It Beats For Two.

di shiningreeneyes
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Lista capitoli:
Capitolo 2: *** 1. It appears that you're pregnant. ***
Capitolo 3: *** 2. It seems that we're me and you, now. ***
Capitolo 4: *** 3. I think you need to get to the gym more often. ***
Capitolo 5: *** 4. This isn't awkward at all. ***
Capitolo 6: *** 5. I don't want you to be dead. ***
Capitolo 7: *** 6. No one had told me that sweating was a side-effect of being pregnant. ***
Capitolo 8: *** 7. My situation was just glorious, wasn't it? ***
Capitolo 8: *** 8. It's just weird, you know? ***
Capitolo 9: *** 9. I couldn't deny it hurt a little. ***
Capitolo 10: *** 10. Trying not to get too excited. ***
Capitolo 11: *** 11. I don't know about you, but I'm kinda nervous here. ***
Capitolo 12: *** 12. You're gonna be the death of me, Harry Styles. ***
Capitolo 13: *** 13. He's being a right jackass. ***
Capitolo 14: *** 14. How would you have liked to be? ***
Capitolo 15: *** 15. There was no response. ***
Capitolo 16: *** 16. I'm having a baby. ***
Capitolo 17: *** 17. I think I'd like to keep him. ***
Capitolo 18: *** 18. Wanna go check out some toys? ***
Capitolo 19: *** 19. I'd once thought that being ignored was bad. ***
Capitolo 20: *** 20. You can never like me that way and it sucks. ***
Capitolo 21: *** 21. Things are used to be easier. ***
Capitolo 22: *** 22. Everything was gonna end up being just fine. ***
Capitolo 23: *** 23. Why don't you want them to know? ***
Capitolo 24: *** 24. Good night, sleep tight. ***
Capitolo 25: *** 25. I realised what he'd just said and my eyes widened. ***
Capitolo 26: *** 26. You're not gonna run off, are you? ***
Capitolo 27: *** 27. A cake sounds nice. ***
Capitolo 28: *** 28. So, all in all, things were actually... okay. ***
Capitolo 29: *** 29. I'm a great kisser. ***
Capitolo 30: *** 30. Can you at least give me a reason? ***
Capitolo 31: *** 31. I don't agree with you. ***
Capitolo 32: *** 32. I’m saying it because I want you to be happy. ***
Capitolo 33: *** 33. You know what I'm talking about. ***
Capitolo 34: *** 34. We'll make a decision together. ***
Capitolo 35: *** 35. Lauren's not welcome here anymore. ***
Capitolo 36: *** 36. How long have you know? ***
Capitolo 37: *** 37. You're mine. ***
Capitolo 38: *** 38. But why can't I hold him? ***
Capitolo 39: *** 39. Okay. ***
Capitolo 40: *** 40. Are you mocking me? ***
Capitolo 41: *** 41. I'm not even gonna ask. ***
Capitolo 42: *** Epilogue. ***
Capitolo 43: *** SEQUEL. ***



Capitolo 2
*** 1. It appears that you're pregnant. ***


​​CAPITOLO 1

Sembra che tu sia incinto.

 

Era un lunedì della metà di settembre il giorno in cui la mia vita sarebbe cambiata per sempre. È stato un cambiamento che non mi sarei mai aspettato, che non avrei mai sognato, che non avrei mai pensato. Ma è successo, ed il viaggio che è iniziato quel giorno ha cancellato tutto quello che avrei voluto fare in questo mondo. 

 

Lunedì, 13 Settembre

La musica era forte, troppo forte per chiunque. Non che un adolescente sano di mente si preoccupi del suo udito, comunque. Il mio cuore batteva allo stesso ritmo del basso che faceva vibrare il pavimento sotto i miei piedi. Le persone intorno a me erano ubriache - tanto ubriache - e occupate a fare tutto ciò che non si dovrebbe fare in una casa piena con più o meno quasi tutti gli studenti della propria scuola. Stavano facendo passi di danza volgari, lanciando camicie, versando birra sopra le loro teste, facendosi ditalini e masturbandosi davanti ad una folla che applaudiva.

 

Sospirai, chiedendomi perché mi fossi preoccupato di andare a quella festa. Non ero amico di nessuno lì, nessuno mi prestava attenzione e in tutta onestà, mi stavo annoiando. Eppure eccomi lì, con un bicchiere di Vodka e Sprite in mano, che sorseggiavo occasionalmente, mentre guardavo i miei compagni di classe fare gli idioti. 

 

La scuola era iniziata da due giorni e la festa a cui ero stato era un "Party di Fine Estate" che uno degli atleti della scuola organizzava ogni anno. Quello era un altro mistero per me: Perché ero stato invitato ad un party organizzato da un atleta di cui non conoscevo nemmeno il nome? Non ero sicuramente un giocatore di calcio, nemmeno ne conoscevo. Non ero altro che Nessuno che stava vivendo una vita noiosa; Andavo a scuola, tornavo a casa, facevo i miei compiti e andavo a  dormire, non socializzavo con nessuno, Eleanor era l'unica amica che avevo mai avuto, nonché vicina di casa. Non che fossi vittima di bullismo, la mia scuola era ok; nessuno era mai stato vittima di bullismo, le persone si facevano gli affari loro e vivevano la loro vita, non preoccupandosi di sprecare tempo ed energie a torturare qualcun altro. 

 

No, non sono mai stato vittima di bullismo. Solo non ho mai avuto nessun amico. 

 

Era difficile dire perché, però. Non ero né timido, né stupido, né brutto, né meschino, né secchione, né particolarmente fastidioso o socialmente ritardato. Okay, forse ero un po' socialmente ritardato, ma comunque. La gente semplicemente non mi prestava molta attenzione a meno che non fossi in mezzo ad una piccola quantità di persone che sapeva il mio nome, forse sei o sette persone dei quasi mille studenti della mia scuola. Non doveva necessariamente piacermi come stavano andando le cose. Diventai piuttosto solitario dopo un po' ed iniziai a sedermi da solo in mensa, tutti i giorni, dato che Eleanor si era trasferita in una scuola dall'altra parte della città, lavoravo sempre da solo nei progetti di gruppo a meno che non fosse l'insegnante a deciderli, non avevo nessuno con cui uscire quando tornavo a casa. No, non mi piaceva, ma le cose erano andate in quella maniera e ormai in cinque anni di liceo su sei, mi ero abituato. Mancava solo un anno per finire, sarebbe stato inutile fare amicizia adesso. 

 

Guardai il mio bicchiere, che era ancora mezzo pieno, e sospirai di nuovo. L'alcool non era mai stato il mio migliore amico. Ogni volta che bevevo (che non era molto spesso considerando che non avevo nessuno con cui farlo, a parte Eleanor) finivo per fare qualcosa che poi avrei rimpianto, e mi svegliavo con una sbornia colossale il giorno dopo. Tuttavia svuotai il resto del bicchiere in tre grossi sorsi. Il liquido mi bruciava in gola e feci una smorfia, chiedendomi se nel bicchiere avessi messo più Vodka di quanta avevo inizialmente previsto. 

 

"Hey," disse una voce dietro di me. Stavo per girarmi, ma poi mi resi conto che chiunque fosse non stava parlando con me, così avevo roteato gli occhi per il pensiero stupido e avevo continuato a guardare la massa di persone sulla pista da ballo. 

 

"Ciao? Non potresti almeno girarti?" disse la voce, ora più persistente.

 

Corrugai la fronte e girai la testa un po' di lato per vedere chi fosse. 

 

Un'atleta, conclusi dopo una veloce occhiata ai capelli ricci del ragazzo e alla sua bella faccia. Non riuscivo a ricordare il suo nome, ma lo avevo visto in giro a scuola mentre indossava una divisa.

 

"Mi stai ascoltando?" Disse il ragazzo con tono confuso, "Ciao? Sto parlando a te con la maglietta bianca e i pantaloni blu."

 

Guardai i miei vestiti e realizzai che effettivamente stavo indossando una maglietta bianca e un paio di pantaloni blu. Ancora un po' esitante, mi voltai e affrontai il ragazzo. Si stava allontanando un bicchiere dalle labbra, apparentemente solo dopo aver preso un sorso dal contenuto, e sorrise. 

 

"Stavo iniziando a pensare che fossi sordo o qualcosa del genere," disse.

 

Sorrisi con esitazione. "Mi dispiace, non ero sicuro se stessi parlando con me", dissi. 

 

"Bhe, si. Ti ho visto in giro per la scuola, come ti chiami?"

 

"Louis."

 

Il suo sorriso si allargò un po'. "Giusto, Louis," disse con un piccolo cenno. 

 

Non sembrava volesse dire niente di più, guardai il pavimento per un secondo. "E tu non mi dici il tuo nome?" chiesi poi.

 

Il ragazzo alzò le sopracciglia, guardandomi come per capire se fossi serio o no. "Harry," disse dopo un paio di secondi.

 

Sorrisi di nuovo. "Oh. Va bene. È un piacere conoscerti, Harry."

 

Lui sogghignò. Mi chiesi brevemente se fosse qui a parlare con me solo perché era ubriaco e non nel pieno controllo delle sue azioni. "Allora, Louis, ti sta piacendo il Party?" chiese, prima che iniziassi a pensare troppo alla questione. 

 

Scrollai le spalle. " Non è proprio il mio genere, se devo essere sincero. Non so sinceramente perché sono venuto."

 

"Perché è l'ultima occasione di ubriacarsi prima dell'inizio della scuola, credo", disse Harry e alzò il bicchiere in segno di saluto prima di prendere un altro sorso. 

 

"Si, non è comunque il mio genere, non conosco nessuno qui."

"Bene, ora mi conosci. Posso offrirti un drink?"

 

Stavo per rifiutare l'offerta, pensando che ne avessi avuto abbastanza per quella notte, ma poi pensai che fosse la prima volta nella mia vita che qualcuno della scuola era venuto da me ed aveva iniziato una conversazione di sua spontanea volontà, e non volevo rovinare tutto.

 

"Si, grazie," dissi, e il sorriso di Harry si allargò.

 

"Grande! Cosa bevi?" chiese.

 

"Vodka Sprite," risposi.

 

La mia risposta sembrò piacergli, perché sorrise. "Torno subito" disse prima di voltarsi e dirigersi verso la cucina. 

 

Sorrisi debolmente mentre guardavo la sua schiena scomparire dietro l'angolo, congratulandomi per aver trovato qualcuno con cui parlare. Beh, lui mi aveva trovato, ma comunque; ero molto felice di parlare con qualcuno che volesse la mia compagnia.

 

Harry tornò dopo qualche minuto, con un bicchiere in entrambe le mani, uno dei quali diede a me, e una bottiglia piena di un liquido trasparente. 

 

"Stai pianificando di farmi ubriacare?" chiesi scherzando con un cenno verso la bottiglia.

 

"Forse," disse, "Ti va di uscire fuori? È un po' rumoroso qui."

 

Non potevo discutere su questo.  Era un miracolo che non dovessimo urlare per poterci sentire a vicenda. Annuii e mi lasciai guidare fuori attraverso una porta di vetro, nel cortile, dove Harry si sedette con la schiena appoggiata al muro della casa. 

 

"Vieni, siediti," mi invitò quando notò che non avevo alcuna intenzione di muovermi. Velocemente mi lascia cadere accanto a lui, rovesciando un po' del contenuto del bicchiere sui miei pantaloni.

 

Dopo le cose accaddero molto rapidamente. Eravamo rimasti seduti in silenzio per un po', terminando le nostre bevande e poi procedendo a turno per bere direttamente dalla bottiglia. La mia mente era diventata sempre più appannata, sempre più stordita dall'alcool, e prima di capire altro, mi trovai seduto in braccio ad Harry, ridacchiando per qualcosa che aveva detto e che probabilmente non era nemmeno divertente.

 

"Andiamo, facciamo una passeggiata" disse Harry fermamente, mi spinse via da lui prima di alzarsi in piedi e mi guardò. 

 

"Ma perché?" mi lamentai.

 

"Perché non voglio più stare seduto qui, duh."

 

"Oh. Va bene."

 

In qualche modo la passeggiata si era conclusa con le mie mani e le mie ginocchia sul prato, lontano dagli occhi curiosi delle persone, i miei pantaloni e i boxer calati intorno alle mie ginocchia mentre Harry spingeva violentemente dentro di me. Faceva male, terribilmente, come se mi stessero squarciando, e le lacrime colarono rapidamente dai miei occhi. Non volevo pensare a quanto avrebbe fatto male se non fossi stato così ubriaco. Ma allo stesso tempo era incredibile, in un modo piuttosto contorto, masochistico. Il mix di piacere e dolore mi causava piccoli gemiti rotti e sentivo il respiro irregolare di Harry sul dorso del collo. Teneva la presa salda sui miei fianchi e sapevo che proprio lì ci sarebbero stati lividi il giorno successivo. Non ci misi più di cinque minuti per raggiungere l'orgasmo e crollai sull'erba sotto di me, chiudendo gli occhi, respirando pesantemente, il mio corpo dolorante e le fitte di dolore al culo. Avevo sentito Harry sdraiarsi accanto a me e avevo aperto gli occhi trovando il suo volto coperto da un ghigno.

 

"Non sei stato male," disse.

 

"Grazie," sospirai, "Nemmeno tu."

 

E quella fu l'ultima cosa che ricordai prima di svenire. 

 

Martedì, 14 Settembre

 

Quando mi svegliai, la mattina dopo, ci erano voluti pochi secondi per rendermi conto che fossi nascosto al sicuro sotto le lenzuola del mio letto. Battei le palpebre un paio di volte, cercando di ricordare la notte prima. 

 

Party... vodka... Harry... cortile... più vodka... bottiglia... prato... cazzo. 

 

Gemetti quando quella parte del serata mi venne in mente. 

 

Mi ero lasciato scopare da un ragazzo che non conoscevo mentre ero ubriaco, messo a quattro zampe su un prato. Quale tipo di persona lo farebbe? Soprattutto quando è la sua prima volta. Beh, la prima volta con un ragazzo. Eleanor e io facevamo sesso almeno una volta alla settimana - tipo come amici con benefici -, fino ad un anno e mezzo fa. Ma Eleanor era una ragazza. Era stato molto diverso essere il ricevente e lo realizzai quando mi spostai un po' dal letto e un dolore lancinante colpí la mia spina dorsale. 

 

"Oh mio Dio," sibilai prima di chiudere gli occhi.

 

Avevo fatto sesso con Harry. No, ero stato scopato da Harry. Non poteva nemmeno essere qualificato come sesso poiché non c'era stato praticamente alcun tocco di pelle che non fosse la parte anteriore delle sue cosce che faceva contatto con il mio culo. Sospirai, dandomi dello stupido. Non che avessi voluto candele e petali di rosa per la mia prima volta, ma sarebbe stato bello conoscere almeno il ragazzo che mi avrebbe sverginato. 

 

Un po' troppo tardi per quello, ora come ora.

 

Non ebbi più tempo per pensare all'accaduto perché proprio in quel momento la porta della mia camera si aprì e Owen, mio fratello di quindici anni, entrò.

 

"Mamma vuole parlare con te," disse casualmente.

 

"Ottimo," mormorai, "Riguardo cosa?"

 

"Non lo so."

 

Sospirai prima di alzarmi dal letto, sussultando per il dolore, uscii dalla porta con Owen subito dietro di me e mi diressi giù per le scale verso la cucina. Mia mamma era seduta al tavolo con il naso sepolto in un giornale e una tazza di caffè davanti a lei, quando entrammo.

 

"Volevi parlare con me?" chiesi, appoggiandomi allo stipite della porta, cercando di trovare una posizione che diminuisse il dolore nella parte inferiore.

 

Mia madre alzò lo sguardo fermando i suoi occhi severi su di me. "Si," disse, "puoi spiegarmi perché ho ricevuto una chiamata da una donna che afferma di essere la madre di Liam, alle tre di notte, dicendomi che dovevo andare a prendere mio figlio perché era svenuto sul prato senza pantaloni e biancheria intima e con una bottiglietta di liquore accanto a lui?"

 

"No, non posso davvero spiegare questo," dissi.

 

Strinse gli occhi. "Allora puoi almeno dirmi perché non indossavi i pantaloni e la biancheria intima?" chiese.

 

"Secondo te?" rigirai la domanda.

 

Sentii Owen ridacchiare dietro di me e mi girai di scatto guardandolo con aria feroce. "Su un prato? Di classe, Lou. Davvero."

 

"Fatti gli affari tuoi, Owen," sbottai.

 

"Louis, lascia in pace tuo fratello," disse mia madre con calma, e mi voltai di nuovo per guardarla.

 

"Bene, allora dimmi che cazzo vuoi da me," dissi acidamente.

 

"Prima di tutto voglio che tu smetta di usare questi termini," mi rimproverò, "e voglio sapere perché eri ubriaco."

 

"È ovvio, no?"

 

Sospirò. "Chi era lei allora? Hai una fidanzata?"

 

"Mamma, non pensi che se avessi una fidanzata avrei mostrato un po' più di rispetto invece che fare sesso con lei su un prato mentre ero ubriaco?"

 

"Sono felice che almeno un po' capisci, ma hai fatto sesso con una ragazza e, anche se lei non è la tua ragazza, non meritava di essere trattata così."

 

Mi chiesi se avrebbe detto la stessa cosa se le avessi detto di essere gay e che la persona con cui in realtà avevo fatto sesso era in realtà un ragazzo. Probabilmente no. Se lo avesse saputo, sicuramente sarei stato chiuso nella mia stanza per tre settimane mentre cercava di capire cosa fare con me. Non che fosse omofoba,  ma era un po' "vecchio stile" ed era importante per lei mantenere una perfetta facciata per la nostra famiglia, soprattutto dopo che mio padre ci aveva lasciati, sei anni prima. 

 

"Si, lo so, e non succederà più" dissi. La mia testa aveva già iniziato a pulsare e avevo una strana sensazione di disagio nello stomaco per iniziare un litigio poco allettante.

 

"Beh, bene. Ora, se tu - Louis, che hai?"

 

Si interruppe a metà frase quando improvvisamente mi misi una mano davanti alla bocca e corsi in bagno. Caddi in ginocchio davanti al water e il contenuto del mio stomaco fuoriuscì con un colore quasi giallo. Le lacrime di dolore e di disgusto rotolarono sulle mie guance e chiusi gli occhi ermeticamente. 

 

"Sei malato?" chiese mia mamma dietro di me. Voltai la testa e la vidi in piedi che mi guardava preoccupata. 

 

"No, ho solo bevuto troppo la notte scorsa," mormorai prima di pulirmi la bocca con la manica del maglione di qualcuno - probabilmente di mia madre - che mi aveva messo durante la notte prima di addormentarmi. 

 

Scosse la testa con esasperazione, ma poi mi offrì un sorriso. "Devi smettere di bere; finisce sempre così, Lou."

 

"Si, lo so, mi fermerò," dissi, roteando gli occhi mentalmente.

 

Mercoledì, 15 Settembre

 

Il giorno dopo mi ritrovai a camminare lungo i familiari corridoi dell'edificio scolastico che avevo imparato a conoscere bene negli ultimi anni. Prima di uscire di casa quella mattina, mi ero un po' preoccupato che avessi potuto incontrare Harry visto che non avevo idea di come comportarmi con un'avventura di una notte, ma quando a pranzo non avevo visto una singola ciocca di capelli castani e ricci, rilassai le spalle tese e smisi di guardare oltre di esse ogni decimo di secondo. 

 

Questo si rivelò un errore. 

 

Quando mi alzai dal tavolo della caffetteria dopo aver mangiato il mio pranzo,  mi diressi verso il cestino che era posto accanto all'ingresso e lasciai cadere la scatola vuota di succo di frutto. Proprio mentre mi voltai per uscire dalla sala da pranzo affollata, un gruppo di persone entrò e mi scontrai con uno di loro. 

 

"Scusami," disse il ragazzo, rivolgendomi un veloce sorriso che mostrava i suoi denti storti.

 

Stavo per dire un "nessun problema" quando i miei occhi caddero sul ragazzo dietro a quello con cui mi ero scontrato, i miei occhi si allargarono leggermente. Harry era lì, ma tutto ciò che fece fu rivolgermi un rapido sguardo, nessun segno di riconoscimento in faccia. Prima di avere la possibilità di dire qualcosa, il gruppo aveva continuato a camminare e Harry insieme a loro.

 

La mia fronte si corrugò in confusione mentre stavo lì. Non si ricordava di me? Forse no. Era abbastanza fuori di se. Questo un po' colpì il mio ego, ma probabilmente era meglio così. In questo modo non avremmo  dovuto pensare a come comportarci se ci fossimo imbattuti l'uno all'altro, avrei potuto semplicemente ignorarlo e lui avrebbe fatto lo stesso con me. 

 

*

 

Le cinque settimane successive passarono in pace e tranquillità. Ero andato a scuola, tutti mi avevano ignorato, avevo fatto i compiti, ero uscito con Eleanor ogni volta che avevo avuto tempo, mia mamma aveva smesso di farmi domande riguardo il mio incidente da ubriaco circa una settimana dopo che era avvenuto e Harry rimase ignaro del fatto che era stato il primo a scopare Louis Tomlinson da dietro. In altre parole, le cose erano normali.

 

Questo fino a quando si stava avvicinando Novembre, il momento in cui la mia vita sarebbe cambiata improvvisamente.

 

Giovedì, 21 Ottobre

 

Quando mi sveglia un Venerdì di fine ottobre, la prima cosa che notai era che mi sentivo male. Tipo, davvero malato. Mi alzai dal letto tenendomi la mano davanti alla bocca. Mentre ero a qualche metro di distanza dal bagno, sentii la nausea prendere il controllo su di me e alcuni conati di vomito mi finirono in mano prima di riuscire a mettermi di fronte al water. Mi sentivo come se le mie parti interne si contorcessero e come se  avessi vomitato tutto ciò che c'era di liquido e solido nel mio corpo. Respirai con forza e strinsi una mano sulla mia pancia, desiderando che il mio corpo la smettesse di torturarmi. Mentre me ne stavo lì, sentii dei passi dietro di me, ma non mi preoccupai di voltarmi. 

 

"Sei malato?" chiese la voce di Owen. "Hai bevuto di nuovo? La mamma ti ucciderà."

 

"Non ho bevuto," mormorai mentre asciugavo una paio di lacrime scivolate sulle mie guance. "Sono solo malato. Puoi chiamare la mamma, per favore?" Non appena le parole uscirono dalla mia bocca, un altro conato lacerò il mio corpo e mi piegai sul gabinetto.

 

"Cavolo, va bene, chiamo la mamma" disse Owen. 

 

Un paio di minuti dopo, sentii una mano morbida e calda strofinare la mia schiena con calma. 

 

"Non ho bevuto questa volta, lo giuro," gracchiai. 

 

"So che non lo hai fatto," disse mia madre, "torna a letto, ti porto un secchio e un po' d'acqua, okay?"

 

Annuii, ma non mi sentivo ancora pronto a muovermi.

 

"Spero non sia qualcosa di brutto," disse lei preoccupata mentre continuava a strofinarmi la schiena.

 

"Probabilmente solo un virus," mormorai stancamente, "passerà in un giorno o due."

 

*

 

L'unico problema era che non passò in un giorno o due. Mi svegliavo ogni mattina e mi lanciavo di corsa verso il bagno dove svuotavo il mio intestino fino a quando non diventava doloroso. Durò settimana dopo settimana e divenne abbastanza fastidioso. La cosa strana era che capitava solo la mattina; durante il giorno e la sera mi sentivo bene, a parte le tre volte che avevo sentito improvvisamente l'impulso di svuotare il mio stomaco nel bel mezzo della giornata. La mamma non mi permetteva di andare a scuola, cosa che fece si che rimanessi indietro con il programma scolastico, e anche se avevo protestato, sapevo che dato il modo in cui mi sentivo la mattina non avrei nemmeno fatto in tempo a raggiungere l'autobus. 

 

Quando quattro settimane dopo non era passato niente, sia mamma che Owen stavano iniziando a preoccuparsi seriamente. Avevo cercato di convincerli - e anche di convincere me stesso - che andava tutto bene, ma mentre passavano i giorni e ogni mattina mi ritrovavo a correre verso il bagno, diventava sempre più difficile. Oltre a vomitare, stavo anche cominciano a sentire una strana sensazione nello stomaco, non un malessere e neanche un dolore, solo... strano. 

 

Lunedì, 22 Novembre

 

Ancora una volta ero stravaccato sul pavimento del bagno, piegato sul gabinetto e con gli occhi chiusi, mentre continuavo a vomitare la bile. Mia madre era seduta vicino a me, guardandomi con spavento. Non più preoccupazione, ma spavento.

 

"Louis, dobbiamo portarti dal medico, questo non è normale," disse. 

 

"So che non è normale, ma non voglio andare dal medico, ok? Non voglio," dissi, e nonostante mi sentissi esausto, mantenni un tono ostinato, "Passerà presto, ne sono sicuro."

 

"È passato più di un mese da quando è iniziato, non passerà in questo modo."

 

"Mamma, non voglio-"

 

"Lou, no," mi interruppe lei, "mi dispiace, so che sei quasi un adulto, ma finché vivi sotto il mio tetto, farai come dico io e io dico che andremo dal medico. In questo momento."

 

"In questo momento? Mamma, non pensi che sia un po'-"

 

"No, Louis, questa storia va avanti da troppo a lungo."

 

"Mamma, non andrò dal medico, non importa. È il mio corpo e deciderò io cosa farci o cosa no. Non andrò dal medico e questo è tutto."

 

E così, un ora più tardi, ero seduto nella sala d'attesa presso l'ufficio del medico con mia madre accanto a me. Mi rifiutai di guardarla, arrabbiata con lei per avermi portato lì. I medici mi spaventavano. Avevano aghi e siringhe e ogni altro elemento necessario per la lobotomia. 

 

"Louis Tomlinson," disse una voce, alzai lo sguardo. Un uomo anziano e sorridente si trovava proprio dietro una porta aperta a pochi metri sulla mia sinistra, sospirai e mi alzai. Anche mia madre si alzò, ma scossi la testa. 

 

"Assolutamente no," dissi con fermezza mentre la fissavo, "Mi hai trascinato qui ed ora ci vado, ma ho diciassette anni, mamma, e non ti voglio nella mia stessa stanza quando mi faranno domande potenzialmente dettagliate sul mio corpo. Se c'è qualcosa che sta andando storto, te lo dirò."

 

Mi guardò sospettosa per alcuni secondi, ma poi sospirò e si sedette nuovamente sulla sedia. "Va bene, ma mi dirai se c'è qualcosa che sta andando storto, è chiaro?"

 

Annuii prima di dirigermi verso l'uomo. Tese una mano, che accettai, e si presentò come il Dottor Martin Wright. Almeno sembrava un brav'uomo, quasi dolce, il sessantenne vicino di casa con lo stomaco rotondo che hai sempre desiderato di avere. 

 

"Allora, Signor Tomlinson, cosa ti porta qui?" chiese quando entrambi eravamo seduti - lui nella sua scrivania e io in una sedia confortevole affianco a lui. 

 

"Mi chiami Louis, e mia madre mi ha costretto a venire qui in realtà," dissi.

 

Ridacchiò. "Sono sicuro che abbia avuto un buon motivo per farlo."

 

"Suppongo di sì," dissi, grattandomi la nuca, "credo di essere stato un po'... ho vomitato molto ultimamente. Tipo, ogni mattina nelle ultime quattro settimane e qualche volta anche durante la giornata."

 

"Beh, non suona bene. Fai molta attività fisica?"

 

Scossi la testa. "No, non sono proprio quel tipo di ragazzo."

 

"Hai qualche disturbo alimentare?"

 

"Non sono quel tipo di persona, direi di no."

 

"Sei sotto pressione per qualcosa? Amici, famiglia, scuola, niente?"

 

"No"

 

"Qualcuno dei tuoi parenti stretti soffre di tumore al cervello?"

 

I miei occhi si spalancarono. "Tumore al cervello?" mordendomi il labbro. "No, non che io sappia. È possibile che abbia un tumore?"

 

"È possibile, si, ma dovremo eseguire alcuni test per esserne certi."

 

Inghiottii nervosamente, perché, va bene, un tumore? Merda. La gente muore di tumore. 

 

"Ci sono altri sintomi che hai avuto?" continuò.

 

"Tipo cosa?"

 

"Come stanchezza, depressione, perdita della vista o dell'udito."

 

"No, solo... ho avuto una strana sensazione nel mio stomaco," dissi esitante, sapendo quanto suonasse stupido.

 

Corrugò la fronte. "Strana come? Dolore o nausea?"

 

"No," dissi lentamente, non sicuro di saperlo descrivere, "Solo... strano o.. strano, credo, non so davvero come spiegarlo."

 

Le rughe sulla sua fronte divennero più profonde. "Dobbiamo eseguire alcuni test per capire. Non voglio farti aspettare perché c'è la possibilità di un tumore, quindi se aspetti qualche minuto, farò alcune chiamate," disse mentre prendeva il telefono dalla scrivania ed iniziava a comporre un numero.

 

Mi sdraiai sulla sedia e chiusi gli occhi. Un tumore. Cosa sarebbe successo se avessi avuto un tumore? Non che la mia vita fosse così tanto eccitante, ma non volevo morire. Ovviamente mi piaceva stare in vita; potrebbe essere stata una vita noiosa, e a volte depressa, ma era la mia vita e mi era piaciuta molto. E mia mamma... cosa avrebbe detto? Sapevo che Owen fosse suo figlio preferito, ma lei mi amava ancora e probabilmente non avrebbe voluto che morissi.

 

"Louis?" la voce del medico mi trascinò fuori dal mio treno di pensieri e aprii gli occhi. "Se vieni con me, prenderemo alcuni campioni di sangue per vedere se c'è qualcosa che non va," disse alzandosi in piedi.

 

Impallidii. "Campioni di sangue?"

 

Lui sorrise. "Presumo che tu non sia fan degli aghi. Mi dispiace, ma deve essere fatto se vogliamo scoprire cosa c'è che non va."

 

"Quindi c'è sicuramente qualcosa che non va," dissi, sospirando.

 

"Vomitare ogni giorno per quattro settimane non è normale," disse con calma, "penso che tua madre abbia fatto bene a portarti qui."

 

Sospirai, mi alzi dalla sedia e gli feci segno di guidarmi. 

 

U'ora e un sacco di lamentele dopo, tornammo nell'ufficio di Martin.

 

"Avremmo i risultati del testa tra una settimana," disse mentre guardava una pila di carte, "ma fino a quel momento, mi piacerebbe avere un'ecografia del tuo stomaco."

 

Sollevai le sopracciglia. "Un'ecografia? Perché?"

 

"Solo per controllare tutte le basi, vogliamo assicurarci che non ci sia qualcosa che non va con i tuoi reni o l'intestino."

 

"Va bene, certo," dissi con esitazione, "Devo tipo... togliere la camicia, o cosa?"

 

Ridacchiò. "Prima basta che ti sdrai su quel lettino laggiù," disse e fece un cenno verso un lettino degli esami, dall'altro capo della stanza, "e poi puoi tirare su la camicia mentre preparo l'attrezzatura."

 

Feci come mi aveva detto, sentendomi stupido a farlo, mentre lo guardavo portare una grande macchina vicino al tavolo insieme ad un sacco di fili e una bottiglia con su scritto "Gel". Dopo aver tirato la camicia su, diedi una rapida occhiata alla mia pancia esposta, e un gemito sfuggì dalle mie labbra. 

 

"Qualcosa non va?" chiese il medico.

 

"No, credo solo di... aver messo su un po' di peso," brontolai, colpendo il mio stomaco tetramente.

 

"Beh, guarda il lato positivo," disse, "tu non sei nemmeno un terzo della mia taglia."

 

"Si, credo," dissi, anche se mi sentivo ancora un po' triste, "okay."

 

Premette alcuni pulsanti sulla macchina, accendendola, mise i guanti sulle sue mani e spruzzò un po' di gel sulla mia pancia.

 

"Cazzo, è freddo," ansimai.

 

"Si riscalderà presto," mi rassicurò mentre cominciava a spostare qualcosa che pensavo fosse un rasoio elettrico sul ventre.

 

Il piccolo schermo non mostrava altro che una sfumatura di bianco e nero e per un po' gli unici suoni che si sentivano li trovavo piuttosto disgustosi. "Scusi, ma adesso stiamo guardando e ascoltando le parti interne del mio stomaco?" chiesi dopo un minuto.

 

"Praticamente, si, e tutto sembra a posto - no, un attimo."

 

"Cosa? Qualcosa non va?" chiesi rapidamente, con gli occhi incollati sullo schermo, che ancora non mostrava niente che avesse un senso per me.

 

"C'è qualcosa qui, ma non sono..." si allontanò e quando guardai la sua faccia, le sue sopracciglia erano corrucciate e il suo sguardo completamente confuso. Questa non poteva essere una buona cosa. I medici non dovrebbero essere confusi.

 

"Dottore, sono piuttosto terrorizzato qui," dissi con una risata inquieta, "cosa c'è che non va?"

 

"Io... non ne sono certo," disse lentamente, aggrottando la fronte verso lo schermo, "mi dispiace chiedertelo, ma sei un maschio, vero?"

 

Sollevai le sopracciglia con indignazione. "Se sono-..? Senta, so di non essere esattamente Chuck Norris, ma non c'è bisogno di offendermi."

 

"No, no, non è come pensi, è..." si ritrasse di nuovo, ancora con gli occhi incollati sullo schermo che mostrava sempre la sfumatura di bianco e nero. Una sfumatura di bianco e nero e qualcos'altro. 

 

"Dottore, che cos'è quella... cosa?" chiesi, anche se non ero certo di voler sapere la risposta.

 

Distolse lo sguardo dallo schermo e mi guardò con occhi confusi per un attimo, prima di rispondere. "Senti quel rumore?" disse poi.

 

Sbattei le palpebre, ascoltando con attenzione. C'era un rumore, anche se non ero abbastanza sicuro di saperlo definire. Non era forte, a malapena udibile, e tipo.. un suono martellante? Come un battito cardiaco, ma estremamente debole. "Si, posso sentirlo. Che cos'è?" chiesi.

 

"Non ne sono abbastanza sicuro," disse, "se tu fossi femmina, non ci sarebbe stato alcun dubbio, ma... beh, non lo sei."

 

"Scusi, ma che cosa a che fare questo con il mio sesso?"

 

"Se tu guardi qui," disse, non rispondendo alla mia domanda, indicano un punto proprio al centro dello schermo, "vedi quel piccolo punto che sembra un po' fuori luogo, si?"

 

Annuii.

 

"Bene, io... non so davvero come dirlo, perché è una novità per me."

 

Strinsi la mascella. "Che cosa- io... sto morendo o qualcosa del genere?" chiesi.

 

"No, no, non stai per morire," mi rassicurò velocemente.

 

"E allora cos'è? Può solo dirmelo? Perché sto fottutamente uscendo fuori di testa ora."

 

"Okay, voglio dirtelo subito," sospirò. 

 

Annuii e mi morsi il labbro così forte che sentii la pelle rompersi. 

 

"Beh, Signor Tomlinson, sembra che tu sia incinto."

 

Lo fissai, poi la mia bocca si aprii e balbettai: "Scusi, ​che cosa?"

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Capitolo 3
*** 2. It seems that we're me and you, now. ***


CAPITOLO 2

Sembra che siamo io e te, adesso.

 

Lunedì, 22 Novembre

Dieci settimane 

 

"Bene, Signor Tomlinson, sembra che tu sia incinto."

 

Lo fissai, poi la mia bocca si aprii e balbettai: "Scusi, che cosa?"

 

"Capisco che possa suonare completamente impossibile, ma-"

 

"È completamente impossibile!" dissi ad alta voce, non preoccupandomi del fatto di essere stato scortese quando spinsi la mano del medico da un'altra parte e tornai seduto, guardandolo. "È biologicamente impossibile, dottore! Posso non essere il ragazzo più maschile, ma sono un ragazzo, sono maschio e posso assicurarvi che non ho genitali femminili! Posso abbassare i pantaloni e può controllare se vuole."

 

"Non è necessario," disse con un sorriso, "non dubito che tu sia maschio, ma Signor Tomlinson-"

 

"Louis!"

 

"Scusa. Senti, Louis, non dubito che tu sia maschio, ma che cos'era su quello piccolo schermo prima che tu spingessi via la mia mano e rompessi gli impulsi sonori? Era un bambino. E quei rumori che hai sentito? Quelli erano i battiti cardiaci di quel bambino."

 

Scossi la testa con incredulità. Questo tizio era pazzo! Come potevo essere incinto? La biologia non era mai stata la mia materia preferita a scuola, ma ero abbastanza certo che per procreare un bambino serviva lo sperma e la cellula uovo; avevo il seme, ma sicuramente non la cellula uovo. Per non parlare dell'utero e di tutte quelle buffonate.

 

"Non può aspettarsi che io ci creda," dissi con tutta la calma possibile.

 

"È difficile anche per me crederci in realtà," disse, "ma in tutta onestà, ha senso se si toglie il fatto che tu non sia femmina."

 

"Si, ma io non sono davvero una femmina," dissi intensamente. "E se non mi sbaglio, essere una femmina è un fattore necessario quando si tratta di portare un bambino nello stomaco."

 

"Sono consapevole di cosa si necessita per una gravidanza, ma tutte le prove qui indicano esattamente quello," disse con pazienza.

 

Gemetti; di certo non avrebbe lasciato perdere tutto questo, no? Scossi la testa con incredulità. "Come mai?"

 

"Per cominciare, l'immagine sullo schermo e il suono del battito cardiaco," disse, "poi c'è il malessere mattutino, e mi hai anche detto che hai avuto una strana sensazione allo stomaco, giusto?"

 

Annuii.

 

"Il malessere mattutino si presenta a otto donne in gravidanza su dieci, e alcune sentono una sensazione strana nel loro stomaco per poche settimane. Ora, tu mi hai detto di essere stato male di mattina per circa quattro settimane."

 

Annuii nuovamente.

 

"Io non sono un ostetrico, ma a giudicare dalla frequenza del battito cardiaco del bambino, direi che sei di nove o dieci settimane. Ciò indica che il tuo malessere mattutino è iniziato dopo la quinta o sesta settimana, che è il periodo in cui solitamente le donne in gravidanza cominciano a sentirsi male."

 

"Di nove o dieci settimane? Faccio schifo con la matematica, quindi quando avrei... concepito?" dissi l'ultima parola con una smorfia. Per quanto odiavo ammetterlo, anche a me stesso, tutto ciò che il medico pazzo aveva detto iniziava ad avere un senso. 

 

Cioè, se non fosse stato per il fatto che non ero una donna sanguinosa.

 

"Beh, approssimativamente, direi verso la metà di Settembre."

 

Sospirai e stavo per ripartire di nuovo con il mio discorso "Non sono una ragazza" sperando che l'uomo riuscisse a capire il mio punto di vista, quando poi quello che aveva detto mi piombò addosso e mi sentii come se fossi stato colpito in testa con una tonnellata di mattoni. 

 

Metà di Settembre... metà di Settembre.. Oh no. Oh Dio. Oh merda. Oh cazzo. Non poteva- non era possibile... No, no, no, no. Non  stava accadendo! Questo non poteva  succedere! Era impossibile!

 

Era come se tutto il sangue della mia faccia si fosse prosciugato e improvvisamente sentii un capogiro. Chiusi gli occhi per un secondo prima di riaprirli e incontrare lo sguardo del dottore ormai confuso.

 

"13 Settembre," dissi, la mia voce era debole.

 

"Scusa, non ho capito."

 

Schiarii la mia gola. "13 Settembre," ripetei, un po' più forte questa volta. 

 

"Che cosa è successo il 13 settembre?"

 

Seppellii la mia faccia nelle mie mani, ignorando la sensazione appiccicosa del gel semi-secco sul mio ventre. "Sono stato ad un party e... ho fatto sesso con questo... ragazzo." mormorai. Tirai un respiro profondo e lo guardai di nuovo. "Era solo un... incontro causale, niente di più."

 

"Suppongo che voi non abbiate usato precauzioni."

 

"Non lo so, non mi ricordo davvero," dissi, " ero abbastanza ubriaco, ma... no, non credo che abbiamo usato qualche.. protezione."

 

Mi guardò con compassione mentre si passava le dita tra i capelli grigi. "Devo anche supporre che fossi tu il ricevente," disse. 

 

"Si," mormorai.

 

Lui sospirò. "So che questo sembra totalmente folle per te, ma temo che tu sia veramente incinto, o almeno c'è una possibilità del novanta per cento."

 

Inghiottii e scossi la testa, cercando di convincere me stesso tanto quanto il medico di non essere incinto. Non potevo esserlo.

 

"Dottore, io... suppongo che la sua teoria abbia senso con tutte le prove e cose varie, ma... i ragazzi non possono avere una gravidanza, nemmeno se hanno un ragazzo che ha lasciato loro dello sperma nel culo," dissi, la mia voce quasi supplichevole, "non ho nessuna di quelle... cellule uovo che le donne hanno e non non credo che il ragazzo con cui sono stato le abbia, e sperma più sperma non si può trasformare in bambino."

 

Lui sorrise. "Sono molto consapevole di tutti questi fatti, ma se possiamo mettere da parte le impossibilità di questa teoria per qualche minuto, vorrei farti un paio di altre domande."

 

Sospirai, ma annuii.

 

"Ora, fai sesso regolarmente?"

 

"No, quella è stata la prima volta dopo un anno e mezzo," dissi, sentendomi un po' in imbarazzo, "e... non so se è rilevante, ma è stata la prima volta con un ragazzo."

 

Lui annuì e lo vidi scrivere qualcosa sul suo piccolo block notes. "Quindi sei abbastanza sicuro di dire che il ragazzo con cui hai fatto sesso quella notte è il padre?" disse." "Supponendo che la mia teoria sia corretta," aggiunse rapidamente quando aveva visto la mia bocca aprirsi pronta per protestare.

 

Sospirai di nuovo. "Credo."

 

"Se hai dei dubbi, possiamo fare un CVS," disse. "È fondamentale un test di paternità che può essere eseguito mentre sei ancora in gravidanza," aggiunse quando lo guardai con sguardo confuso.

 

Annuii, ma non dissi niente. La testa sembrava mi stesse per esplodere a causa di tutte le informazioni che avevo ricevuto, per non parlare del fatto che ero abbastanza certo di essere sull'orlo di avere qualcosa di simile ad un attacco di panico. Prendendo un certo numero di respiri profondi, per far calmare il battito del mio cuore, chiusi gli occhi. 

 

Incinto.

 

Io, Louis Tomlinson, diciassette anni, molto molto maschio, ero incinto. Non volevo crederci, non volevo, ma... aveva senso se ci pensavo. Beh, considerando il fatto che non avevo né un grembo e né un utero. Ma aveva senso. Il presunto bambino era stato concepito a metà Settembre, proprio il giorno in cui avevo fatto sesso con un ragazzo per la prima volta. Ho provato malessere la mattina, il mio stomaco era strano, e... l'improvviso guadagno di peso che avevo notato solo meno di mezz'ora prima aveva senso. E poi c'era l'immagine a ultrasuoni. L'immagine a l'ultrasuoni che mostrava un bambino minuscolo e il suo battito cardiaco.

 

Il battito cardiaco del mio bambino, disse una vocina nella parte posteriore della mia testa. 

 

"Okay, se sono veramente incinto," iniziai con esitazione. Il dottore annuì e mi guardò con pazienza, "e non sto dicendo che lo credo," aggiunsi velocemente, "ma se fosse così... allora... avrei tante domande. Come, dove dovrebbe... crescere... sai, il bambino? Non ho un grembo materno o dovunque sia che i neonati normalmente si sviluppano. E come diavolo farei a partorire? E in primo luogo, come fa il bambino a rimanere in vita? E quando comincerà a vedersi la pancia? E se diventassi pazzo come le donne in gravidanza, ad un certo punto? E... oh mio Dio, non mi dica che i miei capezzoli diventeranno come quando, tipo... bisogna iniziare l'allattamento!"

 

Sorrise e si chinò in avanti, posando una mano sul mio ginocchio. "Prima di tutto, lo stress non va bene per il bambino, quindi calmati."

 

Volevo solo urlargli che era difficile calmarsi in un momento come quello e che non c'era nessun dannato bambino, ma invece presi altri respiri profondi, mentre canticchiavo mentalmente "andrà tutto bene, andrà tutto bene." Il mio respiro si regolarizzò e annuii.  "Va bene, mi dispiace, è solo troppo da mandare giù," dissi.

 

"Completamente comprensibile," disse, "beh, dove dovrebbe crescere il bambino, come dovresti partorire, in primo luogo come fa a rimanere in vita e se dovrai allattarlo sono domande a cui non posso darti una risposta adesso, dovremmo eseguire una serie di test per trovare queste risposte."

 

Annuii. "Ma quando si comincerà a vedere?"

 

"Durante le gravidanze normali, solitamente si inizia a vedere già a partire dall'ottava settimana, ma cambia da persona a persona. Prima hai detto che credevi di aver messo su peso, perciò è possibile che da te si stia già cominciando a vedere."

 

Gridai mentalmente. Due mesi e stavo già iniziando a gonfiarmi come un palloncino. "Diventerò grasso e disgustoso, vero?" mormorai.

 

"Essere in gravidanza non è la stessa cosa di essere grasso," disse sorridendo, "metterai su qualche chilo, ovviamente, ma probabilmente li perderai una volta che darai alla luce il tuo bambino."

 

"Si, okay."

 

Sorrise brevemente, ma poi la sua espressione si fece pensierosa. "C'è una domanda che sono molto sorpreso tu non mi abbia chiesto ancora," disse poi.

 

Sbattei le palpebre. "Tipo cosa?"

 

"La possibilità di abortire."

 

"Oh," dissi, corrugando la fronte, "credo di non averci pensato."

 

"È qualcosa che potresti considerare?"

 

Mi grattai la nuca. "Non lo so," dissi, "voglio dire, sono ancora al liceo ed avere un bambino a questo punto è già abbastanza grave se si è una ragazza e si ha un ragazzo. Io sono single e sono un ragazzo; ci sarebbero tante chiacchiere e pettegolezzi una volta che si inizierà a vedere la pancia. Inoltre, c'è mia mamma, cosa diavolo dovrei dirle? Non mi piace l'idea di dover uccidere un bambino che è già sviluppato di due mesi, però, così... no, non lo so." Mi fermai e mi ritrovai a guardare il medico con un sorriso. "Mi dispiace, è un dottore, non uno strizzacervelli," dissi scherzosamente.

 

"È tutto ok," mormorò, "il limite di aborto è di ventiquattro settimane qui in Inghilterra, quindi hai ancora qualche mese per decidere."

 

"Okay," dissi. Chiusi gli occhi per un attimo, desiderando che il rumore martellante alla mia testa se ne andasse. "Io... non capisco," mormorai quando aprii di nuovo gli occhi. "Sono davvero... incinto?"

 

"Sembra proprio così."

 

"Scusi se ho difficoltà a crederci," dissi, "è solo un po'... folle. Troppo da ingerire." Esitai un po' prima di porgere la domanda di cui temevo la risposta. "Posso evitare di parlarne con mia madre di questo? Ho diciotto anni, quindi se le chiedo di non dirglielo, non glielo dirà, vero?"

 

"Si, non glielo dirò."

 

"Bene. Non voglio che lei lo sappia ancora. O almeno fino a quando potrò nasconderlo."

 

"In pochi mesi sarà ovvio che non è così normale, quindi probabilmente non sarai in grado di nasconderlo per sempre."

 

"Lo so, ho solo bisogno di un po' di tempo per mandarlo giù per prima cosa," mormorai, "e... uhm, pensa che potrebbe fare lo strizzacervelli per soli cinque minuti?"

 

Lui sorrise. "Certamente. A cosa stai pensando?"

 

Sospirai e mi morsi il labbro. "Dovrei...dirglielo a lui? Al ragazzo che mi ha... messo incinto, voglio dire."

 

"È dura," disse appoggiandosi sulla sedia, "lo conosci bene?"

 

"Non proprio, solo il suo nome. Lui va nella mia scuola, ma è tipo un'atleta e io non... beh, io non lo sono. Non credo che si ricordi di aver fatto sesso con me, era così ubriaco quando è successo. In realtà, dubito voglia fare coming out."

 

"Coming out?"

 

"Tipo, uscire allo scoperto. Non credo che un giocatore di calcio gay al liceo sarebbe il massimo."

 

"Suppongo di no. Senti, Louis, non è il mio compito doverti dire cosa fare, ma credo che ti sentiresti meglio se glielo dicessi, soprattutto se vorrai abortire."

 

Inghiottii, sapendo che aveva assolutamente ragione. "Ma non c'è modo che lui possa credermi," dissi disperatamente, "ho bisogno di una prova o... dovrò portarlo con me qui, farglielo vedere con i propri occhi."

 

"Portalo qui per il tuo prossimo controllo."

 

"Pensa che dovrei farlo?"

 

"Come ho detto, non è il mio compito doverti dire cosa fare, ma si, penso che dovresti."

 

Annuii. "Si, va bene." Mi mangiucchiai il labbro. "Non c'è una probabilità del cento per cento che io sia effettivamente incinto, giusto?" chiesi, non riuscendo a nascondere la speranza nella mia voce. 

 

"Non c'è una probabilità del cento per cento, no, ma lo sapremmo sicuramente una volta ottenuti i risultati dei campioni del sangue. Mi dispiace dirlo, perché sembra che tu non voglia una gravidanza, ma sono sicuro al novanta virgola nove per cento quando dico che adesso c'è una vita che sta crescendo dentro di te."

 

Una vita dentro di me. Un piccolo bambino. La realizzazione improvvisa mi colpì con forza e tirai su con il naso, cercando di fermare le inutili lacrime di rabbia e confusione. Tre secondi dopo stavo piangendo nelle mie mani, chiedendomi cosa avessi fatto nella mia vita precedente per meritarmi tutto questo. Qualcosa di orribile, senza dubbio. Cosa avrei dovuto fare? Non ero nemmeno abbastanza grande legalmente, ero ancora un ragazzino agli occhi dello stato, non potevo avere un bambino. Non era giusto, e non avevo idea di cosa fare. La disperazione che mi riempiva dall'esterno mi faceva piangere, la mia mascella tremava così tanto che a momenti mi si sarebbero potuti frantumare i denti.

 

Mi ci vollero pochi minuti per ricompormi e quando lo feci trovai Martin che mi guardava con un sorriso gentile. "Andrà tutto bene," disse, "se vorrai abortire, organizzeremo tutto per farlo."

 

Ancora singhiozzando, sollevai una mano e mi asciugai le lacrime. "È solo... troppo, capisce? È così inaspettato. Non mi sarei mai aspettato di sperimentare tutto questo, avere un bambino dentro di me."

 

"Non penso che nessun ragazzo avrebbe mai pensato che potesse succedere."

 

"Immagino di no."

 

"Credo che ti lascerò andare a casa ora, ma ci sono alcune cose che voglio che tu sappia."

 

"Va bene, tipo cosa?"

 

"Non stressarti più del necessario," disse, "ricordati di bere molta acqua, almeno fino a quando avrai il malessere mattutino, che dovrebbe durare ancora circa tre o quattro settimane. E vorrei anche raccomandarti di andare in una farmacia, quando hai la possibilità, e comprare un paio di test di gravidanza, solo per controllare. Sarebbe intelligente comprare anche alcuni integratori vitaminici."

 

"Integratori vitaminici, giusto." Me lo annotai mentalmente. "Perché devo comprare più di un test?"

 

"Più test, più precisione."

 

Annuii ma poi mi accigliai. "Cosa... cosa posso dire a mia madre? Starò male per altre poche settimane, quindi non posso uscire e dirle che tutto va bene."

 

"Se davvero non vuoi dirle la verità, potresti dirle che è solo un virus a lungo termine e che dovrebbe andare via in quattro settimane. A quel punto, il vomito dovrebbe fermarsi."

 

"Hm, si, va bene."

 

Mi rivolse un sorriso prima di alzarsi falla sedie su cui era seduto. "Lasciami ripulirti ora, okay?"

 

Dieci minuti dopo uscii dall'ufficio, dopo essere stato avvisato che avrei ricevuto una telefonata con i risultati degli esami del sangue tra circa una settimana. Trovai mia mamma seduta nella stessa posizione in cui l'avevo lasciata, solo che ora era impegnata a leggere una rivista di gossip. La raggiunsi e lei alzò lo sguardo.

 

"Dio mio, sei qui, sei stato dentro per più di due ore!" esclamò e si alzò in piedi, appoggiando la rivista sul tavolo accanto alla sedia in cui era seduta.

 

"Si, mi spiace, ha voluto fare un sacco di test," dissi.

 

"E?"

 

"Va tutto bene, è solo un virus a lungo termine allo stomaco, dovrebbe passare in quattro settimane o giù di lì," dissi, sorpreso dal modo in cui la bugia scivolava dalla mia bocca.

 

"Un virus che dura due mesi?" chiese incredula, "che tipo di virus è?"

 

"Non sono sicuro, l'ha menzionato, ma era uno strano nome latino, non lo ricordo," scrollai le spalle.

 

"Okay allora. Ma se non passa in quattro settimane, ti riporto qui e io entrerò con te."

 

Roteai gli occhi. "Va bene."

 

I quindici minuti di distanza dall'ufficio del medico a casa consistevano in mia madre che mi faceva domande sul mio presunto virus a cui io risposi distrattamente, cercando di non pensare al fatto che sotto le mie mani appoggiate al ventre, c'era una vita che cresceva. Saltai fuori dalla macchina il secondo dopo che mia madre parcheggiò e ignorai le sue urla che mi dicevano di stare attento mentre camminavo velocemente verso casa. Ciò di cui avevo bisogno in quel momento era un po' di tempo per me, tempo per pensare, tempo per elaborare e per decidere come raccontare tutto a Harry e se avrei dovuto abortire o no. Ciò di cui non avevo bisogno era mia mamma che mi soffocava di domande alla quale avrei dovuto mentire.

 

Solo un altro giorno. Niente di che.

 

No.

 

Dopo aver afferrato un bicchiere d'acqua dalla cucina, andai verso la mia camera e chiusi a chiave la porta. Posai il bicchiere sul mio comodino e mi sdraiai sul letto, alzando lo sguardo verso il soffitto. Ventiquattro ore fa avevo capito che qualcosa non andava, ma non mi sarei mai aspettato questo. Perché? Perché questo sarebbe dovuto essere impossibile.

 

Tirai un po' su la camicia e appoggiai le mani sul mio stomaco nudo. C'era un leggero gonfiore. Non era grande. In realtà non era quasi evidente e se non avessi saputo che era lì, non ci avrei nemmeno pensato. Ma sapevo che era lì e anche se non avevo nessuna prova medica per confermarlo, in qualche modo lo sapevo comunque. Sapevo che cosa avrebbero mostrato i test di gravidanza che ancora dovevo comprare e sapevo quali sarebbero stati i risultati degli esami del sangue. 

 

Mi alzai dal letto, mi tolsi completamente la camicia e mi misi di fronte al grande specchio appeso al muro. Di fronte non c'era niente di straordinario da vedere, solo la mia immagine normale, il torso abbronzato con una sottile linea di peli dell'ombelico che scomparivano sotto la cintura dei pantaloni. Quanto mi girai di fianco, però, c'era un leggero cambiamento. Una piccola, piccolissima protuberanza. Era piccola piccola ora, ma probabilmente non lo sarebbe stata più in un paio di mesi. A meno che non avessi abortito.

 

Un aborto. Sentii le mie budella fare un salto spiacevole al pensiero. Non era come essere contro l'aborto in generale, ma... questo era diverso; questo era il mio bambino, e il pensiero di ucciderlo prima che avesse anche solo avuto la possibilità di vedere la luce del giorno mi faceva sentire male. Ma onestamente, che altro avrei potuto fare? Continuare la gravidanza? Avere l'intera città che bisbigliava alle mie spalle? Subire le urla e i lamenti di mia madre, chiedendo a Dio cosa avesse fatto per meritare quel tipo di follia? Avere tutto il mio futuro incerto e forse rovinato? Camminare ogni giorno per il prossimo anno, vedendo Harry nei corridoi e sapendo che stavo portando in grembo il suo bambino, che era il risultato di un errore da ubriachi? E poi, quando il bambino sarebbe stato abbastanza grande per poter porre domande, che cosa avrei dovuto dire a lui o lei?

 

Era una disperazione di un livello completamente nuovo che sbocciò dentro di me solo a pensarci.

 

Chiusi gli occhi, inghiottendo il grumo pesante che cominciava a formarsi in gola. Questo era troppo per potersene occupare in un giorno. Avevo bisogno di molto tempo per pensarci e il medico aveva detto che il limite di aborto era di ventiquattro settimane, quindi avrei avuto ancora tre mesi per decidere. Tre mesi da adesso... tre mesi da adesso e quel bambino sarebbe stato molto più grande, sarebbe sembrato molto più reale, si sarebbe sentito molto più vicino a me. Sarei stato in grado di percepire i calci. Una singola lacrima rotolò giù dalla mia guancia al pensiero. Non potevo uccidere quel bambino, sapevo di non poterlo fare, ma non lo avrei potuto tenere, quindi che cosa avrei dovuto fare?

 

Scossi la testa e mi affrettai ad asciugare la lacrima dalla mia guancia.

 

Considerando che sarei dovuto andare in farmacia il prima possibile, pensai di andarci subito. Sospirai e presi la camicia dal pavimento, rimettendola a posto, prima di lasciare la mia stanza e camminare giù per le scale. Il mio piano era quello di sgattaiolare fuori prima che mia madre mi vedesse e, fortunatamente, ci riuscii. La farmacia più vicina a casa nostra distava circa dieci minuti e per tutto il tragitto, mi sentii come se tutte le persone che passavano sapessero che fossi un mostro abnorme. Ma naturalmente non lo sapevano; era solo la mia immaginazione che correva selvaggia. O almeno così speravo. 

 

Mi sentii incredibilmente imbarazzato una volta arrivato alla farmacia e mi ritrovai in piedi davanti ad un ripiano pieno di test di gravidanza uno diverso dall'altro. Come diamine facevo a sapere cosa cercare?  Per almeno dieci minuti rimasi lì a guardare su e giù per gli scaffali, sentendomi ogni secondo sempre più indifeso. Proprio mentre stavo per rinunciare e tornare a casa, una voce dietro di me interruppe la mia intensa ricerca e saltai sul posto.

 

"Scusami, non avevo intenzione di spaventarti," disse una donna bionda sulla trentina con un sorriso. "Posso aiutarti con qualcosa? Sei qui da parecchio tempo."

 

"Si... io non lo- non lo so..." mi allontanai, indicando il ripiano.

 

Lei rise. "Ce ne sono un sacco, vero? Beh, se è solo per il controllo, io consiglierei questo," disse prima di avvicinarsi al ripiano, prendere una scatola rossa e poi porgermela. 

 

Accettai con esitazione e la guardai. "Come funziona questa cosa?" chiesi dopo aver studiato la scatola per alcuni secondi.

 

"Le descrizioni sono nella scatola, ma fondamentalmente, basta fare la pipì sul bastoncino. È piuttosto semplice, ma se la tua ragazza non capisce come usarla, le puoi dire di venire e le spiegherò meglio."

 

Sbuffai internamente, immaginando la faccia di questa donna se le avessi detto che non avevo una fidanzata e che il test in realtà fosse per me.

 

"Ok, grazie," dissi. "Il dottore ha detto che sarebbe meglio prendere più test, quindi potrebbe... consigliarmene due? Mi è stato anche detto di comprare alcuni integratori vitaminici, potresti mostrarmi anche un po' di quelli?"

 

Dopo una conversazione noiosa e fastidiosa con la donna - che sembrava avere difficoltà a capire quando era giunto il momento di smettere di parlare - mi avviai verso casa. La sensazione di essere fissato era aumentata ora che stavo portando una busta che io - ma nessun altro - sapevo conteneva tre diversi test di gravidanza. Mi concentrai per cercare di sembrare il più normale possibile, che senza dubbio mi aveva fatto apparire ancora meno normale, e cercai di non incontrare nessuno sguardo mentre camminavo. 

 

Quando arrivai a casa dopo quella che mi era sembrata la camminata più lunga e spaventosa della mia vita, mi affrettai a salire le scale e correre verso la mia stanza prima che mamma o Owen avessero la possibilità di fermarmi e chiedermi dove ero stato, cosa c'era nella busta di plastica  o qualsiasi altra domanda che avrebbero potuto pormi in meno di dieci secondi. Chiusi nuovamente la porta, facendo un doppio giro in caso non fosse chiusa bene, poi mi sedetti sul letto e tirai fuori le tre diverse scatole dalla busta; una rosa, una blu e una bianca. Presi per prima la rosa e la aprì, togliendo il piccolo manuale d'istruzioni che era piegato accuratamente all'interno. Fino a quel momento non ero mai stato vicino più di due metri ad un test di gravidanza e adesso ero seduto nel mio letto con tre di quelli a portata di mano, leggendo il manuale di istruzioni per capire come utilizzarne uno. 

 

Era abbastanza facile, come aveva detto la donna della farmacia; avrei dovuto fare la pipì sul piccolo bastoncino e dopo tre minuti, avrebbe mostrato una linea rosa se fosse stato positivo o una linea blu se fosse stato negativo. Gli altri due test erano più o meno uguali; quello nella scatola blu dopo tre minuti avrebbe mostrato una faccina felice se fosse stato positivo o una triste se fosse stato negativo, mentre quello nella scatola bianca dopo due minuti avrebbe mostrato il segno più per il positivo e il segno meno per il negativo. 

 

Raccolsi rapidamente i test e i manuali delle istruzioni, misi tutto nelle tasche della felpa che avevo messo prima di andare in farmacia e uscii dalla mia camera da letto. Le uniche camere al secondo piano erano la mia, una stanza per gli ospiti che era piena di vecchi vestiti, libri, mobili e altri oggetti di poca importanza, e un bagno utilizzato solo da me, ed ero davvero felice di questo dal momento che non avrei avuto il pensiero di scappare da mamma o da Owen. 

 

Appena entrai nel bagno, chiusi la porta e controllai tre volte di aver chiuso bene prima di tirare fuori i test dalle mie tasche. Presi un respiro profondo prima di abbassarmi i pantaloni e i boxer e posizionarmi sul gabinetto. La stupidità di tutta la situazione mi colpì mentre ero lì; ero un ragazzo, facendo un test di gravidanza per scoprire se ero incinto. Seriamente. Ero abbastanza sicuro che quello fosse il primo caso in quella città, probabilmente in tutto il Paese in realtà. Sbuffai un po' dopo aver finito con l'ultimo test, tirai lo sciacquone e abbassai la tavoletta. E poi non c'era altro da fare se non aspettare. Mi sedetti sul pavimento, la testa appoggiata contro il muro e chiusi gli occhi. Il mio orologio mostrava le cinque e trentuno del pomeriggio. Tre minuti. Tre minuti di orribile attesa in cui non potevo altro che stare lì, ascoltare il mio battito cardiaco, ascoltare l'acqua che attraversava i tubi nelle pareti, costringendomi a non iniziare ad urlare. 

 

Sapevo che se anche tutti e tre i test sarebbero stati negativi, ciò non mi avrebbe impedito di sentirlo, di saperlo. Non mi avrebbe impedito di sapere che il mio cuore non stava più battendo solo per me, che non ero più  responsabile solo della mia vita, che le scelte che avrei preso da quel momento non avrebbero interessato solo me, ma anche la piccola cosa che stava crescendo dentro di me.  Senza veramente pensarci, misi le mani nel mio stomaco mentre ero seduto lì, come se lo stessi proteggendo. Se avessi passato quello, il bambino avrebbe avuto bisogno di protezione, molta di più di quella che sarei stato in grado di offrirgli. Se ne sarebbe parlato, ci sarebbero state un sacco di discussioni, sia su di me che sul mio bambino. Vivevamo in una piccola cittadina, con soli diecimila abitanti e prima o poi qualcuno avrebbe sospettato, era inevitabile. La maggior parte delle persone probabilmente avrebbe pensato che fossi un ermafrodita e... Cristo, sarebbe stato uno schifo. Non avrei mai potuto vivere in quella città dopo aver partorito, avrebbe inflitto un grande dolore sia a me che al povero bambino. Il pensiero di dover andarmene dalla città in cui avevo vissuto sin dalla mia nascita mi fece venir voglia di urlare di nuovo, presi un paio di respiri profondi e guardai il mio corpo.

 

"Tu mi stai causando un sacco di problemi, lo sai?" dissi. Mi alzai dal pavimento mentre controllavo l'orologio. Cinque e trentacinque. Inghiottii. Tempo scaduto. 

 

I test erano tutti allineati sul bancone del lavandino, tutti e tre a testa in giù. Allungai una mano tremante e girai quello rosa, che era posto sulla sinistra.

 

Linea rosa.

 

Era positivo.

 

Strinsi la mascella. Okay, era positivo, ma era solo il primo. Ancora due. Girai il blu.

 

Faccina sorridente.

 

Anche quello positivo.

 

Mi morsi il labbro per impedire di far uscire un grido di disperazione prima di girare quello bianco. 

 

Un segno più.

 

Positivo.

 

Tutti e tre i test erano positivi.

 

Il mio cuore batteva contro la cassa toracica, così forte che l'avevo sentito in gola, e gocce di sudore cominciarono a formarsi sulla mia fronte. Mi aggrappai al bancone per sostenermi, appoggiandomi pesantemente sulle braccia, mentre sentivo le mie ginocchia cominciare a piegarsi sotto di me. Tre test di gravidanza positivi. Non poteva essere una coincidenza. Non c'era nessun diavolo di modo che fossero tutti sbagliati. Mi allontanai per guardare il mio riflesso nello specchio. Ero pallido come un lenzuolo, ma le mie guance erano terribilmente rosse, come se fossi stato fuori al freddo per molte ore. 

 

Più stavo lì in piedi, più sentivo la nausea salire e il respiro diventare sempre più veloce, mentre cercavo di sopprimere il crescente gusto della bile in bocca. Quella presto si rivelò una causa persa. Tre secondi dopo mi ritrovai in una posizione familiare: inginocchiato, piegato sul gabinetto. Non importava quante volte avevo vomitato nell'ultimo mese, il gusto rivoltante della bile combinato al mio ultimo pasto era qualcosa a cui non mi sarei mai abituato. Ci vollero pochi minuti per terminare e, in quel momento, la mia gola sembrava fosse in fiamme e i miei occhi si stavano riempendo di lacrime.

 

Alla fine non avevo più niente da fare e tirai lo sciacquone prima di lasciare che il mio corpo scivolasse sul pavimento e si rannicchiasse sul tappeto morbido. Rimasi lì fino a quando il mio respiro non si era calmato e i miei occhi non si erano asciugati. Poi misi una mano sul mio stomaco ed esalai con un tremito.

 

"Sembra che siamo io e te, adesso," sussurrai.

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Capitolo 4
*** 3. I think you need to get to the gym more often. ***


CAPITOLO 3

Penso che dovresti andare più spesso in palestra. 

 

Lunedì, 29 Novembre

Undici settimane

 

Era passata esattamente una settimana da quando avevo pagato il medico per una visita, una settimana da quando mi era stato detto di essere incinto. Era ancora abbastanza strano pensarci e non ero sicuro di averlo accettato al cento per cento, ma nonostante la stranezza della situazione e nonostante non ci credessi ancora, mi ritrovavo ad appoggiare le mani nel mio stomaco ogni notte quando andavo a letto. Il malessere mattutino non era ancora passato, ma non era una sorpresa, e anche se mi ero abituato, lo odiavo ancora con ogni fibra del mio essere. 

 

Il mio principale problema adesso, però, non era l'accettare di essere incinto o di come affrontare la nausea mattutina, stavo cercando di capire se volevo abortire o no, e se non l'avessi fatto, capire come avrei potuto dirlo a mamma, Owen e, soprattutto, Harry. Il ragazzo stava per diventare padre e non ne aveva idea. Non avevo bisogno di un test di paternità per sapere che il bambino era di Harry; era l'unica persona con cui avessi dormito, quindi l'unica persona con la quale abbia... beh, per essere volgare: l'unica persona che ha eiaculato il suo sperma dentro di me. Non c'erano altri candidati. Come dirglielo d'altra parte... sarebbe già stato abbastanza difficile farlo se fossi stato una ragazza, ma oltre al fatto di doverlo convincere a credere che sarebbe diventato padre di un bambino concepito mentre era ubriaco, dovevo anche convincerlo a credere che io ero incinto. Me. Un ragazzo. Si, quella conversazione sarebbe stato molto divertente. 

 

Avevo visto Harry di tanto in tanto a scuola - quando ero riuscito a smettere di vomitare abbastanza da poterci andare - ma non aveva mai guardato dalla mia parte ed era stato difficile per me parlargli. Avevo pensato una o due volte di inviargli un messaggio su Facebook e dirgli di incontrarci da qualche parte, ma poi mi ero reso conto che sarebbe sembrato un po' enigmatico. La mia idea migliore era stata quella di rintracciarlo durante il pranzo o nel corridoio quando si trovava accanto al suo armadietto, che avevo scoperto essere solo sei armadietti lontano dal mio, e chiedergli se avessi potuto parlare con lui di una cosa importante. Non che fosse meno imbarazzante. Era un giocatore di calcio popolare, mentre io ero un ragazzo senza amici di cui nessuno sapeva nemmeno il nome, oltre al fatto che non sembrava ricordare di aver mai parlato con me, o di avermi fottuto, probabilmente non aveva idea di chi fossi. 

 

Non ero a scuola quel lunedì, non solo a causa del malessere mattutino, ma anche perché stavo aspettando la telefonata dall'ufficio del medico per scoprire i risultati degli esami del sangue. Se anche quelli avrebbero detto che fossi incinto, allora... non ci sarebbe stato nessun dubbio. Avevo visto l'immagine ad ultrasuoni, avevo sperimentato il malessere mattutino, avevo sentito la protuberanza sulla mia pancia e avevo fatto tre test di gravidanza, tutti positivi. L'unica cosa che era rimasta per cancellare ogni mia traccia di dubbio era quella telefonata. 

 

Ecco perché io, alle due del pomeriggio, ero seduto nel mio letto con il computer portatile appoggiato sulle ginocchia, controllando il telefono ogni secondo. Ero seduto lì dalle dieci di quella mattina e le ore erano passate terribilmente lente. Un bicchiere d'acqua mezzo vuoto era appoggiato accanto a me sopra al mio comodino e avevo continuato a prendere piccoli sorsi solo per tenere le mani occupate. Proprio quando stavo per alzarmi dal letto per andare a cercare qualcosa da mangiare, il mio telefono squillò e quasi mi ci buttai sopra, facendo cadere un libro e il bicchiere d'acqua sul pavimento. Non prestai attenzione al display ma, invece presi il telefono e premetti sul pulsante "accetta la chiamata".

 

"Ciao?" dissi senza fiato.

 

"Salve, Signor Tomlinson, sono il Dottor Martin Wright, la sto chiamando per informarla riguardo i risultati dei suoi test," disse la voce familiare dall'altro lato della linea.

 

"Gliel'ho detto, dottore, sono Louis; 'Signor Tomlinson' mi fa sentire vecchio."

 

Lo sentii ridere dall'altro capo della linea. "Un giorno saremo tutti vecchi, Louis, io lo sono già. Ora, riguardo i campioni del sangue che ti abbiamo preso, c'era un livello elevato di-"

 

"Dottore, non capisco le frasi e le parole mediche, quindi per favore mi dica solo se sono veramente... lo sa," dissi in modo gentile. 

 

"Bene, secondo gli esami del sangue sei veramente incinto."

 

Presi un lungo respiro tremante. "Okay," dissi, costringendomi a rimanere calmo, "lo immaginavo; ho fatto tre test ed erano tutti... positivi."

 

"In circostanze normali direi 'congratulazioni', ma tu non sembri così entusiasta, così ho intenzione di dirti un 'mi dispiace'.." 

 

"No, è... okay, credo," dissi, "ma ora ho bisogno di capire cosa voglio, vero?"

 

"Suppongo che tu ti riferisca al fatto di tenerlo o meno."

 

"Si."

 

"Come ho detto, il limite di aborto in Inghilterra è ventiquattro settimane, quindi non devi decidere fino a gennaio. Anche se volessi abortire, ti consiglierei fortemente di farlo il prima possibile."

 

"Perché?"

 

Lo sentii ridacchiare dall'altro capo della linea prima di rispondere. "È certo che ti affezionerai sempre di più al bambino portandolo in grembo più a lungo, quindi sarebbe più semplice per te se si facesse la procedura il più presto possibile, piuttosto che attendere fino all'ultimo minuto.."

 

L'ultimo minuto. Inghiottii. L'idea di uccidere un bambino che era sviluppato quasi per due terzi era maledettamente terrificante, per non parlare di quanto fosse vile e disumano. Guardai la mia pancia, che sembrava essere cresciuta un po' nell'ultima settimana, e mi mordicchiai il labbro. 'È certo che ti affezionerai sempre di più al bambino portandolo in grembo più a lungo.' Sapevo del mio bambino da circa una settimana e già sentivo la necessità di proteggerlo, proteggerlo da ogni male che avrebbe potuto incontrare nella sua strada. 

 

Incredibile.

 

"Si, io- deciderò presto," dissi, "voglio dirlo ad Harry prima, però."

 

"Harry?"

 

"Il... padre."

 

"Giusto. Okay, fammi uno squillo una volta che glielo avrai detto e avrai deciso e prenderemo un nuovo appuntamento, ok?"

 

"Si, la chiamerò," mormorai, "ma.. pensa di poter essere il mio strizzacervelli di nuovo?"

 

"Certamente."

 

"Io sono- voglio dire, pensa che io sia pazzo se dico che- che mi sento già attaccato a questo bambino?"

 

"No, non credo che tu sia pazzo."

 

"Veramente? Perché io mi sento pazzo," mormorai, "specialmente perché so che non posso tenerlo."

 

"Perché non puoi tenerlo?"

 

Rilasciai una risata un po' isterica. "Prima di tutto perché sono un ragazzo e ci sarebbero molte voci in giro, qualcosa che io non sarei in grado di gestire. Secondo perché mia mamma mi ucciderebbe. Terzo perché sono single. Quarto perché ho diciotto anni, ho ancora un anno di liceo e ho tutto il mio futuro davanti a me. E quinto, perché non sono pronto ad avere un figlio."

 

"Ma tu hai già certi sentimenti materni?"

 

"Si, credo. Voglio dire, non sopporto il pensiero di ucciderlo." Sospirai e giocai con un filo delle lenzuola. "Non voglio abortire. Non voglio davvero farlo."

 

"Allora non farlo."

 

"Non è così semplice," dissi, "parlerò con Harry, poi prenderò una decisione e la chiamerò."

 

"Fallo. E buona fortuna."

 

"Grazie."

 

Chiusi la chiamata e posai il telefono sul comodino. Era così. Ero incinto, non c'era più nessun dubbio. Non che non fossi già abbastanza sicuro per una settimana intera, ma ora non c'era neanche una speranza che quella storia fosse solo una grande barzelletta cosmica. 

 

Ora dovevo prendere una decisione: dovrei o non dovrei tenerlo? Prima di poter decidere, avrei dovuto dirlo ad Harry, però. Meritava di saperlo, anche se la sua vita sarebbe stata molto più facile lasciandolo all'oscuro, e sapevo anche che non avrei mai potuto potenzialmente abortire senza averglielo detto prima.

 

Martedì, 30 Novembre

Undici settimane e un giorno

 

Quando mi svegliai la mattina seguente, mi sentivo peggio del solito. Ero rimasto sveglio tutta la notte, temendo la mattina quando mi sarei dovuto alzare, andare a scuola e dare ad Harry le informazioni che gli avrebbero cambiato la prospettiva della sua vita. E sull'anatomia umana. 

 

In qualche modo riuscii a vomitare il minimo, ero stato inginocchiato davanti al gabinetto solo per quindici minuti, feci una doccia veloce e mi vestii. I vestiti che avevo scelto quel giorno includevano un maglione aderente, cosa che poi si dimostrò una cattiva scelta. Quando entrai in cucina, sia mamma che Owen erano già seduti al tavolo, mangiando la loro colazione mentre chiacchieravano felicemente su una delle prossime partite di calcio di Owen. Entrambi i loro sguardi si rivolsero a me quando entrai e mi sorrisero per un breve secondo prima che i loro occhi cadessero sul mio corpo e le loro bocche si aprissero. 

 

"Wow, Louis, penso che dovresti andare in palestra più spesso," disse Owen con una risata nasale. 

 

"Owen!" lo rimproverò mia madre, ricomponendosi subito. "Vuoi la colazione?" chiese lei, guardandomi.

 

Ero occupato a guardare il mio corpo il meglio che potevo e non le stavo prestando attenzione. Avevo davvero preso così tanto peso che le persone potevano notarlo? Non mi ero guardato correttamente allora specchio nell'ultima settimana, non particolarmente desideroso di vedere il mio riflesso, quindi onestamente non avevo la più pallida idea di come fosse il mio stomaco. Certo, avevo sentito con le mie mani che la protuberanza era diventata un po' più grande, ma era davvero così terribile? Senza degnare ai due membri della mia famiglia un'altra occhiata, corsi fuori dalla cucina e tornai nella mia stanza per vedere quanto terribile fosse la situazione.

 

 Come capitava spesso in quei giorni, chiusi a chiave la porta della mia stanza una volta dentro. Gettai il maglione sul pavimento e mi misi davanti allo specchio, guardandomi di profilo. In quel momento capii la reazione di mia mamma e Owen perché, beh, va bene. Onestamente, non sembrava avessi preso peso, come aveva insinuato Owen, perché la mia pancia non era flaccida. No, ero solo un po'... più grosso. Non era grande, si vedeva a malapena a mio parere, ma dovetti ammettere che lo trovai un po' deprimente. Ero solo di undici settimane e già avevo problemi.

 

Una volta che mi misi una maglietta diversa, tornai in cucina.

 

"Che cosa c'è? Perché sei scappato?" chiese mia mamma il secondo dopo che mi vide.

 

"Sono grasso," dissi con irritazione.

 

"Si, lo sei, che diavolo è successo? Sei sempre stato magro," disse Owen con le sopracciglia sollevate.

 

"Owen, vuoi procurare a tuo fratello un disturbo alimentare?" chiese mia mamma, guardandolo. 

 

Alzai gli occhi al cielo. "Non avrò un disturbo alimentare, mamma, non preoccuparti," dissi, "ma non credo che mangerò qualcosa in questo momento."

 

"Che cosa? Perché no?"

 

"Perché ho appena passato quindici minuti a svuotare il mio stomaco nel gabinetto e devo andare a scuola oggi," dissi.

 

"Se stai male, rimani a casa," disse mia mamma fermamente.

 

"È tutto ok."

 

"Ma perché vuoi andare a scuola?"

 

"Perché ho un test," mentii, "e ne ho già persi molti."

 

Mi guardò con valutazione per un secondo prima di sospirare. "Bene, ma lascia che ti dia un passaggio. E porta il tuo cellulare in modo da potermi chiamare se hai bisogno che venga a prenderti, okay?"

 

"Si, si," dissi con tono sbrigativo.

 

*

 

Il martedì era in assoluto il giorno peggiore a scuola: due ore di matematica, due ore di storia e le ultime due ore sociologia. Odiavo tutte queste materie e odiavo anche gli insegnanti. Oltre ad essere un giorno noioso, mentre camminavo avevo la sensazione di malessere, che mi provocò il cattivo umore. Il mio piano era trovare Harry durante il pranzo, che era dopo le mie due ore di storia. 

 

Quando arrivai in mensa mi sentivo ancora più male di prima, forse a causa del gigantesco blocco di ansia che mi stava crescendo nel petto. Stavo solo pregando Dio di riuscire di evitare di vomitare fino a quando non avessi finito di parlare con Harry. Non c'erano tante persone nella sala da pranzo quando arrivai, il che era sia un sollievo che una delusione. Era una delusione perché c'era una minore possibilità che Harry potesse essere lì ed era un sollievo perché significava che meno persone mi avrebbero sentito quando avrei parlato con lui, in caso ci fosse stato. Lasciai vagare i miei occhi in tutta la stanza alla ricerca di una testa riccia facilmente riconoscibile. Con mio terribile orrore, e sollievo completo, trovai presto quello che stavo cercando. Era seduto in un tavolo in uno degli angoli insieme ad altri tre ragazzi.

 

Tre persone in più alla quale rendermi ridicolo. 

 

Con passi lenti ed esitanti mi incamminai verso il tavolo, desiderando che il mio battito cardiaco tornasse ad una velocità normale in modo da non avere un attacco di cuore. Quando ero a circa due metri dal mio obbiettivo, mi fermai e inghiottii. E se avesse riso di me? E se anche i suoi amici avessero riso di me? Solo il pensiero di essere deriso mi fece muovere le viscere. Tuttavia tirai un respiro profondo e feci gli ultimi passi. Mi ritrovai in piedi dietro un ragazzo con i capelli neri e mi sentii incredibilmente in imbarazzo.

 

Tossii leggermente per ottenere la loro attenzione, ma nessuno reagì. Inghiottii e provai ancora, un po' più forte questa volta. Ancora nessuna reazione. Le mie guance cominciarono a diventare calde e rosse per l'umiliazione. 

 

"Scusami," dissi, probabilmente un po' più forte del necessario. Servì al mio scopo, però. All'improvviso, quattro paia di occhi erano diretti verso di me e sentii il mio viso diventare ancora più caldo.

 

"Oh, scusami, non ti avevo visto," disse il ragazzo con i capelli neri, "possiamo aiutarti in qualche modo?"

 

"Uhm, si, in realtà," dissi timoroso. Non dissi niente di più, e tutti mi guardavano in attesa, la mia faccia si accaldò ulteriormente. "Io- io avrei bisogno di... parlare con Harry," mormorai.

 

Harry alzò le sopracciglia, non beffardo, ma sembrava piuttosto sorpreso. "Con me?" chiese confuso.

 

Annuii.

 

"Va bene, va avanti, dì quello che devi dire," disse.

 

Armeggiai nervosamente con le mie mani. "In privato sarebbe meglio," dissi. 

 

"Qualunque cosa tu debba dire, sono sicuro che puoi dirla davanti ai miei amici."

 

"No, Io- io non posso davvero," dissi.

 

Corrugò la fronte e guardò gli amici con sguardo interrogativo. Nessuno di loro disse nulla, e Harry tornò a guardarmi. "Mi dispiace, ma non conosco nemmeno il tuo nome, perciò puoi dirmi almeno di cosa si tratta prima di trascinarmi via?" disse.

 

Deglutii, muovendo un po' i miei piedi e mordicchiandomi il labbro inferiore. "Si tratta del party, il Party di Fine Estate."

 

"Quello a casa mia?" chiese il ragazzo bruno, sorpreso.

 

"Oh, tu sei.. tu sei Liam?" chiesi, ricordando quello che mia mamma mi aveva detto la mattina dopo la festa riguardo una chiamata ricevuta da una donna che diceva di essere la madre di Liam. 

 

Il ragazzo - apparentemente Liam - annuì.

 

"S-si, allora è il tuo il party di cui sto parlando," dissi, cercando di sorridere nel miglior modo possibile. 

 

"Okay, che cosa riguardo al party?" chiese Harry.

 

"Penso davvero che dovremmo parlarne in privato," mormorai. Dubitai seriamente che Harry fosse uscito allo scoperto e non avevo alcun desiderio di essere io a farlo uscire.

 

"Puoi dirmelo, questi ragazzi sanno tutto quello che c'è da sapere su di me comunque," disse impaziente.

 

Tirai un profondo sospiro, grattandomi il collo. "Beh, per essere sinceri: Noi... abbiamo fatto sesso a quel party. O... è stata più una scopata veloce."

 

L'intero tavolo calò nel silenzio e gli altri tre ragazzi girarono lo sguardo per fissare Harry.

 

"Credo che tu abbia sbagliato ragazzo," disse Harry dopo una lunga pausa.

 

"No," dissi, scuotendo la testa, " eri ubriaco marcio, quindi non sono- non sono sorpreso che tu non ti ricordi. Ero un po' fuori di me, ma non come te, e lo ricordo molto... distintamente."

 

Vidi Harry stringere la mascella, chiaramente a disagio sotto gli occhi increduli dei suoi amici. "Okay, parleremo di questo altrove," disse mentre si alzava dalla sedia.

 

"Hai scopato con lui? Perché? E cosa dirai a La-" cominciò il ragazzo biondo, ma vidi quello con i capelli mori scuotere la testa per farlo zittire. Harry si avvicinò senza degnarmi di uno sguardo e mi affrettai a seguirlo. Per qualche motivo continuava a camminare quando uscimmo dalla mensa e stavo per chiedergli dove stava andando quando mi resi conto che era diretto verso il bagno, proprio dietro l'angolo. Lo seguii attraverso la porta bianca del WC e lo guardai mentre controllava che tutti i bagni fossero vuoti  prima di tornare di nuovo alla porta principale e chiuderla. Poi si voltò verso di me e mi guardò con occhi che avevo un'espressione in parte arrabbiata, e in parte disperata.

 

"Okay, prima di tutto, puoi dirmi come ti chiami?"

 

"Louis."

 

"Okay, Louis, ma che diavolo?" disse lui schietto.

 

Guardai il pavimento. "Per essere chiari, io ti avevo avvisato," dissi, o meglio, mormorai.

 

"Perché me lo stai dicendo?" chiese, non sembrava aver sentito il mio commento. "Mi dispiace se ti ho fatto male o qualcosa del genere, ma non posso fare niente adesso riguardo a quello."

 

Respirai profondamente, preparandomi per quello che stavo per dire, ma prima che potessi dire una parola, riprese a parlare.

 

"Non ti ho trasmesso la STD*, vero?" chiese.

 

"No," corrugai la fronte. "Hai la STD?"

 

"Beh, no, non che io sappia, ma non si sa mai."

 

"Ok, non mi hai trasmetto la STD. In realtà è molto peggio," mormorai.

 

Rise nervosamente. "Peggio della STD? Mi sto spaventando, cosa succede?"

 

"Io- io non so come dirlo," balbettai, la sensazione di nausea che improvvisamente si riversò su di me con forza. "Okay, è- è tipo questo.. oh mio Dio." Mi interruppi prima di entrare in uno dei bagni e il sapore familiare della bile raggiunse la mia bocca mentre mi scagliai sul gabinetto.

 

"Whoa, stai bene?" sentii dire ad Harry dietro di me.

 

Non riuscii a rispondere, quindi sollevai una mano per segnalargli di aspettare un po'. Due minuti dopo riuscii ad alzarmi e a tirare lo sciacquone prima di camminare indietro per affrontare un Harry ora molto confuso. 

 

"Mi dispiace per questo, mi succede spesso ultimamente," dissi, forzando un sorriso prima di andare verso il lavandino e sciacquarmi il viso con l'acqua fredda. "Hai per caso una gomma da masticare o qualcosa di simile?" aggiunsi una volta che il viso era asciugato.

 

"Forse, aspetta un secondo," disse ed iniziò a frugare nelle sue tasche. Dopo alcuni secondi fece un verso trionfante e tirò fuori dalle tasche dei jeans un pacchetto di gomme alla menta. "Ecco qui," disse porgendomi il pacchetto.

 

"Grazie, ho ancora un'altra lezione dopo e non voglio davvero avere odore di vomito," dissi prendendo due pezzi di gomma e iniziando a masticare prima di ridare il pacchetto ad Harry.

 

"Nessun problema. Allora, cosa stavi per dirmi prima di avere un attacco di bulimia sopra di me?"

 

"Bulimia? Grazie mille."

 

"Ehi, che cosa dovrei pensare dato che ti ho visto scappare improvvisamente in bagno a rigettare le tue budella?"

 

"D'accordo."

 

"Okay, allora vuoi dirmi di cosa devi parlarmi?"

 

Il nervosismo si impossessò di me ancora una volta e mi morsi il labbro mentre lo guardavo. "Si, io credo... okay, tu- cosa pensi sull'aborto?" Gemetti internamente, non appena le parole lasciarono la mia bocca. Non era andata esattamente come avevo previsto. 

 

Alzò le sopracciglia. "Aborto? Tipo come sbarazzarsi di un neonato?"

 

Annuii.

 

"Suppongo che sia una buona soluzione per le gravidanze indesiderate e quelle robe lì," disse lentamente, a disagio, "scusa, ma è per questo che volevi parlare con me? Per sapere cosa penso sull'aborto?"

 

Scossi la testa. "No, non proprio, credo. Io- no, sai cosa, non crederai mai a quello che ho bisogno di dirti, così... ti dispiace venire con me dal medico?"

 

Le sue sopracciglia si alzarono ulteriormente. "Cosa?"

 

"Lo so che è un po' imbarazzante, ma vorresti- vorresti venire dal medico con me?"

 

"Senti, senza offesa, ma io non ti conosco nemmeno, quindi perché hai bisogno di me per andare dal medico?"

 

Sospirai, rendendomi conto che avrei dovuto dire tutto in modo diretto. "Bene, cercherò di spiegarti, solo... non interrompermi finché non ho finito di parlare, okay?"

 

Lui annuì e mi fece cenno di continuare.

 

Presi un respiro profondo, ma poi iniziai a parlare. "Okay, allora... circa cinque settimane dopo quella festa, ho iniziato a rigettare l'anima, tipo ogni mattina, e come hai visto dieci minuti fa, non si è ancora fermato. Mia mamma mi ha costretto ad andare dal dottore quattro settimane fa e, beh, il medico mi ha preso molti campioni di sangue e quelle cose. Non ho avuto i risultati dei test fino a ieri, ma ha anche fatto un'ecografia del mio stomaco solo per verificare se ci fosse qualcosa di sbagliato con il mio intestino o qualsiasi altra cosa. Non c'era niente che non andava con il mio intestino, ma c'era- c'era qualcos'altro."

 

Harry annuì nuovamente, ora guardandomi con terrore.

 

"Io- suonerà completamente e assolutamente pazzo, credimi, lo so; mi ci è voluta una settimana per accettarlo, ma il monitor della macchina ad ultrasuoni ha mostrato un... un bambino e un battito cardiaco."

 

Gli occhi di Harry erano spalancati e la bocca si aprì. Sembrava come se qualcosa di enorme fosse caduto sulla parte superiore della sua testa e, in tutta onestà, non potevo davvero biasimarlo. Improvvisamente, senza preavviso, scoppiò a ridere.

 

"Io- per favore, sono serio," lo supplicai.

 

"Non puoi esserlo," disse fra le risate, "stai cercando di dirmi che sei... incinto?"

 

"S-si, lo sono," mormorai.

 

"Scusami, ma quanto pensi che sia stupido?"

 

"Non credo che tu sia assolutamente stupido," dissi frettolosamente.

 

"Oh, davvero? Allora come pensi che io possa credere a questa cazzata che mi stai dicendo?"

 

Mi morsi il labbro. "Sono serio. Per favore non... deridermi per questo, non sono esattamente entusiasta di me stesso."

 

La risata si spense lentamente e mi guardò qualche istante prima di dire qualcosa. "Sei veramente serio," disse, "tu pensi davvero di essere incinto."

 

"Non penso di esserlo, so di esserlo," mormorai.

 

"Che diamine ti hanno detto per farti credere di essere incinto?" disse allargando le braccia, "scusa, ma sono abbastanza certo che tu sia un ragazzo."

 

"Si, lo so, ho passato mezz'ora per cercare di spiegarlo al mio medico," dissi. 

 

"Allora come fai a sapere-". 

 

"Lo so," lo interruppi ad alta voce, "perché oltre al malessere mattutino e alle immagini ad ultrasuoni ho fatto tre test di gravidanza diversi la scorsa settimana e sono stati tutti positivi. Ieri ho anche ottenuto i risultati degli esami del sangue, e dicono che sono incinto."

 

"Si, va bene, è tutto bello, ma-"

 

"E poi c'è questo," lo interruppi prima di girarmi in modo che mi vedesse di profilo e mi tirai la maglietta su per fargli vedere la leggera protuberanza sul mio stomaco.

 

I suoi occhi scattarono verso il basso e si allargarono. Ci volle almeno un minuto di silenzio per fissarlo prima di alzarli e incontrare il mio sguardo. "Probabilmente hai solo messo su un po' di peso," disse alla fine, "lo stomaco delle persone incinte è molto più rotondo di quello."

 

"Sono solo di undici settimane; naturalmente non ha ancora quella forma. E sinceramente, pensi che il mio stomaco sia flaccido? Perché sono sicuro che non lo sia, cazzo."

 

Alzò le mani e afferrò un ciuffo di capelli, tirandoli. "Questo è folle. Non ci credo. Non ci credo," disse.

 

Abbassai la mia maglietta e arretrai. "Lo so-"

 

"No, sono serio, non ci credo, mi stai solo prendendo per il culo."

 

"Non lo sto facendo, perché dovrei scherzare su qualcosa di simile?"

 

"Non lo so, per ridere? Aspetta, Niall ti ha detto di farlo?"

 

"Non so nemmeno chi sia Niall, e se ti stessi solo prendendo per il culo, non pensi che avrei detto qualcosa in cui avresti creduto? Fidati di me, non sto scherzando. Sono serio."

 

Mi fissò. "No, tu sai cosa, questo è folle," disse, gettando le mani in aria, "sto tornando dai miei amici e apprezzerei se tu mi stessi lontano d'ora in poi." Mi spinse e si diresse verso la porta.

 

"Ti prego, aspetta," dissi supplichevole mentre mi voltai per vedere la sua schiena.

 

Si fermò, ma non si voltò.

 

"Ti prego, verresti dal medico con me solo una volta?" lo pregai, "se anche dopo non mi crederai, ti giuro che non ti darò fastidio mai più. Solo... per favore."

 

Rimase immobile per quelli che sembrarono anni, ma poi lo sentii sospirare. "Va bene. Verrò dal medico con te, ma solo per avere una conferma sulla mia teoria del fatto che tu sia totalmente folle. Una volta. Questo è tutto."

 

"Grazie," dissi con un sospiro di sollievo.

 

Uscì dalla stanza dopo che mi lasciò lì in piedi, pensando che la mia vita era molto più facile quando tutti mi ignoravano.

 


 

 

*STD: infezione sessualmente trasmissibile.

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Capitolo 5
*** 4. This isn't awkward at all. ***


CAPITOLO 4

Questo non è affatto imbarazzante.

 

 

Erano passati pochi giorni e stavo cominciando a notare un paio di effetti collaterali dell'essere incinto. Una cosa era che stavo desiderando cibo salato e non poco, ma un sacco; patatine fritte, arachidi, salatini, liquirizia salata e tutto ciò su cui avrei potuto mettere le mani. Stavo sempre mangiando e mi sentivo grasso, e quello mi faceva diventare depresso così mi ritrovavo a mangiare ancora di più per confortarmi.

 

Inoltre ero eccitato. Costantemente. Mi sentivo come se avessi di nuovo quattordici anni, mi masturbavo almeno due volte al giorno; nella doccia, nel letto durante la notte, nel letto durante il giorno, fondamentalmente in qualsiasi luogo fosse adatto.

 

Un terzo effetto era che avevo un sacco di attacchi di pianto. Per le cose più insignificanti e nei posti e orari più scomodi, mi ero ritrovato a lacrimare e alcune volte a singhiozzare. Una situazione particolarmente imbarazzante era accaduta durante una lezione di inglese. Stavamo lavorano ad un testo nei nostri libri, riguardante la cosa più stupida e cerebrolesa che avessi mai letto e prima di capire cosa stesse succedendo, le lacrime stavano scendendo lungo le mie guance mentre pensavo tra me e me quanto fosse triste che quegli autori scrivessero dei testi così terribili.

 

Quando non ero impegnato a mangiare, a masturbarmi o a piangere, i miei pensieri vagavano verso Harry e alla decisione che avrei dovuto prendere di avere o meno un aborto. Non ero nemmeno riuscito a convincerlo di essere incinto - e non potevo biasimarlo -, quindi chiedergli cosa ne pensasse non era davvero un'opzione che avevo preso in considerazione. Non ancora almeno. Aveva detto che sarebbe venuto con me dal dottore e sapevo che ora tutto dipendeva da quella visita. Non che mi aspettassi che fosse un padre per suo figlio - se avessi scelto di tenere il bambino sarebbe stato un mio problema da affrontare -, ma avevo bisogno che lui accettasse il fatto di avere un figlio non ancora nato prima di poter decidere se tenerlo o no.

 

Giovedì, 9 Dicembre

Dodici settimane e tre giorni

 

"Ehi, dottore, sono io, Louis, non so se si ricorda di me."

 

"È un po' difficile dimenticare il ragazzo che è venuto nel mio ufficio pensando di avere un problema di stomaco e poi se n'è andato pensando di essere incinto."

 

"Si, immagino."

 

Non ero andato a scuola quel giovedì a causa della vomitata particolarmente brutta di quella mattina, probabilmente causata dal sacchetto di patatine che avevo mangiato alle quattro del mattino. Quindi, oltre a me, la casa era vuota perché la mamma era a lavoro e Owen a scuola. Mi ero seduto in cucina, sopra al bancone, con una scatola di Ritz accanto a me, e dopo un sacco di esitazione, ero riuscito a prendere il telefono, comporre il numero dell'ufficio del medico e farmi passare il Dottor Martin Wright. L'unica cosa che volevo fare era fissare un appuntamento per un'ecografia a cui avrei portato Harry; non stavo programmando nulla riguardo ad un aborto.

 

"Quindi suppongo che tu abbia parlato con... Harry, vero?"

 

"Si, l'ho fatto."

 

"Cosa ha detto?"

 

"Praticamente che pensava fossi pazzo. Ma ha accettato di venire ad un appuntamento dal medico con me, quindi è per questo che la sto chiamando."

 

"Per fissare un appuntamento?"

 

"Si, per una... ecografia o qualunque cosa che possa aiutarmi a convincerlo che sia reale."

 

"Un'ecografia sarebbe probabilmente il modo migliore per convincerlo. Ti fisso un appuntamento con l'ostetrico il più presto possibile. Quando preferisci?"

 

"Oh. Va bene sempre, credo," dissi.

 

"Domani andrebbe bene?"

 

"Così presto? Certo, va bene."

 

"Bene, il dottor Hayes è disponibile alle undici di domani mattina."

 

"Oh, non sarà lei ad... esaminarmi?" chiesi, mordendomi il labbro.

 

"Potrei stare lì se ti fa sentire meglio, ma come ho detto quando sei venuto da me, non sono un ostetrico, quindi non ho la conoscenza adatta per questo tipo di esami."

 

"Si, lo capisco, ma è un po' imbarazzante. Voglio dire, cosa penserà quest'altro dottore di me?"

 

"Dr. Hayes è molto professionale, non penserà niente di male di te e anche se lo facesse, non glielo farà notare in alcun modo. Ma come ho detto, posso stare lì con te se ti fa sentire meglio."

 

"Sarebbe meglio, grazie," dissi.

 

"Nessun problema. Posso fissare l'appuntamento o vuoi prima sentire se va bene anche per il padre?"

 

"No, può fissare l'appuntamento, io- io lo farò andar bene."

 

"Va bene. Allora hai un appuntamento alle undici di domani mattina con il Dottor Hayes."

 

"Si, grazie. Arrivederci."

 

"Ciao."

 

Sospirai mentre misi il telefono in tasca. Un appuntamento domani. Ciò significava che avrei dovuto parlare con Harry il giorno stesso. Ma lui era a scuola e io no. Non avevo decisamente il suo numero di cellulare e non mi piaceva nemmeno l'idea di inviargli dei messaggi su Facebook. Nel complesso avevo due possibilità: potevo cercare il uso indirizzo e andare a casa sua una volta che la scuola fosse finita, che mi porterebbe ad un nuovo livello di disagio, o avrei potuto prendere l'autobus verso scuola in quel momento e aspettarlo nel suo armadietto. L'orologio mostrava le nove e venti del mattino, il che significava che la seconda ora sarebbe finita in venticinque minuti. Il tempo necessario per andare a scuola e arrivare agli armadietti prima di lui.

 

Misi la scatola dei Ritz nella dispensa prima di correre nella mia stanza per indossare qualcosa di più presentabile di una tuta grigia e una delle magliette più grandi che l'uomo abbia mai conosciuto. Scelsi un paio di jeans beige stretti e una felpa nera prima di togliermi i vestiti che indossavo. Il mio sguardo finì casualmente verso lo specchio appeso al muro e presi un respiro profondo per impedirmi di piangere a quella vista. Ero grasso. Ero solo alla dodicesima settimana per un totale di quaranta e stavo già diventando grasso. Guardai verso il basso e misi il broncio mentre picchiettavo il mio stomaco.

 

"Mi stai facendo diventare grasso e non mi piaci per questo," mormorai.

 

Mi affrettai a prendere i miei vestiti prima di iniziare seriamente a piangere- non avevo tempo per quello in quel momento- e andai in bagno per sistemare i miei capelli in modo da non sembrare un nido di uccello.

 

Per arrivare a scuola il bus ci mise circa dieci minuti e quando arrivai a destinazione, l'orario del cellulare mi diceva che erano le nove e quarantadue. Giusto in tempo. Camminai attraverso i corridoi vuoti per andare verso l'armadietto di Harry.

 

Non c'era nessuno vicino agli armadietti quando arrivai e controllai di nuovo il mio cellulare, solo per scoprire che non era passato nemmeno un minuto da quando l'avevo controllato l'ultima volta. Sospirai e appoggiai la schiena contro il metallo freddo di cui gli armadietti erano fatti. Come al solito in quei giorni, le mie mani avvolsero il mio stomaco. Non era ancora abbastanza grande da essere visibile agli altri, specialmente quando indossavo una grossa felpa, ma sapevo che in due mesi circa avrei avuto bisogno di molto più di una felpa per nasconderlo. Un cappotto di lana grande o qualcosa del genere. Meno male che era inverno.

 

La campana suonò dopo che ero stato fermo lì per un paio di minuti e un certo numero di porte intorno a me si aprirono. Presto i corridoi diventarono affollati e cercai di nascondermi il meglio possibile, sentendomi incredibilmente stupido ad essere lì mentre tutti si dirigevano verso la mensa o alla prossima lezione. Era impossibile individuare qualcuno in particolare nella folla di persone che passava, quindi a meno che Harry avesse avuto bisogno del suo armadietto, non ci sarebbe stato modo di trovarlo. Spostai un po' le mie mani e incrociai le braccia sul mio stomaco per nasconderlo meglio, mi sembrava fosse diventato molto più grande con tutte quelle persone intorno a me. Dopo qualche minuto cominciai a chiedermi quanti studenti ci fossero in quella scuola; la marea di persone sembrava non finire mai e, di tanto in tanto, venivo spinto ai lati e quello mi spinse a stringere le braccia intorno al mio ventre.

 

"Perchè sei in piedi davanti al mio armadietto?" disse improvvisamente una voce vicino a me, saltai emettendo un urlo non esattamente virile. Harry stava lì con le sopracciglia sollevate, e mi sentii arrossire.

 

"Io- tu- io ero- voglio dire-"

 

"Per favore, continua, non ho tutto il giorno."

 

"Si, nemmeno io, scusa," dissi in tono brusco, "hai detto che saresti venuto con me dal medico, e... non hai cambiato idea, vero?"

 

Lui sospirò. "Ho la sensazione che continuerai ad infastidirmi con, beh, quello-" fece cenno verso il mio stomaco "finché non lo faccio, quindi no, non ho cambiato idea."

 

"Bene, bene," dissi tentando un sorriso che lui non ricambiò, "ho un appuntamento domani alle undici, quindi... potresti venire, voglio dire, se vuoi."

 

"Le undici? Di notte?" chiese confuso.

 

"Sei serio?" chiesi, aggrottando le sopracciglia.

 

"Si?"

 

"No, non ho un appuntamento dal medico alle undici di notte," dissi lentamente, chiedendomi dove fosse il suo quoziente intellettivo, "intendevo alle undici di mattina."

 

"Oh. Ho giapponese alle undici di domani e sono fregato se manco ad un'altra lezione."

 

"Fai giapponese?" chiesi, dimenticando l'argomento principale per un secondo.

 

"Non essere così impressionato, non capisco un cazzo di quella materia."

 

"Tranquillo." Scrollai le spalle. "Okay, quindi non potrai venire domani?"

 

Scosse la testa. "No, non proprio."

 

"Oh, va bene." Avrei dovuto aspettare di più per prendere la mia decisione. Fantastico.

 

"Sembri deluso," disse dopo una lunga pausa passata a guardarmi, "è davvero importante per te che io venga?"

 

"Non proprio, è solo che io- io ho bisogno che tu mi creda, che tu creda che questo-" indicai la mia pancia, "sia reale, prima che io prenda una decisione."

 

"Che decisione?"

 

Mi guardai intorno per vedere se qualcuno fosse vicino prima di rispondere. Solo un paio di studenti erano nel corridoio e mi sembravano impegnati a guardare i loro telefoni. "Se voglio tenerlo o no."

 

I suoi occhi si spalancarono e sembrò a disagio. "Oh. Io- va bene." Fece una pausa di un secondo prima di parlare di nuovo. "Non sto dicendo che credo a questa... follia, perché non lo sto facendo, ma l'aborto non ha un limite di venti settimane o qualcosa del genere? Non hai ancora tempo per decidere?"

 

"È ventiquattro settimane in realtà, quindi si, ho ancora due o tre mesi di tempo per decidere." Mi trascinai indietro e guardai il mio corpo, il mio sguardo si posò sul mio stomaco. Mi stava guardando in modo interrogativo quando sollevai di nuovo gli occhi. "Non sarò in grado di prendere una decisione razionale se aspetto ancora a lungo."

 

"Perché no?"

 

"Perché- io, solo- okay, senti, non mi aspetto davvero che tu capisca, ma se avessi chiesto a tua madre se sarebbe stata in grado di abortire alla ventiquattresima settimana, sono abbastanza sicuro che avrebbe detto 'no'."

 

Sembrava più confuso che mai. "Non capisco," disse dopo essersi preso alcuni minuti.

 

"Tu non sei il più furbo del mondo, vero? Sto solo dicendo che c'è un piccolo bambino che cresce dentro di me, e ogni giorno che passa, cresce sempre di più. Se aspetto più a lungo, non c'è modo che io riesca ad ucciderlo."

 

"Quindi... vuoi abortire questo presunto bambino?"

 

"Non lo so ancora," dissi e strinsi le braccia in un gesto impotente, "ho bisogno che tu mi creda in primo luogo e visto che tu non crederai alle mie parole, ho bisogno che tu venga con me dal medico, molto presto."

 

"Perché hai bisogno che io ti creda? Voglio dire, anche se fosse vero e ci fosse veramente un bambino, non sarebbe un problema per me se lo mantieni o no," disse con una scrollata di spalle.

 

"No?" chiesi, non capace di nascondere il tono incredulo della mia voce.

 

"Non proprio. Cose come queste succedono spesso, giusto? Persone che rimangono incinte dopo una notte."

 

"Beh, si, ma solitamente non sanno del bambino e di solito non vanno nella stessa scuola della persona con il quale hanno scopato," dissi, "mi vedrai ogni giorno per i prossimi sette mesi o giù di lì e se decido di mantenere il bambino, saprai che- che il bambino che terrò in mano alla laurea sarà tuo figlio o figlia. Non ti interessa affatto?"

 

"Potrebbe interessarmi se sapessi per certo che hai un grembo materno e la capacità di portare i bambini, cosa che non hai, ti ricordo."

 

"Abbiamo già parlato di questo e non posso spiegarlo meglio di così," dissi, diventando stanco di quella discussione senza fine, "come è successo è una cosa che potresti chiedere al medico se venissi con me."

 

Sospirò con esasperazione e alzò lo sguardo al soffitto per un attimo prima di rispondere. "Okay, va bene, verrò con te domani," disse.

 

Sorrisi debolmente. "Grazie." Un silenzio imbarazzante riempiva l'aria intorno a noi e sfregai nervosamente le mani. "Probabilmente dovrei tornare a casa," dissi alla fine. "Non mi sento tanto bene, quindi... ci vediamo domani immagino." Mi voltai e iniziai a camminare lungo il corridoio, verso l'uscita, ma avevo fatto solo qualche passo quando la voce di Harry mi fermò.

 

"Posso... vedere?"

 

Mi voltai e lo guardai confuso. "Vedere cosa?" chiesi.

 

Si avvicinò a me e gesticolò imbarazzato verso la mia pancia coperta dalla felpa.

 

"Non puoi aspettare fino a domani?" chiesi, guardando intorno al corridoio vuoto, per sicurezza.

 

"Per favore," disse lui, suonando supplichevole, "solo... apri la felpa."

 

Inghiottii. Eravamo in un corridoio pubblico, in qualsiasi momento chiunque sarebbe potuto uscire da una delle numerose porte che ci circondavano, chiunque avrebbe potuto vedere. "Non credo che sia una buona idea," dissi, "non c'è molto da vedere comunque, si vede a malapena in realtà."

 

"Per favore."

 

Scossi la testa. "Dai, siamo in un luogo pubblico," mormorai.

 

"Sono tutti in mensa o in classe, e se qualcuno compare ti tiro in un abbraccio spaccaossa in modo che nessuno possa vedere il tuo stomaco, okay?"

 

Per essere un ragazzo che non credeva che fossi incinto, era molto insistente.

 

"Non farlo," dissi.

 

"Che cosa?"

 

"Tirarmi in un abbraccio spaccaossa."

 

"Perché no?"

 

"Beh, potrebbe essere, sai, dannoso per...si."

 

Roteò gli occhi. "Allora ti tirerò in un abbraccio normale."

 

"No, Harry, dai," dissi con un piccolo gemito. "Lo vedrai domani comunque, quindi non puoi aspettare?"

 

Portò le mani ai capelli e mi guardò con occhi che solo in quel momento avevo notato. "Ho bisogno di vederlo almeno una volta, per favore."

 

Mi portai una mano sul viso, ma poi annuii. "Va bene," dissi con un lieve sospiro. Mi guardai di nuovo intorno per assicurarmi che fossimo veramente soli, prima di aprire la felpa e mettere il tessuto da una parte. Sotto indossavo una maglietta bianca molto stretta che non lasciava nulla all'immaginazione, e vidi Harry inghiottire.

 

"Non sembra come- come un guadagno di peso, vero?" disse, con gli occhi incollati sul mio ventre.

 

"Probabilmente perché non c'è nessun guadagno di peso," dissi. "Beh, tecnicamente c'è, ma.. lo sai."

 

"Non è ancora molto grande," continuò.

 

"Hai detto la stessa cosa la scorsa settimana," dissi, e non potei fare a meno di sorridere un po' per lo sguardo quasi affascinato nei suoi occhi.

 

"Sarà molto più grande tra un paio di mesi," mormorò lui e mosse lo sguardo per guardarmi negli occhi.

 

Annuii. "Si." Esitai per un paio di minuti. "Scusami, ma suona come se tu ci credessi." Inclinai la testa da un lato. "Ci credi?"

 

"No, ma a quanto pare tu si."

 

Mi strofinai le braccia. "Puoi biasimarmi? Ho visto l'ecografia, ho visto i test di gravidanza positivi, improvvisamente ho visto l'aumento di peso del mio corpo e per nessun motivo logico nelle ultime due settimane mi sono sentito strano... sto seduto qui con un sacco di prove, quindi puoi biasimare il fatto che io ci creda?"

 

"No, ma è troppo strano. Puoi biasimarmi per aver pensato questo?"

 

"No, non posso, ecco perché ti chiedo di venire con me dal medico domani."

 

"Si, lo so, ho detto che ci verrò."

 

Richiusi la mia felpa. "Si, ci vediamo domani allora. Ci incontriamo all'ufficio del dottore?"

 

"Qual è?"

 

"Quello vicino alla biblioteca."

 

"Ci vediamo alle undici allora, immagino."

 

*

 

La prima cosa che notai venti minuti più tardi quando stavo camminando attraverso la porta di ingresso di casa era che c'erano un paio di scarpe sconosciute all'entrata. Chi diavolo era ora? Erano un paio di scarpe da uomo, notai, il che mi fece incuriosire ancora di più. Per quanto ne sapevo, l'unico ragazzo che viveva lì - ed era dentro in quel momento - ero io, e quelle scarpe da ginnastica non erano sicuramente mie. E poi non c'era nessuno in casa. O almeno nessuno sarebbe dovuto essere in casa. Forse era un ladro veramente educato che non voleva sporcare il pavimento.

 

Il più tranquillamente possibile, mi tolsi le scarpe e sgattaiolai furtivamente dentro. Non c'era nessuno in cucina, nel bagno al piano di sotto e nel salotto, e corrugai la fronte. Mancavano le camere e il bagno al piano di sopra. Attraversai il salotto, andai verso la camera di Owen e la aprii, ma no, era vuota. Sospirai e raggiunsi lo stretto corridoio che portava alla camera di mia madre.

 

Aprii la porta e me ne pentii immediatamente.

 

"Maledizione!" gridai mentre mettevo una mano davanti ai miei occhi e alla cieca mi precipitavo verso l'entrata, salii le scale per andare in camera mia.

 

Mi buttai sul letto e seppellii la mia faccia nel cuscino, cercando di cancellare l'immagine che era impressa nel mio cervello. Cazzo, non dovevo vedere. Non avevo appena visto mia mamma quarantatreenne, mezzo nuda, farlo con un uomo sul letto. Il mio cuore stava battendo all'impazzata e il viso era incredibilmente caldo, forse a causa del fatto che era seppellito in un cuscino molto soffice. Stavo per sedermi per prendere mandare aria fresca ai polmoni quando all'improvviso un dolore acuto mi colpì il basso ventre ed un grido sorpreso uscì dalle mie labbra. Sembrava come se qualcuno avesse preso una corda, l'avesse avvolta attorno alle mie viscere e l'avesse tirata forte. Non si era fermato, si ripeteva più e più volte. Mi raggomitolai su me stesso, stringendomi forte lo stomaco e gridando di dolore e spavento. Quello non era un buon segno.

 

"Louis? Sei qui? Mi dispiace- oh mio Dio! Cos'è successo?"

 

La voce terrorizzata di mia mamma raggiunse le mie orecchie e non potei fare altro che lasciare fuori un rumore soffocato in segno di protesta quando lei si sedette in ginocchio accanto al letto e mi mise una mano sulla spalla. "Cos'è successo? Dove ti fa male?" chiese, guardandomi dall'alto al basso, ovviamente alla ricerca di qualche indicazione fisica di cosa stesse succedendo.

 

Cercai di prendere aria, provando a dirle di andare un po' indietro, ma tutto ciò che causò fu un'altra contrazione e lasciai uscire un gemito roco.

 

"Devi dirmi qualcosa, devo chiamare un'ambulanza?" chiese mia madre freneticamente.

 

Scossi la testa, stavo per gemere di dolore quando improvvisamente, si fermò. Sbattei le palpebre e mi stesi completamente immobile per un alcuni momenti prima di tentare di lasciar andare le mie ginocchia.

 

"Louis?" mi guardava preoccupata e io scambiai il suo sguardo cercando di apparire il più disinvolto possibile.

 

"Io... è solo un po' di dolore," dissi.

 

"Louis, non era solo un po'; che diavolo è successo?"

 

"Il dottore mi ha detto che avrei potuto avere alcuni crampi allo stomaco a causa di quel virus," dissi in fretta, dicendo la prima bugia che mi era venuta in mente.

 

Mia mamma mi guardò con occhi stretti, apparentemente cercando di capire se stessi dicendo la verità o meno. "Bene, ma riandremo dal medico il più presto possibile, chiaro?"

 

"Si, andrò domani, quindi è... okay," dissi.

 

"È una buona cosa che ti stia prendendo le tue responsabilità."

 

Tossii. "Si, credo."

 

Sospirò ed esitò un momento.

 

"Cosa?" chiesi ed alzai gli occhi al cielo.

 

"A proposito di quello che hai appena visto," iniziò, "non è come pensi."

 

Sollevai le sopracciglia. "Quindi non lo stavi facendo con quel tizio? Chi è comunque?"

 

"È un uomo che ho incontrato tramite il lavoro, il suo nome è Ian e io... ci stiamo vedendo da un paio di mesi."

 

Boccheggiai. "Tu- tu ti sei- fidanzata?" chiesi incredulo. Quello non poteva succedere in un momento peggiore. Con tutto quello che stavo affrontando al momento, mia madre aveva deciso di avere un dannato fidanzato?

 

"Sono passati sei anni da quando tuo padre ci ha lasciato," disse con un sorriso triste, "non ti aspettavi che sarei rimasta sola per sempre, vero?"

 

"Beh, no, non credo, ma sarebbe stato carino se me lo avessi detto prima di scoprirlo in questo modo."

 

"Lo capisco e mi dispiace, non sapevo come avresti reagito."

 

Scrollai le spalle. "Va tutto bene, credo. Papà è solo un'idiota, quindi se hai trovato qualcun altro, è una buona cosa per te."

 

"Grazie, sei un bravo figlio," disse lei e mi colpì leggermente la guancia prima di alzarsi in piedi. "Mi piacerebbe tanto se tu lo incontrassi."

 

"Oh. Proprio adesso?"

 

"Si. È al piano di sotto in cucina, perciò andiamo, vieni con me."

 

Volevo dirle che non ero di buon umore per incontrare un uomo in quel momento, ma sapevo benissimo che tutto ciò avrebbe portato un sacco di domande, quindi mi costrinsi a sorridere e mi alzai dal letto. Mia mamma sorrise felicemente verso di me prima di voltarsi e lasciare la stanza e farmi segno di seguirla. Lanciai un veloce sguardo allo specchio mentre camminavo, assicurandomi che il mio stomaco fosse normale, prima di uscire dalla stanza e scendere le scale.

 

Una volta entrati in cucina, i miei occhi videro lo stesso uomo che era nel letto di mia madre venti minuti prima. Era seduto vicino al tavolo, leggendo un giornale, ma alzò immediatamente gli occhi quando ci sentì entrare.

 

"Oh, ehi," disse e si alzò.

 

"Ian, questo è mio figlio maggiore, Louis; questo è Ian, l'uomo con cui mi vedo," disse mia madre, suonando ansiosa.

 

Ian sorrise e mi tese una mano. Mentre l'afferrai, lasciai i miei occhi vagare sul suo viso e sul corpo. Sembrava il classico uomo che tutti i giorni passa per strada senza essere notato veramente; alto circa un metro e settantacinque, corporatura normale, capelli castano scuro, vestiti normali, viso normale, e nel complesso molto normale.

 

"È un piacere incontrarti, Louis," disse tentando un sorriso.

 

Il pover'uomo sembrava nervoso, e nonostante il mio cattivo umore, mi tirai su e sorrisi. "Il piacere di conoscerti è anche mio."

 

"Mi dispiace davvero che tu sia entrato-"

 

Sollevai una mano per fermarlo. "È tutto okay. Anche meglio se eviti di ricordarmelo."

 

"Inteso."

 

Un silenzio imbarazzante cadde nella stanza e cercai disperatamente di pensare a qualcosa di intelligente da dire.

 

"Allora, hai già incontrato Owen?" Almeno non avevo citato il tempo o i gatti.

 

"No, non ancora, credo che tua mamma mi presenterà anche lui," disse, lanciando a mia mamma uno sguardo interrogativo al quale lei rispose annuendo.

 

"Oh ok. Hai dei figli?"

 

Scosse la testa e fece un sorriso sghembo. "No, non ne ho mai voluto ad essere onesto, troppe grida e scocciature quando sono piccoli, sai."

 

Io annuii senza dire niente, resistendo alla voglia di scappare nuovamente in bagno.

 

Beh, questo non è affatto imbarazzante.

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Capitolo 6
*** 5. I don't want you to be dead. ***


CAPITOLO 5

Non voglio che tu muoia.

 

 

Venerdì, 10 Dicembre

Dodici settimane e quattro giorni

 

Alle dieci e quarantacinque della mattina successiva, ero seduto su una sedia nella sala d'aspetto presso l'ufficio del medico. Ero nervoso da morire e lo ero per più di una ragione: cosa sarebbe successo se Harry avesse cambiato idea e non si sarebbe presentato? Poi in tutto il tempo in cui stavo aspettando non riuscii a non pensare all'intera questione dell'aborto e in tutta onestà, il pensiero di rimuovere la piccola cosa dentro di me era sempre più sgradevole di ora in ora. Ma dopo aver incontrato Ian il giorno precedente e aver sentito il suo parere sui bambini, avrei avuto un motivo in più per abortire: evitare di spaventare il fidanzato di mia madre.

 

Sospirai, chiedendomi per la centesima volta cosa avessi fatto di male nella mia vita precedente per meritare di essere in quell'inferno. Certamente ero stato uno stupratore seriale. O forse ero stato il tipo che aveva assassinato John F. Kennedy.

 

La mia mente era tornata a quello che avevo sperimentato mentre ero sul letto ieri, il dolore lancinante al mio stomaco. Era dovuto a qualcosa che riguardava il bambino ed era stato così straziante che ero maledettamente sicuro che non era stato qualcosa di buono.

 

E se il bambino si era fatto male? E se fosse morto? E se il dolore che avevo sentito era a causa di un aborto spontaneo? Ma non ci sarebbe dovuto essere sangue se fosse stato quello? Poi di nuovo, da dove sarebbe uscito il sangue? Non avevo esattamente una... apertura, senza contare il mio didietro, ma ne dubitai seriamente. Quindi c'era qualche possibilità che io-?

 

Impallidii al pensiero. E se effettivamente avessi abortito? E se il bambino fosse morto? Per puro istinto le mie mani si avvicinarono alla pancia e la strinsero, come se avesse aiutato la cosa. Guardai giù e mi morsi il labbro. Nonostante stessi considerando ancora la possibilità di un aborto, il pensiero che il bambino fosse già morto era- beh, era terribile, per dirla tutta. Non volevo che fosse morto, volevo che fosse vivo e sano e felice. Ma cosa sarebbe successo se non lo fosse stato? Cosa sarebbe successo se in quel momento avevo un bambino morto, molto sviluppato dentro di me? La sala d'attesa era vuota oltre me, quindi non c'era nessuno in giro che potesse vedere il mio attacco di panico. Il mio respiro stava diventando sempre più pesante mentre ero seduto lì, e feci del mio meglio per calmarmi, per impedirmi di cominciare a singhiozzare. Immagini terribili di piccoli feti abortiti che avevo visto in un documentario in TV avevano cominciato a riempirmi la testa, e chiusi gli occhi per un attimo, scuotendo la testa con disperazione.

 

"Non voglio che tu muoia", dissi brusco, mentre strofinavo il pollice lentamente lungo il tessuto che rivestiva la mia pancia.

 

"Sono-sono in anticipo?" disse una voce esitante da qualche parte alla mia destra e la mia testa si alzò di scatto. Harry stava lì, guardandomi con qualcosa tra preoccupazione e disagio.

 

"Oh, hey," dissi, pulendomi la faccia il meglio che potevo, "scusami, sono solo- no, niente. Sono contento che tu sia venuto, non ero sicuro che lo volessi."

 

"Si, nemmeno io," disse mentre si sedeva sulla sedia accanto a me. Controllai l'orologio appeso alla parete di fronte a dove eravamo seduti. Quattro minuti alle undici. "Scusami se sono indiscreto, ma cosa stavi dicendo riguardo qualcosa sull'essere morto?" chiese.

 

"Niente, non era niente," dissi in fretta, non ero molto disposto a condividere con lui le mie preoccupazioni paranoiche.

 

"Sei sicuro? Sembravi abbastanza sconvolto e mi è sembrato che stessi piangendo," disse, sollevando le sopracciglia.

 

"Piango tutto il tempo in questi giorni, di solito per nessun motivo, quindi rilassati, non è niente," dissi.

 

"Si, ma hai detto qualcosa riguardo qualcosa che è morto," disse, poi si mordicchiò il labbro, sembrando un po' nervoso, "e tu sembrava che stessi, sai, parlando con il tuo stomaco."

 

Incrociai le braccia sul mio petto e portai lo sguardo davanti a me prima di rispondere. "Era solo a causa di un po' di cose che sono successe ieri, mi sono solo un po' preoccupato."

 

"Cose tipo?"

 

Inspirai, un po' irritato. "Senti, non credi nemmeno che ci sia qualcosa di cui preoccuparsi, ricordi?" dissi con più calma possibile, "non credi nemmeno che ci sia un bambino, perché continui a farmi queste domande?"

 

"È ovvio che tu credi che ci sia un bambino, quindi ci deve essere... qualcosa, credo," disse.

 

Stavo per rispondere, ma poi proprio in quel momento la porta dell'ufficio del Dottor Martin si aprì ed apparve il volto di una donna sconosciuta. "Louis Tomlinson?" disse, guardandomi.

 

Mi alzai e con la coda degli occhi vidi Harry fare lo stesso.

 

"Si, ciao," dissi a disagio, e mi avvicinai.

 

Sembrava che avesse circa cinquant'anni, capelli corti castani e un sorriso gentile sul viso. "Sono la Dottoressa Hayes, è un piacere conoscerti," disse lei e mi tese una mano una volta che mi avvicinai a lei. La strinsi leggermente prima di lasciarla andare e si voltò verso Harry, che stava dietro di me. Gli tese la mano e lui l'afferrò.

 

"Harry," disse, sorridendo gentilmente.

 

Lei ricambiò il sorriso. "Suppongo che voi due dovreste entrare dentro così da poter cominciare," disse mentre teneva la porta aperta per noi.

 

Una volta dentro, vidi il Dottor Wright seduto su una sedia dietro la sua scrivania, impegnato a compilare alcuni moduli. Si alzò quando tutti e tre entrammo e la porta fu chiusa, poi sorrise.

 

"Sembri ancora vivo," disse.

 

"Per adesso almeno."

 

Lasciò andare una breve risata prima di rivolgersi a Harry, ancora sorridendo. "E questo deve essere... Harry, vero?"

 

Harry mi rivolse uno sguardo e sollevò un sopracciglio.

 

"Beh, ho dovuto dire qualcosa," mi difesi.

 

Harry roteò gli occhi prima di rivolgersi al medico. "Si, sono Harry," disse.

 

"È un piacere incontrarti," disse e strinse la mano di Harry.

 

Ci sedemmo tutti, il dottore nella sua scrivania, la Dottoressa Hayes accanto a lui e io ed Harry in due sedie vicino alla scrivania.

 

"Okay, allora, Louis," disse la Dott.ssa Hayes, "capisco che ti sia trovato in una situazione un po' insolita."

 

"Per usare un eufemismo," dissi secco.

 

"Beh, ho guardo gli esami del sangue e ho controllato i risultati, e da quello che ho visto, non posso spiegare altro se non che tu sia incinto."

 

"Sono già... venuto a patti con questo," dissi, la mia voce un po' abbattuta.

 

"Ora, il Dr. Wright mi ha detto che hai fatto un'ecografia poco più di due settimane fa."

 

Annuii.

 

"Vorrei farne un'altra per vedere con i miei occhi, se per te va bene."

 

Annuii nuovamente. Stava per alzarsi quando parlai di nuovo. "Avrei una... domanda," dissi.

 

Si sedette di nuovo e mi guardò con pazienza, apparentemente in attesa che continuassi.

 

"Io- allora, ieri ho visto qualcosa che davvero non volevo vedere ed ero un po' sconvolto, quindi sono corso in camera mia e mi sono buttato sul letto. Era tutto normale, credo, per qualche minuto e poi improvvisamente il mio stomaco ha iniziato a farmi male. Mi faceva tanto tanto male, non riuscivo nemmeno a parlare e mi chiedo se questo è... normale."

 

"Avere dolori quando si vede o si sente qualcosa che si trova sconvolgente o stressante è abbastanza comune quando si è in gravidanza, quindi non c'è motivo di preoccuparsi," disse con un sorriso confortante, "a meno che non accada molto spesso, è completamente normale."

 

"È sicura?" chiesi, mordicchiandomi il labbro, "perché mi ha fatto molto male, e credo di essere un po' preoccupato che ci sia qualcosa che non va con- il... coso."

 

"Con coso intendi il bambino, suppongo."

 

"Si, scusi, è solo un po'... imbarazzante dirlo," mormorai.

 

"Potresti voler smettere di chiamarlo 'coso' una volta che sarà fuori."

 

"Ancora non so se andrò avanti con questa gravidanza, perciò potrebbe non uscire mai."

 

"Beh, se lo farai, ti raccomando di scegliere un nome," disse, ancora sorridendo.

 

Ricambiai il sorriso. "Penso sia una buona idea."

 

"Allora, hai altre domande prima di iniziare?"

 

"In realtà si," dissi, "A volte faccio e sento cose che normalmente non farei e non sentirei... è normale?"

 

"Dipende, cose di che genere?"

 

Mi morsi il labbro, guardando Harry.

 

"Che cosa?" disse, guardandomi interrogativamente.

 

"Niente," dissi in fretta prima di voltarmi e guardare nuovamente i due medici, "prima di tutto ho desiderato cibo salato, tipo una quantità folle di cibo salato."

 

Entrambi risero a quello. "La voglia di cibo è uno degli effetti collaterali più normali durante le gravidanze, quindi non preoccuparti di quello," disse la Dott.ssa Hayes.

 

"Oh... okay, bene," dissi, sentendomi piuttosto sollevato. "E inoltre, ho pianto tantissimo, soprattutto per cose veramente insignificanti e stupide, questo cosa significa?"

 

"Anche se non ho esperienza con le gravidanze maschili, direi che i tuoi ormoni probabilmente stanno impazzendo al momento, proprio come succede alle donne in gravidanza."

 

"Allora è normale?"

 

"Si."

 

"Okay, e c'è anche-" mi interruppi, sentendo un leggero rossore salirmi nelle guance, "io- beh, sono stato veramente... molto eccitato, credo," balbettai, non guardando nessuno negli occhi.

 

Sentii Harry soffocare una risata, ma non disse niente.

 

"L'aumento del desiderio sessuale è abbastanza comune, non c'è bisogno di preoccuparsi," disse il Dottor Wright con un sorriso gentile.

 

"Come mai?" disse Harry e mi voltai a guardarlo. "Ricordo quando mia madre era incinta dei miei fratelli gemelli tre anni fa, lei e mio padre sparivano nella camera da letto tutto il tempo." Una smorfia di disgusto si diffuse sul suo viso.

 

Quella volta era stato il mio turno per ridere. "Beato te," commentai, e mi guardò con un sopracciglio sollevato.

 

"Beh, per le donne, l'aumento del desiderio sessuale durante le gravidanze è solitamente causato da un maggior flusso di sangue nella vulva, il che lo rendo più sensibile. Suppongo che le stesse cose accadano agli uomini, solo che l'aumento del flusso sanguigno è diretto al tuo pene," disse la Dott.ssa Hayes, che sembrava stesse parlando di qualcosa di normale come il sapone per le mani.

 

Non potei fare a meno di deglutire. "Mi dispiace, ma sono gay e non sono molto interessato all'anatomia femminile, e la parola 'vulva' mi fa venire voglia di vomitare," dissi.

 

"Non sono gay, ma quella quella parola fa stare male anche me," disse Harry.

 

"Giusto, non sei gay," dissi, non riuscendo a trattenere una punta di sarcasmo nella mia voce.

 

"Non lo sono."

 

"Allora come diavolo sono finito in questa situazione?"

 

"Ero ubriaco, la gente fa strane cose quando è ubriaca."

 

"Si, come ballare sui tavoli, salire sui tetti mentre sono nudi, mangiare un sacco di gelato, non scopare una persona del tuo stesso sesso anche se sei etero."

 

"Ero veramente ubriaco, non mi ricordo niente."

 

"Beh, lo so, e posso assicurarti che il tuo cazzo era infilato nel mio culo ad un certo punto e ti è piaciuto molto."

 

"Sono abbastanza sicuro che non l'ho fatto.."

 

"L'hai fatto, che è probabilmente il motivo per cui il tuo sperma è finito da qualche parte dentro di me e ha portato un bambino."

 

"Stai solo dicendo stronzate."

 

"No."

 

"Come ti pare."

 

Ci guardammo con le sopracciglia sollevate per un paio di secondi prima che entrambi ci girassimo per guardare nuovamente i medici.

 

"Scusate, possiamo tornare all'argomento principale?" chiesi, ignorando gli sguardi sconcertati rivolti a me e a Harry.

 

"Si, certamente," disse la Dott.ssa Hayes, ricomponendosi, "hai altre domande o possiamo iniziare con l'ecografia?"

 

"No, adesso possiamo fare l'ecografia."

 

"D'accordo. Abbiamo la macchina pronta, quindi togliti la giacca e la maglietta e siediti sul lettino," disse prima di alzarsi e aprire un cassetto, iniziato a tirare fuori oggetti vari.

 

Mi alzai dalla sedia e mi tolsi la giacca, appendendola sul retro della sedia, ma mentre stavo per tirare su la maglietta, guardai Harry ed esitai.

 

"Qualcosa non va?" chiese.

 

Corrugai la fronte. "Credo di no, solo... sono grasso."

 

Alzò gli occhi al cielo e si alzò in piedi. "Sei davvero gay, no?" commentò mentre scuoteva la testa con esasperazione. "Se ti fa sentire meglio, ho Robert Helmers in una delle mie lezioni di educazione fisica, quindi non importa quanto tu sia grasso, penso di aver visto di peggio."

 

Arricciai il naso. Robert Helmers era proprio il ragazzo più grosso che avessi mai visto al di fuori di un reality show in TV; probabilmente pesava più di duecento chili, quindi rimasi abbastanza sorpreso che avesse anche lezioni di ginnastica.

 

"Bene, ma non ridere, okay?" dissi.

 

"Lo prometto."

 

Lo guardai con sospetto per qualche istante prima di realizzare che le uniche scelte che avevo erano di dirgli di lasciare la stanza o di ignorare il fatto che sembrassi un ippopotamo e togliermi la maglietta. Così sospirai e continuai a tirare su la stoffa blu scuro sopra la mia testa. Un brivido corse lungo il mio corpo all'improvviso cambio di temperatura e mi avvolsi le braccia intorno allo stomaco, sia per cercare di riscaldarmi che per nascondermi dagli occhi di Harry.

 

"Hai un aspetto normale," disse.

 

"Ovviamente non mi hai mai visto quando ero normale," dissi.

 

"No? Da ciò che dici, ho visto tutto ciò che c'è da vedere."

 

Lo guardai confuso per un paio di secondi, senza capire bene quello che intendeva, prima di rendermene conto e permettermi una breve risata. "Si, no, non... è proprio così," dissi.

 

"Cioè?"

 

Guardai la Dottoressa Hayes, che stava accanto al lettino mentre mi guardava pazientemente, e poi il mio sguardo tornò di nuovo ad Harry.

 

"Possiamo parlare di questo più tardi?" chiesi.

 

Lui scrollò le spalle. "Come vuoi."

 

Non risposi, invece camminai verso il lettino, saltai su di esso e mi appoggiai all'indietro finché non toccai il semi-freddo, ma morbido, materiale. La Dott.ssa Hayes afferrò il tubetto di gel - che sembrava lo stesso che il Dr. Wright aveva utilizzato l'ultima volta -, aprì il tappo e versò una gran parte di quello che pensavo fosse inutile sul mio stomaco nudo, e come l'ultima volta, sussultai alla sensazione di freddo. Lei mi guardò dispiaciuta prima che i suoi occhi localizzarono Harry, che si trovava a pochi metri di distanza e ci guardava.

 

"Harry, puoi sederti su quella sedia se vuoi vedere bene," disse e fece cenno verso una sedia di plastica accanto al lettino in cui ero sdraiato.

 

Lui si grattò il collo mentre si avvicinava con esitazione e alla fine si gettò sulla sedia e si mise le mani in grembo, sembrando molto più a disagio di quanto avessi mai visto prima. Sorrisi a me stesso per un secondo, pensando che sarebbe stato divertente scattare una foto di lui in quel momento e postarla su Facebook in modo che tutti potessero vedere il popolare, sicuro di sé atleta Harry Styles essere a disagio.

 

"Sei pronto?" chiese la Dott.ssa Hayes mentre sollevava il trasduttore dal piccolo ripiano in cui era posto.

 

Presi un respiro profondo e annuii. "Suppongo di sì."

 

"E tu, Harry?"

 

Annuì e tentò un sorriso. "Sto solo seduto qui," disse.

 

Lei sorrise. "Stai per vedere il tuo bambino per la prima volta."

 

Scrollò le spalle come per dire 'si, certo, come vuole' e sospirò; aveva ancora difficoltà a credere che tutta quella situazione fosse reale.

 

"Andiamo avanti," dissi.

 

Lei annuì e poi abbassò il trasduttore sul mio stomaco. Il mio sguardo andò automaticamente sul monitor e aspettai impazientemente e nervosamente che qualcosa apparisse sul piccolo schermo. Per almeno un minuto non sentii né vidi niente, solo una sfumatura di bianco e nero. Il pensiero sul fatto che il bambino potesse essere morto mi colpì di nuovo e stavo per avere un attacco di panico quando lo stesso suono di un battito che avevo sentito l'ultima volta riempì le mie orecchie. I miei occhi si spalancarono e il mio battito cardiaco accelerò. Spostai il mio sguardo per guardare la dottoressa, che aveva un piccolo sorriso che adornava il suo viso.

 

"È il battito cardiaco del tuo bambino," disse.

 

"È- è... è tutto okay?" balbettai, guardando lo schermo, "è sano?"

 

"Sai, faccio questo mestiere da quasi trent'anni e non ho mai sperimentato una gravidanza maschile prima," cominciò, sorridendomi velocemente prima di spostare di nuovo lo sguardo verso lo schermo, "se qualcuno un mese fa mi avesse chiesto la mia opinione su come un bambino si sarebbe sviluppato all'interno di un uomo, avrei risposto che non sarebbe vissuto per più di un paio di settimane, e se così fosse, sarebbe stato deformato e probabilmente malato. Ma... no, da quello che sono in grado di dire a questo punto, è forte e sano."

 

"Davvero?" feci un lungo respiro, un sorriso che cresceva sul mio volto.

 

"È un po' presto per dire qualcosa di sicuro al cento per cento, ma sembra che crescerà come un bambino perfettamente normale."

 

"Grazie a Dio, grazie a Dio," sussurrai. Continuai così per almeno cinque minuti, tenendo gli occhi sullo schermo come se il battito cardiaco del bambino si sarebbe potuto fermare una volto spostato lo sguardo.

 

Alla fine, allontanai i miei occhi e guardai la Dott.ssa Hayes.

 

"Lo vedi?" chiese mentre indicava un punto sullo schermo.

 

Annuii. "Si, che cos'è?"

 

"Quella sarebbe la testa."

 

"La- la testa?" chiesi, fissando l'immagine sul monitor. "È... possibile vederla così presto?"

 

"Devi ricordarti che una gravidanza completa dura generalmente tra le trentotto e le quaranta settimane, quindi tu hai completato quasi un terzo di esse. Di fatto, hai appena passato il tuo primo trimestre."

 

"Oh," fu tutto ciò che dissi; ero troppo occupato a guardare affascinato la foto sfocata del mio bambino per tirare fuori una risposta più interessante.

 

"Quello ovviamente significa che stai per entrare nel tuo secondo trimestre."

 

Distolsi lo sguardo e la guardai, sentendomi di nuovo nervoso. "Che cosa significa?"

 

"Il tuo secondo trimestre dura dalla tredicesima settimana alla trentottesima, quindi è il più lungo. Il malessere mattutino dovrebbe scomparire e anche i tuoi desideri alimentari finiranno probabilmente, ma ci saranno altri svantaggi."

 

"Certamente," mormorai sommessamente.

 

"Come ho detto, non ho mai affrontato una gravidanza maschile, ma con le donne, è molto comune avere e dover sopportare dolori alla schiena, al ventre e all'inguine, potrebbero apparire smagliature e i palmi delle tue mani e le punte dei piedi potrebbero iniziare a prudere. E il tuo addome ovviamente crescerà molto."

 

"Quindi fondamentalmente, diventerò davvero grosso," dichiarai.

 

Lei sorrise. "Alcuni potrebbero vederlo in questo modo, ma penso che ne sarà valsa la pena una volta che terrai il tuo bambino in braccio."

 

Sbattei le palpebre, poi feci una smorfia. "Si, a meno che io... non abortisca."

 

"Ci stai ancora pensando?"

 

Saltai al suono della voce di Harry; avevo completamente dimenticato che lui fosse lì. Quando lo guardai, dire che ero sorpreso sarebbe stato dire poco. Mi aspettavo di vederlo con la sua solita aria semplice e indifferente, come aveva fatto in precedenza, ma mi sbagliai. Mi guardava con occhi che brillavano di incredulità e, con mia piccola sorpresa, di rabbia.

 

"Io- beh, si," dissi una volta superato lo shock iniziale.

 

"Ma è il tuo bambino, vuoi davvero ucciderlo?" chiese, aggrottando le sopracciglia.

 

Trasalii. "Per favore non dire così."

 

"Beh, è vero. Uccideresti il tuo bambino."

 

"Non è solo mio figlio, è anche il tuo," sussurrai, così piano che lui lo sentì appena.

 

"Lo so, lo so, ma-" si interruppe improvvisamente e si alzò bruscamente dalla sedia su cui era seduto, spingendola indietro e facendola cadere contro il pavimento in linoleum.

 

"Cosa stai-" cominciai, ma prima di finire la frase, Harry riprese a parlare.

 

"Non sta succedendo questo, è troppo- non è- non dovrebbe essere possibile," disse guardandomi con qualcosa tra supplica e rabbia, "non sono- solo... fai quello che ti senti, non mi importa."

 

Con quelle parole, girò sui tacchi e corse fuori dalla stanza. Fissai la porta per un paio di secondi, sorpreso per l'improvviso cambiamento di umore di Harry. Che diamine era appena successo? Mi aveva appena detto di non volere che avessi un aborto? Voleva che lo tenessi? Lui voleva tenerlo?

 

"Vuoi che ti stampo una foto di questo?" chiese la Dott.ssa Hayes e mi riportò alla realtà.

 

Inghiottii, forzando il grumo di emozioni in gola a scomparire, prima di annuire. "Posso avere due copie?"

 

*

 

 

Venti minuti dopo ero sulla via del ritorno verso casa con due copie del sonogramma in bianco e nero, accuratamente riposti nelle grandi tasche della mia giacca. Una copia per me e una per Harry. Sempre se dopo quello che era successo avrebbe voluto ancora parlarmi o vedermi. Lo sguardo sul suo volto quando era uscito dall'ufficio era stato così... strano. Era sembrato quasi disperato, anche arrabbiato e triste, e giudicando da ciò che aveva detto - o almeno cercato di dire - non voleva che abortissi. Perché, però? Era lui che il giorno prima mi aveva detto che non gli importava di cosa avrei fatto. Almeno ora sembrava credere che fosse reale, il che significava che potevo finalmente sedermi e pensare a cosa fare dopo.

 

Nessuno era a casa quando arrivai, quindi invece di andare nella mia stanza come facevo di solito, andai nel salotto e mi buttai sul divano. Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo.

 

Uccidere o non uccidere, questa è la domanda.

 

Cercai di immaginare la chiamata al dottore, dicendogli che volevo abortire, e il pensiero mi fece tremare involontariamente. Davvero, davvero non volevo farlo, ma non potevo tenerlo. Non potevo. O avrei potuto? No, non potevo, ma forse, forse, potevo continuare la gravidanza e poi dare il bambino in adozione. Questa non era una cattiva idea; non avrei dovuto uccidere il poveretto, ma non dovevo nemmeno prendermi cura di lui e crescerlo. Più pensavo a quello, più sensato suonava. Ma poi ancora, sarei dovuto andare in giro in stato di gravidanza, e molta gente lo avrebbe notato, inclusi mamma e Owen.

 

Beh, allora? Pensai con aria di sfida. Era la mia vita e avevo diciassette anni, ero abbastanza grande da prendere le mie decisioni, soprattutto quelle che cambiano la vita.

 

Continuerò la gravidanza e poi darò il bambino in adozione. Fine, pensai con fermezza.

 

Probabilmente avrei dovuto dirlo ad Harry però. Dirgli della mia decisone e dargli anche il sonogramma. Come diavolo avrebbe dovuto reagire? Beh, almeno non avevo più in piano di uccidere il bambino.

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Capitolo 7
*** 6. No one had told me that sweating was a side-effect of being pregnant. ***


CAPITOLO 6

Nessuno mi aveva detto che la sudorazione era un effetto collaterale della gravidanza.

 

 

Dopo aver deciso di dare il bambino in adozione, una volta nato, trascorsi l'intero weekend a casa sul mio letto, pensando ai prossimi sei mesi della mia vita. Sarei diventato grosso e ciccione, la gente avrebbe guardato e giudicato, mia madre avrebbe gridato e pianto, Owen mi avrebbe preso in giro e avrebbe riso, Ian avrebbe urlato e Harry... Harry era tutta un'altra cosa. Il vantaggio era che non avrebbe dovuto assumersi alcuna responsabilità per il bambino, il che l'avrebbe reso felice, il problema era, beh, non c'era nessun problema. O almeno, io la pensavo così.

 

Rimasi a casa per tutta la settimana successiva, felice che il malessere mattutino stesse incominciando a scomparire. Quando mi svegliai la mattina di Sabato 18 Dicembre, rimasi a letto, senza la necessità di correre in bagno per la prima volta in quei due mesi. Mi fece piangere di sollievo - i miei frequenti attacchi di pianto dovevano ancora fermarsi -, ma poi mi ricordai cosa mi aveva detto la Dott.ssa Hayes riguardo il mal di schiena, il dolore all'inguine, il prurito ai piedi e ai palmi delle mani e le smagliature, e improvvisamente mi misi a piangere di nuovo per la disperazione.

 

 

Lunedì, 20 Dicembre

Quattordici settimane

 

Fu quando mi svegliai un Lunedì di fine Dicembre, il giorno prima dell'inizio delle vacanze di Natale e mi guardai allo specchio che mi resi conto che ero veramente incinto. Mi resi conto anche che dovevo davvero comprare dei vestiti nuovi e più grandi. Il mio stomaco era leggermente sporgente e nessuna delle magliette e dei maglioni che possedevo riuscivano a nasconderlo. Due settimane prima sarei potuto sembrare un po' in sovrappeso, ma non più. Non che la mia pancia fosse ancora così grande, ma era abbastanza rotonda e se indossavo l'indumento sbagliato, tutti avrebbe potuto vederlo. Dopo aver provato più o meno ogni camicia, maglietta e maglione presente nel mio armadio, scelsi una maglietta oversize che solitamente usavo come pigiama e decisi che avrei indossato la giacca tutto il giorno.

 

Quel piano si era rivelato una brutta idea.

 

Avevo raggiunto in tempo le mie prime due classi, che erano inglese e chimica, stavo sudando come un maiale e mi sentivo estremamente disgustoso. Nessuno mi aveva detto che la sudorazione era un effetto collaterale della gravidanza. Alla quarta ora la campanella suonò annunciando l'ora di pranzo, corsi fuori dalla classe e mi diressi al bagno più vicino. Avevo bisogno di uscire da quel dannato cappotto prima che mi sciogliessi e scomparissi dalla faccia della terra.

 

I corridoi erano affollati, come sempre, e mi imbattei in un bel po' di persone mentre camminavo, il mio cervello stava cominciando ad annebbiarsi e la mia vista era un po' sfocata, quindi quando girai l'angolo, finì direttamente sopra qualcuno.

 

"Scusami," dissi prima di guardare in alto per vedere chi fosse. I miei occhi si spalancarono e mi morsi il labbro. "Oh, io- io non volevo, mi dispiace, non avevo visto che fossi tu," balbettai.

 

Harry mi guardò e vidi i suoi occhi scivolare verso lo stomaco per un breve secondo. "Si, certo, come vuoi," disse.

 

Strinsi la mascella e guardai le tre persone che stavano dietro di lui; Liam era lì, così come il ragazzo dai capelli neri e il ragazzo biondo, dei quali non conoscevo i nomi. Tutti e tre mi stavano guardando con espressioni diverse. Liam mi guardò semplicemente pensieroso, il ragazzo biondo aveva le sopracciglia sollevate in modo scettico e con superiorità e il ragazzo con i capelli neri sembrava divertito. Così tutti sapevano. Harry glielo aveva detto. Adesso c'erano quattro atleti nella mia scuola che sapevano fossi un mostro abnorme, quattro atleti che lo avrebbero senza dubbio detto ai loro amici atleti, alle loro fidanzate, ai loro genitori e alla fine, l'intera città ne sarebbe venuta a conoscenza e sarei stato il soggetto delle loro risate per tutto il tempo che avrei vissuto lì. Sentii il mio viso diventare rosso, il mio battito cardiaco aumentare e la sensazione familiare di nausea cominciò a salirmi in gola.

 

"Devo andare," mormorai prima di spingermi oltre e correre verso la porta del bagno che era a pochi metri di distanza davanti a me.

 

"Cazzo," sussultai una volta che avevo trovato un bagno, entrai e gettai via il mio cappotto sul pavimento. Dopo essere stato intrappolato all'interno di quel tessuto troppo caldo per molte ore, l'aria fresca sulle mie braccia nude mi fece sentire meravigliosamente fresco e asciutto.

 

Inghiottii e posai le mani sul lavandino davanti a me, facendo qualche respiro profondo per tentare di calmare il mio cuore impazzito. Harry aveva raccontato ai suoi amici di me, senza dubbio ridendo mentre lo faceva, raccontando loro del ragazzo che sosteneva di aver scopato con lui ad una festa ed ora era incinto di suo figlio. Potevo immaginare i loro volti sprezzanti, ridendo mentre sapevano di avere un nuovo, succoso, pettegolezzo. L'umiliazione crebbe in me, facendomi sentire ancora più nauseato, e dovetti inclinarmi sul lavandino per impedirmi di cadere a terra.

 

"Che cazzo ho fatto per meritarmi questo?" mi chiesi debolmente. Chiusi gli occhi e l'immagine dello sguardo sdegnoso del ragazzo biondo e il sorriso di quello dai capelli neri apparirono nella mia testa.

 

Poi successe di nuovo.

 

Lo stesso dolore che avevo avuto circa una settimana prima improvvisamente mi colse di sorpresa e ansimai, aggrappandomi al lavandino nel tentativo di rimanere in piedi. Se possibile, fece anche più male quella volta, come se la mia pancia venisse ripetutamente colpita da un pugno di ferro. Strillai quando un colpo particolarmente doloroso attraversò il mio corpo e caddi a terra. Il mio respiro andava e veniva in rapidi ansiti che presto si trasformarono in singhiozzi. Che diavolo avrei dovuto fare? Nessuno sapeva che fossi lì e anche se qualcuno lo avesse saputo, non avrebbero potuto fare niente per aiutarmi senza che io dicessi loro cosa stava succedendo, e di certo non glielo avrei detto.

 

La mia presa sul lavandino scivolò quando dovetti mettere la mia mano sul pavimento per tenermi seduto e il cambio di posizione mi causò ancora più dolore. Non importava quanto duramente avevo cercato di stare tranquillo, un gridò fuoriuscì dalle mie labbra e strinsi gli occhi. Proprio quando il dolore stava iniziando a smettere e pensai di stare per svenire, sentii la porta del bagno aprirsi e riuscii a girare la testa appena in tempo per vedere Liam e l'amico di Harry dai capelli neri inciampare, le braccia intrecciate tra loro e le labbra attaccate.

 

Se non fossi stato così vicino dallo svenire, avrei urlato dalla sorpresa.

 

Li ci vollero un paio di secondi per rendersi conto che non erano soli nella stanza. Liam fu il primo a vedermi e per un secondo mi guardò in preda al panico, ma poi gli occhi si spalancarono e la sua presa contro l'altro ragazzo si allentò.

 

"Cosa c'è che non va?" chiese l'altro ragazzo confusamente.

 

Liam fece cenno verso di me senza dire una parola e il ragazzo si voltò.

 

"Oh," disse, i suoi occhi marroni si spalancarono a tal punto da essere della stessa dimensione delle palle da tennis.

 

Stavo per pronunciare delle scuse, ma il quel momento il dolore raddoppiò e lasciai uscire un grido forte e involontario e chiusi nuovamente gli occhi.

 

"Ehi, amico, stai bene?" sentii dire dal tipo di cui non conoscevo il nome.

 

"Ovviamente no," disse Liam.

 

"Cosa c'è che non va?"

 

L'unica risposta che ero stato capace di dare fu una stretta più forte al mio stomaco.

 

"È- scusa, ma è vero?" chiese Liam dopo qualche istante di esitazione e sentì il tono incredulo nella sua voce.

 

Riuscì ad alzare lo sguardo e tentai di guardarlo. "No, è solo una messa in scena," soffocai.

 

"Non in quel senso, volevo solo dire-"

 

""Liam, probabilmente non è il momento di chiedere cosa è reale o meno," disse il ragazzo prima di avvicinarsi, si chinò e mi mise una mano sulla schiena. "Puoi- sei in grado di alzarti?" chiese allora, un po' esitante.

 

Scossi la testa, anche se il dolore era diminuito un po' e riuscivo a parlare di nuovo. "N-no, fa male," dissi, tenendomi ancora il ventre.

 

"Credo davvero che dovresti alzarti," disse il ragazzo.

 

"Non posso," mi forzai a dire, "fa veramente- dannatamente- male."

 

"Ma non puoi sedere sul pavimento così. Ti aiuterò," disse mentre si alzava e mi porgeva una mano, "Liam, vieni qui, aiutami un po'," aggiunse.

 

"Ma-"

 

"Liam, per amor di Dio."

 

Con un sospiro, Liam ci raggiunse e mise una mano sulla mia vita.

 

"Solo... cerca di alzarti e ti aiuteremo," disse il ragazzo mentre mi prese un braccio," conterò fino a tre, ok?"

 

Annuii, e mi preparai per il dolore che sapevo mi avrebbe colpito il secondo dopo che mi sarei alzato.

 

"Okay, uno, due, tre."

 

Usai la mano che non stava tenendo il mio stomaco e mi spinsi dal pavimento il meglio che potevo, mentre Liam e il ragazzo (avrei davvero avuto bisogno di imparare il nome) mi tirarono su. Il secondo in cui mi trovai in piedi, il dolore si intensificò e urlai prima di inciampare ed essere preso dalle braccia del ragazzo dai capelli neri.

 

"Wow, seriamente, che succede?" chiese mentre mi teneva sulla schiena per impedirmi di cadere a terra.

 

"Pensavo che Harry ve lo avesse detto," dissi, la mia voce suonava rauca.

 

"Beh, si, ma- quello che ha detto non ha davvero alcun senso," disse Liam, con il viso sconvolto.

 

"Vi ha detto che io- che sono incinto," dissi, guardandolo in modo interrogativo. Annuì e roteò gli occhi. "Beh, lo sono, non mi importa quanto folle possa suonare."

 

"Non puoi essere dannatamente serio," disse Liam, con gli occhi spalancati, "tu sei un ragazzo!"

 

Fissai Liam prima di togliermi di dosso le mani dell'altro ragazzo, ignorando il leggero dolore che colpì il mio ventre e feci un passo indietro per poter guardare entrambi.

 

"Prima di tutto, quale diavolo è il tuo nome?" dissi scontroso, guardando il ragazzo dai capelli neri.

 

"Zayn," disse, sembrando sorpreso dal tono ostile della mia voce.

 

"Okay, allora, Zayn, Liam," dissi, " non sprecherò il mio tempo cercando di convincere le persone che non sanno che io sono davvero incinto, specialmente perché non è affar vostro, per essere sincero."

 

"Non c'è bisogno di incazzarsi," disse Zayn. "E forse hai ragione che non è affar nostro, ma considerando che sei presumibilmente incinto del figlio del nostro migliore amico, puoi almeno darci una spiegazione."

 

"Sono incinto del figlio del vostro migliore amico, perciò smetti di dirlo come se non fosse reale," sputai. Serrai le labbra per un attimo e lasciai scrollare le spalle. "Io- io non so cosa volete che vi spieghi," dissi poi, la mia voce era passato da acida ad esasperata.

 

"Un buon punto di partenza sarebbe, come? Come è possibile?"

 

"Non lo so," dissi sinceramente, "non ho ancora fatto alcun test o esame per avere delle risposte, e non sono sicuro di volerle." Entrambe le loro espressioni diventarono scettiche e sospirai. "Mi dispiace, ma che cazzo vuoi che dica?"

 

"Non lo so, solo- hai qualche prova?" chiese Liam; la sua voce indicava che era convinto che non avrei potuto fare nulla per dimostrare quello che stavo dicendo. Non potevo crederci. Oltre a mostrare loro la mia pancia non potevo fare altro, e non ero particolarmente desideroso di farlo.

 

"Oltre al mio stomaco che continua a crescere ogni giorno? No, non ho alcuna prova." Sbattei le palpebre e.. no, aspetta un secondo.

 

"No, in realtà..." mi allontanai prima di inchinarmi sulle ginocchia e iniziare a cercare nelle tasche della mia giacca. Avevo improvvisamente ricordato che non avevo fatto più nulla con le foto del sonogramma dopo averle messe lì più di una settimana prima. La mia mano trovò entrambe le foto e tirai fuori una di loro prima di rialzarmi e tenderla a Liam e Zayn per poterla prendere.

 

Zayn allungò una mano e la prese con esitazione, guardandomi apprensivamente per un paio di secondi prima di rivolgere il suo sguardo alla foto.

 

"È- cos'è quello?" chiese Liam dopo un po'.

 

"Quello è ciò che rende il mio stomaco così," dissi prima di afferrare i bordi della mia maglietta in modo che il tessuto aderisse completamente, non lasciando nulla all'immaginazione. "E no, non è solo un aumento di peso," aggiunsi quando Liam aprì la bocca, ovviamente per protestare.

 

"Non volevo dire quello," disse, mordendosi leggermente il labbro, "anche io posso dire che non è aumento di peso, non sono così stupido. È solo- non lo so, strano, impossibile, sai?"

 

"Si, dillo a me," dissi mentre allentai la presa sulla maglietta, "sono andato dal medico pensando di avere un virus intestinale o qualsiasi altra cosa e poi ho fatto un'ecografia della mia pancia e improvvisamente c'era un bambino sul monitor, come pensi che mi senta?"

 

"Scioccato, immagino."

 

"Abbastanza."

 

"Quindi quanto- voglio dire... quando-"

 

"Sono di quattordici settimane," dissi, "non ho chiesto al medico quando dovrei... partorire, ma ho fatto i miei calcoli e dovrebbe essere a giugno."

 

Zayn annuì, con sguardo piuttosto sorpreso. "Io- beh, è... bello?" disse, io sorrisi senza ironia.

 

"Non proprio, no," dissi.

 

"No?"

 

Scossi la testa fiaccamente. "Ci saranno così tante voci e molti pettegolezzi, e non sarà divertente."

 

"Probabile," disse Liam. Esito un po'. "Vuoi, sai, tenerlo?"

 

"Non abortirò, se intendi questo, ma io- beh, stavo pensando di darlo in adozione."

 

"Se lo darai via nel momento in cui nasce, perché non te ne liberi direttamente?" chiese Liam, apparentemente confuso.

 

Guardai il mio stomaco e posai le mani su di esso. "Perché non riesco ad ucciderlo così," dissi, "è come- no, non lo so, ma non posso abortire, ho pensato molto riguardo a questo, ma io- non c'è modo che io sia in grado di farlo."

 

"Ha senso, credo," disse Zayn, "Harry sa di questo?"

 

"Riguardo cosa?"

 

"Che stai pensando di non abortire."

 

"No, non gliel'ho detto."

 

"Beh, dovresti farlo."

 

Sbattei le palpebre. "Perché?"

 

"Perché era sconvolto quando è venuto da noi venerdì scorso, dicendo che stavi pensando di abortire."

 

Sollevai le sopracciglia. "Era sconvolto? Pensavo che non gli importasse."

 

"A quanto pare gli importa abbastanza da non amare il pensiero che tu voglia liberarti di suo figlio," disse Zayn con una scrollata di spalle.

 

"È anche mio figlio e sono il mio corpo e la mia vita che sono stati colpiti da questa cosa."

 

"Si, ma non puoi prenderti cinque minuti per dirgli che non abortirai?"

 

Gettai le mani in aria. "Glielo dirò, calmo. È già abbastanza imbarazzante, dato che l'ultima volta che l'ho visto, prima di scontrarci oggi, è stato quando è fuggito dall'ufficio del medico senza spiegazioni."

 

"Come ho detto, era sconvolto."

 

"Si, beh, non lo sapevo fino a due minuti fa, no?"

 

"Avresti dovuto capirlo."

 

"Forse, non lo so," dissi e scrollai le spalle, "ma glielo dirò, devo solo trovare un modo per contattarlo."

 

"Potrei darti il suo numero, potresti scrivergli o chiamarlo, o qualunque cosa," si offrì Liam.

 

Sorrisi con gratitudine. "Sarebbe fantastico, grazie."

 

"Dammi il tuo telefono, salverò il numero per te," disse e mi tese la mano. Presi il mio telefono dalla tasca dei pantaloni e glielo consegnai.

 

"Quindi è tipo- voglio dire, scusa se sono ficcanaso, ma tu sei... gay, o cosa?" chiese Zayn mentre Liam era impegnato a digitare sul mio telefono.

 

"Non mi conosci nemmeno e mi fai domande come questa?" chiesi, le mie sopracciglia sollevate.

 

"Beh, come ho detto, sei incinto del figlio del nostro migliore amico e non sono un esperto, ma dovrà essere successo in qualche modo."

 

"Beh, si, ma Harry non è gay ed è riuscito a infilarmi in questa cosa."

 

Zayn sollevò un sopracciglio. "Harry non è gay?"

 

Aggrottai la fronte. "Lo è?"

 

"Dice che non lo è, ma non lo crediamo veramente," disse Liam mentre mi rendeva il telefono.

 

"Oh. Okay," dissi, non capace di trovare una risposta migliore.

 

"Quindi anche tu?"

 

"Che cosa?"

 

"Gay."

 

Mi agitai con disagio e mi morsi il labbro inferiore. "Si, lo sono," fossi alla fine, "per favore non andate in giro a raccontarlo a tutti, non ho bisogno di più attenzioni negative."

 

"Più attenzioni negative?"

 

"Si, voglio dire- voi- credo che voi, Harry e quel ragazzo biondo abbiate già detto a tutti i vostri amici e fidanzate riguardo-" indicai la mia pancia, "-quindi non voglio, sapete, dare alle persone un'altra ragione per parlare di me." Lasciai sfuggire una risata priva di umorismo. "Sono praticamente invisibile da tutta la mia vita e quando la gente mi nota, è perché sono incinto."

 

Liam e Zayn sollevarono le sopracciglia.

 

"Pensi davvero che lo abbiamo detto a qualcuno?"

 

"Si?"

 

"Non lo abbiamo fatto," dichiarò, "e nemmeno lo faremo. Come hai detto, non è affar nostro; è tuo. E di Harry, credo."

 

"Oh," dissi con sollievo, "grazie."

 

"Prego," disse Liam con un debole sorriso.

 

"E poi, se avessimo cominciato a raccontare alla gente di te, ci si sarebbe ritorto contro, dato che hai qualche informazione su di noi," disse Zayn.

 

Lo guardai con confusione."Tipo? Tutto quello che so su di voi sono i vostri nomi e che giocate a calcio."

 

Si guardarono, poi il loro sguardo tornò su di me. "E che stiamo insieme," disse Liam.

 

"Che cosa? Ma io- oh." Mi ricordai solo in quel momento quello che avevo visto quando erano entrati nel bagno. "Avevo dimenticato."

 

"Beh, tu sai di noi e nessun altro lo sa, quindi se raccontiamo qualcosa di te contro la tua volontà, tu hai i mezzi per ricambiare nel modo peggiore," disse Zayn.

 

"Non direi a nessuno di voi anche se avreste parlato di me," dissi, trafficando con le mie mani.

 

"Perché no? Se venisse fuori che noi due stiamo insieme, allora tutti probabilmente smetterebbero di parlare di te," disse Liam. "Senza offesa," aggiunse rapidamente.

 

"Nessuna offesa," dissi con una scrollata di spalle, "e non lo direi a nessuno perché... non lo so, è meschino e io non sono una persona meschina. E non conosco nessuno in questa scuola e nessuno conosce me, anche se cercassi di dirlo a qualcuno, non mi crederebbero."

 

"Oh. Beh, buono a sapersi," disse Zayn pensoso, con la fronte aggrottata.

 

Rimasi in silenzio per un paio di minuti. "Se non vi dispiace che lo chieda, siete entrambi gay, o...?" chiesi poi, la mia voce un po' insicura.

 

"Nessuno di noi lo è in realtà," disse Liam, guardando Zayn, "siamo solo... non lo so davvero."

 

"Gay l'uno per l'altro?" offrì.

 

Zayn sorrise sorpreso. "Qualcosa del genere."

 

"E voi state insieme? Come una coppia?"

 

Entrambi annuirono.

 

"Oh. Da quanto tempo?"

 

"Dieci mesi, tre settimane e cinque giorni," disse Liam orgogliosamente e Zayn sbuffò.

 

"Un sacco di tempo," dissi.

 

"Sembrano cinque minuti," disse Liam e mise un braccio intorno alla vita di Zayn.

 

"Si, beh, fate in modo che nessuno di voi rimanga fottuto," dissi, cercando di allentare la tensione sessuale che era improvvisamente caduta sulla stanza.

 

"Simpatico," disse Zayn.

 

Sorrisi. "Ma nessuno sa di voi? Neanche Harry o quel ragazzo biondo irlandese?"

 

"Niall."

 

"Hm?"

 

"Il biondo irlandese, il suo nome è Niall."

 

"Giusto. Ma loro non sanno di voi?"

 

Entrambi scossero la testa. "Mia sorella lo sa, ma solo perché ci ha scoperti a baciarci un paio di mesi fa," disse Liam, "a lei va bene, però, e ai miei genitori probabilmente andrebbe bene lo stesso, ma, beh, abbiamo scelto di non dirlo a nessuno, per ora."

 

"Suppongo che il coming out non sia un'opzione, non con l'intera faccenda del calcio e... altre cose," dissi.

 

"Non è un'opzione, no," disse Liam, "e comunque, a noi va bene così, in pochi mesi finiremo la scuola, andremo al college, fuori città, quindi saremo molto più liberi."

 

"Quindi voi volete, tipo, stare insieme?"

 

"Sicuramente," disse Liam, tirando Zayn un po' più vicino a lui e premendo un bacio casto sulla sua tempia, e ciò, con mia piccola sorpresa, fece arrossire Zayn.

 

Sorrisi. "È bello." Poi singhiozzai un po' e i due mi guardarono con curiosità. "Scusate, solo, quanto è triste che io conosca meno il padre di mio figlio che i suoi amici?"

 

"Il padre? Quindi tu cosa sei? La madre?" chiese Zayn e Liam sorrise.

 

"Non ne ho idea, ma hai capito."

 

"Si, ho capito, ma potresti conoscerlo se volessi," disse Zayn con facilità.

 

"Harry?"

 

Zayn annuì e mi sorrise.

 

"Non credo, non siamo esattamente... non lo so, non ci vedo davvero come amici," dissi.

 

"State avendo un bambino insieme," disse Liam.

 

"Si, un bambino che è il risultato di una scopata da ubriachi," dissi, "non è esattamente una ragione per essere amici, tanto meno per qualcosa di più."

 

"Per ora, però," disse Liam, "sarebbe bello sapere che Harry avesse qualcuno che tipo, lo ami."

 

"Amore? Penso che tu stia fantasticando un po' troppo," dissi con un debole sorriso.

 

Lui scrollò le spalle. "Si può sempre sperare."

 

"Lui non mi sembra esattamente il tipo di ragazzo che possa avere una relazione, comunque," dissi.

 

"Che tipo di ragazzo ti sembra allora?" disse Zayn, guardandomi con aria di sfida.

 

Mi morsi il labbro, non sicuro che quello che volevo dire sarebbe andato a genio ai due ragazzi di fronte a me. "Non lo so, tipo... no, non lo so."

 

"Dai, dillo," insistette Zayn.

 

"Non lo so, mi sembra il tipico ragazzo che va con una persona diversa ogni sera, capito?"

 

Con mia grande sorpresa, sia Zayn che Liam scoppiarono a ridere.

 

"Perché state ridendo?" chiesi.

 

"Niente, scusaci, è solo... vorrei vedere Harry andare con una persona diversa ogni sera," disse Liam una volta che soffocò una risata, "voglio dire, probabilmente potrebbe se volesse, ma non è dai lui. Si impegna in un rapporto e ci rimane finché non c'è più speranza per salvarlo, sai? Una volta disse che non avrebbe mai fatto sesso con qualcuno per cui non provava dei sentimenti."

 

"Davvero?"

 

"Si," disse Zayn, "è stato in due relazioni da quando lo conosco, entrambe durarono per più di un anno. Anche se, in tutta onestà, penso che la ragione per cui sono finite è perché non era veramente innamorato di loro. Gli voleva bene, ma non era innamorato di loro, sai cosa intendo, per questo nessuno di noi gli crede quando dice di non essere gay perché... beh, entrambe le ragazze erano belle, dolci, divertenti e fondamentalmente perfette per lui."

 

"Se sembravano perfette, non significa che lo fossero davvero," dissi, pensando a Eleanor e che, se fossi stato etero, probabilmente mi sarei innamorato di lei perché, a parte il fatto che avesse una vagina e non un pene, aveva tutte le qualità che mi piacevano in una persona.

 

"Ovviamente no."

 

"Ma lui ha scopato con me al party, e posso dirti che non c'era niente di sentimentale nel modo in cui lo abbiamo fatto," dissi.

 

"Le scopate da ubriachi non tendono ad essere molto romantiche," sbuffò Zayn.

 

"Si, ho notato," dissi, dopo aver di nuovo ripensato al fatto che avevo dato ad Harry la mia verginità. Beh, non esattamente, ma è sembrato visto che era stata la prima volta con un ragazzo. Ad ogni modo, lo trovavo ancora abbastanza deprimente.

 

"Tutto ok?" chiese Liam.

 

"Huh?"

 

"Stai bene, sembravi estraniato dal mondo per un secondo."

 

Sorrisi. "Sto bene."

 

"Sei sicuro?"

 

"Si," dissi con fermezza, "Harry ha- voglio dire, quando ha avuto la sua ultima fidanzata?" chiesi per portare i loro pensieri da un'altra parte.

 

"La sua ultima relazione è finita all'inizio di giugno, il suo nome era Vicky, o Victoria, stavano insieme da maggio dell'anno scorso, quindi era un po' distrutto quando è finita," disse Zayn.

 

"Oh. Da allora non ha avuto relazioni?"

 

"Beh, non proprio," disse Liam esitante, "O, beh, non so se dovrei dirti questo, ma lui sta uscendo con questa ragazza, Lauren, da quando la scuola è finita prima dell'estate e so che sono più di amici."

 

"Allora c'è una ragazza nella sua vita?"

 

"Si, credo. Però è una puttana totale, quindi non so cosa ci veda in lei."

 

"Un bel volto e un corpo flessibile?" suggerì Liam.

 

"Non è da Harry, lo sai."

 

Liam scrollò le spalle. "Forse i suoi ormoni hanno finalmente avuto la meglio su di lui. Voglio dire, lui non ha fatto niente da quando lui e Vicky si sono lasciati."

 

Tossicchiai. "Si, ha fatto qualcosa."

 

"Okay, bene, prima di quel giorno," disse lui, roteando gli occhi, "Lauren era a quel party, però, quindi se fosse stato attratto da lei, penso che sarebbe andato a cercare lei piuttosto che andare a letto con te, senza offesa."

 

Zayn sorrise a questo. "Vuoi proprio che Harry sia gay, vero?"

 

"Non voglio che lo sia, io penso che lo sia."

 

"Si, anche io, piccolo, ma non vuole parlarne, perché non lasciamo stare la questione?"

 

"Bene," mormorò Liam.

 

Sorrisi al loro scontro, ma non dissi niente. "Devo andare, ho matematica adesso, non posso perderla se non voglio essere bocciato quest'anno," dissi, "e dirò ad Harry che non abortirò il suo bambino," aggiunsi mentre raccoglievo la mia giacca dal pavimento e me la gettavo sul braccio.

 

"Bene," disse Liam, "è stato... bello incontrarti, suppongo."

 

"Ci vediamo in giro dopo le vacanze, credo, e se non ci vediamo... beh, è stato bello anche per me incontrarvi," dissi mentre sostenevo la porta.

 

"Ci vedrai in giro," disse Zayn, "e per quanto riguarda le voci e i pettegolezzi per cui sei preoccupato, faremo del nostro meglio per impedire alle persone di parlare troppo."

 

"Senza offesa, ma non penso che ci sia molto da fare," dissi con una scrollata di spalle. "Alcune persone ci guardano come se fossimo degli dei, è abbastanza folle quello che possiamo fargli credere."

 

"Non sembrava affatto presuntuoso," disse Liam asciutto.

 

"È vero," si difese Zayn.

 

"Si, forse."

 

"Beh, se davvero potreste evitare che alcune persone scoprano la verità, sarebbe fantastico, lo apprezzerei," dissi con la mano posata sulla maniglia della porta.

 

"Faremo del nostro meglio," disse Liam.

 

Sorrisi un'ultima volta e pronunciai un rapido 'grazie' prima di abbassare la maniglia della porta e uscire dal bagno. Una volta fuori nel corridoio mi appoggiai contro il muro e scossi la testa incredulo; avevo appena avuto un cuore-a-cuore con due degli atleti più popolari della scuola?

 

Anche se nessuno di quei giocatori era quello con cui avevo bisogno di parlare.

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Capitolo 8
*** 7. My situation was just glorious, wasn't it? ***


CAPITOLO 7

La mia situazione è grandiosa, vero?

 

 

Martedì, 7 Gennaio

Sedici settimane e quattro giorni

 

 

Il Natale passò rapidamente, troppo in fretta per i miei gusti, e prima che me ne rendessi conto le vacanze erano finite e mi ritrovai a scuola. Le giornate sembravano essere più lunghe durante la settimana e quando arrivava il Venerdì ero a malapena in grado di rimanere sveglio. Ero riuscito ad addormentarmi tre volte quel giorno e tutte e tre le volte mi avevano urlato contro. Non sapevo niente di gravidanze oltre a quello che la Dott.ssa Hayes e il Dott. Wright mi avevano detto, quindi non avevo idea se la stanchezza che avevo sperimentato fosse effettivamente un effetto collaterale della gravidanza o se ero solo io che ero più pigro del solito. Volevo però esserne sicuro, per questo mi ero ritrovato sul mio letto - come al solito - quando tornai a casa quel pomeriggio, il mio telefono attaccato all'orecchio mentre ero in attesa che la Dott.ssa Hayes rispondesse.

 

"Ufficio della Dott.ssa Hayes," disse una familiare voce femminile dopo circa venti squilli.

 

"Oh, ehi, grazie a Dio sono riuscito a chiamarla," dissi, lasciando un sospiro di sollievo, "sono Louis. Uhm, Tomlinson."

 

"Oh, certo, ciao," disse, "cosa posso fare per te?"

 

"Mi stavo solo chiedendo se è normale sentirsi stanco, tipo, tutto il tempo," dissi, "mi sono addormentato tre volte durante le lezioni questa settimana perché non riesco a rimanere sveglio anche se dormo abbastanza la notte. Quindi, cosa vuol dire questo?"

 

"La stanchezza è completamente normale," disse, "molta energia nel tuo corpo viene spesa per aiutare il bambino a crescere. Probabilmente continuerai a sentirti stanco per tutto il resto della gravidanza, ma dovrebbe migliorare un po' entro le prossime due settimane o giù di lì. Nel frattempo, assicurati di riposarti un sacco, un sonnellino veloce una o due volte al giorno, e vai a letto un po' prima del solito. Inoltre, dovresti provare a mangiare trecento o quattrocento calorie in più di quelle che assumi normalmente."

 

"Mangiare ancora di più? Mi sento già più grasso di una mucca," dissi tristemente.

 

"La cosa più importante è mantenere il tuo bambino sano, però, non è vero?"

 

Sospirai. "Si, lo è. Okay, quindi devo riposare molto e mangiare di più, giusto?"

 

"Più o meno, si. E assicurati che le calorie extra che mangerai non consistano in caramelle e patatine fritte, okay?"

 

"Si, ho capito," bisbigliai.

 

"Bhe, oltre a quello, sarebbe un bene per te e per il bambino fare una passeggiata una volta al giorno. Non deve essere molto lunga, ma solo un breve giro intorno al vicinato, probabilmente ti farà sentire molto meglio."

 

"Questa gravidanza richiede un po' di attenzione per me stesso, vero?"

 

"Certamente," disse dall'altro lato della linea. "E stai ancora prendendo integratori vitaminici?"

 

"Si."

 

"Bene. Dal momento che stiamo parlando, posso anche chiederti se hai pensato di tenere il bambino."

 

"Oh. Si, io... stavo pensando che potrei, sa, continuare la gravidanza e poi darlo in adozione," dissi esitante, leggermente preoccupato che avrebbe potuto dire che era un piano orribile.

 

"E hai pensato a questo quindi?"

 

Annuii, ma poi realizzai che non poteva vedermi. "Si," dissi. "O, beh, credo di sì. Non posso abortire, non sarò in grado di farlo, ma non posso nemmeno mantenerlo, quindi ho pensato che l'adozione fosse una buona opzione."

 

"Sembra una soluzione molto ragionevole," disse lei e respirai con sollievo, "ma se è così, probabilmente dovremmo fissare un appuntamento per farti un nuovo controllo."

 

"Oh, si, giusto. Quando dovrei venire?"

 

"Bhe, considerando le circostanze un po' insolite, non abbiamo ancora fatto il primo controllo, quindi dobbiamo farlo al più presto."

 

"Va bene, in cosa consiste?"

 

"Ti farò molte domande sulla tua storia medica e altro, poi misurerò la tua altezza e il tuo peso, un controllo per l'HIV, e possiamo controllare anche il tuo bambino per la sindrome di Down e altre possibili complicazioni."

 

"Suppongo ci vorrà un po' di tempo allora."

 

"Potrebbe, si."

 

"Ed è qualcosa a cui Harry dovrebbe essere presente?" chiesi, piuttosto corrucciato.

 

"Sarebbe una buona idea per lui essere lì, considerando che i suoi geni sono per metà del bambino, ma non è necessario."

 

"Va bene, va bene. Ma dopo questo controllo, quante altre volte dovrei venire?"

 

"È normale fare il controllo alla sedicesima settimana, diciottesima, ventiquattresima, trentacinquesima e trentottesima, ma siccome sei un ragazzo, preferirei se venissi più spesso, una volta ogni due o tre settimane fino alla trentaseiesima settimana, e poi vorrei vederti ogni giorno prima del parto."

 

"Wow, molto spesso, huh?"

 

"Sta a te decidere, ovviamente, ma penso che sia meglio prevenire che curare."

 

"No, va bene, verrò spesso come vuole lei," dissi in fretta, "non ho idea di cosa fare, quindi dovrò solo ascoltare le sue parole per, beh, tutto."

 

"Se è così, vorrei prenderti un appuntamento per... vediamo... Lunedì 10 Gennaio alle dieci, se per te va bene."

 

"Si, penso che vada bene."

 

"Se poi non ti dovesse andare bene, devi solo chiamarmi e sposterò tutto ad un'altra data."

 

"Si, va bene, grazie."

 

"Nessun problema."

 

"Beh, grazie, io- ci vediamo tra un paio di giorni, credo," dissi in imbarazzo.

 

"Nessun problema, passa una buona giornata, Louis."

 

"Grazie, anche lei."

 

Sospirai e posai il mio cellulare sul comodino. Sembrava che avrei avuto tantissimi appuntamenti dal medico da quel momento in poi. Beh, come aveva detto, meglio prevenire che curare. Se il bambino fosse morto improvvisamente solo perché ero stato troppo pigro per fare abbastanza controlli, non mi sarei mai perdonato.

 

Mentre stavo lì, sentivo le mie palpebre sempre più pesanti e prima che avessi il tempo di fare pensieri più coerenti, caddi in un sonno tranquillo e pacifico.

 

Quando mi svegliai, fuori era già buio e gemetti, chiedendomi quanto tempo avessi dormito. Mi resi conto che ancora una volta ero finito con le mani appoggiate in modo protettivo sullo stomaco e mi chiesi se fosse il caso di affezionarmi a quella piccola creatura quando non aveva nemmeno quattro mesi. Mi sedetti lentamente, sfregandomi gli occhi e sbadigliando un po'. Il mio telefono era appoggiato sul comodino, dove l'avevo lasciato prima, e sospirai, ricordando che non avevo ancora fatto uso del numero di Harry che Liam aveva salvato sul mio telefono due settimane prima. Doveva sapere che non avevo intenzione di abortire, Liam e Zayn avevano ragione. Forse non ci conoscevamo particolarmente bene - o per niente - ma era suo figlio e meritava di sapere cosa stava succedendo, specialmente dopo la reazione avuta dal medico.

 

Il telefono indicava che erano le sette e trenta di sera e pensai brevemente che non sarei riuscito a dormire quella notte. Cliccai sull'elenco dei contatti e trovai velocemente il numero che stavo cercando.

 

Harry Styles.

 

Chiamata o messaggio? Non mi piaceva particolarmente parlare telefonicamente perché non potevo usare il linguaggio del corpo e le espressioni facciali quando comunicavo, ma anche mandare un messaggio sembrava altrettanto stupido. Poi di nuovo, la telefonata sarebbe stata meglio? Potrebbe essere. No, cattiva idea. O forse no. Forse potrei mandargli un messaggio e chiedergli di incontrarci da qualche parte domani? Dopotutto era sabato e non avrebbe avuto scuola o altri impegni, giusto?

 

Giusto.

 

Quindi digitai un messaggio veloce che diceva 'hey, hai tempo per incontrarci da qualche parte domani?', lo rilessi un paio di volte, decidendo che andava bene, prima di inviarlo.

 

Ci vollero un minuto o due prima che il mio telefono vibrasse, annunciando un messaggio in arrivo.

 

'Vaffanculo Lauren.'

 

Aggrottai le sopracciglia. 'Chi è Lauren?'

 

'Okay, non sei Lauren, chi sei?'

 

'Louis.'

 

'Perché vuoi incontrarmi? Per dirmi cosa si prova ad uccidere il proprio bambino?'

 

La mia bocca si aprì. Okay, era veramente incazzato con me. E pensava che avessi già abortito, Liam e Zayn non gli avevano detto niente.

 

'Non proprio e no, non è quello. Non voglio avere questa conversazione per messaggio, quindi possiamo o non possiamo incontrarci domani?' risposi.

 

'Se è solo per mostrarmi le immagini di com'era il bambino quando l'hanno tirato fuori da te, allora no, non posso.'

 

'Smettila di essere così stronzo. E no, non è per questo che voglio incontrarti.'

 

'Bene. Quando e dove?'

 

'Da Sturbucks a mezzogiorno?'

 

'Bene.'

 

Almeno c'erano alcuni vantaggi nel vivere in una piccola città; quando dici 'incontriamoci da Starbucks', non era seguito da un 'a quale dei trecento Sturbucks della zona ti stai riferendo?' No, c'era un solo Starbucks in tutta la città e ciò rese le cose più facili di quanto lo sarebbero state vivendo a Londra o in un'altra grande città.

 

Posai il mio telefono sul comodino e mi sdraiai, le mie mani posate ancora sullo stomaco. La pace non durò a lungo. Solo dieci secondi dopo che mi ero sdraiato, la porta si aprì e Owen entrò dentro. Non ebbi tempo di reagire e lui si fermò proprio accanto alla porta e mi guardò con un sopracciglio sollevato.

 

"Amico, seriamente, ma che diavolo sta succedono al tuo stomaco ultimamente?" chiese. Oh, che osservatore.

 

Mi accigliai e lasciai cadere le mani sui fianchi. "Sto diventando grasso," dissi scontroso.

 

"Okay, certo," disse, scuotendo la testa in un modo che diceva 'stronzate'.

 

"C'era qualcosa che volevi dirmi oltre ad insultarmi?"

 

"La mamma sta andando al negozio, voleva sapere se c'è qualcosa che vuoi ."

 

Pensai un paio di secondi prima di rispondere. "Si," dissi, "una scatola di Ritz, alcune mele, banane, succo d'arancia e... oh, un po' di cioccolato."

 

"Sul serio?"

 

"Che cosa?"

 

Owen sbuffò. "Non c'è da meravigliarsi che tu stia diventando grasso."

 

"Mi farai complessare, sai."

 

"Si, ne sono sicuro. Okay, quindi Ritz, mele, banane, succo d'arancia e cioccolato?"

 

Annuii.

 

Sorrise brevemente prima di uscire dalla stanza e chiudere la porta. Per essere un fratello minore, Owen non era poi così male. Un po' troppo onesto a volte, certo, ma sapeva quando stare zitto ed essere serio. Era davvero incredibile come potevano essere diversi due fratelli anche se c'era un divario di soli due anni. Mentre io ero tranquillo, autonomo, più o meno non avevo nessun amico e non facevo niente in particolare dopo la scuola, Owen era il completo contrario. Era molto popolare nella sua scuola da quando giocava nella squadra di calcio, aveva un sacco di amici, cosa che avevo notato visto che portava a casa un nuovo amico ogni giorno - o così sembrava - e anche se aveva solo quindici anni, aveva già avuto tre fidanzate. Era quasi imbarazzante per me, come fratello maggiore, sentirsi così inferiore a lui, ma, beh, era così.

 

Sabato, 8 Gennaio

Sedici settimane e cinque giorni

 

Ci volle un po' per vestirmi quando mi svegliai la mattina successiva alle undici. Ero dovuto uscire a comprare nuovi vestiti perché le uniche cose che possedevo che non mostravano il mio stomaco - oltre a felpe e magliette grandi - erano... beh, niente in realtà. Avrebbe funzionato perché era inverno, il che significava molti strati di abbigliamento, e perché non ero ancora così tanto grosso, ma questo fino a Giugno e da allora sarei diventato molto più grande e ci sarebbe stato troppo caldo per un cappotto invernale.

 

In quel momento avevo un altro problema. Dovevo incontrare Harry in meno di un'ora e non avevo niente da indossare. Non che avevo sentito la necessità di vestirmi bene per lui, ma indossare tute da ginnastica in pubblico andava contro ai miei principi. Dopo un sacco di lamenti e di gemiti disperati, finii per indossare un paio di vecchi jeans abbastanza larghi intorno ai miei fianchi e una felpa grigia, decidendo che il mio cappotto e una grande sciarpa avrebbero nascosto bene il mio stomaco.

 

Dopo aver fatto una doccia, sistemai i miei capelli, mi vestii e feci una colazione veloce, l'orologio segnava le undici e quarantacinque e avevo da fare una camminata di quindici minuti fino a Starbucks, il che significava che ero in ritardo. C'era troppo freddo per andare in bicicletta e mi sentivo troppo grasso per essere a mio agio pedalando per tutta la città. Inoltre, avrebbe potuto non essere un bene per il bambino lo stress e la corsa nello stesso tempo.

 

Quindi era per quello che ero arrivato da Starbucks con quindici minuti di ritardo, trovando Harry già seduto ad un tavolo vicino alla finestra, guardando distrattamente le persone che passavano fuori sulla strada e tenendo in mano una tazza bianca. Sorrisi un po' alla vista, perché la scena sembrava appartenere ad un video musicale di qualche tipo. Mi avvicinai al tavolo e lui alzò lo sguardo e offrì il più piccolo dei sorrisi come saluto. Beh, almeno non aveva gridato. Non ancora.

 

"Ehi, scusa sono in ritardo, ho avuto un imprevisto," dissi mentre mi sedetti sulla sedia di fronte a lui. Notai una seconda tazza sul tavolo, piena di qualcosa che non potevo vedere a causa della panna montata sopra. "È tua?" chiesi, facendo un cenno verso la tazza.

 

"Non proprio, l'ho ordinato per te," disse con una scrollata di spalle.

 

"Per me?" chiesi stupidamente, un po' sorpreso.

 

"Si, è freddo fuori e- bene, è una sorta di scusa per essere stato una testa di cazzo ieri. Ero di cattivo umore e me la sono presa con te, mi dispiace," disse, offrendo ancora un altro debole sorriso.

 

"Oh. Ho solo pensato che fossi incazzato con me dopo la- beh, lo sai."

 

"Lo ero, lo sono ancora un po' immagino."

 

"Grazie comunque," dissi, "ma non credo che dovrei bere caffeina, perché..." mi spostai, indicando vagamente verso il mio stomaco.

 

"Che cosa? Ma pensavo- tu non hai- voglio dire, pensavo che avresti abortito, pensavo che l'avessi già fatto," disse sorpreso.

 

"No, non l'ho fatto. Non ho mai detto che l'avrei fatto, ho detto che lo stavo considerando," dissi.

 

"E?"

 

"E cosa?"

 

"Hai deciso?" chiese, guardandomi come se avesse paura di sentire la risposta.

 

"Si, in realtà," dissi, armeggiando nervosamente con le mani, "non abortirò; andrò avanti con la gravidanza e poi lo darò in adozione una volta nato."

 

Mi guardò in silenzio per alcuni secondi prima di annuire lentamente. "Immagino che sia meglio che ucciderlo," disse.

 

"Lo penso anche io, si," dissi secco.

 

"Cosa ti ha fatto cambiare idea?"

 

Incrociai le gambe sotto al tavolo e mi appoggiai alla sedia prima di rispondere. "Non sono mai stato sicuro di abortire, era solo un'opzione, che in realtà non mi è mai piaciuta dall'inizio. Era solo qualcosa che doveva essere presa in considerazione."

 

"Oh."

 

Lo guardai pensieroso per qualche secondo prima di porre la domanda che avevo in mente nelle ultime due settimane. "Perché hai reagito in quel modo quel giorno nell'ufficio del medico?"

 

"Cosa intendi?" chiese con calma dopo aver preso un sorso della bevanda.

 

"È solo... quando ti ho raccontato riguardo a questo, hai detto che non ti importava di quello che avrei fatto - se avessi tenuto il bambino o no - e nell'ufficio del medico ti sei improvvisamente alzato e sei praticamente fuggito dalla stanza dopo che ho detto che stavo ancora considerando l'aborto. Cosa è successo?"

 

Si agitò un po' sulla sedia, e all'improvviso sembrava piuttosto a disagio. "Io- beh, non ti credevo affatto quando me lo avevi detto, così ho detto la prima cosa che mi è venuta in mente, sai?" disse. "È diventato tutto diverso quando io, sai, ho visto la piccola cosa sullo schermo."

 

"Si, so quello che intendi," dissi pensieroso, "beh, okay, fammi capire bene: non vuoi che abortisca?"

 

"Pensavo che avessi detto che lo avresti tenuto," disse, guardandomi con evidente confusione.

 

"Lo terrò, ma mi sto chiedendo se davvero non vuoi che abortisca o se sei indifferente."

 

Si grattò la testa e si arruffò i capelli ricci. "Immagino che non voglio- voglio dire, è il tuo corpo, quindi spetta a te decidere, no? Non posso dire molto."

 

"Non era questa la domanda."

 

Strinse le labbra e si appoggiò alla sedia. "Non voglia che tu abortisca," disse, "non sono contro l'aborto, te l'ho già detto, ma penso di essere contro l'aborto di, beh, mio figlio."

 

"È stata la prima cosa che ho pensato anche io quando l'ho saputo."

 

"Sono... contento che tu lo tenga."

 

"Non lo sto realmente tenendo."

 

"No, ma almeno sarà vivo, è meglio di niente."

 

"Credo di sì."

 

Entrambi restammo seduti in silenzio per un paio di minuti mentre Harry stava sorseggiando il suo drink e guardai intorno alla stanza, cercando di pensare se c'era qualcos'altro che avrei avuto bisogno di dirgli visto che era calmo e tranquillo.

 

"Posso farti una domanda?" disse rompendo il silenzio, risparmiandomi di dover pensare a qualcosa da dire.

 

"Dimmi," risposi.

 

"Suonerà un po' maleducato, scusa, ma come puoi essere sicuro che il bambino sia mio?"

 

I miei occhi si spalancarono e le guance diventarono rosse. Avrei dovuto aspettarmi questa domanda prima o poi, ma speravo di non dover mai arrivare a parlarne, quindi non avevo pensato ad una buona risposta. Questa conversazione sarebbe diventata imbarazzante se lui mi avesse costretto a dire la verità.

 

"Io- io lo so, fidati di me," mormorai dopo aver preso un paio di secondi per pensare a cosa dire. Non volevo davvero raccontare ad Harry Styles, che probabilmente faceva sesso più di quanto io mi cambiavo i calzini, che era stato il primo ragazzo con cui avevo avuto rapporti sessuali. Sarebbe stato troppo umiliante.

 

Si accigliò. "Non che tu non sembra affidabile o altro," disse con esitazione, "ma non ti conosco bene e mi dispiace, ma puoi biasimarmi per volerlo sapere con certezza? Questa situazione è un po' folle, se non l'hai notato."

 

Forzai una breve risata. "Si, l'ho notato."

 

"Quindi...?"

 

Mi morsi il labbro e mi guardai intorno. Tutti i tavoli erano occupati e soprattutto da persone anziane e piccole famiglie. Se glielo avessi detto, non sarebbe stato dove i bambini di tre anni e i pensionati di ottanta avrebbero potuto sentire.

 

"Possiamo andare a fare una passeggiata? La dottoressa ha detto che avrebbe fatto bene sia a me che al bambino," dissi.

 

"Non finché non mi dici come lo sai-"

 

"Te lo dirò, ma preferisco non farlo qui, dove tutti possono sentire quello che stiamo dicendo," lo interruppi, guardandolo con gentilezza.

 

Lasciò vagare lo sguardo in giro per la stanza e poi sospirò. "Va bene," disse mentre si alzava dalla sedia.

 

Uscimmo fuori e ci fermammo nel marciapiede affollato.

 

"Da che parte?" chiese Harry, guardandomi interrogativamente.

 

"Non importa, facciamo solo... un giro," dissi prima che i piedi si muovessero e iniziassi a camminare lungo la strada. Certo, c'erano tantissime persone anche lì fuori, ma c'erano così tanti rumori che non c'era modo che qualcuno avrebbe potuto sentire la nostra conversazione.

 

"Okay, quindi, dicevamo; come puoi essere così sicuro che sia io il padre?" chiese dopo aver camminato in silenzio per un paio di minuti. Avevamo raggiunto la fine della piccola strada ed eravamo entrati in un parco. Era molto più tranquillo e, per mia grande sorpresa, quasi vuoto. Il parco era così piccolo che comprendeva solo un grande prato con un paio di alberi sparsi tutt'intorno, ma mi era sempre piaciuto.

 

Incollai gli occhi a terra e mi schiarii la gola. "Sono sicuro perché- perché non ci sono altri candidati," dissi.

 

"Come mai?" chiese dopo una breve pausa.

 

Sbuffai e lo guardai. "Non- non ridere di me, okay?" dissi, mordendomi il labbro mentre lo guardavo nervosamente. Lui annuì e mi guardò con curiosità. "Tu- beh, sei stato... la mia prima volta," dissi, arrossendo. "E lo sei fin'ora."

 

La sua bocca si aprì leggermente in una silenziosa 'o' e improvvisamente sembrò dispiaciuto. "Mi dispiace," disse.

 

Sbattei le palpebre. "Per cosa?"

 

"Per averti ferito. Ero ubriaco, non sono stato gentile con te, quindi mi dispiace."

 

"Oh. È tutto ok," dissi, non volendo dirgli che si, non era stato gentile.

 

"Ti ho fatto male, vero?" chiese, aggrottando le sopracciglia.

 

"Io- non è.. voglio dire, si, okay, un po', ma va bene, sono sopravvissuto e tutto."

 

"Scusa ancora," disse, "la prima volta non dovrebbe essere dolorosa e da ubriachi durante una festa."

 

"Non sapevo che tu fossi corretto e moralista," dissi.

 

"Pensavo che avessi avuto una chiacchierata con Liam e Zayn e che ti avessero parlato molto di me," disse con un sorriso.

 

Mi sentii di nuovo arrossir. "Oh. Te l'hanno detto," dissi.

 

"Si. Quindi cosa di hanno detto esattamente di me?"

 

Scrollai le spalle. "Diverse cose."

 

"Tipo...?"

 

"Tipo hanno detto che non fai avventure di una notte, solo fidanzate," dissi, sentendomi un po' a disagio.

 

"Ahah. Quindi?"

 

"Allora perché mi hai scopato?" sembrava che la mia bocca avesse deciso che pronunciare ogni pensiero che mi passava per la testa fosse una buona idea, e io avrei voluto morire in un fosso il secondo dopo che le parole uscirono dalla mia bocca.

 

"Sono solo umano," disse semplicemente.

 

"Che cosa significa, se posso chiedere?" domandai esitante.

 

Mi fece un sorriso divertito. "Che sono un ragazzo di diciotto anni che ha le stesse esigenze di tutti gli altri."

 

"Così hai deciso di chiacchierare con il solitario della scuola ad una festa, farlo ubriacare e scoparlo."

 

I suoi occhi si spalancarono con ovvio orrore. "Oh, no- non intendevo questo," disse, con gli occhi spalancati.

 

"Certo che intendevi questo," dissi, "va bene però, non sono arrabbiato con te o altro."

 

"Non sei arrabbiato?" chiese scettico.

 

"No."

 

"Perché no? La maggior parte delle persone lo sarebbe."

 

"Credo di non essere proprio come... la maggior parte delle persone."

 

Non rispose, mi rivolse un sorriso mentre continuavamo a camminare. Dovetti ammettere che, per essere un'atleta, non era così male. Era piuttosto carino. Chi l'avrebbe mai pensato?

 

"Quindi solo perché pratico sport devo essere un coglione?"

 

I miei occhi si allargarono. Avevo detto quelle cose ad alta voce? Harry mi stava guardando con un sorriso e un sopracciglio alzato e tossii imbarazzato. Apparentemente avevo detto quelle cose a voce alta, si.

 

"Scusami, non volevo dirlo ad alta voce."

 

"Io ho approfittato di te, tu mi hai chiamato coglione. Ora siamo pari," disse con un sorriso.

 

"Quindi pensi che essere chiamato coglione sia equivalente ad essere messo incinto? Hai una strana prospettiva della vita, Harry Styles," dissi.

 

"Stavo parlando di quello che era successo, non delle conseguenze."

 

"Okay, siamo pari."

 

Ancora una volta cadde il silenzio. Eravamo già arrivati alla fine del parco quando notai una panchina ad un paio di metri alla nostra sinistra e sospirai di sollievo. La mia schiena faceva male a causa della camminata che avevo fatto - sia ora che prima da casa alla caffetteria.

 

"Ehi, possiamo sederci laggiù? Sono stanco," dissi.

 

"Stanco? Abbiamo camminato solo per quindici minuti," disse, rivolgendomi uno sguardo curioso.

 

"Incinto, ricordi?"

 

"Oh, si, certo, scusa," disse mentre cominciammo a camminare verso la panchina, "è a causa di quelle cose che aveva detto la dottoressa? Sai, lo stomaco dolorante e il mal di schiena e tutte quelle cose."

 

Ero leggermente sorpreso che avesse effettivamente prestato attenzione a quanto aveva detto la Dott.ssa Hayes, ma non lo dissi. "Si, la mia schiena è dolorante," dissi mentre ci sedemmo sulla panchina dipinta di bianco, "non così tanto, ho solo camminato un po' troppo, credo."

 

"Ma a parte questo, stai bene, vero?"

 

"Si, sto bene."

 

"Bene, sono... contento. E lui- voglio dire lei- o quello- oh dannazione! Anche il bambino sta bene?"

 

Sorrisi. "Anche il bambino sta bene, almeno per quanto ne so."

 

"Oh. È solo che, sai, Zayn e Liam mi hanno parlato del bagno. Di come ti hanno trovato."

 

Guardai giù mentre sentivo le guance diventare rosse. "Erano solo contrazioni o qualcosa del genere, non c'è niente di cui preoccuparsi."

 

"È la stessa cosa che hai chiesto alla dottoressa?"

 

"Si, praticamente la stessa," dissi con una scrollata di spalle.

 

Mi guardò con occhi che giurai avevano un pizzico di preoccupazione, "ma non ha detto che erano causati da stress o qualcosa?" chiese.

 

"Io- beh, si," dissi lentamente. "Quindi?"

 

"Niente, solo- non lo so, è successo a scuola, quindi cosa ti ha stressato così tanto?"

 

"Niente in particolare," dissi, cercando di sembrare disinvolto.

 

"Sei sicuro?"

 

Annuii. "Si," dissi con fermezza. Esitai un po' prima di continuare. "Posso farti una domanda?"

 

"Spara."

 

"Okay, io- tu sei- voglio dire, è solo che, sai, il motivo per cui siamo qui è perché mi hai messo incinto, giusto?"

 

"Si?" disse lentamente, un sorriso divertito tirava gli angoli della sua bocca.

 

"E questo è successo perchè noi abbiamo- o beh, mi hai scopato, giusto?" balbettai.

 

"Acuto," disse con un sorriso divertito, "ma si, quindi?"

 

"Si, così mi hai scopato e io- beh, nonostante i recenti avvenimenti, sono ancora abbastanza sicuro di essere un ragazzo, perciò tu sei- sei gay?"

 

"Pensavo che Zayn e Liam ti avessero detto che io ho avuto principalmente fidanzate. Ragazze," disse.

 

"Si, me l'hanno detto, ma-"

 

"Harry?"

 

Entrambi alzammo lo sguardo e vedemmo una bella ragazza con lunghi capelli rossi a pochi metri da noi.

 

Il suo volto si illuminò in un sorriso quando i suoi occhi incontrarono Harry e lei si avvicinò a noi.

 

"Oh, hey, Lauren," disse Harry, un brillante sorriso sul viso.

 

"Hey, che succede?" chiese sorridendogli dolcemente.

 

"Niente di speciale, sto facendo un giro," disse, indicando verso di me, ma senza guardarmi.

 

"Giusto, ehi," disse, guardandomi dall'alto al basso un paio di volte prima che la sua espressione si trasformasse in disgustata. Presto capii che questa testa rossa era probabilmente la ragazza che Liam e Zayn pensavano fosse una troia. Non che io le abbia dato colpa per la sua espressione; l'abbigliamento che stavo indossando era orrendo. "Il tuo nome... come ti chiami?" aggiunse, sollevando le sopracciglia verso di me.

 

"Io- uhm- è-"

 

"Louis," disse Harry, interrompendo la mia parlata balbettante.

 

"Giusto, Louis."

 

Seguì un silenzio imbarazzante fino a che Harry tossì e si alzò in piedi.

 

"Okay, vuoi andare? La mia casa è vuota per un'ora o due," disse, ma quando lo guardai, lui guardava Lauren, non me. Ovviamente.

 

"Si, andiamo," disse felicemente.

 

"Vai avanti intanto, io ti raggiungo," disse prima di premere un bacio casto sulle sue labbra.

 

"Non metterci troppo tempo o andrò a cercare altro da fare," disse con un sorriso allusivo prima di girarsi e allontanarsi.

 

Portai lo sguardo sul mio grembo, sentendomi un intruso nella loro conversazione, ma lo rialzai e incontrai gli occhi di Harry, ancora una volta su di me.

 

"Scusami," disse, "devo andare. È solo che-"

 

"No, è tutto ok," dissi in fretta, "lei, sai, è la tua ragazza?"

 

"Lo sta diventando," disse con un sorriso.

 

"Probabilmente dovresti raggiungerla, starò... seduto qui," dissi, cercando di sorridere.

 

"Sei sicuro? Posso accompagnarti a casa."

 

"No, va bene," dissi.

 

"Beh, non stare seduto qui troppo a lungo, fa un po' freddo, può non andare bene per te o-" si guardò intorno, apparentemente controllando se ci fossero persone nelle vicinanze prima di finire, "-per il bambino."

 

"Non preoccuparti, andrò via presto."

 

Annuì e mi offrì un altro sorriso prima di girarsi. Ma prima che di fare tre passi, si voltò di nuovo.

 

"Ehi, potresti chiamarmi o mandarmi un messaggio prima del prossimo appuntamento dal medico?" disse.

 

"Certo," dissi incerto, "perché?"

 

"Ho solo pensato che potrei venire con te," disse.

 

"Davvero?" chiesi sorpreso.

 

"Si. Voglio dire, se non ti dispiace."

 

"No, non mi dispiace," dissi in fretta, "ho già fissato un appuntamento il 10 Gennaio alle dieci, in realtà. È un Lunedì e so che è scomodo per la scuola e tutto, ma-"

 

"No, va bene, penso di avere fisica, che salterò volentieri, quindi... si, nessun problema."

 

"Allora sarai lì?" dissi e non potei evitare un tono di speranza nella voce.

 

Annuì. "Si, sarò lì."

 

Un sorriso attraversò il mio volto. "Bene."

 

"Bene? Così tu mi vuoi lì?" chiese, le sopracciglia sollevate in modo provocante.

 

"N-no, è solo- tu sei l'unico che sa di questo, a parte i medici e- beh, ho bisogno di qualcuno che mi dica che va tutto bene, assicurarmi che il mio stomaco non sembri... grosso e altre cose, capito? Inoltre, tu sei tipo l'unico con cui posso davvero parlare e credo che io- io ho bisogno di qualcuno con cui parlare, è un po' troppo da affrontare da solo."

 

Harry alzò di nuovo le sopracciglia, ma questa volta in un modo che diceva 'cosa diavolo stai dicendo? Non voglio essere quel tipo di ragazzo per te' e sentii il mio viso diventare di nuovo rosso.

 

"Scusa, scusa," dissi frettolosamente, l'imbarazzo che oscurava la mia mente, "non è che devi starmi vicino per sentire i miei lamenti e quella roba, scusami, non intendevo dire quello che ho detto, questo non è un tuo problema da affrontare, è mio e non devi farne parte, non dovresti farne parte perché tu sei popolare e io sono solo strambo, il tipo tranquillo che non ha amici e le persone parlerebbero se ti vedessero con me, ma capisco perfettamente, quindi è tutto okay e-"

 

"Cazzo, calmati un po'," mi interruppe con una breve risata. "Potrai pure essere strano, ma non sei per niente silenzioso."

 

Inghiottii. "Scusa."

 

"È-"

 

"Harry! Stai venendo o cosa?"

 

Lauren stava in piedi a venti metri di distanza, vidi l'espressione irritata e impaziente che aveva sul viso.

 

"Si, due secondi piccola," rispose prima di rivolgermi nuovamente lo sguardo. "Scrivimi, okay?" disse.

 

"Riguardo cosa? Ti ho già detto quando è l'appuntamento."

 

"Si, beh, se vuoi parlare o cose del genere," disse.

 

"Oh. Giusto. Okay, io- lo farò," dissi, balbettando leggermente.

 

"Bene. Okay, devo andare, ma ci vedremo il 10 Gennaio."

 

Annuii e lui mi sorrise brevemente prima che si voltasse e si allontanasse. Una volta che sapevo non potesse più sentirmi, sospirai e mi pizzicano il ponte del naso. Ero riuscito ad umiliarmi in qualsiasi modo possibile ed erano solo l'una e mezza del pomeriggio. Vidi Harry e Lauren camminare, Harry con il braccio avvolto intorno alla vita stretta di lei e lei con la testa appoggiata sulla spalla. La mia situazione era grandiosa, vero? Ero un ragazzo incinto del bambino di un altro ragazzo, che aveva una fidanzata che non mi conosceva affatto e che sembrava odiarmi.

 

La situazione stava diventando sempre più divertente.

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Capitolo 8
*** 8. It's just weird, you know? ***


CAPITOLO 8

È solo strano, sai?

 

 

Non avevo preso in considerazione l'offerta di Harry di mandargli un messaggio se avessi avuto bisogno di parlare, anche se avevo avuto davvero bisogno di qualcuno con cui parlare. Il motivo per cui non avevo preso il mio telefono e mandato un messaggio era perché pensandoci, ero giunto alla conclusione che si era offerto solo perché si sentiva dispiaciuto e voleva essere gentile. Era come quando da piccolo ricevevi un invito ad una festa di compleanno, ma sapevi che l'unico motivo per cui ti avevano invitato era perché era stata invitata tutta la classe.

 

Nessuno ti voleva veramente, era solo un invito di cortesia.

 

Così non gli mandai nessun messaggio e non lo vidi, tranne quando passavamo nei corridoi e facevo sempre in modo di non avere nessun contatto visivo con lui in quei momenti, risparmiandoli la fatica di dovermi dire 'ciao' o qualunque altra cosa si ritenesse obbligato a fare. Il suo status sociale non avrebbe dovuto soffrire solo perché avevo deciso di tenere il bambino.

 

A causa di questo, l'ultima volta che parlai con lui fu quando ci incontrammo all'ufficio del medico due giorni dopo il nostro discorso al parco.

 

Lunedì, 10 Gennaio

Diciassette settimane

 

Arrivai dal medico trenta minuti prima di quanto fosse necessario quel Lunedì. Non ero andato a scuola e avevo trascorso la giornata camminando in casa senza fare niente, il che mi aveva fatto sentire incredibilmente inquieto, così alle nove e trenta ero seduto su una sedia piuttosto scomoda, aspettando che il mio nome venisse chiamato. C'erano anche due donne sedute lì, entrambe sembravano sulla trentina, entrambe erano molto incinte ed entrambe erano con i loro mariti al loro fianco. Tutti e quattro mi guardavano con curiosità, senza dubbio chiedendosi cosa ci facessi lì, specialmente senza una ragazza accanto a me. Mentre i minuti passavano e loro non smettevano di guardarmi, la mia pazienza per l'attesa dell'arrivo di Harry stava raggiungendo il limite. Se era cosi brutto quando non era nemmeno possibile vedere che ero incinto a causa dell'enorme maglione e della giacca che stavo indossando, cosa sarebbe successo da lì ad un paio di mesi?

 

Quando mancavano solo cinque minuti al mio appuntamento, sentii la porta di vetro nella sala d'attesa aprirsi e quando alzai lo sguardo, i miei occhi notarono un Harry infreddolito camminare verso di me.

 

"Cazzo, si congela fuori," disse. I suoi ricci erano coperti da un beanie a maglia che aveva un fiocchetto in cima e una sciarpa enorme scura avvolta intorno al collo. Dovetti ammettere che sembrava piuttosto adorabile.

 

"È gennaio, si suppone che ci debba essere freddo," dissi.

 

"Si, si," disse in tono distratto mentre si toglieva il cappello e si scompigliava i riccioli. Si sedette sulla sedia accanto alla mia e poi mi rivolse uno sguardo. "Allora, non hai mai sentito la necessità di parlare?"

 

"Cosa?"

 

"Ti ho detto di mandarmi un messaggio se avessi avuto bisogno di parlare, ma non ho ricevuto nulla."

 

"Oh, quello. No, ho pensato che fossi occupato con Lauren o con il calcio o con le feste, o qualcosa del genere," dissi a disagio.

 

"La mia vita quotidiana non è così piena, perciò non preoccuparti se vuoi parlare," disse.

 

"Tutta questa cosa è un mio problema da affrontare, non dovresti soffrirne anche tu," dissi.

 

Lui alzò le sopracciglia. "Correggimi se sbaglio, ma penso di essere responsabile al cinquanta percento."

 

Scrollai le spalle. "Si, beh, se non fossi stato completamente pazzo, avrei abortito e non tu non avresti avuto il cinquanta percento di responsabilità."

 

Sorrise prima di chinarsi in avanti e mise una mano sul mio ginocchio. "Non voglio che tu abortisca, ricordi?" disse, "e non è molta la responsabilità considerando che darai il bambino in adozione, sai. Quindi, se hai bisogno di qualcuno con cui parlare, o hai bisogno davvero di qualcosa, per favore non esitare a scrivermi o a chiamarmi, okay? Voglio che lo faccia."

 

La mano che aveva posto sul mio ginocchio mi faceva sentire nervoso per qualche ragione e inghiottii, cercando di attenuare la leggera agitazione nel mio stomaco. "Io- uhm- non voglio darti fastidio con le mie lamentele e le mie noiose conversazioni, quindi va bene, non devi farlo, devi solo... vivere la tua vita e-"

 

"Chiacchieri molto quando sei nervoso, vero?" mi interruppe.

 

"Scusami."

 

"Non sei così noioso come pensi tu sia," disse dopo un momento di silenzio.

 

Sorrise debolmente. "Non mi conosci bene, vero?"

 

Sorrise e scosse la testa, apparentemente esasperato. "Non proprio, no, ma ad essere onesti, posso immaginare modi peggiori di passare i miei pomeriggi e le mie serate che parlare con te."

 

"Oh. Io- grazie, credo," dissi, sentendo un leggero rossore sulla mia faccia mentre pensavo di trascorrere le mie serate con Harry. Dovetti darmi uno schiaffo mentale; evidentemente lo stava dicendo per essere gentile. Fortunatamente la nostra conversazione finì lì, mentre una voce familiare chiamava il mio nome ed entrambi alzammo lo sguardo e vedemmo la Dottoressa Hayes in piedi, sulla porta di una stanza diversa da quella in cui ero stato per i primi controlli.

 

"Ciao," disse sorridendo, una volta entrati nell'ufficio, "sono contenta che sembri ancora in buona salute."

 

"Si, anche io," dissi con un sorriso mentre guardavo intorno alla stanza. C'erano molti grafici e immagini di cose diverse sulle pareti che, per quanto ne potevo sapere, avevano a che fare con le gravidanze. Accanto ad un tavolo d'esame c'era una macchina per l'ecografia molto simile a quella dell'ufficio del Dott. Wright, solo che quella sembrava un po' più moderna.

 

"Questo ufficio è un po' diverso," commentai mentre mi sedevo su una sedia accanto alla scrivania in cui la dottoressa era seduta.

 

"Dal momento che sono un'ostetrica mi sembra adeguato avere alcune decorazioni riguardanti le gravidanze sulle pareti," disse con un sorriso mentre guardava alcuni documenti sulla sua scrivania. Battè le sue mani leggermente e poi alzò lo sguardo dalle carte e guardò verso me e Harry. "Sono contenta di vedervi qui," disse, "entrambi."

 

Sentii Harry agitarsi un po' a disagio nella sedia accanto a me. "È un po' colpa mia che lui sia qui, quindi..." biascicò con una risata nervosa.

 

"Si, beh, non sono qui per farvi la morale," disse con un sorriso confortante rivolto ad Harry, "ora, come ho detto, ci sono alcuni test che voglio fare oggi," continuò, ora guardando me, "comincerò con il porvi un paio di rapide domande sulla storia medica di entrambi, poi faremo il resto dopo, okay?"

 

Annuii e con la coda dell'occhio vidi Harry fare lo stesso. La Dottoressa Hayes aprì un cassetto nella sua scrivania e tirò fuori alcuni fogli bianchi e una penna con cui la vidi scrivere il mio nome e la data.

 

"Okay, allora, qualcuno di voi ha allergie in famiglia?"

 

Scossi la testa e sentii dire ad Harry un rapido 'no'.

 

"Nessuna condizione genetica?"

 

Scossi la testa ed Harry fece lo stesso.

 

"Nelle vostre famiglie ci sono stati casi di diabete o di altri disagi riguardanti lo stile di vita?"

 

Di nuovo le stesse reazioni.

 

"Beh, tutto sembra molto buono. Ora, Louis, se vuoi alzarti e toglierti le scarpe e la giacca, misurerò la tua altezza e il tuo peso."

 

Mi sentii nuovamente arrossire. Come minimo avrei pesato un centinaio di chili... almeno. "È necessario?" chiesi.

 

"Purtroppo si," disse con un sorriso comprensivo, come se mi avesse letto nella mente.

 

Sospirai, ma mi alzai comunque dalla sedia, mi tolsi le scarpe e misi la giacca sulla sedia. Poi mi rivolsi ad Harry e lo guardai implorante. "Non ridere se dovessi pesare duecento chili," dissi.

 

"Ti rendi conto che anche se pesassi duecento chili, cosa che dubito fortemente, sarebbe perché sei incinto e non perché sei grasso, vero?" disse.

 

"È la stessa cosa," mormorai e lui roteò gli occhi.

 

"Non riderò, lo prometto."

 

Gli rivolsi un ultimo sguardo sospettoso prima di dirigermi verso la bilancia dove la Dott.ssa Hayes stava aspettando.

 

"Dovrei solo...?"

 

"Devi solo salire sulla bilancia," disse con un cenno.

 

Presi un respiro profondo prima di salire sulla bilancia, pensando che questa esperienza mi avrebbe portato ad avere un disturbo alimentare. I numeri andarono su e giù per alcuni secondi, ma alla fine si fermarono e singhiozzai.

 

"Settantuno chili e quattrocento grammi," disse mentre scriveva i numeri su un foglio che aveva portato dalla scrivania.

 

Settantuno chili e quattrocento grammi. Il mio cuore affondò come una roccia nell'acqua. "Oh mio Dio," gemetti.

 

"Sai quanto pesavi prima di essere incinto?" chiese.

 

"Sessantasette chili," dissi con aria triste.

 

"Quindi hai preso quattro chili e quattrocento grammi," dichiarò, "completamente normale e sano."

 

"Normale e sano," ripetei scettico.

 

"Molte persone hanno guadagnato molto di più alla loro sedicesima settimana, quindi non hai niente di cui preoccuparti."

 

"Mi sento ancora grasso."

 

Lei sorrise. "'Non preoccuparti, la maggior parte di questo peso aggiuntivo probabilmente scomparirà una volta partorito. Ora, se vieni qui, misurerò la tua altezza," disse mentre si avvicinò un po' di fianco dove c'era un metro attaccato al muro.

 

Ancora un po' depresso a causa del guadagno di peso, mi misi vicino alla parete proprio sotto alla fascia di misura.

 

"Vediamo..." disse lentamente e la sentii armeggiare con qualcosa sopra la mia testa, "un metro e settantacinque centimetri."

 

Sentii Harry trattenere una risata e lo guardai acidamente. "Pensavo che avessi detto che non avresti riso," dissi.

 

"Non per il tuo peso, no, ma non mi hai detto niente riguardo la tua altezza." Rise sotto i baffi. "Sei piccolo."

 

"Come se tu fossi molto più alto," dissi.

 

"Sono alto quasi un metro e ottanta," disse indignato.

 

"Oh, si, certo."

 

"Beh, Louis," disse la Dott.ssa Hayes, fermando la conversazione, "data la tua altezza e il tuo peso prima della gravidanza, hai un corpo completamente normale e apparentemente sano. Fai qualche esercizio fisico?"

 

"Non proprio," dissi, "vado a correre ogni tanto e cammino molto, ma niente di estremo."

 

"E tu?" chiese, guardando Harry.

 

"Io?" chiese confuso, "non sono io quello che è incinto."

 

"No, ma i tuoi geni sono per metà del bambino," disse, divertita dallo sguardo del ragazzo.

 

"Oh, giusto." Si grattò il dorso della testa. "Io sono nella squadra di calcio della scuola, quindi ho sei ore di educazione fisica alla settimana, vado a correre ogni giorno a parte la Domenica e faccio sollevamento pesi un paio di volte alla settimana se ho tempo, quindi... sono abbastanza in forma."

 

Non riuscì ad evitare un sorpreso 'wow' e lui mi sorrise.

 

"Impressionato?"

 

"No, solo... no," mentii rapidamente, un po' imbarazzato dalla mia scenata.

 

Il suo sorriso si allargò, ma non disse nulla.

 

"Entrambi sembrate essere giovani ragazzini perfettamente sani," disse la dottoressa e si avvicinò per sedersi di nuovo sulla sua scrivania. La seguii e mi sedetti sulla mia sedia, infilandomi le scarpe. "Okay, dovrò fare parecchi test adesso. Non credo sia necessario, ma è una procedura standard."

 

"Test per cosa?" chiesi.

 

"HIV, sifilide ed epatite B, e possiamo controllare il tuo bambino per la sindrome di Down, la spina bifida e le emoglobinopatie. Vorrei anche fare un'analisi della tua urina per individuare eventuali rischi di diabete e infezioni renali."

 

"Wow, questo è... molto," dissi, pensando che non sapevo nemmeno cosa fosse la metà di quello che aveva menzionato.

 

"Come ho detto al telefono, la decisione è completamente tua, ma ti vorrei raccomandare vivamente di farli."

 

"Si, lo so, farò i test," dissi in fretta, "quanto tempo ci vorrà?"

 

"Circa un'ora, prendere o lasciare."

 

Mi voltai verso Harry e feci una smorfia di scuse. "Mi dispiace," dissi, "non devi aspettare, puoi tornare a casa o a scuola o altro."

 

"No, va bene, voglio aspettare," disse.

 

Mi sentii nuovamente arrossire. Voleva aspettare? "Okay, se tu... vuoi," dissi.

 

"Non possiamo eseguire i test qui in ufficio, dobbiamo scendere al laboratorio, ma puoi unirti a noi, Harry," disse la Dottoressa Hayes.

 

"Va bene per te?" disse, guardandomi interrogativamente.

 

"Si, certo," dissi in fretta guadagnandomi un sorriso.

 

"Andiamo allora," disse la dottoressa mentre si alzava in piedi con un mazzo di cartelle tra le braccia.

 

"Se mi dice di spogliarmi, lascerai la stanza," mormorai ad Harry mentre camminavamo attraverso i numerosi corridoi con la Dottoressa Hayes un paio di metri davanti a noi.

 

"Oh, per favore, ho già visto molto di più."

 

"Non lo ricordi nemmeno," mormorai, "ed era abbastanza buio, quindi non credo davvero che tu abbia mai visto qualcosa."

 

"Allora come ho potuto infilare il mio cazzo-"

 

"Stai zitto."

 

 

Esattamente un'ora e undici minuti dopo eravamo tornati di nuovo nell'ufficio della Dott.ssa Hayes. Nessuno dei test che avevo fatto mi avevano obbligato a togliere i vestiti, ne fui grato, per cui Harry era rimasto accanto a me e per qualche motivo lo trovai confortante.

 

"Dubito che ci sia qualcosa che non va sia con te che con il bambino, ma ti farò sapere al nostro prossimo appuntamento," disse la Dottoressa quando ci eravamo seduti di nuovo nelle sedie.

 

"Okay," dissi, "quando?"

 

"Dipende da te veramente. So che ho detto di voler fare un controllo ogni settimana, ma se aspettiamo tre settimane sarò in grado di dire anche il sesso del vostro bambino."

 

La mi bocca si spalancò. "Il- il sesso del bambino? Così presto?" chiesi debolmente.

 

"Probabilmente sembra molto presto considerando che non sapevi di essere incinto fino a due mesi dopo l'accaduto, ma sei già di diciassette settimane, che è più di un terzo dell'intera gravidanza."

 

"Continuo a dimenticarlo," mormorai, "okay, quindi... wow, il sesso del bambino. Ora sembra tutto molto più reale."

 

"Penso sia già reale," disse Harry con una scrollata di spalle.

 

"Beh, si, ma... sai cosa intendo." Mi voltai di nuovo verso il medico. "Ho solo una domanda da fare," dissi e lei annuì come per dire 'vai avanti'. "È solo- voglio dire, ho guardato alcune foto su internet della pancia di persone quando erano dalla sedicesima alla diciassettesima settimana e c'erano immagini diverse, ma la maggior parte di loro erano... beh, la maggior parte delle pance che ho visto erano più piccole della mia."

 

"E sei preoccupato che ci sia qualcosa di anormale in te," affermò con un piccolo sorriso stringendo le labbra.

 

"Si, più o meno."

 

"Se sei preoccupato, potresti toglierti il maglione e potrei dare un'occhiata."

 

"Sarebbe fantastico, grazie," dissi con sollievo prima di alzarmi e sfilarmi rapidamente il maglione che indossavo e la maglietta sotto di esso. Solo pochi istanti dopo notai che Harry mi stava fissando. O più precisamente, stava fissando il mio stomaco. "Harry?" dissi, sentendomi a disagio.

 

"Oh, scusami, tu- tu sembri tipo, non lo so, incinto," disse.

 

"Grazie?" dissi esitante, non certo se fosse un complimento o meno.

 

Sorrise di traverso. "Era un complimento."

 

"Oh. Grazie allora."

 

La Dott.ssa Hayes si fece un po' più vicina a me e le rivolsi uno sguardo. "Se lasci le braccia cadere ai fianchi, posso vedere meglio," disse.

 

Feci come mi aveva detto, cercando di non agitarmi troppo. Guardò il mio stomaco per alcuni secondi prima di rivolgere il suo sguardo verso di me.

 

"Sembra assolutamente normale, Louis, non c'è bisogno di preoccuparsi," disse.

 

"È sicura?" chiesi tristemente, guardandomi lo stomaco.

 

"Assolutamente."

 

Sospirai, ma poi sorrisi. "Okay, grazie allora."

 

Io e Harry rimanemmo lì per altri dieci minuti. La Dott.ssa Hayes mi aveva detto che le sarebbe piaciuto rivedermi Martedì 25 Gennaio quando avrei avuto più probabilità di sapere il sesso del bambino, e poi ci ritrovammo fuori dall'edificio.

 

"Quindi," disse Harry mentre camminavamo lungo il marciapiede coperto di neve verso casa, "saremo in grado di conoscere il sesso tra due settimane."

 

"Saremo? Verrai di nuovo con me?" chiesi con sorpresa.

 

"Se non ti dispiace."

 

"No, va bene."

 

Seguì una breve pausa.

 

"Quindi conosceremo il sesso," disse Harry rompendo il silenzio.

 

"Suppongo di si," dissi con una scrollata di spalle.

 

"Cosa preferisci che sia?"

 

"Non importa."

 

"Non sei curioso?" chiese, sembrando confuso.

 

"Certo che lo sono, ma..." mi allontanai. Sospirai e scossi la testa, "no, niente."

 

"Oh, avanti, dimmelo."

 

"No, io-"

 

"Per favore? È il mio bambino che stai portando, sai," disse con un sorriso.

 

"Quindi significa che devo condividere tutti i miei pensieri con te?"

 

"Non devi, ma penso che sarebbe un bene per te."

 

Presi un respiro profondo, calciando qualche palla di neve. "Io solo... non voglio cominciare a pensare troppo a questo bambino, perché pensarlo mi rende ancora più affezionato e io- io non voglio, dato che lo darò in adozione appena sarà nato. Sarebbe peggio di quanto non lo sia già."

 

"Penso che ti affezionerai comunque, non importa quanto ti sforzi di non farlo."

 

"Grazie, questo mi aiuta molto," mormorai.

 

"Scusa."

 

"È solo strano, sai?" dissi con un sospiro, "ho questa vita dentro di me, ma non conoscerò mai lei o lui; una volta che nascerà, sarà portato via da me e non mi piace pensarlo. Crescerà con altri genitori, non mi conoscerà mai, o a te, e... beh, non mi piace pensarci."

 

Harry fu completamente silenzioso per alcuni secondi prima di lasciar uscire una piccola risata. "Vuoi sapere una cosa?" disse.

 

"Che cosa?"

 

"Rende un po' triste anche a me."

 

"Davvero?"

 

"Si."

 

"Oh."

 

"Hm. Ma lo sai, anche se non conoscerai il bambino, saprai sempre che è là fuori, sperando che viva una vita sicura e felice e che tu sia stato quello che l'ha permesso. Forse i genitori adottivi glielo diranno un giorno e ti vorranno trovare. Non si sa mai."

 

Sorrisi un po'. "Grazie, ma non sarà la stessa cosa. Lo sai."

 

"Si, lo so. "

 

"Già."

 

"Non fa male essere curiosi, sai. Chiedersi di che sesso sia, non ti farà sentire più attaccato di quanto lo sia già, comunque."

 

"Forse no, è solo un po', sai, deprimente." Era deprimente, più di quanto potessi (o volessi) dire con le parole. Una sensazione di disagio scoppiava nel mio stomaco ogni volta che pensavo di dare via il mio bambino dopo averlo portato dentro di me per così tanto tempo, crescendo attaccato a lui, e il più delle volte mi veniva la nausea e una strana sensazione dolorosa nel mio petto.

 

"Si, lo so, ma sono ancora curioso," disse e mi mise una mano sulla schiena. Non mi succedeva spesso di essere toccato in quel modo (triste, vero?) e il gesto mi fece trasalire un po'. "Scusa, scusa," disse subito, e ritirò immediatamente la mano.

 

"No, va bene," dissi in fretta, senza volerlo offendere, "era solo un po' inaspettato."

 

"Sei sicuro?"

 

"Si."

 

Camminammo in silenzio per un minuto o due prima di aprire nuovamente la bocca.

 

"Allora, cosa vuoi che sia? Maschio o femmina?" disse.

 

"Io- ha importanza?"

 

"Non proprio, suppongo, ma sono curioso," disse, "facendo finta che tu non dovessi darlo in adozione, ma che lo volessi mantenere, cosa vorresti che fosse?"

 

Scrollai le spalle e sospirai un po'. "Finché è sano, sono felice," dissi.

 

"Naturalmente, ma è probabilmente un maschio o una femmina, quindi...?"

 

Gli lanciai una rapida occhiata, trovandolo a guardarmi con due occhi molto e verdi e molto curiosi. "Io- io credo, se non lo dovessi dare in adozione, sarebbe bello un piccolo maschietto," dissi esitante.

 

"Hm, si, un calciatore, un piccolo maschietto," disse, un sorriso morbido adornava il suo viso, "sarebbe stato bello."

 

"Anche tu vorresti un maschio quindi?" chiesi, non in grado di contenere la mia curiosità.

 

"Non avrebbe avuto importanza," disse, "sarebbe stato fantastico, ma... si, un maschietto sarebbe stato bello," aggiunse, "anche una bambina mi sarebbe piaciuta, una piccola ballerina, giusto?"

 

Sorrisi. "Si, sarebbe stato bello."

 

"Si, beh, forse un giorno," disse con un sorriso esitante.

 

Un giorno. Non ora, non questo bambino, non con me. "Si, un giorno," concordai tranquillamente. "Vuoi- vuoi dei figli in futuro, quando troverai una ragazza e sarai felicemente innamorato e sistemato?" aggiunsi, provando ad alleggerire un po' l'umore.

 

Una strana espressione attraversò il suo volto, ma sparì in un secondo e fu sostituita da un sorriso. "Si, preferibilmente non quando sarò troppo vecchio," rispose.

 

"Non parlarmene," dissi con una piccola risata, "mio zio non si è sposato fino ai cinquant'anni, anche se la ragazza che aveva sposato era tipo vent'anni più giovane di lui, così ha avuto il suo primo figlio quando aveva cinquant'anni o giù di lì."

 

"Wow, un po' più vecchio rispetto a quando a me piacerebbe averlo," disse, arricciando il naso.

 

"Si, anche io. Non vorrei essere nemmeno troppo giovane, però."

 

"Come adesso?"

 

Gli feci un sorriso triste e annuii. "Si, come adesso."

 

Ricambiò il sorriso, ma poi la sua espressione si fece improvvisamente pensierosa e mi guardò con le sopracciglia alzate.

 

"Cosa?" chiesi.

 

 

"Niente, solo... va bene, non prenderla nel modo sbagliato, ma tu sei gay, giusto?" disse.

 

"Io- si," dissi con esitazione, "per favore non dirlo a nessuno."

 

Mi fece un sorriso rassicurante. "Non lo farò, è solo- io, beh... tu mi hai detto che vuoi una famiglia, perciò, voglio dire, ti piacerebbe rimanere incinto di nuovo in futuro?"

 

"Oh," dissi, corrugando un po' la fronte, "questo- non ne ho idea, ma è una buona domanda. Probabilmente dovrei pensarci, però, per non finire nella stessa situazione."

 

"Si," concordò, "pensi che lo vorresti avere di nuovo se potessi? Rimanere incinto, intendo."

 

"Vuoi dire più tardi nella vita?" Lui annuì e io mi morsi un po' il labbro. "Non ne sono sicuro. Forse," dissi. "È strano- no, è davvero fottutamente strano, ma non lo so. Ad essere onesti, è anche bello. Se si toglie la schiena dolorante, l'aumento di peso e il resto degli effetti collaterali."

 

"Giusto, giusto," mormorò, "quindi lo riprenderai in considerazione?"

 

"Se dovessi mai trovare un ragazzo di cui mi innamorerò, che voglia un bambino con me e che abbia una mente abbastanza aperta da accettare che il suo ragazzo può rimanere incinto, allora si, credo di poterlo prendere di nuovo in considerazione. Se riesco ancora a rimanere incinto, naturalmente."

 

"Per quel che vale, penso che saresti un gran genitore," disse con un sorriso.

 

Ricambiai e abbassai un po' la testa in modo che non vedesse le mie guance arrossire. "Grazie. Anche tu lo saresti," dissi guardandomi i piedi.

 

Non feci nemmeno caso a quanto camminammo mentre la conversazione andava avanti, ma poi mi fermai e mi guardai intorno. La via in cui ci trovavamo era vagamente familiare e sapevo di essere molto lontano da casa.

 

"Dove siamo?" chiesi.

 

"Oh, mi dispiace, non so dove vivi e i miei piedi hanno... trovato la strada per casa da soli, credo," disse con uno sguardo di scuse.

 

"Vivi qui?"

 

"Alcune case più in là."

 

"Oh. Si, okay, io... probabilmente dovrei trovare una fermata dell'autobus o qualcosa, è troppo lontano per me camminare da qui," dissi nervosamente, guardandomi intorno per vedere se c'era una fermata nella zona.

 

"Mi dispiace, scusa, avrei dovuto chiederti dove abitavi, ti avrei accompagnato a casa," disse Harry, apparentemente arrabbiato con se stesso.

 

"È troppo lontano per te da casa mia a casa tua a piedi," dissi scherzoso.

 

"Ehi, sono in buona forma."

 

"Ehi, sono almeno sette chilometri."

 

"Oh."

 

"Si."

 

"Quindi... probabilmente dovresti tornare a casa, huh?"

 

"Si, fa troppo freddo per stare fuori," ridacchiai, "c'è una fermata dell'autobus o qualcosa qui vicino?"

 

"Purtroppo no, di solito guido se devo andare da qualche parte troppo lontano per camminare."

 

"Oh," dissi mordendomi il labbro. Non volevo davvero chiedergli di accompagnarmi in auto a casa; ma quali alternative avevo? Ma prima che avessi persino aperto bocca, iniziò a parlare di nuovo.

 

"Ti avrei offerto un passaggio per portarti a casa," disse come se mi avesse letto nella mente, "ma la macchina di mia madre è a fare la revisione, quindi lei ha la mia e mi ha lasciato senza."

 

"Oh, no, è tutto ok," dissi in fretta, agitando le mani in aria, "cercherò... qualcos'altro."

 

"Tipo cosa?"

 

Scrollai le spalle. "Non lo so. Chiamerò un taxi o qualcosa del genere."

 

"Un taxi? Sei pazzo?" sbuffò, "prendere un taxi in questa città è come subire una truffa."

 

"Preferirei essere vittima di una truffa che morire congelato qui."

 

"No, sai cosa? Perché non... vieni con me?"

 

La mia bocca si aprì. Harry mi aveva appena invitato a casa sua? "Io- uhm- venire con... te?" balbettai.

 

"Rilassati, non è la Casa Bianca, sai," disse, ovviamente divertito dal mio improvviso nervosismo.

 

"Lo so, io- uh, scusa, solo... vuoi che entri con te?" chiesi, un po' più calmo.

 

"Si?" disse come una domanda e la sua espressione diventò insicura. "Non sei obbligato, ma ho pensato che fosse meglio di passare un centinaio di minuti su un taxi."

 

"Oh. Si, credo."

 

"Senti, solo vieni dentro con me, possiamo fare qualcosa prima che mia mamma ritorni da lavoro alle tre, poi ti accompagnerò a casa. Come ti sembra?"

 

Sospirai, esitando per un secondo prima di annuire. "Okay," dissi, "grazie."

 

Uscire con Harry Styles. Sbuffai leggermente dentro di me. Quanto è triste il fatto che ci volesse qualcosa di estremo come rimanere incinto per ottenere una vita sociale?

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Capitolo 9
*** 9. I couldn't deny it hurt a little. ***


CAPITOLO 9

Non potevo negare di sentirmi un po' ferito.

 

 

Lunedì, 10 Gennaio

Diciassette settimane

 

 

"È un po' grande, lo so," disse Harry mentre mi guidava attraverso la casa. Forse aveva notato la mia espressione incredula mentre camminavamo di corridoio in corridoio in quello che sembrava essere un labirinto senza fine.

 

"S-si, solo un po'," dissi, la mia voce sbalordita, "quante persone vivono qui?"

 

"Adesso mamma, papà, i miei fratelli gemelli di due anni, Adrian e Connor. Ma mia sorella adottiva, Helen, e mio fratello adottivo, Carlos, abitavano qui. Sono entrambi al college ora, ma abbiamo comprato questa casa con l'intenzione di viverci in sette, ecco perché è così grande."

 

"Scusami, ma questa casa è abbastanza grande da poterci vivere quindici persone," dissi con una risata lieve.

 

"Probabilmente, si," concluse con un sorriso, "bene, la mia stanza è qui," aggiunse mentre si fermò davanti ad una porta di legno bianca e la aprì.

 

Il primo pensiero che mi colpì una volta entrato fu 'cazzo' perché la camera era enorme. Probabilmente era la dimensione della mia camera da letto, quella di Owen e il nostro bagno messi insieme, ma allora stesso tempo era davvero molto accogliente. La pareti erano dipinte di un confortevole beige e numerose fotografie erano appese alle pareti, alcune delle quali mostravano persone, alcune la natura e altre oggetti casuali. L'unica cosa che tutte le immagini avevano in comune era che erano state scattate per ragioni artistiche. Mi chiesi velocemente se fosse Harry il fotografo.

 

Un letto King Size era posto vicino al muro e numerosi cuscini, coperte e trapunte erano sparsi sopra facendolo sembrare incredibilmente confortevole, soprattutto in quel momento che mi sentivo esausto in ogni modo possibile.

 

"Vuoi sederti?" la voce di Harry interruppe il mio treno di pensieri e lo guardai. Stava gesticolando verso il suo letto e lo guardai in modo insicuro.

 

"T-tu vuoi che mi sieda nel tuo... letto?" chiesi incerto.

 

Lui scrollò le spalle, ma notai un sorriso un po' divertito sulle sue labbra. "Oppure puoi sederti sul divano, se vuoi," disse e indicò verso un divano di pelle nera posto sotto una finestra enorme, "ma stavi guardando il mio letto come se volessi fare sesso con lui, così ho pensato che ti sembrasse comodo. "

 

Sentii le guance diventare rosa a causa della sua scelta di parole. "Va bene, posso sedermi sul divano," dissi, anche se la mia mente mi urlava di lasciar riposare il mio corpo stanchissimo nella montagna di comodità che era il letto di Harry.

 

"Ma tu vuoi sederti nel letto, vero?" chiese, ora con un pizzico di presa in giro nella sua voce.

 

"Ho detto che va bene, mi siedo sul divano," dissi, il mio viso che si riscaldava ogni secondo che passava.

 

Sospirò con esasperazione, anche se stava ancora sorridendo, prima che improvvisamente si chinasse in avanti e afferrò il mio braccio.

 

"Cosa stai facendo?" chiesi mentre mi trascinava nel letto.

 

"Mettendo fine alla discussione più stupida e inutile che abbia mai affrontato," disse. Poi mi sorrise e prima di rendermi conto cosa stava succedendo, mi trovai sdraiato sul letto.

 

Era ancora più comodo di quanto sembrasse.

 

Sospirai e non riuscii a resistere alla tentazione di chiudere gli occhi alla sensazione incantevole della mia schiena dolorante appoggiata contro il materasso più morbido in cui avessi mai avuto la fortuna di sdraiarmi.

 

"Il tuo letto è incredibile," mormorai prima di potermi trattenere. Il suono della mia voce mi svegliò un po' e chiusi la bocca mentre mi appoggiavo suo gomiti e guardavo Harry che era in piedi davanti al letto, mi guardava con un sorriso. "Scusa," dissi timidamente, "è solo... davvero confortevole."

 

"E tu sei stanco," disse con le sopracciglia sollevate.

 

"Non proprio, sono solo-"

 

"Dannatamente esausto."

 

Sorrisi un po', anche se mi sentivo in imbarazzo da quanto fosse evidente. "Si, scusami, è solo, sai, la mia schiena e le altre cose," dissi.

 

"Va bene, puoi dormire se vuoi."

 

"Cosa?" esclamai, "io- io non posso dormire nel tuo letto!"

 

"Certo che puoi."

 

"M-ma-"

 

"Rilassati, è solo un letto," disse lui, roteando gli occhi.

 

"Bhe, si, ma non posso-"

 

"Si, puoi, perché è il mio letto e io dico che puoi," disse mentre alzava gli occhi al cielo, "Forza, appoggia la testa su uno dei tremila cuscini che ho e dormi un po'."

 

Mi morsi il labbro. Ero così tentato di accettare l'offerta, ma... lui era- beh, non più solo un estraneo, ma non ci conoscevamo bene da poter dormire l'uno nel letto dell'altro.

 

"Probabilmente farà bene al bambino se riposi un po'," disse, mentre continuavo a guardalo incerto senza dire niente.

 

Aggrottai le sopracciglia. "È una buona carta da tirare in gioco."

 

Sorrise. "Ha funzionato, vero?"

 

Naturalmente lo aveva fatto. "Si."

 

"Grande! Quindi dormi."

 

Sospirai, ma mi misi un po' più in alto in modo che la mia testa si appoggiasse su un enorme cuscino. La posizione più comoda per sdraiarsi in quei giorni era stata sicuramente sulla schiena, perciò mi misi così; sulla schiena, gli occhi chiusi, le mani appoggiate sullo stomaco e la testa inclinata al lato.

 

"Scusa, sono noioso," dissi.

 

"Non sei noioso, rilassati," sentii rispondere, "ti infastidisce se mi siedo accanto a te?" aggiunse dopo una breve pausa.

 

"È il tuo letto," mormorai stancamente.

 

Alcuni momenti più tardi sentii il materasso abbassarsi al mio fianco, ma non trovai l'energia per aprire gli occhi e guardare esattamente dove si fosse seduto.

 

"Questo letto è davvero comodo," sussurrai, già mezzo addormentato.

 

"Dormi, Louis," fu la sua risposta, e quella fu l'ultima cosa che sentii prima che la mia mente si scollegasse e cadessi in un sonno profondo.

 

 

 

Quando mi svegliai, stavo sdraiato nella stessa posizione in cui ero quando mi ero addormentato. Per alcuni secondi dopo aver aperto gli occhi, ero assolutamente confuso su dove mi trovassi. Ma poi alzai la testa verso l'alto e vidi la parte inferiore del mento di Harry sopra di me.

 

"Hei," dissi assonato. Harry saltò e quasi lasciò cadere l'IPhone che stava tenendo in mano prima di guardarmi.

 

"Cristo, mi hai spaventato," disse.

 

"Scusa," risposi con un sorriso mentre mi mettevo seduto con la schiena appoggiata alla testata del letto, come Harry. "Quanto ho dormito?"

 

"Un paio di ore."

 

"Oh. Che ore sono?"

 

Diede un'occhiata veloce allo schermo del suo telefono prima di rispondere. "L'una e trenta."

 

"E tu sei stato... seduto da quando mi sono addormentato?"

 

Lui sorrise. "Ho fatto dei compiti e negli ultimi trenta minuti ho giocato con il telefono," disse.

 

"Oh. Giusto."

 

"Allora, come hai dormito?"

 

"Estremamente bene, questo letto è fant- oh!"

 

Le mie mani stavano ancora appoggiate sul mio stomaco e, improvvisamente, di punto in bianco, sentii un lieve movimento di qualche tipo sotto il tessuto sottile del maglione che indossavo. Non fece male, era solo... strano, mi faceva quasi il solletico. Lasciai le mie mani lì dov'erano ed una frazione di secondo dopo, accadde di nuovo. I miei occhi si spalancarono. Era...?

 

"Che cosa? Cosa c'è che non va?" chiese Harry, suonando preoccupato.

 

"N-niente," balbettai, i miei occhi incollati alla mia pancia, "io- è- penso che stia... calciando."

 

Guardai Harry e trovai i suoi occhi spalancati. "Sta calciando?" chiese, suonando completamente stupito.

 

"Penso di sì," mormorai, un sorriso che cresceva sul mio volto. Stava calciando. Il mio bambino stava calciando ed ero in grado di sentirlo. Stava calciando. C'era qualcosa in quello che mi faceva sentire delirante, in qualche modo; incondizionatamente, deliziosamente felice in un modo che non avevo mai sentito prima. Non era necessariamente migliore paragonato ai precedenti momenti felici della mia vita, ma era diverso, perché c'era una vita dentro di me ora, che potevo sentir muovere sotto le dita.

 

"Posso...?" Harry mi guardò interrogativamente e sollevò leggermente una mano, lasciandola sospesa sopra il mio stomaco.

 

"O-oh, si, certo," dissi frettolosamente. Afferrai la sua mano e la portai verso il punto in cui avevo sentito il movimento. "Lo senti?" chiesi dopo qualche secondo.

 

Scosse lentamente la testa. "No, non pens-" si fermò e la sua bocca si trasformò in un 'o'. "Oh... io- lo sento ora," disse poi, con la sua voce morbida.

 

Sorrisi alla sua espressione affascinata e poi spostai lo sguardo dove la mia mano era appoggiata sopra la sua, le nostre dita intrecciate. Mi accorsi che la nostra posizione era piuttosto intima e il mio viso improvvisamente divenne molto più caldo. Se qualcuno fosse entrato in quel momento, avrebbe frainteso. Harry non era gay, non per quanto sapessi, e se qualcuno - tipo sua madre - fosse entrato, Harry avrebbe probabilmente ottenuto un sacco di domande a cui rispondere. Per non parlare del fatto che la sua mano stava appoggiata sul mio ventre, cosa che non sarebbe stata normale nemmeno se fossimo stati fidanzati.

 

E poi c'era quella strana sensazione che provavo mentre la sua mano toccava la mia. Quella sensazione pericolosa e tremolante che non ci sarebbe dovuta essere. Era sgradita. Se fosse stato qualsiasi altro ragazzo, sarebbe andato bene, ma quello era Harry. Harry, un popolare ed etero giocatore di calcio, che non avrebbe voluto mai niente di simile ad una storia d'amore con me, che ero nessuno.

 

Con tutto questo in mente, tirai via la mia mano dalla sua, una strana sensazione di vuoto si diffuse in me. Harry sembrò non notarlo, lasciando la sua mano nello stesso punto, ancora con un'espressione impressionata sul suo volto.

 

"Harry?" dissi esitante quando erano passati almeno due minuti e ancora non si era mosso.

 

Alzò lo sguardo e lo posò su di me. "Che cosa?"

 

"È solo- la tua... mano è ancora sul mio ventre," balbettai.

 

"Si, è vero," disse, scrollando le spalle come se dicesse 'e quindi?'

 

"Puoi spostarla?" chiesi lentamente.

 

"Oh, si, certo, scusami," disse lui e ritirò velocemente la mano.

 

Un silenzio abbastanza imbarazzante cadde su di noi e ci volle un po' prima che qualcuno di noi dicesse qualcosa.

 

"È stata la prima volta che lo hai sentito calciare?" chiese Harry finalmente.

 

Annuii.

 

"Quindi abbiamo sentito il primo calcio insieme?"

 

C'era una sorta di emozione nella sua voce che non ero abbastanza in grado di identificare e quando lo guardai negli occhi, avevano una specie di... scintilla. Una scintilla felice che sembrava molto simile a quella che si dice essere una manifestazione fisica della felicità che avevo provato un paio di minuti prima.

 

Aspetta, cosa?

 

"Suppongo di sì," dissi, cercando di sembrare indifferente, anche se probabilmente avevo fallito miseramente.

 

"Non è fantastico?" chiese.

 

Scrollai le spalle. "Certo, se lo dici tu." Essere sulla difensiva mi faceva sembrare un completo stronzo a quanto pare.

 

Si accigliò. "Non è bello?"

 

"Non importa, Harry, era solo un calcio," mormorai.

 

"Solo un calcio?" disse incredulo, "non è solo un calcio, è il calcio del nostro bambino."

 

"Non dire così," lo contraddissi.

 

"Così come?"

 

"Come se fossimo una coppia e questa situazione fosse completamente normale."

 

"Che importa se siamo o meno una coppia e se questa situazione non è normale? Il fatto è quel piccolo bambino è tuo e mio e stava calciando; è abbastanza semplice."

 

Dovetti prendere un paio di respiri profondi per calmarmi e non urlargli contro. "Non importa, Harry, perché... questa cosa non sarebbe nemmeno esistita se non mi avessi fatto ubriacare e non mi avessi scopato a quella festa."

 

Lui fece una smorfia. "So quanto sia stato sbagliato, ma non vedo come possa essere importante ora."

 

"È importante perché- perché non è giusto, niente di tutto questo lo è."

 

"Cosa dovrebbe significare?"

 

Scossi la testa e mi alzai dal letto. "Niente," dissi, "senti, dovrei tornare a casa, ho delle cose da fare. Vado a piedi fino alla fermata dell'autobus più vicina o altro."

 

"No, non lo farai. È troppo lunga a piedi, specialmente quando fa freddo e specialmente quando sei incinto," disse, "siediti e dimmi perché stai improvvisamente uscendo fuori di testa."

 

"Non sto uscendo fuori di testa!" dissi ad alta voce, alzando le braccia, "è solo- io- se non fosse stato per il fatto che per qualche motivo ti sentivi particolarmente eccitato quella notte, questo bambino non sarebbe mai esistito e io non sarei qui."

 

"Okay, allora?"

 

Lo guardai incredulo, diventando sempre più irritato ogni secondo che passava. "Quindi, se niente di questa merda fosse accaduta non avresti saputo nemmeno il mio nome! Siamo stati nella stessa scuola per anni e non mi hai mai notato nemmeno una volta, Harry! Tu non mi hai mai guardato una volta o addirittura saputo nella mia esistenza! E ora sono nella tua camera da letto e mi stai facendo molte domande veramente personali e non va bene!"

 

Mi guardò con un'espressione illeggibile. "Quindi non si tratta del bambino, ma di te e di me?"

 

Presi un respiro profondo, disposto a calmarmi. Urlare non mi avrebbe portato da nessuna parte. "No," dissi dopo un breve secondo di silenzio, "è su di me che non ti voglio forzare ad essere gentile con il povero ragazzo senza amici solo perché lo hai scopato. Ho molto più rispetto verso me stesso."

 

"Pensi che io sia gentile per pietà?" chiese con le sopracciglia sollevate.

 

"Che altro tipo di ragione potresti avere? Non so se ti sei accorto ma io sono una specie di nessuno, nessuno a scuola ha idea di chi sia o anche quale sia il mio nome, e fino a qualche mese fa, questo valeva anche per te."

 

"No, questo-"

 

"Oh, dacci un taglio," sbottai, la rabbia stava crescendo con una velocità piuttosto inquietante, "non ti ricordi nemmeno di avermi scopato, cosa pensi di sapere di me?"

 

"Io-"

 

"Voglio dire che so di non essere nessuno," lo interruppi duramente, "e va bene, sono abituato, non devi dirmi un sacco di bugie per farmi sentire meglio. Va bene così."

 

"Sei dannatamente fastidioso," disse secco.

 

Il mio cuore affondò un po' alle sue parole, ma cosa mi aspettavo? Gli avevo praticamente detto di odiarmi. Scrollai le spalle, cercando di non mostrare alcuna emozione che stavo provando. "È probabilmente uno dei motivi per cui non ho amici," dissi prima di affrettarmi verso la porta, che spalancai, ed iniziai a cercare la via per tornare al salone d'ingresso.

 

La casa sembrava ancora più grande di prima e mi resi conto che stavo andando nella direzione sbagliata. Ero entrato in una stanza di medie dimensioni dove le pareti erano dipinte di grigio scuro. I ripiani erano stati collocati in tutta la stanza ed erano stati riempiti con diversi tipi di macchine fotografiche, treppiedi di numerose dimensioni, obbiettivi, lampeggiatori e molti altri oggetti che non ero in grado di identificare. Ma ciò che attirò la mia attenzione, furono tutte le foto di diverse dimensioni che coprivano sostanzialmente ogni centimetro delle pareti non lasciando vuoto nessuno spazio. Erano tutte bellissime foto e riconobbi alcune di loro, uguali a quelle che avevo visto prima nella stanza di Harry. La maggior parte mostravano paesaggi naturali di foreste, montagne e laghi, ma c'erano anche alcuni ritratti di persone che non conoscevo e alcune erano semplici primi piani di oggetti interessanti.

 

Avevo dimenticato che avrei dovuto cercare il modo di uscire di casa mentre ero lì, ammirando tutte le foto e ancora una volta mi chiesi chi fosse il fotografo. C'era una foto in particolare che colse la mia attenzione. Era abbastanza grande, lunga almeno mezzo metro, ed era un primo piano in bianco e nero di quella che sembrava essere una vecchia panca di legno. Un piccolo cratere di qualche genere era intagliato nel legno - probabilmente causato da forti condizioni atmosferiche - e l'acqua l'aveva riempito. L'immagine era un po' sfocata intorno ai bordi e i colori - o le diverse tonalità di grigio in realtà - erano piuttosto scuri. Un'altra foto in bianco e nero era appesa affianco ad essa, mostrano le mani di qualcuno che sembrava abbastanza vecchio, almeno a giudicare dalla pelle rugosa. Per qualche motivo, trovai quelle foto intriganti e non potei fare a meno di rimane lì in piedi ad ammirarle.

 

All'improvviso sentii dei passi dietro di me, mi girai ed incontrai lo sguardo di Harry. La sua espressione era completamente vuota mentre mi guardava.

 

"Pensavo che stessi andando a casa," disse calmo.

 

"S-si, ero, io- mi sono perso," balbettai.

 

"Quindi stai curiosando in giro per casa mia?"

 

Il sangue si riversò subito sul mio viso e scossi forte la testa. "No, io- io- non volevo rubare o altro, io- mi sono imbattuto in queste foto e sono molto belle, così ho solo guardato e... nient'altro."

 

Un sorriso spuntò sul suo volto. "Rilassati, va tutto bene", disse prima di lasciar vagare lo sguardo nella stanza, "ti piacciono le foto?"

 

Annuii, felice che non fosse arrabbiato con me, "si, sono bellissime. Di chi sono?"

 

"Mie," disse, un tono orgoglioso nella sua voce.

 

"Davvero?" chiesi, anche se non era una sorpresa considerando tutte le foto che avevo visto nella sua stanza.

 

"Si."

 

"Sono abbastanza impressionanti. Sei un fotografo, quindi?"

 

"È solo un hobby, ma si, mi piace molto. È un bel modo per esprimermi, tu ne hai?"

 

"Davvero, no," ammisi con un sorriso debole, "non ho davvero nessun hobby artistico, ma... beh, sei davvero bravo con il tuo."

 

"Grazie."

 

"Dove sono state scattate?" chiesi, indicando le foto dei paesaggi.

 

"Quale?"

 

"Tutte," dissi timidamente, grattandomi la nuca.

 

Sorrise di nuovo prima di camminare un po' più vicino alle foto di cui avevo chiesto. "Questa," disse indicandone una che mostrava un tramonto piuttosto spettacolare, "è stata scattata in una città veramente piccola nelle montagne della Francia settentrionale questa estate. Era bello laggiù, siamo andati tutti, io, mamma, papà e tutti i miei fratelli. Era fantastico."

 

"Posso immaginare," dissi raggiungendolo, "che mi dici di questa?" aggiunsi, indicando quella che mostrava un altro tramonto che sembrava molto diverso dal primo.

 

"Al mare in Germania, due estati fa. Non ricordo dove di preciso, ma eravamo andati solo io e mio padre. È stato dannatamente fantastico anche lì."

 

"Posso vederlo. Voglio dire, sembra che sia stato toccato da Dio o qualcosa del genere."

 

"Bel complimento," disse Harry ridacchiando.

 

"È una bella foto," ragionai, "quindi, cosa mi dici invece di tutte queste persone? Sono persone che conosci?"

 

"Sei improvvisamente molto impiccione," disse, sollevando le sopracciglia.

 

"Oh, scusa, scusa, io- sono solo belle foto, così-"

 

"Stavo solo scherzando, calmo," disse con un sorriso divertito, "e si, sono persone che conosco. Pensi che vada a scattare foto di sconosciuti?"

 

"No, ma potrebbero esserlo, non lo so, modelli o qualcosa del genere."

 

Sbuffò. "La fotografia è un hobby per me, non qualcosa che faccio professionalmente."

 

"Come potevo saperlo? Non so come funziona questa cosa dei fotografi."

 

"Ok, bene. Ma si, sono tutti amici e familiari. Ce n'è una di Liam e Zayn qui," disse e fece un paio di passi verso sinistra, indicando una foto, anche quella in bianco e nero. Mostrava Liam e Zayn seduti per terra, il braccio di Liam intorno alle spalle di Zayn e si stavano guardando a vicenda con sorrisi ugualmente brillanti. Sembravano terribilmente carini e dovevo ricordarmi che ero fondamentalmente l'unico a sapere che erano infatti più che amici.

 

"È davvero una foto molto dolce di loro," dissi, "sembrano felici e... si, solo davvero felici."

 

"Hm, si, a volte me lo chiedo," disse pensieroso.

 

"Cosa?"

 

Scrollò le spalle. "Se c'è... sai, non solo un'amicizia platonica tra loro."

 

Oh. Così lo sospettava almeno, anche se non lo sapeva per certo. "Forse, chi lo sa?" dissi vagamente, "perciò è una foto organizzata?" aggiunsi, desiderando allontanarlo dai suoi pensieri attuali.

 

"No, è stata scattata quando eravamo ad una partita di calcio questa estate. Eravamo tutti in questo parco veramente enorme e, si, sembravano semplicemente fotografabili ."

 

"Fotografabili? Non credo che esista questa parola."

 

"Si, si," disse agitando la mano con noncuranza. "Hai capito cosa intendo. Era un momento da catturare perché sembravano felici e, beh, se non sapessi che sono solo amici avrei detto che fossero innamorati."

 

Sorrisi un po'. "Quale sarebbe la tua reazione se lo fossero?" chiesi, evitando di distogliere gli occhi dalle foto.

 

"Nah, finché sono felici," disse con una scrollata di spalle, "siamo amici da molto tempo, noi quattro, io, Zayn, Liam e Niall, quindi se volessero stare insieme, sarebbe okay per me. Inoltre, non sono esattamente la persona giusta per giudicare, no?"

 

"Da cosa lo capisci?"

 

Lasciò uscire una risata imbarazzata. "A causa di questo," disse ed indicò il mio ventre.

 

"Oh. Si." Per qualche motivo avevo dimenticato tutto riguardo il bambino.

 

"Si."

 

Una domanda mi era sorta improvvisamente nella mia mente, quella che gli avevo già posto una volta ma che non aveva ricevuto risposta. "Harry?" dissi timidamente.

 

"Hm?"

 

"Posso farti una domanda?"

 

"Certo."

 

"Promettimi che non ti arrabbierai, okay?"

 

"Lo prometto."

 

Strisciai i piedi nel pavimento, pensando se quella fosse una buona idea, prima di buttarmi. "Sei gay?"

 

Dritto al punto.

 

Per qualche secondo non fece altro che guardarmi e cominciai a preoccuparmi che fosse arrabbiato con me, anche se mi aveva promesso di non farlo.

 

"Perché lo chiedi?"

 

"Io- per ovvie ragioni, suppongo," dissi con calma.

 

Si passò una mano tra i capelli, lentamente, e si lasciò sfuggire un respiro, "okay, senti, la cosa è-"

 

Il suono dello squillo di un telefono lo interruppe e gemetti. Era davvero così difficile avere una risposta ad una domanda così semplice?

 

"Mi dispiace, aspetta un secondo," disse in tono di scuse prima di tirare fuori il suo IPhone dalla tasca dei pantaloni. Guardò il display per un breve secondo, un sorriso apparve sul suo volto, prima di rispondere. "Ehi, piccola," disse.

 

Sospirai. Probabilmente era Lauren. Lauren che mi aveva interrotto già due volte nel bel mezzo di una conversazione. La sentii parlare all'altro lato, ma non riuscii a cogliere le parole.

 

"No, sto solo cazzeggiando in camera mia," disse Harry e aggrottai le sopracciglia. Perché le aveva mentito? "Si, sono... solo," continuò, apparentemente rispondendo ad una domanda che le aveva fatto, e la mia fronte si corrugò ancora di più. "Sicuro. Ci vediamo tra mezz'ora?" Pausa. "Okay, ci vediamo dopo, ciao." Riagganciò e ripose il telefono in tasca prima di guardarmi con un'espressione che conteneva una traccia di colpa.

 

"Perché- perché lei hai mentito?" chiesi esitante.

 

"Cosa intendi?"

 

"Hai detto che eri solo e io- io sono qui, quindi non sei davvero solo, no?"

 

"Io- non potevo dirglielo," disse mentre si grattava la nuca, ovviamente a disagio.

 

Ovviamente non poteva. Se la gente avesse saputo che lui usciva con me avrebbe rovinato la sua reputazione. Anche se questa cosa aveva senso, non mi alleviò il fastidio che mi bolliva dentro.

 

"Okay, bene," dissi, cercando di nascondere l'ostilità nella mia voce il meglio che potevo, "tornerò a casa ora, vai ad incontrare la tua ragazza."

 

"Lei non è-"

 

"Non mi interessa. Vai ad incontrarla, fai quel cazzo che ti pare," sbottai, "non ti intralcerò la strada."

 

Senza aspettare una risposta, mi voltai e uscii dalla stanza, ignorando i richiami di Harry che dicevano "Louis, andiamo". Dopo aver camminato per due volte nella direzione sbagliata riuscii a trovare la strada verso l'ingresso e mi misi le scarpe e la giacca. Sentii dei passi che si avvicinavano da qualche parte lungo il corridoio e mi affrettai a scomparire dalla porta d'ingresso prima che Harry mi avesse potuto raggiungere per cercare di spiegarsi.

 

In realtà non c'era niente da spiegare; non voleva che qualcuno sapesse che usciva con me. Anche se avevo capito il perché, non potevo negare di sentirmi un po' ferito; io ero troppo perdente per chiunque volesse uscire con me e quando lo facevano, mentivano agli altri. Si, faceva male. Era irrazionale, forse, o una reazione eccessiva, ma mi sentivo come essere rifiutato per non essere abbastanza buono, qualcosa che era sempre stato il mio punto debole. Tutte le mie emozioni erano diventate più intense a causa della gravidanza, e tutto quello che sentivo in quel momento era un'accecante senso di rifiuto, di nullità e solitudine.

 

E per questo motivo le lacrime cominciarono a cadere e soffocai piccole grida che volevano uscire dalla mia bocca. Di nuovo. Mi fece sentire terribilmente patetico e debole, dovetti mordermi il labbro per far smettere di tremare il mio mento. Perché? Perché? Perché ora quando ero fuori e tutti potevano vedermi? Camminai fino alla fine della strada quando notai un muretto di mattoni. Le lacrime che cadevano dai miei occhi mi avevano appannato la vista, e per non finire a sbattere sopra qualcosa, mi sedetti sulla parete bassa e appoggia i gomiti sulle mie ginocchia.

 

Se fossi rimasto a casa quella sera e non fossi mai andato a quella festa, la mia vita sarebbe stata cento volte più facile e non mi sarei dovuto preoccupare di essere grasso e troppo emotivo per cose stupide e per la mia schiena dolorante e per- Harry. Harry, che avevo scoperto fosse un bravo ragazzo, un ragazzo fantastico che mi aveva fatto vibrare all'interno come nessuno mai prima, ma che si vergognava ad ammettere che usciva con me. Harry che, nonostante fosse un bravo ragazzo, mi aveva fatto sentire molto più patetico e inutile di quanto già non fossi.

 

Sedevo lì, piangendo in silenzio, per quelli che mi sembrarono anni ed anni, mentre i miei pensieri deprimenti e auto-commiserativi si muovevano nella mia testa. La mia schiena cominciò a farmi male e il mio culo era freddo, così mi alzai in piedi, sgranchendomi un po'. Controllai l'orologio. Due e quarantatré. Grande. Il tempo di arrivare a casa sarebbe stato ancora più buio e più freddo di quanto già fosse. Il pensiero che probabilmente dovevo cercare una fermata dell'autobus mi aveva appena colpito quanto il suono di una voce familiare raggiunse le mie orecchie e mi girai.

 

"Vuoi congelarti a morte o cosa?" disse Harry mentre si avvicinò a me con passi rapidi, le mani dentro le tasche della sua enorme giacca e lo stesso cappello che prima copriva i riccioli. Quando si avvicinò abbastanza per vedere bene il mio viso, corrugò la fronte. "Stai piangendo?" chiese.

 

"Sono incinto, piango sempre," mormorai.

 

"Di solito c'è una ragione, no?"

 

"Non necessariamente."

 

Si accigliò. "Ma questa volta c'è." Non era una domanda, ma tuttavia risposi.

 

"Come vuoi. Ad un ragazzo è permesso di piangere se vuole."

 

Sospirò e mi guardò con quella che sembrava pietà. "Quello che ho detto a Lauren, non era perché-"

 

"Non ho bisogno di sentire questo, Harry," lo interruppi stanco, "voglio solo andare a casa, okay?"

 

"Bene, ma lascia che ti accompagni," disse dopo qualche istante di esitazione, mamma è tornata a casa, quindi l'auto è disponibile."

 

"No, io-"

 

"Louis, per favore. Se tu dovessi morire congelato nella strada verso casa, non me lo perdonerei mai."

 

"Non dovresti incontrare Lauren?"

 

"Si, ma ti porterò prima a casa."

 

Scossi la testa. "No, vai ad incontrarla, è tutto okay."

 

"Oh mio Dio, tu sei il tipo più ostinato e fastidioso che abbia mai conosciuto," gemette, "voglio portarti a casa, puoi per favore lasciarmelo fare?"

 

"No, grazie," dissi, sentendomi di nuovo infastidito, "preferisco avere intorno persone che non si vergognano di me. Scusami se è troppo da chiedere."

 

La bocca di Harry si aprì e mi guardò con un espressione sbalordita. "Vergognarmi di te? È quello che pensi?"

 

"Che altro dovrei pensare quando menti ad altre persone, proprio davanti a me, perché non vuoi che sappiano che sei con me?" chiesi, alzando le braccia in aria.

 

"Non è perché mi vergogno di te, per amor di Dio, è solo-"

 

"Non preoccuparti," lo interruppi tranquillamente, "so che non sono la prima scelta delle persone, ok? Sono molto consapevole di questo, ma sentirmelo dire in faccia è stata tutta un'altra cosa."

 

"Non mi vergogno di te, dannazione!" disse ad alta voce il secondo dopo che terminai di parlare.

 

"Allora perché le hai detto che eri solo?"

 

"È solo che tu- sei diventato un... argomento dolente, okay?"

 

Sollevai le sopracciglia in confusione. "Un argomento dolente? Perché?"

 

"Perché lei pensa che c'è qualcosa tra noi due."

 

Che non c'è, dovetti ricordare a me stesso quando il mio stomaco aveva fatto una capriola. "Oh, okay," fu tutto ciò che dissi.

 

"Ecco perché non le ho detto che ero con te. Sarebbe stata gelosa e non c'è bisogno," disse, un sorriso esitante sulle labbra.

 

Non c'è bisogno. La mia ultima speranza gettata fuori dalla finestra. "Giusto," dissi, annuendo come se approvassi.

 

"Okay, ora che abbiamo chiarito questo, mi permetterai di darti un passaggio a casa?"

 

Sospirai, ma annuii. "Si, suppongo."

 

"Dai, su."

 

Venti minuti più tardi, dopo una tranquilla corsa in macchina, Harry entrò nel vialetto di casa mia e fermò l'auto.

 

"Allora," disse.

 

"Allora," ripetei.

 

"Stai bene?"

 

"Certo, perché?"

 

"Sai, perché sei... incinto e sembravi un po' sconvolto prima," disse con una scrollata di spalle.

 

"Oh. No, sto bene," risposi, cercando di ignorare la sensazione di disagio che lui fosse lì con me solo a causa del bambino.

 

"Bene, si, questo è.. un bene."

 

Un silenzio imbarazzante seguì dopo e io armeggiai con le mie dita, non certo di cosa fare o non fare. Alla fine Harry tossì un po' e ruppe la quiete.

 

"Senti, probabilmente dovrei andare, Lauren comincerà a chiedersi dove sono finito," disse.

 

"O-oh, si, scusami, esco," dissi frettolosamente prima di rimuovere la cintura di sicurezza. Mi sentii a disagio, pensando per la centesima volta che il grasso dovuto alla gravidanza stava cominciando a diventare molto fastidioso. Quando, dopo pochi istanti, mi alzai in piedi con la mano ancora attaccata alla maniglia, pronto a chiudere la portiera, Harry riprese a parlare.

 

"Il prossimo appuntamento è il 25 Gennaio, vero?" disse. Annuii. "Ci vedremo il 25 Gennaio allora, credo."

 

Non a scuola, non all'infuori della scuola, ma nell'ufficio del medico tra due settimane. Ecco dove voleva vedermi la prossima volta, non prima.

 

"Okay," mormorai, cercando di coprire la mia delusione senza successo.

 

"Okay."

 

"Si. Io- ciao," dissi prima di sbattere la portiera e camminare verso casa.

 

Era completamente silenziosa quando entrai e dopo un forte 'mamma? Owen?' che non ottenne risposta, capii che nessuno era in casa. Mi versai un bicchiere di succo di mela prima di andare in camera mia, come al solito, e mi sedetti sul letto con un sospiro.

 

Poche settimane prima la mia preoccupazione principale era il bambino, lo era ancora, ma c'era un altro posto riempito da Harry. Forse era semplicemente perché, non importava qual era il suo motivo, era la prima persona che mi aveva mai parlato e mostrato ogni tipo di interesse, oltre alla mia famiglia e ad Eleanor. Era il primo ragazzo che mi aveva mai parlato e dunque la prima persona da cui fossi veramente attratto. Certo, c'era stata Eleanor, ma era una ragazza e io ero gay; c'era sempre stato qualcosa di mancante tra noi due, che entrambi avevamo capito dopo aver fatto sesso un paio di volte.

 

Ma con Harry... con Harry la cosa che mancava tra me ed Eleanor era presente. Quando uscivamo, quando mi guardava, quando mi sorrideva, ogni volta che era vicino a me, la sentivo. Anche la nostra esperienza fisica - che qualunque persona normale avrebbe considerato orribile e dolorosa - era stata incredibile. Volevo che accadesse di nuovo, lo volevo così, così tanto, ma purtroppo quello era un desiderio che probabilmente non si sarebbe mai avverato.

 

No, tutto quello che c'era tra me e Harry - e tutto quello che ci sarebbe mai stato - era un'amicizia leggermente sbagliata, forse basata su colpa e rammarico, e un bambino non ancora nato. Ecco tutto quello che c'era. Niente di più.

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Capitolo 10
*** 10. Trying not to get too excited. ***


CAPITOLO 10

Sto cercando di non essere troppo esaltato.

 

 

Martedì, 11 Gennaio

Diciassette settimane e un giorno

 

"Scusa, ma tu - tu - esci con un'atleta?"

 

Colpii Eleanor dietro la nuca e annuii. "Si, l'ho fatto, e per favore non farmelo ripetere una quarta volta, okay?"

 

Mi guardò con gli occhi spalancati e un sorriso sul viso. Eravamo nella sua stanza, sul letto, la mia testa era appoggiata sul suo grembo e una coperta stava coprendo il mio corpo dal petto in giù. Le avevo detto che avevo freddo, ma naturalmente era solo per fare in modo che lei non notasse il gonfiore sul mio stomaco.

 

"Bene, non lo farò," disse, "ma questo significa che finalmente hai qualcuno con cui uscire? Oltre a me, intendo."

 

"Grazie per aver cercato di alzare la mia autostima," brontolai.

 

"Ho provato un milione di volte e non funziona, perciò ci rinuncio," disse, roteando gli occhi, "quindi è un amico?"

 

Mi strinsi nelle spalle, non certo su che dire. No, non è davvero un amico, è solo il padre del bambino che sto portando in grembo, di cui io potrei o non potrei avere una cotta. "Non lo so," dissi alla fine.

 

"Ma siete usciti insieme, giusto?"

 

Annuii.

 

"Quante volte?"

 

Quella conversazione stava diventando sempre più scomoda ogni minuto che passava. Cosa dovevo rispondere a tutte le sue domande? Io e Harry eravamo solo usciti due volte, c'erano state anche le visite all'ufficio del medico, ma non potevo menzionare quelle ad Eleanor, vero? Avevo fatto un grosso errore quando le avevo parlato di Harry - lo realizzai subito, ma purtroppo era un po' troppo tardi per tornare indietro.

 

"Io- non lo so, forse tre volte," risposi dopo qualche secondo di esitazione.

 

"Tre volte? Tre dannate volte?" disse con incredulità, "quando mi avresti raccontato di questo?"

 

"Mi dispiace, scusa, me ne sono solo dimenticato, credo," dissi, tentando un sorriso di scuse.

 

"Sei uscito con un'atleta tre volte e te ne sei dimenticato?" sbuffò, "Giusto, ora dimmi il vero motivo per cui non me l'hai detto prima."

 

"Questo è il vero motivo, lo prometto!"

 

"Io non- aspetta un secondo," disse, l'ultima parte lentamente e con gli occhi stretti, "Louis Tomlinson, c'è qualcosa che sta succedendo tra te e questo ragazzo?"

 

Le mie guance si chiazzarono di rosso, ma scossi la testa, sentendo il bisogno di allontanarmi da quello il più velocemente possibile. "No, no, assolutamente no. Ha una fidanzata e come ho detto, non so nemmeno se siamo amici."

 

Il sorriso piuttosto subdolo sul suo viso si trasformò lentamente in uno morbido e allungò una mano iniziando a giocare con i miei capelli. "Ti piace lui, vero?" disse.

 

Sentii crescere ancora di più il caldo e scossi la testa di nuovo, questa volta un po' più deciso. "No, non mi piace," dissi, convincente quanto mio cugino di tre anni che aveva giurato di non aver mangiato biscotti, anche se il suo volto era pieno di briciole.

 

"Aw, hai una cotta," ribatté lei.

 

"El, per favore," gridai, "non ho una cotta, okay? È solo un semplice ragazzo, questo è tutto."

 

Scosse la testa e sospirò. "Sai che non ti credo, ma va bene, smetterò di darti fastidio."

 

"Grazie, lo apprezzo," dissi, "non credo che tu sia sincera, però. Tutti sanno che non stai zitta finché non hai qualcosa da mettere in bocca."

 

La sua bocca si aprì e mi colpì la testa. "Sei disgustoso, non posso credere che sono andata a letto con te."

 

"Si, nemmeno io," ribattei, anche se non in modo scortese.

 

"Non puoi credere che io sia venuta a letto con te o non puoi credere che tu sia venuto a letto con me?"

 

"Entrambe le cose," dissi con una scrollata di spalle, "scusa, ma non ti trovo attraente. Non nel modo in cui vorrei almeno."

 

"Ahi, adesso chi è che sta abbassando l'autostima?"

 

Alzai gli occhi al cielo. "Sei una ragazza, io sono gay, non è niente di personale, lo sai, abbiamo già superato questo."

 

"Lo so," disse con un sorriso, "'ma prenderesti mai in considerazione di rifarlo?"

 

"Che cosa? Fare sesso con te?"

 

"Si."

 

Risi un po' ed un cipiglio confuso apparve sul suo viso.

 

"Lo prenderò come un no," disse lei, guardandomi.

 

"Si, scusami, ma non credo che riuscirei a farmelo alzare per te," dissi e ora anche lei rise.

 

"Un diciassettenne con una disfunzione erettile," disse tra le risate.

 

"Non ho la disfunzione erettile!" esclamai, "sono perfettamente in grado di farlo quando ne ho voglia, grazie mille."

 

Il suo volto si arricciò. "Ehi, va bene, mettiamo fine a questa discussione."

 

"Buona idea."

 

"Si. Quindi cos'altro c'è di nuovo? Ho sentito che tua mamma si è fatta un ragazzo, cos'è successo?"

 

Lasciai uscire un voluto (e forse esagerato) gemito.

 

Ian si era fermato a cena quasi ogni giorno da quando ci eravamo presentati un mese prima, e trascorreva la notte a casa nostra più spesso. Anche se non aveva niente di sbagliato, non riuscivo a farmelo piacere. Era abbastanza carino e scherzava ogni tanto, ma a parte quello lui era così... noioso, così rigido, così noioso e così freddo. Non lo apprezzavo particolarmente, ma naturalmente non lo avevo detto a mia madre che sembrava così tanto infatuata di lui. Inoltre c'era la mia gravidanza. Era abbastanza imbarazzante cercare di spiegare il mio leggero cambio di umore alla mamma e ad Owen, ma farlo con Ian?

 

"Si, sembra che abbia improvvisamente deciso che è giunto il momento di ricominciare a uscire, quindi ora c'è un Ian nella nostra vita," dissi e non potei evitare il tono condiscendente della mia voce.

 

"E tu lo odi?" chiese con un sorriso.

 

Scrollai le spalle. "Non lo odio, ma nemmeno mi piace."

 

"Perché no?"

 

"Non lo so, non mi piace, suppongo."

 

"Alcune persone sono difficili da amare, vero?"

 

"Si."

 

"Qualcos'altro di nuovo allora? Oltre al fatto che tua mamma si è fidanzata e che tu hai ottenuto un potenziale amico."

 

"No," dissi, una mano si posò assente sul lato del mio ventre, "niente di speciale da dire."


*

 

Un paio di settimane passarono, e la mia schiena continuava a fare male, stavo diventando sempre più grasso giorno dopo giorno, i miei sogni cominciavano a diventare veramente strani e avevo scoperto che era del tutto normale, Ian continuava a venire a cena e non avevo mai visto Harry, nemmeno a scuola. Dopo il giorno trascorso a casa sua avevo sperato di ricevere un suo messaggio o una chiamata, se non altro per dirmi ciao, ma dopo una settimana passata completamente senza Harry, cominciai a sentirmi piuttosto stupido per aver avuto speranze.

 

Quindi, fondamentalmente la mia vita era tornata noiosa, nascondere il fatto che fossi incinto era sempre più difficile visto che la mia pancia iniziava ad essere molto evidente. Avevo dovuto indossare due o tre strati di abbigliamento, più il mio cappotto e ciò mi faceva apparire davvero grasso. Era comunque meglio che sembrare incinto, però.

 


Lunedì, 17 Gennaio

Diciottesima settimana

 

Ero seduto da solo in mensa, cercando di mandare giù il pranzo, che - nonostante fosse un'insalata di pollo molto gustosa - sembrava assolutamente rivoltante in quel momento. Frutta e verdura non erano state di mio gradimento quelle settimane e ancora non accennavo a voler cambiare opinione. Il mio pranzo trascorreva calmo e tranquillo, come al solito, finché non alzai lo sguardo e trovai qualcuno che stava davanti al mio tavolo. Una ragazza molto arrabbiata e con i capelli rossi.

 

"Stai lontano da lui," sibilò Lauren, appoggiando le mani sul tavolo, piegandosi per guardarmi negli occhi.

 

Sbattei le palpebre, vergognandomi di ammettere che ero un po' intimidito da lei.

"D-da chi?" chiesi nervosamente, non guardandola negli occhi.

 

"Dal mio ragazzo," disse, sottolineando il 'mio'.

 

"Harry?"

 

"Quanti ragazzi credi che abbia?"

 

Le mie guance diventarono rosse e mi morsi il labbro. "Non parlo con lui da due settimane," mormorai.

 

"Assicurati che rimanga così," sibilò, "qualunque cosa tu abbia in mente, lui non fa per te, hai capito? È il ragazzo che tutti amano, tu sei il ragazzo di cui nessuno conosce il nome, vedi il problema? Inoltre c'è il fatto che tu sei un ragazzo e lui non è gay. Quindi, liberati della tua fantasia dove tu e lui cavalcate verso il tramonto, okay? Non succederà perché è mio."

 

Quelle furono le ultime parole che pronunciò prima che si alzasse in piedi, poi mi mandò un'occhiataccia e andò via. La fissai mentre si avvicinava ad un tavolo dove vidi i capelli ricci di Harry di spalle e un sacco di altri ragazzi e ragazze. Si avvicinò ad Harry e lui si voltò a guardarla, inviandole uno dei suoi sorrisi abbaglianti prima di baciarla. Portai il mio sguardo verso il basso; visto che non ero un masochista, non sentivo la necessità di infliggermi dolore inutile. Ok, 'dolore' era una parola un po' forte, ma guardare Harry sorridere e baciare una ragazza che pochi secondi prima mi aveva minacciato non mi rendeva decisamente felice.

 

Guardai nuovamente la mia insalata, sentendo quasi i conati di vomito alla sua vista, prima di sospirare e alzarmi dalla sedia, rendendomi conto che stare seduto lì non aiutava di certo la mia nausea. Gettai l'insalata nel cestino vicino all'uscita della mensa prima di mettermi lo zaino sopra la spalla e dirigermi verso il bagno più vicino per spruzzarmi acqua in faccia, in modo da calmarmi un po'.

 

C'era solo un'altra persona in bagno quando arrivai. Zayn era in piedi davanti ad uno specchio, impegnato a sistemarsi i capelli con una scatola che sembrava essere cera sul lavandino accanto a lui. Il suo sguardo si spostò verso di me quando udì la porta aprirsi e sorrise. Tentai di ricambiare il gesto, anche se probabilmente con poco successo.

 

"Hei," disse quando mi misi davanti al lavandino accanto a lui e aprii il rubinetto.

 

"Ciao," dissi senza guardarlo. Controllai la temperatura dell'acqua che stava scorrendo, scomparendo lungo lo scarico, e sospirai quando il liquido freddo fece contatto con la mia pelle surriscaldata. Dover indossare tutti quelli strati di abbigliamento mi aveva fatto sentire abbastanza caldo, soprattutto dopo aver salito le scale per tutto il giorno per raggiungere le mie diverse classi. Spruzzai l'acqua sul viso e strofinai un po' i miei occhi per cercare di sbarazzarmi delle piccole vene rosse troppo visibili.

 

"Tutto bene?"

 

Spostai lo sguardo verso Zayn, che mi guardava con una leggera preoccupazione e tentai un altro sorriso.

 

"Si, solo, sai..." mi spostai, guardandomi intorno per controllare se ci fosse qualcuno nella stanza.

 

"Non c'è nessuno qui," disse Zayn come se avesse letto la mia mente.

 

"Scusami, volevo solo esserne certo," dissi, "ma si, sto bene, solo incinto e quelle cose, niente di grave, giusto?"

 

Sbuffò. "Giusto. Come va?" chiese.

 

"Okay, suppongo."

 

"Hai bisogno di parlarne?" chiese, alzando le sopracciglia.

 

Mi agitai a disagio. "Non c'è molto da dire, veramente; sono stanco e sono grasso, fine."

 

"Sembri un po' più grande, si," mormorò.

 

"Lo so, mormorai."

 

"E cosa riguardo ad Harry?"

 

Aggrottai la fronte involontariamente. "Cosa riguardo lui?"

 

"Mi ha parlato dell'appuntamento del medico e che siete usciti dopo."

 

"Oh, quello. Ci siamo solo ritrovati lì e non mi ha permesso di tornare a casa a piedi, quindi mi ha fatto rimanere fino a quando sua mamma non è tornata a casa in modo da potermi accompagnare. Non c'è stato davvero niente di più."

 

"E questo è tutto?"

 

"Si, credo."

 

"Hai tralasciato la parte del calcio."

 

Oh. "Solo un calcio, niente di più," dissi con nonchalance.

 

"Sei un attore terribile, lo sai?" disse con un sorriso.

 

"Cosa?"

 

"Stai cercando di sembrare indifferente su qualcosa che sei tutto, tranne che indifferente. Non sta funzionando."

 

"Questi non sono davvero affari tuoi, no?" sbottai.

 

Tirò su le mani in segno di resa, ma poi sorrise. "Stavo solo chiedendo."

 

Sospirai stanco e mi misi le mani tra i capelli. "Scusami, è solo troppo."

 

"Posso capirlo. Hai bisogno di qualcuno con cui parlare?"

 

Si, ma la persona con cui volevo parlare era occupata con la sua ragazza stronza. "No grazie, sto bene."

 

"Sei sicuro?"

 

Annuii e sorrisi. "Si. Devo andare, però, ho alcune cose da fare e... altra roba."

 

"Sicuro. Ci vediamo in giro."

 

Sorrisi di rimando prima di uscire dalla stanza e dirigermi verso la mia lezione di chimica.

 

*

 

Quando tornai a casa quel giorno, andai nella mia stanza per cambiarmi con qualcosa di più comodo rispetto ai milioni di strati che indossavo. L'unico problema era che nessuno dei miei vestiti comodi riusciva a nascondere la mia protuberanza. Misi una maglietta solo per vedere se potevo indossarla, ma l'unica cosa che realizzai era che avevo davvero bisogno di nuovi vestiti. Sapevo che avevo circa centocinquanta sterline nel mio portafoglio in quel momento - grazie a Dio per i parenti che erano troppo pigri per uscire e comprare i regali e quindi mi regalavano solo i soldi - e anche se avrei dovuto risparmiare davvero quei soldi, spenderli per dei vestiti nuovi era senza dubbio meglio, altrimenti la mia famiglia avrebbe avuto un diverso e inaspettato regalo di Anno Nuovo.

 

Con quel pensiero spaventoso, mi rimisi i vestiti che avevo indossato a scuola, afferrai il mio portafoglio da sopra il mio comò e poi mi diressi verso il piano di sotto per informare mia madre che stavo uscendo. Trovai lei, Owen e Ian in cucina, seduti vicino al tavolo e masticando qualcosa che sembravano pezzi di torta.

 

"Oh, sei tu!" esclamò mia mamma una volta che mi vide sulla porta, "siediti e assaggia un po' di questa torta di mele che Ian ha portato dalla California, è deliziosa!"

 

"Oh, sei stato in California?" chiesi, cercando almeno di sembrare interessato.

 

"Sfortunatamente solo per affari, ma sono riuscito a trovare il tempo per comprare questa torta," disse con un sorriso. "Tua mamma ha ragione, è veramente deliziosa."

 

"Si, sono sicuro, grazie," dissi imbarazzato, "ma devo andare, vado a comprare dei vestiti nuovi."

 

"Era ora, stai diventando sempre più grasso giorno dopo giorno," sbuffò Owen con la bocca piena di torta.

 

"Owen!" lo rimproverò mia madre e lo colpì sul braccio.

 

"È okay, so che sto ingrassando," dissi con una scrollata di spalle che sperai sembrasse abbastanza indifferente.

 

"Oh, no, Lou, chi ti ha messo questi pensieri in testa?" disse mia mamma, guardandomi preoccupata, "non sei grasso, sembri completamente normale!"

 

"Mamma, ho preso quattro chili negli ultimi mesi. Sto ingrassando. Posso affrontarlo." Avevo iniziato a pesarmi due volte alla settimana e quando ero salito sulla bilancia ieri, aveva mostrato settanta chili spaccati, il che significava che avevo preso quattro chili. Sembrava molto di più di quanto fosse in realtà, avevo realizzato.

 

"Come mai sei così calmo? Tu sei sempre stato un fanatico quando si trattava del tuo peso," intervenne Owen.

 

Perché sono incinto e le persone incinte diventando più grasse, è inevitabile. "Non lo so, in questo momento ho altre cose in mente," risposi facilmente.

 

"Ma perché-"

 

"Ok, sto andando via ora a meno che non abbiate altre osservazioni affascinanti sul mio corpo in costante crescita," interruppi rivolgendogli un'occhiataccia.

 

"Si, va bene, caro," disse mamma, prima che Owen avesse l'opportunità di replicare.

 

"Ci vediamo stasera."

 

Il tragitto verso il centro commerciale era piuttosto corto, per fortuna, e quindici minuti dopo aver salutato la mia famiglia mi ritrovai in piedi in uno dei numerosi negozi di abbigliamento, guardando ogni singolo capo. Mi piaceva lo shopping, veramente, ma avevo cambiato idea quando avevo dovuto analizzare ogni articolo che vedevo, cercando di immaginare come mi stesse addosso per non mostrare il grasso. Scelsi e provai maglietta dopo maglietta, maglione dopo maglione, felpa dopo felpa, ma nessuna delle cose che avevo provato dimostrò di essere adatto al mio "nuovo" corpo.

 

Tutto sarebbe stato molto più facile se fossi stato una ragazza, sarei potuto andare nella sezione delle gravidanze del negozio e avrei avuto più scelta, ma no. Quanti guardi strani avrei ricevuto se avessi portato un sacco di magliette per la maternità nel camerino per provarle?

 

Troppi per i miei gusti, decisi.

 

I vestiti nella sezione della maternità erano tutti femminili e coperti di pizzi e piccoli disegni, comunque, e nonostante la mia condizione, avevo ancora un certo orgoglio maschile. E così continuai a guardare, continuai a portare abiti negli spogliatoi e continuai a sentire la necessità di sbattere la mia testa nel muro più vicino ogni tre minuti. Non importava quanto grande fosse la maglietta che sceglievo - non importava che fosse una taglia XXL - non era ancora abbastanza grande; faceva ancora vedere lo stomaco e no, non mi faceva apparire grasso; mi faceva apparire incinto. Il mio compito sarebbe stato più facile se avessi avuto delle tette perché poi la mia pancia non sarebbe sembrata così incredibilmente sporgente. Gemetti dentro di me. Se era così brutto ora, come sarebbe stato a Giugno?

 

Dopo che era passata più di un'ora, fui sul punto di urlare e piangere e decisi di tornare a casa; forse dopo avrei potuto cercare su internet abiti per gravidanze maschili anormali. Ma proprio quando stavo per mettere a posto la maglietta, una voce familiare non troppo lontana attirò la mia attenzione e mi fece bloccare.

 

"Non è per le ragazze, coglione!" Era Zayn.

 

"Come puoi saperlo?" Era Niall.

 

"La taglia è la M ed è enorme." Era Liam.

 

"Sono d'accordo con Niall, quella cosa è per ragazze." E questo era Harry.

 

Tutti e quattro erano lì, a giudicare dal volume delle loro voci, stavano da qualche parte dietro lo scaffale accanto a me. Per qualche ragione il pensiero mi fece venire il panico. Dovevo uscire di lì. Veloce. Prima che qualcuno mi vedesse. Ciò avrebbe portato ad un sacco di imbarazzo, anche se non ero abbastanza sicuro di che tipo, e avere a che fare con esso nel momento in cui ero anche stanco e frustato sarebbe stato solo-

 

"Louis?"

 

Mi piantai velocemente un sorriso in faccia, sperando che non sembrasse falso o teso come era veramente, prima di girarmi di fianco e alzare il viso verso tutti e quattro; Niall con un sopracciglio alzato, Liam con un sorriso gentile, Zayn con un sorriso enorme e Harry con un'espressione sorpresa.

 

"Ciao," dissi con un'ondata di imbarazzo.

 

"Ciao," disse Harry sembrando ancora sorpreso, "eravamo solo in cerca di una camicia per Niall."

 

"Oh, okay."

 

Un silenzio imbarazzante seguì prima che fosse rotto da Zayn.

 

"Quindi, supponendo che tu non stia cercando una camicia per Niall, cosa stai facendo qui?" chiese.

 

"Oh, solo- sai," dissi strisciando i piedi contro il pavimento, mi sentivo incredibilmente a disagio sotto i loro sono sguardi e il fatto che tutti e quattro sapevano la situazione in cui mi trovavo non mi aiutava.

 

"Veramente no," disse Liam con un sorriso storto.

 

"Non credo," dissi con una risata nervosa, "no, sto solo... diventando troppo grosso per i miei vestiti, quindi io- pensavo di comprarne dei nuovi prima che le cose diventino troppo evidenti."

 

Tutti e otto i loro occhi caddero improvvisamente sul mio stomaco e mi spostai un po'.

 

"Stai diventando più grosso, si," disse Liam con un altro sorriso sarcastico dopo aver distolto lo sguardo dal mio stomaco.

 

"Si, non mi dire," sospirai.

 

"Non sembra che tu abbia trovato molte cose," disse Harry e fece un cenno verso le mie mani vuote.

 

"No, io- beh, ad essere sinceri ero pronto a sedermi e urlare, quindi ho pensato di tornare a casa," dissi e tentai un sorriso.

 

"Non può essere così difficile trovare dei vestiti," disse Niall con uno sguardo confuso rivolto a me.

 

"Lo è quando sei alla diciottesima settimana di gravidanza e cerchi di trovare abiti che possano nasconderlo ma sei un ragazzo," dissi piano dopo essermi guardato intorno per accertarmi che non ci fosse nessuno che avrebbe potuto sentire quello che stavo dicendo. "Non posso di certo andare nel reparto dei vestiti per la gravidanza."

 

"Oh."

 

Seguì un altro silenzio e stavo per dire che dovevo tornare a casa quando Niall aprì di nuovo la bocca.

 

"Vai e aiutalo," disse, con lo sguardo rivolto ad Harry.

 

Harry ricambiò il suo sguardo con la confusione dipinta sul suo viso. "Aiutarlo? Con cosa?"

 

"A trovare i vestiti, ovviamente, che altro?"

 

"Non so come trovare i vestiti per le persone in gravidanza."

 

"Penso che nemmeno lui lo sappia."

 

"È tutto ok, non-" cominciai, ma fui fermato da Zayn che alzò una mano.

 

"Niall ha davvero ragione per una volta," disse, "hai trascinato il povero ragazzo in questa situazione, quindi forse dovresti aiutarlo un po'?"

 

Harry sospirò e poi si voltò a guardarmi. "Vuoi una mano?"

 

Quella era, senza dubbio, una delle situazioni più umilianti a cui avessi mai partecipato durante la gravidanza; era così dolorosamente ovvio che Harry non volesse aiutarmi, così scossi la testa nonostante in realtà avrei voluto dire di sì, avevo davvero bisogno di aiuto. "No grazie, sto bene," dissi, forse un po' più stizzito di quanto volessi.

 

Niall sbuffò. "Si, giusto, era molto convincente. Vai Harry, aiutalo."

 

"No, io-"

 

"Sei un terribile bugiardo, solo perché tu lo sappia," Liam mi interruppe delicatamente.

 

Volevo mandargli un'occhiataccia, ma tutto ciò che feci fu un respiro sconfitto. "Si, lo so."

 

"Allora vuoi aiuto?" disse Harry con un debole sorriso.

 

"Io- beh- s-solo se non ti dispiace," mormorai; non volevo forzarlo a fare qualcosa che non voleva.

 

"Non mi dispiace," disse prima di voltarsi a guardare di nuovo i suoi amici, "chiamatemi quando state andando via, okay?"

 

"Si, certo," disse Zayn e gli diede una pacca sulla schiena.

 

"Ci vediamo più tardi, amico," disse Liam mentre tutti e tre avevano iniziato ad allontanarsi.

 

"Divertitevi," disse Niall alzando le sopracciglia in modo ammiccante.

 

Una volta che non erano più in vista, Harry mi rivolse di nuovo lo sguardo e sorrise. Un vero sorriso adesso. "Scusa per questo," disse, "hanno questa idea folle che noi due dovremmo uscire insieme e andare d'accordo per il bambino e altre cose. Solo, ignorali."

 

"Oh. Si, folle," dissi con disagio, spostando lo sguardo sul pavimento. I suoi amici avevano questa folle idea che noi due dovessimo andare d'accordo? Quindi lui non voleva andare d'accordo con me? Splendido. Il tipo alla quale avevo pensato per le ultime due settimane non voleva nemmeno andare d'accordo con me.

 

"Non che io non voglia, tipo, essere amici," disse in fretta, come se mi avesse letto la mente, "te l'ho detto l'ultima volta che siamo usciti, sei forte."

 

"Si, grazie," mormorai, ma non riuscii ad evitare un sorriso.

 

"Evviva, un vero sorriso!" esclamò, "bene! Okay, quindi, hai bisogno di qualche vestito?"

 

"Oh, si," dissi, scuotendo un po' la testa; per un minuto avevo dimenticato il motivo per cui ero lì, "tutti i vestiti che ho, mostrano la mia pancia, e non voglio, quindi ho bisogno di nuove magliette e preferibilmente un paio di jeans se riesco a trovarne."

 

"Che tipo di magliette? Tipo, t-shirt, camice con bottoni, maglie a maniche lunghe, maglioni, felpe, o cosa?"

 

"Non camicie con bottoni, questo è certo," dissi con una breve risata, "una o due felpe e un paio di maglioni, credo. Le magliette non sono realmente necessarie ora che è inverno."

 

"Si, possiamo venire di nuovo quando arriva la primavera," disse Harry con una semplice scrollata di spalle. Per lui era una semplice affermazione, ma mi fece tremare lo stomaco con mille farfalle. "Quindi, maglioni, andiamo," aggiunse prima di girarsi e cercare i diversi abiti negli scaffali.

 

Ci vollero almeno venti minuti per cercare i vari vestiti e tante erano state le mie proteste - 'no, non rosa,' 'niente polo,' 'niente con la parola "succosa" sopra,' 'non quello, vuoi che sembri grasso?,' 'niente di trasparente,' 'una maglietta a pancia fuori? Sei pazzo?,' 'non quello, ha il colletto da Dracula!,' - prima che riuscissimo finalmente ad andare nei camerini. Harry si sedette su una sedia fuori dallo spogliatoio in cui entrai per provare almeno quindici articoli che Harry aveva scelto. I primi undici che provai erano stati completamente inutili, ma il dodicesimo - un maglione bordeaux con un collo a V, taglia XL - sembrava davvero... accettabile. Si, sembrava accettabile.

 

"Non ho sentito lamenti negli ultimi minuti, hai trovato qualcosa che ti piace?" risuonò la voce di Harry fuori dalla tenda.

 

"Si, credo di sì," dissi, cercando di riuscire a vedermi anche da dietro, girando e rigirando il mio corpo.

 

"Ti dispiace se do un'occhiata?"

 

"Oh. Si, va bene, certo," dissi lentamente, mentre storcevo il collo per vedere i miei muscoli contrarsi.

 

La tenda si aprì con cautela, come se avesse paura di ciò che avrebbe potuto vedere, prima di rendersi conto che non ci fosse nessun pericolo e le aprì quanto bastava per riuscire ad entrare. Smisi di allungare il collo per riuscire a vedermi meglio e invece guardai Harry, che era occupato a guardarmi dall'alto al basso.

 

"Mi piace," disse dopo qualche istante.

 

"Si?"

 

"Si, sembri un po' grasso, ma non incinto."

 

"Grazie?" dissi esitante, non certo su come prenderla.

 

Sorrise. "Rilassati. Pensala in questo modo; sei alla diciottesima settimana di gravidanza, quindi se non ti sembri normale, pensa che sarebbe molto peggio se fossi veramente grasso."

 

Scelsi di ignorare quel commento e invece diedi un ultimo sguardo al mio riflesso. "Quindi pensi che dovrei prenderla?" chiesi allora.

 

Annuì.

 

"Okay," dissi, e cominciai a tirare su l'orlo del maglione. Non fece nessuna mossa per uscire dallo spogliatoio e tossì un po'. "Harry? Potresti, tipo, uscire e lasciarmi cambiare?"

 

"Oh, si, scusami," disse frettolosamente prima di spingersi fuori dalla tenda e lasciarmi solo.

 

Provare il resto dei maglioni non mi ci era voluto molto e quando finalmente uscii dallo spogliatoio, avevo deciso tre articoli da comprare; il maglione bordeaux con il collo a V, uno maglione grigio pesante e una semplice felpa nera.

 

"Hai anche bisogno di alcuni jeans?" chiese Harry una volta che avevamo rimesso a posto i maglioni che non dovevo comprare.

 

Gemetti e scossi la testa. "Avrei davvero bisogno di un paio, ma sono esausto, quindi li comprerò un'altra volta."

 

"Sei sicuro?"

 

"Si," risposi fermamente, "l'unica cosa che voglio fare ora è pagare e poi tornare a casa e sdraiarmi per un'ora o due."

 

Ci avvicinammo alla cassa e la nostra conversazione si fermò per qualche minuto mentre il cassiere passava i maglioni e tirai fuori il mio portafoglio per pagarli. Una volta usciti dal negozio, senza una destinazione precisa, Harry ricominciò a parlare.

 

"Vorrei, sai, pagare per quelli se vuoi," disse mentre camminavamo di fronte ad una panetteria.

 

"Cosa?" dissi, guardandolo con sorpresa.

 

"Se vuoi che io paghi quei maglioni-"

 

"Non ti permetterò di comprarmi i vestiti, Harry," lo interruppi.

 

"Ti rendi conto che sono la metà responsabile di ogni spesa aggiuntiva che devi fare, giusto?"

 

Scrollai le spalle. "Non importa. È un mio problema da affrontare, non dovresti soffrire per le mie scelte."

 

"Abbiamo già parlato di questo," gemette, "non volevo nemmeno che abortissi, volevo che tu lo tenessi, quindi la metà della responsabilità è davvero mia."

 

"Non avrei mai pensato che tu fossi così moralista," buttai fuori prima di potermi fermare.

 

"In che senso?"

 

"No, niente, non era niente, solo alcuni... pregiudizi, questo è tutto," dissi con un sorriso.

 

"Ah, intendi 'tu sei un'atleta perciò devi essere il solito coglione'," disse, suonando divertito.

 

"Non il solito coglione," mi difesi, "solo un brutto pregiudizio da parte mia, niente di più."

 

"Giusto, va bene," disse, continuando a suonare divertito, "sono serio, però; se hai bisogno di qualcosa - tipo cose materiali - basta chiedere."

 

Avevamo appena passato un McDonald's e sorrisi un po'. "Beh, dal momento che ti sei offerto così gentilmente, puoi sempre comprarmi un BigMac con patatine fritte e Cola Cola," dissi.

 

Alzò le sopracciglia verso di me e la mia faccia cominciò a diventare rossa. "Se non ti disturba troppo," dissi frettolosamente, "in quel caso, non devi farlo, solo-"

 

"Rilassati, rilassati," mi interruppe con un'alzata di occhi al cielo, "devi smettere di essere così maledettamente insicuro di te stesso, solo per saperlo. E no, non mi disturba troppo, ho solo pensato che dovresti mangiare cose sane? Come insalate e carote."

 

Feci un verso indignato. "Tu sarai un buon marito per la tua donna incinta," dissi, "e no, mangio quello che voglio, perché sono incinto e ho bisogno di tutti i tipo di cibo. Adesso, ho bisogno di un BigMac, di patatine fritte e di una Coca Cola."

 

Sbuffò. "Suppongo che avrai un BigMac con patatine," disse mentre si girò a novanta gradi e si diresse verso il McDonald's.

 

"E una coca," gli ricordai.

 

"E una coca."

 

Dieci minuti dopo eravamo seduti in una panca ognuno su un lato del tavolo, io con il mio BigMac davanti ed Harry con-

 

"Un'insalata? Seriamente?" dissi masticando un boccone di hamburger.

 

Lui scrollò le spalle, ma sembrò soddisfatto quando guardò l'insalata di fronte a lui. "Nessun cibo spazzatura dal lunedì al venerdì," disse, "regole del Coach."

 

"Giusto, giusto, continuo a dimenticare che sei nella squadra di calcio," dissi dopo aver inghiottito, "com'è?"

 

"Mi stai chiedendo del calcio?" chiese con le sopracciglia sollevate.

 

"Beh, si," dissi, anche se leggermente esitante, "voglio dire, mi chiedi sempre del bambino e il bambino e un po' tutta la mia vita, come il calcio è la tua vita. Più o meno."

 

"Il bambino è un argomento che devo trattare, non credi?"

 

"Non se non vuoi," scrollai le spalle.

 

"Beh, voglio, ecco perché lo chiedo di tanto in tanto," disse. Mi rivolse una rapida occhiata. "Allora, come vanno le cose ora?"

 

Mi agitai un po', non sicuro se gli dovessi mentire oppure se gli dovessi scaricare tutti i miei problemi. "Quale risposta vuoi?" chiesi alla fine.

 

"La verità." Sembrava quasi un po' preoccupato e io sorrisi.

 

"Il bambino sta bene, se è questo che ti preoccupa," dissi.

 

"E tu?" chiese dopo qualche secondo di silenzio.

 

"Vuoi ancora la verità?"

 

"Si."

 

Sospirai e mi appoggiai alla sedia prima di iniziare a parlare. "Sono stanco tutto il dannato tempo; quando mi sveglio la mattina, quando sono a scuola, durante il pranzo, quando torno a casa nel pomeriggio e beh, fondamentalmente tutto il tempo. Sta diventando sempre più difficile nasconderlo a mia mamma e a Owen, mio fratello. Oggi prima di uscire, mi hanno chiesto sul mio peso. Owen specialmente. Non sospetta niente che possa essere vicino alla verità - almeno credo -, ma sa che qualcosa sta andando storto. Spero solo che non decida di raccontarlo a mia madre perché questo sarebbe... sarebbe un inferno, credimi. Non sanno nemmeno che sono gay, e se venissero a scoprire che sono incinto? Sarebbe orrendo. Non so cosa rispondergli quando mi fanno domande perché inizia ad essere un po' ovvio che non sia semplicemente un aumento di peso, non sono flaccido, o almeno penso, quindi... no, non lo so."

 

Quando smisi di parlare, Harry mi stava guardando con le sopracciglia sollevate in quello che sembrava essere divertimento.

 

"Scusami," dissi, "non ho intenzione di caricati di tutti i miei problemi, ne hai già più che a sufficienza da affrontare."

 

"Come ho detto, questo problema è per metà anche mio, quindi non preoccuparti."

 

"Certo, però hai comunque già abbastanza problemi tuoi."

 

"Non proprio," disse con facilità, "sto vivendo una vita abbastanza tranquilla, che tu ci creda o no."

 

"Ovvio che lo fai," dissi secco.

 

"Posso chiederti una cosa, però? Non ha a che fare con te."

 

Abbastanza sorpreso, strinsi le labbra. "Si, certo."

 

"Cosa pensi di Lauren?"

 

Dovetti costringermi a non roteare gli occhi. "Lauren? La tua ragazza?" riuscì a dire con tono neutro.

 

"Non è la mia ragazza, non ancora, ma si, lei."

 

"Non la conosco veramente," dissi vagamente, "comunque, perché me lo chiedi?"

 

Si strinse nelle spalle e si mordicchiò il labbro, guardandomi a disagio. "Nessuna ragione. Non proprio. È solo che Zayn e Liam continuano a dirmi che è una troia e sostanzialmente hanno sventolato la bandiera rossa quando ho detto loro che volevo chiederle di diventare la mia ragazza."

 

"Oh. Okay," rimasi un po' stupito da questa informazione improvvisa e non riuscì a pensare a niente di più intelligente da rispondere. Deviai il mio sguardo verso il tavolo, deglutendo quando i miei occhi finirono sul cibo. Improvvisamente non sembrava più così gustoso. Voleva chiedere a Lauren di diventare la sua fidanzata. La ragazza che fondamentalmente mi aveva minacciato. Voleva chiederle di essere la sua fidanzata. Si potrebbe dire che fossi un po' sconcertato, si. Solo un po'.

 

"Louis? Stai bene?"

 

Alzai lo sguardo al suono della voce di Harry e sorrisi un po' forzatamente. "Si, si, sto alla grande," dissi, probabilmente un po' troppo entusiasta.

 

Si accigliò. "Cosa c'è che non va?"

 

"Niente, niente," dissi, agitando le mani in aria.

 

Lui sospirò. "C'è chiaramente qualcosa che non va."

 

"No, non è niente, va tutto bene," insistetti.

 

"Louis, andiamo, dimmi."

 

"Non è niente, è tutto okay, dico davvero."

 

"Stai dicendo stronzate," affermò, "dimmelo."

 

"Non è-"

 

"È qualcosa che riguarda Lauren?"

 

Il mio sguardo cadde immediatamente verso il tavolo e mi maledii per la mia scarsa capacità di riuscire a mentire. Sentii Harry sospirare.

 

"Quindi è qualcosa su Lauren," disse, "ti piacerebbe essere così gentile da dirmi se c'è qualcosa che dovrei sapere prima di chiederle di essere la mia ragazza?"

 

Era una brutta idea dirgli cosa mi aveva detto Lauren a pranzo quel giorno stesso, ma come potevo rifiutare quando mi guardava così? Disperato e supplicante e carino e splendido e okay, è abbastanza. "Probabilmente non è niente," dissi.

 

"Se c'è qualcosa, vorrei saperlo."

 

Chiusi gli occhi per un attimo, mandando una preghiera silenziosa alle forze superiori, ma poi parlai. "È solo una cosa che è successa oggi a pranzo," dissi, "è venuta dove ero seduto e... mi ha detto di stare lontano da te perché eri suo. Niente di più." Il 'niente che tu abbia bisogno di sapere almeno' non lo pronunciai.

 

"Lei... ti ha detto di starmi lontano?"

 

"Si."

 

"Oh," disse semplicemente masticando un pezzo di pomodoro, "mi dispiace."

 

"No, è tutto ok."

 

"Sei sicuro?"

 

"Affermativo."

 

"Quindi pensi che dovrei chiederle di diventare la mia fidanzata?"

 

"Certo, se è questo ciò che vuoi," dissi, ignorando la vocina sul retro della mia testa che protestava come se non ci fosse un domani.

 

"Immagino che lo farò allora," disse con un piccolo sorriso soddisfatto, "mi manca avere una ragazza."

 

"Comprensibile, credo. Per quel che ne sappia."

 

"Non hai mai avuto una ragazza?" alzai le sopracciglia e lui sorrise in segno di scuse. "Scusa, non hai mai avuto un ragazzo?"

 

"Né una ragazza, né un ragazzo, solo scopato con due persone diverse, una di queste mi ha messo incinto," dissi scuotendo la testa, chiedendomi perché stavo condividendo quei dettagli piuttosto imbarazzanti della mia vita personale con qualcuno che era praticamente uno sconosciuto. Okay, forse non più uno sconosciuto, ma quasi.

 

Sorrise ironicamente. "Mi dispiace per quello. Probabilmente mi sarebbe passato per la mente di usare il preservativo se fossi stato un po' più cosciente."

 

Se fossi stato cosciente, non mi avresti scopato in primo luogo. "Io ero cosciente, non mi aspettavo di rimanere incinto e quindi non mi sono preoccupato di pensare al preservativo," dissi con calma.

 

"Ci sono anche le malattie, sai."

 

"Ehi, anche se ero cosciente, ero comunque ubriaco."

 

Sorrise debolmente, ma non disse nulla subito. "Ehi, a proposito," disse dopo uno o due minuti passati in silenzio, "hai detto che sei andato a letto con due persone diverse, ma io non ero il primo? O è stato dopo di me?"

 

Scossi la testa. "No, prima di te, un anno e mezzo prima, ed era con una ragazza, quindi... sono abbastanza sicuro che il bambino non sia suo."

 

"Pensavo che fossi gay."

 

"L'ho dovuto capire in qualche modo, no?"

 

Non disse nulla e continuammo a mangiare i nostri pasti in silenzio. Quando finimmo, ci alzammo dalle nostre sedie, buttammo i resti nella spazzatura e uscimmo dal McDonald's.

 

"Dovrei fare una chiamata agli altri," disse Harry, una volta lontani dall'odore di olio e di hamburger.

 

"Io dovrei tornare a casa," dissi in fretta per evitare incontri scomodi con Liam, Niall e Zayn.

 

"Si, okay. Ma... ci vediamo nell'ufficio del medico martedì prossimo, giusto?"

 

Annuii. "Si."

 

"Conosceremo il sesso del bambino," disse, sorridendo ampiamente.

 

"Lo so," dissi, agitandomi un po', "sto cercando di non essere troppo esaltato."

 

"Giusto. Beh, dovrei andare, allora... ciao."

 

"Ciao."

 

E così rimasi lì, guardando la sua schiena mentre si allontanava, lasciandomi lì con una busta di vestiti in mano a pensare che quel giorno si era trasformato in qualcosa che non mi sarei mai aspettato.

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Capitolo 11
*** 11. I don't know about you, but I'm kinda nervous here. ***


CAPITOLO 11
Non so tu, ma io sono un po' nervoso qui.

 

Le due settimane a venire passarono in una sfocatura di sonno, lavoro scolastico e mamma che mi dava consigli riguardo al fatto che forse dovevo iniziare a fare qualche esercizio fisico. A parte questo, erano state due settimane abbastanza calme e poco interessanti, a meno che l'essere assillato da Owen per il mio peso potesse essere contato come interessante. Avevo visto Lauren e Harry una volta quando stavano facendo una passeggiata, ma fortunatamente Harry non mi aveva visto. Lauren si, e anche se non si era avvicinata, mi aveva lanciato uno sguardo sprezzante, qualcosa che mi aveva portato a credere che Harry finalmente le aveva chiesto di essere la sua ragazza. Faceva davvero schifo, per essere completamente onesto, perché sapevo di avere una cotta per un ragazzo etero che era dolorosamente ed ovviamente innamorato di qualcun altro. Tutto sommato i quattordici giorni che avevano separato lo shopping con Harry e la prossima visita dal medico erano stati piuttosto noiosi.

 

 

Martedì, 25 Gennaio

Diciannove settimane e un giorno

 

"È bello vedervi di nuovo qui," disse la Dott.ssa Hayes una volta che io ed Harry entrammo nell'ufficio e lei chiuse la porta dietro di noi.

 

Harry era arrivato appena in tempo; esattamente quando la dottoressa aveva aperto la porta del suo ufficio per chiamare il mio nome, era spuntato dalla porta d'ingresso con la neve che copriva i suoi capelli ricci e le guance rosse a causa del vento freddo. Era stupendo, però. Naturalmente lo era.

 

"Avete domande o possiamo iniziare?" chiese, mentre Harry e io ci toglievamo i cappotti e li appendevamo su un attaccapanni accanto alla porta.

 

"Penso che possiamo iniziare," dissi con un attento sguardo verso Harry per vedere se avesse qualcosa da chiedere.

 

Con mia sorpresa lo fece, "mi stavo solo chiedendo," cominciò un po' esistente, "per il fatto dell'adozione e tutto, come funziona?"

 

Spalancai gli occhi. Non mi piaceva pensare a quella parte dell'intera situazione. Quel bambino sarebbe stato dentro di me per altri cinque mesi e portare qualcuno dentro per così tanto tempo per poi darlo via era un pensiero piuttosto deprimente.

 

"Harry, possiamo preoccuparci di questo... un'altra volta?" dissi, quasi gentilmente, prima che la Dott.ssa Hayes rispondesse.

 

"Oh, si, certo, scusami," disse con uno sguardo di scuse verso di me.

 

La stanza rimase in silenzio per alcuni secondi prima che la dottoressa parlasse di nuovo. "Okay, se nessuno di voi ha altre domande, puoi andare alla bilancia, Louis," disse.

 

Non dissi niente, ma feci come mi aveva detto e sospirai solennemente quando i numeri sulla bilancia si fermarono a settantadue chili e cento grammi.

 

"Quanto peserò quando sarò al nono mese?" chiesi una volta che mi sedetti sulla sedia accanto ad Harry.

 

Anche lei si sedette e rispose mentre scarabocchiava qualcosa su un foglio di carta davanti a lei. "Dipende da persona a persona, quindi è difficile dirlo con esattezza, ma a giudicare dal tuo peso e la tua altezza prima di rimanere incinto, direi circa ottanta chili, più o meno."

 

"Ottanta chili?" urlai, lasciando cadere la mia mascella.

 

"Rilassati," disse Harry e mise una mano sul mio ginocchio, "sei solo incinto, ricordi? Solo incinto, non grasso."

 

"Lo so, lo so," mormorai, cercando di ignorare la sensazione di formicolio che scoppiò là dove la mano di Harry era appoggiata sulla mia gamba.

 

"Okay, beh, dovremmo passare all'ecografia allora," disse la Dott.ssa Hayes interrompendo ogni ulteriore osservazione, o Harry avrebbe aggiunto altro alla nostra conversazione.

 

"Immagino che significa che devo alzarmi e togliermi la maglietta," dissi.

 

"Non sembri troppo contento, ma si."

 

Sospirai, ma mi alzai.

 

"Si, dai, spogliati," disse Harry con un sorrisetto.

 

Bloccai la mia lingua che fremeva per rispondergli e mi tolsi il maglione gettandolo poi sulla sedia in cui ero seduto.

 

"È, tipo, sicura al cento per cento che conosceremo il sesso del bambino adesso?" chiese Harry mentre si alzò e si avvicinò alla sedia del lettino e si sedette.

 

"Non direi al cento per cento, ma almeno al novanta," rispose la dottoressa mentre spingeva una serie di pulsanti sulla macchina e la accese. "Louis, tu sdraiati qui, come al solito," aggiunse e fece un cenno verso il lettino.

 

Feci come mi aveva detto, saltai sul lettino e mi sdraiai, i miei occhi incollati al monitor dove sapevo avrei visto l'immagine del mio bambino. Il gel, di cui ero abituato ormai, era spruzzato sul mio stomaco e storsi il naso per la sua freschezza.

 

"Tutto ok?" chiese Harry mentre la dottoressa cominciò a spostare il trasduttore sul ventre.

 

"Si, perché?" chiesi.

 

Lui scrollò le spalle. "Non so tu, ma io sono un po' nervoso qui."

 

"Lo sei?" chiesi, leggermente sorpreso.

 

"Che tu ci creda o no, si. Cosa succede se scopriamo che è tipo un... ermafrodito o qualcosa del genere? Oppure se avesse due teste o tre piedi? Considerando le circostanze, non sarei tanto stupito se ci fosse qualcosa di sbagliato. Voglio dire, non sappiamo neppure com'è fatto, perché non può essere fatto di due cose uguali, no?"

 

"Sperma, Harry," dissi, cercando di trattenere la risata che mi sarebbe piaciuta lasciar andare al suo discorso sconnesso. "E speriamo che non sia deformato in alcun modo, okay? Sarà già abbastanza difficile se dovesse scoprire da dove è venuto."

 

"Beh," disse la Dott.ssa Hayes lentamente prima che Harry potesse rispondere, e quando alzai la testa con uno scatto per guardarla, vidi un sorriso sul suo volto, "probabilmente dovreste smetterla di chiamarlo 'cosa' e iniziare a chiamarlo 'lui'."

 

La guardai per qualche secondo, completamente sconvolto, ma poi il mio cervello si ricollegò alla bocca e la guardai con occhi spalancati. "È... è- è un maschietto?" chiesi balbettando.

 

Lei annuì e prima sorrise a me, poi a Harry. "È un maschietto, complimenti."

 

Mi voltai di nuovo e guardai Harry, che ricambiò lo sguardo con un sorriso enorme e con gli occhi luminosi di felicità.

 

"Io- voglio dire, stiamo- voglio dire-" balbettai, poco sicuro di quale scelta di parole sarebbe stata migliore.

 

"Avremo un maschietto," mi interruppe Harry con un sorriso morbido, "un piccolo maschietto."

 

Sorrisi. "È quello che desideravamo, no?" dissi, "un piccolo maschietto... un amico, un calciatore."

 

"Beh, come tu hai detto, finché è sano, va bene."

 

"E lo è, è un maschietto perfettamente sano," disse la Dott.ssa Hayes.

 

"Un maschietto perfettamente sano," ripetei quasi in un sussurro, "merda."

 

"Sarà bello dirglielo, no? Che quando hai scoperto il suo sesso hai detto 'merda'," disse Harry.

 

"È un bel ricordo," risposi.

 

"Certo, certo."

 

Poi mi ricordai improvvisamente che nessuno di noi avrebbe mai potuto dirglielo. Non avremmo potuto dirgli nulla. Non appena sarebbe nato, lo avrebbero portato via da me, portato via da entrambi, e probabilmente non lo avremmo più visto.

 

"Io- credo che abbiamo visto abbastanza," mormorai.

 

"Cosa?" disse Harry confuso. Poi gettò un rapido sguardo verso la mia faccia e il suo sorriso scemò. "Whoa, ehi, cosa c'è che non va?" chiese, apparentemente davvero preoccupato.

 

Mi sentivo già emotivamente instabile, le parole uscirono dalla mia bocca e non provai nemmeno a fermarle. "È solo che... non saremo mai in grado di dirgli nulla, niente di niente. Nascerà da me, ma sarà cresciuto da persone completamente diverse e non saprà nemmeno chi siamo noi. Non saprà mai delle sue origini un po' insolite e non incontrerà mai nessuno di noi due. Sarà portato via da me una volta nato e odio il pensiero. Lo odio tanto."

 

Terminai il discorso con un profondo e tremante singhiozzo, ed Harry si inchinò in avanti e prese una delle mie mani tra le sue. Sembrava piuttosto piccola in confronto, ma non ci feci molto caso in quel momento. La mia attenzione era focalizzata sul fatto che Harry tenesse la mia mano e che il suo volto era a qualche centimetro di distanza dal mio.

 

"Se non vuoi darlo in adozione, non farlo," disse, "è una tua scelta se vuoi darlo via o no, ma se decidi di tenerlo, sarò lì per te, okay?"

 

Scossi la testa debolmente. "Non è così facile," dissi, "e la scuola? E mia mamma e mio fratello? E la tua famiglia, i tuoi amici, la tua ragazza? E il resto della gente in questa città? E cosa sul college? Nessuno di noi due è pronto per avere un figlio, Harry, e non stiamo nemmeno insieme. È una cazzata."

 

"Ci sono bambini che crescono con genitori separati, sai," disse con delicatezza, "e non ho detto che sarà facile, stavo solo dicendo che se davvero non vuoi darlo in adozione, io non ti abbandonerò o qualcosa del genere."

 

Sorrisi tristemente. "Sei un bravo ragazzo e lo apprezzo, ma..." mi allontanai e scossi la testa, "non funzionerebbe mai."

 

"Bhe, è sempre un'opzione, almeno da parte mia. Basta che tu lo sappia."

 

Inghiottii e annuii. "Grazie."

 

Venti minuti dopo stavamo uscendo dall'edificio, entrambi in silenzio ed entrambi profondamente pensierosi. Almeno, sembrava che Harry fosse pensieroso a giudicare dal suo sguardo vuoto rivolto al suolo. Io per primo avevo effettivamente, follemente e stupidamente iniziato a considerare la possibilità di tenere il bambino. Tenerlo, crescerlo, conoscerlo, l'intero pacchetto. Era assolutamente pazzo e sconsiderato e avrebbe causato più problemi di quelli che avrebbe risolto, ma... il bambino non era più 'la cosa', era 'lui' e quello lo aveva reso più reale di quanto sembrasse un'ora prima.

 

"Tutto bene?" chiese Harry dopo essersi fermato sul marciapiede fuori dall'edificio da cui eravamo appena usciti.

 

Scrollai le spalle. "Non lo so. Forse."

 

"Stai pensando di tenerlo, vero?" disse, un sorriso notevole che sollevava gli angoli della sua bocca.

 

"Sto cercando di non farlo," dissi con un gemito, "perché so che non posso, ma... è un maschietto, Harry, ho un maschietto dentro la mia pancia," continuai, colpendola, "e non mi piace l'idea di altre persone che lo crescono." Harry ricambiò il mio sguardo senza dire niente e gemetti nuovamente. "Mi dispiace, sembro assolutamente pazzo, vero?"

 

"No, non sembri pazzo," disse con un sospiro, "ti capisco."

 

"Davvero?"

 

"Si. Voglio dire, non ho il bambino dentro di me, ma per metà è mio e non mi piace l'idea di altre persone che lo prendono. Non voglio."

 

Annuii appena, sapevo che stavamo camminando in un territorio pericoloso con questa conversazione.

 

"Hai ancora qualche mese per decidere," disse infine quando fu chiaro che non avevo intenzione di aprire bocca.

 

"Si, fortunatamente," dissi.

 

"Hmm."

 

Rimanemmo in silenzio lì per un momento. "Devi fare qualcosa ora?" chiese Harry.

 

"Oh. No, stavo pensando di tornare a casa e di riposare," dissi, felice del cambiamento di argomento, "tu?"

 

"Tornare a casa."

 

"Giusto, giusto."

 

"Hm." Mi guardò in modo insicuro, come se volesse dirmi qualcosa, e ricambiai lo sguardo interrogativo.

 

"Che c'è?"

 

"No, stavo solo pensando che... beh, sai, stai andando a casa e così anche io, quindi ho pensato che forse ti piacerebbe passare il tempo facendo altro."

 

Sorrisi al suo malcelato nervosismo e cercai di nascondere il fatto che le mie budella stessero facendo una danza felice. "Si, va bene," dissi, "se non devi uscire con Lauren, naturalmente."

 

"Se fossi dovuto uscire con Lauren non te lo avrei chiesto," disse, il nervosismo sostituito da un sorriso divertito che mi fece arrossire furiosamente.

 

"Si," mormorai, maledicendo la mia stupidità.

 

"Quindi casa mia o tua?" chiese, e fui felice che non si soffermò sul mio ovvio imbarazzo.

 

"La tua casa è molto più grande, e poi mia mamma e mio fratello probabilmente uscirebbero ed entrerebbero dalla mia stanza tutto il giorno e-"

 

"Quindi pensi che dovremmo andare a casa mia?" mi interruppe.

 

Mi morsi il labbro. "Se non ti dispiace," dissi esitante.

 

"Niente affatto," disse con un gesto della mano che indicava di seguirlo. Divenne presto chiaro che stavamo arrivando al piccolo parcheggio e venti secondi più tardi si dimostrò giusto, quando si fermò davanti allo stesso Volkswagen nero con cui mi aveva accompagnato a casa dopo l'ultimo appuntamento tre settimane prima. "Mi sentivo pigro questa mattina, quindi sono venuto in macchina," disse con un sorriso imperturbabile, interpretando correttamente le mie sopracciglia sollevate.

 

Sorrisi un po' mentre ci sedevamo in macchina, lui sul lato del conducente e il sul lato del passeggero.

 

"Per cosa stai sorridendo?" chiese mentre si agganciava la cintura di sicurezza.

 

"Niente, solo... non lo so, mi sembra divertente come siano sempre le persone atletiche quelle più pigre quando si tratta di percorrere distanza più lunghe," dissi con una scrollata di spalle.

 

"Non è ovvio il motivo?" disse e girò la chiave, avviando il motore.

 

"Dovrebbe esserlo?"

 

"Si. Noi persone atletiche, come hai detto in modo eloquente, spendiamo tutta la nostra energia facendo tutto il tempo allenamento, così ovviamente non vogliamo sprecare quel poco di energia che ci rimane camminando, giusto?"

 

"Quindi stai dicendo che fai troppo allenamento e perciò non hai abbastanza energia per fare le cose quotidiane come camminare?"

 

"Esattamente."

 

"È una filosofia orribile."

 

"Questo è quello che mamma mi ha detto quando le dissi che non avevo abbastanza energie per passare l'aspirapolvere in soggiorno la scorsa settimana."

 

La nostra discussione continuò così per il resto della breve corsa verso casa di Harry, continuò quando uscimmo dalla macchina e finché non ci fermammo all'ingresso, e terminò con un 'va bene, siamo d'accordo sul non essere d'accordo'.

 

"Non credo che ci sia qualcuno a casa," disse Harry mentre ci incamminavamo verso l'interno, "vuoi qualcosa da mangiare o da bere?" aggiunse mentre entravamo in una cucina enorme.

 

"No, sto bene," dissi.

 

Con mia sorpresa - e leggera offesa - lui sbuffò e mi guardò con le sopracciglia sollevate in modo scettico. "Non vuoi niente?"

 

Incrociai le braccia al petto. "No, non voglio niente."

 

"Sei sempre un bugiardo terribile, sai," disse mentre cercava dentro il frigorifero, che era fornito di cibo che sembrava piuttosto appetitoso.

 

"Perchè pensi che io voglia qualcosa?" dissi, cercando di apparire offeso e acido, sebbene finì per fare un mezzo broncio con gli occhi stretti.

 

"Perché sei incinto e le persone desiderano sempre qualcosa," disse lui semplicemente.

 

"Forse no, forse sono unico."

 

"In primo luogo il fatto che tu sia incinto ti rende un po' unico, non credi!"

 

Schioccai la lingua e continuai a guardarlo con occhi stretti, ma non dissi niente.

 

Lui scrollò le spalle. "Beh, voglio qualcosa da mangiare, quindi farò la pasta alla carbonara," disse e iniziò a portare fuori diversi ingredienti dal frigorifero. "Sei sicuro che non ne vuoi un po'?"

 

Gemetti al pensiero della pasta. Dio. Pasta. "Non mi guarderai come se fossi un maiale, vero?" chiesi, guardandolo sospettoso.

 

"Sai, sei incredibilmente lontano dall'essere deriso per il fatto di essere gay," disse, "ma no, non ti guarderò come se fossi un maiale."

 

"Non sono così gay," mi difesi, "non l'avresti mai immaginato se non te l'avessi detto."

 

"Bene, non sei così gay. Quindi vuoi pasta o no?"

 

"Si, per favore," dissi con voce sconfitta.

 

Scoprii che Harry era un cuoco migliore di me. Non che quello dicesse molto; anche io ero bravo a cucinare, ero stato in grado di friggere le uova e il bacon, fare un hamburger con formaggio e cose basilari, il tutto senza bruciare niente, ma probabilmente non avrei mai potuto fare la pasta come la faceva Harry.

 

"Sposami, Harry," dissi masticando il primo boccone di pasta. Poi desiderai schiaffeggiarmi per la mia scarsa scelta di parole. "Scusami, non volevo dirlo così," aggiunsi rapidamente," intendevo che - sai, questa pasta è veramente buona. La tua futura moglie non dovrà cucinare, quindi c'è una nuova svolta per il vecchio stereotipo, suppongo."

 

Lui sorrise al mio sconvolgente imbarazzo. "Sono contento che ti piaccia," fu tutto ciò che disse.

 

Finii la mia parte in velocità record e arrossii furiosamente quando mi resi conto che Harry aveva ancora metà del piatto pieno. Per non sembrare ancora di più un maiale, misi giù la forchetta e spinsi il mio piatto un po' in avanti per segnalare di aver finito. Forse era un po' più evidente di quello che speravo perché solo un paio di minuti dopo che ingoiai il mio ultimo boccone di cibo, Harry ridacchiò.

 

"Sei ancora affamato, vero?" chiese.

 

Boccheggiai. "No!"

 

"Lo sei," disse con una scrollata di spalle, "ecco, dammi il tuo piatto," aggiunse e allungò una mano.

 

"Non sono ancora affamato," dissi con fermezza, "ho appena mangiato un intero piatto di pasta, pasta davvero ottima, a proposito, e sono completamente, al cento per cento pieno e- come lo sapevi?"

 

Rise e afferrò il piatto che gli stavo porgendo. "Sembravi affamato," disse mentre metteva più cibo sul mio piatto.

 

Lo guardai sentendomi leggermente miserabile. "Come fai a essere capace di leggermi come un libro aperto? È imbarazzante," mormorai.

 

"Rilassati, è solo che continuavi a guardare il mio piatto, quindi ho pensato che volessi più cibo."

 

"Oh. Grazie allora."

 

"Nessun problema."

 

Quindici minuti più tardi avevamo finito entrambi di mangiare e io ero davvero pieno. Troppo pieno. Però tenni la bocca chiusa, non avevo bisogno che Harry pensasse che fossi un piagnucolone oltre ad essere un maiale e uno scherzo della natura. Lavammo i piatti in fretta, io riuscii a rovesciare una mezza bottiglia di sapone sul pavimento, e dopo mi buttai sul letto incredibilmente confortevole di Harry, proprio come l'ultima volta che ero stato lì.

 

"Mi sto per addormentare di nuovo, sai," dissi.

 

"È davvero così comodo?"

 

Sospirai contento dalla mia posizione, appoggiato contro la montagna di cuscini e le gambe allungate. "Non hai idea."

 

"Hm. Bene. Ehi, posso farti una domanda? Magari ti tiene sveglio."

 

"Dovrà essere una buona domanda," dissi, "ma certo, spara."

 

"Non voglio sembrare un completo stronzo ma perché tu sei, tipo, sempre solo?"

 

Sbattei le palpebre. Non abbastanza sicuro su cosa dire, aprii e chiusi la bocca un buon numero di volte prima di parlare. "Io... suppongo perché non ho davvero, sai, nessuno con cui stare," dissi esitante.

 

"Non hai...?" minimizzò, non volendo dire quello che ovviamente stava pensando.

 

"Amici? No, non oltre Eleanor, e lei non va nella nostra stessa scuola, quindi... beh, questo significa che sono solo." Provai a suonare indifferente, ma ancora una volta Harry era stato in grado di capirmi.

 

"Non ti piace." Era un'affermazione, non una domanda.

 

"Cosa intendi?"

 

"Ti rende triste," disse, "essere così tanto solo."

 

"Certo che non mi piace," dissi con una risata senza umorismo, "nessuno ama essere sempre da solo tutto il tempo. Non almeno la maggior parte delle persone."

 

"Allora perché tu non... sai, ti fai qualche amico?" chiese, sembrando confuso. Naturalmente era confuso. Lui era circondato da persone per tutto il tempo, un sacco di persone che volevano essere sue amiche, non aveva le esperienze e le conoscenze per capire che non per tutti era così facile.

 

"Perché le persone non vogliono essere mie amiche," dissi semplicemente.

 

"Ma -"

 

"Lascia perdere, Harry," dissi con un sorriso stanco, "è stato così per anni e sono abituato a questo. In sei mesi avrò finito la scuola superiore, quindi non importa."

 

"Si, beh, è deprimente vederti seduto da solo ogni giorno."

 

"Tu... mi hai guardato?" chiesi, una sensazione di felicità crebbe dentro di me.

 

Roteò gli occhi. "Non interpretarlo in maniera diversa, noto un sacco di persone."

 

Ed ecco quanto era durata la mia momentanea felicità. "Si," dissi, giocando nervosamente con le mie mani.

 

"Cosa c'è che non va?"

 

"Hm?"

 

"Sembri triste. Cosa c'è che non va?"

 

"Niente." Lui aprì la bocca, ovviamente per protestare, ma continuai a parlare prima che proferisse parola. "Posso farti una domanda adesso?"

 

Gesticolò con le mani come per dire 'certo qualunque cosa'.

 

"Ok, te l'ho già chiesto due volte, ma stiamo stati interrotti entrambe le volte prima che mi rispondessi, quindi io... te lo chiederò di nuovo," dissi, l'ultima parte in modo esitante. "Sei... gay?"

 

Proprio come la prima e la seconda volta che glielo chiesi, il suo corpo si irrigidì e lo vidi stringere la mascella.

 

"Perché sei così insistente nel ricevere una risposta a questo?" chiede dopo una piccola esitazione.

 

Scrollai le spalle, sentendomi un po' indifeso. "Non è forse... ovvio?"

 

"Ho capito quella parte, ma perché lo vuoi sapere così tanto? Credi che dicendoti di essere gay, tu mi farai rompere con Lauren così che io possa uscire con te?" Il suo tono era insolitamente duro e quello mi ferii quasi più delle sue parole.

 

"Io- no! Naturalmente no," dissi, sollevandomi un po', "mi stavo solo chiedendo perché-"

 

"Si, si, certo," sputò praticamente, guardandomi con rabbia, "beh non sono gay. Non lo sono, per cui le tue fantasie possono finire adesso."

 

La mia bocca si aprì. "Le mie fantasie?" dissi incredulo, "Harry, ti ricordi quando mi chiedesti se il fatto che tu fossi un'atleta significasse automaticamente che tu fossi un coglione e io ti risposi di no? Beh, ho cambiato idea, sei un coglione. Sei un emerito coglione. E sai un'altra cosa? Potrei pure non avere amici, ma se l'opzione è uscire con persone come te, penso che preferisco rimanere solo." Mentre parlavo mi alzai dal letto e mi misi in piedi, guardando Harry che ancora era seduto al suo posto, guardandomi con gli stessi occhi arrabbiati. Scossi la testa, sorridendo senza umorismo. "Non so seriamente a cosa diavolo stessi pensando quando ho creduto che forse noi due saremmo potuti essere amici. Questo è quello in cui ho sperato, vero? Sono, e sarò sempre, il ragazzo gay senza amici e senza- ow!"

 

Ho davvero bisogno di smettere di agitarmi, fu il pensiero che mi attraversò la testa quando il familiare dolore acuto colpì il mio ventre. Mi avvolsi le mani intorno al mio stomaco per cercare di alleviare il dolore in qualche modo, ma naturalmente non servì. Le gambe si rifiutarono di consentirmi di rimanere in piedi e caddi a terra, tenendomi ancora lo stomaco. Sentii Harry alzarsi dal letto e un paio di secondi dopo era seduto accanto a me sul pavimento.

 

"Cosa sta succedendo?" chiese, tutta la rabbia andata via dalla sua voce e invece sostituita dalla preoccupazione.

 

"Fa male," mormorai, prima che il mio intero corpo si piegasse e caddi di lato, quasi sdraiato sul grembo di Harry. Se non fosse stato per il fatto che ero impegnato a cercare di farmi passare i dolori, mi sarei sentito incredibilmente in imbarazzo.

 

"Okay, che cosa dovrei fare?" chiese, ovviamente cercando di stare tranquillo, con una delle sue mani appoggiate sulla mia spalla e l'altra che giocava attentamente con i miei capelli.

 

"Niente," soffocai, stringendo la mia maglietta per impedirmi di emettere suoni potenzialmente imbarazzanti, "passerà."

 

Le contrazioni - se erano quelle - continuavano a lacerarmi, ma a differenza della prima volta che successe, il dolore diminuiva gradualmente. Dopo circa cinque minuti o giù di lì si arrestarono completamente, e tentai di togliere le mani dalla mia pancia.

 

"Si è fermato?" chiese Harry, ancora con la mano nei miei capelli, accarezzandoli delicatamente.

 

"Si, va tutto bene adesso," dissi e tentai di sedermi, ma Harry mi spinse di nuovo giù.

 

"Non credo che dovresti spostarti subito," disse.

 

Girai la testa, guardandolo direttamente, incontrando il suo sguardo. Sembrava preoccupato, veramente preoccupato, e quella vista innescò qualcosa dentro di me. L'impulso di allungare la mia mano e toccare il suo volto era schiacciante, ma non avevo dimenticato il litigio che avevamo avuto prima che io cadessi, e mostrare qualsiasi tipo di affetto in quel momento sarebbe stato sbagliato. In realtà, sarebbe stato sbagliato in qualsiasi momento quando si trattava di Harry.

 

"Posso sedermi, è tutto a posto," dissi, provando a spostarmi ancora una volta, solo per essere riportato di nuovo alla mia precedente posizione.

 

"Non voglio che tu ti muova," disse fermamente, "potresti fargli del male. O a te stesso, e non voglio."

 

"Stavamo litigando meno di dieci minuti fa, Harry, non dovrei essere... accoccolato sul tuo grembo ora," dissi, "in realtà, non dovrei mai stare accoccolato sul tuo grembo, potrei avere alcune fantasie."

 

Sospirò e mi sorrise mentre continuava a giocare con i miei capelli. Era bravo a farlo, notai. "Sono davvero dispiaciuto per quello," disse, "era completamente sconsiderato e si, sono stato un coglione. Mi hai fatto una semplice domanda e sono impazzito e mi dispiace. L'intera storia-gay è diventato un argomento dolente in questi ultimi giorni e credo di essere un po' scattato."

 

"Un argomento dolente? Come mai?" chiesi, dimenticandomi di dover essere arrabbiato con lui.

 

"Liam e Zayn, sono costantemente su di me, insistendo con questa storia, sul fatto che loro stanno aspettando il giorno in cui uscirò dall'armadio o qualcosa del genere e Niall scoppia a ridere ogni volta che iniziano, come se fosse solo tutto un gioco. E Lauren... ogni volta che menziono un altro ragazzo, inizia ad impazzire e cazzo, è estenuante!"

 

Non potei fare a meno di sorridere un po' per l'espressione completamente disperata sul suo volto. "È da un paio di giorni che va avanti?" chiesi.

 

"Si."

 

"Come mai?"

 

Sospirò e si mordicchiò il labbro, come se fosse nervoso per quello che stava per dire. "Immagino che io abbia... parlato molto di te recentemente, sia ai ragazzi che a Lauren, e anche del bambino con i ragazzi, e credo che pensassero che stessi parlando troppo di te e mi hanno accusato di estraniarmi e di guardarti durante il pranzo e-"

 

"Probabilmente dovresti fermarti, altrimenti comincerò a fare fantasie," dissi. La mia voce era leggermene scherzosa, ma sotto sotto ero dannatamente serio.

 

"Scusa," mormorò, "ma si, quindi ora tutti, inclusa la mia ragazza a cui credo di aver dimostrato la mia eterosessualità più di una volta, pensano che io sia gay."

 

"Va bene, grazie, non ho bisogno di ulteriori dettagli su questo," dissi, agitando un po' le mani per illustrare il mio punto. Non sentivo veramente la necessità di ascoltare qualcosa sulla vita sessuale di Harry e Lauren; era già abbastanza sapere che ne avessero una.

 

"Non intendevo quello, pervertito," sbuffò e colpì la mia spalla, "volevo solo dire che le ho chiesto di diventare la mia ragazza, la bacio, e beh, si, altre cose che hai detto, ma... io la amo e non so realmente cosa posso fare per dimostrarle che sono abbastanza etero."

 

"Beh, ti offrirei di picchiarmi nei corridoi e chiamarmi frocio di fronte a lei, ma con il bambino e tutto non credo che sia una buona idea," dissi con una risata senza umorismo.

 

"Non ti picchierei mai e non ti chiamerei mai frocio," disse, "bambino o no."

 

"No, ma vorresti chiamarmi idiota e scompigliarmi i capelli, apparentemente."

 

"Ah si," mormorò, "non dire a Lauren che ho detto questo, perché mi ucciderebbe, ma hai i capelli più soffici dei suoi."

 

"Grazie," dissi, sorridendo, "e tu non dire a Lauren che ho detto questo, perché mi ucciderebbe, ma il suo ragazzo è troppo buono per lei."

 

Ciò che volevo dire era oltre la mia comprensione, perché nessuno di noi due, attualmente, aveva bisogno di altre ragioni per sentirsi in imbarazzo l'uno vicino all'altro. Per fortuna, tuttavia, non cominciò ad urlare nuovamente, non rise nemmeno. Mi guardò per molto tempo, con la mano che ancora giocava con i miei capelli, e infine un sorriso apparì sul suo volto.

 

"Grazie," disse.

 

Ricambiai il sorriso per un breve secondo prima di sbattere le palpebre un paio di volte, scendendo dalla mia nuvola rosa. "Sto veramente bene, adesso posso sedermi," dissi.

 

"No, rimani, solo- solo un altro po'," disse.

 

Aggrottai le sopracciglia verso di lui in modo interrogativo e in realtà arrossii un po'.

 

"Perché... vuoi che rimanga qui?" chiesi esitante.

 

"Nessuna ragione," rispose, anche se sembrava un po' a disagio.

 

"Harry," cominciai, mordendomi nervosamente il labbro, "sai che non... ti giudicherò o altro, non importa quello che mi dici. Non lo dirò e nessuno, se è quello che ti preoccupa." Non che avessi qualcuno a cui dirlo.

 

"Non dirmi che stai parlando di nuovo dell'argomento 'gay'," disse con un piccolo gemito.

 

"No, non necessariamente," dissi in fretta, non volendo che cominciasse di nuovo ad urlare, "solo, sai, se c'è qualcos'altro."

 

"Per quello ho Lauren e Niall, Liam e Zayn."

 

Cercai di non offendermi per quelle parole. "Si, va bene," dissi con un sorriso debole, "beh, io- sono comunque qui, se... vuoi, tipo... non lo so," aggiunsi, balbettando un po', "tu sei fondamentalmente l'unico a cui posso parlare apertamente in questi giorni, quindi... si, non lo so."

 

Sorrise forzatamente e riprese a giocare con i miei capelli. Non avevo nemmeno notato che si fosse fermato prima. "Grazie," disse semplicemente.

 

Mormorai in risposta e la successiva mezz'ora rimanemmo nella stessa posizione fino a quando mi addormentai nel suo grembo. Quando mi svegliai, mi trovavo nel letto di Harry e lui era addormentato accanto a me.

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Capitolo 12
*** 12. You're gonna be the death of me, Harry Styles. ***


CAPITOLO 12

Tu sarai la mia morte, Harry Styles.

 

 

Un sacco di neve cadde durante una settimana della fine di Gennaio, ma, tipico dell'Inghilterra, ci mise molto prima di sciogliersi. Purtroppo, il freddo arrivò prima che la neve fosse sciolta del tutto, quindi si gelò completamente, il che significò strade congelate. Io ero sempre me stesso e continuavo ad essere incinto, quando andavo a scuola avevo davvero paura di cadere e far male al bambino, quindi finii per camminare così lentamente e con attenzione che ero arrivato in ritardo in classe più o meno tutti i giorni.

 

Tutta la settimana era stata noiosa e faticosa, piena di compiti e notti insonni. Molto spesso mi svegliavo nel bel mezzo della notte perché il bambino stava calciando, e non importava quanto fossi irritato, finivo sempre per parlargli con molta tranquillità e a volte anche a cantare, fin quando non si fermava. Quando mi svegliavo il mattino successivo, mi sentivo un assoluto idiota, ma continuavo a farlo, notte dopo notte, e ad un certo punto era diventata una routine.

 

Avevo dimenticato di fissare un nuovo appuntamento con la Dott.ssa Hayes quando io ed Harry eravamo andati l'ultima volta, così la chiamai e le chiesi quando sarei dovuto andare. Mi segnò per Mercoledì 9 Febbraio alle quattro e trenta, e pensai che probabilmente avrei dovuto chiedere ad Harry se volesse venire. Ed è per questo che io, il giorno prima dell'appuntamento, mi trovai a camminare in mensa verso il tavolo dove stavano seduti Harry, Liam, Niall, Zayn e Lauren.

 

Martedì, 8 Febbraio

Ventuno settimane e un giorno

 

Non mi sentivo così nervoso quanto l'ultima volta che mi ero avvicinato a quel tavolo, ai bei vecchi tempi quando avevo bisogno di parlare con Harry per dirgli che ero incinto. Anche a pochi metri di distanza, vidi Niall, Liam e Zayn continuare a mandare a Lauren sguardi annoiati e irritati, e non potevo fare a meno di chiedermi se lei si comportasse davvero come una troia anche quando era insieme ad Harry e il resto di loro. Se così fosse, non potevo fare altro che chiedermi perché Harry la volesse intorno. Non c'era dubbi che ci dovesse essere qualcosa di più, oltre al fatto che avesse un bel viso; giudicando da quello che Liam e Zayn mi avevano raccontato su Harry e dalle mie impressioni su di lui, non sembrava il tipo di ragazzo che stesse con una ragazza solo per l'aspetto fisico.

 

Comunque, che ne sapevo io, giusto?

 

Quando raggiunsi il tavolo, tossicchiai un po' per attirare l'attenzione di Harry. Liam e Zayn alzarono lo sguardo e le loro espressioni infastidite si trasformarono in sorrisi e Niall mi fece un cenno. Lauren, d'altra parte, non sembrava troppo felice. Vai a capirla. Non disse niente, ma notai il suo braccio che si ancorò intorno alla vita di Harry in modo quasi possessivo e lo sguardo compiaciuto che mi mandò. Spostai gli occhi su Harry invece, aspettandomi un saluto cordiale da parte sua. Ma con mia sorpresa, Harry mi guardò solo un breve secondo e ignorò la mia presenza prima di concentrarsi nuovamente sul suo cibo.

 

Abbastanza sorpreso dalla sua mancanza di interesse, mi morsi il labbro. "Harry?" dissi esitante, "posso parlare con te per un secondo?"

 

"No," rispose, brusco e freddo, ancora senza guardarmi.

 

Il mio cuore sprofondò e guardai il pavimento per un attimo. "Perché no?"

 

"Perché ho detto così."

 

"Harry, ma che diavolo?" sibilò Zayn.

 

Inghiottii e tentai di sorridere a Liam e Niall che stavano mandando sguardi furiosi nella direzione di Harry. "Va bene, non era importante," dissi senza ricevere risposta, prima di indietreggiare ed allontanarmi, mordendo l'interno delle mie guance.

 

Perché si era comportato così? Gli avevo fatto qualcosa? Era arrabbiato per quello che era successo dopo Natale, quando mi ero addormentato sul suo grembo? Mentre camminavo per i corridoi lungo la strada verso il mio armadietto, sospirai. Era stato stupido da parte mia avvicinarmi in quel modo a lui, avrei solo dovuto inviargli un messaggio e dirgli dell'appuntamento. Ma poi, non potevamo considerarci amici adesso? Conoscenti almeno, e gli amici barra conoscenti dovrebbero parlare l'uno con l'altro, no? Apparentemente non per Harry. Non sarebbe dovuto essere così scortese, però; se non aveva voglia di parlare con me, avrebbe dovuto dirmelo con un sorriso invece di trattarmi come se avessi fatto qualcosa di offensivo verso di lui.

 

Forse aveva davvero a che fare con le coccole sul suo grembo.

 

Il resto della giornata scolastica passò piuttosto rapidamente e come al solito, camminai da solo verso casa con passi lenti, facendo attenzione a non scivolare sul ghiaccio prima della fine della giornata. Probabilmente avrei dovuto chiedere alla Dott.ssa Hayes il giorno dopo riguardo a questo; cosa fare con le strade scivolose. Non potevo continuare a camminare come un pensionato per i prossimi due mesi o giù di lì. Solo Owen era a casa quando arrivai e mi offrì un rapido 'ehi', prima di rivolgere la sua attenzione alla televisione che trasmetteva un episodio dei Simpson.

 

Ero completamente esausto, come sempre, e visto che non avevo compiti mi sdraiai sul letto il secondo dopo che entrai nella mia stanza. Il materasso era divinamente morbido e sospirai contento, pensando che, se fosse stato possibile, avrei vissuto lì fino a quando il bambino non fosse nato. Mi rigirai per alcuni secondi, cercando di trovare una posizione comoda, prima di mettermi su un fianco, come facevo solitamente in quei giorni. Avevo realizzato una settimana prima che la posizione più comoda era, infatti, sdraiato di lato con un braccio sotto la testa e l'altro appoggiato sul ventre. Stavo diventando troppo grande per riuscire a dormire sulla schiena e sdraiarmi a pancia in giù non era un'opzione. Non ci vollero molti minuti prima che iniziassi ad addormentarmi, ma proprio quando stavo andando nel mondo dei sogni, fui svegliato dalla sensazione familiare del bambino che calciava.

 

"Ti piace davvero calciare, vero?" mormorai con un sospiro, ancora mezzo addormentato, accarezzandomi dolcemente la pancia, "specialmente quando voglio dormire. Anzi no, solo quando voglio dormire in realtà. Almeno so che sei ancora vivo e forse anche forte e sano. Mi chiedo se tutto questo calciare lo abbia preso da tuo padre. Lui dà molti calci, gioca a calcio e tutto il resto." Sospirai di nuovo, Harry fece capolino nella mia mente di nuovo. "Certo spero che tu non cresca come lui," dissi monotono, "È stato una sorta di asino con me oggi e non so nemmeno il perché. Fa un po' schifo, sai... come- no, io-"

 

Un bussare alla mia porta mi interruppe e stavo per dire 'entra' quando si aprì. Pensavo fosse Owen e gli stavo per urlare di uscire, ma poi una oh- familiare massa di capelli ricci apparve sulla soglia e i miei occhi si spalancarono dalla sorpresa.

 

"Ciao," disse Harry, sembrando un po' nervoso, mentre attraversò la porta prima di chiuderla dietro di sé.

 

"Ciao," dissi, troppo sorpreso per riuscire a nasconderlo.

 

La stanza rimase in silenzio e io rimasi sdraiato nella stessa posizione un po' scomoda. Il bambino stava ancora calciando come un pazzo, stava cominciando a fare un po' male e feci del mio meglio per calmarlo con lenti e accurati movimenti con la mano. Inutile dirlo, senza successo.

 

"Volevo solo scusarmi," disse Harry alla fine, con le mani che si agitavano nervose lungo i suoi fianchi.

 

Sbattei le palpebre. "Ahah. Per...?"

 

"Il modo in cui ti ho trattato oggi," rispose, mentre si avvicinava al letto e si sedeva vicino ai miei piedi.

 

"Perché l'hai fatto?" chiesi, sollevando la testa in modo da poterlo guardare negli occhi. Volevo essere arrabbiato con lui, ma per qualche strana ragione non ci riuscivo.

 

"È solo... Lauren e il resto," disse, guardandomi con un'espressione nervosa, "lei non ama affatto che tu e io siamo amici."

 

"Oh. Non le hai detto che siamo... beh, solo amici, niente di più?" chiesi, sentendomi un po' a disagio.

 

"Si, circa un milione di volte," disse con un sospiro esasperato, "lei non mi crederà mai."

 

"Allora è per questo che hai deciso che essere un coglione con me fosse il modo migliore per dimostrarglielo?"

 

"Mi dispiace, è stato stupido, lo so."

 

Sospirai, ma poi gli offrii un sorriso. "Sono troppo stanco per essere arrabbiato con te, perciò sei perdonato. Ma per favore non farlo di nuovo. Se non vuoi che mi avvicini a te quando siamo a scuola, dimmelo subito e ti lascerò in pace."

 

"No, non e per questo," disse frettolosamente. Ci fu silenzio per un attimo e aggrottò le sopracciglia, "è solo... beh, io- okay, mi sento un completo stronzo a dire questo, ma potremmo non interagire quando siamo in pubblico? Non voglio che Lauren si incazzi."

 

"Si, no, naturalmente, nessun problema," dissi sbrigativo, le mie parole in netto contrasto con i miei pensieri e con i dolori acuti del mio petto.

 

Mi guardò preoccupato per un paio di secondi prima di pronunciare un tranquillo 'mi dispiace'.

 

"Va bene, davvero, non ti preoccupare," dissi con un sorriso stanco. Il bambino stava ancora calciando - davvero, per quanto tempo poteva farlo? - e stava cominciando ad essere seriamente insopportabile. Senza pensare al fatto che Harry fosse seduto a meno di due metri da me, guardai il mio stomaco e lo colpii impazientemente. "Perché non smetti di calciare, piccolo?" dissi, "sta cominciando a far male."

 

"Cosa?" sentii dire da Harry, suonando assolutamente confuso. Sollevai lo sguardo e lo trovai guardandomi con pura perplessità per un paio di secondi prima di capire a chi mi riferissi. "Oh, giusto," aggiunse.

 

Non potei fare a meno di evitare una breve risata. "Cosa? Pensi che, sdraiato qui, ti stia chiamando 'piccolo'?

 

"Non si sa mai."

 

"Beh, posso assicurarti che ogni volta che mi sentirai chiamare qualcuno 'piccolo', è molto probabile che sia il bambino, non tu," dissi con un sorriso sardonico.

 

"Ah, buono a sapersi," mormorò. "Quindi... sta calciando?"

 

"Si, tutto il dannato tempo ora, soprattutto quando voglio dormire," dissi con un gemito e mi girai sulla schiena per vedere meglio Harry, "non si fermerà finché non gli parlerò un po'. Sta diventando un po' fastidioso svegliarsi nel mezzo della notte e raccontare al mio stomaco della mia giornata."

 

"Forse gli piace solo sentire la tua voce."

 

"Difficile dirlo; le conversazioni tendono ad essere un po' unilaterali," dissi secco.

 

Lui rise e strisciò un po' da dove era seduto, appoggiandosi di schiena contro il muro. "Si, ci scommetto. Che significano tutti questi calci comunque?"

 

Scrollai le spalle. "Non lo so. Prima che tu entrassi gli stavo parlando di-" mi fermai, volendo schiaffeggiarmi per la mancanza di filtri tra il mio cervello e la mia bocca.

 

"Gli stavi parlando di...?" Harry si spostò, sollevando le sopracciglia in modo interrogativo.

 

Mi girai di nuovo su un fianco, sentendo le guance rosa. "Niente, niente, era solo... no, niente."

 

"Lou, dai," si lamentò, spingendomi leggermente il piede, "voglio sapere di cosa parli a mio figlio."

 

Era la prima volta che l'avevo sentito chiamare il bambino 'mio figlio' e mi fece sprofondare più di ogni altra cosa. "Gli stavo solo dicendo che... forse lui ha ereditato tutti questi calci da te, visto che tu... sai, giochi a calcio e quelle cose," dissi, o forse 'balbettai' era il termine più adatto.

 

"Aw," disse Harry, un sorriso largo sul suo volto, "stavi parlando di me con lui."

 

"Era solo un pensiero fugace," mormorai, "non volevo insinuare niente."

 

"Beh, perché no? Sarebbe bello se si rivelasse un bravo calciatore, non credi?"

 

"Non mi piace nemmeno il calcio, Harry, quindi non mi importa davvero," dissi, un po' divertito. "E se si dimostrerà un bravo calciatore, nessuno di noi lo potrà sapere comunque."

 

Il suo sorriso sparì piuttosto rapidamente e lui annuì lentamente. "Si, giusto," disse, suonando un po' pensieroso.

 

Il pensiero che avevo appena espresso sembrò turbare me tanto quanto lui, ma cercai di allietare il mal umore un po', sorridendogli e spingendogli la gamba con il piede. "Un giorno avrai un altro figlio che potrai torturare per diventare un buon calciatore," dissi.

 

"Si, ma- no, non lo so, è un po' diverso da questo bambino, giusto?" disse con un piccolo sorriso che gli adornava il viso.

 

"Io- beh, si," dissi con una piccola risatina, "è stato concepito durante una festa da due genitori maschi che erano entrambi ubriachi e solo uno di loro gay." Sollevai un sopracciglio. "Quindi si, è un po' diverso da questo bambino."

 

"Non è quello che intendevo," disse mentre si toccava lentamente i capelli con le dita, "non so tu, ma è il mio primo figlio."

 

"Si, lo so," dissi, stringendo un po' le labbra, "ma se mettiamo da parte il fatto che sono un ragazzo, la nostra situazione non è affatto rara. Un sacco di persone rimangono incinte quando non sono pronte e invece che abortire, scelgono di darlo in adozione - succede tutto il tempo."

 

"Lo so, ma..." si allontanò ed esitò un po' prima di aprire nuovamente la bocca. "Sto iniziando a chiedermi se abortire sarebbe meglio dopo tutto."

 

I miei occhi si spalancarono. "C-cosa?" balbettai, "Harry, non posso- non mi libererò di lui, non posso farlo. Se non vuoi avere niente a che fare con lui o con me, va bene, ma non lo ucciderò. Non lo farò." Avevo inconsciamente stretto la presa in modo protettivo attorno al mio ventre mentre parlavo, o forse ne ero consapevole; un tentativo di proteggere il bambino da un male che in realtà non c'era.

 

"No, no, non è perché non voglio avere niente a che fare con te o lui," disse mentre si pizzicava il ponte del naso, "è solo che non- mi piace- è- solo pensaci, Louis. Nascerà e lo terremo per cinque minuti e poi lo porteranno via da noi e non lo vedremo mai più. Vuoi davvero questo?"

 

Inghiottii. No, naturalmente non lo volevo, ma quali altre possibilità avrei avuto? "No, ma non voglio nemmeno che muoia," dissi, forzandomi di mantenere la voce ferma. "E a proposito, continui a dire 'noi'."

 

"Cosa?"

 

"Tu continui a dire 'noi' come se stessimo avendo questo bambino insieme."

 

Mi guardò, un'espressione sbalordita sul suo volto. "Noi non... lo stiamo facendo?"

 

Gemetti. "Harry, per amor di Dio, se tu parli a me di Lauren in questo modo, pensi davvero che sia strano che sia gelosa?"

 

"Non parlo di te a Lauren," disse, "non posso dirle che sei incinto, no?"

 

"No, ma è già abbastanza grave il fatto che tu mi abbia messo incinto, okay? Se tu vai in giro, trattandomi come se fossi il tuo ragazzo, beh-"

 

"Ti sto trattando come se fossi il mio ragazzo?"

 

"Non lo so, non lo so," sospirai, "il punto è che tu mi hai messo incinto per sbaglio e non voglio incolparti, ma il secondo dopo che hai tirato fuori il tuo cazzo dal mio culo-" arrossii furiosamente alle mie parole crude, "-la tua parte in tutto questo è... finita."

 

"Hai decido questo solo ora, o cosa?"

 

"Che cosa?"

 

"Quando hai improvvisamente deciso che non posso essere parte di questo?"

 

"Non ho deciso improvvisamente, è solo... meglio così."

 

"Perché? Non lo capisco."

 

"Io- incasinerò il tuo rapporto con Lauren."

 

Mi guardò con un occhiata incredula. "Da quando ti interessa il mio rapporto con Lauren?"

 

"Da quando- non lo so, ma non voglio distruggere nulla tra voi due."

 

"Lou," sospirò, sfregandosi la fronte, "niente di questo ha senso. Qual è il problema?"

 

"Ti ho appena detto, è..."

 

"Si, ti ho sentito," mi interruppe, "che ne dici di spiegarmelo di nuovo e magari questa volta mi dici la verità?"

 

Stavo per protestare di nuovo, ma lo sguardo sul suo volto mi fece capire che non potevo più mentire. Aprii e chiusi la bocca prima di genere ad alta voce. "Come ma sei sempre - sempre - capace di leggermi come un libro aperto?"

 

"Forse sei facile da leggere," disse con un sorriso.

 

"Si, forse," mormorai.

 

"Quindi...?"

 

Mi appoggiai sui gomiti e lo guardai per un paio di secondi, tenendo conto della situazione, prima di rispondere, "sta diventando tutto un po' confuso, okay?"

 

"Che cosa?"

 

"Tipo, avere te sempre intorno... mi sta incasinando la testa."

 

Corrugò la fronte. "Perché?"

 

"Solo non sono abituato ad avere persone intorno a me tutto il tempo, ecco tutto," dissi, e, beh, non era una completa bugia.

 

"Oh. Ma-"

 

"Senti, va tutto bene," lo interruppi, "sono solo incinto e... sbalzi di umore. Ignoralo."

 

"Sei sicuro?" chiese, "se vuoi che me ne vada, va bene."

 

"No, no," dissi, forse un po' troppo entusiasta, "Va bene, ti voglio intorno."

 

Un sorriso trovò il modo di spuntare sul suo viso. "Si?"

 

"Si."

 

"Beh, okay allora," disse con sguardo soddisfatto, "adesso che abbiamo risolto, perché volevi parlarmi oggi a scuola?"

 

Sbattei le palpebre, non capendo a cosa si riferisse per un paio di secondi, prima di ricordarmi. "Oh, giusto, quello," dissi, grattandomi la nuca, "ho pensato di dirti che andrò dal medico domani per un nuovo controllo."

 

"Ah," disse sorridendo debolmente, "e tu vuoi che io venga con te?"

 

"Solo se vuoi," dissi, e scrollai le spalle un po' per cercare di apparire più indifferente di quanto mi sentissi.

 

"Giusto. A che ora è?"

 

"Quattro e mezza."

 

"Oh," disse improvvisamente con sguardo di scuse, "ho un appuntamento con Lauren alle quattro. Scusa."

 

"Va bene, non devi venire o altro, ho solo pensato di dirtelo in caso volessi venire, ma va bene, andrà bene." Ma sarebbe stato meglio con te, aggiunsi nella mia testa.

 

"Scusami," disse ancora, e sembrava davvero dispiaciuto.

 

"Non ti preoccupare," dissi e gli offrii un sorriso, "è solo un normale controllo comunque, niente di interessante."

 

"Vengo con te la prossima volta, promesso."

 

"Va bene, Harry, non ti preoccupare."

 

Entrambi rimanemmo in silenzio per alcuni secondi, ma Harry mi guardava come se avesse qualcosa da dire. Dopo qualche secondo aprì la bocca e parlò di nuovo.

 

"Posso farti una domanda spiacevole?" disse.

 

"Dipende," dissi, alzando le sopracciglia, "quanto spiacevole?"

 

"Molto spiacevole."

 

Corrugai le sopracciglia e dissi un po' esitante, "okay, spara."

 

"Cosa- voglio dire, come farai, tipo- sai... a farlo nascere?" chiese, contorcendosi in evidente disagio.

 

Feci una smorfia e mi spostai un po' da dove ero seduto. Quella stessa domanda mi era balenata in testa più di una volta, ma l'avevo sempre spinta via dopo pochi secondi. Per quanto ne sapessi, c'era solo un'opzione e quell'opzione includeva aprirmi la pancia e tirare fuori la piccola creatura. Quanto suonava disgustoso? Bene, era normale che i bambini venissero fuori facendo un taglio cesareo, ma l'idea sembrava piuttosto disgustosa nella mia testa.

 

"Non credo che tu lo voglia fare in modo normale," aggiunse quando non risposi.

 

Dovetti ridere un po' malgrado il pensiero di essere tagliato e aperto era ancora fermo nella mia testa. "No, dubito visto che non ho, sai, una vagina," dissi.

 

"Beh, no, ma-"

 

"Non ho intenzione di far nascere un bambino dal mio culo," dissi, ancora ridendo.

 

Lui fece una smorfia per qualche secondo, ma poi fu sostituita da un sorriso.

 

"Si, ho capito. Quindi dovranno eseguire un taglio cesareo?"

 

"Probabilmente," dissi, "posso chiedere domani al dottore."

 

"Ti dispiace aspettare alla prossima volta? Voglio saperlo anche io."

 

"Posso dirti quello che mi dice."

 

"Beh, si, ma voglio sentirlo."

 

Lo guardai in modo interrogativo. "Va bene. Perché?"

 

Lui scrollò le spalle. "Non so. Ho pensato che fosse, sai, bello, tipo, essere in sala quando lui sta... nascendo, quindi-"

 

"Cosa?"

 

"Cosa?"

 

"Cosa?"

 

"Huh?"

 

Lo guardai a bocca aperta, improvvisamente incredulo. "Vuoi essere lì, nella stessa dannata stanza, quando sarò grasso e disgustoso e probabilmente sudato come un maiale mentre lo stanno facendouscire da me?"

 

"Sembra che tu non mi voglia però," disse sbuffando.

 

"Preferirei semplicemente... che tu stia a casa ad aspettare una mia chiamata," dissi a disagio.

 

"Che cosa? No! Voglio essere là, se non nella stessa stanza, almeno in ospedale," protestò, suonando come un bambino che voleva un giocattolo.

 

"Perché, Harry? Sarà solo disgustoso e piangerò e- no, non credo che tu voglia vederlo."

 

"Si, ma io... sarà l'unica possibilità che avrò per abbracciarlo."

 

Sbattei le palpebre, pensando a quello che mi aveva detto, e poi aggrottai la fronte, perché okay, non l'avevo pensata in quel modo. "Mi dispiace, mi è passato di mente," mormorai.

 

"Si. Quindi posso almeno stare in ospedale?"

 

"Va bene," sospirai, "non sono certo di come... arrivare in ospedale comunque," aggiunsi, un po' pensieroso.

 

"Cosa intendi?"

 

"Beh, non posso esattamente guidare da solo quando dovrò andare in ospedale e, oltre a te, nessuno sa della mia situazione."

 

"Liam, Zayn e Niall lo sanno," disse con una scrollata di spalle.

 

"Si, ma non li chiamerò e non li chiederò di portarmi in ospedale."

 

"Chiama a me e ti porterò."

 

"Non ti dispiace?"

 

"Se l'alternativa è che tu e il bambino moriate, penso di volerti accompagnare," disse seriamente, "e poiché so che vorrai dare inizio ad una discussione: non mi dispiace, mi piacerebbe essere lì quando sta succedendo comunque, quindi... si, va bene."

 

Esitai un po', ma poi annuii, pensando che non avevo molte altre opzioni. "Si, ok. Grazie."

 

Sorrise brillantemente. "Grande! Ok, visto che stiamo già avendo questa discussione, ti dispiace se ti chiedo un'altra cosa?"

 

"Vai."

 

"Lo vuoi dire a tua mamma e a tuo fratello?"

 

Quello era qualcosa che mi aveva occupato la mente per tutto il tempo; ogni volta che mi sedevo a tavola con loro, ogni volta che Owen mi gettava occhiate verso la pancia, ogni volta che mamma mi suggeriva di fare un po' di movimento, e fondamentalmente ogni dannata volta che vedevo uno di loro. Sapevo che non sarei stato in grado di nascondere la verità ancora per molto tempo, presto sarebbe diventato ovvio che non fossi solo grasso, e poi?

 

"Non lo so," dissi alla fine.

 

Guardò il mio stomaco per qualche istante, sembrava essere in profondo pensiero, prima di alzare lo sguardo e incontrare il mio. "So che quello che voglio dire potrebbe essere sconvolgente per una persona incinta, ma... stai cominciano a diventare un po' grande, per quanto tempo pensi di poterlo nascondere?"

 

I miei gomiti cominciarono a far male a causa del mio peso e mi lasciai cadere sul cuscino, sospirando. "Lo so, ma te l'ho già detto Harry, la mia famiglia non sa nemmeno che sono gay, quindi come potrei dirgli che sono incinto?"

 

"Non lo so, Lou, non lo so," disse Harry con una scrollata di spalle impotente, "ma prima o poi dovrai dirglielo."

 

"Si, ne sono consapevole," mormorai.

 

Cademmo entrambi in un confortevole silenzio dopo di che entrai in una profonda riflessione su cosa fare con mamma ed Owen. Harry aveva ragione e aveva solo detto ad alta voce quello che avevo pensato diverse volte durante la giornata nelle ultime due settimane: non sarei stato più in grado di nascondere la mia pancia. Ero più che a metà della gravidanza ed entro uno o due mesi non sarei stato in grado di nasconderlo a nessuno, specialmente non alle persone con cui condividevo una dannata casa, non importava quanti vestiti avessi indossato.

 

Fuori trascinato via dai miei pensieri, abbastanza brutalmente, quando improvvisamente sentii il bambino cominciare a calciare nuovamente.

 

"Oh, per l'amore del cielo," mormorai, trascinandomi una mano stanca sul viso.

 

"Cosa?" disse Harry dall'altra estremità del letto.

 

"Sta calciando di nuovo," risposi, ancora una volta accarezzandomi lo stomaco, "perché non smetti di darmi calci? Pensi che sia divertente sentirmi lamentare, o cosa?"

 

"Posso provare?" chiese Harry e lo guardai di nuovo.

 

"Provare cosa?"

 

"Sai, per convincerlo a smettere di darti calci," rispose con una scrollata di spalle.

 

"Oh," dissi, un po' perplesso, "si, certo."

 

Il suo volto si accese e si avvicinò immediatamente al letto per poi accostarsi accanto a me, appoggiato su un gomito. "Okay, come faccio?" chiese, guardandomi con troppa impazienza, prendendo in considerazione la situazione.

 

"Non lo so, provaci," dissi, un po' distratto dalla vicinanza dei nostri volti. Avrei potuto allungarmi di qualche centimetro e i nostri nasi si sarebbero toccati e no, cattiva idea.

 

"Si, ma cosa fai per calmarlo?"

 

"Non lo so, mi accarezzo il vetro e parlo con lui?"

 

"Quindi vuoi che ti accarezzi la pancia come se fossi un cane?"

 

"Ehi, sei tu che volevi cercare di farlo smettere," dissi in mia difesa.

 

"Hai ragione, va bene," disse, sollevando la mano in imbarazzo e appoggiandola sulla mia protuberanza, "posso...?" mi guardò in modo interrogativo.

 

Si, per favore, per favore, per favore. "Certo."

 

Abbassò la mano e l'appoggiò sul mio ventre per un paio di secondi prima di iniziare a muoverla in cerchi lenti e gentili. Se fosse perché era Harry o per la sua tecnica, non ne ero sicuro, ma presto sentii il mio corpo rilassarsi sotto il suo tocco. Dopo un minuto o due, lasciò cadere la testa sul cuscino proprio vicino al mio, e il mio respiro si incastrò in gola per un breve secondo quando sentii l'aria calda del suo sul mio volto. Non sembrava rendersi conto di quanto fossimo vicini l'uno all'altro o del mio improvviso nervosismo, mentre cominciò a parlare.

 

"Dovresti smettere di calciare il tuo papà, piccolo bambino," mormorò dolcemente, con la mano che ancora si muoveva in cerchi attenti. Gli feci un piccolo sorriso, non sicuro di cosa pensare della situazione, ma non dissi niente attendevo che continuasse a parlare. "Lui è la tua unica fonte di vita al momento, quindi penso che dovresti iniziare a trattarlo meglio. È anche un ragazzo abbastanza buono e non merita di essere calciato costantemente. Non che non sia un bene che tu sappia calciare, perché lo è; potresti giocare a calcio - come me - o iniziare a fare karate o taekwondo, qualcosa di simile. Ma sarebbe bello se aspettassi di fare pratica fino a che, sai, non sarai più nella pancia del tuo papà. Non penso che tu voglia fargli più male di quando gliene faccia io, perciò lascia perdere un po' le arti marziali, ok? Per favore?"

 

"Pensi che ti ascolterà perché dici per favore?" mormorai stancamente con un sorriso, impedendomi di lasciar uscire un 'aww'.

 

Girò la testa per guardarmi e dovetti inghiottire realizzando quanto fossimo vicini. Non c'era praticamente alcuna distanza, e anche se Harry sembrava non notarlo, io sicuramente lo avevo fatto.

 

"Non so cosa abbia sentito o no, come posso saperlo? Devo solo prova e in caso fallire," rispose con un ampio sorriso.

 

"Penso che abbia apprezzato il 'per favore'," dissi, "ha smesso di dare calci."

 

"Si?"

 

Annuii e il suo sorriso si allargò ancora di più.

 

"Devo essere il ragazzo che sussurra ai bambini!"

 

Avrei riso, ma ero troppo stanco, quindi sorrisi e mormorai qualcosa, "si, sono sicuro che tu lo sia."

 

"Stanco?" chiese.

 

"Stanco morto. Stavo per addormentarmi quando sei entrato, quindi sono in ritardo con la mia agenda."

 

"La tua agenda?"

 

"Non deridermi."

 

"Okay, okay," disse mentre si sedeva in un movimento lento e fluido, "me ne vado e ti lascio dormire."

 

"Puoi restare se vuoi," buttai fuori, e va bene, forse era giunto il momento di investire su un filtro tra bocca e cervello.

 

"Cosa, vuoi che ti guardi mentre dormi?" disse, "è uno strano capriccio che hai sviluppato a causa della gravidanza o sei sempre stato così?"

 

"Oh mio Dio," gemetti prima di tornare di nuovo su un fianco e seppellire il volto tra i cuscini, ero abbastanza sicuro di essere colorato di una bella tonalità di rosa, "non volevo dire così," dissi, con parole smorzate.

 

"Lo so," lo sentii dire, e il suo sorriso era evidente nella sua voce, "è incredibilmente divertente sfotterti; ti imbarazzi per niente."

 

Rialzai la testa e lo guardai, pronto a protestare, ma poi giunsi alla conclusione che probabilmente aveva ragione e il mio riflesso si trasformò in un'espressione sconfitta. "Si," dissi semplicemente.

 

"Beh, non starò qui a guardarti mentre dormi,"disse con un sorriso storto, "ho delle cose da fare."

 

"Si, okay."

 

Mi rivolse un sguardo strano. "Sembri triste," mormorò.

 

Ancora una volta mi aveva letto come un libro aperto. "Non mi piace stare da solo," mentii.

 

"Vorrei rimanere, ma ho davvero delle cose da fare."

 

"È tutto okay, Harry," dissi gesticolando con disinvoltura, "non devi comportarti come se ti sentissi in colpa."

 

"Ma mi sento in colpa, lasciare così il mio bambino non ancora nato," disse con un sospiro drammatico.

 

"Vai," dissi con uno sbuffo.

 

"Va bene, va bene," disse, "ma prima siediti."

 

"Perché?" mi lamentai, "sono stanco."

 

"Fallo."

 

Con una roteata di occhi e un basso 'prepotente', feci come mi aveva detto, anche se con poca convinzione. "Sono così grasso che ho bisogno di usare le mia braccia per riuscire a sedermi," brontolai una volta che ero mezzo in verticale, "quindi, esattamente perché hai bisogno che io mi sieda?"

 

La risposta avvenne in forma di braccia avvolte intorno a me, in un abbraccio gentile. Per qualche secondo rimasi così sorpreso che rimasi lì a fissare il muro sopra la spalla di Harry, ma poi il mio corpo si svegliò e, anche se un po' nervosamente, misi le braccia intorno al suo collo e gli restituii l'abbraccio. Era solo un semplice abbraccio, ma il sangue pulsava nelle mie orecchie, il cuore batteva più velocemente del solito contro la mia cassa toracica e respirai tremante, inalando il lieve profumo del suo shampoo.

 

"Hai un buon odore," mormorò, come se mi avesse letto nella mente, prima che lui - con mia grande delusione - si allontanò.

 

"Grazie, ma per quale motivo lo hai fatto?" chiesi stupidamente dopo una breve pausa.

 

"Che cosa? Gli amici non si possono abbracciare?"

 

"Oh, io- no, certo, gli amici possono... abbracciarsi," dissi esitante, ancora un po' confuso.

 

"Ottimo!" disse vivacemente e praticamente saltò giù dal letto, "dovrei veramente andare adesso, quindi ci vediamo... quando ci vediamo."

 

Giusto. Non dovevamo interagire in pubblico. "Si, ti scriverò quando sarà il mio prossimo appuntamento se vuoi venire," dissi.

 

"Grazie," disse mentre camminava indietro verso la porta. "Mi dispiace, comunque," aggiunse, guardandomi con preoccupazione, "il fatto di non poter, tipo, stare con te a scuola. È davvero deprimente vederti solo tutto il tempo."

 

Sorrisi. "Va bene, Harry, smettila di scusarti per questo."

 

Ricambiò il sorriso e mi offrì un ultimo 'ciao', prima di voltarsi, aprire la porta e lasciare la stanza. Sospirai, lasciando vacillare il mio sorriso e il secondo dopo che la porta si chiuse mi stesi su un lato. Più tempo trascorrevo con Harry, più mi rendevo conto del motivo per cui Lauren se lo teneva così stretto; era bello, divertente, dolce, e con un buon odore.

 

E sembrava essere il ragazzo che volevo disperatamente, ma che non avrei mai avuto.

 

"Tu sarai la mia morte, Harry Styles," mormorai prima di chiudere gli occhi e addormentarti quasi subito.

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Capitolo 13
*** 13. He's being a right jackass. ***


CAPITOLO 13

È davvero un idiota.

 

Il mio appuntamento del 9 Febbraio non era stato niente di eccitante, ma tuttavia sembrava in qualche modo sbagliato stare lì senza Harry. Era stato con me negli ultimi due e quando mi ritrovai nell'ufficio senza di lui, realizzai quanto mi consolasse averlo vicino. Non che fossi a disagio senza di lui, ma sembrava che mancasse qualcosa di importante. L'esame non era durato più di mezz'ora e mi era stato detto che le quattro cavità cardiache funzionavano, le braccia e le gambe erano tutte intatte e che il bambino stava crescendo come avrebbe dovuto. Stavo cominciano a chiedermi se era giunto il momento di iniziare a fare qualche test per vedere se fosse possibile capire quale mutazione biologica avrebbe potuto avere il bambino durante la nascita, ma poi pensai che avrei potuto davvero soffrire di qualche problema emotivo se avessi fatto quelle domande, così decisi di aspettare finché Harry non fosse stato con me.

 

Solo dopo aver lasciato l'ufficio del medico capii di essere diventato un po'... dipendente da Harry. Il pensiero di passare tutto quello da solo per i quattro mesi a venire mi faceva sentire male e mentre camminavo nel marciapiede per tornare a casa, pensai che fosse un bene il fatto che Harry fosse un ragazzo così dolce. Alla festa avrei potuto incontrare uno molto più stupido invece di Harry, per cui, nonostante la situazione, dovevo considerarmi abbastanza fortunato ad avere una persona che mi sosteneva.

 

Fatta eccezione per un messaggio veloce che diceva 'nuovo appuntamento, martedì 8 marzo alle 9'e una risposta veloce 'ci sarò', non avevo mai sentito Harry dal giorno in cui si era presentato in camera mia. Abbastanza imbarazzato, capii che mi mancava dopo gli ultimi giorni, ma io, essendo io, scelsi di ignorarlo e continuai la mia vita facendo finta di non conoscere Harry. Ricordai cosa mi aveva detto sul fatto che fosse deprimente vedermi da solo tutto il tempo, così provai ad andare a mangiare in altri posti invece che nella mensa; non volevo che Harry si sentisse colpevole solo perché mangiavo il mio pranzo ogni giorno da solo. Naturalmente lo vedevo ogni tanto nei corridoi, ma quando camminavano l'uno accanto all'altro, fingeva di non conoscere la mia esistenza; con il suo braccio intorno a Lauren oppure fianco a fianco con Liam, Zayn o Niall, mi passava vicino senza guardarmi. Anche se avevo acconsentito quando disse che non potevamo interagire tra di noi a scuola, non pensavo intendesse che avremmo dovuto ignorarci completamente. A quanto pare questo era quello che intendeva, e alla fine mi abituai.

 

Venerdì, 18 Febbraio

Ventidue settimane e quattro giorni

 

"Per lunedì vorrei che faceste gli esercizi dal numero quarantacinque al cinquantatré," disse Ms. Henricksen guadagnandosi un coro di lamentele. Alzò la mano e la classe si calmò, "so che può sembrarvi una quantità inutile di esercizi, ma questa è matematica e richiede più lavoro rispetto alla maggior parte delle altre materie che state facendo."

 

Ero troppo stanco per preoccuparmi di lamentarmi o di trovare una scusa per evitare di fare i compiti, così mentre Ms. Henricksen era impegnata a sottolineare l'importanza di quegli esercizi, fissai la finestra e pregai che gli ultimi cinque minuti della lezione sparissero magicamente. Pensare che avevo ancora quattro ora prima che la giornata finisse era a dir poco sconfortante, e avevo uno stato d'animo a dir poco tremendo. Non ero arrabbiato o annoiato; ero triste, depresso e, nonostante fossi seduto in classe con circa trenta persone, ero solo, così dannatamente solo.

 

Dall'ultima volta che io ed Harry ci eravamo visti, circa dieci giorni prima, non avevo parlato veramente con nessuno. Ovviamente avevo parlato con mamma, Owen ed Eleanor, ma per ovvie ragioni non avevo potuto parlare con nessun'altro. In circostanze normali sarebbe stato del tutto normale vivere con la sensazione di solitudine, ma ora, con il bambino che continuava a calciare come a volermi ricordare di Harry e che volevo qualcuno che non avrei mai potuto avere, avevo bisogno di parlare con qualcuno. No, mi correggo, avevo bisogno di parlare con Harry, perché era l'unico a sapere tutto e a cui non avevo nascosto niente.

 

I corridoi erano affollati quando uscii dall'aula e sospirai, sapendo che quello avrebbe richiesto almeno cinque minuti per arrivare al mio armadietto. Più di una volta, qualcuno colpì il mio stomaco e ogni volta trasalivo dalla paura, sia per il fatto che qualcuno potesse sospettare della mia protuberanza sia perché il bambino potesse essersi fatto male. Ma una volta che arrivai al mio armadietto sentii un paio di calci felici, come se avesse notato la mia preoccupazione e, nonostante la mia stanchezza e il mal umore, sorrisi un po'. Tirai fuori rapidamente il mio libro di inglese, che mi serviva per la lezione del pomeriggio, prima di chiudere l'armadietto e dirigermi verso la panchina fuori, dove avevo mangiato il mio pranzo negli ultimi giorni. Era dietro la scuola dove nessuno andava di solito, e quello era il motivo principale per cui avevo scelto quella panchina. Quando arrivai lì, però, seppellii il mio viso nella sciarpa e strinsi la giacca intorno a me, c'era qualcuno.

 

Liam e Zayn erano seduti lì, Zayn più o meno sdraiato sul grembo di Liam mentre stavano avendo una biascicata e sorridente conversazione, le loro parole a volte interrotte da un bacio veloce. Sembravano così presi l'uno dall'altro, così innamorati, che me ne stavo lì in piedi, guardandoli, forse un po' invidioso. Non avevo nemmeno notato che entrambi si voltarono a guardarmi, prima che Liam parlasse.

 

"Per favore avvisa che ci sei," disse con un sorriso ironico, "ci hai fatto quasi prendere un attacco di cuore."

 

"Scusa, scusa," dissi, agitando nervosamente le mani, "stavo solo- io vi lascio soli." Mi girai subito per andarmene, ma il suono della voce di Zayn mi richiamò.

 

"Ehi, aspetta," disse, e gemetti dentro di me, desiderando che il mio imbarazzo sociale scomparisse una volta per tutte.

 

"Scusa, non volevo, tipo... interrompere qualcosa," dissi dopo che mi voltai di nuovo, "Di solito non c'è nessuno qui, quindi ho pensato-"

 

"Va bene, stavamo solo parlando," disse Liam con una scrollata di spalle, "perché sei qui?"

 

"E voi perché siete qui?" risposi infantilmente.

 

Gli occhi di Zayn avevano un luccichio divertito. "È ovvio, no?"

 

Nonostante l'aria fresca che mi circondava, sentii le guance diventare calde. "Si, credo."

 

"Allora, che stai facendo qui fuori?"

 

"Niente di particolare," dissi vagamente. Entrambi sollevarono le sopracciglia in modo scettico e mi guardai i piedi. "Ho pensato che non avrei infastidito nessuno qui," mormorai, mentre si faceva strada l'imbarazzo per la mia spiegazione senza senso.

 

"Infastidire qualcuno? Perché qualcuno dovrebbe infastidirsi se sei dentro?" chiese Zayn.

 

"Sai," dissi con una scrollata di spalle, con gli occhi ancora diretti al suolo, "siccome Harry non vuole, tipo, che interagiamo tra noi quando siamo a scuola e... mi ha detto che vedermi da solo lo deprime e io non voglio, quindi ho pensato di andare da qualche altra parte a mangiare in modo che non mi possa vedere."

 

"Scusa ma, Harry non vuole che interagiate tra voi? Che diavolo significa?" sentii Zayn chiedere. Alzai lo sguardo e lo trovai a guardarmi accigliato.

 

"Solo a causa, sai, di Lauren," dissi il più indifferente possibile.

 

Tutti e due gemettero nello stesso momento. "Onestamente non capisco cosa ci veda in lei," disse Liam, sembrando per qualche ragione pensieroso, "gli ha detto di stare lontano da te?"

 

"No, no," dissi in fretta, "era Harry che non voleva turbarla."

 

"Quindi ha preferito farti andare in giro da solo a mangiare il tuo pranzo fuori al freddo mentre sei incinto?" disse Zayn derisorio.

 

"Va tutto bene, davvero," dissi, non volendo che uno di loro si arrabbiasse con Harry, "non importa."

 

"Sei ancora un bugiardo orribile."

 

"Io-" cominciai a protestare, ma Zayn mi interruppe.

 

"Quando è stata l'ultima volta che hai parlato con Harry?" disse.

 

"Un po' più di una settimana fa," risposi, "perché?"

 

"Quindi non ti ha... visto o parlato per più di una settimana?"

 

"Beh, no," dissi, cominciando a diventare un po' confuso, "perché me lo stai chiedendo?"

 

"Perché è davvero un idiota," disse Zayn svelto.

 

"Cosa?" spalancai un po' gli occhi, "perché lo stai dicendo?"

 

"Non è forse ovvio? Sei incinto del suo bambino e non si è nemmeno preoccupato di parlare con te per più di una settimana; questo è proprio un comportamento da idiota."

 

"No, non lo è," polemizzai, "gli ho detto sin dall'inizio che non deve avere a che fare con me o con questo bambino, quindi va tutto bene. Sto bene da solo."

 

"Se vuoi che qualcuno creda alle tue bugie, devi cambiare le tue espressioni facciali."

 

Aprii la bocca, pronto a protestare, ma entrambi mi stavano fissando con uno sguardo vagamente compassionevole e gettai le mani in aria. "Okay, non va tutto bene," dissi a malincuore, "quindi? Non ha niente a che fare con Harry."

 

"Allora con cosa ha a che fare?" chiese Liam.

 

"Non lo so, niente di particolare."

 

"Perché stai ancora mentendo?"

 

"Non sto mentendo."

 

"Si invece."

 

"Beh, che cazzo vuoi allora?" esplosi, "forse non sto bene perché sono incinto e sono esausto, stanco, solo e ho il disperato bisogno di parlare effettivamente con qualcuno, ma non posso dannatamente parlare con nessuno perché sono incinto e sono un ragazzo e- oh mio Dio, non smette di calciare!" Presi un certo numero di respiri profondi per calmarmi prima di mettere una mano sulla mia pancia. "Calma, ragazzino," mormorai con la testa chinata, cercando di non farmi sentire da Liam e Zayn, "sono solo uno stupido, non c'è alcun motivo per cui inizi a calciare di nuovo."

 

Ci volle un minuto o due prima che si calmasse, e quando alzai lo sguardo verso Liam e Zayn, entrambi sembravano essere completamente confusi.

 

"Che cos'era tutto questo?" chiese Zayn.

 

"Lui ama dare un sacco di calci," dissi con un debole sorriso.

 

"Lui? È un maschietto?" chiese Liam con un sorriso sorpreso.

 

"Harry non ve l'ha detto?"

 

Entrambi scossero la testa e il mio cuore affondò un po', Harry non aveva trovato importante o abbastanza interessante condividere con i suoi amici il sesso del bambino? Okay. Va bene. Nessun problema.

 

"Bhe, si, è un maschietto," dissi con un sorriso un po' forzato.

 

"È fantastico, no?"

 

"Credo. Ma non importa," dissi, alzando le spalle, "lo darò in adozione, in ogni caso."

 

"Giusto."

 

"Si." Esitai e mi spostai sui piedi. "Devo andare, la mia lezione sta per cominciare e... si."

 

"Okay," disse Liam con un sorriso che aveva traccia di preoccupazione, "senti, a proposito di quelle cose che hai detto, sai, sul fatto di aver bisogno di parlare con qualcuno, dovresti chiamare Harry o mandargli un messaggio. Non è un cattivo ragazzo e sono sicuro che sarebbe felice di aiutarti, sai, se solo lo chiedessi."

 

"Non voglio disturbarlo, ha già abbastanza cose nella sua testa senza dover avere a che fare anche con me."

 

"Non ha detto lui che se avessi avuto bisogno di qualcosa, avresti dovuto chiamarlo?"

 

"Io- come lo sai?"

 

"Ce l'ha detto," disse Zayn, "parla molto di te, sai. In realtà ci siamo chiesti se tu gli piacessi." Fece una pausa. "Sai, gli piaci."

 

"Si, magari," mi scappò prima che avessi tempo di pensarci. Ci vollero cinque secondi prima di realizzare quello che avevo appena detto e i miei occhi si spalancarono, mi misi subito la mano davanti alla bocca. Liam e Zayn mi guardarono con espressioni sorprese, ma nessuno di loro disse niente. Inghiottii e poi abbassai la mano lentamente, guardando tutti e due, supplichevole.

 

"Ti... piace Harry?" chiese Liam esitante dopo quello che sembrò un milione di anni.

 

"No, naturalmente no," dissi subito, "è etero e ha una fidanzata, piacermi sarebbe stupido."

 

"Il cuore non sempre si comanda," disse Zayn asciutto, "guarda me e Liam."

 

"È diverso," mormorai.

 

Zayn rise senza umorismo. "Si, perché siamo entrambi in una squadra di calcio dove tre quarti dei giocatori ci prenderebbero a calci se solo ci scoprissero."

 

Sospirai. "Non importa, okay? Non mi piace Harry, non in quel modo."

 

"Si invece."

 

"No, non mi piace."

 

"Tu-"

 

"Devo andare," interruppi Liam e poi mi girai e cominciai a camminare. Ignorai le loro richieste di tornare indietro, il mio cuore batteva selvaggiamente nel mio petto; ero quasi riuscito a farmi scoprire, dai migliori amici di Harry. Questo non era un bene. Non era affatto un bene. E se glielo avessero detto? Allora non avrebbe sicuramente voluto avere a che fare con me, nemmeno fuori dalla scuola. Mi avrebbe odiato per l'eternità. Sarebbe stato magnifico, no?

 

Sabato, 19 Febbraio

Ventidue settimane e cinque giorni

 

Quando mi svegliai quel sabato mattina, ci vollero pochi secondi per rendermi conto di ciò che mi aveva svegliato, di certo non perché mi sentissi riposato. Poi sentii un urlo di mia madre dal piano di sotto, subito seguito da uno di Owen altrettanto forte. Mentre mi strofinavo gli occhi per sbarazzarmi della stanchezza, mi alzai lentamente, sostenendomi con una mano sul materasso, e cercai di capire le parole che erano appena state urlate. Le uniche parole che riuscii a capire furono 'Ian' e 'pazza' e gemetti, perché, beh, quella non poteva essere una buona cosa.

 

Dopo aver indossato la mia tuta e un enorme felpa, uscii dalla mia stanza, scesi le scale e andai in cucina. Mamma e Owen erano in piedi uno di fronte all'altro, guardandosi arrabbiati.

 

"Cosa sta succedendo?" chiesi, la mia voce assonnata.

 

"Questo è quello che ho detto io quando un paio di strani tizi sono entrati nel salotto alle dieci di questa mattina dicendomi di alzarmi dal divano perché avrebbero dovuto portarlo via," disse Owen scontroso.

 

Sbattei le palpebre. "Scusa, ma cosa dovrebbe significare?" chiesi.

 

"Dovrebbe significare che se entri ora nel salotto troverai un altro divano e se entri nella camera della mamma troverai un letto nuovo!"

 

"Cosa? Perché?"

 

"Perché Ian si sta trasferendo qui."

 

La mia bocca si spalancò e mi voltai per guardare mia madre. "Non sei seria, vero?" chiesi con incredulità. Mi guardò con occhi supplicanti e quella fu una conferma sufficiente per me. Lasciai uscire una risata incredula e scossi la testa. "Conosci questo ragazzo da... quanto? Quattro mesi?"

 

"Beh, si, ma-"

 

"Sei fuori di testa, mamma?" chiesi, trascinando le dita tra i capelli, facendo del mio meglio per restare calmo.

 

"Si, lo è, non so nemmeno perché ti preoccupi a chiederlo," sputò Owen, "non puoi davvero dire che sarai felice con Ian per il resto della tua vita. È il ragazzo più noioso che avresti mai potuto trovare!"

 

"Non importa se vi piaccia o meno," disse mia madre, urlando, "la cosa che conta è che piaccia a me. Si trasferisce tra due giorni e questo è tutto. Se la cosa non vi piace, potete andare via."

 

"Stai sicuramente per ricevere il premio di 'Mamma dell'anno'," soffiò Owen prima di correre fuori dalla cucina e lo sentii sbattere i piedi sulle scale.

 

Mia madre non disse una parola e io ero impegnato a metabolizzare la notizia che avevo appena ricevuto, Ian sarebbe venuto a vivere con noi, il che significava che ci sarebbe stata una persona in più in giro che mi avrebbe visto molto, molto incinto tra un paio di mesi, il che significava un'altra persona da affrontare. Era particolarmente imbarazzante perché Ian la prima volta che ci siamo conosciuti mi aveva detto che non gli piacevano i bambini e in qualche modo, avevo la sensazione che se avesse scoperto che il figlio della sua amante (soffocai a quella parola) era incinto, non sarebbe stato sicuramente un piacere per lui.

 

"Vado nella mia stanza," mormorai dopo aver fatto passare parecchi minuti.

 

"Non pensi che sia arrivato il momento di fare un po' di attività fisica, Louis?" fu la sua risposta.

 

La guardai per una frazione di secondo. "Perché?" chiesi equamente, anche se sapevo benissimo il perché.

 

"Hai messo su molto peso negli ultimi mesi," disse lei svelta e la mia bocca si aprì.

 

"Io- caspita, grazie," dissi, una volta che lo shock iniziale svanì.

 

"Lo sai tu come lo so io, quindi perché non ti metti altri vestiti e vai a correre?"

 

"Non pensi che se fosse qualcosa per cui bastasse correre, lo avrei fatto già da molto tempo?" urlai, la rabbia prese il sopravvento improvvisamente, "non posso fare niente riguardo a questo, quindi non te ne deve fregare un cazzo!"

 

"Perché stai gridando?" chiesi aggrottando la fronte, "è cosa vuol dire che è qualcosa per cui non basta correre?"

 

"Hai mai considerato il fatto che forse non è un aumento di peso, o sei troppo occupata con Ian per pensare a qualcun altro oltre a te stessa?" Con quelle parole pronunciate a voce alta, mi voltai e camminai fuori dalla cucina, salii le scale e andai nella mia stanza. Fu quando mi sedetti sul letto e nascosi il viso nelle mie mani che mi resi conto di quello che avevo appena fatto.

 

"Oh no, oh no, no, no," mormorai nelle mie mani. Mia madre ora sapeva che non era un aumento di peso che mi aveva fatto apparire improvvisamente come un ippopotamo, il che significava che avrebbe - senza dubbio - cominciato a pensare ad altre opzioni. Non che avrebbe mai considerato la giusta alternativa, ma probabilmente avrebbe pensato a qualcosa come il cancro e mi avrebbe trascinato da un medico e sarebbe voluta entrare con me. E questo sarebbe stato un disastro, come minimo. D'altronde, avrei dovuto dirglielo prima o poi. Ma cosa riguardo ad Owen? E... Gesù Cristo, cosa direbbe Ian? Quello era troppo da gestire così presto. Mi sdrai sotto le coperte e chiusi gli occhi, chiedendomi per la centesima volta che cosa avessi fatto di male per meritare quell'inferno.

 

Ritornare a dormire si dimostrò impossibile e dopo mezz'ora mi arresi e aprii gli occhi con un sospiro.

 

Testai sul comodino per cercare il mio cellulare, lo presi e controllai l'ora. Undici e quaranta. Probabilmente era ora di alzarmi, comunque. Stavo per mettere il mio telefono sul comodino quando mi venne un'idea. Non volevo stare a casa quella mattina e ora, più che mai, avevo davvero bisogno di parlare con qualcuno. Preferibilmente quel qualcuno sarebbe dovuto essere Harry.

 

E lui mi aveva detto che avrei dovuto chiamarlo se avessi avuto bisogno di parlare. Giusto?

 

Un paio di minuti di esitazione più tardi, andai nei contatti del mio cellulare, mi fermai su 'Harry Styles' e premetti il tasto 'chiamata'. Il mio cuore stava battendo veloce con nervosismo mentre attendevo che lui rispondesse. Ci vollero dieci, quindici, venti, venticinque squilli prima che lo facesse.

 

"Chiunque tu sia, ti ucciderò," disse una voce molto stanca e molto irritata dall'altro capo.

 

"S-scusa, non sapevo fossi ancora addormentato, scusa, scusa," balbettai, volendomi schiaffeggiare.

 

"Louis?" L'irritazione si spense improvvisamente e sembrò sorpreso.

 

"Si, ciao, scusa se... sai, ti ho svegliato," dissi.

 

"No, è tutto okay," disse in fretta, "che succede?"

 

"Io- beh, tu- tu hai detto che, sai... avrei potuto, tipo-"

 

"Louis."

 

"Scusa," dissi con una risatina nervosa, "è solo che hai detto che avrei potuto, sai, chiamarti se... avessi avuto bisogno di parlare."

 

"Si?" disse lentamente.

 

"Bhe, io... ho bisogno di qualcuno con cui parlare," dissi, la mia voce sottile, mentre mordicchiavo il mio labbro inferiore.

 

"Oh, giusto."

 

"Solo se non ti dispiace," dissi in fretta, "va bene se non hai tempo o non vuoi, ho avuto una mattinata davvero brutta, o una settimana, e ho pensato che avrei potuto- no, questo è stupido, torna a dormire, adesso aggancio e-"

 

"Devi smettere di farlo," mi interruppe, "certo che possiamo parlare. Dammi solo mezz'ora e sarò pronto."

 

"Potremmo magari incontrarci altrove? Non voglio stare a casa ora," dissi esitante.

 

"Certo, sicuro. Vuoi venire qui o vuoi andare da un'altra parte, o...?"

 

"Posso venire a casa tua se va bene."

 

"Si certo. Tra quanto sarai qui?"

 

"Circa mezz'ora."

 

"Ok, ci vediamo."

 

"Si, ciao."

 

"Ciao."

 

Agganciai e mi alzai dal letto, camminando fino al mio armadio per cercare qualcosa da indossare. Come d'abitudine, iniziai subito a cercare qualcosa che nascondesse la mia protuberanza, ma poi mi resi conto che non mi importava di nasconderlo perché era solo Harry che mi avrebbe visto senza cappotto. E così optai per un paio di jeans comodi e un maglione sottile che due mesi fa mi stava largo, ma ora cadeva piuttosto bene sullo stomaco. Mi rigirai per guardarmi allo specchio e sorrisi un po'. In tutta onestà, non credevo di essere così male adesso che la pancia non mi faceva sembrare più grasso. Certo, era un po' strano vedermi così ovviamente incinto, ma non era così male... almeno non pensavo. Tuttavia mi misi una giacca sopra al maglione - non sentendo la necessità di mostrare la mia pancia a mia mamma ed Owen - mentre andai in bagno per sistemarmi.

 

"Sto uscendo," dissi una volta che finii di sistemarmi i capelli e mi diressi verso il piano inferiore.

 

La mamma era seduta su quello che supposi fosse il nostro divano nuovo con un giornale sulle mani.

 

"Stai prendendo la macchina?" chiese senza guardarmi.

 

"Si."

 

"Va bene. Torna a casa prima di cena."

 

"Perché?"

 

"Perché ho detto così."

 

Non risposi, alzai gli occhi al cielo prima di uscire dall'atrio e infilarmi le scarpe e la giacca. Cinque minuti dopo ero seduto in macchina, inserendo la chiave e avviando il motore. Per qualche ragione legata ad un disturbo ossessivo compulsivo, non riuscivo a guidare senza ascoltare la radio. L'unico problema era che la radio della nostra macchina faceva schifo così passai dieci minuti a cercare di farla funzionare prima di poter finalmente partire. Il tragitto fu piuttosto tranquillo e passai l'intero viaggio chiedendomi cosa avrei dovuto dire ad Harry. Non volevo scaricare tutti i miei problemi su di lui o sarei finito per risultare un moccioso, ma, d'altra parte, non volevo mentirgli, soprattutto perché l'avevo chiamato dicendogli che la mia vita stesse facendo schifo in quel momento.

 

Quando arrivai nel vialetto della casa di Harry, una persona stava camminando nella direzione opposta alla mia. Non ero lontano nemmeno dieci metri che vidi chi fosse. Lauren. Merda. Feci del mio meglio per nascondermi dietro il volante e per un secondo pensai di esserci riuscito, ma proprio mentre la superai, lei alzò lo sguardo dal suo cellulare e diresse il suo sguardo verso di me attraverso il vetro di davanti. Diedi una rapida occhiata alla sua espressione prima di ripartire, ma da quello che potetti vedere, sembrava piuttosto incazzata. Doveva aver capito dove ero diretto e il pensiero mi fece sentire colpevole; Harry avrebbe passato l'inferno per quello.

 

Parcheggiai l'auto affianco a casa sua, non so quanto fosse intelligente parcheggiare l'auto davanti al garage nel caso qualcuno avesse avuto bisogno di quel posto, la chiusi prima di andare verso casa e suonai il campanello. Ci volle un po' prima che la porta si aprisse, ma quando accadde, i miei occhi si spalancarono. Harry stava lì, indossando una tuta consumata, che ricadeva sui suoi fianchi, e nient'altro. La parte superiore del suo torso era scoperta e dovetti combattere la voglia di fissare i suoi muscoli perfettamente tonificati.

 

"Ciao, finito di fissare?" disse con un sorriso.

 

"Io- non stavo fissando," mi difesi, ma il rossore che si fece strada sul mio viso mi tradii.

 

"Ovvio che no. Ma entra dentro, è dannatamente gelido là fuori," disse, ancora sorridendo, mentre si spostò per farmi entrare. Sorrisi con gratitudine mentre passai davanti a lui ed entrai nel calore della casa. Rimasi lì, un po' a disagio per alcuni secondi, prima che Harry ridacchiasse e mi dicesse di togliermi le scarpe e la giacca. Con un debole rossore sul viso, feci come mi aveva detto, ma mi fermai quando stavo per abbassare la cerniera della felpa.

 

"C'è qualcuno in casa?" chiesi.

 

"No, perché?"

 

Invece di rispondere con le parole, abbassai la cerniera e mi tolsi la felpa, rimanendo con il maglione stretto che indossavo sotto. Ero un po' nervoso quando lo guardai, sperando che non fosse troppo stranito, o addirittura disgustato, dalla vista. Ma l'unica reazione che ottenni fu un sorriso che mi indicava di seguirlo. Con un sospiro sollevato, che speravo non avesse notato, appesi la mia giacca sull'attaccapanni accanto al mio cappotto prima di seguirlo.

 

"Vuoi mangiare o bere qualcosa?" chiese e si fermò accanto alla porta che conduceva in cucina.

 

Mi venne in mente che non avevo fatto colazione e, come a farlo apposta, il mio stomaco fece un suono imbarazzante. "Ho dimenticato di fare colazione," mormorai in risposta alla sua domanda che non aveva posto.

 

"Fantastico! Mi darai la possibilità di dimostrarti quanto faccia le uova e la pancetta magnificamente," disse con un ampio sorriso mentre si avviò in cucina, dando una bella vista dei suoi muscoli della schiena. Se doveva stare lì e cucinare, non indossando niente di più di ciò che aveva in quel momento, c'era una grande possibilità che ad un certo punto sarei finito in una situazione piuttosto imbarazzante nei miei pantaloni.

 

"Ehi, Harry?" dissi mentre mi sedevo su una delle sedie vicino al tavolo.

 

"Hmm?"

 

"Non... voglio dire, non andrai, sai, a vestirti?" chiesi, balbettando leggermente.

 

"Non era in programma," disse mentre tirò fuori dal frigo una scatola di uova e un pacco di pancetta.

 

"Oh. Okay allora," dissi a disagio, grattandomi la nuca.

 

"Allora, cosa ti ha reso così depresso da farti decidere di prendere in considerazione la mia proposta di chiamarmi?" chiese. Era impegnato ad infilare una mezza dozzina di uova nella padella e non mi guardò, ma sentii un sorriso nella sua voce.

 

"Solo... un sacco di piccole cose, credo," dissi.

 

"Tipo cosa?"

 

Sospirai prima di alzarmi dalla sedia e di andare vicino a lui per poter vedere il suo viso mentre gli parlavo. "Sono stato davvero, davvero solo ultimamente," cominciai, appoggiandomi al bancone, "voglio dire, sono abituato a stare solo, ma non mentre sto avendo a che fare con il bambino, che inoltre calcia tutto il tempo, e che mi impedisce di dormire correttamente durante la notte, quindi sono ancora più stanco del solito, è solo che fa schifo non poter parlare a scuola perché sinceramente è dove mi sento più solo e questa mattina improvvisamente ho scoperto che il fidanzato di mia mamma si sta trasferendo da noi e poi mia mamma mi ha detto, dal nulla, che lei pensa che sto diventando troppo grasso e che dovrei iniziare a fare attività fisica, e mi è scappato che forse dovrebbe considerare il fatto che il mio aumento di peso dipenda da qualcos'altro, quindi in pratica le ho detto che qualcosa non va e adesso impazzirà completamente e mi trascinerà dal medico e poi tutto questo casino verrà scoperto!"

 

Alla fine stavo quasi gridando e Harry appoggiò la spatola che stava tenendo, guardandomi, in parte divertito e in parte preoccupato.

 

"Avresti potuto chiamarmi prima, sai," disse dopo una breve pausa.

 

"No, non potevo!" gridai, con la mia vista appannata a causa delle mie lacrime di rabbia, "sei occupato con i tuoi amici, con la tua famiglia, la tua ragazza, le tue cose del calcio e Dio sa cos'altro, e mi hai detto di stare lontano da te e non volevo essere quello che insiste perché niente di questo è colpa tua ed è solo un dannato casino e mi sento così fottutamente solo e non ce la faccio più! Sto impazzendo!"

 

Stavo piangendo disperatamente, le lacrime scendevano lungo il mio viso, e pestai i piedi in pura frustrazione, non sapendo cos'altro fare. Volevo calciare e colpire e urlare e fare tutto quello che avessi potuto fare per distruggere il mondo, ma non potevo, perché ero solo... io. Un ragazzo incinto che non aveva alcun mezzo per causare qualsiasi tipo di distruzione. A parte la vita di Harry. Ero riuscito ad incasinarla per bene, non importava quello che diceva.

 

L'espressione di Harry si trasformò in estrema preoccupazione e fece un passo verso di me, attentamente, come se stesse camminando in un campo minato. "Okay, okay, vieni qui," disse con cautela prima di fare un altro passo e avvolgere le braccia intorno a me, stringendomi contro il suo corpo. Feci per spostarmi, ma strinse la sua presa e permisi di farmi tranquillizzare dalle sue lente e dolci carezze sulla mia schiena.

 

"Probabilmente dovresti lasciarmi andare," inspirai per la sensazione di pace, odiando la pelle delle sue spalle.

 

"Perché?"

 

"Perché sono gay e incinto e in preda agli ormoni, e tu sei un ragazzo e sei dolce e bello e allegro e mezzo nudo e pressato contro di me," mormorai.

 

"Sono sicuro che andrà tutto bene," disse ridendo, "calmati, okay?"

 

Rimanemmo fermi così per qualche minuto finché non mi accorsi che il suo caldo e muscolo torso nudo fosse molto vicino al mio e mi dimenai fino a quando non mi lasciò andare e fece un passo indietro.

 

"Stai bene?" chiese, lasciando le mani sulle mie spalle.

 

Annuii, asciugando le ultime lacrime sulle mie guance. "Si. Mi dispiace, non avevo intenzione di urlarti contro senza nessuna ragione."

 

"In realtà mi aspettavo una scenata," ammise con aria scherzosa, "ho fatto qualche ricerca sulle gravidanze e tutte quelle cose e diceva che gli sbalzi d'umore sono abbastanza comuni."

 

"Hai fatto ricerche sulle gravidanze?" chiesi stupidamente, "perché?"

 

Lui scrollò le spalle. "Pensavo sarebbe stato bello sapere cosa ti succede e il resto."

 

"È davvero carino," dissi con un sorriso timido.

 

"Credimi, non tutto quello che ho letto è carino," disse con una smorfia.

 

"Non ho bisogno di esempi."

 

"Oh, così non vuoi sapere com'è un bambino quando nasce quindici settimane prima?" disse con un sorriso.

 

"No grazie," dissi con una smorfia, "specialmente dal momento che il nostro bambino dovrebbe nascere quindici settimane prima se andassi in travaglio adesso; non ho bisogno di un altro motivo per impazzire."

 

"Giusto, giusto," disse, poi apparve un sorriso sul suo viso. "Ehi, hai detto 'il nostro bambino'," aggiunse, la sua voce morbida.

 

"Oh. Si, credo di averlo fatto," dissi, guardandolo nervosamente, "scusa, non volevo farti sentire a disagio o altro, mi è scappato."

 

Non disse niente, ma il sorriso rimase sul suo volto mentre le sue mani scivolarono dalle mie spalle e, con mia grande sorpresa, si appoggiarono sul mio stomaco. Le guardai, erano così delicatamente posizionate sul mio ventre, quasi in modo affettuoso, e mi mordicchiai il labbro. Forse ero solo io e il mio cervello pieno di ormoni che era in sovraccarico, ma la posizione in cui in eravamo era molto più intima di una posizione tra amici.

 

Con esitazione e molto, molto lentamente, sollevai una delle mie mani e la avvicinai ad una delle sue. Il mio cuore correva ad un milione di chilometri all'ora al pensiero di quel semplice gesto, ma in qualche modo il mio nervosismo mi concesse un po' di coraggio e permisi alle mie dita di accarezzare il dorso della sua mano. Il secondo dopo che la mia pelle si mise a contatto con la sua, lui si ritrasse, e non solo con le mani, ma con tutto il corpo. Inciampò un paio di passi indietro e la mia faccia, che in precedenza era un po' calda, ora bruciava dalla paura per quello che sarebbe potuto succedere, rabbia verso me stesso e verso la mia stupida decisione e, soprattutto, di umiliazione per aver pensato che forse Harry non ci avrebbe badato, che forse gli sarebbe potuto anche piacere e che forse sarei potuto piacergli anche io.

 

Stupidi ormoni.

 

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Capitolo 14
*** 14. How would you have liked to be? ***


CAPITOLO 14
Come avresti voluto che fosse?

 

 

Sabato, 19 Febbraio

Ventidue settimane e cinque giorni

 

Harry mi guardò con un'espressione completamente vuota quando finalmente osai sollevare gli occhi per incontrare i suoi. Le mie guance bruciavano e morsicai così intensamente il mio labbro che mi sembrò stesse sanguinando.

 

"Mi dispiace, io- solo- io- me ne- me ne sto andando," balbettai freneticamente, l'umiliazione aumentò, il che mi rese impossibile parlare normalmente. Gettai un ultimo sguardo verso di lui prima di girarmi e uscire dalla stanza, le mie gambe traballanti e instabili. L'imbarazzo che sentivo poteva essere paragonato alla mortificazione; la mia bocca era asciutta, i miei occhi erano spalancati e le mie mani tremavano, ed una marea di domande balzarono nella mie orecchie.

 

Perché diavolo l'avevo fatto? Perché non avevo lasciato che mi accarezzasse la pancia senza pensare che lui intendesse altro? Erano per il bambino, non per me. Naturalmente non erano per me. Harry aveva una fidanzata, una bella ragazza di cui era ovviamente innamorato, quindi perché non avevo lasciato perdere? Perché?

 

Raggiunsi l'ingresso e mi infilai una delle mie scarpe, ero così perso nei miei pensieri negativi che non avevo nemmeno notato che non ero più solo nella stanza prima che una mano si posasse sulla mia spalla. Lasciai uscire un grido di sorpresa e mi girai, quasi colpendo Harry nel farlo.

 

"Scusami," dissi, la mia voce più alta del solito.

 

"Devi smettere di scusarti per tutto," disse, guardandomi con un debole sorriso.

 

"Io- n-non volevo farlo, sai," dissi, ingoiando nervosamente.

 

"Va bene, è stato solo un po' inaspettato," disse con una scrollata di spalle.

 

"È comprensibile, non avrei dovuto farlo, è stata solo una... reazione istintiva, credo." Questa era una bugia, ma lui non aveva bisogno di saperlo.

 

"Va bene, davvero, ora togliti le scarpe e torna in cucina," disse prima di tornare indietro e scomparire dietro la porta.

 

Presi un profondo e sollevato respiro, e chiusi gli occhi per un secondo. Rimasi lì in piedi per poco tempo, volendo che il mio corpo si calmasse e che la mia testa smettesse di porsi nuove domande, prima di fare come mi aveva detto. Lui era in piedi accanto ai fornelli quando tornai in cucina, girando le uova e la pancetta nella padella. Ed era ancora senza maglietta. Mi sedetti sulla stessa sedia in cui mi ero seduto prima e sospirai mentalmente. Aveva idea di quanto fosse difficile per me guardarlo proprio in quel momento, mentre stava lì in piedi con quel fisico e senza camicia?

 

"Il cibo è pronto in pochi minuti," disse mentre appoggiò la spatola e si voltò per guardarmi.

 

Annuii. "Va bene."

 

"Non volevo spingerti via o qualsiasi altra cosa, davvero," disse dopo alcuni momenti di silenzio.

 

"Non preoccuparti, è stata colpa mia. È tutto ok."

 

"Si?"

 

Annuii. "Ora, se potessi ingerire un po' di cibo, sarebbe ancora più figo."

 

"Posso risolvere questo," disse sorridendo mentre si girò di nuovo verso la padella.

 

Mezz'ora e un sacco di prese in giro per le mie abitudini alimentari più tardi, eravamo nella stanza di Harry, ancora una volta sdraiati nel suo letto. Non avendo l'energia per stare seduto, mi trovavo nella solita posizione con un braccio sotto la mia testa e l'altro appoggiata sullo stomaco, mentre Harry era seduto con la schiena appoggiata alla testata del letto con gli occhi rivolti verso di me. Aveva fortunatamente indossato una maglietta.

 

"Stai bene?" chiese.

 

Mi spostai dalla mia posizione per poterlo guardare senza tendere troppo il collo, prima di sorridere. "Si. Mi dispiace per le urla di prima, non era mia intenzione farlo," dissi. Esitai un paio di secondi prima di aggiungere, nervosamente, "e mi dispiace per... sai, aver toccato la tua mano, non so cosa mi è venuto in mente."

 

"Va bene, è stato solo un po' inaspettato."

 

"Non succederà più."

 

"No?"

 

"No," dissi semplicemente.

 

"D'accordo, va bene."

 

Sorrisi e stavo per rimettere la testa giù quando mi venne in mente una cosa. "Io... ehi, Harry?"

 

"Hmm?"

 

"Io... okay, non credo che ti piacerà, ma ho visto... Lauren quando stavo arrivando qua e lei credo... mi abbia visto." Mi morsi il labbro e lo guardai, aspettando una sua reazione.

 

"Oh... beh, merda," fu quello che disse dopo una pausa.

 

"Mi dispiace veramente," dissi, masticando un pezzo di pelle del mio labbro.

 

"No, è... è ok, credo," disse, trascinandosi le mani tra i capelli, facendoli andare in tutte le direzioni possibili, "immagino che passerò un paio di giorni a scusarmi, ma non è tua la colpa, non ti preoccupare."

 

"Mi dispiace comunque," dissi, la mia voce controllata, "non voglio davvero causare problemi tra voi due."

 

"Va bene, intendo dire," disse con un sorriso, "lei è... è un po' gelosa, solo quello."

 

"Si, ho notato," dissi, "perché comunque? È solo perché crede che tu passi troppo tempo con me?"

 

"Suppongo di sì."

 

"Oh... mi sembra un po', beh, eccessivo," dissi con esitazione, senza volerlo far arrabbiare.

 

"Si, beh, potrebbe essermi scappato che sei... gay," disse e ora fu il suo turno di guardarmi nervoso.

 

I miei occhi si spalancarono e inghiottii prima di dire, balbettando leggermente, "tu- oh, tu- okay, glielo hai detto. Va bene, okay."

 

"Mi dispiace veramente," disse, suonando come una supplica, "mi è scappato ma ti prometto che non lo dirà a nessuno, gli ho detto chiaramente che deve tenere la bocca chiusa, quindi nessuno lo scoprirà."

 

"Io- si, è- è okay," dissi, grattandomi la nuca. Non molte persone sapevano che fossi gay, quasi nessuno in realtà, e avere qualcuno come Lauren che lo sapeva prima della mia famiglia? Non era proprio la mia idea di perfetto coming-out ad essere onesti.

 

"Sei arrabbiato con me?"

 

"No, no, è tutto okay," dissi in fretta e gli sorrisi.

 

"Non l'ho detto a nessun'altro, giuro."

 

"Va bene, davvero."

 

"Okay."

 

Esitai per alcuni secondi prima di aprire nuovamente la bocca, l'ansia si impossessò del mio corpo. "Harry?"

 

"Si, Louis?"

 

"Senti, te l'ho già chiesto tre volte, ma le prime due siamo stati interrotti prima che ottenessi una risposta e l'ultima volta ti sei tipo... arrabbiato," cominciai, ingoiando nervosamente, "e- mi farebbe piacere saperlo in modo da poter darti tutto me stesso, è solo che- che, tipo mi hai scopato e deve esserci una ragione per cui lo hai fatto, quindi-"

 

"Quindi mi stai chiedendo se sono gay," mi interruppe, "di nuovo."

 

"Scusami, scusami," dissi, diventando rosso, "voglio solo una... risposta, una volta per tutte."

 

Con mio sollievo, sorrise e poi sospirò un po'. "Okay, allora te lo chiarirò una volta per tutte," disse, "non sono gay, non sono bisessuale, non sono pansessuale o qualunque altra cosa che indichi che sia attratto dai ragazzi."

 

Inghiottii per sbarazzarmi nel nodo di pura delusione che mi salii in gola. "Giusto, va bene," dissi, con mio sollievo riuscendo a mantenere la mia voce normale.

 

"Per quanto riguarda il motivo per cui ti ho scopato, non ne ho idea," continuò, "la mia migliore ipotesi è che ero estremamente ubriaco ed eccitato, non so davvero come... spiegarlo diversamente."

 

Avrei preferito se avesse mentito, in modo che il nodo che avevo in gola non diventasse più grosso, ma non lo fece. Era okay il fatto che Harry non fosse attratto dai ragazzi, ma non importava quanto sembrasse infantile e ingenuo, avrei voluto che mi desse una... una spiegazione più dolce del perché mi avesse scopato. Anche se sarebbe stata una bugia, sarebbe stato meglio sentirmi dire che lo aveva fatto perché pensava fossi bello o qualche altro cliché, piuttosto che sentirgli dire che era ubriaco ed eccitato e fondamentalmente solo perché ero stato il primo bersaglio più facile che aveva trovato. Sarebbe stata una menzogna, ma almeno non mi sarei sentito così orribilmente usato e... beh, disgustoso.

 

"Si, va bene," dissi alla fine, non guardavo più Harry negli occhi, temendo che il mio volto mi avrebbe tradito se lo avessi fatto.

 

"Sembri triste," disse e lo sentii mettere una mano calda sulla mia guancia.

 

"No, è solo... un modo orrendo per perdere la verginità," dissi con un sorriso poco convinto. Era solo un'altra mezza bugia. E non doveva saperlo, ma stetti in silenzio a godermi la sensazione della sua mano calda a contatto con la mia pelle.

 

"Non proprio come l'avevi immaginato, eh?"

 

"Non proprio, no," dissi.

 

"Come avresti voluto che fosse?"

 

Sbattei le palpebre. "Cosa?"

 

"Come avresti voluto che fosse? La tua prima volta con un ragazzo, intendo."

 

Corrugai la fronte e sollevai un po' la testa, facendogli spostare la mano. "Perché me lo chiedi?" dissi guardandolo con confusione.

 

"Voglio solo saperlo, curiosità, sai," disse piano, sorridendo lentamente.

 

"Oh, okay." Mi sdraiai e mi coprii un po' prima di continuare, "immagino che sarebbe stato più bello se avessi conosciuto il ragazzo, e stare in un letto anziché su un prato e... beh, sai, farlo un po' più dolcemente invece che stare sulle mani e in ginocchio. Ha fatto un po' male. E, beh, sarebbe stato bello ricordarlo e forse, sai, svegliarsi con lui il giorno dopo, invece che da solo e con un post-sbronza." Mi sentii un idiota dopo aver finito il mio piccolo discorso. Seppellii la mia faccia più in profondità nel cuscino tentando di nascondere il rossore che sentivo farsi strada sul mio viso.

 

Un secondo o due dopo, sentii Harry sospirare pesantemente e la sua mano riprese la sua precedente posizione sulla mia guancia. "Sono davvero dispiaciuto che io, beh, ti abbia privato di tutto questo," disse mentre muoveva la mano per giocare con i miei capelli.

 

"È tutto okay," dissi, appoggiandomi al suo tocco, "la memoria è un po' confusa, quindi posso fingere di essere ancora vergine se dovessi incontrare un ragazzo un giorno."

 

"Quando."

 

"Che cosa?"

 

"Quando incontrerai un ragazzo, non se."

 

"Oh. Giusto."

 

Dopo quello cademmo in un confortevole silenzio. Harry continuava a giocare con i miei capelli e io continuai a cercare di nascondere la delusione che stavo provando. Non era certamente attratto da me, non avrebbe mai potuto esserlo. Va bene. Potevo vivere con quello. Andava bene. Davvero. Solo che non era così. Naturalmente non lo era.

 

"Sai, anche se non posso darti l'esperienza dolce della prima volta, potrei almeno coccolarti."

 

Alzai lo sguardo e corrugai la fronte. "Cosa?"

 

"Potrei coccolarti," disse, guardandomi con una traccia di insicurezza sul suo volto, "sai, se vuoi."

 

Spalancando un po' gli occhi verso di lui, gli chiesi, "t-tu mi coccoleresti?"

 

"Si, se vuoi."

 

"Beh, io- no, è... è okay, non devi," balbettai, il mio cuore batteva a cento chilometri all'ora.

 

Lui sorrise. "Okay, girati," disse.

 

"Che cosa? Perché?"

 

"Perché facciamo il cucchiaio," disse mentre si sdraiava su un fianco, "quindi ti devi girare."

 

"Ma noi- non possiamo-"

 

"Si, possiamo, ora girati prima che lo faccia io," mi interruppe roteando gli occhi.

 

Inghiottii, sapendo che sarebbe stato meglio alzarmi dal letto e tornare a casa, ma naturalmente non lo feci. Con un sospiro, e un sacco di movimenti dopo, mi girai in modo che la mia schiena fosse rivolta a lui e lo sentii avvicinarsi a me fino a quando il suo petto non fu premuto contro di me. E il suo cavallo non fu premuto contro il mio culo. Va bene. Inghiottii ancora una volta, desiderando che il mio respiro tornasse normale e che la mia frequenza cardiaca si calmasse. Funzionò fino a quando lui non mise un braccio sulla mia vita e lasciò cadere una mano sul mio ventre.

 

"Calmati un po', Lou," mormorò tra i miei capelli, "sei troppo teso."

 

"Scusami, io- beh, non sono abituato a questo," risposi.

 

"Basta che ti rilassi, non ti farò del male."

 

"So che non lo farai," dissi con un debole sorriso.

 

"Bene, calmati, okay? Sono solo coccole, niente di grave."

 

Non per te forse. "Si, ok."

 

Mi lasciai sfuggire un sospiro che non sapevo di aver trattenuto e permisi alle mie spalle di rilassarsi. Avere Harry pressato così a me era meraviglioso e mortificante allo stesso tempo e non avevo idea di come il mio corpo avrebbe reagito, soprattutto quando il suo pene era così dolorosamente vicino a dove lo volevo. Bene.

 

"Stai bene adesso?" mormorò dopo qualche minuto, la sua voce assonnata.

 

"Si, sto bene," dissi, quasi in un sussurro.

 

Rimanemmo sdraiati per lungo, lungo tempo e alla fine osai sollevare la mano e intrecciare le dita con le sue.

 

Non mi spinse via quella volta.

 

Giovedì, 24 Febbraio

Ventitré settimane e tre giorni

 

Ero in piedi davanti allo specchio a guardare tutta la mia immagine riflessa, la maglietta gettata sul pavimento e un'espressione infelice sul mio viso. Era molto più deprimente vedermi senza maglietta visto che ogni smagliatura era così dolorosamente visibile. Okay, non ne avevo molte. Solo una in realtà e aveva la stessa lunghezza di un dito medio, ma c'era. La protuberanza era veramente più evidente ora, con o senza maglietta, e entro un mese o due, probabilmente avrei dovuto raccontare tutto a mia madre, a Owen e - con mio grande disappunto - a Ian. Le mie viscere fecero un salto al pensiero, ma respirai profondamente e feci un piccolo cenno al mio riflesso, come per incoraggiarmi.

 

"Ehi, Lou! Mamma dice che devi scendere di sotto, c'è qualcosa che vuole- whoa."

 

Quasi inciampai sui miei piedi per la fretta di rimettermi la felpa che era gettata sul mio letto, ma comunque era troppo tardi. Aveva visto. Il mio respiro si bloccò in gola per pura paura e non osai voltarmi per affrontare Owen. Merda, merda, merda. Che cosa avrei dovuto dire adesso? Come avrei potuto spiegare che il mio stomaco era gonfio mentre il resto del mio corpo era abbastanza normale?

 

"Lou?" disse esitante dopo un lungo silenzio, "cosa... cosa c'è che non va con la tua pancia?"

 

"Niente," gracchiai, "vai via, per favore."

 

Sentii la porta chiudersi e per un secondo pensai che mi avesse ascoltato per una buona volta, ma poi parlò di nuovo.

 

"Sei malato?" chiese, "perché non sembra tu abbia un bell'aspetto."

 

"Sto bene, Owen," dissi, "adesso vai, dì alla mamma che sarò giù in un paio di minuti."

 

"No, Lou, cosa-"

 

"Owen! Porca puttana!" lo interruppi urlando, senza guardarlo.

 

"Okay, scusa," disse con aria seria e un paio di secondi dopo sentii la porta aprirsi e poi chiudersi di nuovo.

 

Presi un profondo e tremante respiro, rimanendo dov'ero fino a che il mio battito cardiaco non si regolarizzò, prima di mettermi la maglietta e sedermi sul letto. Non c'era modo che Owen sospettasse la verità sulla mia pancia gonfia, ma non era stupido e ora sapeva che c'era qualcosa che non andava con me e il mio corpo. Cosa sarebbe successo se avesse detto alla mamma ciò che aveva visto? Sarebbe stato terribile. Non ero ancora pronto per farglielo sapere, avevo bisogno di qualche settimana per prepararmi. Con un sospiro di puro sfinimento, mi alzai dal letto e andai al piano inferiore. Trovai mia mamma e Owen in cucina. Owen mi lanciò uno sguardo che esprimeva curiosità e fastidio, ma con mio sollievo, mia mamma mi sorrise.

 

"Come è andata a scuola oggi?" chiese mentre camminavo verso il frigorifero e tiravo fuori una bottiglia di succo d'arancia.

 

Scrollai le spalle. "La solita storia," dissi prima di sollevare la bottiglia verso le mie labbra e prendere tre lunghi sorsi.

 

"Onestamente, Louis," disse mia madre, guardandomi con rassegnazione, "non puoi usare un bicchiere o una tazza come tutti gli altri?"

 

"Scusa," dissi con un ampio sorriso mentre rimisi il succo nel frigo. "Owen mi ha detto che volevi parlarmi," aggiunsi prima che avesse la possibilità di continuare a rimproverarmi.

 

"No, non era niente di particolare, volevo solo chiederti come stessi," disse lei, "non riesco più a parlare con te, sei sempre nella tua stanza o Dio sa dove."

 

"Sto bene," dissi, "sono solo pensieroso, tutto qui."

 

"Mi piacerebbe sapere se c'è qualcosa che non va, ok?" forse ero solo paranoico, ma per un secondo giurai di aver visto il suo sguardo andare a finire nel mio stomaco.

 

Tossii un po' a disagio prima di forzare un sorriso. "Ovvio."

 

Ma mentre mi voltai per lasciare la cucina, sentii lo sguardo di Owen che bruciava nella mia nuca e sapevo bene che non avrei più potuto tenere quella facciata molto a lungo.

 

Domenica, 27 Febbraio

Ventiquattro settimane e sei giorni

 

"Quindi... fondamentalmente, sei fottuto?" Harry mi guardò con la bocca contratta dalla preoccupazione e la sua fronte corrugata.

 

Sospirai e annuii, spostandomi un po' dalla mia posizione mentre il braccio sotto la mia testa cominciava a fare male. "Più o meno si."

 

Eravamo sdraiati sul mio letto, io su un fianco e lui sulla schiena accanto a me. Owen stava giocando una partita di calcio e mamma con Ian erano andati con lui, quindi la casa era vuota per una volta, ecco perché avevo chiamato Harry e gli avevo chiesto se voleva venire. Non ci eravamo visti per una settimana e dato che non interagivamo in pubblico, non avevamo nemmeno mai parlato. E dato che ero incinto e avevo una cotta per Harry, ero riuscito ad armarmi di coraggio e a chiamarlo, e ora eravamo lì.

 

Gli avevo appena detto che Owen era entrato nella mia stanza e aveva visto il mio stomaco nudo, e Harry aveva reagito spalancando gli occhi e aprendo la bocca.

 

"Ma tua mamma non lo sa, giusto?" chiese.

 

"No, non credo."

 

"Non credi? Cosa significa?"

 

"Non lo so," dissi con un sospiro, "penso che stia... non lo so, iniziando a pensare che non sto ingrassando perché sto, beh, diventando grasso."

 

"Si, questo ha senso." Fece una pausa per un secondo e poi sospirò. "Ma non vedo quale sia il problema."

 

"Si, beh, il problema principale è che non sono pronto a dirglielo."

 

"Ma lo farai alla fine?"

 

"Non credo di avere molta scelta, davvero. Forse non l'hai notato, ma sto diventando un tantino grande," dissi, colpendo il mio stomaco.

 

Lui sorrise. "Che tu mi creda o no, la gravidanza ti dona. Stai bene."

 

Fu un complimento completamente innocente, ma le mie guance si tinsero di rosso e il mio cuore batté allegramente. "Grazie," mormorai con gli occhi diretti verso il materasso.

 

"Trovo un po' strano quanto sia facile metterti in imbarazzo," disse con tono divertito.

 

"Non sono imbarazzato, sono solo... non ho mai avuto a che fare con i complimenti," dissi, guardandolo di nuovo.

 

"No?"

 

Sorrisi ironicamente. "Non ho amici, ricordi?"

 

Il sorriso sul suo viso vacillò e la sua espressione diventò quasi triste. "Davvero non capisco perché sia così," disse, "è bello uscire con te. Avrei voluto, sai, conoscerti molto prima se solo lo avessi saputo."

 

"Si... è un po' triste che ci sia voluta una gravidanza imprevista per avere qualcosa di simile ad una vita sociale, eh?" dissi, cercando di alleggerire un po' l'umore.

 

"È triste," disse.

 

"Non cominciamo a parlarne di nuovo, okay?"

 

"Riguardo cosa?"

 

"A proposito di me che non ho amicizie," dissi, "abbiamo già avuto questa conversazione ed abbiamo finito per urlarci contro."

 

Sorrise di traverso. "Okay, non avremo più questa conversazione."

 

"Grazie."

 

"Nessun problema."

 

"Hm. Quindi... come va tra te e Lauren?"

 

Sollevò le sopracciglia. "Vuoi sapere come va tra me e Lauren?"

 

"Certo," dissi, ignorando la voce nella mia testa che canticchiava bugiardo, bugiardo. "Tu e io siamo... io- beh-"

 

"Siamo amici," disse Harry, roteando gli occhi.

 

"Giusto, noi siamo amici e tu hai una fidanzata, quindi non dovrei chiederti come va tra voi due?" chiesi, la mia voce un po' insicura.

 

"Immagino di sì," disse, guardandomi con ovvio divertimento, "non ti sei mai interessato di Lauren, quindi..."

 

"Beh, io sono interessato a te." I miei occhi si spalancarono con leggero orrore non appena le parole uscirono dalla mia bocca, perché, beh, non dovevo dirlo ad alta voce. Sentii tutto il mio volto andare in fiamme e mi lasciai fuggire un piccolo gemito prima di spostarmi in modo che la mia schiena fosse rivolta verso Harry. "Scusami, non dovevo dirlo ad alta voce," dissi, la mia voce attutita dal cuscino.

 

"È davvero divertente quanto ti imbarazzi facilmente," disse con un ghigno.

 

"Sono solo imbarazzato quando la situazione lo richiede e questa situazione lo richiede sicuramente," mormorai.

 

"Perché? Perché hai detto che sei interessato a me?" disse lui e lo sentii muoversi un po' dietro di me. "Sai," continuò mentre strinse un braccio nella mia vita e lasciò che la sua mano trovasse strada verso il mio stomaco, "anche io sono interessato a te. A te e al piccolo senza nome."

 

Mi morsi il labbro per trattenere il sorriso che stava diventando troppo ampio. Si interessava a me, aveva appena detto - chiaro e tondo - che gli importava di me. La sensazione familiare delle farfalle nel mio stomaco si impossessò del mio corpo e invece di rispondergli con le parole, posai la mia mano sulla sua e gli strinsi leggermente le dita.

 

"Ehi, Lou?" disse dopo un breve silenzio.

 

"Si?"

 

"Hai mai... sai, pensato... a dei nomi?" disse esitante.

 

"Nomi?" chiesi un po' confuso.

 

"Si, per... il bambino."

 

"Oh," dissi, un po' di rughe si formarono sulla mia fronte. "Considerando che lo darò in adozione, non ci ho davvero mai pensato, no."

 

"Giusto, l'adozione," ripeté, sembrando un po' pensieroso.

 

"C'è qualcosa che non va?"

 

Si fermò per alcuni secondi, ma poi lo sentii sospirare. "No, niente. Quindi non hai pensato a nessun nome?"

 

"No. Perché? Tu si?"

 

"Un po'," disse.

 

Sorrisi e gli strinsi un po' di più la mano. "Che cosa ti è venuto in mente?"

 

"Niente di particolare, solo che sarebbe bello se avesse due nomi."

 

"Hm, si," concordai, "io ho due nomi."

 

"Si? Qual è il secondo?"

 

"William," dissi con una piccola risata, "e tu? Hai un secondo nome?"

 

"Forse."

 

"E...?"

 

"Non te lo dico."

 

"Perché no?" chiesi, colpendogli la gamba con il piede.

 

"Perché è un nome stupido."

 

"Il mio secondo nome è William, per amor di Dio," dissi, "dai, dimmelo."

 

"Oh okay," mormorò, "ma se ridi, ti tiro i capelli, intesi?"

 

"Intesi."

 

"Bene. Okay, il mio nome completo è - abbastanza ridicolo - Harry Edward Styles."

 

"Non è stupido," dissi, "pensavo avresti detto Jebediah o qualcosa del genere."

 

"Esiste quel nome?"

 

"Non lo so, l'ho sentito in un film."

 

"Per amore dell'umanità, sinceramente spero che non sia un nome reale."

 

"Concordo con te."

 

"Grazie," rispose, "okay, quindi, visto che ne stiamo parlando, come vorresti chiamare il bambino se lo tenessi?"

 

Sospirai. "Stiamo davvero parlando di nomi? Tutto questo è- è già abbastanza difficile ora."

 

"Lo so, ma io... voglio almeno fingere."

 

"Fingere cosa?"

 

"Che noi... lo terremmo."

 

Un nodo mi si formò in gola e scossi la testa. "Non- Harry, non dirlo, per favore," dissi brusco dopo aver inghiottito, "questo è già abbastanza difficile per me e non voglio cominciare a sentirmi colpevole per la scelta migliore per te, per me e per il bambino. Quindi, per favore, non dire cose del genere, okay?"

 

"Okay, scusa, mi dispiace, non lo farò più," mormorò, usando il pollice per accarezzare la mia mano dolcemente, "sei stanco?"

 

"Sono sempre stanco," risposi.

 

"Vuoi dormire un po'?"

 

"Se non ti dispiace."

 

"Niente affatto," mormorò, "sono stanco anche io."

 

"Oh," dissi deluso, "vai a casa?"

 

"Potrei, ma ho pensato di dormire un po' qui, se non ti dispiace," disse.

 

La mia delusione fu immediatamente sostituita dalla felicità e sorrisi. "Non mi dispiace," risposi.

 

Lui sospirò contento e strinse la presa intorno alla mia vita. Non ci vollero molti minuti prima di sentire il suo respiro sul mio collo, ma invece di trovarlo fastidioso e scomodo, lo trovai confortante. Ero felice che Harry stesse lì, addormentato e premuto contro di me. Con un sorriso che mi tirava gli angoli della bocca e le mie dita ancora intrecciate a quelle di Harry, caddi in un sonno profondo.

 

*

 

Non era passata più di un'ora quando mi svegliai, e mi chiesi velocemente cosa fosse stato. Ero ancora stanco e lontano dall'essere riposato, quindi non c'era modo che mi fossi svegliato da solo. Non c'era niente di insolito nella mia stanza, il braccio di Harry era nello stesso posto di quando mi ero addormentato e anche il resto del suo corpo. Poi mi bloccai. C'era qualcosa di duro contro il mio- oh Dio. Oh Dio. Feci un respiro profondo per calmarmi, cercando di far sparire la crescente eccitazione dal mio corpo. Nel tentativo di... beh, fare qualcosa, mi guardai un po' in giro. Questo si rivelò un errore. L'azione fece sfregare l'erezione contro il mio culo e dovetti soffocare un lamento.

 

"Harry," mormorai, la voce leggermente roca, "Harry," ripetei quando non reagì, questa volta mentre gli spingevo un po' la gamba.

 

"Hm?" mormorò mentre si spostava, ma ciò mi costrinse a soffocare un altro gemito.

 

"Tu- io- io..." tacqui. Come diavolo avrei fatto a dirgli che la sua erezione stava sfregando contro il mio culo? Non potevo dirglielo direttamente. Beh, potevo, ma non l'avrei fatto.

 

Rimase in silenzio per due secondi e quasi pensai che si fosse riaddormentato, ma poi tutto il suo corpo si irrigidì e si lasciò sfuggire un tranquillo, "Oh." Nessuno di noi mosse un muscolo; non sapevo per quale ragione, ma io ero completamente mortificato e allo stesso tempo eccitato. Mi concentrai per regolarizzare il mio respiro, sperando che non avesse notato niente di strano e che avrebbe fatto qualcosa al più presto, perché io non l'avrei assolutamente fatto.

 

Alla fine si mosse un po', per fortuna, ma non si allontanò, né mi spinse via. Quello che fece fu premersi più vicino alla mia schiena, mentre cominciava a muovere la mano con un movimento circolare sul mio ventre. Il mio respiro si bloccò in gola quando mi resi conto che cosa stava facendo e mi morsi l'interno della guancia, respirai pesantemente attraverso il naso. Mosse lentamente la mano più in basso finché non raggiunse l'orlo del maglione che stavo indossando, e infilò le dita sotto il tessuto.

 

"Questo va bene?" sussurrò, con le labbra che sfioravano il mio collo.

 

"Si, si," sospirai, incapace di preoccuparmi di quanto stesse tremando il mio corpo sotto il suo tocco, mentre mi spinsi verso di lui e intrecciai le nostre gambe.

 

Mentre continuava a premersi contro di me, spostai il mio maglione fino a quando il mio intero addome fu esposto. In altre circostanze mi sarei sentito incredibilmente grasso in quella posizione, ma con le labbra di Harry che ancora toccavano il mio collo, la sua erezione premuta contro di me e la sua mano che mi accarezzava lo stomaco come se fosse la cosa più preziosa del mondo, non ero in grado di sentire altro se non eccitazione.

 

Un grido sorpreso mi sfuggì quando un bacio morbido fu pressato improvvisamente sul mio collo. Poi un altro e un altro ancora, inclinai la testa per consentirgli un migliore accesso, gemendo e tremando in attesa. Non avevo mai sentito niente di simile nella mia vita, quella dolce, ma tortuosa sensazione di lussuria che fece infiammare tutte le mie viscere facendomi venire voglia di strapparmi i capelli in pura frustrazione. Non avevo mai sentito niente di simile prima, ma quando i baci gentili di Harry si trasformarono in piccoli pizzichi e morsi, pensai che non mi sarebbe dispiaciuto abituarmici.

 

Spostai la mano all'indietro per riuscire ad afferrare i capelli di Harry, desideroso di sentire i suoi ricci in mano, desideroso di sentire ogni parte di lui. Erano morbidi come sembravano, e li tirai dolcemente, fu qualcosa che sembrò apprezzare perché improvvisamente mosse le anche in avanti, facendomi sentire perfettamente quanto fosse duro, e gemetti. Fece scivolare le mani più in alto dove il mio maglione era arrotolato ed iniziò a muovere la mano sul mio petto. Il secondo dopo che venne a contatto con il mio capezzolo, arcuai involontariamente la schiena e una scossa di piacere attraversò il mio corpo. I miei capezzoli erano sempre stati così sensibili? Sembrò che la mia reazione lo avesse incoraggiato e lui toccò di nuovo il capezzolo con le dita e iniziò a pizzicarlo leggermente, facendomi quasi soffocare sul mio stesso respiro, affrettandomi a dare voce al mio piacere. Continuò a pizzicare, strofinare e il capezzolo era così indurito che non ci volle molto prima che il mio respiro fuoriuscisse in rantoli disperati.

 

"Toccami, ti prego toccami," mormorai, tirandogli i capelli un po' più forte, quando tutto cominciò a diventare troppo.

 

Lui non esitò e immediatamente la sua mano si allontanò da dove stava e si spinse fino alla vita dei miei pantaloni. Il bottone e la chiusura lampo furono rapidamente aperti e raggiunse i miei boxer tirandoli giù per poi avvolgere con la sua mano il mio cazzo gonfio e bagnato. La sensazione era incredibile e portai indietro gli occhi prima di riuscire a calmarmi abbastanza per spingere i miei fianchi in avanti per segnalare che avevo bisogno che lui muovesse la mano.

 

Stabilì subito un ritmo veloce, senza preoccuparsi di iniziare lentamente, e gli fui grato per quello; stavo già per finire e non sarebbe stato bello. Mentre Harry si spingeva verso di me e la sua mano si muoveva in sincrono, mi concentrai sull'attrito contro di lui, volendo che lui provasse lo stesso piacere che stavo provando io. Abbastanza imbarazzante, non mi ci volle più di un minuto o due per venire e mi svuotai completamente sulla sua mano e sulla mia pancia, gemendo senza fiato.

 

Dopo essere venuto, trascorsi un po' di tempo cercando di riprendere fiato. Non appena Harry si spostò un po' all'indietro mi resi conto di quello che era accaduto e inghiottii. Mi aveva fatto una sega... mentre si strusciava contro di me e mi succhiava il collo... perché l'aveva fatto? Non mi aveva detto poco tempo prima che non provava attrazione verso i ragazzi? L'aveva detto, quindi cosa era successo? Che diavolo era appena successo?

 

"H-Harry?" dissi esitante dopo un lungo silenzio.

 

Con un movimento improvviso e inaspettato, lasciò la presa che ancora era intorno al mio cazzo prima di sedersi di scatto. Leggermente nervoso, mi girai sulla schiena, appena in tempo per vederlo praticamente saltare dal mio letto. Beh, quello non era un bene.

 

"Harry-" cominciai, guardandolo implorante.

 

"No, no, non posso farlo, non posso farlo," mi interruppe freneticamente, con gli occhi rivolti a qualunque cosa tranne che a me, "questo non è mai successo, non è mai successo. Devo tornare a casa, non posso- non è successo niente di tutto questo. Non è accaduto."

 

Con quelle parole un po' incoerenti, si voltò e uscì dalla stanza. Io rimasi lì, completamente immobile, per qualche minuto prima di accorgermi dello sperma secco sulla mia pancia e pensai di nuovo a quello che era appena successo. Perché dopo tutto quello era tutta un'altra storia. Cosa sarebbe successo? Mi avrebbe odiato? Avrebbe voluto parlare di nuovo con me? Rilasciai un sospiro e mi alzai dal letto per andare in bagno. L'unica cosa che sapevo era che in quello momento ero dannatamente sicuro che le cose si stavano per complicare molto di più.

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Capitolo 15
*** 15. There was no response. ***


CAPITOLO 15

Nessun segno.

 

 

Una settimana dopo l'incidente in camera mia, evitai Harry come la peste ed ero abbastanza sicuro che lui stesse facendo la stessa cosa con me. Se lo vedevo nei corridoi a scuola, mi voltavo e cambiavo direzione, se lo vedevo in mensa, andavo da un'altra parte a mangiare, se lo vedevo da qualche parte fuori dalla scuola, mi nascondevo nell'edificio o nell'albero più vicino. Sembravo incredibilmente infantile e immaturo, ma mi sentivo come se avessi il diritto di esserlo; Harry mi aveva masturbato, malgrado avesse una fidanzata - che sembrava essere sempre con lui - e dopo averlo fatto, era fuggito via dalla stanza mormorando una marea di 'non è mai successo', quindi cosa dovevo fare?

 

Non ne avevo idea così lo evitavo a tutti i costi.

 

L'unico problema era che volevo disperatamente risposte su quello che era successo e siccome l'ultimo periodo della mia vita l'avevo vissuto solo in funzione di Harry - da quando lo avevo conosciuto -, negli ultimi giorni avevo iniziato a sentire la sua mancanza. Fu particolarmente triste e deprimente andare ad un altro appuntamento medico senza di lui e quasi speravo si sarebbe presentato nonostante il nostro... beh, qualunque cosa fosse, ma naturalmente non lo fece. Ero lì da solo mentre la Dott.ssa Hayes eseguiva l'ecografia, mi faceva domande sulla mia salute e altre cose e quello mi sembrò completamente sbagliato. Volevo che Harry fosse con me, ma a causa dei miei dannati ormoni, non c'era. Okay, forse era stato lui ad iniziare, ma comunque.

 

Volevo cercarlo a scuola e chiedergli di parlare, ma ci volle un po' per raccogliere il coraggio e farlo.

 

 

Martedì, 15 Febbraio

Ventisei settimane e un giorno

 

Alla ventiseiesima settimana, mi sentivo più o meno come un ippopotamo più che come un essere umano, e sapevo che Owen, mia madre e Ian avevano iniziato a notarlo. Nessuno di loro aveva detto nulla, ma vedevo le loro occhiate quando pensavano che non stessi guardando; Owen sembrava sospettoso, mia mamma preoccupata e Ian confuso. Non che potessi incolpare nessuno di loro, indipendentemente da quante bugie dicevo non si poteva nascondere il fatto che il resto del mio corpo rimaneva snello mentre il mio stomaco cresceva ogni giorno di più, e appariva strano. Davvero strano. Dopo aver ricevuto parecchi sguardi durante le lezioni di ginnastica quando indossai una felpa enorme mentre correvo, chiaramente sentendo troppo caldo, e quando mi tuffai in piscina dopo che tutti lo fecero, decisi semplicemente che avrei saltato l'ora di educazione fisica fino a quando tutto non fosse finito. Sapevo che dovevo dire a mia madre ed Owen la verità entro le settimane successive, ma per quel momento, era ancora il mio segreto. Beh, un segreto che sapevano sei persone.

 

Nonostante non fosse molto d'aiuto, indossai due maglioni, un cappotto enorme e una sciarpa ancora più enorme quando andai a scuola quella mattina. Era solo il 15 febbraio e l'aria era ancora abbastanza fredda per indossare un altro tipo di abbigliamento, ma mentre camminavo lungo il marciapiede e sentivo gli uccelli canticchiare sugli alberi, mi morsi il labbro con preoccupazione. La primavera si stava lentamente avvicinando e quando la temperatura avrebbe raggiunto dieci, quindici, venti o venticinque gradi, non sarei più stato in grado di nascondere la mia condizione con l'aiuto dell'abbigliamento. Il resto della passeggiata cercai di trovare altri modi per coprirmi nei mesi successi, ma non me ne venne in mente nessuno e quindi aggiunsi un'altra preoccupazione alla pila che avevo ammucchiato nella mia testa.

 

Le due lezioni che avevo prima di pranzo, matematica e storia, passarono più lentamente rispetto al solito, e più di una volta fui sull'orlo di addormentarmi. Riuscii però a rimanere sveglio e quando la campana suonò dopo la lezione di storia per annunciare l'ora di pranzo, mi alzai con movimenti lenti e pesanti. Il mio piano era quello di cercare Harry durante i trenta minuti che avevo prima della lezione successiva, e mi diressi verso gli armadietti per vedere se potesse essere lì. Quando arrivai, vidi molte persone, ma nessuno di loro aveva capelli ricci ed un ampio e perfetto sorriso sul volto. Con un sospiro lasciai la zona armadietti per andare in mensa, sperando di trovarlo lì. Ma no. Nessun Harry era lì e notai che rimanevano solo venti minuti della mia pausa. Considerando che poteva essere sul campo di calcio, mi diressi fuori dalla mensa e attraversai i numerosi corridoi. Proprio mentre stavo entrando in un corridoio completamente vuoto e girai l'angolo, notai cinque persone che camminavano girati di spalle a circa venti metri di distanza da me. Anche in lontananza riconobbi i capelli biondi di Niall, i capelli castani di Liam, i capelli neri di Zayn, i riccioli di Harry e... i boccoli rosso fiammante di Lauren. Grande. Lauren era lì. Presi un respiro profondo prima di raggiungerli.

 

"Harry!" gridai quando ero a dieci metri di distanza.

 

Tutti e cinque si voltarono nello stesso momento. Lauren mi fissò, Niall mi offrì un cenno, i volti di Liam e Zayn si illuminarono con un sorriso e Harry... Harry mi guardò solo un secondo, prima di girarsi e continuare a camminare, causando un'espressione compiaciuta e felice nel viso di Lauren. Il mio cuore sprofondò, ma continuai a seguirlo comunque.

 

"Harry, ho bisogno di parlare con te," dissi.

 

"Peccato, perché io non voglio parlare con te," disse lui, continuando a camminare e a darmi le spalle.

 

"Dai Harry, per favore."

 

"Lasciami, non ho niente da dirti."

 

"Ho davvero bisogno di parlare con te."

 

"Non mi interessa."

 

"Per favore, solo cinque minuti."

 

"Non accetti un cazzo di no come risposta, vero?"

 

Inghiottii, notando la rabbia nella sua voce. "N-no."

 

"Per amor di Dio!"

 

"Per favore."

 

"No!"

 

"Harry, solo-"

 

Ed ecco cosa ottenni dalla mia supplica. La cosa che accadde dopo fu Harry che si girò verso di me sollevando un braccio e poi tre colpi furono tirati in tre punti diversi del mio viso. Il primo sulla guancia, poi un dolore pulsante sul naso e l'ultimo un po' più lieve sulla mascella. Indietreggiai e guardai Harry con shock. Mi aveva colpito. Mi aveva davvero colpito. Mi aveva schiaffeggiato la guancia, colpito il naso e la mascella. Faceva male fisicamente, si, ma non era quello che fece tremare il mio labbro e fece uscire le lacrime dai miei occhi. Il padre di mio figlio, di cui avevo una cotta enorme e che mi aveva detto un mese prima che era interessato a me, mi aveva colpito in faccia con forza.

 

Proprio quando sentii Zayn urlare 'ma che cazzo, Harry?', Harry balzò in avanti nuovamente, questa volta contro il mio petto. Di riflesso, mi piegai per proteggere me stesso, ma peggiorai solo le cose. Capii solo che il suo pugno si scontrò con... il mio stomaco. L'orrore mi colpì prima del dolore, e i miei occhi si spalancarono per la paura in un breve momento, ma poi un dolore acuto rese la mia vista bianca per un secondo, gridai e caddi in terra, tenendomi la pancia per proteggerla da qualsiasi altro colpo. Il dolore scomparve rapidamente, ma non osai muovermi; la paura era ancora presente. Mentre ero ancora abbassato sul pavimento con le mie braccia piegate in modo protettivo intorno a me stesso, alzai lo sguardo e incontrai quello di Harry, chiedendogli silenziosamente di non continuare.

 

"Fermati," sussurrai, "per favore, fermati."

 

"Erano solo un paio di colpi," sentii Lauren sghignazzare, "cosa-"

 

"Lauren, chiudi quella fottuta bocca e vattene," sentii Niall sbottare da qualche parte dietro di me.

 

"Scusami? Non credo che tu abbia il diritto di-"

 

"Adesso!"

 

Dopo un paio di beffeggiamenti e alcune maledizioni, sentii il suono dei suoi tacchi che sbattevano sul pavimento di linoleum mentre lei camminava via con passi rapidi. Non appena una porta da qualche parte si chiudeva, tre voci diverse gridarono contemporaneamente.

 

"Sei pazzo?" disse Niall urlando.

 

"Che diavolo ti passa per la testa, Harry?" urlò Zayn.

 

"È al sesto mese di gravidanza! Sei completamente fuori di testa?" esclamò Liam.

 

I miei occhi erano ancora fermi su Harry e sembrava completamente bloccato, mi fissava con il terrore scritto nel suo volto. Lo guardai di rimando, cercando di capire cosa fosse successo. Mi aveva colpito, e non solo in faccia, ma anche nello stomaco, rischiando di far male a suo figlio. Chi lo farebbe? Che tipo di persona folle lo avrebbe mai fatto?

 

"Che cosa diavolo c'è di sbagliato in te?" sibilai quando la rabbia offuscò i miei pensieri.

 

"Io- non lo so," mormorò.

 

"Avresti potuto ucciderlo," sussurrai, "per quel che so, forse lo hai già fatto." Il mio cuore si schiacciò dolorosamente e mi morsi l'interno della guancia quando pensai a quella possibilità. E se fosse morto? E se il mio piccolo bambino fosse morto? Il mio piccolo maschietto... no, non poteva essere morto, non poteva. "Non lo perderò Harry," continuai, la mia voce rauca. "E se succederà, giuro su Dio, non ti perdonerò mai."

 

Lui inghiottì. "Per favore, non-"

 

"Ora puoi stare zitto," lo interruppe Zayn e all'improvviso sentii qualcuno che mi afferrava la vita da dietro.

 

"Dobbiamo portarti in bagno e ripulirti," disse Liam alla mia sinistra e mi voltai per incontrare il suo sguardo. "Hai sangue in tutto il viso," aggiunse come spiegazione e lo guardai con confusione. Fu solo allora che mi resi conto della sensazione calda, umida e appiccicosa che mi copriva la mascella e parti della mia guancia sinistra e capii che il mio naso aveva probabilmente cominciato a sanguinare quando Harry mi aveva dato un pugno.

 

"Probabilmente è una buona idea," mormorai usando le gambe per spingermi in su mentre Liam mi tirava per un braccio e Zayn mi teneva la vita. Mi voltai di nuovo a guardare Harry e lo trovai ricambiare il mio sguardo con colpa e paura nei suoi occhi verdi.

 

"Lou, io-" cominciò, con voce intensa e insicura, ma scossi la testa per fermarlo.

 

"Non parlarmi," mormorai.

 

Aprì la bocca, ovviamente per continuare a supplicarmi, ma iniziai a parlare prima che avesse la possibilità di farlo.

 

"Sai, avrei potuto perdonare i colpi alla mia faccia," dissi. "Ma colpirmi nello stomaco mentre sono incinto di tuo figlio? Sei completamente pazzo?"

 

Non ebbe tempo di rispondere - non che volessi ascoltare quello che aveva da dire - prima che Liam mi tirasse leggermente il braccio, segnalandomi di iniziare a camminare.

 

"Niall, puoi...?" Zayn si incamminò esitante, guardando Niall che stava fissando Harry con occhi increduli.

 

"Si, certo," disse, ma senza spostare lo sguardo da Harry.

 

Con un ultimo sguardo deludente verso di lui, mi lasciai trascinare nel bagno più vicino, che era in fondo al corridoio. La mia mente era completamente intorpidita mentre camminavo e non ero in grado di formare una sola frase coerente, la mia testa era occupata da un solo pensiero: mi aveva preso a pugni.

 

Il secondo dopo che entrammo in bagno, tutto il mio corpo cominciò a tremare e se non fosse stato per la presa stretta di Liam sul mio braccio e la tenuta di Zayn intorno alla mia vita, sarei caduto dritto sul pavimento.

 

"Okay, okay, calmati," disse Liam mentre lui e Zayn mi guidavano verso il muro. Lentamente e con attenzione mi abbassarono verso terra, le mia gambe distese davanti a me e la schiena appoggiata contro il muro. Entrambi si diressero verso i lavandini, presero un paio di fazzoletti e li inumidirono con l'acqua prima di tornare da me. Mentre cominciarono a pulire la mia faccia - entrambi nello stesso momento, facendomi sentire come un bambino impotente - rimasi seduto lì guardandoli, chiedendomi se qualcuno di loro avrebbe detto qualcosa. Non che io sapessi che cosa dire, ma il silenzio mi stava uccidendo.

 

"Non posso credere che mi abbia davvero colpito," dissi finalmente con una breve risata tremolante.

 

"Si, nemmeno io," mormorò Zayn. "Il... bambino sta bene?"

 

Mi guardai lo stomaco, che sembrava lo stesso di sempre, e misi attentamente le mie mani sopra.

 

"Non lo so," dissi, la mia voce appena udibile. "Oh Dio, cosa se- non può essere... morto," continuai mentre guardavo Zayn con occhi supplicanti, pregandogli di dirmi che andava tutto bene. "Non posso perderlo, non posso- non posso perderlo prima che sia nato. Non posso, non posso, non posso."

 

Liam e Zayn si guardarono per un breve momento, entrambi ugualmente incerti su cosa fare. Poi Liam guardò la mia pancia, poi il mio viso, con gli occhi che esprimevano insicurezza e una leggera paura.

 

"Per favore, ditemi che sta bene," supplicai quando nessuno di loro mostrò segno di voler dire qualcosa.

 

"Io- non posso dirlo," balbettò Liam dopo quella che sembrò un'eternità. "Spero che lo sia, ma- non posso dirlo con certezza."

 

Strinsi la mascella, costringendomi a non soccombere al nodo di disperazione e spavento che era cresciuto nel mio petto.

 

"Deve stare bene," mormorai.

 

Guardai dove le mie mani erano posate sulla mia pancia e mi mordicchiai il labbro. "Devi stare bene," dissi, con voce bassa e attenta, come se parlare ad alta voce lo avrebbe danneggiato. "So che ti darò in adozione una volta nato e che non ti conoscerò in ogni caso, ma ora non puoi essere morto. Non ti farò morire dodici settimane prima della tua nascita, mi senti? E specialmente non solo perché sono... stupito e cocciuto. Non permetterò che accada."

 

Per pochi minuti rimasi seduto lì, con la testa bassa, mentre Liam e Zayn continuavano a strofinarmi via il sangue dal viso. Non dissi un'altra parola e la stanza era completamente tranquilla, tranne che per un gorgoglio occasionale dai tubi che correvano lungo le pareti e il soffitto. Dopo un po' entrambi si alzarono e si diressero verso il cestino dove buttarono i fazzoletti arancioni. Alzai lo sguardo e li vidi in piedi vicino ai lavandini, sembrava che avessero una conversazione sussurrata su qualcosa. Entrambi mi guardavano occasionalmente con espressioni preoccupate e leggermente curiose. Alla fine smisero di farlo e tornarono indietro fino a dove ero seduto e si inginocchiarono di fronte a me.

 

"Vorresti... potresti per favore dirci per quale motivo è successo tutto questo?" chiese Zayn esitante.

 

"Cosa?" chiesi, sollevando le sopracciglia. "Stai parlando del perché volevo parlare con Harry così urgentemente, della sua reazione piuttosto violenta e inaspettata o della chiacchierata che ho avuto con il mio bambino non ancora nato?"

 

"Perché ti ha picchiato?" disse Liam, con la fronte aggrottata. "Conosco Harry da tutta la vita, più o meno, e non l'ho mai visto prima tirare un pugno. Beh, non almeno al di fuori del campo da calcio, quindi perché avrebbe picchiato a te che non hai assolutamente niente di sbagliato e che sei incinto del suo bambino?"

 

Inghiottii. Non avrei potuto dirgli di quello che era successo quel giorno in camera mia. Se Harry era arrabbiato con me perché era successo, cosa avrebbe fatto se avesse saputo che l'avevo detto ai suoi migliori amici? Probabilmente sarebbe venuto da me con una spranga. "Non posso dirlo," mormorai.

 

"Perché no?"

 

"Perché- probabilmente mi ucciderebbe," dissi con una risatina senza umorismo.

 

"Harry?" chiese Zayn.

 

Annuii e mi sorrise vagamente.

 

"Non gli diremo che lo sappiamo. Ma è in depressione da lunedì scorso e sembra solo... spento. Non è stato proprio se stesso ultimamente e, beh, siamo preoccupati."

 

Mi morsi il labbro e mi toccai i capelli. "È solo... qualcosa che è successo domenica scorsa," dissi con una lunga pausa.

 

"Che cosa è successo?" chiese subito Liam.

 

Scossi la testa. "Non posso dirvelo. Non è il mio compito raccontarvelo e, uhm, non ha significato niente." Non per lui almeno; per me aveva significato molto.

 

"Per favore," disse Liam, guardandomi con occhi grandi. "Vogliamo solo sapere cosa c'è che non va."

 

"No, non posso dirvelo. Dovrete chiederglielo voi," dissi con decisione.

 

"Ci abbiamo provato, ma lui ci ha detto di smetterla," disse Zayn con un gesto impotente della mano. Rimase in silenzio per qualche istante poi strinse le labbra pensieroso e gettò un rapido sguardo verso Liam prima di riguardarmi. "Voi... uhm... vi siete baciati?" chiese allora.

 

"No," dissi subito. Beh, non era una bugia. Ora come ora io e Harry avevamo avuto due rapporti sessuali, ma non ci eravamo baciati, nemmeno una volta. "No, non ci siamo baciati." Entrambi sospirarono.

 

"Non ci dirai cosa è successo, giusto?" disse Liam e io scossi la testa.

 

"Scusa, ma no."

 

Zayn sospirò di nuovo, ma poi sorrise. "Okay, va bene." Si alzò in piedi e mi tese una mano per afferrarla. "Vieni qui, ti aiuto," disse poi.

 

Ci vollero pochi minuti, tanta forza e un rotolare imbarazzante, ma alla fine tornai sui miei piedi. E poi sentii un dolore palpitante nel naso e nella mascella.

 

"Merda, fa male," mormorai e alzai una mano per toccare delicatamente il lato del mio mento. "Quanto mi ha colpito forte?"

 

"Non sembrava troppo forte, ma credo che un po' faccia male, si," disse Liam.

 

"Probabilmente avrai un livido o due."

 

"Fantastico," dissi con un sospiro, pensando che spiegare un livido a mia madre non sarebbe stato un compito divertente. Camminai fino allo specchio e guardai il mio riflesso. Adesso non sembrava tanto male, ma c'era sicuramente un leggero gonfiore sotto il lato sinistro della mia bocca.

 

"Divertente come il mio corpo continui a gonfiarsi, eh?" dissi, lanciando uno sguardo rapido a Liam e Zayn.

 

Entrambi sorrisero debolmente prima di camminare verso di me.

 

"Dovresti andare a vedere il tuo medico per assicurati che tutto vada bene," disse Liam con un cenno verso il ventre.

 

"Si, ho un appuntamento l'1 marzo, me ne assicurerò il giorno."

 

"È tra due settimane," disse Liam accigliato. "Non pensi che dovresti andare un po' prima?"

 

"Se è già morto dubito che possano fare molto se vado oggi o tra due settimane," scattai, improvvisamente sentendomi un po' arrabbiato.

 

Si guardarono per alcuni secondi prima che Zayn mi rivolse lo sguardo e sospirò. "Sta a te, ma... chiamaci o altro se dovesse succedere qualcosa, sia positiva che negativa, va bene?" disse.

 

"Non ho il vostro numero."

 

"Li salverò per te, ecco, dammi il tuo telefono," disse Liam, porgendomi la mano.

 

Esitai un po', poi portai fuori il telefono dalla stanca della felpa e glielo consegnai. Lo accettò e passò alcuni istanti premendo diversi tasti mentre io e Zayn aspettavamo in silenzio.

 

"Ecco, fatto," disse Liam e mi rese il telefono. "Quindi chiamaci o mandaci un messaggio se succede qualcosa, okay?"

 

Annuii. "Si."

 

"Okay, bene," disse Zayn. "Dobbiamo andare adesso, abbiamo lezione e il resto, ma-"

 

"No, va bene," lo interruppi, agitando la mia mano. "Solo... dite a Harry, se lo vedete, che mi piacerebbe se stesse lontano da me d'ora in poi."

 

Si guardarono per un secondo, poi Zayn si voltò verso di me e per qualche ragione sorrise. "Glielo dirò, ma... se vuole davvero parlare con te, cosa che sono abbastanza sicuro che vorrà fare, non gli interesserà se tu non vuoi parlare con lui."

 

"Si, beh, puoi anche dirgli che gli darò un calcio nei coglioni se si avvicinerà a me."

 

"Neanche questo credo che aiuterà."

 

Sospirai. "Solo digli che non voglio vederlo, okay?"

 

"Si, ok."

 

Mercoledì, 16 Febbraio

Ventisei settimane e due giorni

 

Sembrava che Zayn avesse ragione perché la sera dopo qualcuno bussò alla mia porta e sollevai la testa dal cuscino.

 

"Avanti," dissi, i miei occhi verso la porta.

 

Si aprì... ed entrò Harry.

 

"Okay, ho cambiato idea," dissi il secondo dopo che i miei occhi videro l'espressione preoccupata sul suo volto. "Non entrare. Vai via."

 

"Ho bisogno di parlare con te," disse con attenzione mentre chiudeva la porta e si avvicinava al centro della stanza, ignorando le mie parole.

 

"No," disse fermamente. "Esci."

 

Sospirò e si avvicinò al mio letto, sedendosi nel bordo. Per alcuni secondi mi guardò solamente, il rimpianto nei suoi occhi.

 

"Mi dispiace," disse alla fine.

 

Risi incredulo, non capace di trattenermi. "Mi dispiace? È fantastico, davvero, puoi dirlo al medico quando andrò per il prossimo appuntamento e non rivelerà il battito cardiaco."

 

Il suo volto divenne immediatamente pallido.

 

"L-lui non- io n-non - l-lui," balbettò, apparentemente solo in grado di formare parole incoerenti.

 

"Non lo so," sputai prima di girarmi dall'altra parte, i miei occhi di fronte al muro.

 

"Vai via, Harry. Non voglio parlare con te adesso. O mai più, se tutto questo finirà nel modo sbagliato."

 

"Non puoi dirmi che potrei o non potrei aver ucciso mio figlio e poi chiedermi di andarmene."

 

"Si, posso perché questa è casa mia e non ti voglio, quindi esci."

 

La mia voce era sorprendentemente calma, ma le mie interiora andavano a fuoco, quasi bollendo dalla rabbia. Se non se ne sarebbe andato subito, ci sarebbe stata una grande possibilità che avrei iniziato ad urlare o a piangere. L'uno o l'altro. Oltre che ad essere incazzato con lui in modo disumano per i pugni allo stomaco e le contusioni che si erano formate sul mio viso, ero anche spaventato a morte, perché anche se erano passate più o meno venti ore dall'incidente, non avevo ancora sentito il bambino muoversi. Neanche un solo calcio.

 

"Non volevo farlo," disse con esitazione, "sono solo... scattato. Ero spaventato che tu menzionassi... quello che è successo tra me e te, e poi Lauren e gli altri ragazzi lo avrebbe scoperto e io-"

 

"Che persona pensi che io sia?" dissi, sempre con calma. "Non avrei detto una parola a nessuno, specialmente non prima di averne parlato con te."

 

Passammo alcuni secondi in silenzio e l'unica cosa che sentivo era il respiro di Harry, che andava un po' più velocemente del solito. Perché non se ne andava? Volevo che andasse via. In quel momento non potevo guardarlo, tanto meno parlare con lui, ecco perché volevo che se ne andasse.

 

"Avrei dovuto saperlo," disse piano. "Sei un bravo ragazzo, non avresti mai fatto qualcosa di simile, avrei dovuto saperlo."

 

"Non è questo il punto, Harry," dissi. "Il punto è il modo in cui hai reagito. Anche se tu fossi stato sicuro al cento per cento che avrei iniziato a parlare proprio davanti ai tuoi amici e alla tua ragazza, non avresti dovuto colpirmi. Specialmente non nel modo in cui- no, non importa, lo sai già. Vattene. Esci da qui."

 

"Ma-"

 

"No, Harry. Vattene! Vai via. Ti... farò sapere cosa è successo appena andrò dal medico."

 

"Voglio venire con te," disse immediatamente.

 

Digrignai i denti e mi girai sulla schiena poggiando i gomiti sul materasso per poterlo vedere meglio. "Quale parte di 'non voglio vederti' non capisci?"

 

Si morse nervosamente il labbro. "Capisco, ma-"

 

"Bene, perciò vai via e non parlarmi finché non ti dirò che puoi farlo."

 

"No, io-"

 

"Per amor di Dio!" esplosi. "Mi hai colpito tre volte in faccia, poi hai continuato a darmi pugni allo stomaco, rischiando di far male al mio bambino! Non puoi seriamente pensare che basti scusarsi e che poi tutto si sistemerà."

 

"Io- è anche il mio bambino, sai," mormorò.

 

"No, non lo è," sputai.

 

Mi guardò con occhi tristi per un secondo, poi si alzò, si voltò e uscì dalla stanza. Non appena la porta si chiuse dietro di lui, mi lasciai cadere indietro contro i cuscini e gemetti. Ero stato troppo duro con lui? Forse, ma ripensandoci, da quello che sapevo, il piccolo senza nome sarebbe potuto essere morto. No, non poteva. Mi spostai un po' in modo che stessi sdraiato e fissai il soffitto mentre disegnavo dei cerchi lenti nel mio stomaco.

 

"Non sei morto," sussurrai, gli occhi incollati al soffitto sopra di me. "Sei vivo e sano e felice, giusto?"

 

Nessun segno.

 

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Capitolo 16
*** 16. I'm having a baby. ***



CAPITOLO 16
Sto per avere un bambino.

 

 

Venerdì, 18 Febbraio

Ventisei settimane e quattro giorni

 

Ero seduto in un tavolo della mensa a scuola, solo come al solito, con il mento appoggiato su una mano e quasi sul punto di addormentarmi. Il mio cervello stava cominciando a perdersi in pensieri insensati quando qualcuno mi toccò la spalla e tornai alla realtà.

 

"Huh?" dissi, la mia voce un po' rauca, mentre mi guardai attorno per qualche secondo prima di notare Liam, Zayn e Niall dietro di me.

 

"Stai bene?" chiese Niall. "Sembrava ti stessi per addormentare."

 

"Sto bene," dissi, offrendo un sorriso un po' forzato. "Sono solo stanco."

 

"C'è qualche problema se ci sediamo?" chiese Zayn, indicando le sedie vuote vicino a me.

 

"Certo che no," dissi, anche se rimasi un po' sorpreso, ma scelsi di non darlo a vedere.

 

Liam e Niall si sedettero sul lato opposto del tavolo mentre Zayn scelse la sedia proprio accanto alla mia. Poi cadde il silenzio mentre i tre mi guardavano con occhi curiosi e preoccupati. Dopo pochi secondi, sentendomi a disagio, tossii.

 

"C'è qualcosa che non va?" chiesi.

 

"Questo è quello che ci stavamo chiedendo noi," disse Liam, "non hai chiamato o mandato un messaggio a nessuno di noi per darci notizie sul bambino."

 

Abbassai il mio sguardo verso il tavolo. "Perché non ce ne sono," mormorai.

 

Erano passati tre giorni da quando il pugno di Harry si era scontrato con il mio stomaco ed erano tre giorni che non sentivo nessun calcio da parte del bambino. Mercoledì notte ero riuscito a dormire abbastanza bene, mi ero svegliato solo una volta dalla preoccupazione. Il mercoledì passò senza un solo movimento della vita dentro di me e durante la notte di giovedì, avevo passato quasi tre ore a parlare con la mia pancia, chiedendo al bambino di farmi capire se era vivo o no. Ma non era successo niente e quando finalmente mi addormentai quasi alle quattro del mattino, avevo sognato bambole coperte di sangue che mi fissavano con occhi assassini. Giovedì passò, ma tutto dentro la mia pancia rimase calmo come sempre. A parte tutto quello che mangiavo, perché passai l'intero pomeriggio e l'intera sera di fronte al gabinetto, rigettando qualsiasi cosa avevo dentro. Quando arrivò l'ora di andare a dormire e ancora non era successo niente, cominciai a piangere, e continuai per tutta la notte mentre accarezzavo la mia pancia gonfia e sussurravo disperati 'per favore'.

 

"Che significa...?" chiese Niall.

 

"Significa che non ci sono notizie," dissi il più facilmente possibile. "Nessuna brutta notizia e... nessuna bella notizia."

 

Zayn mi mandò uno sguardo disperato. "Nessuna buona notizia," ripeté. "Quindi non l'hai... sentito calciare o altro?"

 

Inghiottii per sbarazzarmi del nodo che mi era cresciuto in gola prima di guardare il tavolo e scuotere la testa. "No, niente," mormorai.

 

Nessuno disse niente per qualche secondo e alla fine alzai lo sguardo, solo per trovare tre coppie di occhi che mi guardavano.

 

"Devi andare a vedere un medico," disse Liam.

 

Scossi la testa. "Non posso."

 

"Perché no?"

 

Tirai su col naso, trattenendo le lacrime che stavano minacciando di uscire.

 

"Perché... e se- se non fosse vivo?" sussurrai. "E se fosse davvero morto?"

 

"Sono sicuro che non lo è," disse Zayn.

 

Scossi la testa. "Non lo sai."

 

"No, non lo so, ma-"

 

"Ho bisogno che lui stia bene," lo interruppi. "Deve stare bene. Deve."

 

Tutti e tre mi guardarono preoccupati per un po', finché Zayn non interruppe il silenzio.

 

"Lo ami veramente," disse.

 

Alzai le sopracciglia. "Chi?"

 

"Il bambino."

 

Guardai verso il basso di nuovo, questa volta accarezzando il ventre con colpetti leggeri per un paio di secondi prima di alzare lo sguardo e offrire un debole sorriso. "Certo che lo amo," dissi. "Non importa quanto sia innaturale e strana questa situazione, questo piccolo bambino è ancora mio, è ancora mio figlio. Certo che lo amo."

 

"È abbastanza strano e innaturale," disse Liam con un sorriso cupo. "Ma credo di poter capire come ti senti. Almeno in una certa misura."

 

Sorrisi di nuovo, ma poi subito il sorriso sparì. "Forse dovrei cominciare a parlare al passato. Era mio figlio. Non è più vivo," dissi.

 

"Che cosa?"

 

Gemetti internamente prima di alzare lo sguardo e trovare Harry che stava ad un paio di metri di distanza dal tavolo, fissandomi con pura paura dipinta su tutto il suo volto. Lauren era in piedi accanto a lui, impegnata in una conversazione con una ragazza di cui non conoscevo il nome e non sembrò accorgersi del fatto che il suo ragazzo era attualmente in uno stato di puro terrore.

 

Inghiottii e mormorai un rapido 'devo andare' a Zayn, Liam e Niall prima di alzarmi dalla sedia maldestramente a causa della pancia. Senza degnare Harry di uno sguardo, uscii dalla mensa il più velocemente possibile, che per essere sincero non era molto velocemente. Tutti quelli che mi guardavano probabilmente si chiedevano perché stessi camminando come un pinguino con un handicap, ma per una volta non mi importava molto di come sembravo o di quello che la gente pensava di me.

 

C'erano ancora due lezioni da seguire prima che la mia giornata finisse, ma non riuscivo a sopportare l'idea di rimanere in quell'edificio dimenticato da Dio per due ore di inglese e due di geografia. Così dopo aver preso la mia borsa dall'armadietto, mi diressi verso l'uscita invece di camminare verso l'aula. Presi un respiro profondo quando uscii all'aria fresca, le mie guance troppo calde che si raffreddarono un po' quando una folata di vento gelido soffiò sul mio viso. Le strade erano ancora piuttosto ghiacciate e mi ci volle un po' più di tempo per tornare a casa, ma alla fine mi trovai davanti alla porta... solo per rendermi conto che avevo dimenticato di prendere le mie chiavi dalla mia scrivania della mia camera dove le avevo lasciate ieri. Gemetti e stavo per prendere il telefono per chiamare mia mamma quando "Louis!"

 

E le cose peggiorarono.

 

Ero quasi sul punto di piangere dalla frustrazione, rabbia e fastidio, mi voltai e vidi Harry che stava camminando verso di me con passi veloci.

 

"Non sono dell'umore per questo, adesso," dissi quando fu abbastanza vicino da potermi sentire.

 

"Per cosa? Per prenderti dieci fottuti secondi per dirmi che mio figlio è morto? Che l'ho ucciso?" disse ad alta voce, agitando le braccia mentre si avvicinò al portico e mi guardò con occhi arrabbiati.

 

"Non lo so per certo," dissi, incrociando le braccia al petto e spostando lo sguardo verso le tavole di legno sotto i miei piedi. "Ti ho detto che ti avrei fatto sapere quando lo avrei scoperto."

 

"Avresti anche potuto inviarmi un messaggio per farmi sapere come stavano andando le cose!" gridava adesso e mi lasciai sfuggire un piccolo gemito; tutto stava diventando troppo. Oltre ad essere stanco, spaventato e arrabbiato, adesso mi stavano anche urlando contro.

 

"Adesso non posso affrontare questo problema," mormorai prima di girarmi e premere il campanello, sperando che Owen, la mamma o forse Ian avessero deciso di tornare a casa presto e per qualche motivo avessero chiuso a chiave la porta.

 

"Si che puoi, cazzo!" gridò e poi lo sentii stringermi il braccio.

 

Un gemito di spavento involontario mi sfuggì dalla bocca quando mi girò, e senza pensarci, sollevai la mano e gli diedi uno schiaffo il più forte possibile. Funzionò, per così dire; mi lasciò andare il braccio e fece due passi indietro, fissandomi sbalordito.

 

"Non ti avrei ferito," disse dopo un lungo silenzio, la sua voce suonava piccola e sottomessa.

 

"Lo hai già fatto," risposi mentre strinsi i denti insieme nel tentativo di sembrare più arrabbiato che triste e ferito. "Mi hai fatto male e sei anche riuscito ad uccidere nostro figlio. Cosa devo dirti per farti capire che non voglio avere niente a che fare con te?"

 

"Capisco, lo so, ma-"

 

"Cosa succede laggiù?" disse una voce da qualche parte sopra di noi interrompendo Harry a metà del suo discorso. Alzai lo sguardo e, con mio grande sollievo, vidi Owen affacciato dalla finestra della sua camera che guardava me e Harry con gli occhi stanchi e i capelli arruffati.

 

"Perché non sei a suola?" chiesi.

 

"L'ho saltata."

 

Probabilmente avrei dovuto dargli una lezione di come non fosse intelligente saltare la scuola, ma non ero dell'umore. "Puoi venire giù ad aprirmi?" chiesi invece. "Ho dimenticato le chiavi."

 

Roteò gli occhi prima di scomparire dalla mia vista.

 

"Louis, ho bisogno di ricominciare," disse Harry implorante.

 

"E come farai?" dissi sarcasticamente. "Scopandomi di nuovo e mettendo dentro di me un altro bambino dopo che avranno rimosso quello morto?"

 

Fece una smorfia e lo vidi deglutire. "Non dire cose del genere."

 

Proprio in quel momento sentii la serratura della porta girare e mi voltai giusto in tempo per vedere la porta aprirsi. Non dissi una parola né guardai di nuovo Harry prima di oltrepassare Owen, che stava accanto all'entrata della porta che mi guardava con occhi curiosi.

 

"Che cos'era tutto quello?" chiese appena chiuse la porta.

 

"Cosa intendi?" dissi mentre mi tolsi la giacca e le scarpe.

 

"Ho sentito la conversazione," disse semplicemente.

 

Mi alzai in piedi e lo guardai nervosamente. "Cosa... cosa hai sentito?" chiesi esitante.

 

"Abbastanza da sentir dire a quel ragazzo che potrebbe o non potrebbe aver ucciso tuo figlio; il vostro, il tuo e il suo." Mi guardò con la fronte corrucciata e la braccia incrociate. "Vuoi dirmi che cosa succede?"

 

Scossi la testa e lo sorpassai per entrare in cucina. "Non sono affari tuoi," dissi mentre camminai verso il frigorifero e lo aprì.

 

"Scusa, ma quando mio fratello inizia a parlare di suo figlio che a quanto pare ha con un altro tizio, credo di avere il diritto di ottenere una spiegazione," disse fermamente, appoggiandosi al bancone e guardandomi intensamente.

 

"No, non hai il diritto di ottenere una spiegazione," dissi prima di chiudere il frigorifero dopo aver capito che niente di ciò che conteneva fosse particolarmente gustoso. "Non lo capiresti."

 

"Sono sicuro che capirei molto di più se mi dessi una spiegazione adesso."

 

"Non credo che capiresti."

 

Si accigliò. "Louis, andiamo. È in qualche modo collegato con quello che sta succedendo con te negli ultimi mesi?"

 

"Che cosa?"

 

Sospirò e si alzò in piedi. "Posso dire che hai guadagnato peso, ma so che non sei diventato grasso, non sono così stupido. Ho visto il tuo stomaco quel giorno quando sono entrato nella tua stanza. Quindi cosa sta succedendo ultimamente?"

 

Girai il mio sguardo e presi un respiro profondo. Era quello il momento in cui avrei dovuto confessare il mio segreto ad un'altra persona? Era quello? Adesso? Non ero affatto preparato, avevo previsto di aspettare ancora qualche settimana prima di affrontare quel problema. Adesso ero lì, con mio fratello, che aveva compiuto da poco sedici anni, guardandomi con occhi preoccupati, ma fermi, e sapevo che non sarei stato in grado di fuggire da quella situazione.

 

"Okay, senti," dissi finalmente. "Se te lo dico, devi avere una mentalità aperta. Tipo veramente aperta, tanto aperta."

 

Lui annuì lentamente. "Va bene..."

 

"E mi devi promettere che non lo dirai a nessuno, nemmeno a mamma o Ian."

 

Annuì nuovamente. "Ok, promesso."

 

"Sono serio Owen," dissi. "Questa è una cosa... grande, non puoi dirlo a nessuno."

 

"Ho capito che non devo dirlo a nessuno, lo giuro."

 

Chiusi gli occhi per un breve secondo, poi annuii. "Penso che dovremmo... sederci," dissi con un piccolo sospiro mentre uscivo dalla cucina per andare in salotto e sedermi sul divano, aspettando che Owen si unisse a me.

 

"Va bene, spara," disse subito dopo che si sedette sul lato opposto del divano.

 

"Uhm, si," dissi, grattandomi la nuca. "Okay... ti ricordi prima che la scuola iniziasse, quando andai a quella festa e feci sesso con qualcuno su un prato? La mamma era un po' arrabbiata con me e quelle cose lì, ricordi?"

 

Annuì. "Si."

 

"Si, quindi... la cosa è che, io... io, la persona con cui ho fatto sesso quella sera era... tipo... non una ragazza," dissi, balbettando leggermente. "Era un ragazzo."

 

Sollevò le sopracciglia, anche se non in confusione, più in un modo che diceva 'okay, quindi?'.

 

"Quindi sei gay?" disse semplicemente dopo qualche secondo. "Lo sospettavo."

 

Corrugai la fronte; non era proprio la reazione che mi aspettavo. "Uhm, va bene," dissi. "Quindi... ti va bene?"

 

Lui scrollò le spalle. "Non importa, non sono affari miei in ogni modo."

 

"Ma non pensi che sia... strano o... non so, disgustoso?"

 

Lui si strinse nelle spalle. "Il fatto che preferisci i ragazzi? No. Il fatto che tu lo prenda nel culo? Forse."

 

Sentii le mie guance diventare calde e guardai verso il basso. "Mi sembra giusto, suppongo," dissi, non preoccupandomi di intavolare una discussione sul fatto che avesse automaticamente capito che fossi io quello a stare sotto. "Ma comunque, non è... quello che ci interessa in questo momento. Non proprio."

 

"Vai avanti allora."

 

Annuii e presi un altro respiro profondo; era arrivato il momento di rivelare tutto. "Va bene. Quindi, ho scopato con un ragazzo, Harry, il ragazzo che era fuori prima," dissi, "e, uhm, ti ricordi quando questo autunno vomitavo tutto il tempo e mamma mi ha trascinato dal medico?"

 

"È difficile dimenticarlo," disse. "Ma tu mi dissi che era solo un virus allo stomaco o qualcosa del genere, no?"

 

"Ho mentito," dissi semplicemente.

 

"Oh... allora che cos'era?" chiese, ora preoccupato. "Non hai, che ne so, il cancro o qualcosa di simile, vero?"

 

Ridacchiai nervosamente. "Uhm, no, ma... si, questo si potrebbe definire... uhm, strano." Mi fermai per un secondo, in attesa di capire come dirlo, senza far sembrare la cosa ancora più folle di quanto fosse già. Con un altro sguardo nervoso verso Owen mi alzai lentamente e iniziai ad aprire la zip della mia felpa.

 

"Perché ti stai togliendo i vestiti?" chiese, guardandomi confuso.

 

"Penso che sia più facile spiegartelo se io... te lo mostro," mormorai mentre cominciai a togliermi il maglione con il collo a V che indossavo sotto la felpa. Gettai il maglione sul pavimento e addosso non rimase nient'altro che una maglietta aderente. Lo sguardo di Owen si incollò al mio stomaco e vidi come i suoi occhi si spalancarono e diventarono spaventanti.

 

"Che diavolo sta succedendo, Lou?" chiese tranquillamente.

 

Con le mani un po' agitate, tirai su anche la maglietta e rimasi senza niente che potesse nascondere il mio ventre. Ero totalmente spoglio ed era terribilmente evidente a Owen che qualcosa non andava.

 

Posai le mani sulla pancia e lo guardai prima di aprire la bocca. "Sono... sono incinto," dissi poi, la mia voce appena udibile.

 

"Scusami, puoi ripetere?"

 

Presi un respiro profondo e alzai lo sguardo. "Sono incinto," ripetei, questa volta più forte. Abbastanza forte da essere impossibile che Owen non avesse sentito quello che avevo detto. "Sto per avere un bambino."

 

Rimase in silenzio per un lungo periodo di tempo. Owen mi stava fissando, nemmeno battendo le palpebre, e non riuscii a fare niente se non continuare a guardarlo. Cosa stava pensando? Mi odiava? Aveva creduto a quello che gli avevo appena detto? Mi avrebbe chiamato mostro e sarebbe scappato?

 

"Tu... non sei serio, vero?" chiese alla fine con voce rauca.

 

"Vorrei non esserlo."

 

Lasciò uscire una risata incredula e mi fissò con occhi spalancati. "M-ma non puoi essere serio!"

 

Sospirai e mi girai in modo che mi guardasse di profilo. "Guarda questo," dissi poi, indicando il mio ventre piuttosto evidente. "Come vuoi spiegarlo?"

 

"Io... non lo so," disse dopo qualche secondo di silenzio. "Ma tu non puoi esserci incinto, non puoi! Non hai una figa o qualsiasi altra cosa sia necessaria per fare un fottuto bambino!"

 

"Non pensi che io abbia già parlato di questo con il medico?" lo schernì. "Non ci ho creduto in un primo momento, ma- cazzo, ho fatto tre test di gravidanza, tutti e tre positivi, ho fatto diverse ecografie e ho visto e sentito il battito cardiaco, ho sentito i calci del bambino e io- sono incinto, senza dubbio, quindi... fattene una ragione."

 

"Fattene una ragione?" Ripeté incredulo. "Non puoi confessarmi una cosa del genere e poi dirmi di farmene una ragione."

 

"Lo so, lo so, mi dispiace," dissi prima di sedermi di nuovo e afferrare un cuscino per coprirmi un po'. "So che sembra folle e tu non sei la prima persona che ho dovuto convincere, ma non forzarmi a portati dal medico in modo da poterlo vedere da solo, okay? Sono incinto, non sto mentendo. C'è un bambino dentro di me e lui nascerà... in qualche giorno di maggio." Sempre che non sia morto, sussurrò una voce sgradevole nella parete posteriore della mia mente.

 

"Io... suppongo che... crederò alla tua parola," disse dopo aver gettato un'altra occhiata al mio stomaco coperto dal cuscino, "perché non verrò dal dottore con te. Ma ti rendi conto di quanto sia assolutamente folle, vero?"

 

Roteai gli occhi. "Si, lo so. Ma... va bene allora?"

 

"Uhm, io... credo di sì," disse, facendola suonare come una domanda. "Non aspettarti che io mi metta a parlare con la tua pancia così presto."

 

Roteai gli occhi di nuovo. "No. Avrei preferito non lo avessi fatto a dire il vero."

 

"Bene."

 

"Si."

 

"Quindi... cosa farai, tipo, con... quello?"

 

"Lui," lo corressi.

 

"Huh?"

 

"Il bambino, è un maschietto."

 

"Oh ok. Allora, cosa farai con lui? Avrai un aborto o cosa?"

 

Aggrottai la fronte. "No, in nessun modo. Lo darò in adozione."

 

Annuì lentamente e si spostò un po'. "Va bene."

 

Nessuno di noi disse nulla per un po'. Owen stava guardando un punto sul muro, apparentemente pensieroso e non lo biasimai per quello, quindi lo lasciai in pace. Io ero contento che le cose fossero andate bene. Mi aspettavo più risate, più shock, più 'sei folle!' e più occhi spalancati. Ma l'aveva presa sorprendentemente bene, ed ero grato per quello.

 

"Quindi mio fratello è incinto," disse infine, sorridendo in modo improvviso. "Queste sono le ultime parole serie che mi sarei aspettato di dire."

 

"Queste sono proprio le ultime parole serie che mi sarei aspettato di dire."

 

"Hm, si. Quindi cosa... voglio dire, cosa intendevi là fuori?"

 

Sollevai le sopracciglia in modo interrogativo.

 

"Sai," continuò, "hai detto qualcosa sul fatto che il bambino è... morto."

 

"Oh..." mormorai, spalancando gli occhi. "Si, è... non lo so."

 

"Più in particolare?"

 

Mi morsi il labbro e inghiottii, la paura con la qualche stavo vivendo gli ultimi giorni tornò con forza. "Io... uhm, beh, ho ricevuto un pugno allo stomaco pochi giorni fa," mormorai, "e non l'ho sentito muoversi da quel momento."

 

Notai che cercò di capire quello che gli avevo detto, ma era ovvio fosse in difficoltà.

 

"Cattivo segno?" chiese dopo una breve pausa.

 

"Non lo so, non è normale credo, ma in genere calcia come un pazzo, quindi parecchi giorni senza nessun segno? Non può essere buono." Mentre stavo parlando le lacrime cominciarono a rotolare sulle mie guance e rapidamente le asciugai. "Scusami," aggiunsi, offrendo un sorriso di scuse a Owen.

 

"Nessun problema," disse, anche se sembrava abbastanza a disagio. "Allora perché hai gridato a quel ragazzo?"

 

"Perché è stato lui a colpirmi."

 

Owen aggrottò le sopracciglia. "Ma non sapeva che tu eri... sai?"

 

Annuii. "Lui lo sapeva. Lo sa da mesi."

 

"Allora perché ha fatto-"

 

"Perché ho detto qualcosa che lo ha sconvolto," lo interruppi. "Senti, non voglio parlare di questo, okay? Sai cosa sta succedendo, quindi possiamo non parlarne?"

 

Continuava a guardarmi con un'espressione che era un misto di preoccupazione e riflessione per alcuni momenti prima di rispondere. "Non so niente di questo cose sulla gravidanza, ma sono abbastanza sicuro che dovresti andare a vedere un medico per controllare se tutto sta andando bene."

 

"Ma che succede se-"

 

"Se il bambino è veramente morto, non è salutare tenerlo dentro di te," disse, interrompendo la mia protesta.

 

"No, ma-"

 

"Lou, cazzo, non voglio che tu muoia sopra di me o qualcosa del genere!" esclamò. "Ho bisogno che tu sia qui, non posso affrontare mamma e Ian e tutta quella merda da solo, okay?"

 

Inghiottii, notando l'emozione mista alla disperazione nella sua voce.

 

"Non morirò," dissi. "E io andrò dal medico tra un paio di settimane, e vedrò. Andrà bene."

 

Lo sguardo che mi mandò diceva che non credeva molto alle mie parole, e non potevo biasimarlo considerando che nemmeno io ci credevo.

 

*

 

Il fine settimana passò con molte chiamate e tanti messaggi da parte di Harry. Non ne lessi nemmeno uno e non risposi a nessuna delle sue chiamate, perché sapevo già cosa mi avrebbe detto. La rabbia che avevo sentito verso di lui era scomparsa mercoledì, ma il bambino non aveva dato segni di vita e la mia paura era diventata vero e proprio panico. Dormivo poco perché trascorrevo le notti piangendo e chiedendo al mio bambino di iniziare a calciare, e questo mi causò un mal di testa orribile, e giovedì vomitai dalla stanchezza.

 

Nonostante tutto, provavo un po' di sollievo perché Owen sapeva tutto; ora non dovevo nascondere la cosa tanto quanto prima. Mi aiutava anche troppo; mi portava la cena fino alla mia stanza in modo da non dover avere una conversazione infinita a tavola, entrava nella mia stanza una volta al giorno per chiedermi se avessi bisogno di qualcosa dal negozio, mi aiutava a trovare scusa per mia mamma sul perché ero così acido e irritato tutto il tempo. Tutto sommato, era una buona cosa, e lui si era avvicinato a tutta la cosa più velocemente del previsto.

 

A scuola, sembrava che Liam, Zayn e Niall avessero completamente abbandonato Harry durante il pranzo per sedersi con me. Ad essere onesti, trovai quel cambiamento molto strano, ma dovetti ammettere che era bello avere qualcuno con cui sedersi e non sentirsi da solo tutto il tempo; in realtà era come se fossimo amici. Nessuno di loro aveva chiesto del bambino, ma vidi i loro sguardi - soprattutto quelli di Zayn e Liam - che andavano tutto il tempo verso la mia pancia e, più di una volta, vidi le loro bocche aprirsi, solo per chiudersi dopo aver gettato un rapido sguardo verso di me. Volevano chiedere, ma per paura della mia risposta avevano deciso di non farlo, e fui molto grato per quello.

 

Harry cercò di avvicinarsi lunedì durante il pranzo, ma non appena lo notai camminare verso dove stavo in mensa, mi affrettai ad allontanarmi, perdendomi nella folla. Non lo vidi più fino al venerdì della stessa settimana.

 

Venerdì, 25 febbraio.

Ventisette settimana e quattro giorni

 

Ero in un negozio di libri, mentre leggevo un libro sulla gravidanza. La donna seduta alla cassa mi mandò uno sguardo acido, che mi mise un po' a disagio, ma la ignorai. Normalmente, avrei già acquistato il libro, ma non potevo nasconderlo da nessuna parte per far sì che mia mamma non lo trovasse e non sarei andato in biblioteca a chiedere al bibliotecario di indicarmi la sezione della lettura sulle gravidanze. Così invece ero in un angolo del piccolo negozio di libri, cercando di nascondermi il meglio possibile mentre leggevo di come le prime settimane dopo la nascita il bambino tendesse a giocare continuamente. Non che quello mi importasse più di tanto visto che qualcun altro si sarebbe preso cura del bambino nelle sue prime settimane di vita, ma comunque. Ero curioso.

 

Avevo appena girato la pagina ed iniziato a leggere sull'alimentazione corretta per un neonato quando sentii che qualcuno mi picchiettava leggermente sulla spalla e mi girai così rapidamente che lasciai cadere il libro sul pavimento e quasi inciampai sui miei passi.

 

"Scusami, scusami," disse Harry con un piccolo sorriso. "Non volevo spaventarti."

 

Sbattei le palpebre. "Io, uhm, cosa ci fai qui?" chiesi.

 

"Stavo cercando qualcosa da leggere per la mia lezione di inglese, ma sembra non ci sia niente dei classici," disse.

 

"Oh... okay."

 

Seguì un silenzio scomodo e guardai i miei piedi per evitare di avere un contatto con i suoi occhi. Mi resi conto che il libro che avevo lasciato cadere era ancora sul pavimento e mi chinai a prenderlo. O, beh, cercai di chinarmi a prenderlo. La pancia era abbastanza grande e a quel punto era leggermente scomodo piegarsi in qualsiasi posizione e mi lasciai sfuggire un sospiro di esasperazione prima di tentare di nuovo, questa volta accovacciato sulle ginocchia, e caddi.

 

Le mie guance si accesero di rosso quando mi resi conto che Harry stava ancora in piedi, ad osservare la mia imbarazzante caduta. Una caduta che era stata causata dal tentativo di raccogliere un dannato libro! Ero improvvisamente diventato fisicamente inabilitato?

 

Alzai lo sguardo per guardarlo e lo trovai a ricambiarlo con un sorriso e gli occhi caldi.

 

"Qui," disse e allungò entrambe le mani.

 

"Non ho bisogno del tuo aiuto," sbottai. Cercai di alzarmi dal pavimento, ma risultò impossibile e sospirai ancora una volta. "Per favore," aggiunsi, guardando Harry con un leggero broncio e le braccia allungate.

 

Il suo sorriso crebbe un po' prima di prendere entrambe le mie mani e tirarle mentre io mi spingevo con le gambe. Riuscì a buttare giù una piccola pila di libri che era posata sul pavimento accanto a me, guadagnandomi un'altra occhiataccia dalla donna alla cassa, ma almeno mi alzai in piedi. Non appena lasciò andare le mie mani, Harry si chinò e prese il libro che era caduto e gettò un rapido sguardo alla copertina prima di rivolgermi un sorriso.

 

"Stavi leggendo un libro senza comprarlo?" chiese.

 

"Non posso tenerlo a casa, no? Mia mamma potrebbe trovarlo e poi sarebbe l'inferno."

 

"Si, credo," disse prima di consegnarmelo. Rimase in silenzio per qualche secondo, ma poi: "Hai... sentito qualcosa?"

 

Scossi la testa. "No," dissi, optando di non parlargli del fatto che ero rimasto sveglio tutte le notti quella settimana, pregando ad ogni forza suprema che il mio bimbo stesse bene.

 

"Sei sicuro?" chiese, e nonostante la sua faccia fosse tranquilla come prima, sentii un leggero fremito nella sua voce.

 

"Certo che sono sicuro," dissi. "Senti, devo andare, ho-"

 

"Per favore, Lou," mi interruppe. "Ho- beh, possiamo parlare?"

 

"Stiamo parlando in questo momento."

 

"Si, ma intendevo, tipo... se potessimo andare a casa tua o mia e avere una conversazione."

 

Pizzicai il ponte del mio naso e chiusi gli occhi per un secondo prima di rispondere. "Senti, non sono... arrabbiato con te, ma fino a quando non so se il bambino sta bene, non-"

 

"Se pensi per un solo secondo che non mi interessi più del bambino, devi andare a controllarti in un ospedale psichiatrico," mi interruppe. "Se scopri che è veramente... morto, non ti biasimerei se tu non volessi più parlare con me, ma siccome non sai niente di certo, possiamo parlare? Per favore?"

 

Guardai nei suoi occhi supplichevoli, pensando qualche secondo prima di annuire.

 

"Va bene, va bene, ma... possiamo andare a casa tua?"

 

Il suo viso si illuminò. "Si, si, certo," disse immediatamente. "Vuoi che ti compri quel libro?" aggiunse. "Posso tenerlo a casa mia, i miei genitori non ficcheranno il naso."

 

"Oh, no, va bene, non ho bisogno-" cominciai, ma prima di finire la frase, cominciò ad agitare le mani per fermarmi.

 

"Dammi," disse e mi tese la mano.

 

"Harry, non devi comprarmi un libro," dissi.

 

"Si, lo so," disse, e prima che avessi il tempo di reagire, prese il libro dalla mia mano, si voltò e andò verso la cassa. Non ero nello condizioni di inseguirlo, così sospirai e camminai dietro di lui a passi lenti.

 

La donna alla cassa ci rivolse uno sguardo divertito quando Harry le consegnò il libro, ma non disse niente. Dopo che Harry tirò fuori un paio di banconote dal suo portafoglio, le consegnò alla donna, e dopo aver ricevuto il resto ci dirigemmo fuori dal negozio.

 

"Allora, casa mia?" chiese mentre cominciammo a camminare lungo la strada, che era abbastanza affollata nonostante il fatto che il tempo non fosse niente di entusiasmante; il cielo era grigio, le strade erano piene di neve mezzo sciolta e gocce di pioggia stavano cadendo sopra di noi.

 

"Si," dissi semplicemente mentre cercavo di concentrarmi per non scivolare e cadere sul mio culo.

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Capitolo 17
*** 17. I think I'd like to keep him. ***


CAPITOLO 17

Penso che mi piacerebbe tenerlo.

 

 

Venerdì, 25 Febbraio

Ventisette settimane e quattro giorni

 

 

"Penso che i miei genitori siano a casa," disse Harry mentre stavano entrando nell'atrio. "Andranno in crociera per il fine settimana, perciò partiranno tra un'ora o due, credo."

 

"Oh, si, va bene, certo," dissi mentre cominciai a togliere le scarpe. "Sono- o, uhm, beh, dovrei tenere il cappotto?" aggiunsi, guardandolo nervosamente.

 

"No, andrò a dire loro che sarò nella mia stanza e che c'è un amico con me, ci lasceranno soli," disse facilmente mentre appendeva la sua giacca sull'attaccapanni e mise le scarpe in un angolo. "Aspetta nella mia camera e arriverò in un paio di minuti."

 

Mi rivolse un sorriso veloce prima di girarsi e dirigersi dentro casa, anche se invece di continuare lungo il corridoio che sapevo portasse nella sua camera, girò a sinistra e scomparve.

 

"Okay," mormorai all'ingresso vuoto prima di togliermi il cappotto, guardandomi leggermente nervoso in giro nel caso in cui qualcuno fosse apparso improvvisamente. Stavo indossando solo una felpa che non nascondeva bene la pancia e se qualcuno mi avesse visto, avrebbe capito piuttosto velocemente che qualcosa non andava. Entrai nella stanza di Harry senza aver incrociato nessuno e tirai un sospiro di sollievo una volta che chiusi la porta dietro di me. Mi avvicinai al suo letto e mi sedetti su di esso, lasciando che le mie spalle si abbassassero e sentendo un po' la tensione scivolare via.

 

"Ma che cazzo?" disse una voce improvvisamente da qualche parte alla mia destra ed emisi un urlo di sorpresa mentre mi alzavo in piedi e mi guardavo intorno alla ricerca di quella voce. Lo scoprii velocemente... e mi sentii come se mi avessero buttato addosso un secchio di acqua ghiacciata. Lauren. Ovviamente. Con la fortuna che avevo in quel periodo, c'era da aspettarselo.

 

"Io- uhm- non- è- io-" balbettai, tutto il mio corpo teso.

 

"Cosa cazzo ci fai qui?" chiese, stringendo gli occhi.

 

"Uhm. Io sto- sto aspettando Harry," dissi esitante, i miei occhi incollati sul pavimento.

 

"Perché?" chiese lei.

 

"Perché mi ha detto di aspettarlo qui mentre... parlava con i suoi genitori," mormorai, maledicendomi per quanto piccola e soffocata la mia voce suonasse. Alzai di nuovo gli occhi e la vidi ad un metro lontana da me, guardandomi con una mano sul fianco.

 

"Beh, ti è andata male, perché oggi deve uscire con me," disse. "Quindi ti suggerisco di tornare a casa o andare al McDonald più vicino per mantenere la tua forma."

 

Gettò una sguardo velenoso alla mia pancia e poi mi sorrise sprezzante. "Sembra che sia sulla buona strada per unirti al club del "Più grande perdente" comunque."

 

Mi morsi il labbro e provai a pensare a qualche risposta da darle, ma non ebbi il tempo di dire niente perché la porta si aprì.

 

"Ho portato qualc-" Harry iniziò a porgermi una ciotola che sembrava contenere patatine, ma si fermò quando vide Lauren.

 

"Lauren?" disse allora, bloccandosi e guardandola con confusione nello sguardo.

 

"Cosa ci fa qui?" chiese indicandomi.

 

"Siamo usciti," disse Harry mentre si avvicinava alla sua scrivania su cui appoggiò la ciotola. "Perché sei qui?"

 

"Mi hai detto che saremo usciti oggi," disse, alzando le braccia con esasperazione.

 

"Ti avevo detto che ti avrei scritto se avessi avuto tempo," rispose, una traccia di impazienza nella sua voce.

 

"No, mi hai detto che saresti andando in libreria dopo scuola e poi saremmo potuti uscire. Considerando che sono passate quasi due ore da quando ci sei andato, ho pensato che avresti finito per quest'ora, quindi sono venuta qui e tua mamma mi ha permesso di salire. Sembra che tu mi abbia mentito, anche se l'ultima volta che ho controllato non vendevano ciccioni perdenti in libreria."

 

Tossii un po', cercando di impedire un'altra litigata tra loro per causa mia e cercando di ignorare i commenti sul mio peso.

 

"Me ne vado," mormorai prima che uno di loro avesse la possibilità di dire qualcosa di più. "Ci... si, ci vedremo un'altra volta," aggiunsi, continuando a non guardare nessuno dei due, prima di iniziare a camminare verso la porta.

 

"No, rimani, Lou," disse Harry fermamente, alzando lo sguardo, gli occhi rivolti a Lauren e con mia piccola sorpresa, sembrava arrabbiato. "Non parlare di lui in quel modo," disse. "Devi andare via. Ti scriverò quando sarò libero."

 

Sembrava incredula. "Uscirai con lui invece che con me?" chiese. "Questa è quella che chiamo una pessima decisione."

 

"Ahah, e perché?"

 

"Ovvio, non credi?"

 

Harry roteò gli occhi. "Vai via, Lauren. Ho bisogno di parlare con lui di alcune cose."

 

"Si, tipo?"

 

"Non sono affari tuoi."

 

Lei gli mostrò uno sguardo arrabbiato. "Bene, ma non aspettarti di ricevere più di un pompino per almeno una settimana," disse lei prima di girarsi e uscire dalla stanza, sbattendo la porta dietro di lei.

 

Inghiottii. Ero riuscito a far litigare Harry e Lauren semplicemente esistendo. Di nuovo.

 

"Mi dispiace," sussurrai, non avendo il coraggio di guardare i suoi occhi. "Io- non sapevo che fosse qui e-"

 

"Va tutto bene," mi interruppe. "Non è colpa tua."

 

Sollevai lentamente lo sguardo e lo trovai sorridere.

 

"Ho causato un litigio tra voi due," dissi. "Mi dispiace tanto, non voglio intromettermi in quel modo."

 

"Lo so," disse. "Ma è tutto okay. Lei è tipo... una di quelle che reagiscono esageratamente, non è colpa tua."

 

"Si, ho notato," dissi senza pensare. I miei occhi si spalancarono un po' quando mi resi conto di quello che avevo detto. "Oh, scusami, non volevo-"

 

"Rilassati," sbuffò. "So che è, tipo, una stronza."

 

Corrugai la mia fronte, pensando che quella fosse una cosa poco carina da dire alla propria ragazza, ma scelsi di non commentare. "Uhm, okay," fu tutto ciò che dissi.

 

"Si, vuoi sederti?" disse.

 

"Si, per favore," dissi con un sospiro sollevato. "La mia schiena mi uccide."

 

Lui sorrise. "Lo immaginavo; stai diventando piuttosto grande."

 

Guardai di nuovo verso il basso. "Si, lo so. Mi ha appena detto che sono grasso. Due volte," mormorai. Sapevo che ero grasso, ma sentirselo dire in faccia era un'altra storia.

 

"No, no, non sei grasso," disse immediatamente. "Sei solo incinto, non è la stessa cosa di essere grasso."

 

"Si, certo, vabbè," mormorai prima di alzare lo sguardo.

 

"Non sei grasso, okay?" disse con delicatezza. "L'ho già detto, ma lo ripeto: stai benissimo, la gravidanza ti dona."

 

Nonostante il mio umore abbastanza pessimo, sentii le guance diventare rosse e un sorriso apparve sul mio volto.

 

"Grazie," mormorai.

 

Si avvicinò al letto e si sedette. "Vieni a sederti," disse.

 

Lo feci, camminando con passi pesanti e sedendomi al suo fianco.

 

"Ti dispiace, ecco, se mi siedo normalmente?" chiesi, girando la testa verso la spalliera, dove le dozzine di cuscini erano accatastate.

 

"Avrei preferito se lo avessi già fatto in effetti," disse con un sorriso curvo.

 

Restituii il sorriso prima di scivolare all'indietro con un paio di movimenti imbarazzanti e abbassai la schiena appoggiandomi comodamente sul cuscino.

 

"Non ti dispiacerebbe se adottassi il tuo letto?" chiesi.

 

Lui sorrise. "Certo che no," disse mentre si spostò affianco a me. "Qualunque cosa ti renda felice."

 

Il silenzio cadde su di noi per un po' di tempo prima che qualcuno aprisse di nuovo la bocca.

 

"Così non ha... calciato o altro?" chiese.

 

Guardai la mia pancia e posai sopra le mani. "Non un solo calcio da più di una settimana."

 

"Se è veramente- beh, lo sai, allora è colpa mia."

 

Non volevo dire che si, sarebbe colpa sua, ma non potevo esattamente negare quello che aveva appena detto, quindi scelsi di non dire niente. Cadde nuovamente il silenzio, ma durò solo un paio di minuti.

 

"Posso... parlare con lui?" chiese tranquillamente.

 

Lo guardai sorpreso. "Certo," dissi esitante. "Parla di tutto quello che vuoi."

 

"Intendevo dire, tipo, direttamente," disse, indicando con imbarazzo il mio stomaco.

 

Non avevo capito cosa intendesse con 'direttamente', ma annuii, pensando che non potesse essere così male. "Vai," dissi.

 

Ancora un po' esitante, si mosse sul letto fino a quando la sua testa fu allo stesso livello del mio stomaco prima di voltare lo sguardo verso di me per guardarmi negli occhi.

 

"Pensi di poter... togliere la felpa?" chiese.

 

"Oh, uhm, certo," dissi, sentendomi ancora più sorpreso. Mi sedetti un po' e mi tolsi la felpa prima di metterla sul pavimento, poi mi rimisi nella posizione precedente. Aveva già lo sguardo verso la mia pancia e, mentre lo guardavo con curiosità, alzò una mano e tentò di spingere su la maglietta. Ero ancora un po' confuso, non capendo cosa volesse fare, ma non protestai mentre continuò a spingere il tessuto verso su finché non fu riunito sopra il mio ventre, rivelando la pelle tesa e ancora liscia.

 

"Voglio solo parlare con lui, non lo faccio per spaventarti o altro," disse Harry sorridendo debolmente verso di me.

 

Come se ci fosse qualcosa di te che possa spaventarmi, pensai.

 

"Va bene," dissi.

 

"Sei sicuro?"

 

"Si."

 

Annuì e poi continuò a fare qualche cosa che fece affluire il mio sangue in tutto il corpo e fece aumentare notevolmente la mia frequenza cardiaca. Si avvicinò a me, lasciando cadere la testa sopra la mia protuberanza per un paio di secondi prima di abbassarsi ancora di più e mettere la guancia proprio vicino al mio ombelico. La sua mano rimase vicino alla sua testa e sentii il suo respiro accarezzarmi la pelle, cosa che mi causò un brivido.

 

"Ehi, piccolo," lo sentii mormorare dopo un momento di silenzio. "Va tutto bene lì?"

 

Si fermò per un secondo o due prima di continuare.

 

"So che ho detto di smettere di calciare così spesso l'ultima volta che ti ho parlato, ma non intendevo che avresti dovuto smettere completamente. Sarebbe bello sentire un po' di calci ogni tanto, per far sapere a me e al tuo papà che stai bene. Lui ti ama molto, sai, e... anche io. Non voglio che tu stia male solo perché sono un cretino e ho reagito in maniera esagerata alla situazione in un momento in cui ho perso il controllo. Puoi solo dare un piccolo calcio? Solo uno per farci sapere che stai bene e felice lì. Per favore?"

 

La sua voce era incredibilmente tenera e le sue parole erano così sincere che mi sentii un nodo crescere in gola. Senza pensarci, sollevai una mano e iniziai ad accarezzare i suoi ricci. Con mio sollievo, non mi mandò via né si alzò in piedi. A dire il vero, non reagì affatto, continuò a parlare con la stessa voce morbida.

 

"Avrei voluto tenerti, sai," disse. "Sarebbe stato bello crescerti, conoscerti, essere tuo padre. Mi sarebbe piaciuto. Avrei potuto insegnarti come giocare a calcio, come aggiustare le macchine, tutte quelle solite cose che fanno i padri con i propri figli nei film. Anche se qui le circostanze sono un po' fuori dall'ordinario, questo non significa che io non ti amo, lo sai, vero? Ti amo tanto e se io fossi stato un po' più vecchio e un po' più preparato per tutta questa situazione, non avrei mai scelto di darti a qualcun altro per crescerti."

 

Si fermò nuovamente e passarono alcuni minuti prima di sentire le sue labbra dare piccoli baci attenti al mio stomaco nudo. Le mie viscere si attorcigliarono di felicità e dovetti prendere un respiro profondo per calmarmi un po'.

 

"Perché non vuoi calciare, piccolo?" disse, la sua voce un semplice sussurro. "Perché non fai nulla per dirci che sei vivo?"

 

Sentii qualcosa di caldo e umido scorrere sulla mia pelle e mi ci vollero un paio di secondi prima di rendermi conto che Harry stava piangendo. Piangeva. Il mio cuore si strinse un po' a quella realizzazione.

 

"Forse non puoi," continuò, ora con voce così bassa che non riuscii a capire le parole. "Forse sei morto e non sarai mai in grado di mostrare altri segni di vita. Forse non sarai mai in grado di crescere e di avere una vita. È per questo che non ti muovi? Perché sei veramente morto? È per questo, piccolo?"

 

Lacrime silenziose continuavano a scorrere sul mio stomaco e non riuscii a fare niente se non continuare ad accarezzare i capelli di Harry e lasciarlo piangere in pace e in silenzio. Rimanemmo in quella posizione per più di un'ora senza che nessuno di noi emettesse un solo suono. Restammo semplicemente seduti lì come se stessimo sfogando il nostro dolore, come se fossimo in lutto per un figlio non ancora nato.

 

Ma poi... sentii qualcosa. Una sorta di palpito, come un debole solletico sotto la palle dove la testa di Harry stava giacendo. Mi bloccai completamente; le mie mani smisero di giocare con i capelli di Harry e giurai sul fatto che il mio cuore avesse smesso di battere per un attimo. Sembrava che anche Harry avesse notato qualcosa perché sollevò lentamente la testa e mi guardò con occhi rossi e gonfi. Il mio cuore si sarebbe ristretto a quella vista, ma ero troppo occupato a cercare di capire se avessi solo immaginato quello che avevo appena sentito o se- oh.

 

Eccolo ancora. Più forte quella volta.

 

E poi di nuovo. Ancora più forte.

 

"Io- lui... è- u- un calcio," balbettai, guardando Harry con occhi spalancati. "Lui- lui sta calciando."

 

"Sei sicuro?" chiese con voce rauca.

 

Annuii freneticamente e afferrai la sua mano per posizionarla dove avevo sentito il calcio.

 

"Si, si, l'ho sentito, proprio qui," dissi.

 

Non successe niente per alcuni secondi e vidi Harry mordersi il labbro, ovviamente preoccupato, ma poi accadde di nuovo e la sua espressione accigliata si trasformò in un sorriso.

 

"È vivo," mormorò.

 

"Si," risposi. "È vivo."

 

Un suono che poteva sembrare una risata, o forse un singhiozzo, scappò dalla bocca di Harry e si appoggiò per baciarmi di nuovo lo stomaco prima di alzare lo sguardo e guardarmi.

 

"Sta bene," disse raggiante. "Il nostro bambino sta bene."

 

"Il nostro bambino?" dissi.

 

Il suo sorriso vacillò un po'.

 

"Oh, scusa, non intendevo-"

 

"È tutto okay," dissi, "credo che... mi piaccia sentirtelo dire."

 

Il suo sorriso riapparve. "Davvero?"

 

Annuii. "Si."

 

Trascorremmo una buona ventina di minuti semplicemente sorridendo e mormorando frasi senza senso prima di tirare giù la maglietta e prima che Harry si sedesse bene accanto a me. Non riuscivo a smettere di sorridere perché lui era vivo. Dopo essere stato preoccupato per più di una settimana, dopo essere stato quasi certo che fosse troppo tardi e che avessi perso il mio bambino, ora sapevo che stava bene, o almeno che fosse vivo.

 

"Sono- o, beh, sono... perdonato?" chiese dopo un po' di tempo in silenzio.

 

Feci una smorfia e esitai alcuni secondi prima di rispondere con un 'no' tranquillo.

 

Il suo viso si abbassò, ma non disse nulla.

 

Sospirai. "Scusami," dissi, "non sono più arrabbiato con te, non lo sono da qualche giorno, ma... sai che siamo estremamente fortunati che lui sia ancora vivo; tutta questa situazione sarebbe potuta finire diversamente e io- io non posso dimenticarlo."

 

"Ho capito," disse e mi sorrise debolmente. "Ma... non sei arrabbiato?"

 

Scossi la testa. "No, non sono arrabbiato, solo... deluso, credo."

 

Lui annuì lentamente. "Okay, posso vivere con questo," disse allora. "Ma... si, credo che probabilmente dovremmo parlare della situazione che ha causato tutto questo in primo luogo." aggiunse dopo una breve pausa. "Voglio dire, tutta la cosa nella tua camera da letto."

 

Oh, giusto, quello. Lo avevo quasi dimenticato, almeno in parte, ma ora che mi ero ricordato di nuovo, sentii il mio viso diventare incredibilmente caldo. "Uhm... si," riuscii finalmente a dire.

 

"Si."

 

"Io- non so veramente... cosa dire riguardo a quello," dissi, giocando nervosamente con le mie dita.

 

"Penso di essere stato preso un po'... non lo so, dal momento o qualcosa del genere," disse. "Non era tipo... una cosa che volevo fare, capisci?"

 

"Si, ho capito," dissi, anche se non lo avevo capito. Lo aveva fatto perché era stato svegliato dalla sua voglia di strusciarsi sul mio culo ed era stato lui l'unico ad aver iniziato, quindi no, non avevo capito del tutto. Però optai per il non dire niente, non volevo affrontare qualcosa che sarebbe potuta finire male adesso che avevo appena risolto il problema 'forse-il-mio-bambino-è-morto'.

 

"Siamo a posto comunque, vero?" chiese. "Non sarà strano o altro?"

 

Il mio cuore affondò un po' perché era ovvio che quello che era successo quel giorno non aveva significato niente per lui. Solo un impulso del momento, proprio come quando mi aveva scopato a quella festa. Non che mi aspettassi avesse significato qualcosa per lui. Non proprio. Forse... solo un po'. Forse.

 

"Siamo a posto," dissi, ignorando l'impulso di scoppiare in lacrime.

 

"Bene," disse, offrendomi un sorriso. "Posso farti una domanda?"

 

"Certo."

 

"Come mai mi hai permesso di farlo?"

 

Alzai le sopracciglia. "Cosa intendi?"

 

"Beh, non hai esattamente protestato quando io... si. Come mai?" chiese, guardandomi con curiosità.

 

"Io- non lo so," mentii nervosamente. "Immagino che... ero ancora addormentato e credo di averti già detto una volta che sono stato un po'... uhm, insolitamente... eccitato da quando sono incinto, quindi suppongo di aver pensato con la parte sbagliata della mia testa."

 

Con mio sollievo, sembrò credere alla mia spiegazione poiché ridacchiò un po', una volta che smisi di parlare. "Giusto, credo di poter essere d'accordo su questo," disse.

 

Arrossii un po', ma non dissi niente. Quello che avevo detto non era una completa bugia, ma sicuramente non era nemmeno la verità. La verità era che l'avevo lasciato fare perché lo desideravo da tempo e perché volevo che mi toccasse in quel modo. Ma lui non aveva bisogno di saperlo.

 

"Senti, riguardo a ciò che ho detto prima," disse dopo una breve pausa, "non volevo... farti sentire a disagio o altro."

 

"Che cosa hai detto prima?" chiesi.

 

"Sai, quando ho parlato con il bambino, ho detto che avrei voluto che lo tenessimo," dissi. "Non volevo farti sentire a disagio."

 

"Oh, uhm... no, è tutto okay, credo," dissi esitante. "Non mi hai fatto sentire a disagio."

 

"No?"

 

Alzai le spalle. "Non proprio," dissi e poi lasciai uscire un sospiro. "Io- beh, sai che avrei voluto tenerlo, ma è solo... no, il tempo è completamente sbagliato e non ho l'opportunità di prendermi cura di lui in alcun modo e non voglio essere un genitore single. Ma non lo sto dando in adozione perché non lo voglio, voglio che questo tu lo sappia."

 

"Si, lo so," disse, anche se giurai di aver sentito qualcosa di simile alla delusione nella sua voce. "È solo che odio davvero il pensiero di altre persone che lo crescono."

 

"Non sono proprio eccitato all'idea, ma-"

 

"Perché non lo teniamo allora?" mi interruppe. "Cercare di farlo funzionare?"

 

Lo fissai per un paio di secondi prima di giungere alla conclusione che stesse scherzando e lasciai andare una breve risata. "Si, giusto, dovremmo andare oltre, non pensi?"

 

"Sono serio," disse. "Penso che mi piacerebbe tenerlo."

 

La mia mascella si spalancò. Voleva tenere il bambino? Tipo tenerlo davvero?

 

"Io-io no, Harry, non possiamo," balbettai. "Nessuno di noi due è pronto per quel tipo di responsabilità e non abbiamo ancora finito il liceo e mia mamma e- no, non succederà, non succederà."

 

"Lo so," mi disse, guardandomi supplichevole, "ma non voglio darlo via, Lou, non voglio davvero."

 

"Nemmeno io!" esclamai, sedendomi dritto e guardandolo con incredulità. "Ma pensa al bambino; avrà una via decisamente migliore con qualcun altro come genitori, qualcuno che può dargli ciò di cui ha bisogno e... che gli offra una vita felice e sicura."

 

"Non saranno i suoi veri genitori, però," disse con calma, non incontrando il mio sguardo.

 

"Loro si assicureranno di fargli avere una fantastica vita."

 

"Si, ma- per favore, non possiamo almeno prenderlo in considerazione?"

 

Mi passai una mano tra i capelli e sospirai. "Da dove è venuto fuori questo discorso?" chiesi. "Non hai mai detto di volerlo tenere prima, quindi cosa ti ha fatto cambiare idea?"

 

"Trascorrere una settimana pensando di averlo perso," disse, sollevando gli occhi di nuovo.

 

"Beh, si, ma- ma è diverso. Anche se lo daremo in adozione, non significa che morirà."

 

"No, ma non sarà mai più con noi."

 

Lo fissai due minuti prima di parlare di nuovo. "Tu- tu sei serio," dissi allora, la mia voce piccola. "Tu vuoi... tenerlo."

 

Lui annuì e si mordicchiò il labbro. "Si."

 

"Harry, io- è bello che tu, beh, ti importi così tanto di lui, ma... ti rendi conto di quanto possa influire sulla nostra vita se non lo diamo in adozione?" lui mi guardò, con lo sguardo da cucciolo sul volto, così continuai. "Praticamente stiamo gettando via la nostra vita, prima di tutto; nessuno di noi due sarebbe in grado di finire gli studi o vivere una vita normale per almeno otto anni. In secondo luogo, saremmo entrambi genitori single. Terzo, le nostre famiglie dovranno sapere la verità. Quarto punto, dovremmo andare via da questa città perché, beh, ci saranno troppe voci, sia su di noi che sul bambino, quando crescerà. Quinto, da non tralasciare, incasineremo la sua vita come non mai; deve crescere con due genitori che non stanno insieme."

 

Inalò profondamente e chiuse gli occhi per un attimo. "So tutto questo," disse allora, "ma non possiamo almeno prenderlo in considerazione?"

 

"No, Harry, io non-"

 

"Per favore," mi interruppe, prendendo entrambe le mie mani tra le sue e guardandomi con occhi grandi e supplichevoli. "Prendilo in considerazione e basta."

 

Prendilo in considerazione e basta. Prendere in considerazione di tenere il mio bambino per crescerlo. Certo, era qualcosa da prendere in considerazione, nessun problema. Stavo per pronunciare un 'no', ma poi commisi l'errore di guardare Harry direttamente negli occhi. Erano supplichevoli, quasi disperati e più lucidi del solito, il suo labbro era diventato bianco per quanto lo stava mordendo e ancora mi teneva le mani. Erano calde e morbide e... Gesù Cristo.

 

"O-okay," mormorai, "lo prenderò in considerazione."

 

"Veramente?"

 

"Si," dissi, offrendogli un piccolo sorriso.

 

Sorrise brillantemente prima che inaspettatamente le sue braccia si strinsero intorno al mio collo, abbracciandomi.

 

"Grazie," mormorò nel mio collo.

 

"Uhm, si, certo, nessun problema," dissi, battendo le sue spalle con imbarazzo e tentando di ignorare il fatto che il mio viso stesse andando in fiamme. Con mio grande sollievo, e al tempo stesso delusione, si tirò indietro prima che le cose andassero oltre e si sedette più indietro con la schiena appoggiata di nuovo alla tastiera del letto.

 

"Allora, come va?" disse, sorridendo ampiamente.

 

Sollevai le sopracciglia. "Cosa intendi?"

 

"Voglio dire, è successo qualcosa di eccitante ultimamente?"

 

"Uhm, no, non credo," dissi mentre mi spostavo un po' per mettermi più comodo. "Oh, beh, Owen lo sa."

 

"Del bambino?" chiese, guardandomi sorpreso.

 

"Si, ho dovuto dirglielo."

 

"Oh. Com'è andata?"

 

"Sorprendentemente bene, lui è a posto con questo, anche se si comporta in modo un po' strano," dissi, scrollando un po' le spalle.

 

"Non posso davvero biasimarlo per questo," disse con un sorriso cupo.

 

"Non credo."

 

"Hm. Quindi quando è il prossimo appuntamento dal medico?"

 

"Oh, uhm, martedì 1 marzo alle nove."

 

"Ti dispiacerebbe se venissi con te?"

 

"Mi piacerebbe se lo facessi in realtà."

 

Sembrava sorpreso. "Davvero?"

 

Le mie guance si riscaldarono un po', ma annuii comunque. "Si."

 

"Okay, figo," disse, guardandomi soddisfatto.

 

"Si." Esitai prima di iniziare a parlare di nuovo. "Uhm, Harry?"

 

"Hm?"

 

"Pensi che sia il momento di... non so, cercare di capire com'è successo tutto questo?" chiesi nervosamente. "Voglio dire, mancano ancora dieci settimana alla fine della gravidanza, quindi..."

 

Si morse un po' le labbra. "Non mi importa davvero, considerando che non sono io quello che è... beh, ma credo sarebbe rassicurante per te saperlo."

 

"Uhm, si, forse lo sarebbe," dissi con una piccola risata. "Sarebbe rassicurante sapere se una cosa del genere potrebbe ricapitare, nel caso non sia poi una cosa così sicura."

 

Sorrise. "Comprensibile, suppongo."

 

"Ci sono anche un paio di altre cose," dissi, mordendomi leggermente il labbro. "Tipo, sono abbastanza sicuro che dovrò fare un cesareo, ma mi chiedo se ci sia un'altra alternativa... non mi piace particolarmente il pensiero di avere la mia pancia aperta, sai?"

 

Sbuffò. "Penso che nessuno sia felice di pensare a quello. Ma realisticamente, quali altre alternative potresti avere? Non voglio essere pessimista o altro, ma... uhm, non credo che tu possa spingere un bambino fuori dal tuo culo. O dal tuo pene."

 

"Oh, beh, è un pensiero piacevole," dissi con una smorfia. "È so che non è realmente possibile farlo, ma comunque voglio sapere se ci sono altre opzioni."

 

"Si, capisco. Tra l'altro, hai mai pensato su come questo bambino sia stato concepito?"

 

"No, non esattamente," dissi con una breve risata. "Tu?"

 

"Beh, io ho... cercato di pensare a qualcosa," disse nervosamente. "Ma non so davvero se abbia senso."

 

"Niente di questo ha senso," dissi, "quindi dimmi quello a cui hai pensato."

 

"Okay, allora sai che quando il bambino viene concepito, non ha genitali, vero?"

 

"Si..."

 

"Ecco, quindi stavo pensando, e se qualcosa... fosse andato storto quando i tuoi genitali erano ancora in fase di sviluppo? Tipo, forse, invece di svilupparsi semplicemente in un pene, testicoli e quelle cose, qualche organo femminile si è tipo... fuso insieme, mi segui?"

 

Aggrottai un po' le sopracciglia a quello. Suonava folle e un po' impossibile, ma in quel momento tutto nella mia vita era folle. "Immagino che non sia la peggiore delle teorie," dissi esitante. "Ma ti rendi conto che hai appena indicato la possibilità che io abbia un utero, vero?"

 

"Scusami," sbuffò, "mi dispiace dirlo, ma sono abbastanza sicuro che... gli ovuli e quelle cose lì debbano generarsi da qualche parte, quindi-"

 

"Forse sei tu che hai gli ovuli," risposi sfacciato.

 

"Non è possibile, cretino," disse lui e roteò gli occhi. "Gli ovuli devono essere all'interno della persona incinta, in questo caso tu."

 

Lo fulminai per un momento, ma poi sorrisi. "Va bene, va bene, non vai in giro a sparare ovuli dal tuo pene."

 

"Dannazione ovvio che non lo faccio; produco sperma e questo è tutto."

 

Risi. "Va bene, ma in ogni caso, dovremmo probabilmente parlare con la dottoressa e fare alcuni test prima di iniziare a pensare alle teorie più strane."

 

"Suppongo di si. Vuoi farlo il 1 marzo?" chiese mentre allungava le mani sopra alla sua testa, facendo schioccare la schiena e facendo fuoriuscire un suono di soddisfazione.

 

Scrollai le spalle. "Niente in contrario, credo. Probabilmente sarà più facile se i medici lo scoprono quando ancora sono incinto, immagino."

 

Abbassai lo sguardo verso il mio stomaco e posai la mia mano su di esso. "Cosa ne pensi, piccolo?" dissi allora. "Vuoi sapere come sei stato concepito?"

 

Ottenni un paio di calci felici in risposta.

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Capitolo 18
*** 18. Wanna go check out some toys? ***


CAPITOLO 18

Vuoi dare un'occhiata a qualche giocattolo?

 

 

Martedì, 1 Marzo

Ventotto settimane e un giorno

 

 

Quando mi svegliai quel primo marzo alle sette e mezza, la prima cosa di cui mi resi conto fu che il bambino calciava. Ancora. Sembrava che il fatto che non avesse dato un singolo calcio per più di una settimana gli avesse dato un'enorme energia, perché praticamente stava calciando senza sosta dal venerdì prima. Non che mi importasse; dopo aver passato giorni pensando fosse morto, ero felice ogni volta che mi dava qualche indicazione che fosse vivo.

 

"Si, si, ti sento," mormorai stanco e mi sedetti strofinandomi gli occhi.

 

Continuò a calciare anche quando mi alzai dal letto per andare verso il mio armadio per trovare qualcosa da indossare e continuò anche quando uscii dalla stanza, entrai in bagno e aprii l'acqua della doccia.

 

"Me la pagherai per tutti questi calci un giorno," dissi mentre mi tolsi la maglietta enorme che avevo usato come pigiama in quelle ultime settimane. "Potrei decidere di non mandarti alle feste quando sarai adolescente o rifiutare di farti chiudere la porta quando porterai una ragazza nella tua stanza. Mi odieresti per quello, ne sono certo."

 

Ma realizzai che probabilmente non gli sarei stato intorno quando sarebbe stato adolescente e scossi un po' la testa per mandare via la malinconia prima di entrare in doccia e chiudere la porta a vetri.

 

"Sai, mi piacerebbe se tu potessi parlare con me," dissi mentre l'acqua calda scorreva sul mio corpo. "Tuo padre vorrebbe tenerti, ma... non lo so. Sarebbe più facile decidere se tu potessi aiutarmi un po'." Un calcio fu tutto ciò che ottenni in risposta. "Si, lo so, sto solo dicendo un sacco di sciocchezze. Ma... beh, lui è un bravo ragazzo, tuo padre dico. Un ragazzo fantastico che ha una non-così-fantastica-fidanzata. Lui è bello, divertente, intelligente... okay, beh, non sempre così intelligente, ma è dolce e divertente e bello. Davvero bello."

 

Rimasi lì in quel modo per quasi mezz'ora, parlando con la mia pancia della mia non corrisposta cotta per Harry, prima di capire che dovessi muovermi se non volevo arrivare tardi all'appuntamento del medico. Dopo aver indossato un paio di pantaloni - 'quanto sarei dovuto ingrassare ancora prima di esplodere?' - e la felpa più grande che trovai - 'la gente penserà che voglia essere un rapper' - misi un paio di converse, avvolsi una sciarpa al mio collo e uscii dalla porta. Il tempo era completamente cambiato negli ultimi giorni e al momento il sole stava brillando, e una brezza leggera soffiò e mi scompigliò i capelli mentre camminavo. Il mio stato d'animo era, per una volta, abbastanza felice e un sorriso increspò le mie labbra per tutto il tragitto.

 

Harry era già lì quando entrai nella sala d'attesa, seduto su una sedia con il mento appoggiato alla mano e gli occhi chiusi. Non si raddrizzò né sollevò una palpebra quando arrivai fin dove era seduto e sorrisi un po' quando capii che era addormentato. Non volendo svegliarlo, mi sedetti sulla sedia accanto alla sua e passarono cinque minuti prima che l'orologio segnasse le nove. Gettai uno sguardo rapido sul volto dormiente di Harry e dovetti sorridere ancora una volta. Era sempre bellissimo, ma ora, con la bocca aperta e le sopracciglia corrucciate, era adorabile. Non riuscii a godermi la vista per lungo tempo, perché la porta dell'ufficio della Dott.ssa Hayes si aprì e lei mise fuori la testa.

 

"Non proprio un mattiniero, vedo," disse con un sorriso, e fece un cenno verso Harry.

 

Ricambiai il sorriso prima di alzarmi e picchiettare leggermente la spalla di Harry. Non reagì subito, quindi lo rifeci, un po' più forte quella volta.

 

"Mi alzo, mi alzo," disse e si dimenò un po', apparentemente ancora addormentato, finché non si alzò in piedi e si grattò la testa.

 

"Tutto ok?" chiesi, piuttosto divertito dal suo modo di svegliarsi un po' frenetico.

 

"Si, si, solo... stanco," disse con uno sbadiglio.

 

"Beh, se siete entrambi pronti ora, forse dovremmo iniziare?" disse la dottoressa, ancora sorridendo, tenendo la porta aperta per me ed Harry.

 

L'ufficio sembrava lo stesso di sempre e mi tolsi la sciarpa mettendola sulla sedia accanto alla porta prima di sedermi su quella affianco alla scrivania.

 

"Vedo che ti stai abituando," disse la dottoressa mentre si sedeva sulla sedia davanti al computer.

 

"Probabilmente arrivato a questo punto dovrei esserlo," dissi, "sono stato qui un po' di volte ormai."

 

"Beh, mancano solo un paio di mesi," disse con gli occhi rivolti allo schermo.

 

"Giusto, giusto."

 

Harry era seduto sulla sedia accanto e con la coda dell'occhio lo vidi nascondere un altro sbadiglio. Gli mandai un debole sorriso.

 

"Non hai dormito molto la notte scorsa?" chiesi.

 

"Sono rimasto sveglio fino alle cinque per lavorare ad un compito di inglese," disse. "Pensavo che fosse per il prossimo martedì, ma a quanto pare è per questo martedì."

 

"Probabilmente dovresti prestare maggiore attenzione alle lezioni," dissi e gli mostrai la lingua.

 

"Si, mamma," disse e mi spinse leggermente.

 

"Ehi, potrò pure essere incinto, ma non sono 'mamma'."

 

Sbuffò. "Okay, scusa papà."

 

"Grazie."

 

"Beh, ragazzi," disse la dottoressa, e io ed Harry ci voltammo per guardarla.

 

"Il tuo bambino ora è di ventotto settimane," continuò ed io annuii, "ciò significa che anche se dovesse nascere adesso, potrebbe sopravvivere. Ovviamente sarebbe molto prematuro, ma con un certo aiuto sarebbe in grado di vivere; molti genitori trovano confortante sapere questo."

 

"Si, dà sollievo," dissi con un sorriso.

 

Lei mi sorrise di nuovo, prima di continuare. "Ora, Louis, oggi cercherò di controllare il tuo peso, la pressione sanguigna, le urine e il battito del tuo bambino; va bene?"

 

Annuii di nuovo, seppur facendo una smorfia al pensiero di dover fare un altro test per le urine; quelle erano cose piuttosto disgustose a mio parere.

 

"Okay, allora, puoi alzarti così controllerò il tuo peso innanzitutto."

 

Così feci, mi tolsi le scarpe - sbuffando un po' - e andai verso la bilancia, sulla quale salii. I numeri si mossero velocemente per alcuni secondi prima di fermarsi su-

 

"Settantasette chili," gemetti e abbassai la testa. "Non riavrò mai più il mio corpo."

 

"È completamente normale, Louis," disse, e la vidi scarabocchiare qualcosa sul suo taccuino. "Al momento della nascita, probabilmente peserai circa ottantadue chili, quindi non guadagnerai ancora molto."

 

"Sono grasso, brutto e disgustoso," mormorai mentre tornavo nella sedia in cui ero seduto prima e scivolai su di essa, guardandomi i piedi.

 

"Nessuno mi vorrà più."

 

Come se qualcuno mi abbia mai voluto.

 

"Louis, ti ho già detto un milione di volte che sei incredibile," disse Harry e mise una braccio intorno alla mia spalla.

 

"Non sei grasso, non sei disgustoso e non sei brutto, okay?"

 

"Tu lo dici solo perché sei troppo buono per dire la verità," dissi con aria seria.

 

"Beh, anche se fossi orribile, non te lo direi, quindi credo che tu abbia ragione, ma..."

 

"Ho perso ogni traccia di fiducia che avevo in te, Harry Styles," lo interruppi, ma non potetti fare a meno di sorridere un po', "puoi andare a leccare il culo a qualcun altro."

 

Sorrise. "Va bene, lo farò."

 

Il resto del controllo andò avanti senza intoppi; mi misurò la pressione sanguigna, constatando che era nella norma, mi fece pisciare in una tazza, qualcosa che Harry trovò molto divertente, e infine eseguì un'altra ecografia, che dimostrò che il bambino era perfettamente sano e il suo battito cardiaco era come doveva essere. Non parlai del pugno che Harry aveva tirato al mio stomaco, pensando che se avesse notato qualcosa di anormale riguardo al bambino, ce lo avrebbe detto lei. Ma fortunatamente non notò nulla ed ero sicuro di aver visto Harry mandarmi uno sguardo di sollievo quando la dottoressa mi diede un asciugamano per asciugare il gel sul ventre e ci disse che era tutto okay.

 

"Quindi, a meno che non abbiate qualche domanda, puoi andare ora," disse quando mi rimisi la maglietta e la felpa addosso.

 

"In realtà," dissi, camminando lentamente verso la scrivania, "io... mi stavo chiedendo se potessimo iniziare... uhm, a cercare... beh, a cercare di capire come questo bambino, sa, è stato concepito."

 

Si appoggiò alla sedia e sorrise. "Quindi vuoi sapere cosa c'è nel tuo corpo che ti permette di avere un bambino?"

 

Annuii. "Si, sono un po' curioso e mi piacerebbe anche sapere se c'è la possibilità di rimanere nuovamente incinto in un certo momento nella mia vita."

 

"Beh, non posso prometterti se saremo in grado di capire qualcosa," disse, allungandosi un po' in avanti, "ma possiamo eseguire alcuni test e fare qualche radiografia per cercare di scoprire qualcosa. La radiografie non le possiamo fare fino a quando non partorirai."

 

"Oh, perché?" chiesi, un po' deluso dal fatto di dover aspettare così a lungo per avere qualche risposta.

 

"Considerando che sei abbastanza in là con la gravidanza e che le radiografie saranno fatte in parti del tuo corpo che sono vicine a dove il bambino cresce, esponendolo alle radiazioni potrebbe danneggiarsi, immagino che tu non voglia rischiare."

 

"No, certo che no," dissi, "immagino che bisognerà aspettare allora. Che tipi di test vorrebbe fare?"

 

"Bene, prima di tutto vorrei controllare se hai una quantità insolitamente elevata di estrogeni nel tuo sangue e nelle urine, e vorrei anche eseguire un esame rettale per vedere se c'è qualcosa di anormale da individuare."

 

"Un... esame rettale?" chiesi nervosamente, "che cosa significa... esattamente?"

 

"Penso che metterà un dito dentro il tuo culo," disse Harry.

 

"Per dirlo esplicitamente, si," disse.

 

Sospirai un po'. "Sembra doloroso."

 

"Non dobbiamo farlo per forza," disse la dottoressa con dolcezza, "è solo quello che vorrei fare per vedere se possiamo risolvere questo enigma."

 

"No, va bene, lo farò," dissi con un piccolo sospiro. "Dobbiamo aspettare fino alla nascita, o...?"

 

"No, possiamo fissare un appuntamento ora, se ti va bene," disse lei, guardandomi interrogativa.

 

"Meglio prima che dopo, credo."

 

Lei sorrise ed iniziò a digitare sul computer. "Beh," cominciò dopo qualche secondo, "posso metterti un venerdì tra due settimane, se vuoi."

 

"Un venerdì tra due settimane a che ora?"

 

"Ho un posto alle dieci, uno alle due e mezzo del pomeriggio e uno alle cinque di sera, quindi puoi scegliere."

 

"Uhm, va bene, credo che quello delle due e mezzo possa andar bene," dissi.

 

"In realtà," Harry parlò e mi voltai a guardarlo, "potremmo prendere quello delle cinque?"

 

"Potremmo?"

 

"Stavo pensando di venire insieme a te, sostegno morale e quelle cose," disse.

 

"Io- tu- tu non puoi essere lì mentre-"

 

"Rilassati, sono sicuro che non sia niente che non abbia visto prima."

 

Lo guardai torvo. "Non mi interessa."

 

"Oh, dai, voglio solo esserci per un piccolo sostengo emotivo."

 

Sospirai e poi mi voltai dalla dottoressa. "Immagino che lo prenderò alle cinque."

 

Lei sorrise e annuì. "Bene, ti metto per il 18 marzo alle cinque del pomeriggio." Digitò qualcosa sul computer, lasciando la stanza silenziosa per un minuto o due prima di guardarmi di nuovo. "Allora hai altre domande?"

 

"Non proprio dissi," ma poi mi morsi il labbro e mi guardai intorno per un breve secondo. "O... beh, non è proprio- Uhm, mi stavo solo chiedendo come- o, se va bene, sa, avere rapporti sessuali e... quelle cose lì?"

 

 

Quando dissi 'avere rapporti sessuali' pensavo piuttosto ad acquistare un vibratore e farne buon uso, ma dire quello sarebbe stato un po' imbarazzante, specialmente con Harry seduto accanto a me. Con mio sollievo, non commentò, anche se lo vidi guardarmi con la coda dell'occhio.

 

"Va benissimo per le donne incinte avere rapporti sessuali, non capisco come possa essere diverso per te, e credo sia giusto dire che non farai del male al bambino," disse con un sorriso, "anche se ti consiglio di non provare posizioni impegnative."

 

Arrossii un po', ma lasciai uscire una piccola risata per coprirlo. "Ho capito."

 

Dieci minuti dopo uscii dall'ufficio con Harry dietro di me. Non mi resi conto del fatto che fosse diventato completamente silenzioso fino a quando non fummo in strada.

 

"C'è qualcosa che non va?" chiesi, guardandolo con curiosità.

 

"No," fu tutto ciò che disse, senza guardarmi.

 

Mi accigliai un po'. "Sei sicuro?" chiesi.

 

"Si."

 

"Oh... okay," mormorai; chiaramente c'era qualcosa che non andava.

 

Optai per non commentare la questione e continuammo a camminare in silenzio. Ma poi, proprio quando stavamo entrando nello stesso parco in cui eravamo stati tre mesi prima, lui parlò di nuovo, e con mia sorpresa, suonò quasi arrabbiato.

 

"Perché hai fatto quella domanda lì dentro?" chiese. Si era fermato e mi guardava con occhi stretti.

 

"Che domanda?" chiesi confuso.

 

"La domanda 'posso avere rapporti sessuali'?"

 

La mia faccia divenne rossa immediatamente. "Io- non sono affari tuoi," balbettai.

 

"Hai incontrato qualcuno?" chiese.

 

"Perché me lo stai chiedendo? Non sono affari tuoi quello che faccio o non faccio... in quell'ambito," dissi.

 

"Ti sto solo facendo una domanda," disse con una scrollata di spalle," perché non puoi rispondere? Hai o non hai conosciuto qualcuno?"

 

Incrociai le braccia nel mio petto. "E se fosse?"

 

"Lo hai conosciuto?"

 

"E se fosse?" ripetei.

 

"Voglio solo saperlo."

 

"Perché vuoi saperlo?"

 

"Perché non puoi rispondere alla mia domanda?"

 

"Io- forse l'ho conosciuto," dissi in modo sfacciato, pensando di non aver tecnicamente mentito; avevo conosciuto qualcuno, l'unico problema era che lui non ricambiava.

 

I suoi occhi si strinsero ulteriormente. "Come diavolo è successo?"

 

Corrugai la fronte. "Cosa intendi?"

 

"Voglio dire, come diavolo hai fatto a farti piacere così tanto da un ragazzo fino al punto di farci sesso? Era disperato?"

 

Le rughe sulla mia fronte crebbero di più mentre cercavo di capire quello che aveva appena detto. Poi realizzai e sentii il mio cuore cadere sul mio stomaco. Quello che aveva appena detto era che ero troppo grasso, brutto e disgustoso per chiunque avrebbe voluto fare sesso con me. Strinsi la mascella e mordicchiai l'interno della mia guancia per tentare di trattenere le lacrime di dolore e umiliazione che erano bloccate nei miei occhi. Era troppo tardi però perché passarono un paio di secondi e iniziarono a scendere lungo le mie guance fredde.

 

"Grazie," sussurrai guardando i miei piedi prima di girarmi e camminare velocemente verso l'uscita più vicina del parco. Con mio grande fastidio, e imbarazzo, le lacrime si rifiutavano di smettere di scendere. In realtà sembravano cadere sempre più rapidamente ad ogni passo che facevo.

 

Cosa diavolo lo aveva portato a dirmi quello? Era tranquillo nell'ufficio del medico non più di venti minuti prima, mi aveva detto che ero 'incredibile'. Sembrava che avesse cambiato idea piuttosto rapidamente.

 

Voglio dire, come diavolo hai fatto a farti piacere così tanto da un ragazzo fino al punto di farci sesso? Era disperato?

 

Quelle parole mi fecero male al cuore, facendo arrivare il sangue alle orecchie e facendo scoppiare una sensazione di malinconia nel mio stomaco. Era stato abbastanza brutto sentirselo dire da Lauren, che nemmeno mi piaceva, ma sentirlo dire da Harry, che invece mi piaceva, era stato peggio. Molto peggio in realtà.

 

Ero a venti metri di distanza da una delle porte in ferro che portavano alla strada quando sentii dei passi veloci che correvano verso di me. A causa dei miei occhi attualmente pieni di lacrime e probabilmente rossi e gonfi, scelsi di continuare a camminare e pregare che chiunque fosse non stesse progettando di rapirmi. Non ci vollero più di un paio di secondi prima di sentire una mano sulla mia spalla.

 

"Scusami," disse la voce di Harry dietro di me e, anche se riluttante, mi voltai per affrontarlo.

 

"Perché hai detto quelle cose?" mormorai tranquillante mentre usavo la manica della felpa per asciugare le guance bagnate.

 

"Non lo so, perdonami, mi dispiace," disse e prima che finisse di parlare, strinse le braccia intorno a me e mi tirò in un abbraccio che era così stretto da sentire i polmoni esplodere. Tuttavia non cercai di allontanarmi, ma mi lasciai affondare nel suo abbraccio e lasciai che le mie braccia stringessero la sua schiena.

 

"Per favore, non piangere. Non intendevo quello," mormorò tra i mei capelli, "non sei indesiderabile, Lou, per niente, sei bellissimo e stupendo e tutti vorrebbero andare a letto con te, te lo prometto."

 

Tutti tranne te.

 

Lasciai uscire una piccola risata, ignorando immediatamente la vocina fastidiosa nella mia testa.

 

"Si, va bene, grazie," dissi.

 

Tornò un po' indietro, pur lasciando le braccia bloccate dietro la mia schiena.

 

"Per favore non essere arrabbiato con me," disse gentilmente.

 

"Va bene," dissi, sorridendo verso di lui, "ma perché hai-"

 

"Non lo so," disse, interrompendomi, "mi hai preso un po' alla sprovvista. Non sapevo che stessi frequentando qualcuno e pensavo che me lo avresti detto perché siamo amici. Sono rimasto un po' sorpreso, questo è tutto."

 

Mi sentii un po' deluso, perché per un momento molto breve, mi ero permesso di sperare che il motivo per cui avesse reagito così era a causa della gelosia. In quel momento mi sentii un po' stupido; naturalmente non era geloso, aveva una fidanzata e lui aveva reso abbastanza chiaro il fatto che non fosse gay.

 

"Si, lo capisco," dissi con un piccolo sorriso, "ma... non ho conosciuto qualcuno," aggiunsi.

 

Strinse le sopracciglia. "Allora perché hai chiesto se andava bene avere rapporti sessuali?"

 

Le mie guance diventarono rosse ancora una volta prima di rispondere. "Beh, questo potrebbe essere un concetto sconosciuto per te perché hai una ragazza, ma per quelli single come me, c'è quella cosa chiamata masturbazione."

 

Usai una voce un po' canzonatoria per cercare di compensare la mia faccia rossa, probabilmente in fiamme, ma a giudicare dal sorriso divertito sul suo volto, fallii miseramente.

 

"Giusto," disse, guardandomi un po' pensieroso. "Non capisco perché tu pensi che possa danneggiare il bambino, non sta crescendo nel tuo cazzo."

 

Oh Dio, no. "Io- uhm- non è così- o, beh, non sono-"

 

"Okay, che cosa vuoi dire adesso?"

 

"Non voglio dire niente," dissi sinceramente.

 

Lui sorrise. "Cosa stavi cercando di dire che ti ha fatto balbettare così tanto?"

 

"Niente, niente," dissi in fretta. "Continuiamo a camminare."

 

"Assolutamente no," disse e rise, "voglio sapere cosa volevi dire."

 

"È imbarazzante, non voglio dirtelo!"

 

"Non può essere così terribile. Dai, dimmelo!"

 

"No," gemetti.

 

"Per favore?"

 

Gemetti di nuovo e alzai lo sguardo al cielo per un attimo prima di incontrare i suoi occhi, che attualmente scintillavano di curiosità e divertimento.

 

"Okay, senti," dissi, il mio viso di nuovo rosso per la milionesima volta quel giorno, "sono gay, giusto? E anche se non ho molte esperienze con questo genere di cose, sai che mi piace molto... uhm, sai, avere-"

 

"Oh, oh, okay, ho capito," mi interruppe a voce alta, sembrando più divertito che mai. "Ma... nonostante questo, non penso che tu possa davvero fare tanti danni con le dita."

 

"È possibile utilizzare anche altre cose oltre alle dita," mormorai.

 

Un sorriso enorme spuntò sul suo viso e mi chiesi cosa ci trovasse di così divertente. Forse il mio volto rosso peperone.

 

"Ah," disse, "quindi vuoi mettere delle cose in plastica su per il culo, ho capito."

 

"Oh mio Dio," mormorai. Se il mio volto fosse diventato ancora più caldo, avrebbe preso fuoco. "Possiamo andare adesso?"

 

"Certo, certo," disse sorridendo felicemente.

 

Continuammo a camminare verso l'uscita del parco e per qualche secondo pensai di aver fatto cadere la questione della mia masturbazione, ma poi, appena mettemmo piedi nella strada dello shopping, lui aprì di nuovo la bocca.

 

"Vuoi dare un'occhiata a qualche giocattolo?"

 

"Giocattoli? Tipo i giocattoli per neonati?" chiesi, sollevando le sopracciglia in modo interrogativo.

 

"Pensavo più a giocattoli per adulti," disse alzando le sopracciglia più volte.

 

Rimasi confuso per un secondo, ma poi la mia mascella si spalancò. "Non sei serio, vero?" chiesi con gli occhi spalancati.

 

"Si, ho sempre voluto vedere le cose che hanno, ma mi sembrava strano farlo da solo e nessuna delle mie fidanzate ha mai avuto qualche interesse," disse facilmente, senza problemi, "quindi vuoi andare a vedere se hanno qualcosa di interessante?"

 

"No, no, non voglio andare a vedere se hanno qualcosa di interessante!" dissi, pensando che trovarsi in un sexy-shop con Harry sarebbe stata una buona occasione per avere un'erezione in pubblico.

 

"Dai, ti comprerò un giocattolo se troverai quello che ti piace."

 

"Harry!"

 

Rise. "Che cosa? È solo per divertimento. E piacere."

 

"M-ma la gente ci guarderà."

 

"Uhm, no, non lo faranno," sbuffò, "se sono lì, è per lo stesso nostro motivo."

 

"Beh, si, ma... siamo due ragazzi, penseranno che-"

 

"Useremo i giocattoli l'uno con l'altro," disse, un sorriso largo sul volto, "sarà divertente. Dai."

 

"No!"

 

"Per favore?"

 

"No."

 

"Louis..."

 

"No."

 

 

 

Nonostante le mie proteste, venti minuti più tardi ero in piedi di fronte ad uno dei numerosi scaffali all'interno dell'unico sexy-shop della città, sentendomi incredibilmente imbarazzato e fuori luogo. Harry, d'altra parte, sembrava essere totalmente a suo agio, mentre continuava a raccogliere giocattoli diversi, tendendoli verso di me per farmeli vedere e ridendo del mio aspetto mortificato.

 

"Per cosa si dovrebbe usare questo?" chiese mentre alzava una cosa blu a forma di ufo, rigirandoselo tra le mani.

 

"Apparentemente è un... vibratore per clitoride," dissi dopo aver gettato un rapido sguardo alla scatola in cui il giocattolo era infilato trenta secondi prima.

 

"Huh, forse lo regalerò a Lauren per il suo compleanno," disse con una scrollata di spalle.

 

"Beh, è un bene che ti fidi così tanto da ammettere di aver bisogno di giocattoli," dissi, incapace di frenarmi; l'opportunità era troppo perfetta.

 

Roteò gli occhi e ripose il giocattolo nella scatola. "Non ho detto che ne ha bisogno, ma sono sicuro che sia bello per lei averlo quando non ci sono io in giro per accontentarla. A quanto pare non sono così bravo ad usare le dita comunque; le sue parole esatte sono state 'sei un Dio con la tua bocca, ma solo un semi-Dio con le tue mani'."

 

"Uhm, okay," dissi, la sensazione di disagio che si impossessò di me.

 

"Suppongo che continuerò a lavorarci su," disse con una scrollata di spalle. "Non è comunque così facile, giusto? Voglio dire, io non sono una ragazza, quindi non posso davvero dire cosa piaccia di più e cosa di meno, quindi dovrei provarci. Usare la mia bocca è veramente più facile, basta solo leccare e succhiare un po'."

 

"Harry, per favore, non ho davvero bisogno di sentire questo," dissi con una smorfia.

 

Oltre a disgustarmi il sentir parlare di anatomia femminile e cosa le farebbe provare piacere o no, mi faceva male pensare che Harry fosse stato con un mucchio di ragazze. Un mucchio di ragazze che avevano tutte quelle cose che io non avrei mai potuto offrirgli.

 

"Scusami," disse, "credo che sarebbe più facile essere gay."

 

"Scusa?"

 

"Beh, se stessi con un ragazzo, saprei cosa fare e cosa no, giusto? Lui avrebbe le mie stesse parti e cose così, quindi sarebbe più facile."

 

"Io... credo di sì," dissi esitante, non avendo un'altra risposta migliore da dargli.

 

"Come sono stato comunque?" chiese mentre entrammo in un'altra corsia, questa piena di dildi di tutte le forme, dimensioni e colori.

 

"Come sei stato... cosa?"

 

"Quando abbiamo scopato, come sono stato?"

 

Sollevai le sopracciglia. "Mi stai chiedendo di giudicare la tua performance?"

 

Lui scrollò le spalle. "Suppongo di sì. Quindi dimmi, sono stato orribile? Decente? Bravo? Qual è il verdetto?"

 

"Uhm, un po' rude," dissi, "non mi ci è voluto molto tempo per venire comunque, perciò non sei stato male," aggiunsi rapidamente.

 

"Definisci 'rude'."

 

"Oh, sai, solo... saresti potuto essere un po' più gentile," dissi vagamente.

 

"Ma, non l'ho tipo, sai, spinto dentro, giusto?"

 

Guardai il pavimento, non sicuro di cosa rispondere, ma sembrò che il mio silenzio fu una risposta abbastanza buona perché lo sentii mormorare un paio di secondi dopo.

 

"Gesù, mi dispiace," disse.

 

"Va tutto bene," dissi con un sorriso diretto a lui, "è successo e non è stato così male, rilassati."

 

"Non importa," mormorò lui, "resterà una brutta prima volta."

 

"Non era male, solo un po' violenta."

 

"Si, ma- oh mio Dio!"

 

Saltai un po' per il suo improvviso cambiamento di voce. "Cosa?" chiesi mentre lo osservavo fare un paio di passi in avanti e fermarsi proprio di fronte ad uno scaffale.

 

"Ti voglio comprare questo come premio di consolazione!" disse ad alta voce, facendomi sussultare mentre mi guardai freneticamente intorno per assicurarmi che nessuno fosse nei paraggi.

 

Una volta che camminai fino a dove stava lui, vidi che manteneva un... vibratore rosa, scintillante e con dei glitter sopra.

 

"Tu non mi comprerai quello," dissi, cercando di non immaginare quando sarebbe stato bello sentirlo dentro di me.

 

"Perché no? È tutto rosa e scintillante," disse, guardandolo con interesse.

 

"Esattamente."

 

"Cosa, non ti piace rosa e scintillante?"

 

"Non sono una ragazza, Harry," dissi.

 

Roteò gli occhi. "E allora? Non dirmi che non pensi che sia interessante."

 

Non risposi di proposito, lasciai semplicemente che il mio viso si riscaldasse mentre guardavo il pavimento.

 

"Io penso di sì," disse, e prima che avessi la possibilità di protestare, mise il vibratore dentro la sua scatola, la prese in mano e si diresse verso la cassa.

 

"Harry, tu non mi comprerai quella cosa," sussurrai mentre camminavo dietro di lui.

 

"Si, lo farò. Pensa a questo come un regalo di scuse per aver preso la tua verginità in un modo non molto bello," disse.

 

"Te l'ho detto, va tutto bene," dissi, tentando - ma fallendo - di stare al suo passo, "non hai strappato il mio culo o qualcosa del genere, non c'è niente di male."

 

"Non importa, voglio comprartelo."

 

Purtroppo aveva raggiunto la cassa e mise la scatola sul ripiano, era troppo tardi per protestare ancora. E così semplicemente guardai Harry mentre la giovane donna esaminava il pezzo.

 

"Vorreste comprare anche un po' di lubrificante?" disse mentre spostava lo sguardo da me a Harry.

 

"Oh, si, lubrificante," disse Harry luminosamente, "hai lubrificante a casa, piccolo?" aggiunse, sorridendo verso di me.

 

Volevo scuotere la testa, ma invece optai per sorridere dolcemente. "Si, caro, ho del lubrificante a casa."

 

"Eccellente!" disse, la sua voce indicava che aveva ricevuto la miglior notizia dell'anno.

 

Il secondo dopo che uscimmo dal negozio, sollevai la mano e gli diedi un colpo sulla nuca.

 

"Ehi!" disse, anche se ancora sorrideva ampiamente.

 

"Sei veramente incredibile," dissi.

 

"Oh, lo amerai una volta che lo avrai dove dovrebbe essere," disse mentre mi tendeva la busta.

 

Non dubitai delle sue parole, ma gli inviai comunque uno sguardo incredulo prima di prendere la busta, anche se un po' esitante. Sorrise felicemente mentre iniziammo a camminare lungo la strada e lo guardai con rassegnazione e divertimento.

 

La mia cotta mi aveva appena comprato un dannato vibratore, senza pensare che ci fosse di strano.

 

Quanto complicata sarebbe potuta diventare la mia vita prima di finire in uno dei libri del Guinness World Records?

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Capitolo 19
*** 19. I'd once thought that being ignored was bad. ***


CAPITOLO 19

Una volta pensavo che essere ignorato fosse brutto.

 

 

Nelle ultime due settimane giurai di essere diventato sempre più grande secondo dopo secondo. Sia mia mamma che Ian avevano smesso di mandarmi occhiate sottili, lasciando posto semplicemente a quelle piene di incredulità. Cercare di nascondere la verità ancora per molto tempo sarebbe stato impossibile, me ne resi conto un giorno di metà marzo mentre mi guardavo di profilo allo specchio. Ero enorme. Era seriamente enorme. Quando andai da Owen pieno di fiducia per chiedergli se fosse solo la mia immaginazione scaturita dalla mia depressione e in realtà non fossi così enorme come pensavo, scrollò le spalle e disse 'no, sei gigantesco' prima di dare un morso alla mela che stava tenendo in mano.

 

Con il passare del tempo raggiunsi la trentesima settimana, abituandomi così ai frequenti calci riuscendo ad ignorarli la notte e riuscendo così a dormire bene. Ma c'era un lato negativo, la mia schiena faceva costantemente male, facendomi così trascorrere le lezioni come in un incubo. Più di una volta ero stato costretto a saltare un paio di lezioni per tornare a casa e sdraiarmi sul mio letto e dormire per un po', ciò mi fece rimanere indietro in materie come matematica e chimica. I miei voti stavano scendendo, il mio corpo stava diventando sempre più grande e la mia schiena continuava a far male. Dall'altro lato, io ed Harry parlavamo quasi ogni giorno, solo per telefono, ma comunque; parlavamo e quello era abbastanza per me.

 

Un'altra cosa che mi rese un po' triste fu che appena Liam, Zayn e Niall scoprirono che il bambino stava bene e che non ero più arrabbiato con Harry, erano tornati a sedersi con lui, Lauren e il resto dei loro amici, lasciandomi solo ancora una volta. Mi ero abituato ad avere qualcuno con cui sedermi e parlare durante la pausa pranzo e quando rimasi improvvisamente solo, dovetti ammettere di essermi sentito più solo che mai. E così non potevo fare a meno di gettare qualche triste occhiata verso il tavolo affollato dove tutti stavano seduti, parlando e ridendo. Andava bene così perché sapevo che appena tornato a casa nel pomeriggio avrei fatto un sonnellino e avrei ricevuto un messaggio o una chiamata da Harry. Quanto era triste il fatto che una semplice telefonata avrebbe reso migliore la mia giornata?

 

Giovedì, 17 marzo

Trenta settimana e tre giorni

 

Era tardo pomeriggio e come al solito in quel momento del giorno, ero sul mio letto con il telefono attaccato al mio orecchio e un sorriso che dipingeva le mie labbra.

 

"Ti sei reso conto che queste chiamate sono diventate una cosa regolare?" chiese Harry dall'altra estremità della linea.

 

Volevo ridere. Naturalmente me n'ero reso conto. Era trascorse due settimane piene di telefonate alle cinque della sera; come avrei potuto non notarlo?

 

"Si, me ne sono reso conto," dissi.

 

"Non pensi che sia strano?"

 

Aggrottai un po' la fronte. "Cioè?"

 

"Non lo so, non ho mai parlato molto al telefono, quindi credo che sia un po' strano che improvvisamente trascorra un'ora a parlare con te al telefono ogni giorno."

 

"Uhm, va bene," dissi esitante, una sensazione di pesantezza nel mio stomaco, "possiamo fermarci se vuoi."

 

"No, no, non era quello che intendevo," disse in fretta, "mi piace parlare con te, è bello."

 

Mi morsi il labbro e sorrisi. "Piace anche a me parlare con te."

 

"Si, lo so."

 

"Lo sai?"

 

"Io- beh, so che sei... ti ho visto a pranzo, sembri solo."

 

"Oh."

 

"Si, ho visto che ci guardi durante il pranzo a volte, me ne accorgo. Ti vedo triste."

 

Oh. Lui sapeva.

 

"Mi dispiace," dissi, "non voglio metterti a disagio o altro."

 

"Non ho detto che mi metti a disagio," disse divertito, "ho solo detto che l'ho notato. E che sembri triste. Come mai?"

 

Scrollai le spalle, ma poi mi resi conto che non avrebbe potuto vedermi e sospirai.

 

"Mi sento solo un po'... solo, credo," dissi.

 

"Oh."

 

"Si."

 

Seguì un silenzio e lo sentì muoversi un po'. Inghiottii nervosamente, sperando di non aver detto nulla di stupido, e stavo per scusarmi quando parlò di nuovo.

 

"Vuoi passare del tempo con me a scuola?" Chiese.

 

"No, è tutto ok," mentii.

 

"Sei sicuro? Potrei sedermi con te a pranzo, almeno un paio di volte alla settimana."

 

"No, sto bene da solo," dissi, nonostante il mio cervello mi urlava di dire si, avrei apprezzato la sua compagnia un paio di volte alla settimana.

 

"So che stai mentendo."

 

"Non sto mentendo," dissi con quella che speravo sembrasse una risata, "non sono completamente indifeso, sai, sono perfettamente in grado di divertirmi da solo."

 

"Non ti credo, ma va bene," affermò. "Parlando di cose che ti divertono, hai provato l'aggeggio rosa?"

 

"L'aggeggio rosa?"

 

"Si, uhm, mio padre è fuori dalla porta in questo momento, quindi non voglio usare la parola x."

 

"La- oh. Giusto, quell'aggeggio rosa," dissi, diventando rosso quando capii di cosa stesse parlando.

 

"Si, quindi lo hai provato?"

 

"Harry, dai," gemetti, anche se non fui capace di sopprimere un sorriso.

 

"Che cosa? Voglio solo sapere se funziona."

 

Naturalmente funzionava. Aveva funzionato molto bene. In effetti, aveva funzionato così bene che ero stato costretto a mettermi un cuscino in faccia per impedire a chiunque di sentire i gemiti forti e imbarazzanti.

 

"Si, ha funzionato," dissi.

 

"Bene," disse lui e sentii un sorriso nella sua voce, ma con mio sollievo, non si soffermò più sulla questione. "Quindi... andremo dal medico domani, giusto?"

 

"Giusto." Per farmi controllare il culo.

 

"A che ora?"

 

"Cinque."

 

"Vuoi andare subito dopo la scuola? Potremmo andare a prendere qualcosa da bere prima."

 

"Potrebbe funzionare," dissi, non volevo fargli capire che le mie membra stavano saltando dalla felicità.

 

"Va bene. E... sei ancora d'accordo che io venga con te, giusto?"

 

"Si, va bene," dissi con un sorriso, "ma se fai un solo commento da saputello, ti picchio."

 

"Starò buono, lo prometto."

 

"Ti credo."

 

"Bene. Quanto pensi che ci impiegheremo?"

 

"Non ne ho idea. Perché?"

 

"Ho pensato che potremmo stare insieme dopo, se non è troppo tardi. I miei genitori sono fuori città come al solito il venerdì, e non ci sono compiti a casa, giusto?"

 

Il mio sorriso crebbe ampiamente e il mio cuore iniziò a battere veloce dalla felicità.

 

"Si, niente compiti," dissi.

 

"È un si?"

 

"Si."

 

"Figo, ti preparerò un ottimo piatto."

 

"Non vedo l'ora," dissi, pensando che lui effettivamente non sapesse quanto non vedessi l'ora. Probabilmente sarebbe rimasto spaventato se lo avesse saputo.

 

Venerdì, 18 Marzo

Trenta settimane e quattro giorni

 

Con la prospettiva di stare insieme ad Harry per gran parte della giornata, mi svegliai di buon umore la mattina successiva. Mi alzai quando la sveglia suonò, mi vestii, feci colazione, baciai mia mamma sulla guancia, offrii un sorriso ad Ian e camminai verso scuola abbastanza velocemente per arrivare puntuale alla prima lezione. La maggior parte della neve era sciolta, il sole splendeva e le cose andavano nel verso giusto quel giorno. Almeno fino a pranzo.

 

Ero appena entrato nella mensa e mi ero appena seduto al solito tavolo proprio davanti alla porta d'ingresso quando mi guardai intorno e vidi Harry camminare verso di me. Pensavo fosse diretto nel cestino vicino al tavolo, ma con mia sorpresa, si sedette sulla sedia accanto a quella in cui stavo seduto, e mi guardò.

 

"Ciao," dissi con un sorriso, "come va?"

 

"Uhm, io... ho solo pensato di farti sapere che oggi non posso venire con te dal medico," disse.

 

Il mio sorriso cedette e lo abbassai lo sguardo per un secondo prima di guardarlo nuovamente.

 

"Okay," dissi. Cercai di non far trapelare la mia delusione, quindi feci un sorriso, anche se sembrò più una smorfia. "Nessun problema, probabilmente sarebbe stato abbastanza imbarazzante e disgustoso ad ogni modo, quindi... si. Probabilmente è meglio."

 

"Si, immagino," disse facilmente mentre si alzava.

 

Lo guardai. "Ci vedremo lo stesso dopo?"

 

Si grattò la testa e lo vidi gettare uno sguardo rapido verso il suo tavolo dove erano seduti Lauren, Liam, Niall, Zayn ed una mezza dozzina di altri ragazzi e ragazze, prima che mi guardasse. "No, ho alcune cose da fare," disse.

 

Come poteva il mio stato d'animo passare da felice a deluso, triste ed affranto in meno di due minuti?

 

"Okay," dissi guardandomi le mani, che stavano appoggiate sul tavolo.

 

"Mi dispiace," fu tutto ciò che disse in risposta prima di vederlo spostarsi con la coda dell'occhio.

 

Una volta che fui certo non mi stesse più guardando, spostai il mio sguardo dalle mie mani e lo rivolsi a dove era seduto in quel momento. Con mio leggero orrore, più o meno l'intero tavolo mi stava guardando. Fatta eccezione per Harry, Niall che era impegnato a mangiare, e Liam e Zayn che spostavano lo sguardo tra me e Harry con confusione nei loro volti, tutti, compresa Lauren, apparivano soddisfatti in modo abbastanza astioso.

 

Sapendo che se fossi rimasto seduto lì avrei permesso a tutti di osservarmi, mi alzai ed afferrai la mia borsa, dimenticandomi di non aver mangiato, e uscii dalla mensa. I corridoi erano vuoti, ad eccezione di qualche insegnante che mi passava accanto con il viso stressato, e arrivai al mio armadietto in pace e tranquillità. Il mio buon umore era sparito ed era stato sostituito da tristezza e delusione.

 

Passai la mia lezione di inglese fingendo di prestare attenzione, quando in realtà la mia mente era altrove, pensando alla mia vita dove tutti mi ignoravano, dove ero ancora vergine, dove non ero incinto e dove Harry Styles era semplicemente uno dei tanti stupidi atleti senza nome di quella scuola. Mi mancava quella vita, mi resi conto quando gettai un rapido sguardo al mio stomaco, che era coperto da due felpe e una lunga sciarpa. Una volta pensavo che essere ignorato fosse brutto, ma pensandoci, era meglio essere ignorato invece che essere costantemente deluso e giù di morale come in quel periodo.

 

Mentre ero seduto e guardavo l'insegnante, senza realmente vederla, pensai a quando Harry mi aveva detto di voler tenere il bambino e mi chiesi se avesse cambiato idea a riguardo. Ad essere onesti, non ci avevo pensato come gli avevo promesso, ma... non avevo completamente respinto l'idea. Non completamente, una via di mezzo.

 

Per quella che era probabilmente la centesima volta in quel mese, decisi di saltare le ultime due lezioni e tornare a casa. Se avessi avuto un po' di fortuna, sarei riuscito a fare un pisolino prima di andare dalla dottoressa. Ero appena uscito dall'edificio e mi trovavo nel giardino della scuola, quando il suono di un paio di voci familiari arrivò alle mie orecchie e mi fermai, guardandomi intorno per capire se potessi vedere da dove provenivano.

 

"-gli piaci, dannato idiota," disse la voce di Zayn.

 

"Tu sei pazzo," rispose Harry e lo sentii ridacchiare.

 

Dopo essermi guadato intorno per un paio di secondi, capii che probabilmente stavano proprio dietro l'angolo alla mia sinistra, il che significava che non potevo andare da nessuna parte se loro non si fossero spostati. Dovevo girare l'angolo per poter tornare a casa, ma non volevo interrompere i due quando sembravano essere nel bel mezzo di una conversazione.

 

"Perché è così assurda come cosa?" disse Zayn.

 

"Perché io- non lo so, lo è e basta!"

 

"No, non lo è. Ha perfettamente senso e penso che lo capiresti anche tu se non fossi troppo impegnato a fare gli occhi dolci a quella puttana della tua ragazza."

 

"Non parlare così di lei!"

 

"Sai che è vero."

 

"Okay, è una specie di puttana, ma io la amo, okay?"

 

"Bene, come vuoi. Ma ciò non toglie il fatto che c'è qualcun altro a cui tu piaci."

 

"Perché diavolo dovrei piacergli?"

 

Lui? C'era un 'lui' a cui piaceva Harry?

 

"Perché non dovrebbe, Harry?" sospirò Zayn, "hai preso la sua verginità, ora è incinto di tuo figlio, sei uscito e hai parlato molto ultimamente con lui ad essere sincero, penso che tu sia la prima persona in questa scuola che è sempre stato gentile e ha speso attenzioni verso di lui."

 

Chiusi gli occhi per un secondo. Stavano parlando di me. Stavano parlando di me e che mi piacesse Harry. Zayn sembrava abbastanza sicuro e mi chiedevo come lo avesse saputo. Era così intuitivo o ero io ad essere così prevedibile? In entrambi i casi non sembrava che Harry ci credesse, il che era una buona cosa... era una buona cosa, no?

 

"Niente di tutto questo ha a che fare con il fatto che gli piaccio, Zayn. Significa solo che siamo stati intrappolati in una situazione stupida e difficile che nessuno di noi voleva in primo luogo."

 

"Ma il fatto che sembrava che qualcuno avesse strappato il cuore fuori dal suo petto quando lo hai lasciato a pranzo oggi non ha niente a che fare con la vostra situazione. Non ha niente a che fare con il bambino, ha solo a che fare con te e lui."

 

Okay, così, apparentemente, ero estremamente prevedibile.

 

"Cosa gli hai detto comunque?" Zayn continuò a chiedere.

 

"Quando?"

 

"A pranzo."

 

"Niente, io-"

 

"Harry, per l'amor di Dio, smettila di mentirmi!"

 

"Okay, scusa, mi dispiace," sospirò Harry, "è solo che io- beh, sarei dovuto andare con lui dal medico oggi e saremmo dovuti stare insieme, ma poi Lauren mi ha chiesto se volessi andare a casa sua dopo la scuola e passare la notte insieme, e non potevo davvero dirle di no, così gli ho detto che dovevo cancellare i nostri programmi."

 

"Ma se avevi già dei piani con lui, perché hai detto di sì a Lauren?"

 

"Sai come me che se le avessi detto che sarei dovuto uscire insieme a lui, avrebbe dato di matto. E inoltre, non era una cosa importante, era solo un appuntamento dal medico e una piccola uscita dopo."

 

"Forse avresti dovuto pensare che fosse importante per lui."

 

"Perché?"

 

"Harry," gemette Zayn, "lo vedi da solo seduto in quel tavolo ogni giorno con espressione depressa; sono abbastanza sicuro che non vedesse l'ora di uscire con te oggi, avere qualcuno con cui parlare di nuovo, e poi vai a dirgli che vuoi cancellare i programmi? Deve averlo sconvolto. Probabilmente ha già abbastanza cose da affrontare al momento nella sua vita senza dover essere deluso ogni volta che cerca di andare avanti."

 

"Si, va bene, okay, ma questo non significa che gli piaccio."

 

"Si, gli piaci."

 

"No, non gli piaccio."

 

"Perché ti rifiuti di accettarlo?"

 

"Perché non è vero."

 

Ci fu una pausa, ma poi sentii Zayn sospirare. "Sei stato la sua prima volta, Harry," disse, "ti ricordi quanto era attaccata quella ragazza quando sei stato la sua prima volta."

 

"Non è lo stesso."

 

"Hai ragione, non lo è, perché non c'erano neonati coinvolti in quella situazione. Gli piaci, devi solo accettarlo. Mi rendo conto che tutto questo ti spaventi perché lui è un ragazzo e tutto, ma... non farlo scoraggiare mai più come hai fatto prima, gli fai del male."

 

"Okay, va bene, sarò più buono."

 

"Bene. Quindi cancellerai i programmi con Lauren e andrai dal medico con Louis?"

 

"No, non lo farò."

 

"Harry..."

 

"Non posso, okay? Romperà con me se non comincio a prestarle maggiore attenzione."

 

"Okay, come vuoi, fai ciò che vuoi."

 

"Grazie. Possiamo tornare sul campo ora?"

 

"Si, si."

 

Rimasi sollevato dal fatto che stavano andando al campo perché significava che non stavano entrando nella scuola, e così rimasi lì mentre udivo il rumore dei loro passi scomparire. Una volta che capii che erano troppo lontani per potermi sentire, lasciai uscire un respiro che non sapevo di star trattenendo.

 

"Cristo," sussurrai a me stesso mentre cominciai a camminare di nuovo, girando lo stesso angolo in cui Harry e Zayn stavano parlando pochi minuti prima.

 

Non ero sicuro di come assimilare la conversazione che avevo appena sentito. Da un lato, Zayn sembrava sapesse che mi piaceva Harry, ma poi ancora, Harry si rifiutava di crederlo. Da un altro lato, Harry apparentemente non aveva alcuno scrupolo ad abbandonarmi per stare con Lauren, ma poi di nuovo si dimostrava un ragazzo fedele, cosa che tecnicamente era una buona cosa.

 

*

 

La casa era, come previsto, vuota quando tornai a casa e dopo aver cambiato i miei jeans con un paio di pantaloni del pigiama e le mie due felpe con un maglione enorme, mi sdraiai sul letto, raggomitolandomi su me stesso sospirando profondamente.

 

Ero abbastanza sicuro di non aver mai sentito quel tipo di delusione; mi sentivo fisicamente male, come se qualcosa stesse stringendo i miei polmoni e mi rendesse difficile respirare. Era tutto ridicolo, no? Non era come se fossi dovuto andare ad un appuntamento con Harry, era solo... un'uscita e non sarei dovuto essere sconvolto. Chiusi gli occhi e inalai aria lentamente, cercando di forzare il mio corpo a smettere di provare quei sentimenti.

 

"Stupida vita," mormorai mentre giocavo con un filo allentato della mia federa, "stupida scuola, stupida mamma, stupido Ian, stupido Harry, stupido bambino-" Calcio. Aprii gli occhi e sorrisi un po', picchiettando il mio stomaco.

 

"Scusami, tu non sei stupido," sospirai, "o almeno spero che non lo sia. Però, se hai ereditato il cervello da tuo padre, non posso prometterti niente che riguardi la tua intelligenza. Non che io sia un genio, ma comunque, hai capito cosa intendo."

 

Passai qualche altro minuto a parlare con il bambino, ottenendo un paio di calci in risposta, prima di lasciare che le mie palpebre si chiudessero. Fu un sonno abbastanza agitato perché continuavo a sognare Harry e Lauren; Harry e Lauren che si tenevano per mano, Harry e Lauren che si abbracciavano, Harry e Lauren che si baciavano, Harry e Lauren che facevano sesso, Harry... che diceva il mio nome mentre faceva sesso con Lauren? Harry che faceva sesso con me? E perché qualcosa stava toccando la mia fronte?

 

Aprii gli occhi con esitazione, non sicuro al cento per cento di volermi svegliare. I miei occhi ci misero un po' per inquadrare la situazione, ma quando lo fecero, capii che quella sulla mia fronte era una mano che mi stava accarezzando i capelli con delicatezza. Alzai i miei occhi e vidi il medesimo ragazzo con cui avevo sognato di fare sesso mezzo minuto prima. Era seduto sul bordo del letto e mi guardava con un sorriso che increspava gli angoli delle sue labbra.

 

"Lou? Sei sveglio?" chiese Harry, guardandomi interrogativo.

 

"Non ne sono sicuro," mormorai, spostandomi un po' cercando di liberarmi dalla sonnolenza, "come sei entrato?" aggiunsi.

 

"Tuo fratello."

 

"Oh. E... perché sei qui?"

 

"Mi sentivo in colpa per averti bidonato," disse, "ho pensato di venire per vedere se fossi tornato dal medico e chiederti come fosse andato l'appuntamento."

 

Strofinai gli occhi e sbattei le palpebre con confusione. "L'appuntamento?"

 

"Si, l'appuntamento dal medico."

 

"Ma non avevo-" cominciai confuso, ma poi la realizzazione mi colpì e gemetti.

 

"Oh, cazzo, che ore sono?"

 

"Quasi le sette," disse, "ti sei... dimenticato di andare?"

 

"Mi sono addormentato, ho dimenticato di impostare la sveglia," mormorai.

 

Sorrise e alzò la mano iniziando a giocare di nuovo con i miei capelli. "Sei distratto."

 

"No, sono solo stanco," dissi, godendomi le sue dolci carezze. "Comunque, non dovresti essere con Lauren?"

 

"Si, ma- aspetta, come lo sai?"

 

I miei occhi si spalancarono un po' quando mi ricordai che in teoria non avrei dovuto sapere che doveva uscire con Lauren. Tutto quello che dovevo sapere era che aveva cose da fare.

 

"Ho tirato ad indovinare," mentii rapidamente, "hai detto che eri impegnato, quindi ho pensato che saresti dovuto uscire insieme a lei."

 

"Giusto. Ma comunque, come ho detto, mi sono sentito in colpa per averti bidonato, quindi... sono qui. Vuoi uscire adesso?"

 

Ero estremante confuso, per dirla tutta, ma invece di cercare risposte e di rischiare di mettere Harry di cattivo umore, mi sedetti e sorrisi.

 

"Si, lasciami vestire," dissi prima di saltare giù dal letto, mi alzai e mi stiracchiai le braccia, scrocchiandomi la schiena.

 

"Bei vestiti comunque," disse Harry da dove era seduto sul letto.

 

"Sono incinto, posso indossare tutto quello che voglio," dissi, e gli feci la lingua mentre camminavo verso l'armadio.

 

"Vero, ma pantaloni di pigiama e maglione di lana? Quello è un bollino rosso della moda."

 

"Bollino rosso della moda?" sbuffai. "Qualcuno ha guardato Project Runway troppe volte."

 

Roteò gli occhi e si alzò dal letto. "Sto solo dicendo che i vestiti che stai indossando sono orribili."

 

"Simpatico."

 

"Si, mamma."

 

"Credevo di averti detto di non chiamarmi 'mamma'."

 

"Scusami, papà."

 

"Dai." Gli sorrisi per un attimo prima di tornare di nuovo a guardare dentro il mio armadio. "Okay, cosa faremo?"

 

"Huh?"

 

"Stiamo uscendo, rimaniamo a casa o andiamo da qualche parte?"

 

"Non lo so. Come ho detto ieri, i miei genitori sono fuori città e i miei fratelli sono dai miei nonni, quindi la mia casa è vuota. Potremmo stare lì e posso farti quel piatto che ti ho promesso."

 

"Potrebbe quel piatto avere della pancetta?" chiesi, sorridendo ampiamente verso di lui, "voglio davvero della pancetta."

 

"Certo, puoi avere della pancetta," disse con una piccola risata.

 

"Figo. Okay, se dobbiamo stare a casa senza nessun altro presente, credo che indosserò... qualcosa di veramente comodo e orrendo," dissi distrattamente, i miei occhi occupati a cercare qualcosa nel mio armadio.

 

"Perché non lasci i vestiti che hai addosso ora?"

 

"Penso di poter tenere i pantaloni in realtà," dissi mentre tirano fuori un grande maglione rosso dal mio armadio, "ma non voglio indossare questo maglione, fa troppo caldo."

 

"Bene, cambiati, così possiamo uscire prima di mezzanotte."

 

"Okay, okay, calmati," dissi prima di lasciar cadere il maglione rosso sul pavimento, sfilando quello che indossavo in quel momento. Fu solo allora che mi resi conto che non indossavo niente sotto e che fossi completamente... nudo. Chiusi l'anta dell'armadio e mi guardai allo specchio. I miei pantaloni del pigiama erano bassi sui miei fianchi, rivelando l'elastico dei miei boxer, e il mio stomaco era molto, molto rotondo, molto, molto grande e molto, molto incinto. Feci una smorfia all'evidenza, e alzai lo sguardo un po' per incontrare gli occhi di Harry nel riflesso dello specchio.

 

"Mi chiedo come sarà la mia pelle dopo che 'la cosa' uscirà," dissi con un sorriso.

 

"Per favore non chiamare mio figlio 'la cosa'," disse avvicinandosi di più a me, "sarà un bellissimo, urlante, bagnato, rosso come un'aragosta, piccolo bambino; non una cosa."

 

Risi. "Giusto, va bene, mi correggo; nostro figlio non è una cosa, è solo disgustoso."

 

Sorrise e fece un altro passo, ora in piedi così vicino a me che la parte posteriore delle mie gambe toccava la sua parte anteriore.

 

"Sono contento che tu abbia capito," disse prima di mettere entrambe le mani sui lati della mia vita. L'azione fu così inaspettata che mi lasciai sfuggire un urlo, facendolo ridacchiare.

 

"Ti sorprendi sempre in questo modo quando qualcuno ti tocca?" chiese.

 

Arrossii e guardai il mio riflesso, cercando di non soffermarmi sul fatto che apparissi enorme in quella posizione; la mia schiena pressata al suo petto, le sue mani appoggiate ai lati del mio stomaco nudo e rotondo ed entrambi con il sorriso sul volto.

 

"No, non ogni volta," dissi, "solo... il novanta percento delle volte."

 

"È incredibilmente triste," disse, spostando le mani in avanti.

 

"Gesù Cristo, non inizieremo di nuovo questa conversazione," dissi, roteando un po' gli occhi, "sono un solitario, punto."

 

"Non in quel senso," disse, "il fatto è che nessuno dovrebbe reagire con sorpresa ogni volta che viene toccato in un modo o in un altro."

 

"Cercherò di smettere."

 

"Bene."

 

Sorrisi. "Quindi, ti sposti in modo che possa vestirmi o preferisci che rimanga mezzo nudo?"

 

"Qualsiasi cosa ti faccia sentire a tuo agio," mormorò prima di appoggiarsi più avanti e appoggiare la guancia contro il lato della mia testa.

 

"Adesso sono a mio agio," buttai fuori prima di avere il tempo di pensare. Le mie guance diventarono rosse immediatamente e chiusi gli occhi per un paio di secondi prima di incontrare il suo sguardo.

 

"Scusami, non- io... mi dispiace."

 

Non rispose immediatamente, ma non si mosse. Tenne il contatto con i miei occhi, nessuna espressione passava nel suo volto e quando trenta secondi erano ormai passati, cominciai a diventare nervoso.

 

"Oggi ho parlato con Zayn," disse alla fine.

 

Lo so, ho sentito praticamente tutta la conversazione.

 

"Okay," fu tutto ciò che riuscii a dire.

 

"Ha una... teoria, credo si possa chiamare così."

 

Inghiottii prima di pronunciare un debole 'okay'. Il mio battito cardiaco era aumentato notevolmente e il mio volto diventava più caldo ogni secondo che passava. Ero quasi sicuro che Harry potesse rendersene conto dato che era premuto contro di me e le sue mani erano ancora appoggiate sulla mia pelle nuda.

 

"Lou, io odio chiederti questo, davvero," disse, sfregando leggermente la sua guancia con la mia, "ma... è- io ti pia-"

 

"Dobbiamo andare," lo interruppi ad alta voce prima di fare un passo di lato, costringendolo a lasciare la presa su di me, "si sta facendo tardi e... si, dovremmo andare," continuai, la mia voce isterica persino alle mie orecchie.

 

Mi abbassai e presi il maglione rosso che avevo lasciato sul pavimento qualche minuto prima e subito lo indossai. Harry era ancora in piedi nella stessa posizione e mi guardava. Con mio sollievo scrollò le spalle come per dire 'certo, come vuoi' prima di offrirmi un sorriso.

 

"Okay, andiamo," disse.

 

Uscimmo dalla mia stanza e ci dirigemmo al piano inferiore prima di imbatterci in mia mamma e Ian nell'ingresso.

 

"Oh, ciao," dissi stupidamente quando li notai.

 

"Dove stai andando?"

 

"Fuori per cena," risposi prima di guardare Harry, che in qualche modo era finito dietro di me.

 

"E chi è lui?" chiese poi con un sorriso.

 

"Oh, uhm, questo è Harry, è un amico... di scuola," dissi mentre gesticolavo.

 

"È bello conoscerti, Harry," disse mia mamma, "dobbiamo andare adesso, abbiamo una prenotazione alle otto e probabilmente non saremo a casa prima di mezzanotte."

 

"Ci mettete più di quattro ore o giusto il tempo di cenare?"

 

"Dobbiamo incontrare alcuni amici per un paio di drink dopo."

 

"Giusto. Io sto un po' con Harry, ma probabilmente sarò a casa prima di voi, quindi... si. Owen è a casa?"

 

"No, è andato ad una festa e ha detto che dorme da Max stanotte."

 

"Chi è Max?"

 

"Apparentemente un nuovo amico."

 

Roteai un po' i miei occhi; Owen cambia amici più spesso di quanto io cambiassi i miei calzini e sinceramente avevo rinunciato a cercare di tenere il passo con lui e la sua vita sociale.

 

"Certo, va bene."

 

La mamma sorrise e si sistemò la borsa sulla spalla.

 

"Beh, andiamo adesso, chiudi la porta quando esci, okay?"

 

Annuii. "Certo."

 

Entrambi offrirono un rapido 'ciao' prima di aprire la porta d'ingresso e uscire fuori.

 

"Quindi, quelli erano tua mamma con il tuo diabolico patrigno?" disse Harry una volta che la porta fu chiusa.

 

"Si, erano loro," risposi mentre cominciai ad infilarmi le scarpe.

 

"Sembrano okay."

 

"Si, sono okay," dissi con una scrollata di spalle, "o, beh, mamma è okay, Ian è un tipo noioso che non mi sento di conoscere così bene, anche se vivo nella stessa casa con lui."

 

"Potrebbe andare peggio."

 

"Immagino," dissi, anche se non pensavo che la mia vita sarebbe potuta peggiorare più di così.

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Capitolo 20
*** 20. You can never like me that way and it sucks. ***


CAPITOLO 20

Non ti piacerò mai nel modo in cui tu piaci a me, e fa schifo.

 

Venerdì, 18 Marzo

Trenta settimane e quattro giorni

 

Quando avevo chiesto ad Harry di mettere un po' di pancetta nel piatto che doveva prepararmi, non dicevo sul serio. A quanto pareva Harry la pensava in modo diverso.

 

"Hai seriamente preparato... hot dogs avvolti nella pancetta, patate al forno ripiene di pancetta e un'insalata con pancetta affumicata?" chiesi esitante quando mise un enorme piatto di fronte a me e sorrise ampiamente.

 

"Yupp," disse mentre si sedeva accanto a me sul divano con il proprio piatto in grembo, "Hai detto di aver desiderato la pancetta, quindi ti ho preparato un sacco di pancetta."

 

"Ho detto che mi andava la pancetta, non che la desiderassi."

 

"Quindi non la vuoi?"

 

"No, naturalmente la voglio!" esclamai, forse un po' più forte del necessario. "Sembra tutto gustoso. E veramente grasso, probabilmente prenderò dieci chili. Ma sembra delizioso."

 

"Delizioso?" rise. "Hai cinque anni?"

 

Roteai gli occhi. "Mangiamo e basta."

 

"Vuoi guardare un film?"

 

Scrollai le spalle. "Certo, se ne hai uno bello."

 

"Che ne dici di..." cominciò lentamente mentre metteva il piatto sul tavolino e si avvicinava alla tv gigante accovacciandosi in avanti, "Dirty Dancing?" finì e mi mostrò  il dvd.

 

"Seriamente?" sbuffai, "e io dovrei essere quello gay?"

 

"Cosa ha a fare con l'essere gay?" chiese accigliato.

 

"Loro ballano. È abbastanza gay."

 

"Gli stereotipi della tua gente... è triste."

 

Sollevai le sopracciglia. "Stai dicendo che ogni persona gay è 'la mia gente'?"

 

"Mi prenderesti a calci se ti dicessi di si?"

 

"Non ho voglia di alzarmi, quindi no. Però mi arrabbierei con te."

 

"Beh, visto che non mi riferisco ad ogni uomo eterosessuale come uomo della mia gente, non voglio essere uno stronzo e dire che ogni uomo gay fa parte della tua gente," disse mentre apriva il dvd e lo metteva nel lettore.

 

"Bella risposta," dissi con un sorriso prima di prendere una cucchiaiata di patate, raccogliendo un po' di pancetta durante il processo.

 

"Grazie," disse mentre si alzava, tornando di nuovo nel divano.

 

"Merda, è buono," dissi con la bocca piena di cibo, "hai un letto comodo, sei il padre del mio bambino e sai cucinare; per favore, sposami," aggiunsi dopo aver ingoiato. 

 

"Si, certo, quando diventerò gay," disse.

 

Prese due telecomandi dal tavolo e premette due pulsanti su entrambi, accendendo la tv. Il suo sguardo era fisso sullo schermo e non si accorse del modo in cui il mio sorriso si spense e le mie guance si arrossarono alle sue ultime parole.

 

Quando diventerò gay. Era strano, ma rimanevo deluso ogni volta che mi veniva ricordato il fatto che Harry fosse etero; ogni volta, mi lasciava con lo stesso peso sul petto e la stessa sensazione di soffocamento nel cuore. Ogni dannata volta.

 

"Quindi, un piatto pieno di pancetta e Dirty Dancing; dimmi se questo non è il miglior venerdì che hai mai passato nella tua vita," disse dopo aver premuto il pulsante di riproduzione sul telecomando del lettore dvd.

 

"È il più bel venerdì che io abbia mai passato," dissi sinceramente, anche se pensavo che il motivo per cui era il miglior venerdì di sempre, era perché lui era seduto accanto a me, la sua gamba che si sfregava con la mia ogni volta che si muoveva.

 

"Ma se non ti dispiace che te lo chieda," aggiunsi e si girò a guardarmi mentre masticava un pezzo di hot dog, "perché non sei con Lauren?"

 

"Abbiamo litigato," disse, roteando leggermente gli occhi.

 

"Oh... per quale motivo?" chiesi, sperando che non fossi io la causa.

 

"Cazzate," disse, gesticolando con la forchetta in aria, "qualcosa tipo che quando usciamo insieme ho la mente altrove."

 

Non sapevo cosa dire, quindi mormorai solo un altro 'oh' e continuai a mangiare. Rimanemmo seduti lì a mangiare e a guardare il film in silenzio per circa quindici minuti prima che lui aprisse di nuovo la bocca.

 

"Mi stavo chiedendo se ci sia qualcosa tra Zayn e Liam," disse.

 

Mi soffocai con il pezzo di salsiccia che avevo appena inghiottito e dovetti tossire un po' prima di poter dire qualcosa.

 

"Uhm, che cosa intendi?" dissi allora, anche se i miei occhi erano ancora incollati alla tv per paura che avrebbe notato il mio nervosismo se avessi incontrato il suo sguardo. 

 

"Non lo so, recentemente si stanno comportando in modo strano," disse e lo vidi mettere il suo piatto vuoto sul tavolo con la coda dell'occhio.

 

"Sono andato da Zayn pochi giorni fa e quando sono entrato nella sua stanza lui e Liam si sono respinti come due calamite polari e... no, non lo so, sembrava un po' strano e dopo ho cominciato a notare altre cose."

 

La sensazione di disagio crebbe nel mio petto mentre parlava e mi mossi un po', cercando di mascherarlo. 

 

"Che- che tipo di cose?" chiesi con esitazione.

 

"Solo piccole cose, si guardano più di quanto sia necessario e si toccano un sacco a vicenda. Non intimamente o qualsiasi altra cosa, ma comunque, si toccano molto, le mani, le braccia e altro."

 

"Forse sei un po' paranoico," dissi.

 

Alzò le sopracciglia e sorrise un po'. "Paranoico?"

 

"Forse, non lo so," dissi.

 

"Credo sia possibile," disse con una scrollata di spalle, "ma continuo a pensare che ci sia qualcosa di più."

 

Qualcosa di più, ma non sarò io a dirtelo, pensai.

 

"Dovresti semplicemente chiederglielo," dissi.

 

Ridacchiò. "Si, sarebbe divertente: Ehi, Liam, Zayn, mi stavo solo chiedendo perché ultimamente vi guardate l'un l'altro e vi toccate a vicenda così tanto."

 

"Ci sono modi più delicati per chiederlo, idiota," sbuffai.

 

"Si? Tipo?"

 

"Tipo, chiedendogli se va tutto bene, se c'è qualcosa che ti vogliono dire o... non so, forse rassicurandoli che se c'è qualcosa, dovrebbero sentirsi liberi di dirtelo perché qualunque cosa sia per te non sarà un problema."

 

"Se hanno ucciso qualcuno, non credo non ci sia alcun problema."

 

"Sai cosa intendo."

 

"Immagino," fu l'ultima cosa che disse prima che la stanza ripiombasse di nuovo nel silenzio, ad eccezione dei suoni provenienti dalla TV. 

 

Avevo visto quel film decine di volte e quindi non mi preoccupai di prestare attenzione al cento per cento a quello che stava succedendo sullo schermo. La mia mente era impegnata ad essere nervosa per Zayn e Liam, perché anche se non ero particolarmente vicino a nessuno di loro, gli avevo promesso che non avrei mai detto a nessuno del loro rapporto e nella mia testa significava che automaticamente dovessi provare a non fare sospettare niente. Non ero riuscito a portare totalmente Harry fuori pista, ma Liam e Zayn probabilmente ci avrebbero riso su, se lui glielo avesse chiesto. Almeno così speravo.

 

"Sai cosa non mi piace di questo film?" disse Harry quando stava per finire.

 

Lo guardai con sguardo interrogativo. "Che cosa?"

 

"Che i personaggi non dispongono di personalità," disse, pensieroso. "Sembrano così freddi e distanti per tutto il tempo, capito?"

 

"Davvero perspicace," dissi con un sorriso sornione, "ma non l'ho notato, no."

 

"Huh, forse sono solo io," disse, "comunque, quando fisserai un nuovo appuntamento dal medico?"

 

"Non lo so," scrollai le spalle, "immagino che chiamerò e prenderò il primo disponibile."

 

"Ti dispiace se vengo?"

 

"Dovevi venire oggi, quindi no, non mi dispiace," dissi.

 

"Non sei arrabbiato allora?"

 

Corrugai la fronte. "Arrabbiato con te?" domandai, "per cosa?"

 

"Per averti bidonato prima."

 

Mi strinsi nelle spalle senza entusiasmo. "No, non sono arrabbiato con te."

 

"Perché no?"

 

Perché mi piaci dannatamente tanto da non poter essere in grado di arrabbiarmi con te, o almeno non per tanto tempo.

 

"Non lo so, credo di essere solo... no. E comunque, siamo insieme adesso, quindi è tutto risolto."

 

"Beh, si, ma..."

 

"Cosa vuoi che ti dica?" lo interruppi con una piccola risata mentre poggiavo il piatto vuoto sul tavolo. "Che sono infuriato con te?"

 

Sorrise. "Non credo. Sei solo... un po' insolito, non ti arrabbi per cose per la quale la maggior parte delle persone si arrabbierebbe."

 

Scelsi di prenderlo come un complimento e gli restituii il sorriso. "Grazie."

 

"Prego," disse prima di mettere l'ultimo pezzo di salsiccia in bocca e poi posare il piatto sul tavolo accanto al mio. Si sedette in una posizione diversa, spostò il corpo in modo che fosse in un angolo tra il bracciolo e lo schienale e le gambe stese sulla parte superiore del cuscino.

 

"Vuoi le coccole?" chiese improvvisamente, stringendo le braccia e distendendo un po' le gambe.

 

Sollevai le sopracciglia, ma con mio grande orgoglio, non balbettai quando iniziai a parlare. "Seriamente?" fu tutto ciò che dissi.

 

Sorrise. "Si, dai, mi piace fare le divano-coccole."

 

"Divano-coccole," dissi divertito, "non credo sia una parola."

 

"Beh, adesso lo è perché l'ho usata," disse deciso, "allora vuoi fare le divano- coccole o no?"

 

Esitai per un breve secondo, pensando che per il mio bene avrei probabilmente dovuto smettere di approfittare di ogni occasione per avvicinarmi a lui. Ma il mio potere di resistenza era debole come sempre e invece di allontanarmi, gli rivolsi un piccolo sorriso prima di spostarmi verso di lui e di sedermi tra le sue gambe. Poi però esitai un po', avrebbe voluto che mi appoggiassi al suo petto, o no?

 

"Puoi appoggiarti, idiota," sbuffò, apparentemente capendo la ragione della mia esitazione.

 

"Scusa, scusa," dissi mentre mi appoggiavo con attenzione, a causa della nostra differenza di altezza, la mia testa si appoggiò perfettamente alla sua spalla.

 

"Huh, perfetto," disse mentre mi avvolse le braccia intorno allo stomaco, "i nostri corpi combaciano; bello, no?"

 

Le mie guance si riscaldarono e tutto ciò che riuscii a mormorare in risposta fu un 'si, bello'.

 

"Si," disse lui e lo sentii scrollare le spalle. "Sei comodo?"

 

Spostai la testa per poterlo guardare negli occhi prima di rispondere. "Si, sono comodo."

 

Lui sorrise. "Bene."

 

Spostai il mio sguardo al film, non ebbi modo di guardarlo per molto tempo prima che Harry iniziasse a parlare di nuovo. "Ci hai pensato?"

 

Lo guardai ancora una volta, anche se quella volta con confusione. "Pensato a cosa?"

 

"Se sei disposto o no a tenerlo."

 

Il mio stomaco fece un salto e la mia bocca si aprì in una silenziosa 'oh'.

 

"No, non proprio," dissi con esitazione.

 

Sospirò e vidi che la sua bocca arricciarsi un po'. "Sai che devi prendere presto una decisione, vero?"

 

"Lo so," dissi, "ma probabilmente deciderò di darlo in adozione, lo sai."

 

Si accigliò. "In realtà, non lo sapevo," disse, "hai detto che avresti considerato di tenerlo."

 

"Lo sto considerando," dissi frettolosamente, "ma sono comunque più propenso a darlo in adozione."

 

Il suo cipiglio si trasformò in uno sguardo di delusione che mi fece sentire come il cattivo in un romanzo criminale.

 

"Ma lui è... nostro figlio," disse, "nostro figlio, non di qualcun altro."

 

"Non è questo il punto," dissi stanco, "il punto è che dobbiamo considerare quale sarà la soluzione migliore sia per me che per te. E non credo che tenerlo sia la soluzione migliore."

 

"Io si invece."

 

"Io no."

 

"Beh, allora lo terrò io e tu puoi stare fuori da tutto."

 

Lo guardai a bocca aperta, sorpreso dall'improvvisa durezza della sua voce.

 

"Tu- tu non puoi- non puoi farlo," balbettai.

 

"Sono abbastanza sicuro che vincerei una potenziale causa di custodia."

 

"Tu... tu vorresti andare- non puoi dire questo," dissi debolmente, fissandolo con gli occhi spalancati, "non puoi essere così convinto di volerlo tenere."

 

Deglutì prima di rispondere. "Lo sono. Non voglio che venga cresciuto da sconosciuti, Louis, non permetterò che succeda."

 

Sbattei le palpebre una volta. Due volte. Tre volte. Sapevo che volesse tenerlo, ma non pensavo così tanto da essere disposto ad andare in tribunale. Voleva crescere nostro figlio così tanto da coinvolgere avvocati, giudici e tribunali se necessario. Ero disposto a lasciare che accadesse? Sapevo già la risposta. No, non lo ero. Non avrei potuto permettere ad Harry di crescere il figlio senza essere coinvolto a mia volta. Se a crescerlo fossero stati due sconosciuti, non avrei fatto parte della loro vita, mentre io e Harry eravamo amici e se fosse stato lui a crescere il bambino, avrei saputo dove fossero tutto il tempo. Avrebbe sempre fatto parte della mia vita, non come mio figlio, ma come figlio di Harry. 

 

"Non è un'opzione possibile," mormorai, "o lo cresciamo entrambi, o nessuno di noi lo fa. E io... non posso credere che mi stai chiedendo di rinunciare alla mia vita."

 

Il suo viso si rabbuiò e divenne confuso. "Cosa intendi?" 

 

Mi spostai un po' da dove ero seduto, per mettermi più comodo, prima di rispondere.

 

"Quello che mi stai dicendo è che o lo teniamo o lo cresciamo insieme, o andrai in un tribunale per prendertelo e fondamentalmente forzarmi a guardare mia figlio crescere senza fare effettivamente parte della sua vita. Capisci che tipo di scelta mi stai costringendo a fare? Non è nemmeno una scelta, perché sai che non potrei mai scegliere la seconda."

 

"Io- non volevo metterti in questa situazione," disse, "ma se la metti in questo modo, credo di capire il tuo punto."

 

Sospirai e mi passai una mano tra i capelli. "Dammi ancora un paio di settimane per pensarci, okay?"

 

"Si, certo," disse con un cenno.

 

"Ma ti rendi conto che se decidiamo di tenerlo ci saranno un milione di cose a cui dovremmo pensare, vero?" dissi. "Dobbiamo decidere come gestire la situazione della custodia, dove andremo a vivere, come faremo per continuare gli studi, il lavoro e contemporaneamente come prenderci cura di lui, quello che diremo alle nostre famiglie e ai nostri amici, cosa gli diremo quando invecchierà, cosa..."

 

"Lo so, lo so," disse con un sorriso curvo, "so tutto, ma che ne dici di pensarci quando avrai preso una decisione?"

 

Annuii. "Si, okay."

 

Sorrise e si spostò un po' più vicino per premermi un bacio sulla fronte. Rimasi sorpreso dalla sua azione e quando indietreggiò non riuscii a trattenere un espressione sbalordita.

 

"Cosa?" chiese curioso.

 

"N-niente," dissi con un tono di qualche nota più alta rispetto alla mia voce normale.

 

Mi guardò pensieroso per un paio di minuti prima di riavvicinarsi e baciarmi di nuovo la fronte. Questa volta, le sue labbra rimasero appoggiate per alcuni secondi e le mie palpebre si chiusero. Era un semplice gesto da parte sua, ma fece battere il mio cuore come se mi avesse dato un vero bacio sulle labbra. Quando alla fine si tirò indietro, non aprii gli occhi, sentendomi quasi impaurito da come avrebbe potuto reagire alla mia reazione un po' esagerata. A parte i suoni provenienti dalla TV, la stanza era completamente silenziosa da molto tempo e io continuai a tenere gli occhi chiusi. Non avevo idea di cosa stesse facendo Harry, sapevo solo che era seduto dietro di me e il suo volto era molto vicino al mio.

 

"Lou?"

 

Lasciai uscire fuori un imbarazzante piccolo gemito quando sentii il suo respiro sulle mie labbra e capii che era molto più vicino a me di quanto mi aspettassi. Davvero lentamente e con molta esitazione, aprii gli occhi ed incontrai i suoi occhi verdi a pochi centimetri di distanza dai miei. Ero abbastanza sicuro che non sarei riuscito a dire nulla se ci avessi provato, quindi decisi di ricambiare lo sguardo, pregandolo di dire qualcosa.

 

Con mio sollievo lo fece.

 

Un paio di minuti passarono carichi di silenzio prima che lui sollevò una delle sue mani e mi coprì il viso con essa. Il respiro andava e veniva in profondi e rapidi sospiri e l'unico pensiero presente nella mia mente era mi sta per baciare? Con una mano tremante, intrecciai le dita con la mano che era posata sulla mia guancia, prima di avvicinarmi un millimetro in avanti, cercando di fargli capire che avevo bisogno di qualche segno per capire ciò che stava succedendo.

 

Sembrava avesse capito perché si sporse in avanti e lasciò che le nostre fronti si appoggiassero l'una con l'altra. Il mio cuore stava battendo così velocemente che avevo paura avrei avuto un arresto cardiaco se mi avesse baciato.

 

"Posso farti una domanda, Lou?" bisbigliò.

 

"Si," sussurrai.

 

"Ti piaccio?"

 

A quel punto ero quasi certo al cento per cento che stava per baciarmi, quindi non esitai una frazione di secondo prima di pronunciare un flebile 'si.

 

E quello si rivelò il più grande errore della mia vita, dopo aver lasciato che Harry mi scopasse senza protezioni sette mesi prima.

 

Improvvisamente lo sentii indietreggiare e quando aprii gli occhi per vedere cosa stava facendo, trovai il suo volto molto più lontano di quanto fosse prima e un'espressione incredula aleggiava sul suo volto.

 

"Zayn aveva ragione allora," disse, la sua voce tornata alla normalità, solo un po' più dura.

 

Ci volle un po' di tempo per capire ciò che era successo, ma quando lo feci, i miei occhi si spalancarono, il mio cuore cadde e il familiare nodo di delusione e umiliazione mi crebbe in gola. Aveva solo fatto finta di volermi... baciare, in modo da scoprire se la teoria di Zayn fosse vera? L'aveva fatto. L'aveva dannatamente fatto. E io ci ero cascato e ora lui sapeva. Sapeva che lui mi piaceva e non era felice di quello, non se la sua espressione fosse di qualche indizio. Senza dire un'altra parola, mi alzai dal divano e corsi fuori dalla stanza prima che potesse notare le mie guance in fiamme e i miei occhi vitrei.

 

Sapevo che se fossi andato verso l'ingresso per prendere le mie scarpe e la giacca, mi avrebbe raggiunto prima che avessi avuto il tempo di uscire dalla porta, perciò camminai verso il bagno che sapevo fosse alla fine del corridoio. Fortunatamente avevano una serratura nella porta e dopo essermi accertato che Harry non potesse entrare, mi avvicinai al muro coperto di piastrelle di fronte alla porta e scivolai sul pavimento, stringendomi le ginocchia al petto e seppellendo il viso tra di loro, permettendo alle mie emozioni di uscire.

 

Tra tutte le situazioni umilianti in cui Harry mi aveva  messo negli ultimi sette mesi, quella era sicuramente la peggiore. Oltre che umiliato, mi sentivo anche ferito, triste, stupido, ingenuo, patetico, immaturo e... confuso. Aveva fottutamente finto di volermi baciare, aveva aumentato le mie speranze più di quanto avesse mai fatto prima, mi aveva dato l'idea che forse - per una volta - avrei avuto fortuna nella vita, solo per confermare o smentire una teoria. Fottuto bastardo. Ora potevo aggiungere anche 'rabbia' alla lista delle mie emozioni.

 

'Dolore' era comunque il sentimento dominante. Mi piaceva tanto, tantissimo e lui sembrava lo trovasse disgustoso; che un ragazzo lo amasse, che volesse stare con lui, volesse abbracciarlo, tenergli la mano, baciarlo, volesse avere rapporti sessuali con lui. Perché volevo fare tutte quelle cose con Harry, lo volevo così tanto che mi si era spezzato il cuore nel pensare che lui non avrebbe mai voluto niente con me e che non avrei mai potuto offrirgli quello che desiderava. Non importava quanto tenessi a lui e quanto volessi che fosse felice, non avrei mai potuto dargli quello che voleva e ciò di cui aveva bisogno.

 

Un piccolo singhiozzo uscì fuori dalla mia bocca che diede il via a quella che sembrò un'inondazione di grida soffocate. Mi strinsi più forte le ginocchia, premendole il più vicine al mio corpo per quanto il mio stomaco me lo permetteva, e cercai di fare il più silenzio possibile.

 

Rimasi seduto lì per quella che mi sembrò un'eternità, ma che probabilmente non erano più di cinque minuti, e lasciai fuoriuscire tutto. Stavo per iniziare a scavare le mie unghie nelle gambe attraverso i pantaloni quando un brusco bussare alla porta mi fece saltare e fece fermare improvvisamente i miei singhiozzi.

 

"Per favore esci da lì," disse la voce di Harry dall'altra parte della porta."

 

Non risposi, ma guardai la porta chiusa con gli occhi bagnati e gonfi.

 

"Non stare in silenzio," continuò quando capì che non avrei risposto, "so che sei lì."

 

Fottuto genio, pensai.

 

"Non fare così."

 

Così come? Come se mi avessi appena schiacciato il cuore?

 

"Louis, ti stai comportando come un bambino."

 

Vaffanculo.

 

"Sai, questa è casa mia, potrei chiamare la polizia e dire loro che c'è un estraneo nel mio bagno che si rifiuta di uscire."

 

...

 

"Sono serio, se non esci da lì entro i prossimi due minuti, chiamerò la polizia."

 

Strinsi la mascella e chiusi le mani a pugno, facendo diventare le mie nocche bianche, prima di alzarmi lentamente dal pavimento. Per un paio di secondi, guardai la maniglia, riflettendo se rimanere lì e lasciare che Harry chiamasse la polizia. Ma poi sollevai la mano, girai la chiave e aprii la porta.

 

"Graz-" cominciò, sorridendomi, ma prima che riuscisse a finire, alzai la mano e lo spinsi duramente, in modo che facesse un passo indietro. Il suo sorriso scomparve e fu sostituito da confusione. "Cosa c'è che non va?" chiese. Poi si accigliò. "Hai pianto?"

 

Strinsi gli occhi. "Vaffanculo," dissi a denti stretti prima di spingerlo e dirigermi verso l'ingresso.

 

"Louis, dai, cosa c'è che non va?" domandò camminando verso di me.

 

Non risposi, ma mi preoccupai di uscire di casa il più presto possibile camminando velocemente. Una volta raggiunto il mio obbiettivo, presi la giacca dall'attaccapanni in cui era appesa e mi abbassai per infilarmi le scarpe.

 

"Puoi per favore dirmi cosa non va?" ripeté Harry. 

 

Era in piedi proprio accanto a me e sentivo i suoi occhi che mi scrutavano intensamente.

 

"Se non l'hai capito, non ho intenzione di dirti niente," sbottai mentre mi infilavo la prima scarpa.

 

"Ma io non... capisco," disse insicuro.

 

"Questo non mi sorprende davvero visto che sei la persona meno intelligente che ho avuto la sfortuna di incontrare," mormorai con rabbia. Avevo messo entrambe le mie scarpe e mi alzai in piedi, faccia a faccia con lui.

 

Si stava mordendo il labbro, guardandomi confuso e colpevole. "Sarebbe d'aiuto se ti dicessi che mi dispiace?" chiese esitante.

 

Buttai fuori una risata fredda e incredula che mi sembrava così diversa dalla mia che trasalii internamente. "No, non lo sarebbe."

 

"Almeno puoi dirmi cosa ti ho fatto?"

 

"No."

 

"Perché no?"

 

"Perché dovresti capirlo da solo."

 

"Ma non lo capisco, sono troppo stupido, come gentilmente mi hai detto tu. Per favore, dimmelo, e farò del mio meglio per rimediare."

 

"Non puoi rimediare," dissi. A meno che non diventi gay e ti innamori di me.

 

"Forse posso."

 

"No, non puoi."

 

"Louis, cazzo, dimmi solo quello che ho fatto."

 

"No."

 

"Louis!"

 

"No!"

 

"Non costringermi a schiaffeggiarti, cazzo!"

 

"Vaffanculo!"

 

"Dimmelo!"

 

"Non lo capiresti!"

 

"Come lo sai?"

 

"Perché non sei nella mia posizione!"

 

"Quale posizione?"

 

Rivolsi il mio sguardo in basso e presi un respiro profondo per calmarmi; ricominciare ad avere quei dolori allo stomaco non sarebbe stato di aiuto.

"Niente," dissi verso i miei piedi. "Me ne vado. E non devi venire dal medico con me ad ogni appuntamento e non chiamarmi domani o... mai. Considerami fuori dalla tua vita."

 

Stavo per alzare i piedi e uscire dalla porta, ma prima che potessi muovermi, mi prese per le spalle e mi tenne fermo.

 

"Non puoi dire cose del genere e aspettare che io sia d'accordo senza avere ulteriori spiegazioni," disse con delicatezza.

 

Alzai lo sguardo e deglutii quando incontrai il suo. "Si, posso."

 

Scosse la testa e sorrise dolcemente. "No, non puoi."

 

Ci fu una breve pausa prima che parlò di nuovo. "Perché non mi dici cosa ho fatto? Non ho intenzione di ferirti o arrabbiarmi con te. Te lo prometto."

 

Chiusi gli occhi per un attimo e presi un respiro profondo. Sapeva già che mi piaceva, a causa della mia stupidità, lo sapeva. Tutto era comunque rovinato, quindi quale sarebbe stato il danno se glielo avessi detto? Sapendo che probabilmente mi sarei scavato la mia stessa fossa il secondo dopo che le parole sarebbero uscite dalla mia bocca, parlai.

 

"Io... ho pensato che finalmente mi avresti baciato," sussurrai, "pensavo che finalmente avresti voluto baciarmi."

 

La sua espressione si pietrificò e per un attimo ebbi paura che mi avrebbe picchiato nonostante avesse promesso di non farlo. 

 

"Tu- tu pensavi-" cominciò lentamente.

 

"Che tu mi avresti finalmente dato ciò che volevo," lo interruppi, ora la mia voce più forte. "Ma ovvio che non lo hai fatto. Hai voluto solo accettarti che Zayn avesse ragione sul fatto che allo stupido perdente piacessi davvero. E ora sai che in realtà era vero, e sono così dannatamente imbarazzato e ferito e deluso che non posso nemmeno descriverlo. Quindi lasciami tornare a casa."

 

"No, Lou, non volevo-"

 

"Non avevi intenzione di ferirmi, giusto, giusto," dissi freddamente. "Hai pensato che sarebbe stato un esperimento divertente, giocare un po' di più con il mio cuore, come se tu non lo abbia già fatto abbastanza."

 

"Puoi smettere di interrompermi prima che possa finire una frase?"

 

"No."

 

"Louis, ti stai comportando come-"

 

"Lasciami andare!" gridai, cercando di staccarmi dalla sua presa, ma senza successo. "Hai fatto abbastanza danni, non ho bisogno di-"

 

"Non sapevo che ti piacessi!" adesso fu lui a gridare e il suo improvviso cambiamento di voce mi fece spaventare un po'. "E non capisco perché diavolo sei stato così stupido da innamorarti di me quando ti ho detto un milione di volte che non sono un fottuto frocio!"

 

I miei occhi si spalancarono e la rabbia crebbe dentro di me abbastanza da riuscire a staccarmi da lui. "Non posso decidere di chi innamorarmi," sussurrai, "ma mi hai aiutato a fare il primo passo per riuscire ad allontanarmi da te, grazie."

 

Con quelle parole e un ultimo sguardo arrabbiato verso di lui, aprii la porta e uscii fuori prima di sbatterla. Ma ancora fui fermato prima ancora di mettere un piede fuori. Sentii la porta aprirsi dietro di me e mi fermai. 

 

"Cosa c'è?" dissi stancamente senza voltarmi.

 

"Io... non volevo deluderti così tanto," disse con cautela, "non credevo davvero che ti piacessi, pensavo che Zayn fosse diventato pazzo."

 

"E a quanto pare, sono io il pazzo," dissi, "e sono anche un fottuto frocio."

 

"Non volevo dire quello."

 

Sospirai prima di voltarmi. "Dici e fai un sacco di cose che non vuoi dire o fare, Harry," dissi, "e ogni volta ho lasciato scivolare tutto perché mi piaci e perché voglio piacerti anche io. È per questo che ho lasciato che mi masturbassi quel giorno, perché io- inconsciamente ho pensato che l'avessi fatto perché volevi farlo ed io- volevo così tanto essere vicino a te in qualsiasi modo possibile. Ma poi tu... ti sei spaventato e te ne sei andato e per la milionesima volta mi hai ricordato che sono solo uno stupido senza speranza con una cotta senza speranza."

 

Lo sguardo che mi mandò quando finii di parlare era compassionevole. Senza dire niente, eliminò la piccola distanza tra di noi e avvolse le braccia intorno alla mia vita, avvolgendo tutto il mio corpo in un caldo abbraccio.

 

"Non toccarmi," protestai debolmente, "non provare pietà per me, non ho bisogno della tua pietà."

 

Le mie proteste erano estremamente poco convincenti, specialmente perché non feci nessun tentativo per allontanarmi fisicamente da lui. Mi ci vollero solo brevi istanti per iniziare a singhiozzare come avevo fatto in bagno e seppellii il mio viso nel suo collo, stringendo la sua maglietta.

 

"Andrà tutto bene," mormorò con calma nel mio orecchio.

 

"Mi hai lasciato credere che, per una volta, avrei ottenuto quello che 

 volevo," singhiozzai, "ma non ti piacerò mai nel modo in cui tu piaci a me, e fa schifo. Fa schifo e fa male e ti odio, ed ora è anche peggio perché tu mi hai quasi baciato e pensavo davvero che tu volessi farlo, ma tu non volevi e tutto ciò che avevi intenzione di fare era testare una stupida teoria e significa che non l'hai fatto perché ci sono dei sentimenti reali, e mi hai davvero ferito e messo in imbarazzo e io ti odio fottutamente tanto e non è-"

 

"Louis, stai balbettando," mi interruppe. 

 

"Scusami," mormorai, ancora singhiozzando.

 

"È tutto okay."

 

Ci fu un breve silenzio e poi.

 

"Vuoi che ti baci?"

 

Sbattei le palpebre, il mio pianto si fermò improvvisamente.

 

"Cosa?" gli chiesi.

 

Non rispose e quando passò almeno un minuto, mi tirai indietro e lo guardai negli occhi.

 

"Cosa? ripetei.

 

Scrollò le spalle un po', apparentemente senza nervosismo.

 

"Vuoi che ti baci?" chiese.

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Capitolo 21
*** 21. Things are used to be easier. ***


CAPITOLO 21

Le cose erano più semplici.

 

 

Venerdì, 18 Marzo

Trenta settimane e quattro giorni

 

"Io- tu- perché mi stai chiedendo se io- voglio che tu mi baci?" chiesi, balbettando leggermente.

 

"Perché voglio sapere se tu vuoi che io ti baci, ovvio,"

 

"Ma perché vuoi saperlo?"

 

"Puoi rispondere solamente alla mia domanda?"

 

Corrucciai le sopracciglia un po' prima di rispondere con un leggero tremolio nella mia voce.

 

"Io- pensavo che avessimo già stabilito che... voglio."

 

"Vuoi che ti baci?"

 

Sentii la mia faccia riscaldarsi e mi morsi nervosamente il labbro prima di annuire con leggerezza, non fidandomi affatto della mia voce, perché usandola mi avrebbe sicuramente tradito.

 

"Allora ti bacerò," disse facilmente.

 

Ci volle un breve momento per pensare e capire quello che aveva appena detto. Poi la realizzazione mi colpii e la mia bocca si aprii.

 

"Tu- tu- cosa?"

 

Sorrise debolmente. "Vuoi che io ti baci, quindi ti bacerò. È abbastanza semplice."

 

"No, no, no," dissi, scuotendo la testa, "non mi bacerai."

 

"Hai appena detto che lo volevi."

 

"Si, se lo avessi voluto anche tu," dissi roteando gli occhi, "non voglio che lo faccia contro la tua volontà, è solo... no, non sarebbe lo stesso."

 

"Sono un bravo attore."

 

"Non così bravo."

 

"Non lo sai."

 

"Si, lo so."

 

"No, non lo sai."

 

"Si, lo so e non abbiamo nemmeno- hmpfh."

 

I miei occhi si spalancarono in maniera ridicola e spesi mezzo secondo per capire quello che era successo, perché le mie parole erano appena state smorzate. La ragione era che Harry aveva ignorato le mie proteste e aveva premuto le sue labbra contro le mie. Ero troppo sorpreso, quasi sconvolto, per poter provare a godermelo, anche se ci avessi provato, dubitavo che me lo sarei goduto perché era un bacio rigido, secco e mi sentivo leggermente a disagio e giurai di aver sentito lui agitarsi con disgusto.

 

Si ritirò qualche secondo dopo e mi guardò con sguardo di sorpresa e divertimento.

 

"Probabilmente sarebbe stato più facile per te godertelo se non fossi rimasto rigido come un attaccapanni."

 

"Io- ti ho detto che non volevo che lo facessi," mormorai, i miei occhi diretti verso un punto impreciso dietro di lui.

 

"Si, beh, i tuoi occhi dicevano diversamente," disse, "vuoi provare di nuovo e questa volta ricambiare il bacio?"

 

Inghiotti. "Siamo fuori," dissi, ancora senza guardarlo negli occhi, "chiunque potrebbe vederci."

 

"Non mi interessa più di tanto, ma se vuoi possiamo entrare."

 

Non mi importava se qualcuno ci avesse visto baciarci, non proprio; per quel che ne sapevo, nessuno che andava nella nostra scuola o qualcuno che fosse in contatto con mia mamma abitava lì, quindi non c'era nessuna possibilità che qualcuno mi scoprisse. Ma Harry viveva lì, i suoi vicini potevano vederci, i suoi genitori potevano improvvisamente tornare a casa per qualche ragione, i suoi amici o Lauren avrebbero potuto decidere di fermarsi... non teneva in considerazione tutte quelle cose?

 

"Io- non è giusto," dissi, "hai una fidanzata e non ti piaccio nemmeno e non- non è come vorrei che fosse."

 

"Beh, o questo o niente," disse svelto.

 

Strinsi la mia mascella con evidente disappunto, ma sapevo che aveva ragione. Probabilmente quella era l'ultima possibilità che avrei avuto per sapere come ci si sentiva ad avere Harry tutto per me, ed ero abbastanza forte da respingere quella possibilità?

 

No, non ero abbastanza forte.

 

Sorrise debolmente prima di girarsi e aprire la porta, tenendola aperta in modo che entrambi potessi entrare. Uno strano silenzio aleggiava nell'aria una volta che fummo all'interno della casa. Non era imbarazzante o teso, solo strano in un certo senso perché sapevamo entrambi che lui mi aveva chiesto di baciarmi e io avevo acconsentito. La situazione era strana e io non sapevo se mi piacesse o meno.

 

"Vieni qui," disse Harry con un sorriso, dopo un attimo passato in silenzio. Mi tese la mano e, anche se con lieve esitazione, la afferrai e mi avvicinai al suo corpo.

 

"Mi guarderai in maniera strana da oggi in poi?" chiesi, guardandolo nervosamente.

 

Rise un po' e scosse la testa.

 

"Ovviamente no. Sono stupendo, è un miracolo che le persone non cadano ai miei piedi come mosche quando mi vedono."

 

Sorrisi forzatamente. "Non intendevo quello. Volevo dire... sai, se ci baciamo adesso, sarà imbarazzante dopo?"

 

"No," disse dopo qualche istante di esitazione, "no, non sarà imbarazzante dopo."

 

Non ero abbastanza sicuro di credergli perché non lo sembrava nemmeno lui, ma non protestai, respirai profondamente e poi annuii.

 

"Va bene."

 

"Va bene?"

 

"Si, okay."

 

Un sorriso apparve sul suo volto per alcuni secondi prima di aver avuto un momento di insicurezza, subito sostituito da qualcosa simile alla tristezza. Mentre lo stavo guardando negli occhi, sollevò una delle sue mani con esitazione e la appoggiò sulla mia guancia. Non era la prima volta che mi toccava in quel modo, ma in quel momento lo sentii molto più intimo, e chiusi gli occhi. Mosse leggermente il pollice, come se mi stesse massaggiando dolcemente la guancia e sorrisi a quel gesto.

 

"Perché stai sorridendo?" lo sentii mormorare, e dal modo in cui sentii il respiro contro la mia bocca, sapevo che non ci fossero più di un paio di centimetri di distanza tra noi.

 

"Mi sento bene," risposi mentre sollevai la mano e intrecciai le mie dita con le sue.

 

Non diede una risposta - c'era davvero una risposta da dare in una situazione del genere? - tenne solo le sue dita sulla mia guancia e continuò ad accarezzarmi con lenti, e nella mia testa 'amorevoli' movimenti. I miei occhi erano chiusi e così non riuscivo a capire quanto lontano le sue labbra fossero dalle mie o quale espressione avesse sul viso. Sembrava che ogni secondo durasse un'eternità e giurai di sentire il mio cuore battere fino in gola. Ero arrivato al punto che la mia mente iniziò a pensare tre cose nello stesso momento: in primo luogo, avevo veramente paura che il mio nervosismo e la mia eccitazione avrebbero potuto far male al bambino; secondo, quanto stupido potessi apparire con la bocca mezza aperta, il mento piegato e i miei occhi chiusi solo in attesa di essere baciato; terzo, mi chiesi se Harry stesse di nuovo giocando con me.

 

Ma poi sentii qualcosa di morbido e attento posarsi sulle mie labbra e improvvisamente l'istinto prese il controllo di tutto il mio corpo. Spostai il mento più avanti, cercando di fargli capire che io volevo davvero, davvero, davvero che lui aumentasse un po' la pressione. La mano che copriva la mia faccia scivolò e si fermò nella mia nuca, e permisi alle mie mani, che tremavano leggermente, di posarsi sui suoi fianchi. Per un paio di secondi, entrambi stavamo lì, le nostre bocche che a malapena si toccavano e per un attimo fui sicuro che si sarebbe tirato indietro e avrebbe detto di aver commesso un errore, ma poi la sua mano strinse di più il mio collo, facendo collidere le nostre labbra con più fervore.

 

Per quando fosse imbarazzante, avevo aspettato e voluto quel momento per quello che mi sembrava così tanto tempo che anche solo i più piccoli e innocenti movimenti delle labbra di Harry contro le mie mi fecero piagnucolare in modo bisognoso e mi premetti il più possibile vicino a lui, per quanto la mia pancia me lo permettesse. Aprii la mia bocca attentamente, pregando di non aver superato i limiti, ma fui piacevolmente sorpreso quando lui fece lo stesso. Passammo diverso minuti a scambiarci baci lenti e dolci che fecero contorcere le mie membra così tanto quasi da far male e avevo davvero paura di dover improvvisamente interrompere il bacio a causa di un gemito.

 

Ma appena cominciai ad abituarmi ai battiti accelerati del mio cuore, sentii la sua lingua che mi leccava il labbro inferiore e la tachicardia si trasformò in una strana, calda e sconvolgente sensazione che iniziando dal petto si diffuse in tutto il mio corpo come un incendio indomabile. Un altro rumore mi sfuggì dalle labbra prima di lasciare che la mia lingua si mettesse in contatto con la sua.

 

Non ero un baciatore particolarmente esperto, dovevo ammetterlo, ma a giudicare dal piccolo sospiro che Harry emise e dal modo in cui la sua lingua si muoveva con cura e delicatezza all'interno della mia bocca, stavo facendo qualcosa di giusto. Le sue mani scivolarono dal mio collo per posarsi sulla mia schiena, bloccandole con fermezza intorno a me e tirandomi ancora più vicino a se stesso, permettendomi così di posizionarmi contro di lui. Mentre le nostre lingue continuavano a giocare lentamente e pigramente tra di loro e le mie ginocchia sembravano diventare sempre più molli minuto dopo minuto, rilasciò un altro sospiro di soddisfazione, questa volta accompagnato da quello che sembrava essere un gemito di piacere. Il suono fece muovere leggermente il mio cazzo nei pantaloni, facendolo così indurire un po', e silenziosamente pregerei che lui non fosse in grado di sentirlo.

 

Le sue mani si posarono sul mio petto e piano piano scesero verso lo stomaco, dove cominciò a strofinare i pollici in piccoli dolci cerchi, come se lo stesse massaggiando, e fu quello che mi fece ridestare. Mi ricordai all'improvviso che lui mi stava baciando solo perché era stato abbastanza gentile da darmi quello che volevo disperatamente tanto, nonostante il fatto non fosse attratto da me o che non gli piacessi nemmeno, e che l'unica ragione per cui eravamo entrambi lì era perché ero incinto di suo figlio. Quindi, dopo avergli permesso i baciarmi per qualche secondo - o forse un'ora - liberai la presa dalla sua vita e lo spinsi via, cercando di ignorare come il mio cuore aveva protestato selvaggiamente quando le nostre labbra si erano separate.

 

Dovetti prendermi un paio di minuti per riprendermi, cercando, e fallendo, di far rallentare la mia frequenza cardiaca, prima di avere il coraggio di guardarlo. Era a mezzo metro da me, le guance colorate di rosa, le labbra gonfie e uno sguardo strano nei suoi occhi. Era una vista incredibilmente bella e il mio petto iniziò a fare un po' male quando me ne accorsi. Mentre stavamo lì a guardarci l'uno con l'altro, la sua espressione cominciò a cambiare e alla fine si tramutò in qualcosa tra esasperazione, fastidio e rimpianto. Il mio cuore affondò un po' quando mi resi conto che si stava già pentendo di avermi baciato, solo tre minuti dopo che era accaduto.

 

"Scusami," mormorai spalancando gli occhi, "io- io devo andare. Scusa per... beh, solo- mi dispiace."

 

Non ebbi più il coraggio di guardarlo di nuovo, quasi spaventato da quello che avrei potuto vedere, prima di voltarmi, afferrare la maniglia della porta e uscire fuori di casa. Non protestò, non disse niente, prima che la porta si chiudesse dietro di me e io me ne andassi il più velocemente possibile, con le braccia strette leggermente sul ventre.

 

La mia mente era un caos assoluto ed ero abbastanza sicuro che il mio viso lo facesse capire. Io ed Harry ci eravamo appena baciati. No, a dire il vero avevamo limonato; le sue labbra e la sua lingua erano state in stretto contatto con le mie per pochi minuti e Cristo, era stato... incredibile. Aveva ragione quando aveva detto che era un buon attore, perché se non avessi saputo niente, avrei pensato che lui si stesse godendo il bacio; il modo in cui le sue labbra erano state così attente, così cariche di passione contro le mie, il modo in cui la sua lingua aveva trovato dolcemente cammino verso ogni angolo della mia bocca, come le sue mani mi avevano tenuto come se fossi fatto di vetro.

 

Raggiunsi la fine della strada e mi fermai a venti metri di distanza da un negozio di alimentari dove vidi persone che correvano dentro e fuori, mi appoggiai contro un albero prima di sospirare mentre mi passavo una mano sul viso. Che diamine di casino avevo combinato. Che maledetto e fottuto casino. Aveva detto che le cose non sarebbero diventate imbarazzanti tra di noi, ma sapevo già che si fosse sbagliato, lo sapevo fin dal momento in cui il bacio era terminato. Sapeva che mi piaceva e non c'era modo che avrebbe ignorato tutto; ogni volta che mi avrebbe visto, avrebbe pensato 'gli piaccio, piaccio al fottuto frocio' e le cose non sarebbero rimaste le stesse tra di noi. Avrei voluto picchiarmi perché non avevo tenuto la bocca chiusa quando mi aveva chiesto se mi piacesse, se lo avessi fatto avrei reso le cose molto più semplici. Saremmo potuti rimanere amici, avrei tenuta nascosta la mia piccola cotta e tutto sarebbe stato normale. Ma no, dovevo andare avanti e permettere agli ormoni di prendere il controllo del mio corpo e della mia mente. Ovviamente.

 

Con un sospiro di irritazione, tirai fuori il cellulare dalla tasca della giacca e chiamai a mia madre, pensando che non ci fosse altro modo per tornare a casa alle 22.30. Squillò per un po' senza risposta, poi mi ricordai che era a cena fuori e che il telefono era probabilmente in modalità silenziosa e rilasciai un piccolo sospiro, prendendo il pulsante 'fine chiamata'. Rimasi lì per un paio di secondi, pensando a cosa fare, prima di chiamare al numero di Eleanor.

 

Misi il telefono all'orecchio, aspettando che rispondesse. Ero lì in piedi che guardavo avanti e indietro nella strada buia, squillava e squillava, ma Eleanor non rispose. Alla fine parlò la sua voce nella segreteria telefonica e con un altro sospiro esasperato, abbassai il telefono e premetti nuovamente il tasto 'fine chiamata' senza preoccuparmi di lasciarle un messaggio.

 

Così la mamma non rispondeva, Eleanor nemmeno, tornare da Harry non era un opzione, e, beh, non avevo nessuna altra scelta se non quella di tornare a casa a piedi. Avrei dovuto camminare per quasi otto chilometri alle undici di notte mentre ero incinto di sette mesi e indossavo i pantaloni del pigiama. Il solo pensiero mi fece venire voglia di piangere dalla disperazione, ma misi comunque il mio telefono in tasca e iniziai a camminare.

 

Stavo camminando da circa mezzo minuto quando mi venne improvvisamente un'idea e mi fermai sui miei passi, mordendomi nervosamente. Camminare fino a casa richiedeva energie che in quel momento non avevo e... beh, c'era un'altra opzione che non avevo considerato. Tirai fuori il mio telefono dalla tasca e andai nei contatti fino a raggiungere la P.

 

Liam Payne era stato salvato come contatto sia con il numero di cellulare che con l'indirizzo di posta elettronica.

 

Dubitavo si sarebbe arrabbiato se lo avessi chiamato, ma poi, era tarda notte, quindi c'era la possibilità che fosse già addormentato. Svegliare Liam perché avevo bisogno che qualcuno mi portasse a casa non era molto allettante, ma non avevo altra scelta. Passai almeno cinque minuti andando avanti e indietro, pensando ai pro e ai contro nella mia testa, prima di chiudere gli occhi per un breve secondo, inviando una preghiera a Dio che Liam non mi avrebbe visto come un moccioso viziato, e premetti il tasto 'chiamata'.

 

Ci vollero circa venti secondi prima che rispondesse e iniziai a pensare che forse non avrebbe parlato, quando alla fine sentii un suono dall'altra parte del telefono.

 

"Davvero un pessimo momento," disse la voce di Liam dall'altra estremità della linea. Non suonava come se stesse dormendo, ma senza fiato e un po' irritato.

 

"Oh, io- mi dispiace," balbettai in modo stupido sentendo la mia faccia riscaldarsi.

 

"Chi sei?"

 

"Oh, uhm, L-Louis," dissi, calciando una pietra mentre parlavo.

 

Sentii degli spostamenti e una voce smorzata dall'altra parte, dicendo qualcosa che non riuscii a capire, prima che Liam parlasse di nuovo.

 

"È tutto okay?" chiese, il fastidio sostituto dalla preoccupazione.

 

"Si, o, no, non-beh, si, ma non- oh, Dio, mi dispiace di aver chiamato, avrei dovuto solo- no, non importa, continua a fare quello che stavi facendo, sono solo-"

 

"Okay, qual è il problema?"

 

Sospirai e mi trascinai una mano tra i capelli. "Sono... bloccato a parecchi chilometri da casa e non c'è nessuno che possa venire a prendermi," dissi debolmente, "ed ero- uhm, senti, io- mi dispiace tanto chiedertelo, ma... c'è la possibilità che tu possa, sai, venire a prendermi?"

 

Ancora una volta sentii la voce smorzata in sottofondo e sentii Liam mormorare 'no, niente' prima che la sua attenzione si rivolse di nuovo a me.

 

"Si, posso venire a prenderti," disse, "dove sei?"

 

"Uhm, due strade dopo casa di Harry," dissi, "proprio vicino a quel supermercato."

 

"Harry?" chiese confuso.

 

"Si."

 

Ci fu di nuovo una pausa, prima di "avete litigato?"

 

"No, non proprio, solo- no, non abbiamo litigato."

 

"Qualcosa non quadra comunque."

 

Non era una domanda.

 

"No," fu tutto ciò che dissi.

 

"Okay, aspettami fuori da quel negozio, tra dieci minuti sarò lì."

 

"Grazie, Liam," dissi, "davvero grazie, non te lo avrei mai chiesto se-"

 

"Non è un problema, Louis," disse, e sentii un sorriso nella sua voce.

 

"Si, okay. E grazie ancora."

 

"Nessun problema."

 

Lasciai uscire un piccolo sospiro prima di attaccare, mettere il telefono in tasca e guardarmi intorno per cercare qualche posto in cui sedermi mentre aspettavo. C'era una panchina fuori dal supermercato e io mi avvicinai con passi pesanti, ancora una volta con le braccia piegate sul mio stomaco e feci una smorfia per il dolore alle mie caviglie e alla schiena. Ricevetti un paio di sguardi divertiti dalle persone che uscivano ed entravano nel negozio mentre mi sedetti sulla panchina e, dal modo in cui gli occhi di tutti erano puntati sul mio stomaco, sapevo che stavano pensando 'ma che diavolo c'è di sbagliato in quel tipo?', che in tutta onestà non era una brutta domanda. Puntando gli occhi verso i miei piedi ignorai tutti gli strani sguardi.

 

Quello fino a quando una forte voce femminile chiamò il mio nome e non ebbi altra scelta se non alzare lo sguardo e vedere chi fosse. Volevo gemere ad alta voce quando vidi il viso e la figura di Mary, un'amica di chiesa di mia madre - di chiesa! - venendo verso di me con un bambino che sembrava avere circa due anni in una mano e un sacchetto di alimentari nell'altra.

 

"Louis, è passato un sacco di tempo da quando sei venuto in chiesa con tua madre! Non ti ho visto nell'ultimo anno! Come stai? Sei entusiasta di avere un patrigno? Come sta Owen? Non lo vedo da molto." Tutto questo riuscì a dirlo nei dieci secondi che la separavano da me, poi si fermò di fronte alla panchina.

 

Nonostante volessi dirle che non avevo voglia di parlare, mi alzai e le offrii un sorriso. "Ciao, Mary," dissi, "come stai?"

 

"Oh, bene, bene," disse con un sorriso che mi fece spaventare a morte, "occupata con i tre bambini in casa, nessuno dei quali ha intenzione di dormire la notte, e naturalmente Andrew è lontano per affari di lavoro, ma non è niente che non posso gestire. Allora? Come ho detto, è da tanto che non ti vedo in chiesa."

 

"Si, non vado... in chiesa ultimamente," dissi cautamente.

 

Il suo sorriso si irrigidì un po'. "Non vai in chiesa? Giovanotto, andare in chiesa è molto importante per le persone della tua età, hai bisogno di chiedere perdono per i peccati che stai commettendo."

 

"Uhm, io non... non credo di aver peccato così tanto," dissi, strisciando il piede contro il cemento sotto di me e cercando di pensare a qualcosa di più intelligente da dire.

 

"Tutti peccano, Louis," disse, stringendo leggermente gli occhi, "tu in particolare."

 

I miei occhi si spalancarono un po'. "Io- cosa intendi?" chiesi nervosamente.

 

"Con l'evidente guadagno di peso, direi che sei stato vittima di gola e avidità, sono certa che sai che sono due dei sette peccati capitali."

 

Okay, avrei voluto solo schiaffeggiare quella donna ma l'unica cosa che me lo impedì fu il rumore di un clacson che suonò proprio in quel momento. Con mio grande sollievo, vidi il volto di Liam attraverso il finestrino di un'Honda rossa e senza dire un'altra parola a Mary, mi allontanai, lasciandola in piedi con il suo bambino e il suo sacchetto. Mi avvicinai all'auto e stavo pensando di sedermi sul lato del passeggero, ma con mia leggera sorpresa vidi Zayn seduto lì, perciò mi sedetti sul sedile posteriore e mi misi al centro, guardando nulla in particolare.

 

"Beh, ciao," disse Zayn con un sopracciglio alzato una volta che lui e Liam si girarono per guardarmi, "non sembri felice. È stato così brutto il litigo con Harry?"

 

"Non ho litigato con Harry," dissi con un sospiro, "era solo quella donna con cui stavo parlando, una stronza sputasentenze."

 

"Cioè, una signora a caso è andata da te e ha cominciato a giudicarti?" chiese Liam con le sopracciglia sollevate.

 

"No, è un'amica di mia madre," dissi stanco.

 

"Ah. E il suo giudizio ti ha messo addosso questo buon umore?"

 

Tentai un sorriso. "Mi dispiace, è solo... è stata una lunga giornata, incontrare stronze cristiane che vengono da me a sputare parole sulla mia vita mi ha fatto arrivare al limite, suppongo."

 

Si guardarono l'un l'altro per un breve secondo in un modo che mi mise un po' a disagio prima di guardarmi di nuovo.

 

"Vuoi dirci cosa è successo tra te e Harry tanto da avermi chiamato nel bel mezzo della notte per venire a prenderti?" mi domandò Liam, però in modo gentile e con un cipiglio preoccupato.

 

Guardai le mie mani, che stavano riposando nel grembo, e mi mordicchiai il labbro. Dire loro che cosa era accaduto non era invitante, ma non dirgli niente dopo che erano venuti a prendermi alle undici di notte solo per una mia chiamata sembrava un po' scortese e ingrato.

 

"Abbiamo riscontrato alcune... divergenze," dissi vagamente, guardando ancora le mie mani, "ed era diventato un po' scomodo. O beh, non scomodo, ma un po' imbarazzante."

 

Ci fu un silenzio dopo e anche se non stavo guardando verso di loro, giurai di aver visto loro avere una conversazione solo con gli occhi.

 

"E... ha menzionato qualcosa della conversazione che ho avuto con lui oggi?" chiese allora la voce di Zayn e la mia testa si alzò automaticamente in modo da poterlo guardare negli occhi. Sembrava un po' nervoso, un po' preoccupato e un po' infastidito, quest'ultimo per motivi a me sconosciuti.

 

"Lui... beh- io- lui potrebbe aver... detto qualcosa," mormorai.

 

Zayn gemette un po' e si trascinò una mano tra i capelli disordinati. "Non dirmi che è stato un coglione," disse.

 

"No, no, non lo è stato... no, è stato... gentile," dissi con esitazione, "è solo- no, non lo so."

 

"Ti stai comportando in modo strano, amico," disse Zayn con un sorriso, "non puoi dirci cosa è successo? Non ti giudicheremo, lo sai."

 

Avrei voluto tossire un po' a quelle parole; avevo limonato con il loro migliore amico etero. Dire che non mi avrebbero giudicato appariva come un particolare scommessa, da dove ero seduto.

 

"Non puoi dirlo se non sai nemmeno cosa è successo " dissi, la mia voce un po' sulla difensiva, "e non è- voglio dire, non è niente che non posso affrontare in ogni caso, andrà bene."

 

Si guardarono l'un l'altro con sguardi significativi e quello mi fece pensare a quanto avessero parlato di me, di Harry e della nostra situazione quando erano soli; se riuscivano a comunicare sulla questione semplicemente guardandosi, dovevano aver parlato parecchio, no? Per qualche strana ragione, il pensiero mi riempì un po' di felicità.

 

"Senti, Louis," disse Zayn alla fine, "Io e Liam siamo i migliori amici di Harry, ma non significa che siamo sempre d'accordo su quello che fa e su come tratta le persone. Sappiamo che tende ad essere un coglione a volte e spesso parla e agisce prima di pensare, qualcosa che sicuramente causerà dei problemi un giorno. Ma comunque, se siamo suoi amici non significa che non possiamo essere anche tuoi, e solo perché conosciamo Harry da più tempo, non significa che andremo correndo da lui per condividere quello che ci racconti. Penso che ti farebbe bene parlare con qualcuno che non faccia parte della tua famiglia o del ragazzo di cui sei innamorato."

 

L'avevo ascoltato con attenzione e forse un po' di cautela, ma all'ultima frase i miei occhi si spalancarono e la mia bocca si aprii.

 

"Io- tu- io sono- non sono innamorato di lui," balbettai.

 

"Beh, ti piace molto allora," disse facilmente Liam, "ma in entrambi i casi-"

 

"Non mi piace," lo interruppi mentre sentii le guance diventare sempre più calde. "Lui è un bravo ragazzo, ma non mi piace, state dicendo sciocchezze."

 

"Non ho idea del perché ti stai preoccupando di negarlo," disse Zayn roteando gli occhi, "solo il modo in cui lo guardi farebbe capire ad una scimmia cosa provi. E non ti incolpiamo per questo, sappiamo che può essere un ragazzo simpatico quando vuole e può essere un affascinante figlio di puttana, e che i suoi sguardi sono irresistibili, ma-"

 

"Fermati, per favore," scattai, stringendo le mani, "se mi piacesse Harry, cosa non vera, sarebbe solo affar mio, non vostro."

 

"Se non ti piacesse, per quale motivo tutta questa situazione ti ha fatto andare su di giri?"

 

La mia bocca si aprii. E si richiuse. Si aprii. Si richiuse. Probabilmente sembravo un pesce sulla riva, ma non riuscivo a trovare qualcosa di intelligente da dire, e così continuai a boccheggiare fino a quando non scossi la testa e tossii.

 

"Non è niente," dissi in tono brusco.

 

Liam sospirò e mi gettò uno sguardo compassionevole che mi fece sentire come un bambino di tre anni. "Perché non ce lo dici? Se non lo fai per il tuo bene, fallo per Harry. È stato un po' giù di morale nelle ultime due settimane e ci stavamo chiedendo se avesse qualcosa a che fare con te. Quindi puoi dirci che cosa è successo, e ti promettiamo che-"

 

Il suono di uno squillo di un cellulare lo interruppe proprio nel mezzo della sua frase e mentalmente sospirai di sollievo quando Liam tirò fuori il telefono dalla tasca dei suoi jeans. Gettò un rapido sguardo sul display, mi mandò un'occhiata che per qualche motivo sembrava un po' confusa, prima di accettare la chiamata e pronunciare un interrogativo 'pronto?'

 

Non fui in grado di capire nessuna delle parole che la persona dall'altra parte della linea stava dicendo o anche chi fosse, ma sentii una voce quasi disperata e forse arrabbiata. La mia mente era occupata con i miei problemi in quel momento e quindi non prestai molta attenzione a ciò che stava succedendo con Liam e il suo compagno di conversazione. Beh, almeno finché Liam non cominciò a parlare.

 

"Harry, tu- Harry! Calmati, okay?"

 

Io e la mia fortuna. Solo io e la mia fortuna. Nient'altro.

 

"Scusa ma, cosa?" Liam continuò dopo qualche istante, con gli occhi larghi mentre guardava Zayn, che ricambiò lo sguardo con preoccupazione.

 

"Harry, che cosa intendi-"

 

Più parole dall'altra parte.

 

"Okay, okay, non ti chiederò più niente. E lui sta bene, mi ha chiamato per andare a prenderlo, è proprio qui con me e Zayn."

 

Più parole.

 

"No, non credo che sia una buona idea. È un po' sconvolto, suppongo," disse guardandomi brevemente.

 

Silenzio.

 

"Glielo dirò."

 

Silenzio.

 

"Si, va bene, ciao."

 

Abbassò lentamente il telefono dal suo orecchio e lo mise nuovamente nella tasca, prima di guardarmi con un'espressione vuota.

 

"Allora vi siete baciati," disse poi, con una voce neutra, come il suo volto, "per davvero."

 

Sentii tutto il mio corpo divampare e le mie guance diventare rosse. Harry aveva detto a Liam che ci eravamo baciati, il che significava che probabilmente gli aveva anche detto del perché di quel bacio, che mi indusse nuovamente a sembrare un caso patetico dell'umanità. Harry trovava sempre il modo di umiliarmi, sia quando voleva che quando non voleva. Talento interessante.

 

"Si," fu tutto ciò che dissi.

 

"Come è successo?" continuò, sembrando un po' incredulo.

 

Ero abbastanza sicuro che mi sarei dovuto offendere solo a giudicare dall'improvviso cambiamento di espressione sul suo volto, ma sembrò riuscire a capire le mie emozioni.

 

"Non in quel senso," aggiunse frettolosamente, "solo che... beh, Harry non- o, sai, sospettavamo che lo fosse, ma ha sempre detto che non lo è, quindi non abbiamo-"

 

Quindi Harry non aveva detto a Liam la ragione? Quello mi fece crescere un sentimento di gratitudine, facendomi adorare ancora di più Harry più di quanto lo facessi già e sospirai internamente.

 

"Non è gay," interruppi Liam tranquillamente, "lo ha fatto solo come un favore o qualsiasi altra cosa, non ha significato niente."

 

Non per lui almeno.

 

"Un... favore?" chiese Zayn lentamente, "ti ha baciato per un favore? Perché lo avrebbe fatto?"

 

"Probabilmente perché si sentiva in colpa," mormorai, "ero un po' turbato per alcune... cose ed è finita che ci siamo... baciati."

 

"Ha detto che avete limonato, non solo baciati," disse Liam.

 

Scrollai le spalle miseramente. "In entrambi i casi non significa niente."

 

"Non pensi che questo significhi qualcosa?" chiese Liam, le sopracciglia sollevate, "sono sicuro che per lui significhi qualcosa e sono ancora più sicuro che anche per te."

 

Mi morsi l'interno della guancia e guardai verso il basso.

 

"Puoi accompagnarmi a casa? Sono davvero stanco e voglio tornare per poter dormire."

 

Sentii un sospiro da parte di Liam, ma disse lo stesso un 'va bene' e un paio di secondi dopo il motore si accese e voltai il mio sguardo verso il finestrino mentre l'auto cominciò a muoversi. Era piuttosto ovvio che sapessero della mia lieve... infatuazione per Harry, per cui mi preoccupavo di negarlo, ma non avevo idea del perché. Forse volevo solo avere rispetto nei miei confronti; non ce n'era mai stato molto, ma da quando Harry era entrato nella mia vita, ne avevo avuto anche meno. Ammettendo che davvero mi piaceva Harry, avrei anche ammesso di essere stupido e ingenuo per aver sperato che ci sarebbe potuto essere qualcosa tra noi due e io non volevo sembrare stupido e ingenuo, proprio no. Così probabilmente avevo fatto una mossa intelligente a non confermare, anche se la verità sembrava essere dolorosamente evidente.

 

L'intera corsa in macchina la trascorsi pensando e non uscii da quel torpore fino a quando la macchina non si fermò. Quando guardai fuori dal finestrino, mi resi conto che eravamo parcheggiati proprio fuori da casa mia e corrugai le sopracciglia.

 

"Come sapevi dove abito?" chiesi, guardando Liam.

 

"Le pagine gialle," disse dopo che si voltò a guardarmi, "lo abbiamo cercato prima di venire a prenderti."

 

"Oh."

 

Mi mossi piano e stavo per slacciarmi la cintura di sicurezza e scendere dalla macchina quando Zayn parlò.

 

"Dovresti parlare con lui, Louis," disse piano, "non farà bene a nessuno di voi tenersi tutta questa merda dentro, e si, sto anche parlando per lui. Inoltre, può non far bene al bambino essere così stressato costantemente."

 

"Io- non posso solo... parlare con lui," mormorai, "tutte queste cose mi stanno facendo andare fuori di testa e io- non posso occuparmi di questo adesso."

 

"E tu non pensi che le cose siano già nella merda così come sono?" domandò, "tu sei completamente innamorato di Harry. Harry potrebbe ricambiare i sentimenti. Nessuno di voi è disposto a fare niente, perché tu sei troppo spaventato e lui troppo orgoglioso. È uno spreco di amore."

 

Scossi lentamente la testa e mi morsi il labbro per un momento prima di rispondere.

 

"Non ricambia i miei sentimenti," dissi.

 

"Ah, quindi stai ammettendo che provi dei sentimenti per lui," disse Zayn con un sorriso trionfante.

 

Guardai verso il basso e mi strinsi le braccia sul petto.

 

"Il punto è che la cosa è... senza speranza, e non voglio più avere a che fare con situazioni senza speranza nella mia vita. Tutto ciò che voglio è dare alla luce questo bambino, darlo il adozione e prendermi il diploma. È tutto ciò che voglio."

 

"Quello ed Harry," accennò Liam dolcemente.

 

"Come ho detto, non succederà mai."

 

"Non lo saprai finché non gli parli."

 

Roteai gli occhi, ma quel gesto apparve incerto. "Mi ha detto subito che non è interessato ai ragazzi, quindi si, credo di saperlo."

 

"Tu non sei solo un ragazzo però. Tu sei il ragazzo che porta il suo bambino, sono abbastanza sicuro che la situazione sia un po' diversa da quella che sarebbe stata se tu fossi solo un ragazzo casuale."

 

 

"Oh, si, meraviglioso," dissi, infastidendomi. "Se non portassi il suo bambino, non avrebbe nemmeno avuto nessun interesse per me, ma siccome lo porto, potrebbe essere interessato, quindi in fondo, tutto ciò che ha a cuore è il bambino, io non significo niente per lui. È così che vanno le cose. Grande."

 

Gli occhi di Liam si spalancarono e sembrò sconvolto, quasi preoccupato. "È quello che pensi?" chiese, "che Harry si preoccupa solo del bambino?"

 

Non risposi a quello e Liam mi guardò incredulo.

 

"Se lo pensi, sei pazzo," disse, "parla molto di te, non solo del bambino, ma di te, di quanto sei incredibilmente altruista, di quanto sia impressionato di vederti portare avanti questa gravidanza senza l'aiuto di nessuno, quanto affascinante trovi il fatto che tu non riesca ad essere arrabbiato con lui, quanto adorabile pensa che tu sia mentre dormi, come-"

 

"Basta," dissi, la mia voce appena udibile, "non- solo- basta. Non voglio sentire questo."

 

Liam sospirò e si portò una mano ai capelli. "Quello che voglio dire è che si interessa tanto anche di te, non solo del bambino."

 

"Non importa," dissi per quella che sembrò la centesima volta quella notte, "non appena questo bambino nascerà, io ed Harry continueremo a fare le nostre vite e le cose torneranno come prima. Fine."

 

Gettai uno sguardo rapido verso di loro e vidi solo esasperazione nei loro occhi.

 

"Okay, se è così che lo vedi," disse Zayn con calma dopo un breve silenzio.

 

"Si," dissi con fermezza, le mie parole in forte contrasto con i miei pensieri.

 

"Va bene."

 

Rimanemmo così per un po' e dopo qualche secondo emisi un piccolo sospiro.

 

"Devo andare... adesso," mormorai, "grazie per essermi venuti a prendere."

 

Senza aspettare una risposta, rimossi la cintura di sicurezza, aprii la portiera e scesi dalla macchina con un paio di movimenti impacciati. Non appena richiusi la portiera, l'auto partì e rimasi fermo a guardarla mentre scompariva dalla mia vista.

 

La casa era buia e tranquilla quando entrai dentro e mi diedi un cinque mentale per aver indossato la giacca dove tenevo le chiavi; Owen probabilmente non era ancora tornato a casa da quella festa e svegliare mamma o Ian non era una cosa invitante. Riuscii a salire le scale senza fare troppo rumore, anche se facendo qualche smorfia a causa del mal di schiena, delle mie ginocchia e delle caviglie, e quando finalmente entrai nella mia stanza emisi un sospiro di sollievo.

 

Mi tolsi rapidamente i vestiti e misi il cellulare sul comodino prima di infilarmi la mia solita maglietta gigantesca. Troppo stanco per preoccuparmi di mettere un pantalone del pigiama, mi trovai sotto le coperte del mio letto e accesi la lampada che stava sul comodino, illuminando un po' la stanza. Con un grosso sospiro, mi misi su un fianco, appoggiai una mano sul ventre come al solito e per la prima volta mi permisi di prendere in considerazione tutto ciò che era accaduto quel giorno, senza alcuna distrazione. Era un casino immenso di emozioni e pensieri che mi fecero venire il mal di testa, e anche se ci provai per un po', rinunciai subito.

 

"Le cose erano più semplici," dissi a nessuno in particolare. Spinsi le coperte un po' di lato e sollevai leggermente la maglietta per poter guardare la mia pancia nuda. Mentre emisi un altro sospiro avvilito, posai una mano accanto al mio ventre e cominciai a strofinare con piccoli cerchi.

 

"Tutto si è trasformato in un dannato casino," mormorai stanco, "era già abbastanza brutto con me ed Harry, ma poi sono arrivati Liam e Zayn e hanno cominciato a mettermi un sacco di pensieri stupidi in testa e tutto è solo... un casino. Voglio la mia vecchia vita indietro, sai?"

 

Un calcio.

 

"Non che non ti voglia," continuai, ora sorridendo leggermente, "ma ultimamente mi stai creando un po' di problemi. Non solo te stesso di per se, ma tutto ciò che ti riguarda e anche il tuo futuro. Non sono ancora sicuro di quello che voglio fare con te, ma dopo tutto ciò che è successo con Harry... non lo so, forse non vuole tenerti dopo tutto questo casino del bacio."

 

Silenzio.

 

"Sto solo dicendo un mucchio di cazzate, vero?" dissi, "probabilmente si. Devi essere stufo di ascoltare i miei problemi ogni giorno, scusami per questo."

 

Calcio.

 

"Si, va bene, starò zitto ora, ti farò dormire. Probabilmente dovrei dormire anche io."

 

Senza pensarci veramente, sollevai la mia mano verso la mia bocca e spinsi le mie labbra sulle mie dita per un paio di secondi prima di abbassarle verso il mio stomaco e premerle contro esso.

 

"Buonanotte, bimbo," sussurrai prima di sporgere il braccio e spegnere la luce, "sogni d'oro."

 

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Capitolo 22
*** 22. Everything was gonna end up being just fine. ***


CAPITOLO 22

Tutto sarebbe andato per il meglio.

 

 

Dopo tutto quello che era successo, mi aspettavo una chiamata da parte di Harry, o forse anche da Liam e Zayn, ma no. L'intero fine settimana passò nel silenzio, tranne l'urlo inumano di mia madre quando sabato pomeriggio Owen entrò nella porta d'ingresso con le scarpe appese al collo, i capelli spettinati e un distinto odore di alcool mescolato a vomito su di lui. Era stato

messo in punizione per una settimana e trascorreva gran parte della giornata lamentandosi. Tutto quello che facevo era guardarlo con le sopracciglia sollevate, guardare il mio stomaco e dire 'stai zitto e apprezza la tua vita così com'è'.

 

Il mio umore fu pessimo per l'intero fine settimana ed era causato soprattutto dal fatto che tutte le emozioni che avevo provato venerdì non sembravano smettere mai. Non era stato tanto il bacio ad avermi infastidito - anche se ci avevo pensato a lungo la domenica ed ero finito a tirare fuori il vibratore rosa da dove lo avevo nascosto nel cassetto dei calzini e ad usarlo per darmi un orgasmo da brivido - ma più che altro tutte le cose che mi avevano detto Liam e Zayn.

 

"Dovresti parlare con lui, Louis."

 

"Tu sei completamente innamorato di Harry. Harry potrebbe ricambiare i sentimenti. Nessuno di voi è disposto a fare niente, perché tu sei troppo spaventato e lui troppo orgoglioso. È uno spreco di amore."

 

"Lui parla molto di te, non solo del bambino, ma di te, di quanto sei incredibilmente altruista, di quanto sia impressionato di vederti portare avanti questa gravidanza senza l'aiuto di nessuno, quanto affascinante trovi il fatto che tu non riesca ad essere arrabbiato con lui, quanto adorabile pensa che tu sia mentre dormi."

 

Era possibile che qualcosa di quello che avevano detto avesse un fondo di verità? C'era una possibilità, anche se piccola, minuscola, che piacessi... ad Harry? Il bacio era stato incredibile, tanto da sembrare reale, tanto da sembrare che a lui piacesse quanto a me. Il modo in cui le sue mani mi stringevano e come le sue labbra si modellavano perfettamente contro le mie... era stato tutto giusto e perfetto al cento per cento. Ma poi pensai alla sua espressione quando tutto era finito - infastidita e dispiaciuta - e il mio briciolo di speranza scomparve e mi lasciò più confuso e triste che mai.

 

Quando mi svegliai quel lunedì mattina, ero troppo stanco, stavo male e il mio umore era ancora così pessimo che non sarei stato in grado di alzarmi dal mio letto per andare alla lezione di inglese, chimica, matematica e arte. Così rimasi coricato tutto il giorno, dicendo a mia madre che non mi sentivo bene, e trascorsi ore e ore a non fare niente di produttivo, facendo del mio meglio per non pensare a qualunque cosa legata ad Harry.

 

Il martedì lo passai alla stessa maniera.

 

Anche mercoledì.

 

E giovedì.

 

E venerdì.

 

Fu quando mi svegliai il lunedì mattina della settimana successiva che mi resi conto di aver passato una settimana nel mio letto, indossando il pigiama e non facendo nulla per rendere la mia vita un po' più produttiva di quanto fosse. Era stato difficile dormire la notte e mi stavo chiedendo quando avevo permesso al mio corpo di ridursi così. Nessun tentativo di migliorare la situazione con Harry era stato fatto, ma considerato che non mi aveva né chiamato e né scritto, pensai che non fosse proprio interessato a parlare con me. Non lo biasimavo.

 

Lunedì, 28 Marzo

Trentadue settimane

 

Alle otto di quel lunedì mattina, ritornai a scuola dopo aver detto a mia madre che non c'era ragione per rimanere ancora a casa. Quindi seguii le due lezioni che avevo prima del pranzo, ma le mie palpebre erano pesanti e anche il mio corpo, e avevo difficoltà a prestare adeguata attenzione alla Sig.ra Keller che stava cercando di dire qualcosa su J.D. Salinger.

 

Prima che la campana suonasse per annunciare l'ora di pranzo, mi addormentai sulla mia sedia, il mento appoggiato sulla mano e la bocca leggermente aperta. Non ero realmente addormento, in realtà, ero inconsciamente consapevole di ciò che stava accadendo intorno a me, ma le parole che venivano dette non riuscivo a capirle correttamente. Il mio mezzo pisolino non durò molto tempo però. Ad un certo punto sentii qualcuno scuotermi dolcemente la spalla e quando riuscii ad aprire le palpebre pesanti, incontrai il viso della mia insegnante a mezzo metro dal mio.

 

"Louis? Sei sveglio?" chiese lei, le rughe ai lati dei suoi occhi preoccupati nascoste dagli occhiali.

 

"Si, mi scusi," mormorai, sedendomi dritto mentre trascinavo la mano sul mio viso.

 

Guardai l'aula intorno e capii che tutti gli altri erano già andati via, probabilmente per la pausa pranzo.

 

"Sono solo un po' stanco, non succederà più."

 

"Va tutto bene?" chiese mentre mi alzai dalla sedia, "mi sei sembrano un po' strano negli ultimi due mesi e non eri presente la scorsa settimana. Sta succedendo qualcosa a casa?"

 

Volevo dirle di andarsene all'inferno e che quello che stava succedendo nella mia vita non era affari suoi. Naturalmente non lo feci però. Era una donna abbastanza vecchia e probabilmente avrebbe avuto un attacco cardiaco se avessi detto quelle parole davanti a lei. Oltre a tutto quello che mi stava succedendo, non avevo bisogno di un omicidio indiretto da affrontare.

 

"Ho solo molto da fare," dissi, sorridendo il meglio possibile, "non sto dormendo molto e quelle cose, non c'è niente di cui preoccuparsi."

 

Lei annuì lentamente, ma qualcosa nei suoi occhi mi disse che non mi credeva.

 

"So che i ragazzi hanno molte cose da affrontare ai giorni d'oggi; Dio sa che in questi tempi c'è più pressione sui giovani più di quando lo ero io. Ma sai, non c'è niente di sbagliato nel volere aiuto quando le cose sono particolarmente difficili da affrontare da soli. Non c'è niente di sbagliato nel voler parlare con qualcuno dei propri problemi."

 

Gesù Cristo, che cosa stava succedendo in quei giorni che tutti mi consigliavano di parlare con qualcuno? La mia solitudine era davvero ovvia? Anche ai miei insegnanti?

 

"Lo so," dissi con un sorriso stretto, "ma non è niente, davvero."

 

Lei annuì nuovamente. "Ottimo. Ti lascio andare per la pausa pranzo."

 

"Grazie," dissi prima di offrirle un altro sorriso stretto, afferrai il mio zaino dal pavimento e corsi fuori dalla classe, non vedendo l'ora di allontanarmi dagli occhi che mi scrutavano in un modo che mi faceva sentire come se sapessero qualcosa.

 

Essendo incinto di trentadue settimane, non ero fisicamente in grado di camminare o di stare in piedi troppo a lungo, quindi anche se non ero dell'umore per stare in un posto con molte persone, mi diressi verso la mensa, sperando di trovare un tavolo libero.

 

Naturalmente non c'era.

 

Camminai per tutta la sala, ottenendo parecchi sguardi strani da persone di cui non conoscevo i nomi e sentii un paio di sussurri di 'strano' e 'qualcosa non va in lui'. Feci del mio meglio per ignorarli, ma le mie guance divennero più calde ogni secondo che passava e non importava quanto debole mi facesse sentire, abbassai la testa e non incontrai i loro sguardi. Non c'erano tavoli liberi, realizzai dopo aver guardato intorno per più di un minuto, e mi voltai per dirigermi all'esterno, sperando che ci fosse abbastanza caldo per poter stare seduto su una panchina del cortile della scuola.

 

Le porte dell'uscita erano a pochi metri distanti da me e quando sentii il mio nome che veniva chiamato da qualche parte vicino a me, mi fermai, alzando lo sguardo.

 

"Alla tua sinistra, Louis," sentii dire dalla voce di Zayn.

 

Quando girai la testa in quella direzione, le mie membra fecero un salto di disagio e fui improvvisamente incerto su cosa fare. Zayn, Liam, Niall, Harry e Lauren stavano tutti seduti in un tavolo vicino ad una delle grandi finestre, e a giudicare dalla mano di Zayn che gesticolava, voleva che andassi da loro. Stavo per pronunciare una scusa e dire che avevo altro da fare, ma poi anche Liam aprì la bocca.

 

"Vieni, siediti, sembri stanco," disse sorridendo dolcemente.

 

Chiusi gli occhi per un breve secondo e mandai una preghiera silenziosa a Dio che non stessi commettendo il più grande errore da... beh, da quando io ed Harry ci eravamo baciati circa una settimana prima, poi iniziai a camminare esitante per avvicinarmi al tavolo. Feci in modo di non incontrare lo sguardo di Harry o Lauren quando arrivai e invece mi concentrai per fare un sorriso a Liam, Zayn e Niall.

 

"Beh, allora siediti," disse Niall con una piccola risata, dopo che furono passati alcuni istanti in silenzio. Gesticolò verso la sedia tra lui e Zayn e dopo una seconda esitazione, feci ciò che mi diceva di fare il mio corpo dolorante e mi buttai sulla sedia, mettendo la mia borsa sul pavimento.

 

"Come vanno le cose?" chiese Liam, guardandomi con curiosità, "con te e con... ciò che ti riguarda," aggiunse.

 

Mi sorprese un po', sapendo molto bene cosa 'con ciò che ti riguarda' significasse.

 

"Tutto bene, sia io che tutto il resto."

 

"Non hai ancora preso in considerazione una dieta, vedo," sentii dire da Lauren, la sua voce fredda e maliziosa, come sempre, "dovresti farlo prima che ti venga il diabete o qualcosa del genere."

 

Le mie spalle si strinsero e guardai verso il tavolo, non avendo affatto fiducia delle espressioni del mio volto. Nessuno disse più nulla per un po', ma poi Niall parlò.

 

"Perché devi essere sempre così puttana?" chiese.

 

"Sto solo dichiarando alcuni fatti ovvi," sentii Lauren ridacchiare, "lui è grasso, sono sicura che tutti possiate vederlo come me. Giusto, Harry?"

 

Mi irrigidii, aspettando la sua risposta.

 

"Giusto," lo sentii dire alla fine.

 

Il mio petto bruciava dolorosamente, ma non dissi o feci niente.

 

"Per amore di Dio, questa è una cazzata," mormorò Zayn.

 

"Oh, non intrometterti," disse Lauren acidamente.

 

"Tu ti intrometti tutto il tempo, quindi perché io non posso? Stai seduta qui, attaccando il mio amico e ti aspetti che te lo lasci fare?"

 

"Non ti è stato quasi rubato il ragazzo da un perdente grasso," rispose lei, "vieni a parlarmene di nuovo quando lo avrai sperimentato, ok?"

 

"Lauren, per favore," disse Harry con un piccolo sospiro, "lascia stare."

 

"Va bene, come vuoi."

 

Il tavolo tornò di nuovo silenzioso e mi sentii sempre più a disagio e fuori luogo ogni secondo che passava. L'aria era tesa e giurai di averla sentita penetrare nel mio corpo, facendomi sentire ancora più a disagio. Quando furono passati almeno cinque minuti e nessuno aveva detto una parola, decisi di non poterne più e mi alzai.

 

"Io vado," dissi rigidamente, "quindi... si, ciao."

 

Sentendomi a disagio più di quanto avessi mai fatto, mi allontanai dal tavolo con le spalle tese e le ginocchia e le caviglie dolenti. Non avevo idea di dove stessi andando, ma sicuramente non sarei voluto rimanere dove loro cinque mi avrebbero potuto vedere. Decisi che la cosa migliore da fare era sedermi su una panchina all'esterno, quindi mi diressi verso l'uscita più vicina e passai alcuni secondi maledicendo le mie disabilità sociali.

 

C'era freddo nel cortile della scuola, ma almeno il sole splendeva, non c'era vento ed era completamente vuoto, lasciandomi una certa pace e tranquillità, quindi non potevo lamentarmi. Con un forte sospiro, mi sedetti su una panchina che era appoggiata contro il muro, mi piegai e cominciai a pensare.

 

Che Harry fosse arrabbiato con me era ovvio: mi aveva appena chiamato grasso, diretto, senza apparire dispiaciuto, e quella era una conferma sufficiente per me, come se il suo silenzio durante la scorsa settimana non mi avesse già confermato abbastanza. Era arrabbiato con me e probabilmente non c'era niente da fare. Poi di nuovo, forse era meglio. Nel giro di sei settimane o giù di lì, il bambino sarebbe nato e poi Harry sarebbe stato fuori dalla mia vita, quindi si, probabilmente era meglio aver smesso subito di fare quello che stavamo facendo. Potevo andare all'ospedale da solo quando sarebbe stato il momento di partorire, avrei dato il bambino in adozione, non più considerando di tenerlo, e poi-

 

"Ehi."

 

I miei pensieri furono bloccati e alzai lo sguardo. Harry stava lì, la borsa in mano e una strana espressione di preoccupazione e disagio dipinta sul volto. Sbattei le palpebre e esitai un po' prima di rispondere con un calmo 'ciao'.

 

"Hai dimenticato la tua borsa," disse.

 

"Ho capito. Grazie per... avermela portata."

 

"Nessun problema," fece una pausa per un secondo, "ti dispiace se mi siedo?" chiese allora.

 

Scrollai le spalle. Lo prese come un sì, perché si sedette alla mia sinistra e mi guardò senza nessuna espressione in viso.

 

"Mi dispiace per Lauren," disse con calma.

 

Sollevai le sopracciglia. "Non sopporto Lauren, Harry," dissi, "non mi interessa quello che pensa di me, mi interessa quello che pensi tu."

 

"Scusa anche per quello. Non volevo dire-"

 

Scossi la testa e alzai le mani. "Lascia stare," dissi, la mia voce molto più stizzosa di quanto volessi. Non avevo ancora capito fino a quel momento quanto fossi arrabbiato con lui; pensavo di essere solo triste e ferito, ma no. Ero anche arrabbiato e non potei fermare l'inondazione di parole che iniziarono ad uscire dalla mia bocca.

 

"Tutto il tempo tu dici e fai cose che apparentemente non avresti voluto, ma se non vuoi, perché le dici e le fai? Non saresti dovuto essere d'accordo con lei là dentro, Harry, avresti potuto dire 'no, stai sbagliando', ma invece hai scelto di agire come un fottuto zerbino. Forse non ti rendi conto, ma fa fottutamente male sentirsi offendere così tante volte, e non importa se non intendevi quello che hai detto. Il punto è che nonostante tu sappia quanto io odi quando mi offendi, anche se è solo davanti a Lauren, lo continui a fare e questo mi porta a credere che ho sempre avuto ragione: non significo niente per te, non ti interessa niente, non abbastanza da ricordarti di schierarti dalla mia parte ogni tanto."

 

"Anche tu puoi farti valere, sai," disse, con la fronte aggrottata dal fastidio.

 

"Ma la maggior parte delle volte non dovrebbe essere fottutamente necessario, perché è sempre tua la scelta di attaccarmi o no. Anche se non fossi d'accordo con quello che ha detto lei, tu le dici sempre di esserlo poi vieni da me e ti scusi, come se andasse bene trattarmi come ti pare e poi dispiacerti dopo. Ma indovina un po'? Non va bene."

 

"Hai smesso di considerare che forse io in realtà sono d'accordo con tutto quello che dice lei e che stia prendendo in giro a te quando vengo a dirti che non intendevo quello?" disse lui.

 

La mia rabbia svanì leggermente a quelle parole, e alzai le sopracciglia, confuso. "Tu- non può essere," dissi esitante, cercando di convincere me stesso.

 

"Oh, non può essere , eh?" disse, "cosa te lo fa pensare? Dopo tutto, non mi interessa di te, vero? Non mi interessa di te, quindi posso mentirti, trattandoti come cazzo mi pare senza preoccuparmi di prendere in considerazione i tuoi sentimenti. Perché dovrebbe interessarmi?"

 

I miei occhi si spalancarono e strinsi i pugni per non lasciar uscire fuori alcun suono imbarazzante, come un piagnucolio patetico o un lamento avvilito. Non mi fidai della mia voce, quindi mantenni la bocca chiusa e guardai gli occhi freddi e chiaramente arrabbiati del ragazzo seduto accanto a me.

 

"No, non mi interessa di te," continuò, "ai miei occhi non sei altro che un perdente socialmente paralizzato che ho messo incinto, anche se sono uno stronzo omofobo."

 

Mi sentii un po' confuso quando pronunciò l'ultima parte, perché non suonava... giusta, sembrava un po' strana.

 

"Che cosa stai-" cominciai, ma iniziò a parlare ancora prima che avessi la possibilità di finire la mia domanda.

 

"Mi importa solo del bambino, non mi importa un cazzo di te, perché dovrebbe importarmene? Per nessun motivo. Voglio dire, anche se siamo usciti insieme e abbiamo parlato più o meno ogni giorno per un po' di tempo, non mi interessa di te, solo del bambino. Non c'è bisogno che mi importi di te comunque, no? Non appena il bambino sarà nato, non avremmo più niente a che fare l'uno con l'altro, non è così?"

 

La realizzazione mi colpii e capii cosa stava dicendo.

 

"Hai parlato con Liam e Zayn," dissi con un sospiro.

 

"Si, l'ho fatto," sputò, "grazie per aver condiviso i pensieri belli e confortanti verso di me con i miei amici, senza parlarmene."

 

Dire che rimasi sorpreso dalla sua rabbia era un eufemismo, ma cercai di apparire il più calmo possibile.

 

"Non è certo una cosa che tu non sapessi, no?" dissi, "non resteremo amici dopo che il bambino sarà nato, ne sono abbastanza sicuro, e so che l'unico motivo per cui ti preoccupi per me è a causadel bambino, quindi-"

 

"Che il bambino è il motivo per cui abbiamo iniziato ad uscire non significa che il bambino è il motivo per cui noi continuiamo ad uscire, coglione!" mi interruppe ad alta voce, guardandomi intensamente, "Cazzo, non pensavo potessi essere così ottuso! Mi importa del bambino, si, ma mi interessa anche di te!"

 

"No, non è vero!" gridai, non curandomi del fatto che fossimo in un luogo pubblico e che qualcuno avrebbe potuto sentirci, "mi vedi come un dannato caso pietoso e questo è tutto!"

 

"No, non è vero!" urlò, "non vedo nessuno come un caso pietoso, tu meno degli altri! Cosa, pensi che ti abbia baciato perché mi dispiaceva per te?"

 

"Certo che l'hai fatto perché ti dispiaceva per me! Mi stavo comportando come un bambino, piangendo per niente, e tu sei il solito ragazzo carino, e naturale ti sentissi dispiaciuto per me!"

 

Si alzò e mi guardò.

 

"Non ti ho baciato perché mi dispiaceva per te," disse lentamente a denti stretti.

 

E quella fu tutta la spiegazione che ottenni prima che si girasse e se ne andasse, lasciandomi confuso e ancora abbastanza arrabbiato.

 

 

Martedì, 29 Marzo

Trentadue settimane e un giorno

 

Quando il giorno dopo tornai a casa da scuola, completamente esaurito dopo essermi trascinato di classe in classe e facendo del mio meglio per rimanere sveglio, e sentendomi un po' scontroso, trovai - con mia piccola sorpresa - mia madre in casa, seduta nel soggiorno mentre guardava la TV.

 

"Oh, ciao," dissi, fermandomi sulla porta una volta averla notata, "pensavo fossi a lavoro."

 

"Lo ero," disse, guardandomi con occhi severi che mi fecero sentire un po' a disagio, "ma poi ho ricevuto una chiamata da Mary."

 

"Da Ma- oh, okay. Giusto. Mary."

 

Mi schiaffeggiai internamente, urlando a me stesso per non aver agito in modo più diplomatico il giorno in cui avevo incontrato la puttana cristiana al supermercato.

 

"Si, Mary. Ha detto che sei stato maleducato con lei."

 

"Mi ha chiamato grasso e mi ha detto di andare in chiesa. Cosa ti aspettavi? Non la conosco nemmeno, e poi arriva e inizia a dirmi come devo vivere la mia vita," dissi, incrociando le braccia con esasperazione.

 

La mamma piegò le mani in grembo e mi guardò con occhi stretti.

 

"Va bene, è vero," disse dopo una breve pausa, "ma Louis, so che lo sai anche tu, ma stai mettendo su un sacco di peso ultimamente. Non credi sia arrivato il momento di fare qualcosa?"

 

"Non sono affari tuoi, mamma," dissi.

 

"È mio compito dato che fai sembrare che sia io che non ti nutro in modo adeguato," rispose, "stai rovinando la reputazione di questa famiglia e non lascerò che accada, intesi?"

 

"Si, va bene, grazie per avermi rinfacciato il mio malessere, mamma," sbottai, "è bello da parte tua."

 

"Essere in sovrappeso non è un bene per la tua salute," disse, "te lo dico una volta per tutte: comincerai a mangiare sano e andrai a correre ogni giorno fino a quando non tornerai in forma. E inizierai da adesso, nessuna discussione."

 

Andare a correre. Ogni giorno. Non era possibile. Non solo ero in forma orribile ed ero in possesso di un corpo terribilmente dolorante che crollerebbe se solo cercassi di correre per più di cinque metri, ma c'era anche la possibilità che farlo ogni giorno avrebbe potuto far male al bambino. Dopo l'inferno che avevo passato quando pensavo che il bambino fosse morto, sapevo che non avrei rischiato che accadesse di nuovo.

 

Neanche se avesse significato dire finalmente la verità a mia madre.

 

"No, io... okay, posso cominciare a mangiare sano," dissi nervosamente, "ma non comincerò a correre, o ad allenarmi."

 

Aggrottò la fronte, chiaramente indignata.

 

"Si, lo farai."

 

"No, non lo farò."

 

"Perché no?"

 

"Non posso."

 

"Non è una ragione corretta, Louis. Stai per andare a correre ora, che tu voglia o no."

 

"Non posso, mamma. Non posso andare a correre."

 

"Louis, se continui a rifiutare quello che ti sto dicendo di fare, io-"

 

"Non posso, mamma!" la interruppi ad alta voce, "non posso davvero, potrebbe essere pericoloso."

 

"Pericoloso andare a correre? Ne dubito. Adesso vai e mettiti-"

 

"Non posso andare a correre!"

 

"Louis! Non ho intenzione di continuare questa conversazione, quindi vai e metti una tuta e-"

 

"No!"

 

"Louis!"

 

"No!"

 

"È abbastanza, Louis! Stai andando-"

 

"Sono fottutamente incinto!"

 

Bene. Quello era il modo più veloce in cui avrei potuto dirlo.

 

"Se vuoi inventarti una scusa, che almeno sia credibile, no?" mi derise.

 

"Non è una scusa," dissi, "sono inc-"

 

"Louis, per amor di Dio, smetterai di comportarti come un bambino? Capisco che non vuoi allenarti, ma stare lì in piedi a cercare di dirmi che sei incinto è solo un po' troppo stupido."

 

"Cazzo, mamma!" gridai, "non mi è mai dispiaciuto andare a correre o fare esercizio fisico, lo sai. Se fossi veramente grasso, avrei-"

 

"Louis! Basta con queste sciocchezze!"

 

Strinsi la mascella.

 

"Mamma, ascoltami," dissi lentamente, disposto a non iniziare ad urlare a squarciagola per liberare la frustrazione che si era accumulata dentro di me.

 

"Ho avuto rapporti sessuali con un ragazzo a metà agosto, il suo sperma è finito da qualche parte dentro di me, sono stato messo incinto, non so perché o come, quindi non chiedermelo, ma tra circa sei settimane avrò un bambino, un maschietto per l'esattezza. Sono andato dal medico più volte e il bambino è sano e felice. Si, so che può sembrare folle. E no, non posso darti una spiegazione di come è successo. Fine."

 

Era quasi affascinante vedere come il suo viso passava da avere un colore normale al bianco lenzuolo in meno di tre secondi e come i suoi occhi si spalancavano e si posavano sul mio stomaco. Personalmente ero un po' sorpreso di quanto... non mi sentissi nervoso; la mia mente non era riempita da pensieri preoccupati, il mio stomaco non era agitato, non c'era neppure un goccio di sangue che scorreva nelle mie orecchie. Niente. Mi sentivo completamente normale.

 

"Louis," disse mia mamma dopo un lungo silenzio, "io so per certo che tu non abbia genitali femminili, quindi-"

 

"Come ho detto, non posso spiegarlo," la interruppi.

 

"E so anche che tu non hai mai fatto... sesso con un ragazzo. Non sei gay."

 

Sollevai le sopracciglia.

 

"Si, lo sono."

 

Era semplice.

 

"No, non lo sei," disse lei fermamente, "sei un bel ragazzo e so che molte ragazze lo apprezzano. So anche che ti stavi vedendo con Eleanor un po' di tempo fa e so anche che hai avuto rapporti sessuali con lei."

 

"Prima di tutto, come lo sai? Secondo, in quel momento non sapevo che mi piacessero i ragazzi. Però ora lo so e non ho interesse a farmi piacere le ragazze. Sono gay. Accettalo."

 

C'era qualcosa che era successo quel giorno, o la settimana scorsa, che mi aveva messo addosso uno strano stato d'animo. Uno stato d'animo che mi infondeva molto più coraggio di quello che di solito avevo.

 

"Tu non sei-"

 

"Mamma! Sono gay! Sono incinto! E non voglio più avere questa conversazione!"

 

Con quelle forti parole, uscii dal salotto e mi diressi verso le scale per arrivare nella mia camera. Fu solo quando chiusi la porta dietro e mi appoggiai contro di essa che realizzai cosa avevo appena fatto. Avevo detto tutto a mia madre. Le avevo fottutamente detto che ero incinto. Stupido, stupido, stupido! Non avrebbe mai dovuto saperlo ora che avevo intenzione di dare il bambino in adozione; avrei solo dovuto far uscire la cosa da me, aver fatto tutte le cose riguardanti l'adozione e tornarmene a casa, facendo finta che tutto fosse normale. Adesso era troppo tardi per quello.

 

Poi di nuovo, non sembrava credermi, forse sarebbe andato bene dopo tutto? Forse avrebbe visto le mie dichiarazioni come ribellione adolescenziale e fervida immaginazione? Era un bel pensiero, ma conoscendo mia madre, probabilmente non era quello il caso. Sarebbe voluta arrivare in fondo a tutta la faccenda. L'unico problema era che lei era piuttosto chiusa e non avrebbe accettato il fatto che fossi effettivamente incinto, non importava quante prove avrebbe trovato che indicavano la verità.

 

E poi c'era il fatto che avevo fatto coming out con lei, le avevo detto di essere gay. Anche se lei si era rifiutata di crederci, avrebbe potuto ripensarci, e quando lo avrebbe fatto... non avevo idea di cosa sarebbe potuto succedere.

 

Il mio cuore era pieno di preoccupazione e mi avvicinai al mio letto posandomi su un fianco, chiusi gli occhi e presi un respiro profondo. Qualunque cosa sarebbe successa, non sarebbe stata cosìmale, no? Il peggio che poteva succedere era che mia mamma si rifiutasse di guardarmi o parlarmi, ma in ogni caso, non era poi così terribile.

 

Probabilmente sarebbe andato tutto bene alla fine.

 

Mi addormentai subito dopo, sentendomi abbastanza fiducioso della mia teoria.

 

Tutto sarebbe finito per il meglio, anche se avrei dovuto prendere un po' di decisioni prima di arrivare alla fine.

 

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Capitolo 23
*** 23. Why don't you want them to know? ***


CAPITOLO 23

Perché non vuoi che lo sappiano?

 

 

Mercoledì, 30 Marzo

Trentadue settimane e due giorni 

 

 

Il momento del pranzo era rumoroso a scuola. Quello fu l'unico pensiero che attraversò la mia testa mentre camminavo tra i lunghi corridoi per raggiungere il mio armadietto. La mia borsa pesava circa duecento chili e aggiungeva un ulteriore sforzo alla mia schiena già dolorante, ma comunque ero di umore relativamente buono quel giorno. Mia madre non aveva detto una parola sulla nostra litigata, né ieri né quella mattina, e rimasi piuttosto contento. Okay, non aveva parlato con me, nemmeno mi aveva guardato, ma almeno non c'erano state altre urla e sembrava che non avesse detto tutto a Ian visto che si era comportato nel solito modo durante la cena. 

 

Fui abbastanza sollevato quando potei togliermi il peso dello zaino e di tutti i libri che avevo dentro, lasciando solo ciò che mi serviva per la lezione che avevo dopo pranzo, sociologia. I corridoi erano affollati, come sempre, ma come al solito, nessuno mi prestò alcuna attenzione quando ripresi a camminare, andando verso la mensa per mangiare un pranzo veloce.

 

"Ciao."

 

Un'improvvisa voce alla mia sinistra mi fece saltare con sorpresa e lasciai uscire un piccolo urlo imbarazzante.

 

"Scusami, non volevo farti spaventare," disse Zayn con un sorriso ironico.

 

"È tutto okay," dissi una volta che la mia frequenza cardiaca fu tornata ad un livello normale.

 

Gli gettai uno sguardo curioso. 

 

"Che cosa succede?" gli chiesi quando un paio di secondi passarono e non fece altro se non camminare proprio accanto a me come se fosse qualcosa che facevamo ogni giorno. 

 

"Volevo solo chiederti se va tutto bene," disse con dolcezza, "ho provato a cercarti anche ieri, ma sembrava che fossi scomparso dalla faccia della terra."

 

"Oh... mi dispiace," fu tutto ciò che dissi.

 

"Nessun problema. Comunque, Harry è stato un completo stronzo da lunedì pomeriggio e mi sono chiesto se potresti avere qualcosa a che fare con questo."

 

"Molto probabilmente," mormorai, "ma in parte è anche colpa tua e di Liam," aggiunsi, un po' accigliato.

 

Sembrava sorpreso. "Cosa? Come può essere colpa nostra?"

 

"Gli avete detto ciò che ho detto di lui," dissi. "Questo dopo che Liam mi ha detto che non sarebbe andato da Harry a dirgli ogni cosa che vi ho detto."

 

"Oh... quello, giusto, scusa," disse un po' imbarazzato, "pensavamo solo che dovesse saperlo; voglio dire, hai completamente frainteso tutto e abbiamo pensato che avrebbe potuto, sai, farti capire capire che non è solo... compassione la sua."

 

"Non ha funzionato molto bene," dissi stanco, "abbiamo iniziato a litigare e tutto è finito con lui che correva via."

 

Scosse la testa con espressione esasperata.

 

"Siete entrambi due esseri umani completamente anormali, lo sai?" disse, "nessuno di voi è disposto a parlare correttamente l'uno con l'altro senza mentire su determinate questioni e avete entrambi un tempismo orribile con tutto e solo... Gesù, mi sono stancato di vedervi distanti; non credo di voler sapere come sarebbe vedere tutto da vicino."

 

"Noi non siamo esseri umani anormali," risposi, "non... comunichiamo molto bene, questo è tutto."

 

"Questo è l'eufemismo dell'anno," sbuffò, "'non comunichiamo molto bene'... si, va bene."

 

"È vero," dissi in mia difesa, "ogniqualvolta che usciamo finiamo per litigare o entriamo in una situazione imbarazzante, è come se non potessimo non litigare o essere imbarazzati. Forse c'è qualcosa che non va con i nostri geni."

 

"In quel caso mi dispiace per vostro figlio."

 

Dovetti sorridere un po' a quello. "Si, il povero bambino finirà per essere un pazzo disfunzionale perché i suoi genitori non possono smettere di litigare."

 

"Duro inizio di vita."

 

"Mhm."

 

"Il mio punto, comunque, è che penso che tu ed Harry smettereste di litigare se solo parlaste l'uno con l'altro e vi diceste tutto ciò che c'è da dire. Per esempio, devi dirgli che provi dei sentimenti per lui prima che la frustrazione che lui non sappia nulla, mangi vivo a te e al piccolo."

 

"Non voglio dirglielo," dissi, un po' irritato dal fatto che stessimo tornando sullo stesso discorso che avevamo affrontato almeno dieci volte, "non c'è bisogno, lui non li ricambia e renderebbe le cose troppo strane."

 

"Le cose sono già strane così e non credo che una confessione avrebbe importanza," disse secco.

 

"Non sarebbe una confessione," dissi, "lo sa già, credo, ma non- non voglio specificarglielo; conosce il punto principale, ma non gli importa. Questo è tutto ciò che ho bisogno di sapere."

 

Zayn si fermò improvvisamente, facendoci guadagnare occhiate sprezzanti dalle persone intorno. Lui le ignorò e invece mi guardò con occhi confusi.

 

"Aspetta, che cosa significa che lo sa già?" chiese.

 

Avevo un talento nel lasciare che le cose scivolassero dalle mie labbra quando non era il caso, vero?

 

"È- è solo- no, niente," balbettai, "devo andare a pranzare adesso, quindi-"

 

"No, no, no," disse, scuotendo la testa determinata, "non puoi dire queste cose e poi rifiutarti di spiegare, le amicizie non funzionano in questo modo."

 

Il mio cuore fece un piccolo salto felice quando disse la parola 'amicizie', ma per non apparire del tutto, beh... morto socialmente più di quanto già fossi, non commentai.

 

"È una storia lunga," dissi dopo un paio di secondi di esitazione, "o, non è necessariamente lunga, ma è un po' stupida, credo. Imbarazzante."

 

Mi guardò con sguardo inquisitore per un momento o due prima di offrirmi un debole sorriso. "Okay, vuoi uscire di qui?"

 

Era così importante?

 

"Cosa? Perché?"

 

"Potremmo pranzare in quella caffetteria del teatro e poi potresti raccontarmi di questa stupida storia della quale stai parlando."

 

"Ma- sarò in ritardo per la prossima lezione," dissi, pensando che ci sarebbero voluti almeno quindici minuti per arrivare alla caffetteria che aveva menzionato, "e comunque, come ci arriveremo?"

 

"Con l'auto di Liam," disse facilmente. "Allora, che ne dici? Vuoi pranzare con me?"

 

Ci pensai un attimo, ma giunsi subito alla conclusione che se avessi accettato o meno la sua offerta probabilmente avrebbe comunque scoperto la verità in un modo o in un altro - la gente sembrava farlo bene in quei giorni. E inoltre, ero affamato e ingerire qualcosa che non provenisse dalla mensa scolastica mi tentava abbastanza. 

 

"Si, va bene, pranzerò con te," dissi.

 

Il suo viso si illuminò. "Si?"

 

Annuii, pensando che fosse bello che lui volesse pranzare con me. Okay, era perché voleva scoprire cosa era successo tra me e Harry, ma comunque; voleva pranzare con me. Mi sarei potuto abituare a tutta quella cosa dell'avere amici. 

 

"Okay, figo," disse, "andiamo allora."

 

"Cosa? Adesso? Non devi incontrare Liam in modo che ti dia le chiavi della macchina?"

 

"Lo chiamerò quando usciremo da qui," disse mentre riprese a camminare, "devo comunque parlargli."

 

Camminammo attraverso la folla e uscimmo dall'edificio senza urtare troppe persone, anche se notai gli sguardi strani che Zayn otteneva, probabilmente a causa del fatto che stesse camminando con me tra tutti. L'auto di Liam era parcheggiata in un piccolo parcheggio dietro la scuola che non veniva mai utilizzato perché troppo lontano.

 

"È un po' paranoico," rispose Zayn alla domanda che non avevo nemmeno posto, mentre estraeva il cellulare dalla tasca. "Liam, per i ladri e cose simili," aggiunse in spiegazione allo sguardo confuso che gli mandai.

 

"Ha questa idea che le persone in realtà sappiano che stiamo insieme, ma invece di attaccarci direttamente, iniziano a recare danni ai nostri armadietti, auto e così via. Ho provato a dirgli che è pazzo, ma non capisce."

 

Sorrise e scosse la testa affettuosamente prima di sollevare il suo cellulare all'orecchio. Non risposi, ricambiai solo il sorriso e mi persi nei miei pensieri. Loro - Zayn e Liam - rischiavano tantissimo facendo quello che stavano facendo. Essere in una relazione con qualcuno del tuo stesso sesso durante il liceo è sempre stato duro, e chiunque avrebbe osato fare un passo avanti sarebbe stato coraggioso ai miei occhi. Ma per due ragazzi entrambi giocatori della squadra di calcio della scuola che  stavano insieme? Avrebbero, senza dubbio, preso dei calci nel culo se qualcuno lo avesse scoperto.

 

Se si fosse scoperto che i due stavano insieme felicemente da oltre un anno, non sarebbe importato che per tutta la scuola fossero degli eroi. Sarebbero stati considerati come emarginati, sarebbero stati costretti a lasciare la squadra di calcio, molti dei loro amici avrebbero potuto tagliare la corda e il loro alto stato sociale sarebbe affondato come una roccia nell'acqua.  Nonostante quello, avevano scelto di stare insieme. Conoscevano le possibili conseguenze di ciò che stavano facendo, ma sembrava che si preoccupassero più l'uno dell'altro piuttosto che della loro vita sociale. Mi piaceva. Era dolce, forse un po' troppo travolgente.

 

"Sarà qui tra un minuto," disse Zayn bloccando i miei pensieri.

 

Lo guardai con stupore. "Uhm, cosa?"

 

"Liam, sarà qui tra un minuto con le chiavi," ripeté, sorridendo vagamente, "dove hai la testa?"

 

"Da nessuna parte, stavo solo... pensando," dissi.

 

"Immagino che tu lo abbia fatto molto recentemente," disse, appoggiandosi contro la macchina e guardandomi con fronte corrugata.

 

"È più o meno l'unica cosa che sto facendo negli ultimi cinque mesi," dissi ridacchiando, "è difficile non pensare, sai? Oltre a dover affrontare le cose normali come la scuola, la famiglia e... provare sentimenti per qualcuno che non mi vuole, c'è anche il fatto che ho delle dirette responsabilità per un'altra vita oltre la mia. Quindi si, sto pensando molto."

 

"Va tutto bene, vero?"

 

"Considerando tutto quello che è successo ultimamente, va tutto bene, si," dissi con una scrollata di spalle. "E anche il bambino. Almeno dormo di notte, che è già qualcosa."

 

Sorrise. "Suppongo di sì. Come... o, beh, mi dispiace dirlo, ma sei piuttosto... grande-"

 

"Non mi dire," lo interruppi con uno sguardo miserabile verso il mio stomaco, che, anche attraverso il maglione, una felpa e una giacca, era abbastanza evidente.

 

"Si, beh, è normale," disse una segno di scusa, "ma comunque, non è faticoso camminare in giro tra tutte le lezioni e le altre cose?"

 

"Certo che lo è," dissi, roteando leggermente gli occhi, "ma non ho molta scelta, a meno che non voglia essere bocciato."

 

La piega sulla sua fronte diventò più profonda.

 

"L'ho capito, ma solitamente le persone incinte normalmente non dovrebbero riposare a questo punto della gravidanza?"

 

"Uhm, no, solo se ci sono delle complicazioni," dissi, ricordando qualcosa che avevo letto qualche settimana prima nel libro che Harry mi aveva comprato. "È tutto nella norma nel mio caso. Beh, a parte il fatto che sono incinto."

 

"Immagino, ma... non credo che sia un bene per te o per il bambino che tu sia così tanto stressato," disse, stringendosi il labbro inferiore.

 

"No sono stressato," dissi con una piccola risata, "vivo la mia vita nel modo in cui dovrei."

 

 

"Non credo che al tuo bambino piaccia come stai vivendo la tua vita," disse con un piccolo broncio.

 

"Beh, se non gli piace può dirmelo calciando o provocandomi dolore," dissi, "fino a quando non lo farà, continuerò a fare quello che ho sempre fatto."

 

Sospirò, guardandomi sconfitto, ma poi annuì. 

 

"Va bene, va bene," disse. "Ma per favore, se dovesse succedere qualcosa di brutto, vai da un medico o chiama immediatamente qualcuno."

 

Vidi lo sguardo preoccupato che aveva e sorrisi debolmente.

 

"Sei preoccupato," dichiarai.

 

"Beh, si, ovvio che lo sono," disse, "siamo amici e sei incinto e oltretutto chiaramente stressato, è naturale che sia preoccupato."

 

Le mie guance si scaldarono un po' e stavo per pronunciare un 'grazie' quando sentii dei passi che si avvicinavano dietro di me e mi voltai per scoprire Liam che veniva verso di noi.

 

"Eccoti qui," disse Zayn prima di passarmi affianco e avvolgere le braccia intorno a Liam, tirandolo in un abbraccio stretto.

 

"Ci hai messo più di un minuto," lo sentii mormorare contro il suo collo.

 

Per fortuna, si allontanarono l'uno dall'altro dopo qualche secondo, risparmiandomi così la sensazione di essermi intromesso in qualcosa di personale.

 

"Stai bene, Louis?" chiese Liam guardandomi con un braccio attorno alla vita di Zayn.

 

"Sto bene," dissi, chiedendomi quante volte mi avevano posto quella domanda nel corso dell'ultimo mese.

 

Sorrise brevemente prima di rivolgere la sua attenzione a Zayn.

 

"E tu come stai?" chiese poi, la sua voce un po' più civettuola di quanto mi aspettassi.

 

Zayn gli sorrise e vidi la sua mano trovare strada verso l'anca di Liam. 

 

"Benissimo," disse, "e mi stavo chiedendo se sei ancora favorevole per stasera."

 

"Stai scherzando? Sto aspettando da un mese," disse Liam con un sorriso che era talmente tenero che fece in modo di farmi contorcere dentro; mi sentivo veramente come se fossi un intruso in qualcosa di personale, anche se rimasi lì e non dissi una parola. "Anche se mi rompessi entrambe le gambe all'allenamento, lo faremo lo stesso."

 

Zayn ridacchiò a quello - e io resistetti all'impulso di ridere - e sporse il suo viso in modo che le sue labbra sfiorassero quelle di Liam.

 

"Bene," disse, "anche io non vedo l'ora."

 

"Lo so," mormorò Liam prima di chiudere la distanza tra loro e premere un bacio profondo e dolce sulle labbra di Zayn. Durò solo un paio di secondi, ma notai il modo in cui entrambi i loro corpi sembrarono rilassarsi non appena le loro labbra si toccarono e come le loro mani in qualche modo si trovarono e si intrecciarono. 

 

"Dovremmo andare," mormorò Zayn quando si separarono, "ma ci vediamo alle 19? Ho dei compiti che devo recuperare, quindi non ci sarò all'allenamento. Lo puoi dire al coach, si?"

 

"Si, certo," rispose Liam, sbattendo il naso contro quello di Zayn prima di lasciargli la mano e fare un passo indietro. Tirò fuori una serie di chiavi dalla tasca e le consegnò a Zayn, che le accettò con un gentile inchino.

 

"Aggiornami se succede qualche cosa, ok?" aggiunse.

 

"Certamente," disse Zayn con un ampio sorriso.

 

"Alla faccia della riservatezza," mormorai.

 

"Ci vuole più di un cervello per capire il tuo modo di pensare," disse Zayn facendo spallucce.

 

Optai per il non rispondere e invece offrii a Liam un sorriso prima di andare verso il lato del passeggero e aspettare che Zayn aprisse la macchina. Lo sentii dire un rapido 'ciao, amore' a Liam prima che un piccolo suono mi disse che aveva aperto l'auto.

 

"Allora, pranzo," disse una volta che si sedette sul sedile e chiuse la portiera, "vuoi andare in qualche caffetteria o hai altro in mente?"

 

"Finché hanno cibo, sono felice," dissi dopo aver messo la cintura di sicurezza. "Oppure, qualcosa di salato o piccante suona bene. Patatine fritte. O... forse tacos. Non lo so. Scegli tu."

 

"E se andassimo da TGI Friday's e prendessimo un hamburger con contorno di patatine salate e croccanti?" disse mentre cambiava marcia e faceva partire l'auto.

 

"Si, per favore," dissi con un gemito al pensiero di patatine fritte... salate, speziate e croccanti...

 

"Dovresti lavorare un po' su quell'espressione," ridacchiò. "Cerca di non apparire come se stessi per avere un orgasmo quando ti portano le patatine, okay?"

 

Stavo per dire che qualunque fosse la faccia che stavo facendo in quel momento probabilmente non era la mia faccia-da-orgasmo, ma riuscii a fermarmi prima di farlo. Per fortuna. La mia faccia era ancora rossa e mormorai un imbarazzato 'si, si' in risposta.

 

Il tragitto in auto fino a Friday's fu breve e quando entrammo nel ristorante - o in qualsiasi altro modo poteva essere chiamato - non c'erano troppe persone. Ero abbastanza grato di quello, come se condividere un pranzo con Zayn non fosse una cosa che volessi far sapere a tutti. Una cameriera bassa e bionda con un viso carino e una camminata galoppante venne verso di noi e notai, con lieve divertimento, che stava apertamente e senza vergogna mandando occhiate a Zayn.

 

Lo notò anche Zayn, perché appena ci sedemmo in un tavolo vicino alla finestra e la cameriera prese i nostri ordini di cibo e se ne andò, scoppiò a ridere. 

 

"Non credo emani la sensazione di essere gay," disse, "buono a sapersi, suppongo."

 

"Pensavo che tu non fossi gay," dissi sollevando le sopracciglia, "pensavo fossi gay solo per Liam."

 

Lui scrollò le spalle. "Suppongo. Non sento veramente la necessità di capire se potrei stare con un altro ragazzo oltre Liam comunque, perché non ho intenzione di far finire le cose con lui molto presto. Ma non lo so, forse potrei stare con un altro ragazzo. Adesso è difficile dirlo."

 

"State ancora pensando di andare all'università insieme?" chiesi, ricordando quello che mi avevano detto sul fatto di voler stare insieme dopo il liceo.

 

"Si, certo," disse con un sorriso morbido. "Noi non- o, abbiamo trascorso così tanto tempo a fare attenzione e quelle cose lì e ora vogliamo davvero andare via, in modo da poter stare insieme come ogni altra coppia senza essere giudicati."

 

"Deve essere dura," riflettei. "Quanto state insieme ora?"

 

"Non tengo il conto esatto come Liam," dissi con un sorriso curvo, "ma circa un anno e tre mesi, credo. Il nostro primo anniversario è stato tre giorni dopo natale, quindi... si, circa un anno e tre mesi."

 

"Un anno e tre mesi," dissi, "è un periodo molto lungo da trascorrere nascosti."

 

"Beh, abbiamo tipo... non lo so, cazzeggiato e cose cosi per mezzo anno, prima di metterci insieme, quindi è qualcosa come tre anni e nove mesi."

 

"Wow, quasi due anni interi a nascondervi," dissi scuotendo leggermente la testa, "è abbastanza... impressionante. Sono un po' sorpreso che non siate stati scoperti da nessuno."

 

"Ci siamo andati vicini un paio di volte, credimi," disse, "Niall ha la cattiva abitudine di non bussare prima di entrare in una stanza e abbiamo dovuto inventarci alcune scuse patetiche del perché fossimo sdraiati mezzi nudi l'uno sopra l'altro. È troppo rilassato e pigro per preoccuparsi di pensare troppo a ciò che vede e sente, quindi dubito che sospetti qualcosa. Harry d'altra parte... riesce a leggere tutto e anche se lui ci ha quasi visto una volta, non credo che siamo riusciti a convincerlo che non fosse nulla."

 

"Si, lui... mi ha parlato di questo," dissi, spostandomi un po', "ma penso di averlo messo fuori pista," aggiunsi rapidamente quando gli occhi di Zayn si spalancarono comicamente.

 

"Mi ha detto che è entrato nella stanza e tu e Liam avete praticamente fatto un salto."

 

Zayn sospirò e si sfiorò il ponte del naso.

 

"Immagino che dovremmo iniziare a chiudere le porte a chiave, vero?"

 

"Non è una cattiva idea se non volete essere scoperti," dissi.

 

Mi fermai per un momento, ma poi continuai. "Ma... se non ti dispiace," cominciai esitante, guardando la sua reazione, "non credo che a Harry o Niall importerebbe se faceste coming out. O, non conosco Niall molto bene, ma ad Harry andrebbe bene, ne sono certo."

 

La cameriera tornò con le nostre bevande e bloccò la conversazione mentre mise due bicchieri di Coca Cola sul tavolo, facendo un ampio e - dal mio punto di vista - ridicolo sorriso a Zayn, poi si allontanò con un ondeggiamento leggermente esagerato dei fianchi. 

 

"No, sicuramente nessuna sensazione gay," dissi, guardandola con le sopracciglia sollevate.

 

Ridacchiò prima di prendere un sorso della sua Coca Cola e deglutire. Passarono due o tre secondi e poi sospirò.

 

"Non è che non pensiamo che loro possano essere d'accordo con questo," disse.

 

Rimasi confuso per mezzo secondo prima di capire di cosa parlava. 

 

"Oh, giusto," dissi, "allora perché non volete che loro lo sappiano?"

 

"Più persone lo sanno, più è facile che le cose perdano il controllo," rispose. "Non che loro lo direbbero volutamente, ma sai... potrebbero ubriacarsi ad una festa e poi urlarlo a chiunque, oppure potrebbero parlarne in qualche luogo pubblico e farsi sentire da qualcuno, cose così. E comunque è per pochi mesi ancora. Lo diremo a tutti appena ci diplomeremo."

 

"Beh, se ti può consolare, Harry mi ha detto due volte che non gli importerebbe se due di voi stessero insieme, quindi se otterrete una brutta reazione da lui, probabilmente sarà perché glielo avete tenuto nascosto per così tanto tempo, non per il fidanzamento in sé."

 

Lui sorrise. "Ci aspettiamo una brutta reazione a causa di questo, ma capiranno una volta che spiegheremo tutto, ne sono sicuro."

 

"Spero per te di si."

 

"Cosa? Pensi che non capiranno?"

 

Mi strinsi nelle spalle, sentendomi improvvisamente impotente. 

 

"Non lo so. Se i miei migliori amici mi avessero tenuto nascosto un segreto del genere per così tanto tempo, probabilmente mi sarei arrabbiato parecchio e sarei rimasto sconvolto dal fatto che non si fossero fidati abbastanza da dirmelo. Ma comunque, credo che avrei capito una volta date le giuste spiegazioni."

 

"Spero anche loro," disse, con sguardo apparentemente preoccupato.

 

"Sono sicuro che lo faranno," dissi, cercando di fare un sorriso confortante. "Com'è comunque?" aggiunsi, provando a virare i suoi pensieri su qualcosa di diverso.

 

Mi mandò un'occhiata. "Com'è cosa?"

 

"Tu e Liam, il vostro rapporto, avere un ragazzo. Tutto quello."

 

"Oh," disse, la voce improvvisamente morbida e un piccolo sorriso che alzava gli angoli delle sue labbra. "È... bellissimo, in pratica."

 

"Ahah, così incredibilmente elaborato," dissi, incapace di trattenere un'espressione divertente sul mio viso.

 

Guardò verso il basso per qualche secondo, apparentemente molto pensieroso, ma poi alzò lo sguardo e sorrise ampiamente.

 

"È veramente incredibile," disse, giocando con le mani che stavano appoggiate sul tavolo, "hai l'amico migliore al mondo, ma ti fidi di lui come se fosse un familiare, capisci cosa voglio dire? Ed è come... se tu avessi qualcuno che ti scopasse fino a perdere i sensi su un materasso, fino a quando non vedi le stelle e non riesci a sentire le gambe, come un amico con benefici, ma allo stesso tempo qualcuno che ti porta a cena, ti coccola, bacia la tua fronte e ti manda messaggi stupidi e carini nel bel mezzo della notte senza nessun apparente motivo."

 

Si fermò e rise un po' prima di continuare.

 

"Sembra tutto così stupido, ma è davvero... fantastico. Avere qualcuno che sai che ti ama e che si butterebbe sotto un autobus per te."

 

"Suppongo che tu non voglia che succeda," dissi scettico.

 

"Preferirei di no, ma il punto è che so che lo farebbe. È bello. In un... modo macabro."

 

"Mm, si. Come vi siete messi insieme comunque? Non credo che uno di voi sia andato dall'altro e abbia detto 'ehi, mi piaci, vuoi uscire qualche volta?'"

 

"No, non esattamente," disse. "Noi... beh, abbiamo organizzato questa maratona di film insieme a Harry e Niall durante le vacanze estive dopo il primo anno. Era abbastanza tardi, avevamo bevuto tutti delle birre ed Harry e Niall erano già svenuti. Io e Liam eravamo seduti sul divano e non so come, finimmo l'uno sull'altro e ci baciammo. Non è andata oltre, ma fu imbarazzante le settimane dopo, prima di avere il buon senso di sederci e parlarne. Abbiamo concordato che era stato solo un errore da ubriachi e avremmo dovuto dimenticare. L'ho odiato ad essere onesti, ma non potevo andare a dirgli che avevo apprezzato quel bacio, quindi ho lasciato perdere, sai?"

 

"Sono abbastanza sicuro che non sia la fine della storia."

 

"No, abbiamo iniziato ad uscire più spesso insieme, non so davvero chi ha iniziato, ma in ogni caso, di solito eravamo solo noi due, e un giorno è solo... accaduto, credo. Non ci fu nessun dramma o altro, ci siamo semplicemente baciati di nuovo, poi abbiamo parlato e andiamo deciso di fare con calma. E poi ci siamo messi ufficialmente insieme dopo Natale. Non è di certo la storia interessante che avevi immaginato."

 

Gli sorrisi e mi strinsi nelle spalle. 

 

"Non tutto deve essere eccitante," dissi, "è bello anche con cose semplici. Non tanti drammi e problemi e... si."

 

Il nostro cibo arrivò subito dopo, ma diedi solo un morso al mio hamburger - concentrandomi sul non fare facce-da-orgasmo - prima che Zayn parlò di nuovo.

 

"Okay, quindi, vuoi aggiornare me adesso? Cosa è successo tra te e Harry?"

 

Mi guardò in attesa e io inghiottii una patatina che avevo appena messo in bocca prima di sospirare. "Vuoi che te lo dica adesso?"

 

"Potrei avere qualche intrattenimento mentre mangio, quindi si, per favore."

 

Roteai gli occhi. "Grazie per vedere i miei problemi come un intrattenimento," dissi.

 

"Prego. Ora racconta."

 

E così glielo dissi. Gli raccontai della conversazione che avevo sentito tra lui e Harry, gli dissi del discorso che avevo affrontato con Harry a casa mia, di quanto avevo cercato di evitarla, ma come era tornata a galla poco dopo, di come aveva intenzione di baciarmi, ma che in realtà era solo per avere una risposta al fatto se mi piacesse o meno, come avessi reagito rifugiandomi in bagno e di come avevo iniziato a piangere, come avessimo litigato subito dopo e come avesse finito per baciarmi, come una sorta di premio di consolazione per quello che aveva fatto. 

 

Quando avevo terminato di raccontare la storia dopo aver parlato per quindici minuti senza fermarmi, Zayn mi guardava a bocca aperta.

 

"Okay, prima di tutto," cominciò, guardandomi ancora stupefatto, "mi dispiace che tu abbia ascoltato la nostra conversazione."

 

Agitai la mia mano in aria; quella non era parte delle mie preoccupazioni.

 

"In secondo luogo," continuò, "non posso credere che abbia tirato una mossa da stronzo come quella. Fingendo di volerti baciare, pur sapendo della possibilità che ti piacesse? È parecchio insensibile."

 

"Questo è quello che ho pensato," dissi, sentendomi un po' infelice pensando a quel giorno. "Si è scusato dopo, ma lo fa tutto il tempo sai? Fa qualche stupida cazzata e poi si scusa e si aspetta che tutto vada bene. È frustrante."

 

"Si, lo so," disse, sfregandosi la fronte, "è un'abitudine che ha sempre avuto."

 

"Dovrebbe smetterla di farlo."

 

"Dovresti dirglielo."

 

"L'ho fatto. Lunedì."

 

"Che cosa? Avete parlato lunedì?"

 

"Si, è venuto a portarmi lo zaino che ho lasciato-"

 

"Oh, si, giusto, l'hai dimenticato nel nostro tavolo in mensa."

 

"Si. Così abbiamo iniziato a litigare e gli ho detto, anzi urlato, che deve smettere di dire e fare tutta quella merda che presumibilmente non vuole dire e fare. Non so nemmeno se abbia capito, ma almeno gliel'ho detto."

 

Mi guardò un po' come se mi stesse valutando, ma poi sospirò pesantemente e trascinò una mano sul viso.

 

"Senti, io non- non posso dire con certezza cosa succede nella testa di Harry tutto il tempo e ultimamente è stato più misterioso del solito. Ma non credo che ti abbia baciato perché gli dispiaceva per te. Non lo credo davvero. Harry non va in giro a baciare tutti come una puttana che apre le gambe e... so che non mi crederai appena te lo dirò, ma sinceramente penso che abbia scelto di baciarti perché voleva farlo. Forse non era se stesso al cento per cento, ma credo davvero che ti abbia baciato perché effettivamente ricambia i tuoi sentimenti."

 

"Sei pazzo," dissi, le mie guance rosse, "se fosse così, me lo avrebbe detto quando ha scoperto i miei sentimenti verso di lui".

 

"Non necessariamente. Ha una fidanzata e continua ad insistere sul fatto che sia etero, quindi lui-"

 

"Zayn, per favore," lo interruppi con una supplica, "non voglio sentire questo, non ho bisogno di sentirlo, rende solo le cose più difficili. Ti ho detto cosa è successo, possiamo solo... lasciar perdere?"

 

Mi inviò un piccolo sorriso triste prima di annuire. "Si, certo."

 

Mangiammo il resto dei nostri pasti in un silenzio confortevole e quando finimmo l'orologio segnava quasi le due del pomeriggio e decisi che non c'era nessuna ragione per tornare a scuola.

 

"Ti dispiace accompagnarmi a casa?" chiesi una volta pagato il conto mentre tornavamo alla macchina.

 

Mi rivolse uno sguardo sorpreso. "Certo, ma non hai più lezioni?"

 

"Si, ma sono stanco e tutto il mio corpo è affaticato," dissi, "credo di aver bisogno di dormire per un paio di ore."

 

La sua sorpresa si trasformò in preoccupazione. "Sicuro di stare bene?"

 

"Si, sono sicuro," dissi con un sospiro leggermente esasperato.

 

"È da molto che non vedi il medico?"

 

"No, mamma, non da tanto."

 

Sorrise debolmente. "Sono serio."

 

Arrivammo all'auto e aspettai di rispondere fino a che non fummo entrambi seduti all'interno del veicolo e Zayn avviò il motore.

 

"È passato un po' di tempo," ammisi, "sarei dovuto andare quel venerdì, ma... beh, non sono andato perché mi sono addormentato e ho dimenticato di mettere la sveglia, e non ne ho fissato un altro."

 

"Fallo allora," disse mentre uscì dal parcheggio e si immise sull'autostrada. "Seriamente, fissa un nuovo appuntamento il più presto possibile."

 

"Gesù, sei insistente," dissi sbuffando.

 

"Voglio solo ciò che è meglio per te e per il bambino."

 

"Si, lo so. Grazie. Chiamerò la dottoressa una volta tornato a casa."

 

I suoi occhi erano diretti verso la strada, ma lo vidi sorridere. "Bene."

 

Passammo il resto del viaggio parlando della scuola, degli esami finali, dei piani per l'università e cose del genere, e quando arrivammo davanti a casa mia, mi disse un rapido 'stai attento, ok?' prima di darmi una pacca dolce alla spalla.

 

"Si, certo," dissi. "E divertiti al tuo... appuntamento?" aggiunsi, guardandolo in modo interrogativo.

 

Sorrise ampiamente. "Si, andremo in un ristorante a Manchester."

 

"Manchester?" chiesi sorpreso, "è tipo ad un'ora di macchina."

 

"Fondamentalmente zero possibilità di essere scoperti," disse come spiegazione, "e anche i suoi genitori e le sue sorelle sono fuori città, quindi dopo abbiamo la casa tutta per noi."

 

"Ho capito," dissi, sentendo le guance riscaldarsi.

 

"Smettila di pensare ai doppi sensi, finiremo a guardare un film e addormentarci sul divano."

 

Alzai le sopracciglia e lui sorrise.

 

"Probabilmente no okay," disse, "sono passati anni da quando siamo rimasti soli, quindi-"

 

"Ho capito, ho capito," lo interruppi, il mio volto sempre più caldo, "vado ora, quindi... si, ciao, divertiti stasera."

 

Stava ancora sorridendo ampiamente quando uscii dall'auto e lo vidi cominciare a ridere mentre si allontanò.

 

Il mio stato d'animo era abbastanza buono e sorrisi leggermente mentre camminavo verso la porta d'ingresso di casa mia; ero riuscito a passare un paio d'ore con qualcuno che non faceva parte della mia famiglia o di Eleanor senza rendermi stupido in un modo o in un altro, e sembrava che anche Zayn si fosse divertito. Mi diedi un cinque mentalmente.

 

Ma poi entrai in casa e il mio buon umore scomparì rapidamente di... beh, qualcosa che scompare rapidamente. 

 

"Ciao, mamma," dissi mentre entrai in cucina dopo aver tolto le scarpe e la giacca. 

 

Era seduta vicino al tavolo, leggendo un giornale e non mi guardò nemmeno quando mi sentì parlare, tantomeno rispose al mio saluto e il mio cuore affondò un po'. Per quanto tempo avrebbe continuato a trattarmi con freddezza? Non aveva parlato con me ieri e nemmeno questa mattina e... ora era pomeriggio e lei era ancora arrabbiata con me? Okay, un giorno non era poi così tanto, ma pesava quando tua mamma non ti aveva parlato.

 

"Okay, vado," dissi prima di tornare indietro e lasciare la stanza. Presi la mia borsa dal pavimento accanto alla scala e la salii con passi lenti. C'era musica proveniente dalla stanza di Owen e invece di andare in camera mia, mi diressi verso la sua. Bussai un paio di volte, ma la musica non si fermò e non ricevetti risposta, quindi bussai di nuovo.

 

E di nuovo.

 

E di nuovo.

 

Quando bussai per la sesta volta, il volume diminuì un po' e un 'cosa?' risuonò dall'altra parte della porta.

 

"Sono io," dissi, "posso entrare?"

 

"Oh, certo," lo sentii dire, un po' più calmo. 

 

Aprii la porta ed entrai, trovando Owen gettato sul letto... con una sigaretta accesa in mano mentre del fumo usciva dal suo naso?

 

"Tu fumi?" chiesi, sollevando le sopracciglia mentre chiudevo la porta dietro di me e mi sedevo sulla poltrona accanto alla scrivania.

 

"Non proprio," disse con un sospiro stanco, "solo qualche volta quando sono stressato o cose così."

 

"Allora puoi essere stressato quando non sono qui? Il fumo non fa bene al bambino."

 

"Oh, giusto," disse, sedendosi correttamente con un movimento pesante e spegnendo la sigaretta su un portacenere sopra il suo comodino.

 

"Che succede?" chiese quando si sdraiò di nuovo.

 

"Ho detto tutto alla mamma e ora mi odia," dissi con voce seria, immaginando che non ci fosse bisogno di girare intorno alla questione.

 

"Ah, ecco perché sta facendo la stronza da ieri."

 

Scrollai le spalle inevitabilmente. "Suppongo di si. Scusa."

 

"Perché glielo hai detto allora? Lo sai com'è fatta, sapevi sarebbe finita male," disse, anche se non sembrava arrabbiato, solo un po' confuso.

 

"Non ho avuto molta scelta," dissi, "ha insistito con il fatto che dovessi iniziare a correre, ma ovviamente non posso farlo e non voleva desistere perché, beh, è mamma, e ho finito per urlarle che sono incinto. Non è finita così bene, e sa anche che sono gay. Non che creda che sia incinto. O che sia gay, ma è comunque incazzata."

 

Roteò gli occhi. 

 

"Porterà un prete qui uno di questi giorni, ne sono certo," disse, "per provare ad esorcizzarti o qualcosa del genere."

 

"Si, grazie per avermelo fatto immaginare," dissi con una smorfia, anche se dentro di me pensavo che la possibilità che mia mamma volesse farmi esorcizzare non era affatto improbabile.

 

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Capitolo 24
*** 24. Good night, sleep tight. ***


CAPITOLO 24

Buon notte, dormi bene.

 

 

Pensavo che mia madre avrebbe smesso di ignorarmi dopo tre giorni, al massimo quattro, ma mi ero estremamente sbagliato. Il resto di quella settimana passò nel silenzio, o almeno mamma stava in silenzio; Owen e Ian mi avevano trattato nello stesso modo di sempre, e fui grato per quello. Non che mi aspettassi di qualcos'altro da Owen, ma ero un po' preoccupato che mia madre avesse detto a Ian tutto quello che le avevo rivelato, ma sembrava che avesse tenuto la bocca chiusa.

 

Come promesso a Zayn, fissai un nuovo appuntamento con la dottoressa per lunedì 4 Aprile e mi fu detto che tutto stava andando per il meglio, ma che avrei dovuto riposarmi e stare a casa il più possibile. A causa di tutto il tempo che avevo passato a casa per più o meno l'intero anno scolastico, pensai 'beh, fanculo' e rimasi a casa praticamente sempre tranne per le lezioni di matematica, che sapevo di dover seguire per tenere il passo. La data dell'appuntamento del medico segnava anche la trentatreesima della gravidanza. Avrei voluto piangere quando mi aveva fatto salire sulla bilancia e aveva misurato il mio peso di settantanove chili. Settantanove. Ma, come al solito, mi aveva assicurato che era completamente normale e che sia il bambino che io eravamo sani. Avevo fissato un nuovo appuntamento per lunedì 19 aprile alle 15:00 e mi chiesi per un momento se Harry e io avremmo risolto per quel giorno. Probabilmente no se le cose fossero continuate sulla stessa pista di quel momento. 

 

Non chiesi niente al medico riguardo la possibilità di cercare di capire quale mutazione avesse il mio corpo che mi permetteva di poter avere il bambino e nemmeno lei ne parlò. Anche se io ed Harry avevamo litigato, volevo comunque che fosse presente quando mi sarei dovuto sottoporre ad un sacco di test, ecco perché avevo tenuto la bocca chiusa su quella questione in particolare. Ma poi ancora, volevo scoprire cosa ci fosse di sbagliato nel mio corpo - mi sembrava un po' necessario - e avevo paura che i medici non avrebbero saputo darmi risposte una volta che il bambino sarebbe nato. Mi erano rimaste solo circa sei o sette settimane di gravidanza a quel punto e quando di tornai a casa quel giorno dopo la visita, considerai effettivamente di chiamare Harry. Non lo feci però. Composi il numero tre volte, ma il mio nervosismo ottenne la meglio ogni volta e alla fine, con pura frustrazione, lanciai il mio telefono che colpì il muro della mia stanza prima di cadere in terra e rimanere lì.

 

E inoltre c'era la questione del dare o no il bambino in adozione. Era un'altra cosa della quale avrei dovuto parlare con Harry, perché era lui che voleva tenere disperatamente il bambino. Sapevo molto bene che farlo sarebbe stata una cattiva idea, la peggiore idea in realtà,  ma... Cristo, un bambino quasi completamente sviluppato era dentro di me! Stava calciando e si muoveva e gli parlavo tutto il tempo ed era mio; mio figlio, il mio bambino, non di una qualche coppia random. Era frustante pensarlo e mi venne in mente che l'ultima volta che avevo parlato con Harry di quello, aveva detto molto chiaramente che voleva tenere il bambino, cosa che aumentava la mia frustrazione perché secondo lui chi stava impedendo di prendere la decisione più grande e importante della mia vita ero... io. Io ero l'unica cosa che mi bloccava. Non che fossi al cento per cento sicuro che Harry volesse ancora tenerlo, ma poi di nuovo, solo perché era arrabbiato con me in quel momento, non significava che avesse smesso di interessarsi al bambino, vero? Probabilmente no. E la mia famiglia - almeno mia mamma e Owen - sapevano tutto, anche se mia madre non mi credeva, quindi dipendeva solo da me ora. Quello mi spaventava un po'.

 

 

Martedì, 5 Aprile 

Trentatré settimane e un giorno 

 

Il martedì della mia trentatreesima settimana mi trascinai a scuola, pensando che rimanere a casa non avrebbe risolto tutti i miei problemi. Il mio ventre a quel punto era così grande che non c'era davvero alcuna utilità nel cercare di nasconderlo correttamente, quindi misi semplicemente la solita felpa, una sciarpa intorno al collo e pensai che nessuno probabilmente avrebbe sospettato il fatto che stessi diventando grasso. Ottenni un sacco di sguardi strani, ma cercai di ignorarli il meglio che potevo guardando qualcosa di diverso, e sembrò funzionare. Ero però di pessimo umore, ma comunque seguii le due ore di matematica (che diavolo è quella merda?), due ore di storia (a chi cazzo importa di come il cristianesimo si diffuse in Europa?), mezz'ora di pausa pranzo (quel posto è rumoroso e disgustoso) e due ore di sociologia (perché qualcuno sente la necessità di capire perché le persone commettono crimini?). Quando la campanella suonò e annunciò la fine della giornata scolastica, ero così stanco e sconvolto che continuai a scontrarmi con le persone senza preoccuparmi di scusarmi come facevo di solito.

 

Vidi Harry e Niall, entrambi con il borsone per la palestra gettato sulle spalle, a pochi metri di distanza da me quando uscii dalla scuola e tentai di evitarli, quindi rientrai dentro per qualche minuto finché non fui sicuro che se ne fossero andati. Comunque, il comportamento immaturo sembrava essere diventato parte di me, quindi perché non continuare?

 

Nessuno era in casa quel pomeriggio quando entrai e sfruttai l'occasione per svuotare il frigorifero di tutto ciò che mi sembrava buono - se una macedonia di tre giorni fa può essere classificata come 'buona' - e poi mi sedetti sul divano in una posizione assolutamente poco attraente. Durante il giorno in televisione non c'era niente di speciale, ma riuscii a trovare un programma mezzo decente degli anni '90 e lasciai quello, troppo stanco per preoccuparmi di mettere un DVD.

 

Erano passate un paio d'ore quando mia madre e Ian tornarono a casa, mamma senza importarsi della mia presenza e Ian sorridendo, chiedendomi se avessi passato una bella giornata.

 

"Lunga, noiosa, stancante," risposi con una scrollata di spalle.

 

"Mi ricordo la scuola superiore come qualcosa del genere, si," disse, guardandomi dalla porta che conduceva al salotto. Fece una pausa per alcuni secondi, chiaramente pensieroso, prima di parlare nuovamente.

 

"Hai idea di cosa stia succedendo a tua madre di recente?"

 

Quindi non solo con me e Owen stava facendo la stronza, ma anche con Ian. Si era guadagnato un punto della mia simpatia per quello.

 

"Abbiamo avuto un piccolo... litigio martedì scorso," dissi, costringendo il mio viso a rimanere calmo e controllato. "Non è per qualcosa che hai fatto tu, sta solo sfogando la sua rabbia contro di me su di te. Scusami."

 

Lui sospirò. "Sa come tenere il broncio, eh?"

 

"Probabilmente le passerà prima di Natale. Però non te lo prometto."

 

Lui scosse la testa con ovvia esasperazione prima di girarsi e allontanarsi dalla mia vista.

 

*

 

Mercoledì era passato allora stesso modo del martedì e così anche giovedì. Non ero certo sul come comportarmi con tutto quello che stava accadendo; mamma, Harry, io, il bambino, tutto. Era tutto un grosso casino, come sempre, e lo affrontai nello stesso modo della settimana prima: essendo leggermente scontroso e parlando tanto con me stesso e con la mia pancia. Le cose erano semplicemente... normali e fastidiose e stupide, fino a venerdì pomeriggio. Fondamentalmente quando tutto divenne peggiore di quanto già non fosse.

 

Venerdì, 8 Aprile

Trentatré settimane e quattro giorni

 

Ero tornato a casa un paio di ore prima da scuola ed erano più o meno le 19 quando sentii un forte urlo dal piano inferiore che mi fece alzare lo sguardo dal libro che stavo leggendo. Rimasi seduto ancora per alcuni secondi, tendendo le orecchie per capire se ci sarebbero stati altri rumori, ma quando quasi mezzo minuto era passato in silenzio, tornai a leggere.

 

Il silenzio non durò per più di un minuto, ma questa volta non era il rumore di qualcosa che si rompeva, ma piuttosto una voce forte. Alzai lo sguardo e corrugai la fronte. Non riuscii a capire le parole che dicevano, ma sentii Ian che gridava e capii che era anche arrabbiato. O forse 'furioso' era più corretto.

 

Un pensiero speranzoso di 'forse finalmente andrà via' passò nella mia mente prima di darmi uno schiaffo mentale. Sentii la risposta di mia mamma dopo qualche altro grido di Ian, anche lei urlava, ma non sembrava arrabbiata. Questa era, per quel che ne sapevo, la prima volta che mia madre e Ian litigavano e non potei fare a meno di sentirmi curioso della causa del litigio. Conoscendo la mamma, probabilmente era colpa suo in un modo o in un altro.

 

Considerando che non captai nessuna delle parole che dicevano, mi annoiai presto ad ascoltare la loro discussione e ancora una volta continuai a leggere. Feci del mio meglio per ignorare le voci dal piano terra e funzionò abbastanza bene. Si, finché le voci cominciarono a diventare più chiare e forti rendendomi conto che fossero proprio fuori dalla porta della mia stanza. Quello mi rese ancora più confuso; perché erano saliti al piano superiore per litigare? Le uniche camere erano la mia, quella di Owen e un piccolo bagno, nessuno dei quali interessava a mia mamma e a Ian.

 

Almeno quello fu quello che pensai finché improvvisamente la porta della mia camera si spalancò ed entrò Ian, il volto rosso dalla rabbia, e mia mamma dietro di lui, per qualche motivo spaventata. Non avevo mai visto Ian arrabbiato prima di quel momento, ero sempre stato del pensiero che fosse troppo noioso per potersi arrabbiare, ma era abbastanza ovvio che mi ero sbagliato. Non lo dissi ad alta voce, ma in realtà sembrava abbastanza spaventoso.

 

"Cosa sta succedendo?" chiesi con attenzione, mettendo il mio libro sul comodino prima di guardare verso l'uomo furioso che stava in piedi alla fine del mio letto, mentre mi guardava.

 

"Che cos'è questa cazzata dell'essere gay?" sputò.

 

Sembrò che tutte le mie membra improvvisamente fossero scomparse e mi avessero abbandonato con un terribile vuoto e una malinconica sensazione. Per un po' di tempo non fui capace di dire o fare niente, tranne che fissare Ian con la bocca aperta come un pesce rosso. Davvero mia madre gli aveva parlato di quello? Perché diavolo lo avrebbe fatto se si era rifiutata di credermi? Spostai il mio sguardo verso di lei, ma aveva gli occhi fissi in un punto sulla sinistra del mio orecchio e sembrava intenzionata a non guardarmi negli occhi.

 

"T-tu glielo hai detto?"  riuscii finalmente a gracchiare, guardando intensamente a mia madre.

 

"Non cambiare argomento!" gridò Ian, facendo saltare sia me che mia mamma.

 

Sbattei le palpebre un paio di volte prima di guardarmi il grembo, non avendo più il coraggio di guardarlo negli occhi.

 

"Io- che sia gay o no, non sono affari tuoi," mormorai.

 

"Diavolo, si che sono affari miei!" ruggì, "pensi che voglia vivere nella stessa casa di un finocchio?"

 

Alzai la testa velocemente e inghiottii duramente.

 

"Beh, mi- mi dispiace-" cominciai, ma ancora prima di terminare la frase, lui continuò.

 

"Avere qualcuno come te metterà in cattiva luce noi, me, tua madre e tuo fratello! Come se  avere le dimensioni di una balena non fosse già abbastanza, sei anche gay! Cosa pensi che diranno i vicini di questo, eh?"

 

"Loro non lo-"

 

"Questo tipo di cose vengono sempre fuori, che tu voglia o no!"

 

"Beh, non ti riguarda e-"

 

"Certo che mi riguarda! Influenza anche tua mamma e tuo fratello!"

 

Lo fissai, cercando di capire dove volesse arrivare. Ma dalla sua espressione non trapelava niente, era arrabbiato e rosso come prima e ciò non mi lasciò capire nulla di quello che stava succedendo nella sua testa.

 

"E... c'è un punto per tutto questo?" chiesi esitante dopo qualche istante di silenzio.

 

La sua mascella si strinse in modo visibile e pensai brevemente come fosse incredibile che un uomo con un aspetto così banale e noioso  potesse assomigliare ad un orso grizzly arrabbiato.

 

"Si, c'è un punto per tutto questo," disse, la sua voce così calma da essere quasi spaventosa, "il punto è che è arrivato il momento di preparare una valigia e uscire da questa casa."

 

Sbattei le palpebre. Una volta. Due volte. Tre volte.

 

Preparare una valigia?

 

Uscire da questa casa?

 

"S-scusa?" balbettai, il mio cuore batteva forte contro la mia cassa toracica.

 

"Mi hai capito," disse, "prepara una borsa e esci da questa casa entro i prossimi trenta minuti."

 

"Non credo che tu possa sbattermi fuori da questa casa," dissi, ma la mia voce era debole e il mio labbro tremava di paura.

 

"Pensaci di nuovo," sputò, "la casa è di proprietà mia e di tua madre, cinquanta e cinquanta, e se dico che devi uscire, allora devi uscire."

 

"Se sono cinquanta e cinquanta allora suppongo che anche la mamma debba avere la parola," dissi, sentendomi fiducioso.

 

Non c'era modo che mia mamma permettesse ad un uomo che aveva conosciuto da meno di un anno di sbattere fuori il proprio figlio da casa sua. Non c'era modo.

 

"Ne abbiamo già parlato," disse Ian, prima che la mamma aprisse bocca, "e abbiamo constatato che sarebbe meglio per tutti se tu te ne andassi."

 

La mia bocca si spalancò e fissai mia madre con oggi sgranati.

 

"M-mamma?" sussurrai supplichevole, "tu- tu- non sei- non sei d'accordo con questo, vero?"

 

La vidi prendere un profondo respiro e poi, senza guardarmi, annuì. "Ascolta a Ian, Louis. Fai la valigia e lascia questa casa senza fare storie. Ci renderai tutto più facile."

 

Giurai che il mio cuore stava per uscire fuori dal mio petto e toccare il pavimento, per quanto stava battendo forte. Non riuscii più a guardare mia mamma, girai lo sguardo e fissai le coperte, anche se non le notai veramente. Ero appena stato buttato fuori di casa da un uomo che nemmeno un anno fa non avevo idea di chi fosse. Mamma era d'accordo, non c'era modo che non intendesse quello. Non era felice che fossi gay, no, ma lei non mi avrebbe mai buttato fuori di casa di sua spontanea volontà. Era tutta colpa di Ian, non avevo dubbi.

 

Il mio sangue stava scorrendo nelle orecchie e non ero abbastanza sicuro di cosa provassi oltre allo shock. Ero arrabbiato? Forse. Mi sentivo tradito? Possibile. Ero spaventato? Decisamente. Nessuno di quei sentimenti aveva un senso però, erano solo... lì, prepotenti, dicendomi che la mia vita era diventata dieci volte più difficile e senza speranza di quanto già non fosse. 

 

"Okay," mi sentii dire dopo un lungo momento, "okay, me ne andrò."

 

E con quello mi alzai dal mio letto, sentendomi come se il mio corpo avesse iniziato una propria vita e afferrai il mio cellulare dal comodino prima di passare affianco a Ian e mia mamma, fuori dalla mia stanza, giù per le scale e nell'ingresso. Mi misi un paio di scarpe e presi il cappotto dall'appendiabiti, notando a malapena mamma e Ian che mi guardavano dalla porta, prima di uscire.

 

Non appena mi trovai fuori, in mezzo alla strada, realizzai esattamente quello che era successo.

 

Ero stato cacciato dalla mia casa. La mia casa da quasi diciannove anni ed ero stato buttato fuori. Non sapevo dove andare, non avevo soldi, non avevo vestiti, niente cibo, nulla. Ero completamente solo e senza un posto in cui stare. Erano le 20, il cielo era quasi scuro e piccole gocce di pioggia cadevano costantemente dalle nuvole sopra di me, e sapevo che non potevo rimanere fuori ancora per molto tempo. Anche se era aprile, c'era ancora freddo e il cappotto che avevo preso non era il più caldo che possedevo. Inoltre, indossavo il pigiama. Se mi fosse venuta l'ipotermia avrebbe fatto sicuramente male al bambino.

 

"Cazzo," sussurrai a me stesso mentre cominciai a camminare lungo il marciapiede.

 

Dovevo trovare un posto dove stare per la notte e considerando che non avevo preso il mio portafoglio, non potevo pagare un hotel, avrei dovuto trovare qualcuno da cui poter dormire. Eleanor sarebbe stata un'opzione valida se non fosse per il fatto che casa sua era proprio accanto alla mia - o la casa che era mia - e quindi non andava bene.

 

Per quanto non mi piacesse il pensiero, l'unica altra valida opzione che avevo era quella di chiamare il ragazzo che l'ultima settimana avevo cercato di evitare come la peste. Mi fermai per un minuto, avevo bisogno di pensare correttamente.

 

Chiamare Harry.

 

Chiamare Harry.

 

Cattiva idea.

 

Unica opzione.

 

Imbarazzante.

 

Ancora l'unica opzione.

 

Possibilità di un crudele rifiuto.

 

Ancora non cambiava il fatto che fosse la mia unica opzione.

 

Con un grosso nodo di nervosismo e ansia, portai fuori il cellulare dalla tasca ed esitai prima di andare nell'elenco contatti. Mi fermai, mentre mi avvicinavo al nome Harry Styles e pensai di abbandonare l'idea, ma poi mi ricordai ancora una volta che chiamare Harry fosse l'unica opzione a meno che non volessi trascorrere la notte sulla panchina del parco. Solo il pensiero di quello mi fece tremare e prima di avere l'opportunità di ripensarci, premetti il tasto di chiamata e misi il telefono all'orecchio.

 

Ci vollero un bel po' di squilli, ma alla fine sentii rispondere e poi la voce profonda di Harry che diceva un semplice 'ciao?'

 

"Uhm, ciao," dissi in imbarazzo.

 

"Ciao? Perché cazzo stai chiamando?"

 

Sembrava infastidito, quasi arrabbiato, e mi morsi il labbro.

 

"Io... ho bisogno di un favore," mormorai, strisciando i piedi contro l'asfalto sotto di me.

 

"Un favore," ripeté, "hai bisogno di un favore. Da me. Grandioso."

 

"Harry, per favore," dissi, provando a mandare giù quello stupido nodo in gola.

 

"Di che diavolo hai bisogno?"

 

Respirai profondamente e pregai che non ridesse di me e attaccasse il telefono, prima di rispondere. "Ho bisogno di un posto in cui dormire stanotte."

 

Rimase in silenzio per un paio di secondi. "Perché?"

 

Lasciai uscire una breve risata, senza umorismo.

 

"Perché sono stato buttato fuori casa per essere gay."

 

Ancora una volta ci fu silenzio, un po' più lungo quella volta. Sentii il suo respiro dall'altra parte della linea, quindi almeno sapevo che non aveva attaccato. 

 

"Va bene, okay," disse alla fine, "dove sei?"

 

Sospirai dentro di me con sollievo. "A soli cento metri da casa mia."

 

"Sarò lì tra venti minuti."

 

"Grazie, davvero."

 

"Certo."

 

Con quello attaccò e mi lasciò di nuovo ai miei pensieri. Sentendomi troppo stanco per rimanere in piedi, mi sedetti sul pavimento, ignorando la sensazione di bagnato e freddo sul mio culo. Una volta che mi sedetti così, da solo nel bel mezzo della strada, fu semplice perdermi nei miei pensieri e lasciarmi affondare nella più totale depressione che era la mia vita. Mi sforzai di pensare a cose più semplici. Come la scuola. Quanto era triste il fatto che la mia vita fosse arrivata ad un punto in cui la scuola era l'aspetto più felice di essa?

 

Tuttavia, riuscii a mantenere la mia mente su quell'argomento, pensando al test di storia del rinascimento che avrei avuto il martedì dopo. L'epoca rinascimentale... la più stupida era di sempre. Eccetto per l'illuminismo e l'antico medioevo. Okay, forse non era così stupida. C'era sicuramente un sacco di gente stupida però. Martin Lutero e la sua stupida riforma, Nicolaus Copernico che si rifiutava di credere che gli stupidi pianeti si muovessero in stupidi cerchi ellittici... persone stupide.

 

Mentre ero seduto e mormoravo riguardo le persone rinascimentali, non notai dei passi che si avvicinavano rapidamente. Non fino a quando vidi, con la coda dell'occhio, qualcuno fermarsi proprio accanto a me.

 

"Non hai preso niente," disse mia madre, guardando verso di me con occhi che sembravano tristi. Mi porse una borsa, come per mostrarmi qualcosa, e la mise a terra accanto a me.

 

"Ti ho messo alcuni vestiti e delle scarpe, il tuo pc portatile, un paio di libri, il materiale scolastico e il tuo portafoglio."

 

Alzai lo sguardo per guardarla, senza dire niente, senza battere ciglio.

 

Gli angoli della sua bocca si incurvarono leggermente. "Mi dispiace veramente tanto, Louis," disse lei tranquillamente, "non volevo che si arrivasse a questo."

 

"Mi hai buttato fuori," dissi, guardandola senza alcuna espressione sul mio viso. "Ti ho detto che sono gay e che sono incinto e mi hai sbattuto fuori."

 

Notai il modo in cui la sua faccia si contrasse alla parola 'incinto', ma non commentò. 

 

"Come ho detto, mi dispiace," disse, "hai un posto dove stare per la notte? Ho messo duecento sterline nel tuo portafoglio, ne hai bisogno in più per l'hotel?"

 

"Non voglio niente da te," dissi piano, guardando verso terra. "Grazie per aver portato la mia roba. Puoi andare via adesso."

 

Non disse niente, ma sentii il suo sospiro. Con la coda dell'occhio, la vidi sposarsi e poi le sue labbra furono pressate sulla mia testa.

 

"Ti voglio bene, tesoro," disse lei, "per favore non odiarmi per questo."

 

E poi si allontanò e probabilmente non sentii il mio mormorio di 'troppo tardi, mamma'. Voltai la testa e la guardai mentre si allontanava da me, lasciandomi là fuori solo. Fu allora che la forza di tutto ciò che era accaduto mi colpì e prima di rendermene conto, un fiume di lacrime scorreva lungo le mie guance e singhiozzi soffocati uscirono dalle mie labbra.

 

Mia madre. La mia mamma. La mia mamma mi aveva buttato fuori di casa, senza apparire dispiaciuta dalla decisione; come poteva farlo? Come poteva un genitore farlo? Non avevo ancora finito il liceo, non avevo nessun lavoro e nessun modo per mantenermi; lei lo sapeva, eppure mi avevo chiesto di andarmene di casa... solo perché ero gay. Solo perché preferivo un ragazzo piuttosto che una ragazza, mi aveva buttato fuori. Per non perdere l'uomo che aveva conosciuto nemmeno un anno prima, aveva tradito il proprio figlio, mi aveva tradito. Quale genitore lo farebbe? Non mi amava? Era quella la ragione? Amava Ian più di me? Se così fosse, era solo perché ero gay o era sempre stato così? C'era qualcosa in me che urlava 'impossibile da amare'?

 

E fu così che Harry mi trovò dieci minuti più tardi, freddo e triste e mentre piangevo, per non parlare del fatto che sembrassi miserabile e patetico.

 

"Oh, Lou," sospirò quando uscì dalla macchina, che aveva parcheggiato in mezzo alla strada e si avvicinò a me. "Sei proprio un casino, lo sai?"

 

Lo guardai con gli occhi bagnati e tentai di sorridere, anche se probabilmente non ci riuscii. "Mi dispiace di averti chiamato," dissi, la mia voce un po' rauca, "non sapevo davvero chi altro... contattare, quindi ho pensato... si."

 

"Va bene," disse, "ecco, ti aiuto ad alzarti," aggiunse e mi tese entrambi le mani per poterle afferrare.

 

Faticai un po' prima di riuscirci, anche se con l'aiuto di Harry, e mi scusai almeno mille volte durante i trenta secondi che avevo impiegato per mettermi in piedi.

 

"Scusa, scusa," dissi quando ci riuscii, cercando di piegarmi per raccogliere lo zaino.

 

"Perché non lasci che lo prenda io e tu entri in auto invece?" disse, e con mio grande sollievo, sulle sue labbra aleggiava un sorriso.

 

"Sei sicuro?"

 

"È solo uno zaino, Lou, quindi vai a sederti in macchina prima che tu ti faccia male. O ne faccia a me."

 

Lei mie guance diventarono rosse, ma feci come mi aveva detto e mi sedetti sul sedile del passeggero. Harry arrivò pochi istanti dopo, e dopo aver chiuso la portiera, si girò per guardarmi.

 

"Allora, eccoci," disse, sollevando le sopracciglia leggermente, "un po' inaspettato."

 

"Si," dissi, "immagino che sia stato un po'... una merda chiamarti adesso quando ti ho ignorato per più di una settimana."

 

"Un po' una merda, forse."

 

"Mi dispiace." Mi sembrò un po' inadeguato dire solo un semplice 'mi dispiace', ma non ero sicuro di cos'altro avrei potuto dire senza sembrare un idiota.

 

Lui sospirò. "Non siamo molto bravi a tenere delle semplici conversazioni, vero?" disse. "Finiamo sempre per gridarci contro."

 

Non potevo discutere su quello. "Immagino." Mi fermai per un attimo prima di continuare. "Ma... mi dispiace veramente per quello che è successo la scorsa settimana, non avrei dovuto dirti quelle cose."

 

"Va bene," disse, sorridendo debolmente, "immagino di aver esagerato."

 

"Quindi è colpa di entrambi?"

 

"Suppongo di si."

 

"E... è tutto okay ora?"

 

Aprì le labbra e corrugò la fronte. "Ne possiamo parlare più tardi? Non ho detto a mia madre dove stavo andando, comincerà a chiedersi dove sono e tra quanto torneremo a casa."

 

"Oh, certo," dissi, facendo un gesto casuale con la mano, "andiamo a casa."

 

Sorrise di nuovo prima di girarsi in modo da trovarsi di fronte al volante, inserì le chiavi e avviò l'auto. Il viaggio verso casa sua proseguì in un confortevole silenzio; non sentii la necessità di parlare e per fortuna anche Harry sembrò della stessa idea. Sentii i suoi occhi puntati su di me un paio di volte, ma feci finta di non notarlo e invece tenni lo sguardo verso ciò che ci circondava.

 

Quando entrammo dentro il vialetto di casa sua, l'orologio segnava quasi le 21.30 e per la prima volta quel giorno, riuscii a sentire quanto fossi stanco. Era strano, in realtà, quanto le cose fosse successe velocemente, sembrava fossero passate almeno ventiquattro ore da quando Ian era entrato nella mia stanza e mi aveva chiesto di andarmene. Strano.

 

"Puoi entrare, sai," disse Harry quando aprì la porta di ingresso, guardandomi.

 

"Oh, giusto," dissi e mi mossi. Una volta che entrai e chiusi la porta, mi affrettai a togliermi le scarpe e a sistemarle accuratamente contro il muro prima di togliermi la giacca, appendendola su un gancio.

 

Harry stava lì, appoggiato al muro che mi aspettava con la mia borsa in una mano e le chiavi della macchina nell'altra. "Fatto?"

 

Io annuii e sorrisi, guardandolo soddisfatto.

 

"Bene. Andiamo, ti posso presentare mia mamma."

 

"Io- cosa?" dissi, il nervosismo ancora una volta si impadronì di me. "Ma io- indosso i pantaloni del pigiama e il mio sedere è tutto bagnato perché ero seduto in terra e-"

 

"Non le importerà," mi interruppe, "dai, vieni."

 

Cercai di protestare, ma invece di ascoltarmi, mi afferrò il braccio e mi trascinò attraverso la casa verso il salotto.

 

"So che probabilmente dovrei sentirmi grato per avermi permesso di non essere un senzatetto," mormorai, "ma non mi piaci in questo momento."

 

Non rispose, ma notai il sorriso curvo sul suo volto, e per qualche ragione, la sola vista di quello mi mise di buon umore. Entrammo nel salotto pochi secondi dopo e subito notai la donna seduta sul divano vestita con una tuta, i capelli castani in una crocchia disordinata in cima alla testa. Se non fossi stato gay, probabilmente l'avrei trovata molto attraente.

 

"Ehi, mamma," disse Harry mentre mi trascinò verso il divano e si fermò quando entrambi fummo in piedi accanto al bracciolo.

 

La donna alzò lo sguardo e sorrise. "Beh, ciao," disse lei. "Quindi, lui è Louis," continuò.

 

Le mie sopracciglia si alzarono immediatamente, un po' preoccupato, ma poi aprì la bocca di nuovo e la mia preoccupazione si trasformò in legittimo shock.

 

"Quindi sei il ragazzo che sta avendo mio nipote," disse, "è bello incontrarti," aggiunse e mi tese la mano.

 

La fissai per un secondo o due prima di riuscire  a raccogliere abbastanza coraggio per afferrarle la mano e scuoterla. "Io- uhm, si, ciao," dissi stupidamente, "io non- non sapevo che tu... lo sapessi."

 

"Probabilmente non lo saprei se non avessi trovato un'ecografia sulla scrivania di Harry l'altro giorno quando stavo appoggiando alcuni vestiti puliti," disse, "l'ho messo in imbarazzo quando mi sono confrontata con lui, lascia che te lo dica."

 

"Mi sono sentito ancora più in imbarazzo quando ho dovuto raccontarle la storia," intervenne Harry, con sguardo calmo.

 

"Uhm, giusto, si," dissi, grattandomi la nuca solo per tenere le mani occupate. "Io... sono contento che ti vada bene tutta la... cosa," continuai.

 

"Non c'è molto altro da fare, no?" disse, sorridendo un po', "soprattutto perché Harry mi ha detto che stai pensando di tenere il bambino invece di darlo in adozione."

 

"Oh. Giusto."

 

"Vi lascio andare ora," disse lei, "ti sto mettendo a disagio."

 

"Oh, no, non-"

 

Lei agitò la mano. "Va tutto bene, puoi dirlo."

 

"Okay, bene," disse Harry prendendomi nuovamente il braccio e iniziando a trascinarmi via. "Grazie mamma. Oh, Louis sta qui stanotte."

 

"Lo avevo dedotto," rispose lei, anche se aveva di nuovo gli occhi rivolti verso la televisione.

 

"Quindi, quella era mia mamma," disse Harry mentre iniziammo a salire le scale che sapevo avrebbero portato alla sua camera da letto.

 

"Sembra carina," dissi, "davvero... accomodante."

 

"Si, è abbastanza carina," disse, "papà è più o meno uguale."

 

"Dov'è?"

 

"Viaggio di affari in Galles."

 

"Lontano."

 

"Lo so, davvero triste." Raggiungemmo la sua camera da letto e lui aprì la porta, tenendola e facendomi cenno di entrare, cosa che feci, prima che lui chiudesse la porta.

 

"Puoi dormire nella vecchia stanza di Carlos," disse mentre mise lo zaino sul pavimento accanto alla porta, "di solito la utilizziamo come stanza per gli ospiti e il letto è pronto."

 

"Okay, figo," dissi, cercando di non sentirmi troppo deluso del fatto che non avrei dormito nella stanza di Harry. Poi di nuovo, probabilmente sarebbe stato meglio. Rimanemmo in silenzio, non un silenzio imbarazzante, ma più teso.

 

"Quindi," disse Harry mentre si avvicinò al suo letto e si sedette, "dobbiamo continuare la conversazione imbarazzante adesso o vuoi farlo domani? Sembri un po' stanco, ad essere onesti."

 

"Possiamo continuarla ora, tanto vale farla finita,"dissi, mentre mi univo a lui nel letto.

 

"È quello che ha detto lei."

 

Sorrisi a quelle parole, ma non dissi niente.

 

"Okay," disse, guardandomi con occhi caldi e dolci, "riguardo a tutta quella... cosa della scorsa settimana," continuò, "ti rendi conto che nessuna di quelle cose di cui mi hai accusato è vera?"

 

"Quale parte in particolare?" chiesi, pensando di averlo accusato per molte cose.

 

"La parte su di me che mi interessa solo del bambino e che ti ho baciato perché mi dispiaceva per te."

 

"Giusto, quella parte," mormorai guardando verso il basso, "immagino che fossi un po'... confuso? Arrabbiato? Un po' ferito? Non lo so."

 

"Ti capisco," disse in fretta, "ti capisco davvero, ma non è vero, okay? Mi importa di te tanto quanto del bambino e non ti ho baciato per pietà. Ho bisogno che tu mi creda."

 

Annuii. "Va bene," dissi, "ti credo, penso. È solo... il modo in cui tu- il modo in cui mi hai guardato dopo che... ci siamo baciati, non era... bello."

 

"Come ti ho guardato?" chiese, aggrottando la fronte con confusione.

 

Sorrisi debolmente. "Mi hai guardato... irritato e arrabbiato e veramente molto dispiaciuto."

 

La sua fronte di aggrottò di più. "Mi dispiace," disse, "non me ne sono accorto e posso assicurarti che non era mia intenzione farlo."

 

E ancora. Non volevo farlo, non volevo dirlo. Optai per il non commentare quella volta. 

 

"Si, va bene," dissi.

 

"Siamo apposto con questo?"

 

Annuii. "Si."

 

Sorrise, guardandomi felice. "Bene. E... voglio solo che tu sappia che mi importa di te," disse, mettendomi una mano calda sul ginocchio, "mi importa tanto di te."

 

"Si, anche a me," dissi senza pensare. Le mie guance si colorarono appena mi resi conto di quello che avevo detto, ma lui non sembrò farci caso.

 

Sorrise per un secondo prima di ritirare la mano e alzarsi dal letto. "Dobbiamo parlare ancora un po' di questo, ma sembri stanco, quindi suppongo che sia il momento di andare a letto."

 

Il pensiero di un letto morbido e un paio di pantaloni di pigiama puliti era molto confortevole e mi alzai dal letto.

 

"Guidami," dissi.

 

Mi offrì un altro sorriso prima di incamminarsi verso la porta, prese il mio zaino e si diresse verso il corridoio. Lo seguii a ruota mentre camminava a pochi metri di distanza da me e poi si fermò, aprì una porta ed entrammo in una stanza molto simile alla sua.

 

"Penso che dovresti stare abbastanza comodo qui," disse, girando per la stanza. "Il letto è uguale al mio, quindi almeno so che ti piacerà."

 

Risi un po'. "Non ne dubito."

 

"Hmm. Beh, me ne vado, ti lascio dormire," disse e mise il mio zaino sulla scrivania che era posta affianco al letto. "Sono nella mia stanza se hai bisogno di me."

 

Annuii, chiedendomi esattamente quanto infantile e appiccicoso sarei sembrato se gli avessi chiesto di coccolarmi. Probabilmente molto più infantile e appiccicoso di quanto dovrebbe essere un diciottenne.

 

"Buona notte, dormi bene," disse sorridendo, prima di uscire dalla porta a chiuderla tranquillamente.

 

 

Note traduttrice:

Ciao a tutti, siccome sono una brava persona ho aggiornato due giorni di fila. 

No, in realtà è perché venerdì vado in ferie e tornerò il 21, per cui non potrò aggiornare fino ad allora e quindi volevo rendervi un po' felici ahahahah

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, buone vacanze!

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Capitolo 25
*** 25. I realised what he'd just said and my eyes widened. ***


CAPITOLO 25

Mi resi conto di quello che aveva appena detto e i miei occhi si spalancarono.

 

 

 

Rimanere a casa di Harry si era rivelato sorprendentemente facile e rilassante. I suoi genitori non facevano domande su niente, nemmeno dopo che furono passati un paio di giorni, ma ero abbastanza sicuro che Harry tenesse loro al corrente su tutto considerando il fatto che ricevevo parecchie occhiate comprensive da parte della madre e del padre che continuavano a dirmi 'rimani qui tutto il tempo di cui hai bisogno'. Ero eternamente grato ad entrambi e feci in modo di farglielo sapere, ma dopo quattro giorni e non avendo idea di cosa avrei dovuto fare, cominciai a sentirmi un po' colpevole. Stare in una casa in cui tecnicamente non sarei dovuto stare e senza essere in grado di aiutare a causa del fatto che fossi per metà disabile, mi fece sentire come un parassita.

 

Mercoledì, 13 Aprile

Trentaquattro settimane e due giorni 

 

Una mattina ci trovavamo in cucina, preparando una colazione veloce prima di andare a scuola. Harry era impegnato a guardare dentro il frigorifero, apparentemente in cerca di qualcosa da bere che non fosse latte se i mormorii di 'solo latte ovunque' che continuava a pronunciare erano di qualche indizio, mentre io lo guardavo dal bancone, preparando un paio di panini da portare per il pranzo.

 

"Ehi, Harry?" dissi improvvisamente.

 

"Hm?" rispose assente, ancora con la testa dentro al frigo.

 

"È... sono- voglio dire, è okay se sto qui?" chiesi, mordendomi leggermente il labbro.

 

Si mise dritto e si voltò a guardarmi con la fronte corrugata. "Perché me lo chiedi?"

 

Scrollai le spalle. "Non lo so, è solo... sai, occupo uno spazio in più e mangio il tuo cibo e non faccio davvero niente per aiutare, credo che sia sbagliato."

 

"Sono passati solo quattro giorni da quando sei arrivato," disse, guardandomi divertito, "e sei davvero poco costoso, non preoccuparti."

 

"Per ora," dissi, "dovrei almeno fare qualcosa per aiutare qui, specialmente perché non ho idea di quanto tempo ci vorrà prima di trovare un posto in cui vivere."

 

Sorrise un po' prima di chiudere lo sportello del frigo, avvicinarsi e mettermi entrambe le mani sulle spalle.

 

"Prima di tutto sei quasi all'ottavo mese di gravidanza e preferirei che tu non facessi niente se non ciò che è strettamente necessario," disse, "quindi non ti lascerò fare i lavori domestici o qualunque altra cosa tu abbia in mente di fare."

 

Dovetti ammettere che fare i lavori di casa suonava tutt'altro che allettante considerando che solo stare in piedi mi rendeva esausto e abbastanza affaticato.

 

"Sei sicuro?" dissi comunque, "potrei almeno aiutarti con-"

 

"No, Lou," mi interruppe con voce cantilenante, scuotendo la testa. "Starai seduto sul tuo culo carino fino a quando il bambino non sarà nato così che tu non finisca per fare male a te stesso o a lui. Mamma ha detto lo stesso."

 

"Cosa? Tua mamma ha detto che dovrei stare seduto sul mio culo carino?" 

 

Sorrise sarcasticamente. "No, ma lei ha detto che sembri stanco e che quando le persone in gravidanza sembrano stanche, devono riposare."

 

"Ah, allora parli di me con tua mamma," dissi, sollevando le sopracciglia con aria scherzosa.

 

"Si, beh, ho dovuto consultarmi con qualcuno," disse. "E chi meglio di chi è rimasta incinta due volte?"

 

"Bene, afferrato," dissi.

 

Mi fermai un attimo e poi sospirai.

 

"Senti, sei stato fantastico e anche i tuoi genitori, ma non ho idea di quando potrei avere un posto tutto mio. Potrebbero essere settimane e non voglio approfittarmi di te e dell'ospitalità dei tuoi genitori per così tanto tempo."

 

Harry sospirò e lasciò che entrambe le sue mani scivolassero dalle mie spalle fino allo stomaco, lasciandole riposare lì.

 

"Louis, ascoltami," disse, "sei incinto del mio bambino e voglio che entrambi siate al sicuro, ok? E farti vivere nella mia casa è un ottimo modo per garantirti questa sicurezza, perché se dovesse succedere qualcosa sarei a meno di venti metri di distanza da te e poiché entrambi i miei genitori sanno cosa sta succedendo, saranno lì per aiutarti. Mi piacerebbe se tu rimanessi qui fino a che il bambino non sarà nato e preferibilmente anche per qualche settimana dopo la nascita, sia che scegliamo di tenerlo sia che non lo scegliamo."

 

Inghiottii, il mio stomaco si attorcigliò di disagio all'ultima parte, ma quando mi guardò con i suoi occhi caldi e premurosi e dato che le sue mani erano posizionate in segno di protezione sul mio ventre, non avevo avuto il coraggio di dirgli che ogni giorno che passava ero sempre più propenso a dare il bambino in adozione. 

 

"Sei sicuro?" dissi semplicemente. "Perché, sai, mancano ancora due mesi prima della nascita e... beh, due mesi sono lunghi da vivere in una casa in cui non dovresti vivere."

 

"È bello," disse lentamente, come se cercasse di convincermi a credergli. "Ho parlato con i miei genitori e a loro va bene; papà sta dicendo che la nostra casa è stata vuota per troppo tempo da quando Carlos ed Helen se ne sono andati, quindi onestamente credo che sia felice di avere un'altra persona qui. In più, sai, è un po' eccitato per l'intera faccenda dell'avere un nipotino. Anche mia mamma."

 

"Davvero?" lo interrogai, leggermente sorpreso da quello, "sono eccitati che il loro figlio è riuscito a mettere incinto un ragazzo ad una festa mentre era ubriaco?"

 

Harry sbuffò. "Non sanno della festa, ho detto a loro che sei un amico di Liam e che ci siamo incontrati ad una partita di calcio e bla bla bla."

 

"E... sono d'accordo con questo?" chiesi, sentendomi un po' confuso, "che il loro figlio etero abbia messo incinto un ragazzo?"

 

"Si, beh, come ti ho detto prima, sono abbastanza alla mano," disse facendo spallucce, con un sorriso stampato in faccia, "non hanno chiesto niente, solo... l'hanno accettato per quello che è, suppongo."

 

"Peccato che i miei genitori non l'abbiamo vista nello stesso modo," dissi con una risata priva di umorismo, "o comunque, mia mamma con il suo fidanzato."

 

Il suo sorriso vacillò si trasformò in un espressione accigliata. "Come la stai prendendo? Non ti ho ancora chiesto niente."

 

"Sto... bene," dissi vagamente, "almeno considerate le circostanze."

 

"Ma...?"

 

"Nessun 'ma'," dissi, "è solo un po' dura quando tua mamma sceglie un ragazzo conosciuto da meno di un anno a te, sai?"

 

"Mi dispiace dirlo, ma è un orribile modello genitoriale," mormorò, "i genitori dovrebbero mettere i loro figli prima di qualsiasi altra cosa, non importa quali siano... le loro convinzioni."

 

"Sarai un buon genitore," dissi, sorridendo piano.

 

Fece un sorriso brillante e poi spostò lo sguardo verso il basso, guardando la mia pancia.

 

"Forse presto lo sarò," disse, "cosa ne pensi, piccolo? Sarò un buon genitore per te?"

 

"Non è carino tutto questo?" disse una voce femminile prima che avessi il tempo di pensare a cosa rispondere.

 

Entrambi girammo le nostre teste e vedemmo la mamma di Harry che stava sulla porta, guardandoci con un sorriso.

 

"Non dovreste essere pronti per la scuola?" aggiunse.

 

"Lo eravamo, ma poi Louis ha cominciato a blaterare sul fatto di essere inutile," disse Harry, ancora in piedi con le mani sul mio stomaco.

 

Stavo cominciano a chiedermi se avesse mai nascosto qualcosa ai suoi genitori. Da quello che avevo avuto modo di vedere negli ultimi giorni, non sembrava così. Per esempio, sabato durante la cena, aveva iniziato a parlare dei suoi pensieri riguardo a Liam e Zayn e a quanto avevano agito in modo strano ultimamente, e come fosse sicuro del fatto che ci fosse qualcosa che non gli avevano detto. Avevo optato per rimanere fuori da quella particolare conversazione visto che non avevo voglia di mentire alle persone che mi avevano permesso di stare con loro senza preoccupazioni.

 

"Forse dovreste andare ora," disse mentre camminava verso la macchinetta del caffè e iniziò a premere alcuni tasti, accendendola, "le vostre lezioni iniziano tra dieci minuti."

 

"Giusto, giusto," disse Harry e, con mio dispiacere, si allontanò da me.

 

Dopo aver avvolto i nostri panini e averli messi dentro le nostre borse, ci infilammo le scarpe e le giacche e uscimmo dalla porta. Anzi, Harry corse mentre io camminavo il più velocemente possibile, cercando di tenere il suo passo fino a dove la sua macchina era parcheggiata. Inutile dire che fallii. 

 

"Faremo tardi," disse quando eravamo a metà strada, "sono già le otto e due minuti."

 

"Mmm, avere una lunga conversazione prima della scuola non è stata una buona idea."

 

"Stanco?" chiese.

 

"Si," dissi sospirando un po', "ho passato la metà della nottata cercando di calmare tuo figlio. Giuro, ha ereditato i tuoi calci."

 

"Per amor tuo, spero che non calci forte come me," disse lui.

 

"Non credo che i muscoli delle sue gambe siano allenati come i tuoi, quindi no."

 

"Un giorno potrebbero esserlo."

 

"Spero che smetta di prendere a calci me, allora."

 

"Beh, non gli insegnerò a colpire le persone," sbuffò lui, "palloni da calcio, certo; persone, no."

 

"Calciare le persone potrebbe essere utile," ragionai, "sai, se volesse cominciare a fare karatè o judo o qualcosa del genere."

 

"Si, ma se sarà così, gli compreremo un sacco adeguato; non gli permetterò di praticare i suoi calci e colpi su di te."

 

"Grazie," risi, "è bello sapere che sarai lì a proteggermi."

 

"Sempre." 

 

Lo guardai, ma il suo sguardo era diretto verso la strada. Non era come se mi avesse dichiarato eterno amore; diavolo, aveva appena pronunciato una semplice parola che probabilmente non significava niente. Ma a prescindere da quello che intendeva, quella sola parola fece svolazzare il mio cuore e riscaldare il mio corpo di felicità, e mi aveva fatto ricordare il giorno in cui mi aveva detto che non mi aveva baciato per pietà. Ero un po' curioso di sapere cosa significasse. No, rettifico, ero davvero fottutamente curioso di sapere cosa significasse.

 

Quello però non era sicuramente il momento giusto per iniziare quella conversazione.

 

"Come vanno le cose con te e Lauren?" chiesi invece in un tentativo di spostare i miei pensieri su altro.

 

"Uhm, bene, credo," disse, "almeno ha smesso di stressarmi sul fatto che passo troppo tempo con te."

 

"Immagino che non sa che tecnicamente stiamo vivendo nella stessa casa," dissi, guardandolo.

 

"No, non lo sa," disse con un debole sorriso, "sono abbastanza sicuro che le verrebbe un infarto se lo scoprisse. O magari mi negherebbe il sesso per almeno una settimana o due."

 

"Dura perdita," dissi secco. "Ma... se stamattina hai detto che vuoi che io rimanga con te almeno fino a quando il bambino non nasce, cioè ancora un paio di mesi, allora... cosa farai se vorrà venirti a trovare? Potrei rimanere nella mia- o, nella stanza in cui dormo, ma comunque, è un po' rischioso, no?"

 

"Non lo so," disse distrattamente, "se vorrà venire ce ne occuperemo al momento."

 

Ci avvicinammo al parcheggio della scuola e non risposi, anche se pensai che non sembrava abbastanza... preoccupato della questione come lo era un paio di mesi prima. 

 

"Oh, a proposito," dissi quando uscimmo dalla macchina e cominciammo a camminare verso l'edificio scolastico, "ho un appuntamento con la dottoressa Hayes lunedì, vuoi venire con me?"

 

In tutta onestà avevo paura che dicesse di no e che avesse altri piani o semplicemente che non volesse venire, perché... beh, lo volevo lì, come tutte le volte che ero andato ad un controllo.

 

Mi ero preoccupato per nessuna ragione.

 

"Si, certo," disse, "quand'è?" 

 

"Alle tre."

 

"Dovrò saltare educazione fisica allora," disse.

 

"Oh. Posso andare da solo se preferisci-" cominciai, ma scosse la testa e mi fermò.

 

"No, va bene," disse con un sorriso rassicurante, "e so che vuoi iniziare un litigio, ma non è un problema. Davvero. Sembra che sia passata un eternità da quando sono venuto dal medico con te, quindi voglio venire."

 

Sorrisi, e mi trattenni dal gettargli le braccia al collo e abbracciarlo fino a quando la sua testa non si sarebbe staccata, e annuii. 

 

"Okay," dissi semplicemente. "Lunedì alle tre. Vuoi andare subito dopo la scuola?"

 

"Probabilmente è meglio."

 

"Mhm."

 

Camminammo in silenzio per alcuni secondi mentre cercavo di trovare un buon modo per porgergli una domanda che avevo in mente da un po'.

 

"Uhm, Harry?" chiesi finalmente.

 

"Si?"

 

"Posso farti una domanda?"

 

"Vai."

 

"Perché- o, è- beh, perché non sei... non sei preoccupato che Lauren possa scoprire che sto vivendo da te?" chiesi con esitazione, "voglio dire, arriviamo a scuola insieme, andiamo via da scuola insieme, facciamo passeggiate in giro per il tuo quartiere di tanto in tanto, lei potrebbe facilmente scoprirlo se un giorno decidesse di farti una visita a sorpresa, ed è solo... non lo so, sai, eri preoccupato che lei scoprisse che passavamo del tempo insieme, e ora sembri quasi... indifferente. Non so."

 

Mi lanciò uno sguardo di sbieco mentre continuavano a camminare, ma ci vollero un paio di secondi prima che lui rispondesse.

 

"Non sono indifferente," disse poi trascinandosi una mano tra i capelli. "Io... non meriti di essere trattato come una merda solo perché la mia ragazza tende a reagire esageratamente molto spesso. Non hai fatto niente di sbagliato e... no, non meriti di essere trattato come se avessi fatto qualcosa di male. Ti ho trattato di merda quando mi hai raccontato del bambino per la prima volta, ti ho trattato male dopo quella cosa nella tua camera da letto, e la colpa era mia, e ti ho trattato male dopo il bacio, e anche lì la colpa era la mia, e non lo meriti. Quindi credo che sto cercando di... risolvere in qualche modo."

 

Stavamo per giungere un angolo che ci conduceva direttamente al cortile della scuola, che probabilmente era pieno di persone anche se le lezioni erano iniziate già da dieci minuti, e mi fermai, guardandolo. Si fermò anche lui e mi guardò con curiosità.

 

"Che cosa? Ho detto qualcosa di stupido?" chiese.

 

"No, no," dissi in fretta, "solo... grazie, credo."

 

"Per cosa?"

 

"Per essere gentile con me," dissi.

 

Sorrise, quasi affettuosamente, pensai, e si avvicinò di un passo. "Quando vuoi," disse.

 

Lo guardai e la vicinanza tra i nostri corpi mi ricordò subito il giorno in cui ci eravamo baciati.

 

Per non commettere niente di stupido, guardai in terra.

 

"Ehi, che c'è che non va?" lo sentii chiedere e poi una mano si posò sulla mia.

 

"Niente," dissi, costringendomi ad alzare lo sguardo.

 

"Sembri un po' scosso," disse, aggrottando le sopracciglia, "sei sicuro che non ho detto niente di stupido? Non sarebbe la prima volta."

 

"No, non hai detto niente di stupido," dissi con una leggera risatina. "Giuro."

 

Le sue dita si strinsero un po' di più alle mie.

 

"Okay," disse, "probabilmente dovremmo andare alle nostre aule, siamo già in ritardo."

 

"Si, si," mormorai, il mio umore precipitò al pensiero delle tre ore di filosofia che mi aspettavano.

 

"Non hai lezioni divertenti oggi?" chiese con sguardo divertito.

 

"Nessuna lezione è divertente in questi giorni," dissi, "ma andrà bene, mi farò forza."

 

"Questo è lo spirito giusto," disse allegramente. "Vuoi un abbraccio così lo spirito risplenderà ancora di più?"

 

Sorrisi a quello. "Certo, se davvero pensi che possa aiutare."

 

"Penso che ti aiuterà," disse prima di lasciare la presa sulla mia mano e mettere entrambe le braccia intorno alla mia schiena, avvisandomi al suo corpo. A causa del mio ventre molto sporgente, c'era un limite a quanto i nostri corpi sarebbero potuti stare vicini, e l'abbraccio divenne un po' scomodo a causa di quello, ma tuttavia misi le braccia intorno al suo collo e lasciai che la mia guancia si appoggiasse alla sua spalla.

 

"La tua pancia è in mezzo," mormorò nel mio orecchio, apparentemente avevamo avuto gli stessi pensieri. Ridacchiai.

 

"Mi dispiace per questo."

 

"Nessun problema, è sempre bello abbracciarti."

 

Cercai di non essere troppo eccitato per quello che aveva detto e invece mi concentrai per godermi l'abbraccio per tutto il tempo che sarebbe durato.

 

"Beh, ciao, interrompiamo qualcosa?"

 

Balzai indietro alla voce inaspettata che improvvisamente suonò da qualche parte dietro di me. Una volta che riuscii a prendere di nuovo controllo del mio corpo, mi voltai e vidi, con mio notevole imbarazzo, Liam e Zayn in piedi, guardando verso me ed Harry con le sopracciglia sollevate.

 

"Cosa state facendo qui dietro?" chiese Harry, sembrando completamente sorpreso, al contrario di me.

 

"Solo un giro," disse Zayn semplicemente.

 

"Saltando le lezioni?" chiese Harry con le sopracciglia sollevate, "me lo sarei aspettato da te Zayn, ma anche tu, Liam? Hai deciso di fare il delinquente?"

 

"Devo andare," dissi prima che Liam avesse la possibilità di rispondere. Mi avvicinai di più ad Harry e rivolsi un rapido sguardo a Zayn e Liam, entrambi piuttosto divertiti.

 

"Uhm... si, ci vediamo più tardi, Harry, ciao," aggiunsi agitato prima di superare di corsa tutti e tre, cercando di scappare.

 

Poco prima di girare l'angolo, sentii Zayn parlare.

 

"Allora, Harry, abbiamo interrotto qualcosa?"

 

Non sentii la risposta di Harry, ma lo sentii mormorare qualcosa e la parola 'pazzo' era inclusa.

 

E fu così che il mio momentaneo buon umore si trasformò in depressione. Stavo cominciando a chiedermi se fossi masochista tenendo conto del fatto che dopo tutto quel tempo, cercavo ancora di non perdere le speranze con Harry, e per cosa esattamente? Solo per farle cadere subito dopo? Si, ero sicuramente un masochista.

 

La mia giornata fu, come previsto, terribilmente lunga e noiosa. Dopo le tre ore di filosofia, feci un pranzo veloce. Avevo considerato di cercare Harry in modo da non dover mangiare da solo, ma quando entrai nella mensa lo vidi seduto ad un tavolo con il braccio attorno alla vita di Lauren, ridendo di qualcosa che uno dei suoi amici aveva appena detto. E sembrava molto contento, quindi pensai che non sarei morto se avessi pranzato da solo. Lo avevo già fatto più o meno ogni giorno da quando avevo iniziato la scuola, non c'era bisogno di rovinare il pranzo apparentemente piacevole di Harry solo per potermi sentire un po' meno solo per venti minuti.

 

Dopo pranzo saltai le due ore di educazione fisica, per ovvie ragioni, e mi sedetti in biblioteca per cercare di recuperare i compiti che si erano accatastati durante l'ultima settimana. Riuscii a farne circa la metà e mi diedi una pacca mentale sulla spalla prima di andare verso la lezione di tedesco. Per fortuna mancava solo un'ora prima che la giornata finisse, quindi quando la campana finalmente suonò alle tre e mezzo e la Sig.ra Walton ci diede i compiti, mi alzai dalla sedia, uscii dall'aula e mi diressi verso l'uscita più vicina a dove Harry aveva parcheggiato la sua auto quella mattina.

 

Con mio sollievo, era già in piedi davanti all'auto quando arrivai. La sensazione di sollievo però fu breve perché anche Lauren era lì, premuta contro Harry. Le loro labbra erano praticamente incollate e se la mia vista non mi tradiva, anche i loro i fianchi lo erano. Mi fermai sui miei passi, sia perché non ero abbastanza sicuro di cosa fare e sia perché improvvisamente mi sembrava che il mio cuore si stesse restringendo come un palloncino che si sgonfiava dall'aria.

 

Passarono pochi minuti e io ero ancora lì, a venti metri di distanza da entrambi e probabilmente sembravo un idiota. Quando alla fine si allontanarono l'uno dall'altro, ebbi paura che Lauren mi trovasse lì in piedi, ma fortunatamente, invece di voltarsi, si gettò sulle labbra di Harry e poi mi diede le spalle, camminando verso la strada che sapevo conducesse al campo da calcio. Aspettai ancora alcuni secondi, finché non fosse fuori dalla mia vista, prima di muovere i piedi di nuovo.

 

Harry alzò lo sguardo e sorrise quando mi trovai a pochi metri di distanza.

 

"Ehi," disse. "Stai bene?" aggiunse quando ero un po' più vicino.

 

"Si, perché?" dissi, la mia voce forse un po' più alta del solito.

 

"Sembri un po' strano, tutto qui," disse, guardandomi con sguardo interrogativo.

 

"Sto bene," dissi, agitando la mano in aria. "Andiamo?"

 

"Oh, si," disse, pur continuando a guardarmi con curiosità mentre si avvicinava all'altro lato della macchina.

 

Tornammo a casa in silenzio. Non avevo voglia di parlare, soprattutto perché ero stanco, ma anche perché il mio petto faceva ancora male al pensiero dell'abbraccio di Harry e Lauren di qualche minuto prima. Era ridicolo, vero? Sapevo molto bene che stessero insieme, quindi perché faceva così male? A quanto pare non avevo più sentimenti razionali in quei giorni.

 

"Sembra che non ci sia nessuno in casa," disse Harry quando arrivammo quindici minuti dopo. Entrammo nel salotto e poi in cucina, entrambi erano vuoti.

 

"Immagino che dovremmo prepararci la cena."

 

"Penso che andrò a sdraiarmi per un paio d'ore," dissi, "quindi non preparare niente per me."

 

"Mi farai mangiare tutto solo?" chiese, fingendosi offeso.

 

"Mi dispiace," dissi con un sorriso, "sono stanco e diventerò scontroso se non dormirò un po'."

 

"Bene, vecchietto, vai a fare un pisolino," disse, facendomi una linguaccia.

 

"Grazie," dissi con una risata, "mi svegli verso le sei, ok?"

 

"Si, certo," disse, "fai un buon riposino."

 

Gli sorrisi brevemente prima di uscire dalla cucina e dirigermi verso la stanza che silenziosamente avevo definito 'mia' negli ultimi giorni. I pantaloni del pigiama che avevo lasciato sul pavimento quella mattina erano ancora lì, e appena chiusi la porta, sbottonai i jeans che avevo indossato per l'intera giornata e me li tolsi. Il tessuto in flanella con cui i pantaloni del pigiama erano fatti si appoggiavano sulle mie gambe in maniera celestiale e quando cambiai la felpa con il cappuccio e la maglietta con il solito maglione di lana oversize, ero già mezzo addormentato. Mi coricai nel letto e mi misi su un fianco, poggiando una mano sul mio stomaco.

 

"I giorni stanno diventando sempre più lunghi, non credi?" mormorai assonnato. "Dubito che tu abbia il senso del tempo, ma comunque, forse noti la differenza tra giorno e notte. Io lo so. Il giorno è quando tutto è esasperante e orribile, la notte è quando sono felice e addormentato."

 

Calciò leggermente a quello e sospirai.

 

"Si, beh, tranne quando scalci, ovvio," dissi, "pensi di poter rimanere calmo per un paio d'ore in modo che il tuo papà possa dormire?" 

 

Ottenni un piccolo calcio di risposta, ma con mio grande sollievo, non ce ne furono altri.

 

"Grazie," mormorai felice e mi addormentai tempestivamente.

 

 

 

Quando mi svegliai, la stanza era notevolmente più scura di quando mi ero addormentato, anche se non così scura di come sarebbe stata in una o due ore. Il mio corpo era ancora mezzo addormentato e non riuscivo a raccogliere l'energia necessaria per sedermi, quindi rimasi sdraiato guardando nulla in particolare. Il silenzio non durò per molto tempo, perché solo un paio di minuti dopo, sentii la porta aprirsi e rivolsi uno sguardo verso di essa.

 

"Lou?" sentii la voce morbida di Harry chiedere, "sei sveglio?"

 

"Tipo," risposi, e lo sentii ridacchiare brevemente poi la luce venne accesa e gemetti mentre seppellii il viso nel materasso.

 

"Scusami," disse e lo sentii chiudere la porta e avvicinarsi al letto, "ti ho portato un po' di cibo," aggiunse.

 

Lo guardai, sbattendo le palpebre alcune volte per lasciare che i miei occhi si adattassero alla luce, e spostai lo sguardo dove Harry era seduto, proprio accanto a me, con un piatto di cibo nelle mani.

 

"Mi sento come se fossi in un albergo," dissi colpevole prima di sedermi, gemendo leggermente per la rigidità della mia schiena, "non dovevi portarmi del cibo, non sono ancora completamente disabile."

 

Si sedette accanto a me e mi porse il piatto.

 

"È mia mamma che mi ha detto di portartelo," disse, "ha detto qualcosa sul fatto che è importante che le persone in gravidanza mangino correttamente e regolarmente." 

 

"Comunque," dissi prima di accettare il piatto e spostarmi un po' in modo che la mia schiena fosse appoggiata contro la pila di cuscini della testata del letto, "vorrei venire in cucina per mangiare come una persona normale."

 

"Mangia questo dannato cibo e basta, ok?" disse, ma sulla sua faccia c'era un'espressione affettuosa e nei suoi occhi uno scintillio brillante.

 

Ricambiai il sorriso prima di prendere la forchetta dal piatto e iniziare a mangiare. Il cibo era ottimo, come al solito, e non ci misi più di dieci minuti per pulire il piatto. Mi sentivo un po' un maiale, specialmente da quando Harry era seduto lì e mi guardava tutto il tempo, ma in verità, sapevo di apparire grasso, e pensai che probabilmente non era rimasto molto sorpreso da quanto velocemente mangiavo.

 

"Sembra che ti sia piaciuto," disse divertito quando misi in bocca l'ultimo pezzo di patata e inghiottii.

 

"Si. Tua mamma è un'ottima cuoca."

 

"Dovresti dirglielo, ne sarebbe felice."

 

"Lo farò," dissi mentre misi il piatto vuoto sul comodino.

 

"Bene," mormorò.

 

Ci fu una breve pausa mentre mi misi più comodo e lui si sedette bene con la schiena appoggiata al muro. Quando parlò di nuovo, la sua voce era improvvisamente nervosa come la sua espressione.

 

"Lou?"

 

Gli rivolsi uno sguardo e il mio cuore sprofondò; un Harry nervoso non aveva mai portato niente di buono.

 

"Si?"

 

"Io... penso che ci siano un paio di cose di cui dovremmo parlare," disse, guardandomi con le sopracciglia incrinate. "Intendo parlare seriamente."

 

Inghiottii, mentre il mio nervosismo cresceva.

 

"Cose...?" chiesi con esitazione, "cose tipo?"

 

"Beh, principalmente di due cose veramente," disse mentre si grattò la nuca. "Prima di tutto... l'intera questione del... 'mi piaci', e secondo... se sei disposto o meno a tenere il bambino."

 

Okay, quindi voleva discutere dei due problemi più grandi che avessi mai dovuto affrontare nella mia intera vita. Voleva discutere di quelle due cose proprio in quel momento. Certo. Va bene. Nessun problema.

 

"Proprio ora?" gracchiai.

 

"Non è rimasto molto tempo," disse con una scrollata di spalle.

 

"Credo di no," dissi a disagio. 

 

"Ma... è- voglio dire, okay, la seconda cosa è qualcosa di cui dovremmo probabilmente discutere, ma dobbiamo davvero parlare di... me e- beh, quello?"

 

"Attualmente viviamo nella stessa casa e so che provi dei sentimenti per me," disse, "quindi si, credo che dovremmo parlare di quello."

 

Aggrottai la fronte. "Se stare qui è un problema, posso-"

 

"Non ho detto che è un problema, ho solo detto che penso che dovremmo parlarne."

 

"Perché, Harry?" chiesi stanco, "non sgattaiolerò nel tuo letto durante la notte e inizierò a strusciarmi contro di te, se è questo che ti preoccupa."

 

"Certo che non sono preoccupato per questo," sospirò. "Ma è solo che- beh, se vivessi nella stessa casa della persona per cui provo dei sentimenti e che ho anche baciato e di cui sto portando il figlio in grembo, mi sentirei strano, in imbarazzo e ansioso. Non... ti preoccupa un minimo?"

 

Scrollai le spalle in modo poco convinto. 

 

"Non lo so," dissi, "non ho avuto il tempo di sedermi e pensarci. Non proprio. Adesso sono veramente grato che mi stai lasciando vivere qui e non ho intenzione di fare un casino provandoci con te."

 

Mi guardò interrogativo per alcuni secondi prima di rispondere.  

 

"Okay," disse allora, "ma se dovessi portare Lauren una notte, come- ti disturberebbe?"

 

Lo odierei con ogni fibra del mio essere e probabilmente trascorrerei la notte piangendo.

 

"Io- beh, non ne sarei entusiasta," dissi esitante, "ma non morirei nemmeno. Devi solo vivere la tua vita come hai sempre fatto, non pensare a come mi sentirei riguardo a tutto quello che dici o fai."

 

"Ora stai diventando ridicolo," disse lui, roteando gli occhi. "Certo che mi interessa di come ti senti riguardo a ciò che dico o faccio."

 

"Ci credo, ma-"

 

"Lou, ascoltami," mi interruppe, "so come ti senti, okay? Ho provato dei sentimenti per persone che non ricambiavano e- oh, Cristo, faceva schifo ed è uscita in modo sbagliato, mi dispiace."

 

Sorrisi, ma era un sorriso forzato e il mio cuore si era incrinato ancora.

 

Ho provato dei sentimenti per persone che non ricambiavano. 

 

Okay, quello era davvero duro.

 

"Va bene," dissi, "ma possiamo solo cambiare discorso ora?"

 

"No, non possiamo."

 

"Perché no?"

 

"Louis..."

 

"Cosa, Harry?" dissi con una risata esasperata e leggermente isterica. "Cosa altro c'è da dire? Ho sempre saputo che tu fossi etero e mi faccio ancora ammaliare da te perché, come Zayn ha sottolineato, sei stato il primo ragazzo con cui ho fatto sesso, tu sei il padre del mio bambino e tu sei stata la prima persona che è stata gentile con me e che ha avuto qualche tipo di interesse. Mi sono innamorato di te per questo ed è stato stupido, perché anche se tu fossi stato gay, non saresti voluto stare con uno come me. Ho sempre saputo tutto questo, ma non ci ho mai dato peso e ora ne sto pagando le conseguenze. Fine."

 

Mi stava guardando quando smisi di parlare e nel momento in cui realizzai quello che avevo  detto, la mia faccia si scaldò e con un paio di movimenti mi alzai in piedi.

 

"Non scappare," disse Harry prima di poter decidere cosa fare. Girai la testa appena in tempo per vederlo alzarsi dal letto e posizionarsi davanti a me, "non puoi continuare a scappare ogni volta che stiamo avendo una conversazione civile."

 

Spostai il mio sguardo verso il basso. "Scusami," mormorai.

 

"È tutto okay," disse lui e sentii un sorriso nella sua voce. "Ora, ti dispiace guardarmi negli occhi?"

 

Sospirai un po', ma feci come mi aveva chiesto e alzai lo sguardo. "Contento?"

 

Sorrise di nuovo ed annuii. "Si, grazie," disse. 

 

Per un paio di secondi mi guardò semplicemente, sembrava stesse cercando di capire qualcosa, ma alla fine sospirò.

 

"Solo... okay, io- io ho una fidanzata," disse poi, "ho una fidanzata e la amo, ma... se lei non ci fosse, tu... tu-" si interruppe e chiuse gli occhi per un attimo. "Se lei non ci fosse, non saresti la mia ultima scelta, okay?"

 

Sbattei le palpebre una, due, tre volte. Poi mi resi conto di quello che aveva appena detto e i miei occhi si spalancarono. Ma prima di avere il tempo di dire o fare qualcosa, si voltò e si diresse verso la porta. Si fermò per mezzo secondo una volta che la raggiunse e pregai che si voltasse per spiegarmi in modo più specifico quello che aveva detto, ma no; dopo mezzo secondo se ne andò ed io rimasi solo in camera, sentendomi più confuso e disperato che mai.

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Capitolo 26
*** 26. You're not gonna run off, are you? ***


CAPITOLO 26

Non stai scappando, vero?

 

 

Giovedì, 14 Aprile

Trentaquattro settimane e tre giorni 

 

 

"Lou! Faremo tardi se non esci subito dal letto!"

 

Volevo morire. Seriamente, volevo davvero morire. Beh, forse non proprio, ma in quel momento mi sarebbe piaciuto veramente. Per ovvie ragioni, la notte scorsa non avevo preso sonno e la mia testa stava rielaborando le stesse parole più e più volte fino a sentirmi male.

 

'Ho una fidanzata e la amo, ma... se lei non ci fosse, tu... se lei non ci fosse, non saresti la mia ultima scelta, okay?'

 

Okay? Okay? Pensava che potesse dire cose del genere e poi sarebbe stato okay? Se pensava così, si sbagliava di grosso, perché era molto lontano dall'essere okay. Dopo aver trascorso più o meno gli ultimi tre mesi dicendo che era completamente etero, improvvisamente si era svegliato e mi aveva detto che l'idea di me e lui insieme non era impossibile? Chi diavolo pensava di essere per dire cose così? Come gli era venuto in mente? Non intendeva farlo o era un tentativo per confortarmi? Se così fosse, probabilmente sarei scoppiato in lacrime perché aveva detto che tra noi non era completamente impossibile. Avrei dovuto parlargli più tardi, ma in quel momento dovevo uscire dal letto e vestirmi se non volevo  arrivare tardi alla prima lezione.

 

Quindici minuti e una colazione molto veloce più tardi, eravamo in viaggio verso la scuola. Harry non aveva detto molto da quando avevamo lasciato la casa, ma comunque era presto e probabilmente era un po' stressato considerando che mancavano solo cinque minuti per arrivare a scuola. Quando rimasero solo un paio di chilometri di distanza e ancora non aveva detto una parola, decisi di prendere le redini in mano; non c'era modo che avrei passato tutta l'intera giornata nel dubbio, non quando si trattava di quella questione.

 

"Harry?" dissi guardando il suo profilo.

 

"Hm?" rispose assente.

 

"Non abbiamo tempo di parlarne in questo momento," cominciai, "ma dovremmo cercare di chiarire... riguardo a quello che hai detto la scorsa notte-"

 

"Oh cazzo, dovevo chiamare Lauren," mi interruppe, non sembrava aver sentito quello che avevo appena detto. Senza degnarmi di uno sguardo - okay, va bene, stava guidando - prese il suo cellulare dal cruscotto.

 

Premette un paio di pulsanti sullo schermo poi alzò il dispositivo fino all'orecchio, lo guardai, sentendomi un po' confuso. Perché non si preoccupava di ascoltare quello che avevo da dirgli? Davvero doveva chiamare Lauren proprio in quel momento? Non poteva aspettare finché non gli avessi detto quello che dovevo dirgli?

 

Poi un pensiero mi colpì e avrei voluto sbattere la testa contro il finestrino. Era possibile che avesse deciso di far finta che la notte scorsa non fosse mai esistita? Era possibile che fosse quello il suo modo di affrontare tutto? Sentii la rabbia ribollire a quel pensiero e diressi il mio sguardo davanti a me incrociando le braccia sul petto, facendo una lieve smorfia di fastidio.

 

Quando arrivammo al parcheggio della scuola e lui fermò l'auto, ero infuriato, che poteva sembrare un po' ridicolo considerando che non sapevo se in realtà la mia teoria fosse corretta, e saltai fuori dalla macchina senza guardarlo.

 

"Mancano ancora un paio di minuti prima che inizi la lezione," sentii dire da Harry, suonando confuso.

 

"Come vuoi," risposi senza preoccuparmi di girarmi o addirittura fermarmi.

 

"Cosa c'è ora?" chiese.

 

Mi limitai a soffocare una risata.

 

*

 

Trascorsi il resto della giornata infastidito e quando mi imbattei in Liam durante la pausa pranzo e mi offrì un sorriso ed un 'ciao', io lo guardai accigliato prima di andarmene senza ricambiare. Stavo agendo come un bambino capriccioso e lo sapevo, ma in realtà, qualcuno mi avrebbe potuto biasimare? La mia cotta, con la quale avevo pensato di non potere mai avere una possibilità, ieri sera mi aveva detto che forse c'era, ma quel giorno improvvisamente aveva voluto dimenticare di aver affrontato quell'argomento. E mi faceva incazzare tantissimo. Aveva davvero pensato che fosse opportuno giocare con i miei sentimenti? Dannato bastardo.

 

Quando la giornata finì, camminai verso la fermata dell'autobus invece di andare verso il parcheggio, non sarei potuto stare in macchina con Harry per quindici minuti. Rimpiansi subito quella decisione perché l'autobus era pieno di persone in quel momento o dovetti rimanere in piedi, tenendomi in un palo metallico appiccicoso con una donna in sovrappeso di mezza età pressata sul mio fianco in un modo imbarazzante. Sentii il telefono squillare più di una volta durante i venti minuti che ci vollero affinché il bus raggiungesse la fermata dove dovevo scendere, ma lo ignorai. Ignorai anche gli sguardi irritati da parte delle persone che mi circondavano.

 

Un'altra cosa che ignorai una volta tornato a casa fu Harry. Andai dritto verso la 'mia' stanza quando arrivai, offrendo solo un sorriso ed un 'ciao' ad Anne quando la vidi nel corridoio, ma ignorai il sorriso che mi fece Harry, seduto sul tavolo della cucina intento a mangiare qualcosa che sembrava essere pasta. Lo sguardo di confusione che mi rivolse non passò inosservato, ma insistetti per mantenere l'espressione acida. Riuscì a mantenerla per una quantità di tempo impressionante - o almeno lo era per me - anche se quando l'orologio segnava le otto, la mia rabbia era scemata e mi ritrovai a roteare gli occhi per il mio comportamento infantile. Inviai un rapido messaggio di scuse a Liam per essere stato maleducato con lui a scuola, ma optai comunque per non andare da Harry a scusarmi, così andai a letto sentendomi un bambino.

 

 

Venerdì, 15 Aprile

Trentaquattro settimane e quattro giorni

 

 

Quando mi svegliai quel venerdì mattina, non ero ancora riuscito a farmi passare la rabbia e la giornata passò come quella precedente. Harry aveva cercato di parlare con me durante la colazione, ma lo ignorai subito e andai a scuola con l'autobus, che peggiorò solo il mio umore, perché, beh, l'autobus alle sette e trenta del mattino non è il massimo. Cercò di avvicinarsi durante il pranzo, ma mi allontanai, sentendo il suo sguardo confuso perforarmi la nuca; seriamente, lui era confuso? Quanto diavolo era stupido? Sembrava che avesse capito, però, perché non mi aveva chiamato quando la giornata scolastica era terminata, e come il giorno prima, presi l'autobus per tornare a casa. Quella sera a cena sembrò averne avuto abbastanza - forse gli avevo gettato un paio di sguardi acidi durante il pasto - perché prima di aver finito metà del suo piatto, si alzò dal tavolo, sibilando un 'bene, avvisami quando hai finito di fare lo stronzo' e lasciò la stanza.  

 

"Cosa sta succedendo?" chiese Anne, guardandomi con occhi interrogativi.

 

"Abbiamo solo... avuto una discussione," dissi con un sorriso stretto.

 

"Harry è triste," disse Connor, il fratello di Harry, guardandomi con i suoi grandi occhi blu.

 

"Lo so," dissi con un debole sorriso, sentendo la tensione del mio viso allentarsi mentre guardavo il volto confuso e triste del ragazzino. "È colpa mia."

 

"Allora devi andare da lui e farlo felice," disse deciso Adrian, il fratello gemello di Connor, "se l'hai reso triste, devi renderlo felice di nuovo."

 

Mi sentivo un po' impotente con addosso lo sguardo dei due ragazzini e guardai Anne, chiedendole aiuto silenziosamente. Con mio sollievo, sorrise, guardandomi un po' divertita.

 

"Mangiate la vostra cena, ragazzi, poi andate a guardare un po' di TV quando finite," disse.

 

Quello sembrò bastare; i loro volti si accesero alla parola 'TV' e poi continuarono a mangiare, riempiendosi la bocca di cibo.

 

Il resto della serata la spesi sul mio letto guardando il soffitto, chiedendomi per quale esatto motivo fossi arrabbiato con Harry. Okay, aveva interrotto il mio tentativo di conversazione la mattina prima, ma forse aveva davvero bisogno di chiamare Lauren; non era come se la sua vita dovesse improvvisamente ruotare al cento per cento intorno a me solo perché vivevamo nella stessa casa al momento. Perciò, come la scorsa notte, optai per il non fare niente. Mi addormentai con i vestiti addosso, sopra le coperte e con un leggero cipiglio sul mio viso.

 

 

Sabato, 16 Aprile

Trentaquattro settimane e cinque giorni 

 

 

Quando mi svegliai, la prima cosa che capii era che non era ancora mattina. In realtà, non stava nemmeno per diventare mattina, considerando che la stanza era buia e quando guardai fuori dalla finestra vidi la luna ancora alta nel cielo e le stelle ancora brillanti. Con un gemito e un forte scricchiolio della mia schiena, mi sedetti e cercai ciecamente il mio telefono sul comodino. Ci vollero pochi secondi per trovarlo e quando lo presi mi cadde sul pavimento, ma alla fine riuscii ad avercelo in mano.

 

Rimasi un po' sorpreso nel vedere che l'orologio segnava l'una e un quarto dato che non mi sentivo particolarmente stanco, anche se sapevo di non aver dormito per più di due ore. Accesi l'abat jour che era appesa al muro sopra al mio letto prima di sdraiarmi su un lato. Nonostante l'ora, non mi sentivo molto stanco. C'era una sensazione fastidiosa nella mia testa che mi diceva che sapevo molto bene che era tutto causato dal mio litigio con Harry. Non mi piaceva litigare con le persone, soprattutto quando non ero veramente arrabbiato con loro. Va bene, ero stato arrabbiato con lui per buona parte del giovedì e tutto il venerdì, ma era sabato e la mia rabbia non era più presente; la mia testa mi diceva che dovevo agire come un ragazzo della mia età e non come un quindicenne.

 

Ancora un po' esitante, aprii la casella dei messaggi con il nome Harry Styles e digitai una sola parola.

 

Sveglio?

 

Esitai un altro minuto prima di pensare 'beh, qual è la cosa peggiore che potrebbe succedere?' e premetti il tasto invia. Ci vollero pochi secondi prima che il mio telefono emettesse un segnale acustico per segnalare un nuovo messaggio.

 

Si. Hai smesso di essere arrabbiato con me?

 

Credo di sì. Posso venire?

 

Sbuffai interiormente alla mia scelta di parole. Venire. La porta era a dieci metri di distanza dalla mia, non esattamente una corsa attraverso la città.

 

Certo.

 

Beh, almeno non sembrava arrabbiato.

 

Mi alzai dal letto e mi diressi verso il corridoio buio e vuoto fuori dalla mia camera da letto.

 

"Si," disse la voce pigra di Harry dall'altra parte della porta quando bussai, facendo attenzione a non svegliare qualcun altro in casa che probabilmente dormiva.

 

Aprii lentamente la porta e infilai prima la testa, solo per accertarmi che non fosse lì in piedi pronto a lanciarmi un libro o qualcosa di simile. Fortunatamente, non lo era.

 

"Ti sei svegliato, eh?" fu tutto ciò che disse. Era infilato per metà sotto le coperte, il suo computer portatile davanti a lui e tutto e la parte superiore del suo corpo scoperta. Non era un tipo da pigiama, a quanto pare.

 

"Per cominciare, come facevi a sapere che dormivo?" chiesi mentre entrai nella stanza e chiusi la porta.

 

Mise il computer da parte e poi scrollò le spalle.

 

"Sono venuto a controllarti prima, eri piuttosto addormentato."

 

"Oh... mi hai controllato," dissi, strisciando i piedi contro il pavimento.

 

"Volevo solo essere sicuro che stessi bene, eri abbastanza sconvolto questi ultimi giorni, non volevo che facessi qualcosa di stupido per far male a te o al bambino."

 

"Non ho fatto niente di stupido," dissi con tono amaro. "A parte l'essermi comportato come un bambino capriccioso da giovedì mattina."

 

Sorrise debolmente a quello. "Vuoi spiegarmi che cosa è successo quindi?"

 

Roteai gli occhi. 

 

"Come puoi non riuscire a capirlo senza che te lo spieghi?"

 

"Mi... dispiace?" disse tentativamente, sorridendo.

 

"Ovvio," dissi con un leggero sbuffo.

 

"Puoi dirmi che sta succedendo? Perché francamente, vivere nella stessa casa con qualcuno che è incazzato con me è una rottura di coglioni."

 

Lo fulminai con lo sguardo per un momento prima di camminare verso il letto e sedermi.

 

"Perché ti comporti come se non fosse successo?"

 

Mi mandò un'occhiata confusa. "Perché mi comporto come se non fosse successo cosa?"

 

"Mercoledì notte," dissi, "stavamo parlando e tu mi hai detto-"

 

"Oh, quello," disse e, con mia grande confusione e leggera preoccupazione, lasciò uscire una piccola risata.

 

"È per quello che ti sei arrabbiato?"

 

"Beh, si..." dissi esitante.

 

Ridacchiò di nuovo. "Io non volevo insinuare niente," disse facilmente, "era solo un... impulso del momento, sai? Eri sconvolto e non mi piace vederti sconvolto, perciò ho pensato che fosse una buona idea cercare di tirarti su il morale."

 

Lo fissai.

 

Lo fissai per molto tempo.

 

Poi il mio sguardo di trasformò in incredulità.

 

Poi il mio sguardo di incredulità di trasformò in uno sguardo di rabbia.

 

Poi il mio sguardo di rabbia di trasformò in un urlo furioso.

 

"Sei fottutamente serio?" gridai mentre mi alzavo in piedi. "Sei seduto lì e stai continuando a prenderti gioco dei miei sentimenti dopo quello che ti ho detto dopo che ci siamo baciati? Sei un coglione del cazzo, Harry!"

 

"Io non volevo-"

 

"Certo che volevi!" lo interruppi, ancora urlando. La mia rabbia aumentava sempre di più mentre gridavo ed ero pericolosamente vicino a lasciarla sfogare con le lacrime. 

 

"Questa volta non hai scuse, perché hai detto espressamente che l'idea di me e te insieme come una coppia non era impossibile! Lo hai espressamente detto e ora mi stai dicendo che è solo un'altra bugia e non c'è una dannata cosa che che tu possa dire per migliorare la situazione! Ancora una volta mi hai dato speranze per poi distruggerle! Come diavolo puoi pensare che questo vada bene? Cazzo, non va bene! Cosa diresti se il ragazzo che ti piace continuasse a giocare con i tuoi sentimenti in quel modo?"

 

Le lacrime finalmente cominciarono a scendere e quello mi fece arrabbiare ancora di più.

 

"Hai idea di come ci si sente, Harry? A farsi calpestare il cuore ancora e ancora? Non ci si sente bene, posso dirtelo io! Stavo abbastanza male quando sapevo di non poterti avere e quando non sapevi che mi piacessi, ma adesso- adesso tu lo sai e hai distrutto le mie speranze due cazzo di volte! Come puoi essere così stronzo? Se pensi che dopo tutto questo io possa considerare di tenere-"

 

"In nome di Dio, che cosa sta succedendo qui dentro?"

 

Saltai al suono della voce stanca dietro di me e mi voltai. Anne stava lì, indossava una vestaglia e guardava me ed Harry con occhi interrogativi e forse un po' irritati.

 

"Niente," dissi mentre mi asciugavo rapidamente le guance coperte di lacrime, "niente, solo- torno a letto, mi dispiace di averti svegliata."

 

E con questo mi spinsi oltre di lei e uscii dalla camera. Una volta tornato nella mia stanza, sbattei la porta e caddi nel letto.

 

"Cazzo, cazzo, cazzo," sussurrai mentre sbattevo ripetutamente un pugno sul materasso, "stupido, cazzo, dannato-"

 

"Louis?"

 

Fermai i miei mormorii incoerenti e guardai verso la porta, dove vidi Anne in piedi. Il fastidio era sparito dal suo volto ora e anche la stanchezza. Invece sembrava completamente e totalmente confusa e un po' preoccupata.

 

"Posso entrare?" chiese.

 

Sospirai, ma annuii e mi sedetti sul letto mettendomi comodo. Chiuse la porta dietro di sé prima di avvicinarsi e sedersi accanto a me, guardandomi con lo stesso tipo di espressione preoccupata che era solita usare mia madre. Usare era la parola chiave. Non si preoccupava più per me.

 

"Vuoi dirmi cosa sta succedendo? E non provare a dirmi niente perché Harry, per la prima volta nella sua vita, credo, mi ha detto di farmi gli affari miei e mi ha chiuso la porta in faccia."

 

"Scusa," mormorai. "Stiamo solo avendo qualche difficoltà."

 

"Questo l'ho capito da sola, caro," disse con delicatezza. "Puoi spiegarmi meglio?"

 

Esitai. Dovevo dirle tutto? Non che mi avrebbe giudicato, non era quel tipo di persona, da quello che avevo intuito quella settimana. Ma comunque, era la madre di Harry, non la mia, sicuramente avrebbe preso le sue difese in tutto quello e c'era una grande possibilità che avrei dovuto lasciare quella casa e-

 

"Qualunque cosa tu mi dica, non ti butterò fuori."

 

Okay, così apparentemente leggeva anche la mente.

 

"Non puoi dirlo se non sai nemmeno cosa è successo," dissi cupo.

 

Sorrise. "Sei incinto di mio nipote e sei quasi all'ottavo mese e in più innamorato di mio figlio," disse, "qualunque cosa tu mi dica, ti prometto che non ti butterò fuori."

 

I miei occhi si spalancarono. "Come sai-"

 

"Solo guardando come interagisci con lui. Sei abbastanza facile da leggere."

 

"Oh," mormorai mentre sentivo le guance diventare rosse.

 

"Se può esserti di consolazione, credo che lui provi la stessa cosa."

 

"Certo," dissi con una risata, "è per questo motivo che prima stavamo litigando: lui non prova le stesse cose."

 

"Devi spiegarmi proprio questo," mi disse dopo avermi esaminato per qualche istante.

 

Sospirai.

 

"Lui- lui- beh, è tipo... stato un idiota per tutta questa storia due volte, principalmente."

 

"Per 'tutta questa storia' intendi il fatto che ti piaccia, suppongo."

 

"Si."

 

"Okay, continua."

 

"Lui è- okay, per farla breve, mi ha fatto pensare due volte che potessi piacergli, ma entrambe le volte era solo uno scherzo," dissi.

"La seconda volta è stata mercoledì sera e mi ha detto, espressamente, che un po' gli piacessi, ma poi gli ho chiesto qualcosa a riguardo e lui ha detto che scherzava, ecco perché stavo... urlando contro di lui."

 

Scosse la testa e sospirò.

 

"Lui è un bravo ragazzo, ma adesso vorrei schiaffeggiarlo," disse. "E lo ha fatto per due volte?"

 

"Si."

 

"Non posso biasimarti allora per essere così arrabbiato," disse, "domani mattina gli parlerò."

 

"Oh, no, per favore non-"

 

"No, io gli parlerò di questo, non può andare in giro e fare cose simili non aspettandosi nessuna conseguenza," disse fermamente prima di alzarsi in piedi. "Oltre a questo, voi due state per avere un figlio che state ancora considerando di tenere e crescere, e non c'è modo che possa farcela se non riesce a mantenere il controllo. Ha anche una ragazza che bisogna tenere in considerazione, quindi... no, ho intenzione di parlare con lui."

 

Volevo protestare perché, Gesù, era un po' imbarazzante che la mamma di Harry parlasse con lui, invece di farlo io stesso, ma lo sguardo determinato nei suoi occhi mi disse che non c'era niente da fare, quindi annuii.

 

"Ok, grazie," dissi.

 

Sorrise ed iniziò a camminare verso la porta. "Torno a dormire adesso e penso che sia meglio che tu faccia lo stesso."

 

"Si," dissi, d'accordo con lei, sbadigliando. 

 

"Buonanotte," disse, in piedi con una mano sulla maniglia della porta. "Dormite bene, entrambi," aggiunse prima di aprire la porta e abbandonare la stanza.

 

Mi ci volle qualche minuto per addormentarmi, ancora una volta sopra le coperte.

 

 

*

 

 

Quando mi svegliai la seconda volta, il sole brillava attraverso la finestra e illuminava tutta la stanza. Controllai l'orario sul mio telefono e sospirai un po' quando vidi che erano già le 12.30 e che avevo sprecato fondamentalmente la metà della giornata a dormire. 

 

"Beh, almeno siamo entrambi ben riposati," dissi, toccandomi il ventre mentre mi alzavo e mi stiracchiavo. Camminai fino alla finestra e guardai fuori, constatando che il tempo fosse perfetto; il sole splendeva, il cielo era blu e da quello che potevo vedere, non c'era vento.

 

"Forse dovremmo andare a fare una passeggiata oggi," dissi, ancora con una mano sulla pancia e i miei occhi puntati fuori dalla finestra. "Cosa ne pensi, piccolo?"

 

I soliti calci allegri furono ciò che ricevetti in risposta e sorrisi. "Non vedo l'ora che tu nasca in modo che possa fare qualche suono invece di calciarmi per dirmi qualcosa."

 

Più calci.

 

"Si, si, lo so, probabilmente sei comodo e al caldo lì dentro, non serve uscire nel mondo reale, vero?"

 

Dieci minuti più tardi mi tolsi i pantaloni ed il maglione per mettermi una tuta ed un maglione diversi. Mi guardai un po' allo specchio, chiedendomi esattamente perché mi preoccupavo di vestirmi; ero grasso e orrendo, non importava quello che indossavo. Con un ultimo sguardo verso il mio riflesso, mi diressi fuori dalla stanza per andare in cucina e fare colazione.

 

Ero solo ad un paio di metri dalla porta della cucina quando sentii la voce di Harry e mi fermai automaticamente. Ascoltare la conversazione di qualcuno mi sembrava piuttosto scortese, ma Harry sembrava sconvolto e la mia curiosità ebbe la meglio.

 

"Non è così facile, mamma," disse lui con un sospiro.

 

"Si, Harry, è così facile," sentii rispondere da Anne, "vai da lui, ti siedi e gli parli di tutto questo. E voglio dire tutto."

 

"Ogni volta che cerchiamo di parlare in modo civile di tutto, entrambi finiamo per urlarci contro. Non finisce mai bene, mai."

 

"Allora prova ancora e questa volta dovresti provare a mettere tutte le carte in tavola," disse, "ho la sensazione che è qualcosa che non hai ancora fatto."

 

"Si, io-"

 

"No, non l'hai fatto. Ho sentito il modo in cui Louis ti urlava la notte scorsa e mi ha detto che cosa è successo, e so che non sei stato onesto su tutto con lui, ed è qualcosa che devi imparare ad essere."

 

"Ma è-"

 

"Harry, tesoro, quel povero ragazzo è sconvolto, sta male ed è innamorato, tutto questo a causa tua e del tuo orgoglio. Devi imparare a mettere da parte quell'orgoglio per essere in grado di fare ciò che è meglio per tutti, incluso te stesso, e per smettere di sconvolgere le persone di cui ti interessa. Gli hai dato speranza due volte, e a giudicare da quello che mi ha detto, entrambe le volte ti sei preso gioco di lui dicendoli che fosse uno scherzo. Perché l'hai fatto? Non sarebbe meglio dirgli la verità e liberarti di tutti questi problemi?"

 

Un silenzio seguì quella dichiarazione e sentii il mio cuore battere fino in gola. Era abbastanza chiaro che non avrei dovuto ascoltare quella conversazione, ma non c'era modo di tornare indietro, non quando ero così vicino dall'avere le risposte a tutte le mie domande.

 

"Non sono gay, mamma," disse alla fine, ma la sua voce era debole e non capii bene le parole.

 

"Non si tratta di essere gay o no," disse lei con un sospiro, "questo riguarda il fatto di essere onesto con lui e con te stesso riguardo a ciò che realmente provi."

 

"Ma ti ho detto che non sono-"

 

"Che tu possa provare dei sentimenti per lui non significa che tu sia gay, significa che hai trovato un essere umano meraviglioso e gentile che è riuscito ad entrare nel tuo cuore. Il sesso non ha niente a che fare con questo."

 

"Non sono nemmeno pansessuale, mamma."

 

"Perché sei così preoccupato delle etichette?"

 

"Perché sono al liceo ed al liceo gira tutto intorno alle etichette."

 

"Beh, allora porta il culo fuori dal liceo e cresci. Il mondo non ruota intorno ad un gruppo di etichette e certamente non ruota intorno al tuo orgoglio e alla tua stupidità. Ti siederai e avrai una lunga chiacchierata con Louis entro le prossime ventiquattro ore, Harry Styles, altrimenti sei fuori da questa casa."

 

"Mamma!"

 

"Niente mamma," disse lei, "parlerai con lui di tutte le seguenti questioni: i tuoi sentimenti, i suoi sentimenti, il futuro esito di questi sentimenti, il vostro bambino, se dovete tenerlo o no e cosa fare se lo terrete. Nessuna discussione."

 

Ci fu silenzio per un lungo periodo, ma alla fine il suono di una sedia che strisciava contro il pavimento arrivò alle mie orecchie e tornai alla realtà. Il mio cuore stava ancora battendo in modo irregolare e la mia testa era un totale casino, mossi le gambe e sistemai il mio viso in quella che speravo fosse un'espressione normale prima di entrare in cucina. Harry era in piedi accanto al tavolo con la schiena verso di me, ma Anne stava seduta e quando mi vide, sorrise.

 

"Buongiorno," disse, con la faccia che non dava alcuna indicazione del fatto che avesse appena avuto una conversazione. Era una brava attrice. 

 

Harry si girò ed i suoi occhi mi incontrarono, e si spalancarono un po'. "Oh, ehi," disse a disagio.

 

Prima che avessi il tempo di rispondere o di reagire in qualche modo, aprì di nuovo la bocca.

 

"Devo- uhm- ho delle cose da fare oggi, quindi... ci vediamo più tardi, credo."

 

E con quelle parole, mi oltrepassò e scomparve dalla mia vista. Sbattei le palpebre e guardai Anne.

 

"Hai sentito, vero?" disse lei calma prima di prendere un sorso di caffè. Non era una domanda, ma risposi comunque con un 'si'.

 

"Sei ancora arrabbiato con lui?"

 

Mi sedetti di fronte a lei e poi sospirai. 

 

"Io-non lo so," dissi, "sento che dovrei esserlo, so che dovrei esserlo, ma... no, solo un po'. Non riesco ad essere arrabbiato con lui per molto tempo, è un po' fastidioso."

 

"L'amore tende a funzionare in questo modo," disse.

 

Non mi preoccupai di protestare al fatto che si fosse riferita a ciò che provavo per Harry con la parola 'amore'.

 

"Pensavo che l'amore dovesse intensificare tutte le emozioni," dissi, "inclusa la rabbia." 

 

"Con alcuni, forse," disse con un sorriso curvo, "non mi sembri il tipo di ragazzo da sfuriata."

 

"No, credo di non esserlo," dissi, "a volte vorrei esserlo, renderebbe le cose più facili non essere uno... zerbino."

 

"Tu non sei uno zerbino, caro," disse, "non a giudicare dal modo in cui hai urlato la scorsa notte."

 

Sorrisi. "Ho i miei momenti, ma non durano per molto tempo."

 

"È la definizione di un momento."

 

Non ebbi una buona risposta a quello, quindi sorrisi e basta.

 

"Beh, se hai sentito la nostra piccola conversazione, suppongo che tu sappia che ora è il momento di discutere con lui," disse dopo una breve pausa.

 

Contrassi le mie labbra e sorrisi.

 

"Si, l'ho capito. Potrei uscire per una passeggiata più tardi, ma a parte questo non vado da nessuna parte, quindi... sarò qui, credo."

 

"Sei pronto allora? Per la grande, difficile discussione."

 

"No," dissi sinceramente, "ma le cose non miglioreranno se non ne parliamo. E la questione riguardo al bambino ha bisogno di essere trattata molto presto considerando che nascerà verso la fine di maggio. Che è tra poco più di un mese."

 

"Sei molto più ragionevole di Harry," disse lei secca.

 

 

*  

 

 

Poche ore più tardi mi feci una doccia, mi misi un paio di pantaloni puliti, una maglietta pulita ed un maglione pulito - ed enorme - e andai nel corridoio per mettermi un paio di scarpe e uscire per fare quella passeggiata che stavo pensando di fare da appena svegliato. Avevo messo una scarpa quando sentii dei passi che si avvicinavano e mi voltai giusto in tempo per vedere Harry appoggiarsi al portone.

 

"Esci?" chiese.

 

"Solo a fare una passeggiata," dissi, evitando il suo sguardo.

 

"Ti dispiace se mi unisco?" 

 

"Penso che preferirei se non lo facessi," dissi.

 

"Ma noi... abbiamo davvero bisogno di parlare," disse e sentii l'incertezza nella sua voce. "Voglio dire- è... voglio davvero parlare con te."

 

Chiusi gli occhi per un secondo prima di guardarlo.

 

"Lo so, ma ho bisogno di prendere un po' di aria prima. Torno tra mezz'ora. Poi parleremo."

 

Mi guardò, quasi sospettoso, per un attimo.

 

"Non stai scappando, vero?"

 

"Sono all'ottavo mese di gravidanza e indosso una tuta. Quanto pensi possa andare lontano anche se provassi a scappare?" chiesi seccamente.

 

"Non molto lontano, credo," disse con un sorriso.

 

"Corretto," dissi dopo aver messo l'altra scarpa ed essermi alzato in piedi. "Torno presto, okay?"

 

"Si, ok."

 

Annuii e gli offrii un sorriso, forse un po' teso, prima di voltarmi, aprire la porta e abbandonare la casa. Mentre mi dirigevo verso la strada, pensai che la prossima volta che sarei uscito da quella porta, tutto sarebbe stato diverso.

 

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Capitolo 27
*** 27. A cake sounds nice. ***


CAPITOLO 27

Una torta suona bene.

 

 

Sabato, 16 Aprile

Trentaquattro settimane e cinque giorni 

 

 

Girai per il quartiere per oltre un'ora, ignorando il dolore alle caviglie e il mal di schiena e cercando di fermare il turbine di emozioni e pensieri che avevo nella testa. La mia rabbia della scorsa sera era già scomparsa, il che mi spinse ad arrabbiarmi per non essere in grado di arrabbiarmi. 

 

Almeno c'era un grande uso della parola 'arrabbiarmi'.

 

Mi sentivo anche confuso riguardo alla conversione tra Harry e Anne che avevo sentito quella mattina perché le parole che erano uscite dalle loro bocche mi avevano quasi fatto capire... beh, tipo che a Harry... piacessi, ma lui era - come Liam e Zayn avevano cercato di dirmi più di una volta - spaventato. Se fosse stato così allora... okay, sarebbe stato fantastico. Non per il fatto che fosse spaventato, ovvio, ma che gli piacessi. D'altronde, conoscendo Harry, c'era una grande possibilità che non lo avrebbe mai ammesso, nonostante il fatto che sua madre l'avesse minacciato di buttarlo fuori di casa se non avesse messo le carte in tavola. C'era anche la possibilità che fosse tutto uno scherzo e che la conversazione che avevo sentito quella mattina fosse solo frutto della mia acuta immaginazione. Non che quella teoria avesse molto senso, ma comunque, niente aveva senso al momento, quindi perché no?

 

Con quei pensieri in testa piuttosto inquietanti, iniziai ad incamminarmi verso casa. Ci vollero pochi minuti prima di arrivare e rimasi fuori dalla porta con la mano sulla maniglia per almeno cinque minuti, pensando a cosa inutili, tipo angurie e carta da parati che avevo creato quando avevo cinque anni. Alla fine roteai gli occhi e mi diedi uno schiaffo mentale prima di aprire la porta ed entrare.

 

Forse era un po' ridicolo, il modo in cui ero nervoso per il fatto di dover avere una semplice conversazione con un ragazzo che conoscevo da oltre sei mesi. Poi di nuovo, il discorso non sarebbe stato semplice, sarebbe stato tutt'altro che semplice. 'Imbarazzante' era una parola chiave. 'Lunga' era un'altra. 'Cruciale' era una terza parola chiave, perché da quello che avevo sentito dire ad Harry da Anne riguardo questa conversazione, avremmo dovuto includere anche la discussione 'cosa fare con il bambino'. Era quello il momento in cui avremmo dovuto prendere una decisione finale? Avevo una strana sensazione che tutto quello non sarebbe finito bene, soprattutto non se Harry fosse stato ancora irremovibile sul fatto di voler tenere il bambino perché... beh, ero ancora più propenso a darlo in adozione. Il solo pensiero mi fece venire un grumo di tristezza in gola, ma mi forzai di farlo tornare indietro mentre percorrevo tutta la casa alla ricerca di Harry.

 

Non era in cucina, dove invece c'erano Anne, Connor e Adrian, seduti intorno al tavolo con fogli e pastelli. Non si trovava nemmeno nel salotto, così pensai fosse nella sua camera da letto.

 

Bussai tre volte quando raggiunsi la sua porta e aspettai. E aspettai. E aspettai. Quando furono passati almeno venti secondi e non avevo sentito nemmeno un suono, provai ancora. Neanche quella volta. Corrugai la fronte, confuso. Non era andato da nessuna parte, vero? Aveva detto che voleva parlarmi e gli avevo detto che sarei tornato a casa il prima possibile. Provai a bussare ancora una volta, ma nuovamente non ottenni risposta. Pensando si fosse addormentato per qualche motivo e che non rispondeva per quello, aprii la porta esitante ed entrai nella stanza.

 

Esattamente 2.5 secondi dopo rimpiansi quella decisione.

 

Non che quello che vidi di fronte a me in quel momento fosse qualcosa su cui non avessi fantasticato in quei mesi, ma ritrovarmelo inaspettatamente davanti agli occhi era un po' inquietante. Era seduto sulla sedia di fronte alla sua scrivania, dandomi visione del suo profilo, gli occhi erano chiusi e aveva le cuffie. La parte più insolita però, erano i suoi pantaloni sbottonati, i suoi boxer abbassati e la sua mano aveva una presa ferma intorno al suo cazzo molto duro e bello. La parte ancora più sorprendente era che il porno che stava guardando sul suo portatile non era sicuramente qualcosa che un ragazzo etero avrebbe dovuto guardare.

 

Non sembrava mi avesse sentito o visto entrare e fui grato per quello, perché non potevo far altro che stare lì a fissarlo. E molto probabilmente sbavare un po'. Il suo respiro andava e veniva in ansimi incontrollati, che fecero risvegliare il mio cazzo nei miei pantaloni, ma non potevo toccarmi per prendermene cura. Tutto quello su cui riuscivo a concentrarmi era il ragazzo seduto a meno di dietro metri da me che si avvicinava sempre di più ad un orgasmo. I miei occhi erano incollati alla punta rosa - era dannatamente circonciso - che stava perdendo un po' di liquido pre-seminale che scompariva sotto le sue dita ogni volta che la sua mano andava su e... porca puttana, quello non andava bene.

 

Improvvisamente, e prima che avessi il tempo di reagire, Harry mise la testa di lato e, con mio grande orrore, aprì gli occhi. Le mie membra si bloccarono, il mio cuore sussultò e un sapore di bile mi arrivò in gola. Per quella che sembrò un'eternità, ci guardammo l'un altro, mi sentivo mortificato e lui mi fissava, altrettanto mortificato. Dopo iniziò a battere le palpebre e quello mi risvegliò.

 

"Merda, scusami," gracchiai prima di correre - correre - fuori, andare verso il corridoio e dentro la mia stanza.

 

Non appena chiusi la porta dietro di me, mi misi sul letto con la faccia rivolta verso il muro e raggomitolato come un animale ferito. I miei sentimenti erano piuttosto confusi. Sentivo l'eccitazione per ovvie ragioni, mi sentivo imbarazzato per aver assistito a qualcosa di simile, mi sentii mortificato per essere stato beccato a fissare, mi sentii confuso per... il porno che stava guardando e mi sentivo incazzato per il fatto che avesse scelto di farsi una sega su un gay porno invece di iniziare quella conversazione che aveva intenzione di avere con me solo due ore prima.

 

Poi una sensazione di rifiuto si diffuso in me e mi sentii come se il mio corpo improvvisamente fosse dieci volte più pesante. Forse avrei dovuto prendere tutto come un suggerimento. Forse era attratto dai ragazzi in qualche modo, ma l'aveva fatto solo nella speranza che entrassi nella sua stanza per rendermi conto che era interessato ai ragazzi, ma non a me.

 

Okay, dovevo ammettere che quella teoria era completamente senza logica, irrealistica e senza alcun senso.

 

Comunque.

 

Tirai un filo allentato delle lenzuola e sospirai. Forse Harry doveva avere una ragione, forse tutta la questione 'lasciarmi vivere qui' sarebbe risultata strana alla fine.

 

Prima che avessi il tempo di deprimermi ancora di più, il suono dell'apertura della porta arrivò alle mie orecchie e gemetti dentro di me. Non dovevo voltarmi per capire chi fosse. La porta fu chiusa e poi sentii dei passi che si avvicinavano lentamente.

 

 

"Lou? Stai bene?"

 

Provai a fingere di dormire, ma realizzai che probabilmente non avrebbe portato a niente di buono. Non alla fine almeno.

 

"Si," mormorai.

 

"Io... mi dispiace che tu abbia visto quello," disse nervoso.

 

"È colpa mia," dissi piano.

 

"Si, beh, avrei potuto chiudere a chiave la porta."

 

"E io avrei potuto evitare di ficcanasare nella tua stanza."

 

Lo sentii ridacchiare un po', ma sembrava forzato.

 

"Immagino che abbiamo colpa entrambi. Di nuovo."

 

Non risposi a quello e la stanza restò in silenzio. Io non avevo idea di cosa dire, ma uno di noi avrebbe dovuto dire qualcosaper sbarazzarci di quella stupida tensione che era diventata troppo familiare tra noi ultimamente.

 

"Hai... visto?" disse alla fine, ora sembrava ancora più nervoso di prima.

 

"Visto cosa?" chiesi.

 

"Il- mio- beh, il... computer."

 

Chiusi gli occhi per un secondo, pregando per qualcosa o qualcuno che mi facesse magicamente scomparire, prima di sospirare e rispondere con un brusco: "Se ti ho visto masturbarti su un porno gay? Si l'ho fatto."

 

"Non era- voglio dire, io non-"

 

"Risparmiatelo," lo interruppi, ma non ero arrabbiato, non quella volta. Mi sentivo... avvilito e stanco di quello stato costante di confusione e di sconvolgimento che mi ritrovavo dentro.

 

"Non ho bisogno di una spiegazione. Dopo tutto, ho solo trovato il ragazzo che ha passato gli ultimi tre mesi ad assicurarmi di essere etero, a masturbarsi su un porno gay, e questo dopo avermi detto delle cose che un ragazzo etero non avrebbe dovuto dire assolutamente al ragazzo che prova dei sentimenti per lui, e dopo che questo presunto ragazzo mi ha detto che fosse solo uno scherzo."

 

Mi fermai un attimo e presi un respiro profondo. "Non è... solo- se non vuoi, sai, spiegarmi questo è okay, ma solo... smettila di incasinarmi, ok?"

 

"Voglio darti una spiegazione," disse con voce gentile, "o almeno voglio provarci. Non posso garantirti che farò un buon lavoro."

 

Un po' esitante mi girai per poterlo vedere. Stava in piedi ad un metro di distanza dal letto e mi guardava con un piccolo cipiglio sul viso mentre si mordeva il labbro con fare nervoso.

 

"Non devi farlo se non vuoi," dissi.

 

"No, io- io lo farò," disse con un espressione che mi diceva che stava cercando di convincere se stesso quanto me.

 

"Spostati un po'," aggiunse e si avvicinò.

 

Non mi preoccupai di mettere in discussione quella richiesta, feci solo come mi disse e spostai il mio corpo in modo da avere la schiena appoggiata al muro e le braccia avvolte intorno al mio stomaco. Stare sdraiato sulla schiena non era comodo perché mi faceva sentire come se la mia pancia fosse una montagna e beh, non mi piaceva sentirmi come una montagna. Nonostante quello, rimasi in quella posizione e guardai Harry sdraiarsi accanto a me, anche lui sulla schiena, con le mani sotto la testa. C'era abbastanza spazio tra di noi, così mi sarei potuto mettere su un fianco senza finire sopra di lui. Almeno qualcosa era andato nel modo giusto.

 

"Okay, quindi... spiegazione," disse, guardandomi con occhi ansiosi.

 

"Si, spiegazione."

 

Lasciò cadere le sue braccia sui fianchi prima di mettersi su un lato, la testa allo stesso livello della mia.

 

"Questo potrebbe richiedere un po' di tempo," disse poi.

 

"Ho tempo."

 

Chiuse gli occhi e si pizzicò il ponte del naso per un attimo prima di dirigere di nuovo il suo sguardo verso di me.

 

"Non so nemmeno da dove cominciare," disse, mordendosi l'interno della guancia.

 

"Solitamente l'inizio è un buon punto di partenza."

 

"Giusto, l'inizio," disse. "Okay, l'inizio. La festa."

 

Okay, quindi il reale inizio.

 

"Si."

 

"La festa. Giusto. Okay."

 

Inalò profondamente, chiuse gli occhi per un altro istante e poi cominciò a parlare.

 

"Sono stato disonesto con te su tante cose, ma una cosa su cui sono stato completamente onesto è che non ricordo veramente niente di quella notte. O, beh, almeno fino ad un certo punto. E ti credo quando mi dici che abbiamo scopato, ma è- tu- tu non sei... non sei stato il primo ragazzo con cui l'ho fatto."

 

Le mie sopracciglia si alzarono di scatto e la mia mascella cadde.

 

"Tu- io pensavo- cosa?" farfugliai.

 

"Tu... tu sei stato effettivamente il terzo ragazzo," disse, ogni secondo sempre più ansioso.

 

"M-ma allora- se- allora perché hai- perché non- io-"

 

Mi interruppi, stringendo la mascella per un attimo cercando di riprendermi e di ricominciare.

 

"Scusa, ma come puoi... se sei stato con due ragazzi prima di me, come puoi ancora sostenere di essere etero? Solo per te stesso?"

 

"Te lo spiegherò," disse. "Qualche volta sono andato in un club a Manchester con Liam, Zayn e Niall durante l'estate. Ho conosciuto questo ragazzo, e non ricordo nemmeno il suo nome, ma ero ubriaco e strafatto e ho finito per fotterlo in un bagno. Fondamentale è successa la stessa cosa la seconda volta e mi sono sentito sporco entrambe le volte, sai? Non durante l'atto, ma dopo, perché non sono gay, non sono mai stato attratto dai ragazzi, e poi improvvisamente sono stato con due ragazzi in un mese quando intorno a me c'erano ragazze che avrei potuto facilmente conoscere. Ero anche nel periodo in cui mi stavo per mettere insieme a Lauren, quindi è stato un fottuto ed enorme casino."

 

Ebbi un po' di difficoltà ad elaborare tutto quello perché seriamente, ma che diavolo? Ma annuii lo stesso, non volendo fermarlo.

 

"Tutto ciò è accaduto alla fine di luglio o qualcosa del genere e ho passato una settimana a cercare di dimenticare tutto e stava funzionando abbastanza bene da quando avevo iniziato ad uscire con Lauren e ho incominciato ad innamorarmi di lei e alla fine ho capito che quello che era successo nel club era solo una circostanza del momento. Ovviamente, non mi ricordavo di essere andato a letto con te durante la festa, perciò appena è iniziata la scuola tutto era tornato alla normalità. Ma poi sei arrivato e mi hai detto che cosa era successo e tutto riguardo al bambino e ogni cosa è di nuovo sprofondata nella merda più totale."

 

"Mi dispiace," dissi secco.

 

"Non ti sto accusando, idiota," disse con un debole sorriso. "Ma sono rimasto un po' confuso di nuovo, ovviamente, ma quando l'intera situazione del bambino ha iniziato a diventare una parte così importante della mia vita, Lauren e io ci siamo messi insieme seriamente e l'intero problema dell'essere gay era stato messo da parte. Non provavo nessuna attrazione nei tuoi confronti, ero solo spaventato che ad un certo punto sarebbe potuto succedere, così avevo messo da parte tutto il resto."

 

"Oh, okay," fu tutto ciò che riuscii a dire.

 

"Ma," continuò e sentii un bagliore di speranza farsi largo nel mio petto, "c'è stato l'incidente nella tua camera da letto e... le cose si sono incasinate di nuovo."

 

"Si, con l'intera cosa 'hai quasi ucciso nostro figlio' e tutto," mormorai.

 

Gli angoli della sua bocca si curvarono verso il basso, "si."

 

Ci fu una pausa di due secondi prima che lui continuasse.

 

"E- beh, per farla breve: pensare di avergli fatto del male o peggio... che l'avessi ucciso, e di conseguenza che avessi perso te, mi ha fatto pensare e... ho cominciato a chiedermi- cioè, ho iniziato a chiedermi se ci fosse una possibilità che tu in realtà mi piacessi."

 

"E... cosa- in conclusione?" chiesi esitante, guardandolo con occhi aperti e pieni di speranza, riflettendo su ciò che stava succedendo nella mia testa.

 

Annuì.

 

"Si. Pensavo che i sentimenti sarebbero scomparsi con il passare del tempo. E poi-"

 

"Harry, per favore," lo interruppi, la mia voce un po' gracchiante. "Non ho bisogno di ascoltare tutta la storia, solo- per favore... dimmi se sei stato sincero mercoledì sera, quando mi hai detto che non sarei stata la tua ultima scelta se fossi stato single. Questo è veramente tutto quello che voglio sapere."

 

Sembrava un po' sorpreso e passò un paio di minuti a guardarmi negli occhi prima di rispondere.

 

"Io... lo ero. Ero sincero," disse e poi deglutì.

 

L'aveva detto. Finalmente. Era abbastanza semplice da dire, ma mi fece venir voglia di piangere di felicità. Per impedirmi di farlo gli offrii un sorriso sconnesso.

 

"Non mi stai mettendo in confusione, vero?" chiesi, un po' imbarazzato dal tremito della mia voce.

 

"No," disse fermamente. "No, l'ho già fatto abbastanza, non ti meriti tutta la mia merda. Quindi no, non ti sto confondendo."

 

"Okay," dissi, ancora sorridendo come un idiota; non sembrava che avessi voglia di smettere presto.

 

"E- esattamente che cosa... significa?"

 

"Significa quello che ho detto," rispose, "se fossi single, probabilmente ci sarebbe potuto essere qualcosa... di non platonico tra noi due."

 

Giusto. Se fosse stato single. Ma non lo era. La mia felicità svanì leggermente quando quel pensiero mi colpì.

 

"Buono a sapersi, credo," dissi.

 

"Buono a sapersi?" disse, alzando le sopracciglia. "Questo è tutto quello che hai da  dirmi?"

 

"Beh, come hai detto tu, sarebbe potuto succedere qualcosa tra di noi se tu fossi single, ma non lo sei, quindi... si, non ho molto da dire, credo."

 

"Tu non mi chiederai se c'è una possibilità che rompa con Lauren per stare con te?"

 

"Cosa? Lo faresti?" esclamai prima di riuscire a fermarmi.

 

"No, ma ho pensato che me lo avresti chiesto," disse con una semplice scrollata di spalle.

 

Il mio momento di imbarazzo fu subito messo da parte e sostituito dall'espasperazione e aggrottai le sopracciglia.

 

"Perché ti preoccupi così tanto di mettere in mezzo cose come quelle se alla fine ci rimango male lo stesso?"

 

"Scusami," disse con un sorriso.

 

"Si."

 

La stanza rimase in silenzio, ma durò solo pochi istanti prima che Harry ricominciò a parlare.

 

"Ma solo... sappi che mi piaci, okay?" disse, guardandomi con occhi caldi. "Non ho intenzione di rompere con Lauren, ma mi piaci tanto lo stesso. Sei... sei bello, forte, dolce, intelligente, sorprendente e... se te lo stai chiedendo, ho apprezzato molto il nostro bacio quel giorno. È stato un bel bacio, proprio un bel bacio."

 

Sentirgli dire quelle cose mi fece venir voglia di strapparmi i capelli dalla frustrazione e nello stesso momento sentivo la necessità di mettere un cerotto al mio povero cuore. Dopo aver passato tanti mesi pensando che non sarei mai potuto piacere ad Harry, ora avevo scoperto che gli piacevo, ma anche che non saremmo potuti essere nient'altro se non amici, perché non era disposto a rompere con quella stupida, fastidiosa troia della sua ragazza che a nessuno tranne che a lui sembrava piacere. Era a dir poco frustante.

 

"Si, lo è stato," dissi semplicemente con un sorriso debole.

 

Allungò una delle sue mani e la posizionò sopra alla mia, che era sopra al mio stomaco, e intrecciò le nostre dita. Chiusi gli occhi e mi permisi di godermi la sensazione per un po' di tempo, immaginando quanto diverso questo gesto sarebbe potuto essere se Lauren non ci fosse e se avessi potuto avere Harry per me.

 

"Dovremmo... cambiare argomento?" chiese dopo un lungo momento e aprii di nuovo gli occhi.

 

"Certo," dissi, anche se mi sentivo come se non avessimo parlato abbastanza di quello.

 

"Uhm, okay, nuovo e più difficile argomento: optare per l'adozione o non optare per l'adozione," disse. Con mia leggera felicità non aveva tolto la mano.

 

"Giusto," mormorai, guardandolo nervosamente.

 

"Ci hai pensato?"

 

Lascia uscire una piccola risata a quello.

 

"Partorirò tra poco più di un mese, Harry," dissi.

 

"E?" disse, guardandomi con aspettativa e speranza.

 

Sembrava dannatamente terribile dover cancellare quell'aspettativa e quella speranza dai suoi occhi, ma sapevo di non avere altra scelta.

 

"Io- io non posso," dissi, la mia voce nient'altro che un sussurro, "non possiamo tenerlo. Io non- io non voglio."

 

Fu ancora più brutto di quanto mi aspettassi, vedere quella piccola luce morire proprio davanti ai miei occhi. Le sue labbra tremavano un po', le sopracciglia si aggrottarono miseramente e la presa che aveva intorno alla mia mano si allentò.

 

"Non vuoi tenerlo," mormorò dopo una lunga pausa.

 

Scossi la testa e lo guardai con gentilezza, chiedendogli silenziosamente di non essere arrabbiato con me.

 

"Per favore non odiarmi," dissi.

 

"Non ti odio," disse con un piccolo sorriso che giocava con gli angoli della sua bocca. "Ma.. c'è- c'è una possibilità che tu possa cambiare idea?"

 

Scossi la testa. 

 

"No," dissi, "io odio doverlo fare, lo odio davvero, ma non voglio rovinare la mia vita, nè la tua o dare a lui una vita miserabile. Voglio fare qualcosa mentre sono ancora giovane, Harry, e voglio che tu faccia lo stesso, piuttosto che rovinare la tua vita per colpa di una scopata da ubriaco che non sarebbe mai dovuta capitare."

 

"Non mi rovinerò la vita per colpa di una scopata da ubriaco," disse, il modo in cui la sua voce uscì era quasi supplicante, "non rovinerei niente, lo farei per mio figlio e per il ragazzo a cui tengo molto. Sarei disposto a rovinare la mia vita per questo, Lou."

 

Dovetti prendermi un paio di secondi per scacciare via qualche lacrima prima di rispondere. 

 

"Ci hai pensato per davvero?" chiesi con voce rauca, "hai pensato a cosa potrebbe significare per te e Lauren, per i tuoi rapporti futuri e per, beh, tutto?"

 

"Certo io-"

 

"Non credo che tu lo abbia fatto," lo interruppi, "l'ho già detto prima, ma se dovessimo tenerlo, le nostre vite sarebbero completamente incasinate per molti, molti anni e saremmo entrambi legati ad una responsabilità per tutta la vita."

 

"Ho pensato a questo un milione di volte," disse, la speranza ancora nei suoi occhi. "E voglio comunque tenerlo."

 

Lo guardai per lungo tempo, cercando di pensare a qualcosa da dire. Alla fine ruppi il contatto con i suoi occhi e guardai in basso.

 

"Io- non posso," dissi allora, "lo daremo in adozione e facendo così, gli daremo una vita felice e sicura."

 

Lo sentii prendere un respiro profondo e tremante. "Okay," disse alla fine, la voce si spezzò alla 'a'. "Va bene."

 

Alzai di nuovo lo sguardo e lo guardai.

 

"Mi dispiace," dissi con voce appena udibile.

 

"È tutto okay," disse, stringendomi la mano un po' più forte. "Almeno potremmo tenerlo per un po' una volta nato, vero?"

 

Il pensiero di quello mi fece quasi piangere di tristezza e disperazione, ma sorrisi e annuii. 

 

"Si."

 

Mi offrì un piccolo sorriso, ma non disse niente, e cademmo in un silenzio confortevole. Vedere con i miei occhi quanto Harry fosse sconvolto al pensiero di non tenere il bambino era straziante, per dirla tutta, ma sapevo di star facendo la cosa giusta. Lo sapevo. Era la cosa migliore e lo sapevo. Ero sicuro al cento per cento. Nessun dubbio.

 

"Louis?" disse Harry.

 

"Si?"

 

"Possiamo- sarebbe... sarebbe strano se noi tipo, fingessimo?" chiese nervosamente. "Solo per un po' di tempo?"

 

"Fingessimo cosa?" dissi, guardandolo con confusione.

 

"Di tenerlo."

 

"Io- cosa? Perché- perché dovremmo far finta di volerlo... tenere?" chiesi, guardandolo con occhi grandi.

 

"Così," disse con un debole sorriso.

 

"Ma io-"

 

"Per favore, Lou, fammelo credere solo per pochi minuti," mi interruppe piano.

 

Non riuscivo a capire a cosa sarebbe servito, ma non riuscii a dirgli di no. Dopo avergli sostanzialmente negato la possibilità di conoscere suo figlio, non riuscivo a negargli anche quello. Almeno non in quella situazione.

 

"Okay," dissi, "va bene, credici se vuoi."

 

Sorrise e spostò il suo corpo un po' più vicino al mio, in modo che le nostre gambe si toccassero tra loro.

 

"Vuoi pensare a qualche nome?" chiese allora.

 

"Cosa?"

 

"Nomi. Per il bambino. Hai qualche idea?"

 

Volevo dirgli che il pensiero dei nomi non avrebbe assolutamente migliorato la situazione, ma i suoi occhi erano brillanti e il suo sorriso contagioso e non potevo far altro che sospirare e lasciarmi trascinare in tutto quello.

 

"Non proprio," dissi, "tu?"

 

"Non lo so," disse pensoso, "penso di averlo già detto, ma due nomi sarebbero fantastici."

 

"Questo lo rende ancora più difficile."

 

"Cosa intendi?"

 

"Beh, invece di trovare un solo nome, dovremmo trovarne due. E dovranno anche corrispondere."

 

"Immagino di si," disse. "Voglio ancora due nomi però. Io ho due nomi, tu hai due nomi, anche nostro figlio dovrà averne due, non credi?"

 

"Se la metti così, certo," dissi, "okay, vada per due nomi."

 

"Si?"

 

"Mhm."

 

"Figo," disse, sorridendo ampiamente.

 

Si fermò per un attimo. "Cosa ne pensi di Carter?"

 

"Carter," ripetei, "un po' insolito. Perché quel nome?"

 

"Era mio nonno," disse, "è morto due anni fa e credo di volerlo solo... onorare in qualche modo. Era un brav'uomo e credo che meriti di più di quella orrenda lapide che mio zio e mia zia hanno fatto fare e di un mazzo occasionale di fiori."

 

"Oh," dissi con un sorriso, "Carter, mi piace, ma credo che dovrebbe essere il secondo nome perché... beh, mi dispiace dirlo, ma se gli diamo 'Carter' come primo nome, verrà bullizzato dal primo giorno di scuola superiore."

 

"Certo," ridacchiò. "Okay, Carter sarà il secondo nome. Cosa pensi per il primo?"

 

"Non lo so. Cosa potrebbe andare bene con Carter?"

 

"Harry."

 

"Harry? Vuoi dare a tuo figlio il tuo stesso nome?" sbuffai, "fa molto diciannovesimo secolo."

 

"Harry sta bene con Carter, devi ammetterlo."

 

"Beh, si, ma non credo che dovremmo chiamarlo Harry solo per questo."

 

"Va bene," mormorò. "Immagino che non ti chiamerai Harry Carter, piccolo," aggiunse dopo aver spostato il suo sguardo verso la mia pancia e aver usato la mano libera per picchiettarla leggermente.

 

"Non Harry Carter," concordai, "qualche altro suggerimento?"

 

"Che ne dici di Louis?"

 

"Oh, andiamo," gemetti, "non lo chiameremo nemmeno come me. Nessuna discussione. Inoltre, Louis Carter è ridicolo."

 

"Va bene."

 

"Hai altre idee brillanti? Lo vuoi chiamare come tuo padre o tuo fratello forse?"

 

"Ehi, vacci piano," disse lui, "okay, niente più nomi di parenti. Che ne dici di... Nathan?"

 

"Nathan Carter."

 

Ripetei quella combinazione per alcuni secondi prima di arricciare il naso e scuotere la testa.

 

"Sembra okay, ma 'Nathan' mi fa pensare a One Tree Hill."

 

"Era un bel ragazzo, quello che ha interpretato Nathan."

 

"Non è questo il punto. Immagina, ogni volta che lo sgriderò, mi sembrerà come se stessi gridando contro al Nathan di One Tree Hill," dissi. "Scusami, ma è un no per Nathan."

 

Lui sospirò. "Okay, allora pensa a qualcos'altro."

 

Passai un po' di tempo a pensare a tutti i nomi da ragazzo che avessi sentito fino a quel momento, prima di-

 

"Samuel?"

 

"Samuel?"

 

"Si."

 

"Samuel Carter? Gesù, vuoi che gli mettano la testa nel cesso per caso?"

 

Roteai gli occhi. "Okay non ti piace."

 

"Un nome da nonno è già abbastanza, scusa."

 

"Hmm, si, credo," mormorai, "bene, un altro nome."

 

"È difficile," disse accigliato, "non pensavo che scegliere un nome fosse così difficile."

 

"Non lo sarebbe se avessi fatto tutto da solo," dissi con un sorriso sordo, "ti saresti fermato ad Harry Carter."

 

"Sarebbe stato bello," disse. "Saremmo stati Harry ed Harry Junior."

 

"Harry Junior... suona come se stessi parlando del tuo pene."

 

"Se stessi parlando del mio pene, io sarei Harry Junior ed il mio pene Harry."

 

Arricciai il naso. "Questo è... non lo so, disgustoso."

 

"Scusa?" disse, fingendosi offeso, "stai chiamando il mio prezioso-"

 

"Okay, non dire niente di più," lo interruppi, "possiamo tornare a parlare di nomi?"

 

Sorrise a quello. "Perché? Pensavo che volessi il mio caz-"

 

"Harry!"

 

"Scusami. Va bene, nomi."

 

"Grazie," dissi, prendendo un secondo per far sparire il rossore dal mio viso. "Che ne dici di Aidan?"

 

"Il nome?"

 

Roteai gli occhi. "No, il mio insegnante di fisica del quarto anno. Si, il nome."

 

"Aidan Carter," mormorò, "sai cosa? Mi piace davvero."

 

"Si?"

 

"È un po' insolito abbinato al nome Carter, ma è bello distinguersi un po', no?"

 

Sorrisi. "Si, penso che lo sia. Aidan Carter allora?"

 

"Si, Aidan Carter," disse, ricambiando il sorriso.

 

"Figo."

 

"Hmm. E per quanto riguarda il cognome?"

 

Corrugai la fronte. "Non ci ho mai pensato," dissi. "Come funziona di solito con i bambini che hanno genitori con cognome diverso?"

 

"Di solito non hanno entrambi i cognomi o solo il cognome del padre?"

 

"Suppongo che sia tu il padre qui," dissi, sollevando le sopracciglia.

 

"Beh, nella maniera tradizionale, si," disse, "voglio dire, sei tu quello incinto."

 

"Suppongo di si. Quindi... avrà il tuo cognome?"

 

"Nah," disse con una leggera scrollata di spalle, "penso che dovrebbe prendere anche il tuo. Due cognomi non hanno mai fatto male a nessuno."

 

"Non credo," dissi, sorridendo debolmente. "Quindi si chiamerà Aidan Carter Tomlinson Styles? Un po' uno sciogli lingua, vero?"

 

"Non deve usare tutti i nomi però, potrebbe usare solo un nome ed un cognome se vuole. Ma credo che il suo nome completo e ufficiale debba avere tutti e quattro i nomi, si."

 

Sorrisi di nuovo, un po' di più quella volta.

 

"Okay allora."

 

Guardai il mio stomaco dove le mie dita e le dita di Harry erano ancora unite.

 

"Cosa ne pensi del tuo nome, piccolo?" chiesi allora, "ti piace?"

 

Non ricevetti nessuna risposta, ma sorrisi comunque.

 

"Ci hai ascoltato parlare per tanto tempo, vero?" chiese Harry dolcemente, "sarai stanco di prestare attenzione. Non ti biasimo."

 

"Forse si è addormentato," mormorai. "I bambini dormono quando sono dentro.. beh, non l'utero in questo caso, ma hai capito no?"

 

"Certo che lo fanno," sbuffò, "pensi che stiano svegli ventiquattro ore su ventiquattro?"

 

"Non lo so," dissi, "come dovrei conoscere queste cose?"

 

"Leggendo il libro che ti ho comprato," disse con un sopracciglio alzato e un sorriso divertito sulle sue labbra.

 

"L'ho letto, ma non diceva niente sulle abitudine dei bambini quando dormono," dissi in mia difesa, "tu hai una risposta, visto che sai tutto?"

 

"Si, in realtà ce l'ho," disse, guardandomi ancora divertito, "apparentemente i bambini non ancora nati dormono tra le quindici e le diciotto ore al giorno, come un neonato."

 

"Tra le quindici e le diciotto ore? Non c'è modo che lui dorma così tanto; quello è il tempo che passa a calciarmi, non a dormire."

 

"Forse è in ottima forma e non ha bisogno di dormire tanto."

 

"Si, deve essere così."

 

Sorrise, ma non disse niente. Dopo un paio di secondi il sorriso scomparve e fu sostituito da un'espressione ansiosa. Un altro secondo di silenzio passò prima che riprese a parlare.

 

"Uhm, senti, a proposito... a proposito di quello che hai visto prima," iniziò, "era solo-"

 

"Davvero, non voglio una spiegazione," lo interruppi, "mi hai detto che ti piaccio, il che significa che non sei completamente contrario all'idea di stare con un ragazzo, ciò spiega il... porno e-"

 

"Si, ma io-"

 

"Harry, per favore. Ti ho scoperto mentre ti masturbavi, non è la fine del mondo."

 

Potrebbe essere stata la fine della mia sanità mentale però.

 

Mi guardò con le sopracciglia corrugate e le labbra in una linea sottile, apparentemente tentando di capire qualcosa. Dopo qualche secondo l'espressione scomparì.

 

"Okay, se ne sei sicuro," fu tutto ciò che disse.

 

"Si, ne sono sicuro," dissi fermamente.

 

"Hmm, va bene."

 

Poi un ghigno comparve nel suo viso.

"Ti è piaciuto?"

 

Non avevo bisogno di chiedere a cosa stesse facendo riferimento; il mio volto diventò immediatamente rosso e caldo come il sole e avrei voluto nascondermi sotto al cuscino.

 

"Harry, dai," dissi, tentando una piccola risata.

 

"Lo prendo come un si," disse, con un sorriso che era diventato ancora più enorme.

 

"Smettila di essere stronzo," mormorai, anche se l'effetto delle mie parole era un po' indebolito dal mio sorriso che sembrava non voler lasciare il mio viso.

 

"Scusa, scusa," mormorò.

 

Mi sorrise, mentre sollevò la mano che non era appoggiata nella mia pancia e la posò dolcemente sulla guancia.

 

"Sei stanco?" chiese allora.

 

"Sorprendentemente, non molto," dissi.

 

"Beh, io sono certo di esserlo," disse, sbattendo le palpebre stancamente, "coccole e poi a dormire?"

 

"Vuoi coccolarmi?" chiesi lentamente.

 

Il suo sorriso vacillò e la mano che era sulla mia guancia scivolò un po' verso il basso.

 

"Non... vuoi?" domandò esitante.

 

"No, no, certo che voglio," dissi in fretta, non volendo di nuovo litigare. "Ho solo immaginato che, sai, con tutta la questione che... ti piaccio e che tu mi piaci, e che tu abbia una ragazza e-"

 

"Possiamo ancora coccolarci, idiota!" sbuffò, con la mano che riprese posto sulla mia guancia, "e lei non entrerà qui da un momento all'altro, quindi non devi preoccuparti che ti prenda a calci in culo o altro."

 

Sollevai le sopracciglia.

 

"Pensi che la tua ragazza possa prendermi a calci in culo? Tante grazie."

 

"Fa karatè, piccolo, e sei incinto."

 

Le mie guance diventarono rosse e il mio cuore fece un salto al soprannome, ma scelsi di non commentare.

 

"Bene, forse potrebbe prendere a calci il mio culo," dissi semplicemente.

 

"Si, potrebbe. Mi ha colpito una volta. Ha fatto dannatamente male."

 

"Oh, la spaventosa ragazza ti ha picchiato?"

 

"Si, lo ha fatto."

 

Risi. "Sembra che ti sia ripreso abbastanza bene."

 

"Credo di si," disse. "Allora, che ne dici di queste coccole prima di dormire?"

 

Non riuscii a trovare altro da dire così scrollai le spalle in un silenzioso 'certo, perché no?'. Il suo viso si illuminò.

 

"Vieni qui," disse lui e si girò di schiena indicando il suo petto. "Ti ho già detto che faccio da buon cuscino," aggiunse quando lo guardai con leggera confusione.

 

"Harry, hai visto le dimensioni della mia pancia ultimamente?" chiesi, sollevando le sopracciglia, "l'unico modo in cui può funzionare è che io mi metta a cucchiaio."

 

"Stronzate," disse, "vieni, sdraiati."

 

Ancora un po' dubbioso su come ci saremmo riusciti, trascinai il mio corpo verso il suo e con un rapido, esitante sguardo sul suo volto, posai la testa sul suo petto. Il mio stomaco era scomodamente pressato sul suo fianco e sbuffai un po' seccato.

 

"Vedi?" dissi con un cipiglio esasperato che probabilmente lui non riusciva a vedere, "è in mezzo."

 

Lo sentii ridacchiare un po' e volevo schiaffeggiargli la spalla perché stava ridendo di me, ma prima di poterlo fare, la pressione contro la mia pancia scomparve improvvisamente e mi resi conto che si era spostato un po' di lato, così il suo corpo in quel momento era disteso in diagonale.

 

"Sono un cazzo di genio," mormorò, "ora c'è spazio per te, per me è per il tuo enorme-"

 

"Ehi!"

 

"Beh, l'hai detto tu."

 

"È diverso sentirlo dagli altri."

 

"Okay, scusa, riformulo. Ora c'è spazio per te, per me e per il piccolo non ancora nato."

 

"Grazie."

 

"Prego."

 

Sorrisi un po' e misi la faccia nel suo petto mentre avvolgevo le braccia intorno a lui il meglio possibile.

 

"Avevi ragione," mormorai, "fai da buon cuscino."

 

Optai per non accennare al fatto che odorava di buono.

 

"Hm, lo so," disse e sentii il sorriso nella sua voce.

 

Un breve silenzio cadde tra di noi.

 

"Ehi, abbiamo avuto una lunga e produttiva conversazione e nessuno di noi ha cominciato ad urlare," disse poi, la sua voce morbida.

 

"Che vittoria," ridacchiai. Sentii una delle sue mani cominciare a scivolare su e giù lentamente sulla mia schiena e sospirai soddisfatto; era bello.

 

"Penso che lo sia," disse, "più tardi dovremmo fare una torta per festeggiare."

 

"Hm, una torta suona bene," mormorai, cominciando a sentire la stanchezza invadere il mio corpo, "adesso sono stanco, quindi possiamo dormire?"

 

"Certo," disse e poi sentii le sue labbra pressate contro la parte superiore della mia testa.

 

Ci fu una breve pausa in cui sospirai felicemente e spalmai ulteriormente il mio viso sul suo petto, ma poi riprese.

 

"Mi piacerebbe fare tutto questo un'altra volta, solo... da qualche altra parte."

 

Era una frase un po' vaga, ma capii quello che intendeva e mi congelai. Presi un paio di secondi per capire cosa dire e non sembrare un completo idiota.

 

"Si, beh, hai una ragazza," dissi finalmente.

 

Lo sentii sospirare un po' prima che pronunciasse un tranquillo 'si, ce l'ho.'

 

Non risposi e non aprii la bocca, e solo pochi minuti dopo mi addormentai, sentendomi più felice del solito. Ma allo stesso tempo c'era una strana sensazione di vuoto nel mio petto. 

 

O forse non era poi così strana.

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Capitolo 28
*** 28. So, all in all, things were actually... okay. ***


CAPITOLO 28

Quindi, nel complesso, le cosa andavano effettivamente... bene.

 

 

Dopo il lungo e grande discorso tra me ed Harry, i giorni successivi passarono in relativo silenzio. Mi sarei aspettato che le cose sarebbero cambiate drasticamente una volta che entrambi fossimo venuti a conoscenza dei sentimenti reciproci, ma alla fine, niente era veramente cambiato. Di tanto in tanto ci scambiavamo degli sguardi un po' più profondi rispetto alle settimane precedenti e i sorrisi che ci scambiavamo potevano contenere parole non dette, ma oltre quello tutto era come sempre. Mi ero chiesto se Harry avesse raccontato ad Anne ciò che era successo tra noi, ma a giudicare dal sorriso che increspava le sue labbra durante la cena il giorno dopo, arrivai alla conclusione che si, lo sapeva. Non che mi disturbasse, ma era strano per me che un adulto conoscesse aspetti personali della mia vita privata.

 

Entrambi andammo al mio controllo quel lunedì ma non successe niente fuori dall'ordinario - a parte il fatto che il mio peso alla trentacinquesima settimana fosse di settantanove chili e che fossi quasi scoppiato a piangere prima che la dottoressa mi assicurasse che tutto il peso, o almeno la maggior parte di esso, sarebbe scomparso una voleva che il bambino sarebbe nato. La questione sui diversi modi del parto non era stata discussa, ma venne fuori e decidemmo di fissare un altro controllo la settimana dopo - il 25 Aprile alle 17 - e che ne avremmo parlato.

 

Io e Harry avevano trascorso qualche serata nel suo letto, coccolandoci a vicenda e guardando film sul suo portatile. Era fantastico passare del tempo con lui senza alcun dramma o problemi vari, ma non potei negare che passare oltre tre ore pressato al ragazzo di cui potevo o non potevo essere innamorato senza poter effettivamente fare niente oltre alle coccole, mi lasciava terribilmente frustrato. Frustrato e con il disperato bisogno di... niente. Considerato che il vibratore che Harry mi aveva comprato era ancora nascosto all'interno del mio armadio a casa di mia madre, ero costretto a risolvere da me, e, beh, a causa delle dimensioni della mia pancia, non ero in grado di raggiungere con le dita ciò che volevo raggiungere. Ma malgrado la frustrazione sessuale che le nostre serate-film mi causavano, non c'era modo che volessi smettere di farle, e così scelsi le sessioni di coccole seguite poi da una rapida masturbazione non appena la porta della mia stanza veniva chiusa.

 

 

Giovedì, 21 Aprile

Trentacinque settimane e tre giorni 

 

 

Quel giovedì fu orribile. Quella fu la conclusione che feci quando entrai in casa e gettai la mia borsa sul pavimento nell'ingresso. La giornata era iniziata con me esausto e continuava ad essere così; il fatto che Harry mi avesse detto che non poteva portarmi a casa perché doveva uscire con Lauren subito dopo la scuola non aiutò molto. E così avevo dovuto prendere l'autobus, che peggiorò ancora di più la situazione. Quindi quel giovedì fu orribile; ma comunque, tutti i giorni lo erano, tranne il sabato e la domenica. A più di trentacinque settimane di gravidanza ero... beh, ero grande. Mi sentivo grande già da qualche mese, ma in quel momento ero solo... enorme. Mi sentivo più grande di quanto in realtà fossi, il che era un sollievo, ma quando mi guardai allo specchio fu dolorosamente ovvio che il mio corpo non era esattamente così piccolo come lo era mesi prima. 

 

Lasciai uscire una smorfia infastidita prima di spostare lo sguardo lontano dallo specchio, abbandonai le scarpe e mi diressi verso la cucina dove sentii i suoi familiari di pentole e padelle. Quando attraversai la porta, la prima cosa che vidi fu Anne vicino ai fornelli con gli occhi diretti verso la padella, dove stavano cuocendo delle bistecche. Ma poi feci vagare il mio sguardo nella stanza, più per abitudine che per altro, e subito desiderai di tornare tre minuti indietro nel tempo in modo da non entrare in cucina.

 

Harry era seduto accanto al tavolo e seduta in grembo con le labbra attaccate alla sua guancia, c'era Lauren. Non ero abbastanza sicuro di cosa fare, perché per quanto ne sapessi, Lauren non aveva idea che io vivessi lì e, beh, stare in piedi in mezzo alla cucina senza intenzione di voler andare via probabilmente era un po' sospetto.

 

"La cena è pronta tra circa un'ora o giù di lì," sentii dire da Anne prima che avessi avuto il tempo di trovare qualcosa da dire o fare, prima che Harry e Lauren notassero la mia presenza. Entrambi alzarono lo sguardo però, e con mia sorpresa, Lauren non espresse confusione. Tutto ciò che fece fu quello di mandarmi un'occhiata acida prima di tornare a dare attenzione ad Harry. Lui, con mia sorpresa ancora più grande, mi sorrise come se non ci fosse niente di strano in quella situazione.

 

"Uhm, si, perfetto," dissi distrattamente in risposta all'ultima affermazione di Anne.

 

"Come mai sei arrivato a casa così tardi?" chiese, "perché non ti sei fatto accompagnare da Harry?"

 

"Bella domanda," dissi, mandando un rapido sguardo torvo in direzione di Harry. Tutto quello che fece in risposta fu quello di spostare lo sguardo da Lauren il tempo necessario per offrirmi un sorriso di tentate scuse. Non glielo restituii.

 

"Beh, ora sembri un po' stanco," continuò, non sembrava essersi accorta del mio improvviso fastidio. "Perché non vai a sdraiarti fino all'ora di cena?"

 

"Oh, uhm, certo, se non hai bisogno di aiuto," dissi, ignorando la vocina nella mia testa che mi diceva di andare dritto a letto e rimanerci per sempre. O almeno per la successiva ora.

 

"Vai a fare un pisolino," disse con un sorriso. "Ho paura che tu possa cadere in terra se rimani in piedi per troppo tempo."

 

"Quindi, oltre ad essere grasso, non riesce neanche a stare in piedi?" sentii sussurrare da Lauren, ma non abbastanza forse da essere sentita da Anne.

 

"Va bene, grazie," dissi con un sorriso un po' forzato prima di tornare indietro e uscire dalla cucina verso la mia camera da letto.

 

Una volta che fui nella privacy delle mie quattro mura, mi stesi sul letto e chiusi gli occhi con un sospiro.

 

Harry non aveva detto che lui e Lauren dovevano uscire? L'ultima volta che avevo controllato, 'fuori' non significava a casa. E se comunque sarebbe dovuto venire a casa, perché non avrebbe potuto darmi un passaggio? Beh, probabilmente a causa di Lauren, ma comunque. Nonostante mi sentissi un po' irritato da quel comportamento, mi sentii molto più triste sul fatto che probabilmente avrei dovuto cenare con la presenza di Lauren dandole più occasione per commentare il mio peso, o almeno mandarmi occhiate di disprezzo dall'altra parte del tavolo.

 

Nonostante quei pensieri scoraggianti, non mi servii più di qualche minuto per cadere in un sonno profondo.

 

*

 

Venni svegliato da Connor più o meno un'ora dopo e, ancora abbastanza insonnolito, e lontano dall'essere riposato, lo seguii in cucina dove, come previsto, Lauren stava seduta su una sedia accanto ad Harry. I due sembravano impegnati in una conversazione molto più interessante del mio arrivo e nessuno di loro due mi guardò. Fu così per praticamente tutto il pasto, ad eccezione di due o tre sguardi glaciali che Lauren mi aveva mandato ed uno sguardo di scuse che ricevetti da Harry. Fortunatamente, tutti in tavola stavano parlando e Connor ed Adrian stavano facendo il solito trambusto, per cui non dovetti preoccuparmi di chi avrebbe potuto accorgersi del leggero senso di amarezza che si era piantato al centro del mio stomaco. Mi alzai dalla sedia non appena finii di mangiare e riuscii a colpire il tavolo con la pancia nel processo, guadagnandomi un'altra occhiata derisoria da Lauren. Dopo aver pronunciato un rapido 'scusate', misi il piatto nella lavastoviglie e mi affrettai ad uscire fuori dalla stanza prima di poter fare qualcosa che mi avrebbe causato ulteriore imbarazzo.

 

Quando entrai nuovamente nella mia camera, notai che il mio telefono, che avevo lasciato sul comodino, stava lampeggiando e segnalando un nuovo messaggio o una chiamata persa. Una volta che lo presi, notai che c'erano entrambi. La chiamata persa, con mia sorpresa, era da Owen, e così anche il messaggio. Non avevo sentito Owen da quando avevo lasciato casa, cosa che trovai un po' strana perché sicuramente aveva notato che non ero più lì. Ma iniziai a pensare che forse aveva parlato con mamma e Ian e aveva deciso che ero un mostro anormale e che non voleva avere nessun tipo di contatto con me. Il pensiero mi aveva lasciato parecchio triste perché sostanzialmente significava che non avevo più una famiglia, o almeno non vicina a me.

 

Leggermente curioso, aprii il messaggio e lessi due piccole frasi.

 

Dove sei? Stai bene?

 

Non esprimeva esattamente alcuna emozione, ma il fatto che mi avesse contattato almeno indicava che non mi odiava. Invece di rispondere al messaggio, composi il suo numero e avviai la chiamata. Non ci fu più di una squillo prima che rispondesse.

 

"Lou?" disse subito la voce di Owen.

 

"Si, ciao," dissi.

 

"Dove sei? Perché non sei stato in casa, tipo le ultime due settimane?"

 

"Che cosa? Mamma non ti ha detto niente?" chiesi, piuttosto sorpreso.

 

"Detto niente su cosa? Tutto ciò che mi hanno detto è che non avevo il permesso di sentirti e poi mi hanno cancellato il tuo numero, tutti i messaggi e le chiamate dal mio cellulare e non avevo il tuo numero memorizzato in altri posti, quindi sono dovuto andare da Eleanor per chiederglielo. Cosa sta succedendo?"

 

Okay, almeno c'era una spiegazione al perché non si era fatto sentire. Fu un sollievo.

 

"Purtroppo non sono così sorpreso che ti impediscano di sentirmi," mormorai, "loro- beh, Ian in realtà, mi ha buttato fuori di casa."

 

"Cosa?"

 

"A quanto pare il fatto di essere gay non fa bene alla nostra reputazione," dissi con una risata senza umorismo. "Così mi hanno cacciato."

 

"E la mamma era d'accordo?"

 

"Si."

 

"Fottuta puttana! Sto andando-"

 

"No, no," lo interruppi, "va tutto bene, quindi non farai niente. Non che io e la mamma fossimo particolarmente affiatati e io-"

 

"È comunque tua madre, idiota! Dovrebbe proteggerti da tutto, non importa cosa."

 

"Si, beh, sembra che qualcuno si sia dimenticato di dirglielo."

 

Un secondo di silenzio aleggiò tra noi prima di:

 

"Allora, tu non... tornerai a casa?" chiese Owen in silenzio.

 

"Anche se vorrei, non penso ci sia questa opzione, visto che mi è stato detto di uscire di casa, quindi no, non tornerò."

 

"Dove sei allora?"

 

"Da Harry."

 

"Il ragazzo che... sai?"

 

Roteai gli occhi.

 

"Il ragazzo che mi ha messo incinto, si."

 

"Oh. È tutto... okay, vero? Non sei- voglio dire, tu e... il bambino e tutto il resto, state bene?"

 

"Si, va tutto bene," dissi, sorridendo all'evidente preoccupazione nella sua voce.

 

"Figo, si. Bene."

 

"Come vanno le cose a casa? Stai bene?"

 

"Come sempre," rispose, "mamma è una stupida ed Ian uno stronzo noioso."

 

"Sembra tutto okay," dissi e poi ci fu una breve pausa prima che lui disse qualcos'altro.

 

"Quando, sai... partorirai o qualunque cosa dovrai fare per far uscire il bambino?"

 

"Uhm, se sarà come una normale gravidanza, verso il 16 Maggio," dissi esitante, ripensando ai calcoli che la dottoressa Hayes aveva fatto quel lunedì. "Quindi penso che partorirò verso quella data."

 

"Non partorirai nel modo comune, vero?"

 

"Mi ricordi Harry quando parli così," dissi con un sorriso, "ma non credo che sarò in grado di spingere fuori un bambino dal mio culo e anche se potessi, non credo di volerlo fare, quindi no, non partorirò nel modo comune."

 

"Allora ci sarà un cesareo?"

 

"Suppongo di si. Parlerò con il medico lunedì, quindi lo saprò il giorno."

 

"Hmm, va bene. Fammi sapere come va, okay?"

 

"Si, certo," dissi, scegliendo di non chiedergli il  perché volesse saperlo.

 

"Devo andare, ho allenamento tra mezz'ora, ma ti chiamerò presto. Ma non chiamarmi tu. Voglio dire, sarebbe un casino se mamma e Ian fossero intorno, no?"

 

"Un po'," dissi secco.

 

"Si, beh, sono idioti."

 

"Molto maturi."

 

Dopo qualche altro minuto a fare commenti e con un 'stammi bene, okay?' da parte di Owen, chiusi la chiamata e tornai di nuovo ai miei pensieri. Non ero di buon umore per tentare di analizzare tutte le cose, perciò chiusi gli occhi e cercai di addormentarmi di nuovo. Ma solo pochi secondi dopo, ci fu un bussare alla mia porta e con un sospiro, pensando che molto probabilmente fosse Harry, dissi un 'si?' e aspettai che la porta si aprisse. Con mia leggera sorpresa, non fu il volto di Harry che apparve, ma quello di Anne.

 

"Posso entrare?" chiese.

 

Mi sedetti sul letto e appoggiai la schiena contro il muro, aggrottando un po' la fronte con disagio. "Si, certo."

 

Entrò nella stanza e chiuse la porta dietro di sé prima di andare verso la sedia di fronte alla scrivania e sedersi. 

 

"Allora," disse, guardandomi con sguardo inquisitorio, "va tutto bene?"

 

Sorrisi vagamente, sapendo molto bene che si fosse resa conto del mio disagio durante la cena.

 

"Io e Lauren non andiamo molto d'accordo," dissi.

 

"Non credo che vada d'accordo con qualcuno che non sia Harry," disse lei secca.

 

Si fermò per un secondo. "Ma oltre a quello, sta andando tutto bene?"

 

"Come sempre, credo," dissi, "stanco e dolorante e roba del genere, ma niente di grave."

 

"Ti capisco," disse con un debole sorriso, "ma riguardo a questo, hai pensato di studiare autonomamente invece di andare a scuola fino alla fine della gravidanza?"

 

Rimasi in silenzio per un attimo, sentendomi un po' confuso.

 

"Studio autonomo ?" la interrogai, "cosa... cosa c'entra questo?"

 

"Per essere sicuri che tu ed il bambino rimaniate sani e che tu non prenda rischi inutili."

 

"Vado solo a scuola," dissi, "non corro tra gli edifici in fiamme ."

 

"Ma sei all'ultimo mese di gravidanza," disse, "ciò significa che tutto quello che fai potrebbe essere rischioso. Andare a scuola non è completamente necessario, non quando puoi continuare ad intraprendere uno studio autonomo, e vorrei davvero tanto che tu stessi qui da ora in poi invece di andare a scuola."

 

"Ma non posso semplicemente abband-"

 

"Non abbandonerai la scuola," mi interruppe con delicatezza, "tornerai appena ti sarai ripreso dalla nascita del bambino e sarai in grado di fare tutti gli esami finali. Posso parlare io con la scuola se ti può far piacere."

 

"No, non è quello, è solo che... beh, non lo so, mi sentirei come se stessi abbandonando anche se tecnicamente non lo starei facendo. E comunque, trascorrere un mese senza fare niente oltre a stare qui e aspettare? Sembra noioso."

 

"Louis, ascoltami," disse con un debole sorriso, "non so come sia strutturato il tuo corpo considerando che ti permette di portare un bambino, ma quello che so è che quando sei ad una gravidanza così inoltrata come la tua, potresti entrare in travaglio in qualsiasi momento senza alcun avvertimento. Vuoi veramente che accada quando sei seduto in classe circondato da venti persone che non avranno idea di cosa sta succedendo e che non saprebbero cosa fare? Rimanere a casa dove ci sono persone che potrebbero portarti velocemente all'ospedale, fornirà una grande sicurezza a te e al bambino, e a me più tranquillità. Non ti costringerò a smettere di andare a scuola se non vuoi, ma sono abbastanza sicura che ho ragione a dire che sarebbe molto più sicuro se lo facessi."

 

Volevo davvero protestare, perché nonostante fossi ridicolmente stanco e affaticato in quelle settimane, non era mai stato nei miei piani abbandonare la scuola o addirittura prendermi una breve pausa. Con tutte le anormalità che avevo sperimentato di recente, andare a scuola era l'unico aspetto normale che era rimasto nella mia vita. Ma i punti che aveva elencato Anne erano giusti e anche se sapevo che sarebbe diventato noioso stare a casa per così tanto tempo, il pensiero di poter rimanere a letto e rilassarmi era piacevole. Inoltre, pensare al fatto che avrei potuto mettere in pericolo il bambino continuando ad andare a scuola non era qualcosa che mi piaceva. E il pensiero di andare in travaglio nel bel mezzo della classe era qualcosa che mi piaceva anche meno.

 

"Okay," dissi con un sospiro, "okay, io- starò a casa fino a quando non nascerà il bambino."

 

Lei sorrise e giurai di aver visto le sue spalle abbassarsi con sollievo.

 

"Bene," disse lei, "chiamerò la scuola e gli dirò cosa sta succedendo, okay?"

 

"Cosa? Non-"

 

"Gli dirò che hai contratto un virus contagioso, non preoccuparti."

 

"Oh. Va bene, grazie."

 

"Nessun problema," disse prima di alzarsi.

 

Rimase lì e mi guardò per un breve secondo.

 

"È tutto okay tra te ed Harry?" chiese allora.

 

"Si, va tutto bene," dissi con un sorriso, non sentendo la necessità di fare un dramma per ciò che era successo quel giorno.

 

"Avete parlato di tutti i problemi, si?"

 

"Si, ora sappiamo tutto."

 

"Va bene. Mi dispiace se sto oltrepassando i confini, ma... hai parlato con tua mamma o il tuo patrigno ultimamente?"

 

Guardai verso il basso. 

 

"No. Mi hanno cacciato loro, quindi dovrebbero essere loro a chiamarmi non io, non che lo faranno comunque."

 

"Sono certa che ti manchino."

 

Alzai di nuovo lo sguardo e scrollai le spalle.

 

"Non proprio. Non ho mai avuto un rapporto con mia mamma, e Ian è solo... no, non mi è mai piaciuto. Ho parlato con mio fratello prima che tu entrassi, quindi... sto bene, va tutto bene."

 

"Oh, hai un fratello?" chiese, guardandomi sorpresa.

 

"Si," dissi, sorridendo debolmente, "Owen, ha sedici anni, andiamo molto d'accordo. Solitamente."

 

"Hmm, Harry ha sempre desiderato un fratello minore quando era piccolo, ma ha dovuto aspettare ad avere sedici anni," disse con una piccola risata.

 

"È bello avere qualcuno della tua età con cui vivere," risposi. "Forse un po' fastidioso a volte, ma è così che dovrebbe andare, no?"

 

"Penso di si," disse, sorridendo ancora.

 

"Si."

 

"Beh, ti lascio da solo adesso," disse lei, "ti lascio tornare a fare quello che stavi facendo prima che arrivassi io."

 

"In realtà non stavo facendo niente," dissi con una scrollata di spalle, "penso che farò un riposino ora; sono esausto."

 

"Allora vai a dormire," disse lei fermamente, "andrò a chiamare la scuola per fargli sapere che non andrai più, okay?"

 

"Si, ok."

 

"Bene. Ora dormi."

 

Quindici minuti dopo, è quello che avrei fatto. Mi ero sdraiato sulla schiena per una volta, con la bocca mezza aperta - cosa che avrei rimpianto una volta sveglio con la lingua secca un paio di ore dopo -, le mie mani poste in modo protettivo sulla mia pancia e la testa inclinata su un lato.

 

Non sognavo molto mentre dormivo, ma per qualche motivo, quel giorno sognai. Non c'era niente di sensato, in realtà, solo colori sfocati e suoni e quant'altro, ma mi lasciò una sensazione triste, come se qualcosa di brutto sarebbe successo. Quando mi svegliai, rotolai da un lato e subito capii perché.

 

Gli stessi dolori che avevo sperimentato un paio di volte durante l'inizio della gravidanza, e che avevo del tutto dimenticato, mi stavano colpendo improvvisamente con forza e io ero troppo preoccupato a strillare e stringere il mio stomaco per chiedermi perché stava succedendo proprio in quel momento. L'ultima volta che mi era successo mi ero spaventato, ma era niente in confronto a quello che sentivo ora; pensieri orribili del bambino che stava morendo e di avere un corpo minuscolo e senza vita da dover rimuovere chirurgicamente dalla mia pancia mi stavano frullando nella testa e mi fecero arricciare su me stesso e far fuoriuscire suoni orrendi, inumani e dolorosi. Avrei dovuto chiedere aiuto a qualcuno, ma non riuscivo a far uscire la mia voce e tutto ciò che accadde quando ci provai fu un sospiro soffocato mentre un'altra contrazione mi attraversava tutto il corpo.

 

Ma poi, proprio come era cominciato, tutto si fermò. Stavo lì, ansimante, con gli occhi bagnati e spalancati e tenendomi la pancia. Rimasi così per quasi dieci minuti prima di aver avuto la forza - e il coraggio - di sedermi e asciugarmi le lacrime dal viso. Mi spostai un po' in modo che le mie gambe penzolassero dal bordo del letto e poi abbassai lo sguardo sul mio stomaco e misi una mano attenta su di esso.

 

"Stai bene, piccolo?" chiesi, sorpreso di quanto la mia voce sembrasse roca, "non stai male, vero?"

 

Con mio grande sollievo mi rilasciò qualche calcio e sospirai.

 

"Non voglio che ti succeda qualcosa di male."

 

Qualche altro calcio fu la risposta e come sempre quando succedeva, non potei fare a meno di sorridere.

 

"Lo so, lo so, ti amo anche io," mormorai, accarezzando assente la pancia.

 

Rimasi seduto per qualche minuto, senza voler provocare altro dolore al mio corpo, mormorando niente in particolare alla mia pancia e chiedendo ogni tanto qualche segno di vita, che ricevetti. Ogni volta. Il bambino non era ancora nato, ma stava già facendo quello che gli dicevo. Sorrisi un po'; forse non sarebbe cresciuto diventando una completa testa di cazzo.

 

Alla fine decisi, visto che i dolori non si erano fatti risentire, di alzarmi - con molta attenzione - e feci un passo avanti, assicurandomi che non sarebbe successo niente di male. Anche se tutto sembrava andare bene, ci vollero altri cinque minuti prima che osassi muovermi con movimenti normali, e quando lo feci, uscii dalla mia stanza.

 

Non ero abbastanza sicuro di dove andare, ma qualcosa nella mia testa mi diceva che dovevo dire a qualcuno di questi crampi prima che potessero diventare fatali. Il mio primo pensiero fu quello di andare da Harry, ma poi mi ricordai che probabilmente Lauren era ancora lì e, beh, non le avrei fatto sapere niente di tutto ciò che aveva a che fare con il mio bambino. In nessun modo. Così, invece di dirigermi nella camera di Harry, camminai nella direzione opposta verso il salotto pensando di trovarci Anne.

 

Era seduta sul divano con Connor e Adrian, guardando una sorta di cartone animato per bambini alla TV, ma lei alzò lo sguardo quando entrai. 

 

"Vuoi unirti a noi?" chiese, girandosi verso la TV mentre mi sorrideva vagamente.

 

"Uhm, si, certo," dissi assente mentre camminai verso il divano e mi sedetti accanto ad Adrian. Trascorsi un po' di tempo a guardare lo schermo, non vedendolo veramente, prima di aprire la bocca.

 

"È... oh, posso chiederti una cosa?" dissi, guardando Anne.

 

Girò la testa di novanta gradi e incontrò il mio sguardo. Forse il mio volto esprimeva qualche emozione che non sapevo, perché i suoi occhi immediatamente si fecero preoccupati e prese il telecomando per abbassare il volume del televisore. 

 

"Che succede?" chiese.

 

Diedi un rapido sguardo a Connor e Adrian, non certo di voler parlare di fronte a loro, ma Anne agitò la mano.

 

"Le loro menti sono lontane, non importa," disse e dopo aver gettato un rapido sguardo sui loro volti, ne fui convinto.

 

"Allora, uhm... sai, le contrazioni e... quelle cose?" dissi nervosamente, "perché- uhm, come funzionano?"

 

Corrugò la fronte. "Cosa intendi?"

 

"Tipo... quanto dolorose dovrebbero essere?"

 

"Ne hai avute?" chiese lei, con gli occhi che si spalancarono un po' in quella che sembrava preoccupazione.

 

"Io... credo?" dissi mordendomi il labbro, "oppure, non so se fossero quelle, ma faceva male, davvero male. È successo un paio di volte un po' di tempo fa e ultimamente mi ero dimenticato tutto, ma poi è successo nuovamente adesso e- non può essere positivo, no?"

 

"Non lo so," disse lentamente, "non so cosa succede nel tuo corpo, quindi non so cosa ti provoca questi dolori, ma comunque, avere dolori durante la gravidanza non è quasi mai un buon segno. Sai se il bambino sta bene?"

 

"Si, sta bene," dissi, guardandomi brevemente la pancia, "stava calciando fino a pochi minuti fa, ma comunque sarebbe giusto chiedere al medico, non pensi?"

 

"Hai un appuntamento venerdì, vero?"

 

Annuii e lei continuò.

 

"Dovresti chiedere alla dottoressa allora. Non penso che sia stato qualcosa di grave visto che il bambino stava calciando, perciò prova a non preoccuparti troppo."

 

"Pensavo che i genitori dovessero preoccuparsi," dissi, sorridendo un po'.

 

Lei ricambiò il sorriso. "Hai ragione," disse.

 

"A proposito... non ho chiesto ad Harry di questo, ma avete deciso se tenere il bambino o no quando avete parlato?"

 

Girai il mio sguardo per un attimo prima di rispondere con un mormorio.

 

"Si, noi... lo daremo in adozione."

 

Premette le labbra tra loro e annuì.

 

"Penso che sia una decisione intelligente."

 

Si fu un breve silenzio e poi:

 

"Non riesco ad immaginare Harry in quel modo comunque," disse.

 

Scossi la testa.

 

"No, lui vuole tenere il bambino, crescerlo e... si, tutto questo."

 

"Me l'ha detto," disse con un sorriso confortante. "Settimane fa, prima che tu arrivassi qui, mi disse che sperava tu decidessi che l'adozione non era l'opzione migliore. Immagino che per te lo sia."

 

"No, io... distruggerei la mia vita, la sua e, forse, quella del bambino e beh, non voglio. Non voglio darlo, sai? Ma è la cosa migliore da fare, lo so."

 

Mentre parlavo, non riuscii a sfuggire alla sensazione che io stessi cercando più di convincere me stesso che lei.

 

La spinsi via e piegai le mani sul mio stomaco.

 

"Beh, se è una decisione che ti rende felice, allora anche io sono felice," disse.

 

"Ma, saresti felice allo stesso modo se avessi deciso di tenerlo?"

 

"Come ho detto: se fai una decisione che ti rende felice, allora sono felice anche io."

 

Sorrisi.

 

"Molti genitori dovrebbero essere come te."

 

Mi sorrise in risposta e poi cademmo in un confortevole silenzio. Rimasi seduto lì a guardare la televisione per quasi mezz'ora prima di scusarmi e tornare nella mia camera da letto, sdraiarmi sul letto e chiudere gli occhi.

 

Per una volta la mia mente non era piena di preoccupazioni di settantotto sfumature diverse e fu una sensazione meravigliosa che non sentivo da anni. Certo cose erano ancora un po' appollaiate nella mia testa, si, ma nessuna di queste era abbastanza grave da farmi star male. Non dovevo preoccuparmi del benessere del bambino visto che sembrava sano e felice; non dovevo preoccuparmi di Harry come facevo una volta perché anche se non avremmo mai avuto niente, almeno sapevo che gli piacessi più che come un amico; non dovevo preoccuparmi che mia mamma scoprisse della gravidanza perché, beh, lei lo sapeva... anche se la sua reazione era stata un po' dolorosa.

 

Quindi, nel complesso, le cose andavano effettivamente... bene. Benissimo direi. In due mesi tutto quello sarebbe finito; avrei avuto un nuovo posto in cui vivere, sarei rimasto amico di Harry e il bambino avrebbe avuto una vita sicura e felice tra le braccia di qualcun'altro.

 

Beh, quella era una parte della mia vita con cui dovevo ancora venire a patti.

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Capitolo 29
*** 29. I'm a great kisser. ***


CAPITOLO 29

Sono un fantastico baciatore.

 

 

Lunedì, 25 Aprile

Trentasei settimane 

 

"Gesù, perché ci metti così tanto?" gridò Harry.

 

Erano quasi le quattro e mezza del pomeriggio ed Harry, dopo scuola, era venuto a casa per prendermi e portarmi dalla dottoressa. Apparentemente pensava che ci impiegassi troppo tempo a prepararmi, però, perché era già cinque minuti che sbatteva il piede contro il pavimento con impazienza. Lo guardai torvo una volta uscito dal bagno e mi diressi verso l'ingresso per mettermi un paio di scarpe.

 

"Scusa se sono incinto e sono più lento del resto delle persone," dissi mentre mi sedevo su una sedia posta contro il muro e mettevo un paio di vans usurate ai piedi. "Puoi dare la colpa al tuo sperma se ti infastidisce così tanto."

 

"Scusa, scusa," disse, "è stata solo una lunga giornata."

 

"Puoi solo accompagnarmi se vuoi," dissi aggrottando le sopracciglia, "se sei stanco, non devi venire per forza con me."

 

"Non sono stanco," disse con un debole sorriso, "ma saremo in ritardo se non muovi il culo."

 

"Mancano ancora venti minuti all'appuntamento," dissi, ma comunque mi alzai in piedi e uscii dalla porta, Harry mi seguì. Andammo davanti al garage dove la macchina era parcheggiata ed entrambi ci sedemmo, io non molto comodo, prima che Harry inserisse le chiavi e accendesse il motore. Dieci secondi passarono in silenzio prima che iniziasse una nuova conversazione.

 

"Quindi oggi è il giorno in cui scopriremo come esattamente tireranno fuori il bambino da te," disse senza scrupoli mentre girò a sinistra per immettersi nell'autostrada.

 

"Metti in discussione le cose in un modo ammirevolmente articolato, Harry."

 

"Lo so, è un dono. Seriamente comunque."

 

"Già, decideremo oggi," dissi, "ma dubito che ci sia un'altra opzione oltre al cesareo, visto che non posso esattamente darlo alla luce nel modo comune."

 

"Non sarebbe divertente? Potrei essere lì a tenerti la mano mentre spingi-"

 

"Harry!"

 

I suoi occhi erano diretti verso la strada, ma vidi il largo sorriso sul suo viso.

 

"Che cosa? Potremmo avere un momento-famiglia, sarebbe fantastico. Sai, qualcosa da condividere con la nostra famiglia e gli amici."

 

Roteai gli occhi. "Sei un illuso se pensi che spingerò fuori un bambino dal mio culo. E sei ancora più illuso se pensi che io lo possa dire a qualcun altro."

 

"E ci risiamo con l'avere troppe speranze."

 

"Scusa."

 

"Ecco, hai rovinato il sogno di una vita."

 

"Si, sono sicuro che questa situazione è una cosa che hai sempre sognato," dissi, ma nonostante il tono piuttosto cinico della mia voce, non potei fare a meno di sorridere.

 

"Certo che l'ho fatto," disse facilmente, "quando ero bambino, fantasticavo sul giorno in cui avrei messo un ragazzo sconosciuto incinto. È un sogno che ricorre a quando avevo cinque anni."

 

"Deve essere stato un anno molto terribile per te."

 

"Oh no, era fantastico, ho avuto il mio primo bacio."

 

Lo guardai e sorrisi un po' all'espressione serena sul suo viso.

 

"Un bacetto dietro la casetta della scuola materna non conta come primo bacio, Harry."

 

Sospirò, apparentemente esasperato.

 

"Non potresti farmi rivivere quel piccolo momento di felicità per qualche secondo?"

 

"Oh, scusa, continua a pensare a quello che sicuramente è stato il bacio più bello della tua vita."

 

"Non ho mai detto fosse il bacio più bello della mia vita," disse lui, risultando pensieroso, "ma è stato il mio primo bacio, quindi è un bel ricordo."

 

Arricciai un po' il naso. "Non penso al mio primo bacio come il miglior ricordo della mia vita," dissi, "fu solo un ammasso di denti e saliva e lingua su tutta la mia faccia."

 

"Beh, si, ma è stato un vero bacio," ragionò, "io parlavo di quei baci piccoli che si scambiano quando sei solo un ragazzino. Sai, quando ti ritrovi ad un metro di distanza l'uno dall'altro e cerchi di abbassare il tuo viso in un modo abbastanza imbarazzante, finché le labbra non si scontrano."

 

Mi accigliai un po' a quello perché, a dire la verità, non avevo idea di cosa diavolo stesse parlando.

 

"Non ho mai fatto una cosa del genere," ammisi.

 

"Cosa? Sul serio?"

 

Sembrava sorpreso. "Non avevo più amici di adesso," dissi, "in realtà, avevo meno amici. Ora ho te, Eleanor e, suppongo, Liam e Zayn almeno."

 

"Ma all'asilo? Eri solo un bambino, perché non avevi nessuno..."

 

"Per lo stesso motivo di adesso," dissi, cercando di apparire il più indifferente possibile, "alla gente non piaccio."

 

"Ma non è così-"

 

"Oh mio Dio, dobbiamo ricominciare con questa conversazione?" lo interruppi, "l'abbiamo avuta un milione di volte."

 

Mi mandò uno sguardo laterale. "Scusa."

 

"Va tutto bene, sono un po' stufo dell'argomento."

 

"Si, lo so, scusami per averlo riportato fuori," disse piano e alzò la mano, mettendola sopra la mia, che stava riposando sul mio stomaco, come al solito. Mi strinse leggermente le dita e fece una rapida pressione prima di sciogliere la presa.

 

"Allora quando è stato il tuo primo bacio?" chiese, il suo tono di voce tornato di nuovo scherzoso.

 

"Non ne sono sicuro," dissi grattandomi la nuca, "voglio dire, so che è stato con Eleanor considerato che è l'unica persona che ho baciato prima di te, ma non-"

 

"Aspetta, quindi sono stato il tuo primo vero bacio?" mi interruppe lui e, quando lo guardai, notai che sembrava molto contento di quello.

 

"Ho dato il mio primo vero bacio prima che arrivassi tu, grazie mille," dissi, le mie guance a fuoco.

 

"Ma era con una ragazza e tu sei gay, quindi-"

 

"I baci erano comunque abbastanza veri, cretino."

 

"Non te li sei goduti bene."

 

"Era una fantastica baciatrice, mi sono goduto i suoi baci."

 

"Ma sei gay e lei è una ragazza, perciò ti è piaciuto più baciare me che lei, giusto?"

 

Il mio viso diventò ancora più caldo.

 

"Beh, io- io non l'ho... odiato," mormorai.

 

"Quindi il mio bacio era meglio dei suoi?"

 

Lo guardai di sbieco prima di dirigere il mio sguardo in avanti e rispondere con un semplice 'si'.

 

"Lo sapevo," disse, suonando troppo compiaciuto, "sono un fantastico baciatore."

 

"Si, bello che tu sia così modesto riguardo a questo."

 

Qualche minuto dopo ci parcheggiammo davanti all'ufficio del medico e uscimmo dalla macchina. C'erano altre cinque persone sedute nella sala d'attesa quando entrammo dentro e tutti si voltarono e ci guardarono quando il rumore dei nostri passi suonarono attraverso la stanza. Mi fermai e alzai nervosamente le sopracciglia mentre guardavo le quattro donne e l'uomo. Era quasi divertente vedere come tutti e cinque guardarono prima Harry, poi me e per ultimo il mio stomaco in cinque occhiate sincronizzate.

 

"Mi sento come il bambino strano che si è sempre presentato in ritardo alle feste di compleanno proprio nel momento del taglio della torta," sussurrò Harry nel mio orecchio mentre mi posò dolcemente una mano sulla schiena, invitandomi silenziosamente a tenere il passo.

 

Lo guardai e sorrisi debolmente, ma non dissi niente, prima che i miei piedi si muovessero di nuovo per dirigerci verso le sedie poste più lontane da tutti. Con un piccolo sospiro mi buttai sulla sedia messa in un angolo e con la coda dell'occhio, vidi Harry sedersi accanto a me.

 

"Ehi, stai bene?" chiese, spingendomi leggermente il ginocchio e guardandomi preoccupato.

 

"Sto bene, non presto molta attenzione, sai," dissi con un sorriso sardonico.

 

Con mia piccola sorpresa, mise un braccio sulle mie spalle e mi sorrise dolcemente.

 

"Mancano solo un paio di minuti alle cinque, tra poco ci chiamerà."

 

"Grazie a Dio," dissi, guardando l'uomo i cui occhi erano ancora fermi su di me, "quell'uomo continua a fissarmi e mi sta spaventando."

 

"Ignoralo."

 

Sospirai. "Si, si."

 

Per fortuna, mezzo minuto dopo, la dottoressa Hayes uscì dalla porta del suo ufficio e chiamò il mio nome, localizzandomi con gli occhi e poi offrendomi un sorriso prima di rientrare dentro.

 

Harry si alzò dalla sedia e mi tese entrambe le mani per afferrarle. "Ecco," disse.

 

Mi aggrappai alle sue mani e mi lasciai sollevare, barcollando un pochino una volta in piedi.

 

"Non vedo l'ora di vedere questa cosa fuori da me," mormorai mentre mi raddrizzai e lasciai andare le mani di Harry.

 

"Stai tornando a riferirti a nostro figlio come cosa?" domandò divertito.

 

"Si, beh, mi ha trasformato in un disabile, ormonale, strambo in sovrappeso," sbottai quando entri nell'ufficio ed Harry chiuse la porta dietro di noi. 

 

"Manca meno di un mese, sopravviverai," disse.

 

Lasciai uscire un piccolo sospiro, ma fermai la nostra conversazione. Ci sedemmo sulle sedie vicino alla scrivania della dottoressa ed entrambi le rivolgemmo il nostro sguardo.

 

"È bello vederti di nuovo, Harry," disse.

 

Lei gli sorrise brevemente prima di spostare lo sguardo verso di me.

 

"Come sta andando?"

 

"Oh, sa," dissi con un piccolo gesto della mano, "divento più grande ogni giorno che passa e urino tutto il tempo, ma le cose vanno bene, penso."

 

"Pensi?"

 

Strinsi le labbra per un attimo.

 

"C'è stata questa... cosa che è successa giovedì," dissi esitante.

 

Lei si accigliò un po' e si appoggiò allo schienale della sua sedia, guardandomi.

 

"Che tipo di cosa"?

 

"Non ne sono esattamente sicuro", dissi, "voglio dire, se dovessi tirare ad indovinare, direi che fossero contrazioni, ma... non so neanche se sia possibile, e qualsiasi cosa fosse, era troppo doloroso per essere semplici contrazioni. Almeno credo."

 

"Cosa?" esclamò Harry, "perché non me l'hai detto?"

 

Mi voltai a guardarlo e trovai un paio di occhi spalancati e spaventati che mi guardavano.

 

"Eri con Lauren," fu tutto ciò che dissi prima di tornare a rivolgere lo sguardo alla dottoressa.

 

"È la prima volta che succede?" chiese lei aggrottando la fronte.

 

"No, è accaduto un paio di volte quando ero all'inizio della gravidanza, ma avevo praticamente dimenticato tutto fino a giovedì, ed il bambino stava calciando dopo, quindi non credo che ci sia qualcosa che non vada."

 

"Puoi descrivere i dolori?"

 

"Uhm, sentivo come dei... crampi, credo," dissi con esitazione, "è stato davvero terribile. Voglio dire, potevo muovermi appena quando stava succedendo."

 

Lei annuí lentamente e passò un secondo a guardarmi prima che si alzasse dalla sedia.

 

"Penso che dovremmo fare un'ecografia, solo per assicurarci che vada tutto bene," disse mentre si avvicinava al macchinario che negli ultimi sei mesi avevo iniziato a conoscere bene. 

 

Venti minuti dopo concludemmo che non c'era niente di anomalo né in me né nel bambino, che il mio peso era nella norma e che le mie caviglie non erano poi così gonfie, il tutto fu un grande sollievo, ma non una sorpresa. Mi preoccupò un po', comunque, il fatto che non fosse stata trovata nessuna anomalia, perché non riuscivamo a capire qualche fosse il problema, come potevamo fare qualcosa per tutto quello?

 

"Penso che l'unico modo per scoprirlo sia quello di capire come tutto questo è iniziato in primo luogo," disse quando espressi le mie preoccupazioni, "senza sapere come il tuo corpo è costruito all'interno, è impossibile trovare delle teorie."

 

"Giusto, naturalmente."

 

"Vuoi ancora capire? So che avevamo un appuntamento un po' di tempo fa per fare i test, ma l'hai annullato e non mi hai mai parlato di fissarne un altro. È ancora qualcosa che vuoi fare o hai cambiato idea?"

 

Mi morsi il labbro e guardai Harry, chiedendogli silenziosamente aiuto.

 

"Cosa?" disse, sollevando le sopracciglia in modo interrogativo.

 

"Hai qualche... ripensamento?"

 

"Che li abbia o meno sei tu che dovrai fare i test, no?" chiese.

 

Annuii e mi lanciò un'occhiata.

 

"Pensavo che volessi scoprire questo mistero."

 

"Beh, si, ma-"

 

Mi interruppi, visto che non avevo nessuna scusa e sospirai prima di rivolgermi alla dottoressa e annuire.

 

"No, voglio scoprirlo," dissi, "possiamo fissare un nuovo appuntamento?"

 

"Naturalmente," rispose lei, "considerando che mancano poche settimane alla fine della gravidanza, ti suggerisco di farlo al più presto, preferibilmente queste settimane se sei disponibile."

 

"Ho smesso di andare a scuola fino alla nascita del bambino, quindi immagino di essere disponibile sempre in realtà."

 

"Bene, in questo caso... potresti mercoledì alle 11?"

 

"Si, va bene."

 

La stanza rimase in silenzio per un po' mentre lei digitava alcune cose sul computer e vidi Harry giocherellare con le mani in modo agitato. Girai la testa per guardarlo e rimasi un po' sorpreso di trovarlo con la fronte corrucciata in quella che sembrava malinconia. 

 

"Cosa c'è che non va?" gli chiesi.

 

"Solo cercando di capire se posso venire con te mercoledì," disse assente, "ma non riesco a ricordare cosa devo fare alle 11."

 

"È-"

 

"Voglio venire, non cercare di farmi cambiare idea," mi interruppe prima che potessi dire una parola in più.

 

Mi sorrise.

 

"Okay," dissi semplicemente.

 

Fu solo pochi secondi dopo che la dottoressa smise di digitare e cominciò a parlare.

 

"Quindi," disse, "volevamo parlare delle diverse possibilità di parto."

 

"Ci sono davvero molte opzioni?" chiese Harry.

 

Lei sorrise di traverso. "Non proprio, no."

 

Mi mossi un po' sulla sedia.

 

"Potrei fare una domanda ipotetica?" chiesi allora.

 

"Vai."

 

"Sarebbe possibile per me, tipo, sa... farlo nel modo naturale?"

 

Sollevò un po' le sopracciglia, ovviamente sorpresa.

 

"Beh," disse lentamente, "sei rimasto incinto a causa di, beh..."

 

"Io che ho messo il mio cazzo sul suo culo e ho eiaculato il mio sperma dentro, si," disse Harry con nonchalance, "vada avanti."

 

Gli gettai uno sguardo acido, ma non dissi niente.

 

"Non l'avrei messa in questa maniera così esplicita," disse con calma, "ma fondamentalmente, si, e considerando questo credo potresti, ipoteticamente, partorire nel modo naturale."

 

Feci una smorfia. "Sarebbe doloroso, vero?"

 

"Non sono al cento per cento sicura che sia possibile," disse, "ovviamente non conosco le condizioni del tuo retto e dell'ano, ma sono abbastanza sicura che non si dilaterebbero come la vagina di una donna per dare spazio al bambino. Quindi, anche se cercassimo di farlo in quel modo, probabilmente finirà che il bambino morirà e dovremmo fare un'operazione in seguito per riparare la pelle lacerata, i nervi morti e i muscoli spezzati."

 

"Okay, escludiamo questa opzione," dissi, le mie membra si capovolsero e il gusto della bile mi arrivò fino in gola.

 

"Quindi un cesareo è l'unico modo?"

 

Lei annuì.

 

"È l'unica via sicura e l'unico modo per assicurarci che sia tu che il bambino stiate bene dopo."

 

"Immagino taglieremo un po' di pancia, allora" dissi, cercando di sorridere anche se la bile saliva sempre di più in gola, al pensiero di venir tagliato. Onestamente, a chi era venuta un'idea così macabra come quella? Era qualcosa che apparteneva ad un film horror, non al sistema sanitario del ventunesimo secolo.

 

"È completamente sicuro," disse con un sorriso confortante, appartenente avendo percepito il mio disagio, "i cesarei vengono eseguiti tutto il tempo, quindi non preoccuparti."

 

"Ci sono alcuni effetti collaterali, però, vero?"

 

"Ti verrà fatta un'anestesia addominale, quindi si, ci saranno alcuni effetti collaterali."

 

"Tipo cosa?" chiesi ansiosamente.

 

"Beh, prima di tutto probabilmente sarai piuttosto nauseato per circa quarantotto ore dopo che l'intervento verrà eseguito," disse, "e sarai tenuto in ospedale per qualche giorno. Inoltre, sentirai un po' di dolore durante la prima settimana o giù di lì e probabilmente non sarai in grado di fare molto oltre a sdraiarti per alcuni giorni, e avrai una cicatrice nella parte inferiore dell'addome, che sarà abbastanza infiammata e intorpidita all'inizio. Probabilmente dovrà passare qualche ora prima che tu possa mangiare o bere qualcosa, e affinché la tua circolazione sanguigna non si fermi o che non si formino coaguli di sangue, sarebbe meglio fare una passeggiata un paio di volte al giorno. Inoltre-"

 

"Penso che abbia reso l'idea," la interruppi con un broncio; niente di quello che aveva appena detto sembrava particolarmente gioioso, "dopo essere diventato grasso, disabile e disgustoso, mi aspetto di tutto."

 

"Smettila di preoccuparti tanto del tuo aspetto," disse Harry lentamente, "non sei grasso e non sei disgustoso, sei incinto e sei bellissimo, okay?"

 

Le mie guance di riscaldarono e abbassi lo sguardo.

 

"Certo, come vuoi," fu tutto che dissi in risposta.

 

"Beh, ora che abbiamo stabilito questo," disse la dottoressa Hayes con un sorriso, "vorrei farti alcune domande. La maggior parte delle persone che ho seguito hanno preferito rispondere senza il loro partner presente, quindi forse preferiresti che Harry uscisse?"

 

"Non è esattamente il mio partner," dissi, "ma, uhm... quali tipo di domande mi farà?"

 

"Alcune riguardano i tuoi movimenti intestinali ed urinari, possibili emorroidi-"

 

"Ok, esci Harry," dissi mentre sentivo tutto il mio viso diventare rosso come un pomodoro.

 

"Cosa? Perché? Non sono-"

 

"Non devi rimanere qui per questo," dissi, "esci."

 

"Ma-"

 

"Harry, mi sento già abbastanza a disagio a rispondere a queste domande senza te al mio fianco, quindi apprezzerei veramente se tu uscissi."

 

Sorrisi con esitazione. "Per favore?"

 

Roteò gli occhi, ma mi restituì il sorriso prima di alzarsi in piedi. "Chiamami quando hai finito," disse.

 

Annuii e mi sorrise di nuovo, fece una leggera pressione sulla mia spalla e poi lasciò la stanza.

 

"Devo dire che... la dinamica tra voi due è parecchio cambiata dalla prima volta che siete venuti qui insieme," disse una volta che Harry chiuse la porta dietro di lui e ci lasciò soli.

 

Non potei fare a meno di sorridere. "Si, ci siamo avvicinati un po', suppongo. Sono stato cacciato di casa da mia madre e dal suo ragazzo, quindi sto a casa di Harry per un po'."

 

Lei si accigliò. "Sei stato cacciato?"

 

"Non sembrano apprezzare il fatto che io sia gay," dissi con un sospiro.

 

Notai il modo in cui le sue labbra si contrassero in quella che ero abbastanza sicuro fosse rabbia, ma quando parlò la sua voce era calma come sempre. "Nessun genitore dovrebbe cacciare i propri figli di casa, non importa quale sia il loro orientamento sessuale."

 

"Sembra che tutti tranne mia madre e Ian la pensino allo stesso modo," dissi, "ma va bene, l'ho superato."

 

Più o meno.

 

Mi guardò con dubbio. "Sei sicuro?"

 

Sorrisi e annuii. "Si."

 

Lei annuì lentamente ma non sembrava convinta al cento per cento. 

 

"Beh, se sei sicuro," disse lei, "ma non esitare a chiedermi qualcosa se hai bisogno di aiuto, okay?"

 

Sorrisi di nuovo, questa volta con apprezzamento. "Lo farò. Grazie."

 

Ricambiò il sorriso. "Bene, iniziamo con le domande, allora," disse.

 

"Ne parla come se fossero gradevoli," dissi, storcendo un po' il naso.

 

"Si, beh, non ogni aspetto dell'essere incinto è piacevole."

 

"Non ho mai trovato un aspetto piacevole, ad essere onesti."

 

"Oh, sono sicura che hai sorriso quando hai sentito i calci del bambino."

 

Beh, non potevo certo negarlo, quindi sorrisi di nuovo e scrollai le spalle.

 

"Okay, quindi, le domande spiacevoli," disse, "non me ne hai ancora parlato, ma molte persone in stato di gravidanza tendono ad avere alcuni problemi legati all'urinazione e ai movimenti intestinali, c'è stato qualche problema con te?"

 

La mia faccia diventò bollente e guardai verso il mio grembo, mormorando qualcosa sul fatto che probabilmente ne avevo avuto uno o due. E così passarono altri dieci minuti - lei che mi poneva le domande e io che arrossivo ad ognuna mentre cercavo di rispondere. Quando alla fine mi disse che aveva tutto ciò che le serviva, sospirai di sollievo e la guardai di nuovo.

 

"Beh, di gran lunga non sei il caso peggiore che ho incontrato," disse con gli occhi rivolti verso lo schermo, "ma ti prescriverò un medicinale che aiuterà il tuo movimento intestinale e una crema per l'emorroidi, se per te va bene."

 

"Uhm, si, grazie," mormorai.

 

"Nessun problema. Inoltre, hai avuto bruciori di stomaco?"

 

Scossi la testa e lei annuì, apparentemente soddisfatta.

 

"Beh, penso che sia tutto," disse, "quando verrai mercoledì, non credo ci sia bisogno di fare un'ecografia o altre di queste procedure regolari di controllo, quindi, invece di venire qui, vai direttamente in ospedale."

 

"In ospedale?" chiesi, "l'ultima volta che ho preso l'appuntamento non mi aveva detto di andare lì."

 

"Ti ho voluto qui perché volevo fare i soliti controlli," disse, "ma non abbiamo bisogno di farli la prossima volta, quindi ci possiamo incontrare direttamente in ospedale."

 

"Sarà lei a farmi i test?"

 

Lei annuì. "Si, ma qui non ho le attrezzature necessarie, ecco perché ho bisogno che tu venga in ospedale."

 

"Allora in ospedale," dissi, "mercoledì alle 11, giusto?"

 

"Corretto."

 

"Okay," dissi, "allora... abbiamo finito per oggi?"

 

"A meno che tu non abbia qualche domanda, si, abbiamo finito per oggi. Le prescrizioni dovrebbe già essere nel database della farmacia, per cui puoi andare a prendere i medicinali quando vuoi."

 

Non avevo altre domande da porre e questo fu ciò che le dissi prima di alzarmi dalla sedia, la ringraziai e uscii dalla stanza. Harry era seduto su una sedia fuori, ma quando mi vide, si alzò.

 

"Posso entrare di nuovo?" chiese.

 

"Abbiamo finito per oggi," risposi mentre cominciai a camminare verso le porte che portavano all'uscita.

 

"Oh. Quindi andiamo a casa?"

 

"Uhm, beh, dovrei andare in farmacia a comprare alcune cose..." dissi, sentendo ancora una volte le guance scaldarsi dall'imbarazzo.

 

Aspettò fino a quando non uscimmo e ci sedemmo in macchina per poter rispondere, e quando lo fece, la sua bocca si allargò in un sorriso e la sua voce sembrava divertita, quasi compiaciuta. "Sei un po' stitico, Lou?" disse mentre metteva la cintura di sicurezza.

 

"Oh mio Dio, possiamo andare, per favore?" borbottai.

 

"Non c'è niente di cui vergognarsi," canticchiò, ancora lo stesso dannato sorrisetto sul volto. "Un sacco di gente ha questi tipo di problemi."

 

"Harry, per favore smettila."

 

"Mio nonno ha avuto lo stesso problema prima di morire, sai."

 

"Possiamo parlare di altro?"

 

"Quindi hai bisogno di mangiare cibi particolari?"

 

"Non voglio davvero parlare di questo."

 

"Tipo roba integrale o yogurt strani?"

 

"Puoi semplicemente smetterla?"

 

"Quindi è come se tu fossi completamente-"

 

"Harry! Puoi solo ascoltarmi per un fottuto momento? Non voglio parlarne, quindi chiudila qui."

 

La scintilla di divertimento svanì lentamente dai suoi occhi e il sorriso scomparve.

 

Inghiottii e mi guardai il grembo, un po' vergognato dalla mia piccola crisi di nervi. "Scusa," mormorai, "io non- possiamo andare? Per favore?"

 

"Si, certo," disse, con voce quasi piatta.

 

*

 

 

Più tardi quel giorno, dopo essere andati in farmacia, dopo aver cenato - un avvento che passò con un paio di sguardi imbarazzati tra me ed Harry - e dopo aver fatto il mio solito riposino, ero seduto sul letto, cercando di studiare. Studiare autonomamente sembrava molto più semplice di quanto in realtà fosse, iniziai ad apprezzare le lezioni degli insegnanti. In realtà, erano molto utili. Stavo per abbandonare il compito di biologia che stavo svolgendo da mezz'ora quando sentii la porta aprirsi e alzai lo sguardo.

 

Harry era in piedi sulla porta, tenendo in una mano quelli che sembravano essere DVD, un sacchetto di patatine nell'altra e un piccolo sorriso sulle sue labbra. "Vuoi guardare un film?" chiese.

 

A quel punto fui felice di scappare dai libri, quindi sospirai e sorrisi.

 

"Si," dissi, "dai, aiutami," aggiunsi e tesi le mani.

 

"Sei un pensionato," blaterò e si avvicinò a me prendendomi una mano, "non riesci a fare niente senza l'aiuto di qualcuno."

 

"Tua mamma non ti ha insegnato ad essere gentile?" dissi mentre, con l'aiuto di Harry, mi mettevo seduto.

 

"Si, l'ha fatto, mi dispiace," disse e accarezzò brevemente la mia pancia. "Mamma, papà, Connor e Adrian sono andati a fare visita a mia zia e mio zio, quindi possiamo usare la TV del salotto se vuoi," aggiunse.

 

Scrollai le spalle. "Il tuo letto è più comodo del divano," dissi, "ma se preferisci andare in salotto, andiamo."

 

"Andiamo nella mia stanza allora," disse e poi si voltò ed uscì dalla stanza prima di avere l'occasione di dirgli che se davvero voleva vedere il film in salotto, sarebbe andato bene ugualmente. Sorrisi un po' tra me e me e scossi la testa in puro affetto prima di seguire la sua direzione e andare nella sua stanza.

 

"Devo dirti una cosa," disse quando entrai nella stanza e chiusi la porta, "quei vestiti che indossi adesso sono i vestiti più adorabili che ti abbia mai visto indossare."

 

Guardai verso il basso per vedere esattamente cosa stessi indossando e poi alzai le sopracciglia. "Indosso un maglione di una taglia enorme e un paio di pantaloni del pigiama messi dentro ai miei calzini e tu pensi che sia adorabile?"

 

"Si, ti fanno sembrare piccolo e carino," disse, "ora vieni a sederti."

 

"Piccolo e carino," ripetei. Mi sedetti accanto a lui cercando una posizione comoda, quindi, come al solito, posai la testa sulla sua spalla. "Peso il doppio di te al momento. Come diamine puoi pensare che sia piccolo e carino?" dissi allora.

 

"Non lo so," disse, e con la coda dell'occhio, lo vidi tenere il telecomando del DVD e premere un pulsante, "ma lo penso."

 

Lasciai uscire una breve risata a quello, ma non risposi in nessun modo. La stanza rimase in silenzio per qualche minuto mentre il film iniziava. Non avevo idea di che film fosse, ma dopo un po' conclusi che si trattava di un film d'azione in cui recitavano la maggior parte degli attori famosi di Hollywood. Harry aveva messo le braccia intorno a me, una intorno alla mia spalla e l'altra intorno al mio stomaco, e la sensazione calorosa e confortevole che mi causò mi fece venir voglia di addormentarmi. Ma cercai di rimanere sveglio, nonostante fosse una battaglia, dato che il film si rivelò completamente senza senso e lontano dall'essere interessante.

 

"Harry?"

 

"Hm?"

 

"Perché hai scelto un film come questo? È ridicolo."

 

"Cosa?" sembrava scandalizzato, "come puoi dire questo? È fantastico."

 

"Neanche una parte del film ha avuto senso fino ad ora."

 

"Sono passati solo quindici minuti."

 

"Davvero?"

 

"Si."

 

"Wow. Allora è peggio di quanto pensassi."

 

"Sei senza speranza," sbuffò, "vuoi guardare un altro film? Ne ho scelto altri due."

 

"No, va bene così," dissi, "probabilmente tra poco mi addormenterò in ogni caso."

 

"Bene allora."

 

Passarono altri dieci minuti di silenzio prima che io aprii di nuovo la bocca.

 

"Mi dispiace averti gridato contro prima," dissi guardandolo.

 

Lui incontrò il mio sguardo e mi sorrise. "È tutto okay, avrei dovuto smetterla quando me l'hai detto la prima volta."

 

"Si, avresti dovuto," borbottai, "ma mi dispiace comunque. Non volevo urlare, è solo- voglio dire, mi sento strano e grasso ed enorme e non attraente, non mi va di discutere di cose che mi fanno sembrare ancora meno attraente, capisci?"

 

"Lou," gemette, apparentemente esasperato, "non sei strano, grasso, enorme o poco attraente, non per gli altri e di certo non per me. Per quanto mi riguarda, io ti trovo ridicolmente bello, okay?"

 

Una sensazione di gioia si diffuse nel mio corpo e le mie guance diventarono leggermente rosa. "Grazie," mormorai e prima che avesse la possibilità di dire o fare qualcosa, inclinai il viso e gli diedi un bacio sulla guancia.

 

Sorrise per un secondo prima di fargli capire di farsi un po' più in là. Lo fece, ma sembrava un po' confuso.

 

"Voglio solo sedermi diversamente," spiegai mentre mi spostavo con l'aiuto di entrambe le braccia e le gambe e finalmente riuscii a sedermi tra le sue gambe con la schiena premuta contro il suo petto e la testa inclinata all'indietro di lato, per essere in grado di guardarlo correttamente. Non sembrava avere problemi con quella posizione visto che subito mise le braccia intorno alla mia pancia e infilò il naso tra i miei capelli.

 

"Sei un bravo coccolatore, Harry," sospirai, "Lauren è fortunata."

 

"Non è proprio il tipo da coccole," mormorò tra i miei capelli, "non le ama proprio."

 

"Come può qualcuno non amare le coccole?" lo interrogai, arcuando le sopracciglia, "sono belle e confortevoli e calde e davvero, come si possono non amare?"

 

"Non chiedermelo," mormorò, "a me piacciono."

 

Ci fu un breve silenzio prima che iniziasse a parlare di nuovo, questa volta con voce calma e quasi tenera. "Soprattutto con te."

 

Sbattei le palpebre ed esitai per un secondo o due prima di inclinare la testa verso l'alto, in modo da poterlo guardare negli occhi. "Lo sai," dissi, "dire cose come questa può essere interpretato come tradimento verso la tua ragazza."

 

"Non se lo pensi come un gesto amichevole."

 

Premetti le labbra tra loro e scossi la testa. "È un po' difficile dato che sai che mi piaci e che io piaccio a te."

 

"Penso che mi stia bene."

 

"Probabilmente perché sono innamorato di te mentre tu hai solo una piccola cotta," dissi prima di avere il tempo di fermarmi. Ci vollero un paio di secondi per realizzare le parole che erano uscite dalla mia bocca, e quando lo feci, i miei occhi si spalancarono.

 

Innamorato?

 

Avevo appena detto ad Harry che ero innamorato di lui? 

 

Apparentemente lo avevo fatto, se l'aspetto shockato sul suo volto era di qualche indizio.

 

Quando avevo deciso che ero innamorato di lui? Certamente non ero cosciente e non ne avevo intenzione, di questo ne ero sicuro. Probabilmente quello non era il momento giusto per cercare una risposta sensata, perché Harry mi stava guardando come se fosse stato meglio se gli avessi confessato di essere incinto di un alieno, invece che essere innamorato di lui.

 

"Tu... tu sei innamorato di me?" chiese alla fine, la sua voce esitante e forse un po' scettica.

 

Beh, non era la reazione che avevo immaginato. "Scusami," mormorai guardando verso giù, "non volevo-"

 

"Sei innamorato di me?" mi interruppe.

 

"Io- io non-"

 

"Rispondi e basta."

 

Alzai lo sguardo e incontrai i suoi occhi a pochi centimetri dai miei. Avevano un'insolita espressione intensa e non ero sicuro di cosa fare. Mi morsi il labbro e lo feci una, due, tre volte.

 

"Io... credo," dissi, maledicendo la mia voce tremolante, "non- o, non ho mai... pensato a questo veramente," continuai con nervosissimo, "ma suppongo di essere... innamorato di te."

 

Non disse nulla, ma mi guardò con la stessa espressione intensa.

 

Quando un minuto fu passato e ancora non aveva dato segno di voler parlare, abbassai di nuovo lo sguardo.

 

"Mi dispiace," dissi, "non avrei dovuto dire niente, ritorno nella mia stanza e ti lascio-"

 

"Stai zitto e guardami."

 

Aggrottai la fronte per l'interruzione, ma feci come mi aveva detto. La stessa espressione era presente nei suoi occhi, ma c'era anche qualcos'altro, qualcosa di calmo e affettuoso.

 

"Smettila di scusarti per tutto quello che dici," disse piano mentre alzò una mano e la mise sulla mia guancia, avvolgendola dolcemente, "quando dici qualcosa che vuoi dire, stai nella tua posizione."

 

Se non fosse stato per il tono dolce della sua voce e lo sguardo sempre più ammirato nei suoi occhi, la sua ultima affermazione sarebbe sembrata un po' ostile.

 

"Mi dispiace," dissi, "tu non hai- no, non importa, è un argomento un po' imbarazzante, credo."

 

"Non c'è niente di imbarazzante nell'essere innamorato," disse con un sorriso.

 

Risi. "Sembri mia nonna."

 

"Lo prendo come un complimento," disse, "i nonni tendono ad essere saggi."

 

"Si, e vecchi."

 

"Confido nella saggezza."

 

Sorrisi di nuovo e sollevai la mano per copiare il suo gesto. Rimanemmo seduti così per un po', senza guardarci negli occhi, prima che aprissi la bocca.

 

"Davvero non pensi che tutto questo sia strano?" chiesi, guardandolo con curiosità, "il fatto che noi... parliamo di come ci- beh, di cosa proviamo l'uno per l'altro e che stiamo così vicini e stret-"

 

"Non credo che sia strano se nemmeno tu lo pensi," mi interruppe.

 

"No, io... sto bene," dissi, forse un po' esitante.

 

"Ma non del tutto," disse, guardandomi con sguardo indagatore.

 

Scrollai le spalle. "È solo un po'- non lo so, non frustrante, ma forse un po', sai, sconfortante, sapere che non importa quanto possiamo parlare di tutto questo e coccolarci e uscire insieme, in realtà io non posso realmente toccarti o stare con te nel modo in cui voglio. Non posso averti nel modo in cui vorrei."

 

"Si, lo so," disse con un lieve sospiro.

 

"Lo sai?"

 

"Sai che mi piaci, Lou," disse, "naturalmente è frustrante anche per me non poter fare niente."

 

Se solo lasciassi quella troia della tua ragazza, potremmo fare qualcosa.

 

"Le cose sono semplicemente così," dissi.

 

Cercai di tornare a guardare il film, ma strinse più forte la mia guancia, in silenzio mi chiedeva di tenere il suo sguardo. Per qualche motivo, si mordeva il labbro in modo apparentemente nervoso e sollevai le sopracciglia interrogativo.

 

"Magari potrebbe funzionare," cominciò lentamente, "cercare solo di uscire... dai nostri schemi."

 

"Uscire dai nostri schemi?" chiesi e non riuscii a non mostrare incredulità, "io ti dico che sono innamorato di te e tu vuoi uscire dagli-"

 

"Non in quel senso," mi interruppe, "solo, sai, forse non sarebbe male provarci e... non lo so, fare qualcosa."

 

"Cosa, vuoi che ti faccia un pompino per capire se ti piaccio veramente o se quella che senti è solo pietà?"

 

"Non devi metterti sempre sulla difensiva," disse, stringendo gli occhi.

 

"Sei stato tu che-"

 

"No, ho appena fatto una supposizione, sei tu che l'hai presa in modo sbagliato."

 

Aggrottai le sopracciglia per un momento, ma poi realizzai che aveva ragione e mormorai un 'scusa'.

 

"Sei impossibile, lo sai?" disse con un sorriso cupo.

 

"Lo so, lo so," sospirai, "ma sono incinto, mi è permesso essere impossibile."

 

"Oh, si, usa il povero bambino come scusa," sbuffò.

 

"È vero, però."

 

Sorrise di nuovo, anche se questa volta in modo più affettuoso, e sollevò una delle sue mani per coprire la mia guancia. "Beh, non mi importa quanto tu sia impossible, continui a piacermi," disse, e prima che potessi dire qualcosa, appoggiò le sue labbra sulle mie. Finì prima che riuscissi a capire cosa era appena successo e dovetti sbattere le palpebre un paio di volte per tornare alla realtà. 

 

Lui mi guardò, parzialmente nervoso, in parte divertito e mi morsi il labbro, pensando per un secondo o due, prima di imitare la sua azione premendo un bacio casto e innocente sulle sue labbra. Quando mi allontanai, lo sguardo divertente sul suo viso era scomparso, ma il nervoso era più evidente che mai quando mi guardò negli occhi. Ricambiai lo sguardo, chiedendogli silenziosamente di fare quello che volevo che facesse, ma sapevo che era una cattiva idea, un'idea orribile. Si avvicinò e tenni le palpebre abbassate, aspettando che facesse la prima mossa - ormai doveva aver capito cosa volevo -, per cui lasciai la decisione a lui.

 

Ci fu un leggero tocco di labbra, solo uno sfioramento, come se stessimo testando, cercando di capire quanto avremmo potuto osare in quel bacio, che in realtà non ci sarebbe dovuto essere. Quella cosa, però, di baciare qualcuno che volevi baciare da tanto e che ricambiava i tuoi sentimenti, era un pensiero sensato; desiderio, brama, lussuria. E amore.

 

Pertanto ci vollero due secondi per avvicinarmi e premere di più le mie labbra con le sue e per aprire la bocca, chiedendogli silenziosamente di baciarmi, cosa che fece. Trascorremmo un paio di minuti a scambiarci baci lenti e innocenti, ma poi la sua lingua tentò di entrare in contatto con la mia e sembrava come se qualcuno avesse premuto l'interruttore e tutta l'aria fosse drasticamente uscita dalla stanza. Risposi immediatamente e i nostri dolci ed innocenti baci si trasformarono presto in un disperato scontro di labbra, lingue e denti che ci fecero gemere rumorosamente. Entrambe le sue mani caddero nel mio stomaco e mentre continuavo a pressare la mia schiena contro il suo petto, le sue mani trovarono strada verso il basso e si fermarono proprio sopra la parte superiore dei pantaloni del pigiama. Afferrai la sua mano e, senza alcun indugio, la guidai più in basso fino a quando non fu premuta contro il rigonfiamento nei miei pantaloni.

 

Il suono che emisi quando premette con attenzione la sua mano fu disperato, così bisognoso, e la reazione di Harry fu quella di premerla ancora più fermamente e di ruotare i fianchi contro il mio fondoschiena.

 

Iniziò a massaggiarmi attraverso i pantaloni e i boxer e piagnucolai leggermente, aggrappandomi al suo maglione mentre muovevo i miei fianchi in sincronia con la sua mano.

 

Avere le mani di qualcun altro su di me - avere le mani di Harry su di me - mi faceva sentire incredibilmente bene, soprattutto dopo aver vissuto con la frustrazione sessuale per quelli che sembravano decenni. Stavo per farglielo capire mettendo la mia mano sopra il suo rigonfiamento, ma prima di poterlo fare, interruppe il bacio, piuttosto bruscamente, e ritirò la mano.

 

Posò la fronte sulla mia, respirando pesantemente. "Okay, okay," ansimò.

 

I miei occhi erano ancora chiusi e il mio respiro ancora irregolare come il suo, ma lo sentii ingoiare una, due, tre volte prima che balbettò "noi- probabilmente dovremmo- si, okay."

 

Inalai profondamente alcune volte, per far tornare il mio battito cardiaco alla normalità e far sparire la mia erezione. 

 

"Dovrei- dovrei scusarmi?" chiesi, guardandolo con aria ansiosa. Avevo spostato entrambe le mani nel mio stomaco, come sei lui fino a due minuti prima non avesse avuto le mani sopra ai miei pantaloni.

 

"Certo che no," disse, "ma probabilmente dovremmo fermarci prima che noi... beh, oltrepassiamo la linea e facessimo qualcosa che non dovremmo fare."

 

Annuii velocemente. "Si, buona idea," dissi, anche se forse un po' superficialmente dato che avevo la sensazione che avevamo già oltrepassato la linea e che avevamo già fatto qualcosa che non avremmo dovuto fare.

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Capitolo 30
*** 30. Can you at least give me a reason? ***


CAPITOLO 30

Potresti darmi almeno una spiegazione?

 

 

Lunedì, 25 Aprile

Trentasei settimane

 

 

Posò la fronte sulla mia, respirando pesantemente. "Okay, okay," ansimò.

 

I miei occhi erano ancora chiusi e il mio respiro ancora irregolare come il suo, ma lo sentii ingoiare una, due, tre volte prima che balbettò "noi- probabilmente dovremmo- si, okay."

 

Inalai profondamente alcune volte, per far tornare il mio battito cardiaco alla normalità e far sparire la mia erezione. 

 

"Dovrei- dovrei scusarmi?" chiesi, guardandolo con aria ansiosa. Avevo spostato entrambe le mani nel mio stomaco, come se lui fino a due minuti prima non avesse avuto le mani sopra ai miei pantaloni.

 

"Certo che no," disse, "ma probabilmente dovremmo fermarci prima che noi... beh, oltrepassiamo la linea e facessimo qualcosa che non dovremmo fare."

 

Annuii velocemente. "Si, buona idea," dissi, anche se forse un po' superficialmente dato che avevo la sensazione che avevamo già oltrepassato la linea e che avevamo già fatto qualcosa che non avremmo dovuto fare.

 

"Si... uhm, vuoi- non so, vuoi continuare a guardare il film?"

 

Non l'avevo mai sentito così a disagio e nervoso prima e non ero sicuro se ridere o chinare la testa dalla vergogna. Forse fare entrambi sarebbe stata una buona alternativa.

 

Tossii un po'. "Io... penso che dovrei tornare in camera mia," dissi e mi allontanai, in modo che le sue mani scivolassero dal mio stomaco per finire sul materasso.

 

"Perché?" chiese. Avrei potuto giurare di aver visto la delusione nel suo viso, "ci siamo solo baciati, non c'è bisogno di farne un dramma."

 

Roteai gli occhi mentre mi alzavo.

 

"Si, ci siamo baciati," dissi dopo che mi voltai a guardarlo, "con la lingua. E sono abbastanza sicuro che la tua mano fosse sul mio cazzo e sono anche abbastanza certo che ad un certo punto ho sentito il tuo cazzo premere sul mio fondoschiena."

 

Mi guardò un attimo e poi corrugò la fronte. "Sei arrabbiato con me?" chiese allora.

 

"No, non sono arrabbiato," dissi, anche se nella mi voce si poteva trovare una traccia di esasperazione, "solo- no, non so nemmeno come mi sento, o come dovrei sentirmi."

 

"Beh, ovviamente ti è piaciuto baciarmi," disse con un cenno verso il cavallo dei miei pantaloni.

 

"Certo che mi è piaciuto, ma non è questo il punto."

 

"Allora qual è il punto?"

 

"Il punto è che tu hai una fidanzata anche se sembra che non ti faccia nessuno scrupolo a limonare con me."

 

Sbatté le palpebre e la piega sulla sua fronte diventò più profonda. 

 

"Quindi pensi che sia moralmente sbagliato prendere in giro la mia ragazza, giusto?" chiese.

 

"Non mi interessa ciò che è giusto e ciò che è sbagliato verso di lei," scattai prima di potermi fermare. I miei occhi si spalancarono e stavo per aggiungere delle scuse, ma poi mi ricordai quello che mi aveva detto Harry nemmeno un'ora prima, sul fatto di dover stare nella mia posizione e mantenere il mio pensiero. Volevo dire quello che avevo appena detto, quindi non mi scusai, "mi interessa di ciò che è giusto e sbagliato per me," dissi invece, guardandolo dritto negli occhi.

 

"Che cosa?" sembrava stupito, "tu volevi baciarmi, ed è molto evidente, cosa c'è che non va ora?"

 

Sbuffai. "Ci si sente un po' sfruttati, Harry," dissi, "sai che provo dei sentimenti per te e a te sta bene baciarmi e forse andare anche oltre, ma hai una fidanzata che ovviamente significa molto più di me."

 

Rimase in silenzio per alcuni minuti, apparentemente concentrato.

 

"Che cosa vuol dire?" chiese, guardandomi confuso.

 

Non per la prima volta, mi ritrovai a mettere in discussione la sua intelligenza.

 

"Significa che sei irrispettoso nei miei confronti, verso quello che sento e, beh, verso la tua ragazza," dissi.

 

"Sai che mi piaci, quindi perché trovi strano che io ti voglia baciare?" chiese. Sembrava che anche lui stesse iniziando ad essere irritato, perché la piega di confusione sulla sua fronte si era trasformata in una di esasperazione e la sua voce aveva una leggera sfumatura di amarezza.

 

"Non sto dicendo che sia strano, sto solo dicendo che o baci Lauren, o baci me, non puoi avere entrambi."

 

"Perché no?"

 

Gemetti. "Perché, come ti ho già detto, tu stai tradendo lei e sei irrispettoso nei miei confronti!"

 

"Allora quello che mi stai dicendo è che o rompo con Lauren o perdo te?"

 

"No, sto dicendo che tu stai con Lauren, quindi tu ed io non dovremmo... fare qualsiasi cosa che superi la normale amicizia."

 

Mi fermai per un attimo prima di aprire nuovamente la bocca. "E stava andando tutto bene fino a venti minuti fa."

 

"Mi stai accusando di ciò che è successo?"

 

"Hai iniziato tu."

 

Contrasse le labbra. "Non mi hai spinto via. In realtà, se non mi fossi fermato, sono abbastanza sicuro che avremmo avuto le mani l'uno nei pantaloni dell'altro."

 

Sentii le mie guance scaldarsi, ma non interruppi il contatto visivo con lui.

 

"Tu sei quello che ha iniziato e non avresti dovuto farlo."

 

"Beh, puoi fottutamente biasimarmi?" esclamò,  la sua voce improvvisamente dieci toni più alta, "non posso nemmeno contare le volte che siamo stati pressati l'uno contro l'altro nell'ultima settimana e sei bello e radioso e mi stai sempre intorno e io- io ti voglio! Io ti voglio, okay? Sono umano e-"

 

"Se mi vuoi così tanto allora rompi con Lauren e  potrai avere da me tutto quello che vuoi!" 

 

Silenzio.

 

Silenzio.

 

Silenzio.

 

"Non ho intenzione di rompere con Lauren," disse tranquillamente.

 

Mi morsi l'interno del labbro per un attimo, inghiottendo il nodo di delusione che avevo in gola, e poi annuii.

 

"Allora non puoi fare ciò che vuoi solo perché ti piaccio," dissi.

 

Lui annuì lentamente. "Okay," fu tutto ciò che disse.

 

Inghiottii e annuii ancora una volta prima di girarmi per lasciare la stanza. Ero quasi arrivato alla prova quando il suono della sua voce mi richiamò.

 

"Posso solo dare la buonanotte ad Aidan?"

 

Sospirai, avrei voluto dirgli 'no', ma non ero senza cuore, così tornai indietro e mi avvicinai al letto, con la faccia verso Harry. Si avvicinò al bordo del letto in modo che i suoi piedi si posassero sul pavimento e mi lanciò un breve sguardo prima di sollevare le mani e posarle dolcemente sul mio ventre.

 

Si appoggiò lì, così vicino che la sua guancia sfiorava il tessuto del mio maglione.

 

"Buonanotte, piccolo bimbo," mormorò, "sii gentile con tuo padre, ok? Non causargli alcun dolore o sconforto se non è assolutamente necessario per il tuo benessere, okay? Ti amo. Dormi bene."

 

Rimasi lì per un secondo prima di allontanarmi e lui alzò lo sguardo. Le sue sopracciglia erano corrugate e teneva ancora le mani sul mio stomaco, non mostrava alcun segno di volersi spostare.

 

"Va tutto bene tra noi, giusto?" chiese piano, "non abbiamo rovinato di nuovo le cose?"

 

"Va tutto bene," dissi, anche se la mia voce uscì un po' troppo fredda e rigida per sembrare credibile.

 

Quindici minuti dopo ero nella mia stanza e, anche se realizzai che l'orologio segnava le nove e un quarto, mi misi la solita maglietta oversize per dormire e mi nascosi sotto le coperte. Anche se la stanza era buia, i miei occhi erano aperti e guardavo l'oscurità.

 

Harry aveva ammesso di volermi, aveva ammesso di volermi abbastanza da tradire la sua ragazza. Ma comunque, cosa significava? A dire la verità, non ero sicuro di dove fosse la sua moralità, ma avevo la sensazione che forse non era ad onorevoli livelli. Ed evidentemente non gli piacevo abbastanza da rompere con Lauren.

 

Sospirai frustrato e alzai la testa per un secondo per sistemare il mio cuscino.

 

Era piuttosto evidente che quando avevamo avuto il nostro 'grande discorso' non avevano parlato di tutte le questioni in sospeso, cosa che, ad essere onesto, sospettavo. L'intera situazione era più chiara di quanto fosse stata prima della discussione, ma nel giro di un'ora, era diventato dolorosamente ovvio che avevo ragione ad avere sospetti sul fatto che io ed Harry avevamo altro di cui parlare. Da soli, questi problemi non sembravano essere particolarmente urgenti o importanti, ma accumulati insieme, erano abbastanza grandi da far scattare un altro litigio inutile tra di noi. Il pensiero di avere un'altra lunga conversazione non mi piaceva e forse non era nemmeno necessario. Dopo tutto, il bambino sarebbe nato in non più di quattro settimane e forse sarebbe stato meglio tagliare Harry fuori dalla mia vita dopo. 

 

Quel pensiero era ridicolmente irrealistico e lo sapevo, ma era comunque bello dire a me stesse che se avessi voluto, avrei potuto lasciare quel posto e continuare la mia vita senza Harry.

 

Era bello provare a convincermi che avevo ancora pieno controllo della mia vita.

 

Sapevo che era solo una grande bugia, però.

 

 

Martedì, 26 Aprile

Trentasei settimane e un giorno

 

A volte mi chiedevo se Anne avesse un sesto senso quando si trattava di me ed Harry, perché il secondo dopo che Harry era uscito per andare a scuola, suo padre era andato a lavoro portando con se Connor ed Adrian per accompagnarli alla scuola materna, Anne si sedette accanto a me sul divano del salotto, dove stavo mangiando la mia colazione, e mi guardò con le sopracciglia sollevate. 

 

"Per cosa avete litigato tu ed Harry ora?" chiese chiaramente.

 

Avevo appena preso un morso del panino e mi affrettai a deglutire prima di rispondere.

 

"Chi dice che abbiamo litigato?"

 

"Il fatto che nessuno di voi ha detto una parola all'altro durante i dieci minuti che eravate in cucina."

 

"Non sono molto loquace la mattina presto," dissi, cercando di apparire il più convincente possibile.

 

Per niente sorpreso, fallii, almeno se il sospiro esasperato che lasciò uscire fosse di qualche indicazione.

 

"Lasciami indovinare: ha a che fare con il bambino o con i vostri sentimenti."

 

Volevo protestare, ma sapevo che sarebbe stato inutile come asciugarmi i capelli sotto una cascata.

 

"Bingo sul secondo," dissi allora, la mia voce più un mormorio che altro.

 

Mi offrì un sorriso triste. "Non è facile, eh?"

 

"Cosa non è facile?"

 

"Non poter comandare i tuoi sentimenti, e soprattutto quando passi più o meno ogni secondo a meno di dieci metri dall'altro. So che è frustrante per entrambi, non è difficile da dire considerando che nessuno di voi due è particolarmente discreto."

 

Le mie guance si scaldarono e guardai verso il basso.

 

"Immagino," fu tutto ciò che le diedi come risposta.

 

Non disse nient'altro per un paio di secondi, ma sentii i suoi occhi su di me e sapevo che erano pieni di preoccupazione e compassione.

 

"È successo qualcosa tra voi due?"

 

"No," dissi in fretta. Probabilmente un po' troppo in fretta.

 

"Niente?"

 

"No, niente affatto," squittii, rifiutandomi di incontrare il suo sguardo.

 

"Sicuro?"

 

"Assolutamente, va tutto bene, non è successo niente."

 

"Stai mentendo," disse divertita dopo una pausa di qualche secondo, "ma va bene, non te lo richiedo se non vuoi dirmelo."

 

Sorrisi, ma ancora non la guardai. "Grazie."

 

"Prego," disse con calma prima di prendere il telecomando dal tavolino e accendere la TV.

 

Rimanemmo così per un bel po', guardando in silenzio i programmi televisivi. Mi piaceva; era confortevole, rilassante e mi permise di non pensare a niente in particolare. Il silenzio tra noi non era scomodo, ma piuttosto un silenzio che mi faceva capire che non avrei dovuto dire niente, ma che se lo avessi fatto, lei sarebbe stata lì per ascoltare. Era una bella sensazione, dovevo ammetterlo. Non è che non avessi intenzione di dire niente, ma era bello avere la certezza di poterlo fare senza ottenere in risposta sguardi strani e parole derisorie. 

 

"Tu ed Harry andrete dal medico domani, giusto?" chiese mentre una ragazza- Charlotte, ero sicuro fosse il suo nome - cominciò a piangere perché era innamorata di Gary, ma Gary non ricambiava.

 

Annuii. "Si, farò qualche test."

 

"Per scoprire come funziona il tuo corpo?" 

 

"Fondamentalmente si."

 

"Sei nervoso?"

 

Sorrisi e la guardai. "Un po'," dissi, "non per i test, ma per quello che scopriranno."

 

Lei mi sorrise debolmente. "Non può andare così male. Non hai mai sperimentato qualcosa di strano o insolito prima che tutto questo accadesse, vero?" 

 

Scossi la testa. 

 

"Beh, allora questo indica che puoi stare tranquillo e che è sicuro che non danneggerà i tuoi organi vitali."

 

"Beh, in entrambi i casi, qualcosa non va nel verso giusto," dissi con un sorriso nervoso, "non sono biologicamente creato per essere in grado di portare un bambino, ma sono qui, quindi... qualcosa fuori dall'ordinario c'è, non credo si possa discutere su questo."

 

"Che è fuori dall'ordinario non significa che è sbagliato," disse.

 

*

 

 

Harry tornò a casa alle tre di quel pomeriggio, stanco e sconvolto a giudicare dal modo in cui aveva ignorato Anne al suo tentativo di chiedergli cosa volesse per cena. Io non ero riuscito a fare altro oltre a stare seduto nel letto con la musica nelle orecchie e un libro in mano tutto il giorno.

 

Apparentemente essere incinto ti faceva sentire incapace di agire come un normale essere umano. 

 

Guardai Anne, da dove ero seduto nel tavolo nella cucina con i miei libri di storia davanti, e sollevai le sopracciglia in modo interrogativo. I suoi occhi guizzarono verso la porta che conduceva alla cucina e dove Harry era appena scomparso e poi guardò me.

 

"Ha avuto un brutto giorno, credo," disse. La sua voce era leggera, ma i suoi occhi avevano un velo di preoccupazione, "ti dispiace andare a chiedergli se va tutto bene?"

 

"Oh, io-"

 

"In ogni caso dovrai parlare con lui," mi interruppe, "non ha senso rinviare."

 

Si, aveva sicuramente un sesto senso. Con un sospiro ed un paio di maledizioni riguardo le dimensioni della mia pancia, mi alzai in piedi e uscii dalla stanza. La porta della camera di Harry era chiusa quando arrivai e rimasi lì davanti senza fare niente per un paio di secondi; l'ultima volta che ero entrato nella sua stanza quando la porta era chiusa, avevo assistito a lui che guardava un porno gay e non volevo ripetere l'esperienza. Non che non fosse stata una bella vista, ma comunque. Era stato imbarazzante. 

 

E così sollevai la mano e bussai una, due, tre volte, sperando che non stessi interrompendo qualcosa di personale. 

 

Non arrivò nessuna risposta e provai di nuovo.

 

E di nuovo.

 

Aggrottai un po' la fronte, pensando che fosse improbabile che avesse già preso il suo computer portatile e si fosse abbassato i pantaloni, visto che era passato in cucina solo cinque minuti prima. Ma, forse era così arrabbiato perché Lauren gli aveva dato buca o qualcosa del genere. Sesso pubblico, o prese in giro, sembravano essere cose che Lauren - e anche  Harry - sarebbe arrivata a fare. Tuttavia, sospirai ed alzai la mano per abbassare la maniglia della porta e aprirla, anche se lentamente, giusto in caso. 

 

Ma dopo aver aperto completamente la porta, sbirciando dentro con la testa, conclusi che non c'era niente di vietato ai minori che avesse spinto Harry a non rispondere. Sorrisi debolmente mentre chiusi la porta dietro di me e mi avvicinai al suo letto, dove stava disteso sulla schiena e russava leggermente con la testa inchinata di lato. Trovai un po' affascinante il fatto che fosse riuscito ad addormentarsi in così pochi minuti. 

 

Attento a non svegliarlo, mi sedetti sul bordo del letto e lo guardai. Il suo petto si alzava e si abbassava in un lento ritmo costante e i suoi capelli sembravano un nido di ricci disordinati e aggrovigliati, sparsi intorno alla sua testa come un'aureola. E ovviamente era bellissimo. Come al solito.

 

Normalmente non si dovrebbe trovare il russare un tratto adorabile e attraente, giusto? Beh, peccato, perché per me lo era.

 

Cambiai leggermente posizione, tenendo lo stomaco con un braccio.

 

"Sembra che tuo padre sia stanco, piccolo," dissi piano, guardando il suo viso completamente rilassato. Un po' esitante, sollevai la mano e la lasciai cadere dolcemente sulla sua guancia. Sembrava così tranquillo, così a suo agio con tutto il mondo e senza una sola preoccupazione. Non avevo mai visto quello sguardo, o almeno in quel momento non mi veniva in mente, e la realizzazione mi fece rattristare. Non l'avevo mai visto completamente a suo agio perché quello che gli portavo erano problemi e preoccupazioni. A causa mia stava per diventare padre, a causa mia stava mettendo in discussione la sua sessualità e a causa mia stava attraversando dei problemi con la sua ragazza. Tutto a causa mia.

 

Giurai che il mio cuore fosse pieno di colpa, tristezza e di amore, e mi morsi il labbro per impedirmi di emettere suoni. Alcune ciocche di capelli erano caduti sopra ai suoi occhi e li spostai con un leggero movimento, lasciando che le mie dita toccassero con un breve contatto la sua pelle.

 

Ora, più che mai, realizzai quanto mi facesse male il fatto di non poter avere Harry. Era come se l'acido stesse penetrando nelle piccole crepe del mio cuore, facendo si che il mio torace e la mia gola si stringessero dal dolore.

 

Non ebbi più tempo per soffermarmi sulla questione, perché la mia mano fu improvvisamente afferrata e un secondo dopo, gli occhi di Harry si aprirono. Sbatté le palpebre un paio di volte, apparentemente per mettermi a fuoco.

 

"Speravo fossi Lauren," disse con un piccolo sospiro.

 

Aggrottai la fronte e il mio cuore fece un salto spiacevole.

 

"Mi dispiace, sono solo io," dissi con un sorriso teso mentre ritiravo la mano da sopra la sua fronte.

 

"Si, lo vedo," disse mentre si sedeva lentamente, "non sono ancora cieco."

 

"Beh... bene," dissi sconcertato.

 

Non stava guardando a me, ma piuttosto il muro di fronte al letto, e non sembrava volesse cambiare direzione. Lo presi come un segno del fatto che non avesse dimenticato il nostro mezzo litigio della notte prima. Mordendomi nervosamente il labbro, cercai di trovare un modo gentile per iniziare la discussione, ma, beh, non ero particolarmente bravo in quelle cose.

 

"Non mi piace litigare con te," fu tutto ciò che venne fuori quando alla fine aprii la bocca.

 

Spostò lo sguardo verso di me e mi guardò confuso. "Abbiamo litigato?"

 

"Io- beh, non proprio, ma sai, quello che è successo la notte scorsa," dissi, giocando nervosamente con l'orlo del maglione.

 

"Oh," disse, guardandomi con perplessità, "pensavo avessimo detto che andava tutto bene."

 

Volevo parlargli del fatto che ci fosse una questione ancora irrisolta tra di noi quando la notte prima ero uscito da camera sua, ma sembrava che fosse già di mal umore e non volevo davvero sconvolgerlo ulteriormente.

 

"Ne parleremo più tardi, okay?" fu ciò che dissi.

 

"Non credevo ci fosse qualcosa di cui parlare," disse stanco, "ma sono troppo stanco per discutere, quindi va bene, ne parleremo più tardi."

 

"Va bene."

 

Lui annuì e poi sospirò di nuovo.

 

"Quindi c'è un motivo per cui sei seduto qui mentre mi guardi dormire, o pensi solo che io sia bello?"

 

"Tua mamma mi ha detto di venire a controllarti, per vedere se stavi bene."

 

"Quindi non pensi che io sia bello?"

 

"Non è questo il punto."

 

"Bene."

 

"Quindi stai bene?"

 

Scrollò le spalle svogliatamente. "Sto bene."

 

"Molto convincente," dissi, sollevando le sopracciglia interrogativo.

 

Lui si strinse nelle spalle. 

 

"Ho avuto un litigio con Lauren."

 

Era sbagliato il fatto che dentro di me si stesse svolgendo una danza felice?

 

"Oh... per cosa?"

 

"Te."

 

Corrugai la fronte. "Per me? Perché?"

 

"Non lo so neanche io," disse con un sospiro, "è passato un po' di tempo da quando le ho detto che stavi vivendo qui e lei aveva detto che andava bene, ma oggi improvvisamente ha deciso che non va bene. Non lo so. Logica femminile."

 

Aggrottai le sopracciglia.

 

"Perché glielo hai detto, in primo luogo? Non me l'hai ancora spiegato."

 

"Credevo fosse la cosa migliore," disse, "probabilmente lo avrebbe scoperto in qualche modo, quindi ho pensato fosse meglio dirglielo e ridurre i danni."

 

"Così hai deciso di disinnescare la bomba prima che esplodesse?"

 

"Fondamentalmente si."

 

"Aha. E qualche scusa hai inventato? Non penso le abbia detto la verità."

 

Sorrise. 

 

"Non credo l'avrebbe presa bene," disse, "no, le ho detto che sei stato buttato fuori di casa per ragioni sconosciute a me e che non avevi nessun altro posto in cui andare e che è stata mia mamma ad insistere affinché tu rimanessi."

 

"Certo, incolpi tutti ma non te stesso," dissi, con un sorriso.

 

"Beh, non volevo farla infuriare più del necessario."

 

"Ma oggi ha deciso che non le va bene che io stia qui?"

 

Gemette prima di affondare il viso nei cuscini e poi si pizzicò il ponte del naso.

 

"Si. Ha detto qualcosa sul fatto che non le piace che tu stia qui perché sei strano e roba del genere."

 

"In qualche modo ho la sensazione che non abbia usato la parola 'strano'," dissi secco.

 

"Forse," disse con un sorriso debole, "ma il punto è che ora è incazzata con me."

 

"E questo ti porta di conseguenza ad essere incazzato."

 

"No, non sono incazzato," disse, guardandomi pensieroso, "solo stanco, credo, di litigare con lei tutto il tempo per argomenti inutili."

 

Annuii appena per mostrare la mia comprensione, ma poi realizzai una cosa e mi bloccai a metà cenno del capo.

 

"Allora..." cominciai lentamente, trascinando le parole, "hai litigato con lei per me?"

 

Mi mandò una sguardo strano.

 

"Beh, si, è quello che ti ho detto mezzo minuto fa."

 

"Non le piace che io stia qui e tu hai litigato con lei per questo."

 

"Si. Che cosa stai-"

 

"Quindi mi hai difeso?" lo interruppi con un sorriso crescente sul mio viso, mentre il mio cuore batteva veloce, "non eri d'accordo con lei e quindi avete litigato perché stava parlando male di me?"

 

Lui sbatté le palpebre. Poi sollevò un sopracciglio. "Credo?"

 

Nonostante la sua confusone e l'ovvia difficoltà a capire cosa quello significasse per me, non riuscii ad evitare di buttarmi in avanti e avvolgerlo in un abbraccio. Rotolai su un lato, il mio stomaco appoggiato contro il suo fianco e il mio mento sepolto nella parte inferiore del suo torace.

 

Un sospiro soffocato uscì dalla sua bocca quando il mio stomaco si scontrò contro di lui e lo sentii tossire. 

 

"Sei troppo grande per gettarti addosso a me in questa maniera, Lou," grugnì.

 

La mia unica risposta fu quella di spostarmi in modo che la mia guancia si appoggiasse al suo petto, chiusi gli occhi e sorrisi felicemente. Se una persona a caso avesse visto quello che stava accadendo avrebbe pensato che la mia reazione fosse troppo esagerata, ma dopo aver trascorso diversi mesi guardando Harry criticarmi sempre ed essere d'accordo con le critiche di Lauren per ogni mia mossa, sapere che ora mi aveva difeso mi faceva sentire... incredibilmente bene. Mi faceva sentire come se non fossi completamente solo, mi faceva sentire più voluto e meno indesiderato, ed era tutto molto più che benvenuto.

 

"Sei felice che abbia litigato con la mia ragazza?" mi mormorò tra i capelli qualche secondo dopo.

 

"Non che hai litigato con lei, ma sono contento per il motivo per cui hai litigato con lei," dissi sinceramente.

 

"Proprio un amico di supporto," sbuffò.

 

Sollevai la testa per guardarlo e sorrisi tentennando.

 

"Sto facendo del mio meglio."

 

Sollevò una mano e passò le dita con cura tra i miei capelli mentre mi sorrideva.

 

"Lo so che lo sei," disse, e notai quanto dolce la sua voce era improvvisamente diventata, "e lo apprezzo. So che non è facile."

 

"Cosa sai che non è facile?" chiesi, con le mie mani appoggiate liberamente sul suo petto.

 

"Guardarmi stare insieme a lei."

 

Abbassai lo sguardo e mi mordicchiai il labbro, cercando di trovare qualcosa da dire che non suonasse stupido. Non che quello che aveva detto non fosse vero, perché lo era, ma perché aveva fatto un'affermazione come quella? Non capiva che mi metteva in una situazione di disagio? Se gli avessi detto che non c'era nessun problema, avrebbe capito che stavo mentendo, ma se avessi confermato quello che stava dicendo, sarebbe sembrato come se volessi spingerlo a rompere con lei. Non che mi sarei opposto, ma... beh.

 

"Va bene," disse prima che riuscissi a trovare una risposta migliore, "non piacerebbe nemmeno a me se tu incontrassi qualcuno."

 

"Non preoccuparti," dissi con una risata ironica, "non penso che succederà presto."

 

Strinse le labbra ed esitò per un attimo. "Sarebbe strano se dicessi che sono contento?"

 

"Un po'," dissi, ma la mie guance erano diventate rosse e non potei fare a meno di sorridere. 

 

"Quindi vuoi che viva la mia vita da solo e non amato e in castità, giusto?"

 

Gli angoli della sua bocca si alzarono. 

"Naa. Suppongo che tu meriti un po' più di questo."

 

"Un po' più di questo? Wow. Grazie. Le mie prospettive di vita future sono stupende, a quanto vedo."

 

"Okay, va bene, va bene," disse, fingendosi esasperato, mentre scuoteva la testa, "tu meriti un ragazzo che ti vizierà e ti darà un sacco di piccoli bambini e una casa in campagna con un recinto bianco e un albero di mele nel cortile. Felice adesso?"

 

"Darmi un sacco di piccoli bambini?" ridacchiai, "cosa credi che voglia rimanere incinto per tutto il tempo?"

 

"Mi hai detto un po' di tempo fa che se avessi incontrato il ragazzo giusto, avresti considerato di nuovo la gravidanza," ragionò.

 

"Si, beh, era prima che avessi sperimentato la-" mi interruppi arrossendo, e poi arrossii, "prima che avessi modo di sperimentare tutti gli effetti collaterali," dissi, invece, la mia voce ferma.

 

Per fortuna non sembrò volermi deridere.

 

"Quindi non vorrai più rimanere incinto?" domandò con curiosità.

 

Sospirai. "Non lo so," dissi, "può essere."

 

"Può essere?"

 

"Se troverò un ragazzo che sarà davvero, davvero innamorato di me e che morirebbe pur di avere un bambino con me, allora credo di poterlo prendere in considerazione. Non è poi così male, solo... non lo so, ci sono troppi effetti collaterali."

 

"E se io te lo chiedessi?"

 

"Cosa?"

 

"E se io, diciamo tra dieci anni, ti chiedessi di avere un altro bambino con me. Cosa diresti?"

 

Negli ultimi due mesi, mi ero abituato a sentire Harry fare domande sorprendenti e dichiarazioni strane, ma quello... era un livello di sorpresa completamente nuovo. Per non dire strano. Mi aveva chiesto senza mezzi termini cosa avrei risposto se tra dieci anni mi avesse chiesto di fare un altro bambino con lui? Perché? Era come quando aveva finto di baciarmi solo per dimostrare o smentire la teoria? Mi aveva chiesto se avessi voluto un altro bambino con lui solo per verificare se i miei sentimenti per lui erano autentici?

 

"Io- io- scusa?" balbettai infine. 

 

"È una domanda semplice," disse facendo spallucce.

 

"Mi hai chiesto se voglio avere un altro bambino con te. Non c'è niente di semplice in questo."

 

"Non ti ho chiesto se vuoi," disse lui, roteando gli occhi, "tu hai detto che se mai dovessi trovare un ragazzo che ti ama veramente, avresti preso in considerazione nuovamente la gravidanza, e la notte scorsa hai detto che sei innamorato di me, quindi-"

 

"Questo non significa che voglio avere un altro bambino con te, idiota," lo interruppi, non riuscendo a trattenere una risata, "intendevo in futuro, almeno tra dieci anni, non in questo momento."

 

"Beh, si, e io ti ho chiesto se tra dieci anni prenderesti in considerazione di avere un altro figlio con me."

 

La mia mente era in stato confusionale a quel punto. Ma poi, quando non lo era nelle situazioni che riguardavano Harry?

 

"Io davvero non... capisco quello che stai dicendo," dissi esitante, "ora sono incinto di tuo figlio, ma non lo terremo, eppure mi stai chiedendo se voglio avere un altro bambino con te in futuro? È folle. Per non parlare del fatto che tu hai una ragazza che sono sicuro sarebbe felice di portare il tuo bambino in grembo un giorno, se glielo chiedessi. E se non lei, allora un'altra ragazza amerebbe farlo, e potresti fare tutto nel modo tradizionale, mostrarlo alla tua famiglia e agli amici, andare a fare shopping per la maternità, guardare insieme i giocattoli per bambini, essere orgogliosi e felici e tutto, invece di... beh, questo."

 

Stavo sorridendo, le labbra leggermente piegate, ma il mio cuore stava battendo dolorosamente contro il mio petto. In realtà faceva male pensare ad Harry con altre ragazze, sistemarsi con una di loro, avere una famiglia, avere una vita perfetta e felice con la sua compagna che non ero io e con un bambino che non era il nostro.

 

"Non intendevo quello, Lou," disse con delicatezza, "sono orgoglioso felice per come stanno le cose, okay?"

 

Non potei fare a meno di ridere.

 

"Come?" lo interrogai, "questa situazione è folle e non c'è niente di normale. Non puoi-"

 

"Per l'amor di Dio, Lou," mi interruppe, "sono felice e sono orgoglioso e voglio che tu lo accetti. Sono orgoglioso di te per aver affrontato tutto questo nel modo in cui hai fatto, sono orgoglioso di te per essere in grado di pensare chiaramente nonostante tutta la merda che sta succedendo, e sono felice di star sperimentando tutto questo con te."

 

"Ma... come?" chiesi, aggrottando la fronte tristemente, "da quando tutto questo è iniziato, ho incasinato ogni parte della tua vita. Stai litigando con la tua ragazza a causa mia, so che hai ottenuto un bel po' di domande dai tuoi amici, hai dovuto spiegare ai tuoi genitori che in qualche modo sei riuscito a mettere incinto un ragazzo, hai saltato la scuola per venire con me dal medico, e non c'è nessuna parte della tua vita che io non abbia invaso. Sto persino in casa tua, per la miseria."

 

Sembrava un po' pensieroso, mi guardava con occhi inquieti che mi facevano sentire un po' a disagio. 

 

"Penai di essere un rompipalle per me, vero?" chiese. I suoi occhi scintillavano di divertimento e le sua labbra erano leggermente aperte, come se stesse per sorridere.

 

"Credo?" dissi esitante.

 

"Beh, allora," disse, "suppongo che dovrei dirti che tu in realtà non sei un rompipalle. Mi piace averti intorno, mi piace la tua compagnia e apprezzo il fatto che sia sempre in giro per poterti tenere d'occhio."

 

"Ma Lauren è-"

 

"Oh, fanculo Lauren, chi se ne frega di lei?"

 

I miei occhi si spalancarono e sbattei le palpebre con confusione. Ci vollero un paio di secondi prima che Harry si accorgesse di quello che aveva detto, perché la sua bocca si aprì improvvisamente in una piccola 'o' e abbassò lo sguardo, non più guardandomi negli occhi.

 

"Io- Harry?" dissi nervosamente.

 

"Scusami," disse, ancora gli occhi spalancati, "è venuto fuori un po' duro."

 

"Un po'?" dissi incredulo, "hai appena detto che non ti importa della tua ragazza."

 

"No, no, io-"

 

Si interruppe e prese un respiro profondo prima di sollevare il mento e incontrare il mio sguardo. 

 

"È uscito in modo sbagliato. Naturalmente mi interessa, intendevo solo che... che lei non ha nulla a che fare con la situazione tra me e te, e che pertanto è irrilevante quando si tratta di questo."

 

"Tu- Harry, per amor di Dio, stai avendo un bambino con me," dissi, guardandolo con espressione esasperata, "nonostante lei non sia a conoscenza della situazione, non significa che sia irrilevante. E soprattutto non quando tu- beh, quando entrambi sappiamo che proviamo dei sentimenti l'uno per l'altro."

 

Ci fu una breve pausa in cui ci stavamo solo guardando.

 

"Quel che non sa, non le farà del male," disse alla fine.

 

Sospirai.

 

"Bene," dissi, anche se non ero d'accordo con quello che stava dicendo.

 

"Stai bene?"

 

"Si. Perché?"

 

"Sembra come se tu debba dire qualcosa."

 

Avevo qualcosa da dire, ma non sapevo se dirlo era la cosa migliore.

 

"Io- è- voglio dire- perché..." cominciai a muovendomi nervosamente.

 

Inghiottii e provai a parlare di nuovo.

 

"E solo che- tu stai con Lauren perché lo vuoi o perché tu- perché tu, non lo so, senti la necessità di dimostrare qualcosa?"

 

Non osai nemmeno guardarlo mentre parlavo, per paura di quello che avrei potuto vedere. Invece fissai lo sguardo sulle mie mani, che ancora stavano riposando sul suo petto e mi concentrai sul non scusarmi e non uscire dalla stanza. Restò in silenzio per lungo tempo e giurai di aver sentito il suo battito cardiaco e il sangue scorrere nelle sue vene.

 

"Certo che sto con lei perché lo voglio," disse alla fine, la sua voce calma, tranquilla e insolitamente fredda, "perché non dovrei?"

 

Mi morsi il labbro. 

 

"Immagino che... ho pensato che tu- che non saresti stato con lei se- se le circostanze sarebbero state diverse."

 

Ancora una volta rimanemmo in silenzio per lungo tempo prima di ricevere una risposta.

 

"Voglio stare con lei, Lou," disse allora, con voce bassa, ma triste, "mi piaci tanto, ma voglio stare con lei."

 

Mi morsi nuovamente il labbro, questa volta per impedirmi di tremare. Ci vollero pochi secondi prima di ottenere abbastanza controllo su di me per iniziare a parlare di nuovo.

 

"Ma perché?" chiesi, quasi in un sussurro, "tu- tu hai detto che sai che lei è una troia e mi hai detto che mi vuoi e tu sai che io ti voglio, quindi perché? Potresti darmi almeno una spiegazione? Per favore?"

 

"Voglio stare con lei. Ho le mie ragioni," disse e c'era qualcosa che mi fece capire che la discussione era finita.

 

Per ora.

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Capitolo 31
*** 31. I don't agree with you. ***


CAPITOLO 31

Non sono d'accordo con te.

 

 

 

Mercoledì, 27 Aprile

Trentasei settimane e due giorni 

 

 

Dopo la conversazione che era avvenuta tra me ed Harry, era stato difficile addormentarmi. Pensieri su Lauren, Harry e su di me avevano vorticato nella mia mente fino al punto da farmi venire mal di testa. Quello, combinato al fatto che il bambino non aveva smesso di calciare nonostante gli parlassi con molta tranquillità, mi fece passare una notte insonne. Così quando mi svegliai, alle nove e trenta di quella mattina, non ero per niente riposato e appena mi sedetti nel tavolo della cucina per fare colazione, non volevo fare altro se non tornare a letto.

 

"Notte difficile?" 

 

"Non ha smesso di calciare," dissi sbadigliando.

 

"Dovresti andare a dormire, manca ancora un'ora e mezzo prima dell'appuntamento."

 

"Non posso, devo fare la doccia, vestirmi e tutto."

 

Lei corrugò la fronte. "Sei sicuro?"

 

"Se sono sicuro che devo farmi la doccia e vestirmi? Si, certo," dissi con un piccolo sorriso.

 

Lei sorrise, ma il sorriso svanì presto e sembrava ancora preoccupata.

 

"Non mi piace il fatto che ti stressi molto per questa situazione con Harry, soprattutto ora che mancano meno di quattro settimane prima che tu partorisca."

 

"Come sai-"

 

Mi bloccai, chiusi gli occhi per un secondo e scossi la testa.

 

"Non importa."

 

"Le pareti qui sono piuttosto sottili", disse in risposta alla domanda che non avevo posto.

 

La mia mente tornò immediatamente a tutte le conversazioni tra me e Harry, il loro contenuto, e- beh,  la mia... vita privata e sentii tutto il mio viso esplodere in imbarazzo.

 

"Oh," fu tutto quello che riuscii a dire.

 

"Non preoccuparti," disse lei, "non ho sentito niente, ma ti ho sentito parlare molto e non sembrava qualcosa di bello."

 

"Abbiamo parlato di un po' di cose," dissi, "è solo- beh... non importa di cosa iniziamo a parlare, la finiamo sempre per litigare riguardo a qualcosa di poco piacevole. O almeno qualcosa che lascia tensione o imbarazzo."

 

"E di chi è la colpa?"

 

"Di entrambi. Io sono quello che mette in discussione queste cose, ma lui è quello che le ingigantisce."

 

Lei strinse le labbra pensierosa e prese un sorso di caffè. 

 

"Non capisco perché non potete sedervi e parlarne. È chiaro quali siano i problemi, quindi non può essere difficile risolverli."

 

"In teoria, è semplice," mormorai, "è un po' più difficile farlo. Non c'è nessun problema apparentemente, solo i miei desideri e i suoi che non possono essere uniti."

 

"Pensavo che foste d'accordo sul fatto di provare dei sentimenti l'uno per l'altro," disse con una piega confusa tra le sopracciglia. 

 

"Si, ma prova sentimenti più forti per Lauren," dissi, cercando di sorridere. Ero abbastanza certo di aver fallito, "vuole stare con lei, non con me."

 

Aprì la bocca, apparentemente per protestare, ma continuai prima che iniziasse.

 

"E questo va bene," dissi, "non mi sono mai... aspettato che volesse stare con me comunque, sono sorpreso che lui senta qualcosa più dell'amicizia per me in realtà."

 

Era ovvio c'era qualcosa che voleva dire, c'era uno sguardo nei suoi occhi come se volesse liberarsi di qualcosa, ma lei non aprì la bocca, mi guardò con un'espressione compassionevole. Passarono un paio di secondi prima che tossissi un po' e mi scusai, mormorando qualcosa sull'andare a farmi la doccia.

 

Mi alzai, andai verso la porta e avevo appena varcato la soglia quando il suono della sua voce mi chiamò e mi voltai.

 

"Sembra che tu ti sia arreso," disse, guardandomi giudiziosa.

 

Non ero abbastanza sicuro se prenderlo come un insulto o semplicemente come un'osservazione, perciò non ero sicuro di come risponderle. 

 

"Non mi sono... arreso," fu la risposta esitante che alla fine le diedi, "sto solo accettando il fatto che lui non mi vuole, non voglio essere una di quelle persone insopportabili che non riescono semplicemente a... rinunciare e lasciar andare la persona di cui è-  la persona per la quale si provano dei sentimenti, in modo da renderla felice."

 

"E sei sicuro che lui sia felice?" chiese dopo un breve momento di silenzio.

 

"Io-beh, si," dissi lentamente.

 

Corrugai leggermente la fronte, notando l'espressione vuota nel suo viso e uno strano sguardo negli occhi.

 

"Tu..." cominciai lentamente, dosando attentamente le mie parole, "tu non vuoi che stia con Lauren?"

 

Un piccolo sorriso tirò gli angoli della sua bocca. 

 

"Io voglio che lui sia felice," fu la risposta un po' vaga che mi diede prima di alzarsi dalla sedia, andare verso il lavandino e svuotare il resto del caffè, "devo andare a prepararmi per il lavoro," aggiunse. 

 

Dopo quelle parole mise la tazza vuota sul bancone, attraversò la cucina e mi diede una leggera stretta alla spalla, poi uscì.

 

Rimasi lì per un bel po', senza guardare niente in particolare e cercando di capire il significato di quello che aveva appena detto. Significava che pensava che Harry non fosse felice con Lauren? Che credeva sarebbe stato più felice con me? Che volesse davvero che io ed Harry stessimo insieme? O ero solo disperato a tal punto da immaginare il supporto delle persone? Pensieri del genere occupavano la mia mente mentre stavo lì e quando alla fine mi ripresi gettai uno sguardo all'orologio che era appeso al muro, indicava le 10.15 e mi maledissi prima di correre verso bagno - se dondolare poteva essere chiamato correre - per fare una doccia veloce.

 

Mi spogliai in fretta, gettando i pantaloni e la maglietta in un mucchio nell'angolo e poi diedi un'occhiata al mio riflesso, sospirando un po' e posando entrambe le mani sul mio stomaco.

 

"Stai diventando molto grande là dentro, piccolo," mormorai, "non pensi che sia giunto il momento di uscire?"

 

Un piccolo calcio fu la risposta e sospirai di nuovo.

 

"Si, lo so. È ancora un po' troppo presto, vero?"

 

La mia pancia era causa di uno o due inconvenienti quando era il momento della doccia, era un urtare continuo contro il vetro e quasi sempre rischiavo di scivolare quando mi alzavo sulla punta dei piedi per raggiungere il ripiano dove le bottiglie del sapone erano poste. Per quel motivo impiegai qualche minuto in più rispetto al solito, ma alla fine terminai e uscii dal box, avvolgendomi un asciugano intorno ai miei... beh, qualche posto tra i miei fianchi e la vita e uscii dal bagno per cercare di trovare un abbigliamento accettabile da indossare. 'Accettabile' in quei giorni, tuttavia, quando si trattava di vestiti, significava un paio di pantaloni di tuta e una maglietta non troppo logora. 

 

E così, mentre mi trovavo davanti allo specchio della mia stanza dieci minuti dopo e mi guardavo, non potei fare a meno di chiedermi come diavolo facesse Harry ad ignorare il mio aspetto. Perché sinceramente, nessuno sano di mente avrebbe trovato il mio corpo attraente in quel momento. L'unico conforto che ero in grado di trovare era che mancava solo un mese o giù di lì e poi il bambino sarebbe uscito fuori da me.

 

Fuori da me e dalla mia vita.

 

Feci una smorfia a quel pensiero indesiderato che mi balenò in testa, ma non potevo negare che non fosse così. Non che avessi idea di come funzionasse l'adozione, ma ero abbastanza sicuro che il bambino sarebbe stato portato via da me più o meno al momento nella nascita. O forse no? L'adozione non dovrebbe essere un processo così forzato, non con me ed Harry, e non con i servizi sociali, forse ci avrebbero permesso di tenerlo per un breve periodo, un giorno o due, prima di darlo via. Forse era qualcosa che valeva la pena di chiedere al medico.

 

Puntuale, proprio in quel momento, qualcuno bussò alla porta.

 

"Lou?" sentii la voce di Harry dire dall'altra parte, "sei lì?"

 

Risposi con un veloce 'si' e un attimo dopo, la porta si aprì ed Harry entrò dentro. Sembrava estremamente stanco, fu la prima cosa che notai e aggrottai un po' la fronte.

 

"Stai bene?" chiesi mentre chiudeva la porta dietro di sé, "sembri un po'... fuori di te."

 

Sorrise debolmente mentre camminava verso il letto e si sedette.

 

"Non sarebbe strano dire che questo è il giorno più lungo della mia vita, nonostante sia stato in piedi solo per più o meno tre ore e mezzo?" chiese.

 

Il mio cipiglio divenne ancora più profondo e andai a sedermi accanto a lui.

 

"Che cos'è successo?" lo interrogai, guardandolo per cercare di capire qualcosa dalla sua espressione.

 

"Non lo so nemmeno io," mormorò, "Lauren è ancora arrabbiata con me, con il giapponese faccio schifo e Zayn e Liam a quanto pare hanno litigato e sembra che si stiano sul cazzo a vicenda. Cazzo, non si guardano nemmeno, e Liam continuava a darmi risposte a monosillabi a tutto quello che gli domandavo durante la lezione."

 

Una sgradevole sensazione di vuoto mi si formò nel petto e cercai di fare del mio meglio per non far trasparire la mia preoccupazione.

 

"Perché fai schifo con il giapponese?" chiesi cercando di non soffermarmi sull'argomento Zayn-e-Liam.

 

"Perché faccio schifo," disse con una risata, "mi sembra logico."

 

"Sono sicuro che tu non faccia schifo," dissi.

 

"Sono sotto la media, Lou," disse, "quindi si, faccio schifo."

 

Sembrava così sconfitto e senza speranze che il mio cuore fece un salto nel mio petto e mi crebbe uno strano mix di compassione e tristezza. Un po' esitante, allungai una mano e lasciai scivolare le nocche sulla sua guancia. Con mio leggero sollievo, non si allontanò e ripetei l'azione.

 

"Andrà bene," dissi piano, "se davvero fai schifo, vedrai che andrà tutto bene."

 

Girò un po' la testa per guardarmi e un piccolo sorriso increspò le sue labbra non appena i suoi occhi incontrarono i miei.

 

"La tua mano è morbida," fu tutto ciò che disse.

 

Ridacchiai. "Grazie, credo."

 

"È come quella di una ragazza."

 

"Okay, il momento è finito," dissi, roteando gli occhi prima di lasciar cadere la mia mano verso il mio fianco.

 

"Beh, è stato un bel momento."

 

"È durato per due secondi," dissi, ma non potei fare a meno di sorridere.

 

"Si, beh, è stato comunque un bel momento," disse e con mio sollievo, sorrise di nuovo.

 

"Dobbiamo andare comunque, ci vogliono circa venti minuti per arrivare all'ospedale da qui."

 

"Oh, giusto, quello," dissi; per un momento ero riuscito a dimenticarmi completamente cosa dovevo fare quel giorno.

 

"Si," disse prima di alzarsi in piedi e tendermi una mano.

 

Una volta che fui in piedi, mi guardò dall'alto verso il basso e poi sbuffò.

 

"I tuoi outfit diventano più affascinanti giorno dopo giorno."

 

Le mie guance si riscaldarono di imbarazzo e guardai giù, giocando un po' con l'orlo della maglietta.

 

"È un po' difficile trovare qualcosa di decente da mettere in questi giorni," mormorai triste.

 

"Ehi, stavo solo scherzando," disse con una piccola risata prima di fare un passo in avanti e avvolgermi in un abbraccio impacciato.

 

"Aidan è in mezzo," aggiunse con un'altra risata come spiegazione alla domanda che non avevo fatto, "gli abbracci normali non sono più possibili."

 

Ridacchiai e appoggiai il lato della mia testa contro il suo mento per un breve secondo prima di allontanarmi.

 

"Tornerò di nuovo alle mie normali dimensioni presto," dissi.

 

"Sarà strano," disse malinconicamente, "non ti conoscevo prima che tu rimanessi incinto, quindi non mi ricordo il tuo aspetto di prima."

 

"Beh, non sono mai stato, sai, particolarmente in forma, ma non ero nemmeno grasso. E la mia pelle non era così disgustosa. E il mio culo non era così grande."

 

"La tua pelle è perfetta," disse roteando gli occhi, "e mi piace il tuo culo," aggiunse e prontamente mi diede una pacca che mi fece squittire in modo imbarazzante e mi fece fare un salto.

 

"Okay, andiamo," dissi una volta che tornai in me, ignorando il ghigno sul suo viso.

 

Pochi minuti dopo eravamo seduti in macchina verso l'ospedale. Quest'ultimo si trovava al centro di un luogo sperduto e nella direzione opposta allo studio medico, e quando gettai un'occhiata all'orologio digitale vicino al contachilometri, mi resi conto che probabilmente avremmo fatto ritardo.

 

"Sei nervoso?" mi chiese Harry quando eravamo in viaggio da qualche minuto, solo accompagnati dai suoni provenienti dalla radio che riempivano le nostre orecchie.

 

Girai la testa a novanta grandi per guardare il suo profilo.

 

"Riguardo a cosa?"

 

"Ovviamente ai test."

 

Mi voltai di nuovo e pensai alla domanda per qualche istante.

 

"Non lo so," dissi sinceramente, "sono nervoso per i risultati, ma non li riceverò oggi, quindi..."

 

"Ma lei ha detto che ti infilerà un dito nel culo," disse, sembrando confuso, "non ti preoccupa?"

 

"Ho avuto problemi più grandi."

 

Ci volle un secondo o due prima di capire quello che avevo appena detto e quando lo feci, sentii il mio viso diventare rosso.

 

"Non commentare," aggiunsi.

 

"Non lo farò," disse, ma sentii la risata nella sua voce e sapevo che in meno di un secondo avrebbe fatto un commento spiritoso.

 

"Ma okay, ora che abbiamo stabilito questo," aggiunse, "quali altri tipi di test pensi che occorreranno?"

 

Scrollai le spalle, silenziosamente sollevato dal fatto che avesse abbandonato l'argomento precedente.

 

"Non lo so, ma dubito che qualcuno di loro sia particolarmente piacevole."

 

Quando arrivammo all'ospedale, erano le 11.05 e passammo venti per capire dove andare, quindi quando finalmente arrivammo nella sala esami che l'addetto alla reception ci aveva indicato, ci trovammo di fronte la dottoressa Hayes, sorridente, un dottore dall'aspetto disperato che si presentò come David, e un'infermiera più giovane che non si era preoccupata di presentarsi. Mi guardò con molta curiosità, però. 

 

La prima cosa che accadde fu che l'infermiera infilò un ago nel mio braccio e continuò a prendere campioni di sangue e, quando finì e tolse l'ago, ero abbastanza sicuro di non avere più sangue nel braccio. Harry era seduto accanto a me e continuava ad accarezzarmi la mano su e giù come per cercare di confortarmi. Funzionò abbastanza bene.

 

Dopo mi fu dato un recipiente bianco di plastica e fui istruito di urinarci dentro, qualcosa che, come al solito, sembrò divertire Harry. Era qualcosa di estremamente imbarazzante e noioso provare a pisciare in un recipiente quando il mio stomaco era così grande che non riuscivo nemmeno a vedere il mio pene senza piegarmi in avanti, ma in qualche modo ci riuscii, tornai dal bagno e consegnai il tutto all'infermiera. Non sembrava troppo felice di tenere in mano le mie urine. 

 

Fu dopo quello che la dottoressa Hayes e David portarono me ed Harry in una sala esami diversa - l'infermiera non venne con noi, per fortuna. 

 

"Okay, Louis," disse David dopo aver chiuso la porta ed essersi avvicinato ad un armadietto, tirando fuori una serie di oggetti, "se cortesemente potresti togliere tutto dalla vita in giù e indossare questo-" mi consegnò un camice da ospedale celeste, "-e sdraiarti sul lettino alla tua sinistra, possiamo iniziare."

 

Iniziare.

 

Feci una piccola smorfia prima di rivolgermi ad Harry. "Non devi davvero... stare qui per questo," dissi.

 

"Sono venuto con te, okay?" disse, sorridendo per confortarmi, "rimarrò, per tenerti la mano e tutto quanto."

 

Sollevai le sopracciglia e lui continuò, quindi decisi di non approfondire la discussione. Invece mi tolsi la maglietta e misi il camice, prima di abbassare i pantaloni e i boxer. Anche se non era nulla di importante, guardandola da quel punto di vista, ero visibile agli occhi di tutti, mi sentivo ancora completamente nudo in quella posizione, indossando solo un camice che mi arrivava al ginocchio e un paio di calzini. Guardai Harry e notai che stava cercando di non ridere, e lo fulmini con lo sguardo.

 

"Non ti è permesso ridere," dissi, la voce un po' acida. 

 

"Non sto ridendo," disse, sollevando le braccia in segno di finta resa, "ma sei assolutamente adorabile. Davvero."

 

Non ebbi la possibilità di rispondere, perché David parlò in quel momento e mi disse di sdraiarmi sopra il lettino posto al centro della stanza. Con un cipiglio sul mio viso, feci come mi disse. Harry camminò verso un mucchio di sedie di plastica poste in un angolo della stanza, ne prese una e la portò al lato del lettino dove si sedette e mi guardò con un sorriso curvo.

 

"Non sembri troppo felice," disse.

 

Gli restituì il sorriso senza entusiasmo. "Dovrei esserlo?"

 

"No, non credo. Finirà presto, e una volta finito ti porterò a pranzo fuori."

 

Il mio sorriso si allargò. "Portarmi fuori?"

 

"Se tu vuoi, si."

 

"Mi sento orribile," dissi, "forse potresti prepararmi qualcosa a casa? Sei un bravo cuoco."

 

Sorrise ampiamente a quello. "Certo, se è quello che vuoi."

 

Non riuscimmo a parlare oltre, la dottoressa si fermò alle mie spalle con una scatola piena di fazzoletti, un paio di guanti e un tubetto che immaginai fosse lubrificante.

 

"Okay, Louis, se riesci prova a tirare le ginocchia fino al petto," disse lei e la sentii mettere i guanti. "Possiamo iniziare."

 

Feci un piccolo sospiro e guardai Harry, che ricambiò lo sguardo con occhi caldi e pieni di compassione. Senza dire niente, allungò la sua mano verso la mia e intrecciò le nostre dita come per rassicurarmi. Il suono del tappo che si apriva e lo spruzzo della sostanza gelatinosa che sapevo fosse lubrificante, raggiunse le mie orecchie, e mandai uno sguardo nervoso ad Harry, che mi strinse un po' di più la mano.

 

"Questo sarà un po' freddo e sgradevole," sentii dire dalla dottoressa Hayes e poi il camice fu spostato un po' e improvvisamente mi sentii più esposto e vulnerabile di quanto fossi mai stato nella mia vita.

 

"Okay," fu l'unica risposta che diedi, la voce leggera.

 

Sussultai un po' quando il gel freddo e appiccicoso entrò in contatto con la pelle dolorante e sensibile della mia entrata, ma ci volle qualche secondo per rendermi conto che lei non aveva effettivamente messo niente dentro di me e che in realtà stava solo... che cosa stava facendo esattamente?

 

"Le tue emorroidi sono a posto, sono a malapena visibili."

 

Oh. Quindi era quello che stava facendo. Inghiotti e strinsi la mascella. L'imbarazzo mi inondò al pensiero di Harry che sentiva tutte quelle cose orrende, e non solo il mio viso diventò rosso, ma le lacrime iniziarono a riempire gli angoli dei miei occhi e girai il mio viso contro il lettino per impedirgli di vedere.

 

La prima intrusione fu dolorosa. Era orribile, in effetti, ed era completamente diverso da quando lo facevo da solo. Oppure rispetto al cazzo di Harry. Anche quello era stato meno doloroso. Probabilmente perché ero ubriaco e quello aveva eliminato così l'80% del dolore che il mio corpo avrebbe in realtà dovuto provare. Tirai su con il naso e tenni il mio viso premuto contro il lettino per impedire a Harry di vedermi. Sembrava che l'avesse capito, però, perché anche se non aveva detto niente, iniziò ad accarezzarmi dolcemente con il pollice avanti e indietro sul retro della mia mano.

 

Per un po' rimasi lì, abituandomi lentamente al dolore e cercando di non pensare troppo a quello che stava succedendo. Ma poi, all'improvviso e con mia leggera sorpresa, una sensazione, quasi un formicolio, raggiunse la mia spina dorsale e sobbalzai involontariamente. Sentii la dottoressa dire un 'mmm' che suonava molto...  sorpreso.

 

"David, puoi venire un attimo?" la sentii dire e ok, non significava niente di buono.

 

"Che cosa- c'è- c'è qualcosa che non va?" chiesi nervosamente cercando di girare la testa per guardarla.

 

"Non ne sono sicura," fu l'unica risposta che ricevetti. Sentii David arrivare dietro di me e il rumore dei suoi guanti che venivano infilati mi arrivò alle orecchie, un pensiero negativo riguardo al fatto che tutta la città avrebbe saputo tutto sul mio sedere attraversò la mia testa. 

 

Un altro paio di minuto dopo, un dito, questa volta più lungo e grosso, si insinuò dentro di me esplorandomi, e la stessa sgradevole sensazione raggiunse la mia spina dorsale e mi fece tremare involontariamente. Sentii i due medici parlare dietro di me, ma non riuscii a capire nemmeno una parola e ebbi la sensazione che fosse loro intenzione non farsi sentire. Dopo uno o due minuti, David parlò più forte.

 

"È difficile esserne certi senza una radiografia," disse.

 

"Non possiamo fare una radiografia," rispose la dottoressa Hayes, "è troppo in là con la gravidanza, il rischio di danneggiare il bambino è troppo elevato."

 

"Per cosa abbiamo bisogno di una radiografia?" chiese Harry quando stavo per aprire la bocca per chiedere la stessa cosa.

 

La stanza calò nel silenzio e sollevai gli occhi per guardare Harry, l'unico che ero in grado di vedere al momento. Non mi stava guardando, ma piuttosto guardava i due dottori e sembrava che il suo volto esprimesse nervosismo quasi quanto il mio. Passò quella sembrò essere un'eternità ed ero quasi sul punto di iniziare ad urlare che qualcuno mi dicesse qualcosa, quando sentii dei passi intorno al lettino e un secondo dopo, i due medici furono davanti a me, guardandomi con espressioni illeggibili che coprivano il loro viso.

 

Deglutii, alzai la testa verso di loro, li guardai  con occhi spalancati e la mia bocca si seccò.

 

"È..." iniziò la dottoressa Hayes con esitazione, "è impossibile per noi esserne sicuri senza prima eseguire un'ecografia, ma... beh, cercherò di spiegarvelo nella maniera più semplice possibile."

 

Fece una pausa per qualche secondo e gettò un rapido sguardo laterale, incontrando brevemente gli occhi di David, prima di tornare a guardarmi e continuare a parlare. "Sembra che, oltre a tutte le parti normali del sistema rettale umano, ci sia... beh, un'altra apertura, se così si può dire."

 

Sbattei le palpebre una volta.

 

Due volte.

 

Tre volte.

 

E qualsiasi altra parola che indicasse la quarta volta.

 

"Cosa?" le chiesi rauco, "un- un-  cosa-"

 

"Come ho detto, è impossibile dire qualcosa di certo prima di aver fatto un'ecografia," mi interruppe in fretta, "e non possiamo farla finché in bambino non sarà nato."

 

Mi morsi il labbro per impedirmi di tremare troppo violentemente, costringendomi a non singhiozzare. "Ma cosa significa che ho un'altra... sa?" chiesi, guardando disperatamente avanti e indietro tra loro due.

 

"Non lo sappiamo," disse David, "tutto ciò che sappiamo in questo momento è che il tuo retto non è formato interamente come quello-" indicò un disegno appeso al muro che apparentemente mostrava l'interno del culo di qualcuno, "-ma tutte le parti normali sono ancora intatte."

 

Quando lo guardai con qualcosa misto ad orrore e confusione, si avvicinò all'immagine e cominciò a spiegare. "Lo vedi?" chiese e indicò qualcosa che ai miei occhi sembrava un puntino su una spugna rosa. 

 

Annuii e lui continuò. "È qui che si trova la prostata. Se tu fossi una donna, invece di una prostata, avresti la vagina lì."

 

Beh, non mi piaceva dove stava andando a parare, ma non dissi nulla, annuii per mostrargli che avevo capito. Non che effettivamente avessi capito.

 

"Tu hai la tua prostata intatta, ovviamente, ma vedi qui?" indicò una cosa triangolare sopra la spugna che apparentemente era la prostata, e annuii ancora una volta, "questa è la tua vescica. Ora, quello che posso dire a giudicare dall'esame che abbiamo eseguito, è che hai una sorta di apertura qui-" e indicò un punto sul lato del retto proprio sopra la prostata, "-che biologicamente non dovrebbe essere lì."

 

Un altro silenzio cadde nella stanza, io stavo cercando di capire cosa avesse appena detto David e non sentii il bisogno di dire qualcosa.

 

"Quindi in sostanza il suo buco del culo è diviso in due?" apparentemente Harry non condivideva il mio stesso pensiero.

 

"Il suo retto," disse David, mandando ad Harry uno sguardo di disapprovazione, "non è necessariamente diviso in due, no. Ma se pensi al retto come ad una strada dritta, può sembrare che ci sia una piccola stradina laterale che in realtà non ci dovrebbe essere."

 

"Ma cos'è questa... stradina laterale?" chiese curiosamente Harry, "e perché non è riuscito ad accorgersene prima quando... sai, ha infilato le dita lì?"

 

C'erano state tante di quelle situazioni nella mia vita in cui, giuro su Dio, avrei voluto ammazzare qualcuno. E questa era una di quelle da aggiungere alla lista.

 

"Non c'è modo per noi di sapere altro prima che il bambino nasca," disse la dottoressa, facendo un sorriso confortante verso di me, "e per quanto riguarda il fatto che non se n'è mai reso conto prima, potrebbe essere perché è estremamente piccolo e forse non è facile notarlo se non sei alla ricerca di qualcosa in particolare." Si rivolse a me. "L'hai mai notato prima?" 

 

Scossi la testa e lei annuì per una attimo prima che tornasse a sorridere. "Ma beh, penso di essere certa di poter dire che qualunque cosa sia, ha a che fare con la tua gravidanza."

 

Inghiottii a secco, ancora una volta costringendomi a rimanere calmo, prima di tentare una piccola risata.

 

Uscì un po' agitata e forse isterica, ma almeno non cominciai a piangere. "Ebbene, abbiamo fatto progressi," dissi.

 

Lei mi sorrise. "Sicuramente si. Una volta che il bambino sarà nato, possiamo fissare un appuntamento per poter andare in laboratorio e fare la radiografia, se vuoi."

 

Io annuii immediatamente. "Si, voglio."

 

Lei annuì prima di tirare fuori un piccolo quaderno e una penna dalla tasca del camice e la vidi scarabocchiare qualcosa in fretta.

 

"Beh, penso che sia tutto per oggi," disse una volta aver rimesso la penna e il quaderno in tasca, "se non avete più domande," aggiunse, guardando avanti e indietro tra me ed Harry.

 

Scossi la testa, ma Harry mi guardò un po' premuroso ed un attimo dopo, aprì la bocca.

 

"Avete delle teorie su cosa potrebbe essere quella cosa?" chiese.

 

Vidi i due medici scambiarsi delle occhiate.

 

"Non credo che dovremmo fare delle ipotesi prima di conoscere qualcosa in più," disse David.

 

"Ma avete delle teorie?" chiese Harry.

 

David premette le labbra tra loro e guardò verso il basso per un momento. "Non credo che possiamo... eliminare la possibilità che ci siano delle parti del sistema riproduttore femminile."

 

Sistema riproduttore femminile? Strinsi la mascella ancora più forte di prima, dovetti forzarmi per non iniziare a piangere in disperazione e paura e frustrazione. Quando diavolo sarebbe finito tutto? E, per la milionesima volta, cosa avevo fatto per meritarmelo? Ero innamorato di un ragazzo che non mi avrebbe mai voluto. Ero un ragazzo ed ero incinto. Ero un ragazzo ed era possibile che avessi parti del sistema riproduttivo femminile da qualche parte nel mio culo. Ero uno scherzo della natura, non c'erano dubbi.

 

Non c'era da meravigliarsi che mia madre e Ian mi avessero buttato fuori di casa. Non c'era da stupirsi se Harry non mi avrebbe mai voluto. Non c'era da meravigliarsi che nessun altro mi avrebbe mai voluto.

 

Quindici minuti più tardi mi ero rimesso i miei vestiti ed ero pronto a ringraziare i medici e a lasciare la stanza quando la dottoressa Hayes parlò di nuovo.

 

"Louis, non hai più menzionato niente sull'adozione," disse, "hai cambiato idea e hai deciso di mantenerlo nonostante tutto?"

 

Notai il corpo di Harry girarsi verso di me e chinai la testa scuotendo la testa. "No, io- noi non abbiamo cambiato idea," dissi.

 

"Oh." Sembrava sorpresa. "Beh, allora dobbiamo iniziare tutto. Quando dai un neonato in adozione, il processo solitamente inizia quando rimangono più o meno tre o quattro mesi dalla fine della gravidanza, ma non hai più proferito parola quindi ho supposto che avessi cambiato idea o che avessi iniziato il processo da solo."

 

Scossi la testa, ma questa volta guardandola. "No, non abbiamo... iniziato niente," dissi, "ma... come funzionano queste cose?"

 

Lei sorrise. "Non sono molto pratica con questa cosa in realtà, ma posso fissare un appuntamento con una mia amica che lavora per un'agenzia di adozioni. Non ti giudicherà e tuo figlio finirà in buone mani."

 

Come segnale, un paio di piccoli calci mi furono sferrati e fu quasi come ricevere un pugno al petto; era quasi come se lui sapesse di cosa stessimo parlando, come se sapesse che stavamo discutendo su come trovare dei nuovi genitori per lui.

 

Con tre persone che mi circondavano, non volli iniziare a parlare con la mia pancia, quindi invece, la avvolsi con entrambe le braccia.

 

"Okay," dissi con un sorriso stretto, "solo- o, può chiamarmi quando ha fissato l'appuntamento?"

 

"Certo," disse lei e a giudicare dal tono della sua voce, sembrava che avesse captato i miei pensieri.

 

"Allora, abbiamo finito?" chiesi.

 

"Quasi," disse, "dobbiamo solo fissare una data per il tuo prossimo controllo. Sei libero all'inizio della settimana prossima? Lunedì, magari?"

 

Poco dopo quando io ed Harry eravamo in macchina per tornare a casa, dopo aver fissato l'appuntamento per lunedì alle 15, il silenzio tra noi era pesante e teso e sapevo benissimo il perché.

 

"Allora davvero lo daremo via?"

 

Eccoci qui.

 

Sospirai. "Lo sapevi. Ne abbiamo parlato e siamo d'accordo."

 

"Lo so," fece una pausa per un secondo, "ma pensavo che tu avessi cambiato idea."

 

Scossi la testa. "No."

 

Lo vidi inghiottire, il pomo d'Adamo fare su e giù. "Sarà dura," disse piano, "solo... darlo via come se niente fosse."

 

"Non è come se niente fosse," mormorai, "ci ho pensato tanto e so che è la decisione giusta. Tu sei d'accordo con me e non devi cambiare idea, non quando tutto sta per finire."

 

"Non capisco con quale coraggio tu possa dare via il tuo bambino così."

 

"E io non capisco come tu possa essere così egoista da non pensare a lui. È il motivo per cui lo sto facendo, perché voglio che abbia una vita meravigliosa, perché voglio che cresca con genitori che gli possono dare tutto quello di cui ha bisogno."

 

"Non importa quanto siano fantastici, non saranno i suoi veri genitori."

 

"Oh, cresci! Solo perché non l'hanno concepito non significa che non lo amino e non se ne prenderanno cura come se fosse biologicamente loro. L'unico motivo per cui vuoi tenerlo è per egoismo e questo è tutto."

 

"E l'unico motivo per cui tu vuoi darlo è perché non ti interessa abbastanza di lui da voler essere suo genitore."

 

Il mio respiro si bloccò in gola, i miei occhi si restrinsero lentamente, la rabbia e il dolore crebbero in me, facendo accumulare le lacrime nei miei occhi per quella che sembrava la centesima volta quel giorno. Riuscii comunque a mandarle indietro.

 

"Cazzo, non ti permettere di dire una cosa del genere, Harry," dissi, con voce fredda, ma anche tremolante. "Sono io che ho un essere umano che cresce dentro di me, sono io quello che lo sente calciare, sono io quello che parla con lui, canta per lui, lo calma ogni notte, e sono io quello che deve sopportare tutta questa merda, sapendo che non importa quanto lo ami e non importa quanto lo voglia tenere, non sarò mai in grado di dargli la vita che merita. Quindi non provare ad insinuare che non mi importi, Harry. Nemmeno per un fottuto secondo."

 

Il resto del viaggio passò in silenzio e il secondo dopo che Harry parcheggiò fuori casa, saltai fuori dalla macchina e avanzai verso la porta, volendo allontanarmi da lui. Oh, beh, 'il più lontano possibile' significava camera mia. Ma naturalmente la porta era chiusa, e siccome Harry era quello che aveva la chiave, non avevo altra scelta se non aspettare che aprisse. Il secondo dopo che lo fece, scappai quasi da lui verso la mia camera da letto, ignorando la sua supplica di 'Lou...'.

 

Era un peccato che non avessi una chiave per la serratura della mia camera, perché sentivo che avrei avuto compagnia in breve tempo. Fortunatamente mancavano un paio d'ore prima che qualcuno ritornasse a casa e se fossi stato estremamente fortunato, Harry sarebbe tornare a scuola per seguire le ultime lezioni della giornata.

 

Mi appoggiai sul letto, raggomitolandomi sul fianco con la schiena rivolta verso la porta e strinsi forte il mio stomaco, poi lasciai uscire un sospiro profondo.

 

"Pensa che non mi importi di te, piccolo," mormorai, "questo è ciò che tuo padre pensa di me, che sono così senza cuore da non interessarmi a te." Inghiottii per sbarazzarmi del grumo che stava cominciando a formarsi in gola. "Tu non lo penserai un giorno, vero? Che ti ho dato via perché non mi interessa. So che probabilmente non mi stai ascoltando e se lo stai facendo, non mi capisci, ma ti amo così tanto e voglio che tu lo sappia. Per l'amore che provo per te, vorrei tenerti e crescerti e conoscerti, ma sarebbe così egoista farlo. Non ho nemmeno finito il liceo, non ho un lavoro, non ho soldi, non ho amici che possano aiutarmi a non ho nemmeno una famiglia vicino. Avresti una vita miserabile con un genitore come me e questo è- questo è quello che fa più schifo, sapere che non sarei un buon padre per te, e che non sarei bravo a prendermi cura di te."

 

Le lacrime che avevo trattenuto per quasi due ore iniziarono a cadere, anche se silenziosamente, e non mi preoccupai di asciugarle.

 

"E adesso tuo padre pensa che non ti voglio. E questo fa male. Mi fa davvero male pensare che non si fida del fatto che io sia una brava persona, perché lo sono, so di esserlo. Potrò essere un mostro, ma non sono senza cuore e non sono cinico. Non almeno quando si tratta di te, e non quando si tratta di lui. Io- vi amo entrambi così tanto. Ma il problema è che nessuno di voi potrà mai saperlo; tu non lo saprai mai perché non avrò mai la possibilità di dirtelo ed Harry non lo saprà mai perché... sembra che non voglia saperlo. Lo sa, ma non sembra capirlo e sembra non avere desiderio di farlo."

 

Un paio di calci mi vennero dati in risposta e lasciai uscire una risata soffocata.

 

"A volte mi chiedo se mi senti veramente quando parlo con te, visto che cominci sempre a calciarmi quando lo faccio," dissi, "o forse vuoi solo pace e tranquillità, e il calcio è il tuo modo per dirmi di smetterla."

 

Mi fermai lì, per qualche secondo mi guardai lo stomaco, guardando quanto fosse rotondo e... gravido, e a quanto il mio braccio aderisse così bene ad esso. Stavo per aprire la bocca per continuare il piccolo discorso quando il suono della porta raggiunse le mie orecchie e alzai la testa per guardare sopra la mia spalla. 

 

Harry stava lì, con la spalla appoggiata allo stipite della porta e una piccola, appena visibile, piega nelle sopracciglia. Cambiai lato e lo guardai ansioso per un attimo.

 

"Da quanto sei lì in piedi?" chiesi.

 

"Abbastanza," fu tutto quello che disse. Passarono altri pochi secondi di sguardi condivisi prima che si allontanò dalla porta e si avvicinò al letto. Rimase lì, guardandomi prima di sedersi e sdraiarsi su un fianco. Il suo stomaco sfiorava il mio e le nostre facce erano solo a pochi centimetri di distanza l'una dall'altra, quasi costringendoci ad avere un contatto visivo.

 

"Mi dispiace tanto per... beh, lo sai."

 

Sospirai un po' e alzai lo sguardo. "Quante volte ti aspetti che ti perdoni, Harry?"

 

"Non mi aspetto che tu mi perdoni, ma ho bisogno che tu sappia che mi dispiace."

 

Sospirai di nuovo e poi lo guardai. "Sai, se fosse stata la prima volta che avessi detto qualcosa... fuori luogo, avrei detto che fosse tutto okay e avrei potuto passarci sopra," dissi, "ma tu- ogni volta che sei turbato, arrabbiato, triste e qualcosa del genere, qualche commento scivola sempre fuori e ogni volta che succede, ti scusi. Ed è un bene che tu capisca che abbia detto o fatto qualcosa di stupido, ma dovresti smettere di farlo. Non va bene, nessuna di queste mosse false vanno bene e un giorno, finirai nella merda a causa di questo."

 

"Lo so," mormorò, "so che devo... pensare prima di parlare, ma è solo- mi dispiace, okay? Per ogni commento cattivo che ho fatto, mi dispiace davvero."

 

Mi sorrise debolmente. "So chi sei," disse.

 

Guardai verso il basso appena in tempo per vedere la sua mano afferrare la mia e lasciai uscire un sospiro di contentezza quando intrecciò le dita e lasciò che le nostre mani unite restassero sul mio stomaco. Passarono alcuni secondi, noi distesi che ci guardavamo senza dire e fare niente. 

 

"Io non... io non ti perdonerò questa volta," dissi alla fine.

 

Non sembrava sorpreso, forse un po' deluso, ma non sorpreso. 

 

"Okay," disse semplicemente e strinse di più le mie dita.

 

"Dire che non mi interessa di mio figlio, Harry?" gli mandai uno sguardo incredulo, "è oltre ogni limite che- non lo so nemmeno io. Credimi quando ti dico che vorrei mantenerlo; lo voglio così tanto, ma so che non è la migliore decisione per te, per me e per lui, e vorrei che tu lo capissi."

 

"Non sono d'accordo con te," disse con attenzione, come se stesse cercando di non calpestarmi, "non sono d'accordo con te. Penso che potremmo dargli una vita perfettamente meravigliosa e non lo dico perché sono riesco a sopportare il pensiero di darlo a qualcun altro; lo sto dicendo perché penso onestamente che sia vero."

 

Scossi la testa, ma fu un gesto esitante e lo sguardo che gli mandai era di supplica. "Harry, per favore," sussurrai rauco.

 

Scosse la testa, impedendomi di continuare. "Lascia perdere tutto il resto per ora," disse, "non voglio litigare di nuovo, non ora."

 

Lasciare perdere tutto il resto esattamente per quanto tempo? Mancava meno di un mese, e il bambino sarebbe nato. Meno di un mese era tutto il tempo che ci rimaneva per la fine di... qualunque nome avesse, ed era così dolorosamente ovvio che avevamo ancora dei problemi da risolvere.

 

"Ce ne occuperemo dopo che avremmo visto la dottoressa, okay?" aggiunse.

 

Pensai che probabilmente posticipare non era una saggia idea, non a quel punto, ma ero stanco, mi sentivo come se volessi dormire o piangere o entrambi e non volevo che Harry si arrabbiasse con me, così acconsentii e risposi con un sussurrato 'va bene'.

 

Sorrise e avvicinò il viso un po' più vicino al mio, sfiorando in modo esitante con le sue labbra le mie per un secondo o due, facendomi bloccare il respiro in gola, prima di lasciare che le nostre labbra si unissero completamente. Non durò a lungo, ma la sua mano che teneva ancora la mia andò a riposare sulla mia guancia e il bacio fu così dolce e gentile che una lacrima scivolò giù dalla mia guancia e cadde sul materasso.

 

"Dormi, amore," mormorò e posò ancora le labbra sulle mie.

 

Con una strana sensazione di soddisfazione nello stomaco, mi mossi un po' e posai il viso sotto al mento di Harry, appoggiando la mano libera sul suo petto.

 

Dormire sembrava essere la cosa giusta.

 

Il resto di quel discorso non proprio.

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Capitolo 32
*** 32. I’m saying it because I want you to be happy. ***


CAPITOLO 32

Lo sto dicendo perché voglio che tu sia felice.

 

 

Giovedì, 28 Aprile

Trentasei settimane e tre giorni 

 

Quando mi svegliai quel giovedì mattina, avevo una fastidiosa sensazione allo stomaco. Per un attimo non ricordai della conversazione poco piacevole tra me ed Harry avuta il giorno prima, poi tutto mi tornò in mente e chiusi gli occhi di nuovo, lasciando uscire fuori un lungo sospiro.

 

 

Il fatto che Harry e io non saremmo mai riusciti ad avere una conversazione ragionevole sui nostri problemi e sul sistemarli non mi aveva mai irritato e frustrato quanto in quel momento. Mancava meno di un mese prima della nascita del bambino, dopo aver vissuto pensando che Harry e io fossimo d'accordo sull'adozione, lui ora aveva deciso che non gli andava più bene.

 

Erano le 10:00 e già avevo il mal umore.

 

Con un piccolo gemito a causa del dolore alla schiena, mi sedetti e lasciai cadere le gambe dal bordo del letto. Rimasi così per un paio di minuti, sfregandomi gli occhi e facendo delle carezze alla mia pancia come per dargli il buongiorno, prima di alzarmi in piedi e- oh.

 

Battei le palpebre e guardai verso il basso dove le mie mani riposavano ancora nel mio stomaco, la preoccupazione subito inondò la mia mente. C'era una sorta di lieve dolore a contrarre il mio basso ventre, come se dentro di me una spugna venisse premuta in continuazione. La sensazione non era proprio dolorosa - forse solo un po' - ma era spiacevole e mi lasciò con una fastidiosa sensazione di disagio nella mia mente, che avevo già sperimentato una settimana prima. La sensazione era simile, ma cento volte meno dolorosa. Grazie a Dio. Ma comunque, non poteva essere una cosa positiva, no? O forse era normale sperimentare queste cose insolite così in là con la gravidanza? 

 

Così in là con la gravidanza. 

 

Inghiottii.

 

Mancavano circa due settimane o giù di lì, e poi sarebbe tutto... finito. Tutto sarebbe finito.

 

Quelli erano lo stesso tipo di pensieri che avevano attraversato la mia mente il giorno prima e scossi la testa in fretta, non sentendo la necessità di pensare ad un argomento che mi avrebbe fatto diventare ancora più triste, umore molto più adatto ad un funerale che ad un giorno piuttosto normale di un ragazzo all'ottavo mese di gravidanza. 

 

Era un po' ridicolo, vero? Ero l'unico in quel momento a voler dare il bambino in adozione; Harry aveva subito detto che non avrebbe voluto e che avrebbe preferito tenere il bambino e crescerlo, quindi l'unico 'ostacolo' ero io. Ero l'unico a rimanere della stessa opinione, e quindi sentivo di non avere il diritto di sentirmi triste per il fatto che, tra due mesi, la mia vita sarebbe stata al cento per cento libera dal bambino. Con una semplice conversazione, ero riuscito a capovolgere l'intera situazione. Era un pensiero abbastanza spaventoso.

 

Ma era stupido. Dopo tutto il tempo che avevo passato a cercare di convincere Harry che dare il bambino sarebbe stato meglio per tutti, sarebbe stato stupido - per non dire egoista - andare e dirgli che avevo cambiato idea. Non che avessicomunque cambiato idea; sostenevo ancora quello che avevo detto riguardo al bambino, ad Harry e a me stesso. Sarebbe stato meglio darlo in adozione. 

 

Oh, beh, per il bambino sarebbe stato sicuramente meglio, e così lo sarebbe stato anche per Harry e per me, fisicamente parlando, ma sapevo che sarei stato male per tantissimo tempo dopo il completamento del processo di adozione. Ed ero abbastanza sicuro che anche per Harry sarebbe stato lo stesso.

 

Ma dare il bambino rimaneva comunque la decisione migliore.

 

Sospirai e guardai verso il mio stomaco. 

 

"Spero davvero che tu non la finisca ad odiarmi un giorno," dissi piano.

 

Non intercettai nessun calcio, ma la sensazione semi-dolorosa attraversò di nuovo il mio corpo ed aggrottai leggermente la fronte. Rimasi in piedi nello stesso punto per un paio di altri minuti, aspettando che accadesse qualcosa, ma no. Non si verificò più nessuna sensazione spiacevole né alcun dolore, e scossi un po' la testa, leggermente esasperato.

 

"Ti stai prendendo gioco di me, eh?" dissi e diedi un colpetto veloce al mio ventre prima di camminare - o barcollare - verso il mio armadio per vestirmi.

 

Trascorsi la giornata seduto sul letto, appoggiato contro una montagna di cuscini, leggendo e cercando di  svolgere dei compiti riguardo ad un paio di capitoli del mio libro di inglese. Ogni volta che iniziava ad essere troppo noioso, cominciavo a ripetere 'vai avanti, vai avanti', tenendo presente che mancavano due mesi al diploma e che, a meno che non avessi voluto mettere fine alla mia carriera scolastica con l'insufficienza nel 50% delle materie, non avevo altra scelta che leggere.

 

E leggere.

 

E leggere. 

 

Quando l'orologio si stava avvicinando alle 16:00, sentii un debole rumore provenire dalla porta di ingresso che veniva aperta e poco dopo chiusa, e, supponendo fosse Harry ad essere tornato da scuola, mi alzai dal letto e uscii dalla camera. Diventai triste nel constatare che avrei dovuto tenere una mano nella schiena per poter camminare normalmente.

 

Con lieve delusione, non era Harry che trovai nell'atrio, ma Anne, Adrian e Connor.

 

"Oh ciao," dissi quando i miei occhi incontrarono i suoi, "Io... pensavo fossi Harry."

 

"È andato a casa di Liam dopo scuola," rispose mentre aiutava Adrian - o forse era Connor - a slacciare i lacci delle scarpe, "ho appena ricevuto un suo messaggio."

 

Le mie spalle si abbassarono un po' e mormorai un 'oh'. Non che fossi particolarmente desideroso di terminare la conversazione che avevamo iniziato la notte prima, ma per amor di Dio, ero rimasto solo tutto il giorno. Io ed Harry eravamo nel mezzo di una semi-litigata in quel momento, ma continuava ad essere una buona compagnia.

 

E mi mancava. Solo un po', però.

 

"Sarà a casa alla 19," disse, e c'era un sorrisino accennato sul suo volto che mi indicava che sapeva a cosa stessi pensando.

 

Annuii, anche se continuavo a sentirmi un po' triste e stavo per girarmi e tornare nella mia stanza quando notai i numerosi sacchetti che stavano ai suoi piedi.

 

"Vuoi una mano con quelli?" le chiesi, indicandoglieli.

 

Almeno le mie buone maniere erano ancora intatte.

 

L'accenno di sorriso si trasformò in un vero sorriso, e lei scosse forte la testa.

 

"Sembra difficile per te stare in piedi, quindi no, credo di saperlo gestire da sola."

 

"Oh, ma io-"

 

"Vai a sederti da qualche parte," mi interruppe e mi lanciò un'occhiata che diceva 'sono stanca di avere questa discussione con te'.

 

Chinai un po' la testa, ma sorrisi.

 

"Okay, ma fammelo sapere se vuoi il mio aiuto per qualsiasi cosa."

 

"A meno che la casa non stia andando in fiamme, non voglio farti fare nessuno sforzo fisico," disse, "e questo è tutto."

 

 

 

 

*

 

 

 

 

Alla fine, Harry non tornò a casa alle 19.

 

O alle 20.

 

O alle 21.

 

O alle 22.

 

Quando erano quasi le 23 e mi stavo per addormentare dove ero seduto sul mio letto, presi il cellulare, trovai 'Harry Styles' nella mia lista dei contatti e premetti il tasto 'chiamata'.

 

"Louis? Tutto bene?"  fu il saluto che ricevetti dopo un paio di squilli.

 

"Si, sto bene," dissi, la mia voce un po' rauca dalla stanchezza.

 

"Okay, allora... perché mi stai chiamando?"

 

Giocherellai un po' con l'orlo del maglione. "Niente, mi stavo solo... sai, chiedendo perché non fossi ancora a casa."

 

"Sono da Liam. Non te l'ha detto mia mamma? Le ho detto di dirtelo."

 

"Si, no, me l'ha detto," dissi frettolosamente, "ma ha detto che saresti tornato alle 19, cosa che ovviamente... non hai fatto, quindi..."

 

"Oh. Le ho inviato un altro messaggio per dirle che sarei rimasto qui stanotte. Immagino che non ti abbia avvisato."

 

Il mio cuore perse un battito e tossii.

 

"No, suppongo che non l'abbia fatto."

 

Esitai per un secondo. "Allora non ci vediamo fino a domani pomeriggio?"

 

"Credo fino a domani sera."

 

Sembrava si sentisse in colpa. 

 

"C'è una partita di calcio alle 17 e uscirò con Lauren dopo. Potrei andare a casa sua e rimanere lì fino a sabato, in realtà, quindi, uhm, si."

 

La sensazione che scoppiò nel mio petto non poteva essere descritta con nient'altro se non un miscuglio di delusione, tristezza e solitudine e dovetti inghiottire un paio di volte prima di rispondere.

 

"Oh, va bene," dissi, con tono debole e sconfitto nella voce.

 

"Oh no, Lou, mi dispiace,"  disse, "avrei dovuto dirti che-"

 

"No, no, no, va bene," lo interruppi, cercando di fargli capire che stessi 'bene', "non è che tu debba dirmi ogni volta dove vai."

 

"Beh, mi sento come se dovessi farlo, specialmente quando vado via per la notte," disse, "abbiamo le nostre cose, il parlare prima di andare a dormire, e avrei dovuto farti sapere che non sarei tornato a casa... beh, per la notte."

 

"Va tutto bene, Harry, davvero," dissi, anche se ora con un piccolo sorriso, "ci vediamo sabato, allora, suppongo."

 

"Si, certo," disse, "faremo qualcosa di divertente, okay?"

 

"Divertente?" gli chiesi scettico, "riesco a malapena a camminare."

 

"Okay, ma possiamo almeno fare qualcosa di diverso invece che stare in una delle nostre camere."

 

"Aha. Tipo cosa?"

 

"Tipo... uscire a mangiare, andare al cinema, fare un picnic al parco, o... si, qualcosa di carino e semplice che non ti farà faticare."

 

"Sempre positivo. Ma... si, un picnic in effetti sembra piacevole, se il tempo lo permetterà. E se porteremo qualche cuscino. E se troveremo un albero sotto il quale possa stendermi. E se possiamo arrivarci in macchina."

 

Lo sentii ridere; era un suono caldo che mi fece sorridere di nuovo, e probabilmente mi faceva sembrare come un cucciolo innamorato.

 

"Sono sicuro che possiamo organizzarci per questo," mormorò.

 

Ci fu un breve silenzio.

 

"Quindi, perché sei ancora sveglio? Di solito vai a letto alle 22."

 

Le mie guance si scaldarono un po'. 

"È solo, sai... ti aspettavo," dissi con esitazione.

 

Lo sentii sospirare leggermente, e poi dei rumori di passi contro il pavimento in legno raggiunsero le mie orecchie. Passarono pochi secondi e iniziai a sentirmi nervoso per il fatto che magari avesse interpretato male le mie parole, ma poi parlò di nuovo.

 

"Mi manchi anche tu," disse.

 

Il sangue precipitò di nuovo nel mio viso, ma questa volta dalla felicità. 

 

"Non ho mai detto che mi mancavi," dissi, la mia voce scherzosa.

 

"No, ma so che ti manco. Non sei molto discreto, nemmeno quando parliamo al telefono."

 

Stavo per rispondere con un'osservazione sarcastica, ma prima di poterlo fare, sentii una voce diversa dall'altra parte della linea.

 

"Harry? Perché sei scappato?"

 

La voce suonava spaventosamente come quella di Liam. Il che probabilmente aveva senso considerando che Harry era a casa di Liam.

 

"Sei scappato da lui per dirmi che ti sono mancato?" chiesi, sollevando un sopracciglio che lui non avrebbe potuto vedere. Parliamo dello spreco di energia dei muscoli facciali.

 

"Scusami," disse, "è solo-"

 

"Lo so, va bene," dissi, sorridendo forzatamente, "comunque dovrei andare a letto. Dì a Liam che lo saluto."

 

"È solo un miserabile coglione," mormorò Harry, subito seguito da un indignato "ehi!" da parte di Liam.

 

"Beh, lo sei," disse Harry aspro, "e non vuoi dirmi nemmeno perché."

 

"Perché non è di tuo interesse."

 

"Sono il tuo fottuto migliore amico."

 

"Questo non significa che non mi è permesso avere segreti."

 

"Naturalmente no, ma quando questo segreto ti rende così turbato, mi sento come se fosse-"

 

"Posso parlare con Louis?"

 

"Tu cosa? Perché?"

 

"Perché voglio parlare con lui."

 

"Lui sa cosa sta succedendo?"

 

Sembrava scandalizzato.

 

"Se sa qualcosa su di te che io non so, mi offenderò seriamente."

 

"Certo che non lo sa," disse Liam, la bugia uscì senza problemi, "ma voglio parlare con lui. Per favore?"

 

"Bene, stronzo presuntuoso," mormorò Harry, "Liam vuole parlarti a quanto pare," aggiunse, ora parlando nuovamente con me.

 

"Si, ho sentito," dissi, "passagli il cellulare."

 

"Sei felice di liberarti di me, vero?"

 

"Si."

 

"Bene," lo sentii ridere brevemente "ci vediamo sabato allora, e avremo il nostro picnic?"

 

"Si," esitai per un secondo, "non vedo l'ora."

 

"Anche io," disse, con un apparente sorriso nella sua voce, "dai ad Aidan la buonanotte da parte mia e digli che mi dispiace di non essere lì per dargliela di persona."

 

"Ovvio."

 

"Okay. Buonanotte, dormi bene," disse piano.

 

"Anche a te," risposi con un piccolo sospiro.

 

Ci furono un paio di rumori, poi sentii Harry mormorare un tranquillo 'non starci troppo, rimanere sveglio fino a tardi non fa bene a lui e al bambino' che probabilmente non avrei dovuto sentire e poi sentii la voce di Liam dall'altro capo.

 

"Ehi," disse, "come va?"

 

"Sto bene, tutto okay," dissi sbrigativo, ansioso di chiudere la chiamata e poter andare a letto, "a quanto pare lo stesso non può essere detto per te."

 

Ancora una volta il suono di passi contro il pavimento del legno duro fu tutto ciò che sentii, poi quello di una porta che si apriva, e si chiudeva, e poi cominciò a parlare.

 

Un sacco.

 

"Zayn è una testa di cazzo," disse svelto.

 

A quanto pare tenere per se i propri problemi non era uno dei punti forti di Liam.

 

"Abbiamo sempre detto che lo avremmo tenuto per noi solo finché non avessi finito i nostri esami e tutto, ma ora, tutto ad un tratto, vuole dirlo. Dice che siccome manca poco, potremmo far coming out ora così da non finire per sembrare due bugiardi il giorno che saremo costretti a dirlo a tutta la città e a tutti i nostri amici, perché è sicuro che quel giorno arriverà. E lui è stato fondamentalmente un idiota riguardo a tutta l'intera cosa, perché gli ho detto tante volte che non voglio davvero uscire allo scoperto prima di essere lontani da questo posto. Non mi sentirei sicuro se lo facessimo, e ho cercato di dirglielo, ma ha continuato ad insistere e tutto è finito con me che gli dicevo di andare a farsi fottere se quello era ciò che pensava, allora lui mi ha risposto dicendomi che se pensavo quello, avrei fatto meglio a stargli 

lontano."

 

Presi un respiro profondo e mi pizzicai il ponte del naso, cercando di ragionare su tutte le informazioni che avevo appena ricevuto.

 

"Voi non... avete rotto, vero?" dissi finalmente.

 

"Non lo so," disse, sembrava triste e quasi un po' disperato, "io... voglio dire, spero di no. Non- è solo- preferisco fare subito coming out piuttosto che perderlo, sai? Non posso prenderlo, non posso davvero. Non so cosa farei senza di lui, è troppo... troppo anche solo da pensare."

 

Era triste in modo straziante sentire quanto fosse orribile quella situazione, e mi chiedevo se anche io sarei finito così, quando il mio cervello una volta per tutte si sarebbe reso conto che tutto quello che c'era tra me ed Harry non si sarebbe mai sviluppato in qualcosa di reale. Ero abbastanza sicuro che non me ne sarei reso conto presto, però. 

 

"Non so che dire," dissi, "ma... solo parlane con lui. Potrebbe sembrare stupido e ingenuo, ma solitamente parlare risolve questo tipo di problemi."

 

"Si, ma... e se rompesse con me?"

 

"Non romperà con te."

 

"Non puoi saperlo."

 

"Ne sono abbastanza sicuro."

 

"Perché?"

 

"Perché ho sentito il modo in cui parla di te, come se fossi appeso alla luna e alle stelle e come se fossi un santo. Non romperà con te."

 

"Non puoi comunque-"

 

"Okay, senti," lo interruppi stanco, "sei stato tu quello che un po' di tempo fa mi disse che avevo bisogno di parlare con Harry quando avevo problemi con lui, quindi adesso ti sto rilanciando lo stesso consiglio: parla con Zayn. Parla con lui e cerca di risolvere tutta questa merda prima che sia troppo tardi."

 

Potrei o non potrei aver avuto più schiettezza del solito in quel momento, perché quando iniziò a protestare ancora una volta, pronunciai un veloce 'ciao, Liam' e poi agganciai.

 

Beh, che potevo dire? Ero stanco.

 

Venerdì, 29 Aprile

Trentasei settimane e quattro giorni 

 

Passai il mio venerdì in uno stato di... beh, solitudine estrema. Senza nemmeno avere la prospettiva di vedere Harry, non mi preoccupai di alzarmi prima delle 12, tra l'altro solo per fare una doccia per pulire l'unto dai miei capelli e per recuperare un po' di rispetto verso me stesso. Funzionò, in una certa misura, fino a quando nuovamente ripresi posto sul letto, indossando la tuta e il maglione, con una pila di libri accanto a me. Poi mi venne in mente che la mia vita era più o meno ridotta ad essere spesa su un letto con i miei libri scolastici. La mia vita prima del bambino e prima di Harry era anti-sociale, ma almeno potevo fare quello 

che desideravo - entro i limiti della ragione - cosa che sicuramente non potevo fare in quel 

momento.

 

Fino all'ora di pranzo, intorno alle 14, non accadde nulla di interessante. Ero andato in cucina per prepararmi qualcosa da mangiare e avevo appena preso un pacchetto di formaggio affettato dal frigorifero quando, di riflesso, lasciai cadere il formaggio sul pavimento e presi il mio stomaco con entrambe le mani, guardando verso il basso. Le stesse contrazioni dolorose che avevo sentito il giorno prima erano tornate, anche se leggermente più

prominenti. Non erano dolorose, più che altro fastidiose, ma... mi fecero diventare nervoso, 

quasi spaventato.

 

Mi morsi il labbro e rimasi lì, guardandomi la pancia con occhi spalancati per venti secondi buoni prima che i dolori terminassero.

 

Forse mi sarei dovuto preoccupare? Se sarebbe successo ogni giorno, allora forse si. O forse, come avevo pensato il giorno prima, era normale avere quel tipo di strane sensazioni durante la gravidanza. Mentre stavo lì non successe più nulla, inghiottii con ansia, dandomi un cenno di rassicurazione e lasciai cadere le mani. Non era successo niente di nuovo. E non c'era alcun bisogno di raccontarlo ad Harry; avrebbe solo dato di matto e avrebbe insistito sul fare solo Dio sa cosa per essere al cento per cento sicuro che non ci fosse nulla di sbagliato e... no, era assolutamente non necessario.

 

Volsi di nuovo lo sguardo giù, ma questa volta verso il pavimento dove il formaggio era finito e sospirai tristemente. Non c'era nessun altro in casa e volevo davvero del formaggio alla griglia. Con un leggero cipiglio e un brontolio 

sull'essere grasso, mi accovacciai e-

 

Caddi sul mio culo, il peso del mio stomaco era troppo da gestire per le mie gambe quando non ero in piedi, a quanto pareva. Mi sedetti per cinque minuti, guardando il formaggio e poi il mio stomaco, accigliato, prima di raccogliere 

abbastanza volontà e forza per tornare in piedi - questa volta con il formaggio in mano.

 

Dopo che preparai il pranzo e mangiai, andai in camera e ritrovai la mia solita posizione sul letto in mezzo ai miei libri, ai miei fogli e alle mie penne. Ed era lì che rimasi fino a quando Anne tornò a casa alle 17 e un'ora dopo venne per dirmi che la cena era in cucina se avessi 

avuto fame.

 

Se avessi avuto fame.

 

Quasi risi a quelle parole.

 

La cena fu tranquilla, ma bella e confortevole, e pensai a quanto fosse strano che non mi sentissi fuori luogo seduto al tavolo insieme a persone che non conoscevo da più di un paio di settimane. Quello che era particolarmente strano era che non mi sentivo fuori posto seduto a pranzo con la famiglia di Harry, senza Harry. Era veramente bello, e anche se poteva suonare triste, mi sentivo più a casa lì che quando stavo seduto in tavola in casa mia con mamma e Ian. 

 

Un pisolino sembrava una buona idea una volta che la cena finì e il mio stomaco era pieno di purè di patate, pollo alla griglia e insalata, e il secondo dopo che la mia testa toccò il cuscino, mi addormentai e andai nel mondo dei sogni. O 'mondo senza sogni' sarebbe stato più adatto dato che effettivamente non sognai niente. 

 

Non mi sveglia fino a quando l'orologio non segnava le 21.45, e tutto quello che feci fu sostituire i miei vestiti con la maglia e il pantalone del pigiama e andare sotto le coperte anziché sopra e riaddormentarmi subito.

 

La vita eccitante della gravidanza.

 

Sabato, 30 Aprile

Trentasei settimane e cinque giorni

 

La volta dopo che mi svegliai, qualcuno era apparentemente stato nella mia camera, perché la luce sopra la testata del letto, che ero abbastanza sicuro di aver lasciato accesa, era stata spenta e i miei vestiti, che avevo lasciato ammucchiati sul pavimento, giacevano ripiegati sulla scrivania.

 

Trascorsi venti secondi a chiedermi esattamente cosa mi avesse svegliato perché sicuramente non era stato il mio orologio interno che l'aveva fatto - uno sguardo fuori 

dalla finestra mi confermò che era ancora notte e quand'era l'ultima volta che mi ero svegliato nel bel mezzo della notte? Probabilmente otto mesi prima.

 

Rimasi in confusione per un bel po' di tempo, e stavo per chiudere gli occhi e tornare a dormire quando ci fu un forte rumore seguito da un'altro più forte che proveniva da qualche parte fuori dalla porta. Sentendomi un po' nevoso, spostai le coperte dal mio corpo, tremando un po' quando l'aria fredda entrò in contatto con la mia pelle nuda sulle braccia, e mi alzai dal letto attraversando la stanza.

 

Il corridoio esterno era vuoto, quando uscii dalla stanza, ma la luce era accesa, e durante la notte non lo era mai, e così ebbi conferma che i suoni che avevo sentito non erano solo nella mia testa. Con passi leggermente esitanti, pensando che sarebbe stato un po' imbarazzante se avessi visto... beh, Dio sa cosa, iniziai a camminare lungo il corridoio, anche se non ancora abbastanza sicuro di cosa stessi cercando.

 

Quando mi avvicinai alla cucina, sentii dei rumori di posate che si muovevano, poi il frigorifero si aprì e un altro rumore forte seguito da un flusso di maledizioni provenienti da qualcuno che sembrava-

 

"Harry?"

 

Stava in piedi con la schiena rivolta verso di me, ma al suono della mia voce, si voltò e incontrò il mio sguardo con occhi grandi e molto... inespressivi.

 

"Ehi," disse, suonando stranamente triste, "ti ho svegliato?"

 

"Va tutto bene," dissi mentre mi incamminai verso di lui accanto al frigorifero aperto, "perché sei a casa? Pensavo che saresti rimasto da Lauren stanotte."

 

Afferrò un cartone di succo e chiuse il frigo prima di girarsi e appoggiarsi al bancone.

 

"Beh, sai che i piani possono cambiare e tutto, non possono andare sempre come vuoi. E fa davvero schifo."

 

Era quasi sul punto di farfugliare, e strinsi gli occhi, guardando i suoi occhi umidi, le guance rosse e i capelli piatti, e poi sospirai quando la realizzazione mi colpì.

 

"Sei ubriaco," dichiarai.

 

"Si."

 

Beh, era stato facile.

 

"Ubriaco fradicio, in realtà."

 

Sospirai di nuovo. "Perché?"

 

"Perché ho bevuto, ovviamente."

 

"Ma non mi dire. Perché, esattamente, hai bevuto?"

 

"Perché mi sentivo di doverlo fare."

 

"Non ami bere."

 

Le sue spalle si abbassarono e fece un passo di 

lato, anche se si aggrappò rapidamente al bancone.

 

"Oggi si," mormorò.

 

Corrugai la fronte, cominciando ad essere preoccupato e feci un passo per essere in grado di guardarlo bene in faccia.

 

"È tutto okay?" chiesi, "oltre al fatto che sei ubriaco, intendo."

 

Lui scrollò le spalle, guardandomi triste.

 

"È successo qualcosa? Avete... perso la partita o qualcosa del genere?"

 

"No, abbiamo vinto."

 

"Allora cosa-"

 

"Penso... penso che voglio dormire ora," mi interruppe, quasi sussurrando esitante, e senza dire un'altra parola, afferrò il cartone del succo e lasciò la cucina, apparentemente dimenticando di spegnere le luci.

 

Ancora un po' accigliato, mi affrettai a spegnere l'interruttore della luce sul muro, lasciando la stanza buia, a parte i numeri digitali rossi che segnavano le 3.30 del mattino e poi mi diressi verso la stanza di Harry. Quando arrivai, lo trovai seduto sul letto, guardando intorno alla stanza con occhi stanchi e gli angoli della bocca curvati verso il basso. Chiusi la porta in silenzio dietro di me, per non svegliare qualcun altro, lasciando così la stanza in penombra, facendomi notare che non sembrava che ad Harry interessasse se le luci fossero accese o spente.

 

Tastai il muro con la mano per un momento prima di trovare l'interruttore.

 

"Pensavo che stessi andando a dormire," dissi.

 

Alzò lo sguardo verso di me e ci mise un po' per mettermi a fuoco.

 

"Si," disse con un'espressione profonda prima di alzarsi in piedi e abbassare rapidamente i pantaloni, lasciandoli ai suoi piedi. In qualche modo riuscì ad inciampare su di essi quando cercò di sedersi sul letto e atterrò maldestramente sul pavimento.

 

"Fanculo," mormorò prima di alzarsi e provare una seconda volta a togliere i pantaloni. Questa volta con successo.

 

Rimasi lì e lo guardai, divertito, preoccupato e leggermente eccitato, mentre si liberò dei suoi calzini e della maglia e intanto continuava a guardarmi.

 

"La mia vita è stupida," disse poi, improvvisamente, "è- stupida, non è più bella o... felice come era prima."

 

Il mio cuore affondò un po', perché quello suonava come se stesse per dirmi quanto gli avessi rovinato la vita. Tuttavia mi avvicinai al letto e mi sedetti accanto a lui, sentendomi come se la mia schiena e le mie gambe avrebbero ceduto se fossi rimasto in piedi ancora per molto.

 

"Hai ancora Lauren," dissi, guardandolo con cipiglio.

 

"Questo è stupido," sbottò mentre toccava l'orlo dei suoi boxer, "lei è cattiva e quelle cose lì. Non con me, ma con tutti gli altri, e non mi piace questo. E lei è così fredda e... non interessante. Non vuole mai parlare o fare qualcosa di bello, a lei basta comprare e sistemarsi i capelli e fare sesso. E ho capito che ha dei bei capelli, per cui deve curarli per rimanere tali, perché i capelli brutti non sono belli, sono... brutti. E mi piace fare sesso perché è bello e mi fa sentire bene, ma solo con le persone che mi piacciono, e non mi piace più Lauren, perché è fredda e non interessante, ed è triste perché era carina e... non fredda, e più interessante."

 

Mentre parlava, i miei occhi si spalancarono ulteriormente, e quando si fermò, la mia mascella era altrettanto spalancata.

 

Non gli piaceva più Lauren? Certo, mi aveva detto che sapeva che era cattiva e tutto, ma pensavo che vedesse in lei qualcosa che gli altri non riuscivano a vedere. A quanto pareva no, se quello che aveva detto era vero.

 

"Se- beh, se è così, allora perché... perché non rompi con lei?" gli chiesi con esitazione.

 

Sembrava una mossa scorretta porgergli quella domanda, pur sapendo che non voleva sapessi la risposta, ora che era ubriaco e non aveva l'autocontrollo che aveva di solito, ma era una domanda della quale volevo una davvero risposta, e in quel momento avevo l'opportunità di ottenerne una. Forse era un po' egoista, ma dopo tutto quello che avevo dovuto affrontare recentemente a causa di Harry, mi sembrava di avere il diritto di tirargli un colpo basso.

 

Le sue sopracciglia si mossero verso l'alto, facendolo apparire incredibilmente triste e come un cucciolo, e sedette lì guardandomi senza proferire parola per un lungo momento prima di rispondere con un sconfitto:

 

"Perché ho paura."

 

Quella non era la risposta che mi aspettavo e aggrottai la fronte.

 

"Cosa intendi?"

 

"Se la lascio, non avrò più... niente, nessuno che io possa, sai, amare per tutti gli altri che mi vedono."

 

Strinsi la mascella, sentendomi infastidito.

 

"Avrai ancora me," dissi, cercando di mantenere la rigidità nella mia voce al minimo.

 

"Non posso amare te per tutti quelli che mi vedono," mormorò, "è come... Lauren è l'unica cosa rimasta nella mia vita ad essere... etero."

 

Battei le palpebre. "Etero?"

 

Abbassò lo sguardo.

 

"Lei è l'unica cosa che rimane nella mia vita che è... al cento per cento etero, tipo, eterosessuale."

 

Non potei fare a meno di provare totale confusione.

 

"È... è l'unico motivo per cui stai ancora insieme a lei?" chiesi, "solo perché tu non vuoi essere gay?"

 

"Non sono gay," mormorò, "mi... piacciono i ragazzi. Occasionalmente."

 

"Occasionalmente ," ripetei, "quindi non vuoi essere occasionalmente gay, ed è per questo

che tu-"

 

"E le persone ne parlerebbero," mi interruppe, non sembrava aver sentito niente di ciò che avevo detto, "se dovessi rompere con lei, tutti saprebbero e loro non possono sapere perché sarebbe un male, e i miei amici mi odierebbero e la squadra sicuramente mi odierebbe, e forse anche i miei genitori e io non posso lasciare che loro mi odino perché non sono come te, ho bisogno di persone attorno a me."

 

"Non sono sicuro se dover sentirmi offeso o lusingato," dissi secco, "ma Harry, nessuno ti odierebbe solo perché sei attratto dai ragazzi come dalle ragazze, non i tuoi amici e non sicuramente i tuoi genitori. E chi se ne frega della squadra? Hai appena giocato l'ultima partita, quindi chi se ne frega di quello che pensano?"

 

Un misero broncio fu tutto ciò che ottenni in risposta, e sospirai.

 

"Voglio solo che tu sia felice, okay?" dissi, "è se tu non sei felice con Lauren, allora dovresti rompere con lei."

 

"Dici questo solo perché mi ami e perché mi vuoi per te," disse, anche se non in modo cattivo, solo come se fosse un dato di fatto.

 

"No, lo sto dicendo perché voglio che tu sia felice," mormorai, "con o senza di me, voglio solo che tu sia felice."

 

"Anche io voglio essere felice," disse stanco, chiudendo gli occhi e inclinando la testa un po' in avanti, "voglio davvero essere felice."

 

Sorrisi debolmente.

 

"Dovresti sdraiarti e dormire," dissi, "altrimenti cadrai a terra."

 

"Buona idea," mormorò, con gli occhi chiusi. Rimase seduto ancora per qualche secondo prima di sospirare e alzarsi in piedi, mentre il suo corpo sembrava appartenere ad uno zombie. Mi alzai insieme a lui, giusto in caso, e spostai le coperte per fargli spazio. Per un secondo sembrava fosse un po' confuso di quello che avrebbe dovuto fare, ma poi praticamente cadde sul letto, prima la faccia, e si spostò fino a quando la sua testa non fu posta su uno dei cuscini e le braccia aperte come una stella marina.

 

Stavo per tirare le coperte sopra di lui e lasciare la stanza quando aprí un occhio e mi guardò.

 

"Puoi stare qui," disse mentre picchiettò pigramente il posto vicino a lui, "c'è spazio per tutti e tre."

 

Per qualche motivo non riuscii a pensare che non fosse giusto, probabilmente sarebbe stato più saggio dire di no e tornare nella mia stanza, ma ero stanco ed Harry sembrava così triste e sapevo che dormire tra le sue braccia era comodo. Più comodo che dormire da solo nel mio letto.

 

"Si, va bene," dissi, e procedetti nel sedermi sul bordo del letto e stendendo le gambe con cura sopra ad esso, tenendo un braccio sul mio ventre per sostenerlo.

 

Harry stava disteso sullo stomaco, ma il suo viso si voltò verso di me e i suoi occhi, che sembravano sempre più stanchi ogni secondo che passava, lampeggiarono lentamente.

 

"Sei sempre carino, Lou," disse insonnolito, "con me e tutti gli altri. A parte quando merito che tu faccia lo stronzo. E succede abbastanza spesso, ma va bene perché me lo merito. È bello che... cerchi di difenderti. Non l'hai mai fatto prima, ma ora si, ed è una buona cosa per te. Non per me, perché mi urli contro, ma è comunque una buona cosa, perché significa che troverai qualcuno che ti tratterà bene, perché non lascerai che qualcuno ti tratti male. È bello, mi piace."

 

Beh, okay, quello era triste.

 

"Non sei così male, Harry," dissi piano, sorridendo debolmente verso di lui, "mandi tutto a puttane di tanto in tanto, ma sei comunque un bravo ragazzo."

 

Mi restituì il sorriso senza entusiasmo.

 

"E mi ami ancora, giusto?" disse, suonando un po' nervoso.

 

Alzai una mano e la intrecciai con le sue dita, stringendole leggermente.

 

"Si, ti amo ancora."

 

"Bene... bene," sospirò.

 

Mi guardò per un po' di tempo, sembrava stesse pensando a qualcosa.

 

"Sei così bello, Lou," disse poi, "sei così bello, e... piccolo. Sei davvero piccolo, delicato, e bello e piccolo. E delicato. Mi piace questo di te, che tu sia così piccolo, ti adatti a me come uno di quei materassi morbidi. È carino."

 

Lasciai uscire una risata soffocata, solo dei respiri sconnessi, e risposi con un semplice 'grazie'.

 

"Prego," disse, la sua voce un sussurro, "sei tipo... il mio bambino, sai?" continuò, guardandomi con occhi pesanti, "o... il mio bambino è qui-" lasciò cadere maldestramente una mano sul mio stomaco, "- e io lo amo tanto, perché è mio figlio, sai? Ma... tu sei il mio bambino, e amo anche te così tanto."

 

Le sue palpebre svolazzarono, ma continuò a parlare, anche se in piccoli sussurri che riuscivo a malapena a capire.

 

"E so di essere stato... non carino con te e che ti ho trattato male, non come meriti, ma... quando romperò con Lauren, io... spero che tu sarai qui, e che mi vorrai ancora."

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Capitolo 33
*** 33. You know what I'm talking about. ***


CAPITOLO 33

Sai di cosa sto parlando.

 

 

 

Sabato, 30 Aprile

Trentasei settimane e cinque giorni 

 

Inutile dire che il resto della notte, almeno per quanto riguardava me, la trascorsi tra un sonno irrequieto e un dormiveglia pensieroso, tutto questo guardando silenziosamente un Harry addormentato. Sembrava tranquillo, come tutti mentre dormono, ma c'era una piccola ruga tra i suoi occhi che non c'era l'ultima volta che lo avevo visto dormire, e mi turbò, mi fece sentire come se lo avessi forzato di fare un mucchio di cose che lui non avrebbe voluto fare.

 

A dire la verità, però, niente di ciò che aveva detto mi aveva sorpreso più di tanto. Beh, tranne la parte in cui aveva detto che stava con Lauren solo perché era spaventato di dichiararsi gay se avesse rotto con lei. Ma oltre quello, tutto ciò che aveva detto erano verità che già conoscevo. Non che le conoscessi in realtà, ma mi sentivo come se il mio subconscio  sapesse, e tutto quello che Harry aveva detto era semplicemente venuto fuori da lì, mettendo in chiaro le cose.

 

Era strano che non avesse cercato di negare. Era strano. Era strano, era sbagliato, era confuso, era inquietante, e tutti quei pensieri e quelle immagini mentali mi facevano girare la testa. Alcuni pensieri erano ancora di speranza.

 

Mi aveva detto che desiderava fossi ancora qui, quando avrebbe rotto con Lauren e sperava che lo volessi ancora quando quel giorno sarebbe arrivato. Forse stavo solo andando troppo oltre, ma era sembrato come se volesse davvero tanto stare con me. Stupido, forse, accrescere le mie speranze quando si trattava di Harry, ma era difficile non farlo.

 

Era quasi impossibile, in realtà.

 

*

 

 

Quando mi svegliai quella mattina, ero solo, a giudicare dal posto freddo dove Harry era sdraiato, sembrava che fosse passato un po' da quando si era alzato. Controllai l'orologio che segnava quasi le 12.00, sospirai con leggera esasperazione considerando il fatto che avevo fondamentalmente sprecato metà della giornata quando avevo un sacco di compiti da fare.

 

Rimasi lì per un po', fissando il muro e cercando di non lasciare andare la mia mente altrove - non avevo più voglia di pensare agli avvenimenti della notte prima. Non prima di averne parlato con Harry, e cercai di capire se quello che aveva detto fosse la verità o lo avesse detto solo perché era ubriaco. Desideravo disperatamente che non fosse la seconda, ma come potevo saperlo? Alcune persone dicevano la verità quando erano ubriache, altre un mucchio di bugie. La notte prima era stata la prima volta che avevo visto Harry ubriaco - senza contare la notte in cui tutto era iniziato - quindi da quel che potevo saperne, sarebbe potuta essere sia un'opzione che l'altra.

 

Alla fine, dopo vari pensieri inutili, uscii dal letto e andai in cucina, dove trovai tutti e cinque i membri della famiglia Styles seduti intorno al tavolo, con piatti, bicchieri e tazze di fronte a loro, apparentemente nel mezzo di quella che era una tarda colazione o un pranzo anticipato.

 

Harry era seduto alla fine del tavolo con metà del viso sepolto tra le sue braccia. Avrei riso a quella vista se non fosse per il fatto che aveva un aspetto orribile. Oh, beh, i suoi occhi mostravano quello.

 

"Stai bene?" chiesi mentre andai verso la sedia libera tra lui e Adrian.

 

"Post-sbronza," fu la risposta che ottenni, prima che sollevasse lentamente la testa e mi guardasse con occhi spenti, "come mai hai dormito nel mio letto stanotte?" mi chiese.

 

Le mie guance si riscaldarono e tentai un sorriso. Il risultato fu una smorfia forzata, però, perché ero abbastanza sicuro che quello era un indizio del fatto che non si ricordasse della notte scorsa. Affatto. Ottimo.

 

"Me l'hai chiesto tu," dissi, "sei tornato a casa alle tre e mezzo, hai fatto un po' di rumore, mi sono svegliato, ti ho trovato in cucina, hai parlato di un sacco di scemenze, ti ho portato a letto e mi hai chiesto di dormire con te."

 

Sbatté le palpebre, guardandomi come se solo cercare di elaborare la piccola quantità di informazioni gli facesse venire un terribile mal di testa, poi scosse la testa con un gemito e trascinò una mano tra i capelli.

 

"Mi sento come un vecchio burrito in una piscina calda."

 

Tutti rimasero in silenzio per un secondo, anche Connor ed Adrian, guardandosi tra loro, prima che Anne pronunciasse un asciutto "questo non ha senso, Harry."

 

"Nemmeno questo cazzo di mal di testa," disse lui, "o questa disgustosa, calda sensazione nel mio stomaco."

 

"Smettila di bere così tanto e tutto sarà più bello," disse suo padre.

 

"Non bevo tanto."

 

"No, non bevi tanto," disse Anne, "ma quando lo fai, agisci come se stessi partecipando ad una competizione il cui scopo è riuscire a consumare quanto più alcool possibile nel minor tempo."

 

"Vivi la vida loca," mormorò, e subito gettò la mano nella ciotola dei cereali di Connor.

 

 

*

 

Come previsto, non ebbi la possibilità di parlare adeguatamente con Harry quel giorno. Appena la colazione finì, si alzò dalla sedia, senza guardare nessuno o dare una spiegazione su dove stesse andando, e pochi secondi più tardi tutti sentimmo il rumore di una porta chiudersi. I suoi genitori scossero la testa, apparentemente un po' esasperati, e cominciarono a pulire il tavolo e a preparare Connor ed Adrian per una festa di compleanno a cui sarebbero dovuti andare alle 14.

 

Mi ci volle mezzo minuto e un rapido sguardo alla stanza di Harry per scoprire che era tornato a letto, giaceva sprofondato tra tutte le coperte con un po' di bava sul mento. Probabilmente non avrei dovuto trovare la saliva una cosa attraente. Rimasi lì e guardai il suo corpo dormiente per alcuni secondi prima di spegnere la luce sopra al suo letto per liberarlo dal fastidio di doversi svegliare e trovare una luce di 60 Watt che lo accecava. 

 

Avevo appena premuto l'interruttore e stavo per uscire dalla stanza quando un improvviso dolore allo stomaco mi fece bloccare e alzare automaticamente lo sguardo, con gli occhi spalancati. Le stesse fitte di dolore che avevo sperimentato il giorno precedente e giovedì erano tornate, un po' più intense, ma non ancora davvero dolorose. Mi mordicchiai forte l'interno del mio labbro e posai una mano sulla parte inferiore dello stomaco, stringendo leggermente.

 

"Tutto bene tu, giusto?" sussurrai, non volendo svegliare Harry, "non stai... male per qualche motivo, vero?"

 

Non successe niente per un po', tranne un paio di contrazioni più leggere che mi fecero trasalire lievemente. Inghiottii ansiosamente e stavo per iniziare a parlare di nuovo quando un paio di calci furono tirati contro il mio stomaco, e sospirai con immenso sollievo.

 

I calci continuarono per un po', ma così anche le fitte, e il fatto che erano più forti rispetto al giorno prima faceva aumentare la mia preoccupazione. Non avevo avuto il coraggio di muovermi finché non tornò tutto alla normalità, e visto che ci vollero dieci minuti, rimasi in piedi in mezzo alla stanza buia, probabilmente sembrando un idiota.

 

O almeno, io mi sentivo come un perfetto idiota.

 

Sabato passò e prima di addormentarmi quella notte, mi ricordai del picnic che io ed Harry avremmo dovuto fare. Mi rese un po' triste il fatto che non sarebbe mai successo.

 

Quando mi svegliai la domenica mattina, Harry non era in casa, e quando chiesi ad Anne dov'era, sperando di non farle intendere niente, mi rispose che era uscito con Niall, Zayn e altri ragazzi della squadra di calcio, e che sarebbe tornato a casa prima di cena.

 

La cena arrivò e finì, ma di Harry nemmeno l'ombra. Quando andai a letto quella notte non avevo sue notizie, e stavo iniziando a chiedermi se, nonostante mi fosse sembrato che non ricordasse niente di sabato, mi stesse evitando perché invece ricordava. Se era davvero quello che stava facendo, non potei fare a meno di pensare che stesse gestendo la situazione in maniera incredibilmente matura. Evitarmi? Davvero? Vivevamo nella stessa casa, per amor di Dio! E cosa pensava avrei fatto con tutte le cose che mi aveva detto quando era ubriaco? 

 

Spostai un po' la testa sul cuscino e spinsi un braccio sul mio stomaco, pregando silenziosamente che la mattina seguente fosse a casa e mi trattasse normalmente dato che dovevamo andare al nostro appuntamento con la dottoressa Hayes alle 15.00. Dire che non volevo andare da solo era un eufemismo. In realtà, ad essere sinceri, ero intenzionato a saltare tutto se Harry non intendeva venire con me.

 

Non era possibile che fossi diventato così dipendente da lui.

 

Mi addormentai, sentendomi ansioso per due motivi. Prima di tutto per i dolori, o qualunque altro nome ci fosse per definirli. In secondo luogo, per l'appuntamento del giorno dopo.

 

 

Lunedì, 2 Maggio

Trentasette settimane 

 

La colazione la mattina successiva fu lenta e tranquilla e coinvolse solo me, il bambino e i miei pensieri, visto che Harry era a scuola, Anne e Robin a lavoro, e Connor ed Adrian alla scuola materna. Ero abituato a trascorrere le prime ore della giornata da solo ultimamente, ma ciò non toglieva il fatto che mi sentissi insopportabilmente solo. Anne di tanto in tanto lavorava in casa, certo, ma comunque. E così trascorrevo parecchio tempo a parlare con il bambino; raccontandogli storie di quando ero ragazzo, raccontandogli di Owen, di Harry e di Liam, Zayn e Niall. Gli parlavo un po' anche dell'adozione, del suo futuro, della mia curiosità su come tutto si sarebbe evoluto alla fine e dove speravo fosse stato tra vent'anni.

 

"Forse sarai un'amante dell'arte," mormorai. Ero sdraiato sul divano davanti alla TV, la mia testa appoggiata su un paio di cuscini e una delle gambe a penzoloni sul bordo del divano, indossando i miei soliti pantaloni e il maglione. "Forse sarai un pittore. O forse un fotografo, come Harry. O forse non sarai interessato per niente alle arti; magari ti piacerà lo sport, il canto, la recitazione, la natura, la letteratura, la politica, la filosofia o forse le auto. Le possibilità sono tante, non credi? Qualunque cosa tu scelga di fare nella tua vita, spero davvero per te che tu non abbia ereditato il cervello di tuo padre o il mio... sistema riproduttivo disfunzionale. Non che tu lo scoprirai comunque, a meno che tu non sia gay e... sai. Si. Ma spero che tu non finisca incinto di un bambino troppo presto altrimenti dovresti attraversare tutto questo pasticcio, come me. E come Harry. E un po' uno schifo," sorrisi debolmente, "nonostante questo, e per quanto folle possa suonare, sono felice che tu sia arrivato. Mi fai ingrassare e mi causi dolori ogni tanto e mi hai costretto a lasciare il liceo, ma è comunque bello averti. Non credo di avertelo mai detto prima, vero?"

 

Mi calciò piuttosto violentemente, e sorrisi un po'. "Credo di no. Ma, beh, l'ho detto adesso. È bello averti, e ti amo. Tanto."

 

Rimasi sdraiato così fino a quando quella posizione non divenne scomoda e dovetti muovermi per fare in modo che la mia gamba non si addormentasse e che la schiena mi uccidesse. L'orologio segnava le 13.30 e sospirai, impaziente che Harry tornasse a casa in modo da non dover stare seduto lì ad aspettare.

 

I dolori, che cominciavano ad essere quotidiani, ripresero intorno alle 14.00, ed espirai profondamente, facendo del mio meglio per alleviare la tensione che provavo, spostando un po' il maglione e accarezzandomi lo stomaco nudo con entrambe le mani.

 

"Dai, piccolo," sospirai, "smettila di farmi questo, sta cominciando a far male."

 

Era vero; quel giorno i dolori erano veri e propri dolori, e non solo una serie di contrazioni fastidiose che mi facevano contorcere. No, in quel momento erano dolorose. Non molto, non tanto da sentire la necessità di emettere qualsiasi suono o altro, ma abbastanza da aumentare il mio nervosismo. Quel giorno erano anche diverse; il giorno prima le fitte erano costanti per qualche minuto, ma in quel momento era mezzo minuto di dolore, un minuto di niente, dieci secondi di dolore, poi di nuovo tre minuti di niente, e così via.

 

Tutto quello era estremamente... stancante.

 

Non avere nemmeno la minima idea di quello che stava succedendo non faceva per niente placare i miei nervi. Continuò così per circa quindici minuti prima che mi voltassi per cambiare posizione e... ecco. I dolori cessarono.

 

Sospirai con leggero sollievo, ma sicuramente non mi sentivo calmo.

 

"A volte vorrei che tu parlassi," dissi, guardandomi la pancia, dove le mie mani continuavano ad accarezzare in piccoli cerchi lenti e rilassanti, "renderebbe le cose più semplici, non pensi?"

 

I successivi venti minuti passarono senza che accadesse niente di particolare, e quando sentii la porta d'ingresso aprirsi alle 14.30, ed Harry gridare "Lou? Sei in salotto?", chiusi gli occhi per un secondo, ringraziando le forze superiori per la decisione di Harry di venire con me.

 

"Si, sono qui," risposi, e qualche istante dopo comparve sulla soglia, i capelli disordinati e i pantaloni fradici.

 

"Sta piovendo," disse in risposta allo sguardo interrogativo che gli mandai, "vado a cambiarmi e poi andiamo."

 

"Aiutami prima, per favore," dissi stanco, allungando le mani verso di lui.

 

Sorrise affettuoso, mentre si incamminò verso il divano e afferrò le mie mani. Mi spinsi il meglio che potei con l'aiuto delle mie gambe e mi tirò le braccia, e con confusione, inciampando ed imprecando mi alzai in piedi e tirai il mio maglione dove si era sollevato un po'.

 

"Sta diventando dura, eh?" chiese guardandomi con preoccupazione.

 

"Cosa sta diventando dura?"

 

"Beh... l'esistenza."

 

Sorrisi storto. "Sto bene, Harry, mancano solo un paio di settimane comunque."

 

"Non lo sappiamo, però, no?"

 

Aggrottai le sopracciglia. "Cosa intendi?"

 

Lui scrollò le spalle, guardandomi indifeso. "Stai, sai, per avere un taglio cesareo, ma non abbiamo ancora stabilito un appuntamento per quello per ora. Cosa succede se dobbiamo aspettare un altro mese a causa di... non so, mancanza di chirurghi o qualcosa del genere?"

 

"In quel caso, il povero bambino rimarrà dentro per un po' di tempo in più, e non gli farà bene," dissi, "sono sicuro che oggi fisseremo un appuntamento per il cesareo, Harry. Andrà bene."

 

Sembrava volesse portare fuori altri argomenti, ma dopo un breve silenzio annuì. "Okay, va bene, ma se non prendiamo l'appuntamento oggi, inizierò a dare di matto, solo perché tu lo sappia."

 

"Si, va bene, dai di matto quanto ti pare," dissi, roteando gli occhi, "ma adesso vai a cambiarti altrimenti arriveremo in ritardo ."

 

Alla fine arrivammo in ritardo perché scegliere un paio di jeans era apparentemente molto più difficile di quanto si potesse immaginare, almeno se i brontolii di Harry erano di qualche indicazione. Così, quando arrivammo nell'ufficio del medico, l'orologio segnava già le 15.10, entrambi andammo verso la porta della dottoressa Hayes ed io alzai la mano per bussare.

 

"La prossima volta mettiti un paio di pantaloni da ginnastica, come me," gli dissi piano, in modo che le altre persone nella sala d'attesa non mi sentissero.

 

"Scusa se voglio apparire bello per le persone che posano i loro occhi sulla mia graziosa forma."

 

"Non c'è niente di grazioso nella tua forma, ti ho visto ballare."

 

"Che cosa? Quando?"

 

"Nella tua stanza, circa una settimana fa. Eri tutto tranne che grazioso, lasciamelo dire."

 

"Sono bravo a-"

 

Non riuscì a parlare oltre perché la porta si aprì e la dottoressa Hayes improvvisamente fu davanti a noi. 

 

"Siete in ritardo," disse con un sorriso, "per la prima volta, credo."

 

"Emergenza moda," disse Harry con un sorriso brillante.

 

"Ah, naturalmente," disse lei, "beh, entrate e iniziamo."

 

Si spostò e ci fece entrare nella stanza prima di chiudere la porta e andare a sedersi nella solita sedia alla scrivania. Anche io mi sedetti nella solita sedia, e così anche Harry.

 

"Allora, siamo vicini ormai," disse, incrociando le gambe, "dovrebbero mancare poco più di due settimane."

 

Riuscì a rispondere solo con un breve "si", e lei continuò.

 

"Prima di arrivare al sodo, vorrei dirvi che ho fissato un appuntamento con l'agenzia di adozione," disse, "ho ricevuto un messaggio questa mattina, quindi non mi sono preoccupata di chiamarti, ti hanno inserito giovedì 5 maggio alle 12."

 

La mia mascella si spalancò. "Così presto?" domandai esitante, "pensavo ci sarebbe voluto più tempo."

 

"Di solito si," disse lei, "ma a causa delle circostanze un po' insolite e del fatto che sei così in là con la gravidanza, hanno deciso di farti saltare la fila."

 

"Oh, io- beh, è una buona cosa, credo," dissi, mordendomi nervosamente il labbro inferiore.

 

"Lo è?" chiese Harry rigidamente.

 

"Si, Harry," risposi, ugualmente rigido, "lo è."

 

"Okay, volevo solo capire." Non era felice, potevo dirlo senza guardarlo.

 

"Beh, okay, ora che abbiamo parlato di questo," disse la dottoressa, guardandoci imbarazzata per aver assistito al disaccordo di Harry, "penso che sia giunto il momento di parlare un po' di più del cesareo."

 

Almeno avevo avuto ragione quando avevo presunto l'argomento del quale avremmo parlato.

 

"C'è molto da dire al riguardo?" chiesi.

 

"No, non davvero," disse lei, "ma quello che dobbiamo fare è fissare un appuntamento."

 

Giurai di aver sentito Harry tirare un sospiro di sollievo, e sorrisi. "Si, certo," dissi, "come... beh, cosa dobbiamo fare?"

 

"Allora, di solito quando fissiamo un taglio cesareo, preferiamo che la persona incinta sia nello stadio iniziale del travaglio prima di procedere," cominciò decisa, "ma visto che in realtà non sappiamo se entrerai in travaglio in modo naturale, dovremmo scegliere una data, preferibilmente dopo la trentanovesima settimana."

 

Annuii per mostrare che avessi capito.

 

"Quindi c'è... una particolare data che preferisci?"

 

"Cosa? Posso sceglierne una?" chiesi, leggermente sorpreso da quell'improvviso potere.

 

"Non abbiamo molti fattori da includere a causa di tutte queste circostanze che si aggiungono al fatto che tu sia un uomo e non una donna," disse, "quindi, se hai una data particolare in cui ti piacerebbe darlo alla luce, dimmelo e vedo se sono disponibile quel giorno."

 

"Sarà lei a farlo?" chiese Harry, guardandola confuso, "pensavo che i chirurghi avessero quel compito."

 

Scosse la testa. "Gli ostetrici sono quelli che eseguono i tagli cesarei, quindi si, sarò io a farlo."

 

"Oh," dissi, sentendomi altrettanto confuso. La mia pancia sarebbe stata tagliata; non avrebbe dovuto farlo un chirurgo e non un dottore? Scelsi di non porle quella domanda , però- non volevo offendere nessuno.

 

"Okay, quindi... okay, una data," guardai Harry, cercando consiglio. "Qualche idea?"

 

Premette le labbra, pensieroso, ma poi scrollò le spalle.

 

"Non proprio, no. Sarebbe bello se potessimo scegliere mese e tutto, ma... beh, un giorno vale l'altro, no?"

 

Sospirai. "Credo di si," tornai a guardare la dottoressa Hayes, "controlli quando lei è disponibile e fisseremo quella data."

 

"Siete terribile nella cooperazione," disse mentre cominciò a scorrere sul computer, digitando qualcosa qua e là e guardando avanti e indietro sullo schermo. L'ufficio era immerso nel silenzio mentre continuava a digitare, a cliccare e a guardare, ma alla fine parlò di nuovo. "Beh, penso che martedì 24 maggio alle 02.30am sarebbe un buon momento per me. Va bene per voi?"

 

Martedì 24 maggio alle 02.30am. Poco più di tre settimane. Quel pensiero mi fece venire la nausea e trascinai lentamente la mano tra i capelli, elaborando in silenzio il fatto che in poco più di tre settimane avrei potuto tenere mio figlio tra le braccia.

 

"Okay," dissi finalmente, la mia voce suonava un po' spaventata. Qualcuno poteva biasimarmi?

 

Harry mi mise dolcemente una mano sul braccio e voltai la testa per guardarlo, trovandolo con gli occhi fissi ai miei e con un morbido sorriso tra le labbra.

 

"Andrà tutto bene, rilassati," disse, e mi strinse dolcemente il braccio prima di togliere la mano.

 

"Quindi il 24 maggio va bene per voi?" chiese la dottoressa.

 

"Si," dicemmo io ed Harry insieme, e alzai le sopracciglia. "Ci sarai?"

 

"Penso che ne abbiamo già parlato," disse, "ma si, verrò. E non c'è bisogno che ti metta a protestare."

 

"Va bene, come vuoi," dissi, agitando la mano, "se vuoi vedere... qualunque cosa disgustosa dovranno fare, accomodati."

 

"Grazie."

 

"Prego."

 

Guardai di nuovo alla dottoressa e scrollai le spalle in risposta al suo sopracciglio alzato. Lei sorrise per un attimo, ma subito ritornò al suo solito sguardo da professionista, piegò le mani sulla scrivania e mi guardò.

 

"Dovrei informarti del fatto che c'è una percentuale di rischio riguardo a questo," disse, "i parti vaginali sono statisticamente più sicuri dei tagli cesarei, ma ovviamente non c'è questa opzione per te. E c'è anche il fatto che in realtà non sappiamo come è costruito il tuo corpo all'interno."

 

"E cosa... cosa significa?" chiesi.

 

"Significa che mentre siamo pienamente consapevoli su come effettuare un cesareo su una donna, perché sappiamo com'è il suo corpo all'interno, non abbiamo questo vantaggio con te. Non siamo al cento per cento sicuri di dove il bambino si stia sviluppando, e quindi di conseguenza non siamo al cento per cento sicuri su dove mettere le mani."

 

Se prima avevo la nausea, non era niente in confronto a quello che sentivo in quel momento. 

 

"Io- quindi- è tipo- potreste finire... per uccidere entrambi?"

 

"Oh, Signore, no," disse in fretta, agitando una mano, "no, non siamo incapaci, ma sto solo dicendo che l'intervento chirurgico potrebbe non funzionare come quello di una donna."

 

"Ma... nessuno morirà, giusto?" chiese Harry, e okay, sembrava davvero terrorizzato.

 

"C'è sempre un certo rischio quando si tratta di interventi chirurgici," disse, mandando a me e ad Harry un sorriso confortante, "ma sono abbastanza certa che nessuno morirà."

 

*

 

Non appena mettemmo piede fuori dall'edificio mezz'ora dopo che avevamo fissato un nuovo appuntamento di controllo per il lunedì successivo, Harry esplose.

 

abbastanza certa che nessuno morirà!" esclamò così forte che uno stormo di uccelli sopra ad un albero emise una serie di suoni prima di volare via, sparendo tra il cielo nuvoloso.

 

"Harry, calmati," dissi mentre entravamo in macchina.

 

"Non posso fottutamente calmarmi!" urlò, colpendo ripetutamente il volante, come un pazzo. "Non ha garantito che tu ed Aidan non morirete! Potresti morire, Lou! Potreste morire entrambi!"

 

"Ti prego calmati," gli dissi implorante, guardandolo con occhi enormi, "nessuno morirà, staremo bene."

 

"Non puoi promettermelo!"

 

"Non puoi nemmeno promettermi che tra dieci minuti non morirai," dissi piano.

 

"Non tirare in ballo quella carta, Lou! Come pensi che mi sentirei se tu o Aidan moriste, eh?"

 

"Io- non lo so, Harry," sospirai, "e non lo scopriremo, perché staremo entrambi completamente, al cento per cento, bene. Io e Aidan, staremo bene."

 

Tutto il suo corpo tremava a causa di qualche emozione che non riuscivo a decifrare, ed il suo sguardo sembrava piuttosto senza controllo quando incontrò il mio. Avevo quasi paura che il volante si rompesse a causa della sua stretta, e lo sentii digrignare i denti. Dopo quella che sembrò un'eternità, iniziò a calmarsi e improvvisamente sembrava spaventato. Molto, molto spaventato, quasi come se volesse iniziare a piangere.

 

"Non posso perdervi, okay?" disse brusco, "non posso perdere Aidan, perché è mio figlio, e nessuno vorrebbe perdere i propri figli, nessuno. E non posso perdere te, perché tu sei il mio- tu sei il mio Louis, e ho bisogno di averti intorno. Non voglio che tu muoia o che sparisca dalla mia vita. Anche dopo che Aidan sarà nato e lui- lui sarà andato con qualcun altro, ho bisogno di te nella mia vita. Me lo puoi promettere? Che non scomparirai?"

 

Lo sguardo sul suo viso e il suono della sua voce mi ricordò di sabato e di quanto disperato sembrava. Era più o meno lo stesso aspetto che aveva in quel momento, solo non così spento e scoraggiato. Sembrava che quello fosse il momento migliore per parlare di quella notte, ma sembrava essere già di mal umore e non volevo essere quello che glielo avrebbe peggiorato ancora di più.

 

Quindi annuii solamente. "Si, te lo posso promettere," dissi, "non scomparirò dalla tua vita."

 

Il tragitto verso casa fu silenzioso; non un silenzio imbarazzante, ma pensoso. Vidi il cipiglio sul volto di Harry che stava a significare che era immerso profondamente nei suoi pensieri e non potevo davvero biasimarlo dato che volevo disperatamente trovare un posto tranquillo e perdermi anche io nei miei. Ma non ebbi modo di farlo, però, non appena arrivammo a casa, Anne ci chiamò in cucina, dicendoci che eravamo arrivati in tempo per la cena.

 

Non appena la cena finì, però, fuggii praticamente nella mia stanza e mi sdraiai sul letto, sulla schiena per una volta, a fissare il soffitto. Non sapevo nemmeno cosa fosse, ma la mia testa era un tripudio di pensieri, preoccupazioni e sentimenti. 

 

Cercando di non pensare troppo per non far peggiorare il mio mal di testa, mi girai di lato e chiusi gli occhi. Come al solito, mi addormentai quasi subito.

 

 

Martedì, 3 Maggio

Trentasette settimane e un giorno 

 

"Sei... davvero incinto."

 

Sollevai le sopracciglia. "Scusa?"

 

Eravamo entrambi coricati sul letto, come al solito, ed eravamo così da circa tre ore, da quando lui era tornato a casa da scuola alle 15.

 

"No, non in senso negativo," disse in fretta, "solo... sei così estremamente incinto ora. È figo."

 

"Sono così grande che sembro un disabile," mormorai, "non c'è niente di figo, posso assicurartelo."

 

"In quel caso, sei il disabile più carino che conosco," disse, spingendo la gamba contro il mio piede.

 

"E quante persone disabili conosci?"

 

Sorrise e si voltò sulla schiena, alzando lo sguardo verso il soffitto. "C'è una ragazza nella mia lezione di giapponese, il lato sinistro del suo corpo è semi-paralizzato o qualcosa del genere. Sembra strana."

 

"Non essere cattivo," dissi, colpendogli la spalla, "parlando del giapponese, come sta andando? Ancora uno schifo?"

 

"Forse no. Ho parlato con il mio insegnante e penso che siamo riusciti a trovare una soluzione. Ma se passerò, il mio voto non sarà buono."

 

"Beh, meglio che essere bocciato," ragionai.

 

"Credo," scrollò le spalle, "quindi, dal momento che siamo già su questo argomento, come va a te, con lo studio da casa?"

 

"Passerò gli esami finali," dissi facilmente, "quindi non sono preoccupato, non proprio."

 

"E dopo aver superato i tuoi esami?"

 

"Dopo avere superato i miei esami?"

 

"Università e quella roba. Quali sono i tuoi progetti?"

 

Abbassai lo sguardo, sentendomi in imbarazzo tutto ad un tratto. "Ho pensato di... posticipare," dissi esitante, "sai, prendermi un anno per lavorare, raccogliere un po' di soldi e tutto, e poi tornare a studiare una volta che avrò preso il controllo della mia vita."

 

"Non hai il controllo della tua vita?"

 

"Andiamo," dissi roteando gli occhi, "quest'anno scolastico è stato folle. Mi sento come se la mia vita di un anno fa fosse completamente scomparsa, non ho avuto modo di pensare ad altro oltre al bambino, a te e alle mie lezioni. Tutto il resto è stato... trascurato da quando ho scoperto del bambino e non c'è un solo aspetto della mia vita che al momento sia stabile. Se dovessi andare all'università in autunno, probabilmente mollerei prima di Natale. Non ho l'energia per pensare ad ulteriori studi in questo momento, per cui credo lascerò perdere per ora."

 

Per qualche motivo, sulla sua faccia c'era un espressione leggermente arrabbiata, e vidi la sua mascella stringersi. 

"Non sei serio, vero?" chiese piano.

 

Corrugai la fronte. "Si, lo sono."

 

"Allora sei un fottuto coglione."

 

I miei occhi si spalancarono e tirai le mie ginocchia verso il mio stomaco. "Scusa?"

 

Si avvicinò e si sedette, guardando verso di me con occhi stretti. "Uno dei motivi che hai elencato quando mi hai detto che non volevi tenere Aidan," cominciò, "era perché volevi avere l'opportunità di apprendere una buona istruzione. E ora sei seduto qui e mi stai dicendo che non studierai?"

 

"Studierò, ma aspetterò un anno o poco più," dissi, corrugando le sopracciglia, "credimi quando ti dico che non voglio dare via mio figlio per un istruzione che nemmeno sono certo di ottenere. Sono certo che andrò all'università, ma non questo autunno. Non farne un dramma, Harry; sono così stanco di litigare con te, e soprattutto per questo."

 

La rabbia sul suo viso svanì leggermente, ma ancora ne vidi traccia nei suoi occhi e nel modo in cui si mordeva le guance, come se volesse calmarsi. 

 

"Sai che non sono d'accordo con la 'nostra' decisione di darlo in adozione," disse con calma, "sono completamente contrario, in realtà, e vorrei che provassi a vedere le cose dal mio punto di vista invece di essere maturo riguardo a questo."

 

"È una questione per cui dobbiamo essere maturi," sospirai, "e vorrei che tu lo capissi."

 

"Certo che lo capisco, non sono così stupido," disse, "ma quello che non capisco è il motivo per cui sei così fissato, attaccandoti alla tua opinione sul non essere in grado di offrire ad Aidan una buona vita."

 

"Io- perché è così, Harry. Non è un opinione, è un fatto."

 

"Perché?" chiese. Senza aspettare una risposta, si appoggiò a me, mi guardo intensamente e continuò. "Hai appena detto che non stai pensando di andare all'università questo autunno, giusto?"

 

Un po' esitante, annuii, e lui sorrise ampiamente, guardandomi soddisfatto di se stesso.

 

"Okay, quindi non andrai all'università," continuò, "ho parlato molto di questo con mamma e lei ha detto più di una volta che è disposta a lasciarci vivere qui, sia che teniamo il bambino o che non lo teniamo, e aiutarla in qualsiasi modo possiamo. Se non andrai all'università, potresti vivere qui e alternarti tra il lavoro e il prenderti cura di Aidan, mentre io mi alternerò allo studio, al lavoro e al prendermi cura di Aidan durante il mio tempo libero. Ho già un sacco di soldi in banca, quindi quando il tuo anno sabbatico sarà finito, entrambi avremmo abbastanza soldi per essere in grado di trovare qualche posto in cui vivere da soli, Aidan avrà un anno a quel punto, quindi possiamo mandarlo all'asilo nido o trovare una babysitter regolare. In questo modo possiamo studiare e lavorare e prenderci cura di Aidan."

 

Sembrava così entusiasta quando finì di parlare che non potei fare a meno di ridere, il che lo portò ad essere ancora più eccitato.

 

"Sei consapevole di quanto suoni folle?" chiesi, ancora ridendo, "è fottutamente folle!"

 

Il suo sorriso vacillò un po'. "È un piano che potrebbe funzionare, Louis. E non venire a dirmi che sono impulsivo ed avventato, perché ho parlato con mamma, ho parlato con papà, ho fatto le mie ricerche e ho letto di persone che hanno fatto più o meno la stessa cosa. Questo potrebbe funzionare."

 

Rimasi a bocca aperta, perché era completamente pazzo.

 

....

 

Lo era?

 

"Harry, io- io apprezzo molto che tu abbia impiegato del tempo a pensare a tutto questo," dissi, mordendomi il labbro inferiore, "ma-"

 

"No, Lou! No!" mi interruppe ad alta voce, con una smorfia di pura esasperazione che gli dipingeva il volto, "a meno che tu non abbia un argomento valido per andarmi contro, dovrai promettermi di riconsiderarlo, perché so che l'unico motivo per cui vuoi dare Aidan via è perché hai paura che non possiamo dargli una buona vita, e se seguiamo questo piano, l'avrà."

 

Pensava davvero che quel piano fosse buono? Dovevo ammettere che non era il piano peggiore che avessi mai sentito, ma comunque. C'erano delle domande che avevano bisogno di risposte. Per non parlare del fatto che ero arrabbiato con lui per avermi fatto riconsiderare tutto quando ero così sicuro della precedente decisione.

 

"Okay, ascolta," dissi, passandomi una mano sul viso e guardandolo, "sei assolutamente certo al cento per cento che a tua mamma vada bene che io rimanga qui per un anno intero?"

 

Lui annuì velocemente. "Si, sono al cento per cento sicuro, puoi chiederglielo tu stesso."

 

Inghiottii e chiusi gli occhi. "Ed esattamente dove hai pensato di andare a studiare se rimarrai a casa?"

 

"Manchester," disse immediatamente, "era la mia prima scelta quando feci le domande."

 

"È ad un'ora di macchina."

 

Lui scrollò le spalle. "Lo so. Studierò a casa il più possibile, altrimenti tornerò a casa i fine settimana e per le vacanze ogni volta che avrò il tempo."

 

"Sei anche a conoscenza di quanto seccante sarà per te?" chiesi incredulo.

 

Lui si strinse nelle spalle. "Sono disposto a farlo."

 

Respirai profondamente, per qualche motivo cominciai a sentirmi un po' stressato. "E andrai anche a lavorare?"

 

"Quando ho tempo," disse, "la mamma di Niall gestisce quel negozio di alimentari all'angolo accanto a Starbucks e ha detto che c'è sempre qualcosa da fare lì, quindi posso andare quando sono disponibile e lei mi troverà qualcosa da fare."

 

"Hai davvero pensato a tutto questo?"

 

"Certo che l'ho fatto. Questo è il mio ultimo tentativo di farti cambiare idea."

 

"Giusto. Okay, allora... quando quest'anno finirà, vuoi che noi due - tu ed io - andassimo a vivere insieme?" quel pensiero era stranamente liberatorio, per non parlare della tentazione meravigliosa e confortante. Ma anche fottutamente spaventosa.

 

"Si."

 

"E come pensi che funzionerà con Lauren e tutto?" dovevo chiederglielo, no?

 

Il suo viso si irrigidì un po' e fece una smorfia per un attimo. "Lascia che mi preoccupi io di quello."

 

"Harry-"

 

"Louis, per favore. Non è un fattore che bisogna necessariamente prendere in considerazione ora."

 

Quello sarebbe stato un momento perfetto per portare avanti le sue confessioni da ubriaco - ovvio - ma eravamo nel mezzo di una conversazione che era più importante di stupidi affari d'amore adolescenziali. Un'altra volta sarebbe stato altrettanto perfetto.

 

"Bene, okay," dissi con un sorriso incalzante, "ma tu vuoi che viviamo insieme?"

 

"Le persone all'università hanno sempre dei compagni di stanza," disse, "non con un bambino e una storia incasinata, ma non significa che non possa funzionare. Ora viviamo insieme, no? Non con il bambino, ma comunque."

 

Pensai a me ed Harry vivendo insieme, da soli, sarebbe stato duro - letteralmente - ma scelsi di non commentare, non volevo aggiungere altro alla nostra discussione.

 

"Si, viviamo insieme ora," dissi, "ma con tua mamma che frena tutto quando le cose diventano troppo di merda tra noi. Lei non ci sarà lì quando ci trasferiremo, quindi come pensi di evitare che uno di noi scappi, ad un certo punto?"

 

Non era impossibile che la mia domanda lo offendesse dato che gli avevo già detto che non gli importava abbastanza di me ed Aidan e di volermi intorno, quando le cose erano diventate difficili. Ma no. Dovevo ancora sperimentare l'altro lato di lui - e sperai di non doverlo mai fare - ma avevo la sensazione che lui fosse quel tipo di ragazzo che prendeva una decisone e poco dopo si pentiva e decideva di darsela a gambe. Se era davvero serio nel voler tenere Aidan, dovevo saperlo, dovevo essere certo al cento per cento che non mi avrebbe abbandonato.

 

Mi guardò con un espressione vuota per un bel po' di tempo, ma poi fece una smorfia. "Perché non importa quanto io sia arrabbiato con te, non potrei mai abbandonare Aidan," disse semplicemente, "e non potrei mai abbandonare te."

 

Per qualche stupida ragione non riuscivo a replicare, era la rassicurazione che volevo, e annuii. Guardai nei suoi occhi grandi e speranzosi per un attimo e poi sorrisi debolmente.

 

"Tu... ti rendi conto di quanto sia da pazzi questo piano, vero?" chiesi, "probabilmente manderemo tutto a puttane prima di quattro mesi."

 

Sorrise. "Ne dubito. E in ogni caso, sono disposto a provare."

 

Chiusi gli occhi e presi un respiro profondo, costringendomi a non alzarmi dal letto e uscire dalla stanza. 

 

"Okay, senti," dissi, la mia voce instabile, "andremo a quell'incontro con l'agenzia di adozione giovedì, vediamo cosa hanno da dirci, e poi ci sediamo e ne parliamo di nuovo. Va bene?"

 

Anniii subito. "Si, certo, nessun problema," disse, suonando impaziente, "allora sei disposto a cambiare idea? Non sei così convinto di darlo in adozione?"

 

"Il tuo piano non è... il peggiore che abbia mai sentito," dissi lentamente, "e so di persone che hanno fatto la stessa cosa, crescere un bambino e studiare allo stesso tempo, quindi... credo che non sia impossibile. Ma l'adozione è ancora un'opzione più che valida, solo per essere chiari."

 

"Almeno non sei convinto a darlo," disse piano, "quindi grazie."

 

Sospirai, ma poi gli offrii un sorriso. "Nessun problema."

 

Ci fu silenzio per un po', mentre eravamo sdraiati e ci guardavamo, entrambi privi di espressioni. Stavo per chiedermi se stesse per baciarmi di nuovo - solo Dio sapeva che non ero contro all'idea - ma poi lui aprì bocca.

 

"Mi dispiace per sabato," disse tranquillamente.

 

Sollevai un sopracciglio. "Sabato?"

 

"Quando sono tornato a casa ubriaco. Mi dispiace."

 

Avevo pensato che sarei dovuto essere io a dover tirare fuori quell'argomento per primo, ma gli fui grato di avermi risparmiato l'imbarazzo di quel compito. Ero un po' confuso, però.

 

"Per cosa... per cosa ti stai scusando esattamente?" chiesi con una risatina.

 

"Per tutte le cose che ho detto," disse, guardandomi con sguardo di scuse.

 

Sbattei le palpebre, ancora più confuso. "Le cose che hai detto?"

 

"Sai di cosa sto parlando. Ho parlato molto quella notte e ho detto un mucchio di cose che probabilmente ti hanno confuso un casino, e mi dispiace."

 

La mia bocca si aprì in una silenziosa 'o' e mi leccai il labbro pensieroso.

 

"Pensavo che non ti ricordassi niente," dissi.

 

"All'inizio, ma poi pezzo per pezzo mi sono ricordato tutto."

 

"Oh." Esitai, non ero certo di cosa dire o quali domande porre. "Quindi... ti ricordi," mi morsi il labbro, "perché hai detto di essere-"

 

"In realtà non mi sento di volerne discutere in questo momento," mi interruppe piano, "ne parleremo presto, te lo prometto, ma non ora. Se ti va bene."

 

Annuii. "Certo." Rimasi un po' deluso perché non c'era niente che volessi di più di ricevere le risposte alle domande su Harry e sui suoi sentimenti per me.

 

Ma per una volta non dovevo dubitare più sul fatto che mi avrebbe deluso e lasciato confuso e con il cuore spezzato.

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Capitolo 34
*** 34. We'll make a decision together. ***


Prenderemo una decisione insieme.

 

 

Giovedì, 5 Maggio 

Trentasette settimane e tre giorni 

 

Era tipico che i miei ormoni, dopo essersi comportati abbastanza bene per un bel po' di tempo, mi avrebbero colpito di nuovo con piena forza quaranta minuti prima dell'incontro con l'agenzia di adozione. Quel giorno o il giorno prima non era successo niente che si avvicinava all'emotivo, quindi quando mi trovai di fronte all'armadio occupato a cercare una maglietta che sembrasse meno logora e disgustosa di quelle che solitamente indossavo, l'ondata di disperazione e tristezza mi travolse improvvisamente, con mia grande sorpresa. Lasciai cadere le braccia sui fianchi, tutta l'energia sembrò avermi abbandonato, e mi guardai allo specchio, captando il riflesso del mio corpo nudo.

 

E quello bastò.

 

Mi colpii il fatto di quanto fossi diventato incredibilmente grasso e disgustoso, e iniziai a piangere - grosse, enormi lacrime mi scorrevano lungo le guance e una smorfia triste e patetica mi contornava il viso. Senza nemmeno preoccuparmi di indossare una maglietta, afferrando invece una coperta dal letto e avvolgendomela attorno alle spalle, uscii dalla stanza, i miei passi stranamente sconsolati. 

 

Con mia enorme gioia, frustrazione, felicità, disperazione e tristezza la porta della stanza di Harry era aperta. Lo vidi scegliere dei vestiti proprio come stavo facendo io mezzo minuto prima, e naturalmente non aveva nient'altro addosso se non una paio di boxer neri.

 

Stavo ancora piangendo e mi sentivo triste come sempre, così cercai di ignorare la sua semi-nudità e decisi di entrare.

 

Alzò lo sguardo dalle due camice che teneva in mano quando oltrepassai la soglia e, per un quarto di secondo sorrise, ma poi il sorriso fu subito sostituito da un cipiglio.

 

"Cos'è successo?" chiese, buttando entrambe le camicie nel pavimento e avvicinandosi a me, a quanto pareva non era interessato a come era vestito in quel momento.

 

"Non stai male, vero?" continuò prima che avessi il tempo di dire qualcosa, "c'è qualcosa che non va con il bambino? Stai bene? Aspetta, non sei in travaglio, vero? Dovrei chiamare-"

 

"No, non sono in travaglio!" lo interruppi, gridando e pestando i piedi a terra, mentre le lacrime sgorgavano dai miei occhi, "sono solo grasso e non dirmi di no cazzo, perché lo sono, e lo so!"

 

Rimase in silenzio per un istante, guardandomi piuttosto sconvolto dalla mia improvvisa esplosione, prima di scuotere la testa e sorridere delicatamente. "Sei pazzo, Lou."

 

Non era sicuramente la cosa giusta da dire.

 

"Oh, così io sono pazzo, vero?" sibilai, guardandolo. "Beh, vaffanculo allora, Harry, perché è colpa del tuo sperma se sono pazzo! È colpa tua, è tutta colpa tua! È colpa tua se sono grasso ed è colpa tua se sono pazzo e non voglio essere grasso e pazzo perché nessuno vuole persone grasse e pazze! E sono anche un mostro, che può o non può avere un cazzo di utero nel culo! Come diavolo sei riuscito a trovare il mio utero con il tuo cazzo io non lo so, ma è sicuramente colpa tua! Ero a quattro zampe e non potevo dire molto su ciò che stava succedendo, quindi è tutta colpa tua, Harry, e ti odio!"

 

Il mio respiro era irregolare per tutto il tempo che gli avevo urlato contro e tutto il mio corpo tremava di rabbia, ma non importava quanta rabbia sentissi, ero ancora abbastanza in me per ricordarmi che non potevo continuare in quel modo a meno che avessi voluto crollare in un impeto di dolore struggente.

 

Con quello in mente, strinsi la coperta intorno a me, guardando sul pavimento e deglutendo. Harry non disse nulla, sembrava capire ciò che stavo facendo, ma vidi i suoi piedi nudi spostarsi un po', in un atto di nervosismo.

 

Non potevo biasimarlo.

 

Dopo un po' smisi di tremare e il mio respiro tornò alla normalità, e alzai nuovamente lo sguardo, incontrando quello di Harry, e inghiottii ancora una volta.

 

"Scusa," sussurrai, non sentendo altro che vergogna mentre vedevo confusione, preoccupazione e dolore nei suoi occhi. "Io- io non volevo... esplodere in questo modo. Scusami."

 

Sorrise senza dire niente, si fermò dietro di me e avvolse le braccia intorno al mio petto - più o meno l'unica parte del mio corpo che poteva essere avvolta, probabilmente.

 

"Va tutto bene," disse lui, la guancia appoggiata al lato della mia testa, "gli ormoni stanno parlando, vero?"

 

"Si," sospirai, "naturalmente niente di questo è colpa tua."

 

"Non ho usato il preservativo."

 

"Avrei potuto pensarci anche io; eri più ubriaco di me, avrei dovuto assumermi la responsabilità."

 

"Non credo ti aspettassi di rimanere incinto, comunque, quindi-"

 

"Avrei potuto prendere la STD."

 

"Non ce l'ho."

 

"Non lo sapevo in quel momento."

 

Borbottò qualcosa, sembrava divertito, e strofinò il naso tra i miei capelli. "Non credo che qualcuno di noi due abbia delle colpe," disse, "in parte, forse, ma nessuno di noi poteva sapere che sarebbe successo tutto questo, nemmeno nei nostri sogni più selvaggi. Sta andando bene, però, no? Ce la stiamo cavando?"

 

Mi appoggiai contro di lui per quanto ne fossi in grado, temendo di cadere all'indietro se fossi andato oltre e annuii. "Si, ce la stiamo cavando."

 

"E tu? Stai bene?"

 

"Perché me lo chiedi?"

 

Sbuffò una risata che fece scontrare il suo respiro caldo attraverso i miei capelli come una leggera brezza.

 

"Perché sei venuto qui poco fa, piangendo, perché apparentemente sei grasso e brutto."

 

Arrossii un po' e fui felice del fatto fatto che non poteva vedere il mio viso. "Come hai detto tu, sono gli ormoni che parlano."

 

"Sei sicuro?"

 

Chinai la testa e mi morsi il labbro. "Forse no."

 

Sospirò nei miei capelli e lo sentii premere un bacio. 

 

"Lou," disse, trascinando le parole fuori, "ti ho detto tante volte che non sei grasso e disgustoso, e lo penso davvero."

 

Stavo per aprire la bocca per protestare, ma continuò prima che ne avessi avuto la possibilità.

 

"Non cominciare a lamentarti di nuovo," disse, anche se dolcemente, "ai miei occhi, Louis Tomlinson, sei bellissimo, hai capito? Ed il fatto che sei incinto del mio bambino ti rende ancora più bello."

 

Le sue labbra erano premute dolcemente sulla pelle sotto il mio orecchio, e inghiottii di nuovo, questa volta per evitare che il calore che cominciava a bollire nelle parti bassi diventasse troppo insostenibile.

 

"Probabilmente non lo capisci, ma sapere che è il mio bambino quello che stai portando in grembo, mi sta facendo impazzire." Poi premette un altro bacio sullo stesso posto e sospirai con soddisfazione, rilassandomi tra le sue braccia. "È eccitante, terribilmente eccitante."

 

Un altro bacio, questa volta che durò un po' di più, facendo aumentare la mia frequenza cardiaca. Le sue braccia allentarono la loro stretta dal mio corpo e le sue mani scesero lungo i fianchi, fermandosi sui miei gomiti avvolti dalla coperta. Lentamente, quasi esitante, le fece muovere verso su finché non si fermarono sulle mie spalle. Rimanemmo fermi così per qualche istante; il mio cuore stava battendo quasi dolorosamente veloce contro il mio petto e le mie mani erano agitate in qualcosa che probabilmente era attesa o nervosismo.

 

"Non stai indossando una maglietta sotto questa coperta, vero?" chiese, la sua voce improvvisamente graffiante.

 

Inalai un respiro tremante, e poi scossi la testa. Non successe niente per alcuni secondi, ma poi sentii le sue dita aggrapparsi leggermente alla coperta e spingerla un po' verso il basso, come se volesse toglierla. Feci appena resistenza, ma lui continuò. Apparentemente voleva tirarla via da me.

 

"Harry, per favore no," sussurrai, cercando di ignorare la scossa che mi percosse il corpo al pensiero di avere il suo petto premuto contro la mia schiena, "sono troppo-"

 

"No, non lo sei," mi interruppe senza fiato, muovendo le labbra contro il mio collo, "sei stupendo, eccitante, sexy, desiderabile, e tu mi stai davvero facendo impazzire solo esistendo."

 

Gemetti involontariamente a quello, un'altra scossa di eccitazione partì da dove le sue labbra stavano tracciando un percorso accurato su e giù, fino al mio cazzo. Scegliendo di fidarmi delle sue parole, smisi di fare resistenza e gli lasciai tirare giù la coperta, giù, giù, fino ad arrivare ai miei fianchi e farla cadere in terra ai miei piedi. Un brivido mi percorse tutto il corpo, questa volta a causa dell'aria fredda che mi aveva circondato improvvisamente, ma la sensazione non durò più di mezzo secondo perché sentii la pelle morbida e calda del suo petto premere deliziosamente contro la mia schiena. Il gemito che lasciai uscire fu abbastanza forte che quasi sembrò un lamento, e piegai la testa con leggero imbarazzo.

 

Non sembrava averlo notato, invece fece scivolare le mani in basso, quella volta per metterle sul mio stomaco, dove cominciò a strofinare lentamente in cerchi gentili con i pollici. Chiusi gli occhi e inalai profondamente, non preoccupandomi più di tenere il controllo - era evidente che fosse una causa persa, specialmente quando ancora una volta attaccò le sue labbra al mio collo, ma più deciso. Le tenne ferme per qualche istante, come per darmi l'opportunità di protestare, ma quando non dissi e feci nulla, cominciò a succhiare la mia pelle.

 

Succhiare.

 

Stava succhiando il mio collo, come se volesse marchiarmi. Mentre i secondi passavano e il mio respiro si faceva sempre più profondo, e lui continuava a succhiare e lambire la pelle sensibile, senza sembrare avesse la minima intenzione di fermarsi presto, realizzai che lui mi stava marchiando. La realizzazione mi fece uscire un gemito e un sospirato "Harry", e il mio cazzo si mosse nei miei pantaloni.

 

 

"Bello," mormorò tra i morsi, "bello, stupendo, così incinto, praticamente raggiante."

 

Mi voltai, sentendo la necessità di guardarlo negli occhi, assicurandomi che non mi stesse prendendo in giro. Lo spettacolo che vidi mi avrebbe potuto far venire all'istante. Le sue pupille erano piene di lussuria, molto più desiderio di quanto solitamente si ha per dei gesti così piccoli, le sue labbra erano rosse e leggermente gonfie per essere state attaccate alla mia pelle per tanto tempo e i suoi capelli erano in qualche modo arruffati come se si fosse appena svegliato. Lo vidi inghiottire e chiudere gli occhi, ovviamente per calmarsi, prima che le sue mani si spostassero dal mio stomaco e facesse un passo indietro.

 

"Cosa- cosa c'è che non va?" chiesi, la mia voce piccola, quasi impaurita.

 

Con mio sollievo, sorrise. "Niente, niente," disse, "ma noi... noi non abbiamo tempo per- beh, dobbiamo vestirci se non vogliamo essere in ritardo."

 

Per un attimo non riuscii a capire di cosa parlasse, ma poi ricordai perché ero entrato nella sua stanza e cosa stavo facendo prima, e misi il broncio per niente in particolare.

 

"Oh," dissi, "quello."

 

Stava ancora sorridendo. "Stai bene?"

 

Gli offrii un sorriso timido. "Si, certo."

 

"Ma...?"

 

"Niente ma."

 

"Stai mentendo," dichiarò, roteando gli occhi, "e presto mi dirai la verità, ma adesso dobbiamo vestirci e uscire di casa prima di arrivare in ritardo all'appuntamento."

 

*

 

 

Arrivammo nell'edificio dell'agenzia di adozione pochi minuti dopo le 12.00. Era un vecchio edificio in legno bianco a tre piani, ma il cartello sopra la porta d'epoca era moderno e i fiori nei vasi sul portico erano colorati e vivaci, creando un quadro quasi intimo.

 

"Avevo immaginato qualcosa dall'aspetto più... freddo," Harry scrollò le spalle mentre ci avvicinammo alla porta d'ingresso, la aprimmo ed entrammo. "Non è qualcosa che sembra essere stata tirata fuori da una storia del BBC drama."

 

"Mi piace," dissi mentre guardavo la stanza piuttosto spaziosa, "sembra quasi una casa.

Gettai uno sguardo alla reception moderna alla mia sinistra. "Con l'eccezione della scrivania."

 

C'era una fila di sedie posta lungo la parete opposta alla scrivania, e mi avvicinai per poi sedermi, tenendo una mano sulla schiena durante l'azione, attento a non ribaltarmi. Harry mi seguì lentamente e rimase in piedi fino a quando non fui seduto, pronto a prendermi in caso fossi caduto.

 

Era dolce.

 

"Stai bene?" chiese preoccupato dopo che si sedette affianco a me, guardandomi con qualcosa che sembrava quasi sospetto, "la tua schiena è okay?"

 

Gli sorrisi. "Sto bene, Harry, non preoccuparti tanto."

 

Sbuffò. "Scusa se non voglio che ti faccia del male."

 

Il mio sorriso si allargò. "Non mi farò male," dissi.

 

"Questo è quello che dice ogni persona incinta, e poi improvvisamente sono in terra," brontolò.

 

"Non cadrò," dissi, roteando gli occhi, "e anche se succederà, sei sempre in giro e sono sicuro che mi aiuterai."

 

"Naturalmente lo farò, ma preferirei se tu rimanessi in piedi."

 

"Farò del mio meglio."

 

Rimanemmo seduti per circa venti secondi prima che una porta accanto alla scrivania si aprisse ed una donna uscisse, con gli occhi puntati su di me. Sembrava che fosse sulla trentina, di origine orientale, capelli neri e ricci, che arrivavano fino alle spalle e indossava un blazer piuttosto stretto con una gonna aderente.

 

"Louis Tomlinson?" disse lei.

 

Mi alzai, il nervosismo che si insidiò dentro di me improvvisamente. Non che fosse strano, considerando quello che stava per succedere. Un po' esitante, la raggiunsi con Harry dietro di me.

 

"Si," dissi, tendendole una mano, "ciao."

 

La afferrò e la scosse brevemente, ma con fermezza. "Ciao," disse lei, "sono Ilana, mi è stato assegnato il tuo caso. Se tu e il tuo... partner volete venire con me, possiamo iniziare."

 

Dopo, si voltò e tornò nella stanza da cui era uscita con passi veloci, i tacchi che picchiettavano contro il pavimento. Avevo l'impressione che non era molto contenta di averci lì, ma forse stava solo tenendo le cose sul piano professionale. O forse era stranita dal fatto che si dovesse occupare del bambino di un ragazzo incinto.

 

Non potevo esattamente biasimarla in quel caso.

 

Con Harry ancora dietro di me, seguii Ilana dentro, un po' sorpreso di vedere una stanza abbastanza grande e luminosa, il soffitto alto ed un tavolo con numerose sedie attorno al centro. Lei si era già seduta ad un'estremità del tavolo, una pila di carte davanti a lei e un paio di occhiali in mano. Non alzò lo sguardo quando Harry chiuse la porta dietro di noi, o quando ci sedemmo sulle sedie che erano poste sul lato opposto a dove si trovava lei. Qualcosa mi disse che non era il tipo di donna che avrebbe apprezzato un contatto stretto, e sembrava che Harry avesse avuto la stessa impressione visto lo sguardo cauto che mi mandò una volta seduti.

 

"Quindi, Signor Tomlinson," disse ancora, con gli occhi sui fogli, "quando mi è stato detto che avrei avuto a che fare con un caso un po' difficile, mi aspettavo di trovarmi una ragazza di quattordici anni, non un ragazzo di diciotto."

 

Il tono della sua voce sembrava un po' freddo e giurai di sentirmi rimpicciolire sulla sedia.

 

"Beh, le cose succedono," fu l'unica risposta che pensai di dare.

 

Alzò lo sguardo e fece un sorriso sottile che non raggiungeva gli occhi. 

 

"Sembra," disse lei," ti dispiacerebbe dirmi quando dovresti partorire?"

 

"Oh, ehm, il 24 Maggio," dissi.

 

"24 Maggio," ripetè, gettando uno sguardo rapido alla mia pancia, "poco meno di tre settimane."

 

Non risposi, tentai solo un sorriso. Non ricambiò.

 

"Beh, prima di tutto," disse, "è meglio dirti che non saremo in grado di trovare velocemente una casa per il tuo bambino. Sarebbe stato più semplice se fossi venuto un po' prima e se non avessi aspettato all'ultimo minuto."

 

Abbassai il mio sguardo. "Era... una decisione difficile da prendere," mormorai alle mie mani.

 

"In ogni caso, occorrerà almeno mezzo anno prima che dei genitori possano essere scelti," disse, non sembrava aver sentito quello che avevo detto. O forse non se n'era preoccupata. "Quindi quello che succederà quando il tuo bambino nascerà, è che sarà portato in un orfanotrofio e la cosa rimarrà lì fino a quando non verranno trovati dei tutori adatti."

 

"È un maschio," disse Harry, suonando piuttosto infastidito.

 

Lo guardò senza espressioni. "Scusa?" disse lei, con voce quasi altezzosa.

 

"Il bambino," disse Harry, "è un maschio, può smetterla di chiamarlo cosa."

 

Lei sorrise, ma era un sorriso freddo che mi fece trasalire interiormente. "Indipendentemente dal fatto che sia un lui, una lei o una cosa, la procedura funzionerà allo stesso modo," disse, "prima dovrò farti alcune domande sulla vostra salute e sulla salute della vostra famiglia, se non è un problema."

 

Senza aspettare una risposta da uno di noi, continuò. "Qualcuno di voi o della vostra famiglia ha avuto malattie congenite al cuore o ai polmoni?"

 

Scossi la testa ed Harry rispose con un 'no' aggressivo.

 

"Ci sono diabetici o altre malattie legate allo stile di vita nella vostra famiglia?"

 

No.

 

"Malattie legate all'intestino o ai reni?"

 

No.

 

"Episodi di cancro, tumore o cisti?"

 

No.

 

"Abuso di alcool e droghe?"

 

No.

 

"HIV o altre malattie sessualmente trasmissibili?"

 

No.

 

"Alzheimer o demenza?"

 

No.

 

E continuò così per quella che sembrò un'eternità: Ilana faceva le domande, suonando come se volesse essere ovunque tranne che lì, e io ed Harry rispondevamo, io tranquillamente ed Harry in modo aggressivo. Volevo dargli un calcio per tentare almeno di farlo comportare civilmente, ma a dire la verità, capivo perché stava agendo in quel modo, perché era evidente che quella donna era estremamente infastidita di averci lì. Per amore delle altre coppie, speravo che non fosse così con tutti, ma comunque, se non lo fosse stata, significava che a lei non piacevamo né io e né Harry. No, non gli piacevo io, non Harry. Non gli piacevo perché ero incinto.

 

Stupida puttana.

 

Non potevo biasimarla per aver pensato che fosse strano, ma ero dannatamente sicuro che potevo biasimarla per il modo in cui si stava comportando, da miserabile-

 

"Okay, è tutto," disse, interrompendo i miei pensieri, "ora arriviamo al prossimo problema della lista."

 

Piegò lentamente gli occhiali e li mise giù prima di piegare le mani sul tavolo davanti a lei e mandarci uno sguardo di valutazione. "Tu sei un uomo che porta un bambino, Signor Tomlinson, cosa che per molte coppie potrebbe sembrare un po'... scoraggiante. Sono certa che tu capisca."

 

"Il bambino è perfettamente sano e normale," disse Harry, "non importa che Lou sia un ragazzo."

 

"Ma lo è," disse con fermezza, "dipende da voi ovviamente, ma se volete trovare una famiglia a vostro figlio il più velocemente possibile, vi consiglio di rimanere anonimi."

 

Gettai un breve sguardo ad Harry, i suoi occhi infastiditi diretti verso Ilana. "Cosa significa?" le chiesi.

 

"Significa che i genitori adottivi non avranno idea di chi siete e non li incontrerete personalmente," disse, "tutto sarà fatto attraverso noi e le uniche cose che i genitori sapranno di voi sono solo le cose che avranno effetto diretto sul bambino. Non potranno sapere chi siete o altro. Come ho detto, dipende da voi, ma questo è quello che vi consiglio di fare."

 

Mi morsi il labbro, rosicchiando un pezzo di pelle. "Vorrebbe dire... che non ci sarà modo di influenzare il suo futuro? E se lui... volesse venire a cercarci?"

 

"Se volete potete firmare un documento che dice che se dovesse arrivare il giorno in cui chiederà informazioni su di voi, potrà farlo, ma solo lui, non i genitori adottivi o qualcun altro."

 

Guardai di nuovo Harry e questa volta lui ricambiò lo sguardo. "Pensi che vada bene?" chiesi piano.

 

"Credo," disse, premendo le labbra tra loro, "ma in realtà non sai se ci cercherà o meno."

 

Sospirai, chiudendo gli occhi per un attimo. "Non voglio in alcun modo interferire nella sua vita, se procederemo con l'adozione, Harry," dissi, "se lo daremo, mi allontanerò completamente dall'intera situazione, e non tornerò indietro a meno che sia lui a fare il primo passo."

 

Strinse la mascella come faceva sempre quando era contrariato da qualcosa che dicevo o facevo. Ci vollero pochi secondi di silenzio prima che rispose. "Ma stiamo ancora considerando il mio piano, giusto?"

 

Risposi con un cenno cauto prima di rivolgere di nuovo lo sguardo verso Ilana, che in quel momento aveva un aspetto piuttosto impaziente sul volto.

 

Stronza.

 

"Se lo daremo," dissi, "i genitori saranno obbligati a dirgli che è stato adottato?"

 

Scosse la testa. "No, non sono obbligati, ma consigliamo sempre ai genitori adottivi di informare il loro figlio ad un certo punto, quindi è molto probabile che lo scoprirà."

 

Annuii lentamente, metabolizzano le informazioni. "Ma se lo farò in modo anonimo, non sapranno che il bambino è biologicamente mio, giusto?"

 

"No."

 

"Okay. E... quali sono- quali sono i diritti di Harry in tutto questo?"

 

"Ho qualche diritto?" aggiunse Harry.

 

"Dipende," disse, "il tuo nome verrà scritto nel certificato di nascita?"

 

"Suppongo di si," disse, guardandomi interrogativo.

 

"In quel caso, il bambino non può essere dato in adozione a meno che tu non firmi," disse, "quindi il tuo consenso sarà necessario per noi per essere in grado di passare all'adozione."

 

Il mio cuore affondò come una roccia sull'acqua, e una piccola voce in fondo alla mia testa disse 'credo che in questo caso, tu non possa fare niente'. Il consenso di Harry era necessario se volevo dare il bambino. Che regola stupida era quella? Okay, forse non era così stupida, ma in quella particolare situazione lo era, visto che io ed Harry avevano opinioni completamente opposte. 

 

"E se- se non fossimo d'accordo?" dissi, la mia voce un po' rauca, "se uno di noi vuole dare il bambino e uno no?"

 

Si appoggiò allo schienale della sedia e incrociò le braccia sul petto. "Vi raccomando vivamente di giungere ad un accordo," disse, "altrimenti il tribunale dovrà decidere per voi, in quel caso possono decidere che l'adozione sia la migliore alternativa, o che il bambino vada a stare da Harry. In entrambi i casi sarà un lungo processo."

 

Battei le palpebre. E poi la fissai.

 

Quello era incredibile. Era folle. Era ingiusto.

 

Appoggiai i gomiti sul tavolo e la fronte sulle mie mani, inspirai tremante e chiusi gli occhi. Sentii Ilana mescolare i suoi documenti, probabilmente di nuovo impaziente, ma in quel momento non mi importava più. Il suono della sedia di Harry che strideva contro il pavimento arrivò alle mie orecchie, e un attimo dopo la sua mano stava stringendo con attenzione la mia spalla.

 

"Ci penseremo," disse la sua voce morbida nel mio orecchio, "non ti forzerò a fare niente, okay? Ne parleremo quando torneremo a casa."

 

Lo stesso desiderio di quella mattina di iniziare a piangere tornò con forza, e morsi l'interno del mio labbro così forte che sentii il sangue sulla lingua. Mi ci volle un po' prima di riprendere abbastanza autocontrollo per poter continuare la conversazione senza scoppiare a piangere, ma alla fine lo feci, e sollevai la testa, incontrando gli occhi di Harry a pochi centimetri di distanza dai miei.

 

"Si, okay, quando torniamo a casa," dissi, annuendo velocemente.

 

Lui annuì e sorrise. "Non ti preoccupare, okay?"

 

"È un po' difficile non farlo." Mi voltai di nuovo verso Ilana, cercando di non aggrottare le sopracciglia né di fare una smorfia quando vidi che sembrava infastidita. "Quindi, se accettiamo di darlo in adozione, cosa succederebbe esattamente?"

 

"Come ho detto, non appena il bambino nascerà sarà portato in un orfanotrofio e ci rimarrà finché non troveremo dei genitori per lui. Una volta trovati, incontreranno il bambino e poi invieranno una richiesta al tribunale. Qualcuno del tribunale verrà per spiegarvi cosa esattamente significa dare il vostro bambino in adozione. Affinché la procedura possa andare avanti, otterrete un documento da firmare e se lo firmerete, abbandonerete i vostri diritti genitoriali. Dopo ciò, niente sarà più sotto la vostra responsabilità."

 

"Quindi... fino a quando il documento non verrà firmato, possiamo cambiare idea?" chiese Harry.

 

"In teoria, si."

 

Lo sentii sospirare con sollievo, e non potei fare a meno di fare lo stesso. Anche se avessimo iniziato la procedura, avremmo potuto cambiare idea. La mano di Harry era ancora appoggiata sulla mia spalla e la strinse dolcemente, infondendomi, senza saperlo, un certo senso di calma e rassicurazione.

 

"Detto questo," continuò, "per essere in grado di mandare avanti questo processo il più velocemente possibile, dovremmo metterci a lavoro immediatamente."

 

La mano di Harry si aggrappò con più forza dopo quelle parole, e io mi sentii sempre più teso. Metterci a lavoro immediatamente? Che cosa significava esattamente?

 

"Allora, ci sono delle caratteristiche particolari che desiderate abbiano i potenziali genitori adottivi?"

 

Oh. Era quello che intendeva con 'metterci a lavoro immediatamente'.

 

Guardai Harry, la cui espressione si era trasformata in pensierosa. Non durò molto tempo.

 

"Che abbiano abbastanza stabilità economica per dargli tutto ciò di cui ha bisogno," disse.

 

"Questo è qualcosa di cui ci accerteremo subito," disse, "qualche altra cosa?"

 

Guardai le mie mani per un attimo. "Solo..." tossii un po', "solo che se lui... un giorno capisce di essere gay, o bisessuale, o pansessuale, o qualunque cosa, loro debbano accettarlo senza problemi. Non voglio che si ritrovi nella mia stessa situazione in cui mi sono trovato io, quindi... se poteste trovare qualcuno che accetta questo tipo di cose, sarebbe bello."

 

Per la prima volta, la sua espressione si ammorbidì e lei acconsentì. "Certamente," disse mentre scriveva qualcosa nei documenti davanti a lei, "nient'altro?"

 

Harry scosse la testa e dopo un momento di silenzio feci lo stesso.

 

"Fintanto che gli daranno una bella vita e saranno bravi con lui, sono felice," dissi.

 

*

 

Più tardi quella notte, io ed Harry eravamo accucciati sul mio letto, io tra le sue gambe, la mia guancia appoggiata sul suo petto e le sue braccia intorno a me. C'era abbastanza caldo nella stanza, o forse ero solo io perché indossavo un maglione di lana, e c'era una sorta di musica dolce che proveniva dal computer portatile di Harry, posto sul comodino. Quei due fattori combinati fecero appesantire la mia testa minuto dopo minuto, e sembrava che Harry si sentisse allo stesso modo perché sentii il suo respiro cominciare  regolarsi, e sorrisi assonnato.

 

Toccai il punto in cui la linea tra realtà e sonno cominciavano a fondersi insieme quando improvvisamente saltai indietro con uno scossone.

 

"C'è qualcosa che non va?" chiese Harry assonnato, apparentemente disturbato dalla mia mossa.

 

Non risposi immediatamente, perché quelle sensazioni dolorose nel mio stomaco erano tornate, in forma ridotta, come la prima volta che era successo.

 

"No, niente," dissi, anche se esitante, "solo un sogno."

 

Lui brontolò e strinse la stretta intorno a me. "Su cosa?"

 

"Io che partorisco dal mio culo."

 

"Bello."

 

"Mhm."

 

Si accasciò ulteriormente contro la pila di cuscini che aveva portato con sé in camera un paio d'ore prima, trascinandomi con lui.

 

"Allora, questa mattina," disse poi, la bocca sepolta nei miei capelli, "cosa stava succedendo?"

 

"Ho pianto, mi hai abbracciato, mi hai baciato sul collo, mi sono eccitato," mormorai, non trovando necessario girare intorno alla questione anche quella volta.

 

Ridacchiò. "Posso dirlo, diventi sempre molto rilassato quando ti ecciti, tutto... moscio."

 

Silenzio.

 

"Beh, non tutto è moscio, ovviamente, ma-"

 

"Harry!" un leggero nodo di imbarazzo nel mio stomaco mi impedì di proseguire subito, ma riuscii ad ignorarlo - più o meno - dopo aver superato la sorpresa iniziale. "Non volevo, okay? È solo che... io... beh, non ho proprio una- una-"

 

"Vita sessuale?" offrì.

 

Mi tinsi di rosso, ma annuii. "Si. E non ce l'ho da molto, molto tempo, ed è stato con una ragazza, quindi non conta granché, e quel- il- il... coso che mi hai comprato è ancora a casa di mia mamma, e non so se te ne sei accorto, ma sono incinto, e ultimamente sono un po'... uhm, tipo-" 

 

"Eccitato?"

 

"Oggi sei davvero di aiuto," mormorai, le mie guance che diventavano ancora più rosse. "'Ma si, e io- non volevo- sai- si, e mi dispiace, quindi-"

 

"Ti stai seriamente scusando perché ti sei eccitato?" mi interruppe con una risata che sembrava incredula, quasi divertita.

 

Scrollai le spalle, sentendomi impotente e imbarazzato, non certo su quale dominasse. "No, solo per... essere entrato, sai, quando tu- quando eri... tipo nudo e... quelle cose." Sembravo un dodicenne e mi maledissi per quello, ma Harry rise.

 

"Puoi non averlo notato," mormorò, "ma ero eccitato anche io."

 

Un'altra scossa di dolore mi attraversò il corpo, ma tossii per coprirlo e piegai la testa mentre un'altra ondata di calore si sparse nella mia faccia. "Non me ne sono accorto," dissi, " fino a quando... beh, fino a quando non ti ho guardato."

 

"Fino a quando non mi hai guardato?" chiese canzonatorio, "e come ti sono sembrato?"

 

Sorrisi un po' a quello, incapace di fermare la sensazione di agitazione che si diffuse dal mio petto al mio corpo. "Eri..." riflettei per un secondo, "eccitante."

 

"Eccitante?" suonava sorpreso.

 

Girai la testa verso un fianco, nascondendo il viso nel suo maglione per impedirgli di vedere le mie guance rosse. "Si," dissi, la mia voce soffocata dal tessuto spesso del maglione.

 

"Mi piace quando mi fai i complimenti," mormorò, "è bello, mi rende felice."

 

"Lo terrò in mente per quando sarai triste."

 

"Proverai a tirarmi su il morale dicendomi che sono eccitante?"

 

"Potrebbe funzionare?"

 

"Dipende."

 

"Da cosa?"

 

"Da quanto si spingeranno oltre i complimenti."

 

"Huh?"

 

"Pensi di metterli anche in pratica? Mostrarmi perché pensi che io sia bello?"

 

I miei occhi si spalancarono comicamente quando mi resi conto di quello che mi stava chiedendo e istintivamente alzai la testa di scatto per guardarlo. Non c'era niente nel suo volto che indicasse che stesse scherzando o che mi stesse prendendo in giro, e i miei occhi si allargarono ulteriormente - se possibile.

 

"Cosa?" gracchiai, "vorresti- voglio dire, tu vuoi- io- vuoi- vuoi... con me?"

 

Forse poteva non sembrare divertito dieci secondi prima, ma in quel momento lo era. 

"Sei troppo adorabile, lo sai?" disse, "diventi nervoso e imbarazzato quando parli del sesso."

 

Gli inviai uno sguardo acido in risposta, e il suo sorriso si allargò. 

 

"Ma per rispondere alla tua domanda," continuò, "Certo che voglio, pensavo lo sapessi."

 

Sbattei le palpebre, pensieroso. "Anche nel mio... stato attuale?" chiesi curioso, gesticolando verso la pancia.

 

"Sei in vena di complimenti oggi, vero?" disse, anche se con un sorriso, prima di avvicinarsi e posare un bacio sulla mia guancia, "ma si, anche nel tuo stato attuale. Soprattutto nel tuo stato attuale."

 

"Sarebbe molto più divertente se tornassi alle mie normali dimensioni," esclamai.

 

"Più divertente?" chiese e rise, "che tipo di scenari perversi hai in testa ora?"

 

"Non intendevo- oh, basta! Volevo solo dire- sai cosa intendevo," mormorai giocando con le mani.

 

"Si, amore, so cosa intendevi," disse prima di ridere, poi aggiunse: "non mi dispiacerebbe fare cose perverse con te, comunque. Solo in caso tu cambiassi idea."

 

"Ah," dissi, fingendomi pensieroso, "di che tipo di perversioni parli?"

 

"Non lo so, cosa ne pensi di un costume da cheerleader?"

 

"Su di te?"

 

"Sul tuo corpo starebbe meglio."

 

"Okay, quindi indosserò un costume da cheerleader. Altro?"

 

"Fruste e manette?"

 

"Assolutamente. Anche panna montata e ganci?"

 

"Ovvio."

 

Un immagine veloce di me piegato su un tavolo, indossando un costume da cheerleader, mentre Harry mi sculacciava con una frusta mi attraversò la testa, ed il rossore tornò con piena forza, quella volta accompagnato da un leggero tossire e una risata.

 

"Non credo di essere pronto per questo tipo di avventure perverse," dissi, ancora tracce di imbarazzo nel mio viso, "soprattutto con cose che coinvolgono fruste e ganci."

 

"E l'abbigliamento da cheerleader? Staresti bene con quello, te lo giuro."

 

"Non indosserò un costume da cheerleader per te, Harry. Scusami."

 

Lui mise il broncio. "Ma saresti eccitante."

 

"Prendimi come sono o lasciami stare," dissi scostandomi i capelli dal viso e con un sorriso ampio.

 

Il broncio fu sostituito da un sorriso curvo. "In realtà penso che ti prenderò come sei," disse.

 

"In realtà."

 

"Si, che tu ci creda o no."

 

"No."

 

Il suo sorriso svanì leggermente, lasciando spazio ad un sorriso più triste, e si avvicinò di più, premendo la fronte contro la mia. Chiusi gli occhi e sospirai leggermente, aspettando che facesse qualcosa.

 

"Seriamente, però," disse dopo un secondo, il suo fiato che soffiava sulla mia faccia, "ti voglio, in ogni modo possibile. Mi piacerebbe prenderti qui e ora-"

 

Sbuffai una risata.

 

"Ma non sarebbe giusto, né corretto, non con... non con lei ancora in mezzo."

 

Notai il modo in cui la sua voce si fece tesa alla parola 'lei' e una sorta di felicità fiorì nel mio petto. Lui non aveva bisogno di saperlo.

"È un bene che tu, sai, ti renda conto che sarebbe sbagliato. Sono contento."

 

"Vedi? Mi hai aiutato a crescere," disse, e sentii il sorriso nella sua voce, "mi stai insegnando ad essere migliore."

 

"Non sei mai stato una cattiva persona," dissi, "un po' sconsiderato. Ed ogni tanto lo sei ancora, ma non spesso come prima."

 

"Tutto grazie a te," mormorò, ancora sorridendo. "Quindi grazie. Per non aver mollato."

 

Sospirai e aprii gli occhi, per poterlo guardare bene. "Sono stato tentato, credimi."

 

"Si, ti credo," disse. Sospirò un po', e rimanemmo entrambi in silenzio, senza né dire né fare niente, tranne ascoltare musica che risuonava ancora a basso volume dal computer.

 

"Quindi quella donna dell'agenzia era una troia."

 

Rise forte. "Cazzo. Ad un certo punto ho pensato che ci avrebbe cacciato a calci in culo."

 

"Si. Comunque, aveva le sue ragioni," lo guardai con occhi inquieti, "abbiamo ancora un po' di tempo per pensarci in teoria."

 

"Dobbiamo decidere il prima possibile," sospirò, "non voglio posticiparlo solo perché possiamo, non farà bene a nessuno di noi."

 

"Lo so," mormorai, "ma... okay, senti, farò il taglio cesareo il 24, quindi: dobbiamo aver deciso prima che il bambino nasca, e dopo abbiamo una settimana per cambiare idea. Okay?"

 

Annuì. "Si, okay. Suona... giusto, suppongo."

 

Tenni gli occhi su di lui per un attimo prima di guardare giù. "Hai sentito quello che ha detto, comunque," dissi, "se non sei disposto a firmare le carte, non c'è niente che io possa fare."

 

"Non ti obbligherei a tenerlo, Lou," disse, " prenderemo una decisione insieme, una che vada bene ad entrambi. Ma devi tenere conto dei miei desideri e io farò lo stesso con te. Affare fatto?"

 

Sorrisi debolmente e alzai la mano per intrecciare le dita con le sue dove stavano riposando nel mio stomaco. "Si," dissi, "affare fatto."

 

 

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Capitolo 35
*** 35. Lauren's not welcome here anymore. ***


CAPITOLO 35

Lauren non è più la benvenuta qui.

 

 

Sabato, 7 Maggio

Trentasette settimane e cinque giorni

 

 

 

Quella mattina mi svegliai con suoni di... persone che gridavano? Sentendomi piuttosto confuso, mi sedetti, gemendo miseramente al dolore alla schiena, e guardai in basso, togliendo le coperte da sopra al mio stomaco.

 

"Un bel modo per essere svegliati, non pensi, piccolo?" chiesi con stanchezza, sfregando la mia pancia assente e cercando di capire chi era che stava gridando. Circa un minuto più tardi potei concludere che erano Anne ed Harry, il che mi sorprese un po', da quando Anne gridava?

 

E da quando Harry litigava con sua madre? Ero lì da un mese, e quella era la prima volta che sentivo Anne gridare. Ed era la prima volta che sentivo Harry gridare a qualcuno che non fossi io. 

 

Bhe, era un po' triste, no? 

 

Non volendo interferire con quello che stava succedendo, rimasi a letto, strofinandomi lo stomaco e facendo del mio meglio per captare le parole che si dicevano. Mi fece sentire un po' colpevole - qualunque cosa per la quale stessero litigando non era affar mio -, ma ehi, nessuno doveva saperlo. 

 

Ci volle più tempo del previsto prima che le urla cessassero, e un paio di minuti dopo sentii la porta della stanza di Harry chiudersi.

 

"Non ci si annoia mai," dissi a voce alta mentre mettevo le gambe fuori dal bordo del letto e le stiracchiavo il più che potevo, facendo schioccare le ginocchia deliziosamente. Mi alzai in piedi, usando il letto come supporto, e abbassai la maglietta dove si era sollevata mostrando una piccola parte dello stomaco.

 

"E' bello che tu ormai sia abbastanza grande per poter uscire da lì," commentai, "altrimenti dovrei trovare vestiti più grandi da indossare."

 

Senza preoccuparmi di indossare dei veri vestiti, uscii dalla mia stanza e camminai verso quella di Harry. Esitai quando mi ritrovai davanti alla porta, non certo se avesse voluto parlare con me. O se avesse voluto parlare con qualsiasi altro, in ogni caso. Non volevo stare seduto nella mia stanza, solo, senza fare niente tutto il giorno, però, quindi bussai un paio di volte.

 

La risposta arrivò immediatamente con un rumoroso e aggressivo "Lo so, okay? Ora vai via!"

 

Aggrottai un po' le sopracciglia, sicuramente pensava che fosse Anne quella dietro alla porta e optai per aggiungere un rapido "sono io". Quella volta non ci fu una risposta, nemmeno quando erano passati venti secondi buoni. Un breve pensiero mi attraversò la testa, forse la litigata era avvenuta per colpa mia, e il mio cuore fece un doppio salto al pensiero. E se mi fossi dovuto trasferire? E se avessero pensato che la scelta migliore fosse quella che io dovessi andare via? In quel caso, ero rovinato, perché non avevo altri posti in cui andare, e sarebbe stato troppo tardi, le cose sarebbero diventate davvero-

 

"Scusami." Ero così perso nei miei pensieri che non avevo notato che Harry aveva aperto la porta e in quel momento stava appoggiato allo stipite con un paio di jeans vecchi e una maglietta ancora più vecchia. "Ti abbiamo svegliato?" aggiunse.

 

"No," dissi in fretta. Sollevò le sopracciglia, chiaramente non mi credeva. "Beh, si," ammisi,  "ma è okay. Cosa è successo? Tutto okay? Devo andare via?"

 

"Si, certo," disse, guardandomi come se quell'idea fosse assurda, "mamma mi manderebbe via a calci prima di te. No, non ha niente a che fare con te, non preoccuparti."

 

"Oh, okay, bene," dissi con un sospiro di sollievo. Passò un minuto di silenzio, e mi morsi il labbro. "Quindi... se non ha a che fare con me, con cosa? Non devi dirmelo, sai, se non vuoi. O se non te la senti. Sai. È una cosa buona parlare con qualcuno quando si è turbati."

 

"Sei solo un curioso bastardo," ribatté, anche se con un sorriso e un scintillio negli occhi. "Ma, beh, dal momento che lo stai chiedendo, penso che sia bene dire che mia madre odia Lauren ora."

 

Quella era l'ultima cosa che mi sarei aspettato di sentire, e il mio volto decise di mostrarlo spalancando la mascella senza il consenso del mio cervello. Non avevo mai avuto l'impressione che Anne apprezzasse particolarmente Lauren, ma non aveva mai espresso il suo disprezzo in modo così diretto. Almeno non quando io ero nei paraggi.

 

"Io- perché? Cosa è successo?" chiesi, "non l'hai messa incinta, vero?" aggiunsi tentando di scherzare.

 

"È improbabile," disse lui asciutto, "no, Lauren è venuta qui questa mattina, verso le cinque, e ha lanciato una pietra sulla finestra di Connor. L'ha rotta, c'erano delle schegge di vetro su tutto il suo letto, e quando si è svegliato questa mattina, si è rotolato e alcune schegge sono finire nella sua schiena. Papà è al pronto soccorso con lui."

 

"Oh mio Dio, sei serio?" chiesi con una mano davanti alla bocca e gli occhi spalancati. "Sta bene?"

 

"Si, starà bene," sospirò, "ma ha bisogno di punti e lui è spaventato a morte dagli aghi, quindi papà ha chiamato un'ora fa perché Connor stava piangendo e voleva Adrian, e si rifiutava di avvicinarsi ad un ago fino a quando non fosse arrivato, quindi adesso mamma deve andare fino a lì e- si. Penso che sabato la serata-cinema sia annullata."

 

Da quando il sabato c'era la serata-cinema?

 

Scossi la testa e trascinai una mano sul mio viso, avendo difficoltà a credere a quello che stavo sentendo. Lauren era spregevole. Era fredda. Era cinica. Era scortese. Era senza cuore. Era una puttana.

 

Avevo capito tutto quello più o meno dalla prima volta che l'avevo vista, ma ora potevo aggiungere anche 'pericolosa' all'elenco. Lanciare una pietra ad una finestra era abbastanza grave, ma lanciare una pietra alla finestra della camera di un bambino di tre anni? Che tipo di persona lo farebbe?

 

Il tipo di persona che Harry ha scelto per essere la sua ragazza, a quanto pare.

 

"Perché diavolo lo avrebbe fatto?" chiesi confuso, "cosa le ha fatto Connor?"

 

"Esiste," disse freddamente, "non le piacciono molto i bambini."

 

"Perché questo non mi sorprende?"

 

Lui sorrise. "Comunque, ad essere onesti, io credo che lei... credo che non stesse cercando la finestra di Connor."

 

"E quale?"

 

"La mia o la tua," disse semplicemente.

 

"Io- cosa? Perché?" chiesi confuso, "voglio dire, so che non le piaccio, ma-"

 

"Abbiamo litigato ieri," disse, "è stato piuttosto brutto."

 

"Ieri," ripetei. Harry era andato a casa di Lauren dopo scuola il giorno precedente ma era tornato a casa la sera con un umore normale e non aveva detto una parola sull'aver litigato con lei quando avevamo avuto la nostra solita conversazione a tarda notte. "Non hai detto niente."

 

Scrollò le spalle. "Non volevo disturbarti, hai abbastanza da affrontare."

 

"Harry, andiamo," dissi, "se sei incazzato con Lauren, io sono felice."

 

"Sei un amico," ridacchiò. Mise il braccio intorno alla sua vita e gettò la testa all'indietro, lasciando uscire un forte gemito che sembrava di sforzo mentale. Passarono alcuni secondi prima che abbassasse di nuovo lo sguardo su di me e curvasse le spalle. "Vuoi entrare e sederti?"

 

Fu solo allora che notai quanto rigida e dolorante fosse la mia schiena durante quei dieci minuti che avevo passato in piedi, e un piccolo lamento mi sfuggì prima di poterlo fermare.

 

"Okay, vieni," disse Harry senza ulteriori indugi, mentre faceva un passo avanti e afferrava dolcemente la mia vita. Mi portò nel letto e non mi lasciò fino a quando non fui seduto al sicuro sul bordo. La porta era rimasta aperta mentre strisciai verso la tastiera del letto per sedermi comodamente ed Harry si mise accanto a me facendo un respiro profondo. Ci sedemmo in silenzio, io non pensando a niente ed Harry guardando in aria con occhi stanchi e la sua bocca curvata verso il basso.

 

"Allora," dissi, inclinando la testa verso l'alto, "posso farti una domanda?"

 

"Spara."

 

"Come fai a sapere che è stata Lauren a lanciare la pietra?" esitai per un momento. "Tu non... non eri con lei, vero?"

 

"Cosa?" chiese, non sembrava si aspettasse quella domanda se lo sguardo con occhi spalancati che mi aveva mandato era di qualche giudizio. "No, certo che non ero con lei!"

 

Sembrava un po' scandalizzato, e se la situazione non fosse stata così grave, l'avrei preso in giro per quello.

 

"Allora come fai a sapere che era lei?" chiesi.

 

"L'ho chiamata stamattina e le ho chiesto se sapesse qualcosa." Contrasse la labbra dispiaciuto. "Era stranamente tranquilla. So che la notte doveva uscire, il che spiegherebbe perché ha preso la finestra di Connor e non la mia o la tua. Sono tutte nello stesso muro, ed era ubriaca, quindi... la conosco- se non fosse stata colpevole, avrebbe negato nel momento stesso in cui la stavo accusando."

 

Pensavo che fosse piuttosto improbabile che qualche persona a caso venisse a lanciare una pietra ad una finestra nel bel mezzo della notte senza nessun motivo, e soprattutto in quella città. Nessun crimine era mai stato commesso lì e, se era successo, era solo un ragazzo che aveva rubato un cioccolato al supermercato. Non volevo difendere Lauren, quindi annuii.

 

"Ha senso, suppongo," dissi, "allora, cosa... succederà adesso?"

 

"Devo parlare con lei, sistemare le cose."

 

Il mio cuore cedette un po' e guardai giù. "Quindi dovrai- oh. Giusto. Naturalmente."

Era forse ingenuo da parte mia aver sperato che rompesse con lei?

 

"Non posso proprio lasciar perdere l'intera questione, no?" chiese frustrato, "sarebbe potuto finire molto peggio che solo con una semplice visita al pronto soccorso, e io- no, devo parlare con lei."

 

"Si, lo capisco," dissi, annuendo per spiegare il mio punto, "cosa ha detto tua mamma? Sembrava arrabbiata."

 

"Lo era," disse con una risata senza umorismo, "non l'avevo mai vista così arrabbiata, penso. Anzi, forse quando avevo dodici anni e mi aveva beccato mentre bevevo da una delle bottiglie di vino di papà fuori dalla porta. Ma comunque, è stata abbastanza chiara sul fatto che Lauren non è più la benvenuta qui, quindi non devi preoccuparti di vederla di nuovo. Almeno non qui."

 

"Beh, questo è qualcosa," offrii.

 

"Si."

 

Sbattei le palpebre, stringendo le mie labbra e giocando assente con le mie dita. Qualche giorno prima mi aveva detto che avremmo parlato di quello che era successo quel sabato, e quanto tempo sarebbe dovuto passare ancora? Mi sembrava un momento giusto per portare a galla la questione, ma ad essere onesti avevo paura di farlo. E se mi avesse detto che era stato uno scherzo? O che era solo ubriaco? O se in quel momento lo pensava davvero, ma poi aveva cambiato idea? Ma d'altra parte, non potevo continuare a chiedermelo per sempre, non importava quanto scomoda potesse essere la verità.

 

Con quello in mente ed una voce nella mia testa che mi diceva 'fallo, fallo, fallo,', inalai profondamente e pronunciai un "ehi, Harry?"

 

"Si?"

 

"Posso- so che probabilmente non ti senti di parlarne in questo momento," cominciai esitante, guardandolo nervosamente, "ma io... ho bisogno di sapere se- tutte quelle cose hai detto quella notte, quando eri ubriaco, le intendevi per davvero? Tutte? O era tutto, sai, una cazzata?"

 

Non sospirò, né gemette, né si colpì la fronte, ma dallo sguardo che mi mandò, capii che voleva farlo. Non perché era arrabbiato, necessariamente, ma perché avevo scelto un momento sbagliato per tirare fuori l'argomento. Comunque, non importava in che momento avessi deciso di farlo, sarebbe sempre stato un momento sbagliato.

 

"Hai ragione, non mi sento di parlarne adesso," disse dopo un lampo di esitazione, "ma va bene. Solo- è okay se lo faccio un po' velocemente?"

 

"Certo," dissi, anche se in qualche modo dubbioso, non sapevo cosa intendesse con 'velocemente'.

 

"Okay, allora riassumerò tutto in una frase," disse, sporgendosi leggermente per guardarmi negli occhi, "ricordo tutto quello che ho detto - purtroppo - e intendevo davvero ogni singola parola."

 

Sorrisi, mordicchiandomi il labbro inferiore per impedire al mio viso di spaccarsi a metà.

 

"Tutto?" chiesi, quasi spaventato di far accendere di nuovo le mie speranze, per poi spegnerle di nuovo.

 

"Si, tutto," confermò.

 

"Anche-"

 

"Tutto."

 

"Si, ma cosa-"

 

"Tutto, Lou," mi interruppe, "ogni parola."

 

"Lasciami chiedere solo una cosa," dissi, stringendomi le mani. Sorrise ed annuì come per dire 'continua'. 

 

"Intendevi la parte, sai, in cui avresti rotto con Lauren?"

 

"Oh, no, quella parte no."

 

Il mio cuore sprofondò e così il mio viso, ma prima che potessi andare avanti, Harry scoppiò a ridere.

 

"Si, intendevo anche quella parte, idiota," disse, "come ti ho detto, intendevo tutto."

 

Il sorriso sul mio viso riapparve, questa volta insieme al suono di una risata isterica e un gridolino. "Okay, questo è- si, fantastico," dissi, non trovando qualcosa di meglio da dire.

 

"Allora possiamo abbandonare questo argomento per il momento?" chiese. "Mi sembra ci siano altre cose da affrontare ora. Tipo io che devo parlare con Lauren. E che io e te siamo stati invitati domani a casa di Zayn per festeggiare il fatto che lui e Liam hanno chiarito, a quanto pare."

 

Battei le palpebre.

 

A causa di tutto quello che era successo dal giorno in cui avevo parlato con Liam al telefono, avevo completamente dimenticato le questioni che stavano succedendo tra i due, e mi sentii un po' colpevole. Non volevo essere il tipo di persona che rimane intrappolato nelle proprie situazioni da dimenticare che anche le persone intorno hanno dei problemi.

 

"Beh, grazie a Dio," dissi.

 

"Si," si accigliò, "si, è una buona cosa, ma mi sto ancora chiedendo se c'è qualcosa che non mi stanno dicendo. Sembra di si."

 

"Come mai?"

 

"Prima di tutto il litigio," disse, "gli amici normali non litigano un questo modo. Almeno non i ragazzi. E in secondo luogo, ci stanno invitando a festeggiare il fatto che hanno chiarito. Quello è strano. I ragazzi normali non lo fanno."

 

Sorrisi, facendo del mio meglio per mantenere la mia espressione seria, perché a dire la verità, volevo ridere e dirgli tutto. "Se c'è qualcosa da dire, sono sicuro che la condivideranno quando se la sentiranno," dissi invece.

 

"Suppongo. Spero solo di non aver dato loro l'impressione che li avessi giudicati, nel caso ci sia... qualcosa."

 

Purtroppo, con il suo modo di essere, non potei dire con certezza che non l'avesse fatto. Se lo aveva fatto, non era sua intenzione, per quanto ne sapevo, ma comunque. "Dagli solo un po' di tempo, Harry."

 

"Si, si," disse sbrigativo, "il punto, comunque, è che andiamo da Zayn domani alle sei per pizza, birra e Wii." Esitò, mandandomi un'occhiata ansiosa. "Se ti va bene naturalmente."

 

"Non credo che mi vada bene la Wii," dissi, spostando lo sguardo verso il mio stomaco per un secondo, "e non sono nemmeno sicuro della birra."

 

"La pizza suona bene, però, vero?" chiese con speranza, "dai, voglio che tu venga."

 

"Certo che verrò," dissi, cercando di nascondere il sorriso soddisfatto trattenuto tra le mie labbra, "non mi perderò l'opportunità di mangiare una pizza. Inoltre, è passato un po' da quando ho visto Zayn e Liam l'ultima volta. Verrà anche Niall?"

 

"Come se rinuncerebbe alla possibilità di stracciare Zayn alla Wii," sbuffò.

 

"E io non voglio perdere l'occasione di testimoniarlo," dichiarai, "quindi verrò sicuramente."

 

"Bene," sorrise, "ma dimmi se sei stanco o se stai male o se c'è qualcosa che non va, okay? Me lo prometti?"

 

"Sei diventato troppo ansioso," commentai. Mi lanciò uno sguardo che mi diceva di fare il serio. "Ma si, te lo prometto."

 

"Grazie."

 

"Prego."

 

Sorrise e si appoggiò al cuscino, chiudendo gli occhi. "Penso di dover andare a casa di Lauren ora e parlarle," disse, "ma che ne dici se quando torno andiamo a quel picnic che avremmo dovuto fare una settimana fa?"

 

Sorrisi con sorpresa. "Pensavo ti fossi dimenticato."

 

"Certo che no," disse, "ci sono stati degli ostacoli. Allora che ne dici? Andrò a parlare con Lauren, compro un po' di cibo nel tragitto da lì a casa - panini, succhi di frutta, biscotti, croissant, frutta-"

 

"E cioccolato."

 

"Cioccolato?"

 

"Non fare domande ad una persona incinta, Harry. Il risultato potrebbe essere fatale."

 

"Okay, vada per il cioccolato."

 

"Bravo ragazzo."

 

"Woof woof." Ghignò. "Ma va bene, allora è deciso. Tornerò verso le quattro e andremo al parco. Ok?"

 

Annuii. "Sicuro. E... cerca di non romperle la mascella o qualcos'altro quando la vedi, ok?"

 

"Non picchio le ragazze," disse, "anche se devo ammettere che l'avrei voluto fare recentemente."

 

Sorrisi debolmente. "Penso che ti consiglio di tenerti lontano. Ti prenderebbe a calci in culo probabilmente, no? Una volta mi hai detto che fa karatè."

 

"Ed io gioco a calcio. Posso calciare."

 

"Sono certo che tu possa," dissi, pizzicando il suo ginocchio. "Ora alzati, vestiti ed esci."

 

"Mi stai dicendo di uscire dalla mia stanza?" chiese con un sopracciglio sollevato verso di me, "perché non esci tu?"

 

"Perché ho intenzione di rimanere qui fino al tuo ritorno," dissi, "non posso scomodarmi per spostarmi ora che sono comodo. E sono state le tue urla ad avermi svegliato, quindi mi permetterai di usufruire del tuo letto per un paio d'ore."

 

"Come se non spendessi già il cinquanta percento del tuo tempo qui," disse mentre si alzava del letto e si dirigeva verso l'armadio. Con la schiena rivolta verso di me, uscì dai suoi vecchi jeans e tolse la maglietta. Concedendomi una buona visione del suo fondoschiena. Era un bel fondoschiena. Le mie guance diventarono un po' rosa, ma tenni gli occhi su di lui mentre si metteva un paio di jeans puliti e una maglietta pulita, e quando si voltò, aveva un sorriso sul volto che diceva che sapeva che stessi guardando.

 

"Okay, se hai finito di fissare," cominciò, "ora uscirò e farò altro oltre che essere fissato come se fossi un bocconcino per te."

 

Le mie guance si colorarono. "Non stavo fissando." Chiaramente non mi credeva, e mi schiarii la gola prima di aggiungere "stavo solo... guardando di sottecchi."

 

"Se vuoi un altro po' guardare di sottecchi," disse mentre camminava verso la porta, "puoi provare a indovinare la password del mio hard drive di Google. Ci sono alcuni nudi che ho salvato." Con quello ed un sorriso imbarazzante, fece un passo fuori dalla porta e la chiuse, lasciandomi con la bocca semi-aperta e un crescente sentimento di eccitazione nel mio basso ventre.

 

 

*

 

 

Aveva detto che sarebbe tornato alle quattro, ma erano appena le tre e un quarto quando arrivò a casa. Prima di quel momento, avevo avuto il tempo di fare un pisolino, fare una doccia impacciata - senza chiudere la porta a chiave, perché apparentemente Anne ed Harry erano d'accordo sul fatto che c'era una grande possibilità che sarei potuto cadere e svenire privo di sensi, e quindi era importante che potessero arrivare rapidamente in caso fosse successo -, fare un pasto costituito da una barca di patatine super fritte e pudding al cioccolato e sedermi sul divano davanti alla TV per mangiare. Avevo appena messo in bocca la prima patatina quando sentii la porta d'ingresso aprirsi. Dopo un rapido sguardo all'orologio sul lettore DVD, conclusi che doveva essere il resto della famiglia di ritorno dal pronto soccorso.

 

"Sono pigro per alzarmi, ma è tutto okay?" dissi, la testa gettata sulla mia spalla per essere in grado di vedere la porta.

 

"Va tutto bene," disse la voce di Harry un secondo prima che apparisse, "nessuno è stato ferito fisicamente, ma Lauren è pazza, si rifiuta di scusarsi e sembra che per lei un paio di tagli profondi sulla schiena di un bambino siano okay," si sedette accanto a me con un sospiro ed uno sguardo arrabbiato e incredulo sulla faccia. "Che cosa ci ho visto in lei, Lou?" mi chiese allora.

 

"Non ne ho idea," risposi onestamente e misi in bocca un cucchiaio di pudding. 

 

"Si, nemmeno io," ribatté lui, "voglio dire, lei... non è sempre stata così cattiva, vero? Non può esserlo stata. Per favore dimmi che non è sempre stata cattiva. Per favore."

 

Arricciai la bocca cinicamente e sollevai un sopracciglio incredulo. "Quella ragazza ha passato gli ultimi sei mesi a prendermi in giro, mi ha criticato e fondamentalmente ha fatto tutto quello che fosse in suo potere per cancellare l'autostima che avevo," dissi secco, "quindi non credo di essere la persona giusta a cui chiedere se è sempre stata così cattiva." Feci un pausa per un momento. "Ma dato che me lo stai chiedendo, si, è sempre stata così cattiva."

 

Gemette e trascinò le mani sul viso. "Liam, Niall e Zayn me l'hanno detto fin dall'inizio che era... beh, non carina, ma io- non lo so nemmeno. Mi piaceva. Non solo per il suo aspetto, ma perché... era diversa da tutti gli altri, non così ossessionata e roba del genere, più informale e rilassata. Mi piaceva all'inizio, era facile, rilassante. E lei è brava a letto, non posso negarlo."

 

"Per favore non dirmi che sei rimasto tutto questo tempo con lei solo perché è una buona scopata," commentai, "so che alcuni ragazzi sono così, ma per favore non dirmi che sei uno di quelli, non ora che stavi iniziando a sembrare un essere umano più decente."

 

"Certo che no," disse, sembrando un po' offeso, "non facciamo nemmeno sesso da, non so, anni."

 

Sollevai le sopracciglia con sorpresa. E forse gioia. "No?"

 

"No," confermò.

 

"Oh. Okay allora." Presi un'altra patatina e la stanza si avvolse in un piacevole silenzio eccetto i suoni provenienti dalla TV mentre masticavo e inghiottivo. "Cosa... cosa è successo allora? Siete ancora...?" Lasciai la domanda in sospeso, ma sembrava aver capito.

 

"Si, no, non abbiamo rotto," disse.

 

"Perché no?" chiesi, "hai appena detto che-"

 

"Non è così facile, Lou."

 

"Ma perché no?"

 

"Louis, per favore."

 

Non potei fare a meno di sfidarlo e mandargli uno sguardo tagliente. "Non dirmi 'per favore'!" dissi ad alta voce. "Se c'è una ragione per la quale vuoi rimanere con lei dopo questo, penso davvero che mi sia guadagnato una spiegazione invece di stare seduto qui e-"

 

"Lei lo sa, okay?" mi interruppe. Con un movimento improvviso, si alzò in piedi e mi guardò. "Lei sa riguardo- riguardo ai ragazzi con cui sono stato in estate."

 

Sbattei le palpebre una, due, tre volte, elaborando l'informazione, e poi sospirai pesantemente. "Quindi ti sta ricattando, vero?" chiesi, "lo sta facendo da molto tempo? È per questo-"

 

"No, no, non sapevo che lo sapesse fino ad un'ora fa più o meno," disse, scuotendo la testa con fermezza, "ma lei ha reso abbastanza chiaro il fatto che se avessi rotto con lei, lo avrebbe detto a tutti."

 

Lentamente, posai la forchetta e il cucchiaio sul piatto e poi posai quest'ultimo sul tavolo davanti a me. Per alcuni momenti lo guardai semplicemente, con aria interrogativa. "E per quanto tempo pensi di nasconderti al mondo, Harry?" chiesi con calma. "Liam, Zayn e probabilmente anche Niall sospettano già che tu sia gay o almeno bisessuale, e loro sperano che tu gli dica la verità, quindi non ti giudicheranno. E sai bene che la tua famiglia non lo farà lo stesso. Finiremo la scuola tra poco più di un mese, quindi non capisco da cosa sei spaventato."

 

Lentamente, quasi impercettibilmente, lui scosse la testa come per dire che non capivo. Ci volle un lungo minuto prima che lasciasse rilassare le spalle e gli occhi si chiudessero. 

"Non voglio essere attratto dai ragazzi, Lou," disse piano, studiando le sue dita dei piedi, "non voglio essere qualunque cosa io sia. Voglio essere attratto solo dalle ragazze e dalle donne, voglio sistemarmi con una ragazza, sposarmi con una ragazza e avere una famiglia con una ragazza. È sempre così che mi sono visto, ed è difficile rendersi improvvisamente conto che il modo in cui vedevi la tua vita era una menzogna. Non voglio che le cose cambino, e se comincio a dire alle persone che mi piacciono i ragazzi, sarà tutto molto più reale."

 

"È già reale, Harry," dissi, la mia voce molto più affilata del previsto, "e stare qui a dirmi che odi il fatto che sei attratto dai ragazzi, mi fa male, perché so che tu provi dei sentimenti per me e perciò sembra che sia disgustoso che tu sia attratto da me, il che lo fa apparire come se tu trovassi me disgustoso."

 

I suoi occhi si spalancarono comicamente, e subito si sedette accanto a me, più vicino di prima, le nostre cosce che si toccavano. "Non è quello che intendevo," disse, "è solo che non ho mai pensato che mi sarei innamorato di un ragazzo. È una sensazione nuova, anche se è passato quasi un anno da quando è iniziato, ed è ancora spaventoso. Non ho paura di quello che le altre persone possano pensare di me, non proprio, non è la parte più difficile; la parte più difficile è quella di poter accettare il fatto che questo sono io. So che mi piacciono i ragazzi quanto le ragazze, e va bene, ma devo ancora accettarlo come parte reale di me stesso, invece di vederlo come un... difetto. Non ha niente a che fare con te, te lo prometto."

 

Quello era un aspetto tutto nuovo che non avevo mai considerato prima, e annuii. "Io... io vorrei che me lo avessi detto prima," dissi, "sarebbe stato più facile capire cosa pensavi. E nemmeno io morivo dalla voglia di uscire allo scoperto, ma non ho più paura di quello, non come prima almeno. Il punto è che ho capito che vuoi del tempo per pensarci, ma... devi solo tenere a mente che le persone che hai vicino non ti giudicheranno. Semmai, ne sarebbero sollevati."

 

Un sorriso fiorì sul suo volto e guardò in basso per un attimo. "Si, lo so," disse e alzò di nuovo lo sguardo, "ma lascia che ti faccia una domanda, okay?"

 

"Vai."

 

"Per quanto tempo sei disposto ad aspettarmi prima che esca allo scoperto?" chiese, "hai già aspettato per lungo tempo, affrontando i miei sbalzi d'umore e tutto, quindi quanto ancora mi aspetterai?"

 

Sorrisi debolmente. "Non ti salterò addosso appena romperai con Lauren," dissi, "abbiamo tante cose su cui lavorare, e c'è ancora il bambino da considerare e il resto, quindi non sentire la necessità di affrettare le cose. Pensa prima a te stesso e poi vediamo cosa fare."

 

Annuii lentamente mentre guardava niente in particolare, ma sembrava stesse pensando a qualcosa. Continuò così per un paio di minuti prima che si mordesse il labbro, indirizzando di nuovo il suo sguardo verso di me e sorrise. "No, sai cosa? Voglio fare un patto," disse.

 

"Un patto?" chiesi con sorpresa, "che tipo di patto?"

 

"C'è un ballo scolastico il 17 giugno," disse, "è tra più di un mese. Allora il bambino sarà nato e se rispettiamo le nostre regole, dovremmo decidere cosa fare con lui."

 

Una debole speranza cominciò a crescere nel mio petto, ma temendo di aver frainteso, non osai fare altro oltre ad annuire per convincerlo a continuare.

 

Inalò profondamente. "Io... vorrei portarti lì," disse, "al ballo. Se vuoi venire con me, ovviamente."

 

Delle lacrime si formarono nei miei occhi non appena le parole lasciarono la sua bocca e quando provai a dire 'si', tutto quello che venne fuori fu un imbarazzante gridolino. Solitamente una persona non si emoziona così quando gli viene chiesto di andare al ballo, giusto? Optai per incolpare gli ormoni. In realtà, probabilmente erano davvero gli ormoni. Soprattutto.

 

"Dovrei prendere quel rumore molto attraente per un si?" chiese, con gli occhi brillanti.

 

"Si, si," dissi, strofinandomi gli occhi in fretta prima che le lacrime iniziassero a cadere sul mio viso, "ovviamente voglio venire con te."

 

Il suo volto si illuminò in un sorriso. "Bene," disse, "Allora, si, dammi tempo solo fino al 17 giugno, e Lauren sparirà. Probabilmente dovrei dirlo prima ai miei genitori, Liam, Zayn e Niall."

 

Annuii. "Si, suona bene, quando-"

 

"Non solo so, ma prima del 17 giugno," mi interruppe.

 

"Quindi, a partire dal 17 giugno, saremo... cosa?"

 

Arricciò il naso pensieroso. "Non lo so," disse, "ma lo scopriremo, okay?"

 

Annuii; se era disposto a portarmi al ballo, sicuramente non si sarebbe lamentato riguardo al volerci etichettare. "Si, mi va bene."

 

"Ottimo!" esclamò, "adesso che ne dici di andare al parco e fare quel picnic, eh?"

 

Mandai un'occhiata disperata al piatto di patatine e al pudding al cioccolato prima di alzare lo sguardo e chiedere "possiamo imbustarlo?" e feci un cenno verso il piatto.

 

Gettò uno sguardo al piatto. "È davvero disgustoso," commentò, "ma va bene, possiamo imbustarlo."

 

 

*

 

 

Il tempo era bello quel giorno - il cielo azzurro e il sole splendente -, e il parco era pieno di famiglie e coppie felici quando arrivammo. Mi sentivo un'idiota mentre camminavo lungo l'ampio sentiero, passando accanto a numerose persone che mi mandavano sguardi strani, alla ricerca di un albero in cui potermi appoggiare.

 

"Stai bene?" chiese Harry quando stavamo camminando da un paio di minuti.

 

"Si, sto bene," dissi, "è passato un po' da quando sono uscito l'ultima volta. È carino. Aria fresca e tutto. È bello vedere persone che non sono medici o impiegate stronze di agenzie di adozione."

 

Rise. "Quella donna era davvero una stronza; pensi che possiamo richiedere qualcun altro?"

 

Scrollai le spalle. "Non lo so. Non capisco perché la dottoressa Hayes ci abbia mandato da lei."

 

"Ha detto che era una sua amica, no?"

 

"Si, e che non avrebbe giudicato."

 

"Suppongo si sbagliasse."

 

"Si. Non sono sorpreso comunque."

 

"Cosa? Come mai?"

 

"È solo che lei è la prima persona che ha saputo la verità senza accettarla. Sono sorpreso che non sia accaduto prima."

 

Abbassò lo sguardo indignato. "Non c'è niente da accettare, sei solo-"  

 

"Un ragazzo incinto," lo interruppi perplesso, "è strano, Harry, posso vederlo da solo."

 

Eravamo arrivati quasi alla fine del parco e stavo per dire che ci saremmo dovuti arrangiare senza albero quando improvvisamente Harry si fermò. Mi fermai pure io e lo guardai con curiosità, sorpreso di trovarlo con gli occhi spalancati e la bocca altrettanto. 

 

"Cosa?" chiesi.

 

Senza dire nulla, sollevò una mano e la puntò dritta sulla strada. Leggermente sconvolto e senza aver avuto il tempo di pensare a quello che poteva averlo intimorito all'improvviso, girai la testa per vedere.

 

"Oh," sussurrai, una sensazione di vuoto mi riempì il petto, facendomi sentire come se stessi per soffocare. Ciò che Harry mi aveva indicato erano due persone che camminavano verso di noi. 'Due persone' significava mia mamma e Ian. Stavano camminando mano nella mano, sorridendo e ridendo, e qualcosa a quella vista mi fece sentire incredibilmente triste. Non mi importava molto di Ian, ma il fatto che mia mamma sembrasse così spensierata, felice e libera... faceva male. Non sembrava che il fatto che non mi vedesse da quasi un mese la disturbasse e-

 

 "Oh Dio," pronunciai, mettendo la mano davanti alla bocca e deglutendo duramente, cercando di non piangere lì in mezzo al parco affollato. Si stavano avvicinando a noi e sapevo che non serviva a niente girarci per andarcene. In un paio di secondi, ci avrebbero visti. Non ero esattamente nello stato di poter correre. Solo Dio sapeva cosa avrei fatto.

 

Harry fece un passo più vicino a me, mi mise una mano sulla spalla, e mormorò un basso 'rilassati, andrà bene, calmati'. A quanto pare aveva notato quanto fossi diventato teso. Mi sentivo come se tutto stesse accadendo a rallentatore; loro si avvicinavano sempre di più a noi, camminando dritti e sorridendo e ridendo come poco prima. Per mezzo secondo, sembrò quasi che ci avrebbero oltrepassato, perché erano a soli due metri da noi e non ci avevano ancora visti. Ma poi, proprio mentre i loro corpi si affiancarono ai nostri, due metri alla nostra sinistra, mia madre girò la testa nel bel mezzo di una risata e i nostri occhi si incontrarono. Proprio come Harry aveva fatto un minuto prima, si fermò e ricambiò il mio sguardo.

 

"Che succede?" chiese Ian, ovviamente non mi aveva ancora notato.

 

Mia mamma non rispose, continuava a guardarmi. Ian trascorse altri due secondi guardandola confuso prima di seguire la direzione dei suoi occhi e-

 

"Oh, ciao, Louis."

 

Ciao, Louis? Era serio? Probabilmente. I robot malvagi non avevo l'abilità di scherzare.

 

"Non hai perso peso, vedo," continuò, "anzi, sembra che tu sia peggiorato." Gettò uno sguardo altezzoso a Harry. "Ma sei riuscito a trovarti un ragazzo."

 

Lottai per mantenere la mia faccia seria, ma non potei fare a meno di fermare il mio labbro che tremava e il nodo nel mio petto che cresceva sempre più grande, facendomi respirare irregolarmente. C'erano dei rumori nelle mie orecchie che tutto intorno - i bambini che giocavano, gli uccellini che cantavano, la gente che rideva, le macchine - suonavano come se venissero da lontano, molto lontano. Non avevo mai sentito niente di simile prima - l'anima straziata, il sangue che ribolliva, la mente intorpidita dalla sensazione di tradimento, perdita, umiliazione, odio e tristezza, e non volevo riprovare qualcosa del genere mai più. La tristezza e la perdita erano dirette a mia madre, perché nonostante il fatto che fosse rimasta dalla parte di Ian quando mi aveva buttato fuori casa, l'amavo e mi sembrava terribile essere così distante da lei. Il resto delle emozioni erano rivolte ad Ian, però, perché era tutta colpa sua. Se non fosse entrato nelle nostre vite e non avesse rovinato nulla, in quel momento sarei ancora nella mia casa.

 

"Come... come sta Owen?" riuscii a dire, dopo un bel po' di tempo passato in silenzio.

 

"Ha trovato una fidanzata," disse Ian, e giurai di aver sentito nella sua voce un tono di derisoria malizia.

 

"Oh," dissi, "è una buona cosa per lui. Digli che lo saluto."

 

Ian mi mandò un sorriso stretto in risposta, e senza dire un'altra parola, iniziò a camminare di nuovo, trascinando mia mamma con lui. Lei mi guardò da sopra la spalla, e mi offrì un sorriso tentennante che non ricambiai. Il mio corpo rimase rigido come un bastone fino a quando non erano più molto visibili, dopodiché scomparvero nella curva del sentiero, e improvvisamente mi sentii come una palloncini che viene sgonfiato. Barcollai di lato, tenendomi ad Harry, e dalla mia bocca uscì un piccolo, piccolissimo gemito.

 

"Whoa, ehi, Lou? Stai bene?" chiese immediatamente, suonando preoccupato, quasi impaurito.

 

"No, si-, io-, no, io- penso di voler tornare a casa," sussurrai, tenendomi alla parte anteriore della sua maglietta come se la mia vita dipendesse da quello. "Per favore?"

 

"Si, certo," disse mentre rafforzò la stretta intorno alla mia vita, "andiamo, possiamo farlo un'altra volta se vuoi."

 

Non risposi, mi lasciai guidare lungo il sentiero per tornare a dove la macchina era parcheggiata.

 

La prima parte del tragitto verso casa passò in completo silenzio; Harry aveva gli occhi diretti in avanti, la presa intorno al volante, e io non avevo idea di cosa dire in caso avessi voluto dire qualcosa. Fu quando passammo davanti ad una stazione di servizio che all'improvviso una fitta dolorosa mi colpì la schiena facendomi emettere un sorpreso 'oh!' e stringere istintivamente la mano sul mio stomaco.

 

Harry mi guardò immediatamente. "Che succede?" chiese, la sua voce quasi agitata.

 

Inghiottii e presi un respiro profondo, prima di scuotere la testa, senza guardarlo. "Niente, ha solo scalciato," mentii.

 

Harry era già pronto a svenire dalla preoccupazione; non c'era bisogno di aggiungere altro dicendogli qualcosa che probabilmente non era niente di preoccupante.

 

Lo sentii sospirare di sollievo. "Dimmelo se c'è qualcosa che non va, però, va bene? Anche se pensi che sia solo una cavolata."

 

"Si, certo." Il senso di colpa per avergli mentito non affievolì quella montagna di emozioni che stavo provando.

 

Il resto della famiglia era tornata a casa quando varcammo l'ingresso, ma a causa di tutto quello che era successo, non ero particolarmente di buon umore. Quello combinato a ciò che io ed Harry avevamo passato nelle ultime ore, poteva venire messo nella categoria delle 'cene orribili' dato che nessuno si preoccupava di dire o fare niente oltre che masticare il cibo.

 

Fra me e me pensai che era strano che nessuno si fosse preoccupato di preparare la cena.

 

Il resto della giornata passò con me ed Harry distesi sul suo letto, alternandoci tra appisolarci, dormire e parlare di cose senza senso. Sapevo che avrebbe voluto chiedermi se stessi bene, sia per quanto riguardava il bambino che per mia mamma e Ian, ma tenne la bocca chiusa, cosa di cui gli fui grato - se avesse chiesto, gli avrei dovuto mentire, e non volevo.

 

E quella fu la ragione per cui fui eternamente grato di ritornare nella mia stanza, al sicuro nascosto sotto le coperte prima che l'orologio segnasse le 23.

 

L'orologio sul mio telefono segnava le 22.58 quando la stessa sensazione dolorosa che avevo sentito in auto mi colpì di nuovo; la forza era più o meno la stessa di quella precedente, ma durò più a lungo, per circa quattro o cinque secondi con esattezza. Mi morsi il labbro e misi una mano sulla pancia, guardandola ansioso.

 

"Puoi calciare un po', piccolo?" sussurrai, "devo solo sapere se stai bene."

 

Non ricevetti alcuna risposta e mi accigliai. Non successe niente dopo, e così chiusi gli occhi e cercai di addormentarmi. Si rivelò molto difficile, ma dopo poco più di un'ora ero in viaggio verso il mondo dei sogni. Il problema era che proprio in quel momento fui svegliato piuttosto bruscamente dagli stessi dolori che mi resi conto sembravano essere come dei crampi. Erano dolorosi, ma non così dolorosi da sentire la necessità di rannicchiarmi o fare qualsiasi altra cosa che indicava fossi in agonia.

 

Non poteva essere qualcosa di brutto, vero?

 

"Per favore, piccolo," mormorai stancamente, sfregando il palmo sul lato della pancia, "solo un calcio per farmi calmare un po'?" Non ricevetti ancora niente in risposta, e sospirai. Ancora una volta cercai di tornare a dormire, ma fu ancora più difficile. Passò un'altra ora prima che un calcio improvviso interruppe il mio tentativo di dormire e aprii gli occhi.

 

"Grazie," sospirai, "pensi che forse potremmo- oh!"

 

Un'altra serie di crampi mi attraversarono il corpo, anche se non localizzate solo dietro la schiena, ma anche nel mio stomaco. Durarono circa dieci secondi, lasciandomi un senso crescente di timore e ansia.

 

Finalmente mi assopii, ma solo dopo due ore di altri dolori.

 

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Capitolo 36
*** 36. How long have you know? ***


CAPITOLO 36

Da quanto tempo lo sai?

 

 

Sabato, 8 Maggio

Trentasette settimane e sei giorni

 

 

Fu con urlo, un gemito, e un brontolato 'stupido bambino' che mi alzai dal letto la mattina successiva. Avevo passato la notte in uno stato di inquietudine, e anche se avevo avuto qualche ora per dormire, era andata così: un'ora di sonno, un'ora sveglio, un'ora di sonno, un'ora sveglio, e così era andata per tutta la notte. Inutile dire che ero piuttosto di mal umore quando mi feci la doccia quella mattina. O forse 'mattina' era un termine leggermente sbagliato da usare visto che erano già passate le 12.00. Harry doveva ancora svegliarsi quando entrai in cucina per cercare qualcosa da mangiare per colazione, ma Connor, Adrian e Anne erano lì, seduti accanto al tavolo con un cestino di bagel e diversi tipi di salse sparsi intorno al tavolo.

 

Senza offrire un saluto come normalmente facevo, mi accasciai su una sedia e appoggiai i gomiti sul tavolo, sospirando penosamente. Rimasi così per un po', sforzando gli occhi a rimanere aperti e cercando di non piangere in pura disperazione. Dio solo sapeva quanto volessi farlo.

 

"Sei stanco?" chiese la voce di Connor dopo un paio di minuti passati in silenzio.

 

Sollevai gli occhi per guardarlo e feci del mio meglio per sorridere. Spaventare un bambino per un po' di dolori non poteva essere una scusa per dirgli che avevo passato una notte orrenda. 

 

"Si, un po'," dissi.

 

"Perché?" domandò subito, allargando gli occhi innocentemente verso di me, "la schiena ti fa ancora male?"

 

Era abbastanza strano il modo in cui quel commento mi fece sentire a casa, e il mio sorriso diventò più grande - per quanto possibile. Probabilmente sembrava più una smorfia a quel punto. "Un po'," risposi vagamente, prima di spostare in fretta il mio sguardo verso il tavolo. Stare lì a mentire ad un bambino di tre anni non mi faceva sentire bene.

 

Con la coda dell'occhio vidi Anne mettere nel piatto il bagel che stava per mettere in bocca. Pregando che non stesse per farmi un sacco di domande, la guardai e le offrii un sorriso.

"Va tutto bene," dissi prima che avesse il tempo di chiedere qualcosa, "ha solo scalciato un sacco stanotte."

 

Il sospetto nei suoi occhi non scomparve completamente, svanì solo un po' e un sorriso gli curvò gli angoli della bocca. "Trova un po' di conforto nel fatto che mancano solo un paio di settimane," disse, "quando ero incinta di Harry, ero quasi due settimane in ritardo ed ero quasi pronta ad urlargli contro per uscire da lì."

 

Riuscii a forzare una risata - anzi, sembrava autentica - e mi mangiucchiai in modo assente un'unghia. "Beh, lui uscirà il 24 Maggio," dissi, "quindi non ci sarà nessun ritardo. Grazie a Dio."

 

Lei sorrise di nuovo e prese un boccone nel suo bagel e calò il silenzio mentre masticava e ingoiava. Il mio appetito era scomparso abbastanza improvvisamente e inaspettatamente, e il cibo che si trovava ad un metro di distanza da me sembrava più rivoltante che appetitoso. Guardandolo con disgusto decisi prontamente che saltare la colazione sarebbe stata un'idea intelligente visto che non avevo alcun desiderio di iniziare la giornata stando male di nuovo.

 

"Quali sono i tuoi progetti per la giornata?" chiese Anne con un'espressione curiosa, "Harry ha detto che vi dovete vedere con alcuni amici."

 

Stavo per rispondere quando sentii qualcuno che si avvicinava dietro di me, e un attimo dopo un paio di mani si posarono sulle mie spalle. "Vedremo Liam, Zayn e Niall, mamma," disse la voce di Harry, "andremo alle 17.30."

 

Inclinai la testa di lato e lo guardai, con un sorriso, uno vero quella volta. Ricambiò il sorriso e mi offrì un 'buongiorno' prima di inchinarsi e con mia leggera - o immensa - sorpresa posò le sue labbra sulla mia guancia prima di sedersi sulla sedia accanto a me e prendere un bagel. Le mie guance si riscaldarono a quell'inaspettato gesto di affetto e lo sguardo un po' stupito di Anne, che stava fissando Harry,  mi fece capire che lei se lo aspettava meno di me. Lui non sembrò però notarlo, o forse scelse di ignorarlo, e invece di dare una spiegazione semplicemente mangiò il suo bagel con un piccolo sorriso che arrivava fino agli occhi.

 

"Okay, quindi starai bene, Louis?" domandò Anne quando sembrò rendersi conto che Harry non avrebbe detto nulla per spiegarsi.

 

Sbattei le palpebre confuso. "Starò bene in che senso?"

 

"Stasera."

 

"Oh, certo," dissi, agitando la mano in aria, "in caso contrario, tornerò a casa, non preoccuparti."

 

"Prova a dire una cosa del genere quando con te ci vive una persona in gravidanza," si intromise Harry, "è più facile a dirsi che a farsi, credimi."

 

"Beh, è successo che sono io la persona incinta," dissi, "quindi penso che dovrei essere io quello a determinare se sto bene o no." O forse non avrei dovuto; il fatto che avevo avuto fitte di dolore praticamente tutta la notte e avevo scelto di non dire nulla a nessuno non era proprio da persone responsabili, vero? Ma, ad essere onesti, non volevo che si preoccupassero per qualcosa della quale non valeva la pena preoccuparsi. Ero quasi al nono mese di gravidanza, quindi naturalmente avevo un po' di dolori; niente di anormale, giusto?

 

"Non mi fido molto," mormorò, "ma finché mi farai sapere se c'è qualcosa che non va, seguirò te e il tuo desiderio di essere Miss Indipendente."

 

"Miss Indipendente," ripetei, "grazie, Harry. Mi fai sentire molto mascolino."

 

"Non sarai mai mascolino, incinto o no," ghignò e si guadagnò uno sguardo di disapprovazione da Anne e uno schiaffo nella nuca da me.

 

"Penso che andrò a sdraiarmi un po'," dissi e spinsi la mia sedia indietro, "devo dormire prima di-" mi fermai perché il mio corpo decise proprio in quel momento che sarebbe stato perfetto creare l'ennesima contrazione, attraversandomi tutto il corpo. Dovetti lottare con tutto ciò che avevo e usare ogni centimetro di controllo che avevo in possesso per poter mantenere lo sguardo serio, ma nonostante ciò, sia Anne che Harry spalancarono gli occhi, chiaramente sospettosi e preoccupati. Appena il primo ciclo si concluse dopo venti secondi, sorrisi e scossi la testa. 

 

"Sta scalciando," offrii come spiegazione, "e lo sta facendo da dodici ore; sta cominciando a diventare un po' doloroso."

 

"Non ti ha incrinato qualche costola, vero?" chiese Anne.

 

"È possibile? Pensavo fosse solo qualcosa che succede nei film."

 

"È possibile," dichiarò, "quindi?"

 

Scossi la testa. "No, niente di incrinato, sono solo un po' ammaccato, ecco tutto."

 

Non mi fece sentire bene mentirgli, ma non volevo preoccuparli senza motivo. Ignorando il loro sguardo di apprensione, mi alzai e andai via il più velocemente possibile prima che il mio corpo potesse tradirmi di nuovo. Il secondo dopo che entrai in camera e chiusi la porta, dovetti stringere i denti e i pugni per non emettere nessun suono mentre le interiora del mio ventre e della mia schiena si contorcevano. Camminai - o meglio barcollai - verso il letto e mi lasciai cadere sopra, rannicchiandomi su me stesso e concentrandomi sul respirare normalmente.

 

Mentre stavo lì, nella mia testa cominciò a formasi un pensiero. Era una cosa assolutamente ridicola, e scossi la testa, respingendola immediatamente, perché qualunque cosa stesse succedendo, non poteva essere quello che il mio subconscio sospettava, non poteva, era impossibile. Punto. Ma poi le mie interiora si contrassero nuovamente e la mia teoria mi balenò in mente ancora più prepotentemente di prima, aggrappandosi come una scimmia al suo albero preferito.

 

Era impossibile che stessi entrando in.... travaglio, vero?

 

Il mio corpo si agitò al pensiero, e guardai in basso. "Sei consapevole che è un po' troppo presto per uscire, vero?" chiesi, odiando il modo in cui la mia voce tremava, "dovresti stare lì ancora per un paio di settimane. Abbiamo pianificato tutto, ricordi?"

 

In quel momento, più che mai, desideravo disperatamente che lui potesse darmi una chiara indicazione di quello che stava succedendo, invece dei soliti calci leggeri. Chi era l'idiota dei poteri superiori che aveva deciso che i bambini non erano autorizzati a comunicare prima di nascere? Che senso aveva? Sarebbe stato un po' inquietante farli parlare, ma sarebbe stato così difficile per Dio o Allah o Buddha o chiunque altro permettere ai bambini di conoscere il codice Morse o qualcosa del genere? Calciavano così tanto - almeno il mio lo faceva -, avrebbero potuto usare i calci per mandare dei messaggi. Ma comunque, ciò avrebbe richiesto che anche io sarei dovuto essere a conoscenza dell'alfabeto Morse, e non ne ero a conoscenza. Sarei stato disposto ad impararlo, però, se avesse significato sapere con certezza quello che il bambino comunicava.

 

Mi addormentai dopo un paio di minuti, solo per essere svegliato quarantacinque minuti dopo da un nuovo ciclo di contrazioni. E continuò così per un bel po' di tempo, mi chiedevo se avessi dovuto sopportare tutto quello fino al 24 Maggio - se così fosse stato, non riuscivo ad immaginare fino a che punto sarebbe arrivato il mio temperamento. Probabilmente sarei diventato come Hitler o come una mamma orso.

 

Forse stavo solo immaginando le cose - non ne sarei stato sorpreso in quel caso - ma quando l'orologio segnò le 16.00, avrei potuto giurare che le contrazioni stessero iniziando ad essere più frequenti. Non molto, ma abbastanza da notarlo. Cercai di tornare a dormire per quella che sembrò la centesima volta, cercando di rilassare la mente e smettere di pensare ai dolori. Era un po' difficile considerato che, oltre ad essere diventati più frequenti, erano diventati anche più forti; abbastanza forti da farmi sussultare leggermente ed emettere un sospiro ogni volta.

 

"Cazzo," respirai stringendo stretto il mio stomaco, "non stai pensando di uscire adesso, vero?"

 

Ancora stringendomi lo stomaco, mi voltai di lato, di fronte al muro, nella speranza che i dolori diminuissero, anche solo un po', ma l'unico risultato fu... beh, nessuno. Anzi, peggiorarono. Un crescente senso di nausea cominciò a ribollirmi in gola, e non ero sicuro fosse causato direttamente dai dolori o dall'ansia che provavo a causa dei dolori. In entrambi i casi, aveva qualcosa a che fare con i dolori. 

 

Almeno c'era qualcosa che conoscevo con sicurezza.

 

Non potevo far altro se non considerarla una vittoria.

 

Alle 16.17 iniziò una nuova serie, quella volta durò circa venti secondi - avevo contato - e tenni gli occhi ben chiusi per tutto il tempo, fingendo con me stesso che mi sarei sentito meno male se non avessi realmente visto.

 

Fu proprio in quel momento che mi ricordai che io ed Harry dovevamo andare a casa di Zayn in poco più di un'ora. Il solo pensiero mi fece stringere il petto d'ansia, perché non c'era modo di nascondere il mio leggero problema tutta la sera. O forse si. Ci pensai. Saremmo potuti andare, rimanere per una o due ore, e poi avrei potuto dire ad Harry che non avevo dormito affatto bene e quindi ero stanco e gli avrei chiesto di portarmi a casa. Non mi piaceva molto il pensiero di ingannarlo in quel modo, ma quali altre scelte avevo?

 

Dirgli che potresti essere in travaglio è un'opzione, disse una vocina nella mia testa.

 

"Non sono in travaglio," mormorai, "non è fisicamente possibile."

 

Come lo sai?

 

"Non sono in travaglio," ripetei, questa volta più aggressivo, "non posso esserlo, il bambino dovrebbe nascere il 24 Maggio e così sarà. Non succederà adesso, e questo è il mio corpo, quindi decido io. Fine."

 

Guardai il muro, dandomi uno schiaffo mentale in faccia per il fatto che stavo parlando con delle voci immaginarie nella mia testa. No, in realtà, stavo discutendo con delle voci immaginarie nella mia testa. Ero abbastanza certo che facendo quel tipo di cose sarei potuto finire in un ospedale psichiatrico in cui mi avrebbero fatto ingerire una varietà di pillole che mi avrebbero fatto sembrare come una scimmia affamata entro un anno o due.

 

Così naturalmente, iniziai a parlare con la mia pancia. Almeno non parlavo da solo, non tecnicamente. Passarono altri venticinque minuti prima che un altro crampo mi scosse di nuovo, quando ormai ero talmente preso dal mio monologo con il bambino che rimasi senza fiato, piegai istintivamente le ginocchia sul petto e le mie dita scavarono nella pelle del mio braccio.

 

Facendo del mio meglio per non emettere suoni - topo un lamento o un singhiozzo - mi morsi duramente il mio labbro inferiore, sentendo il sangue fuoriuscire che leccai via, e inghiottii senza pensarci. Venti secondi dopo finì, permettendomi di respirare tranquillamente e rilassare le sopracciglia aggrottate in parte per il dolore e in parte per la preoccupazione.

 

Ma tutto andava bene. Tutto era perfetto, davvero.

 

Alle 17.20, ci fu un bussare alla mia porta e la piccola testa di Adrian sbucò dentro, i suoi occhi curiosi che cercavamo i miei. Tentai un sorriso, ma un nuovo crampo mi attraversò in quel momento, e finii per fare una smorfia e contrarre il viso.

 

"Harry chiede se sei pronto per andare," disse Adrian. I suoi occhi erano grandi e curiosi, e mi chiedevo se avesse notato il mio non-proprio-sano stato fisico, "ha detto che si sta vestendo e poi potete andare a giocare alla Wii e mangiare cibo con Leem e Zayn e Nayl."

 

Riuscii a sbuffare una risata e usai ogni grammo di forza e volontà che era rimasta nel mio corpo per sedermi e far cadere le gambe sul bordo del letto. Il movimento fece aumentare il dolore e chiusi gli occhi mordendomi l'interno della guancia, aspettando che passasse prima di aprirli nuovamente e guardare Adrian, che ora sembrava ancora più curioso.

 

"Digli che sarò fuori tra poco," dissi, "devo solo... cambiarmi la maglietta."

 

Con un salto felice e uno sbattito di porta, lui se n'era di nuovo andato e trascinai una mano sul mio viso, imponendomi di calmarmi. Forse se mi fossi rilassato e avessi smesso di preoccuparmi, i dolori si sarebbero fermati.

 

Era una buona teoria dopotutto.

 

Mi tolsi la maglietta e indossai un maglione enorme che ero sicuro di non avere - ero dannatamente sicuro di non averlo comprato. Rimasi in piedi sullo stesso posto per alcuni secondi, solo per assicurarmi che quel ciclo fosse finito, prima di prendere un respiro molto profondo, raddrizzarmi il massimo che riuscissi, ingoiare il nodo di inquietudine che permaneva nella mia gola, e uscire dalla stanza.

 

Harry era già nel corridoio, impegnato a mettersi le scarpe, e alzò lo sguardo sorridendo quando mi vide. "Pronto?" chiese mentre si alzava in piedi dimenando un po' i fianchi per infilarsi i jeans.

 

Annuii in fretta e sorrisi il meglio che potei. "Si, certo," dissi. Mi fermai per un attimo. "Quanto tempo ci vuole per arrivare?"

 

"Solo dieci minuti circa," disse e mi mandò uno sguardo interrogativo. "Perché? Va tutto bene?"

 

"Solo dolorante come al solito, Harry," mentii senza problemi mentre mi infilavo un paio di vecchie Converse - non c'era modo che riuscissi ad abbassarmi per metterle correttamente. Mi sembrò abbastanza soddisfatto della mia scusa e non disse niente fino a quando non eravamo entrambi seduti in macchina e avevamo messo la cintura. Ovviamente con uno o due sospiri frustrati.

 

"Posso chiederti una cosa?" chiese abbastanza improvvisamente quando stava guidando da uno o due minuti.

 

Lo guardai. "Da quando chiedi il permesso?"

 

"È un po' personale, credo," disse e mi guardò di traverso.

 

Aggrottai la fronte leggermente, pensando alle varie possibilità di quale tipo di domande personali mi avrebbe potuto chiedere. "Riguardano le mie... strane funzioni corporee, vero?"

 

"Le tue strane funzioni corporee?" sbuffò, "e quali sarebbero?"

 

"Niente, niente," dissi frettolosamente, leccandomi le labbra distratto. "Allora, cosa volevi chiedermi?"

 

Sembrava piuttosto compiaciuto - il bastardo probabilmente sapeva molto bene cosa intendevo con 'strane funzioni corporee' - ma non commentò più a proposito. "Riesci ancora a masturbarti?" Fu ciò che mi chiese invece.

 

"Riesco- tu- cosa?"

 

Sembrò ignorare completamente il mio balbettio e scrollò le spalle con nonchalance. Il piccolo sorriso che giocava sulle sue labbra non passò inosservato, però. "Sono solo curioso," disse in un tono di voce annoiato, "il tuo stomaco è abbastanza grande, riesci ancora a vedere il tuo-"

 

"Oh mio Dio, ti prego taci," lo interruppi, "non devo per forza vederlo per raggiungerlo, okay?"

 

Una risata sorpresa scappò dalle sue labbra. "Interessante," fu l'unica risposta che diede.

 

"Interessante," ripetei, "hai delle strane prospettive di vita a volte. Qualcuno te l'ha mai detto?"

 

Ridacchiò bonariamente. "Si, tu, circa tre volte alla settimana."

 

"Perché è vero," dichiarai. "Solo tu trovi i miei problemi-di-masturbazione interessanti."

 

"Beh, a dire la verità, trovo tutto di te interessante, non solo i tuoi problemi-di-masturbazione," disse facilmente. Calò il silenzio per un secondo, poi apparve un ghigno nella sua faccia. "Ma, naturalmente, i tuoi problemi sono più interessanti."

 

"Si, grazie," dissi, e roteai gli occhi.

 

"E il vibratore che ti ho comprato?"

 

"Perché questo improvviso interesse per quella parte della mia vita?" rigirai la domanda, anche se non in modo ostile.

 

Sorrise. "Perché mi sento interessato a questa parte della tua vita ora," disse, guardandomi in modo particolarmente soddisfatto per qualche ragione, "quindi voglio chiederti delle cose. Un sacco."

 

"Mi stai dicendo che vuoi farmi questo tipo di domande per molto tempo?"

 

"Esatto."

 

"Bastardo pervertito."

 

"Si, allora come sta funzionando il vibratore?"

 

Incrociai le braccia sul ventre e piegai il collo mentre sentivo il volto arrossarsi. "È a casa di mia madre. E anche se lo avessi avuto, dubito che sarei riuscito a... raggiungere il punto. Almeno, con le mie dita non ci riesco." Okay, l'ultima parte non doveva uscire.

 

"Hai le dita troppo corte, Lou?" sogghignò.

 

"Le mie dita vanno benissimo, grazie mille."

 

Il suo sorriso svanì dopo due secondi, e fu con un'espressione più seria che mi guardò. "Seriamente, però, stai bene in quel campo?"

 

"Nessuno è mai morto di frustrazione sessuale," dissi, "Sto bene, non preoccuparti."

 

"Nessuno è mai morto, ma diventa fastidioso dopo un po'," disse, in realtà sembrando genuinamente preoccupato. C'era qualche aspetto della mia vita della quale non fosse preoccupato? "È che non voglio che tu ti senta a disagio."

 

"Sei davvero preoccupato del fatto che io non abbia abbastanza orgasmi," affermai, "sei incredibile."

 

"Gli orgasmi sono sani," disse sulla difensiva.

 

"Ne avrò di più una volta che il bambino sarà fuori."

 

Lo vidi aprire la bocca, come se stesse per dire qualcosa, ma la chiuse rapidamente e sorrise. Ero abbastanza certo che stesse per fare qualche commento, ma decisi di non continuare la discussione. Si fermò di fronte ad una casa di medie dimensioni, e parcheggiò vicino ad una vecchia macchina rossa che sembrava aver visto giorni migliori.

 

"Meglio che la pizza sia pronta," disse Harry dopo che uscimmo dalla macchina e la chiuse, "sono affamato, e forse ricorrerò al cannibalismo se non c'è altro da mangiare in casa."

 

"Sei un ospite delizioso," dissi secco mentre camminavo verso la casa.

 

"Almeno io mi lavo e mi rendo presentabile e ho un buon profumo."

 

Aggrottai le sopracciglia e raddrizzai il maglione. "Era diretto a me?"

 

"Cos- no, certo che no," disse con gli occhi spalancati, "sto solo dicendo che alcune persone vanno a casa di altri sembrando e profumando come delle merde, mentre io, d'altra parte, sono bello e ho un buon odore. O, beh, sono decente almeno." Si fermò di fronte alla porta d'ingresso che avevamo raggiunto e bussò un paio di volte prima di aprirla e camminare dentro, senza aspettare che qualcuno desse conferma per poter entrare.

 

"Non è cortesia aspettare che qualcuno ti dica di entrare?" chiesi mentre lo seguivo.

 

"Nah," si strinse nelle spalle, sembrando particolarmente a proprio agio, "abbiamo smesso di farlo qualche anno fa, è solo una stupida abitudine che non ha senso."

 

"Si, dillo alla polizia quando ti arrestano per violazione di proprietà privata."

 

"Contrariamente alle credenze popolari, non sono così stupido, Lou," disse, "non mi farei scoprire, fidati."

 

Stavo per dirgli che era di conforto quando una scossa di avvertimento al mio stomaco mi disse che dovevo andare piuttosto velocemente in bagno o in un'altra camera con una serratura se non volevo che Harry scoprisse i miei leggeri... problemi.

 

"Uhm, dov'è il bagno?" chiesi.

 

"Perché? È tutto okay?" chiese con fretta. Era abbastanza divertente vedere con quanta velocità passasse dall'essere normale all'andare di matto.

 

"Ho bisogno di fare la pipì, Harry," dissi lentamente, accertandomi di aggiungere un po' di esasperazione alla mia voce, "il tuo bambino è seduto sulla mia vescica, quindi se mi puoi dire dov'è il bagno prima che me la faccia addosso, sarebbe fantastico."

 

Le sue guance divennero rosa. "Oh, giusto," disse lui schiarendosi la gola, "è laggiù."

 

Non perdendo altro tempo, camminai velocemente il più che potei verso la porta che stava puntando e la aprii. Senza ulteriori indugi, mi affrettai a chiudere a chiave e mi sedetti sul pavimento, in modo che le mie gambe non cedessero una volta che i dolori sarebbero ripartiti.

 

Si rivelò essere una decisione saggia.

 

Vennero con ondate più potenti quella volta e premetti il braccio contro la mia bocca in modo che nessuno sentisse le mie piccole e patetiche grida. Se non fosse stato per il fatto che fossi seduto in un angolo con delle pareti dietro e affianco a me, mi sarebbe piaciuto cadere di fianco e arricciarmi su me stesso.

 

Beh, ero arricciato su me stesso dov'ero seduto, ma almeno non ero disteso sul pavimento.

 

Mi rimaneva ancora un po' di dignità.

 

Passarono almeno cinque minuti prima di riuscire ad alzarmi in piedi, mentre le lacrime di angoscia avevano macchiato tutto il mio viso. Con gambe traballanti, raggiunsi il lavandino e aprii il rubinetto, lasciando che l'acqua scendesse per alcuni secondi per farla diventare fredda prima di spruzzarla sul mio viso. Inutile dire che non mi aiutò molto a calmare i miei nervi. Non mi fu concesso più tempo per preoccuparmi, però, perché ci fu un bussare alla porta, subito seguito dalla voce di Harry: "Lou? Sei lì?"

 

Chiusi gli occhi. "Si," dissi con più calma che potei. Rimasi li un po', dando al mio cuore la possibilità di rallentare il ritmo e al colorito della mia faccia di tornare normale, prima di dare al mio riflesso un cenno di incoraggiamento e camminare ad aprire la porta.  

 

"Ci hai messo molto a fare la pipì," fu l'unico commento di Harry.

 

"Si, beh, come ho detto prima, non posso vedere il mio pene, quindi cosa ti aspetti?" risposi.

 

"Allora come hai evitato di pisciare tutto il pavimento?"

 

"Istinti animali."

 

"Quindi non hai pisciato sul pavimento?"

 

"Un gentiluomo non lo dice mai."

 

"E i gentiluomini con un bambino nella loro pancia?"

 

"Nemmeno quelli."

 

"Ma loro non sono proprio gentiluomini, sono più... gentilincinti o incintuomini." 

 

Volevo roteare entrambi i miei occhi e scoppiare a ridere, ma proprio in quel momento entrammo in quello che supposi fosse il salotto e non ebbi la possibilità di fare qualsiasi cosa prima che tre "whoa!" vennero pronunciati all'unisono. Vidi Liam, Zayn e Niall sdraiati su un grande divano in un'estremità della stanza e tutti e tre mi guardavano con occhi spalancati.

 

"Sai sempre stato così grande o è solo passato molto tempo dall'ultima volta che ci siamo visti?" chiese Niall, con gli occhi incollati al mio stomaco. Zayn gli colpì la nuca e Liam lo guardò incredulo e si affrettò ad aggiungere: "Non che tu stia male o altro, è solo-"

 

"No, sono grande, e ho un aspetto orribile," dissi subito, mentre mi avvicinavo ad una grande poltrona e mi misi a sedere con uno sgraziato movimento delle braccia e un grugnito contenuto quando la mia schiena colpì il cuscino morbido.

 

"È un po' sensibile riguardo al suo aspetto," spiegò Harry e mi fece venir voglia di alzarmi a picchiarlo.

 

"Non sono sensibile," scattai, "sto solo dichiarando alcuni fatti evidenti."

 

"È anche pieno di ormoni."

 

"Smettila di parlare di me come se non fossi qui," grugnii e piegai le braccia protettivamente intorno al mio stomaco.

 

Niall ed Harry sghignazzarono, e Zayn e Liam sorrisero debolmente. Fu proprio allora che notai gli sguardi un po' esitanti e nervosi nei loro occhi, e non mi ci volle più di mezzo secondo per capire il motivo del perché fossimo lì tutti insieme. Il mio cuore fece un salto ansioso. Nessuno di loro guardò nella mia direzione - non sembrava che i loro occhi fossero diretti a qualcosa in particolare, in realtà - e quindi non ebbi la possibilità di avere conferma o meno della mia teoria.

 

"Allora come va?" chiese Liam con curiosità, "fatta eccezione che sei pieno di ormoni e che sei sensibile al tuo aspetto."

 

"Oltre a quello, tutto bene," mentii e scrollai le spalle, "per quanto sia possibile, suppongo."

 

"Sei sicuro?" chiese Niall, "sembri un po'... pallido."

 

Se gli sembravo pallido in quel momento, avrebbe dovuto vedermi quindici minuti prima.

 

"No, no, sto bene," dissi subito con una forte scossa della testa, "solo che non sto dormendo molto bene questi giorni, sai."

 

"Non hai dormito stanotte?" esclamò Harry e praticamente saltò dalla poltrona accanto al divano, "perché non me l'hai detto? Saremmo dovuti stare a casa, non avremmo-"

 

"Ho fatto un pisolino," lo interruppi, alzando le mani per convincerlo a smetterla. Le sue spalle si rilassarono un po' e sorrisi. "Devi rilassarti, ti verrà un attacco di cuore uno di questi giorni."

 

"Oh, quindi è sempre così?" disse Zayn. "Pensavo fosse così solo quando non può tenerti d'occhio ogni secondo."

 

Liam e Niall risero, e Harry si schiarì la gola. "Mettete qualche ragazza incinta e vedrete come inizierete a comportavi quando è vicina al parto," disse.

 

Notai come le guance di Liam si tinsero di rosa e Zayn ingoiò leggermente, ma né Niall né Harry sembravano averlo notato. "Non sono così stupido da scopare senza preservativo," disse Niall, con un movimento noncurante della mano. "Senza offesa," aggiunse con gli occhi verso di me.

 

"Come fai a sapere che non ti ho salvato il culo lanciandoti un preservativo due secondi prima che venissi?" disse Harry muovendo le sopracciglia.

 

"Non l'hai fatto," Niall rise. La stanza rimase silenziosa per un secondo e il suo sorriso si spenso e corrugò la fronte. "Non l'hai fatto, vero?" disse allora, i suoi occhi che saltavano tra noi quattro.

 

"Se l'ho fatto, nessuno deve saperlo," disse Harry e allungò le braccia sopra la testa.

 

"Confortante," disse Liam secco.

 

"Almeno ti ho salvato dal finire nella mia stessa situazione," non appena le parole uscirono dalla sua bocca, i suoi occhi si allargarono e si spostarono verso di me, stringendosi una mano davanti alla bocca come se magicamente potesse cancellare quello che aveva detto. Lentamente, la abbassò di nuovo. "Cazzo, scusa Lou," disse, suonando quasi supplichevole. "Non volevo dire così, sai che amo il bambino, e amo te, mi è solo scappato prima-" 

 

"Attacco di cuore, ricordi?"

 

"Scusa?" disse con un sorriso sbilenco.

 

"Fortunatamente per te, sono abituato ai tuoi insulti," dissi, "e non inizierò a piangere di fronte ad altre persone."

 

Sorrise. "Perché, avresti cominciato a piangere se fossimo stati a casa?"

 

"Beh, sono pieno di ormoni, ricordi?"

 

Passarono altri cinque minuti di leggere ed inutili conversazioni prima che accadesse qualcosa. Quel qualcosa, però, in realtà erano due cose che in sostanza si verificarono nello stesso momento, ed era molto discutibile il fatto che fosse una cosa positiva.

 

No, in realtà non era discutibile.

 

Era una cosa negativa. Punto. Nessuna discussione.

 

La prima cosa che successe fu una scossa familiare di dolore che andrò dritta al mio stomaco. Mi fece aggrottare leggermente le sopracciglia, non erano passati nemmeno quindici minuti dall'ultima volta. Non stavo indossando un orologio, ma non era passato molto tempo. Un sentimento che assomigliava al panico invase il mio corpo e proprio mentre stavo per annunciare che avevo bisogno di un bagno, la seconda cosa che accadde fu che Zayn iniziò a parlare.

 

E sembrava serio.

 

"Quindi... io e Liam abbiamo risolto," disse con tono che indicava che stava provando il più possibile a farlo sembrare informale nonostante non ci fosse niente di informale. Affrontare l'argomento di punto in bianco forse non era una mossa particolarmente saggia. Ma comunque, che ne sapevo io?

 

"Non mi dire," Niall blaterò, non sembrava del tutto interessato.

 

Quando nessun altro disse nulla, Zayn guardò in basso e poi Liam. "Non volete sapere di cosa si tratta?" disse.

 

"In qualche modo," disse Harry lentamente, "ho la sensazione che ce lo direte comunque."

 

"Ma non sei curioso?" chiese Liam, giocherellando con le mani e guardandolo sconcertato.

 

Harry fece una risata incredula. "Sei serio?" chiese ad alta voce, "ve l'ho chiesto circa due volte al giorno da quando tutto è iniziato, ma tutto ciò che mi avete detto è di farmi gli affari miei e che anche voi avete diritto ad avere dei segreti."

 

"Beh, li abbiamo," disse Zayn.

 

Harry alzò un sopracciglio e incrociò le braccia. "Ma non volete più tenere il segreto, vero?"

 

"Su questa particolare questione, no."

 

Calò il silenzio per un po' e io cercai di mantenere un'espressione seria, mentre il mio stomaco cominciava a contrarsi sempre più intensamente ogni secondo che passava, per cercare di non creare sospetto agli altri. Non potevo chiudere gli occhi e le orecchie, perciò era un po' difficile ignorare le parole che si scambiavano.

 

"Ditecelo allora, se avete improvvisamente deciso che possiamo avere la vostra fiducia," disse Harry. Silenziosamente pregai che la rabbia che sentii nella sua voce fosse solo una mia immaginazione.

 

Zayn e Liam si scambiarono uno sguardo rapido. "Non è che non ci fidiamo," disse Liam con cautela, come se non volesse calpestarli, "volevamo solo mantenere le cose per noi stessi."

 

"Mantenere cosa per voi stessi, esattamente?" chiese Niall, guardandoli rilassato e indifferente come sempre. Che bella qualità che possedeva.

 

Un'ondata di nervosismo mi travolse perché ero abbastanza certo che fosse così, e il mio nervosismo fece aumentare le contrazioni con forza. Un sacco. Proprio mentre mi sfuggii un gemito che speravo nessuno avesse sentito e scavai le mie unghie nella pelle delle mie braccia, Liam pronunciò un rapido - e inutilmente forte - "stavamo litigando perché Zayn voleva che uscissimo allo scoperto e io non volevo."

 

Divenne tutto molto, molto silenzioso. Giurai di poter sentire l'ansia che si irradiava da Zayn e Liam, ed Harry e Niall sembravano essere stati colpiti da una mazza. Deglutii, non sicuro di dove mettere gli occhi e sperai disperatamente che qualcuno aprisse di nuovo la bocca prima che lasciassi uscire un altro gemito di dolore, che tutti avrebbero potuto sentire.

 

"Uscire allo scoperto," disse Niall alla fine, il viso inespressivo e senza emozioni. "Uscire allo scoperto nel senso...?"

 

"Nel senso tradizionale del termine," disse Zayn. Sia lui che Liam sembravano piuttosto sollevati, probabilmente a causa del fatto che nessuno avesse cominciato ad urlare.

 

Gli occhi di Harry erano fissi nel suo grembo, dove le mani erano appoggiate. La sua faccia era priva di qualsiasi espressione e avrei detto che non aveva capito una sola parole di quello che era stato detto negli ultimi cinque minuti. "Da quanto tempo?" chiese allora tranquillamente.

 

I loro volti tornarono nervosi piuttosto rapidamente a quel punto, e vidi Zayn afferrare la mano di Liam in una stretta.

 

"Circa due anni," mormorò Zayn, così piano e debole che non riuscii a sentirlo.

 

Harry inalò profondamente, ma poi praticamente rimbalzò dal divano e guardò in cagnesco ad entrambi. "Due anni?" ripetè, quella volta molto più forte, "due fottuti anni! Siete seri?"

 

Sembrava che con l'aumentare del mio nervosismo aumentasse anche la frequenza dei dolori, perché la sola vista di Harry che stava lì, alto e arrabbiato, mi fece sussultare nuovamente con una rapida - e dolorosa - serie di contrazioni. Non sembrava che nessuno mi avesse notato, cosa di cui fui grato mentre un singhiozzo soffocato attraversò la mia gola e i miei occhi iniziarono a inzupparsi di lacrime perché stava diventando terribilmente doloroso

 

"Non ha niente a che fare con voi," affermò Liam, "solo non abbiamo-"

 

"Sapevate quanto cazzo ho lottato con me stesso e con questa merda per mesi!" gridò, "e nemmeno una volta avete pensato che era giusto che sapessi che due dei miei migliori amici erano nella stessa situazione e mi sarebbero potuti essere d'aiuto? Siete fottutamente incredibili!"

 

Okay si, si stava assolutamente arrabbiando e sentivo le scosse nel mio stomaco peggiorare sempre di più ogni secondo. Le mie mani tremavano dalla paura e morsi il mio labbro talmente forte che iniziò a sanguinare, usando la forza di volontà che avevo per stare in silenzio. Non mi ci volle molto tempo per rendermi conto che non sarei più stato in grado di rimanere in silenzio ancora molto a lungo, e mi mossi un po' nella sedia per tentare di alzarmi e andare in bagno. Tutto ciò che feci fu causare altri dolori.

 

"Mi dispiace, Harry, davvero," disse Zayn piano, "non aveva niente a che fare con te o qualcun altro, era solo che non volevamo causare alcun dramma dicendolo."

 

"Quindi nessuno lo sapeva?" sembrava scettico, "due anni e nessuno lo ha scoperto?"

 

"Beh, non proprio," Liam scrollò le spalle, "solo mia sorella e Louis."

 

Sbattei le palpebre.

 

Oh cazzo.

 

Era davvero necessario che mi tirasse in ballo?

 

Zayn si chiese la stessa cosa, a quanto pareva, visto che guardava Liam com occhi spalancati e vidi Niall accigliarsi leggermente. Senza ulteriori indugi, Harry spostò lo sguardo verso di me, e il mio cuore precipitò quando capii che era arrabbiato anche con me. Mentre un'altra serie di contrazioni mi travolse, non mi preoccupai nemmeno di cercare di nascondere qualcosa, strinsi gli occhi e mi lamentai.

 

"Lo sapevi?" chiese Harry con denti stretti, non sembrava aver notato il mio stato non-molto-okay.

 

Non risposi, feci un debole tentativo di alzarmi in piedi. Si rivelò più o meno impossibile. "Aiutami, per favore," mormorai e tesi le mani.

 

"Lo sapevi?" chiese aggressivo, ignorando completamente la mia richiesta.

 

"Harry, per favore," sussurrai. I miei interni si contrassero ancora una volta e gridai con le lacrime agli occhi. Cominciava a fare un po' troppo male per i miei gusti. I precedenti sospetti che forse ero in travaglio tornarono, e non feci niente per cercare di cacciarli quella volta. Tutto quello che feci fu pronunciare un debole e tremolante: "solo aiutami, per favore."

 

Non reagì - non disse o fece niente. Dopo qualche secondo, sentii Liam mormorare "porca puttana, Harry!", e con la coda degli occhi, vidi lui e Zayn alzarsi e venire verso di me.

 

"Qui," disse Zayn e mi tese la mano per afferrarla. Liam fece la stessa cosa e alzai lo sguardo per offrigli un sorriso grato, anche se sconvolto, prima di prendere una delle loro mani e farmi trascinare in piedi.

 

Ci vollero un paio di secondi per rendermi conto di aver commesso un terribile, terribile errore.

 

Se avevo pensato di provare dolore prima, non era niente in confronto ai crampi e alle sensazioni di nausea che mi colpirono in quel momento. Era possibile che stessi per morire? Probabilmente si. Oh Dio, e se fossi morto? Almeno mi sarei liberato da quella prigione di dolore al quale ero condannato.

 

"No," soffocai quando entrambi provarono a lasciar andare le mie mani, "cadrò se mi lasciate."

 

"Ora puoi rispondere alla mia cazzo di domanda?" esclamò Harry che stava accanto a Zayn. "Sapevi o no quello che stava succedendo tra loro due?"

 

"Si, lo sapevo cazzo!" gridai, subito seguito da un singhiozzo e vacillai di lato mentre il mio stomaco si contraeva ancora una volta.

 

"Whoa, ehi, è tutto okay?" chiese Zayn proprio mentre Harry urlò: "allora perché cazzo non me l'hai detto!" E afferrò in maniera troppo violenta il mio gomito.

 

La mia mente era in sovraccarico, mentre cercavo di captare tutto ciò che stava succedendo intorno a me - Zayn era preoccupato, la mano rassicurante di Liam era aggrappata alla mia ed Harry mi urlava contro. Era troppo da gestire, e quando si aggiunse anche il flusso di contrazioni ormai più o meno costanti, una sensazione simile al panico mi colpii, qualcuno poteva davvero incolparmi se avessi iniziato a piangere, se fossi scivolato su un fianco e fossi caduto in terra? 

 

Mi sdraiai su un fianco con un braccio avvolto strettamente intorno al mio stomaco e il mio respiro divenne irregolare, ansante, e continuai a piangere mentre le contrazioni andavano e venivano. Non passò più di mezzo secondo prima che vidi delle mani avvolgermi e la voce di Harry, che improvvisamente era priva di rabbia, che mi faceva una serie di domande frenetiche del qualche non capivo nulla.

 

"Lou? Lou, mi senti?" lo sentii chiedere, "Lou, piccolo, va tutto bene?"

 

"Fa male," mormorai tra i singhiozzi.

 

"Sono gli stessi dolori che hai avuto altre volte?" dire che sembrava terrorizzato probabilmente era un eufemismo.

 

Scossi la testa e mi arricciai in me stesso. Non fece molto per alleviare i miei dolori, ma almeno mi sentivo meno esposto.

 

"Allora cosa-"

 

"Travaglio," ansimai senza pensarci molto, "il bambino, io- fa male- non- travaglio- oh Dio!"

 

Ci fu silenzio per un secondo, prima che un suono isterico venne fuori da qualcuno che ero abbastanza sicuro fosse Harry. "Sei in travaglio?" urlò, "da quanto tempo lo sai?"

 

Tra tutti gli scenari del travaglio che avevo potuto immaginare, quello non era tra quelli. Sentivo che era sbagliato e non ero pronto per niente, la paura rese tutto dieci volte peggio di quanto già fosse. "Ieri," rinunciai alla fine.

 

"Da ieri? Perché diavolo non hai-"

 

"Sono stato un po' impegnato a non impazzire!" gridai istericamente, subito seguito da un lamento inumano e un gemito di "oh cazzo, fallo smettere!"

 

"M-ma come?" gridò Harry, "non doveva succedere ora, doveva-" 

 

"Non credo sia importante quando cazzo sarebbe dovuto succedere!" urlai, "perché per la fottuta santa madre di Satana, per la figa e tutto ciò che c'è di brutto in questo mondo! - sono abbastanza sicuro che voglia uscire ora!"

 

 

Note traduttrice:

Queste note sono solo perché voglio dedicare questo capitolo a Giulia, perché oggi mi ha fatto il regalo più bello del mondo regalandomi il biglietto del concerto di Harry e vi auguro di incontrare una persona così nella vostra vita. Ti voglio bene ♥️

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Capitolo 37
*** 37. You're mine. ***


CAPITOLO 37.

Sei mio.

 

 

Sabato, 8 Maggio

Trentasette settimane e sei giorni

 

 

Sotto normali circostanze non pensavo a situazioni stressanti. Infatti, a volte, nella mia testa si innescava un meccanismo che mi faceva compiere più velocemente e in modo migliore quello che stavo facendo. In quella situazione, però, non mi preoccupavo dello stress, in particolare perché non c'era molto da fare, tranne che stare lì ed ansimare, gemere, piangere e imprecare.

 

Dopo minuti passati a dare di matto, Harry raccolse abbastanza lucidità e prese il suo telefono per chiamare la dottoressa Hayes che sembrava gli avesse detto di chiamare un'ambulanza dato che improvvisamente urlò "quale diavolo è il numero dell'ambulanza?" per poi procedere imprecando verso il suo telefono per non avere il numero registrato.

 

Non avevo idea di quanto tempo fosse passato dal momento in cui caddi sul pavimento a quando arrivò l'ambulanza; tutto quello che sapevo era che non avevo mai provato tanta sofferenza in vita mia e che capivo tutte le donne nei reality show che urlavano e imprecavano come marinai quando entravano in travaglio, a dire il vero, era piuttosto simile a quello che stavo passando io in quel momento. Non riuscivo nemmeno ad urlare, però, quindi tutte le imprecazioni uscivano come singhiozzi e gemiti agonizzanti.

 

Sembrava che Harry fosse spaventato quanto me, ma mi teneva la mano e continuava a mormorarmi gentili e tranquilli "andrà tutto bene." Non riuscivo a trovare l'energia e la volontà di dire o fare nulla per indicargli che lo sentivo, ma apprezzai comunque la sua presenza. Molto di più di quanto avrei apprezzato quella di altri.

 

Ad un certo punto, dopo essere stato sollevato e posato su una barella da alcuni ragazzi, svenni. Che fosse per la sofferenza o il dolore o per qualche sedativo che mi avevano iniettato senza accorgermene, non lo sapevo; tutto ciò che sapevo era che quando mi svegliai, mi trovavo coricato in una stanza molto luminosa.

 

Le pareti erano bianche, il soffitto era bianco, le lenzuola che mi coprivano erano bianche e la giovane infermiera che era in piedi nel lato destro del letto era bianca. Beh, era vestita di bianco. Etnicamente parlando era un po' troppo abbronzata e aveva gli occhi troppo scuri per essere bianca. Forse era messicana. O spagnola.

 

Sbattei le palpebre un paio di volte per lasciare che i miei occhi si adattassero alla luce improvvisa, ma fu tutto ciò che feci in tempo a fare prima di gridare e afferrarmi lo stomaco con le mani, mentre una violenta serie di contrazioni mi colpì. Non erano finite ancora quando qualcuno alla mia sinistra mi strinse la mano con delicatezza e mi accarezzò il polso con il pollice. Mi voltai, debole per qualche ragione, e vidi Harry seduto su una sedia, con la schiena curva e il viso pallido. Non ero del tutto sorpreso, ad essere sincero.

 

"Ehi," disse piano, offrendomi un debole sorriso e un'altra stretta alla mano, "va tutto bene?"

 

"Fa male," mormorai con una smorfia. Il mio fascino stava raggiungendo limiti sconosciuti quel giorno, senza dubbio.

 

"Si, l'ho capito," disse, "hai urlato parecchio mentre dormivi. Sembrava che stessi morendo."

 

"Credo di star morendo," dissi. Come un segnale, un'altra contrazione mi colpì in quel momento facendomi emettere un imbarazzante  singhiozzo. Continuarono per circa mezzo minuto prima che si fermassero, nelle stesso momento in cui le lacrime iniziarono a cadere dai miei occhi.

 

"È tutto okay, non stai per morire," disse Harry rassicurante una volta che mi rilassai nuovamente. L'effetto delle sue parole era un po' indebolito a causa del suo sguardo terrorizzato e dal fatto che la sua pelle era ancora pallida. Il pallore iniziava a sembrare come l'interno di una mela verde.

 

"Odio la mia vita," dissi asciugandomi rapidamente le guance bagnate con il palmo della mia mano.

 

Il suo sorriso vacillò un po'. "Finirà presto, non preoccuparti."

 

"Non ti è permesso dirmi di non preoccuparmi, di calmarmi o rilassarmi o qualsiasi altra cosa fino a quando non l'avrai provato," scattai. Passò un momento di silenzio e lui alzò un sopracciglio. Sembrava quasi divertito, bastardo arrogante. "Mi dispiace," aggiunsi.

 

"Vorrei dirti di non preoccuparti, ma non mi è permesso farlo," commentò asciutto e io sorrisi. Lui aprì la bocca per dire qualcosa, ma solo allora gridai di dolore e sorpresa, e scavai le mie dita nella mano mentre un'altra serie di contrazioni mi colpì. Ansimai e piansi fino a quando non terminarono dopo quaranta secondi circa, e la smorfia di disperazione e tristezza di Harry mi fece capire che era molto turbato di non poter essere in grado di aiutarmi in alcun modo. La realizzazione mi diede una strana sensazione di conforto.

 

"Cazzo," rantolai, la mia mascella tremante, "per quanto tempo dovrò vivere tutto questo?"

 

"Non per molto, Signor Tomlinson," disse una voce femminile alla mia destra, e sobbalzai un po' voltandomi a destra; avevo completamente dimenticato l'infermiera che era in camera. Lei mi sorrise dolcemente. Almeno non sembrava il tipo di persona che giudicava, e se anche fosse, lo nascondeva bene. Mi piaceva.

 

"Andrò a chiamare il dottore, quindi aspetta qui per qualche istante, torno subito."

 

"Come se potessi andare da qualche parte," dissi quando uscì dalla stanza e chiuse la porta.

 

"È carina," disse con una scrollata di spalle, "le ho parlato un po' prima che ti svegliassi."

 

"Si? E di cosa?"

 

"Riguardo il fatto che... a mezzanotte, sarò papà."

 

Mi morsi l'interno della guancia e annuii lentamente, metabolizzando le notizie. "Quindi sono davvero in...?"

 

"Si, sei in travaglio," disse e quello confermò la mia domanda. "Non sono del tutto sicuri in quel fase tu sia, beh, è un po' difficile dire se le acque si sono rotto o no, ma faranno comunque un cesareo. Non vogliono rischiare."

 

"Bene," dissi distrattamente. Ci fu un momento di silenzio che venne bruscamente spezzato da un gemito, un grido e un "CAZZO!" da parte mia, mentre altre contrazioni iniziarono.

 

"Odio vederti in questo modo," Harry sospirò dopo altri pianti, singhiozzi, urla e maledizioni. "Stai soffrendo, e io... mi sento impotente."

 

"Va tutto bene," dissi con voce roca, "non credo che tu sia in grado di aiutarmi in questa situazione, in ogni caso."

 

"Non significa che non vorrei farlo," brontolò, incredibilmente scoraggiato.

 

"Sai, non dovrei essere quello che ti conforta, ma mi sento di doverlo fare," dissi con un sorriso sordo.

 

Ricambiò il sorriso, ma che non raggiunse gli occhi. "Scusa."

 

Sospirai e gli strinsi la mano gentilmente. "Starò bene, Harry. Nessuno si farà del male o... morirà."

 

"Non è quello," disse, mordendosi il labbro inferiore, "è solo... non abbiamo ancora deciso niente. Riguardo al bambino e all'adozione e a tutto. Dovevamo avere ancora un paio di settimane, ma noi ora non le abbiamo più e io- è troppo presto. E se il bambino non è pronto? Non sono ancora passati nove mesi, è troppo piccolo, no?"

 

Non l'avrei detto a voce alta, ma un Harry preoccupato era, ai miei occhi, un Harry molto carino e attraente. "Non è troppo piccolo," dissi, "non avrebbero deciso di tirarlo fuori se lo fosse stato. E decideremo le cose per l'adozione, solo- lasciamo passare questo giorno, okay?"

 

Sembrava dubbioso, ancora preoccupato, e per un attimo sembrò voler protestare. Ma poi strinse le labbra e fece un breve cenno. "Si, va bene," disse.

 

"Grazie," esitai per un attimo e mi mordicchiai il labbro inferiore prima di inclinare il mento verso l'alto.

 

"Cosa?" fu la reazione che ricevetti.

 

Sorrisi con esitazione, sperando avesse capito quello che stavo cercando di dirgli. A giudicare dal suo sguardo confuso, non sembrava.

 

"Harry, dai," dissi, il rossore che si diffondeva sul mio viso perché, okay, era imbarazzante; non volevo dirgli che volevo che mi baciasse.

 

"Oh." E c'era uno sguardo di comprensione insieme ad un sorriso compiaciuto. "Vuoi un bacetto, Lou? Vero?"

 

"Non sei divertente," dichiarai con cautela, "hai le palle, però, giocare con- oh cazzo, quando cazzo finirà questa cazzo di merda?"

 

"Questo è molto affascinante, soprattutto i tuoi vari utilizzi della parola 'cazzo'."

 

Non ero in grado di fare molto, oltre che lamentarmi e grugnire in risposta, ma promisi di rompergli la testa contro il muro una volta che quell'incubo fosse finito. Grugnii internamente. Come se avessi il coraggio di fare del male al suo viso. Era troppo carino.

 

"Stai bene?" chiese quando furono passati una quarantina di secondi.

 

"Adorabilmente," mormorai.

 

Sospirò e alzò una mano per asciugarmi le lacrime appena cadute sulle mie guance. "Stai piangendo."

 

Come sottolineare l'ovvio. "Si, beh, sto soffrendo leggermente," scattai, "penso di avere il permesso di piangere senza che tu mi derida."

 

"Non ti sto deridendo," disse con una risatina.

 

"Si, lo stai facendo," dissi con aria scontrosa e allontanai la sua mano con un gesto duro, "mi stai deridendo e non è giusto, perché non è colpa mia se il tuo bambino ha deciso all'improvviso che era stanco di aspettare lì nell'oscurità e che allora vuole uscire, quindi apprezzerei se chiudessi la bocca e mi lasciassi- hmpfh."

 

Quando avevo detto che volevo che mi baciasse, non intendevo che premesse le labbra quasi violentemente contro le mie infilando la sua lingua nella mia bocca, ma okay. Non mi stavo lamentando. Non avevo abbastanza energia per fare molto, oltre a sollevare una mano per coprire la sua guancia mentre restituivo il bacio il meglio che potevo. Se qualcuno fosse entrato dentro, il bacio probabilmente non sarebbe apparso così impressionante. Il fervore iniziale si affievolì abbastanza presto, e il bacio si ridusse ad un processo lento e dolce - ovviamente con la lingua - che mi fece dimenticare per un po' tutto quello che stava succedendo.

 

Si tirò indietro troppo presto, per i miei gusti, e glielo lasciai intendere con un leggero piagnucolio, cercando di sporgermi in avanti per reclamare le sue labbra.

 

"Inizierai a gridare nuovamente tra poco, e preferirei se tu non mi mordessi la lingua," fu la spiegazione che mi offrì. Con un sorriso provocante ovviamente.

 

Aveva ragione sulla parte delle urla.

 

Fu solo dopo un secondo essere tornato al mio stato di quasi-non-dolore che la porta si aprì, e l'infermiera entrò con la dottoressa Hayes.

 

"Beh, non è una sorpresa questa?" disse retoricamente, un sorriso sul viso, "mi stavo preparando per andare a cena fuori e poi ho ricevuto una telefonata da un collega che mi diceva che il Signor Tomlinson era stato portato qui e che era al cento per cento in travaglio."

 

Le restituii il sorriso. "Le cose... capitano," fu la mia patetica risposta.

 

 

"A quanto pare," disse mentre si toglieva la giacca e la appendeva ad un piolo sul muro. "Qualcuno ti ha informato su cosa succederà?" aggiunse poi, e io scossi la testa. "Beh, per farla breve, ti faremo l'anestesia totale in modo che tu non veda, senta e percepisca nulla, e poi eseguiremo un cesareo per assicurarmi che tu e il bambino stiate bene."

 

"Mi drogherete?" chiesi con esitazione, mordendomi ansiosamente una pellicina sul mio labbro, "non sarà pericoloso per il bambino?"

 

"È perfettamente sicuro, non preoccuparti," disse con un sorriso rassicurante, "di solito facciamo un'anestesia locale, in modo da essere svegli durante l'intervento chirurgico, ma date le circostanze insolite, non sappiamo esattamente quanto tempo durerà il processo. Tenendo questo in considerazione, dormire è un'opzione migliore che quella di essere sveglio." Fece una pausa. "A meno che tu non abbia qualcosa in contrario, naturalmente."

 

"No, no, va bene," dissi in fretta. Tuttavia, un nodo di nervosa malinconia cominciò a crescermi in gola, e girai il mio sguardo verso le lenzuola dove la mia mano stava riposando insieme a quella di Harry. Mi colpì quanto la mia mano fosse molto più piccola della sua.

 

"Molto bene," disse decisa, "ti porteremo subito in sala operatoria e ti prepareremo, e poi saremo in grado di iniziare tra circa quaranta minuti, okay?"

 

"Okay," dissi, la voce piccola.

 

Subito dopo lasciò la stanza, dopo aver mormorato un paio di parole rapide all'infermiera, che poi la seguì fuori.

 

"Cazzo," gemetti appena la porta si chiuse dietro di loro.

 

"Ehi, ehi, non dare di matto ora," disse Harry, la sua voce sommessa, mentre stringeva la mia mano in un gesto che era sicuramente confortante.

 

"Non- io- solo- quaranta minuti, Harry, cazzo," spostai le gambe e deglutii, "non sono pronto per questo, non- non doveva succedere ora," tirai su con il naso e spazzolai via una lacrima dalla guancia, "sono spaventato."

 

"Lo so," disse sospirando pesantemente, "ma non abbiamo molta scelta, no?"

 

La mia mascella tremava e scossi la testa prima di soffocare un 'no'.

 

Calò il silenzio tra noi per qualche secondo, ma poi urlai e mi aggrappai violentemente alla mano di Harry mentre i miei interni si contraevano ancora una volta, lasciandomi nient'altro se non lacrime e maledizioni. E il bambino.

 

Appena finì, meno di un secondo dopo, Harry riprese a parlare. Non con me. "Sei grande e pronto ad uscire ora, piccolo," mormorò con attenzione. Asciugai le lacrime dai miei occhi e dalle guance, e poi spostai lo sguardo per guardare Harry, i cui occhi erano fissi sul mio stomaco. Sorrisi debolmente alla vista. "Un paio di settimane in anticipo, si, ma abbastanza grande da poter venire fuori," continuò, "ti vedremo finalmente, e probabilmente ti sentiremo se quello che ho imparato sui bambini negli ultimi mesi sarà vero anche per te. Mi mancherà parlare con te in questo modo, mi mancherà il tuo papà con il pancione enorme." Lui mi guardò e fece un sorriso in risposta al mio sguardo contrariato. "Okay, non così enorme, ma mi mancherà averti lì dentro quando sarai fuori."

 

Un piccolo peso di malinconia si adagiò nel mio petto e sbattei le palpebre rapidamente un paio di volte per impedirmi di versare più lacrime. "Si, anche a me," sussurrai, ma così piano che dubitai Harry lo avesse sentito.

 

Rimanemmo così per qualche minuto, Harry pronunciando sciocchezze senza senso e io che lo guardavo, prima che due infermiere e un medico entrassero senza alcun avviso. Harry alzò immediatamente la testa e sospirai mentalmente; era troppo chiedere un momento di tranquillità.

 

"Allora, come va qui?" chiese il dottore mentre si avvicinava al letto. Senza aspettare una risposta, continuò. "Siamo pronti per iniziare, Signor Tomlinson, quindi se potresti sdraiarti, preparerò l'attrezzatura."

 

Sbattei le palpebre, cercando di elaborare le informazioni appena ricevute. Quel ragazzo parlava troppo velocemente. "Attrezzatura? L-lo farete- adesso?"

 

"Oh, no, no, non preoccuparti," disse rassicurante, anche se la sua mente sembrava essere altrove e quello aveva rovinato un po' l'effetto, "no, ti farò l'anestesia."

 

Vidi Harry mandarmi uno sguardo nervoso, che ricambiai. "Per quanto... sarà sotto l'effetto dell'anestesia?" chiese.

 

"Circa tre ore, prendere o lasciare," rispose il medico mentre stava trafficando con una serie di tubi, un grande macchinario, quella che sembrava essere una piccola maschera antigas e alcuni fili che messi insieme sembravano creare uno strumento di tortura.

 

"Tre ore?" chiese Harry, "pensavo che la procedura richiedesse solo un'ora."

 

"Normalmente si, ma non possiamo esserne certi dato che il Signor Tomlinson non è certamente una donna." Sembrava totalmente professionale con quella situazione, e non ero sicuro se esserne sollevato o spaventato.

 

Harry sembrava nervoso come sempre, ma non disse altro. Invece tenne gli occhi su di me e mi accarezzò dolcemente la mano con il pollice. Io stavo facendo del mio meglio per non irrompere in violenti singhiozzi perché tutto stava succedendo troppo velocemente e non mi sentivo pronto a niente di tutto quello, quindi-

 

"Qualcuno potrebbe portare questo fottuto bambino fuori da me prima che uccida qualcuno?" gridai, mentre un'altra ondata di dolore mi travolgeva. Notai Harry mandarmi un sorriso, e gli ringhiai contro. "Non guardarmi fottutamente così, stronzo! Io- CAZZO! Ti ucciderò appena tutto questo sarà finito, lo giuro cazzo!"

 

Ci fu silenzio per alcuni secondi dopo che tutto finì, tranne il suono del mio respiro che si calmava. Poi il dottore aprì la bocca, e se mezzo minuto prima volevo uccidere Harry, non era niente in confronto a quanto volessi uccidere in quel momento lui.

 

"Potresti non essere una donna, ma sicuro che urli come una di loro," disse felicemente.

 

Non ci furono altri scambi di parole dopo quello, solo un paio di sguardi acidi diretti al medico da parte mia e alcuni piuttosto furiosi da parte di Harry. Fu dopo un altro paio di contrazioni e un forte "ouch!" da parte di Harry quando artigliai le mie unghie sul suo braccio, che il dottore - non poteva presentarsi dato che era uno di quelli che mi avrebbe drogato? - finalmente raggiunse il lato del mio letto e mi guardò. 

 

"Ho parlato con la tua ostetrica e mi ha detto che non hai allergie e che non prendi farmaci prescritti, giusto?" chiese.

 

Annuii.

 

"E non hai mai avuto tumori, ictus, malattie renali o emorragie, giusto?"

 

Annuii di nuovo, ma stavo cominciando a sentirmi a disagio. Beh, più a disagio di quanto già non fossi. "Perché me lo sta chiedendo?"

 

"È una procedura standard, solo per assicurarmi che le informazioni che ho ottenuto siano del tutto corrette," rispose. Poi batté le mani in un modo che trovai fin troppo allegro. "Beh, penso che sia tutto allora," disse. "Dovremmo iniziare?"

 

Una sensazione di nausea mi formicolò in gola, ma la inghiottii e annuii in fretta. "Si, certo," squittii. Un modo per apparire ancora più virile. 

 

Comunque, probabilmente era una causa persa a quel punto.

 

"Ottimo!" Da dove veniva tutto quell'entusiasmo? Si voltò verso Harry e sorrise un po'. "Dovresti salutare il tuo compagno allora, lo vedrai tra un paio di ore."

 

"Salutarlo?" Disse Harry esitante. "Non posso entrare con lui?"

 

Lui scosse la testa. "Non lo permettiamo quando il paziente è in anestesia totale, mi dispiace."

 

Non mi era mai piaciuta l'idea di farmi vedere da Harry mentre mi tagliavano, dovevo ammetterlo, ma quando il dottore ci disse che non sarebbe venuto con me, mi sentii incredibilmente solo e impotente. Il mio labbro tremò un po' mentre guardavo Harry negli occhi, vedendo la stessa tristezza dei miei.

 

"Immagino che ci vedremo più tardi," dissi tremante, nemmeno tentando un sorriso.

 

Mi guardò preoccupato per un altro secondo prima di alzarsi in piedi. "Si," si morse il labbro, "andrà bene, ti aspetto, promesso."

 

"Lo so, va bene," dissi frettolosamente; l'ultima cosa che volevo in quel momento era che Harry si sentisse colpevole per qualcosa di cui non aveva colpe.

 

Con un sorriso leggermente tremante, alzò la mano e spostò la mia frangia prima che si sporgesse e premesse le labbra dolcemente sulla mia fronte. "Ci vediamo presto," disse quando si ritrasse. Guardò il mio stomaco per un attimo, "entrambi."

 

Mi lanciò un piccolo sorriso e lasciò la mia mano, pronto ad andarsene, e mi sporsi dal letto per cercare di riafferrarla. "Aspetta che mi addormenti, per favore?" dissi con voce supplichevole, tendendo la mano affinché la afferrasse.

 

Per un secondo giurai di aver visto il suo mento tremare leggermente, ma durò solo un attimo prima che il suo volto tornò normale. Fece un passo più vicino al letto e intrecciò le nostre dita. "Certo," disse con un sorriso minuscolo. 

 

A quanto pareva quello era il tempo concessosi dal dottore, perché tossì un po' e io girai la testa per guardarlo. Stava lì in piedi con la mascherina in mano, che voleva che indossassi.

 

"Ho bisogno che ti sdrai," disse con calma.

 

Feci come mi era stato detto di fare con l'aiuto di Harry e parecchi grugniti infastiditi. Sarebbe stato triste non avere più il bambino in grembo, si, ma sarebbe stato anche un grandissimo e dannato sollievo. Mi guardai lo stomaco e usai la mano che non era avvolta da quella di Harry per accarezzare il rigonfiamento. Non volevo iniziare a mormorare sciocchezze al bambino non ancora nato con nella stanza degli sconosciuti, perciò mi limitai ad una carezza e ad un sorriso affettuoso.

 

"Okay, sdraiati in modo che la tua testa sia ben appoggiata, solleva un po' il mento," spiegò il dottore, "e assicurati che il tuo corpo sia rilassato, nessun muscolo teso, va bene?"

 

Respirai a fondo e feci come mi aveva detto, sollevai il mio mento in modo che i miei occhi fossero diretti al soffitto, e mi forzai di prendere respiri profondi per rilassare le spalle e mandare via la sensazione di nausea dal mio petto. Non riuscivo a vedere Harry, non nel modo in cui ero sdraiato, e quello mi spaventò, cosa che era probabilmente ridicola visto che avevo ancora la sua mano attorno alla mia come rassicurazione.

 

"Metterò questa maschera sulla bocca e sul naso ora," disse il dottore mentre entrava nella mia visuale, "e quando lo farò, ho bisogno che tu respiri profondamente e cominci a contare fino a dieci, okay?"

 

'Okay?' esattamente che cosa si aspettava che rispondessi? 'No, non è okay, potrebbe fermare tutto?' Non espressi il mio fastidio, ma annuii brevemente e in silenzio, preparandomi mentalmente a... beh, qualunque cosa avrei potuto sentire. Probabilmente non molto se le poche conoscenze che avevo su quelle cose erano esatte.

 

Era una sensazione estremamente fastidiosa stare lì sdraiato, fissando il viso di uno sconosciuto mentre abbassava una maschera di plastica verso il mio volto. Una maschera di plastica che ancora consideravo uno strumento di tortura.

 

Per ovvi motivi, tutto divenne piuttosto offuscato, e fu non molto tempo dopo - avevo contato fino a sei - che la mia vista si offuscò del tutto e la mia mente fu annebbiata da un velo di incoscienza.

 

Forse stavo immaginando le cose - non sarebbe stato così strano, no? - ma proprio prima di addormentarmi, pensai di aver sentito la voce profonda e gentile di Harry, in quel momento leggermente intrisa di ansia, dire, in un mormorio: "andrà bene, amore."

 

Sorrisi dentro di me. Forse il sorriso arrivò anche al mio viso, ma non ne ero sicuro.

 

Amore?

 

Amore.

 

Mi piaceva.

 

Mi piaceva davvero.

 

 

*

 

 

Ci sono molte persone in tutto il mondo che possono ricordare un momento, un giorno, una fase o uno scenario della loro vita e dire: "ecco quando tutto è cambiato, in meglio o in peggio." Per alcuni si tratta di un'esperienza religiosa, per alcuni il raggiungimento di un obbiettivo personale a cui si ambiva da tempo, per altri di cogliere l'occasione di fare qualcosa di cui si ha paura, per altri di trovare l'amore della loro vita, per altri ancora di scoprire un lato sconosciuto di se stessi, per alcuni si tratta della morte di una persona amata, per altri ottenere la fama e la popolarità. 

 

Per alcuni si tratta della nascita di una nuova vita.

 

Dire che il processo di risveglio fu piacevole sarebbe stata una menzogna.

 

Fuori dalla completa incoscienza e oscurità, iniziarono ad apparirmi piccoli luccichii, suoni e luci. Non avevano nessun senso, erano lì, inutili, che non facevano altro se non dirmi che ero vivo. Passò un po' di tempo - non sapevo esattamente quanto e non ci pensai, perché davvero, a chi importava? - prima che mi venisse in mente che effettivamente non c'erano dei suoni, solo un leggero rumore di voci e passi lontani che provenivano da qualche parte.

 

Non aprii gli occhi, non ne trovai il motivo e l'energia. E avevo paura di quello che avrei potuto vedere. Non avevo subìto nessuna perdita di memoria, e ne fui grato, ma quello non significava che il peso totale di quello che era successo mi avesse già colpito. Mi ricordai di essere entrato in travaglio, mi ricordai di aver parlato con Harry nella stanza dell'ospedale, mi ricordai di aver parlato con il medico troppo felice e mi ricordai di aver respirato attraverso la maschera.

 

Dieci, nove, otto, sette, sei.

 

Ero cosciente in quel momento, almeno a metà strada dall'esserlo, il che significava che l'intervento non era andato male. O forse si. Forse erano passati parecchi giorni e mi stavo risvegliando da un coma. Beh, in quel caso, mi stavo svegliando, quindi cosa poteva esserci di male?

 

Il bambino, ecco cosa. E se qualcosa fosse andato storto e il bambino era morto? E se tutti stessero aspettando che mi svegliassi in modo da potermi dire che io sarei stato bene, ma che non avevano potuto salvare il bambino. Un consumante e schiacciante sentimento di vuoto e di perdita mi colmò, e se avessi avuto l'energia per farlo, avrei cominciato a piangere.

 

Non è che volevo stare incosciente e con gli occhi chiusi per sempre, ma in quel momento aprire gli occhi era meno allettante di avere un'altra gravidanza. 

 

E quello la diceva lunga. 

 

Ma poi ci fu un suono. Un suono minuscolo che sembrava provenisse da lontano, molto lontano, ma allo stesso tempo da qualche parte vicino a me. Non sapevo come classificarlo; un pianto? Un sussulto? Un lamento? Un singhiozzo? Un grido? Qualcosa del genere. Ma era un suono così... piccolo, sembrava quasi rotto, anche se non in modo doloroso, così totalmente indifeso e pieno di desidero di qualcosa.

 

Lentamente, così lentamente, ed esitante, sfarfallai le mie palpebre, guardando dalla piccola fessura, cercando di intravedere l'ambiente che mi circondava e riuscire a riconoscere qualcosa senza guardare attentamente. Tutto ciò che vidi, però, fu una stanza - non la stessa di prima - con pareti dipinte in una lieve tonalità di rosa, blu, verde e giallo. Non vidi nient'altro, e non ero sicuro se fosse una cosa negativa o positiva.

 

"Lou?"

 

Sollevai le palpebre, perché quella voce la riconobbi come la voce che avevo amato negli ultimi sette mesi.

 

"Lou? Piccolo? Riesci a sentirmi?"

 

Mi sentivo la testa pesante e avevo la nausea, ma quello non mi impedì di girare la testa di lato da cui proveniva la voce di Harry. Non ero sicuro se la mia voce avrebbe funzionato correttamente se avessi provato ad usarla, anche se avevo la sensazione che sarebbe stata rauca.

 

"Preferisco 'amore'," mormorai, e si, la mia voce era davvero rauca. I miei occhi dovevano ancora concentrarsi su qualcosa in particolare, ma vidi la sagoma della figura di Harry, seduto su una sedia accanto al letto.

 

"Oh Dio, sei sveglio? Sei qui? Riesci a sentirmi? Mi vedi? Ti senti bene?" sembrava quasi pronto a scoppiare di qualche emozione, e tentai un sorriso.

 

"Si, sono sveglio," risposi debolmente. Sbattei le palpebre lentamente, languidamente, e sollevai il mio sguardo più in alto, finalmente trovando il volto di Harry. La prima cosa che notai era che non c'erano lacrime sulle sue guance, né alti segni di tristezza, e sembrò che il mio cuore si fosse liberato di dieci chili di peso in più.

 

"Come ti senti?" chiese piano, avvicinandosi un po' di più.

 

"Nauseato," dissi rauco, "la gola dolorante."

 

"Vuoi un po' d'acqua?" annuii con gratitudine. Prese qualcosa dal comodino e un secondo dopo appoggiò un bicchiere sulle mie labbra. "Ecco, alza un po' la testa," disse mentre mise dolcemente una mano sulla mia fronte per spostarmi qualche ciocca. Mi ci vollero un paio di tentativi e versai metà contenuto nelle lenzuola, ma alla fine riuscii a ingurgitare qualche sorso di acqua.

 

Cercai di sorridere di nuovo, ma sembrava che i muscoli del mio viso dovessero lavorare il doppio del solito, e rinunciai, pronunciando invece un "grazie". Non disse niente, e entrambi rimanemmo in silenzio per qualche instante. Guardandolo, mi morsi il labbro; perché non stava dicendo qualcosa del bambino? Perché non lo stava tenendo? C'era qualcosa che era andato storto?

 

Inghiottii. "Harry?" provai.

 

Lui sorrise. "Si?"

 

"Come- io- dov'è- c'è- il- è- il bambino?" balbettai, le mie sopracciglia corrugate e le mie labbra tremanti di paura per la sua risposta.

 

Senza una parola o una qualche espressione che mi diceva cosa stesse pensando, si alzò dalla sedia e attraversò la stanza con passi veloci. Non avevo la forza di girare la testa per vedere cosa stava facendo e dove stesse andando, ma quello non mi impedì di cadere in uno stato di terrore per ciò che stava per succedere.

 

Ci vollero pochi secondi prima che Harry si avvicinasse, ma quella volta... teneva qualcosa tra le braccia.

 

O qualcuno. Un minuscolo fagotto di copertina blu.

 

I miei occhi si spalancarono e guardai Harry, che aveva un sorriso più luminoso di mille soli.

 

"Guarda chi ha deciso di svegliarsi finalmente, piccolo," mormorò, con gli occhi rivolti verso il basso, "è il tuo bellissimo papà." Si sedette sulla sedia e spostò il fagotto così che fosse steso sulle sue braccia piuttosto che appoggiato sul petto.

 

Non vedevo niente se non la coperta blu, ma non ero stupido. Le lacrime si stavano rapidamente formando nei miei occhi mentre fissavo la piccola creatura, e le lasciai cadere, nemmeno cercando di fermarle quella volta. "Sta- sta bene?" sussurrai dopo un momento di silenzio.

 

"È perfetto," mormorò Harry mentre accarezzava su e giù con un dito la coperta, "assolutamente perfetto, nessun difetto, nessun problema, niente. È bello e sano."

 

"Bene," sospirai di sollievo; stava bene, il mio bambino stava bene, contro tutte le probabilità, stava bene. Tante cose sarebbero potute andare storte, c'erano tante cose che sarebbero potute succedere, ma non erano successe. Tutto era okay. Era okay. "P-posso tenerlo?" chiesi in modo affettuoso, "per favore? Ho bisogno di vederlo."

 

Lui non disse niente, ma il sorriso che mi mandò era colmo di affetto e felicità, e quello era quello che avevo davvero bisogno di sapere. Con un attento movimento, strinse il fagotto e lo sollevò un po'. "Ti lascerò ora, quindi fai da bravo, okay?" mormorò. La risposta venne sotto forma di un piccolo suono simile a quello che avevo sentito prima, e quasi singhiozzai.

 

"Harry, per favore," sussurrai, tendendo le braccia tremanti. Sembrò aver notato la mia disperazione perché non perse più tempo, ma si alzò in piedi e si avvicinò al letto. Sembrava avesse quasi paura di lasciare il piccolo, perché quando lo abbassò verso di me, aveva un'espressione concentrata sul viso e il naso arricciato.

 

Era incredibilmente strano, dopo aver parlato con quel bambino per sette mesi senza vederlo o sentirlo, tenerlo finalmente tra le mie braccia. Strano, ma allo stesso tempo incredibile. Letteralmente. Avevo difficoltà a credere che fosse reale. Io, Louis Tomlinson, quasi diciannove anni e molto maschio, avevo innanzitutto concepito e poi portato in grembo quel bambino per nove mesi. Ed era incredibile.

 

Chi non avrebbe difficoltà a crederci?

 

Un piccolo viso fu tutto ciò che i miei occhi videro, il resto del bambino era nascosto dalla coperta, ma era più che sufficiente. I suoi occhi erano chiusi, il naso raggrinzito e la pelle era rosa; un rosa chiaro che mi ricordava le notti primaverili e i baci e l'amore delirante e incondizionato. I sentimenti che scorrevano attraverso il mio corpo erano impossibili da descrivere; era come se mi fossi innamorato, anche se ad un altro livello rispetto a quello che sentivo per Harry, e allo stesso tempo molto più veloce del normale. 

 

Amore a prima vista poteva essere una descrizione appropriata. Era amore a prima vista, perché quel piccolo essere umano era mio; lo avevo portato dentro di me per nove mesi, gli avevo parlato, l'avevo sentito, avevamo passato tante cose insieme, ed ora era lì, tra le mie braccia, ed era mio.

 

"Ciao, piccolo," sussurrai mentre facevo scorrere un dito lungo il lato del suo viso, "ti ricordi di me? Sono il lunatico che ti ha parlato e si è lamentato per gli ultimi sette mesi." Non aprì gli occhi, ma lo sentii muoversi all'interno della coperta e la vista fece soffocare le mie parole. "È bello vederti e non solo sentire i tuoi calci tutto il tempo. Ed è bello vedere che sei così... perfetto, considerando tutto."

 

"È perfetto," disse debolmente Harry da dove era seduto nel bordo del letto.

 

Lo guardai con gli occhi pieni di lacrime e annuii. "Si, lo è." Portai di nuovo lo sguardo verso il basso e tirai su con il naso, scuotendo un po' la testa. "Il mio piccolo bambino," sussurrai, la mia voce appena udibile, "sei così, così bello e sei mio," inghiottii, "sei mio."

 

"E mio," disse Harry, e prima di riuscire a vedere quello che stava facendo, gettò entrambe le gambe sul letto e si girò in modo da sdraiarsi accanto a me, appoggiandosi contro i cuscini. Mise attentamente un braccio sopra le mie spalle e premette un bacio veloce sul fianco della mia testa prima di sorridermi. "È anche mio."

 

Mi appoggiai a lui, posizionando la testa sulla sua spalla, attento a non disturbare il bambino addormentato tra le mie braccia, prima di rispondere. "Si, è anche tuo," dissi, "è nostro."

 

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Capitolo 38
*** 38. But why can't I hold him? ***


CAPITOLO 38

Ma perché non posso tenerlo?

 

 

Domenica, 9 Maggio

 

 

Fu quando mi svegliai la mattina successiva che ebbi modo di rendermi conto degli effetti di aver avuto un intervento chirurgico. Ero stato un po' preoccupato la sera prima, cosa che mi aveva fatto guardare il bambino per ore e ore, e l'anestesia non era completamente passata quando tornai a dormire verso l'01.00. 

 

Ciò che mi svegliò quella mattina furono i suoni di voci soffuse che parlavano da qualche parte nelle vicinanze, e qualcosa riguardo a quello - Dio sa cosa - mi fece svegliare di soprassalto con un urlo di panico. 

 

Era possibile che fossi diventato leggermente paranoico. Non che fosse una sorpresa; c'erano stati segni la sera prima quando un'infermiera era venuta a prendere il bambino in modo che potessi andare a dormire e avevo risposto lamentandomi e iniziando a piangere come se il mondo stesse finendo, soffocando una piccola, rotta domanda: "lo stai portando via da me, vero?"

 

"Lo prenderanno solo per la notte in modo che tu possa dormire, piccolo," aveva detto Harry, "sarà qui domani quando ti sveglierai, non preoccuparti."

 

"Ma perché non posso tenerlo? Non sono stanco," piagnucolai. Era una menzogna - mi sentivo pronto a svenire dalla stanchezza -, ma il bambino era nato solo da qualche ora e non volevo darlo già a qualcun altro.

 

"Si, lo sei," aveva detto Harry con un sorriso, "puoi passare più tempo con lui domani, ma adesso hai bisogno di dormire."

 

Vinse lui, naturalmente, con l'aiuto della dottoressa Hayes e di un'infermiera. Non appena avevano preso il bambino e furono usciti dalla stanza, avevo di nuovo ripreso a piangere ed Harry aveva sospirato. "Oh, Lou," disse, un po' esasperato, mentre metteva un braccio intorno a me e mi tirava vicino a sé, "sarà solo in fondo al corridoio, nessuno lo porterà via da te, te lo prometto."

 

Quando mi svegliai, però, e sentii quelle voci  sommesse che suonavano quasi preoccupate, non potei fare a meno di pensare che qualcuno fosse venuto a prendere il bambino. Oh Dio, e se lo avessero portato via senza dirmi niente?

 

Aprii gli occhi e vidi Harry ed Anne in piedi ai piedi del letto. "Dov'è lui?" chiesi con voce rauca, stanca e tesa. Entrambi girarono immediatamente la testa, e il viso di Anne si illuminò con un sorriso.

 

"Come ti senti?" chiese mentre si avvicinò al mio fianco.

 

"Dolorante, credo," sbattei le palpebre, "no, a dire il vero no," dissi esitante.

 

"Prova a muoverti un po'," disse con espressione di chi la sapeva lunga.

 

Ero un po' confuso riguardo a cosa si stesse riferendo, ma feci come mi disse e mi spostai leggermente e- oh. Gemetti perché, okay, si, sentivo un dolore forte nella parte inferiore dello stomaco. Come avevo potuto dimenticare tutto quello la notte prima, era una mistero per me, anche se scelsi di non soffermarmi.

 

"Ti sentirai meglio presto," disse con consolazione, "la dottoressa ha detto che il dolore dovrebbe iniziare a diventare solo intorpidimento tra circa una settimana o giù di lì."

 

Intorpidimento? Aggrottai la fronte. Quello non suonava bene. Comunque, avevo problemi più urgenti a cui pensare.

 

"Dov'è il bambino?" chiesi, guardando Anne e poi Harry, la cui espressione si trasformò in pura estasi in un secondo.

 

"È un bene che ti sia svegliato ora, in realtà," disse, "perché è l'ora del pasto, e puoi farlo tu."

 

Il sollievo che sentii per il fatto che nessuno era venuto e lo aveva portato via durante la notte era sconvolgente, e chiusi gli occhi per un attimo, prendendo un respiro profondo.

 

"Stai bene?" chiese Harry, guardandomi preoccupato.

 

Annuii velocemente. "Si, sto bene," dissi. Ci fu silenzio per un attimo e tossii, schiarendomi la gola. "Quindi è l'ora del pasto?" dissi poi, "cosa, vuoi che lo allatti?"

 

Sorrise. "Certo, se solo ti fossero cresciute le tette e avessi latte. Sarebbe bello guardarti mentre lo fai."

 

"Niente tette e niente latte, mi dispiace," dissi secco.

 

"Immagino che dobbiamo continuare ad usare il biberon," disse con un sospiro.

 

"Continuare a usare il biberon?" dissi confuso, "gli hai già dato da mangiare?"

 

"È nato più di dodici ore fa," disse divertito, "pensavi potesse sopravvivere senza cibo per così tanto tempo?"

 

Come farmi sentire un idiota. Il primo giorno ed ero già un cattivo genitore. "Certo che no," dissi con il rossore che si spargeva sul mio viso, "solo non... ci ho pensato." Mi fermai. "Allora chi è stato a... nutrirlo?"

 

"Io," disse Harry stranamente orgoglioso, "e non ho mandato tutto all'aria nemmeno una volta."

 

"Hai spruzzato il latte su tutto il suo volto e sulla tua mano," commentò Anne, "e non so come hai fatto visto che il biberon dovrebbe essere a prova di spruzzo."

 

Lui le mandò un'occhiataccia. "Era la prima volta, che cosa ti aspettavi? Non avevo mai tenuto un biberon per bambini."

 

"Beh, nessuno si è fatto male ed è quello che conta," rispose con un debole sorriso.

 

"Quindi ha mangiato abbastanza?" chiesi prima che Harry potesse rispondere con un cattivo commento.

 

Harry ridacchiò. "Oh, mangia abbastanza, sembra si stia mangiando l'intero biberon."

 

Si fermò per un attimo, e il suo volto si ammorbidì. "E si addormenta con il biberon in bocca, completamente esausto. Non ha molte energie."

 

"Anche tu ti sei addormentato con lui tra le braccia, quindi direi che anche tu non hai energie," disse Anne, ora con sguardo d disapprovazione verso di lui.

 

"Non dormo da tipo ventiquattro ore," disse lui, "cosa ti aspettavi?"

 

"Non dormi da ventiquattro ore?" esclamai, spalancando gli occhi, "ma che diavolo, Harry? Vai a casa e dormi!"

 

"Oh, rilassati, sto bene," disse con un gesto della mano.

 

Strinsi le labbra. "Beh, non ti è permesso tenere il bambino fino a quando non avrai dormito ," dissi, "potresti finire per farlo cadere o qualcosa di simile e potrebbe farsi male."

 

Per un secondo sembrò assolutamente sconvolto, e avevo quasi paura che avrebbe cominciato a gridare, ma poi sorrise, apparentemente soddisfatto per qualche motivo. "Vedi? Stiamo andando abbastanza bene con questa cosa dell'essere genitori," disse.

 

Sembrava così felice e ottimista, non ebbi il cuore di ricordargli che non avremmo avuto ancora per molto tempo la possibilità di essere genitori. Sembrava che i pensieri di Anne fossero simili ai miei, perché mi mandò uno sguardo pieno di significato e le offrii un sorriso triste in cambio.

 

Quando ebbi di nuovo il bambino tra le braccia l'orologio si avvicinava alle 12, e secondo Harry l'ultima volta che aveva mangiato erano più o meno le 9. "Ha fame o qualcosa del genere?" chiesi alla giovane infermiera che lo aveva portato. Il bambino stava piagnucolando e i suoi occhi, aperti in quel momento, erano pieni di lacrime e guardavano verso l'alto, anche se non erano focalizzati su niente in particolare. Era normale?

 

"Probabilmente ha fame," disse, "dovrebbe mangiare ogni due o tre ore, quindi è il momento di portare di nuovo il biberon fuori." Arrivò con un biberon pieno di quello che pensai fosse latte - o "latte in polvere" era probabilmente il termine corretto - e mi sorrise. "Vuoi farlo da solo, si?"

 

Annuii energicamente e il suo sorriso si allargò in modo soddisfatto. "Non so davvero... come fare," dissi con calma quando mi tese il biberon.

 

Lo accettai con esitazione, ma poi lo tenni ferma in aria. "Devo, tipo, tenergli la testa o-"

 

"Basta che ti assicuri che la tettarella sia riempita di latte in modo che non succhi aria," disse, "gli potrebbe far male allo stomaco, e sicuramente non lo vogliamo. Inclina un po' il biberon in modo che sia più facile per lui bere."

 

"Lui deve rimanere in questo modo?" chiesi, guardandolo, aveva la testa un po' più rialzata rispetto al resto del corpo. Indossava una tutina azzurra con piccoli orsetti stampati sopra e un cappellino sulla testa, i pugni erano stretti e le gambe erano piegate e alzate in aria.

 

Se fossi rimasto con le gambe in quel modo per così tanto tempo mi sarebbe venuto un crampo muscolare.

 

Lei non ebbe modo di rispondere perché all'improvviso, e senza alcun avviso, i piccoli singhiozzi si trasformarono in un vero pianto. O 'urla' era più corretto. Spalancai gli occhi e guardai l'infermiera. 

 

"Cos'ho fatto?" chiesi disperatamente, "mi odia?"

 

"Ha solo fame, caro, non preoccuparti," disse con un sorriso.

 

"Mi odia," mormorai, "mi odia perché non gli sto dando da mangiare." Abbassai lo sguardo e lo guardai tristemente. "Mi dispiace, piccolo, mi dispiace," dissi, "so che hai fame, ma sono veramente una frana in queste cose e non so che fare."

 

"Basta fare come ti ho detto e andrà bene," disse con tranquillità l'infermiera. "Inclina il biberon in modo che la tettarella sia piena di latte e poi mettilo sulle sue labbra, e lui saprà che fare."

 

Sentendomi abbastanza scoraggiato perché ero riuscito già a farlo piangere, sollevai un po' il biberon e lo inclinai, passando qualche secondo cercando di capire esattamente quanto avrei dovuto inclinarlo per farlo riempire del tutto. Quando lo capii, i suoi pianti erano diventati più forti e disperati, e quasi volevo piangere, perché ero così terribile a prendermi cura del mio bambino?

 

Fu un sollievo, però, quando esitante poggiai la tettarella contro le sue labbra e immediatamente sollevò i suoi piccoli pugni, come per provare a tenere la bottiglietta e iniziare a succhiare. Sorrisi al suo entusiasmo. Harry aveva ragione - sembrava stesse cercando di succhiare l'intero biberon. Tutti i bambini erano così o solo lui?

 

Preferivo pensare fosse unico.

 

"Quanto tempo devo farlo continuare?" chiesi quando era ormai passato un minuto o due e stava ancora mangiando come se non ci fosse un domani.

 

"Probabilmente si fermerà quando è pieno," rispose l'infermiera, "ma puoi provare a togliere il biberon ora e vedere cosa fa."

 

Lo feci, ma la risposta venne in forma di singhiozzo, lacrime e mani agitate, e non ci misi più di un secondo a riporre il biberon al suo posto. Non c'era bisogno di farlo cominciare a piangere di nuovo. "Non penso abbia finito," commentai.

 

Come previsto, Harry aveva ragione sul fatto che il bambino si sarebbe addormentato con il biberon in bocca. Continuò a succhiare felicemente per un bel po', ma quando era ormai arrivato alle ultime gocce, cominciò a rallentare e notai come le sue palpebre divennero più pesanti. Erano rimaste soltanto una o due gocce quando gli occhi gli si chiusero completamente e le sue mani allentavano la presa, e io sorrisi goffamente alla vista. "Penso che abbia finito ora," dissi piano, mentre allontanavo dolcemente il biberon e lo appoggiavo sul comodino. Ancora sorridente, accarezzai dolcemente la sua testa verso il petto, dove sentii il suo cuore battere forte, rassicurante, sotto le mie dita.

 

"Devo chiederti di darmelo ora," disse l'infermiera, e alzai lo sguardo, aggrottando la fronte.

 

"Perché?" chiesi, "non lo darai a qualcuno, vero?"

 

Lei rise e scosse la testa. "No, certo che no," disse, "ma ora devi andare a fare una passeggiata e non sei abbastanza stabile per portarlo con te e camminare allo stesso tempo."

 

"Andare a fare una passeggiata," ripetei dubbioso, "come? È fastidioso solo stare sdraiato qui."

 

"Lo so, ma ti riprenderai molto più velocemente se ti alzi e fai partire la circolazione sanguigna, ti aiuterà a prevenire la stitichezza e i coaguli di sangue."

 

Non avevo davvero bisogno di argomenti più convincenti di quelli - non avevo alcun desiderio di soffrire di nuovo di stitichezza, ora che era andata via da qualche giorno. Quindi, quindici minuti più tardi, mi alzi in piedi, guardandomi lo stomaco, che sembrava grande quanto il giorno prima. 

 

"Perché è ancora così grande?" mi lamentai mentre attraversavo la porta che dava al corridoio, Harry mi teneva il braccio sinistro e l'infermiera quello destro. 

 

Anne era rimasta in piedi nella stanza per prendersi cura del bambino. "Il bambino è fuori, quindi non dovrebbe tornare alla sua dimensione naturale?"

 

"Non funziona in questo modo, sfortunatamente," disse, "ci vorranno circa sei settimane per il tuo... beh, non so cosa succede dentro il tuo corpo, ma se fossi una donna, ci vorrebbero circa sei settimane prima che l'utero ritorni alla dimensione naturale, e anche dopo quello, ci vorrà del tempo e un sacco di esercizi prima che i muscoli addominali tornino a come erano prima."

 

Il mio cuore cadde e gli angoli della mia bocca scivolarono verso il basso. Mi girai di lato e mandai ad Harry uno sguardo triste. "Dovevamo andare al ballo il 17 giugno," dissi, "manca solo poco più di un mese. Sarò orribile e tutti rideranno di me."

 

'Non sarai orribile," disse con un sorriso "tu-"

 

"Si, lo sono," lo interruppi. Strinsi la mascella per un attimo. "Non verrò, dovresti portare Lauren."

 

"Stai diventando ridicolo," disse lui, roteando gli occhi, "ne parleremo quando sarà il momento, okay?"

 

Il resto della giornata la trascorsi nel letto con il bambino in braccio e Harry seduto - o sdraiato - accanto a me con un braccio intorno alle mie spalle e l'altro che accarezzava le braccia, le gambe e lo stomaco del bambino. 

 

Erano quasi le 21 e Anne era tornata a casa per la notte; quel giorno lei era andata presto a casa ed era tornata con Connor e Adrian che erano diventati entusiasti alla vista del bambino e anche se le cose erano diventate imbarazzanti quando avevano chiesto da dove era venuto, era bello averli avuti lì per un'ora o due.

 

"Ho ricevuto un messaggio da Liam prima," disse Harry stanco tra i miei capelli, dove il suo volto era sepolto, "ha detto che lui, Zayn e Niall verranno domani. Ti va bene?"

 

"Certo," dissi con gli occhi puntati sul bambino che dormiva tra le mie braccia. Esitai per un secondo. "Va tutto bene con quella faccenda? Da quel che ricordo, le cose tra voi tre sono... finite male ieri."

 

"Non significa che perderò la possibilità di mostrare mio figlio," disse con un sorriso ampio.

 

Inclinai la testa. "Seriamente, Harry," dissi, "sei ancora arrabbiato con loro?"

 

Smise di sorridere e guardò in basso per un secondo. "Non sono arrabbiato con loro," disse poi, "sono solo... deluso che non me l'abbiano detto."

 

"Volevano solo assicurarsi che nessuno lo scoprisse," dissi, "non aveva niente a che fare con te."

 

"Lo so, lo so," disse abbattuto, "solo- mi avrebbe aiutato sapere che non mi avrebbero giudicato per... beh, sai. Sapevano molto bene che avevo difficoltà ad affrontare tutto, quindi è solo- è frustrante che abbiamo deciso di tenerlo per loro."

 

"Loro lo sapevano?" chiesi. "Non gli hai mai detto di essere attratto dai ragazzi, no?"

 

"Non gliel'ho detto, ma lo sapevano molto bene."

 

Corrugai la fronte e mi leccai le labbra inconsciamente. "Okay, solo per essere chiari," dissi lentamente, "sei arrabbiato con loro per non aver avuto abbastanza fiducia in te da dirtelo, ma tu non ti sei fidato abbastanza di loro da dirglielo?"

 

Il suo volto si gelò e mi guardò senza espressioni. Non stava per urlarmi addosso, vero? Non quando il bambino era proprio lì tra le nostre braccia, già addormentato. Premetti le labbra tra loro e aspettai con ansia una sua reazione. "Odio quando hai ragione," fu ciò che disse alla fine.

 

Sorrisi, sollevato, e nascosi la testa sotto il suo mento. "Sii gentile con loro quando verranno domani, si?"

 

"Sono sempre gentile."

 

"Certo che lo sei."

 

"Mhm." Rimase in silenzio per un attimo. "Così sapevi di loro?"

 

Mi irrigidii per un secondo, ma non c'era accusa o giudizio nella sua voce, e quando non mi impose di alzare lo sguardo per guardarlo negli occhi, lo presi come un buon segno. "Si, lo sapevo," risposi.

 

"Da quanto? Hanno semplicemente deciso di dirtelo?"

 

"No, io... ero nel bagno della scuola e sono entrati mentre si baciavano, quindi non avevano molta altra scelta se non dirmelo, credo," dissi, e non potei non aggiungere un tono di scuse nella mia voce.

 

"Oh." Spostò la testa di lato per posare la guancia contro la mia testa. "Quando è successo?"

 

"Molto tempo fa," dissi, "qualche settimana prima di Natale, credo."

 

"Me l'hai tenuto nascosto per tutto questo tempo?"

 

Sospirai. "Non era il mio segreto da raccontare, Harry."

 

"Suppongo di no."

 

Silenzio. "Allora siamo okay con questo? Nessun rancore?"

 

Lui mormorò qualcosa e sentii un breve bacio che veniva premuto al lato della mia fronte.

 

"Nessun rancore," disse, "penso che abbiamo cose più importanti di cui discutere comunque."

 

"Tipo cosa?"

 

"Il bambino, Lou," disse piano, "cosa abbiamo intenzione di fare?"

 

Avrei dovuto aspettarmi che sarebbe uscito fuori prima o poi, ma con tutto quello che era successo nelle ultime ventiquattro ore, non ci avevo davvero pensato molto. Forse avevo solo soppresso il pensiero, chi lo sapeva? Il punto era che non mi ero permesso di pensarci, ma ora Harry aveva portato fuori la questione e non potevo fare altro se non rispondere. "Io- dobbiamo parlarne proprio ora?" chiesi, la mia voce piccola. "È tardi e sono stanco, non credo che sia il momento giusto per discuterne."

 

"Non ci sarà un'altra volta," mormorò, "è nato, è qui ora-" trascinò il pollice dolcemente sul viso del bambino, "e torneremo a casa martedì se tutto va bene, quindi dovremmo aver preso la nostra decisione per quel giorno."

 

Martedì. 

 

Due giorni. No, non erano nemmeno due giorni interi, solo uno e mezzo.

 

Pensare che in un giorno e mezzo il bambino sarebbe potuto essere portato via da me per sempre mi fece uscire un singhiozzo involontario nel collo di Harry e scossi la testa. "È troppo difficile," sussurrai, "io- io non posso lasciare che lo prendano, ma- sarebbe troppo egoista da parte mia tenerlo."

 

"Non sarebbe egoista."

 

"Si invece," soffocai, "perché io- io non ho i mezzi per dargli una buona vita e tutto ciò che merita. Voglio che abbia la vita migliore possibile, ma non sarà così con me come genitore, non importa quanto voglia tenerlo."

 

Non ne ero certo, ma giurai di averlo sentito tirare leggermente su con il naso. Ci vollero parecchi minuti prima di ricevere una risposta.

 

"Lo ami," disse, "e così anche io, e non posso pensare di darlo via, non così presto."

 

Non riuscii nemmeno a trovare una risposta; la mia testa doleva, il mio cuore doleva, il mio stomaco doleva e ogni singola parte di me era afflitta da sofferenza e dolore per la decisione che dovevo prendere in poche ore. Piansi silenziosamente nel collo di Harry e mi premetti il più vicino possibile mentre stringevo la presa intorno al bambino.

 

"Possiamo dargli una buona vita, amore, sai che possiamo," mormorò, "ti ho detto il mio piano; è solido e tutto funzionerebbe."

 

"Non stiamo nemmeno insieme, Harry," dissi triste, "ma proviamo sentimenti l'uno per l'altro e tu vuoi vivere insieme e crescere un bambino. È una follia e qualcuno si farà del male ad un certo punto."

 

"Perché?"

 

"Huh?"

 

"Perché qualcuno dovrebbe farsi del male ad un certo punto?"

 

"Perché vivremo insieme," dissi, "e io ti amo, ma ad un certo punto incontrerai qualcuno e lo porterai a casa e vi vedrò, e vi sentirò fare sesso, e io non posso- non posso farlo perché ti ho già visto stare con qualcun altro per tanto tempo, e fa tanto male, e se cominceremo a vivere insieme mi innamorerò ancora di più e andrà tutto di merda, specialmente perché ci sarà un bambino coinvolto, e non posso fare questo a me o a lui."

 

Avevo parlato così velocemente che mi mancava il respiro quando mi fermai, ed ero certo che, se avessi potuto vedere il volto di Harry, sarebbe stato completamente stupito. 

 

"Di che cazzo stai parlando?" sembrava assolutamente stupito, quello era sicuro. Non risposi e lui ridacchiò brevemente. "Quando ho detto che volevo che vivessimo insieme, intendevo come coppia."

 

Smisi di tirare su con il naso e mi bloccai sulle sue braccia. "Una coppia?"esclamai.

 

"Si. Voglio dire, ovviamente abbiamo tante cose da capire e non possiamo semplicemente immergerci subito in una relazione, ma potremmo prenderla con calma, concentrarci su come mettere a posto le nostre vite e vedere dove ci porta tutto," fece una pausa per un minuto e ridacchiò, "cosa, pensavi che avrei voluto vivere insieme come amici anche se ovviamente c'è molto di più?" Scrollai le spalle e lui ridacchiò di nuovo. "Non avrebbe mai funzionato, anche con la mia intelligenza limitata lo avevo capito."

 

Sbuffai una risata. "La tua intelligenza non è limitata," dissi, "a volte non ti si accende la mente."

 

"Si, beh, è la stessa cosa," disse facilmente. Ci fu silenzio per un attimo prima che lui sospirò. "Il punto è che non uscirei mai con nessun altro arrivati a questo punto, in nessun modo," esitò un po'. "Ho te," disse, "e ti amo."

 

Aveva già detto quelle due parole prima, ma era sempre stato qualcosa di frettoloso, in un ambiente diverso, e non era stata come una confessione. Quella però lo era, e sorrisi debolmente prima di sollevare leggermente la testa e guardarlo negli occhi. Certe cose è meglio dirle guardando la persona interessata negli occhi. Quella sembrava essere proprio una di quelle cose.

 

"Si," dissi piano, "ti amo anche io."

 

I suoi occhi brillavano di felicità e non esitò molto prima di abbassarsi e posare un bacio dolce sulle mie labbra. Finì dopo pochi secondi,  ma bastò a far aumentare la mia frequenza cardiaca e a lasciarmi con le farfalle nello stomaco.

 

Non riuscimmo a dire o fare altro perché la porta si aprì e l'infermiera - che avevo scoperto si chiamava Sydney - entrò. Sembrò un po' perplessa quando i suoi occhi caddero su di noi e arrossii quando si rese conto che la nostra posizione sembrava un po' compromettente.

 

"Mi dispiace interrompervi," disse con un sorriso che diceva che sapeva cosa stava succedendo, "mi stavo chiedendo se volete che lo prenda adesso."

 

Guardai il bambino e mi accigliai. Non volevo che venisse portato via, non in quel momento, ma allo stesso tempo ero stanco,  così stanco che sapevo mi sarei addormentato subito, e preferivo che non accadesse mentre lo avevo in braccio. 

 

"Si, va bene," dissi e mi spostai per ottenere una migliore presa su di lui, mentre lo sollevavo. Stava ancora dormendo, sembrava una bambola tra le mie braccia e posai un bacio sulla sua testa, mormorando un 'notte, piccolo' prima di tenderlo a Sydney.

 

"E io? Perché non posso dargli la buonanotte?" disse Harry, scandalizzato.

 

"Hai un corpo funzionante, puoi alzarti e farlo," ragionai.

 

Scosse la testa indignato. "Mi dice che devo alzarmi," mormorò, "ero comodo e tutto."

 

Il suo processo di 'buonanotte' non fu più veloce del mio; trascorse due minuti ad accarezzare tutte le parti del corpo del bambino, accarezzandogli le braccia e mormorando una serie di parole morbide: "dormi bene, dolcezza, stai al sicuro, si?" volevo prenderlo in giro per quello, perché davvero, che cosa poteva fare un neonato per mettersi in pericolo? Sembrava così preso, però, così perso nei suoi pensieri e dalla vista di fronte a lui, che non ebbi il cuore di fare qualcosa per interromperlo. 

 

Quando Sydney lasciò la stanza con il bambino tra le braccia, Harry riprese il suo posto accanto a me sul letto e io non esitai a stringermi vicino a lui e a chiudere gli occhi. Aveva uno strano odore, a dire il vero, probabilmente a causa del fatto che era sveglio da ventiquattro ore, avendo avuto a che fare con vari liquidi che gli erano caduti addosso, senza avere l'opportunità di farsi una doccia dopo.

 

"Penso che dovresti tornare a casa," dissi con uno sbadiglio, "hai un odore strano e devi essere esausto."

 

"Non ti lascerò qui," disse, "voglio esserci se dovesse succedere qualcosa."

 

"E cosa, non ti farai una doccia o dormirai o altro?"

 

"Posso dormire qui con te, no?" sembrava divertito per qualche motivo a me sconosciuto.

 

"Il letto è un po' piccolo," commentai, non realmente convinto; la verità era che non volevo mi lasciasse. Ma volevo che si facesse una doccia, comunque.

 

"Sopravviveremo," disse, e lo sentii allungarsi. Lasciai uscire un respiro di sconforto quando si alzò dal letto, costringendomi a usare i cuscini. "Non guardarmi così," aggiunse quando gli mandai uno sguardo tradito, "adesso vado a fare una doccia in modo che non soffochi nella mia puzza."

 

"Nella tua puzza?" dissi, "un miscuglio di cacca e latte direi."

 

Incrociò le braccia al petto. "Ho dovuto cambiare i suoi pannolini senza l'aiuto di mia madre, lei si limitava a restare ferma e a ridere. Mi sono sentito violato."

 

"Si, dalla cacca di neonato."

 

Cercò di mantenere uno sguardo minaccioso, ma gli angoli della sua bocca si alzarono. 

 

"Come vuoi," disse, "stai qui e fai un buon sonnellino, andrò a fare una doccia, okay?"

 

Sorrisi ampiamente. "Certo. Assicurati di sbarazzarti di tutta la puzza." Ricambiò il sorriso e si voltò per uscire quando mi ricordai di una cosa. "Ehi, hai qualche cambio?"

 

Si voltò con uno sguardo confuso sul viso. "Cosa intendi?"

 

"Io- beh, se dormi qui, hai bisogno di qualcosa per dormire, no?"

 

Lui scrollò le spalle. "Pensavo di dormire nudo, è quello che faccio di solito."

 

"Harry! Siamo in un ospedale, non puoi-" notai il sorriso crescente nel suo viso, così chiusi la bocca e gli mandai uno sguardo acido.

 

"Mamma mi ha portato dei vestiti quando è venuta con Connor e Adrian," disse facilmente, "mi ha anche portato dei pantaloni del pigiama."

 

"Hai dei pantaloni del pigiama?" ero davvero sorpreso.

 

"No, penso sia andata a comprarmeli," disse con uno sguardo pensieroso. Rimase lì per qualche secondo prima di girarsi per la seconda volta e avvicinarsi alla porta, aprirla e scomparire dalla mia vista.

 

La stanza era molto tranquilla, molto vuota e molto fredda quando non c'era nessuno a farmi compagnia, e mi resi conto che era la prima volta che ero completamente solo in nove mesi. Mi guardai lo stomaco, coperto da uno spesso strato di lenzuola e la mia bocca si piegò verso il basso quando mi accorsi che non c'era più niente, solo uno stomaco da persona in gravidanza che in realtà non era più in gravidanza.

 

Non avevo nessuno con cui parlare.

 

Forse era ridicolo, perché non era come se ricevessi delle risposte quando parlavo con il bambino settimana dopo settimana, ma almeno era lì e mi offriva un calcio o un colpo di tanto in tanto, facendomi sapere che non ero completamente solo. Adesso non era lì, però, il bambino. Non era nemmeno nelle mie braccia, era in una stanza senza di me, tutto solo e senza nessuno che si prendesse cura di lui. Okay, forse era un po' esagerato, ma comunque - non era lì con me.

 

Quando Harry tornò, i suoi capelli erano bagnati e indossava un paio di pantaloni del pigiama di flanella blu e nero - senza biancheria intima sotto - e io piagnucolavo, arricciato su me stesso e con il viso sepolto sul cuscino. 

 

"Lou?" disse con cautela mentre si avvicinava al letto, "cosa c'è che non va?"

 

Alzai lo sguardo e tirai su con il naso. "Non è qui," dissi freddamente.

 

Si avvicinò e si sedette sul bordo del letto, guardandomi con occhi preoccupati. "Chi non è qui?"

 

"Il bambino," risposi, "non è qui, è tutto solo e... non è qui con me."

 

"Non è solo, Lou," disse con un sorriso mentre metteva le gambe sul letto, "ci sono altri neonati, e gli infermieri sono lì per nutrirlo e cambiarlo e tutto, sta bene."

 

"Si, ma non è qui," mormorai tristemente, "dovrebbe essere qui, con me e te, non con alcuni sconosciuti. Si prenderanno cura di lui e tutto, ma non è dove dovrebbe essere." Lo guardai, e fui un po' sorpreso di trovarlo con le sopracciglia sollevate e un'espressione condiscendente sul viso.

 

"Odio davvero infierire quando sei giù di morale," disse mentre passava una mano sulla mia - probabilmente unta— frangia, "ma quello che hai appena detto e ciò che sto cercando di dirti da molto tempo e che tu hai rifiutato di ammettere."

 

Aggrottai la fronte. "Cosa intendi?"

 

"Ti sto dicendo da mesi che voglio tenerlo perché l'idea di altre persone che lo crescono mi fa male e che lui dovrebbe stare con noi. Anche tu l'hai appena detto, sai."

 

"Io- no, non è quello che ho detto," protestai debolmente, "volevo solo dire che io... lo voglio qui con me, non in una stanza diversa in cui non riesco a vederlo."

 

La sua espressione si trasformò in triste ed esasperata. "Davvero odio dover essere io a dirtelo, piccolo, ma... guardati." Fece una pausa per un secondo, guardando la mia espressione, e sospirò.

 

"Sei quasi isterico e stai piangendo perché è a dieci metri da noi. Come pensi che ti sentirai quando andrà con un'altra coppia e non potrai più vederlo?"

 

"Non dire così," dissi, scuotendo lentamente la testa e rifiutandomi di incontrare il suo sguardo, "non è- non voglio parlare di questo, Harry, per favore."

 

"Ti stai contraddicendo," disse, "e non aiuta affatto, perché dobbiamo prendere la nostra decisione abbastanza velocemente."

 

Mi morsi forte il labbro tremante per impedirmi di cominciare a piangere. "Smettila di forzarmi," dissi, la voce bassa, "non voglio pensarci, tanto meno parlarne."

 

"Porca puttana, Lou!" esclamò, "tutto quello che stai facendo è rifiutarti di affrontare ciò che dobbiamo affrontare!"

 

"Avevo già affrontato questo argomento, ma poi sei venuto e ti sei rifiutato di accettare di darlo in adozione!"

 

Strinse la mascella. "Questo non cambia il fatto che sarai completamente distrutto se lo daremo in adozione."

 

"Lo stai solo dicendo per ottenere ciò che vuoi," dissi freddamente, guardandolo sfacciatamente negli occhi.

 

Lui annuì lentamente, come se stesse metabolizzando le mie parole. "Okay, quindi non è vero?" disse, "starai bene se lo daremo?"

 

Girai lo sguardo e deglutii. Nessuna risposta venne fuori perché ero abbastanza sicuro che la mia voce si sarebbe spezzata se solo avessi provato a parlare. Invece scossi la testa e avvolsi le mie braccia attorno al mio corpo.

 

"Non starai bene, Lou," disse tranquillamente dopo un lungo silenzio, "sarai devastato. Non lo dico solo perché voglio tenerlo io, lo dico perché non riesco a sopportare l'idea di perderle lui e vedere te depresso allo stesso tempo. Non voglio vederti soffrire così, e credo tu soffrirai per tanto tempo, se lo daremo all'agenzia di adozione."

 

Naturalmente avrei sofferto, lo sapevo perfettamente, ma questo non cambiava il fatto che non potevo permettermi di essere egoista in quella situazione. Era troppo grande, troppo importante per me per prendere in considerazione i miei sentimenti. "Sarebbe così egoista tenerlo, Harry," sussurrai.

 

"Non sarebbe egoista, non quando sappiamo che possiamo prenderci cura di lui," si agitò per un momento prima di accostarsi e premere la fronte contro la mia, "e non sei egoista per pensare al tuo bene, sai." Fece una pausa e lo sentii inghiottire prima di continuare. "Sono... sono spaventato che finirai depresso se lo daremo via, e... mamma è d'accordo con me."

 

Sbattei le palpebre e mi tirai su un po' per poterlo guardare correttamente. "Che cosa-"

 

"Abbiamo parlato di questo quando eri in doccia," mi interruppe, "e lei è d'accordo con me che cadrai... a pezzi se lo daremo in adozione."

 

"Non lo sai," dissi, ma non uscì convinto, "forse starò bene dopo qualche giorno."

 

"Forse," disse, "ma ne dubito."

 

"Grazie per la fiducia," mormorai.

 

Sorrise e mi baciò la punta del naso. "Ne parliamo domani quando arriva mia mamma, okay? Forse sarà più facile prendere una decisione con un adulto presente."

 

Annuii tranquillamente e mi spinsi un po' più avanti. "Pensi che potremmo... sai, andare a prenderlo?" mormorai nel suo petto, "tipo, possiamo averlo qui stanotte?"

 

"Vado a chiedere," rispose e mi baciò rapidamente la fronte, prima che si alzasse dal letto e uscisse dalla stanza. Non ebbi il tempo di immergermi nella mia solitudine quella volta, perché tornò dopo soli tre minuti insieme a Sydney, che spingeva la piccola culla di vetro.

 

"Non riesci a stargli lontano per tanto tempo, vero?" disse con un sorriso.

 

Mi sedetti rapidamente nel letto, facendo una smorfia di dolore alla fitta del taglio sul mio stomaco e allungai il collo per vedere il bambino.

 

"Non sforzarti," disse Harry con un sorriso mentre prendeva il bambino e lo metteva sul petto. Mentre Sydney metteva la culla sul lato sinistro del letto ad un metro di distanza dal comodino, Harry si avvicinò e si sedette accanto a me. Sollevai le braccia immediatamente, facendo capire ad Harry di metterlo lì. Con un sorriso e uno sguardo rapido verso il bambino, Harry lo porse attentamente verso di me, e lo cinsi con una mano posata nella parte posteriore della sua testa.

 

"Ehi, piccolo," mormorai dolcemente, "scusa per tutte queste manovre."

 

Lui, naturalmente, non disse né fece niente visto che dormiva ancora, e sospirai felicemente. "Mi sei solo mancato, tutto qui," aggiunsi tranquillamente mentre lo poggiavo sulla mia spalla. Fece un piccolo rumore e sentii le sue manine, strette in due pugni, riposare sul mio petto, ma continuava a dormire.

 

Almeno non l'avevo fatto piangere per la seconda volta quel giorno.

 

 

Note traduttrice:

Ciao bella gente, chiedo immensamente scusa per il ritardo, ma ero a Londra a vedere il mio bellissimo bambino (sto ancora piangendo in realtà), anyway, ce l'ho fatta a pubblicare.

Probabilmente il prossimo capitolo lo inizierò a tradurre quando tornerò da Milano domenica prossima, giusto per avvisarvi.

Baci, Fra.

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Capitolo 39
*** 39. Okay. ***


CAPITOLO 39

Okay.

 

 

Lunedì, 10 Maggio 

 

 

"Allora non hai davvero partorito?" Niall mi guardò con occhi profondamente delusi.

 

"No, non ho davvero davvero partorito," risposi monotono e gettai uno sguardo asciutto verso Harry. Sembrava trovare molto divertente tutta la scena che gli si presentava davanti.

 

Niall premette le labbra tra loro per un attimo e poi si appoggiò alla sedia. "No, credo che avrebbe causato più danni che altro," disse noncurante, "facendoti a pezzi il culo e tutto."

 

"Dacci un taglio, Niall," disse forte Liam da dove era seduto alla fine del letto insieme a Zayn. Non erano seduti troppo vicini l'uno a l'altro, notai, e mi chiesi se fosse perché non volevano sconvolgere Harry. Li aveva trattati normalmente da quando erano entrati nella stanza mezz'ora prima, e non potevo fare altro se non sperare che continuasse a farlo. Avevo un bambino addormentato tra le mie braccia, se Harry avesse cominciato ad urlare probabilmente il risultato sarebbe stato piuttosto fastidioso.

 

"Che cosa? Stavo solo facendo una domanda," disse Niall.

 

"Si, abbiamo sentito tutti," disse Liam.

 

Niall roteò gli occhi e prese un sorso dalla bottiglia di Coca Cola che stava tenendo. "Quindi l'infermiera che era qui prima...?" disse una volta inghiottito, spostando lo sguardo da me a Harry.

 

"Si chiama Sydney e ha venticinque anni ed è sposata, pervertito," disse Harry con uno sbuffo.

 

"Forse la volevo conquistare," rispose con un sorriso spietato, "farla sentire onorata e tutto il resto."

 

"Non sei nemmeno in grado di onorare te stesso," disse Zayn secco.

 

"Non c'è bisogno di essere così sarcastico. Non possiamo essere tutti innamorati come voi quattro, sai."

 

Il silenzio che calò nella stanza era insopportabilmente pesante e teso e dopo alcuni secondi Zayn parlò. "Ci fai sentire come se fossimo tutti e quattro in una relazione perversa."

 

Sia Liam che Harry fecero un suono di disgusto, e stropicciai il naso. "Preferirei se non si andasse oltre," disse Liam, ed Harry annuì in accordo.

 

"Si, rimarrò attaccato a Lou," disse e mi gettò un rapido sguardo laterale.

 

La mia faccia si allargò in un enorme sorriso, ma non dissi niente.

 

"Lo farai, huh?" disse Zayn con un sopracciglio sollevato e uno scintillio negli occhi, "e Lauren? A giudicare da come ci ha riempito di domande su dove fossi a pranzo oggi, deduco che tu non abbia ancora rotto con lei."

 

"Ci sto lavorando," rispose, "non penso che sarà un grande shock per lei comunque, non è che fossimo così felici insieme ultimamente. Sono sorpreso che non abbia già chiuso lei le cose, ad essere onesti."

 

"Ora che c'è il ballo?" disse Niall ridendo, "non c'è modo che rischi di dover andare da sola."

 

"Beh, non verrà di certo con me," disse Harry stiracchiandosi le braccia sopra la testa, facendo un suono di soddisfazione.

 

"Le darai buca il giorno prima?" chiese Zayn con un sorriso malizioso, "dandole zero possibilità di trovare qualcun altro?"

 

Harry restituì il sorriso allo stesso modo. "Qualcosa del genere."

 

"Non devi essere così crudele, sai," commentai.

 

"Come se non ti piacesse vederla arrabbiata e sola."

 

Feci del mio meglio per trattenere un sorriso, probabilmente fallendo miseramente se il trionfante sorriso che Harry mi mandò era di qualche indizio. "Indirizzerebbe la sua rabbia verso di me," dissi, "e preferirei non farmi prendere a calci in culo da una ragazza."

 

"Ti proteggerò, non ti preoccupare," disse Harry, e in risposa ricevette tre risate.

 

"Potrebbe prendere a calci nel culo anche a te, Harry," disse Niall, e Liam e Zayn acconsentirono.

 

"Come volete, sono un fottuto uomo, posso affrontarla," disse lui incrociando le braccia al petto.

 

"È una cosa giusta dire parolacce di fronte al bambino?" chiese Zayn curioso prima che qualcuno avesse la possibilità di continuare la discussione sulla mascolinità di Harry. O la mancanza di essa.

 

Diedi uno sguardo rapido verso il basso. "È addormentato," dissi, "e anche se non lo fosse, dubito che sarebbe in grado di capire qualcosa."

 

"Si, ma ho sentito dire che i cervelli dei bambini sono come spugne," disse con una piega semi-preoccupata tra le sopracciglia, "tipo, assorbono tutto ciò che viene detto dalle persone intorno a loro."

 

"Penso che valga per i bambini un po' più grandi," disse Harry, "sai, quelli che fanno altro oltre a mangiare, dormire, piangere e fare la cacca."

 

Gli altri tre risero, ma io gli mandai uno sguardo indignato e mi strinsi al petto il bambino. "Non ha nemmeno due giorni, cosa ti aspetti da lui?"

 

"'Meno pianti."

 

"Non sei divertente." Sentii il bambino contorcersi leggermente e un attimo dopo rilasciò un piccolo grido. Un piccolo grido che si trasformò in grida più forti. "Guarda cosa hai combinato," dissi con un sospiro mentre cominciai a cullarlo avanti e indietro con movimenti lenti, "l'hai fatto arrabbiare."

 

"Non credo che mi abbia capito," disse Harry, ma sembrava un po' dubbioso.

 

Gli mandai semplicemente uno sguardo torvo prima di iniziare a mormorare una serie di 'shh, va tutto bene piccolo, va tutto bene, non voleva dire quello'. Era stranamente straziante sentirlo piangere in quel modo, e non potei fare a meno di essere un po' arrabbiato con Harry, il che era ridicolo, perché ovviamente il bambino non stava piangendo a causa di quello che lui aveva detto.

 

Almeno non credevo.

 

Ma comunque, cosa ne sapevo dei bambini?

 

Praticamente niente.

 

Quando il pianto finì e si fu riaddormento con la testa sulla mia spalla, Harry era andato a sedersi con Zayn e Liam, ed erano immersi in una conversazione che sembrava abbastanza seria. Niall, invece, stava maneggiando con il telefono. Fu nel mezzo di qualche frase che stava pronunciando Liam che il bambino emise il suo ultimo grido, e lui si fermò improvvisamente subito dopo aver pronunciato la parola 'allora'. Tutti e tre avevano delle espressioni serie, quella di Harry anche un po' infastidita e quelle di Liam e Zayn colpevoli, e non ci misi molto a fare due più due e capire di cosa stessero parlando.

 

"Forse dovreste... finire questa conversazione fuori," dissi esitante, guardando avanti e indietro tra loro.

 

"No, va tutto bene," disse Harry. La sua mascella, però, sembrava un po' più rigida del normale e gli mandai uno sguardo scettico.

 

"Non va tutto bene," disse Liam e questo mostrava che il mio fugace sospetto fosse esatto. Si alzò e offrì una mano a Zayn, che la prese con un sorriso ed entrambi guardarono Harry. Lui li guardò con un'espressione leggermente di sfida - quasi infantile, a mio parere - per qualche secondo prima di emettere un grugnito e dire 'bene' per poi uscire dalla stanza senza ulteriori indugi. Vidi Zayn roteare gli occhi prima che lui e Liam seguissero Harry fuori dalla porta.

 

Un silenzio imbarazzato riempì la stanza non appena la porta venne chiusa di nuovo, e mi morsi il labbro assente. Non era che non mi piacesse Niall, anzi, ma io e lui non avevamo mai avuto una vera conversazione, non avevamo mai realmente parlato, e adesso improvvisamente ero da solo con lui in una stanza di ospedale mentre tenevo in braccio un bambino.

 

Si poteva dire che mi sentivo un po' fuori luogo. 

 

"Allora, com'è stato?"

 

Beh, non sembrava avere problemi con la situazione.

 

Gli mandai uno sguardo curioso. "Com'è stato cosa?"

 

Si sistemò ulteriormente contro lo schienale della sedia - un altro po' più giù e sarebbe scivolato - e scrollò le spalle. "Essere incinto."

 

Ci pensai per alcuni secondi. "Io... non lo so," dissi sinceramente. Era la prima volta che qualcuno mi faceva quella domanda in modo diretto, per quanto bizzarro, e onestamente non sapevo cosa rispondere. "È stato strano," dissi alla fine, "e faticoso. Per non parlare del fastidio e del dolore."

 

"Penso che 'strano' sia la parola chiave," disse mentre si grattava la nuca, "non per, sai, essere maleducato o altro, ma ho pensato che ci stessi prendendo in giro per molto tempo."

 

"Non posso davvero biasimarti, suppongo."

 

"Mi spaventa ancora un po', ad essere onesti," disse, sembrando tutto ad un tratto a disagio, "voglio dire, sei un ragazzo e due giorni fa sei andato in travaglio proprio di fronte a me. Non è... naturale, lo sai?"

 

Sentii le guance scaldarsi e chinai la testa per impedirgli di vedermi. "Scusa," dissi, "e no, non è naturale, ma è successo." Premetti la guancia contro la testa del bambino e sorrisi dolcemente per niente in particolare. "E ho questo ragazzino come prova e promemoria."

 

"Si," disse con un bisbiglio, e alzai lo sguardo, "è abbastanza impressionante. Dorme molto però; sarò più di aiuto quando sarà abbastanza grande da poter calciare una palla."

 

Sorrisi per un secondo, prima di rendermi conto che quando il bambino sarebbe stato in grado di calciare una palla, non ero certo che fosse ancora con me e sentii il mio viso spegnersi all'improvviso. 

 

"Mi dispiace," disse Niall con uno sguardo di scuse, "so che voi non avete ancora deciso niente."

 

"Va tutto bene," dissi, costringendo un sorriso.

 

"Si, che ne dici di cambiare argomento? Non sono molto bravo nelle situazioni emotive," disse, raddrizzandosi. Non aspettò una mia risposta e aprì di nuovo la bocca. "Quindi tu ed Harry andrete al ballo insieme?"

 

"Mi ha chiesto di andare, e ho detto di sì," esitai per un secondo, "al momento."

 

Sollevò un sopracciglio con disapprovazione. "Gli darai buca?" disse lui.

 

"No!" Esclamai ad alta voce. Feci una smorfia e diedi una rapida occhiata in basso per assicurarmi di non aver svegliato il bambino. Dormiva ancora come un sasso, e mi voltai di nuovo verso Niall, mordicchiandomi l'interno della guancia. "No, non... non gli darò buca, solo che non so se per me sia una buona idea andare."

 

Corrugò la fronte. "Perché no?"

 

"Perché si," dissi vagamente.

 

Sbuffò impaziente. "Qualunque sia la ragione, sono sicuro che sia una cazzata."

 

"Cos- scusa?"

 

"Hai la tendenza di, sai, svalorizzare te stesso, secondo Harry, quindi ho una vaga idea che tu lo stia facendo anche ora."

 

"Io- io non mi svalorizzo," ribattei debolmente.

 

Lo sguardo che mi mandò mi disse che non era affatto convinto e arrossii di nuovo. In quel momento la nostra piccola conversazione finì, perché la porta si aprì e non entrarono Harry, Liam e Zayn come mi aspettavo, ma Sydney, tenendo in mano un biberon e il solito sorriso sul viso.

 

"È l'ora della pappa," disse mentre si avvicinò al letto e mi tese il biberon senza indugi. Ridacchiai mentalmente facendo finta di non notare le occhiate che Niall le mandava. Il fatto che lasciò la stanza subito lo presi come un buon segno, apparentemente pensava che fossi in grado di farlo da solo senza fare casini. Quello aumentò la mia fiducia in me stesso.

 

Trovai insopportabilmente dolce che anche da addormentato iniziò a succhiare la tettarella non appena la poggiai sulle sue labbra, tenendo il biberon con le manine ancora inesperte.

 

"È un mangione," commentò Niall dalla sua sedia, "sono tutti così i bambini?"

 

"No, a quanto pare lui è assurdamente affamato," dissi, sorridendo al bambino, i suoi occhi semi-aperti, sentendomi enormemente fiero.

 

"Sarà uno di quei bambini paffutelli e carini," disse con un sorriso, "sai, come quelli che vedi con i rotoli sulle gambe e sulle braccia," aggiunse come spiegazione quando lo guardai disgustato. "Divertente come i bambini più grassottelli quando crescono sono i più magri. Avresti dovuto vedermi, ero un palla di lardo fino ai cinque anni, e guardami ora." Si indicò le gambe abbastanza magre e lo stomaco piatto, e sorrisi.

 

"I giocatori di calcio tendono ad essere magri generalmente."

 

"Mhm," stese le gambe e sospirò, "tante corse, bruciamo tante calorie quante quelle che assimiliamo."

 

Gli mandai uno sguardo invidioso, pensando che se avessi voluto sbarazzarmi del grasso in eccesso nelle cosce e nella pancia, avrei dovuto morire di fame e fare esercizio fisico fino allo svenimento per un anno e mezzo. Oh, che incantevoli prospettive di vita.

 

Gli altri tre tornarono in camera pochi minuti dopo, e quando nessuno di loro sembrava aver picchiato l'altro e nessuno sembrava arrabbiato, lo presi come un segno che fosse tutto okay.

 

"È tutto okay," annunciò Harry. Beh, okay.

 

"Niente più sentimenti feriti?" disse Niall con tono leggermente di scherno nella sua voce.

 

"No, niente più sentimenti feriti," disse Harry prima di spostare gli occhi verso di me, "oh, gli hai già dato da mangiare?" disse poi, e io sbattei le palpebre.

 

"Penso che sia ovvio chi sia la mamma e chi il papà," blaterò Zayn.

 

Avevo un'idea a cosa si stesse riferendo, e purtroppo non c'era modo che potessi negare. Harry era il padre amoroso che dimenticava tutto, e che, malgrado le buone intenzioni, tendeva ad incasinare parecchie cose. Io, d'altra parte, ero la mamma che riusciva a fare le cose nel modo giusto, ma che al contempo aveva degli attacchi isterici.

 

Era passato solo un giorno e mezzo e già avevamo stabilito i nostri ruoli.

 

Incredibile.

 

"Dobbiamo andare ora," disse Liam, "l'allenatore ha richiesto una riunione di gruppo alle 18 per Dio sa quale ragione."

 

"Non ha richiesto la mia presenza?" chiese Harry.

 

"No, gli abbiamo detto che hai a che fare con alcune questioni familiari, quindi sei libero."

 

Harry annuì e sorrise con gratitudine. "Grazie."

 

Uscirono poco dopo, dopo aver offerto un veloce 'ciao' a me e ad Harry, e non un così-veloce-ciao al bambino. Non appena furono fuori dalla porta, Harry emise un forte gemito e si sdraiò sul letto. Si mise nella sua solita posizione con un braccio intorno alle mie spalle e l'altra sulla pancia del bambino, e scosse la testa incredulo.

 

"Come mai i miei amici diciannovenni sono più estenuanti di un neonato?" chiese retoricamente.

 

Lo guardai con curiosità. "Sei sicuro che vada tutto bene?"

 

"Si, va tutto bene, davvero," disse con un sorriso. Annuii flebilmente in risposta perché sentii il biberon cominciare a scivolare, e quando guardai giù, il bambino si era addormentato. Il biberon era per lo più vuoto e lo misi sul comodino come al solito.

 

"Ha una bella vita," sospirò Harry, fingendosi invidioso. O almeno speravo fosse solo finzione. "Tutto quello che fa è mangiare e dormire. Voglio farlo anche io."

 

"Aspetta ad avere novant'anni, forse lo farai allora," dissi in risposta.

 

"Si. Forse. Mi darai da mangiare?"

 

"Naturalmente, con un biberon."

 

"Bene."

 

Trascorremmo i minuti successivi in un piacevole silenzio. Stavo per dire di essere stanco e chiedergli di tenere il bambino per un'ora a due, ma mentre stavo per aprire la bocca, mi precedette.

 

"Ti arrabbi se ti dico che ho fatto una cosa?" disse lui.

 

La sensazione d'irrequietezza nello stomaco, che era diventata molto familiare negli ultimi mesi, apparve, e aggrottai la fronte con ansia. "Che cosa hai fatto?" chiesi. Ad essere onesti, pensavo che avesse incontrato qualcuno o che avesse cambiato idea sul voler crescere il bambino come coppia, entrambe prospettive improbabili, ma mi fecero comunque aumentare il battito cardiaco.

 

"Non l'ho davvero fatto- okay, si, l'ho fatto," disse lui, armeggiando distrattamente con le sue mani, "e non so come potresti reagire."

 

"Che ne dici di dirmelo e poi deciderò come reagire?"

 

"Okay, solo non dare di matto, per favore."

 

In qualche modo avevo la sensazione che non fosse cambiato per niente e avesse iniziato a vedere qualcun altro. "Non darò di matto," promisi.

 

"Bene, okay," disse con un sospiro, "potrei... avrei chiamato tuo fratello."

 

Tra tutte le cose che avrebbe potuto ammettere, quella era l'ultima a cui avrei pensato. "Mio- cosa? Perché?"

 

"Non lo so, ho pensato che sarebbe stato bello avere qualcuno della famiglia a farti visita," disse, sorridendo, come a dire 'ti prego dimmi che è tutto okay'.

 

"Visita?" ripetei interrogativo, ignorando il suo sorriso, "sta venendo qui?"

 

"Si, lui... ha detto che sarebbe venuto intorno alle 18 o 19."

 

Gettai uno sguardo rapido all'orologio sulla parete. "È praticamente adesso," sottolineai con un lieve sospiro, "non potevi dirmelo prima?"

 

Tentò un altro sorriso. "Scusa?"

 

Scossi appena la testa. "Sei un po' sfacciato, qualcuno te l'ha mai detto?"

 

"Non sei arrabbiato con me allora," dichiarò con un sorriso.

 

"No, non sono arrabbiato," dissi, "Ad Owen va bene tutto questo, e non lo vedo da secoli."

 

"Lo so, per questo l'ho chiamato."

 

"E come hai avuto il suo numero?"

 

Lui scrollò le spalle. "Ho preso il tuo cellulare."

 

"Maleducato. E se avessi avuto dei nudi?"

 

Sollevò un sopracciglio interessato. "Hai dei nudi sul tuo cellulare?"

 

Ovviamente no. "Può essere. Chi lo sa?"

 

Strinse gli occhi e sollevò un dito per metterlo sulla punta del mio naso. "Se ci sono dei tuoi nudi da qualche parte, metterò le mani su di loro."

 

Spostai via il dito e sorrisi. "Meglio iniziare allora."

 

"Oh, lo farò," disse, "credimi."

 

Gli credetti.

 

Rimanemmo di nuovo in silenzio, e in tutta onestà non mi dispiaceva affatto. Era bello trascorrere un po' di tempo insieme, in pace e tranquillità e senza dover parlare o discutere di qualcosa. C'erano cose di cui discutere, non l'avevo dimenticato, ma era così semplice fare finta che tutto andasse bene e che sarebbe rimasto in quel modo, così finsi.

 

Fu quando l'orologio segnava le 18.30 che sentii Harry russare, e quando mi voltai a guardare, lievemente sorpreso, lo trovai addormentato con la testa piegata. Il bambino si era svegliato in quel momento e lo guardai con un sorriso. "Penso che tuo padre sia stanco," dissi, accarezzandogli la pancia, facendogli emettere un suono che andò dritto al mio cuore. Lasciai uscire una breve risata. "Sei carino quando non piangi, lo sai?" dissi mentre dimenava le braccia in aria, "forse è meglio provare a pensare a qualcosa per la prossima volta, pensi di riuscire ad urlare a pieni polmoni, mm?"

 

Un altro urlo fu tutto ciò che ricevetti in risposta.

 

Continuai ad accarezzare la sua pancia assente, suscitando una serie di piccoli suoni, e non passarono più di dieci minuti prima che si riaddormentasse. A quanto pare ero l'unico a riuscire a rimanere sveglio. Addormentarmi quando avevo il bambino tra le braccia non era l'idea più intelligente della storia e non volevo svegliare Harry, perciò rimani sveglio, senza muovermi di un centimetro.

 

Stando seduto lì non potevo far altro se non pensare.

 

Era quello che mi aspettava se avessi tenuto il bambino? 

 

Era quello che si provava ad avere una propria famiglia? 

 

Era quello che mi riservava il futuro?

 

Guardai prima Harry, a quanto sembrasse rilassato, al petto che si alzava e si abbassava in modo regolare, al suo fiato che usciva in un leggero russare. Sembrava così a proprio agio, così tranquillo. Poi mi voltai a guardare il bambino. Naturalmente sembrava in pace. Era un bambino, non aveva nessuna preoccupazione, non aveva motivo di non essere pace. Nessuna ragione che al momento conoscesse.

 

Avere l'opportunità di avere ancora momenti di quel genere non... non era una cosa terribile. Il pensiero era piuttosto esaltante, in realtà. Avere le braccia di Harry avvolte in modo protettivo intorno alla mia spalla e il bambino tra le braccia mi dava una sensazione di serenità. Un senso di sicurezza, conforto, di calore e di amore che non ero sicuro avrei trovato in nessun altro posto, nemmeno se avessi provato duramente a cercarlo.

 

Un bussare alla porta mi trascinò fuori dai miei pensieri, e alzai lo sguardo in tempo per vedere la porta aprirsi lentamente. Il volto di Owen apparve prima del resto del corpo, e sembrava un po' nervoso. Sorrise quando i suoi occhi incontrarono i miei, però.

 

"Bella stanza," fu la prima cosa che disse mentre i suoi occhi scrutavano la stanza, soffermandosi sulle pareti colorate. Stava ancora in piedi sulla porta, la mano sulla maniglia e non risposi. "È... voglio dire, stai bene?" chiese esitante.

 

"Sto bene, si," dissi, sorridendo vagamente, "hai intenzione di stare lì tutto il giorno?"

 

"Oh, no," disse. Si mordicchiò il labbro per un attimo e poi girò la testa. Lo sentii mormorare qualcosa a qualcuno che stava dall'altra parte della porta, fuori dalla mia vista, e corrugai la fronte in confusione. "Sii carina," lo sentii dire, la sua voce molto più forte, prima di rigirarsi a guardarmi. "Non arrabbiarti, okay?"

 

"Arrabbiarmi per cosa?" lo interrogai.

 

Non ricevetti risposta a quello. Non una risposta in forma di parole almeno.

 

Entrò, ma invece di chiudere la porta, la lasciò aperta. Stavo per chiedergli di richiuderla, ma le parole mi morirono in gola e furono sostituite da un cumulo d'ansia.

 

"Cosa ci fai qui?" chiesi debolmente, fissando mia mamma la cui espressione era quasi nervosa quanto la mia. Quasi. 

 

Si fermò sui suoi passi ad un paio di metri di distanza dal letto e mi mandò un'occhiata di supplica. "Non ti vedo da un mese," disse con cautela, "pensavo che sarebbe-"

 

"È colpa tua," la interruppi, sorprendendo me stesso dal modo in cui stavo mantenendo la voce.

 

Lei annuì. "Lo so. E non ti chiedo di perdonarmi, volevo solo vedere se stessi bene." I suoi occhi si spostarono fino a dove il bambino era appoggiato tra le mie braccia e la vidi impallidire. Non commentò però; non commentò il fatto che suo nipote fosse lì, a soli tre metri di distanza da lei. Stava ancora negando la situazione a cui non aveva mai creduto, o semplicemente non le importava?

 

"Sto bene," dissi alla fine, assicurandomi di mantenere un tono di voce neutro. Esitai per un attimo prima di aggiungere un tranquillo: "e anche lui."

 

Ci fu silenzio e desiderai che Harry si svegliasse. Ma dai suoni che emetteva, era ancora molto addormentato, lasciandomi ad affrontare la situazione da solo. Forse era meglio.

 

La mascella di mia madre si strinse leggermente e premette le labbra tra loro, apparentemente per mantenere il controllo del viso. "Sono contenta," disse lei rigida.

 

Abbassai lo sguardo e mi mordicchiai il labbro. Era sorprendentemente difficile affrontare le cose quando erano così. Lei aveva rifiutato di accettare il fatto che fossi gay, aveva scelto un uomo che a malapena conosceva invece che me, suo figlio, e mi aveva sbattuto fuori di casa nonostante le avessi detto di essere incinto. Non gli importava di me. Non abbastanza almeno, non abbastanza da fare quello che qualsiasi genitore avrebbe fatto in quella situazione. Dopo tutto era passato un mese, e molte volte mi era passato per la mente, soprattutto durante la notte, che un giorno mi avrebbe accettato e si sarebbe resa conto di avere un figlio gay che apparentemente poteva rimanere incinto.

 

A giudicare da quanto stava agendo in maniera fredda, nei confronti del bambino, non voleva accettarlo.

 

Non si preoccupava più di quanto faceva un mese prima, e faceva male. Faceva fottutamente male. "Okay, se... se è tutto puoi andare via subito," dissi piano.

 

"Louis, non posso-"

 

"Non farlo, mamma," la interruppi, guardandola con sguardo duro, "solo non farlo. Non hai alcun diritto di venire qui e... fare quello che stai facendo. Mi hai sbattuto fuori dalla nostra casa perché il tuo dannato ragazzo non poteva sopportare il pensiero di vivere nella stessa casa con una persona gay."

 

La sua mascella si strinse ancora più forte, e mi domandai se fosse possibile che i denti si frantumassero. Se così fosse, i suoi denti erano in serio pericolo. "Non sei gay, Louis," disse, "non ti ho cresciuto così, quindi non provare a-"

 

"Certo che non mi hai fottutamente cresciuto per essere gay," sibilai. L'unico motivo per cui non gridavo era perché il bambino si sarebbe svegliato senza dubbio, e anche perché la tristezza e l'umiliazione che avevo provato l'ultima volta che l'avevo vista, era svanita. Ma la rabbia si stava facendo strada dentro di me, bruciava nel mio petto e mi faceva ribollire il sangue nelle vene, lasciandomi solo la voglia di urlare, di prendere a calci e rompere qualcosa, era un sentimento quasi piacevole. "Sono gay perché sono nato così. Non ha niente a che fare con te o chiunque altro, fa parte di me. Non è una cosa che ho scelto, e non è una cosa per cui puoi fare qualcosa per mandarla via."

 

"Ma non puoi sapere con certezza che-"

 

"Lo so per certo," dissi.

 

"Ma come, Louis? Se pensi davvero di essere gay allora cosa-"

 

"Vedi il ragazzo addormentato accanto a me?" la interruppi. I suoi occhi si spostarono sulla figura di Harry per una frazione di secondo prima di fare un cenno di assenso nella mia direzione. "Lo hai incontrato una volta, ma non credo ti ricordi. Il suo nome è Harry, ed è decisamente ovvio che sia un ragazzo." Inghiottii, preparandomi mentalmente. "Ho un bambino con lui e lo amo." Sbattei le palpebre. "È una prova sufficiente per te?"

 

Mi guardò per lungo tempo, e io ricambiai lo sguardo, non battendo nemmeno una palpebra. Vidi Owen muoversi con la coda dell'occhio, ma non gli prestai attenzione. "Non lo accetto," disse infine, "e ancora non credo che tu sia gay perché so che tu ed Eleanor avete avuto una... relazione in qualche modo e so che era fisica."

 

"Si, non ho particolarmente tratto piacere da quello," dissi piano.

 

"Non tutto nella vita deve essere piacevole," riprese.

 

"No, mamma, io sono sicuro che il sesso debba essere piacevole," dichiari, subito seguito da un rossore del mio viso.

 

"Allora forse non ti sei sforzato abbastanza."

 

"Ho decisamente tratto piacere dal fare sesso con Harry." Tutto stava prendendo una brutta piega.

 

Lei prese un respiro profondo e mi lanciò uno sguardo di fastidio.

 

"Non sono venuta qui per discutere della tua vita sessuale."

 

"Allora smettila di preoccupartene. Sono gay, prendere o lasciare."

 

Lei piegò le mani in avanti e l'espressione dura si ammorbidì leggermente. "È chiaro che non voglia tornare a casa."

 

Risi. "Ho un bambino," dissi, "come pensi che lo possa spiegare a Ian?"

 

"Terrai il coso?" chiese, ignorando la mia domanda.

 

"Lui," la corressi, "e io- non lo so. Probabilmente no. Forse. Non abbiamo deciso."

 

Fece un passo verso il letto e stirò leggermente il collo, per vedere il bambino oltre i cuscini. Un debole sorriso le incorniciò il volto. "È bello," disse, "assomiglia molto a te quando eri bambino."

 

"Beh, il cinquanta per cento dei suoi geni sono miei," dissi calmo, "questo spiega le cose."

 

Non sembrava avesse una risposta a quello, e la stanza cadde nuovamente in un silenzio pesante. Sarebbe stato meglio dire silenzio pesante e imbarazzante. Inutile dire che fui sollevato quando sentii Harry spostarsi e pronunciare un sonnolento: "Cosa sta succedendo?" Ci fu silenzio per un secondo e poi: "Oh. Ciao."

 

Se il silenzio di prima era scomodo, non era niente in confronto a quel momento. Giurai di aver sentito i grilli. Quelli rumorosi. "Me ne vado," disse mia madre, spezzando il silenzio. Fece un paio di passi indietro e notai come le sue mani giocherellavano tra loro. "Fammi sapere se hai bisogno di qualcosa, okay?"

 

"E tu fammi sapere quando Ian sarà fuori dalla tua vita," risposi tranquillamente. Mi fermai un attimo prima di aggiungere: "e quando deciderai di essere di nuovo mia madre."

 

Il suo viso si rabbuiò e aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi la chiuse di nuovo. Ripetè l'azione per due volte prima di tossire leggermente. "Ciao per ora," fu tutto ciò che disse prima di voltarsi rapidamente e avvicinarsi alla porta con passi rapidi.

 

Non appena la porta venne chiusa dietro di lei, Owen lasciò uscire un sospiro udibile. "Hai fatto crescere le palle!" esclamò ad alta voce, facendo voltare me ed Harry per zittirlo. "Scusate," aggiunse sommesso, "ma, seriamente, non ti ho mai visto opporti a lei in questo modo, è stata tipo... una rivoluzione."

 

"Una rivoluzione," ripetei. "Grazie per questa interpretazione. Quindi, faccio parte della gente comunque o delle grandi autorità?"

 

"Della gente comune, ovviamente," disse con una scrollata di spalle mentre si avvicinò al letto e si sedette. "Allora non tornerai a casa?" chiese.

 

"Perché dovrei?" chiesi retoricamente, "anche se niente di... beh, questo-" gesticolai verso me stesso e il bambino, "fosse successo, mi sarei comunque trasferito in uno o due mesi."

 

"Andrai all'università?" sembrava veramente sorpreso, e non ero sicuro se esserne offeso o meno.

 

Scossi la testa. "Quest'anno è stato troppo movimentato, quindi no. Io... non ho l'energia o la capacità di prendermi una responsabilità del genere in questo momento."

 

Sembrava ancora più confuso. "Cosa farai allora?"

 

Mi voltai e guardai Harry. Ricambiò lo sguardo con un sorriso, ma non disse nulla. "Noi dobbiamo capire se vogliamo mantenere il bambino o no," dissi quando mi voltai di nuovo da Owen, "e poi decideremo cosa fare."

 

La bocca si spalancò in una piccola 'o' e annuì lentamente. "Non ha un nome?" fu tutto quello che chiese, e ne fui grato.

 

Sorrisi debolmente. "No, lui... ha un nome, tecnicamente," dissi, "è solo un po' strano usarlo quando noi... quando non sappiamo se sarà o no il nome che avrà per il resto della sua vita."

 

"Allora per gli ultimi due giorni l'avete chiamato...?"

 

"Il.. bambino?"

 

Mi mandò un'occhiata sbalordita. "È una cosa cattiva e umiliante. Per non parlare della violazione dei diritti fondamentali dell'uomo."

 

Corrugai la fronte. "Cosa stai-"

 

"Tutti hanno diritto ad un nome."

 

"Ma guarda chi improvvisamente è diventato intelligente," dissi, sollevando le sopracciglia.

 

"Ian è uno stronzo. Devo occuparmi di qualcosa la notte, altrimenti insiste sull'unirmi a lui e alla mamma per cuocere le torte o per guardare un film." 

 

Lo sguardo nei suoi occhi la diceva lunga sulle litigate, i numeri sospiri esasperati e una serie di torte di mele californiane.

 

"Stupido idiota," mormorai, "sta cercando di creare la perfetta vita familiare per tutti voi, vero?"

 

"Ci prova," disse Owen, "non funziona molto bene, però. Non ha il giusto temperamento per essere un uomo di famiglia."

 

"Parlamene," dissi.

 

"Credo che lui e mamma vogliano avere un bambino."

 

Le mie palpebre si chiusero dalla stanchezza e trascinai una mano sul viso, gemendo. "Cosa vuole adesso?" Owen si limitò a scrollare le spalle, e sbuffai. "Questa famiglia è così incasinata e non è divertente. Se avranno un- un fottuto bambino, allora il mio bambino avrà una zia o uno zio più giovane di lui."

 

"Si. E dovrò affrontare la mamma mentre sarà incinta," grugnì, "è già insopportabile così. Per non parlare del fatto che ha già quarantacinque anni. Si possono avere bambini a quell'età?"

 

Scrollai le spalle inutilmente. "Diavolo, non lo so. Non capisco Ian, però. Sono abbastanza sicuro che una volta abbia detto che non voleva nessun bambino, troppo rumore e altro."

 

"Non lo vedo proprio come il Signor Papino Impaziente, no," osservò Owen con uno schiocco della lingua.

 

Inclinai la testa e premetti le labbra tra loro. "Come fai a resistere?"

 

"Con mamma e Ian?"

 

"Tra tutte le altre cose, si."

 

"Sto bene," disse facilmente, "gli piaccio, mi loda come se fossi un cazzo di santo perché gioco a calcio. Questo non cancella il fatto che sia uno stronzo, però."

 

Era bello, in un certo senso, avere Owen dalla mia parte. Avevo Harry, si, e avevo la sua famiglia che mi sosteneva, ma Owen faceva parte della mia famiglia. Era stato lì per praticamente tutta la mia vita, ed era ancora lì in quel momento, rimanendo al mio fianco nella situazione più difficile. Era confortante saperlo.

 

"Non ti spingere oltre con lui," lo avvertii, "non andrà a finire bene se un giorno decidesse di buttarti fuori di casa."

 

"No, lo so, non sono stupido," blaterò, "non come te."

 

"Sto meglio dove sono adesso, credimi," dissi, non senza rivolgergli un'occhiataccia per il commento stupido.

 

"Hmm, si," disse pensieroso, "sembra che stia andando tutto bene, con... sai, il bambino e... tutto. Sembrate come una famiglia, voi tre." Si sedette meglio e i suoi occhi scattarono tra me ed Harry un paio di volte, "voi due state, tipo, insieme o cosa?"

 

"Ci stiamo lavorando," disse Harry, parlando per la prima volta, "devo vedermela con una ragazza folle prima."

 

"Ragazza folle?" sorrise, "di quanto folle stiamo parlando?"

 

"In ogni senso possibile della parola," disse Harry.

 

Il sorriso di Owen si allargò. "Vuoi dire anche...?" chiese interrogativo.

 

"Si, anche in quel senso." Lo sentii ridere. "Quella è in pratica l'unica cosa positiva che ha."

 

"Bello. È sexy?"

 

"Owen, taci," dissi prima che Harry avesse la possibilità di rispondere.

 

"Stavo solo chiedendo," disse roteando gli occhi.

 

"La curiosità uccise il gatto."

 

"Non credo che quel detto si riferisca a questo tipo di curiosità, più a cose come-" si interruppe e arricciò il naso in qualcosa che non ero sicuro fosse disgusto o preoccupazione.   La causa era che il bambino - Aidan, dovevo ricordarmi - emise un gridolino che sapevo presto si sarebbe trasformato in grida più forti.

 

"Non cominciare ad urlare adesso, per favore," dissi piano, "ti stai comportando così bene oggi, non rovinare tutto ora, ok?" dimenò le braccia per un paio di minuti, ma nessuna lacrima cadde e nessuno calcio venne dato. Al contrario, calò di nuovo il silenzio, i suoi occhietti vagavano alla ricerca di qualcosa nella stanza e una filo di saliva sgocciolava dal lato sinistro della sua bocca. Posai una mano sullo stomaco e con l'altra giocai con le sue dita, sorridendo verso di lui. "Vedi?" dissi, "è più bello così, vero?"

 

Non rispose in nessun modo se non sbavando. Mentirei se dicessi che non lo trovai tenero.

 

"Perché i bambini sbavano sempre?"

 

Apparentemente Owen non la pensava come me.

 

"È piccolo, non può fermarlo," dissi in sua difesa, "e tu non puoi parlare," aggiunsi, "sbavavi come un pazzo fino ai tre anni."

 

"Beh, ero piccolo, non potevo fermarlo, no?" disse sorridendo, prima di scendere dal letto. "Penso di dover andare."

 

"Che cosa? Di già?" chiesi con aria sbalordita, "sei qui solo da mezz'ora, e non hai neanche tenuto il bambino."

 

"Pensavo avessi detto che ha un nome."

 

"Okay, non hai nemmeno tenuto Aidan."

 

"Aidan," ripeté, testando la parola, "penso che mi piace."

 

"Beh, sono contento, ma non l'hai tenuto-"

 

"Forse la prossima volta," mi interruppe, "ho bisogno di una preparazione mentale." Non mi diede la possibilità di ribattere a quello - probabilmente era meglio - prima di continuare. "Senti, ho delle cose da fare, ma tornerò presto, e forse lo terrò in braccio."

 

"Mi hai detto che mi avresti richiamato l'ultima volta che abbiamo parlato, due settimane fa, ma non l'hai fatto," dissi scontroso.

 

"Wow," sbuffò, "stai diventando davvero una ragazza."

 

"Non stavi andando via?"

 

Se ne andò subito dopo, anche se non prima di aver dato ad Aidan una carezza sulla testa, facendo ridere me ed Harry. "Fanculo," furono le sue ultime parole, e quando uscii dalla stanza chiudendo la porta dietro di se, io ed Harry stavamo ancora ridendo.

 

"Grazie," dissi quando ci fu nuovamente silenzio.

 

"Per averlo chiamato?"

 

"Si. Diciamo che... non so, mi ero dimenticato quanto mi mancasse."

 

"Hmm, si." Passò un momento di esitazione prima di: "è venuta anche tua mamma, però. Mi dispiace che stessi dormendo."

 

"È okay," dissi, "non è successo... niente. Niente."

 

"Avete litigato?"

 

"No, non era un litigio," dissi con una scrollata di spalle indifferente, "più che altro lei che si rifiuta di accettare che sono gay e dell'esistenza di Aidan, e io che le rispondevo a dovere."

 

"Se lo merita," disse. Aggrottai la fronte, e lui storse le labbra. "Mi dispiace, ma se lo merita, ha scelto un ragazzo a te. Non va bene."

 

Il mio viso si incupì e sospirai. "No, non va bene, so che non va bene. Ma è ancora mia madre. Non posso fare molto a tal proposito."

 

"Almeno Ian non è tuo padre."

 

"Sai davvero come rallegrare qualcuno." Feci una pausa per un attimo prima di scoppiare in una risata. "Grazie per averci provato, però."

 

Mormorò una risposta incomprensibile. "Torniamo a casa domani pomeriggio," disse dopo un paio di secondi.

 

Annuii e mormorai un breve 'mhm'. Avevo capito dove volesse andare a parare, era ovvio, ma era possibile stesse solo chiacchierando quindi non aggiunsi nient'altro.

 

"Non abbiamo parlato con mia mamma oggi."

 

Ed eccola quella speranza che muore.

 

"No, non l'abbiamo fatto."

 

"Sei consapevole che dobbiamo decidere, giusto?"

 

"Non proprio," dissi, "possiamo decidere una cosa adesso e poi cambiare idea in seguito."

 

"Stai solo rendendo tutto più difficile."

 

"Ma avremmo più-"

 

"No."

 

"Harry, dai, ci darà la possibilità-"

 

"No."

 

"Non essere così testardo, sto solo offrendo un-"

 

"No!"

 

"Oh, per l'amor di Dio, puoi solo ascoltarmi-"

 

"No, Lou! No. Non succederà." La sua voce era ferma - non arrabbiata, ma ferma, e aveva un tono che diceva che non si discuteva. "Ti amo, sai che ti amo, ma stai rimandando questo problema da troppo tempo."

 

"Non lo sto rimandando," protestai, "mi aspettavo di avere ancora un paio di settimane per decidere."

 

"Ma non abbiamo un paio di settimane," disse, "dobbiamo farlo ora."

 

"Ma hai sentito quello che ha detto la donna dell'agenzia di adozione," provai, "ha detto che niente sarà confermato se non firmiamo quel documento."

 

"Non rinvierò questo più di quanto non abbiamo già fatto," disse, scuotendo la testa mentre parlava. "In teoria non dobbiamo pensarci troppo a lungo, ma voglio che tutto questo finisca. Sono nervoso da fin troppo tempo, e non posso continuare così, quindi prenderemo la nostra decisione prima di lasciare questo ospedale." Si mordicchiò il labbro e mi guardò con occhi che sembravano quasi addolorati. "Non litigare con me per questo, per favore."

 

Presi un respiro profondo e aprii gli occhi, fermando lo sguardo sul materasso. "Sono spaventato," dissi poi, la mia voce sommessa e morbida, "che cosa succede se facciamo la scelta sbagliata e finiamo per rovinare tutto?"

 

"Se poi capiremo che abbiamo preso la decisione sbagliata possiamo risolverlo, ma ho solo bisogno di decidere qualcosa," disse.

 

"Se sei disposto a cambiare idea dopo, allora perché sei così intenzionato a prendere una decisione?"

 

"Perché ho bisogno di avere un minimo di senso di sicurezza." Lo sentii sospirare e tossire leggermente prima di continuare, lentamente e dolcemente. "Tu sai già quello che voglio e sai che abbiamo un piano che funziona bene."

 

"Si, ma non-"

 

"Ed entrambi sappiamo cosa vuoi anche tu."

 

Stavo per aprire bocca per protestare, per dirgli che si sbagliava e che non avevo idea di quello che volevo, ma a cosa sarebbe servito? Aveva ragione, e lui sapeva che io sapevo che aveva ragione, ma quello non cambiava il fatto che era tutto troppo da affrontare. Non avevo ancora diciannove anni, ma già dovevo prendere una decisione che avrebbe cambiato la mia vita. Se fossi stato un ragazzo normale, sarei stato impegnato a prepararmi per l'università, e anche se quella sarebbe stata una decisione di vitale importanza, non sarebbe stata così permanente e irrevocabile come quella di mantenere un bambino o no.

 

Se avessi scelto di darlo in adozione, il pensiero di lui mi avrebbe tormentato per il resto della mia vita, non lasciandomi pace fino alla morte. Avrei vissuto con il senso di colpa, la preoccupazione e l'inquietudine per tanto tempo, sempre facendomi domande, mai in grado di dimenticare. Se avessi scelto di tenerlo, tuttavia, sarei stato legato ad una responsabilità per tutta la vita, e il possibile rimorso di aver rovinato le prospettiva di una vita migliore per me, Harry e il bambino.

 

Quindi quale aspetto dovevo far prevalere per prendere la mia decisione? Il rimpianto eterno, la perdita, l'inquietudine, o l'enorme responsabilità di poter rovinare la mia vita e quella degli altri? 

 

"Si, lo so," dissi finalmente, deglutendo, "ma questo non rende più facile la decisione."

 

"Ma dobbiamo prenderla."

 

Io annuii, deglutendo nuovamente. "Lo so."

 

Il silenzio cadde su di noi per un po' di tempo, i suoni dei nostri respiri erano tutto ciò che si sentiva.

 

Alla fine sospirò. "Non ti odierei, sai," mormorò, "se decidessi di darlo in adozione, non creerei confusione."

 

"L'hai già fatto."

 

"Perché sapevo che non volevi davvero darlo," rispose. "Ma se mi dicessi con onestà che non vuoi tenerlo, ti starei vicino, e continuerei a voler stare insieme a te."

 

Il mio mento tremò leggermente, ma mi costrinsi a rimanere zitto. Iniziare a piangere non sarebbe stato l'ideale. "Si?"

 

Si mise meglio sul letto in modo che la mia testa si posasse sotto al suo mento. "Si," disse accarezzandomi la spalla.

 

Tirai sul con il naso e annuii. "Okay," fu tutto ciò che dissi, e quelle furono le ultime parole che ci scambiammo quel giorno.

 

 

Martedì, 11 Maggio

 

Fu con un cipiglio preoccupato e un cappotto grondante di pioggia posato sul braccio che Anne entrò nella stanza alle 15 del giorno successivo. In quel momento avevo di nuovo indosso i miei vecchi vestiti - se pantaloni felpati e una delle mie felpe di dimensioni enormi potevano essere considerati 'normali' - invece della camicia blu dell'ospedale che avevo indossato da domenica pomeriggio, inoltre ero seduto sopra le coperte e non sotto. Aidan dormiva ancora, ed Harry era seduto nell'altro lato del letto con i miei piedi sulle gambe, massaggiandoli dolcemente.

 

Dovevo ricordarmi ogni decimo di secondo che far uscire dei versi di piacere sarebbe risultato piuttosto umiliante.

 

"Sembra che stia andando tutto bene qui," disse mentre chiudeva la porta dietro di lei e si avviò alla sedia vicino alla finestra.

 

"Solo un po' di coccole," disse Harry, "a quanto pare i piedi gli fanno male."

 

"Ehi, ti sei offerto tu," dissi, indicandolo con un dito.

 

"Non cancella il fatto che ti stavi lamentando."

 

"Ho solo espresso alcune volte la mia discreta opinione. Non conta come un lamento," sibilai.

 

"Pensa pure quello che vuoi, piccolo."

 

Gli feci la linguaccia e lui mi rispose pizzicandomi il piede, facendomi squittire e gli diedi un calcio contro la gamba.

 

"Quindi," disse Anne, battendo le mani per attirare la nostra attenzione, "la ragione importante per cui mi avete fatta venire oggi è perché volevate che vi guardassi flirtare?"

 

La mia faccia si scaldò e guardai in basso, ma Harry non si scompose.

 

"Certo che no," disse, "quale ragazzo normale inviterebbe sua madre a guardarlo mentre flirta?"

 

"Hai fatto cose strane in passato," disse lei asciutta, incrociando le braccia al petto.

 

"Beh, i miei giorni selvaggi e ribelli sono finiti."

 

"Bene. Sei stato un incubo da affrontare."

 

"Ero un angelo," disse, "un bell'angelo."

 

"Eri uno stronzo."

 

"Sei tu che mi hai cresciuto, quindi se fossi uno stronzo - cosa che non sono - sarebbe colpa tua."

 

"Si, beh, non c'è molto da fare quando i tuoi piccolini decidono di ribellarsi."

 

Senza attendere un attimo per dare l'opportunità di rispondere, schioccò la lingua e continuò. "Allora qual è questo motivo così importante? Sono curiosa."

 

Harry si voltò a guardarmi e alzò le sopracciglia in un modo che chiedeva: "sei pronto per questo?" Gli diedi una triste scrollata di spalle in risposta, guardando il bambino sempre addormentato.

 

"Okay," disse Harry, schiarendosi la gola, "noi... abbiamo bisogno del tuo aiuto per decidere cosa- sai, cosa fare."

 

Non sbatté nemmeno una palpebra. "Dov'è il problema?"

 

"Il problema è che Lou è al cento per cento sicuro che sia egoista voler tenere Aidan e che sprofonderemmo nella tristezza se lo facessimo," disse senza esitazione.

 

Si voltò verso di me, con una piega tra le sopracciglia. "Perché?" chiese.

 

"Non lo so, non-" mi fermai un attimo, "non penso che sprofonderemmo nella tristezza, ma io- io sono spaventato di fare qualche casino."

 

"Tutti i genitori si sentono così," disse lei, con le labbra tirate in un sorriso, "soprattutto con il primo figlio. Avresti dovuto vedermi quando ho avuto Harry; ero sul punto di rinunciare a tutto almeno tre volte, poi si è rivelato bello, quindi non avevo motivo di dare di matto."

 

"Beh, si, ma è un po' diverso," replicai, "tu non eri un ragazzo e non eri al liceo."

 

"No, ero nel bel mezzo degli studi universitari," disse, "ho dovuto smettere l'università per prendermi cura di lui. I miei genitori erano furiosi e nessuno dei miei amici mi ha potuto aiutare perché studiavano, anche Robin."

 

Mi leccai il labbro assente. "I miei genitori mi odiano per quello che sono. Beh, mio padre non sa niente di quello che è successo nella mia vita negli ultimi due anni, ma mia madre mi odia." Battei le palpebre. "Ma comunque, il punto è che non ho stabilità nella mia vita e non voglio essere uno di quei genitori che non riescono a concludere niente e finiscono per riversare tutto sui propri figli."

 

Con un'espressione pensierosa, si appoggiò alla sedia e mi studiò per qualche secondo. "È l'unica cosa che ti impedisce di tenere Aidan?"

 

"Si, ma... è una ragione abbastanza buona," dissi con esitazione, sorpreso dalla sua reazione, "no?"

 

"Dimmelo tu," disse lei. Il modo in cui appariva mi ricordava più uno psichiatra che la madre del mio... beh, la madre del padre di mio figlio.

 

"Non è così," disse Harry piano. Smise di massaggiarmi i piedi e non feci passare nemmeno un secondo prima di mettermi a piagnucolare agitandoli per farlo continuare. Sorrise un attimo, ma non disse niente prima di iniziare a muovere le dita in cerchi lenti e sorrisi felice.

 

"Tutti noi sappiamo quello che vuoi, Harry, quindi il tuo contributo non è necessario," disse Anne, spedendogli uno sguardo di rimprovero prima di rivolgersi nuovamente a me, "volere una buona vita per il tuo bambino è una ragione perfettamente valida, ma è consentito anche prendere in considerazione i propri desideri personali."

 

"E se non potessi?" dissi disperatamente, "cosa succederebbe se-"

 

"E cosa succederebbe se tutto finisse per il meglio?" mi interruppe, "cosa succederebbe se tutti e tre trascorreste una vita felice insieme?"

 

Mi morsi il labbro e inghiottii. "E se non succederebbe?"

 

"Allora sarà più facile per voi cambiare decisione sul non tenerlo, piuttosto che cambiarla e decidere di farlo," disse.

 

Passai un paio di secondi cercando di capire cosa intendesse, corrugando la fronte e guardando il muro. Alla fine dovetti ammettere la sconfitta, e le lanciai un'occhiata confusa.

 

Lei sorrise e si alzò. "Se scegliete di tenerlo e in seguito vi rendeste conto che è stata una decisione sbagliata, tecnicamente poi non sarà difficile darlo all'agenzia di adozione. Ma se scegliete di darlo in adozione e firmate tutti i documenti, e poi vi rendete conto che non è stata la decisione giusta, siete... beh, ad essere sincera, siete fottuti."

 

La mia bocca si aprì e si chiuse tre volte, ogni volta con un nuovo argomento da offrire, ma tutte e tre le volte le parole morirono prima di poterle pronunciare, mentre la realizzazione si faceva largo in me, perché- "non l'avevo mai pensata in questo modo." Spostai il mio sguardo verso il basso. Come mai nonostante tutti i dibattiti tra me ed Harry su quella questione, non avevo mai pensato a quello? Quanto ottuso potevo essere? Quanto ottuso poteva essere Harry? Ovviamente Anne aveva assolutamente ragione, non c'era da discuterne, almeno non dal mio punto di vista. 

 

Avremmo potuto darlo in adozione e sarebbe stato irreversibile, permanente.

 

Oppure avremmo potuto tenerlo e avere la possibilità di cambiare idea, anche dopo anni, se volevamo.

 

Certo, se Harry non fosse stato così dannatamente convinto di prendere una decisione prima di lasciare l'ospedale, avremmo potuto decidere di darlo in adozione e avere ancora un po' di tempo per dirgli addio e prepare noi stessi. Ma non c'era verso di fargli cambiare idea. Non mi era permesso uscire da quell'edificio senza avergli dato prima una risposta, e ne ero consapevole.

 

Guardai il bambino, soffermandomi sul suo petto che si alzava e si abbassava in modo uniforme, sulla sua bocca leggermente aperta e su come i suoi piccoli pugni stavano riposando sulle mie gambe. "Sei felice qui, eh?" dissi tranquillamente, "non ti dispiaccio più di tanto, vero?" Non ricevetti nessuna risposta, naturalmente, e guardai di nuovo Harry. "Perché questa merda deve essere così difficile?" chiesi debolmente.

 

"Perché sei un essere umano, ecco perché," ridacchiò, anche se quello non placò il nervosismo che avevo, mischiato alla paura. In quella situazione non era per niente d'aiuto.

 

"Quale... quale pensi sia la cosa più intelligente da fare?" chiesi, rivolgendomi ad Anne.

 

Sorrise debolmente, ma il sorriso scomparve dopo soli tre secondi sostituito da uno sguardo pensieroso. "Io non..." si allontanò, stringendo leggermente le labbra, "non penso che starai bene se lo dessi all'agenzia di adozione. Sei troppo legato a lui. Non vuoi che sia da nessuna parte se non con te, nemmeno di notte, e non riesco ad immaginare come finiresti se dovesse essere dato a qualcun altro in modo permanente."

 

"Ma cosa-"

 

"Starà bene," mi interruppe con delicatezza, "sarò lì per aiutarti e così anche Robin. Non sei solo."

 

Il mio mento tremava e dovetti spezzare il contatto visivo con lei, concentrando il mio sguardo su Aidan. Cercai di immaginarlo, darlo a Ilana - o qualcun altro altrettanto freddo e senza cuore - e non poter fare niente se non stare lì a guardarlo mentre lo portavano via, piangendo disperatamente sulla spalla della persona senza volto che mi guardava con occhi traditi che urlavano solitudine. Solo l'immagine mi bloccò la gola e presi un respiro tremolante, cercando di trattenere le lacrime, rifiutandomi di far prevalere le emozioni, anche se erano aggrappate ad ogni parte del mio corpo, sia all'interno che all'esterno, non dandomi la possibilità di respirare normalmente.

 

Con le dita che tremavano violentemente, accarezzai una delle sue manine, sentendo la pelle morbida che trasmetteva innocenza e impotenza. Era così... piccolo. Troppo piccolo, troppo fragile, perché potessi affidarlo a qualcun altro per prendersi cura di lui. La sua manina si mosse improvvisamente, anche se era ancora addormentato, e prima di rendermene conto, le sue dita erano avvolte ad una delle mie. Non riuscii a pensare più a nulla dopo quello, e permisi ad una lacrima calda di scivolare sul mio viso, fino al mio mento.

 

Esitante e ansioso, sollevai gli occhi nuovamente verso Harry. Sul suo volto c'era uno sguardo di qualcosa simile al panico e le sue mani stavano ancora massaggiando i miei piedi, nonostante fosse più un'azione automatica che altro. Per quello che doveva essere un minuto intero, ci guardammo l'un l'altro senza espressioni e senza emozioni. Ci guardammo per lungo tempo, fino a quando non aprii la bocca.

 

"Tu... è- solo- prometti," dissi in un sussurro, guardandolo, "ho bisogno che tu mi prometta che staremo... che staremo bene."

 

Si chinò un avanti e un po' del suo panico svanì. "Staremo bene," disse piano, "te lo prometto."

 

"Prometti?"

 

"Prometto."

 

I suoi occhi erano sinceri e così la sua voce, e credetti alla sua promessa. Trovai difficile non farlo. Succhiai il mio labbro inferiore e sbattei le palpebre rapidamente prima di spostare lo sguardo verso il bambino. "Okay," mormorai, "okay."

 

I suoi occhi si spalancarono. "Okay?" ripetè, la sua voce quasi isterica, "tipo...?"

 

Alzai lo sguardo e cercai di sorridere, anche se il risultato fu qualcosa più vicino ad una smorfia adatta ad una maschera di Halloween. Il mio cuore stava battendo fino in gola, dandomi una sensazione scomoda tra nausea e dolore. Era bello, però. Ero spaventato dalle mie certezze, talmente disperato da aggrapparmi a qualunque cosa, e anche capace di poter sentire il mio cuore battere così rapidamente, con la certezza che non fossi ancora morto a causa dello stress.

 

Non appena mi accorsi degli occhi spalancati di Harry e delle sue guance rosse, presi un respiro profondo e annuii. I suoi occhi si allargarono ancora di più - grandi quanto delle palline da tennis - e la sua mascella si spalancò in una 'o'. Strinsi i denti per un secondo e annuii nuovamente, quella volta più deciso, prima di rispondere con voce tremante. "Si," sussurrai. "Si. Okay. Si."

 

 

 

Note traduttrice:

Ed eccoci, finalmente hanno preso la loro benedetta decisione. 

Scusate per il ritardo, ma non pensavo fosse così lungo il capitolo, sono più di 8000 parole. 

Spero comunque che vi sia piaciuto, alla prossima. E comunque, - 3 alla fine.

Baci, Fra.

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Capitolo 40
*** 40. Are you mocking me? ***


CAPITOLO 40

Mi stai prendendo in giro?

 

 

 

Mercoledì, 12 Maggio

 

Sbattei le palpebre. Poi di nuovo. E di nuovo ancora. Mi scese una lacrima e dovetti nascondere il viso nella spalla di Aidan. Lui, ovviamente, era addormentato e non poteva fregargliene di meno che suo padre avesse avuto un crollo emotivo. Speravo non fosse qualcosa a cui avrebbe dovuto imparare ad abituarsi.

 

"È per questo che ho dovuto dormire nel tuo letto stanotte?" chiesi, la mia voce marcata, mentre lasciavo che i miei occhi vagassero nella stanza, guardandola da cima a fondo.

 

La mia stanza - o quella che avevo definito come 'la mia stanza' da un mese a quella parte - precedentemente aveva un grande letto matrimoniale, una scrivania, un armadio e una poltrona. Ora, in più, conteneva una grande culla di legno. Una grande culla di legno riempita con una quantità folle di orsacchiotti e altri animaletti di peluche, tutti bianchi e azzurri. Inoltre, la carta da parati sul muro vicino alla finestra che prima era marrone e beige era sparita, ce n'era invece una color azzurro polvere con degli orsacchiotti bianchi, nuvole e fiori sparsi dappertutto.

 

Quando lasciai i miei occhi vagare per tutta la stanza, mi resi conto che le lenzuola erano state sostituite, e così anche i cuscini, le tende, il tappeto sul pavimento, la lampada sul soffitto e le decorazioni sul comò. Tutto in quel momento era blu e bianco. 

 

"'Ho dovuto'?" ripetè Harry interrogativo, i suoi occhi scintillavano di divertimento, "è stato così brutto?"

 

"Beh, russi," dissi.

 

"Sei tremendo," rispose, il tutto seguito da uno sbuffo. "Quindi ti piace?" aggiunse dopo un momento di silenzio.

 

"Certo che mi piace," dissi sorridendogli, "è troppo, però, non avresti dovuto-"

 

"Ed ecco che arrivano le proteste," disse mentre stringeva la presa intorno alle mie spalle. "Probabilmente vivremo qui per più di un anno, quindi abbiamo dovuto fare qualcosa per renderla più... adatta ad un bambino, non credi? Abbiamo dato per scontato che avresti voluto dormire nella stessa stanza di Aidan, quindi eccoci. Ora abbiamo una camera da letto slash nursery."

 

Stavo per dire che solo la culla sarebbe stata più che sufficiente, ma poi qualcos'altro attirò la mia attenzione, e corrugai le sopracciglia con aria interrogativa. "Aspetta, noi abbiamo una camera da letto slash nursery?" chiesi.

 

Un sorriso un po' imbarazzato si diffuse sul suo viso. "Stavo pensando di trasferirmi qui," disse, "beh, almeno iniziare a dormire qui."

 

Dormire qui? Nel mio stesso letto? Ogni notte? Per un anno intero? "Oh."

 

"'Oh'?" rise brevemente, "è un 'oh' buono o cattivo?"

 

"È solo... niente, è un 'oh' neutro."

 

Il suo sorriso vacillò e diede spazio a una smorfia delusa. "Posso stare nella mia stanza, se preferisci," disse, "ho solo pensato che sarebbe stato più semplice se avessi dormito qui visto che dovremo alzarci durante la notte per dargli da mangiare. E pensavo sarebbe stato, sai, bello dormire insieme. Ma va bene, se vuoi-"

 

"Oh Dio, per favore stai zitto," lo interruppi.

 

Chiuse immediatamente la bocca e mi rivolse uno sguardo preoccupato.

 

"Va bene se vuoi restare qui," dissi, "hai ragione, sarebbe bello. E di grande aiuto."

 

Il sorriso riapparve, anche se era come qualcosa di più simile ad un ghigno. "Si? Quindi siamo ufficialmente compagni di letto?"

 

"Compagni di letto," ripetei, assaporando la parola, "sembra un po'... domestico."

 

Si strinse nelle spalle con nonchalance. "Beh, ora siamo tipo domestici, no?"

 

Cambia la presa su Aidan, poi annuii. "Si. Penso di si."

 

"Allora vuoi provare la culla? Per vedere se gli va bene?"

 

Sospirai e protesi il labbro in un broncio. "Amo la culla, è bellissima, ma non può semplicemente dormire nel letto con noi? È abbastanza grande."

 

"Oh, no, credimi, non vuoi farlo," la voce di Anne arrivò da dietro di noi. Girai la testa e la vidi entrare nella stanza con una pila di vestiti puliti in bilico sulle sue braccia. Posò il mucchio sopra il cassettone e poi si rivolse di nuovo a noi. "L'abbiamo fatto con Harry e poi quando provavamo a metterlo nella sua culla non smetteva di piangere, era inconsolabile fino a quando non lo prendevamo di nuovo e lo lasciavamo dormire con noi." 

 

Scoppiai in una risata. "Hai subìto problemi di abbandono quando eri piccolo?"

 

"Apparentemente si," disse, "non lo sapevo fino ad oggi, però. Grazie per avermelo detto, mamma."

 

"L'hai superato," disse sbrigativa, "quello che sto cercando di dirti è che dovresti abituarlo a dormire da solo il prima possibile. Fallo dormire nel tuo letto di tanto in tanto se vuoi, ma non renderla una cosa quotidiana."

 

Emisi un altro sospiro, ma annuii. "Immagino che debba andare nella tua culla, allora," dissi, sentendomi un po' triste quando mi avvicinai a quest'ultima dandogli un'occhiata. Era grande, davvero grande, così grande che mi sarei potuto adattare anche io. Il materasso era di media altezza, a circa mezzo metro dal bracciolo, e sembrava incredibilmente morbido.

 

Forse un giorno l'avrei davvero provato.

 

"Okay, piccolino, vediamo come ti senti," mormorai, più a me stesso che ad altri, mentre lo mettevo giù con attenzione. Non appena la sua schiena toccò il materasso, sbadigliò, prima che la sua testa ciondolasse di lato e un piccolo sbuffo gli uscisse dalla bocca semi-aperta. Continuò a dormire, non sembrando aver notato nessun cambiamento. Sorridendo debolmente, allungai una mano per coprirlo fin sopra le braccia. 

 

"Non farà troppo caldo, vero?" chiesi, mordicchiandomi inconsciamente il labbro inferiore. 

 

"Starà bene," replicò Anne, "e in ogni caso, tra un paio d'ore si sveglierà per mangiare."

 

"Proverò a fare un sonnellino intanto," dissi, "penso di avere dormito... tipo, quattro ore la scorsa notte."

 

"Qualcosa del genere, si," disse Harry, sbattendo le palpebre stancamente, "credo che ti raggiungerò per quel sonnellino, se non ti dispiace."

 

"Certo," dissi prima di dirigermi verso il letto e caderci sopra, chiudendo gli occhi.

 

"Credo che sia il segnale per andarmene," sentii dire da Anne. Aprii gli occhi appena in tempo per vederla uscire dalla porta e chiuderla. Non passarono più di un paio di secondi prima di sentire Harry unirsi a me. La stanchezza mi travolse come un'onda, e sbadigliai profondamente prima di spostarmi più in alto e mettere la testa sul cuscino.

 

"Ho delle buone notizie, se non sei troppo stanco," sentii Harry borbottare proprio accanto a me.

 

Aprii gli occhi e trovai il suo viso a soli dieci centimetri dal mio. "Dimmele velocemente," risposi.

 

"Mm, si, okay," disse, sembrando quasi pronto a svenire da un momento all'altro, "sono stato accettato a Manchester. Ho ricevuto il messaggio ieri sera."

 

Mi sollevai un po' e sorrisi ampiamente. "Si? Congratulazioni," dissi dolcemente, allungando una mano pigramente per intrecciare le nostre dita, "quando... quando andrai?"

 

"Verso metà settembre," disse, "ma ci ho pensato e credo che vivrò a casa, almeno il primo anno."

 

Sbattei le palpebre. "Questo non renderebbe le cose più... scomode per te?"

 

"Me la vedrò io," disse con facilità.

 

"Non lo stai facendo solo per..." mi bloccai e mi morsi il labbro, "per l'esattezza, perché lo stai facendo?"

 

Sembrava si aspettasse quella domanda, perché rispose immediatamente e senza neanche pensarci. "Lo sto facendo perché non voglio perdere un momento della sua vita." Un sorriso sfacciato apparve nel suo viso e aggiunse: "e ad essere onesti non mi piace il pensiero di trascorrere una parte enorme del prossimo anno anche lontano da te."

 

"Per quanto possa essere dolce," iniziai, il rossore che si espandeva nelle guance, "credo che sarebbe più-" 

 

"Se hai bisogno di essere persuaso ancora di più, è anche più conveniente in termini economici," mi interruppe.

 

"Beh, è- si, okay, credo," dissi, anche se ancora un po' titubante. "Sarà comunque una seccatura per te, andare avanti e indietro a Manchester tutti i giorni."

 

"Andrò solo quando dovrò, non tutti i giorni."

 

"Ma è solo-"

 

"Lou, per favore," disse, senza lasciarmi finire, "ho già deciso."

 

"Bene, okay, scusa," dissi con un sospiro. Mi presi un momento per meditare. "Ma solo- non pensare di dover fare le cose in quel modo solo a causa... a causa mia," fu ciò che alla fine 

decisi di dire, "starei bene qui da solo."

 

"Ti mancherei," disse scherzosamente. 

 

"Si, beh, penso di aver lasciato decidere abbastanza i miei sentimenti ultimamente." Mi resi conto un po' troppo tardi di quello che avevo detto e di come suonava, e mi affrettai a continuare, "non che mi pento di averlo tenuto o altro, ma penso solo che sarebbe meglio cominciare di nuovo a ragionare con la testa."

 

Sorrise, ma risultò piuttosto riluttante. "Quindi non ti penti di niente?"

 

Scossi la testa con fermezza, senza esitare per un secondo, "no, decisamente no."

 

"Non eri troppo sicuro quando hai detto di sì, però," disse, alzando leggermente le sopracciglia, "non era come se fossi al settimo cielo per-"

 

"Ero al settimo cielo non appena abbiamo messo piede dentro questa porta," lo interruppi, "e non me ne pento affatto. Seriamente."

 

"Seriamente," ripetè lui, "beh, se intendi seriamente..."

 

Strinsi gli occhi. "Mi stai prendendo in giro?"

 

"No, ovvio che no. Seriamente." Il modo in cui gli angoli della sua bocca continuavano a contrarsi e il modo in cui le rughette intorno ai suoi occhi si increspavano, in qualche modo rovinavano la sua credibilità. 

 

"Ti odio. Possiamo dormire adesso?"

 

"Certo, dolcezza."

 

"Vai nel tuo letto."

 

"Ma questo è il mio letto, ricordi?"

 

"Vai a dormire sul divano."

 

"Ti mancherei e mi diresti di tornare dopo due minuti."

 

Non risposi a quello, e non più di dieci minuti dopo eravamo profondamente addormentati, le nostre mani ancora intrecciate e i nostri respiri gli unici suoni che rompevano il silenzio.

 

Questo fino a quando, più o meno due ore dopo, venimmo bruscamente svegliati da una serie di forti grida.

 

Nonostante fosse evidente il fastidio nella mia faccia quando io ed Harry uscimmo dal letto contemporaneamente per andare verso la culla, nel mio cuore c'era anche una sensazione calda e stranamente felice che fece trasformare il mio cipiglio in un sorriso e uno sguardo affettuoso. Guardando Harry, sembrava provare la stessa cosa. 

 

 

*

 

 

Mentre Harry era andato a scuola come al solito, io no. Non ero andato per quasi un mese, e prima di allora avevo saltato così tante lezioni durante l'anno che sarei potuto rimanere a casa più o meno ogni giorno. Non era che mi sentissi troppo indietro con il programma - stavo leggendo tutto ciò che serviva mentre ero a letto e avrei consegnato tutti i saggi -, ma ora gli esami si stavano avvicinando. Tre, per la precisione, dei quali solo uno ero sicuro di passare con un voto decente. Sociologia non poteva andare bene, e non ero così sicuro nemmeno di economia, quindi filosofia era l'unica mia speranza di non sembrare un completo idiota.

 

Le date stabilite per gli esami erano il 28 Maggio, il 3 Giugno e il 9 Giugno, il che significava che probabilmente sarebbe stata una buona idea tornare a scuola prima di allora. Il solo pensiero mi fece venire voglia di sdraiarmi e piangere, perché dopo essere passata solo una settimana dal taglio cesareo, ero ancora stanco, la ferita faceva ancora male, e mi sentivo sempre enorme come un elefante, nonostante le continue rassicurazioni di Harry su come fossi già visibilmente più magro. 

 

Stava solo facendo il carino con me.

 

Stronzo.

 

Anche se non prendevo in considerazione i miei disagi personali, non avevo ancora voglia di tornare a scuola perché avrebbe significato dover lasciare Aidan. Come Anne mi aveva ricordato, però, non potevo esserci sempre per prendermi cura di lui. Prima o poi avrei dovuto lasciarlo, e probabilmente sarebbe stato più facile per tutti se mi ci fossi abituato mentre era ancora un bambino.

 

Dopo averci pensato un po', decisi di tornare a scuola il 24 Maggio, che era un lunedì, e nei giorni precedenti passai il maggior tempo possibile con Harry e Aidan. Quel giorno scoprimmo che al bambino sembrava piacergli molto stare sdraiato sul pavimento con una coperta spessa sotto di lui, i piedi che scalciavano in aria mentre asciava uscire degli squittii di gioia - speravo fossero di gioia - ogni volta che qualcuno toccava il suo stomaco.

 

Aidan passava molto tempo così finché non si stancava o non gli veniva fame, mettendosi poi a piangere o addormentandosi, le sue gambe che cadevano mollemente sul pavimento. 

 

Era Aidan. Non Harry.

 

Di tutto quello a cui dovevamo abituarci, la cosa più strana era mettere Aidan nel passeggino con cui Robin era tornato a casa un giorno e andare a fare le passeggiate. Fortunatamente il quartiere era tranquillo, quindi non incontravamo mai nessuno, e quando succedeva, tutto quello che ottenevamo era un sorriso e un cenno. Ne ero grato, senza dubbio, ma ero anche un po' confuso.

 

"Probabilmente pensano che siamo amici e che è tuo fratello quello nel passeggino," rispose Harry con una scrollata di spalle quando un giorno espressi a lui la mia confusione. 

 

Stranamente, io ed Harry - con l'aiuto di Anne - ci ritrovammo a praticare una piacevole routine nei giorni precedenti al mio ritorno a scuola.

 

La giornata iniziava verso le 7 del mattino quando Harry si alzava per dare da mangiare ad Aidan prima di andare a scuola.

 

Anne gli dava da mangiare di nuovo alle 9.30 e lo rimetteva a letto prima di andare a lavoro, poi io mi alzavo alle 11.30, gli davo da mangiare e lo portavo a fare una passeggiata. Le rimanenti due o tre ore, prima che Harry tornasse a casa, le trascorrevamo stesi nella coperta sul pavimento del soggiorno, io mezzo addormentato e lui che calciava o colpiva i suoi animali di peluche di tanto in tanto, prima di un'altra rapida sessione di cibo alle 14, dopodiché si riaddormentava nella culla. Harry giocava con lui e lo portava a fare una lunga passeggiata dopo cena, di solito verso le 16, in modo che io avessi un po' di tempo per studiare, e quando arrivavano le 19 prendevo io il comando in modo che Harry potesse fare i suoi compiti. 

 

Inutile dire che, quando era ora di andare a letto, eravamo entrambi abbastanza sfiniti e ci addormentavamo senza nemmeno preoccuparci di togliere i vestiti o metterci sotto le coperte. Ma funzionava bene.

 

Meglio di quanto mi aspettassi.

 

Pero, c'erano le notti. Non avevamo bisogno di impostare la sveglia per svegliarci, perché Aidan iniziava a piangere quando era affamato, il che succedeva praticamente ogni due o tre ore. Quasi tutte le sere mi svegliavo alle 23.30, poi all'1 e alle 4, e poi era il turno di Harry alle 7. Non potevo negare che mi rendeva parecchio scontroso dovermi alzare così tante volte durante la notte, ma allo stesso tempo era bello sedermi da solo sul divano del soggiorno, solo una lampada accesa e il ticchettio del vecchio orologio mentre Aidan succhiava con impazienza il biberon addormentandosi poi tra le mie braccia.

 

Diventò tuttavia più problematico quando dovemmo elaborare un piano per quando sia io che Harry saremmo stati entrambi a scuola per gran parte della giornata. La soluzione che alla fine ci venne in mente fu che, dato che mancava più o meno un mese alla fine della scuola, avremmo entrambi studiato a casa per le materie di cui non avevamo esami, nel mio caso significava inglese, arte e storia. Quello ci diede l'opportunità di fare a turno durante la notte e rese più semplice andare d'accordo visto che non eravamo entrambi esausti e scontrosi allo stesso tempo.

 

Non che Harry fosse mai stato particolarmente scontroso.

 

D'altra parte, io ero una storia completamente diversa.

 

 

Martedì, 25 Maggio

 

La piccola fantasia a cui mi ero aggrappato quando ero all'ospedale e durante le ultime due settimane sul fatto che tutto sarebbe andato liscio tra me ed Harry, con Aidan e tutta la questione 'famiglia', era appunto una fantasia.

 

Martedì fu una giornata un po' difficile perché sia io che Harry avevamo le nostre lezioni, quindi entrambi ci saremmo dovuti alzare e uscire di casa per le 7:45. Anne ci aveva detto che si sarebbe presa cura di Aidan nei giorni in cui entrambi dovevamo andare a scuola, dicendoci che poteva lavorare da casa e che non era affatto un problema. Quello non aiutava comunque il fatto che stavamo desiderando del sonno durante la notte, però, o il fatto che Aidan aveva bisogno di essere nutrito, quindi quando fui svegliato alle 2.30 della notte, non potei fare a meno di emettere un gemito.

 

"È il tuo turno," grugnii, allungando un braccio per dare un colpo sulla spalla di Harry.

 

"Di già?" fu la risposta assonnata che ottenni dopo un paio di secondi.

 

"Sta piangendo, quindi si, di già."

 

"Sono stanco," sbadigliò, ma lo sentii comunque alzarsi, accendere l'interruttore e andare a piedi nudi verso la culla.

 

"Mi alzerò alle 6 per dargli da mangiare di nuovo", mormorai mentre Harry si dirigeva verso la porta, con un Aidan che piagnucolava appoggiato sulla sua spalla.

 

"Torna a dormire, Lou," rispose con un sorriso stanco sulle labbra.

 

Non me lo feci ripetere due volte.

 

Mantenni la mia promessa, però, e alle 6 mi alzai. Anzi, alle 5:50, date le grida di Aidan che annunciavano avesse bisogno di altro latte.

 

Qualche giorno dopo essere tornati dall'ospedale, avevo iniziato a chiedermi se tutti i bambini piangessero così tanto quando avevano fame o se ci fossero altre ragioni. L'avevo chiesto ad Anne e lei mi aveva detto di chiamare la dottoressa Hayes, cosa che feci, e mi disse che, secondo quanto le avevano detto le infermiere dell'ospedale, Aidan aveva la tendenza a non mostrare altri segni quando era affamato - come mettersi i pugni in bocca, ciondolare la testa da un lato all'altro, aprire la bocca sporgendo le labbra. Inoltre mi disse che avrei potuto provare a dargli da mangiare prima se avessi voluto. Lo feci, ma lui non mostrò alcun interesse per il biberon e quindi non ebbi altra scelta se non sperare che non avesse fame prima che potesse farcelo capire.

 

Passai la giornata a scuola senza addormentarmi, ma non fu sicuramente facile. Oltre ad essere stanco, il mio stomaco doleva leggermente e mi sentivo pesante, strano e brutto e come se tutti mi stessero fissando. Harry ed io eravamo d'accordo sul fatto che sarebbe stato meglio per tutti se avesse continuato a stare con Lauren e la squadra di football durante il pranzo fino a quando non l'avrebbe lasciata, ma ovviamente quello mi fece rimanere solo.

 

Mi sembrò di tornare a nove mesi prima.

 

Non mi importava molto, però, perché proprio nell'attimo in qui attraversavamo la porta della camera da letto, ricevevo un abbraccio, un bacio, un altro abbraccio e poi delle scuse.

 

"Va bene, non preoccuparti," dissi, sorridendogli.

 

"Prometto che andrà meglio dopo il ballo," disse, suonando colpevole.

 

Mi accigliai e abbassai le braccia da dove erano poste intorno al suo fianco. "Te l'ho detto, non voglio-"

 

"Non mi importa, verrai."

 

Il mio cipiglio si fece più profondo e feci un piccolo passo indietro. "Non puoi costringermi ad andare."

 

"No, ma posso convincerti a farlo," disse con un sorriso sfacciato.

 

Inclinai la testa di lato. "Te l'ho detto, non voglio andare. In questo momento ho un aspetto orribile e non penso che tra tre settimane qualcosa sia migliorato."

 

"Sei dimagrito molto dal giorno del cesareo," ribatté lui.

 

Scrollai le spalle tristemente. "Sono ancora enorme. E la mia pelle è disgustosa."

 

"La tua pelle?" Sembrava confuso.

 

"Sulla mia pancia," spiegai brusco.

 

"La pelle della tua pancia sembra assolutamente normale," disse, "non flaccida o altro."

 

"Non ancora, forse. Ma presto lo sarà. E ho le smagliature."

 

Sorrise ironicamente. "Si, due o tre."

 

Incrociai le braccia. "Sono orrende."

 

"Sono appena visibili. E nessuno le vedrà comunque a meno che non stia pianificando di spogliarti appena arrivi."

 

"Non ho intenzione di fare niente appena arriverò, perché io non ci andrò."

 

La sua faccia si rabbuiò. "Lou, dai," disse dolcemente, "voglio davvero andare con te. Per favore?"

 

"Sarò uno schifo, Harry," dissi fissandomi i piedi, "non voglio causare imbarazzo a nessuno di noi."

 

"Non sarai uno schifo," disse con fermezza, "non lo sei mai stato da quando ti conosco, e non inizierai ora. E anche se sembrerai uno schifo, non mi vergognerei di te." Un sorriso nacque sulle sue labbra. "Se mi vergognassi di te, non ti avrei portato, non credi?"

 

"Forse stai solo facendo il carino, compatendomi."

 

"Sono troppo orgoglioso per quello." Fece una pausa per un secondo. "Avrai un aspetto magnifico, e io voglio davvero, davvero tanto portarti come mio accompagnatore, quindi per favore?"

 

Scrollai le spalle. "Puoi trovare qualcun alt-"

 

"O vado con te, o andrò da solo," mi interruppe, posando gli occhi su di me, "e quello sarebbe imbarazzante."

 

La mia bocca si aprì e il mio viso diventò rosso. "Non sei serio, vero?" Dissi debolmente, "non andrai davvero... senza un accompagnatore solo perché io non voglio-"

 

"Oh si, lo farei. Sarebbe un triste spettacolo da vedere."

 

Gli mandai un'occhiata acida, esitando per qualche secondo prima di rispondere. "In realtà stai provando a farmi sentire in colpa, vero?"

 

Lui sorrise. "Diavolo, si. Sta funzionando?"

 

Mi guardai attorno, stringendo la presa attorno a me. "Non lo so. Può essere. Lasciami pensare per qualche giorno, okay?"

 

"Bene, si," disse con uno sguardo impaziente, "ma decidi per la fine del mese, ok?"

 

"Perché così presto?" chiesi, "il ballo non è prima del 17."

 

"Beh, si, ma prima di tutto non voglio aspettare troppo per una risposta, e poi, dobbiamo avere un po' di tempo per trovare i vestiti e tutto."

 

Il mio cuore fece un balzo al pensiero di dover indossare un completo, perché non c'era modo che potessi apparire bello. Non volevo creare altre discussioni, quindi sorrisi e acconsentii.

 

"Fantastico!" esclamò, "okay, ora che ci siamo chiariti, penso che sia ora che tu faccia i tuoi compiti."

 

Tirai fuori la lingua, silenziosamente in disaccordo.

 

"Vuoi andare a fare una passeggiata prima?" chiese.

 

"Con Aidan?"

 

"O senza."

 

"Senza di lui?" sollevai le sopracciglia, "perché?"

 

"Perché," disse, avvicinandosi per stringermi la mano, "io e te non abbiamo avuto un secondo da soli per quasi due settimane, e per quanto ami Aidan e per quanto ami passare del tempo con lui, mi manca essere solo io e te."

 

"È qualcosa a cui dovremmo abituarci, no?" dissi, anche se con un leggero rossore sulle guance.

 

Sorrise ampiamente. "Si, ma quando c'è la mamma - che penso ami Aidan più di quanto ami me tra l'altro - che è disposta a guardarlo, penso che dovremmo approfittarne, no?"

 

Non potevo davvero discutere su quello quando due minuti dopo entrammo nel soggiorno trovando Anne distesa nel pavimento sulla schiena, con in braccio un Aidan felice.

 

"Stai facendo volare in aria mio figlio," la accusò Harry.

 

"Lo adora," disse lei senza distogliere gli occhi da Aidan, "vero, bellissimo bambino?" tubò lei, e lui rispose agitando un pugno.

 

Harry inarcò le sopracciglia in un modo che diceva 'te l'avevo detto' e dovetti soffocare una risata. "Ti dispiace se io e Lou andiamo a fare una passeggiata?" chiese.

 

"Andate, andate," disse lei, "io e Aidan stiamo bene qui."

 

"Penso che dobbiamo stare attenti che non chieda la custodia," mormorò Harry al mio orecchio.

 

"Ti ho sentito," osservò Anne.

 

"Bene. Non provarci."

 

"Non faccio promesse."

 

 

*

 

 

Il resto della settimana passò più o meno allo stesso modo; poche ore di sonno, tanti compiti e tanti pianti di Aidan. Ero stanco, scontroso, e se non fosse stato per Harry che riusciva a rallegrarlo, probabilmente mi sarei messo a piangere prima di mercoledì pomeriggio.

 

Riuscii a trattenermi fino a mercoledì sera.

 

Harry non sembrò molto sorpreso quando entrò in camera da letto quel giorno e mi trovò raggomitolato sul letto, stringendo un cuscino al petto e con una scatola di fazzoletti sul comodino. Non aveva detto una parola, mi aveva avvolto tra le sue braccia e mi aveva permesso di rovinargli la maglietta con le mie lacrime.

 

Non era la prima maglietta che gli veniva rovinata, comunque. Solo poco prima Aidan aveva sputato il latte sulla camicia blu scura di Harry. Adrian e Connor avevano avuto un attacco di risate, e così anche io una volta che avevo notato l'espressione scontenta sul suo viso. Dopo che ebbe superato la sorpresa iniziale, aveva borbottato qualcosa riguardo al fatto che avrebbe dovuto aspettarsi che ad un certo punto sarebbe accaduto visto che aveva letto online che i bambini tendevano a sputare parecchio nei loro primi due mesi di vita.

 

Ero grato di non essere ancora stato vittima di quella normale particolarità.

 

 

 

Giovedì, 27 Maggio

 

Giovedì, all'ora di pranzo, fui leggermente sorpreso da qualcosa. Ero seduto da solo nel solito tavolo proprio all'ingresso della mensa, leggendo furiosamente i miei appunti di filosofia degli ultimi nove mesi, cercando di riassumere tutte le teorie e i pensieri, quando sentii il mio telefono vibrare nella tasca dei miei pantaloni della tuta. Con gli occhi ancora incollati ai numerosi fogli, sollevai il cellulare e risposi.

 

"Si?" dissi distrattamente.

 

"Louis? Ciao, sono la dottoressa Hayes."

 

"Oh, ciao," dissi esitante, alzando lo sguardo dai miei appunti.

 

"Ciao. Sto interrompendo qualcosa?"

 

"No, no, che succede?"

 

"Stavo parlando con Ilana e mi ha detto che avete cambiato idea sull'adozione."

 

Rimasi leggermente confuso; non era quel tipo di cosa che doveva rimanere tra il cliente e l'assistente sociale? "Si, è vero," risposi comunque.

 

"Bene, congratulazioni allora," disse, il sorriso evidente nella sua voce, "come sta andando?"

 

"Estenuante," risposi con un borbottio, "ma va tutto bene. È bello."

 

"Buono a sapersi." Tacque per un attimo e stavo per dire che avevo delle lezioni, quando parlò di nuovo. "Beh, la ragione principale per cui ti sto chiamando è per chiederti se te la senti di andare avanti con l'esamizione del tuo corpo."

 

"Esaminaz- oh." Mi interruppi quando capii di cosa stesse parlando, e diedi un'occhiata in giro per assicurarmi che nessun altro fosse nei paraggi. "È- io, beh, cosa sta succedendo?"

 

"L'unica cosa che rimane da fare, in realtà, è fare delle radiografie e vedere se possono aiutarci a capire meglio. Avevamo un'idea molto vaga dopo che abbiamo eseguito l'esame del retto, ma ovviamente non saremmo in grado di poter dire qualcosa prima di aver fatto la radiografia. Non sto dicendo che saremo in grado di farlo dopo averla fatta, ma è probabile che riceverai delle risposte in più."

 

Girai gli occhi per guardare Harry, seduto tra Lauren e Zayn, mentre sorseggiava una lattina di Coca-Cola. Se dovevo essere completamente onesto con me stesso, non ero così interessato a scoprire cosa ci fosse all'interno del mio corpo. Se avessi dovuto prendere in considerazione quello che pensavo, avrei lasciato stare tutto e avrei accettato con calma il fatto che potevo avere dei bambini. Non sentivo alcun desiderio personale di capire come era possibile potesse succedere. Il problema era, tuttavia, che non era solo a me che dovevo pensare, ma anche ad Harry e Aidan.

 

Non che sapessi per certo che io ed Harry saremmo rimasti insieme abbastanza a lungo, ma probabilmente avrebbe voluto sapere se c'era la possibilità di rimanere di nuovo incinto. Se mai fossimo arrivati alla parte sessuale. Al ritmo in cui andavano le cose in quel momento, sembrava dovessi aspettare fin troppo tempo.

 

Il pensiero mi lasciò stranamente avvilito.

 

Era possibile che mi mancasse qualcosa che non avevo mai avuto?

 

"Louis?"

 

"Oh, si, si," scattai e le sbattei le palpebre un paio di volte per schiarirmi le idee. "Radiografia. Giusto. Quando possiamo farla?"

 

"Otterremo risultati migliori se aspettiamo che lo stomaco si riduca alle dimensioni normali, quindi direi che potremmo farla entro la metà o la fine di giugno. Va bene?" 

 

Mi illuminai un po'. "Allora il mio stomaco tornerà alle dimensioni naturali?"

 

"Se tu fossi una donna, il tuo utero sarebbe dovuto essere già tornato alle sue dimensioni naturali," disse, "però è necessario un po' di esercizio per far tornare i muscoli in forma."

 

"Mi fa male fare esercizio," brontolai, "ci ho provato, ma-"

 

"Oh, no, no, devi aspettare almeno sei settimane dopo l'intervento chirurgico per poter fare un allenamento adeguato," mi interruppe, con voce ferma, "continua a fare le passeggiate per ora."

 

Pensai con tristezza al ballo, che sarebbe stato solo in tre settimane. "C'è... c'è qualche possibilità di tornare a qualcosa di simile alle mie normali dimensioni prima del diciassette?" chiesi esitante.

 

"Di giugno?"

 

"Si."

 

"Beh, a meno che tu non inizi una di quelle diete semi-pericolose per celebrità, allora no, non tornerai alle tue dimensioni normali." Il mio cuore affondò, ma lei continuò prima che avessi avuto il tempo di pensare ad una risposta da darle. "Ma se fai delle passeggiate quotidiane, ti assicuri di dormire a sufficienza, bevi abbastanza acqua e mangi sano, dovresti tornare a come eri quando eri incinto di tre mesi."

 

Sbattei le palpebre e poi corrugai la fronte. Quando ero incinto di tre mesi. Era a novembre. Non ero così grosso a novembre, se ricordavo bene. Ero ancora in grado di usare i miei vestiti.

 

Ancora più importante, ero in grado di nascondere il mio stomaco con l'aiuto di un maglione enorme e di una sciarpa. Gli angoli della mia bocca si inclinarono debolmente verso l'alto e mi morsi il labbro leggermente eccitato.

 

"Allora prendiamo un appuntamento?"

 

Ancora una volta la sua voce mi riportò alla realtà. "Si, certo," risposi, "quando c'è una data disponibile?"

 

"Non sono io che mi occupo di queste cose, quindi dovrò fare un paio di chiamate e poi ti manderò un messaggio una volta che ho risolto. Va bene?"

 

"Si, va bene. Grazie."

 

"Nessun problema. E buona fortuna per tutto."

 

"Grazie. Buona giornata."

 

"Anche a te. Ciao."

 

"Ciao." Riagganciai, ma invece di rimettere il telefono in tasca, aprii un nuovo messaggio di testo.

 

Penso che verrò al ballo con te, scrissi prima di comporre il numero di Harry e premere il tasto 'invia'.

 

Mentre rimettevo il telefono in tasca, sollevai gli occhi e mi voltai verso il tavolo dove Harry sedeva. Ci vollero alcuni secondi prima che lo vedessi rallegrarsi per quella che sembrava essere una cosa noiosa detta da Lauren, e infilare la mano nella tasca della sua giacca, prendendo il telefono.  Dopo qualche altro secondo, un largo sorriso apparve sul suo viso. Mentre Lauren continuava a parlare, girò leggermente la testa, quel tanto che bastava per stabilire un contatto visivo con me, e mi mandò uno sguardo che diceva 'davvero?'. Gli feci un leggero cenno in risposta, e il suo sorriso divenne così ampio che per un momento pensai che il suo viso si sarebbe diviso a metà.

 

Distolsi lo sguardo rapidamente, non volendo che qualcuno notasse il nostro scambio di parole silenziose, ma il sorriso rimase sulla mia faccia per il resto della giornata.

 

Venerdì, 28 Maggio 

 

"Ho fallito," piagnucolai nella pancia di Aidan, "so che ho fallito."

 

"Beh, se è successo non è la fine del mondo."

 

Sollevai la testa e guardai il suo volto posato nella mia spalla. "No, sono abbastanza sicuro che lo sia, perché era l'unica materia su cui ero sicuro di cavarmela."

 

Strofinò il naso nella mia spalla. "Sono sicuro che non hai fallito, piccolo."

 

Emisi un respiro profondo e tornai a posare il viso sulla pancia di Aidan. "In ogni caso, non posso farci niente," dissi, "inutile piangere per questo."

 

"Mm, mi piace questa filosofia."

 

"Era un gioco di parole?"

 

"Yep."

 

Sorrisi, ma svanì rapidamente. "È frustrante, perché ho fatto tutti i dannati i saggi e ho scritto un sacco di appunti durante tutto l'anno," brontolai. Harry si limitò a sbadigliare in risposta, e lo guardai. "Stanco?"

 

"Stai scherzando?" sbuffò, "sono sveglio dalle 4 di stamattina."

 

"Aidan ti ha tenuto sveglio?"

 

"Mhm," mormorò, il tutto seguito da un altro sbadiglio. "Va tutto bene. Ho davvero bisogno di studiare qualcosa prima di lunedì."

 

"Hai il tuo primo esame?"

 

"Si."

 

"Di cosa?"

 

"Tecnologia," fu la sua risposta stanca.

 

"Ah. Che gioia."

 

"Beh, almeno sono bravo."

 

"Questo e quello che ho detto io per filosofia, ma poi è andato tutto a puttane."

 

Il fatto che non si fosse preoccupato di girarsi e guardarmi per quel commento, era un segno di quanto fosse stanco. "Sai davvero come confortare una persona," fu tutto ciò che disse.

 

Sorrisi. "Ora del pisolino?"

 

"Si, per favore." Si alzò con movimenti lenti e pesanti, attento a non colpire accidentalmente Aidan, che sembrava stranamente contento di stare sdraiato sul pavimento, guardare il soffitto ed emettere un grido occasionale quando non aveva la nostra attenzione. "Che ne dici, bimbo?" disse mentre prendeva con cura Aidan per poi alzarsi in piedi, "vuoi fare un pisolino con me?"

 

Scalciò le gambe in aria con entusiasmo finché Harry non lo strinse forte al petto.

 

"Tutti i bambini fanno così tanto rumore?" chiese mentre ci dirigevamo verso la camera da letto, "da quel che so, tutti piangono tanto, ma a lui piace davvero fare rumore tutto il tempo."

 

"Almeno sarà facile trovarlo una volta che inizierà a gattonare e perderemo le sue tracce," mi strinsi nelle spalle.

 

"Oh, si, sarà divertente. Penso che sia già abbastanza estenuante così."

 

"Si," sorrisi, "sono comunque felice di averlo tenuto."

 

Entrammo in camera da letto e la conversazione si fermò per qualche secondo mentre Harry metteva Aidan nella culla. Non sembrava che fosse così stanco in quel momento, perché invece di chiudere immediatamente gli occhi come faceva solitamente quando lo mettevamo nel suo lettino, li tenne aperti, guardando avanti e indietro. Non piagnucolò quando Harry mise la coperta attorno a lui e fece un passo indietro. Rimanemmo lì in piedi per qualche secondo in più per assicurarci che non si mettesse improvvisamente ad urlare, richiedendo attenzione, ma rimase zitto, e tirai un sospiro di sollievo. 

 

"È ora di fare un sonnellino," dissi, camminando verso il letto e sdraiandomi nel mio lato. Harry si unì a me e chiuse gli occhi non appena la sua schiena toccò il materasso. Sorrisi debolmente e allungai una mano, lasciandola scivolare lentamente lungo la sua guancia. 

 

Ancora con gli occhi chiusi, la sua bocca si arcuò in un sorriso ed emise un sospiro appagato. "Andiamo a fare una passeggiata dopo?" chiese assonnato.

 

"Si, devo tornare ad una forma decente prima del ballo."

 

"Oh giusto."

 

"Ma non devo indossare un completo, vero?" mi accigliai leggermente. "Non sarò in grado di indossarlo bene. Penso di poter indossare dei pantaloni e una maglia larga, però. Credi possa andare abbastanza bene?"

 

"Mm."

 

"Stai ascoltando?"

 

"Mm."

 

"Harry?"

 

"Mm."

 

Soffocai una risatina e mi avvicinai di più a lui. "Sogni d'oro," mormorai e premetti le labbra sulla sua guancia per un secondo prima di mettermi al suo fianco e chiudere gli occhi.

 

 

*

 

 

Fu solo per pura fortuna che mercoledì non mi addormentai durante il mio esame di sociologia, che tra l'altro era l'ultimo. Avevo passato la notte per lo più sveglio, sia io che Harry che facevamo del nostro meglio per confortare un Aidan assolutamente inconsolabile. Sembrava non ci fosse niente che non andava, il che rendeva tutto peggiore, perché, se fosse stato qualcosa di serio?

 

Alla fine si calmò, ma ormai l'orologio segnava quasi le 5 del mattino e volevo urlare per la frustrazione dato che avevo il mio dannato esame dopo tre ore. Ci riuscii per miracolo, ma il voto che avrei preso non sarebbe stato buono. Non bisognava essere un genio per capirlo. Inoltre avevo fallito anche negli esami di economia.

 

L'unica cosa positiva era che avevo finito con tutto ciò che riguardava la scuola e che non dovevo preoccuparmi più di niente se non della mia situazione personale. In quel momento - a parte Aidan - significava il ballo. Non ero mai stato ad un ballo, e ancora più importante, non ero mai stato ad un ballo con un accompagnatore. Soprattutto non quando l'accompagnatore era un ragazzo. Non era la parte 'andare con un ragazzo' che mi preoccupava di più. No, quello che mi preoccupava di più era che probabilmente avrei dovuto ballare. Il solo pensiero mi dava una scomoda sensazione all'altezza del petto, perché non riuscivo affatto a ballare.

 

Poi ovviamente, c'era Lauren. Ogni volta che chiedevo ad Harry come andava, mi dava delle risposte vaghe con delle leggere scrollate di spalle prima di affrettarsi a cambiare argomento. Tutto quello che sapevo era che doveva fare qualcosa, e mi faceva sentire a disagio e forse un po' impaziente.

 

 

Sabato, 12 Giugno 

 

 

"Lou? Stai uscendo?"

 

"No."

 

"Oh andiamo."

 

"No."

 

"Perché no?"

 

"Perché non riesco davvero a indossare questa camicia verde, ok?" sbottai, accigliato, "il verde non è per niente il mio colore. Accettalo."

 

"Ma era così carina." Apparentemente non voleva accettarlo. "Il papillon che stavo progettando di indossare è dello stesso colore. Saremmo in pendant."

 

Avevo pensato che portare Harry con me per comprare una nuova camicia da indossare al ballo sarebbe stata una buona idea. Avevo pensato che sarebbe stato più veloce, perché avevo avuto l'impressione che Harry fosse un ragazzo esperto di shopping - entrare, prendere quello che serviva, uscire. Sfortunatamente scoprii che quando si trattava di comprare vestiti, Harry decideva di mostrare la sua gayezza. La camicia verde che stavo sbottonando in quel momento era la quinta che mi aveva fatto provare solo in quel negozio. Si, mi aveva fatto provare. Prendeva le camicie dagli scaffali, me le porgeva, e spiegava le sue scelte con commenti come 'ti farà risaltare gli occhi', 'si intona alla tua pelle' e 'i pois sono adorabili!'.

 

Se era sempre stato così quando entrava in un negozio di abbigliamento, trovavo davvero un mistero come nessuno avesse mai messo in discussione la sua sessualità. Pensandoci, però, non era stato così male quando eravamo stati al centro commerciale diversi mesi prima. Forse era cambiato tutto nel momento in cui era venuto a patti con il fatto che gli piacesse il cazzo. Chi lo sapeva?

 

"Ok, va bene," continuò senza aspettare una risposta da parte mia, "prova quella bordeaux."

 

Bordeaux.

 

"La sto provando, smettila di essere petulante," brontolai mentre mi toglievo la camicia verde e la rimettevo sulla gruccia. Evitando di proposito di guardare il riflesso del mio corpo nudo sullo specchio, allungai una mano verso la camicia bordeaux. Non appena la indossai e lanciai un'occhiata allo specchio, feci una smorfia. "No, no, decisamente no," dissi, e senza nemmeno aspettare che lui dicesse qualcosa iniziai a sbottonarla.

 

"Cosa c'è che non va?" sembrava un po' impaziente. Non potevo davvero biasimarlo visto che quello era il terzo negozio in cui entravamo.

 

"Non sto bene con i colori scuri," dissi.

 

"Vuoi che te ne cerchi qualcuna con colori più chiari?"

 

"Devo ancora provare quella rosa e quella blu."

 

"Non è troppo ovvio il rosa?" rifletté, "arriviamo insieme e come se non bastasse, indossi anche una camicia rosa."

 

"Usciremo allo scoperto una volta sola," dissi piano mentre indossavo la camicia rosa, infilandola nei jeans e cominciando ad abbottonarla, "tanto vale andare fino in fondo."

 

"Mm, si. Forse dovremmo aggiungere un po' di glitter."

 

Sbattei le palpebre. "Non riesco a dire se sei sarcastico o no."

 

"Si, nemmeno io. Com'è quella rosa?"

 

"Abbastanza... carina, credo," dissi, girandomi leggermente per avere una visone migliore della mia schiena. Fu un enorme sollievo che il mio sedere non fosse cresciuto e fosse ancora abbastanza bello, anche se i jeans che indossavo non era così aderenti.

 

"Posso vedere?"

 

"Si, certo," dissi distrattamente, facendo del mio meglio per vedere come mi stava dietro senza allungarmi troppo. La ferita dell'incisione era ancora un po' dolorante, per fortuna meno di prima.

 

Le tende si aprirono ed Harry sbirciò dentro. Mi guardò su e giù un paio di volte prima di emettere un fischio di approvazione. "Mi piace."

 

"Si?"

 

"Mhm."

 

"Così tanto da non dover mettere i glitter?"

 

"Si, penso di si," disse, fingendosi pensieroso, "il rosa è abbastanza gay."

 

"Fantastico," dissi seccamente, "immagino che prenderò questa allora. Esci così posso cambiarmi."

 

Roteò gli occhi, ma fece come gli chiesi senza dire nulla. Misi la felpa veloce prima di raccogliere tutte le camicie, le appesi al braccio e uscii dal camerino.

 

"Le prendo io," disse Harry prima di allungare le mani e afferrare le camicie senza nemmeno aspettare il mio consenso.

 

"L'avrei fatto io," dissi mentre lo seguivo con la camicia rosa che era l'unica rimasta nella mia mano.

 

"Beh, sono io che le ho prese prima," disse casualmente mentre rimetteva le camicie nel proprio scaffale.

 

"Non posso discutere su questo," dissi.

 

Rimasi lì a guardarlo fino a quando non ebbe sistemato l'ultima camicia, poi si voltò verso di me e mi sorrise. "Credo che voglio un papillon da abbinare alla tua camicia," disse.

 

Alzai le sopracciglia. "Hai parlato di colori che si abbinano tutto il giorno, e ora vuoi indossare un papillon rosa con un completo scuro e una camicia bianca?"

 

"Certo che no," disse con uno sbuffo, "indosserò il mio completo nero con una camicia nera e un papillon rosa."

 

"Non sarebbe meglio se avessi la camicia uguale alla mia?"

 

"Siamo uno l'accompagnatore dell'altro, non gemelli, Lou."

 

"Ma sarà troppo buio-"

 

"Okay, che ne dici se lascio stare la giacca e indosso i pantaloni grigi, una maglia nera e il papillon rosa?"

 

Annuii. "Potrebbe funzionare." Esitai per un secondo. "Che sfumatura di grigio hanno i pantaloni, però? Perché se sono-"

 

"Porca puttana, Louis!" Non ebbi nemmeno il tempo di girarmi per localizzare la fonte della voce che la mia vista fu offuscata da un'enorme quantità di capelli castani. Trasalii al modo in cui il suo corpo si scontrò violentemente al mio, un dolore acuto alla ferita. "Dove diavolo sei stato?"

 

"Io- ciao," dissi una volta che lei si tirò indietro, guardandola con occhi sorpresi. 

 

"Non ti vedo da mesi e tutto quello che mi dici è un 'ciao'," disse Eleanor, con una smorfia visibilmente dispiaciuta, "dove sei stato e cosa hai fatto e perché non vivi più a casa tua?" Fu solo allora che i suoi occhi si posarono su Harry, cambiando espressione. "E chi è questo?" Chiese dopo un momento di imbarazzante silenzio, sollevando le sopracciglia verso di me.

 

"Oh, lui è- è Harry," dissi, gesticolando rigidamente verso di lui.

 

Le sue sopracciglia si sollevarono ancora di più - a quanto pareva non aveva dimenticato quello che le avevo detto tempo prima. "Giusto, okay," disse mentre sorrideva leggermente, "quindi, voi due...?" Si interruppe, guardando di nuovo Harry.

 

Non sembrava esattamente sicuro su come rispondere, non se il modo in cui apriva e chiudeva la bocca numerose volte fosse di qualche indizio, e così presi la situazione in mano. "Più o meno," dissi.

 

Il sorrisino sulla sua faccia si trasformò in un sorriso sincero e lasciò che le sue braccia, che erano incrociare sul suo petto, cadessero lungo i suoi fianchi. "Davvero?" disse, allungando la 'e', "tutta la merda è passata dall'ultima volta che ti ho visto."

 

Sia io che Harry ridemmo a quello. "Puoi dirlo forte, si," dissi vagamente.

 

"Vuoi dirmi dove sei stato allora? Tutto quello che so è ciò che ho sentito da Owen, qualcosa di poco chiaro su tua mamma ed il suo ragazzo."

 

"È una storia davvero lunga," dissi, "e non ho il tempo di raccontartelo ora, ma ci rivedremo presto e ti dirò tutto, okay?" Non mi sentivo davvero dell'umore per spiegarle tutto lì.

 

"Ogni volta che la gente dice di avere una lunga storia da raccontare alla fine si scopre sempre che era davvero breve e noiosa," disse.

 

"Oh, questa è tutt'altro che breve e noiosa," disse Harry.

 

"Non lo è davvero. E davvero non ho nemmeno il tempo di condividere ora tutto, ma prometto che ti chiamerò o ti manderò un sms al più presto, d'accordo?"

 

"Beh, io- perché non mi hai chiamato o scritto prima?" chiese, un'espressione un po' triste negli occhi.

 

"Sono stato occupato," risposi. Aprì la bocca, ovviamente sul punto di protestare, ma la bloccai. "È la scusa più usata, lo so, ma sono stato davvero occupato." Sorrisi. "Sono abbastanza sicuro che capirai una volta che ti avrò spiegato."

 

La sua curiosità non sembrava vacillare. "Puoi almeno darmi un indizio?" disse.

 

Mi leccai le labbra pensieroso. "Bambino."

 

Le sbatté le palpebre. "Bambino?"

 

"Bambino."

 

"Beh, non hai messo incinta nessuno, quindi posso escludere quell'opzione," disse lei. Ci fu un momento di silenzio prima che la sua bocca si riaprí. "Tua madre ha avuto un bambino e ti hanno buttato fuori di casa per avere più spazio!" All'improvviso lanciò le mani in aria e continuò, molto più forte. "Oh, no, aspetta! Owen ha messo incinta una ragazza e tu dovevi andartene in modo da poter lasciare spazio per la troia e il bambino!"

 

Probabilmente mi sarei divertito molto a stare lì nel negozio con una camicia rosa in mano, ad ascoltare Eleanor inventarsi una teoria dopo l'altra su come la parola 'bambino' potesse essere collegata al fatto che non l'avessi chiamata per secoli. Non sembrava che gli altri clienti o impiegati fosse interessati a ciò che aveva da dire, e la interruppi a metà di una sua teoria che coinvolgeva la polizia e il cane del vicino, dicendole che le avrei mandato un messaggio molto, molto presto e poi mi affrettai ad andare verso la cassa per pagare.

 

La gruccia era diventata umida nella mia mano. 

 

"Le piace parlare," commentò Harry quando eravamo seduti in macchina mentre tornavamo a casa.

 

"Si, è brava in quello," dissi con un sorriso.

 

"Chi è comunque?" chiese prima di aggiungere canzonatorio, "la tua ex?"

 

Tossii leggermente. "Tipo."

 

Mi lanciò un'occhiata. "Ma tu non sei- oh." Uno sguardo di realizzazione apparve sul suo viso. "È quella ragazza."

 

"Quale ragazza?"

 

"Quella con cui hai fatto sesso."

 

Mi accigliai. "Come sai-"

 

"Mi hai detto che hai fatto sesso con una ragazza una volta," mi interruppe, "non sei proprio una persona mondana, e sembrava che la conoscessi abbastanza bene, quindi..."

 

"Oh." Mi morsi il labbro. "Si, era lei."

 

"Mm." Silenzio. "Quindi... quanto sa?"

 

Scrollai le spalle. "Sa che sono gay, tutto qui."

 

Lui sorrise debolmente. "Quindi non sa davvero nulla."

 

Girai lo sguardo per guardare fuori dal finestrino, osservando l'oscurità che dava agli alberi e alle case un aspetto spettrale. "No, immagino di no."

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Capitolo 41
*** 41. I'm not even gonna ask. ***


CAPITOLO 41

Non te lo chiederò nemmeno.

 

 

 

Sabato, 13 Giugno

 

C'erano tempi e luoghi adatti ai momenti di intimità, e c'erano tempi e luoghi che non lo erano. Alle 6 del mattino, con il latte versato su tutto il pantalone del pigiama, disteso su un letto disastroso, non era certo un buon momento e luogo. 

 

"Non possiamo fare questo ora," ansimai guardando Harry, le mie guance arrossate.

 

"Perché no?" disse, "abbiamo tempo."

 

"Sono le 6 del mattino, sono pieno di vomito di bambino e abbiamo l'alito mattutino," argomentai. Lui sorrise e tornò ad attaccare le mie labbra, ma io voltai la testa di lato, facendo collidere il suo viso con il materasso.

 

"È solo un bacio," gemette lui, la voce attutita, "un bacio non ha mai fatto male a nessuno a meno che qualcuno dei due non abbia l'herpes, cosa che non credo ci sia nel nostro caso."

 

Gli accarezzai il lato della testa. "Quello che stava succedendo due minuti fa sarebbe diventato più di un bacio," dissi. Spostò un po' la gamba, e dovetti respingere un gemito quando premette il rigonfiamento che il tessuto sottile delle mie mutande e del mio pigiama non nascondeva.

 

Sollevò la testa e sogghignò. "Qualcuno è eccitato," disse.

 

Appoggiandosi su un gomito, mi guardò con valutazione. Io misi la testa di lato per guardarlo, offrendogli un piccolo sorriso. "Scusa," dissi, "non mi sento particolarmente... si."

 

"Ehi, va bene," disse lui con un'alzata di spalle, "non credo comunque di essere così bello al momento."

 

Feci scivolare gli occhi sul suo corpo nudo e sui  semplici boxer neri, tossii un po'. "Stai bene, non preoccuparti."

 

"Mmh, i miei capelli sexy arruffati."

 

"Mi piacciono i tuoi capelli arruffati."

 

Sbuffò una risata, ma non disse nulla. Stranamente, non sembrava affatto stanco - le sue palpebre non erano pesanti. Io, d'altra parte, ero davvero pronto a tornare di nuovo a dormire.

 

"Possiamo tornare a dormire, per favore?" chiesi quindi.

 

Sembrò che il suono della mia voce lo avesse risvegliato, perché sbatté le palpebre rapidamente alcune volte prima di focalizzare il suo sguardo su di me.

 

"Huh?"

 

"Dormi," dissi."

 

"Oh. Si, giusto," disse, ma rimase sdraiato lì, senza entrare sotto le coperte o chiudere gli occhi.

 

Sollevai un sopracciglio, ma lui non reagì. "A cosa stai pensando?" chiesi dopo che furono passati alcuni secondi.

 

Strinse le labbra, sbattendo le palpebre lentamente. "Stavo solo pensando," iniziò lentamente, "che dovremmo prendere una camera d'albergo giovedì."

 

"Una camera d'albergo?" chiesi confuso, "per cosa?"

 

"Solo per avere un po' di tempo per noi stessi," disse, "non so se l'hai notato, ma non ne abbiamo molto in questi giorni."

 

"No, lo so, ma penso che dovremmo abituarci," dissi con un sorriso poco convinto, "nel momento in cui abbiamo deciso di portare Aidan a casa, abbiamo firmato per impegnarci a prenderci cura di un'altra vita per almeno i prossimi quattro anni."

 

Si accigliò tristemente. "Ma voglio passare del tempo con te, e quale giorno migliore per farlo se non il giorno del ballo?"

 

"Ti faremo andare a letto con qualcuno, non preoccuparti."

 

"Ma io voglio farlo con te," si lamentò, senza perdere tempo, "tipo, il più presto possibile, o le mie palle esploderanno."

 

"Sono sicuro che sopravvivrai."

 

"Credo di no," disse.

 

"In quel caso sarà molto divertente vedere le tue palle esplodere."

 

Emise un gemito basso e si trascinò le mani sul viso. "È un no al mio piano dell'hotel allora?" chiese abbattuto.

 

"Mi dispiace," dissi.

 

"Va bene," sospirò prima di guardare verso il basso, "staremo bene, vero ragazze?"

 

Mi morsi l'interno della guancia. "Stai parlando con le tue palle?" dissi seccamente.

 

"Beh, sono tristi," rispose, "hanno bisogno di qualcosa per fargli compagnia."

 

"Pensavo fosse il lavoro del tuo pene."

 

Scosse tristemente la testa. "Anche lui è triste."

 

 

*

 

 

 

I giorni seguenti trascorsero in una confusione di sonnellini, lunghe notti e sessioni di allattamento mattutino, addormentandoci sul pavimento del salotto nel bel mezzo della giornata e trascinandoci a scuola di tanto in tanto. Coma aveva sottolineato Harry un pomeriggio, avevamo finito gli esami, quindi era necessario andare ancora a scuola? Non era la logica più saggia, dovevo ammetterlo, ma ero bloccato in un costante stato di stanchezza che mi consentiva di essere d'accordo.

 

Quando arrivò mercoledì, le nuvole avevano deciso di concederci una tale quantità di pioggia che dovemmo saltare le nostre passeggiate quotidiane con Aidan. Probabilmente mi stavo solo immaginando le cose, ma sembrava che fosse più irrequieto del solito quel giorno. Facevamo le passeggiate quotidiane da un mese ormai, mi ero abituato, e quando non potevo farle la mia intera giornata prendeva binari diversi.

 

Uscii comunque di casa, scrivendo ad Eleanor e chiedendole se avesse il tempo per incontrarci.

 

La sua risposta arrivò quasi immediatamente con un messaggio che diceva: 'DIAVOLO SI, HO DEL TEMPO! Dove?'

 

Ci saremmo incontrati in un bar, e pensai a come avrei potuto farle credere in modo semplice e veloce che avevo davvero avuto un bambino. Harry suggerì di portare Aidan con me, e onestamente, quale prova migliore per farle credere che avevo avuto un bambino, se non il bambino stesso?

 

Era confusa, per dire un eufemismo, quando entrai nel bar con un ombrello bagnato fradicio in mano e Aidan addormentato nel mio petto. Harry aveva trovato divertimento in quel particolare dettaglio, dopo aver passato tutto il tempo necessario a portarmi alla caffetteria a dire barzellette legate alle mamme.

 

"Oh Dio, hai davvero messo incinta una," disse Eleanor, sembrando scioccata, quando mi sedetti al tavolo.

 

Inutile dire che la sua bocca era spalancata per lo shock quando mi porsi sul tavolo con cautela per non rovesciare la sua tazza di caffè, costretto a borbottare: "Lui è... mio figlio. Mio e di Harry."

 

Ci furono un po' di balbettii meravigliati da parte sua e parecchi 'El, per favore, non voglio che l'intera città lo sappia', ma alla fine si calmò e continuò a scuotere la testa lentamente  mentre mi osservava incredula.

 

"Hai avuto un bambino," disse, gli occhi spalancati, "hai davvero avuto un bambino."

 

"Si, ho avuto un bambino," dissi, sorridendo ad Aidan.

 

"E lo crescerai?" annuii. "Con Harry?" annuii di nuovo e lei espirò lentamente, come per rassicurare se stessa, "e ti ha messo incinto ad un party a cui sei stato l'anno scorso?"

 

"Si."

 

"Wow." Si appoggiò allo schienale della sedia, giocando con una ciocca di capelli che le era sfuggita dalla coda di cavallo. "Incredibile quante cose possano cambiare in così poco tempo, eh?" disse poi.

 

Mi limitai a sorridere.

 

Era davvero incredibile.

 

 

Giovedì, 17 Giugno

 

 

Se io mi fossi rifiutato di indossare una cravatta o un papillon, loro si sarebbero rifiutati di farmi entrare al ballo? Il papillon mi faceva sembrare come se non avessi il collo, e la cravatta me lo faceva sembrare mostruosamente lungo. Non avevo nessun desiderio di essere senza collo oppure il Signor Collo Lungo.

 

A parte il papillon e la cravatta, però, non apparivo così male. Almeno secondo me. La camicia rosa sembrava starmi bene, cadeva abbastanza bene. Mi ero reso conto, però, che non potevo indossare i pantaloni grigi, perché rendevano il mio sedere osceno - e non in senso positivo - quindi misi un paio di pantaloni neri.

 

Meglio.

 

Almeno speravo. 

 

Doveva essere tutto al proprio posto, perché dovevamo partire alle 18.00, e in quel momento erano le 17.48 se ci si poteva fidare dell'orario del mio telefono, e dovevo ancora sistemarmi i capelli. Quando mi fermai davanti allo specchio del bagno, notai che erano passati mesi dall'ultima volta in cui avevo preso in mano un barattolo di cera.

 

Come potevo farlo di nuovo? Dovevo solo pettinarmi la frangia, mettere un po' di cera e arruffarla leggermente... giusto? Chiunque avesse deciso che i capelli non dovevano essere lasciati com'erano era un masochista.  O un sadico, che lo rendeva ipocrita.

 

"Sembri pronto a commettere un omicidio."

 

Guardai di lato e trovai il riflesso di Harry nello specchio. "Non penso mi piaccia sistemarmi i capelli," dissi, "fa schifo."

 

"Sei carino," disse, ignorando completamente il mio commento, "sai, accettabile."

 

"Accettabile," ripetei, "Grazie. Anche tu sembri abbastanza accettabile." Lo era, con i pantaloni grigi e la camicia nera e il papillon rosa che aveva comprato ieri mentre ero con Eleanor.

 

I suoi capelli erano il solito disordine di ricci, e pensai con amarezza che probabilmente lui non doveva fare niente per sistemarli.

 

"Grazie," disse, appoggiandosi allo stipite della porta, "sei quasi pronto per andare?"

 

"Non appena i miei capelli decideranno di comportarsi bene, si," dissi con fermezza mentre facevo del mio meglio per dare volume alla mia frangia.

 

"Vuoi un aiuto?" chiese.

 

Sbuffai divertito. "E tu cosa sai esattamente sull'acconciare i capelli? Hai i boccoli. Non devi fare niente per renderli decenti."

 

"Beh, a quanto pare, so più cose di te sull'acconciare i capelli," blaterò, "e questo nonostante io abbia dei ricci e non debba fare niente per sistemarli." Gli diedi uno sguardo poco entusiasta a quello, e lui alzò gli occhi al cielo. "Dai, siediti," disse indicando la sedia di legno accanto al cesto della biancheria mentre si dirigeva verso il lavandino e prendeva il suo pettine e il barattolo di cera.

 

Sbattei le palpebre, ma lui fece ancora una volta cenno alla sedia, e sospirai leggermente sconfitto prima di sedermi. "Non fare pazzie," lo avvertii, "tipo, sai, farmi una cresta o qualcosa del genere."

 

"Saresti ridicolo con una cresta, quindi non preoccuparti," disse distrattamente mentre iniziava a pettinare i miei capelli, liberandoli dai nodi che erano indubbiamente causati da mio tentativo semi disastroso di rendermi presentabile.

 

"Grazie per essere così gentile," risposi.

 

"Prego."

 

I minuti successivi furono trascorsi in silenzio, Harry passava le dita tra i miei capelli, giocandoci e occasionalmente massaggiandomi il cuoio capelluto, lasciandomi una sensazione di stanchezza, felicità e soddisfazione.   

 

Forse saremmo dovuti restare a casa quella sera.

 

"Okay, eccoci," disse e si alzò, rompendo il confortevole silenzio, "penso che vada bene così."

 

Mi alzai in piedi e andai verso lo specchio, osservando il mio riflesso, e sì, sembravano okay. Un po' in disordine, la mia frangia tirata in alto, più o meno come la mettevo abitualmente prima che inconsciamente decidessi di smettere di prendermi cura dei miei capelli.

 

"Qual è il verdetto?"

 

"Mi sta bene," dissi, sorridendo al suo riflesso.

 

"Si? Quindi possiamo andare?"

 

"Fammi strada, gentile signore," dissi, tendendo una mano verso la porta. 

 

Si diresse verso l'atrio, dove entrambi ci mettemmo le nostre Converse prima di incamminarci verso l'auto.

 

"Quanto pensi che resteremo?" chiesi mentre cambiò la marcia entrando in una strada diversa.

 

"Stavo pensando abbastanza da fare un paio di balli e socializzare un po'," disse stringendosi nelle spalle.

 

"Dobbiamo davvero... ballare?" chiesi speranzoso, "non possiamo saltare quella parte?"

 

"Assolutamente no," disse, trascinando la 'o', "non perderò la possibilità di mostrarti a tutti."

 

Volevo rispondere dicendo che non c'era niente di me che valesse la pena mostrare, ma conoscendo Harry, la sua reazione sarebbe stata roteare gli occhi e pronunciare un monotono 'valila pena di essere mostrato, non dire di no'. E così non dissi niente. "Allora okay. Ma non aspettarti niente di stupendo. Sembro un perfetto idiota quando ballo."

 

Come poi si scoprì, non era solo a causa del mio modo di ballare che sembravo un idiota. Realizzai - purtroppo troppo tardi - che il codice di abbigliamento dell'evento era molto più chic di quanto avessi previsto. Molto più chic di quanto Harry avesse previsto se le sue sopracciglia alzate erano di qualche indizio. 

 

"Penso che saremmo dovuti venire con un paio di scarpe diverse," disse dopo aver spento il motore. L'edificio che presumevo fosse il luogo in cui si sarebbe svolto il ballo era molto più... elegante di quanto mi aspettassi. Ciò che mi aspettavo era un edificio in mattoni degli anni settanta con un soffitto e porte di legno dall'aspetto sporco. L'edificio a venti metri da noi era in realtà una costruzione a quattro piani in vetro e marmo che fino a quel momento non pensavo esistesse.

 

"Perché avrebbero scelto questo posto per far saltare un gruppo di adolescenti tutta la notte?" commentai mentre uscivamo dalla macchina.

 

"Qualcosa che ha a che fare con il familiare di un amico del ragazzo che ha l'ufficio accanto al professore di spagnolo con i pantaloni aderenti che è una specie di dirigente di una grande azienda in Francia e lui sta aprendo un franchising qui apparentemente, ecco tutto."

 

Sbattei le palpebre. "Quindi qualcuno ha i suoi contatti?"

 

"Si."

 

Contrariamente alle credenze popolari, il fatto che il sole brillava e che eravamo a metà giugno  non significava automaticamente che ci fosse caldo. Soffiava un vento freddo da nord - o almeno sembrava provenisse da nord - e la camicia sottile che indossavo non mi proteggeva particolarmente.

 

"Possiamo entrare, per favore?" chiesi, con le braccia avvolte intorno a me in un debole tentativo di tenere caldo il mio corpo.

 

"Si, certo," disse, ma il suo cenno del capo sembrò un po' troppo entusiasta e il sorriso troppo rigido.

 

Facendo un passo verso di lui, aggrottai le sopracciglia. "Stai bene?" chiesi.

 

"Si, si, sto bene." Tacque per un momento, poi sospirò. "No, sono... sono nervoso. E se tutto andrà di merda lì dentro?"

 

"Cosa, con me e te insieme?" lui annuì e inclinai le labbra verso l'alto in un debole sorriso.

 

"Sono abbastanza sicuro che ci sia una possibilità del cinquanta per cento."

 

Aprì la bocca una volta, la chiuse e increspò le labbra. "Questo dovrebbe confortarmi?"

 

"Ti sto solo dicendo che non sei solo."

 

"Lo so, è per questo che sono nervoso - io te."

 

Allungai una mano e gli colpii leggermente il petto. "Hai capito quel che intendo."

 

Le sue labbra si contrassero. "Si, ho capito. Promettimi solo che non andrai fuori di testa quando entreremo, okay? Perché se lo farai, sono abbastanza sicuro che lo farò anche io, e sarebbe... sai, imbarazzante."

 

Forse semplicemente i miei sentimenti non erano al passo con quello che stava succedendo, ma il nervosismo a quel punto era appena presente. Il mio stomaco si stava agitando leggermente, ma era più dall'attesa che dal nervosismo. Presi la sua mano attentamente e gli sorrisi. "Cercherò di mantenere la calma."

 

"Grazie." Le sue dita si arricciarono intorno alle mie e strinsi forte la presa. "Andiamo?"

 

Mi morsi il labbro e annuii. "Si, andiamo."

 

Non lasciò andare la mia mano mentre camminavamo verso la porta d'ingresso, anzi la sua presa si accentuò notevolmente ad ogni passo che facevamo. Quando Harry allungò la mano libera e aprì la porta tenendola aperta per me, ero abbastanza certo che le mie dita non avevano più sangue in circolazione, ma non dissi nulla.

 

Se massacrarmi le dita gli dava un senso di rassicurazione, allora quello era un sacrificio che ero disposto a fare.

 

La musica raggiunse le nostre orecchie non appena entrammo nella grande sala che fungeva da atrio. Un atrio esagerato, ecco cos'era. Un paio di doppie porte erano proprio davanti a noi, e anche se erano chiuse, era facile dire che conducevano alla stanza principale. Potevamo sentire le chiacchiere e le risate, facendoci intendere che alcune persone erano già arrivate, il che era qualcosa che poteva essere sia negativa che positiva. Se fossimo riusciti ad entrare senza che qualcuno se ne accorgesse, sarebbe stato bello perché avremmo avuto una buona possibilità di mischiarci nella folla senza attirare l'attenzione. Ma al contrario, se non ci fossimo riusciti, sarebbe stato brutto perché ci sarebbero state un certo numero di persone che avrebbero rivolto contemporaneamente gli occhi verso di noi nello stesso momento.

 

Inutile dire che se ciò fosse successo, non saremmo stati in grado di mischiarci senza attirare l'attenzione.

 

Quando aprii la parte sinistra della doppia porta e sbirciai dentro vedendo quasi tutta la nostra classe, fui più che grato di notare che fossero tutti occupati a parlare tra di loro per poter notare me ed Harry. Chiudemmo la porta silenziosamente dietro di noi e lo guardai. "Stai bene?" chiesi, osservando i suoi occhi sfarfallare e le guance arrossate.

 

La presa alla mia mano era ancora forte.

 

"Penso di si," mormorò mentre iniziammo a camminare dentro la stanza con passi esitanti. Nessuno sembrava aver notato che camminavamo mano nella mano, ma sapevo fosse solo questione di tempo.

 

"Penso che dovremmo provare a trovare Zayn, Liam e Niall, si?" chiesi, cercando di spostare i suoi pensieri verso altro, guardando le persone che ci circondavano. Era un po' triste il fatto che dopo aver frequentato la stessa scuola della maggior parte di quelle persone per sette anni, non riconoscevo nessun di loro.

 

"Credo di vedere Liam e Zayn laggiù," rispose dopo un paio di secondi, facendo un cenno verso un piccolo gruppo di persone che si trovava a dieci metri alla nostra sinistra.

 

Vidi Liam e Zayn, sì, ma vidi anche altri tre o quattro ragazzi della squadra di calcio e il nervosismo precedentemente assente crebbe nel mio petto. "Forse dovrei aspettare qui," suggerii, spostando i piedi.

 

Quella volta fu il turno di Harry di sorridere. "Sono okay, quei ragazzi," disse.

 

"Sei sicuro?" alzai un sopracciglio. "Non erano quelli che avevi paura ti avrebbero giudicato?"

 

"Ci ho riflettuto," disse, "e sono abbastanza sicuro che gli andrà bene. Altrimenti andremo via. Dubito che qualcuno di loro sia armato." E con quelle parole di consolazione anticonvenzionali, iniziò a camminare trascinandomi. Se fossi stato una ragazza lo avrei accusato di calpestare i miei diritti di uguaglianza.

 

Probabilmente mi avrebbe fatto sembrare un idiota senza vita sociale, ma non potei fare a meno di dirigere gli occhi verso il pavimento non appena ci avvicinammo al gruppo abbastanza da fargli posare gli occhi su di noi. La conversazione in cui erano immersi si bloccò all'improvviso, e giurai di aver sentito Zayn borbottare un 'meno male, cazzo' sottovoce. Solo allora osai alzare gli occhi. C'erano cinque persone lì in piedi, e oltre a Zayn e Liam, conoscevo gli altri solo di vista. Gli occhi erano puntati su di noi, ad Harry lo stavano guardando con confusione e a me con ancora più confusione. Nessuno sembrava essere arrabbiato però, conclusi dopo qualche secondo di silenzio.

 

"Ho visto Lauren un paio di minuti fa," disse uno dei ragazzi che non conoscevo, rompendo il silenzio, "ti stava cercando, ma immagino che  lei non sia la tua accompagnatrice stasera."

 

Sentii Harry trarre un sospiro. "No, non lo è," disse poi con un colpo di tosse, "questo è... questo è Louis."

 

Tutti e tre annuirono e sorrisero, ma in un modo conservato che mi fece capire che erano ancora confusi. Ricambiai comunque i saluti e offrii un piccolo  'ciao'.

 

"Non te lo chiederò nemmeno," disse un altro di loro, alzando le mani in un silenzioso 'non capisco, nè desidero farlo', "qualunque cosa ti renda felice, amico."

 

I suoni di consenso - o grugniti per essere più specifico - provenivano dagli altri  due e vidi il corpo di Harry riempirsi di sollievo.

 

"Okay, se è così che ragionate," disse Liam improvvisamente prima che avessi avuto il tempo di pensare ad una reazione appropriata. Seppellire la mia faccia nel petto di Harry e rimanere lì per le prossime ore non era certo una reazione appropriata. Guardai verso lui e Zayn, e i miei occhi quasi uscirono dalle orbite quando vidi le loro mani intrecciate.

 

Ci fu silenzio di nuovo, ma solo per un paio di brevissimi secondi.

 

"È un modo per rubarmi la scena," disse Harry acidamente, "Grazie."

 

Gli altri tre sembravano in uno stato di esasperazione. "Okay, quindi qui sono tutti apparentemente gay. Qualche altra cosa? Qualcuno si è sposato? Qualcuno ha commesso un omicidio? Avuto un bambino magari?"

 

Avrei voluto ridere, ma mi accontentai di un sorriso diretto ai miei piedi.

 

"No, penso che sia tutto," spiegò Zayn. Lo sguardo malizioso che mandò a me e ad Harry non passò inosservato.

 

"Bene. Penso che questo sia il massimo che possiamo sopportare per una notte. Forse dovreste prendere in considerazione di stare lontano da Blake e Jose."

 

Non avevo idea di chi fossero Blake e Jose, ma Harry, Zayn e Liam sorrisero ironicamente.

 

"Non avevamo intenzione di andare a cercarli, no," disse Harry. Gli lanciai un'occhiata interrogativa e lui aggiunse: "Loro preferirebbero che fossi con Lauren. O con chiunque altro che sia una ragazza."

 

"Oh."

 

"Si."

 

"Ehi, Harry," disse uno dei ragazzi lentamente, gli occhi fissi su qualcosa dietro di me, "Lauren sa che non è la tua accompagnatrice?"

 

"Potrei non averglielo detto," disse Harry con un sorriso compiaciuto.

 

I miei occhi si spalancarono e rimasi a fissarlo incredulo. "Non gliel'hai detto?" sibilai, "perché diavolo-"

 

"Carino da parte tua rifarti vivo, piccolo."

 

L'unico motivo per cui non mi vomitai addosso era perché avevo già troppi indumenti rovinati a causa del vomito di Aidan. Mi risparmiai di voltarmi per guardare Lauren, perché fu solo un momento dopo che mi spinse via, mettendosi davanti ad Harry con un sorriso dolce sul viso.

 

"Sei carina," disse Harry. Stava sorridendo e mi avrebbe suscitato un senso di gelosia se non fosse stato per il fatto che i suoi occhi erano freddi come il ghiaccio. "Sono sicuro che con chiunque tu sia qui lo apprezzi."

 

Il suo sorriso vacillò leggermente, ma non completamente. "Di cosa stai parlando?" chiese con voce leggermente canzonatoria.

 

Lui si limitò a sorridere in risposta e mi diede una stretta rassicurante. Sembrò che il piccolo movimento avesse catturato la sua attenzione perché i suoi occhi cambiarono direzione verso il basso e si bloccarono alla vista delle nostre dita intrecciate. Se non fossi stato così ansioso per la situazione, avrei potuto trovare grande divertimento nel modo in cui la sua faccia si bloccò completamente e divenne pallida come un lenzuolo.

 

Rimase lì così a lungo che i suoi occhi si fecero vitrei. Non riuscii a muovere gli occhi per vedere le reazioni di Liam, Zayn o degli altri tre ragazzi, ma nessuno di loro si era mosso di un centimetro ed ebbi la sensazione che stessero solo aspettando che Lauren dicesse o facesse qualcosa.

 

"Sei un fottuto idiota," fu ciò che ringhiò alla fine, "è già abbastanza brutto che tu non me l'abbia detto in modo che potessi trovare qualcun altro con cui venire, ma che tu mi abbia scaricata per lui? Vuoi umiliarmi o cosa?"

 

"Vuoi dire come lo hai umiliato tu negli ultimi sei mesi?"

 

I suoi pugni si stavano stringendo e la sua mascella stava tremando dalla rabbia. "Sei il mioragazzo, non il suo, il che significa che dovresti schierarti dalla mia parte," sibilò.

 

"Oh, scusa, pensavo fosse ovvio," disse aspro, "abbiamo chiuso."

 

Inghiottii. Aveva appena rotto con lei. Di fronte ad altre cinque persone e con tutta la nostra classe nel raggio di trenta metri.

 

"No cazzo," disse lei a denti stretti, "non mi scaricherai così."

 

Lei lo fissò per un momento prima di aggiungere: "non verrò mollata da un frocio."

 

"Beh, che peccato, Lauren, perché è appena successo," disse tagliente.

 

Per un momento pensai che stesse per esplodere - la sua faccia diventava sempre più rossa finché non diventò quasi come i suoi capelli, le sopracciglia si sollevavano sempre di più e l'occhio destro si contraeva violentemente. Fece un altro passo verso Harry e alzò un dito, "non abbiamo chiuso," sibilò ferocemente prima di allontanarsi, assicurandosi di colpirmi.

 

"Oh Dio," soffocai appena fu abbastanza lontana, "mi ucciderà nel sonno."

 

"Ti proteggerò," disse Harry, e con mia sorpresa, stava sorridendo ampiamente.

 

"Perché sei così felice?" chiesi mezzo isterico, "è stato terribile!"

 

"Non ha colpito nessuno di noi," disse con una scrollata di spalle, "ed erano tutte minacce a vuoto, fidati di me."

 

Sospirai e mi trascinai una mano sul viso. "È pazza, ecco cos'è."

 

"Mm, si, beh, è un bene che non dovremmo più rivederla dopo questo."

 

"Ancora pochi giorni di scuola."

 

"Possiamo saltarla, stare a casa, mangiare cibo spazzatura e guardare film."

 

Le ore dopo furono piene di nervosismo - o almeno per me; Harry sembrò essere piuttosto rilassato quando iniziammo una conversazione con Thomas e Dee, dei ragazzi della sua classe di geografia. Sembrava un po' strano dover interagire con così tante persone diverse, soprattutto in una volta sola, in tre ore avevo parlato con più persone che negli ultimi tre anni.

 

Ma andava bene. Mi piaceva. 

 

Come scoprii, parlare con le persone non era poi così difficile. 

 

Ci dirigemmo verso la pista da ballo - con mio grande orrore - alle 20.30, ballammo tre valzer e qualcosa simile allo swing di cui nessuno sembrava conoscere i passi. Fu un vero sollievo quando alle 21.15 si passò ad una danza molto più lenta che in realtà non si poteva definire ballo.

 

Era più come stare in piedi e oscillare avanti e indietro stretti l'uno a l'altro.

 

Molto probabilmente era quello che chiamavano lento, no?

 

Lauren sembrava essere completamente scomparsa. Non ero triste al riguardo. A giudicare dal modo in cui Harry sogghignò quando diedi voce ai miei pensieri, nemmeno lui sembrava scosso. 

 

"Possiamo solo cancellare il suo nome dal nostro vocabolario?" disse e spostò le sue braccia più in basso nella mia schiena, "non esiste più."

 

Alzai un sopracciglio. "Ti sei pentito di aver scelto lei come fidanzata?"

 

"Si," disse lui, "inoltre, sai, siamo io e te ora, non io e lei."

 

Il mio stomaco fece un piccolo salto di felicità. "È troppo presto per baciarci in pubblico?" chiesi, mordendomi il labbro.

 

Ridacchiò. "Stiamo già ballando un lento e penso che tutti in questa stanza abbiano capito che ormai stiamo insieme, quindi dimmelo tu."

 

"Penso che andrebbe bene."

 

"Allora vai avanti."

 

Gli lanciai un'occhiata insoddisfatta. "Sei troppo alto. Almeno incontriamoci a metà strada."

 

Rise, ma si chinò, il naso che sbatteva contro il mio. "Sei ridicolo," mormorò. Volevo dargli uno schiaffo per quel commento, ma beh, sentirgli premere le labbra contro le mie era una distrazione decisamente migliore. Mi dava una sensazione stranamente liberatoria poter essere in grado di farlo pubblicamente, di avere Harry lì, premuto contro di me, senza che ci fosse qualcosa di moralmente sbagliato e sapendo che non gli creava alcun problema.

 

"Se state cercando di rubarci la scena, dovrete impegnarvi di più." Mi tirai indietro e spostai la testa di lato, vidi Liam e Zayn in piedi, entrambi con aria fin troppo compiaciuta, "ci siamo già baciati in bagno."

 

"Non si tratta di vincere, Zayn," disse Harry, "riguarda l'amore. E perché diavolo avete fatto coming out? Non dovevate aspettare ad andare via da questo paese?"

 

"Abbiamo cambiato idea," Liam scrollò le spalle, "in ogni caso non torneremo qui, quindi qual è il problema?"

 

"Intendi dire che hai cambiato idea," disse Zayn, "io lo sto dicendo da secoli."

 

Liam emise un grugnito. "Va bene, ho cambiato idea." Sia io che Harry ridemmo, e Zayn sorrise.

 

"Resterete qui ancora per molto?" chiese Harry mentre passava lo sguardo nella stanza.

 

"Nah, pensavano di trovare Niall, salutarlo e poi andarcene," disse Liam, "stasera staremo in hotel, così abbiamo pensato di andare a letto presto."

 

Harry si voltò verso di me con occhi accusatori. "Loro hanno preso una stanza d'albergo per fare sesso tutta la notte, perché noi no?"

 

La mia faccia divenne rossa, e affondai la mia faccia nella sua spalla.

 

"Non è carino," mormorai, la mia voce attutita, "non è carino." Sentii tutti e tre ridere e la mia faccia diventò ancora più rossa.

 

"Penso che andremo via ora," disse Zayn, qualche traccia di risata ancora presente nella sua voce.

 

"Dire più venire," disse Harry. 

 

"Prima di tutto andarcene."

 

"Ci vediamo allora." Fece una pausa. "A meno che non anneghiate entrambi nel vostro spe-"

 

"Ci vediamo, Lou," lo interruppe Liam, "da te," aggiunse, rivolgendosi ad Harry, "staremo alla larga."

 

"Mi ami!" Urlò Harry alle loro spalle mentre si allontanavano. Senza voltarsi, entrambi gli fecero il dito medio. "Ah, giovane amore," sospirò.

 

Lo guardai e sorrisi. "Sono carini."

 

"Un po', forse," mormorò, avvolgendo le sue braccia intorno a me attirandomi per un bacio sulla fronte. Emisi un sospiro e mi appoggiai a lui, premendo la guancia contro il suo petto. La sua nuova camicia era leggermente ruvida contro la mia pelle, ma non prestai attenzione.

"Penso di essere pronto per tornare a casa," disse tranquillamente, eravamo rimasti in silenzio per qualche istante. 

 

"Sei sicuro?" Chiesi. Non doveva sapere che ne ero piuttosto sollevato. "Possiamo restare di più se vuoi."

 

"Abbiamo fatto ciò per cui siamo venuti," disse con una scrollata di spalle che mi fece sbattere la testa contro il suo mento.

 

"Con questo intendi scaricare pubblicamente Lauren?"

 

"Sai che lo hai amato."

 

"Mai."

 

"Bugiardo." Emise uno sbuffo. "Allora che ne dici? Vuoi tornare a casa?"

 

Sollevai la testa e annuii. "Si. Andiamo."

 

Ci dirigemmo verso l'uscita, discutendo sul cosa mangiare una volta tornati a casa - per me waffle e per lui pancake, e gli avevo detto 'qual è la differenza?', la sua risposta fu 'infedele'. Il sorriso sul mio viso scomparve e la mia voce si bloccò nel bel mezzo della parola 'apparentemente' non appena mettemmo piede fuori. 

 

Se pensavo ci fosse freddo quando eravamo arrivati poche ore prima, mi sbagliavo. Il vento che soffiava contro di noi quando uscimmo ero certo potesse essere classificato come Artico. Con un gemito lasciai andare la mano di Harry, avvolgendo entrambe le braccia intorno a me e iniziando a correre con rapidi passi verso la macchina. Sentii Harry sbuffare dietro di me, ma se avessi dovuto scegliere tra il mio orgoglio e la mia normale temperatura corporea, l'ultima vinceva. 

 

"Per favore puoi muovere il culo?" chiesi, mentre sbattevo i denti e spostavo i piedi inquieto.

 

"Si, si, calmati," disse mentre frugava nelle tasche dei pantaloni alla ricerca delle chiavi. Arrivò un attimo dopo e - con mia grande gratitudine - si affrettò ad aprire le porte, e quasi mi tuffai dentro.

 

"Non ho mai desiderato il mio letto e una coperta così tanto," dissi, mentre il gelo del sedile in pelle si faceva strada attraverso i pantaloni facendomi rabbrividire.

 

"Sopravvivi altri dieci minuti e realizzerai il tuo desiderio."

 

"E se non sopravvivo?"

 

"Allora credo che il letto sarà freddo e vuoto per me stanotte."

 

Quella predizione non si avverò. Ero ancora vivo quando Harry si fermò nel vialetto di casa, decisamente più comodo nel sedile caldo. Se possibile, ebbi ancora più freddo quando saltai fuori dalla macchina, e non aspettai nemmeno di vedere se Harry stesse arrivando. Era aperto, per fortuna, e non esitai a togliermi le scarpe e a dirigermi verso la camera da letto, volendo arriverà il più velocemente possibile sotto le coperte.

 

Come poteva il mio corpo essersi congelato così velocemente? Come?

 

Mi tolsi la camicia e indossai la maglia per dormire prima di rendermi conto che la culla non c'era. Mi fermai mentre stavo tirando giù la cerniera dei pantaloni, e sbattei le palpebre. Perché non c'era la culla?

 

"Harry?" Chiamai, ancora con la cerniera abbassata, mentre mi dirigevo fuori dalla stanza con passi titubanti. Non ricevetti risposta e mi fermai.

 

"Harry?" ripetei.

 

"Cucina," fu la risposta che ottenni.

 

Quando entrai era in piedi accanto al frigo con una confezione di succo in una mano e un foglio di carta nell'altra, e un lieve sorriso gli increspava le labbra.

 

"La culla di Aidan non è nella nostra stanza," dissi, mordicchiandomi il labbro, non notando in che modo mi stava guardando.

 

Non rispose con le parole, ma invece mi tese il foglio mentre prendeva un sorso di succo. Lo presi e gli lanciai un'occhiata curiosa prima di alzarlo per vedere di cosa si trattava.

 

Siamo andati a letto e abbiamo portato Aidan nella nostra stanza, diceva con una grafia pulita, rilassatevi e divertitevi per una notte.

 

Oh. Un'ondata di gratitudine verso Anne mi attraversò il corpo, e sospirai felice mentre abbassavo il braccio. "Quindi possiamo dormire tutta la notte?" dissi.

 

Harry rimise il cartone al suo posto nel frigo e chiuse lo sportello prima di incamminarsi verso di me. Mi circondò con le sue braccia, e mi attirò a se nascondendo il viso tra i miei capelli. "Quello, o qualcos'altro," mormorò, facendo scivolare lentamente le mani su e giù per la mia schiena.

 

La mia faccia era nascosta nell'incavo del suo collo, ma arrossii di imbarazzo o eccitazione. Non ero sicuro quale tra le due. Forse entrambi. Sollevai la mano e la posai sulla sua vita mentre inspiravo profondamente, inalando il profumo del suo shampoo e del dopobarba. 

 

"Mi stai annusando?" mormorò. Le sue mani si fermarono proprio sopra il mio sedere e le sue dita premettero più forte, afferrandomi attraverso la maglietta.

 

Inarcai leggermente la schiena e sospirai contento, sollevando la testa per guardarlo negli occhi, prima di rispondere, "profumi di buono."

 

Sorrise, ma non era un vero e proprio sorriso perché i suoi occhi erano diventati più scuri e le sue guance più rosse del solito e le ciocche della sua frangia precedentemente tirate indietro in quel momento cadevano disordinate sulla sua fronte. Inghiottii nervosamente ed emisi un sospiro tremolante mentre lo guardavo, desiderando che dicesse qualcosa; quel silenzio mi faceva agitare lo stomaco.

 

"Vuoi andare a letto?"

 

Beh, quello non fece molto per alleviare i nervi. Inghiottii, mordicchiandomi freneticamente il labbro inferiore e cercando di dare una risposta intelligente. "Si," dissi. Per quanto potesse contare come una risposta intelligente. 

 

Invece di lasciarmi andare prima di iniziare a incamminarsi verso l'uscita della stanza, semplicemente mi trascinò con lui. Mi sfuggirono degli squittii dalle labbra e lui sbuffò.

 

"Calmati, ok?" disse mentre passavano di fronte alla porta del bagno, "non ti molesterò."

 

"Io- no, ma vuoi- io non- non sono davvero," deglutì faticosamente, cercando debolmente di fare ordine della mia mente. "Sono solo... è- è nuovo."

 

Si fermò sulla soglia della nostra stanza e mi guardò con occhi che esprimevano in parte preoccupazione e in parte confusione. "Non dobbiamo fare niente per forza," disse dolcemente, tenendomi la mano, "se non sei a tuo agio o non sei pronto, andremo a dormire."

 

Aprii la bocca, ma poi mi resi conto che non avevo idea di cosa dire, e la richiusi.

 

Harry sorrise e mi tirò leggermente la mano. "Dai, andiamo a letto." Dopo quello si girò e mi trascinò attraverso la porta, chiudendola una volta dentro. Mentre cominciava a togliersi i vestiti, gettandoli in un mucchio vicino al cassettone, rimasi in piedi vicino alla porta, giocherellando nervosamente con le mani, non proprio sicuro di cosa dire o fare. Apparentemente aveva preso il mio nervosismo come segno che non volessi andare oltre, ma il fatto era che ero semplicemente nervoso, non è che non volevo. Perché non ero restio. Definitivamente no, solo... beh, spaventato. Non mi sentivo particolarmente attraente senza vestiti, e per di più, non sapevo davvero cosa fare.

 

Rispetto ad Harry - o qualsiasi altra persona normale della mia età - ero più o meno vergine.

 

Mi era permesso di essere insicuro, no?

 

"Lou? Resterai lì tutta la notte?"

 

Alzai gli occhi e vidi Harry seduto sul letto senza camicia, sotto le coperte, che mi osservava incuriosito.

 

Mordendomi leggermente le labbra, mi avvicinai al letto con passi titubanti. Non lo guardai quando mi sedetti sul mio lato del letto, le mie mani ancora incrociate. "Sono un po' nervoso, tutto qui," mormorai, "voglio farlo, solo sono nuovo a... beh, tutto questo, sai?"

 

Rimase in silenzio per un paio di secondi prima che lo vedessi sedersi dritto di fronte a me. "Non ti farò del male. Lo sai questo, vero?"

 

"Si, lo so," dissi, annuendo mentre parlavo. "È solo che io- non so se voglio che tu veda."

 

"Vedere cosa?"

 

"Me," ingoiai. "Tipo, tu- beh, il mio- corpo." Stava per protestare ma lo bloccai prima. "Se magari potremmo, sai, spegnere le luci, per favore?"

 

Sembrava come se stesse avendo un conflitto interiore, i suoi occhi si spostavano avanti e indietro tra me e la luce sul comodino, l'unica fonte di luce nella stanza. Alla fine allungò una mano, chiedendomi silenziosamente di prenderla. "Vieni qui," disse, la voce morbida.

 

Sorridendo debolmente, mi misi più vicino. Passò qualche secondo in silenzio, entrambi ci guardammo senza dire o fare niente. Fu quindi una sorpresa quando all'improvviso mi ritrovai supino con Harry addosso. Sbattei le palpebre. "Mi hai attaccato," dissi con una risata.

 

"Senza farti male, però," mormorò, posando il naso sul mio.

 

Ridacchiai. "Hai detto che non mi avresti fatto male."

 

"E manterrò la promessa."

 

"Si?" lui annuì, e io sorrisi mettendo le braccia intorno al suo collo. "Vieni qui allora."

 

Non ci fu bisogno di chiederglielo due volte.

 

Solo pochi minuti dopo le nostre labbra erano praticamente incollate mentre ci muovevamo l'uno contro l'altro. Tolsi i pantaloni e gli lanciai sul pavimento, Harry aveva addosso solo i suoi boxer quindi c'erano solo due strati di tessuto che separavano le nostre pelli. Era in qualche modo esasperante sentirlo così duro e così pronto, facendomi capire senza parole che mi voleva.

 

Le sue mani vagavano su e giù per il mio petto in sincronia con le nostre spinte e mi sentivo sempre più bisognoso e disperato ad ogni movimento. Un grido basso sfuggì dalle mie labbra quando una delle sue mani si spostò improvvisamente più in basso sopra al rigonfiamento quasi doloroso, e dovetti interrompere il bacio per non mordergli la lingua.

 

"Spegni la luce," ansimai, il mio petto ansimante.

 

Ci fu un attimo di esitazione prima che allungasse il braccio sopra la mia testa e premesse l'interruttore della luce.

 

Mi sentii più sicuro nel momento in cui la stanza rimase nella totale oscurità, e non attesi prima di iniziare a sbottonarmi la camicia con mani tremanti.

 

"Stai bene?" sospirò, soffiando aria calda sul mio mento.

 

Non risposi, concentrandomi invece sul togliermi la camicia. Fu un po' difficile, ma alla fine riuscii a sfilarmela e buttarla da qualche parte. Il mio intero corpo stava praticamente tremando di nervoso ed eccitazione, e alzai le mani alla cieca ricerca di Harry. Mi ci volle un secondo per localizzarlo, e fu con un gemito e un 'per favore' che le nostre labbra si ricollegarono, più impazienti che mai. 

 

Sentivo come se il suo corpo stesse bruciando, la sua pelle era calda contro la mia mentre lo tenevo stretto contro di me, sollevando i fianchi contro di lui. Le sue labbra si staccarono dalle mie, tracciando un percorso lungo la mia mascella e giù fino al collo, dove iniziò a mordicchiare leggermente.

 

I miei occhi rotearono indietro dal piacere e strinsi le gambe intorno ai suoi fianchi, muovendo le mani e aggrovigliandole tra i suoi capelli mentre lui continuava ad abusare della pelle sensibile proprio sopra il punto dove si sentiva il cuore pulsare. Era tutto troppo, ma allo stesso non abbastanza, e non riuscii a trovare la volontà di fare qualsiasi cosa se non di stare lì a contorcermi sotto i suoi tocchi e le sue carezze, emettendo un gemito dopo l'altro.

 

Quando riuscì a lasciare un livido sul mio collo, si spostò più in basso, riprendendo a succhiare il mio capezzolo. Mi misi quasi ad urlare, sollevandomi violentemente, cercando disperatamente qualche frizione e strattonando i suoi capelli. 

 

"Per favore, Harry, per favore," piagnucolai, "io- non posso- ho bisogno-"

 

"Okay, va bene," sussurrò. La raucedine nella sua voce non passò inosservata. Facendo scorrere le mani lungo i mie fianchi, esitante tirò giù i miei boxer, come per chiedermi il permesso. Quando non feci altro se non emettere un grido basso dentro la mia gola, le fece scivolare lungo le mie cosce e i polpacci, poi buttandoli Dio sa dove. La stanza era sempre buia, e riuscivo a malapena a distinguere la sua forma, ma mi sentivo incredibilmente esposto nella posizione in cui ero. Non durò a lungo, perché sentii - e in parte vidi - lui togliersi i boxer, e poi eravamo premuti l'uno contro l'altro ancora una volta, quella volta completamente nudi e molto consapevoli dello stato nel quale eravamo. Sentii il suo membro, così duro e con del liquido preseminale, mentre scivolava contro il mio stomaco ad ogni suo movimento.

 

Il nostro bacio divenne più disordinato, più umido e più eccitante ogni secondo che passava, e arrivò un momento in cui non ero nemmeno sicuro se quello che stavamo facendo  potesse essere chiamato bacio, o se stessimo semplicemente ansimando nelle nostre bocche.

 

"Cosa vuoi?" chiese, con una mano che prendeva a coppa il mio viso e l'altra che giocava pigramente con il capezzolo sinistro.

 

"Voglio te." Inghiottii nervosamente. "Per favore?"

 

"Non c'è bisogno di dire per favore," mormorò, posando un leggero bacio sulle mie labbra lievemente doloranti. Si mise a sedere e tese le braccia oltre a me, quella volta verso il comodino. Lo sentii aprire il cassetto e tirare fuori un paio di oggetti, e inspirai profondamente, costringendomi a rimanere calmo. 

 

"Allarga un po' le gambe, piccolo," disse una volta seduto.

 

Un'altra scossa di eccitazione si diffuse attraverso il mio corpo e obbedii immediatamente, lasciando che le mie ginocchia si aprissero. Lo sentii spruzzare del lubrificante sulle sue dita, e pochi secondi dopo, un dito freddo e liscio stava spingendo contro la mia entrata. La mia reazione iniziale fu un suono causato in parte dalla sorpresa e in parte dal piacere, e la mia mano si alzò automaticamente per afferrare la mia lunghezza.

 

Mandai un ringraziamento ai poteri superiori per tutte le volte in cui avevo usato il vibratore che Harry mi aveva comprato, il tutto avrebbe richiesto molto più tempo se non avessi mai avuto niente laggiù, invece il mio corpo era semi-abituato alla pressione bruciante provocata dal primo dito. Sapevo come gestire la sensazione di intorpidimento che il secondo dito porto con sé. E sapevo anche come affrontare la dolorosa sensazione di estasi che arrivò con il terzo dito.

 

Piccole gocce di sudore mi scendevano sulla fronte e il resto del mio corpo era sudato nel modo più delizioso che si potesse immaginare. Dovetti costringermi a non superare il limite - solo un piccolo movimento del polso e un paio di strattoni e avrei provato quella sensazione meravigliosamente dolce e tanto attesa di liberazione. Mollai la presa, però, non volendo altro tranne che venire con Harry dentro di me.

 

Sembrò capire quando era abbastanza e tolse la mano per sostituirla con il suo membro, e ne fui grato - non ero in grado di parlare arrivati a quel punto. 

 

"Il preservativo potrebbe essere una buona idea," disse, e anche se con uno spesso strato di desiderio nella sua voce, potei sentire una sfumatura di provocazione. Mi limitai a piagnucolare leggermente, cercando di farlo sbrigare prima di morire dalla disperazione, e lui sembrò cogliere il suggerimento. Si mosse un po', aprendo l'involucro del preservativo e mettendolo velocemente sulla sua lunghezza. Poi si chinò su di me, tenendosi in bilico con una mano. "Sei pronto?" chiese lui e sentii la punta della sua erezione spingere contro la mia entrata. 

 

Mi lamentai debolmente e afferrai la sua mano per fargli capire che sì, ero pronto

 

Il respiro mi si bloccò in gola quando si spinse più avanti, facendo scivolare la punta all'interno, e gli occhi mi si spalancarono perché oh. Sembrava molto diverso dal vibratore. Più caldo e in qualche modo più duro. Più reale. Migliore. Tenni le mani sui suoi fianchi, sentendo la pelle morbida e calda, mentre scivolava sempre più dentro, lentamente ed attentamente. Quando fu completamente dentro fino alla base, lasciò cadere le sue braccia su di me. Il suo respiro andava e veniva in piccoli sbuffi e anche con la luce fioca vidi come il suo corpo tremava.

 

"Okay?" sussurrai, infilando le dita tra i suoi capelli. Notai in quel momento quanto era sudato. 

 

"Stretto," si sforzò di dire, "caldo."

 

Sorrisi debolmente. "Pensavo fosse una buona cosa." 

 

"Lo è," grugnì, "troppo bello. Fottutamente bello."

 

Sorrisi tremante e lo tirai giù per un bacio. Qualcosa nel modo in cui le sue labbra erano screpolate e il modo in cui le sue mani tremavano nel punto in cui mi tenevano la vita mi dava un senso di rassicurazione, mi faceva capire che non ero l'unico ad essere sopraffatto. Mentre ci baciavamo, iniziai a muovere i fianchi inconsciamente, facendoli roteare verso l'alto, ed Harry non ci mise molto a seguire il mio esempio. Ben presto i piccoli movimenti, quasi delicati, si trasformarono in vere e proprie spinte che mi fecero formicolare lo stomaco e aumentare la frequenza cardiaca. A giudicare da quanto rapido e affannato fosse il respiro di Harry, da come gemeva ad ogni spinta e da come le sue mani stringevano la mia vita quasi dolorosamente, ebbi l'impressione che non sarebbe durato ancora a lungo. 

 

Il solo pensiero mi fece gemere forte, facendomi affondare i talloni nella parte bassa della sua schiena.

 

"Oh Dio, cazzo, Lou," gemette contro il mio collo mentre faceva scattare i fianchi in avanti, "non durerò ancora per molto."

 

"Va bene, va bene," ansimai, "puoi lasciarti andare, puoi- oh mio D- cazzo, di nuovo, a-ah- lì! Proprio lì!" Fu allora che trovò la mia prostata, e i miei piccoli gemiti, già abbastanza controllati, si trasformarono immediatamente in una frenetica serie di grida e maledizioni che sembravano solo spingerlo ad aumentare il ritmo. Non pensai nemmeno ad usare una delle mie mani per venire; ero troppo sopraffatto, troppo in estasi per sentire il bisogno di ricevere altro oltre a quello che mi stava dando Harry.

 

"Sto venendo, non riesco a durare di più," disse tra un respiro e l'altro.

 

"Per favore, per favore, voglio che tu venga dentro di me," lo supplicai mentre affondavo le unghie nella sua schiena.

 

Le mie parole sembrarono funzionare perché appena uscirono dalla mia bocca, affondò il viso più profondamente nell'incavo del mio collo ed emise un gemito prolungato, gutturale, e sentii come il preservativo si riempiva dentro di me. Ero così vicino anche io che quasi volevo piangere, alzai un po' il corpo e misi una mano intorno al mio membro, dandogli alcuni rapidi movimenti prima di venire sopra il mio petto e sullo stomaco, gridando.

 

"Cazzo, ti amo," mormorò dopo che furono trascorsi alcuni secondi e aveva riacquistato il respiro.

 

Sorrisi, sentendomi ancora spaesato. "Anche io ti amo."

 

Con un movimento pigro, si spostò da sopra di me e si tolse il preservativo, legandolo e lanciandolo... beh, da qualche parte. Si sdraiò sulla schiena accanto a me. "Vieni qui," disse, tendendo un braccio, facendomi cenno di abbracciarlo. Non avevo intenzione di lamentarmi, quindi mi rannicchiai contro il suo fianco, non facendo caso al fatto che fossimo sudati e appiccicosi.

 

"Allora, com'è stato?" chiese stancamente, "meglio dell'altra volta?"

 

Sbuffai. "Molto meglio."

 

"Bene."

 

Non ci scambiammo più nessuna parola, ma non ci addormentammo subito. Rimanemmo distesi, godendoci l'uno la compagnia dell'altro, accarezzandoci dolcemente le braccia, la schiena e il petto, scambiandoci dei baci che mi fecero battere il cuore di felicità.

 

 

Venerdì, 18 Giugno

 

 

Sorprendentemente, riuscimmo a svegliarci in tempo per la colazione il mattino successivo. Mi sentivo indolenzito e lontano dall'essere riposato, ma allo stesso tempo ridicolmente appagato e contento, e non sentivo alcun bisogno di lamentarmi di come il mio culo fosse a pezzi.

 

Anne, Robin, Adrian e Connor erano già seduti a tavola quando io ed Harry entrammo nella stanza, e Aidan era sdraiato nelle braccia di Anne, occupato a bere dal biberon nel suo solito modo impaziente. Ci sedemmo sulle due sedie libere tra Robin e Connor, facendo del mio meglio per non fare una smorfia di dolore.

 

"Allora, com'è stato ieri sera?" chiese Robin, "tutto bene?"

 

"Si, è stato bello," Harry scrollò le spalle, "ci siamo divertiti."

 

Ci fu silenzio per un breve secondo. "Abbiamo sentito," disse poi Anne.

 

La guardai, e quando vidi il sorriso ironico che giocava sulle sue labbra, le mie guance arrossirono, i miei occhi si spalancarono e affondai il viso nelle mani. "Oddio, mi dispiace," mi lamentai, "sono così, così dispiaciuto." Sentii Harry ridacchiare poco prima che mi mettesse un braccio intorno alle spalle e premesse un bacio nella mia fronte.

 

"Nessun problema," disse, accarezzando la testa di Aidan. Osai togliere le mani dal mio viso, e la guardai. Stava ancora sorridendo. "Solo per essere sicura, però," aggiunse casualmente, "avete usato il preservativo questo volta, vero?"

 

 

Note traduttrice:

 

Eccooooomi, non sono morta, scusate per il mini ritardo. 

Questo è l'ultimo capitolo, ovviamente ci sarà un epilogo e poi... IL SEQUEL.

Quindi non ci dobbiamo ancora lasciare. 

Alla prossima, All The Love, Fra.

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Capitolo 42
*** Epilogue. ***


 

Epilogo.

 

 

Harry

 

 

Fu il 5 luglio che Aidan fece il suo primo sorriso. Eravamo tutti e tre seduti sul letto, appoggiati contro la testata, ed Aidan giaceva tra le braccia di Louis, aveva appena finito il biberon di latte e appariva sazio e contento. I suoi occhi, che nelle ultime settimane erano diventati sempre più blu, stavano - come di consueto - girovagando senza concentrarsi su qualcosa in particolare. Ma poi improvvisamente si bloccarono. La mascella di Louis si spalancò ed emise un leggero piagnucolio. 

 

"Mi sta guardando negli occhi!" esclamò eccitato, "Harry, guarda! Mi sta guardando negli occhi!" rimase così seduto in quel modo, eccitato e a mio avviso adorabile, per dieci minuti prima di urlare un "oh mio Dio, sta anche sorridendo. Non mi odia dopotutto!" poi iniziò a piangere. Louis, non Aidan. 

 

Non sarebbe stata l'ultima volta che lo avrei visto piangere quell'estate. Il 16 settembre partii per Manchester, e mentre caricavo la mia macchina con tutto ciò che mi serviva, tutti tranne mio padre erano in lacrime. Adrian e Connor continuavano a strattonarmi i jeans e a dirmi di rimanere a casa, entrambi in singhiozzi, intanto la mamma mi accarezzava la testa, le sue guance bagnate mentre borbottava su come tutti i suoi bambini la stessero abbandonando uno dopo l'altro. E poi c'erano Louis e Aidan. L'espressione sul volto di Louis e la quantità di lacrime che stava versando stavano facendo sembrare tutto come se stessi per unirmi alla guerra di Afghanistan. Aidan da parte sua sembrava capire che stesse succedendo qualcosa, perché stava piangendo contro la spalla di Louis e non smetteva di muoversi, rendendo difficile a Louis tenerlo. 

 

"Starò via per un paio di settimane, sai," dissi, una mano sulla vita di Louis e l'altra sulla schiena di Aidan.

 

"Non sono mai stato senza vederti per tanto tempo da... non so nemmeno quando," disse con voce triste, "e Aidan non è mai stato senza di te per più di qualche ora. Sarà isterico."

 

"Starete bene," ridacchiai, "dubito che Aidan possa rendersi conto se sono io o tu a dargli da mangiare e a coccolarlo."

 

Mi mandò un'occhiataccia. "Certo che lo saprà, i bambini sanno queste cose."

 

Sembrava avere ragione in un certo senso, perché dopo aver salutato Aidan e avergli detto di fare da bravo, lo ridiedi a Louis, e lui iniziò a piangere. Forte. Quello portò Louis a piangere più forte, e ci volle almeno mezz'ora prima che mi lasciasse andare per poter salire in macchina e partire.

 

Come poi scoprii, stare lontano da loro non era molto divertente. Per niente. Finii persino a piangere mentre ero al telefono con Lou una notte. Mi stava raccontando della sua giornata con Aidan, di come aveva urlato di gioia quando mia mamma lo aveva tenuto per le braccia, con i piedi per terra, dandogli l'illusione di poter camminare, e una sensazione di completa e totale solitudine mi aveva riempito dalla testa ai piedi. Mi sentivo come se mi stessi perdendo tutto.

 

Tornai a casa alla fine del mese, giusto in tempo per accompagnare Louis all'ospedale per fare la radiografia per... beh, qualunque cosa fosse. Non sembrava particolarmente a disagio, si limitava a fare tutto quello che gli dicevano con un sorriso ed un cenno. Conoscendolo, l'apparente calma era reale - i finti sentimenti non erano il suo forte.

 

Quando arrivarono i risultati era quasi Natale, ed io ero tornato a Manchester, impegnato a preparare il mio primo esame del semestre.

 

"Non potremmo fare sesso senza preservativo per un po'," fu quello che Louis disse nel momento esatto in cui risposi alla sua chiamata.

 

Sbattei le palpebre. "Perché?"

 

"Perché in base ai risultati delle radiografie, è probabile che finirò di nuovo incinto, dato che a quanto pare ho un fottuto utero nel culo e, per quanto io ami Aidan, preferirei che non succedesse in questo momento."

 

In questo momento.

 

Era un indizio per farmi capire che avrebbe voluto altri bambini con me in futuro? Non glielo chiesi, ma di sicuro non mi sarei dimenticato di quello.

 

Naturalmente tornai a casa per Natale, era tutto stupendo e pieno di cibo e decorazioni e sesso a tarda notte per i primi giorni. Il 30 dicembre, però, Owen venne a casa, insieme alla madre che non sembrava molto a suo agio. Ero andato io ad aprire la porta, e quando tornai in salotto, dove Louis era seduto sul divano con Aidan in grembo, giurai di sentire la tensione tra loro tre.

 

Entrambi se ne andarono piuttosto velocemente - per fortuna, pensai, anche se decisi di non dirlo -, rimasero solo per un quanto d'ora, giusto il tempo di consegnare un paio di regali e scambiare alcune parole imbarazzate. Quando si fermarono vicino alla porta, pronti ad andare via, Louis chiese a bassa voce a sua madre se volesse tenere Aidan, o almeno guardarlo. Lei si limitò a rispondere con un rigido: "No, devo andare a lavoro". Il modo in cui tutto il suo corpo si piegò e il suo viso acceso dalla delusione a causa del rifiuto non passarono inosservati ai miei occhi, e mi spezzò il cuore. Lo sguardo che Owen aveva mandato a Louis mentre usciva dalla porta era pieno di scuse e tristezza.

 

"Cambierà idea," disse Louis più tardi quella sera, quando eravamo a letto. Non sembrava però credere alle sue parole. Non lo disse ad alta voce, e nemmeno io.

 

Era strano, in qualche modo, ripensare a tutto quello che era successo da agosto. Era passato poco più di un anno, eppure sembrava una vita. Non solo la mia vita era cambiata così tanto da riconoscerla a malapena, ma avevo anche dovuto fare i conti con l'aver messo incinto un ragazzo. Non sarebbe dovuto essere possibile, invece ero lì con un figlio che era nato da un maschio. Per quanto poco maschile fosse, delle volte, era comunque un ragazzo. Lo avevo visto con i miei occhi. Avevo avuto un dannato bambino con un ragazzo. A volte, anche in quel momento, non mancava mai di stupirmi.

 

Un'altra cosa che non mancava di stupirmi era il fatto che Louis mi amasse. Dopo tutta la merda che gli avevo fatto passare dal momento in cui ci eravamo incontrati, lui mi amava e si fidava ancora di me. L'avevo rifiutato, l'avevo umiliato, tradito, gli avevo praticamente spezzato il cuore, gli avevo detto un sacco di cose orrende, gli avevo dato un pugno e, nonostante tutto quello, non portava rancore. Come una persona potesse riuscire ad essere tanto gentile e a perdonare quelle cose, non lo capivo. Ma, come mi aveva detto un freddo giorno di febbraio mentre eravamo fuori a passeggiare con Aidan, non mi avrebbe mai perdonato per aver messo a rischio la vita del bambino solo per non essere stato in grado di gestire la mia rabbia. Non era arrabbiato con me per quello, mi avevo detto in toni rassicurante, e non l'avrebbe mai usato contro di me, ma non mi avrebbe mai perdonato. Mai.

 

E a dire la verità, ne ero felice.

 

Tra il pendolarismo avanti e indietro per Manchester, tenere il passo con i compiti e i saggi, passare il tempo con Aidan e Lou e lavorare al supermercato, non avevo più tempo libero per vedere Liam e Zayn. Niall, d'altra parte, lo vedevo tutto il tempo dato che il negozio in cui lavoravo era della madre. Sembrava trovare grande divertimento in quel fatto, e passava la maggior parte del tempo appoggiato agli scaffali, sorridendomi e guardandomi sistemare il cibo mentre sgranocchiava un pacchetto di patatine.

 

Potrei o non potrei avergli gettato contro una scatola di fagioli un paio di volte.

 

Una sera mi imbattei in Lauren mentre ero in un supermercato a Manchester. Stava camminando mano nella mano con un ragazzo che era più alto il doppio di me e sbuffai quando li superai, perché ovviamente Lauren sarebbe andata avanti e si sarebbe ritrova con quel tipo di fidanzato. I nostri sguardi si incontrarono quando fummo uno affianco all'altro nel reparto dei cereali, ma tutto ciò che fece fu arricciare il naso come per farmi intendere che non capiva come avesse fatto a frequentarmi. 

 

Non ero mai stato così d'accordo con lei.

 

Gennaio stava per terminare quando io, Zayn, e Liam ci incontrammo di nuovo. Aidan si era preso il raffreddore e Louis si era rifiutato di portarlo fuori, insistendo per rimanere a casa. Aveva anche insistito sul fatto che io dovessi andare, perché a quanto pare non era salutare per me socializzare con un limitato numero di persone. Non gli feci notare che, per essere precisi, era lui che socializzava con un numero limitato di persone e non io. 

 

Zayn sembrava stranamente affranto quando arrivai a casa sua dopo essersi reso conto che Aidan non era con me, borbottando un "è troppo chiedere di vedere il piccolo ogni tanto?" 

 

Più tardi mi chiesero quando avremmo battezzato Aidan, e a dire la verità io e Louis non ci avevamo pensato.  Quando lo dissi, Zayn balzò immediatamente dal divano e puntò un dito accusatorio verso di me. "Se non mi farai diventare padrino, ti rinnegherò," disse.

 

"Penso che dovrei parlarne con Lou prima di prometterti qualsiasi cosa," dissi. 

 

"E io?" chiese Liam, sembrando ferito.

 

Sbuffai. "Non voglio che prenda dei consigli di vita da te, quindi è un no, mi dispiace."

 

"Che cosa? Perché?"

 

"Hai dato un'occhiata ai tuoi capelli di recente?"

 

Sorrise imbarazzato e si passò una mano alla sua testa quasi rasata. "Abbiamo litigato, ero in una brutta situazione, non succederà più."

 

"Grazie a Dio," disse Zayn prima di aggiungere un mormorato: "non ho più niente a cui aggrapparmi," che ero abbastanza sicuro non avrei dovuto sentire.

 

Verso la fine di aprile mia madre si offrì di tenere Aidan per tutta la giornata in modo che io e Louis potessimo uscire e rilassarci e per 'essere di nuovo ragazzini per una sola volta', come aveva detto lei. Non ce l'aveva dovuto chiedere due volte. Tutto era iniziato piuttosto bene, con un piccolo picnic in riva al lago, e diventò ancora più bello quando Louis aveva deciso di mostrare l'esibizionista che era ed era salito sopra di me per cavalcarmi, proprio lì sul molo, con la maglietta ancora addosso e i boxer che pendevano da una gamba. Lo sguardo nei suoi occhi era in parte preoccupato, molto probabilmente per la paura di essere scoperti, e in parte eccitato. La preoccupazione, però, scomparve presto per dare spazio al desiderio, e quando venne, con le cosce che tremavano e una mano intorno al suo membro, emise un grido che non apparteneva sicuramente ad un ragazzo che aveva paura di essere scoperto. Fu quando stavamo tornando a casa, camminando lungo il sentiero piuttosto ampio del parco, che incontrammo sua mamma e Ian. 

 

Avevano l'abitudine di uscire nei parchi?

 

Mi innervosii all'istante quando li vidi, ma rimasi positivamente sorpreso dalla situazione.

 

Senza perdere tempo Louis si avvicinò a loro e si fermò ad un paio di metri di distanza. "Sai cosa," disse, con gli occhi puntati sulla madre, "se un giorno tornerai in te stessa e deciderai di venire a patti con il fatto che sono gay e che ho un figlio, sentiti libera di chiamarmi o mandarmi un messaggio, ma fino a quel giorno, non voglio vederti di nuovo. Quello che hai fatto questo Natale non deve più succedere; non puoi fingere che mio figlio non esista, non funziona in questo modo. Forse nel tuo mondo si, dato come stai ignorando tuo figlio, ma non nel mio."

 

Poi si rivolse ad Ian, che sembrava un po' scombussolato. "A te, d'altra parte, non voglio più vederti, non importa quante scuse mi offri."

 

E con quello si voltò verso di me, afferrò la mia mano e se ne andò. Non mandò ai due nemmeno un'altra occhiata, ma io sì, e vidi la rabbia negli occhi di Ian e una singola lacrima che cadeva dalla guancia di sua madre.

 

Quando arrivò il primo compleanno di Aidan, sia io che Louis eravamo sfiniti, per usare un eufemismo. Un intero anno passato a stare svegli fino a tarda notte, svegliarsi il mattino presto, cambiargli i pannolini, dargli da mangiare e Dio solo sa cos'altro, ed entrambi ci sentivamo piuttosto esausti. Il miracolo era che non avevamo mai litigato. C'era stata quella volta in cui mi aveva detto di 'togliermi dai piedi' quando avevo provato a baciarlo, dopo essere andati a letto dopo una giornata particolarmente lunga, e mi ero incazzato per un paio di giorni, ma oltre a quello nient'altro.

 

La mamma aveva detto che era una cosa normale. 

 

Avevo riso, pensando che non avesse mai detto qualcosa di più vero.

 

 

Note traduttrice:

Ebbene sì, è terminata. 

Ho voluto tradurre subito l'epilogo dato che come avrete notato non è lungo, ora mi metterò subito a lavoro per iniziare il sequel, quindi spero di riuscire a pubblicare il prima possibile. 

In ogni caso appena avrò il capitolo pronto, vi farò sapere QUI.  

A presto, Fra ♥️

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Capitolo 43
*** SEQUEL. ***


Sono qui per dirvi che ho appena pubblicato il primo capitolo del sequel di It Beats For Two.

Fra.

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