Destini intrecciati

di Kodocha
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Numero sbagliato ***
Capitolo 2: *** Seconda telefonata ***
Capitolo 3: *** Destino ***



Capitolo 1
*** Numero sbagliato ***


«Non credi che la tua reazione sia un tantino esagerata, Shirogane? Capisco che, per uno studente modello come te, non sia semplice accettare il mancato superamento di un esame, ma se ci pensi non è nulla di irrimediabile. Puoi recuperare al prossimo appello, e magari ottenere il massimo dei voti, come tuo solito»
Seduto su una delle panchine del campus, all’ombra di un grande acero dalle foglie autunnali, Ryo Shirogane sospirò frustato.
«So bene che non è nulla di irrimediabile, Keiichiro, ma è stato comunque umiliante» replicò, accendendosi l’ennesima sigaretta della mattinata «E poi era evidente che quel nanerottolo con il parrucchino ce l’avesse a morte con il sottoscritto»
«Parli dell’assistente?»
«Chi altri sennò?»
L’amico soffocò una risata, divertito da quel buffo appellativo «In effetti ti ha posto delle domande parecchio complesse»
«Già e ci scommetterei fino all’ultimo yen che l’abbia fatto di proposito, per mettermi in difficoltà» borbottò seccato.
«E per quale motivo avrebbe dovuto farlo?»
«Ma come, non l’hai riconosciuto? Quel nanerottolo è il tizio a cui ho rigato accidentalmente la macchina con la mia, quando cercavo di parcheggiare fuori al campus l’altro giorno. L’avrà fatto per ripicca, ne sono certo»
«Se fosse vero ciò che dici, sarebbe un comportamento infantile e poco professionale, soprattutto da parte di uno a cui è stato affidato un incarico tanto rilevante nell’ambito dell’Ateneo»
Ryo fece per rispondergli, ma si bloccò quando sentì la suoneria del suo cellulare segnalare l’arrivo di una chiamata .
«Chi è?» domandò Keiichiro, dando una sbirciatina al display.
«Non ne ho idea. Non ho il numero segnato in rubrica» schiacciò il pulsante verde e rispose «Sì?»
«Cancella tutti i tuoi impegni, Kisshu. Tu oggi verrai al lunapark con me» trillò una voce femminile, allegra, vivace, vulcanica e piena di vita.
Il fatto che l’avesse chiamato “Kisshu” gli lasciò chiaramente intendere che avesse sbagliato numero, ma non ebbe tempo di avvertirla che lei lo mitragliò di parole tirate fuori a raffica, una dietro l'altra  «E prima che tu me lo chieda, sì, mi riferisco a quell’enorme e bellissimo lunapark che hanno aperto da poco in centro. A quanto pare, anche se in genere sono afflitta da una grave forma di sfigataggine congenita, sono riuscita a vincere due biglietti alla ruota della fortuna e visto che devi farti ancora perdonare, per avermi combinato un appuntamento con quell’idiota di Pie “mani lunghe” la scorsa sera, tu oggi mi accompagnerai, volente e no, su tutte le giostre, comprese quelle dei bambini, come il treno a forma di bruco, le tazze decorate con personaggi di anime/manga, le macchine da scontro, la casa stregata e così via» riprese fiato «E ovviamente fingerai di divertirti, pur di rendere felice la tua amica del cuore»
«No, aspetta, spiegami… ”Pie mani lunghe”?» chiese divertito, pensando che, nell’ascoltare la sua voce, la ragazza dall’altra parte della cornetta si rendesse finalmente conto di aver sbagliato interlocutore… ma stranamente così con fu.
«Come altro dovrei chiamare quell’idiota del tuo amico? Ogni scusa era buona per allungare i suoi tentacoli su di me, e a niente servivano i miei richiami per farlo smettere»
«E non gli hai rifilato un pugno sul naso?»
«No, ma in compenso gli ho calpestato il piede con il mio tacco a spillo, inventando la presenza di uno scarafaggio sulla sua scarpa destra. Non credo se la sia bevuta, ma non m’importa, se l’è cercata»
L’umore di Ryo, dapprima nero come il carbone, si ribaltò in un nano secondo e senza che potesse farne a meno, scoppiò in una fragorosa risata, sotto lo sguardo confuso dell’amico che continuava a mimargli un “Ma con chi accidenti stai parlando?”
«Io non ci trovo niente da ridere, Kisshu. Ho trascorso una serata infernale, la mia unica consolazione è stata quella di pranzare in un ristorante italiano. Sai quanto adoro la cucina italiana e ti dirò, quando ho assaggiato gli spaghetti alle vongole, ho quasi rischiato di avere un orgasmo in presenza di almeno cinquanta clienti»
«Mi stai dicendo che basta così poco per farti raggiungere l’apice del piacere? Beh, buono a sapersi. Anche se è la prima volta che mi capita di parlare di dettagli così intimi con una ragazza di cui non conosco nemmeno il nome» sghignazzò malizioso, facendo calare il silenzio dall’altra parte del telefono.
«Non sei Kisshu?» domandò con un fil di voce, timorosa.
«No, vorrei dirti che mi dispiace, ma il realtà non è così. Forse ti sembrerò azzardato, ma ti confesso che mi ha migliorato la giornata con i tuoi aneddoti»
«Porca putt… paletta! Porca paletta!»
«Non preoccuparti, puoi usare anche un linguaggio più colorito. Non mi scandalizzo mica»
La ragazza emise un risata imbarazzata, ma al contempo così cristallina che Shirogane si fermò ad assaporarla, estasiato.
Non sapeva spiegarsi esattamente il perché, ma una parte di lui era certa che non avrebbe dimenticato quella risata tanto facilmente.
«Mi spiace, sono mortificata. Ho cambiato telefono da poco e ancora non ho memorizzato tutti i contatti in rubrica, credevo di conoscere il numero del mio amico a memoria, ma a quanto mi sbagliavo e di grosso anche. In mia difesa posso dire che avete la voce identica, è impressionante»
«Ti credo sulla parola ma, ripeto, non devi scusarti. La tua telefonata è stata parecchio esilarante, in particolar modo mi è piaciuta la parte della cucina italiana»
«Ehm… sì… immagino. Che figura di mer… melma. Che figura di melma» si schiarì la voce «Adesso scusami ma devo proprio staccare, ho molte cose da…»
«Almeno prima dimmi il tuo nome» azzardò.
Silenzio.
Ryo mandò un’occhiata veloce al display, per controllare se fosse ancora in linea e poi riportò l’apparecchio all’orecchio «Non dirmi che sei stata colpita da un improvviso ed immediato colpo di sonno. Sarebbe parecchio umiliante per me sapere che ti suscito così tanta noia»
«Perché vuoi sapere il mio nome?»
«Semplice curiosità»
«Se il tuo intento è quello di cercarmi su internet, ti avverto che non sono iscritta ad alcun social network, per cui…»
«Nemmeno io» la interruppe «Ribadisco, la mia è semplice curiosità. Ma se non vuoi dirmelo, fa nulla, non ti costringo mica»
Ci fu un altro breve silenzio, prima che la voce intimidita si decidesse a pronunciare il suo nome «Ichigo… Ichigo Momomiya»
«Ichigo Momomiya» ripetè, sorridendo «Io sono Ryo Shirogane, sempre se t’interessa saperlo, s’intende»
«Beh, Ryo Shirogane, lieta di aver condiviso questa figuraccia con te. Adesso devo proprio andare, perdona per il disturbo»
«Figurati, puoi sbagliare numero tutte le volte che vuoi. Sarei felice di ascoltare altri aneddoti sulla tua esuberante vita»
«Dubito succederà ancora»
«Mai dire mai. Dopotutto mi era sembrato di capire che fossi afflitta da una grave forma di sfigataggine congenita»
Ichigo rise, contagiando anche lui.
«In effetti, non hai tutti i torti. Ma farò in modo che ciò non accada più, ci tengo a conservare quel poco di dignità che mi è rimasta. Addio, Shirogane»
«Alla prossima, Momomiya» ribattè, staccando la chiamata.
«Tralasciando il motivo per cui, tutto ad un tratto, sembri aver smesso di avercela con il mondo intero per via di quell’esame non superato…  si può sapere chi era a telefono?» sbottò Keiichiro, spazientito.
Scrollò le spalle «Una tipa che aveva sbagliato numero»
«Quindi non la conosci?»
«No, al momento conosco solo il suo nome» sorrise, rigirandosi il cellulare tra le mani «Ma intendo rimediare a breve»

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Capitolo 2
*** Seconda telefonata ***


«Pronto?»
«Com’è andata la giornata al luna-park?»
Alla domanda di Ryo seguì il silenzio dall’altra parte della cornetta.
Un silenzio lungo e imbarazzante che, per qualche attimo, gli fece pentire di aver digitato quel numero senza preoccuparsi minimamente di quale sarebbe potuta essere la reazione di Ichigo.
L’avrebbe mandato al diavolo?
Avrebbe interrotto la chiamata senza nemmeno degnarsi di rispondergli, oppure sarebbe stata al “gioco”?
Erano quelle le domande che più di tutte lo tormentavano, mentre attendeva una risposta che ancora tardava ad arrivare.
Una parte di lui era conscia che la scelta più giusta sarebbe stata quella di eliminare il numero dal registro chiamate, dimenticare quell’isolita telefonata avvenuta il giorno precedente, all’esterno del campus, e sopprimere quella curiosità di saperne di più sul suo conto, eppure, non sapeva spiegarsi esattamente il perché, ma sentiva l’esigenza di sentire ancora una volta quella voce, quella risata, così cristalline e piene di vita da avergli reso impossibile pensare ad altro nelle ultime ventiquattro ore.
Ed era la prima volta, in ventidue anni di vita, che gli capitava una cosa simile.
«Ryo?» lo chiamò, con un evidente nota di sorpresa.
Sorrise, senza poterne fare a meno «Allora ricordi ancora il mio nome. Per un attimo ho temuto che ti fossi già dimenticata del sottoscritto»
«Non montarti la testa, si è trattato solo di un caso» replicò divertita «Piuttosto, potrei sapere a cosa devo questa telefonata?»
«Nessun motivo in particolare, volevo semplicemente chiederti com’è andata la giornata al luna-park»
«E da cos’è scaturito tutto questo interesse da parte tua, Shirogane?»
«Più che interesse è semplice curiosità, Momomiya»
«Ammetterai però che è un tantino strano»
«No, non direi. C’è chi nasce con un’innata indole di sfigataggine congenita come te, e chi nasce con un’indole curiosa come me, tutto qui» sdrammatizzò.
Ichigo rise «Tuochè!» sentì dei rumori in sottofondo, segno che aveva cambiato stanza per poter parlare più tranquillamente «Beh, se proprio vuoi saperlo, è andata alla grande! Mi sono divertita un modo, il mio amico un po’ meno, ma vabbè… dettagli»
«Sei salita sul treno a forma di bruco?»
«Per ben tre volte. E’ stato fantastico, anche se ero circondata esclusivamente da bambini. Ah, indovina a chi ho incontrato?»
«”Pie mani lunghe”?»
«Accidenti, non so se sorprendermi di più per l’intuito o per la memoria. Comunque sì, proprio lui, era in compagnia di un’altra ragazza»
«Che mascalzone, ti ha già dimenticata»
«Non sai che dolore ha inflitto al mio povero cuore» ironizzò, facendolo ridere di gusto «Ero tentata di andare da quella povera fanciulla e metterla in guardia sui “tentacoli” del suo accompagnatore, sai com’è, per solidarietà femminile… ma quel gustafeste di Ghissu me l’ha impedito»
«Beh, sai com’è… “solidarietà maschile”»
«No, si tratta di idiozia maschile, il che è diverso» ribattè.
«Touchè!»
Lei ridacchiò e Ryo si ritrovò a sorridere per l’ennesima volta nel giro di pochi minuti.
Era incredibile l’effetto che quella risata riusciva a suscitare in lui.
«Ma adesso basta parlare della sottoscritta, perché non mi racconti un po’ di te?»
«Cosa vuoi sapere?»
«Non so…» mormorò pensierosa «Inizia da dove preferisci»
«Io avrei un’idea migliore»
«Spara!»
«Perché invece di parlarne qui, non lo facciamo davanti a una bella tazza di caffè?» azzardò, facendo calare un silenzio immediato.
Shirogane sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli.
Forse stava bruciando le tappe troppo in fretta, n’era consapevole, eppure la voglia di dare un volto a quella voce era grande, troppo per riuscire a trattenersi dal farsi avanti.
«Guarda che il caffè era per dire, eh. Va bene anche un gelato, o il sushi… oppure una pietanza tipica italiana, mi era sembrato di capire che amassi a tal punto la cucina italiana da rischiare di avere un orgasmo quando…»
«Ma non ci conosciamo nemmeno» lo interruppe, con tono intimidito.
«Incontrarci è il modo migliore per farlo»
«Non sai nemmeno dove abito»
«Hai l’accetto tipico di Tokyo, la città in cui vivo»
«E se fossi minorenne?»
Ryo sbiancò, deglutendo a vuoto.
Non aveva preso in considerazione il fattore età.
Si diede mentalmente dell’idiota e timoroso, le chiese «Sei… sei minorenne?»
«Forse»
Sbuffò «Mi predi in giro?»
«Forse» ripetè divertita.
«Non sei affatto simpatica»
«Nemmeno minorenne, se vogliamo dirla tutta»
«Sicura?»
«Beh, sull’anagrafe c’è scritto che ho ventuno anni, per cui…»
«Ah, bene. Io ventidue, quindi non rischio una denuncia per pedofilia»
«Buono a sapersi…» sospirò «Tuttavia, non credo sia una buona idea incontrarci»
Shirogane sospirò a sua volta «Perché no?» si lagnò.
«Chi mi dice che tu non sia un serial killer? O uno stupratore? O un rapinatore? Oppure un…»
«Hai intenzione di elencare tutte le attività criminali?» la stoppò, alzando gli occhi al cielo «Comunque sono un semplice studente universitario e talvolta aiuto i miei genitori nell’agenzia di famiglia, tutto qui, ho la fedina penale pulita. Capisco che ti risulti difficile credermi sulla parola, per cui potremmo incontrarci in un posto affollato, in pieno giorno e potresti portare con te lo spray a peperoncino, per ogni evenienza»
A quelle parole calò nuovamente il silenzio, che si protrasse per diversi minuti, finchè non la sentì sbottare un «E se non ti piacessi?»
«E se mi piacessi?»
«Ho i capelli rossi!» borbottò piccata, come se quel particolare potesse giustificare tutte le sue paranoie.
«Belli»
«Strani!»
«Particolari»
Ichigo sorrise, arrotolandosi una ciocca di capelli intorno al dito «Sono così magra che se mi metto di profilo rischio di scomparire»
«Magra o grassa, non m’importa. L’aspetto fisico è irrilevante per me»
«Sono piatta come una tavola da surf»
«Ripeto: l’aspetto fisico per me è irrilevante»
«Sono così bassa che quando piove sono l’ultima a saperlo»
Ryo ridacchiò, scuotendo appena il capo «Come si dice? “Nella botte piccola c’è il vino buono”»
«Ho una fissa per i gatti. Ne ho tre, Miagolino, Batuffolo, e Berry, ma punto ad adottarne altri e a diventare una gattara nel giro di pochi anni»
«Preferisco sorvolare sulla questione dei nomi e della gattara, e ti dirò… anche a me piacciono i gatti»
«Davvero?» trillò entusiasta.
Annuì, sorridendo «Sarà che in un certo senso mi rispecchio in loro, essendo animali con i quali, per ottenere la loro fiducia e il loro rispetto, occorre tempo e pazienza… come nel mio caso»
«Interessante…» mormorò affascinata, entrando subito dopo nel pallone «Cioè, non intendevo dire che tu sei affascinante, eh… voglio dire, non ti conosco nemmeno… mi riferivo alla faccenda dei gatti, tutto qui…» si schiarì la voce, imbarazzata «Piuttosto… perché non mi dici qualcos’altro sul tuo conto?»
Ci pensò su qualche secondo «Ho i capelli biondi e …»
«Che tonalità di biondo?» lo interruppe, facendogli assumere un’espressione interrogativa.
«Eh?»
«Si, insomma… ci sono varie tonalità di biondo, come il biondo platino, biondo canarino, biondo dorato, biondo cenere, e così via…»
«Non saprei dirti, ma mi affascina il termine “biondo canarino”»
«E’ il mio preferito» rispose, esilarata «Colore degli occhi?»
«Azzurri, non chiedermi quale tonalità perché non saprei risponderti»
«E’ difficile trovare persone con gli occhi azzurri, qui in Giappone»
«Mia madre è americana, ho ereditato da lei buona parte del mio aspetto fisico»
«Quindi sei un meticcio!» constatò, alzando il tono di voce di un’ottava.
Ryo allontanò l’apparecchio dall’orecchio, inscenando una smorfia dolorante «Perché urli?»
La ragazza sospirò, assumendo un’aria sognante «Io adoro i meticci!» si lasciò sfuggire, pentendosene subito dopo.
Arrossì così tanto da raggiungere il colorito dei suoi capelli, maledicendosi mentalmente per non aver applicato il filtro bocca-cervello… non che fosse una novità, tutto sommato.
Intanto Shirogane sorrise, compiaciuto da quelle parole. «Beh, un motivo in più per incontrarci»
Ichigo rimase in silenzio, mangiucchiandosi l’unghia del pollice con fare pensieroso.
Era indecisa se accettare o meno poiché, se da una parte era ansiosa di conoscere quella persona che, in così breve tempo e con una facilità disarmante, era riuscita a catturare il suo interesse, dall’altra parte non riusciva proprio sopprimere le sue paranoie «Non saprei… ho bisogno di rifletterci un po’ su»
«Va bene, nessun problema. Non voglio metterti alcuna fretta, facciamo che, una volta che avrai preso la tua decisione, sbaglierai accidentalmente numero e chiamerai di nuovo il sottoscritto»
Sorrise «Affare fatto. Allora alla prossima, Shirogane»
«A presto, Momomiya»

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Capitolo 3
*** Destino ***


«Pront…»
«Sia dannato il giorno in cui ho sbagliato numero!»
«Eh?»
«E sia dannato anche il giorno in cui hai deciso di ritelefonarmi. Ma non avevi nulla di meglio da fare?»
Ryo interruppe la sua passeggiata, fermandosi tra le strade poco affollate della città, con un’espressione interrogativa stampata sulla faccia «Ichigo, stai bene?»
«No che non sto bene!» sbraitò.
«Beh, questo lo vedo» mormorò, scompigliandosi i capelli «Ma si può sapere cos’è successo? Fino a qualche ora fa sembrava andasse tutto okay, e ora…»
«Succede che ti odio, ecco cosa succede»
«Mi odi?»
«Proprio così» borbottò, sbuffando come una locomotiva «Ti odio perché tu sei una voce, solo ed esclusivamente una semplice voce e non dovresti risultare così interessante»
«Non vorrei peccare di presunzione, ma credo di essere molto di più di una semplice voce» sghignazzò, facendola sospirare.
«Non per me. Cioè, voglio dire…» sbuffò nuovamente, stavolta con maggiore enfasi «Lo so che dietro questo telefono c’è una persona in carne ed ossa, ma è una persona che non ho mai visto in vita mia»
«Quindi?»
«Quindi non dovresti interessarmi»
«E invece?»
«Ma cos’è questo? Un interrogatorio?»
Shirogane rise, appoggiando la schiena contro il muro «Suvvia, rispondi alla domanda»
Silenzio.
«Ehi?»
Altro silenzio.
«Ichigo, ci sei?»
«Forse» mormorò, con un fil di voce.
«Forse? O ci sei o non ci sei, non può…»
«Intendevo dire che forse m’interessi, idiota» arrossì «Ma solo un po’, niente di che, non montarti la testa»
«Troppo tardi, già fatto» sghignazzò e Ichigo s’imbronciò.
«Non prendermi in giro»
«Non ti sto prendendo in giro»
«Beh, forse tutto sommato dovresti. Insomma, sono così stupida da prendermi una mezza cotta per uno che nemmeno conosco, fai un po’ te»
«Ci telefoniamo e scriviamo messaggi tutti i giorni, più volte al giorno, da due settimane. Mi conosci più tu che molti altri e…» lasciò il  discorso sospeso a mezz’aria quando, dall’altra parte del telefono, gli parve di sentire urla di bambini intenti a giocare, accompagnate dal lieve suono del fruscio delle foglie «Ma dove sei?»
«Perché me lo chiedi?»
«Sei al parco?» azzardò.
«Eh? N-no» balbettò, entrando nel pallone «Sono… uhm, a casa dei miei cugini piccoli»
Ryo sorrise, beffardo.
Ormai sapeva riconoscere quando mentiva.
Si staccò dalla parete e si diresse verso il parco più vicino.
Ovviamente era consapevole che le possibilità d’incontrarla erano pressoché nulle, Tokyo possedeva molti parchi sia pubblici che privati, inoltre non sapeva nemmeno in quale zona della città vivesse lei.
E poi, come se non bastasse, seppur avesse avuto la fortuna sfacciata di azzeccare il parco giusto, quante probabilità aveva di riconoscerla?
Ichigo si era sempre rifiutata, in quelle due settimane, di inviargli una sua fotografia, per cui non conosceva il suo aspetto.
Certo, gli aveva accennato qualche dettaglio, come il colore dei capelli, la statura e stazza, ma c’erano molte altre donne con quelle caratteristiche fisiche, quindi non erano dettagli tanto rilevati.
Tuttavia decise di provarci ugualmente.
Dopotutto cos’aveva da perdere?
Era anche il suo giorno libero, non aveva impegni di alcun tipo.
«Mh, capisco» mormorò.
«Ancora non mi hai detto il motivo della tua domanda»
«Così»
«”Così”?! Ma che razza di risposta è?»
«Una risposta come un’altra»
Ichigo alzò gli occhi al cielo, trattenendo un sorriso «Sei sempre il solito»
«Lo prendo come un complimento»
«Fidati, non lo è»
«Ma resto pur sempre interessante, no?» ammiccò.
«Smettila!»
«Sei arrossita?»
«No» sbuffò.
«Sì, invece»
«Possiedi il poter di vedere oltre il telefono, Shirogane?»
«No,  ma il calore che emana il tuo viso ci passa attraverso e sta rischiando di abbrustolirmi l’orecchio»
Lei rise e lui, al contrario, sospirò nel leggere il cartello appeso al cancello del parco in cui si era giunto.
“Lavori in corso”.
Ingenuamente un po’ c’aveva sperato che la fortuna, per una volta, girasse dalla sua parte.
«Che ti prende?»
«Mh? Nulla!»
«Sicuro?»
«Certo. Piuttosto, dov’eravamo rimasti?» chiese, incamminandosi verso il secondo parco più vicino, quello situato nei pressi della facoltà di lettere e filosofia.
C’erano sempre molte ragazze lì, soprattutto studentesse, quindi perché non tentare?
Mal che sarebbe andata avrebbe potuto conoscere qualche altra ragazza, anche se, in realtà, nelle ultime settimane l’unica che era interessato a frequentare era proprio colei con cui stava comunicando in quel momento.
E si sentiva un completo idiota, perché mai gli era capitata una situazione simile in vita sua, anzi; era sempre stato restio e diffidente alle conoscenze avvenute su siti d’incontri o per telefono e mai, nemmeno nei meandri del suo cervello, avrebbe potuto immaginare che avrebbe iniziato a nutrire un interesse per una persona conosciuta proprio in quel modo, attraverso uno stupido telefono, per caso, a causa di un numero sbagliato.
«Dov’eravamo rimasti dici? Mh…» ci pensò su qualche secondo, picchiettandosi le dita sul mento  «Stavi cercando di convincermi che, anche se non ci siamo mai visti prima d’ora, non siamo due completi estranei»
«E ci stavo riuscendo?» domandò, attendendo che il semaforo diventasse verde.
«Direi proprio di no»
«Perché?»
«Perché non si può dire di conoscere una persona se gli unici contatti che si hanno con essa sono esclusivamente telefonici. E’ vero, in questi due settimane ci siamo sentiti spesso, ti ho raccontato cose che non avevo mai raccontato a nessuno e tu hai fatto lo stesso con me, ma chi mi dice che tu sia stato completamente onesto?» riprese fiato e Ryo riprese a camminare «Attraverso un telefono è facile fingere di essere chi non si è. Voglio dire… io mi sono sempre mostrata per come sono realmente, ma non posso avere la certezza che l’abbia fatto anche tu»
«Per averne la certezza dovresti incontrarmi, non trovi?»
Ichigo sospirò per l’ennesima volta nel giro di pochi secondi, arrotolandosi una ciocca di capelli intorno al dito «Non è che non voglia incontrarti, però ci sono  degli… come dire… “ostacoli”?!»
«Per ostacoli intendi le tue stupide paranoie?»
«Non sono stupide» replicò, accigliandosi «Te l’ho già detto, non sono il tipo di ragazza che quando cammina per strada attira l’attenzione dell’altro sesso, se non fosse per la mia innata goffaggine che mi porta ad inciampare ogni due passi, passerei completamente inosservata»
«Ed io ti ho già detto che  per me l’aspetto fisico è irrilevante»
«Dite tutti così, ma sappiamo entrambi che non è vero» borbottò «E poi, oltre all’aspetto fisico, anche caratterialmente non sono una cima»
«Io ti trovo simpatica»
«E’ un modo gentile per dirmi che sono buffa?»
Ryo ridacchiò, varcando l’ingresso del parco «Sei anche buffa, su questo non ci piove»
«Ottimo» brontolò.
«Ma è anche questo che ti rende interessante»
Silenzio.
«Ichigo?» la chiamò, guardandosi attentamente intorno, alla ricerca di una chioma rossa, ed ignorando, al contempo, gli sguardi lascivi delle altre donne circostanti.
«Mi… mi trovi interessante?»
«Se non ti trovassi interessante ti avrei già mandata al diavolo alla seconda volta in cui ti sei rifiutata di vedermi»
Altro silenzio, più duraturo degli altri.
«T’avverto, il  mio ego si sta gonfiando tanto quanto quell’orripilante tacchino ripieno che mia madre si ostina a cucinare tutte le sante domeniche»
«Eh?»
«Sei arrossita di nuovo, no? E’ motivo d’orgoglio per me»
Lei rise, intimidita, lui si pietrificò sul posto.
Era certo di aver sentito quella risata anche dal vivo e non solo attraverso il telefono, a pochi metri da lui, ma forse era stata la sua fervida immaginazione… o forse no?
S’incamminò verso il punto in cui gli era sembrato di aver udito la risata, senza smettere di guardarsi intorno.
«Io odio il tacchino ripieno, comunque»
«A chi lo dici. Sono settimane che fingo di avere la diarrea per scansarmelo»
Ichigo rise di nuovo e lui la sentì, alla sua destra.
Era lei, quella risata così cristallina e piena di vita l’avrebbe riconosciuta tra mille.
Si voltò e finalmente la vide; era voltata di spalle, appoggiata al tronco di un grande ciliegio, con i capelli legati in due codini, maglia rosa con su stampati dei gattini neri, gonna bianca ed un paio di stivaletti.
Ryo sorrise, senza poterne fare a meno «Finalmente» bisbigliò.
«Finalmente cosa?»
«Ehm, nulla» le rispose, con un fil di voce.
Non voleva che lei si accorgesse della sua  presenza, o almeno non subito.
«Perché ad un tratto parli a bassa voce?»
«E’ complicato. Poi ti spiegherò»
«Oggi sei davvero strano, non c’è che dire»
«Beh, tu lo sei sempre»
«Tuochè!» ridacchiò e il sorriso sul volto di Ryo si accentuò. Amava quella risata, dal vivo era ancora più incantevole «Piuttosto…» tornò seria, mangiucchiandosi l’unghia del pollice «Parlavi sul serio prima? Quando… quando hai detto che t’interesso»
Annuì, osservandola scompigliarsi i capelli, in evidente stato d’agitazione.
«E… e perché? Cioè… cosa ti piace di me?»
«Mi piace la tua voce e anche la tua risata, fresche e allegre come la primavera. Mi piace la tua ironia, il tuo modo di scherzare, la tua goffaggine, il tuo inciampare nel nulla mentre parliamo e la tua straordinaria capacità di farmi sorridere con poco, anche nelle giornate no» sorrise nel vederla dondolarsi sui talloni, imbarazzata, senza sapere come rispondergli «E ti dirò, mi piacciono anche quei codini da bambina che hai, per non parlare della maglia con su stampati i gattini. E’ adorabile»
Ichigo s’irrigidì, trattenendo il respiro.
«Come… come fai a sapere queste cose?»
«Secondo te?» alzò appena il tono di voce, col preciso intento di uscire allo scoperto e lei trasalì, staccandosi dal tronco, ma restando di spalle.
«Sei tu? Sei dietro di me?» domandò, agitata.
Ryo soffocò una risata ed annuendo le si avvicinò.
«Ma come… porca paletta. Come diavolo hai fatto?»
«A trovarti intendi?» si fermò a pochi passi da lei «Non lo so nemmeno io, a dire il vero. Sarà stata fortuna, o semplice destino, chissà»
«Secondo me è pura e semplice sfiga, altro che destino» allungò una gamba, pronta a svignarsela, ma lui glielo impedì.
«Non provare a scappare, c’impiegherei un secondo per acciuffarti»
Ichigo sospirò; aveva ragione, era una schiappa nella corsa.
«Ti odio» brontolò.
«Questo l’hai già detto ed ora voltati» le ordinò, staccando la chiamata e riponendo il cellulare nella tasca dei jeans, a differenza di Ichigo che, immobile come una statua di Jizō,  restò con l’apparecchio appiccicato all’orecchio.
«Allora?» l’incitò.
«Dall’ombra sembri parecchio alto» constatò.
«Non mi posso lamentare»
«Secondo me ti arrivo all’ombelico»
«In realtà mi arrivi all’altezza del petto»
«E’ comunque umiliante»
«Vuol dire che sarò felice di rischiare una paralisi alla schiena per baciarti»
Trasalì nuovamente, assumendo lo stesso colore dei capelli «Ma… ma cosa dici?»
«Suvvia, scherzavo» alzò gli occhi al cielo, divertito «Forse» rettificò subito dopo «Ed ora voltati, se non vuoi che ti costringa a farlo io. Sai che ne sarei capace»
Ichigò sospirò, infilando il cellulare nella tasca della gonna e, solo dopo svariati secondi, con una lentezza estenuante, si voltò.
Si guardarono e l’avvertirono di nuovo quella scintilla, la stessa ch’era scattata sin dalla prima telefonata, quella telefonata avvenuta per sbaglio o per qualche assurdo scherzo del destino, un’insolita e breve  telefonata  che li aveva condotti fin lì, a specchiarsi l’uno negli occhi dell’altra, persi come se non esistesse nient’altro al mondo.
«Allora?»
«Allora cosa?»
«Non lo so, ma è imbarazzante restare qui fermi senza dire nulla»
«Hai ragione» ridacchiò, scompigliandosi la frangia «Che ne dici… ristorante italiano o lunapark?»
Erano i due posti che preferiva di più e lei quasi si meravigliò nel constatare che se ne ricordasse.
«Dipende» mormorò, raggiungendo la temperatura di una supernova, sentendosi bruciare la punta del naso e quella delle orecchie «Ci vieni con  me sul treno a forma di bruco?»
Lui emise una risata e lei si fermò ad assaporarla, estasiata.
«Ho altra scelta?»
«Direi proprio di no, mi spiace» sorrise, facendogli mancare di un battito.
E fu in quel preciso istante che Ryo, osservando quel sorriso, quei due occhioni da cerbiatta, il nasino all’insù, le guance colorite dall’imbarazzo e il campanellino legato al collo con un nastro rosso, realizzò che in realtà non era stato un completo idiota come pensava; era inevitabile provare già qualcosa per Ichigo, che fosse semplice curiosità, attrazione, simpatia, affetto, o qualcosa di più. Così come era stato inevitabile conoscerla… se non fosse stato per quella telefonata si sarebbero incontrati da un’altra parte, magari più in là, all’università, al bar, al cinema o al supermercato.
Probabilmente erano davvero destinati ad incontrarsi, n’era sicuro, proprio lui che nel destino non ci aveva mai creduto, o almeno prima d’allora.
«Che treno a forma di bruco sia, allora»
«Sicuro?»
«Per te questo ed altro, Momomiya»





• Angolo Autrice:

Non credo ci siano scusanti per il mio enorme ritardo, ma... credetemi, non avevo la più pallida idea su come continuare questa storia ^.^"
In origine avevo pensato di scrivere più capitoli e svilupparla in maniera diversa, ma alla fine l'ispirazione è cambiata e... niente, sono usciti solamente questi  tre insulsi capitoli.
Avevo anche pensato di pubblicare uno spinoff ambientato alcuni anni dopo, ma non ne sono ancora sicura... nel caso se volete/potete fatemi sapere cosa ne pensate, lo apprezzerei molto!

Detto questo, ringrazio infinitamente tutte le persone che mi hanno lasciato una loro opinione attraverso una recensione, coloro che hanno continuato a seguirla nonostante la lunga assenza e i lettori silenziosi. Grazie, grazie e ancora grazie. <3
Vi saluto, sperando di rileggervi presto ed augurandovi buone feste :)
Bye! :*

 

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