Immortal

di notacommonwriter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Steve ***
Capitolo 2: *** Contact ***
Capitolo 3: *** To love ***
Capitolo 4: *** Death ***
Capitolo 5: *** Feelings ***



Capitolo 1
*** Steve ***


Martedì 10 Aprile 2012, New York
Le festività pasquali, per le quali gli esseri umani si erano affannati a partire da mesi prima del loro inizio, si erano concluse il giorno precedente e Diana si sentiva del tutto indifferente alla cosa, come per la maggior parte dei fatti riguardanti le vicende umane. Aveva vissuto cinquemila anni senza mai interessarsi realmente al mondo lontano dalla sua isola, vivendo nella tranquillità del medioevo in cui le amazzoni erano confinate e l’unico essere umano che era mai stato in grado di suscitare in lei sentimenti positivi, oltre ad essere stato il primo da lei conosciuto, ora riposava nella terra sotto ai suoi piedi. La primavera era vicina, eppure a New York faceva ancora un freddo cane e se non fosse stato per Steve, lei avrebbe maledetto la sua decisione di allontanarsi dalla sua calda e confortevole abitazione per andare lì. Andava da lui ogni domenica ma, stavolta, aveva dovuto rimandare la visita, a causa dell’affollamento della città nei giorni precedenti. Ad ogni visita gli portava un mazzo di fiori freschi e lo aggiornava sugli ultimi eventi, convinta, a modo suo, che lui potesse stare ad ascoltarla.
Si chinò sulle ginocchia, stirandosi i jeans attillati e depositò i fiori al posto di quelli secchi che aveva appena gettato nell’immondizia. Si avvicinò alla lapide, l’immagine di Steve, bello e splendente nella sua uniforme, sembrava osservarla con affetto. Increspò le labbra e schioccò un bacio leggero sulla sua figura, poi le distese in un sorriso malinconico. Le mancava tremendamente e le era mancato allo stesso modo tutti i giorni in quasi cento anni. Nessuno avrebbe mai colmato quel vuoto e lei avrebbe passato l’eternità a piangere l’unico grande amore della sua vita immortale. Poggiò la fronte contro il marmo bianco e gelido della lapide, una lacrima solitaria le rigò il volto dai lineamenti affilati e si spense sul suo mento, poi mormorò qualcosa a voce bassa, sussurrando, come se avesse avuto paura che qualcuno avesse potuto sentirla.
-Qui va tutto bene, la Terra è in pace, compresa la mia isola. Mi manchi tanto, Amore mio-La voce le si spezzò e dovette combattere contro se stessa per non scoppiare a piangere. Si rialzò lentamente, lasciando una carezza alla foto che ritraeva Steve e si asciugò le poche lacrime con il dorso della mano.
Erano quasi cento anni che gli ripeteva quelle parole, sempre uguali, sempre rotte dalla commozione. Si era convinta di disprezzare gli esseri umani, ma in realtà aveva solo paura di avvicinarsi a loro. Da quando combatteva al loro servizio, viveva come loro e fra loro camminava, aveva imparato quanto fossero delle creature meravigliosamente complesse, eppure fragilissime. Erano fragili sia psicologicamente, vista la loro attitudine a farsi sottomettere dal male, sia fisicamente. Avevano corpi cento volte più vulnerabili del suo, vite mille volte più brevi, eppure erano capaci di provocare in lei sentimenti che le erano sconosciuti per ogni altro essere. Steve era stato questo, il più meraviglioso e fragile degli esseri umani, l’amore che le era stato strappato dal suo stesso eroismo. Aveva ottenuto la pace per il genere umano, ma l’aveva pagata a caro prezzo. Accanto al nome “Steve Trevor” non vi erano onorificenze di nessun tipo. Lui era stato l’eroe della Grande Guerra, ma la sua posizione di semplice spia non aveva fatto altro che renderlo un anonimo soldato, qualcuno di sconosciuto alla storia. Per questo Diana odiava quello Stato, odiava chiunque ne fosse a capo e la loro nauseabonda freddezza. Le serviva ricordare l’amore per Steve ogni volta che il mondo civilizzato le chiedeva di combattere per lui.
Restò a guardare la lapide qualche altro secondo, poi gli mandò un bacio con la mano, si voltò e andò via. Salì in macchina e si avviò verso il suo appartamento in centro. Non abitava più a Themyscira, ci tornava occasionalmente per controllarne l’andazzo. Dopo la morte di Steve aveva scelto di restare fra gli uomini, perché anche solo l’idea di stare lontana da ciò che rimaneva di lui, la uccideva. Ormai quell’uomo era diventato la sua ancora nel mondo civilizzato. Scese dall’auto e si avviò verso il suo appartamento. Si gettò sul divano, togliendosi gli stivaletti di pelle e notò la spia rossa del cordless sul tavolino da caffè, segno che ci fossero chiamate perse. Controllò il cellulare, l’aveva lasciato a casa, ed anche quest’ultimo era intasato di chiamate. Un solo mittente: Nick Fury.
 
Mercoledì 11 Aprile 2012, Halicarrier S.H.I.E.L.D, New York
Scese dall’auto con una lieve smorfia, infastidita dal vento che le scompigliava i capelli bruni. Ricambiò il saluto di Fury, che le veniva incontro e si strinse nel cappotto di panno, infreddolita.
-La principessa delle amazzoni patisce il clima di New York?-Fury borbottò una risata, sapeva di dover essere amabile con lei, essendo spaventato dalla possibilità che Diana gli voltasse le spalle.
-Cento anni nel vostro mondo mi hanno ammorbidita-Rispose con un sorriso, stringendo la mano a quella che era una delle più importanti teste pensanti dello S.H.I.E.L.D.
I soldati intorno a lei si prostrarono improvvisamente ai suoi lati, quasi intimoriti all’idea di alzare il capo e lei rimase spiazzata e divertita allo stesso tempo.
-Vi sembra che porti la corona e lo scettro? Alzatevi, mi mettete in imbarazzo-Borbottò, sarcastica, enfatizzando il tutto con un gesto della mano.
-La principessa non ama le cerimonie…-Mormorò Nick, riferendosi ai suoi uomini.
-Poche chiacchiere, Fury. Mi parli del progetto Avangers, so che è per questo che mi ha fatto venire qui-Andò dritta al nocciolo della questione, infastidita dalla finta gentilezza di quell’uomo.
-Da cosa l’ha dedotto, di preciso?-Chiese, con un sorrisino tirato.
-E’ stata un’intuizione finché non ho visto il signor Stark e la Vedova Nera parlare amabilmente, proprio lì-Indicò con il dito un gruppetto di persone poco distanti, che guardavano di sottecchi nella sua direzione.
-Intuitiva come sempre-Osservò Fury, voltandosi e facendole strada verso di loro.
Da quando era arrivata si era sentita due occhi in particolare addosso, che erano anche gli unici che la guardavano apertamente, senza nascondere la loro curiosità. Erano di un azzurro glaciale ed appartenevano ad un ragazzo alto e palestrato, capelli biondo cenere tagliati a spazzola ed una pungente aria d’altri tempi. La squadravano senza malizia e dalla loro espressione quel ragazzo doveva starsi chiedendo se quella fosse davvero la Diana Prince di cui gli avevano parlato. Erano belli, azzurri e puliti ed il volto del ragazzo aveva l’aria di appartenere ad una persona infinitamente giusta e gentile.
-Signori, Diana Prince. Per chi già non la conoscesse, e stento a crederci, lei è Wonder Woman-La introdusse Fury.
-Diana-La salutò la Vedova Nera, con un sorriso leggero.
-Natasha-Ricambiò lei, portandosi le mani infreddolite nelle tasche. Per guardarla doveva abbassare lo sguardo, vista la sua notevole altezza rispetto alla Romanoff.
-La più meravigliosa delle creature non civilizzate è apparsa a noi questa mattina, che grande onore!-Tony Stark le baciò la mano, con un ghigno irritante e la sua solita aria da play boy, inefficace su Diana-Come sempre porta divinamente i suoi appena cinquemila anni, i miei più sentiti complimenti!-Terminò e Diana scosse il capo, come a volersi calmare, in modo da non farsi prendere dalla foga e fare del male a quel ridicolo essere umano.
-La sua gentilezza mi commuove sempre, Dottor Stark-Sibilò, con un sorriso costretto sul viso e lui si ritirò con un gesto scenico della mano, facendo spazio a quello che aveva l’aria di essere un altro cervellone.
-Così lei è Wonder Woman…Piacere di conoscerla, Bruce Banner-Lo scienziato le si presentò cordialmente. Diana lo squadrò impercettibilmente qualche secondo, aveva già sentito quel nome da qualche parte e ci mise poco a ricollegarlo a qualcosa.
-E lei dev’essere l’Hulk di cui mi hanno tanto parlato. Il piacere è mio-Rispose, stringendogli la mano.
Con la coda dell’occhio vide un omaccione alto e tutto muscoli, dall’aspetto nordico e vestito da re dei vichinghi, che le si stava avvicinando. Quell’uomo, se così si poteva definirlo, doveva avere qualcosa a che fare con il pazzo mitomane che aveva seminato scompiglio pochi giorni prima. Lei non si era mossa ed aveva lasciato fare allo S.H.I.E.L.D, che comunque la chiamava solo per i fatti davvero importanti e questo l’aveva portata a pensare a quell’evento come a qualcosa di isolato ma, evidentemente, non era stato così.
-Come sovrano di Asgard, sono onorato di fare la sua conoscenza, sua maestà-Il guerriero dalla folta chioma bionda si inginocchiò ai suoi piedi e Diana pensò con una risatina che fosse parente dei soldati che l’avevano accolta all’entrata. Non voleva essere scortese, sapeva quanto ai nobili stesse a cuore l’etichetta e così, malgrado l’imbarazzo, resse il gioco.
Ad un suo cenno, con suo sollievo, il vichingo si rialzò e tornò ad ergersi nella sua statura imponente. Diana si voltò, l’ultimo componente del gruppo mancante all’appello era il giovane uomo che non le staccava gli occhi di dosso dal suo arrivo. A guardarlo bene, sembrava stesse tentando di prevedere le sue mosse, o qualcosa del genere; aveva il classico aspetto dei militari che, dopo la trincea, confondono vita reale e battaglia e stanno sempre sull’attenti. Distese le labbra in un sorriso e gli porse una mano, tirandola fuori dalla tasca della giacca.
-Diana Prince, piacere di conoscerti-Lo salutò dandogli del tu, come avrebbe voluto che tutti facessero con lei ed il soldato sembrò gradirlo.
-Steve Rogers, il piacere è mio-Ricambiò la stretta. Le si dipinse un sorrisino soddisfatto in volto: ci avrebbe scommesso che il suo nome fosse stato proprio Steve.




Note
Salve a tutti! Ho deciso di scrivere questa cosina che mi ronzava in testa da un po'. Ovviamente per rendere il tutto sensato ho dovuto unire gli universi Marvel e DC e spero di essere stata realistica nel farlo. Ho sempre pensato che Diana e Steve potessero essere una splendida coppia e quindi vedremo come si evolveranno le cose. Spero l'idea vi piaccia e vogliate continuare a leggere la storia, inoltre sarei molto felice di ricevere recensioni, positive e non, del resto, le critiche costruttive fanno sempre bene! Al prossimo capitolo!
-L'autrice

 

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Capitolo 2
*** Contact ***


Premessa
1) Leggendo potrete notare come alcuni eventi presenti nel film siano cambiati (es. Nello scorso capitolo tutti gli Avengers si erano già riuniti prima della cattura di Loki, mentre nel film questo avviene in seguito); tutto questo è funzionale alla mia storia ed agli avvenimenti futuri, per questo l'ho modificato, ma comunque cercherò di mantenermi piuttosto in linea con la trama del film. 
2) Il carattere di Diana è leggermente più freddo e incline ad acidità e sarcasmo rispetto a quello del film, ma questo dipende dalla trama che io stessa ho steso e dagli avvenimenti che ha affrontato nel corso del tempo e l'hanno cambiata, quindi non ho segnalato la cosa nelle caretteristiche della storia, perchè la trovo abbastanza normale. Comunque fra poco la vedremo tornare lentamente alla normalità.
Scusate il capitolo di passaggio, il prossimo sarà molto più succoso. 
Buona lettura!




 
Mercoledì 11 Settembre 2012, verso Stoccolma
Il ronzio fastidioso provocato dal motore in funzione del velivolo disturbava le loro orecchie, mentre l’interno di quella scatola metallica volante era tutto un traballare e i passeggeri sul retro dovevano tenersi aggrappati alla prima cosa che gli capitava a tiro come meglio potevano. Diana teneva le braccia incrociate contro al petto, il lazzo d’oro se ne stava appollaiato intorno a quello sinistro e la spada ammazzadei le stava placidamente di fianco, come assopita. Indossava la tenuta da guerra, completa di polsini indistruttibili e tiara. Sembrava una gladiatrice pronta a scendere in arena ed in un certo senso lo era. I muscoli delle gambe erano tesi e pronti, come se stessero facendo forza contro il pavimento per sradicarlo e la principessa era immersa nei suoi pensieri. Avrebbe fatto di tutto per prendere Loki prima che potesse scatenare una guerra inutile e distruttiva.
Erano in tre. Lei, concentratissima e accigliata, quasi non respirava, per non produrre rumore, mentre Stark e Rogers si scambiavano qualche opinione a modo loro, in preda ad un lieve battibecco. I loro schiamazzi, seppur leggeri, urtavano il suo sistema nervoso e le fecero storcere la bocca nel giro di poco tempo.
-Smettetela di fare i ragazzini. Siamo in missione-Li zittì, acida e quei due sembrarono tacere per qualche istante.
-Siamo nervosette, uh?-Tony le rivolse un sorrisino sghembo, divertito dalla sua espressione.
-Non ti faccio saltare quella faccia da schiaffi solo perché siamo alleati, ma ti garantisco che mi divertirebbe parecchio…-Sbuffò, alzando lo sguardo per guardarlo con aria truce.
-Andiamo, ti sto tanto antipatico?! Sono una persona così amabile!-Esclamò, come se nulla fosse, continuando a trattenere le risate.
-Amabilissima…-Bofonchiò Steve, seduto nel sedile davanti a quello di Diana.
-A quanto pare a nessuno di voi due musi lunghi piaccio…Non tutti hanno buon gusto-Con sollievo di Diana, dopo quelle parole chiuse la bocca, anche perché arrivarono a destinazione.
Diana si voltò verso il finestrino, le luci della sera rischiaravano Stoccarda e Natasha, alla guida, cominciò a patirne il clima gelido, una volta aperto il portellone. La tuta di Rogers era resistente alle intemperie e certamente Stark non doveva avere freddo, chiuso nel suo scafandro, ma Diana era stretta in abiti abbastanza succinti, ai loro occhi e i due si chiesero come facesse a non tremare, visto il suo disappunto per il semplice freddo di quella mattina.
-L’armatura mi rende invulnerabile alle intemperie-Sembrava gli avesse letto nel pensiero e parlò così velocemente che quasi non sembrò aprisse bocca, ma si fece capire.
Steve scese per primo, arrivò in silenzio e disturbò la sottomissione in corso da parte di Loki ai danni di alcuni abitanti. Diana guardò l’asgardiano storcendo il naso, aveva sempre detestato chi abusava del suo potere e quell’infido vermiciattolo le sembrava tutt’altro che degno di governare la Terra, come tanto desiderava. Si aspettava di farla finita nel giro di pochi minuti e tornare a New York con la vittoria in tasca, così non si dimostrò molto tesa ed aspettò che arrivasse il suo momento. Stark fu il secondo a scendere, lo fece senza farsi notare immediatamente, fluttuando un po’ prima di atterrare, per non perdere l’effetto sorpresa e l’ultimo ordine fu rivolto a lei. Piombò in terra come un fulmine e si scagliò contro l’avversario. Preso a fronteggiare Rogers, l’alieno non l’aveva neppure vista né sentita arrivare. Un colpo ben assestato alla nuca con il collo del piede, gli avambracci in avanti per parare il contrattacco, il suo ginocchio premuto contro lo stomaco di Loki e lui fu a terra, in ginocchio, anche grazie alla collaborazione di Steve e del suo scudo-boomerang, come Diana l’aveva ribattezzato. Loki sembrò non arrendersi, ma proprio sul più bello Stark si fece vivo e gli puntò addosso uno degli aggeggi capaci di sparare proiettili e quant’altro contenuti nella sua armatura e Loki portò le mani avanti, quasi implorando pietà. A Diana fece parecchia pena, visto che si trattava dello stesso che qualche secondo prima faceva la voce grossa davanti a tutti e si dichiarava sovrano del pianeta.
-Sei stato una delusione, pensavo di divertirmi di più…-Biascicò, mentre lanciava il lazzo di Hestia contro di lui. Loki fece per rispondere a tono, ma la fune gli serrò il torace nel momento stesso in cui aprì bocca e così la richiuse subito.
-Bel lavoro-Sentì Rogers posargli una mano sulla spalla, mentre lei tirava per bene la fune, in modo da tenerla ben salda al corpo dell’ormai inoffensivo Loki.
-Non ho fatto niente, il più del merito è tuo-Lo disse con tono neutro, senza lasciare trasparire le emozioni, ma quel contatto amichevole le aveva fatto piacere, anche se non l’avrebbe mai ammesso. Doveva stare lontana dagli esseri umani, Steve compreso.
Risalirono sul velivolo ed una volta caricato Loki a bordo, ripartirono con lo stesso clima teso con il quale erano partiti. Si aspettavano che l’asgardiano avesse almeno la decenza di restare in silenzio, ma così non fu.
-Sei Diana Prince, non è così?-Diana voltò leggermente il capo, guardandolo con la coda dell’occhio ed un’espressione scocciata. Aveva una voce tagliente e gelida, a tratti irritante e gli occhi illuminati da un ghigno malvagio quanto affascinante.
-Indovinato-Borbottò semplicemente, lustrando la spada che teneva sulle ginocchia.
-Una semidea come te che si mette a servire gli esseri umani…Sei caduta parecchio in basso, non è così?-Diana intuì subito la sua volontà di far vacillare le sue convinzioni, ma non ce la fece a non controbattere, con il suo temperamento irruento ed irascibile.
-Io non servo nessuno e di certo sono in una posizione migliore della tua, quindi risparmia le fandonie-Sputò, velenosa, smettendo improvvisamente di lucidare l’arma millenaria, simbolo del suo potere.
-Eppure lotti per una causa che non ti appartiene. Potresti stare tranquilla con il tuo popolo ed invece non ti dai pace per difendere gli umani. Un insulso essere inferiore è davvero stato capace di farti impazzire a tal punto?-Si riferiva a Steve Trevor ed a quel punto Diana sentì di non poter più mantenere il contegno. Fu un attimo, si rizzò in piedi e la punta della sua spada si ritrovò premuta contro il collo di Loki.
-Ascolta, non so cosa sappia sul mio conto, né mi importa cosa pensi di me, ma non provare a parlare ancora di lui in quel modo o metterò per sempre fine alla tua inutile esistenza e non ci penserò due volte-Sibilò, a denti serrati e Loki ingoiò a malapena un groppo di saliva, spaventato. Annuì lievemente e Diana ritirò la spada, castigandola alla cintura.
-Non sei neppure stata in grado di proteggere il tuo Steve, come vorresti ammazzare una divinità?-Loki ghignò e Stark, visti gli occhi iniettati di sangue di Diana, si chiese se quell’omuncolo non avesse davvero paura di nulla, anche perché lui sarebbe stato terrorizzato al suo posto. Diana fece per mantenere la parola data e sgozzarlo in men che non si dica, ma le mani di Steve le serrarono i polsi e lui la tenne saldamente ferma al suo posto.
-Credi che la tua forza basti a fermarmi? Sei un essere umano, per quanto geneticamente modificato-Lo disse senza sarcasmo nella voce, fu più una precisazione, ma Steve sembrò non farci caso.
-Non so di cosa stia parlando, ma, per favore, lascialo perdere. Dobbiamo rispettare gli ordini-La guardò dritto negli occhi e Diana si sentì subito pervasa da uno strano senso di tranquillità. Si calmò, i muscoli si distesero e lasciò il piede di guerra, abbassando lo sguardo, per poi rialzarlo subito dopo.
-Hai ragione, scusami-Biascicò, scossa da quella sua inspiegabile reazione e si sedette ancora dov’era prima. Si chiese come avesse potuto Steve fargli quell’effetto per una buona decina di minuti, fissando insistentemente il pavimento del velivolo, poi il fragore dei tuoni la distolse dal pensare.
Loki sembrava avere paura, era spaventato da qualcosa.
-Cosa succede? Sei spaventato da qualche fulmine?-Bofonchiò Steve, inarcando un sopracciglio.
-Ho paura di quello che ne deriverà-Rispose Loki, restando vago.
Bastarono pochi secondi a far sì che Thor irrompesse nella cabina e si portasse via Loki, spedendo Stark contro il pavimento e lasciando Steve e Diana inermi ed increduli. Si guardarono per un attimo, velocemente, come per consultarsi sul da farsi e sembrarono chiarirsi senza neppure aver spiccicato parola. Tony fece di testa sua e si gettò all’inseguimento dei due attraverso il portellone, mentre loro si dimostrarono leggermente più controllati.
-Ti aspetto di sotto-Disse solo questo, poi Diana si buttò nel vuoto colmato solo da poche nuvole scure, mentre Steve indossava il giubbotto di salvataggio.
-Cos’ha quella donna, è indistruttibile?-Borbottò, rivolgendosi a Natasha.
-Viene dalle leggende, è praticamente una divinità-Fu la sua risposta e pronunciò parole così ufficiali con un tono quasi inappropriato.
-Esiste un dio soltanto e non credo abbia quel bel faccino…-Detto questo, con un sorriso compiaciuto in volto, la seguì a ruota, scudo inforcato e paracadute sulle spalle.
Diana era tanto bella quanto pericolosa, astuta e forte allo stesso tempo e Steve se n’era accorto. Aveva una conoscenza millenaria talmente ampia da far invidia a qualunque essere umano, un sangue freddo pauroso ed un senso del dovere e della giustizia insaziabili. Eppure era così scostante, così schiva, così fredda e per quanto volesse nasconderlo si vedeva quanto lo facesse forzatamente, di sua volontà. Sembrava che avesse paura di essere scalfita nell’unico suo punto vulnerabile, il cuore e questo faceva avere paura a Steve di scalfirla, ma anche voglia di vedere cosa ci fosse dietro a quella corazza di freddezza e serietà. Aveva un volto troppo bello per non lasciare mai che un sorriso lo illuminasse, era una delle prime cose che Steve aveva pensato di lei.
Steve aveva un aspetto e dei modi di altri tempi, tipici di quelli che erano stati gli anni della sua gioventù e questo a Diana faceva una sorta di tenerezza. Era un uomo estremamente forte, sembrava incorruttibile, eppure aveva sofferto tanto e probabilmente soffriva ancora la sua situazione. Diana poteva capire come ci si sentisse a vedere il mondo cambiare e non poter far nulla, capiva cosa significasse restare in vita mentre i propri cari muoiono e tutto questo faceva sì che si rivedesse in Steve e lo trovasse in qualche modo affascinante. Pensò che, sì, probabilmente era per questo che si sentiva così vulnerabile vicino a lui e sempre per questo, quell’uomo le metteva addosso la voglia di abbattere le sue barriere e tornare a mostrare quella sorta di dolce umanità che le era sempre appartenuta. Aveva paura, però, soffriva dell’unica paura da lei mai patita e pensava se la sarebbe portata dietro tutta la vita. Affezionarsi le faceva paura, fare amicizia, amare, vivere le faceva paura e proprio per questo Steve la terrorizzava.






{Vi prego di recensire se la storia vi piace o semplicemente siete interessati, mi farebbe un sacco piacere!}
 

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Capitolo 3
*** To love ***


Giovedì 13 Aprile 2012, Halicarrier S.H.I.E.L.D
La sala conferenze era vuota ed il grande tavolo di vetro aveva un solo seggio occupato. Diana se ne stava seduta con aria pensosa, le gambe e le braccia incrociate in un atteggiamento di diffidenza e chiusura ed i pensieri diretti alla missione che sembrava farsi sempre più intricata. Si chiedeva cosa realmente Fury stesse nascondendo loro o, meglio, se ne era già fatta un’idea e lui aveva ammesso come lo S.H.I.E.L.D avesse utilizzato il Tesseract per creare armi nucleari di distruzione di massa, ma aveva l’impressione che ci fosse di più sotto. Le sembrava assurdo e contraddittorio mettere a guardia dell’umanità una banda di sperduti come loro, ma ancora più astratto era l’affermare di voler proteggere la Terra progettando armi atte a raderla al suolo. Ancora una volta gli esseri umani si dimostravano essere bravi solo a ritorcersi contro la propria malignità e Diana perdeva fiducia in loro.
-Ti disturbo?-Si voltò di scatto e la sedia da ufficio ruotò su se stessa mentre lo faceva, era stato Steve a parlare. Era sull’uscio della porta ed aveva l’aria di chi è intento a riflettere prima di dire qualcosa di scomodo o porre domande compromettenti.
-No, entra. Stavo pensando a quello che ha detto Fury-scrollò le spalle, domandandosi cosa volesse Rogers da lei, non che la sua compagnia le dispiacesse più di tanto.
-Beh, so che forse non sono affari miei…-A Diana i discorsi che cominciavano in quel modo non piacevano, soprattutto se fatti da persone a cui sentiva di non essere in grado di mentire, come Steve-Ma siamo compagni adesso e quindi credo sia giusto conoscere i punti deboli dell’altro, perciò volevo chiederti una cosa, se per te va bene-in realtà quella era solo una scusa per saperne di più su Diana e Steve lo sapeva bene, si sentiva persino in colpa per quella bugia da nulla, ma non vedeva come altro scoprire qualcosa in più su quella donna così intrigante e misteriosa.
-Cosa vuoi sapere?-Lo chiese con gentilezza, facendo intendere di essere disposta a parlare, anche se nutriva già dei sospetti su quel che Steve stesse per chiederle.
-Quello che ha detto Loki sull’elicottero, ieri…A cosa si riferiva?-Lo chiese cercando di essere il più delicato possibile. Dopo aver visto un tipo freddo e controllato come lei perdere completamente le staffe, il giorno prima, aveva ragion di credere che ciò di cui Loki aveva parlato fosse più che semplicemente doloroso per lei.
-Siediti, Steve. E’ una storia lunga-Batté due colpetti sulla sedia vicino a lei, indicandogli dove sedersi e raccolse il coraggio necessario a raccontare tutto. Non sapeva perché volesse esporsi così tanto a quello che, in fin dei conti, era ancora un estraneo, ma sentiva di potersi fidare di lui e voleva guadagnare la sua fiducia a sua volta. Quell’essere umano la stava davvero rendendo vulnerabile.
Si mise a sedere, guardandola in attesa che aprisse bocca. Aveva un’espressione abbastanza spossata, come se ricordare le stesse provocando sforzo e dolore allo stesso tempo, le labbra carnose erano semiaperte, gli occhi neri guardavano un punto imprecisato ed i suoi lineamenti erano corrugati in una smorfia. Ingoiò un groppo di saliva, poi si decise a parlare.
-Vedi, fino a cento anni fa, non avevo mai incontrato un uomo-Steve conosceva poco della sua storia, ma abbastanza da non rimanere troppo sorpreso a quella affermazione-Vivevo su Themyscira, l’isola delle amazzoni, con mia madre e le mie sorelle ed insieme governavamo un popolo composto solo da donne. Non siamo esseri umani, ma vere e proprie divinità. Io non sono nata dalla carne come tutti voi uomini, mio padre è Zeus ed è lui che mi ha dato la vita. Tutte noi siamo state generate per il volere degli dei, non possiamo morire se non venendo uccise ed abbiamo virtù sconosciute agli esseri umani. Zeus non volle che incontrassimo la vostra razza, perché aveva paura che il vostro peccato ci sporcasse, che voi poteste ferirci e così nessuna di noi tentò mai di fuggire o allontanarsi per scoprire il mondo, convinta che fosse un posto pieno di insidie e pericoli-Mentre parlava camminava per la stanza a grandi passi, lentamente, come se stesse immaginando di posare i piedi sulle distese di erba verdissima sulle quali era cresciuta e diventata donna, millenni orsono.
-Sembra una specie di governo del terrore, non trovi?-Non voleva essere offensivo, ma trovava assurdo che un intero popolo potesse essere rimasto nell’ignoranza e nella paura a causa delle parole di una sola entità, se così poteva definire Zeus.
-Lo è, solo che mio padre l’ha fatto per il nostro bene e non per il suo. Io non sono più quella di un tempo, sono cambiata, peggiorata e conoscere gli esseri umani mi ha reso infelice, tanto infelice da desiderare la morte-Steve si bloccò, chiedendosi a cosa si riferisse nello specifico-Siete creature bellissime, per quanto fragili, affezionarsi a voi è inevitabile ed amare qualcuno la cui vita dura meno di un centennio, quando si è immortali, è ciò che di più doloroso può esserci. Non hai idea di quanti amici ho seppellito, li ho visti ammalarsi e morire mentre io rimanevo la stessa di sempre. Persino l’unico amore della mia vita è morto davanti ai miei occhi ed io ho lasciato che accadesse-Una lacrima le solcò il volto e si spense sul suo mento, poi un’altra e la sua voce si incrinò.
-Mi dispiace…-Steve le posò una mano sulla spalla, si era alzato ed ora la sua presenza si faceva sentire vicino a lei. Non immaginava che Diana avesse potuto soffrire tanto, credeva che la sua situazione fosse la peggiore possibile, ma si sbagliava.
-E’ come essere intrappolati in un circolo vizioso, per questo mio padre voleva impedirmi di venire fra voi. Sono costretta a cambiare vita ogni cento anni, è deprimente-Fra le lacrime comparve un sorriso amaro, malinconico e stanco, poi le asciugò con il dorso della mano e continuò-Loki parlava di Steve Trevor, ieri. Era il mio fidanzato-
-Steve Trevor? Ho già sentito questo nome…-Mormorò, soffermandosi a pensare dove potesse averlo sentito.
-E’ confortante sapere che qualcuno lo ricorda…-Borbottò, passandosi una mano sulla fronte-Si è fatto esplodere nel dirottare un areo ed ha salvato migliaia di vite, è stato uno degli eroi della Grande Guerra, forse il più grande. A nessuno è importato di rendergli onore, però. Di lui è rimasto solo il nome su qualche archivio sconosciuto e nient’altro e così, per me, è come se fosse morto due volte-Si risiedette, sentendo le forze mancare. Era come se quel discorso fosse stato più estenuante di un’intera guerra.
-Come l’hai saputo?-Steve azzardò quella domanda, ormai incuriosito ed allo stesso tempo impietosito da quel racconto. Non capiva perché, ma avrebbe tanto voluto poter cancellare tutta quella sofferenza dal volto di Diana, o per lo meno alleviarla. Sentiva il bisogno di proteggerla dal suo passato, di essere la sua spalla su cui piangere ed era qualcosa che non gli era mai capitato di provare.
-Come ho saputo della sua morte?-Chiese e Steve annuì-Ho alzato gli occhi al cielo ed ho visto un cumulo di polvere, fiamme e ferraglia. Ho vinto una guerra per gli altri ed ho perso quella che combattevo per me-Si alzò di scatto, cercando un presupposto per abbandonare quel luogo e quella conversazione.
-Diana-La voce di Steve fermò i suoi passi, ma lei non si voltò, piangeva troppo forte per farlo-So che quello che è mi è successo è niente in confronto a questo e forse non dovrei darti consigli, ma, per favore, non passare l’eternità ad avere paura di amare. Ti meriti di essere felice-Diede un cenno positivo col capo, poi corse via.
Essere felice…Non si era mai chiesta se fosse possibile esserlo senza Steve. Mentre camminava a grandi passi verso una meta non precisa, si chiedeva perché quel soldato, con quel nome a lei così caro, dovesse preoccuparsi tanto per lei. In altre circostanze avrebbe diffidato, l’avrebbe preso per qualcuno che agiva in modo da accaparrarsi la sua fiducia, ma Rogers non era così, ne era istintivamente sicura. Le sue parole gentili le facevano sempre un effetto più che bizzarro, sembrava quasi che riuscisse a convincerla delle verità che teneva da sempre nascoste dentro di se. Pareva che Steve le leggesse nel cuore e la mettesse difronte alla realtà e cioè che lei non era né cattiva, né la fredda menefreghista che voleva sembrare. Diana era troppo umana per essere una creatura superiore, era questa l’unica verità, suo pregio e condanna. Aveva un animo buono, troppo buono per non essere scalfita dalla crudeltà che regna nel mondo degli uomini e per questo aveva dovuto farsi da scudo con la freddezza ed il suo essere scostante. Non amava per non essere ferita, non rideva per non piangere e non viveva per non morire. Steve l’aveva capito solo ascoltando le sue parole, quanto fragile eppure forte fosse quella donna. Le serviva qualcuno che la spronasse ad essere più che una semplice guerriera, più che una principessa, più che una semidea, più che Wonder Woman. Lei era prima di tutto Diana Prince e Steve glielo avrebbe ricordato a tutti i costi.





Angolo autrice
Salve :) Questo capitolo è un po' l'inizio vero e proprio dell'avvicinamento fra Steve e Diana e quindi io sono fomentatissima all'idea di pubblicarlo! *urla come una pazza isterica, quale è* Vi prego di farmi sapere che ne pensate con una recensione, inoltre voglio ringraziare quelle tre o quattro persone che stanno seguendo la storia, perché per me è molto importante sapere che siete interessati a quello che scrivo. Ci vediamo al prossimo capitolo, bacini
-L'autrice

 

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Capitolo 4
*** Death ***


Giovedì 13 Aprile 2012, Halicarrier S.H.I.E.L.D
Corse a perdifiato, tanto veloce da sfiorare il suo limite, molto più di quanto un essere umano avrebbe mai potuto sperare di fare e poi si fermò di scatto, impietrita. I muscoli tesi delle gambe lunghe si rilassarono di colpo, lo scudo le cadde dalle mani e cozzò contro il pavimento con un suono metallico assordante e sentì gli occhi riempirsi di lacrime salate. Ingoiò un groppo di saliva e si guardò velocemente intorno. La gabbia di vetro inizialmente destinata ad Hulk e che aveva ospitato Loki fino a poco prima, era sparita, probabilmente abbandonata a terra dal protocollo di sicurezza e i segni di diverse colluttazioni sporcavano l’intera stanza. Lui era a destra, seduto contro il muro, lo sguardo vuoto e le labbra macchiate dello stesso sangue che si era seccato sulla sua camicia, nel punto in cui era un evidente colpo provocato da un’arma da taglio. Gli si avvicinò arrancando, un po’ per la vista offuscata dalle lacrime ed un po’ per lo sgomento. Piegò le ginocchia e si accovacciò davanti a Phil, gli mise una mano sulla spalla e lo chiamò, ma i suoi occhi restarono fissi a guardare il vuoto. Lo scosse più forte e lo chiamò ancora, sempre più ad alta voce, fino a strillare, poi dovette arrendersi all’evidenza: Phil non poteva più sentirla. Fu allora che dopo la tristezza venne la rabbia.
-No!-Lo gridò quasi senza fiato, la voce strozzata dalle lacrime, mentre colpiva il pavimento con un pugno e poi un altro.
Non sapeva con chi avrebbe dovuto essere arrabbiata. Forse era morto per mano di Loki o per uno di quelli che era caduto sotto il suo gioco, ma ormai non c’era più e la consapevolezza che Phil fosse morto le pesava addosso come un macigno. Quell’uomo onesto e dedito alla sua professione era uno dei pochi che lei aveva sempre completamente rispettato, l’unico che era mai stato degno di stima ed affetto da parte sua nello S.H.I.E.L.D.
-Eri l’unico a cui volevo bene, Phil-Lo singhiozzò con la fronte vicina a quella del corpo dell’agente, le lacrime scendevano copiose e le bagnavano il viso ed il collo e sentiva il corpo scosso dai tremiti.
-Diana…Cosa succede?-Sussultò leggermente e si voltò, alzandosi, il volto distrutto dal dolore e dalle lacrime.
-Phil…Lui è…-Farfugliò, fra i singhiozzi, senza riuscire a terminare la frase.
Steve le andò incontro e fece una cosa del tutto inaspettata, che la spiazzò completamente. La abbracciò, cinse le sue spalle con le braccia e fece sì che tenesse il capo contro il suo petto, accarezzandole la schiena. I capelli di Diana profumavano di fresco e mentre la stringeva, cominciava a percepire come il suo tremito si calmava gradualmente. Diana in un primo momento era stata indecisa sul da farsi, se scostarsi o meno, ma poi si era abbandonata a quel contatto inaspettato e dolce, troppo amareggiata per dimostrarsi scostante. Voleva stare fra le braccia di Steve e non le costò molto abbandonarsi completamente contro al suo petto, senza capire realmente il perché di quello strano desiderio.
-Mi dispiace…Era un brav’uomo…-Mormorò Steve, come se avesse avuto paura di dire la cosa sbagliata.
-Era l’unico di cui mi fidavo qui…Io…-Un altro singhiozzò le tolse le parole di bocca e Steve la strinse più forte, baciandole la tempia, coperta dai riccioli bruni. Le labbra di Steve lasciarono una scia infuocata sul punto in cui si erano posate, Diana avvertì un sussulto ed un forte senso di tepore misto ad imbarazzo. Cosa stava facendo? Perché gli lasciava fare tutto questo senza volersi opporre? Non riusciva a spiegarsi il perché, ma avrebbe voluto che quel momento non fosse mai finito.
-Lo so...Lo so…-Sussurrò quelle parole con dolcezza, convinto che consolarla non sarebbe servito a nulla. Pensandoci, era la prima volta che Diana si mostrava tanto umana davanti a lui, la prima volta che si metteva a nudo.





Angolino autrice
Sono tornata e comincio con lo scusarmi per l'assenza, ma il computer due settimane fa ha pensato bene di provare a consegnare le targhe, ho dovuto spedirlo in assistenza e tutti noi sappiamo quanto durino i tempi di riparazione in assistenza *facepalm*...Il capitolo è piuttosto corto, me ne rendo conto, ma ho dovuto tagliarlo perché devo aggiungere i prossimi eventi nel successivo necessariamente e comunque il capitolo 5 dovrebbe venir fuori abbastanza lungo! Come sempre sarei felicissima di ricevere le vostre recensioni. Baci!
-L'autrice

 

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Capitolo 5
*** Feelings ***


Giovedì 13 Aprile 2012, ore 11.00, Manhattan/New York City
Combattevano da almeno un paio d’ore e lei sentiva la vista cominciare ad annebbiarsi. In quei momenti malediceva i suoi sensi che, più sviluppati della norma, amplificavano il suo dolore e la percezione che aveva di ciò che stava accadendo; ogni bossolo cadente, ogni freccia scagliata ed il rumore di ognuno dei proiettili che faceva fischiare l’aria si riversava nelle sue orecchie. La spalla destra era squarciata da una ferita piuttosto profonda, nel punto in cui una delle lance di quegli esseri disgustosi richiamati da Loki si era conficcata. Era stata lei stessa a strapparla via, nonostante fosse penetrata in profondità e l’aveva fatto con l’espressione noncurante di chi schiaccia un insetto. Sembrava che non percepisse il dolore, in realtà aveva solo imparato ad ignorarlo, sia che fosse fisico, sia che fosse psicologico. Prese una boccata d’aria e si mise in piedi, sembrava che il caos intorno a lei si fosse calmato, così fece scorrere lo sguardo più lontano, in cerca di una richiesta d’aiuto. Strabuzzò gli occhi, ormai Stark era vicinissimo al buco nero che mangiava l’azzurro del cielo su New York e la fine di tutto era vicina. A sinistra nulla, a destra Steve. Non se ne era neppure accorto, intento com’era a sbaragliare gli avversari, che un altro di loro stesse per colpirlo alle spalle. Diana non seppe spiegare neppure a se stessa perché, ma in quel momento fu pervasa dalla paura e piuttosto che restarne pietrificata, si diede lo slancio con le gambe e percorse una decina di metri nella frazione di un secondo. Portò in avanti lo scudo che sua madre le aveva donato ed il colpo cozzò sul freddo ed indistruttibile metallo. Sfoderò la spada e nel giro di un attimo il chitauro che aveva davanti fu un cumulo di brandelli. Rinfoderò la spada con il cuore che batteva ancora a mille, aveva la bocca semiaperta e gli occhi serrati, mentre il petto si alzava ed abbassava in maniera irregolare. Non era stato quell’avversario da nulla a spaventarla, né la possibilità che potesse avere avuto la meglio su di lei, ma a quanto pare il sole pensiero che Steve avesse potuto restare ferito le aveva procurato lo stesso colpo al cuore che aveva sentito quando Trevor si era allontanato su quell’aereo maledetto. Si era trattato solo di un chitauro, solo di un colpo alle spalle, si ripeteva e non riusciva a schiodare gli occhi aperti in un’espressione spaventata dal suolo. Perché aveva reagito in quel modo? Perché il solo penare che sarebbe potuto accadere qualcosa di male a Rogers l’aveva fatta tremare? Perché sentiva il sollievo alleviare il peso che portava nel petto, sapendolo salvo? Che si stesse affezionando ad un essere umano ancora una volta? I pensieri le affollavano la mente, era ancora scossa dalla sua reazione ed aveva ancora paura, ma stavolta erano le risposte che sapeva di dover dare alle sue domande che la terrorizzavano. Non poteva davvero provare affetto per un altro uomo, sarebbe stato tradire la memoria di Steve e condannare se stessa ad atroci sofferenze, prima o poi. Forse, però, era troppo tardi per tornare indietro.
-Diana…Ehi, Diana!-Si voltò di scatto, la mano di Steve le scuoteva lievemente la spalla. Si era accorto della sua espressione e non ne capiva il motivo, anche perché l’amazzone sembrava quasi in trans.
-Io…Tu…Stai bene?-Farfugliò, ingoiando un groppo di saliva e portando i suoi occhi neri verso quelli azzurri di Steve.
-Beh, grazie a te, sì. E’ tutto a posto?-Le sorrise, aveva un’espressione stanca ed intenerita allo stesso tempo, per un motivo che però tenne per se.
-Sì…Va tutto bene-Sembrò tornare improvvisamente in se. Mostrò un sorriso tirato, costretto dalle circostanze, poi scostò gentilmente la mano dalla sua spalla e tornò sui suoi passi. Fuggiva ancora, fuggiva come il giorno prima nella sala conferenze e come aveva fatto qualche ora prima, sciogliendo il loro abbraccio. Steve si chiese se il suo voler distruggere le sue barriere non stesse distruggendo la stessa Diana. Forse era colpa sua, forse l’alone di sofferenza che le inumidiva le iridi nere era causato dal suo spasmodico desiderio di avvicinarsi a lei. Forse sbagliava a volersi legare a qualcuno il cui cuore era e sempre sarebbe stato occupato dalla memoria di un altro. Però non riusciva ad allontanarsi del tutto da lei, il pensiero che stesse agendo nel modo sbagliato e che non ci fosse nulla da fare non bastava a distoglierlo dal suo volersi avvicinare, dal suo desiderio di scoprire come fosse vedere Diana felice, anche solo per qualche istante. Erano passati quasi settant’anni dall’ultima volta in cui si era sentito così forzatamente legato a qualcuno e forse in quel momento realizzò davvero quanto Diana fosse riuscita ad entrare nei suoi pensieri in così poco tempo ed a fermarcisi in maniera indelebile. Gli venne voglia di correrle dietro, ma non lo fece. C’era una guerra ancora da vincere.

Giovedì 13 Aprile 2012, ore 17.30, Sede dello S.H.I.E.L.D./New York
Si sedette stancamente sul divano in pelle scura in fondo alla stanza. Avevano appena salvato il mondo e tutto ciò che era stato concesso loro erano state poche ore di riposo ed il tempo per rifocillarsi e fare una doccia. Ad una semidea non serviva poi molto per rimettersi in sesto, ma si chiese se la componente umana della squadra fosse fresca come lo era lei, mentre osservava il parcheggio mastodontico fuori dall’edificio, guardando attraverso i finestroni alla sua destra. Le immagini della battaglia le tornavano in mente come fotografie ed in particolare quella sensazione di paura mista a senso di colpa si ripresentava ad occupare i suoi pensieri. Aveva passato le ultime ore a rigirarsi fra le coperte e cercare di convincersi di non provare nulla di concreto per l’uomo che avrebbe rivisto nel giro di pochi minuti, senza però ottenere nulla. In cinquemila anni Diana aveva avuto il tempo necessario a stare da sola con se stessa, conoscersi e capirsi meglio di chiunque altro ed era dunque difficile per lei auto-ingannarsi. Ormai si era fatta mente capace della cosa: provava qualcosa di appena nato eppure tutt’altro che lieve per quello Steve Rogers ed anche se la cosa non le piaceva, doveva accettarla. Si sentiva irrequieta e spaventata, dopotutto era molto tempo che non si legava sentimentalmente ad un umano e soprattutto provava un grave senso di colpa. Quei sentimenti che le avevano dato un po’ di serenità dopo quasi cento anni, non facevano altro che macchiare la memoria di Steve Trevor ed infangare l’amore reciproco che avevano provato anni orsono. Serrò la mascella, passandosi una mano sul volto. Non sapeva cosa fare, cosa pensare o cosa dire ai suoi pensieri per metterli a tacere e la cosa la destabilizzava. In genere era solita trovare la soluzione ad ogni problema nel minor tempo possibile e calmare i suoi bollori, ma Steve doveva proprio mandare su di giri i suoi circuiti.
-Dimmi che non sono in ritardo…-Una risatina sarcastica e le parole pronunciate da una voce fin troppo familiare le fecero alzare lo sguardo.
-Steve…-Borbottò, indecisa sul da farsi. Non era psicologicamente pronta a ritrovarselo davanti in così poco tempo, soprattutto dopo aver passato ore a tormentarsi per colpa sua.
Rogers la guardò un attimo. Vederla in abiti normali gli faceva quasi uno strano effetto, nonostante fosse di gran lunga più attraente che in armatura e con il sangue che le macchiava la pelle abbronzata. La camicia bianca che portava sbottonata per metà lo tentò a tal punto che i suoi occhi rischiarono di cadere nella sua scollatura, ma, nonostante questo, risollevò lo sguardo, mantenendo il contegno, anche se leggermente pentito e con il viso lievemente arrossato dall’imbarazzo. Diana lo guardava con la preoccupazione di restare da sola con lui e non notò nemmeno la sua espressione compiaciuta nel guardarla, anche se non ci sarebbe voluto un genio per notare quanto quei due fossero attratti l’uno dall’altro. Steve diede un colpo di tosse, per stemperare quell’atmosfera colma del silenzio di chi non sa che dire e si sedette vicino a lei con finta nonchalance.
-Credo che gli altri stiano per—Diana fece per mormorare qualcosa e mettere fine a quell’asfissiante silenzio, ma fu bloccata dalla domanda inaspettate che le fece Steve.
-Cosa hai intenzione di fare ora?-Lo chiese velocemente, come se avesse avuto paura di pentirsi di quel che stava per chiedere. Diana fu presa alla sprovvista da quella domanda, si aspettava che lui le dicesse tutto fuorché una cosa del genere, quindi dovette pensare un po’ a cosa rispondergli. Non aveva ancora preso una decisione definitiva e lo fece proprio in quel momento, per rispondere a quella semplice domanda.
-Tornerò a Themyscira dalla mia gente e ci resterò finché non avrete ancora bisogno di me-Lo disse con una convinzione che non le apparteneva. Non voleva tornare indietro, non voleva abbandonare il mondo degli uomini, la tomba di Steve e quello che la manteneva saldamente legata agli esseri umani, ma credeva che abbandonare per qualche tempo quell’ambiente le avrebbe permesso di dimenticarsi dei suoi sentimenti inappropriati nei confronti di Rogers e quindi di evitare di tradire la memoria di Steve e mettere in pericolo quel che rimaneva del suo cuore. Avrebbe voluto restare lì e cercare di vivere i sentimenti che le avevano dato serenità dopo quasi cento anni di distacco e tristezza, ma il suo senso del dovere e la sua paura di inciampare stavano decidendo per lei e la portavano alla decisione a lungo andare meno dolorosa.
-Perché?-Si era rabbuiato improvvisamente, lui che sperava di poter avere una chance per far sì che loro due diventassero per lo meno amici, ora che tutto si era concluso nel migliore dei modi e la pace era tornata a regnare sul pianeta.
-Semplicemente perché non c’è motivo per cui resti qui. Io non ho nulla a che vedere con voi-Tagliò corto, guardando altrove per non incrociare lo sguardo perplesso ed inquisitore di Steve. Sapeva che se si fosse voltata e l’avrebbe guardato lui si sarebbe accorto che stava mentendo, soprattutto perché la sua espressione amareggiata ed il tono con cui aveva pronunciato quelle parole non coincidevano affatto.
-Io invece credo che tu non voglia avere niente a che fare con noi-Si lasciò scappare, arrabbiato dall’ostinazione dell’amazzone. Si ostinava a fuggire, come se fosse stato possibile per lei passare l’eternità a vivere come un’eremita nella più totale solitudine. Diana era così forte ed autorevole che a Steve sembrava quasi impossibile vederla così spaventata alla sola possibilità di soffrire in futuro; aveva talmente paura di quel che sarebbe potuto accadere nel giro di cento anni, da non voler vivere le gioie che il presente avrebbe potuto offrirle e questo mandava Steve su tutte le furie.
-Come, scusa?-Si voltò di scatto, interdetta e leggermente infastidita da quelle parole. Le dava fastidio pensare che qualcuno fosse stato capace di capirla e sbatterle in faccia la verità che si ostinava a nascondere.
-Gli esseri umani ti fanno così paura da voler fuggire a tutti i costi? Perché ti neghi il diritto di essere felice?!-Non lo fece intenzionalmente, ma alzò leggermente il tono della voce nel porre quella domanda. Era arrabbiato, gli faceva rabbia l’idea di dover perdere Diana per i suoi assurdi timori. Voleva che lei restasse lì dov’era, vicino a lui ed a ciò che avrebbe potuto renderla felice-Io non conoscevo Steve, ma se davvero ti amava, sono sicuro che sarebbe felice se tu restassi qui. Anche se non vuoi ammetterlo, tu sei buona, Diana e meriti la felicità. Perciò, resta qui, non andare…-Pronunciò le ultime parole in un sussurro, temendo di ferirla facendo altrimenti e lei lo guardò con l’espressione di chi è appena stato colpito ed affondato.
Come aveva potuto quell’essere umano capire così tanto di lei in così poco tempo? In fondo si conoscevano solo da pochi giorni e quel breve periodo sembrava essergli bastato per capire molto più del dovuto su di lei. Era tutto vero, anche il fatto che a Steve avrebbe fatto solo piacere se lei avesse provato a rifarsi una vita, anche se lei non avrebbe mai voluto ammetterlo. La verità era che lei aveva paura, l’unica ragione per la quale stava tentando di scappare era la paura di restare ferita, che la bloccava ed attanagliava da quando il suo sguardo e quello di Steve si erano incrociati per la prima volta, pochi giorni prima. Fece per aprire bocca, ma le parole non le uscirono e dovette ingoiarle in silenzio, poi accadde. Non ci riflesse su, né lo programmò, successe e basta. Si sporse leggermente verso di lui, gli prese il volto con la mano sinistra e le sue labbra si posarono dolcemente su quelle di Steve. Lui non si mosse, sorpreso da quel contatto improvviso che durò pochi secondi, eppure fu così intenso.
-Sei troppo buono per essere umano…-Lo mormorò velocemente, poi si alzò, il volto trafelato ed una mano a coprirle la bocca e si avviò verso l’uscita di fretta, consapevole di non poter restare altro tempo vicino a quell’uomo. Lui la rendeva troppo vulnerabile.




Angolo autrice
Non ho molto da dire, se non che spero il capitolo vi sia piaciuto e che, ovviamente, la storia non finisce qui. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate del comportamento di Diana con una recensione o un messaggio privato, perchè sto avendo seriamente paura di starla rendendo melensa e mi servono conferme xD Per finire, vorrei ringraziare chi è arrivato fin qui, sta seguendo la storia e/o la recensisce/recensirà. Baci,
-L'autrice

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