Il Colpo di Scena!

di blitzkingful
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Ep. 1 - L'ultima ribellione di Raven ***
Capitolo 3: *** Ep. 2 - Corone spezzate ***
Capitolo 4: *** Ep. 3 - Il dovuto rispetto ***
Capitolo 5: *** Ep. 4 - Scegli la tua storia ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Narratore Donna: Grazie all’aiuto degli amici, Apple ha rimediato al proprio errore: aver liberato la Regina Cattiva!

Brooke Page: E per quanto riguarda Raven e sua madre, diciamo che la loro relazione rimane… eh… complicata!

...

Nuovo Narratore: No, no no no, fermi, fermate la storia!… Sul serio… Tutto qui?

Narratore Uomo: Uh? Un altro Narratore? Non mi risulta sia stata autorizzata una quarta voce per…

N.N.: Bè, è evidente che avrebbero dovuto! Davvero concludete qui? Con tutto quello che è rimasto in sospeso?!

N.D.: Giovanotto, stai cercando di insegnarci come fare il nostro lavoro?

N.U.:  Ecco, appunto! Ogni Narratore degno di questo nome sa che non tutto si può né si deve raccontare!

N.N: Ma voi avete praticamente evidenziato tutto quello che NON funziona a Ever After, non lo avete approfondito e ora ci appiccicate un Lieto Fine posticcio per poi andarvene fischiettando! Vi pare un finale soddisfacente?!

B.P.: Ehi, ha ragione!

N.U. & N.D.: Brooke!

B.P.:  Mamma, papà, scusate ma stavolta la narrazione non è stata molto piacevole. Raven ha subito davvero troppo, e tutti i colpevoli l’hanno passata liscia.

N.N.: Oh, hai centrato perfettamente il punto!

N.U.: Non sta a noi giudicare se una storia è bella o brutta, dobbiamo solo raccontarla.

N.N.: Sì bè, sta a noi raccontarla per bene! Quindi adesso riprendiamo dal finale di Dragon Games e vediamo nel dettaglio le conseguenze!

B.P.: Oh, non vedo l’ora!

N.D.: Certo, divertitevi pure, tanto chi deve spiegarlo al capo siamo io e tuo padre!

N.N.: Dunque, avevamo lasciato Raven Queen di nuovo in visita da sua madre…

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Capitolo 2
*** Ep. 1 - L'ultima ribellione di Raven ***


Raven era sinceramente convinta che sarebbe riuscita a voltare pagina anche quella volta. 
Non avrebbe dovuto sorprendersi più di tanto che il preside Grimm avesse piegato il capo alla richiesta (ordine) di Biancaneve di lasciare correre i madornali errori della figlia (e di Bianca stessa): a Ever After, ingiustizie del genere erano all’ordine del giorno, specie per chi come lei sfidava le tradizioni. 
Eppure, mentre si congedava da sua madre (che continuava a vivere nel suo mondo) e raggiungeva l’arena dei Giochi del Drago, la giovane Queen si sentiva tutto tranne che in pace con se stessa.

Raven si sorprese da sola, quando, giunta all’arena, vedendo Apple salutarla sorridente e baldanzosa, si ritrovò a pensare che la principessa aveva proprio un bel coraggio a comportarsi come se fosse tornato tutto magicamente a posto. Quanto successo nell’ultima settimana continuava a tornarle in mente, senza accennare a smettere. Tale stato d’animo non influì positivamente sulla sua performance durante la partita. 
Raven continuava a far volare Maipiù di qua e di là, incapace di concentrarsi su un obiettivo. La sua testa era altrove, e la squadra di Apple manteneva intatto il vantaggio, con somma gioia del pubblico. Quando però proprio Braebyrn le sfrecciò accanto, vedendo di sfuggita Apple qualcosa scattò nella giovane strega, e spronata violentemente la sua draghessa, si gettò all’inseguimento. Più per la forza della disperazione che per vera e propria abilità, Raven riuscì a tagliare la strada alla principessa bionda, raccogliendo un gruppo gemme che l’avversaria aveva puntato. Subito partirono fischi dagli spalti: evidentemente non avevano apprezzato che la cattiva avesse tentato la rimonta. La negatività degli spettatori non giovò a Raven, che ormai stava per prendere e abbandonare il gioco ancora una volta. 
Sennonché Darling Charming, membro della sua squadra, riuscì a passarle la palla, facendo tornare in sé la strega. Per poco. 
Con la palla tra le mani, a cavallo di Maipiù e con Apple dritta davanti a lei, Raven si ritrovò a ricordare nitidamente i momenti in cui, durante la partita d’inaugurazione, la figlia di Biancaneve aveva ferito Darling di proposito e aveva cercato di provocarla, per farla dare di matto e renderla così la cattiva che avrebbe reso possibile la fiaba. Improvvisamente svuotata, Raven lanciò via la palla, che venne intercettata da Lizzie Hearts, che giocava per la squadra di Apple. 
La quale, alla fine, vinse la partita. 

Raven non rimase per la premiazione. Si era imposta, all’inizio, di rimanere ferma  ad assistere, per pura sportività, ma quando il preside iniziò a sperticarsi in lodi verso la famiglia White, per il fulgido esempio che davano ai buoni di tutto il regno, qualcosa in lei si spezzò. Uno sbuffo di fumo viola ed era sparita. Apple aveva notato che durante la partita qualcosa non andava, e avrebbe voluto andare a cercarla per chiederle cosa fosse successo, ma fu intercettata dall’intervista di Blondie Lockes. Incastrata ancora una volta dai suoi doveri di Reale verso le pubbliche relazioni, si dimenticò dei problemi della compagna di stanza. 

Lontana dall’edificio scolastico, appoggiata alla balaustra di un ponte alla periferia di Libropoli, Raven cercava senza successo di combattere la rabbia e i brutti pensieri che continuavano a riaffacciarsi nella sua mente. 
Era strano, nel modo peggiore: Raven non era mai stata tipo da covare rancore, specie perché meglio di chiunque altro sapeva come ci si sente quando il mondo intero ce l’ha con te. Stavolta, invece, non riusciva a trattenersi dall’augurare le peggio disgrazie a chiunque incontrasse a scuola. 
Ok, nessuno le aveva dato retta riguardo al lasciare libera sua madre, e pure le sue amiche si erano decise ad aiutarla solo quando ormai il danno era stato fatto…  la Regina Cattiva continuava a essere folle e, per quanto si ostinasse a sostenere il contrario, del tutto incurante dei sentimenti della figlia… e, sì, non si sarebbe mai aspettata un tiro mancino simile da Apple, né che il resto degli studenti tornasse a detestarla al primo imprevisto… ma, davvero, a guardare indietro, con esperienze del genere Raven ci conviveva praticamente dalla nascita! Cosa c’era di diverso, stavolta?

“Mi scusi” fece all’improvviso qualcuno alle spalle della ragazza, “lei è mica Raven Queen?” 
Strappata al suo rimuginare, Raven si voltò e vide un ragazzo,  a occhio della sua stessa età, dagli occhi dorati e dalla capigliatura scura, con una coda di cavallo che gli arrivava poco sopra alla vita. A giudicare dagli indumenti che indossava, doveva essere un comune paesano, dalla vita semplice e che di certo non comprendeva nessun Destino o simili strazi. “Chi vuole saperlo?” chiese Raven, non molto gentilmente. Il suo umore continuava a non migliorare. 
“Oh! Ha-ha r-ragione, scusi!...” balbettò il giovane, imbarazzato, per poi abbozzare un inchino con la testa “Hiram Patchfield, piacere di conoscerla. Sono solo un contadino di passaggio a Libropoli per fare un paio di acquisti e, ehm, volevo solo cogliere l’occasione per ringraziarla.” 
Raven sgranò gli occhi, interdetta. Lo sbalordimento iniziale fece posto a una lieve soddisfazione, data dal fatto che per una volta qualcuno approvava le sue azioni, ma… “Ringraziarmi per… cosa, esattamente?” “Per la faccenda dei Giochi del Drago. Sa, opporsi alla Regina Cattiva, reimprigionarla nello specchio… Ha salvato la pelle a tutti. Grazie.” Concluse, solenne. 
Raven arrossì. Era davvero poco abituata ai giudizi positivi, soprattutto ai giudizi positivi riguardo l’essere buona. Hiram si rabbuiò “Non dev’essere stato facile. Era pur sempre sua madre.” Commento, insicuro. 
Raven sorrise amaramente “Ho rinunciato tempo fa a cercare di avere un rapporto normale con quella donna.” spiegò. Una domanda si fece largo dentro di lei: Allora perché continuo ad andarci a parlare?! Prima che potesse pensarci sopra, Hiram riprese la parola: “Mi dispiace. Non volevo rovinarti la giornata… posso darti del tu?...  Grazie.  Volevo solo farti sapere quanto significa per un umile suddito che almeno una, ai piani alti, abbia un cervello sotto la corona.” 
“Che cosa vuoi dire?” domandò Raven, inarcando un sopracciglio.
Hiram si appoggiò alla balaustra, voltandosi verso Raven: “No, dico, se aspettavamo gli altri… Grimm, i tuoi insegnanti, i tuoi compagni… ti hanno pure accusato di quell’incendio, così a caso… si sono svegliati giusto all’ultimo secondo. Puah! Perfino Biancaneve, la nostra sovrana, quella che dovrebbe avere a cuore l’incolumità di qualunque creatura vivente…  ha ordinato di lasciar libera tua madre per ragioni tutte sue. E sua figlia? Ha confessato di essere stata lei a rompere lo specchio-prigione. E alla fine l’hanno pure passata liscia tutte e due, non sia mai che si possa rimproverarle di qualcosa.” 
Hiram Patchfield non sbagliava. Raven aveva pensato molto a riguardo, fino a poco tempo prima. Avrebbe voluto difendere Apple, ma non le riuscì. Era tutto vero e non c’erano giustificazioni. Né per Biancaneve, né per Apple, né per nessun altro alla Ever After High e dintorni.  
Tutto il dolore scaturito dalla vicenda le aveva mandato testa e cuore in subbuglio, ma… ora c’era qualcuno che la pensava come lei, e parlandoci la giovane strega aveva avuto modo di mettere ordine nei suoi pensieri. E a dargli voce: “E’ assurdo.” mormorò. Hiram la fissava. “Dopo tutto quello che ho dimostrato, che abbiamo passato insieme… alla prima difficoltà torna tutto a pagina uno.” 
“Immagino sia difficile cambiare le proprie idee quando sono vecchie di generazioni” affermò Hiram “Non che sia una scusa per tutto il casino.”
”Sai” commentò Raven “Sembri saperla davvero lunga. In genere i comuni cittadini si fanno ancora meno domande dei Reali riguardo alle tradizioni. Senza offesa…” 
“No, tranquilla,  è vero.  Io sono diverso perché i miei genitori erano diversi. Devono aver scoperto qualcosa da giovani, perchè non si sono mai bevuti la recita da santarellina di Biancaneve. E non è che di altri personaggi fiabeschi avessero un’opinione migliore. Pensa, non gli piaceva nemmeno raccontarmele, le fiabe che tutti gli altri da queste parti ritengono sacre.” 
“Davvero?” fece Raven, sorpresa 
“Già. Mamma diceva sempre che oramai non erano più in grado di insegnare nulla. E papà preferiva raccontarmi storie diverse, scritte in terre lontane, dove, a suo dire, avevano ancora un senso.” Ci fu una breve pausa. “Me ne ricordo soprattutto una” fece poi il giovane contadino, con la nostalgia negli occhi “L’Alce Gentile, credo si chiamasse.” 
“Di cosa parlava?” chiese Raven, affascinata “Di, appunto, un alce gentile. Pure troppo.” 
Raven  era curiosissima. 
Hiram non aspettava altro.

“Inizia tutto con un piccolo insetto che chiede all’alce di ospitarlo sul suo enorme palco di corna. L’alce, di buon grado, accetta, ma l’insetto se ne approfitta e chiede che vi possano salire altri animali. I quali a loro volta chiamano altri animali. Sempre più grossi, inutile dirlo. L’alce vorrebbe far notare che la situazione si sta facendo parecchio scomoda, che con tutto quel peso ha parecchi problemi a muoversi, e che i suoi coinquilini potrebbero essere un attimo meno rumorosi, soprattutto visto che è il periodo in cui gli umani vanno a caccia. Ma gli ingrati non lo ascoltano e gli danno pure dell’egoista perché pensa solo alle sue esigenze, anche se ne ha tutto il diritto.” 
Raven ebbe la strana sensazione di aver già sentito quella storia. 
“Le cose non tardano a complicarsi: i cacciatori umani spuntano fuori e, adocchiato l’alce, pregustano già l’idea di un nuovo trofeo. La povera bestia scappa più veloce che può, con quella zavorra fra le corna che continua a lamentarsi perché si muove troppo e quindi non si riesce a stare comodi. Ma non può mica rimanere fermo e farsi sparare, no?” “Certo che no!” gli diede ragione Raven. 
Hiram proseguì: “Bene o male, l’alce riesce a non farsi beccare e raggiunge un fiume. Basterebbe attraversarlo e sarebbe fuori dalla zona di caccia! Ma gli invasori fra le corna glielo proibiscono, perché non vogliono bagnarsi. E intanto, i cacciatori si fanno sempre più vicini.” Hiram fece una pausa ad effetto “A quel punto, al colmo dell’esasperazione, l’alce da una poderosa scrollata di testa e il palco di corna, con ospiti sgraditi annessi, si stacca. Alleggerito, l’alce guada il fiume e il pericolo e scampato. Lieto fine.” 
“Wow.” commentò Raven, impressionata.  Le venne però un dubbio: “Ma, aspetta, e cosa ne è stato degli altri animali?” 
“Ha davvero importanza?” ribattè Hiram “Si sono approfittati dell’alce e questi ci sarebbe rimasto secco. Non è proprio il caso di preoccuparsi di loro.” Concluse, con tono improvvisamente duro.  “Ad ogni modo” annunciò poi, malinconico, mentre si allontanava dalla balaustra “ora sarà meglio che vada. Ho ancora un sacco da fare. Mi scuso per averti disturbato così a lungo. Addio.” 
“Addio.” Fu tutto quello che Raven riuscì a dire. La ragazza rimase sola sul ponte per qualche attimo, a fissare l’orizzonte. 

Hiram Patchfield, ormai fuori Libropoli, si guardò la mano destra. Si stava velocemente colorando di grigio, e in corrispondenza delle vene iniziavano a spuntare piccoli bagliori verdastri. “Ho fatto appena in tempo.” Commentò, per poi alzare lo sguardo e… “Taglia corto e cambia scena.” Uh… va bene…

B.P.: Eh?! Hiram può sentirci?! Come Maddie e Kitty…! Avevo capito capito che venisse dal regno di Biancaneve, non dal Paese delle Meraviglie…
N.N.: Infatti… strano… ma anche interessante. Visto che valeva la pena approfondire di più questa storia?
N.D.: Vi rendete conto che potreste aver appena causato un altro disastro?
N.U.: Ormai è troppo tardi, comunque…

Raven sentì una voce squillante chiamarla, e voltandosi vide Apple, ancora con la divisa dei Giochi del Drago indosso, correrle incontro. Il pessimo umore di qualche attimo prima tornò. “Apple.” Grugnì. 
“Raven! Eccoti qui! Tutto bene?” Raven annuì, apatica. “Sei sparita così improvvisamente dopo la partita… ti ho cercato dappertutto!” 
“Non prima di farti bella davanti alle telecamere, immagino.” 
“Oh, uhm, lo sai com’è…” 
“Sì, lo so fin troppo bene.” 
“Dai, non arrabbiarti, sarà per la prossima volta...” 
“Purchè ai tuoi fan vada bene.” 
“Raven, ma sei sicura di stare bene?” 
“Come se t’importasse.” 
“Cosa?” 
“Niente.”

B.P.: Oh, adesso c’è tutta la parte con Crystal Winter…
N.N.: Chissenefrega. Restiamo su Raven.

Il cosiddetto Inverno Leggendario non fece altro che peggiorare lo stato d’animo di Raven Queen. Intanto, aveva dovuto accompagnare sua madre (dentro lo specchio)  a una conferenza di… non aveva capito bene cosa. Accompagnarla, come se nulla fosse, come se fosse un normale genitore e non una pazza criminale che solo poco tempo prima aveva minacciato il reame e stravolto la sua vita. Per l’ennesima volta. Poi, scoppiato il gelo dentro la scuola a causa del padre di una certa Crystal Winter, tutti pretesero di venire riscaldati dal soffio infuocato di Maipiù. Tutti la ringraziarono, certo, ma ciò non la fece sentire meglio. Quando vi serve qualcosa, che sono buona ci credete pensava la giovane strega. Era pronta a scommettere che, se il Re delle Nevi non avesse dato di matto davanti a tutti, avrebbero incolpato lei per la tormenta. In effetti, ci furono un paio di commenti del genere, una volta che si scoprì che tutto il disastro era partito dai frammenti dello specchio da cui era scappata la Regina Cattiva. Specchio infranto da Apple White, ma nessuno disse niente a riguardo. Ovviamente. Ciò non rese Raven molto disposta ad ascoltare Apple circa la faccenda del non avere più un principe per la sua storia. La lasciava parlare, senza ascoltarla davvero, sperando che finisse in fretta e chiedendosi quanto ancora avrebbe potuto tenere duro in quella scuola.

Se non le fosse stato ricordato da Maddie e gli altri, Raven quel mese si sarebbe scordata della visita. Qualche tempo prima sarebbe andata nel panico all’idea. 
Varcata la porta dell’ufficio del preside, si avvicinò all’uomo per poter firmare il registro. Milton Grimm, per l’ennesima volta, volle ricordarle di non toccare lo specchio. “Non è a me che deve dirlo.” Lo interruppe  Raven a denti stretti. 
Se anche il preside afferrò l’allusione, preferì fare finta di niente. Distolto lo sguardo dall’occhiata raggelante della ragazza, le intimò di fare in fretta e le aprì il passaggio segreto. Raven salì verso lo scantinato con ancora meno entusiasmo delle volte precedenti. 
Sapeva esattamente di che cosa avrebbe parlato con sua madre, della stessa cosa di cui parlava tutte le volte, dell’unica cosa che sembrava importarle e che nel suo delirio pensava interessasse anche alla figlia, non importava quante volte Raven cercasse di farle capire il contrario. 
Raggiunta la stanza, polverosa e isolata, si mise davanti allo specchio, fece un saluto svogliato e come d’incanto sulla superficie vetrosa apparve l’immagine della Regina Cattiva. 
“Raven! Tesoro!” fece la donna, con voce dolce ma piena di secondi fini. “E’ passato un bel po’ di tempo dall’ultima volta che sei venuta!” 
“Hm-mmm.” Rispose Raven, senza nemmeno provarci. 
A sua madre non sfuggì lo scarso interessamento: “Cosa c’è, uccellino mio, qualcosa non va?” 
“Fai te.” Ribattè atona la ragazza. Non si sforzò di entrare nei dettagli, sapeva che sarebbe stato inutile. Era sempre inutile. 
 “E’ per l’ultima partita, vero? Eh, lo so, i “buoni” sanno essere davvero odiosi…!” dichiarò la Regina. 
Raven roteò gli occhi. Ormai da mesi, se qualcuno notava il malumore di Raven, subito lo riconduceva alla sconfitta subita ai Giochi del Drago. “Fammi indovinare: hai in mente un qualche complotto assurdo per sabotare gli avversari la prossima volta?” chiese poi, non dando tempo alla madre di proseguire. 
“Uh, bè, io… perché, sei interessata?!” chiese la donna, sorpresa e inquietantemente entusiasta. 
“Devo andare.” Sbottò Raven, facendo dietro front e dirigendosi in tutta fretta verso le scale. 
“E-ehi! Sei appena arrivata…!” balbettò sconcertata sua madre, assistendo impotente alla porta che si richiudeva. “Raven…?” mormorò incerta la Regina Cattiva, nel silenzio dello stanzone.

“Ehi, signor Narratore, Raven ultimamente è davvero, bè, ben poco meraviglio nastica. Parla sempre meno con gli altri, soprattutto coi Reali. E anche con me, o Cedar o Cerise non è che ormai ci dica granchè… Ho capito che non le è piaciuto quello che è successo con sua madre, ma…” Mi dispiace, Maddie, ma temo che stavolta non ci sarà un finale semplice… il problema di Raven ha delle radici molto, molto profonde, e quanto successo ultimamente è solo… oh, eccola. Scusa, Madeline, devo andare. Tieni duro. Credimi, ne avrai bisogno. “V-va bene…” 
Erano tutti sorpresi di rivedere Raven uscire dalla torre così presto. In genere i colloqui con la madre non duravano meno di un quarto d’ora. Raven ignorò gli sguardi dei suoi compagni. Blondie provò a intercettarla, incuriosita dallo strano comportamento, per intervistarla. Ottenne solo di farsi incenerire il MagicPad da un lampo di magia viola. 
E che pensassero pure che era divenuta malvagia. Non le importava più nulla di cosa pensavano. La sua unica preoccupazione in quel momento era raggiungere camera sua, stendersi sul letto e dormire fino a data da destinarsi. 

Raggiunta la destinazione, allungò la mano verso la maniglia della porta, sperando che Apple non fosse dentro. 
Speranza vana. Aperta appena la porta, sentì distintamente la voce di Apple mormorare: “…non so se sarà possibile…” Raven, sospettosa, sbirciò dallo spiraglio e vide la sua compagna di stanza parlare al magifonino.  Ebbe uno spiacevole dejavu. Apple continuava a parlare: “So bene quali sono i miei doveri, mamma, vedrai che…” 
A quel punto Raven aprì di colpo la porta, annunciando la sua presenza. Apple si voltò terrorizzata, mentre Raven si limitò a dirigersi verso il suo letto, con sguardo spento. 
“R-Raven! Ha-hai fatto presto… “ balbettò la bionda principessa, terminando bruscamente la telefonata.
 “Appena in tempo, direi.” Ribattè indifferente la giovane strega, armeggiando con qualcosa dietro il letto “Come sta Biancaneve?” chiese poi, con intenzione. 
Apple distolse lo sguardo “Uh… bene. Mi aveva chiamato per…” 
“… suggerirti come rendermi cattiva.” 
“Raven, io…” 
“Basta così.” la interruppe Raven, la voce che si faceva sempre più esasperata “Ogni volta ricomincia tutto da capo. E io ormai sono stanca di continuare. Con te, con mia madre, con il preside… con chiunque da queste parti.” Si rialzò in piedi, mettendosi in spalla uno zaino. 
Apple inorridì: “Raven, cosa…?!” 
“Ormai è chiaro che non è qui che troverò il mio Lieto Fine. E io intendo trovarlo, che a voi piaccia o no.” 
Apple era ormai devastata: “Ti p-prego, parliamone…” 
“Per convincermi che sono nel torto? No, grazie.” Raven fece per uscire, ma la figlia di Biancaneve le si parò davanti: “N-non puoi andartene così come se niente fosse!”singhiozzò. 
Raven assottigliò le palpebre: “Ah no?” ringhiò, alzando sempre di più la voce “Dopo tutto quello che mi avete fatto passare, dopo che niente di quello che abbiamo passato è servito a qualcosa, dopo che tu mi hai pugnalato alle spalle, come credi che potrei anche solo riuscire a guardarvi in faccia?!” 
Apple sgranò gli occhi “R-Raven… c-credevo che avessimo già risolto quella faccen…” 
“Certo che lo credevi. Comodo per la coscienza, vero?” 
Apple scoppiò in lacrime: “Sei ingiusta! Se me la fossi presa così per il Giorno della Promessa…” 
Raven non la fece finire. Un gesto della mano e una nuvola viola la avvolse, teletrasportandola al pozzo magico più vicino. “Per loro sarò sempre la cattiva, in un modo o nell’altro.” Pensò, mentre digitava un messaggio sul suo magifonino “Tanto vale esserlo senza farmi venire il nervoso”.

Poco lontano, nascosta fra gli alberi, una strana figura osservò Raven Queen entrare nel pozzo che l’avrebbe portata magicamente chissà dove. Un ghigno compiaciuto si delineò sul volto grigio pallido e illuminato di verde dalle sinistre pupille dei suoi occhi. 
“Era ora.” mormorò “I ragazzi non avrebbero aspettato ancora a lungo.”

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Capitolo 3
*** Ep. 2 - Corone spezzate ***


La notizia della fuga di Raven Queen da scuola si era diffusa a macchia d’olio per tutto il regno di Ever After, giungendo in serata alle orecchie di Biancaneve in persona.
La Più Bella del Reame ™ non la prese bene, per nulla.
Era già stato abbastanza frustrante essere caduta nel tranello della sua arcinemica come una mocciosa di tre anni (certo, aveva fatto insabbiare tutto, ma comunque…) e ora ci si metteva pure la figlia, con la decisione di sottrarsi definitivamente ai suoi doveri verso la fiaba e il Destino.
Bianca considerò che, malgrado le tendenze da Ribelle, Raven seguiva solertemente le orme della madre, se si trattava di far penare chiunque le stesse attorno. Ma la regina dai capelli d’ebano non avrebbe permesso a una ragazza problematica di affossare le tradizione secolare su cui poggiava la sua intera stirpe. L’avrebbe trovata, non importava dove si fosse cacciata, e si sarebbe assicurata una volta per tutte che diventasse la nemesi di Apple.
Cercò innanzitutto nel posto più ovvio: a casa di Raven. Si aspettava che la fuggitiva avrebbe cercato rifugio in un posto a lei familiare, ma, come raccontarono i nani investigatori una volta tornati, a Castel Queen c’erano solo il Re Buono, un paio di orchi domestici e parecchi goblin. Il Re aveva dichiarato che da quelle parti sua figlia non si era ancora vista, e siccome quell’uomo era noto per la sua onestà (essendo Buono con la B maiuscola), i nani vi credettero, e così anche Biancaneve.
Escluso il luogo di nascita di Raven Queen, sfortunatamente, diventava difficile  capire dove si fosse cacciata. E ogni giorno che passava rendeva il recupero di Raven sempre più improbabile. Non sapeva molto di quella ragazza, dopotutto.
Forse avrebbe dovuto fare delle ricerche più approfondite, e non solo circa la popolarità a scuola.

B.P.:  Noi invece lo possiamo scoprire subito!
N.N.: Vantaggi dell’essere tutt’uno con la storia…
B.P: …Trovata! Uh! Che ironia! Si trova in un villaggio non molto lontano da Castel Queen!
N.N.: Come si dice, il miglior nascondiglio è quello in bella vista!

Raven si sedette su una panchina del parco del paesino, sospirando.
Apprezzava moltissimo l’ospitalità di Cuoca, per quanto la donna avesse affermato che non vi era disturbo alcuno: dopotutto, con il suo lavoro, la maggior parte del tempo lo passava al castello, lasciando così la casetta a se stessa. Raven comunque era grata, e anzi a volte si sentiva in colpa per aver approfittato della cuoca reale. Tra l’altro aveva accettato l’offerta solo quando le avevano fatto presente che in pochi al di fuori di quei territori sapevano dell’esistenza di quel villaggio, e che quindi era il luogo più adatto a far perdere le proprie tracce. Comunque sia, era molto più rilassata adesso, e voleva godersi quella tranquillità il più possibile.
Sentì qualcuno dietro di lei schiarirsi la voce e, giratasi, vide un ometto dalla testa canuta, piuttosto stempiata, e con un sorriso e uno sguardo dolcissimi.
“Papà!” si illuminò la ragazza, alzandosi e andando incontro al Re Buono “Non ti aspettavo oggi!”
Il Re, che portava abiti parecchio informali per la sua posizione (non aveva nemmeno la corona) si avvicinò alla figlia, frugando in una tasca “Ho parlato con tua mamma, stamani.” esordì.
“Oh.” fece Raven, corrucciandosi.
“Ha saputo che hai lasciato la scuola e… bè, era parecchio entusiasta. Ha detto che era finalmente ora che leggessi questa.” spiegò l’uomo porgendole una lettera.
Raven non volle prenderla, e si allontanò leggermente. “Non mi interessa.”
“Raven, so come la pensi, ma...”
“Ho smesso di dare corda ai suoi deliri. Voglio vivere la mia vita a modo mio, e se lei non lo capisce, affari suoi.”
Il Re Buono si accigliò: “… e tu è così che la volevi vivere? In un villaggio che non conosce nessuno e da cui non puoi uscire perché altrimenti  tutti i sovrani di Ever After ti starebbero addosso?” domandò, preoccupato.
Raven sospirò, abbassando e scuotendo la testa: "E’ comunque meglio di quanto sarebbe stato se fossi rimasta alla Ever After High."
“Lo capisco, credimi.” rispose il Re, gentilmente “Ma avevi anche degli amici, lì, e te li sei lasciati indietro senza pensarci due volte. La cosa, ti confesso, mi fa un po’ paura.” La ragazza esitò. Il padre continuò: “Se ti avessero dato ascolto subito, avreste potuto risolvere la faccenda subito, va bene, ma devi tenere conto che Biancane…”
“Non è solo quello, papà!” lo interruppe Raven, una lacrima che faceva capolino dall’occhio sinistro. “Tu lo sai quello che ho dovuto passare per colpa del mio Destino, fin da piccola. Il Giorno della Promessa ho fatto la mia scelta e, alla fine, sapevo che era quella giusta, ma capivo che non potevo abbandonare gli altri. Capivo che dovevo considerare anche le loro ragioni, il loro punto di vista. Ho cercato di venirgli incontro, di cercare un compromesso che rendesse tutti felici… non è servito a nulla.” si interruppe, appoggiandosi alla panchina e combattendo l’impulso di piangere “Dopo i Giochi del Drago, mi sono resa conto che, se fossi rimasta lì, sarei andata avanti così in eterno. E io non voglio sprecare tutta la mia vita ad aspettare che gli altri mi capiscano. Voglio viverla, fosse anche in questo minuscolo villaggio.” Raven si strofinò gli occhi, ricacciando le lacrime.
Suo padre, comprensivo, le si avvicinò, prendendole le mani: “Mi dispiace, non volevo rovinarti la giornata.” La giovane scosse la testa, abbozzando un sorriso. Il Re le accarezzò una guancia: “Facciamo così, per ora godiamoci questa bella giornata: passeggiamo, andiamo a pescare… di tutto il resto parliamo un’altra volta, va bene?”
Raven riuscì finalmente a sorridere del tutto: “Va bene.”

B.P.: Povera Raven…
N.N.: Vedi, è proprio di questo che stavo parlando, nel prologo.
N.D.: Va bene, va bene, hai reso l’idea.

Dire che l’abbandono di Raven aveva scosso la Ever After High era indubbiamente un eufemismo.
Tutti avevano notato quanto la giovane Queen fosse di cattivo umore negli ultimi tempi, e quando dalla stanza che divideva con Apple White sentirono non poca confusione, temettero il peggio. Le prime a raggiungere la camera erano state Madeline Hatter e Briar Beauty, e come prima cosa avevano notato che era presente solo Apple. La figlia di Biancaneve, tremante, aveva raccontato a fatica della breve ma intensa litigata e di come alla fine Raven si fosse teletrasportata via con la magia. Blondie Lockes, giunta nel frattempo insieme ai tre fratelli Charming, non aveva perso l’occasione e aveva diramato la notizia su MagicNet.
Al preside Grimm, una volta venutone a conoscenza, quasi venne un colpo. Di tutti i tiri mancini che aveva dovuto sopportare da Raven Queen, questo era senza dubbio il peggiore. “Se l’Archivio lo viene a sapere, il licenziamento non ce lo toglie nessuno!” continuava a ripetere a Giles, che da parte sua si era limitato a commentare che avrebbero dovuto aspettarsi un simile sviluppo. Milton però non volle ascoltare, e diede campo libero a Biancaneve per condurre delle indagini volte a rintracciare la giovane strega. Non era regolare come procedura, specie per uno ligio alle regole come Milton Grimm, ma ehi, era Biancaneve, e secondo il maggiore dei fratelli Grimm, voleva dire che andava bene così.
Il minore, invece, aveva  scosso la testa e aveva rinunciato a qualunque tentativo di discussione, certo che avrebbe solo sprecato fiato. Per l’ennesima volta. “Ma che si arrangi!”, si era detto Giles Grimm, tra sé e sé. Si sarebbe limitato a fare il suo lavoro, tenere d’occhio gli studenti, e niente di più.

Apple White chiuse la porta della camera, volgendo lo sguardo verso la parte che, fino a circa un paio di settimane prima, era occupata da Raven.
Non le avevano assegnato nessuna nuova compagna di stanza, in quanto il preside aveva dichiarato che avrebbero ritrovato la figlia della Regina Cattiva e che tutto sarebbe tornato alla normalità.
La bionda principessa, però, non ci credeva.
Non più.
Lo sapeva per esperienza personale: re-imprigionata la Regina Cattiva,  Apple si era vergognata così tanto della parte che aveva avuto nei piani della donna da fingere che fosse tornato tutto come prima, ma sotto sotto sapeva benissimo che così non era. L’ultima sfuriata di Raven gliene diede la conferma, e non fece che accrescere il suo rimorso: era stato superato un limite, e non c’era modo di tornare indietro.
Apple credeva di essere cresciuta e maturata, dopo tutte le avventure che aveva vissuto, e con lei anche la sua visione del mondo. Ma, evidentemente, non abbastanza da evitare di liberare la Regina Cattiva, donna senza controllo e genuinamente criminale, perché facesse il lavaggio del cervello alla sua stessa figlia in modo da farla divenire malvagia… a cosa stava pensando in quel momento? Cosa l’aveva portata a pensare che sguinzagliare il Male Più terribile Mai Apparso a Ever After sarebbe stata una buona idea?! E perché voleva ancora che Raven diventasse la cattiva della loro fiaba? Non aveva deciso che il Libro dei Destini andava distrutto, proprio perché aveva capito il valore della libertà di scelta?
In passato, ogni eventuale dubbio sarebbe stato scacciato facilmente scuotendo la testa e sorridendo, ma quella tecnica aveva smesso di funzionare. Adesso provava una profonda angoscia, che non accennava a svanire, perché si rendeva conto della gravità delle sue azioni, che le avevano fatto perdere un’amica fantastica. La ragazza smise di auto commiserarsi, sentendo un vociare infervorato venire da fuori. Affacciatasi alla finestra, scoprì inorridita parecchi suoi compagni, nel cortile della scuola, litigare furiosamente fra di loro.

Le discussioni tra gli studenti, sin da quando si erano divisi in Reali e Ribelli, erano sempre state una quotidiana costante. Anche dopo la distruzione del Libro dei Destini, che aveva posto ufficialmente fine alla faida, qualche scontro d’opinioni aveva ancora luogo. Era più che naturale, per carità.
Ma questa volta non si trattava di un semplice dibattito: l’abbandono di Raven Queen aveva lasciato il segno, e gli alunni della Ever After High si erano divisi di nuovo, lasciandosi trasportare dalla rabbia.
Sembrava di essere tornati all’inizio, a poco dopo quel fatidico Giorno della Promessa, solo che adesso le tensioni erano, se possibile, anche più intense.
Si era discusso a lungo, nei giorni precedenti, perché alla fine Raven avesse deciso di mollare la scuola così bruscamente. Coloro a cui la giovane strega non era mai andata a genio, come gli studenti Reali più tradizionalisti, affermavano che la leader dei Ribelli aveva deciso di seguire le orme criminali della madre e di tradire definitivamente Ever After. Chi era più vicino a Raven, come Cedar Wood, Madeline Hatter e Cerise Hood, aveva preso le sue difese,  rose peraltro dal rimorso per non aver notato che qualcosa non andava nell’amica. Gli amici della ragazza affermavano che ad aver tradito era stata Ever After, tutti loro avevano tradito la fiducia di Raven, una fiducia che la strega nutriva malgrado  quello che doveva sopportare fin da piccola.
“Sapevamo tutti benissimo di cosa è capace la Regina Cattiva” aveva accusato Cerise, “eppure l’avete… l’abbiamo lasciata senza guinzaglio, a giocare nell’Arena come se nulla fosse.”
E si era andati avanti così, tra le accuse dei ‘nuovi’ Ribelli e quelle dei ‘nuovi’ Reali. Niente veniva risolto e ci si faceva solo del nervoso, e oggi non sembrava fare eccezione.
Per una malaugurata coincidenza (o forse fu intenzionale, il che peggiorava ulteriormente la situazione) la maggior parte dei sostenitori di ambo le fazioni si erano ritrovati in quello stesso posto. Erano volate le solite parole dure, le solite recriminazioni, i soliti insulti… finchè non si era intromessa Faybelle Thorn.
Va ricordato che la situazione di Faybelle era parecchio tesa, e solo la presenza di Raven Queen aveva sempre sviato l’attenzione generale dalla fata. Adesso Raven non c’era più, e bastò l’intervento di quel giorno a ricordare a tutti la parte che Faybelle aveva avuto negli avvenimenti degli ultimi tempi:
“Questa è solo l’ennesima volta in cui Raven Queen mette in imbarazzo i cattivi di tutto il reame!”
Molti dei presenti per un attimo la fissarono come per volerla incenerire, poi, inaspettatamente, a sbatterle in faccia la verità fu… Duchess Swan. “Tu devi solo stare zitta!” le aveva ringhiato contro la principessa cigno, per poi avvicinarsi alla fata, col suo solito fare sprezzante: “Per colpa tua, abbiamo rischiato di fare poof. Sul serio. Per DUE volte!”
Faybelle ammutolì. Per un paio di secondi. “Ehi, Piumetta, che ti prende? Credevo fossimo sulla stessa pagina, io e te!" ribattè, cercando di suonare sicura.
Duchess  rimase irremovibile: “Sì, bè, non dopo che ho scoperto che non sono una pazzoide fuori controllo come te!”
“Bah! Stavo solo seguendo il mio Destino da cattiva!” sbuffò Faybelle, guadagandosi svariati cenni d’assenso da parte dei Reali più ottusi.
“Ah, no! Non pensare di cavartela così facilmente!” sbottò Duchess, a cui si erano affiancati diversi Ribelli, “Quello che hai fatto non ha niente a che fare con la tua fiaba, e lo sai bene! Altro che pulire la scuola, dovevano rinchiuderti insieme alla madre di Raven!”  
A quell’ultima accusa, ogni possibilità di una discussione civile si dissolse completamente.

Courtly Jester osservava, a poca distanza, il caos che si era scatenato lì nel cortile. Con una faccia annoiata. Bizzarro, per chi di nome fa letteralmente “giullare”.
Ma in effetti, quella era la sua espressione base, da quando frequentava la Ever After High. Certo, i primi tempi, le era parso più divertente. Era pur sempre meglio che rimanere in prigione, no?  
L’effetto novità era passato rapidamente, comunque: ignorata, messa da parte, e se raramente veniva considerata, quello che le dicevano era tutto tranne che gentile. Niente di troppo gratificante, insomma.
Colpa tua che hai cercato di usurpare il trono a Lizzie Hearts, avrebbe potuto dirle qualcuno. E forse avrebbe avuto ragione, riguardo alla situazione corrente, ma anche prima che tentasse un colpo di stato, nel Paese delle Meraviglie, non veniva certo trattata meglio, e all’epoca davvero non aveva nessuna colpa!
Era una cosa che non aveva mai capito, in realtà. Aveva chiesto una spiegazione a suo padre, e tutto quello che lui aveva saputo risponderle era che alcuni giochi di carte non avevano bisogno del jolly. Non era solo una cosa senza senso, che da quelle parti era il meno, era proprio una situazione ingiusta. Courtly aveva provato con tutte le sue forze a dimostrare il suo valore, ma nemmeno diventare preside, vicepreside e capo del consiglio studentesco della Wonderland High aveva fatto cambiare idea agli altri. Lei era un jolly, e come tale era buona solo per far ridere.
Era davvero così sorprendente che, a quel punto, avesse dato di matto e voluto prendere il posto di una mocciosa viziata che aveva l’amore e la fedeltà incondizionate dell’intero regno?
La ragione principale per cui a Courtly non piaceva più Ever After era proprio questo: non era cambiato nulla dal Paese delle Meraviglie.
Non importava quanto si sforzasse, nessuno l’avrebbe mai apprezzata.

“Una storia straziante.” Commentò una voce.
Courtly sobbalzò, strappata alle sue riflessioni. Quasi senza rendersene conto, si era allontanata dalla baruffa, per nulla intenzionata a godersi lo spettacolo, come avrebbe detto Kitty Cheshire. Non aveva nemmeno una meta precisa, e guardandosi attorno si accorse che…
“Siamo vicini al parco giochi di Libropoli, OK? Posso parlare io, adesso, grazie?” Uh… va beeeene… dal tetto di una casa scese, atterrando perfettamente in piedi, il ragazzo dalla pelle grigia con i ghirigori verde fluorescente che… “Sì sì, sono quello che alla fine fine del capitolo prima ha guardato Raven andarsene. Mi fai parlare ora, sì o no?!”



“Bene. Innanzitutto, buongiorno, Courtly Jester. Immagino sarai confusa su chi io sia e cosa ci faccia qui e su un sacco di altre cose… la farò breve: mi chiamo Hiram, e so tutto di te. So che cosa hai dovuto passare durante la tua vita. So perché volevi impossessarti del Destino di Lizzie Hearts. Come so tutte queste cose? Ho letto molto, diciamo. Sappi che ti capisco perfettamente: anch’io come te ho dovuto sopportare soprusi simili, e sai di chi è la colpa? Dei personaggi delle fiabe. Di coloro che credono che le loro storie siano più importanti delle altre solo perché sono scritte nei libri. Veniamo ignorati e siamo costretti a sopportare di tutto, per questa ridicola ragione. Ebbene, sappi che intendo cambiare tutto questo. Ho già raccolto molti sostenitori, e anche il tuo contributo sarebbe più che gradito. Ti posso assicurare che otterrai finalmente il rispetto che desideri e meriti.”
“… Cosa devo fare?”
“Sono lieto che tu abbia accettato. Il punto è questo: con la magia me la cavo, ma nemmeno io potrei farcela contro gli incantatori della Ever After High, che è il nostro bersaglio finale. Dobbiamo toglierli di mezzo. E visto che tu sei già dentro la scuola…”
“Tutto chiaro, ma come credi che io possa compiere una missione del genere?!”
“Tutto quello che devi fare è rubare a Milton Grimm il suo anello a forma di specchio. A quel punto ti basterà recitare l’incantesimo contenuto su questa pergamena. E prima che tu ti chieda come fare a entrare nell’ufficio del preside… la riconosci questa?”
“Q-quella carta!”
“Eh sì, è proprio la stessa che hai usato per imbucarti al compleanno della Regina di Cuori… ora che il grimorio della Regina Cattiva è stato assimilato da Raven, ha ancora magia sufficiente solo per un utilizzo, quindi attenzione!”
“Sei proprio ben informato…”
“Te l’ho detto, leggo molto.”

N.N.:  Inizio ad avere paura.
B.P.: E ci credo! Ci ha praticamente esclusi dalla narrazione! Ma come fa?!
N.N.: Presto, mentre sta ancora parlando con Courtly! Facciamo partire un flashback e scopriamo chi o cosa è esattamente Hiram Patchfield!
B.P.: Flashback avviato!

Hiram Patchfield aveva detto la verità a Raven, riguardo l’essere originario del regno di Biancaneve.
Aveva però tralasciato un dettaglio: se n’era andato quando ancora era un bambino.
Successe subito dopo uno degli innumerevoli attacchi della Regina Cattiva, qualche anno prima che maledisse il Paese delle Meraviglie. Scomparso da un giorno all’altro, chi lo conosceva l’aveva dato per morto durante l’assedio. E quando ricomparve, un mese dopo l’incidente dei Giochi del Drago, era cambiato fin troppo perché lo riconoscessero.
Era entrato a passo sicuro al Pomo Dorato, una modesta taverna frequentata dalla maggior parte dei popolani, desiderosi di riposarsi dopo un’intera giornata di corvè. Scolatosi un boccale di sidro, aveva proferito un paio di fugaci commenti circa l’effettiva affidabilità di Biancaneve come sovrana. Sulle prime, come da copione, gli avventori avevano gridato allo scandalo, ma Hiram aveva prontamente ribattuto citando il comportamento irresponsabile della sovrana che un mese prima aveva quasi condannato l’intera Ever After.
Poi, alle sempre più deboli obiezioni dei paesani, Hiram aveva fatto notare tutte le piccole ingiustizie quotidiane che comportava obbedire ciecamente alla sovrana: le opinioni e i bisogni individuali bellamente ignorati, la condiscendenza  con cui la monarca insultava la loro intelligenza, l’essere costretti a sorridere 24 ore su 24. Fece notare come Biancaneve ci fosse per loro, ma solo quando poteva farsi bella e prendersi la gloria.
Rivangò ad esempio il funerale dello zio della giovane Pepper Pumpkins, ove, con la scusa di dire un paio di parole sul defunto, la sovrana era intervenuta con un volutamente interminabile monologo per avere più attenzione possibile su se stessa; tutti rapiti dalla sua dialettica, non seguirono più la cerimonia con la devota concentrazione di prima. Pepper all’epoca non aveva osato dire nulla: era Biancaneve, dopotutto. Ma il discorso del ragazzo le aveva dato il coraggio di reagire.
Patchfield era pure riuscito a portare dalla sua parte alcuni nani-spia in “incognito” nel locale, facendo leva sulla frustrazione data dal fatto che sia la regina che la principessa non si erano mai prese la briga di imparare i loro nomi, e invece ogni volta si inventavano dei soprannomi oltremodo imbarazzanti.
Hiram riuscì a convincerli a non lasciare che i loro sorrisi smielati gli impedissero di farsi rispettare. Più velocemente di quanto si aspettasse, aveva conquistato l’intera clientela e personale del Pomo Dorato.
“Siamo noi che ci spacchiamo la schiena per mandare avanti Ever After” dichiarò Patchfield, a conclusione del suo discorso “…e dovremmo farci comandare da dei bamboccioni che da secoli credono che per realizzarsi nella vita basti scrivere il proprio nome su un libro ammuffito?” Un corale, fragoroso “NO!” inondò l’intera taverna.
Nei giorni seguenti, Hiram si sarebbe occupato di organizzare nel dettaglio un piano per spodestare Biancaneve e i suoi degni affiliati, con il beneplacito dei suoi nuovi alleati, che grazie al passaparola diventavano sempre più numerosi.
Tuttavia, in molti rimasero perplessi riguardo a quanto avevano dovuto aspettare prima di colpire, anche dopo che il piano era pronto da un pezzo… E quando glielo chiesero, il ragazzo rispose: “Dovevo assicurarmi che qualcuno rimanesse fuori da questa storia… era una vittima, come e più di noi, ma se tutto è filato liscio, non c’è più nulla di cui preoccuparsi.”

B.P.: Non si riesce a leggere altro, accidenti!
N.N.: Questo non spiega molto.
B.P.:  A parte che viene dal regno di Biancaneve… il che rende ancora più strano il fatto che riesca a sentirci…
N.D.: A proposito di Biancaneve, Apple ha poi cercato di placare la lite in cortile?
N.U.: Non so, depressa com’era… verifichiamo subito!

Percepita l’ostilità, Apple White si era affrettata per raggiungere il cortile.
Pur con tutti i problemi che stava affrontando, non poteva certo lasciare che i suoi compagni si scannassero l’un l’altro. Sperava solo di avere ancora la forza per riuscire a far desistere gli animi infiammati.
I suoi propositi però non trovarono compimento, poiché, raggiunte le scale per scendere al piano di sotto, Apple venne intercettata dal preside Grimm. L’uomo, seguito da due strani individui, la chiamò con la sua solita voce pomposa spezzata da una certa inquietudine: “Signorina White! Eccola qui!”
Apple si fermò e si voltò:  “Buongiorno, preside Grimm, mi scusi ma di qualunque cosa abbia bisogno, possiamo parlarne dopo, devo…”
Milton scosse vigorosamente la testa: “Non si preoccupi peri suoi compagni, ho già dato disposizione a Tutti Gli Uomini e Tutti I Cavalli Del Re di intervenire qualora la baruffa dovesse volgere al peggio. Piuttosto, ho una comunicazione di estrema importanza da riferirle.”
Più importante dell’ assicurarsi che i suoi studenti non si facciano del male?! Riflettè la principessa, irritata. Le venne in mente che, dalla Festa del Trono dell’anno prima, non rispettava più Milton Grimm come una volta. Proprio in quel momento i due figuri che seguivano il preside cercarono di richiamare l’attenzione dell’uomo. Erano due uomini abbastanza vecchi, a giudicare dalle barbe grigie che arrivavano al petto, e indossavano delle tuniche parecchio datate, ma che a Apple pareva di aver già visto in qualche libro.
Milton Grimm fece loro un cenno stizzito con la mano: “Signori, siamo piuttosto impegnati al momento, e ne avremo ancora per un po’. Parleremo più avanti, vi chiamo io!” concluse, tutt’altro che convincente. I due anziani, capita l’antifona, se ne andarono, con fare rassegnato e irritato. Sbuffando, Grimm si rivolse di nuovo a Apple: “Mi scusi l’interruzione, Vostra Altezza, è tutta la mattina che quei due mi assillano…”
“Voleva dirmi qualcosa?” sbottò Apple, ora visibilmente irritata.
“Oh, sì, giusto! Ahem!... Alla luce dei risultati insoddisfacenti circa la ricerca di Raven Queen, Sua Maestà Sua Madre ha deciso di consultarsi con i suoi alleati e collaboratori facendo ripartire le indagini da dove tutto è cominciato… cioè qui, alla Ever After High.”
“Quindi mia madre verrà qui? Di nuovo?!
“Esattamente.”
Apple sospirò, alzando gli occhi al cielo: “Favoloso.”

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Capitolo 4
*** Ep. 3 - Il dovuto rispetto ***


Nella casetta di Cuoca, Raven fissava la lettera di sua madre, ancora chiusa dal giorno prima. Maipiù si avvicinò, strusciando preoccupata la testa contro il braccio della padroncina, che abbozzando un sorriso accarezzò la testa della draghetta.
Raven era ancora arrabbiata, ma molto meno di quanto lo era un giorno addietro, e ciò aveva permesso a un pizzico di curiosità di farsi largo nei suoi pensieri. Cosa aveva scritto sua madre in quella missiva? Perché proprio ora era il momento adatto perché Raven la leggesse? Era possibile che potesse trovarci chissà quali rivelazioni, qualcosa che gettasse nuova luce sulla Regina Cattiva, che potesse dare un senso al suo comportamen…
“No”, si disse ferma Raven Queen, “Non devo cascarci. Conosco madre e conosco me stessa. Di sicuro sarà un qualche trucco per convincermi a tornare da lei, è tipico da parte sua, manipola le persone per i suoi comodi, perfino la sua stessa figlia. Se leggessi il suo messaggio, è probabile che riuscirebbe a convincermi a tornare indietro.  Ma ho giurato di non tornare più, per lei… o per chiunque altro.” La ragazza sospirò, distogliendo finalmente lo sguardo dalla lettera.
Le parole di suo padre tornarono a risuonarle in testa: Avevi anche degli amici, lì, e te li sei lasciati indietro senza pensarci due volte. Non aveva voluto ammetterlo al Re Buono, ma, negli ultimi giorni, si era ritrovata a pensare la stessa cosa. Davvero era arrabbiata anche con Madeline, o Cerise, o Cedar? E Darling?
Era seccante che non l’avessero ascoltata subito, certo, ma in effetti quando Biancaneve prende una decisione, anche la più assurda, viene naturale pensare che sappia quello che fa. Avrà un piano, dovevano essersi dette. Quando avevano capito che così non era, anziché accusare Raven come il resto della scuola, in un incanto erano già al suo fianco. Insomma, meritavano di essere lasciate indietro così brutalmente?! Probabilmente no, ma… aveva davvero la forza di tornare indietro a sopportare tutto ciò da cui era scappata? Raven ne dubitava. Soprattutto dopo che perfino Apple era stata disposta a venderla alla Regina Cattiva pur di avere il suo Lieto Fine… certo, alla fine anche lei aveva fatto la scelta giusta, e il tutto all’inizio era partito dalle pressioni causate dall’avere una madre come Biancaneve, ma… questo bastava per potersi ancora fidare di lei?
Senso di colpa e paura si attorcigliavano nella sua anima, angosciandola tanto quanto il rancore l’aveva tormentata durante l’ultimo periodo alla Ever After High.
Raven Queen riportò la sua attenzione sulla lettera della Regina Cattiva. Era meno stressante.

Apple White entrò nell’ufficio del preside con passo funereo.
Sbrigati i convenevoli, Biancaneve aveva indetto una prima riunione fra lei, i fratelli Grimm e… sua figlia.
Chiusa la porta, i presenti si sistemarono: Milton sulla sua sedia-trono, affiancata dalla signorina Trollsworth; Biancaneve al centro della stanza, e quindi dell’attenzione; Giles in disparte, palesemente disinteressato all’argomento e più preoccupato di buttare delle cartacce nel cestino. 
“Allora, cara” iniziò Biancaneve, con la solita grazia, “Immagino non ci sia bisogno di spiegare perché siamo qui oggi, vero?”
“C’entra il trovare Raven…?” chiese Apple, allarmata.
“Precisamente!” intervenne Milton, ammutolito subito dopo dall’occhiataccia della Più Bella Del Reame ™. Ricompostasi, la regina tornò, con il suo collaudato sorriso, a rivolgersi alla figlia: “Come sua compagna di stanza, è ovvio che conoscevi Raven Queen meglio di chiunque altro. Forse potresti sapere qualcosa, darci qualche idea su dove potrebbe essersi cacciata!”
“In realtà sarebbe Maddie, cioè, Madeline Hatter, a conoscerla molto bene, è la sua migliore amica.”
“Certo, ma… ehm… vedi, non sarebbe saggio chiedere a coloro che chiaramente stanno dalla parte della fuggitiva, no? Dovresti arrivarci da sola, tesorino!”
Apple non sopportava più nemmeno il tono con cui sua madre le parlava. “E cosa ti fa credere che IO sia dalla tua parte, mamma?!” sbottò la bionda principessa, d’istinto. Biancaneve sgranò gli occhi, non aspettandosi una simile risposta da sua figlia, la Reale perfetta. Apple stessa rimase sorpresa, ma non per questo si trattenne: “Non ho idea di dove sia Raven, e se anche lo sapessi la lascerei in pace! Le abbiamo già dato abbastanza problemi!”
Biancaneve tentò di mantenere la calma, ma la sua risatina rivelava un certo nervosismo: “S-suvvia, Apple, si tratta di… di salvare le nostre tradizioni! I nostri Destini! Il tuo! Giusto, signori presidi?” Milton si apprestò ad annuire con foga, mentre Giles si limitò a stringere gli occhi, improvvisamente interessato.
Apple strinse i pugni: “Non attacca, stavolta.” Rispose, glaciale.
Un tempo, Apple non avrebbe mai pensato di rivoltarsi contro sua madre: la donna che, letteralmente, voleva diventare da grande. Un tempo, quando ancora non sapeva fin dove era disposta a spingersi pur di difendere la propria posizione. Il peggio era che lei stessa si era abbassata a quegli stessi livelli, persuasa dalla genitrice. L’unica differenza era che Apple se ne vergognava.
Tu e io non siamo simili! Si era resa conto Apple quando Biancaneve aveva dimostrato di interessarsi solo alla popolarità. Ora più che mai, era il momento di dimostrarlo.
Prima che Biancaneve o Milton potessero ribattere qualcosa, l’attenzione dei presenti venne attirata dall’improvvisa apparizione di Courtly Jester al posto della Trollsworth.

N.N.: Ok, ferma, ci siamo persi qualcosa.
B.P.: Torno un attimo indietro!

L’arrivo alla Ever After High di Biancaneve fu molto più sfarzoso e inutilmente rumoroso della volta precedente.
Avendo reso nota la sua presenza a scuola fin da subito, a differenza di quando aveva reintrodotto i Giochi del Drago, aveva pensato “bene” di fare le cose in grande. Tappeto rosso srotolato una volta uscita dalla limousine, paparazzi di tutti i giornali più importanti sollecitati a fotografarla, squilli di trombe dei suoi nani valletti… insomma, il pacchetto completo del monarca VIP.
In teoria sarebbe più furbo gestire questi affari in silenzio, anziché strombazzarli  ai quattro venti, rimuginava Courtly Jester, rigirandosi la carta mutaforma fra le dita.
Quando la notizia dell’arrivo della Più Bella del Reame™  aveva fatto il giro di Libropoli e dintorni, Hiram l’aveva aggiornata sul piano, avvisandola di entrare in azione esattamente nel momento in cui Biancaneve avrebbe varcato la soglia della Ever After High. Non aveva idea di cosa avesse in mente, ma in ogni caso il suo compito non cambiava. Aveva già legato, imbavagliato e nascosto la signorina Trollsworth, alla quale intendeva sostituirsi.  Il piano prevedeva infatti di avvicinarsi al preside e svignarsela con l’anello nel momento in cui lo stesso Grimm l’avrebbe affidato a quella che avrebbe creduto essere la sua segretaria. Tra i tanti compiti della Trollsworth, infatti, c’era anche la lucidatura dell’anello-specchio.
Sbirciando da dietro la parete, Courtly vide Milton Grimm dirigersi trafelato ad accogliere Biancaneve. La jolly si passò la carta davanti alla faccia e nello stesso momento si parò proprio davanti al preside. “Signorina Trollsworth!” tuonò l’uomo “Dove si era cacciata? Venga!” Courtly annuì, inespressiva. 
Anche se… Non si era fatta convincere un po’ troppo facilmente dalle parole di Hiram? Un tizio appena conosciuto? Lei per prima sapeva quanto fosse facile manipolare gli altri: alla Wonderland High era riuscita ad avere la piena collaborazione di Chase Redford facendo leva sulla sua devozione alle regole, e questo nonostante il cavaliere si fidasse poco di lei, tanto quanto chiunque al…
“Oh, al diavolo!” si disse, scuotendo la testa. Ormai era in ballo.

“… ma se nemmeno Miss Perfettina si fa mettere i piedi in testa da sua madre, che figura ci faccio io?!” esclamò Courtly, evidentemente parlando con se stessa. Prima che chiunque fra i presenti potesse chiederle qualcosa, la jolly si accorse degli occhi puntati su di lei e riprese la parola: “Ok, non so quanto tempo abbiamo, ma c’è uno strano tizio che vuole le vostre teste e per questo mi ha chiesto di prendere l’anello del preside,  all’inizio mi sembrava un’idea valida ma adesso non so se sia la cosa migliore e insomma prima di pensare a come punirmi mi concentrerei di più a stanare quello strano tizio, che si nasconde nella zona intorno a Libr…”
Il gelo era calato nella stanza. Letteralmente: strati di brina, di chiara origine magica, stavano velocemente ricoprendo le pareti dell’ufficio, bloccando la porta.
“Che delusione.” Proferì una voce alle spalle di tutti, nota solo a Courtly. Voltandosi, la giullare si ritrovò faccia a faccia col suo ex-socio, affiancato da una bizzarra ragazza, dalla pelle azzurra e i capelli bianchi, uno strano scettro tra le mani. Un ghigno soddisfatto decorava la sua faccia, che non risultava del tutto nuova alla giullare.
“Volevo renderti partecipe, ma si vede che sotto sotto non riesci a essere qualcosa di diverso da una serva. Jackie, qui, mi darà invece molte più soddisfazioni.” Esordì Hiram, sprezzante “Fortuna che non lascio mai niente al caso. O credevi che contassi esclusivamente su di te per l’assalto a questa scuola?!"
Courtly si accorse che il ghiaccio stava ora imprigionando i suoi piedi e quelli di Apple, Biancaneve e i presidi. Hiram si avvicinò a Courtly, che temette di venire punita sul posto. Ma il ragazzo si limitò a toglierle dalla tasca la pergamena affidatale il giorno prima. Come faceva a sapere che era lì? Mistero.
La piccoletta, che a quanto pare si chiamava Jackie, invece, aveva già strappato a Grimm l’anello-specchio, dopo una breve baruffa con l’uomo. Consegnò poi l’oggetto a Hiram, il quale se lo mise al dito e srotolò la pergamena. Rivolse un sorrisetto soddisfatto a Biancaneve e Apple, per poi commentare: “Scriviamo la parola fine una volta per tutte.”

N.D.: Jackie? Cioè, Jackie Frost?!  Ma non era stata imprigionata assieme al fratello, dopo il disastro dell’Inverno Leggendario?
N.U.: Infatti! E Hiram quand’è che l’avrebbe liberata?
Hiram Patchfield: Ieri, mentre voialtri eravate concentrati su Apple White. E’ stato facilissimo sgattaiolare nel castello sulla Cima del Mondo con i miei poteri, liberarla e convincerla a passare dalla mia parte. Soprattutto quando le ho promesso che avrebbe riavuto fra le mani lo scettro invernale, seppur per poco. Per quanto riguarda Northwind, non è stato carino lasciarlo indietro, ok, ma Jackie era convinta  che non sarebbe stato di grande utilità e, bè, vedendolo, ho dovuto concord…
N.U.: La smetti di interromperci?!
N.F.: Ci bastano già Maddie e Kitty, grazie.
H.P.: Chiedo scusa, ho esagerato, in effetti. E’ tipo un effetto collaterale dei poteri che ho ottenuto. Ne saprete di più a breve. Ora la pianto, qui mi stanno fissando strano perché dal loro punto di vista parlo da solo.

Ricompostosi e ignorando gli sguardi perplessi di Biancaneve, Apple e gli altri, Hiram riportò la sua attenzione sulla pergamena.
Iniziando a recitare la formula, in una lingua incomprensibile, le venature verdastre sulla grigia pelle del ragazzo si fecero sempre più luminose, fino ad abbagliare la stanza.
All’improvviso, con un boato, la luce esplose e si riversò nell’anello. Subito dopo, lo specchio sulla parete dietro alla scrivania del preside si illuminò di verde. A dirla tutta, ogni singolo specchio (o quasi) presente a scuola si stava illuminando allo stesso modo.
“Bene.” Sentenziò Hiram “L’intero sistema di specchi magici è sotto il mio controllo. Da qui” continuò, avvicinandosi allo specchio del preside “posso potenzialmente spostarmi in qualunque angolo della scuola, e non solo. E’ come se avessi un numero infinito di occhi. Posso vedere ovunque e localizzare i miei bersagli più ostici: Baba Jaga e la squadra di sicurezza di incantatori. Jackie!”
Chiamata, la piccola ragazza delle nevi si avvicinò baldanzosa, lo scettro troppo grosso per lei stretto fra le mani minute. “Non sbagliare.” La ammonì Patchfield.  Jackie Frost annuì, ghignando. Puntò lo scettro verso la superficie riflettente e scatenò un’ondata di vento gelido.
Il magico freddo passò di specchio in specchio, indirizzato verso i bersagli da Hiram e dalla sua magia, incanalata attraverso l’anello. Nel giro di qualche secondo, Baba Jaga e qualunque altro mago anziano in servizio alla Ever After High erano stati immobilizzati da una morsa di gelo mistico.
Soddisfatto del risultato, Hiram si voltò verso Jackie, schioccando le dita. Lo scettro si liberò fluttuando dalla presa della ragazza e, d’incanto, sparì tra le pieghe del mantello di Patchfield.
“Non potrei tenerlo ancora un pochino…?” implorò lei, sotto lo sguardo impassibile del giovane dalla pelle grigia: “Preferisco non correre rischi. Ricordi com’è andata l’ultima volta? Su, vai a dare il segnale agli altri.”
Sbuffando, Jackie si tramutò in civetta e volò fuori dalla finestra dell’ufficio.

Rimasto solo con i suoi prigionieri, Hiram li squadrò con sufficienza: “E’ stato pure troppo facile.” Proprio in quel momento, si udirono svariati colpi alla porta. Subito dopo, questa sparì magicamente. “Ti pareva.” Commentò Patchfield, scocciato.
Nell’ufficio fecero la loro entrata trionfale i tre fratelli Charming: Daring, Dexter e Darling, tutti armati di spada. Il primo si era messo in posa plastica, il secondo si stava massaggiando una spalla dolorante e la terza fissava con determinazione Hiram. Insieme a loro, però, vi erano anche due anziani individui che Apple e Milton Grimm riconobbero come coloro che avevano tampinato il preside fino al giorno prima. Nel vederli, lo sguardo di Hiram si tinse di disappunto.
I Charming intanto si erano piazzati di fronte agli ostaggi, a loro protezione. “Ho incontrato i signori stamattina, durante il mio allenamento.” Iniziò a spiegare loro Darling, notando poi l’occhiata scandalizzata di Milton e Biancaneve “Ne riparliamo una volta fuori pericolo, va bene? Comunque, mi hanno messa in guardia da un loro allievo impazzito che avrebbe attaccato la scuola…”
“Abbiamo cercato di avvertire lei, preside Grimm, inutilmente” intervenne di nuovo uno del duo misterioso, sciogliendo istantaneamente il ghiaccio che imprigionava presidi e Reali con un vortice di magia dorata. “Così abbiamo ripiegato sui paladini più vicini.” Concluse l’altro, affiancando il collega nella magia di scioglimento.  
“…Complimenti, siete riusciti ad arrivare lo stesso troppo tardi.” Esordì Hiram, velenoso. Darling notò che il sopraggiungere dei  mentori del giovane rivoltoso aveva instillato in quest’ultimo una certa dose di esitazione.
“Vogliamo impedirti di commettere il più grande errore della tua vita.” Rispose uno dei vecchiardi; “Sei ancora in tempo per rinunciare.” Aggiunse l’altro.
Il ragazzo non si lasciò intenerire dal loro tono implorante, e continuò a squadrarli con ostilità: “Avevo già messo in chiaro la mia posizione. Se non volete accettarla, sono solo affari vostri.”

B.P.: E’ l’occasione per saperne di più!
N.N.: Vado!

Su una cosa Hiram aveva mentito a Raven Queen: la sua famiglia. I Patchfield non erano per niente diversi da un qualunque altro abitante del reame di Biancaneve: fedeli, adoranti, tragicamente ingenui circa l’opportunismo della loro signora.
Stephen, il padre, coltivava i campi, mentre la madre, Heather, allevava gli animali. Hiram, insieme alla sorellina Samantha, aiutava entrambi. Era ovviamente una vita dura, ma loro non si lamentavano. L’affetto che provavano gli uni per gli altri era tale da permettergli di sopportare, e anche superare, ogni avversità data dalla loro condizione sociale. Avevano effettivamente avuto non poche soddisfazioni, tanto che la loro era stata riconosciuta come la migliore fattoria della zona;  erano convinti di contribuire a qualcosa di più grande, convinzione occasionalmente alimentata dai vari discorsoni di Biancaneve, nelle occasioni in cui quest’ultima decideva di fare un giro del suo regno. Hiram stesso non sognava altro che continuare il lavoro dei suoi genitori, sotto la guida della Più Bella del Reame, della quale era (come chiunque altro da quelle parti) un grande ammiratore.
Tutto sommato, era una vita che si sarebbe potuta definire felice. Ma era una felicità costruita su delle apparenze, che nel momento in cui vennero infrante, spezzarono la magia.
E il cuore di Hiram.

Quando la Regina Cattiva decise di stravolgere il copione, non esitò ad attaccare la patria della sua nemesi. Biancaneve aveva intuito il pericolo e intimato la popolazione di rimanere chiusa in casa fino al cessato pericolo. Sfortunatamente, non fu sufficiente: la fattoria dei Patchfield fu una delle molte a cadere vittima dell’esercito al seguito della Regina Cattiva. Razziato tutto ciò che poteva interessarli, il branco di mostri assortiti aveva dato fuoco alla casa, con i Patchfield intrappolati all’interno. Stordito dalle fiamme, Hiram sarebbe rinvenuto qualche tempo dopo in mezzo al prato, malridotto ma vivo. Alle sue spalle, i resti inceneriti della sua casa, crollata su se stessa durante l’incendio.
Non c’era nessun altro da quelle parti.

Una volta che la Regina Cattiva si ritirò, Biancaneve donò una generosa somma all’orfanotrofio del paese, in modo che potesse accogliere tutti i giovani superstiti usciti da quell’assurdo caos. Nascostosi quasi subito dopo essersi risvegliato, per paura che l’esercito oscuro potesse tornare, il piccolo venne a sapere poco tempo dopo della cerimonia in onore della messa a nuovo della struttura d’accoglienza. Arrivato sul posto, fu sul punto di attirare l’attenzione su di se, ma guardando verso il palco, il sangue gli si gelò nelle vene.
Qualcosa, nel modo in cui tutti guardavano Biancaneve, con gli altri orfani in disparte e parecchio distanti dalla regina, lo convinse ad allontanarsi, in fretta, da quello scenario.
Con la velocità donatagli dalla paura, Hiram raggiunse i confini del regno al calar della sera, e saltò sul primo carro di passaggio.
Così fece per diverse volte, fino a che non giunse nella mistica terra di Avalon. Fu una vera sorpresa per i mastri maghi dell’accademia, quando, togliendo la paglia dal carro, si ritrovarono davanti un ragazzino tremante e malnutrito.
Dopo aver sentito la storia del giovane e aver discusso a lungo fra di loro, i decani decisero all’unanimità di prenderlo sotto la loro ala, crescendolo e, dato che si trovavano in un luogo di studio, insegnandogli i segreti delle loro ancestrali arti magiche.
Gli anni passarono, e Hiram sembrava aver superato il trauma del suo passato, conducendo una vita tranquilla come promettente apprendista mago… fino a quel giorno fatale.

Avalon non era così isolata dal resto del mondo come molti credevano, anzi, i saggi incantatori del luogo ritenevano fosse necessario tenersi informati il più possibile sugli avvenimenti al di là delle loro terre. Ever After, con tutte le sue tradizioni particolari, era da secoli tra gli argomenti di maggior interesse, interesse aumentato dopo che Raven Queen aveva rifiutato il proprio Destino.
La notizia della riapertura dei Giochi del Drago aveva quindi attirato subito l’attenzione dell’intera accademia, Hiram incluso, che di quello sport aveva pochi ma vividi ricordi.
Nella sala principale, tramite una voluminosa sfera di cristallo, maestri ed allievi avevano assistito in diretta alla cerimonia d’apertura dell’arena… e all’entrata in scena della Regina Cattiva.
Inutile dire che l’inquietudine e la rabbia si impossessarono subito di Hiram nel vedere la donna che aveva rovinato la sua infanzia, ma ciò che spezzò del tutto l’autocontrollo del ragazzo fu Biancaneve. Lasciar libera quella pazzoide?! Cosa le passava per la testa?! Nel seguire gli sviluppi della vicenda la situazione non migliorò, nemmeno quando la Regina venne imprigionata di nuovo.
Gli tornò alla mente come si era sentito nel vedere la Più Bella del Reame mettere in disparte gli orfani, tanti anni fa. Capì finalmente perché aveva voluto scappare.
Era tutto un gioco, per lei e quelli come lei. E pazienza se ci andavano di mezzo personaggi anonimi come i Patchfield, tanto nessuno avrebbe mai letto di loro.
“Bè”, Hiram decise, “farò in modo che le leggano. Scriverò la mia storia e quella di tutti i Sudditi di Ever After. Con l’inchiostro che estrarrò dai sudici corpi dei Reali!”

Un semplice apprendista incantatore, per quanto talentuoso, non poteva certo sperare di poter vincere contro un intero regno.
Custodite nei più profondi recessi delle catacombe sotto l’accademia, le formule proibite erano note solo ai maestri anziani e agli studenti più rinomati. Hiram, appartenendo alla seconda categoria, aveva già potuto condurre delle ricerche, a puro scopo teorico, su alcune di esse. Ma il suo cambio di rotta rese l’uso di quelle conoscenze mortalmente concreto.
Vi era un rituale, tramite cui Hiram avrebbe potuto convertire il suo stesso rancore in energia magica. Il prezzo da pagare era sacrificare la propria Meraviglia, l’essenza stessa dei sentimenti e dell’identità di una persona.
Strappandosi dal corpo tutto ciò che era, Hiram accolse sulla sua pelle ormai spenta il verde e velenoso marchio dell’odio.
Troppo tardi i suoi mentori si accorsero di cosa stava accadendo, potendo soltanto assistere impotenti alla fuga del loro pupillo, deciso a tornare nei luoghi della sua infanzia coi peggiori propositi.

N.N. & B.P.:
N.U.: T-torniamo al presente, è meglio…

Hiram non perse tempo ed evocò due serpenti giganti, fatti interamente di verde energia magica. I Charming prontamente si lanciarono all’assalto, senza immaginare che fosse esattamente ciò che il loro avversario voleva. In un lampo, i serpenti si rimpicciolirono, spaesando i tre fratelli, per poi re ingrandirsi e avviluppare i principi a tradimento. Darling però fu abbastanza tempestiva da sfuggire alle spire e tagliare la testa alla bestia che aveva catturato Dexter. Daring riuscì a liberarsi abbagliando il nemico col suo sorriso.
Hiram, nel frattempo , si era diretto verso i suoi due ex-maestri, liberando un terzo serpentone, più grosso dei precedenti. Il mostro sbattè all’angolo i due, tramortendoli. Il ragazzo dalla pelle grigia si voltò poi verso i fratelli Grimm, che nel frattempo stavano portando fuori dall’ufficio Biancaneve e Apple, con Courtly che li stava seguendo.
La fuga del gruppetto si interruppe una volta raggiunto la sala principale, nella maniera più scioccante possibile: un corposo manipolo di contadini, mugnai, maniscalchi, insomma, di gente comune, bloccava ogni possibile via di fuga. Fra di essi, con un’espressione esaltata, spiccava Jackie Frost.
Alle spalle dei fuggitivi, la beffarda voce di Hiram annunciò il suo arrivo: “Scommetto che non vi eravate accorti che i miei… collaboratori avevano già fatto il loro ingresso.”

Il ragazzo evocò una miriade di piccoli serpenti, che circondarono i fuggitivi. Poi, andandogli incontro, indicò il suo esercito: “Guardali bene, Biancaneve. Tu ovviamente non li conosci, ma loro conoscono te.  Hanno decantato le tue lodi, ti hanno servito fedelmente, e in cambio sono stati ignorati e sfruttati. Ora però ne hanno abbastanza.”
La Più Bella del Reame passò in rassegna tutti quei volti. Non uno di loro distolse lo sguardo, nessuno diede a vedere di vergognarsi di quel che stavano facendo. Quando notò un paio dei suoi nani bodyguard tra la folla, la regina non riuscì più a trattenersi: “Broncetto! Come hai potuto?!” sbottò, scandalizzata.
“Il mio nome è Frank.” Fu la lapidaria risposta del nano.
Apple, vicina a sua madre, con la morte nel cuore, riconobbe che troppi errori erano stati commessi. Milton avrebbe voluto dire qualcosa, anche solo per darsi un tono, ma Giles gli tappò la bocca, conscio che la situazione era già abbastanza grave. Courtly, guardando la folla, condivideva perfettamente i loro sentimenti,  ma allo stesso tempo avvertiva qualcosa di dannatamente sbagliato.
“La Ever After High è il cuore pulsante dell’ingiustizia che dilaga per l’intero paese.” Riprese Patchfield, “Una volta che avremo finito qui, nessuno oserà più metterci i piedi in testa.”
“Esattamente” lo apostrofò la jolly, volendo vederci chiaro “cos’è che dovreste finire?”
Per tutta risposta, Hiram le rivolse un sorrisetto, velato però da una punta di amarezza. Poi volse lo sguardo verso i corridoi, dai quali stavano arrivando, armati alla bell’e meglio, gli studenti della Ever After High.
I tre fratelli Charming, che chiaramente erano riusciti a debellare anche l’ultimo serpente, guidavano la folla. Blondie Lockes, dietro di loro, stava riprendendo tutto con un Mirrorpad, probabilmente per far sapere al resto del regno cosa stava accadendo. Faybelle aveva un’espressione incuriosita, lo sguardo fisso su Hiram, che tranquillamente salutò i nuovi arrivati: “Vi aspettavamo.”
Daring si fece avanti, gonfiando il petto e dichiarando con voce fiera: “Arrenditi immantinente, manigoldo! Ti risparmierai una sonora umiliazione, considerando che nessuno dei tuoi gregari può sperare di competere in una pugna! Soprattutto contro il sottoscritto!”
Patchfield socchiuse gli occhi, voltandosi per un istante verso i suoi alleati, che erano rimasti parecchio offesi dalle parole del principe. “Ovviamente ci sottovalutate.” Ribattè “Ed è questo che metterà fine alle vostre storie.”
 
Questo capitolo speravo di pubblicarlo prima, e invece ci ho messo di nuovo qualcosa come quattro mesi. Chiedo venia!
Il prossimo aspettatevelo per o un po' dopo il periodo pasquale. Sperando vada tutto bene...
-blitzkingful

 

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Capitolo 5
*** Ep. 4 - Scegli la tua storia ***


Oltre a svariati Principi Azzurri provenienti dagli innumerevoli clan Charming esistenti, la Ever After High annoverava fra i suoi studenti anche fate, streghe, cacciatori, ragazze-gatto in grado di sparire e teletrasportarsi, lupi cattivi e moltissimi altri personaggi in possesso di abilità leggendarie con le quali avrebbero potuto ottenere una facile vittoria in battaglia, specie contro persone comuni.
Ma gli alleati di Hiram, per quanto privi di poteri da favola, non erano da sottovalutare: si trattava di gente che si sporcava le mani e si spaccava la schiena da mane a sera, tutti abituati alla fatica sin dalla più tenera età. Stile di vita che ovviamente aveva rinforzato i loro corpi. Considerando anche che erano più numerosi  degli studenti, e che dalla parte di Hiram vi erano molti più adulti che dall’altra, le forze dei due schieramenti parevano perfettamente alla pari. Parevano.
Le ostilità iniziarono subito dopo la dichiarazione di Hiram. Daring aveva provato a gridare qualcosa tipo “Carica!”, ma i suoi compagni, che avevano già capito perfettamente come stavano le cose, lo avevano superato senza nemmeno dargli il tempo di mettersi in posa plastica. Nascondendo l’imbarazzo, il giovane paladino si era affrettato a raggiungere i suoi fratelli in testa al gruppo.
Una differenza sostanziale venne alla luce abbastanza alla svelta: i rivoltosi di Patchfield formavano un fronte unito, compatto e perfettamente sincronizzato. Mai nessuno di loro rimaneva completamente solo contro un avversario, e ogni mossa di quest’ultimo veniva neutralizzata con un impeccabile gioco di squadra; strategia molto utile soprattutto se il nemico da sconfiggere era uno dei tanti aspiranti Principi Azzurri. Di contro, l’esercito improvvisato della Ever After High non poteva vantare una simile intesa, a causa dei furiosi litigi che nei giorni scorsi avevano spaccato in due gli studenti. Vuoi per lo stress che dilagava, vuoi perché ci si ritrovava a fianco di qualcuno con cui non si andava più d’accordo, gli studenti erano scoordinati e poco concentrati. Hiram aveva sempre saputo che la fuga di Raven avrebbe turbato gli animi, ma la cosa si era rivelata più efficace e utile di quanto previsto! Il giovane mago vide con piacere i suoi alleati prendere il sopravvento su numerosi fronti.
Solo in pochi, fra gli studenti, riuscivano a mantenere una strenua resistenza: gente come Kitty Cheshire, che nello scomparire e riapparire da una parte all’altra dell’atrio, era effettivamente un problema: alla lunga avrebbe logorato e sfinito i poveretti che cercavano inutilmente di starle dietro; o come Cerise Hood, che inspiegabilmente ancora non si era fatta scoprire circa il suo segretuccio, malgrado facesse ben poco per tenerlo nascosto, oltretutto stava pure combattendo fianco a fianco con Ramona Badwolf, con la stessa foga animalesca. E nessuno che ancora fosse riuscito a fare due più due.
Hiram scosse la testa, portando la sua attenzione ai tre fratelli Charming che gli si erano parati davanti.

“Credi davvero che otterrai un Lieto Fine da tutto questo?” gridò Darling.
Gli occhi di Hiram si illuminarono di verde, mentre sibilava furente: “Cos’è, pensi di potermi fare la predica? Di poter dire, che so, che sai cosa provo perchè anche tu hai dovuto lottare contro le convenzioni sociali? Seee, ripensaci.” La principessa inarcò un sopracciglio, notando come l’avversario avesse previsto esattamente cosa le passasse per la testa.
“La tua storiella in stile Girl Power è la cosa più banale che io abbia mai letto. Come ogni testa coronata qua dentro tu non hai mai avuto un vero problema, in tutta la tua vita. Anche quando hai voluto divenire un cavaliere anziché una classica principessa, hai avuto la strada pressoché spianata. Dico bene, Dexter?” sentendosi interpellato, il principe occhialuto sobbalzò, irrigidendo la presa sulla sua spada.
Hiram continuò, compiaciuto: “Tu lo sai, vero? Che è stata vostra madre a dare a tua sorella l’armatura e la spada, ovviamente di nascosto. Non bastava il papà che ha occhi solo per Daring, eh? A te cosa resta, Dex? Chi resta?”
“Manigoldo!” gridò Daring, lanciandosi contro Hiram, “Ho capito il tuo gioco! Non seminerai la discor…” prima di poter calare la sua lama sul nemico, il giovane principe venne bloccato dai serpentelli magici che ricoprivano il pavimento. I costrutti di Patchfield  avvolsero le braccia e le gambe di Daring, che non riuscì più a tenere in mano la spada. Hiram a quel punto, senza esitare, sparò un fulmine magico da un solo dito, scagliando il biondo principe dall’altro lato della stanza. “Daring!” esclamò Darling, scioccata. Senza riflettere, si scagliò anch’essa su Hiram, che però aveva già previsto tutto e fu pronto a lanciare un secondo fulmine sulla ragazza, che, con la guardia totalmente abbassata, lo prese in pieno raggiungendo il fratello. “Non riesco a credere che una volta vi ammiravo.” Commentò il giovane mago, per poi rivolgersi a Dexter “Tu invece mi stai simpatico. Non fossi di sangue blu, potremmo pure diventare amici. Ma tant’è…” prima che il principe castano potesse ribattere, i serpentelli lo avvolsero , impossibilitandolo a fare alcunché. Hiram si allontanò, deciso a occuparsi della gatta e dei lupi. Mentre cercava i suoi bersagli, però, un’irritante figura svolazzante gli ostruì la visuale.
“Ehilà! Sono Faybelle, Faybelle Thorn. Sono un’aspirante cattiva, e tu sembri davvero saperci fare, mi chiedevo se fossi interessato ad assum…” scocciato, Hiram non la fece neppure finire, scaraventandola via con una palla di fuoco verdastro.
“Cattivi autorizzati.” Ringhiò, “l’ennesima colpa di cui dovranno rendere conto.” Individuata la figlia della Stregatta, Hiram fece per scatenare i suoi poteri su di lei, per poi venire paralizzato dalla magia di qualcun altro.
Magia dai riflessi dorati.

“Devo davvero decidermi a usare le maniere forti, con voialtri!” sbottò Patchfield, seccato, rivolto ai suoi ex-mentori. Fra i Charming e Thorn, non si era accorto di quando quei due fossero rinvenuti e sopraggiunti sul campo di battaglia.
“Non è ancora avvenuto nulla di irreparabile!” Fece uno dei due anziani, “Sei ancora in tempo per farla finita cavandotela con poco!” concluse l’altro. Hiram li fissò con odio: “Rinunciare ora sarebbe il peggiore affronto che potrei infliggere ai miei alleati, e ne hanno già dovuto sopportarne troppe.”
“E invece è anche per loro che devi fermarti!”
“Tu credi di star facendo il loro bene, ma in realtà li stai solo condannando a…”
“Bla. Bla. Bla.” Fu l’ostile, ringhiante interruzione del ragazzo. “Sempre le stesse frasi.” La magia dell’odio si espanse dal corpo di Hiram “Ogni volta.”  L’alone dorato dei decani di Avalon, che teneva bloccato il loro pupillo degenere, andava via via contaminandosi di verde. “Se non volete capire…” Hiram era ormai interamente avvolto dalla sua energia magica. Mosse appena un braccio, e i due anziani riconobbero il loro fallimento. “Allora tacete!!!” fu lo stentoreo grido del giovane, accompagnato da un’onda d’urto che travolse i maghi e spezzò definitivamente il loro incantesimo paralizzante. 
Nuovamente a piede libero, Hiram si apprestò a localizzare nuovamente Kitty, o anche le due sorelle lupo, ma ancora una volta, quasi fosse diventato un vizio, qualcuno gli ostacolò il cammino e la visuale.
Vedendo il candido volto di Apple White in persona, Hiram fu a un passo dall’impazzire e commettere l’irreparabile, ma qualcosa, nel tono con cui la principessa pronunciò quell’unica parola…”Aspetta!”… gli fece provare, per la prima volta da quando aveva intrapreso il suo vendicativo cammino, esitazione.
Un tremante “Cosa vuoi…?” fu l’unica frase che riuscì a dare in risposta.

Nel pieno della furiosa mischia, per la principessa e il rivoltoso il tempo sembrava essersi fermato.
Apple trattenne l’impulso di fuggire a gambe levate, facendo un paio di passi verso Hiram, che non accennava a smorzare l’odio nel suo sguardo. La principessa deglutì, decisa ad andare fino in fondo. Era un tentativo disperato, ma era suo dovere cercare di trovare una soluzione pacifica, prima che… “Qualunque cosa tu voglia dirmi, White, è troppo tar…”
“Scusa.”
Hiram rimase interdetto: “…prego?”
“Ti chiedo scusa. Per tutto ciò che hai dovuto passare. Per tutte le ingiustizie che hanno portato sofferenza al popolo. Per non essermene resa conto prima, malgrado l’intelligenza di cui vado tanto fiera.” “Cos’è, uno scherzo?” ribattè il ragazzo, “Credi che bastino delle semplici scuse?! Sei davvero così arrogante da pensare che bastino queste parole vuote per fermarmi?!”
Apple sussultò, ma non cedette. “Non sono solo parole. Ti prometto che farò tutto quello che è in mio potere per poter migliorare la situazione, la tua e quella di chiunque ne abbia sofferto.” Nemmeno Hiram sembrava disposto a demordere: “Avevi promesso qualcosa di simile a Raven, se non ricordo male… beninteso, prima di liberare la Regina Cattiva.” La principessa si sentì come se le avessero dato un pugno nella pancia, a quelle parole, ma di nuovo fece appello a tutta la sua volontà e continuò a sostenere lo sguardo del suo interlocutore: “So benissimo quali e quanti errori ho commesso nella mia ignoranza.  E a differenza di mia madre, sappi che non ho intenzione di negarli o di nasconderli. Intendo risolverli, dovessi impiegarci tutta la vita. Ma tu, ora, devi fermare questa follia, o ce ne pentiremo tutti quanti, anche tu. Ti imploro, fidati.”
Hiram Patchfield sembrava essere rimasto colpito dalla dichiarazione di Apple White. L’esitazione, che già aveva lievemente provato un attimo prima, si era ripresentata, molto più prepotente.
Si guardò attorno, osservando i vari scontri che ancora imperversavano nell’atrio, per poi abbassare la testa, rimuginando sulle parole di Apple.
D’un tratto, però, alzò di nuovo lo sguardo: E a differenza di mia madre… continuava a risuonare nella testa del giovane, i suoi occhi nuovamente ostili, e illuminati di verde.
“No.” Ringhiò a denti stretti, alzando lo sguardo verso un punto alle spalle di Apple. Un vortice di magia verde lo avvolse in un battito di ciglia e Apple, riconosciuto l’incantesimo di teletrasporto, fece appena in tempo ad afferrare il polso di Hiram prima di sparire chissà dove.

“Non promette bene.” Commentò Courtly, assistendo alla scomparsa di Hiram e Apple. “E dire che per un attimo ho davvero sperato che si sarebbe risolto tutto così!”
“E invece no!” sbottò una voce imperiosa alle sue spalle. La jolly sbuffò, volgendo lo sguardo verso Lizzie Hearts, che proseguì: “E stai certa che nemmeno tu te la caverai a buon mercato! Maddie mi ha detto che i Narratori le hanno detto che parte hai avuto nei piani del nostro invasore! Come se non avessi già abb…”
“Avrai tutto il tempo di urlarmi contro quando e se usciremo vive da tutto questo caos, che, voglio precisare, ho provato a impedire! Peccato che Mr. Pellegrigia non sia così tonto da tralasciare un piano B!” “Anche per litigare ci sarà tempo dopo!” le apostrofò Alistair Wonderland, poco lontano, sfuggendo a un paio di contadini inferociti. I tre cercarono di allontanarsi dalla mischia, ma un orso polare spuntò fuori senza preavviso e sbarrò loro la strada.
“Avresti fatto meglio a rispettare i patti!” fece l’animale a Courtly, che riconobbe la voce di Jackie Frost. “Peggio per te, meglio per me!” Prima che Jackie potesse saltare addosso ai tre meravigliesi, Kitty apparve dal nulla e nel nulla, portandosi dietro i suoi amici, scomparve un istante dopo. I quattro riapparvero appena fuori dal portone della scuola, dove li attendeva Maddie, stranamente entusiasta: “Ragazzi, forse forse, le cose si possono ancora raddrizzare!”

N.N.: Hm, Maddie sembra di nuovo allegra, e la cosa mi fa ben sperare!...
B.P.: Bè, di qualunque cosa stia parlando, lo vedremo dopo. Ho scoperto dov’è finita Biancaneve, e, bè…

“Quindi devo solo tirarla contro lo specchio?” chiese Biancaneve, rigirandosi la mela magica fra le mani. Per tutta risposta, dalla sua prigione, la Regina Cattiva sorrise perfidamente.
La Più Bella del Reame cercò di trattenere una smorfia. Aveva già lasciato a piede libero la sua nemesi una volta e non si era rivelata una buona idea. Ma quel pazzoide dalla pelle grigia, saltato fuori chissà da dove, in nemmeno un giorno aveva scavalcato ogni possibile difesa e pareva intenzionato a cancellare la scuola entro fine giornata. I presidi, come al solito, erano degli incapaci, e quindi stava a lei, Biancaneve, prendere provvedimenti. E in mancanza di rinforzi, l’unica soluzione contro un incantatore fuori di testa sembrava essere un’incantatrice altrettanto fuori di testa. Oltre che sicuramente più potente.
Un bell’azzardo, in ogni caso. Ma la monarca dai capelli d’ebano decise di rischiare, ripromettendosi di tenersi pronta per quando, finito lo scontro, la Regina Cattiva sarebbe stata abbastanza vulnerabile da poter essere re-imprigionata.
Ehi, magari avrebbero avuto fortuna e quei due si sarebbero neutralizzati a vicenda.
Flettendo all’indietro la mano che stringeva la mela, Biancaneve si preparò al lancio.
 
Ancora fra le dita di Biancaneve, la mela si dissolse in uno sbuffo verdastro.
Confusa, la donna guardò in direzione della Regina Cattiva, che, altrettanto sorpresa, stava fissando un punto preciso alle spalle di Biancaneve. Quest’ultima, girandosi, vide con orrore nientemeno che Hiram Patchfield, avvolto da una fiammeggiante aura verde, mentre si divincolava violentemente dalla stretta di Apple, la quale alla fine perse anche l’equilibrio. Il ragazzo avanzò ferocemente verso Biancaneve: “Posso ancora guardare attraverso gli specchi, genio! Tu… Stavi per liberare quel mostro!!!” ruggì, indicando lo specchio.
La Regina Cattiva, passato lo stupore iniziale, non pareva tanto impressionata. “Questo ragazzino sarebbe il fenomeno che vi ha dato così tante noie?” ridacchiò infatti “Ah, siete caduti proprio in basso!” Hiram, udendo il tono canzonatorio di colei che gli aveva portato via la sua famiglia, perse del tutto il controllo. L’aura magica, in risposta all’accrescersi della sua furia, divampò ulteriormente, illuminando completamente l’angusta stanzetta e facendola tremare. La magia, tossica, sgorgava perfino dagli occhi, e la sua voce aveva assunto un inquietante riverbero: “Pensi che sia tutto un gioco, vero?! Bè, vediamo se trovi QUESTO divertente!”
Biancaneve, nel panico più totale, frugò febbrilmente nelle tasche della sua gonna, sperando di trovare in tempo il…
“Cercavi questo?” chiese beffardo Hiram, mostrandole il nuovo Vetro Acchiappatutto che Bianacaneve si era fatta costruire dopo la distruzione del precedente.
“C-come…?!”
“Posso leggere la storia di chiunque, solo guardandolo. E se in essa appare un qualche artefatto magico, posso chiamarlo a me. La magia dell’odio è davvero versatile… ah, quasi mi scordavo: acquisire Biancaneve.” Concluse Hiram, osservando compiaciuto il fascio di luce che, partito dallo specchio portatile, colpì subito dopo la regina dai capelli d’ebano.
Apple vide con orrore sua madre riapparire dentro lo specchio-prigione, proprio a fianco della Regina Cattiva. Quest’ultima, già molto più nervosa di prima, osservò Hiram riprendere la parola: “Ora, dicevamo… ecco qualcosa di davvero divertente. Per me.”
Recitando un incantesimo, reso inquietante dal riverbero sovrannaturale della sua voce, il ragazzo scagliò un lampo verde che colpì in pieno la piatta e cristallina superficie. All’interno del mondo degli specchi, la Regina e Biancaneve notarono che tutto intorno a loro, tremando, stava lentamente scomparendo.
“Che stai facendo?!” gridò Apple, disperata. “Oh, nulla di che” rispose Hiram, su di giri “Sto solo prosciugando questa prigione di cristallo di ogni traccia di magia. In pratica, la sto facendo diventare un normalissimo specchio. Tutto… e tutti… al suo interno spariranno, come se non fossero mai esistiti…!” Apple sgranò gli occhi, scioccata. Le due donne imprigionate tentavano invano di allontanarsi dal nulla che avanzava. La bionda principessa, disperata, si lanciò sul giovane mago e tentò, strattonandolo, di interrompere il suo operato: “Fermati!” era tutto quel che riusciva a urlare. “Piantala!” rispose Hiram, spingendola via “E’ quello che si meritano!”
“Non così, Hiram.” Fece una nuova voce, familiare però sia a Hiram che ad Apple.
Voltandosi, i due videro qualcuno che mai avrebbero immaginato di rivedere da quelle parti.
“Raven!” esclamarono entrambi.
 
B.P.: Non ci posso credere! E’ tornata!
N.N.: Scommetto che era per questo che Maddie era così contenta!
B.P.: Lo penso anch’io, ma vediamo di recuperare un po’ di passaggi…

Raven aveva preso la sua decisione: sarebbe tornata.
Avvisato velocemente suo padre, tramite il loro orco-maggiordomo Ooglot, la ragazza si era diretta verso il pozzo dal quale era arrivata al villaggio di Cuoca. Il resto della sua roba se la sarebbe fatta recapitare dal personale di Castel Queen, come già era avvenuto quando era scappata, con la differenza che, stavolta, Maipiù invece sarebbe tornata assieme a lei.
Certo, sapeva che le cose non sarebbero tornate alla normalità né facilmente né presto, ma la cosa non la intimoriva. Non si era mai sentita così sicura di sé prima di allora.
Tale sicurezza però non le impedì, una volta attraversato il pozzo, di rimanere spiazzata nell’udire i rumori della battaglia all’interno della Ever After High. Indubbiamente era successo qualcosa durante la sua assenza! Raven si maledì per non essersi tenuta informata sul mondo esterno durante le settimane passate al villaggio: la paura di venire scoperta l’aveva decisamente confusa!
Lasciando da parte i propri rimpianti, Raven con Maipiù si era avvicinata al portone della scuola e proprio in quel momento era apparsa Maddie, teletrasportata lì da Kitty, sparita subito dopo. Dopo un breve ma intenso abbraccio fra le due amiche, Maddie aveva raccontato in fretta e furia tutto quello che era avvenuto.
Raven, per quanto priva di un piano preciso, sapeva di dover fare qualcosa: sul punto di correre dentro la scuola e unirsi alle danze, però, la giovane Queen aveva avvertito delle vibrazioni magiche inquietanti, provenienti, si accorse, da  dove si trovava lo specchio-prigione.
Temendo il peggio, Raven non aveva esitato a teletrasportarsi nella torre.

“Sei cambiato un po’ da quando ci siamo incontrati sul ponte.” Mormorò Raven, cercando di non fare movimenti bruschi.
Hiram però non sembrava sul punto di esplodere come un attimo prima: più che altro era esterrefatto. “Cosa ci fai qui?!” sibilò. “Diciamo che fuggire dai problemi non fa per me.” Rispose Raven, risoluta. “Di che cosa stai blaterando?! Credevo che avessi capito, dopo la nostra chiacchierata...!” Hiram era completamente nel pallone. La magia verde attorno a lui si era affievolita, la voce non rimbombava più e l’incantesimo che stava lanciando sullo specchio si era interrotto. La Regina Cattiva e Biancaneve, intrappolate, osservavano sgomente gli sviluppi. 
Raven fece un passo in avanti: “Allora la mia fuga ha davvero a che fare con il marasma qui sotto.” Hiram stava visibilmente tremando: “V-volevo che te ne andassi da tutto questo. So riconoscere quando qualcuno si sente oppresso.” “Ti ringrazio.” Raven abbozzò un sorriso, avvicinandosi ancora al ragazzo, “E anche se le cose non sono andate esattamente come speravi, la nostra conversazione mi ha comunque fatto riflettere. Questo alce non lascerà gli animaletti alla mercè dei cacciatori, ma non significa che gli permetterà ancora di occupare il suo palco di corna.” Apple, la Regina Cattiva e Biancaneve guardarono Raven basite. Solo Patchfield diede l’impressione di aver capito, ma non per questo apparve più sereno: “Lo sai che stai dando loro un’altra opportunità di ferirti, vero? Vuoi davvero perdonarli ancora?! Perché devi sempre sentirti così in colpa per le tue scelte? Cosa mai pensi di dovere a questa gente?!” concluse, lanciando un’occhiata ostile alle due prigioniere nello specchio e a Apple.
Raven scosse la testa, oramai a pochi centimetri dal mago: “Non è qualcosa che devo agli altri, ma a me.”
Hiram ridacchiò, amaro: “Cos’è, stai per dirmi qualcosa tipo se le uccidi diventerai come loro?”
“Non  lo dico io. E’ così.” Ribattè la giovane Ribelle, dura.
Hiram interdetto, si vide porgere una lettera. “Questa è da parte di mia madre.” Disse Raven, ignorando la Regina Cattiva, che, nel vedere la missiva, si era alterata e stava intimando la figlia di fermarsi. “Mi ha aiutato a metter insieme gli ultimi pezzi del puzzle. Chissà che non possa tornare utile anche a te.”
Mia carissima Raven,
Se stai leggendo queste righe, allora hai finalmente accettato il tuo retaggio. 
Per anni, l'incantesimo di questa prigione a specchio mi ha impedito di dire la verità. 
Tuttavia, ora potrai finalmente conoscere la mia versione della storia.
Quando frequentavo la Ever After High, tutti seguivano l'intera assurdità del "Segui-il-tuo-destino". 
Com’è che dicono sempre? "Non esistono nè piccole parti né brutti personaggi” 
Pecato che, quando sei un cattivo, la gente ti odi e ti tema. 
Ecco perchè ho rubato il Libro dei Destini - l'artefatto che ci lega magicamente alle storie dei nostri antenati-  e l'ho sostituito con una replica magica. 
Mai avrei accettato di vivere il resto dei miei giorni sola e ostracizzata.
Ma poi è successo qualcosa di inaspettato. Mi sono innamorata del Re Buono, e, alla fine tu, la mia bambina, sei entrata nella mia vita. 
Quando ti ho guardato negli occhi, era quasi come se stessi guardando nel mio stesso cuore. 
Non avevo bisogno di uno specchio magico per sapere che eri tu la più bella del reame. 
Tuttavia, non tutti la pensavano così. La gente fuggiva in preda al terrore, spaventata da cosa saresti potuta divenire. 
E io non avrei mai permesso che tu fossi vittima della loro ignoranza. 
Quindi ho giurato di provvedere. Avrei riplasmato l’intero mondo della fiabe a mia immagine ... a nostra immagine. 
Non avrebbero avuto altra scelta che amarmi amarci.
Ecco perché ti ho sempre spinta ad essere cattiva. E ormai manca poco. 
Continua lungo il sentiero, fidati dei tuoi istinti oscuri e alla fine domineremo questo mondo come madre e figlia. 
Sappi che ti amo con tutto il mio perfido cuore,
Tua madre,
La Regina Cattiva

“Mia madre” spiegò Raven, dopo che Hiram ebbe finito di leggere “ha dato inizio alla sua conquista per amore. Aveva le migliori intenzioni, non ho dubbi.” 
Lo sguardo della ragazza incrociò quello della madre, attonita. “Ma più si abituava a essere una furia vendicativa, più si dimenticava delle sue motivazioni. 
Se così non fosse, allora mi avrebbe spiegato tutto di persona mesi fa, quando era a piede libero.” 
Hiram rimase in silenzio, aspettando che Raven riprendesse; “E sta succedendo anche a te. L’odio alimenta letteralmente i tuoi poteri, ma più glielo permetti, più ti allontani da te stesso. 
Alla fine ti ridurrai a un guscio vuoto, che semina distruzione perché non gli resta altro. Lo so, ho studiato questo tipo di magia. 
Però… tu odi mia madre, ma non me solo perché sono sua figlia. Non è una cosa da poco: se riesci a ancora a fare queste distinzioni, sei ancora in tempo per fermarti.” 
Hiram era visibilmente combattuto: Raven Queen era molto più convincente di Apple White o dei decani di Avalon, e questo perché le loro sofferenze avevano radici molto vicine. 
Patchfield non aveva dubbi, Raven era una dei pochi a poterlo comprendere.
Ma guardandosi alle spalle, verso lo specchio-prigione, sentì l’odio divampare nuovamente dentro di sé. 
“Hai tutto il diritto di essere arrabbiato.” Fece Raven, scandendo per bene le parole, “Ma se adesso vai fino in fondo, sarà come se avessero vinto i tuoi nemici.” 
Dopo quell’ultima frase, il silenzio calò nella stanza.
Passarono pochi secondi, ma ai presenti parvero secoli. 
Apple White si rese conto di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo solo quando, nel vedere Hiram abbassare il capo in segno di resa, tirò un enorme sospiro di sollievo. 
Raven invece sorrise, osservando come la magia verde stava praticamente evaporando via dal corpo di Hiram, che da quell’orribile tono grigiastro stava tornando al colorito naturale.
Quanto seguì avvenne così rapidamente da far chiedere a molti se non fosse stato tutto un sogno.
Per prima cosa, Hiram, tramite Vetro Acchiappatutto, liberò Biancaneve dalla prigionia forzata. Tornato al piano terra assieme a Raven e Apple, richiamò l’attenzione dei suoi accoliti, annunciando la ritirata. Di fronte allo stupore generale (perfino il fronte nemico si fermò, scioccato dalla notizia), Hiram affermò mesto di aver sbagliato tutto e che era necessario ricominciare da capo. Contrariamente a quanto temeva, il suo seguito non obiettò più di tanto; forse giusto Jackie Frost avrebbe voluto protestare, ma desistette notando che nessun’altro aveva più intenti bellicosi.
Hiram si avvicinò poi ai suoi due ex-mentori, deciso a chiedere perdono, ma ai due anziani bastò un cenno con la testa per dire molto più di quanto avrebbero potuto con le mere parole.
Milton Grimm e Biancaneve, giunta poco prima dalla torre, provarono a opporsi al lasciar andare gli invasori come se niente fosse, ma Apple fu lesta nel dichiarare che, per quella volta, andava bene così. Non esattamente i termini tecnici ufficiali, certo, ma la solennità con cui parlò tolse ogni dubbio a chiunque.
Constatato di avere il via libera, Patchfield segnalò ai suoi di andare. Passando vicino a Apple e Raven, si fermò.
“Ci rivedremo. E farò il possibile perché non sia come nemici.” Disse, rivolto Apple, la quale annuì. Il ragazzo si voltò poi verso Raven: “Non dimenticare mai quanto sei stata forte oggi.” “Non intendo farlo. Fidati.” Rispose la giovane strega. Soddisfatto, Hiram Patchfield si apprestò a raggiungere i suoi alleati, ormai fuori dalla scuola.

N.D.: Tutto è bene quel che finisce bene! Adesso dovreste essere soddisfatti!
B.P.: Mamma, papà! Dove vi eravate cacciati?
N.U.: Tenevamo compagnia a Maddie: ne aveva bisogno, poverina. Secondo voi come faceva a sapere tutto quello che ha raccontato a Lizzie e a Raven?
N.N.: Non è tipo contro le regole?
N.D.: Importa ancora a qualcuno, ormai?
N.U.: Non avete avuto alcun problema a raccontare questa storia, ci sentivamo un po’ inutili. Dovevamo pur tenerci impegnati!
N.N.: Comunque non è che sia finita-finita. Fermarci qui sarebbe fin troppo brusco.
B.P.: Giusto! Questo capitolo è il gran finale, più o meno, ci sta che sia un po’ più lungo! Continuiamo!

Mentre i feriti venivano medicati e gli incantatori liberati dal ghiaccio magico, una sensazione di completo disorientamento avvolse tutta la Ever After High.
Nel bel mezzo della confusione, Raven Queen constatò di essersi persa parecchio. Lanciò uno sguardo verso Apple White, allontanatasi per controllare i danni, chiedendosi cosa dovesse fare o dire. Sentendosi picchiettare una spalla, Raven si girò trovandosi davanti Courtly Jester. “Per quello che vale” mormorò la giullare, insicura “Biancaneve voleva convincere Apple ad aiutarla a rintracciarti, ma lei si è rifiutata.” La giovane Queen dilatò le pupille per la sorpresa, tornando a guardare la bionda. Era un gesto nobile, che doveva esserle costato parecchio, conoscendo Apple… e sua madre.
Scuotendo la testa e ringraziando Courtly, Raven si diresse decisa verso la principessa. Fece in tempo a chiamarla per nome prima di venire interrotta da una voce irritantemente familiare.

“Signorina Queen!” Il preside Milton Grimm, col solito fare pomposo, si piazzò proprio davanti a lei, visibilmente alterato. “Da quando si è ribellata al proprio Destino lei è stata un continuo problema. E oggi, ha oltrepassato il limite: la sua fuga ci ha gettati nell’agitazione e lasciati impreparati a…”
“Non osi.” Raven praticamente ringhiò per interrompere l’uomo “Se Hiram è riuscito a convincere così tanta gente ad andarvi contro, non sono certo io a dovermi fare un esame di coscienza. Se vuole punirmi per essere scappata dalla scuola, mi sta bene. Ma non ho più intenzione di farmi carico di ogni cosa che va storta da queste parti.” Il preside tremava per la rabbia, ma intanto non sembrava sapere come ribattere.
Biancaneve pensò bene di sostituirlo: “E chi ci dice che tu non abbia avuto una parte nei piani di quel pazzoide? Com’è stato per la giullare? Chi ci dice che questa tregua non sia solamente un altro…”
“Mamma, basta.” Fu Apple, stavolta, a interrompere ringhiando. “Raven è scappata e i civili sono insorti per colpa nostra. Perché è così difficile ammetterlo?” concluse, chiedendolo anche a se stessa.
Sotto l’attonito sguardo della folla tutta intorno, Milton Grimm e Biancaneve fissarono scandalizzati Raven Queen e Apple White, che ricambiarono stoicamente lo sguardo. Rimasero così per alcuni minuti, finchè…
“Scusate il disturbo.” Tuonò una voce sconosciuta a tutti, tranne Milton e Bianca. Il preside sbiancò e la regina sbarrò gli occhi terrorizzata.
Tutti si voltarono verso la voce e videro un omone dalle spalle e dal petto larghi, i candidi capelli pettinati all’indietro, un folto pizzetto altrettanto candido e un naso aquilino. Indossava una giacca rosso vivo, molto simile a quella dei fratelli Grimm, e il suo sguardo pareva tutt’altro che amichevole.
Milton, ancora nel panico, trovò la forza di parlare, anche se con voce strozzata: “S… so …sovrintendente Perrault!”
Quel cognome fece trasalire tutti.

Gavin Perrault era una figura evanescente, alla Ever After High, una sorta di leggenda orale passata da una generazione di studenti all’altra. Testimoni oculari raccontavano che, nei rari casi in cui si era presentato di persona, non era mai stato per dare buone notizie, e che una sua parola era sufficiente per decretare non solo il destino dell’intero personale della scuola, ma anche quello di qualunque sovrano del regno di Ever After…
 
 “… q-quale sorpresa!” balbettò Milton, osservando Perrault avanzare pericolosamente verso di lui “N-non eravamo stati informati d-del suo arrivo…”
“Strano.” Fu il severo commento del sovrintendente “Perchè sono sicuro che vi abbiano inviato una circolare a riguardo.” In disparte, Giles Grimm si battè una mano in fronte, ricordandosi di quando, nell’ufficio, stava strappando dei fogli di carta in preda alla frustrazione.
Gavin riprese la parola: “Sia come sia, l’Archivio ha perso la pazienza. Questi ultimi due anni sono stati un continuo disastro, malgrado le sue numerose rassicurazioni sul potersi occupare di tutto. Gli avvenimenti dell’ultimo periodo sono stati l’ultima goccia, anche se personalmente avrei voluto intervenire già quando la Regina Cattiva venne… perdonata.” Nel pronunciare l’ultima parola, il suo torvo sguardo si spostò da Milton a Biancaneve, che trasalì. “In ogni caso” riprese il sovrintendente, allontanandosi un poco, con grande sollievo di preside e regina, “La notizia della fuga di uno studente, con tutti i precedenti, è stata troppo per restare ancora a guardare. Sarei arrivato anche prima, se non fosse stato per numerose attività sospette segnalatemi in tutto il regno. In più, proprio mentre mi dirigevo qui, mi hanno linkato questo.” Perrault tirò fuori il suo Mirrorpad, aperto sul canale di Blondie Lockes, su cui aveva trasmesso in streaming la battaglia. Né Milton né Biancaneve ebbero il coraggio di aprire bocca. Giles scosse la testa, rassegnato ma per nulla stupito dalla svolta di eventi. Raven avrebbe voluto far presente che era tornata, ma sospettava che non avrebbe aiutato molto in quel preciso momento.
Perrault tornò a parlare, stavolta rivolgendosi a tutti i presenti: “Alla luce degli ultimi avvenimenti, è chiaro che vi sono gravi problematiche che necessitano una risoluzione. Pertanto affiancherò il personale della Ever After High nel condurre indagini volte a tale fine. Fino ad allora, mi rammarica avvisarvi che l’anno scolastico attualmente in corso verrà prolungato. Ancora. E’ tutto.”
Qualcuno mormorò amareggiato. Perrault richiamò presidi e insegnanti per una prima assemblea generale.
Mentre si dirigevano nell’ufficio, il sovrintendente si accorse di Giles e si ricordò di un piccolo dettaglio: “Lei non era scomparso?”

A tarda sera, finalmente pace e silenzio si posarono sulla Ever After High.
Non sarebbe durata molto, certo: sicuramente le indagini di Perrault sarebbero iniziate già la mattina seguente. Per il momento, comunque, dopo  oltre due settimane di tensione, il clima era nuovamente rilassato.
Due principesse a noi ben note erano decise, appoggiate a un balcone della scuola, a godersi questo serafico interludio. Non prima però di aver chiarito come stavano le cose tra di loro.
“Mi dispiace.” Dissero all’unisono Apple e Raven.
“Avrei dovuto dire no a mia madre già quando mi aveva richiamato.” Ammise Apple.
“Bè, io quello stesso giorno sarei dovuta rimanere e parlare, come dicevi tu.” Rispose Raven. 
Entrambe sospirarono.
“Bè, possiamo parlare ora. So benissimo che le cose tra noi non si sistemeranno in un colpo di bacchetta, ma non voglio più fare finta di niente.” Dichiarò la bionda, prendendo la strega per le spalle. “Niente filtri, niente segreti. Ci raccontiamo tutto, dubbi, paure, sospetti, motivazioni, tutto. Ci stai?”
Raven sorrise, prendendo le mani di Apple fra le sue. “Ci sto.” Rispose, determinata.
Non importava quanto tempo ci sarebbe voluto, erano entrambe sicure che avrebbero risolto.
Con tutte le incomprensioni che c’erano e ci sarebbero state, la loro amicizia era qualcosa che non volevano perdere.
 

Ed è finita, gente! Almeno per ora. Spero che abbiate apprezzato, è stato più difficile del previsto scrivere questa fic, soprattutto perchè mi sono intestardito fin da subito nel concluderla nel giro di 4 capitoli, il tutto per imitare le miniserie di EAH su Netflix. Vabbè.
Nei prossimi giorni dovrei pubblicare un breve epilogo a corredo del tutto, ma anche senza, questa storia si può definire conclusa. 
Grazie per l'attenzione,

-blitzkingful
   

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Capitolo 6
*** Epilogo ***


N.N.: Ecco qua. Adesso sì che abbiamo finito!
B.P.: Almeno per ora. Se prima c’erano parecchie questioni irrisolte, figuriamoci adesso!
N.N.: Vero, questo era solamente l’inizio!
N.D.: Bè, sia come sia, devo ammettere che ve la siete cavata molto meglio di quanto pensassi!
N.U.: Tua madre ha ragione, Brooke! Siamo molto orgogliosi di te! Ops, ovviamente anche tu hai non pochi meriti, uh… Ah, questa poi! Ancora non sappiamo nemmeno il tuo nome!
N.N.: Colpa mia, mi sono intromesso a tradimento senza badare alle buone maniere… comunque mi chiamo Reed, signore. Reed Wright.
B.P.: Bè, Reed, siamo arrivati fin qui, spero non ti tirerai indietro nel narrare con me le prossime avventure!
R.W.: Non preoccuparti, non vado da nessuna parte. Anche se prima sarebbe il caso di avvertire a scuola…
N.D.: Allora è vero che non eri autorizzato!
N.U.: Bè, tesoro, come dicevi prima: importa ancora a qualcuno?
N.D.: Ai nostri capi di sicuro! Comunque tranquillo, Reed, parleremo noi con i tuoi insegnanti. Hai fatto un buon lavoro e nessuno può negarlo: ufficializzeremo il tutto rendendolo un effettivo tirocinio.
R.W.: Grazie mille, cercherò di non causare altri pasticci.
N.U.: Se abbiamo risolto, consiglierei di tornare alla narrazione, ci sono ancora un paio di scene.
B.P.: Uh, è vero!

Per la prima volta, Milton non si raccomandò di non toccare lo specchio. Non certo perché ne avesse compresa l’inutilità: l’inquietante presenza del sovrintendente era qualcosa che assorbiva tutta la sua attenzione.
Raven scosse la testa, entrando nella stanza e dirigendosi decisa verso lo specchio. Voleva fare in fretta.
In risposta al suo saluto, sua madre si affacciò subito dalla sua prigione.
“Tesoro!” fece la donna, pimpante “Pensa, dopo l’ultima volta che ti ho visto, ho avuto lo sciocco sospetto che non volessi più parlare con me! Ah ah, ma è stato solo per poco, te l’assicuro, e infatti eccoti qui!” Raven avrebbe voluto rispondere qualcosa, ma preferì lasciar finire la madre; “Avrei dovuto capirlo subito che era tutta una messinscena per convincere quel dilettante a levarsi dai piedi! Era assurdo che ce l’avessi davvero con me! Peccato solo che la tua strategia ti abbia costretta a tornare di nuovo in questa stupida scuola… bè, non fartene un cruccio, cara, imparerai a…”
“Tu capisci sempre e solo quello che pare a te, vero?” la interruppe Raven, gelida. “Bè, sappi che quello che ho detto ad Hiram lo pensavo sul serio. Tutto quanto.”
Lo sguardo risoluto di sua figlia portò la Regina Cattiva ad assumere un tono più serio: “Speravo che quella lettera ti avrebbe fatto capire.”
“E l’ha fatto, solo non nella maniera che ti aspettavi. Io e te siamo molto più diverse di quanto tu voglia accettare.”
Alle parole di Raven, sua madre iniziò a squadrarla con severità, per poi commentare: “Vedremo.”
“No, invece.” Rispose la ragazza, mantenendo lo stesso, irremovibile tono: “Ero venuta a salutarti un’ultima volta prima che portino via lo specchio.”
“C-come?!”
“Il sovrintendente Perrault ha deciso che una scuola non è il posto adatto per, bè... te. Immagino ti trasferiranno in un qualche posto di massima sicurezza o roba del genere. In ogni caso, non ci rivedremo tanto presto.”
La Regina Cattiva era rimasta senza parole e con gli occhi sbarrati.
Fu in quel momento che Perrault entrò nella stanza. “Miss Queen? Dobbiamo proprio andare, adesso.”
“Va bene. Ciao, madre.” Fece Raven, con espressione indecifrabile, affrettandosi verso l’uscita.
La donna nello specchio fissò con odio il sovrintendente, che però non si lasciò impressionare: “Te la sei cercata e lo sai.”
Uscita dall’ufficio dei presidi, Raven trovò Apple ad aspettarla. La principessa bionda non esitò ad abbracciarla, e lei fu ben felice di ricambiare.
“Come ti senti?” chiese Apple.
“Strana.” Rispose Raven “Non riuscirò mai a odiarla, nonostante tutto, ma, allo stesso tempo, sento che stare lontana da lei per un po’ è la cosa migliore.”
“Credimi, lo capisco benissimo. Andiamo in camera, un po’ di riposo ti farà bene.”
Sempre strette l’una all’altra, le due amiche si allontanarono nel corridoio.

Le piccole scintille dorate ballarono debolmente sul suo palmo prima di spegnersi.
Hiram sospirò: dopo aver fatto un uso così smodato della magia dell’odio, ci sarebbe voluto un po’ prima di riprendere il pieno controllo dei suoi veri poteri. Gli stava bene, ma sperava comunque di riuscire a tornare in forma il prima possibile: aveva il netto presentimento che, nel prossimo futuro, ne avrebbe avuto bisogno.
Affacciandosi alla finestra del suo alloggio, Hiram diede una rapida occhiata al resto dell’accampamento: avevano trovato un ottimo posto ai piedi di una montagna ai confini del regno.  Soprattutto, avevano fatto un ottimo lavoro nell’arrivare fino a lì senza farsi scoprire e senza perdere nessuno per strada.
A parte Jackie Frost. Oltrepassati i confini di Libropoli, durante una pausa si era allontanata dal gruppo con una scusa e non era più tornata. Hiram non poteva esserne certo, ma sospettava che quella ragazza non avesse buone intenzioni: era stata letteralmente l’unica a non aver gradito la cessazione delle ostilità contro la Ever After High. Probabilmente,poi, dei piani di Hiram non gliene era mai importato realmente nulla, e aveva approfittato dell’offerta ricevuta solo per evadere di prigione. Un’altra sciocchezza di cui pentirsi, pensò il ragazzo, allontanandosi dalla finestra.
Per il momento, ad ogni modo, non si poteva fare altro che aspettare e decidere come comportarsi in futuro. Avevano abbandonato i metodi violenti, certo, ma Hiram e il suo gruppo si erano riuniti per combattere le ingiustizie di Ever After, e a quello non avrebbero rinunciato. Apple White aveva promesso di occuparsi della cosa, un’alleanza con lei e con altri Reali disposti a collaborare non era un’idea tanto brutta, almeno su carta. Hiram si rese conto di essere ancora teso, e decise quindi di leggere qualcosa per rilassarsi.
Frugando in un borsone vicino al suo giaciglio, tirò fuori alcuni dei libri di favole che aveva raccolto girando il mondo mentre svolgeva ricerche per l’accademia di Avalon.
Uno in particolare attirò la sua attenzione, e, prendendolo in mano, si lasciò scappare un sorriso.

                                                                                          
                                                                                                     (*Thidwick l'Alce dal Cuore Grande)
 
... e come dicono anche nel cartone, "La Fine è soltanto l'Inizio"!
Alla prossima storia!

... per la cui stesura spero di metterci meno tempo di questa...!
-Blitz

 

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