Il principe d'ambra

di Lelusc
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Persecuzione ***
Capitolo 2: *** Domande ***
Capitolo 3: *** Pensieri sovrapposti ***
Capitolo 4: *** L'oggetto nella roccia ***
Capitolo 5: *** La salvezza? ***
Capitolo 6: *** Incredulità ***
Capitolo 7: *** Lui... ***
Capitolo 8: *** Imprevisto ***
Capitolo 9: *** Questione di scelte ***
Capitolo 10: *** Verità ***
Capitolo 11: *** Amore? ***
Capitolo 12: *** Emanuele ***
Capitolo 13: *** Missione amicizia ***
Capitolo 14: *** La paura e il dolore ***
Capitolo 15: *** Cose da sistemare ***
Capitolo 16: *** In un solo giorno ***
Capitolo 17: *** In un solo giorno - parte 2 ***



Capitolo 1
*** Persecuzione ***


“Ciao Gemi, ci vediamo domani!”

“Sì, a domani Oscar”

“ciao tesoooro, baci, baci”mi canta Steve con voce in falsetto

“ma perché non ti affoghi col whisky?”Chiedo, poi apro la porta ed esco dal locale.

Mi chiudo subito il cappotto con la zip e alzo il bavero per coprirmi il collo dal freddo pungente della sera, infilo le mani in tasca e mi dirigo verso la mia auto parcheggiata.

Sono pronta a salire, ma proprio quando sto per aprire lo sportello sento un gemito e in lontananza. Nella zona verde che circonda il locale, nonostante l’oscurità, noto qualcosa ammucchiato ai piedi di un albero.

Mi avvicino alla persona guardandomi intorno e noto che sono completamente sola, cosa che mi rende insicura, però ad un secondo gemito dell’uomo, non posso ignorarlo e lo raggiungo.

“Sta bene?”Chiedo preoccupata e un po’ intimorita.

Allungo una mano, ma prima di poter toccare l’uomo, davanti a me appaiono due occhi color ambra che mi fissano.

Ritraggo immediatamente la mano con il cuore in gola per la paura e corro alla macchina.

 Entro, metto in moto e in un attimo sfreccio via lisciando di poco il muretto che circonda il parcheggio.

Guido lungo la strada male illuminata e circondata da piante scure e minacciose, o almeno sembrano così ai miei occhi con la sola luce dei fari ad illuminarmi il cammino.

Cerco di calmarmi dallo spavento.
Non mi piace sentirmi in questo modo, così faccio un grande respiro e inchiodo gli occhi sulla strada, peccato che tutto ciò non mi distrae dal ricordare quegli occhi.


Quella visione secondo me è cominciata da quel giorno.

Quando avevo sei anni, mio padre, un archeologo di fama mondiale, fu informato da alcuni suoi colleghi, che in Romania, in un terreno ai piedi dei Carpazi, avevano trovato dei reperti archeologici.
Figuriamoci la gioia, una scoperta simile avrebbe fatto parlare a lungo e diventare famosi gli archeologi che avrebbero portato alla luce i reperti, così mio padre partì con me alla volta della Romania per raggiungere quei tizi, anche se i motivi che lo muovevano erano più nobili di quelli degli altri.

Non appena arrivammo, sui Carpazi non potevi mettere neanche un piede e terra, era pieno di buche e archeologi che lavoravano, tanto che lui e alcuni suoi colleghi finirono per cercare nel folto dei Carpazi, stando attenti al terreno circostante, ed io naturalmente ero con lui.

Ed è lì che successe tutto. Durante gli scavi cominciò a piovere a dirotto, l’acqua era così fitta da non permetterci di vedere niente e molti colleghi di papà si persero.

Mi ricordo tutto come se fosse ieri. Io ero in braccio a papà perché ero stanca di camminare per cercare un qualsiasi riparo temporaneo, eravamo stanchi e infreddoliti ed era quasi giunto l’imbrunire, quando per caso
notammo una villa con un grande giardino circondato da un alto cancello di ferro battuto.


Il cancello era aperto e nonostante non fosse educato, vista la situazione mio padre entrò, salì i tre scalini che portavano all’ampio e imponente e bussò.

Non potevamo fare altrimenti. Ricordo anche che quando ci aprirono, mi strinsi a mio padre. Davanti al portone c'era un ragazzo di vent’anni con dei bellissimi e inquietanti occhi color ambra, gli stessi occhi che molto spesso mi fanno visita la notte nei miei sogni e come ora, all’improvviso, mentre sono sveglia.

Accosto la macchina sul ciglio della strada. Il posto dove mi trovo non mi piace, è troppo buio, ma devo fermarmi per forza, non riesco a calmarmi.

Mi appoggio con la fronte sul volante e continuo a ricordare.


Quello che mi fece paura erano gli occhi del ragazzo il giorno seguente, quando stavamo andando via.
Ci aveva aiutati, sfamato, riscaldato e fatto dormire in una delle sue numerose camere, quindi sarei dovuta essergli grata e lo ero, fino a che, mentre io e papà ci allontanavamo non mi voltai verso di lui.


Era lì immobile e mi piacerebbe tanto dire ci fissava, invece no, fissava solo me. Ricordo ancora la paura che mi assalì e forse, anzi sicuramente, è per questo che ogni tanto la mia mente mi fa questi brutti scherzi, mi fa credere di vedere i suoi occhi da tutte le parti.

“Ah, i brividi!”Esclamo e riparto, diretta a casa e per fortuna non è distante, altrimenti, va pensiero...

Giunta al mio palazzo parcheggio la macchina e scendo, poi cauta mi guardo intorno ansiosa.

“Non vi mostrate, non vi mostrate, vi prego, no”dico a voce bassa, udibile solo a me stessa, mentre con mani tremanti e non solo per il freddo, apro il portone e mi rinchiudo nell’ascensore.

Peccato siano solo cinque piani.

Una volta in casa corro di sopra e mi chiudo in camera, mi cambio alla svelta con una camicia bella pesante, m’infilo sotto la coperta e chiudi gli occhi.

Non voglio più vederli, mai più.

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Capitolo 2
*** Domande ***


La mattina seguente la sveglia suona alle sette. Apro gli occhi ancora assonnata, ma giusto per lasciarmi abbagliare del sole che filtra dalla tenda tirata male. Li richiudo d’istinto e mi copro il viso con il cuscino. “Che fastidio” mugugno, poi mi rassegno, mi volto supina e guardo il soffitto bianco.

“E inizia un'altra giornata”mi dico stanca, portandomi il dorso della mano alla fronte. Scosto le coperte e ignoro il cambiamento di temperatura; anche se è mattina, è pur sempre dicembre e fa freddo.

Seduta sul letto mi guardo intorno e soffoco uno sbadiglio con la mano. Sono stata una vera stupida ieri, sono uscita a bere con i miei amici e ho fatto le tre di notte sapendo benissimo che il giorno seguente sarei dovuta stare al lavoro alle otto precise e per far ciò avrei dovuto svegliarmi alle sette; dove lavoro è distante da casa mia, quindi alla fine ho dormito solo tre ore e sono stanchissima.

Mi guardo intorno alla ricerca degli abiti che devo indossare, ma naturalmente sulla spalliera della sedia non ci sono, non l’ho preparati ieri sera, ed evitiamo di pensare al motivo, altrimenti non sarò più capace di fare niente.

Scuoto il capo velocemente e mi do dei buffetti sulle guance; tanto i capelli peggio di così non possono stare e mi alzo. Non appena mi metto in piedi, la camicia da notte pesante che come sempre mi si è attorcigliata intorno ai fianchi mi ricade lungo le gambe fino alle caviglie.

 Quanto mi piace questa camicia, è un modello semplice con gonna bianca e maniche lunghe giallo chiaro,l’ho comprata al mercatino, l’ho vista e me ne sono subito innamorata e non sembro nemmeno mia nonna quando la indosso.

Sfioro il tessuto caldo di una manica e mi dirigo al bagno ancora po’ barcollante, voglio farmi una bella doccia. 

Sotto il getto caldo, mentre mi massaggio il corpo con la spugna imbevuta di bagno schiuma alla vaniglia, mi rilasso e chiudo gli occhi, fino a che, purtroppo, la mia testa torna nuovamente a pensare a quegli occhi e mi viene la pelle d’oca.

Perché li vedo? Che sia veramente rimasta scioccata da piccola alla loro visione? Oppure è qualcosa di più intenso e importante, qualcosa che devo capire? Fisso le fredde piastrelle color panna davanti a me senza potermi concedere il lusso di non pensare, mentre l’acqua mi scivola lungo il corpo e mi si appiccicano i capelli al viso e sulle spalle.

“Ah, basta!”Esclamo uscendo dalla doccia e avvolgendomi il corpo con un asciugamano di spugna lilla e mentre i capelli gocciolano a terra, mi guardo allo specchio, seccata.

“Devo smetterla di credere chissà cosa”mi dico come se parlassi a qualcuno e non alla mia immagine riflessa.

Stanca di tutto ritorno in camera, indosso dell’intimo pulito e mi vesto. Un attimo dopo sono in macchina, imbottigliata nel traffico. Perché
devo lavorare al centro? E perché ci sono così tante auto di prima mattina? E perché quando mi fermo ad ogni semaforo rosso penso ancora a quegli occhi? E perché mio padre è morto?! E come?!

Già, come? La polizia non l’ha capito, anche perché la macchina di papà era completamente bruciata, ma la cosa che mi manda in bestia e che non è morto sul colpo. Chissà il dolore che ha provato e i pensieri che ha avuto, penso tormentandomi, ed ecco che iniziano a pizzicarmi gli occhi per le lacrime che cercano di uscire e che tento di reprimere. Alla fine faccio un gran respiro e con lo sguardo appannato riprendo a guidare più attenta di prima.

Com’è morto mio padre? È una bella domanda a cui non so dare ancora risposta e ormai è già passato un mese da quando è successo.  È morto per un incidente, ma che cosa non andava nella sua macchina? Possibile non abbiano trovato niente? È strano, molto strano, penso dirigendomi spedita fino al ristorante dove lavoro, il traffico è finito, è ora di lavorare e non pensare, mi dico decisa.

Le ultime parole che ho pensato in macchina, non sono servite, ho pensato, anzi non ho fatto altro e ho lavorato a malapena distratta dalle mie riflessioni, per fortuna non ho creato problemi.

Assaggio il riso allo zafferano e noto che c’è poco sale, lo dico al mio aiuto cuoco e passo ad assaggiare la salsa tartara da mettere sopra la carne, quella è perfetta.

“Gemma, stai bene?” Mi chiede il mio capo vedendomi distratta.

Lo guardo inespressiva, svuotata, ma quando noto chi ho di fronte m’irrigidisco di colpo.

“Oh, sì capo, sto bene, scusi”

“Non c’è problema, basta che non fai guai; tipo scambiare il sale con lo zucchero o cose simili”dice faceto.

“No no, non succederà, scusi, ora smetto di distrarmi”

“sì, sarebbe meglio”dice serio.

Accidenti a me, devo smetterla di pensare a papà, o almeno quando sono a lavoro, mi rimprovero mentre soffriggo alcune verdure tagliate a dadini.

Dopo essermi ripetuta un'altra volta che devo solo lavorare, in qualche modo, dopo un brutto inizio, va tutto per il meglio ed esco da lavoro alle otto precise.

Mi fermo in un fast-food e prendo un panino unto bisunto e poco salutare da porta via, una doppia razione di patatine con ketchup e una coca cola grande e ormai sono alcuni minuti che sono ferma al parcheggio del fast-food a mangiare e intanto penso.

“L’amico di papà, Georg, è stato lui l’unico ad essersi salvato; l’hanno tirato fuori dalla macchina prima di papà perché era più facile, mentre per papà hanno dovuto chiamare i soccorsi e tagliare la macchina accartocciata che lo bloccava, peccato fosse già morto una volta stato liberato, penso accartocciando in un attimo d'ira la carta del panino.

Ingoio il boccone, ma pensare a queste cose mi ha fatto perdere l’appetito, così metto dentro la busta di carta il panino mezzo mangiato e la coca cola, poi arrabbiata e depressa mi dirigo verso casa.

Sono vicina al mio palazzo quando passo davanti alla strada dove mio padre ha avuto l’incidente e decido. Voglio andare a parlare con Georg, forse non servirà a niente, visto che non ha saputo dirmi niente prima, non credo che adesso di punto in bianco cambi qualcosa, ma voglio tentare, deve essere successo qualcosa, perchè la polizia non sa niente e pure sono sicura abbiano indagato, insomma, come diavolo è morto il mio amato padre? Lo devo scoprire.

Cambio bruscamente strada con una manovra avventata e un attimo dopo sono davanti al palazzo di Georg. So che è tardi, ma mi capirà.

Salgo fino all’ottavo piano, mi fermo davanti alla sua porta e dopo un attimo di esitazione e paura che non mi dica niente di nuovo, cosa più che probabile, suono il campanello.

La porta si apre e mi trovo davanti un uomo alto e slanciato dai capelli color carota con striature argentee, occhiali dalla montatura rotonda e occhi verdi vispi e intelligenti. Subito soffoca uno sbadiglio con la mano. Poverino, l’ho svegliato, penso notando il gesto palese, la sua faccia segnata dalla stanchezza e cosa indossa.

“Ehi! Gemma, ciao, perché sei qui a quest'ora?”Mi chiede allegro, nonostante tutto.

“Ti devo parlare di una cosa importante”

“prego, entra pure”dice facendomi cenno verso la sala e si fa da parte per lasciarmi passare.

" Accomodati”. Chiude la porta alle sue spalle e mi raggiunge in sala, dove mi sono già seduta sul divanetto.

Si accomoda sulla poltroncina di fronte a me a gambe divaricate e appoggia le braccia sui braccioli, completamente distrutto dalla stanchezza.

 “Di cosa volevi parlarmi?”Mi chiede poi con voce fievole, ma con una punta di vivacità.

“Di papà”dico seria guardandolo in volto.

Si mette subito seduto composto e diventando serio a sua volta.

“Cosa di preciso?”

“Su com’è morto, tu sai qualcosa?”

“Sospira rumorosamente. “No, Gemma tesoro, non so niente e lo sai”

“ma non è possibile che sia morto così, senza una ragione, è sempre stato maledettamente attento alla guida, tanto da sembrare addirittura esagerato, non poteva fare un incidente”

“lo so, ma è successo”

“già"dico appoggiandomi alla spalliera, insoddisfatta.

 "a che cosa stavate lavorando tu e papà allora?” Chiedo a bruciapelo, dopo un attimo di teso silenzio. Lo fisso dritta negli occhi e mi metto
di nuovo seduta bene, pronta per ricevere la risposta.

Eh sì, una domanda nuova, non l’avevo mai fatta prima perché ero convinta non centrasse niente il suo lavoro, ma ora voglio sapere qualunque cosa su papà, anche i dettagli più insignificanti, nonostante probabilmente non mi servirà a niente, non mi porterà a nessuna pista e non risponderà a nessuna delle mie numerose domande, penso delusa, ma non posso fare a meno di sorprendermi nel notare l'espressione meravigliata di Georg per via della mia domanda inaspettata.

“Agli scavi sui Carpazi, abbiamo trovato molti altri reperti, quindi si sono prolungati”

“capisco”dico delusa non scoprendo niente di nuovo oltre a quello che già so.

“Ok, scusami Georg se ti ho disturbato a quest’ora a dir poco indecente, ma prima di andare via posso usare il bagno?”

“sì, certo, vai pure a quello di sopra, questo di sotto è rotto”

“ok”dico, mi alzo e vado alle scale.

M’incammino triste e svuotata verso il breve corridoio beige e mi fermo davanti alla porta del bagno, porta che conosco molto bene; papà ed io stavamo molto tempo da Georg, era il suo migliore amico, per me è come uno zio, penso facendo un mesto sorriso.

Faccio ciò che devo e scendo di sotto, quando sento qualcosa di strano.

Passo la piccola anticamera e mi fermo vicino all’arco di legno che funge da porta per la sala e ascolto, incuriosita.

E Georg che parla al telefono a bassa voce, noto, ma non oso fare capolino, potrei venire scoperta ad origliare.

“Gemma chiede ancora, cosa devo fare?”

 “Stai scherzando? È solamente una bambina, non potete farlo, sono certo che non capirà niente, ma cosa devo dirgli per farle smettere di fare domande, non crede che suo padre sia morto per un incidente.

 “Sì, ok, ho capito”dice.

 Muovo qualche passo verso l’anticamera del tutto scioccata. Cerco di riorganizzare tutte le informazioni appena ricevute e alla fine impaurita e incredula, ma soprattutto a disagio, arrivo a una sola conclusione che purtroppo non è molto piacevole e mi crea altre stramaledettissime domande.

Con chi parlava? Che cosa è successo a mio padre? Che volevano farmi? E chi? Perchè non devo fare domande? Georg che hai fatto? Penso sentendomi tradita e spaventata. Ho paura di Georg. Ho paura di una persona di cui mi fidavo, che reputavo mio zio, che era il migliore amico di mio padre e che ora è…non so nemmeno più chi è. Cosa devo fare?

Alla fine capisco che c'è qualcosa di grosso in ballo e senza guardarmi indietro corro verso la porta, ed esco. Scendo velocemente giù per le scale con il fiatone, ancora incredula, facendo la lotta con tutti i sentimenti che provo per far vincere la lucidità che è ovvio che ho perso.

Esco dal portone piena di paura, delusione e molto dolore, faccio appena in tempo ad entrare in macchina, mettere in moto e partire, che dallo specchietto retrovisore vedo Georg fermo davanti alla strada, mentre mi guarda. Non riesco a capire con quale espressione e non m’interessa, so solo che mi ha tradito.


 

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Capitolo 3
*** Pensieri sovrapposti ***


 Arrivata in casa chiudo velocemente la porta sbattendola, come se qualcuno potesse fare irruzione all’improvviso se solo non la chiudessi velocemente.

Assicuro con il chiavistello la porta e corro a fare altrettanto con tutte le finestre di casa.
Georg ha scoperto che ho sentito tutto, ora sono nei guai, mi dico prendendo dalla cucina un coltello e una padella.

La padella è l’arma di difesa numero uno, quella più inoffensiva, ma da non sottovalutare e il coltello la numero due, che equivale al piano B, quello che userò se sono costretta e se qualcuno questa notte entrerà in casa senza essere stato invitato.

Così leggermente più sicura vado in camera mia, chiudo la porta a chiave, tiro le tende e mi cambio velocemente infilandomi a letto.

Poco dopo cado in un sonno agitato e ad ogni minimo e futile rumore, incredibile ma vero, apro gli occhi e mi guardo intorno, per poi rimettermi a dormire. Ed è così per tutta la notte.

La mattina seguente la sveglia suona alla solita ora e infastidita cambio posizione nel letto, devo alzarmi, lo so, ma decido di dormire ancora un po’, però la mia decisione sparisce quando ricordo quello che ho sentito ieri e così spalanco gli occhi.

Mi metto a sedere sul letto di scatto e fisso la porta. Ho improvvisamente paura di uscire e venire uccisa o rapita, oppure di trovare un cratere sulla porta e qualcuno nascosto in casa, ma non posso che essere coraggiosa.

Cerco con lo sguardo la padella e il coltello. Quest’ultimo è finito chissà dove e forse e meglio così, invece la padella è sul tappeto. La recupero e l’appoggio sul letto, mi vesto alla svelta, l’afferro e apro lentamente la porta della stanza allungandola davanti a me e non succedendo niente, esco.

Non c’è nessuno, nessun cratere, niente di niente, non c’è nemmeno un messaggio in segreteria, non che ci debba essere.

Così più tranquilla e ignorando la voglia di guardare sotto i tavoli o nella lavatrice, per essere veramente certa di essere al sicuro, vado a lavarmi il viso al bagno e dopo filo in cucina a prepararmi la colazione.

Sicuramente guardare sotto il tavolo o nella lavatrice, sarebbe stata un’azione esagerata dettata dalla paranoia, o la paura stupida e irrazionale, non dalla prudenza.

Poco dopo mi siedo a tavola con davanti delle belle frittelle. Ormai la mia compagna padella è sporca d’impasto e inusabile come arma contundente da difesa, ma pazienza.

Affogo le frittelle nello sciroppo d’acero e comincio a mangiare di gusto. Ho appetito, quando all’improvviso davanti a me vedo due occhi color Ambra.

Sobbalzo per lo spavento e lascio la forchetta, che cadendo sul piatto, fa schizzare lo sciroppo d’acero che mi finisce addosso e mi alzo di scatto facendo cadere la sedia a terra.

Gli occhi...papà! Oddio, come faccio a stare così calma? Mio padre. Devo scoprire com’è morto e perché, ma come posso fare? Da dove comincio a cercare indizi? Ci sono dei tizi, fra cui anche Georg, che sanno qualcosa e hanno fatto qualcosa, ma come faccio a scoprire cos'è successo? E chi sono? A meno che…

Fisso dove prima erano apparsi gli occhi color Ambra e mi viene in mente un'idea.

Trovato. Vado in Romania, comincerò da lì, sono certa che troverò qualcosa, farò domande ai suoi colleghi e farò tutto quello che è in mio potere per capire in cosa mio padre si era immischiato senza volerlo.

Corro in camera mia, predo la prima valigia grande che trovo e ci metto dentro alcuni vestiti comodi e senza starci troppo a pensare mi cambio, calzo un paio di stivaletti, nel caso servisse scalare qualche montagna, due spazzolate veloci ai capelli e prendo la borsetta.

Ho bisogno di soldi e nell’eredità di papà ce ne sono molti. Mamma non ha voluto niente da lui e li ha lasciati tutti a me, ora ho una bella cifra in banca e mi serve, devo pagare una settimana di viaggio in Romania, hotel e aereo, quindi devo solo chiamare al lavoro e dire che voglio delle ferie per una settimana e partire.

Scoprirò tutto quello che è successo a mio padre, parola di Gemma Settembri.

Lancio con noncuranza la valigia in macchina, sui sedili posteriori e m’inchino a controllare che non ci siano bombe o avessero manomesso qualcosa. So che è esagerato e da film poliziesco, ma non si sa mai. Entro in macchina e parto per andare a prenotare un biglietto per la Romania, solo andata per ora.

Trovo un biglietto per un aereo che parte fra tre ore. La valigia è pronta, devo solo partire prima che succeda qualcosa o che Georg mi chiami, cosa impossibile, così mi dirigo verso l’aeroporto e intanto chiamo il vecchio hotel dove sono stata con mio padre e prenoto una stanza.

Ricapitoliamo: ho avuto le ferie e credo che il mio capo sia felice di non avere fra i piedi una lavoratrice distratta e poi ho chiamato i miei amici per dirgli che faccio un viaggetto, ho il biglietto, la valigia è pronta e ho prenotato una stanza, devo solo prendere i soldi.

Mi fermo in banca prendo ciò che mi serve e mi dirigo all’aeroporto. Qualche tempo dopo sono in aereo, seduta sull’apposito sedile e siamo già decollati.

Mi guardo intorno, non c’è nessuno che conosco o di sospetto; speriamo solo di essere al sicuro, non vorrei pensare al peggio, ma che voleva dire Georg con “è solo una bambina ecc…”mi preoccupa.

Sono in volo da poco, ma già mi annoio da morire, per la fretta non ho comprato niente per ammazzare il tempo, brutto affare. Ogni tanto guardo dal finestrino le nuvole e il cielo azzurro, ma non mi entusiasmo molto, soprattutto dopo che l'hai guardato per minuti interi e vedi sempre e solo le stesse cose.

Mi accoccolo sul sedile mettendo da parte la mia inquietudine e cerco di dormire, ma non ci riesco, anzi penso ad una strategia.

Fortunatamente ho già la stanza di hotel. Una cosa che va bene, pensare che sono passati quattordici anni da quando sono stata in Romania con mio padre e credo si ricordare ancora come arrivarci. Papà era il tipo che metteva da parte ogni foglietto dei viaggi che faceva per lavoro, per ricordo, quel sentimentalone! Quindi ho con me il biglietto dell’hotel, so la via e siccome l'ho visto molte volte, so riconoscerlo.

 Per quanto riguarda il Rumeno... beh, ho con me il dizionario; l’ho preso dalla mia libreria, è da sempre che seguo papà nel suo lavoro, quindi devo imparare almeno le basi delle lingue.

Sorrido soddisfatta di me stessa. Punto uno privo di problemi, ora il punto due, andare sul posto di lavoro e chiedere degli scavi.
Accidenti certo che è strano che gli scavi siano durati ben tredici anni.

Beh, certo hanno dovuto smettere per mesi per diverse ragioni, piogge mai viste, frane e altro ancora, quindi i mesi sono volati come niente, ma sembra proprio che gli oggetti antichi si trovino come i sassi, è mostruoso, penso e sono certa che con la morte di papà centri qualcosa con il suo lavoro, a questo punto è l’unica ragione possibile, anche perché c’entra anche Georg, che era un suo collega.

Collega? Ma che diavolo sto dicendo! Anzi che diavolo sto facendo? Sono impazzita? Sto vaneggiando? Sto andando in Romania per chiedere di mio padre a chi? A quelli che forse l’hanno ucciso, ma sono scema? Mi faranno fuori se la faccenda è losca, ed io tranquilla sto volando fino a loro per farmi ammazzare meglio, sono proprio stupida, e ora che faccio? Non posso più scendere.

 Mi rinchiudo in hotel e faccio passare la settimana come semplice turista e poi vado via? Oppure…haaaa, non lo so, mi dico scompigliandomi i capelli, agitata.

Alla fine mi calmo e mi appoggio allo schienale imbottito del sedile e sicuramente con i capelli scompigliati, comunque se non faccio domande e non rischio non posso sapere perché mio padre è morto e poi forse, se non trovo niente e non avrò risposte, posso andare via incolume; se invece va tutto per il peggio e sarò in pericolo, posso sempre correre verso quella villa nei Carpazi, forse c’e ancora, penso cercando di calmarmi e rassicurandomi con qualcosa che di sicuro non ha nulla.

Chissà se veramente quel ragazzo abita ancora lì e potrebbe aiutarmi, mi chiedo, anche se al solo pensiero di rivederlo mi viene da svenire.

Chissà, forse è un bene andare in Romania dopotutto, credo lui sappia qualcosa, non so perché, ma ho questa sensazione, mi dico molto più tranquilla e decido di pensare ai dettagli della mia "strategia" per concludere in bellezza la mia folle missione e vincere.

Quando apro gli occhi, non posso credere che mi sia veramente addormentata. Mi metto seduta bene al mio posto, sentendomi intorpidita e soffoco con la mano uno sbadiglio. Chissà quanto ho dormito, mi chiedo guardando il display del cellulare.

Però, un’oretta, sarà perché ho dormito male ieri notte, comunque ho una fame terribile, mangerei tre chili di qualsiasi cosa che sia commestibile.

Finisco di pensare questo che passa una hostess. Mi prendo due panini: uno con il prosciutto e l'altro con la nutella e da bere una bottiglietta d'acqua, ed è poco.

Ho così fame, sembra che non abbia fatto colazione, cosa non vera. Ricordo perfettamente di aver ingerito qualche boccone prima che mi venisse questa brillante idea di andare a farmi ammazzare.

Finisco di mangiare tutto pensando che alle brutte avrei avuto almeno un po' d'energia per scappare e tranquilla apro il dizionario per ripassare le basi di rumeno.

Dopo un po' che continuo a leggere e ripetere, mi riposo nuovamente a riposare piena di parole difficili e quasi impronunciabili che mi volteggiano nella testa e vado avanti, fino a che non sento le hostess dirci di mettere la cintura perché stiamo per atterrare.

Poco dopo sono nell’aeroporto gremito di persone che aspettano i propri cari, che partono, che comprano nei negozi e che mangiano.
Recupero la valigia, ed esco dal chiassoso aeroporto fermandomi sul ciglio della strada per cercare un taxi.

Strano ma vero lo trovo subito. Sì come no, sto scherzando, ci metto più o meno un’ora e mezza a trovarne uno libero, poi con una pronuncia da principiante o da bambina delle elementari, aiutandomi con il dizionario, gli dico di portarmi verso i Carpazi dove si stanno svolgendo gli scavi e fortunatamente il taxista sembra avermi capito, perché parte.

Poco dopo sono arrivata, così con ancora la valigia a tracolla, mi dirigo verso la macchina e le persone chine a scavare nella terra.

 

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Capitolo 4
*** L'oggetto nella roccia ***


Lascio le buste da una parte e mi avvicino a un uomo. “Scusi se la disturbo, vorrei porgerle una domanda”dico rivolta ad un uomo con dei grandi baffi, che è chino a scavare.
L’uomo alza lo sguardo serio e freddo su di me e mi scruta in volto.

“scusate signore, sono la figlia di Sebastian Settembri, e vorrei chiederle se lo conosce”.

“vattene ragazzina, noi stiamo lavorando qui”dice brusco.

Rimango a bocca aperta. Che maleducato! Penso indignata, ma lascio stare e passo ad un altro uomo, che mi sembra più giovane e forse più ragionevole.

“Scusi, sono la figlia di Sebastian Settembri, vorrei chiederle se lo conosceva, sa è morto un mese fa e vorrei sapere cosa ha trovato qui agli scavi”.
Il ragazzo mi guarda circospetto e un po’ spaventato, poi abbassa lo sguardo e continua a lavorare.

Prefetto, ho l’impressine che non scoprirò niente in questo modo,bene farò in un altro modo, mi dico sgattaiolando via dalla loro vista per avvinarmi ai camion.

Dentro ci trovo molti reperti archeologici e rimango esterrefatta dalla loro bellezza e sicuramente antichità, mi sembrano così fragili che sono certa che al minimo tocco si possano rompere, e qualcosa mi fa credere che anche il solo guardandoli intensamente, possa portarli a sbriciolarsi come niente, è una sensazione davvero particolare. 

“Ehi! Tu!”

M’irrigidisco di colpo e mi volto di scatto.

Un uomo biondo e alto si sta dirigendo verso di me.

“E tu chi sei? E che ci fai qui? Questo posto è inaccessibile per via degli scavi, solo il personale autorizzato può entrare”dice gelido.

“sì, mi scusi, cercavo solo i reperti che ha trovato mio padre, visto che nessuno vuole parlarmi”

“suo padre?”

Annuisco. “Sebastian Settembri”dico tranquilla.

“Ah, capisco, quindi sei Gemma”

“sì, come fa a conoscermi?”

“Ero un collega di tuo padre, lavoravo con lui e con Georg”

“Ah, capisco”dico sorprendendomi della sua improvvisa giovialità e gentilezza.

“comunque i reperti che ha trovato tuo padre sono già stati portati in un museo, non sono qui”

“ah, capisco”dico abbassando il capo triste, naturalmente faccio finta.

“bene cara,ora sarà meglio che ritorni in hotel”

“sì, ha ragione, allora arrivederci”dico incamminandomi verso l’uscita,,cioè una porta in mezzo ad una grande e alta rete di ferrò che circonda tutta la zona.

Cavolo, non ho trovato niente che mi possa aiutare,ma forse se…

Cambio direzione all’improvviso, sicura che nessuno mi abbia visto, mi nascondo dietro un camion e attendo, non so cosa, forse una mano dal cielo e mi dice cosa devo fare, ma spero di riuscire a vedere anche dentro questo camion, insomma, ci sarà qualcosa di strano, qualcuno dirà qualcosa che lo incastrerà.

Non devo attendere molto che il mio desiderio viene esaudito,quello che qualcuno parli e si freghi con le sue stesse mani.

Un uomo di colore e il tizio di prima, che era diventato gioviale all’improvviso quando aveva saputo chi ero, si fermano proprio davanti al camion dove sono nascosta.

“Allora quella ragazzina se n’è andata?”

“Sì, che fastidiosa, Georg doveva tenerla d’occhio, se scopre tutto siamo nei guai, a meno che non le facciamo tacere”

“sì, credo sia meglio fare così”

“ma, forse no, onestamente non sono sicuro sia una buona idea, Georg tiene a lei, potrebbe dire tutto alla polizia fregandosene che così sarebbe in guai seri”

“è vero, farebbe di tutto per quella ragazzina, stupido, chissà perchè non ha accettato di vendere i reperti più importanti al mercato nero, qui siamo tutti d’accordo”.

Sgrano gli occhi, mi compro la bocca con la mano e trattengo il respiro. Non ci posso credere, Georg è stato costretto ha…Oh, mio Dio.

“Beh, anche quel…”

“Josè, Joshua abbiamo trovato qualcosa d’interessante,venite a vedere!”Urla un uomo e prendo la palla al balzo per uscire dal mio nascondiglio e dirigermi alla porta, ma per sbaglio faccio rumore e si accorgono di me.

“Ehi!  Tu! Fermati”dice l’uomo di prima, riconosco la voce e il tono.

Corro veloce ignorandoli, ancora sconvolta per tutto. Allora sono stati sicuramente loro a uccidere mio padre. Quando all’improvviso sento uno scoppio e qualcosa colpire a terra, m’immobilizzo e mi volto, con il cuore che batte come un forsennato per la paura e l’agitazione. Qualcuno mi ha sparato contro, ma quando il tizio di prima, seguito da altri due uomini, mi sta raggiungendo, non so come, ma riprendo a correre ancora più veloce  verso il folto dei Carpazi,verso l’oscuro e inesplorato territorio ignorando completamento quanto sia pericoloso.

Corro e mi addentro sempre di più fra la vegetazione folta rigogliosa, e oltre i miei passi sento anche quelli pesanti e veloci dei miei tre inseguitori. Ho paura, sento che potrei svenire da un momento all’altro se penso a quello che mi potrebbero fare se mi prendessero, corro e corro e non so come faccio ad essere così maledettamente veloce, l’adrenalina dentro di me è in continuo aumento, come  anche il fiatone. Scosto con le mani rami nodosi di arbusti che mi sbarrano la strada graffiandomi i palmi e le dita, ma non m’importa, meglio quello che morire per mano di quei farabutti.

Inciampo molte volte sulle radici sporgenti di alberi e querce alte e robuste dal tronco spesso e ruvido, ma non cado mai, anche se inciampando rallento. Salire è faticoso, sono stanca ma continuo imperterrita aiutandomi con le mani, afferrando i massi sporgenti, fino a che riesco, non so come, a salire su una sporgenza, e stanca e sporca di terra mi fermo.

Davanti a me, c’è il nulla, potrei scendere e rischiare che mi prendano, oppure rimanere lì e farmi prendere lo stesso, dove ho la scelta?

Alla fine guardo verso la vegetazione, e sbucano fuori quei tre con gli abiti strappati, il fiatone e graffi sul viso per via dei rami. Non appena mi vedono in trappola fanno un ghigno,e vittoriosi incombono su di me.

Mi guardo indietro, c’è uno strapiombo e non so quanto sia profondo, ho paura, sto per morire lì per mano di quelli? Oppure per colpa dello strapiombo?
Ma proprio quando il tizio di colore allunga una mano per afferrarmi e credo anche non gentilmente, il terreno sotto ai miei piedi cede e scivolo giù.

Caccio un urlo e guardo in alto, vedo i miei inseguitori ancora con il ghigno sul viso, e il tizio che aveva finto di essere gioviale con me, che mi salutava ironicamente con la mano, divertito.

Cado, e davanti a me ho solo roccia e non so quanto sia profondo il burrone, ma di una cosa sono certa, sono morta. Cerco appigli, una radice, un masso sporgente, anche se sto cadendo a grande velocità verso il suolo e sto rischiando di rompermi le dita, quando riesco ad aggrapparmi alla roccia. La mia mano si è infilata in un buco. Cerco di afferrare qualcosa anche con l’altra, ma non ci riesco, sto per cedere di nuovo, quando sento qualcosa premere contro la mia mano infilata del buco, l’unica con cui mi tengo.

Sicura non ci sia nient’altro da fare e che fra poco raggiungerò mio padre, lascio la presa e velocemente afferro l’oggetto nella piccola buca nella roccia. L’unica cosa che vedo prima di continuare a cadere nel burrone sono due occhi color ambra che mi fissano, poi chiudo gli occhi pronta a quello che il mio destino a deciso per me.

 

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Capitolo 5
*** La salvezza? ***


Apro lentamente gli occhi. Mi sento stordita e dolorante. Cerco di muovere leggermente la mano e sento qualcosa di pesante appoggiato sul mio palmo.

 Alzo il braccio che mi sembra pesante quanto un masso e guardo cos’ho in mano.

 Qualcosa di rotondo e solido di sicuro, ma non vedo cos'è perchè ormai è buio, poi ricordo.

 Dove aver deciso che ero spacciata, mi sono lasciata cadere nel burrone e ho preso la cosa che si trovava nel buco.  La cosa fantastica è, che se anche dolorante sono viva e, la cosa brutta è che mi sono arresa, sono talmente patetica.

 Da supina mi metto a bocconi con estrema difficoltà e mi sento ancora peggio di prima, come se quel piccolo e insignificante gesto mi abbia torno tutta la poca energia che mi restava, tanto che infilo in tasca l’oggetto con estrema lentezza e con le braccia, lentamente, decisa a non darmi per vinta, cerco di farmi forza per alzarmi; ma invano, tanto che decido di strusciare a terra con i gomiti fino a quando posso.

  I Carpazi sono pericolosi di notte, mio padre me l’ha sempre detto.

 Dopo due secondi mi sento mancare e sorrido alla mia poca resistenza. Se starò ancora un’altro po’ qui, i lupi mi faranno diventare la loro cena, penso muovendo un altro passo in avanti, strusciando fra la terra e l’erba verso qualcosa che sembrerebbe una valle, ma perso i sensi.

“Ah, santo cielo, come sei imprudente”dice una voce.

 La sento, ma non so di chi sia e non vedo chi parla perché ho gli occhi chiusi, improvvisamente mi sento sollevare da terra e stretta da qualcosa di forte, non ho paura e, anche volendo, non posso ribellarmi, così vengo trasportata con dolcezza verso qualche posto fino a che perdo completamente i sensi.

 Nel dormiveglia mi giro e rigiro su qualcosa di morbido, mi sento straordinariamente bene, non ho più nessunissimo dolore,tanto che apro gli occhi e mi trovo a guardare un soffitto bianco.

 La mia camera? Un hotel? Mi chiedo lì per lì, ma quando ricordo cos’è successo, mi metto a sedere di scatto facendo una perfetta addominale. Dove mi trovo?
 Una luce lieve crea la penombra nella stanza, è un abat-jour accesa sul comodino. Che vuol dire? Mi chiedo e mi guardo intorno, smarrita. La stanza ha mobili intagliati scuri, o almeno credo, visto che non riesco a distinguere bene i colori nel quasi buio. Sopra la mia testa c’è un lampadario con pendenti di cristallo, o almeno credo siano di cristallo, ma sicuramente ha dei pendenti e, soprattutto, mi trovo seduta su di un letto matrimoniale a baldacchino con tendaggi e trapunte scure, forse.

 Scosto la coperta e poso i piedi, su…una morbida moquette delicata. È rilassante sentirla morbida sotto i piedi, come l’erba appena tagliata.

 Mi alzo e faccio il giro della stanza di media grandezza, di certo non è la mia, che è piccola. Mi dirigo alla porta,ma inciampo su qualcosa,fortunatamente non cado,ma mi accuccio per vedere di cosa si tratta.

 Incredibile! È la mia borsa con i vestiti, come fa ad essere qui? L’avevo lasciata da quei disgraziati, ma soprattutto dove mi trovo?
 Mi alzo in piedi e noto solo ora che indosso qualcosa di lungo, soffice ed estremamente delicato,qualcosa che mi arriva fino alle caviglie e mi solletica i piedi. Cerco di capire di cosa si tratta, è qualcosa che ha delle spalline così delicate da sembrare inesistenti e una scollatura classica a V. Che cosa indosso?

 Smarrita e preoccupata mi dirigo alla porta e insicura la apro, pronta ad uscire e, mi trovo davanti un corridoio tutto illuminato da lampade a muro molto sofisticate ed eleganti,ma che mi fanno venire i brividi per il solo fatto che sono tante e portano fino alle scale.

 M’incammino lentamente guardandomi introno e, strano ma vero, mi abituo e comincia a piacermi l’atmosfera, peccato che sto in una casa che non conosco.
 Scendo le scale sempre illuminate e mi ritrovo in un’anticamera. A destra vedo un enorme portone doppio di legno scuro che credo sia la porta d’ingresso e invece a sinistra un arco di legno finemente intagliato.

 Passo l’arco, incuriosita e, anche se a disagio, devo dire che mi sto divertendo un pochino, è la casa del mistero, e visto che non mi hanno fatto niente prima,anzi mi hanno salvata e portata in una camera comoda,cambiata e curata,e che soprattutto la porta era aperta,credo proprio che le persone che abitano in questa casa siano buone e gentili e non mi vogliano far del male,quindi non vedo perchè debba avere paura,il disagio è normale,anche la curiosità,ma gli altri sentimenti sono inutili.

 Entro in sala e la guardo meravigliata, è così spaziosa ed elegante. Una bella libreria ben fornita, un camino con il fuoco accesso e scoppiettante che rischiara la stanza altrimenti buia, un televisore al plasma al centro della libreria, un tavolo enorme sotto le finestre dalle tende pesanti e scure tirate, e un divano scuro… dove c’è seduta una persona? Perchè non ci ho fatto caso? E perché non mi sono resa conto che tutta la casa è completate immersa nel silenzio,non si sente nemmeno un rumore,come se esistesse solo la casa e nient’altro. Inquietante, penso mentre guardo la persona silenziosa seduta a leggere.

 Mi vengono i brividi e divento tesa, come ho fatto a non notarlo prima?

 La persona alza lo sguardo dal libro e lo posa sul mio viso, per poco non svengo.

  Ha gli occhi color ambra.

 È lui.

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Capitolo 6
*** Incredulità ***


Accidenti, è un incubo, penso e per poco non indietreggio. Sono molto più scossa per lui che per tutto quello che mi è successo durante la giornata, ed ehi! Non è stato tutto rose e fiori.

La persona, o meglio il mio incubo in cielo e in terra, nella vita reale e quella onirica, è davanti a me e mi fissa con i suoi occhi impossibili per una persona. Chiude con un colpo secco il libro spezzando il silenzio che regna in tutta la casa, non distolgo lo sguardo da lui che si alza dal divano, mette a posto sullo scaffale di fronte a se il libro e s’incammina verso di me.

Oddio che faccio? Aiuto, no, non lo voglio vedere, non gli voglio parlare, è un incubo, aiuto!

“Perché sei così agitata, non ti voglio far del male e dovresti averlo capito”dice con una voce virile, ma allo stesso tempo giovanile e dolce. Chi diavolo è? Mi chiedo.

“Io, come avrai già capito, sono il proprietario della villa, mi hai già conosciuto quando avevi sei anni, con tuo padre, ricordi?”

Annuisco, ma rimango in silenzio. “Sai, credo sia stato avventato da parte tua venire qua e, chiedere di tuo padre, sai questi truffatori l’hanno ucciso apposta perché non voleva stare in società con loro, tuo padre voleva  essere un uomo pulito”

“e tu come fai a saperlo?”

Mi sorride.“ Perché non vi ho perso d’occhio da quando ci siamo incontrati, quattordici anni fa”

Lo guardo confuso. “Perché?”

“perché dovevo difendere una persona”

“Mio padre?”

Scuote lentamente il capo. “No, te”

Lo guardo a disagio e confusa, spero non si veda che sono in imbarazzo e sto arrossendo, sarebbe stupido.

“Io? Che centro io?”

“Centri e come, ma ora voglio che ti riposi, hai fatto una bella caduta, sei stata molto imprudente, se fosse stato più alto ti avrei persa”

Mi avrebbe persa? E che sono sua? Che si è messo in testa? 

“Voglio che ti riposi, puoi restare qui fino a quando vuoi, anche se…”dice guardandomi.

Sbaglio o si è avvicinato? Sì, l’ha fatto gradualmente mentre parlavamo, ne sa una più del diavolo.

“Voglio che rimani qui per tutta la settimana,so che la tua idea era quella di trascorrere sette giorni in Romania per chiedere di tuo padre e scoprire perché è morto,ebbene, ti posso dire io tutto quello che vuoi sapere,ma in cambio resta con me tutta la settimana”

Eh? Ma che richiesta è? Non lo conosco nemmeno e, poi, non so perché ma c’è qualcosa che mi turba in lui.

Abbasso lo sguardo, perché guardare i suoi occhi mi fa sentire a disagio e alla fine credo che non ci sia nulla di male a stare da lui, anche se non lo conosco. So difendermi e, poi non credo mi voglia fare del male, avrebbe avuto mille occasioni prima, quando ero svenuta e, mi avrebbe potuto anche lasciare sui Carpazi.

“Ok, va be…”comincio a dire, ma vengo interrotta perchè mi prende fra le braccia e mi stringe a sé, dolcemente.

Rimango immobile, senza parole, con gli occhi spalancati, incredula.

“Sono felice che tu rimanga, grazie”dice accarezzandomi la testa, come si potrebbe fare ad una bambina,ma nel suo tocco c’è qualcosa di strano, qualcosa che mi fa credere che il suo gesto non è dettato dall’idea che,che ne so,gli sembro una bambina,al contrario.

Divento tesa e mi scosto da lui, intimidita. Lui non mi costringe a rimanere fra le sue braccia, ma mi lascia libera.

“beh, io, vado a dormire allora”dico a disagio guardando a terra.

“Va bene”dice e mi sembra triste, ma sarà solo una mia fantasia.

Ricordo qual è la mia camera e, non chiedetemi come faccio, ma la ricordo.  Entro e mi metto sotto le coperte, peccato che non riesca ad addormentarmi, mi ritornano in mente le sue parole e il suo abbraccio, scuramente se non mia avesse abbracciato in quella maniera, gli avrei chiesto come fosse morto papà e, non una cosa ovvia come quella che mi ha detto, è chiaro che l’hanno ucciso perchè papà era giusto e non voleva essere un truffatore.

Sospiro, chiudo gli occhi e mi volto dall’altra parte del letto.  Non so per quanto tempo rimango con gli occhi chiusi, ma alla fine mi addormento vedendo un'altra volta quegli strani occhi color ambra che mi guardano, il mio ultimo pensiero è.

 Che strano tipo, mi fa paura, ma…e mi addormento senza finire la frase.

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Capitolo 7
*** Lui... ***


La mattina seguente apro gli occhi e soffoco con la mano uno sbadiglio. Ho dormito benissimo, il letto è super morbido e c’è una tranquillità veramente unica  senza la strada, le macchine, i vicini, il cane della signora del piano di sopra che abbaia, è tutto perfetto.

Mi giro e rigiro nel letto decisa a rimanere ancora un po’al calduccio, accoccolata fra le coperte, ma purtroppo non riesco più ad addormentarmi e mi alzo.
Sistemo il letto e frugo nel mio borsone alla ricerca dei miei abiti, i più sportivi che ho e l’indosso, non mi sono mai piaciuti quelli dai colori troppo accesi e pieni di merletti e fiocchetti, non sono una bambola di porcellana!

Faccio il fiocco alle scarpe da ginnastica, apro un po’ la chiusura lampo della giacchetta della tuta, ed esco dalla camera. Le finestre lungo tutto il corridoio sono enormi e lasciano entrare la luce, un effetto davvero diverso dalla notte prima che c’erano solo dei lumi accessi.

Il corridoio che porta alle scale è deserto,non sento alcun rumore , questo dalla notte prima non è cambiato,chissa se… coso, lì, non conosco nemmeno il suo nome,è sveglio,mi chiedo aprendo un poco ogni porta per cercare il bagno.
Lo trovo al primo tentativo e non appena entro mi guardo intorno allibita. Più che a un bagno sembra di stare alle terme, è enorme. C’è una grande vasca da bagno a forma goccia di porcellana bianca circondata da piastrelle color malva. Le numerose piante in vaso che circondano la vasca sono perfette per creare un’atmosfera rilassante e il lucernario fa entrare la luce in maniera perfetta. Sono certa che di notte si possa vedere anche la luna che si rispecchia sull’acqua e che crea nella stanza un soave chiarore con i suoi raggi argentei, sarebbe meraviglioso, soprattutto se la vasca fosse circondata da candele accese, sarebbe così romantico e rilassante, penso sorridendo e mi chino verso il lavandino per lavarmi il viso ben tre volte con l’acqua fredda.

Svegliarsi per me è sempre una lotta. Mi asciugo il viso con un asciugamano candido e morbidissimo e, mi fermo i capelli sul capo con un mollettone. Certo che quel ragazzo deve essere megalomane, di certo questo non è un semplice bagno, penso guardandomi ancora allo specchio.

Comunque è meglio andare a fare colazione, mi dico uscendo dalla meravigliosa stanza.

Scendo le scale appoggiandomi a corrimano di legno e mi ritrovo in sala.

Non c’è nessuno, è tutto silenzioso e illuminato e lui non c’è.

 Beh, meglio così, penso dirigendomi in cucina. Normalmente mi creerei qualche scrupolo o problema a toccare le cose altrui, ma non credo se la prenderà, infondo lui stesso ha voluto che restassi, anche se non ci conosciamo per niente e, ora che ci penso, dovrei avere paura di questo, allora perche non ne ho? Sono pazza! Mi dico e cercando di restare calma e spalanco il frigo.

Mi calmo subito e i pensieri spariscono all'istante alla vista della vasta scelta di cibo che c'è dentro, tanto che prendo gli ingredienti per prepararmi delle frittelle. Adoro le frittelle!

Due minuti dopo sono pronte, mi siedo a tavola e comincio a mangiare. Certo è monotono mangiare da soli e, non è vero che ci sono abituata solo perché papà è morto, mi mette sempre una certa malinconia stare da sola.

 Mi porto un pezzetto di frittelle alla bocca e guardo davanti a me, il posto libero.

 Si siederà lì quando dovrà mangiare? Mi chiedo pensando al giovane dagli occhi d’ambra e mi va quasi di traverso il boccone quando mi viene in mente l’immagine perfetta dei suoi occhi.

 Cosa aveva detto ieri? Non vi ho più perso d’occhio. Quindi, gli occhi color ambra che vedevo di tanto intanto non erano frutto della mia immaginazione o il risultato di qualche shock infantile? Era veramente lui che mi perseguitava, penso e manca poco che scoppio a ridere.

Andiamo, Gemma, ma che cosa vai a pensar? È impossibile, mi dico continuando a mangiare con poco appetito e nuovamente confusa.
Mi mancano due bocconi per finire di fare colazione e un sordo di succo di frutta, ma mi sono nuovamente fermata a giocherellare con il cibo, pensierosa.

E se fosse vero che è lui? Insomma, è assurdo, improbabile, sicuramente è la mia testa che mi gioca brutti scherzi, ma se fosse vero quello che ha detto? Quasi, quasi glielo chiedo, ma se mi risponde che è proprio lui? Penso prendendo in considerazione qualsiasi possibilità, anche quella più impensabile e decisamente impossibile.

“Ah, al diavolo!”Esclamo infilandomi in bocca i due bocconi di frittelle rimasti, per poi alzarmi da tavola con il piatto in mano.

Intanto devo sapere perché non è in casa, mi dico masticando con difficoltà, vista la bocca piena. Lavo il piatto pieno di sciroppo d’acero e prendo l’ultimo sorso di succo, per poi pulire anche quel bicchiere e metter tutto a posto.

Ed ora?Mi chiedo ferma in palata in mezzo alla grandissima sala,non so propri che fare,fino a che il mio sguardo non si posa sulla doppia portafinestra che da al giardino che ancora non  ho visto. È ovvio che quel ragazzo sia ricco, penso. Quando mi si crea nuovamente l’immagine dei suo occhi in mente comincio a tremare leggermente, sono assurdi  e soprattutto sembra possano scrutarmi dentro,non riesco a sostenere il suo sguardo.

Esco in giardino e rimango piacevolmente sorpresa, è splendido e ampio. L’erba è corta e tagliata di fresco, ci sono molti alberi verdi, aiuole di fiori di vario genere, viola, fucsia e screziati, cespugli pieni di fiori di diverso colore e anche uno specchio d’acqua, niente di esagerato, ma decisamente suggestivo e bello da vedere.

L’arietta fresca mi accarezza il volto e mi fa svolazzare i capelli. Il profumo di fiori è intenso e rilassante, il canto degli uccellini mi fa sorridere, non sembra nemmeno di essere sui Carpazi, sembra una tranquillissima villa in campagna, invece è tutto il contrario. Chi penserebbe mai che sia stata praticamente costruita su montagne pericolose,sembra come se abbiano spianato apposta questo tratto di terra per costruircela. Magnifico.

Mi siedo sull’erba e guardo il cielo terso e le numerose nuvolette di varia forma. È così rilassante stare così.

Quando riapro gli occhi, mi trovo ancora sdraiata sull’erba. Mi alzo un po’ confusa, non ci vuole una scienza per capire che mi sono addormentata, ma che ore saranno ora?

Rientro in casa e cerco un orologio a muro. Sono appena le tre, quindi ho fatto qualche ora di sonno, incredibile, penso e a quanto pare sono ancora sola, ma dove sarà andato il proprietario della casa? Mi chiedo andando si sopra. Lì ci trovo le numerose porte, ormai quella del bagno so qual è, ma le altre?

 Sono talmente curiosa che vorrei spalancarle tutte, ma non credo sia bene ficcare il naso nelle cose altrui, così decido di passare il tempo fuori e vado in camera a prendere la borsetta. Devo disdire il mio soggiorno in albergo visto che ora starò qui per tutta la settimana, ma sarà prudente scendere giù? E se quei tizi loschi mi cercano ancora?

Beh, anche se fosse, non posso rimanere rinchiusa in una casa che non è la mia, credo che farò un giretto in città, facendo molta attenzione. Mi dirigo alla porta, ma rimango un attimo immobile davanti all’uscio, non so perché, ma per un attimo penso possa essere chiusa, ma nessuno segregherebbe una persona in casa.
Infatti, come previsto, la porta è aperta e a parte la pesantezza, riesco ad aprirla tranquillamente, non è stata chiusa a chiave.

Dopo qualche passo però, mi fermo e ritorno in casa. La mai non è assolutamente paura, è solo che se poi mi perdo e viene notte non è una buona cosa restare fuori con i lupi in giro, quindi credo che l’idea di rimanere chiusa in casa non sia poi tanto male, così rientro e decido di rimanere in camera mia ad annoiarmi sdraiata sul letto.

 Guardo il soffitto bianco e faccio un sospiro. Mannaggia me e ai miei timori, cosa posso fare per non annoiarmi? Mi chiedo, ed ecco che mi viene in mente la libreria, come ho fatto a non pensarci subito?

 Salto giù dal letto e vado di sotto a scegliere un libro e tanto per cambiare noto la televisione. Sono proprio stupida.

Ormai sono da qualche minuto a leggere, o almeno credo sia qualche minuto e ho già finito quattro capitoli, che storia avvincente, praticamente ti  fa entrare nel libro e ti fa diventare la protagonista,tanto che mi divoro i capitoli con tale velocità da far invidia ad un topo di biblioteca.

Non so se vi è mai successo, ma posso giurarvi che se iniziate a leggere un libro che vi piace, non la smetterete più finché non è finito, infatti, non so per quanto leggo, so solo che se non ci fosse stata l’emergenza bagno, non avrei smesso più.  Così chiudo a malincuore il libro e scendo dal letto, pronta ad andare al bagno e ritornare immediatamente a leggere, ma una volta entrata in bagno, l’orologio a muro mi mette davanti alla realtà.

Sono quasi le cinque del pomeriggio, ho letto tutto il giorno senza smettere e non ho neanche pranzato, mentirei se dicessi che non sono rimasta sorpresa dal mio comportamento, anche perché non ho mai fatto così, ma ormai è successo, quindi non mi resta che finire quel libro incantatore e ricordarmi di non cadere più nella
trappola libro.

Esco dal bagno tranquilla e mi trovo faccia a faccia con lui. Mi si mozza il respiro e ci guardiamo a vicenda senza dire una parola o emettere un suono, è lui a spezzare il silenzio che si è creato fra noi.

“Ciao, stai meglio oggi? Hai dormito bene?”

“mh, grazie”

“Bene, stavo per andare a fare un bagno, ci vediamo dopo”.

Annuisco e lo lascio passare, ma una cosa è certa, non mi sfugge lo sguardo che mi lancia e il dolce sorriso che mi fa.

Ok, penso rientrando in camera e riprendendo a leggere, anche se stranita o meglio sconvolta dalla conversazione, direi vivace e allegra, che abbiamo avuto poco fa, naturalmente sono ironica, sembrava di stare al polo nord, i nostri toni erano educati ma freddi, privi di sentimento, ho notato solo il suo vero e palese interesse a sapere come stavo, ma a parte quello, niente, ed io, sembrava non sapessi parlare, che tristezza, ma più che altro, quando è ritornato? Non c’era prima in casa.

Poco dopo finisco il libro e mi sento realizzata e felice per il finale perfetto, anche se in qualche modo scontato e decido di smettere di fare l’asociale, poiché ora so che il padrone di casa è di nuovo fra noi, se devo stare una settimana qui devo almeno…beh,mica posso rinchiudermi in camera per sempre.

Alla fine del corridoio, all’inizio delle scale, mi fermo. Sento una melodia dolcissima e delicata provenire dalla sala e comincio a scendere curiosa di sentirla meglio. Ed eccolo, lui è lì ed è una cosa stupenda. È seduto ad un pianoforte a coda nero  è così elegante e concentrato a suonare,sembra così calmo e un tutt’uno con la melodia.
Rimango a fissarlo ancora sul penultimo scalino della scala, fino a che non smette di suonare e si volta verso di me, che come incantata sono rimasta ad ascoltarlo appoggiata con le braccia al corrimano.

Il fatto che mi stia fissando mi fa arrossire e distogliere lo sguardo dal suo, poi sento uno sfrusciare e mi trovo a guardarlo un'altra volta. Sì è alzato e mi sta venendo contro. Il mio cuore comincia a battere come un pazzo, non so che fare, stringo solo a morte il corrimano e sto ferma dove mi trovo.

“Ti è piaciuta la melodia?”Mi chiede una volta che mi ha raggiunta.

“Sì, molto dolce e malinconica”dico guardando a terra.

“trovi?”

Annuisco.

“Guardi qualcosa d’interessante?”

“come?”

“non so, stai guardando a terra, c’è forse qualcosa che non va?”

“oh, no”

“allora guardami quando ti parlo”dice leggermente irritato, posandomi due dita sul mento e sollevandomi dolcemente il viso fino a che i nostri sguardi non s’incontrano.

Trattengo il respiro. Quegli occhi…devo chiederglielo.

Lo noto sorpreso, forse dalla mia espressione decisa, ma non è il momento di pensare a lui, ma di parlare.

“Devo porle delle domande”

“Certo, ma per favore, dammi del tu, questa distanza mi fa male”.

Lo guardo sorpresa da quello che mi ha appena detto e mi ritrovo ad annuire.

“bene, allora vieni, siediti pure sul divano e parliamo”

Scendo lo scalino dove sono rimasta e mi accomodo sul divano. Lui si siede accanto a me e mi da la sua completa attenzione.

“Di cosa volevi parlarmi Gemma”dice con la sua voce calma e dolce e questo mi mette una strana sensazione addosso, non so spiegarmi quale però.

“Voglio sapere perchè vedo i tuoi occhi da par tutto”dico diretta senza tergiversare.

“Però, sei decisa e sicura”commenta.

“allora?”

“E ansiosa”

Mi sta dando sui nervi.

“è perché, come ti ho già detto, non ho smesso di vegliare su di voi”

“che intendi dire?”Chiedo guardandolo in volto, ma abbasso subito lo sguardo.

“Ho capito, non sopporti più di vedere i miei occhi, vero?”Mi chiede triste, guardandosi le mani che ha giunte e posate sul grembo, sembra un aristocratico.
Non so se questa è una tattica,ma maledizione! Funziona.

“no, è che sono insoliti”

“Sì, lo so, ma cerca di guardami negli occhi quando mi parli, per favore”mi chiede con il suo solito tono calmo e aggiungerei supplichevole.

Alzo lo sguardo e mi rispecchio subito nei suoi occhi.

Faccio un grande respiro e formulo un'altra domanda.

“come fai a tenerci d’occhio, è impossibile”.

“Beh, ho un modo, ma non credo che capiresti, o almeno non ancora”Mi risponde criptico.

“che sai di mio padre?”

Mi sorride. “Che dopo che siete venuti qui a casa mia, la prima volta lui a continuato gli scavi e come tu ora sai,non ha voluto far parte dei suo colleghi truffatori, quindi qualcuno a manomesso la macchina e tuo padre a fatto l’incidente”

“E Georg questo lo sa?”

“Sì, ma lui ha fatto in modo di proteggerti".  Si sporge un po' verso di me continuando a guardarmi negli occhi.

 "Tu eri scomoda per loro, se avessi scoperto tutto sarebbe stato un problema,ma ora credono che tu sia morta,quindi è tutto ok,anche se…”

“Anche se?”Chiedo preoccupata e noto dal suo sguardo che qualcosa non va.

“Ho recuperato le tue cose, ed erano rimaste a loro, l’unica persona che poteva prenderle eri tu, quindi, sanno che sei ancora viva, sicuramente ti stanno cercando, è stato un mio errore”dice arrabbiato con se stesso,lo noto dalla sua espressione.

“beh, tanto non possono arrivare facilmente qui"dico sicura, poi lo guardo in preda ad un attimo di incertezza.

"vero?”Chiedo sperando non mi contraddica.

“Ah, di questo puoi essere certa, la mia villa è difficile da trovare e poi…”dice sporgendosi verso di me.

“Ci sono io a proteggerti, non permetterò che ti facciano del male”mi dice serio, tanto che in qualche modo, non faccio fatica a credergli e devo dire che, nonostante io non lo conosca affatto,sono veramente  tranquilla di sapere che sono al sicuro da lui.

“comunque per tua informazione, so difendermi anche da sola”dico facendo uscire la mia spavalderia.

“Mh, sei sicura?”Mi chiede.

Faccio appena in tempo a guardarlo che mi ritrovo sdraiata sul divano con lui sopra.

“io non direi”dice sorridendo, poi si alza da sopra di me e si passa una mano fra i capelli, come se fosse imbarazzato.

Rimango ancora sdraiata sul divano, esterrefatta dalla sua azione, questo cambiamento d’umore non me lo aspettavo davvero, ma sopratutto cosa voleva dirmi? Che non era vero che so difendermi da sola? O aveva capito che la mia era solo spavalderia che una padella o un coltello avrebbero fatto un baffo a quei tizi?

Comunque sarà meglio non dipende completamente da lui, infondo è uno sconosciuto e questa faccenda è affar mio.

Mi alzo dal divanetto ed ecco che mi vien un'altra domanda.

“Posso sapere dove sei stato per tutto il giorno?” Chiedo,anche se non sono affari miei e sopratutto non è una cosa che centra con me,infatti può anche irritarsi e ignorarla o non rispondermi.

“Ero a dormire, ho fatto tardi ieri e…”

Stranita dal suo silenzio improvviso mi volto e lo cerco in tutta la sala trovandolo proprio alle mie spalle, non ho il tempo di dire o fare niente che mi abbraccia.

Mi trovo stretta a lui, con le sue braccia che mi stringono la vita e la testa appoggiata sull’incavo del suo collo e non so cosa fare, mi sorprende sempre con questi abbracci a sorpresa.

“Scusa, non è vero, o almeno non tutto”dice triste, come se gli dispiacesse davvero avermi mentito.

“è vero, stavo dormendo, ma…non posso dirti perché, non ancora”

“Non importa, non dovevo neanche farti questa domanda”dico cercando di scostarmi da lui spingendo con le mani sul suo petto.

“Come prima mi lascia andare, ma il suo sguardo mi fa capire che non è d’accordo su qualcosa”

“Sì che puoi!”Mi dice improvvisamente afferrandomi per le braccia, ma il suo tocco è così delicato che sembra abbia solo appoggiato le mani.

“Tu puoi chiedermi tutto quello che vuoi, io non voglio avere segreti con te, sei importante per me, ma ancora non posso dirti tutto, ho paura che non capiresti”dice con enfasi guardandomi in viso,determinato e un po’ dispiaciuto.

“io non capisco perché…”

“perché mi piaci…ma ti prego, non sentirti a disagio per questo”dice subito per tranquillizzarmi.

Non so che rispondergli, praticamente non so nemmeno il suo nome,so solo che ha aiutato me e mio padre qualche anno fa e..anche se fosse è impossibile,praticamente dice che è lui ci ha aiutato,ma il suo aspetto da allora non è cambiato minimante,com’è possibile?

“Aspettata un pochino, poi ti dico tutto, fidati di me”mi dice ancora serio, come se avesse capito le numerose domande che mi frullano per la testa.

Lo guardo negli occhi e non so da quanto, non mi crea più agitazione o imbarazzo, ma una cosa è certa, ora posso tranquillamente parlargli e nei suoi occhi leggo, decisione, serietà e che devo solo aspettare, anche se ora, non sono più sicura di voler sapere. Insomma, credo ci siano in ballo alcune cose importanti e non credo di voler sapere, forse è meglio non conoscerlo bene, però….

“posso almeno sapere il tuo nome?”Gli chiedo.

“Ecco…”

“no?”Chiedo guardandolo.

Mi sorride. “Emanuele”dice con un sorrisetto divertito, come se avesse appena detto qualcosa di divertente che io non posso capire.

“bene, almeno ora posso chiamarti così, invece di padrone di casa”

“sì, infatti sarebbe meglio,signora ospite”dice ironico.

“Signorina, non sono ancora sposata”dico divertita e anche un po' irritata.

“Ah, vedo che stiamo attenti ai dettagli. Guarda mia chiara, che ormai tutti chiamano le donne signore, non lo sapevi?”Dice giocoso, inchinandosi verso di me con le mani
sui fianchi.

Metto su un finto il broncio. “Io sono una signorina”

“con qualche ruga”. Commenta ancora prendendomi in giro.

Rimango a bocca aperta, poi mi metto a ridere.

“Ok, basta giocare, è ora di cena”

“prego, fai pure”dice indicandomi la cucina.

“e tu?”Chiedo guardandolo.

“Seguo una dieta particolare, quindi non ti preoccupare”

Annuisco e spalanco il frigo.

Prendo subito gli ingredienti, mi è bastato un solo sguardo per decidere cosa cucinare. Così poso tutto sul bancone da cucina e preparo un pentolino dove bollire le verdure,naturalmente lavate e tagliate a dadini.

Pochi minuti dopo sto facendo rosolare la carne tagliata a bocconcini e le verdure che ho annaffiato con del vino e mi volto verso Emanuele che per tutto il tempo è rimasto a guardarmi in silenzio, tipo una presenza intensa dietro di me.

“Ti diverti?”Chiedo

“oh, sì, molto”

“davvero?”Chiedo alzando un sopracciglio.

“sì, sei molto brava e bella”

Arrossisco e mi volto verso il fornello. “Tu come te la cavi a cucinare? Mio padre mangiava malissimo, se fosse stato per lui avrebbe mangiato solo uova al tegamino, gli riuscivano solo quelle, un giorno a provato a fare un uovo sodo e… lo ha fatto scoppiare,non mi chiedere come o se è possibile,ma è successo, tu non fai scoppiare niente quando cucini?”

Sorride divertito. “No, mai successo, io so cucinare”

“no, aspetta, non me lo dire, sai fare la pasta”dico ironica.

“anche altre cose,primi,secondi,contorni,dolci”

“davvero?”

Annuisce. “Allora prego, accomodati”dico scostandomi dal fornello.

“non credo sia una buona idea”

“perché?”

“Con la dieta che faccio, non so più dosare bene le spezie, potrei farti pietanze più salate o del tutto insipide”.

“Rischierò”

“dai”dico facendo il giro per sedermi a tavola, ma lui non si muove.

“la carne brucia”gli canto notando che è ancora impalato dove si trova.

Alza gli occhi al cielo e va ai fornelli, mentre io me ne resto comoda a guardarlo con un gomito puntellato sul tavolo, mentre mi reggo la testa con una mano. Porca miseria, le sue non erano chiacchiere, sa cucinare e anche bene.

Un attimo dopo mi mette il piatto davanti.

“io ti ho avvertito”

“lo, so”dico prendendo un boccone, perfetto.

Alzo lo guardo e gli sorrido. “è perfetto”

“bene”dice sedendosi di fronte a me, dove qualche ora fa mi ero chiesta si sedesse per mangiare e comincia a guardarmi mettendosi esattamente nella stessa posizione in cui ero io poco fa e non posso che pensare a quanto siano belli i suo capelli color mogano, che lisci gli scivolano sulla mano con cui si regge il viso e finiscono con il toccare il tavolo.

 Che modo di guardami mentre mi gusto la cena, penso stranita, ma devo dire che la cosa non m’imbarazza, strano, visto che di solito essere guardata mangiare m'i mette a disaggio,ho sempre  paura possa fare qualche sbaglio,ma dal suo sguardo noto tranquillità,niente aspettative o attenzione per le buone maniere,tanto che mangio normalmente senza sentirmi agitata,una sensazione decisamente anormale.

Ingoio il boccone, pulisco la bocca e lo guardo.

“ti diverti anche a guardami mangiare?”

“oh, sì, sei bellissima”

Divento sicuramente rossa e abbasso lo sguardo sul piatto, portandomi un altro pezzo di carne alla bocca.

Mannaggia lui e a quello che dice.

Finito di mangiare lavo il piatto e noto che sono le nove.

“vai a dormire?”

“no, starò sveglia ancora per un po’, normalmente non vado a dormire presto, aiutavo spesso papà la sera e poi, ho dormito un pochino questo pomeriggio”

“bene”dice e mi sembra stranamente felice, perché?

“Guardiamo un po’ di televisione?”

Annuisco e mi siedo sul divano, lui si accomoda accanto a me e prende il telecomando.

“scegli pure cosa guardare”dice facendo zapping.

Lo blocco su un film d’azione.

“Ti dispiace?”

“no, va bene”mi dice sorridendomi, ogni volta che lo fa, mi tranquillizza.

Rimaniamo vicini a guardare il film che praticamente è alla fine,ma fortunatamente subito dopo ne inizia un altro,anche questo d’azione,ma c’è anche l’amore e qualcosa di horror che non capisco.

Improvvisamente apro gli occhi. Sono nel mio letto, no devo essermi ancora addormentata e, naturalmente, Emanuele mi ha portato a letto. Cavolo! Penso abbracciando il cuscino e comprendoni il viso imporporato. Che imbarazzo alla sola idea che mi abbia presa di nuovo in braccio,e…

Comunque sarà meglio mettermi a dormire, penso mollando il cuscino e allungando le braccia lungo il corpo e nel farlo noto che sono ancora vestita. Mi alzo e vado verso la mia borsa da dove prendo la camicia vittoriana che indosso solo per dormire, perché mi piace, ma non metterei mai vestiti simili. Così mi spoglio.

Indossata la camicia lunga fino alle caviglie, piena di merletti e a maniche lunghe e strette ai polsi, mi slego i capelli e me li riavvio con la mano. Le mie onde corvine e lucide mi ricadono scomposte sulle spalle e sono pronta per andare a dormire, così mi rinfilo a letto e mi addormento quasi subito.
 

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Capitolo 8
*** Imprevisto ***


Mi muovo nel letto infastidita da qualcosa, fino a che apro gli occhi e mi porto una mano al viso. Nonostante sono ancora assonnata, sono certa che qualcosa mi abbia sfiorato la guancia, o forse è solo una mia impressione e ho fatto un sogno che non ricordo?

Mi siedo sul letto e soffoco con la mano uno sbadiglio, nonostante ho sempre molta difficoltà a svegliarmi, molte volte mi stupisco con quanta facilità ci riesca, ma normalmente succede per qualche motivo, quindi...

Mi guardo intorno. So dove mi trovo, ormai non perdo l'orientamento. Sono in quella magnifica stanza che mi ha gentilmente dato Emanuele. La luna si affaccia dalla mia finestra e basta lei per rischiarare la stanza creando una perfetta penombra, grazie a quest'ultima posso vedere bene l'ora dalla sveglia posta sul comodino.

L'una di notte. Ho dormito solo qualche ora, ma sono in piene forze. Mi alzo e m'incammino verso la porta che vedo perfettamente, mentre i miei piedi calpestano il soffice parquet solleticandomi e divertendomi, poi mi porto una mano ai capelli per togliermeli da davanti al viso e apro la porta.

Come l'altra notte ci sono dei lumini accesi che mi mettono i brividi e che come l'altra notte penso siano troppo fighi e m'incammino verso le scale, diretta in cucina per bere un bicchiere d'acqua. Ne ho proprio bisogno.

La sala è meno illuminata, ma non ho paura, ormai so com'è fatta la casa e non incespico sul tappeto e non intruppo contro i mobili, anzi, mi ritrovo a camminare tranquilla e con un sorriso ebete dipinto sul viso, per via della mia camicia da notte che mi solletica i piedi e di tanto intanto le caviglie. In cucina apro un pensile e prendo un bicchiere.

Il rumore dell'acqua corrente mi rilassa e infrange il silenzio in tutta la casa e, come sempre, solo ora mi rendo conto che non c'è un rumore, che sia uno. Comincio a sentimi a disagio e bevo tutto d'un fiato l'acqua sperando mi calmi, quando improvvisamente sento un rumore.

 Mi volto di scatto verso la sala poco illuminata, nonostante i due lumini accesi e stringo a morte il bicchiere, impaurita, ma mi rilasso subito dopo, certa che sia il vento, infondo non è detto che solo perché non si senta molto, fuori non ci sia, penso sciacquando il bicchiere, ma prima di metterlo a posto mi sorge un dubbio, se non sia veramente il vento?

Mi volto e mi dirigo lentamente verso la portafinestra. Appoggio l'unica mano libera sul vetro e guardo fuori. Il giardino è buio, non c'è nemmeno una luce e questo m'inquieta tantissimo, però non c'è niente di cui aver paura e comunque è vero che c'è il vento,visto le grandi fronde degli alberi che si muovono,così molto più tranquilla, sto per voltarmi per andare a posare il bicchiere che ancora ho in mano, per poi dirigermi in camera e tentare di dormire nuovamente,ma qualcosa rapisce la mia attenzione.

Un luccichio fra i cespugli in fiore, qualcosa che m'incuriosisce subito molto e mi fa venire la pelle d'oca. Metto la mano, che giustamente non  regge il bicchiere, sulla maniglia, ma nell'attimo in cui la giro per aprire la porta finestra, qualcuno mi chiude la bocca con una mano e mi tira via con irruenza.

Lascio cadere il bicchiere a terra che si rompe infrangendosi in mille pezzi, facendo rumore e tento d'urlare, ma invano. Dalla bocca emetto solo mugolii, le mie urla sono soffocate da una mano che cerca di farmi tacere chiudendomi la bocca.

Tento di ribellarmi muovendomi, scalciando all'indietro, puntellando i piedi a terra, ma purtroppo non serve, mi tira indietro e in un attimo vedo la portafinestra così lontana che mi spavento e il mio cuore che già batteva come impazzito per la paura, se possibile, batte ancora più veloce e forte rimbombando in tutta la stanza.

 Lo sconosciuto, perchè è ovvio che sia un uomo e non una donna, vista la sua forza e altezza e dato che il mio capo è appoggiato su qualcosa che di certo non è un viso, un collo o un petto femminile, mi tiene un braccio intorno alla vita e mi stringe per cercare di tenermi ferma. Mi ha impugno, alla sua mercé e questo non mi piace, mi fa sentire in trappola, però dovrei sorprendermi per la lucidità che ho nonostante questo momento pauroso, non so neppure chi sia questo tizio.

Mentre ancora mi trascina via, tento di afferrare qualsiasi mobile che mi ritrovo fra le mani e intanto se per caso mi capita qualche vaso o statuetta, non sarebbe una cattiva idea, potrei sempre spaccargliela in testa, ma finché non capita, sarà meglio tentare di fare resistenza e intanto cercare di capire chi è.  Il mio cervello va a mille e la mia lucidità mi sorprende.

Purtroppo le mie mani scivolano via da qualcosa di morbido che ho afferrato, suppongo il divano, quindi credo si stia dirigendo verso la porta.

No! Sono i colleghi di papà, i truffatori ladri e mi vogliono rapire!

Ora ho veramente timore, ora che so chi è questo tizio e so anche cosa vogliono farmi,ovvero togliermi di mezzo prima che possa dire o fare qualcosa che vado a loro discapito.

Cerco di calmarmi per non perdere la mia lucidità che sta andando gradualmente a farsi benedire, come si dice beata ignoranza, ma ora che so chi è, ho paura di tutto quello che possono farmi, tanto che ho lo stimolo di piangere,cosa che non faccio e odio fare, così deciso che qualsiasi cosa succeda,mai e poi mai verserò una lacrima e questo stato d'animo mi aiuta a superare quest'attimo di confusione.

L'uomo mi sta ancora tirando via e anche se ho i piedi puntellati a terra, non serve a niente, è forte e la mia è poca resistenza in confronto della sua forza, se volesse potrebbe tranquillamente mettermi in spalla e portarmi via, chissà perchè ancora non ci ha pensato? Mi chiedo aggiungendo anche questa paura a quella che già ho e, non mi serve.

All'improvviso il tizio mi toglie il braccio dalla vita e sento un rumore e del freddo.

Sta aprendo la porta! Mi dico e m'irrita il fatto che, nonostante mi sia aggrappata con tutte le mie forze ad ogni mobile che mi è capitato fra le mani,lui sia riuscito a portarmi fino alla porta. Guardo davanti a me la doppia porta finestra ormai molto lontana, con ancora la forma della mia mano sul vetro e, nonostante la paura, stringo i denti e solo ora mi viene in mente che la mano del tizio è ancora sulla mia bocca.

Gli mordo la mano che subito toglie dalla mia bocca, sono libera. Ignoro l'imprecazione colorita dell'uomo e urlo.

"Emanuele!" Ed essendo libera tento di correre via, ma mi riprende come se fossi rimasta lì immobile e gli avessi detto, "prego, sono tutta tua" cosa che non ho fatto.

No!No! Urlo dentro di me, non potendolo urlare con la voce, visto che mi ha di nuovo chiuso al bocca con la mano.

Maledizione, maledizione!Penso arrabbiata.

All'improvviso sento un verso e la mano davanti alla mia bocca sparisce, come anche quella che avevo nuovamente intorno alla vita e, mi volto.

Davanti a me vedo un ragazzo che riconosco come Emanuele, per via dei capelli lunghi colpiti dalla poca luce della sala e, noto con sorpresa, che tiene alzato a mezzo metro da terra, con estrema facilità, il tizio che mi aveva attaccato e tentato di rapire.

"Emanuele"dico con voce incrinata, m'irrito all'istante e mi schiarisco la voce. Cavolo! Ora sembro una damigella in pericolo che non sa cavarsela da sola e ha paura, stupida voce! Mi dico ma infondo un po', è così, un po' ho paura.

Emanuele si volta verso di me mi porto istintivamente le mani alla bocca.

Vedo suoi splendidi e inquietanti occhi d'ambra lucenti, se si può dire, con le pupille nera allungate verso l'alto, verticali, come se fossero gli occhi di un serpente molto pericoloso.

Cosa? Che? Mi chiedo confusa e per la prima volta in quella sera comincio a tremare per la paura. Noto negli occhi mostruosi di Emanuele, che ancora nonostante la paura non riesco a non guardare, comprensione e per un attimo credo tristezza, poi si volta a guardare il tizio che mi voleva rapire, che è rimasto pietrificato.

All'improvviso la porta finestra si frantuma in mille pezzi e le schegge di vetro schizzano da tutte le parti.

Emanuele, il mostro, il coso, quello che è, insomma, mi si para davanti e nonostante la paura capisco che lo fa per proteggermi dalle schegge di vetro che potrebbero ferirmi e, stranamente, per questo, sento tanta gratitudine nei suoi confronti.

Due secondi dopo in casa ci sono altri tre uomini armati. Vedo lo scintillio della lama di un coltello, alcune pistole e dei ghigni mostruosi e vittoriosi sulle loro facce, siccome si trovano proprio sotto ad uno dei lumini accesi e, mi ritrovo a tremare ancora di più

Ho una paura folle, non capisco più niente e, questo m'irrita, mi fa arrabbiare e mi terrorizza. Devo avere tutto sotto controllo, sempre, però forse, riesco a calmarmi un attimo, riesco a fare il punto della situazione e recuperare un po' della mia lucidità, sono sicura di averne ancora un bel po' e, mi aiuterebbe a capire cosa succede o almeno a farmi qualche idea.

Guardo ogni uomo, timorosa attenta ad ogni loro minimo movimento, ed ogni lieve rumore. Non so se è strano che io abbia solo paura e non sia disperata per quello che succede, la sola cosa che batte tali sentimenti, è il terrore che sento per la creatura che ho davanti, nonostante sono certa sia Emanuele.

Guardo Emanuele che ancora tiene alzato a mezz'aria l'uomo che è inerte, paralizzato dal terrore e, intanto, si guarda intorno con calma, come se non temesse niente e quei tre non fossero un problema.

"imbecilli"dice una voce strana, deridendoli .

Spalanco gli occhi e indietreggio fino a che non sento dietro di me qualcosa di solido e il vento ancora più freddo, noto che accanto ho la porta di casa aperta, ma non me ne preoccupo. Mi porto le gambe al petto e mi rannicchio contro il muro, ma senza distogliere lo sguardo da Emanuele; proprio non ci riesco e più forte di me.

So che quella voce è sua e, non ho la più pallida idea di come faccio a saperlo, ma so che è così e questo non mi fa piacere e non mi aiuta in questa schifosa situazione.
Guardo gli uomini uno per uno in faccia, sono sbiancati e hanno lasciato cadere a terra le armi e neanche me n' ero accorta,cavolo!  Ma poi la mia attenzione viene rapita da Emanuele che senza difficoltà alcuna, con un semplice gesto della mano, lancia fuori di casa l'uomo pietrificato che ancora teneva sollevato.

L'uomo mi passa proprio accanto, siccome sono rannicchiata vicino alla pota e quasi subito sento un tonfo,l'uomo è caduto a peso morto a terra. Rabbrividisco e quando vedo Emanuele o quello che, dirigersi verso la porta tenendo stretti in mano gli altri tre uomini, come se fossero dei semplici bambolotti gonfiabili, noto, che prima di uscire mi lancia uno sguardo.

Trasalisco e mi stringo forte le ginocchia con le braccia, ma senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi, tanto paurosi quanto ipnotici e curiosi e, ci leggo non so come, della consapevolezza e della tristezza, ma smetto di leggere quando esce da casa.

Io rimango lì, non voglio sapere che succede fuori, non voglio vedere niente.

Quando dopo un interminabile silenzio, nonostante la paura, strano ma vero; decido di gattonare fino alla porta, praticamente distante qualche passo da me e affacciarmi,ma ci ripenso e rimango dove mi trovo appoggiando il viso sulle ginocchia che ancora stingo a morte.

Non so quanto tempo passa da quando Emanuele, il tizio, il mostro, il coso, insomma quello, è uscito di casa a fare non so cosa con quegli uomini,ma improvvisamente sento un rumore e alzo il capo dalle ginocchia. Sono maledettamente intorpidita dal collo alle gambe.

Toh, devo essere rimasta davvero tanto in quella posizione, se ora sono del tutto indolenzita, penso, ma smetto del tutto quando mi trovo davanti Emanuele.

Sono ancora seduta a terra e lui è in piedi, quindi è inevitabile che veda le sue gambe lunghe davanti a me, non il suo viso o altro, ed è meglio così, altrimenti se mi fossi trovata il suo viso davanti sarei andata in escandescenza o avrei urlato, o ancora peggio sarei svenuta, ed io odio mostrarmi  rammollita,sono sempre stata forte,non vedo perchè ora debba fare la ragazzina impaurita.

"Gemma"mi chiama con tono insicuro, timoroso.

Oh, la sua voce è di nuovo normale, penso, infatti in un primo istinto, riconoscendolo come quel Emanuele tanto gentile e dolce, comincio ad alzare la testa per guardarlo,ma mi fermo in tempo.

No ,troppe cose strane,cosa gli è successo prima? Quegli occhi? Quella voce? Che è successo a quegli uomini? Ed io che devo fare? Mi chiedo confusa e disorientata e spero proprio di non ricominciare a tramare, sarebbe un'azione involontaria fuori luogo.

Sento un rumore e noto che si è inginocchiato dinanzi a me.

No ,non ti avvicinare,non voglio vederti ed avere paura,non voglio diventare ancora più confusa di quanto già  sia,ho paura di te,non ti conosco,sono troppo impaurita e stanca ora.

Ma le mie mute preghiere, quanto tali, non sono udite né capite né tanto meno ascoltate e quando Emanuele mi prende la mano fra la sua fredda e candida, svengo.

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Capitolo 9
*** Questione di scelte ***


Apro gli occhi e mi guardo intorno. Il sole entra dalle finestre e illumina la camera. Mi metto a sedere sul letto, assonnata e faccio uno sbadiglio che soffoco istintivamente con la mano, quando improvvisamente ricordo tutto quel che è successo e spalanco gli occhi del tutto sveglia e vigile.

Ieri notte... penso toccandomi i fianchi, dove quell'uomo che voleva rapirmi mi aveva afferrato per portarmi via. Non posso credere sia successo veramente, penso toccandomi le labbra. Mi vengono i brividi al solo ricordare quella grande mano che mi copriva la bocca per non permettermi di urlare.

Improvvisamente mi appaiono davanti gli occhi di Emanuele ancora più color ambra del solito e dalla pupilla mostruosa, come quella di un serpente e mi vengono i brividi. Mi si spezza il fiato e mi stringo le braccia al petto per darmi un po' di sicurezza e far passare la paura. Ora ricordo tutto, ma che cos'era quella cosa di ieri? Mi chiedo alzandomi e camminando su e giù per la stanza, fra poco creo una trincea a terra, ma non è che m'interessi tanto.

Quegli occhi. Quella voce. No, non può essere Emanuele, lui è diverso, così dolce, così imprevedibile; un attimo prima parliamo tranquillamente e l'attimo dopo mi trovo sotto di lui e l'attimo dopo ancora mi sta guardando imbarazzato, sembra sempre un'altra persona, è così lunatico, ma non può essere il mostro dell'altra notte; va bene essere lunatici, anzi, dirò di più, mi attira questo suo lato, ma da qui a diventare quel mostro ce ne vuole di strada, insomma, non può essere lui no? O sì? Mi chiedo confusa e ancora spaventata.

 Odio non capire niente e sentirmi così impotente. Lancio uno sguardo alla sveglia, le dieci, faccio un sospiro e decido di vestirmi e andare di sotto per iniziare a preparare il pranzo, ormai è ora.

Mi vesto, mi lego i capelli in una coda alta, ed esco dalla camera.

Non appena muovo un passo verso le scale, mi fermo turbata. E se lo incontro che faccio? E se mi conferma che il mostro di ieri era lui? E se invece m'ignora per via di quello che ho scoperto? E mi sorprendo nel pensare che la cosa che mi farebbe più paura e male, è proprio la possibilità che lui possa non parlarmi più, non il fatto che in verità  possa essere lui il mostro, cosa impossibile, anche se spiegherebbe molte cose.

Primo: il fatto che abbia affermato che era stato lui a salvarci quella volta, quando avevo sei anni, ma è impossibile, da allora il suo aspetto non è cambiato minimamente.

Secondo: I suoi occhi che vedevo ovunque. Forse era veramente lui, quindi per davvero non aveva mai smesso di guardarmi in tutti questi anni, infatti mi ha salvata quando ero caduta dal burrone. Come avrebbe fatto se non mi stava guardando?
Poi forse centra qualcosa anche la sua strana dieta. Insomma è molto misterioso, non mi ha detto nemmeno in cosa consisteva, anche il fatto che ieri notte non dormiva ma era sveglio, quello magari era solo un caso,ma chissà, se quando scendo non lo incontro, vuol dire che ho ragione, ma sicuramente starà giù e quando mi vedrà ci sarà un silenzio tesissimo e non saprò che accidentaccio fare e dire.

Dai è impossibile che sia lui quel mostro, sarà stato sicuramente un sogno, mi dico molto più sicura e questa volta riesco tranquillamente a scendere le scale.

  Di sotto mi fermo, come pietrificata. No! Penso sconvolta.

La sala è silenziosa e di lui neanche l'ombra, ma c'è una cosa che per poco non mi fa svenire, ovvero i cocci del vaso che ieri ho urtato e fatto cadere a terra. Non è stato un sogno, è successo tutto veramente, quel mostro è reale, ed è Emanuele, perchè lui non è sveglio come sarebbe dovuto essere, come avevo sperato e tanto che fosse, lui non è qui.

Rimango impalata dove mi trovo, sono così sconvolta che non capisco nemmeno se voglio scappare. Ho paura, non capisco più niente, non voglio credere che esista una creatura simile né tanto meno che sia Emanuele.

 Lui è...E mi viene in mente l'immagine perfetta del suo volto e del suo sorriso.

Accidenti! E poi questi pensieri, che cavolo mi prende? Mi rimprovero, arrabbiata. Sono in procinto di piangere, non voglio credere sia lui il mostro, non voglio, anche se purtroppo è ovvio.

Troppe cose strane, troppi segreti, lui che mi dice "non ti posso dire tutto, non capiresti, o almeno non ora" e tutte le altre frasi strane. Non so che pensare, non voglio e ho paura, paura di scoprire che tutti i miei timori sono fondati, di scoprire che non posso più avvicinarmi a lui perchè terrorizzata o che lui non mi parli e guardi più, che tutto quello che abbiamo costruito, per quanto poco, grazie a questo sparisca, ma è anche probabile che non sia lui, penso e ci spero con tutto il cuore e con tutta l'anima.

Mi fermo all'improvviso, non ci ho fatto caso ma ho ricominciato a camminare avanti e indietro per la sala, strano non si sia formata una fossa, tento di ironizzare, ma alla fine non mi fa sentire meglio e scelgo di fare qualcosa di utile che mi distragga e cerco la scopa per spazzare i cocci da terra.

Butto i cocci, ma quel peso enorme nel cuore non è andato con loro nella pattumiera, è ancora lì ed è tenace, tanta preoccupazione per una persona che neanche conosco, il fatto è troppo strano.

Sospiro non capendo quello che provo e me stessa; una persona normale a quest'ora sapendo che la porta è aperta, sarebbe già scappata a gambe levate da un pezzo, ma io no, perchè?

 Perchè io sono una scema, una completa demente, ritardata, che non ascolta cosa il cervello gli sta urlando da tre ore e non capisce i suoi numerosi sentimenti, che non sa dare una risposta ai suoi dubbi e alle sue molteplici domande del cavolo e che tanto per dirne un'altra, è troppo curiosa e avventata.

Cosa diceva mio padre... La curiosità uccise il gatto e in questo momento io sono un persiano, ecco perchè sono ancora qua e credo ci sia anche un'altro dannato motivo che non voglio disperatamente accettare e ammettere, anche se l'ho compreso e non da poco, mi dico spalancando il frigo.

 Decido di preparare qualcosa di semplice. Non ho per niente fame, ma devo pur fare colazione per restare in piedi, così mi metto a cucinare un uovo al tegamino, ma si rompe e diventa strapazzato, poi mi preparo un caffè, ma dimentico di mettere sia l'acqua che il caffè, così per poco non mi gioco la
caffettiera.

Mi va tutto storto oggi, sono un perfetto pericolo in questo momento, non faccio che pensare a quello che è successo ieri, ho paura di porre le domande, ho paura di sapere le risposte, ma cosa ancora più strana, è che nonostante tutto voglio sapere la verità.

Mi siedo a tavola con l'uovo davanti e il caffè che ho fatto bollire per qualche secondo, poi mi porto il bicchierino alla bocca e prendo un sorso di caffè che mi va di traverso. Splendido, che felicità! Penso sarcastica, mentre tossisco.

Comunque sono certa che se non ho le risposte starò male, con i dubbi e le mie paure e non riuscirei a continuare a fare la mia vita normale, mi dico giocherellando con l'uovo strapazzato nel piatto, mente mi reggo la testa con l'altra mano, pensierosa.

Un attimo! Esclamo alzandomi di scatto dalla sedia. Ora che ci penso adesso non ho più limitazioni o problemi, posso uscire e lasciare la stanza d'hotel e potrei andare anche via volendo, ma prima devo avere delle risposte, per quanto paura posso avere, non posso scappare come una codarda e poi, anche se il mostro esistesse veramente e fosse Emanuele, mi basterebbe stargli alla larga, non credo mi farebbe male, mi ha salvata, penso anche se qualche dubbio ancora mi resta.

Non sono certa sia una buona idea rimanere qui ora che so che quell'essere potrebbe essere veramente Emanuele, ma rischierò comunque e sarà meglio liberare la stanza d'hotel alla svelta, sperando non mi facciano pagare la notte in cui non sono rientrata, mi dico mangiando alla svelta e senza alcun appetito l'uovo strapazzato in cui noto solo ora, non aver messo il sale, per quanto riguarda il caffè che ho fatto bollire, lo rovescio direttamente nel lavello e lavo velocemente le stoviglie, poi salgo di sopra, prendo la borsetta e vado alla porta.

Mi blocco proprio lì davanti come l'altra volta, ma non ho più paura ad uscire, non che avessi paura prima, ma...lasciamo stare. Comunque la cosa che mi lascia perplessa è se c'è la possibilità che Emanuele sapendo che ho scoperto il suo segreto, anche se ancora spero non sia lui il mostro, mi abbia chiuso dentro casa.

Così poso la mano sulla maniglia, faccio un grosso respiro e tiro verso di me una parte della doppia porta.

Non si apre. Che sia dannato! Mi ha chiusa dentro casa!

Aspetta un attimo, la porta si apre dall'esterno non dall'interno, mi dico, così spingo verso fuori ed ecco che si apre.

Cavolo, penso ridendo della mia stessa stupidità e sorprendendomi della sicurezza che ha Emanuele sulla mia parola data, cioè che resterò a casa con lui una settimana intera, chissà come fa ad essere così sicuro che non vada via, forse veramente lui non centra niente con il mostro, altrimenti mi avrebbe costretto a rimanere, perchè sicuramente avrebbe pensato che sarei scappata se avessi capito che è lui la creatura, quindi vuol dire che non è, o forse visto il suo comportamento imprevedibile ha pensato che non lo facessi e ha creduto in me, non lo.

 Ah, aiuto non ci capisco più niente, penso appoggiando la testa sullo stipite della porta, ma stranamente le labbra mi si piegano in un sorriso, poi esco.
Fuori stramente è una bellissima giornata, il cielo è terso e il venticello è fresco. Dico stranamente perchè sono su un punto ignoto dei Carpazi e intorno a me c'è solo montagne, rocce, terra e qualche albero in lontananza.

Non mi sono mai accorta che ero su una montagna, come non avevo mai pensato, per via delle già troppe domande che mi frullano per la testa e per via di tutto quello che è successo, al fatto che sto per uscire senza sapere la strada, qualunque strada; per fortuna che ho con me la borsetta, quanto sono brava! Mi dico frugando al suo interno alla ricerca di un pennarello.

Non sono stupida, certo ho una memoria fotografica, ma non credo di poter ritrovare la villa molto facilmente se ora vado in città, quindi sarà meglio segnare gli alberi. Ho un metodo davvero infallibile che non mi farà perdere, anche se mi farà sprecare del tempo per ritornare, ma poco m'importa, infondo o tutto il tempo, così mentre scendo dalla montagna, segno gli alberi che incontro lungo la strada, da uno a non so quale cifra.

Arrivo a trentasette che il pennarello ha la punta tutta rovinata per via delle cortecce frastagliate e ruvide, ed io sono con i piedi doloranti, un po'stanca e sporca di terra per essermi afferrata a qualsiasi sporgenza rocciosa trovassi lungo il cammino. Salire è una grande faticaccia, ma scendere non è da meno, non è per niente facile come si crede.

Finalmente sono ai piedi della montagna e non appena vedo la rete intorno alla zona degli scavi, che devo per forza superare per arrivare in città, mi nascondo dietro un albero per precauzione. Non importa che mi abbiano rovinato il pennarello, in questo memento amo profondamente questo tronco grande e possente che mi nasconde completamente.

Faccio con attenzione capolino e mi guardo intorno. I camion sono spariti e sopra al cancello ci sono delle targhe e dei nastri della polizia. Non so che cosa è successo, ma che ci sia la polizia è una cosa molto buona, spero solo che abbiano scoperto i loro sporchi traffici e li abbiano arrestati tutti e chissà, forse Georg ha parlato di tutto e ora chi di dovere ha arrestato chi ha ucciso mio padre. Sarebbe un sogno, penso, ed esco dal mio nascondiglio approssimativo dando una pacca affettuosa all'albero.

Scendo ancora più giù e da qui in avanti la strada per arrivare al paesino la so, quindi non serve numerare alberi o cose simili. Dopo una bella passeggiata mi trovo sul ciglio della strada dove il tassista mi aveva lasciato qualche giorno fa e guardo la strada sperando che passi una macchina, ma sono troppo ottimista, così comincio ad incamminarmi; per fortuna che ho addosso le scarpe da ginnastica, prevedo una camminata lunga non so quante miglia, per giungere dalla strada deserta, a quella animata che porta alla città.

Strano ma vero, diverse ore dopo sono ancora viva e vegeta e arrivata in città. Lì mi guardo intorno cercando di riconoscere le vie principali e le viuzze o più semplicemente i negozi e per fortuna trovo subito un alimentari che ricordo da quando sono venuta qui diversi anni fa con papà e che non è cambiato di una virgola.

 Stesso ingresso giallo limone, stesse porte a sensori, stessi carrelli e chissà se hanno ancora le mie caramelle preferite, mi chiedo passandoci davanti.
Ricordo perfettamente che dall'alimentari bastava andare avanti per la via principale e dopo ci si sarebbe automaticamente trovati davanti un incrocio e proprio dall'altra parte la strada. Percorro il tragitto che ricordo e alla fine, al di là della strada, vedo il mio hotel.

 Attraverso attentamente e mi trovo davanti alla doppia porta beige con vetrate pulitissime e due grandi vasi di piante grasse ad abbellire il suo fianco.
Non appena entro il direttore, uomo piacente, ma non certo per me che ancora non ho quarant'anni o sessant'anni, mi corre incontro tutto trafelato, seguito da suo figlio vice direttore. Su lui non ho niente da ridere, è veramente un bonazzo e forse non gli sono neanche indifferente, non che m'interessi comunque, anche se mi da non poca autostima saperlo.

"Signorina Settembri, sta bene? Eravamo così preoccupati, sapevamo che doveva venire da noi, ma non si è fatta viva"

"oh, è vero, mi dispiace, non intendevo recare disturbo, in effetti ho avuto un problema e non ho potuto avvertire che ero arrivata e restavo fuori"

Diciamo pure che non ci ho proprio pensato.

"Comunque immagino che ora la mia stanza sia già..."

"oh no, affatto, sa benissimo che lei è una persona speciale per noi, grazie a vostro padre abbiamo scoperto chi tra i clienti rubava e poi era tanto famoso e superlativo nel suo lavoro, ci dispiace immensamente per la sua prematura morte"

"Succede"dico fredda "ma ora vorrei andare nella mia camera, sono un pochino stanca, ho camminato molto dalla strada"dico addolcendo il tono, non so perchè prima mi è uscito tanto glaciale, non è da me, anche se non sembrerebbe.

"Strada?"Chiede Clif, il figlio del Direttore, ovvero il bonazzo.

" Sì, ero in un posto dove le auto non passavano, ho dovuto camminare per non so quanto, quindi potrei andare ora?"

"Ma certo signorina, faccia pure"dice il direttore.

"grazie e mi scusi ancora per i fastidi che le ho procurato"dico e mi dirigo verso le scale per salire i due piani che mi avrebbero portato al secondo, dove alla fine di un breve corridoio, c'è la mia stanza. Per fortuna che il tragitto è breve e che mio padre e un buon amico del direttore, altrimenti ora la mia camera sarebbe stata data a qualcun'altro e io sarei dovuta andare per forza in quella villa e non è una buona idea finché non scopro che cosa è successo, chi era quel mostro e sopratutto se era reale.

Giunta in camera mia, spalanco la porta e mi trovo in una stanza semplice, costituita da mobili rustici di legno scuro.

Non ricordavo fosse così piccola, ma il solo lanciargli uno sguardo mi basta per capire che è perfetta. I muri sono color crema cosparsi da numerosi quadri raffiguranti paesaggi tranquilli e rilassanti e c'è un'unica finestra posta proprio vicino al letto, esattamente dove nasce il sole, così che la stanza sia deliziosamente illuminata tutto il giorno, l'unica pecca è che la rende molto calda, forse anche fin troppo calda. Me ne accorgo subito, ma sicuramente aprendola entrerebbe una leggera brezza che muoverebbe la leggera tendina arancione.

 La stanza è ammobiliata con l'indispensabile, niente oggetti superflui e la sua grandezza è sufficiente per starci comodamente.

La prima cosa che faccio è entrare nel piccolo e intimo bagno interno e aprire l'acqua della doccia, mentre seduta sul water, metto a mollo nel bidè i piedi doloranti e inizio a massaggiarli.

Poco dopo sono sotto il getto caldo e rilassante della doccia, purtroppo la vasca non c'è, quindi niente bagno rilassante con oli profumati e candele colorate, ma non è il male peggiore che mi è successo di recente.

Le mie spalle tese, colpite dall'acqua, si rilassano e la terra il sudore e la fatica della camminata avvenuta poche ore fa, scivola via. Ci voleva proprio, penso insaponandomi con la spugna imbevuta di bagnoschiuma agli agrumi, che è di un intenso color oro e subito mi ricorda gli occhi color ambra di Emanuele.

Non riesco proprio a togliermelo dalla testa, penso facendo un sorriso, ma sono certa che una volta avuto le mie risposte sarò di nuovo libera da ogni pensiero che lo riguarda e da ogni cosa che non mi permette di partire in santa pace.

La doccia va benissimo nonostante il colore del bagnoschiuma e quello dello sciampo alla camomilla che mi ricordano persone che vorrei momentaneamente dimenticare; vorrei tanto sapere perchè ho comprato proprio quelle due fragranze fra tante; comunque ora sono vestita solo di un asciugamano color...e no, vorreste che dicessi che so; color porpora come i suoi capelli, ma no, questa volta non è un colore che suscita ricordi, è di un bel verde, che ormai è stato chiazzato dalle gocce d'acqua cadute dai miei capelli, che ormai sembrano spinaci bagnati e che mi si appiccicano sul viso e sul collo.

Sospiro togliendomi l'ennesimo capello bagnato dal viso e cerco un phon che attacco alla presa per cominciare ad asciugarli e purtroppo prevedo che l'operazione durerà un bel po', siccome sono lunghi fino alla vita.

Dopo un po', stanca, lascio i capelli umidicci e mi sdraio sul letto cercando di rilassarmi, anche se non funziona per niente. Comincio a fissare il soffitto bianco, ma questo non fa altro che far viaggiare la mia mente che va a soffermarsi su quelle assillanti domande che non riesco a togliermi dalla testa, però, forse, il silenzio che c'è in camera può in qualche modo aiutarmi a ragionare e capire meglio la situazione in cui purtroppo mi trovo.

Non so per quanto tempo non faccio altro che pensare e ripensare alle stesse cose non arrivando a capo di nulla, ma non mi do per vinta e tento ancora e ancora di convincermi che non è vero niente di quello che ho visto, fino a che, unendo tutto quello che ho, devo desistere e accettare che purtroppo, a quanto pare, il mostro effettivamente è Emanuele.

Questo pensiero si fa strada dentro di me spingendo via l'ultimo persistente tentativo di auto convincermi che non è vero, però giungo anche ad un'altra conclusione, ovvero che forse sarebbe un bene che ascoltassi tutto quello che avrà e vorrà dirmi, perchè non credo che voglia lasciarmi priva di spiegazioni, dato che tutto è successo solo ieri e, se proprio è questo quello che vuole, lasciarmi all'oscuro di tutto, io non lascerò che accada, pretendo delle risposte, visto che ci sono dentro in prima persona.

Così presa questa decisione incomincio a pensare a qualche domanda da fargli e come.

Un improvviso starnuto spezza il filo dei miei pensieri e mi rendo conto che mi trovo ancora nuda e avvolta nell'accappatoio dell'hotel e non so nemmeno da quanto, preferirei non prendermi un raffreddore con tanto di febbre, sarebbe seccante, così ritorno in bagno e mi vesto con gli stessi abiti di prima, non avendone con me altri all'infuori di quelli.

Una volta vestita cerco la borsa che trovo a terra, prendo il cellulare e guardo l'ora. Sono le dieci e mezzo, posso fare un giro per la città, pranzare e rincasare verso tardo pomeriggio, la prenderò come una pausa dal disastro eminente che succederà una volta che avrò davanti Emanuele, spero solo di riuscire a parlargli senza svenire o irrigidirmi, non servirebbe a niente e mi vieterebbe solo di capire con lucidità la situazione.  

Mi pettino con le dita i capelli, che sicuramente dopo saranno pieni di nodi e calzo le scarpe e prendo la borsetta, decisa a uscire per un po'. Mi dirigo alla reception e mentre scendo le scale ogni tanto sento delle voci provenire dalle stanze, alcune anche infantili e mentre passo per il corridoio, la mia attenzione viene rapita da una portafinestra da cui intravedo una piscina e alcune persone che vi nuotano.

Mi sarebbe piaciuto un sacco nuotare un po', peccato che per colpa del divertimento tendo ad eccedere e finirei per fare tipo le nove di sera e non posso permettermelo, quindi sarà per un altra volta,quando ritornerò in Italia e andrò alla piscina comunale, mi dico accelerando il passo, a malincuore.

Giunta alla reception la trovo vuota, o almeno così sembra, fino a che mi avvicino e sbuca all'improvviso Clif.

"Ah, signorina Settembri, sta uscendo?"

Mi sembra ovvio, penso, ma oggigiorno chi è che non dice l'ovvio solo per iniziare a chiacchierare.

  "Sì, volevo fare una passeggiata e pranzare fuori"

"Ah, che peccato, mio padre intendeva chiederle se voleva pranzare da noi, avrebbe smosso mari e monti per lei"

"lo ringrazi allora e le dica che mi dispiace"

"sarà fatto, buona giornata signorina"

"Gemma"

"Gemma"ripete sorridendo, come se glia vessi dato una chance, ma la cosa importante è il sentimento che provo mentre apro la porta ed esco dell'hotel,
come se avessi fatto qualcosa di davvero brutto e sbagliato.

Fuori il sole fa capolino di tanto intanto fra le nuvole bianche e spumose, mentre intorno ad esse il cielo è terso. Farebbe un tantino freddo se solo i raggi non mi colpissero di tanto intanto. Per prima cosa vorrei ripercorrere le strade fatte con mio padre, un'idea dolorosa che si rivelerà sicuramente molto nostalgica, non so se riuscirò a lungo, ma vorrei tentare.

Stranamente, nonostante gli anni passati e il fatto di essere stata qui in Romania solo una volta con mio padre, a soli sei anni o giù di lì, mi ricordo tutto con estrema facilità, si vede che ero una bambina attenta e curiosa, di sicuro gli occhi di Emanuele mi sono rimasti impressi; come se potessi scordarli se mi venivano sempre di fronte, anche se questo è successo principalmente dai miei quindi anni in poi.

Prima non li ricordavo, se non alcune volte se mi soffermavo a pensare nei momenti in cui ero a casa e non avevo nulla da fare, ma non divaghiamo.
Per prima cosa, non c'è niente di meglio da fare di ritornare in quel alimentari e vedere se davvero hanno le caramelle che io adoravo e che mio padre mi comprava ogni volta che se ne presentava l'occasione.

Dall'Hotel ricordo perfettamente la strada per andarci, infatti in un attimo sono davanti all'alimentari e per qualche stano motivo sono esitante ad entrare.

Debolezze, bleh, vorrei tanto non averle, mi dico arrabbiandomi con me stessa e se non sto attenta il cassiere vedendomi fare su e già davanti alla porta, che non fa altro che aprirsi e chiudersi, potrebbe chiamare la polizia e non è il caso, così alla fine entro.

Una volta dentro rimango ferma impalata per un attimo. Non è cambiato di una virgola, beh, magari la disposizione dei prodotti sugli scaffali, ma il resto è rimasto identico.

Faccio un respiro profondo e m'incammino fra i prodotti alla ricerca delle mie caramelle preferite, come se fossero i corridoi di casa mia.

Quando le vedo lì, su uno scaffale per poco non urlo. Ne prendo un pacco con irruenza e poi una lattina di coca cola, che non manca mai in nessun posto e mi dirigo alla cassa, dove c'è il giovane cassiere che fino a un momento fa mi guardava incerto se chiamare la polizia o urlarmi contro e mentre passa i prodotti, non perde ogni mia singola mossa, comunque alla fine pago e vado via.

Una volta uscita mi tolgo da davanti all'entrata, mi ha dato molto fastidio il suo continuo controllarmi, ma è anche vero che potevo sembrare strada ai suoi occhi, quindi me ne faccio una ragione.

M'incammino in una viuzza che ricordo porti ad un parco lì vicino, dove ogni tanto io e mio padre ci fermavamo e dopo qualche minuto mi trovo davanti ad un cancello che prima non c'era. Se l'alimentari non è cambiato di una virgola, la stessa cosa non si può dire del parco giochi, è tutto nuovo, i giochi sono sempre gli stessi, ma di colori diversi,forme diversi, decisamente più nuovi, ma tranne questo non posso fare a meno di fare un sorriso mesto, quando trovo la panchina dove io e mio padre ci sedavamo allora, esattamente dove la ricordavo. Mi siedo lì, sotto l'ombra di un albero, mentre l'aria fresca mi sfiora il viso e non posso fare a meno di chiudere gli occhi, mentre contemporaneamente apro la lattina di coca cola e la porto alle labbra.

C'è un bel fresco, non me ne sono accorta, ma il clima è diventato molto più caldo da quando sono uscita dall'hotel, è variato così velocemente. Dopo un sorso, beatomi del silenzio persistente che c'è intorno a me, abbasso la testa e prendo dalla busta accanto a me la confezione trasferente a forma di sacchetto contenente una marea di caramelle gommose alla fragola.

Le guardo e mi vengono le lacrime agli occhi, non immaginavo certo di poter ritrovare le caramelle delle mia infanzia, che non sono riuscita a trovare nemmeno in Italia, qui in Romania e soprattutto a distanza di quattordici anni, penso mentre l'immagine di mio padre che mi sorride porgendomi le caramelle mi ritorna alla mente più vivido che mai e rischiando di farmi mettere a piangere come non ho mai fatto e non intendo fare.

Faccio un grande respiro, apro il pacchetto, infilo la mano dentro e poi mi lancio una manciata di caramelle in bocca, assaporandole una ad una.
Molte volte mentre alterno due caramelle ed un sorso di coca cola mi trovo stringere forte il pacchetto nella mano,ma oltre a questo e un profondo dolore che non si è mai alleviato con il tempo, non faccio nient'altro e me ne sto buona su quella panchina piena di ricordi.

Dopo il parco purtroppo non mi sembra di ricordare altri posti dove andare, tranne un ristorantino molto carino non adeguato a pranzare, quindi gironzolo un po' in giro. Trovo di tutto e di più, negozi d'abbigliamento, tra cui in uno vedo un completino sportivo che è la fine del mondo e che mi compro subito senza pensarci due volte, ma rifiuto quando mi viene chiesto se voglio comprare qualche abito super colorato di moda, i vestiti è raro che l'indossi e se lo
faccio, o sono meno femminili possibile o niente.

In un alto negozio compro delle cartoline per Oscar, Steve e Annabella e i francobolli e appoggiandomi contro un muro, ci scrivo due righe e le imbuco nella prima casetta delle lettere che trovo, compro quattro souvenir e ricomincio a camminare ancora senza meta.

Dopo un po' trovo altri negozi simpatici, tra cui una libreria dove compro un libro che parla della Romania, delle sue leggende e folclore, dei loro cibi e tant'altro, per l'esattezza è un'enciclopedia molto spessa e molto pesante. Dopo aver camminato ancora, ed essermi frenata nel comprare altro, perchè ho già fatto fuori un bel po' di sordi, qualcosa rapisce la mia attenzione e mi trovo davanti ad un ristorantino dall'entrata tutta colorata.

Mi piace da morire, ma nonostante questo sono pronta a passare oltre, sicura che costino molto le loro pietanze e non essendo comunque abituata a mangiare rumeno non sarebbe una buona idea, quando, mentre m'incammino, l'occhio si posa su una scritta che non avevo notato prima e che dice "prendi e porta casa" in diverse lingue e mi convince ad avvicinarmi.

Faccio un cenno del capo al ragazzo dietro al bancone e guardo le pietanze speziate e poi i prezzi, sono modesti, ma sono partiti già molti soldi e anche se credo che spenderli sia un obbligo, non devo esagerare, mi ripeto mentre compro quello che sarà il mio pranzo che mangerò da qualche parte.

Alla fine con due porzioni di cibo in appositi contenitori di plastica dentro una bustina, mi allontano dal ristorantino decisa a trovare un posto dove
mangiare in santa pace il cibo ancora caldo e alla fine dopo un po' di giri, trovo un muretto e mi siedo. Chissene delle persone che mi vedono.

Mi metto lì e comincio a mangiare una pietanza a base di carne, aspettandomi che non mi piaccia. Quando ho chiesto al ragazzo cosa era e cosa c'era dentro, nonostante la mia difficoltà a capire alcune parole, grosso modo ho capito alcuni ingredienti, non so come si dicono molte pietanze o spezie della loro lingua, ma più o meno qualcosa so e per il resto sarà la mia bocca a dirmi  cosa sto mangiando.

Mentre mi metto in bocca un pezzettino di carne ricordo cosa mi ha detto il ragazzo, quello è pollo fritto dalla Transilvania, il che mi fa venire in mente subito Dracula di Bram Stoker, se solo non fossi da tutt'altra parte mi sarebbe piaciuto andare a vedere i ruderi del suo castello e poi la ricostruzione, ma non ho tempo ora, penso, quando improvvisamente mi ritorna in mente quello che ho visto e che Emanuele dovrà spiegarmi.

Non so come, ma mi ero completamente dimenticata di tutto quel fatto inquietante e privo di logica, incredibile.

 Decido di fare un altro veloce giro, ma poi devo assolutamente ritornare alla villa prima che faccia buio.

Il pollo non è male, molto speziato e devo dire che nonostante l'aglio e la cipolla che c'era dentro, mi è piaciuto moltissimo, il pollo è più che sufficiente come pasto, quindi mi ci vuole solo un bel dolce.

Prendo con le mani un pezzo di torta moldava al formaggio e la porto alla bocca, anche se la tengo in maniera un po' instabile. Una delizia, veramente buonissima, la finisco in un baleno, poi cerco un cassonetto dei rifiuti, butto le confezioni e ritorno a camminare verso l'ignoto, prima di rincasare.

Dopo diversi giri mi sono fermata a comprare un biglietto di sola andata per l'italia, ma lo terrò pronto solo se ne avrò necessità e continuo a esplorare, notando un altro negozio interessante.

Mi sto per avvicinare quando le mura bianche intorno a me, le strade, il marciapiede e il negozio stesso si tingono di rosso e arancione. Mi volto e alle mie spalle, in cielo, mi trovo il sole che sta tramontando, ora è una corsa contro il tempo.

Agitata, corro verso la via principale per andare in Hotel e chiedere un enorme favore al direttore, ovvero se può portarmi al ciglio della strada.

Arrivata all'Hotel entro di colpo e mi trovo dietro al bancone il direttore, proprio la persona che volevo vedere.

"Mi scusi, le posso chiedere un favore? È urgente"

"ma certo signorina,mi dica"

"mi ha chiamato un amico e mi ha invitato a dormire a casa sua oggi, ma dovevo essere lì alle cinque e lo sono ora, non potrebbe chiamarmi un taxi"dico agitata, anche perché chiedere un autista, sarebbe altezzoso e una macchina strano,quindi...

"Non si preoccupi, ci penso io, le chiamo subito il nostro autista, le darà un paesaggio fin dove vorrà".

"La ringrazio"dico sorridendo, non so perché ma non appena ho visto il sole tramontare mi è preso un colpo, anche perchè ci metto ore ad andare a piedi fino alla villa, sarei dovuta partire almeno due ore fa se non tre per poter arrivare in tempo, ma il motivo di tale nervoso non è che con il giungere dell'imbrunire i Carpazi sono pericolosi e non posso vedere bene i numeri sugli alberi per trovare la strada, cosa vera, ma più che altro è il pensare ad
Emanuele che non mi trova a casa.

Si è fidato di me lascando la porta aperta, è sicuro che io nonostante tutto non sarei andata via, che non avrei mandato a farsi benedire la promessa che gli avevo fatto di rimanere in casa sua una settimana e anche se lui è qualcosa che non mi so spiegare, non me la sento di non prestare fede alla mia promessa e ferirlo, non ce la faccio proprio, infondo anche se è quello che è, non mi ha fatto male, anzi mi ricordo che si è messo fra me e i vetri quando stavano per finirmi addosso e ha cacciato via quegli uomini, quindi anche se è una creatura mostruosa, una cosa è certa, non è cattivo, mi trovo a pensare mentre aspetto l'autista davanti all'hotel.

Quando una macchina mi si ferma davanti, salgo velocemente voltandomi verso il direttore a cui faccio un saluto con la mano e un cenno del capo a mo' di ringraziamento, poi chiedo all'autista di portarmi dove prima c'erano gli scavi ora chiusi, ed egli parte senza chiedermi nulla.

Dopo aver dato fretta almeno tre volte all'autista, senza però non essere ascoltata, arriviamo agli scavi.

"La ringrazio, molto gentile"dico, ma non mi trattengo nel vederlo fare l'inversione a U e andare via, sono troppo in ritardo, per cui comincio a correre e a cercare tutti i numeri sugli alberi mentre ancora c'è un po' di luce.

Dopo essermi arrampicata aiutandomi con le rocce sporgenti, ostacolata dalle buste che ho con me, finalmente arrivo alla villa e sospiro quando me la ritrovo davanti in tutta la sua imponenza e maestosità.

 Corro verso la porta d'ingresso passando il cancello e salendo i tre scalini dell'entrata e una volta dentro, mi calmo di colpo.

Passo l'anticamera e vado in sala alla ricerca di Emanuele, ma capisco subito che mi ritrovo da sola e questo mi fa rilassare le spalle ancora rigide, pensare che credevo di essermi calmata.

"Cerchi qualcuno?"Mi chiede all'improvviso una voce da dietro le mie spalle.

Mi volto e mi trovo davanti Emanuele in tutto il suo splendore, come sempre; avrei tanto voluto vederlo mentre la stanza era immersa nel rosso e arancio, ma oramai è buio e non avrò più questo piacere, ma una cosa voglia tanto saperla, da dove accidentaccio mi escono questi pensieri strani?

"Ciao"dico solo mettendo le buste sul divano, come se ormai fosse casa mia, mi ambiento troppo facilmente.

"Shopping?" Mi chiede rimanendo fermo dove si trova.

"più o meno"rispondo concisa.

"Capisco, voi donne..."dice e a quell'affermazione mi volto di nuovo verso di lui infastidita, ma tutto scompare notando che sorride, non intendeva
offendere, solo dire quello che è vero, cioè che ci piace spendere tanti soldi e anch'io, mi dispiace ammetterlo, non sono immune a questa malattia.

"Già, noi donne..."dico anch'io, poi mi volto con decisione, appoggiandomi con la schiena contro divano e lo guardo dritto in faccia.

"Gradirei una spiegazione riguardo a ieri"dico seria.

Lo sguardo di Emanuele da giocoso si trasforma in serio e ci fissiamo per un attimo a vicenda, circondati da un silenzio che potrei dire teso.

"A cosa ti riferi..."dice facendo il finto tonto. Afferro la prima cosa che mi capita in mano dalle mie buste e gliela tiro colpendolo dritto in faccia.

"Ma cosa?"Esclama toccandosi la guancia e poi chinandosi per raccogliere l'oggetto che ho lanciato e che purtroppo non è l'enciclopedia che ho comprato.

Guarda incredulo l'oggetto, poi guarda me.

"Caramelle? Mi hai tirato delle caramelle" Mi fa notare ancora sorpreso e forse un po'oltraggiato.

"Sì, ti ho tirato delle caramelle" dico irritata dal suo prendermi in giro, sappiamo tutti e due cosa ho visto ieri notte.

"Peccato che non ho comprato una statuetta di marmo"dico arrabbiata incrociando le braccia al petto e guardandolo male.

"Tu non lo sai perchè non mi conosci, quindi lasciatelo dire, la sola cosa che odio di più al mondo ed essere presa in giro, ho visto tutto ieri sera e voglio capire che cosa ho visto"dico in attesa.

Emanuele si avvicina e ogni volta che lo fa o la voglia irrefrenabile di indietreggiare, mi agita, peccato che questa volta non posso farlo perchè dietro ho il divano e per fortuna ho anche una faccia da poker esemplare.

Lo guardo avvinarsi lentamente e dopo un attimo di agitazione alzo un sopracciglio, perplessa.

"Mi dispiace ma non intendo dirti nulla"dice calmo.

Bene, allora ammette di sapere tutto.

"Perchè? Lo voglio sapere"insisto.

"Perchè altrimenti dopo avresti paura di me e non lo sopporterei"

"sì, ma io non posso lasciare stare"dico un po' toccata dalle sue parole che reputo sincere, o meglio sento che non sta scherzando, anche perchè non c'è niente su cui scherzare in questa situazione.

Ormai siamo vicinissimi e all'improvviso mi ricordo di aver mangiato aglio e cipolla, quindi allontano un po' la testa.

"hai mangiato speziato, eh?"

Lo guardo male, come cavolo fa a sapere quello che penso?

"Ti da fastidio?"

"molto"risponde serio.

"allora allontanati"

"no, preferisco rimanere dove mi trovo"dice sorridendo.

Distolgo lo sguardo dal suo, sperando di non essere arrossita.

Accidenti, un passo e ci tocchiamo, ed io nonostante tutto quello che ho visto non ho per niente paura di lui, anzi, ma sono normale?
"Sei sicura di voler sapere tutto?"Mi chiede all'improvviso, il che vuol dire che in verità lui vorrebbe dirmi tutto, ma che ha timore di qualcosa, ovvero che io possa avere paura di lui e scappare, se naturalmente  è vero quello che ha detto; forse non sopporta nemmeno l'eventualità che possa accadere e se è così è davvero molto dolce, credo.

"Sì, lo voglio sapere e tu vuoi dirmelo"affermo, sicura, altrimenti non avrebbe tirato fuori di nuovo l'argomento.

"Ok, allora vieni con me"dice prendendomi per mano e tirandomi via.

Guardo la sua mano curata dalle lunghe dita affusolate stringere delicatamente la mia e il contrasto è palese, la sua mano è fredda, la mia calda, mi viene una gran voglia di stringergliela per riscaldarla, ma non è il momento giusto, finalmente mi sta per dire tutta la verità e so per certa che  non mi piacerà.


 

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Capitolo 10
*** Verità ***


Non so cosa pensare mentre mi tira con sé per le scale, quasi non riesco nemmeno a seguirlo per quanto è veloce, ma faccio del mio meglio.

Alla fine si ferma davanti una porta al secondo piano, una porta che io non ho mai osato aprire nonostante la forte curiosità, infondo non è casa mia, mi stanno ospitato ed è già tanto che ho usato la cucina, so dove si trova il bagno e la mia momentanea camera da letto,non mi serve sapere altro, o almeno questo è quello che pensavo fino a qualche girono fa, ma a quanto pare oggi la mia curiosità verrà saziata proprio da Emanuele.

Emanuele si volta verso di me e mi guarda. Per un attimo mi sembra indeciso e pensieroso, mi piacerebbe tanto chiedergli cosa c'è che non va, ma credo sia meglio lasciarlo pensare a come iniziare a spiegarmi tutto, chissà forse non è facile per lui, sopratutto se è vero che ha paura che possa scappare da lui per il terrore.

"Ecco, sediamoci un attimo"dice facendo un cenno con la testa verso un divanetto a due posti lì vicino.

Mi siedo come deciso e aspetto che lo faccia anche lui, ma niente, rimane solo fermo davanti a me, fino a che mi s'inginocchia di fronte e mi prende le mani fra le sue, poi mi guarda dritto negli occhi.

"Conosci qualche leggenda sulla Romania?" Mi chiede all'improvviso cogliendomi di sorpresa.

"Beh, quella più famosa, da cui lo scrittore Bram Stoker ha preso l'idea per scrivere il suo libro, ma infondo è solo un libro, lui a preso spunto dal castello e
dalla storia di Vlad Tepes, il principe di Valacchia sopranominato Dracula per un fatto di nomi e significati che ignoro, suo padre era Vlad secondo, dracul, poi c'è il fatto che Vlad Tepes impalava tutti i nemici...non ho ben presente tutto, ma perchè me lo chiedi?"Domando guardandolo, perplessa.

Emanuele attende un attimo prima di rispondermi, mi sembra ancora incerto, ma all'improvviso noto nei suoi occhi decisione, come se avesse deciso di buttare tutto lì, e poi una sicurezza che mi agita non poco, ma faccio finta di niente, o almeno tento.

"Sai cos'è Dracula, vero?"

"Sì, un vampiro"dico ancora più confusa di prima, guardandolo ancora negli occhi.

 "Ah, cavolo, così non mi aiuti per niente"mi dice passandosi una mano fra i capelli, frustrato, per poi riposarla sulla mia.

"I vampiri come sono, che caratteristiche hanno?"

Sospiro. "Senti Emanuele, se stai giocando vedi di smetterla, voglio sapere davvero cos'è successo ieri notte, non giocare agli indovinelli"dico infastidita e confusa.

"Nessun indovinello, capirai, te lo giuro, però devi rispondere alle mie domande"

"bene. Che caratteristiche, vediamo... beh, non possono stare a contatto diretto della luce del sole altrimenti bruciano,credo, c'è chi dice anche che si
sentano solo deboli, onestamente non so quale sia giusto"dico rispondendo seriamente come mi è ha chiesto.

"Che altro?"

"dormono durante il giorno"

"e"

"hanno i canini appuntiti"dico cominciando a sentirmi inquieta e non so per quale motivo.

"e perché li hanno?"

"per mordere le persone e nutrirsi"

"quindi possiamo dire che hanno una loro dieta personale, diciamo ferrea. E poi"

"cos'altro c'è da dire?"

"Beh"dice sorridendo "tanto, sono morti viventi, quindi non respirano né gli batte il cuore, sono immortali, non invecchiano e la loro pelle è fredda. Gemma,
come sono le mie mani?" Chiede guardandomi negli occhi.

Mi si mozza il respiro mentre lo guardo.

"fredde"dico

"non credi ci sia qualcosa di strano in questa casa?"

"Beh, non so"

"il fatto che mi vedi in giro per casa solo la notte, come lo spieghi?"

"Per me non è tanto strano, per quanto né so' potresti avere un lavoro che svolgi di notte, quindi dormi il giorno. Non so, turni notturni per qualcosa, non ti conosco bene per pensare che sia strano"gli dico.

"Nessun lavoro notturno"m'informa.

 Alzo le spalle come per dire "e allora?"Ma sono ancora molto agitata e non ne capisco il motivo, o meglio, non voglio ammettere quale sia il motivo,
perchè troppo assurdo.  

 "Vediamo e la mia dieta particolare non ti fa pensare a nulla?"

"Beh, quella è più che normale, ne conosco a bizzeffe di diete"

"mi hai mai visto mangiare?"Mi chiede con sguardo palese.

"Cavolo, Emanuele basta! Non poi farmi credere che tu sia...non riesco neanche a dirlo per quando sia assurdo e impossibile"

"cosa hai visto ieri Gemma?" Mi chiede lasciandomi le mani, per poi alzarsi e mettere alcuni passi di distanza da me.

No, che fa?Non è lui che non vuole che mi allontani da lui? Mi chiedo infastidita dalla distanza che ha messo fra di noi, la cosa bella è che in qualche modo lo capisce e mi sorride ritornando a inchinarsi di fronte a me.

"Sei sicura che non sono un vampiro?"Mi chiede pronunciando la parola vampiro come se parlasse di un qualcosa che esiste veramente,ma non è possibile, non ci posso credere, non ci voglio credere, però quello che ho visto ieri notte, quando mi ha detto che lui ci ha salvati diversi anni fa, il suo aspetto che non è cambiato neanche un po', il fatto che vedessi ovunque i suoi occhi e che la casa di giorno fosse deserta e lui compariva solo al notte e la sua strana dieta, se è vera lui dovrebbe bere..."al solo pensarci mi sento male.

Emanuele ancora inginocchiato davanti a me, mi guarda con un misto di consapevolezza e dolore negli occhi, qualcosa che mi disturba molto, ma che penso sia inevitabile, se veramente lui è quel tipo di...mosto, che non invecchia, non muore perchè già morta, non respira e sopratutto che si nutre di sangue umano per sopravvivere.

All'improvviso mi sento anch'io in pericolo, come se fossi una creatura da sacrificare.

"No, non pensarlo nemmeno"dice subito Emanuele stringendo ancora di più le mie mani, ferito.

"Non ti farei mai del male, piuttosto mi espongo alla luce del sole nell'ora più calda"dice sincero.

Lo guardo senza riuscire a dire una parola, come faccio a non avere paura di lui e a sentirmi solo un po' più vigile? Come faccio a stare ancora seduta qui ed essere lucida?

Insomma è impossibile esistano delle creature simili, ma forse è perché ieri ho visto Emanuele tanto diverso che non faccio fatica a crederci e non ho paura di lui perchè mia ha salvata, ma io veramente non posso...

"Ieri però non avevi proprio quest'aspetto"

"mi credi?"

"Diciamo di sì, ma se è davvero così, voglio che me lo dici tu stesso e me lo mostri"dico per niente pronta, ma con una decisone e un coraggio che non so dove ho preso.

"Ok, va bene, però tu..."dice interrompendosi e noto chiaramente che è indeciso e che se fosse per lui eviterebbe di mostrarsi così davanti a me, ma in fin dei conti se mi deve dire tutto, non può tirarsi indietro.

"fallo"dico calma.

"Sì, ma sarà troppo per te, non capiresti e te andresti e non voglio questo"dice agitato cercando ancora una volta di alzarsi e allontanarsi da me, ma lo fermo prendendogli la mano e guardandolo dritto in faccia, sicura di volerlo vedere a costo di fare del male a tutti e due.

"E sia"dice in tono triste.

In un attimo vedo il suo viso cambiare, i suoi occhi diventare di un color ambra più luminoso, le pupille allungarsi come quelli di un serpente, verso l'altro e a me manca l'aria, ma resisto ancora.

Una volta che gli occhi sono esattamente come li ho visti la sera prima, dalle labbra noto spuntare due canini appuntiti e bianchissimi. Li fisso spalancando gli occhi, la trasformazione è completa.

"Sono un vampiro"dice sicuro, poi mi guarda.

"Gemma, sei pallida"mi dice subito dopo, preoccupato, ma non me ne accorgo, sono troppo presa dal sentire la sua voce diversa per via dei canini sporgenti, la stessa voce che ho sentito ieri.

Per poco non mi metto a piangere, manca veramente poco, me ne accorgo dagli occhi lucidi che non mi permettono di vedere bene e dalla spossatezza improvvisa che sento, non ce la faccio a sopportare tutto questo, in verità avevo sperato fino all'ultimo che Emanuele non fosse quella creatura e forse me ne ero anche convinta dicendomi che era stato qualcun altro a salvarmi la sera prima, ma è ovvio che non è così, ora è tutto così chiaro, così nitido, i pezzi del puzzle combaciano alla perfezione, ma io ancora non posso crederci non ce la faccio.

Mi alzo di scatto dal divanetto mentre fisso ancora il viso trasformato di Emanuele.

So che è sempre lui, ma ormai non so più nemmeno chi è lui, se è veramente il ragazzo lunatico che mi piaceva e che non conoscevo bene o no, ma una cosa è sicura, se questo è veramente lui e devo accettarlo perchè è così, mi dispiace, ma ancora non ce la faccio.

"Io...credo che per oggi dormirò in Hotel, devo pensare"dico dirigendomi verso scale, mentre Emanuele si sposta al mio passaggio senza opporsi.

"Non ritornerai in Italia, vero?" Mi chiede preoccupato, con quella voce tanto diversa dalla sua che mi mette davanti il fatto, che in verità per me è un completo sconosciuto e non il ragazzo che ho creduto fosse.

"No, credo di no"dico scendendo le scale e continuando a camminare fino alla porta, ed e
sco.

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Capitolo 11
*** Amore? ***


Scendo senza voltarmi nemmeno una volta, aiutandomi con le rocce sporgenti, quando inciampo e cado, questa è già la terza volta che incespico su qualcosa.
Tento di rialzarmi e ci riuscirei tranquillamente se fosse per il mio corpo, ma il problema è la mia mente, troppe cose tutte insieme. È davvero difficile accettare l'esistenze dei vampiri e sopratutto che Emanuele sia uno di loro, siccome sembra un ragazzo normalissimo e gentilissimo.
 
Come fa un ragazzo simile ad essere una creatura che beve sangue umano e che è morta? Lui non sembra per niente morto, ma le sue mani sono fredde e nonostante siamo stati per tutto il tempo mano nella mano, non si è minimamente riscaldato, questa è una dimostrazione più che valida che è tutto vero e devo dire che ora capisco anche quando diceva che ci aveva sempre tenuto d'occhio. Se è quello che è, può farlo, non credo gli sia difficile, anche quando ci ha detto che ci ha aiutato diversi anni fa; cosa che normalmente sarebbe impossibile perchè dovrebbe essere cambiato d'aspetto, sembrare più vecchio, invece è ancora uno splendido ragazzo, uguale a quello che ci aiutò.
Non capisco più nulla, penso mentre cammino a passo svelto verso il ciglio della strada buia, mentre il freddo della sera mi circonda come il silenzio persistente e inquietante, ma non ci faccio molto caso, ho troppe cose a cui pensare. Non riesco ad accettare ancora l'idea che Emanuele sia quello che sia e decisa a interrompere momentaneamente i miei pensieri perenni, per colpa di un forte e duraturo mal di testa, mi accorgo di essere in una strada isolata a notte fonda, da sola e che sono ancora vicino alla folta e selvaggia vegetazione dei Carpazi e potrebbero esserci tranquillamente dei lupi in agguato.
 
Faccio un grande respiro, tesa e continuo a camminare a passo svelto, mente il vento freddo della sera mi colpisce il viso e mi trapassa i vestiti. Improvvisamente sento un fruscio provenire da un cespuglio dietro di me e mi volto si scatto trattenendo il respiro, ma quando non sbuca niente lo rilascio e riprendo a camminare fino a che i miei piedi cominciano a protestare e mi fermo incerta su dove andare.
La strada è buia e questo non mi permette di riconoscerla bene, né tanto meno di leggere i numeri sugli alberi. Mi sono persa e per un attimo la mia mente crea perfettamente l'immagine di Emanuele e scopro di volerlo qui con me, creatura mostruosa o meno, quando all'improvviso in lontananza vedo una luce e mi tranquillizzo, sicura che siano le luci della città o comunque una persona e riprendo a camminare. Grazie a quella luce che poi è improvvisamente scomparsa, trovo la città e con lei la via principale, poi l'hotel dove alloggio.
Subito quando il direttore mi vede entrare rimane sorpreso, ricordo solo ora di avergli detto che sarei rimasta a dormire da un amico, così gli faccio un cenno con la testa per fargli capire che "non se ne fa più nulla" e gli chiedo la chiave.
 
Vado di sopra senza proferire parola, entro in camera e mi chiudo la porta alle spalle buttandomi sul letto, decisa a pensare tutta la notte, anche perchè sicura che farei comunque la nottata in bianco. Per prima cosa, tento di togliermi le scarpe spingendolo via con i piedi e una volta libera mi sento molto meglio, sono così doloranti, dopo di che alzo la testa e comincio a fissare il soffitto bianco, perchè so che mio malgrado mi aiuta a pensare meglio senza distrarmi.
Ricapitolando, esistono, cosa veramente sconcertante, delle creature chiamate vampiri, creature che credevo fossero solo finzione e leggenda, protagonisti di libri in voga al momento e con i vampiri anche tutto il resto che li riguarda, quindi la loro sete di sangue, il fatto stesso che bevano quella sostanza, il fatto che non possono morire se non in determinati modi e con determinati strumenti e che sono, udite! Udite! Immortali. Da fantascienza! Ma lo è meno se penso che ne ho visto uno di persona.
 
Ho visto veramente Emanuele trasformato, voglio pensare solo perché voleva difendermi da quei loschi e pericolosi individui e comunque non mi ha fatto male nemmeno quando gli ho tirato le caramelle e l'ho messo alle strette per farmi dire tutto, nemmeno si è arrabbiato! Quindi non vedo perchè dovrei avere paura di lui, basta solo non offrirgli il collo o altre parti del corpo ed è tutto a posto. Divento bordeaux al solo pensiero di lui che mi morde e rossa dalla rabbia se lo immagino mordere un'altra donna.
 
Scuoto la testa velocemente, sospiro e stranamente mi accorgo di avere fame. In camera c'è una sveglia, sono le nove e mezzo, ma non m'interessa minimamente, voglio mangiare, così prendo il telefono e chiamo per farmi portare qualcosa in camera. Dopo aver ordinato del pesce, perchè a pranzo o mangiato carne e si deve cambiare, lascio tutto al direttore che sono certa che si farà in quattro sapendo che a ordinare sono stata io.
 
All'improvviso bussano alla porta. Ehilà, sono veramente fulminei, penso andando ad aprire e mi trovo davanti un Clif molto seccato con in mano una valigia, la mia valigia.
 
"Buona sera, un ragazzo ha portato questa alla reception, per lei, signorina Settembri" O sì, è molto arrabbiato, ad anche smesso di chiamarmi per nome, ma non ne ha motivo. "Grazie, doveva essere il mio amico. Sa abbiamo litigato, ma con lui le arrabbiature non sono mai durature, si fa sempre perdonare con azioni come questa. Portami la valigia facendo un mucchio di strada, cosa gli dice il cervello?" Dico e non per mettere una scusa, ma solo perchè voglio fargli capire che non ci vado a...beh, insomma, il solo pensarci mi fa arrossire, sono solo un'amica una brava "amica" amica.
 
"Capisco, allora buona serata signorina"dice passandomi la valigia con irruenza.
 
Chiudo la porta e per poco non la sbatto.Che nervi! Ma chi diavolo si crede di essere! Il mio ragazzo? Se lo fosse stato a quest'ora sarebbe morto a forza di calci, ma passiamo oltre. Guardo la valigia che ho fra le braccia e mi trovo a sorridere istintivamente. Cosa gli è saltato in mente di portarmi la valigia, non me l'aspettavo,penso tirando fuori il mio accappatoio e un cambio. Voglio fare solo una meritata doccia tiepida come la faccio di solito e rilassarmi se possibile, poi penserò a cosa fare.
 
Non ci metto molto a fare la doccia e quando sento bussare alla porta sono ancora in accappatoio e ho i capelli ancora umidicci, ma può andare. Apro la porta e mi trovo davanti non che di meno che Clif con in mano il vassoio della mia cena e un altro piatto che non avevo ordinato coperto da una campana d'argento. Lo noto guardarmi sorpreso, poi divorarmi con gli occhi come se fossi un bocconcino succulento, cosa che mi fa sentire subito male e a disagio, da quanto conosco Emanuele nemmeno lui si è mai permesso di guardarmi così e con lui la cosa avrebbe più senso.
 
"Oh, la cena? Grazie" dico
 
"mio padre ha voluto che gliela portassi".
 
Quindi vuol dire che l'idea di portarmelo non è partita da lui, penso, ma è ovvio, visto che ce l'ha con me.
 
"lo ringrazi da parte mia allora, me la potrebbe posare sul comodino per favore?"
 
"Certo"grugnisce entrando e quando noto il cambio d'intimo e la mia camicia particolare sul letto mi affretto a precederlo e sedermici sopra, cosa che nota e mi guarda alzando un sopracciglio, confuso, ma pare non ci abbia fatto caso.
 
"La ringrazio molto, arrivederci Clif"dico chiamandolo per nome; spero solo che fare così possa farlo calmare almeno un po', mi serve avere degli amici in Romania, nel caso dovessi tornarci, non che lui m'interessi più, prima forse un pochino, insomma è un bel ragazzo, ma se il suo carattere è questo e il suo comportamento è tanto possessivo, mi dispiace ma, ciao tesoro! Non ci penso proprio a ritrovarmi con un guinzaglio, una museruola e un microchip che gli dice dove sono, nemmeno voglio avere il tuo consenso su cosa indossare ogni volta che devo vestirmi, sono affari miei cosa indosso, posso andare in giro anche in mutandine e reggiseno, non sono affari suoi.
 
Mi cambio alla svelta, ma al posto della camicia indosso una maglietta e un paio di pantaloncini, perchè immagino che verranno a riprendere il vassoio e non posso farmi trovare già pronta per dormire. Così mi lego i capelli in una cosa morbida e mi siedo sul bordo del letto trasferendo il vassoio dal comodino alle mie gambe e tiro su la campana, scoprendo la pietanza.
 
Fermati mondo! Gnam Gnam! Linguine allo scoglio. Mi metto a mangiarle con appetito, gustandole per bene e un attimo dopo ho finito tutta la pasta. Sono sazia, ma alzo comunque la seconda campana e quello che mi si presenta davanti mi fa digerite di colpo e trovare nuovo posto.
 
Gamberoni al vino bianco. Ne mangerei a quintalate.
 
Comincio a sbucciarli e mangiarli uno dopo l'altro e sembra che cantino gli angeli. Alla fine apro la salviettina al limone per le mani posta vicino al piatto, così che possa pulirmi per bene e per ultimo e non meno importante, tiro su l'ultima campana che non ho richiesto e ci trovo dentro un bellissimo dolce e un biglietto.
 
"Alla nostra cliente speciale, una deliziosa fetta della torta foresta nera, spero sia di suo gradimento, il direttore" La fetta di torta è qualcosa di spettacolare, ne prendo subito un pezzetto e lo porto alla bocca, delizioso; il cioccolato, il pandispagna, la deliziosa e leggera crema e le ciliegie con una punta di liquore che non riconosco si sposano benissimo, è una cosa stupenda. La finisco in un baleno assaporandola come non ho mai fatto con nessuna pietanza e alla fine malgrado ne voglia ancora, mi costringo a rassegnarmi.
 
Poso i piatti coperti e il vassoio sul comodino e mi distendo sul letto posandomi una mano sulla pancia. Che mangiata! Ma resta sempre il fatto che non so che fare con Emanuele; il solo pensarlo in un vicolo buio, chino a succhiare il sangue di qualcuno con il viso trasformato in quel modo, mi fa venire i brividi, però lui in verità è così dolce, posso pensare che non faccia male a nessuno e ritornare da lui? Lo vorrei tanto mi trovo a pensare, ma sono indecisa.
 
Mi giro e rigiro nel letto fino a che non vedo il telefono e mi viene un'idea. Di solito quando sono a pezzi per diversi motivi chiamo sempre i miei migliori amici e allora perchè non farlo adesso, chissà che non mi aiutino o mi sollevino almeno il morale. Mi siedo di scatto sul letto, afferro il ricevitore, digito il numero e lo porto all'orecchio.
 
Uno, due , tre suoni prolungati e alla fine rispondono.
 
"Pronto"
 
"Pronto, Annabella"
 
"Gemma! Ciao, come stai?"
 
"bene, ma che cos'è tutto quel chiasso?"
 
"Ah, sono con Oscar e Steve, stavamo vedendo un film sul divano, ma dove sei? Sei partita così in fretta"
 
"sono a Brasov, in Transilvania"
 
"davvero? E Com'è?"
 
"ho fatto un giro per negozi e dove andavamo io e papà quando siamo venuti qua diversi anni fa"
 
"sì, ma io intendevo dal punto di vista architettonico, insomma avrai visto qualche monumento qualcosa"
 
"veramente non appena sono arrivata o chiesto subito di papà, ancora non ho visto niente tranne i negozietti"
 
"sei un caso disperato, comunque Georg mi ha chiesto di te e mi è sembrato molto preoccupato quando gli ho detto che eri partita per un viaggio"
 
"non gli hai detto dove sono andata vero?"Chiedo allarmata.
 
"No, perchè mi sembrava strano che non glielo avessi detto tu, quindi ho pensato che non volessi che lo sapesse"
 
Resto un attimo in silenzio. "Gemma, che succede?"
 
"Beh, ecco ho scoperto perchè mio padre è stato ucciso"
 
"stato? Vuoi dire che..."
 
"sì, l'hanno ucciso, credo manomettendogli i freni della macchina, sono stati i suoi colleghi di lavoro"
 
"spiegati bene"
 
"te l'ho detto che sui Carpazi hanno trovato dei reperti archeologici e che mio padre diversi anni fa mi ha portato con lui agli scavi, giusto?"
 
"Sì, e allora?"
 
"Molti dei reperti non vennero resi di dominio pubblico, sicuramente c'e ne erano tantissimi, ma molti li vendevano al mercato nero, erano tutti d'accordo"
 
"stai scherzando? Allora anche tuo padre..."
 
"no, certo che no"dico subito interrompendola.
 
"mio padre non ha voluto, ecco perchè l'hanno ucciso"
 
"e Georg?"
 
"Anche lui lo sapeva, non so se lui avesse accettato per paura o altro, ma di sicuro sapeva tutto e non ha detto niente alla polizia"
 
"mi dispiace tesoro, mi dispiace tanto"
 
"già, hanno detto qualcosa al telegiornale?"
 
"Sì, di trafficanti di oggetti d'arte e archeologici arrestati in Romania. Quando l'ho sentito ho pensato subito di chiamarti, ma non mi rispondevi, ero preoccupatissima, pensavo centrasse qualcosa tuo padre, non lo so"
 
"no, lui non era d'accodo"
 
"capisco, sono felice che tutto si sia risolto"
 
Non è proprio così, ho un altro problema, purtroppo. "Sì, ma io...Che cos'era quel rumore?Non mi dire che fino ad ora c'era il vivavoce"
 
"sì, scusami mi sono dimenticata di dirtelo, sai, hanno così insistito per sentire la conversazione"
 
"fai in modo che non esca nulla dalle loro bocche, non mi piace essere il pettegolezzo del momento"dico.
 
"Certo, tranquilla, ma non mi hai chiamato per sapere come stavo, vero? E nemmeno per parlare di tuo padre, cos'è successo? Stai bene?"Chiede improvvisamente preoccupata.
 
"Sì, sto bene, certo che sei perspicace come sempre, ho solo un problema. Mi passeresti Oscar"
 
"certo"dice e la sento nitidamente chiamarlo, si vede che sta in cucina o al bagno, poi una sua imprecazione.
 
"Ehi ciao dolcezza, come va?"
 
"Zitto Steve e passami Oscar"dico subito infastidita.
 
"Oscar è occupato fiorellino, ha mangiato troppo cioccolato"
 
"Ma sta zitto e vatti ad ammazzare. Ciao Gemma, come va?"
 
"Oscar! Bene grazie, volevo chiederti un parere. Il telefono è ancora in vivavoce?"
 
"Sì, lo devo togliere?"
 
"No, mi serve anche Annabella" .
 
"Vi ho raccontato di viversi anni fa, quando io e papà ci siamo persi e un ragazzo che possedeva una villa ci ha aiutato, vero?"
 
"mh mh"risponde Oscar.
 
"Bene, ho incontrato un suo famigliare"dico cercando di non tradirmi e dire cose che abbiano un senso, o almeno per loro, di certo non posso dirgli che ho incontrato la stessa persona di diversi anni prima e che è del tutto uguale a quando l'abbiamo lasciata.
 
"D'avvero?"
 
"Sì, a quanto pare abita anche lui in quella villa, mi ha tirata fuori da un bel pasticcio, diciamo che ero una contro tre ragazzi, ma lui mi ha salvata e ci siamo messi a parlare"
 
"mh, ti piace?" Mi chiede Annabella.
 
"Accidenti! È proprio questo il problema, dopo essere usciti un paio di volte ho scoperto che è un ragazzo totalmente diverso da quello che credevo"
 
"un donnaiolo? Si droga? Beve?"Mi chiede Steve giocoso come sempre.
 
"Ma che dice, sei Scemo!" Scatto subito.
 
"Scusa Steve"dico subito sorpresa di me stessa.
 
"Allora cosa intendi?"Mi chiede Oscar.
 
"Caratterialmente. Lui già mi ha detto che gli piaccio e lo trovo prematuro, ci conosciamo da qualche giorno e poi il suo modo di fare è un po' da donnaiolo"
 
"allora ci avevo preso"dice subito Steve.
 
"Zitto! E torna a cuccia!"Gli urla contro Annabella.
 
"è un ragazzo molto spigliato e lunatico, ma dolce e gentile, mi sento bene con lui, però sento che potrebbe essere pericoloso, ha menato tre ragazzi da solo,
faccio notare loro,anche se non è vero e so già che loro non penseranno sia un grande problema il fatto che sia manesco, a parte che non alzi le mani su di me, ma di certo non posso dirgli chi è e cosa mangia.
 
"Ho una domanda?"Dice di punto in bianco Annabella.
 
"è bello?"
 
"ma che centra questo ora?" Gli chiedo quasi attaccandola, reputando la sua domanda superflua, ma in un attimo mi compare l'immagine di Emanuele davanti.
 
"Sì, è bello"afferma.
 
"ma cosa?..."Dico subito.
 
"me lo descrivi?"Mi chiede ancora Annabella.
 
"Perchè?"
 
"Perchè tu già adori i ragazzi imprevedibili e dolci, poi questo sa difenderti, ti dice cose che nessuno ti ha mai detto, quindi... sicura non lo faccia apposta per.... "scopare con te"dice Steve all'improvviso in maniera molto cruda, interrompendola.
 
Sento all'improvviso un rumore e capendo di cosa si tratta faccio un sorriso, divertita.
 
"Steve, fai schifo"dice Oscar senza mezzi termini e so che grazie a quella parola poco delicata Steve si è beccato un bello schiaffo in testa da Annabella.
 
"Allora? Com'è questo ragazzo?" Mi chiede ancora Annabella e noto dal suo tono che è molto seria e solo leggermente ansiosa.
 
"Stupendo, bello da mozzare il fiato"dico subito cominciando a pensare a lui. Ha i capelli color mogano che gli ricadono in perfette onde sulle spalle e che alla luce del sole hanno riflessi color caramello. I suoi occhi sono particolari, di un intenso marrone chiaro, quasi color ambra, tutte le volte che l'ho visto indossa delle camicie, dei jeans o pantaloni neri, il suo viso è delicato la sua pelle candida, le sue labbra sono... sono disegnate dagli angeli, è così dolce, anche quando mi sorride, quando mi prende in giro giocosamente, quando pronuncia il mio nome, quando mi parla...
 
"Smetto di descriverlo vedendo la sua immagine perfetta in ogni particolare davanti a me e per poco non allungo una mano per toccarlo.
Ritorno di botto al presente e mi schiarisco la voce.
 
"Siete ancora lì?"Chiedo non sentendo nessun rumore dall'altra parte del filo.
 
"Noi sì, tu no"mi dice Oscar.
 
"Tesoro, sei innamorata persa di lui, lo sai?"Mi fa sapere Annabella.
 
"Cosa?" Chiedo incredula
 
"non è possibile, io...."
 
"stai bene con lui?"
 
"Sì"
 
"ti senti protetta?"
 
"Sì"
 
"Sei felice?"
 
"Sì"
 
"hai paura di lui, della sua forza?"
 
"Stranamente no"
 
"se lo vedessi con un'altra donna cosa faresti?"
 
Sussulto alla sola idea e mi duole il petto, oltre a sentirmi molto irritata.
 
"Mh"dico solo.
 
"Ammazzeresti la donna"risponde Annabella al mio posto.
 
"O lui, dipende"dico con una calma davvero incredibile, la classica calma omicida.
 
"Spaventosa"commenta all'improvviso Steve.
 
"Non avrei mai essere il tuo ragazzo"aggiunge poi.
 
"Tranquillo, non succederà mai"dico subito sorridendo, anche se in verità Steve è un bellissimo ragazzo e lo fa apposta a comportarsi così. Io e lui siamo molto legati, lui è stato il mio primo amico, il più caloroso e diretto, ci si può sempre contare su di lui e anche se si fa vedere e credere stupido, non lo è affatto.
 
"Vedi? TI piace e non vuoi che te lo portino via, se veramente stai bene con lui, non pensi ci sia qualcosa di più?"
 
"Abbiamo litigato qualche ora fa?"Ammetto.
 
"Perché?"Mi chiede Annabella.
 
"Perché è diverso"
 
"ma non puoi crearti un tuo ragazzo ideale e poi aspettarti che lui sia così, è logico che non lo sia, perchè non provi a conoscerlo meglio, magari ti piace anche di più com'è in realtà e abbandoni la tua idea di ragazzo"
 
"sì, forse hai ragione" "sì che ho ragione e per quanto riguarda le sue parole da dongiovanni, prova a vedere se sono vere o scherza, può darsi che pensi veramente ciò che dice.
 
Ed ecco che grazie alle parole di Annabella molte delle se frasi mi ritornano alla mente facendomi quasi commuovere. Mi dispiace ma non intendo dirti nulla Perchè? perchè altrimenti dopo avresti paura di me e non lo sopporterei. Avrei potuto perderti Il solo pensare a quelle frasi mi rende felice e mi assale una gran voglia di andare da lui, ora non credo più siano false e superficiali, né tanto meno mirate a farmi cadere ai suoi piedi, forse sarebbe capace di fare una cosa simile, perchè credo di aver intravisto in lui un bel caratterino sotto la sua dolcezza e la gentilezza, ma voglio credere che sono importante per lui e che quindi ci pensi due volte prima di ferirmi.
 
"Allora dici che dovrei provare ad avere questa relazione?"
 
"Non lo so tesoro, sei tu che devi decidere, penso solo che tu sia veramente innamorata di lui, ma potrei anche sbagliami, scopri se è così e poi devi vedere se anche lui prova gli stessi sentimenti per te, oltre al mi piaci. Certo pensa anche a come si sentirà male ad aver litigato con te se d'avvero ti vuole bene"
 
L'immagine di Emanuele sofferente o triste mi si crea immediatamente nella mente e istintivamente stringo forte la mano a pugno.
 
"Non lo sopporti vero? Solo una cosa posso fare per te ora, augurati buona fortuna, quindi, buona fortuna amica mia!"Esclama Annabella.
 
"Oscar, tu crede stia mentendo per portarmi a letto?" Chiedo diretta.
 
"Tutte quelle parole da play boy"aggiungo insicura.
 
"Non ne sono sicuro, devi vedere il suo sguardo quando te le dice, i suoi occhi, il suo tono, come si comporta con te, se dice menzogne, allora capirai, oppure se vuoi stare lo stesso con lui, puoi rischiare, è tutta questione di scelte, dipende da te"mi dice calmo.
 
"Ok, ho capito, grazie ragazzi, ora provo a dormire, ci sentiamo"
 
"contaci"Esclamano tutti e tre in coro.
 
Sorrido, mando un sonoro bacio a tutti e tre attraverso il telefono e attacco, poi mi sdraio nuovamente sul letto felice di aver parlato con i miei pazzi amici che mi hanno davvero tirato su il morale oltre a darmi altre cose su cui riflettere. Sdraiata sul letto fissando come sempre il soffitto, penso a tutto quello che mi hanno detto Oscar e Annabella, vedere se mi prende in giro e le altre cose, ma la domanda principale è, vale la pena di stare con lui anche se è quello che è? Sì che ne vale, penso, ma sono certa che mi troverei molte volte in pericolo, è un mondo diverso dal mio, più complicato, che non conosco, pieno di cose strane, verrò sicuramente ferita e non solo fisicamente, però starei con una persona che adoro, perchè non ne sono ancora certa al 100 per 100,ma credo proprio che Annabella abbia ragione, lo amo, nonostante sia assurdo perchè lo conosco da pochi giorni ed è un vampiro.
 
Improvvisamente bussano alla porta e stanca e ancora un po' indecisa su cosa fare, scivolo giù dal letto e vado ad aprire.
 
Sulla soia mi trovo una cameriera.
 
"Signorina, sono venuta a riprendere il vassoio"
 
"certo"dico, lasciandola entrare.
 
La cameriera prende il vassoio dal comodino e dopo un cenno con il capo si ritira, così ritorno immersa nel silenzio della mia camera, sospiro e mi distendo di nuovo sul letto. Chiudo gli occhi un istante e mi soffermo per percepire sotto di me il materasso. Il materasso del letto a casa di Emanuele è molto più morbido e la trapunta molto più soffice di questa ruvida, penso, quando improvvisamente sento bussare di nuovo, solo che questa volta il rumore è diverso.
 
Apro gli occhi e faccio forza con le mani sul letto per sollevarmi e guardo la porta. Sento di nuovo bussare, ma il suono non proviene da lì, ma dalla parte opposta della stanza. Mi volto verso la finestra e quando vedo un viso famigliare spalanco letteralmente la bocca. Emanuele? Salto giù dal letto, corro alla finestra e la apro.
 
"Ma come...? È il secondo piano"dico facendomi da parte, mentre lui entra in camera senza problemi, con una scioltezza davvero invidiabile.
 
"è facile per noi e fortunatamente non mi ha visto nessuno"mi risponde in tono calmo, sorridendomi.
 
"Avrei dovuto immaginare fosse una sciocchezza per te. Perchè sei qui?"
 
"Perchè mi mancavi"ammette senza problemi. Gli sorrido e lo guardo negli occhi, attenta, ma non noto alcuna traccia di menzogna, solo calore.
 
"Tu per niente"dico passandogli accanto, diretta al letto dove mi siedo, lasciandolo lì in piedi.
 
"D'avvero?"Dice non perdendo di vista ogni mio movimento.
 
"D'avvero, però il tuo letto molto, questo è piuttosto scomodo"dico battendo sul materasso.
 
"Capisco, vorresti ritornare a dormire di nuovo sul mio morbido materasso, vero?"
 
"Mh, mi stai tentando"dico facendo un mezzo sorriso, poi Emanuele mi porge il palmo candido della sua delicata e fredda mano.
 
La guardo per un minuto prima di posare lo sguardo sul suo bellissimo viso, dov'è dipinto uno dei suoi dolci sorrisi che fa perdere un colpo al mio cuore, alla fine poso la mano sulla sua.
 
"lo faccio solo per il tuo materasso"dico subito, quando lui mi stinge gentilmente la mano, poi con uno scatto mi tira a sé e all'improvviso mi trovo fra le sue braccia, stretta al suo petto.
 
"Sei una bugiarda"mi accusa dolcemente.
 
"Sono sicura che ora le cose si complicheranno per me".
 
"Sì, non te lo nascondo, potrebbe accadere, ma ci sono io qui con te, puoi fidarti di me"
 
Ecco le parole che volevo sentire, penso attanagliandogli la camicia bianca e nascondendo il viso sulla sua spalla, non c'è da pensare, già mi fido di lui, ecco perchè nonostante tutto non ho mai avuto paura di lui. All'improvviso Emanuele indebolisce la stretta e mi scosta gentilmente da sé, poi mi tira su il viso con due dita e mi guarda intensamente negli occhi.
 
"Puoi fidarti di me, non ti farei mai del male, perché ti amo"dice posandomi un delicato bacio sulla fronte.
 
"Ok, allora sono nelle tue mani"gli dico, anche se credo resterò leggermente sull'attenti, non si sa mai che piega potrà prendere d'ora in poi la mia vita.

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Capitolo 12
*** Emanuele ***


Aspetta cosa gli ho detto? "Allora sono nelle tue mani?" Siamo sicuri che io stia bene? Accidenti che imbarazzo, penso scostandomi da lui e alzandomi dal bordo del letto.
 
"Bene, allora che si fa ora?"Chiedo camminando avanti e indietro per la stanza, nervosa.
 
"Non serve essere così agitati, non ti mangio mica"dice Emanuele calmo.
 
Lo guardo con la coda dell'occhio storcendo le labbra.
 
"Vorrei che evitassi di dire certe cose, mi agitano"
 
"scusa, infatti dovrei essere felice che tu abbia accettato la mia vera natura"
 
"non ho mai avuto paura di te"ammetto fermandomi di colpo.
 
"Davvero?"
 
"Sì, infondo fino ad ora non mi hai fatto niente di male. Mi hai salvata dagli insidiosi Carpazi , non hai chiuso la porta di casa tua a chiave, azione che avrei trovato ostile o comunque paurosa, mi hai dato da mangiare e fatto dormire in una bellissima stanza, come quando hai salvato me e mio padre diversi anni fa, mi hai lasciato tempo quando ho appreso cosa sei e cosa fai, mi hai salvato da quei tipacci e non stai approfittando di me in questo momento che siamo soli; insomma non mi pare tu sia cattivo, o sbaglio?"
 
"No, ma potrei esserlo"
 
Mi avvicino a lui tanto che i nostri visi potrebbero sfiorarsi se solo uno di noi si muovesse impercettibilmente e lo guardo dritto negli occhi.
 
"lo so bene. Come so che sotto lo strato di dolcezze e gentilezza in realtà hai un bel caratterino"
 
"Chi? Io? Niente affatto"dice distogliendo lo sguardo dal mio, con un bel sorriso sulle lebbra e facendo finta di essere un angelo candido, tanto da strapparmi un sorriso.
 
"Comunque vorrei che tu lasciassi questa stanza e venissi a vivere da me, vuoi?"
 
"Ci devo pensare"dico tamburellandomi l'indice sulle labbra.
 
"Avrò ancora quel morbido letto?"Chiedo guardandolo con la coda dell'occhio.
 
"Ma certo, quella sarà a tutti gli effetti la tua stanza se ritornerai"
 
"e cucinerai per me tutte le sere?" Mi guarda colto alla sprovvista da questa richiesta.
 
"no, non vorrei che morissi"
 
"ma se cucini benissimo"
 
"allora in cambio ti chiedo di lavarmi la biancheria e pulire tutta la villa, che ne dici?"
 
"Che non ci penso proprio, mica sono tua moglie"dico sorridendo e quando mi rendo conto di ciò che ho detto, mi ammutolisco imbarazzata e non proferisco più parola tanto che cala il silenzio in camera. Mi schiarisco la voce e non so con quale coraggio lo guardo.
 
"Bene, credo che andrò a liberare la stanza"dico alzandomi e tirando fuori un cambio d'abito dal borsone, non è il caso di uscire in pantaloncini, sopratutto la sera.
 
"Non serve che ti cambi, posso portarti io a casa senza che nessuno ti veda"
 
Mi volto verso di lui e alzo un sopracciglio, perplessa.
 
"Un potere da vampiro?"Chiedo poi.
 
"Un potere da vampiro"afferma.
 
"Va bene, allora lascia solo che prepari la valigia, metta un cappotto ed esca dall'hotel".
 
"Ok, ti aspetto fuori"dice dirigendosi alla finestra e in un attimo è sparito come per magia.
 
Rimango allibita e mi precipito alla finestra. Mi sporgo e guardo fuori, ma c'è solo buio e una strada desolata, nient'altro. Rientro in camera e ancora stranita chiudo la finestra e preparo la valigia da dove prima estraggo una giacchetta di lana bianca lunga fino alle gambe, la indosso, ed esco dalla camera.
 
Percorro decisa il breve corridoio e scendo le scale, una volta arrivata alla reception ci trovo sia padre che figlio.
 
"Ah signorina Settembri, che piacere vederla, ma...va via?" "Sì, vorrei lasciare la stanza. Sa avevo litigato con un amico prima, ma ora è tutto risolto e mi ha offerto di andare da lui fino a che non partirò,quindi sono venuta per restituirvi al chiave e pagare"
 
"capisco, è stato un piacere averla avuta con noi anche se per così breve tempo" afferma mentre sono intenta a pagare. "Torni quando vuole, il nostro hotel sarà sempre aperto per lei"
 
"la ringrazio, molto gentile"
 
"Clif, aiuti la signorina a portare la borsa"
 
"oh, non serve, il mio amico mi aspetta fuori"dico sorridendo.
 
Mi metto a tracolla il borsone, faccio un cenno del capo ai due ed esco.
Fuori come avevo immaginato, fa fresco, troppo fresco per quello che indosso, così mi stringo la giacchetta di lana al corpo, mi allontano dall'entrata e mi guardo intorno alla ricerca di Emanuele.
 
"Sono qui"mi dice all'improvviso sbucando dal nulla.
Sobbalzo per la sorpresa e mi volto trovandomelo davanti.
 
Sorrido e scuoto lentamente il capo. Emanuele mi prende subito fra le braccia e mi solleva come se pesassi quanto una piuma, poi mi circonda la vita con le braccia e mi stringe a sé.
 
"Tieniti forte"mi sussurra all'orecchio con la sua voce calma e magica.
Annuisco sfregando il viso sulla sua camicia e solo ora mi rendo conto che il suo volto è vicino al mio collo, ma che non mi crea nessun disagio come invece credevo. Volto la testa verso il suo candido collo e mi appoggio circondandoglielo con le braccia e un attimo dopo, sento che ci stiamo muovendo perchè i miei capelli si scompongono per colpa del forte vento e mi colpiscono il viso, ma non capisco bene cosa succede, tanto meno perchè Emanuele mi ha preso in braccio in questa maniera.
 
"Emanuele"dico confusa.
 
"Guarda al di là della mia spalla"dice e ubbidisco.
 
Vedo le luci della città e le strade allontanarsi ad una velocità incredibile, tanto che se non mi fossi girata subito non avrei fatto in tempo a vederle. Un attimo sono lì e un attimo dopo non più, nient'altro che buio e un cielo nero come la pece con una candida e immensa luna piena che mi guarda da lontano.
 
Mi volto da un'altra parte con gran difficoltà per via del forte vento e vedo la vegetazione scura e minacciosa della foresta vicino ai Carpazi scorrermi davanti agli occhi.
 
"Emanuele, cosa?"
 
"Divertente vero?"
 
"Ma cosa sta succedendo?"
 
"Sto solamente correndo"dice come se non fosse nulla ed io esterrefatta preferisco nascondere il viso sulla sua spalla, stringermi forte al suo collo e sentire l'aria scompigliarmi i capelli e accarezzarmi; del tutto nelle mani di Emanuele.
 
"Siamo arrivati"dice improvvisamente.
 
Mi risveglio dal torpore del sonno e alzo la testa dalla sua spalla, un po' confusa e assonnata e lo guardo.
 
"Riesci a reggerti in piedi?" Mi chiede allentando un po' la presa sui miei fianchi, ma le gambe mi cedono ed è costretto a sorreggermi.
 
"Ah, santo cielo, mi sono assopita"dico con un filo di voce e finalmente riesco a riprendere l'equilibrio e stare in piedi. Mi passo una mano fra i capelli sicuramente scompigliati e mi volto trovandomi davanti all'imponente doppia porta della villa, poi mi volto nuovamente verso Emanuele che sembra fresco come una rosa. Non aveva detto che stava correndo? E per lo più con me in braccio? Come fa ad essere così impeccabile dopo una corsa simile, eppure peso. Mentre mi meraviglio per l'ennesima volta di quanto sia diverso da me, Emanuele apre la porta d'ingresso e aspetta fermo sull'uscio che io entri.
 
Non me lo faccio ripetere due volte, questo preciso momento mi serve un letto per riposare, penso entrando e dirigendomi direttamente verso le scale.
 
"Ma come, vuoi lasciarmi già da solo?"Mi chiede deluso.
 
"Per oggi sì, mi dispiace ma sono ancora assonnata"gli faccio sapere e tanto per dimostrargli che dico la verità e convincerlo, ma non intenzionalmente, tento di posare la mano sul corrimano delle scale, ma lo manco; pensate un po' come sono ancora rimbambita dal sonno, è già tanto che riesco a camminare dritta senza inciampare sui miei stessi piedi.
 
"Mi hai convinta"dice subito Emanuele il cui mio gesto non è sfuggito e prima che io possa dire A, mi prende in braccio come una principessa e comincia a salire le scale.
 
"Attento, potrei abituarmi alle tue attenzioni" lo avverto poi mi accoccolo al suo petto e mi faccio piccola piccola fra le sue braccia, mentre i miei capelli corvini e scompigliati che pendono verso terra gli nascondono il braccio con cui mi regge la schiena e la giacchetta di lana mi nasconde le gambe come una gonna bianca.
 
Di sopra non presto attenzione a dove mi porta, ma quando mi posa su un letto morbido più di quello dell'hotel, come ricordavo, capisco che sono "in camera mia". Mi sfila con gentilezza la giacchetta di lana bianca, la posa sulla poltroncina vicino al letto e mi toglie le scarpe, poi mi rimbocca le coperte di seta.
 
"Mh, lo ricordavo proprio bene questo materasso"dico con voce flebile mentre il grande e imponente cancello bianco del regno dei sogni si spalanca nuovamente per me.
 
"Sono felice di sapere che il mio materasso è di suo gradimento mia regina"mi dice Emanuele scostandomi alcuni capelli dal viso.
 
Ridacchio sentendo le sue parole e sorrido quando mi stampa un delicato bacio sulle labbra, l'ultima cosa che penso prima di addormentarmi è a quando sia stato sfacciato, ma infondo a chi importa.
 
 
Sospiro infastidita da qualcosa e apro lentamente gli occhi. Per un momento non ricordo dove mi trovo, tanto che mi guardo intorno, a disagio, ma quando noto la porta e vicino l'armadio e il comò di mogano, ricordo tutto.
Sono a casa di Emanuele, sono ritornata da lui ieri sera, ho lasciato la stanza all'hotel e mi sono trasferita permanentemente da lui, ed ora è mattina. Noto vedendo la luce del sole soffocata dalle pesanti tende rosse pompeiano, così da creare penombra nella stanza; però, invece di alzarmi preferisco crogiolarmi ancora un po' nel calduccio del letto morbido e provare a riaddormentarmi, nonostante sia un'impresa dato il dibattito accesso che hanno iniziato alcuni uccellini appollaiati sul davanzale della finestra.
 
Mi tiro la coperta di seta fin sopra la testa per cercare di non sentirli e infilo le mani sotto il cuscino, cerco di rilassarmi ma ogni due minuti cambio postura e cerco di trovare una posizione comoda, fino a che, abbandono l'idea di rimanere a letto e mi metto a sedere sul bordo. Sono assonnata e accaldata, ma sopratutto molto infastidita per non aver fatto quello che volevo. Sospiro e mi passo una mano fra i capelli scompigliati, poi mi alzo e m'inginocchio sul tappeto davanti al borsone.
 
Cerco un qualcosa per cambiarmi e trovo un completo abito grigio sportivo con il cappuccio, ben piegato e di lato alla valigia, schiacciate dal peso degli abiti, delle ballerine sportive. Comincio a vestirmi con movimenti lenti, dopodiché prendo la spazzola, mi siedo sul bordo del letto e inizio a pettinarmi i capelli. Ormai la luce del sole è più forte e riesco a vedere molto più di prima.
 
È tutto così tranquillo ora, il dibatto dei pennuti è finito e c'è un delizioso silenzio. Poso la spazzola sul comò e siccome dovrò stare ancora un po' di giorni da Emanuele, non vedo perchè non mettermi comoda, così dopo aver legato i capelli in una treccia, esco dalla camera diretta in bagno. L'anticamera è deserta, ma questo non mi sorprende, se Emanuele è un vampiro, è normale che durante il giorno dorma, mi dico entrando in bagno, diretta al lavandino.
 
Mi lavo il viso ben tre volte con l'acqua gelida e ancora sono restia a svegliarmi del tutto, però la luce del sole che al contrario della mia stanza qui entra con vigore dalle finestre, mi aiuta non poco e alla fine sono costretta a svegliarmi del tutto. Ritorno in camera dove sistemo il letto e sprimaccio il cuscino, poi metto gli altri che nel sonno ho fatto cadere a terra e appoggio il borsone sul letto così che possa smistare quel poco che contiene.
 
Metto a posto i sette completini d'intimo e i calzini, i tre paia di pantaloni e altrettante magliette e nel fondo del armadio le scarpe da ginnastica e quelle con un corto tacchetto, manca solo che tiri fuori il piccolo beauty case e il ciondolo d'argento che mi ha fatto mio padre e appoggi tutto sul comò vicino alla spazzola, unico oggetto che mi ha regalato la mamma quando ancora le importava di me.
 
Appoggio il ciondolo sul comò e finalmente la camera sembra più mia e abitata, ora è il momento di una bella colazione e di ammazzare il tempo facendo qualcosa fino a che Emanuele non si svegli, quindi per tutto il giorno.
 
Esco dalla camera e scendo le scale dirigendomi verso la grande cucina attrezzata, decisa a farmi dei pancake e un buon the, ma per prima cosa accendo lo stereo e metto un cd di musica classica preso dal mobile in sala: non credo che il sonno dei vampiri sia così leggero, o almeno non mi sembra da tutte le letture che ho fatto su di loro, così mentre l'adagio di Bach si espande in tutta la sala, comincio a fare l'impasto dei pancake. Qualche minuto dopo, mentre ascolto la quarta canzone di Bach, Aria, comincio a cuocerli. La musica classica l'adoro.
 
Resto due secondi ad ascoltarla e metto a riscaldare in un pentolino dell'acqua per il the mentre canticchio. Dopo poco sono seduta a tavola con la colazione davanti pronta per gustarla, ma nonostante la musica non posso non sentirmi sola; la sedia davanti a me è vuota, tutta casa è vuota e sarebbe silenziosa se non ci fosse la musica, non mi piace, non ci sono abituata, penso mentre mi porto alla bocca un pezzo di pancake affogato nel burro fuso, seguito poi da un sorso di the che mi risulta insipido.
 
Mangio la colazione con poco entusiasmo, dopo di che lavo le stoviglie, spengo lo stereo e mi metto a guardare la televisione.
Faccio zapping con i canali e alla fine trovo un film che sta praticamente alla fine,ma fortunatamente subito dopo ne comincia un altro.
Mi metto a guardarlo sdraiata sul divano con le gambe appoggiate sul bracciolo e i piedi fuori; non è educato farlo in casa d'altri, ma lo faccio ugualmente. Onestamente la cosa che mi preme di più è che Emanuele non lo scopra, non voglio mostrarmi trasandata o irrispettosa di casa sua, mi sotterrerei volentieri se mi vedesse in questo modo e non finirei di chiedere scusa per la mia maleducazione, comunque ora non c'è, sta dormendo ed io mi sto annoiando a morte, invece con lui non c'è modo che accada.
 
Dopo un po' che guardo la televisione faccio un grande sbadiglio, la spengo e mi alzo dal divano, intontita. Meglio cambiare attività, mi dico prima che mi addormenti, così apro la doppia finestra ed esco in giardino.
La giornata è splendida, fresca, ma non fredda e nemmeno troppo calda, perfetta. Il cielo questa volta è terso privo di nuvole e il sole è splendente. Il giardino come sempre è meraviglioso, con l'erba corta e verde piena di piante e alberi e aiuole piene di fiori di ogni tipo, dalle viole del pensiero e bocche di leone a fiori screziati che non conosco.
C'è l'edera che sale sulle mura fino al tetto di tegole marroncine, mischiate a stupende bouganville rosse e rosa e campanule bianche e delicate. Invece intorno alle mura ci sono ortensie di tutti i colori. È un giardino veramente meraviglioso e naturalmente non può mancare una fontana di marmo bianco con statue di donna da cui zampilla acqua. Mi siedo su una panchina vicino alla fontana e mi guardo intorno rilassata, ignorando alcune gocce d'acqua che arrivano fino a me e chiudo gli occhi ascoltando la natura.
 
Gli uccellini che cinguettano, il rumore delle fronde degli alberi che si muovono trasportate del venticello fresco della mattina, il profumo di selvatico che proviene dai dintorni, poiché sono nel bel mezzo dei Carpazi, cosa che non devo dimenticare. All'improvviso mi viene voglia di leggere un buon libro in quella tranquillità così avvolgente.
Vado dentro, scelgo qualcosa dalla libreria ben fornita e ritorno alla panchina di marmo bianco, lì mi siedo, accavallo le gambe e comincio a leggere.
 
Sono al decimo capitolo quando qualcosa di freddo mi cade in testa e mi fa tornare alla realtà e lasciare la protagonista nei guai. Alzo la testa verso il cielo plumbeo e minaccioso e un'altra goccia mi cade sulla guancia. Sta piovendo. Mi alzo contrariata e ritorno in casa.
Giusto l'attimo di chiudere la portafinestra che viene giù il diluvio universale, una pioggia fitta e scrosciante, tuoni e lampi in lontananza, un vero temporale con i fiocchi.
 
Guardo i vetri ricoprirsi di gocce d'acqua che scivolano fino ad infrangersi, tiro le tende e vado a rannicchiarmi sul divano per continuare a leggere in pace, immersa nel silenzio rotto solo dalla pioggia scrosciante e dal rumore costante, tanto perenne da risultare noioso e farmi addormentare.
 
Quando mi risveglio, ha smesso di cadere ed è ritornato il sole. Lo scrosciare duraturo della pioggia mi ha così rilassata e cullata che mi sono addormentata immediatamente, penso cercando il libro che ero intenta a leggere e che trovo a terra capovolto. Lo prendo, lo appoggio sul tavolinetto basso vicino al divano e mi alzo ancora un po' accaldata e assonnata.
Sentendomi molto più in forze di questa mattina decido di farmi una bella passeggiata in paese, ma prima sarà meglio vedere che ore sono. Cerco l'orologio della sala e quando lo trovo, scopro che è l'una, forse un pranzo leggero sarebbe perfetto e poi perché no una passeggiata; il cielo sembra essersi schiarito e a casa mi annoio tantissimo. Così vado in cucina e spalanco il frigo.
 
Mi faccio un toast con il formaggio fuso e un'insalatina fresca, giusto il tempo di sedermi a tavola, che ho finito di mangiare. Lavo le stoviglie e salgo di sopra per prendere la borsetta e lì per la seconda volta mi fermo davanti alle numerose porte, incuriosita.
Una di quelle sicuramente è la camera di Emanuele. Non so cosa farei per vederlo, il solo pensare a lui mi fa venire voglia di cercarlo, ma farò bene a ficcanasare in tutta casa? La sua casa? Non credo sia carino; ma infondo è stato lui a volermi qui e a volere che rimanessi, quindi dovrebbe almeno aspettarsi che m'impicci un po'; lo sbaglio è suo penso e mi avvicino ad una porta decisa a nutrire la mi profonda curiosità.
 
Ammetto di sentirmi a disagio e di non essere per niente sicura della mia scelta, così apro solo uno spiraglio giusto per dare una veloce e innocua occhiata e sentirmi meno in colpa. Non mi sento per niente in colpa quando al di là della porta trovo un ufficio illuminato dal sole che entra da grandi finestre e dei mobili di mogano.
 
Un ambiente caldo e accogliente pieno di scartoffie di cui non voglio investigare, un bel computer portatile, un telefono e un fax, più altre cose che non rimango a guardare, anche se ancora più incuriosita e richiudo la porta avvicinandomi ad un'altra stanza, ma la preoccupazione di scoprire cose che non dovrei mai sapere e la paura che poi Emanuele si possa arrabbiare mi fa mettere un freno e darmi una regola, ovvero d'aprire una porta al giorno finché non finiscono, quindi per oggi ho fatto.
 
Sospiro per niente entusiasta della mia decisione e a passo deciso vado in camera mia, prendo la borsa ed esco da casa.
 
Fuori mi accoglie un venticello gelido conseguenza della pioggia appena caduta, ma sono sicura che fra poco il clima migliorerà e diventerà più caldo, per ora devo solo farmi tutta la strada fino al paese e rinchiudermi in un bar a bere qualcosa di caldo e sgranocchiare dei dolcetti tipici. In un attimo mi trovo a salire con estrema difficoltà una mediocre montagna che mi punisce subito per averla definita tale, infatti mi fa scivolare.
 
Fortunatamente metto istintivamente le mani avanti e finisco per sporcarmi solo quelle, ma non sapete che impressione mi ha fatto immergerle nel fango viscido e pastoso, blah!
Una volta salita lentamente e con cautela devo scendere dalla montagnola e continuare a camminare, ormai la strada la conosco perfettamente, ma per precauzione controllo le cortecce degli alberi, dove il numero che ci avevo scritto sopra, miracolosamente è ancora visibile nonostante abbia piovuto.
Dopo diverse volte che per poco non scivolavo faccia a terra, finalmente mi rendo conto che la mia idea di andare in paese è molto stupida, perché c'è fango ovunque e proprio nell'attimo in cui finisco questo pensiero, scivolo e mi aggrappo a una roccia riuscendo a recuperare l'equilibrio; mi viene da piangere per quanto sono stata stupida; uscire subito dopo che ha piovuto, ma che mi dice il cervello? Fortunatamente però fino ad ora non sono mai scivolata a faccia a terra o lunga distesa sul fango e potrebbe essere una buona cosa, penso continuando a scendere.
 
Arrivo alle recinzioni dove prima si effettuavano gli scavi e mi torna in mente mio padre, non so se essere triste perché ancora non so cosa sia successo realmente nei minimi dettagli, o essere felice che tutto si sia risolto per il meglio ma che io comunque non sappi nulla. Sospiro e non potendo fare niente ora come ora riprendo a camminare, sperando che a mio padre non dispiaccia che sia finita in un mondo ben lontano da quello normale che entrambi conoscevamo.
 
La strada per arrivare in paese è tanta, veramente tanta e fa un freddo tremendo, se mi posassi le mani sulle braccia mi sentirei la pelle gelida. Che accidenti me l'ha fatto fare? A metà strada, o meglio, credo sia metà strada, il sole comincia a fare capolino fra le nuvole e colpirmi ogni tanto la pelle con i suoi raggi caldi e questo mi strappa un sorriso. Ero certa che il tempo sarebbe migliorato, infondo non è inverno.
 
La strada che mi resta da fare ora è più sopportabile e finalmente dopo tanto penare arrivo in città e cerco alla svelta un bar dove entrare a riscaldarmi.
Al primo che trovo, entro. Mi trovo in una sala di media grandezza con alcuni tavoli e sedie, un bancone e infondo alla sala un bagno, un bar semplice e normale, ma la cosa che noto subito e la temperatura palesemente diversa, il buon profumo di cibo che si sente e il fatto che ci sia poca gente.
 
Mi siedo a un tavolino infondo e mi metto a leggere il menù in attesa della cameriera a cui spero di saper dire cosa voglio in rumeno,ma nel caso non ci riuscissi indicherò con il dito una scritta sul menù.
 
"Vrei?" (cosa desidera?)Mi chiede all'improvviso una cameriera giovane e mora.
 
Cerco di raggruppare le parole principali nella mente per tentare di risponderle almeno come farebbe una bambina delle elementari, ma alla fine punto il dito su un dolce qualsiasi della lista e una bevanda qualunque.
 
"in curand" (arriva subito) mi dice la ragazza e va via, così attendo. Passa poco tempo e mi sono riscaldata a sufficienza quando ecco la cameriera di ritorno con un vassoio in mano e mi posa davanti un calice contenente una bevanda viola con dentro un piccolo spedino di mirtilli e mela e un piattino con un fetta di dolce.
 
Tutto sembra davvero invitante, anche il dolce sembra squisito, nonostante non so che torta sia. L'impasto è compatto, ma chissà forse friabile e sopra ha dei pezzettini di mandorle. Ne rompo un pezzo e lo porto alla bocca.
 
Mh, uva passa e senti che sapore di burro "buono!" Borbotto mangiandone subito un altro pezzo.
 
Lascio il dolce a metà e poso lo sguardo sulla bevanda e mi decido a portarmi il calice alla bocca, sicura che il suo sapore mi piacerà. Prendo un sorso e comincio subito a tossire tanto che due dei pochi clienti si voltano verso di me. La gola mi brucia forte e comincio a lacrimare.
 
Cavolo! Non avrei mai immaginato che questa bevanda fosse alcolica. Metto in bocca un pezzo di dolce sperando mi faccia passare il bruciore e mi asciugo le lacrime con il dorso della mano, poi guardo la bibita dall'aspetto tanto innocuo quanto esplosivo e continuo a berla a piccoli sorsi; di certo non si può dire che non mi sia riscaldata ora.
 
Quando finisco di bere la bevanda, sono felice di essere ancora sobria; qualcosa mi dice che il grado alcolico che conteneva era altissimo.
 
Mi alzo da tavola e vado alla cassa per pagare, dopodiché esco e noto all'istante il cambiamento di temperatura. Il sole oramai non è più coperto dalle nuvole, ma illuminata il cielo ora azzurrissimo e riscalda i dintorni; è un piacere fare una passeggiata adesso. Per prima cosa cerco un negozio dove comprarmi un giacchettino, possibilmente di lana o lanetta, perché qualcosa mi dice che questa sera il tempo tornerà a farsi freddo come prima e non voglio trovarmi impreparata.
 
M'incammino fra le viuzze guardando ogni vetrina mi capiti di trovare, anche quelle di gastronomia. Per caso trovo il ragazzo da cui la prima volta avevo comprato il pollo e i dolci al formaggio e decido di comprare ancora quei dolci, non ne posso proprio fare a meno, li adoro e ho anche un po' fame, anche se qui a parlare e decidere è la golosità.
Alcuni secondi dopo sono ancora in esplorazione delle viuzze con in mano, accolto in un fazzoletto un pezzo di dolce, mentre l'altro lo sto mangiando e intanto sto ancora cercando questo benedetto negozio d'abiti; tutti quelli che ho visto prima non avevano nulla che mi servisse o rispecchiasse i miei gusti.
 
All'improvviso, nascosto fra due negozi super colorati, trovo un negozietto decisamente più austero con sopra un insipido cartello con il nome. Mangio l'ultimo pezzo di dolcetto, appallottolo il fazzoletto, lo infilo in tasca e incuriosita dall'aspetto del tutto opposto agli altri negozi quasi soffocanti, entro e mi guardo intorno.
Ci sono esposti tanti vestiti che una ragazza che non ha il mio gusto da maschio, troverebbe carini e comprerebbe all'istante. Il negozietto è ben illuminato con scaffalature color avorio piene di maglioni e jeans e una cassiera con un bel sorriso dipinto sul volto, una buona cosa; credo che l'accoglienza sia importante per i clienti, li fa sentire a loro agio.
 
Mi guardo intorno e quando il mio sguardo si posa su alcuni giacchettini appesi, vado dritta e decisa verso di loro. Sono uno meglio dell'altro, ma io ne cerco uno semplice ed economico, visto che ho speso una marea di soldi,ma fortunatamente il negozio è alla portata di tutti per quanto riguarda i prezzi e la merce è carina.
 
Trovo quasi subito un giacchetto di lanetta beige lungo fino alla fine dei fianchi e vado alla cassa per pagare, quando la mia attenzione viene rapita da un maglioncino di lanetta nera dal collo alto e impreziosito da pietre luccicanti, ne troppo elegante e vistoso ne troppo semplice, un capo che si potrebbe indossare sia di giorno che di notte e che anche con i mie gusti particolari posso permettermi di indossare.
 
Esco dal negozio e guardo le due buste rimproverandomi fra me e me: pensare che all'inizio sono entrata in quel negozio con la sola idea di comprarmi qualcosa con cui coprirmi, invece alla fine sono uscita con un completo nuovo con tanto di scarpe e con meno soldi di quanti intendevo spenderne. Guardo le due buste che ho appeso al braccio e scuoto la testa. Alla fine oltre al maglione e alla giacca ho comprato anche un paio di jeans, un paio di scarpe chiuse con un misero tacchetto.
 
Così piena di buste, decido di fare un ultimo giretto e andare a casa, dove finirò di leggere il libro o mi metterò seduta sul divano a meditare e girarmi i pollici. M'incammino verso la via principale per andare all'alimentari dove l'altra volta ho trovato le caramelle della mia infanzia, ed entro.
Fortunatamente il ragazzo alla cassa è diverso da quello di alcuni giorni fa e non mi guarda stranamente.
Faccio il giro degli scaffali con più calma, prendo il pacco di caramelle che compravo sempre con papà, avvertendo un po' di nostalgia e tristezza del ricordo ora dolce amaro che mi suscita e una bottiglietta di te verde, poi vado alla cassa e mentre aspetto che il tizio davanti a me paghi, poso lo sguardo su alcuni libretti tascabili, ne prendo tre e pago.
 
Così alla fine esco con la busta di vestiti e quella del tè e caramelle appesa ad un braccio e m'incammino verso la via principale.
 
"Gemma?"
 
Mi volto e mi trovo davanti Clif in dolce compagnia di una ragazza minuta dall'aria raffinata e gentile che indossa un leggero vestitino color melanzana ed ha appoggiato sulle spalle un giacchettino di lanetta.
 
Che coraggio, io sento ancora un po' di freddo, lei dovrebbe congelare con solo quel giacchettino sulle spalle.
 
"Clif"dico sorridendo.
 
"Allora sei veramente tu?" Annuisco e appoggio le buste ai miei piedi e visto che il discorso non continua, mi faccio avanti io.
 
"Non ci presenti?" Gli chiedo indicando la ragazza con un cenno del capo e facendogli ricordare un po' di buone maniere che sembrano sempre un optional per gli uomini.
 
"Ah, sì, scusate"dice con entusiasmo, naturalmente sono ironica.
 
"Azzurra, lei è Gemma. Gemma, lei è Azzurra, la mia ragazza"ci presenta Clif, almeno sa come presentare.
 
La ragazza mi sorride e mi offre una mano delicata e curata con uno splendido smalto rosa sulle unghie.
L'accetto e gliela stringo gentilmente notando subito la differenza di grandezza delle nostre mani, le sue sono piccole, le mie confrontate alle sue sembrano quelle di un uomo, è impressionante.
 
"Facevi compere?"
 
"Sì, sono uscita così e faceva freddissimo"
 
"ma il tuo amico non ha un cappotto?"Chiede e si sente che lo fa apposta per ridicolizzarlo e parlare male di lui.
 
"Sì, ma sai, non gli ho detto niente perché non me lo avrebbe dato, avrebbe preferito venire con me per riscaldarmi di persona abbracciandomi, ma sai com'è, mi vergogno in pubblico"dico e chissà forse è anche vero e lo avrebbe fatto se la sua pelle non fosse perennemente gelida e potesse riscaldarsi come tutti.
 
"Capisco"dice seccato.
 
Felice di saperlo, penso irritata, ma mantenendo un falso sorriso.
 
"Stai parlando di me, tesoro?"
 
Non appena sento la voce mi volto di scatto.
 
"Emanuele che ci fai qui?"Chiedo preoccupata.
 
"Sono uscito prima da lavoro, sai posso uscire anche adesso"
 
"ah "dico leggendo fra le righe e ancora sorpresa mi volto verso Clif e Azzurra, mentre Emanuele mi si affianca e sento all'istante la sua presenza così forte, così intensa.
 
"Clif, Azzurra, lui è Emanuele il mio amico che mi ha gentilmente ospitato a casa sua finché non ritornerò in Italia"dico sorridendo, mentre noto Clif fissarlo irritato, mentre Azzurra è sorpresa.
 
Lo so, Emanuele è stupendo, che fortunata che sono penso.
 
"Piacere"dice Azzurra in tono fievole, timida.
 
"Ciao"dice Clif acide, da vero cafone.
 
"Buona sera, comunque me lo dovevi dire che avevi freddo, ti avrei riscaldato io"dice abbracciandomi da dietro.
 
"Smettila, mi vergogno"dico con un sorriso.
 
"Bugiarda"mi dice e ha ragione, non sono per niente imbarazzata, per me è naturale essere toccata da lui, lo amo, anzi in verità vorrei rimanere così per un po' e non m'importa di Clif, Azzurra o la gente che passa e ci guarda.
 
"Che vi avevo detto? Lo conosco meglio delle mie tasche" Anche se più che altro credo mi abbia sentito, penso girando il viso per guardarlo bene in volto.
 
I nostri sguardi s'incontrano, mi sorride e china il viso sul mio per posarmi un delicato bacio sulla fronte e questa volta l'imbarazzo che sento però è vero.
 
"Ecco, stavamo per andare a bere qualcosa, non è che vi andrebbe di venire con noi?"Chiede Azzurra cercando di farsi forza e parlare nonostante la timidezza.
 
"No, grazie ma...sto cercando di conquistare questa bellissima ragazza che ho fra le braccia, sai continua a voler essere solo un amica e per conquistarla devo ancora usare alcune carte che spero siano vincenti"dice guardandomi. "Quindi non possiamo venire con voi, un'altra volta" Emanuele fa un cenno di saluto con la mano e faccio appena in tempo a prendere le buste che avevo appoggiato a terra che mi porta via con sé.
 
Quando ormai abbiamo messo una certa distanza da loro mi volto verso Emanuele, preoccupata.
 
"Ma che ci fai in paese a quest'ora? È ancora giorno"
 
"Tu non tornavi e comunque stai tranquilla, è il tramonto, è nuvoloso e ho abbastanza anni da poter resistere per qualche minuto"
 
"davvero?"
 
"Certo, anche se mi sento un po' debole"dice e le gambe gli cedono. Si aggrappa a me nascondendo il viso sulla mia spalla e mi stringe stretta per sorreggersi.
 
Sto per andare nel panico, non so che fare, se per caso rimanesse ancora esposto e s'indebolisse ancora di più fino a morire? Quando lo sento sghignazzare.
 
"Ehi!"Esclamo dandogli un pugno sul braccio, infastidita.
 
"Non scherzare su queste cose, mi hai fatto preoccupare scemo!"Esclamo e sti cavoli della gente che si gira a vedere che succede.
 
"Scusa, stavo solo scherzando, tranquilla, so quello che faccio".
 
"No! Sei un idiota, stammi lontano. Stupido!"Esclamo dandogli violentemente la busta dei vestiti addosso e allontanandomi da lui, imbronciata.
 
"Dai, mi dispiace, era uno stupido scherzo, non volevo farti preoccupare"mi dice fermandomi delicatamente per un braccio e voltandomi verso di se, poi con gentilezza e un dolce sorriso sulle labbra mi scosta da davanti al viso alcuni capelli scappati dalla treccia e me li mette dietro l'orecchio.
 
"Mi perdoni? Non ti farò più uno scherzo simile, lo giuro"dice dolcemente.
 
Mannaggia a lui! Spero di non essere arrossita violentemente per la sua vicinanza, le sue parole e il suo tocco; lui e i suoi modi da ammaliatore.
 
Sospiro. "Dai, andiamo" dico e riprendo a camminare.
 
"Comunque quel tipo era irritato per la mia presenza"Dice cambiando discorso e lo assecondo.
 
"Sì, lo so" "lo avevo notato già quando ti avevo portato la borsa che aveva delle mire su di te, allora mi aveva guardato come se fossi un nemico, è stato sgarbato e freddo" mi dice Emanuele.
 
"Allora è meglio che non ti dico che scenata a fatto a me"
 
"ovvero"mi chiede subito guardandomi con i suoi occhi d'oro liquido.
 
"Niente di preoccupante, mi ha solo chiamato per cognome quando glia avevo detto che poteva chiamarmi con il nome, era arrabbiato e seccato, mi guardava come se gli avessi fatto un torto e ce l'avesse con me, mi ha praticamente lanciato la valigia addosso e sen'è andato; sto villano e io ho avuto la malsana idea di aprire la porta in accappatoio e quando mi sono trovata lui davanti non ti dico come mi ha guardato"
 
"lo posso immaginare"dice in tono disgustato e arrabbiato.
 
"Già, mi dispiace tanto per Azzurra"
 
"beh, penso che capirà da sola come l'hai capito tu, che quello è un deficiente"sorrido al suo insulto e mi aggrappo al suo braccio cogliendolo di sorpresa, tanto che mi guarda e mi sorride, poi riprende a camminare.
 
Stiamo ancora camminando lungo la via principale, riconosco la strada che stiamo percorrendo, quando Emanuele si ferma di colpo e mi guarda.
 
"Ti andrebbe di stare ancora un po' fuori? Conosco una zona che sicuramente non hai mai visto, ti va?"
 
"Sì, perché no"
 
"bene, sono sicuro che ti piacerà"dice tirandomi con sé verso una viuzza a destra.
 
Effettivamente quelle strade non le ho mai viste e non le conosco, infondo non sono il tipo che si avventura da sola, ma è pieni di negozi e sembra ci sia una piazza con un bel mercatino. Ci sono banconi di tante cose, collane artigianali e sculture in legno, vetro,creta terracotta tutte decorate a mano. C'è una bancarella di frutta, verdura, pesce e carne speziata che manda un delizioso profumino e bancarelle di cibi spazzatura, come li chiamiamo noi, ma sopratutto bancarelle di quadri e libri, alcune di erbe profumate come la lavanda, il mughetto, il glicine e certe di vestiti, piene di abiti multicolore e scarpe e questo è solo l'inizio.
 
"Che carino"dico guardandomi intorno non lasciando per nessun motivo il braccio di Emanuele per non perdermi fra la folla.
 
"Ero sicuro che ti sarebbe piaciuto"mi dice e ci mettiamo a guardare ogni bancarella. Ci sono delle statuine davvero graziose ed estremamente fragili a forma di animali, sono davvero ben fatte, penso mentre le giro e rigiro con attenzione fra le mani per vederle meglio e dopo m'incanto davanti a dei quadri.
Continuo ad esplorare, ma alcune volte alzo lo sguardo per cercare Emanuele e non perdermi e una volta constatato che non si è mai allontanato da me, ritorno a guardare le bancarelle.
 
Passo ad una bancarella d'artigianato e trovo un cofanetto davvero delizioso.
È fatto di legno di noce con intagliati sopra il coperchio e ai bordi dei fiori. Lo apro per vedere quant'è spazioso e rimango sorpresa nel sentire una musichetta dolcissima.
 
Non avrei mai immaginato fosse un portagioie con carillon. Mi guardo al piccolo specchio rettangolare e ascolto la musichetta dopo di che lo poso e passo oltre, non voglio ne posso spendere altri soldi, sopratutto per qualcosa di così carino e che dentro una valigia si potrebbe rovinare.
 
"Signorina, signorina venga qui, le leggo la sfera"mi chiama una nonnina coperta da uno spesso mantello scuro che mi invita ad avvicinarmi muovendo le mani scheletriche. Mi fa subito un'infinita tenerezza che sovrasta un leggero senso d'inquietudine.
 
"No signora, grazie"dico
 
"su, su signorina, non crede alla magia?"
 
"Oh no, ci credo, ma non voglio vedere il mio futuro, vedrò che cosa accadrà quando sarà il momento, comunque la ringrazio per l'offerta"dico in tono gentile, quando improvvisamente non so per quale ragione si spaventa.
I suoi occhi di un bell'azzurro si spalancano e non dice più quello che stava per affermare per convincermi.
 
Spaventata dalla sua reazione mi volto, ma vedo solo Emanuele.
Mi volto nuovamente verso la nonnina e la guardo confusa, ma ecco che comprendo, ora sono consapevole di cosa la spaventa.
 
"Vieni qui, vieni qui"riesce a dirmi sussurrando, muovendo la mano per chiamarmi, mi sembra preoccupata.
 
Questa volta curiosa di sapere cosa mi dirà mi faccio avanti e mi siedo sulla sediolina con sopra un bel cuscino di velluto rosso, posta davanti al tavolino con sopra la sfera di cristallo.
 
"Ragazza mia..."dice solo scuotendo lentamente la testa, cercando le parole adatte, ma sicura che non gli crederò mai per quello che sta per rivelarmi e che già so.
 
"Signora, lui la sente anche se parla a bassa voce"le faccio notare tranquilla, con un sorriso sulle labbra.
 
La donna rimane a bocca aperta nel capire che io so perfettamente che cos'è quel ragazzo che sta con me e mi guarda stupita.
 
"Tu lo sai?"
 
"Sì, me l'ha detto lui stesso a rischio che io scappassi per la paura"
 
"capisco e sei sicura di quello che fai?"
 
"Sicurissima"
 
"bene, allora è per questo che credi alla magia, dato che hai scoperto che esistono creature come lui, allora hai pensato che debba esistere anche la magia"dice la vecchietta.
 
"esatto"
 
"allora non ti sorprenderà sapere che io sono una sibilla"
 
"Beh, no... forse un pochino"
 
"ora credo che tu abbia cambiato idea e voglia sapere cosa ti riserverà il futuro, soprattutto se starai con una creatura simile"
 
"No, grazie, sono ancora dell'idea di volerlo scoprire piano piano da sola"
 
"sei coraggiosa ragazza mia, buona fortuna"dice la signora sorridendomi e facendomi vedere i pochi denti che gli sono rimasti, così mi alzo, gli faccio un cenno di saluto con il capo e ritorno da Emanuele che ha assistito alla mia conversazione.
 
"Non hai cambiato idea vero?"Mi dice subito Emanuele.
 
"Di cosa parli?"Gli chiedo confusa.
 
"Ho sentito quello che ti ha detto quella donna, non è che ti ha fatto cambiare idea su di me?" Mi chiede prendendomi per le braccia e voltandomi verso di lui.
 
Divento seria all'istante.
 
"Emanuele, mi stai spaventando, stai tranquillo, non mi ha fatto cambiare idea, certo era brava con le parole e mi ha chiesto se volevo sapere il futuro che avrei avuto se fossi rimasta con te, ma nient'altro"dico guardandolo dritto nei suoi straordinari occhi e lo noto incerto e preoccupato.
 
"Sentimi bene, niente, e ripeto niente, mi farebbe cambiare idea e andare via da te, voglio stare con te"gli dico e non so come faccio a non imbarazzarmi.
 
Accidenti a lui! Ma tu guarda che mi fa dire, penso imbarazzandomi in ritardo.
 
"Davvero?" Mi chiede sollevato, abbracciandomi stretta.
 
"Grazie ho bisogno di te e anche se questo ti spaventerà, io non ti lascerò mai andare via da me, mai".
 
Appoggio la guancia contro il suo petto e gli circondo i fianchi con le braccia.
 
"Stupido, devi avere un po' più di fiducia"gli dico, anche se so che non è affatto facile e che una volta che ti hanno tradito e deluso fa molto male. La cosa strana e misteriosa è che nonostante mi trovi fra le braccia di uno dei predatori più forti del mondo, forse anche l'unico, non ho paura, anzi mi sento protetta, amata e capita e questa è una cosa che adoro e sono sicura che con chiunque altro che non sia Emanuele, non mi sentirei così.
 
"Aspetta un attimo"mi dice all'improvviso scostandomi da se.
 
"Aspettami qui, non ti allontanare, arrivo subito"dice e mi sembra tornato come prima, felice, sereno e sorridente, come lo preferisco, anche se i suoi minuti oscuri e la sua imprevedibilità mi eccitano e affascinano non poco.
 
Guardo Emanuele allontanarsi e rimango da sola dove mi ha lasciato, decisa a non muovermi perché basta solo un attimo e potrei trovarmi chissà dove; il mercatino, che poi si dovrebbe chiamare mercato, è enorme e gremito di persone di tutti i tipi e a mio parere è come il mare, ha le correnti che ti portano via.
 
"Gemma?"
 
Nel sentirmi chiamare di nuovo mi volto.
 
Non è possibile! Che mi venga un colpo! Penso allibita.
 
" Anna bella! Steve! Oscar!"Esclamo e molto persone si voltano incuriosite.
 
"Allora sei veramente tu!"Afferma Anna bella felice, venendomi incontro a braccia aperte.
 
Ci abbracciamo entrambe un sorriso stampato sulle labbra e solo ora mi rendo conto di quanto veramente mi siano mancati.
 
"Che bello rivederti Gemi"mi dice Oscar.
 
Mi scosto da Annabella che sorridente guarda Oscar stamparmi un bacio sulla tempia.
 
"Ehi! Tesoro, ciao"mi dice Steve dandomi una poderosa pacca sulla spalla che mi fa fare un passo in avanti.
 
"Ehi! Piano gorilla, le fai male"lo rimprovera Anna bella.
 
"Ragazzi, ma come mai siete qui?"
 
"Ci mancavi tesoro, volevamo vederti, perché non potevamo?"Mi chiede Steve.
 
"No, certo che potete, che sorpresa mi avete fatto, che bello! Vi ho mandato anche delle cartoline sapete? Vi sono arrivate?"
 
"No, ancora no"mi risponde Anna bella.
 
"Figurati, ci vorranno settimane perché arrivino"dice Oscar e ha ragione, avrei dovuto immaginarlo.
 
"Quando siete arrivati?"
 
"Qualche ora fa, stavamo cercando un hotel ma... qualcuno ci ha fatto sbagliare strada"finisce la frase Oscar ed entrambi guardando Steve.
 
Mi metto a ridere.
 
"Beh, ma anche voi, ancora vi fidate di lui? Eppure dovreste conoscerlo"
 
"sì, è vero, ma uno pensa sempre che crescerà prima o poi"dice Anna bella.
 
"Ehi! Vedete di smetterla di trattarmi come un idiota, la cartina diceva così"afferma Steve.
 
"Su,su,non è un grande problema, vi porto io in un hotel"
 
"grazie, menomale che ci sei tu, altrimenti restavamo a dormire per strada"
 
"ok, ho capito, lei è più brava di me e tutto quello che volete, ma come mai stai da sola al mercatino? Non hai paura di perderti?"
 
"ah, è perchè..."comincio a spiegare, quando qualcuno passando velocemente fra la folla mi urta e mi fa cadere addosso a Oscar che mi prende al volo.
 
"Ma cosa?! Piano, che modi!"Esclama subito Anna bella infastidita, voltandosi verso chi mi ha spinto. Io faccio altrettanto e mi trovo davanti un ragazzo alto e magro dai capelli corti e scuri e occhi nocciola, che si volta e mi guarda.
 
"Scuza - ma, e rau, ai fost ranit?" (Mi scusi, mi dispiace, si è fatta male?)Mi chiede preoccupato.
 
"Nu"dico alzando le mani e sorridendo per tranquillizzarlo.
 
"Scuza inca" (scusi ancora) mi dice, poi va via.
 
"è stato fighissimo, che cosa vi siete detti?"Mi chiede Anna bella entusiasta e incuriosita.
 
"Niente, poverino non sapeva come scusarsi"
 
"erano scuse?"Chiede Oscar.
 
"Sì, beh, si capiva no?"
 
"Abbastanza"ammette Steve.
 
"Comunque che stavi dicendo prima?"
 
"ma che importa, quel ragazzo era veramente carino"commenta Anna bella.
 
"Dici? Ma se gli hai urlato contro"le faccio notare divertita.
 
"Sì, ma si è scusato no?"
 
"è vero, comunque non ho fatto caso al suo aspetto"
 
"ah, è vero, tu hai Emanuele"dice facendomi l'occhiolino.
 
"Smettila".
 
"Perché? Che problema c'è? Tanto non è qui" Resto in silenzio.
 
"Nooo, è qui, siete usciti insieme?"
 
"Sì, è andato a prendere non so cosa e mi ha chiesto di aspettarlo qui"
 
"e allora certo che non t'interessava, perchè Emanuele è più bello di lui, giusto? O almeno mi sembra da quanto ci hai raccontato"
 
"beh..."dico arrossendo al solo pensare a lui.
 
"Potresti rispondere alla domanda per favore, sai interessa anche a me la risposta"
 
Mi volto trovandomi davanti proprio il diretto interessato.
 
Sospiro e mi giro nuovamente verso Anna bella e gli altri un po' imbarazzata e con un leggero sorrisetto sulle labbra.
 
"Ragazzi, vi presento Emanuele"
 
"capperi! E certo che non t'interessava l'altro"dice subito Anna bella mentre lo fissa senza crearsi problemi, invece i ragazzi sono diventati muti.
 
"Allora? La risposta?" Mi chiede Emanuele guardandomi direttamente in faccia, imbronciato per non aver ancora saputa.
 
"Sai benissimo quello che penso di te e non voglio dirlo davanti a loro. Hai fatto quello che dovevi?"
 
"sì"dice ancora imbronciato.
 
"Bene, allora lascia che te li presenti. Lei è Anna bella, lui è Oscar e lui è Steve, sono i miei migliori amici"
 
"piacere"dice Anna bella, mentre i ragazzi annuiscono intimiditi. Lì capisco perfettamente.
 
"Piacere mio"risponde educato Emanuele.
 
"Sai, si sono persi e vorrei portarli in hotel, altrimenti non sapranno dove andare a dormire"
 
"va bene, spero solo che non incontrerai quel tizio"mi dice non nascondendo affatto il fastidio che sente alla sola idea che possa incontrare di nuovo Clif.
 
"Tranquillo, tanto ci sei tu con me e poi lui è fidanzato con Azzurra"
 
"non credo che questo possa fermarlo" dice Emanuele irritato.
 
"Ma va!"Dico sorridente, appendendomi al suo braccio felice di sapere che gli da fastidio.
 
"Chi è Clif?" Mi chiede Anna bella mentre cominciamo ad incamminarci.
 
"Un ragazzo che..."
 
"è fastidioso e non la lascia stare"dice Emanuele seccato, interrompendomi.
 
"E perché c'e l'ha con te?"Chiede Oscar.
 
"perché ci ha provato, ma io l'ho ignorato"
 
"ah, ti voleva portare a letto"commenta Steve e si becca uno schiaffo in testa da Anna bella, ormai è un gesto incondizionato, dice una cosa volgare e scatto lo schiaffo.
 
"Ahi!"Esclama, ma nessuno lo ascolta, sono felice però, di notare che Emanuele è divertito per l'accaduto. Almeno la frase poco delicata di Steve ha fatto cambiare il suo stato d'animo, anche se credo che durerà molto poco.
 
"Già, si era messo in testa chissà che cosa, poi ha visto Emanuele e sì è arrabbiato, con quale diritto ancora non l'ho capito"
 
"Ma, sicuramente hai intaccato il suo orgoglio, magari pensava di essere irresistibile che tu fossi una ragazza a cui bastasse qualche avances anche velata per cadere ai suoi piedi, ma non è stato così, l'hai ignorato e si è risentito. Gli uomini così non li sopporto, dementi"dice Anna bella in tono freddo.
 
"Mi dispiace Anna, ma se tutto va bene dovrai sorbirtelo per un po'; lui è il figlio del proprietario dell'hotel dove vi sto portando. Il proprietario farebbe di tutto per me per via di una cosa che ha fatto mio padre per loro tempo fa, quindi se tutto va bene avrete delle stanze da loro e sarete sistemati"
 
"Ah, beh, cercherò di stare tranquilla"dice seria.
 
Cerco lo sguardo di Oscar e Steve e l'incontro, la pensano come me, sappiamo tutti e tre che sicuramente guarderà male Clif ogni volta che ce ne sarà occasione, che sarà fredda, scostante e antipatica, lei fa così con chi crede un demente indegno della sua fiducia, o comunque di quella di tutto il genere femminile.
 
"Guardate, ecco dove avete sbagliato, qui non dovevate girare a destra ma prendere la stradina alle vostre spalle, questo bivio è davvero fastidioso, ma una volta aver imparato la strada..."
 
"disse la ragazza con la memoria fotografica"commenta Anna bella.
 
"Ok, ho capito, sei stanca,procediamo"dico imprendendo a camminare, quando comincia a essere scorbutica vuol dire che è stanca o invidiosa.
 
Dopo poco ci troviamo sulla via principale, poco distante dall'hotel.
Davanti all'entrata spingo la grande porta e... che mi trovo al di la del bancone della reception? Che fortuna, mister simpatia. Clif guarda verso di me e poi m'ignora.
 
Mi accosto alla scrivania."Tuo padre dov'è?"
 
"è indaffarato"
 
"Aspetteremo finché non ritorna"dico appoggiando il braccio sul bancone e cominciando a guardarmi intorno, mentre le occhiatacce di Anna bella sono già partite e rischiano di farmi ridere. Passa un istante che sento la voce profonda, educata e ossequiosa del padre, ed eccolo sbucare dalle scale. Non appena mi vede gli s'illumina il viso.
 
"Oh, signorina Settembri,che bellissima sorpresa trovarla qui. Desidera qualcosa?"
 
"Sì, vede oggi sono venuti a trovarmi questi miei cari amici e mi stavo chiedendo se avesse tre stanze singole per loro, per i ragazzi anche una con due letti"
 
"vedo subito signorina"dice andando dietro la reception.
 
Si siede al computer e digita qualcosa sulla testiera, mentre Clif è visibilmente irritato, ma ci sono gli sguardi assassini di Anna a tenerlo buono.
 
"Oh"esclama all'improvviso il proprietario.
 
"Mi dispiace signorina, abbiamo solo una singola libera, provvederò a fare in modo di spostare qualcuno e..."
 
"no no, non si disturbi, se non ha stanze non è colpa sua, grazie comunque"
 
"sono spiacente signorina, allora arrivederci"
 
"arrivederci signore"
 
"Giulio"dice l'uomo.
 
"Arrivederci Giulio"dico sorridendo, ed esco, sono sicura che ora Clif sarà felice.
 
"E ora che facciamo? Gemma conosci altri hotel?"Mi chiede Anna un po' preoccupata.
 
"No, so che ce ne sono tre e questo qui, vediamo cosa dicono gli altri, ma non ci so andare. Emanuele tu sai dove sono?" Gli chiedo voltandomi verso di lui che è rimasto in silenzio fino ad ora.
 
"Sì, vi faccio strada, magari sarete fortunati"
 
"magari"ripete Anna. Così ci mettiamo a seguire Emanuele in un sostenuto silenzio. Ci infiliamo in viuzze mai viste e passiamo davanti a negozi mai visti, mi sembra di stare in un altro paese, quando finalmente ci fermiamo davanti a un edificio rustico.
 
"Questo è un dei quattro hotel, proviamo a chiedere"
 
Entriamo e subito ci accoglie un camino enorme con acceso all'interno un fuoco allegro e scoppiettante, con davanti un grande tappeto peloso e un divano imbottito marrone; davvero molto accogliente.
 
Al bancone della reception c'è una ragazza con uno strabiliante sorriso e occhi vivaci.
 
"Scusi, ha tre camere libere?"
 
"Un momento per favore"dice la ragazza digitando qualcosa al computer poi scuote il capo.
 
"Mi dispiace, ma solo una matrimoniale"ci dice e rimane in attesa della nostra decisione.
 
Guardo Anna bella. "Che c'è? Non vorrai mica che dorma in una stanza con due ragazzi e, per giunta c'è solo un letto, ed è matrimoniale"
 
"è vero, ma lì cono..."
 
"Alt, stop, non dire altro"dice alzando le mani.
 
"No"aggiunge poi categorica.
 
Sospiro, speriamo che negli altri due ci siano tre stanze singole o anche due.
 
"Ok, Emanuele il prossimo hotel?"
 
"Di qua"dice subito dirigendosi alla porta, faccio un cenno del capo alla ragazza ed usciamo.
 
L'altro hotel è un po' più distante e cominciano a farmi male i piedi.
 
"Eccoci, questo però costa una fortuna"dice Emanuele già sicuro che i miei amici, come nemmeno io del resto, potremmo mai permettercelo, infatti rimangono tutti e tre impalati a bocca aperta a fissare l'imponente entrata in vetro e marmo alla fine di tre alti gradini a semicerchio di marmo bianco, luci da sfilata lungo il tragitto e un parcheggio enorme.
 
"Direi che non serve nemmeno chiedere"affermo.
 
"Credo tu abbia ragione, ora che facciamo?" Chiede Anna rivolta a Oscar e Steve.
 
"Avremmo dovuto prenotare delle stanze prima di partire"dice Steve.
 
"Ma davvero genio?"Dice lei infastidita.
 
"Ehi! Basta, non è il momento di litigare, vi sembra il caso?"
 
"Hai ragione Gemma, scusa e scusa anche a te Steve"
 
"figurati"
 
"ma ora che possiamo fare Gemma?" Rimango un attimo in silenzio.
 
"Potreste venire da me"
 
"Eh?"Esclamo istintivamente voltandomi verso Emanuele, del tutto esterrefatta.
 
"Che c'è, vorresti rimanere da sola con me?"Mi chiede facendo un sorriso che mi scioglie all'attimo e subito dopo divento bordeaux .
 
"Stupido, certo che no, ma che ti salta in mente?"Esclamo in preda all'imbarazzo.
 
"Il che vuol dire che in realtà le piacerebbe tanto"spiega Anna.
 
"Zitta"sibilo guardandola male.
 
"Oddio, che paura"dice lei scherzosa abbracciandomi stretta, mentre io vorrei solo prenderla a calci.
 
"Non ve l'ho proposto subito perché è davvero lontano"dice Emanuele, mente io concordo con lui annuendo e spalancando gli occhi.
 
"Ho ragione Gemma?"
 
"Ragionissima, è davvero...."
 
"non importa, sempre meglio che dormire per strada"m'interrompe Anna e in effetti ha ragione.
 
"Allora ci serviranno due taxi, siamo in sei"
 
"ma che, ci stringiamo, chi vuoi che lo venga a sapere"dice Anna e infatti dubito dopo aver atteso Emanuele che è andato a comperare qualcosa che ci aiutasse a vedere la strada, abbiamo trovato un taxi e ci siamo seduti tutti, solo la furbetta di Anna si è accomodata davanti, mentre Oscar e Steve sono andati dietro e naturalmente anch'io ed Emanuele e guarda te il caso, per problemi di spazio, sono dovuta sedermi sulle gambe di Emanuele e mi sento così imbarazzata che potrei morire.
 
Sono consapevole che il tragitto in macchina è breve e che invece a piedi sarebbe stato un massacro, ma in questo momento vorrei tanto camminare, invece no, sono adagiata sulle gambe di Emanuele e nella vettura c'è un silenzio di tomba davvero scoraggiante, che bellezza!
 
Mi faccio piccola piccola, a disagio e cerco di essere naturale nel guardar fuori dal finestrino la vegetazione scura, il cielo nero e le stelle, ma sono certa che con il suo udito molto più sviluppato del mio Emanuele possa sentire perfettamente il mio cuore galoppare impazzito, tanto che potrebbe scoppiare da un memento all'altro e questo non mi va per niente giù.
 
Cerco di rimanere calma e immobile a guardare fuori anche quando ad Emanuele viene la brillante idea di cingermi con le braccia la vita e appoggiare la fronte sulla mia nuca. Fortunatamente non devo rimanere così per molto, perchè la macchina si ferma proprio davanti alla rete che prima separava gli scavi dal resto e nell'attimo in cui l'autista scende dalla macchina, io apro lo sportello a mia volta, così che Emanuele è costretto a lasciarmi e gli altri mi seguono a ruota.
 
Mentre l'autista prende i nostri bagagli, faccio un respiro profondo per tentare di calmarmi e noto che purtroppo comincia a fare freddo, ma la scoperta lascia spazio alla consapevolezza che ora dovremmo arrampicarsi sulla montagna e credo che nonostante le lanterne prese da Emanuele non si vedrà assolutamente niente.     
Prevedo cadute e ferite.
 
"Allora? Dov'è la casa?" Mi chiede Anna.
 
Guardo il taxi andare via e mi scopro pensare a quanto sarebbe fantastico se fosse in grado di portaci fino in cima e poi mi volto verso Anna.
 
"Al di la della montagna"dico indicando davanti a me.
 
"Stai scherzando? Ma non si vede nulla e siamo stanchi"
 
"lo so, ma sempre meglio che dormire per strada, no? "Dico prendendo le mie buste.
 
"Lasciale a me"dice Emanuele togliendomele di mano, prende anche le valigie degli altri e s'incammina verso la montagna.
 
Lo seguo rassegnata a dover scalare e una volta giunti ai piedi della montagna, Emanuele ci da una lanterna per uno e io ancora non capisco perché a nessuno è sembrato strano che Emanuele portasse tutte le valigie e sopratutto chiedesse come avrebbe fatto.
 
"Emanuele io sono più pratica, quindi lascia che sia ultima e chiuda la fila, così sarò sicura che non si perda nessuno"dico mentre si avvicina con la corda. Mi guarda incerto, ma io sono sicura di quello che dico e faccio, tanto che lo convinco.
 
Mi lega la corda intorno alla vita e va avanti, io guardo la lanterna e sorriso, so già che alla fine me la terrò per ricordo. Accendiamo subito le lanterne e mi sorprendo molto. Pensavo non si vedesse nulla, invece messa in un preciso punto mostra la strada perfettamente.
 
"Allora, siete pronti? Aiutatevi a salire con gli spuntoni e le rocce e attenti al fango, potreste scivolare"
 
"Forza ragazzi, vedrete che non è poi così difficile"
 
"se lo dici tu, per fortuna che mi sono messa le scarpe da ginnastica e non i tacchi"dice Anna afferrando una roccia sporgente.
 
"Roba da pazzi, nemmeno nei film o nei fumetti si vedono cose simili"commenta Steve e hanno ragione, è pericoloso, ma con noi c'è Emanuele, ed io so che non permetterà che ci succeda qualcosa, ho fiducia in lui.
 
"Tranquilli, non ci succederà nulla"dico alzando lo sguardo su Emanuele.
 
I nostri sguardi s'incontrano e noto una luce affettuosa nei suoi occhi, o è la mia che si rispecchia dei suoi?
 
"Ok, allora cominciamo"dice Anna e si mette dietro Emanuele, seguita dagli altri.
 

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Capitolo 13
*** Missione amicizia ***


Noto subito che non è una passeggiata neanche per me con il fango e mi rendo conto che per loro che è la prima volta sarà arduo arrivare in cima senza scivolare o farsi male, ma spero comunque che vada tutto per il meglio.

Guardo i miei amici salire con cautela e lentezza, attenta a ogni loro gesto, così da dargli consigli, ma comunque stando attenta a dove metto i piedi e cercando di non distrarmi, fino a quando li noto trovare ritmo e sicurezza e mi sento più tranquilla.

Continuiamo così per un po', fortunatamente alcune parti sono meno ripide e fangose e altre sono addirittura pianeggianti, tanto da non creare problemi.

Muovo un altro passo e sento un rumore. Faccio appena in tempo ad alzare lo sguardo che vedo Anna scivolare ed Emanuele che prontamente afferra la corda e la tira, così da rimetterla in piedi. Mi è preso un colpo, stiamo fin troppo in pendenza per lasciare che cada, ma fortunatamente è tutto ok; tranne le ginocchia e gli orli dei pantaloni sporchi di fango stanno tutti bene; Anna si è presa solo un brutto spavento.

 Faccio un respiro profondo e dopo esserci tutti assicurati che stia bene e che non si sia presa una storta o altro, afferro un ennesimo spuntone e constatato che è ancora ben saldo nel terreno, mi do una spinta in avanti.

"Quanto manca ancora?" Chiede improvvisamente Anna sovrastando con la voce i nostri respiri alterati per la fatica.

"Non molto, siete bravissimi"li rassicura Emanuele, ed io sono d'accordo.

Fortunatamente arriviamo in cima. La scalata è sembrata interminabile e difficile, ma di giorno avremmo sicuramente notato che il tragitto è pochissimo; magari se la prossima volta ci sarà una nuova scalata di gruppo, la faremo senza fango e soprattutto senza buste che c'impediscano i movimenti completi.

"Ok, qui è pianeggiante, possiamo fermarci a riposare,ma non avvicinatevi troppo alla discesa o scivolerete giù"dice Emanuele e  posa a terra le borse, che alla fine ha portato tutte lui.

 Anna tira fuori la bottiglia dell'acqua e gli altri fanno altrettanto, ed io li seguo a ruota con la bottiglia del the, peccato che mi lasci un retrogusto amaro in bocca.
Dopo due sorsi sono a posto, è stata veramente un'idea assurda quelle di scalare questa montagna, dovrebbero inventarsi una strada, peccato che Emanuele vive apposta lontano per nascondersi delle persone normali; ecco perché è così difficile andarci, non oso pensare come sarà scalare durante la pioggia.

"Allora, pronti per scendere?"Chiede Emanuele con il fiatone. Lo guardo turbata. Respira? Qualcosa non mi torna, tanto che mi avvicino a lui per poter un attimo parlargli in privato.

"Scusa, ma i vampiri non possono respirare, giusto? Quindi il tuo fiato alterato è fatto a posta?" Gli chiedo sussurrando.

Emanuele avvicina il viso al mio, mi guarda negli occhi e mi sorride. "Sì e ora muoviti"dice dandomi una pacca sul sedere.

"Ehi!"Esclamo e noto che il gesto non è sfuggito ai miei amici che mi guardano con un sorrisetto divertito e soddisfatto dipinto in faccia. Meglio muoversi va, penso indicando loro con un cenno della testa di andare avanti.

Scendere è la cosa più faticosa che ci possa essere, o almeno per me, salire, lo giuro, è più facile. Scivolo sul fango e mi faccio un pezzo in scivolata e per poco non finisco addosso a Steve, solo per miracolo mi sono fermata prima.

"Gemma, stai bene?"Mi chiede Emanuele preoccupato.

"sì, a parte la botta che ho preso al deretano, tutto ok"

Mi sorride."Ottimo, allora riprendiamo, dobbiamo solo scendere e dopo una collinetta molto più agevole, saremo arrivati"ci fa sapere.

"Ok"dico mentre il dolore al didietro non accenna a diminuire, spero non mi venga un livido.

Continuiamo a scendere e dopo una breve camminata in una vallata raggiungiamo quella collinetta di cui ha parlato Emanuele e saliamo senza alcuna particolare difficoltà anche quella.

"Ecco, vedete quella villa, siamo arrivati"

"Accidenti, di notte mette i brividi"commenta Anna e come darle torto.

"Già, ma visto quant'è grande?" Chiede Oscar incredulo, ma con il tono indifferenza, deve essere veramente stanco.

"Sì, ma ora non è il momento di rimanere ad ammirarla. Forza scendiamo, comincio ad essere stanca, voglio farmi un bel bagno caldo e ristoratore"ammetto.

"A chi lo dici"aggiunge Anna.

Emanuele comincia a scendere e Anna e gli altri lo seguono, io sono l'ultima. Mi aggrappo a una sporgenza ignorando il dolore onnipresente nel punto dove prima sono caduta, che credo sia più la parte lombosacrale che il sedere, comunque mi fa ancora male, quindi devo scendere piano e in maniera che non possa più cadere e farmi ancora male.

Stranamete l'ultimo tratto è stato abbastanza facile e finalmente tocchiamo il suolo regolare, pieno di erba bagnata.

"Arrivati!"Esclamo stiracchiandomi un po', ed eco che il dolore si fa sentire.

"Finalmente"commenta Anna.

"Oh no, mi si è spenta la lanterna"dice Oscar.

" Anche la mia fra poco ci lascerà"ci avverte Anna.

"Su, siamo arrivati, ora c'è una valle, siamo praticante a casa ormai"dice Emanuele per rassicurarli.

"Già, dovete andare sempre dritti, al massimo andrete a sbattere contro il cancello"dico tranquilla.

"Carino, perché non ci vai a sbattere tu per prima?" Mi chiede Anna.

"Ok"dico e mi metto a correre verso la villa.

"Aspetta! Io scherzavo, ma se non stai attenta ci vai a sbattere per davvero!"Esclama Anna, ma non la sento più, ormai ho cominciato a correre; sono un fenomeno, meglio di una scattista.

"Ehi! Finalmente siete arrivati, lumaconi"dico. 

"Sì, eccoci, comunque vedo che ti sei sistemata"dice Anna, notando che mi sono tranquillamente appoggiata al cancello.

"Sì, vi aspettavo"dico tranquilla, di certo non emetterò mai che se non fossi scivolata sull'erba e messo d'istinto le mani avanti, avrei veramente sbattuto contro il cancello.

Improvvisamente sento Emanuele sghignazzare e lo guardo con un sopracciglio alzato. Lui mi guarda in faccia e scuote lentamente il capo. Possibile abbia capito qualcosa?

"Ragazzi, ho aperto, entrate pure"

"perfetto, finalmente! Mi sento così stanca"commenta Anna.

"Emanuele perché ridevi prima?"Gli chiedo una volta che i miei amici ci hanno lasciato soli.

"Perché ti ho visto scivolare e ti ho letto nel pensiero, ho sentito tutto quello che pensavi"

" puoi...ma certo che sì, di cosa mi stupisco ancora... Ma non è carino farlo"gli faccio notare.

"Ok, scusa è che qualcosa non mi quadrava"

"va bene, ora sarà meglio andare, Anna non è un tipo che si ferma, è capace di andare al pianto di sopra e aprire tutte le porte che nemmeno io ho ancora aperto"

"anche se in verità quella dell'ufficio l'hai aperta"mi fa notare Emanuele.

Mi volto di scatto verso di lui. "E tu come lo sai?"

"C'è una telecamera, ma ora sarà meglio andare, se veramente Anna non è un tipo che sta buono ad aspettare, ma ficca il naso, credo sarà meglio andare a fermarla"dice Emanuele e così entriamo anche noi in casa.

Non posso crederci. "Ragazzi, siete entrati in casa con le scarpe?"Chiedo incredula.

"Oh, chiedo scusa, ero così felice di non dovessi più scalare le montagne e vedere fango che non ci ho pensato"afferma Oscar tornando all'entrata a togliersi le scarpe
infangate.

"Ok, anche voi altri"dico rivolto a Steve e Anna, che fortunatamente non ha ancora cominciato l'esplorazione.

Mi tolgo le scarpe e le metto vicino alla porta, poi entro.

"Certo che è enorme"

"Emanuele posso farmi un bagno, sono piena di fango"chiede Anna.

"certo, tu e Gemma fatelo insieme, noi ragazzi lo faremo dopo"

"sì, andiamo"dico prendendole la mano e portandola di sopra.

"Che bello!"Esclama Anna guardandosi intorno. "Già, e ancora non hai visto niente, vedrai che sorpresa"

"Dov'è la tua camera?"

"è questa"

"Oh mio Dio! È fantastica"dice Anna euforica girando su se stessa, mentre io predo dal comò un cambio d'abiti per entrambe.

"Sei praticamente una principessa"dice allegra Anna.

"ma, forse"

"ma che forse? Stai in una villa così grande e incredibile, hai Emanuele che è uno splendore, ed è ovvio da come si comporta che ti adora e una stanza da sogno, cos'altro vorresti di più? Sei così fortunata"dice sorridendomi.

"Sì, va bene, ma ora sarà meglio fare un bel bagno caldo"dico precedendola fuori dalla stanza.

Anna sembra essersi calmata di colpo, magari ha ricordato la stanchezza del viaggio e della scalata e quando esce dalla camera, gli faccio strada verso le term... il bagno.

"Sorpresa!"Esclamo aprendo la porta e facendomi da parte per lasciarla entrare.

"Santo cielo! È enorme"dice portandosi le mani al viso, mentre io chiudo la porta a chiave, poso gli indumenti su uno sgabello vicino alla vasca candida a forma di goccia e apro l'acqua calda.

"C'è di tutto qui"

"già, la prima volta che ho visto questo bagno ho pensato che Emanuele fosse megalomane"ammetto mentre cerco fra le numerose boccette di forma e colore diversi, appoggiate sul carrello vicino alla vasca, il bagnoschiuma, ma alla fine scelgo dei sali per il bagno e ne lancio una mangiata in acqua.

"Beh, chi non lo penserebbe"commenta Anna sedendosi sul water.

"Allora, fin dove ti sei spinta con lui?"

Mi volto di scatto verso di lei. Che razza di domanda.

Resto in silenzio e mi rendo conto che effettivamente non è successo niente fra di noi, tranne alcuni adorabili e bellissimi abbracci e il suo casto bacio mentre stavo per addormentarmi non è successo niente.

"Non mi dire che non avete ancora fatto niente"

"già"dico triste "c'è stato solo un casto bacio a stampo prima che mi addormentassi e molto abbracci"

"A"dice Anna. "Perché non fai tu la prima mossa se lui non la fa?"

"Io?"

"certo, non siamo più nell'800, ora le donne possono"

"ma io non..." e per giunta non so in che anno è nato lui, forse non è proprio una buona idea,penso.

"non sai che fare, vero?"

Annuisco.

"mh"dice Anna.

"onestamente, credo sia meglio aspettare"dico alla fine cominciando a togliermi le ballerine. Ormai la vasca è mezza piena.

"Se preferisci fare così, d'accordo"mi dice Anna togliendosi la giacca e la maglietta.

"sì, ma non aspettare tanto, se vedi che non fa alcuna mossa pensaci tu"

"D'accordo"dico mi tolgo il vestito e mi sciolgo i capelli.

"Che strano, credevo che Emanuele fosse un tipo diretto, o almeno così mi è sembrato"continua a dire Anna togliendosi scarpe e calzini.

"Oh, sa esserlo quando vuole, è così lunatico"dico chiudendo il rubinetto.

"E ti piace da morire apposta per questo" afferma Anna oramai completamente nuda.

"Sì, è vero, ma ora muoviamoci, i ragazzi saranno sporchi, stanchi e infreddoliti, hanno anche loro diritto di lavarsi"

"sì, ma conoscendoli useranno la doccia, sono molto più pratici".

Già, ma non il mio bel vampiro, penso imbarazzata dal mio stesso pensiero, che per giunta faccio mentre mi tolgo l'intimo, che mi dice la testa? Penso immergendomi gradualmente nell'acqua che ho volutamente messo bella calda.

Anna si siede vicino a me, ed è una meraviglia, la vasca è talmente grande da poterci nuotare dentro.

"Ok, ora rilassiamoci un attimo, ma dopo devi mettere qualcosa su quel brutto livido che hai appena sopra il sedere, perché non mi piace affatto e sono certa ti faccia male"

"in effetti"ammetto e scivolo fino a che l'acqua calda non mi arriva al collo e chiudo gli occhi. Meraviglioso.

Rimango in silenzio per un po' decisa a rilassarmi e Anna fa lo stesso. Intorno a noi c'è un silenzio fenomenale, come se ci fossimo solo noi in casa e la cosa non mi
piace, quando decido che è il momento di cominciare a lavarci.

Dopo poco, Anna si sta togliendo di dosso la schiuma, mentre io mi sciacquo i capelli che raccolgo sul capo con un turbante fatto con un asciugamano e decido di rimanere ancora un po' a mollo e non sprecare questa deliziosa acqua calda.

Anna mi prende ad esempio e chiude gli occhi.

Idea!Penso sorridendo e la schizzo.

L'acqua le arriva dritta in viso, tanto che spalanca di colpo gli occhi e la bocca, sorpresa.

"cosa fai?"

"Gioco"dico sorridendo.

"Ah sì? Bene"dice lei schizzandomi a sua volta.

"Ok ok, scusa, ma sarà meglio non continuare, altrimenti faremo il lago di Garda a terra; oggi sono già caduta una volta, non vorrei farmi male una seconda"dico alzando le mani in segno di resa.

"Va bene, facciamo una tregua, ma solo per ora. Non finirà così, questa sera la battaglia continuerà a forza si cuscinate"dice seria.

"Vincerò io, battaglia e guerra"

"Sì, come no, non penso proprio"dico giocosa.

"Vuoi scommettere? Se vinco io, corri a baciare Emanuele e se vinci tu, esaudirò una tua richiesta, qualunque essa sia"

"d'accordo"dico, anche se l'idea di dover baciare Emanuele nel caso perdessi, cosa impossibile, m'imbarazza non poco.

"Ho deciso,gara di apnea"dico

"1-2-3"e dopo un bel respiro infilo la testa in acqua.

"Ehi!Non è giusto"Esclama Anna immergendo il viso e ci troviamo entrambe a guardarci da sotto l'acqua.

Ahimè, io sono la prima a riprendere aria, così Anna vince, spero solo che non sia di cattivo auspicio per la lotta dei cuscini, penso guadando il sorriso vittorioso di Anna
mentre esce dalla vasca.

Esco anch'io e mi avvolgo il corpo con un grande asciugamano candido e morbidissimo e comincio ad asciugarmi.

Poco dopo sono pronta e indosso un abito color melanzana che normalmente uso per casa. È a maniche lunghe e corto fino alle cosce, sotto ci metto dei vecchi fuso scoloriti verde acido e calzo le pantofoline.

"Ti ringrazio molto per aver preso un cambio per me ma, vorrei indossare qualcosa di mio"dice e so perfettamente che non è nulla di personale. Io e Anna siamo molto unite, ci prestiamo gli stessi fermagli per capelli, dormiamo insieme e mangiamo con la stessa forchetta dallo stesso piatto, proprio come se fossimo delle vere sorelle, è solo che lei preferisce indossare indumenti propri.

"Ah, è vero, scusami non ci avevo pensato. Allora vado a prenderteli, aspettami qui"dico e apro la porta trovandomi davanti una valigia viola.

"Anna, la tua valigia è viola?"

"sì, perché?"

"Sta qui, qualcuno l'ha messa davanti alla porta"dico portandola dentro e appoggiandola su uno sgabello.

"Ah, perfetto"dice aprendo la zip e frugandoci dentro, un attimo dopo siamo entrambe vestite e mentre lei si fa una maschera al cioccolato, io mi asciugo i capelli con il phon guardandomi allo  specchio posto sopra il lavandino.

"Ancora usi quegli intrugli, ma sei sicura che facciano bene alla pelle?" Le chiedo nel momento in cui ho spento il fon e sto spazzolando i capelli ancora umidicci prima
di asciugarli del tutto.

"Sì, sono sicura, e sto aspettando con ansia il giorno in cui la metterai una anche tu e mi darai ragione nel dire che è una cosa fantastica"

"aspetta e spera"dico riprendendo a usare il phon e facendo un bel po' fracasso. Dopo alcuni minuti, Anna con uno strato nero e secco in faccia, mi si avvicina e con un colpo di fianco mi sposta da davanti allo specchio e armata da dischetti di cotone, comincia togliersi la maschera dal viso.

Alzo gli occhi al cielo e stacco il phon.

"Ho finito, vado si sotto, tu ti prego sbrigati, niente creme idratanti per il corpo, smalto o cose del genere, i ragazzi hanno atteso già tanto per i nostri capricci"

"ok"mi dice, ed esco e so che passeranno altre due ore prima di rivederla.

Scendo di sotto e in soggiorno sento la televisione cianciare qualcosa, fino a che vedo i ragazzi seduti uno vicino all'altro, come ipotizzati e mi accorgo che stanno guardando il canale sportivo.

Allora è normale, penso quando Emanuele mi nota e si volta verso di me facendomi un dolce sorriso, l'unico che non si fa vincere da un pezzo di ferraglia elettronica inanimata come la televisione è lui, magari i vampiri hanno un altro neurone in più al contrario degli esseri umani, chissà...

"Ma, vi siete già cambiati?"Noto solo ora.

"Già da tempo. Abbiamo fatto la doccia nell'altro bagno e abbiamo anche sistemato le valigie nelle stanze degli ospiti"dice Oscar non distogliendo lo sguardo dalla partita di calcio.

"Già, se aspettavamo voi saremo già morti di freddo"dice Steve.

M'infastidisco all'istante, ma per questa volta gliela faccio passare liscia, infondo a ragione.

"Capisco"dico solo raggiungendoli e infilandomi in uno stretto buco fra Oscar ed Emanuele.

"Tieni"mi dice Oscar passandomi una tazza fumante.

"è the. Lo abbiamo fatto da poco, ma attenta, brucia ancora"mi avverte.

"Già, per evitare che si raffreddasse subito abbiamo fatto bollire l'acqua, non ustionarti tesoro"aggiunge Steve.

"Grazie"dico portandomi la tazza alle labbra e prendo un sorso con attenzione.

"mh,the verde, il mio preferito"dico subito.

"Lo so"dice Emanuele guardandomi con la cosa dell'occhio e ricevendo da me un caloroso sorriso, dopo mi metto a guardare la partita.

"Ma sei scemo!"Esclamo all'improvviso contro un giocatore, in simbiosi con Oscar, me ne pento subito, non voglio che Emanuele pensi che io sia volgare.

Mi schiarisco la voce e mi ammutolisco di colpo mentre bevo l'ultimo sorso di the della quinta tazza.

A, cavolo, penso scivolando giù dal divano. Urgenza bagno e intanto che ci sono, vado a vedere se Anna è morta affogata nel water e un fantasma ha accidentalmente tirato la catena.

Busso alla porta che spero abbia nuovamente chiuso a chiave e mi viene aperto.

"Sì"

"Hai finito? Che stai facendo?"

"Ah, sto asciugando il pavimento"dice mostrandomi lo scopettone.

"Vuoi una mano?"

"No, ho finito proprio ora, adiamo"dice uscendo dal bagno.

"I ragazzi si sono già lavati e cambiati, ora stanno vedendo la partita, se aspetti un attimo, faccio pipì e ti accompagno in camera mia, così potrai sistemarti, immagino che non vorrai restare da sola questa notte in una casa così grande"

"beh, sì"

Faccio quello che devo e dopo porto Anna in camera mia.

"Ecco, metti le cose dove vuoi e andiamo di sotto"

Anna lascia la valigia sulla poltroncina e scende con me.

"Ah, la Roma e il Napoli"dice Anna.

"Già"risponde Oscar.

"Ben tornata principessa"dice Stive, mentre Emanuele rimane in silenzio seduto al suo posto e mi guarda.

Non so perché ma sento caldo al solo sapere che mi sta guardando, così arrossisco e distolgo lo sguardo da lui.

"Ahm. Gemma, ho fame"mi dice Anna all'orecchio.

"Sentitevi liberi di usare la cucina"dice Emanuele calmo.

"Ma come..?"

"Ha un perfetto udito"dico calma dirigendomi in cucina.

 Lascio i ragazzi guardare la partita senza interpellarli e spalanco il frigo prendendo un paio d'ingredienti, mentre Anna si siede su uno sgabello della penisola e mi
guarda cucinare.

"Adoro guardarti cucinare"mi fa sapere seguendo con lo sguardo ogni mio movimento.

"Mi fa piacere"dico mettendo sul fornello una pentola d'acqua per la pasta e a riscaldare dell'olio in una padella, dopo lavo alcune zucchine e pomodori che trasferisco
sul tagliere e comincio a tagliare le zucchine alla julienne e i pomodori a rondelle.

"Scusami Anna prenderesti l'insalata dal frigorifero"

"certo" Fa il giro della penisola venendo dalla mia parte e apre il frigo alle mie spalle.

"Però, è ben fornito"

"già"dico piena di gratitudine, sapendo perfettamente che Emanuele l'ha fatto solo ed esclusivamente per me.

Anna prende un cespo di lattuga e lo appoggia sul piano cucina vicino a me. "Lavala per favore, dopo tagliala e mettila in una ciotola"

"sì signora"dice aprendo tutti i pensili alla ricerca degli attrezzi per fare quello che gli ho chiesto.

Un attimo dopo, è pronta una splendida insalata che abbiamo messo sul tavolo della cucina che Anna si è gentilmente offerta di apparecchiare .

"Metti da bere a tavola" dico non distogliendo lo sguardo dalla salsa al formaggio per evitare che si bruci.

"Anna devo controllare la cottura del polpettone e la pasta verresti a girare energicamente questa salsa?"Le chiedo poco dopo.

"Arrivo chef"dice giocosa.

Sorrido e m'inchino di fronte al forno. La cottura sembra andare bene, non credo che la carne diventerà secca e manca ancora mezz'ora di cottura, noto poi mi sposto alla pasta che devo scolare immediatamente perché sta diventando scotta e sicuramente lo diventerà, questo mi farà diventare scura in volto per un po', presagisco.

Butto la pasta scolata nella grande padella con il ragù e comincio a preparare i piatti.

Anna ora ci penso io lì, metti i piatti a tavola e chiama i ragazzi, poi accomodati dove vuoi.

"Ottimo, con tutti questi profumi stavo agonizzando"

Metto da parte la salsetta al formaggio ormai pronta e lancio uno sguardo al forno, tutto ok, tranne la pasta, penso irritata.

"Accipicchia che profumino"dice Oscar entrando in cucina.

"Chi ha cucinato?"Chiede Steve entrando.

"Io"dico seccata "un altro commento e non mangiate, ok?"Aggiungo.

"Ok, che succede?"Chiede Oscar.

"Mi è venuta male la pasta"dico arrabbiata con me stessa.

"Dai può..."

"no, Steve non lo dire o esploderà una bomba nucleare"lo ferma Oscar prima che lo impicchi al lampadario e me ne vada fuori dalla cucina.

"Sarà lo stesso buonissima"dice Anna sincera.

"Sì, anche perché quando si ha fame sembra tutto più buono"

"Steve‼"esclama Oscar.

"Accidenti, eppure non sono una principiante, faccio pasta da sempre"

"tesoro, dovevi controllare anche altre cose. Tu hai un tim in cucina, non sei mai sola come oggi e con un aiuto poco capace come lo sono io."

"Sì sì, ma ora mangiamo"dice Steve con la bocca piena.

"Ehi! Buon appetito eh!"Esclama Anna infastidita.

"Altrettanto"dice continuando a mangiare seduto comodamente al suo posto.

Oscar si accomoda e prende esempio da lui e anche Anna.

"Ragazzi,ma Emanuele?"

"Strano, era con noi un attimo fa, ci stava seguendo in cucina"dice Oscar confuso.

"Sarà andato in bagno"aggiunge Steve sempre con la bocca piena.

Impossibile, penso.

"Eccomi"dice entrando in cucina e sembra che la stanza si sia illuminata.  Mi appare sul viso un sorriso ebete e quando riprendo la mia compostezza, mi rendo conto di
quanto sono strana, mi sono lasciata totalmente andare.

"Certo tesoro che senza di me non ci sai stare eh?"Dice Emanuele giocoso, con le sue meravigliose labbra curvate in un sorriso.

Mi avvicino a lui lentamente e i miei amici temendo il peggio, visto il mio stato d'animo di poco fa, trattengono il respiro e rimangono con le forchette a mezz'aria
guardando la distruzione imminente di Emanuele, ma hanno fatto male i loro conti.

 Lui è... lui è importantissimo per me, non potrei mai fargli o dirgli qualcosa di cattivo. Lo amo e ho paura che dicendogli qualcosa  possa scomparire da un momento all'altro.

"Ehi, dov'eri andato?"Chiede Steve improvvisamente, rubandomi la domanda che stavo per fargli e così salvandolo, o almeno secondo loro.

"Non importa, vieni a mangiare"dice Anna.

"Ah, mi dispiace, ma per quanto vorrei mangiare i manicaretti di Gemma, ho una dieta particolare che devo seguire".

Che sia andato a mangiare? Mi chiedo.

"Spero solo per il tuo bene che tu non abbia morso una donna"dico a bassa voce, con finta dolcezza e un sorriso per niente gentile e vado a sedermi a tavola, ignorando volutamente il sorriso di Emanuele.

"Cavolo!"Esclamo quando mangio un boccone di pasta"

"ti giuro che è deliziosa"dice Anna.

"sì, sarà, ma sapete ho una voglia pazzesca di prendere il tegame e buttare tutto nella pattumiera, mi sto trattenendo"

"Si vede"dice Steve guardando la mia mano che stringe a morte la forchetta; se fosse stata di plastica o di ferro scadente, ora sarebbe polverizzata.

"Sei sempre così drastica"commenta Oscar e so che ha ragione.

Sorrido e non rispondo, non mi sarei dovuta permettere di sbagliare, se lo sapesse il mio datore di lavoro, mi licenzierebbe in tronco non reputandomi adeguata al suo
raffinato ristorante e lo capirei.

Mangio quella rivoltante pasta scotta e fredda e dopo mi purifico con l'insalata che è perfetta, almeno quella.
Improvvisamente mi alzo di scatto dal tavolo.

"Che c'è?"Chiedi subito Steve.

"il forno"dice Anna, spezzando con la mano un pezzetto di pane.

Tiro fuori dal forno il polpettone e comincio a tagliarlo a fette.

"Anna, mi porteresti i piatti?"

"tieni"dice Emanuele porgendomeli.

"Grazie"dico con un sorriso sulle labbra.

Preparo i piatti di carne a cui metto sopra un po' di salsa al formaggio e finiamo di mangiare, mentre Emanuele in piedi vicino alla penisola non fa altro che guardarci mangiare, anche se in realtà è interessato solo a me.

"Bene, ci sarebbe anche il dolce, ma deve stare in frigo tre ore e adesso è piuttosto tardi, lo mangeremo domani mattina per colazione"dico portando via la colonna di piatti da lavare.

"Aspetta, visto che ci hai cucinato delle cose favolose, ora facciamo una catena per lavare i piatti"dice Oscar.

"Io asciugo"dice Steve.

" io lavo"dice Oscar.

"e io li metto a posto"dice Anna. "Tu invece, ti riposi"

Sorrido. "Grazie ragazzi"

"di che, vai su"dice Anna cercando il sapone per i piatti.

Li lascio da soli e vado in soggiorno, seguita da Emanuele. Mi lascio cadere sul divano e mi stiracchio.

"Stanca?"

"più o meno"dico chiudendo gli occhi.

"Sai, ho parlato di te con Oscar e Steve"mi fa sapere Emanuele sedendosi accanto a me.

"A davvero? Allora ti avranno detto che quando mi arrabbio sembro un demone"

"sì, ma anche che sei gentile, cerchi sempre di essere forte e coraggiosa in ogni situazione, sei romantica e non lasceresti mai le persone a cui vuoi bene, oltre al fatto
che sei severissima con te stessa, direi più dura"

"capisco"

"però queste cose le sapevo già"

"perché mi hai spiato per tutto questo tempo"dico facendo un mezzo sorriso.

"sì, ma lo si capisce anche stando un po' con te"

"Questo è preoccupante"ammetto.

Improvvisamente sento un forte rumore metallico provenire dalla cucina e spalanco gli occhi.

"Non voglio sapere niente"dico subito facendo una smorfia, spero solo che non abbiano rotto qualcosa.

Emanuele si mette a ridere. "Hai dei buoni amici"

"lo so, il mio primo amico è stato Steve. Sai lui fa lo stupido, ma in realtà non lo è, è gentile e mi è stato accanto quando cercavo le attenzioni di mia madre e dopo che i miei genitori hanno divorziato, dopo ho incontrato Anna e poco dopo Oscar.

Siamo diventati subito buoni amici, siamo legatissimi.

Sospiro. Io ancora non capisco come fa una madre a far finta di non avere una figlia, a ignorarla completamente e decidere di vivere per il lavoro, mi è del tutto incomprensibile"

"Su questo non so proprio che dirti, io non ho mai conosciuto i miei genitori"

Lo guardo, incuriosita e a dir poco confusa.

"Sai, anche noi vampiri siamo esseri umani prima di essere morsi. Una volta vampiri per diventiamo sterili, pertanto non potendo aver figli, se si vuole avere un erede e continuare la famiglia si cerca un ragazzo che abbia certe qualità e lo si adotta, lo si cresce e poi giunta ad un età adeguata lo si trasforma.

 "è quello che è accaduto a me. Io ero un bambino di un orfanotrofio, un giorno mi adottarono e mi portarono in Romania. Ero così felice, avrei avuto un padre, una madre, una vera casa e una camera tutta mia, non mi sarei più sentito solo o non voluto o comunque un orfano.

Mi portarono in un castello, un vero castello, non questa villa. Un giorno ti ci porterò"dice guardandomi con un mesto sorriso.

"Per me tutto quello era una cosa fantastica, altro che castello. Scoprii da mio padre che non avevo una mamma, ma che ero ricco, avevo una stanza tutta mia e avrei potuto studiare come si deve e praticare qualsiasi sport volessi imparando da professori privati.

 Mi sentivo molto fortunato, a volte un po' solo perchè vedevo raramente mio padre, ma stavo bene e così fu fino a quando compii ventuno anni e mio padre mi trasformò in un dannato morto vivente che succhia sangue e non sta attento uccide persone innocenti. Un dannato mostro"Dice con astio.

"Ehi!" Gli prendo il viso fra le mani.

Emanuele mi guarda e l'oro dei suoi occhi sembra ancora più brillante intriso di rabbia.

"Non sei un mostro, o almeno non lo sei per me"gli dico seria, in tono calmo e rassicurante.

Mi fa un sorriso non proprio convinto e gira il viso verso la mia mano per baciarmi il palmo.

"Quindi hai ventuno anni?"

"Per l'età umana sì"

"e per quella dei vampiri?"

Fa un sorriso misterioso. "Chissà"dice solo.

"Dimmelo"

"no, non voglio"

"perché?"

"perché non voglio e poi prima dovrei spiegarti chi è mio padre e credo che lo farò in un altro momento"

"se non me lo dici ora me ne vado"

"A sì, provaci"dice cingendomi la vita e stringendomi a se.

Tento di liberarmi, ma non riesco a muovermi neanche di un millimetro.

"Così non vale"

"o sì che vale"dice affondando il viso nei miei capelli, mentre il suo forte torace è contro la mia schiena.

Improvvisamente odo un rumore di vetri rotti provenire dalla cucina.

"Credo abbiano rotto un piatto"

"lo credo anch'io"dice Emanuele "spero si sia frantumato per bene"

"perché?"

"perché è il servizio preferito di mio padre"dice sorridendo divertito.

"Ah, ora capisco"dico ridendo.

Improvvisamente dall'arco che porta alla cucina sbuca Anna.

"noi abbiamo finito di pulire i piatti e ne abbiamo rotto uno per sbaglio"dice dispiaciuta.

"Uno dei piatti in cui abbiamo mangiato, giusto?"

"s-sì"

 "e si è rotto in mille pezzi?"

" sì, credo fosse... quel tipo di materiale molto fragile"

"bene"

"bene?"

"sì, bene. Avete raccolto i frammenti?"

Anna annuisce un po' confusa.

"Allora tutto a posto. Se volete potete andare a dormire, sono le undici immagino sarete stanchi"

"ok"dice Anna e ritorna in cucina.

"era del servizio di tuo padre, vero?"

"sì"dice felice.

Sorrido scuotendo lentamente il capo e mi stingo di più a lui.

  Il mio dolce vampiro.


Giusto altri due minuti stretta a lui che Anna ritorna e mi chiede di andare a dormire insieme e mio malgrado sono costretta ad allontanarmi da Emanuele.

"Cos'è quella faccia? Volevi rimanere ancora un po' abbracciata a lui vero? Scusami ma io sono letteralmente distrutta"

"lo so, tranquilla"

"bene, mettiti il pigiama e andiamo a dormire"dice Anna che non vede l'ora di dormire, credo che la nostra battaglia a cuscinate dovrà essere rimandata a domani
mattina.

"Ok"dico togliendomi l'abito e i fusò per indossare la camicia lunga fino alle caviglie e tanto delicata, quella con le spalline così leggere da non esserci quasi; ovvero la camicia che avevo addosso la quando mi sono svegliata per la prima volta in questa casa.

"Carina, ti sta benissimo. Non credevo che mettessi certe cose"

"l'avevo addosso quando mi sono svegliata qui, qualche giorno fa"

"svegliata?"

"sì, avevo scoperto il piano losco dei colleghi di papà e mi hanno scoperta, così sono scappata, mi hanno rincorso e sparato contro. Alla fine mi sono addentrata nei
Carpazi per riuscire a scappare e sono caduta da un precipizio, mi ha salvato Emanuele e mi ha portato a casa sua, quando mi sono svegliata stavo in questa stanza, a letto e indossavo questa.

Anna mi guarda senza dire una parola e improvvisamente mi arriva in faccia un cuscino.

"E quando avevi intensione di dirmi tutto questo? Sei stata in pericolo, stupida!"

"lo so, mi dispiace, ma ora sono salva"

"per fortuna. Ma non ti perdono, stai in guardia!"Esclama e mi arriva una cuscinata.

"Ah sì?"Dico contrattaccando, ma dopo poco mi rendo conto che sono una frana a questo gioco e proprio quando mi trovo accucciata sul letto mentre Anna mi
bombarda di cuscinate  qualcuno bussa alla porta salvandomi.

"Ehi! Non riusciamo a dormire con tutto questo chiasso"dice Steve entrando in camera, seguito da Oscar e anche Emanuele, cosa insensata.

"Cosa fai idiota, sono in mutande!"Esclama Anna tirandogli in faccia il cuscino e nascondendosi dietro di me.

"centro"dico ridendo.

"Ma che combinate?"Chiede Oscar.

"giochiamo a cuscinate"dico ridendo.

"Un'altra domanda, da quando tu ti vesti così per andare a dormire?"Mi chiede Steve e solo ora mi rendo conto che mi trovo scalza, inginocchiata sul letto con la camicia leggera che mi copre solo fino a metà coscia, una bretellina scivolata lungo il braccio e i capelli scompigliati che sciolti mi ricadono sulle spalle.

Divento rossa all'istante, ma faccio finta di niente.

"Ok, la smettiamo di fare chiasso, tanto ho vinto io; quindi ora uscite dalla camera"dice Anna.

"D'accordo"dicono Oscar e Steve, mentre io guardo Emanuele arricciando le labbra. Vorrei tanto sapere cosa ci fa lui qui se nemmeno dorme la notte.
Improvvisamente sento un bip e mi volto verso il comò, dove ho appoggiato il cellulare.

Cala un silenzio in tutta la stanza, tutti sanno che cosa è successo, quindi chi mai mi ha mandato un messaggio?

Faccio per andare a prendere il cellulare ma Anna mi posa le mani sulle spalle e mi stringe forte.

"Non osare muoverti"mi avverte e solo ora mi ricordo che ha solo il pezzo di sopra, ed è in mutande e davanti a noi ci sono tre ragazzi.

"Ok. Oscar mi prenderesti il cellulare sul comò e dopo te ne andresti via con gli altri?"
Oscar annuisce, mi da il cellulare ed esce dalla camera portandosi via tutti.

Anna sbuca da dietro di me, sospira, s'infila l'ultimo pezzo del pigiama e si avvicina a me.

"Tutto bene? È Georg? La Tim?"

"Mia madre"

"ora che vuole quella stronza?"

" A quanto pare vuole parlarmi di papà"

"ah, avrà sentito quella notizia al telegiornale. Ma non capisco tu che centri?"

"Non lo so, so solo che non farà altro che parlare male di mio padre e non voglio ascoltarla"

"certo"dice Anna abbracciandomi stratta, mentre dentro di me vorrei solo mandare al diavolo mia madre e rimanere con Emanuele.

"Onestamente non immaginavo avesse il tuo numero"

"nemmeno io, ma ora lasciamo stare e andiamo a dormire"dico allungandomi fino al comodino dove poso il cellulare.

Accendo l'abat jour e vado a spengere la luce, mentre Anna s'infila sotto la coperta, dopo mi sdraio accanto a lei, spengo la lampada e mi tiro la coperta fino alla testa con l'umore sotto ai piedi.

 

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Capitolo 14
*** La paura e il dolore ***


Sento urlare. È la voce di mia madre. Come sempre litiga con mio padre per un non nulla. Credo che la nostra famiglia gli stia stretta, non la capisco. Perché deve litigare sempre con mio padre? Lui è il migliore, è tanto buono.

Scendo l'ultimo gradino delle scale e mi avvicino alla porta scorrevole che conduce al soggiorno. Loro sono lì che litigano. Sento tutto.

"Cosa? Ancora non capisci? Non si può vivere così. Perché tu puoi andare a fare il piccolo scavatore dove e quando vuoi, ed io non posso fare un po' più tardi la sera?"

"Cavolo Adelaide, puoi fare tardi quanto vuoi per lavoro, ma non lo puoi fare tre giorni su sette solo per andare a bere con i tuoi colleghi se hai una famiglia a casa che ti aspetta. Non pensi che Gemma voglia avere la madre presente?"

"E tu che mi dici? Suo padre viaggia sempre alla ricerca di sassolini e pezzi di vaso, che cosa vuoi che interessi ad un adolescente, penso vorrebbe più un padre, che dici? Non potresti accettare il lavoro più vicino a casa o l'offerta che ti hanno fatto di lavorare al museo?

"Non dire sciocchezze, io sono un archeologo, non un curatore di reperti, non posso fare un lavoro che non è il mio e comunque credo che a nostra figlia serva di più una madre, di certo non può dire facilmente tutto quello che gli succede a un uomo, non credi?"

"Un uomo? Sei suo padre...

Basta! Basta! Smettetela di litigare, non mettetemi in mezzo, non parlate come se non esistessi. Perché nessuno mi chiede cosa voglio e come mi sento?
Perché devono decidere loro? Perché devono litigare così? Non voglio che litigano, ho quindici anni non sono più una bambina che non capisce e non sa decidere da sola,  perché non lo comprendono?

Voglio che mamma torni ad un ora decente, che mi ascolti quando ho dei problemi, che il suo lavoro non esca dall'ufficio e che ogni tanto esca con me a fare shopping; non credo di chiedere troppo.

Papà, beh papà è colui che dovrebbe portare i soldi a casa come la mamma. Io capisco perfettamente che il suo lavoro lo deve svolgere fuori casa, non mi da fastidio. Adoro vedere papà parlare del suo lavoro, è felice quando lo fa e i reperti che trova sono bellissimi.

Sono orgogliosa di vederli esposti ad un museo con il suo nome scritto sotto; se io riesco a capire tutto questo perché loro non ci riescono? Perché pensano solo quello che gli pare e litigano anche per sciocchezze tipo che marmellata mangiare a colazione o cosa comprare e cosa non comprare? Perché?

"Basta mi sono stancata!" Esclama mamma e sento il ticchettio dei suoi tacchi sul parquet, la porta che si apre e lei che a passo svelto s'incammina verso il corridoio, diretta alla porta d'ingresso che ha dinanzi a se. Mi passa davanti senza notarmi, prende la sua valigetta, il cappotto, ed esce, mentre mio padre la rincorre e finalmente vengo vista.

Papà mi guarda con espressione triste e preoccupata, mi fa cenno con le mani di aspettare e la rincorre.

Improvvisamente tutto diventa nero e appare il documento di divorzio firmato da mamma.

Apro gli occhi di scatto, agitata e accaldata. C'è qualcosa di fresco che mi accarezza il viso.

"Gemma, stai bene?"Mi chiede una voce famigliare. Ci metto un po' per riuscire a vedere attraverso la penombra e a uscire fuori dalla confusione.

"Emanuele" sussurro mente lui seduto accanto a me, sul bordo del letto, mi guarda dolcemente e mi accarezza il viso.

"Stai bene?"

Annuisco e appoggio la mano sulla sua per trattenerla sul mio viso.

"Era solo un sogno"dice a voce bassa e rassicurante.

Annuisco mentre tengo ancora la sua mano premuta sulla mia guancia e lascio che con l'altra mi accarezzi i capelli.

"Era da un po' che non facevo sogni simili"dico facendo un mesto sorriso.

"Dai rimettiti a dormire"

Scuoto il capo. "Non voglio, posso rimanere con te?"

"Che domande, come se riuscissi a dirti di no"mi dice chinandosi per baciarmi la fronte. Un bacio delicato e casto, ma molto bello.

Emanuele dalla fronte scende e baciarmi la guancia e il collo. Non ho paura di lui, mi fido di lui e mi piacciono le sue labbra che mi accarezzano la pelle. Dopo avermi tempestato di delicati e dolci baci il collo, risale su verso l'orecchio.

"Vestiti, ti porto in un bel posto"mi sussurra.

"mh mh"dico solo e lo guardo alzarsi e uscire dalla camera che ha ancora la porta spalancata. Vedo la sua ombra fuori. Mi sta aspettando.

Mi alzo lentamente stando attenta a non svegliare Anna che come sempre dorme abbracciando stretto il cuscino e con una gamba fuori dalla coperta.

 Vado all'armadio, prendo un paio di jeans e una maglietta a maniche lunghe qualsiasi, l'indosso lasciando la camicia sul letto e mi siedo sulla poltroncina per indossare calzini e scarpe da ginnastica e infine prendo dalla spalliera il giacchetto lungo di lana, mi spazzolo i capelli, ed esco dalla camera.

 Non appena metto piede fuori, vengo afferrata alla vita e sollevata in alto come se non esistesse alcuna forza di gravità che mi attragga al suolo.

"Che combini?" Chiedo sorridendo, mentre Emanuele mi tiene in alto come una bambina e mi guarda intensamente.

"Sei bellissima. Vedrai, ti piacerà dove ti porterò"mi dice mettendomi a terra e baciandomi teneramente sulle labbra.

"Vieni"dice prendendomi per mano, scendiamo le scale e usciamo da casa.

Fuori fa fresco, ma personalmente mi trovo bene. Emanuele mi tira a sé e passandomi una mano sotto le ginocchia, mi prende in braccio.
Ignoro la fitta di dolore improvvisa e gli allaccio le braccia al collo.

"Pronta? Ora andiamo"

Annuisco e premuta contro di lui, mi preparo a vedere la vegetazione passarmi davanti e la villa scomparire dalla mia vista, ed è proprio ciò che accade quando comincia a correre.

Mi diverte vedere tutto scomparire, è come se fosse una magia, mi piace, però mi piace ancora di più sentire queste forti braccia sorreggermi e tenermi stretta. Appoggio la guancia sulla spalla di Emanuele e guardo l'oscurità e la vegetazione scura e paurosa passare a gran velocità sentendomi però solo protetta.

"Eccoci in città"dice Emanuele posandomi a terra, ma io resto incollata a lui con le braccia intorno al suo collo.

"Che c'è? Vuoi essere portata in braccio come una principessa?"

"mh, magari, perché no"rispondo super convinta di voler stare ancora così a stretto contatto con lui.

 Mi da un bacio sulla guancia."Dai vieni"mi dice poi cingendomi con un braccio la vita e c'incamminiamo.

Man mano che passeggiamo, sento in lontananza del chiasso e della musica.

"cos'è questa musica?"

"Oggi c'è un concerto. Non credo tu li conosca, sono i Dreycas,un gruppo rock molto famoso qui in Romania, a me piacciono"

"Ah, allora non hai solo gusti da vecchio"

Mi guarda alzando un sopracciglio, gesto voluto naturalmente.

"Naturalmente, uno si adegua alla nuova era"

"ma ti piace di più la musica classica e lirica"

"assolutamente sì"dice sorridendo.

"Ti dirò un segreto. Piace anche a me"dico toccandogli la punta del naso con il dito.

Mi sorride."Andiamo"dice, voltiamo l'angolo e mi trovo davanti una massa di gente davvero impressionate, fila e fila di gente davanti ad un palco
approssimativo pieno di addetti che montano luci, casse e altro ancora.

"Che peccato, sai qui non riusciremo a vedere nulla"dico mettendomi in punta di piedi per cercare di vedere meglio.

"non serve, noi abbiamo i posti migliori"

"A sì?"Chiedo guardandolo incuriosita.

"Certo"dice indicandomi con il dito il cielo"

Lo guardo confusa.

"lascia fare a me, ma per ora rimani qui, ritorno subito"dice e si allontana.

Sospiro e mi appoggio ad un muro coprendomi meglio con il giacchetto di lana. C'è un po' di fresco questa sera, ma tutto sommato può andare.

Incredibile! A lui piace il rock, chi lo avrebbe mai detto! Vediamo se i nostri gusti musicali sono simili.

"Signorina, sei da sola?"

Magari piace anche a me questo gruppo.

"Allora, sei da sola?"

Ritorno al presente e mi volto verso una coppia di ragazzi che mi guardano un po' irritati.

"Come dite?"

"se sei da sola perché non vieni a fare un giro con noi?"

"Ah, mi dispiace, ma sono con qualcuno"dico e faccio per allontanarmi. Avrei fatto meglio a non rispondere, ma ormai il danno è fatto.

"Aspetta, dove vai? Dai, ti offriamo da bere"dice uno afferrandomi per un braccio.

Guardo la sua mano puoi la faccia del tipo.

"Grazie, ma sono astemia e il mio ragazzo arriverà a momenti e non credo gli piacerà vedere la sua ragazza venir importunata"dico strattonandomi per farmi lasciare.

"Ah, non sei affatto carina, dai vieni"

"se non sono affatto carina, allora lasciami e vatti a cercare una ragazza facile"

"Ma a noi piaci tu"

"la cosa non è reciproca"dico cercando di liberarmi dalla sua presa. Sto cominciando ad irritarmi seriamente. Mannaggia a me e quando gli ho parlato.

"Lasciami, sappi che il mio ragazzo odia chiunque mi mette le mani addosso, ed è molto forte".

"Oh, che paura"mi prende in giro uno.

"Non c'interessa"dice l'altro tirandomi ancora verso di sè.

"Sapete, mi state proprio scocciando. Toglimi le tue luride manacce di dosso, rifiuto della società"dico afferrando il suo braccio e stringendoglielo più forte possibile.

"Carino, cominci a piacermi sul serio sai"dice il tizio avvicinandosi a me tanto da invadere il mio spazio personale.
Sono già pronta a dargli una testata e un calcio dove si sente bene, quando qualcuno mi posa una mano sulla spalla. Riconosco subito il tocco, tanto che sorrido.

"Che cosa volete dalla mia ragazza e futura moglie? Sapete odio quando la gente le mette le mani addosso, divento molto molto molto cattivo e non credo
che vuoi giovanotti vogliate vedermi in quel modo, dopo sareste sia fisicamente che mentalmente incapaci di tenervi la vostra vita"

"Tzs, tanto chi la vuole questa racchia stronzetta"dice il tizio lasciandomi.

"Comunque hai dei pessimi gusti amico, mia nonna è molto più bella di lei e ha novant'anni"dice il secondo tizio dandoci le spalle.

"Ah, il classico. La volpe e l'uva"commento.

Il tizio mi guarda male e se ne va.

"Sentiamo, da quando sarei la tua promessa sposa?"Chiedo voltandomi verso Emanuele.

"Se solo potessi sposarmi, lo saresti già, ma purtroppo per noi è impossibile farlo, oltretutto non posso entrare in chiesa e sono morto, quindi non posso proprio sposarmi "

"capisco, peccato"

"però possiamo stare insieme lo stesso e credo ci sia una cerimonia nostra che potrebbe essere considerata nuziale".

"A sì? Buono a sapersi, allora parlane più avanti, potresti ricevere una risposta positiva"dico sorridendo.

"Assolutamente, ma la prossima volta quei due diventeranno la mia cena"mi risponde in tono freddo e pauroso a mio modesto parere. "E non credo che userò il condizionamento per non fargli sentire dolore mentre li mordo"aggiunge subito dopo.

"Perché, c'è una cosa simile?"Chiedo incuriosita.

"Sì, perché il morso di un vampiro è maledettamente doloroso"

"capisco. Cos'hai comprato?" Chiedo guardano la busta appesa al suo braccio.

"Tante cose"dice evasivo, sorridendomi.

"Ora vieni, sta per iniziare il concerto"dice tirandomi verso un vicolo stretto e buio.

"Aggrappati a me"dice prendendomi in braccio e in un attimo siamo sul tetto di un negozio.

"Oh, fichissimo, siamo sul tetto"

"beh, è un ottimo posto per vedere lo spettacolo, non credi?"

"Sì, hai ragione"dico sedendomi sul cornicione con le gambe a penzoloni nel vuoto. Emanuele si siede vicino a me e mi stringe al suo petto.

"Veramente vorresti che rimanessi con te per sempre?"Gli chiedo.

"Sì, ma sono sicuro che tu, come tutti gli umani, hai paura della parola per sempre, quindi non mi arrabbierò se non vorrai"

"fa un po' paura perché il futuro ci è ignoro. Lo si crea giorno per giorno facendo scelte giuste e sbagliate e anche perché non ci si fida mai abbastanza di
se stessi.

Nel mio caso è solo perché non so cosa dovrò spettarmi stando con te, infondo non ti conosco molto bene e sei quello che sei. Comunque quello che so e di cui sono certa, è che non ho paura di te e mi sento bene in tua compagnia"

"e questo mi basta, o almeno per ora"dice posandomi un bacio sulla tempia e tirando fuori qualcosa dalla busta.

"Tieni, ho prenderai freddo"mi dice posandomi sulle spalle una coperta.

"Ah, mi sono dimenticata di dirti che ti adoro, ma credo che questo tu lo sappia già, è piuttosto palese"

"forse, però mi piace sentirtelo dire"dice cingendomi la vita e tirandomi a sé. Appoggio la testa sulla sua spalla e guardo il palco in lontananza.

"Ah, questa è per te"dice improvvisamente porgendomi una rosa rossa.

La guardo per un attimo e poi mi volto verso di lui, sorpresa e lo trovo guardami con un dolce sorriso dipinto sul volto e uno sguardo dolcissimo.

"È bellissima, grazie"dico accettandola con un sorriso luminoso e istintivamente lo bacio sulla guancia, poi non smettendo di sorridere guardo la rosa che ho fra le mani e ne accarezzo un petalo vellutato.

 "Però, mi devo ricordare di regalarti rose più spesso".

Mi metto a ridere e avvicino la rosa al viso per sentirne il profumo e quest'ultima non mi delude, ha il profumo dolcissimo e intenso dell'amore.

La gente continua ad aumentare e s'infila anche nei punti più disparati per cercare di vedere. Sono felice che io non abbia di questi problemi. Mi stringo un po' di più nella coperta e guardo in lontananza il gioco di luci dei faretti sul palco e la gente che si raccoglie creando una grande macchia scura.

All'improvviso però una voce allegra e infantile, molto più alta delle altre, rapisce la mia attenzione e mi volto.

Una donna sta camminando mano nella mano con una bambina e accanto a lei c'è un uomo che porta a cavalluccio un bambino molto più piccolo, immagino per fargli vedere qualcosa.

Sorrido nel vederli così felici, ma di colpo mi riviene in mente il freddo messaggio di mia madre, o almeno quella che dovrebbe essere mia madre.

Dobbiamo parlare di tuo padre. Sono libera fino a lunedì prossimo, Mamma.

Che coraggio che ha proclamarsi ancora mia madre, penso con amarezza. Non vorrei avere niente anche fare con lei, ma purtroppo anche se già so che me ne pentirò, credo che partirò per l'Italia. Voglio sapere che fine hanno fatto quei ladri di reperti e assassini di mio padre, poi vorrei anche vedere Georg e sentire cos'ha da dirmi e forse, se me la sentirò, armandomi di buona pazienza e dopo aver bevuto perlomeno cinque camomille, parlare con mia madre.

La cosa più importante ora, è come farò a dire ad Emanuele che voglio, o meglio, devo partire, mi dico stringendomi di più a lui, triste. Fosse per me, mi rinchiuderei a casa sua e butterei via la chiave.

Nonostante il discorso che gli ho fatto prima, adesso sono più che decisa a vivere con lui per sempre, con le mie paure e tutto quello che comporta il suo mondo.

Starei con lui per sempre, o almeno per quanto la mia effimera e fragile vita me lo consenta. 

"Gemma, stai bene?"Mi chiede improvvisante Emanuele.  Alzo il capo per guardarlo e lo trovo scrutarmi in volto, sinceramente preoccupato. Lo rassicuro con un sorriso e annuisco, anche se non troppo convinta. Mi sento veramente una stupida ingrata a pensare a queste cose quando mi trovo con la persona che amo, davanti a questa meraviglia di luci e stretta fra le sue braccia. Mi dispiace così tanto che la mia testa sia altrove.

Improvvisamente sento un gran trambusto per via di urla concitate e guardo il palco approssimativo. Noto salire una fila di ragazzi vestiti in maniera favolosa ed eccentrica e li guardo sistemarsi ognuno dietro al proprio strumento musicale. Comincia subito un assolo energico di chitarra che spezza quasi bruscamente il vociare della gente e improvvisamente una limpida e fredda voce inizia a cantare.

Rimango scioccata.

"Ma...ha una voce spettacolare!"Esclamo eccitata.

"vero, ecco perché li adoro"dice Emanuele con un gran bel sorriso.

"Certo che mi conosci molto bene, eri certo che mi sarebbero piaciuti"

"sì, ma ancora non capisco cosa prima ti abbia reso tanto triste. Ne vuoi parare?"Mi chiede guadandomi in volto, attento ad ogni mio minimo movimento.

"Non ti piacerà saperlo"lo avverto guardandolo triste, mentre davanti a noi il concerto è in pieno svolgimento.

"Cosa c'è? Dimmi tutto"mi sprona serio e mi da tutta la sua attenzione.

Ti amo, penso. "Ricordi il messaggio che ho ricevuto qualche ora fa?"

"Quando giocavi con Anna?"

"Sì. Era mia madre, a quanto pare vuole parlarmi di papà"dico guardando in lontananza tutto e niente.

"Stavo pensando di ritornare a casa"dico anche se un po' controvoglia, ma allo stesso tempo decisa a sistemare tutto per bene e stare finalmente
tranquilla.

Cala un silenzio che mi fa posare lo sguardo su Emanuele, preoccupata. Pensavo che mi avrebbe detto qualcosa per farmi desistere dal partire, che mi dicesse di essere contrario, che facesse di tutto per non farmi andare via, invece mi guarda inespressivo e basta.

"Emanuele? Emanuele di qualcosa!"Lo sprono preoccupata.

"Vai allora"Mi dice serio e mi guarda senza una specifica emozione in volto.

Il mio cuore cessa di battere, voglio piangere, non posso credere che abbia detto una cosa simile, mi aspettavo tutt'altro.

"Devi andare perché devi sistemare ancora delle cose, lo capisco perfettamente, è giusto che sia così, anche se in realtà non vorrei lasciarti andare".

Il mio cuore riprende a battere e faccio un lieve sorriso accarezzandogli una guancia, intenerita e con una gran voglia di stringerlo forte, ma sento come se dopo mi fosse difficile se non proprio impossibile staccarmi da lui, quindi mi trattengo e l'unica cosa che faccio è accarezzargli il viso sperando che il mio gesto gli trasmetta tutta la mia gratitudine e l'amore che provo per lui. Non sarà affatto facile allontanarmi, mi mancherà da morire, già lo so.  

"Ti prometto che rintonerò presto, due o tre giorni al massimo, cercherò di fare il prima possibile, lo giuro. Credo che partirò con Anna e gli altri"dico sfiorando i lineamenti nobili e delicati del suo viso. Li conosco già a memoria, tanto che potrei disegnarli ad occhi chiusi. Amo il suo viso.

 "Sai, sono sicura che starò malissimo senza di te, come se mi mancasse una parte di me, quindi non tarderò a tornare. Devo capire cosa è accaduto agli assassini di papà, devo permettere a Georg di spiegarsi e trovare la forza necessaria per parlare con mia madre senza tirarle qualcosa.

"Sarà dura"Dice Emanuele sorridendo.

"Già"rispondo e al diavolo tutto. Gli circondo i fianchi con le braccia e gli appoggio la guancia sul torace. Emanuele risponde stringendomi a se ancora più
forte delle altre volte e abbracciati così, continuiamo ad ascoltare il concerto che abbiamo trascurato troppo a lungo.

"Il concerto è finito"affermo e mi stiracchio un pochino. Sono rimasta abbracciata ad Emanuele e concentrata ad ascoltare per due ore e ora mi sento intorpidita e ho l'inizio di un mal di testa, comunque è stato bellissimo.

"Sono stati magnifici, vero?"

"Sono d'accordo"dice Emanuele alzandosi in piedi.

"prego mia regina"dice porgendomi la mano.

"Grazie, molto gentile"dico stringendo con una mano i due lembi della coperta che ho ancora sulle spalle, per evitare che si apra, mentre l'altra la poso su quella di Emanuele che mi aiuta ad alzarmi.

Appena sono in piedi, ricevo un bacio sulla tempia.

Ridacchio come una cretina. "A che cosa devo questo tenerissimo bacio?" Chiedo guardandolo con le labbra piegate in un sorriso.

"Alla tua bellezza e grazia. Devi essere trattata con gentilezza e amore, perché sei speciale"

Arrossisco. "Aaah, quando il diavolo accarezza, vuole l'anima".

Mi guarda sorpreso. "Carina, non la sapevo questa e c'è anche un fondo di verità sai, però non è il mio caso, perché tu sei già mia"

"Che vampiro altezzoso"commento divertita.

"E non solo quello. Comunque ora è il momento di scendere da qui"dice prendendomi delicatamente per un polso.

"Va bene, ma prima toglimi una curiosità. Quella volta che sei venuto a prendermi in hotel, perché sei entrato dalla finestra invece che della porta se prima
hai portato la mia valigia alla reception?

"perché lo volevo fare"

"E non hai pensato che avrei potuto avere paura della tua strabiliante e originale entrata in scena?"

"No, perché io sono carino" dice guadandomi con un sorrisetto sulle labbra.

Alzo un sopracciglio.

"Perché, non lo sono?" Chiede un po' preoccupato.

"no, non lo sei"dico prendendogli il viso fra le mani.

"Tu sei bello, maledettamente stupendo e quando mi dirai che shampoo usi per avere capelli così lucenti e morbidi mi farai un gran piace"dico prendendo fra le mani una sua bellissima e morbidissima ciocca di capelli color mogano, con un sorriso sulle labbra.

"Prego, puoi toccare i miei bellissimi, lucenti e morbidi capelli che tu non potrai mai avere, quanto vuoi"dice giocoso.

Spalanco la bocca, facendo finta di essere indignata.

"Grazie per il suo permesso my lord" e insinuo le dita fra la sua chioma di una morbidezza unica, mentre l'altra mano rimane sulla sua guancia fredda, che mi copre con la sua delicata.

Stringe dolcemente la mia mano e la porta alle labbra per poi porre sul palmo un delicato bacio.

"Tu, ammaliatore"dico arricciando le labbra.

Emanuele sorride e mi tira per il braccio così che possa cadere fra le sue braccia.

"disse la strega"mi sussurra all'orecchio.

Gli tiro amichevolmente una ciocca di capelli e lo vedo sorridere.

"Che sorridi, sono indignata. Chi è la strega?"

"Tu, che hai stregato il mio cuore"

Mi sento sciogliere dalle sue parole oltre a sentire una certa potenza, se ho questo effetto su di lui, beh, ben venga.

"Io non sorrido se tu non arrossisci"dice per mettermi evidentemente a disagio.

Gli tiro ancore la ciocca di capelli e lui mi stringe ancora di più a se, ma con dolcezza. Il suo torace premuto contro il mio seno.

"Vogliamo andare a casa ora, mia regina?"

"D'accordo"acconsento allacciandogli le braccia al collo. Emanuele con un gesto mi solleva, mi stringe a se e con estrema facilità salta già dal cornicione facendomi ridere e si avvia verso casa.

Dopo aver adagiato la guancia sulla sua spalla, ho iniziato a pensare alla partenza, a mio padre, alla mia madre snaturata, a Georg e al mio lavoro, a tutto quello che è accaduto e a tutto quello che sarei più che pronta ad abbandonare per restare con Emanuele, la sola cosa che mi dispiacerebbe e non poter più vedere i miei amici.

Annabella, Oscar e Steve sono delle persone a cui tengo di più e che amo, ma è anche vero che niente rimane immutato e che il tempo passa e quindi si prendono nuove vie e nuove decisioni che comportano nuove esperienze, separazioni e incontri.

Sorrido tristemente. Però di una cosa sono certa, anche se lontani, la nostra amicizia non potrà perdere di valore o lacerarsi, rimarrà sempre integra e forte negli anni e se poi dovremmo perderci di vista, provvederò perché tutto ritorni il più possibile come prima, anche se credo che Annabella non permetterà che tutto finisca o si consumi con l'andare del tempo.

Sorrido. Quella pazza è capace di attraversare mezzo mondo per venirmi a trovare, fossi in Cina o sulla luna, per lei Brasov non è niente.

Mi verrebbe a trovare e mi chiamerebbe tutti i giorni, parleremmo al telefono per ore e ore, anche di cose futili e insignificanti. Con lei non ci saranno problemi, per quanto riguarda Steve...

Beh, lui è rimasto con me nei momenti più critici e drammatici della mia vita, lo ritengo improbabile se non addirittura impossibile che della semplice lontananza possa indebolire e demolire la nostra amicizia e Oscar... ad Oscar devo così tanto che non credo che senza il pagamento dei molteplici favori che mi ha fatto mi lascerà mai andare.

Sorrido ancora. Come se me li chiedesse, se mai mi chiamasse per farmi ripagare un favore che mi ha fatto, sarebbe una scusa per vedermi o si troverebbe davvero in una situazione difficile, quindi non ho nulla da temere.

Il lavoro... si lascia e si trova, non è un problema. Mio padre non c'è più e mia madre... ho mai avuto una madre? 

"Siamo arrivati"dice improvvisante Emanuele spezzando il filo dei miei pensieri.

"Stavi dormendo? Era da un po' che non ti muovevi"mi chiede mettendomi giù.

"No, stavo pensando"dico voltandomi verso l'imponente portone della villa.

Emanuele apre la porta ed entriamo.

"Ti senti stanca?"Mi chiede dirigendosi in sala, dove si china di fronte al camino per accendere il fuoco.

"Emanuele, ho bisogno di chiederti un favore"

"dimmi"risponde attizzando il fuoco che si riprende subito e rischiara e riscalda tutto intorno a noi.

"Per caso hai una crema per le contusioni?"

"Contusioni? Non sarà stata la caduta che hai fatto qualche ora fa, quella mentre scalavamo"

"Sì, mi è venuto un livido e mi fa ancora male. Hai una crema contro il dolore, tipo la Lasonil o una cosa simile".

"Sì, la prendo subito, è in bagno. Aspettami in camera"

"Ok"dico salendo le scale.

Una volta entrata in camera, per via della luce che entra dal corridoio, riesco a vedere Anna immersa in un profondo sonno, ha le braccia larghe e un sorriso ebete stampato sulle labbra, per poco non scoppio a ridere.

"Eccomi"sussurra Emanuele.

"Grazie"dico e allungo il braccio per prendere la crema dalle sue mani, ma lui mi guarda e scuote lentamente il capo facendo uno dei suoi dolci sorrisi che mi fanno sciogliere come un ghiacciolo.

"Come pretendi di metterla dietro la schiena da sola. Ci penso io, sdraiati sul letto"

Ubbidisco, perché in effetti sarebbe alquanto complicato.

Mi sento un tantino a disagio quando Emanuele mi tira su la maglietta qual tanto che basta per scopre la schiena.

"Santo cielo! Deve farti malissimo"dice sfiorandomi l'ematoma con la punta delle dita e trattengo il respiro per l'inatteso freddo del suo delicato tocco.

"Ehm, credo serva anche abbassare un po' i pantaloni, coprono il livido"mi fa sapere e nonostante mi diventino rosse le guance all'istante, mi sbottono con difficoltà i jeans e li faccio scendere giù quanto basta perché l'ematoma sia visibile.

"Perfetto"dice Emanuele e cala il silenzio.

"Emanuele?" Lo chiamo pochi secondi dopo, confusa, quando qualcosa di fresco si posa sulla mia schiena, esattamente sul punto che mi fa male.

Potrebbe essere qualsiasi cosa, però non so esattamente come, intuisco subito che si tratta nelle sue labbra, mi sento così imbarazzata... e un attimo dopo le sue fresche mani mi spalmano la gelida crema con movimenti delicati e regolari.

"Non mi aspettavo che fossi così preparato in caso d'infortunio"dico a bassa voce, per ridurre l'imbarazzo.

"Beh, sapevo che stavi venendo in Romania e mi sono organizzato di conseguenza".

"Quindi sapevi già che ci saremmo incontrati di nuovo"

"ci speravo, ma avrei fatto comunque di tutto per far sì che ciò accadesse" ammette tranquillo.

"Sei incredibile"considero.

"Grazie"dice e dopo quest'ultima parola scende ancora un intenso silenzio.

C'è qualcosa che non va. Oppure non abbiamo entrambi più argomenti di cui parlare, devo dire qualcosa, qualsiasi cosa, penso quando le sue mani smettono di massaggiarmi ed Emanuele mi riabbassa la maglietta.

Sollevata mi faccio leva sul letto con le braccia per rialzarmi, quando Emanuele mi circonda la vita e preme il viso sulla mia schiena costringendomi a sdraiarmi di nuovo. Sento il suo dolce peso su di me e se devo dirla tutta anche un po' di dolore per via della botta, ma è trascurabile al momento.

"Emanuele, che succede?"Chiedo rossa in volto, ma stramente calma.

"Non voglio che tu vada via"mi sussurra e il mio cuore perde un battito.

"Neanche io vorrei, ma devo"dico allungando un braccio per mettere la mano nei suoi morbidi capelli.

"Lo so"dice e dal suo tono sento dolore e tristezza.

Gli accarezzo il capo come si fa con i bambini e mi rilasso.

"Te l'ho detto che è per poco e quando sarò tornata sarò tutta tua"dico calma e non mi capacito di come ho fatto a dire qualcosa di così imbarazzante senza arrossire e con tono così calmo poi.

"Su, non fare così"dico dispiaciuta e tento di sollevarmi.

Emanuele si scosta da me e sento subito la sensazione d'abbandono; il suo tocco e il suo peso mi mancano. È impossibile soffrire d'abbandono per cose simili.

Mi metto a sedere sul bordo del letto e mi volto verso di lui e mai, giuro, mai più vorrei rivedere l'espressione che gli vedo dipinta sul volto.

"Ehi!"dico sorpresa, infischiandomene se la mia esclamazione potrebbe svegliare Anna e lo abbraccio d'istinto, stringendolo forte.

Sofferenza, tristezza, rassegnazione, questi sono tutti i sentimenti che il suo viso manifesta e non credo sia una tattica per farmi rimanere.

 Emanuele mi stringe a sua volta, ed io con il viso premuto sulla sua spalla mi rilasso e mi volto verso il suo collo, dove premo le labbra per posargli un silenzioso e delicato bacio.

"Ah, Steve sei un Idiota!"Esclama improvvisamente Anna facendoci irrigidire e voltare entrambi verso di lei.

Rimaniamo a fissarla per un minuto e dopo scoppiamo a ridere.
Ci voleva lei per sistemare la faccenda, penso grata che ci sia sempre per me e in qualsiasi modo da sveglia o da dormiente.

Cerco di ricompormi e mi volto verso Emanuele.

"Ti va di restare con me finché non mi addormento?"

"Certo"

"sarà noioso"lo avverto.

"no, non lo sarà"dice

"Bene, allora voltati che mi cambio"dico alzandomi dal letto. Gli do le spalle e mi dirigo al comò, dove ho messo la mia camicia.

"e non fare il furbo, se ti trovo sbirciare ti tolgo la parola"dico voltandomi improvvisamente verso di lui.

"Non oserei mai"dice voltandosi, così, lentamente, per evitare dolori indesiderati da parte della schiena, mi tolgo maglietta e i jeans e mi lascio scivolare addosso la delicata camicia che mi ha dato Emanuele, e che nonostante le probabilità, è diventata la mia preferita.

Piego i vestiti che ho tolto e li metto a posto.

"Ho finito"dico salendo sul letto, scosto la coperta di broccato e lentamente mi ci infilo sotto.

"Vieni anche tu?"Chiedo alzandola in un silenzioso invito.

Emanuele non dice niente, si mette sotto le coperte con me e rimane immobile.

"Dai, non essere così rigido. Non mi dire che non vorresti fare niente perché non ci credo"dico accoccolandomi contro di lui.

"Oh no, è proprio perché vorrei fare tante cose che è meglio che mi stia fermo"

"tipo cosa?" Lo stuzzico maliziosa.

"Chissà"dice passandomi una mano intorno ai fianchi e con un movimento fluido e deciso mi spinge contro il suo petto.

Appoggio la guancia contro il suo torace, gli circondo con un braccio la vita e chiudo gli occhi.

"Ti amo"sussurro.

"anch'io, immensamente"mi risponde Emanuele e mi posa un delicato bacio sul capo.

 

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Capitolo 15
*** Cose da sistemare ***


La mattina seguente mi sveglia una dolce musichetta. L'ho già sentita, ma la mia mente è ancora annebbiata dal sonno e non ricordo dove.

Apro gli occhi e vedo la brandina dove ha dormito Anna con le coperte tirate sù e il cuscino sprimacciato e mi metto lentamente a sedere sul letto ancora intorpidita del sonno e accaldata. Emanuele naturalmente non c'è essendo mattina, però c'è questa musichetta...

Penso voltandomi e vedo Anna in piedi davanti al mio comò.

"Buongiorno"le auguro con voce ancora un po' roca.

Anna si volta. "Buongiorno. Guarda, questo sono certa non ci fosse ieri sera"

La raggiungo.

 "È il carillon che ho visto al mercatino"affermo sorpresa.

"Al mercatino?"Chiede Anna.

"Sì, quando ci siamo incontrati. Era così carino, avrei tanto voluto comprarlo, ma ho pensato si rovinasse in una valigia, così non l'ho preso".

"Beh, a quanto pare ci ha pensato qualcun altro a comprarlo per te"

Sorrido.

"Ah ah, vedo che Emanuele ha fatto qualche altro punto"dice Anna sorridendo maliziosa.

"Impossibile, è già arrivato al massimo"ammetto accarezzando il legno intagliato con un sorriso felice sulle labbra.

"A"controbatte Anna ridendo.

"Comunque ho deciso di tornare in Italia con voi"dico calma mentre prendo degli abiti dall'armadio e le scarpe nuove che ho comprato di recente.

"Hai deciso di parlare con tua madre?"

"E con Georg, oltretutto voglio sapere se hanno rinchiuso in prigione quegli assassini".

"Come lo dirai a Emanuele?"

"Lo sa già. Ieri notte ho fatto un incubo e mi sono svegliata, così siamo rimasti un po' svegli a parlare e gliel'ho detto".

 Non voglio più vedere l'espressione che ha fatto penso e chiudo per un attimo gli occhi per scacciare quell'immagine dolorosa dalla mente, poi
faccio un gran respiro e sistemo il letto stirando per bene ogni piega.


"Capisco. Quanto tempo intendi rimanere in Italia?"

"Pensavo tre giorni, ma se riesco a fare tutto prima è meglio. Sono sicura mi strazierà lasciare Emanuele. Anche il solo pensarlo mi fa venire male
al petto"ammetto togliendomi la camicia che piego e metto sotto il cuscino.


"Ah, l'amore... Immagino che dopo sarà difficile per noi vederci, tu qui in Romania e noi in Italia".

"Sì, ma esiste il telefono e poi ho intenzione di prendere il portatile così potremo parlarci tramite webcam".

"Va bene, ma se ti dimentichi vengo in Romania e ti picchio"dice abbracciandomi.

"Affare fatto"affermo e indosso i fusò neri, la gonna jeans e la maglietta a righe orizzontali bianche e nere che ho preso, degli abiti molto semplici.

"Comunque vedo che sei già vestita, non ti facevo così mattiniera"ammetto.

"lo sono da poco infatti"

"beh, una novità. Comunque ora mi pettino e vado in bagno, tu intanto perché non vai in cucina e prepari il the e il caffè? Ah, ci sono anche i dessert in frigo, dovrebbero essere pronti da ore".

"Ok"dice uscendo dalla camera, mentre io prendo la spazzola dal comò e inizio a pettinarmi i capelli che lego in una coda alta, dopo esco e vado in bagno.

Mi lavo il viso per ben tre volte con l'acqua fredda, faccio pipì e scendo di sotto.

Non ho sceso nemmeno metà scale che sento la tv accesa.

Si vede che i ragazzi sono già svegli.

Entro in sala e li trovo seduti sul divano.

"Buongiorno"auguro mentre gli passo accanto, infastidita dal volume troppo alto e poi perché il canale di musica di prima mattina?

"Ah, buongiorno Gemi"mi risponde Oscar ignorando deliberatamente Steve che lo chiama.

Prendo il telecomando dal tavolinetto basso di fronte al divano e riduco un po' il volume.

"Scusa, forse è troppo alto"dice Oscar mortificato.

"Già, non vorrei mai che il tuo dolce Emanuele si svegliasse"dice Steve sardonico.

Improbabile penso.

"Tranquillo, un giorno mi sono messa a cantare al karaoke con tanto di microfono e non si è svegliato" dico andando in cucina.

"Dici davvero?"Chiede Steve.

"No"dico passando la porta.  

"Come va qui?" Chiedo poi ad Anna.

"Tutto in ordine chef" dice giocosa, infatti il pane sta tostando, l'acqua per il the è a riscaldare insieme alla macchinetta del caffè, i piccoli dessert monoporzione sono fuori dal frigo, appoggiati sul bancone della cucina, ed è tutto perfettamente apparecchiato. Non potrebbe fare di meglio.

"Ok, ora vai pure, qui finisco io"

"sì chef"dice Anna divertita e mi lascia sola.

Preparo le tazze e le tazzine e una volta che il the e il caffè sono pronti, ce li verso dentro automaticamente e intanto penso a tutto quello che ha fatto per me Emanuele. Mi ha salvata, mi ha curata, mi ha sempre trattato con dolcezza facendomi capire che sono importante per lui, anche le azione di ieri sera mi hanno fatto comprendere quanto tenga a me, mi ha comprato anche il carillon, è  così dolce penso con il cuore traboccante d'amore.

 Ah, a proposito di regali, che fine a fatto la rosa? Ho un vago ricordo di lei. Ah, sì, ora ricordo, l'ho messa nel cassetto della scrivania.

"è pronto?" Chiede improvvisamente Anna tornando in cucina.

"I ragazzi ancora non hanno toccato cibo e si stanno spazientendo".

"I ragazzi devono aspettare con calma"dico in tono duro.

"riferirò"dice Anna con un sorrisetto.

Un secondo dopo porto tutto a tavola, compresi i mini dessert.

"E i ragazzi?Non avevano fame?" Chiedo non vedendoli seduti.

"Sì, ma sul canale della musica è apparsa una cantante mezza nuda e si sono incollati al televisore. Pervertiti" commenta Anna, non poco
infastidita e si siede a tavola cominciando a mangiare senza tante cerimonie.


 Non li vuole aspettare e ha ragione, che facciano pure i classici uomini con un solo neurone, noi faremo le classiche donne che se è ora di fare una cosa, la fanno. Mi accomodo a tavola, prendo una fetta di pane e comincio a spalmarci sopra la marmellata di fragole.

"No, ma dico, hai visto che tet..."dice improvvisamente Steve sbucando in cucina, seguito da Oscar.

Anna ed io lo guardiamo male all'istante, se Steve fosse un polletto e il nostro sguardo potesse friggere, ora sarebbe cotto a puntino.


"sssh"dice Oscar dandogli un colpetto con il gomito, non sfuggendogli il nostro sguardo omicida e si siede a tavola in silenzio.

"Perché? Erano veramente enormi e..."

Io e Anna ci azioniamo nello stesso istante. Io gli tolgo da davanti il dolce e lei la tazza di caffè, lasciando Steve senza colazione, così impara.

"Ma cosa...?"Chiede Steve guardando Oscar che scuote lentamente il capo, mentre prende il coltello e spalma della crema di nocciole sul pane tostato.

"dai ragazze..."

"zitto"lo interrompiamo Anna ed io in sincrono, irritate.

Non ci posso credere; fare certi discorsi a tavola e rischiare di arrivare in ritardo a fare colazione, quindi bere il caffè freddo e farci mangiare da sole, e per cosa? Per vedere un paio di....inaudito, ma poi perché mettono certe tipe in tv?

"Dai Gemma, voglio assaggiare il tuo delizioso dolce, l'hai cucinato tu che sei un ottima cuoca"

"queste sviolinate non attaccano"dico portandomi la tazza di the alle labbra.

"Dai, bellissima Anna, per favore"

"neanche per sogno, zotico"

Oscar scoppia a ridere. "Forse hai più possibilità con Gemma"

"ti consiglio di tacere"lo avverto mordendo pane e marmellata.

"sì signora"dice bevendo un sorso di caffè.

Dopo un po' che Steve ci guarda con l'espressione da cane bastonato e Oscar mangia il suo minidessert, io ingoio il cucchiaino di panna cotta che ho in bocca e mi fermo un attimo.

"Ho deciso di partire con voi per l'Italia"butto la di punto in bianco.

Oscar mi guarda fermando la tazza a mezz'aria, sorpreso.

"Ah sì? E Perché? Hai litigato con Emanuele?" Chiede poi, preoccupato.

"No, ho solo deciso di sapere che fine hanno fatto gli assassini di mio padre, lasciare che Georg si spieghi e parlare con mamma".

Oscar si rabbuia.

"Perché vuoi parlare con quella donna? Non hai niente a che spartire con lei"

"lo so, ma questa volta voglio mettere bene le cose in chiaro, così che le sole cose che mi mancheranno e mi terranno legata all'Italia sarete voi e i
ricordi di papà".


"O mio Dio, che amore che sei!"Esclama Anna commossa e mi abbraccia con enfasi.

Sorrido e rispondo all'abbraccio, felice.

"Anch'io"dice Oscar alzandosi dalla sedia e abbracciando me e Anna.

"sì, abbraccio di gruppo!"Esclama Steve.

"non osare toccarmi bestia"dice subito Anna.

"Dai, poverino, la punizione si è prolungata un po' troppo"dico aprendo un braccio per accoglierlo.

"Sì, grazie Gemma, ti adoro"

"sì sì, ma non serve che mi lusinghi, la riavrai la colazione, basta che impari quand'è il momento giusto per fare le cose, cos'è più importante e cosa si deve dire e non dire, sopratutto in presenza di ragazze"

"Imparato"dice chiudendo l'abbraccio.

Dopo due minuti siamo ancora abbracciati e non ce la faccio più.

"Ragazzi, vi voglio bene anch'io, ma pesate e comincio ad avere caldo"

Sento sghignazzare e piano a piano tutti si scostano da me e mi sembra di riprendere a respirare.

Ci risediamo ai nostri posti, io rimetto davanti a Steve la sua colazione e il caffè ormai freddo e riprendo il mio dolce appena sfiorato, poi mi porto un cucchiaino alla bocca e li guardo.

"Quando vorreste partire voi?"

"Pensavamo questa sera"dice Oscar.

"Sì, ti abbiamo vista e sappiamo che stai bene"dice Anna
"e che sei in ottime mani"aggiunge Steve facendomi un occhiolino e un sorrisetto malizioso.

Arriccio le labbra, ma poi sorrido. Mi devo ricordare di chiamare lui nei mementi tristi, il mio pagliaccio personale, mi fa sempre ridere.  

"Certo che il posto dove vive Emanuele è difficile da raggiungere"

"già, come se volesse fare l'eremita"aggiunge Oscar, dando piena ragione ad Anna.

"ma tanto non permetterà mai che Gemma si faccia del male"dice Steve.

"è vero, avete visto come la guarda?"Chiede Oscar.

"sì, e se quello non è vero amore, per tutto questo tempo ho dato un nome sbagliato ai sentimenti intensi e a volte autodistruttivi che ho provato per i miei ex fidanzati"commenta Anna.

"perché, quanti ne hai avuti?" Chiede Steve.

"chissà"risponde evasiva.

"D'accordo, allora mi servirà un biglietto, lo prenoterò quanto prima".

"Bene, allora non credi sia meglio preparare una mini valigia per questi tre giorni"mi fa notare Anna.

"no, basterà la borsetta, tutto quello che mi serve l'ho a casa"

"hai ragione"

"Allora ora che si fa?"Chiede Oscar.

"bene, per ora finiamo la colazione"

"ottima idea"dice Steven sedendosi a tavola e prende un enorme cucchiaino di panna cotta.

"poi vogliamo andare in paese?"Chiedo.

"Sì, non ho visto molto e mi piacerebbe vedere i monumenti più belli"

"d'accordo, io invece sono ghiotta di certi dolcetti al formaggio che ho mangiato giorni fa, cercherò il ragazzo che li vende. Te lo giuro sono paradisiaci"

"dolcetti al formaggio?"Chiede Anna un po' schifata.

"ti giuro che sono fantastici"

"se lo dici tu"

"Allora finiamo la colazione e poi andiamo a fare i bagagli".

"D'accordo, tanto non ci vorrà molto, non ho tirato praticamente niente fuori tranne che il pigiama"dice Oscar.

"parla per te"commenta Steve.

Io ed Anna ci guardiamo e ci immaginiamo con estrema facilità Steve che prende la valigia e la rovescia sul letto facendo cadere ogni cosa dal suo interno.

Per poco non scoppio a ridere all'idea, mentre Anna, che presumo abbia avuto più o meno la mia stessa immagine mentale, alza gli occhi al cielo e bene l'ultimo sorso di the freddo.

Steven che ha iniziato la colazione dopo di noi è il primo a finirla e ad andare a preparare la sua valigia, mentre io pulisco per bene il bicchierino dalla panna cotta residua e bevo l'ultimo sorso di the in terriera. Il the nel fondo è sempre il migliore, così intenso e ricco di sapore, peccato sia freddo.

Oscar lava le sue stoviglie e dopo un cenno della mano va di sopra anche lui, così rimaniamo solo io ed Anna.

"Ecco"dice Anna sparecchiando.

"Lascia fare a me e vai a preparare la valigia, hai tutti i cosmetici sparsi sulla toletta"

"è vero, ma..."

"tranquilla, ci penso io a pulire, vai"

"d'accordo"dice e va di sopra.

Lavo gli oggetti restanti ancora sul tavolo e metto tutto a posto, poi mi guardo intorno.

Ora che ci penso, a parte la cucina enorme e ben attrezzata, nella sala e in tutte le altre stanze non c'è niente di personale. La tappezzeria elegante e il mobilio antico decorato e intagliato, denotano ricchezza e ti accolgono con calore, ma è tutto qui.

Vado in sala e mi guardo intorno. Sulle pareti non ci sono foto e nemmeno sui mobili; non ci sono gingilli d'argento o di cristallo in vetrina, le piante sono la maggior parte finte o comunque grasse e c'è una composizione di potpourri relativamente nuova sul tavolinetto basso, quindi Emanuele sparava di rendere la casa accogliente o comunque accattivante, ma nient'altro.

Ho paura e mi sento a disagio nel pensare a come poteva essere in realtà la casa prima che giungessi io. Ho il terrore di scoprire che Emanuele ha fatto tutto questo per me, per non farmi trovare un posto squallido e freddo e non farmi sentire a disagio, anche se in realtà è sempre stato tutto l'esatto opposto.

Io questo non lo voglio, io voglio conoscere il vero Emanuele, non quello creato apposta per me, e questo vale sia per lui come persona, che per come vive e dove vive.

Emanuele è troppo caro con me, penso fermandomi davanti alla libreria.

Ecco, questo è l'unico posto in tutta la casa che forse mostra un po' com'è lui in realtà, perché i libri non sono nuovi, quindi deve averli pur letti.

Prendo un libro in mano e ne accarezzo la copertina. Questo lo avrà letto? Mi chiedo insicura e mi volto per fare una panoramica completa della stanza. Forse ci sono altre camere meno accessibili in cui ci saranno alcuni oggetti, foto o ritratti di lui, ma quelli veri.

Quelli veri, mi ripeto e sorrido stringendo a me il libro che ancora ho fra le mani.

Il vero Emanuele. In che hanno sarà nato? Possibile che allora s'indossassero ancora le camicie con il merletto, si andasse in giro in carrozza e si partecipasse a lunghi e coloratissimi balli con tanto di cene principesche e calici di cristallo?

Sarà quella la sua vera epoca?

Non so praticamente nulla di lui, a parte il fatto che è un vampiro, penso addolorata.

"Abbiamo finito"dice Anna sbucando dalla porta, seguita da Oscar e Steve.

"Avete fatto in fretta"dico voltandomi verso di loro.

"Non direi, ci abbiamo messo più o meno un'ora"

"ah, il tempo deve essere volato"dico mettendo il libro sullo scaffale.

"Che c'è che non va?"Mi chiede Oscar notando il mio umore.

"Niente, perché?"

"Mi sembri un po' triste e malinconica"

"è una tua impressione, sto benissimo. Ora che si fa? Scendiamo in paese?"

"ma sì, facciamoci questa scampagnata"dice Anna.

"Perfetto, ma portate le valigie con voi. Sarebbe bello fare un picnic, andare in giro per negozi, mangiare qualche dolcetto tipico e magari crogiolarsi sotto al sole nel dolce far niente fino al tramonto e la partenza.

"Perfetto, tanto i nostri biglietti sono per le otto e mezzo di sera, avevamo già deciso di stare più tempo possibile con te"dice Anna.

"Che bella notizia!"Esclamo felice.

"Sì, siamo potuti restare pochi giorni per via del nostro lavoro, così pensavamo di prolungare il più possibile il momento della nostra partenza, infondo sono solo due ore di viaggio, se arriviamo a casa alle undici non è un gran problema"dice Oscar.

"È un'idea straordinaria, non sapete quando sono felice. Allora andate a prendere le valigie, mentre io svaligio la cucina.

Vanno nuovamente di sopra, mentre io al telefono e chiamo l'aeroporto. Riesco a ordinare tranquillamente il biglietto per il volo delle otto e mezzo, lo stesso dei ragazzi e vado in cucina.

 Cerco nei pensili qualsiasi cosa che possa farci da cestino da picnic e incredibile ma vero, trovo proprio un cestino da picnic.

Non so se ho già detto che amo Emanuele alla follia, ma nel caso non l'avessi fatto, lo ridico. Lo amo alla follia, da morire.

Prendo delle belle mele e delle fragole, che per giunta ho visto solo ora perché nascoste dietro alle mele, i kiwi e le banane e lavo, sbuccio e taglio
tutto a pezzettini, poi metto la frutta in una bella ciotola capiente e infine aggiungo zucchero e limone. La macedonia è pronta.


Preparo un piattino con arrotolati salumi vari e taglio e tolgo la coccia a fette di formaggio, copro il tutto con un tovagliolo e anche questo è pronto. Preparo una bustina di pane bianco, metto in una ciotola il polpettone rimasto da ieri e nel porta posate alcune forchette e coltelli.

A parte prendo due bottiglie d'acqua e cerco alcuni bicchieri che se anche si rompessero non sarebbe un problema e ne trovo alcuni di plastica colorata. Perfetto, metto tutto dentro il cestino, lego quattro piatti all'interno del coperchio, dov'è devono stare, ed ho finito.

Prendo la busta con l'acqua e sollevo il cestino.

Pesa da morire, se non starò attenta le chiusure si romperanno e perderemo tutto per strada, speriamo non accada, penso preoccupata.

"Eccoci"dicono i ragazzi.

"è pronto anche da mangiare"dico.

"Perfetto, questa è la tua borsa. Dentro ci ho messo già il cellulare e il carica cellulare"dice Anna.

"perfetto, andiamo"affermo diretta alla porta.

"Ah, giusto"dico e prima di uscire prendo un foglietto di carta dal blocchetto vicino al telefono e scrivo a Emanuele dove trovarci e che sarei partita per l'aeroporto alle cinque, poi esco di casa.

"Allora ragazzi, si va verso quella collinetta, mettetevi la valigia in spalla e scendente aiutandovi con le rocce che sporgono, fate attenzione"dico mentre mi metto la busta con l'acqua a braccetto e tengo il cestino da picnic con la mano del medesimo braccio.

Scendiamo abbastanza velocemente. È tutto molto diverso quando si ha la visibilità, ma è anche vero che questa volta abbiamo i bagagli e anche se piccoli sono fastidiosi, comunque non è un grande problema come credevamo.

Scesa la collinetta e la montagnetta, guardo ogni albero che tempo addietro avevo numerato e seguiamo il percorso. Poco dopo siamo nella zona archeologica che è stata chiusa dalla polizia con tanto di sigilli.

La guardo mentre meri ricordi mi ritornano alla mente per poi venir scambiati con quelli tristi riguardanti mio padre.

"Questa è la zona archeologica dove lavorava tuo padre, vero?"Chiede Anna lasciando cadere in malo modo la borsa a terra.

"Sì, lo era"

"mi dispiace per tutto quello che è successo"dice Steve estremamente serio, posandomi una mano sulla spalla.

"grazie"dico guardandolo con un mesto sorriso sulle labbra.

"già, ma ora sono sicuro che quei bastardi stiano marcendo in prigione"dice Oscar portandosi una bottiglietta d'acqua alla bocca per bere un po', dopo tanta fatica.

"Ragazzi, vogliamo riprendere a camminare, ci vuole ancora un bel po' fino al paese, ma fortunatamente le montagne sono finite".

"Beh, questa è una buona notizia "dice Anna riprendendo da terra la sua valigia.

"Andiamo!"Esclamo e mi rimetto in cammino seguita dagli altri, ma ancora pensierosa e turbata.

Lungo la strada per il paese ci fermiamo a riposare un paio di volte e lascio i miei amici bere e asciugarsi il volto imperlato di sudore.

"Mi dispiace dobbiate faticare così tanto"dico improvvisamente.

"Figurati, per te questo e altro"dice Oscar e vorrei tanto abbracciarlo con slancio, non so esattamente cosa mi trattiene nel farlo.

"Tranquilla, questo è niente in confronto alle lunghe passeggiate che faccio per raggiungere i negozi durante lo shopping"dice Anna
sorridendomi.


"Io in realtà sono stanco, sarebbe stato meglio se fossi rimasto a casa"dice Steve guardandomi dritto in faccia, per vedere la mia reazione, tanto so che scherza.

"Mi scusi tanto altezza, vuole che la porti in braccio come una principessa?"Chiedo facendo un profondo inchino, ironica.

"Perché no"dice lanciandosi sulle mie spalle e per poco non finiamo entrambi a terra.

"Steve‼"Esclamo divertita e scoppiamo tutti a ridere.

Poco dopo finalmente giungiamo in paese e il clima è diventato un po' più caldo di quando siamo usciti, che cominci a essere mezzogiorno?

"Siamo arrivati?"Chiede Anna un po' stanca.

"Sì, in quel bar ci sono già stata"dico indicando il locale dove ho bevuto quella bevanda alcolica al mirtillo.

"Uuu, vogliamo entrare?" Chiede Anna incuriosita.

"Perché no"dico e guardo gli altri che annuiscono, così entriamo.

"buna dimineata!" (buongiorno)

"buna dimineata!" (buongiorno) ripeto e indico ai miei amici, rimasti senza parole, un tavolino appartato.

"Che ci ha detto?"Chiede Oscar.

"Buongiorno"dico semplicemente, mentre guardo il menù che ho subito aperto alla pagina dei dolci.

"e tutto quel popò di roba così difficile è solo per dire buongiorno?" Chiede Anna scioccata.

"Sì"rispondo posando il menù sul tavolo.

Ho deciso cosa prendere.

"Vrei?" (cosa desidera?)Chiede improvvisamente una cameriera di mezz'età dall'aria arcigna. 

Indico il righino del menù sia per il dolce che per la bevanda e guardo gli altri ancora confusi.

"ha chiesto cosa volete mangiare"

"quello che hai preso tu"dicono Anna e Oscar.

"doi dintre ei, ce o vor primi, multumesc. Dumnealui..."

(loro due, quello che prendo io, grazie. Lui...)

Ma non riesco a finire la frase che Steve indica qualcosa sul menù, la cameriera prende subito nota e si allontana.

"Che cosa hai indicato? E se poi non ti piace?" Chiedo subito.

"se la mangia ugualmente, così impara"dice Anna.

Sospiro. O beh, il danno ormai è fatto, penso e aspettiamo le ordinazioni.

Non dobbiamo aspettare molto che la donna ritorna con le nostre ordinazioni su un vassoio.

"iata" (ecco) dice posando ogni cosa di fronte all'esatto cliente che l'ha ordinata.

"multam"(grazie)

"ah, ai putea aduce apa?" (Ci potrebbe portare dell'acqua?)

La donna annuisce e si allontana.

"Allora ragazzi, attenzione alla bevanda, è estremamente alcolica, invece questo dolce è fantastico, c'è dentro l'uvetta e le mandorle"dico mangiandone subito un pezzo ed andando in estasi.

"invece il mio?"Chiede Steve.

"non lo so, non l'ho mai preso"dico guardando la tazza di vetro piena di liquido rosso.

"Però sembra vino"dice Oscar guardandola con attenzione.

Steve si bagna appena la bocca e si lecca le labbra.

"Sì, è una specie di vino, ed è una cosa fantastica"dice come impazzito.


"Chissà come sarà il nostro"dice Oscar a bassa voce e prima che possa fermarlo o avvertirlo, prende un bel sorso del suo liquore al mirtillo e proprio nell'istante in cui sta per tossire per l'intenso bruciore alla gola, la cameriera appoggia una brocca d'acqua sul tavolino con quattro bicchieri.

La ringrazio con un cenno del capo e verso di corsa un bicchiere d'acqua a Oscar, poi glielo porgo.

Me lo toglie di mano bruscamente e ne beve tutto il contenuto sospirando.

"Mi dispiace non ho fatto in tempo ad avvertirti"dico ricordando il bruciore inteso alla gola e il caldo che è seguito al mio primo incauto sorso di prova, qualche giorno fa.

"No, sono io a essere stato avventato, grazie lo stesso"dice a bassa voce.

"Però, deve essere una bomba"dice Anna guardando intensamente il bicchiere.

"Puoi dirlo forte"dico mentre Steve a già finito di bere il suo vino ed è intento a mordere un dolce che sembra un bignè, anch'esso scelto a caso
dal menù.


"Aspetta, quello credo sia un Eclair"

"ma, comunque è buono"dice Steve mordendolo e facendomi venire un po' d'invidia quando la farcitura fuoriesce con tanta libertà.

Con il broncio mordo un pezzo del mio dolce e vado di nuovo in paradiso dimenticandomi tutto, il dolce di Steven e il pizzico d'invidia che ho provato per lui.

Dopo aver finito di mangiare e aver pagato, usciamo dal locale.

Forse non è stata una buona idea bere quella cosa, per via dell'alcol ora abbiamo più caldo di prima, comunque senza commentare ci incamminiamo lungo una via e subito dopo qualche passo cominciamo già a vedere dei negozi.

"Guarda Gemma, hai visto quant'è bello quel maglioncino?"Mi chiede di punto in bianco Anna appendendosi al mio braccio, euforica.

"Perché tu non hai visto quel maglioncino di lana bianca fatto a mano, è delizioso, anche se ha quei volant attaccati alla scollatura.

 "Dove? Dove?"Chiede guardandosi intorno come un'ossessa.

"Eccolo!" Esclama quando lo vede e mi stritola a morte il braccio.

Sorrido rassegnata per i lividi corrispondenti alle sue cinque dita che mi troverò poi sul braccio e guardo i ragazzi che ci fissano da qualche metro di distanza, per sicurezza, spaventati e rassegnati.

Faccio loro un sorriso di circostanza ed entro nel negozio decisa ha comprarmi quel maglioncino, anche se è proprio al limite di quello che sopporto della moda femminile.

"Aspetta, vengo con tè, voglio quel maglioncino di prima!"Esclama Anna e saltellando come una bambina, mi segue dentro.

Posso far finta di non conoscerla per favore? Penso guardandola con la coda dell'occhio a disagio, mentre sta curiosando in giro priva della sua serietà e calma che la contraddistinguono da sempre.

Cavolo! Non è colpa di quel drink super alcolico vero? Mi chiedo preoccupata, ma alla fine faccio spallucce e vado a prendere il mio maglioncino bianco e a provarlo in un camerino.

 Usciamo dal primo negozio che ho con me un pacco, mentre Anna due. Vorrei tanto dirle di non esagerare o sull'aereo avrà dei problemi, ma potrei rischiare la vita, quindi mi faccio gli affari miei che è meglio.

Continuo a camminare lungo la via a fianco ad Anna, che è tanto felice da canticchiare fra se e se; invece i ragazzi sono rimasti dietro di noi, sempre ben lontani e ora più terrorizzati che mai, da una Anna che quando fa shopping è meglio ignorare, perché se per caso qualcuno le dicesse qualcosa che non le va a genio, potrebbe diventare molto pericolosa.

 Fortuna che io come ragazza sono esclusa da qualsiasi sua eventuale azione fatale, perché mi reputa una sua compagna di shopping, quindi non mi farebbe mai niente, e siccome abbiamo dei gusti e pareri ben distinti sul vestire, sono immune anche alla sua pazzia contagiosa.

Meglio di così non può andare.

Continuiamo a camminare, quando fra alcuni negozi riconosco il ristorantino colorato dove ho trovato quei dolcetti al formaggio che adoro, e pure non credevo fosse così vicino.

"Anna, ora guarda che ti faccio assaggiare"dico voltandomi verso di lei, ma è sparita.

"è lì"dice Oscar stranito, seguo il suo dito e la trovo appiccicata alla vetrina di un negozio che quasi sbava davanti ad un vestito di lanetta color ciliegia.

Non è male in effetti, ci sarà un altro colore? E quelli invece Penso vedendo degli stivaletti marroni davvero bellissimi con intorno alla caviglia il pelo, sono perfetti e anche il tacchetto non è troppo alto.

 Li voglio, è il mio unico pensiero.

"vogliamo entrare?"Chiedo.

"Sì"dice Anna senza esitazioni, voltandosi verso di me con gli occhi che le brillano come stelle e sarà un piacere per me vedere quanto possano diventare più scintillanti quando s'innamorerà, non vedo l'ora.

"Allora che aspetti a entrare?" Non ho neanche finito la frase che è entrata.

Usciamo entrambe con due buste appese al braccio. Lei con il suo vestitino color ciliegia, ed io con quegli stivaletti e il suo stesso abito, solo marrone rossiccio. Che conquista!

"Ragazze, scusate io comincio ad avere fame"dice Oscar e ora che ci penso anch'io sento un languorino. Che sia quasi ora di pranzo? Mi chiedo,
così prendo dalla borsetta il cellulare e controllo l'ora.


"Hai ragione Oscar, è l'una, quindi perché non cerchiamo un prato dove fare il picnic, io compro una cosa in quel ristorantino lì e vi raggiungo, rimanete lungo la via".

Oscar annuisce, così gli passo il cestino, la busta con l'acqua e sentendomi decisamente più leggera vado a comprare i miei divini dolcetti al formaggio.

Tempo qualche secondo e mi avvio lungo la viuzza con una busta strapiena appesa al braccio. Il ragazzo è stato molto felice per la quantità di dolci che gli ho comprato e forse ho esagerato, comunque proprio quando sto andando nel panico, perché non riesco a trovarli da nessuna parte e la viuzza sta finendo, tanto che ho preso in considerazione l'idea di mangiare separata da loro, magari in quel ristorante; li trovo seduti nel bel mezzo di un prato a lato della viuzza, al di là di un muretto di rocce beige.

Idea‼

"Ragazzi è vietato stare qui"dico alle loro spalle con voce nasale, siccome non mi hanno notata o voluto fargli uno scherzo.

Sì voltano subito verso di me sorpresi e preoccupati. Sono anche certa che Oscar stesse già per rispondere "ci scusi, non lo sapevamo, ora ce ne andiamo"ma quando mi vedono scoppiano a ridere.

"Sei terribile, non cambierai mai"dice Oscar divertito, mentre io faccio una linguaccia generale.

"Emanuele sa di questo tuo carattere stupido"Chiede Anna tornando calma, mentre slaccia le forchette e i piatti dal cestino.

"no, non credo"ammetto.

"Beh, che male c'è, io adoro il suo senso dell'umorismo"dice Steve guardandomi con affetto.

M'inginocchio vicino a loro e comincio a tirare fuori le pietanze dal cestino, poi mi assicuro che l'acqua sia ancora fresca, ma ahimè, è calda.

"Allora chi vuole un po' di salumi?"

"Gemma, come l'ha presa Emanuele quando gli hai detto che saresti partita?"Chiede Steve prendendo un pezzo di formaggio e qualche fettina di
prosciutto.


Ingoio il boccone e lo guardo arricciando le labbra, di colpo triste.

"Mi ha detto di andare e sistemare le mie cose, anche se in realtà non vuole che parta".

"Vedo che sa come prendersi cura di qualcuno, è talmente buono che sembra finto"dice Anna portandosi alla bocca un cucchiaino di macedonia.

"Sì, si vede lontano un miglio che il suo carattere è mite e dolce e ha una grande considerazione per Gemma"dice Oscar.

"già, ma sopratutto si vede che ama alla follia sta tonta"dice Anna rivolta a me.

"Dovevate vedere l'espressione che ha fatto. Anche se non ero ancora partita sembrava che già gli mancassi da morire. Non voglio più vedere una simile espressione sul suo viso"dico giocherellando con un pezzo di fragola.

"Strano che non ti abbia legato"dice Steve portandosi alle labbra un bicchiere d'acqua e mi chiedo perché debba essere sempre così estremo.

"Beh, visto che siete sempre incollati l'uno all'altra sarà molto difficile separarvi, lo sarebbe anche se fosse solo per un giorno"

"lo so e questo non mi aiuta a farmi sentire meglio".

"Cavolo, risolvi i tuoi problemi con il minor tempo possibile e ritorna da lui"dice Steve leggermente scocciato dai nostri discorsi. Per lui sembra tutto facile e lo fa sembrare anche semplice, ma in realtà non lo è, anche se sicuramente farò proprio come ha detto.

"Hai ragione, per prima cosa parlerò con Georg e gli chiederò tutta la storia e se sa che fine hanno fatto gli assassini di mio padre, dopo parlerò con la mamma, così in un giorno avrò finito di fare tutto, sempre ammesso che non ci siano imprevisti, poi prendo il primo aereo notturno che trovo e torno da lui"dico decisa.

"Ecco, questa è la nostra Gemma, invece la tizia addolorata, piena di sensi di colpa, insicura e triste di poco fa, non sapevamo chi era"dice Oscar sorridendo e porta alla bocca il suo ultimo pezzo di pane.

"Poco ma sicuro"dice Steve dandomi una pacca sulla schiena che per poco non mi fa sdraiare sul prato.

"Piano gorilla!"Esclama Anna guardandomi, felice, e continuiamo a mangiare beatamente.

"Madre che mangiata!"Dice dopo un po' Oscar alzandosi in piedi.

"A me entra ancora un po' di macedonia"ammette Steve.

"No, ora voi assaggiate questo"affermo prendendo un dolcetto al formaggio.

"Io passo, grazie"dice subito Anna e da lei me lo aspettavo, tanto che non ci combatto, però guardo con fare insistente i ragazzi.

"Io ci provo, anche se mi sembra un dolce molto bizzarro"dice Steve e senza esitare ne prende uno e se lo porta alla bocca.

"No, ma che cos'è questa squisitezza?"Chiede prendendone subito un altro.

"Se Steve dice che è buono, credo che lo assaggerò anch'io"dice Oscar.

 "hai proprio ragione, è così morbido e si scioglie in bocca"dice subito meravigliato.

"Visto? Ora tocca a te"dico rivolta ad Anna che è ancora palesemente scettica sul da farsi.

"io veramente..."dice voltando il viso, schifata.

"dai, ti giuro che è buono. Piace anche ai ragazzi. Provalo, che ti costa"

"uffa, d'accordo, ma se non mi piace me la prendo con te"dice e senza attendere oltre, prende il dolcetto che le porgo e se lo infila in bocca.

"Caspiterina, chi è il genio che ha creato una cosa tanto deliziosa?"

Sorrido. "Signore e signori, ecco a voi un'altra vittima di questo straordinario dolce"dico giocosa. "E tu che non mi volevi dare retta"aggiungo
scuotendo il capo.


"Colpa mia, la prossima volta sarò di mentalità più aperta"mi dice Anna sorridendo e si aggrappa al mio braccio.

Scuoto la testa divertita e continuiamo a camminare finché non troviamo un bivio.

"Ma questo non è il bivio dove c'eravamo persi?"Chiede Oscar.

"già, se non erro allora abbiamo preso la strada a destra e siamo finiti al mercato"dice Anna.

"e lì abbiamo incontrato Gemma ed Emanuele"Aggiunge Steve.

"Vogliamo andare a vedere se per caso c'è ancora il mercatino?"Chiedo.

"Ma sì, non abbiamo niente di meglio da fare"dice Anna e i ragazzi non obbiettano, così andiamo.

Incredibile, piano a piano vediamo una, due, tre, quattro bancarelle e poi una volta giunti nella piazza, a quintali, ed è tutto pieno di banconi, tanto che non si riesce nemmeno a camminare, ed è zeppo di gente.

"Ok ragazzi, nel caso ci perdessimo di vista il punto d'incontro è quel fornaio lì, d'accordo?"Dico preoccupata.

"Sì, va bene"

"ok, allora andiamo"dico più tranquilla e felice di iniziare l'esplorazione.

Ora con un luogo d'incontro ben deciso non ho più alcun timore, posso andare e soffermarmi a qualsiasi bancarella e anche perde di vista gli altri senza alcun problema, ed è proprio quello che accade.

Mi guardo intorno cercando di trovarli fra il mare di gente, ma invano, alla fine faccio un sospiro e ci rinuncio.

Vago senza meta fra la folla, quando una vecchina mi passa accanto e mi ritorna in mente la sibilla che ho incontrato l'ultima volta. Oggi non l'ho ancora vista e nonostante tutto quello che mi è successo da allora, ancora non ho voglia di sapere niente del mio destino, lo scoprirò piano piano, strada facendo.

Sorrido decisa per il mio pensiero quando un intenso e dolcissimo profumo attira la mia attenzione e mi volto. 
C'è una bancarella che vende sacchettini di raso odoroso di diverso tipo, ci sono alcuni pieni di fiori di lavanda, camomilla, mughetto e tanti altri dall'odore dolcissimo, addirittura ci sono delle caramelle alla lavanda davvero inconsuete. 


Compro due sacchettini alla lavanda con l'intento di regalarne uno ad Anna e ne prendo altri tre alla cannella, uno per Oscar, l'altro per Steve e l'ultimo lo darò a Emanuele, anche se non credo sia un regalo opportuno o comunque normale da fare a un ragazzo e infine una bustina di caramelle alla lavanda.

Il prezzo è sorprendentemente basso per delle cosine artigianali e naturali così carine; beh, buon per me, penso e con una bustina minuscola appesa al polso, passo a guardare un'altra bancarella.

Una bancarella di gioielli artigianali. Molto carina, ma non sono il tipo che si abbellisce come un albero di Natale, quindi passo oltre.
La terza bancarella invece vende libri e lì ci dedico un po' del mio tempo.


Fra le colonne di libri di ogni tipo, genere e colore, noto alcuni romanzi tascabili e di colpo mi ritorna in mente che fra poche ore dovrò mettermi in viaggio e lasciare Emanuele.
Triste e del tutto priva di voglia di partire, scelgo a malincuore un libricino che mi terrà compagnia lungo il viaggio e lo compro.


Passo alla bancarella successiva, ancora triste, e qui scopro che vendono statuine di animali fatti di legno, gesso, creta e marmo. Sono così realistiche e belle che rimango ad ammirarle per minuti interi girandomele fra le mani e alla fine stranamente consolata e un pochino divertita passo oltre.

La bancarella che mi ritrovo davanti, è piena di deliziosi cofanetti e carillon di legno diverso, intagliati, decorati o dipinti a mano, ce n'è sono alcuni anche in vetro, altri di ceramica o porcellana, invece un'altra bancarella ancora vende specchi di ogni tipo e forma, oltre a piatti decorativi dipinti a mano, fiori finti e gingilli di ogni tipo.

È tutto veramente meraviglioso.

Do un'occhiata anche alle numerose bancarelle di vestiti e scarpe, ma non c'è nulla che sia nel mio stile, quindi continuo a camminare.

Rimango affascinata da un pittore di strada, un ritrattista che dipinge fedelmente persone e paesaggi che non ho mai visto in vita mia, molti anche di fantasia e mi convince a posare per lui.

Un pochino a disagio, mi siedo sullo sgabbellino di fronte all'uomo che con grande serietà mi ritrae e in un minuto ho intorno un bel gruppo assortito persone.

Alla fine mi mostra la sua creazione e se non sono io, deve essere per forza la mia gemella, perché siamo uguali, due goccia d'acqua. È incredibile!

Gli pago la cifra come stabilito e con il disegno arrotolato in mano e un sorrisetto soddisfatto sulle labbra continuo il mio giro fra le bancarelle.

 Questo ritratto lo darò a Emanuele, così in questi giorni che sarò assente, magari si sentirà meno solo, sarà come se fosse sempre al suo fianco; lo farò, anche se quest'idea è alquanto imbarazzante e spero tanto non mi reputi altezzosa, o quando srotolerà il foglio non si metta a ridere. Ne sarebbe capace.

Dopo un po' che guardo bancarelle che per lo più sono diventate di gastronomia, mi fermo a una dove trovo delle cornici per foto che sono talmente carine che ho dei seri problemi a sceglierne solo una.

Le guardo alcune, incerta, tanto che il signore di mezz'età che le vende, notandomi in difficoltà, si è messo a guardarmi con vivo interesse e un sorrisetto divertito sulle labbra, dopo mi ha detto che se le avessi comprate tutte e tre mi avrebbe fatto uno bello sconto, così alla fine ho ceduto.

Io e la mia indecisione!

Una cornice è rettangolare, decorata con conchiglie di mare di tutti i tipi e colore, ci sono anche i cannolicchi e quelle a forma di cornetto e lumachina, ci metterò la foto che intendo fare una volta che sarò ritornata in Romania. Un'altra cornice invece è di legno e ha dei fiori colorati dipinti sopra, ed è di forma triangolare, mentre l'ultima ha la cornice ovale cosparsa di brillantini argentati.

 Le adoro! Ci metterò dentro delle foto di me ed Emanuele, naturalmente dovrò ricordarmi di prendere la macchina fotografica da casa, altrimenti come farò a scattare le foto? Saranno talmente tante che finirò un album intero.

Sorridente mi guardo intorno per vedere se c'è qualche altra bancarella interessante quando una coppia guarda il cellulare e con enorme timore ricordo della partenza e controllo l'ora. Chiudo forte gli occhi per un momento e faccio un grande respiro per allontanare la voglia di urlare, le cinque precise, devo ritrovarmi con gli altri.

Cerco con lo sguardo il fornaio, nostro punto d'incontro, e mi avvio facendo lo slalom fra le persone, finché non lo raggiungo e ci trovo davanti
Anna e Steve; di Oscar neanche l'ombra.


"Oscar?"Chiedo subito.

"Non saprei"dice Anna calma, mentre Steve fa spallucce.

"Eccomi, scusate, stavo facendo un'ultima compera"

"che diavolo hai preso?"Chiede Anna vedendo l'enorme pacco che ha fra le braccia.

"Un mobiletto di legno fatto a mano, perché? È un problema?"Chiede sulla difensiva, mettendo il broncio.

"No, affatto"dice Steve, ed io non so per quale motivo, ma vedendo la sua espressione da bambino, sorrido.

Alcune volte mi sconcertano le sue espressioni.

"Bene ragazzi, credo sia il caso di chiamare un taxi che ci porti alla stazione"dice Oscar.

"già"dico mogia.

"su su, sono solo tre giorni, o meno se muovi il sedere"dice Anna carinamente.

"lo so, però mi sento lo stesso triste"

"ora non lo sarai più tanto, guada un po' chi c'è laggiù"dice Anna sorridendo e mi volto.

Anche se in lontananza e fra la folla, il mio sguardo lo trova subito.

Emanuele! Il mio Emanuele! E le labbra mi si allargano istintivamente in un grande, immenso, radioso, magnifico sorriso.

"Ma tu guarda che sorriso esagerato le è spuntato sulle labbra. Basta che vede quel bel bocconcino e..."

Mi volto verso di lei, schifata, e mi trovo davanti un'Anna giocosa e decisa a prendermi in giro in una maniera che non mi aggrada neanche un po'.

"Che c'è?"Mi chiede subito sorridendo.

"Ti prego, evita di dire queste cose su Emanuele, non voglio sentirlo chiamare bocconcino da te, è inquietante".

"Ma che! Sono certa che non sia questo il punto, il problema è che ti da fastidio"

"e se anche fosse?"Chiedo non smettendo di guardare Emanuele. Sto seriamente cominciando a infastidirmi per il suo modo scortese di stuzzicarmi, che sia veramente un attacco d'invidia? Ma non è da lei.

Aspetta! Eh! Un attimo, sbaglio o Emanuele ha appena sorriso? È vero, lui sente tutto quello che diciamo, anche se siamo lontane. Cavolo! Penso imbarazzandomi.

"Smettila di ridere, o non ti raggiungo. Mi vergogno ora"sussurro fra me e me e lui smette di sorridere all'istante per poi mostrarmi un espressione piena di tenerezza che mi toglie il respiro e mi fa sciogliere.

"Allora verrò io da te"dice, ma non ha aperto bocca. Non ho smesso di guardarlo neanche per un attimo, quindi ne sono sicura e poi perché l'ho sentito così nitidamente se è lontano ed io sono circondata da persone rumorose? Oltretutto sembra che gli altri non abbiano sentito niente.

Ci metto un po' a comprendere cos'è stato. Telepatia!

Guardo Emanuele venirmi incontro, e sapere che sta venendo proprio verso di me, e me soltanto, ignorando qualsiasi altra persona che c'è intorno a noi, mi fa sentire così importante e felice, però voglio proprio  sapere perché sta venendo verso di me con un passo così veloce.

È spedito proprio, pure falcate, tanto che in un attimo l'ho di fronte.

"E..."tento di chiamarlo, ma lui fa l'ultimo passo e mi stringe a se con forza, come se fossi l'unica cosa che può salvarlo e con un'urgenza che per poco non mi fa piangere.

 Lo stringo forte a mia volta, felice.

"Non voglio partire"ammetto e lui accentua ancora di più l'abbraccio, tanto che non riesco a respirare bene e mi fa quasi male, però non m'importa, perché è la forza dei sentimenti che prova per me che non lo fa ragionare e quindi dosare la sua forza speciale.

"Emanuele, non respiro"ammetto dopo un po' e allenta la presa. Il senso d'abbandono che percepisco di conseguenza è quasi straziante.

Si scosta lentamente da me guardandomi direttamente in viso.

"Io non voglio che tu parta, ma..."dice abbassando lo sguardo divenuto triste.

"Non posso fare altrimenti"finisco la frase per lui prendendogli il viso fra le mani e lo guardo con amore.

Improvvisante qualcuno ci fa ritornare alla realtà schiarendosi la voce e ci voltiamo, io completamente paonazza con tanta voglia di nascondermi, ed Emanuele perfetto e composto come sempre. Che invidia.

"Ragazzi, state dando spettacolo"ci avverte Anna che sembra essere tornata normale.

Ci guardiamo intorno e troviamo alcune persone guardarci incuriosite, altre confuse, certe ancora infastidite e poi due o tre più imbarazzate di noi se possibile.

"Già, siete in un luogo pubblico nel caso ve lo foste dimenticato"dice Oscar imbarazzato, mentre Steve ci guarda con un sorrisetto malizioso e ci mima dei baci con le labbra.

Mi stacco da Emanuele con la voglia di coprirmi il viso o cercare un buco nel terreno per saltarci dentro e sparire e guardo imbarazzata i miei amici.

"Allora? Come arriviamo alla stazione?"Chiedo cercando di cambiare discorso e dissimulare il mio imbarazzo.

"Bella domanda"risponde Oscar

"un taxi?"Dice Anna e non ho capito se la sua è una domanda o una proposta.

"Non serve, c'è un pullman diretto alla stazione"ci avverte Emanuele.

"Davvero? Che fortuna"dice Steve.

Annuisco. "Allora, da che parte si va? Non ho mai visto il parcheggio dei pullman"

"da questa parte"dice Emanuele prendendomi per mano e s'incammina.

Santo cielo, è così imbarazzante!! Penso, ma infondo non è niente paragonato a quello che abbiamo fatto poco fa, noto, così riprendo tutta la mia compostezza e accetto questo piccolo gesto d'affetto.

La strada per arrivare ai pullman è così breve che mi lascia l'amaro in bocca. Avrei tanto voluto che fosse stata più lunga. Accidentaccio‼"

"Siamo arrivati"dice Emanuele con un tono di voce che lascia trasparire la sofferenza e la tristezza.

Lo guardo con la coda dell'occhio e faccio un lieve sorriso quando i nostri sguardi s'incontrano.

"Bene, allora l'autista ha detto che partiamo fra pochi minuti, noi sistemiamo le valigie e saliamo"dice Anna che non ha subito perso tempo.

Annuisco e un attimo dopo io ed Emanuele siamo da soli. Pare che la gente non voglia salire sul nostro pullman, quindi non c'è nessuno fuori che attende, solo noi due.

"Gemma"

"mh"dico guardandolo.

"io...mi mancherai lo sai?"

"lo spero tanto"dico scherzosa. "Anche tu mi mancherai"rispondo poi seria e sorrido.

"e poi...io..."dice insicuro, guardando a terra e passandosi una mano fra i capelli.

È così carino‼ Penso con la voglia di saltargli addosso.

 Improvvisamente tira fuori dalla tasca della giacca un piccolo astuccio nero di forma quadrata e per poco non svengo.

Non può essere, penso incredula.

Mi guardo intorno mentre lui apre la custodia e mi ritrovo davanti un anello che avrei decisamente paura di perdere per quanto bello e
sicuramente costoso.


Lo guardo letteralmente a bocca aperta e con gli occhi spalancati e chissà forse sono anche sbiancata.

In un primo momento mi guarda timoroso e incerto, ma alla fine la mia espressione vince e mi fa un sorriso di quelli che vorrei immortalare.

"Sei serio?"Chiedo e vorrei prendermi a calci da sola.

Ma fra tutte le dannatissime domande che potevano uscirmi doveva essere proprio questa, stupida, stupida Gemma, sei una scema! Mi dico portandomi un dito alle labbra per mordermi l'unghia. Accidenti era un vizio che avevo perso‼‼

"Sì, vorrei che tu fossi la mia ragazza"

La mia agitazione per qualche strano motivo scema e riprendo il mio tanto amato controllo.

"Potrei essere la tua ragazza"rispondo seria e dallo sguardo di Emanuele capisco che è insoddisfatto della risposta, come io, stranamente, lo sono della domanda, anche se sono certa questa sia la domanda che il mio cuore aspettava da tempo.

"Brutta come risposta, vero? Allora chiedilo come si deve" gli dico avvicinando il viso al suo, tanto che le punte dei nostri nasi si toccano.

Sorride comprendendo quello che intendo e rimango allibita quando lo vedo inginocchiarsi davanti a me.

No, non intendevo questo, così è troppo, mi trovo a pensare a disagio, ma dopotutto felice, e mi copro timidamente con il dorso della mano la bocca per nascondere il mio imbarazzo.

Lui nota la mia espressione e sorride, come sempre mi ha capito.

" ti prego, accetta di diventare la mia ragazza"dice serio.

"Sarò la tua ragazza con grande piacere, ma ora alzati per favore"rispondo imbarazzata.

Emanuele si alza, mi prende dolcemente la mano sinistra e se la porta alle labbra posando sul dorso un tenerissimo e dolcissimo bacio, poi mi mette l'anello all'anulare e mi guarda.

Un sorriso che non ha precedenti si apre sulle mie labbra e con una felicità che non ha eguali, ammiro l'anello simbolo indiscusso del nostro amore e del nostro legame, poi con ancora un sorriso luminoso sulle labbra, gli salto al collo abbracciandolo e non appena sento le sue forti braccia cingermi la vita, mi abbandono totalmente a lui.

Mi stringe forte a sé, ed io nascondo il viso contro il suo collo. Il mio Emanuele, la mia incredibile creatura così diversa, ma così umana. Mi sento così bene con lui.

 "Grazie, non sono mai stato così felice in tutta la mia vita"mi sussurra improvvisamente all'orecchio.

Mi vengono le lacrime agli occhi e appoggio la guancia sulla sua spalla. Lo amo così tanto, ma per quanto voglia rimanere ancora così stretta a lui, non posso.

Mi scosto a malincuore dall'uomo, il vampiro che ho davanti e che amo con tutta me stessa e lo guardo dritto in viso, infine con una forza a me sconosciuta e che non credevo di avere, gli faccio un sorriso splendente.

"Ora devo andare, o faremo tardi. Ci vediamo fra qualche giorno, aspettami".

"sempre"risponde.

Gli sorriso. "Ah, nelle buste troverai un foglio arrotolato e una piccola bustina, sono per te"dico di colpo e salgo sul pullman.

Ti amo gli mimo con le labbra mentre le porte si chiudono e nell'attimo in cui pullman mi porta via da lui, alzo la mano in un ultimo cenno di saluto.

Ora comincia la parte più facile.


 

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Capitolo 16
*** In un solo giorno ***


Faccio un lungo e profondo respiro e ho paura che ci vorrà qualcuno che m'impedisca di scendere.
Non appena ho visto Emanuele sparire dalla mia vista avrei tanto voluto aprire il finestrino e buttarmi dal pullman in corsa pur di scendere e stare con lui, ma sarebbe stata solo una pazzia. Ho troppe cose in Italia che m'inseguono per poter vivere felice con lui qui in Romania.


Chiudo gli occhi per trattenere le lacrime che minacciano di uscire e cerco di tenere a bada il forte dolore al petto che mi uccide; come l'immagine
di Emanuele che mi torna e ritorna alla mente per torturarmi, e lentamente, come se le forze mi avessero abbandonato, vado alla ricerca di un posto libero.


"Qui, siamo qui!"Mi chiama Oscar e muove energicamente il braccio.

Li raggiungo e mi siedo vicino ad Anna. Che carini! Mi hanno tenuto il posto, non che m'interessi molto ora che mi sento a pezzi e la mancanza di Emanuele si fa già sentire più forte che mai. È veramente incredibile, sono partita solo due secondi fa, se sarà così per tutto il viaggio morirò prima.

"Ehi! Tutto bene?" Mi chiede Steve a cui naturalmente non sfugge il mio stato d'animo.

"Sì, tutto splendidamente"mento alzando il pollice.

Si vede lontano un miglio che è una menzogna.

"Mah, non ne sono mica così sicuro"dice per l'appunto Steve.

"su su, questi giorni passeranno in fretta"dice Oscar per tirarmi su di morale.

"Come si vede che non siete mai stati innamorati"dice Anna calma.

"Siamo realisti, non le passerà nulla e non starà affatto meglio da ora in poi. Da adesso ogni minuto che passerà gli farà sentite ancora di più la mancanza di chi ama.

Anche quando sarà circondata da persone si sentirà sola se lui non sarà con lei e il suo unico pensiero sarà quello di cercare qualsiasi cosa per distrarsi e non sentire quel lacerante e permanente vuoto che avrà dentro e il forte senso di perdita e tristezza che sentirà nel cuore"

"non siamo un po' troppo melodrammatiche"dice Oscar.

"povera me"dico cominciando a piangere.

"ma non è vero! Non darle ascolto"dice Oscar agitato, offrendomi subito un fazzoletto.

"E invece credo proprio che andrà così, se non peggio, mi sento già uno schifo"dico con voce incrinata.

"Non ci posso credere, davvero Anna ci ha preso?"Mi chiede Steve incredulo.

Ignoro la domanda e mi copro la bocca con la mano, mentre silenziose e calde lacrime, sopratutto inarrestabili, mi scivolano lungo le guance.

"Scusate, ora smetto e cerco di allontanare le mie paure e incertezze"dico facendo un mesto sorriso e asciugandomi il viso con entrambi i dorsi delle mani, decisa ad essere più forte.

"Porca vacca!" Esclama di colpo Anna prendendomi di scatto la mano e facendo voltare mezzo pullman.

"Sssh, ma cosa urli?"La rimprovera Oscar imbarazzato.

"Già, sei stata così volgare, una ragazza non dovrebbe mai dire certe cose"commenta Steve e per una volta gli do' ragione, che vergogna! Peccato solo che Anna li abbia del tutto ignorati persa ad ammirare il mio anello.

"Ma tu guarda che anello, è vero?"Chiede Anna e per poco non le viene un attacco nervoso.

"Suppongo di sì"dico attonita dal suo comportamento.

"Questo solitario con diamante taglio princess è enorme! Chissà quanti carati sarà, ed è incastonato in oro bianco!" Dice ancora euforica.

La guardo a disagio, mentre i ragazzi si fanno piccoli piccoli nel loro sedile per paura che l'autista, per via del troppo chiasso, si fermi e ci butti fuori dal pullman.

"Onestamente non ne so molto di diamanti, tagli e carati, ma ti prego di calmarti, ci stai mettendo tutti in imbarazzo e la gente sta comincia ad irritasi"le faccio notare.

"Sì, scusate, comunque quest'anello è una cosa fantastica, gli sarà costato quando un castello inglese, più un grattacielo intero, uno yot, tre ville in costa azzurra, cinque viaggi in Giappone, un Jet privato e un  isola intera, ma naturalmente non tutte queste cose e sicuramente non in quest'ordine d'importanza".

"Ora stai esagerando però" dico scioccata, cominciando a sentirmi agitata e a disagio.

"Dai, ma che non lo sai? Lei è sempre esagerata"dice Oscar. "Posso vederlo?" Chiede poi.

Annuisco e sfilo via velocemente la mano dalla presa di Anna che rimane come una scema.

"Molto bello, costoso è costoso, non posso dire il contrario e brilla più di una stella, questo è ovvio. Vedi di non fartelo rubare"dice serio lasciandomi la mano.

"Ok"dico ancora più agitata.

"uuu, che invidia! Altro che pazzo di tè, quello ti venera"dice Anna appoggiandosi con la schiena al sedile.

"Beh, per me è praticamente lo stesso"ammetto imbarazzata guardando intensamente l'anello.

"Sei una romanticona!"Esclama Anna saltandomi addosso e cadiamo entrambe su Oscar.

"Ma allora? La volete smettere, che siete due bambine?"Ci rimprovera guardandoci male. Cavoli, è raro che Oscar perda la pazienza, che novità.

"Ora state ferme e zitte"aggiunge ancora adirato e gli diamo subito retta facendo tutta la strada che resta fino ad arrivare alla stazione tranquille.

Sul treno mi siedo vicino al finestrino e mentre guardo fuori, non posso non sentirmi male al sol pensiero che il treno mi stia portando ancora più lontano da Emanuele, tanto che mi volto verso Oscar che è seduto proprio accanto a me, ed è ancora arrabbiatissimo con noi; anche se Anna ha
cercato di calmarlo e farsi perdonare con moine e affetto.


"Oscar, sei ancora arrabbiato con noi?"Gli chiedo.

Mi guarda e mi fa un sorriso. "Non con te, ma con Anna. Anzi scusami se prima me la sono presa anche con te"

"ma no, infondo ti sono caduta addosso anch'io e lo scompiglio è dovuto al mio anello".

"Sai, sono sicuro che quell'anello vuol dire tanto per Emanuele"

Lo guardo sorpresa. "Che intendi dire?"

"Avere quell'anello al dito vuol dire che sei solo sua e che è estremamente serio con te. Sei molto fortunata sai, lo credo davvero"

"Ah, se intendi questo lo so che sono molto fortunata e anche che Emanuele e serio con me, l'ho capito, veramente. Anch'io sono seria con lui,
altrimenti non andrei a Roma per chiudere tutte le faccende rimaste in sospeso per poi tornare in Romania, ti pare?"


"Giusto"dice sorridendomi e mi stringe con affetto la mano che ho posato sul grembo.

"Ehi voi due! Oscar non è giusto, perché a lei la perdoni e a me no?"

"Perché tu fai caciara, zitta e dormi!"Esclama Oscar arrabbiato e incredibile ma vero fa zittire Anna.

Mi metto a ridere e mi appoggio allo schienale sperando che mi addormenti per dimenticare per un momento il ricordo di Emanuele e soffrire di meno. Fuori sembra tutto più brutto e scuro senza di lui.

Dormo per tutto il tragitto e mi sveglio proprio qualche secondo prima di scendere, così ancora intontita dal sonno e ciondolando un po', mi dirigo all'uscita del treno e mentre faccio per scendere per poco non cado. È Steve a frenare la mia caduta afferrandomi per un braccio.

"Grazie"dico soffocando uno sbadiglio.

"Attenzione. Certo che da appena sveglia sei così maldestra"

"e chi non lo è?" Chiedo sorridendo.

Ci avviamo all'aeroporto e so solo che non ne posso già più, voglio tornare indietro! Ma va bene così, perché se anche tutto di me ancora resiste,
sto comunque andando a Roma a fare ciò che è giusto per poi stare bene.


Dopo la quasi caduta ormai sono sveglia e per la prima volta in tutte queste ore, mostro un'espressione decisa e silenziosamente mi preparo all'imbarco.

 Dopo davvero poco siamo sull'aereo, ed io seduta sempre dalla parte del finestrino.

Si sta bene qui, però per distrarmi dai miei pensieri nefasti faccio un enorme errore, ovvero guardare fuori dalla finestrella mentre l'aereo decolla e di colpo mi ritrovo a piangere sommessamente.

Basta! È mai possibile? Sto piangendo più adesso di quanto forse ho fatto in tutta la mia vita e non è stata tutta rose e fiori se vogliamo proprio dire la verità, mi rimprovero.

Piangere mi da fastidio, lo odio quasi, ti fa sembrare debole e alla fine ti tira tutta la faccia e poi vorrei sapere la mia decisione di poco fa dove è andata a finire.   

"Gemma, quando intendi incontrare tua madre?"Mi chiede improvvisamente Steve. Mi asciugo prontamente le lacrime e mi volto con un sorriso
sulle labbra, magari non uno dei migliori, ma almeno ci provo.


"Sicuramente c'incontreremo a cena, preferirei in un ristorante, così parleremo civilmente e ci verrà meno voglia di litigare"

"Giusto, ottima idea"commenta Oscar.

Annuisco. "Ma ora vedi di smetterla di piangere"dice Anna porgendomi un fazzoletto. Non sfugge niente a nessuno vedo. Ho degli amici fantastici.

"Vieni qua"dice improvvisamente Steve, abbracciandomi.

Accetto il suo affetto più che volentieri.

"Sai, se stai veramente così male credo che quando tornerai e te lo ritroverai di fronte potresti anche fare certe cose... Allora quanto vorrei essere una mosca attaccata al muro per vedere la Gemma disinibita"afferma Anna.

"Non credo che Gemma, a prescindere dalla situazione, possa mai diventare disinibita, non è proprio nella sua natura. Se non altro sono sicuro che una volta che sarà ritornata resteranno incollati per un bel po'"afferma Oscar.

 "Non sottovalutare la mia migliore amica e non dare niente per scontato"dice Anna.

"Allora un giorno ce lo faremo raccontare e chi perde deve fare una penitenza"dice Anna.

"ci sto"accetta Oscar.

Cosa? Ma che discorsi sono! Penso ancora fra le braccia di Steve che sta ascoltando tutto il discorso con un sopracciglio alzato, infastidito.

"Figuratevi se farà mai una cosa simile. Guardatela, è un orsacchiotto coccoloso"dice Steve sfregando la guancia conto la mia.

D'accordo, penso alzando gli occhi al cielo, quando improvvisamente mi appaiono davanti due occhi color Ambra e per poco non mi metto a ridere, felice e sollevata.

Certo, che scema che sono, lui è sempre con me, non mi lascerà mai sola e ora ho capito anche che il significato dell'anello non è solo quello di
far sapere a tutti che sono sua, ma anche di farmi capire che non sono più sola, anche se lui non è fisicamente qui con me.


Questo è quello che mi serviva, ora andrò avanti a testa alta e farò tutto quello che mi sono prefissata di fare e quando ritornerò in Romania sarò più forte e libera.

"Grazie Steve, ora sto bene. Ho deciso che cosa devo fare e ho capito che nonostante la nostra lontananza non sono sola senza di lui"dico
baciando l'anello che porto al dito.


"Ottima ripresa"dice Steve sorridendo.

"E brava la nostra Gemma, era ora. Sembravi così abbacchiata prima, non sapevamo che inventarci"ammette Oscar.

"Ah, ragazzi, mi dispiace davvero tanto avervi fatto preoccupare"

"ma figurati, stupida"dice Anna abbracciandomi.

Faccio un bel sorriso, questa volta autentico e continuo il mio viaggio.

Sono ancora intenta a leggere il mio mini libro quando passano le hostess che ci dicono ci allacciare le cinture che stiamo per atterrare.

Non me lo faccio dire due volte, la allaccio e guardo subito fuori dal finestrino.

Terrà! La cara vecchia Roma.

Una volta con i piedi sulla terra ferma mi cade il mondo addosso.

Ora devo organizzarmi bene per fare tutto il più velocemente possibile, anche se Emanuele starà sempre con me, non vederlo di persona o poterlo abbracciare sarà veramente logorante, e poi, ora che ci penso, lui può stare con me solo la notte, sono state rarissime le volte che ho visto i suoi occhi color ambra di giorno.

Devo tornare da lui in fretta.

Una volta fuori dall'aeroporto, sul ciglio della strada, mi ritrovo come immaginavo immersa nel freddo; infondo dovrebbero essere le dieci e mezzo, se non le undici di sera.

Purtroppo abbiamo dovuto chiedere di cambiare i biglietti aerei perché non abbiamo fatto in tempo a prendere il nostro volo, avevamo fatto male i conti, il bello è che non erano nemmeno scambiabili, non ci hanno proprio potuto aiutare.

Alla fine ho comprato quattro nuovi biglietti e siamo partiti due ore dopo.

"Ragazzi, mi dispiace per i soldi del biglietto"dico improvvisamente.

"Ma che cosa stai dicendo? Mica è colpa tua"dice subito Oscar.

"certo, abbiamo fatto male i conti e alla fine ci hai pagato tu il viaggio di ritorno, ti dovremmo ringraziare"dice Anna appendendosi al mio braccio.

"Ok, ora direi di prendere l'autobus, o chiamiamo un taxi?" Chiede Steve.

"il taxi è più veloce, ma...".

"prendiamo un taxi e poi vi devo molto, quindi lasciate che ci pensi io ai soldi"affermo interrompendo Oscar.

"ma..."

"niente ma, insisto. Taxi"dico alzando la mano come se fosse una votazione.

Dopo trenta minuti riusciamo a prenderne uno.

"Cavolo! Ceravamo prima noi, ma ci hanno rubato il taxi. Quella stupida coppia..."commenta Anna ancora tremante di arrabbiata.

È stato veramente arduo fermarla per evitare che andasse a litigare.

"su su"dice Oscar.

"Sì, litigare era troppo, anche se in effetti il taxi si era fermato per noi, non per loro"ci fa notare Steve, anche lui visibilmente contrariato.

"Ah, ragazzi, questi sono per voi"dico e prendo dalla borsetta i sacchettini profumati. Ne do uno alla cannella a Steve, uno uguale ad Oscar e
l'ultimo alla lavanda lo porgo ad Anna.


"Senti che profumo!"Esclama lei.

"è buonissimo, grazie"dice Oscar, mentre Steve mi fa un bel sorriso, ed io non posso fare a meno di riproporglielo, felice.

Il taxi lascia i ragazzi uno per uno di fronte alle proprie case e infine rimango solo io, diretta a casa e al gran casino che mi aspetta.


 

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Capitolo 17
*** In un solo giorno - parte 2 ***


"Siamo arrivati signorina"

"grazie"affermo, pago e scendo dall'auto trovandomi proprio davanti al mio palazzo.

Sembra passato un secolo da quando sono andata via, penso guardando l'edificio grigio.

M'incammino verso il portone e lancio uno sguardo alla mia macchina.

Sembra tutto in ordine e in giro c'è solo silenzio e tranquillità.

Stranamente non ho paura come prima che partissi, anche se sapere che nella notte circolano creature come i vampiri, dovrebbe mandarmi nel panico. Chi mi capisce è bravo.

Apro il portone, salgo fino al terzo piano ed entro in casa.

Ah, la mia vecchia casa!

"Buona sera papà"auguro con malinconia alla sua foto appoggiata sul mobile all'entrata.

"Sai papà, ho scoperto tutto, sei stato fantastico, sono fiera di te"dico e per poco non mi metto a piangere. Degno di rispetto e ammirazione fino alla fine.

Appoggio la borsetta sul mobile della sala e prendo il cellulare per vedere se per caso Anna, Oscar o Steve mi abbiano scritto, ma nulla.

Saranno stati stanchissimi poverini, penso intenerita e grata per il loro affetto.

Spengo il cellulare e lo lascio sul mobile, vicino alla borsa, insieme alle chiavi di casa.

 Ora avrei un po' di fame, ma il frigorifero non è acceso e se aprissi un litro di latte a lunga conservazione non saprei dove metterlo, quindi per rimediare andrò a dormire, anche perché è mezzanotte e domani avrò una giornata difficile, mi dico e mi dirigo in camera.

Indosso alla svelta un pigiama, rimpiangendo la delicata camicia da notte di Emanuele, e mi metto sotto le coperte, un attimo dopo già dormo profondamente, ma questo non prima di vedere due incantevoli occhi color ambra che mi fanno piegare le labbra in un sorriso.

La mattina seguente quando mi sveglio, mi sento molto riposata, però decido lo stesso di rimanere ancora un po' a crogiolarmi nel mio letto caldo e morbido, anche se non è nemmeno lontanamente paragonabile a quello che avevo da Emanuele.

 Cerco una posizione comoda per continuare a dormire, ma tempo qualche minuto d'attesa e mi metto a sedere sul letto ricordando il motivo per cui sono di nuovo a Roma, e anche se assonnata e accaldata, sono decisa a incominciare una nuova e impegnativa giornata.

Soffoco uno sbadiglio con la mano e apro gli occhi che vengono colpiti in pieno dal sole che filtra attraverso la tendina tirata male.
Ci metto un po' per tornare a vedere bene, poi mi scosto da davanti al viso alcune ciocche di capelli indomabili e anche se ancora assonnata mi alzo dal letto.


Normalmente non mi dispiacerebbe rimanere ancora un po' a crogiolarmi a letto, ma ora la cosa più importante è fare tutto quello che ho deciso per tornare il più velocemente possibile da Emanuele, la sola e unica cosa importante, così  vado in bagno e apro il rubinetto, pronta a lavarmi il viso, ma l'acqua non esce.

Giusto, mi sono dimenticata di riaprirla, mi dico e vado a sistemare la faccenda giù in cantina.

 Di nuovo in bagno passo qualche minuto a lavarmi il viso con l'acqua fredda, cosa molto gradita e utile e una volta del tutto sveglia, mi tolgo il pigiama, lo piego e lo poso sotto il cuscino.

Quando la camera sembra abbastanza in ordine, sistemo alla meglio il letto e indosso un paio di pantaloni neri felpati, una camicia bianca e sopra ci metto un maglioncino rosso, dopo prendo la seconda spazzola che ho dentro il cassetto del comò e incomincio a pettinarmi i capelli davanti allo specchio del bagno.

Li pettino, li intreccio con cura e dopo mi guardo allo specchio. Il mio viso sembra riposato e finalmente mi sento ben sveglia.

 Ritorno velocemente in camera, decisa a non perdere tempo, indosso gli stivaletti neri che ho nell'armadio e dopo scendo in sala dove prendo dal mobile il cellulare rimasto spento tutto il tempo, la borsetta, ed esco per fare colazione al bar.

Onestamente preferirei prepararmi la colazione nell'immensa e splendente cucina di Emanuele sapendo che lui è solo in un'altra stanza, immerso nel suo stravagante dormire, ma purtroppo non è possibile, beh, pazienza, avrò modo di farlo più avanti.

Fuori dal portone la temperatura è veramente incredibile, per questo sono felice d'essermi coperta come si deve, anche se a quanto pare non basta, visto che percepisco ugualmente lunghi e fastidiosi brividi di freddo su tutta schiena, tanto che per il breve tragitto che mi separa dal bar, che è proprio accanto al mio palazzo, mi stringo le braccia intono al corpo.

Entro e un calduccio invitante mi accoglie, come anche l'allegro campanellino che avvisa Mich, il proprietario, non che amico di mio padre, che è entrato un cliente.

"Ehi! Guarda chi si rivede!"

"ciao Mich!"Esclamo allegra andando verso il bancone e saluto con un cenno del capo il suo dipendente, Petro, che dietro il bar asciuga i
bicchieri.


"Come stai? Sei sparita per quasi una settimana"

"sì, sono partita per un breve viaggio. Sono andata agli scavi di mio padre in Romania, per scoprire la verità".

"So tutto bambina, ne hanno parlato i telegiornali. Che maledette canaglie! Trafficanti di reperti archeologici, non posso crederci. Non posso
credere che li vendessero al mercato nero e che tuo padre sia stato ucciso solo perché non voleva, quei grandissimi bas..."


"Sì, ma ora sono venuta per sapere che fine hanno fatto quei tizi e per parlare con Georg, devi spiegarmi alcune cosette".

"Certo, mi sembra giusto. Comunque cara siediti, che fai ancora in piedi?"

Annuisco e mi siedo sullo sgabello.

"Che ti porto?"

"Una fetta di torta della nonna e una spremuta d'arancia"

"Arrivano. Comunque vedo che oltre a trovare la verità su tuo padre hai trovato anche qualcos'altro"mi dice guardandomi la mano.

"Te ne sei accorto eh? Sì, ho trovato anche l'amore. Non sai quanto mi costi stare lontana da lui"

"non posso immaginarlo, ma sono sicuro che ti è estremamente difficile"

Annuisco e sfioro l'anello con il dito.

"Comunque quello è un signor anello"

"sì, è un ragazzo ricco, o almeno così pare, visto dove vive"

"allora ragazza mia, hai proprio fatto centro, e se ti ama, e non vedo perché dovrebbe essere il contrario, sei a posto. Ecco la tua spremuta e la tua
fetta di dolce"dice posandomi entrambi sul bancone e senza farmelo ripetere sue volte, con un sorriso sulle labbra, mi porto un pezzetto di torta alla bocca, felice.


Mangio del tutto assente e di tanto intanto bevo un sorso di spremuta, quando Mich ritira il mio piattino ormai vuoto e si china verso di me posando le braccia sul bancone.

"Allora? Cosa sei venuta a fare a Roma se il tuo ragazzo ti manca così tanto?"

Alzo lo sguardo e lo punto su di lui, confusa.

"Come Mich?"

"No, niente, ti vedevo pensierosa e credevo stessi pensando al tuo fidanzato".

"Ah, no, in realtà sto pensando a cosa devo fare prima di partire"

"e che devi fare?"

Sospiro. "Devo andare a parlare con Georg e chiedergli spiegazioni e dopo dovrò parlare con mia madre. Mi ha mandato un messaggio, dice di volermi incontrare per parlare di papà. In realtà non vorrei vederla, perché so che non farà altro che parlare male di lui, ma devo farlo se voglio tagliare i ponti con il passato e trasferirmi in Romania dal mio ragazzo.  

"Capisco, sarà difficile"

"sì, ma ti giuro che la cosa più difficile che ho fatto fino ad ora è stata quella di lasciare Emanuele anche se solo per un giorno. Intendo a qualsiasi costo concludere tutto oggi e tornare da lui con il primo volo notturno che trovo"

"bene, ti vedo decisa nonostante le difficoltà che dovrai affrontare, allora buona fortuna".

"Grazie, ne avrò sicuramente bisogno. Ah, prima che me ne vada, vorrei anche cinque cornetti al cioccolato da portare via"

"certo, in arrivo!"Esclama Mich allegro.

"Grazie Mich" dico grata per tutto quello che ha sempre fatto per me e per mio padre, poi prendo il sacchetto che mi porge e vado alla cassa.

"Quanto ti devo?"

"niente"

"cosa?"

"Non farti problemi, visto che a quanto pare non ti rivedrò più, o comunque passerà molto tempo, lascia che ti faccia questo regalo"

"ti ringrazio, ma..."

Mi ferma alzando una mano. "Niente ma, insisto"

"Grazie Mich"

"Figurati tesoro. Stammi bene"

Annuisco, gli faccio un cenno di saluto con la mano, ed esco.

Bene, per prima cosa...penso e prendo il cellulare più che decisa a rispondere al messaggio di mamma.

Oggi sono libera, se vuoi possiamo vederci.

E le mando il messaggio.

Ha detto che starà a Roma fino a lunedì, oggi è giovedì, dovrebbe accettare. Non credo perderà l'opportunità di parlami male di papà tanto facilmente.

Un bip improvviso mi fa sapere che ha risposto. Il messaggio dice solo.

D'accordo, ci vediamo questa sera alle 19, 30 al ristorante dove l'ultima volta abbiamo festeggiato il tuo compleanno.

Perfetto, penso, mi lascio scivolare il cellulare in tasca e mi accorgo di essere automaticamente tornata al parcheggio sotto casa, così mi dirigo verso la mia macchina, ma prima di salire controllo che le ruote non siano state squarciate o ci siano state delle manomissioni, dopo entro e parto.

Prossima destinazione, casa di Georg. Spero sia in casa.

Sono quasi arrivata da Georg, svolto in una strada e vedo in lontananza quella dove mio padre ha perso la vita facendo l'incidente, ed ecco che l'ira si rifà viva e sale alle stelle.

O sì, spero veramente sia in casa, per il suo bene.

Ora so cos'è successo a papà e perché è avvenuto l'incidente, ma voglio ugualmente sentire tutto dalla sua voce.   

Decisa, parcheggio in prossimità del palazzo di Georg e scendo dalla macchina. C'è un gran freddo, ma io sono più che calda grazie alla rabbia e ai miei bollenti spiriti.

Mi fermo proprio davanti al portone e suono alla vicina di Georg. Di solito chiamo sempre lei quando lui non sente il citofono.

 "Buongiorno signora Estelle, mi scusi il disturbo, sono Gemma, mi aprirebbe".

"Oh, cara, sei tu. Il signor Mongomery si è di nuovo dimenticato che dovevi passare vedo. Certo, ti apro subito" e la serratura scatta.

"la ringrazio"

"figurati cara".

Entro, mi precipito su per le scale e dopo aver salito i soliti cinque piani, sono davanti alla porta di Georg e senza perdere tempo suono il campanello.

Non voglio lasciarmi frenare da stupide emozioni, sopratutto perché so che ogni minuto che passa è un minuto in meno che starò con Emanuele.

Sì, il mio Emanuele ora starà sicuramente dormendo. Quanto vorrei rivederlo, penso immaginandolo in tutto il suo splendore e dolcezza.

Guardo per un attimo l'anello che ho al dito e immediatamente il mio cuore trabocca d'amore e al solo ricordare la sua dichiarazione tanto impacciata quando dolcissima, di tenerezza.

Faccio un sorriso e poi ritorno subito in modalità guerra, e questo proprio quando si spalanca la porta.

Quello che mi trovo davanti è un Georg sbalordito e evidentemente appena uscito dalla doccia.

"Salve"dico con la mano appoggiata allo stipite della porta, mentre lo fisso in volto con sfida e faccio un sorriso amaro.

"Gemma, sei tu! Dove sei stata? Ero così preoccupato"

Lo guardo male. "Posso entrare?"Chiedo con voce dura. 

"ma certo, scusa se ti ho lasciato sulla porta, vieni, entra" dice facendosi da parte per lasciarmi entrare, ma questa volta non vado direttamente in sala a sedermi sul divano, come avrei fatto una volta. Questa non è più una seconda casa per me.

"Che fai ancora lì, andiamo in sala".

Lo seguo.

"Accomodati"dice indicando il divano.

"Aspetta, ti porto subito un po' di the. È la cosa migliore contro questo freddo"dice subito e sparisce in cucina prima che possa dirgli di lasciar perdere.

Un attimo dopo ritorna con una tazza fumante che deve aver scaldato al microonde, vista la rapidità, e la posa sul tavolino basso di fronte a me, e con essa anche una scatola di biscotti, i miei preferiti.

Ne sa una più del diavolo.

"Dove sei stata tutto questo tempo?"Mi chiede sedendosi sulla poltroncina davanti a me.

"Sono stata in Romania, ha chiedere di mio padre direttamente ai suoi assassini. Ho capito subito che con loro non si scherza"dico calma, facendo un sorrisetto amaro.

"Cosa ti hanno fatto?" Chiede subito sporgendosi verso di me, agitato e bianco in volto come un lenzuolo.

"Niente, mi hanno semplicemente corso dietro e sparato contro, fino a che non sono caduta da uno strapiombo e miracolosamente mi sono salvata. Sono stata molto fortunata"affermo come se la cosa non mi toccasse ne riguardasse.

Per poco Georg alle mie parole non sviene, ed io mi prendo una piccola rivincita su di lui, ma non mi basta.

"è stato avventato"dice serio.

"E cosa avrei dovuto fare secondo te?"Chiedo arrabbiata.

Scuote il capo. "Lo so, non avevi altra scelta alla fine, comunque ora non importa, sono felice che tu stia bene. Sai, ho chiamato tutti quando sei sparita, tranne tua madre, so che avresti preferito dormire sotto un ponte e amputarti una gamba da sola e senza anestetico piuttosto andare da lei"

"su questo hai ragione"

"anche Anna e gli altri non sapevano dove fossi quando gliel'ho chiesto, mi sono veramente preoccupato, pensavo che quei bastardi ti avessero fatto qualcosa"

Una puntina di tenerezza e sorpresa, per averlo sentito usare un'espressione che non gli è mai appartenuta, scalfisce il mio cuore, ma giusto un segnettino e per un attimo.

"Beh, anche se fosse non erano affari tuoi. Non mi hai mai detto niente, mi pare"lo accuso.

"Era per proteggerti"

"non mi sembra di avertelo chiesto. Io volevo sapere la verità su mio padre, punto e basta, poi mi sarei arrangiata, non sono totalmente una sprovveduta"

"questo è vero, ma erano pericolosi, lo hai detto anche tu stessa"

"è vero, ma questo non vuol dire niente. Papà per me è importante!"Dico con quasi le lacrime agli occhi.

"Sì, lo so, ma ho pensato a quello che lui avrebbe voluto e l'ho messo in pratica"

"sì, ma così mi hai tradito"

"non intendevo"dice guardandomi pieno di dolore.

"Comunque non era proprio vero che Anna e gli altri non sapessero dove fossi. A un certo punto li ho chiamati e loro mi hanno voluto raggiungere. Semplicemente, visto che non ho condiviso la notizia della mia partenza con te, hanno pensato non volessi fartelo sapere per un qualche motivo, quindi sono stati zitti. Ho degli ottimi amici sai?"Dico fredda.

"Capisco"afferma triste guardando a terra, però e a me non fa né caldo ne freddo il suo stato d'animo, né la sua espressione, di certo non come me ne avrebbe fatta una volta, quando ancora lo ritenevo mio zio e una persona di cui fidarmi.

"Ora sei tornata solo per parlare con me?"

"no, mia madre mi ha mandato un messaggio, vuole parlarmi. Stupendo no?"

"Orribile"commenta.

"Già, il fatto è terribile e orribile allo stesso tempo, poi volevo sapere tutta la situazione da te, personalmente, e avere notizie sugli assassini di
mio padre. Voglio chiudere con il passato una volta per tutte e trasferirmi in Romania".


"Cosa? In Romania! E Anna e gli altri?"

"Sono già al corrente della mia decisione, ed è tassativa, oltretutto sono d'accordo con me, forse un po' tristi, ma d'accordo"

"perché ti vuoi trasferire in Romania?"

"Perché mi sono fidanzata"dico mostrandogli il dorso della mano da cui spicca l'anello come nel cielo la prima stella della sera.

"incredibile! Con chi?"

Lo guardo alzando un sopracciglio.

 "Non lo consoci e anche se ti dicessi il nome il fatto non cambierebbe"

"quindi quell'anello...stupefacente! Ma è bellissimo! E costosissimo, guarda che diamante enorme. Quindi è ricco.

"sì"

Arriccia il naso. "Attenta con i ricchi, tieni gli occhi ben aperti".

Le sue allusioni mi fanno arrabbiare all'istante e ho difficoltà a trattenermi nel non urlargli contro.

"Lui non è come tutti gli altri, puoi starne certo"dico irritata.

 Che non si azzardi mai più a pensare male di Emanuele, non lo conosce, e sopratutto lui è l'ultima persona che può pensare male del mio ragazzo.

Percependo il mio tono infastidito e alterato, alza subito le mani in segno di resa e fa un sorriso sghembo.

"Scusa, scusa, non intendevo dire che è un mascalzone, assolutamente"

"vorrei ben vedere"dico arricciando le labbra.

"Sono davvero felice per te Gem"

"sì, ma ora passiamo al motivo per cui sono qui"

"giusto. Cosa vuoi sapere esattamente?"Mi chiede serio.

"tutto nei minimi dettagli, fin dal principio"dico sicura, accavallando le gambe e dandogli tutta la mia fredda attenzione.

"C'è ben poco da dire in realtà. Tutto a quanto pare iniziò dalla prima chiamata per gli scavi sui Carpazi, in Romania. Tu avevi ancora sei anni
allora, ti ricordi? Siamo partiti tutti insieme, tuo padre, io e te.


"Sì, certo, lo ricordo perfettamente" affermo sorridendo.

 Pensare che è stato allora che ho incontrato Emanuele per la prima volta, che emozione‼ Era veramente lui, ed è rimasto uguale ad allora.
Che si fosse innamorato di me già da quella volta? No, beh, innamorato di una bambina di sei anni credo proprio di no, sarebbe preoccupante una cosa simile, forse si era affezionato a me, oppure gli ho fatto tenerezza. Comunque da quella volta mi ha tenuto d'occhio per anni, anche se come, ancora non l'ho capito, ma anche se fosse, possibile si sia innamorato di me così? Guardandomi?

"Gemma, stai bene?"

"Senz'altro, mi ero un attimo distratta pensando al passato. Ricordo tutto nitidamente: la pioggia fitta e gelida, la mia stanchezza, la villa dove io e
papà ci siamo rifugiati e anche l'aiuto, la disponibilità e la gentilezza del padrone di casa"


"ma come? Mi hai sempre detto che quella persona ti faceva paura"

"sì, ma ora non sono più una bambina e comunque è stato abbastanza scortese da parte mia pensare e dire una cosa simile di una persona che è
stata così generosa con noi. Ora non sono più spaventata, non ce n'era alcuna ragione neanche prima, anzi, sono veramente molto grata a quella persona".


"Capisco, comunque gli scavi furono interrotti nei giorni in cui voi vi eravate rifugiati in quella villa. Il temporale era troppo forte e c'era fango ovunque e frane, quindi non si poteva camminare, inoltre si rischiava di scivolare e c'era poca visuale, pertanto potevi facilmente finite in un burrone.

Sono capitate anche altre cose strane, come incendi improvvisi, folate impetuose e gelide di vento, estenuante caldo e piccoli incidenti e sparizioni di oggetti, sembrava una zona maledetta; quindi sono stati sospesi gli scavi, però dopo qualche tempo sono stati ripresi, ed è lì che è iniziato tutto.

Sono stati ritrovati reperti veramente eccezionali, magnifici, e secondo chi ne sa più di noi, costosi, importanti e unici, così uno degli archeologi ha pensato di guadagnarci sopra.

A quanto pareva non gli bastava più la popolarità ricevuta grazie al suo nome scritto sopra il documento, quello che sarebbe stato posto accanto al reperto una volta che questo fosse stato esposto al museo.

Così ogni reperto di valore che veniva portato alla luce, lo metteva da parte e lo vendeva al mercato nero. Dopo un po', non so per quale motivo, il gruppo di truffatori s'ingrandì fino a che tutti non cominciarono a vendere i reperti al mercato nero.

Molti furono costretti dal capo del gruppo, perché li aveva minacciati dicendo loro che se avrebbero aperto bocca, avrebbero messo nei guai le persone a cui tenevano di più, così furono costretti a tacere e alla fine cedettero anche loro alla tentazione ed entrarono nel giro.

 Io e tuo padre eravamo gli unici che non sapevamo nulla, ma un giorno, in qualche modo, tuo padre lo scopri. La colpa era stata di un fossile ritrovato una settima prima, che misteriosamente era scomparso dal furgone dove lo avevamo messo nell'attesa che il capo del museo lo venisse a prendere per portarlo all'aeroporto e poi a Roma.

Quel fossile aveva così affascinato tuo padre da rimanergli impresso nella mente, quindi vedendo che era scomparso capì che c'era qualcosa che non andava e chiese in giro, ma nessuno seppe dirgli nulla, fecero finta di non sapere nulla.

Continuarono gli scavi, ma tuo padre ormai era vigile. Non gliela potevi fare a quel vecchio volpone"dice Georg sorridendo pieno di ammirazione, per poi lasciarsi andare alla tristezza a far spengere il sorriso.

"Così i tizi furono costretti a dirgli tutto e a chiedergli di unirsi a loro, ma tuo padre non volle, anzi era intenzionato a dire tutto alla polizia.
Io ero d'accordo con lui, ma i tizi per farci tacere ci dissero che avrebbero rovinato e fatto del male alle nostre famiglie.

Io devo ammettere che avrei ceduto subito se non avessi avuto l'esempio di tuo padre e non solo perché non ho famiglia, ma per il semplice fatto che ero debole e avevo paura di loro che erano molti.

 Vedere tuo padre così risoluto, coraggioso e un bel po' avventato, a mio parere, visto che aveva te, ma che nonostante tutto onorava il suo lavoro senza temere che ti facessero del male, o comunque tenendosi per se tale paura, mi diede coraggio e non accettai la loro offerta, per questo dopo doversi problemi sul lavoro e incidenti sventati, organizzarono l'ultimo mortale.

Allora avevano richiuso gli scavi, si erano scatenate le intemperie più varie; piogge torrenziali mai viste, venti che avrebbero spazzato via anche una montagna, caldo terribile nella zona degli scavi, nevicate fuori stagione, eclissi, nuvoloni neri che oscuravano il cielo; cose mai viste, ma fu tutto vano, i truffatori nonostante avessero paura e credessero in una maledizione o un Dio delle montagne arrabbiato; cavolate simili, e per quei maledetti soldi schifosi, rimasero a lavorare a costo di danneggiare la propria salute, mentre noi tornammo a casa.

Agenti atmosferici scatenati, che sia stato Emanuele? Un suo potere da vampiro?

 Naaa, mica è un mago.

Fu allora che tuo padre decise di dire tutto alla polizia. Dopo esserci messi d'accordo, salimmo in macchina, decisi, ma evidentemente alcuni di loro ci avevano seguito fino a Roma e manomesso prontamente l'auto, perché ci fu l'incidente dove tuo padre morì"

"che gran figli di..."dico bloccandomi improvvisamente con gran difficoltà.

 "Già, mi dispiace che io sia rimasto magicamente illeso e tuo padre non ce l'abbia fatta"dice pieno di dolore e so che non sta fingendo.

 "Ora sai dove si trovano quei bastardi?"

"Sì, l'hanno detto al telegiornale. Alcuni sono in carcere, altri in un istituto d'igiene mentale. Non so cosa abbiano visto su quelle montagne, ma
sono rimasti scioccati, parlano di un mostro con zanne e occhi luminosi e cose simili. Secondo me si sono bevuti il cervello a forza di scavare, o hanno visto un animale selvaggio, comunque gli sta bene, dovrebbero solo marcire in prigione e morire fra atroci sofferenze, scorticati, frustati, scuoiati e infine bruciati vivi"


"No, troppo poco" commento. "Comunque sai come si chiama il centro di salute mentale?"

"sì, vuoi andarli a trovare?"

"Sì"

"perché? Non servirebbe a niente"

"voglio godere nel vederli spaventati a morte"dico fredda, tanto da sembrare cinica e vendicativa, come mi sento ora.

"Da quando sei così?"

"Perché? Io sono sempre stata così, solo che non avevo occasione per mostrarlo. Quei maledetti, per quei luridi soldi schifosi hanno ucciso
l'unico vero familiare che avevo e amavo, ora voglio vederli soffrire, è un reato forse?"Chiedo irritata.


"Assolutamente no. Anzi lo sai che ti dico, ti accompagno io"dice saltando subito in piedi.

"no, non serve"

"insisto. So che tu adesso mi detesti perché credi che ti abbia tradito, per questo permettimi di rimediare, così mi potrai perdonare. So benissimo che questo mio piccolo passaggio non aggiusterà tutto, ma sarà un pochino in un mare di vedremo"

"d'accordo, ma controlliamo la macchina"

"certo, questo sempre d'ora in poi"dice andando alla porta.

Indossa il cappotto e usciamo.

Ci mettiamo un'ora ad arrivare al centro d'igiene mentale. Georg parcheggia vicino all'alto cancello acuminato e scendiamo.
Sono un pochino a disagio. La struttura è grigia, enorme, inquietante e circondata da un cancello nero alto e acuminato. Quale persona sana di mente metterebbe piede in un posto simile?

Beh, io, mi rispondo decisa.

Faccio un grande respiro e mi volto verso Georg.

"Vorrei andare da sola, mi aspetteresti qui?"

"Certo, non ci tengo a entrare lì e nemmeno a vedere le loro luride facce"dice rientrando in macchina.

Io invece mi avvio verso l'ingresso, anche se poco convinta sul fatto che me li lascino vedere.

Non appena entro, mi accoglie un silenzio di tomba e vedo subito un salottino con poltrone grigie e una specie di segreteria sterile, stile ospedale, con una tizia al computer e non potendo fare altrimenti, vado direttamente alla scrivania; più a disagio che mai.

"Buongiorno, mi scusi, non so come si debba fare, ma vorrei vedere alcune persone. Sono degli archeologi. Sono stati internati qui vaneggiando su un mostro con zanne e occhi luminosi"dico alla tizia dietro la scrivania.

È una donna calma, fin troppo calma, quel tipo di calma che inquieta e da cui poi aspettarti dopo chissà quale reazione esagerata, inoltre ha l'aria malata, capelli biondo slavato e occhi verdi smorti. Sicuramente deve avere avuto anche lei dei problemi, se non li ha tutt'ora, ma questo è abbastanza scontato visto il posto dove lavora.

"Ha con sé un foglio del suo avvocato?"

"Prego?"

"Mi serve un motivo signorina, perché qui non si possono far entrare le persone".

"Aspetti, le do subito il motivo. Crede che il fatto che le persone che le ho chiesto di vedere abbiano ucciso mio padre, non sia un motivo più che valido? Chiedo facendo un sorriso che più falso non si può, ma devo essere educata e accattivante se voglio sperare di poterli vedere.

Ero certa fosse impossibile, però ci ho voluto ugualmente provare. Insomma, quei tizzi hanno ucciso mio padre!

"Ah, quindi è lei la figlia di quel poveretto"dice la donna sporgendosi dalla scrivania. Mi fa uno strano effetto il suo allungarsi, come se potesse
improvvisamente depositarsi tipo poltiglia sul piano di legno e rimanere lì.


"Sì. Quindi ora che le ho detto il mio motivo, posso vederli?"

"Direi di no. Il solo motivo, è un motivo in più per non lasciarla passare. Inoltre non ha con sé un documento che le permette di vederli e oltretutto
qui non si entra"


"capisco, grazie molte, non importa"dico le do le spalle e mi dirigo alla porta, irritata e infastidita per non essere arrivata a capo di nulla.

Aspetta, forse posso... penso rincuorata, e provvista di nuova speranza, anche se minima, mi volto verso la donna.

"Immagino che lei non possa darmi nemmeno delle informazioni generiche, vero?"

"no, direi di no"mi risponde.

"Nemmeno in grandi linee? La prego, vorrei solo sapere se stanno molto male"

"non posso darle queste informazioni"

Sospiro. "E va bene, la ringrazio lo stesso"le do le spalle e rimango un attimo ferma, veramente amareggiata e convinta che non sia giusto.

"Non se la passano proprio bene"dice improvvisamente la donna.

 "Io non le ho detto nulla"aggiunge poi.

"No, assolutamente, grazie"dico e anche se non li ho potuti vedere, sono sollevata nel sapere che comunque c'è un po' di giustizia in questo mondo.

Esco dalla struttura e m'incammino direttamente verso la macchina di Georg. Entro in auto, mi siedo silenziosamente accanto a lui e appoggio la testa sul sedile.

 Guardo in alto, la cappotta della macchina, incerta sui sentimenti che sento e ignorando l'ansioso Georg che ho affianco.
"Com'è andata?"Mi chiede come se non potesse trattenersi oltre.

"Come immaginavo non me li hanno fatti vedere".

Georg sospira e si mette seduto bene sul sedile, agitato.

"Allora non hai risolto nulla"afferma.

"Non proprio, non stanno molto bene"gli faccio sapere facendo un sorrisetto, però quest'ultimo sparisce subito quando penso al motivo per cui stanno male. Stanno male perché Emanuele mi ha salvata quando hanno voluto rapirmi.

 Non è giusto che abbiano paura di lui che è un vero amore, penso e mi ritrovo a piangere.

"Ohi! Che succede? Su non prendertela così, non possiamo farci niente"dice Georg accarezzandomi la testa come se fossi una bambina.

Faccio un effimero sorriso ed evito di dirgli che non è per quello che piango.

"Su, ora andiamo che comincio ad avere fame e sono le due"dice aprendo il bauletto del cruscotto dove tiene i fazzolettini, e me ne porge uno.

"Grazie e ora che ci penso, anch'io comincio ad avere un certo appetito"ammetto.

"Bene, offro io, cosa vuoi mangiare?"

"Cinese"dico subito.

"E sia"risponde Georg facendo retromarcia con un sorriso.

Ormai siamo per strada da un po' e non faccio altro che rilassarmi appoggiata al sedile. Chissà perché sono stanca e annoiata.

"Conosco un posto vicino casa che è veramente carino e buono. Sono certo ti piacerà"dice Georg sereno.

Dopo venti minuti si ferma davanti ad un ristorantino davvero piccino.

"Non è molto grande, ma si mangia bene ed è economico. Però non ti devi preoccupare dei prezzi oggi, prendi pure tutto quello che vuoi, come ti
ho già detto, offro io"


"d'accordo, sappi che prenderò le tue parole alla lettera"dico scendendo dalla macchina.

Non appena entriamo, ci troviamo davanti un tavolinetto di vetro con sopra un modellino con una piccola e graziosa cascatella artificiale che crea un piccolo specchio d'acqua fra un prato di erbetta tenera e corta e un bonsai dal taglio fresco e originale, che insieme alla cascatella attrae l'attenzione.

Meraviglioso, come anche alcuni bellissimi quadri laccati d'oro con scritte in cinese, che presumo siano parole importanti e altri che raffigurano paesaggi pieni di alberi di ciliegio, stagni dalle acque chiare immerse in una mattina soleggiata e circondati da canne di bambù e altri simboli e immagini native della Cina.

Il clima è veramente molto accogliente e colorato, di primo impatto mi piace subito molto.

Georg ed io ci dirigiamo verso un bancone, dove una signorina cinese ci accoglie con un sorriso.

"Salve, vorremo un tavolo per due"dice subito Georg.

"Certo, da questa parte"dice in un perfetto italiano aprendoci la strada.

Questo non me l'aspettavo, penso seguendola.

La signorina passa un arco rosso che porta a una saletta con qualche tavolo e un acquario pieno di pesci che non ho mai visto e che si estende su tutta una parete.

Li guardo piacevolmente sorpresa. L'effetto è bellissimo, tutti pesci colorati che volteggiano e si mischiano fra loro su uno sfondo di alghe verdi e rosse, costruzioni in gesso e coralli colorati su una ghiaia fine rosa pallido e azzurra.

Rimango ad ammirarlo per qualche minuto, un po' troppo forse perché quando ritorno al presente, mi ritrovo da sola e in mezzo alla via, mentre Georg e la signorina hanno continuato a camminare diretti al nostro tavolo.

Li raggiungo in fretta e guardo la signorina fermarsi davanti ad un tavolo vicino a un grande finestrone ben pulito che da sul parcheggio.
Il tavolo è apparecchiato con una tovaglia di lino verde mela, i tovaglioli di stoffa sono color crema, i piatti sono bianchi e decorati con tanti petali di ciliegio dipinti a mano, i bicchieri di vetro sono di forma insolita ed estremamente delicati, chissà quanti si sono già rotti fra le mani dei clienti; per quanto mi riguarda potrebbero essere anche di vetro soffiato, poi con grande sorpresa, oltre alle bacchette noto sul tavolo anche forchetta e coltello.

Ci accomodiamo e prendo subito in mano il menù. Non ricordo più da quanto tempo non mangio in un ristorante cinese, sono così felice. Mi mancava il maiale agrodolce, l'ho sempre adorato.

Dopo nemmeno cinque minuti una cameriera ci raggiunge.

"avete deciso?"

"Io sì. Vorrei una porzione di pane cinese e una d'involtini primavera. Dopo una porzione di spaghetti di soia saltati con verdure, una di maiale agrodolce e una macedonia mista cinese e infine un dolcetto di riso con sesamo, basta così grazie"dico mentre la donna annota tutto nel taccuino.

"Ambra, sei sicura di riuscire a mangiare tutto?"

"Certo che no, una porzione è tanta, la divideremo. Non credo che mangerai solo una cosa, giusto?"

"Allora io prendo soltanto del riso saltato con gamberi e dei gamberoni fritti"dice Georg e la cameriera se ne va.

"Allora, sono curioso, descrivimi un po' il tuo fidanzato ricco"

"il mio fidanzato ricco è una persona incredibilmente gentile e comprensiva, è calmo e non alza mai la voce, o almeno non l'ha mai fatto fino ad adesso. È estremamente galante, mi tratta come se fossi l'unica cosa importante del suo mondo, non mi farebbe mai male,  o almeno non intensionalmente.

Con lui mi sento al sicuro, e non per ovvie ragioni, penso e sento esplodere improvvisamente in me tutta la nostalgia che avevo represso quando avevo compreso che lo avrei sempre avuto al mi fianco.

Stringo forte la mano al cui dito anulare porto l'anello e mi mordo le labbra.

Cavoli, forse non avrei dovuto parlare di lui, mi dico sentendo terribilmente la sua mancanza.

"Comunque ho intravisto in lui anche un uomo che sa essere un leader, sa farsi ascoltare e credo sia anche capace perfettamente di farsi ubbidire"affermo.

"Ma immagino che con te non la scampi. Mi ricordo che persino quando eri piccola hai fatto penare tuo padre, mai una volta che gli dessi retta o gli ubbidissi fino in fondo"

"è vero, sono sempre stata un'anima libera, infatti non credo che su questo punto filerà tutto liscio, ma fino ad ora non è mai uscita la faccenda e non mi ha mai obbligato a fare nulla. Te l'ho detto, mi tratta come se fossi un gioiello raro e prezioso, non mi tratterebbe mai male".

"Capisco, siete ancora in fase...come dite voi teen - ager? Ah, sì. Love love"

"ma che cavolo dici? E poi io ho passato da un pezzo l'età per essere chiamata teen - ager"dico sorridendo.

"ma, non lo direbbe nessuno"

Scuoto il capo con un sorriso sul viso. Mi sento di nuovo tranquilla e serena, proprio come lo ero prima, esattamente come se non fosse mai successo niente, ma anche se mi sento così credo che fingerò ancora di avercela con lui.

Non posso mica perdonarlo così facilmente.

Mi appoggio con la schiena sulla spalliera e mi guardo pigramente intorno, rilassata.

"Ecco le vostre ordinazioni"dice improvvisamente una cameriera e ci posa davanti la maggior parte del ben di Dio che abbiamo ordinato, o almeno la metà delle cose.

"Pancia mia fatti capanna"dico entusiasta e un pochino ansiosa di gustarmi ogni prelibatezza.

"O pozzo senza fondo. Voglio proprio vedere se riuscirai a mangiare tutto, perché sono certo che io non riuscirò a mangiare molto".

"Beh, lo scopriremo"dico arrotolando intorno alla forchetta un po' di vermicelli di soia. Con le bacchette sono negata.

Li porto alla bocca e gioisco.

 Ci voleva proprio, penso masticando con gusto.

"Tornando a parlare del tuo ragazzo, per ora mi hai solo detto delle cose positive di lui e cosa probabilmente vi creerà dei problemi più avanti, ovvero la sua eventuale leadership, ma non me l'hai descritto fisicamente.

"Beh, da dove posso cominciare"dico portandomi un altro po' di vermicelli di soia alla bocca, ustionandomi non poco.

"Beh"dico con la mano davanti alla bocca, per non mostrare tutto il cibo che contiene e continuo a masticare con evidente difficoltà il boccone infinitamente troppo grande. 

Mastico ancora mentre penso a come descrivere la bellezza incomparabile di Emanuele e alla fine trovo le parole giuste e ingoio il boccone.

"Per cominciare, ha un sorriso gentile e dolce, ma anche tanto affascinante che ti fa sciogliere come neve al sole. Capperi Georg, non puoi neanche lontanamente immaginare come vorrei vedere il suo sorriso in questo momento. Ne ho così nostalgia, come anche della sua voce calma e gentile, densa come il miele e altrettanto dolce.

Il suo viso è giovanile e dai lineamenti delicati e cesellati, la sua carnagione è rosea, o meglio bianca, come la neve, ma non è quel bianco pallido, malaticcio, più un color avorio, un sano color avorio.

Insomma una persona estremamente chiara"dico tagliando corto e cercando di eliminare dalla mia mente la sua immagine perfetta e divina, per evitare di dire in preda all'euforia e all'amore cose di cui poi potrei pentirmi.

"I suoi occhi sono marrone chiarissimo, anzi oserei dire ambra. Ci mancherebbe solo che dicessi che sono proprio color ambra, mentre i suoi capelli sono lunghi fino alle spalle, color mogano, lisci e serici.

È alto e slanciato, ha un portamento fiero e raffinato e fianchi snelli, ma anche così ha le spalle ampie, tanto da potermi nascondere completamente.

Le sua mani sono grandi e curate, per niente spaventose e il suo tocco gentile e delicato.

Ed ecco che me le immagino accarezzarmi il viso, mentre mi guarda con quei suoi occhi ardenti e mi sorride come se non ci fosse creatura più incantevole all'infuori di me sulla faccia del pianeta.

Non ne posso più, come vorrei sentire il suo fresco tocco sulla pelle, mi manca da impazzire, tanto da sentire del vero e proprio dolore fisico.
Qualcuno mi aiuti! Di questo passo morirò.

"Però, ha proprio tutto. È bello, ricco e sembra avere un bellissimo carattere e di sicuro sembra sapere come proteggerti. Sono veramente felice per te, Gem cara"

"Grazie Georg, ma ora ti prego smettiamola di parlare di lui. Mi sento così male a stargli lontana"

"addirittura, vi siete separati da appena un giorno"

"lo so, ma è così, te lo giuro, non immagini quanto mi senta male"dico portandomi altra pasta alla bocca.

"Invece tu che mi dici, novità?"Chiedo sinceramente incuriosita.

"Sì, nuovi scavi in Francia. Parto domani sera e starò via una settimana.

Sono sicuro che se tuo padre fosse ancora vivo lo avrebbero chiamato. Sarebbe impazzito per la contentezza e so che ti avrebbe portato un bellissimo souvenir e delle foto della città.

Finisco la pasta che ho nel piatto e gli faccio un mesto sorriso.

"è vero, lo avrebbe fatto sicuramente"

"ma non ti preoccupare, ci penserò io a fare le foto e ha comprarti un sacco di souvenir e te li spedirò"

"va bene, ti ringrazio, sarebbe un gesto bellissimo da parte tua"

"figurati, questo e altro per te, sei come una figlia per me".

Accenno un sorriso e mi porto alla bocca un pezzettino di maiale agrodolce. Un'esplosione di pura delizia mi assale la bocca, come se avessi appena mangiato un pezzo di paradiso.

Sono totalmente deliziata.

"Quando dovrai incontrare tua madre?"

"Questa sera, alle sette e mezzo al ristorante dove abbiamo festeggiato il mio ultimo compleanno. Sai, quello quando ancora i miei erano insieme, te lo ricordi?"

"Sì, certo. Si chiamava ristorante Tinkel Bell, se non sbaglio"

"proprio quello"

"ma ci andrai così?"Mi chiede indicandomi.

Mi guardo. Dei pantaloni neri felpati e un maglioncino rosso con sotto una camicia bianca, beh, in effetti non sono proprio indumenti adatti ad un ristorante di classe come quello.

Maledizione! Ma non poteva scegliere qualcosa di più tranquillo e normale? Per esempio un McDonald's? No, quella donna deve essere una spina nel fianco fino alla fine, altrimenti non è contenta, penso e sospiro stanca.

"immagino che ti andrai a cambiare"

"dovrei proprio"

"allora facciamo così, ora finiamo di mangiare e parliamo il più del meno, dopo ti porto a casa così ti cambi e infine ti porto al ristorante, così farai in fretta e potrai precipitarti all'aeroporto per prendere il primo volo che trovi per la Romania, ti va bene? Oggi ti farò da autista, ma a patto che tu
mi perdoni di tutto, ci stai?"


Lo guardo e faccio finta di pensarci un attimo, ma lui sa perfettamente che fingo.

 Mi picchietto con le dita sulle labbra e sorrido.

"Affare fatto, grazie".

"Figurati, grazie a te per avermi perdonato".

Continuiamo a mangiare e di tanto intanto parliamo del più e del meno, del lavoro che lo aspetta in Francia, di com'è Brasov, di cosa ho fatto con Oscar, Steve e Anna quando sono venuti in Romania a trovarmi, di come farò quando avrò mia madre davanti e incomincerà a parlare male di papà a stare abbastanza calma per non lanciargli qualche piatto e romperle in testa la bottiglia di vino che sicuramente comprerà, insomma, tante cose, e alla fine mi resta solo di mangiare il dolce di riso e ho finito.

Ammetto di non sapere come mi è entrato tutto, ma ci sono riuscita e ho assaggiato anche un po' di pesce che aveva ordinato Georg.

"Bene, vado a pagare il conto"dice Georg alzandosi da tavola.

"ed io vado in bagno"lo avviso.

"perfetto, ci vediamo fuori"

Mi avvio alla toilette delle signore e non appena sono di fronte allo specchio, vedo il mio riflesso sorridere. L'ultima tappa e dopo potrò volare da
Emanuele. Non vedo l'ora, giuro su quello che ho di più caro al mondo, che non appena lo vedo non mi scollerò mai più da lui, sarò così asfissiante ed estenuante che poi sarà lui quello che vorrà che me ne vada.


Per prima cosa, non appena lo vedrò affonderò le dita nei suoi bellissimi e morbidissimi capelli, dopo lo soffocherò di baci e infine lo stringerò così forte da rompergli qualcosa e siccome non è possibile che possa soffocare, visto che non respira, o che io possa stringerlo così forte da rompergli qualcosa, siccome non ho la super forza di Superman, credo che non dovrò preoccuparmi nel caso ecceda con l'entusiasmo, penso lavandomi le mani che ancora profumano di gamberi e mi guardo allo specchio.

Sì, non vedo l'ora.

Esco dal ristorante mentre infilo in borsa il mio biscotto della fortuna, semi curiosa di sapere che dice, ma assolutamente convinta che siano solo boiate e mi guardo intorno alla ricerca di Georg.

Lo trovo proprio con il muso della macchina rivolto verso l'uscita del parcheggio. Ha fatto un'inversione a U apposta per poter uscire meglio.
Entro, indosso la cintura e gli porgo il suo biscotto della fortuna.

"Ah, giusto, vediamo che predice"afferma aprendolo e lo rompe a metà sbriciolandolo da tutte le parti.

"Baggianate"dico un po' infastidita dalle briciole sul sedile, anche se lui non sembra esserlo.

Beh, contento lui, la macchina è sua.

"Hai ragione, baggianate"dice mettendo in moto.

"Che c'è? Cattive notizie?"Chiedo un po'divertita dal suo improvviso cambio d'opinione e fiducia.

"No, solo una frase troppo enigmatica per i miei gusti"

Mi metto a ridere e ci avviamo verso casa mia.

Siamo ancora a meno di metà strada, e spero ancora con tutta me stessa che non mi ritorni su l'esagerato pranzo che ho mangiato e che non faccia tardi all'appuntamento con quella fastidiosa di mia madre perché ho perso tempo a trovare l'abito giusto; altrimenti chi la sente, e che dopo la cena, che spero sia breve, riesca a trovare subito un volo che mi faccia partire nel più breve tempo possibile e non mi faccia attendere un'eternità per raggiungere il mio ragazzo.

Riuscirò a fare tutto questo senza stressarmi? Bella domanda, se qualcuno ha la risposta si faccia avanti.

Guardo per la seconda volta in tre minuti l'ora sul cellulare. È una cosa stupida e insana, so perfettamente che sono solo le cinque e ho ancora due ore e mezzo prima di quel dannato appuntamento, che non siamo molto lontani da casa, che ho già presente che abito indossare e sono anche sicura che l'orario non sia cambiato molto da tre secondi fa.

Cavoli, devo darmi una calmata, seriamente, non so cosa mi agiti a fare.

Mi umetto le labbra e mi allungo per accendere lo stereo, magari un po' di musica mi aiuterà a calmarmi, mi sembro un'anima in pena e per cosa?
Un emerito niente.


Non appena lo accendo, esce una porcheria che mi fa storcere il naso e invocare pietà, così spingo un pulsante a casaccio e trovo al secondo colpo della musica classica, Mozart per l'esattezza, così appoggio la testa sul sedile e chiudo gli occhi nella speranza che mi calmi e che magari mi faccia dimenticare tutti i miei impegni troppo imminenti per i miei gusti.

Quando dopo quattro stupende musiche classiche parte una rock spalanco gli occhi sorpresa.

"Siamo arrivati principessa"

"Regina, Emanuele mi chiama regina"lo correggo placidamente.

"Ti adora qual ragazzo"commenta Georg allibito e non posso fare a meno di sorridere.

"Vieni, intanto che mi preparo sentiti libero di farti un buon caffè"dico ed esco dalla macchina.

Una volta aver aperto la porta di casa, ed essere entrata, mi volto verso la foto di papà posta sul mobile all'ingresso.

"Ciao papà, sono tornata, c'è anche Georg con me"dico dirigendomi in sala, mentre Georg si trattiene un attimo a guardare la bellissima foto di mio padre.

Senza perdere tempo filo subito di sopra e una volta in camera spalanco l'armadio a due ante ed ecco, appeso ad una stampella, il mio favoloso vestito da sera di pura lanetta nera con tanto di delizioso scialle di lanetta bianca. 

Ha le maniche lunghe, tanto che coprono anche mezza mano, il bustino è stretto e davanti ha un normalissimo scolo rotondo, tipo quello delle magliette, invece dietro ha una scollatura che si ferma a metà schiena, e  la gonna è lunga fino alle caviglie.

 Non so cosa possa pensare la gente nel vedermi tutta vestita di nero, ma io lo adoro, forse dovrei spezzare il tutto con qualcosa di colorato, per fare contrasto, visto che ho anche i capelli neri, ma credo che i mie occhi verdi siano sufficienti.

Forse la borsetta? No, anche questa è nera, pazienza.

Incomincio a vestirmi ansiosa e un'altra cosa che amo di quest'abito è che riesco ad indossarlo senza problemi, mi scivola addosso perfettamente.

Le calze non le metto, non le sopporto e dopotutto la gonna mi arriva alle caviglie, quindi non servono, pertanto indosso un paio di decolté
bianche con il tacco a spillo alto quel tanto con cui riesco a camminare e mi slego i capelli.


Una veloce spazzolata e li lascio ricadere in magnifiche onde e boccoli fino alla vita.

Non mi trucco; odio gli artefici, la mia bellezza è sempre e solo naturale e il rossetto se devo andare a mangiare a mio parere è superfluo, oltretutto non sto andando a un appuntamento al buio, ma solo a cenare con mia madre; non vedo perché mi debba agghindare come una albero di Natale per lei.

Mi sistemo lo scialle intorno alle spalle e lo fermo con una spilla finta di smeraldo che riprende i miei occhi, poi mi guardo intorno.

Volevo portare via con me qualche maglione, perché fa freddo in Romania, ma non posso portarmi una valigia al ristorante, mi toccherà lasciar stare, però la macchina fotografica me la porto, penso aprendo il secondo cassetto della scrivania, dove c'è una piccola e maneggevole macchina fotografica digitale.

La faccio scivolare nella borsetta con il suo cavetto e guardo il portatile sulla scrivania.

Anche questo è ingombrante, mai quando i maglioni, ma purtroppo lo è anche lui. Dovrò trovare un altro modo per parlare con Anna e gli altri.
Bene, allora direi che sono pronta, penso guardando per l'ultima volta la mia vecchia casa che credo proprio affitterò, ma tutto a tempo debito.
Recupero la borsa che ho lasciato sul letto e mentre scendo le scale guardo l'ora.

Ho ancora un po' di tempo, ed è perfetto, devo fare assolutamente una cosa. Spero che a Georg non dispiaccia fermarsi un attimo da una parte prima di portarmi al ristorante.

Scendo di sotto e sento un intenso e fantastico profumo di caffè e la televisione accesa che ciancia, infine la testa rossa di Georg spuntare dalla spalliera del divano.

"Georg, sono pronta"dico e si volta.

"Sei bellissima, faresti morire Emanuele se ti vedesse"

Impossibile, penso e gli sorrido.

Spenge la televisione e in un attimo tutto il soggiorno piomba in un silenzio disarmante, poi si alza e mi viene incontro. 

 Pronta per andare al ristorante e parlare con la belva?"

"più o meno, ti dispiacerebbe prima fermarti da una parte?"

"no, certo che no, dove?"

"Ovviamente al lavoro, per dare le dimissioni"

"Bene. Prego, dopo di lei my lady"dice indicandomi la porta con un largo e teatrale gesto del braccio.

"Oh, grazie, che galante"dico stando al gioco.

Una volta in macchina ci dirigiamo al ristorante dove lavoro, che poi è di strada a quello dove ho l'appuntamento di mia madre e penso a come dire al mio capo che me ne vado.

Sono certa lo metterò non poco in difficoltà, ma lui è un uomo tutto d'un pezzo e sono certa che non ci rimarrà troppo male e troverà subito un rimpiazzo, e chissà, forse anche migliore di me.

"Dimmi un po', ma da dove esce quell'abito?"

"da Anna, è uno dei pochi che a scelto che mi piacciono. Ha indovinato sorprendentemente i miei gusti in questo caso".

"Capisco. Loro sanno che parti oggi?"

"No, non glielo detto. Mi mancheranno tantissimo, ma purtroppo non ho tempo di vederli"

"lo avresti se ritardassi la partenza di un giorno"

"sì, ma questo mi ucciderebbe"

"l'ho notato. Quindi immagino che tu vada all'aeroporto direttamente dopo cena, senza neanche cambiarti"

"prima vado, prima arrivo. Ho così voglia di riabbracciarlo"

"e sia, spero tu sia felice tesoro, te lo meriti"dice Georg sincero, e spero sia vero.

Dopo mezz'oretta di cammino, oramai riconosco la strada, e dopo aver fatto il giro del palazzo, Georg si ferma davanti all'ingresso del ristorante
dove lavoro.


"Siamo arrivati tesoro. Ti aspetto qui in doppia fila"dice mettendo le quattro frecce.

"farò alla svelta, grazie"dico uscendo e corro dentro al ristorante.

Alessia, il maitre di sala, non appena mi vede mi fa un sorriso e un cenno con il capo a mo' di saluto e mi lascia tranquillamente passare.
Vado direttamente dell'ufficio del capo e busso alla porta.

"sì, avanti"dice il suo gran vocione.

Entro e mi ritrovo il mio scostante e serio capo seduto alla scrivania con gli occhiali sul naso, infilato nel suo solito abito formale con tanto di cravatta e intento a leggere alcuni fogli.

Maledizione! Seriamente ogni volta che lo vedo con la cravatta mi manca l'aria al suo posto, manca solo il colletto ingessato e mi serve la bomboletta d'ossigeno.

Il signor Alan distoglie lo sguardo dai fogli e lo posa su di me.

"Oh, Gemma! Sei tu. Hai finito i giorni di ferie? Quanto ti eri presa? non ricordo"Mi chiede mentre io mi accomodo sulla poltroncina di fronte alla
sua scrivania e mi appoggio la borsetta sulle gambe.


"Non importa ora Alan. Sono qui per dare le dimissioni. So che questo ti creerà dei problemi, o dei fastidi, ma no ne posso fare a meno, mi trasferisco in Romania".

Mi guarda inespressivo e si toglie gli occhiali.

"Come?"

"Sì, come vedi mi sono fidanzata"dico muovendo le dita così che possa vedere bene l'anello.

"ma non puoi andartene così di punto in bianco".

"lo so, mi dispiace di non avertene parlato prima, o averti almeno dato qualche giorno di preavviso, ma ti assicuro che è stata una cosa poco ponderata. Troverò lo stesso un lavoro in Romania, o almeno spero e credo proprio che tu non avrei difficoltà a cercare qualcuno che prenda il mio posto"

"non troverai posto migliore del mio ristornante e sicuramente ti faranno iniziare come lava piatti"

"probabile, ne sono pienamente consapevole, ma non voglio lasciare il mio fidanzato e non ho famiglia. Il mio padrino è un archeologo, ed è più in giro per il mondo che ha casa e i miei amici... Beh, anche loro hanno una loro vita, non ho nulla che mi tenga legata all'Italia, forse i ricordi, ma non si vive di ricordi del passato, me ne farò di nuovi e spero più felici"

"non c'è modo di trattenerti quindi, hai deciso"

"sì, sono super decisa"

"allora che dire. Un vero peccato, ma buona fortuna. A parte qualche distrazione, sei un mago nel tuo lavoro, non avrai difficoltà a trovarne un altro, anche se sicuramente inizierai da zero. Allora arrivederci"dice alzandosi in piedi e mi porge la mano.

"Arrivederci Alan e grazie di tutto"dico alzandomi a mia volta e gli stringo la mano.

"figurati, ti farò avere ciò che ti aspetta"

"perfetto, alla prossima"dico e dopo averlo salutato con un posato gesto della mano, esco dal suo ufficio, ora libera più che mai.

Raggiungo di corsa l'uscita del ristorante dove mi aspetta Georg, salgo in macchina e in un attimo siamo già in strada.

"Allora? Com'è andata? Ha fatto storie quel pezzo di marmo inamidato?"

Sorrido. "Un po', ha tentato di trattenermi dicendomi la cruda realtà che troverò una volta iniziato un nuovo lavoro, e anche perché non gli ho mai parlato di una decisione simile, ma ora è tutto a posto, sono libera"

"perfetto, allora ti porto alla tua prossima e ultima prova impegnativa che ti attende oggi"

"sì, avanti un altra"dico sorridendo, fiduciosa, anche se so che questa mia ultima missione sarà la più difficile, ma non più dolora.

Georg, dopo ancora un po' di strada, mi lascia davanti al ristorante della mia infanzia alle diciannove e mezzo precise.

Scendo dall'auto e mi appoggio contro la sua portiera.

"Grazie di tutto, ci rivedremo sicuramente"dico attraverso il finestrino abbassato e mi chino per dargli un bacio sulla guancia, gli sorriso e mi avvio all'entrata del ristorante, mentre dietro di me, lui riparte e anche se gli ho detto che ci saremo rivisti, non ho la più pallida idea di quando veramente succederà.

M'incammino lungo la stradina di marmo bianco decorata ai lati da vasi di marmo rosato e pieni di ciottoli bianchi da cui spuntano piante, fino all'altissima e pulitissima doppia porta di vetro dell'entrata che qualcuno prontamente mi apre.

"Grazie"dico al giovane in divisa alla mia sinistra, ed egli mi fa un cenno del capo come risposta e mi avvicino al direttore di sala dietro una lucida scrivania.

"Mi scusi, credo ci sia un tavolo prenotato a nome Settembri, a meno che mia madre non vi abbai dato il suo cognome da dopo essersi risposata".

"Sì, eccolo qui. Settembri. La signora è appena arrivata. La farò accompagnare al tavolo"

"Lucio, accompagni la signorina al tavolo ventinove"e un giovane improvvisamente mi appare al fianco.

Gli faccio un cenno e un sorrisetto di saluto e lui mi apre la strada.

Lo seguo e intanto mi guardo intorno. Non lo ricordavo così maledettamente sontuoso questo ristorante. Tutto sembra costoso ed esagerato, ho quasi la nausea.

Cammino su quello che sembra un passaggio, una striscia di parquet pregiato che divide una fila di tavoli da un'altra e tutte le persone che vedo mangiare ai tavoli sembrano ricchi e importanti, anche se probabilmente sbaglio ed è tutta apparenza.

Mi sento totalmente a disagio, ma è anche vero che sono io quella che porta al dito un anello con diamante di non so quanto valore e che è grande quanto una nocciola. Ok, sto esagerando, ma non si può dire che non faccia effetto e credo che anche l'abito di vera e costosa lana faccia la sua figura.

Spero comunque che la cena la paghi mamma, o veramente andrà a finire che rimarrò al verde.

Il ragazzo mi porta fino ad un tavolo appartato dove c'è una donna seduta, ma non può essere mia madre, è impossibile che lo sia, avranno
sbagliato tavolo, non può essere lei.


Il ragazzo si ferma proprio davanti a quel tavolo e la donna come se avesse sentito la nostra presenza, alza il capo castano ramato e smette di leggere il menù.

Che mi venga un colpo secco! È veramente lei, ed è in stato interessante, ed è anche in avanzata gravidanza, starà al settimo mese per la miseria!

La guardo senza parole.

"Ah, Gemma"

"signorina"dice il giovane che mi ha cortesemente scostato la sedia.

Gli faccio un sorriso di circostanza, ancora allibita e mi siedo.

"mamma"affermo appendendo la borsetta alla spalliera della sedia e mi sistemo con cura il tovagliolo sulle gambe.

"Tieni, scegli cosa mangiare"dice porgendomi il menù.

"sì, grazie"dico ancora a disagio, allungandomi verso di lei.

 Lei non ha potuto farlo quanto avrebbe voluto con la pancia grande che ha.

Apro il menù e dopo un'occhiata veloce so già cosa prendere. Qualcosa di caldo visto che ho freddo e mi sento raggelare e poi non ho ancora digerito il cinese.

Chiudo il menù e lo appoggio con calma sul tavolo, alla mia destra, e sorrido.

"Un maschietto?"Chiedo.

"no, una femmina"

"ah"dico non sapendo come andare avanti.

"sei felice?"

"Sì, ma un po' meno suo fratello"

"prego?"Le chiedo confusa.

"Questo è il mio secondo figlio, o meglio il mio terzo figlio"

"ah, capisco"

E non mi ha detto niente? Questa disgraziata non mi ha detto niente! Due fratellastri e non me l'ha detto, penso facendo scivolare sotto al tavolo le mani e stringo il tovagliolo che ho steso sul grembo.

"Perché non ne sapevo niente? Cioè, mi avrebbe fatto piacere sapere che ho due fratelli"

"non ci ho pensato"dice calma. "E comunque uno e uno in arrivo"mi corregge da maestrina.

Annuisco. Che disaggio estenuante e che tristezza.

 Che gelo, sembra di stare al polo nord.

Improvvisamente mi appaiono davanti due occhi color Ambra e sorriso all'istante sentendomi di colpo molto meglio.

"Tu che prendi?"

"Un risotto con i funghi"

"io una vellutata di zucca con crostini di pane"

"bene"dice mia madre cercando con lo sguardo un cameriere, che a quanto pare la intercetta subito e appare.

"avete deciso?"

"sì, vorremo un risotto con i funghi e una vellutata di zucca con crostini"

"arrivano subito"

"come si chiamerà?"Chiedo parlando naturalmente della creatura che ha nel ventre.

"O Ambra, o Rossana"

"Rossana è il nome che ha scelto Tiziano, vero?"

"Sì, io preferisco Ambra, poi vedremo "dice facendo il primo sorriso della serata.

La cosa mi sorprende un po', ma non mi sorprende la sua scelta del nome. Ricordo che le piacevano molto le pietre, è per questo che si è avvicinata a mio padre che era archeologo e poi l'ha sposato e perché ha scelto lei il mio nome.

Non sapeva quale pietra preziosa o meno preziosa scegliere, così mi ha dato il nome Gemma, un nome vago.

Onestamente non è mai stata una madre molto capace; forse alla mia nascita lo è stata, ma non più da quando la vita con mio padre le è cominciata ad andare stretta, ed io non sono riuscita a riempire il suo vuoto.

Sono sicura che non sia adatta a stare con uomini che mancano spesso da casa, o almeno che non siano concreti.

Tiziano è un cuoco e ha il suo ristorante, lei può andare da lui quando vuole, può perfino andarci durante le ore di lavoro, vederlo, parlare con lui,
con mio padre invece non ci riusciva e restava spesso sola. Ora credo di capire perché il loro matrimonio si è distrutto.


Non posso darle tutta la colpa, non ora che comprendo cosa vuol dire stare lontano a chi si ama, aggiungiamo anche l'ansia di non sapere quando o se sarebbe tornato, se avesse avuto incidenti mentre scavava, messa così, comincio a capire.

"Sai mamma. Mi farebbe piacere se mi mandassi delle foto di tanto intanto. Io..."dico mentre il cameriere ci mette dinanzi le nostre ordinazioni.

"Io voglio rifar parte della tua vita, anche se mi trasferirò in Romania"dico guardandola, ma il suo viso, anche se è puntato su di me e i suoi occhi mi guardano, è inespressivo.

Mi viene quasi da piangere, sembra stia guardando un'estranea, non sua figlia, una bambina che come quella che ora ha nel grembo ha portato dentro di se per nove lunghi mesi e che poi ha accudito fino a farla diventare la donna che è adesso.

"Romania?"

"Sì. Mi sono fidanzata"dico mostrandole l'anello.

"Perché sei andata in Romania? Centra tuo padre?"

"Sì, sono andata a chiedere di lui. È stata una sciocchezza visto che l'ho chiesto a chi l'ha ucciso e hanno tentato di chiudermi la bocca.
Comunque come sai lui non centrava niente"


"sì, lo so, non che la cosa m'interessi particolarmente, non mi sono mai piaciuti i suoi colleghi, nemmeno George, l'ho sempre ritenuto senza spina dorsale"dice portandosi il calice di cristallo alla bocca e prende un sorso d'acqua.

"Capisco, sì, forse un po' è così, ma è stato come un secondo padre per me e mi ha protetta, anche se alla fine sono partita lo stesso.

Sono anche felice che tu sia mia madre, perché altrimenti non avrei mai avuto il coraggio e la freddezza di andare fino infondo per cercare di capire cosa è successo realmente"dico portandomi un cucchiaio di vellutata alla bocca.

Alza un sopracciglio, ma non dice niente.

"Ambra"dico dopo aver ingoiato un ennesima cucchiaiata di vellutata con un crostino.

"Mi piace molto il nome Ambra"dico sorridendo "l'altro come si chiama?"

"Mirco, ha scelto il nome Tiziano"

"immaginavo. Il patto è sempre stato, le femmine scelgono il nome delle femmine e i maschi dei maschi. Sono davvero molto felice che vada tutto
bene con Tiziano"ammetto finendo la vellutata.


Mi pulisco per bene la bocca con il tovagliolo e guardo mia madre più serena di quanto ho mai fatto prima.

"La vellutata era deliziosa e leggerissima. Il tuo risotto?"

"Buonissimo"

"bene, vediamo che altro mangiare"dico aprendo nuovamente il menù che nessuno ci ha sottratto.

"Un'insalata dolce per me può essere un'ottima conclusione, tu che prendi invece?"

" Filetto di manzo con salsa alle noci"

"buono, il nome è tutto un programma"

Fermiamo un cameriere e ordiniamo tutto, quando mamma riceve una telefonata.

Guarda il display e risponde.

"Pronto, è successo qualcosa? No, non mi serve che mi vieni a prendere, chiamerò un taxi. Grazie, cos'ha mangiato Mirco? Lo immaginavo, ma domani dovrà subire la tortura dei broccoletti. Bene, fargli guardare un po' la televisione, ma alle dieci a letto. Sì, Gemma è qui. D'accordo"

"Ti saluta Tiziano"dice mamma e visto che ho la bocca occupata perché sto bevendo, le faccio gesto di fare altrettanto".

"Ti risaluta. Bene, allora alle dieci a letto e digli niente storie"dice mamma autoritaria e dal telefono sento una vocetta squillante protestare e far
sorridere come mai prima d'ora mia madre.


Attacca, mette il cellulare nella borsa e ritorna a essere glaciale.

"Sa parlare, quanti anni ha?"

"Tre anni e mezzo"

"è vivace vero?"

"sì, molto"risponde ed ecco che ci portano i piatti.

L'attesa è nulla in questo ristorante, ottima pubblicità per loro.

Guardo la mia insalata dolce composta da mele, kiwi e tonno, proprio un piatto leggero di alta cucina e credo orribile, non so che fare, però mi faccio sotto e assaggio.

"Sicura che non sia il caso che ti venga a prendere?"Chiedo portandomi alla bocca un po' d'insalata e vorrei tanto sputarla nel tovagliolo e spingere via dalla mia vista il piatto, ma sicuramente costerà tanto e non voglio sprecare cibo e denaro.

"No, va bene così"

"d'accordo, la prossima volta vorrei mangiare nel ristorante di Tiziano, spero m'inviterai"

"va bene"dice guardandomi e rimango piacevolmente sorpresa, mi spettavo silenzio da parte sua, non di certo che mi guardasse con
un'espressione così serena e mi rispondesse.


Oltretutto così ci siamo scambiate la promessa di rivederci, un giorno. Sta andando bene.

Giocherello un po' con il cibo, disgustata, mentre lei mangia con gusto la sua carne e mi convinco a prendere un altro boccone, dopo mi faccio coraggio per mangiarne ancora e via così finché non finisco controvoglia l'ultimo boccone e lei ha già mangiato tutto da un po'.

Prendo la borsetta e da essa il cellulare e controllo l'ora, le dieci. Non ci posso credere come corre il tempo, chi avrebbe mai detto che potesse succedere anche in compagnia di mia madre.

"Che ore sono?"Vuole sapere.

"Le dieci. Mirco dovrebbe essere già a letto ora"

"sì, ma è comunque il caso che vada. Vuoi un dolce, un caffè?"Mi chiede già in procinto di alzarsi da tavola.

"No, grazie, sto bene così"

 Anche perché sono sicura che quell'assurda insalata resterà ferma per ore nel mio stomaco, chi la digerisce, penso.

"Bene"dice alzandosi a fatica.

Appoggio il tovagliolo sul tavolo e scatto in piedi offrendole la mano, ma lei da donna autosufficiente e orgogliosa com'è sempre stata, non l'accetta e si mette in posizione eretta da sola.

"Grazie"mi fa il favore di dirmi poi, guardandomi.

 Alcuni suoi tratti li detesto, però è pur sempre mia madre.

"Prego, figurati"dico recuperando la borsetta e la seguo verso l'uscita.

Prima di andare via richiede il soprabito, paga per entrambe e dopo aver guardato dove sono, se sono ancora lì con lei, esce dal ristorante.

Il fatto che abbia guardato fossi ancora con lei mi ha stupita molto. Magari un pochino le importa di me.

Fuori in confronto a dentro che ci sono i riscaldamenti accesi, si gela, così mi affretto a fermare un taxi e fare in modo di evitarle dell'insensato e malefico freddo e fortunatamente al mio muovere energicamente le braccia, un taxi si ferma.

"Ecco mamma, il taxi"dico facendomi da parte per lasciarla entrare.

"grazie"

"bene, è stato bello rivederti, grazie della cena. Mi raccomando mandami le foto tue, di Tiziano e dei bambini non appena ti dirò dove mandarmele,
ci tengo molto. Buonanotte"dico chiudendo la portiera.


Guardo il taxi andare via mentre la saluto con la mano, e incredibile ma vero, prima che le chiudessi la portiera, mi è sembrato di vederla annuire, ma forse mi sbaglio, anche se spero proprio di no.

 Ma...comunque alla fine abbiamo parlato poco e niente di papà, quindi perché voleva vedermi? Secondo me aveva solo voglia di mangiare al ristorante e da sola sarebbe stato troppo strano, quindi mi ha invitato, ma chi se ne importa, in fin dei conti non è stata una brutta serata, anche se poteva essere migliore, sarà bene accontentarsi.

Improvvisamente qualcuno suona il clacson e salto per lo spavento.

Mi volto e da una macchina vedo un braccio muoversi su e giù esageratamente.

Ma cosa? Quella non è Anna? E quello accanto a lei non è Georg?

 "Non ci posso credere!"Esclamo andando loro incontro, e una volta raggiunti qualcuno mi apre la portiera.

"Ragazzi! Georg? Ma che ci fate qui?"

"Sorpresa!"Esclama Anna.

"Già, su monta, che un aereo ti aspetta"dice Oscar.

"Aereo?"Chiedo mentre entro.

"Sì, ti abbiamo prenotato un volo che decolla fra tre ore"dice Anna mentre Georg parte.

"Tre ore?"

"Esatto, tre ore, giusto il tempo di arrivare. Più veloce Georg"ordina Anna.

"Come avete fatto a sapere che oggi parto?"

"Ce l'ha detto Georg"dice Oscar.

"Già, è per questo dovrei tirarti le orecchie. Non ci hai detto niente"dice Anna.

"ho fatto tutto di fretta, non ci ho pensato, mi dispiace"ammetto dispiaciuta.

"ti dispiace anche di aver lasciato a casa il computer immagino"dice Anna offesa.

"quello...Aspetta, tu come sai che ho lasciato il computer a casa?"Chiedo sorpresa.

"Siamo entrati e abbiamo preso qualsiasi cosa ti potesse servire"dice Steve mostrandomi la copia della chiave che ho fatto a tutti i presenti seduti in macchina.

"Dovrò rifarmela dare quella chiave"dico

"tanto non ti servirà più"dice Georg.

"zitto e guida tu"dico contrariata.

"Beh, comunque abbiamo notato che fa veramente freddo in Romania, così ti abbiamo riempito una valigia con alcune maglioni pesanti e pantaloni felpati, ti abbiamo preso anche il computer e l'album di famiglia"dice Anna.

"E infilato alcuni regali da parte nostra"dice Oscar orgoglioso del loro operato.

"Ci sono perfino i biglietti"dice Steve.

"comunque, dimmi un po', com'è andata la cena con tua madre?"Mi chiede Georg

"e com'è andata? Stranamente bene. Non abbiamo parlato di papà e non so se l'hai notato, ma mamma è in cinta".

"Già, porca vacca! Seriamente..."dice Anna.

"non ne avevo idea"afferma Georg.

"Quindi stai per diventare una sorella maggiore"dice Oscar.

"In realtà già lo sono. Ha già un figlio di tre anni, ed ora è in dolce attesa"

"caspiterina! Il suo matrimonio va a gonfie vele"commenta Steve.

"già, le ho chiesto di rendermi partecipe della sua vita e mandarmi le foto dei piccoli; quando saprò dove farmele mandare".

"Brava, ottima idea"dice Georg, ma vedo dalle espressioni di Anna e degli altri che a loro l'idea non è piaciuta.

"Non credete che abbia fatto bene?"

"Io mi astengo"dice Oscar, ma si vede lontano un miglio che è contrario alla scelta che ho fatto.

"Andiamo ragazzi! È pur sempre mia madre e ora che sono lontana da Emanuele capisco cosa ha provato quando mio padre andava via e anche
per lunghi periodi; oltretutto lui poteva anche non ritornare, ferirsi durante gli scavi. È difficile da sopportare".


"Sarà, ma non ti ha trattato come sua figlia. Ti ha ignorata"dice Anna.

"è vero, ma forse è perché ho preferito papà"

"e che dovevi fare? Andare a vivere con una donna che t'ignorava? Gemma io c'ero quando stavi male. Sono tuo amico da prima che i tuoi divorziassero. Ti ho visto, non stavi bene, né prima, né durante e né adesso, anche se sei adulta.

Onestamente non so se tutto migliorerà, se hai preso una decisione giusta o sbagliata, se è la più dolorosa o la meno, ma non crearti stupidi filmini in testa, parchè ne rimarrai delusa e ferita. Ora lei ha un'altra famiglia e la tratterà meglio di quando abbia mai fatto con la precedente, compresi i nuovi figli"dice Steve fermo e serio, anche brutale direi e non posso essere più d'accordo di così.

Lo guardo senza parole e cala un triste e inconcludente silenzio in tutta la vettura.

Ha ragione, ma è pur sempre mia madre, non voglio che diventi un'estranea per me, o che lo diventi più di quanto non lo sia già, che devo fare?

Anna sospira rumorosamente e non dice niente, ma è ovvio che sia d'accordo con Steve. Anche lei non vuole che io soffra ancora e inutilmente.

"Cavolo. Vieni qua"mi dice Oscar tirandomi a se in un forte e caldo abbraccio. Premo il viso contro il suo petto e mi sento molto meglio.

Va bene così, non mi pento della mia decisione e se ne rimarrò ferita pazienza, poi quel che sarà sarà.

"Sì! Mettiamo la musica‼"Esclama di colpo Anna dopo un po' di deprimente silenzio, facendomi aprire gli occhi si scatto.

 Sono ancora abbracciata a Oscar, decisa a lasciarmi consolare, stavo tanto bene, ma ecco che sento espandersi in tutto l'abitacolo una canzone famosissima e alquanto stupida che io e i miei amici amiamo da sempre cantare a squarcia gola e inizia il coro.

Scoppio a ridere, mentre lo stonato Steve e l'usignolo mancato di Anna cantano il ritornello e si aggiunge a loro anche il campanaccio spampanato di Georg. C'è da diventare scemi!

Improvvisamente Oscar si china per darmi un bacio sulla fronte, e alzo la testa per guardarlo sorpresa. Mi sorride divertito, mi fa l'occhiolino e si
unisce al coro di disperati. Lui fra tutti è quello che canta meglio, mentre io sono divina, almeno in questo, e mi aggiungo dando una sonora e canora lezione a tutti.


"Ehi! Cantanti internazionali in tournèe, siamo arrivati all'aeroporto e la nostra Gemma deve prendere il biglietto".

"Dai andiamo"dice Georg e tutto escono dalla macchina.

"Corri a prendere il biglietto, noi pensiamo a imbarcarti la valigia. Ci vediamo alla porta d'imbarco giusta"dice Oscar.

Annuisco, ed entro in aeroporto.

Lo sapevo, c'è la fila alla biglietteria. Mentre attendo il mio maledettissimo momento di prendere il biglietto che i miei migliori amici hanno
ordinato per me, guardo più e più volte l'ora sul cellulare.


Ho paura di fare tardi, ma ho ancora un ora.

"Salve, ho prenotato un biglietto per Bucarest a nome..."dico impappinandomi quando sento una chiama all'altoparlante.

"Avviamo che l'aereo di mezzanotte e mezza per Bucarest, atterrerà con venti minuti di ritardo. Ci scusiamo per il disagio"

"Il biglietto è per quel volo. Sono Settembri, Gemma Settembri. Grazie"dico prendendo il biglietto che la donna paffuta e lenta più di una lumaca
zoppa, mi porge.


Ora sono calma, ho un'ora e venti minuti in più per andare alla porta d'imbarco e venti minuti in meno da passare con Emanuele. Maledizione!

Trovo la porta d'imbarco giusta e seduti su una panchina poco distante Oscar, Georg e Steven. Anna non so che fine abbia fatto, ma con tutti i negozi di vestiti che ci sono in giro non ho alcuna difficoltà ad immaginarlo.

"Eccomi, il volo è in ritardo"

"lo sappiamo, lo abbiamo sentito"dice Georg.

"Anna è..."fa per dirmi Steve.

"a sbavare attaccata alle vetrine, lo so"dico interrompendolo.

"Allora stai veramente per partire, solo andata, senza tornare"dice Oscar.

"Ohi! Non è che non tornerò mai più"dico per sollevargli il morale.

"sì, ma non ti vedrò più tutti i giorni"

"su su"dico scompigliandogli i capelli.

Mi ferma la mano e sorride.

Improvvisamente soffoco uno sbadiglio.

"a quanto pare sono stanca. Sarà il fatto che ho incontrato mamma, è molto stressante"

"eeeeeh holè"Esclama improvvisamente Anna saltandomi sulla schiena  e di conseguenza facendomi fare alcuni passi in avanti prima di
riprendere l'equilibrio.


La voglio uccidere.

"Ma sei scema? Potevi farla spiattellare a terra"dice Steve.

"Sì, ringrazia che ho un ottimo equilibrio e i riflessi pronti. Comunque è tornato il mio caro amico dolore lombosacrale. È da un po' che non si faceva sentire, sarà stata la tua ginocchiata in quel punto a farlo tornare, che dici? Chiedo con la voglia di strappargli tutti i capelli, uno per uno.

"Ah, quante storie. Ci hai messo la crema no? Sicuramente è guarito, questo è un caso".

"L'aereo 65943 per Bucarest, è appena atterrato, vi preghiamo di avvicinarvi alla porte d'imbarco"

"eccolo, ci siamo"dico voltandomi verso i miei amici.

"Non servono i fazzolettini, vero? Non piangerà nessuno spero"dico scherzosa.

"Sta zitta, scema"dice Oscar abbracciandomi stretta e un ricordo che speravo diventasse con il tempo vago, o magari sparire, ma che invece è rimasto nitido e perfetto nel tempo, riaffiora nella mia mente, ma lo allontano rapidamente rispondendo energicamente all'abbraccio.

"Lo sai che ti voglio bene vero?"Gli sussurro all'orecchio.

"Mai quanto te ne voglio io"dice e si scosta da me guardandomi dritto negli occhi.

"Ehi! Che fai? La tieni tutta per te? Tocca a noi"dice Anna ansiosa.

"Non sia mai"dice Oscar un po' infastidito.

"Buon viaggio amica mia"dice Anna saltandomi letteralmente addosso.

"Calma, pazzoide"dico abbracciandola forte e soffocandomi con lo Chanel numero cinque in cui si è immersa.

"Dentro la valigia c'è un regalo molto speciale per te, usalo eh"mi bisbiglia nell'orecchio e quando si scosta, mi fa l'occhiolino.

"Ok"le rispondo un po' spaventata. Chiunque la conoscesse lo sarebbe.

"Steve, tocca a te"

"io odio gli adii"

"toh"dico facendogli le corna. "Che addio e addio, parto, mica vado a morire"gli dico facendolo ridere.

"Hai ragione, allora buon viaggio, mi mancherai"dice abbracciandomi forte.

"Anche tu, tanto".

 Lui è il mio pilastro di granito. Colui che mi ha retto nei momenti peggiori della mia vita. Cacchio pè, ora sono io quella melodrammatica.

Dopo avermi dato un sonoro bacio sulla guancia, Steve si scosta da me e lascia il posto a Georg.

"Bello mio, allora vado. Stammi bene, non fumare, non bere tanto e cucina, smettila di mangiare tutta quella roba già pronta e precotta"

"va bene mamma"risponde Georg stando al gioco.

"Scherzo, ma non del tutto. Stammi bene e fammi sapere come vanno gli scavi in Francia. Sono curiosa, lo sai"

"va bene, è tu chiama"

"sì signore. Ma ora devo andare, cominciano a entrare i passeggeri.

"ok"

"ah, questo è meglio se lo porti a mano e anche questo"dice Anna passandomi la borsa con il computer e l'album pesantissimo ed enorme con le foto di famiglia. Ci sono anche loro dentro, ormai sono la mia famiglia.

"Grazie, allora statemi tutti bene e chiamate anche voi"

"contaci"dice Anna e m'incammino verso la porta d'imbarco con un gusto dolceamaro in bocca. Non vedo l'ora di vedere Emanuele, ma odio infinitamente lasciare loro, parte integrante della mia vita.

Sono seduta da qualche minuto al mio posto e già mi sto annoiando come non so. L'aereo è decollato e ho con me il computer che ho incastrato ai miei piedi, la borsetta e l'album fotografico della mia famiglia.

 

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