Love Live Remember

di lisi_beth99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


ANGOLO PRELETTURA
Salve a tutti! Questa storia era già stata pubblicata ma ho apportato alcune modifiche quindi 
Buona lettura 

P. S. Se vi va lasciate un commento ;)


Rumori metallici e un senso di smarrimento mi riscossero da una specie di torpore. Cominciai a tossire per riuscire a liberarmi dal liquido che mi stava soffocando. Ero chiusa in una specie di scatola di metallo. All’interno non c’era nulla ed era illuminata, solo a momenti, da luci verdi e rosse. Mi resi subito conto che stavo andando verso l’alto, ma dove sarei arrivata? Mi misi in piedi per cercare una via d’uscita anche se sapevo perfettamente che non c’era nemmeno una minima possibilità di fuga da quella rete metallica. Appena mi stabilizzai sulle gambe tremanti, quello pseudo ascensore si fermò di scatto facendomi andare a sbattere contro la parete. La fronte cominciò a pulsarmi e percepii il sangue che colava leggermente da quello che pensai fosse un taglio. Sentii dei rumori provenire da sopra la scatola, come dei passi, poi delle voci. Si aprì una botola e vidi una decina di ragazzi che guardavano me. Uno si fece avanti, aprì la grata ed entrò. Era un ragazzo alto, magro, con gli occhi scuri e i capelli biondo scuro. Mi studiò per alcuni secondi poi mi sorrise e mi porse la mano –Vieni, ti porto fuori da qui! -. Afferrai subito quella che sembrava la cosa più amichevole che avessi mai visto e scoprii, con mia grande sorpresa, che era calda e rassicurante. Fui aiutata ad uscire dalla gabbia e subito mi trovai accerchiata da diversi ragazzi che mi facevano un’infinità di domande. Ero confusa come non mai però riuscii a capirne alcune: un ragazzo moro e dai tratti orientali mi chiese come era possibile che fossi li; uno di colore domandò se sapevo cucinare e uno alto un po’ robusto e con i capelli biondo cenere mi attaccò dicendomi che io non dovevo stare lì perché non era possibile e nominò altre due persone (un ragazzo e una ragazza) che erano con “loro”, però non capii a chi si riferisse con quel “loro”. Rimasi immobile per tutto il tempo finché il ragazzo che mi aveva aiutata li allontanò dicendo che non dovevano assillarmi e che avrebbero saputo qualcosa appena mi sarei ripresa –Per ora la porto da Jeff, così le sistema la fronte- notai solo allora che quello aveva una sciabola in una fodera attaccata alla schiena e che alcuni degli altri avevano coltelli in mano o in una custodia attaccata al polpaccio oppure alla vita. Probabilmente feci una smorfia terrorizzata, perché il giovane, quando si girò per vedere se lo stavo seguendo si allarmò e tentò di tranquillizzarmi –Non è come pensi, queste ci servono per lavorare- non lo lasciai finire e mi avvicinai a lui per incitarlo a proseguire il suo cammino. Cominciai a guardarmi attorno e scoprii di essere in una Radura circondata da delle mura alte probabilmente cento metri e di cemento. In questo spiazzo verde erano presenti due macchie di boschetto e alcune capanne fatte di rami, notai anche delle viti e un orto dove venivano coltivate diverse verdure. –Ci coltiviamo da soli ciò che ci serve; mangiamo, viviamo e lavoriamo qui. Questa è la Radura e abbiamo solo tre regole, però la più importante è non oltrepassare quelle mura- mi spiegò il ragazzo mentre continuavamo a camminare. Notai che nelle pareti di cemento, le mura, avevano quattro spaccature perfettamente al centro di ogni lato, una di queste era spalancata e notai che dava su un corridoio buio e pieno di rampicanti; questi erano presenti anche sui vari muri, arrivavano fino in cima ad essi ed avevano qualcosa di lugubre e un po' inquietante. Il biondo mi incitò a camminare mettendomi una mano sulla schiena e spingendo delicatamente, affrettai il passo e in poco tempo raggiungemmo un edificio in legni intrecciati ad un solo piano, con un lenzuolo rosso al posto della porta e una forma rettangolare. Entrai per prima e mi ritrovai in una stanza con una decina di letti di pagliericcio disposti in fila lungo le due pareti lunghe, in quello più lontano dalla porta era stesa una ragazza: capelli lunghi, neri e mossi, figura magra e slanciata e totalmente addormentata. – Come sta la ragazza, Jeff? - domandò il mio accompagnatore – Ancora nessun segno di vita. Continua a dormire… tu chi mi hai portato? - timidamente mi avvicinai a quel ragazzo afroamericano con i capelli riccissimi e cortissimi. – Lei è…nuova. È appena arrivata. - rispose il biondo. – Ma lei non doveva essere l’ultima? - domandò l’altro indicando con il mento la giovane che dormiva nella brandina. – Ehm…non mi sembra il momento Jeff! - rispose il giovane dagli occhi scuri indicando me con lo sguardo. – Giusto! Allora dolcezza, vediamo il taglio. - non fiatai né mi mossi per tutto il tempo in cui Jeff disinfettò, controllò e medicò con una pomata la mia fronte. Dopodiché mi consigliò di non sforzarmi troppo perché poteva essere che mi sarebbe girata la testa per il forte colpo preso. Mi sedetti su uno dei giacigli e guardai il ragazzo che mi aveva accompagnata fino a lì; lui si avvicinò e con dolcezza mi chiese – Sapresti dirmi come ti chiami? O… ricordi qualcosa? - lo guardai come se fosse un povero scemo, lui se ne accorse immediatamente e si affrettò ad aggiungere – Se non te lo ricordi è normale…solitamente passano un paio di giorni prima di…- - Lane- dissi io semplicemente e interrompendolo. – Come? - domandò lui – Lane. Mi chiamo Lane…però…tu? - sul suo viso comparve una sfumatura di imbarazzo – Ah già…che stupido! Io sono Newt! - mi porse la mano che gli strinsi come avevo fatto poco prime quando mi aveva aiutata nella scatola. Rimasi un po' imbambolata a fissarlo e lui guardava me negli occhi. – Bene Lane, cosa vorresti fare? Visto che è il tuo primo giorno puoi decidere. - esordì ad un certo punto. – Non saprei…innanzitutto uscire da qui? - Newt sorrise e mi fece strada verso il fulcro della Radura: uno spiazzo attorno ad un falò spento dove almeno una volta al giorno tutti quelli del posto, i cosiddetti “Radurai”, si ritrovavano. – Benvenuta nella Radura! Qui siamo tutti ragazzi quindi avere una femmina li stordirà un bel po'. Le cose principiali te le ho dette: non uscire dalle mura, aiuta se puoi e fai sempre qualcosa. Io sono il vice quindi, se hai problemi, vieni subito da me! Hai domande? - io mi guardai un po' in torno – Sì! Cosa c’è la fuori? - indicai la porta aperta nelle mura – Ecco! Questa era una delle poche domande che non avresti dovuto farmi. - mi rispose. – Ehi Newt! Quanto è in crisi la novellina? Si è già terrorizzata a sentire del labirinto? - era stato un ragazzo con i capelli biondo cenere a parlare, era robusto e alto e mi mise soggezione appena lo vidi. – No Gally! Non gliene avevo ancora parlato…- - Che labirinto? - domandai immediatamente – Nulla!- si affrettò Newt – è ancora troppo presto per parlartene- sembrava che fosse preoccupato al pensiero che sapessi cosa stava succedendo… Decisi di lasciar stare, magari ci avrei riprovato più avanti. – Scusa ma ora ho un problema che devo risolvere, ti lascio per un po'. Cerca di non combinare guai! - il biondo se ne andò e io decisi di esplorare un po' il circondato. Mi avviai verso un grande edificio a due piani ma Gally mi sbarrò la strada – Dove pensi di andare pivella? - - A fare un giro! Non posso? - domandai scettica. Il ragazzo scosse la testa e mi fece segno di starmene seduta su un tronco sdraiato atterra. Lo accontentai, anche se controvoglia, e pensai a come distrarlo per osservare più da vicino quelle porte in cemento. Dopo un po' che lo fissavo e lui non perdeva me di vista, tentai con le domande – Ma cos’è questo posto? E cosa succede di tanto grave? Perché Newt era così preoccupato? E dove doveva andare? Per fare cosa? Che ci facciamo noi qui? - dopo un altro paio di domande del genere Gally mi bloccò con una faccia stupita – Piano con le domande! Ma che caspio sei? Una macchinetta inceppata? - feci una breve pausa – Voglio solo capire! Magari posso aiutarvi…- Gally si passò una mano sugli occhi – Intano pive, non puoi fare nulla. Secondo: non ricordo più le tue domande. E terzo: hai sentito Newt? - sbuffai – Certo che l’ho sentito! Ma mi sembra stupida come cosa. Prima so cosa sta succedendo e prima mi sento meno idiota. Sono pronta a tutto! Persino a sentirmi dire che questo è solo una trasposizione di un mondo parallelo o che siete tutti cloni… non mi impressiono con facilità e ho la capacità di assimilare in tempi record le novità! - dal volto del ragazzo traspariva curiosità ma soprattutto insicurezza – Sei convinta e sicura di volerlo sapere?- “Evviva!” pensai “Un’anima buona che mi vuole dire quello che voglio sapere!” – Assolutamente convita! Ora dimmi tutto quello che sai. Ti prego…- feci gli occhi più gentili e persuasivi che potei e lui cominciò a parlare – Newt mi ammazzerà per questo…- disse sospirando rumorosamente – Allora, da dove comincio? Ah sì okay. Bene! Tre anni fa, fu spedito qui nella Radura il primo ragazzo, cioè Alby, che però ora è in uno stato pietoso perché è stato punto da un dolente, ovvero una creatura che… - la mia faccia aveva assunto l’espressione di disorientamento e lui se ne rese conto – sono troppo veloce? - mi chiese interrompendo le spiegazioni –più che altro sconclusionato. Vai in ordine cronologico che mi viene più semplice assimilare le informazioni. - risposi, lui sorrise – Okay! Che ordine cronologico sia! Tre anni fa Alby è arrivato come primo nella Radura. Un mese dopo è arrivato un altro ragazzo e lui ha cominciato a capire che c’era qualcosa sotto. Ogni mese la scatola, quella da cui sei arrivata anche tu, sale e porta una nuova recluta e delle provviste. Noi ora viviamo in pace, ma non è sempre stato così: all’inizio c’era caos e i ragazzi morivano per la paura ma Alby ha portato l’ordine e ci ha divisi in diversi gruppi. Ad esempio gli squartatori, ovvero quelli che si occupano di macellare la carne; oppure i costruttori, che dalla parola capirai da sola che sono quelli che costruiscono gli edifici. Quello che ti ha medicata la ferita è un medicale, sono quelli più richiesti qui: tutti si fanno male almeno una volta alla settimana… I più importanti sono i velocisti: sono quelli che ogni mattina, quando quelle porte si aprono – e indicò le porte aperte a metà del muro di cemento – entrano nel labirinto, per mapparlo. Però questo cambia ogni notte e i velocisti non hanno ancora trovato una via d’uscita- - Perché si chiudono? - lo interruppi io – Perché la notte il labirinto è popolato dai dolenti: creature orrende che se ti pungono, ti portano al delirio e alla morte. Questo mese è arrivato Thomas e con lui una disgrazia dietro l’altra. Ben, uno dei velocisti più esperti, è stato punto in pieno giorno, ha cercato di uccidere Thomas e lo abbiamo dovuto esiliare. Vale a dire spedirlo nel labirinto all’ora in cui le porte si chiudono ed abbandonarlo al suo tragico destino… - ero scioccata – Ma è una cosa orribile! - lui scosse il capo – Già! E non è finita qui. Il giorno dopo Alby e Minho, il capo dei velocisti, sono andati nel labirinto per cercare indizi sul perché Ben fosse stato punto ma, Alby ha subito la stessa cosa e, all’ora della chiusura delle porte, non sono arrivati in tempo. Quello stupido di Thomas è entrato all’ultimo secondo e tutti li avevamo dati per spacciati. Però il giorno dopo erano ancora vivi e sono usciti sani e salvi. Thomas ha persino ucciso uno di quegli affari e, fortunatamente, nel processo che gli abbiamo fatto, è stato punito per questo, però hanno anche avuto l’insana idea di volerlo nominare velocista…per fortuna, nel frattempo, è risalita la scatola con dentro quella ragazza e un biglietto che ci annunciava sarebbe stata l’ultima così si sono dimenticati di quell’idea del caspio! Era svenuta e non si è ancora svegliata. Perché non bastava, sei arrivata tu! Così, dal nulla! Che poi, in realtà, sono passate solo alcune ore da quando è arrivata l’altra però…vabbè…Nessuno si aspettava nulla del tuo arrivo e adesso che ti ho detto tutto questo e dovresti esserti messa a piangere come minimo, tu non fai nulla, non batti ciglio e mi fissi come se ti avessi parlato del mio amore per le caprette…- - Tu ami le capre? - mi misi a ridere – No! Era un esempio… ma come fai a ridere? - era veramente scioccato da come affrontavo la cosa – Io…non lo so! Tutto quello che mi hai detto è orribile, però sapere di essere circondata da dei ragazzi come Newt e te mi rende forte. Non so se mi capisci…- lui sollevò le sopracciglia – In realtà no! Però se lo dici tu…la cosa importante è che non finga di essere dura per poi crollare nel momento meno indicato…-  -Tranquillo che non lo farò! - gli sorrisi dolcemente e lui si tranquillizzò, almeno di facciata. Mi guardò ancora per qualche secondo, poi si incamminò verso un edificio di media grandezza –Ancora una domanda Gally! - lui si bloccò e tornò verso di me – Sì dolcezza? - presi un lungo respiro – Dove posso trovare Thomas?- il giovane cambiò completamente tono – Non è qui! È nel labirinto con Minho a cercare indizi. Perché? - feci spallucce – Così! Volevo solo conoscerlo…- dalla faccia capii che non ci era cascato ma non indagò ulteriormente e se ne andò. Volevo trovare quel ragazzo perché volevo carpirgli altre informazioni, anche se sapevo che non mi avrebbe fatto bene. La mia testa stava cominciando a rielaborare tutte le informazioni e alcune preoccupazioni mi misero un po' di confusione. Pensai di fare una passeggiata per la Radura e mettere in ordine i miei pensieri, così da prepararmi alle novità che mi sarebbero arrivate dal velocista Thomas.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Stavo camminando senza una meta fra ragazzi che lavoravano e quelli che si trastullavano. Mi domandai cosa stesse facendo Newt in quel momento; se n’era andato in tutta fretta quando era arrivato Gally e non avevo scoperto quale fosse la causa di tutta quella preoccupazione che gli leggevo negli occhi. Mentre ancora rielaboravo la situazione, ebbi come un flash back.

Mi trovo in un corridoio poco illuminato e dai colori freddi. Nell’aria risuonano rumori di passi affrettati, quasi di qualcuno che corre, e delle urla mi mozzano il fiato. Sono in quattro e quello che sta in testa mi grida di fermarmi, perché non ho via di scampo. Ho il fiatone e mi accorgo di stare correndo. L’adrenalina e la paura mi stanno uccidendo, non riesco più a respirare e in poco tempo vengo raggiunta dal capo. Mi butta a terra e vedo spuntare una siringa colma di un liquido blu-azzurro. Sento una puntura al collo e i miei sensi si affievoliscono fino a farmi perdere completamente un contatto con il mondo.

Aprii gli occhi. Quelle immagini…perché mi erano apparse così? Chi erano quelle figure? Cosa avevo fatto? Perché mi inseguivano? Altre domande mi frullavano nella testa, così tante che le gambe mi cedettero e caddi atterra, scioccata. Mi crebbe nel torace un senso di panico. Cominciai a respirare affannosamente, gli occhi lucidi e il senso di oppressione che mi riduceva il cuore alla grandezza di una nocciolina. Ero in ginocchi, con le braccia che tentavano di tenermi dritta e il panico che aumentava. Sentii delle braccia forti che mi strinsero e una mano che mi accarezzò la schiena, per rassicurarmi. – Lane cos’hai? - era Newt. Lo riconoscevo perfettamente, come se avessi sentito la sua voce da decine di anni. Mi riscosse dai ricordi, così alzai lo sguardo e mi ritrovai con almeno una decina di occhi che mi fissavano. Trovai la forza per rispondere – Niente! Solo un piccolo capogiro… nulla di particolare. - vidi Gally che si avvicinò con preoccupazione – Te lo avevo detto pivellina! - Newt mi aiutò a rialzarmi – Non è per quello che mi hai detto! Mi sono apparsi nella mente frammenti di ricordi…- il biondo che mi teneva ancora le braccia attorno alla vita mi interruppe – Cosa le hai detto Gally? - aveva un tono furibondo – Ti avevo specificatamente avvisato di non dire nulla! Perché non era ancora il momento. Cosa caspio hai in quella testa del caspio? - mi scostai dal ragazzo in collera – Non è colpa sua…ho insistito io perché mi sentivo inutile…e comunque non centra nulla quello che mi ha detto! Ho visto cose della mia vita prima di arrivare qui… mi hanno mandata in confusione, tutto qua! - Newt mi guardò con una punta di compassione negli occhi. Mi passò una mano sulla spalla – Vuoi raccontarmi cosa hai visto? - non ebbi bisogno di riflettere sulla risposta. Sapevo che era importante anche per gli altri e poi ero sicura che lui mi avrebbe capita e aiutata. Così gli sorrisi, mi scostai una ciocca di capelli dal viso e dissi un “sì” deciso. Gli altri, che erano rimasti fino a quel momento, se ne andarono dopo che il loro vice capo li aveva quasi folgorati con lo sguardo. Solo Gally continuava a fissarmi con un velo di preoccupazione – Tranquillo! Non sei stato tu! Anzi, grazie per essere stato così sincero con me! Te ne sono riconoscente. - il suo volto si illuminò un po' e pensai fosse giusto ringraziarlo con un gesto affettuoso, così mi misi sulle punte dei piedi e gli diedi un bacio sulla guancia destra. Il ragazzo ne rimase sorpreso e arrossì leggermente. Poi si allontanò.
Quando mi voltai, Newt mi stava fissando. Gli guardai gli occhi scuri e vidi in mondo molto distinto, quanta sofferenza vi ci fosse racchiusa. Mi si strinse il cuore e pensai fosse giusto fare qualcosa, così gli andai vicino e gli strinsi un braccio attorno al torace, avrei voluto farlo attorno alle spalle, ma era troppo alto e non ci arrivavo… percepii che si era irrigidito e lo presi come un segnale. Mi staccai velocemente e arrossii per l’imbarazzo. Quando mi aveva stretta perché stavo male, avevo inteso che fosse più di un gesto da cavaliere, ero convinta di piacergli come lui piaceva a me. Sentivo un legame con lui e, fino a poco prima, ero sicura che fosse lo stesso per lui. Era vero che lo avevo visto per soli pochi istanti, però era come se, i suoi occhi, mi parlassero da sempre. Riuscivo a leggergli le emozioni che provava anche se le nascondeva. Per esserne sicura decisi di fare una prova, anche se probabilmente mi avrebbe resa ridicola. Lo guardai dritto negli occhi e vidi tristezza, dolore, sofferenza ma anche una punta di … imbarazzo? Perché doveva essere imbarazzato? Avevo fatto io la cavolata… decisi di fare il mio test con quell’emozione – Perché sei in imbarazzo? - gli domandai di botto. “Ma sei cretina? Che cacchio di domanda è? Lo sarà perché sei una scema che si prende le libertà espansive e abbraccia chiunque. Lui avrà capito che ti piace e ora si sentirà in bilico perché non vorrà dirti che non è lo stesso per lui.” Pensavo mentre aspettavo una risposta. Notai che nel suo sguardo fece capolino la sorpresa – Come fai a sapere cosa provo? - mi domandò distogliendo lo sguardo, si mosse verso un gruppo di alberi e io lo seguii – Semplice! Lo leggo nei tuoi occhi! - “Okay Lane, così finisci per terrorizzarlo. Smettila di parlare immediatamente!” la vocina nella mia mente era determinata a farmi smette di parlare però io volevo sapere! Nel frattempo Newt si era bloccato di colpo e mi stava guardando. – Cosa vedi oltre a quello? - la cosa mi sorprese. Non era scioccato: non glielo leggevo. – Beh… vedo tristezza, amarezza, sofferenza e una punta di odio…temo che quest’ultimo non riguardi però il Labirinto, la Radura e la situazione in generale ma soltanto te. - il ragazzo abbassò la testa e scalciò un sassolino. – Sei molto brava. Come fai? - c’era tanto dolore nella voce, sospirai – Non volevo rattristarti di più…volevo solo capire una cosa. E comunque i tuoi occhi e quelli di chiunque, sono lo specchi dell’anima. Bisogna solo saper cogliere i dettagli! - lui fece un verso di scherno – Non è così facile!- mi guardò nelle iridi come se volesse scrutarmi l’anima – io vorrei capire cosa c’è nei tuoi occhi, ma non ci riesco…- cominciai a pensare che stessimo correndo troppo. Forse era meglio cambiare discorso, dirgli le mie visioni era una cosa più importante dello scrutamento delle anime dannate. – Ehm, forse è meglio se ti dico cosa ho visto…- Newt scosse il capo, come volesse risvegliarsi. – Giusto! - la voce aveva cambiato tono: ora era squillante e quasi allegra. Era bravissimo a nascondere le vere emozioni. Mi preoccupò un po' la cosa ma poi capii che, in una situazione così delicata e, con l’alta carica che aveva, era un modo per aiutare gli altri e non scoraggiarli mai.
Fui molto veloce nel raccontare le visioni e Newt sostenne che era meglio non dire nulla finché non si avesse scoperto qualcosa dalla ragazza svenuta e dai due velocisti che dovevano tornare dal labirinto. Scoprii che erano andati con altri tre ragazzi e, mentre mi diceva che erano andati a cercare indizi nel cadavere del dolente che Thomas aveva ucciso, guardò l’orologio in plastica che aveva al polso – Merda! - esclamò. Io non capivo – Cosa succede?- il biondo scattò in piedi e si indirizzò verso la porta aperta che dava sul labirinto – fra poco le porte si chiudono e quelli non sono ancora tornati…- capii che era una cosa preoccupante, così mi affrettai per raggiungerlo e notai che zoppicava lievemente – cosa ti è successo alla gamba?- sapevo fosse indelicato, mi stavo intromettendo nella vita di una persona che conoscevo appena però una parte remota del cervello mi diceva che aveva a che fare con la punta di odio per sé stesso che nascondeva nello sguardo. Lui mi guardò da sopra la spalla sinistra – Un dolente- non aggiunse altro e proseguì. “Ma non uscivano solo di notte quando i Radurai sono nella Radura? Se Thomas è stato il primo a passare la notte nel labirinto ed essere ancora vivo il mattino seguente, Newt non può esserci stato con le porte chiuse. Non può essere stato attaccato nemmeno durante il giorno perché Gally ha detto che Ben era stato il primo e unico ad essere aggredito di giorno. Quindi Newt mi ha mentito!” la mia mente ragionava mentre noi ci avvicinavamo alla porta.
Lungo il percorso fummo affiancati da altri ragazzi che si erano accorti del problema e tutti erano abbastanza preoccupati. Arrivati davanti all’apertura Newt controllò l’ora – Mancano dieci minuti…- la voce lasciava trasparire preoccupazione e, quando si voltò per guardarmi, vidi chiaramente che aveva paura e faceva un grande sforzo per nasconderla agli altri. Ammiravo davvero molto quel giovane, nonostante tutti i pericoli e problemi, lui cercava di tenere il sangue freddo per aiutare i compagni e non farli impazzire.
Rimanemmo a fissare la fine del corridoio che portava verso il cuore del labirinto per un tempo che sembrava lunghissimo poi, quando mancavano cinque minuti alla chiusura delle porte, un ragazzo dai capelli scuri apparve dal lato sinistro della strada che portava nella Radura. Correva in modo scomposto e dietro di lui c’era un giovane dai lineamenti asiatici che teneva in mano un oggetto metallico di forma cilindrica. Pochi istanti dopo sbucarono altri tre ragazzi: uno con in mano una vanga, uno di carnagione scura con un grembiule allacciato in vita e un terzo con lo sguardo terrorizzato. Quest’ultimo era il più lento e capii subito non ce l’avrebbe fatta. Ormai mancavano solo due o tre minuti ma solo i primi due della fila sarebbero arrivati con le porte ancora da chiudersi… - Winston non ce la farà- disse Newt che era accanto a me. – Perché nessuno va ad aiutarli? - domandai io con una vena di rabbia. Newt mi guardò negli occhi – Perché è la regola! - “Lane, al diavolo le regole! Sai che se corri puoi aiutarlo!” la mia mente non mi dava pace così, quando arrivarono i primi due e varcarono le porte, feci uno scatto in avanti e mi misi a correre il più veloce possibile. Sentii la mano del biondino che cercava di bloccarmi e la sua voce mentre gridava ai ragazzi che ancora erano nel corridoio di prendermi ma ci impiegarono troppo per recepire il messaggio e dare l’ordine alle braccia, così passai accanto a quelli che avevano lo sguardo perso. In quel momento l’ultimo della fila inciampò e cadde rovinosamente atterra. Lo raggiunsi subito e lo aiutai a rialzarsi; sapevo che avevamo pochissimo tempo e sapevo anche che se non fossimo usciti in tempo saremmo morti, “perché tu non sei il famoso Thomas sopravvissuto a una notte nel labirinto” mi disse la vocina nella mente. Spinsi il ragazzo con forza per fargli capire che doveva muoversi e fu allora che un vento forte proveniente dal nucleo dell’intricato incastro di strade e un rumore di un qualcosa che si sbloccava all’altezza delle porte annunciarono l’ora fatidica. Cercando di reprimere la paura ordinai alle mie gambe di muoversi il più velocemente possibile e vidi che il ragazzo fece lo stesso. Il gruppo che stava nella Radura urlava frasi come: “Forza! Non mollate!” “Coraggio!” “Ce la potete fare!”; vidi però che Newt era immobile, quasi impietrito. Aveva gli occhi puntati nei miei e sembrava mi sfidasse a leggere cosa fosse il suo stato d’animo. Avevo troppo a cui pensare per decifrare anche quello che provava; incitai il corridore accanto a me che era lì lì per cedere ma con un ultima spinta lo lanciai verso l’uscita. Le porte ormai erano quasi chiuse, c’era ancora una cinquantina di centimetri di spazio e mi ci buttai dentro. Vidi il braccio di Newt teso verso di me, lo afferrai e mi tenni stretta alla sua mano. Lui mi strattonò verso di sé e gli caddi addosso rovinosamente, facendolo finire col sedere per terra. Mi ripresi velocemente dallo shock e alzai il viso che avevo nascosto nel petto del ragazzo. Lo guardai e vidi che era sollevato nel vedere che stavo bene, però era anche arrabbiato perché avevo disubbidito. Mi allontanai per paura di dargli fastidio e mi sedetti accanto a lui per riprendere fiato. Mi si avvicinò il ragazzo che avevo aiutato, anche lui aveva il fiatone ed era parecchio sudato – Grazie! - disse con fatica, gli sorrisi senza proferire verbo. Newt intanto si era alzato e, dopo essersi spolverato i pantaloni, si rivolse a me con voce quasi imbufalita – Tu vieni con me! Subito! - quel tono mi spaventò quasi più dell’idea di rimanere la notte nel labirinto, ma decisi di non farlo aspettare per evitare ulteriori scatti di collera. Mi alzai di scatto e lo seguii. Aveva un passo svelto e quasi solenne, la gamba zoppicante era quasi impercettibile e faticai un poco a stargli dietro.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Attraversammo tutta la Radura, Newt mi stava conducendo nella capanna più grande che ci fosse; era a due piani, costituita da assi in legno robusto e una decina di finestre. I ragazzi che incontravamo ci fissavano dubbiosi o divertiti. Alcuni tentarono di chiedere al mio condottiero cosa stava facendo o dove stavamo andando ma lui o li ignorava oppure gli lanciava un’occhiataccia da farli voltare dalla parte opposta e continuare a fare quello che stavano facendo. Tentai di bloccarlo diverse volte, afferrandogli una spalla o provando a superarlo e poi bloccarmi, ma il biondo scuoteva la spalla e si scansava quel tanto per ritornare in prima posizione e continuare a procedere. Entrammo nel casolare e salimmo delle scale che scricchiolavano ad ogni minimo cambiamento di peso. Newt aprì una porta e mi fece cenno di entrare; la stanza non era molto grande, conteneva un letto con delle coperte abbastanza leggere, un tavolo di legno chiaro con una sedia accostata ad esso e un armadio aperto, dentro c’erano diversi cuscini e coperte. Immaginai fossero le scorte in caso di calo di temperature però decisi di concentrarmi su un altro “piccolo” dettaglio: il mio accompagnatore era entrato subito dopo di me e aveva chiuso la porta facendo molta attenzione a non fare rumore, quasi stesse per compiere un delitto. Deglutii sommessamente e cercai di tenere i battiti del mio cuore il più calmi possibile. Newt si avvicinò guardandomi negli occhi, quasi volesse incitarmi a leggergli le emozioni che provava. Mi accorsi che aveva una strana luce che gli brillava in essi, ma non riuscivo a decifrarla. Nel frattempo lui non aveva mosso un muscolo né proferito verbo. Continuava a guardarmi, quasi non sapesse cosa fare. – Mi dispiace Newt…- dissi dopo un paio di secondi. Il mio respiro si interruppe quando lui abbassò il volto quasi in segno di sconforto, - Mi dispiace di averti fatto preoccupare, non era mia intenzione. - lui fece un verso di scherno – Sei dispiaciuta di avermi fatto spaventare a morte quando sei schizzata nel labirinto per salvare uno che nemmeno conosci?!- si stava scaldando l’atmosfera nella stanza e temevo che il ragazzo potesse esplodere da un momento all’altro. – Dovresti preoccuparti per come la prenderanno gli altri! - si spostò verso l’armadio, poi si voltò puntandomi il dito contro. – La tua decisione di entrare in quel posto infernale è a tutti gli effetti un infrazione delle regole. Ma cosa ti è frullato nel cervello? - ormai stava praticamente urlando, così, per difendermi, usai lo stesso tono di voce: minacciosa e, più o meno, profonda. – Che razza di persona lascerebbe morire un compagno? Quelle regole sono folli! Non potrei vivere un solo giorno sapendo che avremmo potuto salvarlo ma che nessuno ha avuto le palle per infrangere il vostro regolamento di m…- Newt mi corse incontro e mi abbracciò. – Lane…- mi scostò di qualche centimetro, ero rimasta pietrificata. Un momento prima sembrava pronto ad uccidermi e quello dopo mi teneva stretta come non volesse più lasciarmi andare. Il mio cuore pulsava ad una velocità record e la testa mi diceva di non lasciarlo più, perché lui era qualcosa di meraviglioso, non avrei mai trovato nessuno così intelligente, gentile, affettuoso e comprensivo come lo era lui. – Lane, le regole sono state create per proteggerci, per non permettere ulteriori morti. Tu hai fatto la cosa più stupida che qualcuno abbia mai fatto- si schiarì la gola e lo sentii sussurrare qualcosa come “Anche se non al pari di Thomas” immaginai fosse riferito a quando aveva passato la notte nel labirinto. Decisi di riprendere la parola – Ma, Newt, quel ragazzo non sarebbe ancora vivo se io non avessi fatto quello che ho fatto…assumerò le mie responsabilità e ne subirò le conseguenze…- non mi lasciò terminare, mi strinse in un secondo abbraccio, questo ancora più accogliente e pieno di sentimenti. – Non lo permetterò! Se gli altri proveranno a toccarti io li bloccherò! Dovessi mentire a tutti…-. “è così dolce… e si vede che è cotto di te!” la vocina che era rimasta zitta fino a quel momento, fece di nuovo capolino e mi rovinò quel momento di dolcezza. “Mentirebbe per te…e ti proteggerà!” mi resi conto di cosa poteva voler dire: se il capo si faceva nemico tutti quelli del campo, quella briciola di odio per se stesso si sarebbe trasformata in un macigno nel suo cuore e lo avrebbe portato all'autodistruzione. Non lo avrei mai permesso! Lo amavo e non avrei voluto vederlo soffrire! Mai!
“Aspetta! Hai appena detto che lo ami?! Lane sei scema? Praticamente non lo conosci!” la vocina si era fatta insistente, mentre tentavo di calmare il ragazzo che continuava a guardarmi negli occhi e parlare su come fosse stato sciocco quello che avevo fatto e che avrei potuto morire e che ero stata proprio stupida e bla bla bla. A un tratto mi prese le mani e le chiuse nelle sue, forti e delicate allo stesso tempo; inizialmente mi irrigidii non poco e il mio cuore cominciò a battere all’impazzata, ma poi cercai di contenermi e concentrarmi su quello che aveva da dirmi. – Lane, giurami che non lo farai mai più! Se ti dovessi perdere, non riuscirei più a vivere…perché…- fece una pausa e prese una grossa boccata d’aria- Credo…anzi ne sono certo…io…mi sono innamorato di te! Dal primo momento che ti ho vista nella scatola, i tuoi occhi che risplendono con la luce del sole, i tuoi capelli cosi disordinati e di un castano così intenso… non so come sia possibile, è come se avessimo un legame. Dal momento che ti ho vista ho pensato di dover passare il resto della mia vita con te. Ti amo Lane! E non posso più vivere senza di te! - ero sinceramente stupefatta! Nemmeno la parte più remota del mio cervello aveva pensato alla possibilità di essere ricambiata nei sentimenti. Lui era così autoritario e rispettato e io ero solo una ragazzetta appena trasportata in un mondo del tutto nuovo… cercai di rispondere ma lui non me ne diede tempo. Si avvicinò ancora di più e mi baciò! Un bacio dolce e intenso, che mi trasmise gioia e sicurezza, ma anche un po' della tristezza di Newt e il suo modo di fare autoritario mi diede le forze per stringergli il collo con le braccia e allacciargli le gambe in vita. Lui mise una mano sotto il mio sedere e con l’altro braccio mi strinse la schiena. Fu un momento idilliaco e che avrebbe potuto durare in eterno, purtroppo fummo interrotti dal rumore di passi sulla scala e, poco dopo, qualcuno bussò alla porta. –Newt, si è radunato il Consiglio devi venire subito! Hanno trovato indizi nel dolente- era Gally e fortunatamente non entrò nella camera, altrimenti sarebbe stato molto imbarazzante e impossibile da spiegare. Sorrisi mentre il biondo mi posava atterra e rispondeva – Un attimo e arrivo! - a quello che era rimasto fuori. Mi diede un bacio furtivo sulle labbra prima di incamminarsi verso l’uscita. Lo bloccai prendendogli la mano – Ti amo anch’io Newt- dissi dolcemente. Lui mi guardò con intensità e riuscii a leggergli l’amore che provava per me negli occhi, notai anche che l’odio per sé stesso era quasi scomparso del tutto. Ne fui sollevata ma decisi comunque di indagare, volevo aiutarlo in tutti i modi possibili. Quando arrivò alla porta si voltò e mi sussurrò – Non ti muovere! Non ci impiegherò molto…- poi la aprì ed uscì in silenzio. “Col caspio che te ne stai qui! Tu vai a vedere cosa dicono a questo fatidico Consiglio” pensai fosse giusto ascoltare la propria vocina nella mente, qualche volta, così, quatta quatta, seguii i due ragazzi mentre andavano in una capanna più grande delle altre, dove erano riuniti all’incirca dieci ragazzi. Mi nascosi dietro ad una specie di siparietto che si trovava vicino all’entrata, composto da due assi in legno e una tenda che arrivava a toccare il pavimento. L’edificio era sorretto da cinque pali in legno conficcati nel terreno, era di forma circolare e nella metà opposta all’entrata c’era una specie di anfiteatro con diverse panche messe a semicerchio. Nell’altra metà erano appoggiate atterra delle casse di frutta rovesciate dove erano seduti tutti i ragazzi. Gally si sistemò su quella più vicina all’uscita mentre Newt rimase in piedi fra due torce poste più o meno al centro della stanza e gli fu dato in mano una specie di latta con dei cavi che sporgevano. Notai un ragazzo alto con i capelli neri che era un po' nascosto dietro ad una colonna in legno. Compresi essere il primo ad essere uscito dal labirinto poco prima. – Lo abbiamo trovato dentro al dolente- stava dicendo – Newt lo esaminò e passò il pollice sulla superficie. – Le stesse lettere che compaiono sulle provviste. - era stupito da ciò che vedeva. – Esatto! – riprese il moro – Gli stessi che ci hanno messi qui, hanno creato quei mostri… e questo è il primo vero indizio che siamo riusciti a trovare in tre anni. Non è vero Minho? - a quel punto rivolse lo sguardo verso il secondo ad essere uscito dal labirinto, quello dai tratti orientali. – Sì! - si limitò a rispondere. Allora il ragazzo moro riprese a parlare – Newt, fammi tornare nel Labirinto, potrebbe portarci da qualche parte. - il biondo annuì un po' distrattamente e passò in rassegna i volti dei presenti. Ci fu un momento di esitazione poi Gally cominciò – Capite cosa sta facendo, vero? - aveva un tono un po' troppo odioso per sperare in qualche frase positiva; infatti continuò senza aspettare una risposta – Prima infrange le nostre regole, poi ci spinge ad abbandonarle del tutto! Le regole sono l’unica cosa che ci ha sempre tenuti assieme! Perché le stiamo mettendo in dubbio? - si fermò un secondo, poi riprese – Se Alby fosse qui, sarebbe d’accordo con me: il nuovo arrivato deve essere punito!- sembrava completamente diverso dal ragazzo che si era preoccupato tanto quando ero stata male, eppure la voce, gli occhi, il corpo erano gli stessi… Calò nuovamente il silenzio; Newt guardò prima Minho, poi il ragazzo moro. Porse l’aggeggio che avevano trovato nel dolente al velocista asiatico e cominciò a parlare – Hai ragione, Thomas ha infranto le regole. - “Quindi è lui il Thomas che stavi cercando” la vocina si ripresentò tutta allegra e cominciai a dubitare della mia salute mentale. “Devi assolutamente parlargli!” era insistente ma mi concentrai su quello che succedeva nella sala. – Una notte in Gattabuia senza cibo! - stava dicendo Newt. Gally era contrariato e cercò di dissuaderlo dicendo che tato Thomas sarebbe tornato nel Labirinto il giorno dopo. Il biondo, allora, disse una cosa che lasciò tutti a bocca aperta – Il regolamento dice che nel Labirinto possono entrare solo i Velocisti. Quindi rendiamo la cosa ufficiale: a partire da domani sarai un velocista! - Passai in rassegna il volto di tutti i presenti e vidi che erano tutti d’accordo. Tutti tranne Gally che si allontanò dal gruppo indignato.
Dopo un po' uno dei ragazzi fece un colpetto di tosse per richiamare l’attenzione su di sé – Scusate l’indelicatezza ragazzi ma … dovremmo parlare anche di un’altra cosa…-. Newt lo fulminò con lo sguardo – E di cosa dovremmo parlare? - a quella reazione altri tre ragazzi si fecero avanti per sostenere l’amico – La ragazza, quella nuova, ha infranto le regole! Deve essere punita come lo è stato Thomas- indicarono il ragazzo con i capelli neri che reagì facendo una smorfia di sorpresa. Nel frattempo, Newt si passò una mano sulla faccia – Lei…è un problema mio. Non l’avevo informata delle regole, non poteva saperlo…- uno dei giovani sbottò – Come capo fai schifo! Sarebbe stato meglio che Alby fosse rimasto qui e fossi andato tu nel Labirinto, così almeno saresti fuorigioco tu e non lui! - Si alzò dal suo posto e si avvicinò al vice capo – Non sei all’altezza del compito! non so nemmeno come tu faccia a mandare avanti la Radura se non sei nemmeno in grado di affrontare la vita! - quel ragazzo era furioso ma sembrava fosse solo all’inizio. Minho si mise fra i due che si guardavano in cagnesco – Adesso basta! - Gally si riavvicinò al centro della stanza e intervenne dicendo che ero lì da talmente poco che non era colpa mia se avevo fatto quello che avevo fatto, però quel gruppetto non demordeva – Dovete prendere provvedimenti e metterla in Gattabuia per almeno un giorno intero! Sei fortunato che non abbia fatto danni. Ma forse sei preso da altro! - Vidi la difficoltà che aveva Newt e decisi di aiutarlo. Uscii dal mio nascondiglio con molta calma. – Non è colpa sua- dissi mentre mi avvicinavo – Lane ti avevo detto…- Newt non fece in tempo a terminare la frase perché lo interruppi. Tanto sapevo perfettamente quello che mi avrebbe detto. – Le regole mi sono state spiegate in modo adeguato sia da Newt che da Gally. Quello che ho fatto è stato completamente una mia decisione. Come ho già detto al vostro vice: ho fatto quello che ho fatto perché l’ho reputato giusto e perché trovo idiota non aiutare qualcuno quando si può! Lo rifarei altre mille volte, se volesse dire salvare una persona. Quindi potete punirmi quanto volete, ma io lo continuerò a fare! - dopo il mio discorso feci un respiro profondo. Fu solo allora che mi accorsi di non aver quasi respirato. Sapevo che avevo fatto una cavolata ammettendo di aver infranto le regole di proposito ma vedere Newt aggredito in quel modo non potevo sopportarlo.
Tutti mi guardavano e sentii il biondo dietro le mie spalle sussurrare – Cosa hai fatto? - con aria sconsolata. Il gruppetto che aveva avuto da ridire rimase stupito delle mie parole e uno di loro si risedette sconfitto. Quello che aveva aggredito Newt però mi diede testa e mi fissò negli occhi – Sei così stupida! Però coraggiosa, cazzo se sei coraggiosa! Penso che nessuno qui farebbe una cosa del genere…- rimasi un po' spaesata – Quindi? - si mise a ridere – Quindi rimango della mia idea! Però farò finta di nulla perché mi hai colpito! -
Mi voltai verso Newt che era rimasto sorpreso quanto me. Dopo poco l’assemblea si sciolse e avevo la possibilità di conoscere Thomas.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 
Mentre mi avvicinavo al ragazzo che mi avrebbe dato delle informazioni più approfondite sul luogo in cui eravamo, guardai attentamente il giovane, i suoi capelli neri, gli occhi scuri, il corpo muscoloso ma non troppo, quando lui alzò lo sguardo su di me mi venne un flash.
 
Sto guardando Thomas e lui guarda me. È seduto ad una scrivania con un’enorme pannello trasparente davanti. Le mani sono appoggiate su una tastiera e, mentre mi guarda, sta finendo di digitare qualcosa su di essa. C’è rumore di motori di computer e di tasti digitati. Non siamo soli. Mi guardo attorno e vedo una stanza abbastanza grande da contenere dodici scrivanie con lo stesso pannello trasparente e un modellino in plastica di un labirinto. Torno a guardare il ragazzo e noto che indossa una tuta aderente bianca con scritte le iniziali W.C.K.D. sul lato del cuore. Mi avvicino e guardo cosa appare sul pannello che scopro essere un monitor. Ci sono delle immagini video di un luogo erboso: capisco essere la Radura. Poi concentro la mia attenzione verso l’angolo inferiore sinistro della schermata e vedo delle cartelle con vari nomi: Gally, Ben, Alby, Chuck, Minho, Frypan e Newt. Rimango a fissare quell’ultimo nome, imbambolata. Thomas passa il maus su di esso e apre una serie di documenti sul ragazzo. Età, peso, altezza, colore degli occhi, colore dei capelli, sesso, data di nascita, data di entrata nel labirinto e altre informazioni che non riesco a leggere. “Perché ci sono tutte queste informazioni?” – Ciao Lane, benvenuta nel centro del laboratorio- una voce fastidiosa mi distoglie dai miei pensieri. Mi volto nella sua direzione e vedo una donna alta e magra, con i capelli biondi raccolti in uno chignon basso. Anche lei è vestita completamente di bianco e viene verso di me con un finto sorriso di gentilezza. Mi si raggela il sangue nelle vene e sento il desiderio di scappare ma so che non andrei lontano. Così mi giro verso Thomas che mi sta ancora guardando nello stesso modo.

-Lane! - la voce di Newt mi riscosse dalla mia visione – Lane che hai? - era preoccupato e mi stava guardando negli occhi, cercando di capire le mie emozioni. Io ero persa fra i ricordi della mia mente e la realtà. Lo stavo guardando ma non lo vedevo bene. Le immagini si confondevano e si sfuocavano. - Presto! Portate uno sgabello! - ordinò il biondo agli altri. Mi fece sedere su una di quelle scatole di frutta e mi prese le mani. –Fai respiri profondi-. Lo ascoltai e dopo poco andò meglio. Ricominciai a dividere il vero dal ricreato e mi accorsi di avere la nausea. Cercai di concentrarmi il più possibile sul volto del ragazzo ma tutto quello che potevo vedere era la sua paura che gli rendeva lucidi e, allo stesso tempo, opachi gli occhi. – Sto bene…- dissi alla fine. Lui mi guardò intensamente e fece un sospiro di sollievo – Era un’altra visione? - domandò sottovoce così che gli altri non sentissero. Io annuii lentamente cercando di rilassarmi. – Dopo mi racconterai- disse prima di rialzarsi e allontanarsi. Mi guardai un po' in torno cercando di riprendermi completamente e mi accorsi che non c’era più né Thomas né Minho. – Dove sono? - domandai, più a me stessa che a Newt. – Sono andati nel bosco, non so a far cosa. Probabilmente roba da velocisti…- percepii una vena di rancore quando pronunciò quella parola ma decisi di sorvolare per il momento.
Uscimmo dall’edificio e subito due ragazzi ci corsero incontro. Erano affannati e eccitati allo stesso tempo e dissero a Newt che la ragazza si era svegliata. Subito Newt si agitò e si mise a correre dietro ai due. Istintivamente lo feci anch’io e, mentre correvo, sentivo che la mia mente si liberava da tutti i pensieri: ero libera! “Sei matta, non libera! Ti senti gasata solo perché lo hai fatto rischiando la morte e chissà cosa nemmeno tre ore fa, è ovvio che sei così!” odiavo la vocina della mia coscienza, però probabilmente aveva ragione. Rischiando tutto mi ero immedesimata in qualcuno che non ero. Poteva rivelarsi un gioco pericoloso.
Arrivammo sotto ad una torretta che si trovava un po' spostata rispetto al centro della Radura: era una torre di legno, alta una trentina di metri, in cima alla quale c’era una piattaforma. C’erano diversi Radurai che guardavano in su, verso la piattaforma. Uno di loro gridò al cielo – non preoccuparti, nessuno ti farà del male. -
Una testa nera spuntò dalla paratia e vidi la sagoma di una ragazza, capii immediatamente che era la giovane arrivata poche ore prima di me. Newt si rivolse a uno dei due ragazzi che erano venuti a chiamarci – Quando si è svegliata? - il giovane continuò a guardare la torre – Una decina di minuti fa. Appena ci ha visti è scappata e si è rifugiata lassù! - si mise a ridere però io non ci trovavo nulla di divertente, probabilmente avrei reagito anch’io così se mi fossi svegliata circondata da persone sconosciute senza avere la minima idea di dove mi trovassi; fortunatamente io ero cosciente quando la gabbia si era aperta e avevo avuto un po' di tempo per mettere a fuoco la situazione. Per non contare sul fatto che avessi quelle specie di flash-back che mi “aiutavano” nel dare un senso a tutto.
Mentre mi facevo tutti questi giri mentali, quella ragazza cominciò a gettare sassi, pezzi di legno e tutto quello che trovava su di noi. I ragazzi presero degli scudi per proteggere. Chi prese delle assi di legno, chi dei coperchi e qualcuno corse in un edificio poco lontano tornando con una padella in mano. Newt si proteggeva inizialmente con il braccio sinistro ma, quando un sasso mi colpì secco sulla spalla desta, mi corse vicino e mi protesse col suo corpo. – Non serve che tu mi protegga…- cercai di protestare però in fondo mi piaceva che fosse disposto a donare il suo corpo per salvarmi. – Così sospetteranno di qualcosa- gli sussurrai all’orecchio. Lui si sporse indietro per guardarmi meglio – E lascia che sospettino! - mi sorrise con fare ammiccante e io non potei fare a meno di scoppiare a ridere.
Capii che dovevo darmi un contegno quando i presenti si voltarono a guardarmi. Inizialmente mi bloccai poi pensai fosse meglio fare una battuta con l’intento di distrarli dalla verità. – Appena arrivata volevo fare lo stesso! - tutti scoppiarono a ridere. “Fiu… te la sei cavata!” questa volta ero perfettamente d’accordo con il mio subconscio.
I ragazzi cercavano di calmare quella giovane in preda all’isterismo che continuava a gettare oggetti. Poco dopo arrivarono Thomas e Minho che erano stati avvisati da due ragazzi. –Chuck che succede? - il moro si rivolse ad un bambino paffutello che avevo intravisto solo una volta da quando ero li. Questo scoppiò a ridere e gli rispose – Adoro le femmine! - indicando la cima della torre. Mi sentii leggermente offesa da quell’affermazione che suonava tanto come un insulto però decisi di lasciar stare. Nel frattempo Gally si beccò una pietra di medie dimensioni secca in fronte, la cosa lo fece arrabbiare e diventare di una sfumatura porpora su tutto il viso. Sia io che Newt scoppiammo a ridere ma il ragazzone non ne fu molto contento. – Cosa avete da ridere? - ci domandò con aria di sfida. – Nulla! - gli rispose il biondo accanto a me – Solo che avrei voluto farlo io tempo fa!- ci rimettemmo a ridere mentre Gally sbuffava esasperato.
Thomas, intanto, si era avvicinato alla base della torre e riuscì a salirvici dopo aver urlato il suo nome alla giovane lanciatrice di oggetti che, dopo aver sentito quel nome, smise di far volare pezzi di cose varie giù dalla piattaforma. Perplessa mi rivolsi a Newt – Perché lui lo lascia salire? - lui mi rispose rimanendo con lo sguardo fisso nel cielo – Quando è arrivata, ha detto il nome di Thomas e poi è svenuta. Non sappiamo perché, se lo conosce e cosa…però sembrerebbe che siano collegati. - io abbassai lo sguardo e ridussi la mia voce ad un sussurro - E io sono collegata a Thomas…- Il biondo sgranò gli occhi – Forse è meglio se ne parliamo in un luogo più isolato…- disse. Percepii il suo tentativo di rimanere calmo, però sapevo quanto era difficile. Stando a quello che mi avevano raccontato, nessuno si era mai ricordato qualcosa della vita prima del Labirinto e io ero in grado di ricordarmi persino di una persona che, guarda caso, era arrivata pochi giorni prima di me? C’era sicuramente qualcosa sotto. – Va bene se ci vediamo…- stava continuando lui, ma io lo interruppi – Vorrei prima schiarirmi le idee, se per te va bene. Magari farmi una doccia? - inizialmente fu sorpreso dalla mia richiesta ma poi annui e mi fece segno di seguirlo.
Attraversammo mezza Radura fino ad arrivare ad un edificio piccolo e basso dove c’erano le docce. – Bene. Queste sono le nostre favolose docce. Io ti aspetto qui fuori! - entrai e trovai uno spazio un po' buio con quattro tende su un lato. Ne scostai una e vidi il soffione di una doccia, un po' vecchio ma sperai funzionante. Mi spogliai e mi piazzai sotto al getto d’acqua. Scoprii essere congelata e per un attimo avrei voluto schizzare fuori da lì e asciugarmi al più presto. Decisi però di rimanere là sotto. L’acqua che batteva sulla testa e scivolava lungo i miei capelli, mi dava un senso di pace. I miei capelli… pensai. Non avevo la minima idea di come fossi e di certo non ci sarebbe stato uno specchio in tutta la radura. È risaputo che i maschi tendano a non guardarsi molto nelle superfici rispecchianti, specialmente se si hanno molte altre cose a cui pensare.
Un nodo allo stomaco mi sorprese in un momento che pensavo fosse di tranquillità. Fui colpita da un attacco di panico che mi fece cominciare a piangere. Mi girai così da appoggiare le braccia sulla parete e l’acqua potesse scivolarmi dalla testa alla schiene. Le lacrime calde si mescolavano al getto freddo e le mia testa cominciò a pulsare insistentemente. Da quando avevo avuto l’ultimo flash back mi era venuto un leggero mal di testa che si era aggravato negli ultimi minuti. Non riuscivo a smettere di singhiozzare e non sapevo nemmeno perché lo stessi facendo quando, all’improvviso, si bloccò tutto.

Sono rannicchiata in un angolo di una stanza buia, la porta si apre ed entra una donna bionda. Per fingere che non ci sia, mi metto a guardarmi una mano, è piccola, quella di una bambina… Sono terrorizzata da quello che sentirò. Quella donna si avvicina lentamente e mi costringe ad alzare lo sguardo sul suo volto mettendomi una mano sotto al mento. – Dov’è la mia mamma? - mi scopro avere anche la voce di una bimba ed è incrinata dalla paura. Quella fa una specie di ghigno e mi risponde – Tua madre non tornerà! È scappata e ti ha abbandonata. Sai questo cosa vuol dire vero? - mi guarda con malignità e non riesco a trattenermi dallo scoppiare a piangere. – Certo che lo sai, Lane…Questo vuol dire che tu ora sei proprietà della W.C.K.D. e dovrai fare tutto quello che vorremo noi. - quella frase mi mozza il fiato in gola – No…- riesco a sussurrare – E invece sì! Mia cara…tua madre ha tradito l’organizzazione e rubato del materiale dai nostri laboratori. Dobbiamo pur trovare un modo per risarcirci da ciò che ha fatto. Non credi? - il suo volto è il ritratto del malefico. Non riesco più a sopportare quegli occhi e le urlo di andare via. Comincio a tirare calci e pugni, così quell’essere è costretto ad allontanarsi. La vedo aprire la porta e penso se ne voglia andare. In realtà entrano due figure scure, una ha in mano una siringa piena di un liquido incolore. Si avvicina a me e mi inietta la sostanza nel collo. Per quanto io tenti di divincolarmi non riesco a scappare dalla presa dell’uomo. I miei sensi si affievoliscono e comincio a vedere tutto sfocato. Mi sento sollevata e tenuta fra le braccia di qualcuno. Poi sento la voce di quella donna che gli parla – Portatela in laboratorio finchè è incapace di muoversi e legatela. Dite al dottore di cominciare quando gli effetti sono svaniti. I test devono essere fatti da svegli e coscienti. - chiudo gli occhi e mi sento morire. So che sarebbe meglio. Conosco cosa fanno nei laboratori. Ne ho già sentito parlare.

Spalancai gli occhi. – Lane? Posso entrare? - era Newt. Cercai di controllarmi, chiusi l’acqua della doccia e uscii per asciugarmi. – Lane mi senti? - il ragazzo aprì lentamente la porta mentre finivo di infilarmi la maglietta sgualcita che avevo da quando ero arrivata. – Hey, ci stavi mettendo un po' troppo, mi sono preoccupato…va tutto bene? - non ero in grado di rispondergli. – Lane che hai? - mi appoggiò una mano sulla spalla. A quel contatto non riuscii quasi a trattenermi dal ricominciare a piangere ma decisi fosse meglio non mostrarsi deboli. Eravamo pur sempre in un cavolo di posto assurdo! Non c’era bisogno che aggravassi quel peso di tristezza che avevo letto negli occhi di Newt.
Cercai le forze per rispondergli, per dirgli che stavo abbastanza bene e che non doveva preoccuparsi per me, però ogni volta che aprivo la bocca, mi sentilo le lacrime crescere sempre di più. Così feci una cosa che mai e poi mai si dovrebbe fare: scappai. Mi misi a correre prima verso la porta e poi verso il bosco più vicino, per trovare un posto isolato dove stare. Appena scattata mi accorsi che la mano di Newt sulla mia spalla aveva cercato di bloccarmi e che lui mi aveva urlato di fermarmi, ma io non potevo farlo. Sarei scoppiata a piangere come la bambina che avevo visto nella mia visione. Quella che sapevo sarebbe stata torturata in qualunque modo possibile per ripagare un torto che aveva commesso la madre.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Mentre correvo cercai di ricordare cosa mi avevano fatto in quel laboratorio ma ovviamente non mi venne in mente nulla. Fui distratta da un rumore e mi voltai per guardare cosa fosse senza accorgermi di un grosso ramo sulla mia strada. Ci inciampai sopra e volai per terra sbattendo schiena, testa e gamba destra. Inizialmente rimasi immobile completamente rintontita, poi mi riebbi e mi misi a sedere. Riportai il mio respiro alla normalità e notai che il desiderio di piangere era quasi del tutto sparito. Con il colpo preso alla testa mi sentii un po' disorientata ma nulla di grave… - Lane stai bene? - Newt mi corse incontro preoccupato e agitato. Mi aveva seguita! Non mi aveva lasciata andar via senza starmi dietro… una fitta al cuore per l’amore che provavo mi lasciò senza fiato. Il ragazzo si accucciò per vedere come stavo – Ti fa male qualcosa? Riesci ad alzarti? - io provai a sorridergli – Sto bene. Non ho nulla di rotto… - mi prese la mano e mi aiutò ad alzarmi. – Perché sei scappata? Mi hai fatto spaventare… cos’hai visto di così orribile da essere incapace di reagire? - a quella domanda tutto quello che avevo ricordato tornò a galla, riportando il mio malessere – Newt…- cominciai cercando di non crollare – Newt, mia madre… io… non… non ce la faccio!- tentai di fuggire mentre una lacrima mi scivolava sulla guancia, ma il ragazzo mi prese un polso e mi tirò a sé – Cosa non riesci a fare? – sussurrò dolcemente al mio orecchio. Non fui in grado di rispondergli, scoppiai a piangere e a singhiozzare. Lui mi strinse con forza fra le sue braccia e mi accarezzò la schiena. Quando mi cedettero le gambe, lui mi sorresse. Sembravo una bambina di nove anni, scossa dai singhiozzi e incapace di parlare perché non avevo quasi più ossigeno. – Calmati Lane…- continuava a ripetermi mentre mi accarezzava con movimenti circolari la schiena. Mi fece sedere sull’erba, lui accanto a me che mi sorreggeva. Era come se si fossero impossessati del mio corpo: incapace di pensare, incapace di parlare, incapace di respirare… a un tratto la voce di Newt si fece grave – Lane devi respirare! Riprenditi! - mi accorsi solo allora che a forza di singhiozzare non avevo più preso ossigeno. – Resisti okay? Ti porto da Jeff! - . Mi prese in braccio, sentii sollevarmi da terra come nella mia visione, il panico mi rapì e si impossessò di quel briciolo di controllo che avevo ancora. – No! Lasciami! - cominciai ad urlare. Newt rimase un attimo impietrito – Lane cosa ti prende? - mi misi a battere i pugni sul suo petto e a scalciare – Non farmi del male ti prego! -. Ero completamente fuori di me e senza controllo. Piangevo, gridavo e picchiavo il ragazzo che amavo… dovevo riprendermi! – Lane, non ti farei mai del male… cosa ti succede?!- si stava preoccupando anche lui e non avrei mai voluto…
Alcuni ragazzi ci raggiunsero e videro la scena. Minho si avvicinò più degli altri e cercò di aiutare il suo amico che però non glielo permise. – Che cos’ha? - gli domandò – Non lo so… io non lo so proprio…- dalla sua voce capii quanto fosse affranto; era tutta colpa mia e non sapevo come fare. Continuavo a disperarmi, confondendo la realtà con i miei ricordi…Newt diventava l’uomo che mi aveva portata nel laboratorio e Minho, in alcuni momenti, era l’uomo che mi aveva iniettato quel liquido strano. – Basta… vi… vi prego…- sussurrai con quel poco di ossigeno che avevo. – Mettila giù Newt! Così le fai solo peggio! - Anche Gally era presente e mi vergognavo per quello che dovevano vedere tutte quelle persone. Stavo ancora lottando per riprendere il controllo sulla mia mente, quando il biondo mi posò a terra e mi guardò negli occhi dicendo – Riprendi il controllo! -. Tutto si sfocò.

L’uomo mi tiene ancora stretta fra le sue braccia e mi sta portando nella camera degli orrori. Ho già sentito di quel posto e so cosa fanno alle persone che vi vengono portate: alcune non escono mai più, altre vengono portate via e chiuse in una stanza e alcune riescono persino a stare fra altre persone, ma nessuno si riprende mai da ciò a cui è stato sottoposto. Stiamo percorrendo un corridoio freddo e illuminato da luci al neon. Sto tremando dalla paura e le lacrime mi rigano il viso. Percepisco il rumore lontano di una porta che si spalanca, poi dei passi veloci e la voce di un uomo che grida – Fermati ragazzino! Dove scappi? - nella direzione in cui stiamo andando noi appare un ragazzino sui dodici anni, capelli biondo scuro e magro. Mentre corre mi guarda dritto negli occhi e si abbatte con violenza sul uomo che mi tiene. Cadiamo atterra e riesco a liberarmi dalla stretta di quello. Il ragazzino, anche lui per terra, si rialza velocemente e mi prende per mano. Mi costringe a correre nella direzione da cui ero venuta ma non riesco bene a muovermi…sono bloccata! Dalla paura e dallo stupore: “chi è quel ragazzo?” penso fra me. Lui mi strattona delicatamente il braccio – Riprendi il controllo! - mi urla. Io lo fisso e decido di ubbidire. Un paio di uomini stanno arrivando verso di noi e continuano a dirci di stare fermi. Noi non li ascoltiamo e ci mettiamo a correre, mano nella mano. Percorriamo tutto il corridoio – Dove stiamo andando? - gli domando un po' affannata dopo un po'. Lui gira la testa per guardarmi – Non lo so! Ma non voglio tornare là! - dalla sua espressione capisco che non era affatto bello quello che gli stavano facendo. Dopo un bel tratto comincio ad essere stanca mentre lui sembra ancora fresco come una rosa. Non sento più il rumore di passi che ci insegue da una decina di minuti. – Forse ci hanno rinunciato…- dico speranzosa, lui però sembra scettico – Conosco un posto! - mi spinge all’ultimo in una specie di tunnel praticamente buio. – Abbiamo qualche minuto per riprenderci- dice dopo aver preso una bella boccata d’aria. Dopo aver smesso di ansimare mi porge la sua mano – Comunque, io sono Newt! - io lo guardo negli occhi – Piacere!- gli dico e lo abbraccio con tutte le mie forze.

Aprii gli occhi. Mi stavano ancora fissando, Minho mi faceva aria con una grande foglia, Gally aveva un bicchiere d’acqua in mano e Newt mi teneva un braccio sotto la testa. Capii di essere sdraiata ma non sapevo come ci fossi finita in quella posizione, prima di avere la visione ero seduta sull’erba e… in preda a una crisi isterica! – O mio dio! - fu l’unica cosa che mi venne da dire. Ero sconcertata e mi vergognavo per quello che avevo fatto. – Cosa ho fatto? - Newt mi guardò sollevato – Nulla! Sei svenuta… Ci eravamo tutti preoccupati. Sei diventata bianca come un lenzuolo e sei crollata…- aveva un tono di voce molto gentile e mi ricordò quello che aveva nella visione di poco prima. Tentai di mettermi seduta – Piano Fagiolina- mi disse Minho smettendo di farmi aria e aiutandomi assieme a Newt. – Mi dispiace infinitamente! Io non volevo… non so cosa mi sia preso…ero fuori controllo…- abbassai lo sguardo – Non preoccuparti, l’importante è che stia meglio! - mi rispose il biondo. Ogni minuto che passava, pensavo di amarlo un po' di più e il ricordo che avevo avuto giustificava il fatto che lo conoscessi già: lui mi aveva salvata! E lo continuava a fare. Gally mi porse il bicchiere pieno d’acqua fresca e sana. Lo bevvi lentamente e poi gli porsi il contenitore vuoto. Guardai il cielo e notai che aveva una sfumatura tendente al rosso, stava calando la sera.
Guardai Newt – Scusa…io ti ho scambiato per un ricordo…- mi accarezzò la schiena con delicatezza – Non devi chiedere perdono, capita a tutti di svalvolare un po'! - mi sorrise con tutto il cuore e non potei evitare di essere contagiata. – Grazie! - sussurrai – E per cosa? - domandò lui. Alzai lo sguardo e ridendo dissi – Per esserti lasciato picchiare senza muovere ciglio! - ci mettemmo a ridere tutti. In quel momento arrivarono Jeff e Thomas. – Scusa Newt, ma abbiamo delle novità…- gli disse il medicale – La ragazza aveva qualcosa che può aiutare Alby! - aveva una voce grave, come non sapesse se fosse un bene o un male ciò che avevano scoperto. Newt si allontanò leggermente da me per avvicinarsi al ragazzo – Di che si tratta Jeff? - Thomas si intromise fra i due – Teresa aveva delle fiale…- il biondo alzò una mano per fermare il giovane – Ho capito, vengo con voi! -
Mi domandai come avesse fatto ad afferrare il concetto di ciò che gli volevano dire, quando io non avevo nemmeno capito chi fosse realmente Alby. Sapevo solo grazie a Gally che era stato punto da un Dolente (di cui non sapevo ancora nulla tranne che fossero letali) e che da allora non si era più ripreso.
Mentre cercavo di capire qualcosa in più, i tre ragazzi, seguiti da Minho, si incamminarono verso l’edificio basso che doveva essere l’infermeria. Io li seguii ma il Velocista mi mise una mano sulla spalla – Tu è meglio se non vieni con noi… Non è un bello spettacolo. - Newt si voltò e, vedendo il mio sguardo un po' deluso mi disse sorridendo - È per il tuo bene. Resta qui fuori. - ed entrò nella stanza attraversando la tenda rossa.
Mi sedetti subito accanto alla porta, appoggiando la schiena ai rami che fungevano da muri perimetrali e avvicinandomi le ginocchia al petto. La sera stava calando e notai alcuni ragazzi andare in giro per la Radura con una torcia accesa. Uno di loro utilizzò la sua per accenderne altre tre sparse per il campo così da illuminare la zona. Non sapendo cosa fare cercai di captare ciò che si dicevano all’interno della stanza e con mia grande sorpresa, scoprii che riuscivo a capire tutto quello che succedeva. – Che cosa c’è li dentro? - stava domandando Newt – Chi è stato a mandarle? Perché sono arrivate assieme a te? Per quanto ne sappiamo questa roba potrebbe anche ucciderlo! - dal modo di porre le domande capii che non sapeva cosa fare. Trovai una fessura fra alcuni rami che mi permetteva di vedere attraverso. C’erano Newt, Thomas e la ragazza dai capelli neri, che come aveva detto Thomas, si chiamava Teresa in piedi vicino ad una brandina con un ragazzo nero legato ad essa. Vicino, seduto, c’era Jeff che controllava il giovane. Capii che quello era Alby, il capo della Radura, il primo ad essere arrivato. Il biondo aveva in mano una fialetta contenente un liquido blu. Mi ricordò subito la siringa del mio primo ricordo, quella che avevano usato per tramortirmi, però il colore era più intenso di quella. – Come potrebbe peggiorare la situazione? - era stato Thomas a parlare però mi ero persa ciò che aveva detto subito prima per via dei miei ragionamenti. Vidi come il ragazzo legato si stesse contorcendo e gemeva dal dolore; aveva le vene ingrossate e blu ed era completamente sudato. – Oddio…- sussurrai mettendomi una mano sulla bocca. Qualunque cosa gli fosse successa doveva essere orribile. – Provaci! - disse Newt al moro passandogli la fialetta. Si avvicinarono tutti e quattro al lettino e Thomas fu pronto a iniettare il liquido nel corpo convulso di Alby. Quest’ultimo scattò e afferrò il colletto della maglia del moro urlando – Non dovresti essere qui! - Newt corse a staccare i due chiedendo l’aiuto degli altri mentre Teresa prendeva la siringa e iniettò il giovane così da farlo smettere di agitarsi. Rimasero tutti immobili per qualche secondo. – Direi che ha funzionato! - disse infine Jeff. Io mi lasciai cadere sollevata da ciò che avevo appena visto. – Lane che fai lì? - Gally mi sorprese alle spalle e si avvicinò. – Nulla! - mi affrettai a rispondergli – E tu? - lui si fermò un secondo a guardare la tenda rossa – Devo portare Thomas in gattabuia- mi rivolse lo sguardo – Cos’è? - gli domandai – Una cella dove mettiamo chi infrange le regole… un posto dove tu, spero non verrai mai messa!- dopo questo entrò nell’infermeria e ne uscì poco dopo con il ragazzo moro al suo fianco. Dallo sguardo che aveva, capii quanto fosse scocciato dal provvedimento che avevano preso per ciò che aveva fatto; qualcosa che avevo fatto anch’io ma che, per pura fortuna, ero riuscita a scampare.
Newt uscì poco dopo e, quando mi vide, fu sorpreso – Non sei andata a mangiare? - alzai le spalle – Non so dove debba andare! - gli sorrisi dolcemente e lui ricambiò. – Vieni, ti ci porto io! - mi fece segno di seguirlo.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Newt mi portò in una zona della Radura con diversi tavoli e panche ricavate dal legno. C’erano diversi ragazzi che mangiavano e scherzavano intorno ad un fuoco e altri seduti ai tavoli. – Vieni! Ti presento Frypan. È il cuoco della Radura! - la mia guida era così allegra all’idea di mangiare che non me la sentii di dirgli che io avevo lo stomaco chiuso dalla vergogna per la scenata che avevo fatto non molto tempo prima.
Andammo verso un edificio piccolo e basso dove c’era una fila un po' lunga di ragazzi che aspettavano la loro razione di cibo. Sentii odore di verdure cotte al vapore e un ricordo mi investì in pieno. Persi il contatto con la realtà.

Sono seduta ad un tavolo lungo con altri ragazzi; avranno più o meno la mia età. Vicino a me è seduto Thomas e difronte ho Teresa. Stanno chiacchierando di un nuovo programma della W.C.K.D. per i computer ma io non ci capisco molto. Ho cominciato a trafficare con i computer da appena qualche ora… arriva una donna con in mano alcuni piatti, me ne porge uno e vedo verdure cotte al vapore e fumanti. Mi verrebbe voglia di lanciare il piatto fuori da una finestra, se solo ci fossero… in tutti gli ambienti all’interno del laboratorio ci sono ventilatori, depuratori di aria e quant’altro, ma le finestre sembrerebbe non sappiano cosa sono.
Dopo un po’ che fisso il mio piatto e non lo tocco Teresa si avvicina – Non hai fame? Sai che devi mangiare- le lancio un’occhiataccia e lei torna al suo posto – Non dovrei stare qui! Io non ci azzecco nulla! - Thomas mi blocca – Non dire così! Se ti sentissero…- io mi divincolo – Ma è vero! Io mi farei problemi se dovessi programmare uno di quei mostriciattoli per uccidere uno di quei ragazzi che non mi hanno fatto nulla! Non so come facciate voi…- la ragazza abbassa lo sguardo – Non lo abbiamo scelto…dobbiamo farlo altrimenti sono guai…- “Già! Quelli a cui mi ha sottratta Newt…” mi viene una lacrima mentre penso alla sorte che ha avuto. Mi ha protetta fino a quando non lo hanno spedito nel Labirinto. È riuscito a convincerli che servivo più come tecnico che come cavia… e questa è la sua ricompensa. Mi alzo di scatto dalla sedia – Non ho fame! - e mi incammino verso la porta.

Aprii gli occhi ritrovandomi sdraiata su una panca. Diversi ragazzi mi fissavano mentre cercavo di rialzarmi. – Attenta! Fai piano! - mi ammonì Newt. Mi aiutò a sedermi e mi resi conto di quanto mi sentissi invalida ogni volta – Ce la faccio grazie! - mi accorsi di aver utilizzato un tono un po' arrogante così mi affrettai a scusarmi – Scusa! È che sono stufa di svegliarmi accerchiata da occhi me mi osservano…mi fa sentire malata. - in quel momento intervenne Minho – Non è normale che tu svenga così spesso Fagiolina! - Ancora con quella parola, non capivo cosa significasse ma non avevo le energie per chiederlo. Mi limitai ad alzarmi e allontanarmi dalla gente che mi seguiva con gli occhi rimanendo zitta. – Dove vai? - domandò il biondo – Devi mangiare qualcosa…- mi voltai leggermente per guardarlo negli occhi e ciò che vidi mi provocò una stretta al cuore: era preoccupato e dispiaciuto, c’era una luce fioca nell’iride, segno che era combattuto. – Non ho fame! - distolsi lo sguardo e mi incamminai verso l’infermeria. Per un secondo sperai che Newt mi avrebbe seguita ma tornai subito alla realtà dicendomi che non lo avrebbe potuto fare, nemmeno se lo avesse voluto. Lui era il capo in quel momento e doveva stare con il suo gruppo, io non ne facevo parte.
Quando fui lontana dagli sguardi di chiunque, cambiai direzione e mi avvicinai alle mura che delimitavano l’area della Radura. Arrivata attaccata ad esse mi accorsi di quanto imponenti fossero. Appoggiai una mano sulla superficie scoprendo che era liscia e fredda. Feci qualche passo verso la porta che avrebbe condotto al Labirinto e mi vidi mentre correvo attraverso essa per uscire da quell’intricato schema di corridoi. L’avevo scampata bella e, col senno di poi, sarebbe stato meglio rimanere bloccata dentro così avrei evitato un sacco di problemi. “I ragazzi hanno già molte cose a cui pensare senza il bisogno di una ragazza che sviene ogni tre per due!” La mia coscienza era incontrollabile. Non avrei mai voluto mi spingesse a fare un gesto folle…
Appoggiai la fronte sul cemento e cercai di pensare alle cose belle che avevo trovato in quel posto. La prima cosa che mi veniva in mente era senza dubbio Newt. Quel ragazzo era fantastico! E poi mi aveva aiutata persino prima di finire nella Radura. Non potevo smettere di pensare che fosse il destino ad aver voluto ci incontrassimo di nuovo. Ripensai alla tristezza che mi aveva sopraggiunta quando parlavo con Thomas e Teresa nella mia ultima visione. Era chiaro che provavo qualcosa per lui già prima che fosse mandato in quel luogo, però non sapevo fino a dove ci fossimo spinti… - Devo dirlo a Newt! - dissi senza pensare che qualcuno potesse sentirmi. – Cosa devi dire a Newt? - sobbalzai leggermente quando mi accorsi che c’era Minho dietro di me. – Eh…nulla! Non devo dirgli nulla! - speravo avrebbe cambiato discorso o, meglio, se ne sarebbe andato direttamente, ma il Velocista non si mosse, anzi si avvicinò. – Fagiolina, non dovresti nascondere qualcosa… potrebbe diventare pericoloso per te. - “Ti sta minacciando Lane?!” cercai di allontanarmi da lui ma, ogni passo che facevo per aumentare la distanza, lui ne faceva due per avvicinarsi. – Non spaventarti Fagiolina! Non voglio farti niente. Ero venuto a vedere come stavi, tutto qui! - si allontanò alzando le braccia in segno di resa, sorrideva dolcemente e vidi nei suoi occhi l’onestà. – Scusa! - dissi piano. Il giovane fece un verso simile a una risatina – Devi smettere di domandare scusa… non è colpa tua- Per la prima volta lo guardai seriamente. Aveva i capelli corti e un po' sparati in aria, gli occhi a mandorla e la carnagione un po' giallognola più scura della mia. Aveva una torcia in mano, per questo riuscivo a vedere diversi particolari che alla luce della luna, sarebbero stati impossibili da scorgere. Portava un paio di pantaloni scuri e una camicia a maniche corte azzurra. Sembrava gentile come persona, il viso aveva dei lineamenti dolci e la bocca sorrideva quasi sempre. – Perché mi chiami Fagiolina? - gli domandai sorridendo. Rimase un po' stupito della mia domanda ma si affrettò a rispondermi – Tutti i nuovi arrivati sono Fagi fino a quando non arriva un nuovo ragazzo che quindi è più nuovo del primo- scossi la testa per comunicargli che comunque non capivo il senso – Sai, ci annoiavamo a stare qui tutto il tempo a fare poco o niente, quindi ci siamo messi ad inventare nuove parole. Per tenere le menti allenate! - annuii cercando di non ridere – Capisco…-non riuscii a trattenermi e scoppiai in una risata che lo contagiò. Ci sedemmo appoggiando la schiena alla parete e chiacchierammo un po' sulle nostre vite. Io non avevo molto da dirgli quindi rimasi in silenzio mentre Minho mi spiegava i vari giochi che si erano inventati nel corso del tempo.
Quando la torcia si era quasi esaurita convenimmo che fosse meglio tornare nella civiltà e andare a dormire. – Prima dobbiamo trovare Newt! Era preoccupato quando te ne sei andata – A quella affermazione un leggero peso si sollevò dal mio petto però mi bloccai – Aspetta! Ti ha detto qualcosa? - mi ero tradita, però se il biondo gli aveva raccontato qualcosa dovevo saperlo! Minho fece un sorrisetto malizioso – Cosa avete fatto? -. Fui colta dall’imbarazzo – Nulla! - mi affrettai a rispondergli – Allora cosa avrebbe dovuto dirmi? - non sapevo cosa fare “ti puoi fidare di lui?” la mia mente fece rimbombare questa domanda in tutto il mio cervello. – Lane tranquilla! Ti puoi fidare di me come si fida Newt. -
Dopo un’accurata analisi decisi di dirgli soltanto che avevo avuto delle visioni che però non riuscivo a ricordare ed era per quello che svenivo di continuo. Lui rimase un po' sbigottito ma poi mi cinse le spalle con il suo braccio muscoloso e mi disse con voce gentile – Non preoccuparti. Il tuo segreto è al sicuro con me! -
Ormai eravamo arrivati al falò e diversi ragazzi salutarono il mio accompagnatore che ricambiava tutti con un gran sorriso. – Tu sorridi sempre? - era una domanda stupida ma Minho divenne improvvisamente e serio e con voce grave disse – Ci sono troppe cose tristi in questo posto. Un sorriso non sai quanto possa fare la differenza qui. - Quell’affermazione mi spiazzò. Non avevo pensato alle cose orribili con cui dovevano convivere tutti quei ragazzi: la coscienza che fuori dalle mura si aggirassero creature orribili, l’incombenza della morte, la mancanza di ricordi, l’incapacità di trovare risposte a tre quarti delle cose che li circondavano… Doveva essere orribile senza la capacità di alcuni di trovare sempre qualcosa su cui scherzare.
Il velocista mi accompagnò da Newt che stava parlando con Thomas. Appena mi vide, l’espressione sul suo volto si rasserenò. – Mi stavo preoccupando! - mi disse sottovoce dopo essersi avvicinato. – Io e la Fagiolina abbiamo parlato un po'! - gli disse Minho; il biondo ne fu sorpreso – Ah e di cosa? - guardai prima l’asiatico e poi l’altro ragazzo – Te lo dico dopo! - zittii Minho mentre stava per formulare una frase. Gli occhi di Newt guizzavano fra me e il velocista e aveva un’espressione indagatoria, ma lasciò cadere l’argomento. In quel momento fui colta da un colpo di sonno e cominciai a sbadigliare cercando di contenermi. – Vieni, ti faccio vedere dove puoi dormire! - Newt mi fece segno di seguirlo.
Non parlammo per tutto il cammino, fino a quando non fummo nella stanza del Casolare (così, mi disse la mia guida, si chiamava), quella in cui ci eravamo baciati. Come quel pomeriggio, Newt chiuse la porta e mi si avvicinò lentamente – Come ti sembra qui? - feci spallucce – Un po' incasinato e pieno di ragazzi! - ci mettemmo a ridere poi lui ricominciò – Di cosa avete parlato tu e Minho prima? - per un secondo mi bloccai, poi presi un respiro profondo – Gli ho detto delle mie visioni…Ero convinta gliene avessi già parlato tu, o comunque che ci eravamo baciati…scusa…- non sapevo nemmeno perché avessi detto per l’ennesima volta quella parola. “Nota per te: sii più cosciente di ciò che fai e smettila di scusarti per cose di cui sei convinta!” la vocina si faceva sempre più simpatica! Newt mi accarezzò un braccio che tenevo stretto al petto con l’altro. – Non preoccuparti! Di lui mi fido ciecamente. - mi diede un bacio quasi impercettibile sulla fronte. – Vuoi raccontarmi le tue visioni? - tentennai per qualche secondo spostando il peso da un piede all’altro, ma alla fine gli raccontai nel dettaglio tutto.
- Quindi noi ci conosciamo da tanto tempo…- fu la prima cosa che disse, io annuii – Sì! E a quanto pare mi hai salvata da una brutta sorte! Grazie…- lo abbracciai come avevo fatto in quel corridoio buio diversi anni prima. – Credo sia per questo motivo che abbiamo avuto un’attrazione appena ci siamo visti…- lui annuì un po' pensieroso – Probabile…Comunque sia, dal momento in cui ti ho vista ho pensato di amarti! - mi baciò intensamente, poi si staccò di qualche centimetro – Ti amo Lane! Non potrei stare senza di te! - mi baciò nuovamente e io ricambiai attaccandomi al suo corpo con tutto il mio. Le nostre lingue si rincorrevano da una bocca all’altra e una scarica mi percorse tutto il corpo. Sentii le sue mani scendere verso l’orlo della mia maglietta sgualcita ed infilarvici sotto. Cominciò ad accarezzarmi la pelle e salire verso il reggiseno, portando con sé lo straccetto che era diventato ingombrante e sfilandomelo dalla testa dopo essersi staccato dalle mie labbra giusto il tempo di compiere quel gesto. Quando riprendemmo il nostro bacio eterno, gli cinsi i fianchi con le mie gambe cercando disperatamente di essere incollata a lui in tutto e per tutto. Lui mi portò verso il letto e mi ci fece sdraiare di schiena mentre le mie mani cominciavano a sollevargli la canottiera arancio spento. Smettemmo di bacarci solo per tre secondi: il tempo per avere il suo petto nudo tutto per me e per riprendere fiato. In quel momento stavo bene! Mi sentivo elettrizzata e una scossa mi percorreva il corpo su e giù. Era tutto perfetto! Beh… tranne per il fatto che fossimo imprigionati in un labirinto senza uscita e abitato da creature spaventose… però decisi di non farci caso per quella notte.
Spensi il cervello nel momento in cui Newt si staccò da me e mi disse – Lane…sei perfetta! - e cominciò ad armeggiare col mio reggiseno.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Mi svegliai con le prime luci del sole che filtravano attraverso le assi di legno. Percepii un calore sulla schiena che mi avvolgeva e arrivava fino al seno. Abbassai lo sguardo e vidi il braccio di Newt che mi teneva stretto a sé. – Buongiorno amore! - sussurrò il ragazzo baciandomi il lobo dell’orecchio, mi fece stare bene quel contatto e quelle parole così semplici e, allo stesso tempo, particolari lasciarono trasparire un sentimento che provavamo entrambi da molto tempo. Mi girai fra le lenzuola per guardarlo in faccia, allentò leggermente la stretta e mi aiutò a sdraiarmi sul suo petto. Lo baciai per trasmettergli tutto l’amore che provavo e fui ricambiata con la stessa passione. Avrei voluto restare lì, in quella stanza, in quel letto, per sempre ma, come tutte le cose belle, doveva finire prima o poi. Newt doveva andare a svolgere il suo lavoro di capo e io dovevo assolutamente parlare con Thomas per capire se ricordava qualcosa in più di ciò che avevo visto durante i flash back. – A cosa stai pensando? - domandò curioso il biondo mentre spostava una ciocca di capelli da una spalla e vi ci posava sopra un bacio delicato. Abbassai lo sguardo facendolo cadere sui suoi addominali leggermente scolpiti. – Devo riuscire a parlare con Thomas…- feci una pausa, rialzai lo sguardo e notai che si era leggermente rabbuiato – Newt, se lui sa darmi informazioni che io non ricordo, forse riusciamo a capirci qualcosa di tutta questa situazione… forse riusciamo ad uscire da qui! - mi scostai da lui e mi sedetti accanto, tenendo il lenzuolo avvolto intorno al busto per non prendere freddo. Si sollevò anche lui e mi strinse le spalle con le braccia – Lane, farò in modo che tu ci parli, ma fai attenzione che nessuno vi senta. Non so cosa potrebbe succedere se qualcuno fraintendesse…- mi diede un altro bacio sulle labbra – Dobbiamo vestirci e uscire. Gli altri ormai saranno svegli…-.
Scesi dal letto qualche secondo dopo Newt; infilai gli slip e i pantaloncini, afferrai il reggiseno dal pavimento e lo allacciai poi mi fermai ad osservare il ragazzo con cui avevo passato la notte. Lui mi stava guardando, era già vestito e un po' mi dispiaceva non poter godere del suo corpo nudo… avvampai distogliendo lo sguardo per il pensiero che mi aveva colpita. – Che c’è? - domandò ridendo. Si avvicinò e mi prese il viso fra le mani. Lo guardai negli occhi e scossi la testa. – Nulla! - sorrisi a mia volta e ricominciai a cercare la maglietta che Newt aveva lanciato chissà dove la notte precedente.
– Dove caspio è? - sussurrai abbassandomi per cercarla sotto al letto. Il biondo aprì l’armadio e tirò fuori uno straccetto piegato in quattro, di un colore violaceo. Richiamò la mia attenzione con un colpetto di tosse, mi voltai ad osservare bene ciò che teneva in mano e, con mia grande sorpresa, scoprii essere una camicia. La indossai un po' dubbiosa sulle dimensioni: dovetti arrotolare le maniche un bel pezzo e infilare una decina di centimetri nei pantaloncini; però in fondo era bello avere un indumento pulito… - Sei bellissima! - esclamò il ragazzo avvicinandosi nuovamente e baciandomi la fronte – Dovrò tenere d’occhio i ragazzi! - scoppiammo a ridere mentre uscivamo dalla stanza. Scesi le scale e uscii dall’edificio, diretta alla zona del falò per fare colazione. Newt mi disse che doveva controllare una cosa e sparì verso l’infermeria.
A pochi passi dalla mia colazione fui bloccata da Gally – Allora Fagiolina, come hai passato la notte? - mi scostai leggermente per arrivare da Frypan e ottenere il mio pasto. Fui raggiunta dal ragazzo che non sembrava intenzionato a demordere – Ehi non mi rispondi? - sbuffai infastidita. Presi una tazza di latte e del pane e andai a sedermi al primo posto libero. Notai gli occhi di diversi presenti che mi fissavano ma decisi di ignorarli. Quando Gally si sedette accanto a me decisi di rispondergli – Ho dormito. Ti basta? - un sogghigno apparve sul suo viso – Dove hai dormito? Non ti ho vista nella zona amache…- il cuore mancò un colpo per la sorpresa. Riflettei su cosa dire, lasciai passare qualche secondo poi risposi mettendo tutta la sicurezza nella voce – Preferivo stare da sola, ho dormito sotto ad un albero. - sperai se la bevesse, non avrei saputo cosa dire altrimenti. Sollevò un sopracciglio e lasciò cadere la conversazione. Mangiai restando in silenzio e, grazie al cielo, anche Gally non aprì bocca. Riflettei su cosa dovevo fare e, ovviamente, sapevo di dover parlare con Thomas, se solo avessi saputo dove fosse… mi voltai verso il giovane un po' tarchiato e decisi di chiederglielo. Inizialmente fece una smorfia, poi però si fece serio – È nel labirinto, con Minho… stanno cercando qualcosa. - fui colta dalla disperazione. – E quando tornano? - scosse la testa – Non ne ho idea. Ma spero non facciano casini come col dolente! - si alzò e se ne andò. Rimasi lì, seduta a guardare nel vuoto per un bel pezzo, poi fui scossa da Frypan che voleva riavere la ciotola e decisi di aiutarlo a lavare le stoviglie.
Rimasi in cucina per un paio di ore, parlando di come fosse la vita in quel posto. Frypan aveva un mucchio di cose da raccontare: era stato uno dei primi ad arrivare, tre anni prima, avevano costruito tutto da zero, le capanne, i campi, avevano imparato a quali ore si aprivano e chiudevano le porte. Rimasi ad ascoltare con molta attenzione, mi elencò le caratteristiche, i difetti e i pregi principali di tutti i Radurai. Quando toccò a Newt lo definì un bravo capo, capace di nascondere le proprie emozioni come Alby, un ragazzo dal cuore grande. Poi mi minacciò di morte se ne avessi fatto parola con qualcuno. – Quindi tu conosci tutto di tutti…- lui sorrise – Capisco le persone dopo poco che le conosco! - disse tronfio. – E di me cosa dici? - domandai guardandolo negli occhi. Rimase immobile qualche istante, fece un respiro profondo, probabilmente soppesando le parole, poi diede sfogo ai suoi pensieri –Sembri spaesata, ma credo tu sappia più di tutti noi… devi essere collegata in qualche modo a Thomas. Anche lui ha questo fare indagatore che hai tu. Entrambi vi siete lanciati nel Labirinto, fregandovene delle regole. Avete rischiato la vostra vita per qualcuno che non conoscevate quasi…- rimasi senza parole, con gli occhi sbarrati. – Wow…- riuscii a sussurrare. Lui alzò le spalle – Sì lo so, sono bravo con le persone! - prese una cesta piena di avanzi e uscì lasciandomi lì imbambolata.
Uscii dalla cucina e decisi di fare una passeggiata nella Radura per ambientarmi, passai per la zona delle viti e trovai Newt con una cesoia in mano mentre potava alcune piante. Lo salutai contenendo i sentimenti per evitare di insospettire gli altri. Lui fece lo stesso distogliendo velocemente lo sguardo e continuando il suo lavoro. – Dove vai? - mi domandò mentre mi allontanavo, mi voltai e alzai le spalle – Esploro! - esclamai forse un po' troppo eccitata. Il biondo annuì quasi impercettibilmente, poi si affrettò ad aggiungere – Non avvicinarti alle porte! - alzai il pollice della mano destra in senso di approvazione e mi incamminai verso un boschetto più fitto degli altri.
Passeggiai girando attorno a diversi alberi robusti, alcuni avevano rami carichi di foglie, altri sembravano più morti che vivi. Mi addentrai nel fitto, una strana umidità si alzò dal letto di foglie e rametti che calpestavo procedendo verso una zona paludosa. Rischiai diverse volte di inzuppare le scarpe in pozzette di acqua stagnante ma l’atmosfera mi ripagava completamente. Mi sentivo rilassata in quella leggera nebbia che mi avvolgeva e si appiccicava al corpo; raggiunsi uno stagno con delle ninfee che galleggiavano nel centro. Mi inclinai leggermente in avanti per vedere il mio riflesso nell’acqua, la figura era un po' sporca ma abbastanza visibile e ne rimasi stupita. I miei occhi erano scuri e incorniciati da folte ciglia, il viso era magro e un po' sciupato e i capelli, che arrivavano appena poco sotto le spalle, erano di un castano caldo con dei leggeri riflessi dorati. Sulla fronte si intravedeva il taglio rimarginato che mi ero procurata il primo giorno nella scatola. Come mossa da una forza superiore spostai una piccola ciocca dietro all’orecchio sinistro usando solo l’indice. Quel gesto mi fece tornare in mente un ricordo, la vista si fece nera e piombai nei ricordi.

Sono in piedi di fronte ad uno specchio, il viso di una ragazzina sui 13 anni, i capelli sono lunghi fino a metà schiena e li guardo con amore. Li tocco, sono morbidi e corposi, semplicemente li adoro. Qualcuno bussa alla porta e vado ad aprire. Mi ritrovo di fronte un Newt di 16 anni, bello come sempre. Mi guarda sorridendo dolcemente e sento un senso di nausea pervadermi. Quello sguardo non è rassicurante, per nulla. – Hanno deciso…- sussurra quando vede che non reagisco. Titubante allungo una mano per accarezzargli un braccio. Non ho il coraggio di chiedergli qual è la decisione, dai suoi occhi capisco che non è ciò che speravamo entrambi. Mi stringe a sé con forza, quasi volesse imprimersi la mia figura sul suo corpo. Lo ricambio e non posso evitare di far cadere una lacrima che va a posarsi sulla sua maglia bianca con le iniziali W. C. K. D. Mi scosta leggermente e mi guarda negli occhi, ha gli occhi lucidi e apre la bocca cercando le parole, o forse il coraggio… So già che dovrò andare nell’esperimento, in quella radura nel centro di un labirinto infestato da creature che ho aiutato a settare. Ne sono certa perché ho combinato troppi casini! Mi sono ribellata, ho cambiato i comandi a quelle creature, ho boicottato diversi piani dei miei superiori… Non c’è altra decisione che possano aver preso se non spedirmi verso morte certa. Mentre decine di ricordi riaffiorano alla mente e penso a tutte le cose che avrei voluto fare con Newt, il mio amato Newt! Colui che mi aveva difesa e aiutata un’infinità di volte; colui che aveva abbattuto una guardia per salvarmi ancor prima di conoscermi; colui che avrei voluto stringere a me e dal quale trarre energia per affrontare tutta quella situazione. Nello stesso momento in cui i miei occhi vanno a perdersi nelle iridi del biondo, lui mi sposta una ciocca di capelli e fa un sorriso dolce – Domani verranno a prelevarti dalla tua stanza… non ho potuto fare nulla Lane, mi dispiace. - la sua voce così affranta mi provoca una spaccatura nel cuore e una nuova lacrima va a rigare il mio viso già sciupato. – Non è colpa tua… tu sei più utile qui. Io ho creato solo problemi- dico cercando di stare calma e infondendo tutta la dolcezza che riuscivo a trovare. Mi avvicino per abbracciarlo ma lui si abbassa leggermente e mi bacia. Il bacio più intenso e carico di sentimenti che ci siamo mai dati.

Spalancai gli occhi con la sensazione che avevo provato il primo giorno alla Radura. Mi sentivo soffocare e i polmoni gridavano in cerca di ossigeno. Cercai di capire cosa fosse successo ma la paura e lo shock mi impedivano di pensare, l’unica cosa che rimbombava nella mia mente era come poteva essere che Newt fosse arrivato in quel posto molto prima di me, se dovevo essere stata mandata nella Radura due o più anni prima.
Sentii che non avrei retto ulteriormente alla mancanza di ossigeno e cominciai a muovere in modo scomposto le braccia e le gambe cercando di riaffiorare da quello che ricordai essere lo stagno paludoso in cui mi stavo riflettendo poco prima della visione. Immaginai di essere svenuta, come al solito, però ero terrorizzata dalla durata. Continuavo a muovermi ma sembrava che le mie forze fossero annullate completamente. Lentamente chiusi gli occhi stanca di combattere, “è la fine” pensai tristemente fra me e me mentre un paio di minuscole bollicine uscivano dalla bocca e salivano verso la cresta dello stagno. Fu allora che sentii una mano afferrarmi per il colletto della camicia e tirarmi verso l’alto. Mi adagiò accanto allo specchio d’acqua e si avvicinò al mio viso con gli occhi pieni di preoccupazione. Era un ragazzo dalla carnagione abbastanza pallida, con dei capelli riccioluti, biondi e arruffati. – Stai bene? - domandò lui spostandomi un braccio per controllarlo. Non avevo le forze per rispondere ma quel giovane scatenò in me dei ricordi, altri ricordi. Persi conoscenza subito dopo.

Sono nella mia stanza, guardo con ansia la porta perché so che da un momento all’altro entrerà qualcuno della W.C.K.D. per portarmi nel Labirinto. Non ho avuto il tempo di salutare Newt dopo il bacio e una sensazione di incompletezza mi assale. Sento dei passi affrettati lungo il corridoio e mi preparo per il mio destino. La porta si spalanca ed entra un ragazzino sull’età di Newt, con i capelli biondicci e il fiatone. – Zart! Che ci fai qui? - senza darmi spiegazioni mi strattona e mi costringe a correre. – Che c’è? Non posso andarmene! - gli urlo cercando di fargli mollare la presa ma lui insiste fino a quando non si arresta e mi sbatte contro un muro. Rimango pietrificata dalla paura. – Non verranno a prenderti, scema! Newt li ha convinti a farsi spedire in quel buco di merda al posto tuo! - quello che mi dice mi fa mancare il respiro. –Co..cosa? - chiedo titubante. Lui sbatte una mano sulla parete, accanto alla mia testa – Non ci arrivi?! Lo hanno preso mezz’ora fa ed ora sarà già nel Labirinto! - dalla rabbia e dalla disperazione do uno spintone a Zart e comincio a correre verso la zona dei laboratori dove i ragazzi vengono inviati nell’esperimento. Sono incavolata con Newt per avermi imbrogliata, per avermi fatto credere una cosa e averne fatta un’altra, per aver preso il mio posto! Aveva fatto una cosa onorevole ma incorretta: dovevo essere io a pagare per i miei errori, non lui!
Con quel pensiero fisso continuo a correre lungo i settori e, finalmente, arrivo alla porta del laboratorio. La apro ma troppo tardi. Entro nella stanza proprio nel momento in cui Newt perde i sensi nel liquido azzurrognolo che gli cancella i ricordi, che gli cancella quello che c’è fra di noi… ormai senza forze mi accascio atterra, mentre le lacrime mi rigano il viso. – No…- sussurro portandomi una mano alla bocca – Non può essere- una donna in camicie bianco si avvicina e mi aiuta ad alzarmi, vedo spuntare una siringa nelle sue mani e sento poco dopo una puntura al collo. Crollo miseramente mentre l’immagine del ragazzo che amo si imprime a fuoco nella mia mente.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Lentamente percepii qualcosa di caldo e umido sulle mie labbra che faceva entrare ossigeno nei miei polmoni. D’un tratto sentii tutta l’acqua che avevo inalato cercare di uscire, così mi girai su un fianco e la sputai fuori, tossendo disperatamente. Qualcuno mi poggiò una mano sulla schiena e fece dei piccoli cerchi per rilassarmi – Bene così- sussurrò Newt che mi stava accanto e mi reggeva. Con calma aprii gli occhi e mi guardai attorno spaesata. – Cos’è successo? - domandai con voce graffiata dal dolore alla gola che mi aveva provocato l’acqua paludosa. In verità lo potevo immaginare benissimo ma volevo sentirglielo dire comunque. Il suo viso si fece di una sfumatura rossastra – Ehm… ecco- biascicò mentre si toccava i capelli sulla nuca, imbarazzato – Sei caduta nella palude e Zart ti ha tirata fuori e portata qui…- si guardò attorno per prendere tempo – Non respiravi… non sapevamo cosa fare… così io, beh ecco… io ti ho fatto la respirazione bocca a bocca- l’ultima parte l’aveva sussurrata e detta tutto d’un fiato per paura di una qualche reazione dagli altri che ancora ci circondavano. Un refolo di vento mi fece rabbrividire e Newt se ne accorse subito – Sei tutta bagnata. Passatemi la coperta che c’è lì per terra!- ordinò ad un paio di Radurai che stavano appoggiati alla capanna dell’infermeria e indicando una coperta marrone. Come dei fulmini la raccolsero a gliela porsero. Lui me la sistemò sulle spalle e subito quel senso di disperazione che avevo provato durante il mio ultimo ricordo mi attanagliò lo stomaco. Newt era sempre così premuroso nei miei confronti e non si era fatto scrupoli per difendermi, aveva persino rischiato un’incursione da parte dei sui sottoposti quando ero corsa nel Labirinto… mi amava, come io amavo lui, ma aveva fatto troppo prendendo il mio posto in quell’esperimento. – Lane, tutto bene?- domandò il biondo preoccupato. Mi guardò negli occhi e subito tentai di abbassare lo sguardo per evitare che vedesse la lacrima che premeva per uscire. – Si si…- dissi io poco convincente. Lo vidi con la coda dell’occhio mentre si alzava e si spolverava i pantaloni, poi mi tese una mano – Ti porto al Casolare, così ti cambi quei vestiti fradici.- sorrise il più dolcemente possibile e non potei non afferrargli la mano e stringerla con forza mentre mi tirava verso di sé. Gli altri Radurai tornarono al loro lavoro lasciandoci la possibilità di avere un momento tutto per noi. Sapevo di dover raccontare a Newt del ricordo, ma ero ancora troppo scossa per affrontarlo lucidamente. Probabilmente avrei dato in escandescenza per quello che aveva fatto di nascosto. E se fosse stato ucciso in quei tre anni che aveva passato rinchiuso lì? Io non me lo sarei mai perdonata! A quel pensiero tremai leggermente e strinsi la mano del mio amato con decisione. Lui si arrestò e si voltò per guardarmi – Cosa ti succede? Sembri diversa dalla ragazza che ho lasciato prima di colazione…- era preoccupato e non potevo biasimarlo. – Nulla!- mentii io – Ho solo avuto paura prima… tutto qua.- Per caso guardai la mia mano libera muoversi come se stesse digitando qualcosa su una tastiera e mi venne in mente un altro ricordo. Tutto si fece sfocato mentre vedevo Newt girarsi per vedere perché mi fossi fermata e afferrarmi con le sue braccia mentre mi accasciavo.

Sto digitando alcuni codici sulla tastiera del mio computer, sul monitor appare una cartella, la apro e vi ci trovo un video. Clicco col dito direttamente sul file, lo schermo è freddo e mi trasmette una sensazione spiacevole. Appare l’immagine di uno dei corridoi del Labirinto più vicino alla Radura. Il sole sta sorgendo proprio in quel momento. Non capisco subito perché sia così importante quel dettaglio della struttura ma poi, dopo aver aumentato la vicinanza tramite lo zoom, noto un ragazzo biondo che si sta arrampicando sulla parete. – Newt…- sussurro sfiorando l’immagine del suo viso coll’indice. “Cosa fai amore mio?” penso cercando di avvicinarmi maggiormente. Ad un tratto si ferma. Rimane immobile. Si gira verso il vuoto. – No, no, no…- dico con un filo di voce. Sto tremando per la disperazione, non posso fare nulla per fermarlo… se solo fossi riuscita a fermarlo… a non permettergli di sacrificarsi per me… ora non starebbe facendo questo. Assisto impotente alla scena. Newt si lascia cadere nel vuoto. Tiene gli occhi chiusi ma so per certo che le sue iridi siano colme di disperazione. Disperazione per trovarsi in quel posto, per non trovare una via di fuga e per non ricordare nulla del suo passato. Perché quello che fanno a quelli che entrano nella Fase 1 del programma è privarli di ogni ricordo, poi spedirli nella Radura. Il video si conclude e la schermata ritorna nera. Rimango immobile a fissarla sperando di vedere cosa sia successo dopo, ma nulla. Un paio di lacrime rigano le mie guance e una mano maschile mi porge un fazzoletto di carta – Tieni- dice dolcemente, mi giro verso Thomas che mi guarda sorridendo gentilmente – Grazie- sussurro prendendo il pezzo di carta e asciugandomi gli occhi. Si siede accanto a me –Cosa succede? Hai visto il video del soggetto A5? - domanda quasi insensibile. – Newt! Si chiama Newt! - sputo con odio verso quelle lettere e numeri che hanno affibbiato ad ogni ragazzo entrato nella Fase 1. Riporto la mia attenzione al moro che si affretta a scusarsi – Comunque quello non è completo. C’è una seconda parte. - cerca una cartella nel suo computer – Ecco, guarda tu stessa! - si sposta da un lato così che possa avvicinarmi al monitor. Un ragazzo dai capelli neri e i tratti orientali è accanto a Newt che non dà cenno di muoversi. Dopo qualche secondo però alza la testa verso il suo amico che lo aiuta ad alzarsi. Si incamminano verso la Radura ma il biondino zoppica, non riesce a tenere la testa sollevata, probabilmente per la vergogna di ciò che ha fatto… “Oh Newt… è tutta colpa mia” penso sconsolata. Fermo il video, se ne vedo ancora solo un secondo scoppierei a piangere e non ho voglia di spiegarne il motivo a Thomas che è rimasto lì accanto per tutto il tempo.

Aprii lentamente gli occhi e percepii una lacrima ferma nell’angolo che scivolò subito dopo lungo lo zigomo. Capii subito di trovarmi nella “nostra” stanza. La porta era chiusa e Newt era seduto su una sedia accanto al letto. Mi accarezzava il palmo della mano con delicatezza. – Come stai? I flash back si sono fatti sempre più frequenti…- disse preoccupato. Mi misi seduta cercando di sembrare il più tranquilla possibile. Ciò che avevo appena visto mi aveva aperto una ferita profonda nel cuore e sentivo un peso enorme allo stomaco. Istintivamente abbassai la testa per fuggire ai suoi occhi che ancora mi facevano leggere le sue emozioni ed in quel momento vedevo solo la disperazione di quel gesto estremo che aveva fatto tempo prima. Mi prese il viso fra le mani e mi costrinse ad alzare lo sguardo nei suoi occhi – Non sai quanta paura mi hai fatto quando ti ho vista, inerme, fra le braccia di Zart che correva verso di noi urlando che non respiravi- fece una pausa – Sono andato nel panico e ho pensato soltanto una cosa: se morivi tu, io non avevo più nulla che mi tenesse legato a questo mondo…- sbarrai gli occhi terrorizzata, l’immagine di lui che si lasciava cadere nel vuoto si impossessò della mia mente. – Poi quando sei svenuta poco fa qui sotto… mi preoccupa questa situazione. – però io lo ascoltavo per modo di dire. Ero troppo presa dai ricordi… - Mi dispiace! – dissi con le lacrime che scendevano incontrollate. Newt mi abbracciò allarmato – Oddio, Lane non fare così… Troveremo una soluzione, troveremo un’uscita, faremo qualunque cosa ma ti prego non piangere… mi distrugge vederti così-Feci un respiro profondo cercando di controllarmi. Le sue braccia mi circondavano le spalle e con le mani faceva dei cerchi delicati sulla mia schiena.
 – Cosa hai visto di così brutto che ti ha fatto questa reazione? - domandò dopo alcuni minuti. Presi il coraggio, dovevo farlo, glielo dovevo! Tutto quello che aveva fatto per me… io non avevo fatto nulla! Non avevo nemmeno potuto impedire che tentasse il suicidio. Come potevo dire di amarlo? Presi una lunga boccata d’aria poi sussurrai – È tutta colpa mia- abbassai il capo sconsolata. Newt sembrava non capire e non potevo biasimarlo. Presi un altro respiro e mi costrinsi a parlare – Tu sei qui per colpa mia… Dovevano mandare me nella Radura ma tu li hai convinti a fare cambio e ti hanno spedito qui…- lo vidi rimanere immobile, impassibile – Quando ho saputo cosa avevi fatto, ho cercato di impedirlo ma non ho fatto abbastanza in fretta… io… mi dispiace…- mi alzai dal letto, cercando di allontanarmi da lui. Sapevo, ne ero certa, che mi avrebbe odiata. – Quando poi ho visto cosa hai fatto nel Labirinto… mi sono sentita responsabile! Se avessi corso più in fretta, se avessi indagato maggiormente, ti avrei impedito di prendere il mio posto. È colpa mia, scusami Newt! - mi avvicinai alla porta, misi una mano sulla maniglia e la abbassai. Sarei uscita da quella stanza e sarei sparita nella zona paludosa dove mi aveva trovato poco prima Zart. Non volevo che Newt fosse costretto a vedere l'artefice del suo misero destino tutto il tempo. Stavo per aprire la porta ma la sua voce mi fermò – Lo rifare, anche subito, se significasse salvare la ragazza che amo! - esclamò secco. Mi voltai per guardarlo negli occhi e vi ci lessi soltanto sicurezza. Sicurezza nelle parole che aveva appena pronunciato. In pochi istanti annullò la distanza fra noi e mi baciò, mentre io rimanevo immobile, esterrefatta dalle sue parole. Quando si staccò dalle mie labbra sfiorò il mio zigomo col suo pollice – Quel che è fatto, è fatto. Pensiamo al presente! - questa volta fui io a non potermi trattenere e gli cinsi il collo con le braccia lasciando che le nostre lingue si intrecciassero. Fummo subito colpiti dal desiderio. Cominciammo a spogliarci a vicenda mentre le nostre mani esploravano, frenetiche, i rispettivi corpi. In pochi secondi ci ritrovammo fra le lenzuola a rotolarci e amarci come se una passione, rimasta sepolta per centinaia di anni, ci animasse e accendesse un fuoco nelle nostre anime.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Newt mi baciava il collo mentre mi accarezzava il ventre con la mano destra. Eravamo rimasti in quella stanza per circa un’ora. Il biondino guardò l’orologio digitale che aveva al polso – Sono quasi le una. Dovremmo andare a mangiare…- effettivamente tutto quel movimento, sommato agli svariati svenimenti, mi avevano creato una voragine nello stomaco. – Per non parlare del fatto che gli altri potrebbero insospettirsi… Già che oggi qualcuno ha fatto battutine e commenti sul fatto che sei sempre con me. - continuò mettendosi a sedere. – Saranno gelosi! - scherzai scendendo dal letto raccogliendo gli slip poco lontani da me. Guardai Newt infilarsi i boxer e andare a recuperare i pantaloni marroni scuro. Avevo appena allacciato il reggiseno che la porta si aprì. – Newt come sta…- Zart rimase immobile sulla soglia quando ci vide mezzi nudi, il biondo intento ad allacciarsi i pantaloni ed io con gli shorts alle ginocchia. Divenne rosso e si voltò per andarsene imbarazzatissimo – Io…scusate…- scappò giù per le scale – Zart! - lo chiamò Newt afferrando la canottiera arancione e rincorrendolo fino al piano di sotto. Feci il più in fretta possibile a rimettermi la camicia violacea che, nel frattempo, si era asciugata. Quando uscii dal Casolare trovai i due ragazzi intenti in una conversazione più che imbarazzante. – Non dirlo agli altri, ti prego- stava dicendo il mio amato mentre mi avvicinavo. Appena mi vide, il giovane Raduraio si scusò ulteriormente e si dileguò. – Dici che lo racconterà a qualcuno? - domandai guardando nella direzione in cui era scappato il ragazzo. Newt si girò per guardarmi negli occhi – Era troppo imbarazzato anche solo per ripensarci…- sorridemmo mentre io pensavo che l’avevamo fatta grossa. Se Zart non avesse mantenuto il segreto, presto saremmo diventati i piccioncini della Radura e saremmo stati sulla bocca di tutti, per non parlare del fatto che Newt avrebbe rischiato di perdere il sostegno degli altri ragazzi. Come se mi avesse letto i pensieri, mi prese la mano – Non preoccuparti Lane! Ora andiamo a mangiare-
Quando arrivammo alla cucina presi la mia razione di cibo e andai a sedermi al primo posto libero. Newt mi raggiunse poco dopo con la stessa quantità di patate e carne nel piatto. Feci qualche boccone poi percepii un corpo avvicinarsi, mi voltai per vedere chi fosse e mi ritrovai Gally che si sedeva accanto a me. – Ciao- disse cominciando a mangiare. – Come stai? Ho saputo che ti sei fatta un bagnetto…- sogghignò divertito poi però tornò serio. Mi guardò negli occhi – Sono serio! Come stai? - io mandai giù il boccone e gli sorrisi con tutta la sicurezza che trovai – Bene. Ora sto bene! - Newt rimase immobile e quasi impassibile, continuava a mangiare evitando il mio sguardo. Notai Zart passarci accanto e girare la testa dalla parte opposta ancora imbarazzato. – Vieni a sederti qui Zart! - esclamò Gally. “No!” pensai incrociando le dita. Sarebbe stato impossibile mangiare in quella situazione… Il rumore di una posata che cadeva sul cemento mi riportò alla mente uno dei miei ricordi. Per un secondo tutte le cose attorno a me si misero a roteare. Sentii Newt urlare a Gally di prendermi mentre cadevo all’indietro dalla panca su cui mi ero seduta poco prima.

Sono in una mensa assieme a Thomas e Teresa. Stiamo mangiando ad un tavolo un po' isolato. Si avvicina una delle guardie dell’associazione – Lane devi venire con me- ordina senza battere ciglio. – Perché? - domando rimanendo immobile al mio posto. Thomas si agita leggermente sulla sua sedia. Mi guarda cercando di dirmi qualcosa e so cosa: poco prima ho distrutto un paio di dolenti facendoli combattere fra di loro. Non dev’essere passata inosservata la cosa ai piani altri ed ora mi vogliono punire come quella volta in cui avevo aiutato Minho ad uscire dal Labirinto aprendogli un varco. Quella volta mi avevano iniettato il siero che usavano per far perdere la memoria ai soggetti che entravano nella Radura. Ero rimasta senza forze e ricordi per quattro giorni poi, quando li avevo riacquistati, me lo avevano iniettato una seconda volta con dosi maggiori. Erano degli esperimenti che facevano per vedere cosa succedeva ai soggetti se venivano esposti più volte a quel siero. Era un modo per torturare chi non rispettava le regole.
La guardia mi afferra con violenza e mi costringe ad alzarmi facendo cadere il cucchiaio che avevo in mano. Mi dibatto usando sia le braccia che i piedi ma l’uomo mi strattona verso l’uscita della sala e sembra che i miei tentativi siano nulli. In un tentativo disperato urlo il nome di Thomas sperando che venga a salvarmi come avrebbe fatto Newt. Il moro scatta in piedi ma Teresa lo blocca facendo un cenno col capo come per dire che non ne vale la pena. Io non voglio mollare e continuo a battermi affinché mi lasci andare. Ovviamente non ottengo nessun risultato e l’uomo mi trasporta attraverso diversi corridoi fino ad una stanza completamente murata di mattonelle bianche che trasmettono freddezza e rendono l’ambiente asettico. C’è una scrivania in laminato e un armadio alto fino al soffitto. Un lettino riempie il resto dello spazio. Ci sono delle cinghie all’altezza dei polsi e delle caviglie e capisco immediatamente a cosa servono. Le usano sempre per tenere immobili i soggetti che usano come cavie. Lo avevano fatto anche con me quelle poche volte che mi avevano voluta punire. È una sensazione orribile, puoi muovere la testa e cercare di divincolarti ma sei sempre inchiodato a quel lettino maledetto. La guardia mi sbatte con violenza su quell’affare e comincia a legarmi prima i polsi poi le caviglie mentre continuo a muovermi in preda alla disperazione. Nella stanza entra un uomo in camice bianco e occhiali rotondi nel taschino – Cosa mi hai portato? - domanda alla guardia che mi ha prelevata. Lui mi guarda quasi divertito – Ha infranto il regolamento. Il capo desidera una punizione esemplare, così la smetterà di fare l’eroina. - il dottore annui leggermente, un po' pensieroso. Va alla scrivania ed estrae una chiave dal primo cassetto, poi si avvicina all’armadio e lo apre facendo girare tre volte la chiave nella serratura. Apre le ante e vedo che dentro ci sono decine e decine di flaconi contenenti liquidi di colori diversi. Mi accorgo che c’è un intero piano con delle fialette di un fluido azzurro che riconosco come quello che iniettano per far perdere i sensi. Sbarro gli occhi terrorizzata cercando di capire cosa sta prendendo il medico ma la guardia si piazza davanti alla mia visuale così appoggio il capo sulla testiera, sconfitta. L’uomo col camice si avvicina con una siringa in mano – Questo ti farà male- sussurra dispiaciuto. Cerco di scappare all’ago ma è inutile. Sento la puntura nel collo e vedo lo stantuffo abbassarsi mentre il liquido comincia a scorrermi nelle vene. Immediatamente i muscoli si contraggono procurandomi scosse di dolore insopportabili. Urlo con tutto il fiato che ho in gola cercando di divincolarmi. Vedo il mio braccio desto mentre le vene si ingrossano e spuntano in superficie con quel loro colore blu violaceo. Mi viene da vomitare ma non ho lo forze per fare nulla, sento la testa che scoppia e bollente come se avessi la febbre, gli occhi lucidi e la vista sfocata, più dal dolore che da altro. Il respiro si fa corto e irregolare. Mi sento malissimo. Il dottore rimane accanto a me mentre controlla delle cartelle cercando di ignorare le mie continue grida di dolore che ogni volta mi fanno scoppiare i polmoni. Per un tempo infinito mi contorco procurandomi ferite lì dove le cinghie stringono; tutto il corpo duro e indolenzito, le vene ancora enormi e il cuore che pulsa nel mio cervello. Dopo quello che credo siano ore, perdo i sensi.
-Svegliati- una voce di donna mi risveglia dal mio stato di incoscienza. Vedo una ragazza sui vent’anni con in dosso un camice che mi sorride dolcemente. Mi allenta le cinghie e mi aiuta a mettermi seduta. Mi porge un cucchiaino con una polverina bianca al suo interno. La guardo perplessa ed esausta – Il glucosio ti aiuta contro questo veleno. - sembra davvero molto gentile e decido di fidarmi. Mando giù lo zucchero e poco dopo mi sento già meglio.  Mi accompagna nella mia stanza dove mi sdraio sotto le coperte. Lei rimane a guardarmi, poi si siede vicino a me – Se solo la tua mamma sapesse cosa ha comportato la sua fuga… Tutto quello che hai dovuto subire… mi dispiace così tanto…- la guardo esausta ma decisa a dare sfogo ai miei pensieri – Se ti dispiace così tanto perché non li hai mai fermati? Perché non mi hai mai aiutata? - chiudo gli occhi incapace di continuare. Lei appoggia una mano sulla mia fronte senza rispondere alle mie domande. Poco prima di sprofondare nel baratro del sonno mi sussurra nell’orecchio – Ricorda: il glucosio è la tua chiave! -.

Mi svegliai lentamente percependo qualcosa di morbido che mi avvolgeva. Aprii lentamente gli occhi e mi ritrovai nell’infermeria, in un letto pieno di coperte e cuscini. – Ciao! - esclamò qualcuno alla mia sinistra. Voltai faticosamente la testa nella sua direzione e trovai, seduto su uno sgabello, il Raduraio più giovane. Era piccoletto e un po' cicciottello, con i capelli castani e ricci. Lo avevo già visto un paio di volte ma non gli avevo mai rivolto la parola. – Io sono Cuck- disse tutto allegro. Faticando un po' mi sollevai dal mio giaciglio bello caldo – E io sono Lane…- dissi a fatica. Guardai fuori da una finestra e notai che la luce era cambiata da quando ero svenuta a pranzo. – Sei rimasta incosciente per circa quattro ore. Newt si stava preoccupando! - disse tornando serio. – Mi dispiace…- sussurrai tentando di alzarmi. – Non preoccuparti! Mi ha messo di guardia così non eri sola- gli rivolsi un sorriso caloroso – Grazie Cuck- feci un passo ma la gamba non resse il mio peso e cedette. Fortunatamente il ragazzino era svelto, anche se non sembrava, e mi aiutò a ritrovare l’equilibrio. Notai che mi guardava con fare indagatorio così lo guardai negli occhi – Cosa vuoi chiedermi? - lui volse lo sguardo altrove diventando leggermente rosso – Io… ecco… hai fatto un brutto sogno? - lo guardai aspettando che continuasse – Sì vedi, tremavi e ti contorcevi un po'. Abbiamo dovuto mettere diversi cuscini per proteggerti dagli urti che potevi prendere. - questa volta fui io ad abbassare lo sguardo imbarazzata. La sensazione di dolore ai muscoli e il ricordo della tortura mi velarono lo sguardo, ma cercai di ricacciare le lacrime in fondo ai condotti lacrimali. – Mi dispiace…non volevo farvi preoccupare- Cuck si mise a ridere – Qui, quello più agitato era Newt che camminava nervoso su e giù per tutta la stanza continuando a lanciarti sguardi pieni di paura. Era uno spasso! Ma… voi due state insieme? - quella domanda così schietta, senza un minimo di velatura, mi lasciò sorpresa. Decisi di non rispondergli – Dov’è ora? - il ricciolino indicò molto casualmente una zona fuori dall’infermeria – Sta aspettando che Thomas e Minho tornino dalla loro ricerca nel Labirinto-. Era la mia occasione! Dovevo andare alle porte così da parlare finalmente con il moro; in più avevo appreso che lo zucchero poteva aiutare chi era punto da un Dolente, perché avevo capito che il liquido che mi avevano iniettato nel ricordo era lo stesso dei Dolenti, infatti i sintomi erano uguali: muscoli irrigiditi, vene ingrossate e sporgenti, stato febbricitante e respiro corto e irregolare. – Mi accompagneresti Cuck? Non so se le mie gambe reggono…- sorrisi leggermente mentre il giovane si avvicinava e mi prendeva sottobraccio. La cosa risultava abbastanza complicata visto che ero di diversi centimetri più alta di lui, però quel minimo di sostegno mi aiutava.
Camminammo lentamente per tutta la Radura, facevo molta fatica a rimanere in piedi. Mi sembrava che le energie se ne fossero andate completamente e probabilmente era dovuto al ricordo che mi aveva fatta agitare per diverse ore. Ci avvicinammo alle porte dove un gruppetto di una decina di ragazzi aspettava impaziente l’arrivo dei due velocisti.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Come prima cosa dovevo avvisare Newt della mia scoperta. Se Alby avesse assunto dello zucchero magari sarebbe migliorato notevolmente, anche se già il siero che avevano trovato in possesso di Teresa e che gli avevano iniettato la sera prima avrebbe dovuto sortire qualche effetto.
Mentre Chuck mi accompagnava alle porte Newt si accorse del nostro arrivo e, quando vide che mi appoggiavo al povero bambino paffutello, si avvicino a passo svelto – Lane, non avresti dovuto alzarti dal letto… come stai? - passò il suo braccio attorno alla mia vita e mi attirò a sé. – Devo dirti una cosa importante che ho ricordato! Si tratta di…- fui interrotta da uno dei Radurai che esclamò a gran voce – Eccoli! Stanno arrivando -. Ci avvicinammo alle porte mentre Thomas e Minho apparivano e ci venivano in contro. Io mi staccai dal mio biondo per permettergli di muoversi liberamente. Come i due misero un piede fuori dal Labirinto, Newt domandò un po' impaziente – Avete scoperto qualcosa? - i due velocisti non si fermarono nemmeno, continuarono a camminare verso il centro della Radura mentre Gally, col suo solito tono infastidito, si rivolse a Thomas – Cos’hai combinato questa volta? - il moro non diede segno di averlo sentito e cominciò a parlare – Forse ci siamo. Potremmo aver trovato la via d’uscita- tutti sembrarono stupiti da quell’affermazione – Davvero? - domandò il mio biondo. Faticavo un po' a stare dietro al gruppetto perché camminavano troppo veloci per le mie gambe che ancora non volevano aiutarmi. Nel frattempo Minho stava parlando – è così. Abbiamo aperto una porta, non lo avevo mai fatto! - fece una breve pausa – Forse è la tana dei Dolenti di giorno…- a quelle parole Chuck si avvicinò correndo al velocista asiatico – Aspetta, aspetta! Avete trovato la tana dei Dolenti? E volete portarci lì? - fu Thomas a rispondergli – Potrebbe essere la nostra salvezza! - disse convinto. A quel punto Gally si intromise – Sì, o potremmo trovare decine di Dolenti dall’altra parte! La verità è che Thomas non sa quello che sta facendo, come al solito! - il moro si girò di scatto arrabbiato – Sì ma almeno io ci sto provando! Tu che hai fatto finora Gally? - gli altri Radurai si misero in cerchio attorno ai due mentre Thomas continuava a parlare – A parte restare nascosto dietro queste mura…- il ragazzo tarchiato gli sbatté una mano sul petto – Sentimi bene, pivellino, tu sei qui da tre giorni, io sono arrivato tre anni fa! - a quel punto anche Thomas si scaldò maggiormente – Esatto! Tre anni fa e sei ancora qui Gally! Non capisci che forse dovresti cominciare ad affrontare le cose in modo…- non poté continuare perché Teresa interruppe il litigio con una notizia che fece sperare tutti – Alby è sveglio! -. Fortunatamente il siero aveva funzionato, pensai mentre mi avviavo con Newt, Minho, Thomas e Teresa verso l’infermeria dove avevano lasciato il loro capo.
Per tutto il tempo rimasi in disparte, in silenzio, a guardare e ascoltare ciò che si dicevano gli altri. Quando arrivammo nella capanna Minho domandò se il ragazzo di colore avesse detto qualcosa ma la giovane rispose con un “No” sconsolato. Trovammo Alby seduto sulla brandina, con le braccia conserte mentre si teneva la maglia al petto e lo sguardo perso nel vuoto. Newt si avvicinò maggiormente – Alby! - disse un po' titubante mentre si sedeva accanto all’amico – Alby, ti senti bene? - anche se non potevo vederlo negli occhi, sapevo che era triste e preoccupato per il capo della Radura. Purtroppo il ragazzo non diede segno di voler parlare e, anzi, rimase immobile senza nemmeno battere ciglio. Thomas si avvicinò parlando dolcemente –Ehi Alby, forse abbiamo trovato una via d’uscita dal Labirinto. - ancora nessuna risposta – Hai capito? Forse possiamo andarcene da qui- continuò il moro tenendo un tono di voce basso. Mi avvicinai leggermente per vedere in faccia il famoso capo ma l’unica cosa che vidi fu una faccia terrorizzata e disperata, che cercava di mantenere il controllo ma il mento si muoveva leggermente in modo convulso, segno che si stava sforzando per non piangere. Poco dopo scosse impercettibilmente la testa e sussurrò – No invece. Non possiamo andarcene. - faceva molta fatica a parlare e le lacrime gli rendevano lucidi gli occhi – Non ci lasceranno mai- terminò. Thomas non capiva, come tutti noi del resto – Di che stai parlando? - fu l’unico a dare sfogo al pensiero che aleggiava nella stanza. Newt rimase immobile sul suo posto. Alby ricominciò a parlare – Ora mi ricordo. - e subito si bloccò. Sembrava un bambino a cui dovevi tirare fuori le informazioni con delle pinze. – Che cosa ricordi? - chiese nuovamente il velocista. L’altro voltò lo sguardo nella sua direzione e con voce decisa disse – Di te! Sei sempre stato il loro preferito, Thomas. Sempre! Perché l’hai fatto? Perché sei venuto qui? - una lacrima gli scivolò lungo la guancia mentre gli altri presenti cominciavano a guardarsi attorno perplessi su qualcosa che non capivo. Percepii che anche al di fuori dell’infermeria l’aria si stava facendo agitata. – Andate a chiamare Newt! - gridò un Raduraio poco lontano da dove ci trovavamo noi. Sia il biondo che il moro si alzarono rapidamente e corsero fuori dall’edificio lasciando Alby che cominciò a piangere. Anche gli altri andarono a vedere cosa stava succedendo però io non me la sentii di abbandonare quel ragazzo. Decisi di sedermi accanto a lui, questo mi guardò dubbioso – Ciao Alby, io sono Lane…- dissi sorridendo e accarezzandogli la schiena – Qualunque cosa tu abbia visto non è del tutto vera…- lui abbassò lo sguardo scuotendo la testa – Tu non sai cosa ho visto! - mi alzai e mi misi di fronte a lui – Io so la verità! Thomas ha contribuito quanto me a questo Labirinto ma lo hanno mandato qui perché era scomodo a chi ha creato tutto questo… non mi ricordo i dettagli però sono certa di quello che ho detto. - un rumore improvviso e assordante risuonò in tutta la Radura. Sia io che Alby ci coprimmo le orecchie infastiditi. – Si è aperta una seconda porta! - esclamò allarmato. Io non ricordavo di aver mai sentito quel rumore, probabilmente perché quando dormivo, lo facevo profondamente, quindi poteva succedere di tutto e non me ne sarei accorta mai. Quello stesso rumore si ripresentò altre due volte a distanza di pochi secondi. Il ragazzo di colore mi guardò terrorizzato – Sono tutte aperte…- lo guardai senza ben capire cosa significasse. Sentimmo delle urla di ragazzi che correvano fuori dall’infermeria spaventatissimi. – Aspetta qui! - gli ordinai mentre mi avvicinavo alla porta. Non feci in tempo ad uscire che Clint e Jeff mi sbarrarono la strada e mi riportarono dentro. Erano agitati e aiutarono Alby a mettersi in piedi. Lo presero sotto le braccia e lo trascinarono fuori – Che sta succedendo? - urlai cercando di farmi sentire da quei due che sembrava non mi avessero nemmeno vista. Clint mi guardò di sfuggita – si sono aperte tutte le porte. - mi scocciai leggermente per la risposta insignificante. Li seguii fuori dall’edificio e verso il casolare. C’erano ragazzi che correvano ovunque e in qualunque direzione. Con lo sguardo cercai Newt che non trovai facendomi così montare l’agitazione. Incontrammo Thomas e Teresa che ci dissero che i Dolenti erano nella Radura. Sbarrammo tutti e quattro gli occhi. Poco dopo una di quelle creature, di metallo, con sei bracci/zampe composte da tubi metallici e cavi di ogni grandezza, sbucò dal nulla e scaraventò un paio di Radurai lontani centinaia di metri. Thomas indietreggiò assieme a tutti noi verso un gruppo di alberi poco lontani. Jeff era il più spaventato di tutti, persino di me che temevo per la sorte del mio amato. – Thomas, che cosa facciamo? - chiese tremando. Nello stesso momento un altro ragazzo fu trascinato dal braccio/coda di una di quelle creature. Eravamo circondati. – Correte! - urlò il moro mentre ci dirigevamo fuori dalla zona delle amache. Accanto al capanno degli attrezzi da giardinaggio fece capolino un altro di quei cosi metallici. Ci individuò e produsse un verso inspiegabile che mi raggiunse il cuore e lo fece congelare. Rimasi immobile, pietrificata. Il respiro mi si smorzò in gola e non ero più in grado di pensare. Teresa non ebbe la mia stessa reazione, anzi, afferrò una lanterna e la scaraventò contro la creatura incendiandola. Questa si dimenò lamentandosi e il gruppetto ne approfittò per continuare a correre. – Lane! - mi richiamò Thomas. Scattai in avanti e seguii gli altri. Mi girai appena in tempo per vedere che il Dolente non era più in fiamme ma molto, molto più arrabbiato. – Arriva! - urlò Clint poco più avanti di me. Una fitta alla caviglia mi fece rallentare leggermente e in quello stesso istante un secondo Dolente afferrò un ragazzo subito davanti a me e lo portò via. Rimasi scioccata ma solo per un secondo perché il primo dolente si fece più vicino e dovetti aumentare la velocità per non essere presa. Avevo il cuore a mille, non pensavo e non ragionavo, ero troppo spaventata! Alby cadde e provò a convincere i suoi compagni a lasciarlo lì, fortunatamente nessuno lo abbandonò e Thomas si mise in posa d’attacco verso la creatura. Riuscii a raggiungerli ma mi inciampai e caddi rovinosamente atterra accanto al capo dei Radurai. Sembrava la fine… mi rimisi in piedi tenendo d’occhio il Dolente ma fortunatamente arrivarono altri Radurai con armi di ogni tipo. Fra loro c’era anche Newt e un peso si sollevò dal mio cuore. Lanciarono qualche bastone e inflissero un paio di ferite nella creatura; il biondo sembrò non notarmi nel momento in cui attaccarono l’essere, ne rimasi sorpresa ma poi mi convinsi che c’era troppa confusione e il buio non aiutava affatto. Chuck ci fece segno di andare nel Casolare e corremmo tutti in quella direzione. Quando fui dentro mi ritrovai con diversi altri ragazzi, tutti spaventati che guardavano dalle fessure alle pareti. Thomas e Minho sprangarono la porta mentre Newt cominciò a guardarsi attorno agitato – Dov’è Lane? – io mi feci lentamente largo fra la folla – Lane? Qualcuno l’ha vista? - alzai una mano cercando di farmi vedere – Sono qui! - ma lui non mi sentì. Qualcuno mi sollevò in alto e urlò – Newt! È qui! - mi sentii leggermente in imbarazzo ma appena i nostri sguardi si incontrarono, tutto il resto svanì. C’eravamo solo noi due. Quel ragazzo che mi aveva sollevata mi rimise atterra e mi avvicinai al biondino che mi stava aspettando. – Grazie al cielo stai bene! - mi abbracciò delicatamente per poi allontanarsi leggermente. Quella sua distanza, sebbene minima, mi fece percorrere da un brivido lungo tutta la schiena.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Per attimi interminabili la capanna fu avvolta nel silenzio. La mia mano era unita a quella di Newt che la stringeva con terrore. Fuori sentivamo gli urli dei pochi Radurai rimasti allo scoperto. I Dolenti, lo sentivamo, si stavano avvicinando. Poi tutto tacque.
Una di quelle creature salì sul tetto di legname. Pregai che reggesse il suo peso… Newt e un altro paio di ragazzi si spostarono per seguire i suoi passi. D’un tratto il braccio posto sulla schiena del Dolente si introdusse nella capanna, spaccando il tetto e tranciando uno dei rami che teneva in piedi l’edificio. Il soffitto cedette e ci venne addosso. Fui sbattuta sul terreno mezza rintontita, fortunatamente mi rialzai senza un graffio. – State tutti bene? – domandò il biondo mentre mi cercava con lo sguardo. Alcuni risposero debolmente ma non sembrava ci fossero feriti. Vidi Thomas cercare di aiutare un Raduraio rimasto intrappolato sotto le macerie, Newt lo raggiunse ma fu troppo tardi. Il giovane sparì dalla nostra vista trascinato via da quella creatura.
Altri Dolenti si erano avvicinati, eravamo accerchiati. Diversi ragazzi urlarono mentre venivano trascinati fuori a forza. Newt mi strinse al suo petto, cercando di mantenere la calma. Sapevo quanto potesse essere difficile, nei suoi occhi leggevo terrore puro. Cercai di fargli coraggio stringendogli un braccio e guardandolo con amore. Ma lui mi ricambiò con uno sguardo di sconfitta… Era la fine. Ne ero certa!
Il primo Dolente mosse il suo braccio robotico fino ad avere Chuck nella traiettoria. Lo afferrò per il busto e lo strattonò verso l’alto. Fortunatamente Thomas fu veloce, tenne strette nelle sue mani le braccia del bambino. Newt si staccò da me per aiutarli e notai Teresa correre in loro soccorso. Vidi che dal bracciò spuntò una siringa, la stessa che avrebbe iniettato il veleno nel corpo di quel paffutello. Era troppo giovane per morire. Istintivamente cominciai a cercare qualcosa con cui staccare quell’arma dalla creatura ma Alby mi aveva preceduta. Con un colpo ben piazzato riuscì a far cadere l’ago atterra. Si scagliò poi contro il braccio e lo staccò con violenza. Il Dolente si ritiro con un urlo del capo della Radura che liberò tutta la sua frustrazione. Ci assicurammo che Chuck stesse bene. Io continuai ad osservare il buco da cui era entrato il Dolente, come se sapessi che sarebbe successo qualcosa di male. Infatti di lì a pochi secondi altri due mostri introdussero quei maledettissimi bracci acuminati. Uno afferrò Alby e lo sbatte sul tetto della capanna. Tutti corsero per aiutarlo rendendosi conto troppo tardi della presenza della seconda minaccia. Si mosse rapidamente verso Teresa, fu questione di un secondo. Corsi verso di lei e la buttai atterra nel momento in cui la pinza di metallo che si trovava all’estremità del bracciò si chiuse attorno al mio petto. Vidi Alby lasciare la mano di Thomas che lo stava trattenendo. – No! – Teresa lo urlò vedendo ciò che avevo fatto, Newt si voltò mentre venivo strattonata verso l’alto e un dolore lancinante mi colpiva dal mezzo delle costole.
Fui scaraventata sull’erba umida della notte. Ansimavo. Il dolore si faceva sempre più intenso mentre mi rendevo conto che quel mostro mi aveva iniettato il veleno. Ero stesa di schiena, sopra di me la volta stellata. Non era la prima volta che avevo quel liquido in circolazione nel mio corpo, come avevo visto nelle visioni mi avevano usata come cavia. Il glucosio è la tua chiave. Come un lampo mi tornarono alla mente le parole di quella donna. Facendo un respiro profondo mi misi in piedi, tastai il punto in cui avevo il segno lasciato dall’ago, del sangue mi macchiò le dita ma decisi di non prestarci attenzione. Facendo uno sforzo enorme mi misi in piedi sulle gambe malferme. Più tempo passava, più sarebbe stato difficile raggiungere la cucina. “Il glucosio” riflettei “è zucchero… devo trovarlo!”.
Comincia a camminare quando vidi, fuori dalla capanna in cui ci eravamo nascosti, Thomas e Gally litigare. Newt sembrava perso ma si mise in mezzo ai due. Poi il moro si allontanò di pochi passi e strappò dalle mani di Chuck la siringa del Dolente. Se la conficcò nella gamba e cadde al suolo, privo di coscienza. – No! – urlai con tutto il fiato che avevo in gola. Era impazzito?! Con le poche forze che mi restavano, cominciai a correre verso il gruppo. Non sarei mai arrivata in cucina, avevo bisogno di una mano. Newt mi vide, spalancò gli occhi e mi corse incontro zoppicando. – Lane! – mi appoggiai a lui senza forze – Oh mio Dio Lane… - vide il sangue sulla camicia. Io lo guardai seria negli occhi – Portami dello zucchero! – ordinai. Lui sgranò gli occhi – Cosa dici? Non stai ragionando… - cercò di sollevarmi ma io mi imposi usando tutte le forze – So esattamente cosa sto dicendo! Se non ingoio del glucosio il veleno che il Dolente mi ha iniettato raggiungerà il suo massimo e non so cosa potrò fare… - la mia voce si incrinò per la fatica. Le gambe mi cedettero mentre mi aggrappavo alle braccia del mio amato – Lane resisti! – mi sollevò e mi strinse a sé mentre correva verso il gruppo di Radurai. – Aiutatemi! – urlò mentre Minho si avvicinava. Il Velocista, quando mi vide sbiancò – Cosa le è successo? – Newt mi appoggiò delicatamente su un cumulo di stoffe – Portami dello zucchero il più in fretta possibile – l’altro non fece domande e cominciò a correre.
Il biondo mi guardava preoccupato – Rilassati okay? Fra poco starai meglio – mi accarezzava una guancia mentre una lacrima mi scendeva lungo la guancia. I muscoli cominciarono a contrarsi, avevo resistito anche più di quanto mi immaginassi. La “Mutazione”, come veniva chiamata nella Radura, era cominciata.
Abbassai lo sguardo sulle mie braccia, le vene stavano spuntando in superficie, blu e grosse. Brividi mi percorrevano tutto il corpo ma quella volta fu diversa rispetto a quella della mia visione. In qualche modo dovevo aver sviluppato una capacità di sopportazione elevata…
Newt mi fissava, continuando a massaggiarmi le spalle e sussurrando parole d’incoraggiamento. Solo allora notai la presenza di Gally. Era a pochi passi da noi, mi osservava preoccupato. Non osò parlare ma capivo che qualcosa gli frullava nella testa.
Minho arrivò dopo alcuni minuti – Eccolo! – esclamò mostrando al biondo un sacchetto. Prendendo tutte le poche forze che mi erano rimaste mi misi seduta. – Dammelo! – la voce era graffiata e, mi resi conto, avevo usato un tono troppo arrabbiato e sbrigativo… avrei avuto tempo dopo per scusarmi per i modi bruschi!
Newt avvicinò il sacchetto, dentro c’era un cucchiaio, per fortuna. Tutto cominciò a diventare sfuocato e indistinto, stavo per cedere. – Newt, devo ingoiare del glucosio… - lo guardai per un secondo prima che il mondo diventasse nero e io ricadessi senza sensi sul mucchio di panni. L’ultima cosa che vidi furono gli occhi scuri, pieni di preoccupazione, del mio amato.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Aprii lentamente gli occhi, leggermente infastidita da una luce insistente che mi colpiva il viso. Mi guardai attorno rendendomi conto di trovarmi in infermeria. L’attacco dei Dolenti della notte precedente aveva lasciato i segni. Una parete, infatti, era completamente distrutta e parte del tetto era crollato.
Mi alzai dal mio giaciglio accorgendomi di una figura che sonnecchiava su una sedia accanto al mio letto di pagliericcio. – Newt – lo chiamai dolcemente. Non se n’era andato. Aveva vegliato su di me nonostante la confusione della notte.
Il biondo si mosse leggermente e sollevò il viso, puntando i suoi meravigliosi occhi nei miei. Subito si mise in piedi e si avvicinò – Ciao, come ti senti? – mi sfiorò la guancia desta con la mano, accarezzandomi il lato della testa. Gli sorrisi grata per tutto quello che aveva fatto – Un po’ indolenzita ma sto bene. – lui sembrò sollevato ma, subito dopo, una sfumatura di preoccupazione fece capolino nel suo sguardo – Cosa succede? – domandai mettendomi in piedi.
Come il suo solito, il Raduraio fu subito pronto a prendermi qualora le gambe non avessero retto. Fortunatamente sembrava che le forze mi fossero tornate. – Gally ha preso il controllo della Radura. Ha sbattuto Thomas e Teresa in gattabuia e ha deciso di spedirli nel Labirinto. Minaccia di mandarci chiunque sia contrario alla sua azione… - aveva lo sguardo basso, quasi si vergognasse di ciò che era successo.
Gli accarezzai la schiena con movimenti circolari, nello stesso modo in cui mi riportava alla calma nei momenti difficili, - Tesoro non è colpa tua… Gally è una testa calda, vedrai che cambia idea – provai a sorridergli ma lui si allontanò – Questa volta no. Alby era bravo a tenere unito il gruppo… io no! Hanno ragione loro: come capo faccio schifo! – lo raggiunsi infastidita da ciò che stava dicendo – Non dire sciocchezze Newt! Sei in grado di guidare questi ragazzi. Hai preso le scelte giuste… Guarda cosa hai fatto con Thomas: se tu non lo avessi nominato Velocista, noi adesso non avremmo una via d’uscita – il biondo scosse vigorosamente la testa – E se la mia decisione di mandarlo nel Labirinto fosse la causa dell’attacco di ieri notte?! Forse a quest’ora Alby sarebbe ancora vivo. –
Non riuscii a trattenermi, lo abbracciai cercando di trasmettergli tutto l’amore che provavo. Gli presi il viso fra le mani e lo alzai in modo da guardarlo negli occhi – Ti amo Newt. E non solo perché mi hai salvata. Ti amo perché sai sempre cosa fare, hai intuito e sei ingegnoso. Ti amo perché so quanto ci tieni affinché tutti stiano bene e perché ti preoccupi prima degli altri, poi di te stesso. Non vorrei che fossi diverso e so che riuscirai a risolvere anche questo problema perché io mi fido di te! –
Il mio discorso lo lasciò interdetto per alcuni secondi. Poi fece una cosa inaspettata: sorrise carico e convinto delle sue capacità, mi passò una mano dietro la nuca e fece combaciare le nostre labbra. Fu un bacio carico di emozioni, la sua lingua esplorava la mia bocca mentre mi stringeva un fianco e mi faceva avvicinare maggiormente.
Saremmo rimasti in quel modo, l’uno a sciogliersi nell’altra, ma non era il momento opportuno. Sciogliemmo il bacio, con non poca difficoltà. Ci incamminammo verso l’uscita che era rimasta intatta. Prima di tornare alla realtà però, Newt mi bloccò e mi schioccò un ultimo bacio.
La visione della Radura semi distrutta mi lasciò a bocca aperta: parti di edificio erano crollate, oggetti di ogni tipo erano sparsi nell’erba e diversi corpi di Radurai uccisi dai Dolenti erano abbandonati sul terreno. Distolsi lo sguardo cercando di reprimere le lacrime. Perché qualcuno voleva tutto quello? Chi erano i mostri veri? Non i Dolenti, bensì i costruttori del Labirinto. E una era impressa nella mia mente: la donna bionda che mi aveva comunicato della fuga di mia madre, la stessa che mi aveva accolta, se così si può dire, nella sala controlli, subito dopo aver spedito Newt nel Labirinto al mio posto.
Nella mia mente cominciavano a collegarsi i tasselli mancanti. Tutto cominciava ad assumere una forma chiara e ben delineata: la dottoressa Ava Page aveva creato la W.C.K.D. mandando i giovani nel Labirinto. Dopo la fuga di mia madre mi aveva usata come cavia ma, dopo l’aiuto di Newt, avevo iniziato a lavorare per loro. Inizialmente svolgevo lavori di controllo, non avendo accesso ai computer. Mi ribellai più volte finendo con l’essere punita ogni volta in modo differente. Dopo aver manovrato due Dolenti affinchè si distruggessero a vicenda, avevano deciso di spedirmi in quel posto orribile ma il mio amato prese il mio posto. Da quel momento ero finita dietro una scrivania, con la possibilità di monitorare ciò che accadeva nella Radura e modificare i test. Diventai amica di Thomas e Teresa che erano convinti dei buoni propositi della W.C.K.D. senza accorgersi di ciò che accadeva realmente. Passai quasi tre anni seduta ad osservare ciò che facevano i vari ragazzi nella Radura, li vedevo mentre li portavano via sapendo che non li avrei più rivisti… Quando mandarono quel bambino, Chuck, non resistetti più. Riuscii a far capire a Thomas la follia della W.C.K.D., attuando un piano assieme, ma ci scoprirono. Mandarono il moro nella Radura e fecero test con il siero della “Mutazione” su di me. Ancora però non ricordavo come fossi finita nella Fase 1 del programma. Quel tassello ancora mancava al mio quadro e non mi sarei data pace fin quando non avessi scoperto ciò che era successo nei quattro giorni da quando Thomas era sparito a quando ero arrivata nella Radura.
-Hey, cos’hai? Ti vedo pensierosa… - Newt, che stava camminando al mio fianco, mi strinse la mano. Io scossi leggermente la testa – Nulla, tranquillo. Sto cercando di collegare i pezzi… - gli sorrisi lievemente – Ti sei ricordata di altro? – domandò curioso. Ma prima che potessi rispondergli, fummo raggiunti da Minho. – Ragazzi, Gally dà i numeri… Va in giro dicendo che Alby è morto per colpa di Thomas! – Newt sbuffò frustrato e cominciò a correre nella direzione da cui era arrivato il velocista.
Arrivati nel Casolare, trovammo tutti i pochi superstiti intenti ad ascoltare il discorso di Gally. Come Newt apparve, il ragazzo si zittì. – Cosa succede qui? – domandò, più che altro per guadagnare tempo. L’altro si mise a sbottare nella nostra direzione – Cosa credi che succeda Newt?! Stiamo decidendo le sorti di quell’imbecille di Thomas. Da quando è arrivato ha combinato disastri, ci ha messi in pericolo e ha ucciso Alby! – la collera gliela si leggeva in faccia: le vene del collo e della fronte erano ingrossate, per non parlare della postura che aveva assunto, quasi volesse schiacciare Newt con lo sguardo. – Thomas non ha ucciso Alby! Ha cercato di salvarlo… Tu dov’eri Gally? – domandai con lo stesso sguardo di disprezzo. Lui rimase immobile per pochi istanti, poi mi si avvicinò pericolosamente – Proprio tu parli! Potevi morire! C’era una seconda fiala di antidoto alla puntura di un Dolente ma quella testa di caspio di Thomas la usata. E per cosa? Per ricordare?! – strinsi il pugno pronto a colpirlo. Thomas cercava solo di rendersi utile, non poteva sapere che ero stata punta. Stavo per recriminare ma Newt mi strinse leggermente un braccio facendo un gesto con la testa. Alzai gli occhi al cielo e sbuffai, sapendo di dover tenere la bocca chiusa. Fu il biondino a parlare – Gally, sono io il vice, non tu! Qualunque decisione spetta a me. – sostenne lo sguardo e non indugiò sulle parole. Alcune voci di dissenso si levarono dalla platea – Hai sentito? Nessuno ti ritiene capace. Va dal tuo amichetto Thomas, se non vuoi stare alle mie regole te ne vai nel Labirinto con lui! – Gally aveva completamente perso la testa… - Ora andate a prendere i prigionieri! Saranno un sacrificio per i Dolenti! – ordinò guardando un paio di Radurai.
Io e Newt ci scambiammo una lunga occhiata. Uscimmo assieme a Minho e ci rintanammo in un luogo dove nessuno ci avrebbe sentiti. – Stiamo pronti – sussurrò il Velocista – Appena abbiamo l’occasione ce ne andiamo da questo inferno. Thomas è al corrente della situazione, sarà lui a darci il via. – io ascoltai in silenzio. Ascoltai i due ragazzi mentre definivano il piano. Avvisarono anche Chuck che si sarebbe tenuto pronto con delle provviste. Sarebbe rimasto in disparte, per non rischiare di farci beccare da Gally.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Ci ritrovammo davanti alle porte del Labirinto. Tutti i sopravvissuti osservarono due dei loro trascinare Thomas, che era svenuto e Teresa che cercava di liberarsi. Ci sparpagliammo fra gli altri, Newt sempre al mio fianco.
Jeff provò a far ragionare Gally – E se Thomas avesse ragione? – gli domandò un po’ timoroso – Magari può portarci a casa… - il ragazzo tarchiato però non era d’accordo. Gli si avvicinò con passo lento – Noi siamo già a casa, okay? Non ho nessuna voglia di cancellare altri nomi su quel muro. -. A quel punto Teresa prese la parola – Credi che mandandoci via risolverai qualcosa? – disse con voce ferma. Ma Gally scosse leggermente la testa – No – disse semplicemente – Comunque non mando via nessuno. Questo è un sacrificio! – a quelle parole la ragazza cominciò ad agitarsi. Nessuno era riuscito ad avvisarli del cambio di programma di Gally…
Mentre un Raduraio legava la mora a un palo e Gally continuava il suo discorso per convincere tutti che rimanere sarebbe stata la cosa giusta, Newt fece un cenno a Minho: era arrivato il momento di agire. Chuck si avvicinò leggermente, carico di zaini e borse piene di roba. Nel mentre Teresa cercava di far rinsavire i presenti – Ma sentite che sta dicendo?! Perché state lì a guardare? Gally ha perso la testa! Se restate qui i Dolenti verranno a prendervi, torneranno giorno dopo giorno finché non vi avranno sterminati! -.
Nel frattempo altri due ragazzi cercarono di sollevare Thomas per legarlo al secondo palo. Questo però si liberò e con un paio di colpi li stese. Nello stesso momento Newt estrasse il machete dalla custodia legata alla sua schiena, Teresa colpì il Raduraio più vicino e Minho fermò Gally puntandogli alla schiena una lama.
Io mi sentii letteralmente inutile! Newt non aveva voluto darmi un’arma, non voleva rischiare… A volte mi sembrava troppo protettivo! In quel momento uno dei ragazzi che credeva nelle parole di Gally estrasse un pugnale dal suo fodero e si scaraventò contro il mio amato. Senza riflettere mi frapposi tra la lama e il biondo. Con un gesto del braccio gli bloccai il polso e gli feci cadere l’arma. Poi con un calcio sullo stinco lo feci gridare e accasciarsi al suolo. Mi chinai per prendere la lama e la strinsi nella mano come a sfidare chiunque altro a provarci. Notai una punta di orgoglio negli occhi scuri del biondo e mi avvicinai a lui superando un Gally particolarmente scioccato.
Thomas puntava un bastone di legno con l’estremità appuntita verso i presenti. Ci schierammo con lui, le spalle al Labirinto e lo sguardo deciso a sfidare i Radurai che non volvano andarsene. – Sei pieno di sorprese, vero? – domandò Gally sollevando leggermente le spalle in segno di disapprovazione. Il moro strinse maggiormente la presa sull’asta – Non sei obbligato a venire, ma noi andiamo via! – poi rivolgendosi al resto dei presenti – Chiunque altro voglia venire, si unisca a noi! – a quelle parole alcuni mossero un passo ma Gally richiamò immediatamente l’attenzione – Non dategli retta, vuole spaventarvi okay? –
Thomas rispose subito a quell’affermazione – Non voglio spaventarvi, lo siete già abbastanza. E anche io ho paura… Ma preferisco rischiare la vita lì fuori piuttosto che morire qui dentro! – notai gli sguardi combattuti di alcuni Radurai. Capivo la loro incertezza ma il Velocista aveva ragione: i Creatori di quel luogo non avrebbero permesso la sopravvivenza all’interno della Radura… ne ero certa!
Nel frattempo il moro continuava il suo discorso per convincere gli altri a seguirci – Questo non è il nostro mondo e questo posto non è casa nostra. Ci hanno chiusi qui, ci hanno intrappolati… Almeno lì fuori abbiamo una scelta. So che possiamo uscire, ne sono sicuro! –
A quelle parole Winston si guardò attorno cercando di capire cosa avrebbero fatto gli altri… guardai di sfuggita Newt che, accanto a me, stringeva i pugni frustrato. Potevo leggergli negli occhi che era frustrato. Nemmeno io capivo perché fossero così titubanti, lo avevano visto anche loro quanto potessero essere pericolosi i Dolenti. E ancora credevano che rimanere fosse la cosa giusta?!
Alla fine Winston, Jeff e alcuni altri si schierarono dalla nostra parte, tutti con lo sguardo basso, quasi si sentissero in imbarazzo per la loro scelta…
Thomas provò a convincere Gally a venire con noi, ma le sue uniche parole furono – Divertitevi con i Dolenti -. Seguendo il mio istinto feci un passo verso il biondo – Quanto sei stupido? – gli dissi quasi urlando – Non lo capisci che siete spacciati?! Hai visto anche tu cosa è successo ieri notte! Credi veramente che, con Thomas che se ne va, spariscano anche i Dolenti? Perché ti ostini a vedere questo posto come un luogo sicuro? – con le braccia indicai la Radura – Niente di questo posto è sicuro! Credi veramente che i Creatori vi permetteranno di restare indisturbati? – una mano si appoggiò sulla mia spalla, stringendola leggermente – Lascia stare… - Newt guardava dispiaciuto Gally, sapendo che non avrebbe mai cambiato posizione. – Andiamo – mi sussurrò voltandosi verso il Labirinto. Io rimasi ancora qualche istante con lo sguardo sul giovane tarchiato – Va! Hai preso la tua decisione – disse lui scuotendo leggermente la testa.
Cominciammo a correre attraverso i corridoi del Labirinto. L’edera si arrampicava lungo le pareti e delle liane pendevano da tutte le parti. Thomas e Minho ci condussero fino alla tana di quelle creature metalliche. Newt era un po’ rallentato a causa della gamba… doveva essere difficile per lui… Io gli rimasi accanto anche perché non mi ero ripresa completamente dal veleno che avevo in circolo poche ore prima.
Arrivati a destinazione, Thomas ci fece segno di tacere. Chuck, che era il più spaventato di tutti, tremò leggermente quando il Velocista confermò che un Dolente era a guardia dell’entrata. – Ci penso io, stai vicino a me! – esclamò Teresa, mentre si legava i capelli in una coda. Minho affidò al bambino il pezzo metallico che avevano estratto dal Dolente ucciso da Thomas. Da quello che avevo capito serviva ad aprire la porta che ci avrebbe condotti fuori da quell’inferno.
Newt mi strinse la mano – Stammi vicina! – sussurrò al mio orecchio. Quel suo fare protettivo mi irritava un po’ però apprezzavo, allo stesso tempo, il fatto che fosse preoccupato… Non ricordavo da quanto tempo era che qualcuno non si prendesse cura di me, come faceva lui.
Il moro ci incitò con una frase che mi sarebbe rimasta impressa per il resto della mia vita – O usciamo adesso, o moriremo provandoci! – impugnammo tutti le nostre armi e caricammo quella creatura.
Ci volle molta forza per tenerlo a bada. Uno dei ragazzi fu arpionato e lanciato nel fosso che circondava la passerella su cui ci trovavamo. Teresa riuscì a staccare una zampa al mostro che, però, colpì Chuck facendogli cadere la chiave. Il bambino corse subito a prenderla mentre io schivavo un affondo della coda di quell’essere. Newt mi tirò all’indietro, mettendosi tra me e il Dolente. – Smettila di proteggermi! – gli dissi mentre ritornavo alla carica.
Tutti assieme riuscimmo a far cadere la creatura nel baratro, ma subito dopo ne apparvero altre due nel punto in cui Chuck era quasi caduto cercando di afferrare la chiave. Teresa aiutò il bambino e corsero spaventati verso di noi.
Più tempo passava, più sembravamo spacciati…

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


La chiave aprì un passaggio, Teresa e Chuck vi entrarono e si ritrovarono a dover inserire un codice. Nel frattempo cercavamo di tenere a bada quelle creature che apparivano da ogni lato. Altri ragazzi furono presi dai Dolenti… uno riuscii ad infilzarlo con un bastone.
Minho fu aggredito dall’alto e Jeff si lanciò in suo aiuto. La lancia che osò per tenerlo a bada, si incastrò nel dorso dell’essere. Provai ad intervenire, infilai il mio pugnale nell’occhio melmoso. Lo estrassi con forza ma la cosa lo fece solo arrabbiare maggiormente. La sua coda piombò su di me. Quando era a pochi centimetri dal mio corpo, una lama bloccò il colpo. Il Dolente si ritirò portando con sé il pover Jeff, che non era riuscito a liberarsi. – No! – urlai, rendendomi conto di quanto inutile fosse stato il mio attacco… Minho mi strattonò e mi rimise in piedi – Corri Lane! -.
Mi voltai verso gli altri e vidi li sguardo di Newt: avrebbe voluto aiutarmi. Poi vidi il braccio di Thomas che lo teneva fermo, a impedirgli di correre in mio soccorso. Il Velocista aveva fatto la cosa giusta… Il biondo si sarebbe fatto ammazzare pur di salvarmi e questo non ce lo potevamo permettere!
In quel momento qualcuno urlò che la porta si stava aprendo e tutti ci avvicinammo al varco. Delle lastre di pietra caddero dal soffitto, schiacciando i Dolenti rimasti. Mi avvicinai velocemente al mio amato che mi strinse un braccio attorno alle spalle. Tutti indietreggiammo di alcuni passi, il passaggio si chiuse lasciandoci nel buio più totale.
Ci furono secondi di silenzio in cui nessuno osava fiatare. C’era paura nell’aria, c’era speranza e c’era incertezza. Cosa ci aspettava ora?
Poi, d’un tratto, ci fu uno scatto alle nostre spalle ed una porta si aprì lasciando entrare uno spiraglio di luce. Esitammo, poi però muovemmo alcuni passi verso l’esterno.
Ci ritrovammo in un corridoio freddo, tutto era fatto di pietra e alle pareti passavano dei tubi di metallo. Le luci al neon si accesero una dietro l’altra. Quel posto mi era famigliare…
Mi voltai nella direzione opposta a quella che stavano guardando tutti e mi tornò in mente una parte del passato.
 
Sto correndo per quel corridoio, inseguita da quattro uomini di W.C.K.D. che cercano di mandare in fumo il mio piano. Ci ho ragionato a lungo. Ho studiato i piani e ho deciso quando agire! Dopo aver sentito alcuni membri dello staff medico affermare che la Fase 1 sarebbe dovuta terminare di lì a pochi giorni, non riuscivo a smettere di pensare che Newt potrebbe essere ucciso. So che il loro modo per vedere chi è più forte è quello di scatenare i Dolenti… Newt sarebbe stato in grado di sopravvivere?! Quella domanda mi perseguitava da giorni. Poi ho deciso di agire! Il piano era di intrufolarsi nel Labirinto usando una delle porte d’emergenza… sapevo i rischi che correvo, era abbastanza ovvio che sarei stata fermata ma, non potevo lasciare nulla di intentato!
Avevo quasi raggiunto la porta quando le guardi di sicurezza mi avevano trovata.
Dopo avermi inseguita per metà della struttura mi hanno atterrata e sedata con una dose di liquido azzurrognolo. Quando poi mi riprendo mi stanno portando nella stanza che precede la Scatola. Mi immergono nel liquido che cancella la memoria… So che mi manderanno nel Labirinto, per lo meno rivedrò Newt!
 
Il biondo mi muoveva una mano davanti agli occhi – Lane stai bene? – domandò mentre mi riconnettevo con la realtà. Mi passai una mano sul viso – Sì, sì… Ricordo come sono finita nella Radura. – poi mi voltai verso gli altri – Ve lo spiegherò in un altro momento. – sorrisi leggermente a Newt poi seguii Thomas che si era incamminato.
Raggiungemmo una porta con scritto “Uscita” a quella visione Frypan fece un verso di scherno – è uno scherzo?! –
Il Velocista titubò con la mano sulla maniglia poi però aprì la porta. Una sirena d’allarme riempì il silenzi che ci circondava. Davanti a noi c’era una scena macabra: corpi di uomini e donne con i camici da laboratorio erano accasciati per tutta la struttura. Arrivammo nella sala di comando. Quel posto mi era famigliare… erano passati solo pochi giorni dall’ultima volta che mi ero seduta alla mia scrivania. Mi guardai attorno notando gli sguardi spaesati del resto dei ragazzi. Volevo sapere cosa fosse successo in quel laboratorio! Mi avvicinai alla mia postazione e digitai sulla tastiera, cercando i filmati della sorveglianza – Lane? – la voce preoccupata di Frypan mi fece interrompere la mia ricerca. – Tu conosci questo posto? – domandò nuovamente mentre Newt mi si avvicinava. Sospirai leggermente – Sì, io… io ci lavoravo… - lo sguardo sorpreso e spaventato si presentò non solo sul volto del cuoco ma anche su quello di Winston, Minho e Chuck. – Ve lo avrei detto ragazzi… solo non volevo farlo in questo modo… - Newt mi mise una mano sulla spalla – Ragazzi, Lane è dalla nostra parte. Questo lo sapete vero? -. Minho sorrise come suo solito – Non ho mai dubitato! –
In quel momento Teresa richiamò la mia attenzione – C’è il tuo nome su questi file… - ci avvicinammo al monitor. La mora aprì un video e subito mi pentì di averle dato retta. Il filmato riproduceva una delle “sedute” di tortura che mi avevano fatto nell’ultimo periodo. Il mio corpo scosso da brividi, la pelle solcata dalle vene ingrossate a causa della Mutazione, gli occhi pieni di lacrime… Non sopportavo che i presenti lo vedessero! Rapidamente chiusi il video, allontanandomi dallo schermo – Lane… - la voce di Newt era piena di compassione, una cosa che non avrei mai voluto. – Quanti sono Teresa? – domandò poi alla mora. Quella impiegò alcuni secondi a contarli ma io fui più veloce a rispondere al biondo – Una decina – dissi seria mentre digitavo sulla tastiera di un altro computer. Speravo di capire cosa fosse successo in quel laboratorio… - Lane… - Frypan mi posò una mano sul braccio. Alzai per un secondo lo sguardo nei suoi occhi e vi lessi la stessa emozione che avevo trovato in Newt: compassione. – Non è nulla! Hanno fatto di peggio a voi nella Radura – dissi scostando la sua mano, era per quello che non avrei voluto dirlo a nessuno. Era ovvio che tutti si sarebbero messi a compatirmi. Fissai lo schermo infastidita – Cosa stai cercando? – domandò Chuck avvicinandosi – Sto cercando i video per capire cosa caspio è successo qui dentro! – esclamai allontanandomi dalla scrivania. Newt mi impose di fermarmi – Quello che ti hanno fatto… - non finì la frase perché lo interruppi – Quello che mi hanno iniettato mi ha impedito di impazzire questa notte! A forza di avere quello schifo nel sangue ci ho fatto gli anticorpi. -
Mi voltai e vidi Thomas vicino alla sua postazione, lui alzò lo sguardo su di me. Si era appena ricordato di ciò che facevamo lì.
Minho e Winston stavano guardando dei monitor in cui si vedeva la Radura. Mi avvicinai silenziosamente – Vi spiavano… Noi vi spiavamo – feci una mezza faccia da scuse, sperando di non perdere la loro fiducia… Dopo aver saputo di Thomas e averlo seguito comunque nel Labirinto, speravo non si sarebbero legati al dito ciò che avevo fatto io…
Il Velocista mi guardò per un solo attimo prima di tornare con lo sguardo ai monitor – Ci sei finita anche tu nella Radura, qualcosa devi averlo fatto. – “Meglio non raccontare nulla”, pensai avvicinandomi ad uno schermo più grande.
In quel momento Thomas cliccò qualcosa sulla sua tastiera e il viso di Ava Page apparve sullo schermo. I suoi capelli biondi legati in una sorta di chignon sulla testa, quegli occhi che avevano un che di maligno e le labbra strette. Quella faccia me la sarei ricordata per tutta la mia vita: lei mi aveva annunciato la vita che mi aspettava dopo la fuga di mia madre…
Tutti si avvicinarono per vedere di cosa si trattasse, mentre la dottoressa cominciava a spiegare la situazione apocalittica in cui versava la terra – Il sole ha carbonizzato il nostro mondo, migliaia di uomini sono stati uccisi dal fuoco, dalla fame e dalle condizioni estreme in cui versavamo – le parole erano accompagnate da immagini di zone totalmente bruciate e incendi che devastavano corpi umani – E quello che è venuto dopo era peggio: lo abbiamo chiamato “l’Eruzione”. Un virus mortale che attacca il cervello. È violento, imprevedibile, incurabile… o almeno così pensavamo. Nel corso del tempo è nata una nuova generazione in grado di sopravvivere al virus… - smisi di ascoltarla. Quella donna aveva la capacità di farmi perdere il controllo. Ciò che disse fu lo stesso “mantra” con cui convinceva chiunque a lavorare per la sua organizzazione. I giovani dovevano essere sacrificati per trovare la cura… Poi se ne usciva sempre con la frase “Voi siete molto importanti!”. Tutti si lasciavano abbindolare… Non io! Io ricordavo perfettamente tutti i Radurai morti in quegli anni, tutti i ragazzi sacrificati per trovare qualcosa che ancora non era stato trovato.
Riportai l’attenzione al video notando che, sullo sfondo, stava succedendo qualcosa. Lo staff era agitato e lasciava le postazioni cercando di scappare da qualcosa. Poi dei soldati con il volto coperto fecero irruzione nel laboratorio, sparando a chiunque fosse in traiettoria… La dottoressa Page stava finendo il suo discorso – Potrebbe essere troppo tardi per noi, per me… ma non per voi. Il mondo esterno aspetta. – si portò una pistola alla tempia e, prima di premere il grilletto, esclamò – W.C.K.D. è buono! – 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Tutti rimasero sconvolti dalla freddezza di quel gesto. Io per prima non mi aspettavo un’azione del genere…
Thomas riportò l’attenzione di tutti sul corpo che giaceva al suolo nell’ufficio lì accanto. Ava Page era veramente morta…
Una luce verde si accese e una porta si aprì. Fissammo il tunnel che conduceva verso una luce, senza sapere cosa fare. Chuck fece un respiro profondo – è finita? – domandò speranzoso. Newt mi guardò un po’ perso – Ha detto che siamo importanti… Che cosa dovremmo fare adesso? –
Tutti guardammo Thomas in attesa di una risposta. Nemmeno io sapevo cosa fare… In tutta la mia vita ero rimasta dentro le mura del Laboratorio, non ero uscita e non avevo avuto notizie del mondo esterno… Iniziavo a capire come si potessero sentire gli altri!
Thomas scosse la testa – Non lo so… ma andiamo via da qui! –
Eravamo ad un passo dalla libertà quando la voce di Gally ci pietrificò all’istante – No! – teneva una pistola in mano… Pensai di provare a parlargli ma Teresa bloccò qualunque mia mossa – Lo hanno punto, non ti avvicinare… -
Gally sembrava sconvolto – Non possiamo andarcene – disse con le labbra tremanti. Provai ad avvicinarmi ma Newt mi fermò tenendomi stretta la mano. Thomas fece un passo verso di lui. – Ma non capisci? Lo abbiamo già fatto… siamo liberi – il Raduraio però non dava segni di cambiare idea.
Strattonai il braccio per liberarmi dalla presa del mio ragazzo. Feci alcuni passi vero Gally tenendo le mani in vista: non volevo mi sparasse…
Lui alzò la canna della pistola contro di me, mi fermai ma quel gesto non impedì che parlassi – Gally, per favore. Non fare cose stupide… Vieni con noi. Il Labirinto è solo una finzione, il mondo esterno ci aspetta. Saremo liberi… - lui mi rifilò uno sguardo pieno di odio – Liberi?! Credi di essere libero lì fuori? No – singhiozzò – No non si può scappare da questo posto. – la pistola tremò e partì un colpo. Chiusi gli occhi pronta a sentire un dolore lancinante ovunque il proiettile avrebbe colpito. Sentii alcuni urlare, ma non percepii alcun dolore. Aprii lentamente gli occhi, controllando immediatamente se mi aveva colpita. Per mia fortuna aveva una pessima mira… Newt mi prese per le spalle e mi tirò a sé facendomi andare dietro al suo corpo. – Stai bene? – mi domandò guardandomi da sopra la spalla. Io annuii ancora spaventata. Non mi aspettavo avrebbe provato a farmi fuori, non il Gally che avevo conosciuto al mio arrivo nella Radura.
Thomas cercò di non scomporsi e continuò a parlare con il ragazzo punto – Adesso ascoltami bene! Non sei abbastanza lucido… Fidati di noi. Possiamo aiutarti! Metti giù la pistola però… -
Il Raduraio biondo non voleva ascoltarlo – Io appartengo al Labirinto – disse puntando la pistola verso Thomas – E anche voi! – sparò un colpo, Minho lanciò una lancia che si conficcò nel petto di Gally, Newt si girò per farmi da scudo col suo corpo e notai Chuck cercare di spostare Thomas rispetto alla traiettoria del proiettile.
Furono attimi di caos, tutti si erano spaventati e ognuno aveva pensato a salvarsi…
Gally cadde a terra rantolando, si accasciò al suolo e i suoi occhi persero la grinta. Gli occhi mi pizzicarono. Non avevo mai visto un amico morirmi di fronte agli occhi. Quell’immagine sarebbe rimasta impressa nella mia memoria…
Con la coda dell’occhio notai Chuck appoggiarsi al Velocista dai capelli mori, mormorò il suo nome mentre si portava una mano al petto.
Sbiancai quando una macchia rossa si espanse sulla maglietta del bambino… Thomas lo afferrò e lo fece sdraiare sul pavimento freddo del laboratorio. Cercava di tenerlo sveglio, piangeva. Io trattenni le lacrime… Newt, accanto a me, si portò una mano sulla bocca e soffocò un singhiozzo. Tutti eravamo calanti in un silenzio colmo di tristezza.
Il bambino paffuto diede a Thomas una statuina di legno e continuò a ripetere – Grazie – fin quando il suo cuore non smise di battere. Ma il Velocista continuò a scuoterlo cercando di svegliarlo… Avrei voluto fermarlo, fargli capire che non c’era più niente da fare. Però capii che aveva solo bisogno di tempo.
Io quel bambino non lo avevo quasi conosciuto, non provavo gli stessi sentimenti. Il mio amato continuava a guardarlo, gli occhi lucidi e la mano sulla bocca. Non voleva che gli altri sentissero la sua tristezza. Mi avvicinai e lo strinsi in un abbraccio, il più forte che potei.
Sentii una porta aprirsi e delle voci adulte dire cose che non compresi. Fui staccata dal corpo di Newt e trascinata fuori dalla struttura. Il mio biondo si ribellò dalla presa di un uomo per raggiungermi, non mi lasciò neanche per un secondo la mano.
Fummo caricati su un elicottero. Mi sistemai accanto a uno dei finestrini, Newt vicino a me. Ci guardammo per alcuni istanti, i suoi occhi erano ancora colmi di tristezza e una lacrima gli scivolò lungo la guancia. Si affrettò ad asciugarla ma io la vidi.
Quando anche gli altri furono a bordo, l’elicottero si levò in aria. Per la prima volta vidi la Radura e il Labirinto dall’altro. Provai ad aguzzare la vista per cercare di scorgere se i Radurai rimasti fossero visibili ma nulla…
Uno degli uomini che ci aveva salvati si levò la bandana che gli proteggeva la bocca – Non preoccupatevi, siete al sicuro adesso! -
Strinsi la mano di Newt, era veramente tutto finito?! Dopo la fatica che avevamo fatto, era finita così?
L’uomo continuò – Sta per cambiare tutto –
Ci guardammo per alcuni secondi, il mio sguardò passò da Thomas a Teresa, poi a Winston, Frypan e infine a Newt. Eravamo liberi. Eravamo salvi. Cosa ci riservava il futuro?





CONTINUA...

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