The Storm di JeiBieber_Smile (/viewuser.php?uid=372600)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter One - Un nuovo vicino? ***
Capitolo 2: *** Chapter Two - ***
Capitolo 3: *** Chapter Three - ***
Capitolo 4: *** Chapter Four - ***
Capitolo 5: *** Chapter Five - ***
Capitolo 6: *** "Posso accompagnarti a scuola?" ***
Capitolo 7: *** "Quando il dovere chiama, bisogna rispondere" ***
Capitolo 8: *** "Sto per sposarmi" ***
Capitolo 9: *** AVVISO ***
Capitolo 1 *** Chapter One - Un nuovo vicino? ***
Chapter One || 01.
The
Storm.
Chapter
One - "Un nuovo vicino?"
Picchiettai le unghie
laccate di
giallo
sul banco impaziente, aspettavo con ansia il suono della
campanella per correre a casa. La signorina White , una donna di oltre
sessant'anni che insegnava biologia, era davvero una rottura.
Cominciava a parlare senza mai fermarsi, non ti dava nemmeno il tempo
di prendere appunti. Ci credo che non è sposata, mi dissi,
sbuffando per l'ennesima volta.
"Lei cosa ne pensa,
signorina
Smith?" mi girai verso Kelly, la mia compagna di banco. Guardava la
signorina White con gli occhi persi, come sempre non stava seguendo.
"Be', mi tocca
appuntarlo,
signorina Smith. Non è la prima volta che non segue" la
professoressa si avvicinò alla cattedra di legno e prese il
registro, per poi scriverci sopra qualcosa. "Intende darmi
spiegazioni?" si accigliò, posizionando i suoi occhiali
sulla
punta del naso per poterla vedere bene. Ma non è uguale? Ha
la
gobba più il suo naso che il gobbo di Notre Dame. Ridacchiai
tra
me e me per lo stupido pensiero, ricevendo un'occhiataccia da parte
della prof.
"E lei cos'ha da
ridere, signorina
Myers?" esultai mentalmente non appena sentii la campanella, per poi
fiondarmi fuori dalla classe e sussurrare un 'nulla' alla professoressa
quasi impercettibile. Il rosso
acceso degli armadietti mi fece girare
per un momento la testa. In tutti gli istituti erano blu,
perché
alla 'Loyola High School' dovevano essere rossi?
Sospirai per poi
cominciare a
camminare velocemente lungo il corridoio, i miei fratelli sarebbero
tornati a casa alle due e mezza ed era già l'una e quaranta.
Sperai mentalmente di non incontrare Charly, la mia migliore amica. Le
volevo bene, certo, ma proprio in quel momento andavo di fretta e non
potevo fare tar..
"Hei! Reb!" mi sentii
chiamare e mi
maledii mentalmente. La voce acuta di Charly mi fece girare di scatto e
subito mi imbattei nei suoi occhi verdi.
L'abbracciai istintivamente,
ci conoscevamo da quando mi ero trasferita dall'Inghilterra e da allora
non ci eravamo più lasciate. Eravamo due opposti.
Lei, bionda con gli
occhi verdi e con un fisico perfetto, la pelle chiara e una famiglia
perfetta.
Io, mora con gli occhi
un po' marroni e un po' verdi, mezza tappa e con un famiglia.. be',
meglio non parlarne.
"Charly, devo
scappare" le diedi un bacio su entrambe le guance, per poi correre
lungo il corridoio e uscire.
"Se hai bisogno di me
chiamami!"
urlò per farsi sentire, così che un po' di gente
la
guardò stranito. Ridacchiai, Charly sapeva sempre
farsi riconoscere.
Dovevo ancora
abituarmi all'aria
calda di Los Angeles, anche se eravamo in aprile si stava
già
bene a mezza maniche. Indossai un giacchetto in pelle prima di saltare
in sella e sfrecciare verso casa. Posai la mia Ducati rigorosamente
rossa nel garage, per poi correre in cucina e mettermi ai
fornelli.
Finalmente, a casa,
anche se ero
sola. Da quando la mamma si era ammalata, papà faceva i
doppi turni e stava
pochissimo a casa. Io e mio fratello gemello eravamo gli unici ad
occuparci di casa, ma avendo cinque fratelli piccoli era più
che
impossibile fare tutto da soli. Così, dopo aver poggiato una
pentola
colma d'acqua sul fornello per cuocere la pasta, cominciai a levare un
po' di cose che le miei piccole pesti avevano lasciato in giro.
Il quadernone dei
disegni di Ryley.
L'astuccio con i
pennarelli di Zackary.
Un mezzo biscotto che
stava mangiando Alyssia, o lo stava mangiando Breanna?
Solo Mirabelle e
Johnny non lasciavano mai nulla in giro, erano due angioletti.. fino a
un certo punto.
Driin. Driin.
Mi avvicinai alla porta per aprirla
e una mandria piuttosto che bambini mi gettò praticamente
per
aria. "Che si mangia? Che si mangia?" chiese Breanna, cominciando a
saltellare mentre si levava lo zainetto di violetta. Ridacchiai
osservandola, due ciocche di capelli castani le fuoriuscivano dalla
treccia, gli occhi azzurri
le luccicavano. Continuava a saltellare
assieme a Zackary. Lei aveva sei anni mentre Zackary ne aveva otto,
però entrambi andavano molto d'accordo. "Pasta con le
zucchine,
è da una vita che non la mangiate" risposi, levando lo
zainetto
anche a Mirabelle e Jhonny, i gemellini di quattro anni.
"Ma l'abbiamo mangiata
due
settimane fa!" si lamentò Alyssia. Incrociò le
braccia al
petto e corrugò le sopracciglia in segno di disaccordo, era
praticamente la mia fotocopia anche se io avevo dieci anni in
più.
Essere la
più grande aveva i propri vantaggi, ma nella mia famiglia
portava solo tanti svantaggi.
Ero io la donna di
casa dato che
mamma era in ospedale, quindi toccava a me cucinare, pulire,
rassettare, prendermi cura della famiglia e della casa. Non avevo mai
tempo per me, per frequentare uno sport o per uscire con un ragazzo.
Però amavo i miei fratelli, li amavo così tanto e
mi
stava bene così. Tanto sarebbe durato tutto ancora per poco,
mamma stava finendo i cicli di chemioterapia e a breve sarebbe tornata
a darci una mano.
"Come sta la mamma?"
mi chiese
Jhonny, tirandomi il jeans. Mi abbassai e gli accarezzai il viso
dolcemente. "Sta bene,-" mentii, sentendo una morsa prendermi il cuore.
"-dopo la
chiamiamo, va bene?" annuì e gli baciai la fronte, per poi
scompigliargli i capelli dorati.
"Bambini, venite a
sedervi che si mangia!" urlai, portando gli ultimi piatti a tavola.
In men che non si
dica, tutti e
cinque i piccoli si sedettero a tavola. Stranamente, nessuno di loro
stava bisticciando. Dopo aver fatto una breve preghiera cominciammo a
mangiare tutti insieme, senza però tre colossi importanti
della
famiglia.
La mamma,
papà e Ryley.
"Ryley quando torna?"
mi chiese Zack con la sua vocina dolce.
"Penso per le sette,
ora è a
lavoro." gli sorrisi, per poi imboccare Mirabelle, che da sola proprio
non voleva saperne di mangiare.
Io e Ryley eravamo
gemelli, anche
se lui era nato otto minuti prima di me. Per cui, tecnicamente, era lui
il più grande. Tra noi c'era stata sempre una perfetta
sintonia.
Riusciva a capire subito quando qualcosa non andava, avevamo gli stessi
gusti, le stesse passioni.. Era il mio migliore amico e una delle
persone che più amavo. Era la mia roccia e senza il suo
supporto
non riuscivo ad andare avanti. Sopratutto in quella situazione.
"A chi va una fetta di
dolce?"
chiesi ai bambini, non appena finirono di mangiare. Urlarono tutti e
cinque all'unisono, infatti sobbalzai. "Okay, okay ho capito"
ridacchiai, guardando tutti e cinque finché non si
zittirono.
Presi un po' della torta avanzata e la misi nei piattini, in quel po'
di tempo libero che avevo mi piaceva imparare a Breanna ed Alyssia a
cucinare. Mirabelle era ancora troppo piccola, ancora qualche anno e
avrei trascinato anche lei.
"Sono stata
bravissima" Alyssia
parò con la bocca piena ricevendo una mia occhiataccia.
Deglutì e continuò dicendo "Però
è
buonissima" con i suoi occhioni verdi.
Mi addolcii
immediatamente, non
potevo essere arrabbiata con loro. Anche se non mi ascoltavano e spesso
facevano cose che sono ineccepibili alla mente umana, erano pur sempre
i miei piccoli amori.
Quando finirono di
mangiare la
torta lavai piatti e posate e posai tutto al proprio posto. Volevo
lasciargli un po' di tempo libero, perché poi avrebbero
dovuto
cominciare i compiti e lì sarebbe stata un'altra lotta. Il
mio
motto era: falli svagare per un po', ma ricorda che sei tu il capo.
Così andai di sopra con Jhonny e Mirabelle, li feci
addormentare
come ogni pomeriggio e andai in camera mia.
Venni accecata dalla
luce
proveniente dalla finestra, che avevo proprio di fronte. Non appena i
miei occhi si abituarono, mi girai intorno. Le pareti pitturate di un
verde
chiaro davano un aspetto più calmo alla stanza. Sulla
destra avevo l'armadio rosa tenue
con sotto il letto, le cui
coperte erano rigorosamente verdi.
Sul lato opposto alla stanza avevo
una scrivania e sulla scrivania delle mensole dove poggiavo i miei
libri di scuola. Gli altri libri, li avevo in una libreria rosa chiara
affianco alla scrivania. Sospirai, notando le coperte ancora sfatte e
il disordine sulla scrivania. Dover preparare cinque bambini a prima
mattina mi portava via un sacco di tempo.
Come ogni pomeriggio,
mi ritrovai a
rifare il letto e a mettere a posto i libri e i fogli sparsi per la
scrivania. Dopodiché, ci poggiai sopra i libri che mi
sarebbero
serviti per studiare. L'indomani avrei avuto un test di
contabilità ed ero abbastanza preoccupata.
Decisi che avrei
studiato dopo aver
fatto fare i compiti ai miei fratelli, almeno così avrebbero
potuto giocare lasciandomi un po' sola.
"Chi ha da fare i
compiti?" chiesi
sorridendo ai tre bimbi sul divano, tutti e tre alzarono la mano.
Perfetto, studierò stasera. Pensai. "Allora cominciamo, su"
Spensi la TV e presi
gli zainetti dei tre bimbi.
Sul diario di Alyssia
c'era scritto che doveva fare la comprensione di un testo di inglese e
due pagine di matematica.
Zack doveva leggere
una pagina di storia e degli esercizi inerenti.
Breanna doveva leggere
una pagina di italiano e fare dei vero o falso.
"Bene, cominciamo."
esordii, cominciando a guidare ognuno di loro nei propri compiti.
In due ore, tutti e
tre riuscirono
a finire tutti i loro compiti. Ero soddisfatta di come stavano
crescendo, erano davvero bravi a scuola tutti e tre ed era bellissimo
sentire i complimenti dei professori quando c'erano i colloqui.
Mi gettai a peso morto
sul divano
affianco ad Alyssia, ero stanchissima eppure avevo ancora un sacco di
cose da fare. Presi il cellulare tra le mani per vedere l'ora, quando
mi arrivò un messaggio.
Da:
Pazza.<3
'Avrai
un nuovo vicino!'
Corrugai le
sopracciglia per poi
ridacchiare, Charly era la prima a sapere tutto di tutti. Era una vera
e propria pettegola, ma non una di quelle pettegole cattive.
Semplicemente, se una cosa era troppo brutta o umiliante se la teneva
per sé. Anche se a me, da migliore amica, diceva sempre
tutto.
A:
Pazza.<3
'Come
fai a saperlo?'
Da:
Pazza.<3
'L'amica
di mia mamma che lavora in
un'agenzia immobiliare mi ha detto che la casa affianco alla tua
è appena stata venduta ad una famiglia del Canada.'
Sorrisi per il suo
essere
così innocente, sapevo benissimo che non gliel'aveva detto
l'amica della mamma ma era stata lei a chiedere, dato che la casa
affianco alla mia era sfitta da ormai un paio di anni.
A:Pazza.<3
'Uhm..te
l'ha detto lei, o gliel'hai chiesto tu di proposito?'
Da:
Pazza.<3
'Forse gliel'ho chiesto.. ma che
importa? Ho sentito dire che uno dei loro figli è un gran
figo,
sai che bello? Possiamo spiarlo da camera tua.'
La sua mania per
l'altro sesso mi
fece scoppiare a ridere. Una cosa che proprio amava, erano i ragazzi.
Anche se non era fidanzata aveva molti pretendenti, infondo era una
delle ragazze più carine della scuola e i ragazzi facevano
veramente la fila per poterle chiedere di uscire.
L'unico che
però realmente
desiderava era Bryan, della quinta C. Era innamorata di lui da anni, e
l'unica volta che uscì con lui mi raccontò i
dettagli per
un mese intero. O lo era del suo fratellastro? Uhm, quella ragazza
cambiava idea in men che non si dica e sinceramente non sapevo chi
preferisse.
I miei pensieri
vennero interrotti dal pianto di Mirabelle, che probabilmente si era
svegliata.
A:
Pazza.<3
'Mirabelle
piange, continueremo la nostra conversazione un'altra volta AHAHAH.'
Inviai il messaggio e,
senza
nemmeno aspettare una sua risposta, salii in camera dei gemellini.
Adesso piangevano entrambi. Corsi da loro e li presi tra le braccia,
cullandoli. Jhonny sulla gamba sinistra e Mirabelle sulla gamba destra.
Proprio come faceva papà con me e Ryley quando eravamo
piccoli.
"Ho fatto un brutto
sogno" Mirabelle tirò su col naso.
"Anche io" rispose
Jhonny, passandosi un pugnetto chiuso sugli occhi.
"Qualunque cosa
abbiate sognato,
adesso ci sono io" li strinsi forte, dando ad ognuno di loro un bacio.
Erano i più piccoli di casa e anche i più teneri,
mi
piaceva un sacco stare con loro e tenerli in braccio ore ed ore.
"Andiamo
giù?" chiese Jhonny, così annuii e li poggiai a
terra di malavoglia.
Driin.
Driin.
Corrugai le
sopracciglia sorpresa,
chi sarà mai? Pensai. Ryley lavorava fino alle sette e
papà sarebbe tornato alle nove, non aspettavo nessuno.
Velocemente scesi le
scale con i
bimbi, per poi lasciarli in salotto mentre mi avvicinavo alla porta.
"Un minuto!" urlai, sistemando i capelli ormai scompigliati.
Non appena aprii,
socchiusi la
bocca dallo stupore. Di fronte a me avevo un ragazzo, alto circa un
dieci centimetri in più a me. I suoi occhi color nocciola mi
presero da subito, e giurai di sentire un brivido lungo la spina
dorsale non appena mi imbattei in quello sguardo. Sembrava anche lui,
sorpreso quanto me.
"Ehm, posso esserti
utile?" gli
chiesi, sentendomi avvampare. Ma stiamo scherzando, Rebecca? Posso
esserti utile? Non sei una commessa, svegliati.
"Oh, ci siamo appena
trasferiti..
mia madre vorrebbe sapere se..ahm, se volevate venire a prendere un
caffè da noi" finì la frase nell'esatto momento
in cui
Mirabelle cominciò a correre e Alyssia a rincorrerla per
tutto
il salotto.
"Che devo fare con
Cartoonito?
Voglio vedere Disney Channel, dammi il telecomando!" urlava Alyssia,
esasperata. D'altra parte, Zack e Breanna litigavano perché
Bre
gli aveva fatto fare il ruolo di Tania invece di Ken mentre giocavano
con le Barbie.
Jhonny, dal canto suo,
stava seduto a terra a giocare con le costruzioni.
"Dicevi?" mi girai un
momento verso
il ragazzo, per poi correre immediatamente in salotto. "Mirabelle!
Fermati immediatamente!" Mirabelle continuò a correre.
"Mirabelle!" urlai ancora, per poi prenderla non appena
passò al
mio fianco. Cominciò a divincolarsi.
"Voglio vedere
Cartoonito, voglio vedere Cartoonito!" continuava a dimenarsi.
"Sta ferma" la presi
da sotto le
braccia. "Se stai ferma, ti porto in camera mia a vedere Cartoonito"
annuì contenta, per poi dare il telecomando alla sorella.
"Zack, ma tu sei Tania
ed io
Barbie!" mi girai verso Breanna, passandomi una mano tra i capelli. Che
avevo fatto per meritare tutto quello? C'era un ragazzo bellissimo
davanti a me, e dovevo fare una figura simile a causa delle urla dei
miei fratelli. Erano stati tutto il tempo buoni. Coincidenza? Non penso
proprio.
"Non è
bello per un ragazzo
fare la donna, sai, piccolina?" il biondo si avvicinò a mia
sorella. "Io quando gioco con la mia sorellina faccio sempre Ken" lo
osservai con le braccia avvolte attorno al corpicino di Mirabelle e un
sorriso sul volto, sembrava molto premuroso.
"Si ma i ragazzi non
sono bravi a
scegliere i vestiti" Breanna si imbambolò a guardarlo,
effettivamente aveva fatto quell'effetto anche a me.
"Be', prova a fargli
fare Ken e poi
mi dici se non è bravo a scegliere i vestiti, okay? Me lo
prometti?" Breanna annuì, così che
passò Ken a
Zack. Mirabelle era rimasta attaccata al mio collo mentre Alyssia alle
mie gambe.
"Vedo che sei
impegnata, adesso" rivolse un'occhiata fugace alle bambine, per poi
sorridermi. E che sorriso.
"Quando si
è da sole
è sempre così" ridacchiai, poggiando
giù
Mirabelle che corse di sopra in camera mia, mentre Alyssia si
avvicinò a Breanna e Zack.
"Sei da sola?" chiese,
così
che annuii. "Oh, ma allora loro sono i tuoi.." lasciò la
frase
in sospeso, ridacchiai e scossi la testa.
"Ho solo diciannove
anni" ridacchiai ancora, sentendo le guance avvampare nuovamente.
Sorrise anche lui e
per un paio di
secondi rimanemmo in silenzio. Fu in quell'arco di tempo che analizzai
il suo corpo: portava un paio di jeans strappati che cadevano stretti
alle caviglie, una maglia a mezze maniche nera e delle Supra rosse.
Aveva
il fisico asciutto e le braccia completamente ricoperte da tatuaggi.
E i tatuaggi, in un
ragazzo, erano il mio debole.
"Sono Justin" il
ragazzo di fronte
a me interruppe il silenzio creatosi, portandomi a riallacciare i
nostri sguardi. Oh, di nuovo. Il mio povero cuore.
"Rebecca" sorrisi
imbarazzata, porgendogli la mano che afferrò in un secondo.
Che ti eri preparato?
"Allora
dirò a mia madre per
un'altra volta" annuii. "E' stato un piacere conoscerti, Rebecca" Il
mio nome, sussurrato da quella voce, era così armonioso.
In poco meno di un
secondo
uscì di casa e andò via, tornando a casa sua. Mi
appoggiai alla porta ancora stupita da ciò che era appena
successo.
E quegli occhi, oh i
suoi occhi..
non volevano più uscire dalla mia testa. Quegli occhi color
nocciola,
un nocciola
tanto acceso, con qualche punta d'oro e di ambra, anche
di verde.
Mi stavano letteralmente facendo scoppiare la testa.
Decisi di scrivere un
messaggio a Charly, doveva assolutamente sapere ciò che era
appena successo.
A:
Pazza.<3
'Penso
di aver conosciuto il nuovo vicino figo.'
Sorrisi soddisfatta,
per poi leggere la sua risposta.
I miei occhi
leggevano, sì, ma la mia mente non connetteva.
Stavo ancora pensando
a quegli occhi, che mi stavano letteralmente mandando in tilt il
cervello.
_________________________________________________________________________________________________________________________________
Buonasera,
splendori miei.
Dopo tanto tempo di
inattività, eccomi di nuovo qua.
Questa fan fiction la
sto scrivendo da tipo.. un annetto? Ma non ho mai trovato il coraggio
di pubblicarla.
Be', non volevo
deludervi rimanendo a metà e lasciandola incompleta.
MA! Dato che ho
già scritto ventuno capitoli, ho pensato che il tempo per
finirla c'è e di conseguenza.. perché non
tentare?
Anche se sembra uguale a
molte storie, è solo l'inizio.
Il meglio
arriverà molto presto.
Come primo capitolo, che
ne pensate?
La nostra Becky ha
conosciuto il suo nuovo vicino, ma cosa le nasconde?
Mi aspetto un vostro
parere, tesori miei. Mi mancavo tantissimo i vostri commenti, sapete?
Grazie infinitamente per
avermi sopportata lol.
Al prossimo capitolo,
bellezze.
Much love.
-Sharon.
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Capitolo 2 *** Chapter Two - ***
02. Chapter Two
The
Storm.
Chapter
Two - "Un passaggio?"
Stupidi compiti.
Stupida casa.
Stupida contabilità. Stupida pure io che non riesco a fare
uno
stupidissimo calcolo. Era dall'inizio dell'estate che non facevamo
quell'argomento, perché riprenderlo proprio in quel momento
e
farci una verifica senza nemmeno ripassare? Certo, ero all'ultimo
anno.. ma cavolo, un po' di ripasso ci sta sempre.
"Oh.." mi accasciai
sui compiti con le mani tra i capelli, non riuscivo a concentrarmi,
avevo troppi pensieri per la testa.
"Ti manca la mamma?"
mi chiese
Mirabelle, guardandomi con quei suoi occhioni grandi. La presi in
braccio delicatamente.. se mi mancava? Eccome se mi mancava.
"Sì,
tesoro, mi manca
tanto." le sorrisi, poggiando il mento sulla sua testa. La cullai
piano, odorandole i capelli. Sapevano di fragola, come il suo shampoo
della Sirenetta.
"Cosa studi?" chiese
ancora,
sfogliando le pagine del mio quaderno. Era così concentrata
che
sorrisi, era curiosa proprio come me. Cercavo sempre risposte, non
riuscivo a stare col fiato sospeso per troppo tempo. Per fare un
banalissimo esempio, quando cominciavo a leggere un libro lo dovevo
finire subito, una volta lessi un libro intero di Nicholas Sparks in
una sola
notte tanto che mi aveva presa la storia.
"Contabilità,
devo fare dei calcoli." risposi a mia sorella, sentendola battere le
mani.
"Io sono brava! Mi
leggi?" annuii,
per poi avvicinarmi al suo orecchio e cominciare a leggere. Sembrava
così attenta e così presa, faceva finta di tenere
il
segno con lo sguardo, infatti osservava il quaderno con molta
attenzione.
Leggendo, ricordai
anche la
spiegazione della signorina Thompson. Diedi a mia sorella una bacio su
entrambe le guance ringraziandola, così che andò
in
soggiorno mentre io finii i compiti. Soddisfatta e stanca morta, posai
tutto in cartella e guardai l'orario sul display del cellulare. Erano
le sette di sera ed io dovevo ancora fare un sacco di cose. Mi passai
una mano sul viso, stanca e scocciata dalla situazione. Però
non
potevo stare con le mani in mano, dovevo per forza reagire. Per cui
scesi di nuovo in cucina e preparai la cena per i bambini, che dovevano
andare a letto presto. Mi piaceva cucinare, era il mio passatempo
preferito. Il mio, di Ryley e della mamma.
"Bimbi, a tavola!"
urlai dalla
cucina, per poi fare i piatti e far mangiare i miei fratelli. Lavai e
asciugai solo ciò che avevano sporcato, comunque avrei
dovuto
cucinare una seconda volta per gli uomini di casa per cui non avevo
voglia di pulire il pavimento più di una volta.
"Reby, guardi la TV
con noi?" mi chiese Alyssia, facendomi spazio sul divano.
"Tesoro, adesso
dobbiamo andare a
dormire che domani c'è scuola." le porsi la mano che prese
dolcemente, per poi salire con i miei cinque fratelli al piano di
sopra. Lasciai Alyssia e Breanna nella loro stanza, feci lo stesso con
Zackary mentre rimasi con Mirabelle e Jhonny. Entrambi avevano paura
del buio, così, non appena si addormentarono, lasciai una
lucina
a forma di stella vicino la porta d'entrata.
"Reby.."
sussurrò Mirabelle, fermandomi sull'uscio della porta.
"Sì?" le
chiesi, tenendo la mano sulla maniglia.
"Anche a me manca la
mamma."
sussurrò ancora, per poi girarsi e addormentarsi. Sospirai,
consapevole che la sua mancanza si faceva davvero sentire.
Più che la
mancanza, a me
struggeva sapere della sua malattia. Rischiava la vita praticamente
sempre a causa di quel tumore. La sola idea di perderla per sempre mi
procurava un groppo alla gola che non riuscivo a buttar giù
nemmeno con un quintale d'acqua. Avevo paura, paura di non poterla
stringere, paura di non poter più vedere il suo sorriso.
Avevo
paura di non poter più cucinare con lei, avevo paura di non
poter più ballare con lei. Avevamo solo vent'anni di
differenza,
era una mamma giovane e piena di vita. Non si meritava quello che stava
passando, sopratutto dopo tutti i sacrifici che aveva fatto per
crescere me e mio fratello assieme a mio papà.
Non ero pronta a
lasciarla andare, non ero pronta a perderla.
Era la mia mamma, e la
amavo più di chiunque altro.
Corsi giù,
nuovamente in
cucina, asciugando una piccola lacrima che era caduta dal mio occhio.
Mi rimisi ai fornelli, cucinando per me, Ryley e papà.
Sarebbero
tornati a breve e dopo una giornata di lavoro avevano bisogno di
riprendere le forze. Un po' come me, insomma. Cinque bambini da
accudire erano peggio di dieci ore di lavoro continuo, e di
straordinario.
Driin.
Driin.
Rimasi
imbambolata osservando la
porta. Ricordi, o più che altro immagini, di qualche ora
prima
riaffiorarono. Quel ragazzo, Justin, con quegli occhi era riuscito a
farmi andare fuori di testa. Charly, poi.. Charly era peggio di una
stalker. Aveva idee che non stanno né in cielo né
in
terra. Voleva che facessi al nuovo vicino un book fotografico, cercando
di prenderlo anche mentre faceva la doccia. Cosa al quanto strana, dato
che ero solo la sua vicina e non avevo di certo una telecamera a raggi
x al
posto degli occhi.
Però,
chissà che bella visione che sarebbe.
Aggrottai le
sopracciglia stupita dai miei pensieri, la sua mania per i ragazzi
stava impossessando pure me.
Aprii la porta,
venendo immediatamente abbracciata da un Ryley sorridente.
"Sorellina!"
urlò, rompendomi un timpano. Meno male che ne avevo un
altro.
"Ryley, sono
più piccola di
soli otto minuti." ridacchiai, stringendolo nell'abbraccio. Mio
fratello era un ragazza molto, molto carino. Era alto e slanciato,
aveva i capelli marroni
né molto corti né molto lunghi e
un sorriso stupendo. Se non fosse stato mio fratello, sarebbe
sicuramente stato un'ottima preda. "Ciao papà." diedi un
bacio a
mio padre che, stanco, mi sorrise e mi diede un bacio sulla fronte.
"Ho famissima, cos'hai
cucinato?" mi chiese Ryley, sedendosi a tavola e osservando tutti i
miei movimenti.
"A voi ho fatto la
pasta e come
secondo una scaloppina di pollo al limone." feci l'occhiolino a
papà, sapevo che la scaloppina era il suo secondo piatto
preferito. Infatti mi sorrise.
"Un cena buonissima
per una notizia
bellissima." si sedette anche lui affianco a Ryley, lo guardai
sorridendo mentre aspettavo con ansia una sua risposta.
"E spara!" lo
incitò Ryley,
dandogli un pugnetto sulla spalla. Papà lo fulmino con lo
sguardo, ricevendo in cambio una risatina da parte di mio
fratello. Il suo solito.
"Okay, allora.. il mio
capo a breve
andrà in pensione, così ha deciso di scegliere
già
da adesso la persona che lo succederà. E indovinate un po'?
Suo
figlio ha detto che è un imbecille e che non saprebbe
dirigere
un'intera azienda, così..ha deciso di promuovere me!"
esordì, lasciandosi entrambi senza parole. Portai le mani
davanti alla bocca e strozzai un urletto, per poi affondare tra le
braccia di papà. "Ciò vuol dire che
farò,
sì, tante ore, ma saranno comunque meno di quante ne sto
facendo adesso. Avrò un ufficio tutto mio e sarò
io a
dirigere tutto. Il mio stipendio sarà più alto e
potremmo
permetterci una baby sitter, così tu potrai avere
più
spazio per te." mi sorrise, dandomi poi un bacio sulla guancia.
"Papà, fin
quando la mamma
non tornerà mi occuperò io dei bimbi. Non voglio
che stiano con
degli sconosciuti.." mi alzai dalle sue gambe per scolare la pasta e
condirla. "Oh, quasi me ne dimenticavo. Sapete che la casa affianco a
noi è stata venduta?" chiesi, facendo i piatti.
"Ho sentito qualcosa,
ma non
essendo mai a casa non ci ho mai fatto caso." Ryley fece spallucce,
cominciando a mangiare come se non vedesse un piatto di pasta da ore.
Io invece cominciai a scaldare del burro.
"Oggi è
venuto un ragazzo a
casa, ha detto che è il nostro vicino e che la mamma voleva
che
andassimo da loro a prendere un caffé." abbassai la fiamma,
per
poi girarmi verso i due uomini.
"E tu, da sola, hai
fatto entrare
un ragazzo?" papà alzò un sopracciglio in segno
di
disappunto, alzai gli occhi al cielo e incrociai le braccia. "Rebecca
sai il mio pensiero qual'è"
"Lo so, che con gli
sconosciuti non
devo parlate eccetera, eccetera, eccetera. Ma ti ricordo che ho
diciannove anni, non sono mica stupida che faccio entrare chiunque.."
sbottai, poggiando un paio di fette di pollo nell'olio bollente.
"Ma lo hai fatto.."
sussurrò Ryley, pensando non lo sentissi.
"Sì,
perché Alyssia e
Mirabelle hanno cominciato a rincorrersi e Zack e Bre ad urlare. Non
potevo chiudergli la porta in faccia, così sono entrata
senza
pensarci due volte e mi ha pure aiutata con Bre e Zack.. è
stato
gentile" sorrisi, ricordando il modo in cui quel ragazzo, Justin, era
riuscito a far capire a Breanna con calma e tranquillità che
non
poteva far fare il ruolo della femmina a Zack. Il suo modo di parlare
era così calmo e tranquillo.. trasmetteva sicurezza e amore
allo
stesso tempo.
"Bella imbambolata nel
bosco, il
pollo sta per bruciarsi" Ryley ridacchiò, notando che mi ero
imbambolata a pensare. "Hai già perso la testa? Wow, non ti
facevo peggio di Charly." alzai nuovamente gli occhi al cielo, girando
il pollo in padella e aggiungendo il succo di limone.
"E comunque,
è bella addormentata nel bosco." ridacchiai, prendendo un
piatto.
"Fa lo stesso."
sbottò Ryley, alzando gli occhi al cielo proprio come me.
Eravamo uguali,
completamente. Due
gocce d'acqua. Due perfetti idioti, che litigavano e un secondo dopo
ridevano come due pazzi.
La conversazione su
quell'argomento
finì lì, così cominciammo a parlare di
altro, come
ad esempio il nuovo incarico di papà e la giornata
lavorativa di Ryley. Lavorava in un bar quattro giorni a settimana, il
martedì, il giovedì, il sabato e la domenica. Il
martedì e il giovedì erano i due giorni in cui,
data la
scarsità di clientela, facevano promozioni per attirare
gente e
spesso ci riuscivano. Mentre invece, la domenica andava a lavoro giusto
la mattina per la colazione, faceva dalle sei alle undici per poi
tornare a casa per pranzo.
Gli piaceva il suo
lavoro, anche se
il suo desiderio era stare più tempo con noi a casa. Sentiva
di
non fare abbastanza, lo percepivo ogni qual volta guardavo i suoi occhi
e notavo quella nota di malinconia dovuta alla mancanza di mamma e
dalle conseguenze che ne erano derivate. Lui aveva dovuto abbandonare
il ruolo di capitano nella squadra di Hockey della scuola per lavorare,
con i compiti e le interrogazioni cercava sempre di dare il massimo
anche per il poco tempo e quando stava con i bambini sentiva sempre di
dover fare di più per loro.
Nonostante
ciò, era un
fratello stupendo e un ragazzo dolcissimo. Tutto ciò che
faceva
lo faceva col cuore e riusciva a svolgere ogni compito sempre al
meglio. Amavo questo lato di lui. Anche se stava male, cercava sempre
di non dimostrarlo.
Un po' come me,
insomma. Anche se stanca, non volevo assolutamente darmi per vinta.
Dovevo farlo per
mamma. Dovevo farlo per lei. Per farla stare tranquilla così
si sarebbe ripresa presto.
"Domani pomeriggio
sono a casa, il mio nuovo turno da capo finirà alle due."
sorrise papà, sedendosi sul divano.
"Almeno passeremo un
pomeriggio in
famiglia." sorrisi dandogli un bacio, per poi cominciare a mettere un
po' a posto in cucina e in soggiorno. Insomma, feci quello che potevo,
anche perché i bambini dormivano e non potevo fare tanto
chiasso. "Che ore sono?" chiesi, disturbando i due uomini che
guardavano la partita.
"Le dieci e mezza."
sbadigliò Ryley.
"Io vado, bambini
miei."
papà diede un bacio a entrambi, per poi salire al piano di
sopra
e andare a dormire. Io e Ryley rimanemmo ancora un po' in soggiorno,
guardando la TV.
"Ryley vado anch'io
che domani ho
un compito alla prima ora." sbadigliai ancora, notando che era passata
mezz'ora da quando papà era andato a dormire.
"Vengo anch'io." mio
fratello
spense la televisione e salì le scale con me, salutandomi
non
appena arrivai alla mia camera.
Finalmente sola,
passai una mano
tra i capelli, sentendoli sporchi. Anche se ero dannatamente stanca,
feci un doccia veloce e asciugai i capelli. In intimo uscii dalla
stanza e andai verso la scrivania, presi un elastico e legai i capelli
in uno chignon malandato.
"Dove ho messo il
pigiama?"
sussurrai a me stessa girando per camera. Poggiai entrambi le mani
dietro al collo e chiusi gli occhi cercando di ricordarmi: non era
né sotto il cuscino né nell'armadio. Riaprii gli
occhi e
guardai, istintivamente verso la finestra. Aveva le tende
completamente aperte, sobbalzai e le chiusi velocemente prima che
qualcuno potesse vedermi.
"Che stupida, ma io
l'ho messo a
lavare!" sussurrai ancora dandomi un leggero schiaffetto sulla fronte,
la mia demenza superava ogni limite possibile e immaginabile. Presi
dall'armadio una maglia e un leggins, dato che non avevo altri pigiami.
Piccolo appunto per
domani: fare il bucato.
Sospirai, mettendomi a
letto. Avevo
un sonno pazzesco, ma ugualmente non riuscivo a dormire. Pensavo,
pensavo a quel ragazzo, ancora. Lo avevo conosciuto appena poche ore
prima, eppure già mi stava facendo impazzire. I
perché
potevano essere potenzialmente due: o non avevo una relazione da troppo
tempo, o quel ragazzo aveva qualche specie di superpotere
così
da attirare ogni ragazza. Ma anche i ragazzi, credetemi.
Mi rigirai a letto,
sperando di
dormire. Così cominciai a canticchiare una ninna nanna che
spesso mamma mi cantava quand'ero piccola, e in breve tempo riuscii
rilassarmi e ad addormentarmi di conseguenza, sognando un paio di occhi
color nocciola.
-
"Mi scusi, dovrei
uscire adesso."
portai il libretto alla vicepreside, nonché anche zia di
Charly.
Mi sorrise dolcemente, era già al corrente di tutta la mia
situazione e spesso dovevo uscire prima per andare a prendere i miei
fratelli. In quel caso, Mirabelle e Jhonny uscivano alle
dodici e
trenta, a differenza degli altri giorni, che tornavano a casa alle due.
"Ecco a te." le
sorrisi, per poi
scappar via ed entrare in macchina. Sapevo di dover andare a prenderei
bimbi prima a scuola, così invece di tornare a casa a posare
la
moto avevo chiesto a Ryley di prestarmi la sua macchina mentre io gli
avevo prestato la mia Ducati.
Se dovesse rompermela potrei
ucciderlo, pensai.
Arrivai all'asilo in
poco meno di
venti minuti, mancavano giusto dieci minuti e sarebbero usciti tutti i
bambini. Decisi ugualmente di scendere, così mi poggiai ad
un
paletto proprio fuori l'uscita dei bambini.
"Rebecca?" mi girai di
scatto
corrugando le sopracciglia, trovandomi di fronte quegli occhi che mi
avevano assillato per l'intera giornata.
"Hei, Justin." sorrisi
imbarazza.
"Scusami, non ti avevo visto." abbassai lo sguardo, sentendomi
avvampare. Heilà,
ciccia? Ti riprendi o devi fare la cretina
ancora per molto?
"Non preoccuparti,
sono arrivato
adesso. Mamma si è approfittata della mia macchina ed io ci
ho
messo mezz'ora per arrivare da casa a piedi." si grattò il
collo, ridacchiai.
"Vi siete trasferiti
da poco?" gli
chiesi,poggiando le mani in tasca. Idiota, è normale che si
sono
trasferiti da poco. Li hai mai visti vicino al tuo appartamento? No.
"Sì,
veniamo dal Canada. Sai
com'è, mamma è stata trasferita e noi ci siamo
trasferiti
con lei." spiegò, avvicinandosi a me. Bello, almeno cinque
metri
di distanza che altrimenti mi sciolgo e non. va. bene.
"Ti capisco
perfettamente,"
cominciai, guardando il cancello. "a papà offrirono un posto
che
proprio non poteva rifiutare e, anche se mamma non voleva, ci siamo
trasferiti. Però qui si sta bene, almeno non piove sempre
come
in Inghilterra." ridacchiai. Brava bimba, continua così e
penserà che sei normale. "Aspetti i tuoi fratelli?"
"Mio fratello, Jaxon."
disse, nel
momento esatto in cui si aprirono i cancelli. Entrai seguita da Justin
nella scuola e chiesi dei gemellini, mentre Justin chiese di suo
fratello. Una bidella ci disse che stavano giocando nella stessa
stanza, così entrammo nell'aula.
"Rebby!" gridarono
Mirabelle e Jhonny, saltandomi tra le braccia. Li abbracciai forte.
"Piccole pesti!" li
baciai
entrambi. Vidi Justin prendere in braccio suo fratello e baciarlo, era
così tenero in quel momento che avevo quasi voglia di.. Rebecca,
frena gli ormoni. Sussurrò una vocina nella mia
testa.
"Perché devi sempre rompere?" pensai ad alta voce,
ricevendo un'occhiata confusa da parte di Justin. Ecco, vedi? Adesso
penserà che sei pazza perché stai parlando da
sola. Mi
diedi un leggero schiaffo sulla fronte, cercando di far star zitta
quell'odiosa vocina, anche chiamata coscienza.
Cambiai le scarpe ai
miei
fratellini e presi le loro cose, per poi prenderli per mano. "Un
passaggio?" chiesi a Justin, che aveva già suo fratello
sulle
spalle. "Sai, abito vicino a te." continuai, pentendomene subito dopo.
"Molto volentieri."
ridacchiò, per poi uscire.
-"Bene, adesso hai uno
dei ragazzi
più carini che tu abbia mai visto seduto al tuo fianco in
macchina. Farai ancora la gallina arrapata o la persona normale?"-
Ottima domanda, Watson.
Ottima
domanda.
__________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Buonasalve, splendori miei.
Tadaaa! Sono
già tornata.
Strano eh? Tanto tempo inattiva, poi due capitoli nel giro di.. tre
giorni?
Sì, lo so. La normalità non è il mio
forte.
Ma a dire il vero, volevo fare una sorpresa ad una persona che mi ha
supportata tanto e mi ha dimostrato il suo amore.
Dato che non è al massimo, avevo pensato di farle una
sorpresa.
E inoltre, volevo ringraziare tutte voi per le visite e le
recensioni.
Ultimamente noto che ci sono davvero poche persone attive qui su efp,
ma che ne dite?
Provate a dirmi cosa ne pensate?
Ovviamente non vi obbligo mica amorucci c:
Solamente, mi piacerebbe conoscere le vostre idee. Anche quelle
contorte, no problem.
Allooora, cosa mi raccontate di bello?
Sono cambiate un sacco di cose da 'Do you believe in love?'.
Prima
di tutto, mi sono fidanzata. Stiamo insieme da quasi tre anni ed
è
anche un po' per questo che non ho più pubblicato nulla,
volevo far capire al mio lui che lo amo da morire dandogli il meglio
che posso dargli.
Ma ugualmente, il desiderio di scrivere è rimasto,
com'è rimasta la voglia di tornare a rompervi le scatole.
O a farvi compagnia, decidete voi girls. LOL.
Non mi sono dimenticata i tempi d'oro che abbiamo avuto.
Mi mancava troppo la voglia presenza.
Come sempre, ricordatevi che io ci sono per qualsiasi cosa.
In un messaggio qui su efp,
in un DM su Twitter,
io ci sono.
In questi anni ho capito una cosa, non possiamo combattere le nostre
paure da sole.
Per cui, come sono stata aiutata io, voglio aiutare chi me ne
dà la possibilità.
GRAZIE INFINITE PER AVER RECENSITO IL CAPITOLO PRECEDENTE.
GRAZIE INFINITE A TUTTE VOI.
Al prossimo capitolo,
bellezze.
Much love.
-Sharon.
|
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Capitolo 3 *** Chapter Three - ***
03. Chapter Three
The
Storm.
Chapter
Three - "Quale impegno?"
"Quindi oggi
pomeriggio siete tutti
a casa." esordì Justin, guardando i bambini giocare in
giardino.
Avevamo parlato per tutto il viaggio del ritorno, aveva una voce
così tranquilla che riusciva a trasmettere
tranquillità
anche a me.
"Mancherebbe solo la
mamma, ma lei
è..impegnata." mentii, sentendo un peso sullo stomaco. Non
mi
piaceva mentire, sopratutto in quei casi.
"Allora verreste a
casa nostra nel pomeriggio?" mi chiese, girandosi verso di me e
incrociando il mio sguardo. Finalmente.
"Be', dovrei chiedere
se
papà ha altri impegni, ha appena avuto una promozione e non
so
cosa comporta.. Potrei farti sapere." abbassai lo sguardo, non riuscivo
più a reggere quell'unione troppo forte.
"Potresti darmi il tuo
numero." sussurrò, avvicinandosi al mi orecchio.
Instintivamente arrossii come una cretina.
Rebecca, calmati, ti ha solo
chiesto il numero, anzi, tecnicamente non te l'ha nemmeno chiesto.
Quella stupida vocina mi stava dando sui nervi, altamente.
"Potresti darmi il tuo
cellulare, o
saresti in grado di ricordare tutte le cifre a memoria?" alzai un
sopracciglio sfidandolo, ma persi non appena si leccò le
labbra
per poi sorridere.
Le sue labbra erano
così
desiderabili. Erano chiare e gonfie, ma non troppo. Sembravano
così morbide da poter baciare e sopratutto mordere e..
Rebecca, ti sta porgendo il
cellulare da due minuti mentre tu lo stai scopando con gli occhi.
SVEGLIA.
Sussultai e, arrossendo sempre più, presi il suo
cellulare e digitai velocemente le cifre che componevano il mio numero.
"Le tue mani sono
velocissime.."
sussurrò, facendomi arrossire sempre di più. Ma
solo io
notavo una nota di doppio senzo?
"Quando hai cinque
fratelli da
accudire impari a fare tutto velocemente." ridacchiai, per poi
porgergli nuovamente il cellulare. Mi girai e cominciai a camminare
verso casa seguita da Mirabelle e Jhonny, sentendo però il
suo
sguardo penetrarmi. "Rebecca?" mi girai immediatamente.
"Sì?"
chiesi, aggrottando le sopracciglia.
"A dopo." mi sorrise,
per poi scomparire dentro casa sua.
Sorrisi anch'io, per
poi entrare.
Non parlavo così tanto con un ragazzo da anni ormai, da
quando
mamma si era ammalata. Avevo abbandonato la mia vita sociale ma non
Charly, con lei ero in grado di parlare anche una nottata intera. Ma
Justin, era così carino e dolce nei miei confronti..
"Justin è
il tuo amico del
cuore?" mi chiese Mirabelle, facendomi sussultare. Magari, pensai.
Magari ad averlo un ragazzo così bello come fidanzato.
"No, tesoro, come puoi
pensarlo?" le chiesi a mia volta, fiondandomi in cucina.
"Meglio,
perché tu sei mia." urlò Jhonny, prima di
abbracciarmi.
Come potevo non
amarli?
"Chi è il
tuo fidanzato?"
chiese Ryley entrando in cucina, con gli occhi completamente infuocati.
Era sempre stato un fratello iperpossessivo e iperprotettivo. Anche se
eravamo gemelli e desiderava proteggermi, poteva anche fare a meno di
far scappare tutti i ragazzi che mi si avvicinavano. Come quel Toby del
corso di elettronica. Cavolo se era bello, ma il mio caro fratellino,
non appena aveva saputo che saremo usciti insieme gli ha tipo bucato
tutte le ruote della macchina. Non so se mi spiego.
"Justin." rispose
Mirabelle al mio
posto, saltandogli addosso. Mi appoggiai al marmo della cucina per poi
passarmi le mani sulla faccia, stava per scatenarsi l'inferno.
"Non è il
mio fidanzato, gli
ho solo dato un passaggio fino a casa." mi avvicinai a Ryley. "E
comunque, ciao anche a te." gli baciai una guancia, ricevendo in cambio
un grugnito.
Gli diedi le spalle e
mi misi ai fornelli, cominciando a cucinare.
Dopo mangiato si
è sempre
più stanchi, ma io ovviamente non potevo permettermelo.
Papà e Ryley giocavano con i bambini mentre io ero intenta a
pulire tutta la cucina. Alyssia aveva fatto volare la pasta ovunque,
mentre papà aveva fatto cadere una bottiglia d'acqua a
terra.
Insomma, se dovevo giudicare e dire chi aveva combinato più
guai
sicuramente avrei detto papà, ma era di famiglia essere
imbranati. Così, non appena finii di pulire la cucina, salii
di
sopra e pulii un po' tutte le camere da letto e il corridoio.
Avevamo una casa
abbastanza grande
grazie al lavoro di mamma. Era un chirurgo, era bravissima nel suo
mestiere. Aveva passato tutta la sua vita in ospedale, e purtroppo
stava anche per perdere la vita in uno stupido ospedale. Percorsi il
lungo corridoio bianco, dov'erano appesi i vari quadri di famiglia.
Arrivai in uno stanzino dove avevamo messo tutto l'occorrente per
pulire casa e posai al suo interno ciò che avevo preso poco
prima. Ne avevo approfittato del fatto che fossero tutti in salotto,
almeno avevo modo di fare le cose in pace. Non mi piaceva molto pulire,
preferivo farlo quand'ero in casa da sola e con la musica a palla,
così potevo scatenarmi senza essere presa in giro. Insomma,
avevo diciannove anni e non uscivo mai di casa, dovevo pur sfogarmi in
qualche modo.
Non appena finii di
sistemare le
camere di tutti, andai in camera mia per sistemarla. Cominciai col fare
il letto, mi piaceva il copriletto che mi aveva regalato la nonna
dall'Inghilterra.
'Wen I met you in the
summer, to my
hertbeat suond. We fell in love, as the leaves turned brown.' mi girai
verso il mio cellulare che squillava, mi avvicinai alla scrivania dove
lo avevo precedente poggiato e lo presi tra le mani. Era un numero che
non avevo salvato in rubrica.
"Pronto?" chiesi,
prendendo in mano il portapenne e un paio di fogli che dovevo mettere a
posto.
"Hei, Rebecca." il
portapenne mi cadde da mano, così come i fogli. Era Justin.
"Hei, Justin." lo
imitai,
riprendendomi dallo choc. "A cosa devo questa chiamata?" chiesi,
raccogliendo da terra i fogli e il portapenne.
"Girati verso la
finestra."
ridacchiò, corrugai le sopracciglia e feci come mi disse.
Lui
era dall'altro lato del vialetto, in quella che doveva essere la sua
camera, e mi stava salutando con la mano. Alzai anch'io piano la mano,
salutandolo.
"Comunque ti ho chiamata per sapere cosa ha detto tuo papà."
lo
notai sedersi sul bordo della finestra, mi mordicchiai un'unghia dal
nervoso. E menomale che avevo fatto la ricostruzione.
"Cavolo, non ho ancora
chiesto!" mi
picchiettai una mano sulla fronte, provocando la sua risata. Era
stupenda anche da dentro uno stupido aggeggio elettronico.
"Va a chiedere
adesso." mi
incitò, facendomi un gesto dalla sua finestra. Alzai gli
occhi
al cielo e sbuffai, facendo svolazzare una ciocca di capelli marroni.
"Devo proprio?" mi
lamentai,
provocando la sua risata. Mi sedetti anch'io sul bordo della finestra,
guardandolo attentamente. Non volevo assolutamente allontanarmi e
perderlo di vista, anche se solo per un secondo.
"Sì, ti
chiamo tra cinque
minuti." mi fece un'occhiolino, per poi attaccare. Sbuffai ancora,
perché dovevo perdermi quella scena stupenda? Scocciata,
finii
di mettere a posto quelle poche cose che rimanevano e scesi in salotto,
sedendomi sulle gambe di Ryley.
"Oggi ho incontrato
Justin, il
figlio dei nuovi vicini," cominciai deglutendo, attirando lo sguardo di
papà, ma sopratutto, di Ryley. "mi ha chiesto se volevamo
andare
da loro per prendere un caffé e conscerci meglio."
gesticolai,
per poi grattarmi la nuca. "Cosa gli dico?" storsi il naso e guardai un
punto x nella stanza, non mi sarebbe dispiaciuto stare il pomeriggio
con lui.
"Fa venire loro qui,
se proprio
vogliono." sbottò papà, alzandosi e prendendo il
cellulare. "Però alle sette vado che non vedo la mamma da
martedì." annuii e presi il cellulare, quando Justin mi
richiamò. Ryley si sporse per vedere chi fosse a chiamarmi,
ma
io corsi di sopra a rispondere.
"Papà mi ha
chiesto se
volete venire voi qui, anche adesso." dissi senza fiato e
velocemente, farsi tre rampe di scale a chiocciola correndo solo per
non essere sentite non era facile.
"Sicura? I miei
fratelli sono
terribili, ti metteranno la casa sotto sopra." ridacchiai e mi diedi
uno schiaffetto sulla fronte, ma ricordava che avevo cinque fratelli
piccoli?
"Justin, ho cinque
fratelli. Due
bimbi in più o due bimbi in meno non è che
facciano la
differenza." scossi la testa e ridacchiai ancora. "Vi aspettiamo."
dissi, per poi attaccare. Mi dispiaceva un sacco, ma dovevo prepararmi.
Così mi spogliai velocemente e misi un jeans a vita alta
chiaro,
una maglia bianca con delle collane disegnate e una camicia a quadri
che andava dal viola al lilla, e aveva anche alcuni richiami in bianco.
Volevo per lo meno sembrare presentabile, in tuta non lo ero un
granché. Indossai delle Air Max bianche, un po' di profumo e
via!
Scesi di corsa le
scale e mi
fiondai in cucina. Dato che non erano ancora arrivati ne approfittai
per fare un dolce, o meglio, presi un ruoto, versai al suo interno due
buste di preparato per dolci e infornai. Veloce e buonissimo, brava
Becky.
"Ti sei vestita
così carina
solo perché viene il nuovo vicino?" mi fulminò
Ryley,
prendendomi a mo di sposa. Alzai gli occhi al cielo e gli picchiettai
un braccio.
"Stupido." arrossii
per poi
scendere dalle sue braccia. "Posso vestirmi come mi pare." annuii a me
stessa e mi fiondai alla porta, non appena sentii il campanello. Feci
un respiro profondo e aprii, ritrovandomi davanti uno dei sorrisi
più belli del mondo.
"Buonasera, entrate
pure." sorrisi
gentilmente, facendo spazione. Entrarono prima due bambini, un
maschietto e una femminuccia. "Ciao Jax!" gli scompigliai i capelli, mi
abbracciò.
"Hai campione, ha
già fatto
colpo." Justin fece l'occhiolino a suo fratello, che gli diede un pugno
e scappò da Jhonny che quel pomeriggio non aveva voluto fare
il
suo solito sonnellinno.
Justin aveva una
famiglia stupenda.
Pattie era una donna molto dolce e comprensiva. Non era alta quanto il
marito o il figlio, ma aveva degli splendidi occhi blu e un sorriso
che
faceva invidia. Era molto giovane per avere un figlio così
grande, eppure aveva una forza assurda. Jeremy, invece, era piuttosto
alto e, come il figlio, aveva più tatuaggi. Era molto
simpatico
e anche a lui piaceva molto l'hockey come a mio papà e mio
fratello, infatti tutti e quattro gli uomini cominciarono a parlare di
hockey in salotto mentre io e Pattie restammo in cucina a preparare la
merenda.
"Da quanto tempo siete
qui a Los
Angeles?" mi chiese Pattie, tagliando la torta in tredici fette. I
capelli le scendevano lungo il viso ed erano in perfetto contrasto con
i suoi occhi blu.
"Da dieci anni, ma ci
sono ancora
cose a cui devo abituarmi." ridacchiai. "Ad esempio il caldo che fa
qui, in Inghilterra non si toccano i trenta gradi nemmeno in estate
mentre qui è normale sfiorare anche i quaranta."
"Effettivamente
sarà
difficile anche per noi che veniamo dal Canada." esordì, le
passai un piatto per poter mettere al suo interno le varie fettine di
torta. "Tua mamma non è in casa? Mi sarebbe piaciuto tanto
conoscerla, ho saputo che è un bravissimo chirurgo."
sospirai e
presi dei bicchieri.
"Purtroppo
è in ospedale." deglutii, posandoli sul tavolo.
"Be', è il
suo lavoro no?"
mi sorrise rassicurante, le sorrisi anch'io con rammarico. "O no?"
ripetè, notando la mia espressione.
"A dire il vero, non
penso sia il
suo lavoro stare su un lettino e lottare contro un tumore." deglutii
ancora, per poi sospirare. Pattie rimase per un secondo bloccata e con
la bocca socchiusa, pochi secondi dopo però mi
abbracciò
forte.
"So che non
è facile e so
che non mi conosci ancora bene, ma sappi che puoi contare su di me." mi
staccai piano dal suo corpo e le sorrisi. "Va bene?" annuii.
La moka si
riempì di
caffé, così che tutti gli elementi erano pronti.
Portai
sul tavolino in salotto il dolce, il succo di frutta, il
caffé e
i vari bicchieri. Era bello avere compagnia, finalmente non mi sentivo
più tanto sola in una casa enorme. Justin osservava ogni mio
movimento e sinceramente mi sentivo un po' sotto pressione, i suoi
occhi erano così magnetici e penetranti.. quei suoi occhi
color
caramello,
i più belli che avessi mai visto. Per alcuni poteva
anche non essere così, ma quegli occhi erano davvero magici
per me. Avevano un
non so cosa di speciale, mi riuscivano a trasmettere sicurezza e pace.
Ma anche confusione e imbarazzo, proprio come in quel momento. Sentivo
il suo guardo fisso e avevo paura di arrossire da un momento all'altro.
Ryley sembrò accorgersene, così che chiese a
Justin di
salire di sopra per scegliere un videogioco con cui giocare. Justin
annuì e lo seguì, mentre io da stupida mi persi a
fissare
il suo fondoschiena salire le scale a chiocciola.
Era davvero bello. E
non il fondoschiena, anzi, anche il fondoschiena.
Ma lui, lui era
bellissimo.
-
Si erano fatte le sei,
e la testa
mi stava scoppiando. I bambini giocavano tranquilli e tutti parlavano
tra di loro, eppure sentivo che non era giusto ciò che
stavamo
facendo. La mamma non c'era e noi ci stavamo divertendo, senza di lei.
Lei era su un letto di ospedale e noi a fare amicizia con i nuovi
vicini. Mi sembrava tutto maledettamente sbagliato, così
decisi
di salire un po' in camera mia.
"Scusate, vado un
attimo al bagno."
dissi, per poi scomparire. Era passata mezz'ora ma di scendere non ne
volevo sapere. Preferivo stare chiusa in camera, da sola, piuttosto che
fare un torto del genere alla mamma. Non era giusto, non era affatto
gius..
Toc. Toc. Toc.
Mi girai di scatto verso la porta. "Avanti." dissi con voce flebile,
per poi stendermi di nuovo.
"Non ti senti bene?"
mi chiese una
voce, che riconobbi come quella
voce. I brivi mi corsero dietro la
spina dorsale e mi immobilizzai. "Sei qui da più di
mezz'ora."
continuò, avvicinandosi sempre più. Solo guando
sentii la
sua mano accarezzarmi la schiena, decisi di alzarmi. A malavoglia, ma
lo feci. Mi sedetti sul letto.
"E' tutto okay." gli
sorrisi con un sorriso che di più falsi non se ne vedevano
in giro.
"Non sembra." si
sedette al mio
fianco, guardandomi negli occhi. "Cosa c'è che non va?"
abbassai
lo sguardo e sospirai, non avevo voglia di raccontargli tutto. E lui
sembrò capirmi. "Permettimi di fare questo allora."
sussurrò, per poi avvicinarsi piano al mio corpo e
stringermi in
un abbraccio.
Uno di quegli abbracci
che ti
rassicurano, che ti danno forza. Uno di quegli abbracci che solo poche
persone riuscivano a darti, uno di quegli abbracci che desideri
ricevere ogni qual volta ne senti il bisogno. Poggiai la testa tra
l'incavo del suo collo, sentendo il suo profumo. One Million, era un
odore inconfondibile. Mi lasciai cullare dalle sue braccia per un paio
di minuti, mi sentivo così protetta e dannatamente bene.
"Sai, Becky, dovresti
chiudere le
tendine quando ti cambi.." mi sussurrò Justin all'orecchio,
facendomi sussultare. Sbarrai gli occhi e mi staccai, dandogli poi uno
scappellotto dietro la testa.
"Sai, Justin, dovresti
chiudere gli
occhi quando vedi qualcosa del genere." gesticolai e mi corprii il viso
con un cuscino dall'imbarazzo. "Sapevo io che prima o poi sarebbe
successo." mormorai, sentendo la sua risata accentuarsi sempre di
più.
"Becky credimi, uno
spettacolo
così bello non lo vedevo da tanto." ridacchiò
ancora, per
poi abbracciarmi ancora e poggiare il mento sulla mia spalla.
"Adesso non
avrò più
il coraggio di guardarti in faccia." mormorai ancora con la testa
contro il cucino, completamente rossa.
"Sai quante ragazze
non dovrebbero
guardarmi più in faccia, allora?" ridacchiò,
cullandomi
ancora come faceva prima. Corrugai le sopracciglia e sentii qualcosa
allo stomaco. Dalla sua affermazione mi aveva fatto capire di aver
visto nude tante ragazze, ma era una cosa di cui non doveva
importarmene. Insomma lo conoscevo da un giorno e mezzo e mi aveva solo
abbracciata, la vita era sua e poteva farci ciò che voleva.
Ma
allora perché un fuoco
si accese dentro di me e la voglia di far
diventare sterili tutte quelle ragazze era diventata sempre
più
forte?
"Justin, dobbiamo
andare." irruppe
in camera Jeremy, che non appena notò che suo figlio mi
stava
abbracciando si irrigidì subito. "Adesso."
sottolineò,
lasciandomi ancora più perplessa.
"Ci sentiamo dopo."
Justin si
alzò e mi lasciò un bacio sulla fronte, per poi
uscire
dalla stanza velocemente dietro suo padre.
"Ma sei pazzo? Non
puoi comportarti
così con una ragazza che hai conosciuto appena, ricordati
del
tuo impegno." sentii dire da Jeremy, e il che mi incuriosì
parecchio.
Che impegno?
__________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Buonaseraaa!
Mie dolci donzelle,
ciao!
Come state oggi, tesori
miei? Io ancora un po' scossa..
Da cosa? Dal Purpose
Tour.
Purtroppo non ero
presente e ciò mi fa star male, ma so che tutte quante noi
siamo importanti per Justin non solo chi va al concerto.
Alla fine, è
grazie al sopporto di tutte noi messe insieme che Justin va avanti.
Per cui, sapere che nel
mio piccolo ho uno scopo mi fa star meglio.
Voi avete assistito al
concerto, tesori miei?
Com'è andata,
com'è stato, che emozioni avete provato?
Voglio sapere
tuuuuttissimo!
Ma bando alle ciance! E
ciancio alle bande.
I nostri amici qui non
sono troppo dolciosi?
Io sto cominciando a
shippare questa coppia, i Jecky lol.
Ma voglio sapere i
vostri commenti tesori miei.
Come vi è
sembrato il capitolo?
Mi aspetto un vostro parere,
tesori miei. Mi mancavo tantissimo i vostri commenti, sapete?
Grazie infinitamente per
avermi sopportata lol.
Al prossimo capitolo,
bellezze.
Much love.
-Sharon.
|
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Capitolo 4 *** Chapter Four - ***
04. Chapter Four
The
Storm.
Chapter
Four - "Ti va di fare un giro?"
Avete presente quel
momento in cui
hai un sonno pazzesco, tanto forte da addormentarti mentre stai
svolgendo un qualcosa magari anche di importante, ma che appena ti
metti a letto il sonno scompare? Ecco, io stavo affrontando un
momento simile.
Mi girai e mi rigirai
tra le
lenzuola, ero ormai diventata come la carne avvolta in una piadina
per fare i kebab. Non riuscivo a dormire, eppure avevo passato una
giornata lunga e stressante. Erano le due di notte e i pensieri non
facevo altro che affollare la mia mente. La frase di Jeremy, che aveva
detto a Justin quasi sussurrando ma che io, avendo un super udito,
avevo sentito mi stava tormentando. Che impegno aveva Justin?
Aveva fatto un giuramento di castità? Aveva giurato di non
toccare una ragazza?
O
magari sei tu il problema, Becky.
Mi ripeteva la vocina
idiota che
spesso mi disturbava. Davvero, stavo cominciando a non sopportarla.
"Prima mi piacevi, sai?" sussurrai tra me e me, stringendo il cuscino
al petto. Le palpebre di stare chiuse non volevano saperne,
così
le chiusi con prepotenza e strizzai gli occhi, provocandomi solo
dolore.
Sbuffai e mi alzai dal
letto,
cominciando a camminare per la stanza. Cosa potevo fare alle due di
notte? Di certo, non potevo mettermi a cantare o a ballare.
Così
aprii la finestra e mi affacciai, guardando il cielo. Era di un blu
molto, molto scuro. Il solito blu notte. Ciò che
però
faceva la differenza, erano le stelle. Quelle miriadi di stelle. E la
luna, la luna era la protagonista indiscussa. Era piena quella notte, e
lucente più che mai. Mi fermai ad osservarla e a contemplare
la
magnificenza della creazione. Era tutto così stupendo e
perfetto
per essere nato per caso, come insegnano a scuola. Come potevano le
stelle e i pianeti essere allineati così perfettamente dopo
un'esplosione? Come ha potuto un'esplosione aver creato l'intero
universo? Come ha potuto un'esplosione creare così tante
forme
di vita autonome? La Terra stessa è un'eccellente esempio di
come non sia stata un'esplosione a creare tutto: se ci trovassimo anche
solo di poco più vicino al sole la Terra sarebbe inabitabile
per
il troppo caldo, se ci trovassimo più lontani dal sole ci
sarebbe troppo freddo. Come può il caso aver creato tutto
questo? Non può, ecco la risposta. E' tutto troppo perfetto
per
essere stato frutto del caso.
Spostai lo sguardo dal
cielo alla
casa di fronte a me, specialmente alla camera di Justin. Si riusciva a
notare la luce di un'abat-jour accesa. Forse è sveglio,
pensai.
Avevo voglia di
scrivergli, avevamo
scambiato un paio di messaggi da quando era andato via ma nulla di
più. Avevo voglia di vederlo, ma era notte fonda.
Forse,
però, nei miei sogni sarei riuscita a incontrarlo..
Click
clock.
Aggrottai le
sopracciglia e mi girai verso il mio cellulare, mi era appena arrivato
un messaggio. Lentamente, per non svegliare tutti, aprii la chat di
whatsapp per poi notare un messaggio da Charly. Sorrisi, guardando la
sua immagine del profilo. Eravamo io e lei qualche giorno fa, mentre
provavamo un nuovo vestito. Sia papà che Ryley erano a casa
così ne avevo approfittato per passare un paio di ore con la
mia
migliore amica.
Da:
Pazza.<3
'Dormi?'
Ridacchiai,
guardando poi l'ora. Erano le due e mezza e lei aveva pure il coraggio
di chiedermelo?
A:Pazza.<3
'Anche
se ti avessi risposto di
sì mi avresti svegliata, ma tanto non riesco a prendere
sonno
per cui ti sei salvata in calcio d'angolo. ;)'
Da:Pazza.<3
'Scusa
patata! Domani mattina solito programma?'
A:Pazza.<3
'Se
vuoi certo, poi se ti va
possiamo andare a mangiare una pizza per pranzo, Ryley dovrebbe stare a
casa per le due e ho già preparato il pranzo per domani.'
Da:Pazza.<3
'PIZZA.
PIZZA. PIZZA.*-* Fatti venire più spesso queste idee! Notte
patata.<3'
A:Pazza.<3
'Pizza=pazza
proprio come te lol. Notte pazza.<3'
Sorrisi e mi sedetti
di nuovo sulla
finestra a osservare il cielo. L'indomani sarebbe stato sabato e il
sabato era uno dei miei giorni della settimana preferiti. Oltre a non
avere scuola, potevo anche pulire casa in grazia di Dio senza i bambini
che sporcassero tutto. Inoltre, potevo andare all'ospedale a trovare la
mamma. Il
tutto con Charly, così potevamo stare insime almeno un
giorno e
divertirci come ai vecchi tempi.
Click
clock.
Nuovamente
la suoneria del mio
cellulare mi fece tornare alla realtà. Ma chi poteva essere?
Charly mi aveva appena salutato e Ryley sarebbe venuto in camera se
aveva bisogno di qualcosa. Sbloccai subito la schermata, notando che
era un messaggio normale. Lo aprii alla svelta e, non appena notai, il
destinatario sorrisi subito.
Da:
VicinoSexy.
'Non
riesci a dormire?' mi
girai
immediatamente verso la sua finestra, notando che stava anche lui
guardando fuori. Lo salutai con un gesto veloce della mano, mi sorrise
di rimando.
A:
VicinoSexy.
'I
pensieri non vogliono
abbandonarmi.' sorrisi
sconfortata, sentendo un gran peso sul cuore.
Gli avrei dovuto dire che era la frase di suo papà a
rendermi
così pensierosa?
Da:
VicinoSexy.
'Ti
va di fare un giro?' aggrottai
le sopracciglia e mi girai a guardarlo. Semplicemente fece spallucce e
mi indicò il cellulare. Voleva una risposta.
A:
VicinoSexy.
'Alle
due di notte? o.o' mi
mordicchiai un unghia, ringraziando ancora Polly l'estetista, era un
angelo quella donna e se non fosse stato per lei in quel momento mi
sarei ritrovata le unghie più corte di una briciola di pane.
Da:
VicinoSexy.
'Alle
due di notte, sì.
Allora, ti va di uscire con me?' arrossii immediatamente,
perché
doveva essere così schietto?
A:
VicinoSexy.
'Solo
se mi porti in spiaggia.' lo guardai aspettando una
risposta, che non tardò ad arrivare.
Da:VicinoSexy.
'E
che spiaggia sia, miledy.'
sorrisi e
scesi dal davanzale, lo guardai farmi un occhiolino e di
rimando chiusi le tende, così non avrebbe potuto spiarmi.
Forse era una pazzia
uscire alle
due di notte con un ragazzo, ma poco mi interessava. Mi aveva
espressamente chiesto di uscire e sinceramente non volevo farmi
scappare l'invito. Così aprii l'armadio, presi un paio di
jeans
attillati, una maglia nera con la scritta REBEL in bianco e un
giacchetto nero con delle borchie sulle spalle. Indossai le scarpe nere
borchiate e pettinai i capelli, rendendoli abbastanza presentabili. In
pochi secondi passai la matita all'interno dell'occhio e un po' di
mascara per rendere le ciglia più lunghe. Mi guardai allo
specchio abbastanza soddisfatta, ed erano passati meno di quindici
minuti.
Notai l'orario e le
tre erano
appena scoccate. Così presi le chiavi, il cellulare e uscii
piano di casa, senza svegliare nessuno. Justin era già
pronto
fuori casa sua, con un sorriso davvero bello e smagliante.
"Hei." gli picchiettai
la spalla e gli sorrisi, ricevendo in cambio un suo sorriso.
"Hei."
ricambiò il saluto,
dandomi un bacio sulla guancia. E avevo ragione. Le sue labbra erano
davvero morbide. "Pronta?" mi chiese, estraendo le chiavi dell'auto.
Annuii semplicemente, per poi entrare nella sua Range Rover
rigorosamente nera.
"Piuttosto, sai dove
andare?" gli chiesi, ricordando che era appena arrivato dal Canada.
Scosse la testa ridacchiando.
"Avevo pensato di
andare a caso e
di usare il mio super istinto, ma se lei, signorina, ha voglia di
spiegarmi cortesemente la strada, sappia che lo gradirei molto." mi
fece un'occhiolino, cominciando a guidare dalla parte opposta alla
spiaggia.
"Come prima cosa,
inverta subito la
sua rotta che da quella parte si arriva in autostrada." ridacchiai e
subito fece un inversione a U facendomi sballottolare a destra e a
sinistra. Be', cominciamo benissimo.
In una quindicina di
minuti
arrivammo in spiaggia, sani e salvi per nostra fortuna. Tolsi scarpe e
calzini, toccando con le dita nude dei miei piedi la sabbia. Era fresca
e sembrava quasi bagnata, ma era una sensazione bellissima. Chiusi gli
occhi e lasciai che il venticello fresco scompigliasse i miei capelli,
l'odore salmastro proveniente dal mare si sentiva parecchio.
Deficiente, sei su una
spiaggia.. sussurrò la mia voce. Pronta a rovinare ogni
fottuto momento.
"E' bello qui." Justin
ruppe il ghiaccio, cominciando a camminare verso la riva.
"Be', qui è
diverso. Sia tu
che io proveniamo da ambienti completamente diversi. Quasi mi sorprende
il fatto che non ci sia una festa in questo momento." esordii
avvicinando a lui, l'acqua del mare cominciò ad infrangersi
contro i miei piedi provocandomi un brivido, un brivido piacevole
però.
"D'estate dev'essere
bellissimo.." chiuse gli occhi, mentre io mi girai verso il suo viso.
"Che immagini,
già le ragazze in costume?" ridacchiai, sentendo
però un bruciore allo stomaco.
"Forse."
ridacchiò, per poi
guardarmi negli occhi. "Ti va di fare un bagno?" mi chiese, di punto in
bianco. Spalancai gli occhi e lo guardai ridacchiando.
"No, grazie." alzai le
mani in
segno di resa e arretrai. "Non sia mai uno squalo viene a sbranarci.."
portai le mani davanti alla bocca e mi 'finsi' spaventata,
perché in realtà avevo davvero paura degli
squali.
"Hai paura di essere
sbranata da
uno squalo?" alzò un sopracciglio e si avvicinò a
me.
"Dai, solo un tuffo e poi saliamo." mi prese per i fianchi e mi
avvicinò a sé con uno strattone.
"Ma non ci tengo
proprio, passo
grazie." cercai di girarmi, ma le sue mani erano ben piantate sui miei
fianchi. Imbarazzata mi morsi il labbro e arrossii, meno male che era
buoio.
"Fifona."
incollò le labbra
al mio orecchio e una scarica di adrenalina mi fece tremare.
Sembrò accorgersene, tant'è che sorrise per poi
staccarsi. "Camminiamo o restiamo qui?" mi chiese, guardando verso il
mare.
"Camminiamo." strinsi
le scarpe tra
le mie mani e cominciai a camminare sulla riva. L'acqua del mare era
fresca, ma mi piaceva. Era rilassante camminare e staccare la spina un
po' da tutto, anche se erano le tre di notte in quel momento mi sentivo
davvero bene. Non percepivo la stanchezza e non avevo voglia di tornare
a casa. Tutto ciò che volevo, era camminare ancora e sentire
la
voce di quel ragazzo tanto armoniosa. Mi trasmetteva
tranquillità ed era tutto ciò di cui avevo
bisogno in
quel momento.
"Come mai non riuscivi
a dormire?" mi chiese all'improvviso, guardandomi.
"Troppi pensieri."
sussurrai, stringendomi nel giacchetto.
"Ti va di..parlarne?"
si bloccò per un secondo e mi toccò il braccio,
fermando di conseguenza anche me.
"E' che.. da quando
mamma non
c'è.. non mi sembra di fare la vita di una diciannovenne."
ammisi, sedendomi sulla spiaggia.
"Dov'è tua
mamma?" mi chiese, sedendosi al mio fianco.
"E' malata di
leucemia." sospirai,
per poi continuare. "Sono due anni, non si riprende più. Da
quando si è ammalata papà ha dovuto fare i doppi
turni a
lavoro, Ryley pure ha dovuto cercarsi un lavoro mentre io mi occupo
della casa e dei bambini. Sono sempre indaffarata e non ho mai del
tempo per me." guardai il bellissimo spettacolo che mi si poneva
davanti, il mare era diventato una tavola calma e il vento smise di
soffiare. "Domani, ad esempio, la mattina devo preparare
cinque bambini
da sola, preparare loro la colazione, mettere a posto e lucidare
l'intera casa. Tutto questo per le undici, perché alle
undici e
mezza devo trovarmi in ospedale per andare a salutare mamma. Non che
questo mi dispiaccia, anzi. Andare a trovare mamma è la
parte
più bella della giornata. Però è
stancante fare
tutto da sola." portai le ginocchia al petto e continuai a guardare il
mare, la luna risplendeva in esso. "Non esco mai con Charly e non ho un
ragazzo dall'ultima era glaciale, sono sempre bloccata in casa e non
riesco mai a riscattare un po' di tempo per me. Però, faccio
sempre tutto, perché so di essere l'unica donna di casa
adesso e
con cinque fratelli ho davvero una grande responsabilità.
Non
voglio che crescano con una baby sitter, preferisco piuttosto
sacrificarmi. Cosa che sto facendo, certe volte di malavoglia ma lo sto
facendo. Per carità, non dico di malavoglia
perché odio i
miei fratelli, anzi. Li amo con tutto il mio cuore. Vorrei solo
più tempo per me, ecco tutto." finii il mio discorso ,
poggiando
la testa sulle ginocchia.
Justin non emise una
parola, si
limitò a circordare le mie spalle con un braccio e a
poggiare la
sua testa sulla mia spalla. Era ciò che mi ci voleva.
Potermi
sfogare con qualcuno e non sentirmi dire 'brava' o 'fai la cosa giusta,
sei davvero una brava sorella' eccetera, eccetera, eccetera. Poco mi
importava dei pensieri altrui, perché non potevano
certamente
cambiare la situazione. Non potevano sanare immediatamente mamma e non
potevano allungare le giornate con altre ventiquattro ore.
"Sei forte."
sussurrò
Justin. "Vorrei avere un briciolo della tua forza."
continuò,
provocandomi un qualcosa nello stomaco. "Ti stimo molto."
alzò
la testa dalla mia spalla e mi prese il mento tra le mani, girandomi
verso di sé. "E sappi, che d'ora in poi ci sarò
io ad
aiutarti ogni qual volta ne avrai bisogno."
Mi sorrise, un sorriso
che non
avevo mai visto. Non uno di quelli che si fanno così tanto
per
fare, non era programmato e non era nemmeno finto. Era un sorriso che
ti trasmetteva calore e verità, uno di quei sorrisi che ti
provengono dal cuore e che ti rassicurano e ti fanno sentire meglio.
Senza emettere parola,
affondai sul
suo petto e chiusi gli occhi, sentendo le lacrime cominciare a scendere
sempre più. Erano un fiume in piena e si sa, chi
può
fermarlo? Così, senza neanche aspettarmelo, Justin
poggiò
le mani sulla mia nuca e cominciò ad accarezzarmi, erano
delle
carezze davvero leggere e date con amore.
'E sappi, che d'ora in
poi ci
sarò io ad aiutarti ogni qual volta ne avrai bisogno.' ecco
finalmente qualcuno che aveva capito ciò che avevo bisogno
di
sentirmi dire.
L'unico quesito che mi
ponevo era: ci sarebbe stato sul serio?
__________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Buonsalve!!
Come state patate mie?
Come state, uhm,uhm,uhm?
Io sto morendo di sonno
e sono stanchissima, ugualmente sono qui per voi.
Dopo una settimana mi
sentivo in dovere di pubblicare e.. eccomi qui.
Del tipo, che non appena
ho riletto le prime frasi ho detto 'cavolo, ma mi sono descritta!',
perché in
questi giorni non sto dormendo molto la notte a causa dei pensieri.
Il punto è
che sto capitolo l'ho scritto.. mesi fa?
Per cui è una
la risposta: prevedo il futuro.
LOL.
Allora, che ve ne pare
di questi due bei ragazzi?
A chi non paicerebbe
uscire alle tre di notte e andare in spiaggia?
Abbiamo scoperto
qualcosa in più sulla nostra lady, la nostra Rebecca: sua
madre, ha la leucemia.
Ma Justin? Cosa ci
nasconde? E come mai il vento si era fermato?
Mi aspetto un vostro parere,
tesori miei. Mi mancavo tantissimo i vostri commenti, sapete?
Grazie infinitamente per
avermi sopportata lol.
Al prossimo capitolo,
bellezze.
Much love.
-Sharon.
|
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Capitolo 5 *** Chapter Five - ***
05. Chapter Five
The
Storm.
Chapter
Five - "Be', tu puoi vederlo senza maglietta"
Il sole mi
picchiettava sul viso,
era ormai alto da un po' ma nonostante questo non avevo affatto voglia
di alzarmi, stavo così bene. Erano ore omai che ero sul
petto di
Justin e le sue mani non smettevano di accarezzarmi la schiena. Era
rilassante.
"Signorina Myers, sono
le sei.
Penso sia ora di tornare." sussurrò Justin. In tutta
risposta
grugnii e mi strinsi al suo petto, sentendolo ridere.
"E va bene." dissi
infine,
alzandomi e avviandomi verso la macchina seguita da Justin. Il sole era
abbastanza forte ed era bello vederlo risplendere nelle acque
cristalline di Los Angeles.
In poco tempo
arrivammo in macchina
e in un quarto d'ora a casa. Sperai vivamente che tutti stessero
dormendo, altrimenti non sarei riuscita a sopportare tutte le loro
domande. Ero stata via tutta la notte, papà si sarebbe
sicuramente arrabbiato.
"Vado a prendere un
paio di
cornetti al bar, tu vuoi qualcosa?" chiesi a Justin, attirando la sua
attenzione. Mi annuì e insieme entrammo al bar di fronte
casa,
faceva dei cornetti spettacolari. Era comodo averlo proprio di fronte,
così potevo scendere e comprarne quando non avevo voglia di
cucinare qualcosa per la colazione.
"Buongiorno."
salutammo io e Justin
all'unisono. Sonia, una signora abbastanza anziana che dirigeva il
locale, ci sorrise cordialmente. "Un tavolo per due."
continuò
Justin, lasciandomi perplessa. Mi sorrise per poi farmi un'occhiolino,
mentre Sonia ci portò ad un tavolino abbastanza appartato.
"Cosa desiderate?" ci
chiese, prendendo un blocchetto.
"Io un
caffé e un cornetto al cioccolato." disse subito Justin, per
poi incitarmi con capo a ordinare qualcosa.
"Un cornetto al
cioccolato bianco e
un caffé ginseng." Sonia annuì, per poi scappar
dietro al
bancone. Era davvero buffa, ma era anche tanto cara. "Come mai hai
voluto fare colazione qui?" chiesi a Justin, guardando l'ora sul
cellulare. Erano le sei e venti, se avremmo fatto presto sarei riuscita
a fare tutto.
"Perché
voglio stare ancora
con te." ammise serio, incrociai il mio sguardo al suo. Il nostro gioco
di sguardi era tanto intenso, così intenso che quasi non
riuscivo più a sorreggerlo. Mi morsi un labbro e abbassai lo
sguardo, sentendomi avvampare.
Come riusciva a farmi quell'effetto?
Fortunatamente,
Sonia arrivò
presto con le nostre ordinazioni. Presi il mio cornetto e cominciai a
mangiare lentamente, mentre continuavo a parlare con Justin. Mi piaceva
parlare con lui, mi metteva serenità. Forse in dieci o
quindici
minuti finimmo di mangiare e ci avviammo alla cassa. "Potresti darmi
anche due cornetti con la marmellata, due col cioccolato bianco e tre
al cioccolato, per favore?" chiesi a Sonia, prendendo il portafogli. Mi
sorrise a annuuì, per poi incartarmi tutti i cornetti.
"Sono dodici dollari."
feci per
aprire il borsellino, quando una banconota da venti andò a
finire direttamente sulle mani di Sonia. Guardai Justin dal basso
fulminandolo con lo sguardo. "Arrivederci ragazzi." ci
congedò e
sparì nel retro, mentre noi uscimmo.
"Volevo pagare io."
sbattei il piede a terra come una bambina, sentendo la sua dolce risata.
"La prossima volta,
piccola." mi
sorrise. "Ci vediamo dopo, okay?" annuii e mi baciò
dolcemente
la mano, per poi scomparire dietro la sua porta di casa. Scossi la
testa ed entrai in casa anch'io, sentendo stranamente silenzio. Be',
non erano nemmeno le sette.
Posai i cornetti sul
tavolo in
cucina e salii di sopra per cominciare a svegliare i bimbi. E per
bimbi, non intendevo solo i piccoli, ma sopratutto Ryley. Alle otto
doveva uscire e come minimo doveva aiutarmi a vestire i bamini.
Così entrai in camera sua, mi sedetti sul suo letto e gli
diedi un
dolce bacio sulla guancia destra. "Bell'addormentato, sono le sette."
mentii, e in un secondo scattò dal letto. Senza neanche
salutarmi corse in bagno a lavarsi, mentre io scoppiai a ridere. Uscii
dalla sua camera e cominciai a svegliara Alyssia e Breanna, le lavai e
le vestii velocemente. Dopodiché svegliai i gemellini mentre
Ryley pensò a Zack. Si svegliò anche
papà,
così che tutta la famiglia era al completo. O quasi.
Scendemmo
tutti in cucina. "Ho fame." si lamentò Alyssia, sedendosi a
tavola.
"Ho preso i cornetti."
sbarrò gli occhi e sorrise. Presi la tovaglia, del succo, il
latte, i biscotti e la frutta. Poggiai tutto sul tavolo.
"Non ti ho sentita
uscire." papà prese un cornetto al cioccolato.
"Io lo voglio alla
marmellata!" strillò Jhonny con la sua vocina acuta, sorrisi
e glielo presi.
"Allora vuol dire che
posso fare il ninja perché nessuno riesce a sentirmi."
ridacchiai, servendo tutti.
"Tu non mangi?" mi
chiese Breanna, addentando un cornetto. Scossi la testa.
"Ho già
mangiato." sospirai, sedendomi a tavola.
In poco tempo finirono
la
colazione. Il tempo di prendere gli zaini che arrivò il
pulmino
e tutti andarono via, compresi papà e Ryley. Anche se Ryley
sarebbe andato a lavoro nel pomeriggio, doveva uscire presto a fare
delle commissioni per poi andare direttamente a prendere tutti i
bambini a scuola.
Guardai l'orario e mi
tirai su le
maniche: erano le otto e avevo circa tre ore per finire tutto. Charly
sarebbe arrivata verso le otto e mezza per cui cominciai a sistemare la
cucina e, non appena finii tutto, sentii il campanello bussare. Charly
mi saltò addosso abbracciandomi, ma non mi stupii
più di
tanto: non per niente la chiamavo pazza.
"Come stai?" mi
chiese, salendo con
me al piano di sopra. "Hai due occhiaie enormi!" ridacchiò.
Aveva un sorriso bellissimo quella ragazza. Cominciò a
torturarsi una ciocca di capelli tra le dita mentre attendeva aprissi
lo stanzino dove avevamo tutti gli attrezzi per pulire. Lo faceva
sempre e metteva pressione anche a me.
"Devo raccontarti un
sacco di cose!" sbottai, entrando nello stanzino.
Io e Charly eravamo
molto amiche,
era un po' come la sorella che non avevo mai avuto. O meglio, avevo tre
sorelle, ma di certo con loro non potevo parlare di ragazzi o di tacchi
o di vetrine. Era la mia migliore amica e la ragazza migliore che io
abbia mai conosciuto. Aveva una famiglia divisa purtroppo, ma la mamma
si era risposata e lei era segretamente innamorata del suo
fratellastro. Una storia alla Cesaroni insomma, anche se Barry, il
fratellastro, non se la filava per nulla. Cosa stranissima,
perché era una ragazza molto attraente: i capelli biondi le
contornavano il viso leggermente allungato e poco paffuto, gli occhi
verdi erano in perfetto contrasto con la sua pelle chiara e le labbra
carnose erano desiderate da tutte noi povere umane. Il suo viso
era stupendo, il suo
corpo altrettanto. Non per niente aveva molti ragazzi che le correvano
dietro. Mentre io, mi sentivo come Pippi Calzelunghe e la sua
scimmietta. Forse più la scimmietta che Pippi.
"Quindi siete stati
fuori tutta la
notte? E poi chiami me pazza!" Charly scoppiò a ridere
scendendo
le scale, avevamo appena finito di pulire l'intero piano di sopra
così ci avviammo verso il soggiorno.
Feci spallucce. "Be',
non riuscivo
a dormire e non potevo non accettare l'invito di un ragazzo
così
attraente." ridacchiai, scatenando anche la sua risata.
In poco tempo finimmo
di pulire,
posammo tutti gli attrezzi nello stanzino e mi gettai sul letto. Il
sonno si impossessò immediatamente del mio corpo, avevo
passato
l'intera notte sveglia per cui era anche normale che volessi dormire. A
malavoglia, mi alzai dal letto. "Ti dispiace se faccio una doccia? Devo
svegliarmi un po'." Charly annuì prendendo il mio computer,
così io mi chiusi in bagno ed entrai nella doccia. Non
appena
l'acqua fredda si posò sui miei capelli, sussultai e
spalancai
gli occhi.
Okay, mi ero
svegliata.
Feci il prima
possibile la doccia,
dato che mancavano solo dieci minuti alle undici. Asciugai i capelli e
li lasciai mossi naturali, indossai l'intimo e tornai in camera. Non
sapevo cosa mettere, infondo sarei solo andata da mamma e poi a casa.
Per cui, optai per un semplice jenas scuro, una t-shirt bianca e una
giacca nera. C'era un po' di vento e non volevo ammalarmi, quando
prendevo la frebbre non avevo le forza di fare nulla e non potevo
proprio permettermelo in quel momento. Per finire, truccai leggermente
i miei occhi con una linea sottile di eyeliner, del mascara, un po' di
cipria e..pronta.
"Tu sei pronta?"
chiesi a Charly,
prendengo una borsa a tracolla nera. "Dove sono le chiavi?" cominciai a
girarmi intorno e a guardare ovunque, finché non le trovai
sulla
scrivania. Le raccolsi velocemente.
"Sei tu quella
moscia."
ridacchiò, passandomi il cellulare. Le feci la linguaccia e,
insieme, uscimmo di casa, per poi salire in moto alla mia Ducati.
Non vedevo la mamma
da, quanto? Una
settimana, una fottuta settimana. Con tutti gli impegni che avevo
riuscivo a vederla solo di sabato. Mi mancava tanto. Essendo un
chirurgo passavamo poco tempo con lei, ma quando poteva passavamo del
tempo davvero di qualità. Spesso mi aiutava in anatomia o in
scienze, infatti in quelle due materie cercavo sempre di avere il
massimo dei voti. Volevo farla felice, volevo renderla fiera di me.
Sopratutto in quel momento, volevo darle più motivi
possibili
per continuare a lottare contro quel mostro aka tumore.
Non appena entrammo
nel parcheggio
dell'ospedale mi sentii un qualcosa nello stomaco. Non mi piaceva
assolutamente quel posto, anche se mamma ci lavorava da dieci anni.
Vedevo troppe persone star male, troppe persone sui lettini. Chi
piangeva a causa della morte di un proprio caro, chi invece si
abbracciava
perché i medici avevano compiuto un miracolo.
L'istinto mi diceva
'esci, va via',
ma Charly fece tutt'altra cosa. Mi prese il polso e mi
trascinò
in ascensore, premendo con l'indice sul numero '8', ovvero in piano
dedicato ai malati di leucemia. Deglutii, passando affianco a dei
bambini, che avranno avuto si e no l'età dei gemellini,
eppure
già malati. Perché
devono soffrire già così
piccoli?
Charly
bussò al posto mio
alla porta della stanza di mamma. Un flebile 'avanti'
fuoriuscì
dalle sue labbra, così che entrammo.
Ed eccola
lì, in tutto quel
che si può definire splendore. Era stesa sul letto,
collegata a
dei macchinari attraverso dei tubicini. I capelli ormai avevano
abbandonato il suo corpo e i suoi occhi verdi erano
ormai spenti. Ma,
non appena ci vide, si riaccesero. Un sorriso comparse sul suo viso e
fece per parlare, quando la strinsi a me, cercando di non farla
soffocare.
"Ti aspettavo, bambina
mia."
sussurrò al mio orecchio, facendomi sorridere. Le baciai la
fronte dolcemente, per poi staccarmi. "Come stai?" continuò,
annuii.
"Piuttosto, tu come
stai?" le presi
la mano e mi sedetti sul suo letto, guardando attentamente i suoi
occhi. Il suo viso pallido e troppo dimagrito mi scrutava attentamente.
Infine abbassò lo sguardo.
"Sto bene."
rialzò lo
sguardo e mi sorrise, ma più che un sorriso di gioia era un
sorriso rammaricato. "Scusa, Charly." si girò verso la mia
amica. "Non ti ho proprio calcolata. Vieni a darmi un bacio."
La mia migliore amica
si
tuffò tra le sue braccia, proprio come avevo fatto io appena
arrivata. Avevano un bellissimo rapporto e mamma la considerava come la
sua quinta figlia femmina. Quando i genitori di Charly cominciarono a
litigare, Charly venne a dormire a casa nostra e mamma la trattava
veramente con amore con affetto. Si volevano bene ed ero felicissima di
quel rapporto tanto stretto. Almeno, non avevo problemi a far venire la
mia migliore amica a casa o a uscire con lei ogni qual volta volevo.
Sorrisi guardandole,
finché
non intavolammo una conversazione su quanto i ragazzi siano pigri e la
portammo avanti finché un'infermiera non ci disse che la
mamma
doveva mangiare e fare la chemioterapia. Così, dopo un'ora,
fui
costretta a lasciare quella donna che tanto amavo e a tornare in moto,
non prima ovviamente di averla abbracciata per bene.
"Mi manca
già." confessai, mettendo il casco. "Andiamo in pizzeria?"
continuai.
"Lo so." mi prese le
mani. "E sì!" mise anche lei in casco e montò in
sella dietro di me.
Partii verso il
centro, dove
saremmo andate nella nostra pizzeria preferita. Non solo faceva la
pizza migliore di Los Angeles, ma era anche il posto in cui ci
incontrammo per la prima volta. Era un localino piuttosto piccolo ma
molto luminoso. Sulla sinistra c'era un forno a legna grandissimo e la
postazione del pizzaiolo, sulla destra invece una decina di tavoli in
legno. Erano in pandan col soffitto e le travi, mentre il colore delle
pareti era rosso
antico. Caloroso ed accogliente.
"Buongiorno." entrai,
provocando il tintinnio di un campanello sulla porta.
"Buongiorno, posso
esservi utile?"
ci si avvicinò Paul, un ragazzo abbastanza alto e molto,
decisamente molto, carino. Peccato
che sia gay, pensai.
"Un tavolo per due."
sorrise di
rimando Charly, ammiccando come sempre. Paul ci accompagnò
cortesemente al tavolo, dandoci poi due menù.
"La pizza è
decisamente il
mio cibo preferto." esordì Charly, leggendo attentamente il
nedù. Ridacchiai tra me e me abbassandole in
menù.
"Fin quando la mangi
con le verdure
non c'è sfizio." mi fece la linguaccia come una bambina,
provocando un'altra mia risata.
"Si chiama mangiare in
modo
salutare. Tu piuttosto, dovresti smettere di ingozzarti di patatine."
ridusse gli occhi in una fessura, la copiai e cercai di mantenere una
sguardo serio fin quando Paul tossì, attirando la nostra
attenzione.
"Ahm, cosa posso
portarvi?" chiese, un po' impacciato.
"Una pizza con
patatine e
salsiccia." gli passai il menù con nonchalance, notando con
la
coda dell'occhio che Charly aveva appena alzato gli occhi al cielo.
"Io una pizza con
rucola,
pomodorini e grana." passò anche lei il menù a
Paul nello
stesso modo in cui lo feci io un secondo prima, per poi sorridermi
soddisfatta.
Scossi la testa,
consapevole che se
eravamo l'una più bambina dell'altra. Ma allo stesso tempo
consapevole, del fatto che le volevo bene così com'era e non
volevo cambiare nulla di lei. Nemmeno quella sua ossessione per il
rosa.
Era più di
un'ora che
eravamo sedute in pizzeria e ancora dovevamo finire le nostre pizze.
Alla fine avevamo deciso di fare a metà, così lei
avrebbe
assaggiato la pizza con le patatine che tanto odiava ed io quella con
le verdure che proprio non sopportavo. Ricredendomi
però,
perché effettivamente era buona.
Durante quell'ora
avevamo parlato
tantissimo di Justin, di quanto fosse carino e di quanto mi avesse
colpito. E di quanto c'ero rimasta male non avendo ricevuto nemmeno un
suo messaggio in sette ore. Sette. Non due, sette. Rebecca, non siete
nemmeno fidanzati.. sussurrava la vocina nella mia testa,
a cui avrei
dovuto dare un nome date le molteplici volte che interveniva. Olga,
Olga l'avrei chiama.
Be', Olga, hai ragione, ma si da il
caso che avevamo passato tutta la notte insieme sulla spiaggia e un
messaggio doveva essere il minimo. E invece no,
chissà dov'era e
chissà cosa stava facendo e con chi. Il solo pensiero di lui
assieme ad altre ragazze mi faceva rabbrividire, ma Olga aveva ragione.
Non eravamo fidanzati, non potevo rimanere male per ogni singola
scemenza.
"Vedrai che ti
scriverà." mi
rassicurò Charly, addentando una fetta di pizza con le
patatine.
"Almeno a te ha chiesto di uscire, io sono innamorata del mio
fratellastro." fece spallucce e continuò a masticare
lentamente, ovviamente, altrimenti non si saziava.
"Be', tu puoi vederlo
senza
maglietta." le feci l'occhiolino e alzò entrambe le
soppracciglia di rimando con un sorrisino malizioso, come potevo non
ridere?
"Tu puoi spiarlo dalla
finestra di camera tua." suggerì, annuii.
"E' più lui
che spia me."
sussurrai. "Ieri penso mi abbia visto in intimo." confessai,
deglutì velocemente e spalancò gli occhi.
"No."
sussurrò stupefatta.
"Oh sì, lo
sai che, abituata
a non avere nessuno, giravo comodamente in intimo con le tende
spalancate. Adesso il vero problema sarà in estate." mi
grattai
la nuca, per poi bere un sorso d'acqua.
"Andiamo a fare un
giro e poi a casa?" chiese Charly, con un sorrisetto malizioso sul
viso.
"Charly, Ryley non
è come
Barry, a lui piace stare vestito in casa." ridacchiai e mi avvicinai
alla casa cercando nella borsa il portafogli. Quel sabato toccava a me
pagare, avevamo deciso che una volta avrebbe pagato lei e una volta io.
Immediatamente
ricordai la mattina,
quando stavo per pagare ma Justin aveva fatto prima di me. Nonostante
non fossero poi così tanti soldi, era stato un gesto carino.
Quasi quanto lui. Ho detto quasi.
"Quant'è?"
chiesi, alzando
lo sguardo. Rimasi paralizzata, notanto due occhi color nocciola al
posto degli occhi verdi
di Paul.
"Sono sedici dollari."
rispose il
ragazzo di fronte a me, sorridendomi. Quasi in trans, presi una
banconota da venti e gliela porsi.
"E comunque, non ti ho
scritta solo
perché ho accompagnato i bambini a scuola e poi sono venuto
a
qui," ridacchiò tra sé e sé, per poi
porgermi il
resto. "Rebecca." continuò, quasi in un sussurro.
Okay,
Rebecca. Il rosso
ti dona, certo.
Ma
la grandissima figura del cavolo che hai appena fatto di fronte a
Justin supera di gran lunga il rossore sulle tue guance.
Zitta, Olga.
__________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Buonasera, o
dovrei dire buonanotte?
Tesori miei dolci, ciaoo!
Del tipo che questo capitolo è semplicemente di passaggio,
ma mi fa morì l'ultima frase AHAHAHAHAH.
Ma prima di tutto, come state? Tutto bene?
Io.. così e così, ma passiamo avanti.
Recentemente mi sta sfiorando l'idea di fare un libro, sapete?
Mi piacerebbe tanto realizzare questo mio sogno,
anche se sto cominciando a perdere un po' le speranze.
Be', nel frattempo continuo a scrivere.
Dopodiché, si vedrà.
Sono abbastanza stanca, per cui smetto di rompervi AHAHAH.
Mi aspetto un vostro parere,
tesori miei. Mi mancavo tantissimo i vostri commenti, sapete?
Grazie infinitamente per
avermi sopportata lol.
Al prossimo capitolo,
bellezze.
Much love.
-Sharon.
|
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Capitolo 6 *** "Posso accompagnarti a scuola?" ***
06. Chapter Six
The
Storm.
Chapter
Six - "Posso accompagnarti a scuola?"
Non ci credevo, o
meglio, non
volevo crederci. Justin lavorava in quel locale e aveva
sentito
tutto, nessuna parola esclusa. E'
peggio delle pettegole che si
impicciano ovunque, si intromise Olga facendomi sbuffare.
Anche se
sapevo che avevo ragione.
Adesso penserà che
sono una
ragazzina in preda agli ormoni, non ho fatto altro che dire quanto
bello e sexy potesse essere. Stupida Rebecca, stupida, stupida stupida.
Continuai a pensare e a maledirmi, non avrei avuto
più il
coraggio di guardarlo in faccia.
Erano ore che questo
pensiero mi
tormentava, in più si aggiungeva il fatto che fossero
passate
altre ore ancora e di Justin nemmeno l'ombra. Non un messaggio, non una
chiamata. Nemmeno la sua macchina era a casa. Non avevo certo il
coraggio di chiamarlo dopo quello che era successo, eppure una piccola
parte di me sperava ancora e desiderava che mi scrivesse. Anche solo
per un saluto.
Erano le nove di sera
e quasi non
riuscivo più a stare in piedi. I bimbi dormivano e Ryley era
ancora al bar, così decisi di scrivergli un bigliettino e di
andare a dormire. Lo lasciai sul tavolo assieme ad una frittata di
pasta e una ciotola con dell'insalata, era tutto ciò che ero
riuscita a preparare data la stanchezza. Non appena la mia testa si
poggiò al cuscino il sonno si impossessò del mio
corpo,
però non chiusi ancora gli occhi e controllai la schermata
in
cerca di un suo messaggio. Nulla, così mi addormentai.
Il mattino seguente mi
svegliai di
buon'ora, a causa della sveglia. Volevo dormire ancora e ancora, ma
purtroppo dovevo alzarmi e interrompere il mio dolce sonno. Peccato,
perché stavo sognando quel figomapettegolo del mio vicino di
casa.
Ancora assonnata,
scesi in cucina.
Erano solo le nove, e tutti si sarebbero svegliati non prima delle
dieci. Così cominciai a preparare la colazione, avrei fatto
i
waffles con nutella e fragole. Andavo sul sicuro, dato che piacevano a
tutti. Per farne circa due a testa ci misi un'infinità, come
sempre dopotutto, ma riuscii a finire il tutto per quando scese il
resto della banda.
"Dormito bene?" mi
chiese papà, dandomi un bacio sulla fronte.
"Dormito bene."
sorrisi, per poi sedermi a tavola.
"Dopo andiamo al
parco?" ci chiese Zack, attirando l'attenzione mia e di
papà. Boccheggiai, non sapendo cosa rispondere.
"Sì, parco!
Parco!"
urlò Mirabelle, e di conseguenza un coro di bambini
-che erano peggio degli Ultras- si innalzò. Poggiai le mani
sulle orecchie, la loro voce era piuttosto stridula.
"Okay, okay! Basta
adesso!"
urlò papà, facendo smettere tutti. "Andremo al
parco, ma
solo se finite la colazione da bravi bambini."
In poco tempo e con
calma, tutti
finirono la colazione. Quando si trattava di fare i bravi in
cambio di qualcosa ci ascoltavano, solito dei bambini. Quando finirono
la colazione misi
tutto in lavastoviglie, dato che non avevo voglia di lavare nulla a
mano, e corsi in camera per vestirmi. Dato che era una bellissima
giornata, anche se molto fredda, misi un paio di jeans chiari, una
maglietta bianca velata con su un giacchetto del medesimo colore e
delle converse bianche. Truccai leggermente i miei occhi come al solito
e misi un po' di profumo, amavo lo zucchero filato.
Soddisfatta, andai in
camera dei
gemellini e li aiutai a vestirsi: amavo vestire i bambini, mi piaceva
tantissimo sbizzarrirmi con la fantasia e vestirli come più
mi
piaceva. Papà aiutò Breanna e Zack, mentre
Alyssia fece
tutto da sola. Era abbastanza autonoma.
"Siamo pronti?" chiese
papà, non appena scendemmo in salotto.
"Sì, prendo
le chiavi." non
appena le presi, feci uscire tutti di casa e chiusi la porta a chiave,
per poi poggiarle in una borsetta a tracolla assieme al cellulare e al
portafogli.
Il sole era alto in
cielo e l'aria
di Los Angeles non era poi tanto fredda, anche se tirava un po' di
venticello. Con calma, arrivammo in un parchetto non molto distante da
casa. Non era molto grande, ma aveva i giochi essenziali: lo scivolo,
l'altalena, il tronco, la paperelle e il cavalluccio, il tris, il gioco
della campana.. Insomma, tutti quei giochi che i bambini adorano fare.
Subito, Mirabelle e Jhonny andarono sul cavalluccio e la paperella,
facevano la gara a chi tra loro due era più veloce anche se
erano fermi. Mentre invece, i tre più grandi corsero verso
lo
scivolo e cominciarono a ridere.
"Sono così
teneri."
commentai, sedendomi su una panchina. Portai le gambe al petto,
desiderando di andare sull'altalena e di essere spinta da
papà
proprio come quando ero una bambina.
"Ricordi quando la
domenica portavo
te e Ryley al parco?" annuii, ricordando quando io e mio fratello
cominciavamo a gridare per tutta la casa che volevamo andare al parco,
mentre loro dormivano.
"Vi facevamo
esasperare."
ridacchiai, notando Mirabelle e Jhonny correre verso il tris. "Uh mi
piace quel gioco!" saltai in piedi e corsi da loro, inginocchiandomi.
"Come si gioca?" mi
chiese Jhonny, cominciando a far girare un mattoncino di legno.
Ridacchiai, per poi bloccargli la mano.
"Si deve fare tris.
Facciamo che
Mirabelle è il cerchio e tu sei la x. Fate il tocco, per
vedere
chi comincia prima." cantarono allegramente una canzoncina provocando
il mio sorriso, Mirabelle esultò dato che vinse. "Bene,
adesso
devi posizionare il cerchio dove vuoi, tocca una volta a te e una volta
a Jhonny. Chi per primo tra voi due riesce a fare una fila verticale,
orizzontale o obliqua, vince." annuirono insieme, così che
cominciarono a giocare.
Le ginocchia stavano
cominciando a
tremare, così che mi alzai velocemente andandò
però a sbattere contro qualcosa. Stavo per girarmi, quando
sentii due mani prendermi i fianchi e delle labbra toccare il lobo del
mio orecchio.
Quelle labbra erano
inconfondibili.
Quasi quanto quel
profumo.
"Lo sai, vero, che la
mattina sei davvero bella?" arrossii immediatamente, sentendo quella voce
pronunciare quella
domanda.
"Justin,
papà ti tagli i
testicoli se ti vede così." ridacchiai, staccandomi dal suo
corpo. A malavoglia, lo
ammetto.
"Però
è vero." fece
spallucce, provocando la mia risata. E chi glielo diceva che stavo
ridendo perché non avevo capito se era vero il fatto che ero
bella di mattina o perché sapeva che mio papà gli
avrebbe
tagliato i testicoli.. sarebbe stato imbarazzante, più di
quanto
già quella situazione fosse.
"Sei con i tuoi
fratelli?" gli chiesi, guardando Jhonny che aveva appena vinto.
"Sì, sono
sull'altalena." si girò. "O meglio, Jaxon è
sull'altalena, Jazzy gioca con Alyssia."
"Io amo l'altalena!"
escalamai,
sorridendo come una bambina. Da piccola era il mio gioco preferivo,
stavo ore ed ore a dondolarmi.
"Vieni allora." mi
prese dolcemente
il braccio, portandomi affianco all'altalena. Papà ci
guardava
curiosi, praticamente era lo stesso sguardo con cui io guardavo Justin.
"Siediti, su." mi incitò, sempre sorridendo. Corrugai le
sopracciglia, ma feci come mi disse.
Le sue mani si
poggiarono piano
sulla mia schiena, dandomi spinte né troppo forti
né
troppo lente. Strinsi le mie dita attorno le catene, sentendomi
immediatamente una bambina.
"Più
veloce." quasi ordinai
a Justin chiudendo gli occhi. Le sue mani cominciarono a toccare con
più forza e decisione la mia schiena.
Mi sentivo libera,
proprio come un
uccello. Sentivo di
poter volare e di esplorare posti sconosciuti, di
poter cavalcare il vento e di andare sempre più in alto. Mi
sentivo libera, libera da ogni oppressione, libera da ogni catena. Mi
sentivo libera da ogni pensiero e ogni problema, da ogni impegno o
respondabilità. Libera, e così dannatamente viva.
Cominciai a ridere,
ridere felice
come non mai. Era da tempo che non riuscivo a sentirmi così
bene, erano davvero anni che non salivo su un'altalena sentendomi
così libera. Be', erano anche anni che non andavo
così
veloce. Quasi mi sembrava di toccare il cielo con un dito, di toccare
le nuvole. Sembravano zucchero filato, ed era così buono lo
zucchero filato.
Quando smise di
spingermi, si
poggiò lungo il legno che sorreggeva l'altalena e mi
fissava,
con un sorrisino compiaciuto sul viso. Lentamente, decisi -a
malavoglia- di rallentare, infatti scesi poco dopo.
I suoi occhi
sprizzavano
felicità, proprio come il mio cuore. Infatti batteva forte,
e
comincio a battere ancora di più non appena la sua mano
calda
toccò il mio viso. Mi lasciai cullare da quella carezza,
delicata quanto il vento.
Chiusi gli occhi e mi lascia trasportare,
finché non sentii le sue labbra baciare la mia fronte. Fu
lì che aprii gli occhi e mi trovai a pochi centimetri dal
suo
collo. Avevo una dannata voglia di baciare tutti i tatuaggi che aveva.
"Ci vediamo domani."
sussurrò, prima di recuperare i suoi fratelli e andar via,
lasciando un enorme vuoto dentro il mio cuore.
Com'era possibile che
uno sconosciuto potesse farmi provare tutto ciò?
-
Il lunedì
mattina era
praticamente tragico. Sopratutto, dopo una nottata intera passata a
penare a
Justin. Oh, ma non aveva pietà di me? La mattina mi faceva
sentire in paradiso, il pomeriggio non mi calcolava. Lunatico? Forse.
Troppo impegnato? Può darsi. Chi lo sa, non sapevo
praticamente
nulla. Sapevo solo che mi stava mandando in panne il cervello, ecco
cosa sapevo.
Sbuffando mi alzai dal
letto e mi
fiondai in bagno, lavando per bene il mio corpo con una doccia. Erano
solo le sei e mezza e le lezioni sarebbero cominciate alle otto e
mezza, ne approfittai delle due ore di tempo per truccarmi e scegliere
con calma dei vestiti. Opai per un jenas nero, una t-shit
MNML
nera con una giacca di pelle del medesimo colore e un paio di Adidas
nere. Trasgressiva, insomma.
Breanna
entrò di soppiatto
in camera mia, facendomi sobbalzare. "Piccola, mi hai fatta
spaventare." mi avvicinai al suo corpicino minuto e le accarezzai il
viso, aveva gli occhietti ancora rossi. "Ho fatto un brutto sogno." mi
abbracciò, stringendomi forte. L'odore di vaniglia era
davvero
buono, avevo fatto bene a farle il bagno la sera precedente. "Ho
sognato che mamma non c'era più." le accarezzai dolcemente i
capelli per un po', la presi poi in braccio e la paggiai sulle mie
gambe.
"Ascoltami bene, okay?
La mamma ce
la farà, tornerà presto. E' forte e lo sai
benissimo, non
si lascia abbattere e non ci abbandonerà mai. Va bene? Non
devi
nemmeno pensare che ci abbandonerà, perché lei
è
sempre qui, nel nostro cuore." le indicai il cuoricino, per poi
sorriderle rassicurante. "E poi, la mamma ci ama tanto." passai il
palmo della mia mano sul suo visino piccolo. "Dice che è
fiera
di noi. Dobbiamo fare i bravi, così che mamma
avrà un
motivo in più per non lasciarci. Va bene?" Breanna
annuì,
per poi abbracciarmi. "Adesso andiamo a preparare la colazione, su."
Mano nella mano,
scendemmo al piano
di sotto. Papà stava già facendo il
caffé. Lo
salutai con un dolce bacio sulla guancia, proprio come fece Breanna.
Era piuttosto elegante rispetto alle altre volte, aveva detto che
avrebbe avuto una riunione ai 'piani alti'.
"Cosa si mangia?"
chiese Bre,
sedendosi a tavola. Aprii la dispensa, presi dei biscotti e glieli feci
vedere. "Sì, mi piacciono." oltre a quelli ne presi altre
tre
pacchi diversi, così che gli altri bimbi avrebbero potuto
scegliere.
"Papà tu
cosa vuoi?" gli chiesi dolcemente, prendendo il latte e il succo di
frutta dal frigo.
"Mangerò
due biscotti, tesoro." mi sorrise, dandomi poi un altro bacio sulla
fronte. Amavo quando lo faceva.
Mio papà
era un uomo davvero
bello. Aveva quarantatré anni e i capelli ancora marroni, di
un
marrone davvero molto scuro proprio come quando la mamma
partorì. I suoi occhi erano chiari, quasi sul verde. Noi
tutti
avevamo infatti preso da lui, avevamo tutti gli occhi abbastanza
chiari. Il suo corpo era alto e slanciato, frutto di anni e anni di
palestra alternata al lavoro. Lavorava in un'azienda che produceva
macchine agrigole, aveva cominciato col pulire i bagni ed era arrivato,
con gli anni, a diventarne il capo. Ero fiera di lui, era sempre stato
il mio eroe. Anche se spesso si sentiva giù di morale
perché voleva fare di più, io apprezzavo e amavo
ciò che faceva, sempre, perché ci metteva il
cuore e
poche persone ci mettevano l'anima per compiere al meglio i compiti
affidatigli.
Preparai il solito
cappuccino a
Breanna per poi salire al piano di sopra per svegliare il resto della
banda. Non appena sentirono che la colazione era a tavola, corsero come
delle persone che non mangiavano da mesi.
"Io voglio il succo!"
"Io voglio il
latte!" "Io voglio il latte col caffé!" un coro di voci si
alzò, come sempre. Cercai di accontentare tutti e fare del
mio
meglio, anche se non era facile con la testa che ti scoppia e i
pensieri che non ti fanno concentrare.
Quando
arrivò il pulmino che
portava i bambini a scuola tirai un sospiro di sollievo. Ciò
voleva dire che erano le sette e quaranta, e come sempre Ryley era
appena sceso per fare colazione. Dato che neanch'io l'avevo fatta
poiché mi ero concentrata sui bimbi, decisi di farla con
lui.
"Cosa mi prepari?" mi
chiese, con un sorriso enorme. Qui gatta ci cova.
"Non me lo chiedi
mai." poggiai il suo solito cappuccino sul tavolo, chiudendo gli occhi
in due fessure.
"Come fai ad
accorgerti di tutto?" mi guardò sbigottito, lasciando cadere
sul tavolo un biscotto alla nocciola.
"Siamo gemelli." feci
spallucce,
avvicinandomi alla macchinetta e facendomi un caffé ginseng.
"Allora, chi ti ha dato il suo numero?" gli chiesi, sedendomi al suo
fianco.
"Be', non mi ha
proprio dato il suo
numero.." distolse lo sguardo per un secondo, per poi riaggangiarlo ai
miei occhi. "Siamo solo rimasti a parlare tutta la mattinata, ieri, e
mi ha detto che vorrebbe uscire con me, oggi. Io le ho risposto che non
potevo perché dovevo restare con i bambini, così
le ho
chiesto di venire con me in discoteca stasera." raccontò.
"Non ci credo! Il mio
fratellino ha fatto colpo!" mi alzai e lo abbracciai, sentendo la sua
risata.
"Si ma c'è
un problema.." si grattò la nuca, guardando un punto fisso
nel vuoto.
"Ovvero?" alzai un
sopracciglio e poggiai una mano sul fianco.
"Ovvero sta per sposarsi."
sbottò, facendomi spalancare gli occhi. "Si
sposerà a
marzo, ma non è ancora certo. Il suo fidanzato ha detto che
vuole aspettare ancora, quindi non hanno ancora organizzato nulla.
Magari lo lascia, chi lo sa." fece spallucce, finendo poi il suo
cappuccino. "Sono le otto, andiamo?"
Grattai la nuca e
annuii, ancora un po' sconcertata. "Vado a lavare i denti."
Corsi di sopra, lavai
i denti e
presi lo zaino, ero pronta ad uscire quando ebbi l'istinto di girarmi
verso la finestra. E Justin era lì, in piedi, senza
maglietta
che stava guardando qualcosa. Capii cosa stava facendo, quando un
messaggio mi fece voltare verso il mio cellulare.
Da: VicinoSexy.
'Posso accompagnarti a
scuola?'
Il cuore
cominciò a battermi forte.
A: VicinoSexy.
'Ti aspetto fuori la
tua macchina.'
Risposi, scendendo di
corsa.
Finalmente mi aveva
scritta.
__________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Ciao ragazze mie!
Perdonate la mia assenza.
Sarei voluta tornare prima e postare questo capitolo, ma sono stata
super impegnata purtroppo.
Ho avuto molti problemi al cellulare, infatti ho dovuto cambiarlo.
Adesso ho un vecchio iPhone di mio papà che più o
meno va, devo solo adattarmi.
Già in passato mi sono dovuta adattare dall'iPhone 4 al
Galaxy S5,
adattarmi adesso all'iPhone 5 è una rogna.
Ma ce la facerò! -il mio fidanzato da piccolino diceva
così aw-
Bene, che dirvi.
Io shippo troppo questi due.
Come avete notato, ci sono delle frasi scritte in grassetto.
Perché?
..sentivo di poter volare..
..carezza delicata quanto il vento..
Non vi anticipo niente, tenete solamente bene in mente queste frasi.
Mi lasciate un vostro parere?
Mi piacerebbe leggere una vostra recensione e capire cosa vi piace e
cosa non vi piace della storia.
Nel frattempo, vorrei ringraziare tutti voi che mi supportate sempre.
E sì, parlo anche con voi lettori silenziosi.
Al prossimo capitolo, bellezze.
Much love.
-Sharon.
Seguitemi
su Twitter se vi
va (chiedete il follow back c:).
Se volete, qui
c'è il mio Instagram (chiedete
il follow back sotto una foto).
Se volete leggere la mia
prima FF, ecco 'Do you believe in love?'
E per leggere la
mia seconda FF, ecco a voi
'We
Can Fly To Never Neverland'
Ah, sto scrivendo una
nuova FF, passate anche qui 'Look
in my eyes, what do you see?'
CHI DI VOI HA WATTPAD?
Ps: Chiara ti voglio bene.
|
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Capitolo 7 *** "Quando il dovere chiama, bisogna rispondere" ***
07. Chapter Seven
The
Storm.
Chapter
Seven - "Quando il dovere chiama, bisogna rispondere"
Quando Justin
uscì di casa,
il cuore cominciò a battermi forte. Una felpa a maniche
lunghe
grigia gli scendeva morbida sul petto e i pantaloni bianco latte gli
fasciavano bene le gambe. Era bello, o forse di più. Si
avvicinò a me piano, con un'andatura sicura e un sorrisino
dolce.
Non appena si
avvicinò a me, poggiò una mano sul mio fianco e
mi baciò teneramente la fronte.
Oh, ero per caso un
ghiacciolo al sole?
"Ciao piccola"
sussurò al mio orecchio, provocandomi un brivido lungo la
schiena.
"Non chiamarmi
così!" gesticolai, per poi coprirmi gli occhi con le mani.
"Sei tenera quando
arrossisci." ridacchiò, per poi aprire la portiera della sua
Range Rover.
Entrai in macchina e
mi sentii
subito in imbarazzo. Insomma, ero con un ragazzo sicuramente
più
grande di me -quanti anni aveva? Ancora non gliel'avevo chiesto-,
più carino e simpatico e sexy e..tutto. Justin, era
più
di tutto. Più di tutti. Quei suoi capelli biondi, tanto
biondi,
abbastanza lunghi che gli scendevano sull'occhio lo rendevano davvero
attraente. Inoltre vestiva davvero bene e il tutto contribuiva a
renderlo perfetto. Per non parlare del suo carattere. Anche se a volte
mi faceva imbestialire, sopratutto quando mi faceva prima sentire una
principessa, e poi faceva finta di non conoscermi.
"Quindi devi andare a
scuola?" mi chiese, qualche minuto dopo.
"Sì, devo."
sbuffai, per poi
guardarlo con l'intenzione di ispezionare il suo viso per un secondo,
ma rimasi incantata da tanta bellezza.
"Devi proprio?"
insisté, girandosi verso di me. Perché proprio nel
momento in cui ti sto fissando imbambolata? Davvero Justin?
"Sì."
farfugliai, arrossendo per la seconda volta quella mattina. O forse era
la terza?
"E se ti chiedessi di
restare con me tutto il giorno?"
"Ti risponderei
dicendo che ho una
verifica di storia e in storia ho solo B, devo arrivare a prendere una
A." ridacchiai, guardando di nuovo fuori al finestrino. Il centro di
Los Angeles faceva davvero venire la pelle d'oca.
"E ti lamenti? Quando
prendevo una
B stappavo lo champagne" scoppiai a ridere come una cretina, assieme
però a un cretino di nome Justin.
Mi
sarebbe piaciuto restare tutto
il giorno con lui, solo che avevo davvero un'importante verifica e non
potevo mancare. Volevo avere il massimo dei voti in più
materie
possibili e, anche se ciò comportava sacrificio e studio
notturno, volevo raggiungere quell'obbiettivo, per sentirmi realizzata
e per poter dare soddisfazioni alla mia famiglia.
"Quanti anni hai?" sbottai d'un tratto, desiderando di conoscere
più cose di lui.
"Quasi
ventitré." mi sorrise, entrando in un vialetto che portava
alla mia scuola.
"Sei vecchio."
ridacchiai, dandogli
un pugnetto sulla spalla provocando di conseguenza la sua risata.
Così dolce e armoniosa. Non appena vidi l'entrata della mia
scuola, però, il mio sorriso scomparve. Volevo passare
ancora
del tempo con lui e, quasi quasi, stavo cominciando a ripensare
all'idea di stare con lui tutto il giorno e saltare scuola. Infondo,
avrei potuto recuperare un altro giorno la verifica, tanto eravamo
ancora ad aprile e avevo ancora due mesi di tempo fino alla fine della
scuola per poter
arrivare alla A.
"Ci vediamo domani."
sussurrai infine, scrutando attentamente quei suoi occhioni color
caramello.
"Volevi dire dopo."
sussurrò
a sua volta, poggiando il palmo caldo della sua mano sul mio viso.
Chiusi gli occhi al suo tocco e sorrisi amaramente.
"Per te 'dopo'
significa 'domani'."
Riaprii gli occhi e trovai il suo viso a pochissimi centimetri dal mio.
Il suo profumo penetrava le mie narici e il suo respiro caldo lo
sentivo sulle mie labbra. Arrossii visibilmente, stupita da quel
contatto. Non l'avevo sentito muovermi, eppure nei miei sogni
desideravo averlo ancora più vicino.
"E 'domani' significa
'dopo'." si
avvicinò ancora e ancora e ancora, per poi toccare con le
sue
morbide labbra il mio viso. Sospirai delusa, anche se non dovevo. Avrei
tanto voluto che quelle labbra avessero toccato altro, qualcosa che
facesse parte del mio viso ma che non era la mia faccia.
Scesi dall'auto,
correndo vero
Charly che mi stava aspettando vicino l'entrata principale. Appena mi
vide, come sempre, mi saltò al collo e mi strinse forte. Io,
da
parte mia, ancora non riuscivo a riprendermi, dopo ciò che
era
successo pochi minuti prima. Mi sentivo delusa, ma sopratutto illusa,
perché pensavo volesse toccare non solo il mio viso, ma
anche le
mie labbra. Pensavo che mi avesse baciata, non so perché ma
pensavo mi avesse baciata facendomi materializzare su un altro pianeta
o un'altra realtà, più semplicemente.
Volevo che mi
baciasse. Ma non di
certo sulla guancia. Anzi, anche sulla guancia, ma sopratutto sulle
labbra. Desideravo poterle toccare anch'io, quelle labbra morbide e
rosee. Ma è possibile essere gelose delle proprie guance?
"Cos'hai alla prima
ora?" mi chiese Charly, non appena arrivammo vicino al nostro
armadietto. Rosso,
odioso.
"Matematica."
sospirai, prendendo il libro. "E tu?"
"Due ore di
ginnastica." mi fece l'occhiolino. "Secondo te ci sarà quel
figo di Cody?"
"Si allena
praticamente tutto il giorno." ridacchiai.
"Prendi poco in giro,
tu!" le feci la linguaccia. "A dopo."
Ecco, anche lei che mi
bacia sulla guancia. Nello stesso punto che aveva toccato Justin.
Scartai l'idea di
prendere a pugni
l'armadietto, volevo risparmiarmi la figuraccia davanti a tutta la
scuola. Ancor prima del suono della campanella, arrivai in
classe, e cominciai a ripassare un paio di formule, dato che avevamo
due ore sicuramente avrebbe interrogato e c'era il rischio che
interrogasse anche me.
"Signorina Myers,
vuole illuminarci
con una sua splendida interrogazione?" guardai il prof Derrick
sbigottita, la classe si era praticamente piena e lui proprio me
doveva chiamare? "Come non detto." sussurrai, sorridendo al prof e
prendendo un gessetto.
-
Perché alle
due ore di
matematica doveva susseguirsi una verifica? Perché? Avevo la
testa che quasi mi scoppiava a causa delle mancate ore di sonno,
così cercai di finire la verifica di storia il prima
possibile
così da poter andare in bagno a sciacquarmi il viso.
Oh, guarda un po', mi
ritrovavo a vedere Justin ovunque, anche riflesso nello specchio.
"Smettila di pensarlo,
hai pure le
allucinazioni." sussurrai tra me e me, bagnandomi leggermente il viso e
socchiudendo gli occhi.
"E se non fossi un
allucinazione?"
sobbalzai, non appena due mani si poggiarono sui miei fianchi. Mi
girai, già pronta a dare uno schiaffo a chiunque mi stesse
toccando. Ma non appena incontrai quegli occhi, mi sentii impotente.
"Justin?" sussurrai,
toccando il
suo viso per poter essere sicura che fosse lui. Bagnò le
labbra
con la lingua, per poi sorridere. "Hai sentito?" annuì
ancora,
ridacchiando leggermente. Arrossii e coprii il mio viso con le mani,
possibile che dovessi fare così tante figuracce?
Inaspettatamente, mi avvicinò a sé e mi strinse
in un
abbraccio, tanto forte che quasi mi faceva mancare l'aria.
Però
era uno dei più belli che avessi mai ricevuto.
"Sei un'ossessione."
sussurrò, stringendomi sempre di più. "Sei una
vera e
propria ossessione, Rebecca." deglutii, incapace di muovermi. O meglio,
non volevo muovermi. "Vieni via con me." sussurrò,
prendendomi
dolcemente la mano. Un brivido mi fece tremare completamente. Non avevo
mai provato nulla di simile.
"Devo prendere delle
cose." sussurrai
solamente, incrociando finalmente i suoi occhi. Vennero accesi da una
scintilla. "Esco prima io, tu aspettami qui."
Avete presente gli
agenti segreti?
Ecco, ne ero appena diventata uno. Mi sembrava di essere in un film di
007, assolutamente non dovevano vedere che un ragazzo stesse uscendo
dal bagno delle donne. Lo avrebbero arrestato, penso. Sicuramente la
preside lo avrebbe cacciato via a calci nel sedere.
Mancavano meno di due
minuti al
suono della campanella, così entrai in classe a prendere
l'astuccio e il libro che avevo portato per ripetere mentre tutti gli
altri erano ancora intenti a finire il compito. Uscii, salutando
gentilmente il prof che ricambiò con un sorriso. Justin mi
aspettava con la schiena poggiata ad un armadietto. "Veloce,
accompagnami all'armadietto." sussurrai, correndo per il corridoio
seguita dal suo corpo agile.
In pochi minuti
arrivammo affianco
al mio armadietto, inserii la password e lo aprii, quasi sbattendolo
sul naso di Justin. "Scusa." farfugliai posando tutto ciò
che avevo in mano, per poi
richiuderlo. "Ti ho fatto male?" aggrottò le sopracciglia e
si
grattò la nuca.
"Ahm, no?" alzai gli
occhi al cielo
e riaprii l'armadietto, prendendo la borsa e cominciando a fare una
giustifica dato che avrei saltato le successive due ore. Non appena la
vicepreside firmò, uscii dalla suola seguita da Justin. "Ti
va
di venire a casa mia?" chiese, prendendomi la mano. Cominciò
a
giocherellare con l'anello che avevo sull'alluce destro, era un regalo
di mia madre.
"Perché non
sfruttiamo la giornata e mi porti a Beverly Hills?"
"Vuoi fare shopping?"
ridacchiò, portandomi in macchina.
Gli feci la linguaccia
e accesi la
radio, cominciando a canticchiare una canzone di Craig David abbastanza
vecchia. La sua voce era spettacolare, mi piaceva un sacco sopratutto
Seven Days.
"Okay per dove si va?"
chiese Justin d'un tratto, abbassando il volume della musica.
"Ti metto il
navigatore sul
cellulare, non lo so nemmeno io." feci spallucce e presi il cellulare,
sotto lo sguardo divertito e allo stesso tempo impaurito di Justin.
Una volta messo
l'indirizzo,
poggiai il cellulare sul cruscotto in modo tale che Justin potesse
guidare in pace e mi lasciai trasportare dalla melodia delle canzoni
che trasmettevano in radio. Mi piaceva tanto la musica e da piccola
suonavo anche il piano mentre mio fratello la chitarra. Durante le cene
in famiglia mamma ci faceva sempre suonare insieme, per far vedere a
tutti quanto fiera era di noi. Era bello sapere che, nonostante il poco
tempo che passavamo insieme dati i suoi impegni di lavoro, lei ci
amava sempre così tanto.
"Questa è
bellissima." disse
Justin, alzando il volume della radio. Era Turn Up the Speakers di
Martin Garrix e Afrojack. Un duo potentissimo, a parer mio. Chiusi gli
occhi ascoltando la melodia, liberai completamente la mia mente.
Justin muoveva la testa a ritmo facendo muovere il suo ciuffo biondo.
Perché doveva farlo? Eh? Sentivo i miei ormoni fare le
capriole,
e il mio stomaco inondarsi di farfalle.
Chiusi gli occhi e
sospirai
pesantemente, smettila
di pensare a lui in quel modo. Continuavo a
ripetermi invano, dato che era inevitabile non pensarlo.
Il tempo
passò velocemente,
infondo non eravamo tanto lontani da quella città
Californiana.
Scesi dalla macchina euforica, avevo voglia di comprare qualcosa per
l'imminente arrivo dell'estate. Infondo ero a Los Angeles e ci
sarebbero stati tantissimi turisti, volevo per lo meno fare bella
figura e non uscire con la solita canotta e il solito pantaloncino,
dato il caldo insopportabile.
O forse, ero euforica
perché ero finalmente con Justin.
Entrammo in un paio di
negozi
abbastanza giovanili, anche se, sinceramente, non mi piaceva nulla di
ciò che avevano. Mi piaceva camminare con Justin e
trascinarlo
dentro ai negozi, la sua risata mi riempiva il cuore di gioia.
"Questa?" chiesi,
indicando una maglietta a mezze maniche nera semplice.
"Troppo dark."
"E questa?" presi una
maglia rosa chiaro, semplice anch'essa.
"Troppo confettosa."
alzai un sopracciglio, posando anche quella maglia. "Piuttosto, misura
questo."
Tra le mani, aveva un
vestitino
verde acqua, molto lungo. Era senza spalline, con una scollatura a
forma di cuore e dei brillantini che lo ricoprivano interamente. Annuii
contenta, aveva davvero bei gusti.
"Posso esservi utile?"
ci si
avvicinò una commessa, che squadrò dalla testa ai
piedi
il biondo al mio fianco. Gli sorrise. Io invece pensai di spaccarle la
faccia a suon
di pugni.
"Sì,
potrebbe provare questo vestito?" intervenne Justin, mettendomi un
braccio sulle spalle.
"Certo, vi accompagno
al camerino."
si girò facendo appositamente finire i capelli raccolti in
una
cosa di cavallo sul mio viso. Ma
si può? "Puoi sederti qui." si
avvicinò ad una poltroncina e ci picchiettò su
con le mani
un paio di volte, indicando Justin. Non appena questi si sedette, mi
aprì le ante di un camerino. "Chiamami quando hai finito."
Alzai gli occhi al
cielo, sentendo la rabbia ribollire. Stavo quasi per eruttare come se
fossi stata un vulcano.
Entrai nel camerino e
provai prima
un paio di pantaloncini e una maglietta. Mi piaceva il fatto che la
schiena fosse scoperta. Non appena uscii, però, gli occhi di
Justin erano puntati in una direzione completamente opposta a quella
del mio camerino.
Della serie, io sono a
sinistra e tu guardi a destra. C'è qualquadra che non cosa.
"Ti piace?" chiesi a
Justin, facendo un giro su me stessa. Nessuna risposta. "Justin?"
"Stai benissimo."
rispose, facendo spallucce e senza nemmeno degnarmi di uno sguardo.
"Ma se non mi hai
nemmeno
guardata." incrociai le braccia al petto e alzai un sopracciglio,
sentendo la pazienza davvero andare a quel paese.
"Tanto sei bella
sempre." si girò finalmente a guardarmi e sorrise. "Come ho
già detto, sei bella sempre."
Arrossii e mi richiusi
nel
camerino. Come poteva un secondo prima farmi arrabbiare e un secondo
dopo farmi arrossire? Era assurdo l'effetto che aveva su di me. Era in
grado di congelarmi facendo lo strafottente, ma anche in grado di
scongelarmi un secondo dopo con un sorriso. Come potesse
riuscirci, era
un'enigma per me.
Provai un'altra
maglietta e
un'altra ancora, trovando sempre Justin a guardare in una direzione
completamente diversa dalla mia.
"Potresti farmi il
piace di
guardarmi? Se non avessi voluto il tuo aiuto, non sarei venuta qui con
te." sospirai, entrando nuovamente in camerino.
Era l'ora del vestito.
Mi spogliai
completamente e
indossai quello che doveva essere uno dei più bei vestiti
che io
avessi mai visto. Arrivava a terra, praticamente, ma era stupendo. Si
poggiava bene sul mio corpo, e la spaccatura era così lunga
che
arrivava a metà coscia. Indossai dei tacchi che
precedentemente
avevo portato in camerino per poter provare il vestito e uscii,
beccando nuovamente Justin guardare da tutt'altra parte. E guarda caso,
proprio verso quella commessa che si abbassava
formando un angolo di novanta gradi verso la sua direzione.
"Justin.." sussurrai,
cercando di attirare la sua attenzione. "Potresti guardarmi?" chiesi
ancora. "Justin."
Justin's POV.
Rebecca continuava a
chiamarmi, ma
uno spettacolo ancora più bello si mostrava davanti ai miei
occhi. Dio, quella commessa era davvero sexy. Aveva un corpo perfetto,
con due bombe a posto del seno. Mi passava e spassava davanti,
muovendosi come se fosse l'ottava meraviglia del mondo.
"Justin!" questa volta
urlò, così che mi girai verso la sua direzione.
E dire che ero stato
un cretino a pensare quanto sexy fosse la commessa era poco.
Rebecca aveva
indossato il vestito
che avevo scelto per lei, e avevo fatto davvero bene a farglielo
misurare. Era bellissima, o forse di più. Le scrutai, dal
basso
verso l'alto. Non appena trovai il suo viso e i suoi occhi, rimasi
spiazzato. Non li avevo mai visti così.. delusi?
Sospirò e
tornò in
camerino. La voglia di entrare e chiederle cosa fosse successo era
dannatamente forte, ma decisi di non oltrepassare la sua privacy.
Uscì, lasciando tutti i vestiti in camerino senza nemmeno
degnarmi di uno sguardo. Si avviò alla porta e
andò via,
lasciandomi solo.
Justin, sei un cretino, lo sai
vero? Urlò il mio subconscio. Passai una mano
sul viso e
velocemente mi alzai. Presi il vestito, lo portai alla cassa e chiesi
ad un'altra commessa se poteva mettermelo da parte. "Tornerò
nel
pomeriggio." la commessa annuì e lo poggiò in una
busta,
così che uscii in cerca di Rebecca. La trovai a pochi metri
di
distanza dal negozio, camminava a passo svelto e aveva i pugni serrati.
L'avevo fatta grossa.
"Becky!" urlai, ma non
mi ascoltò. "Dai, non fare la bambina." mi avvicinai
correndo e le presi un polso.
"Io? Una bambina? Ma
ti senti? Sei
stato tutto il tempo a guardare il culo di quella, che tra l'altro era
pure tutta rifatta. Ti ho chiamato un sacco di volte e tu non mi hai
ascoltata. Piuttosto che stare con te, preferisco andare a casa a
cucinare per i miei fratelli. Almeno loro mi ascoltano!"
sbottò,
strattonando il suo polso.
"Sai vero di parlare
troppo?" mi avvicinai al suo viso. Si bloccò subito. Amavo
l'affetto che avevo su di lei.
"E tu sai vero di
essere uno strafottente?" disse, quasi in un sussurro.
"Ma sei attratta da
me." sussurrai a mia volta, portando il suo polso dietro la sua schiena
e avvicinandola a me.
"Ancora con questa
storia?" arrossì.
"Perché,
non ti piaccio?"
"Ho detto che sei
figo, non che mi piaci."
"Dalle mie parti
quando si dice che una persona è attraente vuol dire che
c'è dell'interesse."
"Dipende dal tipo di
interesse"
alzai un sopracciglia e la voglia di baciarla crebbe. Avevo voglia di
divorare quelle labbra che sembravano così morbide. "Mi
accompagni a casa? Devo cucinare per i miei fratelli." non risposi, mi
limitai a fissare i suoi occhi verdi. "Se non
vuoi posso anche andare
da sola." provò a liberarsi dalla mia presa, ma la avvicinai
a
me ancora di più.
"Ti accompagno."
annuì e, in
silenzio, camminammo verso la macchina. Sembrava pensierosa, trovavo
quell'espressione così buffa e tenera. Provai a prenderle la
mano ma si scostò, evidentemente ancora arrabbiata. Sospirai,
forse l'ho fatta davvero grossa, pensai.
Entrammo in macchina e
il mio
cellulare cominciò a vibrare. Un punto esclamativo rosso
compariva sul mio schermo e ciò, voleva dire solo una cosa.
"Che succede?" chiese
Rebecca, notando che ero partito velocemente.
"Ho un impegno
urgente." dissi
solamente, correndo per le vie di Beverly Hills fino ad arrivare fuori
casa sua in pochissimi minuti. "Ci vediamo domani, va bene?"
"Immagino che il
'domani' di adesso
non sia come il 'domani' di stamattina, vero?" chiese, alludendo al
fatto che quella mattina ci eravamo rivisti nonostante il fatto che mi
avesse detto 'a domani'.
"Non lo so." risposi.
Ed effettivamente, non lo sapevo.
Uscì
dall'auto, senza
nemmeno salutarmi. La guardai avvicinarsi alla porta di casa sua a
passo svelto. Era sicura, determinata, bellissima. Prima di chiudere la
porta alle sue spalle, mi salutò con un gesto della mano.
Feci
lo stesso, per poi vedere la sua figura scomparire.
Sospirai,
già sentendo la
sua mancanza.
Parcheggiai la mia Range Rover nel garage, per poi
toccare col piede uno dei quattro angoli della stanza, proprio al
centro del battiscopa. Mi assicurai che non ci fosse nessuno,
così entrai, trovandomi di fronte delle porte di vetro
illuminate da alcuni faretti azzurri. Il muro si chiuse alle mie
spalle, su un piccolo quadrato sulla sinistra digitai le cifre 1349 e
lasciai che le mie impronte digitali potessero essere analizzate.
"Può
entrare, signore" una voce metallica echeggiò nel piccolo
stanzino.
Quando il dovere chiama, bisogna
rispondere.
__________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Tadaaa!
Eccomi qui, ragazze mie.
Come state? Tutto bene?
Io sto uno schifo, ho l'influenza e non è proprio il massimo
dato che sto perdendo ore di lavoro e di scuola.
Ma che devo fa? Quest'anno è andata così.
E non so se purtroppo o per fortuna.
Ma passiamo alle cose serie!
Suvvia, ditelo che ci siete rimaste!
Cosa starà nascondendo il nostro Justin?
E secondo voi, perché ci sono tutte queste parole e frasi in
corsivo?
Be', dovete solo leggere per scoprirlo!
Mi lasciate un vostro parere?
Mi piacerebbe leggere una vostra recensione e capire cosa vi piace e
cosa non vi piace della storia.
Nel frattempo, vorrei ringraziare tutti voi che mi supportate sempre.
E sì, parlo anche con voi lettori silenziosi.
Al prossimo capitolo, bellezze.
Much love.
-Sharon.
Seguitemi
su Twitter se vi
va (chiedete il follow back c:).
Se
volete, qui c'è il mio Instagram (chiedete
il follow back sotto una foto).
Se volete leggere la mia prima FF, ecco 'Do you believe in love?'
E per leggere la mia seconda FF, ecco a voi 'We
Can Fly To Never Neverland'
Ah, sto scrivendo una
nuova FF, passate anche qui 'Look
in my eyes, what do you see?'
CHI DI VOI HA WATTPAD?
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Capitolo 8 *** "Sto per sposarmi" ***
08. Chapter Eight
The
Storm.
Chapter
Eight - "Sto per sposarmi"
Avete presente quando
una persona
non si fa viva per quattro giorni e il crimine ti sale così
tanto che il solo pensiero di rivederla ti fa venire voglia di
prenderla a schiaffi?
Be', era
ciò a cui in quel momento
stavo pensando. E indovinate nei confronti di chi? Indovinato belle
mie, proprio di quel biondino di nome Justin.
Non rispondeva alle
mie chiamate,
né ai miei messaggi. Ogni qual volta andavo a casa sua per
chiedergli spiegazioni non riuscivo a trovarlo, era sempre via. A fare
cosa, poi? Non me l'aveva detto. Avevo un bruttisimo presentimento,
come se mi stessi
mettendo contro qualcosa di più grande e
più forte di me.
"Becky, mi devi
spiegare la prova
del nove." Zackary interruppe i miei pensieri, erando in cucina con un
quaderno e l'astuccio. Allontanai il computer senza però
spegnerlo. Stavano succedendo cose
strane a Miami. E la cosa mi
affascinava particolarmente.
"Fammi vedere" Zack si
sedette al
mio fianco, mostrandomi alcune moltiplicazioni che aveva fatto. "Bene,
adesso quindi devi vedere se sono giuste facendo la prova del nove?"
"Sì, io
però non la so fare. So solo che si fa una tabella."
"Bravissimo, si fa una
tabella. Allora, come primo numero abbiamo 144 e dobbiamo addizionare i
tre numeri tra loro, quindi.."
Cominciai a spiegare a
mio fratello
la cosiddetta prova del nove, anche se la mia testa era assente.
Continuavo a pensare a Justin e al comportamento strano che avevo avuto
l'ultima volta che c'eravamo visti. Certo, non avevamo avuto una
splendida conversazione e ammetto le mie colpe. Però cavolo,
aveva quasi avuto un'erezione mentre era con me guardando una commessa
con un bel corpo.
Ma ammetto che mi
mancava. Eccome se
mi mancava.
Una volta finito di spiegare a mio fratello come dovesse
fare i compiti, andai a controlla anche ad Alyssia e Breanna che
stavano facendo i loro compiti. Alyssia aveva già finito,
mentre
Breanna stava finendo di colorare un disegno che raffigurava la
primavera. Per essere una bambina di soli sei anni, sapeva disegnare
davvero bene.
Sorrisi, contenta di
come stessero
andando le cose. Finché, non sentii il telefono di casa
squillare. Ryley si alzò dal divano e corse a ripondere.
"Pronto?" rispose,
corrugando le
sopracciglia. Lo vidi irrigidirsi, per poi guardarmi con un un
espressione piena di felicità. "Sì,
sì, arriviamo
subito, arriviamo!" affrettò a chiudere la chiamata, per poi
avvicinarsi a me.
"Cos'è
successo?" gli chiesi, ma in tutta risposta mi abbracciò e
mi fece girare.
Semplicemente mi
fermò e mi guardò negli occhi. I suoi erano colmi
di
lacrime, mentre i miei cercavano spiegazioni. "Chi era?"
"La mamma sta bene."
sussurrò.
"Davvero?" gli chiesi,
incredula.
Non appena annuì, scoppiai a piangere. Portai entrambe la
mani
sulla bocca, sentendo poi le braccia di Ryley stringermi forte.
Ce l'aveva fatta.
Finalmente ce
l'aveva fatta. Dopo due anni infernali era riuscita a sconfiggere quel
mostro tremendo, era riuscita a vincere. Il suo spirito da guerriera
era sempre stato una delle cose che più mi affascinavano del
suo
essere, e in quel momento era la cosa che più amavo. Era
grazie
alla sua forza che era riuscita a sconfiggere la leucemia, era grazie
alla sua forza da guerriera se stava finalmente bene.
"La mamma sta bene?"
chiese Breanna, correndo da noi.
"Sì, la
mamma sta bene." mi
abbracciò forte cominciando a piangere, assieme ad Alyssia e
Zack che nel frattempo avevano visto tutta la scena.
"Mi hanno chiesto di
andarla a prendere, Zack vuoi venire con me?" Zack annuì,
mettendo il giubbotto.
"E noi?" Alyssia
corrugò le sopracciglia.
"Voi cucinate con me
per la mamma, vi va?" le presi per mano entrambe, sorridendo come non
avevo mai sorriso.
"Ci vediamo dopo."
Ryley mi baciò la fronte sorridendo. Era troppo alto per i
miei gusti.
Si avvicinò
alla porta, per
poi scomparire dietro di essa. Presi entrambe le bimbe e mi fiondai in
cucina, cominciando a tirare fuori dal frigo gli igredienti per fare
qualcosa di buono. Volevo cucinare il piatto preferito della mamma, che
non mangiava da mesi dato che era sempre chiusa in ospedale. In due ore
circa, riuscimmo a preparare il cottage pie, ovvero un pasticcio di
carne. Non sapevo come mai Ryley, Zack e mamma non erano ancora
arrivati, ma evitai di mandar loro messaggi dato che sicuramente
dovevano essersi fermati da qualche parte, sentivo che andava tutto
bene per cui non mi preoccupai più di tanto.
Mirabelle e Jhonny,
svegliatisi dal
pisolino pomeridiano, avevano cominciato ad aiutarci. Mentre loro
levavano i giochi dal salotto, io e le bimbe cominciammo ad
apparecchiare la tavola. Volevo che mamma fosse fiera di noi, di come
stavamo andando avanti nonostante tutto.
Non appena udimmo il
campanello, Alyssia si fiondò ad aprire, rimanendo delusa
non appena entrò papà.
"E un bacio al tuo
papà non lo dai?" chiese papà, poggiando la
valigietta a terra.
"Non volevo a te!"
incrociò
le braccia al petto, per poi rialzarsi non appena sentì il
campanello. Corse alla porta e la spalancò, urlando di
conseguenza. "Mamma!"
"Mamma?" chiese
papà, aprendo di più la porta.
Ed eccola
lì. La mia mamma. Un po' troppo dimagrita e senza la sua
chioma folta, ma pur sempre bellissima.
Papà rimase
immobile,
guardandola avanzare dentro casa. "Sei davvero tu o è un
sogno?"
chiese, accarezzandole il viso.
"E' tutta
realtà."
sussurrò appena la mamma, abbandonandosi alle sue carezze.
Papà
l'abbracciò, un abbraccio che mi fece scoppiare. Le lacrime
scendevano a fiumi dai miei occhi vedendo i miei genitori finalmente
insieme. Era da troppo tempo che non si abbracciavano in quel modo. Era
da troppo tempo che non sapevano se dirsi 'a dopo', perché
il
futuro purtroppo era incerto. Certamente, era incerto anche in quel
momento, ma almeno avevamo la cosapevolezza che mamma era finalmente
guarita e che la leucemia non poteva più ucciderla.
"Ti amo tanto."
susurrò la
mamma, facendomi sentire piccola piccola. Qualche anno prima avrei
detto 'che schifo', eppure in quel momento riuscivo a sentire il calore
di quelle parole e la necessità di doverle sentire.
E istintivamente
cominciai a
pensare a Justin. Non so perché, non chiedetemelo. Sapevo
solo,
che desideravo abbracciarlo e condividere con lui la gioia del riavere
mamma a casa.
"Venite qui, piccoli
miei." disse
la mamma, stringendo tra le braccia Mirabelle, Jhonny, Alyssia e
Breanna. Tutti piangevano, lei compresa. Era bello riaverla a casa.
"Mi sei mancata."
sussurrò Jhonny, provocando il sorriso di tutti noi.
"Anche tu mi sei
mancato, ometto. Come mi siete mancate voi, principesse." sorrise di
nuovo ai bimbi, per poi rivolgersi a me.
Mi avvicinai a lei,
stringendola
piano ma forte allo stesso tempo. "Ce l'hai fatta." sussurrai,
chiudendo gli occhi. "Adesso non andare più via, intesi?"
ridacchiò, finalmente potevo sentire la sua splendida
risata.
"Devi mettere un po' di ciccia di queste ossa."
Mi staccai e le
sorrisi,
incontrando i suoi occhioni grandi da cerbiatta. Mi
accarezzò
dolcemente il viso con le dita lunghe, per poi baciarmi la fronte come
quando ero piccola. Papà le prese la mano, abbracciandola
ancora. Erano bellissimi, insieme.
"Che ne dite di andare
a mangiare?" chiesi, ricevendo un urlo dai bimbi in risposta.
-
Le serate in famiglia, sono una
delle cose più belle.
Dopo tanto tempo, finalmente, potevamo
mangiare tutti insieme. Purtroppo però, si fece tardi
così portai con Ryley di sopra i bambini affinché
si
addormentassero, lasciando mamma e papà da soli sul divano.
Avevano bisogno della loro privacy, era da tanto che non ne avevano.
Feci addormentare
Mirabelle e
Jhonny, che erano decisamente i più dormiglioni della casa.
Dopodiché entrai da Alyssia e Breanna, che erano
già a
letto ma che non dormivano. Lessi loro una favola, come tutte le sere.
Quando pensai stessero dormendo mi alzai e mi avvicinai alla porta, ma
la voce di Breanna mi fece sussultare.
"Becky, pensi che
mamma rimanga qui?" mi chiese, con la sua vocina flebile.
"Amore mio, la mamma
non andrà più via" le baciai la fronte, facendola
sorridere.
Uscii dalla camera,
per poi scendere in salotto seguita da Ryley.
Il campanello,
però, ci bloccò.
"Aspettavi qualcuno?"
chiesi, avviandomi alla porta.
"No, e tu?" chiese a
sua volta, mettendosi al mio fianco.
Non appena aprii la
porta, mi bloccai. "Cosa ci fai tu qui?" sussurrai, sbigottita.
"Volevo parlarti."
infilò le
mani nelle tasche dei suoi jeans a cavallo basso. Salutò con
un
gesto della testa mio fratello, che ricambiò con lo stesso
gesto.
"Potresti lasciarci
soli un
momento, Ryley?" mio fratello annuì, andando via. "Sei un
miraggio o cosa?" sbottai, chiudendomi la porta alle spalle.
"Non sono un
miraggio." scosse la testa, nascondendo un sorriso.
"Senti, non voglio
avere niente a che fare con i miraggi." incrociai le braccia al petto.
"Ti ho appena detto
che non lo
sono." ridacchiò, avvicinandosi a me. Feci un passo
indietro,
non volendolo nemmeno toccare. "Non mi vuoi più?"
"No" scossi la testa.
"Che fine hai
fatto? Uhm? Hai ignorato tutti i miei messaggi e attaccato tutte le mie
chiamate. Non posso di certo far finta che non sia successo niente."
sbottai.
"Posso spiegarti
tutto." mi prese le mani.
"Vai, spiega."
strattonai le mie mani, incrociando le braccia al petto.
"Vedi, io.." si
grattò la nuca. "Io, ecco.." scossi la testa, per poi
girarmi.
"Ci hai provato."
aprii la porta ed
entrai, lasciandolo fuori. Avevo una fottuta voglia di stringerlo e
raccontargli tutto ciò che era successo quel pomeriggio, ma
la
rabbia era più forte.
"Aspetta!" sospirai e
mi girai.
"Ti avevo portato
questi." mi porse dei fiori, un mazzo di rose bianche.
"Da dove le hai prese?"
corrugai le sopracciglia, accarezzando quelle rose a dir poco perfette.
"Ahm.. le avevo poggiate a terra."
si grattò ancora la nuca. "Senti, Rebecca, volevo scusarmi
con
te. Sono stato uno stupido, un vero e proprio stupido a non risponderti
e ad ignorarti. Mi dispiace." mi prese ancora le mani, guardandomi
negli occhi. "E credemi, se Justin Bieber si scusa vuol dire che
è davvero dispiaciuto." chiusi gli occhi e sospirai,
sentendo il
suo respiro sempre più vicino.
Non appena aprii gli
occhi, me lo
ritrovai a pochi centimetri di distanza. Mi accarezzò il
viso,
per poi passare al collo e al braccio. Allacciò le nostre
dita,
provocandomi un sorriso che cercai in qualsiasi modo di reprimere. Non
poteva farmi questo. "Mi perdoni?" chiese, avvicinandosi ancora a me.
"Uhm?" rimasi immobile, vedendo il suo viso sempre più
vicino al
mio. Chiusi gli occhi e istintivamente inclinai la testa, feci anch'io
per avvicinarmi quando sentii una voce chiamarmi.
"Becky, con chi
parli?" sospirai e mi allontanai immediatamente, sentendomi andare a fuoco.
"Chi è?"
chiese Justin, sorridendo.
"Mamma." risposi,
sorridendo a mia
volta. Sul suo volto comparve un'espressione sorpresa. "Dai, entra."
esordii, lasciandolo passare. Poggiai le rose sul tavolo in cucina, per
poi entrare in salotto con Justin.
"Justin, che
sorpresa!" si alzò papà, dandogli una stretta di
mano. "E' da un po' che non ti vedo."
"Sì, sono
stato fuori città per delle commissioni."
"Vieni, ti presento
mia moglie." mamma si alzò dal divando, sorridendo.
"Piacere di
conoscerti, Justin." gli porse la mano, che Justin strinse piano.
"Il piacere
è tutto mio.
Rebecca non fa altro che parlarmi di lei." arrossii, nessuno sapeva
delle nostre uscite, infatti Ryley mi guardò alzando un
sopracciglio.
"Io però
non so nulla di te. Non ti ho mai visto da queste parti."
"In effetti ci siamo
trasferiti da
poco più di una settimana." sorrise, per poi guardare me.
"Adesso però devo proprio andare, sono le dieci e non voglio
disturbarvi ancora."
"Sì, ti
accompagno." risposi, facendogli segno con la testa di seguirmi.
Justin
salutò i miei, per
poi seguirmi fuori. Ero ancora rossa
in viso. Non appena fummo fuori la
porta, gli diedi un pugno sul braccio facendolo ridere.
"Che c'è?"
sbottò ridendo.
"Sappi che adesso
Ryley mi bombarderà di domande." incrociai le braccia al
petto.
"E allora? Non abbiamo
mica fatto sesso, siamo solo amici." ridacchiò.
Era tutto
così fottutamente vero. Sospirai e lo guardai negli occhi,
tornando seria.
"Non mi dirai mai
perché sei
scomparso?" distolsi lo sguardo e mi grattai un gomito, improvvisamente
insicura. Mi prese il viso tra le mani e mi guardò negli
occhi.
"Nessuno lo sa." mi
avvicinò al suo viso. "Neanche la mia famiglia, solo
determinate persone."
"E perché
non posso far parte di quelle determinate persone?"
"Vorrei che ne facessi
parte."
chiusi gli occhi, sentendo il cuore battere forte. "Ma non posso
farlo." soffiò a un millimetro dalle mie labbra.
"Perché?"
chiesi, con voce tremante.
"Perché voglio che tu
sia al
sicuro." continuò, avvicinandosi ancora. "Non
posso Reb, non
posso." si allontanò da me. "Non posso farlo."
"Non sto dicendo nul.."
"Il
punto è che non dovrei
nemmeno essere qui, adesso. Sono venuto solo per vederti,
perché
mi mancavi e non riuscivo a evitarti ancora. Sono venuto qui, anche se
non potevo assolutamente farlo. Io non sono fatto per te, non posso
stare con te. Non posso starti vicino, ma allo stesso tempo non voglio
starti lontano. Eppure questo è così fottutamente
sbagliato, perché io.." sospirò, abbassando
lo sguardo,
per poi rialzarlo. "Sto per
sposarmi." sbottò,
facendomi
spalancare gli occhi.
"Che cosa?"
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Ciao a tutti, belli e brutti!
Come
state miei cari amori dolci?
Io sto relativamente
bene. Relativamene però.
Ma non voglio
deprimervi, perché domani sarà l'ultimo dell'anno
e sapete cosa ciò csignifica?
Che dopodomani saremo
nel 2017!
So che questa
è la scoperta dell'acqua calda, ma ci tenevo a dirvi un paio
di cose.
Questo 2016
è andato, via per sempre.
Non tornerà
più, come non torneranno più le varie
opportunità che vi si sono presentare durante ques'anno.
Ma non è
ancora detta l'ultima parola e sapete perché?
Perché il
2017 vi offrirà ancora di più.
Vivete la vostra vita
al massimo.
Fate ciò
che desiderate entro i limiti del possibile.
Amate.
Fate ciò
che vi fa star bene.
E sopratutto, siate
voi stessee voi stessi.
Per quanto riguarda il
capitolo, so che non è il massimo.
Ma ugualmente abbiamo
scoperto una cosa fondamentale: Justin sta per sposarsi.
Cos'ha in serbo per il
futuro questa storia?
E come mai tutte
quelle parole in corsivo?
Al prossimo capitolo, bellezze.
Much love.
-Sharon.
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Capitolo 9 *** AVVISO ***
Ragazze, so di avervi
deluso parecchio dato che non aggiorno da un po'.
Mi dispiace e vorrei scusarmi con voi.
Ho avuto dei mesi
burrascosi e, purtroppo, adesso ho gli esami.
Nonostante questo,
volevo inoltre dirvi che mi sono trasferita su wattpad.
Per ora sto
continuando The
Storm lì e a breve aggiungerò anche
il primo capitolo di 'Look in my eyes, what did you see?'.
Se volete, seguitemi
lì.
Sono @JeiBieber_Smile
Questo è il
link del mio profilo-> https://www.wattpad.com/user/JeiBieber_Smile
Pubblico
circa un capitolo al giorno, per cui se non vi piace
aspettare questa volta sicuramente non vi deluderò!
VI
AMO.
Grazie per
l'attenzione.
Spero di ritrovarvi
nei commenti su wattpad.
Love you,
-Sharon.
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