Di baci, lune, fiori e cose che non si dicono

di tixit
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'invito ***
Capitolo 2: *** La luna ***
Capitolo 3: *** Il ballo ***
Capitolo 4: *** Il brindisi ***
Capitolo 5: *** La passeggiata ***
Capitolo 6: *** Il bacio ***
Capitolo 7: *** L'appuntamento ***
Capitolo 8: *** La gita ***
Capitolo 9: *** La scorciatoia ***
Capitolo 10: *** Un posto per dormire ***
Capitolo 11: *** L'incontro ***
Capitolo 12: *** Preparativi e Racconti ***
Capitolo 13: *** Il volo ***
Capitolo 14: *** Attenti al lupo ***
Capitolo 15: *** Ognuno pensa solo a se stesso ***
Capitolo 16: *** Ma fantastica su qualcun altro ***
Capitolo 17: *** Sogni e realtà ***
Capitolo 18: *** E' qui la festa? ***
Capitolo 19: *** Le regole del gioco ***
Capitolo 20: *** Pur di riaverti qui, cosa prometterei ***
Capitolo 21: *** Dormi e sogna ***
Capitolo 22: *** Non è un paese per unicorni ***
Capitolo 23: *** Una favola morale ***
Capitolo 24: *** Una farfalla verde tiene molta compagnia ***
Capitolo 25: *** Il Lupo ed il Tasso ***
Capitolo 26: *** Di nuovo a casa ***
Capitolo 27: *** Attese e Ricordi ***
Capitolo 28: *** Serve un posto per tutte le cose ***
Capitolo 29: *** Corpo a Corpo ***
Capitolo 30: *** Cose che non ci diciamo ***
Capitolo 31: *** Fiori, baci e niente luna ***
Capitolo 32: *** Un vento che non si placa ***
Capitolo 33: *** Chi cerca trova ***
Capitolo 34: *** Tre passi indietro ***
Capitolo 35: *** Ognuno hai i suoi ricordi ***
Capitolo 36: *** Luce ed ombra ***
Capitolo 37: *** Imparare a Contare ***
Capitolo 38: *** Fiori d'inverno e brina ***
Capitolo 39: *** Cose che si dicono ***
Capitolo 40: *** Cose che non si possono dire ***
Capitolo 41: *** Cose che non fa piacere ascoltare ***
Capitolo 42: *** Un nodo da sciogliere ***
Capitolo 43: *** Cose che si chiedono perché le si vuole sapere ***



Capitolo 1
*** L'invito ***


Disclaimer: la proprietà del mondo narrato non è mia e non vi è scopo di lucro.
Note: prima viene Teoricamente Theoric. Cose da sapere: Sigyn non è sposata, né fidanzata con Loki, è arrivata a Palazzo da bambina con un gruppo di prigioneri di scambio da un campo degli Elfi Neri e, come altre orfane, è stata accolta a Palazzo per diventare una ancella di Frigga. E' cresciuta ma trotterellava intorno a Loki da piccola e ancora non ha smesso.


1. L'invito

La guardò aggirarsi per la stanza, il seidhr che le danzava intorno, poteva vederlo, tutto un fremito; si stupiva quando gli altri non notavano il seidhr altrui sobbollire, a volte, intorno al corpo, minaccioso come la gobba di un gatto, pelo dritto, prologo al soffio, coda che sferza l’aria, primo segnale dell'attacco. Altre volte benigno - Frigga, di solito, splendeva delicata quando guardava i suoi figli, orgogliosa nei gesti e nella scia di seidhr che la seguiva -  il seidhr non mente mai. Frigga era orgogliosa di ognuno di loro a modo suo, per quello che erano e non per quello che si era immaginata su di loro, prima che averli.

Lui non lo notava sempre, ma a volte, si, a volte, lo vedeva - impossibile il contrario - e non capiva come facessero gli altri a non vederlo proprio mai. Soprattutto non capiva perché non si impegnassero a celarlo.

Il suo, lo sapeva fin da piccolo, era verde brillante, bluastro e dorato, non un colore caldo, piuttosto una sfumatura gelida, che non aveva nulla a che vedere con quello di Frigga, sua madre. Quanto a Thor, suo fratello... non c'era un'oncia di seidhr sotto la sua pelle, a meno che, rifletté divertito, non venisse soffocato da tutti quei muscoli e non trovasse il modo di saltar fuori da dentro di lui.

 

La vide alzarsi sulla punta dei piedi per prendere un libro da uno scaffale, senza chiedere aiuto, la fronte corrugata per lo sforzo, le trecce appuntate sulla nuca, la osservò nel riflesso di una vetrata: ogni tanto gli lanciava uno sguardo di sguincio, sperando che lui non lo notasse.

Cosa vuoi Sigyn? Cos'hai? Vuoi andare ad un ballo? Vuoi chiedermi di essere invitata? Puoi chiedermi quello che vuoi, non lo sai? Io non ti giudico mai... Perché è così imbarazzante chiedere? Perché non vuoi solo ballare, vero? Non è questione di vestito carino, di buon cibo, belle canzoni e belle decorazioni, bei racconti… vuoi incontrare qualcuno, che ti dica... cosa? Che sei carina anche tu? Vuoi uno sguardo che si arrampichi su di te come un'edera, dalla punta di quegli stivali da cercatrice di Lingua di Cane e Tormentilla, fino a quelle trecce da brava ancella, che ama stare per conto suo?

E da chi lo vorresti uno sguardo così? Sentiamo...
Da Thor, il guerriero con la testa calda ed i capelli baciati dal sole? E' un po' rozzo, e oltre allo sguardo... forse le sue mani seguirebbero le stesso percorso, senza osservare se e quanto ti piace, dandoti per scontata - non pensa poi molto, lo sappiamo. 
Da Hogun, il malmostoso, occhi scuri e capelli scuri, cane fedele, che non sarà mai considerato un vero asgardiano?
O ti basterebbe un bravo ragazzo in visita?

La osservò portare il libro al suo tavolo e sfogliarlo, attenta, ma non completamente concentrata.

Ma non lo sai che quell’edera soffoca anche gli alberi più forti? E che, anche mentre soffocano, quegli alberi la sfiorerebbero con un tocco delicato e con gratitudine? Puoi immaginare un incantesimi più perverso? Io proprio no.

O vuoi solo sentirti carina? Non ti basta che te lo dica lo specchio? Ti serve che lo dica anche uno sciocco, con la luna, la brezza e tutto il resto? Desideri questo Sigyn? Questo?

 

Alzò un sopracciglio - Sigyn non aveva una madre ingombrante pronta a dirle tutte quelle cose carine che si dicono alle ragazzine davanti ad uno specchio, una che si specchiasse con lei, viso accanto al viso, per farle scoprire tutte le similitudini di cose amate nell’una che si ritrovavano nel viso dell’altra, fino a farle amare, per riflesso, quel riflesso.
Un pittore, un poeta, loro parlano di capelli d’oro, ma poi gli uomini  - e le donne - scelgono quello che gli pare.

Così glielo chiese, brusco "Vuoi andare al ballo?"

"Al ballo?" sgranò gli occhi sorpresa.

"E' un no?" le voltò le spalle, per nascondere un sorriso divertito - certo che non era un no, non subito, almeno. "Ci saranno guerrieri che non vivono nel Castello, a cui farebbe piacere chiacchierare con una ragazza tranquilla. Le Guerriere intimidiscono alcuni uomini. Ma se è un no..."

Io non le faccio queste cose... non le canto le canzoni d'amore... lo dovresti aver capito... cosa aspetti, piccola, per volare un po'? Il permesso di chi? Il mio? Dove sto io c’è sempre posto per te, puoi andare e tornare tutte le volte che vuoi. C'è bisogno che io te lo dica?

La ragazza sembrò soppesare la proposta, ma non gli fece domande inutili - lo apprezzò.

Non gli chiese con chi: da sola e libera di fare ciò che voleva. Le aveva detto "andare" non "venire"... era la possibilità di cavarsela per i fatti suoi, non di scivolare dietro di lui, immersa nella sua ombra, ad un banchetto.

L'ultima volta l'aveva osservata osservare gli invitati danzare, nascosta nell'ombra del porticato, curiosa e sognante - la risposta alla domanda se ci aveva mai pensato era scontata, l'unico ostacolo era la timidezza: un conto essere quella che osserva perché non è parte della festa, senza speranze particolari, un conto è attraversare una stanza ed attendere un invito stando alla luce.

Non gli chiese se lui avrebbe ballato con lei. Risposta scontata - no. Ballare non gli piaceva particolarmente.

Non gli chiese con chi sarebbe andato lui  - non erano fatti suoi. E comunque lui non si sentiva intimidito dalla Guerriere, amava quel loro essere pronte a prendere ciò che volevano senza porre troppe domande e senza porsele: non gli serviva una ragazza tranquilla con cui parlare. Non gli serviva affatto.
Però a lei sarebbe servito un ragazzo tranquillo.

“Mi piacerebbe moltissimo...” Lo so, Sigyn. Altrimenti non te lo avrei chiesto, non credi?

Apprezzò il tranquillizzarsi del suo seidhr nella stanza - era questo quindi che voleva, non si era sbagliato - e tornò a studiare il libro davanti a lui. Finalmente era tornata la pace.


 

“Sai fare una magia?” l’aveva agganciata alla festa, come Theoric, un sempliciotto, muscoli senza esagerare, viso carino, senza esagerare, uno che una donna avrebbe guardato con piacere, per poi dimenticarlo il mattino dopo. Gli era spiaciuto vederla lì, trepidante, che aspettava un invito per ballare.
Così l'aveva invitata a passeggiare.

E ora lei gli stava mostrando i giardini pensili, sotto una luna che sembrava una magia davvero ben riuscita.

Su Sigyn esibisciti per questo giovane di campagna che non ha mai visto una fanciulla usare il seidhr. Stupiscilo e stupiscimi… vuoi studiare con Freya… dimostrami che te lo meriti.

“Poco” disse lei scrollando le spalle. Sigyn, sciocchina, non è la risposta giusta, se ora arrivasse Sif metterebbe in vista i suoi capelli dorati, mostrerebbe la sua pelle di madreperla facendolo arrossire, lo stregherebbe coi suoi occhi, senza nemmeno un’oncia di seidhr, solo mostrando ciò che ha… ti lasceresti battere da Sif? Lei si porterebbe Theoric di nuovo nel Salone, e lui danzerebbe con lei, pure se non gli piace. A te resterebbe la luna... che non è poco, ma non è quello che vuoi.

“Chi sa fare una magia?”

“Il Principe Loki.” disse, abbassando gli occhi in segno di rispetto. Puoi dirlo forte, Sigyn.

“Non è una cosa da donne?”

“Alcuni dicono così... ma gli Elfi Neri, loro… per cui direi di no.” rispose netta, senza rabbia - un discorso che non le piaceva quello degli Elfi Neri - era venuta ad Asgard dritta da un campo di prigionia degli Elfi, affamata di cibo e gentilezza, aveva assaggiato abbastanza magia dokkalfar da non trovarci nulla di delicato nelle faccende di seidhr.

 

“Che tipo è?” ti sei mai pentita di aver diviso quel piatto con me? Quando hai capito che non ne avevo affatto bisogno? Che la vostra fame era solo uno spettacolo da guardare con curiosità? Quando lo hai capito, perché lo hai capito, ti sei pentita di quel gesto? Mi hai giudicato?

“Chi?”

“Il Principe Loki…”

Lei lo guardò stupita "In gamba, molto intelligente, molto curioso. Pensa in fretta e si spazientisce quando non gli si sta appresso nei suoi ragionamenti."

"Maligno?"


"A volte," la sentì ridere, "Non misura l’effetto… Ma buono, essenzialmente buono."


"Sei sicura?" Credi che non ti ingannerebbe mai? Non è ora di crescere, Sigyn?
 

"Ho visto delle persone davvero cattive." la risposta fu secca "So di cosa parlo e tu no."  Loki la guardò divertito e così era protettiva con quelli che considerava “suoi”… se fosse stato Loki forse le avrebbe detto qualcosa, ma era Theoric e si limitò ad annuire, un poco da sciocco. Del resto la sua parte era quella, l’adoratore di una sera, il suo regalo ambiguo alla timidezza di Sigyn.
 

Loki la guardò sotto la luce della luna, coi suoi colori sbagliati da ragazza di bosco, i capelli lucidi come le castagne di ottobre - chi lo aveva detto che era bello solo il colore dell’oro? tutte convenzioni, idee…  - sarebbe dovuta passare da lui per farsi aiutare a scegliere un vestito, pensò. Sapeva esattamente cosa sarebbe piaciuto a Theoric. Ma poi forse anche qualcun altro si sarebbe distratto. O si sarebbe sentito attratto, anche senza l'oro nei capelli.
Non le aveva mai chiesto da dove venisse la sua famiglia, con chi fosse partita o se era nata lì, tra gli Elfi, figlia di un grande amore o forse solo della voglia di sopravvivere. O della fregola di uomini e donne ridotti a poco più che bestie.

 

La seguì fino al colonnato mentre fuori splendeva la luna poi le si avvicinò, le labbra vicine alla sua fronte. Fu a quel punto che pensò che lei era troppo bassina e troppo alto lui.
Lui non aveva la struttura di suo fratello, che però sia allenava sempre, forse era quello, anche come Theoric la sua forma era allungata. E lei pagava la malnutrizione dell'infanzia.

La sollevò sul muretto e la guardò appoggiarsi alla colonna, non poteva sfuggire, il vuoto di sotto, da un lato. Delicatamente poggiò un braccio sul bordo esterno, ad ingabbiarla e a proteggerla e lei sorrise fiduciosa.

Poi piano le si avvicinò, lei corrugò la fronte incerta.

A cosa stai pensando? stai scegliendo razionalmente se lasciarti baciare da Theoric, il ragazzo venuto da fuori? Non sei curiosa? Io lo sarei, il mio primo bacio è stato tutta curiosità, pure la mia prima volta, la voglia di dimostrare che ero cresciuto, non era niente che avesse a che vedere con... altro e tu? non sei curiosa? Theoric non resterà domani, non lo vedrai più, puoi fare ciò che vuoi e non lo saprà nessuno e nessuno ti chiederà domani se ci sarai, e se sarai uguale a stasera. Se vorrai esattamente le stesse cose.

 

Riusciva a sentire il suo respiro, che dalle labbra di lei sfiorava le sue, caldo, con un ritmo che gli svelava il battito del cuore. Si ci stai pensando, Sigyn.

Sigyn sollevò la mano e lentamente la portò al volto lui, con delicatezza gli sfiorò lo zigomo, gli occhi grandi che guardavano i suoi. Lui le portò una mano sulla nuca, desiderando di scioglierle i capelli. Sarò gentile, è solo un bacio… per dirti che sei carina, anche se lo dovresti sapere da sola.

Sentì che la punta delle dita di lei tremava in modo quasi impercettibile, il seidhr all’erta sulla sua pelle.

 

Fu in quel momento che arrivò Thor, l'aria irritata, il passo pesante "Sigyn, mia madre ti sta cercando. Le serve qualcosa..." la voce inutilmente severa.


Tipico di Thor ridurla ad una ancella disubbidiente, proprio durante il preludio al suo primo bacio. Loki sollevò gli occhi al cielo. Un pentapalmo. Un pentapalmo cucciolo e anche un po’ stordito.

Presumeva fosse il primo, almeno… rifletté tra sé: lui e Sif si erano baciati di ragazzini e non lo sapeva nessuno, era il loro segreto, la bionda principessa perfetta e il principe moro e maligno che si esploravano senza metterci il cuore, per vedere che differenza c’era esattamente tra i loro corpi. E' più facile con quelli a cui non tieni mostrarsi ignoranti, chiedere e raccontare.

Loki avrebbe liquidato suo fratello con due parole, di ancelle era pieno il palazzo, e questa stava già servendo lui, non lo vedeva da sé? ma Theoric era un ospite non di riguardo… così tacque.  

 

I due si misurarono e Loki si stupì - suo fratello non l'aveva mai guardato così, con quella sfida negli occhi… Sigyn, scivolo a terra dal muretto e lui la sfiorò, come se fosse incidentale, dalla spalla al fianco, osservando divertito la piccola esplosione di seidhr a fior di pelle, che accompagnava i suoi passi, mentre si allontanava veloce.

 

“Credo che interessi già a qualcuno.” borbottò Thor, vagamente imbarazzato - un pentapalmo che però sapeva che non si interrompono i rituali di accoppiamento di un ospite, anche se di poco conto, senza una valida ragione.
 

Ah era questo... ma che carino suo fratello. A chi interessava Sigyn secondo lui? A Thor o a Loki? Probabilmente la considerava una proprietà minore di suo fratello... Una che magari un giorno avrebbero condiviso, come condividevano un cavallo o un libro. 

 

“Per essere cosa? scaldare un letto?”

Diciamo le cose come stanno, fratellino... non ho mai chiesto a Sigyn chi fosse suo padre o suo fratello e cosa porterebbe in dote, ma sono domande che il Vecchio porrebbe. Qualunque debito pensasse di avere con la sua famiglia, ritiene che sia stato pagato con una stanza, un letto e un lavoro. Non obietterebbe affatto se tu od io, o tutti e due, volessimo assaggiare il miele che ha tra le gambe, basta che ci limitiamo a questo. Non gli interesserebbe nemmeno se non fossimo gentili, e se lei non volesse. E lei non avrebbe comunque un altro posto dove andare… L'ho capito la prima volta che mi ha chiamato "Mio Signore" e non "Loki", che non saremmo mai più stati alla pari.

Solo ad un pentapalmo sarebbe venuto in mente di interrompere un bacio che una fanciulla era libera di accettare o rifiutare.

 

Thor non disse nulla, poi borbottò “E’ una ancella di mia madre…”

 

“E’ la prima cosa che mi ha detto.”


Quando tornò nel salone, tra l’ombra e poco prima della luce Loki riprese le sue solite sembianze - basta con Theoric! - senza interrompere la sua marcia a passo deciso.

Sentì una mano posarglisi sulla spalla, Hervor, alta e golosa, lo guardò impudente negli occhi.

“Guerriera, desideri qualcosa?” la prese in giro, sapendo che non se la sarebbe presa.

“Visitare la biblioteca.” Hervor maneggiava la spada, ma probabilmente conosceva solo le rune necessarie a scrivere il suo nome… pensò, senza fargliene una colpa… Hervor era più che libera di scegliere cosa considerare importante e cosa no.

“Seguimi” le disse ridendo, “credo di avere un libro che ti potrebbe interessare...”

“Credo anche io”, rise anche lei e si allontanarono insieme. Le mani di Hervor che gli scivolavano sulla schiena - il pudore non le apparteneva.

 

Non vide che Sigyn lo stava fissando e che arrossiva.

 
 
 


Note finali: il piatto che hanno condiviso non è una metafora per una notte di sesso - ellallero - ma proprio un piatto di cibo, ed è raccontato in Teoricamente Thoeric, che doveva chiudersi lì... molto semplicemente la piccola Sigyn, arrivata da bambina al Palazzo, mentre si accingeva a mangiare il suo primo piatto di cibo decente, decise di dividerlo con Loki, seduto al tavolo senza piatto, pensando che anche lui avesse fame come lei. Non sapeva che fosse un Principe, il figlio di Odino, e che era venuto a osservarle solo per curiosità.

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Capitolo 2
*** La luna ***


2. La luna

I raggi attraversavano le vetrate colorate, tingendosi di verde e di blu - nella finestra principale era disegnato, con il vetro fuso, Yggdrasil, l’Albero Cosmico che sorreggeva la volta celeste, con le sue foglie, allungate verso l’alto fino a mescolare il loro verde brillante nel blu di un cielo che diventava l’universo tutto.
L'artigiano che a suo tempo aveva forgiato quella vetrata aveva lavorato molto bene, decise Loki, osservandola con occhio critico, mentre scortava la sua ospite tra gli scaffali della Biblioteca.

Loki avrebbe potuto disquisire per ore di Yggdrasil come oggetto fisico, un simbolo riconoscibile da tutti, facile da trovare in un bosco, rassicurante, e usato per narrare una comosgonia inspiegabile ad anime semplici, bisognose di una risposta, una qualunque, pure senza senso, per alzarsi dal letto ogni mattina. E avrebbe potuto parlare pure di Yggdrasil come simbolo della sapienza, a suo modo anch’essa una risposta semplice per la domanda complessa perché esisto? e che la riempio a fare di cose questa vita, se tanto poi tutto finisce?

Ma Loki sapeva che ad Hervor tutto questo non sarebbe interessato: Hervor la sfiorava tutti i giorni la fine della sua vita e non aveva tempo per discorsi oziosi. Era giunta ad Asgard per riposarsi dalla guerra, e non stava certo in un albero quella pace che cercava e a cui, onestamente, aveva pieno diritto.

E nemmeno in lui, il viziato principe Loki che aveva conosciuto per tre anni sui campi di battaglia al confine coi Vanhir. C’era un popolo con cui Asgard non era in guerra?

Lei lo aveva visto arrivare cucciolo, maligno e saputello, dubbio dono di Odino, sulle cui intenzioni non avrebbe scommesso - cosa aveva pensato suo Padre, inviandolo al campo, quella volta? Cosa aveva pensato davvero?
Di sbarazzarsi del cucciolo meno forte senza sporcarsi le mani?
O il problema del cucciolo era che non era abbastanza debole?
I cuccioli, anche quelli più teneri e carini, hanno l’imbarazzante abitudine di crescere, lo sanno tutti. Un lupacchiotto infernale di Jotunheim, da piccolo, era adorabile da osservare, ma nessuno possedeva lupi infernali adulti. Era la stessa cosa con troppi eredi ad un trono? Diventava troppo pericoloso crescerne più di uno?
Voleva fare in modo che la sua dipartita sembrasse un incidente?

O aveva sperato che, tra uomini veri, diventasse finalmente un uomo? O la versione di uomo che piaceva ad Odino?

Il Vecchio non gli aveva mai parlato da padre (era un Re e non poteva ragionare da uomo) e lui, dopo, non aveva chiesto perché temeva la risposta. Nonostante tutto lo amava intensamente e si dannava l’anima per non riuscire a soddisfarlo, per non essere Thor, ma solo Loki.

Hervor lo aveva visto vomitare, una sera, in silenzio, davanti a ciò che restava di un uomo. Questa era la gloria, quindi? Questo era quello che lui non sapeva fare, quando si allenava con Thor e la sua cricca, Sif compresa? Lo scopo finale non era far mordere la polvere ad un avversario con eleganza, umiliarlo ridendo, compiaciuti di una abilità acquisita con il giusto maestro, ma farlo a pezzi con rabbia, senza arte, solo con tutto l’odio che si ha dentro, e guardarlo negli occhi mentre muore, mentre nei suoi occhi si scorge la nostra stessa paura di morire? Era l’indifferenza per lo spreco di una vita quello lo avevano mandato ad imparare?

Lei gli aveva detto di non mangiare più cipolle mezze marce alla sera, dato che non c'era abituato, salvandogli la faccia di fronte a uomini che non lo stimavano - sai che novità?
E lui aveva messo al suo servizio ciò che aveva: la sua intelligenza, la sua abilità nel risolvere problemi teorici, applicata a cose pratiche, per non farli morire ammazzati.
Non più di quanto, per lo meno, non fosse necessario.
Strategia la chiamavano.

Da Hervor, una donna, aveva imparato, in tre anni così brevi, alcune cose sull’essere uomo, che non avevano molto a che vedere né col suo uccello, né con un'ascia.
Anche se - gli venne da sorridere - maligno e saputello… in quello lui non era cambiato affatto.

Con delicatezza accarezzò le rughe intorno agli occhi della Guerriera, che parlavano di giorni trascorsi sotto le intemperie, sole che cuoce, occhi strizzati per esaminare l’orizzonte e non essere sorpresi da un attacco, vento che schiaffeggia il viso, freddo umido che penetra nelle ossa, tosse che squassa il petto, nemico che non puoi vincere con la spada.
Non lo stupiva di non provare un vero interesse per le ancelle che piacevano tanto a suo fratello; lui, così raffinato su tante cose, in fatto di donne e uomini, aveva scoperto un gusto primitivo che non collimava con quello del suo stesso sangue e dei suoi amici - Thor faceva duelli con gente di rango, sortite di alcune ore in cui dava il meglio di sé, imprese che suscitavano meraviglia... non stava con la truppa di un campo di confine.
Vedeva l’onore, il lato bello della guerra.
Non vedeva le dita mozzate, la dissenteria, la paura del buio, la mancanza di quelli che più ami. Non aveva appreso l’arte lenta e costante dell’incassare senza muovere un muscolo. E pure lui, Loki, in fondo, aveva visto pochissimo, un lampo; inutile che la facesse tanto lunga su ciò che era e su ciò che non era.

Si baciarono, ma fu una cosa veloce, un incontro di lingue e denti, rozzo e liberatorio, solo un preludio di pura cortesia, come un brindisi prima di un pasto, doveroso, ma lei non era lì per quello, lui non era il suo amante, era solo uno di cui si fidava - poi Hervor rise e lo spinse su di un tavolo, spostando le pergamene con un gesto deciso “E’ qui che studi principino?”

“A volte...” non gli interessava che lei lo chiamasse così - sapeva leggere l'intenzione dietro le parole - e non lo imbarazzava stare sotto di lei… era anche più comodo per fare ciò che voleva: le slacciò il vestito senza fretta, una tunica semplice e comoda, che non le intralciava i movimenti, con giusto una spruzzata di ricami dorati lungo lo scollo - severi e geometrici, come lei - giusto quanto bastava perché il suo abito non stonasse inadatto, nel Salone, con quello degli altri ospiti.
Lei rise strofinandosi su di lui - non era sentimentale, era come un uomo e voleva solo scopare, senza inventarsi scuse e corteggiamenti e luce della luna - scacciò il pensiero di Sigyn dalla testa, con fastidio - senza farsi male con le menzogne, dopo.

Le sfiorò con rispetto le cicatrici, sentendola gemere.

“Ti si addice questa stanza” ansimò la Guerriera, inarcandosi sotto le sue dita.

“Perché? Perché è polverosa e piena di libri?” le morse la pelle lasciandole un segno. "Per i mobili eleganti?"

“Anche…” la sentì ridere, soddisfatta dal piacere dentro il dolore “ma il colore della luce… mi sa che il sole qui non illumina gli angoli, eh?”

“Un posto per gente infida e per codardi che si devono nascondere?” il tono era leggero, ma la domanda era seria - il parere di Hervor gli interessava più di quello di Sif, ma meno, molto meno di quello di Odino.

“Un posto per uno che pensa troppo e sta lì ad osservare tutto,” con un gesto deciso gli aprì la bottoniera delle brache, la mano scivolò a cercarlo parlando di ingordigia, mentre il sorriso sul viso, semi-immerso nell’ombra, gli diceva, invece, che era contenta di ciò che stava trovando. Non sarà stata la risposta alla domanda chi siamo e di certo il suo corpo non era un trattato sulla teogonia, nessuno lo avrebbe paragonato ad Yggdrasil… solo qualche ancella vogliosa di compiacerlo con paragoni nettamente fuori luogo - avrebbe riso, nel caso, per quanto nessuna se ne fosse lamentata di certo non ce l'aveva duro come il ramo di un albero millenario - ma il piacere fisico, lui lo sapeva bene, aveva comunque un suo perché.
Lei si chinò a baciarlo, impudica, non sulle labbra, con il solo intento di scambiare piacere con altro piacere.
Loki affondò le dita nei capelli della Guerriera, una treccia bionda che gli ricadeva tra le cosce, mentre il capo di lei ondeggiava ritmicamente assieme al piacere di lui, che si gonfiava in onde lunghe e lente.
Si godette il momento - avrebbe ricambiato. E infatti lo fece.

Quando ebbero finito si rivestirono a vicenda, con cura, i gesti lenti come carezze che non si sarebbero mai scambiati.

“Dovresti tornare con noi.” disse la donna.

“Per scaldarti il giaciglio?” chiese Loki alzando il sopracciglio.

“No, sei troppo giovane per dare soddisfazione duratura, ma potresti chiedere che ci mandino un paio di guaritrici.” lo guardò con occhi penetranti appoggiando il palmo delle mani sul bordo del tavolo di legno scuro, quasi nero.

“Fulla?” chiese.

“Morta, si è allontanata dal campo per cercare delle erbe e invece ha trovato una pattuglia di esploratori.” Non gli disse altro - non era necessario - e lui non chiese: Hervor aveva abbastanza esperienza per sapere cosa era successo ad un corpo, guardandolo. Se quello che era successo a Fulla fosse stato onorevole glielo avrebbe narrato.

“Sopravvaluti il mio potere.” Per lui era un dato di fatto - quella guerra era troppo lontana perché ci si preoccupasse seriamente di farla finire. Eppure una fine era necessaria, ma non sapeva su che tavolo se la sarebbero potuta giocare.

Lei non disse nulla.
Quando era arrivato al campo, aveva guardato quel ragazzino allampanato con attenzione: non era diverso da altri ragazzini che finivano nell’esercito meno glorioso, quello di asce e stracci, senza elmi brillanti, perché non c’era altro posto dove andare: se fosse stato il figlio prediletto, decise, non sarebbe stato nel fango a vomitare facendo finta di nulla, accanto al cadavere della sua prima vittima. Sarebbe stato accanto al fuoco di casa sua, imparando il mestiere di suo padre, assieme a suo padre, come fanno da sempre i primogeniti o quelli preferiti. Meglio nascere figlio di un fornaio. Molto meglio.

Sospettò che Odino non avesse perso troppo tempo coi suoi figli ad insegnargli il mestiere di Re - aveva troppo fare e non vedeva il tempo scorrere.

Se Odino glielo avesse chiesto esplicitamente, gli avrebbe tagliato la gola appena arrivato - era una Guerriera fedele ad Asgard e capiva che il suo mondo non si poteva permettere cuccioli inutili - ma nessuno le aveva chiesto nulla esplicitamente, e allora lo aveva trattato come gli altri: non gli avrebbe fatto fare cose fuori dalla sua portata, ma nemmeno lo avrebbe coccolato, che si rendesse utile.

Il cucciolo li aveva sorpresi tutti. Sia per le cose che aveva imparato, sia per come li aveva osservati, imparando anche quando non gli insegnavano, sia per lo strato di muscoli allungati, così poco… asgardiani, così’ da lupo, che aveva messo sù, sotto quelle pelle pallida e quei capelli neri, folti e setosi, così poco asgardiani anch'essi, sempre così ordinati. Possibile che nessuno gli avesse spiegato che il biondo era il colore più pregiato?
E poi l'aveva sorpresa per quelle cose di cui - assurdamente - si vergognava e che non diceva.
Una sera, guardandolo, aveva capito che lui sapeva che lei, se Odino quel giorno glielo avesse chiesto, gli avrebbe tagliato la gola. E che non la stimava di meno per questo.

“Forse. Scommetto che, se serve, lo sai leccare il culo a Corte...”

“Forse.”

“E poi sei stato tre anni in mezzo a noi nel fango.” Non avrebbe voluto dirglielo, detestava fare i complimenti a quel cucciolo sfrontato dalla lingua affilata. Non era ancora un uomo. Per quanto la riguardava non era ancora diventato veramente un uomo. Per quanto la riguardava sarebbe sempre stato più vicino ad un cucciolo. Ma, anche se cucciolo, si era guadagnato il suo rispetto.

“Niente di onorevole, niente da ricordare.” Loki le rispose freddamente. “Tre anni è niente.”

“Tre anni di merda è tanto.” ribatté brusca Hervor, accigliata, per essere uno sveglio, certe volte Loki Lingua d'Argento non capiva proprio un cazzo. “Se t’avessero preso sul confine non eri il principino, eri carne da macello come noi, quelli per cui non ci sono funerali speciali e canti di gloria, quelli che sperano solo che qualcuno si occupi dei loro figli. Con quel bel visino magari piacevi pure a qualcuno, o a più di uno, per un po’ di spasso.”

“Un uomo?” era incredulo.

“Uomo o donna... è carne, carne di sangue reale, vuoi mettere? meglio che un buco in un albero riempito di resina. Che altro hai visto lì? Hai visto uomini e donne? Io ho visto solo carne.” Si allontanò brusca da lui.

Loki si spiacque di averla fatta tornare con il pensiero alla guerra, proprio quando era lì in cerca di pace, la afferrò e la spinse contro il muro, accanto ad uno scaffale ricolmo di libri. Brusco anche lui, ma senza cattiveria.
Dopo, spazzati via i pensieri più neri, avrebbero parlato come lei voleva. Intanto era importante che lei sapesse di essere viva. E che essere vivi non era solo uccidere qualcuno o pianificare di farlo.


Sigyn aveva osservato Loki allontanarsi con Hervor.

Cosa avrebbero fatto insieme non era un mistero. Forse avrebbero chiacchierato dei vecchi tempi, ma di certo non avrebbero fatto solo quello: le mani della Guerriera mostravano senza pudore il desiderio. E il suo sorriso sfrontato la certezza che il desiderio sarebbe stato soddisfatto.
Si erano allontanati per i corridoi, senza nascondersi a nessuno, come due animali che, allegramente, andavano a consumare un boccone prelibato, solo che quel boccone erano i loro corpi.

Lei invece, era tutto il contrario: si vergognava, per prima, con Theoric.
Sapeva che cosa aveva desiderato, sapeva il suo cuore come aveva accelerato il battito e il brivido, quando, andandosene, lui l’aveva sfiorata casualmente. Sperò tanto che il ragazzo non se ne fosse accorto e che non l'avesse giudicata male.
Non desiderava quello che avrebbero fatto il Principe e la Guerriera, no, per quello non era… non era pronta.
Aveva desiderato solo un bacio, qualcosa solo suo, da ricordare. Soprattutto aveva desiderato che qualcuno più come lei, più semplice, diciamo, uno meno affilato, la trovasse piacevole; non dico speciale, non come Sif, che solo con un sorriso, se voleva, toglieva agli uomini il fiato, ma piacevole a modo suo, in un modo adatto a una Sigyn… una con i capelli che non erano d’oro, eppure, raddrizzò le spalle, erano belli di loro, e con il seidhr che non era all’altezza... Corrugò la fronte - quanto ci aveva sperato di essere presa da Freya… desiderava imparare da lei, ma non per colpire, o sedurre, avrebbe voluto essere una guaritrice. Vivere in un villaggio, con una casa tranquilla, tutta sua, nella foresta.
A Loki - al Principe - non lo aveva detto; forse Frigga l'avrebbe considerata ingrata.

Come non gli aveva detto quello che desiderava da questo ballo: incontrare qualcuno che volesse le sue labbra, non perché qualche altra parte del suo corpo lo aveva deciso, ma perché la trovava piacevole, amabile, e non solo perché una sera c’era la luna e la brezza dal fiume e perché nel buio della festa, in fondo, si baciavano tutti. Ma perché era lei. Era lei e basta.
Ripensò a quanto si era vergognata per il no di Freya, parole eleganti su una pergamena, le aveva lette e rilette e solo dopo qualche giorno aveva trovato il coraggio di comunicarle a Loki, facendo finta che non le importasse. Forse lo aveva deluso? Aveva passato tanto tempo a studiare con lei… e lei era stata solo una allieva deludente, non una promettente seidhkona, ma la solita Sigyn.
Quella che non aveva colto l’attimo con Theoric, pensando che non fosse giusto, perché il suo non era un cuore integro, e che, forse, quel ragazzo semplice come lei, meritava di meglio.

Sentì la mano di Thor posarsi sulla sua spalla. “Vuoi ballare?” bofonchiò lui imbarazzato.


Lei annuì grata. Un paio di balli, giusto per dire di essersi divertita, senza mentire, e poi se ne sarebbe tornata in camera sua. Theoric era stato impossibile da trovare, sia nel Salone, che per i giardini pensili - lo aveva cercato a lungo, ma forse si era perso con qualche ancella ancora più semplice di lei, e comunque adesso, a mente fredda, non avrebbe saputo che dirgli - impossibile ricucire l’attimo.

Inoltre, se avesse indugiato troppo nel Salone, vi avrebbe visto emergere, ad un certo punto, il Principe e la Guerriera, con addosso l’uno l’odore dell’altra.
E questo non lo avrebbe sopportato.

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Capitolo 3
*** Il ballo ***


3. Il ballo

Il Principe e la Guerriera riemersero dalla Biblioteca con un sorriso enigmatico sul volto, e, come entrarono nel Salone, si separarono senza fretta, senza nemmeno cercarsi con lo sguardo.
Hervor fece il giro degli invitati, salutando le facce note, con la sua voce roca, una cuspide tra sensualità e sguaiataggine, le spalle fiere tenute ben dritte e i gesti bruschi.
Il Salone apparteneva alla parte vecchia del Castello, ed aveva i pilastri di pietra squadrati e appena sbozzati, con incisi serpenti ed antiche rune - in quella austera barbarie, Hervor, la Guerriera bionda, sembrava decisamente al suo posto, molto più di tanti damerini. Odino aveva seguito il suo consiglio, per una volta - Frigga in realtà, sospettò Loki con un sogghigno, sua madre era un'ospite perfetta - avevano fatto bene ad allestire la festa per i Guerrieri proprio lì, e non dove venivano ricevuti, di solito, gli ambasciatori: i Guerrieri invitati avrebbero preferito questa parte del Castello che ricordava gli antichi valori, ancora vivi per loro, mentre non si sarebbero sentiti a loro agio in mezzo a tutto quel marmo e a tutto quell'oro che infestava il Castello - e forse, pensò di sfuggita Loki, quelli che venivano dalle zone di confine ed avevano passato gli ultimi mesi nel fango, mangiando qualunque cosa si muovesse e che non era un uomo, non avrebbero apprezzato tutto quel lusso.

Loki, silenzioso, si appoggiò ad una colonna bassa e tozza, vicino all'ingresso del Salone. Era molto elegante, con quei capelli neri lucidi portati lisci dietro le orecchie e con l'abito semplice, ma impeccabile nonostante l'escursione in Biblioteca.
Osservò senza farsi osservare lo sguardo di disapprovazione di Wili, il fratello di suo padre - Lord Wili, Pugno Nell'Ombra - sapeva di non piacergli. Era stato solo dopo Hervor, però, che aveva cominciato a sospettare di non essergli mai piaciuto... forse perché suo padre aveva sempre detto che avrebbe scelto lui il suo successore? Perché a Loki era stata promessa una occasione che per Wili non c'era mai stata?
Con le braccia incrociate sul petto, passò ad osservare Sigyn che ballava con Thor: erano carini insieme. Cercò con lo sguardo, automaticamente, l’oro dei capelli di Sif tra gli invitati, quasi tutti biondi.
Se Sigyn fosse stata una che si allenava con la spada, il giorno dopo, nell’Arena, ne avrebbero viste delle belle: Sif, la guerriera, avrebbe inchiodato Sigyn, la streghetta, sulla schiena, sabbia nei capelli e sangue da qualche parte, preferibilmente la bocca, dove ti avrebbe fatto male quando parlavi, mangiavi e bevevi. Proprio come faceva con lui, quando erano ragazzini, ogni volta che doveva pareggiare un conto con Thor.

Forse. O forse no.

Lui avrebbe scommesso su Sigyn - se non altro come augurio che la streghetta riuscisse a far mordere la polvere alla guerriera.
Se avesse usato il seidhr ci sarebbe riuscita, ma, forse, gli altri avrebbero obiettato che non era stata leale - tipico della cricca di suo fratello, fin da ragazzini: se lo colpivano con l‘arma in cui erano più forti loro, allora era leale, se usava l’arma in cui era più forte lui, allora non lo era.

Suo fratello era bello, decise, con quei capelli biondi e lunghi, con quella sovrabbondanza di muscoli da cavapietre - usavano tutto il giorno un martello pure loro, eh! - e con quella barbetta curata. Non aveva neanche una cicatrice sul viso, e, soprattutto, aveva quel sorriso così aperto, da cucciolo ben pasciuto, convinto che tutto sarebbe sempre andato bene per lui e per i suoi. Uno che sembrava avere la certezza non solo di avercele, lui, sette vite, ma che ce le avessero tutti, e che proprio tutti si aggirassero per il mondo come faceva lui, senza una preoccupazione per la testa.
Avrebbe fatto una bella coppia con qualunque tipo di ragazza appesa al braccio; Sif, che non si faceva avanti con Thor, aveva molti problemi ad accettarlo, ma lui, Loki, lo ammetteva senza troppi patemi d'animo - non invidiava Thor, non lo aveva mai invidiato, erano partiti alla pari, forse, o forse no, ma lui era diverso e non c’era molto da fare: Thor era nato per essere amato, ammirato e protetto. Lui, Loki, a quanto pareva, no.

A volte, certe sere, pensava di essere nato per essere annegato in un catino, come certi gattini in soprannumero. Lo aveva pensato quando era arrivato al campo di Hervor e aveva capito che la sua lucente armatura, dono di suo padre, di cui era stato tanto orgoglioso, più bella di quella di Thor, sarebbe stata un facile bersaglio per l'arco o la balestra di un Vanhir qualsiasi, appostato dietro un cespuglio. Senza contare l'arroventarsi al sole - non riusciva a capire come facesse suo fratello, e soprattutto Sif, con quella sua armatura che sembrava il corpetto di un vestito, che, addirittura, era scollata e seguiva i rilievi dei seni (servisse poi a qualcosa...). Probabilmente le loro armature non si arroventavano perché loro non stavano con la fanteria, marciando per giorni, il passo uguale per tutti, sudando sotto il sole, e non gli toccavano ore di guardia, ma perché scendevano in battaglia, solo quando serviva.
L’aveva sostituita quasi subito con cuoio e con placche di metallo ricoperte di cuoio, nei punti in cui non poteva permettersi di essere ferito (cuore, arteria femorale, ginocchio, inclusi). In questo modo aveva una armatura che lo proteggeva di meno, ma, di sicuro, molto più discreta - sembrava che indossasse un abito di pelle. Inoltre, non solo gli lasciava liberi i movimenti, ma gli consentiva anche di confondersi con la notte e con la nebbia. Cosa che, all'occorrenza, si era rivelata molto utile.
L'unico svantaggio era che il sangue impregnava il cuoio - su una armatura l'odore metallico della morte si sarebbe confuso con quello della cotta, o degli spallacci, col cuoio ci voleva un vero lavaggio per dimenticare di avere il sangue di qualcuno sulle mani. Cosa che non gli spiaceva: se, come pensava certe volte, lui era - era stato - un gattino inutile da annegare, allora avrebbe fatto di tutto per sopravvivere ed era bene che ogni tanto se ne ricordassero tutti.

Altre volte, invece, pensava di essere nato per godersi tutta la sua vita, fino in fondo, perché lui si che ne aveva una che valeva per sette.

E altre volte pensava… altre cose.

Ma suo fratello, lui, lo amava. Per lo meno… lo amava per la maggior parte del tempo. Il sempre ed il mai in natura non esistono, pensò, se non per quanto riguardava la morte.


E Sigyn? beh Sigyn era Sigyn.

La osservò spassionatamente, stringendo gli occhi: il vestito era sbagliato, decisamente, si capiva che le era stato prestato da qualcuna più alta e più mascolina, e sistemato nei ritagli di una giornata. La infagottava, ricoprendola fino al collo, come il vestito di una festa proprio non dovrebbe proprio fare; il blu spento, quasi polveroso, non le si addiceva - era stato pensato per far risaltare lo splendore di una donna bionda e statuaria - chi glielo aveva prestato si era degnata, ma non sprecata. La stoffa era di qualità, ma molto leggera, e nei giardini pensili, se non fosse stato per i bracieri disposti ad intervalli regolari e per il calore emanato dai muri, con l'avanzare della notte avrebbe avuto bisogno di essere riscaldata. Ma per quello c’era Theoric, pensò sogghignando tra sé.
Su di lei sarebbe stato bello il verde scuro del muschio, adatto alla cercatrice di erbe che era.
Sarebbe dovuta passare da lui, pensò per la seconda volta, ma, tutto sommato, meglio così: ci mancava solo un Fandral tra i piedi in Biblioteca, che li disturbava durante lo studio per fare il cretino con Sigyn.

Le sei o sette trecce in cui aveva raccolto, in parte, i capelli iniziavano a sciogliersi, per mancanza di spilloni e perle. Eppure nell’insieme non era niente male, ma, principalmente, perché i dettagli rivelavano la gioia del primo ballo importante a cui veniva invitata.
Scherzava insieme a Thor per qualche passo in cui si erano sicuramente incartati a vicenda. Vide che lui la sollevava ridendo, facendola piroettare e che lei gli poggiava le mani sulle spalle con confidenza, i nasi che si sfioravano senza intenzione e senza imbarazzo.

Erano carini insieme non perché fossero bravi, piuttosto, proprio perché erano due ballerini entusiasti e davvero tremendi, che se la stavano spassando, incuranti dell’effetto che facevano agli altri.
Facevano tenerezza, non come due cuccioli, decise con una onestà che rasentava qualcosa di brutale, ma più come un mozzo alla sua prima volta in mare, che, senza fare attenzione, finisce per sputare controvento.

E no, Sif non avrebbe apprezzato. Non l'avrebbe indispettita il vestito, o l’acconciatura, e nemmeno il colore dei capelli - sbagliando - ma le avrebbe fatto rabbia quella confidenza tra i due, che l’avrebbe fatta sentire al secondo posto.

Sogghignò. Sif, lui lo sapeva bene, adorava primeggiare. Anche nell'affetto di Thor.
Per quello quando puniva Thor lo puniva tramite lui.


Probabilmente nemmeno Theoric avrebbe apprezzato quei due: era palese che era stato archiviato... gli venne da sorridere - a Sigyn non serviva davvero un guerriero giovane, imbranato e, soprattutto, inventato, per farla divertire: se la cavava molto bene anche da sola.
Meglio, rifletté spassionatamente, Sigyn, forse lei non lo aveva capito davvero, ma per lui era stato molto chiaro, Sigyn stava per baciare Theoric, lì fuori, in giardino, sotto la luna. E le sarebbe anche piaciuto.

Fu a quel punto che Hervor lo raggiunse, interrompendo i suoi pensieri. Arrivò scortata proprio da Fandral, un amico di suo fratello, un leccatissimo damerino con il pizzetto perfetto e un gusto particolarmente sviluppato per la galanteria.
Lei annunciò che voleva scendere ad una locanda, aveva bisogno di aria - Loki tradusse, rigorosamente nei suoi pensieri, in “birra”, e nella “possibilità di dire qualche parolaccia, ora che scopare aveva scopato e salutare aveva salutato”. Si offrì di accompagnarla con estrema cortesia - era un Principe - mentre Fandral declinò l’invito con una cortesia in quantità leggermente inferiore, ma, per bilanciare e farsi perdonare, con il suo solito sorriso affascinante. Al suo passare quel sorriso non schiudeva fiori, ma cosce diafane.
Fandral non era scemo, lo capì, e non voleva certo farsi incastrare in qualche bettola con una Guerriera rissosa e dal pessimo carattere, non con tutte quelle ancelle arrendevoli e tutta quella luna.
Sigyn li incrociò per tornarsene in camera sua, topolino che desiderava passare inosservato. Di scatto lui tese il braccio e la afferrò proprio sopra il gomito.


“Vuoi venire con noi?”

La domanda gli scappò. Puoi dire di no, Sigyn, dì di no.

“Dove andate?” Ti importa il dove, quindi? Daresti la stessa risposta al giovane Theoric sotto la luna? Se ti chiedesse di sequirlo all’ombra del porticato?

Hervor le sorrise, amichevole: “Non ne posso più di canzoni e balli, ho voglia di bere qualcosa e rilassarmi. Vieni pure con noi, piccola.”

Sigyn la guardò severamente, mentre una risposta le aleggiava dietro le labbra ben chiuse e cioè di quali balli e di quali canzoni cianciava mai visto che, appena arrivata, era sparita con il Principe in Biblioteca… cosa avevano letto di grazia? Ne aveva una idea abbastanza chiara; poteva sentire su tutti e due la mescolanza dell’odore dell’uno e dell’altra.

“Prendi un mantello e sbrigati.” le disse Loki, brusco, “Noi non aspettiamo.”

Fu così che alcuni minuti dopo si ritrovò a trotterellare dietro le gambe lunghe di quei due, avvolta nel suo mantello con cui andava nei boschi, un po’ logoro e dal colore sbiadito, fendendo l’aria pungente della sera. La temperatura si sarebbe abbassata bruscamente, lo sapeva, ma aveva fatto più in fretta che poteva e non le era riuscito di trovare i guanti e nemmeno le era venuto in mente di infilarsi i suoi stivali… e ora eccola lì che saltellava con le scarpine da ballo, tra i ciottoli delle stradine della città vecchia, cercando di evitare il fango e le storte.

Loki non si voltò una sola volta a guardarla, tranne quando sentì arrivare una carrozza, allora la prese per un braccio attirandola verso il muro dei palazzi che costeggiavano la via, e lei si irrigidì sentendo su di lui l’odore di Hervor.

Una volta entrati nella taverna che quei due avevano scelto, la sospinsero verso un tavolo in un angolo, facendola appollaiare su un sedile alto, di legno.

Loki le lasciò sole un attimo a studiarsi l’un l’altra - Hervor palesemente curiosa, quasi ineducata, Sigyn più timida, ma tranquilla.

Quando Loki tornò, oltre a bottiglia e bicchieri, aveva tra le mani, avvolto in strati di stoffa, un mattone scaldato nel camino, che sistemò in terra accanto a Sigyn. La ragazza lo guardò con gratitudine, poggiandoci i piedini sopra - Hervor era vestita a strati e indossava degli stupendi stivali bordati in pelle di lupo, Loki sembrava non soffrire mai il freddo, anzi, sembrava amarlo, studiare con lui in inverno significava starnutire disperatamente mentre Loki ti guardava perplesso, ma lei era uscita come era vestita per il ballo e ora senza il mantello, con quella stoffa così elegante e leggera, troppo leggera…

“Io direi di fare un gioco Sigyn che ne dici? Si chiama Io non ho mai, ma alcuni lo chiamano Umiliazione...” Hervor ridacchiò “si tratta di fare una affermazione in cui si rivela una cosa che non si è mai fatta. Se qualcuno dei presenti l’ha compiuta, allora dovrà bere. Se nessuno beve... berrà chi ha parlato…”

Sigyn sbatté gli occhi incerta - non voleva giocare con quei due, ma non poteva nemmeno lasciarli lì e tornarsene da sola al Castello.

Loki piazzò la bottiglia nel centro del tavolo e tre bicchierini. Sigyn rabbrividì ed Hervor rise. “Su ragazzina, deciditi!”

Dopo, lo rimpianse almeno un paio di volte, ma in quel momento sentì di detestare Hervor e Loki perché la chiamavano ragazzina e piccola - non lo era - per cui decise, in piena coscienza, che farsi umiliare da quei due lupi, per una serata, restando al tavolo, non fosse cosa peggiore che farsi umiliare ammettendo di non voler bere con loro e di non reggere l’alcol e di non voler dividere con nessuno dei due i fatti suoi e di essere gelosa - non gelosa marcia, sia chiaro! ma comunque gelosa - della loro intesa.


Note finali: per Io non ho mai... devo ringraziare agatha di Loki's Tirlogy: leggendo la sua storia mi è venuto in mente (io lo avevo conosciuto grazie a David Lodge, in versione astemia e letteraria) e l'ho usato come artificio evitando lunghe chiacchiere tra questi tre... che si dicano quello che si devono dire e stop!

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Capitolo 4
*** Il brindisi ***


4. Il brindisi

Cominciò Loki.

Era seduto comodamente su una sedia dallo schienale alto e rozzamente intagliato, in una posizione da cui poteva osservare un po' tutto l'interno della taverna, ed essere osservato. Si appoggiò mollemente all'indietro, come se quello fosse stato un trono,e disse: “Io non ho mai fallito la mia prova di ammissione da Freya...” il tono di voce era sereno, mentre la guardava negli occhi senza mollare la presa tra i loro sguardi, e Sigyn si sentì inchiodare al suo posto, nell'alto sgabellino, intimidita.

Hervor sorrise e si ravviò una ciocca bionda dietro le orecchie, con un gesto lento “Non avendoci nemmeno mai provato, sono esclusa dalla penitenza, immagino...” disse, e, con la punta delle dita, allontanò da sé il suo bicchierino.

Tutti e due, a quel punto, guardarono, gelidi, Sigyn, in attesa della sua risposta. La ragazza arrossì, in modo quasi impercettibile, ma non abbastanza da passare inosservato, non a quei due, almeno (ne fu dolorosamente conscia), e bevve a piccoli sorsi, imperturbabile, anche se, dentro, il cuore le faceva proprio male.

Hervor la studiò a lungo, come faceva Lady Sif nell'Arena, pensò Sigyn con un certo stupore: Hervor la stava guardando proprio come Lady Sif guardava il suo avversario, prima di scattare per colpirlo. Poi la guerriera dichiarò: “Io ho sofferto la fame, ma non ho mai dovuto frugare nell’immondezza per procurami il cibo.”

A quel punto, Sigyn bevve di nuovo senza staccare gli occhi da quelli della donna.
Loki le lanciò uno sguardo inquisitivo, sollevando un sopracciglio perfettamente arcuato, ma non commentò.

E così, rifletté la ragazza, poggiando il bicchierino vuoto con delicatezza sul ripiano di legno del tavolo, una le aveva appena dato della pezzente, raccolta per pietà, e, altrimenti, destinata alla strada, e l’altro dell’incapace deludente. Accarezzò piano il legno, seguendo il cammino delle venature naturali che si incrociavano con le incisioni fatte dagli Aesir negli anni. La gola, il naso e lo stomaco le bruciavano. Ora toccava a lei scegliere una affermazione che inchiodasse quei due.
Si concentrò cercando di escludere il vociare degli altri avventori dai suoi pensieri. Avrebbe voluto dire Io non ho mai ucciso nessuno, ma le sembrò una cosa ben peggiore da ammettere e far ammettere: quei due, comunque la mettevi, erano due assassini. Lei no. Lei aveva solo cercato di cavarsela come poteva e come sapeva, senza fare del male a nessuno. A lei era capitato di dover prendere gli scarti - ed esserne pure felice - non di prendersi una vita.

Sentì il gelo risalirle lungo la schiena - non avrebbe mai potuto dire questo al primo estraneo che era stato gentile con lei. Mai.
Non poteva farlo alla persona che le aveva preso la mano davanti alla pira accesa, mentre lei sentiva tutto quel dolore perché qualcuno - assassino anche quello - aveva ucciso chi le era stato caro.

Fu come se le avessero letto la mente perché tutti e due le sorrisero - un sorriso da lupo, un sorriso che non prometteva nulla di buono - “Allora?” chiesero all’unisono, ma senza mostrare altri segni evidenti di impazienza.

La ragazza fissò il fuoco quasi spento nel camino - restavano solo delle braci sotto la cenere, non faceva ancora freddo sul serio - poi, accarezzando con le mani una incisione a caso, scavata nel tavolo, si limitò ad ammettere di non avere mai visitato il confine coi Vanhir, senza osare guardarli, le guance che bruciavano.
Hervor scambiò uno sguardo divertito con Loki, tutti e due avevano uno strano brillio negli occhi, poi lui replicò pacato “Fatto." e, dopo che Sigyn annuì, aggiunse "Anche se la frase che avevi in mente non era questa, presumo... e... riguardo l’altra, quella che non hai osato pronunciare... ho fatto anche quello. Non ne vado fiero, ma nemmeno me ne vergogno.”

“Lo stesso per me. Ma, a quanto pare, per te è un problema, cuoricino.”

Loki avrebbe voluto aggiungere che anche Thor aveva mandato molti uomini nel Valhalla e che ne era fiero, solo che Thor li considerava tutti dei mostri e, quindi, su di lui non si notava, ma pensò che sarebbe stato sciocco: lui era quello che era e basta.

E faceva quello che gli pareva.

 .

Un paio di bicchierini dopo, Loki annunciò ridendo “Io non mai ballato con Thor.”

Hervor rise anche lei, corrugando la fronte, mentre una stanchissima Sigyn mormorò “Tu non balli mai…”

Tutti e due guardarono la piccola bere, riluttante: si capiva che non ne poteva più, eppure non diceva basta.

Hervor lanciò verso Loki uno sguardo meditabondo mentre rifletteva tra sé e sé. E così la stai facendo bere, lo sguardo scivolò su Sigyn, fai bere la testimone ed il paravento dei nostri discorsi ellittici... chiunque chiedesse, dopo, verrebbe a sapere solo di un gran mal di testa e di un po’ di cattiveria… scosse la testa eppure stiamo parlando solo di pace, di guerrieri stanchi, di mancanza di un ricambio generazionale alla lunga… Odino sa o non si rende conto? di perché mai i Vanhir stanno passando i nostri confini alla spicciolata… non ti fidi del Re, quindi? Nel tuo Castello potevamo scopare come due animali, mentre gli altri ballavano a pochi piedi di distanza, ma non potevamo parlare? Pensi che il Re spierebbe i tuoi discorsi? O i miei? Eppure io sono sempre stata fedelissima ad Asgard... O sono i Guerrieri quelli di cui Odino non si fida? Lo pensi o lo sai? Vuoi che lo pensi io? Oppure non è del Re che non ti fidi, ma di tuo padre?

Poi si riscosse e sussurrò “Io non ho un tatuaggio sul braccio.”

Loki non bevve e guardò Sigyn che cominciò a giocherellare con il bordo del suo bicchierino, per la prima volta incerta su cosa fare: valeva il segno che aveva? O Non valeva? Un tatuaggio è una scelta libera, ma lei...
Non voleva mentire a quei due, pensò con un sospiro: stava giocando al loro gioco, anche se, oramai, nemmeno lei capiva più perché... davvero doveva dimostrare qualcosa? a quelle due bestie? e perché? Solo che non voleva assolutamente imbrogliare.
In ogni caso, se lo avesse fatto, sapeva che se ne sarebbero accorti - aveva troppo alcol in corpo per colpa di quei due - per cui, istintivamente, cercò gli occhi di Loki per chiedergli aiuto. In quel momento Hervor l’afferrò per un braccio e la trascinò rudemente versò di sé, facendola quasi sdraiare attraverso il tavolo. Sigyn cercò di ritrarsi, sdegnata, ma la guerriera le teneva il braccio bloccato. Per alcuni istanti si guardarono negli occhi e non fu uno sguardo amichevole quello che Hervor vide.

“Sei testarda, te lo concedo,” mormorò la bionda, con un tono di voce molto serio “ma hai mangiato troppi cavoli marci da piccola e troppo poco cinghiale, rispetto a me.”

Sigyn non distolse lo sguardo, poi con un gesto rapido gettò il contenuto del bicchierino in faccia alla donna, dritto negli occhi, facendole mollare la presa; a quel punto si appiattì contro lo schienale dello sgabello, pronta alla fuga.

Hervor si asciugò la faccia “Buon diversivo, ma ha funzionato solo perché non me l’aspettavo.”

“Ha funzionato. Il resto sono chiacchiere.”

“Chiedile gentilmente” Loki aveva un tono di voce neutro, Hervor lo guardò, annuì e poi con voce cortese “posso?” domandò con un sorriso enigmatico.

Sigyn sussurrò “Prego” porgendole il braccio.

Delicatamente Hervor le sollevò la manica fino al gomito e poi osservò il tatuaggio minuscolo proprio sopra l’incavo. Lo sfiorò, concentrata “E’ un numero, scritto usando le rune. Lo tatuarono sulla pelle delle bambine nate nei campi ” disse con voce impercettibile, “Gli Elfi Neri… loro... le hanno catalogate...”

Loki, si chinò ad osservare con attenzione quel segno che di solito Sigyn teneva ricoperto dalla stoffa o da un bracciale.
Incuriosito sfiorò il marchio seguendo il contorno di ogni minuscola runa, con gesti lenti a fior di pelle. Vide il seidhr di lei serpeggiare sotto le sue dita, irrequieto, come il vento del Nord, quando arrivava gonfio di fulmini, e dentro di sé sorrise... troppo facile, così, Sigyn, se questa fosse una domanda, saprei già la risposta...
Si chiese oziosamente cosa sarebbe successo se avesse seguito la linea di quella pelle d'oca, così rivelatrice, con la punta della lingua invece che con quella delle dita. Theoric avrebbe dovuto sperimentarlo, prima, sotto la luna, lui che aveva una impacciata lingua di miele, che sarebbe stata ancora pià dolce, per lei, nei suoi ricordi. Peccato per la mancanza di educazione di Thor. Peccato davvero.
O per fortuna.

“E così è vero…“ continuò la donna bionda, a voce bassa “al Castello ci sono delle Dimenticate. Qualcuno le ha mai cercate?”

“Ci sono anche io che vi ascolto” la vocetta di Sigyn era quieta e vagamente indignata. Hervor rise, prendendola in giro “Oh guarda guarda... a quanto pare non possiamo parlare di te come se non ci fossi… non possiamo permetterci!" si leccò le labbra e avvicinò il suo viso a quello dell'altra "Cosa fai al Castello , Lady Sigyn, dimmelo... pulisci i pitali?”

“Se capita” rispose l'altra con un sorriso imperturbabile.

“Studia il seidhr.” intervenne Loki asciutto.

“Una seidhkona? Ma guarda, guarda... un lavoro per vacche, dicono ad Asgard... Vuoi prevedere il futuro, ragazzina?”

Sigyn arrossì per l'ennesima volta, detestandosi, ma non rispose. Non lo aveva raccontato al Principe Loki cosa voleva fare, solo ad una vecchia che veniva dal campo, come lei, e non vedeva proprio perché dovesse lasciarsi andare a scambiare confidenze con Hervor - che non aveva mai visto prima - come se fossero state care amiche. Non lo erano.
Nella taverna, Loki ed Hervor tra una calpestatina e l'altra al suo orgoglio, avevano parlato tra loro in modo ellittico… e lei aveva cercato di non ascoltare. Non si erano annoiati alla festa, Hervor non voleva bere birra perché l’idromele non era abbastanza forte… quei due volevano un posto tutto loro per parlare, a spizzichi, di cose che non volevano venissero sentite, ascoltate, e raccontate senza che loro le potessero controllare.

Lei era lì solo per… cosa? Si alzò in piedi e si scusò - aveva bisogno d’aria, ma sarebbe tornata, glielo assicurò decisa (o meglio, abbastanza decisa, per come si sentiva). Poi uscì in strada, attraversando la taverna come in un sogno, si appoggio al muro e respirò a pieni polmoni l’aria fredda e pulita, cercando di cancellare l'odore di legno di pino, birra e sudore... Poi guardò in alto, e le parve che le stelle in cielo stessero traballando.

 

Hervor colpì Loki su un braccio senza fargli davvero male “Dovevi insegnarle a tirare con l’arco, è deboluccia… non saprebbe difendersi.”

“Non c’è onore nell’arco, lo sai.”

“E certo! Un eroe, nella sua splendida armatura tutta cesellata, costata tanto denaro e che splende sotto il sole, non può essere colpito - alla gola e a 50 piedi! addirittura! - E da chi poi? da un pezzente qualsiasi, con un’arma di legno fatta in casa… non c'è onore!”

“Non hai il diritto di criticare mio fratello davanti a me.” La voce di Loki era gelida, mentre riconosceva benissimo la parodia di un discorso di Thor, sulle armi degne ed indegne di un guerriero.

“Insegnale a tirare con l’arco, ha il seidhr… avrebbe una mira da paura-”

“E allora? Non ne ha abbastanza.”

“Per il tuo metro…” la donna era dubbiosa. Loki giudicava spesso la gente con parametri severi, calati su di lui, e questo era un limite.

“E’ il solo che conta, mi pare, se devo (e non devo) e se voglio (e non voglio) perdere il mio tempo ad insegnarle qualcosa.”

“I muscoli li teneva tesi, ma non ne ha a sufficienza nemmeno per farmi il solletico. Però voleva tenere il punto e non ha perso la pazienza con le tue domande, né te ne ha poste del tipo che facessero una breccia irreparabile..." rise sguaiata "Anche se ci ha pensato, eccome se ci ha pensato…”

Loki sogghignò, ma non disse nulla.

“Ma non regge l’alcol.” proseguì Hervor, pensosa, “Se non rientra tra cinque minuti va a controllare che qualcuno non se la stia sbattendo in qualche vicolo. Sai come cantano i soldati quando scendono in città, vero? Tu tieni tra le gambe un gran tesoro, lasciami entrare, bella, nel tuo foro! Una ragazza alticcia può non essere un brutto modo per concludere la serata. Tanto la piccola non saprebbe difendersi..." Hercor guardò Loki da sotto in sù, sorniona, "Dato che tu non hai il tempo di insegnarle ad usare un arco...”

Loki contrasse la mascella in modo quasi impercettibile. Quasi.
E continuo a non dire nulla.

“La sua arma è l’arco, se fosse un mio uomo è questo che direi. Concentrazione, silenzio… mira, nervi saldi e non servono troppi muscoli. O, per lo meno, non quanti ne servono per maneggiare un'ascia.” scherzò "L'ascia non la prenderei proprio in considerazione..."

“Non credo voglia occuparsi di guerra.”

“Può portare a casa un cinghiale, a patto che il marito glielo trascini fino a casa, e sfamarci i suoi figli. Una strega... bel musetto, il corpo non lo so," ridacchiò, "Ma chi le ha dato quel vestito a proposito? quello si che è un assassino... ad una festa in cui molti se la spassavano..." poi terminò pratica, riprendendo il discorso, "Se sa portare a casa la cena oltre che cucinarla, ad un guerriero piacerebbe, pure ad un mugnaio. Anche senza una dote.”

“Immagino.”

“Solo ad un principe non interesserebbe, ma un principe non sposa una ancella di sua madre.”

“Sei una esperta di etichetta...”

Hervor rise e non insistette oltre.

Fu in quel momento che Sigyn riapparve accanto a loro, in piedi, un pochino malferma sulle gambe.

“Tocca a me,” disse, “spero non abbiate obiezioni…”

“Se vuoi vincere questa mano, puoi pure giocarti il non ho mai baciato nessuno, piccola” disse Loki con un sorrisetto decisamente odioso.
Hervor lo guardò con sorpresa, ma Sigyn riempì il suo bicchiere fino all’orlo senza dargli peso. Poi disse: “Io non ho mai umiliato qualcuno che non mi aveva fatto proprio nulla di male e che... che per me aveva… che mi considerava…" cercò le parole dentro di sé, poi concluse decise con "Che mi rispettava.” e sollevò in alto il bicchierino come per un brindisi.

Loki sollevò il suo e pure Hervor fece lo stesso, tutte e due con un sorriso crudele da lupo che mostrava le zanne, pronto a colpire. Sigyn rabbrividì e bevve tutto di un fiato, mentre i due la guardarono stupiti, il bicchiere a mezz’aria.

“Bevo io,” disse asciugandosi la bocca con il dorso della mano “perché nessuno di vuoi due mi ha umiliato. Io sono quella che sono e quella che decido di essere. E faccio con quello che ho a disposizione” poi sorrise, cortese, “si,” disse, “ho frugato nell’immondezza per poter mangiare qualcosa, e no, non mi è piaciuto, ma se non lo avessi fatto mi sarei lasciata morire e io questo non lo volevo.” Corrugò la fronte, pensosa, rievocando qualche ricordo dentro di sé da cui quei due erano esclusi “Ho mangiato anche dei lombrichi per la precisione. Cucinati sotto la brace. E ho cotto dei girini solo con i raggi del sole, sopra un sasso. E sono ancora qui per raccontarlo.”

Sbatté con decisione il bicchierino sul tavolo, poi aggiunse, con l'aria più dignitosa che le riuscì di mettere insieme: “e ora vorrei tornarmene al Castello , perché ho la nausea e credo che sto per vomitare.”

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Capitolo 5
*** La passeggiata ***


5. La passeggiata

Loki trattenne a fatica una risata, affondando la fronte nelle mani, i gomiti poggiati sul legno scuro del tavolo - non voleva che lei lo vedesse ridere così liberamente, l’avrebbe presa molto male, temeva, ma Sigyn… oh Sigyn… li aveva mandati a quel paese, tutti e due, armata solo di uno sputo contro di loro, che erano tempesta e temporale.

E così Sigyn, non ti sei appellata al nostro lato migliore, così convinta che da qualche parte ci sia... Non ti interessava che ci vergognassimo o non si vergognassimo delle bestie che siano... hai voluto solo mettere in chiaro che sei tu che non ti vergogni di non essere come noi. Non hai bisogno che ciò che fai sia convalidato dall'approvazione, quindi? Non ti interessa che siano un Principe ed una Guerriera a dirti cosa pensare di te stessa... eppure...
E questo nonostante il "rispetto" che ci porti. O forse c'entra anche l'affetto, piccola Sigyn? Hai fatto fatica a trovare la parola giusta... quindi c'è ancora "affetto"? Anche se non sei più una bambina che non vuole farsi lavare dalle ancelle e che si lascia impressionare da un paio di piccole magie?

Lo aveva fatto sorridere che tutta la drammaticità del momento fosse svaporata in quel suo commento così umano, povera Sigyn... avrebbero dovuto fermarsi prima e non farla bere troppo.

Sentì Hervor che gli assestava una gomitata nelle costole - la sua solita delicatezza da Guerriera... le mancava solo un cazzo e poi era proprio un uomo, ma uno in confronto al quale suo fratello Thor era un poeta!
Avvertì che si era alzata, la sedia smossa contro il pavimento, i suoi passi che si confondevano col vociare della taverna: a quanto pare la dolce Sigyn se ne era andata a prendere aria e Hervor l'aveva seguita in un rigurgito di solidarietà tra donne.
Al Castello, decise, le avrebbe dato qualcosa per la nausea: tanta acqua da bere ed una bella tisana, non era necessario scomodare il seidhr per una cosa così - tecnicamente non era nemmeno ubriaca, aveva visto Thor e la sua cricca bere fino a rendersi ridicoli, loro sì che avevano superato tutti i limiti, pure lui una sera... e aveva visto bere i suoi uomini. Lei aveva solo camminato oltre il confine per un passo, niente di che. Un passo un po' troppo traballante, forse. Ma sempre e solo un passo.

Intanto Hervor, in strada, osservava Sigyn, pallida, con la schiena poggiata contro il muro scabro della taverna, che cercava di combattere le ondate della nausea - la ragazza non era proprio abituata a bere, accidenti!

“Camminare ti farà bene...” il tono le uscì più brusco di quanto non avesse voluto.
Sigyn non rispose. Hervor le porse il mantello logoro, che l'altra aveva dimenticato dentro, e lei lo prese con mani malferme, sistemandoselo sulle spalle.

“Mai stata baciata, quindi?” insistette in tono leggero la guerriera, ottenendo in cambio uno sguardo di fuoco, ma non proprio a fuoco “ma sei una ancella di Frigga... sei una donna libera o no?”

Sigyn continuò a fissare il cielo, ed un tuono arrivò a spezzare il silenzio. Le gocce di pioggia cominciarono a cadere gelide e fitte, come una esplosione tutta di acqua e la ragazza sollevò il viso verso il cielo, grata, spostandosi in mezzo alla strada, le braccia aperte ad accogliere questo ruscello su di sé, lavando via la serata e tutte le cose dette tra loro. Voleva solo dimenticare.

Hervor sorrise, mentre la guardava bere la pioggia gelida - te ne accorgerai domani mattina... pensò divertita non basterà un acquazzone a rimetterti in sesto - poi, la prese per un gomito, delicatamente, e la portò sotto la sporgenza del tetto, riflettendo sul fatto che la ragazza non le aveva affatto risposto.
Eppure la domanda, indelicata forse, era semplice... C'era la famiglia reale, c'erano i nobili, come quel damerino di Fandral dai bei capelli color oro e dal culo ancora più bello, i guerrieri come lei, incidentalmente piccola nobiltà, gli artigiani o chi lavorava per gli altri per sopravvivere, e gli schiavi. Lei dove si situava?
Alcune ancelle erano nobili, ospiti della Corte, ma altre ancelle, che facevano davvero le ancelle, trotterellando ed obbedendo, certe di una punizione in caso di errore, non lo erano affatto, ed alcune era schiave.

Le Dimenticate erano state prigioniere degli Elfi Neri e un prigioniero o è un ostaggio o è uno schiavo. E chi nasce figlio di schiavo è schiavo. Le regole erano quelle.

Un ostaggio non mangia lombrichi cotti sotto la cenere, rifletté irritata, se non in tempo di carestia, per cui erano state schiave, per gli Elfi. Marchiate come bestie e catalogate come oggetti di proprietà.
Le venne da sputare - anche al campo nascevano bambini e bambine, le Dimenticate avrebbero potuto essere come la figlia di uno dei suoi uomini, e un guerriero non combatte solo per la gloria, combatte pure perché sua figlia non sia marchiata e non mangi gli avanzi, sentendosi pure fortunata.
Per cui, una volta restituite agli Aesir, cosa erano diventate quelle che non erano state reclamate da nessuno?

Una Dimenticata in un villaggio è un’orfana come altre, può essere una benedizione per una coppia senza figli, ma una Dimenticata in un Castello? Cosa era esattamente? Una donna libera? Una thrall?
Le thrall di un villaggio venivano usate per coltivare la terra, portavano collari di metallo, con lunghe catene che le rendevano comode proprietà mobili, libere di servire, ma non di scappare. Facevano lavori pesanti, a meno che non avessero abilità particolari, e, se capitava, servivano per scaldare un letto.
Anche senza un letto.
Pure per una cosa fatta di fretta sul bordo di un campo arato, se chi possedeva la thrall ne aveva voglia.

Hervor guardò Sigyn con attenzione: no, non portava un collare… ma non voleva dire, esistono collari di tanti tipi. Di certo non si sarebbe mai seduta a cena allo stesso tavolo di Odino, questo le era molto chiaro. Osservò il mantello di Sigyn - non era così che si vestiva un membro di riguardo della famiglia di un Re, non con roba presa in prestito e che le stava malissimo - ci arrivava pure lei che non si interessava di cose di donna - quel vestito non era fatto di certo per accendere il desiderio di qualcuno ad una festa.

“Io non ti piaccio ragazzina, ma per i motivi sbagliati.”

“Dovresti piacermi?” le rispose arrivò secca e Hervor sorrise.

“No,” ammise, “ma non per i motivi che pensi di avere tu.” Ti ha dato davvero fastidio quello che immagini sia successo in Biblioteca? Ma era solo carne, fiato, lingua e saliva... e amicizia. E' questo che ti ha dato fastidio? O è altro?

“Qualcuno ti ha mai… richiesta?” aggiunse, cercando di non essere troppo brutale, sottintendendo non come moglie.

Sigyn la fissò con gli occhi chiari improvvisamente grandi e poi annuì imbarazzata.

“E…” è stato così sgradevole? Non era l'uomo che desideravi?

“Lady Frigga disse che ero troppo giovane.”
Quindi Frigga ti ha protetto... però, così, la risposta a quella domanda è stata resa legittima. A chi ha chiesto è stato riconosciuto il diritto di poter chiedere. La richiesta è stata solo rimandata, piccola... tornerà ad essere posta?

Hervor corrugò la fronte, frugando nello sguardo ansioso della ragazza davanti a lei, cercando delle risposte: perché la preoccupava che lei sapesse? aveva sicuramente notato che era sparita in Biblioteca con Loki, non aveva approvato, questo le era chiaro, ma doveva aver capito che lei non era un fiorellino delicato che celebrava la castità.

La ragazza non voleva essere… richiesta… in quel modo, lo capiva benissimo, anzi a dirla tutta, condivideva pienamente il disgusto, certe cose dovevano essere un piacere per tutti e due, suo padre l'aveva resa una guerriera e non una Lady, dietro le sue insistenze, ma non le avrebbe mai imposto un marito, nemmeno se fosse stata delicata come una Lady Hervor, capace solo di impugnare un fuso e non un'ascia. Figuriamoci cederla a qualcuno come una pecora da montare... non lo avrebbe mai permesso finché era stato in vita.
E lo stesso valeva per i suoi uomini: non stavano facendosi massacrare per Odino, perché qualcuno richiedesse le loro figlie.
Capiva il disgusto, il fastidio, la rabbia, ma perché l’ansia? Questa non la capiva...

Forse perché c’entrava Loki? Era l'unico legame tra loro due.

Era stato Loki ad averla chiesta? Non le sembrava probabile, non l'avrebbe mandata in giro con un mantello troppo leggero. Scolorito forse sì, ma inadatto, no: aveva cura per le cose che gli appartenevano. E aveva cura dei suoi uomini - se fosse stato solo un principino viziato che pensava solo a se stesso, in tre anni con loro, senza Guardie Reali tra i piedi, qualcuno disposto a tagliargli la gola in mezzo a gente disposta a guardare da un'altra parte, lo avrebbe sicuramente incontrato.

Loki sapeva di questa storia? No, se avesse saputo lei non sarebbe stata ansiosa sulla faccenda. Forse irritata, forse se ne sarebbe vergognata... forse lui l'avrebbe presa in giro su questo.

No, Loki non ne sapeva nulla, decise, e la ragazza non voleva che lui sapesse. Perché pensava che l'avrebbe aiutata? O perché temeva di scoprire che non l'avrebbe fatto?

Scosse la testa - Loki doveva assolutamente insegnarle ad usare un arco! Seidhr o non seidhr una donna non poteva non saper usare un arco ed un pugnale, per le Norne!

Di sicuro Sigyn sapeva tessere e cucinare, Frigga era molto tradizionale, non avrebbe tollerato ancelle che si limitassero a pettinarle i capelli e a blaterarle scemenze, ma, per esperienza, Hervor sapeva che niente ti da la possibilità di fare ciò che vuoi come il poter fare del male a chi cerca di impedirtelo. Un telo è utile, una vela per una nave ancora di più, richiede tanto lavoro e tanta pazienza, una freccia in una coscia è un attimo e lascia solo dolore e cicatrici… eppure, ottieni più rispetto con un arco che con cinquanta pregiatissime vele.

Fagli male, pensò amareggiata dentro di sé e, come cani, verranno a leccarti la mano.
Rispettiamo le persone per le ragioni sbagliate.

Si sentì vecchia e stanca, d’impulso si tolse un laccio che portava al collo, sciolse il nodo e ne sfilò un anello piccolino, adatto al dito di una bambina.

“Tieni.”

Sigyn la guardò sospettosa “Cosa devo farne?”

“Se ti serve qualcosa, puoi venirmi a cercare.” Perché non ho mai sfottuto nessuno per aver lottato con le unghie e con i denti per sopravvivere, anzi: io rispetto i miei guerrieri che lo fanno, anche se in modo diverso da te... non cedono, incassano e non indietreggiano di un pollice. Ed è stato meschino, prima, chiederti dell’immondezza: non ci sono tante scelte per le bambine piccole...

Sigyn fissò l’anello nel suo palmo, cercando di ragionare, senza seguire il suo primo impulso - a dire il vero molto sgarbato.
Le pareva che, intanto, il mondo intorno a lei tremasse, malfermo, come la fiammella di una candela. L’orgoglio le diceva una cosa ed una sola, ma poi si ricordò che se era ancora viva non era stato solo grazie all’orgoglio, ma anche ad una enorme voglia di viverla questa vita.

Prese il braccio di Hervor e le sollevò piano la manica, fino ad scoprire una brutta cicatrice sull’avambraccio. Hervor rimase in silenzio, glielo doveva, mentre Sigyn la osservava pensierosa, seguendo con le dita il contorno.

“La cicatrice è sempre più piccola della ferita,“ mormorò, “ma l’importante è esserci per raccontarlo…”

“Sono d’accordo…” stava per aggiungere piccola, ma si trattenne, “cosa vuoi studiare da Freya? Vuoi diventare una veggente?”

Sigyn sussurrò “Non credo che il futuro sia già scritto. Non posso crederlo... Sarebbe davvero crudele.”

“Cosa allora? Non lo dirò a nessuno…”

Ma Sigyn non rispose, chiuse la mano a pugno e infilò l’anello in tasca con un sospiro.

“Grazie.” sussurrò. E lo pensò davvero: Hervor non era una che parlava tanto per parlare, lo aveva capito.

Come Loki le raggiunse, la Guerriera li salutò ridendo - non dormiva al Castello, ma con i suoi uomini, in una locanda, una vecchia abitudine.

Loki prese Sigyn per il gomito e la attirò a sé. Lui indossava un mantello di lana verde, tenuto chiuso da una spilla; era un indumento elegante, molto più di quello logoro di Sigyn, ma, soprattutto, molto più pesante: le fece cenno di venire lì sotto, con lui, mentre la pioggia batteva gelida sulla pelle della ragazza facendola rabbrividire.

Le braccia di Loki la circondarono completamente, mentre la sospingeva per le stradine che si facevano fango e fiume, e lei fu conscia delle mani che la sfioravano senza intenzione. Gli si strinse contro, felice che l’odore del pino bruciato nella taverna, della resina che colava sulla pietra, e della birra avessero cancellato l’odore di Hervor. Strofinò la guancia contro il suo petto, stupendosi per la morbidezza della stoffa e felice di poterlo fare. Lui rise divertito.

“E’ molto che non usciamo noi due” osservò pacato. Interessante questa tua reazione, questa sera sei a caccia piccola? La luna ti ha stregato?

E’ colpa mia forse? lei lo pensò solo, irritata, è perché sono solo una ancella? Nemmeno degna di essere una amica? O perché ti ho deluso con Freya, nonostante tutto quel tempo che mi hai dedicato?

Non le era estraneo il calore così poco caldo del suo corpo, una gelida contraddizione; lo aveva abbracciato tante volte da piccola e poi, a volte, anche crescendo, gli si strinse tenera, arresa, cercando un equilibrio tra i tacchetti, il fango, la strada e le sue braccia e lo annusò soddisfatta.

“Hai bevuto troppo.” Stiamo diventando un pochino sfrontate, bimba, non è vero? E' l'alcol o sei tu? Con Theoric però, quando gli accarezzavi gli zigomi, così impacciata, non avevi bevuto... non te lo avrebbe mai permesso, un così bravo ragazzo... lo hai cercato, mentre ero in Biblioteca? O il ballo con Thor te lo ha fatto dimenticare? Cosa combini stasera?

“Mi avete fatto bere troppo…” puntualizzò.

“Potevi arrenderti e non giocare.” Puoi sempre scegliere, per quanto mi riguarda, Sigyn. Stasera hai scelto tu, mi pare, di venire con noi e di restare...

“Ti serviva che non seguissi i vostri discorsi,” disse in un sospiro, imprudente per colpa dell’alcol, “la testimone scema da prendere in giro. Penseranno che non volevi riavere a che fare con Hervor, dopo che vi eravate divertiti in Biblioteca come due animali, ma che non la volevi offendere… per cui ti sei portato appresso il terzo incomodo, per tenerla a bada… e in due vi siete divertiti a mie spese, cosa che incidentalmente, è vera,” tirò su con il naso, ricacciando in dietro uno starnuto “Perchè siete due stronzi, cosa, che, sempre incidentalmente, è vera anche questa…” Per le Norne, cosa aveva detto? pensò spaventata.

Sentì Loki ridere “E così io sarei...“ la strinse a sé “Bene, da domani ti insegno a tirare con l’arco." Sigyn... oh Sigyn! se intendi continuare con questa nuova e pessima abitudine di dire certe cose che pensi... bisognerà che tu sia in grado di difenderti dai guai in cui ti metterà quella lingua di solito così dolce. "Però adesso sbrigati, dai...”

Udirono il rumore di una carrozza che stava scendendo la strada a tutta velocità, diretta verso di loro, sobbalzando tra fango e ciottoli. Loki, istintivamente, la spinse in un vicolo, contro il muro di una casa, proteggendola con il suo corpo. La inchiodò per non farla cadere, il polso sopra la testa, mentre con il braccio si insinuò dietro la schiena di lei, per avvolgerla e sostenerla.
La sentì emettere un gemito di protesta, per poi accoccolarsi contro di lui, rilassata come un gattino; il respiro sapeva di alcol e bacche di ginepro - gli scappò un sorriso: aveva bevuto davvero troppo e questo non era certo un momento poetico.
Con delicatezza le sfiorò la guancia con la sua, in una carezza ruvida; mi spiace che tu abbia capito il motivo per cui ti ho chiesto di venire con noi, ma, tutto sommato, meglio così - non mi piace trattarti da stupida quando non lo sei.

Lentamente spostò le dita dal polso di Sigyn, fino ad intrecciare la mano con quella di lei, così piccola, e sentì che ricambiava la stretta, fiduciosa.

Gli tornò in mente quando era stata quasi tra le sue braccia - quelle di Theoric - nel giardino, piano le accarezzò la nuca, con la stessa gentilezza con cui lei aveva sfiorato lui, solo poco prima. E’ così che ti piace, Sigyn? Era questo che volevi da Theoric sotto la luna?
Insistette con la carezza, le dita curiose sotto i capelli bagnati, fino a che non la sentì rabbrividire ed ozioso si chiese se era lui o il gelo della pioggia. C’era solo un modo per saperlo, le mise le mani sotto le ascelle e piano la sollevò contro il muro, fino a che il bacino di lei non fu all’altezza giusta. “Vieni qui,” sussurrò, insinuandosi senza sforzo, tra le sue gambe e allacciandole attorno ai suoi fianchi "non ti faccio nulla, solo un poco di miele per tutti e due..." .
Fu a quel punto che sentì la vocina soffocata di lei, un bisbiglio contro la sua guancia.

Le lasciò spazio per parlare “Dimmi...” le chiese incoraggiante con voce bassa, mentre le affondava una mano nei capelli, sciogliendoli definitivamente. Mi devo fermare Sigyn o non hai capito dove stiamo andando? Non ti faccio nulla, su questo mi devi credere... non con te così... non in un vicolo... Vuoi che ti chieda il permesso? O vuoi dirmi che la cosa ti piace?

“Mi viene da vomitare…” gemette Sigyn disperata, e lui rise.

Sollevato.

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Capitolo 6
*** Il bacio ***


6. Il bacio

Lentamente si sciolse da lei trattenendo un sorriso divertito, che Sigyn non avrebbe comunque colto.

La lasciò chinarsi in avanti appoggiata alla parete, incerta, la mano che tremava un pochino contro la superficie scabra del muro, il viso pallido; con un gesto rapido, le raccolse i capelli sulla nuca, stretti in un pugno.

“Proprio non ce la fai a resistere?” chiese, accarezzandole la fronte, e, al contempo, sostenendole la testa. Mi sembra di essere tornato all’epoca in cui le serate con Thor finivano quasi tutte così… con me a reggere la fronte di mio fratello mentre quel pentapalmo vomitava l'anima nel fango... però tu sei molto più divertente.

"Voi che l’ultimo ricordo che avrò di te, di questa sera, sia questo?” la prese in giro, senza farle fretta … E così io sarei uno stronzo... sai che forse hai ragione?

La ragazza annuì e a Loki venne da ridere. Su cosa mi dai ragione, piccola? Leggi il pensiero?

“Al Castello ti do qualcosa, dai, resisti!” le tolse il mantello logoro con gesti rapidi e le allacciò il suo sulle spalle, con cura - aveva ragione, pensò, il verde muschio le stava bene, molto più di quell'azzurro polveroso del vestito. Poi la prese saldamente per un polso e la trascinò per le stradine, sotto la pioggia ormai scrosciante, sentendola incespicare sui ciottoli, senza lamentarsi. Lui non pativa il freddo, anzi, gli pareva che quel gelo lo facesse sentire più vivo e concentrato.

La trascinò fino ad un ingresso laterale e poi, da lì, su per degli scalini stretti stretti, a zampa d'anatra, fino a sbucare sotto uno dei portici dei giardini pensili. La fece sedere su un gradino di pietra, la schiena appoggiata ad una colonna, mentre la pioggia stava spegnendo i bracieri - gli ospiti erano ormai tutti corsi dentro, al riparo.
A quel punto le sfilò il mantello ormai zuppo. Le toccò l'abito con un gesto rapido, trovandolo gelido, ma asciutto.
“Prendi aria, respira profondamente, se hai la nausea poggia la testa sulle ginocchia, sta lontana dai parapetti, molto lontana, anzi, non ti muovere proprio, e pensa a qualcosa di bello.”

Mentre si allontanava con passo svelto, si chiese cosa sarebbe stato questo “bello”, Theoric forse? Il Grande Assente? Lo aveva cercato, mentre lui si stava divertendo in Biblioteca? Peccato... ma dentro di sé dubitò che Sigyn sapesse dare piacere con la stessa abilità di Hervor, specialmente se dall'altra parte c'era un sempliciotto come Theoric... due anime candide sotto i raggi della luna, uno spettacolo da far accapponare la pelle.

Tutto sommato non gli dispiaceva che avesse capito. Capito cosa avevano fatto lui ed Hervor - come Loki non mentiva su queste cose… Theoric era tutta un’altra storia - e capito delle poche cose di cui avevano parlato. I Vanhir erano estenuati come gli Aesir, ma stavano combinando qualcosa. Odino non vuole vincere davvero, pensò Loki, mentre scaldava dell’acqua, per una tisana, e non vuole perdere, ma è troppo tempo che non combatte in prima linea e non sa più cosa vuol dire - i suoi uomini invecchiano e non so per quanto tempo ne troverà altri: i guerrieri ad un certo punto devono fare i figli, i campi devono essere coltivati… in quei tre anni, molte volte avrei ceduto la mia armatura dorata per un piatto caldo di stufato di cinghiale con carote, ma nessuno l’avrebbe voluta. Quando il cibo scarseggia, di un anello d'oro, solo bello da vedere, non te ne fai più nulla...
Di Sigyn si fidava: se lo avessero visto chiacchierare da solo con Hervor sarebbe sembrato strano, poteva saltare fuori qualche cortigiano che lo voleva accusare di complottare, magari sperando di fare un favore a suo fratello, da riscuotere più in là, quando Odino avrebbe annunciato il suo successore.
Pure Sif avrebbe potuto sussurrare qualcosa a Odino, che l'adorava, ma per motivi più personali… sapeva che Odino controllava il dissenso con pugno di ferro: era un Re, era giusto che non si fidasse di cosa pensavano le persone intorno a lui, era stato un guerriero e sapeva che è facile rovesciare un sovrano se i tempi sono quelli giusti.

Ma il Vecchio era suo Padre e non avrebbe mai fatto nulla contro di lui, e Asgard era casa sua, il posto a cui apparteneva: avrebbe fatto di tutto per proteggerla. Doveva solo fare in modo che gli interessi del Vecchio e di Asgard coincidessero, capire se c'era un modo per chiudere quel fronte e far tornare i guerrieri - alcuni almeno - a gestire i campi e le navi. Parlare con Odino - con Thor non si poteva, non avrebbe capito, per lui non c'era gloria nel tirare un aratro. Suo fratello non vedeva che dietro la pagnotta c'era la segale o il grano, e dietro la spiga c'era qualcuno che seminava, curava e raccoglieva - il mondo non era un luogo mitico in cui tutto nasceva spontaneamente... suo fratello viveva ad Asgard dove arrivava il meglio di tutto il regno, non aveva mai avuto fame, non aveva mai bevuto acqua e fango e aspettato la pioggia come una benedizione - si ricordava molto bene di un giorno in cui avrebbe leccato le pozzanghere, se solo ce ne fossero state.
E poi... una spada, un rastrello... gira e rigira sono gli stessi calli sulle stesse mani.

Tornò da lei con un boccale fumante di tisana in mano e le sciolse le ultime trecce - brutta pettinatura e brutto vestito, decise in via definitiva, Theoric doveva essere un tipo proprio timido per non essersi perso appresso a Sif l'impossibile o a Gissa, meno ammaliante, ma più disponibile, e aver notato proprio lei, quel gattino dai colori sbagliati. Sigyn intanto beveva avidamente.
“Fai piano, piccola… E’ solo per non vomitare stanotte, ma ormai hai bevuto, quel che è fatto è fatto, il liquore deve fare il suo corso e non c’è modo di modificare tutto questo.” La osservò, per le Norne, doveva piantarla di chiamarla piccola perché non lo era.

Con le dita affusolate, così poco asgardiane, le accarezzò i riccioli umidi sulla fronte “Meglio?”

Sigyn annuì grata “Domani, andiamo nei boschi e ti insegno a tirare con l’arco… porto elmo ed armatura… non si sa mai.”

La sentì fare una risatina sommessa, mentre si rannicchiava contro di lui, poggiando la testa nell’incavo della spalla, “Mio Signore…”

“Si?” detestava quando lo chiamava così, c’era stata un’epoca in cui era stato sempre e solo Loki.

“Dite sul serio?” sussurrò con un sorriso, gli occhi grandi che gli ricordavano due laghi enormi, come quando era bambina. Troppo alcol, decise, avrebbe dovuto fermarla prima di arrivare a questo punto. Al punto di una Sigyn irriverente e con gli occhi decisi a stregare per forza qualcuno.

“Lady Sigyn... mi avete dato dello stronzo solo una manciata di minuti fa...” le diede un buffetto sulla guancia. “è un po’ tardi per tutte queste formalità, non credete?”

La sentì stiracchiarsi contro di lui con un sospiro e, allarmato, gli parve di poter indovinare i rilievi dei suoi seni sotto quella stoffa leggera. Con delicatezza le carezzò la schiena trattenendo il fiato - brutto vestito, ma splendida stoffa, impalpabile - e lei rabbrividì sotto il palmo della sua mano.

“Hai freddo?” chiese serio, continuando ad accarezzarla, provando piacere nello sfiorarla, con il calore che irradiava da lei, come se un pochino bruciasse, fino alla sua mano. La pioggia intanto scrosciava nell’arco dei doccioni a pochi passi da loro, coprendo i loro sussurri.

“No… mio Signore” la vide abbassare lo sguardo, senza però allontanarsi da lui.

Fu a quel punto che fu lui ad alzarsi, in fretta “Vado a cercarti una coperta...”

Si allontanò pensieroso - non l’avrebbe lasciata dormire da sola stanotte, probabilmente non le sarebbe successo nulla, ma capitava anche ai guerrieri più massicci di annegare nel proprio vomito, o di scivolare e battere la testa… meglio darle un occhio. Solo che non poteva restare in quella stanza e guardarla dormire, come una balia. Proprio non poteva.
Doveva mandarle Thyre o qualche altra ancella - era l'unica soluzione. Ma non poteva tornare lì, dalla piccola Sigyn che non era una Lady e che aveva bevuto un po' troppo, per i suoi gusti, per giocherellare con la stoffa di quel vestito. Lui non poteva.

Sigyn tornò a sorseggiare la tisana. Sapeva di zenzero, piccante sulla lingua, limone che dissetava, erbe amare che non riusciva ad individuare, e un pochino di miele. Sapeva di Loki, pensò distratta, c’era un po’ della sua acidità che, su una ferita ancora fresca, sapeva bruciarti senza rimorso, e c’era un pochino di quella gentilezza che ricordava di avere sempre avvertito in lui, fin dalla prima volta che lo aveva visto.
Il Principe Loki Odinson, pensò sentendo improvvisamente freddo e stringendosi nel mantello che aveva ancora il suo odore. Il figlio cadetto di Odino. Questo non lo doveva dimenticare.

“E’ tutta la sera che ti cerco…”

Alzò lo sguardo spaventata, riconoscendo la voce. Arrossì guardando Theoric in piedi accanto a lei, che a, sua volta, la guardava impacciato.

“Posso assaggiare?” le chiese.


Mentre la fissava, sorseggiando la tisana dal boccale, le labbra dove erano state le sue, Sigyn si sentì avvampare, come se in realtà il ragazzo stesse assaggiando le sue labbra. Di lei, che solo un attimo prima, era rabbrividita per…

Abbassò gli occhi, sentendosi orribilmente a disagio. Doveva smetterla con i pensieri di poco prima. Smetterla!

Theoric le si avvicinò “Tra poco devo andare…” le mise una mano sulla spalla. "Vorrei ci fosse più tempo... per chiederlo nel modo giusto."

Lei si ritrasse, come un animaletto selvatico, e lui non insistette. Restarono a lungo così, a guardarsi, soppesandosi a vicenda, poi di colpo Sigyn gli chiese in un sussurro “Tu sei un guerriero, ma sei giovane... hai mai ucciso qualcuno?”

Theoric aggrottò la fronte. Loki avrebbe risposto di sì: ricordava benissimo il suo primo uomo, non era stato affatto come combattere nell’Arena. Mentre suo fratello aveva messo su una massa di muscoli in fretta, lui era rimasto... non “esile”, ma di sicuro non era paragonabile a suo fratello nemmeno lontanamente: era rimasto lì immobile ad aspettare l’impatto, un uomo da sinistra ed uno da dietro, come un animale spaesato preso in trappola, ma poi, all’ultimo, si era spostato. Li aveva lasciati cozzare a vicenda, poi, ad uno dei due, aveva tagliato di colpo il tendine d’Achille, immobilizzandolo - puro istinto bestiale - mentre l’altro l’aveva dovuto uccidere con la sua spada tozza, un lavoro mal fatto. Ricordava il volto maciullato, le bolle di sangue del suo respiro che gorgogliava, gli occhi di chi voleva assolutamente vivere.

Fu allora che aveva vomitato e che Hervor, invece di tagliargli la gola - e lo aveva pensato, lo sapeva benissimo - gli aveva salvato la faccia.
Dopo, davanti al fuoco, avvolti nelle pelli, Hervor gli aveva spiegato che la prima regola è sapere se hai i muscoli per sopravvivere ad un urto o se non ce li hai - suo fratello ce li aveva.
"Se non ci li hai," gli aveva detto, brusca, "mentre aspetti di farteli, è meglio se impari a non essere là dove arriva il colpo e mi pare che questo ce l’hai molto chiaro." Aveva concluso con una manata sulla schiena che gli aveva mandato di traverso la birra.

Una specie di rozzo complimento del tipo che Tyr non gli avrebbe mai fatto - ma se avesse fatto quello che predicava Tyr nell'Arena, lui sarebbe stato ucciso nel suo primo scontro.

Loki avrebbe risposto sì, quindi, aveva ucciso. E lei questo lo sapeva benissimo, non glielo aveva chiesto mentre l’avevano fatta bere vergognosamente, proprio perché lo sapeva.

Theoric, però, era un’altra storia.
Theoric era un bravo ragazzo, uno sprovveduto, uno che non aveva l’ansia di difendere la propria mascolinità vantandosi di queste stronzate, anche se le considerava di sicuro importanti. Era uno che si adeguava tra la folla, quindi...

“No,” disse il giovane, timidamente, “non è ancora successo.”

Sigyn lo guardò negli occhi, così grandi e così azzurri, ponderando, gli parve, l'inflessione della sua voce più che le sue parole e poi, d’impulso, fu lei che lo baciò. Uno sfioramento di labbra con gli occhi chiusi, molto carina, proprio un mozzo che sputa controvento, pensò. Buffa.

“E’ tutta la sera che desidero fare questo,“ le disse con voce roca, e la strinse a sé, le mani sulla vita di lei. Non mentiva, né come Theoric, né come...

Avrebbe voluto sbranarla come un lupo, proprio lì, con gli ospiti di suo Padre a pochi passi che festeggiavano gli sgoccioli della festa, e lo scroscio della pioggia che rimbombava tutto intorno a loro.
Avrebbe voluto.
Ma fu delicato - solo baci, solo a fior di labbra - Theoric in fondo era troppo giovane per avere una vera esperienza con le donne: se non aveva ancora ucciso un uomo, non aveva nemmeno già fottuto come si doveva una femmina. E non era certo il tipo da fare qualcosa di ardito al primo appuntamento.
Il sapore sulle sue labbra gli piaceva, erbaceo e con giusto una punta di dolcezza - era già così dolce di suo, troppo. Accidenti a Theoric! pensò, mentre immaginava di scivolare sotto quel vestito e capire quanto era davvero coinvolta nei suoi baci, sfiorando qualcosa che non mente mai. Sarebbe scappata?

Stasera avrebbe fatto un bagno gelido, era troppo grande per la ricerca del piacere solitario con mano, sputo e qualche ragazza ignara nella mente … non gli capitava da troppo tempo, quello era roba più del genere di Theoric, ce lo vedeva benissimo, impacciato con le donne, era proprio il tipo da farlo nel buio della tenda sognando una impossibile come Sif, con i capelli del colore giusto e poi cercare una timida quanto lui per tentare un bacio castigato.
Se doveva passare tutta la notte a farle da balia... a lui serviva un rapido incontro con Gissa.

Quello o l’acqua gelida.


Con la punta delle dita seguì il profilo del volto di Sigyn vedendola arrossire lì nell’ombra, fino a fermarsi sulle sue labbra.

Grazie Theoric, pensò con un sorriso ambiguo, e tornò a baciarla.

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Capitolo 7
*** L'appuntamento ***


L'appuntamento

Loki uscì la mattina presto dal Castello.
In realtà non era presto, era molto presto - il Castello ancora dormiva.
E in realtà non uscì, ma sgusciò via, a piedi, assumendo l’aspetto di uno dei servitori, uno di quelli che nessuno avrebbe degnato di un secondo sguardo - invisibile, ma familiare, nessuno lo avrebbe fermato per chiacchierare e nessuno si sarebbe chiesto, con inquietudine, cosa stesse facendo e dove mai se ne stesse andando.

Fuori cominciava ad albeggiare; Loki lanciò uno sguardo distratto al cielo, il cui bordo, incollato all’orizzonte, sembrava venisse sollevato dal terreno, in lontananza, da una mano invisibile. Scese lungo le stradine di pietra della città vecchia, constatando tra sé che finire la serata con Gissa era stata una pessima idea, anche se, sul momento, gli era sembrata la conclusione perfetta. Come una nutrice paziente, aveva rimboccato le coperte ad una Sigyn che sapeva di erbe amare e di miele, o meglio, di ostinata verginità e primi baci: aveva pensato di meritarsi un premio per essere stato un bravo ragazzo.

Di pessimo umore si diresse verso l'elegante quadrato della piazza principale del Mercato; parte si svolgeva all’aperto - i mercanti nomadi si alternavano - parte al coperto in una serie di costruzioni, che al loro interno erano state frazionate, trasformate in piccole botteghe, creando vie dove vie non c’erano mai state, coperte da archi bassi e tondi in legno, pietra e mattoni, più di bellezza che veramente destinati a sostenere il peso della costruzione.

Gissa non era la sua amante. Anzitutto non era "sua", poi era Lady Gissa, nipote acquisita di Wili, Pugno nell'Ombra, fratello di suo padre, quanto ad "amante" non lo era. Una "amante" presupponeva una relazione quasi ufficiale, peccaminosa e con una vaga sfumatura di mantenimento. Ma Gissa era allegramente vedova, passabilmente ricca e discretamente indiscreta e lui non aveva impegni da cui nascondersi - tra loro c'era solo sesso, buon sesso, ma niente di più.
Ricordò il rumore dei loro corpi sudati e quel bagliore dei suoi capelli biondi, che, sotto la luce delle candele, sembravano bianchi: la quintessenza di una pregiata bellezza às. Belli da togliere il fiato.
L'esatto contrario del colore dei suoi: neri, neri e lucidi, il colore che condivideva con gli schiavi, certo non con la maggior parte dei nobili della corte.

Arrivato nel buio di un vicolo, il suo aspetto cambiò di nuovo: pelle coperta di rughe ed incartapecorita, capelli grigi, occhi chiari e slavati, senza luce - mai avrebbe cambiato il colore dei suoi occhi per essere uguale agli altri Aesir, mai! - le spalle incurvate dagli anni e dalla sfortuna e le mani nodose da artritico.
Gli abiti parevano la versione scolorita ed invecchiata di ciò che davvero erano; si sedette in un angolo della piazza, ponendo davanti a sé una ciotola, per raccogliere il denaro - un mendicante tra tanti.
Poi estrasse un lur di legno di ciliegio e cominciò a suonare - un mendicante che tentava una scambio equo, uno con una sua dignità. La melodia era di buon auspicio e invocava Fehu, la runa del bestiame e della ricchezza, giusta per il mercato. Un uomo, passando, fischiettò il motivo e gli gettò una moneta. “Haminja,” disse con voce gentile - gli stava augurando la fortuna - haminja - quella dentro la persona, non quella che ti concedono gli altri con i loro errori.
Loki sorrise, quello era anche il nome che si dava al cambiamento dei mutaforma, come lui, e gli sembrò ironico: se quell’uomo bonario, che spesso gli allungava una moneta ed un sorriso, avesse scoperto che praticava la magia, avrebbe come minimo sputato in terra.

Mentre il freddo gli pungeva piacevolmente la pelle, Loki si guardò intorno, con calma, ringraziando le ore di esercizio, da ragazzo, con il Maestro di Musica: era diventato solo un gradevole dilettante, ma uno che poteva permettersi di suonare senza concentrarsi troppo - lui era li per ascoltare i discorsi dei mercanti.
Sembravano preoccupati per il basso tenore di oro nelle monete del nuovo conio. Era un effetto dei debiti accumulati con la guerra degli Jotun? Con chi esattamente suo padre aveva contratto questi debiti?
Anche se erano passati anni, la guerra era durata molto di più della pace, una generazione era stata quasi spazzata via, e le frontiere chiuse con Jotunheimr, per affamare quelle bestie, a quanto pare, avevano avuto un loro effetto anche su Asgard. La guerra in stallo, contro i Vanhir, bloccava il traffico anche su quella frontiera.
Forse era il caso di pensare alla pace - parole dette a mezza bocca nel gelo del mattino prima che l’aria iniziasse ad essere tiepida. Parole di sfiducia verso la politica di Odino, ma sussurrate - Odino aveva i suoi Corvi, Odino non dimenticava.

Loki pensò che queste chiacchiere corrispondevano alle sensazioni di Hervor: i mercanti pensavano al denaro, i guerrieri ai figli, quelli che avevano da qualche parte e che stavano crescendo tra donne e thrall e quelli che avrebbero voluto, ragazzini sempre più giovani e senza un mestiere in mano finivano alla frontiera per diventare dei macellai. La guerra stava lentamente avvelenando Asgard.
Avrebbe voluto parlarne con suo padre, ma Odino non avrebbe approvato che lui si immischiasse.  

Una vecchia passò accanto a lui sospingendo un carretto con delle mele e Loki la fermò.

“La solita mela di buon augurio.” chiese.

L’anziana disse il suo prezzo e lui le porse la ciotola - i suoi occhi slavati non gli avrebbero consentito di calcolare da solo. Registrò che la donna fu onesta e, dopo un attimo di perplessità - di sicuro una dura lotta con se stessa - pure generosa: gli aveva fatto pagare, senza dirglielo, solo tre quarti del pezzo pattuito.

Bene, pensò tra sé, qualcuno in cui avere fiducia forse ancora c’era, qualcuno disposto a dare e non solo a pretendere.
L’unica aspetto positivo era che la gente sembrava adorare suo fratello: il Guerriero dai capelli d’oro avrebbe sicuramente influenzato positivamente il Vecchio - hanno già deciso che è lui l’erede apparente, prima ancora di Odino, pensò con sarcasmo.
O forse, rifletté Loki mettendo via il lur, è impossibile essere davvero in competizione con un Thor, se si nasce Loki.  

Si alzò in piedi e versò, senza fare rumore, il contenuto della sua ciotola in quella dell’anziana, per poi allontanarsi, zoppicando, nell’ombra.
Ne emerse, diversi passi dopo, come Loki, non il Principe Loki e nemmeno Lord Loki, ma Loki il viaggiatore, senza elmo e senza insegne da cerimonia. Girò in fretta l’angolo di un vicolo e raggiunse Sigyn che stava osservando una bancarella, tutta concentrata e con un sorriso sulle labbra: ecco lì, coi capelli raccolti in una treccia semplice, la sua scusa - una delle sue scuse - per uscire la mattina presto.

“Cosa stavi guardando?” chiese, posandole la mano sulla spalla. Inutile salutarla con i soliti convenevoli: le aveva lasciato un biglietto per dirle dove, cosa e quando, e qualcosa da bere per fare tutto bene ed in fretta, senza il mal di testa del dopo bevuta.
Era arrivata? allora stava bene.

“Cose da ragazza,” Sigyn gli sorrise e Loki annuì “Fammi vedere.” Osservò con attenzione il viso della ragazza - aveva dei cerchi scuri intorno agli occhi, non doveva essere stato un gran risveglio.

Lei gli indicò un anello di argento ossidato, quasi nero, con dei dettagli in oro rosato: un uccello che somigliava ad una anatra selvatica che beccava delle bacche da un cespuglio basso. Molto esotico.

“La ragazza ha buon occhio.” disse il venditore, “anche se l’oro è basso. E’ antico. Viene da un posto da dove non verrà più nulla.”

“Jotun?” chiese Loki aggrottando le sopracciglia - la lavorazione era molto bella, gli ricordava qualcosa che aveva visto in una Galleria del Castello, il soggetto, per quello che ne capiva lui, era originale, ma l’oreficeria di Jotunheimr non era nota ad Asgard, magari quello era un motivo ricorrente… certo l’artigiano era stato bravo: l’uccello, stilizzato, dava l’idea di forza e leggerezza, e l’uso dei metalli… c’era più di una lega utilizzata per quell’oggetto. Le ombre, che accentuavano la tridimensionalità della scena, erano frutto di diversi tenori di rame.
Avrebbero dovuto essere solo bestie, intente a grugnire, sbranarsi e fottersi tra loro, come era possibile?

“Bottino di guerra.” rispose l’altro orgoglioso, sputando in terra con disprezzo.
Poi iniziò un racconto di molti anni prima, fatto di mostri blu sgozzati sul gelo di una terra selvaggia, battuta da un vento selvatico quanto lei.

Loki guardò Sigyn arrossire imbarazzata, mentre rimetteva l’anello al suo posto “Carico di lacrime,” la sentì sussurrare, ma, per educazione, la ragazza sorrise al mercante e lo ascoltò con pazienza, come una brava ancella alle prese con i capricci di un ospite del Castello.

Loki alzò gli occhi al cielo irritato. “La vita non  è un racconto di fiabe dove nessuno osa far fuori gli unicorni.”
Gli era molto chiaro cosa aveva pensato Sigyn: l’anello non era tanto grande per le sue dita. Chi aveva sgozzato il mercante? Un guerriero. come nei suoi racconti? O qualcuno in fuga, senza difese?

Capiva perché Theoric le fosse apparso quasi poetico, sotto la luna.

Il mercante era pessimo nel suo mestiere: non sapeva valutare la bellezza di quanto stava vendendo, perché l'anello era davvero un esemplare affascinante, indipendentemente da quanto oro c'era dentro. C'erano originalità, almeno per un occhio às, e tecnica innegabile, ma lui pensava solo al tenore dell'oro.
Il mercante era pessimo perché non sapeva valutare a chi lo stava vendendo: spalmarlo del sangue blu di qualche ragazzina selvatica non lo avrebbe reso più desiderabile per quella compratrice difficile.

Avrebbe dovuto limitarsi dirle che era ben fatto, raccontarle come erano questi cespugli, dal vivo, se mai li aveva visti, e accennare a quanto forse era stato tortuoso il cammino di quell'oggetto per arrivare da chissà dove e da chissà quando fino a lei, su un banco del mercato di Asgard.
Avrebbe dovuto, insomma, prenderla in giro. Come aveva fatto lui con Theoric? Il ricordo dei loro baci da ragazzini lo investì e lo irritò - Theoric il sempliciotto doveva svanire. Era un guerriero, a che titolo un guerriero avrebbe dovuto bighellonare nell'ombra dei giardini pensili di Odino? Un ladro di frutta? Se era un guerriero, avrebbe fatto la fine di un vero guerriero, decise irritato.

“Andiamo.” Si allontanò senza toccarla e lei gli trotterellò dietro incerta, “Sleipnir è… l’ho legato giù alla Porta Rossa… non è la direzione giusta...”

“Stai andando a caccia, non a cardare la lana con Lady Frigga.” Lo disse senza cattiveria, poi si fermò davanti ad una bottega, che vendeva abiti già pronti - una rarità, merce per viaggiatori desiderosi di cambiarsi in qualcosa di asciutto e pulito senza aspettare di avere un vestito su misura.

“Devi essere libera nei tuoi movimenti, l’orlo del vestito non deve bloccarti il passo impigliandosi nei rami ed evitiamo, per piacere, di dover perder tempo con il morso di qualche serpente…”

Sigyn sorrise divertita, poi chiese “Hervor veste così?”

“Che te ne importa di Hervor?” replicò seccato, poi la spinse dentro la bottega. “Fammi vedere se hai capito, ti aspetto qui fuori.”

 

Hervor è una guerriera, forse vestiva così andando a caccia, quando era in pace, pensò, troppo tempo fa.

Sif non veste così, a Sif piace mostrare il suo corpo nell’Arena, in un modo che non sia esplicitamente seduttivo, e sentire che Thor, quando combatte con lei, si contorce tra due pensieri: che non può permettersi di perdere con lei, una femmina, un essere inferiore, ma che nemmeno lascerebbe mai un livido su quelle cosce candide.
Sif vinceva perché era brava - lui lo sapeva bene, da ragazzino aveva morso la polvere sotto i suoi colpi - perché era motivata, e anche perché (non lo avrebbe mai ammesso) era femmina.
Sif odorava di sfida e di pericolo e pure di candore, vergine intatta - un tecnicismo, pensò sogghignando, ma chi era lui per condannarla? Le doveva davvero tanto... - e suo fratello seguiva la scia di quel profumo come un cane troppo buono segue l'odore di una femmina in calore.

Gli assassini vestono così - era stato con i Guerrieri della Nebbia, dopo l’esperienza sotto Hervor: aveva visto combattere Kylan in un modo che non aveva nulla a che vedere con gli insegnamenti di Tyr ed aveva chiesto. E Kylan gli aveva spiegato dove trovare ciò che andava cercando.
Era stato così arrabbiato e si era sentito così defraudato di una educazione davvero utile per lui, che i Guerrieri della Nebbia gli erano sembrati una risposta soddisfacente.

 

Gli assassini, i cacciatori e le ragazze che girano con me per i boschi, decise, tutti questi sono quelli che vestono così.

La vede uscire dalla bottega, soddisfatta, cercandolo con gli occhi. Poi, con un sorriso, girò su se stessa. Aveva già indossato dei vestiti pratici, se lo ricordava: una volta andavano spesso nei boschi, assieme.

“Approvi?”

Stava bene: i pantaloni erano da ragazzino, verde scuro, quasi marroni, finivano dentro i suoi stivali alti da cercatrice d’erbe. Sotto portava una camicia verde come il muschio, di lino, dalla cui scollatura occhieggiava quella bianca a contatto con la pelle.
E sopra indossava un grembiule corto, fatto di due teli di stoffa verde smeraldo, con dei nastri per chiuderli, in modo che potesse adattarsi a qualunque corporatura - la mercantessa sapeva il fatto suo. La stoffa era calda, ma di disegno semplice, senza ricami.
Due spille di bronzo chiudevano le bretelle del grembiule, mentre una cintura di pelle chiudeva il tutto, sottolineando la vita sottile e dandole tutto lo spazio necessario per appendere sui fianchi la scarsella.
C’era tutta la comodità che le sarebbe servita, e abbastanza tradizione da non mettere in imbarazzo chi l’avesse incontrata. Vestire da uomo, per le ancelle e le semilibere era vietato.  

“Molto carina. Piaceresti a quel tipo.” Gli assassini vestono di nero, pensò Loki, ma tu, Sigyn, vesti di verde: sei una ragazza dei boschi.

“Quale?” Sigyn arrossì innervosita. Era evidente che si stava chiedendo quanto lui sapesse dei suoi baci con Theroic. Loki sorrise. Più di quanto immagini, Sigyn, pensò tra sé, molto più di quanto immagini.

 

“Dopo una festa c’è sempre qualcuno che ad una ragazza piacerebbe rivedere…” era divertente prenderla in giro.

“E Voi, Mio signore? Dopo una festa c’è sempre qualcuna...” Vuoi civettare, Sigyn? Non hai l’esperienza e le doti naturali di Sif, temo. Loki lo pensò ma non lo disse, mentre pagava la mercantessa. Poi si avviò a passo svelto verso la Porta Rossa.

“Si, certo.” Le lanciò uno sguardo distratto. Vergognati piccola, hai baciato il giovane Theoric per prima, ed ora stuzzichi un vecchio amico?

Dopo un po’ la senti chiedere con una vocina titubante “Hervor?”

“Con chi altro ho passato la serata?”

 

La ragazza tacque. Loki sogghignò tra sé divertito. Se vuoi colpire Sigyn, devi anche saper incassare.

 

Si avvicinò a Sleipnir, il suo cavallo nero, e gli accarezzò il muso. Era legato accanto ad una cavallina rossa, Elskan, una figlia di Sleipnir, sua anch’essa, tutti e due bardati con le bisacce, come li aveva preparati prima di uscire.
Mentre verificava scrupolosamente che non mancasse nulla, inclusi due archi ed una gran quantità di frecce, vide che Sigyn lanciava una moneta ad un ragazzino basso e magro - evidentemente, era rimasto lì a guardia. Li sentì scherzare, poi Sigyn aprì una bisaccia e porse al ragazzino una mela.
Avrebbero preso alcune Scorciatoie, per fare in fretta - aveva diverse cose da fare - ma prima, glielo aveva promesso, lei avrebbe cominciato ad imparare ad usare l’arco.

Le lanciò un ultimo sguardo di approvazione, osservandola montare a cavallo, senza aiuto.  

Fu allora che la guardò con maggiore attenzione. Verde. I colori del bosco.

Ma anche i suoi. 

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Capitolo 8
*** La gita ***


La gita

Dopo alcune ore di galoppo tra alberi sempre più fitti, arrivarono ad una radura e lui le fece cenno di smontare.

“Abbiamo un paio d’ore” Sigyn annuì: riconosceva il luogo, Loki da bambina ce l’aveva portata diverse volte, sapeva che lì vicino c’era una fonte con un tronco abbattutto a fare da diga. Era stato lì che aveva visto la sua prima volpe. Ed era stato lì che aveva preso la sua prima Scorciatoia - ne era stata terrorizzata.

Loki le disegnò i confini di un bersaglio abbastanza grosso sul tronco di un albero giovane - Sigyn lo trovò ingiusto, ma non disse nulla - poi le porse l’arco e le spiegò cosa doveva fare. Era paziente, ma si capiva che non aveva nessuna intenzione di ripetere le stesse cose due volte: l’unica volta in cui dovette farlo la pregò severamente di stare attenta e lei si sentì come un cane pasticcione che, fatto entrare in casa per ripararsi dalla pioggia, avesse morso i mobili del bisnonno e sbavato su un tappeto.
 
Nel primo quarto d’ora, riuscì a farsi male alle dita un paio di volte e poi alla guancia - un incidente da vera imbranata.
Dopo quaranta minuti, non seppe nemmeno lei dire come, inciampò su una radice.

 
“Ascolta, ad un certo punto proverai a tirare da una base poco stabile, e ad occhi chiusi, ma non ora. Ti servono almeno un migliaio di frecce per quello.”
 
“Non l’ho fatto apposta.” rispose in un soffio, piccata.
 
“Allora te ne servono ancora diecimila.“
 
Dopo un bel po’ Loki si alzò e andò a prendere qualcosa da mangiare dalle bisacce “Quando ti decidi a fare sul serio, dimmelo.” le annunciò con un tono di voce allegro, allontanandosi tra le piante.

Sigyn tacque.
 
Poco dopo Loki tornò per accendere un fuoco e scaldare dell’acqua: preparò una tisana, con un poco di miele e fece cuocere su una piccola padella delle frittelle di segale, scure, in cui avvolse striscioline di carne essiccata e formaggio, ogni gesto accompagnato dal sibilo di una freccia di Sigyn.
 
“Hai colpito il bersaglio almeno una volta?” chiese educatamente.
 
Sigyn continuò a tacere.

“Prendiamo la Scorciatoia quando almeno lo hai colpito cinque volte di fila. Credi di potercela fare prima di notte?”
 
La freccia si conficcò nel tronco e Sigyn arrossì per la contentezza.
 
Loki si appoggiò ad un tronco lì vicino e la osservò, dandole dei consigli, mentre mangiava con calma. Sigyn poteva smettere quando voleva, lo sapeva lui e lo sapeva lei, ma, a quanto pareva, Sigyn si era ostinata e non demordeva.
La fece un brindisi con un gesto sobrio "Haminja" Buona fortuna, quella dentro di te, non credo che l'albero ti verrà incontro, né che il vento ti aiuterà.

 
“Da bambina, anche da ragazzina eh! eri un asso con la fionda. Con l’arco la tecnica è diversa, ma non il percorso: devi riuscire a coordinare i movimenti. Dovresti riconoscere la sensazione, ad un certo punto.”
 
Quando vide il seidhr scoppiettarle intorno, la ammonì “Niente seidhr! quello lo aggiungiamo dopo!”
 
A volte le riusciva. Allora si fermava, si concentrava e tentava il secondo tiro - Loki aveva detto cinque volte di seguito.
 
Lui intanto leggeva e sorseggiava la sua tisana, preparandole le frecce. Aveva un certo numero di puntali in metallo da avvitare sulla punta di legno, inoltre le soppesava e sistemava le piume - per insegnarle tutto ci sarebbe voluto tempo, inutile pretendere.
Come Sigyn finiva la scorta, interrompeva i tiri ed andava a raccogliere le frecce, per darle a Loki, che le allungava quelle pronte.

 
Arrivò a quattro volte di seguito. Di fisso. Non poteva essere un caso. C’era quasi.
Fu allora che Loki si accorse che le stavano tremando le mani e le disse di smettere: ormai il sole stava calando e non aveva mangiato nulla.

 
La ragazza raccolse tutte le frecce per l’ultima volta, contandole, poi si sedette accanto a lui, mortificata, le braccia che stringevano le gambe e il mento appoggiato alle ginocchia, senza parlare. Improvvisamente si sentiva esausta, come se tutta la stanchezza si fosse accumulata da qualche parte per poi piombarle addosso all'improvviso.
 
Loki le allungò da mangiare e poi, d'impulso, le passò un braccio intorno alle spalle “Non è andata male.” disse attirandola a sé.
 
“Avremmo dovuto prendere la Scorciatoia ore fa.” Mi dispiace.
 
“Non ci speravo sul serio.” Chi se ne importa Sigyn? Quel che devo fare aspetterà. Se ti piace e lo vuoi fare a me sta bene, ma non devi farlo per me.
 
“Possiamo andare ora, se vuoi.”
 
Le affondò le dita nei capelli come faceva quando era piccola e la sentì rilassarsi contro di lui. “Arriveremmo che è buio, non mi fido. Dormiremo qui.”
 
Prese un coltello dalla cintura e glielo allungò, tenendolo dalla parte della lama. Quando lei fece il cenno di alzarsi la trattenne contro di sé “Prima mangia e riposati un attimo. Te lo sei guadagnato.”
 
***


Sigyn non aveva bisogno di farsi spiegare le cose due volte, con gesti precisi raccolse la legna in giro, costruì una piccola capanna in cui si poteva solo stare sdraiati, poi la ricoprì con i rami di pino e le foglie come isolante ed un telo spalmato di resina, Loki la osservò di sottecchi, mentre anche lui faceva la sua parte. Quando era arrivata al Castello non era una bambina viziata, sapeva maneggiare un coltello, fare dei nodi, costruire un laccio, ed usare una fionda - aveva una fantastica mira. Di nascosto, usava il seidhr, ma poco. Una abilità insolita, in effetti, che lui aveva sempre dato per scontata.
Tutte cose da selvaggia, che non facevano parte dell’educazione delle bambine: fu messa subito al telaio ad imparare a tessere, perché Frigga non amava che le sue ancelle, di qualunque dimensione fossero, stessero con le mani in mano.
Ricordava il primo giorno in cui l'aveva portata a Fensalir, la Casa della Regina, passando per i giardini. Le aveva mostrato uno stagno coi pesci, avevano passeggiato senza fretta e poi, all'ingresso, l'aveva registrata come una sua ospite personale. L'aveva affidata a Lady Fulla, la Prima Dama di sua madre, ma Sigyn non si era mossa per seguirla fino a che lui non le aveva fatto un cenno di assenso. Più tardi era tornata a riprenderla con una fetta di pane e miele.
Quanto a lui, Loki, di fatto, l'aveva scelta come sua compagnia, anche se non come sua compagna, nello studio. O forse era stato scelto.
Non avrebbe mai saputo dirlo con certezza.

Restava il fatto che quelle manine operose l’avevano tenuta ostinatamente in vita in un posto in cui non doveva essere stato facile e di cui non parlava mai.
Forse avrebbe dovuto insegnarle prima, ma al Castello era ben protetta, finché restava lì a cosa le serviva saper usare un arco? Tutto sommato insegnarle era una idea imbecille: avrebbe dovuto esercitarsi con il seidhr, invece.
Sbuffò.
Il problema era che Hervor aveva visto qualcosa ed Hervor non era giusta in senso morale - lei gli avrebbe tagliato la gola se Odino glielo avesse ordinato, senza nemmeno chiedere perché, fottendosene del suo diritto alla vita - e nemmeno pietosa, al massimo avrebbe ucciso un suo uomo gravemente ferito, senza nessuna speranza, e che soffriva come un cane, ma, sicuramente, Hervor era corretta nel concedere a ognuno una possibilità.
Hervor doveva aver visto che sarebbe stato corretto se Sigyn fosse stata capace di difendersi - o di portare la cena in casa per un mugnaio... al pensiero gli venne da ridere, ma in modo acido.
E lui aveva imparato a tenere conto di quello che Hervor riteneva "corretto".
Il punto era che non bastava insegnarle a colpire il tronco di un albero, il punto era quell'anello carico di lacrime che aveva rimesso al suo posto sul bancone del mercante: che se ne faceva Sigyn di una freccia conficcata in un tronco? Gli alberi non minacciavano nessuno e non piangevano. Nemmeno sanguinavano.



Finirono per dividere una mela, un morso a testa, ridendo, con Loki che la teneva in mano, per tutti e due.

Mentre sorseggiavano l’ultima tazza di tisana, lei glielo chiese.

“Vorrei riprovare con Freya.” sussurrò guardandosi le mani.
 
Loki era scettico “E’ troppo presto.”
 
“Un mese?”
 
“Un mese non è niente. Il risultato sarebbe lo stesso.” la guardò severamente - ogni cosa richiedeva il suo tempo, ancora non aveva imparato?  “Non ti piace tessere per mia madre?”
 
Sigyn stette zitta.

***

Mentre il sole calava in fretta, scivolarono dentro il rifugio stretto e basso, ridendo. C'era posto a malapena per due persone, del resto lo scopo era solo ripararsi dal freddo della notte.
Sigyn si beò dell’odore di resina. Loki aveva raccolto dei rami e aveva preparato un giaciglio, le foglie erano morbide e li avrebbero separati dal freddo del terreno. Gli si accoccolò vicino, chiudendo gli occhi.

 
“Tu non hai mai freddo...” brontolò con un sospiro, avvolgendosi stretta nel mantello.

Loki la strinse a sé, facendo aderire la schiena di Sigyn contro il suo fianco "Vieni qui, ma non posso fare magie.” disse con voce bassa.
 
“Me lo farò bastare.” gli strinse le braccia, annusando con piacere l’odore di resina e mele che ancora aleggiava sulle dita di Loki. Le sfiorò delicatamente, mani così allungate, così poco… asgardiane. Sentì lui sfiorarle le dita a sua volta e tastare piano le vescichette dovute all’arco, poi Loki mormorò qualcosa, come una canzone a bocca chiusa, e Sigyn sentì il calore passare tra loro ed un pizzicore - le stava trasferendo del seidhr per il potere di guarigione. Chiuse gli occhi, grata.
Avrebbe dovuto pensarci lei, da sola…

 
Prima non voleva sembrare una stupida irriconoscente: tessere era divertente, leggere di più ed il seidhr anche meglio, ma tessere le piaceva sul serio, era molto più vario che filare le fibre o lavorare all'arcolaio per preparare le matasse. La filatura richiedeva tanta pazienza per avere fili di sezione ed elasticità omogenea e tanto lavoro noioso per produrre in fondo poco: la maggior parte delle ancelle filavano per la maggior parte del tempo, nelle stanze da lavoro di Lady Frigga, chiacchierando di tante cose futili altrimenti, pensò Sigyn, sarebbero impazzite per la noia. Lei era stata fortunata, le era stata riconosciuta l'abilità della tessitrice e tessere era divertente: a seconda di cosa volevi fare esistevano diversi tipi di telaio e si potevano fare disegni semplici e disegni complicati giocando sulla tessitura o sui colori dei fili. Il tempo passato nelle stanze di Lady Frigga era piacevole.
Inoltre, nonostante quel suo correre nelle stanze di Frigga, e poi in Biblioteca con Loki, aveva del tempo libero per se stessa, di cui nessuno le chiedeva di rendere conto.

E il mercato, lo sapeva benissimo, era pieno di ragazzini come quello di stamattina, che aveva dato un occhio a Sleipnir e a Elskan - dormivano in strada e si arrangiavano: tra la metà e i due terzi dei mendicanti erano bambini, alcuni di proprietà di qualcuno che fissava il loro obiettivo e cioè quanto denaro avrebbero dovuto portare ogni giorno per poter mangiare e non essere picchiati.
Rabbrividì pensando al rumore di un fascio di rami di nocciolo sulla pelle di qualcuno - non lo avrebbe mai dimenticato. I rami di betulla facevano un pochino meno male.
Anche al Castello le punizioni corporali esistevano, c'era una stanza apposta per quello e la prima cameriera di Frigga adorava occuparsene, ma lei era attenta a non commettere errori e a tenersi lontano dalle beghe e dai pettegolezzi. E da Lady Gissa e da Lady Sif. Quanto a Loki, l'aveva rimproverata spesso con quella lingua affilata, aveva sempre preteso che riparasse ai danni di qualche suo errore in modo "utile", ma non l'aveva mai sfiorata con un dito.

Non voleva che Loki l'Amico pensasse che non fosse grata, lo era. Eccome se lo era.
Ma non poteva dirgli che qualcuno l’aveva richiesta, come una cosa, e che Lady Frigga aveva rifiutato non perché lei era una donna libera, o semilibera, ma solo perché era troppo giovane, secondo le idee della madre di Loki il Principe. Una bugia forse, non era poi così giovane.
Sperò che quel qualcuno si fosse dimenticato, in fondo erano solo cose, loro, una valeva l’altra. Ma se Loki l’avesse saputo forse l’avrebbe guardata anche lui a quel modo.
Come guardava le ancelle che piacevano a Thor e di cui nemmeno si ricordava il nome il giorno dopo. O peggio, come una freccia o un arco. E questo non lo voleva. Le avrebbe spezzato il cuore.
Piano intrecciò le dita con quelle di lui come se fosse casuale.

Non lo chiamava spesso "Mio Signore" quando erano soli, ma la realtà era quella: la persona che le era più cara al mondo non era uguale a lei. Lo diventava solo lontano dal Castello. 
E lei, la sera prima, aveva scelto di non pensarci più.
Gli amici erano rari ed andavano tenuti con cura, senza pretendere che diventassero... altro. Nemmeno nei sogni. Nella realtà non c'era nemmeno da pensarci, lui non doveva nemmeno sospettare.
E lo spazio per l'altro se lo voleva ricavare da sola, a modo suo, prima che arrivasse qualcuno e fissasse il suo obiettivo quotidiano perché, come cosa, venisse quanto meno trattata decentemente - prima o poi Lady Frigga l'avrebbe trovata abbastanza grande perché fosse "moralmente giusto" che lei diventasse ufficialmente di qualcun altro e si occupasse di altri tipi di esigenze, che, con un telaio, presumeva, avevano poco a che vedere.

Strinse gli occhi: non voleva pensarci.

***


“Raccontami una storia...” chiese Sigyn, con la voce semiaddormentata.

"Una storia?"

"Una volta lo facevi..." si lamentò con la baldanza del semi -incoscienza.

"Una volta eri piccola..." le sorrise nel buio, tanto non lo avrebbe visto,"eri piccola e carina."

Sigyn sbuffò in segno di protesta - quasi impercettibilmente - ma non disse nulla.

 
“Dipende…” riprese Loki meditabondo.
 
“Da cosa?”
 
“Solo se dopo mi racconti qualcosa anche tu.”
 
Il mormorio che seguì gli parve di assenso, così Loki narrò una storia terribile di demoni pasticcioni annidati nel buio, molto ridicola, che la fece ridere. Alla fine si ritrovò con la guancia di lei nell’incavo della sua spalla.
 
“Sai?” la sentì mormorare, “le storie che fanno paura non le sai raccontare proprio.”
 
Loki non le rispose, e lei aggiunse già quasi persa nel sonno “Cosa vuoi che ti racconti?”
 
“Theoric.” la sentì irrigidirsi tra le sue braccia.

“Lo conosco pochissimo. Non saprei cosa narrare.” rispose scontrosa.

 
“Sai che potresti non rivederlo più, vero?” la sentì trattenere il fiato. “potrebbe non ritornare mai più al Castello…” delicatamente le prese il polso e registrò l’affrettarsi scomposto dei battiti. "I guerrieri hanno orari, impegni e, soprattutto, altre destinazioni... potrebbe essere chissà dove, ormai..."
 
“Loki?”
 
“Si?”
 
La sentì girarsi su un fianco, dandogli la schiena.

“Ritiro quello che ho detto… le storie che fanno paura le sai raccontare benissimo.”

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Capitolo 9
*** La scorciatoia ***


La scorciatoia

Quando alla mattina Loki si svegliò, Sigyn non era accanto a lui. Era rimasta solo la sua impronta su un letto di rami di pino e giusto un accenno del profumo erbaceo di menta, edera e foglie di agrumi che di solito l’accompagnava e che aveva impregnato il suo mantello.

Aveva fatto fatica a prendere sonno, la sera prima: era rimasto a lungo sdraiato su un fianco, con Sigyn, addormentata, accoccolata tra le sue braccia completamente rilassata - probabilmente sognava di Theoric pensò irritato, il guerriero che non uccideva nessuno e il maschio che baciava solo a fior di labbra, l’unicorno degli Aesir - e aveva ascoltato il vento soffiare. Aveva pensato alla morte di Theoric - inevitabile, come guerriero non era un granché, perché mai sarebbe dovuto sopravvivere? ma sarebbe stata una morte veloce ed indolore, nemmeno se ne sarebbe accorto, glielo doveva - poi aveva pensato all’educazione che gli era stata impartita da Odino e da Frigga, a suo fratello, a Sif… a come accidenti fosse possibile che con Sif ci fosse tutta quella animosità... e poi sbuffò: se ne era andato anche per non pensare proprio a queste persone, ma i pensieri lo avevano seguito fino lì.

Strisciò fuori dal loro rifugio, l’odore della tisana e del miele lo colpì piacevolmente. Il fuoco era già stato spento con acqua e terra - annuì in segno approvazione - e la tisaniera era su una pietra piatta, ancora calda, che lo aspettava.

Con due tazze in mano, che gli scaldavano le dita, seguì il sibilo delle frecce di Sigyn e sorrise quando la vide, tutta concentrata, che prendeva la mira ”Sei diventata un arciere? in una notte?” le disse appoggiandosi al tronco di un albero con la spalla. “Ti hanno aiutato dei topolini come in una favola?”

“Non proprio. Ma adesso so cosa sto facendo.” replicò la giovane con un sorriso aperto, decidendo, era chiaro, di non cogliere l’ironia e di non arruffare le penne.

Lui notò che i capelli, raccolti in una treccia, erano umidi e la pelle ancora arrossata - di sicuro era andata alla fonte a lavarsi con l’acqua gelida, da sola. Come se il bosco fosse abitato solo da lepri, scoiattoli ed uccelli e non anche da qualche animale aggressivo.
Incosciente e pudica - il pensiero lo irritò e lo fece sorridere insieme.
Theoric non avrebbe approvato, gli pareva il tipo che trovava corretto che una donna facesse il bagno con indosso una camicia di lino, e questo non gli pareva il caso di Sigyn. Quanto a lui... aveva il massimo rispetto per le abitudini altrui, che la piccola facesse come le pareva. Peccato solo che avesse deciso di non aspettarlo.

Interessato la osservò colpire il tronco dell’albero cinque volte di fila. Il bersaglio non era particolarmente grande, non era particolarmente lontano, i suoi non erano centri, ma, innegabilmente, Sigyn, adesso, sapeva cosa stava facendo.

Osservò la posizione delle spalle, le mani, il collo, qualche difetto da correggere c’era, ma tutto sommato andava bene.

“L’arco che stai usando… è piccolo, va bene per colpire un bersaglio da allenamento, non per andare a caccia, a meno che un cervo molto stanco di vivere non venga trotterellando verso di te e si inchini pregandoti di porre fine ai suoi giorni.”

Sigyn non rispose, ma Loki, era chiaro, stava parlando a se stesso, le sopracciglia aggrottate e la fronte corrucciata. “Ci vorrà parecchio tempo per passare ad un arco del giusto peso. Dovrai imparare ad usare anche il seidhr, mentre lanci una freccia - ti aiuterà.”

“Non mi dispiace.” rispose serena.

“Non è questione di piacere o dispiacere.”

Si sedettero nell’erba uno di forte all’altra e sorseggiarono la tisana in silenzio, con una mano Sigyn sfiorò l’erba ricoperta ancora della rugiada del mattino, il sole era ancora basso e le ombre lunghe. Vide una tela di ragno brillare - un tessitore anche lui.

“Tu credi sia una perdita di tempo…” azzardò. “E’ perché ci ho messo troppo?”

Loki la guardò a lungo, poi scosse la testa “Ti avevo dato un compito impossibile, non pensavo saresti rimasta per ore ed ore a provarci.”

“Quindi non hai nessuna intenzione di insegnarmi.” tagliò corto, ma con un tono educato - Loki in fondo non le doveva proprio nulla - tornando a specchiarsi nella sua tazza di tisana.

“Ti insegnerei comunque. Lo avrei fatto anche se tu ieri avessi mollato dopo un’ora, piangendo per le vesciche. Ci proverei, quanto meno.”

“Ma?”

Loki scosse la testa irritato, possibile che non capisse? “Guiderai tu nella Scorciatoia.” le annunciò in tono definitivo. “Hai detto che vuoi riprovare con Freya: fammi vedere quanto bene te la cavi con il seidhr.”

Sigyn alzò gli occhi, stupita, ma lui era immerso nei suoi pensieri e non ricambiò lo sguardo.

****

Una Scorciatoia era un collegamento magico tra due luoghi, un po’ come il Bifrost.

Solo che il Bifrost aveva una forte componente fisica dal punto di vista strutturale, ma l’utilizzo era passivo: si veniva prelevati e depositati a distanze enormi. Sigyn era curiosa sul Bifrost perché era una cosa che aveva sperimentato una volta sola, da molto piccola.

Una Scorciatoia aveva una fortissima componente magica, di una magia di tipo antico; richiedeva un partecipante attivo e che praticasse l’arte più sottile: la Scorciatoia non si sarebbe aperta per un mago non all'altezza. E quel mago sarebbe stato la Guida, che avrebbe “riconosciuto” il percorso e portato con sé altre persone, o animali (i Viaggiatori) o cose. La rappresentazione fisica di quel percorso era frutto delle esperienze della Guida, e poteva essere molto disturbante - la prima volta Sigyn ne era stata terrorizzata, ma era solo una bambina. Loki aveva dovuto fermarsi e aiutarla a respirare, prendendola in giro e raccontandole una storia assurda su dei folletti, con Thor che era diventato grigio in faccia e la guardava orripilato.
Solo molto più tardi avrebbe capito che la Guida non si dovrebbe mai fermare, né perdere la concentrazione, perché, su distanze medio-lunghe, c’era il rischio di perdere la strada per sempre.
Quella volta, lei, così terrorizzata, era stata il vero pericolo per tutti e tre loro. Eppure Thor l'aveva accettata e l'aveva fatta camminare come seconda Viaggiatrice, proprio dietro Loki: se si fosse fermata di nuovo avrebbe fermato anche lui.

Una Scorciatoia era solo per brevi distanze - per fortuna pensò, perché non si era soli, lei aveva sempre avvertito altre… presenze. Era compito della Guida creare un percorso che non permettesse “attacchi laterali”: ponti scavati nella roccia e sospesi nel vuoto, cunicoli sotterranei stretti e soffocanti, ma il Viaggiatore poteva non condividere le sicurezze o le paure della Guida.

Controllarono che i cavalli fossero caricati correttamente, che nulla potesse uscire dalla bisacce e spaventarli. Parte del carico venne trasferito in due sacchi da spalla che si aiutarono l’un l’altro a legare sulla schiena con delle chinghie.

I cavalli dovevano restare tranquilli. Loki non lo disse, ma se si fossero persi erano sacrificabili… A Sigyn si strinse il cuore: sapeva quanto ci tenesse Loki a Sleipnir. Le stava dando parecchia fiducia.

Sigyn verificò i finimenti e il sottopancia almeno tre volte sotto gli occhi attenti di Loki.
Poi preparò le torce, calcolando una quantità doppia di quella necessaria.

Quando fu tutto pronto si avviarono a piedi fino ad una roccia tra gli alberi, su cui erano incise delle rune.
Sigyn si avvicinò allo stallone nero e, con delicatezza, gli accarezzò il muso. Cominciò a mormorare sottovoce un motivo cantilenante, continuando ad accarezzarlo affettuosamente, mentre lui si strofinava contro di lei.

Poi passò alla cavallina, che abbracciò “Elskan, tesoro, tranquilla… tranquilla...”. tirò fuori dalla tasca delle fettine di mela e le mise sul palmo della mano, lasciando che lei le mangiasse, la lingua morbida e calda contro le sue dita aperte, mentre lei continuava a canticchiare.

Sfiorò le incisioni nella pietra con le dita e si accorse di tremare impercettibilmente. Quella era la sua prima volta come Guida - da sola non l’avrebbe mai fatto, confessò a se stessa, avrebbe camminato, piuttosto, non c’era motivo di tutta quella fretta.

Sentì le mani di Loki sulle sue spalle, che la massaggiavano.

“Hai una fetta di mela anche per me?” sussurrò.

“Non ne hai bisogno…” niente ironia, nessun sarcasmo, solo quelle mani che risalivano piano lungo la sua nuca, senza fretta. Sentì che la stringeva a sé contro il suo petto e anche lei gli cinse la vita con un sospiro.

“Non è reale,” le mormorò sfiorandole i capelli con le labbra, “ricordati che non è reale.”

Sigyn annuì, poi si staccò da lui e mise la mano su una fessura nella pietra, chinando il capo e concentrandosi. Piano la fessura cominciò ad allargarsi.

Una volta dentro Sigyn accese una torcia e la passò a Loki, cercando di restare rilassata, sentì un’ondata di freddo e guardò ai suoi piedi: acqua. Il percorso era un fiume sotterraneo.

Sfiorò con una mano la parete di roccia umida: il cunicolo era alto almeno quanto Loki e largo più che a sufficienza per Sleipnir. “Bene” pensò tra sé, l’inizio del viaggio sembrava promettente.

Accese anche la sua e si concentrò sulla destinazione - un villaggio, c’era già stata, l’odore degli abeti, un pasto caldo… le bastava solo procedere un passo dopo l’altro, lei era la Guida e Loki il Viaggiatore, lo avrebbe portato con sé fino al villaggio. Un passo dopo l’altro.

Dopo un’ora, cominciò a sentire la stanchezza e sentì che il soffitto del cunicolo si abbassava e che il livello dell’acqua saliva, non in modo brusco, ma l’acqua, si rese conto, l’acqua che all’inizio le sfiorava le caviglie, ora le arrivava fino alle ginocchia: era gelida e la rallentava.

Le cinghie del sacco da viaggio le affondavano nella carne. Avrebbe voluto fermarsi un attimo, ma sapeva di non potere: non c’era spazio, e se il sacco si fosse inzuppato avrebbe pesato ancora di più.
Sentiva dei rumori in lontananza, brontolii, passi, sospiri - capì che la Scorciatoia la stava sfidando - raddrizzò le spalle e tornò a concentrarsi: un passo dopo l’altro, un passo dopo l’altro, non serviva altro - sarebbe uscita da lì ed avrebbe fatto un bagno caldo e cotto una mela sotto la brace. L’avrebbe divisa con Loki.
Se ci fosse stato anche Theoric l’avrebbe portato sulle sponde del lago, tenendolo per mano. Sentì il livello dell’acqua scendere e sorrise.

Tornò a pensare a Theoric, un bravo ragazzo, un po’ sciocco - come lei del resto - non era disinvolto come i Lord e le Lady di Palazzo, veniva da un villaggio, un posto in cui lei avrebbe potuto… arrossì… avrebbe potuto viverci. Si immaginò che portava alla cintura le chiavi della dispensa della sua casa. Dentro la soglia il suo regno. Fuori dalla soglia il regno di... di un uomo. Arrossì. Che cosa prosaica...
Ma così incredibilmente, favolosamente, meravigliosamente possibile. Come il seme di una piantina che avrebbe potuto germogliare e diventare qualsiasi cosa.
Ripensò alle labbra di Theoric sotto la luna, a come l’avevano sfiorata senza obbligarla a nulla che lei non volesse, al sapore di quella tisana che era passato dalle labbra di lei a quelle di lui rendendogliele familiari... e capì che era una pessima idea, le parve che lo stretto pertugio cominciasse ad allargarsi un po’ troppo, se si fosse allargato, se fosse diventato una caverna, un lago, come quello che voleva mostrare a Theoric, sarebbe stato più difficile, più complicato trovare la strada, avrebbero perso tempo, le torce.... Poggiò la mano contro la parete e cercò di respirare regolarmente. Non sentiva più le dita dei piedi, le cinghie le tagliavano le spalle e le sembrò di aver perso la cognizione del tempo.

Alzò gli occhi sulla torcia: ancora bruciava, no, non poteva perdere la cognizione del tempo, bastava guardare la torcia. Non doveva pensare ad un lago sotterraneo, doveva solo concentrarsi sul villaggio, un passo alla volta.

Fu dopo un’altra ora che sentì un rumore che le fece male al cuore. Lo schiocco dei rami di betulla, senza foglie, contro la pelle nuda.
Einn, tvei, thrirr… aveva imparato i numeri, da bambina sentendo contare i colpi di frusta. Affrettò il passo cercando di non pensarci… fjorir… la assalì l’odore del Campo, l’odore di corpi ammassati, latrine mal costruite e non curate… fimm... legna umida e verde che bruciava male, fsex la coda per l’acqua nel serbatoio con il fondo verdastro di muffa, l’alzata di spalle dell’Elfo a cui non importava… a nessuno importava. Non erano lì per andare da nessuna parte, erano lì solo in attesa di morire.

Affrettò ancora di più il passo, voleva uscire, voleva andarsene. Sentì il livello dell’acqua salire ed il soffitto del cunicolo abbassarsi, doveva stare con le spalle chinate in avanti e l’acqua le era arrivata alla vita, camminare era sempre più difficile, e tenere la torcia fuori dall’acqua le pesava. Abbassò il braccio e la torcia si spense. Si divincolò, doveva tirarne fuori un'altra dal sacco, una asciutta, ma non ce l'avrebbe fatta, non c'era spazio. Più si agitava, più sentiva i livello dell'acqua salire, così fredda ora all'altezza del seno, gli abiti zuppi pesavano e la attiravano verso il basso e tutto quel buio...

Sentì Sleipnir nitrire e si bloccò.

“No!” disse a voce alta, “No” sussurrò, non era uscita dal Campo per perdersi durante una gita. Lei doveva imparare a tirare con l’arco, rifare l’esame con Freya. Lei doveva baciare Theoric un'ultima volta.
Lei era la Guida, lei era responsabile per i Viaggiatori.

Si fermò. Correre non serviva, doveva solo ritrovare il ritmo. Un passo alla volta.

Poggiò tutti e due i palmi contro le pareti e andò avanti, puntellando i piedi che non sentiva più sul fondo, un passo alla volta; la luce non serviva, la Scorciatoia era sua, era lei che decideva. Mentre batteva i denti, si concentrò su un ricordo piacevole: Loki ragazzo che faceva magie con il seidhr. Per lei. Un guizzo verde tra le sue dite e lei che lo seguiva affascinata. Ricominciò a camminare, ostinata, provando a ricucire i fili della cantilena per Sleipnir, perché non fosse nervoso. Per la cavallina rossa. Per Loki.
E per lei.
Ricordò le ancelle che le tagliavano i capelli e Loki che le diceva, asciugandole le lacrime, che non era una umiliazione, ma un rito per un nuovo inizio - che bugiardo! - e sorrise.
Era un rito anche quello, decise. Non avrebbe deluso Loki.

Arrivati alla fine del percorso, il cunicolo si era allargato a sufficienza per permetterle, appiattendosi contro la parete, di far passare avanti i cavalli. Con la mano sulla pietra si concentrò perché la fessura di uscita si aprisse.
Sleipnir era passato.
Elskan era passata.

Loki uscì anche lui.


Poi toccò a lei.

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Capitolo 10
*** Un posto per dormire ***


Un posto per dormire

“Ci hai messo tre volte il tempo che ci avresti dovuto mettere.”

Sigyn stesse zitta. I capelli erano scarmigliati e i riccioli le incorniciavano il viso pallido in onde lucide e disordinate - della sua treccia restava poco o nulla - le mani le tremavano.

“E vuoi spiegarmi che cazzo ti è preso quando hai cercato di affogarci tutti e due?“ Loki cominciò a raccogliere in fretta dei rametti secchi. Sigyn cercò di dargli una mano, senza aprire bocca - ma piegare le dita fu uno sforzo.

“Resta seduta su quel tronco, una buona volta!” sbottò Loki irritato. “Posso capire che volessi pareggiare qualche conto con me, cosa che non ti puoi permettere fuori da una Scorciatoia, ma il povero Sleipnir?”

Loki accese il fuoco con un gesto brusco: le fiamme erano verdi - pessimo segno.

”E, soprattutto, la povera Elskan, che cosa ti ha fatto?”

Loki aveva sicuramente affatato i cavalli, mentre lei andava in panico, rifletté stanca, la fronte corrugata, gli occhi fissi sulla fiamma. Loki aveva dovuto farlo. Per forza.
Allungò i palmi delle mani verso il fuoco non sentendole quasi più.

“Pensavo volessi bene a quella cavallina...”

Avrebbe dovuto pensare al soffitto, non all’acqua, all’acqua si poteva sopravvivere, ma il percorso era nato per i fatti suoi, si era solo limitato a reagire alla sua paura e alla sua stanchezza. Lei non aveva avuto nessun controllo sulla Scorciatoia.

“Vieni qui accidenti.” Loki si sedette sul tronco accanto a lei e si passò una mano sulla fronte, con un gesto esasperato.
Poi cercò di scaldarla, stringendola a sé e Sigyn si accorse che, adesso che era tutto finito, si sentiva intorpidita.

“Non ho così freddo.” mormorò in un sussulto di orgoglio.

Le fiamme improvvisamente divamparono verso l’alto facendo esplodere verso il cielo una colonna di scintille verde smeraldo.

“Io invece si.” E tu di sicuro più di me. Prima si scalda il torso. Poi braccia e gambe. E poi si parla.

Fu allora che Sigyn si accorse di stare tremando. Hai ragione, lo so che hai ragione, Loki, ma, per piacere, basta.

Si stupì nel trovarlo caldo.

Dopo un po’ lui la lasciò andare per preparare qualcosa di caldo da bere; Sigyn si slacciò gli stivali e allungò i piedini verso il tepore senza avvicinarli troppo alla fiamma, tolse le calze, ancora goffa, cercando di lavorarli perché assorbissero il calore, grata dell'unguento che Loki le aveva lasciato sul tronco.

L’acqua non era reale, ma i suoi effetti si. Il calore l’aveva abbandonata gradualmente, lei non se ne era resa conto, ma piano piano l’aveva rallentata, e, quando il livello era salito in quel modo, era stato devastante. Una volta sceso - una volta uscita da quella specie di pozza profonda - si era accorta che, oltre a non avere il completo controllo delle gambe, non riusciva quasi più a sentire le mani. Si era puntellata alla roccia per aiutarsi - qualche graffio a ricordarglielo - ma i suoi vestiti non erano bagnati.  

Mosse le dita dei piedi soddisfatta. 
Le unghie erano smaltate di un rosso rosato - aveva desiderato così tanto essere carina per la festa - e Loki sogghignò allungandole una tazza fumante: “Molto graziose, Theoric ha potuto ammirarle?”

“E’ un gentiluomo.” chiuse gli occhi e immerse il viso nel calore del vapore assaporandone l’aroma.

“Non avevo capito fosse cieco… perdonami.”

“Ci vede benissimo.”

“Beh certo, ti ha scovata...” 

Ah quell’ironia... Sigyn arrossì. “E’ stato il caso.”

“Ha una buona dose di haminja, vuoi dire?” E’ stato molto fortunato: hai fatto tu il primo passo e te lo sei preso - non avrebbe insistito, credimi.

“Magari la fortuna è stata la mia.” disse lei in un soffio, ma non era così convinta - forse era solo un ragazzo dolce, forse erano i suoi primi baci, forse il fascino di una cosa possibile. Quando il calore della tisana le scivolò lungo la lingua, fino alla gola, si accorse che non c’era dentro il miele e sospettò fosse un suo modo per ribadirle che non era affatto contento.


***

Più tardi mentre finivano la tisana a piccoli sorsi, per farla durare più a lungo possibile, Loki, giocherellando con una ciocca della giovane, le disse con tono esitante “Credere che tutto sia casuale, sai? può dare un senso di predestinazione e ammantare di magia qualcosa che è solo normale: la luna, la brezza, buon cibo e buone bevande... Mia madre ha lavorato duramente perché ci fosse una atmosfera in cui tutti si sentissero a loro agio, senza essere intimiditi dal fasto, ma voleva anche che percepissero di non essere in un luogo qualunque. Voleva il rispetto.

Non ha lasciato molto al caso, credimi. Ha pensato ai vecchi guerrieri, fedeli a mio padre, perché si sentissero parte di una tradizione importante. Mio padre è il Re, ma l’alleanza coi Guerrieri gli serve, soprattutto coi Guerrieri Nobili. Nessuno regna da solo.
E mia madre ha pensato anche ai giovani, pieni di sogni: per loro ha previsto le illusioni.”

Sigyn sbatté gli occhi, irrigidendo le spalle.

“Le ragazze che hanno potuto partecipare… così giovani, carine, deliziose nel loro impaccio..." Sygin arrossì “Un bacio sotto la luna fa solo parte della corretta coreografia di una festa riuscita.” Ma non vuol dire nulla, Sigyn… nulla. “Non c’è niente di male... E’ quasi di rigore baciare qualcuno in un giardino.” aggiunse. Non ti sto giudicando, non su questo, sarei ipocrita visto che lo abbiamo fatto assieme. E mi è piaciuto. Anche se non era nulla.

 

E pure sbattersi qualcuno in Biblioteca,  pensò Sigyn irritata, pure quello è di rigore ad una festa?

 

“Vuoi che andiamo?” gli chiese senza guardarlo, “c’è una seconda Scorciatoia da fare.”

“Permetti che io riprenda fiato?” Sigyn fu certa che Loki stava inarcando un sopracciglio, mentre le poneva questa retoricissima domanda, ma non ebbe il coraggio di guardarlo in faccia.

“Un’ultima cosa. Non ti chiedo cosa hai sentito lì dentro, sono fatti tuoi,” Loki fu netto, “solo: quando hai cominciato a perdere il controllo, ti ho sentito contare, cosa era?”

“Non mi ricordo.” Sigyn aveva le sopracciglia non ad arco, ma come un’ala di un uccello: non le aggrottò, né sollevò lo sguardo, ma continuò a fissarsi ostinatamente le dita - Loki decise che le sopracciglia erano molto carine e che come bugiarda non era un granché. Ma non erano fatti suoi.

“Non tutto è reale, ma il tuo corpo non lo capisce. Ora pensa bene se c’è qualcosa che ti fa male, perché, nel caso, ci pensiamo adesso, e non a metà della seconda Scorciatoia.” Non voglio frugare nei tuoi pensieri, voglio solo sapere se stai bene.

Sigyn scosse la testa. Si toccò la guancia dove ora sentiva il pizzicore di un graffio - doveva aver strisciato contro la parete rocciosa del cunicolo quando l’acqua la stava sommergendo: si era agitata e non aveva capito più niente. Probabilmente c’erano altri tagli e lividi, qua e là sul suo corpo, ma niente di che.

 

Come rimontarono a cavallo Loki le disse un' ultima cosa “Quanto a quello che hai pensato quando hai ripreso il controllo… quello tientelo caro, qualunque cosa sia.”

Sigyn arrossì evidentemente imbarazzata e Loki sperò non fosse qualche ricordo legato a Tehoric l’Unicorno - quella mezza sega di guerriero doveva assolutamente sparire.


***

All'imbocco della Seconda Scorciatoia Sigyn controllò tutto con cura maggiore rispetto alla prima volta - Loki sbuffò irritato - poi tranquillizzò i cavalli. Accarezzò dolcemente Elskan, sussurrandole delle paroline dolci. Elskan, elskan mín,  tesoro… avrebbe dovuto dire amore, ma non le riusciva, non davanti a Loki.
La cavallina era piccola, rossa con la criniera bionda, e un folto pelo invernale. Le accarezzò piano il muso corto e simpatico. Scusami piccola, non dargli retta, ho fatto il mio massimo, mi spiace se quasi non è stato abbastanza. Quasi.

 

“Cosa aspetti?” chiese Loki brusco.

“Pensavo che stavolta avresti guidato tu.”

“Pensavi male.”

 

Si accorse che lui avrebbe chiuso la loro carovana - tranquillizzare Sleipnir ed Elskan, senza nessuno dietro che potesse bloccarli, in quel cunicolo sempre più stretto e basso che si riempiva d’acqua doveva essere stata una impresa, dedusse.
E quindi Sleipnir non era sacrificabile affatto...

Mentre toccava la pietra cercando la fessura, sentì improvvisamente la sua mano sulla spalla.

“Ascolta Sigyn, hai portato i tuoi Viaggiatori fuori e questo è quello che conta. Il resto sono chiacchiere.”

Non mi abbracci stavolta? pensò, ma non glielo chiese - le avrebbe sicuramente detto che stavolta non le serviva.

Non era vero.


***

Entrarono. Acqua anche lì, sbuffò irritata - la cosa le sembrò meno promettente, e pensare che la prima volta non aveva colto il pericolo, anzi... le era sembrato rassicurante. Piano sfiorò il terreno, concentrandosi. Il freddo è un nemico insidioso. Lentamente vide l’acqua venire riassorbita dal terreno, scivolare dentro le crepe, lasciare la roccia solo umida e poi asciutta. Sorrise trionfante.

Ma poi l’acqua riaffiorò baldanzosa - la Scorciatoia la stava prendendo in giro.

A quel puntò di alzò in piedi, drizzò le spalle e proseguì di buon passo, tenendo Elskan per la cavezza. Avrebbe fatto come poteva. Pensò ad una bambina in una vasca che non voleva lasciarsi lavare dalle ancelle mentre un ragazzo giocava con lei, senza mai sfiorarla, cercò di tornare a quelle sensazioni: paura, diffidenza, voglia di scappare, rabbia, rancore, umiliazione… una scintilla di fiducia.


***

All’uscita non era gelata, non come la prima volta almeno, ma i graffi sul viso ora erano tre, sospettò di avere un bernoccolo sulla fronte, e la schiena le faceva proprio male. Sbatté gli occhi nella luce, sentendosi abbagliare e si lasciò andare bocconi sul prato del sottobosco, per annusare l’odore del terriccio e dell’erba e, soprattutto, dell’aria pulita. Accidenti se era stanca.

“E’ sempre il triplo del tempo.” disse Loki.

“La prossima volta andrà meglio.” replicò con filosofia, chiudendo gli occhi.
Theoric era più  goffo di Loki, era come lei, non sapeva nemmeno fare il guerriero sul serio... sarebbe stato più comprensivo... “un minuto solo, ti prego…” sentiva in lontananza il rumore di una cascatella - conosceva il posto, una volta Loki ce la portava spesso, ci aveva fatto il bagno d’estate.
Una volta era venuta anche Sif con loro, sembrava una creatura magica che emergeva dalle acque, con quei capelli d’oro lunghissimi.
Ora erano tutti al sicuro, fuori dalla Scorciatoia, Sleipnir con il suo pelo lucido, Elskan la Rossa con la chioma dorata, Loki… e lei, lei era al sicuro. Ma quello da tanto tempo.

 

“Un minuto più, uno in meno, cosa vuoi che cambi?” la stava prendendo in giro. “Dai che ho voglia di birra!”

 

Sentì che Elskan la stava annusando, dandole dei colpetti con il muso e le scappò un sorriso. Dalla scarsella sul fianco tirò fuori una mela - l’aveva preparata apposta per la sua Elskan - poi si alzò in piedi e l’abbracciò. D’improvviso le montò in groppa e, ridendo, la spronò lungo il sentiero che portava alla cascata - dopo sarebbero dovuti scendere verso il villaggio ed essere più prudenti, ma ora Sigyn aveva solo voglia di festeggiare - si, le Scorciatoie saranno anche state comodissime, certo certo, un viaggio anche spirituale, una volta, tanto tempo prima, quando il seidhr non era una cosa di cui vergognarsi, erano una delle prove per il passaggio da infanzia a maturità di un ragazzo, tutto quello che volevi, ma la vera gioia era essersele lasciate alle spalle.

Loki la trovò seduta vicino ad una roccia che guardava la cascata - con la bella stagione la portata dell’acqua era molto diversa, così, era solo un torrentello che si espandeva a raggiera, spruzzando l’aria; la spuma sulle rocce sembrava un velo.

Lei glielo chiese timidamente “Ci torniamo con la bella stagione?” Aveva un sorriso largo, che si estendeva anche agli occhi.

A che titolo Sigyn? pensò lui cinico. Come cosa? Non sei mia sorella ed è un bel po’ che non sei più una bambina - è per quello, mi pare, che non ci siamo più tornati. Vuoi un anello di ferro intorno al collo, per caso?
Ma non glielo chiese - si sentiva in colpa per il giorno dopo, per la caccia - non le sarebbe piaciuto - ma lei aveva fatto una domanda ed era giusto che avesse chiara la sua risposta.

 
 

“Chi è la ragazza?” La donna era grassoccia, sembrava una specie di pigna, vestita di marrone, le mani grandi e rosse incrociate sul ventre prominente. La cuffia sui capelli di un castano slavato indicava che era sposata - lo era stata, era vedova da tempo, oramai. Vedova ed indipendente.

“Una scaldaletto.” disse Loki con aria indifferente - Sigyn si stava occupando dei cavalli, non avrebbe mai detto una cosa del genere davanti a lei. O forse si.
 

“Mi hai chiesto due giacigli in due case diverse.” Il ragazzo dietro di lei si agitò e sollevò lo sguardo, per poi riabbassarlo subito. Era magro ed alto, ma curvo: teneva le spalle spioventi e la testa china, come se si vergognasse costantemente.

“Eufemismo per amante. Dopo che mi ha servito non mi serve che occupi il mio letto, scaldandolo troppo.”

“Non porta il collare di ferro...” si capiva che era dubbiosa.

Loki sogghignò “E quindi?”

“Non veste come una gran dama.” lo guardò incerta, come se volesse dire ben altro.

“Non mi ha ancora soddisfatto a dovere e non si merita un regalo.”

“E’ la piccola che portavi con te.” sembrò quasi un’accusa.

“E’ cresciuta.” replicò Loki divertito.

“Appunto…” lo guardò irritata, “Sono arrivati altri due viandanti. Si fermano per la festa di domani.”

“E quindi?”

“Ho una capanna sola da darti. Quella vicina ho dovuto darla a loro… non pensavo…” si torse le mani "ho commesso un errore."

“Ti hanno pagato bene, immagino.”

“Non pensavo che… con chi… Pensavo a un amico, al Principe Thor o a qualche…”

“Qualche cosa?”

“Non sapevo chi avresti portato.” rispose scontrosa. Il ragazzo dietro di lei si mosse a disagio. Era avvolto in un mantello logoro ed il volto era seminascosto dal cappuccio.

“Chi avrei dovuto portare, sentiamo, Asgerda…” era chiaro che Loki si stava divertendo.

“Pensavo il Principe Thor o una puttana bionda.” la donna esplose ed abbassò lo sguardo arrossendo. Loki permetteva a pochissimi di parlargli in modo diretto, e lei tacque incerta: se aveva osato troppo, avrebbe pagato, ma lei quello che pensava lo doveva dire. Non stava bene che Loki e quella giovane... non era una cosa ben fatta.

“Ah ecco… non conoscevo questo tuo rigore morale…”

“Lei può dormire più a valle, nella mia cucina. Il ... ragazzo di mio figlio può dormire con i cavalli - non la toccherebbe. Gli leverei la pelle con la frusta se solo provasse a sfiorarla.”

“Preparale un giaciglio da me.” Non dorme nel mio letto, ma nemmeno da un’altra parte: Sigyn sta bene dove sta.

Asgerda arrossì “Te lo dico ora e non lo ripeto più,” brontolò, “sono certa che tu pensi che non ci sia nulla di male, ma poi le cose succedono. Vicino al pozzo abbandonato ogni anno si trova un neonato dell’estate, tutte ragazze e ragazzi che non pensavano di fare nulla di male.”

Loki annuì, infastidito. A Palazzo nessuna si sarebbe fatta tutti questi problemi.

“Mio figlio si accoppiò con la mezza jotunn” la donna sputò in terra, “Snorre Ulfson, figlio di un lupo, di nome e di fatto, se la portò dalla guerra, un animale buono solo per una cosa. Se la portava dietro per le fiere, quando andava a commerciare la lana, facevano la fila per fottersela e intanto lui vendeva la sua lana.
Guariva in fretta, scommettevano su quanto ci avrebbero messo i suoi lividi a svanire.
Quando la lasciò qui un inverno, perché non mangiava più, era ridotta uno straccio, mio figlio forse ne ebbe pena, o forse pensò solo a scaricare l’appetito che aveva in eccesso.”

Loki trasalì.

“Non volle che lei lo gettasse nel pozzo, non so nemmeno come facevano a capirsi, anche se lei era solo una bestia, non credo parlasse davvero. Non come noi, per lo meno.” la donna scosse la testa meditabonda. “Per scoparsi una pecora non servono poi tanti discorsi - di certo non le cantava poesie... quella bestia nemmeno le avrebbe capite." il volto era scuro.
"Ora il ragazzo vive con me." riprese "Con lei avrebbe fatto il giro delle fiere… non sarebbe stata una cosa decente.
Lui non lo volle nel pozzo, ma non lo prese sulle ginocchia e non gli spruzzò l’acqua sul capo - sua moglie non glielo avrebbe perdonato… preferire a lei, dalle braccia bianche come il lampo, una bestia di un colore rivoltante…”

Il ragazzo si mosse e Loki ne fissò con imbarazzo la pelle di un delicato color lavanda pallido.

“Terrò a mente le tue parole.”

Asgerda annuì rattristata “E’ una brava ragazza… non ha nessuno... e non è nemmeno bionda...”

Loki scosse la testa. Sigyn andava benissimo così come era, con quei colori del bosco nei capelli e gli occhi come due laghi. Testarda come una capretta.
Non le sarebbe successo proprio nulla.
Per lo meno... nulla che lei non volesse.

Poi Asgerda cambiò argomento bruscamente “E’ molto che non vieni con tuo fratello. Il Principe come sta? Sempre bello ed ardito?”

“Ha da fare. Deve imparare il mestiere di Re.”

“Ha da fare massacrando Jotun.” disse la donna irritata.

“Basta.” Loki chiuse il discorso con un tono che non ammetteva repliche e Asgerda tacque spaventata - stavolta aveva toccato un argomento su cui non le era permesso avere opinioni: poteva discutere le intenzioni di Loki, ma non stava a lei discutere le azioni del Principe Thor.

 

“Tornerò con un giaciglio in più per la notte, Mio Signore.” mormorò inchinandosi, improvvisamente umile.

Mentre la osservò trotterellare via, verso la valle, con il ragazzo che le camminava dietro in silenzio, con il capo chino, Loki si sentì sopraffare dall'amarezza: lui non vedeva un animale e nemmeno un uomo, vedeva un vinto. Figlio di uno uomo che si vergognava di lui e di una bestia trattata peggio di un animale - ripensò a Sigyn che sussurrava parole dolci a Elskan.
Al suo posto li avrebbe massacrati tutti, a partire da Snorre Ulfson, risparmiando solo, forse, Asgerda.

E vedeva una donna che sapeva benissimo che quella non era stata una bestia.

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Capitolo 11
*** L'incontro ***


 

L'incontro

Era quasi il tramonto e faceva freddo. Una nebbia leggera, frizzante sulla pelle, stava salendo piano piano dal terreno, montando tra gli alberi, srotolandosi pigra verso la valle, scivolando elegante sul terreno ricoperto da macchie di neve. Loki cercò con lo sguardo Sigyn, indugiando tra le betulle sul limitare del bosco, ma non era ancora tornata - era sicuramente al torrente, a far abbeverare i cavalli.
La cosa non gli piacque: erano lì per fare i cacciatori, non le prede.

 

La casa lunga di Asgerda era più a valle - tra poco la donna sarebbe riapparsa, inerpicandosi verso di loro, appoggiata a quel suo bastone nodoso che pareva una lancia, e con il suo cappello a punta, brontolando per la nebbia, seguita, sempre a tre passi di distanza, dall’inquietante mezzo-sangue che le apparteneva.
Lui avrebbe portato tutto il peso - un involto di pelli e tutti i cuscini che avessero trovato, per un secondo giaciglio - lei lo avrebbe comandato a bacchetta, brusca, senza un’ombra di affetto nella sua voce, e lui sarebbe rimasto avvolto in quel suo silenzio, che non lasciava trasparire né rabbia, né untuosa sconfitta - eppure era di sua madre che avevano parlato, solo poco prima, la creatura che avrebbe preferito vederlo morto piuttosto che trascinato con lei per le fiere, come una bestia. La creatura che non poteva apprezzare la poesia. L’animale senza nemmeno un nome.


Salutò con un cenno della testa il giovane dai capelli biondo rossicci che occupava la capanna vicino alla loro. Era appoggiato allo stipite della porta - troppo bassa - il braccio pigramente appoggiato sulle spalle di una donna dai capelli corti e dorati.
Appetitosa - decise - Kylan aveva buon gusto. Capelli corti - le donne libere non li avrebbero mai portati così... le schiave li portavano corti e pure le fedifraghe venivano rasate in sfregio, nei villaggi. Ma non voleva dire niente: poteva anche essere più comodo viaggiare come thrall di qualcuno che come una semilibera che si accompagna ad un uomo con cui non è sposata e che non è suo parente - nessuno avrebbe cercato di rubarti una thrall, esattamente come nessuno avrebbe cercato di rubarti un cavallo o gli stivali, mentre una donna giovane che non era di nessuno... per qualcuno poteva anche essere di tutti.
Bel seno, braccia senza muscoli delineati - non era una guerriera quindi, non come Sif - e non possedeva il seidhr, non in quantità rilevante per lo meno.

Se era anche lei una Guerriera della Nebbia, le sue armi erano più sottili.
 

Il tetto delle due costruzioni gemelle era basso e ricoperto di muschio; al centro spuntava il camino: in una casa più antica sarebbe stato solo un buco nel tetto, ma Asgerda, anche se molto tradizionalista, era attenta alle comodità: le piaceva il calore del fuoco, ma non il fumo e di certo detestava la fuliggine che macchiava le pareti di nero.
Era stata costruita con tronchi di legno incastrati - il marito di Asgerda era stato un abile costruttore - ricoperti poi di fango e muschio. E aveva anche una piccola veranda, una cosa insolita, ma comoda per un cacciatore.
Il pavimento era in terra battuta, ricoperto di paglia e di foglie - poteva sentire l’odore aromatico dell’erica, quello pepato dell’angelica, la freschezza dell’edera e l’opulenza resinosa dell’olio di pino.

A loro volta, le foglie erano ricoperte da due strati di stuoie semplici, dai colori del bosco: verde, verde-blu, arancione dorato, i colori di Sygin. 

Più tardi loro due si sarebbero seduti in terra per bere un infuso, a gambe incrociate, davanti al tavolino basso vicino al camino e avrebbero bruciato delle foglie e cenato. La donna aveva lasciato loro i secchi per l’acqua da scaldare per lavarsi, e le borracce con quella da bere. Pure un involto con delle provviste - aveva avvertito l’odore di noci caramellate nel miele, qualcosa che sarebbe piaciuto alla sua arciera imbranata.


In fondo a quell’unico locale c'era una piattaforma rialzata di legno che ospitava un vero letto con le sponde intagliate - un lusso, Loki lo sapeva bene. Una abitazione spartana, ma non povera, dalla pianta ovale, una miniatura di una casa del villaggio.

Capì la preoccupazione della donna: non c’era spazio per un gesto privato, come spogliarsi e lavarsi, non c’era lo spazio per farlo in perfetta solitudine. I loro sguardi avrebbero dovuto decidere di non incrociarsi per non incrociarsi davvero.

Probabilmente la mezzosangue che non conosceva la poesia era stata lasciata a vivere o morire in un posto così, forse proprio quello, e una sera non aveva distolto lo sguardo dal figlio di Asgerda.


Il giovane venne verso di lui con un passo dinoccolato, il sorriso negli occhi. Loki notò che portava un coltello infilato nello stivale destro, come lui del resto.
Gli sorrise: e così Kylan dei Guerrieri della Nebbia non era più lungo il confine con Hervor... qualcuno aveva richiesto il suo braccio, ma per fare cosa?

“Vuoi allenarti?”

Gli occhi verdi di Loki brillarono per il divertimento - gli mancava un compagno d’armi. Eh si… gli mancava. Davvero.

Nell’Arena le cose erano diverse, di solito molto violente: non si combatteva con spade da allenamento e nemmeno calibrando la forza - dei veri incoscienti - ma alla fine nessuno moriva mai, nell’Arena.
Ci si limitava a menare dei gran fendenti e delle formidabili mazzate - non c’era uno scudo abbastanza potente da resistere a Mjolnir e non c’era una spalla abbastanza potente da incassare più di paio di colpi di quel martello, se brandito da Thor. E se una spalla così possente c’era, non era certo la sua: con Thor, una montagna di muscoli da cavapietre fin da ragazzo, il risultato era scontato.
Cercare di sfuggire all’attacco di un guerriero era considerato da codardi - meglio farsi ammazzare con una certa dignità che continuare a vivere - ed il seidhr era fuori questione: nell’Arena non succedeva mai nulla di divertente.


I Guerrieri della Nebbia combattevano in modo diverso: non cercavano di colpire molte volte, facendo rumore, piuttosto cercavano di capire come farlo facendoti davvero male. Una volta sola e definitiva.
L’allenamento consisteva nel fermarsi a un pollice dal corpo dell’avversario, dimostrando di avere la capacità per fare male ed il controllo per scegliere di non farlo - ciò non escludeva il ritrovarsi a terra con il braccio in leva, i tendini tesi in modo innaturale, o l’occasionale rottura di un naso, l’incrinarsi di qualche osso, il labbro spaccato, il dolore che ti faceva piangere lacrime e moccio, come reazione, senza che tu ci potessi fare nulla di nulla.

“Aspettiamo?” fece un cenno verso il bosco e Kylan annuì.

“I lupi sono più  lontani. Ho sentito che si avvicinano troppo, ma di notte. Deve mettercisi di impegno per incontrarne uno proprio qui vicino...”

Loki alzò un sopracciglio - aveva saputo dei lupi da Asgerda o sapeva che lui era venuto per quello? E da chi, nel caso?

Kylan aggiunse “D’altro canto se si viene attaccati c’è poco da fare - uccidono un animale che un uomo non riesce ad abbattere a mani nude e hanno mandibole che possono polverizzare un polso.” alzò le spalle con aria indifferente, se era successo era successo, “Davvero vuoi aspettare?”

Loki strinse gli occhi - vuoi sapere fino a che punto me ne importa? Vuoi scoprire se mi preoccupo, pensando ad una ragazza, da sola, su un sentiero, con due cavalli e nemmeno un pugnale? Se immagino il rumore dell’osso che si frantuma, le schegge che si conficcano nel muscolo e il tendine che si recide? Vuoi vedere se questo mi rallenterebbe?
A Kylan piaceva stuzzicare il suo avversario fino a farlo scattare.

 

Fece un cenno di assenso e si misero in posizione.
Quando stava con loro, Loki faceva sfrigolare su di sé uno strato di luce profonda un paio di pollici, che lanciava scintille se qualcuno la penetrava - era il suo modo per non barare, troppe volte aveva sentito la frase Maestro degli Inganni sussurrata dietro le spalle. Ma stavolta non voleva mostrare nulla di sé alla donna bionda.
E, soprattutto, non aveva nulla da dimostrare a nessuno.

 

Si studiarono girandosi attorno. Loki registrò il respiro dell’altro, ammirandone il ritmo tranquillo, poi fu Kylan che scattò per primo, gli appoggiò una mano sul braccio ed un attimo dopo gli era saltato addosso artigliandogli la spalla con le gambe e trascinandolo a terra con tutto il suo peso. Non molto sottile - di certo non molto controllato - ma innegabilmente efficace.

Fu solo scivolando di lato che riuscì a liberarsi - se lo avessero rifatto dieci volte di fila, nove volte si sarebbe trovato a terra, bloccato dal peso del suo avversario, inerme… gli tornò in mente il coltello nello stivale di Kylan e rabbrividì.
Era stata solo fortuna, haminja, ma chi diceva che l’haminja non contava non aveva capito molto della vita. Contava, eccome se contava.

Dagli altri tentativi di attacco si disingaggiò, semplicemente, evitandoli - che si stancasse, pensò.

Fu a quel punto che, con la coda dell’occhio, la vide uscire dagli alberi, tra Sleipnir ed Elskan. Kylan approfittò di quel momento per caricare - prevedibile - e lui si chinò indietro, con grazia, assecondandolo (lo stava aspettando), poi fece leva sulle braccia dietro di sé e spazzò le gambe di Kylan, come una molla, facendogli perdere il contatto col suolo. L’altro, spinto dal suo stesso impeto, si tuffò letteralmente a terra accanto a lui.

Gli torse il braccio dietro la schiena, poi tolse il pugnale dallo stivale e lo passò ad un pollice dalla gola di Kylan con un gesto lento e significativo per poi riporlo al suo posto.

“Mi mancava.” disse con un sorriso quieto - era vero. Gli era mancato anche Kylan, ma non era il caso di dirlo.

“Sei leggermente meno flessuoso.” disse l’altro con un sorriso.

“Lo so, non ho con chi allenarmi.”

“Ed io sono stato prevedibile...” accennò a Sigyn che adesso era a due passi da loro e li osservava perplessa. “ho sopravvalutato il tuo interesse, temo.”

“Forse.”

Kylan rise malizioso “Me la presti per stanotte?”

“Se ti vuole...” Loki alzò un sopracciglio con aria indifferente - non aveva senso marcare il territorio, l’altro si sarebbe solo impuntato. E la cosa sarebbe stata divertente quanto tagliarsi via un mignolo - eppure c'era Theoric, che non era reale, ma non per lei: non era reale, ma era dannatamente ingombrante.

Sigyn intervenne “Non credo che abbia questo potere.” Il tono di voce era cortese, ma fermo, come se stesse rimproverando due bambini indisciplinati, che le sparavano grosse.

Kylan le piantò i suoi occhi incredibili azzurri dritto negli occhi, sfidandola ad abbassare lo sguardo “Non sono il tuo tipo… davvero?”

Loki lo osservò un attimo spassionatamente: gli zigomi alti, il naso simpaticamente un po’ corto, le labbra piene, Kylan aveva un volto tremendamente sensuale, ma Sigyn era stata attratta da Theoric, un sempliciotto con un viso da bravo ragazzo, occhi che guardavano ma non vedevano, ed un sorriso senza nessuna malizia “E’ più orientata verso un guerriero che non fa del male ai suoi nemici, e non dice parolacce, un uomo che non scopa in giro, non mente, sorride molto, mangia in modo sano, non beve, non rissa, è sempre educato, cortese con le signore, piace ai bambini ed ai cani, recita poesie...”

“L’Unicorno di Asgard? E tu lo hai incontrato?”

“No,” disse Loki con un gesto vago, “frequenta solo le vergini.”

Sigyn alzò gli occhi al cielo, ma non si offese. “Ho fame,” disse, “volete venire da noi? Ho raccolto i lamponi ed Asgerda mi ha detto di averci lasciato una tazza di panna e del miele… la panna andrà a male e sarebbe un peccato...”

“Conosco dei versi…” le gridò dietro Kylan alzandosi.

“I cori degli ubriachi non valgono.” ribatté lei, senza voltarsi.

La ragazza bionda tirò un pugno scherzoso sulla spalla di Kylan - lui non faceva sul serio e lei lo sapeva, o forse non le importava - si abbracciarono e si baciarono voraci e Loki li superò con un sorrisetto. Aveva notato un paio di segni inequivocabili sul collo del giovane - qualunque cosa stesse facendo da quelle parti, la gioia di vivere non lo aveva certo abbandonato.

 

***

La cena fu interessante - la bionda (aveva un nome, Ragni) aveva legato con Sigyn, ma su che basi non avrebbe saputo dirlo. Le aveva osservato di sfuggita i palmi della mano, mentre le porgeva il cibo e non aveva visto i piccoli calletti di un'arma da impugnare - o era molto ma molto più attenta di Sif nella cura del suo corpo, o, decisamente, non era una Guerriera. Ma questo lasciava spazio per altre cose.

Kylan raccontò alcuni aneddoti di viaggio, ma nulla che riguardasse le esperienze che aveva condiviso con Loki.

Loki lo osservò - se fosse stato un vero incontro casuale avrebbero rivangato i vecchi tempi, neanche poi tanto vecchi: Kylan, dopo Hervor, molto dopo, ma neanche poi così dopo, era abbastanza vicino alla sua idea di un amico. Non del tipo che sarebbe morto per lui, forse, ma nemmeno lui si sentiva incline a quel genere di roba sentimentale e anche un tantinello pomposa, di certo non era un rapporto come quello con gli amici di suo fratello, il Trio, che sopportava a fatica e che lo vedeva solo come il fratello minore di Thor, che non era Thor e non lo sarebbe mai stato.
Evidentemente Kylan voleva tenere molte cose per sé - Ragni condivideva il letto con lui, ma, forse per ora, non molto altro. Gli parve, tra l’altro, da certi sguardi, che lei, forse (probabilmente) avrebbe condiviso qualcosa anche con lui e che a Kylan non avrebbe dato poi fastidio: una giovane allegra che dalla vita prendeva ciò che le veniva offerto senza farsi troppe domande sul futuro.

Il loro incontro forse non era stato proprio un caso. Ma c’era tempo.

 

***

Dopo che si furono salutati, Loki aiutò Sigyn a rimettere a posto ogni cosa e a scuotere le stuoie fuori dalla capanna. Poi la lasciò sola perché si potesse lavare, senza dover distogliere la sguardo a forza.

Quando rientrò la vide avvolta in un vestito semplice; stava sistemando un giaciglio per la notte accanto al letto: aveva srotolato le coperte sulle pelli di lupo portate da Asgerda, poggiate in terra, sul legno del rialzo.

Lo guardò incerta, probabilmente era tornato un po’ troppo presto, prima che lei fosse riuscita a liberarsi del vestito e avvolgersi in quel bozzolo al caldo.


Delicatamente la prese per le spalle "Vai nel letto, fa freddo..." non la voleva vedere dormire in terra come se fosse stata la sua schiava.
 

La sentì tremare sotto le sue mani e gli scappò un sorriso - era facile fraintendere l’invito, o chiedersi che invito mai fosse. Tutto sommato era anche lecito chiedersi in quanti avrebbero occupato quel letto, non avevano forse dormito abbracciati nel bosco?
Ma quel tremito, cosa era stato? paura? desiderio? Si chiese oziosamente se con Theoric sarebbe stata diversa.


Non aggiunse "da sola", ma sogghignò osservandola contorcersi sotto le coperte, mentre si spogliava, imbarazzata, cercando di non mostrare un solo pollice della sua pelle. Anche se alla fine sarebbe rimasta con indosso una camicia di lino, era chiaro che la piccola si sentiva nuda, arruffata sotto le coperte e le pelli - adesso ti è chiaro, Sigyn, perché è un po’ che non veniamo qui, soli, con la bella stagione?

 

Le voltò le spalle e versò in un catino un po’ dell’acqua calda contenuto nel secchio appoggiato alla pietra del camino perché non si freddasse.  
Si spogliò lasciandosi addosso solo i pantaloni e prese a lavarsi, usando il sapone e una spugna. Diversamente da Thor aveva il torso completamente glabro e i muscoli allungati - suo fratello era nato per colpire con potenza un bersaglio e lui per sfuggire a dei colpi e sbilanciare l'avversario. Quanto tempo aveva perso con Tyr per essere quello che non era...
Poteva sentire gli occhi di Sigyn sulla sua pelle - si chiese cosa vedesse, non si considerava brutto, ma non era tipicamente asgardiano (soprattutto non era Thor e nemmeno Theoric), ma quando si voltò a guardarla, lei distolse lo sguardo arrossendo.

 

Avanzò fino al giaciglio e spense il lume con un soffio. La stanzetta piombò nel buio e poté sentire distintamente che Sigyn stava trattenendo il respiro, chiedendosi dove lui avrebbe dormito - e se avrebbe solo dormito.
Sogghignando si sistemò nel bozzolo di pelli e coperte, quello per terra, ai piedi del letto, senza fare rumore.

Sigyn se tu lo vuoi, qui ed ora, senza farti troppe domande, fai come hai fatto con Theoric, vienimi a prendere... pensò divertito.
 

Ma sapeva che non sarebbe successo e si addormentò tranquillo, senza un pensiero per la testa.

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Capitolo 12
*** Preparativi e Racconti ***


Preparativi e Racconti

Quando alla mattina Loki si svegliò, era presto, ma non abbastanza presto e Sigyn non era più li.

Non ne fu stupito - quella benedetta ragazza stava facendo un’arte dello svegliarsi all’alba e dello sgattaiolarsene via senza far rumore - piuttosto si chiese, ozioso (e anche da vero egoista, ne era consapevole) - se pure stavolta avrebbe trovato un infuso, tenuto in caldo apposta per lui.
E, magari, una fetta di quella torta con le noci caramellate nel miele, quella della sera prima.

Alcuni muscoli erano indolenziti; si stiracchiò come un felino, annusando l'odore ancora vagamente selvatico delle pelli di lupo, e pregustò la giornata di caccia tra i boschi - a Sigyn, purtroppo, non sarebbe piaciuta.

Asgerda arrivò quasi subito dopo, giusto in tempo per dividere con lui torta ed infuso - anche la torta era deliziosamente tiepida - e per parlare del motivo della caccia: un branco diventato troppo grande, un lupo col mantello chiaro con delle striature argentate, che un testimone terrorizzato aveva trovato quasi azzurrine, coi denti bianchissimi, affilati come rasoi, un lupo fatto della stessa sostanza delle leggende.
Aveva assaggiato il sapore dell'uomo, e ora danzava intorno alle tagliole senza farsi afferrare... quando sarebbe arrivato l'inverno, cosa sarebbe successo? Avrebbe condotto il suo branco a grattare alle porte delle loro case?

Il ragazzo, che, come al solito, aveva accompagnato la vedova come un’ombra, non aveva voluto nulla da mangiare o da bere - se ne rimasto in piedi, sulla veranda, silenzioso ed impassibile, come un cane che non ha il permesso di entrare in casa.
Non c'era nulla di furtivo nel suo atteggiamento, solo la piena coscienza di non fare parte del mondo in cui si muoveva, e la rassegnata vergogna di chi sa che non potrà mai soddisfare i parametri con cui sarebbe sempre stato giudicato - tutte cose che non poteva cambiare.
Possibile che Asgerda avesse questo potere su di lui?
Sogghignò: non era poi molto diverso dal potere che Odino aveva sui suoi figli.

Forse il ragazzo li stava ascoltando, forse fantasticava sul lupo, pronto a balzar fuori a sorpresa dalla nebbia bianca della mattina, forse ascoltava il chiacchiericcio di Sigyn e Kylan - più di Kylan, che di Sigyn, a dire il vero - che si esercitavano a scoccare frecce. Loki non avrebbe saputo dirlo per certo e non se ne curò.

La donna osservò il giaciglio sul pavimento e sfiorò con le sue mani rugose le pelli di lupo, ancora srotolate sulla piattaforma in legno di betulla.

“Non c'è il tuo odore nel letto,” disse, scontrosa, guardandolo da sotto in su.

A Loki venne da ridere - a parte il dettaglio che lui non puzzava, possibile che la donna se ne uscisse ancora con questa storia? Che Sygin avrebbe dovuto dormire sotto gli occhi di Asgerda? Protetta dalle sue gonne? Che lei che dormiva ad un passo dal Principe Sbagliato era una cosa che non stava bene?
Poteva anche non stare bene, glielo concesse, in un villaggio dalle idee ristrette, così immobile che si sarebbe potuto sentire il rumore dell'erba che cresceva nei pascoli, ma, di sicuro, era bene che lei stesse lì con lui: se Kylan gli stava appresso - non lo credeva possibile, ma non era detto, Kylan era un Guerriero della Nebbia alla fin fine - Sigyn doveva essere in grado di andarsene in fretta. Nella Scorciatoia sarebbe stata protetta, dato che solo loro due sapevano come usare il seidhr e che solo loro due ne avevano a sufficienza da poterlo usare - a casa di Asgerda, per andarsene, sarebbe dovuta risalire lungo il sentiero, dove sarebbe stata in posizione di svantaggio. E Kylan era molte cose, compreso una specie di amico, ma, in battaglia, non era un gentiluomo: se aveva un vantaggio se lo prendeva tutto.
Rabbrividì.

“Non ne sei contenta?” chiese, caustico, godendo dell’imbarazzo della donna. Non me la sono scopata, non ci saranno bambini da abbandonare su una roccia, sotto il sole dell'estate.

Asgerda arrossì, poi borbottò asciutta “Se vuoi, ho qualcuno con cui piazzarla.”

“Senza impegno, mostramelo, e ne parlerò con calma con Lady Frigga e con lei.” Loki si sforzò di rimanere serio - non voleva sembrare scortese, e poi, a questo punto, era davvero curioso di scoprire con chi era degna di “essere piazzata” Sigyn, l’amica degli unicorni.
Poi aggiunse: “Avevi in mente il ragazzo di tuo figlio, per caso?”

Asgerda sobbalzò e quasi sputò in terra "Per lui non vanno bene nemmeno le thrall, Mio Signore," era interdetta "forse potrebbe… forse con un altro mezzo incrocio bastardo, come lui, ma a che scopo? solo per scaricarsi i lombi e mettere al mondo un altro animale? una bestia senza un posto dove stare?” scosse la testa irritata, “Per dimenticare quel suo sangue bastardo di ghiaccio, servono almeno quattro generazioni di buon sangue As, ma nessuna brava ragazza lo farebbe mai! Congiungersi con una bestia... è contro natura. La verità è che non sarebbe dovuto nascere."

"E allora perché non hai lasciato che finisse nel pozzo?” ritorse, irritato, Loki, “Ogni anno, lo dici tu stessa, qualche bambino indesiderato muore di freddo, e nessuno indaga in che stalla sia stato partorito… non sarebbe stato poi tanto diverso, non credi?"

"Non era una cosa decente." borbottò la donna, tra i denti, abbassando lo sguardo. Non era capace di spiegare a parole perché permettere che il ragazzo morisse, all’epoca, le fosse sembrato una cosa sbagliata, ma così era stato.

Loki lanciò uno sguardo all’ombra sulla veranda; era impossibile vederne il volto, ed il mantello nascondeva i suoi gesti - al posto suo, avrebbe avuto i pugni chiusi e le spalle contratte, al posto suo, il sangue, per quanto freddo, gli avrebbe ribollito di rabbia, al posto suo, se avesse sentito suo zio Wili, il fratello di Odino, parlare così di Frigga, sua madre, lo avrebbe ucciso, anche se era sangue del suo sangue - gli Jotun avevano potere sul gelo, si diceva, lo avrebbe trapassato con una spada di ghiaccio.
E se qualcuno avesse fatto a Lady Frigga anche solo un centesimo di quello che aveva sofferto la mezzosangue, lo avrebbe ucciso, ma molto lentamente: sarebbe morto di molte morti, prima.

"Hai un cuore Asgerda?" non aveva voglia di prenderla in giro, ma non le riusciva di prenderla sul serio - per sopravvivere in pace, Asgerda doveva pensare che gli Jotun fossero solo bestie rivoltanti, ma a lui era molto chiaro come stava la faccenda: Asgerda poteva nasconderlo ad un villaggio intero, poteva pure nasconderlo a se stessa, ma la realtà era che lei, per quanto disgustoso trovasse l'azzurro della pelle jotnar e il loro respiro di brina, che fossero solo bestie, non lo aveva mai pensato.

Non attese nemmeno la sua risposta, ma, sentendo una specie di rabbia che gli montava dentro, la congedò con un gesto della mano: di quello che avrebbe dovuto fare oggi, sapeva a sufficienza.




Uscito alla ricerca dell’aria pungente del mattino, Loki si sedette, con un libro, vicino a Kylan e Sigyn.

Lui portava i capelli biondo rossicci, raccolti in un nodo sulla nuca, come faceva spesso quando si allenava, ed era vestito di colori brillanti, un po' come suo fratello Thor - un modo, forse, per mostrare che era lì in pace, in piena vista, impossibile che passasse inosservato: Kylan non avrebbe potuto scivolargli alle spalle e colpirlo a sorpresa, se non impegnandosi davvero parecchio.
Sarebbero andati insieme alla festa giù al villaggio, stasera, decise. Aveva voglia di birra e idromele.

Lei portava i capelli raccolti sulla nuca, in un nodo disordinato, mentre due ciocche ribelli le incorniciavano il viso tondo e un pochino paffuto. Non erano corti come quelli di una schiava, ma nemmeno lunghi come le donne nobili della Corte - la bellezza era anche quello, per gli Aesir: l'oro brillante e la lunghezza, uno dei pochi dati oggettivi per misurare il fascino. Una donna che li avesse portati lunghi fino alle caviglie era considerata più bella di una che li portasse solamente lunghi fino alla vita.
Perfino Sif, che voleva tanto essere una guerriera e non solo una semplice femmina, non li tagliava mai.
Eppure Sigyn, con quei colori autunnali, e quelle pettinature pratiche, di chi cammina tra le piante di fretta, con tanto da fare, e non vuole rimanere impigliata, né essere afferrata da mani rapaci, era molto carina, decise.
Aveva voglia di portarla a ballare - l'ultima volta aveva danzato con Thor. Stavolta con Kylan.

Lei si stava esercitando, tutta seria, con l'arco - più tardi le avrebbe dato le coperture per gli avambracci (tecnicamente Hervor li avrebbe chiamati cannoni), per la frizione della corda. Finché era solo una arciera imbranata, era un bene che imparasse ad assumere la posizione corretta spinta dal desiderio non farsi male, ma quando le cose si facevano serie, rischiare una ferita che la rallentasse non aveva senso.
E poi l'avrebbero aiutata a proteggere i polsi da un primo attacco - per quel che potevano - le mascelle di un lupo non si sarebbero fermate per un guarda braccio.

Lui... beh lui teoricamente stava tirando allo stesso bersaglio, ma, in pratica, un po' le dava dei consigli e un po’ la punzecchiava. Sempre il solito... Ragni, evidentemente, era ancora a letto - stanotte quei due si erano sicuramente divertiti: la ragazza non era esattamente una timida e, se mai aveva passato del tempo sognando un unicorno, era successo davvero molto tempo prima...
Distrattamente gli venne in mente Theoric - forse sarebbe morto ucciso da un Gigante di Ghiaccio. O morso da un serpente velenoso. O divorato da un lupo.
Qualcosa di rapido, insomma, che non la facesse piangere troppo, ma che non lasciasse nessuna speranza.

“Chi regge il trono di Asgard?” Loki decise di prestare attenzione ai discorsi di Kylan: a quanto pare non stava tirando fuori il suo solito - vomitevole - repertorio di frasi imbecilli per impressionare le dame.

“Odino.” sospirò Sigyn, rassegnata.

“E’ davvero così?”

Sigyn sbagliò il colpo, poi, mentre raccoglieva la freccia mormorò, con aria in decisa “A dire il vero, non proprio...”

“Cioè?”

“C’è anche la Thing,” disse Sigyn perplessa, “l’Assemblea degli uomini liberi… di cui bisogna tener conto… rappresenta solo i jarls, i nobili, ma anche alcuni karls, i possidenti più ricchi, possono prendervi parte. Bisogna... forse bisognerebbe, ma poi...” si interruppe per prendere la mira.

“Ma poi cosa?”

Sigyn era a disagio, il suo sguardo passò rapidamente più volte tra Kylan e Loki, poi continuò con una vocina esitante “Il padre di Odino, Bor, conquistò il suo trono moltissimi anni fa, con una guerra. Era un capo, ma il suo territorio non era così grande, non come quello che ora possiede Asgard… e nemmeno la sua influenza sugli altri regni… non era così estesa. In quel momento un re non era molto diverso da un capoclan.”

“Ma…”

“Ma i figli guerrieri erano in tre: Odino e suoi fratelli Wili e Weha. Bor non decise nulla, ufficialmente, e non consultò la Althing... che è la Thing più importante, quella che non è territoriale e i cui seggi sono tutti ufficiali. Non chiese nemmeno che il suo giudizio venisse ratificato. Forse fu un caso, forse no, non si sa se volesse stabilire un nuovo principio sul potere di un Re. Di certo, però, lo ha fatto.
Ma non basta dichiarare un principio nuovo perché sia accettato da tutti...” tacque di scatto, spaventata.

“Weha? Non era We?” Kylan si stava divertendo, era chiaro. Sigyn alzò gli occhi al cielo: aveva davvero importanza la grafia esatta di un nome di qualcuno che per alcuni era solo un ricordo e per altri non era nulla?

“Odino lo pianse molto, dicono,” rispose la ragazza, questo era un terreno meno accidentato, corrugò la fronte cercando di ricordare dei dettagli “e non fece mai celebrare i suoi funerali, per cui non ci sono pergamene con elogi funebri che ci dicano come Odino preferisce che suo fratello venga chiamato.” Loki sorrise, “ma”, continuò Sigyn, “We, o Weha, è sparito da molto tempo e non so oggi cosa sarebbe, se per caso tornasse. Non credo il suo fato dipenderebbe dal suo nome, però... Quanto a Wili… Lord Wili, lui non è esattamente un jarl, con un suo territorio da amministrare... nessuno dubita della nobiltà che ha nel sangue, ma non possiede un territorio tutto suo. Però fa parte della hird di Odino, è il suo Consigliere…”

“Cosa è una hird?”

“Il circolo di uomini più vicino al Re,” Sigyn arrossì. Da piccola le avevano insegnato i termini più arcaici, perché il Campo era un luogo fuori dal tempo, dove i superstiti, aspettando di morire, si aggrappavano ostinati alle loro tradizioni, mentre gli Elfi Neri li avrebbero voluti veder diventare solo animali - c'era una Thing anche lì, che si riuniva di nascosto, per dirimere le contese interne, e i bambini erano bene accetti, come spettatori, perché era l'unico modo in cui avrebbero imparato le loro tradizioni, così lontani da casa. Come nei tempi antichi c'era stato un laghman che recitava tutte le loro leggi, un poco alla volta, in modo che alla fine le imparassero tutti, bambini e bambine.
Guardò Kylan, sospettosa, non le piaceva affatto il terreno dove cercava di riportarla, ma decise di rispondergli “La Corte. Lord Wili presiede il Consiglio di Odino...”

“Che brutta cosa per un grande guerriero non uccidere e non comandare… dover pensare alla carestia, alla siccità, alle fogne, ai regolamenti sui camini, e a come evitare gli incendi… brutta, brutta cosa...”

Sigyn non disse nulla, concentrata sulla sua freccia.

“Tu vivi in un luogo dove si guarda e si tace e questo lo hai imparato molto bene.”

Sigyn restò indifferente alle frecciatine di Kylan, e colpì il bersaglio con un sguardo soddisfatto. A Loki scappò un sorriso di quelli ampi - gli si formarono delle fossette nelle guance - ma continuò a tacere anche lui: era curioso di sentire cosa Kylan volesse dirgli tramite Sigyn.

“La guerra non può essere eterna.” disse la ragazza, asciutta “E non è un gran mondo quello in cui tutti fanno i Guerrieri.”

“Eh lo sappiamo Sigyn che tu hai una passione per gli Unicorni,” Kylan sogghignò e Loki pure.

Sigyn sorrise con la sua bocca forse un po' grande, un sorriso sereno "Non importa cosa piacerebbe a me, so che vi fa tanto ridere... è comunque oggettivo che vincere una guerra non vuol dire nulla, se poi manca la capacità di sopravvivere, e anche per mantenere una guerra... servono le capacità organizzative di una buona struttura... anche se a molti sembrano solo cose meschine." poi tornò a prendere la mira e per alcuni minuti non si fece più distrarre dal chiacchierare di Kylan. Detestava sentirsi manipolare e si ricordava molto bene degli uomini in fila, nel Campo, che prima facevano prendere l'acqua ai bambini, perché era più pulita - decenza, struttura, aderenza al bene comune anche se non è comodo, cura dei piccoli, organizzazione... non era onore anche quello?

“Ma torniamo alle cose interessanti, ragazza!" riprese il giovane, dopo aver centrato più volte il bersaglio, in modo distratto, con gran dispiacere di Sigyn che aveva bisogno, ancora, di concentrazione per i suoi tiri "Un Re, non è molto molto diverso da un capoclan… questo lo hai detto tu, poco fa, cosa intendevi?”

Sigyn lanciò uno sguardo incerto a Loki e tornò a prendere la mira, in silenzio.

“Il gatto ti ha mangiato la lingua?” Kylan aveva una voce pigra.

Loki si intromise, “L’hai lasciata senza parole? Non è un buon segno.”

“Credo che questa sia una tua prerogativa, con me stava chiacchierando allegramente, ma poi sei arrivato tu.”

“Devo lasciarvi soli?”

“Sarebbe gradevole...” Sigyn arrossì indispettita per le parole insinuanti di Kylan, eppure sapeva bene che lui stava scherzando.

“Sigyn, puoi anche dire ciò che pensi, davanti a Kylan.” il sorriso di Loki sembrava quello di un lupo. “Hai il mio permesso. Se ritieni ti serva.”

La razza scosse la testa, irritata. Poi parlò molto in fretta. “C’era un tempo in cui non contava la primogenitura...”

Loki si accigliò, urtato “E quindi?” - non erano fatti di Sigyn le questioni che riguardavano la discendenza di un trono, forse era il caso di rimetterla al suo posto. C'era già Thor con i suoi amici che davano quel principio per scontato, in modo irritante.

Sigyn gli scoccò un sorriso gentile, come se volesse scusarsi “Io non sto dicendo… io non so chi è più… siete così diversi…”

“Non sanno chi ce l’ha più grosso, vuoi dire? Eppure insieme, in qualche bordello, ci devono pur essere andati, tu che dici Sigyn? O basta che chiedano allo stessa ragazza, ne avranno avuta qualcuna in comune? Tu, Sigyn, questo sicuramente lo sai…” Sigyn spalancò gli occhi e Kylan finì con gli occhi che gli scintillavano, divertiti “Se hanno avuto qualche amica in comune, piccola… sulle dimensioni mi è chiaro che non hai una idea precisa… potrei illuminarti, però, se sei curiosa... più tardi.”

La ragazza alzò gli occhi al cielo, poi si ravviò un ricciolo dietro l’orecchio a disagio “Mio Signore, Voi pensate a… Ma una volta… anche ora… l’Assemblea aveva molto potere, poteva spalleggiare il Re, poteva opporsi, discretamente, e poteva decidere il successore di un capoclan da un punto di vista politico, non requisendo dei beni, quello mai, ma assegnando un ruolo… poteva farlo anche senza seguire una linea…” chiuse gli occhi, ”poteva farlo pescando nel mucchio, in base ad altre considerazioni...” scelse la definizione più neutra.

“E così la giovane Sigyn non si interessa solo di filati…”

Sigyn deglutì a vuoto, chiaramente a disagio, “Il nostro amato Re Odino vede molte cose, e Lord Wili, nella sua saggezza, ne vede moltissime perché ha molto tempo a disposizione, e molti amici, e...” fece un gesto con la mano “ha simpatie ed antipatie…”

“Ma una volta spettava alla Thing almeno la ratifica di chi avrebbe dovuto essere il capoclan, anche se spesso era solo una formalità: il volere del clan va rispettato. Però quella scelta deve essere una scelta che è per il bene del clan, non per omaggiare un individuo. Non può essere un premio... piuttosto deve risolvere un problema... e in caso di dubbio, la Althing può...” aggiunse Sigyn in fretta, senza guardare Loki, pentita di ogni parola, non appena la pronunciava.

“E perché dubbio? quando capita?”

Sigyn tacque. Kylan la stava spingendo dove lei non voleva andare.

“Loki potrebbe pensare che tu gli stia dando un suggerimento molto meschino, ma io credo che questo sia più un avvertimento…”

Sigyn lo guardò esasperata “Non sta a me dare suggerimenti ad un Principe della casa dei Borson - non lo farei mai!”

“Anche perché un Principe non li seguirebbe, immagino…” concluse Kylan con un sorriso. “Allora... quando capita?”

“Capita quando…” Sigyn si sedette in terra a gambe incrociate, l’aria molto infelice. Si guardò le mani e rimase in silenzio - era palese che non le piaceva essere stata tirata in mezzo da Kylan. Poi, sfiorando con le dita l'orlo del suo grembiule corto, disse “Non mi interesso molto di queste cose, sono cose da uomini… le donne non hanno la parola nella Thing, nemmeno come testimoni, perché dovrei interessarmi di Thing o di Althing? Di quanto potere avessero nei tempi passati e di quanto credono di averne ora? O di quanto hanno smesso di averne e non lo sanno..." corrugò la fronte, pensosa, poi riprese, "Invece vorrei raccontarti una storia, Sir Kylan, se non ti spiace… Molto tempo fa due ragazze che avevano cardato lana fin da piccole nei palazzi delle loro madri e poi alla Corte di Lady Frigga, decisero che volevano diventare tessitrici.
Lo desideravano molto perché lo ritenevano un onore, e tutte le altre ragazze e donne della Corte della Regina la pensavano allo stesso modo: ritenevano che una Lady non potesse sentirsi davvero soddisfatta se non aveva un suo telaio, per cui tutte e due le ragazzine, in un certo senso, si sarebbero sentite sminuite, anche se non avevano mai provato a tessere. E poi era una idea che a loro piaceva molto e tutti vogliono poter usare il loro tempo facendo qualcosa che piace. O che pensano gli possa piacere, perché tutti intorno dicono che è la cosa più bella che ci sia.
Inoltre pensavano che essere scelte per fare le tessitrici fosse un segno dell’affetto e della stima di Lady Frigga.
Lady Frigga non è una Regina semplice, che si può prendere in giro, e nemmeno una donna sola, ma una Lady saggia ed indipendente: il suo affetto non era per tutte, e nemmeno la sua stima.”

Sigyn sospirò.

“Ma non c’erano due telai nuovi nella Sala della Regina, e nessuna delle tessitrici anziane avrebbe ceduto il proprio per fare contente due ragazzine… un po’ anche perché non sarebbe stato giusto e un po’ perché le ragazzine non erano semplici ancelle, ma Lady, che appartenevano a famiglie di jarls con cui molte di loro avevano legami - alcune delle Lady anziane parteggiavano decisamente per l’una e altre per l’altra. Nessuna sapeva cosa pensasse davvero Lady Frigga dentro il suo cuore, ma le sue Lady anziane non erano tutte d’accordo su chi tra le due lo meritasse di più... e su chi ne avesse il diritto.”

“Le donne sono tremende” disse Kylan.

“Così Lady Frigga decise che sarebbe stato più saggio optare per una terza alternativa. Scelse una tessitrice piccola, che non ne aveva alcun diritto, che forse se lo meritava perché era bravina e aveva aiutato le anziane al telaio per ore, senza mai sperare di poter tessere una tela propria… era una tessitrice che non era legata a nessun clan e che era solo una ancella, e che era grata alla famiglia di Lady Frigga. E le altre trovarono la scelta saggia, perché non avrebbe portato discussioni e musi lunghi e nessun jarl si sarebbe offeso… e perché la tessitrice avrebbe tessuto, come, in fondo, aveva sempre fatto - sapeva usare quel telaio, cosa che non si poteva dire delle altre due piccole Lady.”

“Quante storie per un telaio!” esclamò Kylan.

“In realtà chi suggerì questa soluzione a Lady Frigga, fu un Principe della casa dei Borson… e la piccola tessitrice gliene fu molto grata, anche se la sua gioia era solo una conseguenza, questo la piccola tessitrice lo sapeva bene e non se ne crucciava… lo scopo del Principe era stato non mettere in imbarazzo Lady Frigga, non certo fare un regalo alla piccola.” Sigyn era diventata scarlatta e non alzava lo sguardo, “Quanto alle altre due giovani Lady,” aggiunse, “qualche tempo dopo arrivarono due telai bellissimi, per loro, e ne furono molto contente… ma un telaio non è una cosa complicata da costruire e replicare.”

Loki non disse nulla. Kylan invece fece un sorrisetto “Ma le due tessitrici erano solo donne, e la tessitrice piccola pure: a Lady Frigga non importava davvero se qualcuna fosse rimasta male perché non poteva fare il suo lavoro da animaletto ammaestrato…”

“Tessere può essere molto creativo” ribatté Sigyn, irritata.

“Uno strofinaccio con il disegno sbagliato non è una gran tragedia.”

“Una vela che non si gonfia nel vento e che si sfilaccia non fa ridere nessuno.”

“Davvero nelle Stanze di Lady Frigga si confezionano vele?” Kylan la stava prendendo in giro e lei lasciò correre.

“E’ una storia interessante,” disse Loki, interrompendoli, mentre qualcosa gli bruciava dentro. Ricordava molto bene il giorno in cui Sigyn aveva avuto il suo telaio, un dono insperato, di come era stata buffa mentre gli trotterellava intorno cercando le parole da dirgli, con quell'enorme sorriso.

E così, quando due ragazzini sciocchi si contendevano qualcosa, poteva pure succedere che quella cosa tanto ambita andasse a qualcuno di inaspettato… che magari non era ingenuo come la piccola Sigyn, ma che, a sua volta, la voleva, per avercela avuta sotto gli occhi da molto più tempo.
Forse... o forse no.
Era una possibilità e andava esaminata con rispetto.
Certo... per funzionare... perché la discussione potenziale su quel telaio fosse tale da decidere di non assegnarlo a nessuno dei due ragazzini, il ragazzino moro sarebbe dovuto apparire uno stronzo inaffidabile e quello biondo uno sciocco senza rimedio… Sarebbe andato bene anche al contrario, ma, onestamente, era più complicato - il moro non era credibile da imbecille, anche se certe volte lo era, ma il biondo, beh, lui lo era molto di più.
Stronzi, invece, lo potevano essere benissimo tutti e due - ognuno a suo modo, s'intende.

Qualcosa quindi si stava preparando contro almeno uno di quei ragazzini e Kylan aveva voluto che lui lo sapesse.


Si voltò verso Sigyn e le disse “E’ ora che andiamo: mi serve il tuo aiuto nel bosco.”

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Capitolo 13
*** Il volo ***


Il Volo

Dopo che le ebbe chiesto di andare a caccia con lui - comunicato, in realtà, o, forse, ad essere proprio obiettivi, ordinato - Loki sentì lo sguardo di Sigyn frugare nel suo, alla ricerca di una rassicurazione.
Non sulla caccia.

Quegli occhi, azzurri come due laghi, parlavano parecchio - di certo più della loro padrona. 

Con Kylan, prima, Sigyn era stata, molto probabilmente, più che consapevole di aver detto troppo - anche se con un certo garbo, questo glielo doveva riconoscere, tutta piena di ma, di forse, e di distinguo, per non dimenticare quell’impagabile accenno alla saggezza di suo zio Wili… come no? Sigyn aveva per la saggezza di Wili Borson lo stesso interesse che aveva per un arcolaio per filare la lana: cose degnissime, nessuno lo metteva in dubbio, c'era sicuramente di peggio nella vita, ma... cose che stavano benissimo altrove.

Sigyn non era stata insincera, più che altro una equilibrista, attenta a camminare con grazia sul filo del non detto.

Loki distolse lo sguardo da quello di lei e lo lasciò scivolare sui dettagli, dalle spalle fino alla punta dei piedi, valutandoli: la sua arciera imbranata indossava un mantello corto, imbottito, piuttosto vecchiotto, che per lei era, forse, un pochino grande, ma che non le avrebbe intralciato il passo, nemmeno su un terreno impervio. Non aveva maniche, ma delle aperture per le braccia, in modo da lasciarla libera nei movimenti, e il cappuccio era tagliato in modo da non interferire con la visione periferica.
Loki non aveva idea di dove l’avesse pescato - sembrava esotico, ma era ben pensato e, qualunque fosse stato il suo colore originale, ad un certo punto era stato ritinto in un anonimo verde sottobosco - di sicuro, nel complesso, era stata una buona scelta.

La ragazza indossava i suoi soliti stivali, alti fino al ginocchio, che non facevano rumore, allacciati lateralmente con dei bottoni d’osso, caldi e comodi da infilare e da sfilare. Stivali da cercatrice d’erbe.

Aveva l’arco e le frecce - Loki sogghignò, una arciera di belle speranze - una bisaccia, pure uno zaino pieghevole per ogni evenienza, e - notandolo, Loki sollevò un sopracciglio in un arco perfetto e plateale - pure un coltello agganciato all’esterno dello stivale. Il giorno prima li aveva visti usarlo, a quanto pare.

Una inguaribile ottimista.

Scosse la testa - se non altro era vestita in modo sensato. Sigyn poteva dispiacersi di essere tante cose, ma non di essere una chiacchierona inaffidabile.

“Sbrighiamoci!” le disse con un sorriso asciutto, poi aggiunse "I cavalli restano qui” .   


Mentre imboccava il sentiero del bosco, Loki tornò a pensare a come Kylan l’avesse usata per mandargli un avvertimento. 
Si chiese se lei avesse capito che l’altro era un Guerriero della Nebbia, cioè un mercenario che lavorava su contratto - ad un certo punto era andato ad allenarsi con loro, convinto che l’educazione che gli veniva impartita da Odino non avesse nulla a che fare con chi era lui veramente o con chi voleva essere. Tutto un periodo di pensieri all’insegna di “la vita e mia” e “faccio come mi pare” - rabbiosi, addolorati e, saggiamente, tenuti rigorosamente per sé. Pensieri.
Solo Frigga, forse, aveva intuito chi lui stava frequentando, e che lui rischiava di cacciarsi in un bel guaio di tipo politico, nel tempo: i mercenari avevano, per loro natura, scopi loro, diversi da quelli di un buon Principe. E un Erede al Trono non poteva permettersi di essere un mercenario.
Soprattutto, a lui non piaceva fare cose che non condivideva: per sua natura, aveva anche lui scopi tutti suoi.

Era quello su cui voleva davvero essere rassicurata? Temeva di essere apparsa troppo ingenua? Una stupidina, manipolata da Kylan in modo che narrasse cose che non la riguardavano affatto?
Loki le lanciò uno sguardo di sottecchi; no, Sigyn avrebbe potuto tacere, era bravissima in quello. Una ancella che passava una sostanziosa parte del suo tempo tra le rapacissime Lady della Corte di Frigga, e che raramente si metteva nei guai... Figuriamoci...
Aveva passato il messaggio, sapendo che un messaggio c'era e ci aveva aggiunto sopra un paio di sue considerazioni.

Spostò un ramo che gli intralciava il cammino con un gesto irritato.

Sigyn quello che aveva detto, tutto sommato, lo aveva voluto dire.

E così la sua arciera imbranata simpatizzava con le Thing e la Althing… Loki scosse la testa, che tenera
La Althing, al momento, non legiferava più, giudicava nel caso di alcuni processi rilevanti, ma che non riguardavano la nobiltà se non per casi marginali, e ratificava le leggi del Re, verificandone la correttezza formale con i suoi laghman - Odino era stato attento a influenzarne la composizione, nel tempo, in modo da indebolirla.

Aveva anche cercato di fare in modo che perdesse parte dell’antico rispetto, senza attaccarla frontalmente, ma incoraggiando la scelta di membri non rispettabili, se presi singolarmente - Loki si irritò dentro di sé.
Alcuni membri erano solo dei mediocri, adulatori senza discernimento, ma altri... altri erano rispettabilissimi, per le Norne! Uomini che non mancavano né di intelligenza, né di cultura, alcuni erano anche amici personali di Frigga.
Lo erano per il suo metro di giudizio, ma, dovette ammettere con se stesso, non lo erano in un’ottica da guerriero. Per gente come gli amici di suo fratello, Fandral, Hogun, la stessa Lady Sif, un uomo aveva qualcosa da dire solo se era un As purosangue e se poteva abbatterne un altro con un’arma. Meglio ancora se a mani nude.

Sbuffò irritato e si voltò a guardare Sigyn.
Se Odino l'avesse sentita riconoscere che la Althing aveva il diritto, se non addirittura l’obbligo, di soppesare le decisioni del Re, prima di prenderne atto - altro verbo non gli veniva in mente per quello che facevano quei non più rispettabili membri, oramai - Odino non avrebbe approvato. 

Del resto se uno è Re, lo è per comandare, altrimenti, che Re è? Suo padre aveva agito in modo opportuno.

Sigyn temeva una punizione? Si voltò per verificare che lo stesse seguendo e notò che teneva lo sguardo fisso sul sentiero e le spalle rigide. Non era tranquilla.

Probabilmente, se Odino l’avesse sentita, avrebbe chiesto a Frigga di far punire la sua giovane ancella dalla sua prima cameriera, una donna formidabile, che aveva una vera inclinazione per cose come infliggere umiliazione e arrecare dolore. Una donna con un certo stile, a dire il vero, da cui c’era solo da imparare: sapeva sempre colpire dove avrebbe fatto più male.

L’avrebbe fatto per rimetterla al suo posto, ma senza darle importanza: Sigyn, per Odino, non valeva niente di più di una buona frustata, sarebbe stato come se avesse rotto un telaio di sua madre, o spettegolato sugli amanti di Gissa. Lady Gissa, per lei.

Non era una cosa del genere a preoccupare Sigyn andiamo! Ammesso che a lui fosse venuto in mente, durante una delle sue rarissime chiacchierate con suo padre, di discettare delle opinioni politiche di una femmina, per di più di una Dimenticata... ma per piacere!
E nemmeno si sarebbe tormentata per la eventuale perdita della stima di Odino, un uomo che forse nemmeno sapeva che lei respirava.
Quanto a lui... Ah beh! osservò pensoso il sentiero nel bosco che diventava sempre meno definito, a lui non importava che lei avesse espresso una opinione sul potere teorico delle Althing dei tempi che furono - aveva la lingua per quello, si supponeva.
Anche per quello, sogghignò, mentre un pensiero decisamente impudico gli attraversava la mente. 

Probabilmente non importava nemmeno a lei - ogni tanto le sue opinioni, come il suo seidhr, le scoppiettavano allegramente intorno senza far rumore e c’era poco da fare... ma, quello che era stato chiaro, era che a Sigyn non interessava chi sarebbe stato designato come Erede di Odino.
A quanto pare lei non vedeva quell’onore come un premio, che avrebbe dovuto indicare chi era il migliore tra… i candidati - socchiuse gli occhi irritato - ma solo come la soluzione corretta di un problema che ancora non era stato posto: problemi diversi, soluzioni diverse, inclusa quella che vedeva perdenti tutti e due i candidati. Che Loki se ne facesse una ragione, quindi.

Che impudente! sogghignò tra sé e tornò a guardarla con la coda dell’occhio. Era quello, quindi, su cui voleva essere rassicurata? Che veniva accettata comunque, come Sigyn, senza se e senza ma, anche se lei non accettava Loki come sovrano di Asgard sempre e comunque? Che incredibile, saccentissima, impudente...

Poi si fermò: erano arrivati ad una radura, abbastanza all'interno del bosco, ma non all’interno del territorio del branco. Sigyn lo avrebbe aspettato lì, mentre lui andava in ricognizione.

“Ho una cosa per te.”

Sigyn sollevò gli occhi, stupita e lui le porse un paio di guardia-braccio in pelle morbida.

La ragazza allungò le mani verso di lui, titubante, lasciandogli tutta l'iniziativa, e lui glieli infilò.

"Non qualcosa che ti meriti, ma una soluzione soddisfacente ad un problema che sta per porsi." affermò con un sogghigno e la osservò diventare scarlatta fino alle orecchie. Centro!

Le sfiorò il palmo della mano, per assicurarsi che fossero della sua misura, per poi scivolare lungo i polsi delicati, allo scopo di chiuderli con i lacci di cuoio.
Mentre li regolava, per tutta la lunghezza dell’avambraccio, risalì con la punta delle dita lungo la trama delle vene azzurrine, come fossero suoi sentieri personalissimi per cui girovagare, in un gioco di piccoli tocchi causali e lenti sfioramenti.

Era proprio tenera.

A quanto pare quello che la preoccupava era l’opinione di Loki su una faccenda, che, incidentalmente, non era di sua competenza nemmeno lontanamente - che non si azzardasse! - mentre le frustate di Odino erano solo un misero dettaglio secondario.

La sentì tremare “Hai freddo?” chiese, conoscendo bene la risposta, ma lei scosse subito la testa, impacciata. Fedele a Theoric, Sigyn? Ne vale davvero la pena? Nemmeno lo conosci veramente... Anche la vita più lunga di solito appare breve, vale la pena non assaggiare un po' di questo e un po' di quello?

E così Sigyn non teneva per lui a prescindere… Lady Sif, quanto meno, era dalla parte di Thor sempre e comunque, una vera amica - era più che certo che considerasse Hlidhskjalf, l’Antico Seggio del Protettore, appena appena degno di Thor.
Ma Sif sperava di sedere in un trono tutto suo, un nuovo piccolo trono da posizionare accanto a quello vecchio, magari in argento massiccio, invece che in pietra, magari alto più di un uomo in piedi? in fondo non era una Guerriera esattamente come Thor? e non era anche più sveglia? Di certo non si sarebbe dedicata ad un telaio come Lady Frigga...

Ah Sigyn, Sigyn… pessima amica, ancella infedele, allieva ingrata e arciera imbranata… come pareggeremo il conto? Perché ogni conto, Sigyn, va pareggiato...Le sollevò il mento con due dita e cercò i suoi occhi azzurri e scontrosi, decidendo di tenerla sulle spine ancora un poco - onestamente… lui stesso aveva trovato più che lecito, a suo tempo, suggerire una terza opzione quando le prime due si erano rivelate troppo imbarazzanti per sua madre - non si poteva lamentare se la piccola faceva ipotesi usando quello che aveva imparato proprio da lui.

Sarebbe sopravvissuto all'idea che Sigyn potesse approvare Thor come suo Re.

Forse.

E Theoric sarebbe morto in modo incredibilmente doloroso.

Gli spiacque per quello che sarebbe successo di lì a poco, e, gentilmente, le diede un buffetto su una guancia. Stasera avrebbe avuto qualcosa di cui farsi perdonare e, in cambio, le avrebbe detto che, di quello che lei pensava della Althing , a lui, non importava proprio un accidente.
Magari in un modo che suonasse un po’ meno da analfabeta dei sentimenti.

“Ora tu resti qui mentre io faccio un giro di ricognizione.” le disse, guardandola serio negli occhi. Ascoltami piccola, basta che mi segui e vedrai che ne usciamo. So che lo puoi fare. 

"Sai perché siamo qui?" insistette.

Sigyn annuì, "I lupi."

"Non è una caccia che si fa per piacere, ma per necessità, " la guardò dritto negli occhi, "hanno formato un branco troppo numeroso, guidato da un lupo imponente, che sembra non avere paura degli uomini. Ha delle cicatrici sul muso e credo sia o particolarmente fortunato, o un bastardo pazzescamente intelligente... hanno divorato dei cavalli ed attaccato un uomo, e si sta avvicinando l'inverno. Non c'è il tempo di aspettare che il branco si divida da solo."

"Le trappole non hanno funzionato?" chiese, ma era chiaro che immaginava già la risposta.

"No," poi proseguì, "I lupi tendono a correre per il loro territorio, seguendo un percorso, e lo fanno in modo ciclico: potremmo scegliere un punto qualunque all'interno del loro territorio, e restare lì ad aspettarli perché prima o poi arriveranno, oppure possiamo valutare dove sono ora, e individuare un punto dove passeranno a breve, che sia anche comodo per noi, risolvendo più in fretta che possiamo."  

Sigyn sussurrò, "Mi è chiaro: se hanno assaggiato l'uomo, noi, ora, siamo prede..."

"Per cui preferirei non passare la notte nel folto del bosco."

"Credi che... il... capobranco..."corrugò la fronte, "se non ha paura dell'uomo, ne ha ancora del fuoco?"

"Non sono particolarmente interessato a investigare su questo dettaglio."

Sigyn rabbrividì. Restare la notte nel bosco sarebbe stato un problema, per quello la fretta.

Loki continuò: "A piedi, con te, non posso. Asgerda mi ha dato tutta una serie di informazioni su date ed avvistamenti, se è stata accurata e se è affidabile, direi che ho individuato un'area, ma posso andare a controllare solo io, tu mi rallenteresti. Tu aspettami e conta due ore. Passate quelle torna da Asgerda - se serve aiuto, tu non basti."

Lei scosse la testa irritata, ma lui insistette "Non sei la soluzione adatta al problema." la stava prendendo in giro, usando le sue stesse parole, quelle che le spiaceva aver detto, ma lei non sembrò incassare con grazia, "sei la mia garanzia se qualcosa va storto," la tranquillizzò in tono leggero, "ricordati che una ricognizione va storta pochissime volte." le tacque il ruolo che avrebbe avuto dopo, sentendosi in colpa.

"Mio Signore, mi spiace per quello che..." Loki alzò gli occhi al cielo - Mio Signore, come detestava quelle due parole, dette da Sigyn, certe volte, "per quello che ho detto, ma non intendevo dire che..."

"Adesso quello non è importante," la interruppe irritato,"non mi interessa, io sto pensando a cosa mi aspetto che tu faccia ora!" 

Aspettò fino a che lei non annuì rassegnata, quindi, di colpo, si lasciò cadere all’indietro.

Prima di toccare il suolo, sembrò che il suo mantello venisse risucchiato contro di lui, mentre l’aria intorno tremava di verde. Fu questione di un attimo e Loki era sparito. Al suo posto c’era un falco, che si alzò in volo prima di sfiorare il terreno, girando intorno a Sigyn, per poi librarsi in aria.

Le penne erano nerissime, più di quelle di un falco normale, con delle sfumature verde scuro e verde brillante, e l’apertura alare era ampia. Sigyn era ammirata, anche se non era la prima volta che lo vedeva trasformarsi. 

Loki adorava volare, adorava quelle ali potenti e quel corpo dalla manovrabilità grandiosa, e la vista che ingrandiva le cose di quasi otto volte rispetto al normale. Poteva vedere Sigyn sotto di lui, seduta su un tronco - stasera le avrebbe parlato, glielo doveva.

Non era un vero falco, aveva provato a possedere la mente di un esemplare e a guidarlo nel volo: la sensazione era diversa, molto più animalesca e spossante, con alcune sensazioni per cui non aveva nome - era anche pericoloso, una esperienza che... ti semplificava.

Non aveva mai provato con un essere umano, ma era stato possedendo dei falchi che aveva capito come trasformarsi in modo più efficace: lui, ora, non era esattamente un vero falco, era l’idea di falco di un mutaforma, Loki Odinson, Principe della dinastia dei Borson, che tratteneva sempre qualcosa della sua forma originale e che non accettava qualcosa della forma in cui avrebbe mutato. Un falco imperfetto, forse.
Per quanto lo riguardava, l’unico difetto che ravvisava era nella vista: così potente, ma con un campo visivo ridotto, focalizzata sui dettagli e non sull’insieme. In compenso il becco era robusto, un’ottima arma, così come gli artigli.

In realtà il vero, profondo piacere di quella particolare forma era il viscerale senso di libertà, che sentiva quando era nell’aria. Per quanto amasse la sua Biblioteca, ed i suoi libri, sarebbe impazzito senza poter assaporare di tanto in tanto quella libertà.

Curvò nel  vento leggero, saggiandone la resistenza contro le ali, e gustando fino in fondo il piacere dell’aria fresca.
 

La prima volta che si era trasformato si era chiesto cosa sarebbe successo - la prime forme non si scelgono, sono desideri. Aveva sentito i commenti degli amici di suo fratello fin da quando era piccolo, ed aveva pensato, con orrore, che gli sarebbe toccato un coniglio o un serpente. Aveva sperato almeno in un cane, vista la fedeltà tenace verso Thor, che insisteva ad ignorarlo come tutti i fratelli maggiori quando pensano di essere uomini, e verso Odino, mai davvero contento di lui - solo un cane lecca la mano che lo punisce. Ma non è che ne sarebbe stato entusiasta - un cane, insomma, che cosa  fa mai di interessante un cane, per le Norne? a parte scodinzolare, s’intende? E leccarsi le palle.
Dentro di sé avrebbe voluto essere un leone, anche se, ripensandoci, quel colore così… biondo, quei muscoli così possenti, il ruggito tonante… non era lui.

Per questo motivo le prime volte si era chiuso in camera sua, nel timore di essere ucciso, prima di riuscire a disfare l’incantesimo. Non era stato preparato per niente alla trasformazione, che, in tutta onestà, era una cosa che le prime volte faceva anche male.

Aveva svolazzato con difficoltà, impigliandosi nelle tende della sua stanza, faticando a trovare l’equilibrio, figuriamoci il volo ed aveva finito per sentirsi uno stupido pollo. Aveva dovuto ringraziare un amico di sua madre e poi Freya, l’incredibile Freya, per le prime dritte su come fare le cose più semplici.


Forse avrebbe potuto essere un gabbiano, ma non sarebbe stata la stessa cosa, decise: c’era l’amore per la libertà, ma, dentro di lui, c’erano pure il becco e gli artigli.

Dopo un paio di virate strette e una picchiata mozzafiato, Loki si decise a concentrarsi sullo scopo della giornata: doveva trovare il branco. Entro il tempo pattuito con Sigyn.

Si spinse verso nord, sfiorando le fronde degli alberi, passando nei varchi tra gli alberi per poi riemergere in aria, urtando i rami più giovani, un frullare di foglie al suo passaggio.

Volteggiò in tondo, cercando, dall’alto, tracce di cose che come falco imperfetto riusciva a vedere imperfettamente - tracce del passaggio di un gruppo di lupi. Il branco era enorme, a dar retta ad Asgerda, troppo per il suo stesso bene, non doveva essere impossibile da individuare.
Quasi delicato, planò di nuovo sotto il livello del verde delle fronde compatte e si appollaiò su un ramo, gli artigli ben saldi nel legno, la coda che lo bilanciava. Lentamente girò il collo per osservare ogni cosa.

Asgerda era stata abbastanza precisa, per quanto poteva, sia quando gli aveva scritto sia alla mattina presto - non era una stupida e sapeva che il lupi erano animali intelligenti, cacciarli non era come cacciare un cervo, i dettagli erano importanti.

Ripartì in volo sempre attento a non scendere mai troppo in basso: era predatore, ma di uccelli, così piccolo era anche preda. Gli parve di scorgere un movimento e si avvicinò in voli pigri, ma era solo una volpe.

Fu dopo alcuni voli pazzi, quando cominciò a sentirsi un po’ stanco, che li vide. Preoccupato si appollaiò su un ramo basso e li osservò. Dai racconti di Asgerda provò a calcolare la loro velocità e dove sarebbero stati grosso modo, ora che fosse tornato con Sigyn. Pensoso si alzò in volo cercando il posto giusto, finché pensò di aver individuato il luogo: una radura molto ampia vicino ad un laghetto, c’era lo spazio per muoversi, la visibilità per non farsi sorprendere da animali nascosti nell’ombra… non dovevano sterminare il branco, dovevano solo uccidere il capo e altri due lupi, in modo che si frazionasse in fretta - il villaggio di Asgerda poteva coabitare con il pericolo di un branco piccolo, ma non si poteva permettere un branco di quelle dimensioni, con un appetito impossibile da fermare.


Stabilito il luogo e grosso modo l'ora dell'incontro si rialzò in volo e si diresse, in linea retta verso Sigyn. Prima si mettevano in viaggio, prima avrebbero finito.

Era un peccato che Sigyn non fosse una mutaforma naturale, pensò tra sé, ma, con la fortuna che aveva, la prima mutazione di Sigyn sarebbe stata sicuramente un delfino - o, peggio, un topolino. Si chiese, se come falco, sarebbe riuscito a resistere all’impulso di divorarla, nel caso. Un vago senso di colpa lo afferrò, mentre l'immagine di Theoric si affacciava alla sua mente, ma fu rapido a schivarlo: aveva ben altro a cui pensare.

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Capitolo 14
*** Attenti al lupo ***


Attenti al lupo

Sigyn camminava rapida, cercando di non far rumore, la freccia incoccata, l’arco tenuto basso, gli occhi che frugavano tra le ombre per scovare il guizzo di un movimento, o di un colore diverso dal verde. Prima che il guizzo scovasse lei.

Loki l’aveva abbandonata - no questo non era possibile, eppure… eppure… il cuore le batteva nella gola. Peggio che nella Scorciatoia.


Loki era tornato - un bellissimo falco dalle ali ampie - si era appollaiato sul suo braccio, poteva vedere i piccoli graffi sulla pelle delle sue protezioni da arciere, il regalo che le aveva fatto alla mattina. Lì c’era il segno di un artiglio.

Loki era tornato dove le aveva dato appuntamento.

Proprio come aveva detto.

Si erano incamminati insieme, nel bosco.


Non era il caso di farsi prendere dal panico - se ne sarebbe solo pentita. Forse le Norne erano troppo occupate per occuparsi proprio di lei e tagliare il suo filo. Forse quello era il suo giorno fortunato.


Forse avrebbe potuto inciderci sopra un disegno, se quella doveva diventare una abitudine; in fondo non era la prima volta: era salita spesso su un tetto, per cercarlo, magari dopo aver visto la sua ombra che spaventava gli uccelli, nei giardini pensili.
E tante volte era atterrato accanto a lei, o sul suo braccio - non le aveva mai fatto paura, mai, anche se qualche volta, senza volere, l’aveva graffiata. Niente di che.

Loki non le aveva mai fatto del male.


Ricordava una sera. Ricordava un uomo anziano, che cercava di spiegare a Loki come fare qualcosa. Qualcosa legato al seidhr e alle trasformazioni.
Loki ascoltava. Forse con affetto - forse, con Loki non si poteva mai dire, sapeva essere imperscrutabile quando voleva - di sicuro con molto rispetto.

Lei si era addormentata contro la sua spalla, con il sottofondo del cicalare del vecchio.
Quando si era svegliata, si era ritrovata avvolta nel mantello di Loki. L’uomo, scherzando, aveva commentato che non capiva se lei, Sigyn, russasse o facesse le fusa - Loki aveva riso. Si era così offesa allora, ricordava di averli guardati malissimo.


Sigyn si fermò per pensare. Il problema non erano le Norne, e, soprattutto, non era Loki. Il problema era che lei era sola, ora, nel bosco. A fare cosa? cosa era lei ora? preda o cacciatrice? non voleva essere cacciatrice, non lo voleva affatto, ma non ci teneva al ruolo della preda.
Sospettò, però, che i suoi desideri contassero poco, date le circostanze.


Subito dopo si era accorta che l’uomo camminava in modo buffo.
Dei ragazzi, lì intorno, gli stavano rifacendo il verso, senza curarsi, nemmeno, di farlo di nascosto. Fandral... oh Fandral... Si era vergognata.
Lei aveva già visto quell’andatura: era la tortura della ruota. Legavano un uomo ad una ruota, appunto, ed il carnefice, con una mazza, procedeva a spezzare le ossa delle gambe o delle braccia, bloccate contro il legno in modo che non si spostassero. Ogni colpo un colpo efficace, che massimizzava il danno.
L’urlo era terribile.

Si era vergognata.
L’uomo non era stato ucciso - erano stati magnanimi - ma non era guarito.

Si era vergognata. Oh se si era vergognata...


Se era preda doveva tornare verso la radura, dove, per attaccarla, dovevano per forza uscire allo scoperto. Dove, se si fosse messa con le spalle al laghetto, non avrebbero potuto accerchiarla senza che se ne accorgesse.


Lei aveva allungato la mano istintivamente, per poggiarla sul ginocchio dell'uomo, le lacrime agli occhi - le sembrava di sentire quell’urlo proprio lì, tra di loro, a ghiacciarli - e l’uomo aveva riso e glielo aveva impedito.


Ma dove era il laghetto? Aveva perso il senso dell’orientamento… dove accidenti era il laghetto?


Loki l’aveva tirata indietro, severo - non si poteva, le aveva spiegato, era una punizione e non era terminata: la Althing aveva deciso e il Re era stato d’accordo. O forse il contrario. Se lo avesse fatto, anche se solo ci avesse provato, lo avrebbero saputo e sarebbe stata punita. E poi rischiava di fare più male che bene: non sapeva cosa stava facendo!


Il laghetto era a nord, si ricordava la mappa che Loki aveva disegnato con Asgerda - per fortuna che aveva dato un’occhiata.
Poteva andare verso il laghetto, perché era lì che Loki l’avrebbe cercata e, sicuramente vista. Se poi fosse successo il peggio, ci avrebbe pensato. Un passo alla volta.


Sigyn sbatté gli occhi, allora era piccola e non lo aveva capito, ma adesso era una adulta e le era chiaro: l’amico di Loki, l’uomo del seidhr, non doveva essere guarito perché doveva - doveva! - essere ridicolo. Perché i ragazzini lo prendessero in giro e gli tirassero i sassi come ad un animale. E perché, così, gli adulti non gli avrebbero dato peso.
Non lo avevano ucciso, ma non si erano limitati a spezzargli le ossa: gli avevano tolto la dignità.


Il nord… non aveva una bussola, ma il laghetto era a nord, si ricordava la mappa che Loki aveva disegnato con Asgerda, Poteva andare verso il laghetto - doveva - perché era lì che Loki l’avrebbe cercata e, sicuramente vista. Lì c’era l’acqua, nel caso. E anche un sentiero - cercò di ricordare la mappa. La prossima volta non si sarebbe mossa appresso a Loki senza prima essersi fatta una copia di una mappa! Non poteva affidarsi sempre a Loki, accidenti! Perché Loki un po' era un incosciente, altrimenti non sarebbe stato un mago, tutto contento di essere un mago, non ad Asgard, dove il seidhr era considerato per deboli.
La prossima volta…


Si ricordò di quando era piccola nella Thing segreta del Campo - i piccoli che tacevano e qualcuno che, sdegnato, diceva che la tortura serviva a rubarti l’ultima cosa che ti restava, dopo che non avevi più segreti da raccontare. Ti toglieva la volontà di vivere, facendoti vergognare di tutto quello che eri.


Ci sarebbe stata una prossima volta, decise. E lei aveva nuotato in quel laghetto, accidenti! E ci avrebbe nuotato di nuovo.
Poteva non ricordare i dettagli, ma la visione di insieme ce l’aveva! Le Norne potevano starsene serene: non le avrebbe fatte lavorare. Non oggi: aveva tante cose da fare! Voleva tornare a casa e voleva baciare Theoric. Aveva sbagliato a non fissare un appuntamento con quel ragazzo così gentile: adesso avrebbe avuto in mente un giorno ed un'ora, precisi, un impegno da non mancare.

Doveva solo stare attenta. In fondo non doveva uccidere tutti i lupi: era un branco. Se la attaccavano, doveva ucciderne uno. Solo uno.

Quello giusto.


L’uomo le aveva accarezzato i capelli e le aveva detto che lei aveva il seidhr, che avrebbe potuto imparare a trasformarsi… Loki, allora, le era sembrato orgoglioso di lei e lei si era sentita brillare dalla gioia. Eppure a lei non interessava imparare a trasformarsi in un animale, le interessava un’altra cosa. Ma non glielo aveva detto.


Il Loki di tanto tempo prima non aveva riso dell’andatura del vecchio. Mai.
Aveva visto oltre.
Anche se quel Loki non pensava che fosse giusto curare un suo amico. Per via di suo padre, sospettò, perché Odino era il centro del mondo e andava obbedito sempre e comunque. Odino era perfetto, era giusto, e il suo amore valeva così tanto che andava guadagnato.

Il Loki di oggi non l’aveva abbandonata, decise: era sempre lo stesso Loki. Poteva comportarsi da stronzo, certe volte, ma con quelli che considerava suoi, o con quelli che rispettava, era leale. Forse non la rispettava - corrugò la fronte preoccupata - lei non era una guerriera come Hervor, non era una Lady algida come Lady Sif, non era assurdamente bella come Lady Gissa, ma l’avrebbe cercata e in due… Non doveva fare nulla di difficile: solo sopravvivere e farsi trovare.
Due cose che Loki, probabilmente, dava per scontate.

Forse, Sigyn lo pensò sentendo il cuoricino che le si stringeva, il Loki di oggi l’aveva sopravvalutata un pochino.


Decise di fermarsi - inutile girare a vuoto - e cercare una direzione sensata in cui muoversi. Inutile tentare di evitare i lupi: non aveva idea di dove fossero, e con la paura che aveva provato - che provava ancora, forse - per un lupo, lei, doveva letteralmente puzzare.

Probabilmente la potevano annusare a distanza.
Se la volevano, se la volevano davvero, l’avrebbero cercata, quindi… meglio concentrarsi su come arrivare alla radura.

Infilò una freccia nel terreno, e poi sistemò un sassolino alla fine della sua ombra sul terreno.

Contò fino a mille, continuando a guardarsi intorno, poi sistemò un secondo sassolino, dove l’ombra si era spostata: il nord era sulla perpendicolare alla linea immaginaria che univa i due sassolini. Quando era piccola lo avevano insegnato a tutti loro, ai bambini - se fossero riusciti a scappare dovevano riuscire a non girare in tondo e a non farsi riacchiappare spossati. Usa la fionda, guarda le impronte, sta bene alla larga da quelle grandi, cerca l'acqua, guarda dove metti i piedi, pensa! soprattutto pensa!
Avrebbe ripetuto il calcolo tra un’ora, ma non poteva essere troppo lontana. La direzione del muschio sui tronchi la rincuorò.

Valutò se riprendere la freccia o meno, ma poi decise di lasciarla lì - non avrebbe fatto la differenza. Prese due rametti e li intrecciò per poi piantarli nel terreno, in modo che indicassero una direzione: Loki non era stupido e, se li avesse trovati, avrebbe capito che era stata lì, quando, e in che direzione se ne era andata.


Se la voleva trovare, se lo voleva davvero, l’avrebbe fatto. Sperò solo che Loki fosse più veloce di un lupo.


Fu quando vide il riflesso della luce sull’acqua che seppe di essere arrivata dove voleva. Era salva.

Fu quando sentì l’ululato che seppe che forse non era proprio così. Era fottuta.

Il lupo era enorme. Ora o mai più, pensò Sigyn, gli altri sono vicini, ma non allo scoperto, se arretro, se torno indietro… è finita. E farà tanto male.

Si spostò lateralmente, uscendo dal bosco, conscia che il lupo la stava guardando, la stava odorando e la stava valutando.

Avrebbe dovuto aver paura, pensò, il lupo avrebbe dovuto aver paura di lei, ma non l’aveva. Il lupo sapeva cosa era lei, e sapeva che non era più forte del lupo. Una Sigyn non mangiava un lupo. Un lupo, forse, mangiava una Sigyn.
Osservò di sottecchi il mantello dalle striature azzurrate: era molto più grande di un lupo normale. E la coda… corrugò le sopracciglia, la coda non le tornava. Ma non sapeva dire perché.

Sentì il brontolio. Le labbra del lupo si stavano arricciando scoprendo le zanne.
Poteva correre. Poteva. Poteva correre dentro il lago e sperare che il lupo non sapesse nuotare. Ammesso che il lupo fosse più lento di lei. O che fosse un gentiluomo e la lasciasse arrivare fino all’acqua.
E poi? Che scelta aveva? Restare immersa nel lago? Per congelare nella notte? Aveva una possibilità solo se il lupo se ne fosse andato, ma se l'avesse presa d'assedio, con tanta pazienza... morire di freddo, dicevano, non era doloroso...

Fu un attimo. Lo vide scattare verso di lei. Dentro di sé vide in un lampo il futuro: sentì, sentì in un istante il morso sul braccio, anche se i muscoli del lupo si stavano solo tendendo per balzare verso di lei - e un balzo non sarebbe stato sufficiente - avrebbe cercato di proteggersi la gola, ma quanto sarebbe durata? Immaginò il rumore dell'osso frantumato, pensò al suo urlo, si chiese se Loki l'avrebbe sentito.

Sollevò l’arco e tirò, chiamando a raccolta il seidhr. Lei non voleva mutare forma, lei voleva sentirsi freccia! Se da bambina c’era abbastanza seidhr, dentro di lei, per essere un animale, come Loki, allora ce ne era più che a sufficienza per essere freccia. Tirò aiutandosi con la magia, senza pensarci troppo, tutta istinto e voglia, disperata voglia di vivere, immaginandosi freccia, puntata verso un’altra vita, formidabile e letale.

O tu o io pensò, certa che fosse finita.

Il lupo cadde nell’erba e lei cadde in ginocchio, cosa aveva fatto? Si avvicinò barcollando, per osservare l'animale da vicino. Fu allora che vide che le frecce erano due: una nell’occhio e l’altra nella giugulare.

Improvvisamente le mani le tremarono. Due frecce. Due. Alzò lo sguardo e vide Loki uscire dal bosco.
Per un momento sentì una sensazione di sollievo, e una voglia incredibile di correre da lui ed abbracciarlo, la voglia pazza di stringerlo a sé e di farsi stringere. Il coraggio di dirgli che lui era importante per lei, anche se non erano destinati l’uno all’altra, anche se c’erano tutti quei Mio Signore tra di loro, e Lady Gissa, così splendida, e Lady Sif così orgogliosa, perché non c’era nessuno, per lei non c’era nessuno che le stesse così a cuore.
Nessuno… nemmeno Theoric. Nemmeno con tutte le promesse di un futuro diverso, che Theoric, sempliciotto come lei, poteva rappresentare.

E non se ne vergognava. Tanto non c’era rimedio.
Il suo non era come l'affetto di Odino, non c'era dietro nessun trabocchetto, nessuna richiesta, non andava guadagnato ogni volta: era lì, alla luce del sole, un affetto che non chiedeva niente in cambio.

Per un momento.

Poi si accorse che lui non aveva il fiatone. Lui non era venuto di corsa, preoccupato.

Socchiuse gli occhi, studiandolo. Era così elegante, mentre camminava, i capelli lunghi sulle spalle, neri lucidi, ordinatamente raccolti dietro le orecchie... il volto impassibile. Quella sua falcata da felino, così sinuosa, che un po' faceva paura.

Non era andato verso l’ululato correndo come il vento, con la forza della disperazione.

Lui era già lì, lui era sempre stato lì, forse l’aveva seguita, forse semplicemente aveva immaginato che lei prendesse ogni volta una decisione razionale, lei questo non lo sapeva. Forse aveva dato per scontato che lei non fosse stupida. O forse non gliene era importato nulla di lei. Forse lei era stata preda per tutto il tempo. Forse era stata solo l'esca, forse fin da quando era tornato a prenderla alla radura.

Non lo sapeva e non l’avrebbe mai saputo. Perché non glielo avrebbe mai chiesto. Mai.

Ma lui era lì e da lì aveva tirato. Con tanto aplomb. Non aveva avuto paura di sbagliare, non si era preoccupato delle conseguenze di un tiro mancato. Il suo urlo non l'avrebbe ghiacciato.

Lei aveva mirato all’occhio - le sembrò impossibile averlo colpito sul serio… era stato il seidhr, più che le sue abilità di arciera. Abilità… scosse la testa. Non le aveva.
C'era solo stata una gran voglia di vivere.

Delicatamente sfiorò il muso del lupo, che le sembrò bellissimo, e le si strinse il cuore, come se il lupo glielo stesse mordendo. Abbastanza forte da farle male, ma non così forte da schiantarla lì e darle un po' di pace.

Un lupo possente, con le cicatrici di molte battaglie: era stato un capobranco sfidato spesso, o un nuovo arrivato che aveva risalito la piramide del suo branco, una lotta alla volta. Un combattente ostinato.
Sentì che il cuore le si stringeva, mentre accarezzava il pelo soffice - il lupo avrebbe meritato di più. Lei avrebbe meritato di più.
A lei non importava niente di far separare un branco in branchi più piccoli, lei aveva solo seguito Loki, senza chiedergli nulla, nemmeno dove la stesse portando. Il villaggio di Asgerda… per l’inverno c’era ancora tempo… magari i lupi si sarebbero divisi da soli, bastava solo avere pazienza.
E poi… quegli uomini, erano uomini solo con il ragazzo Jotnar e con sua madre? Il ragazzo aveva un nome, accidenti! Thrain! Se erano così bravi a tormentarlo e non vederlo, perché erano superiori, perché allora il lupo non se lo erano uccisi loro?

Perché aveva dovuto farlo lei?

Loki le era vicino. Si ritrasse, attenta a non sfiorarlo, nemmeno per caso.
Lui, in fondo, non le doveva proprio niente. Sentì che il cuore saltava un battito. E probabilmente nemmeno la rispettava, perché avrebbe dovuto, del resto?


Fu allora che sentì una goccia calda caderle sulla mano: stava piangendo. Lei, Sigyn, stava piangendo e non sapeva come smettere.

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Capitolo 15
*** Ognuno pensa solo a se stesso ***


Ognuno pensa solo a se stesso

Se Loki notò le lacrime di Sigyn, non lo diede a vedere.
Osservò, invece, con aria professionale il corpo del lupo, “Ucciso sul colpo." disse, ammirato, "Dalla seconda ferita non è uscito molto sangue: vuol dire che il cuore ha smesso di battere subito.Tutto tuo, Sigyn," sorrise, "tutto tuo.”

Un brivido percorse la schiena della ragazza.

Loki le porse un coltello, ma lei non si mosse, né alzò lo sguardo. Rimasero così alcuni istanti, Loki con la mano tesa, il coltello nel palmo della mano, con il manico rivolto verso Sigyn - un gesto cortese, ma Loki era sempre cortese - e la ragazza inginocchiata davanti al lupo, la schiena rigida e le spalle contratte, che non lo guardava.

“E’ tutto tuo.” Insistette lui, poi immerse il pugnale nel terreno, accanto a Sigyn. Altro gesto cortese: lo avrebbe trovato, lì, a portata di mano senza correre il rischio di  farsi male.

Sigyn non sollevò lo sguardo, le mani che accarezzavano il pelo del lupo, senza tregua, poi disse “No.” in un sussurro.

“No cosa?” il tono era così… cortese, non c'era altro termine, come se le stesse chiedendo notizie della sua giornata nelle stanze di Lady Frigga: a cosa stava lavorando? Ad un motivo tradizionale? In toni di verde? Interessante...

“No, Mio Signore.”

Loki sollevò gli occhi al cielo, ma con grazia, da vero Principe Asgardiano; Sigyn poté intuire il gesto, ma non lo vide. Si asciugò timidamente il viso con il dorso della mano sentendo l’odore vagamente selvatico del lupo sulle sue dita. Ravviò i capelli, che ormai le ricadevano sciolti sulle spalle, in una massa disordinata.

“L’hai ucciso tu, Sigyn, sei stata molto brava: l’hai centrato in un occhio e l’hai ucciso sul colpo...” spiegò Loki, con estrema pazienza, “ora riportiamo la sua pelle al villaggio. Puoi regalarla ad Asgerda, dopo, o a chi ti pare, o puoi tenerla per te, se preferisci: è tua. Ma va fatto in fretta. Lo sai.”

Sigyn rimase in silenzio, le spalle incurvate.

“Preferisci che dica che è morto per lo spavento?” chiese cercando di contenere l’irritazione, “Lo hai terrorizzato,” scosse la testa, incredulo “e il suo cuore si è fermato da solo,” sospirò in segno di aperta disapprovazione “E’ stata la paura, la freccia un mero dettaglio.” Poi la guardò, gli occhi come due fessure, la pazienza esaurita,“E ora fallo.”

“No, Mio Signore.”

“No-mio-Signore, cosa?” ma Sigyn non rispose.

“Hai frugato nell’immondezza per sopravvivere, e non te ne vergogni, lo hai detto tu, molto orgogliosamente, qualche giorno fa,“ si avviò verso la carcassa di un tronco, che spuntava tra l'erba“questo non è diverso,”  disse, spostano il tronco vuoto verso di lei con la punta degli stivali.

“So che lo sai fare, e anche se non lo farai bene non ha importanza, l’importante è che tu lo faccia.” Si sedette, mettendosi comodo, gli abiti che non facevano una piega, e la guardò. “O preferisci che lo appendiamo per una zampa ad un albero? saresti più comoda?”

Sigyn sollevò il viso di scatto, la sola idea di quell’animale, così fiero, appeso a testa in giù, come in sfregio, la fece venire la nausea. Scosse la testa senza dire una parola, senza guardarlo, mentre sentiva che gli occhi le si inumidivano di nuovo.

“Ascoltami Sigyn,“ non c’era più pazienza nella sua voce, solo un’algida cortesia, quella che, in un Principe della Casa dei Borson, che si occupava della gestione della Casa della Regina, era doverosa, in ogni circostanza, “quando ti ho conosciuta sapevi usare molto bene una fionda…”

“E’ stato tanto tempo fa” mormorò, “Mio Signore.”

“E, molto tempo fa, cosa hai colpito con quella fionda?”

“Degli uccelli… aironi, Mio Signore” chinò il capo sperando di nascondere le lacrime.

“Per il gusto di colpire un bersaglio in movimento? Per vedere quanto eri brava? Per vantartene con qualcuno?”

“Non avevo scelta, mio Signore” disse con voce soffocata, mentre ripensava a quella fame di tanto tempo prima, quella che, all’epoca, sembrava non abbandonarla mai. Gli aironi se li erano mangiati. Arrosto, con del rosmarino selvatico.
Sentì lo stomaco che le si rivoltava contro.

“E stavolta ce l’avevi?” la voce era fredda - sentì la domanda penetrarle dentro e gelarla.

Io no, pensò disperata, io no, Loki, ma tu si, tu ce l’avevi! Ce l’avevi quando mi hai portato con te, solo noi due, come se fosse un premio perché ero stata davvero brava in qualche cosa. Come se la mia compagnia fosse piacevole per te e ti ricordassi di altre volte in cui eravamo stati bene insieme, mentre le tue dita si intrecciavano alle mie.
Ce l’avevi quando mi hai messo un arco in mano, quando mi ha regalato i guarda-braccio e quando mi sei venuta a prendere nella radura. Tu ce l’avevi, Loki.

Sigyn non disse nulla - Loki non si sarebbe mosso di un pollice fino a che lei non lo avesse fatto, sarebbe stato capace di aspettare fino all’arrivo della notte, solo per non cedere su quel puntiglio.
E lei poteva resistere quanto lui. Quasi. Forse.
Lo guardò di sottecchi, sorprendendosi nel vederlo così accigliato.
Ma alla fine... lei non era Lady Sif, non era Lady Gissa, lei era solo Sigyn - il rispetto, tra loro due, non era una cosa alla pari: uno dei due lo poteva pretendere (e non ce ne era bisogno, lei non indiceva gare per decidere a chi assegnare uno stupido martello), l'altro (l'altra!) no. Non erano uguali e non lo sarebbero mai stati - non erano nemmeno davvero liberi, ma i confini della libertà di Loki erano molto più ampi dei suoi: non aveva senso volere (sperare?) che Loki capisse che non era solo la coscienza di avere ucciso qualcosa di vivo e magnifico, ma che era (anche) la coscienza di non contare proprio nulla.
Chi l'aveva richiesta a Lady Frigga stava solo usando, in modo più rozzo, un potere che era lì, a disposizione di tutti.
Loki sembrava non usare mai il suo potere su di lei oltre il ragionevole, ma, ora, l'aveva trattata come un agnellino da sacrificare, adornato di nastri colorati, tutti nuovi, portato tutto saltellante per sentieri e radure, nutrito di torta di noci, per poi essere legato nel bosco in attesa del predatore.

Decise dentro di sé, di sbrigarsela in fretta: lei voleva solo tornarsene al Castello. Voleva trovare Theoric, perché Theoric una cosa così, a lei - a nessuna! - Theoric non l’avrebbe mai fatta. Arrossì rattristata, non l'avrebbe fatta perché non poteva: Theoric non la poteva costringere a fare nulla di nulla. Theoric le aveva lasciato scegliere a chi dare il suo primo bacio - lo aveva desiderato, magari l'aveva già dimenticata, ma in quel momento, sotto la luna, non le aveva chiesto niente e non si era preso niente che lei non gli avesse offerto liberamente.

Afferrò il coltello e lo estrasse dal suolo, con le mani che le tremavano, cercando di ricordare, almeno per un attimo, quei baci sotto la luna. Sperò che l’avrebbero aiutata a fare in fretta.

Accarezzò, addolorata, il lupo, enorme e magnifico, le dita delicate affondate nel pelo, così morbido, mentre le lacrime tornavano a colarle lungo le guance e non poteva farci niente. Il pelo era morbido, di un colore indefinibile: il sottopelo, spesso e soffice, era bianco, ma il pelo vero e proprio, liscio e straordinariamente setoso, aveva delle striature azzurrine.
Ne osservò la coda, perplessa: aveva una specie di ricciolo, non era come quella dei lupi che conosceva lei. Il cuore le si strinse, ma nessun ricordo di un bacio sembrava riuscire a consolarla.

“Io ti odio!” sussurrò mentre affondava il coltello nella pelle delle zampe del lupo. Sperando che Loki facesse finta di non averla sentita, che lasciasse correre, insomma. A volte lo faceva.

“Addirittura…” la prese in giro.

“In questo momento è così, Mio Signore” replicò Sigyn in tono sostenuto.

“Io ti odio e Mio Signore, nella stessa frase, non stanno bene.” Annotò Loki in tono discorsivo.

“Non sono particolarmente entusiasta della piega che ha preso la giornata, Mio Signore...” sussurrò mentre il sangue le macchiava le dita.

“Kylan ha ragione: hai imparato molto bene a glissare su quello che pensi… troppo.”

“Una delusione che immagino si aggiunga alle tante altre.”

“Non hai idea di quante.”

Sigyn tacque e Loki la osservò, mentre in silenzio, tra le lacrime, stava scuoiando il lupo.

“Non è un lupo As, è… diverso…” singhiozzò, mentre accarezzava le cicatrici sul muso e il pelo bianco e azzurrato che, tra gli occhi, sembrava quasi blu scuro. Desiderò tanto che lì ci fosse Theoric, a stringerla tra le braccia. Come fosse tornata al Castello lo avrebbe cercato, gli avrebbe chiesto di tenerla stretta e non chiederle nulla di questa giornata, di come lei, cretina fino al midollo, aveva lasciato un segnale per Loki, nel caso l’avesse cercata, perché non si preoccupasse.

“E’ un incrocio con qualche bestia che non conosciamo, o che non conosciamo più.” rispose Loki in tono secco.

“O è venuto qui da solo, o qualcuno…” azzardò, cercando di non pensare a quanto era stato magnifico - e letale, si certo, letale - il lupo, fino a poco prima, e a quella seconda freccia, scoccata con tanta precisione. La mano di Loki non aveva tremato, decise, sfiorando la ferita. Era stato un tiro pulito, e non poteva avere avuto una buona visuale: il colpo era stato calcolato rapidamente e la freccia scoccata - non aveva tremato per il lupo e non aveva tremato per lei. Lei era stata solo l’esca sacrificabile della caccia al lupo di un Principe.
Loki si preoccupava per lei quanto uno stivale di preoccupava per una formica.

“Sbrigati.” la voce di Loki la richiamò alla realtà.

“Non stavo scherzando.” si sarebbe morsa la lingua. Non mi devi nulla, lo so molto bene. Sono stata io a sperare di contare qualcosa.

“Non credo,” rispose Loki pensoso, ”non mi hai mai odiato e non comincerai con una cretinata come questa.”

“Che ne sai?” 

“Lo so,” la fece tacere con un gesto della mano, “Tu sei arrabbiata con me, tu sei furibonda con me, vorresti poter pareggiare i conti, e ti fa una gran rabbia che non puoi. Perché ci sarebbero conseguenze, dato che io sono io e tu sei tu.”

Lei non lo guardò, si limitò a stringere l’impugnatura del coltello, mentre le nocche le diventavano quasi bianche.

“Ma, soprattutto,” riprese Loki in tono cogitabondo, ”perché tu non sei me, non hai quel tipo di odio, dentro di te, per cui, ad una sconfitta da ingoiare, deve sempre, sempre e sempre corrispondere una rappresaglia di qualche tipo, che, quanto meno, sia un trionfo dell’umiliazione. In questo siamo molto diversi, lo ammetterai…” le sorrise, ma lei continuò a lavorare sulla carcassa del lupo, senza guardarlo, “Tu sei arrabbiata, ma finisce qui, lo sappiamo tutti e due: non verrai ad uccidermi nella notte. Tanto vale… Passa oltre.”

Loki era irritato dalle sue lacrime - sapeva che non le sarebbe piaciuto, sapeva che avrebbe finito per doversi scusare, ma non pensava sarebbe stata una tragedia di questa portata.
Era solo un lupo accidenti!

E si, certo, se queste erano le sue scuse, beh, facevano onestamente schifo. Ma la verità era quella: lui voleva che lei… cambiasse… e quello era un modo. E si, gli spiaceva per le lacrime, ma, dove c’è un rapporto di forza, alla fine, non c’è un punto d’incontro esattamente a metà, e, se si è il più… debole... si è costretti a passare oltre. Tanto valeva che lei lo facesse subito.
Le cose stavano così, inutile fingere che stessero in un altro modo, e ingiusto trattarla come una sciocca.  

Sigyn sospirò irritata.

“Non per un lupo.” Insistette Loki scuotendo la testa.

Sigyn si interruppe. Pulì il coltello sull’erba con cura e poi disse, cercando di pesare le parole, “No, forse no, ma, Mio Signore, io vorrei che tu cercassi, per una volta…” ti prego, guardami, e vedi oltre l'ancella. Per una volta.

Loki la interruppe irritato “Cercassi cosa? Di capire? E se non fossi in grado?”

Sigyn tacque.

“Sigyn,” la voce di Loki era dura, “io sicuramente non ti capisco, non ho problemi ad ammetterlo, ma tu spiegamelo, con parole tue, perché vuoi tirare con l'arco?”

Sigyn non rispose e nemmeno lo guardò.

“Me lo hai chiesto tu, mi hai detto che lo volevi e, io, tutto sommato, non ho problemi a sprecare il mio tempo con te… lo spreco già in altri modi, in fondo.”

“Non importa, non lo sprecare, non lo sprecare più.”

“Hai dimenticato di dire Mio signore. Ci tengo.”

La ragazza si chiuse in un silenzio ostinato.

“Tirare con l’arco non è un... addobbo...” Loki si chinò verso di lei e le portò i capelli dietro le orecchie con dita delicate. La sentì tremare, ma non le chiese, stavolta, se era per il freddo. Ricordava la sua pelle sotto le sue dita, solo pochi giorni prima, nel giardino, con la pioggia.
“Lo scopo non è colpire un bersaglio e far vedere quanto si è bravi, tutti compiaciuti con se stessi. Lo scopo è fermare una minaccia, che può anche avere una sua bellezza, può anche suscitare il tuo rispetto. E saper passare oltre.”

Ne cercò lo sguardo tra le lacrime, soffermandosi sulle sue labbra. Poteva ricordare ogni bacio che si erano dati, le sue labbra così calde, come lei del resto “Se non c’è la volontà di usarla una abilità e se non c’è la capacità di passare oltre, allora non serve…coltivarla. E’ solo tempo sprecato.”

Sigyn lottò contro le sue dita che cercavano di costringerla a guardarlo.

Loki emise un sospiro irritato, lasciandola andare “Ascolta, smettila, io sono un professionista dell'odio e ti assicuro che se avessi in mano un coltello per scuoiare e, ad un passo da me, una persona che odiassi così visceralmente come tu vorresti farmi credere…”

“Io non sono te!” Sigyn era esplosa, desiderando tanto che lì ci fosse Theoric per prenderla e portarla via. Theoric forse avrebbe capito. Theoric che la baciava ed era come baciare la pioggia, come sfiorare la neve con le labbra con quel sapore pulito.
Le mancava tanto il Loki di quando era bambina, più dolce forse. Il sapore della delusione le salì amaro nella gola.

“Appunto. Quindi piantala con quell'io-ti-odio, soprattutto se intendi accoppiarlo con quel mio-Signore! Deciditi una buona volta!”

“Cosa devo decidere?”

“Cosa sei Sigyn? Sei una donna libera? O sei una thrall, accidenti?”  Una thrall… magari... pensò spassionatamente, se fosse stata solo una thrall sarebbe stato tutto più semplice. Ma per lui. Pensò ad una casa vicino al mercato, in una via discreta, una casa che gli piaceva molto, con le pareti dipinte in parte di verde - un mosaico che rappresentava un prato con dei fiori dorati, una decorazione bizzarra con un suo fascino, le finestre in vetro fuso e metallo. Il proprietario la voleva vendere.

“Chiedilo a Lady Frigga.” rispose la giovane, amareggiata, Poi si guardò le mani, sconfitta, sperando che lui non le chiedesse spiegazioni, che, tanto, le era chiaro, non lo avrebbero interessato. E l'avrebbero solo umiliata.
 

Quando era stata... quando lei… quando il suo corpo era cresciuto… Loki le aveva spiegato come non... ritrovarsi ad aspettare bambini - era stato molto preciso, facendole ripetere la preparazione della pozione fino a che non era stata in grado di fare tutto ad occhi chiusi e con una mano sola. Si era sentita morire dalla vergogna.
Loki aveva dato per scontato che lei lo avrebbe “fatto”, appena possibile, con qualcuno di non troppo ripugnante, sgattaiolando in qualche bugigattolo, di nascosto dalla prima cameriera di Lady Frigga. La immaginava spinta dal desiderio e dalla curiosità - le aveva pure dato un biglietto ed un indirizzo - se l’altro non fosse stato “carino”, lì, l’avrebbero protetta, non pensava mica di fare sesso nelle cantine del Castello? Una cosa squallida. O in camera sua? Lo sapeva, nevvero, che non avrebbero approvato? Quello era un buon posto dove portare il suo innamorato.

Si era sentita morire per la vergogna, e quando l'aiuto cuoco, un ragazzino come lei, all'epoca, le aveva sfiorato timidamente la mano era scappata a gambe levate.

Cosa voleva mai che a lui importasse della richiesta fatta a sua madre, Lady Frigga? Non avrebbe nemmeno capito. Dei sentimenti non capiva un accidenti, a dirla tutta.

“Mia madre ti tratta con molta gentilezza, Sigyn. Anzi, con affetto.” La voce di Loki era dura.

Sigyn arrossì: una esca senza valore e senza spina dorsale, a cui non valeva la pena di dire che era stata trascinata fin lì solo per fare l’esca, non certo per ricordare i vecchi tempi, ed una ancella ingrata. Nient’altro?

Riprese quello che stava facendo: mancava poco e la pelle era sua, decise ostinata, se l’era guadagnata sul campo. L’avrebbe regalata a Thrain, perché Thrain, il “ragazzo” di Asgerda, non aveva quasi nulla di suo - un po’ come lei, anzi peggio di lei, perché Thrain, per tutti, non aveva nemmeno un nome.
Asgerda era piena di pelli di lupo, molte erano state un regalo di Loki, ma non se le meritava. E lei, ah lei non la voleva. E, se era un uomo, non l’avrebbe voluta nemmeno Theoric! E Theoric era un uomo e, soprattutto, un bravo ragazzo. Non come...

Sigyn pensò confusamente che forse era anche stato - anche -per quello che aveva detto, prima, davanti a Kylan - un tasto da non toccare coi Principi di Casa Borson, tutti e due eh! pure Thor era suscettibile su quell'argomento e su cosa era degno o indegno di un As, di un guerriero... Anche se. Anche se... lui aveva già deciso. Loki aveva deciso prima di Kylan.
Sarebbe stato molto meglio per tutti se Odino si fosse tenuto Mjolnir tutto per sé, invece di fingere che fosse per uno dei suoi due figli, il più meritevole aveva detto, ma di cosa non si sapeva. Il trucco era lì. Li teneva sulle spine proponendo un compito misterioso e probabilmente impossibile, di cui lui era il solo giudice.
Erano tutte menzogne.
Lei c’era, serviva da bere, invisibile a tutti - aveva fatto un favore ad una amica, all’ultimo momento -  lei aveva sentito quando i Nani stavano parlando della commissione di Odino.
Odino non aveva in mente un martello che fosse un premio per uno qualunque dei suoi due figli.
Del resto, ma, onestamente, ma cosa ci avrebbe dovuto fare Loki di un martello? di quel martello?

“Perché questo?” chiese Sigyn restituendogli il coltello, la lama sul palmo, puntata contro di lei, lo stesso gesto di Loki. “Per quello che ho detto sulla Althing?” e su Odino, che, incidentalmente, è tuo padre? Mi stai punendo?

 “No,” disse Loki, in fretta, stringendole la spalla in modo protettivo, “questo non devi pensarlo. Mai.”

“Perché allora?”

“Ti vorrei più forte. Una colomba in un mondo di gatti fa una brutta fine...”

“Forte è una cosa sensata, ma quello che vorresti… quello che dici tu non è forte, è feroce, è diverso. Ma,” si sforzò di guardarlo in viso con i suoi occhi azzurri, “io non sono così e non voglio essere così.” non ti basta una Sigyn?

Poi abbassò lo sguardo perché sentì che stava ricominciando a piangere. L’intenzione, la capiva - forse, era comunque predatoria - ma il modo no.
Barcollando si alzò e se ne andò verso il lago per lavarsi le mani - era stata attenta a fare un lavoro pulito, ma era impossibile non macchiarsi del sangue del lupo. Che forse non era… rabbrividì. Avrebbe chiesto a Thrain.

Si guardò nel riflesso dell’acqua: aveva il volto gonfio e rosso per tutte le lacrime. Con rabbia pensò a Theoric: sarebbe dovuta restare al Castello e cercarlo tutte le sere, magari usare una buona volta quell’indirizzo di Loki, con qualcuno impacciato quanto lei. Si sentì a disagio e sperò che Theoric, nel caso, non pensasse male, ma lei… non si era mai sentita così sola.

  


  

Gli fece male al cuore vederla così, era tenera in fondo, e farle scuoiare il lupo era stato davvero troppo, ma a cosa sarebbe servito insegnarle se poi non aveva il fegato di usare quell'arco, accidenti?

Non sarebbe stato sempre lì - non era stato sempre lì - e non poteva portarsela dietro, se il viaggio era lungo, ormai era cresciuta, era tanto che era cresciuta anche se, forse, in pochi se ne erano accorti davvero, rintanata tra le dame di sua madre, in biblioteca con lui, intenta ad usare il seidhr... E questo era lo stesso motivo per cui avrebbe voluto portarsela dietro. Dovuto.

Dovuto e voluto.

Ma non voluto nel modo in cui avrebbe dovuto.

Quello, che era evidentemente una donna, era il motivo per cui avrebbe tanto voluto portarsela a letto.

E questo non andava bene per niente - una ancella non era come una Lady: non poteva dire di no.

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Capitolo 16
*** Ma fantastica su qualcun altro ***


Ma fantastica su qualcun altro

Sigyn prese il sentiero in fretta, senza voltarsi indietro, il passo leggero sulla terra battuta invasa dai ciuffi d’erba - forse non era la strada più veloce ma l’avrebbe condotta al villaggio, e poi, da lì, si sarebbe arrangiata. Che Loki facesse quello che voleva. La pelle arrotolata del lupo le pesava, nello zaino, sulle spalle, ma il cuore le pesava un po’ di più.

Sentì la mano di Loki afferrarle il braccio - un brivido fino al cuore - ma non si voltò “E’ tardi, Mio Signore,” mormorò, con uno strattone leggero.

Loki alzò gli occhi al cielo e la fece girare su se stessa, senza troppi complimenti, fino a che si ritrovarono a guardarsi negli occhi.

Quello che Loki pensò fu che sarebbe stato tutto più semplice se avesse potuto stringerla contro il tronco di un albero - ce ne erano tanti lì intorno, il tronco non sarebbe stato un problema. Gli sarebbe piaciuto andare dritto al sodo - i baci a fior di labbra li lasciava volentieri a Theoric - slacciarle quel mantello esotico, giusto quel tanto, ed infilare una mano in quelle brache per cercare il calore tra le sue gambe, sfiorarne le piccole pieghe senza fretta, per poi risalire dentro di lei, accarezzandola, alla ricerca di un piacere caldo ed umido. Si chiese se i suoi fianchi si sarebbero mossi sulle sue dita, cercando da soli un ritmo che le piacesse, o se Sigyn avrebbe preferito lasciar scegliere a lui il ritmo, seguendolo docilmente. Al dunque, era tipo da gemiti, sospiri, respiri affrettati, o bassi brontolii di gola?
Oppure al dunque avrebbe rimediato un ceffone? almeno questo avrebbe ridotto il problema del loro rapporto - di solito semplice - a qualcosa di ancora più semplice. Come un si o un no.

Gli occhi verdi di Loki sembravano brillare, persi in qualche fantasia piacevole, mentre Sigyn spalancò i suoi, di un azzurro limpido, a disagio - lo sapeva lei e lo sapeva lui che una ancella non aveva il diritto di chiudere per prima il discorso con un Principe. Ma a Loki, di solito, non interessava ribadire il posto di Sigyn.

“Non confondiamo una vera guerra con questi tentativi puerili di farmi capire che non sei contenta di qualcosa, sottintendendo che me ne debba importare, ed avendo pure la pretesa che dovrei capire da solo cosa angustia il tuo cuoricino.” disse Loki, con molta educazione.

Sigyn sbatté le palpebre a disagio. Avrebbe tanto voluto ribattere con qualcosa di pungente, che mascherasse il fatto che lei sapeva, sapeva benissimo, che, tra i due, quella che avrebbe alla fine dovuto, per forza, fare un passo indietro era lei. Perché, onestamente, né Loki, né Thor, per essere sincera fino in fondo, si curavano di cosa angustiasse una ancella.
E non se ne curava Fandral, sempre pronto a fare la corte a tutte, e nemmeno Hogun, sempre cupo, intento ad ignorarle tutte... Nessuno della gioventù dorata di Asgard si sarebbe curato della tristezza di una ancella.

“E’ per il lupo?” riprese Loki “era un branco numeroso, ed era un animale che ti avrebbe divorata senza pensarci due volte.” Le si avvicinò, cercando con lo sguardo il tronco più vicino. Moriva dalla voglia di assaggiare i suoi fianchi. Si sarebbe stretta attorno a lui? Lo avrebbe guardato negli occhi?

Sigyn scosse la testa a disagio, sapendo che un pochino mentiva - le spiaceva sul serio per il lupo e gli abitanti del villaggio non le stavano poi così simpatici. Non al punto di dire che si sarebbero anche potuti arrangiare da soli, quello no, e barricarsi in casa, coi lupi che grattavano alla porta, ma, almeno, avrebbero potuto aspettare gli eventi.

“E’ perché avresti preferito che ne parlassimo, prima?” Sigyn fece un passo indietro, finendo con la spalle contro un albero, ma sembrò non farci caso. Loki pensò che era un po’ bassina, avrebbe dovuto sollevarla da terra, cosa che non gli spiaceva - era leggera, lo sapeva - e allacciarle le gambe intorno ai suoi fianchi, una posizione perfetta. Come solo qualche giorno prima sotto la pioggia di Asgard.
“Pensavo che una idea tu te la fossi fatta, però, sul fatto che era una caccia.” Si chiese se avrebbe piegato le ginocchia, cercando da sola, una posizione comoda per tutti e due, che la lasciasse esposta perché lui le desse piacere. O se sarebbe stata impacciata. O pudica, da convincere a forza di brividi e carezze.

Sigyn scosse la testa a disagio, sapendo che un pochino mentiva - il tradimento di Loki le bruciava, e le bruciava che, anche ora, stesse piegando i fatti come faceva comodo a lui.

“E’ perché ti ho detto che ti vorrei diversa?” mise una mano sul tronco, sfiorandole la nuca con il pollice, decidendo che, tutto sommato, l’idea di baciarla mentre la toccava non era poi così malvagia. Voleva la sua lingua tra le sue labbra, la sua bocca nella sua.

Fu a quel punto che Sigyn diede la peggior risposta che avrebbe potuto venirle in mente. Almeno questo fu quello che decise Loki, ripensandoci, dopo.

“No, tu non hai detto diversa, hai detto libera...” precisò agitata, cercando di non badare ai piccoli brividi proprio lì sulla nuca e al calore del braccio di Loki, vicino al suo viso. ”Ma chi lo ha detto che io sono libera?”

Loki tolse la mano di colpo.

“Chi lo ha deciso? Hai visto un uomo della mia famiglia prendermi in braccio, spruzzarmi l'acqua sul viso appena nata, secondo la tradizione? Ho qualcosa di lui? E tu che ne sai?”

“Sigyn, tutte le Dimenticate…” cercò di spiegare Loki, con pazienza - le Dimenticate erano libere. Il contrario sarebbe stato immorale, decise dentro di sé. Nessuno degli uomini di Hervor le avrebbe mai considerate thrall: avrebbero potuto essere le loro figlie, catturate e restituite, e nessun guerriero si faceva massacrare nel fango perché qualcun altro, nel frattempo, al caldo nella capitale, giocasse con le vite della loro gente.

“Chi lo ha deciso? Dove sta scritto? E’ solo un sentire comune, ma non sta scritto da nessuna parte…”

Loki sollevò la mano per sfiorarle la guancia, ma lei scartò di lato, sfuggendogli “Non toccarmi, Loki Odinson!” disse amareggiata.

Si avviò per il sentiero con la testa alta, desiderando intensamente che Loki non le desse retta, che la raggiungesse e che la prendesse tra le braccia stringendola contro di sé, abbracciandola, come quando era piccola, dicendole solo una cosa, che gli dispiaceva. Solo quello: che a lui Loki, dispiaceva. E basta. Ti prego, pensò, tienimi stretta, non ho bisogno di nient’altro. E dimmi che ti dispiace. Non importa se non hai capito per cosa, perché esattamente, non lo so nemmeno io… ma dimmi che ti dispiace.

Loki la seguì, mantenendosi a due passi di distanza, mentre la osservava accigliato - se Sigyn aveva questi dubbi sulla sua libertà - ma da quando? perché ricordava benissimo che Sigyn non si era mai sentita una thrall - lui, da qualche minuto, scopandosela nei suoi pensieri, si stava comportando come un autentico stronzo.
Anche se… scopandosela… non era esatto: divertendosi al pensiero di stuzzicarla un poco.

Intorno si sentiva il canto degli uccelli, segno che non c'era pericolo, eppure, nessuno dei due sembrò tranquillizzarsi.




Fu allora che sul sentiero apparve una figura alta, avvolta in un mantello logoro, stretto in vita, che si allargava attorno alle sue gambe lunghe, gonfiato dai suoi passi e dal vento leggero, il volto nascosto dal cappuccio.

“Mi hanno mandato a verificare.” mormorò; la voce non tradì nessuna emozione, ma la fatica di quell’unica frase sembrò averlo consumato per cui poi tacque, come suo solito. Del resto non c’era molto da dire: che erano vivi si vedeva, che non erano feriti pure, che avevano fatto fuori due lupi l’aveva visto alla radura, quanto al lupo più importante, se la ragazza portava lo zaino sulle spalle, quello pieghevole, e lo portava pieno, vuol dire che si erano presi la pelle e che il lupo, ad un certo punto, era morto. E se fossero stati dei tipi svegli non ci sarebbe stato bisogno nemmeno della sua precisazione - non era certo uscito in giro a cercare funghi, coi lupi in giro, non era scemo.

“Immaginavo non stessi cercando funghi.” tagliò corto Loki con un sorrisetto abrasivo.

Il ragazzo alzò lo sguardo, perplesso, e tacque, sulle labbra l’ombra di un sorriso.

Sigyn strinse gli occhi esasperata - e così gli abitanti del villaggio avevano chiesto ad un Principe di far fuori un Lupo e poi, preoccupati, avevano mandato a dare una mano - a controllare se per caso erano morti, diciamo le cose come stavano - Thrain, l’unico sacrificabile del villaggio, il ragazzo di Asgerda. Un mezzo sangue abituato alla sfortuna, la cui morte non avrebbe fatto piangere nessuno: da un punto di vista razionale, la scelta perfetta.
Sigyn ebbe voglia di vomitare - ma che vigliacchi.

Nessuno dei tre parlò perché nessuno dei tre aveva qualcosa da dire.
Nessuno dei tre parlò perché nessuno dei tre aveva qualcosa da chiedere.

Thrain, di scatto, abbassò il cappuccio sulle spalle, con un sorrisetto, scoprendo il volto di un color lavanda palido, godendo del tepore del sole sulla sua pelle e della carezza dell'aria. Loki si meravigliò: di solito il ragazzo appariva vinto, invece, improvvisamente, sembrava non curarsi dell'effetto che avrebbe potuto fare sugli altri il colore alieno della sua pelle che raccontava, tutto sommato, la sua storia di mezzosangue indesiderato.

Gli piacque.

Sigyn si meravigliò per il colore degli occhi: nell'ombra sembravano come quelli di Heimdall, forse più scuri, ma ora, alla luce, si rese conto che erano tra il marrone e il rosso cupo; quattro cicatrici sottili, simmetriche a coppie di due, si dipartivano dal mento fino a raggiungere e superare l'angolo della bocca, mentre un'altra, sottile come una lacrima, partiva dall'occhio sinistro e svaniva nella sua guancia.
I capelli erano scuri, quasi bluastri, o forse verdeblu, e lunghi - Sigyn se ne stupì: Asgerda trattava il "ragazzo" come un servo, ma nessuno aveva tagliato i suoi capelli. Era il primo sfregio che si faceva ad una thrall - i capelli erano il simbolo della bellezza, in un uomo e in una donna, e tagliarli corti era come dire che non c'era nulla di delicato o forte, di tenero, o di sensuale, che si trattava solo di un utensile, uno di cui nulla andava sprecato, nessuna abilità sottostimata, ma un utensile non di vero valore.
Thrain la fissò, impassibile, conscio della curiosità di Sigyn, che, imbarazzata, distolse lo sguardo.

In silenzio proseguirono il cammino, in fila, due uomini alti, coi muscoli allungati, come lupi, e i capelli neri, lunghi e setosi, sciolti sulle spalle, e in mezzo una ragazza bassina, con i capelli del colore lucido delle castagne, raccolti in un nodo sulla nuca.

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Capitolo 17
*** Sogni e realtà ***


Sogni e realtà

Fu solo perché camminavano senza le chiacchiere a tener loro compagnia, che ad un certo punto, udirono un uggiolio tra i cespugli.

Legata ad un tronco c’era la carcassa di una cagna, e tra le sue zampe, che cercava disperatamente di succhiare il latte ormai esaurito, un cucciolo magro. Sigyn si chinò e gli sfiorò il muso, sentendo che le zanne, piccoline, cercavano automaticamente di chiudersi sulla sua mano, con uno scatto.

Gli diede un colpetto per rovesciarlo sulla schiena e la risposta fu un brontolio basso. La stava minacciando.

Sigyn sorrise e lo guardò con tenerezza - il muso aveva la punta blu scuro, e così la codina e la base delle zampotte magre e un po' incerte. Lo accarezzò - il pelo era soffice e pallido.

“Qualcuno ha legato una cagna in calore, a suo tempo per farla coprire da un lupo e le ha portato da mangiare regolarmente...” commentò Loki con aria indifferente, a beneficio di Sigyn e solo per parlarle di nuovo.

Sigyn tacque, prese un pochino di carne secca dallo zaino, e la tese verso il lupacchiotto. Il cucciolo sembrava incerto annusò nervoso l'aria e si avvicino fino a sfiorare con il naso la punta delle dita della ragazza, le labbra sollevate parzialmente. Tentò una specie di brontolio basso, ma Sigyn restò ferma, accoccolata sui talloni, la mano tesa davanti a sé. Fu solo quando il cucciolo sfiorò incerto la mano con la lingua, un uggiolio nella voce al posto del ringhio, la disperazione della sopravvivenza che stava battendo l'orgoglio della sfiducia, che Sigyn ne ebbe pena e poggiò le striscioline di carne in terra, vicino al piccolo.
Il lupacchiotto le divorò affamato.

Insistette per un paio di volte, ogni volta avvicinando i pezzetti di carne a sé, sotto lo sguardo divertito di Loki.

“La stai sprecando, non sopravviverà.” le disse il Principe, con tono secco.

“Perchè? Potremmo portarlo con noi.”

“Ne abbiamo appena ucciso uno. Che senso avrebbe?”

“E’ un cucciolo.”

“Crescerà.”

“Potremmo addomesticarlo…” azzardò Sigyn.

“I lupi non si addomesticano.”

Sigyn sfiorò il ricciolo della coda con un dito, mentre l’animaletto la osservava perplesso, pronto ad attaccarla, poi disse con decisione: “Non è un lupo. Guarda la coda: i lupi tengono la coda dritta...”

“E’ figlio di quello che hai ucciso.”

Thrain la guardò con interesse - e così non era solo una femmina da coprire, sapeva anche cacciare un lupo, all’occorrenza... quella mattina non gli era sembrato - mentre Sigyn scosse la testa “Non era un lupo, viene da un’altra parte, ma la coda… non era la coda di un lupo, era curva, come quella di un cane. Non era un lupo.”

“Era un cane?”

“Era abbastanza lupo da comandare un branco di lupi, ma non era un lupo.” insistette ostinata.

“Era un cane?” insistette Loki, stancamente.

“Era abbastanza cane da avere familiarità con il fuoco, con un arco e con un uomo, abbastanza da non averne paura.”

“Era abbastanza cane da essere più pericoloso di un lupo, quindi.” Tagliò corto Loki.

“Abbiamo ucciso suo padre e sua madre è morta di stenti, è un cucciolo così carino…”

“Prenditela con chi l’ha legata qui e ad un certo punto non è più venuto a darle da mangiare…”

“Potremmo farlo allattare da qualche cagna a palazzo… cani e lupi sono... si accoppiano, lo sai anche tu...”

“Per farne cosa? Un addobbo animato finché è un cucciolo tanto carino? Un trofeo? E poi? Tra un anno? Quando non sarà più così carino? Quando sarà un pericolo che proporrai? catene? una museruola di ferro? O abbatterlo? E lo abbatterai tu? O dovrò farlo io per non farti piangere?”

Sigyn sussultò - quello era un colpo basso.

Fu a quel punto che Thrain parlò “Se restano troppo piccoli senza il genitore possono non riuscire a fare conoscenza in modo adeguato del concetto di “rispetto della proprietà altrui”, e quindi c’è il rischio di future risse basate sull’incomprensione tra adulti.”

Sigyn lo guardò meravigliata, dal fatto che avesse parlato, dal linguaggio usato e da quello che aveva detto, poi guardò Loki che non sembrava affatto stupito - quei due, quindi, sapevano cosa era il cucciolo, che tipo di incrocio almeno, e volevano tenere la cosa per sé.

“E’ troppo piccolo?” chiese guardando il ragazzo, che non le rispose. Sigyn decise che la giudicava priva di potere, una proprietà di Loki con cui Loki era troppo indulgente e tacque imbarazzata.

L’uggiolio scomparve nel bosco, mentre loro proseguivano lungo il sentiero, ma a Sigyn sembrò che le si fosse piantato nel cuore e che non riuscisse ad abbandonarla.
Sulle sue dita da tessitrice, oggi, c'era il sangue di due animali, quindi.

Arrivata al villaggio consegnò la pelle del lupo a Thrain, senza dire una parola - non si aspettava gratitudine e non lo faceva per quello, ma solo perché gli sembrava il meno indegno del lupo, tra tutti gli abitanti del villaggio. Almeno lui sapeva cosa era quell'animale così fiero...
Thrain la accettò, impassibile, il volto di nuovo nascosto dal cappuccio, ma solo dopo che Loki ebbe confermato il suo assenso con lo sguardo.




Sigyn, esausta, andò a lavarsi nella Casa delle Donne con Ragni - vapore, rami di betulla, si strofinò la pelle fino a che non divenne rossa, poi, con le altre, condivise una composto a base di miele per renderla liscia e olio per attenuare il dolore.
Loki aveva ragione, pensò stanca, la loro non era una guerra, era solo una sua ribellione, e una da ragazzina stupida, perché con Loki sarebbe stata sempre perdente. E non solo perché Loki era il Principe e lei no.
E poi Loki in fondo, non c'entrava nulla - lui dava quello sapeva dare e chiedeva tutto quello che gli spettava, senza sconti, ma non oltre. Non poteva avercela con lui perché non la trattava più da bambina.

Ogni decreto di Odino passava per la Althing, rifletté, e veniva conservato dove ogni uomo libero poteva consultarlo. La Legge non era un'opinione, pensò distrattamente.
Un’ondata calda di sonno l’avvolse, facendola sdraiare sulla panca, il telo ben stretto al corpo - Ragni la prese in giro, meyla la chiamò, ragazzina.

Si addormentò cullata dalla chiacchiere, sognando di un lupo azzurro, enorme, che le camminava accanto, di Loki che l’abbracciava e le diceva quanto gli dispiacesse e che le voleva bene, sinceramente bene, che non aveva mai smesso.
Poi sognò le labbra di Theoric, ogni singolo bacio a fior di labbra tra di loro, sotto i raggi argentati della luna e il rumore delle gocce di pioggia fino a che le labbra di Theoric non divennero quelle sottili di Loki, con quel sorriso asimmetrico, vagamente enigmatico.
Le sembrò che avessero il sapore della pioggia d'inverno, invece che il sapone della tisana di Loki, e desiderò baciarne la gola. Sognò la sua lingua sulle sue labbra, che chiedeva il permesso per proseguire oltre.
Non erano più negli ordinati giardini pensili di Asgard, ma in un bosco, le sue dita affondate nei suoi capelli, la bocca di lui che le scivolava lungo il collo, lei immersa in un cumulo di foglie rosse, autunnali, che si inarcava verso di lui, a cercarne il tocco, le dita di Loki che scendevano pigre lungo il suo sterno, seguite dalla punta della sua lingua - si svegliò di colpo imbarazzata, il corpo morbido, le punte dei seni tese, come affamate, un rivolo di sudore rovente tra i seni. Insoddisfatta.
Si strinse nel telo, sperando che non si notasse il rilievo avido dei capezzoli.

Ragni le accarezzò i capelli prendendola in giro: doveva essere stato un gran bel sogno perché aveva sorriso e l’aveva sentita sospirare.
Sigyn annuì - anche se il sogno era stato... strano. E non si era riposata per niente.

Si aiutarono a vicenda a lavarsi e a sciacquarsi, poi si asciugarono insieme alle altre e si vestirono per la festa.

Sigyn sgattaiolò fuori, i capelli acconciati in una treccia, decisa ad evitare Loki: il sogno la metteva in imbarazzo, non avrebbe potuto guardarne la bocca e non immaginarlo con lei in un cumulo enorme di foglie autunnali. Pure l'idea di dover fare pace la metteva in imbarazzo.
Eppure, il ricordo di Loki che le porgeva una tisana amara e dolce la sera in cui aveva bevuto troppo... il ricordo di Loki che l'aiutava con il seidhr, loro due che facevano il bagno vicino alla cascata, il falco che le atterrava sul braccio senza farle male... la imbarazzò essere arrabbiata con lui quando in fondo... Alzò il mento - gli avrebbe parlato ad Asgard, gli avrebbe detto che voleva solo verificare una cosa, Lady Frigga non era cattiva, ma dava per scontato che tutto fosse legittimo al Castello, se stava bene ad Odino. E poi in fondo perché si sarebbe dovuta interessare...

La sera, nel frattempo, aveva steso le sue dita nel cielo e tutto era diventato grigio, tranne i fuochi che brillavano e la luce dentro la Casa Grande, il salone delle feste e delle riunioni, da cui venivano le voci e le risate.
Sigyn attraversò il freddo pungente a passi rapidi, per poi tuffarsi, grata, nel calore della festa.




La Casa delle Riunioni era molto particolare vista dall'esterno: sembrava avere tre piani, per ogni piano il tetto spiovente si interrompeva per poi venire ripreso.
Sugli angoli acuti di ogni porzione di tetto c'erano dei doccioni in pietra e metallo, a forma di testa di cervo. Il tutto terminava con una torretta centrale.
A differenza delle case di Asgard e delle città più grandi, era costruita quasi tutta di legno - pino e betulla, per lo più - e l'incrocio di legno chiaro e scuro era, a suo modo, elegante. Ma la particolarità, questo Sigyn lo sapeva bene perché glielo aveva fatto notare Loki, tanto tempo prima, era che le fondamenta erano in pietra e i piloni e le pareti di legno stagionato non poggiavano sul suolo umido.

Una volta dentro guardò ammirata le pareti. Il legno era finemente intagliato, e, appese, facevano bella mostra di sé le armi sottratte ai nemici, sconfitti nel passato: era la Casa delle Riunioni, doveva veniva tenuta la loro Thing, dove si celebravano i matrimoni e le feste e dove venivano accolti gli ospiti importanti. Loki avrebbe potuto dormire qui, se lo avesse desiderato, ma preferiva le case d'estate e da caccia, più in alto, più al freddo, e più isolate. Oppure scendere fino alla seconda porzione del villaggio, quella vicino al fiordo, con le lunghe case per le barche: veniva lì come  Loki il Viaggiatore, non come il Principe Loki, secondogenito del Re Odino. Tutti si erano abituati a trattarlo informalmente e a rispettarlo per la lingua pungente e le capacità risolutive, accettando le sue peculiarità.

I tre piani erano fittizi: in realtà il soffitto era alto e da sopra, di giorno, sarebbe piovuta la luce. Ma c'erano delle colonne che creavano un camminatoio su tre piani, con delle stanze per gli ospiti e con una balconata sormontata da archetti, che si affacciava sul centro del salone. 

C'era già stata, con Loki e aveva già ballato con queste persone - Loki non ballava mai, lo sapevano tutti, ma nessuno se ne offendeva.

Due camini di pietra scoppiettavano ai due estremi del salone centrale e tutta una serie di paraventi intagliati nascondevano i mantelli e gli stivaloni degli ospiti, o, in fondo, l'ingresso ai bagni.

Gli ornamenti della festa erano semplici: delle ghirlande di rami di pino, con il loro odore resinoso e delle ghirlande di edera. Sigyn sorrise: amava il loro profumo, che per ora svettava su quello delle candele.

Una paio di uomini anziani, che l'aveva riconosciuta, la fecero ballare ridendo e le chiesero notizie della capitale, poi andò a farsi versare da bere e osservò con occhio critico le sputacchiere di rame - gli Aesir vivevano a lungo e le vecchie (e cattive) abitudini erano dure a sparire.
Intorno a lei c’era la musica, donne che chiacchieravano e bambini che si inseguivano ridendo. Prese una piccola per mano e la fece piroettare intorno a sé ridendo. Si lasciò andare, serena. Un ragazzo le sorrise, timido - lei arrossì pensando a Theoric, la stava aspettando? - ma a farla ballare furono più che altro gli anziani.

Dopo un paio di ore vide Ragni con Kylan in un angolo, che si sfioravano - scandalosi - senza fretta, non vide Loki, cominciò a sentir caldo ed uscì con passo leggero nella notte per respirare un po’ di aria fresca, dopo tutta quella confusione. Incuriosita, notò una fila di uomini, una fila discreta, che si snodava vicino alla legnaia e si avvicinò. Gli uomini distolsero lo sguardo imbarazzati, mentre Snorre Ulfson, gigantesco per muscoli e grasso, appoggiato alla porta, rise e la fissò con insolenza.
Sigyn si avvicinò alla finestrella, alzandosi sulla punta dei piedi. Una giovane donna se ne stava gettata in un angolo, come una bambola di stracci, i capelli corti da thrall, completamente nuda, e un uomo le stava dicendo cosa fare; lei, piano, obbediva, le gambe così, le ginocchia in quel modo, le mani, apri la bocca. A quel punto Sigyn distolse lo sguardo, in preda alla nausea, si appoggiò con la schiena contro la parete di legno e guardò gli uomini in fila con disprezzo: stavano festeggiando il fatto che un altro aveva ucciso il lupo per loro, che non ne erano capaci, e festeggiavano facendo questo a una donna. Che della thrall non si gettasse via niente, che nessuna abilità andasse sottostimata... nessun orifizio, pensò disgustata. Succedeva anche al Castello, lei lo sapeva bene, ma ad Asgard sembrava quasi un gioco, non c'era una fila di uomini per una sola ragazza... qui invece, in un villaggio, dove tutti conoscevano tutti… Le venne da vomitare e abbassò la testa - era questo dunque, era questo essere una thrall, essere richiesta. Si chiese perché Frigga ne avesse fatto una questione di età, quando era solo una questione di decenza - non si poteva essere mai abbastanza vecchi per accettare una cosa del genere.

Snorre la prese in giro e lei gli rispose male. Si sentiva stanca e sbagliata.

“Ci sono due parole che ti apriranno tante porte, donna, una è Si e l’altra è Ancora”.

Sigyn fece una smorfia disgustata e si voltò, affrettandosi a rientrare nella Sala Grande. Fu solo una volta dentro, nel caldo e nella confusione, che si accorse che Snorre l’aveva seguita. Lui la afferrò per il polso, con le sue mani grandi, e la spinse dietro un paravento

“Non ci vede nessuno.” biascicò ridendo.

Lei cercò di spingerlo via per allontanarsi e lui le bloccò la strada

"Voglio assaggiare cosa mangia un principe." disse l’uomo.

"Allora cerca altrove..." la voce le uscì cattiva e non le spiacque.

"Sei sua."

"E qui ti sbagli."

"Meglio, se non sei sua, non si offenderà se mi prendo un assaggio."

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Capitolo 18
*** E' qui la festa? ***


E' qui la festa?

"Voglio assaggiare cosa mangia un principe."

Loki era appoggiato al muro e li stava guardando. Camminare inosservato nell'ombra, era una cosa che avrebbe dovuto imparare fin da ragazzino, se lui fosse stato un vero Guerriero della Nebbia, mentre lui, da ragazzino, aveva cominciato a suonare il lur in legno di ciliegio, e aveva inciso le antiche rune degli Aesir, e, grazie al Bibliotecario, aveva conosciuto gli eleganti caratteri dei libri di Vanaheimr, la terra di sua madre. Da ragazzino aveva imparato che gli unici due mondi il cui nome finiva in gard erano quelli civilizzati - incidentalmente quello in cui viveva - Asgard - e Midgard, quello sotto la loro protezione. Tranne che sua madre gli aveva fatto notare che quelli erano i mondi più giovani, che ne volevano sapere?

Da ragazzino, grazie a sua madre, Lady Frigga, il patronimico diventato obsoleto da prima che lui, Loki, nascesse, aveva imparato i nomi di tutti i membri della Althing.

Camminare inosservato nell'ombra non gli sarebbe mai venuto bene come se avesse imparato da bambino. Forse. Ma da bambino lui stava facendo altre cose.
Dalla sua parte, però, aveva avuto il seidhr e gli insegnamenti di Hervor, e, tutto sommato, quelli di Tyr - e il desiderio e la perseveranza - ed era diventato passabile.
Abbastanza passabile perché lui stasera potesse ascoltare, indisturbato, cosa aveva da dire Snorre Ulfson, che commerciava in lana e nei favori delle sue thrall. Sogghignò. Una conquista di cui andare orgogliosi, pensò con sarcasmo.


"Voglio assaggiare cosa mangia un principe."

Vuoi davvero assaggiare cosa assaggia un Principe, Snorre Ulfson? Potrebbe andarti di traverso...

Quando era entrato nei Guerrieri della Nebbia - non era arrivato al giuramento, non glielo avrebbero mai chiesto e non l'avrebbe prestato, perché prendersi in giro? - era vecchio per i loro standard. Kylan lo aveva avvisato, durante le sere passate a parlare, accanto al fuoco di Hervor: imparerai, ma non come se lo avessi fatto tutta la vita - molti dei guerrieri cominciavano a frequentare il Tempio da bambini, sviluppando i loro riflessi fin da piccoli.

Con lui erano stati duri. Avevano cercato di colpirlo a sorpresa (cercato? ci erano riusciti benissimo!) e non si erano fermati ad un pollice dal bersaglio: era troppo grande per spaventarsi solo per la possibilità di farsi male, ed era un bel pezzo che non aveva più paura degli Jotun nascosti sotto il letto. La lezione andava appresa e fissata bene nella memoria perché non venisse dimenticata - avevano notato che il suo corpo guariva in fretta e non ci erano andati leggeri.
Ma “guarire in fretta” e “non provare dolore” non erano sinonimi.

Aveva lavorato, all’inizio, sulla velocità di riflessi, su come mimetizzarsi nell’ombra e su come schivare - Hervor sarebbe stata orgogliosa di lui: se il tuo corpo non sa incassare un colpo, l'unica soluzione è non essere lì quando arriva.
Quando uno ti sta per colpire lo devi capire, glielo ripetevano sempre, mentre era a terra, boccheggiante, il sangue che gli macchiava le labbra o la tunica. Lo devi capire dalla variazione del respiro, per esempio.
Quante volte lo avevano sorpreso perché non aveva reagito d’istinto?

Suo padre non sarebbe stato orgoglioso di lui - il suo secondogenito, che mordeva la polvere, nell’Arena e anche fuori dell’Arena, un guerriero imbarazzante. Un guerriero che si faceva battere da una ragazzina - da piccoli perfino Lady Sif era più forte di lui, quante volte suo padre glielo aveva fatto notare, amareggiato? le labbra strette per il disappunto, le sopracciglia aggrottate, come se rimpiangesse di averlo visto nascere. Lui era un guerriero che non gli somigliava, uno con cui si sarebbe vergognato a combattere - nessun vanto nel vincerlo - un ragazzo che aveva preso tutto dalla razza vinta di sua madre. Un limite imperdonabile.
Thor, beh, lui la pensava come Odino su come avrebbe dovuto combattere un guerriero perfetto - il seidhr era fuori questione, una vergogna ammessa solo nelle donne e nei più deboli.
Peccato che lui non era strutturato come un guerriero perfetto: i suoi muscoli non crescevano come quelli di suo fratello, altro suo limite imperdonabile a cui non c’era modo di porre rimedio.
Quanto a Tyr… non ne aveva idea - era un Guerriero ed era rimasto vivo per tanti anni.


"Sei sua."

Mi fa piacere che tu lo dica, perché allora non hai scuse: stai toccando quello che non ti appartiene.

Vide che lui le stava mettendo le mani addosso; sapeva dove avrebbe voluto colpire Snorre, in quel preciso momento: un calcio verso il basso sul polpaccio per sbilanciarlo - doloroso, avrebbe zoppicato, ma nessun osso rotto - quel tanto da farlo ruotare e permettergli di dargli un colpo dritto sulla gola. Dolore, senso di soffocamento, ma non così forte da ucciderlo - non sarebbe stato corretto - solo da non farlo concentrare. Poi gli avrebbe preso la mano e gli avrebbe spezzato le dita. Una alla volta. Doloroso. Molto doloroso. E per finire un colpo al plesso solare per farlo svenire e poter passare ad altro. Per esempio portare via Sigyn e chiederle perché mai era andata a curiosare vicino alla legnaia, non lo sapeva che era il posto dove Snorre portava le sue thrall per dividerle in amicizia con gli altri? Bestie in fregola che si sarebbero scopati un buco in tronco spalmato di resina… non certo capobranco per cui le femmine facevano la fila per essere coperte.
Il buon senso non le aveva detto di girare al largo? Di non farsi fiutare? Specialmente se era così poco sicura del suo diritto alla sua libertà?

Ma prima, decise molto irritato, voleva vedere come lei se la sarebbe cavata. Il lupo era stato un caso? O aveva un pochino di haminja dentro di sé?
Anche Thrain aveva visto Snorre - gli fece cenno di starsene al suo posto - tutti e due rimasero immobili, con i muscoli pronti a scattare.

La ragazza non aveva l’arco con sé, cosa poteva usare? Le lacrime? Intendeva farlo morire annegato, forse?

Snorre non era un idiota disposto a regalarle la possibilità di difendersi - ma non se la sarebbe sbattuta lì, se voleva fare sul serio, lo avrebbe fatto fuori, dove non c’era nessuno e dove poteva fare con comodo ed esaudire il suo piacere frettoloso.
Lì voleva solo farla pensare da vittima, farla sentire come una thrall, indifesa anche in mezzo a un mucchio di gente, una da scopare a turno in una legnaia. Una da infastidire dietro un paravento che portava ai bagni, da cui filtrava un innegabile odore di piscio e di birra. Snorre Ulfson era una bestia.

Osservò i movimenti di Sigyn con occhio critico, decidendo che se Snorre l’avesse baciata gli avrebbe fatto saltare un paio di denti.

La vide divincolarsi, piegarsi - era flessuosa anche se non era sottile - ed estrarre il coltello dallo stivale - Loki alzò gli occhi al cielo, sbuffando: non lo sapeva usare, si sarebbe solo fatta male. E Ulfson, quell'animale, si sarebbe arrabbiato, diventando ancora più violento. Era il momento di intervenire.
Avanzò verso di lei, deciso.

Vide il sangue di Snorre - un graffio sul braccio, tutto sommato, per un Guerriero - lo vide sorpreso. Era tanto che nessuno lo sfidava, decise Loki, era tanto che ordinava e delle femmine obbedivano.
Snorre si stava concentrando per disarmare Sigyn - brutta scelta, pensò Loki, un coltello è comunque un vantaggio e tu sei diventato grasso e lento rispetto a quando massacravi Jotun, ma brutta scelta anche per Sigyn. Lo osservò fare un passo indietro e darle spazio, ma non abbastanza per farsela scappare. Vide che lei approfittava dello spazio in più (e della distrazione di Snorre, che fissava la lama) per dargli, con tutta la sua energia, un calcio nelle… Loki sentì un brivido, le mani gli corsero istintivamente a proteggere l'inguine - povero stronzo, pensò, quasi dispiacendosi per lui - si chinò in avanti la afferrò per la vita, proprio mentre stava saltando - l’aiutò a superare con un balzo elegante il corpo di Snorre, piegato a terra.

Sentì il suo profumo fresco, di pino e di edera, e le sembrò disgustoso che Snorre l'avesse toccata, “Ora tu te ne vai a dormire.” le disse in tono neutro, sistemandole i capelli dietro le orecchie. Non dovevano considerarla un cane rabbioso, che aveva fatto una cretinata, ma un cane obbediente che aveva difeso il suo spazio, come suo diritto, e quello del suo padrone - perché c'era un padrone - seguendo l'istinto. Coi cani bisogna saperci fare. Come con le donne.

Sigyn chinò lo sguardo “Si, Mio Signore…” mormorò rispettosa. Brava ragazza, quando vuoi, sai cosa devi fare, senza che io te lo dica. E brava per aver usato quel coltello solo come diversivo. Domani facciamo un discorsetto, noi due.

“Prima bevi qualcosa.” fece un cenno a uno dei ragazzi che si occupavano delle mescite. Resta qui, rilassata, al mio fianco. Niente lacrime - Snorre ha fatto una mossa e tu hai fatto la tua. Siete pari. La faccenda va chiusa in modo che non si apra più.

Snorre avanzò verso di loro con fatica “Mi ha colpito con un coltello.” sibilò.

“Non è ancora stata bene educata.” Loki alzò le spalle, “forse non ti ci dovevi avvicinare troppo…” Con aria distratta passò una mano nei capelli di Sigyn, cominciando a scioglierle la treccia. "Non è come le tue donne..."
In giro si sentirono alcune risatine. La gente aveva fatto spazio attorno a loro e la musica si era interrotta.

Snorre era ancora senza fiato, ma non demordeva - gli bruciava essere stato buttato giù proprio da una femmina, una thrall viziata. Voleva fargliela pagare, quando l’avrebbero frustata lì nella Thing, sarebbe stato contento della sua umiliazione: si sarebbe messo in prima fila, per vederla sobbalzare ad ogni colpo e sentirla implorare pietà. Sarebbe stato più divertente che fotterla.

Loki sorseggiò la sua birra, stringendo l’attaccatura del naso tra le dita, come se stesse riflettendo “Tu hai ragione, una ragazza non può versare impunemente il sangue di un uomo libero”, poi alzò lo sguardo “certo, poi dipende da cosa ci stavi facendo…” la voce sembrava quella di un gatto intento a fare le fusa, “Che ci stavi facendo, a proposito?” e gli scoccò un sorriso, che, però, non raggiungeva gli occhi. “Da qui non si vedeva...”

Snorre guardò i capelli sciolti di Sigyn, che se ne stava in piedi, dietro Loki, con gli occhi bassi. Una thrall non era un essere umano ai suoi occhi e, soprattutto, non lo era agli occhi della legge, una thrall era un terreno di caccia virtualmente libero; quello che stava succedendo nella legnaia, nei tempi antichi lo si sarebbe fatto qui, in un angolo della festa, senza tanti pudori: non ci si nasconde per bere una birra, non si mangia di nascosto un pezzo di arrosto, né ci si scusa col cervo, e non si gode tra le cosce di una thrall solo se appartati. E di certo non ringrazi una thrall per averti aperto le gambe, così come non ringrazi una mucca per il latte o una pecora per la lana.
Ma Asgerda e gli anziani non erano d’accordo e lo avevano proibito da molti anni.

Loki riprese “Vorrai un risarcimento, immagino.”

Snorre socchiuse gli occhi e guardò Sigyn - se si fosse arrivati al dunque, davanti alla Thing, la ragazza era davvero una thrall? O, comunque, lo sembrava? In modo inequivocabile? Ne guardò i capelli sciolti, lucidi sotto la luce dorata delle candele, il vestito semplice, come quello di una ragazza non ricca, ma di buona famiglia, del villaggio...

“E’ stato un incidente?” chiese Loki con voce distratta.

Snorre lo fissò interdetto, mentre alcuni uomini anziani ridacchiavano. Poi bofonchiò “E’ stato un incidente. Abbiamo bevuto tutti un po’ troppo.” sogghignò guardandosi in giro, alla fine era solo una femmina straniera, non era una del villaggio... e dormiva con quel nobile pallido...

Loki guardò Sigyn “Dice Snorre Ulfson che lo hai colpito ad un braccio…”

Sigyn non disse nulla.

“E' vero?”

“Si.” mormorò Sigyn.

Loki sospirò “Mi dici perché hai colpito un mercante di lana alla tua festa? E' stato un incidente?”

“Lui cosa ha detto?”

“Un incidente.”

“E allora è stato un incidente.” la ragazza non alzò lo sguardo. Alcune donne, intorno, scossero la testa e strinsero le labbra. Loki le osservò; alcune, se Sigyn avesse chiesto comprensione, non gliela avrebbero mai data, ma così Sigyn non stava chiedendo niente, stava solo chiudendo un incidente. E su questo non c'erano obiezioni.
Ragni avanzò fino a mettersi di fianco a Sigyn, senza toccarla. Sollevò il mento con un gesto sicuro.
Kylan, invece, si era reso invisibile nella folla, come Thrain, alto e silenzioso, avvolto nel suo mantello.
E come Thrain stava guardando le spalle a Loki.

Loki le sorrise - forse non era giusto, ma era la cosa migliore. Non ne sarebbe uscita bene nemmeno Lady Gissa - aveva sbagliato a non intervenire subito.

“Il mercante chiede un risarcimento.” le disse.

“Quanto?” la voce di Sigyn era seria.

“Vuoi pagarlo tu?”

“Si.” era la voce di una ragazzina. Tranquilla, a volte insolente, come tutte le ragazze, solitaria e, per lo più, dolce di carattere. La Sigyn che gli dispiaceva aver visto piangere.

“Una moneta d’oro?” Loki guardò l’uomo che era il capo della Thing e alzò le sopracciglia, interrogativo. L’uomo annuì. Per un graffio era un ottimo prezzo.

A quel punto annuì anche Snorre - era soddisfatto. Il Principe era solo un debole, probabilmente un ergi, che si trastullava con il seidhr.

Sigyn si tolse dalla cintura una moneta d’oro che poggiò sul tavolo, spingendola col dito verso Loki.

Loki sorrise “Per la ferita siete pari. Da uomo libero hai stabilito il prezzo e sei stato pagato da una donna libera, non da me. Anche per… quello che è venuto dopo. “ Aggiunse con un sorrisetto che contagiò i più vecchi seduti accanto a lui.

Snorre annuì e annuì anche il capo della Thing. Era ufficiale quindi.

Prima che Snorre si voltasse Loki riprese a parlare “Ora che siamo a posto, vorrei scommettere una moneta d'oro. Con te.”

“Su cosa?”

“Che riesco a darti un pugno senza toccarti con le mie mani…”

“Usare il seidhr è da vacche…” Snorre si sentiva sicuro, ora - un ergi, un dannatissimo ergi! ecco con chi stava parlando! un ergi che lo aveva pagato quando lui gli aveva toccato quell’ancella strafottente... lo aveva pagato! "Accetto!" Si sentiva sicuro: se avesse usato il seidhr sarebbe stato solo una vacca e lui glielo avrebbe potuto dire impunemente... Principe di merda!

Loki sogghignò con un sorrisetto indisponente e Sigyn lo guardò preoccupata: cosa diavolo voleva fare? Lo vide ridere e sfiorarsi il labbro con l'indice, come se stesse valutando che fare. Sigyn trasalì, questa storia non le piaceva per niente.

Loki ripensò al suo addestramento con i Guerrieri della Nebbia, gli era sempre piaciuta quella cosa del sentire la variazione del respiro.
Sorrise con indulgenza a Snorre e Sigyn sentì un brivido per la schiena. Il salone le parve troppo caldo e gli odori di birra, sudore, grasso arrostito, troppo disgustosi.

Il gesto fu rapido ed esplosivo e Snorre volò, letteralmente, sul fondo della stanza, come un sacco pieno di stracci.

"Temo di aver perso la scommessa..." Loki si massaggiò la mano, poi prese una moneta dalla cintura e la lanciò sul tavolo, con un movimento elegante.
La moneta colpì lo spigolo del tavolo e rimbalzò, finendo dritta in una sputacchiera con un tonfo sordo e disgustoso - Sigyn sobbalzò - "Scusa, con le mani non sono abile quanto te, temo."

Poi si voltò e, appoggiandosi al bancone, chiese da bere, con aria indifferente.

Sigyn scosse la testa - Loki aveva dei riflessi pazzeschi e un occhio... la moneta non era caduta per caso nella sputacchiera, lo aveva fatto apposta.

La gente trovava Loki più debole rispetto a Thor, ma era appunto così, era più debole rispetto a Thor, che brandiva Mjolnir. Forse anche rispetto a Thor senza Mjolnir. Ma a Thor, appunto.

E Snorre Ulfson non era Thor.

Fu a quel punto che Snorre si alzò, con il volto paonazzo, e cominciò ad urlare insulti contro Loki, che continuava a bere la sua birra a piccoli sorsi, sovrappensiero.

“Lurido, schifoso, Principe di merda. Pensi di spadroneggiare qui mentre nel tuo palazzo non vali nulla!” urlò, con le guance paonazze. Loki nemmeno si voltò.

“Maledetto nobile viziato e senza palle!” disse Snorre con voce terribile, ma Loki fece finta di non aver sentito.

“Nidhingr! disgustoso nidhingr e vergognosissimo ergi!”

Fu a quel punto che Loki si voltò e squadrò Snorre dall’alto in basso “Prego?” chiese con voce addolorata “mi stai dicendo, dinanzi a testimoni, che mi consideri interessato ad un ruolo femminile, ad essere la parte ricevente, insomma, in una relazione sessuale con un altro uomo?”

Snorre lo guardò incerto.

Loki sorrise, poi con voce molto paziente, come se parlasse ad un bambino "Stavi dicendo che pensi mi piaccia prenderlo nel culo?"

Snorre sobbalzò.

Loki lo interrogò con cortesia: “Era una proposta?” Sul suo volto c'era solo un sorriso incuriosito.

Snorre sbatté le palpebre, come un animale in trappola.

Fu a quel punto che Loki sospirò rassegnato “Hai ragione, una festa non è una festa se ad un certo punto non c’è un duello…”

Sigyn alzò gli occhi al cielo - era lì che Loki lo aveva voluto, dall’inizio. Forse da quando l’aveva aiutata a saltare oltre Snorre.

E ora?

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Capitolo 19
*** Le regole del gioco ***


Le regole del gioco

Loki sentiva il seidhr che gli scorreva sotto la pelle e la cosa gli piaceva, ah se gli piaceva: poteva vederne il bagliore verde che ondeggiava come una fiamma attorno al suo corpo, gelido come era gelida la notte.
Non lo avrebbe usato contro quel pidocchio di Ulfson, ma era comunque una parte di lui, di cui aveva memoria da sempre - non una cosa che aveva appreso da Frigga, come le sfumature della lingua Vanir, ma qualcosa che, grazie a Frigga, sua madre, orgogliosa della sua stirpe che, in qualcosa veniva perpetrata proprio da lui, il suo figlio minore, aveva imparato a plasmare, piegandola ai propri voleri.
Non capiva il disprezzo degli amici di Thor per il seidhr - era una parte di lui, come i muscoli del suo braccio, perché avrebbe dovuto averne vergogna?
Gli Aesir, a differenza dei Vanir, lo consideravano una cosa sconveniente per un uomo, eppure Odino stesso sapeva farne uso - ma non aveva mai condiviso con lui, Loki, la sua conoscenza. Per Loki era stato un tarlo.

Le stelle, intanto, splendevano nitide, nel cielo sereno, mentre i contorni delle cose, in terra, svaporavano nel buio, nella nebbia leggera e nell'alcol.


Gli uomini avevano conficcato delle torce nel terreno, per formare un rettangolo - il loro spazio per duellare - mentre il capo della Thing locale parlottava nervosamente con un gruppetto di suoi accoliti.

Sigyn li osservò perplessa - avevano tutti il volto grave - e si chiese che tipo di duello sarebbe stato. A Corte i nobili erano tutti preziosi, sia per le loro famiglie, sia per Asgard - Odino non avrebbe mai permesso che una faida prosperasse sotto il suo tetto, come una infezione maligna, portandosi via i suoi uomini migliori: tutti preferivano risolvere le loro questioni nell’Arena, con un rituale che prevedeva al massimo tre turni di sfida e dove vinceva chi riusciva a versare il sangue dell’altro, per primo, due volte.
Le vere faide si combattevano a colpi di intrighi.

"Sono a tua disposizione, mio coraggioso Ulfson," esclamò Loki, con un sorriso largo, ma per niente amichevole, mentre si spogliava del mantello nel brivido della notte.
Poi prese la tunica rituale, fornita dal capo della Thing locale - avrebbero lottato senza armatura, e senza protezioni di stoffa imbottita o cuoio.

Snorre, in un angolo, stava facendo lo stesso, lontano dalle torce, con movimenti goffi.

Loki, avanzò verso la luce, e, lentamente, si sfilò la tunica che indossava, dalla testa, un pollice alla volta, rivelando un fisico sottile in bianco e nero, ma non ossuto, con le costole che parevano un'ombra sotto la pelle.
Il torso era piacevolmente glabro, con gli addominali scolpiti - una sorpresa per molti: non era Thor, e, se si era abituati a vederli uno accanto all’altro, era naturale attribuirgli, di riflesso, una vulnerabilità che Loki forse aveva e che forse non aveva.

Sigyn arrossì e distolse lo sguardo imbarazzata - gli Aesir erano molto pudichi: potevano usare una thrall in pubblico con la stessa allegra tranquillità con cui avrebbero tracannato birra, ma non se ne andavano in giro a mostrare la pelle nuda davanti a tutti.
Ripensò, sentendosi avvampare, alla sera prima, quando lui si era lavato, senza imbarazzo, davanti a lei, e a come lei, anche quella volta, avesse distolto lo sguardo.

Sentì delle donne ridacchiare e qualcuna fece dei commenti salaci sui lupi, compagni di letto migliori degli orsi. Una donna anziana, che pareva una volspa delle favole, il volto tutto solchi, ululò e le sue amiche risero sgraziate e rauche.

Loki fece scivolare la stoffa della tunica rituale fino a fianchi, sistemando accuratamente le pieghe con le sue dita eleganti; Snorre gli lanciò uno sguardo carico di disprezzo e Loki gli scoccò un bacio, facendogli l'occhiolino. L’altro, imbarazzato, cercò simpatia tra la folla, con gli occhi, non trovandola.

“Damerino! Tieni a freno quella bocca!” ruggì indispettito.

“Nessuna si è mai lamentata di quello che faccio... con la mia bocca” ribatté Loki con aria allusiva, passandosi la lingua sulle labbra.

Le vene del collo di Snorre si gonfiarono e Sigyn quasi lo compatì - Loki sapeva essere davvero irritante quando voleva.

Un uomo anziano, accanto a Sigyn emise un risolino chioccio.

Lei lo guardò perplessa e l'uomo le sorrise "Forse il Principe morderà la polvere e forse no, ma, di certo, ha stile."
Un altro uomo si intromise asciutto: "Non credo sarà ancora così bello, dopo che Snorre gli avrà dato una ripassata."
L’uomo anziano scosse la testa “L’importante è che ne esca vivo…” e con il mento indicò il capo della Thing, che ancora parlottava.

Sigyn rabbrividì. Mentalmente confrontò Loki con il suo avversario: l’uomo lo sovrastava di tutta la testa, il collo era taurino e la corporatura massiccia - petto grande, braccia grandi, mani grandi come badili… i capelli castani gli ricadevano fluenti sulle spalle, mentre la barba lunga gli arrivava al petto: sembrava davvero un orso.

E gli orsi erano animali molto pericolosi.

Avvertì una sensazione di gelo lungo la schiena e si voltò, scoprendo che Thrain le stava alle spalle, sorvegliandola.

“Di cosa stanno parlando?” chiese, brusca - non era una bambina, che andava tenuta d’occhio nella folla.

Thrain stirò le labbra in un abbozzo sghembo di un sorriso, ma si limitò a dirle “Sono in imbarazzo: Snorre Ulfson è stato un grande guerriero, possiede molta terra e molta lana…” si interruppe guardando altrove e Sigyn pensò che forse avrebbe voluto aggiungere che Snorre possedeva anche molte donne, ma sua madre era stata una di quelle. Senza pensarci gli poggiò la mano sul braccio, ma Thrain lo scosse, interrompendo il contatto, in un modo che non sembrasse sgarbato, ma che non era stato assolutamente casuale. Non voleva essere toccato da lei.

Fu il vecchietto che, con un sorriso, si decise a narrarle ciò che non sapeva e che avrebbe dovuto sapere: “Snorre, con tutte le sue vanterie, non è riuscito a uccidere il lupo e a disperdere il branco. Aveva organizzato una battuta di tre giorni per accerchiare i lupi, stringendoli lentamente in un’area, accendendo fuochi nel folto del bosco e legando corde tra i tronchi. Ma i lupi erano stati più furbi di lui, qualcuno ci ha rimesso due dita, un altro un braccio ed un terzo uomo è stato ucciso.
Quanto a Snorre… beh nessuno ha visto, ma credo che il lupo abbia detto la sua e l’uomo non abbia saputo ribattere.” L’uomo la guardò per vedere se la piccola aveva capito e Sigyn annuì.

“Così il Principe Loki è stato chiamato per risolvere il problema. Nessuno voleva proporsi per rimetterci un braccio o peggio con un lupo incattivito, che aveva scoperto il sapore dell’uomo.”

Thrain interruppe il racconto “E nessuno voleva incrociare la strada di un uomo che, a differenza del lupo, non vive nel folto del bosco.”

Il vecchietto rise e Sigyn comprese: Snorre doveva essere stato livido per lo smacco - se a lui non era riuscito di uccidere il lupo, allora nessuno era in grado. Proporsi per farlo era come sfidarlo.

“E così il Principe è arrivato, e si è portato dietro una giovane ancella che stava imparando a tirare, con un arco da allenamento della misura di quelli che usano i nostri ragazzi per dare la caccia agli scoiattoli.“ Sigyn sussultò, ma il vecchio le sorrise bonario, “Snorre intanto rideva, al sicuro, lontano dal bosco, al calduccio nella taverna, mentre divideva con altri uomini la birra e la sua thrall più giovane. Rideva di una ancella golosa di torta di noci, e di un Principe con le vesti ricamate d’oro, che si occupava della ricostruzione del porto, un Prestatore ed un Costruttore… non certo un Guerriero...” Sigyn spalancò gli occhi, ma non fece domande - Loki un Prestatore?

Il vecchietto proseguì “Ma il Principe ha risolto il suo problema in un solo giorno, è tornato con tutti i suoi ricami intatti, e la parola finale è spettata all’ancella, che è tornata dalla caccia con la pelle dell’orso nello zaino, dopo averlo scuoiato.”

Sigyn sussurrò “Non è andata proprio così…”

Il vecchio fece un gesto condiscendente - di sicuro l'ancella aveva avuto paura, ad un certo punto, ma il succo non erano i normali patemi d'animo di una ragazzina in un bosco, per un bosco prima o poi, da ragazzini, ci erano passati tutti e quello che avevano pensato se lo erano tenuto per sé.
Il succo era che alla fine la ragazzina era scesa per il sentiero con lo zaino pesante... e il succo non era solo quello.
“L’ancella è andata a lavarsi con le altre donne e non c’erano segni nuovi sulla sua pelle,” Sigyn sussultò, spalancando gli occhi, “nel viaggio qualcosa era successo, ma nel bosco il dente del lupo non l’ha sfiorata nemmeno una volta… forse è stata bravura, di sicuro è stato lavoro di squadra, forse è stata l’haminja, ma il lupo di certo non voleva morire…” l’uomo rise “Snorre aveva con sé gli uomini più forti del villaggio e le armi più belle… e ne ha perso uno, un capofamiglia… un uomo che rispettavano in molti." La guardò con severità - che non si azzardasse a sminuire il pericolo del lupo, perché dei bambini, per quel lupo, non avevano ancora smesso di piangere.
E l'inverno stava arrivando per una donna sola con delle bocche da sfamare - e Snorre non le aveva offerto nulla, o se le aveva offerto qualcosa era uno scambio che non aveva accettato - non a tutte piaceva sdraiarsi sulla schiena, chiudere gli occhi, e immaginare un volto diverso in cambio di un po' di rape e un coniglio.

Il vecchietto riprese "E il Principe aveva solo una ancella con un arco per scoiattoli, e l’ha riportata indietro senza un graffio, in tempo per farla ballare a una festa.” La guardò con intensità e Sigyn cercò di ricordare i volti delle donne alla Casa dell’Acqua, immerse nel vapore, una era stata la moglie dell’uomo che era morto? era stata lei ad osservarla, mentre sonnecchiava, confrontando il corpo martoriato del suo uomo con il suo, solo stanco? Lei era stata ferita solo nell’orgoglio - e nemmeno proprio in quello. O, peggio, si era seduta accanto alla madre? E loro avevano detto qualcosa tra loro, ai loro uomini rimasti… forse.

Con rabbia. Forse.

Mentre Snorre aveva rinchiuso una thrall nella legnaia, perché ne godessero tutti - un animaletto obbediente che faceva ogni cosa che le si chiedeva, l'aveva vista anche lei, a quattro zampe che schiudeva le labbra... non certo un lupo.
Snorre era forte, ma in particolare lo era con chi era debole.


L’uomo anziano le sfiorò il gomito “E l’ancella ha donato la pelle del lupo - con il permesso del Principe - a chi voleva…” la fece voltare verso di sé con una forza insospettata nelle mani nodose, “Tu sei nata dopo la fine di una guerra, bambina, per cui forse non lo sai, o forse, vedendo che sei alta come quelli che hanno visto una carestia... forse lo sai. L’odio fa fare a qualcuno cose terribili e l’odio permette ad qualcun altro di stare solo a guardare mentre si compiono…”

Thrain interruppe il discorso, imperturbabile: “Il Capo della Thing non ci fa una gran figura, se, come ringraziamento, lasciano far fuori il secondogenito del Re ad una festa.”

“A Corte esiste una forma di duello…” disse Sigyn, intimidita.

“Questa non è la Corte.” taglio corto Thrain, e sospinse Sigyn nella direzione di Loki, senza toccarla.

Il vecchietto le camminò accanto scuotendo la testa. “Non si diventa capo della Thing se si è il tipo che prima colpisce e poi chiede... Snorre avrebbe dovuto essere furbo e avrebbe dovuto accettare pubblicamente l’haminja di una ragazza, che si è scuoiata il suo lupo, senza sentirsi offeso - nessuno uomo lo aveva battuto, il suo onore era stato rispettato, per quel che valeva - poteva farla ballare con un sorriso, mostrando rispetto, ma Snorre non è sveglio e, alla fine, li ha messi in un bel pasticcio con quell’insulto. Un uomo può essere accusato di essere molte cose, ma… nithring…” scosse la testa, “è un insulto che non si può ignorare. “

“Chiedere il duello era un dovere.” concluse Thrain, freddamente.

“Forse,” disse il vecchietto, “ma anche un piacere…” parlò a voce bassa e il tono era secco. “quella scommessa… se Snorre Ulfson fosse stato un uomo più sveglio avrebbe capito che il Principe non aveva nessuna intenzione di vincerla…”

Sigyn dentro di sé sospirò: era vero, e anche il lancio della moneta, dove era finita… nello sputo giallognolo degli anziani - uno sfregio.

“Non si diventa capo della Thing se non si va oltre le apparenze… un uomo, Principe o meno, ha tutto il diritto di dichiarare che non desidera che si tocchi ciò che è suo. E può farlo nel modo che più gli piace, ma questo… marcare il territorio come un lupo... non giustifica un duello all’ultimo sangue…”

Thrain aggiunse, in un sussurro “E poi non è saggio lasciar uccidere un Prestatore.”

Sigyn si fermò e guardò il vecchietto che le sorrise “Il Principe ha investito del suo denaro qui e ha messo a disposizione dei fondi e aiutato per il progetto del porto giù a valle. Ne ricava un guadagno, sia chiaro, ma non interessi da strozzino, con buona pace di chi fa l’usuraio sul serio. Non è stato chiesto il suo intervento solo perché è un famoso Cacciatore di Lupi…” la guardò divertito, “lo è, poi? A Corte fa questo?”

Sigyn rimase in silenzio.

Fu a quel punto che il capo della Thing, imponente, avvolto in un enorme mantello bianco, entrò nel rettangolo delle torce e chiese a tutti di fare silenzio.

”Valenti Guerrieri e Uomini Saggi, siamo qui per essere testimoni della resa dei conti tra due uomini. Noi, Aesir, stimiamo sopra ogni cosa il coraggio e l’onore e questi uomini ne posseggono in grande quantità. Tutti e due, nel modo che gli compete, hanno diritto alla nostra stima indiscussa.”

L’uomo attese che il mormorio di assenso si quietasse. “Ma un Guerriero, quando ad un certo punto diventa un Uomo Saggio, comprende che ciò che va onorato non è solo il coraggio fisico, ma anche il controllo di sé.“ La voce si fece severa. “Noi onoriamo l’imperturbabilità in battaglia, perché un vero guerriero sa che è cosa da codardi ed un vero uomo sa che è cosa inutile lasciarsi trasportare da ciò che non conta…”

Sigyn socchiuse gli occhi e lo osservò - non era diverso da Odino, non voleva faide nel suo villaggio, non per le cretinate.

“E’ nostro dovere non macchiare il nostro senso dell’onore confondendo l’Onore con la Brutalità, e un Duello con una Rissa. Non saremmo veri Guerrieri se lo permettessimo. Non saremmo Uomi d’Onore. E non saremmo Uomini Saggi…”

Con un gesto brusco interruppe il mormorio “Non vi è festa senza alcol, non vi è lingua che l’alcol non sciolga, e non vi è lingua sciolta che ad un certo punto, insieme a parole senza senso, si lasci sfuggire una Offesa…” Girò lo sguardo sulla folla, invitandoli a dissentire apertamente, ma nessuno si fece avanti. “E non vi è Offesa che non richieda una Riparazione Adeguata.”

La folla assentì vigorosamente.

“Per cui abbiamo deciso che la Riparazione Adeguata sarà un duello al primo sangue… La Tradizione, grazie alla saggezza dei nostri avi, prevede questo per permettere ad un Guerriero di far sbollire la rabbia e asserire l’integrità del proprio onore, senza coprire di ridicolo se stesso ed il suo clan.”

Tutti tacquero. Sigyn rifletté: stava ridicolizzando la faccenda, facendo sparire la pesantezza dell’insulto sullo sfondo e mettendo in luce la rabbia, l’orgoglio ferito, l’alcol, il sesso, le donne... - era abile. E forse anche giusto. Stava rendendo la sua idea più semplice ed appetibile per questi uomini, che, le era chiaro, lui conosceva bene. Alcuni avrebbero preso le sue parole per il valore di faccia che avevano, altri, come l'uomo anziano che aveva parlato con lei, forse anche Asgerda, avrebbero letto e condiviso anche il non detto.

“Il terreno verrà coperto dal mantello bianco di rito e gli uomini si fronteggeranno con uno scudo di loro scelta ed un’arma di loro scelta, che non potranno cambiare. Quando la prima goccia di sangue macchierà il mantello, verrà decretato il vincitore ed i due sfidanti dovranno ritenersi soddisfatti. Se uno dei due verrà spinto fuori dal mantello, il suo avversario sarà decretato vincitore. Così era giusto nei Tempi Antichi, per gli Eroi i cui nomi ancora onoriamo, e così sarà giusto ora.”
Si tolse il mantello con un gesto plateale e lo porse a degli uomini, perché lo stendessero in terra, all'interno del rettangolo.

A quel punto Thrain sussurrò piano, come se non volesse che nemmeno lei sentisse “Snorre Ulfson non è sveglio, ma non sono svegli nemmeno loro perché pensano, così, di proteggere il Principe…”

Sigyn soppesò le parole del ragazzo di Asgerda, perplessa, non sapendo bene che significato attribuire a quanto aveva detto.

Loki fece un gesto verso Thrain, perché gli si avvicinasse - tutti lo lasciarono passare e Sigyn gli trotterellò dietro, preoccupata.

“Riaccompagnala su, al rifugio.” disse lui in tono neutro, "Te la affido."
Sigyn cercò di protestare, ma Loki non la degnò di uno sguardo, guardò invece Thrain e con un sorrisetto gli disse che doveva farsi obbedire, per cui gli dava il diritto di toccarla, e se necessario, anche di farle male.

Sigyn si lasciò sfuggire un “Mio Signore!” strangolato dall’indignazione e Loki - finalmente - si voltò verso di lei e, con voce bassa, come le fusa di un gatto, le disse “A quest’ora dovresti essere in un letto.”
La stava prendendo in giro, decise - alcuni uomini sorrisero sotto i baffi, cogliendo il doppio senso, ma non dissero nulla.
Sigyn tacque - lei non voleva andarsene, non poteva stare ad aspettare, su, nella casetta vicino al bosco, come una bambina piccola. Non le importava niente di vederlo vincere e nemmeno di vederlo perdere, non ci credeva a queste cose!
Snorre Ulfson era solo una bestia, e probabilmente avrebbe vinto con Loki perché era più grosso e più alto e più forte, ma, anche se lo avesse battuto mille volte, Snorre restava una bestia e Loki no. Un duello non dimostrava niente del valore di un uomo.

Ma stette zitta.
Loki non aveva bisogno delle sue lacrime e nemmeno delle sue idee - questa non era la Biblioteca, non era il Bosco, non erano solo loro due che, insieme, sceglievano le erbe per una pozione… questo era il posto in cui Loki era il Prestatore e il Costruttore - ma non il Guerriero.
E lei era la donna libera che Snorre non avrebbe dovuto toccare perché non era di proprietà di nessuno e perché, per altri aspetti, apparteneva ad un altro. In un modo in cui non sarebbe mai appartenuta a Theoric.

Sentì le dita fredde di Thrain sfiorarle il gomito, mentre il cuore le batteva in tumulto. Di colpo si slacciò la cintura e la gettò ad Asgerda lì vicino. “Scommetti per me,” disse, “scommetti tutto quello che ho su Loki Odinson della Casa dei Borson.”

Poi, in silenzio, a testa alta, si avviò per il sentiero e nel buio, seguita da Thrain.

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Capitolo 20
*** Pur di riaverti qui, cosa prometterei ***


Pur di riaverti qui, cosa prometterei

Thrain aveva acceso una torcia, per illuminare il sentiero, e gliela aveva passata. In silenzio.
Come sempre.
Sigyn si incamminò per il sentiero che si snodava tra gli alberi, e spariva nella nebbia. Loki adesso avrebbe potuto vederla camminare fino al rifugio, seguendo quella luce offuscata dalla bruma, che emergeva dalla notte e dagli alberi, sapendo dove lei era ad ogni passo. Lo avrebbe fatto?
Lei lo avrebbe fatto, cercandolo nel buio e dentro il suo cuore - Í hjarta mér.

Non l’aveva voluta accanto a sé, insieme a Kylan e a Ragni. Perché? Perché era solo una ancella? O perché pensava che fosse colpa sua?
Non sarebbe dovuta andare a curiosare fino alla legnaia, quello poco ma sicuro, però, Snorre, forse, stava cercando solo un motivo per scatenare una rissa. Magari sarebbe successo lo stesso. Magari sarebbe successo di peggio.
Nithring era un insulto imperdonabile, specialmente qui, lontano dalla capitale, dove gli uomini si misuravano dalla stazza e dalla brutalità.

Avrebbe dovuto lasciare che Snorre la palpeggiasse per rimetterla al suo posto e sentirsi un po' più uomo? Un conato di vomito le strinse lo stomaco al ricordo di quell'afrore di birra e delle mani sudaticce dell'uomo.
Loki l’aveva presa in giro per aver baciato Theoric, era stato bonario, non era... protettivo... in quel senso, e, per quanto lo riguardava, era abbastanza… promiscuo. Ma Snorre era un’altra faccenda.
Lo sapevano tutti e due molto bene.
Loki questo non glielo avrebbe mai chiesto.

Perché pensava che lei si sarebbe vergognata se Loki fosse stato sconfitto? A lei importava solo sentire il respiro di lui, stasera, mentre se ne stava raggomitolata tra le pelli.

Perché pensava che avrebbe avuto paura? Lei gli avrebbe fatto perdere la faccia, mentre Kylan sarebbe rimasto impassibile?
Al primo sangue versato si sarebbero fermati - non dovevano farsi male davvero, il capo della Thing, con i suoi discorsi ellettici era stato molto chiaro per chi sapeva ascoltare: quel duello era solo un gesto simbolico per lavare un insulto di un ubriaco che non andava preso sul serio da un vero guerriero - se l’era giocata bene - e per lavare l’insulto di un Principe che stava marcando il suo territorio con troppa arroganza.
Perché tirare una moneta in una sputacchiera era un insulto, parliamoci chiaro E nemmeno tanto velato.

Al primo sangue… 

Lei aveva ucciso il lupo con un colpo solo, giusto un rivolo dalla sua ferita. Si fermò e si voltò verso Thrain, inquieta. Sollevò la torcia per illuminargli il volto, immerso nel cappuccio, ma le ondate di luce non le restituirono nulla.

“Ci sei arrivata alla fine…” per un attimo a Sigyn sembrò di star ascoltando Loki. nei suoi momenti da “acciarino bagnato”, quando, cioè, lui si irritava perché un altro non capiva dopo un paio di spiegazioni.
Loki, a quel punto, rinunciava spazientito. Poi, dopo un po’, l’altro capiva da sé, come se le parole di Loki avessero messo in moto dei pensieri che richiedevano il loro tempo per trovare i lati che combaciavano ed incastrarsi correttamente e lui, a quel punto, diceva che parlare con certe persone era come accendere un fuoco con un acciarino bagnato - mai che ci si riuscisse al primo colpo.

“Snorre non si comporterà correttamente?” chiese, così, tanto per sapere, cercando una via di fuga.

“Il capo della Thing non ci è arrivato, ma ci arriverà;" Thrain non la guardava, "Snorre Ulfson vuole uccidere, e il Principe Loki vuole fare male. Staranno attenti a non versare il primo sangue troppo in fretta.” Poi aggiunse, con voce amara, “Si, saranno molto corretti, tutte e due, immagino. Al modo degli Aesir.”

Sigyn scattò e lo aggirò cogliendolo di sorpresa, quindi prese a correre verso il villaggio, il cuore che le batteva in gola - inutile ragionare con Thrain, non era suo alleato in questa faccenda, lei, per lui, era solo l'ancella troppo viziata di Loki, che lo contraddiceva invece di chinare il capo.
Senti il terreno sfuggirle sotto i piedi, ma restò in equilibrio - nel buio era tutto più complicato, accidenti a Loki, accidenti a lei, tutta presa ad essere remissiva, accidenti a Snorre, al capo della Thing e accidenti a Thrain.
Poi si trovò catapultata a terra, mentre una mano gelida la teneva ancorata al suolo.

“Lasciami andare, maledizione!”

“E’ commovente questa fedeltà…”

Sigyn tentò di divincolarsi, la terra fredda contro il viso e le graffiava la pelle. Si sentiva indolenzita. Thrain le bloccò il braccio dietro la schiena, in leva, e la ragazza emise un gemito di dolore “Ho avuto il permesso di farti male...” mormorò il giovane, in tono di scusa, allentando la presa.

“Non posso stare al rifugio ad aspettare, non posso, non lo capisci?”

Thrain non le rispose.

“L’ultima volta che abbiamo parlato è stato per il cucciolo nel bosco, non posso stare ad aspettare che Loki,“ arrossì nel buio “che il Principe torni, sapendo che le ultime cose che ci siamo dette erano su come addomesticare un lupo.” Cercò di suonare razionale, Thrain non poteva non capire che l'ultimo discorso tra due persone - no, per le Norne! non l'ultimo! - non poteva essere un insieme di stupidaggini, lacrime e orgoglio ferito. Non c'era quello nel suo cuore. "Í hjarta mér" provò a dire.

Thrain la interruppe - “I lupi non si addomesticano, si domano. Con il dolore e con la paura. Devono temere il male che gli potresti fare, così non attaccheranno il domatore.”

“Ma chi se ne frega?” Sigyn esplose irritata, rabbrividendo per il freddo. “Voglio solo dirgli… Thrain ti prego… lasciami tornare al villaggio, mi prendo io la colpa, ti prego...” Loki si sarebbe irritato, ma non importava... avrebbe potuto anche fare la sciocchezza di abbracciarla, accidenti! L'aveva spedita via come una bambina all'ora della nanna.

Thrain tacque.

“Io devo spiegargli, cerca di capire…” cercò di chiamare a raccolta il seidhr per colpirlo, mentre i denti le battevano e il corpo tremava.

“Se mi fermi con un incantesimo, e se poi scendi al villaggio correndo, coprirai di ridicolo il Principe," Thrain non era arrabbiato, la sua voce aveva quel tono scolorito da fantasma di se stesso, "diranno che si è portato dietro una ancella selvatica che non sa controllare. A quel punto avrà solo due scelte: o perderà la faccia, o sarà costretto a domarti. In pubblico. Con dolore e paura. Con molto più di dolore di quello che serve...”

“Tu accompagnami indietro, senza che io debba scappare, lasciami parlare con Loki con calma e poi ti seguirò senza dire una parola.” rilanciò Sigyn, che non riusciva a capire perché si sentisse di colpo così stanca.

“E’ troppo tardi, il duello è già iniziato. Smetti di tentare di evocare il seidhr.”

“Ma lui deve sapere…” Ripensò a quando era andata a lavarsi con Ragni e aveva deciso che dopo avrebbe cercato Loki. Dopo... sempre dopo. Per cosa stava risparmiano le parole?

“Io credo che il Principe Loki non sappia molte cose," disse Thrain con voce grave, "credo ignori anche alcune cose che lo riguardano," sospirò, "ma credo che sappia, comunque, molte più cose di te.” Con delicatezza le scostò i capelli dal viso. "Cosa pensi di dovergli dire che già non sa?"

Sigyn sentì il gelo che le stava facendo perdere sensibilità al braccio. Non riusciva a concentrarsi. Guardò Thrain con occhi imploranti.

“E’ il Morso del Freddo,“ le spiegò lui, con voce pacata “può essere lento o rapido, posso bruciarti la pelle e posso fare in modo che sia molto doloroso.”

“Non mi importa...” Sigyn cercò di divincolarsi, ma si sentiva priva di energie.

“Lo scopo non è che ti importi… tanto non dai retta… non voglio farti male, voglio solo farti stare tranquilla. Ora dormi...”

Poi di colpo, il buio.



Quando si svegliò era al rifugio, sdraiata su una stuoia, lì sul pavimento di legno della veranda, avvolta in una coperta - ne respirò l'odore erbaceo, trovandolo confortante - ma ancora non si era scaldata del tutto. Accanto a lei c'era una borraccia e un piattino con del cibo.
Le luci erano spente e Thrain era lì vicino, seduto in silenzio, con la freccia incoccata nell’arco. Elskan era stata preparata per essere cavalcata ed era legata lì, alla veranda - poteva sentirne il respiro e lo scalpitare leggero.

Sigyn si sistemò i capelli dietro le orecchie e guardò le luci del villaggio in lontananza. Si passò la lingua sulle labbra screpolate e restò immersa nei suoi pensieri. Inutile pregare, probabilmente tutto, giù al villaggio, era già successo, mancava solo l’arrivo della notizia fino a loro. Poi si portò la borraccia alle labbra, cercando di scacciare via i pensieri più angosciosi.

“Pensavi che ti sarei stato grato perché una ancella As si era degnata di regalarmi la pelle di un lupo ucciso per sbaglio?”

Sigyn non lo degnò di uno sguardo

"Non sai che gli Jotun sono solo delle bestie? Più feroci dei lupi, più infidi dei serpenti e, soprattutto ingrati." la voce di Thrain era rauca, "Bestie senza onore." aggiunse.

Sigyn si sfiorò lo zigomo che le si stava gonfiando e tacque - Loki poteva permettersi di essere acido con lei perché c’era molto altro tra loro, una storia che era iniziata tanto tempo prima, fatta anche di cose impossibilmente dolci e irraggiungibili, ma Thrain… chi accidenti era? Fjandinn hafi það! Maledizione!
Piano, con la punta delle dita, scese a sfiorarsi la guancia doveva aveva sfregato contro il terreno - faceva male.

Thrain si schiarì la voce e poi riprese in tono neutro “Questa parte del Reame è arretrata e qui ancora sopravvivono le antiche tradizioni degli Aesir. Una di queste prevede che in un duello, in caso di morte dell’avversario, il vincitore può prendersi ciò che apparteneva all’altro.”

“Snorre Ulfson vuole contendere il Trono di Odino a Thor, al posto di suo fratello?” era ironica. Era quella la sola cosa di valore per Loki - la possibilità di essere il prescelto, per suo padre. Sai quanto sarebbe importato ad Ulfson? 
E forse, ad Odino, Ulfson sarebbe anche piaciuto, piaciuto sul serio. Piegò le ginocchia e se le strinse al petto, la guancia appoggiata sulle gambe. Forse avrebbero bevuto assieme e forse Odino avrebbe chiesto ai Nani di costruire un’arma apposta per Snorre, che solo lui e chi ne fosse degno potesse toccare.
Degno come Snorre. Rabbrividì.

“Probabilmente si accontenterà di prendersi una femmina. Commercia in questo e in lana.”

Sigyn assimilò la frase con calma, ma non le importò. Loki aveva preso decisioni, ultimamente, che si muovevano su più piani e soddisfacevano più domande, e che in parte la riguardavano, ma non aveva mai ritenuto necessario - gentile - condividerle con lei.
E ora si era trovato anche un complice, a cui aveva accordato il diritto di farla svenire - aveva cercato di congelarla accidenti! l'incubo della Scorciatoia condensato in pochi minuti. Loki gli aveva permesso di trascinarla come un sacco di castagne, solo per tenerla al sicuro nell’ipotesi che... non ci voleva nemmeno pensare.

“E tu stai aspettando che Snorre arrivi per pareggiare il conto.” lo disse con voce stanca.
Loki non aveva scelto Thrain per le sue qualità, magari anche per quelle, concesse - s’erano intesi in qualche modo - ma soprattutto per la sua sete di vendetta, insospettabile visto che era sempre quieto, sempre tre passi dietro ad Asgerda, le spalle chine, il volto immerso nell’ombra del cappuccio, un fantasma. Solo con loro aveva scoperto il viso color lavanda offrendolo al sole, a suo agio, mentre scendevano per il sentiero. Lei aveva pensato che lui si sentisse al sicuro, con loro, ma Thrain stava solo mostrando a Loki chi era.

Sigyn sorseggiò piano l’acqua.

“Non mi auguro la morte del Principe,” riprese Thrain, con la voce amara di chi è certo che non sarà creduto, “ma, se dovesse succedere, spero che Snorre Ulfson venga a cercarti senza che nessuno lo fermi.”

“Perché desideri ucciderlo.”

“Si.”

“Non era una domanda.”  La voce le uscì molto più dura di quanto non avrebbe voluto.

Loki aveva sistemato le sue pedine come su una plancia di Hnefatafl.
Una era lei, la sua ancella pasticciona e molto meno sveglia di lui, che aveva imparato una lezione non richiesta in ferocia, fatto da esca e, a sorpresa, ucciso il lupo - forse Loki ci aveva sperato. Forse.
Ma, vedendo come tirava, non poteva averci contato davvero. Haminja. Fortuna.

Snorre era un coglione, decise, usando per una volta una parolaccia (ben meritata) nei suoi pensieri. Avrebbe dovuto essere contento che il lupo non l'avesse fatto fuori un uomo, il vecchietto giù al villaggio aveva ragione: aveva avuto la faccia salva, ed era troppo grosso perché qualcuno lo sfottesse.
Ma Snorre era molto più scemo di quanto avesse supposto Loki. O più sveglio: ce l'aveva con il Principe, mica con lei, ma non poteva permettersi di tirare un pugno in faccia a Loki, così aveva ripiegato su quello che gli riusciva meglio.
Magari il lupo era stato solo la classica goccia... Loki faceva il Prestatore... investiva in un porto... chissà che altro combinava.

Un'altra era Thrain, che odiava Snorre e si sarebbe trascinato la pasticciona fino al rifugio senza farsi impietosire dalle lacrime - non era fiducia nella fedeltà del ragazzo, era la certezza del suo odio verso Snorre. Se qualcosa fosse andato storto - Sigyn rabbrividì - il figlio della schiava mezzosangue era il solo con un ottimo motivo per piantare con convinzione una freccia nel cuore di Snorre.
Storto poteva anche dire Loki ferito, cercò di rincuorarsi, o Snorre battuto, ma furibondo. Poteva dire tante cose.

Non c'era niente di morale, dal punto di vista di Sigyn, nell'usare il ragazzo, permettendogli di macchiarsi le mani di sangue e, probabilmente, di finire di rovinarsi la vita - gli uomini del villaggio lo avrebbero massacrato come un branco di lupi.
C'era sicuramente, da parte di Loki, un senso di equità: gli stava dando la possibilità di chiudere a modo suo.
Equità nel senso che tutte le parti in causa sarebbero state trattate come uguali, liberi di massacrarsi a vicenda e che vincesse l'ultimo che restava in piedi. Senza pregiudizi. Ma anche senza compassione.

Loki non le aveva fatto salvare il cucciolo perché non c'era spazio per un lupo ad Asgard, secondo lui. E lasciava che Thrain si vendicasse perché tanto non vedeva una spazio per Thrain lì nel villaggio, le era chiaro. Quando Asgerda fosse morta, che ne sarebbe stato di un ibrido Jotun? Sapeva che la donna aveva pagato un grosso riscatto a Snorre per averlo, ma questo non faceva di Thrain un uomo libero, solo, forse, un freedman. Che doveva rispetto al suo vecchio padrone, che non poteva trasferirsi senza il suo permesso, che se mostrava ingratitudine poteva tornare ad essere schiavo. Ma chi sarebbe stato, per la Thing, il vecchio padrone di Thrain?

Compatì il ragazzo, che se ne stava in silenzio accanto a lei. E si sentì furibonda con Loki, che tutte queste cose avrebbe anche potuto discuterle con lei, invece di piazzarla lì, come una pedina.

Decise di non pensare a Loki - faceva troppo male. Continuava a pensare a quando lo aveva sognato, immerso con lei in un mucchio di foglie rosse, e poi a loro due che tagliavano in fretta delle radici per una pozione sfidandosi a chi era più veloce, lei che starnutiva nella Biblioteca gelida e Loki che la guardava perplesso e poi chiudeva la finestra spalancata senza dire una parola... non le importava nulla che lui la guardasse in un altro modo, o che la baciasse in un bosco, o in quel suo letto enorme, pieno di libri, o che la portasse con sé ad una festa, o che smettesse di vedersi con Lady Gissa - quanto lo aveva desiderato - o di divertirsi con Hervor come un uomo e una donna. Lei voleva solo le piccole cose, che le venissero restituite intatte. Avrebbe gioito al suo matrimonio, se si fosse sposato - Odino forse glielo avrebbe permesso, dopo aver deciso chi era il suo successore... ora come ora sia Thor che Loki erano un rischio dal punto di vista matrimoniale per le figlie dei jarls: nessuno sapeva cose sarebbe finita. Forse uno avrebbe avuto tutto e l'altro nulla - in fondo Wili, il fratello di Odino, Pugno nell'Ombra, aveva un appannaggio di tutto rispetto per il suo ruolo di Consigliere, ma nient'altro...
Forse se Thor fosse diventato il prescelto, Loki avrebbe dovuto pregare per ogni monetina di rame, o forse sarebbe successo il contrario... o avrebbero regnato insieme... in ogni caso nessuno voleva accettare quella scommessa e giocarci su un matrimonio.

Avrebbe curato i suoi figli, se ne avesse avuti, senza essere mai gelosa. Poteva farcela. Ma rivoleva il sorriso sghembo, la condivisione di un libro, la tisana bevuta insieme... sentì che le veniva da piangere. Desiderò intensamente di essere dentro una favola perché solo in una favola, esprimendo un desiderio, era possibile cambiare ogni cosa.
Il suo sarebbe stato "Loki, qui, vivo" - magari con un occhio nero, ma vivo.

In tono neutro chiese a Thrain cosa ne era stato di sua madre. Se ti fa male, pensò, sono tutti fatti tuoi. E ti fa male, lo so che ti fa male. Tanto male. E, almeno, così siamo in due.

Se le avesse consentito di tornare al villaggio, il sangue sarebbe sgorgato al primo contatto, ci avrebbe pensato lei, che maneggiava il seidhr e a cui delle regole di un duello non interessava un bel niente - ma a che diavolo serviva un duello? Certo non a stabilire chi avesse ragione. 
Uomini…

Ma Thrain aveva voluto la sua possibilità di vendetta. Accidenti a lui.

L’altro non la guardò, poi, con voce rauca disse “Mia madre sapeva parlare. Parlava la lingua degli Jotun e la lingua degli Aesir. Conosceva le poesie del suo popolo e le aveva condivise con me, perché io fossi orgoglioso di quello che di lei c’era in me.”
Mia madre era più di una bestia da monta. Non lo disse, ma il pensiero era lì tra loro, pesante come un macigno. Sigyn risentì su di sé il fiato di Snorre e si chiese come dovesse essere sentirlo su di sé ogni giorno, spezzata dal dolore e dalla paura, fino a diventare solo quell'animale che gli altri si immaginavano fosse.

Pensò a Lady Frigga che, per prima, aveva insegnato a Loki ad usare il seidhr e a come Loki fosse indifferente alle opinioni degli altri su questo argomento - di tutti tranne uno, anzi due, Thor ed Odino. I guerrieri disprezzavano il seidhr a gran voce, cose da ergi, dicevano - tranne poi chiedere aiuto nei momenti del pericolo. Cosa avrebbe dovuto dire a Frigga? Si passò una mano tra i capelli, sgomenta.

Poi guardò Thrain “E’ stata una brava mamma, ha cercato di nutrire una parte importante di cui non si sarebbe occupato nessuno.” le spiacque per quelle parole come le sfuggirono dalle labbra - Thrain non se la meritava una parola gentile. E poi non aveva idea di cosa volesse dire essere "Jotun" per lui - era la parte in armonia con il mondo, o quella scontenta e arrabbiata? Il lato che l'aveva trascinata per il sentiero come una cosa era As o Jotun?

“Non te lo avrebbe lasciato fare.”

“Cosa?” aggrottò le sopracciglia.

“Truccare un duello.”

Sigyn si alzò di scatto e si ritrasse nell’ombra, quando sarebbe tornata a casa - con Loki si aggrappò a quel pensiero con disperazione - per prima cosa avrebbe cercato Theoric, uno forse un po’ semplice, come lei del resto, ma buono, gentile e innocuo, senza niente di tortuoso. Uno che era stato amato dai suoi genitori, immensamente, come Thor, e che era sempre fiducioso sul suo futuro e su quello degli altri. Uno che non aveva pensieri che correvano troppo rapidamente ed in troppe direzioni, e che sapeva che ogni tanto ci si poteva fermare, e, soprattutto, che si poteva condividere. Ripensò a quei baci delicati, dati senza fretta, senza pretendere nulla.
Forse era il caso di mettere finalmente a frutto tutta quella pratica con le pozioni contraccettive e recuperare quel vecchio indirizzo - non voleva la sua prima volta nei giardini pensili di Frigga e nemmeno nella sua stanza, che non aveva nemmeno una chiave. 
Forse quello che stava aspettando era arrivato - quello che le era così vicino da poterlo sfiorare con le dita, non era per lei. Sperò che Theoric avesse una idea un po’ più precisa della sua su tutta la faccenda - ma non era importante, avrebbero sperimentato assieme. Non c’era fretta. Con Theoric c'era la possibilità di costruire una casa, se anche lui lo desiderava, era solo questione di andare con calma, nella stessa direzione e aspettare gli sviluppi.

“Il lupo… era un incrocio con un… altro animale.”

“Jotun?” chiese Sigyn, incerta - cosa aveva Thrain? Adesso che aveva pensato a sua madre capiva il suo punto di vista? - e intanto i tasselli andavano a posto - Snorre si era portato come ricordo una ragazza Jotun da fottere, ma non aveva resistito a portarsi dietro anche un animale feroce da domare, come aveva detto Thrain? Con dolore e paura.

Ulfson, figlio del lupo. Non doveva essergli parso vero. Forse con gli Jotun non era stato così eroico come andava narrando, così se ne era presi due per pareggiare i conti. Dolore e paura

Ripensò alla ragazza nella legnaia, all'uomo che le diceva come la voleva e a lei che obbediva, come se quello non fosse nemmeno il suo corpo - era stata domata e non avrebbe attaccato il suo domatore e nemmeno gli uomini a cui il domatore la cedeva. C'era la fila fuori dalla legnaia, quanti mani sudate l'avevano pretesa quella sera? Quante bocche l'avevano esplorata lasciando scie di birra e saliva sulla sua pelle?

Ma la coda dell’animale non era da lupo… E la ragazza Jotun probabilmente non era nata thrall. Snorre non aveva colto il valore di quello che si era preso: un animale nobile ed una donna che recitava poesie.

E ciò che era Jotun si era perpetuato ostinatamente anche lì, fuori da Jotunheimr, generando un lupo feroce che sbranava l’uomo, e Thrain, nato per sbaglio, forse da un po' di dolcezza, un pezzetto di Jotunheimr che sua madre aveva ceduto ad Asgerda perché non fosse solo un lupo feroce.

Si chiese se Asgerda lo avesse capito. Pensò a come al Campo gli Anziani avessero cercato di dare almeno una parvenza di decenza per i piccoli e li ringraziò mentalmente. Ripensò ad una storia su due lupi che una donna narrava a loro, da bambini, sui lupi che albergano dentro il cuore di una persona e su quale lupo avrebbe vinto alla fine.

“Con il lupo era tardi per rimediare.”

Sigyn guardò Thrain dall’ombra, stranita, e non disse nulla.

“Ma il cucciolo,” la voce di Thrain si era fatta esitante, “Il cucciolo, non è un cucciolo di lupo, e l’altro animale, vive con gli Jotun, non è un nemico… si può allevare e addomesticare.”

“Vuoi dire domare.” lo interruppe bruca. Non le interessava che il cucciolo venisse picchiato - portagli solo da mangiare avrebbe voluto dire, che sopravviva fino ad essere indipendente.

“No, non si addomestica un lupo, un lupo lo si doma. Al massimo, forse, qualcuno può stringere un legame con un lupo, a volte succede, ma il figlio di un lupo è un lupo e il ciclo ricomincia da capo. Ci vogliono generazioni di lupi domestici che incrociano lupi domestici perché abbia dentro di sé quella possibilità.”

“E quel cucciolo?”

“Quel cucciolo ce l’ha. Ce l’avrebbe. Non è proprio come un cane As, è diverso.” Thrain rifletté, poi riprese, “Non sarebbe un cane, anche se in parte lo è, per via di sua madre, ma non è un lupo. E' una cosa possibile.”

Era una offerta di pace - Sigyn lo capì. Era il massimo che Thrain sapeva fare. Lo compatì perché quel massimo non sarebbe sempre bastato. Lo compatì perché suo padre non lo aveva preso sulle ginocchia e non gli aveva spruzzato l'acqua sul volto davanti a tutti, riconoscendolo come suo. Era il nipote di Asgerda, ma era il figlio di nessuno. Un po' come Loki che era intensamente figlio di Odino dentro di sé, ma non era il figlio prediletto e lo sapeva benissimo.

“Grazie.” disse, poi aggiunse, "C'è una storia che mi raccontavano da bambina, una storia sui lupi che vivono dentro ogni persona: uno bianco ed uno nero..." si arrestò. Thrain non l'avrebbe capita, e lei era solo una presuntuosa perché, in fondo, era stata molto fortunata: Thrain era stato raccolto da Asgerda, mentre lei da Loki, che non l'aveva pretesa tre passi indietro per non perdere la faccia, né l'aveva mai picchiata. Non poteva mettersi a raccontare storie morali a Thrain, decise.
Ma questo non cancellava il fatto che avrebbe dovuto lasciarla parlare con Loki, lasciarle dire almeno che non ce l’aveva con lui, anche se non era vero. In fondo erano piccole cose, che sarebbero svanite nel tempo - lui aveva ragione, avrebbe scordato comunque, perché non farlo subito? Un po’ presuntuoso - era Loki del resto - ma non aveva torto, completamente.

Poi d’impulso glielo chiese. “Ma le poesie… di che parlavano?” 

Sperò non rispondesse canti di guerra, nemici sgozzati, viscere fumanti sul prato, la bellezza della morte in battaglia. Thor conosceva poesie così, era anche il protettore, a modo suo, di almeno un Poeta di Corte.

Thrain sbatté gli occhi, perplesso, “Beh… per lo più… della neve.”

A Sigyn venne da ridere e, dopo averla guardata incerto, mentre tornava a sedersi accanto a lui, si mise a ridere anche lui.

Fu a quel punto che due braccia la afferrarono da dietro, sollevandola da terra.

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Capitolo 21
*** Dormi e sogna ***


Dormi e Sogna


Scalciò e gridò e poi sentì quella risata e smise di colpo.

“Loki?” gracchiò incerta.

“Aspettavi qualcun altro?”

 

Si sedettero a gambe incrociate sulle stuoie per bere qualcosa tutti assieme - la giornata era stata lunga.

Se Thrain fu deluso non lo diede a vedere - del resto, pensò Sigyn irritata squadrandone il volto impassibile, come sempre, sarebbe stato davvero di pessimo gusto mostrarsi delusi per quello. Perché la persona che ti sta offrendo da bere non ti ha fatto il favore di farsi ammazzare.

Lo spazio d’improvviso le sembrò angusto per cinque persone - come se Loki fosse ovunque - era conscia di ogni istante in cui le loro ginocchia si sfioravano per caso. O le braccia. O le dita.
Quando Kylan si offrì di versarle da bere non disse di no - ingollò l'alcol a sorsate veloci, d’un fiato, ignorando il sapore amarognolo e avvertendo solo il calore bruciante nella gola, che si faceva strada giù fino allo stomaco, scaldandola.

Kylan disse  qualcosa a Loki, che annuì, ma Sigyn non li stava ascoltando, guardava la sua bocca, chiedendosi se lì, dove c’era il taglio, gli facesse male. Si leccò le labbra, nervosa, mentre la curiosità sul sapore del sangue le pungeva la mente, vergognandosene quasi subito. Pensò a Theoric, che probabilmente la immaginava tranquilla, occupata a tessere e a fare cose da brava ancella, e si sentì stupida e cattiva.

Nessuno dei due prese in giro il ragazzo - Sigyn si passò le dita tra i capelli scompigliati e allungò di nuovo il bicchiere verso Kylan, che lo riempì, generoso, fino all’orlo.
Si erano divertiti ad aggirarli senza fare rumore, come si erano divertiti ad allenarsi insieme. Era chiaro che quei due sapevano farlo - arrivare in silenzio - e che non c’era stato gioco con Thrain.
Era stata solo un’altra partita di Hnefatafl per quei due.
Un’altra partita, con le stesse pedine.

Porse il bicchiere a Kylan, con convinzione, e lui rise, tornando a versarle da bere e dicendo qualcosa sugli unicorni, che erano animali terribilmente noiosi. Ne convenne, con voce pensosa - Theoric non si sarebbe scandalizzato, decise, se avesse fatto lei la prima mossa.

Loki intercettò il bicchiere, bloccandole il polso tra le dita lunghe, delicato e deciso, e lei non oppose resistenza, le dita ad un certo punto intrecciate a quelle di lui - non seppe come.
Poi Sigyn sfiorò le sue nocche rovinate dalla lotta e si sentì stringere il cuore - Loki non avrebbe mai dovuto provocare un duello. Mai. Non ne valeva la pena.
 

Fu Ragni che disse che per lei era tardi ed uscirono tutti nel freddo - sentì le mani di Loki sul gomito, che la sostenevano.

Thrain sparì per il sentiero - non si sarebbe fermato per la notte, del resto il villaggio era ancora in festa - Sigyn pensò che doveva parlare di lui con Loki, doveva.

Kylan prese la sua donna per mano, ridendo, e se la portò verso il bosco “Mi piace farlo con l’odore dei pini!” esclamò. Ragni brontolò qualcosa e lo baciò sulla bocca, famelica.

Sigyn non disse nulla, abbassando lo sguardo - un brivido lungo la schiena e le guance in fiamme, si chiese come sarebbe stato baciare un uomo così, senza pudore, o vergogna, senza nessun buon senso, e come sarebbe stato non baciarlo affatto - adesso erano solo loro due.

“Non ti ho portato qui per quello.”

Sigyn lo guardò con occhi grandi, “Lo so.” mormorò. Non mi hai nemmeno baciato nei giardini pensili di tua madre, mi hai portato un rimedio da bere e mi hai lasciato lì perché fossi di Theoric. Ed è vero, io mai mi sono sentita così a mio agio con uno sconosciuto, come con lui… come se lo conoscessi da tempo. E’ la cosa più bella che mi potesse capitare.
Ma se tu fossi rimasto… sentì che gli occhi le bruciavano… non mi avresti baciata comunque.

Ed io cosa sono, si chiese, cosa sono io che rispondo al richiamo di un bravo ragazzo, e a quello di… chiuse gli occhi esasperata. C'era una parola per quelle come lei, ma non le sembrava di essersela meritata.

 

“Hai sonno? Vieni, ti preparo l’acqua per lavarti.”

Lo seguì obbediente, osservandolo mentre versava l’acqua bollente in un catino, assieme a quella gelida.

Poi lui la prese per la vita e le mise in mano il sapone. “Non ti guardo” le disse con un sorriso e se ne andò sulla porta a osservare la notte o la nebbia, o le stelle, o la luna. Di certo non lei.

Si spogliò rabbrividendo e poi cercò di fare in fretta, strofinando la pelle più forte che poteva, i seni che le dolevano e che non osò sfiorare, mentre osservava la schiena di Loki e quei suoi capelli neri come l’inchiostro. Improvvisamente sperò che si voltasse - e ne ebbe paura.

Si rivestì in fretta con la camicia di ricambio per la notte e scivolò sotto le pelli, vicino al letto, avvolgendosi come in un bozzolo. Lo ascoltò lavarsi ricordandone i muscoli dalla sera prima e cercando di ricordare ogni linea del volto rassicurante di Theoric.

Lo sentì avvicinarsi a lei.

“Non hai freddo lì in terra?”

Lei chiuse gli occhi e non rispose.

Sentì che Loki la prendeva in braccio e la spostava nel letto, svolgendola dalle suo bozzolo, come un pacchetto, per poi sistemarla nel letto. Lei artigliò le coperte, stringendocisi dentro e lui le tirò, per scoprirle il viso, senza tante cerimonie, ridendo.

“Non farmi perdere tempo.”

Le osservò la guancia con attenzione, e poi le spalmò con delicatezza una pomata con la punta delle dita.

“Mi spiace…” non disse altro, “Domattina andrà meglio.”

“Non ho freddo.” replicò, testarda. Rimettimi dove mi hai trovata, ti prego.

“Ma io sì,” disse Loki con un sorriso, infilandosi sotto le coperte, accanto a lei, “Dai scaldami.” le ordinò bruscamente.

Lei gli si rannicchiò contro e lo abbracciò con un sospiro, rabbrividendo. Si sentì morire mentre pensava ad una favola di quando era bambina, che narrava di una notte di nozze in un bosco, su un letto di aghi di pino, mentre l’odore delle erbe sotto le stuoie le sembrò così acuto e, a modo suo, invitante.
Cercò di scacciare il pensiero, la fronte incavata nella sua spalla, le braccia che lo cingevano, i brividi che andavano pian piano scemando. Annusò l’odore di arnica sul corpo di lui - la stessa pomata - ed il profumo di inverno della sua pelle, ma non voleva sentire la storia dei lividi di Loki e non le importava un bel nulla di Snorre.
Così, con voce timida, cominciò a parlargli di Thrain.

Loki prese a giocherellare coi suoi capelli arrotolando una ciocca intorno alle dita.


 

Loki, la strinse contro di sé - finalmente si era addormentata.

Dubitava seriamente che Thrain avesse una sua sensibilità - se anche l’aveva non era in quantità tale da venire offesa così facilmente: non sarebbe sopravvissuto alla ruvidezza di Asgerda e al disprezzo di un intero villaggio.
Onestamente, pensava non ci fosse regalo migliore, per quell’ibrido, di dargli l’occasione di far fuori Snorre Ulfson e sfangarla.

Quanto alla vedova del tizio che si era fatto divorare dai lupi… di sicuro un demente che non sapeva quello che stava facendo. La Natura era selvatica ed esigente - lasciava sopravvivere solo i più forti - e aveva preso una sua decisione a riguardo, chi era Sigyn per contestarla e chi era lui per doverci porre rimedio?

Le sfiorò la fronte con il dorso della mano, per sincerarsi che non avesse la febbre - questo, così come l’alcol, avrebbe spiegato i discorsi della ragazza, che, ad un certo punto, si era messa a parlare di unicorni.

Se la ricordò da bambina, quando, molto tempo prima, d’inverno, se ne erano venuti qui per una caccia al cervo: c’erano Thor, Fandral e Hogun - Vonstagg non era venuto perché camminare nella neve, senza la prospettiva di qualcosa da mangiare, non gli piaceva - ed era venuta anche Sif, splendida come sempre.

Sigyn  quella volta c‘era solo perché non si potesse dire che Sif era l’unica donna del gruppo, per giunta non accompagnata da una ancella - un’altra vita, ora nessuno si sarebbe sognato di fare una osservazione di questo tipo su Sif, la Guerriera: si era conquistata il diritto di non doversi comportare come una femmina.

Quella volta avevano perso tempo e si erano fermati prima dell’ultima Scorciatoia.  Avevano appeso le provviste in alto sui rami degli alberi, per non attirare gli orsi e avevano montato le tende per poi foderarle di pellicce - c’era la neve.
Dato che solo i ragazzi se ne erano portati dietro una, Thor aveva ceduto galantemente la sua a Sif.
Lui aveva dormito con suo fratello, un incubo: Thor si girava di notte, ficcandogli, senza preavviso, un gomito nelle costole a più riprese. Inoltre russava.
Suo fratello russava come un orso e si muoveva con la stessa grazia.

Gli altri avevano dormito da soli, giudicando quell’intimità troppo imbarazzante per dei veri uomini. Argr era un insulto che richiedeva un duello per essere lavato: l’uomo che non è uomo perché riceve il suo piacere da un altro uomo - come se il piacere non fosse piacere e basta.
Per gli Aesir era disgustoso quasi come Ergi, un uomo che non è uomo perché oltre a fare le stesse cose di un argr, pratica il seidhr.

Distrattamente accarezzò il braccio alla giovane addormentata.

Forse alla sua famiglia sarebbe piaciuto se lui fosse stato un ergi in modo incontrovertibile. Se ne sarebbero sicuramente vergognati e lo avrebbero disprezzato, ma non troppo pubblicamente per non creare uno scandalo.
Forse lo avrebbero difeso, ufficialmente, coprendo ogni traccia, per poi farglielo pesare in privato, ma tutto questo avrebbe reso semplice la scelta di Odino sull’erede da designare - ammesso, sogghignò tra sé, che davvero il Padre di Tutti avesse davvero una scelta da fare: Thor era il maggiore, lui, il minore, che c’era mai da decidere? Si chiese per l’ennesima volta perché mai Odino non avesse potuto crescerli come due fratelli normali: il maggiore eredita il potere, il minore è il suo più fedele alleato e si cerca un suo posto nel mondo.

Invece Odino... era come se avesse voluto metterli in competizione fin da piccoli.

Probabilmente, se fosse stato davvero un ergi, che non si interessava alle donne, lo avrebbero costretto da tempo a sposare qualcuna di importante ai fini politici; sua moglie se la sarebbe sbattuta Thor - un vero sacrificio - e l’avrebbe ingravidata al suo posto: l’imbarazzante linea ereditaria di Loki sarebbe semplicemente svanita come se non fosse mai esistita. Del resto, lui, comunque, non generava bastardi, aveva troppo rispetto per Odino.

Sospirò e strinse ancora di più Sigyn a sé - odorava ancora un pochino di menta.

Sif quella volta avrebbe dovuto dormire con Sigyn, ma all’ultimo momento non aveva voluto, irritata al pensiero di essere trattata diversamente dagli altri e di dover dividere quel poco spazio con una ancella, per giunta proprio con quella che adorava Loki - Synn, sua, come diceva Thor, scherzando.

Lui non ci aveva fatto un gran caso, aveva dato per scontato che tra tutti avrebbero gettato un occhio alla piccola, ma quando aveva lasciato la tenda, non potendone più di suo fratello, era andato a controllare Sigyn, e l’aveva trovata che rabbrividiva nella sua tana, scavata sotto le radici di un albero, avvolta in un vecchio mantello di panno. Sif non aveva diviso le pelli con lei - probabilmente non ci aveva nemmeno pensato, come tutti quelli che non hanno mai sofferto né il freddo né la fame, dava tante cose per scontate: ke ancelle apparivano quando servivano, nel loro mondo, e sparivano chissà dove a fare chissà cosa. Non le vedevi mangiare o dormire, solo ronzare come piccole api operose.

Aveva sfiorato la piccola e l’aveva sentita gelida sotto le sue dita, il respiro leggero. Aveva dormito con lei, tenendola stretta tra le braccia, avvolta nel suo mantello foderato di pelliccia di volpe, cercando di mescolare il suo seidhr a quello di lei e di tenerla sveglia raccontandole le storie più assurde.

Quella notte s’era chiesto come fosse possibile che lui e Thor potessero essere in lizza come eredi di un Re, se non sapevano nemmeno coordinare due ragazzi ormai adulti, prendersi cura di una più piccola, e non arginare i capricci di una Lady, prevenendone le conseguenze. Se erano, insomma, in tutto e per tutto, due deficienti irresponsabili.

Il giorno dopo aveva trasportato tutti gli altri attraverso l’ultima Scorciatoia - facendo uso del seidhr, in modo considerato tacitamente accettabile (ogni volta che il seidhr risolveva un problema nessuno diceva mai no), li aveva salutati, augurandogli buona caccia e aveva riportato Sigyn a Palazzo.
Era stato allora che aveva chiesto a sua madre di occuparsi dell'amministrazione della Casa della Regina, di imparare, insomma, a prendersi cura di qualcosa.
Era seguita una settimana in cui era stato appresso ad una Sigyn con la febbre. Non aveva la vocazione da guaritore - una penitenza - e allora la piccola aveva parlato nel dormiveglia, preoccupata, di Elfi.

Stavolta… unicorni.

Intanto ascoltò il respiro regolare di lei - stava dormendo tranquilla.

Avrebbe fatto lo stesso con Sleipnir, si disse, mentre la stringeva per scaldarla meglio. Poi con la mano risalì lentamente lungo i fianchi tondi di lei fino al seno, dove si fermò incerto.

Da quella volta aveva smesso di desiderare Sif, in quel modo, e di baciarla, toccarla, di fare insomma tutto quello che loro due una volta facevano - tutto tranne quello.

Con l’altra mano le accarezzò i capelli, poi la tempia, chiedendosi se stesse davvero dormendo.

Delicatamente la sfiorò con il polso con movimenti lenti e apparentemente casuali fino a  sentire i seni, sotto la stoffa, rispondere al suo tocco fugace.
La sentì trattenere il fiato - era definitivamente sveglia.

Le toccò il seno sentendolo sbocciare sotto le sue dita; i suoi movimenti non furono affatto casuali stavolta: sapeva bene cosa stava cercando, e lo stava cercando con estrema lentezza

Sentì che tratteneva il respiro - come per caso le toccò il polso sentendone i battiti accelerati.

Bel dilemma vero Sigyn? Vuoi aspettare quel bravo ragazzo di Theoric, che se ne sta ad Asgard tranquillo, per soddisfare il desiderio o ti va bene qui, su un letto di rami di pino, come in una favola? Perché quello è, Sigyn, desiderio.
Gli animali vanno in calore senza farsi troppe domande, tu invece… sembra che cerchi qualcosa che non esiste.

La sentì girarsi e raggomitolarsi contro di lui, inquieta, la mano sul petto a cercargli il cuore,

Sorrise divertito, rallentando i battiti come un Guerriero della Nebbia in agguato, fino alla pace di un sonno sereno.
Cerchi una risposta su di me, Sigyn? Dovresti scendere più giù con la mano, forse, ma dipende molto dalla domanda ti stai facendo.

Sorrise tra sé sentendo il respiro affrettato di lei contro la sua pelle... e così saresti una compagna di giochi divertente... del resto, con tutto quel seidhr scoppiettante... lo vuoi Sigyn? Theoric non ne saprebbe mai nulla...

Le sfiorò il polso di nuovo, stupendosi del battito folle.

Si staccò da lei, in un movimento fluido, come se stesse dormendo ed attese. Sarebbe stato semplice se fosse dipeso solo da lui: solo del buon sesso per chiudere una giornata ingombrante, niente di particolarmente creativo - gli sarebbe bastato prendersi ciò di cui aveva bisogno e condividerlo, non era un amante egoista.

Solo che non era giusto: c’erano pochi no che una ancella poteva dire e lui lo sapeva molto bene, per paura di una conseguenza sgradevole, o per riconoscenza. Nel caso di Sigyn, forse il primo caso non si sarebbe applicato, doveva saperlo, accidenti, che poteva fare come voleva, che per quanto lo riguardava era libera di andare, tornare, non le avrebbe mai imposto niente. Doveva.
Ma poteva anche non saperlo, alla fine Sigyn, come aveva sottolineato Asgerda, non aveva un posto dove andare.

Riconoscenza, solo le Norne sapevano perché, ma ne aveva.

 

Rimase fermo ad aspettare la sua mossa.

La sentì gemere contro la sua spalla, un suono soffocato.

Smettiamo di fingere di stare dormendo, brava...
Non te ne vergognare ti prego, non ti giudico e, onestamente, non cambia niente. Sei sempre tu, sono sempre io.
Solo sei troppo grande per stare nel mio letto come se fossi piccola.

Poteva sentire i suoi pensieri sfrigolare, lì accanto a lui, poi si accorse che si era seduta. Le dita di lei sulle sue labbra lo accarezzavano, poi le labbra di Sigyn sulle sue, timide e tremanti. La sentì scivolare sul suo corpo, la punta dei seni che sfiorava il suo petto, la camicia che le stava scendendo lungo le spalle. A quel punto le invase la bocca con la lingua, impaziente.

Fu così che la sentì irrigidirsi.

Loki si irritò - è un bacio accidenti, solo un bacio.
Ma non era vero, c'era una ingombrante erezione a testimoniare quello che avrebbe voluto e, onestamente, quello che voleva gli sembrava una cosa giustissima, nonostante i discorsi di Asgerda. Non prevedeva pozzi nel futuro di Sigyn, ma per carità, sarebbe stato attento a non metterla in nessun guaio, e se poi fosse successo, pazienza, sarebbe stata libera di scegliere liberamente: tenere il bambino, sposare un Theoric qualunque - Asgard era piena di aspiranti mariti - essere la sua amante occasionale, non c'era una scelta di Sigyn che non avrebbe appoggiato.

Sigyn afferrò una coperta e scivolò fuori dal letto. La sentì andare sulla veranda - ecco non c’era una scelta di Sigyn che non avrebbe appoggiato con entusiasmo tranne quella.

Rimase nel buio a pensare, fino a quando accettò che quella era, forse, la soluzione migliore. Poi si alzò, si rivestì in fretta, ed uscì.

 



Sigyn guardò la sua ombra, pensò per un attimo che sarebbe venuto da lei a parlarle, ma per dirle cosa? Fu con sollievo che lo vide scendere verso il villaggio - probabilmente a cercarsi una donna e finire quello che aveva cominciato nel sonno.

Le venne da piangere, ma si sentì anche sollevata: voleva bene a Loki e non poteva, non in quel modo. Chissà con chi diavolo si stava immaginando di farlo. Con Lady Gissa?

E Theoric? pensò disperata.

Quando lo aveva incontrato le era sembrato di averlo già conosciuto, non era possibile, lo sapeva, eppure sentiva una intesa… non le era mai capitato. Con nessuno.
Non poteva tornare da Theoric come la puttana di un principe di Asgard, uno che lei, oltretutto, adorava, e chiedergli di prendersi i cocci di quello che restava.
Vergine non era una cosa tanto per dire.
E i cocci sarebbero stati cocci sul serio.

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Capitolo 22
*** Non è un paese per unicorni ***


Non è un paese per unicorni

 

Loki prese la ragazza bionda per il polso, senza nessuna fretta. “Non ballo...” si scusò, ma con un sorriso da predatore.

Le fiaccole di legno di pino splendevano basse nel terreno, per una festa in cui tutti i bambini erano ormai andati a dormire: restavano solo quelli che dall'ultimo scampolo della notte si aspettavano illusioni o piacere.

“Il ballo è un preludio…” disse la bionda insinuante.

“E serve? Il preludio?” sembrava davvero incuriosito.

“Da un’idea del modo in cui si svolgeranno le cose... dopo.” La donna si leccò le labbra molto lentamente non staccando i suoi occhi da quelli di lui.

“In questo caso, potresti ballare con la tua amica…”

La donna rise, ma non si ritrasse e Loki ne fu soddisfatto - finalmente una come lui, decisa a godersi la vita, almeno ogni tanto.

 

Finirono per salire ridendo le scale della Casa delle Riunioni, un po' alticci per la birra e per l'idea del sesso, un po' contenti di essersi trovati, giovani e belli e senza la voglia di tirare pietre e giudicarsi a vicenda. C’era una stanza per il Principe Loki, ufficialmente, sempre a sua disposizione - di solito la usava per parlare di affari lontano da orecchie indiscrete, stavolta per farsi gli affari suoi. E che chi lo voleva ascoltasse pure, se proprio a qualcuno interessava capire se all’ergi piaceva fottere o essere fottuto. Quanto a lui... stanotte avrebbe fatto rumore.

La bionda sapeva in cosa consisteva tutta la faccenda, decise, sentendone la mano che scendeva dritta al punto.
Con le labbra Loki sfiorò la gola dell’altra donna, più esile, godendo della lieve increspatura dei suoi brividi.
I vestiti si sciolsero al suolo - non avrebbero saputo dire chi aveva spogliato chi, dopo, ma solo che era stato piacevole, tra baci e morsi, incuranti, tutti e tre, di ogni segno che avrebbero lasciato. Segno che non avevano nessuno con cui doversi giustificare.

A tratti si trovò ad immaginare che i capelli che scostava per raggiungere una nuca golosa fossero del colore lucido delle castagne, e il respiro affrettato della donna gli portò il ricordo di un altro cuore che cambiava di ritmo sotto le sue dita, ma decise di non pensarci.
Gli sembrò di risalire a prendere aria dopo essere stato trascinato sul fondo da un'onda.
Il piacere si nutriva di poche parole: si, no, ancora, più forte, più piano… per favore non fermarti ora... non serviva un vocabolario ricercato e nemmeno una istruzione superiore. Il piacere era una cosa semplice.

Il piacere era piacere. Aspettare il piacere era piacere. Ritardarlo o negarlo era anche quello piacere. Dare piacere era indubbiamente piacere. Che altro voleva?
I miei baci sulla tua pelle come in autunno le foglie su un prato , pensò, senza avere in mente nessuno in particolare.


Fu solo quando soffocò un nome, baciando la spalla di una delle due, che si arrese al fatto che quella notte con lui c’era qualcuno che non c’era e che non ci sarebbe dovuto essere.

Loki fu attento a non seminare promesse e bambini - poi, nel dormiveglia, godendo del tepore dei loro corpi ormai quieti, si chiese come sarebbe stata una Sigyn tonda sui fianchi, rabbrividendo all’idea. Odino non sarebbe stato contento - un bastardo che cresceva nell’ombra del Palazzo, nemmeno Odino aveva osato tanto! Asgard non era pietosa con gli scarti - lui aveva gestito La Casa della Regina e lo sapeva.
La porzione di Castello di pertinenza di sua madre non era il centro del potere come quella di Odino - Fandral lo aveva preso in giro, chiedendogli se si voleva interessare anche di filatura e tessitura o se gli era mancato così tanto poter giocare con le femminucce. Era per quello che voleva una casettina per le bambole tutta per sé? Perfino Thor ne era rimasto imbarazzato.
Sfuggiva, a quei due, che la Casa della Regina era un centro di scambio culturale: Frigga era Vanhir ed aveva potuto conservare ed accrescere una Biblioteca Vanhir, e oggetti d'arte e ricette. Cose da donna, in parte, ma anche cose di interesse generale. Con i rapporti tesi con i Vanhir per questa guerra non guerra che si trascinava, quello era l'unico luogo in cui crescere i futuri ambasciatori e la sua biblioteca era un luogo dove gli studiosi si recavano, omaggiando la Regina di libri degli autori della sua terra e di altri luoghi fuori da Asgard. E di libri sul seidhr.
Lì i rapporti tra le persone erano molto più informali che sotto Odino e se nelle stanze del Re si parlava di querra, in quelle della Regina si parlava di molte altre cose.
E questo centro non proprio di potere, andava nutrito, lavato, vestito, organizzato, munito di un servizio d'ordine e di una protezione. Era sua madre che prestava ascolto alle persone degli altri regni, era a sua madre a cui ci si rivolgeva per chiedere un posto di ancella per una figlia da sgrezzare e da sposare. Gestendo quella Casa aveva toccato con mano la grettezza degli Aesir: il denaro, se non era associato ad una proprietà redditizia, aveva la brutta abitudine di finire, se lasciato nelle mani di un figlio cadetto di un jarl.

Dopo la seconda generazione di cadetti di cadetti le petizioni per la pietà di Odino recapitate alla Casa della Regina si sprecavano. E si sprecavano invano - ad Odino non interessavano gli scarti.

Lui stesso aveva dovuto elemosinare per ogni monetina di rame - pensò a Thor, suo fratello, che giocava ai dadi e perdeva, senza un pensiero al mondo, amato da tutti per la sua noncuranza e lo avvolse una rabbia cupa. Grazie al cazzo, pensò, che Thor perdeva con grazia: i suoi debiti venivano gestiti come fossero opere artistiche del Castello, commissioni di intricati poemi scaldici per la gloria dei Borson… Thor non aveva davvero una preoccupazione al mondo e non aveva mai fatto una partita a Hnefatafl per vincere sul serio, dato che perdere non gli costava mai nulla! Nemmeno l’umiliazione di dover chiedere.
Odino ci si rivedeva e ne era in fondo orgoglioso - quale uomo, quale vero uomo non fa un po’ di bisboccia con gli amici? Lui, invece, spendeva il suo denaro in cose che non interessavano a nessuno.

Chiuse gli occhi e scacciò l'immagine di Sigyn dai suoi pensieri. Lei non era per lui e lui non era per lei: era troppo complicata. Sigyn andava bene per Theoric, dato che probabilmente era per lui che si stava conservando - per essere interessata alla faccenda, beh, lo era, gli era stato molto chiaro: il corpo non mente mai ed il corpo di Sigyn aveva quasi cantato di desiderio sotto le sue dita.

Theroic se la sarebbe scopata, decise, una prima esperienza per tutti e due, non estremamente soddisfacente forse, ma divertente: un viaggio nel viale dei ricordi, in onore dei tempi in cui sperimentava con Sif cose di cui alla luce del sole non avrebbero mai parlato.
Probabilmente lei sarebbe stata più a suo agio con quel sempliciotto - il pensiero non lo divertì affatto.
E quando l'avrebbe lasciata, perché Theoric l'avrebbe lasciata, questo gli era molto chiaro, dopo un periodo di scopate sempre un po' meglio riuscite contro i muri di quei fottutissimi giardini pensili, Sigyn avrebbe semplificato i suoi desideri, qualunque essi fossero mai stati.

Si sentì a disagio e si mise a sedere, le coperte annodate intorno alla vita, i corpi delle ragazze aggrovigliati con il suo. Improvvisamente la stanza gli parve soffocante e gli odori troppo acuti. E lui, una vera merda.

 

Prima di uscire lasciò due sacchetti di monete per le ragazze: non era ingenuo, il piacere era stato autentico, equamente distribuito, ma la tecnica delle due giovani gli faceva pensare che della loro arte avessero fatto risorsa di vita per i giorni più bui. L’inverno sarebbe stato duro e gli piacque pensarle allegre davanti ad un fuoco scoppiettante, con il lusso di scegliersi il compagno con cui divertirsi la notte.
C’era già tanta gente avara, non c’era bisogno che lo fosse anche lui con chi non aveva fatto niente per meritarselo.

Con passo rapido si diresse per il sentiero, su, verso il bosco - sapeva il punto e si augurò di essere ancora in tempo.
 
 

“Cosa sai fare?” la voce gli uscì impaziente. Era passato a parlare con il capo della Thing, appena rientrato al villaggio, e aveva fatto convocare la donna in una stanzetta della Casa delle Riunioni. Una senza un letto, adatta alle faccende serie.
 

La donna lo fissò con occhi enormi, incerta e guardò per chiedere aiuto verso l’uomo più anziano. Loki alzò gli occhi al cielo, mentre poggiava con cura la sua bisaccia vicino al punto della parete per cui passata la canna fumaria - non aveva tutto quel tempo, doveva parlare con Asgerda, poi c’era Sigyn e forse avrebbe fatto un tratto di strada con Kylan. Cosa non le era chiaro, benedetta donna?

Il capo della Thing le fece un cenno di incoraggiamento con la testa, come un padre con un figlio non particolarmente sveglio che deve fare il giusto inchino ad un ospite di riguardo.

“Io curo… curavo la casa di mio marito.” disse in un soffio, gli occhi improvvisamente lucidi.

Loki sbuffò “Come tutte le donne sposate...” era stato sarcastico e la osservò sobbalzare alle sue parole. Sigyn si sarebbe irritata, se fosse stata lì, lo avrebbe guardato ammutolita: la donna non era sposata, era vedova e pure di recente, la moglie di quel demente che aveva seguito Snorre a caccia del suo stesso lupo - Snorre poteva fare fessi i suoi compagni di bevute, ma non certo lui… ma questa informazione voleva tenerla per sé ancora per un po'.
Che cosa mai si era aspettato dalla moglie di un demente?

 

Fece cenno al capo della Thing di lasciarli soli - era chiaro che l’uomo non credeva che la donna avesse qualcosa da offrire, per cui l’avrebbe fatta sentire ancora più inutile di quanto non apparisse già. Probabilmente la donna avrebbe finito per sciogliersi in lacrime.
Accidenti a Sigyn! Pensò. Accidenti a Sigyn ed anche a Theoric.

 

Si sedette su una panca e, senza guardare la donna negli occhi “Hai cinque minuti per convincermi a darti una mano per l’inverno che arriva,” disse, stringendosi la fronte all'altezza dell’attaccatura del naso, “fa del tuo meglio...”

Quando alzò lo sguardo gli venne di ridere, la donna si stava slacciando il mantello, con mani tremanti, gli occhi fissi al suolo. Per quasi un minuto pensò che sarebbe stato divertente vedere come era fatta sotto quella lana ruvida ed informe. Sigyn gli aveva raccontato scandalizzata che Snorre Ulfson le aveva proposto delle rape (e un coniglio! come dimenticarsi del coniglio?) in cambio di una notte… dato che Snorre aveva almeno una thrall molto giovane e molto ben addestrata a sua disposizione, la giovane vedova doveva essere interessante, una volta sbucciata di tutti i suoi vestiti.
Si trattenne e la trattenne.

“Ascolta, per una puttana io pago al massimo una moneta d’oro. Ad Asgard. Se pensi di avere solo una cosa che sia interessante per me e di averla lì in mezzo alle gambe… e se una moneta d’oro ti basta… procedi.” fece un gesto noncurante con la mano destra, “Altrimenti pensa in fretta a qualcosa che interessi a me e proprio a me e che ti renda interessante anche domani, quando non sarò qui a riscuotere.”

La donna divenne scarlatta e si sedette di colpo. La vide frugargli nel viso, cercando qualcosa, disperata, un indizio di cosa lui potesse volere, di chi diavolo fosse. Loki la compianse - non ne sarebbe uscita.
Poi, con voce timida, tormentandosi le mani cominciò a parlare “Non vengo dalle montagne. Mio padre costruiva navi, le più belle, ed io preparavo da mangiare per i suoi uomini. So preparare da mangiare per una famiglia, ma so organizzare i pasti per un gruppo di uomini che lavora, fare il calcolo delle provviste, approvvigionarmi con regolarità e al giusto prezzo, senza sprechi. So come va conservato il cibo. So che un uomo che lavora ha bisogno di mangiare e di mangiare bene. So usare un forno e regolarne la temperatura.”

“Tutto da sola?” La Casa delle Regina non si basava su una sola cuoca.
 

“So cucinare e so insegnare a cucinare.” Improvvisamente la donna divenne sicura. “So leggere, scrivere e fare di conto e conosco il sistema di tassazione del Regno.” Fece un piccolo sorriso e osò guardarlo brevemente negli occhi.

Loki la osservò pensando a Sigyn bambina, che aveva diviso il piatto con lui e gli sembrò che la donna avesse, adesso, il suo stesso sguardo, quello di chi pensa di avere un valore, anche se non è per niente in posizione di vantaggio. La cosa gli piacque. “E perché ritieni che a me questo interessi?”

La donna arrossì e poi disse con voce flebile accennò “Il porto. Il cantiere cioè...”

Loki sorrise divertito. Una mensa comune era un’ottima cosa: cibo uguale per tutti, nessun particolarismo di squadra, nessun capetto che avrebbe affamato i ragazzini, informazioni che avrebbero circolato più liberamente, avrebbe saputo subito di un problema, ancor prima dell'annuncio ufficiale - gli uomini parlano. Avrebbe fatto pagare il giusto - se lo avesse donato (e non poteva permetterselo, non con i suoi fondi) non avrebbero apprezzato e l’avrebbero giudicata la follia di un debole, avrebbero sprecato e rubato e si sarebbero lamentati come bambini viziati.
Se li avesse strangolati lo avrebbero odiato e si sarebbero arrangiati in un altro modo.
Se avesse fatto pagare il giusto si sarebbero sentiti in debito e si sarebbero comportati correttamente. Salva la vita ad un uomo e ti pugnalerà alle spalle, salda un debito che potrà ripagare e ne farà una questione di onore.
Non un grande guadagno, ma nemmeno una perdita ed un piccolo contributo al buon andamento dei suoi progetti.

Guardò la donna e cominciò ad interrogarla a raffica sulle varie tasse del Regno e sui regolamenti per edifici del genere - tutte cose contro cui aveva sbattuto la faccia quando aveva iniziato ad occuparsi dell’organizzazione della Casa della Regina. La donna era spaventata, ma gli rispondeva a tono - si capiva che erano alcuni anni che non si occupava più di certe cose, però era chiaro che se ne era occupata e non come una stupida. Per suo padre doveva essere stata preziosa.
Su quello che non sapeva poteva essere informata da un laghmann - ne avrebbe scelto uno di cui si fidava.
Le avrebbe dato una lista dei fornitori della Casa della Regina - era curioso di sentire il suo parere, non riteneva imbrogliassero, ma un altro parere non avrebbe fatto male a nessuno.

“E come faccio a sapere che sai cucinare?”

La donna balzò in piedi “Mio Signore, ho cucinato una torta per i bambini, se permettete, una cosa semplice, il tempo di andare a casa e tornare… andrei di corsa.” ne colse l’ansia nella voce, nella posizione del corpo, nei muscoli tesi e decise che assaggiare non gli sarebbe servito: la donna era certa di quanto stava dicendo - ci si giocava sopra i prossimi inverni.
Una cuoca non sarebbe stata complicata da trovare, pensò spassionatamente, e una cuoca extra o due, sarebbero servite. Ma una buona organizzatrice, soprattutto fedele... Strinse gli occhi.

“Prima dimmi una cosa.”

“Si, Mio Signore.”

“Perché non hai detto cosa credi di saper fare davanti al capo della Thing?”

La donna era pallida, le tremò il labbro “Non mi era venuto in mente…”

“I tuoi figli rischiano di morire di fame… preferivi le rape di Ulfson?” la prese in giro, senza compassione.

La donna si fece scarlatta e riprese a tormentarsi le mani.

“Puoi andare…” Una donna con dei segreti non gli serviva - qualcuno l'avrebbe ricattata, prima o poi.

La donna si avviò con un passo stanco alla porta, le spalle di una vinta e Loki scosse la testa - un segreto aveva questo potere? non gli era mai sembrato con i suoi. Ma nessuno lo aveva mai messo alle strette.

Poi la vide voltarsi e dirigersi decisa verso di lui. “Mia nonna era Vanhir, come vostra madre, in lei scorreva molto forte il seidhr…”

“Una strega, spoglia di guerra. Probabilmente una puttana.” tradusse Loki, con voce gelida. Se sperava di intenerirlo chiamando in causa Frigga si sbagliava di grosso.

“Qui non lo sa nessuno, quando mio marito mi portò qui non disse… i dettagli. Non voglio che uno risalga al mio... passato. Mio padre si vergognò di quello che io avevo fatto, ma mio marito si offrì di sposarmi… di ricominciare da capo”  Loki alzò gli occhi al cielo. Se davvero il padre costruiva belle navi, sua figlia doveva averlo scandalizzato parecchio, per averla ceduta al demente e fatta finire lontano da casa, senza la prospettiva di un aiuto per l'inverno.
Una sciocca che si era fatta portare a letto da un uomo che non la voleva davvero e che l’aveva lasciata con una pagnotta in quel suo bel forno.

La donna tese le mani verso di lui e una fiammella azzurrata spuntò dalle sue mani “Io sono nata così,” sussurrò, “Come mia nonna, e ho pregato tanto di non trasmettere questa... cosa ai miei figli.” era pallida e non lo guardava. Loki giocò con la fiamma provando a spegnerla e si stupì nel vederla resistere “Sei stata addestrata?”

“Oh no mio Signore!” Loki scosse la testa pensando a Sigyn e a quanto fossero diverse. Chi aveva il seidhr non diventava per forza un mago, ma era attratto dalla tecnica, mestiere considerato di valore inferiore. Eppure il Bifrost... quanta conoscenza dimenticata per avere inseguito il sogno di un mondo fatto solo di forza bruta. Quella donna aveva ricevuto un dono e lo aveva considerato una maledizione - probabilmente lo usava inconsciamente nella gestione del fuoco, e nulla più.
Odino controllava gli altri Regni solo grazie alla forza, un Regno giovane, nato sulle ceneri di un regno più vecchio spazzato via ed i cui valori venivano derisi. Ma prima o poi qualcuno avrebbe riso della loro stasi.

“Però,” la donna aveva la voce che le tremava, “le mie preghiere non sono servite, il bimbo più grande…” la donna era pallida. “Lui… anche lui…” balbettò non avendo il coraggio di finire la frase.

Loki scoppiò a ridere - la donna aveva paura per suo figlio, il bastardo, perché aveva una propensione per il seidhr… come se gli avesse trasmesso una malattia... non era stupida, era solo... una As, coi pregiudizi della sua gente. 
E veniva a lamentarsene con lui, vergognandosene e aspettandosi che lui, proprio lui, capisse.

Ebba voglia di ridere e di cacciarla - avrebbe potuto trovare lavoro al cantiere, alla ripresa dei lavori, per quanto lo riguardava, come donna delle pulizie, magari, e intanto mangiarsi le rape di Snorre e vendere quello che pensava di avere da offrire ai tizi che solo qualche ora prima erano in fila fuori dalla legnaia. Di acquirenti ce ne erano...

Poi pensò a Sigyn, con il ventre tondo e senza nessuno, in attesa di un bambino con i capelli scuri e gli occhi verdi - questo dettaglio l’avrebbe stupita, dopo la nascita, e probabilmente lo avrebbe odiato, rimettendo a posto i particolari - un bambino difficile e con una certa propensione per il seidhr. Uno scarto sotto più di un punto di vista.

Theoric se ne era partito mentre loro erano a caccia di lupi, decise. Le avrebbe lasciato in regalo un ciondolo, forse. O forse no: mentre lei non c’era aveva conosciuto una bella ragazza bionda e se ne era innamorato perdutamente. Al cuore non si comanda. Ed era molto più semplice dimenticare uno stronzo, che un imbecille sentimentale.
Se e quando Sigyn avesse scopato con un uomo - e il momento dell'addio agli unicorni gli sembrava arrivato - lui non avrebbe voluto entrarci per niente.

La donna lo stava guardando spaventata e Loki la fissò con sguardo terribile.

“Mi aspetto che tu mi dia tutte le indicazioni per la mensa.” disse con voce gelida "Mi scriverai e ti scriverò e decideremo insieme. Pensa a bene a cosa ti serve e non badare al risparmio - proporti i tagli sarà affare mio. Ora va a chiamare il capo della Thing, e, se Asgerda è arrivata, falla entrare. Stenderemo un contratto. Ma lo firmerò solo dopo aver assaggiato il tuo dolce.” Quest'ultima cosa era una cazzata, ma alla donna avrebbe fatto piacere mostrare cosa sapeva fare, dopo essersi umiliata raccontando le due cose di cui si vergognava di più.
E fare la pace con Sigyn portandole un dolce sarebbe stato più semplice.

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Capitolo 23
*** Una favola morale ***


Una favola morale

“Mi piacciono le vedove.”  disse con un sogghigno Loki “Di solito seppelliscono tutto quello che c’è nel loro cuore da femmina, nel torace di un morto… tutta paccottiglia sentimentale e sciocca in un modo francamente irritante.”

La donna più giovane sobbalzò ferita, ma Loki non la degnò di uno sguardo - non aveva chiuso occhio tutta la notte, tra il duello e tutte quelle salite e quelle discese per quel dannatissimo sentiero e si, certo, anche per via delle due ragazze - fanciulle esigenti, anche se molto simpatiche - ma quello, per lo meno, era stato tempo ben speso.
Ora non aveva tempo di consolare donzelle addolorate, non era mica Theoric! E non aveva nemmeno più nessuna intenzione di esserlo - Theoric, per quanto lo riguardava, era caduto mentre scavalcava i muri di qualche giardino pensile di troppo e i cani da guardia se lo erano divorato. O forse era scappato con una bionda, disertando. Auguri Theoric!

“Avete un problema in comune. Tu Asgerda vorresti più pascolo per i tuoi agnelli, con i lavori giù al porto… crescerà la domanda della carne e della lana. E tu…” la invitò con un gesto della mano.

“Dagmar.” sussurrò la donna più giovane, arrossendo.

“Tu Dagmar hai della terra di cui non puoi occuparti da sola. Potresti accordarti con Snorre, sono sicuro che non vedrebbe l’ora di farti un prestito, ma Asgerda è interessata solo a far denaro, non le interessa una thrall.”

Asgerda sorrise divertita, ma non disse nulla.

Loki le guardò in modo distaccato. Erano tutti e tre seduti nella stanzetta, mentre il capo della Thing era da qualche altra parte a fare cose da capo della Thing. Lo avrebbero chiamato solo per fare da testimone alla prima bozza di accordo, poi ad Asgard avrebbe discusso i dettagli con un laghmann di sua fiducia - niente di complicato o le trattative sarebbero andate avanti per mesi. E chi ne aveva voglia? Erano i progetti del porto che lo interessavano e non solo quelli!

“Spazziamo un po’ di ponti: Dagmar non ti piace perché è sbucata dal nulla, non ha i tuoi stessi segni sulle mani e poi è carina e le donne sono sempre un po’ stronze con una donna bella... ma rispettavi suo marito, so che penserai ad un prezzo onesto.” la voce suonò paziente nel silenzio della stanza spoglia. Le due donne si scrutarono sospettose.

Dagmar pagava il fatto di essere venuta da fuori, rifletté Loki spassionatamente, osservandone il profilo delicato, e di aver sicuramente lasciato trapelare che trovava la gente del villaggio una massa di bifolchi. Tutte le donne belle, amate, e con una famiglia pronta a proteggerle partivano con delle aspettative sulla loro vita molto diverse da chi non era bella, o non era amata, o era sola. Dagmar era stata la luce degli occhi di suo padre, probabilmente, che le aveva dato fiducia e libertà, lasciandole gestire alcuni affari a nome suo. Una gioventù dorata come quella di Thor, che non aveva un pensiero per la testa. E Sigyn si era preoccupata per lei... per una che, se si fossero incontrate qualche anno prima nemmeno avrebbe degnato l'ancella di un secondo sguardo. Sigyn era proprio una sciocca.

Ma cosa aveva fatto Dagmar di quella fiducia? Si era fatta ingravidare da qualcuno che non aveva potuto o voluto sposarla o occuparsi di lei.
Ripensò a quando aveva insegnato a Sigyn, appena ragazzina, a preparare una pozione contraccettiva - che usasse quel seidhr che le scoppiettava intorno anche per divertirsi. Un albero non deve per forza caricarsi di frutti per godere della primavera.

Forse l'amante della vedova era stato uno sciocco qualunque, ma una donna dalla gioventù dorata non era il tipo di perdersi appresso ad un Theoric come tanti se non per una scommessa, potendo scegliere. Ed un Theoric avrebbe fatto sempre la cosa giusta.
Forse si era trattato di un uomo di potere: non sarebbe stata la prima ad usare la bellezza come leva sociale - magari non avrebbe potuto aspirare a diventare una sposa per il tipo in questione, ma una concubina si, in una casa discreta con servitori discreti. Ripensò ad una casa ad Asgard, che gli piaceva parecchio, con i mosaici verdi ed un piccolo giardino segreto tra le mura, ricoperte di edere e more. C'erano anche due alberi di meli bassi, i cui frutti, per quanto lo riguardava, bastavano ed avanzavano.

O forse stava solo pensando a qualcosa di familiare, pensò irritato, magari era stata solo una avventura di un paio di notti, nemmeno la più importante tra tutte le avventure, ma, purtroppo, quella che aveva lasciato una traccia.

Per l'eterea Dagmar doveva essere stato duro cambiare regione, abitudini, libertà, il bambino che le pesava nel ventre, la falce che le riempiva di fiacche le mani, il tradimento di un uomo amato da ingoiare ogni giorno, un altro che si svuotava dentro di lei ogni notte… Non doveva essere stata molto simpatica in quei giorni.


Probabilmente qualcuno, piccato, si era fatto un conto sulla nascita del primo figlio e poi aveva condiviso con qualcun altro la sua gioia per essere riuscito a fare una sottrazione.

Poi, di sicuro, suo marito ci aveva tenuto a ribadire di essere suo marito tenendola segregata in casa e mettendola subito incinta ripetutamente… tre gravidanze dopo la prima e finalmente una tregua. Ne guardò la curva allungata delle gambe, fino alla piega del ginocchio - con i vestiti giusti doveva essere stata un bocconcino, che aveva attratto gli sguardi degli uomini, di almeno due in particolare: il suo amante e l'uomo che si era offerto di crescere il figlio di un altro, pur di avere quelle splendide gambe annodate intorno ai suoi fianchi ogni volta che avesse voluto.

A Loki venne quasi da ridere: se Snorre non fosse stato una vera merda, sarebbe stato il tipo giusto con cui andare a rimorchiare per le taverne di Asgard - aveva occhio.

Vide che Dagmar abbozzava un sorriso cortese verso Asgerda - quelle due avrebbero capito che due vedove indipendenti erano alleate naturali per ribadire il loro diritto di fare come volevano? O erano solo due donnine limitate, piene di pregiudizi e senza un‘oncia di spirito di sopravvivenza?
Dagmar non aveva avuto il tempo di spettegolare con le donne del villaggio e farsele amiche... sapeva cogliere una occasione per ricominciare? 
Gli era sembrato di sì, prima, ma se si sbagliava... in tal caso Dagmar si meritava le rape di Snorre e di finire, il prossimo anno, nella legnaia, ad accontentare i bifolchi.


“Per un prestito?” la donna più anziana guardò perplessa le braccia magre della giovane.

“Ragiona: il figlio più grande ha nove anni, il più piccolo quattro, pensi che se la caverebbe brillantemente da sola?” alzò gli occhi al cielo nel dirlo. Fare un prestito a Dagmar, in questo momento era solo una pessima idea, a meno di non volerle dare il colpo di grazia, e vederla diventare una thrall per pagare i suoi debiti. Era meglio pagarla perché si impegnasse in un progetto che, per le dimensioni, non poteva essere tutto suo.

“Per l’acquisto?” Asgerda aggrottò le sopracciglia.

“L’affitto.”  sbuffò irritato.

Quella rapidità con cui aveva deciso che lui la voleva orizzontale… forza dell’abitudine? Era quello che aveva attratto Snorre? Aveva fiutato che era già stata domata? Gli ultimi anni della donna erano stati tutti con gli occhi chiusi, i denti stretti e la mente altrove?

Asgerda rispose decisa: “Di un anno solo non ne faccio nulla”

“Tre. In un anno capita poco per tutti.” concesse.

Asgerda insistette: “Con diritto di prelazione, se vuole affittare di nuovo.”

Dagmar tossicchiò e poi disse "Ma con il diritto di rivedere gli accordi economici. Prelazione, ma non alle stesse condizioni..."

Loki si leccò le labbra, come un predatore, in un altro momento sarebbe stato interessante scoprire se la donna ancora si ricordava cosa fosse il piacere. Chissà come sarebbe stato vederla implorare di non smettere, invece di vederla aspettare che la faccenda finisse in fretta. Ma ora non era il momento per queste sciocchezze.

Asgerda annuì pensosa. “Farai tu da tramite per l’accordo sul prezzo?” chiese in tono speranzoso, guardando Loki.

“Il capo della Thing.” conoscendo Asgerda sarebbe stata una faccenda lunga e non aveva il tempo, ma avrebbe consigliato Dagmar - Asgerda era troppo abituata ad averla vinta.

Le due donne annuirono e Loki aggiunse “Se la tratti bene, sappi che forse ha delle conoscenze che ti potrebbero tornare utili.”

Asgerda guardò la donna, con aria scontrosa “Puoi restare nella tua casa, non mi serve tutta…”

“Lei si sposterà giù al Porto.” disse Loki, “O hai cambiato idea?”

Dagmar scosse la testa rapidamente, impaurita. Loki pensò che era stufa dei bifolchi e di quella casa, che forse aveva finito per amare suo marito o forse no, ma di certo le era mancata la libertà che aveva con suo padre. E che di altri uomini non aveva più nessun desiderio. Aveva visto cosa c'era dietro le parole di miele e le stelle e le notti di luna piena. Le stesse cose che c'erano dietro un sacco di rape - e un coniglio! Non dimentichiamoci del coniglio...
Di certo non aveva nemmeno più voglia di altri figli.
Bene, si sarebbe concentrata sul nuovo lavoro.

“I piccoli forse, adesso dovrai seguire i lavori per me in modo che in primavera sia tutto pronto, ma in primavera il secondo potrebbe stare con Asgerda e imparare qualcosa da lei… tu avresti più tempo per i due più piccoli e per il tuo lavoro.”

La donna guardò incerta Asgerda - non si fidava era chiaro. Non di affidarle i bambini.

“Non hai amici al villaggio.” Loki era davvero stanco di queste schermaglie. “Lo sappiamo. Ma tuo marito si, lui ce li aveva, e quelli sono i figli di tuo marito.” era una cazzata, se Snorre si era fatto avanti con le sue rape e nessuno aveva battuto ciglio, il marito si era fatto ammazzare per proteggere un villaggio, che se ne fregava di proteggere i suoi figli: quei bambini erano i figli della straniera. Punto. E Dagmar ce l'aveva chiaro, infatti non si era fidata del capo della Thing.

“Asgerda lo rispettava." aggiunse - era vero tra l'altro. "Ora va a prendere quel dolce.” le disse brusco, congedandola. Dentro di sé pensò ringrazia Sigyn e tutte quelle sue sciocche chiacchiere notturne, accoccolata contro di me…

Il pensiero di quello che era successo dopo lo fece irritare. Avrebbe finto di non ricordare di averla baciata, in fondo era successo solo quello, il resto andava archiviato come sogno o frutto del caso.
Ripensò irritato a quella casa con i mosaici verdi - forse l'avrebbe acquistata, gli serviva un posto dove trasformarsi in un falco senza nascondersi su un tetto, dove sentire il vento sulla pelle ed il rumore delle foglie, dove starsene per conto suo, insomma, ogni tanto. Aveva abbastanza seidhr da intessere tutto intorno una maglia di protezione, che la schermasse da Heimdall, il Guardiano, e Wili, Pugno nell'Ombra, e da suo Padre, che lo considerava tanto quanto della polvere da nascondere sotto un tappeto e che però, invece di dimenticarlo, non la smetteva di sbattergli in faccia che non era quello che lui avrebbe voluto che fosse.

Come sentì i suoi passi svanire per le scale, Loki si voltò verso Asgerda: “Vado di fretta, perdonami e cerca di seguirmi,“ si sentiva stanco e svuotato di energia e soprattutto di pazienza, “Il figlio di una thrall nasce thrall ed è di proprietà di chi possiede sua madre, correggimi se sbaglio.”

Asgerda non disse nulla, ma sbatté gli occhi, tradendo la preoccupazione.

“Se qualcuno riscatta uno schiavo, quello diventa un freedman, ma un freedman non può sposarsi o acquistare una proprietà di un certo peso senza il permesso del suo vecchio padrone, nemmeno andarsene. Se dovesse morire possedendo qualcosa, quel qualcosa sarebbe del suo vecchio padrone, indipendentemente da chi gliela avesse data o lasciata in eredità. Un freedman deve sempre essere degno del suo vecchio padrone ed onorarlo, altrimenti rischia di perdere la sua libertà, con il consenso della legge.” poggiò il gomito sul bracciolo della sedia e appoggiò il mento alla mano, con aria distaccata “Di nuovo: correggimi, ti prego, se sbaglio.” 

Asgerda impallidì, ma continuò a tacere.

“Ora io credo che all’epoca ti fosse sembrata un’ottima idea pagare un riscatto per un bambino, che in fondo era in parte tuo parente. Acquistare il figlio di tuo figlio… poteva esserti sembrato imbarazzante, tuo figlio forse non avrebbe voluto, tua nuora non l’ha mai perdonato per averle preferito una Jotnar selvatica usata da tutti e dalla pelle di un colore rivoltante. Magari hai pensato che se tu fossi morta sarebbe stato uno schiavo di cui disfarsi e basta. Così, siccome Snorre non avrebbe saputo che farsene e ti sarai accordata… Sai che ha fatto il tuo ragazzo ieri sera?”

Asgerda scosse la testa preoccupata.

“Gli ho affidato Sigyn, e lui l’ha congelata fino a farla svenire, l’ha trascinata fino al rifugio ed è rimasto lì ad aspettare nel buio con una freccia incoccata nell’arco.”

“Lo punirai?” chiese la donna scandalizzata. “Gli leverò la pelle a suon di frustate! Far svenire una ragazza!”

“E perché mai?” Loki la guardò stupito, “Sigyn è irritante quando ci si mette, testarda più di una capra. Ha fatto molto bene. Forse un po’ rozzo nei modi, ma decisamente efficace: stava eseguendo i miei ordini.”

Asgerda lo guardò negli occhi allibita.

“Solo che io non gli ordinato di incoccare una freccia ed aspettare nel buio… quella freccia aveva inciso su il nome di Snorre. Direi che non è il caso di farsi molte illusioni sul capitolo onorare il vecchio padrone…” gli stava venendo da ridere. Non gli aveva dato l’ordine, ma gli aveva dato il permesso e il ragazzo aveva scelto.

Asgerda obiettò “Lo tengo sotto controllo e gli farò un bel discorso su quello che può e non può permettersi di fare… quella bestia!”

“Conosci la favola del lupo e dell’agnello?”

Asgerda scosse la testa.

“Te la riassumerò in breve: c’era una volta un agnellino che si stava abbeverando ad un ruscello, un agnellino di un delicato color lavanda pallido, con occhi che sotto una certa luce parevano avere un bagliore rosso sangue. Un lupo, grosso, grasso e da ieri sera sfregiato, si stava abbeverando più a monte ed accusò l’agnellino di sporcargli l’acqua. Era una cosa possibile secondo te?”

Asgerda scosse la testa impacciata.

“Fu quello che disse l’agnellino, con il capo chino, molto educatamente come gli era stato insegnato a suon di frustate, chi sta a valle non può intorbidire l’acqua di chi sta a monte. Allora il lupo disse sei uno di quelli agnelli che tanti anni fa massacrarono i miei amici, durante la guerra e l’agnellino spiegò che sua madre era stata solo una gran puttana di pecora, fatta prigioniera, e suo padre un lupo che se l’era montata, tanto per vedere l’effetto che faceva ficcarlo in qualcosa che non era una gran bella lupa, una curiosità che era presa a tanti lupi, uno più, uno meno, e che lui era nato in tempo di pace. Cosa successe dopo, secondo te, Asgerda?”

Asgersa era pallida e guardava fisso a terra.

“Il lupo rise, disse che l’agnello chiacchierava troppo e che era venuta l’ora di mangiarselo.”

Asgerda continuò a fissare lo sguardo in terra, ostinata.

“Ora l’agnellino non era così contento di essere mangiato, così cercò di mordere il lupo. Ma nessuno gli aveva insegnato a farlo per bene, sapeva solo incassare, così si limitò a graffiarlo, non risolvendo affatto il suo problema. E agli amici del lupo… beh agli altri lupi non interessava un bel nulla degli agnellini, specialmente se erano agnellini che mordevano. Non interessava nemmeno al lupo che lo aveva generato. Così lo tennero fermo e lasciarono che il lupo grosso e grasso se lo sbranasse. Come era suo diritto per essere stato attaccato. Ed ereditò pure, che lupo fortunato!”

Loki notò che Asgerda aveva stretto i pugni e che le nocche le erano diventate bianche.

“Quando sono arrivato, tu mi hai chiesto cosa fa mio fratello. Thor, quando si annoia, ogni tanto imbocca il Bifrost, con i suoi amici e va a cercare qualcosa o qualcuno da combattere. E’ stato anche su Jothunheimr, e lì ha dato la caccia ad un paio di Jotun. C’è più gusto e più onore che a cacciare un pentapalmo. Almeno così mi dice.”

“E’ una favola interessante... “ mormorò Asgerda.

“E’ una favola morale, che dice che i pretesti si trovano. E’ la posizione di supremazia che o ce l’hai o non ce l’hai.”

“Se fosse successo adesso - di dover decidere per il riscatto - sarei venuta da te per un consiglio.” mormorò la donna, tesa, il volto che sembrava ingrigito ed invecchiato. “Allora pensavo che… sarebbero successe altre cose…”

“La gente ti sorprende sempre…” Loki annuì, ”Se fosse successo adesso ti avrei detto che se serve del denaro per affittare le terre della vedova, e se serve del denaro per… comprare un magazzino giù al porto? di quelli che devono essere costruiti… è lecito pensare di vendere ciò che si ha e di cui non spiace disfarsi.” Gli investitori, anche piccoli servivano, per dare fiducia al progetto, decise.

“La dimensione del lupo cambia qualcosa nella tua favola?”

“Questo io non lo so. Ma non c’è niente al mondo che non si possa disfare. Tranne la morte.”

Asgerda tacque poi mormorò, senza guardarlo, con voce impercettibile “Forse cambia molto il carattere del lupo…”, rilassò le mani ed educatamente chiese a voce alta “A cosa ti serve un agnello?”

Loki indicò la bisaccia vicino alla canna fumaria, che si alzava e si abbassava ritmicamente “Credo che sappia fare qualcosa che io non so fare e che mi serve.”

Vide un lampo negli occhi della donna - e così aveva sospettato anche lei della provenienza di quel lupo. Suo figlio, o forse la bestiolina Jotnar… altri guai per l’agnellino, che sapeva un po’ troppe cose e le teneva per sé… Le vide stringere le labbra e soppesare in fretta tutta una serie di pro e di contro e la forza di carattere di suo figlio e la rabbia di una donna tradita. Il figlio di Asgerda aveva sicuramente confessato alla sua bella moglie un accoppiamento solo, ed era possibile, rifletté Loki, per quello lui stava sempre attento, ma possibile e probabile non erano sinonimi… Il figlio di Asgerda non era stato solo curioso, ma era tornato e ritornato, e forse aveva cercato delle parole per le chiacchiere oziose tra innamorati, se preferisci il dolce o il salato, ti piacciono i fiori… vuoi imparare a tirare con l'arco?... cose così. E probabilmente le aveva trovate. E la Jotnar non doveva solo saper grugnire, trascinata su e giù per i mercati, sicuramente aveva imparato la lingua. Altrimenti il piccolo sarebbe finito nel pozzo, come ogni figlio indesiderato, ed Asgerda non avrebbe saputo nulla - un solo incontro le sarebbe sfuggito, non avrebbe avuto la certezza di una paternità, ma la bestiolina da sola ed una presenza costante di un uomo rimbecillito dal blu… era tutto un altro paio di maniche.

Poi la vide sorridere, come se avesse capito qualcosa che l’aveva fatta sentire più tranquilla.

“Fisserà il prezzo il capo della Thing.” disse scontrosa

“Mi pare corretto.”

“Te lo porti via oggi?”

“Si.”

“Preparerò le sue cose, ed un dono per Lady Sigyn, un fermaglio per quei suoi capelli lunghi… dovrebbe farli crescere ancora di più e tenerli annodati in una treccia.”

“Non è una Lady.” la corresse Loki educatamente, “E non lo sarà mai.”

“Peccato.”

“Ma sono d’accordo con te, con i capelli lunghi sta molto bene.” concesse in tono cortese, come se stesse conversando con qualche anziana Lady, nel salotto di sua madre. “Il fermaglio le farà sicuramente piacere.” Per quanto dipendeva da lui sarebbe stata sempre una donna libera.

“Aggiungerò un collare, forse gliene servirebbe uno? Ad Asgard ha qualche animale domestico?”

A Loki venne da ridere, ma si trattenne, Asgerda non era una stupida e credeva di aver individuato il suo punto debole… la piccola Sigyn che aveva pianto per il cucciolo di lupo... che aveva dormito nel letto, da sola. Come aveva detto? Che nelle coperte non c’era il suo odore… beh adesso c’era. Si leccò le labbra e sogghignò “E’ una ancella di Lady Frigga: non le permetterebbe di tenere animali. Lo prenderò io, grazie.”
Che pensasse ciò che le faceva piacere pensare. Lui voleva una Sigyn protetta... se l'unico motivo che Asgerda avrebbe trovato per proteggerla, se fosse mai stato necessario, era che la piccola aveva un potere su di lui... che facesse... per ora era Asgerda ad essere in debito con lui.


Poi sedettero e cominciarono a stendere una bozza dei loro accordi. A quelli con Dagmar avrebbe pensato dopo.
 

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Capitolo 24
*** Una farfalla verde tiene molta compagnia ***


Una farfalla verde tiene molta compagnia

 

Loki apparve sul sentiero, con il viso tirato e un'ombra di cerchi scuri attorno agli occhi, seguito da Thrain, alto e con le gambe lunghe, il capo chino, avvolto nel suo solito mantello, con il suo solito cappuccio che gli nascondeva il volto e con uno zaino da cui spuntava, arrotolata con cura, la pelle del lupo.

Sigyn, seduta sulla veranda trattenne il fiato: non aveva smesso per un momento di pensare al momento in cui lui le era passato accanto, nel gelo della sera, mentre lei se ne stava lì avvolta in una coperta, cercando di recuperare il buonsenso, l’orgoglio ed il ricordo delle labbra di Theoric. Era stata una notte orribile.
Quando aveva sentito i passi di Loki sulla veranda, per un attimo - colpa di sicuro di tutte quelle stelle maledette - si era illusa che lui si sarebbe seduto accanto a lei e le avrebbe chiesto scusa.

O che le avrebbe preso la mano, senza dirle nulla, e riportata dentro.

Sigyn, al pensiero, si passò per l’ennesima volta una mano nervosa, nei capelli.

Riportarla dentro per fare cosa? Per dirle cosa? Per farla a pezzi?

Ma lui - per fortuna - le era passato accanto senza sfiorarla e se ne era sceso giù per il sentiero, lasciandosi inghiottire dalla nebbia.

Quando l’aveva toccata… quella sera… lei gli aveva cercato il battito del cuore, ma aveva trovato solo il ritmo regolare del sonno.
C’erano stati dei gemiti quella sera, ma erano stati tutti suoi. Sigyn se ne vergognò - con Theoric non era stato così. Avrebbe potuto essere così? Doveva assolutamente essere così.

Andandosene lui le stava mostrando che non aveva bisogno proprio di lei per… quello?
Come se non lo sapesse - ripensò con amarezza a Loki e ad Hervor, che sgusciavano fuori dalla Biblioteca, con il loro odori mescolati e quel sorriso come una tagliola. Due animali soddisfatti.

O forse non le stava nemmeno dando una spiegazione indispettita di quanto poco contasse? Era stato solo desiderio senza un oggetto preciso, un sogno, e lei unicamente un corpo caldo accanto al suo, ma non quello giusto?

A quel punto, dopo avere sperato per un tempo assurdo che lui tornasse indietro, era rientrata e si era accoccolata nel letto, trovandolo gelido, nonostante le coperte e le pelli.
Aveva annusato il cuscino con ancora l’odore di Loki, ed aveva pianto come una cretina.

Quando alla mattina presto Ragni era apparsa e le aveva chiesto, maliziosa, dove fosse Loki, lei aveva alzato le spalle, come se non le importasse, e le aveva risposto che, poco dopo che loro se ne erano andati, lui, il Principe, se ne era tornato al villaggio.
Ma aveva abbassato lo sguardo come una perdente, mentre lo diceva, invidiando Ragni, coi suoi capelli corti, che se ne andava saltellando tra i pini con un uomo - le era chiaro - altrettanto selvatico quanto il Principe Loki della Casa dei Borson, senza darsi troppi pensieri su cosa sarebbe successo domani, o dopodomani, o il giorno dopo dopodomani.

E così eccole lì, sedute tutte e due su una veranda a guardare un sentiero, sorseggiando una tisana, senza dirsi nulla. Aspettando.

 

Quando lo vide arrivare, con quel passo deciso, sperò che avesse passato una notte altrettanto schifosa - ma ne dubitò.

Kylan lo salutò con una risata “E così l’amica degli unicorni ieri sera non era una buona compagna di letto? Peccato era partita così bene...”
Sentì Ragni sbuffare, accanto a lei, ma Sigyn se ne stette zitta - le cose stavano così, era chiaro a tutti: lei aveva bevuto e flirtato, ma Loki se ne era ridisceso al villaggio, con tutta quella nebbia nel sentiero, e non certo perché aveva avuto una voglia improvvisa di una fetta di torta. 


 

Loki guardò Sigyn - aveva gli occhi rossi, registrò, irritato, e così rieccolo ricacciato nel suo solito ruolo di figlio deludente, presunto erede deludente, non si sa bene cosa deludente, eterno sassolino nella scarpa, spina nel fianco, nota stonata nel coro.

Si Sigyn, sono sceso a scopare, e già che c’ero me ne sono scopate due. E se non fosse che avevo altro da fare, grazie alla bella vedova un po’ zoccola di cui ti preoccupi tanto, il conto poteva salire a tre, anche se forse, arrivati al quel punto, non avrei dato esattamente il mio meglio, non so se mi spiego.
E dico “zoccola”, non perché Dagmar non ha conservato la sua verginità per il marito - non credo al mito della verginità, non sono pazzo come Sif - e nemmeno perché Snorre ci ha provato con lei. Lo dico perché era più che pronta a schiudere le cosce per un Principe, segno che il problema non era farsi fottere, ma solo questione di trovare il giusto prezzo - un sacco di rape non le bastava. E allora?

 

Appoggiò un gomito alla balaustra della veranda e le piantò gli occhi nel viso

 “Ieri eri in lacrime per la morte di un lupo pericoloso, poi eri di nuovo in lacrime per il destino di un cucciolo potenzialmente pericoloso…” e stamattina sei in lacrime per cosa? Hai cambiato idea? O pensi che dovrai confessare qualche cosa al dolce Theoric ? Perché la verità Sigyn e che all’inizio ti ho cercato io, ma alla fine, prima di quella fuga spettacolare, sei tu che mi hai cercato. Con le tue labbra sulle mie.
I ragazzi cresciuti nei villaggi hanno idee più ristrette di quelli cresciuti in città, questo lo sai vero? Hai paura di non essere più degna del tuo unicorno? Credi che ti giudicherà?

Ma non glielo disse perché era una cattiveria bella e buona e perché a Theoric di quello che era successo la sera prima non importava nulla, lui lo sapeva molto bene.

 Sigyn arrossì e abbassò lo sguardo sotto quello di lui.

“Volevi ripagare il debito che pensi di avere con il lupo jotnar? Un animale nobile, che cercava solo di sfamare se stesso ed i suoi, un villaggio che ne aveva paura, ma non se lo sapeva cacciare da solo senza fare un gran casino ed un Principe che ha dei suoi interessi che vuole proteggere e un po’ di simpatia per una vedova anziana, rustica e piena di pregiudizi… tutto molto prosaico, forse anche mediocre, rispetto al lupo, vero?”

Sigyn annuì, ma non gli rispose - il pensiero del lupo le faceva ancora male, ma tutta la notte non aveva pianto per quello. E Ragni lo sapeva.

Loki proseguì con un sorrisetto, “Così vedi il lupacchiotto, piccolo, magro, stentato, destinato a morire di fame e ti fa tenerezza. Ti spiace tanto per il lupo, ma quello che non puoi più fare per lui, perché ormai è troppo tardi, pensi che lo potresti fare per suo figlio…” scosse la testa, divertito. “Pensi che il lupetto ce l’abbia con te perché hai fatto fuori suo padre? Nemmeno lo ha conosciuto… cosa vuoi che gli importi? Oppure credi che si affezionerà a te perché gli gratterai la testa dietro le orecchie come faresti come con un cane?”

Sigyn sobbalzò. Kylan intanto si era avvicinato, interessato. Sigyn pensò che anche Kylan lo sapeva, che lei aveva pianto - si vedeva, lo aveva capito dallo sguardo di Ragni, dall’offerta di una tisana e da quel silenzio. Eppure si era strofinata il viso con l’acqua gelida.

E Kylan sapeva anche perché - se non ci fosse arrivato da solo, glielo avrebbe spiegato Ragni, a sua eterna vergogna.

 

“Ma non è un cucciolo di cane…” concluse Loki irritato.

Sigyn alzò lo sguardo “Non era un lupo! Non era solo un lupo, avresti dovuto guardarne la coda, era come un cane!” era esasperata. “Forse non è un cane come lo intendi tu o come lo intendo io, ma non è nemmeno un lupo di cui si può solo avere paura…”

Loki la guardò, irritato. Da bambino - quando era ancora ingenuo - aveva chiesto ad Egir, la nutrice, che cosa avrebbe dovuto fare per piacere sul serio a suo padre - piacere, non essere amato: Odino era il suo Dio e gli sarebbe bastata solo una briciola della sua benevolenza.
Lei, una donna di poche parole, aveva risposto "Essere Thor", chiudendo definitivamente il discorso.
 

“Non puoi pretendere che quel lupacchiotto sia come un cane, questo ce lo hai chiaro, Sigyn? Non lo è. E’ quello che è.” Non sono Thor, pensò furibondo. Non sono mio fratello.

Sigyn si fissò i polsi, poi piano disse “Snorre Ulfson non prende qualcosa che non può controllare. Come la thrall nella legnaia. Quel lupo se lo è portato da Jotunheimr: non lo avrebbe fatto se non avesse saputo di poterlo controllare.” cercò di essere logica - era inutile, ora, appellarsi al cuore di Loki.

E così Sigyn tu sai da dove viene quel lupo, te lo ha detto Thrain? Loki socchiuse gli occhi, irritato.
 

"Vuoi che quel cucciolo diventi come la ragazza nella legnaia? So che l’hai vista. Sono certo che ad ogni ordine che riceveva la thrall sapeva il gesto giusto da far corrispondere, ma non c’era nulla di più di quello… domare un animale è così: una corrispondenza tra ordini e gesti che per l’animale non hanno nessun significato.”

E invece con Hervor c’è un significato? Con chi ti sei incontrato stanotte c’era? pensò la ragazza rattristata, però insistette “Forse non è come un cane degli Aesir, ma per gli Jotun... la coda, la può arricciare, un lupo non può… un significato… un significato lo può trovare, tra gli Jotun, perché non qui?” Se io ti avessi baciato, mi avresti vista? Me, intendo, non una ancella qualunque? O sono solo illusioni?

“Tra un anno ti morderà. Se sarà al viso non sarai più così carina per il tuo unicorno… forse non lo sarai per nessuno…”nemmeno per me, stanne certa, Loki era severo. “Se sarà ad una mano i tendini saranno andati e con quella mano non farai più nulla, non tesserai, non terrai la mano a tuo figlio per insegnargli a camminare, non farai godere il tuo uomo…”
Non sono nemmeno Theoric, non ci sono case che intendo mettere su con nessuna. Se mai mi sposerò sarà un matrimonio che abbia un senso per il bene di Asgard.


Kylan sogghignò e la guardò con aria allusiva, ma Sigyn si sentì morire - un uomo da far godere... sperò che Theoric non l’avrebbe giudicata male, quando ci avrebbe provato. Perché lei ci avrebbe provato - era timida, ma non disinteressata. E non voleva come unica compagnia delle illusioni.

“Se sarà alla gola affogherai nel tuo sangue,“ riprese Loki teso, “e sarà doloroso e breve, ma non così breve come ti augurerai in quel momento. Ne vale la pena?”
Non ne valeva la pena ieri sera, tra noi? E’ stato per quello? Anche per te è una questione di prezzo?

 

“Io avrei solo voluto che vivesse.” la voce di Sigyn era ferma. “E credo che possa essere addomesticato, ma non lo so per certo. Comunque era troppo piccolo per sopravvivere da solo ed è un peccato. Forse la soluzione è imperfetta, ma non vuol dire che sia completamente sbagliata.”
E se non ci fosse Theoric e potessi tornare indietro non me ne andrei da quel letto e ti chiederei di insegnarmi a darti piacere e a prenderne da te. Non so da quando sono diventata così desiderosa di certezze. Mi spiace.
Lo pensò, ma non lo disse, stavano parlando di un cucciolo, in fondo, e Loki non ci pensava più alla notte prima, nemmeno ci aveva mai pensato, forse, e comunque, che ci avesse pensato o meno, non sarebbe tornato sui suoi passi. E Theoric, invece, c’era, forse era lei ad illudersi, ma c’era. E i fatti suoi non erano fatti di Kylan, un altro più vicino ad un lupo che ad un uomo.

Loki sospirò poi le tese la bisaccia di cuoio morbido. “Tutto quello che ti succederà con questo cucciolo ibrido, te lo sarai cercato tu. Non venire a piangere da me. E se non sarà gestibile, mi aspetto che provvederai tu stessa, sono stato chiaro?” 

Fu con impazienza che la ragazza aprì la bisaccia, e sfiorò il pelo del cucciolo addormentato - era stupendo. Lo accarezzò dietro le orecchie con dita gentili e lo vide sollevare le labbra sulle piccole zanne candide quasi azzurate, pronto ad un brontolio minaccioso. Sorrise. Era troppo piccolo per essere una vera minaccia, faceva solo una gran tenerezza.

Lo prese in braccio - era esausto, lo sentì divincolarsi con movimenti affaticati, mentre le zampotte si agitavano disperate, ma senza convinzione.
Se lo poggiò contro il petto, sperando che percepisse il battito del suo cuore ed il calore. Sono le prime cose che un essere vivente sente, sono casa… lei sarebbe bastata per il cucciolo? O non era abbastanza nemmeno per lui?

Lo sentì emettere un suono tra un uggiolio ed un ringhio, ma lei continuò ad accarezzarlo, dicendogli con voce tenera, che era bello, bellissimo e sicuramente buono. Senza ricorrere ad incantesimi - non avrebbe osato, non se lo meritava un inganno.
Il cucciolo sembrò a lungo indeciso tra l’uggiolare e il ringhiare.
Ad un certo punto sembrò quietarsi, accomodandosi meglio su Sigyn, con gli occhi chiusi, ma poi puntò le zampe, scoprendo lentamente le zanne, pronto all’attacco.

Loki intervenne, la fronte aggrottata “Ti spiegherà Thrain come nutrirlo e come addomesticarlo.” lo prese in braccio, e, incurante dei suoi uggiolii di protesta, lo risistemò nella bisaccia. “Lo farà lui e tu gli darai una mano. A quanto pare lui sa come si fa.”

“E’ per questo che è qui?” chiese Sigyn improvvisamente timida, cercandolo il ragazzo con lo sguardo “Si è offerto di venire con noi? Per occuparsi del cucciolo?”

“E’ stato acquistato.” puntualizzò Loki con voce gelida, trattenendosi dall’alzare gli occhi al cielo. Thrain non gli pareva esattamente il tipo da piangere per un cucciolo, non con tutto quello che aveva visto nel suo passato, e non con tutti i problemi sul suo futuro che doveva avere ben chiari - alla morte di Asgerda sarebbe stato sbranato. Figuriamoci cosa gliene poteva importare di un cucciolo!
Meglio per tutti, per altro: se l’ibrido si fosse rivelato un errore Thrain lo avrebbe capito per tempo. E lui, Loki, sarebbe intervenuto.

“Prepara i bagagli e sella i cavalli,” le ordinò seccamente, “Intanto Kylan ed io vediamo se Thrain sa combattere…”

 

I due uomini fronteggiarono a turno il ragazzo, senza usare armi, uno attaccandolo cpn movimenti lenti in modo innaturale e l’altro mostrandogli i gesti da compiere.

Lo studiarono, scambiandosi degli sguardi significativi. Mancava di muscoli, ma i muscoli giusti si potevano costruire con l’esercizio giusto, lo sapevano tutti, ed il figlio di Asgerda, di muscoli, ne aveva in quantità imbarazzante: Thrain era un mezzosangue, e forse avrebbe preso qualcosa di buono dalla sua parte As.
Al massimo avrebbe avuto una struttura simile a quella di Loki, pensarono in due, inadatta per tutta una serie di cose, ma favolosa per molte altre.

Poi Loki gli disse di provarci contro di lui, senza trattenersi, e Thrain attaccò con tutto il suo impeto, Loki si spostò di lato, e poi, voltandosi su se stesso, mentre il ragazzo crollava a terra travolto dalla sua stessa foga, lo colpì su una guancia con il gomito. Lo stesso punto del livido di Sigyn.

“Fa più attenzione la prossima volta.” gli disse in tono neutro.

Poi gli tese una mano e lo aiutò ad alzarsi.

“Ci metterò molta più cura.” replicò Thrain “La prossima volta. “ e lo disse con voce seria, come se stesse facendo una promessa.


 

Si misero in marcia. Kylan e Loki davanti, Sigyn e Ragni nel mezzo e Thrain a chiudere la carovana.

“Cosa ne farai del figlio della vedova?” chiese Kylan, ad un certo punto, tanto per ammazzare il tempo.

“Studierà con Freja” rispose Loki. Sigyn a quelle parole si irrigidì, ma non disse nulla. Ripensò all’esame e decise che di ritorno a Palazzo si sarebbe impegnata più che poteva.

“Non è un po’ piccolo?” Kylan era perplesso.

“Forse, ma sua madre è preoccupata per via del suo seidhr…”

“Preoccupata?” Kylan era un Guerriero delle Ombre e non capiva le fisime sul seidhr. Esattamente come non capiva quelle sul sesso.
Ognuno combatte e scopa secondo quello sa, quello che ha e quello che al momento lo aggrada o gli viene meglio - questa era la sua filosofia.


"Il seidhr ad Asgard, lo sai, è un po' come la poesia - indubbiamente aiuta nei momenti di difficoltà, ma resta un fatto molto privato, pochi sanno farlo davvero bene, mediamente piace più alle donne che gli uomini, e a tanti, forse la maggioranza, sta decisamente sul..."

"Loki!" Sigyn lo interruppe scandalizzata.

"Ah si... dimenticavo... anche la verità è come la poesia... tranne che la verità alle donne piace meno che agli uomini."

Kylan rise e Sigyn scosse la testa. Ragni le sussurrò “Non dargli retta, gli uomini la verità spesso nemmeno la riconoscono, a meno che non li abbatta come un pentapalmo in fuga…”

 

Arrivati alla Scorciatoia Kylan disse che si sarebbe unito volentieri a loro, ma ad una condizione: che la loro carovana venisse chiusa da Sigyn, che si sarebbe occupata anche dei cavalli.

Loki alzò un sopracciglio divertito, ma la ragazza non disse nulla.
Legò gli animali in fila, annodando le briglie del successivo alla sella del precedente, con molta attenzione. Per ultima mise Elskann, che coccolò come suo solito, abbracciandola e baciandole il muso, le dita ricolme di fette di mela.

Il cucciolo si agitò nella bisaccia ed Elskan scalpitò nervosa: sentiva l’odore selvatico e sicuramente in parte alieno del cucciolo.

Sigyn continuò a tranquillizzarla accarezzandola e sussurrandole un incantesimo, mentre Loki le osservava, irritato. Pensò che se Elskan avesse calpestato il cucciolo sarebbe stato meglio per tutti - Sigyn avrebbe pianto, ma ad un certo punto avrebbe anche esaurito le lacrime. Lasciandone giusto qualcuna per la morte di Theoric. O per la sua fuga con una ragazza alta e bionda.
Si sentì in colpa - la sera della festa aveva fatto un casino, ma non lo aveva fatto con cattiveria, credeva davvero che fosse la cosa migliore. Aveva davvero voluto vederle spiccare un po’ il volo.

 “Quando quel lupo ti morderà non credo sarò particolarmente entusiasta di doverti dire che te lo avevo detto, ma tu lo sarai ancor meno mentre mi ascolterai” il tono era acido. Ti illudi che un lupo divenga un cane scodinzolante; un lupo è un lupo. Non ha nulla di buono da offrire.
 

Le si avvicinò deciso e le sfilò di dosso la bisaccia.

“Questa la tiene Thrain, se permetti non voglio che Elskan si imbizzarrisca e si trascini dietro i nostri cavalli. A Sleipnir ci tengo.”

Sigyn annuì.

“Altrimenti potremmo lasciarlo qui con del cibo. E tornare dopo, con calma.”

Era una proposta onesta, ma Sigyn non se la sentì di cedere e scosse la testa. “Se deve essere domestico, dovrò abituarmi a portarmelo dietro.” Se ho detto che me ne prenderò cura, me ne prenderò cura sempre a partire da subito, non solo quando fa comodo. Lo so che non è un cane. Non voglio un cane.
Però voglio una casetta isolata, un giardino dove crescere le mie erbe e forse un melo, per via di Elskan - ne va matta. E un telaio. Dici che al lupo proprio non piacerebbe?

“Hai riflettuto sul fatto che oltre che mordere te, potrebbe mordere qualcun altro? Ci hai riflettuto bene?” glielo chiese con aria severa e quando lei annuì lui scosse la testa, “So che molto nobilmente mi dirai che sei più che disposta a pagare, ma potrebbe costarti qualcosa di più di una bella frustata… la nostra legge prevede il guidrigildo, lo sai, vero? Dovrai sopportare una punizione ma anche rifondere un danno con del denaro… come hai fatto con Snorre alla festa. Ed io non ti aiuterò.” La via delle grosse cazzate è lastricata da tutte le illusioni che non hai il coraggio di non concederti.

Sigyn impallidì, ma la voce rimase tranquilla “Me la caverò.”

“Sei solo una sciocca sentimentale non sai quello che dici… è una cosa stupida.” Ma mai così stupida come io ieri notte con te. Avrei dovuto lasciarti sul pavimento. Asgerda in fondo è una donna saggia, solo che il guaio non è il sesso che fai, è quello non fai e poi fai con gli altri.

“Va bene, non è la prima cosa stupida che faccio e non sarà l’ultima.” era così vicino che poteva vedere la pelle che affiorava dal mantello e dal colletto rigido del suo vestito. Notò subito i segni sul collo, qualcuna quella notte aveva segnato il suo territorio, calpestandole il cuore. Non era il suo territorio sul serio, non lo era mai stato, ma per una notte, quella notte, avrebbe dovuto essere solo suo. Anche se lei non se l’era sentita. O forse in fondo era lui che non l’aveva voluta sul serio. Ricordò la sensazione delle dita di lui sulla sua pelle e sentì male al cuore. La strada che porta alla verginità è lastricata di illusioni che sai che non si possono realizzare.
Fu così che cercò i contorni del volto di Theoric nella sua mente, come fossero la zattera di un naufrago.

“Ascoltami bene, non è una cosa stupida come dimenticarsi di aggiungere un po’ di miele ad una tisana, o non usare le giuste erbe per una pozione, è più una cosa stupida come ferirsi ed aggirarsi nel territorio di lupi infernali puzzando di sangue e paura. Questo è il livello di “cosa stupida” che avevo in mente.” Non ebbe bisogno di seguire lo sguardo di lei su di lui, per sapere cosa stesse guardando. Si lasciano segni liberamente su un territorio che è libero. Potevi occuparlo. O forse potevo non sbattertelo in faccia. Hai ragione.

“Questo lo dite Voi, mio Signore.” chinò il capo obbediente. Di tutti gli esempi, questo, quello cioè di una povera scema che lascia una traccia di paura nel territorio di un lupo, sola come un cane, questo era quello che proprio non avresti dovuto fare. Prima che io facessi da esca, un lupo ti andava benissimo, ma ora che vorrei provare a fare la cosa giusta, anche se magari non funziona, allora il lupo non va bene?

“Su questo, sappi che sei sola.”

Lo so benissimo che sono sola, lo sono da quando mi hai accompagnato a bruciare una pira. E, tra parentesi, è da allora che so che non avrò mai un posto mio dove invitarti ad entrare come mio pari.


Loki non la abbracciò prima di entrare nella Scorciatoia e Sigyn pensò a quanto fosse stato diverso all’andata - lei aveva avuto paura di non riuscire a domare la Scorciatoia, ma era stata certa di Loki, ma ora era tutto diverso. Non sapeva nemmeno di cosa avessero discusso loro due, poi, alla fine. Di un cucciolo? Se ne erano andate un po' troppe parole. Di occasioni non colte? Le sue? quelle di Loki? di Theoric? Di fare come diavolo le pareva? Di non averne avuto il coraggio? Di Loki? Era lui il lupo da lasciar perdere a cui non piacevano i meli?
 

Quando tutti furono entrati spinse dentro i cavalli e restò in coda - se lei non fosse riuscita a tenerli tranquilli, si sarebbero imbizzarriti. Se si fossero imbizzarriti e fossero scattati in avanti Loki li avrebbe fermati, in caso contrario ci avrebbe pensato lei. L’unico problema sarebbe nato se si fossero bloccati, ma decise di non pensarci. Gli altri ne sarebbero usciti - Kylan era stato un po’ crudele a imporre che fosse lei a chiudere, ma, tutto sommato, non era ingiusto.
 

La Scorciatoia si rivelò buia e stretta, anche se non in modo sconfortevole. Sfiorò le pareti trovandole lisce. In alto scoccavano dei lampi senza fragore, lampi, che non toccavano mai il il suolo. Lampi verdi.
Poteva sentire l’odore dell’elettricità nell’aria - Loki, a quanto pare, era molto arrabbiato.

Chinò il capo avvilita e continuò ad incantare i cavalli, con un vecchio incantesimo, il capo chino.
Ad un certo punto un lampo emise un rumore, fu un fragore lontano, ma bastò perché Elskan puntasse gli zoccoli. Con un sospirò cominciò a parlarle, con voce rassegnata - e così era successo.
Se fosse rimasta troppo indietro, cosa sarebbe capitato? La Scorciatoia sarebbe rimasta aperta fino a Loki fino a che non fosse uscito?

Sarebbe arrivato qualcuno alle loro spalle ad attaccarli? O si sarebbe chiusa su di loro?
Sperò solo che fosse una cosa veloce e che non facesse troppo male.

Fu a quel punto che sentì la roccia vibrare attorno a lei, e piano staccarsi dalla parete una farfalla con le ali verdi di vetro. O almeno così le parve.

Stese la mano e lasciò che si posasse sulle sue dita.


Non sono sola pensò. Si concentrò e proiettò la sua magia su Elskan, la fece scivolare lungo le briglie fino Sleipnir, nervoso, che cercava di trascinare Elskan a forza, e che lentamente si tranquillizzò, piano risalì fino agli altri tre, portando pace, tranquillità dolcezza - non siamo stranieri di cui non importa a nessuno, cantò il suo seidhr per lei, senza fretta, ma senza posa.
La farfalla era lì con lei, anche se i lampi continuavano ad esplodere senza rumore - Loki era molto arrabbiato, decise, e anche terribilmente complicato.
Ripresero il cammino, mentre la farfalla le volava intorno.

Fu un viaggio tutto sommato veloce - Loki aveva ragione, quando aveva guidato lei ci avevano messo tre volte il tempo necessario.

Quando arrivarono alla fine della Scorciatoia, la farfalla si posò sulle dita di Sigyn, sbattendo le ali.

Sigyn sorrise - sapeva che non poteva lasciare la scorciatoia, non era reale - rimasero insieme fino all’ultimo, poi le soffiò sulle ali e la vide volarsene via.

 

“Era splendida.”

“Era per non farti perdere il controllo.”

“Era splendida e basta.”



 

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Capitolo 25
*** Il Lupo ed il Tasso ***


Il Lupo ed il Tasso

Viaggiarono al passo lento e ostinato della mula di Thrain.
Presa in prestito, ovviamente, Asgerda era stata molto chiara, con quella sua voce ruvida come la scorza di un abete, le mani immerse nelle tasche nel suo grembiule, e neanche una lacrima.

Sigyn osservò di sottecchi il ragazzo, che, impassibile come sempre, chiudeva la carovana: era tutto il giorno che seguiva Loki come un papero avrebbe seguito mamma papera.
Che Loki lo avesse “comprato” l’aveva stupita.
Un po’ perché se ne sarebbe venuto via comunque, tutto contento di poter congelare Aesir a comando - distrattamente si sfiorò lo zigomo, dove ancora le faceva male - ed un po’ per via di Asgerda: era venuta a salutarli con la scusa di dover dare a Loki dei documenti ed una torta ed era rimasta guardarli fino a che non erano spariti, col viso duro. Troppo duro per essere vero.

“Allora, Sigyn, cosa sono quelle?”

Sentì la voce allegra di Ragni che le chiedeva, forse per la seconda volta, cosa fossero certe piantine abbarbicate proprio sul ciglio della strada. Sigyn sbatté gli occhi cercando di mettere a fuoco, poi, colpita, arrestò Elskan e smontò da cavallo tutta entusiasta, con ancora la bisaccia a tracolla ed il cucciolo - Azzurro? Lupo Blu? - che si agitava lì dentro, irritato. Con un coltellino, con gesti sicuri che tradivano una lunga pratica, tagliò una zolla in modo che contenesse le radici.
Lavorò in fretta e sistemò tutto con attenzione in una bisaccia attaccata alla sella, mentre Thrain la superava senza fermarsi, dritto verso Loki.

Figuriamoci!  sospirò tra sé esasperata, Proprio un paperottolo.

Poi, scusandosi con Ragni che la stava aspettando: “Vorrei  aggiungerla ad altri esemplari che ci sono al Castello: non sono così robusti. Forse quando li abbiamo piantati i semi erano troppo vecchi o magari la terra non era quella giusta.” Avrebbe indagato. Forse era proprio un'altra varietà.

Mentre spronava Elskan per raggiungere gli altri, si ritrovò di nuovo immersa nel pensiero di Loki: lui, di solito, non comprava schiavi.
Certo, il Principe Loki Odinson della Casa dei Borson non aveva nessun bisogno di thrall, si arrangiava benissimo anche senza - strinse le labbra in una linea dritta e sottile - ma, Loki non era il tipo che “comprava”, Loki “barattava” se appena poteva. E non si barattano le persone.
Per quanto ne sapeva lei, ovvio, rifletté corrugando la fronte, ma lei, per esempio, la storia di Loki il Prestatore, lei, non la conosceva affatto.

“Sigyn?” la ragazza fissò Ragni che, a sua volta, la stava fissando stranita - era chiaro che le aveva chiesto qualcosa “va tutto bene?”

“Scusa, mi ero persa… mi hai chiesto a cosa serve quella pianta… provoca degli spasmi, fa aumentare il battito del cuore, il respiro diventa affrettato…”

Kylan si voltò verso di loro, ridendo “Questo lo so fare anche io! Faccio anche miagolare a volte. Non sempre, ma abbastanza spesso. Nessuna si è mai lamentata.”

Ragni gli scoccò un sorriso affettuoso, ma anche un pochino irritato “Deve essere una cosa che da tanta soddisfazione, immagino, credersi il dio del sesso…” bofonchiò, poi, preoccupata, si voltò verso Sigyn, rossa come un peperone “Ma è velenosa, quindi! Sei proprio sicura di volerla portare con te? per piantarla? A casa tua?”

Sigyn annuì - sarebbe stata attenta, avrebbe scelto un posto con cura. E con altrettanta cura doveva scegliere un posto per… Ringhio?... per il cucciolo insomma. Sarebbe passata dal Guardacaccia a chiedere, magari con Thor - il nome di Thor apriva molte porte, anche quello di Loki, pure se lui non se ne rendeva conto, ma non erano esattamente le stesse.

Fu allora che la sua amica le diede una gomitata nelle costole, “Ma mi ascolti si o no?” chiese ridendo.

“No,” confessò Sigyn con un sorriso.

“Piantala di sognare ad occhi aperti di unicorni.” disse la donna in tono malizioso. “Se non ho capito male, una volta a casa, ne vorresti addestrare uno…” Sigyn arrossì imbarazzata e Ragni concluse in tono pratico “Sarà molto più semplice che addestrare un lupo. Agli unicorni piace da morire. Avere una padrona, intendo… l’altra faccenda, invece,” scoccò uno sguardo irriverente alla schiena dei tre uomini che le precedevano, “piace a tutti, anche ai lupi…”

Sigyn tacque - aveva dato per scontato che Theoric l’avrebbe cercata, ma non era detto, forse avrebbe dovuto cercarlo lei. Avrebbe chiesto a Thor dove guardare - i guerrieri andavano tutti in posti da guerrieri.

“Anche a te…” la donna abbassò la voce fino ad un sussurro quasi impercettibile, “Piacerebbe intendo... Se non ti hanno spiegato come… se c’è qualcosa che ti preoccupa… guarda che puoi chiedere...” La guardò da sotto in su, con occhi gentili, la bocca seria, e Sigyn si irrigidì. Non era quello il problema.

“Comunque ti ho vista, su al rifugio: hai preso delle piantine anche lì!” riprese Ragni, in tono leggero, cambiando argomento “vediamo se so a cosa a servono! Così per ammazzare il tempo…”

Sigyn annuì e Ragni cominciò a cicalare mentre l’altra, ogni tanto, la correggeva.


Si accamparono non lontano dalla seconda Scorciatoia - Loki non la nominò a Kylan e Kylan annunciò, con un certo imbarazzo, che sarebbe partito la mattina presto, mentre Loki alla mattina presto, fu molto esplicito a riguardo (quasi brutale, a essere sinceri), avrebbe finalmente dormito. A Sigyn scappò un sorriso ma non disse nulla.

Era un addio quindi.
O forse un arrivederci - la ragazza ci sperò, Ragni le piaceva e non le era sfuggito che Loki e Kylan si erano scambiati degli sguardi su Thrain. Come se avessero un progetto su di lui. Forse Loki aveva già pensato a cosa fare con Thrain, dopo? Dopo che il cucciolo fosse stato addestrato, insomma.

Preparò i ripari per la notte per tutti, aiutata dal ragazzo, veloce e preciso più di lei. Giusto un pochino. Mentre Briciola (o forse Artiglio) zompettava in mezzo a loro, con un guinzaglio abbastanza lungo da fargli dimenticare di non essere libero.

Il ragazzo avrebbe dormito da solo, lei fu incerta per un attimo, ma poi scrollò le spalle noncurante - non era stata sola nella Scorciatoia, la farfalla, così bella, ed i lampi, così inquietanti, c’erano stati per tutto il tempo.
Non era stata sola e non avrebbe dormito da sola stanotte. In fondo tra loro due non era successo nulla.

Lui aveva avuto ragione quando le aveva detto di farsela passare, la rabbia per la caccia, perché tanto le sarebbe passata comunque: lei gli voleva bene e gliene avrebbe sempre voluto.
Però Loki non voleva una padrona e lei, in tutta onestà, nemmeno. Cioè, lei non voleva un padrone, non ci era tagliata. Insomma. Diciamo che lei era capacissima di dire “mio signore”, era una ancella in fondo, di certo Lady Frigga non si sarebbe messa ad intrecciarle i capelli e a farle delle confidenze, e a lei andava benissimo così, ma non con una persona che…   
Al Campo gli Anziani li avevano viziati, decise, gli Elfi Neri avevano fatto di tutto per trasformarli in animali, ma gli Anziani li avevano fatti sentire preziosi, anche se erano affamati, sporchi, malvestiti, tutto sommato brutti, con tutti quei nodi nei capelli lasciati crescere ostinatamente lunghi. Capelli da uomini liberi.
Era stato quando l'avevano riportata a "casa" che gli Aesir, la sua stessa gente, l'avevano fatta sentire di troppo, come un animale che non capisce ciò che gli altri dicono intorno a lui e su di lui - non era vero. Solo Loki...
Solo Loki. Sorrise.
Per cui non avrebbe dormito da sola come una bambina capricciosa, che tiene il broncio e nemmeno come una verginella che pensa che tutti la vogliano assaggiare. Punto. Un bacio riuscito male non era nulla. Nulla! Lei era molto, ma molto più di quello.

Si sedette con decisione accanto a Loki, le spalle dritte ed uno sguardo di sfida negli occhi. Lui la guardò perplesso, aggrottando le sopracciglia, senza dire niente.

Tutti e cinque, lì, intorno al fuoco, scherzarono, mangiando e narrandosi storie. Loki le offrì una fetta di torta, che lei spazzolò fino all'ultima briciola sotto gli occhi divertiti di Kylan.

Quando toccò a Sigyn, cominciò timidamente a raccontare una storia che gli Anziani al Campo raccontavano ai bambini. Una a cui lei teneva molto. La stessa che avrebbe voluto raccontare a Thrain, la sera prima, mentre aspettavano fissando il sentiero e sperando, almeno lei, che non apparisse Snorre.

“Ci sono due lupi che combattono uno contro l’altro, cercando di conquistare il cielo e la terra. Uno è un lupo nero e ha gli occhi che brillano di rabbia. E’ un lupo che vuole combattere da solo, ha bisogno del suo spazio e delle cose fatte a modo suo. E’ orgoglioso e non molla mai la presa anche quando sembra che stia perdendo. La sua rabbia è feroce e se trova un ostacolo lo vuole abbattere fino alla distruzione totale.”

Kylan sorrise “Questo lupo nero mi sta simpatico.”

Ragni piegò la testa di lato “La distruzione totale, di solito, risolve, lo sappiamo, ma non è che mi piaccia poi tanto.”

Kylan la rimbeccò “Tutti rispettano i guerrieri, e lo scopo dei guerrieri è la distruzione. Puoi condirlo con le parole onore e gloria, quanto ti pare, ma alla fine è tutta una faccenda di morte e distruzione."

Ragni non era convinta “Non totale.” disse decisa.

"Sai cosa sono i Berserker? Un corpo speciale che Odino tratta con molta cura. Entrano in trance prima della battaglia fino a raggiungere il berserksgangr, uno stato di furia. A quel punto partono e spazzano via il nemico, rabbiosi come orsi, feroci come animali. Certi non riescono più nemmeno a distinguere il nemico dall'alleato. Fanno paura a tutti, ma esistono e per Odino sono un'arma speciale, non degli assassini da distruggere. Tutti storcono il naso davanti alla distruzione totale, a chiacchiere, ma poi quando godono dei vantaggi dello spazio libero, non si lamentano. Anzi! Sono ben contenti che qualcuno abbia fatto il lavoro sporco al posto loro.”

Ragni non era convinta “I Berserker fanno paura. Non sono controllabili, ma nemmeno si sanno controllare da soli. Come hai detto tu: non distinguono più l'alleato dal nemico.”

Loki chiese con cortesia a Sigyn, senza guardarla “Stai parlando di un mostro? Questo lupo nero deve fare paura ai bambini per caso?”

Kylan rise “Addirittura un mostro! orgoglio, rabbia… non le butterei via.”

Loki fece un sorrisetto sarcastico “Il lupo cattivo è nero, scommetto che l’altro è un lupo biondo con gli occhi blu, vero Sigyn? Un lupo perfetto che alla fine dovrebbe vincere non solo perché è più forte, ma perché è moralmente giusto che sia così?” Lo sguardo si era fatto molto duro, mentre gli altri tacevano imbarazzati.

Sigyn allungò la mano e prese una foglia caduta, guardandone l’ombra allungata “Sembra un drago.” disse con un sorriso quieto, sfiorando i contorni dell'ombra e chiudendo, così, l’argomento, senza possibilità di replica.
Loki non l'aveva lasciata finire, ma quella era indubbiamente la storia sbagliata: questo era un convegno di lupi neri, i lupi con cui correva Loki. Guardò Kylan con il suo sorriso scanzonato che la stava soppesando, guardò il volto di Thrain, esotico e chiuso con quell'ombra costante, guardò Ragni con i capelli tagliati corti, una che era stata una thrall.
Gli Anziani erano stati buoni con lei, al Campo: s’era tenuta aggrappata alla vita come un lupo nero, arrossì nel pensarlo, ma gli Anziani le avevano ricordato sempre, sempre e sempre, che c’era anche il lupo bianco.
Però adesso lei aveva sbagliato: Loki era molto di più di un lupo nero. Ma stava dalla parte dei lupi neri.

Kylan prese la parola, rompendo il silenzio: “Un giorno di un tempo senza tempo di un luogo senza luogo, un lupo voleva attraversare un lago, così chiese aiuto ad un tasso...”

“Un lupo nero?” domandò Loki, con sarcasmo.

“Un tasso?” chiese Ragni alzando un sopracciglio.

Kylan scoccò a tutti e due uno sguardo carico di rimprovero “Il lupo era grigio. Quanto al tasso... era un tasso, un animaletto di taglia medio piccola, che costruisce belle tane, che tiene ordinate e pulite, un tipetto timido. Un tasso. Ce l’avrai presente un tasso!”

“Un piccolo animaletto morbido ed indifeso? Ed un lupo gli chiede aiuto?” Loki era quasi sgradevole con tutto quel sarcasmo. "Scusa tanto, ma un lupo ed un tasso..."

Thrain tossicchiò e disse con voce neutra “Un tasso non è esattamente un animale indifeso: se viene infastidito si difende ed anche in modo efficace.”

Kylan bevve un sorso di birra e poi sorrise “Un tasso. E’ la mia storia e decido io. Un tasso goloso che osservava tutto, raggomitolato dentro il suo cespuglio all’imboccatura della sua tana, senza che nessuno osservasse lui.”

Ragni ridacchiò “Decisamente non sei tu, non passi inosservato…”

Kylan si chinò a baciarla sul collo e poi disse “Posso proseguire? Me lo permettete?”

Tutti annuirono.

“Il lupo con la sua voce più roca, molto sensuale, disse al piccolo tasso Caro tasso, ti prego, fammi salire sulla tua schiena e andiamo assieme fino all’altra sponda del lago. Sarà molto bello e, vedrai, ti piacerà.

Ragni chiese “Ma al tasso interessava attraversare il lago? Con il lupo, intendo...”

“Bella domanda… il fatto è che il lupo quando voleva qualcosa sapeva essere molto affascinante e lui quella sera voleva attraversare il lago.”

“E il tasso che disse? Chiese qualcosa in cambio?” Loki sembrava interessato. “Voleva qualcosa dal lupo, per caso? Chiedere è sempre lecito. Immagino che ci fossero alcune cose a cui il lupo non avrebbe detto di no.”

Kylan sorrise “Il tasso era un tasso e non era un lupo, forse voleva attraversare il lago, forse no, forse voleva sapere prima se il lupo lo considerava un traghettatore o una compagnia piacevole, non lo sappiamo. Magari avrebbe dovuto chiedere qualcosa in cambio, o magari il lupo avrebbe dovuto chiedere più gentilmente. Il fatto è che il tasso è un animale che fa delle belle tane: costruisce con dedizione e tramanda con amore."

Thrain tossicchiò "Se le cose stanno così non credo che il lupo avesse cose che potevano interessare al tasso…”

Kylan rise “Sottovaluti il lupo! Il tasso era un tasso goloso ed un animaletto goloso, il più delle volte è anche goloso di avventura, sotto sotto, e anche di altre cose che un lupo può dare. Comunque il tasso disse che era perplesso perché il lupo, se capita, caccia i tassi senza farsi grossi scrupoli, e gli chiese Come faccio a sapere che ad un certo punto non mi morderai?

Ragni annuì “E’ una buona domanda, se il tasso è un animaletto così tenace e devoto, sarebbe orribile se venisse pure morso.”

“Il lupo fece un bel sorriso dei suoi al piccolo tasso e gli chiese con una voce tutta fatta di note basse, miele e mirtilli Perché mai dovrei farti del male, mio bel tasso? Se ti mordessi tu ti agiteresti, berresti l’acqua del lago ed andresti a fondo ed io finirei a fondo con te…

Sigyn arrossì e poi chiese timidamente “Sbaglia il tasso? A chiedersi se sia una cosa giusta, intendo… a preoccuparsi del dopo.”

Ragni disse decisa “No. Non sta scritto da nessuna parte che i tassi non debbano pensare a se stessi.”

“Il tasso ci pensò un pochino e poi decise che il lupo era un bravo lupo - il tasso lo aveva osservato a lungo nel bosco e pensò che fidarsi era giusto se non altro perché l’obiezione del lupo era sensata. Così entrarono in acqua insieme.”

“Il lupo fu contento?” chiese Loki.

“Forse” disse Kylan pensieroso, “o forse no, perché il lupo non era stupido e sapeva bene di essere un lupo e non un tasso.”

Ragni sorrise “Povero lupo…”

“Comunque sia ad un certo punto il tasso sentì un dolore fortissimo alla spalla e vide il sangue che imbrattava l’acqua del lago e sentì che stava per andare a fondo. Prima però chiese al lupo con i suoi occhioni grandi da tasso perché...”

“E cosa rispose il lupo?” chiese Loki impassibile.

Perché io sono un lupo. E questa è la mia natura.” la voce di Kylan era triste. Non li guardò, ma rimase a fissare le fiamme ed il fuoco che crepitava.

Thrain si schiarì la voce “Conosco questa storia, ma l’ho sentita raccontare con uno Jotnar al posto del lupo. E’ lo Jotnar che uccide un Aesir, perché è un mostro e non può evitare di comportarsi come un mostro.”

Loki disse seccamente “In realtà è una storia di Midgard… funziona con qualunque bestia feroce.”

Kylan sospirò “Funziona con qualunque persona, Loki. Non siamo capaci di fare la cosa giusta per noi e per gli altri, ci sono cose... ” la voce gli morì malinconica.

Ragni intervenne con voce asciutta “E così il lupo morì anche lui. Il tasso non avrebbe mai dovuto dare retta al lupo...”

Kylan scosse la testa “No, il lupo non morì, in qualche modo se la cavò. Arrivò sul fondo del lago, trattenne il respiro e galoppò sulla sabbia fino ad arrivare alla riva opposta con i polmoni in fiamme. Non posso pensare che il lupo finisca così, per una sciocchezza. Il lupo deve trovare un modo per sopravvivere.”

“Povero tasso, quindi.” disse Loki con il volto teso, ma Sigyn scosse la testa, “Non credo che il tasso sia morto per un morso, se vai in giro con un lupo i morsi capitano e in fondo non contano…”

“Che successe al tasso, allora?” chiese Ragni.

“Bevve un po’ d’acqua e la sputò via e poi pian piano, brontolando, se ne tornò a riva, alla sua tana.” Sigyn ravvivò il fuoco e osservò le scintille sollevarsi in aria nel gelo della notte, per poi ricadere subito. “Si preparò una tisana, e ne preparò una anche per il lupo - era stata una giornata pesante per tutti e due. Probabilmente non era destino che attraversassero un lago insieme, ma c'erano tante altre cose da fare. E poi se ne andò per un pochino a caccia di farfalle.”

Kylan rise e poi nascondendo gli occhi nel suo boccale di birra, “Mi sembra giusto,“ disse. “Il tasso non è un animaletto tragico… si muove senza posa per uscire dalle situazioni ingarbugliate.”

Loki lo guardò a lungo con occhi penetranti, poi si voltò verso Thrain e gli chiese che intenzioni aveva con il cucciolo. Come lo avrebbe addestrato?

Thrain rispose in tono serio e preciso, come uno scolaro desideroso di fare bella figura: il problema principale dell’addestramento di un cucciolo senza genitori è che non è un bambino. Un uomo o una donna - e qui scoccò un’occhiata verso Sigyn - può anche voler bene al cucciolo come ad un piccolo, ma è un cane e ha bisogno di imparare a fare il cane. O il lupo. O il cane di Jotunheimr. O l’ibrido.
E qualcuno glielo deve insegnare.

“E cosa deve imparare mai, scusa?” chiese Ragni incredula.

“A dosare il morso, per esempio. Un bambino non morde come un lupo e a nessuno verrebbe in mente di addestrarlo a mordere, a farlo in un certo modo e non in un altro: un bambino non morde e se lo fa va punito. Ma un lupo morde, è nella sua natura: non puoi chiedere ad un lupo di non farlo, non è possibile e basta. Sarebbe anche insano: deve potersi difendere e deve poter attaccare. Però il cucciolo deve imparare a non combinare danni irreparabili senza volere.” rispose Thrain con aria professorale.

Poi aggiunse, “E deve imparare a rispettare gli oggetti degli altri. Per quello ci vuole un oggetto tabù che non deve poter toccare.”

“Tipo cosa?” chiese Kylan perplesso.

“Un bastone, per esempio.” rispose Thrain. "Un bastone che deve attirarlo, lo deve desiderare, ma deve essere una cosa che non può assolutamente essere sua. Deve imparare a capire che non gli appartiene e non cercare di prenderlo"

Ragni scosse la testa “Un bastone da desiderare? Non mi sembra possibile, dai! Desiderare un bastone...”

Sigyn invece scoppiò a ridere, mentre gli altri la guardavano straniti “No, nulla, scusate, è che mi è venuto in mente un oggetto tabù, perfetto per educare un certo tipo di cucciolo... Una cosa fantastica, assolutamente da non prendere. Una cosa frustrante... ” piano piano si ricompose, con gli occhi lucidi e le fossette sulle guance.

Loki si chinò verso di lei e glielo chiese, ma lei scosse la testa arrossendo. Poi, come se ci avesse ripensato, si chinò verso di lui e sussurrò timidamente “Mjolnir…”

Lo guardò incerta e lui per un po’ rimase impassibile, con il volto teso e la mascella contratta.
Sigyn chiuse gli occhi, dispiaciuta - un martello accidenti! ma chi, ad Asgard, per le Norne, poteva davvero pensare che il suo scopo nella vita fosse quello? essere approvato da un martello? un martello! Un oggetto dei Nani! Ma su! Le stavano venendo le lacrime agli occhi dalla disperazione - lei ci stava provando con tutto il cuore a tornare amici, a rimettere le cose al loro posto, ma possibile che per uno stupidissimo martello Loki si dovesse offendere... accidenti ad Odino che raccontava bugie e magari ci credeva pure!  Poi sentì il braccio di Loki sulle sue spalle, che la attirava, ed un bacio sui capelli, appena uno sfioramento. “Insopportabile saputella…” sussurrò.
Ma rideva e Sigyn rise con lui.

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Capitolo 26
*** Di nuovo a casa ***


Di nuovo a casa

 

Al risveglio il sole era già alto e Sigyn, benedetta ragazza, non era più lì accanto a lui. Ovviamente, pensò Loki inarcando un sopracciglio, ormai stava diventando una abitudine.

Però c'era il profumo della tisana, che filtrava attraverso i rami del riparo, e quello dell'avanzo della torta di Dagmar, quella portata da Asgerda, tenuta apposta in caldo. Ovviamente, ribadì Loki dentro di sé: l'offerta di pace del tasso.

Avevano dormito insieme - solo dormito. Al dunque le aveva chiesto se preferiva restare da sola - non la voleva rigida per l’imbarazzo proprio su un letto di aghi di pino, la parodia di una notte di nozze - ma la piccola era stata decisa nel dire di no. E anche questo stava diventando una abitudine.

Il tasso non voleva nuotare con lui e non lo avrebbe mai fatto, era stato molto chiaro la sera prima. Il lupo non aveva capito se i "morsi che non contavano", quelli che a quanto pare capitano se frequenti un lupo, si riferissero a qualche pecca del suo carattere che toccava sopportare occasionalmente, o se si stesse parlando di quel bacio. Nel primo caso era un peccato che fosse troppo cresciuta per mandarla a letto senza cena, una volta al Castello. Nel secondo forse il tasso pensava che il lupo appena si distraeva si ritrovava a baciare chiunque, anche da sobrio, senza rendersi conto di ciò che stava facendo e con chi.
Loki sogghignò, ma non volle soffermarsi troppo sul pensiero: lui sapeva quello che faceva, purtroppo.
E gli era anche chiaro quello che il tasso non voleva assolutamente fare.

Invece, a poltrire accanto a lui, era rimasto il cucciolo, accoccolato contro il suo fianco, che respirava senza far rumore. Puntellandosi su un gomito lo sfiorò con le dita, meravigliandosi della morbidezza e della lunghezza del pelo - non era di Asgard, non completamente almeno, lo si capiva se si prestava attenzione ai dettagli - ed il cucciolo uggiolò senza ringhiare. Gli diede un colpetto perché si spostasse, poi, stiracchiandosi, uscì dal riparo.

Il cucciolo gli venne dietro trotterellando, fermandosi quasi ad ogni passo, curioso, ad annusare qualcosa per poi ballonzolare dietro Loki, rincorrendolo.

La trovò che stava tirando ad un bersaglio improvvisato, fatto di foglie e rami, adagiato su un tronco, con Thrain che le dava dei consigli. Indossava i guardabraccia che le aveva regalato ed aveva i capelli raccolti in una treccia.

"Come se la cava?" chiese appoggiandosi, obliquo, ad un tronco, catturando in un attimo la posizione del gomito di Sigyn, i riccioli sfuggiti al fermaglio, ed il leggero fremito di quando aveva sentito la sua voce - non si era voltata.

"Bene." disse Thrain in tono neutro. "ho preso nota degli errori che fa e su cosa dovrebbe esercitarsi" Loki alzò un sopracciglio “Ho in mente anche come farla esercitare.” - Thrain avrebbe addestrato anche Sigyn, quindi? Come il cucciolo? Per farne cosa?

Si sedette su una radice e rigirò la tazza nelle mani, i gomiti sulle ginocchia, i polsi che apparivano delicati, ma non lo erano. Il suo primo pensiero, vedendola, era stato di approvazione: Sigyn voleva imparare, nonostante tutte quelle lacrime da ragazzina sul lupo. Hervor aveva ragione: non c’era motivo perché non sapesse usare un‘arma.
Non era vero, il suo primo pensiero era stato di apprezzamento per il tasso, che era davvero molto carino, anche travestito da arciere. Ma probabilmente come "primo pensiero" non contava: non era stato un pensiero razionale.
L'ultimo riguardava Mjolnir: come accidenti si era permessa? Sul serio, come aveva osato impicciarsi per la seconda volta di fatti che non erano suoi, ma solo di suo padre e di suo fratello?
La sera prima l'aveva detestata al punto che aveva avuto l’impulso di investirla con una ondata di seidhr fino a farle male. Un lupo è un lupo e non è un tasso e lei se lo sarebbe dovuto ricordare.

"Però non mi spiego una cosa." la voce del ragazzo era educata e Loki lo soppesò con lo sguardo, in preda ad un dose non ancora letale di irritazione. Non gli piaceva che i fatti di Sigyn venissero discussi da Thrain, ma s’era fatto carico dell’ibrido e il mezzosangue non aveva nessuno a cui porre le sue domande. E con Thor al Castello, che ogni tanto se ne spariva con Fandral per dare la caccia agli Jotnar di nascosto - o così credeva lui - figuriamoci… le risposte, il mezzo jotun se le sarebbe dovute cercare da solo per un bel pezzo. O ammorbare chi aveva avuto la bella idea di comprarlo.

Rimasero in silenzio, mentre Loki osservava Sigyn correggendone mentalmente ogni movimento. Immaginando, suo malgrado, il guizzare di muscoli sotto la stoffa, il colore della pelle nuda, e ricordando di averla conosciuta al tatto - un disastro, un lupo è un lupo e non è un tasso, Kylan aveva ragione. Per di più non uno dei lupi biondi e con gli occhi azzurri che a quanto pare non dispiacevano al tasso, uno da baci sotto la luna... il lupo era un lupo, come aveva detto? Nero e con gli occhi pieni di rabbia, destinato a perdere con l'altro lupo e pure meritatamente. Ma andiamo!

Oltre a non essere assolutamente fatti suoi, Sigyn non era della famiglia reale e non poteva capire: è facile non desiderare le cose che sono fuori dalla tua portata. Si umettò le labbra con un gesto lento. E’ molto facile.
Lui non desiderava Sif, per esempio. Quando erano ragazzini, c’era stato quel bacio davanti ad un falò e lui aveva pensato che avrebbe potuto amarla, adorarla addirittura, se lei davvero lo avesse anche solo visto per ciò che era - un ragazzino dalle gambe lunghe che, quale ironia, correva sempre dietro a suo fratello senza mai raggiungerlo - ma lei voleva altro, voleva cose che da lui poteva tranquillamente avere (era stato un ragazzino, accidenti!)
Le altre, quelle che sarebbero venute da sole, se solo lei gli avesse dato una briciola di sé, non l’avevano mai interessata.

Loki si alzò, osservando i gesti di Sigyn da sotto in su, le sopracciglia aggrottate. Theoric era la Sif di Sigyn? La sua illusione?

“Cosa non ti spieghi?” chiese con tono asciutto. Forse avrebbe dovuto fare come Thrain: prendere nota degli errori di Sigyn e costringerla a guardarli. A partire da Theoric, la Menzogna.
A partire da Loki, il Fabbricante di Menzogne.

Innervosito, incalzò Thrain: “Allora?”

"Come ha fatto ad ucciderlo centrandolo nell'occhio?" mormorò il ragazzo. Poi specificò, con cortesia un po’ rigida: "è un tiro difficile per tutti."

Sigyn si voltò e disse, con un sorriso: "Un colpo di fortuna". Non si era offesa.

Loki le sorrise. Col tempo aveva smesso di desiderare tutte quelle altre cose che riguardavano Sif, per poi non desiderare più nulla. Tranne Mjolnir. Ricordava ancora la prima volta che lo aveva visto nella Volta, accanto a Thor, quel gran deficiente di suo fratello, le parole di suo padre e quel silenzio carico di rispetto, i loro occhi sgranati, Thor che si accendeva parlando di battaglie, bramoso di fare a pezzi il nemico. E lui che sperava che Odino lo guardasse in quello stesso modo in cui, a volte, distrattamente, guardava suo fratello (come un dono prezioso, non c’era nemmeno bisogno di dirlo).
Lui, al dunque, al primo nemico ucciso, un grumo di sangue, piscio e fango, aveva vomitato. Non era Thor.

"Haminja, in buona parte." Loki annuì, appoggiandosi al tronco con le spalle, le braccia conserte ed un sorrisetto divertito "haminja è la fortuna che gli altri non ti concedono, però: ha usato il seidhr. E’ stato bello, c'era qualcosa tra lei e la freccia. E' stata davvero brava."

Era vero. Aveva visto il guizzo del suo seidhr, potente e fluido, maledettamente fluido. Se solo all’esame con Freyja lei fosse stata così… qualcosa gli fece stringere il cuore, ma non si soffermò troppo a pensarci.

Sigyn avrebbe capito solo se Theoric fosse vissuto, nonostante tutto, e abbastanza a lungo da preferirle un'altra. Da baciarne un’altra proprio sotto i suoi occhi, dicendo non che l’altra era arrivata prima di lei - quello tutti lo potevano accettare, se arrivi tardi in battaglia, che ci vuoi fare? - no Theoric le avrebbe dovuto dire che l’altra era più “meritevole”.
Avrebbe ancora riso di Mjolnir? Avrebbe deciso serenamente che l’opinione di Theoric non contava nulla, se fosse toccato a lei bere da quel bicchiere?
O avrebbe pianto peggio che per il lupo?

Sigyn arrossì e Thrain la guardò con interesse. “Ora non lo sta usando?”

“Secondo te?” Loki lo guardò con occhi verdi brillanti che sembravano ridere.

Thrain fece un sorrisetto un pochino supponente “Temo di no.” sospirò con aria condiscendente e la ragazza lo fulminò con lo sguardo.

Loki si strinse la base del naso tra pollice ed indice, nascondendo accuratamente la sua esasperazione - Thrain non era stupido, ma non era saggio: veniva da un posto dove non aveva amici e stava andando in un posto dove non conosceva nessuno. Sigyn, una sciocca, sembrava non vedere una bestia, ma un uomo, nonostante il livido sullo zigomo. Del resto cosa c‘era da aspettarsi da una che piangeva per un lupo? Da un tasso che pensava di poter dialogare alla pari con un lupo?

Scosse la testa.

Però Thrain avrebbe dovuto evitare di stuzzicarla.

E lui di toccarla un'altra volta.


Imboccarono l’ultima Scorciatoia, con Loki a guidarli. Lei lasciò che Thrain si incolonnasse in mezzo, seguito dai cavalli, chiudendo la carovana di Viaggiatori, insieme ad un’altra farfalla verde, poggiata sulla sua spalla.

Aveva fiducia nell’abilità di Loki di traghettarli dall’altra parte, anche se l’aria nella Scorciatoia sembrava elettrica - Loki era inquieto, a quanto pareva.

“Mjolnir” aveva sussurrato la sera prima. Che sciocca! non glielo avrebbe dovuto dire, rifletté, non avrebbe mai dovuto dirglielo. Mai.

Pensava che lui avrebbe sorriso - si stava così bene insieme davanti al fuoco, con il cucciolo che sbadigliava, le scintille nell’aria, il cibo cotto sotto la cenere e le storie da ascoltare ridendo - ma Loki se ne era rimasto lì, accigliato, con le sopracciglia aggrottate e lei si era sentita morire.

Il bacio, dopo, era stato leggero come un soffio e lei ci si era aggrappata - non aveva altro.

Era stato dopo, quando le aveva detto - garbato come sempre - che, se preferiva, lui, il Principe, si sarebbe arrangiato altrove, era stato allora che lei aveva scosso la testa. Avrebbero dormito insieme e basta, per lei non era cambiato niente, sottinteso.

Poco dopo era accanto a lei, nello spazio stretto, tra il calore dei loro respiri e il profumo della resina - Sigyn aveva pensato che c’erano favole in cui una notte di nozze si consumava su un letto di aghi di pino e favole in cui due amici partivano per una avventura, dormendo nei boschi. Sceglieva la seconda possibilità - non le era meno cara della prima.
Sapeva che era stanco, sentì le braccia cingerla ma senza afferrarla, le dita sulle dita, delicate come all’andata, e lo trovò bellissimo.

Questo non cambia, ti prego giuramelo, glielo avrebbe voluto chiedere, ma era orgogliosa e lo era anche lui, e poi Jothunheimr con tutta la sua neve non poteva essere più fredda di Loki quando difendeva il suo territorio - ma accidenti! Mjolnir! Era solo un’arma per fare del male, dotata di un... briciolo di buonsenso. Una bussola per qualcuno che ne aveva bisogno.

Poi, quando aveva avvertito il suo respiro farsi regolare, glielo aveva sussurrato: Mjolnir è per Thor, è solo per lui, e tu non ci faresti nulla, possibile che tu non capisca? Tu non lo vedi, o non lo vuoi vedere, ma Thor, anche se è buono, corteggia il berserkgangr, mentre tu sei gelo. Tu ti accorgi ogni volta di un po’ troppe cose rispetto a lui, non ti servirebbe a niente, mentre, quando arriva la rabbia, Mjolnir non basterebbe.

Quando era stata certa che Loki stesse dormendo, Sigyn, delicatamente, gli aveva baciato uno zigomo. Felice che lui non se ne rendesse conto.



L’arrivo al Castello li vide stanchi e polverosi. 

Thrain fu subito affidato ad un suo uomo della Casa della Regina - avrebbe alloggiato lì, dove un volto straniero non era affatto insolito e il personale era attento a difendere la sicurezza del luogo, ma sempre in modo cortese.
Soprattutto era gente fedele a Frigga.
E a lui - perché era lui il responsabile della Casa della Regina, e perché se l’era guadagnato. Alcuni li aveva scelti lui personalmente - non ci sarebbero stati incidenti.

Rabbrividì pensando a Volstagg e a Fandral. Come faceva suo fratello a sopportarli? Erano limitati, e senza limiti. Seguivano regole assurde come una pecora segue un pastorello che non sa nemmeno leggere o scrivere e non conosce proprio nulla di nulla. E non seguivano delle regole di base, quelle rispettabili e che vale davvero la pena seguire. Uno smodato nel mangiare, l’altro nel fottere, o meglio nel far innamorare: non gli bastava del buon sesso condiviso, un po' di sudore, qualche colpo di reni, la piacevolezza della pelle contro la pelle... no Fandral voleva le paroline dolci, il battito del cuore accelerato, i fuochi d'artificio e il centro dell'attenzione, Fandral voleva tutto, anche le cose che non si chiedono e che forse nemmeno esistono.

Non sapevano darsi un freno e non ne davano a suo fratello. Certo lui, Loki, forse diceva un po' troppe volte "io faccio come mi pare", ma un conto è infrangere le regole con uno scopo, spinti da un desiderio, ed un conto farlo spinti dal capriccio, come bambini. Thor, accidenti, infrangeva le regole di Odino per ammazzare nemici che nemmeno lo stavano in seguendo! E per la gloria.

Ma figuriamoci se Volstagg, capriccioso di cibo ben unto e Fandral, capriccioso di cosce ben aperte, avrebbero mai messo un freno a Thor! Erano partiti insieme per alcune avventure, lui come uomo da retroguardia, l’ergi del seidhr a cui chiedere di salvarti il culo con ritegno e di cui si doveva spettegolare obbligatoriamente dietro le spalle, mai in faccia - onorevoli guerrieri! - e aveva continuato a non apprezzarli.

Qualche sedia rovesciata, qualche coppa spezzata, il mezzosangue a terra con il labbro spaccato, già si immaginava la scena. Con quei due guerrieri che avrebbero riso e Sif disgustata con lui e non con chi aveva colpito un ragazzo che non si sapeva difendere.

No, meglio che almeno agli inizi l’ibrido stesse da sua madre.

Thrain era suo ormai, sospirò, accidenti a lui e ad Asgerda e a Dagmar e al lupo e a Sigyn, soprattutto accidenti a Sigyn.
E allora accidenti anche a Theoric. E quindi, per chiudere il cerchio, di nuovo accidenti a lui.

Si spogliò e si immerse nella vasca, ampia come una piscina, lasciandosi galleggiare, solo la nuca appoggiata sul bordo. Aveva voglia di lavare via i pensieri assieme a tutto il resto.

L’ibrido nella Casa della Regina sarebbe stato rispettato esattamente come Sleipnir o il cucciolo di lupo, o un suo libro.
Cosa poi ne sarebbe stato in futuro dipendeva tutto dal mezzosangue. Auguri pensò sarcastico, non gli era sembrato il tipo che entrava facilmente in sintonia con gli Aesir. Uno stronzetto che si teneva aggrappato alla sua dignità di non As, quando per metà lo era. Di sicuro la metà migliore, con buona pace di Snorre Ulfson, bestia onoraria.
E agli Aesir non interessava certo entrare in sintonia con un piccolo Jotun, uno scarto dello scarto di tutti e due i mondi.

Loki si chiese pigramente che fine avesse fatto il vecchio ambasciatore di Asgard che risiedeva a Jotunheimr prima della guerra. Era stato alla corte di Laufey in tempo di pace, e se ne era dovuto fuggire in tempo di guerra. Come? In una ambasciata lavorano molte persone, alcune si portano dietro la famiglia... molta gente da muovere.
C’erano Passaggi verso alcuni dei Nove Regni, conosciuti da pochi e praticabili per pochi, possibile che non ce ne fosse uno anche verso Jotunheimr? Qualcosa che tutti avevano dimenticato?

Probabilmente il vecchio ambasciatore aveva lavorato al trattato di pace - avrebbe chiesto a sua madre, lei di sicuro lo sapeva. Doveva esserci un ricevimento tra un paio di settimane, forse era una buona occasione per aggiungere un ospite interessante in più - Thor avrebbe di certo invitato i suoi tre amici e Sif, e il loro contributo alla conversazione avrebbe rivaleggiato con quello di un muro... l'eco perfetto di ogni parere di Odino. 

Lui era nato alla fine della guerra, probabilmente figlio di un ritorno a casa frettoloso di suo padre, forse figlio del caso o di un incubo da scacciar via, e Frigga probabilmente, era stata troppo occupata con lui per interessarsi delle trattative. Sua madre gli aveva raccontato molte volte, imbarazzata, che era troppo piccolo e che non sapevano come nutrirlo.

Probabilmente Frigga non aveva avuto le forze per influenzare Odino perché fosse clemente ed i risultati si vedevano: con i Vanhir, con un parte dei Vanhir, quelli che resistevano, perché non sapevano dove andare, c’era una guerra morente ed ostinata, ma con il resto di Vanheimr c’era pace e questo grazie a Frigga.
Con gli Jotun la chiusura era stata totale, come se fossero bestie già morte, una illusione che ancora respirassero, tanto erano tutti condannati a crepare di freddo.

Si tuffò nell’acqua appena appena tiepida, godendo del tepore e del freddo allo stesso tempo.

Avrebbe cercato qualcosa nella biblioteca di sua madre. Dopo.  


“Un posto ci deve essere…” Sigyn, ancora impolverata, stava parlando con il Guardacaccia.

“Ascolta, senti i cani come sono nervosi? Odora di selvatico.” l’uomo scosse la testa imbarazzato. “Qui non può stare, i cani ringhierebbero tutto il giorno. Sarebbe l'inferno.”

“Dove altro?” insistette la ragazza con tono pratico “non occupa tanto spazio”.

“Non lo occupa ora.“ bofonchiò l’uomo grattandosi la testa con le mani enormi- non gli piaceva non poter aiutare una Dimenticata: non chiedevano mai niente e nessuno sapeva con esattezza a chi appartenessero. Chi aveva avuto un parente scomparso sul confine non poteva giurare che il parente non si fosse… riprodotto… Magari come una bestia, magari in un angolo di una porcilaia, magari con una donna che ad Asgard non avrebbe degnato di uno sguardo, ma alla fine, faceva davvero differenza?

“Una gabbia sul retro dei magazzini?” azzardò speranzoso.

“Una gabbia?”

“Non è un cane ed anche i cani qui stanno legati” Fu duro: la ragazza non doveva pretendere.

“Bene bene bene, cosa abbiamo qui?” La voce tonante li interruppe. Un uomo dai capelli lunghi fino alle spalle e folti come la criniera di un leone avanzò verso di loro, gli occhi chiari come quelli di un non morto, una leggenda per spaventare i bambini, il corpo massiccio da guerriero.

“E così Loki è tornato… ha smesso di perdere tempo, finalmente?” fissò Sigyn così duramente che la ragazza pensò che se fosse stata di vetro si sarebbe spezzata.

Sigyn chinò lo sguardo in segno di rispetto “Mio Signore, sfortunatamente non sono a conoscenza dei dettagli dei progetti del Principe Loki della casa dei Borson.”
Il Guardacaccia la guardò di sottecchi spaventato, ma l’uomo rise "E così Loki non ti racconta i suoi segreti? E perché mai dovrebbe?" poi, rivolgendosi al Guardacaccia, "Le Dimenticate sono molto divertenti, potresti abbatterle con un soffio, ma hanno una gran faccia tosta, e sai perché Hord Biorsson?”

Il Guardacaccia guardò in terra muovendo i piedi a disagio “Non saprei, Mio Signore,forse le circostanze… come sono cresciute?”

“Perché sono sopravvissute e perché non appartengono a nessun clan, non c’è nessuno che le metta in riga e nessuno che abbiano paura di perdere o di tradire. O almeno così credono loro.” Girò attorno a Sigyn osservandola “Nessuno sa se sono libere di diritto. Un gruppetto infesta perfino il Castello. Ma io ho intenzione di porre rimedio… e tu ragazza mi ringrazierai.”

Poi si chinò e afferrò il muso del cucciolo guardandolo con attenzione.

“Per le Norne! Questo è un obbrobrio” esclamò. “Chi ha osato portare un mostro al castello?”

“E’ mio.” sussurrò Sigyn.”Mio Signore.”

L’uomo prese la spada e la poggiò contro la gola del cucciolo “Sai a quanto ammonta il guidrigildo per un mostro, figlio di mostri e giocattolo di altri mostri? Lo sai Dimenticata?”

Sigyn scosse la testa trattenendo il fiato

“A nulla, Dimenticata! A nulla. Anche se diventa un giocattolo per gli Aesir.” poi con una risata roboante rinfoderò la spada.

“E’ tuo, ma non è propriamente tuo, qualcuno ha creduto di poterti dare il permesso di tenerlo. E, per le Norne, quel qualcuno mi sentirà.”

 

Come si allontanò sia Sigyn che Hord emisero un sospiro di sollievo.

“Ti preparo la gabbia. E guarda che dietro i magazzini ci girano solo garzoni e schiavi… è un posto sicuro. Mica come qui che ci gira mezzo mondo...” l’uomo la guardò con aria di rimprovero e Sigyn annuì preoccupata. “Torna tra un’ora.”


 

Sigyn si diresse un po’ stanca alle docce comuni delle ancelle. Era l’unico posto in cui poter chiudere il cucciolo, mentre si lavava.

Lo sentì uggiolare dietro la porta e tentò di cantare per lui, per rassicurarlo.

Il pavimento delle docce comuni era di pietra, mentre le pareti erano piastrellate spartanamente di bianco. Sigyn sgusciò fuori dai vestiti e lasciò che il getto dell’acqua, bollente la riscaldasse. Prese una barra di sapone alla menta e cominciò a strofinare la pelle con energia. Voleva essere carina. Voleva essere morbida da sfiorare. 

Voleva sistemare… Ulf? no un nome troppo banale… voleva sistemare il cucciolo con il Guardacaccia, parlare con Eir della piantina e poi voleva - arrossì e si strinse le mani sulle spalle - voleva fare un salto nei giardini pensili, così, tanto per vedere… vedere come andavano le piante. Ecco.

Sentì il cuore stringersi e sospirò. Voleva solo sapere se per caso qualcuno l’avesse cercata, in giardino. Non aveva avuto il tempo, la possibilità di avvisare che partiva per qualche giorno, magari qualcuno…

Chiuse gli occhi e ritornò col pensiero al sapore di due labbra gentili sulle sue, ai gesti timidi di un guerriero che non aveva mai combattuto - il miglior tipo di guerriero.
Theoric, pensò, Theoric, ti prego, vienimi a cercare. Sono già qui che mi sono arresa, con le mani alzate, ho già issata la bandiera bianca, non farò la stupida e nemmeno la civetta, te lo giuro. Non sarò orgogliosa quando non serve e non farò un disastro.
Non mi interessa corteggiare ed essere corteggiata, vorrei solo intrecciare la mia vita con la tua e niente di più. Sono una tessitrice, è la cosa che so fare meglio,


Rivestendosi si scrutò allo specchio. Sperò tanto che lui l’avrebbe trovata carina. Anche senza luna.

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Capitolo 27
*** Attese e Ricordi ***


Attese e Ricordi

Sigyn continuava a guardare di nascosto la porta di legno della Biblioteca di Frigga, impaziente, mentre Loki, il naso immerso in un libro, faceva finta di non vedere - i battenti erano intagliati con ottimo gusto, ma non meritavano tutta quella attenzione, pensò con una punta di sarcasmo.
Era da quando erano tornati che lei era così. Irrequieta? Delusa? Sicuramente distratta.
Loki strinse le labbra in una linea sottile, densa di disapprovazione.
Sicuramente stava diventando irritante.

Appena possibile quella benedetta femmina se ne scappava per i giardini pensili - senza mai trovare quello che andava cercando, per altro: tornava sempre con lo sguardo di un gattino affamato.
Brusco, la apostrofò: “Concentrati! Mi hai chiesto di riprovare dopo un mese, ma io non vedo progressi. O credi che Freyja ne vedrà? Non è una stupida, sai?”

La ragazza annuì mortificata, ma dopo qualche minuto tornò a guardare la porta.
A quel punto Loki alzò gli occhi al cielo - colpa sua, ovviamente, sempre e solo colpa sua! Accidenti a lui! Accidenti a Theoric! Ma soprattutto accidenti a lui!
Theoric doveva togliersi dai piedi una volta per tutte. Una morte onorevole, una diserzione - no meglio di no, le avrebbe fatto pena - o che si innamorasse di una donna alta e bionda e se ne partisse insieme a lei per un viaggio molto lungo.

“Stiamo perdendo tempo in due!” esclamò irritato, chiudendo il libro di scatto. In realtà non stava preparando Sigyn per la prova con Freyja, gli sembrava inutile: non l’avrebbe superata, non era ancora pronta - e poi non capiva perché ci tenesse così tanto.
Voleva trasferirsi per caso? e perché mai? O intendeva saltellare ogni giorno per tutta Asgard, cercando di essere contemporaneamente l’ancella di Frigga al Castello, l’allieva di Freyja nel suo Palazzo, l’addestratrice del cucciolo - certo, certo, come no? Lo viziava! per fortuna che c’erano lui e Thrain - e l’aspirante arciera alla mattina presto? E quelle erbe che stava distillando per i fatti suoi?

Non ce l’avrebbe fatta - l’unica soluzione di buonsenso era che per un po’ si trasferisse da Freyja come le altre sue allieve.

Sua madre, Lady Frigga, non ne sarebbe stata contenta per niente, pensò con una punta di fastidio.

“Vuoi che interrompiamo?” chiese Sigyn arrossendo

Loki contemplò il vecchio tomo polveroso, con aria irritata: stava cercando nei vecchi registri della Casa della Regina, qualche nota su un arrivo di libri da Jotunheimr, o di merci, con il nome di chi gliene stava facendo omaggio, ma i suoi vecchi predecessori non erano stati particolarmente ordinati. Sospettò che i primi avessero visto Frigga come una spoglia di guerra e fossero stati più interessati a tenerla isolata dal mondo che a capire le potenzialità di una Regina straniera - guardiani e non amministratori capaci, insomma.

“Oh certo, muoio dalla voglia di visitare i giardini pensili…” ribatté con sarcasmo “O hai qualche altro posticino interessante da suggerirmi?”

Sigyn abbassò lo sguardo, sotto quello di fuoco di Loki.

La letteratura su Jotunheimr era diventata proibita ad un certo punto, peggio che i lati oscuri del seidhr, e nella Biblioteca del Castello non si trovava nulla sugli Jotnar a parte libelli satirici in cui Laufey faceva una pessima figura - ovviamente - racconti di battaglie feroci nella neve con avversari poco più che animaleschi e qualche poema scaldico su eroi di guerra, dove gli Jotnar venivano ridotti ad un noioso elenco di nomi (tutti ad un certo punto sgozzati, per altro, un fiore rosso sul bianco della neve).

Ma tutte le cose proibite hanno i loro estimatori, rifletté spassionatamente Loki, fissandosi le mani. Un po’ come quando lui e suo fratello erano sgattaiolati via durante un viaggio ufficiale per visitare per conto loro le fumerie degli Elfi Neri: facevano veramente schifo, ma quella sera lui e Thor si erano sentiti grandi e molto avventurosi.

Da qualche parte c’era sicuramente qualcuno che aveva libri sugli Jotnar.

Sospirò. L’unico posto in cui se la sentiva di fare una ricerca era la Biblioteca della Casa della Regina - non voleva rischiare un… incidente diplomatico in famiglia.

Molto tempo prima - ancora un ragazzo - aveva posto la domanda ad Odino e lui si era infuriato, ancora se lo ricordava.
Erano a cena, senza ospiti di riguardo, suo padre, sua madre, Wili che si era attardato, dopo una riunione della hird, per discutere con suo fratello in privato e Thor che aveva parlato per tutto il tempo dei suoi allenamenti della giornata. Odino era stato entusiasta e aveva riempito suo fratello di domande sulle armi e sugli insegnamenti di Tyr. Pure Wili Pugno nell’Ombra era sembrato contento ed aveva raccontato qualcosa di quando era un ragazzo ed andava in giro per avventure con suo fratello Weha. Una cosa che all’epoca gli era sembrata incredibile: e così c'era stato un tempo per cui perfino Wili era giovane. E incosciente.

Thor aveva quasi brillato per la gioia, al centro dell’attenzione di tutti, di Odino in particolare. Suo fratello non la finiva più di cianciare: come sempre era ingordo e non era disposto a lasciare a nessuno nemmeno le briciole dell’attenzione di suo Padre. Come se il Padre fosse solo suo.

Lui non aveva niente da dire sugli allenamenti - Sif lo aveva battuto, come al solito, e questo non era qualcosa che valesse la pena di raccontare, non se voleva “brillare” come Thor - così aveva ripiegato su quello che lo appassionava: il contenuto della Biblioteca. Dove erano finiti i volumi su Jotunheimr? Gli era sembrato un argomento molto interessante, molto più che la posizione corretta delle due mani sull’impugnatura di una spada pesante.

Non avrebbe mai dimenticato la rabbia di suo padre, lo sguardo di disapprovazione di Wili, quello addolorato di sua madre e la pena sul viso di suo fratello. Le frustate erano state solo un dettaglio insignificante, al confronto.

Aveva deluso l’uomo che più amava al mondo per la sua curiosità malsana su quelle bestie del Bosco di Ferro, guidate dall’animale feroce che aveva strappato l’occhio a suo padre.
Aveva sputato sui guerrieri Aesir che erano morti gloriosamente in battaglia. E solo per la sua curiosità!
Si era intrufolato in Biblioteca senza sorveglianza! Leggeva opere inappropriate! Invece di concentrarsi per rimediare ai propri difetti giù all’Arena!
Lo faceva per irritare la sua famiglia? Non gli bastava mordere la polvere ogni volta con Sif? Con una donna accidenti! Il Principe cadetto, un figlio di Re - e che Re! Il Padre di Tutti! - progenie di sangue reale, destinato a sua volta ad essere re, non riusciva a mettere al suo posto un avversario debole!
Era un figlio indegno della sua Casa. Era indegno del suo stesso sangue.

Wili aveva aggiunto pieno di disapprovazione, con la sua voce tonante “Indegno di un trono.” e lui si era sentito morire. Nemmeno Thor aveva osato guardarlo.

Aveva fatto pena a suo fratello che aveva la sensibilità di un bufalo d’acqua di Midgard.

Sentì che la mascella gli si contraeva ed infilò una mano in tasca. Strinse con violenza nel pugno l’anello del mercante, quello che tanto aveva affascinato Sigyn alla partenza e che non sembrava opera di bestie.

Fu a quel punto che Sigyn bisbigliò senza osare guardarlo “L’Arena…”

A Loki venne da sorridere, ma si trattenne. Era stato solo un caso, ma i loro pensieri erano andati nello stesso luogo, anche se non con la stessa intenzione: lei stava inseguendo un bel ricordo e lui stava scappando da uno sgradevole.
Tutte e due erano cose non servivano a un cazzo, decise.

L’avrebbe accompagnata anche su Midgard a cercare un’ombra. Glielo doveva. Purtroppo.
Per l’ennesima volta pensò che quel fessacchiotto di Theoric doveva sbrigarsi a morire. O a trovarsene un’altra.


“L’Arena è un ottimo posto dove cercare guerrieri...” mormorò, senza rivolgersi a nessuno in particolare, e, sospirando rumorosamente, se ne uscì dalla stanza, con Sigyn ed il cucciolo al seguito.


“Cosa ci fai qui?” lo apostrofò Sif irritata.

“Vengo ad assistere ad un allenamento, Mia Signora.” rispose Loki con estrema cortesia, accennando - solo accennando - un inchino. Non voleva essere trattata come un uomo? E allora come si permetteva?

L’odore della sabbia mista all’afrore acido del sudore e al metallo del sangue lo colpì sgradevolmente. Una puttanata di parodia di un campo di guerra.
Girò lo sguardo intorno a sé: alcuni volti erano amichevoli - riconobbe una paio di uomini che erano stati con lui sotto di Hervor e, silenziosamente, li salutò con deferenza.
Altri erano preoccupati e qualcuno sembrava guardarlo con disprezzo. Loki mantenne a forza uno sguardo indifferente.

Rabbrividì ripensando a quanto si era sentito a disagio nell’Arena, da ragazzino: cresceva alto e magro come un giunco, i muscoli lunghi, le mani dalle dita delicate, fuori posto rispetto a suo fratello ed ai suoi compagni di allenamento, tutti scelti personalmente da Odino, il fior fiore dei guerrieri più promettenti.
Non aveva mai prestato molta attenzione alla costruzione, con i suoi archi acuti in pietra tozza - era stato troppo occupato a incassare i colpi senza osare schivarli, sotto lo sguardo cupo di Tyr.

“Non credevo ti interessasse.” disse Sif, disapprovandolo apertamente.

Loki alzò un sopracciglio, ma non le rispose. Il cucciolo venne accanto a lui e annusò l’aria in direzione di Sif.

Era venuto lì ad allenarsi tutti i giorni con un gruppo di ragazzini con un fisico da cavapietre che rivaleggiava con quello di Thor, scelti perché suo fratello potesse allenarsi con dei suoi pari, pensò amareggiato. No, non gli era interessato affatto. L’Arena in cui da piccolo non vedeva l’ora di metter piede, arrivati al dunque, si era rivelata deludente.
Ma nessuno aveva mai chiesto il suo parere.

“Mi piace allenarmi da solo, Mia Signora.” rispose con cortesia. Ora era un adulto e faceva quello che voleva. Si allenava come aveva imparato dai Guerrieri della Nebbia e come aveva imparato da Hervor. Si allenava ad essere un falco.

“Il nulla è un ottimo avversario.” ribatté Sif ironica, “non vince mai, immagino.” aggiunse in tono leggero.

Il cucciolo sollevò le labbra sulle piccole zanne quasi azzurrate ed accennò un ringhio basso.

Odino non era stato uno stupido, Tyr nemmeno. Allora non lo aveva capito, pensò Loki con amarezza, era solo un ragazzino e non capiva un cazzo.

Ad un certo punto, però, quando tutto era diventato improvvisamente troppo, si era guardato intorno: non era il solo con una carrettata di muscoli in meno rispetto a Thor, vedi Fandral per esempio.
Thor era davvero forte per la sua età, ma non sapeva dosare la sua forza e nemmeno dominare la rabbia. Poco male, Asgard era piena di gente con un pessimo carattere e senza freni per quanto riguardava la violenza. Però Thor era figlio di Odino e Odino non faceva il mugnaio: lui doveva imparare a combattere, perché anche se lui non avesse voluto - e Thor voleva! eccome se voleva - degli altri sarebbero venuti comunque a cercarlo per combattere.

A suo fratello, quindi, servivano compagni a cui non facesse male e con cui fosse costretto ad impegnarsi - suo fratello non era fatto per un allenamento solitario, doveva vedere l'avversario e doveva sapere con certezza di averlo battuto: c'era un motivo perché tutti i più grossi ed i più veloci ed i più violenti erano nel gruppo di suo fratello.

“Esatto, non vince,” concesse Loki chinando il capo con grazia, “ma, Mia Signora, nemmeno può essere sconfitto.”

Ma lui? Che accidenti ci faceva lui con quei buzzurri?
Il primo giorno gli avevano rotto il naso con una gomitata, che nemmeno aveva visto arrivare.

Oh Odino non era stato stupido nemmeno in quello: lui e Thor dovevano imparare a combattere assieme se volevano capire come coprirsi le spalle a vicenda. Essere alleati doveva diventare una abitudine, non uno sforzo - non potevano essere separati negli allenamenti.
Non era una lezione di cui Loki, il figlio cadetto, sentisse il bisogno: da ragazzino voleva un bene dell’anima a suo fratello e avrebbe fatto di tutto per lui. Non serviva che lo massacrassero perché imparasse a combattere a fianco di Thor. Lui non voleva stare altrove!
A quel punto si era chiesto se per caso era Thor che aveva bisogno di imparare a sopportarlo... una sera glielo avrebbe anche domandato, ma poi aveva rinunciato: Thor di tutta quella faccenda, come al solito del resto, non aveva mai capito un cazzo.

“I tuoi soliti discorsi senza senso proprio come quando eri un ragazzino e venivi qui tutti i giorni…” concluse Sif, con un sogghigno feroce.

Il cucciolo ringhiò apertamente. Loki guardò Sif con aria distratta, non si era nemmeno accorto che era ancora lì a sputare veleno contro di lui. Se fosse stata sotto di Hervor, sospettò, prima o poi qualcuno delle retrovie si sarebbe voltato dall’altra parte, invece di guardarle le spalle - non sapeva quando era il momento di smettere.

Non erano stati separati e lui aveva passato anni di bruciante umiliazione perché non era come suo fratello. Si era vergognato di se stesso, di tutto quello che non era. Poggiò una mano sulla testa del cucciolo richiamandolo all’ordine e quello uggiolando si mise a sedere inquieto.

Lui lo aveva capito, ad un certo punto che tutto quello che stava subendo era necessario per aiutare Thor ad essere il meglio che poteva essere, ma lui? Dove cazzo stava quello che era meglio per lui? E Thor lo aveva mai capito che suo fratello era stato bloccato per anni con gente che non gli piaceva e a cui lui non piaceva al primo colpo?

A quel punto Thor li raggiunse.

Strizzò l’occhio a Sigyn “Ti sei divertita ieri sera?” chiese, mentre si asciugava il sudore dalla fronte con un telo.

Loki si girò di scatto, fissandolo. Ah ecco! Questo gli era sfuggito.

“L’ho portata ad un ballo,” borbottò Thor, guardando suo fratello con aria intimidita “Ieri sera… giù vicino al fiume… pensavo lo sapessi...”

“Gliel’ho chiesto io...” intervenne Sigyn, guardando con riconoscenza Thor, che sembrava imbarazzato “ma sono rientrata entro l’ora giusta, la Prima Cameriera di Lady Frigga lo sa.”

“Vedo che prendi molto sul serio il tuo esame e sei completamente concentrata su quello...” replicò severo. E così Sigyn se ne andava a cercare Theoric anche fuori dal Castello. Addirittura ad un ballo… pieno di guerrieri. Con il permesso della Prima Cameriera di sua madre, questa poi… Gli venne da sorridere, non fosse stato per qualcosa dentro il petto che sembrava contorcersi sgradevolmente.

Sif si intromise “Già che sei qui, vuoi allenarti contro di Thor?”

Loki le rispose gelido “Io non alzo un’arma contro mio fratello, nemmeno per gioco.”

“Potresti combattere contro di me…” insinuò la donna. “Una volta lo facevi…” Loki sentì distintamente la risata potente di Volstagg e quella elegante di Fandral, ma si strinse nelle spalle. Una volta ti baciavo tra le cosce, Sif, ci morivo, e ora non me ne fotte un cazzo.

“A che scopo?” le voltò le spalle e si diresse verso Tyr, seduto sulle gradinate.

Sif sibilò quasi inaudibile “A dimostrare di essere un guerriero.”

Loki non si voltò. Doveva trattarla come un uomo? La mascella era contratta. Ma lui non era un servo che deve rispondere ad ogni comando, accidenti! Non stava a Sif decidere quando lui doveva o non doveva combattere! Lui faceva come voleva, accidenti! Lui era Loki, figlio di Odino, della Casa dei Borson!

Sigyn, che stava seguendo Loki, si fermò, girò lentamente su se stessa e tutta seria guardò Lady Sif, come se non riuscisse a capirla. Poi, di colpo, disse decisa “Mia Signora, non è quello che state chiedendo.”

Loki si bloccò a sua volta, irritato - non serviva, accidenti! era quasi arrivato a decidere faticosamente che dell’opinione di Sif non gliene fregava nulla! E adesso Sigyn si intrometteva, di nuovo, in cose che non la riguardavano!

“Cosa vuoi dire, ancella?” Sif aggrottò le sopracciglia.

“Voi state chiedendo un compito impossibile per il Principe Loki.”

“Non può battere Thor, è ovvio.”

“No, non può.” disse Sigyn con voce sicura.

“E quindi nemmeno ci prova! Non è un vero guerriero!” esclamò Sif sdegnata, mentre un uomo anziano si avvicinò con aria interessata al piccolo capannello di guerrieri che si era formato. “E tu sei solo una ancella, Sinn, sua. Cosa vuoi capire?”

Era stata liquidata, anche con una certa dose di malcelato disprezzo, e i risolini di alcuni guerrieri non le erano sfuggiti, ma Sigyn ormai era decisa a non lasciar correre “No, non può.” disse con voce tranquilla.

“Perché non è un guerriero!” Sif quasi sputò le parole con disprezzo.

“Proprio perché lo è, non può.” disse Sigyn con aria rispettosa, poi aggiunse, come se le fosse venuto in mente solo in quel momento “Mia Signora.”

L’uomo che si era aggiunto al gruppetto per ultimo, a quel punto intervenne con un sorriso bonario “Forse dovresti spiegare a Lady Sif, ciò che intendi, bambina. Temo che l’amicizia dell’infanzia offuschi il suo giudizio.”

Sif li scrutò interdetta: per Sigyn le dispiaceva, forse, ma era solo una stupida ancella, debole, che non capiva niente della vita. Figuriamoci dell'onore... una femmina.
Quanto all’uomo che si era intromesso mettendo in dubbio le sue parole, chi era? Lo squadrò gelida: era robusto, non era più giovane, ma era ancora forte ed aveva una cicatrice sul volto, che nessun guaritore aveva provveduto a far sparire. Veniva spesso ad allenarsi da solo e a chiacchierare con Tyr ed altri uomini della sua generazione. Cosa voleva?

“Chi siete?” chiese, imperiosa.

“Ditemelo voi.” rispose l’uomo con un sorriso divertito.

Loki si avvicinò - e così la faccenda si faceva interessante - e prese posto accanto a Thor che gli sorrise.

“Se sapete riconoscere cosa è o non è un uomo, con me vi sarà facile…”

Sif si strinse nelle spalle.

Thor si sbilanciò verso il fratello e sussurrò imbarazzato “Guarda che ce l’ho portata solo perché so che tu non balli…” Loki gli scoccò una occhiata irritata e sussurrò di rimando “Porti una ancella che non sa niente di niente, a parte come maneggiare un telaio, in mezzo a dei guerrieri giovani, di passaggio?” sottolineò le parole con uno sguardo di fuoco, “e a fiumi di birra? Cosa accidenti cercavi per le Norne? Oltre una certa età ci pensa Madre Natura e non cerchi rogne con una nobile, ma tutto quello che c’è in mezzo lo sai anche tu che è caccia libera.”
Thor si agitò sul posto, imbarazzato.

L’uomo spostò lo sguardo su Sigyn e chiese “E tu, bambina? Cosa mi dici?”

Sigyn arrossì e poi con voce quieta disse “La cicatrice. Non c’è vergogna. Vittoria o sconfitta molto onorevole.” Sigyn pensò con dolore all’uomo che aveva cercato di guarire, quando era bambina, accanto a Loki che provava a fare il falco - le cicatrici di una punizione potevano essere rese irremovibili perché tutti sapessero, e le gente ne moriva di vergogna... Ma quell’uomo no. Poteva essere stato punito, poteva avere vinto o poteva avere perso, ma lui non trovava disonore in quello che era successo. Quella cicatrice voleva dire qualcosa che non si doveva dimenticare.

Osservò l’abbigliamento sobrio, l’armatura che somigliava a quella di Loki, strati di cuoio e placche metalliche - non aveva visto le sortite che facevano Thor e Sif, che portavano un’armatura lucente, Loki una volta aveva detto che il ferro si scaldava al sole e gelava all’ombra. Provò ad immaginare Sif ferma per ore sotto un sole cocente o nella neve in qul suo bellissimo corsetto di metallo… non ce l’avrebbe fatta.
Poi si fermò ad osservare l’elsa della sua spada che spuntava dal fodero... il fodero! Proprio sull'apertura... aveva già visto quei disegni, quella lavorazione di più metalli l’aveva affascinata solo qualche giorno prima. “Jotunheimr.” sussurrò.

L’uomo seguì il suo sguardo ed annuì.

Thor intanto bisbigliò a Loki in tono di scuse “La birra c’era, in effetti, ma non ha bevuto.”
“Che sollievo! “ lo sfotté Loki, “così almeno una persona con la mente lucida c’era a quel ballo per signorine…”

“Guerriero di una lunga guerra e jarl.” La seconda era facile, un servitore o un figlio di un mercante non avrebbe osato opporsi a Lady Sif, Tyr lo trattava con deferenza... ma non era parte della Althing, lei lo sapeva, assisteva alle Riunioni “Rispettato da molti.” Odino voleva indebolire la Althing non avrebbe sollecitato l’ammissione di un uomo il cui parere non era facile deridere… e poi aggiunse “Rispettato da Odino.” anche se non lo aveva visto a Corte.

“Stai tirando ad indovinare!” disse Sif con severità, “A furia di stare con Lingua D’Argento ne hai assorbito i difetti!”

L’uomo fece un cenno del capo verso lady Sif “Forse.” disse, “O semplicemente non ritiene necessario spiegare per che sentiero è arrivata a quello che ha visto.” Poi si inchinò con deferenza davanti a Sigyn, “Madamigella, forse dovreste spiegare alla vostra giovane amica perché il Principe Loki non può sfidare il Principe Thor in pubblico…”

“Sigyn è solo una ancella…” mormorò Volstagg, “non è una lady...” ma nessuno gli diede retta.

Loki bisbigliò a Thor “Volevi vedere come un gatto si spolpa un uccellino appena uscito dal nido? E’ solo una ancella, non te ne sei mai accorto? Per qualcuno che viene dai boschi è lo stesso che dire a disposizione di chi se la prende.”

Sigyn arrossì, sotto lo sguardo degli uomini intorno a lei, e poi chiese timidamente: “Posso raccontare una storia?”

L’uomo sorrise, gli occhi che brillavano, ed annuì.

Thor si chinò verso suo fratello e borbottò “L’ho sorvegliata. Non l’ho persa di vista un attimo e chi ha ballato con lei aveva molto chiaro che io li stavo osservando.”
Loki sogghignò - i tizi che avevano ballato con Sigyn, non dovevano essersi divertiti molto con Thor che li fissava.

Poi suo fratello aggiunse a disagio “Cercava qualcuno… Vuoi che lo trovi io?”

Loki scosse la testa. Non bastava Sigyn in giro a far domande… ci mancava pure che anche suo fratello si mettesse a dare la caccia a Theoric… grande e grosso e con la sottigliezza di un pentapalmo.
No Sigyn e Thor non ci sarebbero riusciti a farlo uscire pazzo, nemmeno se si fossero coalizzati.

“Un giorno di un tempo senza tempo, di un luogo senza luogo, un uomo doveva decidere a chi lasciare la sua eredità. Possedeva un bellissimo mulino e della terra ed aveva molti figli, ognuno con pregi e difetti come ogni uomo che cammina sulla terra. Insieme erano una squadra formidabile e nessuno avrebbe mai osato attaccare la loro famiglia per depredarla. Un giorno ad una festa i fratelli si sfidarono tra di loro, per decidere chi di loro fosse il più forte. Chi perse se sentì umiliato e chi vinse si sentì orgoglioso…”

“Come è giusto!” disse una voce allegramente.

“Ma questo fatto venne osservato dagli uomini di un clan vicino che pensarono che ciò che era formidabile da unito, era fatto da unità separate che potevano essere sconfitte una alla volta. Così dopo un anno, alla festa successiva, il mulino era ormai del clan vicino. E nessuno, nel tempo, ricordò più chi dei fratelli avesse vinto o perso alla festa di tanti anni prima, ma solo che uno ad uno erano morti.
Questo accadde in un giorno di un tempo senza tempo, di un luogo senza luogo.”

Sigyn sentì che la voce le moriva in gola, ricordava molto bene chi le aveva raccontato quella storia e sapeva che se era sopravvissuta agli Elfi era perché altri l’avevano aiutata e lei aveva sempre fatto la sua parte. Allo scambio dei prigionieri la Althing del Campo aveva scelto che a salvarsi fossero i piccoli, una votazione quasi unanime. Non era più tornato nessuno.
La lealtà era un valore, non le scemenze di Sif. O di Loki.

Guardò gli uomini e capì che alcuni avevano capito e altri no, l’avevano trovata solo una storia sciocca di una ancella sciocca. Una ancella, non certo una Lady. Improvvisamente si sentì furibonda e cercò di allontanarsi in fretta verso le gradinate, per fare solo la spettatrice silenziosa, gli occhi che le si stavano riempiendo di lacrime.

Una mano la trattenne tenendola per un braccio.

“Chi non ha potere ha solo le favole per far sentire la sua voce.” disse l’uomo e poi la lasciò andare.

“Lady Sif, Mia Signora, non è mai bene che i figli di un Re imparino a combattersi dentro Arena uno contro l’altro. Potrebbero acquisire l’abitudine e farlo anche fuori.” il guerriero parlò a Sif con gentilezza, ma lo sguardo era severo “O altri, che non hanno a cuore il bene del Regno del Re, potrebbero pensarlo possibile. Ciò che un gioco quando si è ragazzi, da adulti non lo è più.”

Sif abbassò lo sguardo - il rimprovero le bruciava e non ci era abituata. In un rigurgito di orgoglio ribatté piccata “Ma avrebbe potuto battersi con me!”

L’uomo non disse nulla, ma fu Sigyn a intromettersi irritata. “E perchè?”

Sif sogghignò “Perché un guerriero lo avrebbe fatto!”

“Mia Signora volete per forza allenarvi con il Principe Loki? Anche se a lui non interessa perché si allena da solo?” Sigyn capì di essersi spinta troppo oltre, ma non le importava: lei sapeva benissimo dove stava la sua lealtà.

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Capitolo 28
*** Serve un posto per tutte le cose ***


Serve un posto per tutte le cose

Le due giovani si fronteggiavano nell’Arena mentre il vento spazzava la sabbia. Faceva freddo.

Sif era stata bella fin da bambina, rifletté Loki accarezzandola con lo sguardo. Aveva i capelli chiari, quasi come quelli di Gissa, e lui ricordava molto bene di averla adorata, trovandola perfetta.
Oh lo era - un sorriso triste gli attraversò distratto gli occhi - perché aderiva, in quasi ogni particolare, all’idea di bello della sua gente, mandando all'aria tutte le sue idee - presuntuose - che gli consentivano di vedersi indipendente, intelligente e non manipolabile.
Da ragazzo era stato proprio un ragazzo.

E poi era una guerriera. Proprio come Lady Frigga da giovane - Loki scosse impercettibilmente la testa: altra ovvietà.
Poi il tempo era passato e quello che una volta sembrava toccargli il cuore aveva finito per interessarlo molto meno.

L’armatura pallida di Sif era diversa da quella di Thor, diversa da quella accecante di suo padre e molto diversa dalla sua: la avvolgeva di luce soffusa, le cingeva le spalle, abbracciava il rilievo del seno, mostrava la pelle della gola e si annodava intorno ai suoi fianchi come una cintura.
Sensuale più di un abito di seta, quell’armatura fatta di luna le lasciava scoperta la pelle come nessuna donna a Corte avrebbe mai osato - forse solo una thrall ad un banchetto, ornamento del suo padrone.

Sif era la thrall della morte, pensò Loki con una punta di cattiveria.

Era il lato della guerra che incantava suo fratello - il nemico mostruoso, la certezza di essere completamente dalla parte della ragione, la gloria della battaglia risolutiva, la morte dell’avversario che avveniva puntualmente senza sbavature, l’assenza del rimpianto per aver perso qualche cosa che forse era importante. Perché nulla andava perso e il delitto non era delitto, ma solo un atto senza vergogna e con tutta l’approvazione degli Aesir.

Anche la sua. Molto tempo prima.

Era stata bella da bambina ed era veramente bella ora che era una donna; perché suo fratello non si decideva?


Spostò lo sguardo su Sigyn, con quei capelli lucidi del colore delle castagne, che le sfuggivano da tutte le parti in riccioli scomposti ed il vestito verde muschio: non un pollice delle sue braccia o delle sue gambe era scoperto - una inguaribile sciocca, pensò con irritazione, una che non sapeva distinguere un guerriero vero da una patetica illusione. Se ne stava lì a pensare di poter contrapporre la sua visione della vita, elaborata a mestolate di cavoli marci, a quella di Sif, come se Sif non avesse avuto, almeno per qualche tempo, i precettori migliori del Regno, per aiutarla a costruirsi la sua.

Decise che non apprezzava affatto la lealtà della piccola: nessuno le aveva chiesto un bel nulla e lui era Loki e combatteva le sue battaglie da solo.


Sif si voltò verso di lui e gli intimò, irritata, di controllare meglio l’altro suo cucciolo - non era sua.

“E’ la mia ora di libertà, Mia Signora.” replicò Sigyn, cortese, ma ostinata.

Loki allargò le braccia con aria costernata “E’ la sua ora di libertà," disse, con un dispiacere così palesemente finto da non ingannare proprio nessuno. "a quanto pare adesso non posso darle ordini. Forse Lady Frigga… Mia Signora, volete che la mandi a chiamare?”

Ci fu un risolino tra gli uomini, subito smorzato dallo sguardo per niente divertito di Sif, che strinse le labbra in una linea sottile densa di disapprovazione, poi rivolta a Sigyn disse:“Ragazzina ripensa molto bene a quello che hai detto.”

“Ho solo detto la verità, per come la conosco, non volevo essere insolente, Mia Signora.” Risposta sbagliata, pensò Loki, ma è difficile immaginarne una corretta, adesso, per la situazione in cui ti sei cacciata, Sigyn.

Sif la scrutò, poi insistette, dura: “Una ancella che non si comporta da ancella è insolente.” Sif era la reginetta dell'ovvietà, pensò Loki quasi divertito.

“Perdonatemi, Mia Signora, ma io vi stavo solo dando ragione: le sfide, anche per gioco, non si possono imporre, è necessaria la parità di rango, o, almeno, il rispetto reciproco.” Sigyn appariva tesa.
Sif la guardò Sigyn con disprezzo - Loki avrebbe dovuto rimettere quella ragazzina al suo posto a frustate.
L’uomo anziano, invece, la guardò con interesse e poi guardò gli altri intorno a sé: avevano capito cosa stava dicendo l’ancella? Probabilmente la maggioranza no - sembrava un discorso troppo ovvio eppure dentro c'era una critica precisa su quanta libertà avesse un guerriero di portare la guerra proprio dentro casa sua. Non era normale che un amico dei figli di un Re si opponesse così platealmente ad uno di essi, anche solo per favorirne l'altro - erano posizioni pericolose perché non si stava parlando dei figli di un mugnaio - ad un certo punto in quella cerchia ristretta che si conosceva da tempo, si era evidentemente persa l'idea di chi fossero e soprattutto di chi avrebbero dovuto essere. Forse non capivano che insieme ai privilegi venivano pure i doveri e le aspettative... ma qualcuno si - notò qualche sorriso trattenuto, mentre il volto di Fandral si era fatto improvvisamente scuro - qualcuno capiva di cosa si stava parlando e la cosa non gli piaceva.

Thor sussurrò a Loki “Non capisco il senso del discorso di Sigyn: anzitutto Sif non è tenuta ad ascoltarla, qualunque cosa voglia dire, lo sanno tutti. Quanto ad una sfida, di che parla? Sigyn la vorrebbe sfidare, per cosa? E a far cosa? E’ assurdo! Sif è una guerriera e Sigyn… beh Sigyn non so nemmeno cosa faccia tutto il giorno, di preciso.” Thor era perplesso, “So che ti vuole bene, e che tu gliene vuoi come ad una sorellina, da quando era piccola, ma… lei non ha il diritto di parlare in questo modo a Sif. Dovresti dirle qualcosa. E’ brutto che si permetta di essere così… irrispettosa. Non è nemmeno da lei! Dovrebbe imparare a stare al suo posto, non credi?”

Loki socchiuse gli occhi - Sigyn questo lo avrebbe pagato, pensò, si stava impicciando di cose che non la riguardavano e lui non l’avrebbe fermata e nemmeno protetta. 
Però qualcosa a suo fratello la doveva pur spiegare, visto che quello, da solo non ci arrivava proprio.

“Sta solo stabilendo un principio. Similitudine.” rispose seccamente, augurandosi che quello, per Thor, fosse sufficiente.

Suo fratello per un po’ stette zitto, come confuso, poi, di colpo, arrossì “Loki, ma Sif con te scherza! Siamo cresciuti insieme, lo sai: lei è diversa. Lei ha il diritto di chiederti… di stuzzicarti! Non è come tra Sigyn e Sif! Sif, anche se non è tua pari è come se lo fosse! A te non dà mica fastidio, poi! Non scherziamo...”

Loki guardò Thor sinceramente curioso “E chi lo ha deciso? Tu? Lo ha deciso tu? Anche per me?”

“No, ma è ovvio…”Thor si mosse in imbarazzo, chiaramente nervoso, spostando il peso da un piede all'altro “dai Loki, piantala di scherzare, non è lo stesso. Voi due siete amici, vi siete allenati insieme!”

“E così un giorno in un tempo senza tempo e in un luogo senza luogo, un uomo di nome Tyr che non poteva più combattere in una guerra vera, decise chi, giocando a fare il possente guerriero, avrebbe dovuto agitare la spada con chi, per qualche ora al giorno. Così sigillò per sempre le amicizie di una vita." Loki si strinse la fronte all'attaccatura del naso, esasperato - "Ma che cosa accidenti dici, per le Norne?”

“Un amico è una persona che condivide con te una parte davvero importante della tua giornata!”

“E tu pensi che da ragazzino, per me, l’Arena, fosse la parte più importante?” a Loki stava venendo da ridere, ma si trattenne. Pensò alle giornate con Frigga, un misto di affetto e severità, agli amici di sua madre, che non erano quasi mai dei guerrieri, alla soddisfazione nel riuscire ad imbrigliare il seidhr dentro di lui, ai momenti con suo fratello senza quei suoi cazzo di amici tra i coglioni, a lui che cercava di diventare un falco tutto da solo, al Bibliotecario un po' folle che aveva sempre un libro tra le mani e d'inverno succhiava caramelle alla menta, ad Eir, Freyja, Odino che per lui quando era bambino era un Dio, e poi all'epoca stare con lui non era mica assistere ad un monologo senza un attimo di pausa, nemmeno per respirare... eccheccazzi!
Ma Thor non avrebbe capito e poi non gli riusciva a staccare gli occhi di dosso da Sif: poteva vederne i pensieri man mano scorrere ed affiorare.
A Sif era molto chiaro cosa stava dicendo Sigyn, che non era molto diverso da quello che aveva suggerito lo straniero. Voleva Thor? Lo voleva davvero? Non solo come amica? E nemmeno solo come amante o come concubina?
E allora doveva sapere che c’erano cose che venivano insieme al pacchetto, oltre ad un trono: i doveri. Compreso quello di piantarla di fare la stronza. Odino quando avrebbe scelto avrebbe anche giudicato le loro scelte - non gli avrebbe mai perdonato una Sigyn, per esempio.

“Sif non intende fare nulla di male, solo che ogni tanto voi due bisticciate proprio come quando eravate bambini. E poi tu… tu la rispetti. Vero? Tu le vuoi bene, è una tua amica da tanti e tanti anni… forse la tua più vecchia amica...” Thor lo guardò incerto, alla ricerca di una rassicurazione e Loki si limitò a sorridere senza dire nulla.
E’ complicato, pensò. Davvero fratellino tu pensi che lei sia la mia più vecchia amica? Che se dovessi fare un viaggio è lei che vorrei tirarmi dietro? Credi che se non ci fossi tu a volerle bene, tu a considerarla una amica, la tua più vecchia amica, tu che condividi con lei quello che consideri il meglio della tua giornata, lei sarebbe qui? Con tutta quella supponenza? Che glielo permetterei?
Ma non disse nulla. Non avrebbe mai interferito nelle faccende di cuore di suo fratello.
Anche se.
Anche se Lady Frigga, la loro madre, la Regina, era fatta di tutta un’altra pasta.

 

Sif si guardò intorno, soppesando i volti intorno a sé e cercando di inquadrarli in due categorie: amici e nemici. Nessuna zona grigia.
Quello che vide non le piacque.

Con un gesto deciso mise la mano sulla spalla di Sigyn ed affondò le dita “Mi spiace farti questo ragazzina.” sussurrò, “Ora vediamo chi sei. Non certo una impavida come uno di noi.”
E poi strinse, come se dovesse spaccare una pietra.

L’ancella stava troppo con Loki, stabilì dentro di sé. Avrebbe dovuto parlarne con Frigga, alla prima occasione.
Non era un bene per la ragazza: oltre a riempirle la testa di sciocchezze lui l’avrebbe compromessa prima o poi, se già non lo aveva fatto, e Frigga si sarebbe ritrovata davanti, proprio nelle sue stanze, una delle puttane di suo figlio, appena uscita dal suo letto. Che vergogna! Ammesso che Loki con lei si degnasse di usare un letto: con una ancella andava bene anche in piedi, nascosti in qualche modo dietro una porta.

Spinse decisa per costringere l’ancella ad inginocchiarsi, ma la piccola resistette e rimasero lì, apparentemente immobili, le dita di Sif che artigliavano la carne senza nessuna pietà.

Il cucciolo seduto accanto a Loki emise un brontolio basso che Loki condivise appieno - se fosse stato un animale gli sarebbe piaciuto mostrare gli artigli a quel punto.

Poi Sigyn chiuse gli occhi ed iniziò a sussurrare - Loki ne osservò affascinato lo scoppiettare deciso del seidhr a fior di pelle, ostinato quanto lei. “Incantesimo di fuoco…” sussurrò tra sé, la piccola stava cercando di alzare la temperatura del suo vestito, forse anche della sua pelle, proprio dove Sif la stava trattenendo. Si sarebbe fatta male, pensò, ma Frejya avrebbe apprezzato se l’avesse vista.

Per lui era solo un inutile spreco di abilità.

Vide la fronte di Sigyn corrugarsi, le gocce di sudore sulle tempie e guardò Sif che stringeva le labbra. Poi seguì l’orientamente del seidhr e sorrise.

Ah ecco! pensò, la pelle era dove era partita, per risalire lungo i guardabriaccia di Sif.
I guardabraccia - sorrise sarcastico - ma se aveva uno scudo, tutto cesellato che nemmeno suo fratello alcuni anni prima! ma a cosa accidenti le servivano i "cannoni" come avrebbe detto Hervor, se quella benedetta donna non usava l’arco? Ci provasse a parare un colpo di martello di Thor, anche che non fosse Mjolnir, con l’avambraccio coperto di metallo: le sarebbe andato in pezzi! E non il metallo: l'ulna ed il radio. PolverizzatiI
In un modo che forse anche Eir avrebbe avuto difficoltà a rimettere tutto insieme al suo posto.
I guardabraccia di Sif servivano solo a sottolineare i polsi sottili e a celare un po’ di pelle perché quella delle braccia risaltasse maggiormente.

Quanto ad una freccia: quando era con loro ci aveva sempre pensato lui a parare a tutti il fondoschiena da tutto quello che non arrivava guardandoli dritto in faccia. Nemmeno se ne accorgevano.

I guardabraccia di Sif erano di metallo, ovviamente.

Metallo.

Ripensò ai suoi primi giorni con Hervor, a quella sua armatura di cui era stato tanto orgoglioso, dorata, tutta sbalzata, dono di suo padre.
Una armatura in metallo sotto il sole era una trappola in cui gli sciocchi si infilavano da soli.

Hervor non aveva detto niente, quando lo aveva visto, ma lui ci era arrivato da solo e di notte, piano piano se le era smontata pezzo per pezzo, assieme al suo orgoglio di figlio di Re, trasformandola in qualcosa di utile.
Non c’era stata una notte, mentre appiattiva un pezzo, sfregiandone le cesellature, in cui non si fosse chiesto se suo padre sapeva, se si era reso conto, se proprio non aveva pensato, se lo avrebbe giudicato indegno perché non riusciva a resistere al calore e cercava una soluzione sensata per la sua sopravvivenza, se era stata una prova di intelligenza che lui stava superando, o forse un gesto di disprezzo verso un figlio inadatto a fare il guerriero.

O forse semplicemente era stata commissionata una armatura senza preoccuparsi dei dettagli e nessuno si era preoccupato di chiedere che cosa ne avrebbe dovuto fare.
Un dono rituale che non significava nulla di nulla. Non a livello personale.

Hervor quando aveva finito, gli aveva offerto da bere, ma senza mai commentare.


Vide il sudore sulla fronte di Sif, la pelle che diventava rossa, sotto un sole pallido.
Non doveva essere divertente per nessuna delle due. Sperò solo che Sigyn si sarebbe lasciata curare.

Di colpo Sif mollò la presa, senza emettere un suono. Con passi decisi si avvicinò ad uno dei secchi pieni d’acqua sulle gradinate e vi immerse il braccio, senza dire una parola..

Loki per un attimo simpatizzò con lei, poi rabbrividì - c’erano persone che non erano abituate a incassare. Adesso Sigyn avrebbe pagato sul serio.

 
 

Sif parlò con la sua solita voce ferma, lo sguardo diretto a Loki, le parole a Sigyn, ma dette solo a beneficio degli uomini intorno.

“Bene ragazzina, per dimostrarti quanto serve la parità di rango in una sfida - o il rispetto - mi adatterò ad essere la tua prima avversaria. E anche l’ultima, presumo.”

Sigyn non disse nulla, ma divenne scarlatta. Loki socchiuse gli occhi, ma non disse nulla nemmeno lui - non era quella la sede.

“Avrei preferito battermi con il tuo padrone, ma se oggi non ne ha voglia…”

Lo sguardo di Loki si fece duro, ma gli occhi di Sif, che continuava a fissarlo, rimasero imperturbabili.

“Dato che vieni da un mondo di gente sconfitta, tenuta prigioniera per troppi anni per essere ancora davvero parte degli Aesir, lascia che sia io a spiegarti le regole di una sfida informale: scegliti un compagno che ti passi le armi e controlli la sfida. Scegliti due armi. Tre attacchi, ci si ferma ogni volta al primo sangue. Niente colpi agli occhi, sei una ancella e Lady Frigga non saprebbe che farsene di una tessitrice cieca.
Niente colpi agli organi vitali, non so che farmene del tuo sangue sulle mie mani, anche se posso permettermi il tuo guidrigildo nel caso. Ma tu non potresti permetterti il mio.
Niente ai genitali - forse un giorno qualcuno vorrà piantarti dentro un figlio.
Vince chi versa il sangue per primo per due volte. Se vincerai ascolterò cosa volevi dire, anche se non ti posso promettere che riuscirò a comprenderlo. Non ho pazienza per le stupidaggini.”

Sigyn sperò solo di non farsi troppo male.

“Che arma scegli?”

“Ho il seidhr.” disse timidamente.

“Non un granché da quello che dice Loki.” rispose Sif, “e comunque no, non puoi, in una sfida informale sarebbe disonorevole.”

Loki sorrise, la bocca come una tagliola, gli occhi senza niente di gentile - non sarà stato un granché, ma abbastanza per farti mollare la presa.

“Pugnale?”

“L’arma dei codardi.”

“Una fionda?”

“La consideriamo un’arma adesso?” chiese Sif guardando Fandral che rise divertito. “E poi cosa chiederai? Un fuso per cardare?”

“Ma posso scegliere liberamente oppure no?” chiese Sigyn perplessa diretta ad Hogun.

I Tre Guerrieri, amici di Thor, si misero a ridere. Anche il gruppetto di uomini intorno a loro sembrò rilassarsi.

Volstagg intervenne conciliante “Il tuo compagno d’armi sarà Loki, immagino.”

“No” dissero all’unisono sia Loki che Sigyn. Lei lo guardò con stupore, ma non disse nulla.
Lui tacque.

Fu l’uomo anziano che si fece avanti, con cortesia e gli altri annuirono, Loki li guardò uno per uno: chi più chi meno, erano grati che lo straniero li togliesse dall’imbarazzo di doversi schierare contro Sif che era una della cerchia più stretta degli amici dei figli di Odino.

Fandral si intromise “Come facciamo ad essere certi che non userà il seidhr? Servono le Manette di Loki!” poi aggiunse, ridendo “Qualcuno se le ricorda?”

Tutti annuirono, qualcuno rise e Tyr si affrettò a sparire diretto all’armeria. Loki mantenne una maschera di indifferenza, l’ombra di un sorrisetto sulle labbra, come se ci fosse qualcosa di umoristico in tutta la faccenda, o un qualche ricordo divertente di bei tempi passati - non era così.


 

I polsi di Sigyn vennero chiusi in due pesanti anelli metallici che si adattarono alle sue dimensioni - Loki poteva vederne il seidhr sfrigolare, mentre quello di Sigyn si spegneva, e gli si strinse il cuore: sapeva quanto pesavano, quanto fossero alte e spesse, soprattutto sapeva che si sarebbe sentita disorientata, come un uomo di colpo bendato, o sordo. Ricordava la sensazione e sapeva che ci voleva un po’ per adattarsi - abituarsi, quello mai.
Andò a sedersi accanto a Tyr, sulle gradinate, mentre Thor si avvicinò ai suoi amici. Era una scelta di campo - due - ovvia. Voleva bene a Thor e non poteva schierarsi platealmente contro i suoi amici - contro Sif, in realtà - era come mettere in dubbio la sua capacità di scegliersi i suoi uomini, ma era inutile fingere che davvero gli amici di suo fratello fossero anche i suoi. Non poteva dirlo apertamente - non stava a lui - ma era così ed un giorno forse quel deficiente di suo fratello ci sarebbe arrivato.

“Non è una guerriera,” bofonchiò l’uomo, “e questa è una stupidaggine. Avresti dovuto fermarla.”

“E perché mai?”

“Si farà male.”

“Ma davvero?”

Tyr strinse le labbra - non aveva mai apprezzato il suo sarcasmo, ma poi proseguì imperterrito: “Non ne vedo lo scopo.”

“Punirla, presumo.”

“Non parlo dello scopo di Lady Sif,” Tyr non aveva mai smesso di trattarlo come un suo allievo, “parlo del tuo Loki Odinson.”

“Non ho mai considerato Sigyn meno di quello che è: una donna libera. E non comincerò oggi.”

“Una donna libera che si farà molto male.”

“Guarirà.”

“Vado a dire che può usare il seidhr.” Tyr fece per alzarsi, ma Loki lo fermò con un gesto.

“Lady Sif è stata istruita da me personalmente,“ sbottò Tyr, “è stata uno dei miei gioielli! Tutti all’inizio mi criticavano per aver scelto anche una ragazzina, ma il tempo mi ha dato ragione! Le due non sono alla pari: lo sa Sif, lo sa la ragazza, lo sai tu e lo so io. Qualcuno deve fare qualcosa.”

“Perché?”

“Come perché? Che accidenti vuol dire perché?” Tyr era scarlatto.

“Non mi pare che sia la prima volta che vedi battersi due persone che non sono alla pari. E la cosa non ti ha mai disturbato.” Loki si tolse un invisibile granellino di polvere dai vestiti.  

“Perché non è il figlio minore di un Re!” Tyr esplose, cercando di tenere il tono di voce basso,”Perché non è qualcuno di cui si può fare a meno, se serve, perché a nessuno importa un fico secco! Perché non deve imparare un accidenti! Ecco perché.”

“Ah ecco…” Loki continuava ad apparire indifferente. “Immaginavo ci fosse un motivo…” poi sorrise “Goditi lo spettacolo, Tyr. Sif deve solo colpirla tre volte. Se l’hai educato bene, il tuo gioiellino, non infierirà.”



L’arma di Sigyn era la fionda. Sif impugnava la spada.

La prima volta che Sif si avvicinò all’ancella, una pietra alzò la polvere proprio vicino ai suoi stivali e Sif rise, giudicandolo un caso. La seconda volta la pietra sibilò vicino allo zigomo della guerriera che si fermò, cauta.
Sigyn respirò: se riusciva a mantenerla a distanza poteva farcela. Doveva solo stare lontana dalla spada. La spada era male, tutto il resto era accettabile, ma doveva stare lontano dalla spada.

Per due volte riuscì a colpire la guerriera, centrandola sulla pelle scoperta - bel livido, ma niente sangue, purtroppo. Sif la guardò con stupore, poi fece tre passi di corsa, decisi, colpendola con la spalla ricoperta dall’armatura. Sigyn, letteralmente volò all’indietro, senza fiato.

Fandral rise “E’ affascinante questo combattimento, però sarebbe molto più divertente se l’altra si vestisse come Sif. Che ne dici Volstagg?”

Loki trattenne il fiato, la vide sollevarsi, intontita, mentre Sif la riafferrava per la spalla, nel punto esatto in cui l’aveva artigliata solo poco prima - la smorfia di dolore fu eloquente.

A quel punto Sif le assestò un manrovescio “Questo chiude il primo giro.” disse con voce ferma. E poi la colpì di nuovo.

Lo straniero intervenne “Il primo sangue è stato versato.”

Loki non disse nulla, mentre osservava gli occhi pieni di lacrime di Sigyn - era solo un riflesso, lo sapeva, era successo anche a lui. La vice asciugarsi il sangue che le colava dal labbro con il dorso della mano - Sif non si smentiva mai - e osservò con distacco il viso trionfante di Fandral.
Stava gioendo perché Sigyn era in un certo senso sua - si chiese se per caso non fosse il caso di formalizzare la cosa, cosa aveva detto Thor? Una sorellina…
 

Il secondo giro vide una Sigyn attenta ed una Sif trionfante. Non c’erano sassi aguzzi nell’Arena e, Loki lo pensò con sconforto, Sif stava calcolando quanto tempo ci avrebbe messo Sigyn ad essere pronta di nuovo, tra un lancio e l'altro.
Era veloce, se la ricordò appena arrivata quando non voleva essere toccata da nessuno, ma non era allenata. Non le aveva mai chiesto del campo e degli Elfi Neri, un posto davvero di merda se era necessario che delle bambine sapessero prendere così bene la mira con la fionda. Era veloce, ma non abbastanza, pensò con distacco.

Quando Sif scattò Sigyn cercò di spostarsi di lato, ma fu inutile: Sif la afferrò per i capelli, sbattendola a terra.

La costrinse ad inarcarsi all’indietro, verso di lei, mentre Fandral ridendo annunciava che quella era la posizione giusta per iniziare un altro tipo di combattimento. Loki strinse i pugni, ma non disse nulla - non era quella la sede.

“Chiudiamo anche il secondo giro?” chiese la guerriera con voce suadente, chinandosi verso la ragazza. “Non ti rovinerò il visino, so che stai cercando un guerriero. Non fraintendere, lo faccio per lui. Anche se non credo ti voglia, o sarebbe stato lui a cercarti. Una puttana che non deve nemmeno pagare... e lui nemmeno fa un giro per un assaggio.”

Sigyn sembrò arrendersi, senza lottare, né opporre resistenza, e Sif, allentò la presa chinandosi per sussurrarle un’ultima cosa prima del colpo

A quel punto Sigyn sollevò la testa di scatto, colpendo Sif in pieno viso con una testata.

Sif arretrò, gli occhi enormi, il sangue le stava uscendo dal naso. Nell’Arena scese il silenzio.

Loki sorrise - imbrogliona, pensò. Però si sentiì in colpa per Thoeric. Tra lasciarla e morire forse era meglio se fosse morto in un tragico incidente. Magari a caccia. 

Sigyn impallidì, guardando con orrore il sangue sul volto della donna “Mia Signora! Vi siete fatta male?” chiese preoccupata avvicinandosi. Sif sollevò la spada, come per colpirla e per un attimo rimasero lì a fissarsi, trovandosi incomprensibili l'una per l'altra..

Loki sentì il gemito strozzato di Tyr accanto a lui e decise che gli serviva una casa per tenerci tutte le sue cose al riparo, tutte, tra cui anche il cucciolo, e, ovviamente, la padrona ufficiale del cucciolo, perché si ricordasse di dargli mangiare.

Fu lo straniero a riportarle alla realtà  “Il primo sangue è stato versato, nessuno ha il diritto di colpire nessuno, ora.”

E così iniziò il terzo giro.

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Capitolo 29
*** Corpo a Corpo ***


Corpo a Corpo

Sif attaccò Sigyn, come prevedibile.

Loki decise che se la piccola avesse imparato ad usare un arco forse sarebbe stato tutto diverso, ma c’era quella faccenda di non colpire organi vitali ed il quasi trascurabile dettaglio che Sif era furibonda, anche se in quel suo modo gelido per soli intenditori - non fermi un pentapalmo molto arrabbiato solo facendogli male.
E poi, a differenza di un pentapalmo, Sif aveva uno scudo, dettaglio non trascurabile per la faccenda "fare del male".
Aggiungiamo che non era esattamente un pentapalmo - era una guerriera addestrata per uccidere fin da bambina.

Sigyn aveva già perso.

Fece un gesto ad un aiutante di Tyr e gli bisbigliò rapidamente una serie di ordini, senza smettere di guardare l’Arena.
La osservò con distacco mentre la ragazza cercava di mantenere costante la distanza con la guerriera. Solo una dilazione prima dell’inevitabile, stabilì Loki, annotando dentro di sé tutti gli errori che le vedeva commettere - non era una guerriera, Sigyn era tante cose, ma non una guerriera.
Il cucciolo, accoccolato ai suoi piedi brontolava senza posa.

Nel frattempo Thor gli si avvicinò e si sedette accanto a lui. “Non mi aspettavo che avrebbe segnato un punto. La piccola, intendo. Pensavo che avrebbero finito con il secondo giro.”

“Immagino.” mantenne un tono neutro, ma avrebbe voluto dargli una botta in testa come quando erano bambini: una parte di tutte questo era anche colpa di Thor.

“La fine è scontata, però.” suo fratello sembrava a disagio.”Non credi?”

“Il risultato è scontato.” rispose Loki senza voltarsi a guardarlo. “La fine no.”

Sif attaccò a testa bassa.
Stavolta non gettò Sigyn a terra, si limitò a spingerla verso l’alto, colpendola decisa allo stomaco, per poi lasciarla lì boccheggiante, piegata in due.
Niente sangue.

Loki commentò con voce indifferente “Nemmeno Sif se lo aspettava. vedo. Che Sigyn avrebbe segnato un punto, intendo.”
Tyr sbuffò, ma non osò replicare.

L’attacco si ripeté una seconda volta. Loki poggiò un piede su un gradino di pietra, il gomito sul ginocchio, la mano appoggiata alla fronte. Gli zigomi affilati risaltavano nel gioco di luci ed ombre, insieme agli occhi chiari, il volto immobile come quello di una statua.

Non c’erano sassi aguzzi nella sabbia dell’Arena, sfortunatamente, rifletté per l'ennesima volta, e a Sigyn non serviva un livido, per chiudere, ma del sangue. Anche una sola goccia. Ma lo avrebbe fatto?

La terza volta Sif decise di colpirla al plesso solare - Loki la vide annaspare alla ricerca di aria, mentre i polmoni si svuotavano di colpo, gli occhi spalancati dallo stupore - era come finire sotto un’onda e non riuscire a risalire, lui lo sapeva bene. Sif, però, non ci era andata davvero pesante: la piccola era ancora in piedi.

Quando una bambina a cui hanno insegnato ad uccidere incontra una bambina che ha imparato a sopravvivere, tutto potrebbe succedere, ma se la seconda piange per un lupo beh! il risultato è abbastanza scontato. Loki sospirò.Specialmente se si scontrano per una questione di principio.

Poi vide Sigyn portarsi una mano dietro la nuca e sfilare dai capelli il fermaglio che le aveva regalato Asgerda.
Thor accanto a lui trattenne il fiato, ma Loki scosse impercettibilmente la testa.
La videro prendere la mira verso le braccia di Sif. La guerriera sollevò lo scudo per proteggere la parte alta del corpo, ma di colpo Sigyn cambiò direzione. Fu un attimo, Loki sentì Tyr e suo fratello che trattenevano il fiato, come tutti quelli che non sapevano che la conclusione era già scritta.

Il fermaglio cadde nella sabbia, sfiorando lo stivale di Lady Sif e scese il silenzio.

“Ha sbagliato a prendere la mira. Peccato.” la voce di Thor risuonò chiara per l’Arena. “Era un buon tentativo.”

Tyr non disse niente.

Loki si limitò a fissare il volto di Sif cercando di non esprimere nulla di quanto stava pensando. Ti ha offerto un modo per salvare la faccia, la ringrazierai? Loki non era ottimista.

La guerriera guardò a lungo il fermaglio, poi lo calpestò.
Questo è un no, immagino.
A lunghi passi Sif si diresse verso Sigyn, che rimase immobile, guardando un punto lontano. L’impatto fu violento, ma Sigyn se l’aspettava e non oppose resistenza, semplicemente volò all’indietro per poi atterrare e scivolare dentro la sabbia, sollevando una nuvola di granelli.

Sif fu in piedi su di lei in un attimo, poi la sfiorò con la punta della spada, risalendole lungo la gola lentamente, mentre l’altra chiuse gli occhi, indifferente, come se nemmeno fosse stata lì. A quel punto Sif si chinò verso di lei “Guarirai e non ti resterà il segno, sono sicura che ci penserà Loki, non hai nessun altro, del resto. Ma ci vorrà tempo. Mi auguro che lo userai per riflettere, ragazzina.” 

Il taglio seguì molto lentamente la linea dello zigomo, pulito e non profondo. Deliberato. 

Intorno il silenzio - Loki si stupì di non sentire provenire nessun suono da Sigyn, nemmeno il rumore del fiato trattenuto. Chiuse gli occhi disgustato.

Fu lo straniero che bloccò la mano di Sif, stringendole il polso.

“Il primo sangue è stato versato.” disse con voce dura.

La tensione era palpabile, la ruppe Fandral con un grido di esultanza. Si diresse verso Sif ridendo e la prese per le spalle, portandola verso il loro gruppetto. “E così è finita! Per festeggiare stasera offrirò da bere a tutti!” esclamò con voce allegra, indossando a sua maschera migliore da ragazzo simpatico. Volstagg intervenne cominciando a raccontare uno dei suoi aneddoti e lentamente sciamarono tutti in un angolo dall’Arena, lasciandosi alle spalle quello che era successo, qualunque cosa fosse stata, senza abbandonare il terreno.

Thor rimase accanto a suo fratello, incerto, mentre fissava Sif e Fandral.

"Dovresti andare coi tuoi amici, per festeggiare." Loki era stanco e decise che stavolta gli avrebbe facilitato il compito, che suo fratello se ne andasse coi suoi amici guerrieri a fare cose da guerriero, a lui non importava, lui se ne sarebbe rimasto lì, seduto ad aspettare che se andassero. “Complimenti per il tuo gioiello Maestro Tyr," aggiunse "L’hai addestrata molto bene.”
Nella voce di Loki c’era una punta di sarcasmo, ma così lieve che andava cercata bene - a Thor infattì sfuggì, ma non al vecchio guerriero, che sembrò rattristato.

Lo straniero, intanto, tese la mano a Sigyn per aiutarla a rialzarsi. Arrivò anche l’aiutante di Tyr con cui aveva parlato Loki e se la portò via. Loki disse al cucciola "Vai!" l'avrebbe seguita e le avrebbe tenuto compagnia.
L’uomo si diresse verso Loki, con il volto scuro, “Posso pagare un ottimo guaritore.” disse con voce tesa “Non serve che se ne occupi un macellaio qualunque - è una ragazza.” poi aggiunse in tono deferente “Principe Loki.”

“Lady Eir è già arrivata. Avete qualcun altro da suggerire?” il tono di Loki era gelido. "Se Lady Eir secondo voi non è all'altezza..."

Thor lo guardò stupito allontanandosi - e così aveva scelto da che parte stare, come al solito pensò Loki amareggiato - mentre lo straniero mormorò imbarazzato che la Guaritrice della Regina andava benissimo. Poteva andare a verificare come stava la piccola?
Loki rispose con un generico più tardi - ma che cazzo voleva adesso questo tipo spuntato dal nulla? - si inchinò in segno di congedo e rimase un attimo a pensare dove andare. Non da Sigyn. Era furioso con lei per quello che aveva fatto. Alzò gli occhi al cielo e raggiunse il gruppetto di guerrieri che stava ancora scherzando. Improvvisamente gli era venuta voglia di giocare.

“Sapete Lady Sif?” disse con un sorriso largo, molto amichevole, ma che si fermava all’altezza degli zigomi, non raggiungendo i suoi occhi “Mi avete convinto… oggi non mi allenerò da solo. Mia Signora, volete scegliermi Voi un avversario adatto? Ho notato che avete molta pratica.”

La donna lo guardò freddamente, mentre intorno a loro calava il gelo “Perché scegliere? Io...” iniziò, ma Thor le mise una mano sulla spalla, con apparente noncuranza, e lei tacque. Loki poteva vedere la tensione nella presa di suo fratello e scosse la testa. Non è facile tenere a bada Sif, è quello che ti piace?

Alcuni uomini ben piazzati fecero un passo avanti, con aria smargiassa. “Non succede mai che il Principe Loki si alleni con noi…” disse uno di loro in tono di scusa, “non vorrei perdere l’occasione.”

Loki fece un leggero cenno con la testa, mentre alcuni intorno sogghignavano. Un paio li aveva conosciuti molto tempo prima; prima di Hervor, prima dei Guerrieri della Nebbia, prima di smetterla di vergognarsi di non essere Thor. Sarebbe stato divertente allenarsi con uno di loro.

“Posso scegliere chi voglio?” chiese Sif con voce grave.

“Direi proprio di no.” rispose Loki con sorrisetto. Che cazzo ti credi?

“E cosa non vorresti?” la voce di Sif grondava disprezzo.

“Beh... non una ancella, con le ancelle mi piace fare un altro tipo di lotta. Questione di gusti. Mia Signora.” il tono di Loki era pensoso “e non mi interessa far perder tempo ad un soldato in licenza. Per il resto fate un po’ come vi pare.” Non avrebbe mai toccato un uomo di Hervor solo per far divertire Sif.

“Come mi pare?”

Loki sorrise in quel modo tutto suo - agrodolce - poi allargò le braccia senza smettere di sorridere: “Lady Sif, mi rimetto al Vostro buon gusto. Ah! e poi voglio assolutamente le mie Manette. Insisto.”

Thor lo guardò con aria di rimprovero - probabilmente pensava che stesse esagerando - ma una volta tanto suo fratello, la montagna di muscoli, se ne stette zitto. Il tempo delle parole era scaduto: se davvero Thor voleva parlare avrebbe dovuto farlo prima, quando Sif aveva tirato in ballo Sigyn.

“Tre giri?” chiese Fandral in tono pratico.

“Non ho motivi per sfidare nessuno.” Loki alzò un sopracciglio in segno di stupore. ”E’ sufficiente un allenamento: finisce quando uno si arrende o non si rialza più.” replicò in tono altrettanto pratico, “Una cosa semplice, insomma.”

Alcuni degli spettatori furono percorsi da un brivido.

 
 

Lo straniero aveva aiutato il Principe Loki a liberarsi del mantello, di uno strato dei suoi abiti e ad indossare un elmo. L'Arena non sembrava il suo posto: sotto la tunica nera, coi lembi incrociati, si poteva indovinare un corpo da lupo, con un sorriso da lupo e delle gambe lunghissime. Sembrava un animale selvatico che sarebbe stato molto più naturale incontrare altrove, in mezzo ad un bosco o sulla neve, non certo sulla sabbia.

Quei due non si erano detti nulla, ma la scelta era sembrata ovvia. Loki arrotolò le maniche fino ai gomiti, scoprendo la pelle chiara, quasi opalescente, senza nessun guardabraccia - non sarebbero serviti a nulla decise. Sif aveva scelto bene, un avversario degno di Thor, pronto a spezzargli un polso: un po' di metallo sull'avambraccio non avrebbe cambiato niente.
Lo straniero gli fissò le manette ai polsi e Loki sentì l'ondata di nausea che lo colpiva dritto allo stomaco - non doveva combatterle, solo lasciarle fare. L'uomo lo guardò preoccupato, ma Loki scrollò le spalle; poi l’uomo andò a sedersi alla destra Thor, che se ne stava in silenzio. 

Sif era alla sua sinistra e taceva, guardando in terra con aria corrucciata. Accanto a lei c’erano Fandral ed Hogun, mentre Volstagg si era accomodato dietro di loro.

Loki aveva scelto due pugnali da lancio, come arma.
L’avversario, una montagna di muscoli di tutto rispetto, aveva una spada ed uno scudo enorme, con l’anima in legno - altrimenti sarebbe stato troppo pesante. 

Alcuni commentarono a bassa voce che era uno scontro senza senso - dove voleva andare il Principe con solo due pugnali?

Due guerrieri Vanir, della stessa regione della Regina, si sedettero dal lato dello straniero e replicarono ridendo che a Vanheimr un guerriero, con un pugnale, faceva davvero molte cose. Non solo incidere cuori sui muri.
I guerrieri di Hervor annuirono - stavano sul confine a combattere contro una fazione ribelle e sapevano bene che, al dunque, ogni cosa può essere usata per sopravvivere, perché con dei pugnali da lancio avrebbe dovuto essere diverso?

Sif strinse le labbra, ma non disse nulla. Fandral sfotté Loki "Un pugnale non è un'arma di contatto. Non è da vero guerriero!"

Loki si stirò le braccia e rispose di rimando "E da quando ti interessa il contatto con un uomo, Fandral?"

Al primo lancio Loki colpì l’uomo al piede, senza inchiodarlo al suolo, giusto con quel tanto di forza da farlo scivolare a terra sorpreso, trascinato più dal suo stesso gesto istintivo e dal peso dello scudo, che cadde con la faccia di metallo nella sabbia.

“Non mi hai ferito!” esclamò trionfante il suo avversario

“Non ne avevo nessuna intenzione!” rispose Loki con aria scandalizzata.

Aspettò che l’uomo poggiasse la mano sullo scudo rovesciato, e a quel punto fece un secondo lancio inchiodandogliela nel legno. 
“Ecco, questo era voluto, invece. La sabbia non tiene.” Si avvicinò, raccolse il primo pugnale da terra e poggiò un piede sullo scudo facendolo ondeggiare. “Il legno, d’altro canto… è una garanzia!” L’altro emise un gemito strozzato, mentre il braccio veniva messo dolorosamente in leva e poi rilasciato, più e più volte dal movimento dello scudo.

“Fa male eh?” commentò Loki educatamente "Se ondeggiamo abbastanza a lungo l'ampiezza delle oscillazioni aumenta e chissà cosa potrebbe capitare al gomito, all'avambraccio, o alla spalla..." Smise, girò intorno allo scudo, lasciandolo tra lui e il suo avversario, in modo che l’uomo a terra non potesse colpirlo. “Ora potrei inciderti le rune con il mio nome sulla fronte,” disse mentre soppesava il bilanciamento del pugnale nella mano destra, “ma non lo trovo…” meditò, come se stesse cercando la parola giusta “elegante.” 
Poi fece leva e rimosse il pugnale dalla mano dell’uomo per gettarlo, infine, ai piedi di Tyr.

“Se non ricordo male gli usi, quando hai atterrato qualcuno con un’arma, la puoi cambiare.”

Tyr annuì.

"Bene io scelgo me stesso. Niente armi. Tu puoi tenerti lo scudo, anche se con quella ferita alla mano…”

“Principe Loki!” gridò uno degli uomini di Hervor “Hai detto te stesso, non le mani, che? per caso te lo vuoi mordere?”

“Cazzo!” esclamò ridendo, “La mia mossa segreta! E ora?”

Fu una cosa rapida - con Kylan sarebbe stata tutta un’altra faccenda e con Snorre era stata tutta un’altra cosa ancora, ma lui aveva odiato Snorre molto più di quanto Sif doveva avere odiato Sigyn, e l’odore del sangue lo aveva eccitato quella sera, come un animale.
Ora, però, non ce l’aveva con il suo avversario - un coglione, intrappolato in qualcosa di più grande di lui.

Quando lo lasciò a terra senza fiato, alzò lo sguardo verso il gruppetto sparso sulle gradinate - poteva permetterselo, aveva quasi vinto - e pensò che la disposizione non era casuale, con suo fratello in un ipotetico centro.
Non gli importava che Sif o Fandral capissero, gli importava solo di Thor, che ancora pensava di essere all’epoca di quando erano ragazzini: avrebbe capito perché tutto quello che era successo nell’Arena era stato solo una serie di cazzate? Avrebbe capito il perché del gesto di Sigyn, che aveva pagato per le sue opinioni?

Li vide che lo guardavano in silenzio - solo il rumore di qualche moneta che passava di mano ogni tanto: le scommesse erano state sulla durata dell’allenamento, evidentemente, e non sul vincitore. Si chiese se era stata una imposizione di suo fratello - ci sperò, voleva dire che era diventato saggio - o piuttosto una manipolazione sottile fatta dai guerrieri più anziani o dello straniero che aveva a suo modo parteggiato per Sigyn. E che li giudicava tutti - era chiaro - molto male.

Poi si voltò verso la montagna di muscoli boccheggiante, lasciando che si rialzasse e prendesse fiato “Ora ti spiegherò una cosa, perché, a quanto pare, adesso è di moda dare consigli di vita all’avversario che stai per sconfiggere. Bene il mio consiglio è succhia l’uccello di Thor la prossima volta.” prese fiato, la sua voce, tanto, non sarebbe arrivata fino alle gradinate, non in modo chiaro.

“Se per caso, se per un qualunque caso mio fratello un giorno avesse mostrato un interesse per te e ti avesse chiamasse “amico”, “fratello” e “compagno d’armi” allora io, adesso, mi fare degli scrupoli a farti male.
Se poi, ogni tanto, ti guardasse le gambe con desiderio - non giudico, ci mancherebbe, si mangia e si fotte a gusto proprio e non a gusto degli altri - e se tu gli guardassi quello che lui ha tra le sue, di gambe, in quello stesso modo, io non potrei. Non potrei mai fare questo a qualcuno che mio fratello si vorrebbe scopare.
Quindi, la prossima volta, succhiagli il cazzo.” di colpo gli spazzò le gambe facendolo cadere a terra per poi mettergli il leva il ginocchio “Oppure, se preferisci, baciagli il culo.” 

Il rumore dell’osso che si spezzava fu seguito dall’urlo dell’uomo.

Loki lo lasciò a terra e si diresse in fretta verso le gradinate.

Gettò a suo fratello un sacchetto con delle monete d’oro, ignorando palesemente i suoi amici. “Stasera paga da bere a chi ti pare a nome mio, io non festeggio per un allenamento di cui non me ne fregava un cazzo e che già si sapeva come sarebbe finito. Il resto dallo a quel disgraziato per l’uso del suo tempo. Con i miei ringraziamenti.”

Si tolse le manette con un gesto brusco, lanciandole a Tyr. “Ora vado a vedere come sta l’ancella di nostra madre, quella che tu pensi sia una sorellina, e dirò a Lady Eir di occuparsi di quell’uomo - resterà al Castello fino a che non sarà esattamente come prima. Passo a verificare più tardi.”

Si riprese il mantello e se ne andò via senza nemmeno dare il tempo a Thor di formulare uno straccio di risposta. Mentre imboccava il corridoio pensò che suo fratello oggi lo aveva deluso.
A volte lui amava suo fratello a volte lo ammirava e qualche volta lo compativa. Gli capitava pure di invidiarlo, più spesso di quanto mai avrebbe ammesso.
Ma oggi lo aveva davvero deluso.


 

Loki la stava osservando mentre sfogliava un libro. Lo faceva, da quando si era fatto spiegare da Lady Eir come stava - come stava sul serio, perché era inutile chiederlo a Sigyn: non stava mai male.
Avrebbe dovuto tenere la benda sul viso per qualche tempo e si sarebbe occupato lui di medicarla - non si fidava di nessun altro. E poi glielo doveva, una delle tante cose a cui avrebbe voluto rimediare.

“Vuoi andare a farti un giro per i giardini pensili?“ la stuzzicò, fingendo una leggerezza che non aveva.

Lei scosse la testa, poi chiuse il libro e lo ripose “Devo andare da Lady Frigga” disse, poi aggiunse “Sai? Credo che tu avessi ragione. Era solo la luna. E una festa ben riuscita.”

“Non è detto.” rispose - gli faceva tenerezza. Anche rabbia. Theoric non valeva un cazzo, almeno Thor era un guerriero, faceva sortite, si sporcava di sangue come un maiale, non aveva un rimorso che fosse uno, tanto per chi moriva c’era sempre l’idea del Valhalla. Thor era una macchina da guerra con un carattere di merda.
Ma Theoric… Theoric era solo un coglione.

“Non è detto?” Sigyn lo prese in giro, mentre sistemava il tavolo prima di andarsene.

“Io non lo so, non c’ero.” si scusò brusco, “E comunque adesso non devi andare da nessuna parte: hai una settimana libera, Sigyn, Lady Frigga è stata chiara. Fatti un giro al mercato, porta a spasso quel tuo lupo, distilla qualcosa, leggiti delle poesie d’amore, ti direi vieni qui e studia, ma non oggi. Oggi, levati dai piedi.”

Lei sorrise e abbassò gli occhi, poi, intimidita “Loki, Mio Signore, ho visto una cosa, mentre seguivo Lady Eir… una persona, cioè, mi è sembrato, ma non so se devo…”
 

Loki alzò gli occhi al cielo “Ne parliamo un’altra volta, per piacere, ora vai. Dico sul serio. Non ti sopporto più”

 
 

La trovò in giardino che guardava la città da un balcone.

Sperò che non si voltasse e che non lo vedesse - stava facendo una sciocchezza, accidenti - però meritava di sapere che non era stata solo la luna. Poi che fosse vero o che non lo fosse, quelli erano solo miseri dettagli, che non cancellavano il fatto che lei stava per essere lasciata senza mai essere stata presa.

La vide girarsi, vederlo, riconoscerlo, e subito sorridere; un attimo dopo era accanto a lui, che lo guardava timidamente. Adesso era troppo tardi per andarsene.

“Ehi!” sussurrò prendendole le mani tra le sue “Mi avevano detto che eri partita.”

“Sono tornata.” Sentì che le loro dita si intrecciavano.

“Lo vedo”. Le mise le mani sui fianchi e la attirò verso di sé, continuando a guardarla negli occhi. “Bentornata”

Lei si alzò sulla punta dei piedi e gli sfiorò uno zigomo con le labbra. “Bentrovato” sussurrò contro il suo viso, senza allontanarsi. La tenne stretta contro di sé, sollevata da terra e lentamente la baciò a sua volta, dalle guance fino alle labbra, attento, fino che non si rese conto, che, senza accorgersene, l’aveva portata fino al muro ricoperto di edera.

La lasciò andare, non sapendo più cosa fare, o forse sapendolo fin troppo bene - stava andando tutto troppo in fretta e nella direzione sbagliata. Poi con le mani a coppa le sollevò con delicatezza il viso, e, senza pensare più a nulla, la baciò.

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Capitolo 30
*** Cose che non ci diciamo ***


Cose che non ci diciamo


Gli piaceva l’odore fresco dell’edera che si fondeva con quello della pelle di lei - sapeva sempre di verde e di menta, una ragazza dei boschi, una cercatrice d'erbe - la annusò e l’assaggiò ingolosito, scendendo con le labbra lungo il collo delicato. A quel punto maledisse quel vestito così castigato - gliene avrebbe regalato uno nuovo, se glielo avesse permesso (era tanto che desiderava farlo), uno da far scivolare senza fretta lungo le spalle, che seguisse le sue dita ed il suo desiderio.

Si accorse che lei gli aveva poggiato i palmi delle mani sul petto, tentando di allontanarlo e l’assecondò, scivolò con le mani lungo le sue braccia, fino ad intrecciare le dita con le sue, senza nessuna fretta. Poi la condusse verso un balcone, sotto la luce della luna.
Poteva vedere il seidhr della ragazza sfrigolarle intorno a fior di pelle e lo spettacolo gli piacque - chi non riconosceva il seidhr di un altro essere umano non poteva capire quanto potesse essere bello. E sensuale. E, a volte, eccitante.

“Cosa c’è?” chiese con una voce che lo stupì. Una voce da Theoric.

La ragazza abbassò lo sguardo, poi sussurrò “E’ per via della luna?”

Con le mani le prese il viso e lo sollevò verso di sé “Sigyn, tu non sai...” mormorò e poi lentamente si chinò verso di lei. ”Tu non hai idea...”
Fu lei a baciarlo per prima, uno sfioramento leggero, con gli occhi enormi aperti.
“Tu non hai proprio idea...” ripeté lui prima di baciarla a sua volta, le labbra dischiuse, sfiorandola con la lingua attento a non farle male.

La sollevò e la fece sedere sulla balaustra, senza smettere di baciarla.
Sentì le dita di Sigyn che gli sfioravano la guancia e ricoprì la mano di lei con la sua, accarezzandole le nocche.
Se la ricordò tra le sue braccia nel rifugio di Asgerda, la pelle che odorava di vento e menta, lui che l’aveva presa in braccio da terra, non sapendo cosa ne avrebbe fatto, solo che la voleva lì con lui, nel tepore del suo letto. Al sicuro.
In parte era stato anche qualcosa di animalesco, lo aveva percepito dentro di sé, come un lupo che avesse combattuto per la sua femmina e che si fosse guadagnato il diritto di tenerla accanto a sé.

Delicatamente si insinuò tra le sue gambe aprendole le ginocchia senza fretta. La sentì irrigidirsi e smise di baciarla, sollevandole il viso a coppa tra le mani, gli occhi immersi nei suoi. Poi le sfiorò il volto con la punta della dita, evitando con cura la ferita. Andiamo dove vuoi tu pensò.

“Cosa è successo?” chiese. Lo sapeva, ma voleva sentirlo da lei.

“Un incidente…”

Poggiò la fronte contro quella di lei e sussurrò “In Biblioteca?” mentre le dita risalivano lente fino alle tempie.

“No, una sciocchezza...“ sentì le punta delle dita di lei percorrere un percorso gemello sul suo volto e sorrise. Un sorriso rilassato. E' molto raro ricevere esattamente ciò che si concede. Mi spiace per Sif e per il tuo fermaglio, mi spiace sul serio - non ha capito.

"Ne valeva la pena?"

"Si," la voce di lei tremò, "Non era giusto, lei è sempre... cattiva... Anche sciocca. E lui non merita..."

“Non dovresti litigare con le bambine più grandi di te...” la prese in giro baciandole la tempia. Cosa è che non merita? A parte un martello, si intende. Ed un trono.

“Pensi che io sia una bambina?” chiese lei. risentita, in un sussurro contro la sua guancia.

Theoric scese con le labbra lungo il viso di lei senza risponderle, senza fretta. Fu lei che gli prese il volto tra le mani e che sfiorò le labbra del ragazzo con il pollice, per poi ripercorrerne i contorni con la punta della lingua - Theoric sorrise contro le labbra di lei. Poi dischiuse le proprie, lasciandola entrare, incerta, mentre con le mani la stringeva contro di sé, seguendo la curva dei fianchi.
Poteva percepire la confusione di lei, che non sapeva esattamente cosa fare - la baciò a sua volta, cercando di mostrarle cosa le avrebbe dato piacere. Perché se lo prendesse.
Lei lo abbracciò con un sospiro, le mani strinsero la tunica attirandolo contro di lei, come se fosse possibile starle ancora più vicino e lui tornò con la mente a quella sera al rifugio. Al modo in cui l'aveva sentita sotto le sue dita, quando fingeva di non riconoscere il desiderio tra loro due, mentre i gemiti le morivano in gola. Senza fretta le sollevò l'orlo del vestito, mentre la baciava, attento a non fare nessun gesto brusco, come se lei fosse un animaletto selvatico pronto a scapparsene via se solo si fosse spaventato.

La sentì trattenere il fiato. Ma non cercava di fuggire.

Le mani di Theoric scesero a slacciarsi le brache - registrò con curiosità che gli tremavano le mani. Una parte di lui non l’avrebbe mai presa così, in un giardino, appoggiata ad una balaustra sotto i raggi della luna, con tutti i vestiti addosso. Non la prima volta almeno.
Un’altra parte pensò che forse era giusto che lei finalmente detestasse Theoric, perché alla fine era solo un guerriero un po’ sempliciotto che ad Asgard faceva bisboccia. Ed un’altra parte, semplicemente, la voleva. Sigyn, Sinn, sua.

Forse la storia di Kylan era vera, i lupi non potevano fare a meno di divorare i tassi, pensò mentre le sue mani risalivano lungo le cosce di Sigyn, sotto la stoffa del vestito. Lei lo lasciò fare, tremante, e lui si ritrovò ad esultare in silenzio. Come un animale sano. Perché non sarebbe dovuto succedere? Cosa non era vero? il destino di Theoric era svanire, non c'erano promesse, nemmeno parole d'amore... tutte cose che chiunque poteva fingere, ma il resto era vero. Rozzo forse, animalesco, poco sentimentale, ma vero: nessun corpo sapeva mentire così bene. Non su certe cose.

“No aspetta, ti prego…” la voce di Sigyn era un soffio.

La guardò negli occhi. Facciamo quello che vuoi tu Sigyn, lo sai, pensò senza dirglielo.

“Non è il momento giusto.” disse lei con timidezza.

E il posto? andrebbe bene? si domandò con ironia, ma non glielo chiese. L'avrebbe presa anche sul pavimento della latrina di una taverna - e gli sarebbe sembrato comunque perfetto. Ma per lei?

“Io, io non... mai… io...“ la vide mordersi le labbra e lo trovò molto tenero. Theoric allargò le braccia lasciandola libera, poi, con delicatezza le sistemò i riccioli dietro le orecchie. Si stupì del respiro affrettato, il suo, a cui faceva eco quello di lei.

“Per me sarebbe la prima volta.” sussurrò Sigyn guardandolo incerta da sotto in su.

Theoric annuì. “Anche per me.” Non era vero, eppure lo era. E comunque quello che non era vero per Loki, lo era per Theoric.

“Non voglio che succeda così.”

“Perché?”

“Non voglio che sia solo per via della luna… non so se riesci a capire…” era seria. Stava alzando la posta tra loro due, decise. Giocava a un gioco a cui un guerriero di solito non gioca - chi vince prende tutta la posta, non fa patti.

“Va bene.” La fece scendere dalla balaustra e la riportò all’ombra contro la freschezza dell’edera. Lasciò che lei gli si stringesse addosso, una sensazione che già conosceva. Gli spiacque oh se gli spiacque pensare che stava abbracciando Theoric e non lui - possibile? - e che fosse riuscita a dire Theoric quello non aveva detto a lui quella notte, quando era scappata via, dopo quel bacio.
Se allora gli avesse detto che non era il momento giusto, lo avrebbe capito. Possibile che non sapesse che poteva dire ciò che voleva? Avrebbe ascoltato. Non era il tipo da scandalizzarsi su certe faccende: erano molto più pericolose le idee della ragazza sul ruolo della Althing e sul fatto che qualcuno potesse approvare o disapprovare la scelta di un successore di Odino fatta da Odino stesso.
Quanto al desiderio, non era una cosa che sottovalutava, né lo considerava una emozione di cui vergognarsi: il corpo, semplicemente, funzionava così.

E poi non era ingordo, poteva aspettare - se era una questione di attese - Theoric invece, sarebbe sparito per sempre.

E, in fondo, c’erano infiniti modi… Le affondò le mani nei capelli e le sollevò il viso per baciarla.

Un bacio di addio, pensò senza crederci troppo.


Lei lo tenne per mano e lo accompagnò verso la porticina che dava sulla scala ad elica coi gradini a zampa di papera.

“Se vuoi…” la sentì mormorare, “Solo se lo vuoi... Possiamo vederci domattina presto, devo fare un giro per il mercato.”

La vide alzare lo sguardo e cercare il suo, la scala era illuminata dalle torce e la luce disegnava ombre irregolari sui loro volti.

“E’ quello che vuoi?” Lo vuoi sul serio Sigyn?, la voce gli era uscita rauca. Vuoi questo?

Dentro di sé avrebbe voluto chiederle tutt’altro: perché con Theoric lei riusciva a riconoscere quella cosa per quello che era - desiderio, per lo più desiderio, e una spruzzata di luna. Con Theoric le riusciva di dire rallenta, mentre con lui, con lui che la conosceva e che non le avrebbe mai fatto del male, con lui con cui non serviva fare un giro al mercato per conoscerlo meglio, con lui no. Non aveva nemmeno provato a parlarne.
Una sorellina? Era questo che vedeva Thor? Che vedeva Sigyn? Il tasso che non vuole più nuotare con il lupo?

“Si.”

Si baciarono un’ultima volta.

Poi Theoric scese i gradini e quando arrivò in strada era notte e lui era Loki.

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Capitolo 31
*** Fiori, baci e niente luna ***


Fiori, baci e niente luna

Dai vieni. Glielo aveva detto quella mattina presto, poco dopo l’alba, mentre la osservava giocare con il cucciolo sotto gli occhi irritati di Thrain.

Andiamo fino a Vanheimr, usando un Passaggio, voglio verificare una cosa.

Sigyn aveva sorriso, eccitata, e a Loki era venuto da ridere - aveva pensato che con Theoric, in confronto, si sarebbe annoiata. Non c’era gioco,

Puoi portare il tuo animaletto da compagnia. Era anche un’occasione per vedere come se la cavava con il cucciolo - Thrain ci stava lavorando parecchio. 

Se fosse facile lo farebbero tutti. Aveva insistito. Ma lei aveva scosso la testa in imbarazzo, dicendo che non poteva.

E poi era andata come era andata.

Sentì le nocche di lei che sfioravano le sue nella piazza del mercato e le loro dita che casualmente si intrecciavano e si scioglievano. Se la ricordò bambina, quando era normale tenerle la mano perché non si perdesse tra la folla - le aveva spiegato dove andare, se fosse successo. Poteva succedere. Era successo.
Quella volta non si era spaventata: l’aveva trovata che stava saltellando tutta tranquilla su e giù per i gradini, proprio dove sapeva che lui sarebbe venuto a riprendersela.

“Ho voglia di sedermi.” disse - non era vero, aveva solo voglia di baciarla.

Poi ad un certo punto era cresciuta ed erano apparsi, secondo il cerimoniale, i tre passi indietro rispetto al Principe. Tranne quando lui le faceva un gesto - anche quello secondo il  cerimoniale - perché gli si affiancasse.
All’inizio se ne dimenticava e, con lo sguardo, la cercava preoccupato tra la folla, poi era diventato normale non averla lì accanto. Non tenerla per mano.

“Resisti fino al fiume?” lo stava prendendo in giro.

Gli piacque che “normale”, adesso, fosse camminare uno accanto all’altra, le dita che si sfioravano come per caso, il cestino di frutti di bosco tra di loro, lei che non aveva l’istinto di fare un passo indietro, anzi era sicura nel guidarlo attraverso i dedali del mercato.

Gli piacque che fosse innegabilmente cresciuta - non l’aveva notato per tanto tempo.

Non gli piacque essere di nuovo Theoric.

“No.”

“Pigrone!”

Erano scesi per delle stradine lastricate di pietra della città vecchia, quasi volando, portati dal vento, fino ad arrivare al mercato dei fiori, che costeggiava un canale fino al fiume. Sigyn continuava a fermarsi per annusare le corolle della stagione fredda, e per raccontargli dettagli sulle piante, che lui a volte conosceva ed altre volte no. Gli disse anche che stava distillando qualcosa, e che era preoccupata per qualcosa d'altro, perché aveva visto qualcuno, ma lui non la stava ascoltando davvero - gli piaceva quel suo sorriso largo con le fossette sulle guance e onestamente non gli interessava molto dei tizi strambi che giravano per le cucine. E se non interessavano a lui, figuriamoci a Theoric che al Castello nemmeno ci viveva.

Ad un certo punto trovarono un angolo nascosto dietro file di cespugli in vaso: una panca di pietra gelida, che aveva solo il pregio di essere isolata e di non essere occupata da nessuno.

Lui la lasciò sola un attimo, per poi ritornare, trionfante, con un mattone caldo in un sacco in un mano ed una bottiglia di acqua calda nell’altra.

“Ma quanto tempo vuoi restare qui a riposarti?” chiese lei incredula.

“Tutto il tempo che serve per finire quelle more…” sorrise nel dirglielo.

Si sedettero uno accanto all’altra, intimiditi - lui le fece cenno di accomodarsi contro di lui, sotto il suo mantello, per scaldarsi. Intuì che era impacciata e, con delicatezza, cominciò a giocare con le dita gelate della ragazza - Sigyn avrebbe dovuto indossare i guanti, ma allora, per tutta la strada, non sarebbe stato come era stato.
Lo pensò con un misto di piacere e di fastidio: lei era lì per quello, per conoscere Theroic e per farsi baciare da lui.

Cominciò a tracciare dei piccoli cerchi sul palmo della mano di lei e poi risalì lungo le dita, sentì il punto dove appoggiava il calamo, e dove impugnava l’arco e poi il telaio - un piccolo tasso molto attivo, pieno di curiosità e assurdamente tenace - tutto questo un sempliciotto come Theoric l’avrebbe capito? Solo sfiorandole le mani?  

Le strinse il polso e sentì l’affrettarsi del battito. Quello era un si ad una domanda che ancora non era stata posta.
Senza fretta la baciò, stando molto attento - Eir era stata brava, ma Sif non ci era andata leggera.

Ad un certo punto Sigyn si ritrasse istintivamente - le sfiorò con circospezione le labbra con il pollice e le chiese se le facesse male. "Come è successo? me lo vuoi dire?" la voce gli uscì gentile - una voce indubbiamente da Theoric, non da Loki.

“Nulla di importante.”

Theoric si trattenne dallo sbuffare irritato - non si dicono le bugie Sigyn, avrebbe voluto dirle. C'è un taglio su quello zigomo che piano piano guarirà e che non lascerà nessuna traccia - ce ne stiamo occupando Eir ed io - ma che adesso sta gridando che è successo qualcosa. Sif non è stupida e lo ha fatto apposta, per cui non venirmi a dire "nulla di importante".
O forse, in fondo, per lei, quello che era successo nell’Arena non contava davvero, rispetto al freddo del mattino spazzato via dal calore dei baci.

“Perché sei qui con me, ora?”

Lei lo guardò imbarazzata  e lui non insistette. Si limitò ad attirarla a sé e a baciarne i capelli, lasciando che si prendesse tutto il tempo necessario.

Quella mattina si era svegliato con un mal di testa feroce - una volta fuori dal Castello non aveva trovato un buon motivo per rientrare se non a notte inoltrata - e con la coscienza di essere una pessima persona.
Ne aveva avuto il sentore in altri momenti della sua vita, non si faceva grosse illusioni su se stesso, ma quella mattina gli era stato particolarmente chiaro: moralmente era equiparabile ad un escremento di pentapalmo. Così come gli era stato molto chiaro dove fosse la stanza di Sigyn, che non aveva nemmeno una chiave - sarebbe stato facile svegliarla e riprendere il discorso da dove lo avevano interrotto, aveva ottimi argomenti.

Meglio concentrarsi su altro, per esempio sui Passaggi tra i Reami, e lasciare che le questioni di cuore della piccola facessero il loro corso - il bacio di addio c’era stato e Theoric sarebbe morto di morte naturale, probabilmente anche lui aveva concluso la serata in qualche taverna, cercando sollievo per i suoi desideri non soddisfatti e scoprendo che, in fondo, la soddisfazione era una faccenda semplice, per cui non era necessario scavalcare muri e introdursi nei giardini della Regina. E nemmeno conoscere davvero la ragazza che avresti baciato. Bastava una moneta.

Mentre stava preparando lo zaino, nei suoi appartamenti, gli era tornata in mente: quella mattina, mentre le stava curando la ferita allo zigomo, aveva notato che aveva i capelli intrecciati con cura, e almeno tre strati di vestiti.
Sotto, a fior di pelle, indossava una camicia color avorio, poteva vederla spuntare, pudica, dalla scollatura troppo profonda, con i suoi cordoncini da brava ragazza - un tipo di biancheria che Gissa avrebbe indossato solo per qualche strana scommessa tra loro due.
Sopra portava il vestito verde chiaro, con dei ricami di foglie scure - troppo largo sui fianchi e troppo stretto sul seno, prestato o di seconda mano, era chiaro. Non che le stesse male.
Per ultimo un grembiule verde scuro che cercava di nascondere in modo austero quello che il vestito sottolineava fin troppo: Sigyn era una donna e di una varietà appetitosa.

Gli aveva fatto tenerezza - anche con la sua bisaccia di cuoio da cercatrice d'erbe, portata negligentemente a tracolla, era chiaramente vestita per un appuntamento, una cosa, a quanto pare, molto più eccitante che esplorare un Passaggio - l'aveva praticamente pregata.

Il che confermava che Sigyn, sotto sotto, era innegabilmente sciocca: per i suoi standard, a quanto pare decisamente bassi, “eccitante” era un aggettivo adeguato per un giro tra le caciotte, al mercato, assieme ad un bifolco.

E ancora più scemo era lui, aveva deciso mentre gettava irritato lo zaino in un angolo. Perché lo infastidiva pensarla lì tutta sola, ad aspettare un sempliciotto che non sarebbe mai arrivato - non le aveva mai dato buca, accidenti, e non voleva iniziare per colpa di uno che nemmeno esisteva. E poi non voleva vederla umiliata da un Theoric qualunque, per colpa sua, non dopo quello che era successo nell’Arena e tutti quei lividi. E poi c'era quel taglio sullo zigomo, inciso da Sif, perché non dimenticasse che era stata battuta e che nessuno avrebbe ascoltato le sue parole - un messaggio per lei e soprattutto per lui, Loki, che aveva scelto di non difenderla. Tra Sigyn e Thor aveva scelto Thor, pensò con amarezza, e suo fratello, come al solito, nemmeno aveva capito.

Sigyn avrebbe avuto il suo dannatissimo appuntamento e probabilmente oggi quei due avrebbero finalmente esaurito il loro argomento principe e si sarebbero ritrovati a corto di parole - non ci si può baciare in eterno.

Non l’avrebbe giudicata, se voleva godersi la sua prima esperienza - non era precoce e poi il corpo era fatto anche per quello, inutile raccontarsi troppe favole spirituali. E poi, per quanto lo riguardava, la verginità era un concetto un po' troppo relativo e molto sopravvalutato (pensò a Sif e a quel loro strano rapporto da ragazzini e rabbrividì).
Non l’avrebbe incoraggiata, quello no, quello sarebbe stato da autentica merda, ma nemmeno ostacolata - era una adulta, assisteva alle riunioni della Althing, aveva opinioni assolutamente non richieste su martelli, principi e re, chi era lui per darle consigli su un montanaro? Che sbagliasse allegramente in compagnia.

Però, se non c’era confidenza, non c’era poi molto, e se non c’erano argomenti comuni c’era meno che niente - era ora che quella signorinella lo capisse: la notte e la giusta atmosfera creano piacevolissime illusioni, ma quello che sotto la luce della luna è splendido può essere deludente alla luce del sole. E oggi il sole splendeva.

“Perché sei qui con me, ora?” glielo chiese una seconda volta - del resto era un bifolco venuto giù dalla montagna, non era tenuto a capire che una domanda a cui non si risponde è una a cui non si vuole rispondere.

Fu lei che lo stupì: “Hai ragione." disse con un sorriso un po’ timido, "Non si può sempre far conto sulla luna.”
Poi proseguì con voce ferma “Siamo qui perché te l’ho chiesto io. Perché non voglio solo essere baciata.” - arrossì di colpo e Theoric rise dicendo “Questo mi fa molto piacere!”, ma aveva gli occhi bonari e lei stette allo scherzo.
“Lo so che hai capito.” mormorò, lo sguardo di colpo piantato in basso, sulla pietra della panchina. “E poi perché mi piacciono i fiori.”

“Questa mi sembra un’ottima ragione.”

Sigyn sorrise e poi riprese “Ho litigato con una bambina più grande perché pensavo fosse giusto. Di solito sono una persona obbediente - non è una cosa molto complicata: nessuno mi chiede mai di fare qualcosa che trovo sbagliato.“ corrugò la fronte, “Quasi mai, mentre ero via, in un certo senso…” strinse le labbra e scosse la testa, quello era un ricordo che evidentemente non le piaceva. Loki pensò subito al lupo e gli venne voglia di sbuffare ed alzare gli occhi al cielo, ma si trattenne. Un lupo, accidenti! E se non avesse avuto paura non avrebbe trovato quella fantastica comunione con il suo seidhr per un tiro perfetto. Tra parentesi: gli era piaciuta moltissimo, doveva solo imparare a rifarlo fino a che non le veniva naturale.

“E tutto sommato non è stata una ribellione: stavo obbedendo a… come dire? una voce interiore? Quindi non ho fatto niente di avventato.” lo cercò con gli occhi, “Quello che voglio dire è che non è stato un capriccio, e nemmeno qualcosa dettato dal rancore, e nemmeno una provocazione.”

Lui la interruppe. “Una voce interiore?” chiese educatamente, cercando di non sorridere.

“Lei, tu non la conosci, ma lei sbaglia. E in quello che fa è… non è malvagia, non vuole fare del male, però facendo come fa è il lato ottuso di chi crede di fare bene. Vede solo un modo di essere uomini e pensa che sia tutto lì.” lo guardò da sotto in sù, incerta, “Lo capisci?”

Loki lo capiva, aveva conosciuto dei lati di Sif che altri non vedevano, alcuni crudeli in modo involontario, altri troppo semplici, quasi ottusi, come se non percepisse la profondità delle cose, ed altri vulnerabili, ma Theoric non avrebbe potuto capire nulla del gran circo che era la testa di una femmina, se non tra un po’ di anni, decise. Scosse la testa.

Sigyn arrossì, ma non sembrava delusa “Io la rispetto moltissimo perché ha fatto della sua vita ciò che ha voluto e non ciò che gli altri volevano per lei. Se non avesse una influenza, un potere, non avrebbe importanza, sarebbe solo una opinione, da rispettare, una che magari che io non condivido," lo guardò alzando le spalle, “ma è normale che non tutti la pensino allo stesso modo.” Prese fiato e poi proseguì cautamente: “Ma ha un potere, che le viene dato per affetto, forse anche per amore, e lei crede sia tutto suo di diritto e lo usa per dividere ed umiliare. O tentare di umiliare. E non riconosce dignità a ciò che è diverso da lei.” La vocetta era stata quieta, e non lo aveva mai guardato. “E da questo è giusto prendere le distanze.”

“Non sapevo pensassi queste cose di Lady Sif” mormorò sorpreso.

“Come sai che parlavo di lei?” Sigyn lo guardò sospettosa, ma lui scrollò le spalle “Ho sentito in giro delle cose…”

Sigyn arrossì e rimuginò in silenzio.

Loki strinse le labbra, doveva risponderle come Loki o come Theoric? Theoric era un guerriero. “Stai giudicando l’opinione della maggioranza.” Fu molto severo, ma, a dire il vero, come Loki e come guardiano maschio del seidhr - uno dei pochi - il suo massimo desiderio era fottersene della maggioranza. Peccato che la maggioranza fosse suo padre.

Sigyn era esitante “Pensi sia sbagliato? Che non ci siano cose che valgono qualcosa anche se non è così proprio per tutti? O per quelli che parlano più forte degli altri? Non pensi che ci sia un piccolo spazio in cui ognuno di noi è responsabile? Non so se te lo riesco a spiegare.”

Loki alzò un sopracciglio - non riuscì proprio a trattenersi - condivideva, solo che lui non avrebbe detto “responsabile” bensì “libero”,  ma intuì che per Sigyn era la stessa cosa. Non che lo stupisse - da piccola era stata una bambina così seria.

“C’è un difetto un tutto questo, lo sai vero? Una fiducia illimitata.”

Lei arrossì “Lo so. Nella capacità del singolo di saper distinguere tra giusto e sbagliato. Ma ci sono cose, cose che dentro di te, dentro ognuno di noi, parlano molto forte.”

“Non sempre dicono la cosa giusta.”

“E’ per quello che io detesto la forza bruta, perché non lascia rimedio.” abbassò gli occhi e si scusò “Lo so che tu sei un guerriero. Tu obbedisci, devi, e a te disobbedire sembra facile.”

Loki annuì “Ma non lo è, la disobbedienza di cui parli tu ha senso solo se costa di più che seguire il vento. Ma non so se saprei distinguere uno che non obbedisce perché per lui è troppo difficile, o per vigliaccheria o per il proprio tornaconto, da uno che lo fa perché pensa di doverlo fare. C’è sempre molta presunzione, mi pare e, ti dirò, è anche tutto molto bello, ma non fa per me.” In parte era vero, in parte no, ma Loki non era Theoric e Theoric non era Loki.
Poi aggiunse, “E’ per quello che non l’hai colpita? Perché sarebbe stato facile?”

“Non era facile per niente!” Esclamò Sigyn con un sorriso enorme, “E’ davvero brava come guerriera e quando mi ha attaccato ho avuto paura.” la voce della ragazza si era abbassata fino ad un sussurro confidenziale, “Lady Sif ad un certo punto mi ha spaventata a morte. E’ andata in quel modo perché non significava nulla.” puntualizzò Sigyn, concitata “A me non interessava farle male, anche se avessi potuto, e non potevo, credimi, volevo solo esprimere una opinione, non festeggiare se per caso... non sono una guerriera, e lo so che nella vita reale non si ferma nessuno facendogli un graffio con un fermaglio per capelli. Volevo solo dire che… che certe cose… che non erano giuste.”

“Non pensavi che ti avrebbe fatto male?”

Sigyn arrossì poi disse “Si, pensavo che sarebbe successo, ma credevo… credevo che quando il fermaglio è atterrato ai suoi piedi, che capisse che non mi importava vincere, che era tutto suo, se ci teneva tanto, beh io in quel momento ho creduto che avrebbe chiuso in fretta e in modo… simbolico. Senza cattiveria inutile.”

Loki dentro di sé si sentì molto peggio di un escremento di Biglesnipe - Sif non le avrebbe fatto così male se lei non avesse segnato quel punto, si era offesa.
E probabilmente non avrebbe infierito se non avesse capito che non era stato colpita di proposito. Non lo aveva visto come un ramoscello di ulivo, ma come un insulto.
Ma, soprattutto, non le avrebbe fatto male se non avesse pensato che Sigyn, di fatto, apparteneva alla Casa di Loki. Aveva colpito lei per colpire lui.
La guardò - il verde le stava bene - e poi glielo chiese, a bruciapelo: “Perché Loki non è stato il tuo compagno d’armi? In fondo è stata tutta colpa sua.”

“Il Principe Loki.” puntualizzò Sigyn e abbozzò un sorriso. “Perché è un Principe e perché Lady Sif è buona amica e probabilmente consigliera del Principe Thor e forse il Principe Thor potrebbe sceglierla come consorte, e non sta ad un Principe opporsi pubblicamente ad un altro Principe, o giudicare le sue scelte in certi campi. Non in pubblico. E non per una ancella. E soprattutto non sta ad un fratello. E quando lei lo sfida gioca ad un gioco in cui crede di poter vincere sempre, comunque giochi Loki, per cui in realtà è meglio non giocare.”

“Poteva accettare la sfida di Lady Sif.”

“No!” Sigyn era irritata, “da bambini è normale che ti dicano vai lì, fai questo, fai una sfida con quello, allenati con un altro... ma da adulti, no. Certo se devi obbedire a qualcuno, se lavori per un falegname piallerai quando te lo dice, ed esiste il rispetto della legge, ma nello spazio che è solo tuo, sei libero.” aveva lo sguardo indignato.

“Era solo una sfida, per le Norne!”

“E allora? Il primo che arriva ti dice alzati e tu ti alzi? E poi cuccia! seduto! E’ già brutto con un cucciolo, ma almeno lì ha un senso…” scosse la testa sconsolata mentre Loki stava per scoppiare a ridere - se lei voleva che il cucciolo stesse dove non doveva affatto stare, andava educato, se lei non fosse stata in grado di tenerlo a freno sarebbe stato abbattuto, possibile che non lo capisse? Ma si trattenne.
“Non conta il parere del primo che passa, Theoric. Non per me.” era ferma nel dirlo e Loki si stupì - era così dunque? La dolce Sigyn… che aveva brindato contro di lui e contro Hervor, la sera in cui l'aveva fatta bere troppo.

“Non ti è dispiaciuto?” con delicatezza le accarezzò il viso. Lui non le aveva mai chiesto di combattere le sue battaglie, al massimo le aveva chiesto di impegnarsi di più con il seidhr, se davvero voleva fare quell’esame con Frejya, e di non piangere per un lupo, di farsela passare in fretta. E di venire a letto con lui - non se ne sarebbe pentita - ma mai, mai e poi mai le avrebbe chiesto di farsi picchiare da una Sif .

“No.” Era sincera e lui provò del fastidio - e così era stata leale con lui, ma non si aspettava che lui lo fosse a sua volta con lei.

“Non lo avrei nemmeno voluto.”

“E perché mai?”

“Non ho detto quello che ho detto per dividere, è successo solo perché ad un certo punto andava detto.” era seria “E poi,” aggiunse raddrizzando le spalle, “non mi interessa nascondermi dietro il Principe Loki.”

Lui represse un sorriso sarcastico che stava affiorando - e così la piccola pensava davvero di poter dire ciò che voleva impunemente. Passava troppo tempo alla Althing e troppo poco a qualche seduta di Odino. Però si sentì sollevato - e così la piccola aveva capito che non aveva voluto usarla come pretesto per discutere con suo fratello, nemmeno per fargli capire che Sif certe volte era una vera stronza, e che Thor - accidenti! - avrebbe dovuto saperla gestire. O almeno parlarle in privato. Dopo tutto suo fratello voleva essere Re, no? Che razza di Re aveva in mente?

“Io lo avrei fatto,” disse - Theoric lo avrebbe fatto, Loki ne era certo. Non avrebbe capito nulla dell’importanza che la piccola dava alla libertà, ma non l’avrebbe lasciata colpire.
Solo che Theoric aveva un vantaggio: non aveva fratelli deficienti.

Sigyn sorrise e poi lo baciò su una guancia, scivolò piano con le labbra fino alle orecchie per poi assaggiarlo. Lui sobbalzò, sentendo che una scarica di piacere lo attraversava.

“Devo fermarmi?” la voce della piccola era maliziosa.

“No…” sussurrò, apprezzando il fatto che quello che le mancava in tecnica veniva ampiamente compensato dall’entusiasmo.

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Capitolo 32
*** Un vento che non si placa ***


Un vento che non si placa

Loki se ne stava seduto a gambe incrociate sul tetto di Fensalir godendosi finalmente l’alba. In lontananza nubi gonfie di pioggia, intorno a sé il leggero riverbero di luce e di seidhr dei cristalli del tetto - non come il Bifrost, ma simili.
Era per quello, perché il tetto sembrava vivo, come la fronda di un albero, che tanti paragonavano la Casa della Regina ad una betulla - tronco chiaro e chioma dorata nello splendore dell'autunno.
Incidentalmente la betulla era anche il simbolo della Casa di sua madre, lo portava inciso sulla sua vecchia armatura prima di farla a pezzi, al campo di Hervor - c'era ancora sulla piastra che gli proteggeva il cuore.  

Aveva dormito lì, con il cucciolo senza nome di Sigyn, avvolto assieme a lui nel mantello, sotto il vento che odorava di neve. E gli era piaciuto.

Tra poco sarebbe sceso a fare un giro per il mercato, decise, aveva voglia di suonare il lur e di ascoltare il chiacchiericcio degli altri - il silenzio, gli parve, diventava troppo spesso una sottrazione.
Lui lo amava, come amava la solitudine del resto, ma non gli era sembrato, da ragazzo, una libera scelta, piuttosto lo scotto da pagare per essere una presenza mal sopportata all’ombra di suo fratello.
Qualcosa di oscuro, insomma, con cui dover per forza fare amicizia.
Affondò le dita nel pelo del cucciolo - un po’ come essere domati, avendone la consapevolezza.

La libertà è solo una illusione, pensò amareggiato, mentre la luce gli filtrava tra le ciglia. Tutto si paga.

Sperò di aver archiviato almeno Sif, la sera prima - era stato equo con quella stronza.

Non avrebbe saputo dire se il rapporto con lei era diventato pessimo, nel tempo, per via della loro inesperienza o per come erano fatti loro due, proprio male cioè, destinati a condividere, come una malattia contagiosa, solo la loro spigolosità ed una oscena gelosia che aveva come oggetto Thor.

Sif all’epoca era stata la sua vergogna personale, la ragazzina più alta di lui, più veloce e più determinata, che ogni volta lo batteva nell’Arena, accanita nel voler dimostrare che solo uno dei due figli di Odino era degno e che quello non era Loki - quante volte Odino glielo aveva rinfacciato, il volto irrigidito dalla vergogna? Suo padre pretendeva l’eccellenza, non gli bastava la banalità della bravura - il fallimento, poi, nella Casa dei Borson, non era previsto.

Una sera si erano ritrovati insieme ad una festa, seduti davanti ad un falò - erano soli, Thor era come evaporato tra le prime birre e le risate e lui era stato felice di quella solitudine, dove nessuno lo stava pretendendo diverso da quello che era.
A quel punto Sif lo aveva baciato, senza preavviso.

Con il senno di poi, rimettendo a posto i pezzi del rompicapo, aveva capito che Thor e gli altri se ne erano andati appresso alla scia di una femmina in calore, come, d’estate, un gruppetto di cani scemi. Sif doveva aver visto - se aveva anche immaginato il seguito, con Thor che palpeggiava qualcuna a tentoni, non poteva dirlo - e di certo le era bruciato parecchio: l'avevano tagliata fuori, alla pari di Loki, l'eterno moccioso; per una volta non era stata considerata sufficientemente maschio da essere invitata da Thor - non che la cosa lo stupisse, si parlava di andare a donne, non a caccia, ma Sif non era mai stata il tipo da comprendere le sfumature.

E così Sif lo aveva baciato per dispetto.

Nessuno dei due sapeva come funzionasse esattamente la faccenda, avevano solo una vaga idea che c’entrasse anche la lingua. Troppa saliva, però - gli venne da sorridere.
Quanto ai sentimenti, forse c’entravano, forse no, più no che sì, ma lui aveva pensato, razionalmente, che non amava Sif - non gli stava nemmeno simpatica - ma che avrebbe potuto adorarla se lei fosse stata la prima persona che lo avesse guardato come se non fosse solo una cosa che Thor si portava appresso, poco più su del suo cavallo o del suo cane. E forse lei avrebbe smesso di cercare di renderlo ridicolo e si sarebbero solo allenati insieme, proprio come tutti gli altri.

Era stata inesperienza: l’affetto non funziona così. Non può essere una alternativa al silenzio.

Il giorno dopo lui aveva cercato dentro Sif almeno tre cose belle, e le aveva scritto una poesia sui suoi occhi.
Lei aveva riso, prendendolo in giro.

Inesperienza anche quella: le poesie d’amore sono coltelli che pianti in mano ad una stronza perché ti faccia a fettine l’orgoglio. Il cuore, per fortuna, era rimasto estraneo alla faccenda.

“Cosa credevi?” gli aveva chiesto. “Io voglio solo provare e tu non lo dirai a nessuno.”

“Provare?” era stato un ragazzino così ingenuo che non aveva assolutamente capito i desideri di una femmina all’epoca più sveglia di lui - cosa mai voleva provare Sif?

Aveva dovuto baciarla altre volte e poi sfiorarla seguendo pieghe e rilievi, sentendosi inadeguato - era imperiosa - mentre Sif voleva solo capire come funzionasse il suo corpo ancora acerbo, cosa le piaceva e cosa piaceva ad un ragazzo, alla stessa stregua di come imparava nell’Arena il modo più efficace per fare del male a qualcuno.
E, proprio come nell’Arena non si moriva mai, così lei sperimentava il piacere, rimanendo eternamente vergine.

Inesperienza anche quella: l’intimità non funziona così, cazzo!  Si strinse la fronte esasperato.

Avevano finito per trattarsi con sarcasmo, abili a leggere le insicurezze l’uno dell’altro - ma lui, per una volta, molto più di lei.

Lei moriva dalla voglia che al posto suo ci fosse suo fratello e lui lo capiva, una umiliazione peggiore che nell’Arena - la vera ingiustizia che ti mangia il cuore è quando ti spingono a desiderare di essere ciò che non sei.
Per un bel po' si lasciò battere in fretta sotto gli occhi increduli di quello stronzo di Tyr - l’umiliazione era anche di Sif che baciava di nascosto qualcuno di cui non poteva essere orgogliosa alla luce del giorno. Ma non servì a niente - Sif non ragionò mai sopra loro due. Non si chiese mai perché Tyr la accoppiasse sempre e solo a lui e non con i cavapietre, che invece a lui toccavano ogni volta a rotazione.

Sif non vedeva mai la profondità, ma solo la superficie. E Thor.

Inesperienza anche quella forse: con Hervor aveva imparato ad allenarsi per imparare e per insegnare - gli uomini erano preziosi, non ne avresti ferito uno per divertimento, perché poi non sarebbe stato in grado di pararti il culo. E perché forse, se eri solo un pezzo di merda, nemmeno avrebbe voluto farlo.
Ricordava ancora con stupore la sua mano tesa per aiutarlo a rialzarsi ed i suoi commenti su cosa andasse e cosa non andasse in quello che lui aveva fatto. Ad Hervor non fregava un cazzo di batterlo, voleva solo che non si facesse ammazzare.
E ricordava, dopo, i commenti di Kylan, che gli passava della birra annacquata e calda e parlava di donne come fossero state i dolci della cuoca di Fensalir - un’altra fissata con le poesie d’amore.  

Ognuno ha gli amici che si merita, sogghignò tra sé, e forse non c’era molto da piangersi addosso se lui non si era meritato un Fandral. O una Sif.

Poi c’era stata la faccenda di Sigyn, la gita in cui si era ammalata. Mentre la teneva appallottolata contro di sé, ogni brivido una fessura a sorpresa proprio dentro il cuore, gli era sembrato che era arrivato il momento - da tempo - di chiudere con alcune cose che ogni tanto riapparivano nella sua vita, come certe rari notte di buio e di paura, e passare oltre. Non era un ragazzo, aveva pensato, e così aveva smesso di esserlo.
Tutte cazzate supponenti, pensò con irritazione, se era ancora lì a triturarsi il cuore su roba di troppo tempo prima.

Sospirò e si alzò in piedi - era ora di chiudere anche con Sigyn.

Al cucciolo avrebbe pensato Thrain, ma era ora di trovargli una casa. Possibilmente con dei mosaici verdi.

Si lasciò cadere dal tetto, trasformandosi in falco, nella caduta, planando e poi risalendo nell’aria con le ali vigorose, come se stesse nuotando contro corrente, fino a galleggiare sul vento freddo, le ali stese, ogni piuma viva, che si godeva la sensazione della libertà. Una libertà fatta di qui e di ora e priva del costante ronzio dei pensieri razionali.

Poteva sentire che la pioggia stava per arrivare. Scese in picchiata sul mercato e si infilò sotto le tende all’aperto, sfiorando i cumuli instabili di mele rosse, scompigliando i capelli delle donne, creando una scia di caos sotto di sé.  Volò lungo il mercato dei fiori fino al canale, godendo dei profumi dei fiori invernali e del ricordo di un bacio, poi fece esplodere il seidhr sull’acqua dietro di sé sollevando gli spruzzi.

Infine volteggiò intorno a Gladstein dai tetti d’oro, trovandola ripugnante e splendida al contempo.

Penetrò al suo interno e tornò ad essere Loki, che se ne andava, rapido, alle sue stanze, a cercarsi un lur in legno di ciliegio - che il resto del mondo si fottesse.


Sigyn sentì i passi di Lady Eir, concitati, per il laboratorio - si era alzata la mattina presto, dopo essersi addormentata su quel libro, pronta a stendere un piano sul da farsi. Si morse le labbra - c’era il tempo solo per una soluzione, e doveva fare una scelta.

La donna le afferrò il polso - Artiglio del diavolo? Lingua di cane? - era nervosa “Sapevi che sarebbe successo?” chiese in fretta scrutandole il viso.

“Cosa?”

Lady Eir emise un sospiro di sollievo “Ne ero certa.” poi aggiunse “Vieni con me, è la cosa migliore. Devi esserci anche tu.”

Con un sospiro Sigyn si pulì le mani sul grembiule - non c’era più tanto tempo, accidenti, doveva anche andare a lavorare con Lady Frigga, e voleva assolutamente parlare con Loki - poi seguì trotterellando Lady Eir, certa che, qualunque cosa fosse, sarebbe stata importante.


Le note di Loki ondeggiavano pigre lungo la riva del fiume, sotto un cielo che si faceva sempre un po' più pesante - tra poco sarebbe dovuto rientrare ed assistere alla riunione della hird, sotto lo sguardo duro di suo zio Wili Pugno nell’Ombra, che adesso aveva una fissazione per le Dimenticate - qualcuna doveva avergli risposto male e non essersi scusata a sufficienza.

Un uomo si sedette accanto a lui; riconobbe lo straniero dell’Arena, il compagno d’armi di Sigyn. Si chiese come avesse fatto a trovarlo.

“Volevo restituire questo” porse un fermaglio a Loki, con eleganza, “L’ho fatto riparare.” Loki lo rigirò tra le dita ammirando il lavoro accurato - lo aveva cercato, inutilmente, nella sabbia, per ridarlo a Sigyn e aveva sospettato proprio dell’uomo, giungendo alla conclusione che ad un certo punto si sarebbe rifatto vivo.

Si soppesarono con lo sguardo. “Ci sarà un ricevimento a breve, per gli Elfi Neri, vorreste venire?” chiese Loki con cortesia. Se si era preso il disturbo di cercarlo - e se lo era preso - forse era giusto invitarlo perché reincontrasse Odino, dopo tutto era lì per quello, no? Si era presentato all'Arena, non era andato a Fensalir, conosceva Odino, non Frigga, voleva qualcosa da Odino, cosa? Assistere alla hird? Una petizione? Parlare nella Althing? Informazioni? A meno che non volesse incontrare Sigyn.

“Potete invitare chi volete?”

“Pare di sì.” lo sguardo di Loki era ironico "Purché avvisi prima la mamma." Avrebbe fatto fare delle verifiche ai suoi uomini, non avrebbe lasciato il controllo solo alla sicurezza di Odino.

“Penso vi farebbe comodo sapere il mio nome… per l’invito.”

“Eravate con i diplomatici su Jotunheimr, probabilmente siete il figlio di qualcuno.” Mia madre vi avrà ospitato sicuramente a Fensalir quando non era ancora mia madre e se ci tengo lo posso scoprire - pensò piccato, ma non lo disse, era un atteggiamento troppo da ragazzino e lo sapevano tutti e due.

L’uomo sorrise “Come tutti.” disse, "Siamo tutti figli di qualcuno. Spesso anche di qualcuno ingombrante. " I due si guardarono sogghignando, poi l’uomo indicò la decorazione del fodero della spada “Questo ve l’ha fatto notare la piccola? E' per quello che ha citato Jotunheimr?”

“E’ una osservatrice.” rispose Loki nascondendo con difficoltà un sorriso orgoglioso - la sua Cacciatrice di Lupi gli stava simpatica da sempre. Era ora che Theoric rompesse con lei - e da uomo, non facendosi ammazzare o cadendo accidentalmente in un dirupo, ma affrontandola.

“Ma Voi avete visto qualcosa d’altro.”

Loki rimase impassibile, ma l’altro sembrava non avere fretta e nessun posto dove andare.
Così, con  la punta delle dita eleganti, sfiorò il guardabraccia in metallo che l’uomo indossava. “Questo simbolo, aggiunto dopo, cosa è? E perché un guardabraccia in metallo?”

“Non per bellezza, anche se è bello.” l'uomo sorrise, “Veniva indossato per proteggersi dal Morso del Freddo, che funziona a contatto con la pelle. Ora è solo un ricordo.”

“E il simbolo?”

L’uomo tacque, poi sfiorando il disegno a forma di ramo di aghi di pino mormorò “Voi siete nato nell’epoca dell’odio dopo una vittoria pagata molto cara e agli inizi di una pace piena di risentimento. Vostro fratello in epoca di guerra quando Asgard era immersa fino alle ginocchia nel sangue degli Jotnar. Dopo quei tempi è cambiato tutto, ma prima di quei tempi le amicizie erano una cosa possibile.”  Guardò verso l’orizzonte a disagio. “E’ per non dimenticare.”

Loki si irrigidì "Mio padre ha perso un occhio in quella guerra." replicò in tono asciutto, "Immagino che anche quello serva a non dimenticare.".

L'uomo sospirò, poi, con cortesia, disse "Vi chiedo scusa giovane Principe, se Vi ho urtato. Mai avrei voluto offendere Vostro padre, credetemi: è un uomo notevole. Vedete, molti hanno perso qualcosa in quella guerra, anche cose più preziose della vita. Il rispetto per quel dolore è importante e la ferita della guerra per tanti è ancora giovane. Però si è alzato un vento che ancora non si placa." lo guardò negli occhi, "Quando arriverete alla mia età scoprirete che i sentimenti, il dovere e ciò che è giusto non sempre sono tre pacifici compagni di viaggio, ma ogni tanto tendono a litigare."

Poi cambiando discorso chiese cortesemente se Sigyn apparteneva a qualcuno.

Loki disse di no - fu molto educato e un po’ gli costò perché lo infastidiva l'idea che qualcuno potesse pensare a Sigyn come ad una thrall, e un po' si sentì a disagio perché con quell'uomo si era creata di colpo una intimità - inquietante - e gli era venuta voglia di dirgli che lo capiva, che il suo forse secondo amico più caro era un Guerriero della Nebbia e che magari sarebbe venuto un tempo in cui la loro amicizia non sarebbe stata possibile. Ma non glielo disse.

Lo straniero a quel punto chiese se sarebbe risultato inopportuno, se l’avesse invitata come sua accompagnatrice - non conosceva altre giovani donne.

Loki lo guardò incredulo e replicò che nell'Arena ne aveva conosciuta almeno un'altra, una giovane Lady, sicuramente di rango più elevato. Ma Sigyn aveva il vantaggio indubbio, rispetto a Sif, di saper tacere e di non appartenere a nessuno. Ignorò il dubbio negli occhi dell'uomo - non era sua. Ma avrebbe voluto appartenesse alla sua Casa, al sicuro per sempre.

Poi sorrise: forse era finalmente arrivata l’occasione per regalarle quel famoso vestito.

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Capitolo 33
*** Chi cerca trova ***


Chi cerca trova


Sigyn sgusciò da una porticina di servizio celata nella parete, e scivolò attraverso il buio, senza far rumore, dentro una delle sale più piccole della Biblioteca. Il suo passo riconobbe la stuoia, e ne segui la trama senza esitare, mentre gli occhi si abituavano alla poca luce che filtrava attraverso le finestre.

Era un’ottima cosa, pensò, che Fensalir, fosse idealmente composta da due strutture avvitate una dentro l’altra: in quella ostentatamente visibile - ma non un tripudio di pietra ed oro come le sale ufficiali del Castello - si aggiravano con grazia lenta i pesci curiosi in visita al laghetto, mentre nell’altra volavano senza posa le api operose che dovevano far funzionare ogni cosa, senza essere d’impiccio.
Immobili come ragni stavano in agguato le Guardie della Regina.

Era così che aveva visto Fensalir, la Casa di Frigga, da bambina, quando Loki ce l'aveva portata per la prima volta.
Loki, ormai, ne era da tempo l’Amministratore, e per via di Loki - e anche per via di Lady Frigga e di Fulla - lei, si aggirava curiosa tra i due i mondi senza essere notata e i ragni avevano smesso di farle paura.
Come aveva detto Kylan? Come un tasso in un cespuglio - sentendosi molto ardita, se lo immaginò fatto di fiori colorati e menta.

Senza accendere la luce salì svelta per la scaletta in legno con le rotelle, appoggiata in alto ad una guida. Fece leva con le braccia e la scala scivolò cigolando appena sul pavimento fino a fermarsi dove lei sapeva che avrebbe trovato quanto stava cercando.

Non avrebbe mai potuto farlo nella Biblioteca Centrale, all’inizio ci aveva provato, forza dell’abitudine, in fondo era quasi sempre lì assieme a Loki, ma poi si era fermata a riflettere: ogni ricerca effettuata ed ogni volume preso in prestito venivano registrati. Era normale, per carità, le biblioteche funzionavano così, altrimenti in breve tempo si sarebbero svuotate di tutti i loro volumi più preziosi, presi in prestito da gente troppo distratta, o troppo pigra o semplicemente avida. Ma se davvero fosse successo qualcosa, che effetto avrebbe fatto la sua ricerca? Dopo, s’intende.

Così se ne era uscita tutta scoraggiata dalla Biblioteca Centrale.

Poi le era venuto in mente che non era vero che proprio tutte le biblioteche funzionavano in quel modo: non tutte, tutte. Quella nella Casa della Regina, per esempio, no.
Lady Frigga aveva fatto in modo che i volumi rari, o antichi, o pericolosi potessero essere consultati solo nelle stanze dedicate, con la sorveglianza di un bibliotecario - era orgogliosa dei suoi fiori più rari e ne conosceva perfettamente il valore.
Ma tutti gli altri libri erano lasciati a disposizione dei pesci pigri - persone di riguardo che erano in visita ufficiale al Castello, studiosi, ospiti stranieri, a volte famiglie di diplomatici che alloggiavano lì temporaneamente in attesa di una loro sistemazione.
Per lo più si trattava di libri sull’arte e sui giardini, diari di viaggio, opere in altre lingue - Frigga ci teneva che la Casa della Regina venisse percepita come un luogo dove la curiosità era lecita.
Sigyn sfiorò con le dita il dorso dei volumi, cercando di riconoscere al tatto quello che voleva.
Fensalir era un posto dove sembrava fosse possibile vivere in armonia con altre persone senza essere costretti a pensarla tutti alla stessa maniera.

Sorrise al pensiero e poi tornò a concentrarsi.
Non stava facendo nulla di male, in fondo, anche se lo stava facendo di nascosto: molti dei volumi potevano essere presi in prestito dalle api di Loki - Sigyn represse un sorriso: una cosa che lo irritava da pazzi era che la cuoca di Frigga leggesse poesie d’amore degli Elfi. Fosse dipeso da lui tutti, se ne avevano l’opportunità, avrebbero dovuto leggere libri sul seidhr, la tecnologia e la storia. Le opere serie, insomma, non le cretinate sentimentali.
Ma nella Biblioteca di Frigga c’erano anche quelle e nulla delle pagine che appartenevano alla Regina si disperdeva per via di una specie di patto d’onore.
Un patto e l’intervento magico di Loki, ovviamente. I libri non potevano essere portati fuori dalla struttura.

Tamburellò le dita con impazienza contro il dorso dei volumi - doveva trovare quello che le serviva, pensò, non aveva nessuno a cui chiedere e non voleva coinvolgere nessuno. E forse era già troppo tardi.
Per fortuna si era ricordata di averlo letto qualche tempo prima - non era il massimo, ma c’era tutto il necessario.
Si augurò dentro di sé, con tutto il cuore, che “lui“ non fosse coinvolto.

Dopo averlo finalmente trovato decise di prendere altri due libri, a caso - così, giusto nel caso che i Ragni l’avessero fermata per chiederle spiegazioni. Spostò la scala cercando di non pensare - haminja, non poteva chiedere di più, e piano con la punta delle dita accarezzò le rilegature, le più belle erano quelle degli Elfi - la cuoca aveva buon gusto.
Scelse senza avere nessuna idea, non potendo leggere i titoli, e infilò tutto nella bisaccia che portava a tracolla.

Fu a quel punto, mentre stava poggiando la punta del piede sull’ultimo piolo, che li sentì entrare nella sala più grande. Le luci si accesero e lei trattenne il respiro, facendosi piccola nell’ombra.

“Si vede di nascosto con un guerriero?” la voce di Frigga sembrava scettica.

“Lo stava baciando in pubblico!” la voce rimbombò per le pareti lasciando Sigyn senza fiato.
Risalì piano la scaletta, e dall’alto osservò il volto di Frigga - con sollievo le sembrò che la donna stesse cercando di non ridere.

Provava solo gratitudine per Lady Frigga per averla accolta proprio lì, come ancella, quando era piccola: aveva fatto in modo che le insegnassero ad usare un telaio e le aveva permesso di ascoltare i discorsi dei grandi, le sere di ricevimento, purché non desse fastidio. All’inizio era stato confortante - le sembrava di essere al Campo dove alla sera ascoltava gli anziani che raccontavano le vecchie storie degli Aesir per loro, i piccoli, perché non dimenticassero chi erano.
Solo che, se doveva proprio ammetterlo, certe sere si era addormentata appallottolata contro la spalla di Loki - a Fensalir le storie erano decisamente più noiose.

“Non mi hai appena detto che erano al mercato dei fiori, nascosti dietro le piante in vaso?” chiese Frigga con tono leggero. “Non erano propriamente in pubblico e non credo che li abbia visti qualcuno.”

Sigyn si sentì morire - tra tutte le persone a cui Thor poteva raccontare quella cosa, Lady Frigga era quella che la metteva più in imbarazzo. Da bambina l’aveva lasciata libera di sgattaiolare via - i primi tempi le sembrava di soffocare nella sua stanza. Scendeva in giardino, tra le erbe aromatiche, dove l’aria era più fresca, avvolta nel mantello, e lì si addormentava.
Una volta un Ragno l'aveva trovata e portata in braccio da Loki, non sapendo a chi restituirla.
Per tanto tempo non aveva capito che quella era una cosa che una ancella non doveva fare -. ma nessuno l'aveva punita, allora.

“Io li ho visti.” il giovane sembrava irritato.

La ragazza nascosta nell’ombra si mosse a disagio - la voce di Thor le era sembrata un tuono quando li aveva sorpresi. Proprio quando avevano appena smesso di parlare e lei aveva trovato il coraggio di baciare Theoric sul collo. Thor aveva un tempismo certe volte.

Vide che Frigga si era irrigidita - maestosamente irrigidita - ed ebbe paura: le sarebbe spiaciuto se Lady Frigga avesse pensato che abusava della sua libertà.
“Due ragazzi che si baciano all’aperto sono solo due ingenui che non hanno un posto tutto loro." la senti dire, "E che non hanno pianificato di procurarsene uno.”

La ragazza chiuse gli occhi - ma perché? perché a Thor era venuto in mente di raccontare a suo madre certe cose?

“La pianificazione c’era,“ obiettò lui irritato, “Lui l’avevo già adocchiato, il giorno della festa in cui erano stati invitati i Guerrieri, e anche allora stava cercando di baciarla.”

“Cercando?” la voce di Frigga si era fatta preoccupata.

“Li ho sorpresi mentre si stavano guardando sotto la luna e li ho fermati.”

“Perché?” Già, si chiese Sigyn perplessa, perché? Thor era molto pudico rispetto a Loki, ma aveva baciato parecchio in giro. E non solo quello. Che fastidio gli dava quello che faceva lei?

“Per Loki. Perché per lui è come una sorellina. Lo ha detto anche nell’Arena. Ha usato proprio questa parola, Madre, sorellina. Lo so che non gli avrebbe fatto piacere, non certo con un tipo come quello.”

Sigyn sentì che le si stava squarciando il petto, come se un fulmine l’avesse improvvisamente colpita. Una sorellina, quindi. Ancora una volta qualcuno doveva sbatterglielo in faccia.
E quella sera tra loro, lui chissà cosa stava sognando, forse Lady Gissa, forse Lady Hervor, e lei come una stupida aveva pensato… e aveva desiderato. Ripensò a quando lo aveva sognato, che la baciava su un tappeto di foglie rosse d’autunno, a quelle mani che scivolavano senza fretta su di lei, e ai suoi gemiti trattenuti. Poteva quasi risentire l’odore della resina di pino.
Strinse gli occhi vergognandosi. A quanto pare lei aveva capito tutto al contrario in quella storia del tasso e del lupo, lei aveva pensato che il lupo almeno una volta avesse desiderato il tasso, che era questo quello che Kylan voleva dire, e che era sbagliato perché Loki era Loki e lei era lei. La verità era che al lupo non interessava il tasso, non era mai interessato il tasso, nemmeno per una nuotata. Era stata patetica due volte per Loki.

Ascoltò a malapena la domanda preoccupata si Frigga su che tipo fosse Theoric e i commenti bofonchiati da Thor - a quanto pare gli aveva risposto senza essere ossequioso, come se fosse stato lui il re del mondo e non un semplice ospite del re. Non le era parso, a dire il vero, ma chissà che si erano detti quando lei era andata via

“Per quello l’ho accompagnata in giro quando me l’ha chiesto, perché aveva capito che lo stava cercando e volevo tenerla d’occhio: sta sempre rintanata in Biblioteca, o in Giardino, non sa cosa potrebbe succedere…”

“Cosa potrebbe succedere dove?” la voce di Frigga era gelida e Sigyn rabbrividì: adesso erano nei guai tutti e due. E lei era comunque una… una... accidenti, lei aveva già baciato Theoric prima di quella sera. Non avrebbe mai dovuto pensare a Loki, mai!

“Oh lo dice anche Loki: è una ancella! Qualcuno a disposizione di chi se la prende!”

“Loki dice questo?” la voce di Frigga era davvero irritata adesso e Sigyn non poté che convenire con lei, mentre le sembrò che le stesse mancando il fiato, proprio come quando Sif l’aveva colpita al plesso solare nell’Arena e lei aveva capito di non poterne davvero più, ma che questo, che lei fosse esausta, non importava in fondo a nessuno. Nemmeno a Loki che l’aveva guardata per tutto il tempo, indifferente, con quei suoi occhi verdi quasi trasparenti.

“Il senso era quello.” borbottò Thor irritato.

“Non sono così sicura che tuo fratello pensi questo di Sigyn.”

“Lo ha detto quando era nell’Arena!” la voce di Thor sembrava scontrosa adesso e Sigyn si chiese con distacco perché - le aveva appena sbranato il cuore e adesso era lui quello irritato?
“Era anche molto preoccupato per lei.”

“Questo guerriero è di passaggio?” la voce di Lady Frigga risuonò secca per la Biblioteca della Regina

“Penso di si.”

“E allora non è nulla di cui preoccuparsi. Lasciala in pace.”

La ragazza abbassò lo sguardo - questo era quello che pensavano di lei, quindi, che un guerriero di passaggio l’avrebbe dimenticata in fretta, come se non bastasse già essere dimenticata da chi viveva lì, stanziale o quasi. Insignificante tasso, buono solo a tenere in ordine la tana, ma sì lasciamola divertire poverina… tanto nessuno la guarderà una seconda volta. Pure Loki aveva cercato di farle capire che era solo una questione di luna e di giusta atmosfera.

“Ascolta Thor,“ la voce di Frigga si era fatta paziente, “Sigyn è una Dimenticata. Wili vuole proporre un provvedimento per le Dimenticate, perché è un uomo molto radicato nelle tradizioni e perché quelle che erano arrivate come bambine ora sono cresciute.” sospirò impercettibilmente “Questo potrebbe essere una buona cosa, ma… dipende” concluse la donna con gentilezza, ”non aggiungere pure il peso del tuo giudizio ad un piatto già colmo di cose difficili.”

Sigyn sentì che si stavano spostando e si sentì sollevata - non le piaceva origliare le conversazioni degli altri e ancor meno le piaceva se erano su di lei.

Strinse la bisaccia al petto e imboccò la porticina scendendo in fretta gli scalini. Si Loki aveva fatto in modo che i libri non potessero essere portati “fuori”, ma lei non li avrebbe portati “fuori”, c’era tutto un dedalo di corridoi, sotterranei, e i canali per le acque bianche reflue ed il vecchio acquedotto: sarebbe passata dagli uni agli altri perché quella rete,e in fondo si parlava di una distanza piccolissima, congiungeva la Casa della Regina con la Casa del Re, e con i giardini, i laboratori, l’Arena e, ovviamente, la sua stanza.

Se conosceva Loki doveva avere previsto quella possibilità e quasi sicuramente non l’aveva bloccata: aveva simpatia per chi voleva aggirare una regola. Purché non la aggirasse contro di lui.
Almeno questo era quello che sperava. Perché, onestamente, dopo le parole di Thor su quello che pensava Loki, le sembrava di non conoscerlo più.



Sif lo guardò irritata “Cerchi qualcosa? Il tuo animaletto domestico se ne è andato in giro con Thor, ultimamente, non so se lo sai.”

“Il mio animaletto domestico? Questo?” chiese con cortesia mentre accarezzava la testa del cucciolo ancora senza nome, “Non è mio.”

“Intendevo Sigyn.”

“Non è mia neanche lei.”

“Ti segue come un cagnolino.”

“E’ l’etichetta di Corte: tre passi indietro.” Loki scrollò le spalle imperturbabile. “Ah già, ma tu non la conosci. L’etichetta intendo.” Scosse la testa facendo una smorfia di - cortese - meraviglia.

“Sono una guerriera.” La donna lo guardò con disprezzo, con un gesto indicò dove si trovavano: l’armeria del Castello, vicino all’Arena. "Non seguo le regole dell'etichetta ma quelle dell'onore."

“L’ho notato.” il cucciolo ringhiò verso Sif e Loki lo tranquillizzò con un gesto severo. “Il valore di un guerriero si misura dagli avversari con cui si è battuto - questo lo dici molto spesso tu, sbaglio?” Le labbra si erano in curvate in un sorriso divertito.

“Tu non ti batti con nessuno.” rispose scontrosa Sif.

“Io faccio come mi pare.” le sorrise con indulgenza.

Sif scattò sdegnata “Questo l’ho già sentito dire in giro, e più di una volta. Avresti dovuto fermarla, se ci tenevi così tanto.”

“Evidentemente non ci tengo così tanto.”

“Le farà piacere saperlo.”

“Prego, fai pure. spiegaglielo. Ma credo che Sigyn sappia già tutto quello che c’è da sapere.” Però sperò non fosse vero - perché c'erano delle cose che non erano chiare nemmeno a lui.

“E tu? sai tutto quello che c'è da sapere? Qualcuno l'ha chiesta a Lady Frigga,” Sif lo guardò trionfante sperando di vederlo sobbalzare, ma Loki rimase impassibile.

"Ma qualcuno deve avere detto che era ancora troppo giovane." aggiunse Sif, come se se ne vergognasse.

"A me pare che abbia l'età giusta." Loki sogghignò, ma dentro di sé si sentì vuoto.

"Sono contenta che la cosa non ti infastidisca, saresti stato patetico."

"Dici che mi conviene farci un giro prima che qualcuno le rovini il carattere?"

Sif lo guardò disgustata, ma Loki alzò le spalle e non abbassò lo sguardo.

“Mi fa pena,” disse Sif, “si è battuta contro di me per difendere qualcuno a cui non importa nulla.”

Loki osservò quegli occhi così freddi - gli stessi di quando era una bellissima ragazzina, ai tempi del loro primo bacio - e gli fece tenerezza. Una volta pensava che avrebbe potuto adorarla se solo lei lo avesse visto per quello che era. Scosse la testa. Odino non vedeva Thor per quello che era, forse, e non vedeva lui, o forse lo vedeva fin troppo bene, e nemmeno si era occupato di educarli per aiutarli a correggere i loro difetti, figuriamoci per essere re, cosa diavolo aveva preteso dalla vita e da una ragazzina? Ma per carità! Forse quello poteva essere un modo per cancellare quella sua supponenza, e la cicatrice di tante piccole cattiverie tra di loro e il passato.

“Dovrebbe farti pena perché ha lasciato una via di uscita al suo avversario.” disse in tono gentile, sperando che la guerriera capisse che quella era l'ultima offerta di pace verso di lei - s'era stufato della zavorre che suo fratello si tirava appresso da quando era ragazzino e che lo rendevano meno di quello che avrebbe potuto essere - ”Per qualche strana ragione non ci teneva che perdesse la faccia in pubblico. Ed il suo avversario, come ringraziamento, prima si è divertito a farle male e poi l’ha marchiata come se fosse solo un animale.” Era Sigyn quella che doveva essere fermata, Sif?

Sif sussultò, ma non disse nulla.

“Un animale, non un animaletto domestico.” concluse Loki in tono neutro. Nessuno poteva fermare Sif, così come nessuno riusciva a fermare Thor, nessuno dei due aveva un briciolo di buonsenso. Avrebbero bruciato tutti quelli che erano diversi da loro in un rogo senza fine.

“Guarirà. Solo che per un po’ di tempo avrà qualcosa su cui riflettere.”

“E questo lo ritieni corretto? A tuo parere, non secondo le idee di Tyr, mie, o di mio padre, o di Thor. A tuo parere.” il tono era incoraggiante, come se stesse parlando ad un bambino per convincerlo a dire quello che davvero pensava, senza vergognarsene.

“Si.” la risposta fu secca “A mio parere è corretto e non ne sono affatto pentita.”
I due si guardarono negli occhi a lungo, poi Loki sorrise, un sorriso largo che illuminò i suoi zigomi affilati.

“Mi fa piacere, questo rende tutto più semplice Volevo proporti venti minuti di combattimento al buio nell’Arena. Non uno di più e non uno di meno. Senza testimoni: non alzo un’arma contro di te in pubblico, lo sai. Non serve un vincitore - quando il tempo finisce, allora finisce.”

Sif annuì con un sorriso e si avviò verso l’Arena.

Loki la seguì con lunghe falcata, mentre lanciava in aria e riprendeva due coltelli da lancio.

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Capitolo 34
*** Tre passi indietro ***


Tre passi indietro

Sigyn irruppe nella stanza subito dietro Lady Eir e lì, proprio sulla soglia, si bloccò, interdetta. Spalancò gli occhi azzurri come due laghetti davanti allo spettacolo di Sif con le mani sui fianchi, in piedi davanti alla Prima Cameriera di Lady Frigga e se ne rimase senza fiato.

“Eccola, è arrivata.” disse la guerriera con voce gelida, fissandola con disprezzo.

Gli occhi di Sigyn non riuscivano a staccarsi dai capelli - quel che ne restava - e lentamente si portò le mani alla bocca: qualcuno li aveva tagliati a ciocche in modo diseguale con colpi netti.
Dalle punte risalivano dei segni di bruciature, nere come bave di inchiostro su un foglio bagnato.

“Non fingere di non sapere!” la accusò la donna senza alzare la voce. “Sei il suo animaletto sempre tre passi indietro, devi aver piagnucolato con lui chiedendogli soddisfazione, visto che da sola non sei stata capace di prenderti proprio niente.”

Sigyn impallidì, ma stette zitta.

Lady Eir si intromise sbrigativa “Stai dicendo una cosa molto grave ragazza!”

“E’ colpa sua.” ripeté Sif, con sicurezza, poi si rivolse a Sigyn con disprezzo “Mi chiedo come non ti vergogni. Prima di farmi questo il tuo padrone è stato chiaro: mi ha detto che non gliene importa proprio nulla di te. Che al limite con te si sarebbe fatto un giretto, prima che qualcun altro ti usasse così male da rovinarti il carattere - ha parlato di te come se tu fossi una giumenta da cavalcare. E ha aggiunto che tu sai molto bene come stanno le cose.”

Sigyn incassò senza fiatare tutte quelle belle novità che le venivano gettate addosso in tono trionfante come fossero fango. Prima Thor con Lady Frigga, adesso Sif - a quanto pare c'era gente che non parlava mai con lei e che presumeva diconoscere meglio di lei la sua vita.

“Quelle sono state esattamente le sue parole.” Sigyn ascoltò, cercando di restare indifferente, sotto lo sguardo duro di Sif. “E tu sei esattamente il tipo di donna che disprezzo,” proseguì Sif, “corri da un uomo a cui non importa niente di te per ottenere soddisfazione ed in cambio concedi la sola cosa che hai.” alzò un sopracciglio, “Ma Lady Frigga deve sapere che serpe si sta allevando in seno. Prima ti sei messa apertamente contro Thor, ora questo.” si interruppe per riprendere il fiato, “Sei stata raccolta solo per pietà - tu adesso dovresti essere giù al Mercato con una ciotola in terra per raccogliere le monete di rame.”

Sigyn arrossì - era vero, non aveva più nessuno. A parte Loki - aveva acceso con lui una pira, vicino al fiume, e lui le aveva tenuto la mano, e queste sono cose che non si dimenticano.
Ma non aveva nessuna compassione per la bambina che era stata: lei era stata amata, moltissimo, come tutte le Dimenticate. Votarono tutti quella notte al Campo perché le bambine potessero tornare ad Asgard ed avere un futuro. I Guerrieri votarono perché lo scambio riguardasse solo le piccole e gli anziani, l’inizio e la fine, tutti e due dignitosi.
Forse il Campo li aveva cambiati perché i Guerrieri Aesir di Asgard non capirono che gli veniva consegnato qualcosa di prezioso - ricordava molto bene gli sguardi carichi di delusione al loro arrivo: avevano visto scarti mentre gli Anziani avevano visto figli e genitori, anche senza la biologia di mezzo.

Non ci avrebbe visto nulla di male a raccogliere monetine di rame - decise - avrebbe superato anche quello. In fondo aveva ucciso un lupo con una freccia in un occhio, poteva fare lo stesso con un cinghiale.

La Prima Cameriera annuì socchiudendo gli occhi, come un predatore che punta un erbivoro grassottello “Le Dimenticate qui a Palazzo sono tutte troppo arroganti. Parlerò subito di Sigyn con Lady Frigga.”

Ah ecco, le Dimenticate, non una sola, ma tutte in blocco... Il Principe Wili Pugno nell'Ombra pensava di avere ragione sulle Dimenticate: non c’era una Casa a cui appartenessero. Se non c’è nessuno che ti ama, allora non c’è nessuno da non voler deludere, si diventa obbedienti per necessità e non per dovere, con l'astio nel cuore.
Il ragionamento non faceva una grinza.
Non capiva che loro di amore ne avevano avuto e che tutte loro obbedivano alle idee con cui erano cresciute, che non prestavano particolare onore all’orgia di morte che tanto piaceva agli Aesir.
Gli Aesir celebravano il guerriero che colpiva il debole, colpevole di non saper lottare. Loro erano state dall’altra parte, avevano sperato che il guerriero sbagliasse nel prendere la mira, o che il corpo non fosse troppo forte da non potersi sopportare - e quello cambiava tutto.

A distruggere non ci voleva poi grande sforzo, pensò Sigyn rattristata, ma costruire, creare, guarire, curare, erano tutta un’altra storia.

Lady Eir replicò con voce brusca “E cosa vorresti chiedere a Frigga? Di sbattere in strada una sua ancella? Per quello che afferma una ragazza umiliata?”

Sigyn sobbalzò. Andar via? Sentì che il cuore le faceva male. Forse era la cosa migliore, non voleva chiedere a Loki proprio quello, in fondo?

“Io so quello che dico.” intervenne Sif con voce seria e la Prima Cameriera ne approfittò per sgusciare fuori dalla stanza.

“Tu credi di sapere quello che dici, è chiaro.” brontolò Lady Eir corrugando la fronte, “Ma non sai un bel nulla.”

Prese Sif per il braccio e la sospinse sotto la luce della finestra, poi la esaminò con attenzione “E’ un bel disastro, ma probabilmente si può rimediare senza tagliarli ancora di più. Come è successo? E cerca di essere precisa.”

“Nell’Arena.” il volto di Sif si chiuse di colpo in una maschera di ostinazione, “Ne parlerò davanti a Lady Frigga.”
Sigyn ne ebbe pena - Sif pensava di aver ragione, come pensava di sapere tutto di lei, che le spiacesse per lo zigomo tagliato - non le faceva piacere, d’accordo, ma non sarebbe stata una cicatrice a farla sentire vulnerabile o addirittura stupida - pensava di sapere che Loki se la portasse a letto in cambio di un dispetto da fare a Sif… Sif non sapeva un bel niente.
Sif non sapeva nemmeno le cose che riguardavano Sif, che Lady Frigga le voleva bene e non perché era amica di Thor,ma perché ci rivedeva se stessa; aveva fatto perfino in modo che la bambina guerriera avesse gli stessi precettori di Thor. Lady Frigga la considerava sempre invitata a Fensalir e nelle sue stanze, e come ospite gradita - non era necessario che le interessasse tessere o cardare. Sif non sapeva che Odino, il Re Padre di Tutti, forse la stimava, di certo la rispettava come guerriera. Sif non sapeva di essere una Lady, oltre che una Guerriera - i jarl la riconoscevano come loro pari. E quella stupidina, per orgoglio, rischiava di rovinare tutto quello che aveva a portata di mano - amore, calore, rispetto, accoglienza. Thor.

Le faceva molto più male il veleno delle parole di Sif, che lentamente le stava colando nel cuore, non voleva credere che Loki parlasse davvero di lei in quel modo, che pensasse a lei in quel modo, quando lei non c’era.

“Vuoi che rimediamo? Se tu Sigyn riesci a capire cosa…”

Sigyn si avvicinò e si alzò sulla punta dei piedi, sotto lo sguardo diffidente di Sif, osservando con cura quei poveri capelli “Io credo mallo di noce, di Midgard, ma c’è tanto odore di acido...” e di seidhr.

“Possiamo pensare di applicare un decolorante? Non serve un Guaritore per queste cose, però!” La voce di Lady Eir era decisa, quasi irritata “Ti basta una ancella che si occupa di faccende da femmine.”
Sigyn scosse la testa “Io non toccherei niente.”

“Sei stata marchiata come l’animaletto che sei ed ora vorresti vedere tutti ridotti come te.” la voce di Sif era così fredda che Sigyn si sentì avvilire.

“Non credo che il Principe Loki faccia certe cose a metà.” sospirò rassegnata, solo a beneficio di Eir, che sospirò rumorosamente. Sfiorò le lingue di capelli neri “E’ una specie di scherzo, ma del tipo che può finir peggio.” Anche per Loki, pensò.

Eir annuì - c’era sotto qualcosa e probabilmente qualcosa che a Sif non sarebbe piaciuto affatto. Loki da ragazzo non era mai stato “cattivo”, ma - Eir strinse le labbra in una piega dura - aveva un senso tutto suo di ciò che era equo. Puntiglioso, ecco, forse quello era il termine adatto. Ostinato. Poi era partito per la guerra ed era tornato feroce.

“Andiamo da Lady Frigga.” stabilì infastidita - questa era in fondo una questione tra bambini troppo cresciuti: Sif aveva esagerato nell’Arena, era stata proprio lei a curare Sigyn e aveva visto le costole incrinate, ed i lividi e il taglio sullo zigomo e, soprattutto, la crudeltà inutile.
Una bambina che aveva avuto una crisi di capricci mica da ridere.
E ora Loki aveva rilanciato perché gli avevano toccato la sua protetta, e Loki fin da bambino aveva detestato che si toccassero le sue cose senza permeso.
Quanto a Sigyn, incidentalmente, aveva ragione: Sif adesso stava invocando un colloquio con il capo della Casa di Loki per avere giustizia - diceva lei, per inchiodare Loki, in realtà - figuriamoci se Loki non se l’era immaginato... era lì che aspettava solo che la prossima mossa di Sif gli desse ragione.

Non serviva un Guaritore, ma una mamma severa e qualche bacchettata sulla mani per tutti e due.

Lady Eir sbuffò e sospinse Sigyn e Sif fuori dalla stanza, come se fossero state due oche bianche ed indisciplinate. Era cresciuta in campagna, da piccola, ed aveva idee molto precise su come andasse trattata la gente.

“Da Lady Frigga, ho detto.” disse con un tono che non ammetteva repliche.


Quando Loki entrò nella stanza decise che pensare male di Sif era stato ingeneroso, ma corretto: eccola là, venuta ad inchiodarlo. Ammirò l’armatura color della luna ed il suo effetto contro la pelle della giovane, sempre bellissimo, ma quello che gli diede maggior soddisfazione furono i capelli dorati con quelle strisce nere, come impronta di dita rapaci.

“Potrebbe essere una nuova moda.” disse con aria noncurante.

Poi passò lo sguardo sugli altri: Wili lo stava guardando irritato, con le sopracciglia cespugliose aggrottate, Odino, come sempre, aveva l’aria delusa - come dargli torto pensò spassionatamente Loki, due soli figli, uno con il buonsenso di un cane festante, l’altro uno stronzo.
Frigga era addolorata - il cuore perse un battito - suo fratello acceso da una rabbia incredula - come aveva detto? che lui e Sif erano migliori amici fin da ragazzini, davvero esasperante - e infine Sif, gelida ma trionfante. Una guerriera a cui piaceva la guerra.

Questo completava il lato della famiglia, con Sif membro onorario.

Eir, ah beh Lady Eir, piccola e cicciottella come una cuoca, sembrava infastidita per aver dovuto perdere del tempo appresso a delle cretinate. Come darle torto? Ozioso si chiese se l’avevano strappata alla lettura di una poesia d’amore.

Un paio di ancelle - non di sua madre - con in mano dei cestini cercavano di diventare invisibili senza successo, dietro alla Prima Cameriera, dura come sempre.
Loki fermò lo sguardo sulle ragazze e poi, con un sorriso che sembrava una tagliola, fece un semplice “Bu!”.
Una sobbalzò spaventata. Una ricambiò lo sguardo passandosi la lingua sulle labbra. Loki ebbe un sorriso soddisfatto che però gli morì sul viso quando incontrò lo sguardo severo di Sigyn.

La Cacciatrice di Lupi, seduta su uno sgabello, in disparte, sembrava preoccupata.

Non l’ho fatto per te, avrebbe voluto dirle, tu non c’entri proprio niente.

Sif narrò cosa era successo la sera prima, di come Loki le avesse spiegato che non ci teneva affatto all’ancella (Lady Frigga la fissò incuriosita e Sigyn si sentì morire ricordando lei e Thor che discutevano dei suoi baci al Mercato dei Fiori) ma che l’aveva accusata di averla marchiata come un animale - Lady Eir alzò gli occhi al cielo a quel punto, ma non disse nulla. Loki le scoccò un sorrisetto e sospirò “Quanti dettagli inutili, vero?”

E poi narrò di quei dieci minuti al buio nell’Arena. Avevano spento tutte le luci e poi avevano iniziato, e lei non riusciva a distinguere nulla, solo a sentire lo spostamento dell’aria.

“Ha usato il seidhr, da vigliacco.” Odino si rabbuiò e Loki tacque.
Era una accusa grave - per un Principe. Per quel Principe.
Perché se uno sfida chi manipola il seidhr sa perfettamente che un po' di seidhr salti fuori, prima o poi. Tranne che nell'Arena, dove si combatte per finta e non si muore mai.

Sigyn chiese la parola e poi mormorò “Siete sicura, mia Signora?”

“Altrimenti come avrebbe potuto fare questo?” ribatté Sif sdegnata.

Sigyn arrossì e guardò Lady Eir cercando aiuto “Usare il seidhr ed usare un’arma potenziata…” poi arrossì sotto lo sguardo sdegnato del Principe Wili e la voce le morì in un sussurro.

“Quando vorrò ascoltare una ancella, la interrogherò io stesso,” ruggì l’uomo guardandola fisso.

Lady Eir a quel punto raddrizzò la schiena ed intervenne rivolta a Sif “Andiamo con ordine, cosa avevate concordato? Cosa potevate o non potevate usare, che armi e per quanto tempo?” L’impazienza tradiva la sua lunga abitudine a curare malati pronti a mentirle su cosa avevano fatto - tutti che volevano fingere che ogni incidente ed ogni malattia fosse solo “capitata”, tutti che avrebbero sostenuto di essersi svegliati nel letto al mattino con una gamba che si era rotta da sola, nella notte, pur di non rivelare le circostanze, da dove, su cosa, facendo cosa… tutti che però volevano diagnosi e cure.
Quanto era meglio occuparsi di animali!

“Non ricordo con esattezza, le armi che avevamo indosso, ma il seidhr era escluso, di questo sono certa.”

Thor esplose “E allora come hai potuto? Se le hai dato la tua parola! Mi sento disonorato io per te, fratello!”

“Chiedile piuttosto come fa ad essere certa sul seidhr.” replicò Loki con aria annoiata.

Sif arrossì e disse a fatica “Abbiamo concordato che avrebbe indossato le Manette.”

Thor divenne paonazzo, ma non disse nulla, Lady Frigga strinse le labbra, restando impassibile, e Sif aggiunse in fretta, da vera testarda “Deve avermi ingannato. Deve! E poi… come si muoveva!” Sif non mollava il punto. “Non combatte come un asgardiano” concluse con disprezzo.

Lady Frigga sussultò ed intervenne “Combatte come un Vanhir per caso?” chiese con cortesia estrema, sistemandosi l’orlo di una manica con eleganza noncurante, la stessa di Loki.

Sif abbassò lo sguardo confusa “Combatte come un Vanhir” concesse sostenuta, “ma neanche i Vanhir possono fare questo senza usare il seidhr.”

Lady Eir alzò gli occhi al cielo “Te l’ha appena detto una semplice ancella! I coltelli. Non il suo seidhr personale, ma un’arma potenziata.”

Thor gemette “Ma è la stessa cosa! Si tratta sempre di seidhr!”

Wili lo guardò con irritazione “Mjolnir non è tuo, ma hai il permesso di usarlo, in combattimento ed in allenamento. Ti sembra un martello normale? Ne hai visti altri in giro con quelle caratteristiche? E dove di grazia?”

Loki non disse nulla - Wili stava dando del coglione a suo fratello e gli sembrò incredibile.

“Ma Sif non brandiva Mjolnir.” insistette Thor arrossendo.

“Lady Sif ha avuto in dono la sua spada da me quando era bambina.” disse Lady Frigga in tono gentile. “Ho provveduto io stessa perché non fosse un’arma comune, figliolo.”

Thor annaspò - armi incantate, seidhr, combattimento in cui eri flessuoso e non facevi rumore erano tutte cose che a lui non interessavano, ma che legavano sua madre a suo fratello. Non poteva criticarle, ma accidenti, tagliare i capelli di Sif! Era una cosa senza senso.

Loki abbassò lo sguardo - sua madre, da giovane, prima di essere portata ad Asgard come spoglia di querra, era stata una guerriera vanhir e aveva sempre mostrato molta stima per la giovane Sif, incoraggiandola nella sua decisione così poco asgardiana, di diventare una guerriera.

Lady Eir brontolò “Riassumendo: vi siete sfidati per un combattimento al buio e Loki non ha avvisato prima di cosa potevano fare i suoi coltelli. Tipico di Loki, direi, ma del resto vi conoscete da tempo. Dopodiché non ti ha mai ferita, ma si è limitato a tagliarti i capelli. E’ tutto qui?”

Sif arrossì mentre Loki annuì con aria compunta. Eir li fulminò tutti e due con lo sguardo: “Quando intendo tipico di Loki intendo sgradevole, fastidioso, riservato, astuto, feroce e a volte perfino subdolo.” Sif sogghignò scoccando uno sguardo obliquo a Loki “Ma,” aggiunse Eir severamente,”sostanzialmente innocuo.” Ed equo a suo modo, ragazza, pensò. Lo hai cercato tanto a lungo per una sfida ed alla fine è arrivato. Pensavi sarebbe arrivato cercando di essere Thor?

“I capelli possono tornare a posto?” chiese Wili, evidentemente irritato.

“Non lo so,” disse Lady Eir incerta. Mentre la Prima Cameriera spiegò che quella non era una faccenda da Guaritore, ma per le due ancelle convocate.

“Io non lo farei…” sussurrò Sigyn a disagio. A Loki venne voglia di afferrarla e scuoterla - perché aveva voglia di proteggere Sif? Perché era lui il cattivo alla fine?

Wili sbatté un pugno contro il tavolino, visibilmente irritato “Tu, Dimenticata, parlerai solo quando te lo dico! E’ l’ultimo avvertimento.”

Odino a quel punto intervenne e con voce calma si rivolse a Sigyn “Per qualcosa che sai o che presumi?”

“Che presumo, Mio Signore.”

“Allora puoi andare con le altre ancelle - questa faccenda non ti riguarda.” Odino non la degnò di uno sguardo più del necessario e Sigyn scivolò in un angolo della stanza, proprio dietro la Prima Cameriera, in imbarazzo. Loki dentro di sé sospirò di sollievo, lei non c'entrava e non avrebbe permesso che venisse trascinata in questa storia.

“Mi pare chiaro che c’è stato molto rumore per, in fondo nulla.” Odino era severo. “Presumo anche io qualcosa e consiglio a Lady Sif di ricordare bene le parole scambiate con Loki, prima di prendere una decisione. Quanto a te Loki, sei sospeso dal partecipare alle riunioni della hird per il prossimo mese - non sei ancora pronto per sederti con degli adulti ed ascoltare cose serie. Sei sospeso da ogni attività per quanto mi riguarda, a parte l’Amministrazione della Casa della Regina.”

Con lunghe falcate uscì dalla stanza seguito da Wili, che sulla porta si voltò e ruggì “Più tardi parleremo anche del lupo! Non puoi riempire il Palazzo di mostri, questa tua fascinazione per tutto ciò che è mostruoso, malvagio e di basso livello depone molto male su di te.”

Loki alzò un sopracciglio un arco perfetto di fastidio ed irritazione - sul cucciolo poteva anche essere d'accordo, doveva trovargli un altro posto e ormai sapeva quale, Thrain non era esattamente buono, ma c'era di peggio, quanto a Sigyn, gli spiaceva per suo zio, ma se la sarebbe tenuta il più a lungo possibile. E siccome Theoric l'avrebbe lasciata quel giorno stesso, questo a lungo significava davvero un sacco di tempo.




Sigyn sobbalzò - alla fine Sif ci era riuscita comunque ad inchiodare Loki: nessuno lo aveva ritenuto colpevole di nulla, se non di essere… diverso da un tipico Guerriero di Asgard.
Se avesse polverizzato una spalla di Sif con una mazza chiodata non ci avrebbero visto nulla di male, ma che le avesse tagliato i lunghi capelli biondi, tingendoli di nero, quello li faceva diventare furibondi. Perché il biondo era il loro colore, l’ideale di guerriero asgardiano era biondo e con gli occhi azzurri, come Thor. Come Sif. E Loki l’aveva colpita non tanto nella bellezza - ci era arrivata - quanto nel suo ideale di asgardiana.

Quanto ai mostri e ai malvagi, quello era per il cucciolo e per Thrain, che venivano da Jotunheimr. Lei era solo la compagnia di basso livello.

Se quanto prima si toglieva dai piedi, portandosi dietro il cucciolo, faceva un favore a tutti - alla fine la decisione di Odino non c’entrava con Sif - non l’aveva nemmeno protetta, accidenti! Le aveva solo detto di ripensare alle parole di Loki, figuriamoci. Odino sapeva, come lo sapeva lei che Sif doveva aver detto qualcosa a Loki, per cui non avrebbe mai dovuto sistemarsi i capelli ed accettare che ricrescessero da soli, con tanta pazienza. Ma Odino la lasciava provare - forse a fare qualcosa di stupido si impara più che a seguire i giusti consigli. Le famose lezioni che ti da la vita sono per lo più cicatrici ed è con quelle che misuri la saggezza. Si sfiorò piano lo zigomo ancora dolorante.

Comunque Odino non stava pensando a Sif, e nemmeno Wili: tutti e due si stavano solo chiedendo chi dei figli fosse più adatto ad essere Re.

Thor era l'idolo della Corte, così bello, i suoi amici erano i Tre Guerrieri, e Lady Sif, così amata da Lady Frigga. Loki frequentava piccola nobiltà, mercanti, stranieri, maghi, adesso addirittura aveva un servo Jotun ed una ancella che parlava troppo e che non apparteneva a nessuna Casa. Forse pareggiavano.
Thor non si interessava della hird e della Althing. Loki invece si, ma, in questo modo, con la decisione di Odino, venivano rimessi tutti e due sullo stesso piano.

O forse la domanda era chi dei due fosse il più Ass.

Torcendosi le mani trotterellò appresso a Loki cercando di raggiungerlo.

“Mio Signore, Vi prego, rallentate…”

“Cosa vuoi Sigyn?” la voce di Loki era tesa.

“Un favore.” chiese lei in imbarazzo.

“Quale?”

“L’esame con Freya, vorrei ripeterlo, prima possibile.”

“Non ti sei applicata, non sei pronta, sarebbe solo una perdita di tempo: tua, mia e di Freya. Non sei un po’ troppo grande per i capricci?” la voce era stanca e Sigyn non osò insistere.

“Hai fretta di andartene Sigyn?” lei scosse la testa.

“O sono le parole di Sif?” non stette nemmeno ad aspettare la risposta, semplicemente riprese a camminare e lei dietro, in silenzio, ai tre doverosi passi di distanza. Non lo poteva raggiungere se lui non lo chiedeva. Non poteva parlargli se non era lui a rivolgerle la parola.


Fu a quel punto che sentirono l’urlo.

Loki non rallentò, segno che se l’aspettava - e Sigyn sospirò: Sif adesso, aveva probabilmente anche lei una cicatrice che col tempo sarebbe diventata saggezza.

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Capitolo 35
*** Ognuno hai i suoi ricordi ***


Ognuno hai i suoi ricordi

“E così tagliare dei capelli è più grave che sfregiare un volto con una spada. Molto interessante… hai altre perle di saggezza per me? Per fare luce sul fantastico mondo fatato dove vivete tu ed i tuoi amici, intendo.“

“Sif lo ha fatto d’istinto, tu no!”

“Bell’istinto! Tutte cazzate, dai Thor, provaci ancora!”

“Che vuoi dire?”

“Che l’istinto non c’entra: Sif è Lady Sif, amica del potente Thor e protetta di Lady Frigga e Sigyn non è nessuno e non conta cazzo. Tutto qua.”

“Non è per quello!” Thor arrossì furiosamente.

“Ah no?” Loki inarcò un sopracciglio “E da quando in qua è normale sfidare qualcuno che non è nemmeno mai stato addestrato per combattere? Una avversaria davvero tosta, non è vero? Ci è voluto così tanto per chiudere... bastava una sola goccia di sangue, tra parentesi.”

“E’ stato un impulso stupido.” mormorò Thor a disagio, “Però Sigyn se l’è cercata.”

“Perché ha espresso un’opinione?”

“Non ne aveva il diritto!”

“Perché non è nessuno e non conta un cazzo.”

Thor alzò gli occhi al cielo e cercò di cambiare discorso: “E comunque è dispiaciuto a tutti, dopo…”

“Ma se sei uscito a festeggiare con Fandral! Ti sarà spiaciuto quando stavi vomitandoti l’anima in qualche vicolo...” Loki tagliò corto, guardandolo con aria sprezzante.

Thor si agitò sul posto, senza riuscire a trovare un modo per ribattere. Poi disse cautamente “Era sbagliato, ma non lo avevamo capito. Mentre tu sapevi benissimo quello che stavi facendo.”

“Da quando in qua essere imbecilli è un’ottima scusa?”

“L’hai ingannata, accidenti! Dovevi dirle quello che sarebbe successo!”  

“Io pratico il seidhr, è vero, ma non l’arte della profezia, chiedi troppo...” 

“Non fare lo stronzo!”

“E perché no? Perché il monopolio della stronzaggine è tutto dei Tre e della ex-bionda? Mi sono limitato ad unirmi alla vostra festa. Io le ho chiesto cosa pensava sul serio: era giusto marchiare qualcuno come un animale? Ed ha risposto di sì, e che era un ottimo modo perché quel qualcuno riflettesse sulle stronzate che aveva combinato. Non le parole esatte, ma il succo era quello. Più chiaro di così.”

“Non sapeva che tu stavi parlando di quello che volevi farle!”

“Che tu stessi. E’ il bello di quando si aderisce con entusiasmo ad un principio generale. Non sai mai se sarai quello che le darà o quello che incasserà con stile.”

“Dovevi spiegarle, per le Norne!”

“Ma certo! E magari avrei dovuto anche farle un disegnino... Lo spirito della faccenda non è comportarsi coerentemente perché ci saranno conseguenze! E’ comportarsi coerentemente indipendentemente dalle conseguenze.”

“La coerenza? Ma cosa tiri in ballo? ma chi se ne frega, poi? Tu lo sapevi! Non negarlo!"

“Io non sapevo un accidenti di niente. Al limite presumevo. L’ho messa davanti ad una scelta. E lei ha scelto.”

“Ma per piacere!”

“Ma per piacere cosa? Ci era arrivata Sigyn! Che per te è una poveraccia. Quello che è triste che le conseguenze le siano arrivate come una sorpresa! Molto triste per una che vorrebbe…” Loki si morse la lingua, poi aggiunse secco “Non l’ha obbligata proprio nessuno.” Sif voleva Thor e Sif voleva che Thor fosse Re. Perché? Ah va a sapere perché! A nessuno dei due interessava nulla delle faccende noiose discusse dalla hird, a quei due piaceva solo partire per avventure e menare le mani.
Se voleva essere la Lady Frigga di suo fratello avrebbe dovuto vedere le conseguenze - un Re prende decisioni, e le decisioni hanno il brutto vizio di avere conseguenze.

“Ma perché, accidenti?”

“Ha rotto i coglioni.” Ecco, lo aveva detto. 

Thor tacque di colpo e gli piantò in viso due occhi enormi, pieni di incredulità.

“Ascolta Thor, Sif è estremamente insistente, ed è rigida: non riesce a capire le ragioni degli altri.“

“Nient’altro?” 

Thor sembrava offeso e Loki si ritrovò a sbuffare rumorosamente. “Non ti basta? Ci deve essere anche dell’altro? Perché a me sembra perfino troppo.”

Thor scosse la testa, poi mormorò con voce querula “E’ una tua amica.”

“Ma quando mai?  E’ una tua amica e quindi io la rispetto.”

“Ce l’hai ancora con lei perchè ti faceva nero nell’Arena.”

“Tutti mi facevano nero nell’Arena.”

“Si ma nostro Padre quando perdevi con lei si vergognava di te!”

Loki non disse nulla. Dentro stava bruciando, ma non lo volle dare a vedere. “E adesso si vergognerà perché non ho perso. Ah! L'ironia della vita.” disse con un sorrisetto sgradevole. Poi si voltò ed imboccò il corridoio con passo deciso.

A metà raggiunse Wili che lo salutò con uno sbuffo: “Era ora! Hai finito di giocare con le bambole?”

“Stavo parlando con mio fratello”

“Parlare, bel verbo regolare… si sentiva fin qui.” Wili aggrottò le sopracciglia cespugliose spruzzate di bianco e di grigio.

“E tu ascoltavi.”

“Ovviamente.” l’uomo fermò Loki e lo fece voltare senza sforzo verso di sé - non era massiccio come Odino o come Thor, ma aveva tutta la forza tipica dei Borson. “Ascoltare è il mio dovere. Ma non ho mai litigato così con Weha quando era qui tra noi, che il suo spirito cavalchi libero per il Valhalla! Bestla ci avrebbe levato la pelle a frustate!”

“Buon per te.”

“Litigare con un fratello per il colore dei capelli di una femmina! Odino vi ha lasciato venir su come due signorine, per le Norne!”

“Per una volta sono d’accordo: non vale la pena discutere per quei capelli.” Loki si irrigidì impercettibilmente.

“Disse il Principe cadetto che aveva combinato il solito gran casino. Sei uno stronzetto manipolativo troppo sveglio per il tuo bene. Se solo tu fossi…” Wili lo guardò con la faccia rattristata e riprese a camminare “Oh Loki!” sospirò, il torace, sotto gli strati di stoffa degli abiti di Corte, sembrava un mantice,”Dalla prima volta che ti ho visto ho saputo che avresti portato un mare di guai alla Casa dei Borson.”

“Pensavo di essere stato un gran bel bambino da piccolo. Mia madre lo dice spesso.”

“Ci si affeziona ad un gatto randagio, vuoi non affezionarti ad un nanerottolo sdentato?” Wili gli colpì una spalla con il pugno, facendolo sobbalzare, “Ma un gatto randagio è un gatto randagio - tutti lo sanno anche se lui non lo sa, il casino è quello.”

Loki guardò Wili senza capire - suo zio stava invecchiando.

“Loki, impara da me: non serve a un cazzo piacere agli altri, non te ne sei accorto ancora? Piacere non è naturale per niente. E’ come trovare un quadrifoglio in un prato, o una strafiga che te la da ad un ballo. Quando succede è festa grande, perché, te lo ripeto, non è naturale per un cazzo. Mondo schifoso!”

Entrarono in una saletta vuota e Wili afferrò una sedia di legno scuro e si sedette di schianto. “Oggi non ci sarà una riunione della hird e anche se ci fosse tu non potresti assistere perché sei stato punito. Odino è stato chiaro ed io sono d’accordo con lui. L’amica di tuo fratello deve imparare qualcosina e devi impararla anche tu. Ma c’è una cosa che voglio proporre ad Odino, robetta di poco conto, ma oggi voglio sentire cosa pensate, tu e Thor, su una quisquilia.” Loki trasalì e Wili gli fece con la mano il gesto di tacere “E’ ora che tuo fratello porti il suo culo a qualche riunione e impari a ragionare, per le Norne!”

Loki lo guardò dubbioso ma non disse nulla. Si limitò a sedere accanto a suo zio, in silenzio.

“Tu amministri Fensalir.” Wili sogghignò mentre si versava da bere, “L’hai chiesto tu. Io ti avrei messo da tempo ad occuparti delle fogne di Asgard, ma Odino non voleva. Tu invece hai chiesto Fensalir, spontaneamente, dopo aver mollato tuo fratello nel bel mezzo di una gita per riportare a casa una ancella malata. Ed io sono stato a guardare cosa avrebbe fatto il lupo. Per un guerriero tu pettini le bambole, come una specie di grandissimo ergi. Ridono di te.” Wili sogghignò e poi si piegò verso Loki e gli diede una gomitata nelle costole “Ma Frigga non chiede mai denaro per Fensalir oltre quello che le spetta. Io lo so bene.” Wili strizzò un occhio a Loki, che lo osservò incerto “E siccome Frigga non deve chiedere denaro, a Fensalir, e pure a Palazzo, fa come le pare. La libertà è una gran cosa.”

Loki annuì - Pugno nell’Ombra ogni tanto parlava a ruota libera, ma non era un imbecille.

“E’ un mestiere da femmina, dicono, ed un guerriero dovrebbe sentirsi insultato. Scommetto che gli amici di Thor ad un certo punto ti hanno detto che hai la figa al posto del cazzo.” Lo guardò ridendo “o forse no, lo usi parecchio l’aggeggio che hai tra le gambe, mi dicono.” aggiunse Wili cogitabondo “Ma prima o poi anche la birra finisce, che cazzo si credono? E le armi si spuntano ed i vestiti si tarlano. Alla fine, quando sono in ginocchio, ci arrivano che niente viene da sé. Che il mestiere da femmina è quello che gli para il culo!” ruggì, sbattendo il bicchiere sul tavolo. Poi ne afferrò un altro e versò da bere  a Loki, fino all’orlo. “Io ho fatto la guerra assieme a Weha, quella vera, spalla a spalla. Bevi su, per le Norne! Che ti fa bene! Sei sempre così pallido, Fiocco di Neve." poi scoppiò a ridere tra sé.

"Marciavamo per ore senza cibo, quando il ghiaccio si sciolse affondavamo nel fango gelido, pensando di morire annegati in quella melma, col vento che soffiava. Dormivamo tormentati da certi schifo di parassiti blu che tu nemmeno ti immagini. E la puzza di merda dalle latrine… e il fetore della putrefazione.” gli occhi di Wili si fecero vuoti e si piantarono in quelli di Loki. “Un giorno gli Jotnar attaccarono disperati, con il seidhr, erano come delle esplosioni: saltava per aria tutto, il ghiaccio diventava neve che il vento ti sputava in faccia, ghiaccio bianco, ghiaccio antico blu come quei bastardi, costruzioni, pietra e brandelli di carne umana. Io ero certo che saremmo morti lì, ma ero così stanco che non mi importava. So per certo che Weha mi protesse con il suo seidhr, come poté. Allora già gli Aesir pensavano che gli uomini... che fossero ergi. Tanti se ne erano andati prima della guerra. Mondo schifoso! E tu non sai cosa ordinò Borr per quelli rimasti" Si passò una mano sulla fronte sudata e tracannò quel che restava del bicchiere, "Weha praticava in segreto e non gli chiesi mai. Non mi sarebbe importato. Era mio fratello, il più piccolo." Wili si versò ancora da bene "Mi curò con il seidhr per ore, mezzo morto anche lui. Poi bevemmo l’acqua che colava da un rigagnolo, troppo a pezzi per curarci che fosse pulita.” Wili si pulì la bocca con il dorso della mano e fissò il vuoto. "Mondo schifoso!"
“Ma tu questo lo conosci,” disse Wili, lentamente, “e io te lo riconosco. Ti lasciarono partire con quel cazzo di armatura di Palazzo da fighetto ed io pensai che ci saresti crepato dentro. E invece sei tornato.”

Wili diede a Loki un colpetto amichevole sulla schiena  “Sai, alla sera ci ricucivamo i mantelli da soli - che venissero a dirmi che era roba da femmina… quanto a Weha se ne è sempre sbattuto di tante cose, tu in pratica non l’hai conosciuto. Schifo di mondo, nemmeno le sue ossa abbiamo potuto rivedere!”

Wili tacque rattristato e si mise a studiare il suo riflesso nel liquore, perso in chissà che ricordo. Loki accavallò le gambe a disagio e bevve alcuni sorsi, in silenzio.

Poi Wili si riscosse e guardò Loki rattristato “Dicono che il tempo faccia dimenticare, ma non vale per tutti. Il tempo imbruttisce le cose e le persone. Peggiora i problemi. Odino è come nostro padre Borr, in tante cose belle ed in tante cose brutte e questo non lo capisce." sospirò, "Weha era il mio fratellino, sai? Bestla ci ha sempre frustato allo stesso modo anche se eravamo diversi. Bestla era saggia tanto quanto era feroce. Ma era giusta."

Loki annuì senza parlare, di Bestla, la madre di suo padre, in casa non si parlava mai, Odino aveva fatto togliere i suoi ritratti da tanto tempo. 

"Weha - lo pestarono a sangue un giorno, perché si era opposto. Lui…” Wili si passò stancamente una mano sugli occhi. “Catturammo una tribù nomade, o forse dei profughi di un villaggio, erano carne, solo carne per noi, da far sanguinare e da fottere. Ma lui vedeva la persona anche dentro il mostro. Weha Voce Sola lo chiamavano, lo buttavano a terra e lui si ritirava su, la faccia una maschera di sangue. A me... mi tenevano a terra in quattro, che merde. Mondo schifoso! Ma alla fine lasciarono andare quel gruppetto di Jotnar dagli occhi di sangue: li aveva costretti a vedere la persona dentro il mostro. Era figlio di Bestla, in quello.”
Wili si interruppem pensieroso, giocherellando con le dita sul bordo del bicchiere “Ascolta Loki, quando ti pestavano nell’Arena, all'inizio, pensavo che fosse giusto, ma dopo no. Se Weha fosse vissuto qui... E penso che lui ti avrebbe spiegato... Non era il tuo posto quello.”

Loki sbuffò impercettibilmente - chi lo capiva Pugno nell’Ombra, era bravo - Wili rise “Tu pensi che io mi stia rimbambendo, ma quando avrai la mia età capirai, stronzetto che non sei altro… Tu sei come il Mjolnir di Odino, e lui non capisce un cazzo di come funziona quel martello. E potresti essere il Mjolnir di Thor. Pensaci.”

 

Loki guardò Wili che si rintanava in chissà quale labirinto fatto di pensieri, di ricordi e di vino elfico - per Weha si spiaceva sempre, Weha Voce Sola, We, ne parlava raramente, ma quando lo faceva si capiva che parlava di qualcuno di decente.
Wili aveva ragione, doveva averlo conosciuto ma era troppo piccolo per ricordare - non aveva mai saputo che praticasse il seidhr, quindi lui, Loki, non era l'unico ergi della Casa dei Borson, ce ne era stato un altro prima di lui. Era una cosa di famiglia, quindi. Gli scappò un sorriso soddisfatto.
O forse no, cosa aveva detto Wili? Che Weha praticava in segreto, chissà se Odino lo aveva mai saputo?
Fosse come fosse, ad un certo punto se ne era partito e non era più tornato. Odino non aveva mai voluto fare nessun servizio funebre, nemmeno simbolico.

Senza volere i pensieri corsero verso Sigyn a quel giorno sul fiume di quando era bambina.

Ora era grande, pensò, al Mercato dei Fiori l'aveva baciato, maliziosa e terribilmente inesperta, e lui l'aveva lasciata sperimentare - la pratica rende perfetti, non lo dicevano tutti?

E in quel momento, proprio sul più bello, quando la piccola aveva cominciato a rilassarsi e a fare attenzione a cosa stava facendo, chi era piombato su di loro? Thor! Sempre lui. Il rompicoglioni amico della rompicoglioni - una coppia scritta nelle stelle.

L'aveva sbilanciato, poi l'aveva afferrata per il polso e se l'era portata via, correndo per le viuzze del mercato e poi attraverso il mercato coperto, desiderando che anche lei fosse in grado di trasformarsi, come lui, per portarla con sé in una corsa ancora più folle - inutile ragionare con suo fratello a quel punto e chiedergli con che diritto se ne andasse in giro ad interrompere due che si baciavano: quando gli partiva la testa Thor perdeva quella minima inclinazione al dibattito teorico che aveva e diventava animalesco. 

Non seppe esattamente come, ma si erano ritrovati davanti al cancello della casa con i mosaici verdi.

E' abbandonata secondo te? le aveva chiesto con la sua voce più ingenua da ragazzo di paese.

E' in vendita. Lei gli aveva mostrato il cartello. 

Vuoi scavalcare? Avevano riso come ragazzini, risatine soffocate di complici - come con Thor tanto tempo prima, in una vita lontana quasi quanto le storie su We - poi l'aveva aiutata a scendere, tenendola per la vita e indugiando nel farla atterrare. Aveva sentito la risata leggera di lei spegnersi in un brivido che l'aveva percorsa tutta mentre prendeva coscienza del calore delle sue mani che lentamente, strato dopo strato, attraversava il vestito per arrivare fino alla pelle.
Aveva potuto leggerne l'eccitazione dal ritmo del respiro.
E aveva sorriso per questo. L'aveva sentita trattenere il fiato quando le aveva stretto il polso - delicatamente stavolta - e l'aveva sospinta nel giardino, contro una parete di pietra, per poi guardarla in silenzio in attesa. Aveva sentito le mani di Sign che scivolavano sulla sua schiena e lo stringevano contro di lei, in modo che le loro labbra potessero sfiorarsi, ma non c'era stato niente di timido nella ragazza, in quel momento e il bacio si era trasformato in qualcosa che sembrava più una domanda, o una supplica. O una resa. Un bacio perfetto.

L'unica cosa razionale che Loki era riuscito a pensare era che gli piacevano stramaledettamente le labbra di Sigyn. Subito dopo che odiava stramaledettamente il suo vestito.
L'aveva sollevata, in modo che i loro occhi fossero alla stessa altezza, poi si era impadronito delle sue labbra, mentre con il corpo la schiacciava contro la pietra del muro. Aveva registrato un paio di gemiti soffocati, mentre il bacio si faceva man mano più brutale - adesso era lui al comando - poi aveva sentito Sigyn aprirsi, esitante, sotto di lui, e le dita della ragazza che gli accarezzavano i capelli alla base della nuca. Dolce, delicata. Molto tenera.
Senza fretta le aveva slacciato il grembiule che portava sopra il vestito - era da quando l'aveva vista quella mattina che desiderava farlo.
La mano destra era scivolata sotto la stoffa ed era risalita senza fretta lungo altra stoffa, seguendo la curva del fianco di lei, fino al seno, intrappolato in un vestito troppo stretto; lì aveva indugiato, lasciando che la sensazione di calore la raggiungesse e facesse di nuovo il suo lavoro. Quando aveva sentito il rilievo farsi più definito sotto la stoffa, lo aveva sfiorato con il pollice, proprio lì, sulla piccole punte così sensibili, stuzzicandola come se tutto fosse casuale. L'aveva sentita agitarsi confusa sotto la sua bocca. A quel punto aveva smesso di baciarle e le aveva sfiorato il viso in mille percorsi delicati a fior di pelle, mentre con la punta delle dita aveva preso ad accarezzarle il bordo del vestito lungo la scollatura, lasciando a tratti la stoffa, in modo casuale per spostarsi sulla pelle di lei e poi ritrarsi. Un gioco di punta di dita e di nocche apparentemente innocente.
Aveva sentito le mani di Sigyn che artigliavano la stoffa sulle sue spalle ed il respiro che le si faceva irregolare.
Così si era staccato da lei e l'aveva lasciata tornare coi piedi per terra, mentre le osservava il viso. I capelli erano in disordine per via della corsa e delle sue dita, le labbra erano gonfie di baci, gli occhi erano... con delicatezza le sollevò il mento con le mani per costringerla a guardarlo - non si era sbagliato, gli occhi erano spaventati, ma dentro c'era anche tanto desiderio.  

Era troppo giovane per nasconderlo, per giocare con lui, probabilmente non ci provava nemmeno, ma questo era Sigyn e a lui andava benissimo così come era. In quel momento gli era sembrato che un po' tutto quello che la riguardava fosse tenero, dolce, e delizioso. Aveva osservato il grembiule che si gonfiava leggermente sotto la brezza del mattino e le aveva sorriso - quello che voleva farle era ovvio, ma non era giusto se aveva già deciso che Theoric l'avrebbe lasciata quel giorno stesso. 

Lei aveva fato un passo verso di lui e si era alzata i punta di piedi.
Poteva ancora sentirne il respiro contro la sua bocca, poteva quasi assaggiarlo e confonderlo con quello del vino nel bicchiere.

Furono interrotti dal cigolio della porta che si apriva - Loki tirò un sospiro di sollievo - Pugno nell’Ombra oggi era incomprensibile e il pensiero di Sigyn gli stava causando una imbarazzante erezione. Entrò Thor, strisciando i piedi, in imbarazzo, “Devo sedermi qui?” chiese educatamente.

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Capitolo 36
*** Luce ed ombra ***


Luce ed ombra

Wili rise e diede una manata sulla sedia accanto a sé. “Era ora, Riccioli D’Oro.”

Allungò anche al lui un bicchiere colmo e poi parlò senza fretta “Loki è stato punito, come ben sai.”

“Non abbastanza!” brontolò Thor.

“Da quando ti interessa tanto il colore dei capelli di una femmina che non vuole nemmeno essere trattata come una femmina? Hai deciso che vuoi fare il parrucchiere da grande?” Wili lo guardò aggrottando le sopracciglia.

“Tu non sai cosa è successo!” esplose Thor pieno di rabbia, la voce un ruggito “Per sistemare il maleficio di Loki capelli le sono diventati completamente neri!.”

“Se avesse lasciato perdere, il maleficio sarebbe svanito da sé in un paio di giorni, ma non è stata coerente.” ribatté Loki, in tono acido.

“Secondo me così è più carina,” disse Wili conciliante, “I capelli neri le danno un’aria molto meno banale: qui intorno è pieno di teste bionde e lei non è una donna come le altre.”

“Loki deve essere punito!” Thor afferrò il bicchiere ancora pieno e lo scaraventò contro il muro.

“Adesso basta.” il pugno di Wili si abbatté sul tavolo ed i due giovani sobbalzarono. “Questo, qui non lo accetto. Nella sala di un banchetto puoi fare come ti pare ma qui, dove si parla di cose serie, no.”

Loki si stupì del cambiamento di Wili, rispetto al vecchio che parlava a ruota libera di solo pochi minuti prima.

“Te lo dico una volta, Fatina Bionda, e non lo ripeto la seconda, la Fatina Mora è già stata punita e non per quello che ha fatto prima, ma per le conseguenze che probabilmente ci sarebbero state, secondo il parere di Odino, il mio, quello di Lady Eir, che è il Guaritore del Re e che sa cosa è una conseguenza per mestiere ben prima di vederla. E, se mi permetti, lo pensava pure quella cosetta graziosa che trotterella sempre appresso a Loki.”

Thor sbuffò, ma non osò replicare.

“Riccioli d’Oro, vedi di svegliarti e pensa bene: Odino poteva fermare Lady Sif, ma l’ha lasciata libera di ficcarsi nella trappola di quello stronzetto di Loki.”

“Grazie per lo stronzetto.”

“Prego, Loki. Perché, Riccioli d’Oro? Trovami una ragione.”

“Perché è troppo buono!” rispose Thor furibondo, cercando di non alzare troppo la voce.

Wili si produsse in una grassa risata, “Come tutti i cuccioli non abbastanza cresciuti credi che il tuo vecchio ormai si sia rimbambito. Certo, mio fratello deve entrare nel Sonno di Odino, lascerà dello spazio per qualcun altro, una buona opportunità per mostrare cosa si è davvero, ma ha ancora qualche colpo da giocarsi. Prova ancora e forse sfiorerai il bersaglio. Allora?”

Thor si mosse a disagio sulla sedia, ma non disse nulla, mentre Loki osservava con stupore suo zio.

“Forse tuo padre ha ritenuto che era ora che Lady Sif si scontrasse con qualcosa che non è … cattivo… ma difficile. Ha esercitato molto i muscoli delle braccia e molto bene. Come dicevi tu poco fa, ha fatto nero tuo fratello molte volte. E ora è stato lui a farla nera!“ Wili rise di cuore alla sua stessa battuta “E’ finalmente arrivato il momento che la Guerriera impari ad esercitare anche il cervello.”

Thor sbuffò alzando gli occhi al cielo, mentre Loki stringeva le labbra irritato.

“Oggi mi avete fatto pensare a Weha, che il suo spirito sia felice nel Valhalla,” Wili aggrottò la fronte “Weha era un uomo fin da ragazzino. Voi no. Mi aspettavo qualcosa di più dal primogenito della Casa dei Borson. Hai il sangue di Odino, che non è un imbecille, e hai quello di Frigga, una guerriera ed una testa pensante. Eppure i tuoi pensieri scattano veloci come una anguilla finita nella sabbia! Una pena!”

Loki non riuscì a trattenere un sogghigno quasi impercettibile, ma non abbastanza: Wili lo intercettò e con occhi di fuoco sibilò “E da te qualcosa di meno!”

Poi riprese con tono severo, “Oggi discuteremo davanti ad Odino e ad alcuni membri della hird e della Althing, in modo informale di un mio piccolo progetto: le Dimenticate e cosa farne. Lo scopo è che partecipiate al dibattito delle idee. Tu Loki non fare la mezza merda che riesci benissimo ad essere quando ti ci metti e cerca di aiutare tuo fratello: le persone hanno un nome ed un passato e non sempre dicono tutto quello che pensano o lo dicono chiaramente. Riempi i buchi per lui.”

“A me delle Dimenticate non interessa molto.” disse Thor con tono scontroso.

“Nemmeno di fogne, di magazzini e della produzione dell’orzo, ma alla hird non gliene frega nulla se ti interessano, ma guarda un po’!” Wili si alzò irritato e si versò di nuovo da bere. Poi rabboccò quello di Loki. “Se ne vuoi anche tu, Fatina,” brontolò diretto a Thor, “alza il culo e raccogliti il bicchiere.”

Mentre Thor obbediva, incerto, Wili riprese “Tu verrai alle riunioni mentre il principe cadetto degli stronzi, qui, è in punizione come se fosse uno studentello ancora appresso al precettore. Tu ascolterai. Se non capisci puoi chiedere - sei il figlio di tuo padre e ne porti il diritto nel sangue. Magari la prossima volta prendi carta e calamaio e ti segni tutto quello che non hai capito e che non hai voglia di chiedere.
Loki faceva così quando turnava sotto i funzionari da ragazzetto. Puntiglioso come una zitella ancora vergine.
Con te cominciamo con qualcosa di facile, che non dovrebbe essere un argomento astratto, mi auguro, perché conosci almeno una Dimenticata.”

“Sigyn?” chiese Thor incerto.

“L’Ancella che ha capito quello a cui la Guerriera non è arrivata.”  


Lei lo aveva baciato, ma i baci per lui erano sempre il preludio a qualcosa d'altro, lo sapeva, ma lei no, non lo sapeva, così, razionalmente, aveva deciso di allontarla da sé - gli era pesato, non voleva essere Theoric il corretto, anche se quello era il suo ruolo, che si era scelto tutto da solo. E non era nemmeno Theoric l'eunuco,  ma se questa storia doveva finire - doveva - non poteva prendersi più di quello che gli spettava.
Così le aveva detto, con tatto "Avevo capito che volevi parlare, conoscerci meglio... hai cambiato idea?"

Lei era arrossita e si era riallacciata in fretta il grembiule. "Smettiamo un momento, va bene?"

"Va bene. Ti va di fare un giro della casa?"

Erano entrati, e lui aveva goduto delle reazioni di lei - aveva adorato il giardino interno,  peccato che fosse impossibile accedervi.

"Ci sono due meli!” Sembrava una ragazzina. Lo era, in effetti. Le aveva cinto  la vita con il braccio attirandola a sé.

“Come lo vedresti questo giardino?" Lo aveva abbracciato anche lei.

"Dipende, i meli sono stupendi, l'edera pure, c'è tanto spazio per riempirlo di piante." le aveva baciato i capelli, mentre lei snocciolava un lungo elenco di erbe medicinali in ordine di preferenza. 

"E poi?"

"E poi? Dipende... se fosse la casa di un vecchio scapolo? Se questa fosse la casa di una coppia? Perché cambia..."

"Se fosse la casa di una coppia."

"Giovane o anziana?"

"Giovane."

“Bambini”

A quel punto si era irrigidito. Quello era escluso. Avrebbe potuto comprare quella casa, metterci dentro il cucciolo, e piantare erbe di ogni tipo, munite anche del loro cartellino, rifornirla di libri e di barattoli di miele e di noci, e infilarci pure un telaio di quelli coi pesi e matasse di filo colorato, ma i bambini erano esclusi. Un principe, figlio di un Re, non semina in giro figli illegittimi. 


La riunione fu lunga. Loki cercò di spiegare a suo fratello chi fossero quelle persone - gente di buonsenso e di modi tranquilli, vestita in modo informale, come per sottolineare che quella non era una riunione ufficiale, ma un incontro preliminare tra amici.
Wili a volte perdeva la bussola e vagava in labirinti di pensieri e ricordi che sapeva solo lui, ma non era un imbecille. Loki capì che tutto era stato pensato per non mettere a disagio Thor, perché non scattasse, rovesciasse tavoli o sedie, o litigasse con qualche vecchietto fragile, perché, insomma, non facesse la figura del coglione la prima volta che assisteva a qualcosa in vita sua.
Wili poteva anche parlare con lui di Weha a ruota libera, dirgli cose senza senso che lui poteva essere il Mjolnir di Thor, ma alla fine era chiaro che stava dalla parte di Thor, o che ci stava provando con tutto il cuore.

L’idea di Wili era assurda, secondo Loki: il gruppo di Dimenticate era stato ospitato a Palazzo, qualcuna se ne era andata, ma ora stavano crescendo e si poneva il problema di cosa fossero giuridicamente. Erano donne libere? A che Casa appartenevano? Il capo di una Casa era il primo mediatore tra l’esterno ed i suoi membri. Difensore e punitore.
Loki ripensò alla notte di Snorre Ulfson e a Sigyn che gli chiedeva se lei era libera - gli venne da vomitare, se Snorre avesse messo in dubbio lo stato giuridico di Sigyn... lui aveva pagato una moneta d'oro per il privilegio di mollargli un pugno, cosa avrebbe pagato Snorre per il privilegio di scoparsi una thrall del Palazzo di Odino? Sarebbe bastata offrire un guidrigildo e la faccenda sarebbe finita lì.

Furono discussi dei problemi tecnici. C’era ancora tecnologia e qualcuno che la conosceva e conosceva la magia a sufficienza e l’osservatorio di Heimdall funzionava anche con un sistema simile per il riconoscimento. Loki fece una serie di domande - gli sarebbe piaciuto partecipare al progetto. A Thor si chiusero gli occhi e Loki gli diede una gomitata nelle costole, ma in modo discreto - voleva bene a quella specie di pentapalmo e ci teneva anche lui che facesse una buona figura.

Parlarono di problemi giuridici: le Dimenticate erano nate tutte nel Campo degli Elfi Neri. Erano da considerarsi figlie legittime? Illegittime? Avrebbero dovuto chiedere alle persone anziane che erano tornate di rivivere quel periodo di vergogna? Gli Aesir prigionieri non potevano più sentirsi dei veri Aesir.

Se erano legittimi si ponevano dei problemi ereditari. Non erano tante, per fortuna, ma tecnicamente erano tutte orfane. Ci sarebbero stati dei casi difficili su cui decidere.

Odino era abile, ascoltava e poneva le domande in modo corretto, prudente nel rispondere non fece trapelare nulla di cosa stava pensando - Loki lo ammirò sinceramente e lo apprezzò: non era solo furbizia diplomatica, stava anche lasciando liberi questi uomini di sviscerare la questione per lui senza tentare di compiacerlo. Le riunioni della hird gli sarebbero mancate, decise, erano i soli momenti in cui si sentiva davvero figlio di suo padre. Ed erano anche le sole volte in cui gli sembrava che suo padre lo apprezzasse, anche se non glielo diceva mai - ma Odino era fatto così, di poche parole. Non avevano mai parlato della sua presenza alla hird. Nemmeno del buon lavoro che aveva fatto con Fensalir - strano che proprio Wili Pugno nell'Ombra se ne fosse accorto.

Ma suo padre non faceva complimenti su queste cose. Era fatto così. 

Thor fece qualche domanda pratica e chiese che gli venissero spiegate alcune cose a grandi linee, senza entrare nel dettaglio. Loki si stupì dell’ingenuità di alcune affermazioni - si capiva che Thor non aveva mai amministrato nulla e non si era mai dovuto scontrare con i dettagli di un progetto, con i laghmann e con i conti da far tornare. Dagmar la cuoca con cui aveva fissato i termini del loro accordo per la mensa giù al porto, gli parve molto più accorta. Decise che le avrebbe mandato un regalo. Ozioso si chiese se ad ogni cuoca piacessero le poesie d’amore elfiche, o se avrebbe preferito qualcosa di più tangibile.

Poi, ricordando le parole di Wili, si mise a bisbigliare alcune spiegazioni per Thor, comprendendo che suo fratello aveva troppo orgoglio e troppa poca fantasia per fargli le domande giuste.

 

Quando la riunione fu sciolta, i partecipanti sciamarono tutti fuori dalla stanza. Odino passò da Thor e gli strinse il braccio, così come avrebbe fatto per complimentarsi con un Guerriero nell’Arena.

“Bravo figliolo,” lo sentì dire, “So che per te non è stato facile - non ci sei abituato - ma te la sei cavata molto bene. E poi sei così giovane... Sono davvero orgoglioso di te e di come prendi sul serio le cose. Mi farà davvero molto piacere vederti ancora ad un'altra riunione, credimi.”

Loki sentì una punta di gelosia, come una spina di ghiaccio conficcata proprio dentro il cuore.

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Capitolo 37
*** Imparare a Contare ***


Imparare a Contare


Loki entrò nelle stanze di suo fratello e lo trovò nella veranda, nella sua solita vecchia poltrona, con i piedi appoggiati sulla panca che correva tutto intorno sotto le vetrate.
Il fuoco covava sotto le braci - il tepore era piacevole - ed in mano Thor teneva una tazza di tè fumante.

Era vestito solo con una tunica e delle brache, senza la sua solita armatura; i piedi erano nudi ed i capelli, lunghi e biondi, erano ancora umidi per via del bagno.
Gli ricordò il ragazzino che era stato e, senza pensare, Loki gli accarezzò una spalla - c’era stato un tempo in cui loro due avevano dormito insieme spesso, e, molto spesso, Thor era stata la prima persona che aveva visto svegliandosi.

“Tieni” disse con un sorriso gentile, porgendogli un libro sottile ed un quadernetto di appunti dalla copertina nera.

“Cos’è?” chiese Thor aggrottando le sopracciglia.

Loki tese la mano verso suo fratello e la tazza cambiò di mano. “Una breve compendio sulla struttura della nostra società.” rispose Loki calcando la voce sul breve. Poi, dopo aver assaggiato l’infuso, aggiunse: “E’ di uno studioso di quasi una generazione fa. A me piacque molto la prima volta che lo lessi.” Sarebbe bello se piacesse anche a te.

“Ma io ci vivo ad Asgard!,” il sorriso di Thor si era fatto ampio e genuino, “la conosco!”

“Certo che sei proprio un animale!” c’era affetto nella presa in giro, poi Loki sospirò e con cortesia un po’ forzata riprese “Ho aggiunto un elenco dei membri della hird - sono quattro gatti - coi loro ritratti ed alcune spiegazioni sulle aree di cui si sono occupati in passato.” guardò suo fratello per vedere se lo stava seguendo, “E ho fatto lo stesso anche con un paio di membri della Althing.” Erano più di un paio, ma Thor, una volta immerso nella lettura non ci avrebbe fatto caso, suppose. O almeno ci sperò.

Restituì la tazza a suo fratello con un sorriso di approvazione - il tè era dolce, con un leggerissimo retrogusto amaro. Gli fece venire in mente Sigyn, che profumava di erbe appena calpestata e miele, e scacciò subito l’immagine - faceva male

Ci stava provando con tutto il cuore - nessuno lo aveva fatto per lui - Odino non aveva investito tempo ed energie su di loro. Li aveva messi in competizione uno contro l’altro e basta.

“E che ci dovrei fare?” Thor sembrò quasi sul punto di mettersi a ridere. “Non credo proprio che li vedrò tanto spesso.” aggiunse dubbioso, tentando di non essere scortese.

“Nostro Padre mi è sembrato molto orgoglioso di te, la volta scorsa.” disse, con un tono volutamente indifferente - le parole di Odino ancora gli bruciavano. Si Wili aveva ragione, non è necessario “piacere” a tutti, ma cazzo, certe volte gli sembrava di essere proprio l’ultimo degli stronzi. A casa sua per giunta.

Avrebbe voluto raccontare a Thor la faccenda di Theoric, ma non avrebbe capito.

“Ma infatti! Non so di che ti preoccupi!” Thor gli diede una manata sulla coscia con entusiasmo, ”Me la sono cavata benissimo. E guarda, la hird, ho capito che Wili ci tiene, ma non mi è sembrato questo granché!”

“Ah no?” il sorriso forzato di Loki non raggiungeva gli occhi.

“Ma no!” disse Thor con un sorriso orgoglioso che gli illuminava tutto il viso, “Però hai ragione su una cosa: nostro Padre era proprio soddisfatto. Molto più che con te.” la palpebra destra di Loki cominciò a battere da sola, freneticamente. Fu un attimo e subito riprese il controllo, ma Thor non si accorse di nulla e continuò tutto contento “Ci ho pensato e te lo volevo dire: tu sbagli, fai domande strane, ma non è così che si fa. Un Re comanda. E lo fa perché è il migliore!”

“Un Re comanda perché fa prevalere la propria forza su nemici e rivali.” disse Loki alzandosi in piedi e spostandosi nel vano della finestra, cercando di restare indifferente, “Non credi che questa sia una responsabilità? La decisione di un Re non riguarda solo la sua vita personale, ma ricade su quella di molte altre persone e si propaga nel tempo. E’ libertà, ma implica responsabilità non incoscienza. Preveggenza e non l’impulso del momento. E a questo punto non credi che la responsabilità implichi almeno la ricerca della competenza? La forza deve essere a servizio del giudizio.”

Thor alzò gli occhi al cielo “Mi sono perso più o meno verso la terza frase… Credo che quello che ho visto non è per niente come allenarsi nell’Arena, quello si che richiede tempo e fatica e competenza, come dici tu! Se penso a quanto ne hai sprecato tu, appresso a quei vecchietti assurdi, invece di venire a divertirti con noi! E invece… il giudizio, la competenza, la coerenza… E a conti fatti non ne sai poi più di me, dai!” Thor rise. “Ci credo che poi ti irriti con Sif per la coerenza. La coerenza? Ma ti senti quando parli? Lei non ti capisce proprio, non lo fa apposta… guarda che gliel’ho chiesto eh! Tu parli di cose che non capisce nessuno, Loki. E a quel punto pianti il muso e fai il genere di scherzi dispettosi che avresti fatto da ragazzino.”

Loki non replicò nulla - non era vero che Sif non capisse - irritato, gli sembrò che un cavallo stesse galoppando nella sua testa proprio dietro le orecchie, senza riuscire ad andarsene da nessuna parte.

Lo sguardo gli corse alla libreria di suo fratello - non c’era tanta roba, più che altro libri sulle arti marziali. Si chiese se a suo fratello sarebbero piaciute le poesie d’amore degli elfi, così ricche di aggettivi e tumulti interiori - da ragazzino gli leggeva i poemi epici che avrebbe dovuto studiare per conto suo, proprio su quella poltrona, mentre Thor, in terra, si occupava di potenziare i propri addominali-
O forse suo fratello avrebbe preferito gli haiku di certi autori di Midgard, che rendevano una sensazione con poche parole.
Scacciò con fastidio il pensiero di Sigyn a cui piacevano - lo sapeva.

Mise con decisione il libro nelle mani di Thor e gli spiegò con fermezza “Sto cercando di non essere la solita mezza merda, Thor, proprio come ha chiesto Pugno nell’Ombra.”

“Lo so, fratellino, e non sei una mezza merda.” Thor si era alzato anche lui e gli poggiò brevemente la mano sulla spalla, proprio vicino alla nuca, come per rassicurarlo. Poi andò ad appoggiarsi nel vano della finestra, dalla parte opposta rispetto a Loki “Sei solo un po’ strano. Acerbo, forse? Ancora appresso a fare gli scherzi a Sif… lo so che ti piace! E lo sa anche lei!”

Loki sbarrò gli occhi, gli sembrava che qualcuno lo stesse colpendo con Mjolnir proprio sulle tempie, costantemente fuori tempo. E che non avesse nessuna intenzione di smettere.

“Io credo che Wili… beh lui ormai è troppo vecchio per fare il guerriero,” riprese Thor, pensoso, “e così riempie le sue giornate con dei… dettagli. Ma cosa cambia se le Dimenticate stanno qui o lì? E’ indifferente, no?” Thor guardò Loki con occhi apprensivi.

Loki sbuffò “Pensi che per Sigyn sia la stessa cosa?” Dentro di sé rabbrividì - e così Wili aveva voluto cominciare con qualcosa che non fosse astratto per Thor, ma che non lo toccasse come avrebbero fatto le vicende di un suo caro amico - come Sif - perché prestasse attenzione.
I miei complimenti, Wili, pensò, non l’hai nemmeno sfiorato il tuo obiettivo.“Pensi che un Guerriero non si faccia delle domande? Un Guerriero muore per Asgard.”

“Un buon Guerriero verrà sempre ricordato per la sua forza e per la sua capacità in battaglia. L’onore è la cosa più importante della vita, lo sai!” la voce di Thor si era fatta grave, “E’ un privilegio per l’impavido avere l’opportunità di mettere in gioco la vita stessa per gloria ed onore! Il Guerriero pensa a questo! Mica a Sigyn e alle sue amichette! Nemmeno le conosce!”

Loki non disse nulla - anche Sigyn era stata la figlia di qualcuno. Non credeva proprio che un Guerriero con dei bambini non pensasse a chi restava - li aveva sentiti certi discorsi accanto ai fuochi. E Weha, in mezzo a tutto quel casino dell’attacco raccontato da Pugno nell’Ombra, a quanto pare, aveva pensato a proteggere Wili.
E lui era qui a desiderare Mjolnir con tutto il cuore, e, nonostante ciò a dare a suo fratello dei modi per tenerselo quel maledetto martello.

Si può eccellere nell’essere macchine di morte, ma un Ass non riusciva ad essere solo quello, per fortuna. Thor non lo vedeva? Proprio lui così pieno di vita? Ma si tenne il pensiero per sé.

Thor gli riallungò la tazza perché la finisse e Loki, dopo averlo ringraziato con un cenno si mise a studiare, pensoso, il proprio riflesso nel tè.

“Per cui non ti preoccupare troppo per me: io credo che con te nostro zio scherzasse, non mi serve sapere proprio nulla!”

“Forse. Ma alcune di queste sono persone stimate, sai? Se vuoi realizzare un progetto che non puoi sostenere da solo, è importante cercare di capire chi sono le persone con cui potresti allearti”

“Ma io sarò il Re!” Thor rise senza malizia. ”Non ho bisogno di alleati!”

Loki alzò gli occhi al cielo. Lui, Loki, non era un buon diplomatico, doveva ammetterlo: un diplomatico ideale deve saper individuare cosa è l’interesse del proprio mondo - il bene di Asgard - e perseguirlo con tenacia con quello che possiede - mezzi o strutture. Lui questo lo faceva, anche se amava anche farsi allegramente i fatti suoi - ma mai contro Asgard, mai contro Odino. Mai.

Un diplomatico ideale deve sapere cogliere il senso degli avvenimenti. Quello era esperienza, c’era sempre qualcuno che ne sapeva più di te - ma anche tanti che ne sapevano molto meno.

E un diplomatico ideale deve essere in grado di creare rapporti, coltivarli, senza offendere, irritare, chiudere le persone in un angolo, facendosi rispettare.

Lasciamo perdere.

Lui era più un risolutore di problemi, un creatore di cose nuove - sul Porto per esempio, per quanto piccolo, sapeva di avere una sua visione - era uno studioso ed un buon negoziatore. Forse un po’ stronzo, ammise a malincuore, ma almeno ci provava. Aveva imparato sbattendoci la faccia che un buon accordo deve lasciare tutti in parte scontenti.
Quanto al rispetto non ne aveva idea - a Corte poco, gli pareva, pensò con amarezza: sembrava che tutti preferissero i fluenti capelli biondi di suo fratello, il suo fisico possente, e la sua amabilità, tipica di chi non ha un solo pensiero per la testa. Perfino Odino…

C’era margine di miglioramento, insomma, anche parecchio, gli scocciava ammetterlo, ma non poteva negare l’evidenza.

Suo fratello, però accidenti… Loki poggiò la tazza sul davanzale, irritato - suo fratello, a volerla mettere giù in modo semplice, non capiva proprio un cazzo.

“Promettimi che leggerai quel libro.” disse con voce seria, “E’ brevissimo e anche molto chiaro.” Forse non era il libro adatto, troppo ironico, forse avrebbe dovuto trovargli qualcosa di quando erano bambini. Qualcosa di più semplice e dritto allo scopo. Forse dovevano solo leggerselo insieme bevendosi una birra, senza Sif e Fandral tra i coglioni. Per una volta.

Thor lo guardò come se lo stesse compatendo - come se l’imbecille fosse lui, insomma - ma poi annuì. “Va bene, proverò a fargli un occhio. A volte però mi chiedo…” iniziò titubante.

“Cosa?”

“Perché non riesci ad essere come Fandral?”

“Un cretino, intendi?”

Loki se ne uscì in fretta da quella stanza, lasciandosi suo fratello alle spalle, con la vaga idea di andarsene sul tetto di Gladstein e volarsene via libero. Tra poco si sarebbe messo a piovere - aveva voglia di sentire il freddo sulla pelle a lavar via Thor e tutti i suoi discorsi. Si sentiva stanco - c’erano stati altri libri e altre promesse.

Tutti dimenticati.

E su tutto la ciliegina sulla torta: l’ingiustizia peggiore era farti desiderare di essere ciò che non eri. Fandral per esempio. Ma per carità!
O Theoric. Esasperato scacciò il ricordo di Sigyn, così come l’aveva vista nel suo giardino, con gli occhi grandi, azzurri come due laghi sotto il sole bianco d’inverno, che sognava piante di ogni tipo, ma non in ordine alfabetico.
Non avrebbe comprato quella casa, decise, gli piaceva, ma a conti fatti non avrebbe saputo cosa metterci dentro.
Il pensiero, indisciplinato, tornò a Sigyn, a quando gli aveva allacciato le mani intorno alla vita mentre gli parlava, edera intorno ad un albero, con tutta la timidezza del primo amore - non aveva avuto il coraggio di lasciarla. Cioè,Theoric non aveva avuto il coraggio. Ma era arrivato il momento.

Fensalir, la Casa della Regina, andava più che bene come rifugio.

Per lui che a quanto pare non aveva quasi più niente - un padre, un fratello, l’innamorata di un altro.

E pure per una Sigyn in lacrime.




Attraversò con passo svelto il cortile interno ringraziando la punizione di Odino - oggi non gli sarebbe toccata la sua quota di ascolto di petizioni: detestava ascoltare le tragedie della nobiltà minore caduta in disgrazia.
Wili aveva ragione, tanti credevano che nella vita servisse solo combattere e poi un giorno si svegliavano ancora vivi, responsabili di qualcosa, carichi di debiti, e un po’ meno impavidi - ad Asgard nessuno aiutava nessuno.
E poi non voleva incontrare Wili - lo stava scocciando con quella storia del cucciolo da spostare altrove - fosse facile, aveva avuto una fantasia sulla casa coi mosaici verdi, ed un cartello con su scritto Attenti al Lupo. Sigyn doveva trovargli un nome, o avrebbe scelto lui e pace.

“Eccoti qui!”

Si voltò.

Parli del lupo e lo senti ululare. Parli di Pugno nell’Ombra e eccolo che ti inchioda.

Loki alzò gli occhi al cielo, guardando le nuvole gonfie di pioggia e anche quelle gli sembrarono vecchie e sgradevoli, foriere solo di altre scocciature. Poi spostò lo sguardo su Wili, faceva effetto accanto ad Odino sempre perfetto ed imperscrutabile. Il guerriero, tra i due, sembrava suo zio, il consigliere, con quei capelli lunghi fino alle spalle, folti e ribelli come la criniera di un leone.

“Stavamo giusto parlando di te. Ho visto quella bestia giù dietro il magazzino. Spaventa i cavalli. Deve sparire.” lo sguardo di suo padre trasudava la scontentezza anche se la voce non lasciava capire nulla. A beneficio dei cortigiani, pensò con fastidio.

“Non è mio.” si scusò stringendosi nelle spalle - discorso chiuso, cercò di allontanarsi.

“Cazzate” tagliò corto suo zio, e gli piantò in faccia i suoi occhi chiari. “Questo me lo ha già detto quella cosetta che ti sei tirato dietro in montagna.”

“E’ suo, infatti.”

“Perché glielo hai permesso tu.” Wili non alzò la voce, ma il suo sguardo la diceva lunga “Non cercare di prendermi in giro, Loki Odinson, ero al mondo prima di te.”

Odino intervenne con voce grave “Quando quella bestia mostruosa attaccherà il figlio di un jarl nostro amico, o un dignitario in visita, che cosa offrirà la tua piccola amica come guidrigildo?”

"Per il guidrigildo potete venire da me. Credo di avere a sufficienza."

Il tono di Odino si fece ancora più gelido, se possibile “Tu? E cosa possiedi mai tu, che sia tuo? Andrai a chiedere aiuto da tua madre? Sarà Frigga a pagare per te?”

“Di certo non verrei da voi, Padre.” Loki ripensò a quanto gli fosse costata in umiliazione ogni monetina di rame venuta da Odino. Mai più.

“E faresti benissimo.” Odino era esasperato, “Un lupo che difende un altro lupo - sei ingrato come un animale: tutto ciò che hai lo hai avuto per concessione di questa famiglia, cosa possiedi che hai conquistato da solo? Nulla! E' offensivo che tu pensi di pagare con qualcosa che a te non è costata fatica."

Wili alzò gli occhi al cielo, ma non contraddisse suo fratello. Si limitò a lanciare uno sguardo eloquente a Loki, invitandolo a tacere.

“Forse la decisione più corretta sarebbe obbligarti a sopprimere quel mostro, almeno impareresti ad essere più obbediente - il guidrigildo lo pagherai all’ancella, sono certa che non si lamenterà.” disse Odino, gli occhi ridotti a due fessure.

“No.”

“Prego?” lo sguardo di Odino si fece ironico, un sopracciglio alzato e il volto leggermente piegato.

“No Padre.” Loki senti che non ne poteva proprio più.

“No?” la voce di Odino si fece sottilmente minacciosa, come il rombo di un tuono lontano.

Wili, a quel punto intervenne “No perché non sarà necessario: Loki troverà un posto adatto, Del resto non ha un cazzo da fare: il tempo adesso ce l’ha. Io non so perché gli è venuto in mente di prendersi proprio quel cucciolo, non so cosa avesse in mente e non lo voglio sapere, mondo schifoso! Perché a questo punto non importa più.”

Lo sguardo di Odino sembrò mandare scintille.

“Forse Loki ha fatto una stupidaggine, forse quel cucciolo è un mostro, forse uno splendido esemplare che gli sarà fedele tutta la vita, o forse un giorno se ne andrà via nei boschi e pace, noi non lo sappiamo.” Wili era pallido “Ma adesso un bel chi se ne frega ci sta tutto. Perché sono tutte chiacchiere, l’unico fatto certo è che se l’è preso. Non è merda che ha calpestato per sbaglio con lo stivale, se l’è preso per libera scelta. E nel momento in cui se l’è preso, ne è diventato responsabile. Dovrà trovargli un posto. Uno adatto. Uno in cui stia bene.”

I due uomini si fissarono a lungo senza parlare. Poi Odino disse senza nemmeno guardarlo in faccia “Hai una settimana.”

Quando Odino si fu allontanato Wili si voltò Loki “Tu hai fatto due stronzate, anzi tre.” Lo prese per il gomito e se lo portò in un angolo isolato, perché nessuno sentisse, “La prima Fiocco di Neve, è che è sempre una pessima idea mettersi contro il proprio vecchio. Specialmente se il vecchio possiede dei sotterranei ed il potere di sbattertici dentro!”

“E con quale scusa?”

“Scusa? Ah adesso serve una scusa? Fiorellino, ti facevo più sveglio. Il figlio del mugnaio discute con suo padre, tu e la Fatina Bionda vi opponete al Re. Sfumature.”

Loki sbuffò e il volto di Wili cominciò a ricoprirsi di chiazze rosse - gran brutto segno. “Le altre due stronzate sono quel cucciolo e l’ibrido. Perché li hai voluti non lo so, non è che le montagne pullulino di mezzosangue e di bastardi, ti sei dovuto pure sforzare mi sa tanto. Bello sforzo.”

“L’ibrido sta addestrando il cucciolo.”

Wili lo guardò sbuffando “Tu credi che io sia esagerato, lo ha creduto pure la piccoletta, ma tu non ti sei riportato a casa un mezz’elfo e un gatto dei Vanhir, più grosso di un uomo. Con tutta Asgard a disposizione, tu ti sei cercato un brandello di Jotunheimr, cazzo!” Si passò una mano sulla fronte scoraggiato.

“Non l’ho cercato, l’abbiamo trovato nel bosco, destinato a morire. Tutto qua.”

Wili spalancò gli occhi e lo guardò stranamente. “E’ pure peggio. Lascia perdere Loki, tu non capisci, tu non hai visto, tu non c’eri. Asgard non è ancora pronta. Eravamo immersi nel loro sangue fino alle ginocchia e siamo andati tutti oltre. Mondo schifoso!”

“Oltre?”

“Oltre quello che è accettabile, svegliati! Un Guerriero ama la guerra, ma, lo diceva spesso Weha, ad un certo punto le guerre finiscono e i nemici diventano i vicini di casa. Odino non è nato saggio, che ti credi? Pochissimi nascono saggi, la maggior parte di noi nasce come è, vale poco ed è fatta male! Odino è diventato saggio. Con Jotunheimr. E ci sono cose… ogni uomo ha le sue cose segrete, un giorno lo capirai. Con quella scelta di un animaletto da compagnia tu gli stai dando un dolore enorme. E non solo!” Wili si fermò e poi sussurrò “Si sta preoccupando!”

“Guarda che lo posso pagare il guidrigildo.”

Per un attimo gli parve che Wili stese per colpirlo. “Ah questa è la stronzata numero quattro, me l’ero quasi scordata...“ sibilà Wili fissandolo con quei suoi occhi azzurri inquietanti, il volto che non lasciava trapelare nulla. “Non è tuo l’animale. Lo hai detto tu stesso.”

“Ma pagherei volentieri.”

“Ci mancherebbe, Ventinverso. Ma non è a te che presenterebbero il conto.”




Loki prese Gissa per il polso e se la portò nel magazzino dei filati.
La parole di Wili ancora gli bruciavano.

Afferrò la mano della donna e la fece scivolare verso il basso, senza tanta poesia, dentro le brache appena allentate.
Wili gli aveva detto di non avercela con lui perché lui Loki era come era - vecchio pazzo - e poi non era così male.

Sentì le mani di Gissa che cercavano impazienti il giusto ritmo bollenti contro la sua pelle. Il gemito fu spontaneo - Gissa era brava in quello che le piaceva.
Wili aveva detto che lui aveva messo il benessere di Asgard prima del suo e subito prima di quello di Weha, che però non chiedeva mai niente. E dopo, solo dopo ci aveva messo quello di Odino.

Le circondò la vita e la attirò contro di sé. Fu gentile mentre con le mani la esplorava sotto il vestito - tra di loro c’era solo sesso, ma era del buon sesso - fu felice si scoprirla umida. Aveva fame.

Poi Pugno nell’Ombra aveva detto che tutto questo era successo molto tempo prima e che ora non poteva più cambiare, che ormai aveva preso le sue decisioni.

Gissa trovò un suo equilibrio, tra i sacchi di filati e lui la seguì. Gli sembrò che l’unico modo di far defluire la rabbia, come fosse vapore da una valvola, passasse tra le cosce di lei.

“Tu vuoi essere alla pari con Thor ed è quello che ti fotte. Dimenticati di Thor, fottitene Loki.”

Era dentro di lei, avvolto dal suo calore, la aiutò con le dita a raggiungerlo. Aveva troppa fame per aspettarla.
Poi Wili gli aveva detto che avrebbe tagliato la gola al lupo quando lo aveva visto la prima volta, ma che era contento di non averlo fatto, lo capiva questo Loki?
No, che non lo capiva, cazzo! E poi Thor diceva che era lui l’incomprensibile della famiglia!

Si spostò con i fianchi fino a che non la sentì irrigidirsi e riconobbe i primi segni del piacere di lei. Chiuse gli occhi e pensò ad un altro viso, coi capelli di un altro colore - gli fece male. Lei adesso pensava a Theoric. Forse.
Tra mesi non ci avrebbe più pensato. Forse.
Mai.
Perché raccontarsi balle? La risposta era mai. Ed era giusto così.
Alla fine era andato dal suo laghman e gli aveva detto di comprare la casa, fissando un tetto massimo. A casa sua poteva fare come gli pareva e questo non aveva prezzo, ma un prezzo andava fissato. La cuccia più costosa sul mercato per un lupo nemmeno purosangue. Il rifugio di un bastardo.

Fu a quel punto che tutti i due sentirono i passi che si stavano avvicinando - ancelle di sua madre, di sicuro, chi altro sarebbe venuto lì, se non qualche amante indisciplinato - avrebbe dovuto seguire il suo primo istinto, di andare sul tetto di Gladstein e dimenticarseli tutti. Si staccarono uno dall’altra in fretta, gli occhi ancora grandi per il desiderio, la fame sulle labbra, i vestiti non più inappuntabili, l'odore salato del sesso sulle dita.

Le ragazze entrarono e si fermarono sorprese sulla soglia.


Di tutte proprio lei, pensò Loki rassegnato. La stronzata numero cinque.

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Capitolo 38
*** Fiori d'inverno e brina ***


Fiori d'inverno e brina

Stasera era la sera.

Theoric non diceva parole d’amore - era un sempliciotto di montagna, che cazzo ne sapeva che c’erano parole e parole? - mentre Loki non ne capiva l’utilità. Un paio, sempre le stesse, costavano meno di niente e facevano contenti tutti perché ognuno sente solo quello che vuole sentire, e vede solo quello che vuole vedere. Per lo più.
Accendi una candela sotto delle stelle sbiadite e quelli vedono un incendio che divampa. Inganno lo chiamano, menzogna, ma fanno tutto da soli.

Affetto sono le cose che fai e per chi le fai. Che non sempre ti piacciono.


Stasera era la sera.

Se la luna della loro prima sera fosse stata un gomitolo di fibre da tessitore, di quelle lucenti di sua madre, ora si sarebbe già srotolata tutta, da quel bacio mancato, passando per tutti quelli che si erano scambiati, dirottando la notte ai loro piedi. 
Era arrivato il momento di rimettere a posto i giocattoli e riportare Sigyn al sicuro in Biblioteca. 
Era venuto il momento di salutare. 
Era l’ora, insomma, che Theoric si levasse una buona volta dai coglioni e se ne andasse a fare quello che di solito fanno i sogni: svanire senza lasciare cicatrici.


Stasera era la sera.

Meno poesia e più fatti.

 

Non seppe perché finirono per parlare proprio di quello, forse l’aveva presa un po’ alla larga, ci teneva che lei capisse che era una questione di progetti, non di desiderio - Theoric la desiderava eccome.
E non solo su una panchina nascosta tra le piante di un mercato o nel giardino della casa di un altro - Asgard aveva posti per amanti di ogni età e di ogni tipo e Theoric, una volta trovato quello giusto, ce l’avrebbe portata con le mani che gli tremavano - era un sempliciotto.
Theoric, sulle labbra di lei, ritrovava il sapore del vino invecchiato degli Elfi.

Non glielo poteva assolutamente dire, ma non l’avrebbe mai presa in giro per quei baci un po’ meno inesperti al Mercato dei Fiori, né come Theoric, né come Loki. Non c’era stata menzogna, l’unica illusione era stato Theoric, un dettaglio, solo un dettaglio.
Un dettaglio irrilevante per una ragazza che baciava ad occhi chiusi.
Ma le persone non accettavano di scandagliare se stesse e prendere atto di quanto desiderio, quanto sano istinto, quanta amicizia e quanta illusione c'erano in molte delle faccende che si facevano per forza in due - volevano per forza metterci su l'etichetta generica amore - meglio lasciar perdere.

Così parlò di progetti e alla fine andarono a sbattere contro quello.

Improvvisamente vide il suo visetto accartocciarsi proprio sotto i suoi occhi prendendolo alla sprovvista. Qualcosa oltre il semplice male ed il complicato peggio.

Freya.

Non Gissa, ma Freya?

Gissa lo avrebbe anche capito, lì tra i gomitoli erano stati davvero imbarazzanti, anche se, onestamente, il sesso era una gran cosa, perché mai uno avrebbe dovuto vergognarsi di apprezzarlo? A suo fratello ed ai suoi amici piaceva agitare una spada nell’Arena, a lui qualcos’altro. E quello che a lui piaceva fare non lo teneva nascosto.
Ma anche questo, lo aveva imparato da tempo, era uno di quei discorsi complicati e non per tutti - vedi Sif, una fra tante.
E comunque non era Theoric che si era rotolato tra i sacri gomitoli di Lady Frigga - Gissa era fuori questione, quindi.

Ma Freya...  

“Cosa è successo?” Allargò le braccia, ma si fermò a metà, impacciato - stasera era la sera per chiudere, non per abbracciare. 
Per le Norne, cosa era successo?

E così il mondo di Sigyn un giorno era diventato più buio e più freddo per via di un esame andato male tanto tempo prima. 
Era un motivo sciocco, avrebbe ritentato. Era solo uno stupido esame accidenti.

Allargò le braccia e lasciò che lei gli si stringesse addosso, una sensazione che già conosceva. Gli spiacque - un eufemismo, gli dava proprio fastidio, ma fastidio fastidio - lo irritò pensare che stesse abbracciando Theoric e non lui. Che non fosse venuta da lui a parlare chiaramente di quello che voleva. 
Possibile poi che Sigyn credesse che Theoric sarebbe rimasto ancora a lungo nella sua vita?
Doveva dirglielo. 
Theoric doveva dirglielo che aveva altri progetti, allevare capre, scalare montagne, farsi crescere i capelli, trovare Passaggi verso altri Reami, visitare gli Jotnar. Lasciarla.

“Loki lo sa? che ci tieni così tanto?”

“Certo!” lo guardò sgranando gli occhi.

“Ma gliene hai parlato?” No che non lo sa, Sigyn, se lo avesse saputo che era così importante… credimi.

“Si, gliel’ho chiesto, di rifarlo, ma pensa che io non sia pronta.”

Il giovane sospirò “E sei pronta?” Andiamo dritti al punto, per piacere.

Sigyn arrossì imbarazzata. “Forse no.” Ah ecco. Vedi che lo sai da te come stanno le cose.

“Fai i capricci?” C’era un limite dettato dalla ragionevolezza, cazzo, se non era pronta non era pronta. Come Thor - gli venne da sbuffare e si trattenne - solo che Thor era lontanissimo dall’essere pronto, Thor sembrava non avere neanche un problema per la testa, ma di sicuro almeno uno ce l’aveva, quello della mancanza di sottigliezza. Altro eufemismo. 
No, la sottigliezza non era un problema, rifletté mentre la accarezzava la nuca, si poteva anche essere molto diretti nella vita. Non troppo diretti, magari. E anche un po’ ottusi.
Il problema era la pazienza. E la perseveranza. 
E la capacità di attribuire un significato alle cose.

Lei, per lo meno, al suo obiettivo c’era vicina. Un po’ di pazienza no? Insistere con l’impegno? Dove diavolo aveva fretta di andare?

“Penso di averlo deluso.” Sigyn era stretta tra le sue braccia, ma aveva sollevato il viso verso di lui, segno che lo stava ascoltando. L’imbarazzo evidente, intanto, le dilagava sulla pelle annegando la spruzzata di lentiggini proprio lì a cavallo di quel nasino impertinente.

“No, tesoro, non lo deludi, credimi. Mai.”

Non la baciò. Si limitò a lasciarla sfogare, giocherellando con i suoi capelli - a quanto pare era così che si faceva - mentre se ne stavano tutti e due seduti sul bordo della fontana della piazza del Mercato.


Quando arrivò il momento di andarsene glielo chiese - stava così male a Fensalir?

Sigyn era leale. 
Fensalir era splendida e se aveva una istruzione, un lavoro divertente, discorsi interessanti da ascoltare, tempo libero per sé, era grazie a Lady Frigga. Se Lady Frigga non avesse voluto che lei andasse ad ascoltare i discorsi della Althing glielo avrebbe impedito. Se avesse voluto che non studiasse con Loki le avrebbe trovato tante di quelle cose da fare da non lasciarle nemmeno il tempo di respirare. E avrebbe potuto non farla tessere, che era una cosa che le piaceva ed in cui era brava, ma cederla come ancella ad una sua dama.
Non era stupida Sigyn. Ma questo lui, di lei, non lo aveva mai pensato.

“Vai alle riunioni della Althing?” La risposta la sapeva e non gli piaceva.

“Si”

“Con chi?”

“Mi sarebbe piaciuto se almeno una volta ci fosse venuto il principe Loki.” non aveva risposto, un tasso prudente. 
Theoric era un tipo molto paziente, bisognava dargliene atto - il sempliciotto poteva anche baciarsela, un punto per lui, ma era Loki la superstar per la piccola.

“Il Principe Loki va già ad assistere alle riunioni della hird - non sarebbe corretto.” le spiegò con calma. Però adesso il Principe Loki aveva il divieto di interessarsi della politica di palazzo, si sarebbe annoiato e un uomo aveva pur il diritto di tenersi informato su cosa succedeva in città.

“Infatti non dovrebbe andarci sempre, ma una volta ogni tanto sarebbe giusto. Nella hird ci sono i jarl più vicini al Re, scelti dal Re in persona.”

“E questo è un male? Se guardo i tuoi occhi mi viene da dire di si... Odino sceglie male?” la stava prendendo in giro, ma sena cattiveria.

“Non ho detto questo! Però se si sentono sempre le stesse cose...”

“Si chiama intrusione, la lunga mano del Re che scende ad ammutolire la Althing.”

“Non è necessario che ci vada bardato da cerimonia.” la vocetta risuonò vagamente sdegnosa e Loki si chiese, pigramente, cosa pensasse davvero del suo elmo - a lui quelle corna piacevano, indicavano che aveva abbracciato il seidhr senza mezze misure.

“Vestito in alta uniforme, o vestito da tutti i giorni, il Principe Loki è sempre, per prima cosa, il figlio di Odino. E Odino, nella sua infinita saggezza, detta le regole, scrive le leggi, decide sulla loro esecuzione, stabilisce le punizioni, se vuole infrange le sue stesse parole e fa anche il giudice, se occorre. Il suo titolo è Padre di Tutti. Vorresti il figlio di un uomo con tutto questo potere in una assemblea di uomini che si credono liberi? Saresti certo che ascolterebbe e basta e non riferirebbe nulla di delicato con malignità o per ingenuità?”

“Credi che non ci siano persone di Odino che già lo fanno? Che riferiscono, intendo.”

“Penso proprio di si.” rise nel dirlo, ne era certo, anche Fensalir pagava per sapere, figuriamoci Gladstein, che era il centro delle decisioni, “Odino è saggio e non lascia troppo al caso.”

“Ascolta Theoric, nessuno governa da solo. E la Althing non deve essere necessariamente in contrapposizione con il Re - lo scopo è unire, non dividere.”

“Tanto non ce l’ha il potere di dividere. I suoi membri… per piacere! Chi gli darebbe retta?” Non era vero, non completamente, aveva dato a quel testone di suo fratello un elenco di quelli più interessanti. Aveva aiutato suo fratello a batterlo e quello nemmeno se ne era reso conto, come è che aveva detto? che non gli serviva conoscere i nomi perché tanto non ci sarebbe uscito insieme... veniva voglia di colpirlo. La sua testa non andava oltre una bevuta tra amici! E Odino che gli aveva fatto pure i suoi complimenti!
Improvvisamente si rabbuiò.

Lei lo guardò stranamente “Quindi ci sei stato, qualche volta? Andavi ad ascoltare la Thing a casa tua?”

“No, non mi interessa per niente. Sono certo che ogni disputa sia sempre… adesso non dico irrilevante, ma… non fondamentale. Molto meno che fondamentale. E che spesso l’opposizione a qualcosa sia solo artificiale, una specie di balletto rituale di cui tutti conoscono i passi, e di cui accettano le regole non scritte.”

“E allora, se non è niente di importante, potrebbe andarci anche lui, in fondo non è Re, quindi non è diverso da tutti gli altri sudditi...” arrossì e lo guardò incerta, mentre lui rideva “Sigyn ti prego,” le disse, accarezzandole la schiena, “basta. Il Principe Loki non è diverso dagli altri sudditi? Non mi pare che sia esattamente uguale ad un mendicante. Sbaglio?”

Lei lo guardò a lungo e poi mormorò “Nessuno mette in discussione il principio che il Re debba fare il Re, ma altre voci vanno per lo meno ascoltate. Non so se lo sai, ma le leggi di Odino vanno registrate dai laghman della Althing prime di essere trasmesse a tutta Asgard per essere applicate. Possono essere non dico riscritte, quello no, ma se ne possono proporre delle modifiche in modo che non infrangano leggi già esistenti senza volere, o quando vanno corrette laddove siano contrarie a quello che la nostra società considera giusto in modo astratto, ragionevole e anche… virtuoso.” Theoric sogghignò, ma Sigyn proseguì imperterrita, “E riproposte al Re. Spesso è un balletto inutile, hai ragione, ma non è poco.”

“Direi che è un modo subdolo di volersi opporre al potere di un Re che ha tutti i poteri. Un gruppo di uomini anziani e manipolatori che tentano con trucchetti obliqui di forzare la mano a chi non li vuole ascoltare.”

“Anche” sospirò Sigyn, “Ma perché voler vedere solo i difetti?”

“Tu pensi che il Principe Loki in quanto futuro Re...”

“Questo non lo credo.” lei lo interruppe in fretta.

“In quanto futuro bocciato all’esame da Re, allora? In quanto indegno.” A volte lei era proprio irritante.

Lei sobbalzò irritata “Non credo nemmeno questo.”

“E’ una gara Sigyn, che prevede un solo vincitore.” la rimbeccò lui con cortesia, “E, anche se ci fosse un premio per il secondo posto, chi partecipa non è interessato.”

“Non dovrebbe essere una gara, dovrebbe essere una decisione presa quando sarà il momento in base alla situazione.”

“E presa da chi a dar retta a te? Da un branco di vecchi pazzi che vivono nel rimpianto dei tempi che furono. Tempi splendidi nei loro ricordi perché erano belli anche loro, e scopavano tutte le notti e reggevano il liquore invecchiato degli Elfi e che confondono la Althing con la giovinezza?”

Sigyn sorrise e non disse nulla e Loki riprese, “Ho capito benissimo che tu pensi che ogni tanto un membro della famiglia reale si dovrebbe presentare alla Althing ed ascoltare cosa viene detto, prima che si faccia avanti Odino per dare una spintarella non tanto discreta, ai suoi membri ribelli.”

“Esatto.”

“Però così darebbe indirettamente un valore a queste opinioni di gente sediziosa, che non interessa quasi a nessuno.” il che incidentalmente indicava uno dei - tanti - motivi per cui suo fratello piaceva a tutti: non si interessava di nulla e non ero lo stronzo di turno per nessuno. Troppo facile. "Loki è figlio di suo padre e tutto quello che fa può avere conseguenze che vanno oltre la sfera personale. Sono pochi i luoghi e gli ambiti in cui può fare davvero come gli pare. Sono sicuro che si ritaglia i suoi spazi e che lì fa esattamente come gli pare, ma sono altrettanto certo che sa bene che ci sono cose che non gli capiteranno mai, cose normalissime per gli altri uomini, e che sta molto attento a non indebolire il potere di Odino pubblicamente. Tu stimi la Althing, la sua tradizione, non il suo presente, ma se vai lungo questa strada così tradizionale finirai per chiedere di togliere potere al Re. Ed il Re di questo non sarebbe affatto contento." Odino non era nemmeno abituato al dissenso in famiglia, figuriamoci ad un dissenso politico!

“Anche, e non sarebbe sbagliato. Ma non è solo una questione di chi comanda su cosa. E comunque una volta certe cose interessavano a tutti. Prima della guerra su Jotunheimr, quando si decise che la necessità non segue la legge - erano parole del padre di Odino e sono state quelle di Odino stesso. Fu con la guerra che vennero sospesi alcuni privilegi.”

“Ma per piacere!” sorrise, con cortesia - la rispettava - poi sospirò “Portacelo tu. In incognito. Il Principe.”

Sigyn alzò gli occhi al cielo e non disse nulla. Ma gli poggiò la testa contro la spalla. "Tu ci verresti?"

"No, Sigyn, perché non mi interessa." ma le baciò la tempia con delicatezza. Ancora un giorno pensò, che male poteva fare? Ancora uno prima che Theoric la lasciasse per sempre. 


Quando si salutarono, lei gli sussurrò “Tu sei molto buono.” Il bacio fu delicato, a fior di labbra, poteva sentire contro la guancia le ciglia di Sigyn che tremavano. “Io… io so che mi ascolti e lo apprezzo...” lo abbracciò “Non mi importa che tu mi dia ragione. A volte diventi... diverso... non te lo so spiegare, è come se ti conoscessi da molto tempo, non mi era mai capitato.” aggiunse pensosa. “Mai.”
Spassionatamente Loki pensò che era così perché Theoric non esisteva. Lo riempiva lei di qualità che assolutamente non poteva affatto avere.

“Volevo darti questo.” la voce di Sigyn era densa di timidezza mentre dalla bisaccia gli porgeva un fiore.

Loki vide il brillio argentato del seidhr tra i petali bianchi e la scrutò incuriosito.

“E’ un fiore, è del giardino di Lady Frigga, un fiore invernale, ed è stato modificato con il seidhr.” Era timida, ma si capiva che era orgogliosa di quello che aveva realizzato “Non ti proteggerà da un pentapalmo e non ti guarirà da nessuna malattia, temo” lui la guardò interrogativo. “E’ solo come un piccolo specchio...”

“Cosa riflette?”

“Qualcosa di me.” Sigyn era diventata scarlatta. “Uno specchio non mente, nel bene e nel male. Non rende le cose più belle e non le nasconde anche quando imbarazzano...”

“Sigyn, cosa riflette esattamente di te?” Loki cercò di non essere duro. Aveva fatto anche lui la sua bella parte di pirotecniche corbellerie nella vita, ed ora aveva una gran paura che questa di Sigyn le avrebbe battute tutte.

“L’affetto.” lo disse in un soffio senza guardarlo.

“Oh” per fortuna non aveva detto amore. Non era saggio condividere con un estraneo uno dei più sacri segreti della propria vita privata - i nomi di quelli la cui incolumità ci è cara.

Fu a quel punto che Loki decise che Theoric, per essere uno che non esisteva, occupava un po’ troppo spazio.
 


 

Le tese il fermaglio e brusco la informò “Hai un invito per una festa ufficiale.”

Lei lo guardò sgranando gli occhi azzurri. Stava pasticciando con delle erbe, rilevò Loki, era da quando erano tornati, in pratica, che stava distillando qualcosa, ma non ne voleva parlare. E lui non avrebbe chiesto - non ne parlava nemmeno con Theoric.

“Il figlio del vecchio ambasciatore su Jotunheimr.” le spiegò Loki.

“L’uomo dell’Arena?” chiese la ragazza con un sorriso.

Non era stupida - non dovevi spiegarle ogni passaggio, riusciva da sola a collegare i punti tra il non detto. Altro motivo per liberarsi di Theoric. Loki annuì.

“Sto comprando qualcosa da lui, vieni anche tu, così gli puoi rispondergli di persona.”

“Lady Frigga?” percepì chiaramente il nervosismo di Sigyn.

“Gliel’ho già chiesto.” cercò di essere paziente, ma Sigyn avrebbe dovuto saperlo che non avrebbe mai offeso sua madre - forse l’avrebbe irritata, o sfidata, ma mai offesa. Perché le voleva bene.
Se Frigga non avesse voluto la presenza di Sigyn a quella festa, quel fermaglio sarebbe finito in qualche cassetto per poi saltar fuori solo più tardi, a cose fatte. “Vieni allora?”

“Si.”

“Bene, allora sbrigati.”

Uscì dalla stanza in fretta, senza nemmeno controllare che lei lo stesse seguendo.

Aveva osservato il fiore di Sigyn, quella mattina, il seidhr sembrava brina sui bordi dei petali. Andava messo nell'acqua, perché non morisse, ma il lavoro era stato fatto con cura, le volute di seidhr erano eleganti, come un labirinto. Davvero un buon lavoro - qualcosa su cui lui non avrebbe mai sprecato il suo tempo, le illusioni erano illusioni, la realtà era la realtà - ma ciò non toglieva nulla al fatto che fosse un buon lavoro.
Lo aveva riposto dietro la fila di libri sulla mensola proprio sopra la sua scrivania - avrebbe preso la luce e nessuno lo avrebbe notato.

La piccola aveva lavorato bene sul serio, ma quella quieta opalescenza argentata, quella traccia dell'affetto di quella sciocchina di Sigyn per un fantasma, lo irritava da morire. Aveva pensato di distruggere il fiore - era un fiore, alla fine, non un manufatto magico, era vivo e quindi poteva morire - ma non era riuscito a decidersi.




“Ma cosa facciamo qui?” Sigyn era perplessa - erano scivolati per le vie della città vecchia fino ad una zona verso il fiume, non esattamente malfamata, ma nemmeno ricca.

“Ti cerchiamo un vestito.”

Sigyn si fermò di colpo “Cosa hanno i miei che non vanno?” chiese scontrosa.

“Facciamo prima a dire cosa hanno che va.” Non vanno nemmeno bene per pomiciare, piccola. Theoric avrebbe dovuto fartelo notare, in quel giardino.

Sigyn stette zitta, piantata in mezzo alla strada come un animaletto diffidente. Poi lo guardò da sotto in sù ”Non voglio somigliare ad una thrall.”

“Mi sono già accordato sul prezzo, per quello che voglio comprare, e sulla data della firma.” La vide arrossire - ben le stava. Quell'uomo avrebbe potuto essere suo padre, se non addrittura suo nonno - a occhio e croce era più vecchio di Wili - e lui non l'avrebbe mai data in pasto a qualcuno solo per abbassare il prezzo di una casa. ”Se non vuoi essere trattata come una thrall, comincia a non pensare come una thrall."

Poté percepirne l'umiliazione e gli spiacque - in fondo era vero che la stava usando: la portava con sé perché voleva parlare dei Passaggi con quell'uomo e quell'uomo, con Sigyn presente, sarebbe stato più malleabile. Ma il sesso non c'entrava nulla - era sicuro che al vecchio lei fosse simpatica come appunto una nipote che si affaccia alla vita.
"Qui possiamo trovare qualcosa di carino da far cucire in fretta per te," le spiegò con pazienza, "Useremo le stoffe del magazzino di Fensalir che appartengono a me, ed eviteremo di far spettegolare le ancelle di Lady Frigga."

"Ma questo posto...”

"Servono le compagnie teatrali...”

"Mio Signore...” esclamò Sigyn spalancando gli occhi.

Loki sospirò del suo imbarazzo, Theoric salutandola se la sarebbe dovuta portare a letto - è più facile per chi viene dopo soddisfare una donna scopata male, piuttosto che una piena di illusioni su un amante perfetto che di fatto non era andato oltre qualche carezza. "Non ha senso vestirti come una Lady della Corte - non lo sei e lo sanno benissimo i tuoi ospiti e quasi tutti gli invitati, lo sai anche tu e non saresti a tuo agio. Vuoi provare ad essere quella che non sei? Per quanto ti potrai sforzare, non lo accetteranno.”

"Ma una compagnia teatrale...” Sigyn era scarlatta.

"Ho detto che non sei una Lady, non sei anche altre cose, non sei una buona arciera, non sei una guerriera... e non sei nemmeno una ancella che deve accontentarsi di vestiti di seconda mano che non sono stati pensati per lei e per quello che vuole fare."

Sigyn sobbalzò.

"Tu sei anche molte altre cose. Sei una che da bambina veniva portata alla Thing, una Dimenticata che non deve rispondere a nessuno, una persona libera che non possiede niente a parte un lupo senza nome, una privilegiata che ha il dono del seidhr, una praticante che vuole studiare addirittura con Freya, una cercatrice d'erbe, una studiosa, una appassionata di stoffe, ed una ragazza che legge le poesie d'amore degli Elfi.” la vide abbassare gli occhi da colpevole e Loki sogghignò divertito "Hai chiesto a Thrain delle poesie degli Jotnar..." scosse la testa divertito, "Jotunheimr e poesia... Come dire Volstagg ed erbe cotte al vapore... non ho parole...".

"Ma una compagnia teatrale...” Sigyn era un po' meno scarlatta, ma sempre incerta.

"Ha più fantasia.” tagliò corto Loki. "Sa cosa è una illusione, in fondo le illusioni sono solo le nostre idee più generose, sa cosa è una maschera e sa che a volte le maschere servono solo per poter essere sinceri, come fai tu con le tue favole, e sa cosa vuol dire sentirsi liberi. E, cosa più importante, sa mettere tutto questo in una cosa semplice come un vestito. Dai, piccola, andiamo a divertirci?"

La ragazza lo guardò con aria seria, poi le scappò un sorriso impertinente "Fenrir." disse.

"Fenrir chi?"

"Il cucciolo. Non è senza nome..." lei lo guardò un pochino intimidita "Si chiama Fenrir."

"Bel nome." disse Loki, con aria serissima "Ma lui, il cucciolo, lo sa?"

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Capitolo 39
*** Cose che si dicono ***


Cose che si dicono

Loki la osservò mentre si guardava allo specchio incerta, le stoffe drappeggiate sopra i suoi vestiti e contro la pelle del viso - le sarte intanto cicalavano senza requie, ma nessuno le stava ascoltando.

Si ricordò di quando aveva deciso di invitarla al suo primo ballo importante: aveva pensato che Sigyn non aveva una madre che le insegnasse a vedersi bella ritrovando dentro di sé le cose amate in chi la amava.
Lui aveva avuto Frigga che gli aveva insegnato a combattere nel modo che a loro due veniva meglio - una serie di gesti fluidi concatenati, il cui scopo era muoversi, colpire, evitare, senza fermarsi, un movimento che scivolava dentro l’altro, versatile ed imprevedibile, che finiva per dettare il ritmo del combattimento.
Se con Tyr aveva imparato ad incassare senza far capire quanto gli bruciasse - nessun danno permanente solo grazie a Lady Eir - con sua madre aveva imparato che poteva vincere, che c’erano altri come lui, che non possedevano la forza dirompente di Thor, e che comunque vincevano, nel modo che era loro per natura. Che era una cosa, insomma, che poteva succedere.

D’impulso si avvicinò a Sigyn e cercò di spiegarle cosa le sarebbe stato bene e perché, sciogliendole i capelli, scuri e lucidi e ammirandone le sfumature, che gli ricordavano ogni volta il guscio delle castagne. Solo i bambini, qualunque fosse il colore dei loro capelli, avevano quel privilegio della non uniformità, mentre tra gli adulti pochi, pochissimi - era bello, come avere la prova di conservare ancora qualcosa dell’infanzia. Magia, curiosità, innocenza.

La vide abbassare lo sguardo, il rossore che le lambiva le guance e pensò che era colpa delle parole velenose di Sif, che poi alla fine erano state le sue. Ma lui non aveva mai pensato che il sesso fosse in una relazione esclusiva con l’affetto. Mai.

Invidiò un pochino Theoric con il suo animo semplice. E la sua libertà.

La capo-sarta, una donna alta ed imperiosa consegnò Sigyn a due ragazze più giovani, che se la portarono via per misurarla come fosse uno strano pacchetto.

“Mi ha fatto molto piacere quando mi avete chiesto un appuntamento, Vostra Altezza Reale.”

“E a me ha fatto molto piacere che abbiate trovate del tempo per me con così poco preavviso, Mia Signora.”

La donna lo stava studiando e lui la lasciò fare. Come ogni altra volta.
Sorrise tra sé, infilandosi le mani in tasca, rilassato. Gli piaceva quella stanza del laboratorio, con la sua confusione e l’evidente creatività. Osservò con occhio critico la scaffalatura che andava da parete a parete, con i rotoli di stoffa e le bobine di filo, disposti disordinatamente eppure secondo sfumatura - ordine e caos. E lo incuriosivano i campioni di stoffa appuntati sopra dei disegni a carboncino.
Frigga si sarebbe divertita.

La donna lo invitò a sedersi su un divanetto. Portava i capelli grigi lunghi fino alle spalle trattenuti in parte da un fermaglio vistoso, e sfoggiava un paio di penetranti occhi chiari sotto due sopracciglia importanti - aveva indubbiamente una buona dose di carisma e questo le doveva essere servito quando era stata un’attrice.

Una ragazza arrivò di corsa con un vassoio con il tè e di corsa scomparve, lasciandoli soli.

“Cosa devono vedere quando la guarderanno, Vostra Altezza Reale?” Andò dritta al punto, mentre gli versava il tè con modi impeccabili, più Lady di una Lady.

“Non la mia amante - non lo è.” Questo doveva essere chiaro. “E non è una Lady. Mia Signora.”

“Una guerriera?” gli occhi della donna brillavano divertiti mentre con studiata cortesia gli porgeva una tazza di tè - le chiacchiere su cosa era successo all’Arena dovevano essere arrivate fin lì.

“Non di quelle che vincono.”

La donna fece un breve cenno con il capo “Credo di averlo sentito dire in giro.”

“Una donna o una ragazzina?” insistette con aria professionale.

“Non è una ragazzina.”

“E’ dolce? E’ tenera? Obbediente?”

Loki corrugò la fronte e sorseggiò in silenzio il suo tè - bella domanda. Come era Sigyn quando lui non la guardava?
Sigyn era rispettosa con tutti - era una ancella del resto, e le ancelle scortesi non duravano a lungo. Con Sif, però, nell’Arena, era stata, non impertinente, ma nemmeno… acquiescente, e, dopo, aveva cercato di metterla in guardia, perché non giocasse contro la magia di Loki. Si era messa contro di lui, insomma - sapeva che lei gli voleva bene, ma non lo vedeva come Re. E sospettava che se Frigga le avesse detto di non vedere più Theoric, lei non avrebbe obbedito - motivo per cui doveva essere lui a lasciarla. Forse aveva ragione Wili sulle Dimenticate.

Tu pensi che io sia una bambina? aveva chiesto, irritata, in quel giardino.

“A un uomo piace pensare che la ragazza che sta corteggiando non sia troppo indipendente.” Theoric si era scusato per qualche frase infelice che a Loki sarebbe stata perdonata.

“Alla pari ti andrebbe bene?”

Aveva trattenuto un commento sarcastico a stento. Nessuno era alla pari con un Principe della Casa dei Borson.
Solo che lei non stava parlando a Loki.

Non le aveva risposto, quella volta. Nemmeno Frigga era alla pari di Odino.

Ma lui osservava una coppia da un punto di vista in cui troppo era mescolato: il potere personale era minimo rispetto a quello pubblico, ed i privilegi portavano con sé dei doveri. Capiva che sua madre dovesse stare pubblicamente un passo indietro rispetto a suo padre così come lui doveva rispettare gli amici di Thor per via di Thor. Perché erano stati scelti da un Principe, che, solo incidentalmente, era anche suo fratello.
In privato non lo sapeva come si regolassero davvero quei due, ma non era qualcosa che riguardava lui, come figlio. Lui si era solo preoccupato che Fensalir fosse autosufficiente, che Frigga non dovesse pregare nessuno nemmeno per una monetina di rame. L’affetto sono le cose che fai per chi le fai.

Quanto alle altre coppie che vedeva intorno a sé, i jarl della Corte, nobiltà antica, beh loro credevano fermamente nella trasmissione patrilineare, e le loro donne erano tutte tenute sotto stretto controllo in modo da assicurarsi che eventuali figli del loro non così fertile mondo, fossero tutti del sangue giusto. Facevano della verginità un mito - perfino Sif, la Guerriera, quando aveva voluto sperimentare con lui, su quello era stata molto chiara.

E non c’erano donne nella hird.

Sigyn chiedeva molto. Ma non lo chiedeva a Loki. Lei lo chiedeva a Theoric.

“Una persona che si dà un valore.” rispose brusco alla capo-sarta.

“Una donna che si dà un valore.” ripeté la donna calcando la voce sulla parola “donna.” Stavolta toccò a Loki annuire.

Quanto a lui, che come poteva faceva come gli pareva, aveva capito molto presto come stavano davvero le cose. Un membro della famiglia Reale faceva parte di un sistema il cui scopo era guidare un Paese e proteggerlo, facendo ciò che era meglio per tutti, anche se quello che faceva non era quello che tutti avrebbero gradito. Questa regola valeva anche per il Re ed i suoi figli - i matrimoni dovevano essere politici e se non servivano per stringere una alleanza che servisse ad Asgard, dovevano servire per trovare una alleata, che il popolo rispettasse e con cui i sudditi potessero trovare un legame.

Non avrebbe mai contratto un matrimonio d’amore.

Sigyn invece avrebbe potuto - sentì una sensazione spiacevole proprio vicino al cuore - Ma, accidenti, non con Theoric.

“Un valore, ma non un prezzo.” disse in fretta, sentendosi improvvisamente irritato.


“E’ vero?” Sigyn lo guardò seria.

“Era una discussione privata, non era propriamente un segreto, ma non avrebbe dovuto essere narrata in giro.” Loki la guardò con severità “Tu da chi lo hai saputo?”

“Da altre come me.” Loki alzò gli occhi il cielo, rallentando il passo.

“Da chi?” insistette infastidito.

“Non lo so, Mio Signore.” Cioè lei sapeva chi glielo aveva detto, ovvio, ma a Loki non voleva il nome di una ancella qualunque, voleva la fonte principale.

Si fermò e la squadrò irritato. “Non mentirmi, lo sai che non mi piace, e, soprattutto, che non serve a niente.”

Sigyn sussurrò “Thor. Ne ha parlato con Fandral che ne ha parlato ad una dama di compagnia di Lady Frigga, appena giunta a Corte, che lo ha ripetuto...”

“Il livello di pettegolezzo a Palazzo è disgustoso. Farò un bel discorsetto a Thor. Al Principe Thor”

Ripresero a camminare rapidi, Loki chiuso in un silenzio irritato.
A Sigyn parve di riconoscere il dedalo di viuzze, era qui che con Theoric… scacciò subito il pensiero per l’imbarazzo. Non le era mai successo di pensare a qualcuno in quel modo. O di aver parlato così liberamente con un uomo.
A parte Loki s’intende. Ma anche con Loki - Il Principe Loki, ricordò a se stessa - non era la stessa cosa.

Pensava di aver messo ogni cosa a suo posto, ma poi lui le aveva sciolto i capelli e a lei era sembrato che le sue dita le stessero bruciando la pelle sotto il vestito. Aveva pensato a quella notte in montagna - sarebbe stato tutto diverso se lei gli avesse detto sì quella notte? Probabilmente lui l’avrebbe già dimenticata, come ogni volta se le dimenticava sempre tutte. Sif aveva ragione. Aveva torto marcio su tante cose, ma su quella, proprio su quella, vedeva le cose come stavano.

“Non siamo tante. C’è davvero bisogno di una legge?”

“E’ solo una ipotesi Sigyn. E non di una persecuzione.”

“Ma Mio Signore…”

“Si?”

Sigyn si morse le labbra e non proseguì. La hird aveva fatto ipotesi sulle Dimenticate, ma questi, a quanto pare non erano fatti di cui una Dimenticata si dovesse impicciare.

Quando si fermarono davanti al portone trasalì: questa era la casa con quel bellissimo giardino coi meli, la casa in cui Theoric l’aveva baciata.

Si sentì morire dall’imbarazzo


La tavola era apparecchiata con gusto e gli uomini parlavano di nulla tra di loro, scaldando piacevolmente l’atmosfera.
Sigyn cercò di rilassarsi - quello su cui stava lavorando a Palazzo stava decantando e se anche fosse rimasta lì non sarebbe cambiato nulla. Aveva fatto una scelta in base alle informazioni che aveva, si augurò fosse quella giusta. Sperò tanto di aver giudicato bene le persone. C'erano cose che avrebbe voluto discutere con Loki, le era sembrato di aver visto una persona nelle cucine, ma non sapeva se fosse prudente che lui sapesse - ammesso che non sapesse, perché se avesse saputo di certo non avrebbe condiviso con la sua "sorellina".
L'idea che potesse parlarne con Lady Gissa le fece male - lei non ne aveva parlato con Theoric. Il che faceva di lei una persona orribile. D'altro canto lei e Theoric si stavano appena conoscendo...
Lasciò vagare lo sguardo sulla tovaglia, con approvazione. Avevano apparecchiato in una sala che dava sul giardino, dove brillavano un paio di bracieri. La casa non era abitata da tempo, ma, da quel che aveva compreso, Loki l’aveva comprata per sé e questa era una cena per gli ultimi dettagli. E di addio ai ricordi per il vecchio proprietario.

Si chiese per la centesima volta cosa ne volesse fare Loki di una casa tutta sua. Era piccolina rispetto a Fensalir. Ed era praticamente nascosta. Malignamente pensò che forse il Principe si era stancato di doversi rotolare tra i gomitoli di Lady Frigga - gran bello spettacolo davvero - e voleva un posto che fosse comodo per baciarsi e dove non essere sorpreso da delle sciocche ancelle. Quel bellissimo giardino... sarebbe stato perfetto per Fenrir - detestava vederlo confinato in una gabbia - ma non poteva chiederglielo. Se questo era li posto segreto di Loki e di Gissa, il loro nido d'amore - senti il cuore che le faceva male - non poteva. Probabilmente non era il loro nido d'amore, probabilmente era solo il posto in cui si sarebbero scambiati... fluidi. Anche se, questo andava detto, lui non dimenticava Gissa così come faceva con le ancelle. Era sempre gentile con Gissa... Per cui questa era la casa di Gissa e Lady Gissa non avrebbe approvato un lupo nel suo giardino. E poi lei non voleva arrivare per giocare con Fenrir e sorprenderli.
Ammesso che sarebbe stata ancora lì ad Asgard - ma perché Lord Wili si preoccupava delle Dimenticate, ora? Ora che erano grandi?

Cercò di non pensare più a tutte quelle cose. Era grata a Loki e a Lord Thorvald Dagstjarnson per l’invito - una prova generale.
Al Campo erano stati educati come principi in quanto a buone maniere - ognuno aveva cercato di passare loro se non una abilità almeno una capacità: leggere e scrivere, colpire il bersaglio con una fionda, usare il seidhr se ne avevano, accendere un fuoco, orientarsi, conoscere le leggi e la loro tradizione orale, saper stare a tavola, saper cercare il cibo tra i rifiuti, saper rubare con destrezza, saper confezionare un antidolorifico ed un veleno, conoscere una serie di parolacce pirotecniche e non usarle assolutamente mai... le venne da sorridere: i prigionieri dovevano essere stati un bel gruppo composito, segno che il dolore è cieco e, come la morte colpisce senza distinzioni.

Ma lei non era così sicura di avere imparato a stare a tavola come si doveva.
E poi avrebbe reincontrato degli Elfi Neri - chi l'aveva invitata a quanto pare non sapeva e Loki non ci aveva pensato, ma l'ultima volta lei era stata una loro prigioniera e loro si erano presi tutto quello che che aveva. Era anche per quello che era meglio che Loki non sapesse... e se fosse stata una trappola per un capro espiatorio?

Cercò di concentrarsi sulle cose carine, il vestito per esempio... Il vestito era stato un altro regalo di Loki - la stava riempiendo di vestiti. Era adatto per una uscita informale, secondo Loki.
Era stupendo, secondo lei.
Lady Gissa probabilmente, con un vestito simile, al massimo si sarebbe degnata di pelar cipolle in una cucina, se mai le fosse venuta voglia di fare una cosa così plebea - arricciò il naso, ripensandola assieme a Loki tra i gomitoli, che indecenza - quello andava detto, ma per lei... accidenti non aveva mai avuto un vestito così bello e così.. perfetto.
Era di velluto verde quasi blu, lungo fino alle caviglie, adatto per il Palazzo, ma anche per passeggiare in giardino, aderente, ma ricco di stoffa - poteva camminare o correre senza problemi - aveva della tasche profonde nascoste tra le pieghe, per cui poteva indossarlo anche senza la sua bisaccia. Le maniche erano lunghe e dal gomito si allargavano come un imbuto, o l’ala di un pipistrello, ma solo per bellezza, volendo poteva stringerle intorno ai polsi, senza perdere nulla dell’effetto scenografico.
Era un pochino scollato davanti e sulla schiena. Non lasciava intravedere niente della camicia di lino che portava sotto - sembrava a contatto della pelle con cui faceva un contrasto grazioso - sospettò che a Theoric sarebbe piaciuto.
Sulla schiena era tenuto chiuso da un lungo nastro incrociato che correva a serpentina per le asole che a coppie partivano dal bordo in alto ed arrivavano giù fino un po’ oltre la vita. Un nastro dorato la avvolgeva arruffato passando da sotto i seni fino ai fianchi.

S’era distratta, tornò a concentrarsl su quello che lord Thorvald stava dicendo. Fu a quel punto che quasi le andò l’acqua di traverso.

“Le famiglie saranno contente di riaverle indietro…”

Sigyn alzò un sopracciglio, ma non disse nulla. Sorseggiò lentamente il vino elfico, cercando di stare calma. Non voleva rovinare l’incontro di Loki; se voleva qualcosa da quell’uomo - e la voleva - non l’avrebbe mai avuta trascinandosi dietro una ancella viziata dalla bocca troppo grande.

“E tu Sigyn cosa ne pensi?”

Si sentì morire - non poteva tacere per tutto il pasto, d’accordo, avrebbero pensato che era scema oltre l’immaginabile e che il suo unico talento stava in cose che lei in realtà non sapeva nemmeno esattamente come fare, ma non poteva coinvolgerla in una conversazione su qualcosa di più neutro, come il tempo? Avrebbe perfino preferito una dissertazione sull’ultimo romanzo d’amore che stava leggendo la cuoca - una cosa tremenda. Perché gli Elfi, fra tutti, erano quelli che sentivano di più il dualismo tra corpo e mente, producevano bellissime poesie spirituali e una sottocorrente di romanzi a dir poco roventi, puerili eppure pieni di scene esplicite - e lei aveva sbirciato quelle pagine al volo tentando di capire cosa Theoric avrebbe potuto aspettarsi da lei, capendo che non era assolutamente pronta.

Mormorò una frase di circostanza, non osando guardare Loki negli occhi.

“Mi fa piacere sapere che sei d’accordo, prima non mi era sembrato…” lei lo fissò con stupore e lui aggiunse con un sorriso divertito “Così non torneremo mai più sull’argomento.”

E così la stava sfidando.

Sigyn si schiarì la gola e disse in tono cortese: “Io credo che se davvero queste famiglie avessero desiderato accogliere le persone di cui parlate, forse lo avrebbero fatto a suo tempo.”

E se non avrai quello che vuoi da Lord Thorvald sappi che non me ne importa proprio niente.

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Capitolo 40
*** Cose che non si possono dire ***


Cose che non si possono dire

Loki non disse nulla ma si appoggiò contro lo schienale della sedia, senza lasciar trasparire i propri pensieri.
Lord Thorvald sembrava contento di avere ospiti - la tavola era impeccabile - e, anche se, come un po' tutti alla sua età, aveva sicuramente avuto la sua bella razione di problemi di ogni tipo, appariva tutto sommato un uomo sereno. Diversamente da Wili era asciutto ed elegante, sempre alto e massiccio, per carità, ma con una dose un po' minore di Guerriero duro e puro nelle vene rispetto agli altri uomini della famiglia Borson. Barba e baffi erano molto curati ed i capelli, lunghi, folti e ancora rosso dorati con appena alcuni fili bianchi, gli scendevano liberi poco oltre le spalle, con una unica treccina come ornamento.
Se Wili era il tipo che considerava "piacere agli altri" una cosa contro natura, curiosa come un quadrifoglio in un prato - e altrettanto inutile - Lord Thorvald nei suoi anni d'oro doveva essere piaciuto e parecchio. Si accorse che anche Lord Thorvald, a sua volta, lo stava osservando, e, sicuramente, traendo le sue conclusioni, così Loki spostò lo sguardo su Sigyn.

Si era divertito a stuzzicarla con un pizzico di malignità: non aveva potuto fare a meno di pensare, non senza fastidio, che, se desiderava così tanto assistere ad una seduta della Althing con lui, avrebbe solo dovuto chiederglielo, non certo parlarne con Theoric. Ed era curioso di vedere come se la sarebbe cavata ad esporre le sue opinioni davanti ad un altro estraneo - perché Theoric quello era, solo un estraneo.
Lasciò che il suo sguardo indugiasse su di lei, apprezzando il colore del vestito nuovo così come avrebbe apprezzato un bicchiere di buon vino elfico: centellinandolo. Quella sfumatura di verde si accordava con i suoi capelli ed i suoi occhi e faceva risaltare la pelle chiara della gola e del seno - gli sarebbe piaciuto molto avvolgerla in un abito fatto di foglie, ma Lady Frigga non avrebbe approvato: troppo stravagante per un evento formale.

Lord Thorvald sorrise bonariamente e rispose alla domanda di Sigyn: “Potremmo citare un vecchio adagio meglio tardi che mai.”

Sigyn, mentre giocherellava con le posate, mormorò con cortesia: “E’ difficile riannodare dei rapporti dopo molti anni, potrebbe non essere una questione di tardi, ma di troppo tardi.”

Loki sollevò un sopracciglio, scettico: a Wili non interessavano i rapporti, era solo una questione di principio - voleva fare ordine. Lasciò scivolare lo sguardo su di lei apprezzando come il vestito sottolineasse che era una donna, ma non un oggetto ornamentale - quando le aveva chiesto di poterle scegliere un paio di vestiti non aveva avuto nessuna intenzione di metterla in imbarazzo: desiderabile non voleva dire a disposizione di tutti.

Lord Thorvald annuì. “Potrebbe,"concesse, "non lo voglio negare, ma io sono fiducioso e credo che le Dimenticate saranno molto grate di poter finalmente appartenere ad una Casa.”

Sigyn si limitò a mormorare con una vocetta estremamente educata “Forse. Non lo so.”
Loki non disse nulla, intuiva che la risposta che Sigyn avrebbe voluto dare era "Forse dovreste chiederlo, prima." - era assurdo perché Odino non consultava nessuno, se non la sua hird, composta tutta da uomini che si era scelto personalmente. Perché mai avrebbe dovuto chiedere ad un pugno di ragazzine? Chi si credevano di essere?
Su questo Wili aveva ragione: non avendo un Capo della loro Casa erano meno "sudditi"- sospettò che Sigyn non fosse la sola in quel gruppetto a nutrire un grande rispetto per il vecchio ruolo della Althing.

“Siete giovane e conoscete poco il mondo" proseguì Lord Thorvald in tono paterno "non vi rendete ancora conto di quanto sia fortemente strutturata la nostra società: ruota tutto intorno alle Case, che sono il nucleo di Asgard. Nella notte più corta dell’anno, ci si ricorda dei periodo bui in cui gli Aesir sopravvivevano con difficoltà in un mondo difficile e si cerca la benedizione del Capo della Casa: è’ a lui che si demanda la prima richiesta di giustizia, in caso di contesa interna, è da lui che vanno i Capi di altre Case per lamentarsi del comportamento di un membro della sua Casa, ed è da lui che si riceve protezione.”

Sigyn annuì. Poi senza guardare nessuno dei due disse, “Ma perché ora? Perché non quando sono tornate?”

L’uomo sospirò e chiuse gli occhi “Perché non era il momento, era troppo presto.”

Loki lo scrutò: Lord Thorvald sembrava affaticato. Era un uomo formidabile e si vedeva che manteneva un'ottima forma fisica per la sua età, ma doveva essere più vecchio di Wili, e, di certo, era più stanco - notò le rughe intorno agli occhi e l'ombra di stanchezza nel viso. Poi guardò Sigyn che non guardava nessuno.
Accidenti a Thor, pensò irritato, quando Wili aveva condiviso il suo progetto per far giocare suo fratello a fare il Re, l'ultima cosa che lui avrebbe voluto era che Sigyn venisse a sapere di quella faccenda. Per quando lo riguardava lei poteva andare e ritornare dove voleva, quando voleva e tutte le volte che le faceva piacere, la sua porta era sempre aperta, ma se ci doveva essere di mezzo una legge ed un Capo di una Casa con un potere su Sigyn, prima ci sarebbe stato un bel discorsetto in merito a delle garanzie. Gli pareva ovvio.
Ed invece quel coglione di suo fratello, che aveva fatto? Se ne era andato a chiacchierare a ruota libera di questa ipotesi proprio con Fandral! Buono quello...

“Io credo…” la giovane prese fiato, “Io credo che ci fossero dei pregiudizi da parte degli Aesir.”

“In che senso?” L'uomo aggrottò le sopracciglia, ma non era irritato.

“Forse mi sono spiegata male, non so se pregiudizio sia la parola corretta." Sigyn fissò il bicchiere, "Credo che ogni società elabori un canone ideale di uomo, del suo comportamento intendo. In parte anche dell'aspetto fisico: se in una favola descriviamo una donna che vogliamo che tutti percepiscano subito come l'eroina, le diamo quelle caratteristiche che lo renderanno evidente per un ascoltatore poco sofisticato. Se sarà alta, se sarà bionda con i capelli lunghi fino alle caviglie, e se avrà gli occhi chiari, allora sarà anche buona, bella, da amare, e, soprattutto, sarà dalla parte della ragione. Se invece la dipingiamo di altri colori allora ci permetteremo di considerarla moralmente ambigua.” Sigyn sembrava incerta mentre cercava con molta cura le parole adatte. Loki sorrise - la Cacciatrice di Lupi era indubbiamente carina ed anche molto tenera ma quello che gliela rendeva davvero simpatica era che non leggeva solo poesie d'amore. Riconobbe nel suo modo di esprimersi quello preciso delle discussioni serali a Fensalir, dove lei ascoltava soltanto - e a volte si addormentava! - e dove lo scopo era spiegare o convincere, non imporre.

“Per gli Aesir, non tutti, ma la maggior parte, è lo stesso: concedono istintivamente il loro rispetto a chi aderisce ad quel canone e lo negano a chi non aderisce, presumendo che da alcune qualità derivino in modo ovvio tutte le altre." Loki si mosse a disagio, mentre Sigyn beveva un pochino d'acqua per riprendere fiato "Il Principe Loki, quando ha discusso con Lady Sif l'ha colpita su una piccola cosa come il colore dei suoi bellissimi capelli, che però per lei era grande: le ha tolto uno dei marchi delle favole e l'ha resa più suscettibile al giudizio degli altri. Tanto per fare un esempio pratico."

Lord Thorvalk sorrise mentre un'ombra di sorpresa gli attraversava gli occhi, e Loki abbassò lo sguardo - non era stupida Sigyn, un taglio su uno zigomo non avrebbe fatto effetto ad una Guerriera e non avrebbe affatto cambiato la percezione che gli altri avevano di lei, cicatrice più, cicatrice meno... mentre una cosa così stupida come cambiarle il colore dei capelli poteva colpire più in profondità ed in modo più sottile.

"E' per quello che usavo la parola pregiudizio" riprese la ragazza, in tono neutro, "per dire che non c'era dietro una cattiveria voluta. Gli Aesir danno un grande valore al guerriero, più che all’uomo saggio, o all’uomo retto, o allo studioso, o al praticante del seidhr. Ed per loro un grande guerriero diventa anche saggio, retto, intelligente e molte altre cose, anche se questo non è sempre vero. La prima caratteristica di un grande guerriero è che vinca, massacrando un gran numero di uomini. E se ad un certo punto non può più vincere, che muoia con onore.”

“E’ così, l’onore ad Asgard vale più della vita.” riconobbe Lord Thorvald con un fondo di amarezza, che non sfuggì a Loki.

“Ma è anche un concetto molto vago." ribatté Sigyn. "Io credo che gli Aesir abbiano disprezzato gli uomini prigionieri nei Campi perché non erano morti combattendo. Erano tutti uomini che avevano perso il loro onore nel momento in cui erano stati fatti prigionieri, e, secondo l'opinione di molti, avrebbero dovuto togliersi la vita e non limitarsi a sopravvivere come schiavi. Perché nel momento in cui avevano smesso di vincere, avevano smesso di essere onorevoli e quindi, per conseguenza, avevano smesso anche di essere gentili, rispettosi, retti, onesti, capaci di prendersi cura dei deboli, sensati, studiosi, corretti, giusti... avevano perso tutto.”

Lord Thorvald sbatté le palpebre muovendosi a disagio e Loki pensò che le avrebbe dato ancora cinque minuti e poi l’avrebbe interrotta. Sigyn non parlava mai dei Campi e lui non le chiedeva, ma il numero di storie che conosceva, il seidhr che usava da bambina, gli avevano sempre fatto pensare che ci fossero state persone decenti che avevano cercato di dare radici forti a quelle piccole. O per lo meno a Sigyn.

“Se fossero tornati, io credo che li avrebbero voluti vedere schiantati dalla vergogna, che sarebbero stati derisi, i bambini gli avrebbero tirato dietro dei sassi, come fanno i vigliacchi con gli animali feriti, e gli uomini avrebbero riso e non sarebbero intervenuti… io credo che quelle bambine... credo che gli Aesir non abbiano mai pensato che potessero essere frutto di un matrimonio, o, quanto meno, di un amore, ma solo bambine che dei veri Aesir avrebbero gettato in fondo a qualche pozzo. Degli scarti.” Sigyn era pallida, poi scosse le spalle e aggiunse in tono educato di scusa, le dita pallide contratte attorno alle posate “Ma forse io sbaglio.”

Lord Thorvald rispose brusco “Non credo che degli uomini piegati dalla vergogna e senza più dignità si siano potuti comportare come avrebbero fatto ad Asgard. Erano guerrieri anche loro, per le Norne! Condividevano quei pregiudizi, ne avevano fatto una regola di vita, cosa erano diventati secondo voi, dopo qualche mese di prigionia? Avranno lottato ogni giorno con la vergogna, sentendosi nudi senza il rispetto dei loro pari. Una volta perso il rispetto di sé, figuriamoci se avrebbero rispettato le donne. Ho visto cose orribili durante la guerra con gli Jotnar. Quanto a pensare ad un vincolo matrimoniale… Quelle poverette, se fossero tornate, si sarebbero di sicuro uccise con le loro stesse mani.”

Loki ripensò all’ossessione di Sif per la verginità ed alla preoccupazione di Asgerda per Sigyn, che era ancora giovane ed inesperta - e desiderabile - ed al pozzo - lo sapevano tutti - dove venivano gettati i bambini indesiderati. Il loro era un mondo che non riteneva di dovere proprio nulla ai bambini. O a chi restava indietro.

“Quindi convenite con me che all’epoca c’erano dei pregiudizi.” Sigyn cercò di essere cortese, “Pregiudizi di cui prendo atto e che non discuto, sia chiaro. Nel frattempo, però, non è cambiato nulla: la vergogna, se c’è, è sempre la stessa e gli scarti restano scarti.”

Lord Thorvald parlò con voce gentile “Voi, giovane Sigyn avete una famiglia che vi ha voluto molto bene, lo si vede dalla gentilezza e dalla curiosità che avete, ma questo non vi fa comprendere la complessità della mente dell’uomo. E’ vero, ci sono stati dei pregiudizi da parte nostra ed è vero, molti di noi pensavano a quelle bambine come a delle bastarde, ma questo prima...”

Loki osservò il giardino in imbarazzo - era vero, Sigyn era gentile e curiosa. E Theoric, a conti fatti, restando in tema, era stato una gran bastardata, anche se Theoric le voleva sinceramente bene.

“E cosa ci sarebbe stato di male in un bastardo?” la vocetta di Sigyn si alzò di colpo, interrompendo l'uomo e Loki provò per lei una gran tenerezza. Non aveva mai pensato a lei in quei termini. Mai.

Lord Thorvald sorrise divertito “Bambina, anche se avete condotto una vita protetta, non potete non sapere cosa è un bastardo per la nostra società: meno di nulla. La nostra società ha perfino dei nomi per identificarne i vari tipi, che non vi ripeterò per non offendervi. Un bastardo non può ereditare il titolo e non può ereditare il feudo. E parliamo di un bastardo che è stato riconosciuto dal proprio padre, che gli ha spruzzato l’acqua sul volto pubblicamente. Ma, anche se riconosciuto, anche se accolto in una casa, vale sempre molto meno dei veri figli dell'uomo, è un dato di fatto. Quanto ad un bastardo indesiderato: non appartiene a nessuno. Solo a Hela. E stendiamo un velo sui manzer, i bastardi figli di prostitute, figli di donne violate da più di un uomo, figli di un incesto - sono il peggio del peggio e non sono liberi.”

Sigyn annuì e si mise a fissare il piatto, Loki si stava preparando a cambiare argomento, maledicendosi per averla sfidata a parlare davanti a lui come faceva con Theoric - Thorvald non aveva la minima idea di quello che le stava facendo con ogni parola e a questo punto era meglio glissare sull'argomento, avrebbero solo perso la faccia in due e non se lo meritavano. Poi la ragazza sospirò e disse con voce dolce “Avevano così poco che del titolo... non penso proprio che si interessassero di un titolo. Non credete?”

“I bambini no, non pensano a queste cose,“ concesse Lord Thorvald, “Ma poi i bambini crescono e hanno delle pretese.”

Sigyn annuì. “E adesso che sono cresciute perché le volete?”

“Se sono figlie del nostro sangue abbiamo tutto il diritto di avere il desiderio di rivolerle. Non è che prendiamo chiunque. Prendiamo solo i nostri discendenti.”

“Li prendete?”

Lord Thorvald annuì “Si, lo ammetto, ci sono stati dei pregiudizi da parte nostra, ma la maggior parte delle famiglie, io credo, è disposta ad accogliere una nipote a braccia aperte.”

“E se non volessero?”

“Le famiglie che non vorranno, potranno esercitare il loro diritto a riconoscere o non riconoscere un membro della famiglia, come è sempre stato.” l'uomo era serio, "Nessuno deve sentirsi obbligato ad accoglierle."

Sigyn sollevò lo sguardo dal piatto e cercò disperata quello di Loki, che intervenne con voce pacata “Credo che Sigyn intendesse che succede se una Dimenticata non volesse essere accolta da quella famiglia?

“E’ il loro dovere, non si sceglie la propria Casa, lo sapete anche voi. Ma non credo che se qualcuna fosse discendente di un jarl rifiuterebbe.“ lo sguardo dell’uomo si fece cinico ed improvvisamente amareggiato. “Sono nulla, senza una Casa, senza un protettore, senza una dote, senza famiglia e senza un futuro, sarebbero felici se fossero le nipoti di un uomo che sgorga i pozzi neri, anche se dovesse frustarle ubriaco una volta alla settimana.”

“Un jarl è una bella favola, ma molte sono ancelle e non sono state educate, non sarebbe troppo tardi per insegnare ad un topolino a comportarsi da gatto?” chiese Sigyn con curiosità. "Potrebbero sentirsi più a loro agio con un mugnaio che con un jarl."

“Buon sangue non mente. Se uno è veramente nobile, se ha metà del sangue della propria famiglia si fa presto ad educarlo.” Lord Thorvald lo esclamò quasi, con convinzione, dando dei colpetti alla tavola con l’indice.”Ne sono certo.”

Sigyn arrossì e fissandosi le mani concluse “Credo che sia questo quello che pensa la hird e credo si sia già espressa ed alla fine, comunque, deciderà Odino, come giusto. Mi auguro che ognuno riesca a trovare ciò che stava cercando. Forse avete ragione, le Dimenticate sono state fortunate e devono ringraziare l’infinita misericordia degli Aesir per non essere finite come thrall.”

Lord Thorvald la guardò stranamente. Stava per riprendere la discussione, quando Loki si intromise e gli chiese di essere accompagnato per vedere alcuni dettagli della serra interna. Avrebbero fatto due passi prima della seconda portata. L’uomo si alzò con piacere. facendogli strada e Loki lo seguì pensando che Wili aveva ragione: lui ogni tanto era davvero una mezza merda.

Sigyn si inchinò e disse che nel frattempo avrebbe visitato il giardino. Era pallida e non li guardò in faccia mentre parlava.



Mentre camminavano uno di fianco all’altro Loki ebbe il desiderio improvviso di prendere a pugni Lord Thorvald, ma si trattenne - alla fine quello era il modo in cui stavano le cose nel loro mondo ed era sciocco fare domande stupide e sperare in risposte ancora più stupide.
Solo che avrebbe voluto dire a quell’uomo di quella sera in cui una Sigyn ancora bambina era sgusciata nel suo letto ed aveva pianto tutta la notte, disperata. Forse era stato quello il momento in cui il suo piccolo tasso avrebbe avuto bisogno di una famiglia, non ora che andava sbaciucchiandosi con un Theoric qualunque per il Mercato dei Fiori.

Arrivati alla serra, Lord Thorvald gli chiese di potersi sedere - di colpo gli apparve terribilmente vecchio e terribilmente stanco. Loki lo aiutò ad accomodarsi ed aprì il tetto - quei due si erano raccontati sprazzi di due storie che si incrociavano, di cui non parlavano probabilmente quasi mai e che dovevano fare molto male.
Tutta colpa sua.
Wili forse avrebbe voluto sentire quello da Thor - gli era sembrato deluso, alla fine, dalle sue domande. Forse non gli interessava che il futuro Re fosse colpito dai dettagli tecnici, ma dalle implicazioni di una decisione. O forse aveva cercato Weha dentro Thor e non l'aveva trovato.
Mentre Odino, per le Norne, era stato così irrazionalmente orgoglioso di suo figlio. Del suo altro figlio.

“Mi spiace per prima,” disse Loki, “Sigyn di solito è bene educata e tiene per sé ciò che pensa, ma stasera aveva voglia di dire la sua. Mi piacerebbe che la vedeste così: non la sera in cui una ancella è stata impertinente con il suo ospite, ma la sera in cui è stata messa così a suo agio dal padrone di casa, da essere un po' troppo sincera.”

Lord Thorvald annuì, poi aggiunse “Ha solo detto quello che ho pensato spesso anche io, credetemi. Mi ha solo stupito tanta inflessibilità in un contenitore così piccolino.”

“Piange per i lupi.” disse Loki con un sogghigno, come se questo spiegasse proprio tutto.

L’uomo lo guardò senza capire, poi disse: “Ne approfitto per chiedervi una cosa, Principe Loki, so che non siete uno sciocco e che avete capito che ero all'Arena con uno scopo - volevo una udienza con Vostro zio, Lord Wili. Lo scopo era chiedere il permesso di investigare sulle Dimenticate per conto mio - so che sono state accolte dal Padre di Tutti, e che molte vivono qui nella capitale. Quando ho sentito del progetto di Lord Wili, ho pensato che una delle questioni pratiche di questa impresa è la corretta attribuzione dei soggetti al giusto proprietario. So che esistono metodi che consentono di verificare una paternità, ma qui parliamo di un salto di una generazione, per lo meno. E’ di fatto una cosa possibile? Ed una maternità? L'intenzione è di stabilire solo l'aspetto patrilineare?”

“Sapete anche voi dell’ossessione dei guerrieri e dei jarl per la purezza della discendenza. Esistono dei metodi abbastanza affidabili, specialmente se ciò che si desidera è l'idea generica di appartenenza ad una Casa, non un nome, e sono anche state fatte una serie di ipotesi per il loro perfezionamento. Quanto all'affidamento di una persona ad un gruppo di consanguinei... è un bel problema: i bambini di solito si fanno in due.”

“Contribuirei volentieri per un progetto in tal senso,” disse Lord Thorvald, “ma in forma anonima. Solo che vorrei spingere perché fossero tenuti in considerazione tutti e due gli aspetti: date le circostanze credo la paternità sia solo un fatto accidentale.”

Loki fece un sorriso che per metà gli venne da stronzo “Immaginate vero che voglio qualcosa in cambio?”

“Lo avevo immaginato e lo trovo equo. Posso pagare.”

“Preferisco che mi raccontiate una storia.” Loki si sedette a sua volta ed accavallò con grazia le gambe. Non gli fregava niente del denaro dei Dangstjarson, ma lo incuriosiva sapere cosa faceva ticchettare quell'uomo.

“Che tipo di storia?” chiese l’uomo più anziano sospettoso, mentre aggrottava la sopracciglia.

“Quella che stavate già raccontando poco prima a tavola, quella di un jarl che cerca una Dimenticata in particolare.”

L’uomo sospirò divertito e poi cominciò “Non pensavo di essere stato così trasparente, ma non c'è motivo di tenervi nascosto ciò che prima o poi finirò per raccontarVi. Ero stato su Jotunheimr come figlio dell’ambasciatore, da ragazzo. Ci ero cresciuto. Un mondo difficile - io lo avevo trovato ostico all'inizio ma alla fine apprezzato. Un ambasciatore veste bene, mangia bene e organizza belle feste, ma, essenzialmente il suo lavoro è portare messaggi. Verso l'esterno traghetta il meglio del suo Paese, come direbbe la vostra piccola amica: contrabbanda il canone della nostra società. Verso l'interno porta informazioni sul posto dove lo hanno mandato. Informazioni sullo stato dell'economia, sulla politica estera, il morale delle forze armate, lo stato della ricerca scientifica per quanto riguarda le implicazioni militari, l'uso del seidhr, la salute del Re e dei suoi consiglieri più fidati, come è distribuito il potere, chi da il consenso e chi sta all'opposizione... con chi potresti lavorare ad un progetto e con chi sarebbe pericoloso. Non è possibile sapere queste cose solo osservando da lontano o odiando, occorre tuffarsi in quella vita."

Loki annuì e Thorvald sogghignò "So che anche Voi vi siete tuffato in almeno un paio di vite, non sempre adatte ad un Principe in tempo di relativa pace. Quindi sapete."

"Non farò finta di non capire."

Lord Thorvald annuì e poi riprese: "Io da giovane ero grato a Jotunheimr per avermi aperto la mente, facendomi capire che c'erano altri mondi oltre il mio, altri modi di pensare ed altre idee su cosa fosse bello, o onorevole. E, a dire il vero, lì avevo anche avuto degli amici,” distrattamente sfiorò il simbolo a forma di ramo di pino sul suo guardabraccia, “Sembra incredibile ora, lo so. Voi siete nato con la pace, vostro fratello con la guerra, ma per Voi due è un mondo brutale che lentamente sta morendo abitato da mostri feroci che meritano tutto quello che gli è capitato e che non vorreste mai incontrare."

Loki non disse nulla, ma pensò a suo fratello da bambino, che correva con lui per Gladstein e giocava a massacrare Jotun - massacrarli tutti - sotto gli occhi affettuosi di Odino.

"Noi dovevamo ucciderli e ci era più facile se dopo averlo fatto facevamo finta di odiarli, ed era ancora più facile se ce li raccontavamo mostruosi; ma questi racconti sono diventati leggenda, si sono gonfiati di odio ed hanno vissuto di vita propria e alla fine per la vostra generazione è rimasto solo quell'aspetto di tutto un mondo. Noi pensavamo ad una guerra lampo, ma in guerra, come in amore, non è possibile prevedere tutto."

"Sono figlio di mio padre," disse Loki, gelido "Non pretendete che io gli dia torto su questo solo per darvi ragione."

L'uomo lo guardò divertito, "Siete figlio di Vostro padre," disse con un sogghigno, "molto più di quanto pensiate Principe Loki. Comunque sia vi ho parlato di Jotunheimr per spiegarvi come fosse sempre stato un mio cruccio la guerra con gli Jotnar: come iniziò, come proseguì e come si concluse - con molto più odio di quando era iniziata. Così mi ero offerto di imbastire dei negoziati di pace con la fazione ribelle dei Vanhir. Avevo una figlia all’epoca. Era molto giovane e scomparve lungo il confine, mentre stava venendo da me.”

“Perché pensate…”

“Oh non lo penso, lo spero e basta. I Vanhir ribelli non erano numerosi, ma avevano le armi migliori e sapevano come usarle: era l'appoggio militare dagli Elfi Neri. Credo che nei loro campi siano finiti uomini e donne che passavano lungo il confine dei Vanhir. Una forma di pagamento? Non lo so, sono solo idee, Principe Loki. Quello che è certo è che i prigionieri non dissero mai i loro nomi, sappiamo solo di soprannomi - forse si vergognavano di cosa erano diventati, forse non volevano creare imbarazzo alle loro famiglie il giorno in cui la loro bestialità fosse diventata nota, o forse non volevano dare un potere agli Elfi Neri. Io non lo so. Ma se anche le bambine sapessero chi è la loro madre - e non è detto - quel nome non avrebbe nessun senso per noi. Quanto alla storia che volevate, all’inizio fu esattamente come ha detto la piccola: mi disgustava il pensiero di mia figlia in un Campo. Era carina e gli uomini sono uomini e se hanno prodotto delle bambine non è stato certo come fanno gli alberi con il loro polline portato dal vento.”

“Potrebbe anche esserci stato dell’amore.”

“Oh non credo.” l’uomo parlò in modo freddo, “Credo che se la siano scopata e basta. Se fosse tornata a casa nessuno l’avrebbe voluta, lo sapete anche voi. Quando vogliamo insultare un uomo gli diamo del bastardo, ma in fondo il vero insulto è verso la madre dell’uomo, non verso l’uomo. Quando vogliamo insultare una donna c’è tutto un repertorio che non è altro che la variazione sul tema della parola puttana. Non esiste l’equivalente maschile. Forse ergi.”

Loki annuì con un sogghigno. Quell’insulto lo conosceva bene.

“Forse qualcuno che voleva arrampicarsi socialmente se la sarebbe sposata, in cambio di una dote abbastanza ricca da fargli chiudere un occhio, ma non so proprio come l’avrebbe trattata. A quel tempo pensavo che se fosse tornata l’avrei uccisa io stesso.”

“Capisco.”

“Poi ci fu la notizia della bambine ed è stato proprio come ha detto la piccola. Se mia figlia fosse stata violentata qui ad Asgard ed avessimo potuto tenere la cosa nascosta, se avesse aspettato un bambino, avremmo risolto con un decotto abortivo. Tutto molto ipocrita, ma è inutile girarci intorno: sarebbe finita così. Se fosse stato troppo tardi per intervenire, il bambino sarebbe nato di nascosto e sarebbe stato esposto da qualche parte in modo che lei potesse rifarsi una vita. Per cui…“ fece un gesto rassegnato con la mano. “Quella era la posizione di quasi tutti su quelle bambine: scarti, che avrebbero dovuto essere gettate in un pozzo, figlie di puttane e di bestie senza onore. Uno sfregio degli Elfi Neri.”

Loki non disse niente, ripensò solo alla fretta delle ancelle di palazzo nel tagliar loro i capelli e alle lacrime di Sigyn con quel suo sguardo umiliato che lo aveva spinto a raccontare che non era una cosa su cui piangere, ma solo un rito di passaggio, per iniziare una nuova vita.

“Era anche la mia. Ero stato convinto che Jotunheimr mi avesse aperto la mente e che l'esperienza della guerra mi avesse reso un uomo migliore, ma davanti alle bambine mi sono ritrovato a ragionare da Guerriero: non ne avrei mai voluta una in casa mia, mi avrebbe ricordato un uomo senza onore ed una donna violata. Nessuno sa se ci furono matrimoni o violenze, nessuno chiese agli anziani sopravvissuti, nessuno voleva sapere nulla - quella era la nostra vergogna.”

“E adesso cosa è cambiato?”

“La vecchiaia Principe Loki. La vecchiaia. Ci rincoglionisce. Ci fa apprezzare di più la vita. E forse ci fa vedere cosa conta davvero. Avevo un amico un tempo e adesso c’è tanto di quel ghiaccio tra noi che non si scioglierà mai. Ne valeva la pena? Ne avevo un altro che non vedo da anni... Avevo educato mia figlia a non essere una stupida che ripete quello che dicono gli altri, ma a pensare con la sua testa e ad onorare la giustizia e la compassione. E mi sono ritrovato a pensare come un Guerriero Ass, perché in fondo ero quello, e a giudicare con quel metro proprio lei, che avrei dovuto proteggere. Quanto ad una eventuale bambina, per tanto tempo ho pensato alla figlia di una bestia che le aveva fatto del male e che probabilmente nemmeno sapeva di averle messo dentro un figlio. Una bestia fra tante.”

L’uomo si fermò stancamente per riprendere fiato. “Invecchiando è diventata solo sangue del mio sangue. Se dentro di lei ci fosse solo un quarto di me, o metà della mia bambina, avrebbe tutte le carte in regola per fare ciò che vuole… e farlo bene.”

“Mi spiace per quello che ha detto Sigyn.” Anche se pareggia quello che le avete detto Voi.

L’uomo fece un gesto di diniego “Oh no! Ha toccato il punto, un po' come nell'Arena con Lady Sif, e, in fondo ha solo detto quello che penso anche io e che, per cortesia non si dovrebbe dire, immagino. Che per ritrovare un membro della famiglia probabilmente è tardi, che se avessi portato a casa una bambina sarebbe stato più facile, mentre ora mi ritroverei per le mani una giovane donna, che sta già facendo progetti per il suo futuro. Non sgorgo pozzi neri e non frusto nessuno e posso darle una buona dote - forse sul piatto ci finirà della gratitudine, ma temo che ci sarà pure del disprezzo. Non ci sarà quello che c'era con sua madre. Ma non importa, alla fine io spero solo che ci sia qualcuno da riportare a casa.”

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Capitolo 41
*** Cose che non fa piacere ascoltare ***


Cose che non fa piacere ascoltare


Sigyn stava accarezzando la corteccia del melo, quando sentì la presenza di Loki, proprio dietro di lei.
“Glielo hai detto?” sussurrò.
 
“Cosa?”

Sigyn si voltò di scatto e lo guardò incredula, ma Loki rimase imperturbabile - non era il posto e non era il luogo.
“Posso chiedere cosa ne pensi, Mio Signore?” chiese in tono sostenuto la piccola.

“No.”

“No?” la voce le uscì strangolata.

“No.”

Lei tornò a guardare il tronco, con le spalle irrigidite.

“Hai ancora un paio di minuti per crogiolarti nell’autocommiserazione, poi basta.”
Loki rientrò, lasciandola sola. Se la voce sul progetto di Lord Wili stava girando, non le sarebbe bastato un melo per nascondersi.
Per l’ennesima volta pensò che avrebbe fatto un discorsetto con Thor, quella sera stessa.
 
“Glielo avete detto?”
Loki alzò - solo mentalmente - gli occhi al cielo. Non aveva proprio nulla contro una certa ambiguità costruttiva nelle relazioni umane - era quella che ti permetteva di dire io non intendevo dire esattamente questo e fare marcia indietro, se la situazione lo richiedeva - lo aveva appreso da Odino - ma quei due esageravano, volevano addirittura un ambasciatore personale.
“No.” disse con cortesia. Perché non sta a me raccontarvi quanto siete umani.
 
Quando Sigyn rientrò infreddolita si scusò “Mi spiace,” disse, “ho sentito solo delle chiacchiere, ed in fondo cosa penso io non ha importanza.”
Lord Thorvald fece un gesto leggero e la invitò a sedersi con un sorriso indulgente.
La giovane ricambiò il sorriso “E poi c’è una cosa di cui il Principe Loki, muore dalla voglia di parlare,” disse in tono confidenziale, “e gli spiacerebbe molto se vi mettessi dell’umore sbagliato.”
 
“Il Principe è un uomo che fa spesso come gli pare, mi dicono.”
 
“Potrebbe essere il suo motto.”
 
Loki si intromise “Penso che lo farò incidere proprio sull’arco del portone di ingresso, in antiche rune.”
 
“E cosa sarebbe questa cosa che interessa tanto al Principe Loki?” l’uomo era interessato.
 
“I Passaggi verso Jotunheimr.” Il sorriso della ragazza era spontaneo.
 
“E chi vi dice che io li conosca?”
 
Loki ammirò l’ambiguità costruttiva di Lord Thorvald - aveva già dato delle informazioni in cambio di un favore e per questa sera non ne avrebbe fornite altre, ma non stava chiudendo la porta in faccia a Sigyn e al contempo stava saggiando il terreno per sapere cosa sapeva esattamente la piccola.
 
“Perché avete dovuto lasciare l’ambasciata in fretta e furia, probabilmente di nascosto, quando i rapporti si stavano deteriorando. Gli Jotnar erano ostili e all’epoca possedevano ancora lo Scrigno degli Antichi Inverni. Dicono che potesse interferire con il Bifrost.” Sigyn corrugò la fronte.”C’era una comunità di Aesir su Jotunheim, voi avete dovuto essere gli ultimi a lasciare Jotunheimr!”
E così Sigyn aveva studiato storia invece di studiare il seidhr, Loki era per metà ammirato e per metà irritato: con che faccia gli stava chiedendo di ripetere quell’esame se poi non si impegnava? e che diavolo stava facendo in laboratorio, che non gli poteva raccontare? Una pozione d’amore per Theoric? Qualunque cosa fosse quell'esame non lo avrebbe ripetuto, perché non era pronta.
 
“E chi vi dice che io fossi su Jotunheimr all’epoca?”
 
Loki passò una fetta di torta a Sigyn “Come è? Mi fido del tuo giudizio.”
Lei la assaggiò, assaporandola con attenzione; la burrosità della pasta contrastava con il sapore dolce ed acidulo dei lamponi.
“E’ fantastica…” disse con un sorriso e Loki, distrattamente le sistemò un ricciolo dietro le orecchie con un gesto delicato.
Lei lo guardò con gli occhi spalancati, poi abbassò lo sguardo e si concentrò sul dolce, mentre Loki pensò che Sigyn era una buona alleata che coglieva i giusti segnali e lo seguiva - il più delle volte - e che il suo ospite aveva ragione: i bambini non si fanno con polline e vento.
 
La conversazione prese una piega più neutra, ma Loki fu certo che ci sarebbero tornati sopra - Lord Thorvald aveva altri favori da chiedere e di sicuro gli avrebbe fatto piacere poter scambiare invece di dover corrompere o pregare.
 

 
Più tardi, mentre Sigyn era corsa a vedere la serra interna, poco prima di andar via, l’uomo chiese con discrezione: “Come mai avete comprato questa casa?”
 
“Per un lupo.”

“Il lupo apprezzerà i mosaici.”

“Il lupo apprezzerà il giardino - ora è ospitato in una gabbia. Ma i mosaici sono davvero magnifici.”

“Sono peculiari…”

“Non rientrano nei canoni di Gladstein, che vuole impressionare con pietra ed oro, qui c’è legno, vetro, metallo piegato in forme organiche, e molta luce.”

“Ho rifiutato altri accordi perché le intenzioni dei possibili nuovi proprietari erano di sventrarla, usando solo il permesso di costruzione sul terreno e le fondamente. Oh mi è chiaro che a molti non piace proprio per quello, perché non è quello che vogliono tutti, ma è molto bella nel suo. Voi siete stato il primo che ha parlato di un restauro rispettoso del progetto originale. Non ve la avrei venduta altrimenti.”

“Non l’avrei comprata altrimenti.” ribatté Loki.

“Il giardino e la serra sono stati lasciati andare, ma possono tornare ad esserlo magnifici con la mano di una padrona di casa.”
 
“Immagino, ma per un po’ dovrò farne a meno, non ho in programma di sposarmi a breve.” Loki era sinceramente divertito: non esisteva un modo cortese di chiedere ad una persona che conosci poco se intendi scopartene un’altra a breve ed in pianta stabile.
 
“Potrebbe occuparsene la giovane Sigyn. Vedo che le piante le piacciono molto.”

“Potrebbe.”
Poi, con malignità ed con un tono di voce molto innocente aggiunse “E’ un suggerimento?”
 
 
Lungo la strada di ritorno non parlarono molto, lui la tenne sotto il mantello e ritornò coi ricordi ad una sera di poco tempo prima - una vita, non una manciata di settimane - in cui avevano fatto la stessa strada, lei aveva bevuto troppo e lui moriva dalla voglia di baciarla. Perché diavolo non si era attenuto al piano originale?
 
Sbucati nei giardini pensili, dalla scala a chiocciola, la prese per le spalle.
“A te non interessa quello che penso sulla proposta di Lord Wili e se Thor e Fandral hanno riferito correttamente già lo sai. Non ho voglia di parlarne.”
 
Sigyn lo guardò con gli occhi sgranati.
 
“E, per inciso, non sono nemmeno tenuto.”
 
Fu allora che notò quella vulnerabilità nel suo sguardo. E così Sigyn aveva paura della sua opinione.
Era troppo giovane per riuscire a tenerlo nascosto: a quanto pare aveva il potere di ferirla, su questa faccenda, e farle molto male.
Eppure avrebbe dovuto sapere. Come poteva non sapere, accidenti? L'affetto sono le cose che fai per chi le fai.

Delicatamente le sollevò il mento con le dita. La vide allungarsi verso di lui, istintivamente, mentre abbassava lo sguardo e Loki pensò che quello sarebbe stato un ottimo modo per liberarsi di Theoric e procurarsi tutta un’altra serie di guai di un tipo del tutto nuovo.
Quel vestito si slacciava da dietro e in modo molto pratico - la capo-sarta era una donna pratica anche lei, che credeva nel cogliere l’attimo - se doveva fare un discorsetto anche a Sigyn era bene che fosse del tipo che non lasciava dubbi.
 
“Ehi voi due!” La voce suonò come un boato e Loki alzò gli occhi al cielo, mentre Sigyn diventava scarlatta.
Ancora una volta ecco in azione quel pentapalmo di suo fratello.
Un autentico rompicoglioni alla riscossa.
 
 
“Scusate, pensavo fosse…” Thor pareva perplesso mentre osservava Sigyn avvolta nel suo nuovo vestito. “Quando l’ho vista uscire stasera tutta in ghingheri ho pensato che… c’è un tipo che le ronza intorno! Ne ho parlato con nostra madre e lei sottovaluta!”
 
Loki lo interruppe con voce stanca: “Ho bisogno di bere qualcosa, andiamo in Biblioteca e parliamone lì.”
 
“Non c’è nulla di cui parlare!” Sigyn aveva la voce che le tremava dallo sdegno.
 
“Oh c’è sì… perché tutti e due mi avete stufato - un Principe non si apposta in un giardino come uno Jotun nell’ombra, o, come direbbe nostro zio Wili, come un borseggiatore fuori da un bordello. Ci sono le Guardie di Palazzo per quello! E non spettegola coi suoi amici di cose che non li riguardano affatto!”
 
Se li portò nella saletta deserta, proprio doveva aveva portato Hervor, dove c’era quella splendida vetrata con Yggdrasil, che nessuno dei due - che barbari privi di gusto! - degnò di uno sguardo. Eppure la fattura era ben più che pregevole, e l’opera era antica, di un’epoca in cui Asgard risentiva dell’influenza elfica e non era stata ancora colta dalla mania di ricoprire tutto d’oro.
 
Perle ai porci.
 
“Spero apprezziate il fatto che vi ho condotto proprio qui, per parlare," esordì  irritato, "un luogo dove si portano delle persone che si considerano intelligenti. Non dico geniali, non pretendo tanto, dico solo che vi sto dando il beneficio del dubbio e che sono certo che tra tutti e due abbiate almeno una manciatina di granelli di sale dalle vostra parte.”
 
Thor sbuffò, ma non disse nulla.
 
“Tu Thor sei una persona che vive felicemente nel presente - il passato non ti si attacca addosso in modo opprimente ed il futuro non ti preoccupa. Ma il presente è sempre indiscutibilmente legato al passato, e non si può mai sapere quando una azione del passato può finire per colpire il presente come un maglio.”
 
Sigyn lo guardò irritata, e Thor lo scrutò con lo sguardo vacuo.
 
Loki sbuffò e si mise a camminare avanti ed indietro per la saletta.

“Non sto parlando delle prodezze di Sigyn con uno appena sceso dalla montagna con la prima piena,” specificò Loki in tono tagliente, “quelle sono delle cretinate. Sto parlando di quello che è stato discusso davanti a te con alcuni membri della hird. Lord Wili ti ha specificato che era un esperimento e che l’argomento era stato scelto apposta per te, per introdurti nei meccanismi delle questioni di cui lui si occupa quotidianamente. E che, tra tutti gli argomenti possibili, quello gli era sembrato il più appassionante per te perché conoscevi almeno una persona che era coinvolta direttamente.”
 
Thor annuì irritato.
 
“Ora mi spieghi cosa ti ha spinto a parlarne con Fandral? E' un Dimenticato, per caso?” Loki si fermò proprio davanti a suo fratello con le braccia incrociate sul petto.
 
“E’ un mio amico.”
 
“E’ un tuo amico, ma non è un membro della hird e non è nemmeno tra le persone ammesse ad ascoltarne i dibattiti. Non mi risulta che Wili gli mandi la bozza dei verbali di riunione e nostro padre, Odino, per quanto ne so, non lo chiama alla sera nelle sue stanze per fargli un resoconto dettagliato.”
 
“Non pensavo di fare nulla di male.” Thor si mise sulla difensiva.
 
“Non so cosa tu gli abbia detto, ma Fandral lo ha raccontato a qualche ancella nobile e nuova per fare colpo su di lei, nella speranza che questa non dico allargasse le gambe per lui ma che, quanto meno, si esibisse in qualche pratica che non lascia tracce permanenti, come succhiare l'uccello ad un personaggio così importante da essere messo a parte delle faccende dicusse dalla hird. Uno che non fa ipotesi, ma narra dei fatti! E questa ingenuotta petulante, a sua volta ne ha spettegolato con delle amiche e la storia è arrivata fino a Sigyn, che ne è rimasta estasiata.”
Thor la guardò improvvisamente imbarazzato, mentre la ragazza sembrava voler sprofondare.
 
“Il cammino del pettegolezzo è stato tanto tortuoso che anche un’altra persona è venuta a sapere di questa ipotesi.” Il che mi fa pensare che Lord Thorvald abbia qualche alleato qui a Palazzo, o un amico di vecchia data, o era già da qualche tempo che si stava preparando il terreno per indagare sulle Dimenticate.
 
Loki si sedette sul tavolo e guardò Thor negli occhi, con serietà.
“Credi che Wili sarà contento se e quando verrà a sapere che queste sue ipotesi sono trapelate? A te possono sembrare sciocchezze, ma lui ci tiene molto e pensava di farti un favore. Credi che i membri della hird saranno contenti di sapere che le loro obiezioni, espresse liberamente in privato, senza la vergogna di un giudizio, sviscerate solo per il bene di Asgard, circolino nelle taverne e tra le ancelle trattate come se fossero opinioni personali espresse pubblicamente e di cui sono tenuti a render conto? Credi ti apprezzeranno? Se ti va bene considereranno il tuo stato mentale talmente interessante che tra i Guaritori specializzati in tal senso ci dovrebbe essere una rissa per contendersi il privilegio di poterti esaminare da vicino. Se ti va bene. E per finire credi che Odino apprezzerà?”
 
“Che lo sappiano prima o dopo cosa cambia?” ribatté Thor piccato, “il Re è Re, ed i sudditi sono sudditi: uno decide e tutti gli altri ubbidiscono.”
 
Sigyn emise come uno squittio e Loki la fulminò con lo sguardo. “Ti stupirò Thor: nessuno governa da solo. Ma se lo vuole fare non deve andare in giro a fare proclami sulle proprie intenzioni, esattamente come quando giochi a hnefatafl non spieghi per filo e per segno ai tuoi avversari le mosse che hai in mente.”
Loki si maledì: ancora una volta stava aiutando suo fratello a capire le cazzate in cui si produceva, come se Mjolnir non interessasse anche a lui, maledizione! E da sempre, da quando erano solo due bambini che giocavano a rincorrersi! 
 
“Non c’è modo di fermare la volontà del Padre di Tutti.”
 
Sigyn ebbe un brillio negli occhi che a Loki non piacque per niente, ma pensò che tutto sommato glielo doveva - che facesse qualcosa nel suo solito modo bene educato, invece di piangersi addosso, non l'aveva costretta a scuoiare il lupo solo perché ne regalasse la pelle a Thrain! Voleva che crescesse forte come quei meli che le piacevano tanto! O che passasse oltre se tanto non c’era niente da fare, e avesse un po’ di fiducia in chi si prendeva da sempre cura di lei - sperò solo di non doverla tirare fuori da qualche guaio.
 
“Forse,” disse, ”non sottovalutare lo spirito di sopravvivenza. In ogni caso queste chiacchiere non sono una bella cosa. Ormai è andata e rimedieremo, ma per il futuro mi auguro che ne terrai conto.”
 
“Hai finito?” bofonchiò Thor scontroso.
 
“Solo un’altra considerazione, avevi l’opportunità di ottenere una visione più personale di tutta la faccenda se invece che con Fandral tu fossi andato a parlarne con Sigyn. Non capita per ogni argomento di cui sentirai discutere da quel mucchio di vecchietti, come li chiami tu: di solito parlano di cose noiosissime, proprio come ti ha detto Wili. Cose tipo orzo e fogne.”
Poi si girò a guardare Sigyn negli occhi “Non ti sto dicendo che avresti dovuto dare un valore all’opinione di Sigyn - non sei affatto tenuto. Ciò che Odino deve decidere, va deciso tenendo a mente il bene di Asgard, e poi, è inevitabile, il bene della Casa dei Borson, non i capriccetti di un gruppetto di ragazzine senza uno straccio di guinzaglio. Ma non si possono calpestare i principi generali che questa società ha scelto di rispettare, e, tra questi principi c’è anche quello per cui una Casa deve protezione ai propri membri.” dovresti saperlo Sigyn che puoi andare e venire come vuoi e che questo lo salvaguarderei sempre, che non ti lascerei mai andare nella casa di un altro senza avere prima delle garanzie su questa protezione.
 
Thor guardò Sigyn intensamente, poi le disse che gli dispiaceva che avesse saputo del contenuto della riunione per via di un pettegolezzo e Sigyn annuì con cortesia, ma a Loki era chiaro che stava pensando a qualcosa.
 
“Possiamo andare?“ chiese quindi la ragazza in un soffio.
 
“No.” rispose Loki con un sogghigno, “ora veniamo a cosa preoccupa Thor.”
 
“Sei una ancella di mia madre e mio fratello ti considera come una sorellina,” Thor aveva un tono di voce sgomento e a Loki venne da sorridere, ma si trattenne - una sorellina proprio no, anche se sarebbe stato molto meglio per tutti.
“Quello che fai si riflette anche su Lady Frigga e sul Principe Loki, e non fai cose degne.”
 
Sigyn sobbalzò e Loki inarcò con molta eleganza un sopracciglio. “Ti ho sorpresa con questo giovane, che non mi piace per niente, al Mercato dei Fiori, mentre vi baciavate in pubblico ed in modo oltremodo improprio, come io non bacerei la sguattera di una taverna, per essere molto chiari.”
 
“Non eravamo in pubblico!”
 
“Per certi versi è molto meglio che invece voi due foste in pubblico, perché in un luogo privato quel bellimbusto ti avrebbe sicuramente già sfilato il vestito!” la voce di Thor riverberò tra gli scaffali, severa, e Loki non poté fare a meno di pensare che suo fratello, certe volte, era davvero percettivo.
 
Sigyn li guardò senza fiato e senza parole, con il volto in fiamme e Loki fu certo che stava pensando ai loro baci nella casa con i mosaici e al grembiule slacciato e alle dita di Theoric sulla sua pelle.
 
“E’ un bravo ragazzo,” gemetté, “parliamo, mi ascolta...”
 
“Prima o dopo aver allungato le mani?” chiese Loki divertito.
 
“Se è un bravo ragazzo allora, dopo averti baciato, sarebbe dovuto andare dalla Prima Cameriera di Lady Frigga che è responsabile della moralità delle ancelle che lavorano per mia madre e che fa la funzione delle loro famiglie quando queste sono lontane, e avrebbe dovuto chiederle il permesso di poter uscire con te, dando tutte le informazioni perché si possa indagare sul suo conto. Puoi essere frustata se la Prima Cameriera ti sorprende a baciare un tipo qualunque in pubblico, cosa credi?” Thor era davvero irritato e Loki non poté che dargli ragione.
 
“Sa che tu sei una Dimenticata?” Thor arrossì nel dirlo.
 
Sigyn scosse la testa e Loki dovette ammettere che non ne avevano mai parlato. Sigyn se ne vergognava, forse? O faceva parte delle cose che teneva per sé?
 
“Allora può non sapere che non hai nessuno tenuto a proteggerti e a prenderlo a pugni se ti manca di rispetto.” concesse Thor allargando le braccia, “Ti ricordo, però, che se tu dovessi aspettare un bambino nessuno qui sarebbe tenuto a darti una mano. Wili ha perfettamente ragione a volervi affidare tutte ufficialmente a qualcuno! In ogni caso, quel tipo ti sta trattando come una poco di buono, sappilo! Tu sei ingenua e non ti rendi conto, ma io da uomo di mondo ti dico che è così. E sta insultando Lady Frigga, Fensalir, e il Principe Loki, cosa che non credo gli interessi affatto perché l’ho visto alla festa e mi ha parlato come se io fossi un suo pari! E, tra parentesi, se insulta mio fratello quel bellimbusto da strapazzo insulta anche me!”
 
Loki sobbalzò: gli si strinse il cuore a vederla umiliata così e proprio da quel pentapalmo di Thor che sfilava vestiti senza porsi troppi problemi da vero "uomo di mondo".
Pensò, spassionatamente, che i discorsi di suo fratello erano il miglior contraccettivo su piazza - si chiese però se li avesse mai fatti davanti a Sif, che era una donna ed anche molto passionale, perché nel caso capiva come mai la guerriera vedesse il sesso come una cosa da doversi negare.
 
“Non esageriamo, sono solo due giovani fringuelli,” si intromise, con gentilezza “tu ed io abbiamo fatto di peggio e lo sai. Sigyn deve solo decidere se è la persona giusta, se non lo è la storia si chiude, se lo è, che venga a parlare delle sue intenzioni.” poi aggiunse con un sogghigno “Ovviamente se ne ha del tipo che si possono riferire.”
Theoric l’avrebbe lasciata, decise, si conoscevano troppo poco per prendere un impegno e comunque, nemmeno volendolo con tutto il cuore, Theoric poteva dar uno straccio di prova della sua esistenza, figuriamoci della sua tempra morale e della capacità di potersi accollare una moglie.
Theoric era fottuto, e questa storia sarebbe finita in fretta, senza troppe lacrime.
 
Uscì dalla stanza lasciandoli soli - sapeva di aver ragione, ma si sentiva, come avrebbe detto suo zio Wili, la solita mezza merda
 

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Capitolo 42
*** Un nodo da sciogliere ***


Un nodo da sciogliere


Sign guardò Thor a disagio - voleva solo tornarsene a distillare in pace, perché il tempo era quello che era e lei era preoccupata. E più era preoccupata, più ci pensava, e più ci pensava, più si preoccupava e alla fine tutto questo non la portava da nessuna parte.
Solo che se cercava di distrarsi, riflettendo sui discorsi di Thor, era pure peggio perché lui le aveva appena dato della poco buono quando, tra loro tre, l’unica vergine era proprio lei.

Thor interruppe il flusso piccato dei suoi pensieri. “Mi dispiace,” disse con quel suo sorriso da cucciolo amichevole stampato sul viso “per il colpo sbagliato nell’Arena: potevi vincere.”

Sigyn lo studiò in volto, senza rispondere - Thor era davvero bello, con quei capelli biondi come il miele, le treccine disordinate, e quel sorriso da bravo ragazzo, ma Thor, bello come il sole, non aveva capito proprio niente. Cosa capiva allora, quando giudicava Theoric? E lei?

Thor proseguì impacciato “Anche se l’hai sbagliato apposta.”

“Perché dici così?” 

“Perché quando ho detto la stessa cosa a Loki mi ha guardato come se io fossi scemo e allora ho rimesso assieme i pezzi - fa male eh! E’ il mio fratellino e si suppone che io debba essere sempre un paio di miglia avanti a lui a spiegargli come funziona il mondo.”

“Siete diversi…”  Thor era come era, sospirò Sigyn tra sé, e lo stesso valeva per Lord Thorvald: anche se con lei era sempre così cortese, era chiaro che quando si arrivava alla faccenda delle Dimenticate, lui pensava che tutti i prigionieri dagli Elfi Neri avrebbero dovuto spegnersi dignitosamente e non riprodursi come conigli in fregola. 
Lui non c’era stato e non sapeva, lei di conigli non ne aveva visti - e se ne avesse visti se li sarebbe mangiati.

“Oh lo so bene, Loki non è un vero Guerriero, e non sarà mai Re. E questo è il suo problema.” Thor era rattristato.

“Odino, il Padre di Tutti ha già deciso?” a Sigyn si strinse il cuore.

“Cosa c’è da decidere? Io sono il maggiore e non ho fatto nulla per non essere il prescelto, perché non dovrei avere ciò che è mio per diritto di nascita? Quanto a Loki si fa troppe domande per essere davvero un Re! Si è preoccupato che io abbia parlato con Fandral di quelle cretinate, per esempio, lo hai sentito anche tu!”

 Sigyn sobbalzò - non erano cretinate, accidenti! erano una porcheria bella e buona. Non si poteva decidere di rimettere indietro le lancette dell’orologio e trattare delle donne come se fossero delle bambine! - poi, cercando di essere cauta, ribatté: “Il Principe Loki non era preoccupato perché ne avete parlato con qualcuno Mio Signore. Cioè…” lo guardò da sotto in su, “probabilmente il Principe Loki non lo avrebbe fatto, non alla sua prima volta con la hird,” Sigyn chiuse gli occhi, Loki non parlava dei fatti della hird, però dei fatti suoi, di Sigyn, sì, a quanto pare e perfino con Sif e con Thor accidenti a lui! “ma alla fine è una cosa comprensibile. Piuttosto lo ha preoccupato la scelta del confidente, perché il Vostro confidente avrebbe dovuto capirlo da solo cosa poteva ripetere in giro e cosa no.” Dovresti avercela con Fandral, pensò Sigyn, non con Loki.

“E perché mai? Cosa cambia? Alla fine la decisione è del Re e non si discute.”

Ma tanto era un chiacchierone anche Thor: adesso anche la madre di Loki avrebbe pensato molto male di lei, così come avrebbe fatto la sua Prima Cameriera, poco ma sicuro.

“Cambia, Principe Thor. Perché quando c’è un problema da risolvere o si sceglie una soluzione a caso - e può essere un modo - o per scegliere servono informazioni, ma nessuno sa tutto. E un uomo esprime un parere in piena libertà, o fa una confidenza, solo se sa che quel parere resta tra… amici? pari? E’ una questione di fiducia. E la fiducia viaggia sempre in due direzioni.”

Forse pure Loki adesso pensava male di lei - e lì le si strinse il cuore ricordando lui e quei maledettissimi gomitoli! Quanto a quella… quella santa donna di Lady Gissa, ma perché Loki non andava a fare le prediche a lei? Le aveva comprato una casa, invece, segno che i gomitoli non erano sufficienti. La casa in cui lei aveva baciato Theoric. in cui aveva immaginato un giardino di erbe ed un lupo tra i meli.

“Anche tu con questa idea che io debba fare amicizia con quei vecchietti!” Thor sembrava esasperato.

Sigyn ebbe improvvisamente voglia di battere il piedino in terra, ma si trattenne “E’ stato un modo per introdurvi alla hird, Mio Principe Thor… ed una introduzione, come la fiducia viaggia non è mai in un senso solo.”
Le sembrava di impazzire, ma perché a tutti interessava cosa faceva lei con Theoric, perché volevano che adesso lei andasse da quel ragazzo e gli desse un ultimatum? perché esigevano che lui venisse a presentarsi da gente che in fondo non era la sua per dimostrare che cosa? che aveva sangue puro di Aesir nelle vene? Ma se avevano già deciso che lei era solo una bastarda! Come aveva detto Lord Thorvald? che ce ne erano ben quattro tipi, ognuno con il suo nome… ma guarda un po’. Ma che gente precisa!

O Theoric doveva dimostrare che la poteva mantenere? perché lei era particolarmente viziata? E poi lei non gli aveva chiesto di sposarla! Lei voleva studiare con Frejya, non voleva solo una casa... perché tutti pensavano di sapere cosa voleva lei?

Tutti che pretendevano che lei avesse chiari i suoi sentimenti e che ce li avesse Theoric, mentre intanto tutti qui - tutti! - facevano di tutto senza farsi tante domande! Thor per primo! Come se non sapesse che non poteva essere schietta con lui, come avrebbe meritato.

“Ma che mi importa?”

Sigyn si riscosse guardò Thor con gli occhi stanchi, Thor aveva perfettamente ragione, ma che cosa gliene importava, per le Norne? Cosa?
“Sono le persone in cui il Re ripone la sua fiducia.” disse in un soffio.

“Il Re Odino, mio padre, che se li è scelti personalmente.”

“Appunto, non sono dei vecchietti qualunque...” Sigyn si chiese come fosse possibile che Thor non ci arrivasse, eppure Loki glielo aveva detto, a modo suo: Lord Wili stava facendo incontrare hird e futuro Re perché si conoscessero. Mentre Thor li giudicava, quei vecchietti giudicavano Thor! E quei vecchietti avevano amicizie, creditori e persone fedeli a loro, fedeli personalmente, come Sif era fedele a Thor molto più che ad Odino o ad Asgard, su un piano più intimo, fatto di un passato condiviso e quei vecchietti ne avevano di passato! E poi c’era gente che li rispettava anche senza che ci fosse di mezzo una amicizia. Non era un parere qualunque il loro!

“Il Re sceglie personalmente la sua hird ed anche io farò lo stesso quando verrà il momento.”

Ah ecco, pensò Sigyn, e guardò spaventata verso la porta - aperta! - eccolo finalmente il nocciolo della questione, il figlio prediletto scalpitava.

“Un passaggio di potere non può essere brusco…” Sigyn si fissò le mani, che le parve tremassero “il primo atto di un Sovrano non può essere buttare via tutto quello rappresentato da chi lo ha preceduto… è una questione di continuità e anche di esperienza. E di rispetto.” l’ultima frase le uscì in un sussurro.

“Ma quale esperienza? Tu sei ingenua Sigyn e non hai la minima idea: hanno parlato per ore di cretinate. Fandral, invece, sarebbe andato dritto al punto.”

“E quale sarebbe il punto? Posso chiudere la porta, Principe Thor? Ho freddo.” Lei era rimasta impassibile mentre Thor le aveva dato della puttana, ma un membro della hird mediamente non aveva la stessa pazienza. Chiuse gli occhi.

Thor la guardò stupito e le fece un cenno frettoloso con la mano. Poi, mentre Sigyn chiudeva con delicatezza il mondo fuori da quella stanza, scosse la testa “Sei proprio una ragazzina, lo vedi? Tu pensi che io avrei dovuto prestare più attenzione alla riunione perché venivo introdotto ai solenni misteri della hird, ma poi quando ti si parla ti distrai... senti freddo...”

Sigyn tornò a sedersi, poi poggiò i gomiti sul tavolo e la fronte sulle mani “Perdonatemi Lord Thor, sono un poco stanca e ho tanti pensieri che mi distraggono.” Con Thor a volte sembrava non esserci speranza di un dialogo.

“E’ per via della faccenda delle Dimenticate?” chiese Thor comprensivo, “Tranquilla, Wili è un vecchio strano e non ama nessuno, tranne Weha che però è morto. Quando sarò Re lo metterò ad abbaiare alle reclute insieme a Lord Tyr.”

Sigyn lo guardò sollevando appena appena la fronte dalle mani “Forse Mio Signore potreste pensare diversamente una volta avuto l’onore di tale onore.” azzardò sentendosi sgomenta - a parte che Lord Wili non si era ancora rimbecillito c’era il piccolo dettaglio che non avrebbe sicuramente gradito questi discorsi. E il dovere di Lord Wili era "sapere" quello che si diceva a Palazzo.

“Mi manca di rispetto - è abituato a vedermi come il figlio di mio padre e non come il suo Re."

"Vi tratta come il figlio di un Re che deve imparare ad essere Re, e non come un cortigiano che segue il vento e vuole poter chiedere dei favori, un giorno, senza troppi problemi."

"E’ vecchio e non so che farmene di lui.”

Sigyn impallidì. “Mio Principe, quando il Principe Loki ha chiesto di occuparsi di Fensalir, aveva già una esperienza in incarichi minori, ma anche così non ha sostituito tutto il personale di colpo…”

“Ma cosa c’entra la casa di bambole con cui gioca mio fratello con un Regno?” sbottò Thor irritato, “Se fosse una cosa importante, mio padre se ne sarebbe vantato: avrebbe detto Mio figlio gestisce Fensalir! E invece non è così, non l’ho mai sentito lodare mio fratello per quelle cose in cui butta il suo tempo, cose da femmina, tra l’altro.” Thor scosse la testa, “Guarda Sigyn, so che questi discorsi sono troppo difficili per te, ma nella mia hird non ci vorrei nemmeno Loki, anche se è mio fratello. Anzitutto perché è come Wili: mi vedrebbe come suo fratello e non come suo Re, poi perché è il minore, è acerbo! e poi perché lui non è un vero guerriero! Però credo si occuperà bene delle Casa di Nostra Madre ed anche di quella della mia consorte!” sorrise divertito.

Sigyn non disse nulla. Si limitò ad affondare la fronte tra le mani, sentendosi stanca ed irritata - tutti volevano Gladstein ed il trono, ma per farci cosa non s’era capito. Un Regno era fatto di cose noiose come tasse, riparazioni, costruzioni, tubi, fognature, cibo per l'inverno... E a lei, decise, non importava: era ora che pensasse a se stessa.

“Mjolnir non lo ha scelto e questo dà da pensare.” Thor aveva la voce seria e Sigyn si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo - un martello, accidenti! Mjolnir era solo un martello, non un oracolo con tutte le risposte, ammesso ce ne fosse uno! - ma non disse nulla “Non c’è stata mai una volta in cui Mjolnir abbia dato l’idea che lo avrebbe potuto trovare degno.”

Sigyn guardò fuori dalla finestra e poi chiese timidamente “Non preferireste fare due passi in giardino, Mio Signore?”

“Ma non avevi freddo?”

Sigyn arrossì e non disse nulla.

“E comunque pensavo di nominare Fandral…” la voce di Thor si era fatta pensosa e Sigyn spalancò gli occhi: Fandral? Il chiacchierone? Al posto di Lord Wili?
Oh Lord Wili questo non l’avrebbe preso bene proprio per nulla. Ma possibile che Thor, che il Principe Thor non capisse che non era saggio quello che stava dicendo?

La ragazza tossicchiò e poi disse guardando in terra “Non credo sia saggio, Principe Thor, che voi parliate di questo con me.”

“Sei solo una ancella, Sigyn, e sei silenziosa come un topolino, non spettegoli mai.” Thor le sorrise con indulgenza, ”E poi parte di questo l’ho pensato proprio dopo quello che hai fatto tu nell’Arena - perdere perché sapevi di non dover vincere. Era giusto. Lady Sif è Lady Sif e tu sei tu, lo ha detto pure Loki. Lui ha detto una poveraccia che non conta un cazzo.

Sigyn sobbalzò e lo guardò stralunata e Thor si corresse in fretta “Lo ha detto, ma ti vuole bene. Sei ancora una bambina, per lui, lo sai. Comunque ho capito che Loki non sarebbe così con me, non ha imparato a controllarsi, vorrebbe dire la sua, mi tormenterebbe portandomi cose da leggere e da studiare per farmi vedere le cose come le vede lui, ed alla fine mi contraddirebbe e questo so che lo farebbe perché non è come me, non è un Guerriero, oh non metto in dubbio che possa fare a pezzi qualcuno nell’Arena, l’ho visto con i miei occhi, ma non ragiona da Guerriero ed alla fine succederà che saremo in disaccordo su qualcosa. E poi mio padre non si interessa delle cose che fa Loki, non gli interessa Fensalir, per cui io credo che Odino si vergogni di mio fratello, con tutte le sue stranezze è come una macchia sul nostro casato! Però non lo taglia del tutto fuori, Loki ha degli incarichi, Loki assiste alle riunioni della hird, Loki viaggia, Loki ha i suoi giocattoli... per cui penso che lui ritenga che in fondo Loki serva a qualcosa, ma non ora e non per quello che vorrebbe lui.”

Sigyn si passò una mano tra i capelli sentendosi svuotata - ma come era possibile che Odino avesse lasciato i suoi due principini in balia di se stessi? Thor aveva ragione su Loki, che era cresciuto pensando di poter essere Re e avrebbe faticato a ritagliarsi un posto da consigliere, Odino non avrebbe dovuto fargli credere che era possibile!

Ma a lei, ma cosa gliene importava? Guardò Thor spassionatamente. A lei di tutto questo non interessava un bel niente! Lei aveva Theoric e le bastava.

Si inchinò prendendo congedo, poi, proprio sulla porta, raccogliendo il coraggio disse “Mio Signore, c’è una cosa che mi hanno detto tanto tempo fa, che quando si riceve un premio che ci da potere sugli altri, lo possiamo vedere in due modi, o che abbiamo il diritto di usarlo questo potere proprio perché se ce lo hanno dato vuol dire che sappiamo sempre meglio degli altri come stanno le cose, o che ne abbiamo il dovere. Nel secondo caso il dovere implica che dovremmo sforzarci di esserne all’altezza.” Cioè caro il mio Thor, pensò stancamente, Mjolnir t’è stato dato come un campanello d’allarme che ti dice quando hai oltrepassato il segno, perché quello che Odino si augura è che tu cerchi di fare le cose giuste, per quel che puoi, e non quelle che piacerebbero a te. E forse dovresti accettare un Loki a braccia aperte proprio perché rispetta la tua donna ed i tuoi amici proprio perché rispetta te, perché condivide con te le sue idee e perché vede cose che tu non vedi e pensa cose che tu non pensi.

Scivolando per i corridoi pensò che forse non avrebbe più distillato un bel nulla ed avrebbe ignorato quello che aveva visto. Non gliene importava proprio nulla!
Pensò anche a Loki che adesso stava baciando Gissa da qualche parte, senza chiedersi affatto se quella era la persona giusta o meno. Però da lei, Sigyn la poveraccia, lo pretendeva.
Pensò anche che a lei aveva dato un dolore tremendo vederlo con Gissa, ma che a lui non dava nessun fastidio saperla con un altro.
Poi pensò alla casa con i mosaici verdi dove aveva baciato Theoric, la casa dove lui avrebbe baciato Lady Gissa e ci avrebba fatto l'amore - aveva giocato ad immaginarci dei bambini lì dentro, ma in fondo per certi sogni non contava il dove, ma il cosa.   

E alla fine pensò che era molto fortunata perché aveva un appuntamento con Theoric, che le voleva bene - almeno lui - e con cui poteva realizzare tanti progetti, inclusi, prima o poi, dei bambini.

 

 

Quando lo vide, nell’ombra dei Giardini Pensili, gli corse dritta tra le braccia “Theoric, ti prego, portami via di qui.” sussurrò.

Lui la strinse a disagio - portarla via? Ma se era venuto per lasciarla. “Cosa c’è?” sussurrò.

Per tutta risposta lei lo abbracciò stretto spingendolo nell’ombra. “Siediti ti prego” gli soffiò sulla bocca, in punta di piedi “Non voglio essere saggia e non mi importa un bel nulla di quello che pensano tutti gli altri.”

Loki pensò che l’aveva lasciata per dieci minuti da sola con Thor, va bene che suo fratello sapeva essere davvero esasperante, ma qui si esagerava. Però la assecondò - quel portami via non lo aveva previsto e non gli piaceva. Scivolò nel buio dietro di lei e, senza che lei se ne accorgesse, lanciò un incantesimo che li nascondesse - l’ultima cosa che voleva era Thor il moralista tra i piedi. O la Prima Cameriera di sua madre. O Lady Frigga, o Lord Wili… tutta una manica di scocciatori, a parte sua madre, che era solo… imbarazzante.
Ringraziò le Norne perché la sicurezza di Gladstein non era quella di Fensalir - i suoi uomini avrebbero scovato subito una coppietta che amoreggiava.

Seduto in terra incrociò le gambe e chiuse gli occhi. Lei gli passò le mani sulle spalle, accarezzandolo possessiva e lui trattenne un sorriso. Sentì che le sue dita armeggiavano con i ganci dell’armatura leggera e poi che gliela stava facendo scivolare lungo le spalle. Intuì che la lentezza non era seduzione deliberata, ma solo inesperienza - funzionava comunque.

Lei gli si inginocchiò davanti e poggiò la fronte contro quella di lui, poi gli diede un morso appena accennato sul labbro, mentre con le dita, con gesti terribilmente impacciati, gli slacciava il collo della tunica.

Lo baciò, seguendo la curva della mandibola, poi scese lungo il collo con le labbra fino ad arrivare al punto in cui si congiungeva con la spalla

Loki pensò che era in un bel guaio e poggiò i palmi della mani a terra, sulla pietra gelida del portico. Se lui non avesse collaborato, forse… questa stupidaggine sarebbe finita in fretta.

La vide sollevare il viso e guardarlo - erano nell’ombra eppure gli parve che stesse arrossendo. Sigyn questa sera avrebbe dovuto chiedere a Theoric di dichiarare le proprie intenzioni, e Theoric avrebbe dovuto lasciarla e tutta questa faccenda assurda si sarebbe dovuta chiudere. Cosa le aveva detto Thor, accidenti a lui?

Sigyn gli poggiò le mani sulle gambe, accarezzandole con gesti circolari e risalendo piano, lungo le cosce del ragazzo, gli occhi spalancati fissi nei suoi. L’imbarazzo e l’ostinazione erano palpabili.

Loki pensò che aveva delle gambe lunghe, ma che prima o poi sarebbero finite, e allora come se la sarebbe cavata Sigyn? Si sarebbe arresa? Avrebbe provato ad imitare Gissa? Avrebbe dovuto darle delle istruzioni? In fondo il buon sesso non è affatto una cosa che arriva spontanea al primo colpo.
Sorrise e la guardò attentamente; quando colse la disperazione nel suo sguardo, sospirò - aveva fatto troppe cazzate con lei, una in più non avrebbe cambiato le cose. Né in meglio, né in peggio.
Face scivolare un braccio intorno alla vita di Sygin e la sollevò senza sforzo, le gambe di lei su quelle di lui, fino a tenerla in braccio, le ginocchia di lei che gli cingevano i fianchi, e yarde e yarde di tessuto verde tra di loro. Le accarezzò, come se fosse un gesto casuale le pelle nuda delle cosce sentendola fremere, poi le sollevò il viso e la baciò, senza fretta.

Con l’altro braccio la tenne stretta contro di lui, il bacino di lei, contro quello di lui, perché sentisse che non lo lasciava affatto indifferente - non poteva essere così ingenua da non conoscere almeno certe nozioni di base.
La sentì agitarsi - non avrebbe dovuto mettersi a giocare con dei fiammiferi - le fece scivolare le dita tra i capelli di lei, sulla nuca, tenendola ferma, attento alle sue reazioni - se ad un certo punto non le fosse piaciuto l'avrebbe lasciata andare - con la lingua invase le sue labbra, cercando quella di lei. Lei lo seguì, in un accordo perfetto mentre il bacio si faceva a tratti più profondo e poi più leggero e poi di nuovo intenso, ad onde lente e lunghe. Loki pensò che era parecchio che un bacio, solo un bacio, non gli piaceva così tanto.

Sentì la pelle farsi bollente e le sue mani cominciarono a esplorare i fianchi di Sigyn e poi la schiena, senza smettere di baciarla, goloso, fino ad arrivare alla chiusura del vestito. Aveva voglia di toccare ogni pollice di Sigyn, non solo con le dita.
Giocherellò con il nodo pensando che chi lo aveva cucito sapeva molto bene il fatto suo.

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Capitolo 43
*** Cose che si chiedono perché le si vuole sapere ***


Cose che si chiedono perché le si vuole sapere

“Lo puoi slacciare” la voce di Sigyn era roca, la fronte affondata nella spalla di Theoric. “Basta tirarlo.”

Si inarcò con la schiena, flessuosa, e cercò il nastro con le mani.
Loki le bloccò i polsi, trovandola incredibilmente sensuale, con la gola esposta, tutta da baciare, inarcata tra le sue braccia. Affondò la bocca nella sua scollatura, attirandola a sé, poi presa a baciarla, lentamente, una serie di piccoli sfioramenti di labbra e di lingua, lungo il bordo del vestito, partendo dalle spalle e scendendo senza fretta lungo la curva del seno.

La sentì gemere e cercare di sistemarsi meglio contro di lui, offrendosi alla sua bocca, più istinto che calcolo, mentre le gambe gli si annodavano attorno alla vita, e Loki pensò che era deliziosa.

E così quello era un sì. Era decisamente un si. Il tasso acconsentiva a farsi prendere nei giardini di Gladstein, nel freddo dell’inverno che stava arrivando.
Le lasciò liberi i polsi e con una mano giocherellò con quel nastro, sarebbe bastato un unico gesto e l’avrebbe tirata fuori da quel vestito, lasciando che la stoffa scorresse lungo la pelle, baciando ogni pollice che avesse scoperto.

Conosceva abbastanza incantesimi da renderli invisibili a tutti, ed altrettanti per non farle sentire il freddo.

Ma non ce ne era nemmeno uno che rendesse tutto quanto giusto; quel sì non era per lui, ma per Theoric, un uomo che non esisteva e che se anche fosse esistito non l’avrebbe mai conosciuta come la conosceva Loki.

La sistemò in modo da guardarla negli occhi e lei si lasciò guidare da lui, fluida tra le sue braccia. Le accarezzò il volto con il pollice. I suoi occhi erano azzurri, come due laghetti, belli e così pieni di fiducia che Loki sentì una strana sensazione di calore, più o meno intorno al cuore.

Le accarezzò i capelli e la attirò sul petto stringendola a sé.

“E poi Sigyn? Cosa facciamo noi due?” sentì che la voce gli usciva stanca.

“Quello che di volta in volta vogliamo.” Oh se era testarda.

“Devo venire da chi è responsabile per te e dire il mio nome?”

“No! Assolutamente no!”

“No?”

“Questo è quello che piacerebbe a Thor! E forse, dico forse, lo pensa anche Loki. Di sicuro è quello che sembrerebbe appropriato a Lord Thorvald per cui le donne del Campo erano tutte puttane.”

Il tono scontroso non gli piacque affatto, ma Loki non perse tempo a chiederle del Campo - non aveva tempo di essere Theoric. Si alzò in piedi bruscamente e la mise a terra accanto a sé. Tra le puttane - se poi erano state davvero puttane, perché nessuno sapeva un cazzo di come erano vissuti quegli Aesir traditi da tutti - c’era stata anche sua madre, lo capiva. Lord Thorvald non sapeva di Sigyn e non l’aveva fatto apposta, ma doveva averle fatto molto male con i suoi discorsi. “E tu cosa pensi?”

"Che mi sono stufata di pensare, perché qui è pieno di gente che non pensa affatto e campa benissimo lo stesso."

Loki la strinse, venendola così scontrosa, anche se onestamente la capiva "Mi sembrava che le altre volte tu preferissi che ci conoscessimo meglio prima di passare ai... fatti." la prese in giro, ma con gentilezza.

“Perché una volta lo pensavo anche io, che ci fosse un comportamento che era quello giusto e che fosse una questione di rispetto. Prima. Ma il rispetto non c'entra niente, è solo un modo per tenerti in riga, in ginocchio davanti agli uomini con gli occhi spalancati davanti alle loro verità, mentre loro non ti vedono, non ti ascoltano e non gli interessa nemmeno sapere che cosa pensi. E allora non serve a niente e non mi interessa!"

Loki sospirò e provò a cullarla, tenendola stretta.

"Anche se con Loki, non so se lo puoi capire," la ragazza continuava a parlare, agitata, "ma una volta cresciuta lui mi portò in uno dei laboratori e mi fece preparare una pozione per non restare incinta ed io mi sentii morire dalla vergogna. Se lo avesse saputo la Prima Cameriera si sarebbe scandalizzata in modo pazzesco, lei bada alla nostra moralità, sai?” Lo guardò timidamente, arrossendo. “e se sospetta comportamenti… beh, lei corregge la depravazione a frustate con rami di nocciolo. Figurati cosa avrebbe detto di un Principe che da ad una ancella la chiave per fare sesso senza bambini da abbandonare e matrimoni riparatori. Senza tutte le preoccupazioni, intendo.”

A Loki veniva da ridere, ma rimase serio. Lui allora aveva voluto solo che lei non finisse in nessun guaio - lui aveva altro da fare e non sarebbe stato disponibile lì a Fensalir, per tirarla fuori nel caso. Quanto alla depravazione, non trovava proprio niente di male nella mutua soddisfazione sessuale, accidenti.

“Però poi alcune di noi vengono chieste per una notte, o usate da gente della Corte che ha preferenze per l’una o per l’altra, e allora tutti zitti. Perfino Thor, scherza e gioca con delle ancelle e non capisce che per molte è eccitante, perché lui è davvero bello ed è il figlio di Odino ed è buono, ma che se una davvero non volesse, non potrebbe dire di no e basta. Dovrebbe saper giocare bene le proprie parole e poi guardarsi le spalle.
E guarda che la maggior parte delle ancelle appartiene ad una Casa, potrebbero andare dal loro Capo per chiedere protezione, ma sanno che non vale la pena. La protezione è per i membri della famiglia, man mano che scendi lungo la scala è sempre più formale e vale per le piccole cose.”   

“Pensi che il Principe Loki abbia sbagliato?”

“Io penso che sbaglino tutti gli altri." si staccò da lui irritata. "Specialmente se credono che io mi debba vergognare se scelgo io il mio compagno e che invece dovrei starmene zitta se non posso scegliere proprio niente! Quanto al Principe, ci ho riflettuto tante volte, forse ha pensato che non avrei mai dovuto sposare un jarl ed essere tenuta sotto controllo come si fa con una Lady, e che allora tanto valeva, o forse pensava che non dovevo mettermi nei guai stupidamente perché ero sola, o forse questo è il modo in cui vive lui e gli sembra normale, io non lo so, ma è stato il solo che ha cercato di spiegarmi come avrebbe dovuto essere, grosso modo, anche se non ci fosse stato... affetto... e mentre me lo spiegava non mi ha mai fatto sentire come probabilmente mi avrebbe fatto sentire Lord Thorvald se fosse stato al suo posto, ecco!”

Loki annuì - Thorvald era figlio della sua epoca, pensava che avrebbe fatto un piacere a sua figlia uccidendola se per caso fosse tornata viva a casa, figuriamoci se si sarebbe messo a spiegare... e poi, senza sapere la storia di Sigyn, partendo solo dal presupposto che era una semplice ancella, gliela aveva in pratica proposta come amante da sistemare nella casa che gli aveva appena venduto. Pensando forse anche di farle un favore: Loki avrebbe dato una vita migliore alla deliziosa ancella dalla lingua lunga.
C’erano donne che non si potevano toccare e c’erano donne per cui questo dipendeva da chi le voleva.

La prese per le spalle e l’attirò in un abbraccio.

“Ma il sesso, onestamente, è solo una piccola parte. E non mi interessa poi così tanto." proseguì Sigyn, "C’è che io vorrei di più. Vorrei una casa mia che non fosse Fensalir, va bene anche una capanna nei boschi, c'è che vorrei poterci tenere il lupo senza che nessuno ci trovasse qualcosa da ridire e coltivare delle erbe, e vorrei una occupazione mia. C'è che sono fortunata ad avere il dono dei seidhr perché questo mi dà dello spazio in più. E vorrei una famiglia, è vero, ma dove il mio uomo mi rispettasse, per come sono, anche se non sono la migliore in qualche cosa. Non solo che non mi picchiasse, ma che mi vedesse come la sua socia.”

“Sono tante cose, quelle che vuoi, ti sei accorta?” cercò di essere dolce nella sua obiezione.

“Lo so. Non le pretendo tutte.” Sigyn lo guardò con gli occhi rossi. “E poi ad un certo punto arriva Lord Thorvald ed è chiaro che ci sono delle regole per cui io dovrei stimare delle persone solo per un dettaglio, se sono uomini, e per un altro se sono donne. E disprezzarli per ragioni decise dagli altri. Ma questa non sono io, io non faccio così, non ci credo. E poi salta fuori che dovrei vergognarmi di me stessa per dove sono nata, cosa di cui nessuno sa niente, tra parentesi, perché nessuno ci ha mai chiesto niente, ci avete tagliato i capelli come animali e gettate in uno stanzone, eppure eravamo così piccole. Io ricordo solo un viso amico quel giorno, sai?" Loki chiuse gli occhi e non disse niente. "E poi è qualcosa che io non ho scelto, ma voi tutti avete scelto un nome apposta per me. E subito dopo arriva Thor e mi dice che sono solo un corpo che ha un valore solo se, attaccata, c’è questa stupida verginità intatta. Che lui sa meglio di me cosa è bene per me. E che io offendo lui, Lady Frigga, Loki… E’ carino, eh! Dolce, anche. Si preoccupa per me, ma solo per quell’aspetto. Ma io non sono solo quello. Non sono una cosa sola. Non giudico in quel modo e non voglio essere giudicata!”

“Gli devi dare del tempo… forse ci mette un po’ a realizzare...”

“No. Lui proprio non capisce.” Loki alzò gli occhi al cielo - come darle torto? "ha assistito ad una discussione su delle donne giovani, che dovrebbero essere restituite a degli estranei e si è annoiato! E guarda io prima stavo cercando di spiegargli delle cose che però avrebbe dovuto spiegargli sua madre, secondo me, o suo padre, o un precettore e che lui dovrebbe spiegare a me, e invece non ascolta!"

“Dai vieni, passiamo dalla Prima Cameriera e ti porto fuori a bere qualcosa.”

“Non voglio!”

“Cosa non vuoi?”

“Che tu faccia certe cose perché è così che fanno tutti.”

“Ah questa poi! E io non voglio un incontro furtivo.” E non voglio scoparti nei giardini di mio padre e ci mancano solo le frustate coi rami di nocciolo, una cosa da bestie. “Ho voglia di bere una birra e chiacchierare con te.”
 



Trovarono un angolo appartato nella taverna - una saletta accogliente in un localino elegante dove Loki aveva accompagnato per una tisana qualche anziana Lady, amica di sua madre.
L’interno era ricoperto di legno chiaro di betulla, con dei fregi verdi, due finestre davano su un giardino interno ed il pavimento era di pietra di fiume lucidata.
I tavoli erano piccoli e rotondi ricoperti da tovaglie ricamate piatti e tazzine erano in ceramica verde, terribilmente leziosi.
Un locale molto femminile e decisamente molto perbene - Thor non ci avrebbe trovato nulla da ridire, pensò Loki con un sogghigno, ed avevano pure la benedizione della Prima Cameriera.

Optò per una tisana - la birra, intuì, sarebbe stata fuori luogo - e dei dolci per lei, che era notoriamente golosa. Sigyn prese un infuso alla menta e Loki sorrise, sentendone il profumo.

Con quel vestito era davvero carina, decise, non c’erano ricami a millantare ricchezze che non c’erano, solo la sua pelle ed i suoi capelli - era bella nel suo.

“Allora Sigyn?”

Lei lo guardò diffidente.

“Questo è un brutto periodo, vero?”

Sigyn affondò lo sguardo nella tazza e non rispose.

“L’esame di Freja, quello di cui mi hai parlato, non è solo l’opportunità per studiare in un posto nuovo, vero?”

Lei annuì.

“Preferiresti questo ad essere portata via da me?”

Lei annuì arrossendo e Loki tirò, dentro di sé, un sospiro di sollievo.

“Perché mi hai dato quella rosa?”

Sigyn alzò lo sguardo “Tu sei un sogno e non lo sai. Io non ho mai incontrato una persona come te, a volte mi sembra di conoscerti da tanto tempo…”

“Quelli che conosci sul serio da tanto tempo non vanno più bene?”

“Vanno benissimo, ma tu sei… tu non hai mai fatto del male a nessuno, non sei feroce, e non vuoi cose… enormi. E sei… un sogno possibile.”

Sigyn lo guardò ansiosa - non era proprio un discorso entusiasmante da fare ad un uomo con cui solo poco prima si stava allegramente rotolando nell'erba - Loki chiuse gli occhi nascondendo il divertimento: lei stava in pratica dicendo che Theoric era un mediocre.
Sogghignò: non era solo perché era ancora così ingenua da apprezzare gli unicorni, c’era che un ragazzo semplice, venuto da qualche villaggio di montagna, non sarebbe stato troppo fuori dalla sua portata, e magari non si sarebbe preoccupato di una suocera che non c’era e di come questa aveva concepito sua figlia.
Lo capiva perfettamente.
Averla ingannata era una porcata proprio per quello e, se fosse saltato fuori, il prezzo da pagare sarebbe stato alto.

Quello che le sfuggiva era che un ragazzo semplice di un villaggio isolato, prima, se la sarebbe scopata sull’erba, senza capire se le stava dando piacere, senza nemmeno porsi il problema, dando per scontato che a lei non sarebbe comunque piaciuto le prime volte. E poi si sarebbe fatto domande degne di Lord Thorvald da giovane.

“Ci sono anche sogni impossibili?” A lui non interessava, pensò irritato, ma Theoric l’avrebbe voluto sapere.

Sigyn sembro strangolarsi da sola con la sua menta e poi disse, scarlatta nel viso, la voce rauca: “Ci sono stati.”

“E quindi?”

“E quindi… La via più facile per ottenere qualcosa è mentire. Agli altri e a se stessi.”

Loki la guardò e pensò che Sigyn sbagliava a vergognarsi - era umana, dopo tutto - così completò per lei “Così un fiore che dice la verità perché è uno specchio.”

Con delicatezza incrociò le dita con quelle della ragazza.

“E perché quel sì, a parte il fatto che ti piaccio e che mi piaci moltissimo? Non voglio essere lo strumento per una ribellione.” Aveva fatto anche lui le sue belle cazzate solo per far irritare Odino, anche se alcune, come quella dei Guerrieri della Nebbia, o come diventare prestatore - con molta riservatezza - erano state scelte per lo più solo sue che non rimpiangeva e non avrebbe rimpianto mai.

“Non mi sto ribellando contro nessuno. Solo che non voglio adescare un uomo con il sesso che farei solo dopo un matrimonio. Se ti piaccio non deve essere solo perché sono… faccio quella difficile. Perché poi, passata la novità, una volta che mi hai avuto, resto solo io.”

“Ma prima vuoi fare altre cose… come trovare un posto per quel tuo lupo. Fenrir nella tua lista viene prima di una capanna con Theoric.”

“E’ così orribile?”

Loki trattenne un sorriso e poi la rassicurò: non era orribile per niente.


"Un’ultima cosa, perché adesso tu non li sopporti più?”

Fu la domanda sbagliata, il visetto di Sigyn si accartocciò letteralmente davanti a lui, come una foglia d’autunno e lui ebbe l’opportunità rara di vedere le persone che amava con gli occhi di una ancella - non ci facevano una gran figura, soprattutto lui che, effettivamente aveva usato con Thor la parola poveraccia ma in un altro contesto, accidenti!  Suo fratello era proprio un cazzone!

Quanto alla faccenda delle Dimenticate, a quel che capiva, l’idea generale era che lei lo vedeva come una specie di sopruso, bello e buono - povero Lord Thorvald, pensò, che voleva mettere a tacere la sua coscienza dopo un viaggio faticoso tra le vergogne non così segrete degli Aesir.

Poi le disse “Molte sono cose su cui non ci puoi fare nulla, stare a pensarci sono solo capricci.”

“Come nulla?” lo guardò con gli occhi spalancati “E invece qualcosa si può… Theoric, ma tu credi che gli uomini siano nati sudditi? No, la natura ha creato gli uomini liberi, soli e fragili, in balia di un mondo difficile. La società è quello che noi accettiamo per il bene di tutti, e per la protezione dei piccoli, ed un Re perché questo è la nostra tradizione, e perché è un sistema più efficiente. Ma la accettiamo in quanto uomini liberi che scelgono di obbedire. E come donne libere. Nessuno governa da solo. Nessuno. E se lo pensa si illude di grosso. Poi ci sono persone che si fanno corrompere dall’abitudine, che si sottomettono ed obbediscono perché è naturale, o che disobbediscono solo quando nessuno li vede e solo per il loro tornaconto, quelli sono schiavi nati per essere schiavi anche se magari vivono a Corte e li chiamano jarl, ma questo è un altro discorso.”

 

Poi parlò di una certa Grima, ma a Loki non interessava, era troppo occupato a pensare che era un po’ matta, e che adesso capiva i discorsi di Wili, perché le Dimenticate, anche le più tenere, erano schegge impazzite, che fosse per come erano vissute, o per come erano state accolte, o per come in qualche modo qualcuno le aveva educate, e che era molto dolce che lei avesse avuto dei sogni impossibili, augurandosi che suo fratello, quello così bello, buono e che scherzava con le ancelle, non c’entrasse affatto, e che il vestito le stava davvero bene, e che sarebbe stata una deliziosa compagna di letto per chiunque, lo aveva pensato in montagna e tornava a pensarlo ora, che quello sguardo fiducioso che aveva per Theoric non gli piaceva per niente perché Theoric non esisteva. E che quello che lei voleva non ce lo aveva nemmeno Frigga, anche se Frigga, come Asgerda e come Hervor - tutte donne a che a lui piacevano profondamente - probabilmente la pensavano, ognuna con le sue sfumature, proprio come la piccola

L’ultima cosa che Loki pensò fu che una conversazione tra Sigyn e Thor sul ruolo di un Re sarebbe stata molto interessante, ma che sarebbe finita malissimo - Sif l’avrebbe picchiata di nuovo, poco ma sicuro.


 

Qualche giorno dopo la cercò in biblioteca di mattina presto.

“Hai un appuntamento.” le disse. “Rifarai quell’esame.”
Le porse il foglio con la convocazione e se ne uscì senza nemmeno guardarla - non lo avrebbe passato, ci avrebbe scommesso sopra, aveva la testa altrove e si vedeva. La prossima volta, coi tempi che aveva in mente lui, forse ce l’avrebbe fatta, ma stavolta no.
Ma tutto questo non contava, come non contava il fatto che probabilmente la prossima volta se ne sarebbe andata dalla Biblioteca e da Fensalir per poter studiare meglio da Freja - un pensiero che gli dava un fastidio tremendo.


Contava che quello non era stato un bel periodo per la piccola, prima l'aveva trascurata per un po' come amica, l'esame che era andato male, e poi lui se l'era portata in montagna a caccia di lupi dopo averla quasi baciata - non le era piaciuto, uccidere il lupo, di loro due sotto la pioggia non lo sapeva, ma poi era arrivato Theoric con tutto il suo bagaglio di possibilità una più dolce dell'altra - e poi Asgerda e le sue illazioni, quella notte in montagna, se per lei non era stato solo desiderio, ma anche un sogno impossibile, la rottura con una educazione imposta e messa in discussione, e il ripetersi di cose che aveva già visto, situazioni in cui non si poteva dire di no, sotto una vernice di scherzi e di complimenti, capiva che non doveva essere stato facile, capiva che non avesse voluto, capiva il peso del giudizio e che ci fosse un costo per fare come si voleva che era diverso per lui e per lei, e poi c'erano cose che lui non poteva fare e lo sapeva, solo che non coincidevano con quelle di Sigyn. Capiva la sua rabbia per Snorre, la simpatia per le thrall e quando gli aveva chiesto se lei era libera o meno, se lui aveva visto suo padre spruzzarle l'acqua sul capo. E poi la faccenda delle Dimenticate, gli era chiaro, non era stato il massimo nemmeno quello - faceva paura anche a lui.

Era il suo modo per dirle che era… brava, per certi aspetti fantastica, per altri terribilmente irritante e che a lui andava benissimo così.

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