Etologia ed altri rimedi

di Tralala25
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Di caponate e cinghiali sudati ***
Capitolo 2: *** E galeotto fu il Milka ***
Capitolo 3: *** Quando un Dalmata incontra un cerbiatto ***
Capitolo 4: *** Vendetta in tutte le lingue del mondo ***
Capitolo 5: *** Di iene criticone e leoni maltrattati ***
Capitolo 6: *** Tra traumi infantili e orgogli feriti ***



Capitolo 1
*** Di caponate e cinghiali sudati ***


DI CAPONATE E CINGHIALI SUDATI
Curioso come tante volte, ciò che per fama è ritenuto essere in una tal maniera, spesso si rivela diversissimo dalla suddetta. Nonna Angela lo diceva sempre: "Bada bene Vignetta, non tutto è come sembra", me lo sussurrava piano all'orecchio, cercando di impressionarmi, quasi fosse una promessa ed effettivamente si impegnava sempre a non contraddirsi mai, cercando in tutti i modi di darmi prova della veridicità dell'affermazione...Ed è esattamente questo il motivo per cui, seduta sul treno, al momento di sconfezionare il pasto a sacco da lei amorevolmente preparato stamani, trovo della caponata al posto dell'innocente verdura che avevo richiesto; ok diciamo pure che, dopo aver passato le vacanze di Pasqua nell'estremo sud, potrei averle chiesto supplichevole di risparmiarmi un'ulteriore abbuffata, dato le mie forme piuttosto burrose, e suggerito di prepararmi, almeno per il rientro a casa, qualcosa di leggero (delle verdure per l'inciso)...Beh, dovevo capire che si era offesa quando, facendo finta di non sentirmi, aveva ugualmente riposto due porzioni di pasta al forno all'interno del porta mangiare o quando, dopo averle ripetuto nuovamente di preferire verdure per cena, ha stretto le labbra e rivolgendosi a me con falsissima accondiscendenza ha detto: "Vignetta, ho sentito alla televisione che le verdure non sempre fanno bene alla linea e che un bel piatto di pasta delle volte può essere più digeribile, ascolta la nonna, portati questo, è tutta salute". Riflettendoci a mente lucida e con la consapevolezza del caso, sono, però, ragionevolmente sicura che l'errore che l'ha fatta capitolare, sia stato essenzialmente il liquidarla con un gesto della mano (Mai non darle importanza! Mai contraddirla! MAI!),  forse dovevo darle retta quando, mentre mi porgeva sorridente il porta mangiare oramai confezionato, aveva detto "Bada bene Vignetta, non tutto è come sembra, quello che è bene può anche essere male, quello che è buono può anche essere cattivo, ciò che è salutare può anche essere dannifico"; ok, diciamo pure che avrei dovuto cogliere l'intonazione solenne che ha dato con cipiglio orgoglioso all'ultimissima parte, ma tendo sempre a sottovalutare il carattere vendicativo e competitivo della vecchia.
 
Quindi, dicevo, mi ritrovo in un claustrofobico scompartimento trenitalia, anzi no, mi trovo in un claustrofobico scompartimento notte trenitalia (che è anche peggio) con un portamangiare che perde olio da tutte le parti: olio che puzza di fritto; olio che crea un gradevolissimo alone a forma di banana sui miei pantaloni bianchi. Non devo far proprio una bella impressione, rettifico: devo far proprio un' impressione pietosa al ragazzo che è appena entrato nella mia cabina stringendo in mano un biglietto che con tutta probabilità porta scritto il numero 24c, perché:
A-Con le guance paffute intente ad assaporare caponata e i capelli umidicci causa riscaldamento eccessivo, sembro un malandato esemplare di cinghiale sudato dei Nebrodi;
B- Una che mangia non appena salita sul treno, senza che nemmeno tutti abbiano preso posto, può dare due impressioni: o non vede cibo da una settimana, ma dalle mie dimensioni non sembra, o ha il verme solitario nello stomaco, ma ripeto dalle mie dimensioni non sembra;
C- Qualunque individuo che sul treno invece di portarsi un tramezzino si porta della caponata ha un non so che di grottesco che gli dona il fascino tipico del cinghiale sudato dei Nebrodi sopracitato.
Non essendo esperta in materia ma profondamente pentita di non aver mai guardato nessuno di quei pallosissimi documentari che trasmettono a ruota libera su focus, adesso mi chiedo se, qualora lo avessi fatto, ora saprei se tra manzi e cinghiali c'è sintonia. La risposta deve essere no, perché da quando il manzo è entrato, non ha mai sollevato gli occhi su di me, ma fissa ancora accigliato il biglietto! La sua attenzione viene richiamata però da un delicato toc toc proveniente alle sue spalle: una ragazza si affaccia con sfacciata timidezza dalla porta della cabina, alta un metro e un grattacielo, tacchi a spillo , e vestitino morbido rosa cipria che comunque esalta egregiamente la sua figura, :"È questa la cabina 25?" chiede mellifua all'indirizzo del ragazzo, il suo sopracciglio alzato tradisce però una costernazione fittizia. Dicevo: tra manzi e cinghiali non c'è sintonia, ma tra manzi e gazzelle deve pur esserci, sennò non si spiegherebbe proprio, non si spiegherebbe affatto lo sguardo malizioso e sfacciato che quel decerebrato di un manzo le ha rivolto.

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Capitolo 2
*** E galeotto fu il Milka ***


E GALEOTTO FU IL MILKA

Avevo sette anni quando Giannandrea De Scalchi, un bimbetto unto e paffuto (ok, non è vero ma a me piace ricordarlo così), scorreggiò davanti a tutti.
Giannandrea gestiva il traffico di merendine a scuola, lo so per certo perché lo vedevo ogni giorno tastare, in cortile, gli zainetti di tutti in cerca di Buondì e Kinder Delice che poi raccoglieva in una cesta e rivendeva a ricreazione.
L'operato di Giannandrea mi era del tutto indifferente e lo sarebbe rimasto se lui non mi avesse fatto un torto a cui mi era impossibile soprassedere. Era un martedì mattina quando, per la prima volta in tre anni di scuola, fissò famelico un punto esattamente sotto la mia schiena... Non mi guardò il sedere come i più maliziosi potranno pensare ma fece di peggio: accarezzò con gli occhi la tasca inferiore del mio zaino dalla quale capitolava timidamente una barretta milka a edizione limitata ripiena di caramello e nocciole. Nonna Angela aveva perlustrato a fondo tre Ipercoop, due Conad ed un Eurospin per trovarla, fino a quando l'aveva vista radiosa in un ripiano della Despar vicino al meccanico di fiducia di papà.
Per questo, quando Giannandrea la sfilò con prepotenza dalla tasca e se la porto direttamente alla bocca (senza nemmeno inserirla nella cesta come di consuetudine), costringendomi  ad assistere allo scempio e ad aspettare fin quando non l'avesse ingurgitata tutta, io giurai che gli avrei fatto del male, un male anche più profondo di quello che lui aveva procurato a me. Nonna Angela mi appoggiò nella maniera più totale: mi accompagnò alla Despar il pomeriggio stesso, comprammo una barretta identica a quella che il farabutto mi aveva sottratto di mattina e poi mi lasciò a casa per passare a prendere una "cosuccia" in farmacia anche nota come lassativo in gocce. Inutile dire che l'indomani saltellai allegra verso Giannandrea e senza che che ci fosse bisogno che ispezionasse scrupolosamente il mio zaino, gli porsi in autonomia la barretta.
 Giannandrea era spensierato come Bambi mentre addentava la tavoletta, spensierato fino a quando non giunse in cortile e... E scorreggiò, scorreggiò rumorosamente e, purtroppo per lui e per noi che eravamo a portata di naso, non si limitò solo a quello. Aveva fatto flop, davanti a TUTTI. E davanti a tutti io risi, risi di gusto, senza potermi più fermare, fino a farmi mancare il respiro, risi più di quanto il mio diaframma potesse tollerare. Giannandrea, invece, notai soddisfatta, non rideva più:  Che c'è, siamo arrivati al punto in cui muore la tua mamma, Bambi?


Credevo che non avrei mai potuto avere reazione più esagerata di quella. Quando, però, la ragazza-Gazzella si rivolge al mio compagno di cabina e dice :"Oh mannaggia, vorrà dire che mi toccherà portare la valigia da un'altra parte!" simulando immane fatica nel sollevare un insulso bauletto e portando gli occhi fuori dalle orbite a mo di Chiwawa per chiedere implicitamente (?) aiuto, mi scappa una risata indecorosa malamente soffocata; quando poi inizia a sbattere le ciglia come se avesse lo stesso tic nervoso del tizio che ho visto su "malattie imbarazzanti" con nonna Angela, ogni tentativo di soffocare i singulti viene vanificata. In quell'esatto momento i due ragazzi indirizzano l'attenzione su di me: mentre la gazzella si mostra infastidita dall'essere stata interrotta e mi rivolge una considerazione pari a quella che indirizzerei al più insulso degli insetti; il ragazzo  dapprima  mi fissa confuso, poi si riprende in fretta e abbassando lo sguardo verso i miei pantaloni ecco che inarca sornione un sopracciglio. Smetto di sorridere: la macchia a forma di banana, cazzo!
Si gode serafico il mio rossore stringendo leggermente gli occhi e donando al suo viso l'espressione tipica di chi la sa lunga. Dopo pochissimo si volta verso la gazzella e torna languido: "Se mi permetti, scorto sia te che la tua valigia in cabina" ed è dall'intonazione con cui lo dice, roca e fin troppo fraintendibile, che capisco che, invece, nella mia di cabina non ritornerà più, o per lo meno non lo farà prima delle prossime due ore.


Vedete, Trenitalia ha negli anni allenato un'ambigua e farabutta capacità di illudere:  si assicura che fuori dai vagoni notte troneggi in stampatello maiuscolo la scritta "COMFORT" , ma alla fine l'unica cosa che è confortevole è scendere dal treno una volta arrivata a destinazione; inserisce in ogni cabina una manopola per regolare la temperatura, ma state certi che il passeggero non ha alcun potere in merito dato che ci si deve accontentare di quella impostata dalla centrale; garantisce di farti trovare bevanda e colazione, ma l'unica cosa che ti viene data è dell'acqua in un contenitore molto simile ad una scatoletta di tonno e un succo di frutto alla mela (marca cavallo ovviamente); e cosa più sublime e fatata: ti fa credere che le cabine siano insonorizzate, ma di norma riesci a sentire il fruscìo delle carte dei signori che giocano a briscola a tre cuccette di distanza. Figuratevi, perciò, se io, dalla cabina 24, non sento che nella cabina di fianco, la 25 per l'appunto, due tipi si accoppiano come ricci. All'ennesimo incitamento di lei, che ho appreso chiamarsi Ambra, mi copro le orecchie col cuscino.
Ecco, se avessi cambiato canale su focus avrei già saputo che, alla fine del documentario, la gazzella è divorata dal manzo.


Mancano sedici minuti alle ventidue quando sento bussare in cabina. Ne mancano quindici quando finalmente decido di scendere da quella che chiaramente è la versione povera di un letto a castello e di andare ad aprire: "Credevo che saresti rimasto da Ambra" mi lascio sfuggire e lì anche lui capisce che le cabine non sono insonorizzate, lo noto da come increspa le labbra, tra l'infastidito e l' esasperato, ma rimane comunque perfettamente imperturbabile. Si passa una mano sugli occhi e fa per rispondermi ma la voce di Ambra che urla dalla cabina accanto lo interrompe: "Su Facebook non c'è nessun Gianni Testalti", sembra quasi ubriaca, si vede che l'ha stravolta parecchio. Lui sbuffa e con un tono di voce che poco si intona con l’espressione che ha al momento, dice sporgendo il viso dalla cuccetta: "Prova con Giannandrea De Scalchi".
Ed ecco che sprofondo nel vuoto. Tanta Incredulità. Un unico dubbio: ma allora cosa sei? Un manzo o un cerbiatto?

 

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Capitolo 3
*** Quando un Dalmata incontra un cerbiatto ***


QUANDO UN DALMATA INCONTRA UN CERBIATTO

Se credete che la metamorfosi interessi solo bruchi e farfalle vi sbagliate di brutto. Quando Giannandrea iniziò a tremare davanti ai miei occhi, non me ne preoccupai più di tanto: imputai la colpa alla paura, alla vergogna, alla mortificazione che sicuramente provava in quel momento. Rimasi perciò di stucco quando, quel bimbetto di dieci anni appena, riuscì a zittire i mormorii divertiti di tutti i presenti; lo fece scorrendo maligno lo sguardo su ciascuno di loro, intimando chiaramente il silenzio. Solo allora presi coscienza, attonita, del mio piccolo errore di valutazione: Giannandrea non tremava: non era nel suo stile, non era nella sua indole. Fremeva piuttosto. Di rabbia e di rancore. Lo vidi chiaramente nel moto sussultorio e convulso del suo labbro inferiore, nelle nocche bianchissime del pugno stretto lungo il fianco, nella linea morbida e fiera del suo labbro leggermente sollevato verso l'alto che sì, mi odiava, e tanto.
Quando si mosse felino verso di me, con i pantaloni ancora pieni di cacca, e sorrise cattivo, credetti che fosse finita ma fu quando si fermò a due spanne dal mio viso, ponendosi alla giusta distanza per alitarmi in faccia, che non potei fare a meno di sorridere. Solo tre pensieri: sapeva di cioccolato; ne era cosciente; mi stava sfidando. E provai, contro ogni previsione, un moto d'orgoglio perché Giannandrea De Scalchi in persona, temuto da tutti e timoroso di nessuno, per la prima volta in vita sua, riteneva qualcuno, riteneva me, all'altezza del suo odio.

 

L'espressione totalmente indifferente che mi rivolge in questo momento, quindi, mi turba un pò. Non so se esserne offesa, a dire il vero, e sono quasi tentata di alitargli in faccia: per dargli un segno, per vedere se ricorda, ma la vocetta di nonna Angela che dice: "Allora, Vignetta, per fare la caponata devi tagliuzzare e friggere una grossa cipolla " mi frena non poco. Non che non si meriti di morire asfissiato, si intende, ma evito per me: perché non so se vendicarmi valga quanto la perdita della mia dignità nel momento in cui in ospedale mi chiederanno le circostanze dello svenimento.


Ad interrompere lo stato catatonico in cui mi trovo è proprio il Manzo/puzzola/cerbiatto: "Fatti da parte" dice esausto e leggermente infastidito sul ciglio della porta. Decido di non muovermi di un millimetro continuando ad ostacolargli il passaggio: "Dimentichi la parolina magica!" Affermo un po' stupidamente, nella speranza di compensare con una piccola rivincita la debole ferita nell'orgoglio che mi ha procurato; lo dico con un tono di voce lento e paziente, come quello che uso con Selvaggia. Selvaggia, che lo è di nome e di fatto, è la bambina che mia sorella ha concepito quattro anni e mezzo fa a detta sua con Marco, un giovane studente di teologia nonché presidente del gruppo di azione cattolica della parrocchia, chierichetto del mese e detentore della nomina di catechista più pio per l'anno 2016/2017; a detta mia con Satana, detto anche Lucifero, l'angelo che scassava le palle perfino al pazientissimo Dio, da cui Selvaggia ha ereditato l'urlo e lo sguardo demoniaco che sfoggia ogni qual volta le venga detto di no.
Quando il manzo mi fissa imperscrutabile senza dire una parola, temo che lo spirito di Selvaggia si sia impossessato anche di me; di colpo però si mostra costernato e la mia rabbia sfuma: "Hai ragione" dice alzando le mani in segno di resa; io a questo punto sorrido benevola aspettando che continui: "Fatti da parte, subito !" Rivela l'ultima parola dopo una pausa, ghignando lapidario e sbruffone. Ed io non ho alcun dubbio: da qualche parte del mondo, un'altra donna, ventiquattro splendidi anni fa, trovò allettante giacere indisturbata su un morbido letto con Satana.


Quando vedo Giannandrea immobile davanti al contenitore di caponata, vorrei correre e frappormi tra i due, come a impedirgliene la visione, come ad evitare che la mia carinissima e coloratissima caponata, venga criticata da uno, che a giudicare dall'aspetto sano e fin troppo in forma, barrette milka non ne mangia più.


"La Regione Sicilia ti paga come testimonial su Trenitalia, piccolo Dalmata?"

Davvero simpatico. Nonna Angela lo castrerebbe: la sua caponata non ha mica bisogno di pubblicità, a breve la faranno patrimonio dell'Unesco! Ma aspettate...


Dalmata!? La mia faccia deve essere in modalità scorfano lesso perché Giannandrea è costretto a farmi un cenno verso i pantaloni. Quando noto con terrore di non essermi asciugata bene le mani dopo aver richiuso il porta mangiare, e di essermele strofinate più volte su di essi, impallidisco. Un intero arcipelago di mini banane, ma che dico! La repubblica delle banane, troneggia indisturbata sul tessuto un tempo bianco candido. Contro ogni previsione quando rispondo, la constatazione che faccio è del tutto diversa da quella che lui si aspetta: "Sono alta un metro e sessantadue!" Dico fiera, cercando di smentire quel piccola che dal modo in cui mi ha guardata, dall'alto verso il basso, è unicamente riferito all'altezza. E Che si azzardi a smentirmi! Ho la prova! Una tacchetta incisa con forza nello stipite della porta della cucina di Nonna Angela. "Sì, lo vedo bene che sei nana"

 

Dicevo: prima ancora di cerbiatto, puzzola e manzo, Giannandrea è irrimediabilmente e irreversibilmente...Verme.

 

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Capitolo 4
*** Vendetta in tutte le lingue del mondo ***


VENDETTA IN TUTTE LE LINGUE DEL MONDO

Il primo giorno di scuola dopo quel martedì mattina, aspettai di trovare un plotone di esecuzione pronto a disintegrare ogni mia merendina. A questo proposito nonna Angela, nella saggezza mistica della sua veneranda età, affermò solenne e perentoria che non ci sarebbe mai stato niente di più avvilente per il nemico, di privarti di qualcosa a cui in realtà non tieni. Fu questo il motivo per cui, quella mattina, dalla tasca inferiore del mio zaino non si sentiva profumo di pancarrè e Nutella, ma incastrato tra innumerevoli strati di pellicola trasparente e carta stagnola stava immobile un enorme cavolfiore.

Nel momento in cui, giunta a scuola, mi ritrovai dinanzi ad un cortile semi deserto, salvo qualche bambino che giocava in solitaria a campana, non potei trattenere un cipiglio deluso. E fu con un'espressione analoga (annoiata e insoddisfatta di come procedeva la giornata) che decisi di recarmi in bagno tra terza e quarta ora.

Quando mi sentii afferrare per un braccio credetti fosse Aldo, il bidello un pò ottuso del secondo piano, che mi rimproverava perché ero passata sul bagnato.

Quando avvertii la mia schiena sbattere violenta contro il muro, e due mani forti intrappolarmi tra di esso, fui certa che Aldo, con la sua simpaticissima faccia da Cavallo e la sua tenerissima mano monca fosse indiscutibilmente innocente. Un ciuffo di capelli corvini sfiorò la mia fronte e nel momento in cui incrociai un paio di occhi grigio intenso ne ebbi la conferma: Giannandrea De Scalchi era proprio un pazzo criminale.

 

 


E criminale lo è ancora, incosciente per giunta! Perché sta scritto proprio lì, tra i comandamenti- A pensarci bene credo sia proprio l'undicesimo- che mai e ancora mai si deve discutere con Lavinia Tarantino della sua bassez...ehm altezza! Pena uno sguardo malvagerrimo della suddetta e la collocazione in cima alla lista dei nemici della stessa. Lista dei nemici che aggiorna ogni settimana, si intende. Ed al momento quel rincoglionito di un cervo senza corna, tale Bambi, ha di gran lunga surclassato: 

-Il funzionario mezzo sordo di poste italiane, il quale di norma impiega quarantacinque minuti di orologio per spedire una raccomandata (o forse per recepire di spedirla) e poi la fa arrivare da tutt'altra parte ovviamente;

- Il commesso riccio di H&M, che nell'aiutarti a cercare una maglietta, psicoanalizza i colori di ciascuna e consiglia addirittura antidepressivi qualora la si acquisti nera;

- La gatta della mia vicina, Samantha, chiaramente complessata di essere gatta, dato che puntualmente urina invidiosa sullo zerbino di casa mia -zerbino in cui sono disegnati dei cani, per l'inciso;

-Irina, il puttanone ucraino che abita due portoni dopo il mio, e che a servizio terminato esce da casa canticchiano "I'm sexy and I Know it" soddisfatta dell'eccellente prestazione fornita;

- Il proprietario del nuovo vegetariano sul Corso, che ha insultato con diversi epiteti la mia intelligenza dopo avermi sorpreso a mangiare un panino al prosciutto dentro il suo locale (a mia discolpa affermo che credevo fosse un ristorante messicano, date le lucette e i cappelli a punta esposti fuori dall'edificio, salvo poi scoprire costituissero la succursale della bancarella di un vu cumprà)

E dulcis in fundo...

-Morena, l'estetista da cui vado quando proprio non ho altre spiagge, ma che dico! Quando ho davanti solo montagne. Lei, al momento di immergere il bastoncino nella cera, mi chiede se la ceretta all'inguine la voglio fatta in stile pornostar. E ho detto tutto.

 

 

"Sei sul podio Giannandrea" mi sfugge prima ancora che io possa ricacciare dentro le parole .

"Sono primo in tutto ciò che faccio. A cosa devo l'onore stavolta?" Dice serio e so bene che non scherza. Giannandrea era nato per vincere ed anche alle elementari non c'era competizione agonistica, verbale o fisica in cui lui non ne uscisse irrimediabilmente vittorioso. Era un leader e tutti, in qualsiasi momento, morivano dalla voglia di lucidargli le scarpe. Parassiti del cazzo.


"Sei il più cretino" affermo con ovvietà .

"Oh" dice inarcando un sopracciglio "C'è da andarne fieri allora!" Conclude più composto, arrochendo la voce.

E penso che lui faccia decisamente parte di quella popolarissima categoria di persone che si trascinano addosso le conseguenze delle sberle mai date.

"Tronfio" sottolineo stridula, guardandolo negli occhi, più a me stessa che a lui.

"Presuntuosa" sottolinea cavernoso, guardandomi negli occhi, più a se stesso che a me.

 

Fa per sistemare il suo zaino in alto, sopra quello che doveva essere il mio letto, e rimango incantata. Noto con (dis)piacere che ogni suo movimento è pulitissimo: cammina, respira, gesticola con un'agilità ed un senso di controllo che non mi appartengono, nonostante gli innumerevoli anni di ginnastica ritmica (fatta sotto tortura ovviamente) . Guardando di sottecchi la linea dritta del suo naso, il profilo sicuro della mascella alta e la morbidezza della curva del suo labbro inferiore, mi chiedo se baci anche con tanta sicurezza. Penso di sì, d'altronde non è mai esistito imbarazzo per Giannandrea: ogni posto è il suo posto nel mondo .

 

"Togli subito quello zaino, non vedi che già c'è il mio?" Dico e allungo la mano, con l'intenzione di afferrare e spostare la sua sacca nel letto di sotto, ma quando Giannandrea mi precede, porgendomi invece la mia, ho una voglia matta di pestargli i piedi, preferibilmente scalzi, con i tacchi a spillo che ho comprato l'altro giorno da Prima Donna.

 

"A me piace stare di sopra, lo dovresti sapere" Dice ghignando, con il labbro leggermente sollevato, mentre continua a porgermi la sacca.

 

Vorrei dirgli che è da megalomani dare per scontato che io abbia tenuto l'orecchio teso durante tutta la sua prestazione sessuale, come se non avessi niente di meglio da fare. Ma evito, perché effettivamente nel momento x, non avevo davvero nulla di più interessante da svolgere.

 

"Sei proprio strano" affermo, e lui mi guarda come se fossi legata ad una sedia con addosso una camicia di forza.

"Beh, Potevo rimanere a scopare con una panterona" Panterona? Non era una Gazzella!? "E invece sono qui, con una che sembra se la sia fatta addosso, quindi forse hai ragione, tanto normale non sono" Dice guardando i miei pantaloni.
Assottiglia lo sguardo. È infastidito il signorino. Lo vedo dalla ruga che gli si è appena creata in fronte. Ma non mi importa.

Io gli sono grata invece...

"Sai, c'è una cosa di cui sono fierissima: non me la sono mai fatta addosso in tutta la mia vita" affermo orgogliosa, cattiva "Tu, amico, puoi dire lo stesso?"

 

...Perché mi ha appena servito su un piatto d'argento la luminosissima chiave della sua sconfitta.

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Capitolo 5
*** Di iene criticone e leoni maltrattati ***


DI IENE CRITICONE E LEONI MALTRATTATI

Nonna Angela non aveva che due vizi:
-Giocare settimanalmente una partitella a poker con Tony e Sandrino, i mafiosetti del quartiere, i quali, ogni qual volta che vinceva, le regalavano mortadelle e salami (non serve che vi dica che avevamo dispense piene di insaccati);
-Guardare ogni Giovedì sera, alle 21:30 puntuali, il Re Leone sdraiata sul divano, con i piedi incrociati sopra il bracciolo, custodendo meticolosamente tra le braccia una porzione di patatine fritte.

In tutto ciò, solo io, "L'unica Vignetta della sua vita", potevo presenziare all'una e all'altra occasione, pur preferendo decisamente la seconda, si intende: non a caso, il divertimento preferito dei due buzzurri era espirarmi in faccia il fumo di sigaro cubano.

Nonna Angela doveva avermi proprio fatto il lavaggio del cervello, perché era assurdo che , in un situazione come quella, io riuscissi solo a canticchiare nella mia testa "Hakuna Matata".

Quando Giannandrea accorciò inspiegabilmente la distanza  tra le sue due braccia appoggiate al muro, intrappolandomi ancora di più, temetti di soffocare sotto il suo alito caldo.

Hakuna Matata, ma che dolce poesia...

Quando iniziò ad avvicinare pericolosamente il suo volto al mio, non interrompendo neanche per un secondo il contatto visivo, sentii chiaramente il mio indifeso cuoricino sussultare timorosamente.

Hakuna Matata, Tutta frenesia…

Quando avvertii che, esasperatamente lento, appoggiava la sua fronte sulla mia, percepii il senno scivolare via .

Senza pensieri la tua vita sarà…

Quando mi diede, delicato come una farfalla, un buffetto sulla guancia con la mano destra, mi chiesi che fine avessero fatto le leggi non scritte tra noi e arrossii caldissima.

Chi vorrà vivrà in libertà…

Quando toccò con il suo naso dritto, il mio a patatina, non potei che ammirare stregata il taglio ipnotico dei suoi occhi.

Lui era una gran beltà, ma proprio una rarità…

Quando si allontanò brusco, lasciando spazio al più consapevole dei suoni ghigni maligni mi diedi della cretina: altro che Simba, Timon, Pumbaa, nel film lui, senza ombra di dubbio, avrebbe recitato la parte di Shenzi, la Iena.

 


"C'è per caso disegnato un leoncino sul tuo zaino?" Dice d'un tratto interrompendo incuriosito la discussione. Fa un passo avanti e abbassa il viso, fino ad avvicinarlo alla toppa della sacca, che tengo stretta in mano.

Non posso fare a meno di pensare che da lì può anche vedere le mie unghie mangiucchiate e il braccialetto di Cars che ho al polso...Braccialetto che ha trovato Selvaggia nell'uovo di pasqua eh: "Fa proprio schifo al pisellino", mi ha detto con voce candida una volta scartato il regalo, "Mettilo tu zia" ha poi ordinato perentoria al mio indirizzo afferrandomi per un polso e cercando di infilarlo a tutti i costi.

 Ve lo avevo già detto, giusto? A Selvaggia non piace che le venga detto di no.

Fatto sta che ora sembro la regina delle sciatte tra repubbliche delle banane, unghie martoriate e... Film Disney.

Saranno proprio la mia rovina i film Disney.

Fanculo Cars e Fanculo...

"Non è un leoncino, è il grande Mufasa, potente padre di Simba" Affermo fingendomi fierissima.

Fanculo il Re Leone.

Adesso Giannandrea ha un'espressione del viso seria, ma sento chiaramente la risata nell'intonazione gorgogliante della voce, come se si stesse trattenendo: "E Sarebbe?" dice tranquillo.

Ad avvicinarmi di un passo ora sono io, e nel farlo sbatto il ginocchio con il cestino che Trenitalia ha ben pensato di mettere ai piedi del letto, limitando quel poco spazio vitale che rimaneva alla claustrofobia cabina. Mi immagino l'Ikea che, regina nell'organizzare degli spazi, la addita prendendola per il culo per la sua incompetenza.

Cerco di darmi un contegno e di non far caso all'espressione di Giannandrea che mi intima di star zitta, perchè tanto ogni cosa che dirò mi farà solo sembrare più "caso umano" di quanto non lo sembri adesso: "Non hai mai visto il Re Leone?" Affermo tra l'incredulo e lo schifato, portando indietro la gamba infortunata per evitare altri scontri.

"No, mai ...Suppongo di non essermi perso niente, i personaggi sono piuttosto bruttini" È ancora concentrato sul mio zaino, lo fissa analitico, socchiudendo gli occhi e alzando a tratti il sopracciglio. "E poi non ti sembra un po' spelacchiato per essere un re?" Conclude risoluto indicando Mufasa, tirando le somme della sua ispezione.

Credo che se avesse dato della poco di buono a mia madre me la sarei presa di meno, per questo motivo poggio una mano sulla sua spalla per guardarlo negli occhi mentre gli dico tra il serio e l'isterico: "Spelacchiato un cazzo! Ha la chioma foltissima. Neanche con venti chili di "Pantene lisci effetto seta + volumizzante" riusciresti ad averceli come i suoi"

Lui sorride tranquillo e opta come me per il contatto fisico. Appoggia il palmo destro sul mio fianco facendo imporporare leggermente le mie guance. La sua mano è caldissima, le sue unghie perfette: "Ehi, non ti scaldare! E comunque non mi fanno tutti schifo, quello lì è carino" dice indicando il personaggio disegnato sulla tasca posteriore della sacca.
Detto ciò mi dà un pizzicotto, tanto forte che credo troverò un livido nel bacino domani e allontana la mano.

Non ribatto nemmeno, mi viene troppo da ridere.

Certo che quello lì è carino. È Shinzi, la Iena. È lui.

Mi butto a peso morto su quella sottospecie di letto/brandina: "Sto crepando dal sonno" Affermo un po' per abitudine un pò perché, mi duole ammetterlo, mi piace sentirlo parlare.

"Allora sta zitta e dormi" Dice cordialissimo sfilando la felpa e salendo la mini scaletta che da sul letto di sopra. Nel farlo i muscoli dell'avambraccio guizzano e se prima potevo soprassedere, adesso che è in t-shirt mi viene difficile distogliere lo sguardo. Ringrazio che stando di sotto non mi possa vedere arrossire. Dandomi di nuovo contegno, nonostante sia sdraiata mi scosto un pò e allungo la mano facendola arrivare all'altezza del suo letto, per mostrargli in tutta la sua fierezza il mio dito medio.

Che lo dica a sua sorella di stare zitta.

Il rumore del mio stomaco che brontola però azzittisce entrambi. Sbuffando allungo una mano verso il mio zaino, ai piedi del letto, e sfilo una barretta di cioccolato. Fanculo la dieta.
Giannandrea mi fissa scartarla con la testa leggermente affacciata in direzione del mio letto: "Sai, mi ricordi qualcuno" Dice.

Potrei pensare che è la volta buona,
che sono stata smascherata, che a portare marchiata a fuoco nella mente la sua immagine da piccolo non sono solo io.

Invece solo una considerazione riesco a sviluppare: non sarà Shinzi, ma è furbo come lei; vorrei quasi complimentarmi perché per tutto questo tempo ha aggirato la domanda il bastardo.

Te la sei mai fatta addosso o no, Giannandrea?

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Capitolo 6
*** Tra traumi infantili e orgogli feriti ***


TRA TRAUMI INFANTILI E ORGOGLI FERITI

La maestra Rosaria in realtà era  Rosario.
 
 Lo sapevano tutti a scuola, o perlomeno ne erano a conoscenza tutte le mamma che puntualmente, all'indomani dell'incontro scuola-famiglia, si riunivano in cortile a spettegolare invidiose su quel collo esageratamente sottile e diafano che tradiva però un pomo d'Adamo fin troppo pronunciato per passare inosservato.
Alla tenera età di cinque anni e mezzo mi facevo bastare dei capelli lunghi ed un'imbottitura prorompente per classificare come donna un qualsiasi individuo.
 
E Rosario portava i capelli lunghi fin sotto il sedere.
E imbottiva le coppe con così tanto cotone da dare l'effetto che gli strabordassero dal reggiseno.
Ne deducete che, una Lavinia quasi seienne, avrebbe messo tranquillamente la mano sul fuoco sulla femminilità del suo insegnante di italiano.
E ringrazio Dio che non l'abbia fatto, perché le mani sarebbero senza dubbio diventate una torcia vivente e le fiamme avrebbero inghiottito presto il resto del suo piccolo corpo.
 
All'età di 8 anni, tre settimane e tre giorni, contrariamente a ciò che l'aspettativa di vita media prevede, l'innocente Lavinia morì per far posto ad una più dissoluta, complici un muro, Giannandrea e lo specchio che riusciva  ad intravedere oltre la porta del bagno. 
Umiliata dal sorrisino sghembo inflittole dal compagno e troppo impegnata a cercare un punto vuoto  su cui fissare lo sguardo per distoglierlo dal bimbo, si concentrò sullo spicchio di specchio che intravedeva alla sua destra.
Non la sorprese di certo vedere riflessa la maestra Rosaria che si sistemava il trucco vicino al lavabo, lo facevano tutte le femmine, ma quando dal nulla Aldo, il bidello, afferrò la donna per i fianchi e la fece adagiare sulla sua schiena, sì che rimase interdetta.
Mamma si era sempre premurata di raccontarle di cicogne e bambini trovati alla fine di arcobaleni, rigorosamente vicino a pentole d'oro, quindi, quando vide Aldo accarezzare da sopra i pantaloni la maestra non ne capì proprio la necessità nè fu capace di ricollegare il gesto ai racconti della genitrice.
Nel momento in cui osservò, però, che l'uomo slacciava famelico la cintura all'insegnante, il dubbio di essere all'oscuro di qualcosa le attraversò il cervello. Fu solo quando vide l'indumento cadere giù che trattenne il respiro e...
E ringraziò mentalmente Giannandrea, che, resosi conto della situazione, con gli zaffiri fuori dalle orbite le era corso incontro per tapparle il più forte possibile gli occhi. Ma non bastò. 
 
Bada bene vignetta, non tutto è come sembra. Ed era vero.
 
La notte che era scesa sui suoi occhi non avrebbe potuto minimamente cancellare la prima cocente consapevolezza della sua vita. Nè la presa di coscienza delle menzogne che le erano state raccontate.
 

Non tutte le donne hanno le ostriche, alcune possiedono solo la proboscide.
 
 
 





 
"E chi ti ricorderei, di grazia?" dico da sdraiata, con la testa sul cuscino e gli occhi fissi sulla brandina sopra di me. Un po' col cuore in gola ad essere sincera. Sono certa che se si ricordasse non potrei più guardarlo in faccia per tutta la durata del viaggio, perché sì, a farsela addosso era stato lui, ma aveva quell'assurda capacità, non chiedetemi come, di ribaltare la situazione facendo risultare in deficit sempre e solo me.
 
"È per caso ansia quella che sento?" Afferma gongolante, sdraiato anche lui. E penso che a quanto pare ha ragione nonna Angela quando dice che tutte le volte che mi sento colta con le mani nel sacco, mi trema la voce.
 
"Assolutamente no" Urlo troppo velocemente per sembrare sincera. Me ne rendo conto e copro sconfortata la testa con il cuscino. Impulsività del cazzo.
 
Quando Giannandrea dà di nuovo voce ai suoi pensieri, però, ogni nota divertita scompare. E fa quasi paura. Senza il quasi: "E quindi hai degli scheletri nell'armadio, piccolo Dalmata"
 
Che non è una domanda lo capisco dal tono fermo e sicuro. Che vuole intimorirmi lo intuisco dal timbro basso e dal modo lento che usa per rivolgersi a me.
 
Sto cazzo che gli reggo il gioco.
 
"Chi non ne ha, sono certa che se scaviamo a fondo, troveremo qualcosa di interessante anche su di te" Ribatto melliflua. 
 
Non ti hanno mai detto di non fare agli altri quello che non vuoi fatto a te, cretino?
 
"Del tipo?" Dice con una serenità fittizia. Ad avere paura ora è lui però. E lo capisco dalla forza che ha impresso sulla prima D.
 
"Che so, qualche trauma infantile..." Azzardo cattiva, dondolando la gamba su e giù fuori dal letto.
 
A quel punto lui affaccia la testa dalla brandina di sopra e mi rivolge uno
di quei sorrisi maligni che da bambina mi ha dedicato così tante volte  da non riuscire a quantificarne il  numero: "Nah, da piccolo ero io a far venire i traumi agli altri" Afferma fastidiosamente sicuro.
 
Lo so bene bastardo, avrei voluto dirgli.
Tutto ciò che esce dalla mia bocca invece è: "Chi è che ti ricordo, Giannadrea?"
Perché la paura che mi abbia davvero riconosciuto adesso è tangibile più che mai.
 
Dal tonfo che avverto deve essersi ributtato a peso morto sul materasso: 
"Una tipa che veniva a scuola con me" dice col sorriso nella voce.
 
Mi sento in gabbia, come il canarino anoressico della signora Castellani, la quale, a giudicare dalle dimensioni, il cibo che dovrebbe dare al povero uccello, lo ingurgita lei.
 
"Ah si?" Sussurro con solo il cuore, lo stomaco, l'intestino tenue ed il colon in gola.
 
"Già, una bambina paffutella, piccoletta..." Dice concitato.
 
Presente! Eccomi...
 
"Con dei terribili capelli a caschetto..." Continua
 
Eccomi ancora...
 
"Occhialuta ed eccessivamente brufolosa..." Prosegue imperterrito
 
Eccom... Occhialuta che? 
 
"Alt! Alt! Mi duole interromperti ma non ho mai portato gli occhiali, e se c'è una cosa di cui vado fiera é di non aver mai avuto alcuna forma di Acne, salvo qualche punto bianco che spunta all'indomani di qualche cena abbondante, ma questa é un'altra storia" Dico affannosamente, e deve accorgersene perché sorride divertito.
 
"Peccato! Le somigliavi tanto sai? Era una tipetta molto talentuosa... suonava il piano ed il violino ma se non sbaglio era col flauto che se la filava di più!" Mi dice ancora, quasi in tono cospirativo.
 
Talentuosa?! Ma se non ero brava nemmeno a disegnare un uovo col bicchiere... E l'illuminazione mi colse. Mi aveva forse scambiata per Carmen, la sfigata di seconda B? Quella con l'apparecchio e la fissa per il flauto?  Quella che suonava lo strumento insalivando tutto il beccuccio e sputacchiando qua e là ?
 
"No, credo proprio di non essere io. Anzi ne sono certa"
Se esistesse un termometro che misuri la stizza, in questo esatto momento sarebbe andato in tilt causa valori troppo elevati.
 
Sto per strozzarlo finché non arriva il momento che aspetto segretamente in cuor mio da quando è ritornato in cabina: "Ma scusa, com'è che ti chiami tu?"
 
Raccogliendo quel briciolo di dignità che mi ha lasciato rispondo fiera: "Lavinia, mi chiamo Lavinia"
 
Posso perdonare tutto: la collera ingiustificata, la stizza malcelata, gli insulti gridati al mondo intero, finanche la mancanza di rispetto.
 
Ti ho perdonato tutto Giannandrea. 
Perciò scusami tanto, scusami davvero se questa proprio non te la posso lasciare passare.
 

Si affaccia nuovamente in direzione del mio letto, mi guarda fisso ed io spero in una sua reazione. Fin quando non mi liquida con un'alzata di spalle: "No, non conosco nessuna Lavinia" dice tranquillo.
 
Giannandrea, tu lo sapevi, te lo avevo detto... Se vuoi giocare con me, puoi gettarmi addosso di tutto, puoi scaricarmi addosso di tutto, meno la tua indifferenza.
 

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