Little pieces of sky

di Mitsunari
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Salve, sono tornata~! Vi sono mancata, ammettetelo, su su. Va bene, la smetto di dilungarmi. 
Sono qui per presentarvi la mia nuova storia (sai che gioia ^^). 
Questa volta ho deciso di lancarmi -ancora- nel mondo di Tutor hitman Reborn. Il pairing è Giotto x Tsuna, spero che non mi lincíate per questo. Credo di essere riuscita a rispettare il carattere dei personaggi, ma l'avvertimento OOC, l'ho messo per sicurezza.
Ricordo che né il manga né i personaggi mi appartengono ma che sono frutto del genio di Akira Amano, per il resto non mi resta che augurarvi una buona lettura~!


Capitolo Primo

Questa è una storia d'amore. Sarà una di quelle classiche, direte voi. E invece no, questa storia racconta dell'amore tra due frammenti di cielo che anche se possono sembrare una cosa sola, si sono divisi e desiderano ardentemente ricongiungersi. Nonostante non ne siano ancora coscienti, il loro amore è così forte da varcare i confini del tempo.
Ma ora basta dilungarsi.
Il nostro protagonista si chiama Giotto. Ma non fraintendente, non è il famoso pittore, bensì l’altrettanto famoso fondatore della famiglia mafiosa dei Vongola. Molti di voi ne avranno sentito parlare, tuttavia lui resta ancora nel mistero.
Ma non perdiamo il filo del discorso.
La nostra storia ha inizio quando Giotto andava a far visita al suo discendente, il Decimo Vongola. Ma come avrà fatto dato che è morto più di duecento anni fa? Vi chiederete.
Ebbene, lasciatemi spiegare.
Da poco tempo a quella parte, il Primo aveva deciso, facendosi aiutare dal suo amico e fidato complice, Talbot, di uscire dall’anello Vongola in carne ed ossa, per sapere di nuovo cosa significa vivere.
Tornando al precedente discorso; tutto accadde in un giorno d’estate quando, come già accennato, Giotto si stava recando a far visita al suo erede, Tsunayoshi Sawada. Durante il tragitto, pensava a quanto fosse strano camminare in una città moderna, anche se Namimori era molto tranquilla, ma del resto, dopo essere entrato nell’anello, lui era stato abituato a veder scorrere le epoche come fossero film e non a viverle. Guardò in alto, fissando quel cielo a cui lui era sempre stato paragonato. Sospirò di sollievo pensando che da quel momento in poi la sua vita sarebbe cambiata tanto. Sorrise e continuò a camminare, era felicissimo; quasi saltava come un bambino.
Dopo pochi passi, però, si fermò ricordandosi che, effettivamente, lui non aveva idea di dove si trovasse o di dove fosse la casa di Tsunayoshi. 
Il sorriso solare avuto fino ad un momento prima, svanì in un istante e il suo buon umore sparì. Come aveva potuto dimenticare un dettaglio così importante? Lui non era uno che si abbatteva per un nonnulla, ma in quel momento si sentì davvero stupido.
Non sapendo dove andare, iniziò a girovagare per Namimori e arrivò al parco dove incontrò l’oggetto della sua ricerca, o meglio, la persona.
I suoi occhi color del cielo s’illuminarono quando incontrarono due occhi color ambra appartenenti ad un ragazzo che gli somigliava molto e lo fissava sorpreso ed incredulo.
“T-Tsunayoshi…?” Chiese Giotto avvicinandosi al ragazzo.
“P-primo? Com’è possibile? Sei in carne ed ossa… Sto sognando?” rispose scioccato.
“No, non è un sogno, sono qui!” 
Felici si abbracciarono; in tutto quel tempo in cui avevano ‘convissuto’ dal momento che Tsuna era il Decimo boss della famiglia Vongola e quindi detenente dell’anello del cielo, tra loro si era creato un rapporto forte ed incredibilmente inscindibile.
Subito Reborn, tutore di Tsuna e Arcobaleno del Sole, saltò sulla spalla destra del suo allievo “Questo non lo avevo previsto” disse con tono serio “È un onore conoscerla Primo”
Giotto sorrise “L’onore è mio. Tu devi essere Reborn, giusto?”
L’Arcobaleno annuì e si rivolse a Tsuna “Abbiamo un nuovo ospite in casa, tua madre sarà contenta” ridacchiò.
“Oh, non vi preoccupate, non voglio disturbare, troverò un modo” sorrise il Primo.
Tsuna arrossì vedendo quel sorriso solare e splendido. Il Primo era davvero un uomo bellissimo; aveva un corpo magro e slanciato, con un po’ di muscoli, giusto tanti quanto bastava. Ma se c’era qualcosa che davvero rendeva giustizia alla bellezza divina di Giotto, era senz’altro il suo viso. La pelle liscia e color avorio, le labbra rosee e dalla carnosità che lasciava presagire una deliziosa morbidezza, gli occhi azzurri che ogni volta che li si guardava sembrava di contemplare un immenso cielo limpido e i capelli biondi, ovvero quella bellissima zazzera d’oro che tentavano ogni volta di farsi accarezzare e con quei ciuffi che gli cadevano delicatamente attorno al viso dai lineamenti morbidi e quasi fanciulleschi incorniciandolo splendidamente. Tutto questo rendeva Giotto semplicemente un angelo.
“M-ma no Primo, può stare da noi” sorrise Tsuna con una non indifferente nota d’imbarazzo.
“Ne sei sicuro? Non conosco praticamente nulla di quest’epoca, sarei solo un problema” si grattò la testa abbassando lo sguardo.
“No, Primo, nessun problema. Mi preoccuperei di più se lei restasse da solo. La prego, accetti di venire con noi” supplicò Tsuna.
Giotto arrossì di botto e non poté resistere agli occhioni di Tsuna che lo fissavano pronti alle lacrime “V-va bene, verrò con te, anche se mi sentirò sempre un peso” mugolò.
Tsuna non sentì l’ultima parte e il suo volto s’illuminò con un grande sorriso e, facendo segno a Giotto di seguirlo, si avviò verso casa sua.
Il biondo lo seguì in silenzio guardandosi intorno. Doveva ammettere che si aspettava che Namimori fosse una città più moderna, invece era un paesino piccolo e tranquillo.
Dopo pochi passi arrivarono a casa Sawada e Giotto si maledì più volte dopo essersi reso conto che nel girare a vuoto era passato almeno quattro volte davanti quella casa.
Tsuna entrò in casa ma invece che sua madre, ad accorglierlo fu suo padre, Iemitsu, spensierato come sempre.
“P-papà? Come mai qui? Non eri in Italia?” Chiese Tsuna sorpreso.
“Volevo fare una sorpresa al mio figlioletto e alla mia adorata mogliettina~” dondolò felice ma appena si accorse della presenza del Primo, la sua espressione divenne improvvisamente seria “Primo? Com’è possibile? È sicuramente un impostore, una spia. Non voglio spie nella mia casa!” 
“No, no, non sono un impostore! Grazie a Talbot sono riuscito a vivere di nuovo, ero stanco di vedere le epoche attraverso le vite dei miei posteri. Non avete idea di quanto sia frustrante vedere la vita come se fosse un film, fa male sentirsi completamente impotenti”
Iemitsu esitò ma alla fine lo lasciò passare “Ti lascerò entrare e ti offrirò il nostro aiuto ma giuro che se osi torcere un capello alla mia famiglia sarà la tua fine” lo minacciò.
“Basta!” Esclamò Tsuna, stanco di sentire quella conversazione. Prese Giotto per mano e corse di sopra nella camera degli ospiti “Non lo ascolti! Lui non sa niente di lei, lui non ha idea di quanto lei sia buono e premuroso o di tutte le volte che mi ha aiutato” pianse tenendo Giotto abbracciato per i fianchi.
Un attimo dopo, però, Tsuna si rese conto di ciò che aveva fatto e si staccò dal biondo “M-mi scusi, Primo… Q-questa sarà la sua stanza, si sistemi come fosse a casa sua” mugolò con le guance rossissime dall’imbarazzo per poi fuggire via dalla stanza.
Giotto rimase interdetto non poco e lo guardò scappare con un braccio teso verso di lui a mezz’aria. Non riusciva a capire perché Tsuna era scappato, non aveva fatto niente di male. Ma la domanda che più di tutte in quel momento lo ossessionava era un’altra.
Perché il cuore gli batteva così forte?


*note dell'autrice*
Ed eccoci qui alla fine del primo capitolo, spero vivamente che vi sia piaciuto e se è così vi prego di lasciare una piccola recensioncina anche nel caso abbiate critiche costruttive da fare, perché possono sempre tornare utili. Spero di avervi intrattenuto e ci vediamo alla prossima.
Ciau ciau~!

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Capitolo Secondo

Giotto non ebbe molto da sistemare, in effetti non aveva praticamente nulla con sé, perciò non appena dopo la fuga di Tsuna, si mise sul letto a riflettere.
Aveva sempre provato un forte sentimento per il ragazzo, ma, essendo ben consapevole che qualsiasi legame con lui era impossibile, non ci aveva dato tanto peso fino ad allora ma ora… ora sentiva il cuore martellargli all’impazzata nel petto.
Non ricordava più, ormai, quand’era stata l’ultima volta che si era sentito così, che provava il forte e doloroso desiderio di abbracciare, accarezzare, baciare, amare qualcuno.
Era innamorato di Tsuna e lo sapeva bene ma non poteva, assolutamente non poteva dirglielo.
Diciamocelo, chi mai amerebbe una persona come lui? Sì, era di nuovo in carne ed ossa, ma il suo passato restava. Quanto tempo era passato? Uno, due, tre o forse quattro secoli? Non poteva scaricare il peso di tutti quegli anni su Tsuna, aveva già tanto a cui pensare, aveva già addosso il peso di tutti i peccati della famiglia Vongola, dei quali alcuni erano anche stati causati da Giotto stesso.
Chissà, forse aveva sbagliato, forse chiedere a Talbot di aiutarlo a rivivere era stato un errore, o forse no. Non sapeva più cosa fosse giusto o errato. Sapeva solo che presto il suo “egoismo” sarebbe venuto fuori e avrebbe lasciato spazio ai suoi sentimenti. Non aveva forse preso la decisione di ritornare in vita proprio per amore? Sì e non avrebbe rinunciato a Tsuna, sapeva bene cosa voleva dire soffrire per amore e non era disposto a versare altre lacrime.
I pensieri di Giotto furono interrotti proprio dal suo adorato Tsuna.
“Primo? E’ tornata mia madre e vorrebbe conoscerla, viene?” Chiese il ragazzo facendo capolino dalla porta.
Il biondo annuì “Sì, arrivo” si alzò e seguì il castano.
Appena arrivò giù in cucina, si trovò davanti a quello che era il chiasso tipico di casa Sawada. Lambo ed I-Pin giocavano correndo per tutta la stanza, Fuuta si dedicava alle sue classifiche canticchiando allegramente, Iemitsu era già crollato a causa dell’alcool e steso a terra addormentato, russava rumorosamente. Bianchi era troppo occupata a dare attenzioni a Reborn e Nana era la più tranquilla che continuava a preparare la cena canticchiando come se intorno a lei ci fosse stato il più assoluto silenzio.
Nel momento in cui Nana vide Giotto, sorrise solare, somigliava tanto a suo figlio “Tu devi essere il nuovo amico di Tsuna, vero?”
Giotto annuì “Sì, mi chiamo Giotto, è un piacere conoscerla e la ringrazio per l’ospitalità” fece un piccolo inchino formale.
Nana sorrise “Su, la cena è pronta. Tsuna mi ha detto che sei italiano, per caso hai bisogno di coltello e forchetta? C’è qualcosa che non puoi mangiare?” Chiese premurosamente.
“No, no, posso mangiare tutto e non c’è problema, le bacchette vanno benissimo” rispose il biondo sorridendo, non volendo arrecare ulteriore disturbo e seguì Tsuna che gli mostrava dove sedersi.
La cena trascorse tranquillamente anche se con vari momenti d’imbarazzo e fu principalmente Reborn a mantere quella che poteva essere grossolanamente definita come conversazione.
Anche stando seduti l’uno accanto all’altro, mai Tsuna fece cadere lo sguardo sull’italiano, era fin troppo imbarazzato per dire o fare qualsiasi cosa. Come aveva anche solo pensato che il Primo potesse avere la reazione da lui aspettata? È vero che era scappato subito senza dare il tempo e il modo all’altro di reagire, ma come avrebbe dovuto comportarsi? Avrebbe soltanto fatto più male restare lì a sentire il suo cuore frantumarsi in mille pezzi.
“Tsunayoshi?” Lo chiamò la voce soave di Giotto.
“S-si?” Arrossì e fu costretto a guardare gli stupendi occhi color del cielo del biondo.
“Domani mi accompagneresti a far compere? Non ho praticamente nulla e vorrei che fossi tu a consigliarmi” quasi supplicò con una vocina fievole.
Tsuna annuì accettando e il sorriso felice che il biondo gli rivolse, gli fece mancare più di un battito.
Giotto si alzò “Grazie per la cena, credo che andrò a riposare. Buonanotte a tutti” sorrise e salì in quella che era diventata momentaneamente la sua stanza.
Stava per mettersi a letto, quando sentì bussare alla porta “Avanti”
“P-Primo? La disturbo?” chiese Tsuna facendo capolino dalla porta con solo la testa.
“No, Tsunayoshi, vieni, entra pure” gli sorrise dolcemente e lo invitò a sedersi accanto a lui sul letto “C’è qualcosa che non va? Sei strano da prima” lo guardò preoccupato.
“I-io volevo chiederle scusa, non so cosa mi sia preso. Mi sembra ancora incredibile che lei sia qui accanto a me. Averla qui è tutto ciò che ho desiderato sin da quando l’ho conosciuta, ma ora… non capisco perché non riesco a comportarmi come vorrei. Sto rovinando tutto come al solito, mi si addice perfettamente il soprannome Imbrana-Tsuna” piagnucolò ma poco dopo si rese conto che due forti e calde braccia lo stavano stringendo e, quando vide un’inconfondibile zazzera bionda sulla sua spalla, arrossì terribilmente, tanto che il rosso che le sue guance assunsero faceva invidia ai pomodori più maturi.
“Non dire queste cose di te, ti prego, mi piange il cuore a sentirti. Io sono qui solo ed esclusivamente per te e resterò fin quando tu lo vorrai. Sono sempre stato la tua ombra, perché non esserlo anche ora? Farò tutto ciò che mi dirai e tutto ciò che servirà per proteggerti” sussurrò il biondo con gli occhi quasi in lacrime.
“P-Primo… lei…” Tsuna tentò di ribattere ma un dito di Giotto si posò sulle sue labbra zittendolo.
“No, chiamami Giotto e dammi del tu, vorrei che tutte queste formalità non ci fossero più tra noi. Ora ho una nuova vita e il titolo di Primo appartiene al passato, perciò per te vorrei essere solo Giotto”
Tsuna annuì “Grazie, Giotto” sorrise timidamente e si alzò “Ora vado, ti lascio riposare” scoccò un piccolo e tenero bacio sulla guancia del biondo e uscì dalla stanza.
Giotto, dal canto suo, restò immobile per qualche attimo tenendosi una mano sulla guancia baciata “Ti amo Tsuna” sussurrò quando ormai il castano era già lontano.
 

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