragione precisa. Forse era perché quella mattina si era svegliato di buon umore o perché Sidney aveva miracolosamente deciso di non leccargli tutta la faccia preferendo torturare il suo nuovo giochino, oppure perché la fidanzata gli aveva fatto trovare la colazione in tavola.
Quanto amava Alexa …. Era impaziente di tornare a casa per poterla riabbracciare.

 Mentre era in macchina le fece uno squillo per informarla che stava arrivando. Lei non rispose in alcun modo. Forse era impegnata. Decise di passare da un supermercato per comprare qualcosina. Avrebbe cucinato lui. Adorava acquistare cibi strani da poter usare. Non era un asso in cucina, ma se la cavava e amava inventare nuove ricette per sorprendere Alexa.
Ci mise poco. La fila alla cassa si smaltì in fretta. Caricò i pacchi nel portabagagli e continuò il suo viaggio.
Allegro, accese la radio e cominciò a cantare, stonando apposta in alcune strofe per vedere le facce disgustate dei guidatori che erano accanto a lui nelle code prima del semaforo o in alcuni ingorghi.

Arrivato a casa posteggiò con cura il veicolo. Non ebbe nemmeno il tempo di scendere che i suoi due cani gli corsero in contro. Accarezzò con poca delicatezza Sidney e corse a prendere la spesa.
Non fu facile portare tutto dentro, dovette sudare. I due “cuccioli” non smettevano di saltargli addosso e lui doveva riuscire a tenerli lontani dalle cibarie. Provava ad ammonirli con la voce, ma con scarsi risultati, mentre quelli gli giravano attorno provocando la sua risata divertita.
Entrato dentro si sorprese della frescura. Fuori c’era molto caldo.
Sistemò ogni acquisto negli scaffali giusti. Mentre eseguiva queste azioni chiamava felice la fidanzata, ma non rispondeva.
In cucina, sopra il tavolo arredato con un’elegante piatto di frutta, trovò un biglietto che diceva : “ tarderò un po’, sono andata a fare shopping, tornerò per pranzo. Alexa”. Il ragazzo sorrise leggendo il biglietto. Beh, avrebbe aspettato per vedere il suo angioletto.

Cominciò a preparare e, mentre si dava da fare, accese la televisione sintonizzando il canale sul notiziario. Decise di cucinare qualcosa con la carne e optò anche per un piccolo dolce.
A volte si concentrava ad ascoltare il telegiornale, ma non ci prestava molto ascolto, le notizie riguardavano più che altro ingorghi o spettacoli d’intrattenimento. All’una finì di cucinare, ma Alexa non era ancora tornata, così decise di aspettarla.
Si buttò sul divano e alzò il volume della tv lasciando che Sasha gli saltasse sullo stomaco desiderosa di coccole.
Ascoltando la notizia di un elefante pittore in Brasile stava per assopirsi, ma un’interruzione urgente del presentatore lo rimise sull’attenti. “ …. un bruttissimo incidente ha convolto moltissimi veicoli nella stat…”.
<< Sidney fa’ silenzio!! >> urlò al cane che abbaiava all’impazzata fuori dal balcone. Irritato corse ad aprirgli mentre l’altra cagnolina lo seguiva incollata alle sue gambe. << fate silenzio voi due!! >> li sgridò risedendosi e guardandoli male.
Alzò di più il volume. “ …. ancora non si conosce il numero delle vittime, ma la polizia sta facendo il possibile per trovare i superstiti ed informare i parenti della gente coinvolta.
Sembra che tra la confusione e i veicoli abbiano trovato un camion con all’interno alcune ragazze drogate. La polizia, appena scoperto il veicolo in questione, si è mobilitata immediatamente per arrestare il guidatore, ma questo è morto sul colpo durante l’impatto. Si pensa che potesse fare parte di un’organizzazione trafficante di ragazze. Queste vengono rapite, stordite e vendute ad uomini, disposti a pagare molto bene, che si approfittano di loro ….”. Carlos arricciò il naso indignato. Come potevano fare qualcosa di simile?
“…. come dicevo la polizia sta informando i familiari, ma ci è stato chiesto di riferirvi i nomi delle persone che sono state trovate morte o ferite. Vi preghiamo di chiamare il distretto in caso qualcuno riconoscesse una persona cara. Prima di cominciare ad elencarli però vorrei aggiungere che esporrò anche i nomi di ragazze trovati su alcuni documenti nel camion poco prima citato. Se riconoscete i nomi, vi invito ancora a chiamare il distretto …. Bene la lista è arrivata….”, il presentatore stava prendendo un foglio che gli stava porgendo un tecnico. Nel frattempo, dietro di lui, le immagini dell’incidente venivano mostrate con una prospettiva dall’alto, sicuramente di un elicottero .
Continuò subito a parlare. “comincerò con le vittime. La prima è Chaterine Alz..”. Il ragazzo spense in fretta la tv.
Non voleva sapere i nomi di quelle povere persone. Tornò in cucina e addentò qualcosa mentre aspettava Alexa.
Quella notizia lo aveva inquietato. Adesso era agitato e continuava a guardare fuori dalla finestra. Sentiva che si sarebbe sentito bene soltanto abbracciando la sua piccola, ma quella ancora non veniva.

Prese il cellulare con l’intenzione di chiamarla. Si sorprese trovando dodici chiamate perse da parte del suo migliore amico Logan …. Chissà cosa voleva. Non lo richiamò, invece compose il numero della sua ragazza. Squillava a vuoto. Quando si staccò richiamò ancora seguendo l’esempio dell’amico.
Era stranamente agitato, gli sudavano le mani e non riusciva a stare fermo.
Sidney e Sasha cominciarono ad abbaiare ed a correre verso il cancello. << silenzio!! Non riesco a sentire! >>.
Attirato dal macello che stavano producendo i cani comprese che c’era qualcuno fuori dalla casa.

Pensando che fosse arrivata Alexa corse alla porta, ma un clacson poco familiare gli fece comprendere che non era lei. Ancora con il telefono all’orecchio, ignorando chi ci fosse dall’altra parte, aprì il cancello.
Si sorprese di vedere Logan corrergli incontro. Era strano non avesse nemmeno entrato la macchina nel vialetto.
<< Logan cos …? >>, << perché non hai risposto alle mie chiamate?!! Ho informato gli altri. Come stai? Oddio non ci posso credere!! È una cosa pazzesca!! >> lo interruppe.
Ma che stava cianciando? Sembrava nervosissimo, si guardava intorno e si muoveva lesto. Con ampie falcate raggiunse la casa ed entrò, seguito da Carlos che lo guardava stupito. Il latino si decise a chiudere la chiamata ancora in corso.
<< Hai chiamato la polizia?! >> chiese Logan aggirandosi per la casa come un pazzo mentre i due cani lo seguivano divertiti. << c-cosa? Perché avrei dovuto? >> << come “perché” ??!!! >>. Si guardarono negli occhi. Logan capì.
<< n-non lo sai? >> gli chiese, quasi con le lacrime agli occhi. << ma che ti prende, c-che cosa dovrei sapere?>> gli chiese angosciato. << o mio Dio! No … non vorrei essere io il primo a dirtelo, ma …. forse è meglio così >>.
Logan lo lasciò immobile, ancora con il telefono in mano, e andò ad accendere la televisione.
<< s-si può sapere che c’è?! >> chiese ancora Carlos, mentre l’altro si sedeva nel divano grattandosi la nuca in modo nervoso.
<< siediti >> gli disse solo, sintonizzando la TV sul telegiornale che stava guardando l’amico poco prima.
Era ancora in corso il servizio sull’incidente, solo che il presentatore aveva finito di leggere i nomi delle vittime e ora commentava la scena.
<< leggi là >> disse Logan, una volta che Carlos si fu seduto, indicando la parte bassa dello schermo da cui scorrevano delle parole. Erano i nomi delle persone coinvolte nell’incidente. Il latino si concentrò a leggerli tutti, senza perderne nemmeno uno, mentre l’amico gli parlava.
<< ero in studio. S-stavo ascoltando la radio e l’ho sentito. Forse arriverà qua. D-devi stare calmo. Non farti prendere dal panico … f-forse non è come pensiamo … f-forse… >>.
Un nome conosciuto primeggiò su gli altri. Il ragazzo lo seguì con lo sguardo fino a quando non scomparve.
<< Alexa >> sussurrò.
Era proprio il suo nome Alexa Vega.





Salve gente!!
Questa è la mia prima storia sui Big Time Rush quindi, per favore, siate gentili con le recensioni.
Voglio ringraziare te, che sei arrivato a leggere fino a qua e ancora di più chi sarà così gentile da scrivermi un parere.
Vi avviso che non so ancora quando aggiornerò, per via di vari problemi, ma spero presto. Arrivederci a tutti!!
Ah! Volevo approfittare per fare tanti auguroni a Carlos ( quello vero). Mi è giunta voce, proprio oggi, che stia per diventare papà!!
Auguri!! E a voi ..a presto!!

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Capitolo 2
*** 2 ***


2

<< no… Alexa >>, sentì le lacrime sopraffarlo. Si coprì il viso, disperato.
Logan gli aveva messo un braccio sulle spalle, ma quel contatto non lo fece stare meglio.
<< Alexa …. >> scuoteva la testa e, tra i pugni, teneva i pochi capelli, come a volerseli strappare.

<< la polizia arriverà a momenti … >> spiegò l’amico, mentre con l’altra mano cercava di tirarlo su dandogli delicati colpetti sulla spalla.
<< vorranno farti delle d-domande …. Ma non è tutto perduto .. f-forse non è come pensiamo … >> ripeté ancora.
<< non è come pensiamo?! >> disse Carlos alzandosi bruscamente e rivolgendogli uno sguardo di lacrimoso disprezzo. << HANNO IL SUO NOME! >> disse ancora scandendo bene le lettere. << le è successo per forza qualcosa!! >>.
<< si, ma le potrebbe essere successo qualsiasi cosa! F-forse è scappata, forse l’hanno s-solo derubata oppure …. >>, << che stai dicendo? >> lo interruppe l’amico.
<< hai letto, no? Quelli sono i nomi scritti nei documenti ritrovati nel camion! Potrebbe non essere stata coinvolta nell’incidente! >>. << n-non capisco, allora l’hanno rapita. >> si sedette tenendo la testa fra le mani.
<< in quel camion c’erano più documenti che ragazze. Loro non sono state identificate. È possibile che tra loro ci sia anche Alexa, come è possibile che non sia lì, che l’abbiano soli derubata o …. >>, << rapita >> continuò Carlos. << Ma se fosse lì allora …. … s-sarebbe mor …. Sarebbe >> non riusciva a dirlo. << c’è stato qualcuno che si è salvato >>, lo consolò Logan.
Il latino cominciò a singhiozzare con la testa fra le mani. Il solo pensiero di Alexa coinvolta in quell’incidente lo faceva rabbrividire di paura e rabbia. Chi aveva osato toccarla?

Qualcuno bussò al citofono, ma non ci fece caso. Ci pensò Logan ad aprire.
Mentre l’amico era via, lui pensò, per un folle istante, che a suonare al campanello ci fosse proprio il suo amore. Rise amaramente, mentre le lacrime continuavano a scendere.
 Attraverso il rumore della televisione accesa, riuscì a sentire delle voci maschili mischiarsi insieme. Tra quelle c’era anche quella di Logan.
Si tappò le orecchie con le mani, così forte da procurargli dolore. Poi si sentì toccare la spalla e scostò un po’ una mano. Qualcuno gli stava sussurrando all’orecchio. Era l’amico: << Carlos, è arrivata la polizia, vuole parlarti… >>.
L’altro mugugnò qualcosa di incomprensibile in risposta. Non voleva vedere nessuno, tantomeno parlare.
<< mi scusi … >> si intromise l’uomo in divisa. Carlos si girò a guardarli, erano in due. Avevano un’aria autoritaria, ma sembravano comprensivi.
<< se ha bisogno di tempo per elaborare la notizia, noi aspetteremo, ma abbiamo bisogno di risposte, oppure non potremo continuare l’indagine>>. Il ragazzo annuì.
Non se la sentiva di parlare, così chiese scusa e corse in camera lasciando a Logan la situazione.

Vedere l’ampio letto, dove lui ed Alexa avevano passato notti meravigliose, gli procurò un dolore troppo grande. Si accucciò in un angolo della stanza, accanto alla parte del letto occupato solitamente dalla sua fidanzata, e pianse.
Entrò subito Sidney scodinzolante, ma appena vide il padrone così depresso gli si accovacciò ai piedi come un bravo cane, probabilmente intuendo la brutta situazione.
Rimasero così per molto tempo, forse minuti, oppure ore, nella semioscurità della stanza. Il silenzio poteva concedere a Carlos un po’ di tempo per pensare, ma non ci riusciva. Sembrava che la sua mente si rifiutasse di credere a tutto quello che aveva sentito. Il telegiornale, Logan, la polizia, nessuno lo aveva veramente informato della verità.
Ascoltò attentamente il respiro pesante del suo cane e si sorprese della tranquillità e fedeltà che dimostrava. Qualche volta alzava l’enorme testone per controllare che tutto fosse tranquillo, poi rimetteva il muso sulla moquette.
Provava ad estraniarsi da tutto quanto, ma non gli era possibile. La mancanza di Alexa si faceva sentire.

Il ragazzo sentì delle voci avvicinarsi sempre di più, ma non se ne preoccupò rimanendo con la testa poggiata alle braccia. La porta venne aperta. L’avevano trovato. Doveva affrontare la realtà. Doveva essere forte, per Alexa.
<< Carlos … >> una voce familiare lo convinse ad alzare il capo.
Inginocchiato davanti a lui c’era James che gli rivolgeva un sorriso rassicurante. Dietro di lui Kendall e accanto alla porta Logan, che sembrava indeciso se entrare, lo guardavano comprensivi.
<< … ti va di uscire e andare a parlare con la polizia? >> continuò James.
Lui li guardò ancora una volta, poi si alzò dal suo angolino e, affiancato da Sidney, tornò in cucina. << scusatemi >> disse rivolto ai poliziotti stropicciando gli occhi umidi, << si figuri >>.
<< venite >>, Logan li condusse in salotto dove li fece accomodare. Il latino non poteva essergli più grato, con lui e anche con i suoi amici, che avevano abbandonato tutti gli impegni per correre a supportarlo.
<< cominciamo? >> chiese Carlos desiderando che tutto finisse in fretta. James gli si sedette accanto mentre gli altri, rimanendo il più vicino possibile a lui, si sedettero in altre poltrone e divani.
<< certo. Prima di tutto, se non le dispiace, deve dirmi l’ultima volta che ha visto o sentito la signorina. La prego di essere più preciso possibile >>.
Cominciò a riflettere cercando di non farsi sopraffare dai sentimenti. << l’ultima volta è s-stato … stamattina. M-mi sono alzato e l’ho trovata in cucina…. …. Aveva preparato la colazione. A-abbiamo mangiato, abbiamo sparecchiato e pulito tutto insieme >> un nodo alla gola lo sorprese.
Visto che il ragazzo di era fermato l’unico poliziotto che prendeva la parola lo incitò a continuare. << poi s-sono andato a prepararmi …. Ho dato da mangiare ai miei cani e…. credo che nel frattempo Alexa si sia vestita, perché non era più in pigiama. E-era seduta il cucina, con il cellulare. S-stava parlando a telefono … >>, << sa con chi? Era nervosa? Sembrava spaventata, arrabbiata o … ? >>, << n-no non era arrabbiata … non so con chi stesse parlando. E-ero in ritardo. Forse stava parlando con il suo manager, oppure con qualcuno dello staff di un film che le aveva proposto una piccola parte>>.
Cercò di ricordare qualcosa. Tutti i ricordi erano avvolti da una nebbiolina fastidiosa che non gli permetteva di afferrare ciò di cui aveva bisogno.
<< sembrava felice. S-si stavano mettendo d’accordo sul giorno delle prove … forse. Teneva l’agenda degli impegni di lavoro davanti e qualche volta ci scriveva sopra. D-dopo … le ho dato un bacio … e … sono uscito per andare agli studi … … >>.
<< scusi, è uscito mentre la sua fidanzata parlava ancora a telefono? >> lo interruppe l’uomo. << s-si >>, << successivamente l’ha sentita in qualche modo? >> chiese.
<< no. Lei sa che quando vado a lavoro, spesso spengo il telefono, quindi non mi ha chiamato e non l’ho fatto io ….. … però, dopo essere uscito dallo studio l’ho chiamata, m-ma non ha risposto. Pensavo fosse impegnata, così ho lasciato perdere… >>, << è tornato subito a casa? >> << no. Sono passato per il supermercato >>.
<< ricorda l’ora? >>, chiese senza esitazione il primo uomo, mentre l’altro continuava a rimanere il silenzio, impegnato del compilare il foglio di un taccuino. << l’ora? D-di quando sono tornato? >>, << no, di quando l’ha vista l’ultima volta e l’ha chiamata. Poi continui a raccontare . Se ricorda mi dica l’orario di tutto quello che può sembrarle importante >>. << quando sono andato via di casa s-saranno state le otto e trentacinque, mentre l’ho chiamata alle dodici meno dieci … lo ricordo perché ho guardato molte volte l’orologio. Non volevo arrivare a casa tardi e pensavo di comprare qualcosa sulla strada. S-sono tornato verso le dodici e mezza, o anche prima >>.
<< la ragazza era in casa? >>. << No. Ha lasciato un biglietto con scritto che era andata a fare compere e sarebbe tornata tardi >>. << quindi non ne ha più avuto notizie? >>, << si >>.
James, vedendolo sconvolto e ancora sul punto di piangere, gli mise un braccio intorno alle spalle. << adesso le farò qualche domanda semplice, ok? >>. Carlos annuì piano. << sa se la signorina avesse documenti addosso? È solita portarli? >> continuò subito.
<< Si, credo che li avesse. L-la patente forse e la carta di identità, ma non so… >>, << ha qualche idea di dove possa essere andata? E sa quale mezzo ha usato? >>. Carlos continuava a torturarsi le mani nervoso. << non so dove sia andata. V-va sempre in posti diversi … e…. probabilmente ha usato la sua auto …. Kendall >> chiamò l’amico che si mise subito sull’attenti. << puoi andare all’ingresso e vedere se nei ganci accanto alla porta c’è una chiave rossa con un portachiavi a forma gattino? Guarda anche nel tavolo all’ingresso >>. L’interpellato si alzò dal suo posto e cose a fare ciò che gli era stato chiesto. Aspettarono qualche secondo in silenzio. Il poliziotto stava per ricominciare a fare domande quando Kendall ritornò con il fiatone: << ho guardato ovunque, n-non c’è >> disse sedendosi. Carlos lo ringraziò, << si, ha preso la sua macchina >>.
<< perfetto. Potremmo rintracciarla con il GPS del navigatore. >> continuò l’uomo, << di solito porta oggetti preziosi o gioielli costosi con se? >>. << beh … a parte l’anello di fidanzamento mette qualche collana e braccialetto, ma mai qualcosa di troppo costoso … soprattutto per lo shopping. Non ama indossare tanti gioielli >>. << capisco >>.
Il poliziotto controllò ciò che aveva scritto il collega prima di ricominciare. << ci sono stati furti, episodi di molestie, stalking oppure fatti particolari in questi giorni? >>, << no >> disse deciso, << è sicuro che non vi stesse controllando nessuno? >>, << certo! >>.
<< grazie per il suo aiuto. Vorrei chiederle ancora qualche cortesia. Deve darmi l’agenda della sua ragazza, il bigliettino che le ha lasciato e una foto >>. Carlos annuì.
<< se la sente di venire in ospedale per vedere se tra le ragazze sopravvissute ci sia la signorina Vega? >> chiese l’altro poliziotto. Il ragazzo ci pensò; forse Alexa sarebbe potuta essere lì, ma non ne era sicuro, non voleva illudersi. Stava per rispondere di no, ma pensò a cosa avrebbe fatto in casa. Avrebbe pianto ancora? No, voleva cercarla, voleva trovarla. Solo lui sarebbe riuscito a farlo. Solo lui era abbastanza forte. Solo lui conosceva la sua ragazza alla perfezione.
<< va bene >> , la sua voce risultava debole e tremula. << la ringrazio, così ci aiuterà ad accorciare i termini di riconoscimento >> continuò il secondo uomo. Il primo si intromise. << credo che dovremmo rimandare purtroppo, uno di noi dovrebbe rimanere ad ispezionare la casa e serve una persona che la conosca >>, << nessun problema, starò io qui con lei. Conosco bene la casa. Voi andate pure >> disse Kendall. << d-dici davvero? >> Carlos non credeva alle proprie orecchie. << ovviamente! >> gli rispose il biondo. << grazie tante Kendall >>. << e noi veniamo con te! >> lo informò Logan. Il latino gli rivolse un sorriso di gratitudine prima di andare con il poliziotto seguito dagli altri due ragazzi.

Sidney e Sasha sembrarono contrariati dalla situazione. Appena videro il padrone uscire dalla casa ed avvicinarsi ad un’auto nera e bianca gli corsero in contro abbaiando rabbiose contro l’indesiderato ospite. Mostravano i denti e mordicchiavano le caviglie a tutti quelli che provavano a salire sull’auto. Carlos dovette provare a calmarle.
Si allontanò da tutti chiamando i suoi cuccioli che lo raggiunsero a gran corsa. Si inginocchiò davanti a loro e provò a parlarci, allontanandole se cercavano di leccargli la faccia. Non voleva urlare, non se la sentiva.
<< venite qui >>, disse affettuosamente. << ascoltatemi, non fate i capricci. Non fate arrabbiare lo zio Kendall e lasciate lavorare quel poliziotto. Io sto andando a prendere la mamma. Torno subito >> li rassicurò accarezzandoli mentre entrambi si contorcevano e scodinzolavano alle sue gambe. << mi raccomando piccoli >>, gli diede un’ultima pacca sul manto e corse via.
Questa volta i due cani non lo seguirono, ammoniti dai suoi gesti. Continuarono comunque ad abbaiare.

Il ragazzo salì in macchina mentre il poliziotto metteva in moto. Accanto a lui c’era James che provava a tranquillizzarlo sottovoce. Carlos però non lo ascoltava, era impegnato a guardare la strada attraverso il finestrino e riflettere su dove e come avrebbe potuto trovarla. Nel frattempo pregava che fosse tutta intera.
A volte la radio della macchina si accendeva informando il poliziotto di varie notizie e avvenimenti. Venivano anche richiesti rinforzi, a cui i colleghi rispondevano puntualmente. Molti riguardavano l’incidente, dicevano quante erano le vittime, quanti feriti, quanti dispersi. Questi ultimi diminuivano velocemente, mentre i primi due aumentavano di conseguenza.
Carlos stava sudando, sentiva che l’aria era insopportabile, ma allo stesso tempo alcuni brividi lo smentivano. Il paesaggio che vedeva dal finestrino contraddiceva il suo umore. Ripensando a quella mattina tutto quello che stava accadendo gli sembrava assurdo.
Ogni volta che incrociavano delle persone felici o, ancora peggio, una coppia, Carlos emetteva un sospiro cercando di trattenere le lacrime che sembravano non aver alcuna intenzione di esaurirsi.

<< siamo arrivati >>, li informò il poliziotto mentre James gli stritolava la spalla.
Da lontano si scorgeva l’ospedale. L’edificio era enorme e più si avvicinavano, più diventava immenso.
L’uomo posteggiò in uno spazio libero e li incitò a scendere. I ragazzi lo seguirono senza fiatare fino all’ingresso. Carlos si ostinava a tenere il viso basso, quel posto lo deprimeva, ancora di più se sapeva che avrebbe potuto trovarci Alexa.
Il poliziotto chiese informazioni ad un’infermiera molto gentile. Gli altri invece mantenevano le distanze. << primo piano >> disse quello avvicinandosi a loro. << presto venite >>.
Salirono nell’ascensore, dietro la reception, che nonostante fosse enorme causava in tutti i passeggeri un’orribile senso di claustrofobia. Appena arrivarono si sentì un piccolo squillo e le porte si aprirono. Carlos lasciò passare tutti prima di lui e riluttante dovette seguirli poco dopo.
James gli si affiancò : << senti se non vuoi farlo non devi per forza. Possiamo andare io e Logan >>.
Il latino rifletté; se la sua ragazza fosse stata lì dentro l’avrebbe voluto accanto, avrebbe voluto vederlo per primo, avrebbe voluto pensare che il suo ragazzo la stesse cercando disperatamente e non che si spaventasse ad entrare in una stanza piena di feriti.
<< no, grazie James … d-devo farlo io >>. L’amico annuì e si allontanò un po’ da lui affiancandosi all’altro. Solo in quel momento il latino scoprì il nervosismo, la paura, l’ansia, il terrore che emanavano anche gli altri due. Certamente anche Kendall stava come loro, tutti volevano bene ad Alexa, chissà com’era in pensiero a casa, senza sapere quello che stava succedendo, quello che avrebbero scoperto.

Quelli davanti a lui si fermarono davanti ad una porta chiusa. In una targhetta c’era inciso il numero quindici. Carlos superò tutti e si mise di fronte all’ingresso senza il coraggio di vedere, di entrare.
Inghiottì a vuoto. Non ci riusciva. Non sapeva se volesse trovarla là dentro oppure no. Si girò appena e alla sua sinistra trovò Logan che lo guardava spaventato. Gli fece un cenno, quasi impercettibile, ma lui riuscì a coglierlo, lui riuscì a capire. L’amico allungò il braccio e aprì la porta al posto suo.
Carlos trattenne il respiro. Adesso ci voleva qualcuno che lo spingesse dentro. No, doveva riuscirci. Fece un lungo passo e si ritrovò dentro.




Salve a tutti! Come vedete questo capitolo è un po’ più lungo.
È presente qualche chiarimento su cos’è successo, ma il resto è tutto da vedere.
Ringrazio chi ha letto fino a qui e soprattutto chi ha l’intenzione si seguire tutta la storia.
Vi chiedo però di recensire, so che questo tema non è molto utilizzato nel fandom dei Big Time Rush e proprio per questo vorrei sapere che ne pensate.
A presto! Ciao!

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Capitolo 3
*** 3 ***


3

C’era molta gente. Forse erano i parenti dei feriti e anche qualche medico, i camici bianchi e blu si distinguevano tra tutti.
Il poliziotto gli si affiancò: << Qua ci sono le ragazze che sono state trovate nel furgone, alcune sono già state interrogate, ma non ne abbiamo ricavato niente. Erano sette in tutto, quattro sono qua, mentre le altre tre …. Beh non hanno retto al trasporto in ospedale >>. Al ragazzo venne un nodo allo stomaco.

Solo due letti erano circondati da persone. Il primo, quello più vicino al muro e a lui, era quasi completamente coperto da persone che parlavano. Sembravano sollevati, ma allo stesso tempo spaventati, arrabbiati.
Riuscì a scorgere una bellissima ragazza seduta che ascoltava confusa tutti quanti. Era bionda, ma Carlos la scartò immediatamente. Non era Alexa. Non poteva essere lei per il solo fatto che avesse tanti familiari intorno, finora nessuno sapeva della sua scomparsa, escludendo pochissime persone.
Non perse tempo a controllare ancora o analizzare chi le stesse accanto.
Fece qualche passo avanti avvicinandosi al secondo. Sperava che fosse lei, ma appena la visuale fu libera, appena un dottore si spostò appena, capì che non lo era. Questa ragazza era mora ed aveva un viso appuntito dai tratti duri.
Sembrava confusa. Era quasi completamente coricata e guardava con un debole sorriso le tre figure stagliate intorno a lei. Una donna di mezz’età la osservava dall’alto. Era molto simile a lei. Mentre un uomo con la fede al dito e un bambino tra le braccia le parlavano. Il piccolo sembrava eccitato, anche se un po’ spaventato dall’aspetto acciaccato della madre.
Inspirò profondamente e passò avanti. Il terzo letto era occupato solo da una sagoma mingherlina. I capelli biondo cenere le coprivano il viso.
Era seduta, ma non riusciva a vederla bene, stava scrivendo qualcosa su un cellulare. Il latino si mise prudentemente ai piedi del letto e la osservò. Subito lo sguardo gli cadde sull’apparecchio elettronico.
 Non era quello della sua piccola. Non poteva essere lei. Quella, come se fosse stata chiamata, alzò lo sguardo incrociando quello del moro.
Aveva il volto pestato, un misto tra rosso, violaceo e nero. Lui era ormai certo che non si trattasse di Alexa, ma vederla, osservarla negli occhi azzurri, gli svelò un pezzetto di quell’esperienza che tutte loro avevano passato. La paura, la confusione ancora risiedevano in quella limpidezza di sguardo.
Le lacrime lo assalirono per l’ennesima volta. Si scusò mogio allontanandosi in fretta.
Passò all’ultimo letto, quello che si affiancava al muro. Lei doveva per forza essere lì. Dal lenzuolo vide uscire dei capelli biondi. Non quel biondo acceso, ma un po’ castano, un po’ grigio … proprio come la sua Alexa.
La ragazza era girata verso il muro, forse stava dormendo. Aveva voglia di chiamarla, di abbracciarla, ma avrebbe potuto spaventarla.
Si avvicinò in silenzio sotto lo sguardo della bionda con il cellulare che ormai aveva rivolto l’attenzione solo a lui. Provò a sporgersi per intravedere qualcosa. L’ansia lo stava divorando e gli sguardi puntati addosso non miglioravano la situazione.
Scostò appena il tessuto. Un’enorme garza lo sorprese. Dirottò lo sguardo immediatamente. Si asciugò le lacrime e continuò.
Se era così certo che la sua fidanzata fosse lì, perché sentiva una voce dentro di se che diceva di lasciar perdere? Che non sarebbe stata lei?
La donna si smosse appena, nel sonno. Lui poté vederla, finalmente. Rimase immobile mentre gli amici, il poliziotto e la ragazza con il cellulare lo fissavano con il fiato sospeso.
Non era lei. Si allontanò sconfitto. Raggiunse gli altri.
Logan gli si avvicinò, gli mise una mano sulla spalla e lo condusse fuori per poi farlo accomodare in una piccola sedia grigia fuori dalla stanza. Lontano dal rumore, dalle chiacchiere, dalle urla, dai respiri pesanti.
Appena l’ultimo uscito chiuse la porta lui si sentì in un altro universo, non percepiva nemmeno la presenza di Logan seduto accanto a lui. Il pavimento bianco rifletteva la luce accecandolo.
<< Allora? >> chiese stupidamente il poliziotto. << Non l’ha trovata! No?! >> rispose al posto suo James in un tono piuttosto irritato.
L’uomo segnò qualcosa nel taccuino. << Mi dispiace … >> mormorò poi.
<< …. Se la sente di scendere nel sotterraneo per controllare anche le altre ragazze? >> continuò.
<< NO!! >>, Logan lo fece sussultare per la sorpresa, ma comunque non alzò lo sguardo. Sapeva che intendeva il poliziotto, voleva fargli vedere le vittime.
<< È sconvolto!! Non può chiedergli questo!! >>, continuò l’amico che ormai si era alzato fronteggiando l’uomo.
<< Volevo soltanto velocizzare la cosa … >> cercò di giustificarsi l’altro. James si intromise: << Che le è passato per la mente! L’ha visto? Non p… >>, << Basta! >>.
Carlos li zittì. Stava ancora seduto e con il volto basso, ma sembrava abbastanza sicuro di se.
<< Voglio andarci >>, disse stupendo tutti. << M-ma Carlos…. >> provò a parlargli uno degli amici, ma lui non voleva sentire scuse. Si alzò.
Le lacrime scendevano veloci nelle sue guance scure. << Devo trovarla … >> sussurrò. << B-bene >>, l’uomo sembrava a disagio, la tensione era palpabile.
<< Andiamo >> disse precedendoli. James e Logan aspettarono che Carlos li superasse prima di muoversi.
A lui tremavano le gambe. Stava facendo la cosa più stupida che avesse mai potuto pensare, ma doveva. Per Alexa.
Fecero la strada senza bisogno di parlare, di chiedere indicazioni. Salirono ancora nell’ascensore, ma questa volta l’uomo premette il pulsante -2.
Ci misero un’eternità per arrivare. Carlos sentiva che se non si fossero sbrigati avrebbe cambiato immediatamente idea. Appena le ante si aprirono poterono scorgere un corridoio buio, illuminato solo dalle lampade al neon. Era deserto, non si sentiva alcun rumore.
I ragazzi seguivano intimiditi il più grande mentre camminava sicuro. Sembrava che conoscesse bene quel posto. Forse c’era stato altre volte, chissà quante.

Il latino strinse i pugni respirando più velocemente. Aveva paura.
Come avrebbe fatto a tornare a casa, la loro casa, sapendo che non sarebbe tornata mai più? non avrebbe potuto più aspettarla impaziente. Scrutare l’orizzonte speranzoso che lei arrivasse in tempo per la cena. Oppure semplicemente abbracciarla. Baciarla su quelle labbra irresistibili. Farla ridere e ascoltare la sua risata infantile. Come avrebbe fatto a non osservarla più camminare? A non prenderla in giro per come ciondolava senza grazia? O come avrebbe fatto a non guardarla mentre si affaccendava per la casa? Ad amarla? In ogni suo meraviglioso pregio o ancor più meraviglioso difetto? Come?

Ritornò alla realtà quando il poliziotto si fermò davanti ad una porta enorme in ferro. << Aspettate un momento >>, disse entrando.
James gli si affiancò in un lampo, << Carlos devi pensarci bene. Pensi che sia semplice come poco fa? Come quando hai controllato tutte quelle ragazze? Qui stiamo parlando di cadaveri >> sussurrò in pensiero.
Il latino lo zittì irritato. << E tu credi che per me sia stato facile? Controllarle tutte? S-sperare che una di loro fosse lei? Avrei fatto qualsiasi cosa per vederla in quel letto … ogni volta che ne superavo uno supplicavo che fosse nel prossimo e an… >>, << Allora non farlo! >> continuò il più alto.
<< Potresti pentirtene per sempre >>. << lo so, ma devo farlo >>. Logan gli mise una mano sulla spalla da dietro. << Noi siamo con te, vero James? >>, << Certo, in ogni tua decisione >>.
<< Vuoi che entriamo anche noi? >> chiese Logan. << Se volete, ma … forse è meglio che rimanete indietro… >> mugugnò il latino.
Il poliziotto si affacciò. << Entrate >> disse con voce rauca.




Salve a tutti: Scusate se vi ho fatto aspettare, ma ho dei problemi con internet e non riesco proprio a pubblicare con regolarità.
Come vedete le cose si fanno più interessanti, tutto sta cominciando a quadrare purtroppo non per il meglio. Che ne pensate?
Grazie a tutti voi.
Desidererei conoscere più pareri, quindi perché voi lettori silenziosi non lasciate qualche parolina?
 Bene, allora al prossimo capitolo. Ciao!

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Capitolo 4
*** 4 ***


La stanza era grande e grigia. Il neon dava fastidio agli occhi e si sentiva un’insopportabile tanfo. C’era abbastanza freddo. Una ventola girava mesta agli antipodi della stanza, scricchiolando appena.
Al centro c’erano tre tavoli con delle figure coperte da un telo bianco, sporco in alcuni punti. Mentre dietro stava una specie di grosso armadio di metallo con degli sportellini in cui, sicuramente, venivano riposti i corpi.
Carlos spostò la sua attenzione su un uomo che gli sorrise. Stava accanto al primo tavolo ed aveva un camice verde acceso.
<< Prego >> sussurrò lo sconosciuto indicando la figura sotto il lenzuolo. Il ragazzo si avvicinò, mentre gli altri rimanevano indietro come gli era stato chiesto.
Si accostò al tavolo gettando nervosamente un’occhiata ad un carrellino di metallo in fondo che sosteneva alcuni strumenti.
<< Quando vuole >> sussurrò ancora quello. Carlos deglutì rumorosamente.
Via il cerotto via il dolore, no? Gli fece un gesto con la testa e quello scoprì con un colpo secco il volto della ragazza.
Carlos si portò le mani alla bocca, all’istante. Un conato lo aveva scosso. Gli prese tutto lo stomaco e il canale fino alla gola.
Quell’espressione calma. Quel colore grigiastro. Quei capelli neri e sporchi. Sentiva che non avrebbe più dimenticato quell’immagine.
Riuscì a fare un veloce cenno di dissenso per indicare che non era lei. Serrò gli occhi piegandosi appena. Sentì l’uomo risistemare il telo e gli altri, lontani da lui, trattenere il fiato terrorizzati. Si rimise dritto. Stava piangendo, ancora.
L’uomo con il camice, nel frattempo era passato al secondo tavolo grigio metallo. Il ragazzo si passò la mano negli occhi e si affiancò a quello.
Per un secondo aveva pensato di lasciar perdere, ma ormai aveva iniziato. Li avrebbe controllati tutti. Ne mancavano solo due, poteva riuscirci.
Questa volta cercò di prepararsi a ciò che avrebbe visto. Respirò a fondo e annuì appena. Al segnale l’uomo scostò ancora il tessuto. Carlos fu sorpreso da un altro conato, ma questa volta si costrinse a guardare bene la ragazza.
Era bionda. Così simile ad Alexa. Il cuore gli rimbombava nel petto. Il volto pestato non favoriva il riconoscimento.
Cercò di rimanere lucido. Quella aveva il rossetto sbavato, di un colore rosso acceso. Risaltava moltissimo sul colore grigio-violaceo della faccia. Il suo collo era segnato, forse era stata anche strangolata.
Riuscì a inquadrarla bene e capì che non era lei. Un minuscolo peso gli scivolò dal cuore. La ragazza aveva i capelli riccissimi e degli orecchini mai visti, non dello stile della sua ragazza.
Non volle guardare altro. Non era lei e non serviva altro per sostenerlo. Fece un segno di dissenso con il capo in modo tale che l’uomo accanto a lui, che lo fissava con una calma fuori dal normale, potesse nascondere il cadavere.
Passarono avanti. Carlos si trovò a chiedersi come avrebbero potuto reagire i parenti delle ragazze uccise vedendole così. Non riusciva proprio ad immaginarlo. Lui, che non le conosceva, ne stava uscendo devastato. La sua lucidità stava svanendo. Tremava, voleva far finire tutto quello. Voleva andare via. Il suo stomaco era in subbuglio e sentiva che il cuore stava cedendo. Non capì nemmeno lui come fosse riuscito ad affiancarsi al terzo, ed ultimo, tavolo.
Si mise accanto al carrellino per potersi appoggiare, sostenere. Rimase immobile a fissare il volto coperto del cadavere davanti al suo busto e respirare rumorosamente.
Un terribile mal di testa lo attanagliava. Cercava un briciolo di coraggio, di forza, dentro di se, che potesse aiutarlo a fronteggiare quell’ultimo sforzo, ma non riusciva proprio a trovarlo. Possibile che avesse esaurito tutta la sua energia?
Questa volta il medico non aspettò il segnale, visto che il ragazzo non accennava a volerlo mandare. Quest’ultimo sentì come se un lampo lo colpisse alla vista della donna.
Fece un balzo all’indietro sbarrando gli occhi per la sorpresa. Un conato particolarmente potente lo costrinse a piegarsi in due.
Per meno di un secondo prima sentiva che avrebbe potuto scoppiare dalla gioia. Non era lei. I capelli rossi non richiedevano altre analisi. Ma un dubbio lo fece impazzire. Dov’era Alexa? Dov’era?!

Lanciò un urlo piangendo a dirotto. I suoi nervi non avevano retto alla situazione. Calciò, senza alcun ritegno, il carrello davanti a lui, che andò a fracassarsi nel muro. Cominciò a prendere a pugni la parete mentre le lacrime gli offuscavano la vista. Lo stomaco si contorceva e un dolore al petto gli mozzava il respiro. Sentì delle mani afferrarlo con forza, allontanarlo dal muro.
Serrò gli occhi piangendo, urlando dimenandosi. Le nocche gli bruciavano molto. Continuava a urlare al punto da sentire la gola in fiamme. Qualcuno l’aveva gettato a terra nell’inutile tentativo di tenerlo calmo. Lanciava calci e pugni a vuoto, a volte colpiva qualche superfice.
Sentì un dolore al braccio, come un pizzicotto abbastanza doloroso. Provò a scrollarsi di dosso tutte quelle mani, ma fu inutile. Si sentì debole. Un capogiro lo zittì. Sbatté la nuca sul pavimento. Sentì un forte mal di testa prima di perdere i sensi.




Salve! Ringrazio tutti quelli che hanno recensito fino a questo punto.
Sto facendo tanta fatica a postare questi capitoli quindi prego tutti quelli che hanno letto senza scrivere niente di lasciarmi qualche parere, solo per ricompensare il mio lavoro. Sto facendo bene oppure no?

Carlos sta affrontando delle prove veramente difficili, secondo voi cosa gli sarà successo?

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Capitolo 5
*** 5 ***


5

Una voce ovattata lo riscosse. Via via che provava ad aprire gli occhi la voce si faceva sempre più chiara.
<< … No non era lei … … si … non l’ha presa bene, ma capisco la sua reazione …. Sentito che gli hanno fatto fare?... … si … è ancora addormentato … no ..no … non so … vedremo … >>. Riconobbe la voce di James.

Era coricato su un lettino di plastica leggermente rialzato nella spalliera. Si trovava in una stanza piccola, una specie di infermeria.
Logan era accanto a lui, seduto su una sedia. Stava guardando un paravento bianco dove, dall’atro lato, una figura andava avanti e indietro. Dalla voce intuì fosse James.
L’amico accanto a lui si girò e lo vide sveglio. << Oh … Carlos come ti senti? >>, chiese premuroso a bassa voce.
Il latino si sentiva stordito ed esausto. Non aveva più lacrime per piangere. Con un’espressione statica gli rispose. << Che è successo? >>, << Ti hanno dato un sedativo. Stavi per distruggere tutto >> ridacchiò appena, giusto per sdrammatizzare. Carlos trovò quel tentativo pessimo e di cattivo gusto, ma appena scorse il livido violaceo e, in alcuni punti, ancora rosso, sotto l’occhio destro di Logan si sentì in colpa.
Si mise immediatamente seduto. << Sei ancora debole devi sta… >>, << S-sono stato io? >> lo interruppe Carlos, riferendosi al livido. Logan sembrava indeciso se rispondere o no mentre l’altro cercava una risposta nel suo sguardo.
Si agitò sulla sedia. << Eri sconvolto e … .. non l’hai fatto apposta … tranquillo >>. Sembrava sincero, ma il latino stava malissimo anche per quel comportamento indifferente. Avrebbe preferito che gli avesse urlato contro, che lo avesse preso a schiaffi, che gli avesse ricordato la situazione difficile in cui erano capitati.
<< M-mi dispiace … >> cominciò, << Carlos! >> James uscì dal suo nascondiglio, << Sei sveglio! >>. Lo vide zoppicare appena. << Ho fatto male anche a te? >> chiese deluso dalla sua mancanza di autocontrollo. << N-no! Ma che dici! >>, si vedeva che mentiva. Aveva smesso di zoppicare però. << Mi dispiace >> disse ancora.
Qualcuno bussò alla porta, ma nessuno dei tre invitò quel qualcuno ad entrare e nessuno entrò da lì. Carlos non aveva idea di chi fosse e non gliene importava granché, ma gli altri due sapevano che era il poliziotto, rimasto fuori ad aspettarli.
<< Andiamo a casa >> disse Logan sorridendo. Con il quel sorriso forzato il livido risaltava molto di più.
Carlos sospirò abbassando il capo. Lo sguardo gli cadde sulle mani che teneva nelle gambe. Una fascia gli copriva le nocche. Evidentemente non aveva fatto male solo ai ragazzi, ma anche a se stesso.
Logan gli prese il braccio e se lo passò intorno alle spalle per aiutarlo ad alzarsi. Il latino accettò il suo aiuto senza protestare e si alzò lentamente. L’effetto del medicinale era ancora presente. Un giro di testa lo fece quasi cadere. L’altro, di conseguenza, barcollò lievemente.
Era certo che l’amico non fosse abbastanza forte da poter sostenerlo per tutta la strada di ritorno. James afferrò l’altro braccio per aiutare Logan, ma non lo passò intorno alle spalle per via della differenza di altezza, riuscì comunque a mantenere la presa salda.
Aprendo la porta si ritrovarono davanti il poliziotto che sembrava alquanto turbato. Quello fece per dire qualcosa, ma James con un gesto lo fermò e proseguì tranquillo.

Per il tragitto che andava dalla stanza alla macchina le persone che incrociavano li guardavano. Come se non avessero mai visto niente di simile!! Carlos trovava irritante tutto ciò, così, per evitare di incrociare sguardi, teneva la testa bassa.
Un paio di dottori provarono a fermarli insistendo sul fatto che il latino sarebbe potuto rimanere un po’ di più, visto il grande Shock che aveva provato, ma i ragazzi concordarono sul fatto che fosse stato meglio se fossero tornati a casa.
Quando uscirono dall’edificio il poliziotto propose di raggiungere la macchina solo e poi venirli a prendere. I ragazzi annuirono e quello corse via. Era meglio evitare sforzi, sia per Carlos che per loro.
I tre si sedettero su una panchina bianca poco lontano dall’ingresso. Il latino si tratteneva dal piangere mentre stava tra i due con la testa tra le mani. James, alla sua destra, trafficava con il cellulare. Forse stava mandando un messaggio a qualcuno.
Una vocina sottile lo incuriosì. << Io ti conosco … >>. Carlos alzò appena lo sguardo e vide una bambina con un camice bianco, scalza, che fissava Logan ammirata.
<< Fai parte dei Big Time Rush? Sei Logan Henderson?? >> disse con innocenza mentre i capelli castani svolazzavano leggeri spinti dall’arietta fresca. Sia l’interpellato che James impallidirono. Carlos non li vide. In quel momento non avevano proprio bisogno di un bel pubblico che vedesse il latino completamente a pezzi.
Logan si alzò in fretta avvicinandosi alla piccola. Le si accovacciò davanti e le sussurrò: << Si, ma oggi sono in incognito, non dire a nessuno che mi hai visto. Ok? Sarà il nostro segreto >>, non voleva essere cattivo o sbrigativo, ma quello non era proprio il momento adatto. << Va bene, non dirò a nessuno di averti visto. E non lo farò nemmeno per James e Carlos >>, disse quella spostandosi appena e indicandoli. I ragazzi impallidirono nuovamente, mentre il latino rimaneva impassibile. Non credevano che li avesse visti tutti quanti.
La bambina trotterellò davanti a Carlos. Logan, preso di sorpresa da quel movimento, non riuscì ad afferrarla in tempo. Cosa sarebbe successo?? E se il ragazzo fosse andato ancora in escandescenza?! La piccola gli poggiò una manina nel ginocchio. James era impietrito dal terrore. Lei inclinava appena la testa guardandolo con curiosità.
Carlos studiò la sua espressione immaginando di trovare domande, aspettative, desideri, tristezza ( visto che lui sembrava non voler partecipare alla sua contentezza), ma … …. non lo stava giudicando, non pretendeva niente.
Lei gli prese una mano. Sembrava così grande tra quelle piccole di lei. Si avvicinò al suo orecchio. << Non ti preoccupare, andrà bene >>. Poi si allontanò e gli lasciò la mano non smettendo di guardare la sua espressione perplessa. << La mia mamma mi ripete sempre che fino a quando sarò buona e gentile non mi succederà niente di brutto >>.
James la fece allontanare nel modo più gentile possibile. << Promettiamo che ti verremo a trovare …. quando non saremo più in incognito >>, lo informò il più alto abbracciandola e lasciandole un bacio sulla guancia. << Non solo te, anche i tuoi amici >>, continuò Logan salutandola a sua volta. Lei sembrò capire la situazione poiché li salutò con la mano e scappò via.
I ragazzi non avevano detto quelle parole solo per levarsela di torno. Sarebbero tornati e avrebbero mantenuto la loro promessa. Nessun Rusher sarebbe stato dimenticato.


Qualche istante dopo una macchina della polizia si fermò davanti all’ingresso. I ragazzi entrarono e per tutto il viaggio di ritorno non spiccicarono una parola.
Carlos non voleva guardare fuori dal finestrino nonostante gli fosse accanto. Fissava i tappetini neri senza vederli veramente. Aveva paura. Che avrebbe fatto adesso? Non ne aveva idea, ma era troppo stanco per pensare alle azioni future. Non voleva fare assolutamente niente, se avesse potuto rimanere in quella macchina, in quella posizione, con quel silenzio per tutta la vita sarebbe rimasto, fino alla fine.
Purtroppo arrivarono piuttosto in fretta. Scendendo, appena sentì i latrati dei cani, si sentì un bugiardo. Non aveva portato a casa Alexa. Era colpa sua.
Si precipitò di corsa dentro casa scacciando via Sidney e Sasha, che gli saltavano addosso. La porta era aperta quindi fu semplice correre dentro prima di tutti gli altri. Si buttò sul divano e si mise un cuscino in faccia, come a volersi proteggere dal male che gli stavano provocando tutte quelle brutte notizie.
Voleva sparire. Voleva morire. Ispirò profondamente per ovattare ancora le voci confuse intorno a lui. Quel cuscino aveva il suo odore, sapeva di lei. Delle lacrime bagnarono il tessuto, ma non ci badò. Sentì le voci dei due poliziotti. Uno stava dicendo che aveva trovato tutto quello di cui aveva bisogno, mentre l’altro … … beh … forse gli proponeva di andare via. Sì, voleva che se ne andassero, che lo lasciassero solo finalmente. Con il braccio pressò il cuscino nell’orecchio già dolorante in modo da non sentire altro che i suoi respiri.
Qualcosa gli sfiorò il braccio. Chi era ancora?? Non voleva sentire nessuno. Si strinse nel cuscino nascondendo prudentemente il viso bagnato di lacrime. Qualcuno gli accarezzò la spalla, ma lui non voleva rivelarsi alla luce. Si crollò e aspettò dispettosamente una risposta. Quel qualcuno allora picchiettò delicatamente sulla spalla. Sconfitto decise di abbassare il cuscino.
La luce lo accecò un istante, ma riuscì ad abituarsi in fretta. Kendall lo guardava da sopra la spalliera del divano. << Sono andati via >>, lo informò sedendosi accanto. Carlos ricambiò il suo sguardo, abbattuto. << N-non era l-lei >>, disse finalmente. << Lo so … >>, l’altro provò a cambiare discorso non sapendo come consolarlo. << Il poliziotto non ha preso quasi niente, solo le cose essenziali. Dice che le riporterà al più presto… >>, << Non mi importa >> sbottò il latino nascondendo il viso tra le braccia.
<< È tardi … che ne dici di andare in camera a riposare un po’? >> suggerì il biondo. Carlos non voleva dormire, ma desiderava stare qualche minuto da solo, così si alzò mogio. Gli altri due lo guardavano dagli stipiti della porta. << Noi restiamo qua. Se hai bisogno di qualcosa >>, lo informò James. Il latino annuì per poi superarli e dirigersi nella sua stanza.
Appena dentro chiuse la porta, beandosi del silenzio, si tolse le scarpe e si gettò sul letto matrimoniale. Abbracciò sconfortato il cuscino di Alexa immergendosi nel suo profumo delicato. Provò a chiudere gli occhi e immaginare che fosse accanto a lui, ma non gli riuscì molto bene. Nel giro di pochi minuti la stanchezza lo fece crollare.

Il buio della casa. Il silenzio interrotto da respiri irregolari. Il caldo. Il sudore. Il suo profumo. La sua mancanza. Carlos si svegliò in un sussultò. Si ritrovò quasi a terra. Sudato, spaventato e assetato. Decise di andare il cucina a prendere un po’ d’acqua. Quella stanza gli procurava un senso di claustrofobia.
Il contatto con il pavimento freddo lo fece rabbrividire, nonostante continuasse a sudare. Gli girava forte la testa e non vedeva bene dove si stesse dirigendo per via del buio. Passò per il salotto. Non c’era nessuno. La casa era deserta, a parte lui. Probabilmente i ragazzi avevano preferito tornare nelle loro dimore.
Il silenzio era spaventoso, ogni piccolo rumore lo faceva trasalire. Aveva caldo, troppo caldo. Anche il pavimento sembrava bollente ormai. Afferrò il primo bicchiere che riuscì a scovare. Non aveva pensato nemmeno ad accendere la luce. Lo riempì con l’acqua del rubinetto accanto a lui e lo tracannò in un lampo. Sperava in un minimo di sollievo che non arrivò. La bocca continuava a rimanere secca e la gola assetata.
Si sporse nel lavandino per riempire ancora il bicchiere, ma si bloccò con la mano sulla manopola sentendo un rumore.
BUM BUM BUM. Sembrava che qualcuno stesse sbattendo un ferro contro qualcosa. Forse erano i vicini. Chissà perché amavano infastidirlo.
BUM BUM. Uscì dalla porta della cucina e si ritrovò in giardino. Voleva dire quattro parole a quegli insolenti.
BUM BUM BUM BUM. Il rumore si fece più forte, ma non c’era nessuno lì intorno. I raggi della luna illuminavano il percorso, ma contemporaneamente lanciavano una luce macabra.
BUM BUM BUM. Ancora quel rumore. Rimbombava quasi della sua testa.
BUM BUM BUM BUM BUM. Provò a seguirlo arrivando ad un enorme cassonetto verde scuro. Non ricordava ce ne fosse uno.
BUMM BUM. L’aria era sempre più soffocante. BUM BUM BUM. Non c’era dubbio, il rumore proveniva da lì.
BUMM BUMMM BUM. Non voleva aprirlo, ma qualcosa gli diceva di doverlo fare.
BUM BUMM BUM. Non riuscì a trattenere la sua mano che spalancò subito il pesante coperchio.

Non si vedeva molto, il contenuto era quasi tutto nascosto dall’oscurità. Si sporse appena. Non vedeva ancora bene. C’era qualcosa di bianco, sembrava un tubo o… spinse la testa verso l’interno. No c’erano due tubi bianchi. Ma no… non erano tubi.
Erano … gambe. Le seguì con lo sguardo. C’erano anche due braccia e un … un … viso…. Era un cadavere!
<< AAAAHHHHHHHH!!!! >> lanciò un urlo a dir poco terrorizzato. Si ritrovò seduto nel letto. Sudato. Ancora vestito. Si passò le mani sul viso. L’immagine dell’espressione di Alexa, con gli occhi spalancati, le labbra cosparse di sangue, aleggiava ancora nella sua mente.






Salve gente! Come va? 
Come potete vedere in questo capitolo non è successo niente di che, è una specie di capitolo di passaggio, ma nessun particolare è da tralasciare, nemmeno il più banale ;). Carlos è distrutto dal dolore ed è quasi pronto ad arrendersi, non sa proprio dove sbattere la testa, poverino.
Dal prossimo capitolo cominceranno le sorprese ....
Grazie a tutti quelli che hanno letto la storia fino a qui, chi è capitato in questo luogo disperso solamente per controllare se questa storia è degna dei propri livelli, chi si annoiava ed è passato di qua, chi ha deciso di seguire ogni capitolo per scoprire le peripezie dei ragazzi e sopratutto ringrazio chi ha speso qualche minuto del suo tempo per lasciare una piccola recensione a questa povera scrittrice senza ispirazione che desidera migliorare e far provare forti emozioni sia a se stessa che ai gentili lettori.
Ringrazio in particolare crazy lion che sta seguendo passo dopo passo la storia nonostante non conosca particolarmente i BTR, grazie perchè mi rendi felice con le tue fantastiche recenzioni.
Adesso scappo. Beh .... Spero che fino a qui vi sia piaciuta. Lasciate una recenzione!  a presto!

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Capitolo 6
*** 6 ***


Provò a calmarsi attraverso dei respiri profondi. Accese la lampada sul comodino alla sua destra, pensando stupidamente di evitare così la stessa sorte di quell’orribile incubo. Non poteva riviverlo! Ormai era sveglio. Si diede un pizzicotto sul braccio per sicurezza. Si, era sveglio… faceva abbastanza male.
Nonostante avesse sete si trattenne dall’andare in cucina. Non voleva rischiare. Guardò l’ora sul cellulare. Era presto … ci voleva ancora un po’ affinché sorgesse il sole.
Non aveva alcuna intenzione di rimettersi a dormire, quindi si appoggiò alla testata del letto e cominciò a pensare. Provava ad immaginare qualcosa di bello, di diverso, non riuscendoci minimamente. Ad un tratto, mentre era tormentato dai brutti pensieri, delle parole, pronunciate da una vocina sottile, gli si insinuarono nella mente: “ Non preoccuparti, andrà bene” … .. Erano le parole della bambina che avevano incontrato all’ospedale. Ripensandoci gli sembrarono così fuori luogo in una situazione come quella. Perché gli aveva detto proprio quelle parole? Avrebbe potuto dire altre mille cose, invece …. Dopo se n’era uscita con “ La mia mamma mi ripete sempre che fino a quando sarò buona e gentile non mi succederà niente di brutto”, forse quella pensava che Carlos fosse malato o ferito e per tirarlo su gli aveva detto quelle cose, ma perché proprio a lui? Logan non aveva una faccia abbastanza malconcia per sembrare un paziente? Non riusciva a capire. Comunque quelle parole sussurrate all’orecchio gli erano entrate nel cuore. Aveva l’impressione che quella bambina sapesse che cosa gli stava capitando e voleva appoggiarlo nel suo dolore. Naturalmente era impossibile. Gli si presentò l’immagine della piccola. Il pigiamino bianco, gli occhi verdi, i piedi scalzi …. Ma … perché non portava le scarpe? Era strano, poteva ammalarsi oppure … ma la madre glielo permetteva? E, dov’era la madre? Avrebbe dovuto a… …
Ritornò per un attimo alla realtà. La sua fidanzata era sparita e lui pensava all’aspetto di una bambina sconosciuta incontrata per caso. Comunque era riuscito a raggiungere il suo scopo, almeno per pochi secondi, si era distratto dai suoi incubi. Adesso però l’immagine del sogno terribile che aveva fatto gli si presentò in mente. Scosse il capo cercando di farla sparire.
Si accorse di avere troppa sete ormai. Non voleva rivivere il sogno andando in cucina, ma decise di sfidare se stesso, le sue paure e farlo. Si diresse il più piano possibile in corridoio. Il cuore tamburellava forte nel petto. Doveva per forza passare per il salotto per poter arrivare in cucina.
Mentre camminava sentì un rumore strano, un respiro pesante. Cominciò a tremare leggermente e a sudare freddo. Si affacciò alla stanza stringendo gli occhi per paura di vedere qualcosa di indesiderato.
I suoi tre amici erano coricati un po’ ovunque e russavano appena. Si sorprese vedendoli. Perché non erano andati in una delle tante stanze della casa? Indubbiamente sarebbe stata molto più comoda di quella precaria sistemazione.
Si avvicinò a loro cercando di non svegliarli. James dormiva seduto sulla poltrona. Aveva la testa abbandonata alla spalliera e la bocca spalancata, mentre le braccia ricadevano pesanti accanto i braccioli. Logan si trovava sul pavimento, sopra il tappeto. Era abbracciato ad un cuscino mentre stava accoccolato dentro una grande coperta a scacchi. Kendall invece aveva la sistemazione più comoda; sul divano, anche lui con una coperta. Sembrava stesse quasi per cadere sul più grande, che si trovava sotto di lui, ma miracolosamente riusciva a restare stabile salvando Logan da una brutta fine. Ridacchiò appena davanti quella buffa scena. Non li avrebbe mai ringraziati abbastanza per ciò che stavano facendo.
Fece dietro front ed entrò in cucina. Si riempì un bicchiere d’acqua e rimase ad osservare il paesaggio notturno fuori dalla finestra. Chissà in quale parte del pianeta si trovava Alexa. Pensò che fino a quando lei fosse stata in questo mondo sarebbe riuscito a trovarla. Provò a immaginare dove fosse, ma non aveva idee. L’unica cosa che vedeva era l’immagine del suo incubo. Non poteva rassegnarsi all’idea che fosse morta.
Tornò in fretta nel suo letto poiché ricominciava a sentire la paura che aveva provato poco prima. Abbracciò ancora il cuscino della ragazza mentre qualche lacrima gli attraversava le guance. Chiuse gli occhi cercando un modo per distrarsi.
Subito gli ritornarono in mente le parole della bimba. Si ripetevano, ancora, ancora sembrava non voler smettere. Era come una canzone che si ripete all’infinito. “ …Non preoccuparti, andrà bene … Non preoccuparti …. andrà bene …” sembrava quasi una ninna nanna. Le parole risuonavano sempre più dolci. Lentamente cominciarono a cambiare di tono. Adesso le stava pronunciando James. Riusciva a vederlo davanti a lui. Come un’immagine luminosa che risalta nel buio. La voce cambiò ancora. Adesso era Kendall a parlare. Poi spuntò Logan. Tutti gli sorridevano mentre parlavano. Scomparve anche lui per fare spazio a sua madre, poi suo padre, ognuno dei suoi fratelli, i suoi cugini, i parenti a cui voleva più bene, Dustin, altri amici. Tutti gli davano conforto, lo incoraggiavano. A poco a poco le parole cambiavano, gli dicevano di non mollare, lo invogliavano a continuare. Ogni persona gli infondeva tranquillità attraverso la luce che emanava e piano piano il buio cominciava a diradarsi, la paura scompariva.
Carlos sapeva che tutti loro gli sarebbero rimasti accanto, lo avrebbero sostenuto, qualsiasi cosa fosse successa. Riuscì ad arrivare ad uno stato di calma e rilassamento mai provato. Poi anche l’ultima figura sparì. Ma le parole non smettevano di ripetersi. Ognuna con un tono diverso.
Finalmente sentì la voce che aspettava, quella di Alexa. << Carlos … Carlos … >>, sentire sussurrare il suo nome da lei lo tranquillizzò ancora, se possibile. << ci riuscirai … abbi fede … si sistemerà tutto … >>. Aprì leggermente gli occhi sentendo un lieve formicolio alla guancia. Lei, il suo volto, gli faceva scudo dalla luce che entrava attraverso i vetri della finestra. Gli accarezzava la parte della testa intorno all’orecchio. La voce di lei echeggiava nella mente. << … Sai bene che ti amo tantissimo amore mio … >>. Seguì le sue labbra in ogni mossa. << Alexa … … >> mugugnò debolmente. << …Non lo dimenticare … io ti aspetterò … so che mi troverai …. Credo in te … ce la farai … >>. Sbatté le palpebre confuso ed estasiato, ma … era sparita.
Riaprì e chiuse gli occhi più volte per poi stropicciarli deluso. Era solo un sogno … un bellissimo sogno. Si alzò lesto. Avrebbe desiderato rimanere sdraiato di più, ma era sicuro che non avrebbe ripreso sonno. E poi quel sogno l’aveva riempito di una nuova energia. Adesso poteva trovarla, erano tutti con lui.
Si cambiò prendendo qualche vestito al volo. Un paio di jeans, una t-shirt e via. In cucina trovò James che sgranocchiava un mango. Sembrava disgustato. << Blah … ci rinuncio … >> disse abbandonandolo sul tavolo. Subito dopo si accorse di Carlos che gli sorrideva allegro. << Ehy! Come stai amico? >> gli chiese lanciando un’occhiata al povero frutto davanti a lui. << Bene … tu? >> rispose mentre prendeva qualcosa dentro un armadietto. Trovò solo un pacco di cereali così ne prese una manciata e gettò la scatola a James. << Perché hai lasciato il mango? >> continuò non ricevendo risposta. Il più alto assunse un’espressione di sdegno: << Ma l’hai assaggiato?! Fa schifo!! Dove l’hai comprato?! Credo sia andato ormai … >>, lo allontanò ancora e si riempì la bocca di cereali. Il latino si sedette accanto a lui prendendo il frutto e assaggiando un pezzetto. << Hai ragione! >> disse gettandolo subito via, << Fa schifo! >>. Scoppiarono a ridere.
<< Vuoi un caffè ? >> chiese Carlos mentre si dava da fare. << No, grazie amico. Mi sono servito qualche ora fa >>. << A che ora ti sei svegliato? >>, << Non lo so, ma non riuscivo a dormire e nemmeno gli altri. Comunque dopo l’alba. >> .
Logan entrò nella stanza con il telefono all’orecchio, << Si, la ringrazio … arrivederci >>. Chiuse la chiamata e si buttò stremato su una sedia. Sembrò sorpreso di vedere il latino. << Carlos, come va? >> chiese. << Chi era? >> gli disse il latino ignorando la sua domanda. Logan inghiottì rumorosamente prima di rispondere, << Era la polizia. Hanno rintracciato la macchina di Alexa, ma per quanto riguarda il telefono non si può fare niente, sembra spento >>.
Carlos strabuzzò gli occhi, << Che stiamo aspettando allora? Andiamo! >>. I due sembrarono sorpresi. << Stai scherzando? >>, << Credo che dovresti rimanere qui >> << Si, lascia fare alla polizia >>, << Sanno quello che fanno >>. Entrò anche Kendall. << E Sidney e Sasha sono state sfamate! >> esclamò strofinandosi le mani. Anche lui non si accorse immediatamente di Carlos. << Perfetto! >> disse il latino << Andiamo >>. Afferrò il polso del biondo e si diresse verso la porta mentre gli altri due li seguivano implorando il moro di fermarsi.
<< Qualcuno mi spiega dove stiamo andando?! >> chiese Kendall che era stato preso totalmente di sorpresa.
Carlos ignorò tutti. Prese le chiavi, lasciando il braccio del più alto, e uscì. Quando tutti furono fuori si fermò e si girò verso di loro. << Sentite >> disse zittendoli << Io ho intenzione di trovare Alexa e lo farò con o senza il vostro aiuto. Ci siamo capiti? >>. << Noi non ti vogliamo ostacolare, tutt’altro!! Ma non pensi che dovresti aspettare un po’? Ieri sei stato così male che …. >> << Aspettare?! >> Carlos interruppe la parole di Logan. << Aspettare cosa?! Che qualcuno la faccia fuori? Oppure che se ne perdano le tracce? >>. << Hai ragione >> lo sostenne Kendall mentre gli altri abbassavano lo sguardo sconfitti.
James tornò indietro. Il latino si stupì del suo comportamento e lo osservò rabbioso mentre si allontanava. Quello afferrò la maniglia e chiuse la porta di casa poi si girò, << Allora, andiamo? >> chiese con un sorriso.
Anche il latino sorrise. Entrarono tutti nell’auto di Carlos e si avviarono seguendo le indicazioni di Logan.






Salve a tutti, cari lettori! Ecco solo per voi un nuovo capitolo!
Come avete visto ci sono delle novità, Carlos sembra essersi ripreso ed è pronto per trovare Alexa, ci riuscirà? Sarà in grado di essere d'aiuto alla polizia?
Voi che ne pensate? Sta prendendo la strada giusta? Dovrebbe lasciar fare agli agenti?
Vi invito ancora una volta a recensire per espormi un parere, positivo o negativo che sia. Ringrazio in anticipo chi, con la sua innata gentilezza, decide di lasciare qualche parola. Grazie per aver letto fino a qui e... Alla prossima!

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Capitolo 7
*** 7 ***


Arrivarono in centro. I negozi erano aperti, ma c’era poca gente. << Immaginavo fosse qui, Alexa mi aveva avvertito che era andata a fare compere >> disse Carlos.
Girarono un paio di strade e poi, finalmente arrivarono nel posto giusto. Un gruppetto di persone, tra cui poliziotti, gli suggerivano di non aver sbagliato strada.
Il latino posteggiò il più vicino possibile alla massa di gente, poi si diressero a piedi verso la folla. Superarono curiosi, giornalisti e qualche poliziotto. Uno di questi intimava le persone ad andare via, perché non c’era niente da vedere, e in effetti era così. Una macchinina rossa si trovava al centro della scena, non c’era niente di entusiasmante.
I quattro superarono i nastri della polizia e si avvicinarono alla macchina. Subito qualche agente li raggiunse, ma quelli gli spiegarono la situazione. Carlos fu libero di avvicinarsi, mentre gli altri dovettero ritornare indietro.
Il poliziotto che aveva perquisito casa sua lo raggiunse. << È questa, vero? >> chiese al latino retoricamente. << Non ci sono segni di scasso. La macchina era chiusa. L’abbiamo aperta ed ora la stanno perquisendo, ma credo che non troveremo niente >>, << Il cellulare? >> gli chiese Carlos. << Ancora niente, potrebbe essere qui in giro, ma anche da qualsiasi altra parte >>.
Il latino si avvicinò alla vettura e la osservò bene. Era così orinata, esattamente come la ricordava. Un uomo con una tuta lo spinse via prima che potesse vedere altro. Infastidito uscì dall’area recintata e seguito da i suoi amici cominciò a camminare.
Proseguendo per il marciapiede pensava. Alexa era andata a fare shopping. L’unico indizio fino a quel momento era la vettura, ma la macchina era a posto. Niente di anomalo, tutto in ordine. Quindi era da tralasciare … cosa era solita portare quando entrava in un negozio? Qualcosa che avrebbero potuto cercare… Ovviamente il cellulare, ma non ce n’era traccia. Poi? Beh … il portafoglio, che teneva dentro la borsa. Dov’era la borsa? Dentro la macchina non c’era. Però se l’avevano rapita avevano dovuto prendere per forza anche la borsa. Certo! Se no non avrebbero potuto avere i documenti che, arrivando ad una conclusione logica, non erano in macchina ma bensì nella borsa. Allora il cellulare era nelle mani dei rapitori.
Non avevano niente… ma lui cercò di non demoralizzarsi pensando ad altri indizi. Dove l’avrebbero potuta rapire? Sicuramente non in macchina, visto che era chiusa. Dentro un negozio sarebbe stato troppo rischioso. Forse per strada? Ma avrebbe dovuto esserci poca gente, forse in una via poco frequentata. Non gli venne in mente niente.
Non avendo altre piste decise di andare a controllare il suo negozio di vestiti preferito. Magari si era diretta lì. Non camminarono a lungo, ma fu comunque un viaggio a vuoto. Chiesero anche alle commesse se magari avessero visto qualcosa, ma niente.
Fuori dall’edificio Carlos si ritrovò a pensare. Provò a fingere di essere Alexa. Dopo aver visitato il suo negozio di vestiti preferito forse sarebbe voluta andare al negozio di trucchi che frequentava più spesso, oppure in quello di gioielli o magari avrebbe voluto tornare. C’erano tantissime possibilità, ma lui decise comunque di provare.
Visto che la gioielleria era troppo lontana dal punto in cui erano, decise di proseguire per il negozio di trucchi.
Gli altri tre erano molto silenziosi, lo seguivano senza fiatare, osservando tutto quello che li circondava. Non gli servivano nemmeno delle spiegazioni o informazioni. Per la via il latino si attardò a controllare ogni piccolo vicolo, ogni strada o insenatura, in cerca di qualcosa, qualsiasi cosa.
Intanto la gente cominciava ad aumentare. Si fermò per l’ennesima volta accanto ad una stradina che dava a destra. Ma questa volta fu attratto da un piccolo oggettino seminascosto dietro un tubo. Si avvicinò per prenderlo, ma la sua attenzione fu distratta ancora da un altro oggetto. Era una borsa. Tutto il contenuto era rovesciato fuori. Perché gli risultava così familiare?
Ma certo!! Era quella di Alexa!!! Si avvicinò velocemente per prenderla, << NO! >> Logan lo frenò.
<< Non toccarla, potrebbero esserci delle impronte o cose del genere! >> disse evidentemente sovraeccitato, esattamente come Carlos. Quest’ultimo si allontanò come gli era stato detto, mentre James e Kendall correvano ad avvertire gli agenti.

I due rimasti nel vicolo erano terrorizzati ed estremamente speranzosi. Tremavano come due spazzolini elettrici impazziti. Scoprirono che l’oggettino dietro il tubo era il cellulare tanto cercato, ma da quanto si poteva scorgere, era rotto. Lo schermo completamente in frantumi. I minuti, in cui attesero l’arrivo di qualcuno, sembrarono lenti e logoranti. Quasi quasi erano certi di aver aspettato per ore, ma la loro attesa fu ricompensata. La polizia arrivò sul posto capeggiata da James e Kendall.
Immediatamente si diedero da fare. Raccolsero i due oggetti e controllarono tutto il perimetro, anche più in là. Poi fu chiesto ai quattro di andare via. Naturalmente Carlos non ne aveva nessuna intenzione.
Pretese di parlare con il poliziotto che seguiva il suo caso, quello che conosceva e lo aveva interrogato. Dopo molte urla li raggiunse, ma non li supportò come Carlos aveva sperato, stava giustificando il comportamento della scientifica.
<< Vi ringraziamo per quello che avete trovato, veramente, senza il vostro aiuto non ce l’avremmo mai fatta. Ma loro hanno ragione, dovete andare via. Ci vorrà del tempo per controllare ogni oggetto. Prometto che appena troveremo qualcosa vi avvertiremo. Ora tornate a casa, su >>. Ci vollero varie preghiere per convincere il latino, ma finalmente si arrese.
Sconfitti tornarono a casa. Carlos era furente. Si sedettero nel tavolo della cucina per mangiare qualcosa. Tutti avevano lo stomaco chiuso, nonostante avessero faticato tanto. Dopo di ché gli amici si offrirono di sparecchiare e il latino non fu in grado di ribattere.
Mentre loro ripulivano lui si levò le garze che aveva intorno alle nocche. Aveva la pelle spaccata e arrossata dal sangue, ma non gli faceva poi così male. Gettò le fasce e si sedette nel divano mettendo il cellulare davanti a se. Se avessero chiamato li avrebbe sentiti all’istante. Aspettò molte ore, nella stessa posizione senza battere ciglio, lo sguardo fisso sull’apparecchio. Nel frattempo Kendall si congedò spiegando che aveva qualche impegno urgente. Poco dopo anche Logan andò via, rassicurando che sarebbe tornato presto, in effetti era corso subito dall’amico alla scoperta della notizia, lasciando in sospeso ciò che stava facendo.
Rimasero solo lui e James. Quest’ultimo gli si sedette accanto e aspettò paziente che squillasse il telefono. A volte giocherellava con i due cani, che ronzavano sempre in torno, per poi concentrarsi sull’attesa silenziosa. Dopo un po’ tornò Kendall che diede il cambio a James. Anche lui aveva delle cose da sistemare. Poco dopo l’uscita del moro arrivò Logan. Carlos però continuava a rimanere immobile ignorando gli spostamenti di quelli.
Si fece tardi quando anche l’ultimo tornò portando con se il piccolo Fox. Sidney e Sasha si dimostrarono felicissime della visita, iniziarono a giocare spensierati sotto gli sguardi dei ragazzi. << È tardi, meglio dormire un po’ >> disse Kendall. Il latino non voleva andare in camera sua, così dormirono tutti in salotto. Sembrava si stesse svolgendo un campeggio al chiuso. Erano tutti a terra, avvolti in calde coperte, messi in cerchio. Al centro c’erano tutti i cellulari, in modo tale da poter sentire una chiamata improvvisa.
La notte però non portò nessuna novità. Furono costretti ad aspettare molte ore prima che finalmente il cellulare cominciasse a squillare. C’erano stati moltissimi falsi allarmi, chiamate ordinarie di gente preoccupata per la scomparsa dei ragazzi, naturalmente liquidate in fretta per paura che in quel momento avesse potuto chiamare qualcuno di interessante, ma finalmente alle cinque e mezza di pomeriggio il poliziotto chiamò Carlos.
<< Buongiorno. Abbiamo delle novità >>, << Si, si! >> il latino era impaziente, << Nella borsa non c’erano impronte. È strano che l’abbiano lasciata in giro in questo modo, i rapitori devono essere dei dilettanti nuovi nel settore. Abbiamo esaminato ogni oggetto, ma niente, c’erano: un pacco di fazzoletti, una penna, un rossetto, un mascara, il portafoglio con all’interno carta di credito e venti dollar… >>, << Vada avanti!! >> lo interruppe il latino spazientito. Nel frattempo aveva messo il vivavoce per far sentire anche agli altri. << Oh certo. Beh come previsto non abbiamo trovato traccia di documenti. Avranno rovistato nella borsa, successivamente abbandonata. Il cellulare è completamente fuori uso però abbiamo trovato un’impronta nello schermo. Il vetro era frantumato quindi è stata praticamente impossibile da recuperare e riconoscere, ma ci siamo riusciti. L'impronta è stata identificata, appartiene ad un uomo già accusato di traffici di questo tipo, ma non è stato mai incastrato o incarcerato. Abbiamo controllato dove abita, naturalmente non possiamo allarmarlo dimostrandogli di conoscere la sua partecipazione al rapimento, quindi non l’abbiamo perquisita. La casa è in affitto.
Chiedendo al padrone notizie sulla grandezza dell’appartamento o movimenti strani da parte del sospettato abbiamo intuito che non può tenere le ragazze in casa sua, i vicini avrebbero visto o sentito qualcosa. Ah, anche loro sono stati interrogati, ma niente. Poi abbiamo controllato la lista di amici che frequenta di solito, inclusi i ragazzi sospettati insieme a lui in passato. Cercando di non far nascere dei sospetti abbiamo controllato l’alibi degli amici più stretti. Uno, credo non sappia nulla, ci ha detto solamente che sono andati in una discoteca, l’altro giorno e, il nostro uomo, ha passato tutta la notte con una ragazza che lavora là. Abbiamo intenzione di andarci, non dovrei dirlo, ma se voleste venire vi darò l’indirizzo >>. << Si, grazie!! >> Carlos era senza parole.
Segnarono il nome della strada e ringraziarono il poliziotto dopo che li pregò di venire all’orario stabilito e aspettare la polizia per entrare. Si misero subito in macchina lasciando soli i tre cani che, fiondandosi alla finestra, guardavano il veicolo sparire alla prima curva, guaendo.









Salve a tutti!
Ce ne ho messo di tempo, eh? Beh, tra lo studio e la vita confusionaria, in genere, non ho trovato un minuto libero. Approfitto di questo piccolo spazio per riportare una frase che ho letto in questi giorni e mi è piaciuta molto: "le lodi mi rendono umile, ma quando mi insultano so di aver toccato le stelle" di Oscar Wilde. Usufruendo di questa, vi invito allora a lasciare un parere e non tiratevi indietro se è negativo! mi raccomando ci tengo molto.
Mi dilungo ancora un po' per fare i miei più sinceri auguri alla famiglia PenaVega che da qualche giorno ha ricevuto un piccolo e dolce dono: Ocean King PenaVega. Auguri ragazzi!
Ringrazio chi è arrivato a leggere fino a qui e sopratutto chi ha deciso di recensire. Arrivederci!




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Capitolo 8
*** 8 ***


Come stabilito posteggiarono davanti al locale e aspettarono. L’edificio era abbastanza grande. C’era molta gente fuori, che faceva la fila o fumava tranquillamente.
Carlos, pensando che l’uomo disgustoso che stavano cercando, qualche giorno prima, si trovasse proprio in quel pub a pianificare il rapimento di Alexa, ribollì il sangue nelle vene per la rabbia.

Le luci stroboscopiche riflettevano nelle machine lì intorno, compresa quella in cui stavano i ragazzi. Non erano vestiti molto eleganti, speravano che i loro look sportivi non avessero potuto smascherare il loro intento. Dovevano sembrare più disinvolti possibile.
Qualche minuto dopo una macchina nera li affiancò. James, che guidava, si sporse verso il finestrino, scorgendo il volto conosciuto del poliziotto che gli fece un segno. I quattro scesero e si avvicinarono all’auto nera senza dare nell’occhio.
Il poliziotto conosciuto scese dall’auto seguito da un ragazzo, probabilmente un collega. Erano entrambi in borghese, indossavano jeans attillati e t-shirt vistose, appropriate per un discoteca. Quelli li salutarono come se fossero stati vecchi amici e, mentre si dirigevano all’ingresso, l’uomo gli spiegò il da farsi. Non dovevano bruciare la loro copertura o tutto sarebbe andato all’aria e le ragazze sarebbero potute morire o peggio sparire nel nulla, sotto il naso della polizia.
Attesero qualche minuto che la fila si diradasse poi entrarono. Si fiondarono subito nell’angolo bar, era lì che lavorava la ragazza che stavano cercando. Si sedettero in un tavolo appartato aspettando di essere serviti. Venne una cameriera carina e portò loro sei birre.
Aspettarono molto tempo osservando tutti quelli che gli giravano intorno. Speravano anche in un colpo di fortuna, ovvero avvistare direttamente l’uomo che stavano cercando.

<< Hey! >> il ragazzo che aveva accompagnato il poliziotto chiamò la ragazza che li aveva serviti dopo che la vide passare per la millesima volta. Quella si avvicinò a lui. << Lily è disponibile? >> chiese fingendosi mezzo ubriaco. Anche gli altri si fingevano brilli.
<< Perché? >> chiese lei sospettosa. << So che fa un ottimo servizio >> continuò quello con sguardo malizioso. La cameriera lo squadrò un attimo per poi allontanarsi sorridendo.
Appena quella sparì dalla loro vista il clima si fece più teso, adesso arrivava la parte difficile, non avrebbero dovuto sbagliare o esitare in alcun modo. Carlos ne approfittò per chiarire un particolare: << Perché vi state concentrando tanto sulla scomparsa di Alexa? Non che io non ne sia felice, ma dopo l’enorme incidente che c’è stato e la scoperta delle ragazze nel furgone … non capisco …. >>. << Hai ragione … >> si affrettò a chiarire il poliziotto, mentre fissava il punto in cui la ragazza era andata. << … Ma il caso del rapimento della tua ragazza, purtroppo, non è stato il solo. Ce ne sono stati tantissimi altri in questi mesi, ma non abbiamo trovato nessun indizio, solo nel tuo caso siamo riusciti a trovare qualcosa, questo è strano, ma dobbiamo coglierne comunque l’occasione. Sono sicuro che quando tutto sarà finito e arresteremo i responsabili capiremo perché inizialmente sono stati così scrupolosi, mentre in questo rapimento no >>, << Comunque ti ringrazio per ciò che state facendo >> continuò il latino.
Subito, prima che qualcuno potesse aggiungere qualcosa, comparve una donna con i capelli neri e occhi dello stesso colore. Quello che saltava subito all’occhio erano le sue curve. Era una donna molto prosperosa e la gonna cortissima, con la magliettina trasparente e scollata, non la rendevano invisibile agli uomini che la osservavano estasiati al suo passaggio.
<< Salve >> disse lei con voce mielosa presentandosi a loro. << Mi stavate cercando per caso? >> << Certo signorina. Io e i miei amici volevamo offrirle da bere. >> disse il giovane poliziotto in borghese avvicinando bruscamente una sedia come se fosse stato in preda agli effetti dell’alcol. A fingere non c’erano problemi, i ragazzi erano degli attori, mentre i due sembravano forgiati da anni di esperienza.
<< Oh! Siete i terzi questa sera! >> proferì fingendosi esausta, ma nello stesso tempo scostando i capelli compiaciuta.
Nonostante avesse accettato l’invito, non si sedette sulla sedia, ma nelle gambe del giovane che le aveva domandato di restare. Non aspettò nemmeno che qualcuno portasse un’altra bibita. Si servì tranquillamente dal bicchiere di quello, lasciando di conseguenza una disgustosa impronta di rossetto bavoso. Era truccata esageratamente per i gusti di Carlos, tanto che era difficile capire quale fosse il suo colore di pelle naturale.
<< Allora! Chi vi ha parlato di me? >> disse con fare pettegolo allungandosi verso Kendall e stringendogli una mano. Carlos sentì il biondo, alla sua sinistra, rabbrividire guardando le sue unghie schifosamente lunghe e appuntite. << Sai che hai dei bellissimi occhi …. >> sussurrò a Kendall senza aspettare risposta.
<< È stato grazie a Oscar che ti abbiamo conosciuta >> rispose il poliziotto che sembrava a proprio agio al contrario di tutti gli altri. << Ohhh Oscar. Sí … spero vi abbia parlato bene di me >> sembrò stancarsi a stare seduta sulle gambe del giovane, così si alzò e fece lentamente il giro del tavolo osservandoli ad uno ad uno e sfiorandoli con i polpastrelli. << Veramente non l’ha fatto >> disse il poliziotto più giovane levando il cappello di lana nero che aveva tenuto fino a quel momento e rivelando un cespuglio di capelli rossi. << Come no? >> chiese leggermente stizzita. Decise poi di accomodarsi sul ginocchio di Kendall che, dal canto suo, sembrava abbastanza teso. << Esattamente … >> continuò il più grande.
I quattro ragazzi non volevano prendere parola per paura di fare qualche disastro. Carlos stava rannicchiato nella sua sedia con sguardo cupo. Non avrebbe sopportato che quella gli si sedesse addosso. La ragazza sorrise a Kendall , ma rivolse subito lo sguardo a Logan assumendo un’espressione di finta preoccupazione. << Ohh tesoro, chi ti ha fatto quel brutto livido? >> domando sfiorandolo. A quel tocco il ragazzo si ritirò lesto stringendo i denti per il dolore. Il latino si sentì, se possibile, ancora più in colpa.
<< Ti abbiamo trovata noi, senza alcun aiuto >> continuò James sorprendendo tutti. Quella si alzò per dirigersi proprio davanti al ragazzo che si irrigidì. << Ah davvero? >> domandò retorica mettendosi a cavalcioni sulle sue cosce rivolgendogli uno sguardo provocante. << Quindi lo state cercando >> suppose.
I quattro ragazzi impallidirono spaventati per paura che avesse scoperto tutto, mentre gli altri due riuscirono a mantenere i nervi saldi. << Esatto >> mormorò il rosso. << Sai che hai dei fantastici pettorali >> sussurrò all’orecchio di James mentre gli accarezzava schiena e spalle.
Quello rimase interdetto per un po’, ma poi sembrò prendere la situazione sotto controllo e ribaltarla a suo vantaggio, infatti provò a confonderla per non farle scoprire niente. << Grazie >> rispose sottovoce e con lo stesso sguardo ammaliatore, << Anche tu >>. Le guardava il seno mentre lei gli accarezzava la nuca sorridendo. I poliziotti capirono all’istante l’idea di James, mentre gli altri erano a dir poco imbarazzati. Anche il ragazzo cominciò ad accarezzarle i fianchi. << Sai dove possiamo trovarlo? >> le sussurrò avvicinandosi al suo collo e soffiando appena provocandole piacere. Lei si avvicinò ancora a lui. << No, ma sai, proprio l’altro giorno abbiamo passato una notte di fuoco, forse potremmo riviverla anche noi due >> suggerì infilzando le unghie colorate nella sua schiena.
Gli altri non riuscivano a sentire quello che si stavano dicendo per via del volume troppo basso e della musica assordante.
<< Ah, sí? >> Continuò il castano. << Beh, però mi dispiace un po’ per Oscar. Io sono un uomo d’onore, non permetterei mai ad una donna bella come te di tradire un amico >>. Quella fece il broncio per poi rispondere << Ma lui non è il mio ragazzo, quindi tecnicamente non lo sto tradendo >>. << Non è il tuo ragazzo? >> si finse particolarmente sorpreso. << Allora … >>, prendendola per le cosce la avvicinò a se.
Quella eccitata, per come stava prendendo piega la cosa, cominciò a muovere il bacino verso il suo busto, in un movimento lento e costante. << Non sai nemmeno dove abita? >> disse lui appoggiando le labbra sulla sua spalla scoperta. Prima di rispondere lei gli morse il lobo dell’orecchio, << No pasticcino, te l’ho detto, non siamo fidanzati >>. << Oh, hai ragione … quindi ci sei solo andata a letto insieme? >> suggerì solleticandole la schiena. << Proprio così >> cominciò lasciargli baci sul collo sporcandolo di rossetto fuxia. << E ora non potrai più vederlo, vero? A meno che non venga in questo locale. Sarai un po’ triste, no? >> domandò il ragazzo inarcando la schiena. Non sapeva più che inventarsi.
<< Oh, no. Mi ha lasciato il suo numero dicendo che posso chiamarlo quando mi va >> concluse iniziando a leccargli il collo. << Davvero? Non è che potresti darmelo? >> sussurrò suadente baciandola sulla spalla e avvicinando a sua volta il bacino su di lei.
Quella però, nonostante le avance, non sembrò gradire la domanda. Si scostò dal suo viso e cominciò ad osservare tutti i presenti come se prima di quel momento non si fosse accorta della loro presenza. << Vi deve dei soldi? >> domandò dura.
<< No, al contrario >> rispose il rosso, << Abbiamo da proporgli un affare … uno di quelli grossi, sai? Ma questa cosa non deve venirsi a sapere in giro >>. Sembrò indecisa. << In questi ultimi giorni sembra aver sempre bisogno di soldi >> mormorò più a se stessa che a loro, << Aspettate >>. Scese dalla sua sistemazione e corse dietro una porta coperta da un telo.
James sospirò asciugando disgustato la saliva di quella donna. << Sei stato grande James! >> lo incoraggiò Carlos che un momento prima sentiva stesse per vomitare. << Non è ancora finita >> li ammonì il poliziotto in uno sguardo burbero.
La bruna tornò con un bigliettino in mano che porse direttamente a James. << Questo è il numero di Oscar, ma se vuoi posso darti anche il mio >> disse ammiccando. << Grazie tante, ma ora dobbiamo andare >> la liquidò alzandosi, seguito dagli altri. << Come vuoi, ma vieni a trovarmi qualche volta >> sussurrò. Poi prese un tovagliolo e stampò un bacio rosa fosforescente che diede al ragazzo. Si allontanò fissandolo ancora maliziosa, mentre quelli uscivano lesti.

Kendall stava per scoppiare in un insieme di commenti stupefatti, ma i due poliziotti lo zittirono prima che potesse dire niente. Non si erano ancora allontanati abbastanza.
James diede il numero al poliziotto e, constatando nervosamente che la ragazza non era fuori ad osservarlo buttò il fazzolettino, poco prima donatogli, in un cestino assumendo una faccia disgustata. Si salutarono come inizialmente, visto che molti li stavano guardando.
Il poliziotto più anziano si avvicinò a Carlos e gli disse che li avrebbero informati dei risultati già l’indomani.
I quattro raggiunsero la macchina, ma prima di entrare James lanciò le chiavi a Logan. << Non ce la faccio a guidare >> sentenziò assumendo una faccia da voltastomaco. Scoppiarono a ridere di gusto per poi salire nel mezzo e dirigersi verso casa.











Salve a tutti gente!
Beh? Che ne dite? Le cose stanno cominciando a farsi interessanti?
Ormai i ragazzi sono sempre più vicini alla verità. Riusciranno a scoprire ciò di cui hanno bisogno? E salveranno Alexa? 
Voi cosa ne pensate? Fino ad ora la storia ha risposto ai vostri gusti oppure non vi è piaciuta per niente? Cambiereste qualcosa? Cosa vorreste che accadesse?
Lo so, oggi sono in vena di domande ahahahahah, ma non lasciatele senza risposte!
Alla prossima!

 

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Capitolo 9
*** 9 ***


Per tutta la strada di ritorno James si strofinò il polso sul collo arrossandolo di conseguenza. Gli altri invece cominciarono a fare battutine per infastidirlo, ma gli esprimevano anche la loro gratitudine. << Potresti fare il poliziotto, sai? Magari sotto copertura, peccato che la tua faccia è tanto famosa sennò … avresti potuto avere tante donne ai tuoi piedi >>, << Sta zitto Logan o giuro che di do un pugno così forte da farti sbattere la testa sul finestrino >>, << Oh oh, non puoi farlo, sto guidando, pensa a come potremmo finire male! >> disse ridacchiando. << Ah si? Ti faccio vedere io e ti pentirai di ciò che hai detto!! >> e si sporse come a volerlo prendere seriamente a schiaffi. << Basta! Basta ragazzi! >> li riprese Kendall. << A parte lo scherzo, sei stato molto bravo James >> disse Carlos. Anche gli altri due confermarono. << Senza di te non avremmo mai potuto ottenere niente >> << Sì, è vero, chissà quanto tempo ci sarebbe voluto! >>.
James fece il modesto, ma anche lui riconobbe l’efficacia della sua prontezza.
Appena furono a casa i tre cuccioli li accolsero come se fossero stati via per anni. Giocarono un po’ con i cani e nel frattempo si riposarono guardando la televisione. Carlos però non riusciva a puntare lo sguardo sullo schermo, aveva paura. Un’infondata paura sul fatto che avrebbe potuto sentire la notizia della morte della sua fidanzata. Era un po’ assurdo, ne era consapevole, ma non poteva farci niente. Riuscì a resistere solo qualche minuto, poi annunciò di essere stanco e andò in camera sua. Aveva una mezza idea di portare con se Sasha o Sidney in modo tale che potessero dormire con lui e fargli compagnia, ma aveva sempre insegnato loro a non salire sui letti e poi non voleva che l’odore di Alexa sparisse così in fretta, ora che ne aveva tanto bisogno.
Quindi andò da solo. Si mise mogio il pigiama e poi fece per buttarsi sul letto, ma qualcosa lo trattenne, ovvero il pensiero della sua ragazza. Ogni volta che ci pensava la immaginava sola, chiusa in uno stanzino buio, bendata e legata, mentre scuoteva la testa cercando di chiamare qualcuno, nonostante il fazzoletto legato alla sua bocca le impedisse di poter parlare. Chissà che le stavano facendo in realtà.

Voleva chiedere aiuto, sia per lei che per se, in modo tale da poter sopportare quell’orribile situazione. Così si inginocchiò ai piedi del letto e giunse le mani chiudendo gli occhi. << So che è da molto che non prego … >> cominciò a sussurrare, << Da quando Alexa è sparita ripensandoci. Scusa, è che non ho avuto proprio tempo … anzi … non ho avuto voglia … … sai che intendo dire, no? Questa cosa mi sta facendo impazzire … n-non ce la posso fare … devi aiutarmi o …. O non potrò reggere … … >> scoppiò a piangere, ma non smise di parlare e pregare.
La verità è che anche invocare Dio gli procurava dolore. Gli ricordava quando pregava insieme ad Alexa, prima di mangiare, o di andare a dormire, in effetti era proprio in chiesa che si erano conosciuti. Lei lo aveva accolto in un momento difficile della sua vita e si erano innamorati perdutamente. Chiunque, guardandoli da lontano, avrebbe potuto definirli una splendida coppia. Non litigavano mai, se non per qualche piccola banalità, ma finivano sempre per fare pace. Ogni volta che si baciavano era come la prima e ogni sguardo era carico d’amore e di profondo affetto.
Rimase in quella posizione per quasi un’ora, ma non se ne rese conto. Poi decise di stendersi, ma non voleva dormire. Quella “chiacchierata” con Dio lo aveva fatto sentire meglio. Allungò la mano in un cassetto del comodino di Alexa e ne prese la Bibbia che cominciò a leggere, proprio come faceva di solito accanto alla sua dolce fidanzata. Finalmente, dopo giorni, riuscì a sentirsi tranquillo, a non pensare. Era completamente immerso nella lettura che non si rese conto nemmeno del tempo che passava. Fu completamente estraniato dal mondo.

Aprì gli occhi. Si era addormentato, ancora con la Bibbia fra le braccia. Solo allora ricordò distintamente, in un lampo, tutti i momenti più belli passati con lei. Il suo sorriso innocente gli si presentò davanti. Un colpo allo stomaco lo prese alla sprovvista e si accucciò piangendo disperato. Pianse in modo così veemente che fu preso da una crisi di singhiozzi che gli mozzavano il respiro. Il viso si era arrossato e aveva gli occhi gonfi che non riusciva ad aprire del tutto.

Sentì un insicuro tocco sulla porta. Provò a far smettere i singhiozzi che gli percuotevano tutto il corpo, solo per non farsi vedere in quello stato, ma non ci riuscì. Rimase in silenzio nonostante il bussare si ripetesse. Era girato, quindi non riuscì a vedere la timida figura aprire appena la porta ed entrare.
Quando la parte del letto dietro di lui si abbassò capì che qualcuno si era seduto. Non si girò a controllare chi fosse sapendo che prima o poi si sarebbe rivelato. Non riuscendo a fermarsi continuò comunque a singhiozzare e a liberare le lacrime che sostavano nelle sue palpebre offuscandogli la vista.
Una mano leggera gli si posò sul fianco. << Non puoi lasciarti andare adesso >> era la voce di Logan. << Stiamo per riuscirci. Possiamo trovarla >> << N-no .. m- ….m-mi manca t-troppo >> mugugnò tirando su col naso. Logan strinse la presa. << È proprio per questo che non puoi arrenderti >>. Carlos voleva rispondergli. Avrebbe voluto girarsi e urlare che non aveva più nessuna speranza, che era certo non ce l’avrebbero fatta, ma avrebbe mentito. Si limitò a stringersi di più e a serrare gli occhi.
Sentì l’amico sospirare e lasciare la presa. Credeva che stesse andando via, il che gli dispiaceva un po’. Ma percepì il letto abbassarsi ancora. Si era steso accanto a lui, << Ce la farai, ne sono sicuro >> . Carlos sorrise ricordando il sogno del giorno precedente.
Piano piano i singhiozzi stavano cominciando a scemare. La presenza di Logan lo calmava. Si rese conto solo in quel momento di quanto avesse bisogno di qualcuno che lo sostenesse e gli stesse accanto. Allora riconsiderò l’idea della sera prima di portare con se uno dei suoi cani. Ridacchiò appena a quel pensiero.
Finalmente decise di girarsi. << Grazie >> disse all’amico che aveva le mani dietro la nuca e osservava il soffitto pensieroso. Logan stava per rispondere, ma una piccola figura scattante lo interruppe saltando proprio sulle sue gambe.
<< Fox!! Fox!!!! Fox! Quante volte ti ho detto che non devi scappare in questo modo!! >> urlò James spalancando la porta e individuando subito il cucciolo. Appena vide anche gli altri due si bloccò << Ehmm .. ho interrotto qualcosa? >> disse trattenendo una risata. << Ma smettila! >> gli urlò Logan tirandogli un cuscino. Carlos riuscì a liberarsi in una grossa risata. L’amico accanto a lui continuò rivolgendosi a James << E lascia stare questo povero cane! >> e accarezzava Fox che tremava leggermente per via delle urla del suo padrone. << Venite qua ragazzi! >> ordinò il latino preso da una grande euforia. I tre si strinsero in un grande abbraccio, ma furono subito interrotti dai latrati di Sasha e Sidney che erano entrate scodinzolando trascinando Kendall. Appena quello li vide si fermò un secondo a fissarli divertito, ma poi fu invitato dai ragazzi ad unirsi all’abbraccio.
Quelli non erano solo i suoi amici, erano i suoi fratelli, erano la sua famiglia. Naturalmente quel semplice abbraccio si trasformò in tante brutali manate alla schiena, un gioco che non facevano da tempo, ormai. Carlos si trovò molto sollevato.
Quando riuscì a convincerli ad andare via, sistemò la stanza per bene. Ogni cosa doveva essere al suo posto, odiava il disordine. Chissà come avevano fatto gli altri a non avergli ancora distrutto tutta la casa, tanto erano caotici. Poi si cambiò, si lavò il viso e scese in cucina dove trovò tutti. Rinunciò a fare colazione. Erano le dodici e mezza. Pranzarono direttamente. Nessuno aveva voglia di cucinare, così scaldarono qualcosa di congelato al microonde e si servirono.

Il pomeriggio il poliziotto si fece sentire. << Pronto? Si, mi dica … >> Carlos mise il vivavoce mentre i ragazzi gli si sedevano intorno. << Salve. Abbiamo altre novità … per prima cosa il numero che ci ha dato la ragazza è registrato con un nome falso, ma ci siamo accertati appartenesse proprio all’uomo che stiamo cercando. Lo abbiamo individuato e alcuni agenti lo stanno controllando, ma non possono dare troppo nell’occhio. Per sicurezza anche la ragazza è sorvegliata, non possiamo permettere che gli parli di ieri sera… >>, << Perché non lo arrestate direttamente e lo interrogate!?! >> urlò Kendall spazientito. Il poliziotto continuò << Assolutamente no. Quest’uomo ha sicuramente dei complici e se venisse arrestato non direbbe nulla, mentre gli altri scapperebbero all’istante portando via le ragazze. Non possiamo rischiare. Non abbiamo abbastanza prove nemmeno per trattenerlo a lungo. Il nostro piano è un altro: controlleremo i suoi spostamenti e le sue chiamate, fino a quando non scopriremo il nascondiglio. Prenderemo lui e i suoi complici con le mani nel sacco >>. << Ma ci vorrà del tempo! >> aggiunse James sfinito. << Probabile, ma è il modo più sicuro per tutti. Dobbiamo avere prudenza, potrebbe scoprire che lo stiamo controllando >>.
Carlos non ne poteva più di sentirlo parlare, << Grazie tante. La prego ci informi se ci sono novità >> disse. Salutò e chiuse la chiamata.
Attesero tutto il pomeriggio. Nonostante le pressanti richieste degli amici di uscire a svagarsi un po’, il latino non accettò. Quelli dovettero uscire, ma fecero in modo di non lasciarlo mai solo. Gli amici si incaricarono anche di chiamare parenti e conoscenti, informarli e rassicurarli. Alcuni sapevano già tutto grazie ai media e avevano chiamato molte volte, ma nessuno aveva risposto loro. Fu un lavoro duro e stancante, ma la sera arrivò.
Fu triste per Kendall, l’unico in quel momento ancora in casa, vedere Carlos accasciato sul tavolo della cucina. Teneva il braccio disteso e tra le dita aveva un cellulare a cui accarezzava lo schermo. Con finta disinvoltura si mise dietro di lui in modo tale da poter vedere la figura di Alexa risaltare nel piccolo apparecchio. Non sapeva come fare a consolarlo, ma non poteva vederlo in quello stato, così gli si sedette accanto.
<< Vorrei fosse qui >> confessò il latino. << Lo so… ci vorrà del tempo, ma non demordere >> non era molto bravo a consolare la gente, per quanto ci provasse non riusciva a dargli forza, provava un’empatia così grande da non potergli dare supporto. << È che il pensiero di lei in mano a quegli schifosi mi fa infuriare >> disse ancora l’altro. << Già… anche a me manca molto … l-la polizia sta facendo tutto il possibile >> azzardò. Carlos accettò comunque la buona volontà e sorrise. << Grazie amico >>.










Angolo dell'autrice: Salve a te! Mi sono fatta aspettare eh? Beh pazienza, l'importante è che adesso sono qui, no? Eheheh
Questo è, più che altro, un capitolo di passaggio, ma a me piace molto; non so perchè, forse il senso di affetto e famiglia che trasmette ( lasciatemi perdere oggi sono stanca e confusa ahahah). Non avevo voglia di aggiornare, ma immaginando ( che fantasia che ho) qualche possibile lettore interessato e magari impaziente mi sono fatta intenerire e ho deciso di continuare, quindi non fatemene pentire, ok?
Vi lascio con una frase ( che forse non c'entra niente, ma che un po' di tempo fa mi ha colpita): "Quando ti viene nostalgia non è mancanza. È presenda di persone, luoghi, emozioni, che tornano a trovarti" cit. Erri De Luca
Buona giornata ( o serata\ o mattinata\ o nottata) a tutti!

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Capitolo 10
*** 10 ***


salve! Una piccola premessa. Non avevo intenzione di aggiornare, ma visto che è passato tanto tempo e che qualcuno aspetta nuovi capitoli, sono qui. Vi prego di recensire perché ho veramente faticato per postarlo. Buona lettura


Erano già passati due giorni. La polizia non aveva fatto grandi passi avanti. Sembrava tutto inutile. Carlos continuava a mostrarsi sempre depresso. Gli capitavano soltanto rarissimi momenti di gioia, ma questi sparivano con la stessa velocità con cui comparivano.
I ragazzi gli suggerirono di farsi vedere da uno psicologo. Lo avrebbe solo aiutato, ma non servì a granché. Il ragazzo rifiutava ogni consiglio, ogni parola. Persino quando quello gli diede dei farmaci antidepressivi scoppiò in un impeto di rabbia. Gli successe proprio come la volta all’ospedale, ma questa volta impedì a chiunque di avvicinarsi a lui e dovette calmarsi da solo.
Gli capitò una cosa simile anche quando un parente venne a trovarlo dicendogli di voler rimanere con lui, aspettando qualche notizia. Quella volta non aveva potuto nascondersi nella sua stanza e lasciar sbrigare tutto agli altri, come aveva iniziato a fare da quando la gente aveva cominciato a venire a casa sua per supportarlo. Quello lo aveva preso di sorpresa.
Non voleva vedere nessuno a parte Logan, Kendall e James.
Dava spesso in escandescenza ed era perennemente triste. Si stava dimostrando imprevedibile e pericoloso, per se e per gli altri. Fortunatamente quella sorta di crisi non aveva mai portato a conseguenze serie. Un pomeriggio carico d’attese portò la tanto attesa chiamata. << L’abbiamo trovato!! L’abbiamo trovato!!! Abbiamo trovato il nascondiglio!! >> urlò il poliziotto dall’altro capo della cornetta. << Ci stiamo dirigendo lì con le teste di cuoio, interverremo a breve! >>.
Carlos aveva le lacrime agli occhi per l’emozione. Finalmente giorni di esasperante attesa avevano dato il loro frutto.
Non riuscì a rimanere con le mani in mano ad aspettare. Insieme agli amici si diresse sul posto. Nessuno dei tre era d’accordo, poteva essere pericoloso. Ma Carlos non voleva sentire ragioni. O con loro o senza di loro.
Durante il tragitto il latino pregò che andasse tutto per il meglio e che Alexa stesse bene. A metà strada il terreno intorno a loro cominciò a farsi stopposo, secco. Tutto era deserto e isolato. Non c’era anima viva. Solo qualche albero popolava la zona sabbiosa. Per un momento credettero di essersi persi, ma delle urla li fecero ricredere.
Qualche kilometro più in là si vedevano tante macchine intorno ad un’enorme capannone diroccato. Sembrava quasi abbandonato. Avvicinandosi distinsero la polizia che puntava le armi contro l’edificio.
<< Uscite subito o spariamo!! >> urlava un uomo con un’enorme altoparlante. Dentro si vedevano delle ombre muoversi nervosamente, ma nessuno si decideva ad uscire.
<< Credo che dovremmo tornare un po’ indietro e aspettare che qui si risolva tutto >> mormorò James pronto a mettere la retromarcia. Carlos, accanto a lui e del tutto contrariato, scese immediatamente, anche se la macchina era ancora in movimento.
<< CARLOS!! >> urlarono i tre spaventati vedendolo correre verso la folla. Subito Kendall e Logan si precipitarono fuori e lo raggiunsero afferrandolo dove capitasse. Quello si divincolava, ma appena arrivò anche James, che aveva lasciato l’auto ancora accesa e con gli sportelli spalancati, fu costretto a fermarsi. Però non si arrese. Li spingeva, cercando di non far loro troppo male, e si divincolava, nonostante quelli lo tenessero ben saldo. << No!! Devo andare da lei!!! >> urlava piangendo e tendendo le mani come un bambino. << Ma ti rendi conto!! Si stanno per mettere a sparare! >> cercò di farlo ragionare Kendall. << Vi prego!!! Vi prego!!! >> urlava fra le lacrime.
Piano piano tutti e tre cedettero alle richieste disperate. Carlos sgusciò via e corse direttamente nella mischia, ma come previsto tante braccia forzute lo bloccarono già alla prima fila di gente. << Che vuoi fare ragazzo?! >> lo ammonì un uomo dalla voce profonda. << Lasciatemi andare!! >> urlava lui, << Lei è lì dentro!!! >>.
<< Carlos! >> il poliziotto che conosceva lo raggiunse. << Che sta succedendo! Calmati!! Non credevo venissi, ti ho avvertito che è pericolosissimo! >>, << Lo conosci? >> << Sì, lascialo andare, è con me >>.
Appena quello lo lasciò arrivarono anche gli altri tre che erano rimasti indietro. << Non ci posso credere! Siete venuti tutti!! >> il poliziotto si mise le mani nei capelli corvini. << Ci dispiace, abbiamo provato a fermarlo, ma è stato tutto inutile. >> disse James. << Capisco… >> l’uomo sembrò ragionare un attimo, << Venite con me >>.
I ragazzi lo seguirono fino ad un grosso furgone nero in cui entrò facendo loro segno di aspettare. Solo in quel momento Carlos si accorse della marea di agenti, macchine della polizia, ambulanze e pompieri che circondavano la casa. Tutta quella confusione però non fece altro che aumentare la sua preoccupazione.
Una cosa pesante che gli volò sul petto lo risvegliò mozzandogli il respiro. Era un giubbotto antiproiettile.
<< Indossatelo per sicurezza e aspettate qui fino a quando non avremmo messo in sicurezza la zona. Se sentite degli spari buttatevi a terra o nascondetevi dietro le macchine >> sospirò << Spero vi rendiate conto che state rischiando la vita. Mi raccomando, non muovetevi! >> disse e si allontanò lesto sfoderando la pistola. I ragazzi si nascosero dietro una macchina in modo tale da poter vedere tutta la scena. Carlos aspettò il segnale. Era impaziente.
Un silenzio spaventoso era piombato sulla scena. La polvere saliva, smossa dagli stivaloni degli agenti che si muovevano cauti. La voce del grosso poliziotto, amplificata dall’altoparlante, si fece sempre più ovattata. Ogni mormorio e rumore cominciò ad affievolirsi. Il latino restava immobile a fissare una porta del capannone, quasi si aspettasse che lei uscisse da lì assicurando di stare bene.
Strinse i pugni così forte da infilzare le unghie sui palmi. La mascella era serrata in un’espressione tesa. Cominciò a non percepire più nessuno, nemmeno i suoi amici che si muovevano impazienti cercando di vedere qualcosa. Vedeva solo lui e Alexa, proprio dietro la porta, in piedi, che lo guardava anche lei spaventata. Nessun ostacolo li divideva, soltanto la porta non gli permetteva di raggiungersi a vicenda. Il cuore gli risuonava rumoroso nel petto. Anche il respiro si fece pesante. Però anche questi suoni sparirono. Tutto quello che sentiva era il ticchettio dell’orologio che aveva al polso.
Tic tac, tic tac, e il tempo passava.
Tic tac, ogni secondo era un delicato granellino che scivolava via dalle sue spalle.
Tic tac, tic tac, tic tac ogni secondo era un secondo in più senza di lei.
Tic tac, e l’universo si allontanava.

Uno sparo lo riscosse. Delle urla. I piedi pesanti degli uomini che entravano attraverso la stessa porta in cui pensava di poter scorgere Alexa. Ma lei non era lì. Si sporse per vederla. Il respiro accelerato. No, non si vedeva.
<< LIBERO! Libero!! >> urlavano quelli dentro. Dicevano altre cose, ma lui non riusciva proprio a capire. Attese tantissimo, forse per secoli interi. La gente sembrava muoversi troppo lentamente. Sentì delle voci confuse distinguersi tra il brusio generale. << Sono lì…. Sì, qualche cinquanta…. Tutte lì …. >> . Lui pensò subito ad Alexa. Era lì. Sì, lo sentiva.
Si alzò in piedi, nonostante si sentissero ancora spari e urla. Socchiuse gli occhi cercando di scorgere ancora qualcosa attraverso il polverone, ma niente. Soltanto le figure veloci della polizia che passava a volte trascinando uomini con delle brutte facce. << Alexa!! >> urlò. Tutto quello che ottenne però fu l’attenzione degli amici che si resero conto che lui non era al sicuro, ma nella direzione di possibili proiettili vaganti.
Prima che uno di loro potesse farlo abbassare, corse verso la porta. L’adrenalina gli bruciava gambe e polmoni. Stranamente nessuno lo fermò. Nessuno si accorse della sua presenza. Mentre correva ricevette tante botte e spallate da agenti che si muovevano, anche dalla parte opposta. I tre ragazzi non riuscirono a raggiungerlo e lui finalmente varcò la soglia della porta.
Si fermò pochi secondi, ma fu subito travolto dalla foga di un uomo in divisa che entrava. Così cominciò a correre ancora, non vedendo altro che muri e cemento. C’erano tantissimi corridoi e stanze. Tutto si era dimostrato più grande di come fosse in realtà. Alcuni teli di plastica trasparente scendevano dal soffitto oscurando la visuale.
La dentro il rumore di spari si sentiva più forte. Carlos sapeva che avrebbe potuto essere colpito, ma non gli importava niente. Doveva trovarla. Immediatamente. Controllò tantissime stanze. Non poté comunque entrare in quelle non ancora esplorate dalla polizia, poiché qualche agente era appostato lì fuori, con armi in mano. Le pareti erano fatte di cemento grigio e tutto sembrava sporco e impolverato. Un odore insopportabile di muffa inondava tutto quanto. Non si respirava là dentro.
Qualche volta urlava il nome della sua ragazza, ma non riceveva risposta. Le stanze erano vuote, oppure contenevano tavole di legno, pezzi di metallo, contenitori di vetro e sacchi enormi pieni di qualcosa non identificato.
Ogni volta che girava l’angolo e faceva un buco nell’acqua si sentiva sempre più vuoto. Sempre più inutile. Ma non smetteva di correre. La speranza ardeva persistente dentro il suo cuore. L’avrebbe trovata. Ci sarebbe riuscito.
Finalmente, girando l’ennesimo angolo ed entrando in un’altra stanza, si ritrovò di fronte a tantissime ragazze. Due file lunghissime di lettini si stagliavano alla sua destra e sinistra. Sopra di essi delle giovani sembravano dormire silenziose.
Carlos non perse tempo ad osservare i particolari, ma cominciò a procedere lanciando un’occhiata ad ognuna cercando di individuarla. Alzando lo sguardo vide una figura esile a lui conosciuta. Sollevato e con le lacrime agli occhi le corse incontro.
<< Alexa!! >> urlò gettandosi accanto a lei. Ma quella non si mosse. Il viso della ragazza rimaneva ruotato verso la sua direzione. Gli occhi erano serrati e il volto pallidissimo. La guardò bene facendo scattare le pupille spaventate. Aveva le gambe scoperte. Né calze o scarpe coprivano i suoi piedi. Indossava solo la grossa maglietta che lui le aveva visto addosso la mattina in cui era scomparsa.
Un impeto di rabbia lo percosse al pensiero che qualcuno avesse potuto toccarla. Era magrissima. Le guance scavate. Ma la cosa più spaventosa era il tubicino attaccato al braccio ricaduto accanto al busto. Lo seguì con lo sguardo. Una flebo con un liquido trasparente e lievemente giallognolo le stava accanto.
Lui, in quel momento di tensione, non si accorse che anche tutte le altre, come Alexa, non avevano i pantaloni ed erano attaccate a quella sporca flebo. Non sapendo che fare le si sedette accanto e la prese per le spalle, per poi sollevarle la testa verso di se. << Alexa! Rispondi! Alexa!! >>, al suo richiamo e ai piccoli schiaffetti lei diede qualche segno di vita. Aprì leggermente le palpebre, ma sembrò non vederlo. Il latino vide che i suoi occhi erano annebbiati. C’era qualcosa che non andava. Non stavano semplicemente dormendo.
<< ALEXA!! >> Era nel panico. Nonostante le mani gli tremassero riuscì a rimetterla com’era e ad afferrare il tubicino. Voleva strapparglielo via. Levarlo con la forza, ma le avrebbe solo fatto male. Tolse lentamente lo scotch bianco-sporco che le assicurava l’ago nel braccio. Nonostante fosse stato delicato, sperava in qualche reazione, ma niente. Afferrò allora l’ago e lo tirò via dalla vena, molto lentamente. Del sangue rossastro scivolava sul piccolo metallo. Quando fu fuori dalla sua pelle lo gettò via, allontanando la goccia dello strano liquido che scendeva ancora, imperterrita. Del sangue uscì dal buchino che si era aperto. Carlos mise premuroso la mano intorno al braccio per fermare la perdita.
Riprese la ragazza per le spalle. La testa ciondolò abbandonata. << Alexa … >> mugugnò indebolito da quella vista. Ma lei non lo riconosceva, non stava bene. Il ragazzo sentì la polvere grattargli la gola. Tossì asfissiato non smettendo di osservarla. << Alexa guardami! >> le ordinò prendendole il viso amorevolmente.

<< Che stai facendo?! Chi sei? >> urlò un uomo dietro di lui. Carlos si girò. Era un agente. Gli stava puntando la pistola addosso, ma appena vide il giubbotto antiproiettile con la stampa della polizia, abbassò l’arma.
<< Che ci fai qui?? Sei un civile? È pericoloso! Esci! >>. Lui annuì e fece per prendere Alexa, ma uno sparo lo immobilizzò. Risuonò per tutta la stanza. Rimbombò nelle pareti. Raggiunse le sue orecchie e rimbombò ancora nella sua testa. Appena sparì un forte fischio prese il suo posto.
Il poliziotto crollò a terra, dietro un lettino. Il latino scorse del sangue spargersi nel pavimento.
Pallidissimo, si voltò. Alla fine della stanza c’era un’altra porta. Era aperta e l’immagine di un uomo con la pistola alzata lo terrorizzò. Quello lo fissò con disprezzo. Lentamente spostò il mirino verso la sua figura.
Carlos non sapeva che fare. Era veramente finita? Strinse il polso della sua ragazza. Poteva uccidere lui, ma non si doveva azzardare a fare del male ad Alexa.
<< Poliziotti bastardi … >> sussurrò l’uomo facendo pressione sul grilletto. Lui schiuse le labbra come a voler dire qualcosa. Non era un poliziotto! Un altro sparo rimbombò per la stanza.

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Capitolo 11
*** 11 ***


Salve a tutti! Come potete vedere sono tornata, a dispiecere di qualcuno (forse), ma spero dopo trepidante attesa di qualcun altro. Eccomi qui! Finalmente mi sono presa d'impegno e ho trovato qualche minuto per pubblicare, in fondo devo pur finire. Ogni storia merita un finale a rispetto dei lettori e dei personaggi della storia stessa. Ok forse sto dicendo delle cretinate, ma abbiate pazienza sto attraversando un periodo di apatia totale verso tutto e non è una cosa piacevole.
Comunque, bando alle ciance, vi lascio alla lettura. Se volete darmi una gioia potete lasciare una piccola recenzione, oppure siete più che liberi di non farlo. Buona lettura e alla prossima!



<< Poliziotti bastardi … >> sussurrò l’uomo facendo pressione sul grilletto. Un altro sparo rimbombò per la stanza.
Carlos si accasciò su Alexa tenendo le mani sulle orecchie piangendo. Aveva urlato. Forte.
Non sentiva dolore. Alzò lo sguardo sentendo scalpiccio di piedi. Quattro agenti stavano trattenendo lo sconosciuto. Era ferito in un braccio. Quello si dimenava furioso cercando di riprendere la sua pistola, volata qualche metro più in là.
Senza aspettare ancora passò il braccio destro sotto le gambe della ragazza e quello sinistro sotto le spalle. La sollevò, ma non era così leggera come sembrava. Stava per perdere la presa. La riappoggiò un secondo e la risollevò. Non lanciò nemmeno un’occhiata ai poliziotti che lottavano con il malvivente. Corse via tenendo stretta la sua piccola.
Passando accanto la figura dell’agente a terra serrò gli occhi e continuò a correre. Non voleva vedere altro. Il cuore protestava sbattendo sulla gabbia toracica. Doveva trovare l’uscita. Il corpo della ragazza rimbalzava mollemente fra le sue braccia. Provò a ricordare dove fosse l’uscita, ma sembrava tutto un gran labirinto. Il peso di Alexa si faceva sempre maggiore. Doveva sbrigarsi.
Fortunatamente vide un poliziotto che sembrava stesse andando verso l’uscita e lo seguì. In poco tempo fu fuori.
Gli sembrò non vedere la luce del sole da giorni. L’aria era così fresca rispetto a quella che si respirava all’interno. Non si fermò all’uscio. Corse verso la folla ignorando richiami o botte che prendeva. Avvistò subito la prima autombulanza, proprio davanti a lui e si ci catapultò dentro. C’era un ragazzo con la divisa da infermiere. Sembrò molto sorpreso di vederlo.
<< Devi aiutarmi!! >> lo implorò Carlos sistemando la ragazza sulla barella all’interno. << M-ma io. Gli altri sono dentro … m-mi hanno ordinato di aspettare >> cominciò quello. << Ti prego!! È la mia ragazza!!! Sta male!! >> urlò il latino. Il ragazzo allora si diede da fare. Prese una lucina e controllò gli occhi. Le aprì la bocca guardando all’interno. Le controllò il respiro per poi metterle immediatamente una mascherina attaccata ad una bombola di ossigeno. << È disidratata >> sentenziò << Sicuramente è stata drogata e non ha mangiato per molti giorni. È debole >>. Preparò una flebo e gliela attaccò subito al braccio. In quell’istante arrivarono altri due infermieri che portavano una ragazza bruna su una barella. << Presto dobbiamo sbrigarci! >> dissero all’altro che cominciò a preparare un’altra flebo. Mentre si dava da fare si rivolse a Carlos. << Devi scendere. Puoi raggiungerci all’ospedale, ma non puoi stare qui >>. Uno di loro si era messo al volante, mentre l’altro assisteva sia Alexa che l’altra ragazza messa accanto alla bionda. Il latino provò ad obiettare, ma fu subito cacciato via. Le porte vennero chiuse all’istante, l’ambulanza però non partì subito. Carlos fu sommerso dalle urla e dalla confusione.
Si girò intorno. Non distingueva i volti di ognuno. La testa gli girava vorticosamente. Qualcuno lo afferrò per le spalle per poi abbracciarlo. << Sei salvo!! Ci hai fatto prendere uno spavento >> era James, << Sei impazzito per caso?! Scappare in questo modo!! … >>, << L’ho trovata >> lo interruppe lui. Non riusciva ancora ad essere felice per questo. Era troppo scombussolato. L’amico lo guardò con un sorrisone enorme. Carlos però non gli prestò attenzione. Continuò a guardarsi intorno. Rivolgendo lo sguardo verso l’ingresso si sorprese di vedere due agenti che sostenevano un terzo. Era l’uomo che aveva visto. A cui avevano sparato davanti i suoi occhi. Era ferito alla coscia, ma stava bene. Era vivo.
In quel momento si sentì veramente sollevato. Ma appena udì le sirene dell’ambulanza vicino a lui, prese James per un braccio e corse in strada. Provò a dire qualcosa all’amico, ma lui non lo sentiva per via del rumore assordante. << Alexa è lì dentro!! Dobbiamo seguire l’ambulanza! >> urlò. Corsero fino alla macchina, ma James si fermò prima di salire. << Kendall e Logan ti stanno ancora cercando!! >>. Non aveva nessuna intenzione di rimanere un secondo di più, ma dovette scendere e fiondarsi a cercarli. Con James si gettò nella folla, ma dovettero separarsi. La confusione. Il rumore. Era troppo. Non si vedeva niente.
Si sollevò sulle punte scorrendo nervosamente lo sguardo. La sua statura non rendeva le cose più facili. Dopo vari tentativi scorse un ciuffetto di capelli castani. Era Logan. Gli corse incontro e lo afferrò per un braccio. Quello sembrò non accorgersene. Stava immobile. Con gli occhi sbarrati ed il volto pallido. << Logan!! >> urlò per riscuoterlo. Finalmente si girò verso di lui. << Dobbiamo andare!!! >> lo informò. Quello non spiccicò una parola. Lo seguì senza farsi pregare.
Quando furono quasi fuori dalla mischia si incrociarono con James e Kendall. Il biondo stava per dire qualcosa a Carlos, con un’espressione rincuorata, ma lui lo zittì.
Si precipitarono nell’auto e partirono. Purtroppo si erano distanziati tanto dall’ambulanza, che proseguiva in fretta fra il traffico della strada principale usufruendo della sirena. Loro si ritrovarono imbottigliati nell’ingorgo senza la possibilità di poterne uscire in fretta. Ne approfittarono per liberarsi dai giubbotti antiproiettile. James tamburellava nello sterzo. Carlos, accanto a lui, scattava da un finestrino all’altro sperando che le macchine si spostassero. Anche Kendall era agitato, si mangiucchiava le dita osservando fuori. Solo Logan sembrava estraniato da tutto. Stava immobile e fissava il retro del sedile davanti a lui.
Ci misero qualche minuto per arrivare. L’avevano già portata dentro. Si apprestarono ad entrare e cercarla, ma anche lì dentro c’era un grande via vai. Provarono a chiedere indicazioni a molti infermieri, ma tutti li pregavano di allontanarsi per poter lasciarli lavorare in pace. Carlos sentiva che stesse per avere un’altra crisi di rabbia. Se qualcuno non si fosse fermato ad aiutarli si sarebbe messo ad urlare.
Grazie a Kendall però tutto fu risolto. Quello si avvicinò ad un’infermiera che stava aiutando un anziano a prendere una pillola rossa. Le chiese gentilmente aiuto e lei accettò di dargli una mano. Li fece accomodare nella sala d’aspetto informandoli che avrebbero dovuto attendere. Per il momento il piano in cui si trovavano le ragazze, non era accessibile ai visitatori e sarebbero stati solo d’intralcio.
Non avendo altra scelta si sedettero uno accanto all’altro nelle sedie grigie. C’erano altre persone ad aspettare con loro. Alcuni erano venuti per il loro stesso motivo, altri erano ignari di tutto. Carlos mise le mani sulla nuca e fissando il pavimento provò a calmarsi. Gli tremavano le gambe. Riuscì a sentire i discorsi della gente accanto a lui, ma questa volta non si infastidì. Era un modo per distrarsi, ascoltarli.
Sentiva gente che parlava a telefono disperata. Bambini che piangevano. Chi chiedeva notizie. Chi pretendeva di averle. Ma c’era anche chi si domandava che stesse succedendo. Oppure sentì una madre che, cercando di distrarre il figlioletto, gli raccontava una strana fiaba.
<< L-Logan? Stai bene? >> la voce di Kendall lo mise sull’attenti. Guardò il moro. Aveva un aspetto orribile. Gli occhi sgranati, il viso pallido in una sfumatura di verdognolo. Tremava e sudava allo stesso tempo. Teneva la mascella serrata. Sembrava stesse per vomitare. Alla domanda del biondo quello fece un lievissimo segno di dissenso. Sì, stava proprio per vomitare.
James, che era il più lontano, si alzò e gli si mise di fronte, << Andiamo in bagno? >> chiese nervoso. L’altro però rimase immobile, con lo sguardo fisso. Si alzò anche Carlos, << Logan? >>. Il più alto allora lo afferrò per le braccia facendolo alzare, ma lui perse immediatamente l’equilibrio. Per fortuna il biondo e il latino, che gli stavano ai lati, lo presero al volo.
Entrambi lo trascinarono al bagno più vicino. Ma all’ingresso il ragazzo si pietrificò. << Logan?! Che ti prende? >> urlò Kendall terrorizzato. Lui aprì e chiuse la bocca più volte ma senza che nessun suono uscisse. Carlos corse fuori e si scontrò con l’infermiera che li aveva aiutati poco prima. << M-mi scusi! Il mio amico sta male!! La prego ci aiuti! >>. Lei non se lo fece ripetere due volte. Entrò nel bagno senza timore. Si mise davanti a Logan e, prendendogli il viso con le mani lo osservò attentamente. Trattenne il respiro un momento, poi ordinò agli altri di aiutarla a portarlo in un posto più tranquillo.
Fu difficile attraversare la folla con un peso così grande addosso. Si ritrovarono in uno stanzino simile a quello in cui il latino si era risvegliato dopo la prima crisi. Logan fu messo su un lettino, ma si rifiutò di stendersi. L’infermiera, nel frattempo, preparò un bicchiere d’acqua a cui aggiunse poche gocce. Poi lo diede a Logan.
<< Bevi, ti farà bene >> gli disse dolcemente. Lui però rimase con il bicchiere fra le mani. A quel punto l’infermiera gli si sedette accanto mettendogli un braccio dietro le spalle. Massaggiandogli la schiena gli sussurrava parole di conforto. << Stai calmo, adesso ci siamo solo noi. Vedi? I tuoi amici sono qui per te. Staranno qui. Se vuoi mi fermo un po' anch’io >>. Gli altri la guardavano confusi. Quel metodo però funzionò. Logan cominciò a scuotere il capo nervosamente. << Non vuoi che rimango? >>, ritornò ancora immobile. << E i tuoi amici? >> ricominciò allora a scuotere il capo, questa volta piano. Lei rimase interdetta << C-come? Perché non vuoi che restino con te? >>. Lui prese un bel respiro e, sempre con lo sguardo puntato a terra, cominciò a farfugliare parole sconnesse, << Pericolo …. Alexa … … ospedale … Carlos … no ….n-no …. Non d-deve … no >>. Carlos allora capì la situazione.
Gli si sedette anche lui accanto. Anche se aveva paura doveva dimostrare di non averne: << Non preoccuparti, i medici si stanno prendendo cura di Alexa, quando starà meglio mi chiameranno e io andò da lei, ma ora posso restare >>. << Si ha ragione … >> continuò l’infermiera, << … I miei colleghi sono molto bravi. Adesso bevi l’acqua e stenditi un po'. Ti sentirai molto meglio >>. Appena Logan accostò il bicchierino alle labbra per bere l’infermiera si alzò e fece segno agli altri di seguirla. Si allontanarono solo di qualche passo, per poterlo tenere sott’occhio.
Lei cominciò così a sussurrare: << È sotto shock. Non so per quale motivo precisamente, ma dobbiamo calmarlo. Gli ho dato qualche goccia di calmante, non ho voluto esagerare … sta bene però >> aggiunse vedendo le facce spaventate di quelli. Si riprenderà in poco tempo. Cercate di farlo rilassare e farlo parlare. Forse ci dirà perché sta così e dopo si sentirà meglio >>. I ragazzi annuirono. Si avvicinarono a lui che aveva svuotato il bicchiere. << Allora ... >> << Logan, si chiama Logan >> intervenne James vedendo quella in difficoltà. << Logan! Stai meglio? >>, lui non si mosse. << Io mi chiamo Jenny, piacere di conoscerti >>. Kendall e Carlos gli si sedettero ai lati. << Tutto bene amico? >> il colorito verdastro stava sparendo, ma non scollava lo sguardo dalle mattonelle.
Un aggeggino nelle tasche di Jenny cominciò a squillare, << Scusate, hanno bisogno di me >> disse dirigendosi fuori, << Logan, tornerò più tardi a vedere come stai >> annunciò con un sorriso per poi chiudere la porta. Rimasero in silenzio. Sembrava la cosa migliore. James si sedette in una sedia lì vicino, mentre gli altri due continuavano a massaggiare le spalle a Logan. << Sicuro che non vuoi stenderti? >> chiese Kendall. Quello scosse il capo. Non aggiunsero altro. I tre ragazzi si guardavano lanciandosi occhiate piene di significato.
Dopo cinque minuti Logan si passo una mano sulla faccia e sui capelli cominciando a piangere in silenzio. Le lacrime gli scendevano veloci dalle guance per poi incontrarsi nel mento e gettarsi nel vuoto bagnandogli i pantaloni.
James si avvicinò a loro, << Logan dicci che hai … che è successo? >> chiese. Lui sembrò essere tanto incoraggiato dalla vicinanza dei ragazzi. Cominciò a parlare, ma si ostinava a non guardarli negli occhi, << L’ho v-vista … e-era là … non ci p-potevo … non … è … io … … orribile >>. << Comincia dal principio >> suggerì Carlos.
Solo in quel momento Logan alzò lo sguardo e lo fissò, << T-ti stavo cercando nella folla … n-non sapevo se fossi uscito o n-no … s-sono andato nel retro della casa e l’ho v-visto … >> rabbrividì << Ho visto u-una ragazza … era … m-morta … c-come hanno potuto … … e-era nella s-spazzatura … l’hanno buttata n-nella spazzatura … tra i s-sacchi neri … non gli s-serviva più perché e-era …. …. …. E l’hanno buttata …. C-come una lattina … la faccia … aveva … >>. Ricominciò a piangere.
Finalmente capirono tutto. << Sta tranquillo amico, è tutto finito >>, sentenziò Carlos abbracciandolo. << Quei bastardi senza cuore sono stati arrestati >> annunciò James, << Non faranno più niente. Rimarranno dietro le sbarre per sempre >>.

Finalmente il ragazzo si decise a coricarsi un po', ma si girò verso il muro in modo che loro non potessero vedergli il volto. Carlos si stava dimostrando abbastanza tranquillo, ma le parole di Logan lo avevano scosso molto. Sicuramente con tutta quella droga che avevano dato alle ragazze, per stordirle, una o più non ce l’avevano fatta. Il pensiero che in mezzo ai sacchi della spazzatura ci poteva essere Alexa lo tormentava. Ogni volta cercava di tranquillizzarsi pensando che per fortuna non era arrivato tardi, ma gli veniva in mente la possibile reazione dei familiari. Non immaginava dolore peggiore.
Poco dopo Jenny tornò. Vedendo Logan in quella posizione si lasciò scappare un sorriso sollevato, prese una coperta e la adagiò su di lui, poi chiese a due di loro di seguirla, aveva novità. Kendall si offrì di restare, mentre Carlos e James seguirono l’infermiera fuori dallo stanzino.
<< Vi ha detto per caso che è successo? >> chiese lei svoltando l’angolo. << Purtroppo si … non è una bella cosa … >> mormorò James. << Capisco … >> non aggiunse altro, probabilmente intuendo la brutta situazione. << Allora … >> continuò quando entrarono nell’ascensore. << Il piano adesso è nuovamente accessibile. In teoria sarebbe vietato che i familiari venissero fuori dall’orario di visita, ma visto che avete insistito tanto … farò un’eccezione >>, << Grazie! >> << Si, grazie tante!! >>. << Silenzio però, i miei superiori non sanno niente. Come si chiama la ragazza? >> chiese prendendo una cartella poggiata su un bancone in cui dietro stava una buffa segretaria. << Alexa Vega >> rispose Carlos. Lei scorse lo sguardo in un elenco, << Vega … Vega … …. Vega … eccolo qua! >> seguitemi.
A metà corridoio James le chiese confuso << Come fa ad avere il nome di Alexa se ci hanno messo un secolo a riconoscere le ragazze trovate sul furgone? >>, << Oh, beh … la polizia, prima del ritrovamento ci ha mandato delle copie dei documenti delle persone scomparse e quelli ritrovati nel camion, con le foto annesse. Ci è stato detto che appena fossero arrivate dovevamo identificarle immediatamente, in modo tale da individuare subito i morti e dispersi. All’inizio confesso che ci sembrava una cosa alquanto inutile, uno spreco di spazio, ma oggi con tutte queste persone che sono arrivate ci sono stati utili. Ammetto che ci sono stati degli errori di riconoscimento … con tutta questa confusione, ma stiamo provando a sistemare tutto >> spiegò.
Arrivarono in un corridoio affollato e pieno di stanze. << Ascoltatemi bene, adesso vi indicherò la stanza e voi entrerete, ma ne uscirete subito dopo pochi minuti. Io starò qua fuori e vi chiamerò quando sarà il momento di uscire >>. << No! La prego! >> supplicò Carlos. << Devo stare con lei! È quasi una settimana che non ho avuto sue notizie!! Per favore le devo stare accanto! >>, << Mi dispiace, ma se vi scoprisse qualcuno io finirei nei guai >>, << Lo lasci andare. Io non entro, va bene? Ma lui deve restare! >> si aggiunse James. Quella sospirò.
<< Non diremo a nessuno che ci ha aiutato >>, << Va bene, ma cercate di non farvi scoprire. La stanza è l’ultima a sinistra. Non fate rumore!! >>. Prima che potessero muoversi li fermò ancora, << Però entra solo uno! >> li minacciò. << Si, stia tranquilla >>, la ringraziarono e corsero verso la stanza indicata.


Ed anche questo capitolo è finito. Ci tenevo a dire che questo è forse il mio preferito in assoluto, ogni volta che lo rileggo mi fa commuovere molto.
Come avrete potuto leggere finalmente Carlos potrà rivedere Alexa, chissà se è la stanza giusta o se scopriranno la sua intrusione e lo caccieranno subito.
Alla prossima, buona giornata a tutti.

 

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Capitolo 12
*** 12 ***


James e Carlos si diressero davanti all’ultima stanza a sinistra. C’erano tante persone nel corridoio. La maggior parte erano parenti che pretendevano di vedere le ragazze, quindi litigavano con gli infermieri già esausti.
Loro cercarono di non farsi notare per non essere cacciati via. Quando furono davanti alla porta Carlos sospirò felice e afferrò la maniglia. La aprì appena e, con l’amico sbirciò all’interno per vedere se la stanza era giusta e se non ci fosse nessuno.
C’erano tre letti occupati da tre ragazze, tutte assopite. L’ultima, proprio vicino alla finestra con la tendina bianca, era Alexa. Entrambi sorrisero.
Il latino fece per entrare, ma James lo fermò, << Io torno dagli altri, non possiamo entrare tutti e due >>, << Grazie amico >> rispose quello dandogli una pacca sulla spalla ed entrando, per poi richiudere la porta dietro di se.

La stanza era in penombra. La flebile luce che riusciva a passare attraverso le tendine era delicata e rilassante. Appena la porta fu chiusa del tutto le urla all’esterno sparirono. Si sentivano solo dei rumori ovattati e i macchinari che controllavano i valori delle ragazze.
Senza aspettare oltre si fiondò accanto ad Alexa in modo tale da dare le spalle alla finestra. La sua idea era che se fosse entrato qualcuno si sarebbe nascosto sotto il letto o dietro la lunga tenda. Le prese la mano destra con l’intenzione di svegliarla delicatamente, ma quella non aprì gli occhi. Allora, sopraffatto dalle lacrime, cominciò ad accarezzarla e lasciarle baci delicati sulla fronte. Le si coricò accanto e cominciò a giocherellare con i suoi riccioli.
Adesso si poteva definire calmo. Ce l’aveva fatta. Lei gli era accanto. Le si avvicinò tanto al viso in modo tale da respirare la sua stessa aria. Aveva bisogno di sentire il suo respiro. Di accertarsi che fosse con lui, viva. Mentre le sfiorava le guance con i polpastrelli cominciò a ringraziare sottovoce Dio. Aveva mantenuto la parola, lo aveva aiutato a ritrovarla. Passava lentamente le dita dalle guance, alla fronte ai capelli e poi scendeva ancora sul collo, sulle braccia, intrecciava la mano nella sua e risaliva ancora.
La vide serrare le palpebre e provare ad aprirle. << Alexa … >> sussurrò col sorriso. Quella si guardò un po' intorno stordita, per poi girarsi verso di lui. << Los … >> mugugnò con voce impastata. Il ragazzo sentì le lacrime salirgli ancora negli occhi. Serrò le palpebre e si avvicinò a lei mettendo la fronte sulla sua in modo tale da non farle vedere che stesse piangendo. Lei gli prese la mano e incrociarono le dita. << Sono felice c-che stai b-bene … ho a-avuto paura >> confessò stringendola. Quella sbatté più volte le palpebre nel tentativo di ricordare. Si guardò intorno confusa. << Sei in ospedale >> Carlos rispose alla sua domanda silenziosa. << C-che è successo? >> chiese piano. Sembrava non avesse voce. << Ti hanno rapita e tenuta prigioniera per giorni … t-ti ho cercata a lungo … n-non sapevo dove fossi >>. Guardandolo sorrise. Sembrò ricordare appena qualche particolare. Rimase per qualche secondo a fissare il soffitto senza vederlo veramente, riflettendo su tutto ciò che era successo. Poi si girò verso di lui e poggiò le labbra secche sul suo mento coperto dalla barba sottile.
<< O-ora ricordo … stavo tornando a c-casa … e-ero in s-strada. Cercavo l-la chiave nella borsa e q-qualcuno mi ha preso e t-trascinato via. Mi hanno preso la borsa … c-credevo volessero solo q-quella, così li ho lasciati fare, ma hanno preso il c-cellulare e lo hanno buttato … n-non hanno toccato i soldi come credevo … m-mi hanno messo su un furgone … …. … >> mentre parlava gli accarezzava il palmo per tranquillizzarsi e lui rispondeva passando le dita sulle sue guance morbide, << … … Urlavo, ma n-nessuno mi sentiva … un uomo grosso si è l-levato il passamontagna e mi ha dato un c-colpo in testa con la pistola. P-poi non ricordo b-bene, ho solo qualche flash. F-forse c’erano altre persone con me … non so … >> la sua voce era flebile e spenta. << Non aver paura. Adesso è tutto finito. Siamo insieme >>. << C’erano altre persone? >> chiese lei allarmata.
Carlos indugiò un attimo. Non voleva farla preoccupare. C’erano state molte vittime, ma non voleva farglielo sapere. Era sicuro però che prima o poi lo avrebbe domandato. << Si. Delle ragazze. Hanno rapito anche loro … >> << Perché? >> << … Volevano vendervi al migliore offerente … fare chissà che! Ma non importa, li hanno arrestati e sono sicuro che arresteranno anche chi era disposto a comprare. C’erano molte carte in quel posto, qualche cosa deve esserci pur scritto! >>. << Come fai a saperlo? Ci sei entrato? >>. Lui non voleva proprio rispondere. Le avrebbe messo paura per niente, ma il suo sguardo dolce e preoccupato lo convinse a parlare. << Si … dovevo trovarti … … >> << Ma quelli erano armati!! >> disse facendo per alzarsi. Lui la abbracciò forte impedendole ogni movimento.
<< Non mi importa … l’importante adesso è che ti ho trovata e che stai bene. Ti senti bene, vero? >>. Lei sorrise imbarazzata per tante attenzioni. << Si, sto molto meglio adesso >> rispose abbracciandolo. Era sorpresa di quello che aveva fatto per trovarla. Aveva rischiato la vita per lei. Ma un dubbio atroce le salì alla mente. << N-non hai fatto altre sciocchezze, vero? >>. Lui rimase immobile, con il mento sopra i suoi capelli. Sciocchezza? A che si riferiva per sciocchezza? Forse il fatto che aveva insistito per vedere i morti all’obitorio oppure che impazziva e diventava violento ogni volta che qualcosa non gli andava bene. Non poteva mentirle. Lo conosceva troppo bene, l’avrebbe capito subito.
<< N-no …cioè f-forse … ma che importa!! >> << Carlos! >> lei sciolse appena l’abbraccio e lo guardò severa. << Ok, ok si … probabilmente qualche pazzia l’ho fatta, ma adesso non ne parliamo. Quando ti riprenderai ti racconterò tutto quello che ho fatto >> lei stava per aggiungere qualcosa, ma quello la bloccò. << Non ero solo, non ho fatto niente di troppo folle. James, Kendall e Logan sono stati con me e mi hanno aiutato tanto. Non mi lasciavano solo un secondo. Nemmeno per andare in bagno! >> la fece ridere. Sollevato rimise il mento sulla sua testa e chiuse gli occhi. Rimasero tutta la notte abbracciati. Senza aggiungere altro. Carlos crollò addormentato molte volte, ma si risvegliava subito. Doveva controllare se fosse entrato qualcuno o se la sua piccola avesse avuto bisogno di qualcosa. Alexa invece non dormì molto, sentiva che aveva già dormito abbastanza. Ebbe tutto il tempo per pensare. Si chiese dove fossero gli altri, chi sapesse cosa era successo, perché nessuno era entrato per le ragazze che aveva alla sua sinistra, mentre Carlos sì. Ma soprattutto si domandò che giorno fosse, le sembrava di essere uscita di casa il giorno prima. Con la mente pensò sia alle cose importanti che alle cose stupide. Le mancava tutto quello che aveva lasciato. Voleva tornare a casa, riabbracciare le sue piccole, mettersi nel letto con il suo fidanzato, passeggiare, correre, ridere di gusto, forte senza paura di svegliare qualcuno.
Un rumore li fece sussultare entrambi. Si erano addormentati alla fine, abbracciati, uno contro l’altra. Un’infermiera robusta era entrata e li guardava male. << Lei non può stare qui!! >> disse puntando un dito su Carlos. << L’orario delle visite è solo fra un’ora! Esca FUORI!! >> cominciò ad urlare infischiandosi delle due ragazze che ormai li guardavano divertiti. << No, no mi ascolti un momento … >> provò a parlare il ragazzo. << Fuori! Fuori!! Questo è un reparto femminile!!! Solo le donne possono vigilare sulle parenti!!! Ma in questo contesto non è possibile nemmeno per loro!! almeno fino a domani! >> disse prendendolo per il braccio e trascinandolo fuori. Quello non potendo ribellarsi mandò un bacio alla sua ragazza, che rideva con le lacrime, e si lasciò trasportare alla porta. Appena fu fuori la donna gli chiuse la porta in faccia. Nel corridoio c’erano alcuni infermieri che lo guardavano confusi.
Sentendosi un po’ soffocare dagli sguardi indagatori, corse al piano inferiore cercando i ragazzi. La notte aveva pensato molto a loro; chissà se erano tornati a casa. Si fermò davanti alla porta chiusa della stanzetta in cui li aveva visti l’ultima volta. Bussò, ma nessuno gli rispose, così aprì appena la porta e si affacciò. Non c’era nessuno. Le sedie erano abbandonate, come la sera prima, intorno al lettino su cui stava una coperta stropicciata. Avendo la certezza che ormai fossero tornati a casa si allontanò pensando a cosa potesse fare. Non voleva uscire dall’ospedale, ma nello stesso tempo non voleva stare solo.
Distratto com’era andò a sbattere contro una ragazza. << Ancora tu! Allora è un vizio!! >> era l’infermiera che era stata tanto gentile con loro. << Oh scusa non ti avevo vista >> si scusò imbarazzato. << Com’è andata? La tua ragazza sta bene? >> chiese lei apprensiva. Solo in quel momento si accorse che Jenny aveva delle occhiaie molto profonde. << Si, sta bene adesso. Ma tu non hai ancora finito il tuo turno? >> << Purtroppo no … questa sera straordinari >> disse con un sorriso stanco. << Sei andato a trovare i tuoi amici? >> si informò. << N-no, ma non sono andati via? >> << Certo che no! Hanno voluto aspettarti. Non c’era bisogno che rimanessero tutti e tre, ma hanno insistito >>, << Come sta Logan? >> chiese in pensiero. << Credo stia molto meglio stamattina. Un paio di giorni o tre settimane massimo e tornerà come nuovo. Ha bisogno solo di stare un po’ tranquillo >> lui sorrise sollevato. << Se li cerchi sono alla mensa >> << grazie tante >>. Salutò con la mano e si diresse nel posto indicato.
Avvicinandosi alla porta sentì un brusio enorme. In effetti scoprì che c'erano tante persone e guardando l’ora capì. Era tempo di colazione. La mensa assomigliava molto a quella dei suoi studi oppure anche a quella di una scuola, la differenza era che si presentava bianca e lucente, poi la maggior parte delle persone che ci stavano portavano un camice bianco. Alcuni erano pazienti, altri semplici visitatori e la minoranza medici con un bicchierino di caffè in mano, pronti a ripartire. Fece scorrere lo sguardo tra i banchi. In poco tempo scorse tre figure conosciute sedute intorno ad un tavolo spoglio. Si avvicinò loro in fretta. << Ragazzi!! >> li salutò guardandoli. Quelli lo accolsero calorosamente con delle pacche sulla spalla. Avevano tutti e tre una bibita. Si concentrò subito su Logan, ma teneva lo sguardo sul bicchierone di cartone, troppo occupato ad esaminarlo per prestare attenzione a lui.
<< Purtroppo mi hanno scoperto e cacciato via a calci! >> disse provocando a tutti una risata. Si sedette tra loro. << Come sta Alexa? >> chiese Logan sorprendendolo. << Molto meglio. Sembra quasi che non sia successo niente! >>. A quell’ultima frase il moro si irrigidì. << Se vorrai dopo andremo a trovarla tutti insieme >> propose. << Quando inizia l’orario delle visite? >> chiese James impaziente. Carlos guardò l’orologio, << Tra una mezz’oretta >>.
Cominciarono a chiacchierare. I tre volevano sapere cosa aveva fatto il latino entrando nel capannone e dopo nella stanza della ragazza. Lui raccontò tutto loro, soffermandosi su ciò che gli aveva rivelato Alexa. Loro rimasero senza fiato quando confessò che un uomo gli stava per sparare in piena fronte. Ne era uscito per un pelo!
Ad un tratto si sentì un forte rumore. Un vassoio rosso era scivolato dalle mani di un addetto alle pulizie. Chi era intorno a lui si mosse ad aiutarlo. Non era successo niente di ché, ma un minuscolo neonato tra le braccia della madre, sentendo il botto, era scoppiato a piangere. Il chiacchiericcio generale ricominciò immediatamente. Logan sorrise teneramente.
<< Scusatemi >> disse alzandosi. << Dove vai?! >> domandò Kendall allarmato. << State tranquilli! Mi allontano solo un attimo. Appena sarà l’ora di andare da Alexa vi raggiungerò. Ci vediamo davanti la sua stanza! >> e si allontanò. I ragazzi non nascosero la loro preoccupazione. È vero che sembrava stare meglio, ma c’era il dubbio che fosse diventato imprevedibile anche lui. Comunque lo lasciarono andare.




Salve e benvenuti. Vi rubo solo un attimino cari lettori. Innanzi tutto vorrei ringraziare di cuore chi si è speso per leggere e seguire questa storia. Grazie infinite a chi mi ha lasciato il grande piacere di una recensione. Come potete vedere stiamo quasi per arrivare alla fine; mancano all'incirca 3 capitoli. Ci terrei tanto se tu, gentile persona di passaggio, lasciassi un commentino, se non vuoi ... beh non importa, la vita per te andrà comunque avanti ahahah.
Auguro a tutti quanti la migliore fortuna e una vita più bella, gioiosa e semplice possibile.

 

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Capitolo 13
*** 13 ***


Aspettarono tutta la mezz’ora alla mensa. Carlos ne approfittò per prendere un caffè ristretto. Si sentiva esausto. Quando fu il momento si alzarono, andarono a buttare i bicchieri delle bibite e si diressero sul posto. Carlos faceva strada, sembrava un giovane generale che mostra la via di ritorno al suo esercito, allegro per la vittoria appena ottenuta. Si ritrovarono a chiedersi come Logan avesse potuto trovare la strada giusta. Beh … avrebbe chiesto indicazioni.
Arrivarono davanti alla porta. Il corridoio era strapieno di rumori e gente eccitata. Si respirava un’aria di febbricitante entusiasmo.
Il ragazzo ancora non era lì così decisero di aspettare qualche minuto. Fortunatamente arrivò correndo subito dopo di loro. << Scusate! Non avevo visto l’ora! >> disse sorridendo e respirando affannosamente. Sembrava tranquillo, stranamente rilassato rispetto a pochi minuti prima. Carlos spalancò la porta impaziente e li invitò ad entrare per primi. Appena l’ultimo, ovvero Logan, gli passò accanto sentì uno strano odore. Un profumo speciale che aveva sentito pochissime volte. Uno di quelli che ti rimane impresso nella memoria per sempre. Per quanto si sforzasse non riusciva a ricordare dove l’avesse già sentito, ma si arrese quasi subito ed entrò con un sorriso raggiante.
Appena Alexa li vide tutti quanti cominciò a battere le mani contenta. Costrinse ognuno di loro ad abbracciarla e li contagiò nella sua risata gioiosa. Non erano gli unici nella stanza. Intorno ai letti delle due ragazze c’erano molte persone, di ogni età. Il cicalio divenne quasi insopportabile. Tutti avevano qualcosa da dire. Accanto ai letti c’erano dei vassoi con la colazione, però tutte e tre non l’avevano quasi toccata.
Alexa, dopo l’entusiasmo generale, non volle sentire scuse e pretese che le venisse raccontata ogni cosa. Carlos cominciò a parlare per primo, seguito poi da tutti gli altri. Comunque provarono a tralasciare le cose più spaventose o macabre. Lei ascoltò con tanta attenzione, ma appena sentì che il suo ragazzo aveva cominciato ad avere attacchi di rabbia e nervosismo per causa sua, o che stava per morire molte volte o ancora che aveva insistito per poter vedere dei cadaveri con il solo scopo di trovarla, non riuscì a resistere e, tenendo Carlos incollato a se, cominciò a piangere. Capì però il motivo per cui lui aveva dei tagli sulle nocche e Logan un grosso livido che stava cominciando a schiarirsi. Nel giro di due ore il brusio nella stanza e nel corridoio non cessò minimamente. Molti cominciarono ad avere mal di testa, ma nessuno aveva l’intenzione di andare via. Le ragazze sembrarono riprendersi molto bene.
L’ora di pranzo arrivò e gli infermieri portarono vassoi con cibi abbondanti portando via quelli della colazione. Alexa però si rifiutò di mangiare, così come le altre due. Su preghiera dei ragazzi assaggiò solo un boccone e si bagnò appena le labbra con l’acqua. Non aveva nemmeno voglia di bere. L’infermiera spiegò paziente che loro non avevano mangiato per molti giorni e i rapitori, per farle sopravvivere, le avevano nutrite attraverso la flebo strapiena di droga, per questa ragione loro non avevano nessuna voglia di mangiare. Carlos, nonostante fosse solo un po’ dispiaciuto, avendo paura per lei che avrebbe potuto cominciare a rifiutare sempre il cibo, moltiplicò la sua tristezza e si dimostrò estremamente afflitto. Cominciò a girare per la stanza a testa bassa lanciando alla fidanzata soltanto qualche sguardo depresso. Era un bravo attore. Lei ci cascò completamente e si fece forza per mangiare sentendosi responsabile dello stato d’animo del ragazzo. Rimasero lì tanto tempo. Non si spostarono nemmeno un attimo, persino all’ora di pranzo soltanto uno di loro uscì a comprare qualcosa e portò tutto agli altri. Furono fortunati perché, anche quando l’ora a disposizione per le visite fu conclusa i parenti insistettero e ottennero dai medici, troppo stanchi per discutere, altro tempo.
Era ormai sera, la stanza quasi vuota. Era il momento di andare, ma quelli non si muovevano aspettando che un’infermiera passasse per dirgli di andare via. Carlos stava seduto accanto al letto e accarezzava la mano della ragazza sorridendo mentre lei raccontava qualcosa di divertente ai tre. Immediatamente gli venne un dubbio spaventoso. << A-Alexa … ? >> la chiamò impallidendo. Lei si accorse subito del cambiamento. << Cosa c’è? >> chiese premurosa. << Q-quando ti ho trovata avevi addosso s-soltanto la maglietta e la biancheria intima …. >> la avvertì arrossendo sia per la rabbia che per l’imbarazzo. << T-ti ricordi se p-per caso qualcuno ha … … >>, << NO! N-non credo … >> disse impallidendo anche lei. I ragazzi si guardarono tra loro spaventati. << Non lo so … ma spero non sia successo … >> continuò lei. Rimasero qualche minuto in silenzio. La ragazza cercava in tutti i modi di ricordare, ma niente. Li interruppe qualcuno che entrava. Credendo fosse l’infermiera di turno, si alzarono, ma si sorpresero di vedere invece il poliziotto che li aveva affiancati in quei giorni. Era sudato e affannato.
<< Finalmente vi ho trovato! >> disse sospirando. << Sapeste quanto vi ho cercati!! In ogni stanza che entravo mi facevano domande, mi ringraziavano, mi invitavano a restare … uff … uno strazio >> . Afferrò una sedia e si sedette tra loro cercando di riprendere fiato. << Volevo informarvi di quello che è successo quando siete andati via … oh, buona sera signorina … >> si rivolse ad Alexa togliendosi il cappello in un gesto di galanteria. Lei arrossì compiaciuta. << … Allora … li abbiamo arrestati e interrogati, il processo sarà la settimana prossima, ma non hanno alcuna speranza di cavarsela. Abbiamo arrestato anche altri soci che non erano là, e tutti quelli immischiati, compresi gli uomini che avevano commissionato i rapimenti o pagato per avere le ragazze. Stiamo indagando ancora per cercare di prenderne di più. Abbiamo fatto un grande colpo e tutto solo grazie a voi … >>, << Come grazie a loro? >> chiese la ragazza con un sorriso confuso.
<< Spiegherò meglio…. Il suo rapimento, signorina, è avvenuto senza nessuna premeditazione. Quelli, probabilmente sono passati, l’hanno vista sola e ne hanno approfittato. Naturalmente non potevano fare un lavoro pulito. Hanno lasciato la borsa e il cellulare. Non hanno avuto il tempo di buttare tutto o di controllare che non ci fossero impronte … sono stati questi ragazzi a trovare i sui effetti personali e ci hanno aiutato nelle indagini. Si sta scatenando un effetto domino pazzesco! Con l’arresto di tutti questi sono stati coinvolti anche pezzi grossi e alcuni tra i grandi trafficanti! >> li informò eccitato.
Senza nessun preavviso entrò l’infermiera che, appena li vide, li fulminò con lo sguardo. << Le pazienti hanno bisogno di riposo >> li informò. << Non si preoccupi, ci penso io. Il tempo di riferire qualche formalità a questi ragazzi e usciremo >> la tranquillizzò il poliziotto. Lei fece per andare via, ma Carlos la fermò. << Aspetti! Volevo chiederle… le ragazze, hanno subito violenze? >> a quella domanda il silenzio calò nella stanza. Lei si apprestò a rispondere, << All’inizio credevamo di si, viste le loro condizioni, ma dopo un esame accurato posso accertare che non c’è stato nessun abuso >>.
Carlos si sentì estremamente sollevato. A tutti i presenti era spuntato un bellissimo sorriso. Appena la donna chiuse la porta quello continuò. << Vi stavo dicendo … ah già! Il processo, come vi ho riferito, sarà la settimana prossima e c’è bisogno di tutte le testimonianze. Naturalmente non sarà necessario che veniate o si creerà un gran macello. Uno di questi giorni passerò io o un mio collega che interrogherà tutti. Sarà meglio evitare però la parte della storia in cui uno di voi entra nel capannone sotto la mira di proiettili. Sapete a chi mi riferisco, vero Carlos? >> l’interpellato arrossì e tutti scoppiarono a ridere. << Sarà meglio andare adesso, non vorremo far stancare queste povere donzelle >> disse passando lo guardo in ogni letto, ma le altre due dormivano profondamente. Alexa chiamò tutti intorno a se e salutò ognuno con un abbraccio e un bacio sulla guancia, ma quando fu il momento di Carlos le si sedette accanto. << Va beh… noi ti aspettiamo fuori! >> lo informò Kendall spingendo gli altri, compreso l’agente, fuori dalla porta.

Il latino le prese le mani e inchiodò lo sguardo sui suoi occhi nocciola. << Mi mancherai … >> le confessò. << Dai è solo per una notte! E poi sarai stanco! Stasera, finalmente avrai dei sogni tranquilli >>, << No fino a quando non sarai nel letto accanto a me! >> disse sorridendo. Lei lo abbracciò << Saluta Sasha e Sidney da parte mia >> sussurrò all’orecchio lasciandogli un bacio sulla mandibola. << Tranquilla. E tu aspettami! >> << Non è che ho altre possibilità >>.
<< Credo che domani sarà una giornata faticosa, forse verranno a trovarti le tue sorelle, erano così preoccupate! >> << Domani si vedrà, adesso vai >> e lo spinse via. << Mi stai cacciando? >> domandò sorridendo. << Proprio così! >> rispose mettendosi a ridere. Lui fingendo di essere arrabbiato e di volersi vendicare, cominciò a farle il solletico, ma dovette smettere quasi subito. Stavano facendo troppo rumore.
<< A domani >> disse lei dandogli un bacio sulle labbra. << A domani >> ripeté lui rispondendo al bacio. Controvoglia si alzò dal letto e uscì, non prima di averla salutata un’ultima volta. Forse era troppo premuroso, ma ad Alexa non dispiaceva, quindi perché no? Uscendo trovò gli amici ad aspettarlo. Il poliziotto invece era andato via. Il clima era diverso rispetto a quando erano entrati. Tutto sembrava calmo e sonnacchioso. Si diressero all’uscita molto lentamente, osservando tutto ciò che si muoveva intorno a loro. finalmente furono davanti alla macchina. Questa volta si mise alla guida Kendall. Il viaggio di ritorno fu abbastanza calmo. Nel vialetto di casa stavano ancora le macchine dei ragazzi.
Nonostante fossero solo le undici e mezza, tutti erano a pezzi. << Rimanete qui stasera? >> propose Carlos versando in una ciotola enorme dell’acqua. << L’idea non mi dispiace … sono così stanco >> disse James sbadigliando mentre aiutava il latino versando dei croccantini in un’altra ciotola mentre Fox gli saltava addosso. << Ok, allora rimarrò anch’io >> acconsentì Kendall. << Logan? >> lo chiamò il biondo non sentendolo intervenire. Lui sembrò rifletterci un attimo, << Va bene >>. << Perfetto! Ma guai a voi se vi mettete nel divano! Scegliete una stanza, tanto sono tutte pronte per necessità >>. Così andarono a letto stanchi, ma soddisfatti.



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Capitolo 14
*** 14 ***


Vorrei dedicare questo capitolo a crazy lion che sta vivendo un periodo difficile. So che non è abbastanza, ma spero che in un modo o nell'altro tu mi possa sentire vicina.


Le settimane si accavallavano veloci. Alexa si riprendeva in fretta e Carlos la andava a trovare tutti i giorni, restando accanto a lei molte ore al giorno.
La ragazza ricevette moltissime visite da familiari e amici, anche quelli che vivevano lontano. Erano stati tutti in pensiero per lei.

In ospedale non c’era molto da fare, così, nelle ore più noiose, i due si ingegnavano per fare qualcosa. Facevano disperare le infermiere, oppure correvano per i corridoi di nascosto o ancora, andavano al reparto bambini per giocare con i piccoli malati.
Come gli era stato detto, un giorno dei tanti, arrivò un poliziotto che volle sapere per filo e per segno ogni particolare della spaventosa avventura. Fu difficile rivivere ancora tutto quanto, ma riuscirono a informarlo di ogni particolare senza troppi problemi.
A poco a poco le stanze si svuotavano, il corridoio diventava più silenzioso. Alexa era impaziente di tornare a casa, ma doveva avere pazienza, i medici volevano tenerla sotto osservazione ancora per un po’. Un mercoledì, mentre lei faceva la penultima visita, Carlos gironzolava per il reparto.
Si ritrovò a sbirciare in una stanza in cui un uomo stava in piedi a guardare una ragazza che dormiva. Sembrava che lei stesse tanto male, perché aveva molti tubi e tubicini attaccati alle braccia e una maschera la aiutava a respirare. Il latino, vedendo che dentro la stanza non c’erano sedie, corse in quella accanto e ne prese una per poi dirigersi accanto a quell’uomo.
<< Ti vuoi sedere? >> Disse premuroso mettendola vicino a lui. << Oh, ti ringrazio >> disse lo sconosciuto guardandolo. Aveva una barbetta incolta ed enormi occhiaie. << È da molto che è qui? >> chiese il latino, riferendosi alla ragazza, osservandolo e aspettando che si sedesse. << Da un po’, sì >> rispose lui mettendosi il palmo negli occhi e sospirando stancamente. Rimasero in silenzio per un po’, poi quello aggiunse. << Ha avuto un attacco di cuore mentre veniva trasportata in ospedale. I medici dicono di aspettare, poi si vedrà >>. Carlos deglutì rumorosamente. << È tutta colpa di quegli schifosi che l’hanno riempita di sostanze >> mormorò stringendo i pugni.
Il latino abbassò lo sguardo e non poté non guardargli le mani serrate. Aveva un anello, sembrava una fede. Gli si strinse il cuore nel petto. << L-lei è … ? >> << Uh? Sì, è mia moglie >> rispose quello guardandosi il dito con l’anello d’orato. << È successo un giorno come tanti. Lei era uscita per andare a trovare suo fratello. Avevo una strana sensazione, per questo non sono riuscito a lavorare bene. Anche se avevamo denunciato l’uomo che spesso si appostava davanti casa nostra, non ero tranquillo. Non sapevamo chi fosse, ma ora…. >> quello sospirò ancora.
<< Mi dispiace … >>, << Anche tu sei qui per il mio stesso motivo? >> << Sì, per la mia ragazza >>, << Spero stia bene >> << Sì, adesso sì >>. Si fermò a guardare quella ragazza. Era molto bella; aveva delle mani sottili e bianchissime con unghie pulite e ben curate. Il viso era rilassato, sembrava dormisse. I bellissimi capelli color rame le incorniciavano il volto. Il latino si risvegliò quando si ricordò di Alexa. Controllò l’orologio. Era già uscita dalla visita. Non voleva abbandonare quell’uomo e lasciarlo aspettare in solitudine, ma la sua piccola aveva bisogno di lui.
Si girò a guardarlo. << Pregherò per lei >> disse risoluto. Quello si girò a guardarlo abbastanza sorpreso. << Grazie >>. Così si allontanò da lui.
Incontrò Alexa davanti alla porta della sua stanza. << Dov’eri? >> gli chiese sollevata. << Da nessuna parte >> rispose vago abbracciandola. Ripensandoci era stato molto fortunato a non averla persa.

L’ultima visita arrivò e si concluse abbastanza bene. Il giorno stesso Alexa sarebbe stata dimessa. Avevano preparato tutte le valigie, dovevano attraversare per l’ultima volta i corridoi luminosi. A casa la ragazza avrebbe trovato una grandiosa festa a sorpresa. Carlos era impaziente.
Il latino era indaffarato a portare le valigie in macchina, mentre la sua ragazza lo stava aspettando in camera dove un medico le stava dando alcuni avvertimenti. Quando le borse furono caricate, lui si apprestò a raggiungere la ragazza per avvertirla che potevano andare. Mentre passava per l’ingresso però fu attirato da qualcosa. Il suo sguardo si posò su una donna che cullava dolcemente il suo piccolo neonato che, a sua volta, piangeva con foga. Quella scena gli ricordò la prima mattina che aveva passato in ospedale ed era andato a cercare i suoi amici in mensa. Senza alcuna ragione precisa si ritrovò a seguire la donna. Quella lo condusse direttamente nell’area pediatrica. C’erano un sacco di bambini appena nati. Tutti erano adagiati in cullette di ferro rivestite da lenzuola colorate. Per sicurezza questi stavano in una stanzetta protetta da un vetro grazie al quale i passanti potevano vederli, ma non toccarli. Rimase qualche secondo a guardarli. Erano così piccini. Avevano tutti le guance rosee e, probabilmente, la pelle morbidissima. La maggior parte non aveva molti capelli, di alcuni non si vedeva perché erano biondi, mentre i rimanenti avevano un ciuffetto folto in testa.
Mentre li guardava estasiato fu attirato da qualcosa. Un odore o meglio un profumo. Uno di quelli speciali che ha un fascino nascosto, difficile da descrivere, ma meraviglioso da assaporare. Un odore indimenticabile.
Quando la porta fu aperta da un’infermiera che portava un bambino fra le braccia lo risentì con più insistenza. Era indubbiamente l’odore dei neonati e lui lo sapeva, ma c’era un’altra cosa che lo tormentava; era sicurissimo di averlo già sentito in quei giorni. Gli sembrava impossibile, ma doveva essere per forza … … … … … ma certo!!
Come aveva fatto a non ricordarsene prima! Logan! Era lo stesso identico odore che aveva sentito su Logan quando gli era passato accanto la prima mattina in cui avevano rivisto Alexa!
Sorrise. Con la mano salutò quei piccoli cuccioli e si allontanò non smettendo di sorridere.

Pochi giorni dopo il ritorno di Alexa i Big Time Rush si misero d’accordo per andare in ospedale ad incontrare i piccoli fan. Prima di girare per tutte le stanze però volevano andare a salutare la bambina speciale che avevano incontrato durante la brutta avventura e a cui avevano promesso di venire a trovare. Chiesero agli infermieri, poi ai medici, ai responsabili del reparto, agli altri bambini, persino agli addetti alle pulizie, ma niente. Non conclusero assolutamente niente. Tutti quanti gli confermarono che non esisteva nessuna bambina con quella descrizione che fosse stata ricoverata. Nonostante indagarono molto, senza tralasciare nessun dettaglio, non riuscirono mai a scoprire chi fosse e l’immagine di quella deliziosa bambina rimase nel mistero.











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Capitolo 15
*** 15 ***




Un uomo correva in una fitta foresta. Aveva un coltello in mano e lacerava ogni pianta che gli ostacolasse la corsa. Faceva così di fretta per un motivo preciso. Stava inseguendo una ragazza. Stava inseguendo Alexa.
Quella cercava di sfuggirgli disperata, ma le piante e le spine le graffiavano le gambe. A volte si girava per guardarlo. Voleva vedergli il viso. Doveva provare a riconoscerlo. Che cosa gli aveva fatto? Perché la stava spaventando tanto?
La visuale però non era delle migliori, sia per la vegetazione che per il buio, era quasi l’alba e non si vedeva niente.
Non faceva altro che ruzzolare tra il fogliame, nonostante cercasse di evitarlo. Era troppo lenta. Quello la stava raggiungendo. Provò ad urlare, ma nonostante avesse spalancato la bocca non uscì nemmeno un gemito. Forse era dovuto al fatto che fosse senza fiato. Corse, corse sempre più veloce. Ogni sforzo però era inutile. Le sembrava che non avanzasse di un solo passo. Quello nel frattempo la stava raggiungendo. Rideva. Una risata roca e spaventosa. Ce l’aveva quasi fatta. Ma non era ancora finita.
Lei, vedendolo vicino, era riuscita a velocizzare ancora quella fuga disperata. Forse c’era una via d’uscita. Vedeva una luce. C’era una strada alla fine della foresta?
Un suono si insinuò nelle sue orecchie dandole forza. Era una voce e chiamava il suo nome. Ne riconobbe immediatamente il timbro. Era di Carlos.

Si apprestò a raggiungere il limitare della foresta. Sentiva che una volta arrivata dove voleva, quell’uomo non potesse farle più niente. Mancava pochissimo ormai. Non si preoccupò nemmeno di controllare dove fosse arrivato quello. Appena superò l’ultimo albero si fermò di colpo. Dei sassolini che aveva spinto mentre frenava, con le scarpe impolverate, caddero nel buio.
Davanti a lei c’era un enorme fossato che sembrava circondare tutta la foresta. La risata di quell’uomo ruppe il silenzio venutosi a creare. Alexa si girò, ma non riuscì a vederlo. Forse si stava nascondendo, oppure non l’aveva ancora raggiunta. Non sapendo cos’altro fare, si buttò tra la polvere e appoggiò la schiena ad un vecchio albero. Alcune piante la circondavano e ciò la rendeva poco visibile, ma sapeva che non era al sicuro. Intanto la voce del suo ragazzo persisteva, nonostante diventasse sempre più flebile.
Il rumore dei passi di quello, che schiacciava senza ritegno le foglie secche sotto i suoi stivaloni, le fece capire che fosse vicino. Questa volta Carlos non l’avrebbe salvata. Si erano spinti troppo oltre. Era tardi.
Serrò gli occhi e cercò di non respirare per non produrre alcun suono, ma il cuore la tradiva. Batteva così forte che sembrava un grosso martello dentro il torace desideroso di vedere la luce del sole.
Una figura le si stagliò davanti di colpo. Era enorme, ma nonostante provasse a vedere il viso non ci riusciva. C’era un bagliore, dietro a quello, che gli oscurava il volto. Lo sconosciuto le afferrò un lembo della maglietta e infilzò il coltello attraverso così ché andò a conficcarsi nel terreno. Nonostante lei provasse a dimenarsi era tutto inutile. Le piante, che fino a poco prima l’avevano protetta, adesso la stavano imprigionando, impedendole qualsiasi movimento, e quello gli stava bloccando le gambe.
Con la coda nell’occhio lo vide prendere un fazzoletto e bagnarlo di un liquido trasparente e di cattivo odore. Poi glielo ficcò sulle labbra coprendole naso e bocca. Provò a toglierselo di dosso. Era troppo forte.
<< Alexa! ALEXA!! >>. Forse Carlos stava per trovarla. Doveva riuscire a rivelargli la sua posizione. L’aria dentro i polmoni però stava cominciando a scarseggiare e più si muoveva, più diminuiva. La vista si annebbiava. Tutto si faceva più ovattato. La risata dell’uomo. La puzza di quello strano liquido. Il caldo. La polvere. Una sola cosa stava aumentando di intensità: << Alexa! >>.

Aprì gli occhi. Si scosto immediatamente dalla cosa morbida che la stava soffocando. Era un cuscino. Si guardò intorno. Si trovava nella sua stanza, sola, nel letto che condivideva con il suo ragazzo. Le lenzuola erano attorcigliate in gambe e braccia. Le scosto immediatamente.
<< Alexa >> la voce di Carlos rimbombò nella stanza. Era appena entrato. Quando la vide in quello stato, ovvero con i capelli scompigliati, sudata e le guance rosee, le corse accanto e si sedette con lei. << Un altro incubo? >> chiese accarezzandole una guancia. Lei annuì.
Erano quasi quattro mesi ormai che andavano avanti in questo modo. Alexa era presa da continue visioni e tremendi incubi che la scombussolavano, a volte anche per ore intere. Non conosceva la causa di tutto ciò, visto che non ricordava quasi per niente la brutta avventura in cui si era andata a cacciare. Il latino continuava a proporle di farsi vedere da un bravo psicologo, ma lei lo liquidava sempre dicendo che sarebbe riuscita ad uscirne anche da sola.
Si può dire però che fosse migliorata rispetto a tre mesi prima. Allora ogni cosa la faceva balzare in aria e appena vedeva un’ombra correva nella sua stanza. Per qualche settimana non aveva potuto sopportare sguardi troppo insistenti. Si rifiutava sempre di uscire, ma se ne era costretta pretendeva di essere accompagnata. Carlos cercava di accomodarle ogni richiesta e piano piano la aiutava a superare tutti quei traumi usando piccoli trucchetti che aveva escogitato lui stesso, ma che naturalmente non potevano andare in porto senza il supporto della ragazza.
Per esempio le aveva vietato di scappare via casomai avesse visto qualcosa di spaventoso. Le aveva dato invece un piccolo fischietto dicendole di usarlo ogni qualvolta qualcosa non andava bene. Così, appena sentiva il suono correva da lei ad abbracciarla per farla sentire al sicuro. Lei non si separava mai dal piccolo fischietto. Il giorno il cui il ragazzo trovò lo strumento incustodito sul tavolo capì che Alexa stava cominciando a fare grandi passi avanti.
Adesso invece era solo affetta da rari episodi di brutti incubi oppure fugaci visioni che sapeva gestire a sangue freddo. Nonostante questo Carlos non smetteva di essere eccessivamente premuroso verso di lei. Anche lui aveva incubi, di tanto in tanto. Quella brutta faccenda aveva segnato pure lui. Proprio come la fidanzata, fingeva di stare bene e evitava di parlarne, ma qualche volta i brutti sogni lo spaventavano troppo ed era costretto a sfogarsi con qualcuno.
Naturalmente tutto ciò valeva ugualmente per il povero Logan. Non faceva altro che avere incubi e si comportava in modo molto strano. Una sera, all’incirca verso l’una di notte, era corso a casa di Carlos. Lui gli aveva aperto trovandolo sudato, ansimante e con gli occhi rossi. Il suo aspetto gli aveva fatto paura. Il ragazzo, invece di spiegare perché si trovasse lì a quell’ora, era entrato in casa senza dire una parola e, dopo aver individuato Alexa, che lo guardava incuriosita dal divano, se ne era ritornato fuori nello stesso modo silenzioso. Era quasi inquietante. Se Carlos non lo conosceva così bene, quasi come un fratello, avrebbe chiamato la polizia. Fortunatamente anche per lui il peggio era passato, era migliorato e adesso viveva tranquillo.
Alexa si alzò dal letto e si mise davanti alla finestra. C’era un bel sole, gli uccellini cinguettavano tranquilli. In giardino c’erano i cani che giocavano a rincorrersi, avevano entrambi la lingua a penzoloni. Pensò che era una delle poche volte in cui lei si svegliava subito dopo il suo ragazzo, di solito era il contrario poiché lui era molto pigro e amava stare a letto per ore.
Mentre osservava il panorama vide un’ombra vagare per il giardino. Quella figura scura apparteneva ad un uomo che assomigliava proprio colui che aveva sognato. Era così sinistro e spaventoso, li stava spiando? No, stava avendo un’altra visione. Per contrastarla si mise i palmi sulle palpebre e inspirò profondamente. Lui, vedendola, si avvicino e la avvolse in un abbraccio da dietro. Cominciò a cullarla lentamente e le lasciò leggeri baci tra i capelli. Lei aspettò qualche secondo per poi girarsi e cingerlo a sua volta. << Passato? >> le chiese allontanandosi appena per osservarle il volto scuro. Lei inspirò ancora, << Sì >> disse mostrando un sorriso sollevato. Il latino le lasciò un veloce bacio all’angolo della bocca e sciolse l’abbraccio allontanandosi per sistemare il letto disfatto.
<< Sai chi c’è di sotto? >> domandò lui sorridendo mentre stirava il lenzuolo. << Chi c’è? >> chiese impaziente Alexa lanciandosi nel materasso. Lui si arrese decidendo di sistemare tutto più tardi, così si mise sopra di lei, attento a non farle male e continuò, << Tuo padre >> sussurrò accarezzandole il viso con i polpastrelli. << Dici davvero?!? >> disse incredula mostrandogli un sorriso enorme. << Ma doveva venire la settimana prossima!! >> continuò ridendo. << Si, è vero, ma ha detto che non vedeva l’ora. È venuto prima perché vuole rimanere di più >> la informò mentre le dava leggeri baci vicino le labbra rosse. << Non è meglio? Così possiamo dirgli quella cosa prima del previsto >> le disse tra un bacio e l’altro.
<< Sì!! Il matrimonio! >>, << Ssshhhh!! Potrebbe sentirti, non rovinargli la sorpresa! >> la ammonì alzandosi per permetterle di darsi una sistemata veloce. << E non è solo! C’è tua sorella Makenzie, anche lei dice che vuole rimanere qui per un po’ >>, << Fantastico!! >> esultò eccitata infilandosi una maglietta azzurra. << Spero che non gli abbia rivelato niente però >>, continuò lei, << No, non preoccuparti, sembrava ancora ignaro di tutto >> disse lui ridendo mentre la osservava pettinarsi velocemente.
<< Per fortuna! Lei non sta mai zitta, credo non sappia tenere un segreto. È così felice per la storia della damigella, quando glielo abbiamo detto non faceva altro che dirmi “ Però voglio truccarti io. Posso aiutarti a scegliere il vestito? Avete già scelto il posto?”, uff >> si finse già stanca, ma non riuscì a nascondere un grande sorriso. << Sarà una cosa semplice, no? >> << Si Alexa, proprio come avevamo deciso. È meglio così >> << Già, ora andiamo! >>.
Con le mani unite e le dita intrecciate si diressero di sotto. Carlos aveva un po’ di difficoltà a parlare con quell’uomo visto che sapeva, quasi esclusivamente, lo spagnolo e lui conosceva appena quella lingua, ma con Alexa tutto era più semplice. Non vedeva l’ora di sposarla e lei era impaziente a sua volta. Non pensavano alle difficoltà che avrebbero dovuto affrontare, a cosa avrebbero dovuto fare. Si amavano e questo era l’importante. Finalmente il loro amore sarebbe stato riconosciuto, sia dallo stato che dalla chiesa, e entrambi avrebbero costruito una nuova famiglia, insieme.

Fine






















Angolo dell'autrice: Beh eccoci qui! Alla fine sono riuscita a terminare! ( con sollievo di molti eheh)
In realtà avrei dovuto già concludere con il capitolo precedente, ma grazie a crazy lion, ho deciso di inserire un nuovo capitolo!
Grazie a chi ha seguito la storia, a chi recensito e chi semplicemente letto di sfuggita. Grazie a tutti.
Per chi invece non ama il genere "azione" in futuro, non molto prossimo, pubblicherò un'altra creazione diciamo un po' più romantica ( ho capito che preferite questo genere).
Non volglio annoiarvi oltre. Spero di avrevi intrattenuto, divertito o semplicemente distratto un pochino. 
Grazie ancora. Alla prossima!!




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