Hate That I Love You

di bebe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 ***
Capitolo 7: *** Cap. 7 ***
Capitolo 8: *** Cap. 8 ***
Capitolo 9: *** Cap. 9 ***
Capitolo 10: *** Cap. 10 ***
Capitolo 11: *** Cap. 11 ***
Capitolo 12: *** Cap. 12 ***
Capitolo 13: *** Cap. 13 ***
Capitolo 14: *** Cap. 14 ***
Capitolo 15: *** Cap. 15 ***
Capitolo 16: *** Cap. 16 ***
Capitolo 17: *** Cap. 17 ***
Capitolo 18: *** Cap. 18 ***
Capitolo 19: *** Cap. 19 ***



Capitolo 1
*** Prologo - Cap. 1 ***


Eccomi di nuovo qui, dopo quasi dieci anni dall'ultima storia....sono un pò arrugginita, ma alla fine una cara amica che pure scrive qui (tu sai chi sei!), mi ha convinta a ritornate. Così ci riprovo, e vediamo come va! Non sono avanti con la stesura, anzi, quindi non so con quanta regolarità riuscirò ad aggiornare, ma spero almeno una volta la settimana, al massimo ogni due! Ringrazio anticipatamente chi spenderà un pò del suo tempo a leggere!

 

Victoria  Avery ha 25 anni, ed è nata a Los Angeles. Figlia di Andrew Avery, un famoso e stimato produttore cinematografico,  e di Elizabeht  Messer, arredatrice d’interni, trascorre un'infanzia serena eprivilegiata.  I suoi genitori si conoscono quando Avery assume Elizabeth per arredare la sua nuova e lussuosa villa. E' un colpo di fulmine, almeno per lui, che inizia a corteggiare la donna finchè lei accetta di uscire con lui a cena. Da quella sera non si lasciano più ed alla fine Elizabeth diventa sua moglie e si trasferisce  in quella meraviglia di casa che aveva arredato.  I due hanno un matrimonio felice,  e sono genitori premurosi e sempre presenti con Victoria. Entrambi hanno dovuto faticare per costruirsi una carriera, non provengono da famiglie particolarmente agiate, ma col lavoro e tanti sacrifici sono riusciti a raggiungere i loro obiettivi, ed insegnano gli stessi valori anche alla figlia, sin da quando è piccola.  Purtroppo, però, quando la bambina aveva solo 8 anni, sua madre si ammala e manca prematuramente. Il padre non si è mai davvero ripreso, né risposato. Probabilmente ancora si sentiva in colpa, per non essere riuscito a farla guarire, nonostante le terapie sperimentali e le trasferte in Europa per farla visitare dai migliori luminari. Da quel momento sua figlia Victoria è diventata  l’unico stimolo per lui per andare avanti, insieme al lavoro. Si è assicurato sempre che non le mancasse niente, che frequentasse le scuole migliori, e si è buttato a capofitto nel lavoro. Ed è anche diventato un po’ iperprotettivo con Victoria col passare degli anni. Spesso e volentieri casa Avery ospita feste con altri produttori, registi, attori, attrici, insomma personaggi del dorato mondo di Hollywood, e Andrew ha sempre il timore che qualcuno possa circuire la figlia, magari per arrivare a lui. La categoria che detesta maggiormente sono i giovani attori esordienti,  che farebbero carte false per sfondare,  e gli ex esordienti, cioè gli attori caduti nel dimenticatoio, dopo aver avuto una o più occasioni d’oro, che pure farebbero di tutto per tornare sulla cresta dell’onda. Lavora con queste persone, ma è molto disincantato e non vorrebbe mai che sua figlia avesse a che fare con certi soggetti.

A volte Victoria si sente una specie di principessa confinata nella sua torre. Anche se il padre non l’ha mai ostacolata, ogni volta che ha anche solo accennato alla possibilità di trasferirsi all’estero per qualche master o per  cercare lavoro, in modo da distaccarsi dalla sua fama  crearsi la sua strada, ha sempre storto il naso.  Dopo la laurea la giovane ha  iniziato a dargli una mano con la sua casa di produzione cinematografica, ma non sente di essersi guadagnata questo posto, e sa che molti la pensano così e non la  ritengono all’altezza, pensano che sia raccomandata perché figlia del capo.  Qualche anno fa, ha fatto anche la modella per qualche mese, più che altro per servizi fotografici, dopo essere stata notata ad un evento mondano cui aveva partecipato col padre, ma lui non approvava, così alla fine ha lasciato perdere, anche perché non era proprio quello che voleva. E’ stato divertente, ma è finita lì. Inoltre, collabora con sua zia nella gestione di una fondazione benefica fondata dalla donna e dalla sorella Elizabeth, che si occupa di donne e bambini vittime di violenza.

Sul fronte sentimentale, Victoria ha avuto poche  storie serie:  una con un compagno di facoltà, ed una con uno sportivo. Quest’ultima relazione è quella che maggiormente ha preoccupato suo padre Andrew. Si trattava di  Kevin, un tennista che la ragazza ha frequentato  per circa un anno. Era un Casanova impenitente, la riempiva di corna, e già questo bastava al  padre per detestarlo; inoltre era una calamita per paparazzi, e i due sono stati beccati più o meno ovunque, da isolette sperdute in cui andavano in vacanza, alle cene fuori. Lei però era cotta ed ogni volta che lo perdonava per qualche scappatella, sperava  sarebbe cambiato, invece non è successo, e quando se n’è resa conto, l’ha piantato definitivamente.

Ha pochi e fidati amici, con cui esce, va in vacanza e si diverte.   La sua migliore amica è Skyler: è un po’ pazzerella, ma è come una sorella per lei.  Si sono conosciute a 5 anni ad un corso di danza classica e da allora sono  state inseparabili.

Un’altra presenza fondamentale nella mia vita di Victoria è sua zia Charlotte, la sorella della madre.  E’ stata sempre molto presente, soprattutto dopo Elizabeth è mancata, è diventata quasi una sua sostituta, soprattutto quando la nipote aveva  bisogno di parlare di cose da ragazze, di confidarsi, di sfogarsi sui primi amori magari non corrisposti, di chiedere consigli su qualche ragazzo che le piaceva,  o semplicemente quando mamma le mancava e non voleva parlarne col padre  per non farlo intristire.

Da circa tre anni Victoria frequenta un suo coetaneo, Josh Parker,  rampollo di una famiglia nota e stimata a Los Angeles. Non è un amore elettrizzante, almeno non per lei. Josh è un bel tipo, in gamba, intelligente, ma è troppo ‘precisino’ e a volte le sembra di stare con un uomo molto più grande, per quanto è quadrato e razionale in tutto. Ma è anche il primo ragazzo che suo padre approva…

 

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Capitolo 2
*** Cap. 2 ***


“Zia….se devi chiedermi qualcosa, chiedi e basta…” disse divertita Victoria a sua zia Charlotte.

L’aveva raggiunta nella sede della Fondazione, per rivedere insieme alcune scartoffie. Ma da subito sua zia le era sembrata distratta, era come se non la ascoltasse veramente; la osservava, annuiva distrattamente, ma pareva persa in altri pensieri.

La donna sorrise.

“No, io….non devo chiederti nulla…” rispose, ma in maniera assai poco convincente, tanto che la nipote la guardò, per niente persuasa, inarcando un sopracciglio.

“Va bene…hai ragione! Sei davvero come tua madre…non ti sfugge niente…” osservò sua zia, scuotendo la testa e sfilandosi gli occhiali.

“E’ solo che…mi stavo chiedendo cosa avessi intenzione di fare col matrimonio…” ammise infine, dando voce ai suoi pensieri.

Victoria sbuffò.

“Siete fidanzati ufficialmente da quattro mesi…” rimarcò ancora.

“Appunto…! Quattro mesi, non quattro anni….” Ribattà la ragazza “….perchè vi comportate tutti come se organizzare il matrimonio fosse questione di vita o di morte?” aggiunse, poggiando la schiena contro lo schienale della sedia.

“Non ho, anzi, non abbiamo nessuna fretta! Non c’è un termine al fidanzamento….e….Josh ed io vogliamo prendercela comoda…che fretta c’è?” disse ancora.

“Oh nessuna fretta….è vero…non dovete per forza sposarvi entro un tot di mesi dal fidanzamento, ma…tesoro, devo dirtelo….non sembri entusiasta come una futura sposa dovrebbe essere…” le fece notare sua zia, posando una mano sulla sua con fare materno. Era sua nipote, la figlia di sua sorella e per lei, divorziata e senza figli, era come una figlia sua, e non riusciva a non preoccuparsi per lei.

 “Non è vero…” disse Victoria, stirando un sorriso.

 “Sono contenta….ma sai che non sono il tipo che ha sempre sognato il matrimonio e…boh, tutta questa cosa mi mette solo ansia. Non amo le cose sfarzose, in grande…e invece so che è quello che tutti si aspettano e…la cosa mi mette pressione…papà ci tiene, sai com’è fatto…si aspetta che siano nozze quasi regali e…la madre di Josh…” rimarcò con una smorfia “….vorrà mettere il becco su tutto! Dai centrotavola alla torta…” aggiunse.

“E tu invece cosa vorresti?” le chiese la zia.

“Vorrei una cerimonia intima e semplice…solo pochi invitati….magari sulla spiaggia…senza sfarzo, senza troppe tarantelle…” rise.

“Allora credo che dovresti parlarne con Josh…lui ti adora. Farebbe di tutto per te…e sono certa che non avrà niente in contrario se ridimensionerete la cerimonia…mal che vada, prendete e scappate….poi me la vedrò io con tuo padre…” sorrise sua zia.

“Hai ragione…gliene parlerò il prima possibile! Ma adesso è meglio che finiamo di compilare questi moduli…altrimenti non ne usciremo mai!” aggiunse la ragazza.

Le due si rimisero di buona lena al lavoro, poi pranzarono insieme e Victoria rientrò a casa solo nel tardo pomeriggio. Era stanca, pensierosa, aveva solo voglia di farsi un bel bagno, e di andare a dormire, ma la villa era in fermento. Il personale di servizio correva avanti e indietro. Non solo, c’era un via vai di furgoncini di una ditta di catering, di fioristi che sistemavano composizioni floreali in ogni angolo.

“Oh tesoro…eccoti, finalmente!” esclamò suo padre, vedendola arrivare.

“Iniziavo a preoccuparmi…” aggiunse, andandole incontro per salutarla.

“Ciao papà….scusa, zia Charlotte ed io avevamo un po’ di arretrati in fondazione…ma…ma che succede?” gli chiese, guardandosi intorno.

“Come che succede?” rimarcò suo padre osservandola “…la festa…la festa che organizzo ogni anno prima che inizi la stagione delle premiazioni….” Continuò “….te ne sei scordata…” aggiunse, ma più che una domanda, era un’affermazione.

“Oddio…si, la festa…è vero…me l’ero anche segnata….ma me n’ero dimenticata…” rispose lei, sospirando.

“E….devo proprio esserci? E’ stata una lunga giornata….” Disse ancora, tentando di persuadere il padre a dispensarla da quell’impegno mondano, con tanto di occhioni alla gatto di Shrek.

“Ma tesoro…sai che ci tengo! Cosa sarebbe una festa qui senza la mia principessa? Prendila come una prova generale del matrimonio….sai, finti sorrisi, finto interesse a discorsi noiosi…” aggiunse divertito.

Alla fine, lei annuì e senza insistere oltre, perché sarebbe stato inutile, salì per farsi una doccia e prepararsi. Non voleva deludere il padre, anche se non moriva dalla voglia di fare la bella statuina. Si era dovuta sorbire quelle feste per anni, ed iniziava ad esserne stanca.  Ci sarebbe stato sicuramente anche Josh, il che significava dover rispondere alle solite e scontate domande curiose sul fidanzamento, sul matrimonio, sul perché non avessero ancora fissato una data, etc etc…le veniva l’emicrania solo a pensarci.

Il lato positivo era che avrebbe partecipato anche Skyler, così avrebbe avuto una spalla con cui commentare le mise assurde di alcune invitate e con cui scappare in caso di noia.

Dopo una rilassante doccia, Victoria si vestì, indossando un abito rosso, aderente sul corpetto e che si apriva in una nuvola scarlatta dalla vita in giù. Infilò dei sandali dorati, dai tacchi vertiginosi, che le avrebbero fatto rimpiangere le ballerine nel giro di un’ora, si truccò con cura ed acconciò i capelli in un semi raccolto che lasciava cadere morbide onde sulle sue spalle.

Alle ore 20 i primi invitati iniziavano ad arrivare, e la villa a riempirsi di musica e chiacchiere. I camerieri giravano per le sale della villa, offrendo champagne in flutes di cristallo su vassoi di argento splendente. Tutti sembravano divertirsi o forse fingevano di farlo. Essendo cresciuta in quell’ambiente, Victoria aveva imparato presto che molto spesso gli attori, attrici e chiunque gravitasse in quel dorato mondo del cinema, mostrava la propria maschera migliore, e che la vera natura di certi personaggi era molto meno sfavillante e genuina di quanto si pensasse.

Come da copione, in qualità di padrona di casa, Victoria faceva buon viso a cattivo gioco, sorrideva, conversava con gli ospiti.  Ed altrettanto prevedibilmente, dopo un’ora era già stanca di quei teatrini e si rifugiò in terrazza, allontanandosi dal salone principale. L’aria fresca le solleticava piacevolmente le narici, e già si sentiva più leggera e libera lontana dal chiasso della festa.

Poco dopo sentì dei passi, e si voltò di scatto. Josh la stava raggiungendo con un flute di champagne.

“Che fai qui tutta sola? Sei già stanca…?” le chiese avvicinandosi.

“Si….tutte quelle chiacchiere …mi scoppiavano i timpani…” rispose, guardando in direzione delle sala.

“Perché non ce ne andiamo? Prendiamo una bottiglia magari e andiamo via…” aggiunse, allacciandogli le braccia al collo.

“Sei la padrona di casa….non sarebbe educato!” le fece notare lui, che sapeva sempre come smorzare il suo entusiasmo.

Lei sbuffò e lo sciolse dal suo abbraccio, poggiandosi al parapetto di marmo della terrazza.

“Amore…so che non ami queste occasioni mondane, queste feste, ma…fa parte del gioco…” riprese a dire lui, accarezzandole un braccio.

“Almeno resisti un’altra oretta…poi ce ne andiamo, promesso…” aggiunse, più conciliante, dandole un bacio sulla tempia.

“Certo,  spero non vorrai scappare anche nel bel mezzo del nostro matrimonio….” Disse ancora.

“Bè, l’importante è che non scappi prima, giusto?” rimarcò lei ridendo.

“Touchè….” Esclamò il ragazzo.

“Senti Josh…..a proposito del matrimonio…” riprese a dire, voltandosi verso di lui “…..io ci ho pensato molto e vorrei una cerimonia intima, raccolta…solo per noi, i familiari stretti e pochissimi amici…magari sulla spiaggia oppure potremmo anche scappare…andare via, e tornare sposati!” gli disse finalmente, dando voce ai suoi pensieri.

“Aspetta aspetta…frena…” intervenne lui “….Davvero vorresti andartene? Scappare come fossimo due ladri e tagliar fuori le famiglie? Eddai Vicky….sarà il giorno più bello della nostra vita….e poi, facciamo parte di due famiglie in vista, abbiamo degli obblighi….non possiamo semplicemente prendere e scappare….” Osservò, con quel tono di condiscendenza quasi paternalistico che la irritava da morire. La faceva sentire una bambina stupida ogni volta che non condivideva le sue idee.

Lei sbuffò, voltandosi a guardare il panorama di Los Angeles by night.

“E’ il nostro matrimonio…dovremmo fare quello che vogliamo, senza badare a stupidi formalismi ed etichette…non siamo mica una famiglia reale…” sbottò.

“Non in senso stretto, ma è come se lo fossimo….la gente si aspetta certe cose da noi…e poi mia madre mi fucilerebbe se scappassi….anzi, a proposito….chiamala nei prossimi giorni, così magari iniziate a vedere insieme la lista degli invitati….cerca di fargliela sfrondare, penso abbia incluso anche le mie maestre delle elementari…” aggiunse divertito.

Lei lo guardò stranita. Cosa ci fosse di divertente, non riusciva proprio a capirlo, e stava per rispondergli, ma il suo fidanzato fu provvidenzialmente richiamato dentro da un suo conoscente.

Victoria era ancora piuttosto irritata, pensierosa, e rimase lì fuori, cercando di schiarirsi le idee.

“Wow…sei sempre così remissiva o è effetto dello champagne?” sentì dire dal nulla quasi, tanto che si voltò di scatto.

Non sembrava esserci nessuno, ma dopo pochi istanti, vide una figura stagliarsi nella penombra, in fondo al terrazzo, dove c’era una sorta di paravento costituito da alte piante sempreverdi.

Non riusciva a capire chi fosse, ne intravedeva la stazza però. Era alto, spalle ben piazzate, quasi da nuotatore. La voce non le sembrava familiare, iniziò a pensare che magari fosse uno del catering, che si era stancato ed era scappato in terrazza.

“Come prego? Molto comodo criticare qualcuno restando nascosti….almeno fatti vedere…” disse lei, per nulla intimorita, ma quasi scocciata da quella critica così esplicita da parte di chi poi?

Le sembrò di sentire l’uomo sorridere e pochi istanti dopo la sua richiesta, finalmente, si palesò.

Era in effetti molto alto, ed era innegabilmente un bel tipo. Capelli corti, castani, barbetta curata, occhi castani penetranti,  fasciato in un completo scuro, probabilmente Armani o Boss, con la cravatta allentata. Dopo qualche istante di incertezza lo riconobbe. Era un attore, anche se le sfuggiva il nome. Ma ricordava con chiarezza di averlo visto nei panni di un super eroe con una tutina aderente rossa. Non era un’amante del genere, pensava che di film con super eroi vari ne fossero stati girati fin troppi.

“Non ti hanno insegnato che non è educato origliare?” riprese a dire lei, incrociando le braccia al petto,  dopo averlo osservato attentamente ma anche rapidamente, per non dargli troppa confidenza.

“Si, me l’hanno insegnato…ma ero qui prima che arrivassi tu…e quando poi quel tizio tutto ingessato, che da quel che ho inteso è anche il tuo fidanzato, è arrivato, mi è sembrato ancora meno educato interrompervi….così ho deciso di aspettare che ve ne andaste, sperando che  uno dei due non fosse preso da strane voglie e non decidesse di rischiare con del sesso selvaggio all’aperto…possibilità che ho scartato appena ho sentito parlare il tuo bello…..era più preso a farti la predica che a realizzare quanto ti dona questo vestito rosso…” rimarcò, con una faccia di bronzo clamorosa, per poi bere un sorso dal bicchiere che aveva in mano.

Victoria era sempre più perplessa ed irritata. Ma come si permetteva? Nemmeno sapeva chi fosse, il che poteva significare solo una cosa, che come attore non fosse granchè o se lo sarebbe ricordata, era lì ospite a casa sua e si permetteva di dare certi giudizi, senza conoscerla.

“Ma…si può sapere chi diavolo ti ha invitato?” borbottò.

“Vuoi davvero sposarlo quel broccolo?” riprese a dire lui, non curandosi della sua domanda né del suo evidente disappunto.

“Non credo siano affari tuoi…” gli fece notare seria.

“Lo so, è vero…ma siccome sono più grande di te di almeno 10 anni ad occhio e croce, accetta un consiglio spassionato…” continuò, facendo qualche passo verso di lei “…..se cedi le armi adesso, è la fine…se ti dice cosa fare ora che siete solo fidanzati e se non ha le palle per mettersi contro la madre e per fregarsene di quello che pensano i parenti, la gente, i muri, e scappare con la sua fidanzata per renderla felice, allora potrà solo peggiorare una volta che ti avrà messo la fede al dito.  Sii furba….e scappa da quel cretino prima che sia tardi…o ti sveglierai una mattina e ti sentirai in gabbia e allora sarà tardi per rimediare…” aggiunse serio ed in quell’istante la maschera sarcastica e spavalda di poco prima era svanita, e Victoria aveva la sensazione che stesse parlando di sé.

E nonostante la seccasse quel ficcanasare da parte di questo tizio, era colpita dalle sue parole e non riusciva a trovare nulla di sbagliato in quello che aveva detto.

“Ah…Ryan…..eccoti qui! Finalmente…”  disse una voce femminile, con lieve tono di rimprovero, che apparteneva ad una donna bionda fasciata in un abito dorato.  Li raggiunse, abbozzando un sorriso con Victoria, per poi avvicinarsi all’uomo.

“Ti cerco da mezz’ora almeno….dai, torna dentro….siamo ad una festa…smetti di fare l’asociale….” Gli disse, sistemandogli la cravatta e stringendo appena il nodo per ricomporlo, cosa che strappò una smorfia di disappunto all’uomo.

“Così mi strozzi..” borbottò “….arrivo, ok? Ora rientro…intanto vai….” Aggiunse, e sembrava impaziente di liberarsi della donna, ma molto meno di tornare alla festa.

Da come si comportavano, e dalle fedi ai loro anulari, era evidente che fossero marito e moglie e lei era davvero bella. Alta, bionda, formosa nei punti giusti, sembrava molto solare e spontanea.

L’uomo rimasse immobile qualche istante, poi finì di bere il contenuto del suo bicchiere tutto d’un sorso e fece per tornare in sala.

“Mi sa che qualcuno predica bene e razzola male…” disse Victoria, prendendolo in contropiede, visto che si bloccò e, restando di spalle, voltò appena il capo come in una muta domanda.

“Anche tu mi sembri piuttosto remissivo….è effetto dello scotch o di qualunque cosa avessi nel bicchiere?” rimarcò.

Lui accennò un sorriso divertito, e poi tornò dentro e sparì come risucchiato in quella folla di invitati.

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Cap. 3 ***


Poco dopo anche Victoria rientrò in sala e, suo malgrado, riprese a far buon viso a cattivo gioco, cercando di nascondere la noia e di conversare con gli ospiti da buona padrona di casa. Di tanto in tanto, tuttavia, cercava Ryan con lo sguardo e qualche volta lo individuò fra la folla. Sembrava annoiato quanto lei. Forse loro due erano gli unici a sentirsi sempre come pesci fuor d’acqua in queste situazioni, entrambi subivano queste occasioni mondane, più che viverle al meglio.

Continuavano a ronzarle in testa le sue parole. Era pur vero che non lo conosceva, e che solitamente dava poco peso al giudizio di estranei, ma in questo caso era sorpresa dalla facilità con cui un perfetto sconosciuto avesse inquadrato così velocemente il rapporto fra lei ed il fidanzato Josh. Lei era davvero sempre troppo remissiva con lui. Provava a far valere le proprie idee, ma alla fine demordeva, o per qualche senso di colpa installato ad hoc dal ragazzo, che sapeva come far leva sui suoi punti  deboli, o per semplice stanchezza. E lo stesso succedeva con suo  padre. Lo adorava, ovviamente, ma non era mai riuscita ad emanciparsi del tutto da lui, nonostante fosse maggiorenne da un pezzo.

Nei giorni e nelle settimane successive, la ragazza si concentrò molto sul lavoro e sulla fondazione, e rimandò volutamente qualsiasi incontro con la futura suocera per i preparativi del matrimonio, ma dopo circa un mese di latitanza e di scuse più o meno verosimili, fu costretta a cedere e ad accettare di incontrare la donna. Josh era fuori città per lavoro da qualche giorno e non sarebbe tornato prima di una settimana. Non era la prima volta che capitava, e la lontananza non era mai stata un problema. Anzi, in qualche modo Victoria si sentiva rigenerata da quella lontananza forzata. Non le dispiaceva avere momenti tutti per sé, per  riflettere e stare da sola, o per passare del tempo con gli amici.

L’appuntamento con Harriett, la futura suocera, era per pranzo, alla villa di famiglia dei Parker. Erano una famiglia agiata e molto stimata a Los Angeles. Il capostipite lavorava nel mondo della finanza ed anche Josh aveva seguito le sue orme. Victoria era già stata altre volte a pranzo o a cena a casa loro, ma sempre con Josh. Questa era la prima volta che andava sola e la prospettiva non la entusiasmava. Harriett era la classica donna ricca e snob, con la puzza sotto il naso, che squadra chiunque dall’alto al basso, e la ragazza mal tollerava questi suoi atteggiamenti. Inoltre, era molto, troppo, incline a ficcanasare nelle faccende anche sentimentali del figlio, che trattava ancora come un bambino, forse perché Josh era l’ultimogenito, e l’unico figlio maschio.

Arrivò puntuale a villa Parker e fu accolta dalla governante, che la accompagnò in sala, dove la padrona di casa già la aspettava.

“Oh Victoria…ben arrivata….ti stavo aspettando…” disse la donna, alzandosi per salutarla.

“Sono felice che tu sia riuscita finalmente a trovare il tempo per vederci…su, accomodati. Ci sono così tante cose da definire e decidere….” Aggiunse, con quel tono di voce così squillante da sembrare quasi uno squittio.

Il tavolino del salotto così come le due poltrone erano praticamente ricoperti di riviste per spose, scampoli di tessuto, campioni di centrotavola….sembrava la fiera degli sposi! E Victoria già non vedeva l’ora di andarsene.

“Wow….c’è così tanto tulle….e rosa in giro…” disse la giovane, guardandosi intorno.

“E’ delizioso, vero?” rimarcò la donna, convinta di aver  incontrato i gusti della ragazza.

“Allora…dobbiamo decidere a chi affidare il catering…scegliere il fiorista e le composizioni floreali…i centrotavola, i fiori per la cerimonia…e poi la torta nuziale! C’è la lista degli invitati da sistemare, i tavoli da organizzare…tesoro, siamo indietrissimo….! Se volete sposarvi al Country Club dobbiamo darci da fare…per fortuna mio marito conosce bene il direttore e siamo riusciti a strappargli due date…la loro lista d’attesa è solitamente annuale! Invece possiamo avere la sala già per maggio….o al massimo i primi di giugno! Ma dobbiamo dare una risposta a breve! Oh…e dobbiamo scegliere il colore per il vestito delle damigelle…senza contare l’abito da sposa! Non possiamo più sprecare neanche un secondo…” concluse la donna, riprendendo fiato, dopo aver sciorinato tutte quelle indicazioni a macchinetta.

“Maggio…?” esclamò perplessa Victoria “….ma…mancano 5 mesi a maggio…prima dovrei parlarne con Josh…….” Rispose.

“Oh che sciocchina…ma Josh lo sa già…” la corresse Harriett.

A quel punto Victoria sgranò gli occhi.

“Come? Josh lo sa…?” rimarcò.

“Certo…! Insomma….sa che mi sto dando da fare per aiutarvi e prima di partire mi ha lasciato carta bianca! Non ha preferenze…sai come sono gli uomini…non si interessano di queste cose! Sarà già tanto se troverà il tempo di scegliere l’abito da sposo…” osservò divertita Harriett.

“Non pretendo certo che venga a scegliere i fiori con me ma almeno che discutiamo insieme la data e la location della cerimonia si….” Osservò Victoria, piuttosto irritata, perché, ancora una volta, si sentiva messa davanti al fatto compiuto.

“Andiamo cara….non impuntarti su queste sciocchezze! Sai che il mio Josh è tanto impegnato e lavora molto…” le fece notare la donna. Già, come se invece Victoria non facesse nulla dalla mattina alla sera.

La giovane stava davvero per risponderle, quando sentirono suonare il campanello e la padrona di casa si alzò subito, come se si aspettasse altri ospiti.

Infatti, poco dopo tornò in sala accompagnata da una donna sulla trentina, vestita di tutto punto, con occhiali da sole da diva, borsa griffatissima,  tacchi vertiginosi.

“Victoria…lei è Sally Stevens….la migliore wedding planner in circolazione…Sally, lei è la sposa….Victoria Avery…” Le presentò Harriett.

“Victoria…è un piacere conoscerti…non ti spiace se ci diamo del tu, vero? Harriett mi ha parlato molto di te…devo dire che sei davvero bella come diceva. …” aggiunse.

La ragazza accennò un sorriso e le strinse la mano, poi le tre donne tornarono ad accomodarsi sul divano.

“So che il matrimonio è vicino e che siete in alto mare…praticamente non avete ancora deciso nulla…” rimarcò Sally.

“Già…ma confidiamo nelle tue capacità! Sono sicura che riuscirai a fare il miracolo…” sottolineò Harriett.

A quel punto le due donne iniziano a parlottare dei preparativi, quasi ignorando la futura sposa, che era sempre più perplessa e seccata. La sua futura suocera si comportava come se si trattasse del suo matrimonio, non coinvolgendola minimamente, mettendo bocca su tutto, dai fiori al menu, sembrava avere bene chiaro in mente il tipo di matrimonio che voleva per il figlio, dimenticando che però non riguardava solo Josh ma anche Victoria, e continuando a rimarcare quanto la sua famiglia fosse nota e conosciuta e quanto fosse importante l’etichetta per lei, nemmeno fossero una famiglia reale.

“Allora…che ne dice la sposa?” domandò Sally, dopo una buona mezz’ora.

“Ehm…come?” esclamò incerta lei.

“Cosa ne pensi di questi fiori per il bouquet…?” precisò la wedding planner, mentre anche Harriett la incalzava, e la fissava.

“Io penso che prima di prendere qualsiasi tipo di decisione riguardo al matrimonio, voglio parlarne con Josh e fissare una data…” disse con pacata fermezza.

Harriett sbuffò.
“Tesoro…ti ho già detto che…” iniziò a dire, ma la giovane la fermò.

“Si, lo so…ho capito perfettamente la prima volta che me l’hai detto. Josh è impegnato, non si interesserà ai preparativi…ma vorrà almeno scegliere una data con me, spero! E’ il nostro matrimonio, e sono io la sposa….dovremmo decidere queste cose insieme…” aggiunse, recuperando la borsa ed alzandosi.

“Ma…ma che fai? Dove vai?” la richiamò indispettita Harriett.

“Me ne torno a casa…non sarei nemmeno dovuta venire. Ti ringrazio per l’aiuto Harriett, ma organizzerò le mie nozze da sola…senza tanti fronzoli…senza Country Club e tulle rose ovunque….fra l’altro io il rosa lo detesto…” precisò, per poi raggiungere velocemente l’entrata ed andarsene di corsa da lì.

Com’era prevedibile, Harriett chiamò subito il figlio per lamentarsi con lui del comportamento pessimo e fuori luogo della sua fidanzata ed i due fidanzati finirono per discutere spesso via skype o per telefono. La musica era sempre la stessa. Josh inizialmente fingeva di capire la fidanzata, poi cercava di mediare ed alla fine minimizzava, cosa che faceva imbestialire Victoria. Le sembrava che per lui la questione delle nozze fosse una specie di transazione economica. Mostrava un distacco che la irritava da morire, non era affatto coinvolto, e si chiedeva perché le avesse chiesto di sposarlo e perché insistesse per infilarle la fede al dito entro pochi mesi se nemmeno potevano scegliere una data insieme, senza le interferenze continue della madre.

Suo padre di era accorto che qualcosa non andava, ma per fortuna si era astenuto dal fare domande, anche perché era molto impegnato con la produzione di un nuovo film, perciò era spesso e volentieri fuori per lavoro.

“Perché non mi hai avvisata? Ti avrei accompagnata…! Così avrei visto la faccia di quella snob di Harriett mentre gliele cantavi e te ne andavi….” Disse divertita Skyler.

Quella sera lei e Victoria erano uscite per andare a bere qualcosa in un locale aperto da poco a West Hollywood. Era da un po’ che non riuscivano a vedersi, e Victoria aveva davvero bisogno di distrarsi e sfogarsi.

“Per carità…non farmici ripensare…” rispose quasi con una smorfia “….c’era tulle rosa ovunque. Una cosa da vomito…e poi parlava e parlava come una macchinetta, senza curarsi minimamente di me…come se fosse il suo matrimonio! E quello che mi fa più incazzare è che Josh, come sempre, l’ha difesa…non faceva che ripetermi che devo capirla, che per lei è importante aiutare ad organizzare il matrimonio e bla bla bla…” continuò “….lei si interessa troppo e lui troppo poco! Sembra che per lui sia una specie di accordo da chiudere alla svelta….capisco che per un uomo è diverso, che c’è meno sentimentalismo magari, ma…non si cura di quello che voglio io…io nemmeno la voglio una cerimonia in grande! Ma lui non vuole deludere la mammina…” rimarcò ironicamente.

“Mi sa che aveva ragione quel Ryan…” aggiunse, prima di bere un altro sorso del suo Apple Martini.

“Ryan? Chi è adesso questo Ryan?” le domandò Skyler.

Così Victoria le raccontò dell’incontro fortuito con l’attore durante la festa a casa sua, quasi due mesi prima.

“Ah bè…buono pure quello! Cioè…bono fisicamente, sicuro!” ridacchiò Skyler “….ma in quanto a consigli, sarebbe meglio li mettesse in pratica per primo….” Aggiunse.

“Che intendi?” la incalzò l’altra.

“Ha un divorzio alle spalle…si è poi risposato con quella tipa che faceva Serena ‘Vanderqualcosa’ in Gossip Girl…hanno avuto due figlie mi pare, ma circolano voci di crisi….di corna reciproche…ha avuto un periodo di stallo, poi si è ripreso con Deadpool…lei invece ancora non si capisce cosa voglia fare. Ha tentato con un blog, poi ha ripreso a recitare, ma non è esattamente la Streep….e adesso si presenta ad ogni festa, anche all’apertura di una busta…e a volte se lo porta appresso…dura la vita delle attrici! Ce n’è sempre una nuova e più giovane…” le spiegò.

“In effetti…non mi pareva molto contento alla festa…pareva non vedesse l’ora di andarsene…” osservò Victoria.

Le due ripresero a chiacchierare ed a commentare le varie proposte assurde fatte da Harriett; poi, ad un certo punto, Skyler si allontanò dal tavolo per andare a salutare un amico, così Victoria ne approfittò per raggiungere il bancone e prendersi un altro drink. Aveva appena preso il suo bicchiere e stava per allontanarsi, e tornare al tavolo, quando si scontrò con qualcuno.

“Ehi…attenta…” borbottò una voce maschile che le sembrava familiare.

Alzò lo sguardo e si trovò davanti proprio Ryan.

“Oh….ci si rivede….” Esclamò lui.

“Remissiva…e pure imbranata…” aggiunse ironicamente, tentando di tamponare la macchia di Martini sulla sua camicia.

“Senti chi parla…fai la morale agli altri e corri appena tua moglie chiama…” rispose lei, per niente intimorita. Solitamente non era così caustica con gente che conosceva appena, ma quei drink che avevano sciolto la lingua.

“Però…cha caratterino,…” disse lui, con tono divertito, osservandola attentamente e con uno sguardo talmente intenso da farla sentire quasi in imbarazzo.

“Posso offrirtene un altro, visto che questo è finito addosso a me…? Oppure…sei qui col broccolo…?” le domandò, guardandosi intorno.

“No…il broccolo è fuori per lavoro…” rispose lei, osservandolo a sua volta, ma cercando di non farsi sgamare troppo. Era vestito in maniera decisamente meno formale di quella sera alla festa, ma se possibile, stava anche meglio. Jeans blu scuri, camicia azzurra, giacca di pelle, barbetta di pochi giorni. Era innegabilmente un bel tipo.

“Ah non c’è…? Che peccato….” Aggiunse lui ironicamente.

“Vieni…” aggiunse, scortandola in maniera protettiva e quasi cavalleresca in quella bolgia, fino a tornare al bancone, per prendere altre ordinazioni e poi sistemarsi ad un tavolo che si era liberato lì vicino. Skyler sembrava ancora impegnata a parlare con quel suo amico in fondo alla sala, quindi Victoria decise di fermarsi qualche minuto con Ryan.

“Come mai qui?” gli domandò lei.

“Rimpatriata fra amici…non mi capita spesso di venire a Los Angeles….” rispose lui “Stavo per andarmene quando mi hai innaffiato…”rimarcò con aria da paraculo.

“Quante storie…è solo una macchietta…si asciugherà subito…e poi mi manderai il conto della lavanderia…” ribattè lei.

“Tutto qui? Sei la figlia di Andrew Avery…come minimo dovresti scusarti comprandomi un intero negozio di camicie…” rispose.

“Ti sei informato su di me…?” rimarcò lei, e non sapeva se esserne contenta o meno. Preferiva chela gente imparasse a conoscerla e che non la considerasse solo ‘la figlia di’.

“Non ce n’era bisogno…ero a casa tua….c’erano tue foto ovunque con Avery….sapevo chi eri prima di incontrarti…” rispose tranquillamente.

“Tranquilla…non ti chiederò di intercedere col paparino per produrre qualche film. Me la cavo da solo…” la rassicurò “…e tu? Intendo…sei qui per un’uscita fra amiche o sei già all’addio al nubilato?” le domandò.

“Uscita fra amiche…quella laggiù è la mia migliore amica..Skyler….magari l’hai già incontrata…..cura le pubbliche relazioni di molti attori e attrici qui a LA….” Aggiunse.

Seguì uno strano momento di silenzio. Strano perché, nonostante nessuno dei due aprisse bocca, era chiaro che si stessero studiando, c’era una strana elettricità fra loro, uno scambio di sguardi furtivi, con l’una che abbassava gli occhi quando l’altro li incrociava con i suoi.

“Così…il broccolo è fuori per lavoro…” riprese a dire lui.

“Mi dici perché lo chiami broccolo?” domandò lei , non riuscendo a trattenere una risata.

“Non lo so…” disse ridendo, mentre stringeva  le spalle “….è la prima cosa che mi è venuta in mente guardandolo! Un broccolo…” insistette “Non so come si chiami o cosa faccia nella vita, ma…ha l’aria da broccolo…da viziato figlio di papà cresciuto col sedere nella bambagia…i tipi come lui non li sopporto a pelle…” aggiunse.

“Nemmeno lo conosci…anche io sono una figlia di papà cresciuta col sedere nella bambagia in fondo…” gli fece notare.

“Si, sulla carta si, ma…non sembri snob…non squadri tutti dall’alto verso il basso…mi sembri più che altro prigioniera di un ruolo…fai quello che devi, per non deludere chi ti sta intorno…il broccolo…tuo padre…dev’essere pesante essere la figlia di Avery…” aggiunse scrutandola attentamente.

Lei strinse le spalle.

“A volte…” minimizzò “...ma sarei ipocrita a lamentarmi. Sono fortunata…e in fondo faccio quasi sempre quello che voglio fare, nessuno mi obbliga a fare niente…” precisò.

“Come vanno i preparativi del matrimonio?” la incalzò lui. Era come se riuscisse a leggere oltre quello che lei diceva, fra le righe.

Lei alzò lo sguardo su di lui, presa in contropiede, e non riusciva quasi a rispondere.

“Ha vinto lui eh? Matrimonio in pompa magna…” aggiunse, sicuro della sua affermazione.

Lei abbozzò un sorriso.

“E’ complicato….non è semplice come pensi e…al contempo non è così grave…insomma, se per lui e per la sua famiglia è importante un matrimonio in grande, posso anche scendere a compromessi. Non credo che da questo dipenderà la nostra vita matrimoniale…” osservò, forse più per convincere se stesa che lui.

“Se lo dici tu…” commentò Ryan, molto meno convinto di lei.

“Sentiamo…cosa dovrei fare quindi secondo te? Impuntarmi? Dargli una specie di ultimatum? O mi sposi quando, come e dove voglio io, o ti lascio? “ lo incalzò lei.

Lui non rispose subito. Sembrava come combattuto fra quello che davvero stava pensando e quello che era giusto dire.

“Io…credo che…alla fine si riduca tutto a quello che vogliamo davvero fare e quello che non ci va di fare…non si può passare la propria vita ad accontentare gli altri…anche se capisco che a volte si debba tenere conto anche delle proprie responsabilità….” Precisò, appoggiando i gomiti sul tavolo e guardandola negli occhi.

“Credo che dovresti smetterla di pensare a cosa è giusto fare o a cosa tuo padre o Josh si aspettano da te…dovresti pensare a quello che vuoi davvero. Molla il broccolo, se non sei convinta di sposarlo…prendi e fatti un viaggio. Da sola o con la tua amica…prenditi del tempo per te….”concluse, stringendo le spalle.

“Tu fai così quando sei confuso o stanco di qualcosa? Prendi  e te ne vai?” ribattè lei.

“No…o meglio, non più. Lo facevo quando ero più giovane e senza moglie e figli…adesso mi accontento di andarmene fuori in moto per qualche ora…” ammise, con un sorriso amaro.

“Non sono mai stata in moto…” osservò lei, giocherellando con la cannuccia del suo drink.

“Ti stai autoinvitando?” rispose lui con un sorriso scanzonato.

“Forse…” ridacchiò lei.

“Vediamo…magari una volta ti ci porto…ma dobbiamo bardarci bene e andare in posti off limits per i paparazzi. Se dovessero beccarci insieme sarebbe un casino…ci ricamerebbero sopra per mesi…” aggiunse lui. Poi controllò distrattamente l’ora.

“E’tardi per me..devo andare….” Riprese a dire e, per quanto fosse bravo a nascondere le proprie emozioni, ne sembrava dispiaciuto. “Mi ha fatto piacere rivederti…fammi un favore, anzi fallo a te…cerca di pensare a quello che vuoi tu e non ai desideri del broccolo…” aggiunse sorridendo, per poi salutarla ed andarsene.

“Ah eccoti…scusa se ci ho messo tanto…” disse Skyler, raggiungendo la ragazza e distogliendola dai suoi pensieri.

“Non preoccuparti…” la rassicurò distrattamente Victoria, che ancora stava guardando nella direzione dell’entrata del locale, da cui Ryan era appena uscito.

“Ma…che è questa faccetta vispa?” osservò l’amica scrutandola.

“Ho incontrato Ryan…è appena andato via…” rispose.

 

 

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Capitolo 4
*** Cap. 4 ***


Nei giorni successivi, Victoria cercò di concentrarsi sul lavoro e sulla fondazione, come faceva sempre quando era preoccupata per qualcosa. Ripensava alle parole di Ryan, ed anche alla situazione con Josh. Il suo fidanzato non era ancora rientrato dal suo viaggio di lavoro, ma sarebbe arrivato di lì a pochi giorni e la ragazza sapeva che avrebbero dovuto affrontare di nuovo l’argomento nozze, e che con tutta probabilità avrebbero finito per discutere, come era già capitato via skype durante la sua assenza. Sia Andrew che la zia Charlotte si erano accorti che la giovane era piuttosto tesa e nervosa, ma evitarono di insistere troppo e di sottoporla ad un terzo grado per evitare che si chiudesse a riccio.

Quel fine settimana, Josh atterrò al LAX. Era un sabato mattina, intorno a mezzogiorno, e dopo una toccata e fuga a casa ed una doccia veloce, il ragazzo raggiunse Victoria a villa Avery.

“Mi dici che succede?” le domandò, con un tono accondiscendente che diede subito ai nervi alla fidanzata.

“Lo sai che succede. Succede che tua madre non si limita ad aiutarmi ad organizzare il matrimonio…lei decide, impone, si comporta come se fosse lei la sposa…e tu non le dici niente…” rispose asciutta.

“Vicky….ti ho già spiegato che lei vuole solo rendersi utile e darci una mano….non è comodo avere qualcuno che si occupi di tutto?” ribattè lui.

“No, io lo trovo frustrante…e soprattutto mi irrita che tu continui a giustificarla e a tenertene fuori come se la cosa non ti riguardasse. E’ il nostro matrimonio, riguarda anche te Josh…” sbottò lei.

Il ragazzo sbuffò e si passò una mano sul viso.

“Non ci provare…non comportarti come se fossi paranoica o nevrotica…” osservò seria lei, fissandolo.

“Io credo che tu stia esagerando…capisco che i preparativi di un matrimonio mettano a dura prova e che sia normale un po’ di nervosismo, ma tu….tu stai dando i numeri! Ti impunti per delle sciocchezze…e non capisco che ti prende! Non capisco se davvero sei seccata per mia madre o se cerchi solo scuse per litigare! E’ da quando ci siamo fidanzati che stento a riconoscerti….sei sempre nervosa, sempre tesa…con un niente scatti…” aggiunse serio.

“Bè è anche colpa tua…” lo incalzò lei “Ti avevo detto che volevo un matrimonio semplice ed intimo. Sai come la penso su queste cose….ma tu no, hai insistito, hai lasciato che tua madre si mettesse in mezzo….così non va Josh….” Ammise, allargando stancamente le braccia.

“Quindi? Cosa ti aspetti che faccia? Che litighi con mia madre? O vuoi mandare tutto a monte?” rispose lui.

“Non lo so….” Disse candidamente lei “Forse….forse abbiamo accelerato troppo…stiamo andando troppo in fretta…” aggiunse.

Lui rise nervosamente.

“Troppo in fretta? Stiamo insieme da tre anni…senti, fai come ti pare…vuoi rallentare? Rallentiamo…basta che tu ti chiarisca le idee, perché credo che nemmeno tu sappia cosa vuoi…ed io sono stanco di farti da parafulmine…” concluse secco, prima di alzarsi ed andarsene.

Victoria non era sorpresa da questa sua reazione, era esattamente quello che si aspettava da Josh. La intristiva solo avere ulteriore conferma di non poter davvero contare su di lui. Sicuramente era stata una lite sciocca, i motivi erano futili, ma non le era mai di supporto, non si sforzava mai di capirla, di comprenderla appieno, né di andarle incontro. Ogni volta che erano in disaccordo su qualcosa, importante o futile che fosse, lui reagiva così, e lei non si sentiva capita né appoggiata. Se queste erano le premesse, si domandava come sarebbe stato una volta sposati. Non che fosse cattivo, assolutamente, ma non era empatico con lei, non si sforzava di vedere le sfumature, per lui era tutto bianco o nero ed era troppo ‘ingessato’ e categorico su certe cose.

“Tesoro….ho visto Josh andarsene…sembrava così serio…anzi, arrabbiato….avete litigato per caso?” le domandò suo padre, raggiungendola in veranda.

“Si…tanto per cambiare…..” tagliò corto lei.

Andrew la osservò e sospirò.

“Vedrai che farete pace….organizzare un matrimonio è uno stress. Si litiga con niente…e ci si dicono cose che non si pensano…” osservò con fare incoraggiante.

“Sicuro?” lo incalzò lei per nulla convinta “Io invece credo che sotto pressione si finisca per dire esattamente quello che si pensa….” Aggiunse, portando il vassoio con la limonata in cucina.

Suo padre la seguì.

“Senti tesoro….sai che a me importa solo che tu sia felice….puoi dirmi tutto. Si può sapere cosa succede? E’ solo lo stress del matrimonio o c’è altro?” le domandò.

“Non lo so…” ammise la ragazza allargando le braccia “Forse è quello….forse c’è altro…non lo so! So solo che ogni volta che Josh ed io non siamo d’accordo su qualcosa, finiamo per litigare e lui prende e se ne va ed io mi sento in colpa e finisco per fare quello che vuole lui, per adeguarmi e sono stanca di farlo. Vorrei che cercasse di capirmi, almeno una volta. Gli avevo detto che voglio un matrimonio intimo, semplice, ma lui no…ha fatto orecchie da mercante, ha lasciato che sua madre si impicciasse ed ora si stranisce perché me la sono presa….sembra che a lui non importi niente di me e nemmeno del matrimonio, come se non lo riguardasse…è più coinvolto quando parla di titoli ed investimenti, dannazione…” sbottò.

Andrew sospirò e le si avvicinò.

“Tesoro….capisco come ti senti, ma…sai che noi maschietti non siamo molto amanti di queste cose…pensi che io sia stato presente e coinvolto nel mio matrimonio? Ho lasciato carta bianca a tua madre…mi fidavo di lei e del suo gusto e non avrei comunque avuto tempo per seguire i preparativi..” le fece notare.

“Ecco appunto…ti sei fidato, hai lasciato che organizzasse come piaceva a lei…io invece devo accontentare mia suocera…quella snob…” rimarcò arricciando il naso.

Andrew stava per ribattere, quando furono interrotti dalla governante, che avvisava il padrone di casa che l’autista era pronto.

“Scusa…ho un appuntamento di lavoro…devo scappare, ma ne riparleremo, intesi?” le disse. Le diede un bacio sulla fronte e se ne andò, lasciando la ragazza in preda ai suoi pensieri.

Com’era prevedibile, per tutto il fine settimana Josh non si fece sentire e nemmeno Victoria, nonostante fosse stata tentata di chiamarlo un paio di volte. Per fortuna c’era Skyler a distrarla. Non fu semplice convincerla ad uscire, ma la sua amica era piuttosto ostinata e riuscì a portarla fuori per locali per farla distrarre.

Il lunedi seguente, Victoria tornò al lavoro e riuscì anche a fare un salto alla sede della fondazione per alcune firme. Stava appunto uscendo e tornando alla macchina, quando una moto accostò a pochi passi da lei. Guardò distrattamente in direzione del motociclista, mentre controllava i messaggi sul cellulare, ma si sentiva osservata. Si voltò e sembrava proprio che quel tizio, chiunque fosse, stesse guardando lei.

Il centauro, ancora celato dal casco, inclinò la testa, poi si sfilò il casco. Era Ryan.

“Ti sei già dimenticata di me? La prossima volta mi metterò un cartello…” osservò ironicamente.

“Io…tu…..come potevo sapere che eri tu…” borbottò lei, avvicinandosi.

“Pensavo che non fossi nemmeno qui…credevo fossi ripartito dopo la serata al locale coi tuoi amici…” continuò.

“Si, in effetti si…ma stamattina avevo un incontro di lavoro…e visto che ho finito prima, ho pensato di fare un salto qui e vedere se ti trovavo. Non ti eri autoinvitata a fare un giro in moto?” le domandò.

“Come hai fatto a trovarmi?” rispose divertita ed anche sorpresa.

“Una faticaccia…ma diciamo che ho unto gli ingranaggi giusti…” rispose sibillino “Allora? Che fai? Vieni o no? L’offerta scade fra 5 secondi….5, 4,3….”  Iniziò col conto alla rovescia.

“Ok ok….ci vengo! Lasciami solo sistemare questi faldoni in auto…” rispose.

Tempo di caricare l’auto, che tornò da lui ed afferrò il casco che le porgeva.

“Per fortuna alla fine ho deciso di mettere i pantaloni stamattina…” rise la ragazza, salendo in sella.

“Ci sei? Mi raccomando, tieniti ben stretta…ma cerca di non farmi il solletico…” disse lui.

Accese poi la moto, ed anche se Victoria non se ne intendeva molto, le sembrava una motocicletta coi fiocchi. Non era certa di che tipo fosse, e ci volle un po’ per abituarsi al rombo del motore, nonostante fosse in parte attutito dal casco che copriva le orecchie.  Non era un’amante delle due ruote, ma il senso di libertà che stava provando era davvero impagabile e Ryan sembrava davvero un ottimo centauro, sicuro ed attento, nonostante non andasse certo piano.  Inoltre, non era affatto male restare così appiccicata a lui. Riusciva a sentire il suo torace atletico, anche sotto gli strati di vestiti.  Anche se era nata e cresciuta a LA, non conosceva il percorso che lui stava facendo, ma il panorama era stupendo ed alla fine si fermarono proprio sulle colline di Hollywood.

Ryan spense il motore, lasciò che Victoria scendesse e poi fece altrettanto e tirò giù il cavalletto della moto con un rapido movimento del piede.

“Se ti gira un po’ la testa e ti sembra di perdere l’equilibrio, è normale…” osservò, aiutandola a levarsi il casco.

“Wow…è stata una figata…” esclamò lei candidamente, strappandogli un sorriso.

“Che moto è? Io non me ne intendo ma è la fine del mondo…” aggiunse eccitata.

“E’ una Ducati…ed è una delle mie preferite…” rispose lui osservandola, mentre guardava la sua moto come se fosse il Sacro Graal.

“Scommetto che ne hai un garage pieno eh? “ gli domandò.

“Più o meno….” Ammise “…questa ma le tiene qui un mio amico, per farmi un favore…così quando capito a LA posso usarla…ma a casa a NY ne ho altre. Sono un po’ maniaco delle moto. Il bello è che in auto vado piano, guido come un nonno…in moto invece non mi contengo…ma prometto che ti riporterò indietro sana e salva…” rise, sistemando i caschi.

“Mi ci voleva davvero…avevi ragione, andarsene in giro in moto libera la mente…è una sensazione bellissima…” riprese a dire lei, mentre si avvicinavano ad una panchina.

Non c’era nessuno, solo loro ed un panorama mozzafiato, che rimetteva in pace col mondo.

“Allora…dicevi che sei volato qui per lavoro. Un provino? O è top secret?” domandò lei dopo qualche istante di silenzio.

“Non è un progetto poi così segreto…in realtà è solo un cameo che devo fare in film, una commedia. Gli sceneggiatori sono miei carissimi amici….me l’hanno proposto ed ho accettato, solo perché si tratta di un loro film…” le spiegò.

“E’ una toccata e fuga…domani nel pomeriggio riparto. Ma mi andava un giro in moto e ho pensato che potesse andare anche a te…” continuò, per poi osservarla.

“Non hai l’aria di una quasi sposina….non dovresti essere eccitata e camminare su una nuvola?” rimarcò.

“Non infierire…” borbottò appena lei.

“Va così male col broccolo?” domandò, facendola ridere.

“Abbastanza…è tornato sabato da un viaggio di lavoro e…abbiamo discusso ovviamente…la colpa è sempre mia…sono paranoica, troppo suscettibile, bla bla bla…se n’è andato e non lo sento da allora…” gli spiegò.

“Sei una donna,…è ovvio che tu sia paranoica e suscettibile. Cosa pensava?” rimarcò.

“Smettila…” rispose lei, rifilandogli una gomitata.

Poi sospirò “Forse ha ragione lui…magari sto davvero sbagliando ad impuntarmi così. Forse dovrei chiamarlo….” Riprese a dire.

“Ma anche no…” intervenne lui.

“Immagino che stiate discutendo per il matrimonio, no? Per i motivi di cui mi avevi parlato…perché dovresti scusarti? Gli hai detto cosa vuoi…lo so, io c’ero e ho sentito tutto…se lui finge di non saperlo, è un problema suo. Siete fidanzati, state organizzando le nozze, lui ignora le tue esigenze e sei tu a cedere? A me sembra una cazzata, ma se proprio ci tieni….” Rimarcò, stringendo le spalle.

“E’ che io non sono così….” Riprese a dire lei.

“Così come? “

“Polemica…e ostinata su cose così frivole…”  precisò.

“Frivole? E’ il tuo matrimonio…non mi sembra una cosa frivola….dovreste essere d’accordo, ma non lo siete e lui non mi paresi sforzi di capirti, giusto? Non so…a me sembra assurdo. Insomma, se è già tutto così complicato, se solo i preparativi creano tutte queste tensioni e litigi, forse è un segno….” Osservò.

“Sei sicura che sia solo la sua insistenza per un matrimonio in grande a darti fastidio e che non ci sia altro sotto?” le chiese, guardandola negli occhi.
“Wow…sai che Josh ha detto la stessa cosa? Secondo lui cerco una scusa….” Rispose.

“Oddio…sto ragionando come il broccolo. Questo è un duro colpo…devo iniziare a drogarmi per superare il trauma…” aggiunse, facendola ridere.

Era bello stare con lui. Non si poteva dire che si conoscessero bene, anzi, ma le riusciva facile parlare ed aprirsi con lui e si sentiva capita, ascoltata, mai giudicata.

“Seriamente, stavolta forse ha ragione il broccolo…sei convinta di sposarlo, lo ami così pazzamente da fare questa follia oppure vai avanti per non deludere lui, i suoi o tuo padre?” le domandò e senza saperlo colse nel segno.

“Bella domanda….” Disse, prendendo tempo “Come si fa a capire quando una persona è quella giusta?” gli chiese.

“Lo chiedi a me? Sai che ho un divorzio alle spalle, vero?” le fece notare.

“Lo so….ma tu e la tua attuale moglie sembrate l’incarnazione dell’amore da favola….” Osservò.

“Bè, le apparenze ingannano….” Commentò sibillino, senza però aggiungere altro.

“Non so se ci sia un modo per saperlo. E’ una cosa irrazionale. A volte ci sono mille ragioni per tenersi alla larga da qualcuno, ma non ci si riesce…a volte sai che non dovresti nemmeno pensare ad una persona, ma lo fai, è più forte di te…ti chiedi cosa stia facendo e muori dalla voglia di vederla…e ti accontenteresti anche di starci un solo minuto….”continuò a dire e da come la guardava, Victoria si domandò se stesse parlando davvero in astratto o se ci fosse qualche riferimento a lei, a loro due, per quanto fosse assurdo, data la superficialissima conoscenza. Nemmeno si conoscevano, lui era sposato, più grande, ma figuriamoci se era possibile!

“….è difficile razionalizzare e spiegarlo a parole. Lo sai e basta. Tu ti ci vedi ad invecchiare col broccolo? Ad avere dei figli con lui? A passarci ogni notte fino alle fine dei tuoi giorni ed ogni festività o ricorrenza? Ogni vacanza?” la incalzò.

“Ok, ok…sei stato chiaro, ho capito…” rise lei.

Poi sospirò.

“Io…credo di no…” ammise infine.

“Grazie al cielo…” esclamò lui quasi sollevato “Allora mollalo…io l’ho capito al primo sguardo che non c’era chimica….scommetto che è una palla anche a letto e che conosce solo la posizione del missionario…”

“Eh piantala! Sei davvero pessimo! Adesso capisco perché hai lottato così tanto per fare Deadpool….tu sei lui…” lo prese in giro.

“Eddai….tanto lo so che ci ho preso! Ha una faccia da noioso quello…” rincarò la dose lui.

“Non mi sembra proprio il tipo che ti fa bruciare di desiderio…” la prese a sua volta in giro.

“Non ti dirò niente! Puoi provocare finchè vuoi…sono cose private…” rispose lei.

“Tzè…tanto ho già capito!” osservò lui, che voleva avere l’ultima parola.

“Oh bè, scommetto che tu sei mooooolto meglio, vero?” riprese a dire lei, guardandolo quasi con aria di sfida, tanto che lo colse impreparato. La guardò e sembrava davvero spiazzato, come se non si aspettasse quella risposta a tono da lei.

“No…..non dire che ti ho messo in imbarazzo…” lo prese in giro la ragazza.

“In imbarazzo io? Ma figuriamoci…” rispose Ryan “Non c’è paragone…insomma, il broccolo è il broccolo e io…sono un uomo adulto, con molta più esperienza…è crudele fare paragoni, ragazzina…” rimarcò.

“Forse è meglio se rientriamo…” riprese poi a dire lui, controllando l’orologio.

Si rimisero in moto e tornarono alla fondazione nel giro di mezz’oretta.

E proprio nel parcheggio, Victoria notò subito qualcuno che faceva avanti e indietro, incollato al cellulare. Era Josh, e sicuramente stava cercando di chiamare lei.

“Cazzo…” le scappò detto, sfilandosi il casco.

Solo allora anche Ryan si accorse di Josh, che nel frattempo, riconosciuta la fidanzata, si stava avvicinando.

“Vicky…ti ho chiamata una marea di volte..mi stavo preoccupando….la tua macchina era qui, ma tu non c’eri…..temevo ti fosse capitato qualcosa..” disse concitato, prima di accorgersi di Ryan.

“Tu…tu sei…Ryan Reynolds…” osservò  “Cosa ci fate insieme? A te nemmeno piacciono le moto…” aggiunse perplesso.

La domanda era più che legittima, ma Victoria non riusciva ad improvvisare una risposta convincente e plausibile. Per fortuna fu Ryan a levarla dall’impiccio.

“E’ per la fondazione…” intervenne “….i figli di alcune delle ospiti del centro antiviolenza sono fan di Deapool, così Victoria mi ha fatto contattare tramite amici comuni per chiedermi di andarli a trovare vestito da Deadpool…mi ha portato a fare una specie di sopralluogo in uno dei centri….giusto per regolarmi….” Aggiunse, sfoderando un sorriso da paraculo dei suoi.

“Oh….” Esclamò Josh, mangiando la foglia “…..bella idea….” Aggiunse, ora più sollevato.

“Allora…ci risentiamo, ok? Intanto, questo è il mio numero diretto….così mi fai sapere quando possiamo organizzare la sorpresa…” riprese a dire Ryan, approfittando brillantemente della situazione per dare alla ragazza il suo numero, e proprio sotto gli occhi di Josh.

“Grazie…” rispose lei.

“E’ stato un piacere Ryan…Vicky, ti aspetto in auto…intanto richiamo un cliente che sta aspettando una mia risposta…” disse Josh, allontanandosi.

“E’ proprio un broccolo…” commentò divertito Ryan, scuotendo il capo,  mentre Victoria scendeva dalla moto e gli rendeva il casco.

“Grazie per l’aiuto…non sapevo che dirgli…” disse.

“Mi devi un favore…” rimarcò, strizzandole l’occhio “Ora devo andare…..ci si vede in giro…..” aggiunse.

Si infilò il casco e sgommò via velocemente sulla sua moto.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Cap. 5 ***


Ringrazio di cuore i lettori che stanno seguendo questa mia ff ed in particolare Divergente Trasversale per le recensioni! Aggiungo anche un link della collezione polyvore ispirata da questa ff, così potete vedere che viso e fattezze ho pensato di dare alla protagonista femminile.

https://www.polyvore.com/hate_that_love_you/collection?id=6633190

Grazie a tutti! Al prossimo aggiornamento!

 

 

 

Josh portò Victoria fuori a cena nel suo ristorante preferito.  Sembrava davvero intenzionato a fare pace con lei, aveva addirittura spento il cellulare per concentrarsi solo su di lei, senza interruzioni.

“Ho parlato con mia madre”  iniziò a dire.

“Siamo arrivati ad un compromesso, credo. Si  occuperà solo di prenotare il country club per il ricevimento, sempre che a te vada bene questa soluzione, e per il resto se ne terrà fuori. Se  vorrai potrai farti aiutare dalla wedding planner che aveva assunto, ma mia madre mi ha giurato che non metterà bocca nelle nostre scelte…ed io, per farmi perdonare per la latitanza degli ultimi tempi, mi sono permesso di pensare alla luna di miele.” Precisò vispo, recuperando una busta dalla tasca interna della giacca e passandola alla fidanzata.

Si trattava di due biglietti per Tahiti, due settimane in quell’isola paradisiaca.

“Wow!” Esclamò Victoria, genuinamente sorpresa “Io….non so che dire ….” Farfugliò.

“Non devi dire niente! Dimmi solo che non hai cambiato idea e che mi sposerai.” Rispose, posando una mano su quella della ragazza.

“MI dispiace” Riprese a dire lei “mi sono comportata da bambina viziata credo. Non avrei dovuto prendermela con te.” Continuò “Certo che voglio sposarti. E anche se non abbiamo esattamente le stesse idee sul tipo di cerimonia, cercherò di venirti incontro, come stai facendo tu con me” aggiunse.

Josh sorrise e si sporse per baciarla, sancendo così una dolce tregua. Continuarono a cenare tranquillamente, godendosi l’ottimo cibo ed il vino, e poi raggiunsero l’appartamento di Josh e conclusero la serata nel migliore dei modi, facendo l’amore.

Nei giorni seguenti, Victoria riprese ad occuparsi dei preparativi per le nozze. Si sarebbero sposati di lì a pochi mesi,  il 10 giugno, ed avrebbero festeggiato con parenti ed amici al country club. Harriett, come aveva promesso Josh, si tenne alla larga dalla quasi nuora e non interferì più nell’organizzazione della cerimonia, anche se la ragazza era certa che continuasse a tenersi informata tramite Sally, la wedding planner. Victoria aveva cercato di farne a meno e di pensare a tutto da sola, ma fra il lavoro e la fondazione era quasi impossibile, così alla fine si affidò a Sally. In fondo doveva ammettere che era un’ottima wedding planner e, a differenza della suocera, non cercava mai di imporle le proprie idee. La ascoltava e cercava sempre di trovare soluzioni che incontrassero le sue richieste.

Le settimane volarono, scandite dal lavoro, dagli impegni con la fondazione, e dai preparativi delle nozze, ovviamente. E poi, di tanto in tanto, nonostante non ne fosse entusiasta, Victoria partecipava anche a qualche evento mondano, con suo padre oppure con Josh.  O, ancora, era Skyler a stanarla dal nido per portarla a qualche festa.

“Eddai! Levati quel broncio! Stiamo andando ad una festa, santo cielo! Come fai ad essere così asociale!”  la stava prendendo in giro l’amica, mentre si preparavano per partecipare ad una serata di gala dell’Amfar a New York.  Si erano ritrovate entrambe nella Grande Mela per lavoro. Skyler era lì da circa una settimana per seguire il tour promozionale di uno degli attori che rappresentava come PR, mentre Victoria era arrivata solo un paio di giorni prima e sarebbe ripartire a breve, dopo alcuni incontri di lavoro cui aveva partecipato al posto del padre, impegnato in Europa al momento.

“E poi è una serata benefica! Questo dovrebbe renderla meno superficiale ai tuoi occhi, no?” aggiunse.

“Più o meno” Rispose Victoria, finendo di truccarsi “Sarà pieno di ricconi snob e vip che fingeranno di essere interessati alla causa” Aggiunse.

“A proposito di vip” Riprese a dire Skyler “Ho visto in anteprima la lista degli invitati e ci sono anche Ryan e la moglie.” Osservò, scrutando con la coda dell’occhio l’amica “Hanno confermato un paio di giorni fa, quindi verranno.” Disse ancora.

“Perché me lo dici?” rispose Victoria.

“No…così….” Strinse le spalle l’amica “Vi siete incrociati spesso l’ultima volta che è stato a LA. Mi hai detto che ti ha portata in moto e ti ha lasciato il suo numero.” Aggiunse sibillina “L’hai mai chiamato?”

“No. Avrei dovuto?” ribattè.

“Me l’ha lasciato solo per levarmi d’impiccio con Josh. Per rendere credibile la scusa che si era inventato per giustificare il nostro incontro. Non credo volesse davvero che lo chiamassi!” aggiunse.

“Se lo dici tu!” Osservò Skyler “Secondo me invece te l’ha dato perché voleva che tu lo avessi.E che ti facessi sentire.” Aggiunse “Io credo che tu gli interessi” Rimarcò.

“Che? Ma…è sposato. Figuriamoci! E io sono fidanzata; è stato solo gentile e magari diventeremo amici, ma non c’è altro! Non iniziare con le tue congetture fantasiose.” Rise Victoria.

“Non è una mia fantasia!” borbottò l’altra, appena piccata “Mi limito a constatare un dato di fatto. Ovvero, che un uomo molto affascinante e sexy, seppure sposato, ti ha lasciato il suo numero. E oltre a quello, si è presentato alla fondazione per portarti a fare un giro in moto in un posto suggestivo e romantico!” precisò.

“E’ solo stato gentile. Mi ha vista pensierosa la sera della festa e visto che ha più esperienza di me in matrimoni e affini, mi ha dato dei consigli, tutto qui.” Tagliò corto Victoria.

“Si, vabbè!” rise Skyler.

Le ragazze finirono di prepararsi e poi lasciarono la loro suite e scesero di sotto, dove una limousine le aspettava per portarle al Cipriani, dove si sarebbe tenuto il gala.

Erano entrambe bellissime. Skyler aveva optato per un abito da sera rosso, accollato sul davanti ma con uno scollo generoso sulla schiena. Victoria, invece, aveva scelto un abito argentato dalla forma a sirena,  con spalline sottili, una delle quali abbellita da un fiore nello stesso tono di argento.

Appena arrivarono sul red carpet, i fotografi iniziarono a fotografarle, chiamandole per avere gli scatti dalle angolazioni migliori. Sembrava una bolgia, e mentre Skyler era sempre a suo agio in queste circostanza, Victoria non lo era affatto, ma fingeva di esserlo, sperando che il rito delle foto si concludesse il prima possibile.

Per fortuna, dopo un quarto d’ora abbondante di scatti, i fotografi si concentrarono sugli altri ospiti che stavano via via arrivando e le due ragazze riuscirono ad entrare ed a prendere posto al loro tavolo.  E Victoria rimase davvero sorpresa quando, fra i segnaposto, notò i nomi di Ryan e della moglie.

“Ehi!” richiamò Skyler, rifilandole una gomitata “ “Tu ne sapevi niente?” le domandò.

“No, giuro di no! Ho visto l’elenco degli invitati, ma non sapevo nulla dei posti e dei tavoli!” rispose.

“Non è meglio essere al tavolo con persone che conosciamo? Non ci è andata male in fondo! Ci sono lui e la moglie, un paio di modelle, e Zac Posen. Io non mi lamenterei!” rise ancora.

Poco dopo, la sala, finemente ed elegantemente addobbata, iniziò a riempirsi ed alla fine Ryan e la moglie si aggiunsero, per ultimi, al tavolo.

Lei era fasciata in un abito rosa pastello, che metteva in risalto le sue curve, coi capelli acconciati in un semiraccolto, perfettamente truccata e con svariati milioni di dollari in diamanti al collo, alle orecchie ed alle mani. Sorrideva, ma sembrava tradire un certo nervosismo. E lui era veramente affascinante nel suo completo blu scuro con tanto di farfallino. Peccato avesse il muso lungo di chi è reduce da un litigio.

Salutarono gli altri commensali, e quando notò Victoria, Ryan non riuscì a nascondere una certa sorpresa. Quella fu l’unica interazione fra i due, visto che per il resto della cena, lui quasi finse che lei non fosse lì, evitando accuratamente anche solo di guardare nella sua direzione. La ragazza ovviamente se ne accorse, ma fece finta di nulla, anche se non capiva questo suo atteggiamento.

Solo verso la fine della serata, quando rimasero soli al tavolo, si ritrovarono giocoforza obbligati a rivolgersi la parola.

“Peccato non ci sia una terrazza dove scappare!” disse lei, accennando un sorriso.

“Già!” rispose solo lui, guardando distrattamente nella sua direzione, e poi finendo il suo bicchiere di vino.

“Scusa ma ce l’hai con me, per caso?” gli domandò allora lei, incapace di trattenersi.

“Io? No. Dovrei  forse?” le rispose per le rime lui ed a dispetto delle sue parole sembrava che ce l’avesse eccome con lei.

“Non ne ho idea! Magari ti sei svegliato male!” rispose lei, allargando le braccia “E’ tutta la sera che cerchi di evitarmi, e ci sei riuscito anche se l’impresa era ardua, essendo allo stesso tavolo. Sembra quasi che ti abbia offeso, ma non mi pare proprio, non ci vediamo da mesi!” osservò “O magari sei così nervoso perché venendo qui hai discusso con tua moglie. Dai consigli a me e poi non li metti in pratica?” lo provocò.

“Piantala, non sai neanche di cosa parli” rispose asciutto lui.

“E invece a quanto pare ho punto nel vivo!” gli fece notare lei “Ora continua pure a fingere che io non esista!” aggiunse.

“Ho letto l’annuncio del matrimonio sul Times!” riprese a dire lui “Con tanto di foto dei piccioncini felici. Non ti facevo tipo da cose così smielate e ostentate!” aggiunse sarcastico.

“Cosa? Di che parli?”

“Dell’annuncio ufficiale delle tue nozze sul Times. Non dirmi che non ne sapevi niente. Era nell’inserto speciale di ieri. Ogni due domeniche pubblicano gli annunci di matrimonio di qualche coppietta snob e ricca. Ieri c’eravate tu e il broccolo” le spiegò.

“Non ne sapevo niente. Dev’essere stata un’idea di mia suocera. Per fortuna doveva tenersene fuori” osservò quasi fra sé e sé la ragazza.

“Pensavo fossi diversa da lui. Credevo che davvero fossi l’eccezione alla regola, che non fossi la solita figlia di papà e invece lo sei. Quindi forse è bene che te lo sposi. Siete proprio perfetti insieme!” disse ancora.

“Ma come ti permetti? Insomma, nemmeno mi conosci, ci siamo visti un paio di volte, e pensi di sapere tutto di me? Dispensi consigli, non richiesti fra l’altro, e poi che fai? Ti inalberi se non li seguo? Io sola decido per me e ragiono con la mia testa” rispose piccata.
“Si, come no! Certo!” la incalzò ironicamente lui “Infatti hai accettato di sposarti in grande come volevano lui e la sua famiglia, proprio perché usi la tua testa. Ti hanno fatto il lavaggio del cervello e tu manco te ne sei accorta!” la prese quasi in giro.
“Non che ti debba qualche spiegazione, ma per tua informazione,  Josh ed io abbiamo chiarito la faccenda del matrimonio, abbiamo parlato e sto organizzando tutto io. Abbiamo raggiunto un compromesso, ed annuncio sul giornale a parte,  quello che si farà o non si farà lo stiamo decidendo insieme. Non capisco perché la cosa ti irriti tanto! Non sei nessuno per giudicarmi! Forse sei così avvelenato non perché io non ho seguito i tuoi consigli, ma perché tu stesso non l’hai fatto quando era il momento ed ora ti ritrovi infelice. Bè caro mio, mi dispiace, ma non è colpa mia!”

Lui la fulminò con lo sguardo ed era sul punto di risponderle per le rime, ma non ne ebbe il tempo, perché sia sua moglie che gli altri seduti al loro tavolo tornarono. Tuttavia, la tensione che c’era fra di loro era palpabile.

Appena possibile, Ryan si alzò e, nonostante l’evidente disappunto della moglie Blake, che avrebbe voluto  rimanere, se ne andò via. Poco dopo Skyler e Victoria fecero lo stesso. Durante il tragitto in auto, non volò una mosca, ma una volta rientrate in albergo, Skyler cercò di sondare il terreno. Non fu semplice farsi raccontare dall’amica cosa fosse successo, ma alla fine la spuntò, forse prendendola per sfinimento.

“A me sembra la reazione di un uomo geloso! Te l’avevo detto che gli piacevi!” chiosò compiaciuta Skyler.

“A me sembra la reazione di un frustrato. E pure un po’ psicolabile! Magari si è calato troppo nei panni di Wade Wilson!” osservò l’altra “Comunque, qualsiasi sia la ragione, non sono affaracci suoi! Ma chi gli hai mai chiesto niente!” continuò a dire borbottando “Mai come ora sono sicura della mia scelta! Se a lui è andata male, mi dispiace! Josh si sta sforzando, mi è venuto incontro, abbiamo risolto la cosa, non ho motivo di avere dubbi!” concluse decisa.

Archiviata quella serata mondana, l’indomani Victoria prese un volo di ritorno per Los Angeles, decisa a lasciarsi Ryan ed i suoi giudizi alle spalle. Aveva ben altro a cui pensare! Ormai mancava poco più di un mese alle nozze, ed aveva ancora alcuni dettagli da definire con la wedding planner e con lo sposo.

Riuscì però ad incontrare Josh solo un paio di giorni dopo il suo rientro, perché anche lui era stato fuori per lavoro. Parlarono delle nozze, dell’annuncio sul giornale, architettato, come aveva immaginato la ragazza, dalla suocera, ma diversamente dal solito non finirono per discutere. Lui in realtà sembrava piuttosto distratto, cosa che non sfuggì alla sua fidanzata.

“Pensavo di arrivare cavalcando un unicorno. Pensi che sarà possibile trovarne uno?”  disse lei ad un certo punto.
“Si, si. Come vuoi tu!” rispose lui chiaramente distratto.

“Allora davvero non mi stavi ascoltando! Ho appena detto che vorrei arrivare su un unicorno!” lo prese in giro.

“Scusa, sono solo un po’ stanco!” si giustificò lui.

“Problemi di lavoro?” domandò.

“Si e no!” rispose in maniera piuttosto evasiva.

“Josh, stiamo per sposarci. Magari non potrò aiutarti a risolvere i problemi, sai che di finanza capisco poco, ma posso ascoltarti!” riprese a dire lei.

Josh sospirò.

“Ok, va bene. In effetti c’è una cosa che devo dirti!” iniziò a dire. Sembrava sulle spine ed era strano perché di solito era molto controllato.

“Il lavoro sta andando bene, molto bene, tanto che mio padre, insieme ai suoi soci, ha deciso di aprire una succursale a Londra” spiegò.

“Wow! E’ una splendida notizia!” esclamò la fidanzata.

“Si, lo è. E ha anche pensato di mandare me in loco a dirigerla.” Aggiunse.

“Oh” gli fece eco lei  “E per quanto dovrai fermarti?” gli chiese.

“Bè, sarà un processo lungo. Fra avvio ed inizio dell’attività, abbiamo stimato almeno un paio d’anni!” rispose.

“Due anni?” rimarcò lei “Ma…e noi?”

“Ho già pensato a tutto! Insomma, sarà un nuovo inizio per entrambi!” le disse, speranzoso che lei accettasse di buon grado.

“Un nuovo inizio? Ma la mia vita è qui! Il lavoro, la fondazione!” rispose.

“Eddai! Puoi lavorare per tuo padre anche da Londra! E poi, che bisogno c’è che tu continui a lavorare? Presto saremo sposati e avremo dei figli! Avrai già tanto da fare con la casa nuova a Londra! Guarda, ho delle foto!” aggiunse, recuperando l’iPad e mostrandole le foto di un attico super lussuoso nel centro di Londra.

Victoria lo fissò perplessa, ed anche innervosita.

“Scusa, hai comprato questo appartamento senza dirmi nulla? Senza parlarne prima con me? Eri davvero sicuro che ti avrei detto di si? Che avrei stravolto la mia vita per seguirti a Londra come se fossi una ragazza zainetto??” rimarcò basita.

“Vicky, per favore! Non iniziare a protestare come tuo solito! Non ti ho mica chiesto di seguirmi in giro per il mondo all’avventura a bordo di un camper! Santo cielo! Stiamo parlando di Londra, di una città pazzesca, di una nuova esperienza, un nuovo capitolo solo nostro, in un appartamento di lusso e tu reagisci così? Sai quante vorrebbero essere al tuo posto?” le fece notare. Ancora una volta, stava dando la colpa a lei, senza nemmeno sforzarsi di capire le sue ragioni. Lui aveva deciso per entrambi e lei doveva farsi andare bene quella decisione non condivisa. Le parole di Ryan le ronzarono nuovamente e fastidiosamente in testa. Era convinta che Josh fosse cambiato, che stesse sforzandosi di capirla, ma probabilmente la ‘resa’ sulle nozze era solo un diversivo, un contentino per arrivare al trasferimento a Londra. E pochi istanti dopo Victoria ebbe la conferma dei suoi dubbi.

“Da quanto lo sai?” gli chiese. Lui non rispose subito, così lo incalzò nuovamente.

“Ti ho chiesto da quanto lo sai! Non si compra un appartamento in quattro e quattro otto! Dovevi saperlo da settimane almeno!” rimarcò.

“Lo so dall’inizio dell’anno, va bene?” rispose lui infine, iniziando a sua volta ad alzare il tono.

“Ah ecco ! Ora capisco come mai sei stato così remissivo sulle nozze ultimamente! Volevi tenermi buona in attesa della grande sorpresa!” osservò, alzandosi e recuperando la borsa-

“Dove vai adesso? Victoria! Sono stanco di correrti dietro! Ho deciso da solo, va bene! E allora? Ero convinto che non ti dispiacesse andartene da qui, liberarti dalla fala di tuo padre! Non era quello che volevi? Ricominciare altrove, da zero, senza l’etichetta del tuo cognome cucita addosso?” rimarcò, alzandosi a sua volta.

“Si, ma non così! Non per seguire te! Tu là hai un lavoro, io cosa farei? La casalinga? Chi ti ha detto che mi basti? Non ne abbiamo mai parlato! Non abbiamo mai parlato di figli! Ma perché dovremmo farlo? In fondo si fa sempre quello che vuoi tu, quando vuoi tu!” sbottò infine lei.

“Ancora questo disco? Se non vuoi più sposarmi, dillo e basta! Sono mesi che cerchi scuse per tirartene fuori!” la pungolò lui.
“E va bene! Non voglio più sposarti! Ora l’ho detto!” disse lei serissima, così seria che Josh per un attimo stentò a credere alle sue orecchie. L’aveva pungolata, ma mai si sarebbe di aver colto nel segno.

“Non voglio sposarti. Mi dispiace, ma non posso! Non vogliamo le stesse cose, lo sapevo. Ci penso da quando mi ha chiesto di sposarti ed ora è evidente che vogliamo andare in direzioni diverse. Mi dispiace, ma non può funzionare ed è meglio chiuderla qui prima che si tardi” concluse e senza dargli tempo di aprire bocca, se ne andò.

Una volta in auto, mentre si allontanava dall’appartamento di Josh, iniziò a sentirsi sempre più leggera e decisamente sollevata. In cuor suo, sapeva che sarebbe finita così, anche se negli ultimi mesi le cose fra loro erano migliorate. Aveva soprasseduto su tante cose, su tante differenze e divergenze di vedute fra di loro, ma non poteva farlo anche stavolta. Si trattava della sua vita, lui non poteva arrogarsi il diritto di decidere per lei, come se fosse una povera idiota incapace di intendere e di volere.  Non poteva passarci sopra stavolta, né lo voleva. Voleva qualcuno che fosse in grado di starle accanto, di essere presente, ma senza soffocarla né decidere al posto suo, capace di farla ridere, di parlarle quando era necessario e di restare in silenzio quando le parole fossero state superflue. Non era certa che un uomo simile esistesse veramente, ma era sicura che non si trattasse di Josh.

 

 

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Capitolo 6
*** Cap. 6 ***


La rottura del fidanzamento fra Victoria e Josh naturalmente non passò inosservata, anzi, rimase sulla bocca di tutti per diverse settimane. Il ragazzo, dopo alcuni giorni dall’ultima accesa discussione, aveva tentato di recuperare terreno con la fidanzata, ma senza successo. Victoria era sempre più convinta di aver preso la decisione migliore. Non che ritenesse Josh una cattiva persona, anzi, ma era chiaro che non avrebbero mai potuto andare nella stessa direzione. Avevano prospettive ed aspettative decisamente diverse, ed idee troppo differenti su quella che sarebbe stata la loro vita insieme. Inoltre, era consapevole di non essere mai stata innamorata di lui come avrebbe dovuto. Gli era affezionata, gli voleva bene, ma non aveva mai veramente provato per lui quell’amore totalizzante ed intenso che immaginava avrebbe sentito per l’uomo della sua vita. Josh era stato una scelta razionale, dettata dalla ragione, non dal cuore. Era di buona famiglia, approvato da suo padre, ma non aveva mai perso completamente la testa per lui.

La sua mancata suocera, Harriett, non mancò di farle arrivare alle orecchie il suo disappunto, ma quello che più preoccupava Victoria era la reazione di suo padre. Era visibilmente dispiaciuto per le mancate nozze e la rottura fra i fidanzati, ed aveva cercato più volte di far cambiare idea alla figlia e di farla tornare sui suoi passi, ottenendo così solo l’effetto opposto e spingendo la ragazza non solo a chiudersi, ma ad evitare il più possibile di stare a casa. Così si divideva fra il lavoro alla società di produzione del padre, che cercava comunque di non incrociare più del dovuto, e quello alla fondazione. Solo sua zia Charlotte e la sua amica Skyler sembravano capirla. Charlotte aveva sempre avuto dubbi sulla coppia, si era resa conto velocemente che l’adorata nipote non era convinta del fidanzamento e tanto meno di sposarsi, quindi non fu per nulla sorpresa quando seppe della rottura fra i ragazzi.  Lo stesso valeva per Skyler, che conosceva bene l’amica ed aveva presto intuito l’incompatibilità fra lei e Josh. E, siccome Victoria ultimamente era stata piuttosto sotto pressione e sotto il tiro della stampa rosa, Skyler organizzò una vacanza di sole donne.

Così, un paio di mesi dopo la fine della relazione con Josh, Victoria si ritrovò su un volo per le Hawaii con Skyler ed altre quattro amiche single e super scatenate. Era stata indecisa se partire o meno fino all’ultimo, ma dopo l’ennesima discussione col padre che cercava ostinatamente di convincerla a tornare sui suoi passi, la ragazza fece i bagagli e raggiunse le altre in aeroporto per dieci giorni di assoluto divertimento lontana da tutto e tutti.

Skyler aveva davvero fatto le cose in grande, come sempre del resto. Le vacanze organizzate da lei erano sempre indimenticabili. Aveva prenotato dei bungalows in un esclusivo resort di un’isoletta quasi sconosciuta, che sembrava un vero e proprio paradiso terrestre e che poteva quindi garantire la totale privacy all’allegra combriccola. Inoltre, aveva pianificato anche diverse attività per svagarsi e tenersi impegnate. Dalle gite in barca, alle immersioni. E la sera, dopo cena, locali e discoteche del posto.

Victoria riuscì finalmente a staccare la spina, a dimenticarsi della rottura con Josh, dell’attenzione dei media e delle prediche quasi quotidiane del padre. Era da tanto che non riusciva a concedersi una vacanza con tutti i crismi, che non si prendeva del tempo solo per sé, per rilassarsi e divertirsi. Aveva ancora solo 25 anni, ma si sentiva più grande, forse perché aveva speso gli ultimi tre o quasi impegnata con Josh,  presa a soddisfare le sue esigenze, quella della quasi suocera e di suo padre, senza pensare davvero a cosa voleva lei.

Le tornarono anche alla mente le parole di Ryan, i suoi discorsi, i suoi consigli. Ed anche quell’acceso battibecco l’ultima volta che si erano visti. Ormai erano passati quasi quattro mesi dalla festa Amfar di New York. Non l’aveva più incrociato, anche perché era rientrata il giorno dopo a Los Angeles, né l’aveva sentito, nonostante avesse memorizzato il suo numero. Era un tardo pomeriggio, di una giornata di metà vacanza. Le altre erano rientrate nei loro bungalow per prepararsi per la serata, mentre Victoria si era attardata sulla spiaggia, per godersi il tramonto e la piacevole brezza che a quell’ora saliva dall’oceano. Stava passeggiando sul bagnasciuga e, ripensando a Ryan, alla fine, quasi istintivamente, recuperò dalla tasca degli shorts il cellulare e lo chiamò. Sentì squillare a lungo, e stava per riattaccare, quando qualcuno dall’altro capo rispose, ma non era chi si aspettava di sentire.

“Plonto?” rispose una vocina squillante.

Victoria scostò per un secondo il cellulare dall’orecchio per controllare sul display che il nome selezionato fosse quello di Ryan e non un altro. Era quello giusto, ma iniziava a pensare di aver sbagliato qualche cifra memorizzandolo.

“Plonto?” disse ancora quella vocina, quasi spazientita.

Victoria stava per rispondere qualcosa, quando sentì finalmente una voce familiare.

“Jamie…amore, il cellulare di papà non è un gioco, lo sai. Che stai facendo?” sentì dire da Ryan.

“Ho ripposto papi! Non so chi è. Non dice niente!” borbottò la bambina. A quanto pare aveva risposto una delle figlie.

“Pronto?” disse finalmente Ryan, recuperando il possesso del suo telefono. A quel punto, la ragazza fu quasi tentata di riattaccare. Forse aveva sbagliato a chiamarlo, poteva ancora uscirne, lui il suo numero non l’aveva. Ma alla fine decise di no.

“Ryan? Ciao, sono Victoria” disse infine, dopo un bel respiro.

“Victoria! Ciao” rispose lui, tradendo una nota di stupore.

“Mi scusi un attimo? Resta in linea, dammi solo un secondo!” aggiunse subito, e poco dopo lo sentì dire con tono dolce alla figlia di tornare a giocare.

“Scusa, sono di nuovo qui” riprese a dire.

“Scusa tu, magari ho disturbato!” disse lei “Era tua figlia poco fa al telefono?” gli chiese.

Lo sentì sorridere.

“Si” le confermò “Era Jamie, la più grande. Ha tre anni ed è una piccola ladra di cellulari. Se per caso lo dimentico in giro per casa, lei lo recupera ed inizia a giocarci, a chiamare gente a caso.” Rise.

“Sembra dolcissima” osservò la ragazza.

Lui rise ancora.

“Si, quando dorme!” rimarcò divertito. Poi si schiarì la voce.

“Come stai? Ho saputo che il fidanzamento è rotto” riprese a dire.

“Già” disse lei “Ma non dirmi che sei sorpreso! L’avevi previsto con mesi di anticipo. E mi hai consigliato più volte di scaricarlo, quindi....non dirmi che sei dispiaciuto per Josh? Anzi, no, il broccolo, come lo chiamavi tu” aggiunse ridendo.

“Quasi quasi…” rise anche lui.

“No, non sono dispiaciuto per lui. Continuo a pensare che foste male assortiti, ma non ci sono andati giù leggeri con te. E di questo mi dispiace” le spiegò.

“Non dirmi che leggi i siti di gossip e la cronaca rosa Reynolds? Mi sorprendi” osservò lei.

“Io no, ma la mia addetta stampa si ed adora farsi i fatti degli altri! Per una volta tanto che i pettegolezzi non riguardano un suo cliente, si diverte” disse.

“Come stai?” le chiese ancora.

“Bene. Tutto sommato bene. Anzi, in questo momento benissimo. Sono in un’isoletta sperduta alle Hawaii insieme a Skyler e ad altre amiche. Una specie di viaggio di nozze, senza nozze e senza sposo!” rise.

“Mi sembra un’ottima idea! Hai fatto bene. Per una volta tanto, fai qualcosa che vuoi fare tu, non perché devi, mi congratulo!” aggiunse.

Seguì un momento di silenzio, come se entrambi fossero improvvisamente caduti nell’imbarazzo più totale, ma fu lui a romperlo.

“Senti, mi dispiace per quello che ti ho detto l’ultima volta che ci siamo visti. Mi sono comportato un po' da stronzo, non era mia intenzione. Ero nervoso per altre cose e mi sono fatto prendere la mano.” Riprese a dire.

“Scuse accettate” rispose lei “Anzi, immagino di dovertele anche io. Nemmeno io mi sono contenuta, ho detto cose che non pensavo e sparato giudizi senza nemmeno conoscerti bene!” ammise.

“No, tranquilla, in fondo non hai detto niente che non mi sia già sentito dire almeno cento volte da fratelli, amici, parenti vari” rimarcò divertito.

“Quindi, un’allegra comitiva di ragazze alle Hawaii. Chissà cosa combinate ogni sera!” rise.

“Con Skyler è impossibile annoiarsi! Ogni sera un’uscita diversa, ed ogni giorno qualche attività nuova, ha pensato a tutto! Quando torneremo ci servirà una vacanza per riprenderci dalla vacanza!” ridacchiò “Comunque, volevo solo farti un saluto e dirti che alla fine avevi ragione tu. E che non è così male fare quello che voglio, per una volta, e fregarmene di quello che pensano gli altri. Mi spiace solo averci messo più del dovuto a capirlo. Avrei dovuto essere più onesta, come me stessa e con Josh, e non saremmo andati così avanti” aggiunse sospirando.

“Ma no, non farti sensi di colpa. Te ne sei accorta in tempo, sarebbe stato più grave capirlo dopo il matrimonio” osservò.

“E’ quello che è successo a te?” gli domandò lei di getto, per pentirsene un secondo dopo aver finito la frase “Scusa. Non sono affari miei” precisò.

“Non mi sono offeso. In fondo in parte è vero. Su certi argomenti predico bene e razzolo male.  Certe coppie durano, altre no e altre ancora si barcamenano. Forse il nostro ambiente, la fama, i soldi, rendono tutto ancora più complicato o forse no. Non lo so” ammise incerto, ma senza comunque entrare troppo nel dettaglio.

“Bè, comunque spero che qualsiasi problema ci sia, si risolva presto.  In fondo non sei tanto male, anche se hai davvero una boccaccia degna di Deadpool” rise.

“Deformazione professionale!” precisò lui ridendo.

“Scusa, ora devo andare. Mia figlia grande sta attentando alla vita del cane. E la più piccola cerca di darle man forte. Meglio che vada prima che facciano danni seri! Ti lascio alla tua serata di bagordi. A presto!” la salutò.

Lei lo salutò a sua volta, poi riattaccò e si fermò davanti al bagnasciuga per osservare il tramonto. Quel repentino cambio di sfondi e di colori, l’atmosfera, tutto di quel paradiso, la stavano rimettendo in pace col mondo. E la telefonata con Ryan era stata la ciliegina sulla torta. Non le era per nulla piaciuto il modo in cui si erano lasciati a quella festa, si erano lasciati entrambi prendere la mano e si sentiva in colpa per aver sparato giudizi sul suo matrimonio senza conoscerlo approfonditamente, senza sapere quasi nulla di lui, e lo stesso aveva fatto Ryan. Ora che si erano chiariti, si sentiva sollevata, più leggera, ma anche sempre più incuriosita da lui.

Aveva l’impressione che anche lui, in fondo, fosse ingabbiato in una realtà che non lo appagava più, costretto forse più dal senso del dovere che da sentimenti intensi. Tuttavia, non riusciva a fare a meno di ripensare al tono dolce che aveva usato con la figlia, e solo immaginarlo in versione papà premuroso, senza quella vena sarcastica che ormai gli apparteneva dopo aver interpretato più volte Deadpool sullo schermo, la faceva sorridere.

“Vic? Ti muovi??” si sentì richiamare a gran voce da Skyler, dal bungalow che condividevano.

Lasciò la spiaggia, e ritornò al suo alloggio, per farsi una doccia e prepararsi per un’altra serata fuori. Ma la sua mente continuava a tornare a Ryan, a quello che si erano detti. Negli ultimi giorni aveva pensato spesso a lui, perché con lui riusciva a parlare facilmente, tranne quando non la pensavano allo stesso modo e si scannavano. Ma era sempre uno scambio di idee costruttivo ed eccitante, mai piatto e banale, come le succedeva con Josh. Ed era bello poter avere anche un parere maschile sulle relazioni. Era sempre stata circondata quasi esclusivamente da donne. Le amiche, la zia, e certo c’era suo padre, ma non era sempre semplice confidarsi con lui.

“Si può sapere dove avevi la testa stasera?” le domandò Skyler, una volta rientrate dal consueto giro di locali, quando ormai erano quasi le 3 del mattino.

“Eh? Chi io?” rispose.

“No, il Papa!” la prese in giro l’amica.

“Non dirmi che non è niente, perché ti ho vista, sei stata distratta tutta la sera. Non dirmi che pensi a Josh? Non puoi essere pentita, hai fatto la scelta migliore. E se invece sei preoccupata per tuo padre, gli passerà. Sei la sua principessa, ti terrà il muso ancora qualche giorno e poi passerà a screditare il prossimo fidanzato che avrai, sempre che non sia un altro figlio di papà che lui approva!” osservò tranquilla.

“No, no, niente di tutto questo. In realtà, stavo pensando ad altro” disse sibillina “Ho telefonato a Ryan oggi. Cioè, ieri, prima di cena, quando ero sulla spiaggia” continuò a dire, mentre l’espressione di Skyler passava dalla sorpresa totale all’euforia.

“E che vi siete detti?” la incalzò, saltando quasi sul letto, come se fossero tornate bambine ai loro primi pigiama party ed alle prime cotte.

“Niente di che, lui sapeva della rottura con Josh, si è scusato per la reazione che ha avuto al party a New York, io mi sono scusata a mia volta e…niente! Abbiamo solo chiacchierato un po' e Deadpool approva l’idea di venire qui in vacanza con te e le altre” rise.

“Mi ha risposto sua figlia. Sembra così dolce e lui sembra davvero un papà premuroso” aggiunse.

“Allarme rosso!” esclamò Skyler “Se già te lo immagini in versione papà, la cosa è seria!”

“Scema!” la apostrofò l’amica “Non serve che me lo immagini, è già papà, ho solo detto che mi pare sia bravo e paziente con le figlie, tutto qui!” disse, stringendo le spalle.

“Ma, per caso tu sai qualcosa? Intendo, di lui e della moglie?” aggiunse, scrutando attentamente l’amica.

“Allora ti interessa davvero!” sottolineò l’altra.

“No, è solo curiosità! Siamo…amici! Credo! Insomma, non si può dire che ci conosciamo bene. Ci siamo visti poche volte, ma è sveglio e ironico, caratteristiche rare da trovare in un uomo che fa il suo lavoro! Di solito gli attori sono tutti tronfi, pieni di sé, narcisi, invece lui sembra diverso. E siccome diverse volte mi ha lasciato intendere di non essere pienamente soddisfatto della sua vita privata, volevo solo sapere che tu sai qualcosa”

“No, cioè, non più di quanto ti ho detto, ma posso informarmi, se vuoi! La sua Pr la conosco, non bene, ma so chi è e come lavora e so che da quando rappresenta sia lui che la moglie è ben attenta a non far trapelare niente che strida con la loro immagine di coppia perfetta” le disse “Diciamo che è cambiato molto rispetto a quando stava con la Johansson” continuò “Allora evitavano entrambi i paparazzi come la peste, erano davvero super riservati, mai fatto un red carpet insieme, se non uno forse, prima di annunciare il divorzio. Da quando si è messo con la Lively è lentamente cambiato nel suo approccio coi paparazzi. Ed hanno partecipato insieme a diversi eventi ufficiali. Forse è più sicuro di sé o forse ha capito che l’incarnazione di Barbie e Ken fa gola e vende di più, garantisce più attenzione, e quindi crea più occasioni. Alla fine è tutta questione di buone pubbliche relazioni, come dico sempre ai miei clienti!” concluse vispa.

“Ma sentitela! Che sapientina!” la prese in giro Victoria.

“Comunque, mi informo, ok? Cerco di scavare e capire se la coppia perfetta ha scheletri nell’armadio o se le corna reciproche sono solo voci maligne!” aggiunse “Adesso sarà meglio che mi strucchi, altrimenti domani sembrerò un panda!” rise.

Purtroppo quei dieci giorni di assoluta spensieratezza e divertimento alle Hawaii volarono letteralmente e ben presto le ragazze si ritrovarono sul volo di ritorno per Los Angeles. Victoria non era per nulla impaziente di tornare a casa, ma sperava che la lontananza avesse aiutato anche il padre a chiarirsi le idee ed a desistere dai suoi propositi di far riavvicinare la figlia e Josh. Ma si sbagliava e se ne rese conto quando, rimesso piede in villa, trovò proprio Josh ad aspettarla.

“Ciao” le disse, alzandosi dal divano ed andandole incontro.

“Josh? Che ci fai qui?” gli chiese stranita.

“Tuo padre mi ha detto che saresti rientrata oggi. Ti sei divertita con Skyler e le altre?” le chiese.

“Si” rispose distrattamente, troppo impegnata a domandarsi perché suo padre avesse addirittura pensato di avvisare Josh dei suoi spostamenti.

“Josh, perché sei qui?”  gli domandò seria.

“Sono passate settimane, mesi, pensavo che magari noi due potremmo…” stava dicendo, ma lei lo interruppe.

“Josh, non c’è più nessun ‘noi due’! E’ finita, lo sai anche tu. Non so perché mio padre non si arrenda all’idea!” osservò, allargando le braccia.

“Forse perché pensa che lasciarci sia stato un errore e francamente lo credo anche io! Siamo ancora in tempo. Possiamo recuperare, possiamo sistemare le cose” riprese a dire.

“Stai sempre per trasferirti a Londra?” gli domandò lei fissandolo negli occhi.

“Bè, si” rispose.

“E allora non c’è niente da sistemare” concluse spiccia.

“Quindi mi hai scaricato ed hai rotto il fidanzamento solo per questo? Perché non vuoi trasferirti a Londra? Questo è un capriccio!” le fece notare, iniziando ad innervosirsi.

“No, Josh, non hai proprio capito. Londra è la punta dell’iceberg, le cose fra di noi andavano male da tempo e lo sai anche tu!” rimarcò.

“Ma non è vero, è il fidanzamento che ha complicato le cose. Ti sei spaventata e lo capisco! Magari avevi paura, ma stai facendo le cose più grandi di quello che sono! Anche per Londra! Sono sicura che una volta là, la adorerai!” disse.

“Ancora? Ma non ti senti? Continui a dare per scontato che quello che tu vuoi sia più importante di quello che voglio io! Come puoi volermi sposare e passare il resto della tua vita con me, se non ti curi di quello che voglio io! Dannazione, Josh! La mia vita è qui, io non verrò a Londra con te e non ti sposerò! Avremmo dovuto lasciarci prima. Avrei dovuto dire no alla tua proposta di matrimonio, perché la verità è che…” si interruppe.

“Qual è la verità? Avanti, dillo! Abbi il coraggio di dire quello che pensi fino in fondo!” la incalzò rabbiosamente lui.

“La verità è che non ti amo” disse tutto d’un fiato lei, raccogliendo tutto il coraggio e l’onestà che aveva. Sapeva bene che l’avrebbe ferito, ma era sempre stata dell’idea che fosse meglio una brutta verità anziché una bella bugia.

“Mi dispiace” aggiunse in un soffio, mentre lui la guardava, quasi incredulo.

“C’è un altro?” le domandò.

“No, non c’è nessun altro” rispose, scuotendo la testa.

“Non ci credo” osservò lui, abbassando lo sguardo.

“Josh, no. Devi credermi” riprese a dire Victoria, avvicinandosi a lui “Senti, mi dispiace. Davvero! Non volevo che finisse così e probabilmente, anzi, sicuramente, tu ora mi odierai, ma è meglio così e fra qualche tempo lo realizzerai anche tu. Ti meriti qualcuna che ti ami pazzamente e non sono io quella persona” aggiunse sinceramente.

Lui non disse nulla, e non sembrava rassicurato dalle sue parole. E sempre in silenzio, quasi come un’automa, se ne andò.

Poco dopo, Andrew, suo padre, rientrò.

“Ciao, tesoro. Bentornata! Divertita alle Hawaii?” le chiese, ma lei lo bloccò subito.

“Mi dici perché hai detto a Josh di venire qui? Pensavo di essere stata chiara!” osservò seria e spazientita.

Lui sospirò, con un broncio degno di un bimbo colto in flagrante a rubare biscotti.

“Senti, mi dispiace, ma continuo a credere che tu abbia sbagliato. Lui avrà i suoi difetti, ma rompere il fidanzamento non è stata una decisione saggia. Sei confusa e ho pensato che magari rivedendolo dopo una vacanza vi avrebbe aiutati a risolvere i vostri problemi” le spiegò.

“Hai pensato male! Non sono per niente confusa, anzi, non sono mai stata così sicura di qualcosa come lo sono ora. Fra Josh e me è finita, definitivamente. Non lo amo, e non lo sposerò né ora né mai. Fattene una ragione papà ed accettalo, altrimenti dovrò cercare un’altra sistemazione!” sbottò, salendo in fretta le scale.

 

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Capitolo 7
*** Cap. 7 ***


“Ti rendi conto? Ha continuato a sentire Josh e ad aggiornarlo addirittura sui miei spostamenti! Quando ieri me lo sono ritrovata in salotto, non credevo ai miei occhi!” stava dicendo Victoria alla zia, nell’ufficio della fondazione, facendo nervosamente avanti ed indietro.

“Sai com’è tuo padre!” osservò Charlotte “Con questo, non sto dicendo che lo giustifico, assolutamente!” precisò, alzando le mani, come a voler tranquillizzare la nipote ed anche per evitare di poter essere fraintesa.

“Josh gli piaceva, finora è stato l’unico tuo fidanzato che abbia approvato. Si era affezionato e forse pensava di darti una mano. Considera almeno le sue intenzioni, che erano senz’altro buone! Sono sicura che non interferirà più ora che hai chiarito che sei sicura della tua decisione” aggiunse.

“Ci credi davvero?” rimarcò ironicamente Victoria “Sai com’è fatto papà. Continuerà ad intromettersi, come ha sempre fatto del resto. Lo so che lo fa perché mi vuole bene, perché non vuole che soffra, ma sono adulta da un pezzo zia, è così sbagliato che voglia prendere le mie decisioni da sola?” osservò.

Charlotte sospirò, poi fece cenno di no con la testa. Con calma si alzò dalla sua postazione e si avvicinò alla nipote.

“Adesso sei arrabbiata, ed è comprensibile. Ma vedrai che si sistemerà tutto. Tuo padre ti adora, non c’è niente che non farebbe per te, vuole solo che tu sia felice. E se a volte eccede in queste sue preoccupazioni, è solo perché vuole assicurarsi che tu stia bene” le fece notare.

“Su, per oggi basta lavoro. Andiamo a cena. E’ da tanto che non usciamo insieme noi due signorina, e si dà il caso che abbiano aperto da poco un ristorante con un menu fantastico!” aggiunse vispa Charlotte.

Tempo di recuperare le loro giacche e le borse, che zia e nipote raggiunsero il ristorante, e cenarono insieme, fra chiacchiere e risate. In effetti era davvero da un po' che non riuscivano a passare del tempo insieme al di fuori della fondazione. Per Charlotte Victoria non era solo una nipote, ma anche la figlia che non aveva mai avuto, dopo due matrimoni falliti alle spalle. E per la ragazza, la zia era una figura importantissima ed imprescindibile, era la figura materna che le mancava, e sapeva di potersi confidare con lei, di poterle dire tutto. Con lei si sentiva sempre a suo agio, sempre capita e mai giudicata. Era così da sempre, sin da quando, adolescente, aveva avuto le prime cotte e delusioni amorose.

Nei giorni successivi, la ragazza tornò a concentrarsi esclusivamente sul lavoro, come aveva fatto sin dopo la rottura del fidanzamento, cercando di evitare il più possibile il padre, sia a casa che al lavoro. Ma una mattina, Andrew la convocò nel suo ufficio, e lei non ebbe scelta.

“Scusa se ti ho fatta chiamare con così tanta urgenza, so che stai sistemando i budget dei prossimi film in produzione, ma come sai a giorni inizierà il Comic Con a San Diego, e contrariamente ai miei piani, io non potrò presenziare. Devo partire fra un paio di giorni per andare in Europa. Mi dovrò fermare prima in Romania e poi in Bulgaria per fare dei sopralluoghi per la pre produzione di un film, e poi dovrò fermarmi anche a Londra per parlare con un regista, quindi non riuscirò a tornare in tempo per la Con. E vorrei comunque che la nostra casa di produzione fosse rappresentata, visto che uno dei film che verranno presentati è da noi prodotto. Vorrei che ci andassi tu” le disse, spiazzandola.

“So che non ami queste incombenze, ma penso che te la caverai alla grande e poi le Con sono sempre eventi interessanti e divertenti. Sono sicuro che ti piacerà e poi è giusto che tu partecipi e ti faccia vedere. Sei una Avery, e un giorno ci sarai tu seduta a questa scrivania” aggiunse, accennando un sorriso.

“Inoltre, devo confessare che spero sia un buon modo per scusarmi per il mio comportamento. Forse ho ficcanasato troppo nella tua vita e non avrei dovuto. Non avrei dovuto nemmeno chiamare Josh e fartelo trovare a casa” disse ancora.

Victoria lo fissò, colpita da quelle scuse, ed assottigliò gli occhi con fare pensieroso ed interrogativo.

“Zia Charlotte ti ha chiamato, vero? E ti ha fatto ragionare, come sempre!” disse dopo qualche istante.

Andrew non rispose subito, ma alla fine sorrise.

“Come dite voi giovani? Ah si, sgamato!” rise.

“A volte mi impiccio troppo, lo so.” Ammise “Ma sai perché lo faccio” precisò più serio “Anche se sei una donna ormai, una giovane donna in gamba, sveglia e bellissima, per me sarai sempre la mia bambina. E voglio solo che tu sia felice. Quindi, se la tua decisione di rompere il fidanzamento con Josh ti rende felice, se è quello che vuoi, allora va benissimo anche a me!” aggiunse “Vorrei prometterti che non mi impiccerò più, ma sai che non amo fare promesse che so di non poter mantenere. Però posso provare a contenermi!” puntualizzò, facendo sorridere la figlia.

“E’ già un buon risultato!” osservò la ragazza “Dispiace anche a me se sono stata brusca, ma sono convinta della mia decisione, e sono felice e serena, davvero! Con Josh non andava, c’erano troppi problemi, non siamo mai stati davvero compatibili” continuò.

“Bene! Sai che vederti felice è l’unica cosa che voglio!” disse il padre, visibilmente sollevato dal chiarimento con la figlia “Allora, siediti, mettiti comoda. Devo aggiornarti sul programma del Comic Con, così saprai esattamente cosa ti aspetterà ogni giorno!” aggiunse.

Victoria partì per San Diego quel giovedi, e non appena fu atterrata si rese conto del perché chiunque capisse qualcosa di cinema parlasse di questo evento come di qualcosa di inimitabile. L’atmosfera era davvero unica, ed era rigenerante essere circondata da fan di questo o quel film in uscita, di questo o quel super eroe, vederli aspettare ore e ore per vedere i loro attori preferiti e partecipare con così tanto coinvolgimento e genuina passione alle varie presentazioni e conferenze stampa. Non aveva mai visto niente di simile, e l’entusiasmo del pubblico era davvero contagioso.

Il primo giorno fu tutto dedicato all’organizzazione di quello successivo. Victoria ed altri colleghi arrivarono nel tardo pomeriggio ed ebbero giusto il tempo di ritirare i loro pass, fare il check in albergo e di rinfrescarsi, per poi ritrovarsi prima di cena per una veloce riunione. La ragazza cenò poi direttamente in stanza, perché era stanca e voleva rivedere alcuni appunti ed il programma dell’indomani. Il giorno dopo si entrò nel vivo dell’impegno al Con per lei e per gli altri delegati della Avery Production. Sin dalla mattina presto furono impegnati fra incontri coi giornalisti, con altri addetti ai lavori, ovvero altri produttori o rappresentanti delle case cinematografiche. C’era a malapena il tempo di mangiare un boccone fra un impegno e l’altro, ma era impossibile avvertire la stanchezza. Era tutto così eccitante, coinvolgente, frenetico ed avvolgente, che Victoria non ebbe nemmeno l’impressione di essere davvero lì per lavoro, era piuttosto un privilegio.

In particolare, per lei fu davvero un’esperienza unica ed indimenticabile partecipare per la prima volta in rappresentanza della casa di produzione Avery alla presentazione del film da loro prodotto su un anti-eroe, che era atteso con ansia dal pubblico presente e non. Il trailer lanciato durante la conferenza stampa raccolse un grandioso e positivissimo riscontro, tanto che i presenti chiesero addirittura il bis. Non aveva mai visto niente di simile da nessun’altra parte, non c’erano festival, ufficiali o indipendenti, che reggessero il confronto con questa Comic Con che era nutrita dai fans, dal pubblico. Di solito evitava più che volentieri questi impegni, ma in questo caso si ritrovò ad essere dispiaciuta alla fine della presentazione.

Quella sera, lei e gli altri della Avery Production, dopo cena, raggiunsero un locale per partecipare ad una festa organizzata proprio per celebrare il lancio del film presentato nel pomeriggio. Victoria aveva appena finito di parlare con uno degli organizzatori della Con di San Diego, ne approfittava giustamente anche per fare un po' di pubbliche relazioni, come le suggeriva sempre Skyler, e si era appena spostata al bancone, per chiedere un drink, quando una voce alle sue spalle la fece sobbalzare.

“Ciao Avery” sentì dire e riconobbe subito quella voce. Era Ryan.

Si voltò sorpresa e gli sorrise.

“Ryan! Anche tu qui?” rimarcò.

“Si, sono arrivato oggi. Domani c’è il pannello della 20th Century Fox. Mostreranno anche un mini trailer di Deadpool 2. E ci sarò anche io ovviamente” rispose.

“Ho sentito che oggi il vostro pannello è stato un successone! Godetevela, perché domani parleranno tutti solo di me e di Wade” rise, sedendosi ad uno degli sgabelli del bancone.

“Sei molto sicuro di te!” lo prese in giro la ragazza.

“Ovvio! Sono irresistibile in tutina rossa!” rispose, per poi scoppiare a ridere.

“Non pensavo ti avrei incontrata qui. Di solito non le eviti queste cose mondane ed ufficiali?” le chiese “Ti stai dando alla pazza gioia ora che hai chiuso col broccolo!” aggiunse.

“In genere si! Ma mio padre è in Europa per lavoro e qualcuno doveva venire in rappresentanza della casa di produzione, così eccomi qui! E devo dire che ne sono felice! Non ho mai visto niente di simile! Insomma, sapevo cosa fosse anche prima di venirci, ma partecipare è tutt’altra cosa! L’entusiasmo che c’è qui non ha paragoni!” aggiunse vispa, sedendosi a sua volta.

“Lo so. Ed ogni anno migliora.” Disse lui “La prima volta che sono stato qui era per Green Lantern. Il film è stato un flop totale, ma i fan erano in delirio. E poi per il primo Deadpool, credevo che non avrei mai avuto un’accoglienza così calorosa dai fan, ma poi oggi sono arrivato e già in aeroporto ho incontrato dei fans vestiti come Wade. E’ una cosa incredibile. “ aggiunse. Poi restò in silenzio per qualche istante, e la osservò con un’intensità tale che la ragazza si sentì quasi nuda. Aveva sempre quella sensazione con lui, ogni volta che la fissava, sembrava che riuscisse a leggerle dentro e si sentiva disarmata, non infastidita però.

“Immagino che ripartirai domani” riprese a dire lui e sembrava quasi dispiaciuto all’idea che lei sarebbe ripartita a breve, mentre per lui la Con era appena iniziata.

“Domani mattina ho un paio di incontri con dei finanziatori, dovrei ripartire nel pomeriggio” rispose.

“Ma se qualcuno riuscisse a farmi imbucare al pannello di quei dilettanti della 20th, potrei anche restare. Giusto per vedere di cosa sono capaci. Sarebbe una specie di attività di spionaggio!” rise.

“Ehi, attenta alle parole che usi, ragazzina!” la prese in giro scherzosamente lui “Ti faccio notare che quei dilettanti, come li chiami tu, hanno rischiato ed hanno prodotto un film in cui credevamo solo io e due miei amici sceneggiatori. Lo avevamo proposto anche a tuo padre, ma ci ha tarpato le ali e rimandato al mittente!” aggiunse.

“No, sul serio? Pessima mossa! Di solito mio padre ha un grande intuito!” rispose lei sorridendo.

“Ti faccio avere un pass domani mattina, ok? Sarà divertente! Senza nulla togliere al vostro film sull’antieroe, ma domani faremo morire d’invidia tutti!” rise lui.

“Vedremo Reynolds, vedremo!” gli fece eco lei, stando al gioco.

“Ah, ecco dov’eri finito!” li interruppe un tizio, avvicinandosi a Ryan, e dandogli una pacca sulla spalla.

“Dai vieni, ci sono dei pezzi grossi che ti voglio presentare!” aggiunse.

“Si, ora arrivo” rispose Ryan, alzandosi “Rhett, lei è Victoria Avery.  Victoria, lui è Rhett, un caro amico nonché uno degli sceneggiatori di Deadpool.  A proposito Rhett, cerca di recuperare un pass per domani per la signorina Avery. Sai, per farle vedere come lavora davvero una casa di produzione seria” aggiunse per provocarla.

“Smettila di pavoneggiarti!” rispose lei, con tanto di linguaccia.

Ryan era un uomo di parola, infatti l’indomani, consegnarono alla ragazza un pass per il pannello della 20th. I suoi colleghi stavano per ripartire e dirigersi in aeroporto per rientrare a Los Angeles, ma lei con una scusa rimandò la partenza. Cercò di bardarsi un po' per mischiarsi fra il pubblico composto prevalentemente da fans di Deadpool e dei fumetti X Men e partecipò alla presentazione.

In effetti, si rese conto che Ryan non aveva poi esagerato. Bastò semplicemente pronunciare la parola ‘Deadpool’ perché tutto il pubblico presente in sala si accendesse, ed iniziasse ad applaudire, ed anche a chiamare Ryan, che uscì poco dopo dal backstage, sorprendendo i fans. Ed anche lui sembrava diverso, aveva una luce ed un entusiasmo nello sguardo che Victoria non aveva mai notato le poche volte che si erano visti. Anche in quell’occasione, com’era accaduto il giorno prima alla presentazione del film prodotto da Avery, i fan chiesero il bis, così il trailer fu riproposto. Ryan sembrava davvero eccitato come un bambino la mattina di Natale. E poi, dettaglio non del tutto secondario, sembrava ancora più bello, così sorridente, e soddisfatto del suo lavoro.

Una volta terminata la presentazione, la ragazza lasciò la sala, insieme agli ultimi irriducibili fans che ancora commentavano il trailer. Non si aspettava di incrociare Ryan, ma ci sperava. Tuttavia, non lo intravide nemmeno. Ma era prevedibile! Dopo l’accoglienza calorosa del trailer, e la fine del pannello, era sparito nel dietro le quinte, e sicuramente sarebbe stato impegnato con interviste e quant’altro fino a sera.

Tornò in camera, e stava armeggiando all’iPad per trovare un volo per rientrare a Los Angeles, quando le arrivò un messaggio.

Spero ti sia divertita oggi! Il tuo vecchio ha scartato il film sbagliato. Stasera c’è una festa della 20th…magari puoi fare un salto per controllare meglio la concorrenza. Mi trovi lì, se ti va. R.

Sorrise nel leggere quelle parole, ma decise comunque di non rispondere. Per qualche strano motivo, voleva tenerlo un po' sul filo, ma in cuor suo aveva già deciso che sarebbe andata alla festa. In fondo, ormai era quasi ora di cena, a quel punto non le conveniva prendere un volo e tornare a tarda notte a casa, era molto meglio aspettare l’indomani e partire in mattinata.

Si fece una doccia, ordinò la cena in camera, poi si infilò dei semplici jeans, una t- shirt nera, decolletè pure nere, lasciò i capelli sciolti e raggiunse l’albergo in cui la 20tn aveva organizzato la sua festa. Entrò da un ingresso secondario, per non dare troppo nell’occhio, per quanto non fosse poi così strano che un rappresentante di una società di produzione partecipasse ad eventi organizzati da concorrenti. Ma il vero motivo per cui aveva deciso di andare era per incontrare Ryan, perché lui l’aveva invitata, e quindi in qualche modo voleva evitare pettegolezzi inutili.

Arrivò un po' tardi, a festa iniziata da un’oretta, si mischiò agli altri invitati, facendo anche un po' di pubbliche relazioni, fin quando il suo sguardo non incrociò quello di Ryan, che stava parlando con un tizio con l’aria da nerd. Le sorrise, con quell’aria paracula che lo caratterizzava, poi si scusò con l’interlocutore, e si avvicinò a lei.

“Sei riuscita a venire” disse.

“Fingiamo di parlare di convenevoli o vuoi passare subito alla parte in cui mi proponi i vantaggi della Avery Production per convincermi a cambiare e passare a voi?” le domandò.

“Non so di che parli! Sono qui per divertirmi e spiare il ‘nemico’! Non parlo di lavoro, non stasera” precisò lei tranquilla.

“Quanto sei contento da 1 a 10?” gli chiese poi, dopo averlo scrutato attentamente.

“Non saprei. Credo 15!” rispose lui divertito.

“Insomma, so che non è il film del secolo, non è un film che quelli dell’Academy potranno mai considerare per una nomination agli Oscar, sarà già tanto ottenere qualche nomination ai Golden Globe, ma è molto più di questo per me. E’ come un figlio, ovviamente non in senso stretto, ma io, Rhett, che hai conosciuto ieri e Paul, siamo gli unici ad aver mai creduto in questo film, ed abbiamo implorato e detto e fatto cose che le tue giovani orecchie non dovrebbero nemmeno sentire per riuscire a trovare qualcuno che credesse nella sceneggiatura e nel progetto quanto noi. Ci sono voluti 10 anni, ma ce l’abbiamo fatta e davvero non potrei esserne più fiero ed orgoglioso.” Concluse soddisfatto.

“Si vede! Ti illumini quando ne parli. E anche oggi sul palco, quando hai visto e sentito la reazione del pubblico, sembravi così felice” osservò lei e lui sembrò quasi sorpreso dalle sue parole.

“Allora mi hai guardato con attenzione” disse solo.

“Bè, ho osservato tutti! E’ stata una bella presentazione” precisò lei, forse temendo di essere fraintesa. Le metteva sempre una strana soggezione, perché aveva sempre la sensazione che riuscisse a leggerle dentro, ad andare oltre le sue parole ed a capire cosa le passasse nella testa. La verità era che Victoria iniziava ad essere sempre più incuriosita ed interessata da lui. Non era abituata ad avere a che fare con tipi come lui. Per anni si era relazionata solo con Josh, molto più giovane di Ryan, e con un carattere completamente diverso, come differenti erano le sue priorità. Ryan, invece, era un uomo fatto, era spiritoso, ma anche piuttosto misterioso, difficile da inquadrare e questo indubbiamente la intrigava. Però era anche sposato. Victoria se lo ricordava benissimo e razionalmente sapeva perfettamente che sarebbe stato molto più saggio ripartire quel pomeriggio con gli altri, ma non era riuscita a vincere la sua curiosità, che la spingeva sempre più verso di lui. Non si poteva dire che fossero amici, si erano visti e sentiti poche volte, quasi sempre per circostanze fortuite, ma le piaceva parlare con lui, e le risultava anche facile raccontargli cose che poche persone sapevano di lei.

Lui si schiarì la voce e poi si guardò intorno.

“Rhett l’hai conosciuto, mi pare giusto presentarti anche Paul” riprese a dire “Vieni con me” Le fece segno.

Così lo seguì e raggiunse una sorta di saletta privata, dove c’erano i due amici di Ryan, nonché sceneggiatori di Deadpool, insieme a rappresentanti e pezzi grossi della 20th, che anche lei conosceva direttamente o di fama. Era un’allegra combriccola, si mangiavano stuzzichini e tartine, si beveva champagne per festeggiare, si chiacchierava e rideva. Senza quasi che se ne rendesse conto, la serata volò via e quando Victoria distrattamente guardò l’orologio, si accorse che era quasi l’1 di notte.

“Merda!” le scappò detto a bassavoce.

“Come?” rise Ryan, seduto accanto a lei.

“No, è che è tardi. Domani mattina ho il volo e devo ancora fare la valigia e… “ stava dicendo.

“Ok, calma, è tutto a posto! Non perderai il volo! Hai tutto il tempo di tornare e puoi dormire domani in aereo” le disse “In che albergo sei?” le chiese.

“Sono all’Omni. Sarà meglio che chiami un taxi” disse la ragazza, trafficando per recuperare il cellulare nella borsa.

“Ti accompagno io” disse lui, quasi con ovvietà.

“Però sarà meglio arrivare da un’entrata secondaria. Sai com’è, giusto per evitare problemi” precisò.

Lei lo guardò e sapeva che sarebbe stato meglio ringraziare e declinare l’offerta. Poteva benissimo chiamare un taxi e tornare in albergo da sola, ma la verità era che voleva passare altro tempo con lui, così alla fine, senza rifletterci troppo accettò.

Ryan si congedò dagli altri, li salutò, cosa che fece anche Victoria, e poi insieme uscirono dal retro del locale, dove trovarono ad attenderli un’auto.

“Ma come…come hai fatto?” domandò sorpresa la ragazza. Avevano deciso di andare pochi minuti prima e lui era riuscito a trovare un’auto.

Lui sorrise.

“Sono all’Hotel Omni anche io. Avevo già detto all’autista di farsi trovare pronto!” rispose, strizzandole l’occhio ed aprendole la portiera “Di solito nemmeno io sono molto mondano e non faccio le ore piccole, ma stasera è stato divertente. Forse perché c’era la compagnia giusta” aggiunse.

Durante il tragitto, seppur breve, che li portò dal locale della festa, all’hotel, il clima era strano. Si osservavano con la coda dell’occhio, avevano anche commentato qualche uscita di Rhett e Paul e il pannello di quel pomeriggio, ma sembravano entrambi pensierosi e stranamente agitati.

L’auto si fermò davanti al retro dell’albergo, i due scesero e rientrarono dall’ingresso secondari, dirigendosi svelti agli ascensori. A quell’ora non c’era nessuno nei corridoi, nemmeno nella hall.

“A che piano?” le domandò Ryan, distogliendola sai suoi pensieri.

“Sesto” rispose lei.

“Anche io” rimarcò lui.

Quindi premette il pulsante del sesto piano e piuttosto velocemente l’ascensore salì e si aprì sul loro piano.

Ryan, da bravo cavaliere, la fece uscire per prima.

“Allora, immagino che ci rivedremo da qualche parte, prima o poi. Ogni tanto devo volare qui, quindi…magari ci sentiamo!” riprese a dire lui, con le mani affondate nelle tasche dei jeans, mentre entrambi in piedi sostavano nel corridoio, davanti alle porte dell’ascensore ormai chiuse.

“Si, sicuramente ci vediamo in giro! Ti avviso se passo per New York. Magari ci prendiamo un caffè” rispose lei, che si sentiva stranamente in imbarazzo e non vedeva l’ora di tornare in camera. Non perché non le piacesse stare con lui, al contrario, le piaceva troppo, e questa consapevolezza la spaventava perché lui era un uomo sposato e mai le era capitato prima di avvertire un trasporto simile per un uomo già impegnato.

“Sarà meglio che vada! Sennò chi la sente domani la sveglia!” aggiunse, abbozzando un sorriso “Ancora complimenti per Deadpool e buonanotte” disse, salutandolo e tornando nella sua stanza.

Una volta lì, richiuse la porta alle sue spalle e ci si appoggiò, sospirando quasi sollevata, perché era riuscita a salutarlo, senza combinare guai, senza fare niente di stupido.

Stava per mettersi a fare la valigia, quando sentì bussare. Il cuore quasi le si fermò in gola. A quell’ora, non poteva essere che una persona, qualcuno che aveva appena salutato in corridoio. Infatti, quando aprì la porta, si trovò davanti Ryan, ma non fece in tempo a chiedergli nulla, perché appena se la ritrovò davanti, lui si avvicinò, annullando del tutto la distanza fra di loro, e la baciò con un trasporto ed un’intensità tali, che Victoria si sentì quasi mancare la terra sotto i piedi. Nessuno l’aveva mai baciata così, nemmeno Josh, che al confronto le sembrava ora un pivellino.

 

 

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Capitolo 8
*** Cap. 8 ***


Erano lì, sulla soglia della stanza di Victoria e si stavano baciando da alcuni minuti ormai, ma nessuno dei due sembrava aver intenzione di smettere. Ryan, ad un certo punto, si scostò giusto il tempo di chiudere la porta alle loro spalle, per poi tornare a baciare la ragazza con malcelata urgenza, affondando le dita di una mano fra i suoi capelli, mentre l’altra era saldamente posata su un fianco, con una presa piacevolmente possessiva. Assaggiava e baciava le sue labbra come se fossero un frutto irresistibile e Victoria non riusciva ad opporre la benché minima resistenza. Razionalmente, sapeva perfettamente che la cosa migliore sarebbe stata respingerlo, fermarlo e fermarsi, finché erano ancora in tempo. Si conoscevano appena e lui era un uomo sposato. Lei non era il tipo da andare a letto con il marito di un’altra e nemmeno si era mai lasciata guidare dall’istinto come stava invece facendo ora con lui. Fra di loro c’era stata un’elettricità quasi tangibile da subito, per quanto lei si fosse sforzata di ignorarlo, e probabilmente era stato lo stesso per lui. Finora erano sempre riusciti a controllarsi, anche perché fino a poco tempo prima Victoria era ancora fidanzata, e le rare volte in cui si erano incontrati non erano quasi mai da soli. Ma ora era tutto diverso. Erano fuori città, lontani da tutto e da tutti, come in una bolla, in un universo parallelo in cui non c’erano ostacoli per loro, né motivi per troncare quello che c’era fra loro, di qualunque cosa si trattasse.

Andarono avanti a baciarsi a lungo, poi, lentamente, iniziarono ad indietreggiare verso il letto della suite. Ryan aveva cominciato ad armeggiare per sfilarle la t-shirt ed anche Victoria non era rimasta certo passiva, ed aveva iniziato a sbottonargli la camicia. Di tanto in tanto si fermavano per guardarsi e scambiarsi occhiate complici, cariche di aspettativa e di desiderio, ma nessuno dei due osava parlare né esprimere a voce quello che passava loro per la testa, per prolungare quella parentesi di alienazione totale dalla realtà e dalle loro responsabilità. Nessuno dei due aveva intenzione di ostinarsi a negare l’attrazione che c’era fra loro. Victoria non si era mai sentita così attratta da un uomo prima di allora. Il desiderio che provava nei confronti di Ryan era tangibile, e per una volta in vita sua, forse la prima in assoluto, voleva concedersi il lusso di non pensare, di non usare il cervello, di lasciarsi andare alle sue emozioni e farsi guidare solo dall’istinto. E l’impulso di quel momento la spingeva sempre più verso di lui. Aveva 40 anni, forse anche un paio di più, ma era davvero irresistibile: bello, ancora in perfetta forma, muscoloso al punto giusto, atletico. Man mano che lo spogliava, sentiva crescere il suo desiderio per lui ed il suo stomaco sfarfallare come fosse un’adolescente alle prime esperienze. Aveva la netta sensazione di avere la testa completamente vuota, sgombera da ogni tipo di pensiero, tanto era inebriata dal suo profumo, ed infiammata dalle sue carezze, dai suoi baci. Ryan, dopotutto, era un uomo fatto, sapeva esattamente cosa faceva, e come farla rosolare a puntino. Si sentiva la donna più bella e desiderata al mondo mentre lui la spogliava, lasciando cadere ad uno ad uno i pochi indumenti che ancora aveva addosso, ed infine anche la biancheria intima. Tutto accadde in maniera assolutamente naturale, fra di loro c’era una sintonia spontanea. Fecero l’amore in maniera appassionata la prima volta, ed in maniera più dolce e lenta la seconda quella notte, finché non si addormentarono, piacevolmente esausti, in un groviglio di lenzuola.

La prima a risvegliarsi l’indomani fu Victoria. Ancora assonnata, si stropicciò il viso con le mani, e lentamente le tornarono alla mente flash della notte appena trascorsa. Si voltò verso Ryan, che ancora dormiva e che le sembrava quasi indifeso, nonostante la stazza, con quell’aria rilassata dal sonno che ancora lo avvolgeva. Sorrise istintivamente, ma quella serenità durò pochi istanti. Infatti, subito dopo, la ragazza si ritrovò a riflettere sull’enorme leggerezza che avevano entrambi commesso, lasciando spazio a scrupoli, remore e sensi di colpa che poche ore prima aveva scacciato e lasciato da parte per abbandonarsi alla passione ed al piacere. Proprio lei, sempre così riflessiva, giudiziosa e controllata, aveva fatto sesso con un uomo sposato. In realtà non poteva non considerare anche che si era trattato con tutta certezza del sesso migliore della sua vita, ma era una magrissima consolazione in quel frangente. Restava il fatto che era stata a letto con un uomo sposato. Si sentiva ufficialmente una sgualdrina. L’unica che avrebbe potuto farle vedere il bicchiere mezzo pieno in quella circostanza era Skyler, ma in attesa di rivederla, Victoria era ora ostaggio della sua coscienza e dei suoi sensi di colpa. Inoltre, come se non bastasse, iniziò a domandarsi cosa sarebbe successo, e più ci pensava più si convinceva che quella notte sarebbe rimasta una parentesi, un episodio isolato e che una volta tornati rispettivamente a Los Angeles e New York, non ci sarebbe stato alcun seguito. Lui era impegnato, aveva una famiglia e probabilmente si era solo voluto levare un capriccio. Questa idea la fece sentire stupida ed ingenua. Probabilmente era cascata con tutte le scarpe nella tela di un abile ed inguaribile dongiovanni, che riempiva la moglie di corna, e che magari si era intestardito a sedurla e portarla a letto perché era la figlia di un produttore famoso. Per quanto quella notte con lui fosse stata indimenticabile ed appassionata, si sentiva davvero scema ora, e non vedeva l’ora di andarsene, anche per evitare l’imbarazzo della mattina dopo.

Così, stando ben attenta a non svegliarlo, scivolò fuori dal letto, si rivestì velocemente, ed iniziò a preparare la valigia, sperando di riuscire a filarsela prima che lui si svegliasse. Voleva solo andarsene, mettere quanta più distanza possibile fra lei e Ryan, tornare alla sua vita di tutti i giorni, ai suoi impegni, e levarselo dalla testa. Era sicura che anche lui non volesse nient’altro, e di aver perso qualsiasi tipo di fascino esercitasse su di lui ora che aveva ceduto le armi, quindi era certa che la cosa migliore fosse sparire prima che lui si svegliasse.
Purtroppo, però, per quanto velocemente stesse rifacendo il suo bagaglio, non riuscì nel suo intento. Era talmente concentrata sulla valigia, da non accorgersi che Ryan era sveglio da qualche minuto e la stava guardando.

“Vedo che hai fretta di andartene. Non pensavo mi avresti portato la colazione a letto, ma non mi aspettavo nemmeno una fuga degna di Flash” osservò, tirandosi a sedere sul letto, a malapena coperto dalle lenzuola, l’aria ancora stropicciata dal sonno e dalla nottata movimentata appena trascorsa.

“Devo aver fatto davvero schifo stanotte!” aggiunse ridendo.

Victoria a quel punto sospirò, e si passò una mano fra i capelli, restando in piedi, a pochi passi dal letto.

“Io…ho pensato che andarmene alla chetichella mentre ancora dormivi avrebbe reso le cose più facili” ammise.

Lui inarcò appena un sopracciglio, con aria interrogativa ed anche perplessa.

“Più facili per chi? Per me o per te?” la incalzò.

“Per entrambi! Andiamo Ryan!” rispose lei, quasi con ovvietà. Non riusciva a capire perché lui facesse il finto tonto, come se non si rendesse conto della situazione.

In tutta risposta, lui recuperò i suoi slip, se li infilò velocemente e poi si alzò ed iniziò a rivestirsi.

“Non c’è bisogno che infili tutto in valigia alla rinfusa. Me ne vado, levo il disturbo, così puoi fare con calma e fingere che non sia successo niente” le disse asciutto, e nonostante fosse ancora fisicamente lì, sembrava distante anni luce.

“Scusa, ma cosa ti aspettavi?” rimarcò lei, iniziando a spazientirsi “Non rinnego niente, e sono stata bene stanotte, anzi, benissimo. Per una volta mi sono fatta guidare dall’istinto ed è stato bellissimo e liberatorio, ma non fingiamo di non sapere come stanno le cose. Tu sei sposato! E’ inutile che ce la raccontiamo! Magari per te è normale, magari tu e tua moglie avete un matrimonio aperto, non ne ho idea e non mi interessa, ma io non voglio essere coinvolta, non voglio essere l’amante di nessuno! E’ stata una parentesi, una bella parentesi, ma pur sempre una parentesi!” continuò “Ci siamo fatti prendere la mano, qui lontano da tutti, abbiamo bevuto, eravamo su di giri per la Con e siamo andati oltre” aggiunse, mentre Ryan scuoteva la testa e sembrava sul punto di scoppiare.

“Lo so bene che sono sposato e no, non è un matrimonio aperto!” iniziò a dire “Mi dispiace deluderti, ma contrariamente a quello che chiaramente pensi, non vado in giro a tradire mia moglie, non mi scopo chiunque mi ritrovo davanti!” sbottò.

Poi sospirò e cercò di calmarsi.

“Sono attratto da te dalla prima volta che ti ho vista alla festa a casa tua. E non mi era mai successo. Insomma, che il mio matrimonio non sia perfetto è evidente, ma finora non mi era mai successo di sentirmi così preso da un’altra donna. Ieri sera quando ho bussato alla tua porta sapevo che era uno sbaglio coinvolgerti, lo sapevo, ma non sono riuscito a farne a meno. Ero convinto che mi avresti respinto e che mi avresti cacciato via, ma mi sono sentito sollevato quando invece mi sono reso conto che era quello che volevi anche tu. Ed ero anche sicuro che l’indomani te ne saresti pentita. Speravo solo che succedesse dopo colazione” Continuò.

“Quindi…che succede ora?” gli chiese lei.

“Non lo so” ammise, stringendo le spalle “Ci sono almeno un milione di ragioni per cui dovresti starmi alla larga, lo sai anche tu. Sono divorziato, al secondo matrimonio, ho due figlie, e non è che abbia poi molto da offrirti, se non un po' di divertimento” riprese a dire “E tu ti meriti molto più di questo” aggiunse.

“E’ successo per colpa mia” disse ancora, infilandosi la camicia “Io sono il più grande e dovrei essere quello più maturo e più saggio. Per quanto volessi passare la notte con te, non avrei dovuto venire qui e metterti in questa situazione” concluse più serio.

“Non mi hai costretta a fare niente che non volessi!” precisò lei, facendo qualche passo verso di lui “Lo volevo anche io e non ne sono pentita. E’ solo che…”

“E’ solo che non vuoi essere l’altra donna, lo capisco, davvero!” la interruppe lui “Lo capisco e non ce l’ho con te. Lo so che non è una situazione facile. Ma vorrei che fosse chiaro che non volevo approfittarmi di te, anche perché sei troppo sveglia e non ci riuscirei nemmeno se volessi, e non volevo nemmeno prenderti in giro. Mi piaci e mi sono fatto trascinare dal momento e dalla situazione. Per un attimo ieri mi è sembrato tutto possibile e tutto facile” ammise.

Victoria sospirò e si mise a sedere sul bordo del letto.

“Mi dispiace, non volevo aggredirti o fare la stronza con te, ma…” riprese a dire, cercando di riordinare le idee, perché nelle ultime ore erano successe tante cose e tutte inaspettate.

“…ma pensavi che stamattina sarei stato io a sgattaiolare via e volevi battermi sul tempo” precisò lui scrutandola.

“Non devi sentirti in colpa! Lo capisco. Wade l’avrebbe fatto di sicuro” aggiunse, cercando di sdrammatizzare.

“Dai, non scherzare” lo rimproverò lei, ma sorridendo. Ancora una volta, aveva perfettamente capito il suo stato d’animo ed i suoi pensieri, quasi anticipandoli.

Lui restò in silenzio qualche istante, e si mise a sedere accanto a lei. Improvvisamente entrambi si zittirono e l’atmosfera era diventata quasi surreale. Non è che non avessero nulla da dirsi, al contrario, ma forse nessuno dei due voleva arrivare al momento ineluttabile del distacco.

“Anche tu mi piaci” disse lei dopo una lunga pausa “All’inizio pensavo che fossi solo un ficcanaso impiccione, ma più ti conoscevo e più mi incuriosivi. Mi piace stare con te e mi viene naturale dirti cose che non confido a tutti, perché sembra che tu riesca sempre a capire esattamente come mi sento e cosa mi passa per la testa” ammise, alzando lo sguardo su di lui.

“Adesso però non rovinare tutto con qualche battuta alla Deadpool. Sono seria!” precisò subito.

“Se solo non fosse tutto così complicato. Se ci fossimo conosciuti prima…” aggiunse lei.

“Se ci fossimo conosciuti prima mi avrebbero arrestato, perché quasi sicuramente tu saresti stata minorenne” osservò lui.   

“Non riesci proprio a fare la persona seria per almeno due minuti?” lo prese in giro lei.

“E’ una palla essere seri! E non aiuta nemmeno a risolvere i problemi!” osservò lui, poi sospirò “Senti, adesso ordiniamo almeno la colazione. Ho bisogno di caffè e poi vediamo cosa fare” aggiunse.

Per sicurezza, lasciò che fosse Victoria a chiamare la reception e ad ordinare una colazione abbondante, onde evitare che qualcuno dello staff dell’albergo, realizzando che Ryan Reynolds aveva chiamato dalla suite di un’altra ospite, andasse a spifferare tutto a qualche giornaletto di cronaca rosa per ricavarci dei soldi. Fecero poi colazione insieme, ostentando una tranquillità che in realtà non apparteneva a nessuno dei due in quel momento e poi arrivò il momento dei saluti.

“La mia agente mi ha già chiamato tre volte” sospirò lui, controllando il suo cellulare.

“E io devo sbrigarmi a fare il check out, se non voglio perdere l’aereo” aggiunse lei.

“Quindi, ci siamo” rimarcò Ryan, affondando le mani nelle tasche dei jeans “Ti chiamo più tardi, ok?” aggiunse.

“Non devi promettermi niente! Insomma, non mi aspetto niente” disse lei, che non voleva farsi illusioni.

“Lo so, ma voglio chiamarti” la rassicurò lui “Non so cosa succederà da qui a un mese, magari ti stuferai o ci stuferemo entrambi di questa situazione, ma in questo preciso momento so che andrò in astinenza se non ti sentirò entro le prossime otto ore!” precisò sorridendo.

Quindi si chinò e la baciò un’ultima volta, con la stessa intensità e lo stesso trasporto della sera prima, quando l’aveva sorpresa andando da lei.

“Fai buon volo! Ci sentiamo più tardi, ragazzina” aggiunse, strizzandole l’occhio, e sparendo dietro la porta.

Di solito Victoria detestava che la apostrofassero così, che la chiamassero ‘ragazzina’, ma detto da Ryan assumeva un tono così dolce ed un significato nuovo, adorabile per le sue orecchie.

Non fu semplice per lei concentrarsi su quella benedetta valigia, ancora sfatta, perché ogni volta che il suo sguardo si posava sul letto, si ricordava dei momenti trascorsi lì con Ryan e si ritrovava a sorridere come un’ebete. Ormai non poteva negarlo, si era presa una bella cotta, lui le piaceva davvero. Certo, era presto per parlare di amore, di sentimenti impegnativi, ma era certa che quando stava con lui si sentiva bene e, soprattutto, si sentiva libera di essere se stessa, senza il timore di essere giudicata. Non le era mai successo con nessun altro, tantomeno con Josh, col quale doveva sempre sforzarsi di essere perfetta, in qualsiasi occasione e, per quanto ce la mettesse tutta, le sembrava che non fosse mai abbastanza. Con Ryan, invece, era diverso, non doveva fingere di essere ciò che non era, ed era davvero rigenerante per lei potersi comportare liberamente, con tutti i suoi pregi ed i suoi difetti.

La ragazza atterrò a Los Angeles in perfetto orario e trovò ad aspettarla un’auto con autista mandata dal padre. Era quasi ora di cena, era stanca, e soprattutto non faceva che pensare a Ryan. Aveva bisogno di parlarne con qualcuno, era confusa, ma non pentita. Avrebbe voluto parlarne con Skyler, ma era impegnata fuori città per il tour promozionale dell’ultimo film di un attore che rappresentava, così decise che ne avrebbe parlato con sua zia Charlotte l’indomani. Per fortuna suo padre era ancora in Europa, altrimenti sarebbe stato difficile, quasi impossibile, nascondergli i suoi turbamenti. 

La grande villa era vuota, eccezion fatta per il personale di servizio ovviamente, ma la cosa non le dispiaceva affatto, anzi, era felice di avere spazio e tempo per riflettere. Mangiò qualcosa direttamente in cucina, e poi si spostò in terrazza, per prendere un po' d’aria e proprio lì la sorprese la chiamata di Ryan.

“Ciao” le disse, con quel tono caldo ed avvolgente.

“Ciao straniero” rispose.

“Sei arrivata sana e salva?” le chiese.

“Si, tutto a posto! Sono a casa da un paio d’ore, ho cenato e adesso sono sulla terrazza. La stessa dove ci siamo incontrati la prima volta” precisò sorridendo.

“Non so se quella conta come primo incontro, c’era anche il broccolo a tentare di rubarmi la scena” protestò lui.

“Quanto sei scemo!” lo apostrofò divertita “Sei già a casa anche tu immagino” aggiunse.

“Si, sono tornato alla base. E ho passato l’ultima mezz’ora a pettinare delle bambole e a far conversare un orsacchiotto di pezza con un omino dei lego” rise.

“Wow, le tue figlie amano giocare con qualsiasi giocattolo vedo! Non sono in fissa solo con bambole e barbie” rimarcò ridendo lei.

“Già, e ovviamente poi lasciano giochi ovunque e rischio puntualmente di ammazzarmi inciampando in qualcosa!” osservò “Adesso sono di sopra con la tata a fare il bagnetto, così ho pensato di approfittarne per sentirti, anche se temo non potrò restare a lungo” continuò.

“Non preoccuparti, non importa” lo rassicurò. Aveva notato che non aveva minimamente menzionato la moglie, ma naturalmente nemmeno a lei andava di parlare di Blake, quindi non gli chiese nulla.

“Potrei avere una buona notizia!” riprese a dire lui “Dovrei venire a Los Angeles fra una decina di giorni al massimo!”

“Davvero?” esclamò lei sorpresa, non sperava di rivederlo così presto.

“Si, devo registrare un’intervista con Variety e ho anche un servizio fotografico. Mi fermerò per un paio di giorni, tre al massimo, di più non riesco. Possiamo vederci, se ti va e se sei libera” continuò.

“Si, per me va bene. Mi organizzo e vediamo dove incontrarci” rispose.

“Ovviamente, sai bene che dobbiamo essere super attenti e prudenti. Se dovessero beccarci sarebbe un casino per tutti e due. Tuo padre ti chiuderebbe in una torre d’avorio e verrebbe a cercare me con un fucile, dilaniando quello che resterebbe di me dopo il cazziatone della mia agente” osservò.

“Lo so, non preoccuparti. Troveremo un modo” lo rassicurò. E stava per dirgli altro, quando sentì distintamente dall’altro capo la voce di Blake che lo chiamava.

“Devo andare. Ci sentiamo presto, promesso! Dormi bene” riuscì solo a dirle prima di riattaccare.

Le aveva fatto piacere risentirlo, un po' meno immaginarselo ora immerso nella sua routine familiare, con sua moglie. Ma non poteva lamentarsi né avanzare pretese, perché sapeva dall’inizio che lui era sposato, ed il fatto che non si trattasse di un matrimonio felice non giustificava la loro relazione. Improvvisamente si chiese anche se fosse poi vero che fra lui e la moglie non funzionava. Insomma, aveva sentito solo la sua versione e se fosse stato uno deli classici uomini che si lamentano senza motivo della propria moglie, solo per avere una scusa plausibile ai tradimenti? Magari Blake era ignara di tutto, anzi sicuramente non sospettava e forse fra loro non c’era nessuna crisi. Magari il furbastro voleva solo divertirsi, tenere il piede in due scarpe, giocare al marito incompreso con lei e poi tornare a casa e fare il compagno perfetto. E se avesse avuto più di una tresca? Poi si diceva che anche lui stava rischiando molto per passare del tempo con lei, e se fosse stato solo un capriccio non si sarebbe esposto tanto, avrebbe potuto trovarsi chiunque anche più vicina a casa sua. Non era certo il tipo da dover implorare una donna per portarsela a letto! Ma forse aveva una donna per ogni stato! Victoria stava cominciando ad entrare in paranoia, così decise di prepararsi una tisana ed andare a letto. Erano successe tante cose nelle ultime ore, troppe, ed un bel sonno ristoratore l’avrebbe sicuramente aiutata a spegnere il cervello e a svegliarsi con le idee chiarite e districate. Peccato che fosse più facile a dirsi che a farsi, perché nonostante la tisana, Victoria riuscì a prendere sonno solo a notte fonda. Appena chiudeva gli occhi ripensava a Ryan, quasi sentiva le sue mani addosso, il suo profumo, ricordava distintamente i suoi baci e tutto il resto. L’indomani si svegliò ancora più stanca e confusa della sera prima e non vedeva l’ora di parlare con sua zia di quanto le stava accadendo.

Si fece una doccia veloce, si preparò per andare alla fondazione, e poi scese in cucina per fare colazione. Com’era solita fare, mentre sorseggiava il caffè dava uno sguardo ai quotidiani sul suo tablet. Quasi le andò di traverso l’ultimo sorso quando vide il titolo di un noto sito di gossip online. Cliccò subito sul link e andò direttamente all’articolo, se di articolo si poteva parlare! Non riteneva certo quei siti esempi di giornalismo edificante e serio. C’erano delle foto, molto sfuocate peraltro, di lei e Ryan alla festa della 20th Century durante la Comic Con di San Diego. Non erano soli, ovviamente, erano circondati da tante altre persone, ma erano vicinissimi e naturalmente nell’articoletto si suggeriva una sorta di rendez vous romantico fra i due. Sapeva benissimo che quelle due misere foto non erano sufficienti a provare niente, ma era altrettanto certa che sarebbero bastate ad insinuare un ragionevole dubbio fra i patiti di gossip. Nonostante potessero esserci altre mille plausibili ragioni per loro due di ritrovarsi vicini ad una festa durante una Con, sicuramente qualche idiota avrebbe creduto all’insinuazione del sito! Era furiosa ed anche preoccupata, e non aveva idea di come avrebbe potuto reagire Ryan, ammesso che avesse già visto le foto.

Gli mandò subito un messaggio:

Chiamami appena puoi, è urgente.V.

 

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Capitolo 9
*** Cap. 9 ***


Per tutta la mattinata Victoria controllò quasi ogni due minuti il cellulare, per controllare che Ryan avesse letto il messaggio, in impaziente attesa di una sua chiamata. Non era per niente concentrata, ed aveva chiesto di non essere disturbata da nessuno. Aveva del lavoro da sbrigare e dei resoconti da preparare sull’esito della Con per la casa di produzione, ma la sua testa era decisamente altrove. Finalmente, intorno alle 10, ora di Los Angeles, Ryan la chiamò.

“Ciao, scusa se non ti ho chiamata prima, dovevo sbrigare delle commissioni” le disse, e le sembrava tranquillo. Probabilmente ancora non aveva visto le foto, anche se a New York ormai era mattina da un po', essendo 3 ore avanti rispetto a La.

“Se sei preoccupata per le foto, stai tranquilla” la rassicurò subito, indovinando la ragione dell’urgenza con cui gli aveva scritto.

“Davvero? Cioè, tu non sei preoccupato? Credevo che fossi in riunione con la tua agente e tutto lo squadrone per trovare una soluzione!” osservò lei sorpresa.

“Ma no, figurati! Smentire una notizia come questa sarebbe controproducente, sarebbe come confermare che c’è qualcosa sotto” le spiegò “Sono solo un paio di foto, per giunta molto sfuocate, e siamo insieme ad altre persone, ad una festa. Non hanno in mano niente di concreto, è sensazionalismo fine a se stesso, non hai motivo di preoccuparti, fidati” la rassicurò.

A quel punto, Victoria tirò un sospiro di sollievo. In fondo, dei due era senz’altro Ryan quello più esperto in fatto di media e gossip.

“Oh, ok! Bene, meglio così” osservò, mettendosi a sedere alla sua scrivania.

“Eri già andata in panico, vero?” la prese in giro lui.

“Bè, un po' si. Puoi biasimarmi? Insinuano che ci sia del tenero. E forse la mia coscienza sporca ha fatto il resto” ammise lei.

“Vic, non è niente di preoccupante, sul serio. E’ normale che ci si incontri ad eventi come la Con di San Diego! Mi hanno fotografato anche con James McAvoy, Channing Tatum e Hugh Jackman, ma non per questo insinuano che sia gay! Ci hanno ricamato sopra perché è l’unico pseudo appiglio che avevano per un articolo. Intanto riempiono il loro sito. Ma non è credibile, non ci cascherà nessuno” osservò tranquillamente.

“Quindi nemmeno tua moglie si è fatta delle domande e ti ha chiesto spiegazioni?” gli chiese di getto.

Lui restò in silenzio qualche istante prima di risponderle.

“No, non mi ha chiesto niente. E’ un’attrice anche lei, sa come funzionano queste cose. Non hai motivo di preoccuparti, te lo assicuro. Comunque staremo ancora più attenti le prossime volte che ci vedremo, giusto per evitare problemi. Sempre che tu voglia ancora rivedermi, quando verrò a Los Angeles” precisò.

“Si, si, certo che voglio vederti. Scusa, non volevo farti pressione o sembrarti ansiosa, ma non sono abituata a trattare con i media e ad avere a che fare coi siti di gossip! Insomma, negli ultimi tre anni la mia vita sentimentale è stata noiosa e prevedibile, nessuno scandalo dopo la mia storia con quel tennista, quindi…sono arrugginita!” ammise sorridendo.

“Sei stata con un tennista?” esclamò lui spiazzato “Più tardi devo fare qualche approfondita ricerca su di te con Google, ragazzina. Devo sapere altro o vuoi che scopra tutto da solo?”

“Scemo! Non c’è niente di scandaloso da sapere. Ho avuto solo un paio di storie, il broccolo, ehm, cioè Josh, e prima di lui Kevin. Mio padre lo detestava, perché era un casanova, mi riempiva di corna, ed avvisava i paparazzi ogni volta che andavamo a cena o in vacanza insieme. La cosa più scandalosa che troverai saranno delle foto nostre sulla sua barca, mezzi nudi” precisò vispa.

“Ma non mi dire! La piccola Avery ha uno scheletro nell’armadio!” la prese in giro.

“Piantala! Ti diverti, eh?” rimarcò.

“Si, a dire il vero si! Se entri in paranoia per due misere foto, chissà come succederà se mai dovessero beccarci!” aggiunse.

“Per carità! Sarebbe un casino enorme” disse lei sospirando.

“Lo so, ma staremo attenti e filerà tutto liscio, tranquilla” la rassicurò ancora.

“Va bene, ci proverò!” sorrise lei.

“Brava. Adesso devo andare, ma ci risentiamo più tardi, d’accordo? Buon lavoro, ragazzina” la salutò.

Parlare con lui l’aveva decisamente tranquillizzata e rassicurata, almeno per l’aspetto mediatico e ‘gossipparo’ dell’articolo uscito online. Ma le rimanevano molto interrogativi. Ormai era assodato che Ryan le piacesse e molto, ma era ancora confusa, più che altro si sentiva in colpa, perché si stava intromettendo in un matrimonio. Non le importava poi molto di sapere o capire il reale stato del rapporto fra Ryan e la moglie. Lui era impegnato, tanto avrebbe dovuto bastarle per stargli alla larga, ma non ci riusciva. Era una sorta di dilemma morale per lei, che non era certo il tipo di ragazza adatta a ricoprire il ruolo dell’amante, dell’altra donna. Non era certa di poter andare avanti per molto così, nonostante fosse attratta e intrigata da Ryan.

Più tardi, quel pomeriggio, Victoria passò alla Fondazione, per rivedere alcuni rendiconto con sua zia Charlotte. La donna, che conosceva la nipote come le sue tasche, capì con un solo sguardo che la ragazza aveva la testa altrove, che qualcosa la preoccupava. Dopo alcuni convenevoli, e qualche domanda sulla Comic Con, Charlotte iniziò a sondare il terreno.

“Allora, mi dici che succede? Sei pensierosa, qualcosa ti tormenta e non dirmi che non è niente.” Disse sua zia, osservandola attentamente.

“Non dirmi che si tratta ancora di Josh e che tuo padre si è intromesso un’altra volta!” rimarcò, quasi scandalizzata da questa possibilità.

“No, no, Josh non c’entra nulla e neanche papà. Qualsiasi cosa tu gli abbia detto zia, sei stata molto convincente” rispose la ragazza, sorridendo.

Poi sospirò e si decise a confidarsi con la zia.

“Ho conosciuto un ragazzo. O meglio, un uomo” iniziò a dire, mentre lo sguardo di Charlotte si illuminava. Conoscendola, stava già sicuramente fantasticando su chi potesse essere e su quanto sarebbe stato emozionante vedere la nipote vestita da sposa all’altare.

“Davvero? Ma è fantastico!” esclamò giuliva “E chi è? Cosa fa? Lo conosco?” le domandò a mitraglietta, già entusiasta.

“Calma, calma. Non posso dirti chi è né cosa fa. Non sono certa che tu lo conosca, ma potresti averlo visto da qualche parte” rispose “E’ una situazione complicata, zia” aggiunse.

“Qualunque problema ci sia, sono certa che si sistemerà. Ti illumini quando parli di quest’uomo misterioso” le fece notare.

“Non puoi proprio darmi nemmeno un piccolo dettaglio? Sai che sono curiosa. Si comporta bene con te? E’ un tipo a posto?” aggiunse.

“Si, è in gamba. Il problema zia è che è sposato” le disse infine, quasi centellinando le parole ed a quella rivelazione, Charlotte cambiò espressione e si fece più seria.

“Oh” esclamò solo.

“Lo so. E so anche cosa starai pensando. Che mi sono bevuta il cervello, che gli uomini sposati non lasciano la moglie per l’amante, che probabilmente vuole solo divertirsi, ma sento che non è così. Non ho idea di come andrà a finire, ma mi piace, e mi fido di lui” osservò decisa “Tua nipote è ufficialmente una sgualdrina” aggiunse ironicamente.

“Non dirlo, non è vero. Non sei affatto una sgualdrina. Sei solo molto coinvolta da quest’uomo, è evidente. Dev’essere davvero speciale se sei riuscita a passare sopra al fatto che sia sposato. Normalmente non sono dettagli che tralasci e di cui non tieni conto, perciò mi auguro che ne valga la pena” disse Charlotte “E immagino che sia anche un po' più grande di te se è già sposato” osservò.

Victoria annuì.

“Si, è un bel po' più grande, ma non li dimostra” si affrettò a precisare “E comunque non è mica vecchio eh! Insomma, non arriva nemmeno ai 45! Forse 42, si 42 al massimo” disse concitata la ragazza “E ha anche due figlie” aggiunse quasi in un soffio, forse sperando che la zia non sentisse.

“Tesoro…sei sicura che sia la cosa giusta?” le domandò la zia.

“No, per niente. Lo so che è un errore, che mi sto intromettendo in un matrimonio. Ma lui non è felice con lei. Ok, lo so! Ogni uomo sposato che tradisce la moglie, racconta di problemi coniugali, ma lo vedo. E’ chiaro che non è felice, gli si legge in faccia. Non mi ha promesso niente e io non gli ho chiesto nulla. Magari non durerà nemmeno, ma vorrei provare e vedere come va. Non  sono mai sentita così bene come con lui con nessun altro. Lui mi capisce al volo, sa sempre cosa dire, e non devo sforzarmi di essere perfetta ed impeccabile ogni secondo, posso essere me stessa, senza trucchi. A lui vado bene come sono! Se lo incontrassi, capiresti perché mi sto ostinando tanto, nonostante la situazione a dir poco complicata” aggiunse.

Charlotte sospirò e raccolse le idee. Victoria era come una figlia per lei, si preoccupava del suo futuro e l’ultima cosa al mondo che voleva era vederla star male, per giunta per colpa di un uomo sposato.

“Allora spero che prima o poi ci sia occasione di conoscerlo. Vorrebbe dire che la situazione si è risolta!” disse solo.

“Senti tesoro, sai che non ti giudico, so che sei in gamba e che non serve che ti faccia delle raccomandazioni! Ma stai attenta, d’accordo? E’ bello che tu voglia seguire il tuo istinto, il tuo cuore, ma cerca di rimanere anche coi piedi per terra e di tenere gli occhi ben aperti. E dì a quel tipo che se ti fa soffrire, dovrà vedersela con me! Sai che posso essere anche peggio di tuo padre, se mi ci metto!” aggiunse, prima di abbracciarla forte.

Parlare con sua zia, confidarsi con lei, aveva fatto bene a Victoria. Non aveva districato tutti i suoi dubbi, ovviamente era presto, c’erano troppe variabili da considerare e troppe cose da valutare, ma per lo meno si era sfogata, aveva dato voce a tutti i suoi dubbi e già questo era servito a farla sentire più leggera e un po' meno in colpa. Nei giorni successivi, tornò a concentrarsi sul lavoro, e non mancarono contatti quotidiani con Ryan. Messaggi, telefonate furtive rubate qua e là ed a volte ad orari impensabili, ma si sentivano ogni giorno. E di lì a breve, lui sarebbe volato a Los Angeles, ed avrebbe finalmente potuto rivederlo.

Nel frattempo, anche suo padre rientrò a casa, dopo il viaggio di lavoro in Europa. Era soddisfatto dell’esito della trasferta ed impaziente di iniziare la produzione del nuovo film. Era sempre di buon umore e per fortuna non badava nemmeno alle strane telefonate che la figlia riceveva la mattina presto o la sera o durante le riunioni di lavoro. La vedeva serena e tranquilla, questo gli bastava, ed in più era convinto che fossero sempre telefonate di lavoro. Quasi sicuramente aveva visto o gli avevano riferito di quelle foto scattate alla Con, ma non ci aveva dato peso, Ryan aveva ragione a minimizzare. Se nemmeno suo padre, che era notoriamente e geneticamente sospettoso ci aveva visto nulla di strano e compromettente, allora erano davvero innocue.

Era rientrata alla base anche Skyler, e fu sua la reazione in assoluto più entusiastica alla notizia della relazione clandestina fra Victoria e Ryan. Le due amiche si incontrarono proprio a casa di Skyler, la sera del suo rientro. Non si vedevano da un po', da un paio di settimane almeno, perché entrambe erano state impegnate fuori città. Victoria le aveva accennato per telefono che aveva qualcosa di importante da dirle e le aveva lasciato intendere che si trattava di un uomo, di affari di cuore insomma, e quando raggiunse l’amica, non fece in tempo ad entrate che iniziò il terzo grado.

“No! Non ci credo! Davvero? Proprio lui lui?” esclamò eccitata Skyler, mentre mangiavano pizza ed altre schifezze direttamente in soggiorno, sedute sul tappeto, davanti al dvd di The Notebook, non prestando però più alcuna attenzione al film.

“Dio benedica il Canada! I due Ryan, Stephen Amell. Il Paese dello sciroppo d’acero ci dà sempre grosse soddisfazioni!” esclamò vispa.

“Sai che non te la cavi così, vero? Voglio i dettagli” la esortò l’amica, guardandola con aria furba “I dettagli più torbidi e sconci della tresca. Allora, com’è a letto?” le chiese, senza nessun pelo sulla lingua, com’era nel suo stile.

“Ma non ci penso nemmeno!” protestò l’altra.

“Eddai, non farti pregare! In fondo è una domanda innocua. Non ti ho mica chiesto di scattargli una foto nudo mentre dorme. Anche se non disdegnerei affatto, quindi sentiti libera di prendere l’iniziativa e di inviarmi qualche scatto” rise.

“Ok, mi arrendo! E’ il migliore con cui sia mai stata, contenta?” rispose Victoria, sperando di essersela cavata così.

“Contenta un tubo. Grazie tante, il termine di paragone era Josh, che probabilmente pensava tutto il tempo a fondi di investimento e speculazioni differenziali! Praticamente non mi hai detto niente” borbottò l’altra.

“Sei tremenda!” rise Victoria “E’ stato perfetto. Insomma, può sembrare distaccato e per la sua stazza magari dare l’idea di essere freddo e burbero, ma in realtà c’è tutto un fuoco che cova dietro la sua apparenza da orso. E’ passionale, ma anche dolce e attento, per niente egoista, come quasi tutti i maschi in camera da letto. E’ stato davvero bello e non faccio che ripensarci” ammise, con aria ancora sognante.

“Quindi mi dicevi che a giorni vi rivedrete?” la incalzò Skyler, che si stava ingozzando di pop corn ora, ascoltando il racconto dell’amica, che era molto più interessante di un film già visto dieci volte che faceva loro da sottofondo.

“Si, dovrebbe essere qui dopodomani. Deve registrare un’intervista mi pare e ha un servizio fotografico. Non si fermerà molto, ma almeno potrò rivederlo, anche se solo per qualche ora. Non so ancora nemmeno come organizzare la cosa, ma credo ci penserà lui. Dobbiamo stare super attenti, se per caso ci beccano, sarebbe un casino assurdo” osservò sospirando.

“Tranquilla, c’è sempre un modo. Basta usare nomi falsi, andare in hotel fuori target per i paparazzi, posti dove non cercherebbero mai un vip, e lasciare una lauta mancia alla reception. Basterà a far perdere loro la memoria.” La rassicurò “E’ così eccitante! Devo ammettere che mi hai sorpresa! Non è per niente da te questa cosa! Mi congratulo!” aggiunse vispa “E inoltre, prova che, ancora una volta, avevo ragione in pieno!” le fece notare “Te l’avevo detto che gli piacevi! Sin da quella volta che ti ha fatto una mezza scenata di gelosia al party Amfar! Era così ovvio” concluse soddisfatta.

Victoria sospirò.
“Dici che mi sono bevuta il cervello?” le chiese.

“Forse, ma hai fatto bene! Siamo giovani, se non facciamo qualche follia adesso, quando dovremmo farla? Siamo autorizzate, anzi, è nostro preciso dovere” rispose senza alcuna esitazione.

“Ma è sposato, ha due figlie” rimarcò l’altra.

“Non è un problema tuo. Quello impegnato è lui, tu sei libera come l’aria, ora che non sei più fidanzata con quella palla al piede di Josh. Senti, capisco che sia complicato e che tu possa sentirti in colpa, ma se ti piace, se stai bene con lui, allora dico che devi fare almeno un tentativo. Non stai facendo un torto a nessuno, anche se ti sembra il contrario. Quello sposato è lui e il suo matrimonio molto probabilmente è solo una bella copertina che racchiude pagine in bianco o con poche barbose righe da recitare alle première dei film. Non pensare che sua moglie sia una santa, per un po' di pubblicità si venderebbe pure la madre!” osservò.

“Non lo so. Forse, anzi, sicuramente hai ragione, ma mi sento uno schifo. E al contempo non riesco nemmeno a pensare di non sentirlo o non vederlo, né riuscirei ad essergli solo amica, ora che abbiamo superato il confine” riprese a dire Victoria “E’ pericoloso, ma in parte rende il tutto ancora più eccitante.” Aggiunse, abbozzando un sorriso.

“Esatto! Questo è l’approccio giusto. Consideralo un risarcimento al piattume dei tuoi ultimi anni passati con Josh” commentò l’amica. Il suo ex a quanto pare aveva riscosso grande successo solo con suo padre! Per Ryan era un broccolo e per Skyler una palla al piede.

“Comunque, ti farò avere una lista di hotel fuori mano molto discreti” riprese a dire la sua migliore amica, strizzandole l’occhio.

“Come fai ad essere così bene informata sui posti giusti da frequentare per gli amanti clandestini?” le domandò l’altra.

“Intanto perché faccio la PR e fra i miei clienti ci sono molti più fedifraghi di quanti se ne possano immaginare, e devo sempre essere pronta a parar loro il sedere e poi è capitato anche a me una volta” rispose.

“Oh, giusto. Scusa, mi ero dimenticata di lui” rimarcò dispiaciuta per la gaffe.

“Tranquilla, è storia vecchia. Se tornassi indietro lo rifarei, anche se è finita male. Meglio così piuttosto che vivere col rimpianto di quello che sarebbe potuto essere. Per questo insisto a dirti di provarci. Non è vero che ogni tresca fra amanti sia il classico clichè della scappatella fugace e squallida. Spesso è molto di più, ma bisogna anche avere coraggio, e non sempre gli uomini ce l’hanno. Il mio all’epoca ha preferito tornare dalla moglie, per evitare scandali e di perdere la faccia. Ma se Ryan ha le palle, eviterà che succeda” osservò.

“Magari sono solo una delle tante” rimarcò pensierosa Victoria.

“Che io sappia, non ci sono mai state voci di tradimenti da parte sua. O li nasconde bene o è davvero la prima volta che tradisce sua moglie. Vedrò di fare qualche verifica, magari facendo sbilanciare qualche collega del giro, ma non credo salterà fuori niente sinceramente. Quindi smettila di analizzare tutte le ragioni per cui dovresti lasciar perdere e goditela. Che duri anni, mesi o settimane, goditela” la rassicurò.

“Sai, hai ragione! Comunque vada, non ha nessun senso farmi tante domande e paranoie ora. Magari fra una settimana mi stancherò io e lo manderò al diavolo e mi sarò fatta tante paturnie per niente” esclamò Victoria “Non è una cosa che ho cercato, è capitata e voglio vedere in che direzione mi porterà.” Aggiunse.

“Ben detto! Qui ci vuole un brindisi. E’ un brindisi anche con la birra, vero?” rise Skyler.

Le due ragazze brindarono, facendo tintinnare le loro bottigliette di birra, e continuarono a mangiare pizza, pop corn ed a chiacchierare fra loro per aggiornarsi e spettegolare un po'.

I due giorni che mancavano all’arrivo di Ryan a Los Angeles, sembrarono non passare mai. Victoria era sempre più impaziente, ma anche nervosa. A San Diego erano stati molto bene insieme, ma era stato uno sviluppo assolutamente inaspettato, mentre ora forse c’erano aspettative diverse, e non era così scontato ritrovare la stessa sintonia, non solo dal punto di vista fisico. In realtà, però, ogni volta che si era sentiti, anche se solo telefonicamente, le cose non sembravano alterate né cambiate. Continuavano a parlare molto facilmente, di tutto, ed era palese che l’uno sentiva la mancanza dell’altra.

Con l’aiuto di Skyler, Victoria aveva individuato un hotel appena fuori LA, un posto discreto e carino, a  detta dell’amica, dove lei e Ryan si sarebbero potuti incontrare senza destare sospetti. Non sapeva ancora con esattezza quando effettivamente si sarebbero rivisti. Sapeva solo che di lì a due giorni lui sarebbe atterrato al LAX e poi l’avrebbe aggiornata man mano sui suoi impegni nell’arco di quei tre giorni di permanenza su suolo californiano. Così, ogni volta che il cellulare la avvisava dell’arrivo di un messaggio, la ragazza quasi sussultava ed il suo sguardo si illuminava.

“C’è qualcosa che devo sapere?” le domandò suo padre, di punto in bianco, quella sera a cena.

“No. No, perché me lo chiedi?” rispose lei, sforzandosi di mostrarsi tranquilla.

Le uniche a sapere di lei e Ryan erano sua zia e Skyler. Anzi, solo Skyler sapeva che si trattava di Ryan, alla zia non aveva proprio fatto nomi, quindi era impossibile che Charlotte avesse riferito qualcosa ad Andrew.

“Mi sembri particolarmente di buon umore ultimamente, soprattutto quando ti arriva qualche messaggio” osservò lui.

“Era di Skyler. La conosci. Mi invia sempre qualche messaggio divertente su Whatsapp.” Rispose solo.

“E’ sempre fuori di testa come al solito?” rimarcò divertito Andrew “Pensavo magari potesse essere un ragazzo. Una nuova frequentazione” riprese a dire scrutando la figlia.

“Sai, devo ammettere che non mi ha fatto piacere vedere certe foto di te con Reynolds al Comic Con. Ovviamente so che non stavi facendo niente di male, eravate ad una festa ed i giornalisti ci hanno ricamato sopra! Ma cerca di stare attenta, certi attori portano guai” disse solo.

“Perché lo dici? Lo conosci?” rispose la figlia “Mi ha detto che lui e due suoi amici sceneggiatori ti hanno inviato la sceneggiatura dei Deadpool e tu hai rifiutato di produrlo. Non è che stai facendo la volpe che non arriva all’uva?” gli domandò.

“Te l’ha detto lui?” rimarcò suo padre, facendosi serio “E’ vero, ma non ne sono pentito. Non è il genere di film che amo produrre. Ormai ho una certa reputazione ed ho l’età e l’esperienza per dire no quando un progetto non mi è congeniale. Che il film abbia avuto successo non mi fa cambiare idea sulla mia decisione e nemmeno su di lui. Non mi piace e non mi convince come attore. “ tagliò corto.

Victoria non fu poi molto sorpresa dalla risposta del padre. Era un’ottima persona e lei lo adorava, ma lo conosceva bene. Se non prendeva in simpatia qualcuno, a volte anche per futili motivi, non c’era verso di fargli cambiare idea.

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Capitolo 10
*** Cap. 10 ***


I due giorni scarsi che mancavano all’arrivo di Ryan a Los Angeles passarono lentissimi per Victoria, vuoi perché aveva discusso col padre per vie delle foto sue alla Con di San Diego, vuoi perché non era certo avvezza a frequentare clandestinamente uomini sposati, per di più famosi ed a rischio paparazzate. Tuttavia, l’agitazione mista a nervosismo della ragazza era spazzata via dalle telefonate o dai messaggi che le inviava puntualmente Ryan, il quale sembrava invece tranquillo, tanto da spingerla a chiedersi se quella calma fosse dovuta ad un certo allenamento all’infedeltà seriale o se era proprio così caratterialmente.

Era impaziente, non vedeva l’ora di rivederlo. Per quanto razionalmente sapesse che questa storia era rischiosa, e che c’erano più contro che pro, non riusciva a fare a meno di sentirlo o anche solo pensare a lui. Nonostante il caos che regnava in quel momento nella sua vita, i dubbi e le incertezze, lui era in qualche modo l’unico suo punto fermo. Ciò era sicuramente dovuto dal fatto che era più grande di lei, quindi sapeva bene come gestire certe situazioni, ma c’era innegabilmente un’intesa quasi naturale fra loro, e spesso lui era riuscito a capire gli stati d’animo della ragazza solo sentendo la sua voce al telefono o interpretando l’uso della punteggiatura o delle emoticons sui messaggi che si scambiavano e per Victoria era una manna dal cielo avere qualcuno che si preoccupasse di come stava lei e di cosa voleva, dopo i 3 anni passati ad adattarsi a Josh e ad soddisfare le sue aspettative.

Con suo padre non aveva più toccato l’argomento, tanto Andrew aveva già chiaramente detto come la pensava su Ryan, e Victoria sapeva bene che quando suo padre prendeva in antipatia qualcuno era quasi impossibile fargli cambiare idea. Se avesse immaginato che in realtà la figlia lo stava frequentando avrebbe fatto il diavolo a quattro. Non ne parlò nemmeno con sua zia Charlotte, perché aveva capito che l’idea della storia clandestina la impensieriva. Per fortuna aveva Skyler, sempre pronta a rassicurarla ed a minimizzare i suoi dubbi e sensi di colpa. Fu proprio la sua migliore amica a darle l’indirizzo di un piccolo hotel piuttosto anonimo ma carino, situato fuori mano, alla larga dai luoghi frequentati solitamente dalle celebrità e, di conseguenza, dai paparazzi. Certo, non era il Four Seasons, ma era pulito e soprattutto al riparo da occhi ed attenzioni indiscrete.

Ryan era arrivato prima di mezzogiorno, l’aveva avvisata con un messaggio, e lei gli aveva inviato l’indirizzo dell’hotel, restando d’accordo per vedersi direttamente lì quella sera stessa intorno alle 19. La ragazza contò le ore che la separavano da quell’incontro, eccitata ed impaziente di rivederlo. Uscì un po' prima dall’ufficio, per andare a prendere del sushi al giapponese, una bottiglia di vino bianco, acqua e dei fiori per abbellire la stanza. L’hotel aveva anche il servizio in camera, ma voleva essere certa di dare nell’occhio il meno possibile. Fece il check in appena prima delle 19, e lasciò una generosa mancia alla receptionist, per essere sicura che non facesse troppe domande e poi salì subito in stanza. Era piuttosto anonima, pulita ed in ordine, ma senza troppi fronzoli. Si ingegnò subito per renderla più carina sistemando i fiori qua e là, sui comodini e sulla scrivania accanto alla finestra, sistemando anche delle tovagliette con sopra i vari contenitori del take away giapponese.

Non mancava molto all’arrivo di Ryan, così nel mentre si diede una controllata, si passò un po' di trucco, ravvivò con una spazzola i capelli, cercando di mettere a tacere quel suo grillo parlante interiore che le consigliava di troncare questa cosa, prima che fosse troppo tardi.

I minuti passavano, ormai erano già le 19 da un po' ma di Ryan nessuna traccia. Controllava il cellulare quasi ogni due minuti e stava quasi per inviargli un messaggio, quando sentì bussare alla porta. Si alzò, quasi di scatto, ed andò ad aprire, trovandosi di fronte proprio Ryan.

“Ciao! Scusa, lo so, sono in ritardo! C’era traffico!” le disse vispo, e con quell’aria da paracarro, chiudendosi velocemente alle spalle la porta, nemmeno fosse inseguito da un serial killer.

“Ciao a te” ripose lei. Ora che ce l’aveva davanti, non sapeva bene cosa dire, cosa fare, né cosa lui potesse aspettarsi da lei. Tuttavia, lo trovava ancora più bello di quanto ricordasse, nonostante l’aria un po' stanca.

Lui fece qualche passo nella stanza, guardandosi intorno.

“E’ carina” disse.

“Ma questi fiori?” rimarcò, fra il curioso ed il divertito.

“Quelli li ho presi io. Insieme al sushi. Ho pensato che potessi avere fame. Io ne ho! E non volevo scomodare il servizio in camera. Meno diamo nell’occhio, meglio è, giusto?” rispose.

Lui annuì.

“Ho pensato che con qualche fiore in giro, la stanza sarebbe sembrata meno anonima” aggiunse.

“E’ carino, davvero. “ la rassicurò lui, voltandosi verso di lei e guardandola con uno sguardo davvero dolce ed intenso.

“E anche tu sei carina. Molto più carina di quanto ricordassi” aggiunse sorridendo, quel sorriso sghembo da mascalzoncello.

“Grazie. Anche tu non sei male” rispose divertita.

“Sei nervosa?” le domandò di getto “Senti Victoria, non devi per forza rimanere se non vuoi. E non dobbiamo per forza….bè, hai capito, no?” la rassicurò.

“Si, si, lo so” disse lei “Non sono nervosa. Cioè si, in realtà si. E’ che è tutto nuovo e non so bene cosa fare o dire” ammise, stringendo le spalle.

“Intanto direi di mangiare. Ho una discreta fame anche io. Hai avuto un’ottima idea a portare del sushi” riprese a dire lui, facendole segno di sedersi con lui a quella scrivania che sembrava restare in piedi per scommessa, ma che servì da tavolo in quel frangente.

“Com’è andata oggi? Sembri stanco” gli domandò lei, fra un boccone di sushi e l’altro.

“E’ andata bene. Una pallosa intervista e poi qualche foto, ma non posso lamentarmi! Sono un po' stanco però. Stamattina ho preso il primo aereo, ma sto bene. Tanto non dormo mai troppo!” le disse “Ho una specie di sveglia interna, non importa a che ora vada a dormire, alle 5,30 mi sveglio!” le spiegò.

“Davvero?” rimarcò sorpresa, ma anche divertita “Io non ce la potrei fare. Quando posso, mi piace dormire!” ammise.

“A volte piacerebbe anche a me dormire di più, ma alle 5,30 apro gli occhi, come un cretino. E non posso dare la colpa alle mie figlie perché ero così anche prima. Ma ha cosa ha i suoi vantaggi! Riesco a fare un sacco di cose prima che si svegli il mondo. Incluse due colazioni” rise, per poi mangiare il suo ultimo boccone di sushi.

“Mi fa piacere rivederti” riprese poi a dire, dopo qualche istante di silenzio, forse cogliendo di sorpresa Victoria.

“Anche a me” rispose, senza esitazione.

“Quindi, non hai cambiato idea e non ti è venuta voglia di tornare col broccolo, giusto?” aggiunse lui, per sdrammatizzare forse, strappandole una risata.

“No, direi di no, nemmeno per sbaglio. Non so bene come andrà a finire questa cosa con te e non saprei nemmeno definirla, ma so con certezza che chiudere con Josh è stata la cosa migliore, anche se mio padre non ha ancora metabolizzato la notizia” aggiunse, per poi spiegargli dei tentativi di Andrew di farla riappacificare col ragazzo.

“Chissà se sapesse che ci vediamo!” osservò Ryan.

“Lasciamo stare. Ha visto le foto, quelle della Con e mi ha fatto una specie di ramanzina, nemmeno tu fossi l’anti Cristo!” rispose sbuffando.

“Immaginavo di non andargli molto a genio! L’avevo sospettato quando ci siamo incontrati per sondare il terreno per Deadpool. Era solo un’impressione, ma adesso ne ho la certezza. Non è che mi senta di biasimarlo, dopotutto. Se una delle mie figlie fosse fotografata con un attore più grande, sposato e con un divorzio alle spalle, con una carriera traballante per giunta, nemmeno io farei i salti” osservò.

“Non mi serve il suo permesso. Decido da sola chi frequentare o meno. Ormai ci ho preso gusto a fare quello che mi va e basta, senza troppi patemi. Hai creato un mostro” rise.

“Se tutti i mostri fossero così, ci farei la firma” rimarcò lui, fissandola così intensamente da farla quasi sentire nuda.

Si fissarono senza dire nulla per qualche istante, poi Ryan allungò una mano e le accarezzò una guancia, per poi avvicinarsi e baciarla. Non si erano ancora nemmeno sfiorati da quando era arrivato. Fu un bacio dolce, lieve, come un voler tastare il terreno. A San Diego erano stati a letto insieme, ma era passato del tempo ed anche se si erano comunque sentiti ed ora erano in quella stanza d’albergo, Ryan non dava per scontato che ci sarebbe stato un bis, né voleva in alcun modo forzarla.

Victoria, dal canto suo, rispose a quel bacio, senza esitazione. Le era mancato, e quasi si era dimenticata di quanto fossero morbide ed invitanti le sue labbra sottili.

Incoraggiato dalla sua risposta, Ryan intensificò il contatto fra di loro, e quasi senza sapere come, la ragazza si ritrovò seduta sulle sue gambe. Lui continuava a baciarla, scendendo con una mano dalla sua guancia al suo collo, sfiorandolo quasi, e dandole i brividi, mentre con l’altra le accarezzava la schiena, stringendola appena a sé, con fare piacevolmente possessivo.

Andarono avanti a baciarsi per un tempo che le parve infinito, mentre l’atmosfera in quella stanza iniziò decisamente a scaldarsi. Ad un certo punto, lei si staccò dalle sue labbra, per riprendere fiato. Lo guardò, gli sorrise, accarezzandogli con le dita i capelli sulla nuca, e poi si alzò, ed iniziò a sbottonarsi la camicetta che indossava, con studiata lentezza e senza lasciare il suo sguardo. Lui sembrava gradire, e la fissava come se fosse un’enorme torta al cioccolato e panna, era incollato alla sua figura, che accarezzava con lo sguardo. Aspettò che la ragazza si sfilasse anche la gonna, e poi si alzò, con uno scatto veloce, quasi felino, per riavvicinarsi a lei e riprendere a baciarla, lasciando scorrere le mani lungo la sua schiena e sulle sue curve.

Non c’era disagio, non c’era imbarazzo, stava succedendo tutto in modo molto naturale fra loro, di nuovo. Fra qualche risata ed occhiatine maliziose, anche Ryan si spogliò velocemente, visto che era ancora vestito mentre la ragazza ormai era in biancheria. Victoria non se ne rimase certo ferma e buona. Lui le piaceva, la attirava come il miele fa con le api, e stava bene con lui. Lo aiutò a sfilarsi la felpa e poi la t-shirt, ed appena si fu liberato dei jeans, lo spinse giocosamente sul letto, sedendosi nuovamente sulle sue gambe, per riprendere a baciarlo con malcelato trasporto. Ryan sembrava piacevolmente sorpreso da questo suo modo di fare, e Victoria stessa era sorpresa di aver preso l’iniziativa in questo modo. Ma Ryan sembrava riuscire a far emergere questo suo lato più istintivo e passionale, cosa che Josh non era mai riuscito a fare e la cosa alla ragazza non dispiaceva affatto. Era giovane, e si sentiva bene con lui, quindi non c’era niente di male nel dimostrarglielo più concretamente né nel lasciarsi andare.

Lui la baciava con altrettanta passione e trasporto, accarezzandola con attenzione quasi certosina, senza mai darle l’idea di essere per lui un oggetto, anzi, la faceva sentire come se fosse l’unica donna al mondo, desiderata come mai le era successo. E non sembrava avere fretta di concludere, anzi, si dedicò a lei con pazienza, facendola rosolare ben bene ed anche lei ricambiò il favore, finchè non riuscirono più ad aspettare oltre e lasciarono da parte i preliminari, le carezze ed i baci più o meno audaci, per fare l’amore. Fu ancora meglio di quanto Victoria ricordasse, lui era come un fiume in piena, passionale, ma anche attento e dolce. Le note alte li lasciarono piacevolmente esausti ed ancora illanguiditi, avvolti in un groviglio di lenzuola.

“Wow!” esclamò Ryan, con l’aria accaldata ed i capelli appena arruffati. “Non sapevo che il sushi fosse afrodisiaco” aggiunse sorridendo.

“Nemmeno io!” rispose lei” Ma non credo sia stato quello” precisò con aria vispa, stringendosi a lui e poggiando la testa sul suo petto.

“Attenta a quello che dici, ragazzina. Potrei montarmi la testa!” le rispose.

“Di solito detesto chi mi chiama ‘ragazzina’, ma detto da te è diverso, quasi mi piace” disse ridendo lei.

“Bè, sei giovane. Ovviamente non lo dico in senso spregiativo, anzi. Sei sveglia, in gamba ed intelligente. Senza offesa, ma a volte per come ragioni mi sembri più grande della tua età” osservò socchiudendo appena gli occhi per godersi quel momento, stringendo appena di più la presa su di lei.

“Si sta bene qui” aggiunse, quasi in un soffio.

“Pensavo sarebbe stato squallido” riprese a dire lei, tirandosi un po' su per guardarlo meglio.

“Non fraintendere, non per te, o per noi. Solo che non mi era mai successo e questo hotel non è proprio il massimo, ma è fuori mano” continuò.

Ryan riaprì gli occhi per guardarla e sembrava davvero rilassatissimo, non l’aveva mai visto così.

“Qui va benissimo. E poi non poteva essere davvero squallido perché noi due non siamo squallidi” precisò più serio.

Poi sospirò e  si tirò a sua volta un po' su.

“Senti Victoria, non so bene nemmeno io come gestire questa cosa fra di noi. In parte ne abbiamo parlato a San Diego, ma so che non è facile per te e nemmeno per me, te lo assicuro. Sei libera di non credermi, ma non passo il tempo a tradire mia moglie, quindi anche io non so bene cosa dire, ma so che mi piaci. Mi piaci tu e mi piace stare con te, anche se sarà complicato cercare di portare avanti questa relazione” continuò “Forse la cosa migliore da fare è viverla giorno per giorno, e vedere che succede, senza fare troppi programmi e senza per forza dover etichettare tutto, che ne pensi?” rimarcò, inclinando appena la testa.

Lei sospirò, mordendosi appena un labbro, come era solita fare quando era pensierosa.

Di nuovo quella vocina dentro di lei le suggeriva di darsela a gambe e di chiudere subito, prima di scottarsi davvero, ma quello che lui sentiva per lei era ricambiato. Anche a lei piaceva stare con lui, e non voleva più farne a meno, anche se sapeva bene che sarebbe stato tutto complicato di lì in avanti.

Alla fine annuì.

“Penso che sia una buona idea. Vediamo come va, senza troppe paturnie” rispose, accennando un sorriso.

“Intanto siamo qui insieme adesso. E possiamo vederci anche domani, se vuoi, prima che riparta, tanto ho il volo in serata” disse ancora.

Inutile dire che rimasero praticamente barricati in quella stanza fino all’indomani, concedendosi altri momenti di passione, decisi a godersi appieno ogni istante insieme ed addormentandosi solo a notte fonda.

L’indomani, il primo a svegliarsi, e piuttosto presto anche, fu Ryan. La osservò dormire per un po', prima di alzarsi e di uscire per recuperare del caffè e qualcosa da mangiare al bar dell’hotel.

Quando rientrò in camera, Victoria si stava pigramente stiracchiando.

“Buongiorno pigrona” le disse divertito lui, richiudendosi la porta alle spalle.

“Buongiorno! Sei uscito?” gli domandò, con l’aria ancora assonnata ed i capelli scompigliati.

“Sono andato a prendere due caffè e qualcosa da mangiare. Non c’era molta scelta, ma ho preso dei muffins” le disse, raggiungendola e sedendosi sul bordo del letto.

“Sei in piedi da molto?” gli domandò, prendendo subito il suo bicchierone di caffè.

Lui rise “5,30, il mio solito orario” rispose “Tu dormivi ancora così bene, ti ho guardata per un po', non volevo alzarmi e rischiare di svegliarti, ma avevo bisogno di caffè, così sono sceso” aggiunse, bevendone un sorso.

“Ti avrei comunque svegliata fra un po'. Immagino dovrai andare in ufficio” le disse.

“Si, anzi, devo sbrigarmi. Non posso andare al lavoro vestita come ieri. Devo passare da casa e cambiarmi” rispose sospirando.

“Hai dormito fuori, pensi che tuo padre ti farà il terzo grado?” le domandò.

“Non credo. Al massimo gli dirò che sono rimasta da Skyler o da mia zia Charlotte. Non penso sospetterà nulla” rispose, stringendo le spalle.

“Hai paura che venga a cercarti con una pistola vero?” rise, rifilandogli un pizzico.

“Un po'!” rise a sua volta “No, solo non vorrei avessi problemi, tutto qui” aggiunse.

“Non preoccuparti, me la so cavare e, soprattutto, so come prendere mio padre” lo rassicurò.

Poi si sporse per baciarlo.

“Non ti avevo ancora dato per bene il buongiorno!” si giustificò, rubandogli un sorriso.

Finirono di bere il caffè e di fare colazione con quei muffins, e poi si prepararono per uscire dall’hotel, d’accordo di rivedersi più tardi, prima che lui ripartisse.

“Non avrò molto tempo” le anticipò Ryan dispiaciuto “Verrò via direttamente dal set di un altro servizio fotografico, quindi avremo tempo per un saluto. Possiamo vederci da un mio amico. Sai quello di cui ti parlavo, che mi tiene le moto?” rimarcò “E’ fuori per lavoro, ma sapeva che sarei volato qui e so dove tiene le chiavi di scorta. Ti mando l’indirizzo via whatsapp, ok? Non dovrebbe essere a rischio sgamo e così sarò più vicino al LAX.” Aggiunse.

“Ok, va bene! Se dici che è sicuro, ti raggiungo lì” rispose lei.

Le dispiaceva doversi già staccare da lui, ma non voleva sembrargli troppo appiccicosa.

“Allora, ci vediamo più tardi!” disse ancora, rubandogli un bacio che Ryan approfondì, stringendola a sé.

Lasciò che fosse lei ad uscire per prima, e poi anche lui lasciò l’hotel.

Ovviamente fu molto difficile per Victoria concentrarsi sul lavoro quella mattina. Continuava a ripensare a Ryan, e a quella notte di passione trascorsa insieme. Era riuscita a passare per casa senza problemi, suo padre non c’era, era sicuramente già uscito, si era fatta una doccia e cambiata, prima di raggiungere l’ufficio. Incrociò Andrew solo più tardi, prima della pausa pranzo, quando lui la raggiunse per chiederle se erano pronti dei budget preventivi dei prossimi film in produzione.

“Sbaglio o non sei rientrata a dormire stanotte?” le domandò con aria fintamente distratta, mentre dava un’occhiata ai documenti che lei gli aveva passato.

“No, non sbagli” rispose tranquillamente “Sono stata a cena da Skyler, è tornata da un viaggio di lavoro e dovevamo aggiornarci, Abbiamo mangiato del sushi e bevuto un po' di prosecco e alla fine era tardi, così ho preferito restare a dormire là” rispose ed il padre sembrava convinto dalla sua risposta e non indagò oltre, lasciando perdere l’interrogatorio e concentrandosi sul lavoro.

“Avrei bisogno che mi sostituissi ad alcune riunioni sull’altra cosa” riprese poi a dire “La settimana prossima devo essere di nuovo a Londra, ma mi attendono anche a New York e vorrei che andassi tu al mio posto. Ho inteso che ti sia trovata bene a San Diego e so che hai fatto un ottimo lavoro, quindi credo sia ora che tu faccia le mie veci anche alle riunioni” le spiegò.

Solitamente la ragazza non era troppo entusiasta di sostituire il padre in quei frangenti, ma le era bastato sentir nominare New York per trovare la voglia di partire. Ryan viveva appena fuori la Grande Mela, avrebbero potuto vedersi presto, senza aspettare settimane o mesi per trovare il modo di organizzare un incontro.

“Si, va bene! Andrò io, non è un problema” rispose, abbozzando un sorriso.

“Ottimo! Ti lascerò alcune istruzioni ed il calendario degli incontri con gli argomenti all’ordine del giorno per le varie riunioni” rispose suo padre, forse sorpreso dalla velocità con cui la figlia aveva acconsentito a partire.

La ragazza era quasi tentata di inviare subito un messaggio a Ryan, ma si sarebbero visti di lì a poche ore, così decise di dirglielo di persona. Nel frattempo lui le aveva girato l’indirizzo del suo amico e lei non vedeva l’ora di raggiungerlo. Per fortuna, il resto della giornata passò piuttosto velocemente, ed intorno alle 18, Victoria uscì dall’ufficio per raggiungere il luogo dell’incontro. Era una villetta nascosta da alberi, in una zona residenziale di Beverly Hills, dove non ricordava di essere mai stata.

Suonò il videocitofono, come da accordi, e subito vide il grande cancello aprirsi. Percorse il viale con l’auto e si fermò davanti all’ingresso.

Ryan uscì subito per andarle incontro, accogliendola con un bel sorriso.

“Ciao” le disse vispo, rubandole un bacio.

“Dai, vieni. Ti faccio fare un giro della casa” continuò, prendendola per mano “Hai avuto problemi ad arrivare?” le chiese, mentre entravano.

“No, nessuno! Stranamente non mi sono persa!” rise.

“Questa casa è stupenda!” rimarcò, guardandosi intorno. Era davvero grande, magari non come la villa di famiglia, ma lo era, ed accogliente.

Dopo un veloce giro si fermarono in giardino, sotto ad un gazebo a pochi passi dalla piscina. Ryan aveva preparato un aperitivo, qualcosa da bere e da spiluccare.

“Non è granchè, ma mi sono arrangiato con quello che c’era in frigo!” le disse.

“Tranquillo, va benissimo! E poi ho una bella notizia!” iniziò a dire.

Lui sgranò gli occhi.

“Davvero? E di che si tratta? Dai non tenermi sulle spine!” la incalzò.

“La settimana prossima devo venire a New York per sostituire mio padre ad alcune riunioni!” gli disse vispa “Così ho pensato che magari potremmo rivederci!” aggiunse, scrutando la sua reazione.

“Sostituisci il grande vecchio? Però! Che colpaccio!” esclamò lui.

“Già! Lui deve andare a Londra e ha deciso di mandare me allo sbaraglio!” rimarcò.

“Dovrò trovare un modo e un posto, ma si può fare!” le disse, con aria leggermente pensierosa, forse perché già stava pensando a che scuse rifilare alla moglie.

“Si, ecco, se vuoi, ovviamente. So che hai delle responsabilità e che non puoi prendere ed andare via da casa senza una ragione.” Aggiunse subito, anche per evitare di sembrargli appiccicosa.

Lui sorrise.

“E’ tutto ok!” la rassicurò “Troverò un modo, e ci vedremo, promesso!” aggiunse, strizzandole un occhio.

Lei sorrise di rimando, tranquillizzata dalle sue parole.

“E’ davvero un bel posto qui. Il tuo amico ha gusto!” riprese a dire “Solo la piscina è la fine del mondo!” aggiunse.

“Disse la ragazza che viveva in una reggia!” rise Ryan “E’ carino, si! E soprattutto è al riparo da occhi indiscreti. Insomma, è una zona residenziale, ma non la classica zona vip” disse ancora “E poi il lato positivo è che anche il mio amico è spesso fuori per lavoro, così a volte posso approfittarne!” ammise sorridendo.

Restarono lì fuori a chiacchierare, finchè non arrivò per Ryan l’ora di andare.

Riportò vassoi e bicchieri in cucina, aiutato da Victoria, recuperò il suo zaino, da quale sembrava inseparabile, ed un borsone a mano, e si avviò fuori, dopo aver chiuso tutto e riposto la copia delle chiavi.

“Allora ci siamo” riprese a dire, una volta nel vialetto, di fronte all’auto di lei.

“Già! E’ ora di salutarsi. Ma ci rivediamo presto!” rispose lei “E’ stato bello rivederti. Fai buon volo e avvisami quando atterri. So che non ti piace volare”

Lui sorrise e si chinò quanto bastava per baciarla morbidamente.

“Promesso! E tu fai la brava e pensami ogni tanto” le disse, guardandola in quel suo tipico modo, un misto fra la paraculaggine e la dolcezza.

Aspettò che la ragazza se ne andasse e poi chiamò un taxi e si fece accompagnare in aeroporto.

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Capitolo 11
*** Cap. 11 ***


La relazione clandestina fra Victoria e Ryan andava avanti ormai da sei mesi. Il tempo era letteralmente volato! Sembrava ieri che si erano incontrati sulla terrazza di Villa Avery, in occasione della festa, ed invece erano già passati sei mesi. Non erano anni, certo, ma considerate la particolare situazione, era quasi un record. Non era stato sempre facile per i due vedersi, sia perché erano sempre entrambi molto impegnati, sia perché Ryan aveva già una famiglia, e non sempre poteva spostarsi liberamente. Spesso per loro riuscire a vedersi diventava una vera e propria impresa. Voli notturni, incontri in località quasi sconosciute a metà tratta fra New York e Los Angeles, momenti rubati qua e là che diventavano come un’oasi dalle loro vite e dalle loro routine familiari e di lavoro. Ovviamente, non mancavano momenti in cui tutto sembrava troppo complicato da gestire, rischioso e difficile, soprattutto per Victoria. Dei due, era senza dubbio lei ad essere presa più facilmente da scrupoli e sensi di colpa, forse perché era la metà femminile nella relazione, oppure perché era lei quella libera, e si sentiva tremendamente in colpa a vestire i panni dell’amante, della terza incomoda nel matrimonio altrui. E poco la sollevava la certezza ormai quasi matematica che quel matrimonio era più di facciata che di sostanza. Tuttavia, puntualmente, quei tentennamenti venivano spazzati via ogni volta che la ragazza rivedeva Ryan. Le bastava incontrare il suo sguardo dolce ed un po' ruffiano, e quel sorriso scanzonato per dimenticare ogni difficoltà. Sicuramente anche lui aveva i suoi momenti ‘no’, d’altro canto solo un essere insensibile avrebbe potuto vivere senza alcun rimorso una relazione extra coniugale, e lui tutto era fuorché insensibile ed egocentrico, ma sembrava sempre saldo nella sua idea di continuare a vederla ed incontrarla appena possibile, trasmettendo alla ragazza quella sicurezza che a volte perdeva. Quando stavano insieme, sembrava che tutto andasse a posto, che i tasselli del puzzle si incastrassero perfettamente e che tutto il resto restasse fuori dalla porta di quel piccolo mondo parallelo in cui vivevano portando avanti la loro storia.

Più lei lo frequentava e più le piaceva, in tutto, coi suoi pregi ed i suoi difetti, che ormai aveva avuto modo di conoscere. Era insospettabilmente dolce e capace di grandi slanci d tenerezza. Magari, al primo impatto, poteva mettere soggezione, vista la stazza, ma era un ‘gigante buono’. Era sempre molto attento a lei, protettivo, la faceva sentire al sicuro anche solo con uno sguardo. Victoria adorava quella sensazione di tranquillità e protezione che provava ogni volta che poteva addormentarsi abbracciata a lui. Si sentiva al suo posto nel mondo, era veramente una sensazione impagabile per lei, nemmeno lontanamente paragonabile a quello che aveva provato nelle altre sue relazioni, né col tennista Kevin né tantomeno con Josh. Certo, non era un uomo semplice, anzi, era molto complesso, a volte era taciturno, e la mandava al manicomio quando si ostinava a negare l’evidenza rispondendo alle sue domande con uno striminzito ‘va tutto bene’, ma si era ormai resa conto che era un suo tentativo, forse maldestro, di proteggerla anche dalle preoccupazioni. Si stava innamorando di lui, era innegabile, ed anche lui era sulla stessa strada. Adorava il piglio deciso della ragazza, i suoi occhioni limpidi ed espressivi, il suo modo di prendersi cura di lui quando riuscivano a ritagliarsi dei momenti insieme, i messaggi che gli inviava, il suo sorriso dolce, ed anche i suoi momenti di insicurezza. Non mancavano i litigi, qualche discussione, necessaria nel percorso della conoscenza, ma finora nessuno dei due aveva mai avuto l’impressione di aver preso un granchio, anzi, ogni volta imparavano qualcosa di nuovo l’uno sull’altra. Si era creata molto naturalmente una sintonia speciale fra di loro, che prescindeva dal sesso e dall’attrazione fisica, anche se pure quello aveva un suo peso, era una componente importante, ed un aspetto che funzionava alla grande nel loro rapporto. Ma non c’era solo quello, ovviamente. Era capitato spesso, ad esempio, che fossero entrambi così stanchi per aver preso voli e coincidenze assurde ed essere atterrati a notte fonda solo per vedersi qualche ora, da non pensare minimamente al sesso, limitandosi, invece, a dormire insieme, cosa che era anche più intima del fare l’amore. E poi parlavano molto, di tutto, senza filtri. Victoria gli aveva parlato spesso della madre, mancata prematuramente, di quanto, in alcuni momenti, avesse sentito e sentisse ancora la sua mancanza;  del rapporto complicato col padre, che aveva dovuto farle anche da madre, che non le aveva mai fatto mancare niente, ma che a volte la soffocava con le sue pressioni e le sue aspettative; della zia Charlotte, che era per lei una seconda figura materna, un punto di riferimento importante per lei, sempre premurosa, affettuosa e pronta a consigliarla per il meglio; e dei suoi pochi ma affidabili amici, prima su tutti Skyler. Anche Ryan si era aperto molto con lei, non subito magari, con i suoi tempi, ma lo aveva fatto. Le aveva raccontato del suo rapporto altrettanto complicato ed a tratti conflittuale col padre, mancato pochi anni prima dopo aver convissuto per più di vent’anni col morbo di Parkinson, di quello invece strettissimo con la madre, che forse, più o meno consapevolmente, lo aveva sempre coccolato e riempito di attenzioni per compensare la relazione difficile col padre o semplicemente perché era l’ultimo di 4 fratelli, e del rapporto con questi ultimi. Erano tutti molto diversi fra di loro, caratterialmente e fisicamente;  lui era l’unico ad aver scelto di intraprendere la carriera di attore, gli altri facevano lavori ‘normali’ ed erano rimasti in Canada. Patrick era un insegnante di scuola elementare, Jeff un tecnico informatico e Terry, l’unico adottato e quello con cui forse era più in sintonia, era un ufficiale della polizia canadese. Erano tutti sposati e lo avevano reso zio ormai da tempo. Veniva da una famiglia normale, una delle tante che si potrebbero conoscere, che non navigava magari nel denaro, ma che era unita da un profondo affetto. Quando ne parlava il suo sguardo assumeva una dolcezza particolare, mista a malinconia, sembrava un cucciolo in cerca di affetto e protezione, e Victoria puntualmente si scioglieva. E poi parlava anche delle sue figlie, non spesso, probabilmente per non farla sentire a disagio, ma capitava, ed allora nei suoi occhi leggeva l’orgoglio tipico di un padre. La più grande, James, aveva tre anni ed era una vera e propria peste, a suo dire, già con un bel caratterino, ereditato, secondo la nonna paterna, proprio da lui, che da piccolo era ingestibile; la più piccola, Ines, aveva solo un anno ed era paciosa ed adorabile. Le aveva anche mostrato qualche foto sul cellulare, ne aveva una marea delle sue due principesse, ed era evidente che le adorasse e che di lì a qualche anno se lo sarebbero rigirato come un calzino.

Quando erano insieme, sembrava che quella fosse la loro routine, vivevano quelle ore come fossero in una bolla, ma purtroppo si trattava di parentesi sempre troppo brevi.  Il Natale ora si avvicinava, e l’atmosfera di festa aveva per Victoria un sapore agrodolce. Era sempre stato così, perché in questo periodo sentiva sempre in maniera accentuata la mancanza della madre ed in più quest’anno avrebbe sentito anche quella di Ryan. In una situazione normale, avrebbero passato anche più tempo insieme, ma non erano una coppia normale. Lui sarebbe rimasto a New York, avrebbe passato le feste in famiglia, con sua moglie e le figlie, mentre lei sarebbe rimasta a Los Angeles. Cercava di non farlo pesare a Ryan, ma le pesava mai come prima la lontananza e quell’umore un po' ballerino riportava a galla tutte quelle insicurezze e quei sensi di colpa con cui si era abituata a convivere in quei mesi.

“Ehi? Vic? Mi ascolti?” la richiamò Skyler. Quel pomeriggio di metà dicembre si erano finalmente organizzate per un giro di shopping natalizio.

“Cosa? Si, scusa” rispose l’altra.

“Allora? Dici che questa macchinetta per il caffè espresso può andare per mia cognata? Sempre che impari ad usarla. E’ la persona più imbranata che conosca. A stento accende il tablet” ridacchiò la ragazza.

“Bè, si. Direi che può andare. Non mi sembra difficile da usare.” Rispose Victoria, senza troppo entusiasmo.

“Wow! Sei la personificazione dello spirito natalizio! Stai alla larga dai bambini o distruggerai il loro amore incondizionato per Babbo Natale!” la prese in giro.

“Scusa, è che sono un po' sfasata oggi. Ho anche mal di testa” rispose, cercando di minimizzare e nascondendo la reale natura del suo umore.

“Si, certo. Come no!” rimarcò Skyler, che conosceva benissimo l’amica e sapeva riconoscere quando mentiva.

“Facciamo una pausa! Tanto ormai abbiamo depennato metà della lista di amici e parenti per i regali. Andiamoci a prendere una cioccolata, ti va?” le propose.

Così lasciarono il negozio, caricarono pacchetti e pacchettini vari sull’auto di Victoria e raggiunsero una pasticceria poco distante. Si accomodarono ad un tavolino in un angolo appartato e dopo qualche sorso di cioccolata, Skyler iniziò a sondare il terreno.

“Credo di sapere come mai sei così pensierosa. Lo sei sempre durante queste feste, ma stavolta credo ci sia un motivo in più” iniziò a dire “Le feste sono il periodo peggiore quando si frequenta un uomo impegnato” osservò.

Victoria sospirò.

“Già. Avevo sentito dire che per le amanti il Natale e le feste comandate sono deleterie. Adesso so che è vero” rispose.

“Non sei un’amante” precisò l’altra.

“Si che lo sono” affermò con certezza Victoria “Non andarci leggera solo perché siamo amiche. E’ la verità. Ho una relazione clandestina con un uomo sposato, il che tecnicamente mi rende un’amante” concluse con apparente distacco, come se stesse parlando del tempo o di un’altra persona “Mai avrei pensato di poter fare una cosa simile, ed invece eccomi qui” aggiunse.

“Adesso esageri, sei troppo severa con te stessa” le fece notare Skyler “Non hai mica ucciso nessuno, stai frequentando un uomo che ti piace. Per quanto banale possa suonare, non si può decidere con la testa in situazioni simili, a volte bisogna buttarsi e lasciar fare ai sentimenti. E’ chiaro che ti piace e che sei molto presa da lui, e lui pure, altrimenti non si sbatterebbe come ha fatto in questi mesi per volare avanti e indietro e trovare un modo per riuscire a vederti. Non sei né la prima né l’ultima e non devi colpevolizzarti in questo modo. Tu sei libera, al limite è lui che deve farsi dei sensi di colpa” concluse senza troppi preamboli.

“Non lo so, forse, ma comunque non mi fa sentire meglio. Insomma, a parti inverse, se fossi io la moglie e scoprissi che mio marito mi tradisce, me la prenderei con lui, ma anche con l’altra. E poi, dove andremo a finire? Prima o poi questa cosa finirà. Non possiamo continuare all’infinito a vederci così, come due ladri, sempre col timore che ci scoprano. Forse dovrei troncare questa cosa prima che sia tardi, prima di starci troppo male” concluse sospirando e passandosi una mano fra i capelli in un gesto di pura frustrazione.

“Secondo me è già tardi. Ci starai male comunque, perché ti sei già innamorata di lui. Sbaglio?” le fece notare l’amica con un intuito disarmante.

Non l’aveva ancora ammesso nemmeno con se stessa, ma era la verità. Era innamorata di lui, e la sola idea di non vederlo più le faceva mancare il respiro, anche se razionalmente era convinta che fosse l’unica cosa da fare. Era sicura che sarebbe stata male per lui, non era una questione di ‘se’, ma piuttosto di ‘quando.

Restò in silenzio per qualche istante, spiazzata, poi alzò lentamente lo sguardo sull’amica. Sapeva di potersi fidare di Skyler, era come una sorella per lei, e qualunque cosa le dicesse, era per il suo bene, mai per giudicarla.

“E’ così evidente?” rimarcò, accennando un sorriso amaro.

“Per me che ti conosco da quando hai 4 anni si. Per gli altri credo proprio di no. Forse non se n’è accorto nemmeno lui per ora” rispose tranquilla.

“A maggior ragione forse dovrei troncare. Più andiamo avanti e peggio starò quando succederà.” Aggiunse Victoria.

“Perché invece non glielo dici? Parlane con lui, cerca di capire che intenzioni ha” le suggerì.

“Non lascerà mai sua moglie” la interruppe l’altra.

“Te l’ha detto lui? Te l’ha fatto capire?” ribatté.

“No, ma non serve. Dai, non raccontiamoci storie. Quando mai un uomo sposato molla la moglie per mettersi con l’amante? Succede solo nei film, anzi, succedeva, ormai pure al cinema le amanti finiscono con l’essere piantate di sana pianta. Si stancherà, inizierò a trovare scuse per non vederci e poi non lo sentirò più. Vorrei almeno risparmiarmi l’umiliazione di essere mollata e farlo io.” Osservò pensierosa.

“Bella idea, così magari ti leverai anche la soddisfazione di tenertelo invece. Non puoi sapere cosa pensa, se non ne parlate. Capisco che tu magari non voglia metterlo sotto pressione o sembrare apprensiva, ma ormai sono passati mesi, è chiaro che non è un capriccio per nessuno dei due, altrimenti non vi prendereste la briga di prendere e volare a destra e sinistra per vedervi. Sei mesi in queste condizioni, sono come sei anni per una coppia normale. Parla con lui, spiegagli come ti senti, digli cosa provi per lui e poi valuterai cosa fare. Se avrai l’impressione che voglia tenere il piede in due scarpe, allora piantalo, senza remore e rimpianti. Ma se invece capisci che prova per te quello che senti per lui, allora non arrenderti. A volte vale la pena rischiare” concluse.

La chiacchierata con Skyler aveva in parte rincuorato Victoria, ma in parte le aveva anche suscitato nuovi pensieri e dubbi. Si era innamorata di lui, le mancava quando non si vedevano, si preoccupava quando non lo sentiva, aveva voglia di stare con lui, ma al contempo si sentiva in colpa per essersi inserita in quel modo in un matrimonio, ed anche perché in questi mesi aveva tenuto nascosto tutto al padre. E’ vero che non era ma stata avvezza alle confidenze sulle sue storie con lui, c’era sempre stata sua zia Charlotte per questo, ma sapeva che se suo padre avesse mai scoperto di quella relazione ne sarebbe stato profondamente deluso e deluderlo era l’ultima cosa che avrebbe voluto.

Nel frattempo Ryan continuava a farsi vivo con lei, ad inviarle messaggi, mail, a chiamarla appena gli era possibile. Si era accorto, tuttavia, che qualcosa non andava. Victoria non era più questo gran mistero per lui ed aveva chiaramente percepito che qualcosa la tormentava. Sulle prime, non ci aveva dato peso, convinto che fosse solo una giornata no, ma ormai era passata più di una settimana e lei continuava a sembrargli strana. Lei, però, si ostinava a fingere che tutto andasse bene, esattamente come faceva lui, avevano lo stesso meccanismo di difesa e tendevano a chiudersi quando qualcosa non andava. Così fece una cosa inaspettata e volò a sorpresa a Los Angeles. Non le aveva detto nulla, aveva preso ed era partito, rifilando alla moglie la scusa di un incontro di lavoro, ed aveva chiamato la ragazza solo una volta arrivato nell’appartamento di quel suo amico, lo stesso posto dove si erano già incontrati altre volte, e che era diventato la loro alcova sicura, lontana da occhi ed orecchie indiscrete.

Victoria restò senza parole quando lui le inviò un selfie scattato proprio lì e le scrisse di raggiungerlo appena possibile. Ed esattamente com’era già capitato, le era bastata l’idea di rivederlo per ritrovare sicurezza e lasciar da parte i suoi dubbi, almeno per qualche ora. Era alla fondazione quando lo lesse, e scappò via con una scusa per raggiungerlo subito.

Entrata nel viale con l’auto, scese velocemente, e corse da lui, che l’aspettava sulla soglia. Gli saltò quasi in braccio, entusiasta di rivederlo, proprio lei che non aveva mai amato troppe smancerie. Lui la prese al volo, stringendola forte, ed inspirando il suo profumo.

“Dovrei essere arrabbiata, se mi avessi avvisato prima mi sarei organizzata meglio! Ma sono troppo felice di vederti” ammise, restando ancora stretta a lui.

“Volevo farti una sorpresa! Se ti avessi avvisata, non sarebbe stato così speciale!” rispose lui sorridendo.

Poi le fece rimettere i piedini per terra ed entrarono insieme in casa, chiudendosi la porta alle spalle.

“Pensavo che non saresti riuscito a muoverti fino a dopo le feste o chissà quando” riprese a dire lei, levandosi la giacca e posando la borsa su una poltrona in salotto.

“Si, ma mi sei sembrata strana in questi giorni al telefono. E poi avevo voglia di vederti! Così mi sono inventato un incontro di lavoro ed eccomi qui! Anche se posso restare solo fino a domani sera” precisò, arricciando il naso “Ma ora non pensiamoci! Adesso sono qui! E ho una cosa per te” aggiunse con aria vispa.

Si allontanò per raggiungere un borsone da viaggio che era ancora ai piedi delle scale, e recuperò da una tasca un pacchetto blu dorato con un fiocco rosso. Lei era riuscita a sbirciare, ma fece finta di nulla, e lui lo tenne nascosto dietro la schiena.

“Siccome a Natale non saremo insieme, ho pensato di anticipare di qualche giorno! In fondo oggi è il 15, mancano 10 giorni esatti, quindi, buon Natale!” esclamò vispo, porgendole finalmente il regalo.

“Per me?” esclamò sorpresa lei.

“Volevo darlo alla hostess in aereo, ma non eravamo ancora abbastanza in confidenza per scambiarci dei regali!” la prese affettuosamente in giro.

“Certo che è per te, aprilo!” la incitò.

Lei si mise a sedere sul divano, e scartò subito il pacchetto, che conteneva un ciondolo in oro giallo e diamanti con la scritta ‘XO’, che comunemente si aggiunge nei messaggi ad indicare ‘baci e abbracci’. Era sempre così che concludeva quello che gli inviava.

Non si aspettava alcun regalo, tantomeno uno così dolce ed anche romantico.

“Ho pensato che fosse adatto a te quando l’ho visto. In realtà cercavo un ciondolo a forma di unicorno, perché il mio alter ego, Wade, li adora, ma poi ho visto questo e mi sono ricordato che è quello che mi scrivi sempre e così ho pensato fosse perfetto” le spiegò, scrutando la sua reazione “Ma se non ti piace, posso cambiarlo”

“No, no, non serve! Non voglio cambiarlo! E’ davvero perfetto! E mi piace da morire. Non so cosa dire, non me l’aspettavo! Ti ho preso anche io una cosa, ma non pensavo ti avrei visto prima di Natale, quindi lo tiene Skyler per me.” Disse.

“Lascia stare, non serve. Volevo solo regalarti qualcosa, sperando che servisse a farti stare meglio, perché in queste settimane ti ho sentita strana, e non negarlo.” Rispose, guardandola dritta negli occhi.

“Capisco che la situazione non è ideale e, credimi, dispiace anche a me non poterci vedere più spesso, ma non posso fare altro” aggiunse, sospirando “Così avrai qualcosa di mio addosso, oltre alla t shirt che ti sei fregata dei Queen. Me ne sono accorto, sai?” rimarcò sorridendo, per alleggerire il clima.

Lei sorrise.

“Diciamo che è un prestito!” precisò divertita “Mi aiuti?” aggiunse, passandogli la catenina, e voltandosi per scostare i capelli e farsela allacciare.

Lui si avvicinò a lei, mettendosi più comodo sul divano e gliela allacciò con studiata lentezza, trasformando il tutto in una dolce coccola e lasciandole poi una scia di bacini dal collo all’orecchio. Il suo respiro le solleticava la pelle e il suo profumo era così buono. Per non parlare di quanto le fossero mancate le sue labbra morbide, e le sue mani calde e grandi addosso.

In quel momento non esisteva altro, c’erano solo loro due. Lei si voltò, incrociando i suoi occhi castani, e senza bisogno di parlare e dirsi nulla, si sporse per baciarlo. Lui accolse quel bacio, intensificandolo e posandole una mano sulla guancia, mentre l’altra le cingeva la vita. L’atmosfera si scaldò nel giro di poco, e si ritrovarono a fare l’amore direttamente sul tappeto morbido del salotto, davanti al camino, l’atmosfera perfetta per quell’incontro rubato ed inaspettato. Come sempre, Ryan si dimostrò molto attento, ma anche passionale. Riusciva sempre a farla sentire la donna più bella e sexy al mondo, ed a farle dimenticare tutto il resto.  Una volta calmati i bollenti spiriti, rimasero abbracciati proprio lì sul tappeto ed avvolti in una coperta, senza dire niente, godendosi quel momento di pace perfetto.

Victoria era così rilassata che stava per addormentarsi, ma la voce di Ryan la riportò alla realtà.

“Ti va di dirmi cosa succede?” le domandò quasi in un soffio, accarezzandole la testa e posandole un bacio morbido sulla tempia.

“Allora era tutta una tattica la tua! Il regalo, il sesso. Volevi solo farmi parlare” rispose divertita, cercando anche di prendere tempo e magari di deviare l’argomento.

“No, non proprio. Non era pianificato, giuro! Ma mi sei mancata e poi mi hai guardato in quel modo e mi hai baciato e non ho capito più niente! Potrei pensare che la tattica l’abbia usata tu per distrarmi” rispose divertito.

“Non devi dirmi niente, se non vuoi, ma penso di conoscerti abbastanza ormai da capire quando qualcosa ti turba. E vorrei solo che ti sentissi libera di dirmi tutto, come hai fatto finora, altrimenti non posso aiutarti” aggiunse.

Lei sospirò e si tirò un po' su, per guardarlo, coprendosi meglio con la coperta.

“Non è niente, sono sciocchezze. Penserai che sono una bambina stupida” iniziò a dire, un po' incerta.

“Non sei una bambina e non sei stupida. Niente che tu possa dirmi mi farà cambiare idea su di te! A meno che tu non mi dica che preferivi Ajax a Deadpool!” aggiunse divertito, tirandosi su a sedere a sua volta.

“Eddai! Sii serio” lo rimproverò divertita lei, dandogli una leggera gomitata.

“E’ che il Natale mi mette sempre un po' di cattivo umore. Non so come spiegarlo, è una sensazione dolce-amara. Sento maggiormente la mancanza di chi non c’è più, e al contempo vorrei stare con le persone a cui tengo e so che non potremo vederci, quindi mi sono venute un po' di paturnie. Ma per fortuna hai avuto la brillante idea di venire qui, quindi va meglio!” aggiunse.

Lui, però, la guardava poco persuaso.

“Sicura che è tutto risolto? A me sembra che ci sia altro” osservò.
Per quanto tentasse, non riusciva mai a tenergli nascosto niente. Con lui aveva il problema esattamente opposto rispetto a Josh. Se quest’ultimo non si curava mai dei suoi desideri e delle sue esigenze, Ryan, al contrario, sembrava sempre riuscire a leggerle dentro ed a capire il suo stato d’animo.

“Non riesco proprio a nasconderti niente” disse infatti, scompigliandosi i capelli con una mano.

“Hai ragione, non è tutto qui. C’è altro. Ma forse sono paranoie inutili. E’ solo che in queste settimane mi sono ritrovata a pensare a noi e mi sei mancato più del solito. Mi sono ritrovata a pensare che sarebbe bello poter passare il Natale insieme, o anche solo più tempo insieme, ma so che hai delle responsabilità, che hai una famiglia, e non voglio avanzare pretese né chiederti altro, perché i patti erano chiari dall’inizio, sapevo che eri sposato, solo che più passa il tempo e più diventa difficile per me dividerti con lei” ammise infine, dando finalmente sfogo ai suoi pensieri. Tanto era certa che lui non avrebbe ceduto, finché lei non avesse rivelato le sue paure.

“Oddio, mi sento uno schifo solo a dirlo!” rimarcò subito dopo la ragazza, alzandosi in piedi, avvolta dal plaid ed iniziando a fare avanti e indietro.

“Vic, è tutto ok, non hai detto niente di strano o di grave” la rassicurò, raggiungendola coi soli boxer addosso.

“Si che è grave! E’ grave perché sono la tua amante e lei è tua moglie. Io non ho nessun diritto, ne sono consapevole, ma ci sto male, perché mi sono resa conto che mi sono innamorata di te. E non so se posso riuscire ancora a continuare ad averti a metà” aggiunse. Ormai aveva aperto il vaso di Pandora dei suoi sentimenti e non poteva né voleva tornare indietro.

Lesse chiaramente la sorpresa nello sguardo di Ryan, quando gli confessò di essersi innamorata di lui. Era rimasto spiazzato, cosa più unica che rara e non sapeva cosa dire. Stavolta una battuta sagace alla Deadpool non lo avrebbe aiutato. E lei iniziò a temere che quel suo silenzio significasse una cosa sola, ovvero che non ricambiava i suoi sentimenti. Ma allora perché volare da lei per accertarsi che stesse bene? Perché comprarle un regalo? Se avesse solo voluto rabbonirla, avrebbe potuto farlo telefonicamente o avrebbe anche potuto sostituirla con un’altra.

“Considerati sganciato, ok? Non devi dire niente. Ma hai insistito perché ti dicessi cosa non andava e l’ho fatto” disse ancora, abbassando lo sguardo.

“Anch’io mi sono innamorato di te” rispose lui, quasi a bruciapelo, tanto che Victoria non riusciva a credere alle sue orecchie, era convinta di esserselo immaginato.

 

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Capitolo 12
*** Cap. 12 ***


“Co-cosa? Non credo di aver capito!” farfugliò incerta Victoria, rimanendo in piedi di fronte a Ryan.

Era convinta che, una volta certo del suo coinvolgimento, se la sarebbe data a gambe levate, ed invece era ancora lì, e le aveva appena confermato di essere a sua volta innamorato di lei.

“Sono sicuro che hai capito benissimo, comunque ho detto che anche io mi sono innamorato di te” disse di nuovo, con un tono così dolce e rassicurante, da farle sentire le gambe di gelatina. Forse si era fatta tante paranoie per niente. Sembrava che avesse ragione Skyler, bastava dirgli apertamente cosa sentiva, ed ora forse sarebbe andato tutto a posto.

“Ma…” riprese a dire lui, e bastò quel ‘ma’ per farla nuovamente precipitare nei dubbi “Sai che non posso farti promesse. E non perché non voglio, ma perché non sono certo che potrei mantenerle” precisò serio.

“Non la lascerai mai, vero?” lo incalzò lei, con un sorriso amaro.

“Vic, la mia situazione è complicata. Sono sposato, non posso divorziare così, su due piedi, con leggerezza” le fece notare più serio.

“Non ti sto chiedendo di divorziare domani, ma voglio sapere se è nei tuoi piani. Oppure vuoi continuare a vederci così, come due ladri, fino alla fine dei tempi?” aggiunse.

“Non ho detto questo, ma non posso nemmeno divorziare dall’oggi al domani! Sono coinvolte anche due bambine piccole, e poi ci sono tante cose da considerare, non è sempre tutto semplice Victoria” tagliò corto, recuperando i jeans ed infilandoli.

“Ma dai? Io pensavo di si! Per me di solito è tutto così semplice!” rimarcò ironicamente lei.

“Ci vediamo da sei mesi, cosa pretendi da me? Che divorzi e ti sposi nel giro di una settimana?” sbottò lui, che a quel punto stava iniziando a spazientirsi.

“Vorrei solo sapere la verità! Sei sposato con Blake, ma hai appena detto di essere innamorato di me. E’ normale che mi aspetti una decisione, no? O a te va bene restare sposato con una donna che non ami?” rimarcò stranita.

“Ho mandato a monte un fidanzamento di 5 anni per sposare un’altra donna da cui poi ho divorziato, non posso fare altri passi falsi! Tu non hai idea di come funzioni nel nostro ambiente! Ne fai parte, ma non sai davvero come funziona per un attore, anche se ne incontri ogni giorno! Ci ho messo vent’anni ad arrivare dove sono, ho pagato ogni passo falso che ho fatto e non voglio rischiare di mandare tutto all’aria prendendo decisioni avventate! La mia carriera non supererebbe un altro scandalo!” concluse concitato.

“Oh! Adesso è tutto chiaro” osservò lei, che quasi non credeva alle sue orecchie, fissandolo come se avesse davanti un estraneo ora.

“Vic, aspetta, non è come sembra. Fammi spiegare meglio” cercò di dire lui.

“No no, non serve, ho capito perfettamente” tagliò corto lei, recuperando la biancheria con un moto di stizza.

“E’ una questione di carriera e di immagine, ovvio! Sei innamorato di me, ma ami di più la tua carriera e non sia mai che la tua bella immagine da bravo ragazzo e quella tua e di tua moglie come coppia d’oro di Hollywood venga infangata solo perché in realtà non ami lei. E comunque stento a credere che tu ami me, penso invece che ti importi solo della carriera e della tua apparenza, tu ami solo te stesso” continuò a dire nervosamente, come un fiume in piena, senza argini.

“Eh no, questo non lo accetto. Sei libera di non credermi, ma non ho mentito poco fa. Ero sincero quando ho detto che sono innamorato di te, e voglio stare con te, ma devi darmi tempo” cercò di rimediare lui, avvicinandosi a lei.

“Tempo? Quanto tempo?” lo incalzò.

“Non lo so, non posso dirtelo ora, ma mi serve tempo” rispose.

Le scappò una risatina nervosa e finì in fretta di vestirsi.

“Andiamo, non puoi pretendere che decida su due piedi, senza valutare niente! La vita non funziona così” aggiunse serio, ed in quel momento si sentì come una bimbetta capricciosa rimproverata dal padre.

“Ah no? E come funziona, sentiamo?” lo provocò.

“Se pensi che ti stia prendendo in giro o che l’abbia fatto dall’inizio, non è così, sei fuori strada” disse lui, dopo aver preso un bel respiro nel tentativo di calmarsi, perché erano entrambi su di giri.

“Non mi sono mai spacciato con te per quello che non sono e non ti ho mai mentito. Il mio matrimonio non è perfetto come sembra da fuori, non l’ho mai negato e lo sapevi dall’inizio. Ho tradito Blake un paio di volte, ma sono state cose di una notte e senza alcuna importanza, non ho mai preso una vera sbandata per un’altra donna prima di te. Libera di non crederci se vuoi, ma è la verità. Vorrei davvero poter stare con te, ma per ora e forse anche per i mesi a venire, non posso darti più di quello che abbiamo avuto finora. Ci ho messo anni a levarmi di dosso la merda che mi hanno buttato addosso dopo il mio primo divorzio. A te sembrerà assurdo, ma se la reputazione va a puttane, ci va anche la carriera, funziona così. Poi quando ho incontrato Blake sul set di Green Lantern, i nostri agenti hanno pensato che un po' di pubblicità non avrebbe fatto male né a noi né al film. Anche lei non passava un bel periodo, erano uscite delle foto hackerate sue, c’erano voci che fosse stata a letto con un attore sposato. Abbiamo iniziato a vederci, ad uscire, a farci paparazzare. All’inizio doveva essere una specie di recita, poi è scattato qualcosa ed abbiamo deciso di provarci sul serio. Forse per un periodo sono stato davvero innamorato di lei o almeno lo credevo. Forse avevamo solo bisogno di qualcuno in quel momento, e alla fine la recita è diventata realtà e sono arrivate le bambine. Ma quello che ci legava si è sgretolato, non era abbastanza forte o profondo a quanto pare, e magari se non avessimo avuto figli avremmo già divorziato, ma ne abbiamo, e non lo rimpiango, perché volevo diventare padre con tutte le mie forze e pensavo che avrei fatto solo lo zio. Prima o poi divorzieremo, ma non posso dirti quando né farti promesse. E’ questo che cercavo di spiegarti poco fa. Non ti ho mai mentito, mai. E forse ora ti faccio pena o schifo, ma non sono né il primo né l’ultimo attore il cui matrimonio è un’appendice legata a doppio filo alla sua carriera. Nel mio mondo l’apparenza è tutto, non ho fatto io le regole” concluse serio.

“Non le hai fatte tu, ma hai deciso di seguirle” osservò asciutta lei, recuperando le ultime cose, mentre lui la osservava, ancora incredulo, perché erano passati dal fare l’amore al litigare pesantemente.

“Quindi finisce così?” riprese a dire Ryan serio.

“Siccome non voglio darti dei tempi, reagisci così? Come se non avessi saputo dall’inizio in che situazione sono” osservò.

“Certo che lo sapevo, sapevo esattamente a cosa andavo incontro, ma non immaginavo cosa ci fosse dietro e non pensavo che ti fossi venduto l’anima al diavolo per diventare famoso” sbottò lei.

Lui incassò il colpo, cercando di mascherare quanto le sue parole lo avessero ferito.

“Bene, se è questo quello che pensi, allora non abbiamo davvero più niente da dirci” tagliò corto, andandosene proprio via dal salotto, e salendo di sopra.

Lei lo seguì con lo sguardo, poi si sfilò la catenina che le aveva regalato, la lasciò sul tavolino e se ne andò di fretta, come se fosse inseguita da un vampiro.

Voleva mettere quanta più distanza possibile fra di loro e quanto prima possibile. Vagò in auto senza meta per un po', poi decise di raggiungere casa di Skyler. Era arrabbiata e anche sconvolta, non voleva farsi vedere così dal padre, si sarebbe accorto subito che qualcosa non andava e le avrebbe dato il tormento per capirne le ragioni. Gli mandò solo un messaggio per avvisarlo che sarebbe rimasta fuori a cena e forse anche a dormire dall’amica, e poi spense il cellulare.

Skyler si accorsa subito che Victoria era nervosa e turbata, la lasciò sfogare e si assicurò che non mancasse del buon prosecco per stemperare il suo nervosismo, ma questa volta non era del tutto in accordo con la reazione dell’amica. E l’altra se ne accorse, visto che stranamente si stava astenendo dal commentare.

“Scusa, ma non sei stata tu ad insistere nel dire che dovevo parlargli?” rimarcò Victoria ad un certo punto.

“Si, si, certo! E hai fatto bene a dirgli la verità, a confessargli cosa provi per lui, però…così si è sentito messo nell’angolo” disse solo.

“Che avrei dovuto fare? Mi dice che mi ama, ma non vuole divorziare per non rovinarsi la carriera. E’ assurdo!” esclamò seria.

Skyler sospirò e poi sorrise.

“Tesoro, sei la figlia di un produttore, sei cresciuta fra attori ed attrici e davvero ti meravigli di quello che ti ha detto Ryan?” le fece notare “Sai quanti matrimoni funzionano come il suo, si basano sull’apparenza e non sulla sostanza? Almeno il 90%. E’ brutto, è triste anche, forse squallido, ma è così che funziona in questo ambiente. Ci sono tanti fidanzamenti combinati che poi saltano perché scade il contratto fra il Pr di lui e quello di lei ed altri che invece sfociano in un matrimonio. E’ un mondo a parte. Io sono una Pr, ma non accetterei mai certe condizioni né le ho mai imposte ai miei clienti, ma la maggior parte è disposta a sottostare a questo ed altri compromessi pur di sfondare. Se ti interessa la mia opinione, è già un gran risultato che lo abbia ammesso e, soprattutto, che ti abbia detto che è innamorato di te. Sai anche tu che non ha mentito e non l’ha detto tanto per dire. So che questo modo di vivere è molto lontano dal tuo e dai tuoi ideali, ma esiste. Dipende da te capire se quello che senti per lui è più profondo e forte di quello in cui credi.” osservò.

“Mi sono innamorata di lui, ma non voglio continuare a fare la terza incomoda a tempo indeterminato” osservò seria Victoria “E’ chiaro che per lui l’immagine è più importante di me, di noi, di quello che sente, quindi la scelta l’ha già fatta lui” aggiunse.

“Ho preso una cantonata” riprese a dire “Il rischio c’era, l’ho corso, ed è andata male. Avrei capito se mi avesse detto di non voler divorziare subito per le figlie, ma mettere in mezzo la carriera, la reputazione per me non ha senso” disse ancora.

“Non voglio giustificarlo, ma fammi fare l’avvocato del diavolo per una volta” riprese a dire Skyler “se si sapesse ora della vostra storia, sarebbe un casino anche per te. Immagini la reazione di tuo padre se lo venisse a sapere? Io credo che Ryan sia solo stato pratico, non lo ha fatto per ferirti, ma ha un modo di ragionare diverso dal tuo, e ha considerato la situazione da una prospettiva diversa” aggiunse.

“Mi spiace, ma non riesco a trovare giustificazioni. Sono molto delusa, credevo fosse diverso, invece è come tutti gli altri. Adesso capisco perché mio padre mi ha sempre detto di stare alla larga dagli attori. Sono inaffidabili ed egocentrici, pensano solo alla fama, all’immagine che danno di sé, e passano il loro tempo indossando una maschera, sul set come nella vita. E lo fanno così a lungo che alla fine non si ricordano più nemmeno come sono davvero, diventano dei personaggi, e smettono di essere delle persone. Credevo che Ryan fosse diverso, sembrava diverso, ma ho proprio sbagliato” concluse amareggiata.

Skyler la lasciò sfogare, senza obiettare più nulla. Capiva la delusione di Victoria, ma, come Pr, era abituata a certi meccanismi, l’amica invece no. Alla fine, la ospitò per la notte, per evitare che si mettesse in auto visto che si era fatto buio ed avevano bevuto un po'.

I giorni seguenti furono particolarmente pesanti ed impegnativi per Victoria. Come sempre, cercava di affogare delusioni e pensieri buttandosi a capofitto nel lavoro, ma stavolta non era così semplice, perché Ryan faceva sempre capolino nei suoi pensieri. Si sforzava di cancellarlo dalla sua mente, dalla sua memoria, ma con scarsi risultati. Aveva ripensato alle parole della sua amica, si era chiesta se fosse davvero stata troppo dura e severa con lui, se lo avesse fatto sentire giudicato, e spesso era anche stata sul punto di chiamarlo o scrivergli, ma si era sempre fermata prima di far partire la telefonata o il messaggio. Dal canto suo, lui non si era più fatto sentire, probabilmente convinto di non aver fatto o detto nulla di male. Lei era stata molto chiara, e non si erano lasciati propriamente bene.

Charlotte si era accorta che la nipote era particolarmente pensierosa, sembrava come ‘spenta’ ultimamente, e la cosa strideva molto rispetto al suo buonumore delle settimane e dei mesi precedenti. Victoria alla fine si confidò anche con lei, ma senza fare il nome di Ryan né entrare troppo nel dettaglio.
Inutile dire che quel Natale fu particolarmente difficile per la ragazza, in pratica faceva il conto alla rovescia alla fine del periodo festivo ed a poco servirono i tentativi delle amiche ed in particolare di Skyler di farla uscire per distrarla. Alla fine, come accadeva quasi ogni anno, seguì il padre prima ad Aspen e poi brindò all’anno nuovo sulle alpi svizzere, dove il padre aveva uno dei tanti appartamenti. Anche Andrew si era reso conto che la figlia non era serena come al solito, la cosa era lampante per chi la conosceva bene. Aveva cercato di capirne le ragioni, ma lei era riuscita a minimizzare e svicolare, dando la colpa alla tensione per il lavoro ed alla stanchezza accumulata durante l’anno. In realtà nemmeno mettere chilometri ed un oceano di distanza da Ryan l’avevano aiutata a lasciare nell’anno appena archiviato la loro relazione. Oscillava fra la fase in cui metteva in dubbio tutto dall’inizio, arrivando anche a pensare che lui l’avesse irretita solo perché era la ‘figlia di’, a quella in cui si colpevolizzava, ripercorrendo in particolare l’ultima discussione, e sentendosi come una specie di strega cattiva per averlo giudicato e messo nell’angolo, con pretese fosse affrettate. Era troppo orgogliosa per fare il primo passo e chiamarlo, sperava si facesse vivo lui, ma in quanto ad orgoglio erano degni concorrenti l’uno dell’altra, quindi non ci fu alcuna comunicazione.

L’idea di tornare a Los Angeles proprio a ridosso dell’inizio della stagione, non esaltava minimamente la ragazza, anche perché aveva avuto conferma che Ryan sarebbe stato uno dei presentatori ai prossimi Golden Globes, oltre ad essere nominato per Deadpool 2.  Già normalmente non era entusiasta di partecipare a questi appuntamenti mondani, figuriamoci ora, col concreto rischio di incappare in Ryan e nella moglie, perché era certa che l’avrebbe seguito sul red carpet. Aveva anche considerato la possibilità di dare forfait e di non presenziare, ma da quando aveva 19 anni era solita accompagnare il padre in queste occasioni e l’unico modo per tirarsene fuori sarebbe stato avere la febbre a 40, altrimenti Andrew si sarebbe insospettito.

Mancavano una manciata di giorni alla cerimonia dei Golden Globes, e la ragazza pregava in ogni lingua di beccarsi anche solo una tonsillite per restare a casa, ma non ci sperava, visto il clima sempre piuttosto mite della California. Aveva già scelto un abito con l’aiuto di Skyler, aveva fatto l’ultima prova il giorno prima, e stava spendendo i giorni che mancavano al grande evento trottolando dall’ufficio alla fondazione, con alcuni incontri di lavoro con sceneggiatori e registi vari nel mezzo.  Era un periodo molto impegnativo per le case di produzione, e visto che suo padre stava facendo avanti ed indietro da New York in quei giorni, la figlia lo sostituiva appena possibile agli incontri a Los Angeles.  Quel pomeriggio, stava appunto uscendo da uno di questi appuntamenti di lavoro in una delle sale private del ristorante del Four Seasons, quando incrociò una bionda dal viso molto familiare: Blake, la moglie di Ryan. Era vicina ad uno degli ascensori, fasciata in un tubino rosa pesca che sembrava poco adatto al primo pomeriggio, con tacchi vertiginosi. Victoria rimase spiazzata, soprattutto perché la donna non era sola, ma in compagnia di un uomo che non era Ryan. Si tenevano per mano, lui si era sporto per sussurrarle qualcosa all’orecchio, e lei sorrideva come una gattamorta. Stava per tornare indietro, per evitare di passare davanti a loro, ma in quel preciso istante Blake si voltò e la  vide. Dallo sguardo che le riservò, Victoria intuì che doveva averla riconosciuta e, soprattutto, che doveva temeva che potesse correre a spifferare tutto a qualcuno, magari proprio a Ryan. A quel punto, però, era tardi per sgattaiolare fuori dall’uscita secondaria, così scelse il male minore, prendendo la via della toilette e sperando che, una volta uscita, quei due non fossero più nei paraggi. Era appena entrata nel bagno delle donne, e si stava lavando le mani, quando sentì dei passi, e poco dopo vide avvicinarsi proprio Blake.

Era una situazione quasi surreale, ma decise di fare finta di nulla, e si limitò ad abbozzare educatamente un sorriso, come avrebbe fatto con chiunque altro. Blake sorrise di rimando, ma sembrava un sorriso forzato e tirato. Si avvicinò al lavandino, controllò il trucco, ma distrattamente osservava Victoria.

“Tu sei la figlia di Avery, vero?” disse ad un certo punto, rompendo quell’imbarazzante silenzio.

Victoria annuì e sorrise nuovamente “Ci siamo incontrate ad una festa a casa di mio padre, proprio l’anno scorso di questi tempi.” Confermò.

“Ah si, giusto, ora ricordo. Eri in terrazza e stavi parlando con mio marito Ryan” precisò l’altra, calcando la mano sulle parole ‘mio marito ’, o almeno questa fu l’impressione della ragazza.

“Si, si, è vero” rispose Victoria.

“Senti Victoria, non so cosa pensi di aver visto, ma quel tipo è solo un amico” riprese a dire la donna.

“Io non voglio sapere niente, non sono affari miei” tagliò corto Victoria, ma evidentemente quella risposta non bastò a Blake, che continuava a fissarla, come se la stesse studiando per carpirne le intenzioni.

Seguirono alcuni istanti di silenzio, che la moglie di Ryan spezzò nuovamente con una domanda diretta ed inaspettata.

“Ti scopi ancora mio marito?” le domandò a bruciapelo.

Victoria quasi trasalì, ma cercò di non darlo a vedere.

“Come, prego?” rispose, voltandosi verso di lei.

“Ti prego, non fare la santarellina con me, non attacca proprio” rimarcò l’altra “Quelle come te le conosco da una vita. Fate tanto le superiori, ma siete gattemorte di prima. Ho visto come ti guardava Ryan già quella sera, e poi a quel party dell’Amfar a New York. E poi i viaggi improvvisi per incontri di lavoro qui, incontri di cui la nostra agente non sapeva nulla. E’ pessimo a nascondere le sue tracce, sembra quasi che voglia farsi beccare.” Disse, con una tranquillità disarmante, come se stesse parlando del tempo e non del tradimento di suo marito. Ma ancora Victoria non rispondeva nulla. Si sentiva in colpa, era stata scoperta, e non riusciva a capire se fosse un bluff o se Blake fosse certa di quanto asseriva.

“Non pensare che sia la prima volta né di essere speciale per lui. Lui è fatto così, ogni tanto scivola, ma so che torna sempre a casa da me. Prima o poi si stancherà anche di te e ti scaricherà” continuò a dire e sembrava provare un gusto quasi sadico nel metterla nell’angolino, a dispetto della sua aria angelica e mite.

“O forse ti ha già scaricata?” la incalzò, facendo qualche passo verso di lei ed incrociando le braccia al petto, fissandola con aria di sfida.

“Non so di che parli Blake, non ne ho proprio idea. E francamente, dopo quello che ho visto, direi che sei proprio l’ultima persona al mondo a potermi fare lezioni di morale” rispose a quel punto la ragazza, sforzandosi di sembrare sicura. Si era fatta mille paranoie ed ora invece scopriva che anche lei tradiva il marito.

“Ho letto dei messaggi sul suo cellulare” riprese a dire Blake “Te l’ho detto, lui in fondo vuole che lo becchi. Non cambia il pin del cellulare da anni. Dove vi vedete? In qualche motel da quattro soldi fuori mano oppure ti ha per caso portata in una casa a Beverly Hills. Ti ha detto che è sua? O ti ha propinato la balla dell’amico che lavora fuori e gli fa un favore? E’ lì dove porta le sue conquiste quando è qui. Non avrai davvero pensato di essere l’unica?” sottolineò quasi a volerla schernire.

A quel punto, però, Victoria iniziò a spazientirsi. Non era orgogliosa di essere stata l’amante di un uomo sposato, ma non ci stava a prendere tutta la colpa ed il biasimo, tanto più ora che aveva visto anche la signora Reynolds con un altro uomo.

“Se sai tutto, perché stiamo qui a parlarne? Perché non ne parli con tuo marito?” rispose seria.

L’altra sorrise, sempre con quell’aria insopportabilmente provocatoria.

“Non serve che ne parli con lui. So già come andrebbe a finire. Discussioni, litigate, poi tornerebbe con la coda fra le gambe a scusarsi, come qualsiasi altro uomo beccato in flagrante. Dopo la delusione iniziale, ho pensato che fosse equo rendergli pan per focaccia, e ripagarlo con la stessa moneta. E se mai dovesse anche solo parlare di divorzio gli renderei la vita molto molto difficile. Per non parlare delle bambine. Le vedrebbe col contagocce “ aggiunse con una calma irritante. Era veramente una strega. Era disposta a passar sopra a tradimenti di cui era a conoscenza per non perdere la faccia e non subire l’onta pubblica di un divorzio. E naturalmente, nel frattempo, anche lei si dava da fare e non rimaneva a subire passivamente le corna. Forse quei due si meritavano davvero a vicenda e Victoria non li invidiava minimamente. Dovevano essere entrambi due infelici per accettare una vita a due a queste condizioni.

“Non vedo e sento Ryan da mesi. E non ho altro da dire. Non voglio essere coinvolta nelle vostre beghe.” Tagliò corto Victoria, oltrepassandola per guadagnare l’uscita, perchè non vedeva l’ora di uscire di lì.

“Sarà meglio che sia vero” aggiunse Blake “Altrimenti qualche pettegolezzo potrebbe arrivare a qualche sito di gossip o, peggio ancora, a tuo padre” le disse Blake, minacciandola davvero poco velatamente.

A quel punto sentì davvero una gran rabbia, tornò sui suoi passi e si avvicinò con aria seria ed altrettanto minacciosa alla donna.

“Come ti ho detto, non vedo e sento tuo marito da mesi. I vostri problemi coniugali non mi riguardano e non mi interessano. Non permetterti mai più di minacciarmi” aggiunse.

“Altrimenti cosa fai, ragazzina?” la provocò.

“Non sei l’unica capace di giocare sporco. Non dimenticarti di chi sono figlia. Potrei crearti problemi anche io, il tipo di problemi che non ti permetterebbero nemmeno di essere presa per la pubblicità di un dentifricio, sono stata chiara?” disse seria e con un tono perentorio che non pensava di avere.

Blake cambiò espressione, si ammutolì di colpo e la ragazza riuscì, finalmente, ad andarsene di lì. Quell’incontro, tuttavia, la lasciò davvero con l’amaro in bocca, e con una lunga serie di domande in testa. Non aveva ancora dimenticato la relazione con Ryan, ma quantomeno era riuscita a ritrovare una parvenza di equilibrio, che era però appena stata spazzata via dall’incontro inaspettato con Blake. Le aveva rivelato che Ryan l’aveva tradita più volte, che quella villa di Beverly Hills era sua, e cominciava davvero a pensare di essere stata solo una stupida, e di essere caduta bella classica tela del marito fedifrago, come da cliché. Che razza di matrimonio era il loro? Entrambi sembravano ossessionati dalla loro immagine pubblica e si tradivano a vicenda. Che razza di persone erano? E quanto era stata ingenua lei a farsi irretire in queste trame da soap opera di serie B? Era delusa, arrabbiata, anche disgustata, e quasi schifata perché comunque faceva parte, pur se con un ruolo diverso, di quell’ambiente e di quel mondo anche lei.

Come spesso accadeva ultimamente, anche in quel caso fu Skyler la sua confidente.

“Che strega! Povero Ryan” commentò la sua amica.

“A me fanno pena tutti e due, guarda! Si preoccupano così tanto di restare sposati ma si riempiono di corna a vicenda” osservò Victoria  “Comunque, affari loro! Non voglio saperne niente, mi fanno pena entrambi. Come si fa a restare sposati a queste condizioni? Senza amore, senza fiducia, con tradimenti forse reciproci, sempre sul chi vive, sempre pronti a pensare a come fregare l’altro. E’ allucinante! Che razza di gentaglia è? Ma sono tutti così gli attori? No perché allora ho sbagliato lavoro, forse dovrei andare al McDonald’s e fare la cameriera” concluse stranita.

“Oddio, vorrei vedere la faccia di tuo padre quando gli dirai che cambi lavoro” rise Skyler, cercando di sdrammatizzare.

“Io te l’avevo detto che la stragrande maggioranza delle relazioni fra attori e gente famosa è così, ma ogni volta mi tacci di essere cinica e non mi dai retta” aggiunse l’amica “So che è squallido e triste, ma così è. E resto sempre convinta che in fondo comunque Ryan sia il meno peggio che ti poteva capitare. “ disse ancora.

“Non credo proprio. Chissà quante se n’è scopato prima di me in quella casa o chissà dove” rispose piccata Victoria.

“Non fare il gioco di Blake. Non sto dicendo che non sia vero, ma non prenderei per ora colato quello che ha detto quella vipera. Ha fatto apposta, voleva ferirti ed umiliarti perché si è sentita umiliata anche lei. Con tutti gli impegni che Ryan ha avuto negli ultimi mesi, pensi davvero che sarebbe riuscito a tenere in piedi altre storie parallele? O che abbia fatto con altre quello che ha fatto con te? Insomma, io so quello che mi hai raccontato, non stavo con voi, ma anche se è andata a finire male, non penso dovresti mettere in dubbio tutto per i deliri di sua moglie. Mi hai raccontato di come si è aperto con te, delle sue confidenze, e tutti gli incontri rubati qua e là. Dai, se ha finto per tutto il tempo avrebbe già dovuto vincere un Oscar!” le fece notare.

“Anzi, secondo me dovresti avvisarlo che la moglie sa di voi e che ti ha minacciata” disse ancora.

“Pure?” rimarcò perplessa Victoria.

“Io credo sia il caso. Intanto perché sei coinvolta anche tu, e poi perché è un comportamento scorretto. E’ un ricatto bello e buono ed una gran vigliaccata, soprattutto minacciare di non fargli vedere le figlie in caso di divorzio. Io sinceramente adesso capisco perfettamente la reazione che ha avuto con te. Sa bene di cosa è capace la moglie, per forza non se la sentiva di divorziare senza essersi cautelato prima” aggiunse. Ed in effetti, per quanto Victoria fosse ancora arrabbiata con lui e basita dalla sua situazione matrimoniale, non poteva dar torto all’amica, la sua analisi non faceva una piega.

“Non lo so” disse sospirando “Non lo sento da mesi, da quando ho troncato e non so se mi va di risentirlo” ammise, giocherellando con una collana che portava.

“Non devi farlo oggi, nemmeno domani, ma almeno pensaci” le suggerì l’amica.

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Capitolo 13
*** Cap. 13 ***


Ormai mancavano pochissimi giorni ai Golden Globes. Victoria a quel punto non vedeva l’ora di arrivare al giorno dopo, e di archiviare questa incombenza mondana, pregando di non incrociare nemmeno per sbaglio Ryan, circostanza piuttosto improbabile. Tuttavia, causa anche il fortuito scontro con sua moglie, in quegli ultimi giorni aveva ripensato spesso a lui, all’ultimo incontro, al litigio che li aveva portati a troncare, così come alle parole di Blake. Ed ora forse non era più così sicura di aver fatto la scelta giusta. Certo, il loro matrimonio non meritava nemmeno di essere definito tale, per lei il loro rapporto era inconcepibile ed assurdo, ma iniziava a vedere le cose in una prospettiva diversa ed in fondo, anche se non l’avrebbe mai ammesso, era dispiaciuta per Ryan, perché di certo non poteva essere sereno ed appagato in quella situazione.

La cerimonia si sarebbe svolta di domenica, come di consueto, al Beverly Hilton Hotel. Già dalla mattina presto, la stanza di Victoria era stata invasa da professionisti della cosmesi e della bellezza, il ‘team del restauro’, come lo chiamava lei. Con lei anche Skyler, pronta per partecipare all’evento, ed eccitata perché alcuni dei clienti che rappresentava erano nominati in diverse categorie. Anche se non amava questi eventi mondani, Victoria non poteva comunque lamentarsi. Era rilassante farsi viziare e coccolare ogni tanto, e tutti i trattamenti di bellezza, le maschere, manicure e pedicure la aiutarono a rilassarsi ed a staccare per qualche ora il cervello. Per l’occasione, Skyler aveva scelto un vestito da vera e propria principessa di Dior, completamente bianco, che ricordava un abito da sposa.

“Dato che dubito fortemente mi sposerò mai, almeno per stasera voglio provare l’ebbrezza di sentirmi una sposina!” esclamò divertita, controllandosi allo specchio.

Victoria, invece, aveva optato, come spesso succedeva, per un abito nero. Era un colore che amava, e che le donava particolarmente vista la carnagione chiara, i capelli biondo miele e gli occhi verde/azzurro. Era senza spalline, fasciante, valorizzava il suo fisico ben proporzionato e formoso nei punti giusti, ed aveva uno spacco intrigante, ma per nulla volgare. Era impreziosito, sul bustino, da ricami di fiori con gemme incastonate che creavano dei suggestivi giochi di luce. A completare l’outfit, una parure di Cartier, composta da collier ed orecchini in oro bianco con diamanti ed onice. Aveva scelto un trucco leggero, sottolineando in particolar modo lo sguardo ed aveva raccolto i capelli in un morbido chignon, dal quale sfuggivano in maniera apparentemente casuale alcune ciocche ad incorniciarle il viso. Erano entrambe bellissime, ed Andrew, da bravo cavaliere le riempì di complimenti.

“Anche quest’anno sarò io l’uomo più invidiato. Siete entrambe stupende” disse l’uomo, vedendo scendere la figlia e la sua amica, pronte per salire sulla limousine e dirigersi al Beverly Hilton.

Appena l’auto si fermò, iniziarono a sentire le urla dei fans di questo o quell’attore, già appostati da ore dietro le transenne per vedere i propri beniamini. Non era certo la prima volta per Victoria, ma ogni anno le sembrava come lo fosse, non si era ancora abituata. Così come non si era ancora abituata al red carpet ed al rito delle foto. Skyler, invece, si divertiva un mondo, viveva tutto come un gioco, cercando di far sciogliere un po' anche l’amica. Andrew, dopo qualche scatto con la figlia, l’aveva lasciata posare da sola, approfittandone per rispondere alle domande di qualche giornalista. Sia Skyler che Victoria erano note nell’ambiente, quindi i fotografi iniziarono a chiamare a gran voce anche loro per aggiudicarsi gli scatti migliori.

Dopo circa venti minuti di quella ‘tortura’, finalmente le ragazze ed Avery riuscirono ad entrare nella sala dove, di lì a poco, sarebbe iniziata la cerimonia. Era finemente addobbata, ed i tavoli erano stati apparecchiati con tovaglie di ottima fattura, ricamate, con centrotavola molto eleganti e raffinati, così come piatti e bicchieri, tutto era di prima qualità, ovviamente. I tavoli erano già stati assegnati e, come sempre, Andrew Avery sedeva in uno di quelli centrali, a pochi passi dal palco, insieme ad alcuni suoi fidati sceneggiatori e soci. Il salone iniziò ben presto a riempirsi degli ospiti, nominati ai premi e non, e Victoria cercò di evitare di guardarsi troppo intorno, per non incrociare nemmeno per sbaglio Ryan. Era passata velocemente dal red carpet all’interno dell’Hotel per evitare di vederlo.

Fortuna o sfortuna vollero che lui e la moglie fossero esattamente al tavolo sistemato dietro quello di Avery, così in pratica Victoria si ritrovò a dar loro le spalle. Tuttavia, sapere che era proprio dietro di lei, le provocò un certo turbamento, che si era illusa di poter controllare. Così vicini eppure mai così lontani.

Come sempre per le loro apparizioni di coppia, Blake e Ryan sembravano perfetti, l’incarnazione vivente del principe e della principessa delle favole. Avrebbero potuto interpretare un adattamento cinematografico della Bella Addormentata, lei nei panni di Aurora e lui del Principe Filippo, tanto erano perfetti, quasi troppo perfetti per sembrare veri. Lei era fasciata in un abito nero di velluto, con inserti dorati, sorridente e per niente restia a posare per i fotografi ed i paparazzi che la chiamavano, mentre lui indossava un tuxedo blu scuro con profili neri e farfallino, e sembrava impaziente di fuggire dai flash. Era bellissimo, anche se il suo sguardo tradiva sempre quella nota malinconica che Victoria aveva imparato a conoscere.

La cerimonia iniziò con qualche minuto di ritardo. Il conduttore di quell’anno era Jimmy Fallon, che riuscì a coinvolgere il pubblico col il monologo iniziale, al quale prese parte anche Ryan, in una sorta di parodia del ruolo interpretato dall’omonimo Gosling in La La Land, candidato a diversi premi. E poi salì nuovamente sul palco per presentare una categoria, ed ogni volta che appariva e che sentiva la sua voce, per Victoria era come spargere sale su una ferita ancora aperta, per quanto si sforzasse ovviamente di mascherare il suo stato d’animo. Di certo non era il luogo né il momento per farsi prendere dai ricordi della breve parentesi che avevano condiviso e poi aveva la sensazione che suo padre si voltasse verso di lei, come a controllarla, proprio ogni volta che Ryan saliva o scendeva dal palco per raggiungere la sala. Inutile dire che quella serata le risultò interminabile, ma alla fine arrivò anche la conclusione della cerimonia, non della serata, però. C’era il consueto after party della Warner Bros, ed ovviamente sarebbe dovuta andare, almeno per presenziare e fare un po' di pubbliche relazioni insieme al padre. Così, dopo un veloce cambio d’abito, i tre raggiunsero la location del party, poco distante dall’Hilton.

C’erano già diversi ospiti, praticamente sembrava che l’intera sala dell’Hilton si fosse trasferita a quell’after party. C’erano ‘addetti ai lavori’ che Victoria conosceva più o meno di vista, attori ed attrici, registi, produttori come suo padre. Erano tutti su di giri ed in vena di festeggiare, soprattutto i candidati che erano riusciti a portarsi a casa l’ambito premio. Ad un certo punto, quando ormai era lì da un’ora abbondante, la ragazza vide con la coda dell’occhio Blake e Ryan. Sembrava che stessero discutendo, lei gesticolava e parlava quasi a mezza bocca, sicuramente per non farsi sentire, ma era evidente che fossero nel bel mezzo di un battibecco, ed alla fine lui si allontanò per raggiungere la zona bar. Sua moglie era palesemente contrariata, ma cercò di far finta di niente, dato il momento e la sala piena di persone, ma quando alzò lo sguardo incrociò quello di Victoria e la sua espressione si indurì. Fu questione di pochi minuti, poi la vide sparire in direzione della toilette.

La ragazza era combattuta, non sapeva cosa fare. Aveva vogli di avvicinarsi a Ryan, in fondo non c’era niente di male nell’andare a prendersi da bere e salutare un conoscente, ma aveva anche paura della reazione che avrebbe potuto avere lui, o sua moglie, in caso li avesse visti. Però Blake non era nei paraggi in quel momento; Andrew era impegnato a parlare con Scorzese, e Skyler stava parlottando con la Hathaway, quindi alla fine si decise, e si avvicinò alla zona bar, dall’altra parte della sala.

Ryan era lì da solo, seduto al bancone, con l’aria pensierosa, ed un bicchiere di scotch davanti.

“Posso avere un Apple Martini, per favore?” disse, rivolgendosi al bartender.

Ryan, riconoscendo la sua voce, si voltò quasi di scatto, fissandola con un’espressione indecifrabile. Lei non riusciva a capire cosa gli stava passando per la testa, se fosse sorpreso, felice di rivederla oppure seccato dalla sua vicinanza. Alla fine stirò una specie di striminzito sorriso di circostanza e bevve un sorso del suo scotch. Nel frattempo il cameriere le servì il drink che aveva richiesto, per poi passare ad altri ospiti e lei si accomodò su uno sgabello, vicino a quello di Ryan.

“Signorina Avery” disse lui, quasi a voler sottolineare un certo distacco, rompendo quel silenzio, senza però guardarla “Come mai fra noi? Sarà già stato uno sforzo immane per te mischiarti a noi poveri morti di fama per la cerimonia, ma addirittura l’after party?” le chiese con malcelato sarcasmo.

“Ho abbondato con lo Chardonnay durante la premiazione e la cena. E vedo che il bar qui è fornito, quindi dovrei avere ancora un po' di autonomia per sopportare voi attori volubili” rispose lei per le rime.

Lui incassò il colpo, finì d’un fiato quel che rimaneva dello scotch e fece per alzarsi, ma lei lo fermò.

“No, per favore, aspetta. Non andare” gli disse, quasi in un soffio, ma sicura che avesse sentito. Infatti si bloccò e restò seduto.

“Mi dispiace che tu non abbia vinto il Golden Globe. Gosling è stato bravo, ma se avessi vinto tu avresti aperto le porte a tanti altri tuoi colleghi che si sono cimentati col mondo dei super eroi. E poi te lo meritavi, solo per l’impegno e la tenacia che ci hai messo per fare il film dopo anni di porte sbattute in faccia” disse.

Lui si voltò verso di lei e la guardò stranito, come se a tutto pensasse tranne all’aver perso il premio.

“Era già tanto essere candidato, non mi aspettavo davvero di vincere” rispose un po' asciutto, stringendo le spalle.

“Tutto qui? Era questo che volevi dirmi?” rimarcò fissandola perplesso, ma ancora lei non si voltava verso di lui e giocherellava col suo bicchiere.

“No” rispose dopo qualche istante “Ma questo non è il momento né il posto per dirti quello che vorrei” ammise, alzando finalmente lo sguardo su di lui.

A quel punto, Ryan sembrava genuinamente spiazzato.

“Quanto ti fermi qui?” gli chiese.

“Un altro paio di giorni al massimo” rispose “Ma pensavo che non volessi più avere a che fare con me” la punzecchiò.

“Possiamo vederci al solito posto? Nella villa che spacci per quella di un tuo amico, e che in realtà è tua?” ribatté lei, spiazzandolo di nuovo.

Tuttavia, non le chiese spiegazioni, si limitò ad annuire.

“Alloggiamo al Four Seasons, mi inventerò qualcosa e ti raggiungerò là domani alle 16, ok? Se ci sono problemi, mandami un messaggio. Adesso è meglio che vada. Non sono sicuro sia una buona idea che ci vedano parlare insieme” aggiunse solo, prima di andarsene.

Victoria rimase ancora qualche minuto al bar, e poi fu raggiunta da Skyler. All’amica bastò guardarla per capire che c’era qualche novità, ma per parlarne liberamente dovettero aspettare la fine della serata, quando lasciarono il party. Andrew se n’era andato una mezz’ora prima delle ragazze, ma aveva lasciato a loro disposizione un’auto con autista.

“Pensi che abbia sbagliato?” domandò all’amica.

“Nemmeno per sogno, hai fatto benissimo! Anzi, direi che finalmente sei rinsavita. Ti sei fatta mille problemi e non ne valeva la pena. Il loro matrimonio è chiaramente una farsa, non ti stai intromettendo nella storia d’amore del secolo. Tu lo ami, lui ti ama, riprenditelo. Vedrai che la mollerà, deve solo capire come uscirne indenne” rispose l’altra, che era già spigliata di suo, figuriamoci alle 3 del mattino, dopo un party e diversi drink in circolo.

“Almeno poi lui tradisce con discrezione e non fa il cretino in giro. Stasera l’ho vista, faceva la gattamorta con tutti i pezzi grossi della Warner, ci mancava giusto che si strusciasse addosso a qualcuno” aggiunse.

Poco dopo l’auto si fermò davanti all’appartamento di Skyler, e poi ripartì per dirigersi a Villa Avery. Inutile dire che per Victoria fu piuttosto complicato prendere sonno. Era stanca, ma continuava a pensare a Ryan, all’effetto che le aveva fatto rivederlo e parlargli, a cosa gli avrebbe detto l’indomani, a come avrebbe potuto reagire lui. Dormì poco e male e l’indomani si svegliò con un bel mal di testa. Bevve due belle tazze di caffè nero, prese un’aspirina e poi in tarda mattinata andò in fondazione, per sbrigare alcune cose, e da lì andò direttamente alla casa di Beverly Hills.

Era un po' in anticipo, non erano ancora le 16, ma Ryan era già lì ed ancora prima che scendesse per suonare il citofono, vide il cancello del viale aprirsi. Lui la aspettò sulla soglia, ed una volta entrata, richiuse la porta alle loro spalle.

“Non ho molto tempo. Le ho detto che dovevo vedere Rhett, ma fra un’ora al massimo dovrò rientrare. Abbiamo il volo stasera” le disse, con un tono piuttosto asciutto, ed affondando le mani nelle tasche dei jeans. Era chiaro che fosse ancora risentito ed arrabbiato, e che non le avrebbe reso il compito facile.

“Come mai hai voluto vedermi?” la incalzò.

“Dritto al sodo!” osservò lei, sedendosi sul divano.

“Non c’è motivo di perdere tempo, non trovi?” rimarcò, sedendosi a sua volta, ma sulla poltrona.

 Victoria lo osservò per qualche istante e poi prese un bel respiro, per darsi coraggio. Era piuttosto orgogliosa, ma sapeva ammettere i propri errori, ed anche se non era semplice per lei chiedergli scusa, sentiva di essere in dolo con lui.

“Non ci girerò troppo intorno, volevo solo dirti che mi dispiace per come sono andate le cose fra noi, per quello che ti ho detto l’ultima volta che ci siamo visti. Sono stata troppo severa forse, troppo rigida, ti ho giudicato e non era mia intenzione” disse, quasi d’un fiato.

Lui la ascoltava e la scrutava attentamente, come se volesse leggerle dentro.

“E come mai sei arrivata a questa conclusione?” le domandò sorpreso, incrociando le braccia al petto “Insomma, mi sei sembrata molto convinta e sicura di quello che dicevi. Hai anche detto che mi sono venduto l’anima al diavolo per restare famoso, e ti cito testualmente” precisò, inarcando appena un sopracciglio.

“Si, mi ricordo bene cosa ti ho detto e ti ho chiesto scusa. Diciamo che forse ora vedo le cose in una prospettiva diversa” rispose lei.

“Ah, una prospettiva diversa” rimarcò lui, che non sembrava molto convinto.

Seguirono alcuni istanti di pesante silenzio, in cui lui continuava a scrutarla. Alla fine sospirò ed appoggiò la schiena allo schienale della poltrona.

“Cosa ti ha detto Blake? Perché c’è lei dietro questo repentino cambio di prospettiva, vero? Ed immagino sia stata lei a dirti che questa casa è mia” riprese a dire, calando l’asso ed arrivando al nocciolo della questione.

Victoria si sentì messa nell’angolino, si sentì piccola e pure un po' stupida. Evidentemente era un libro aperto per lui, era prevedibile e forse lo era anche Blake.

“L’ho incontrata per caso al Four Seasons pochi giorni prima dei Golden Globes. Ho cercato di evitarla, ma ormai mi aveva vista e mi ha raggiunta nei bagni. Sapeva di noi, ha letto dei messaggi sul tuo cellulare e mi ha detto che questo è l’alcova che usi con tutte le tue conquiste. A suo dire non è la prima volta che la tradisci, ed ogni volta però torni da lei con la coda fra le gambe” aggiunse ed a quel punto a Ryan scappò una risata. Di certo non sembrava scalfito né sorpreso da quello che la moglie diceva di lui.

“Non ho mai negato di averla tradita. Ti avevo detto che era già successo un paio di volte, ma ti ho anche detto che non c’era mai stato nessun coinvolgimento e che sei stata la prima per cui ho sentito qualcosa che andasse oltre l’attrazione fisica.” Precisò e Victoria non poteva contraddirlo perché era la verità “E non ti ho detto che questa casa è mia perché temevo avresti pensato subito che la usavo come una specie di garconnière per portarci la fiamma di turno. Non sono un santo, mai detto di esserlo, ma con te è stato diverso, e non ti ho mai mentito”.

“Era sola?” le domandò poi a bruciapelo.

Victoria alzò di scatto lo sguardo su di lui, incerta, ma alla fine fece segno di no col capo.

“Ah ecco, adesso è tutto chiaro” riprese a dire lui, come se avesse risolto un enigma particolarmente complesso.

“L’hai vista con un altro, adesso sai che anche lei mi tradisce, quindi ti senti meno in colpa, e hai pensato che magari avremmo potuto ricominciare da dove ci eravamo interrotti” disse con ovvietà, sicuro delle sue affermazioni.

“Si…cioè no…insomma, non lo so! Io volevo solo chiederti scusa” rispose lei, un po' sulle difensive. Si era scusata, e lui sembrava volerla mettere nell’angolo a tutti i costi.

“Mi sono sentita in colpa per averti giudicato male, non conoscevo tutta la situazione e sono saltata a conclusioni affrettate. Poi quando l’ho vista con un altro ho capito che non era una povera vittima, e mi sono sentita in difetto, volevo solo scusarmi, tutto qui. Ora l’ho fatto, posso anche andare.” Aggiunse, alzandosi per andarsene.

“Non sarei dovuta venire. Io ti chiedo scusa, e tu mi tratti come se avessi fatto chissà cosa! Se anche avessi cambiato idea perché ora so che anche lei ti tradisce, che problema ci sarebbe?” rimarcò stranita.

A quel punto anche lui si alzò e con una veloce falcata si mise fra lei e la porta.

“Davvero non lo capisci o fingi di non capire?” la incalzò “Mi hai accusato di essere un uomo pessimo, di essermi venduto l’anima per la fama, ma siccome anche mia moglie mi tradisce, cambi idea su di me! Ti serviva questo per cambiare idea? Non bastava tutto quello che ci eravamo detti in quei sei mesi? Non ti erano bastate le mie confidenze? Ti ho detto cose di me che solo i miei fratelli sanno, non mi sono mai aperto così tanto con nessun altro. Ti ho detto che mi sono innamorato di te, ma tu non hai voluto aspettare, mi hai messo fretta, mi hai giudicato per il mio matrimonio di facciata ed ora che hai beccato Blake col suo amante cambi opinione e mi chiedi scusa?” rimarcò concitato.

Aveva ragione su tutta la linea, e si sentiva minuscola ora, una puffetta rispetto a lui.

Sospirò ed abbassò lo sguardo.

“Mi dispiace, hai ragione” disse in un soffio “Mi sono fatta prendere dai sensi di colpa. Io non sono mai stata l’amante di nessuno, ero confusa, impaurita anche” continuò, alzando finalmente lo sguardo “Non sapevo più come gestire la cosa. Mi sentivo uno schifo, e forse ero anche stanca di aspettare e di dividerti con lei, non lo nego. Ma mi sentivo così perché ero innamorata di te e non volevo più nascondere quello che c’era fra noi. E in realtà, non ho mai smesso di amarti, ti ho praticamente pensato ogni giorno” ammise infine, mordendosi appena un labbro.

Lui continuava a guardarla, ma senza aprire bocca, il che non la aiutava perché non aveva proprio idea di cosa stesse pensando.

“Meglio che me ne vada ora” riprese a dire lei, e stava per farlo, quando lui la fermò, trattenendola fermamente ma con delicatezza per un polso.

“Nemmeno io ho smesso, e ti ho pensata sempre” rispose infine, abbozzando un sorriso ed attirandola a sé per abbracciarla.

Quanto le erano mancati i suoi abbracci! Aveva quasi dimenticato quella meravigliosa sensazione di sicurezza e protezione che le regalavano. La strinse forte, posandole un bacio sul capo.

“Mi farai finire al manicomio, ragazzina” aggiunse dolcemente in un soffio, strappandole una risata.

“Mi sei mancato. Mi dispiace davvero, per tutto” riprese a dire lei, alzando la testa per guardarlo ed alzandosi sulle punte per rubargli un bacio morbido.

“Anche tu” rispose, ricambiando il suo bacio “Ma la mia situazione è ancora quella. Non posso darti tempi, non posso prometterti niente per adesso.” Aggiunse serio.

Lei annuì.

“Lo so, e mi va bene. Sono sicura, davvero! Non darò i numeri fra un mese, per metterti fretta e non ti chiedo niente. Riprendiamo da dove ci siamo interrotti, vediamoci quando possiamo, con tutte le precauzioni del caso, perché Blake sa di noi, ma vediamoci. Non voglio rinunciare a te, ed aspetterò il tempo necessario” aggiunse senza esitazione.

Lui sorrise ed annuì.

“Dovremo stare super attenti! Ma visto che anche lei ha le sue distrazioni, non può tirare la corda più di tanto. Comunque, non devi preoccupartene, ci penserò io” la rassicurò, accarezzandole la testa.

Da quel giorno, Victoria e Ryan ripresero a frequentarsi, sempre di nascosto, ben attenti a non farsi beccare. Non che le cose si fossero improvvisamente semplificate, ma ora che avevano chiarito, la ragazza si sentiva più leggera, non sentiva più un macigno sulla coscienza. Certo, le pesava non poter dire nulla a suo padre, ma non era il momento, non avrebbe capito. Sperava, comunque, che Ryan sarebbe riuscito a risolvere la situazione con Blake, e che sarebbero potuti uscire allo scoperto, liberi di vivere la loro relazione alla luce del sole.

Passò lentamente un altro anno, fatto di momenti rubati qua e là, com’era ormai diventata la prassi per loro. Si vedevano appena possibile, incontrandosi a metà strada o approfittando di viaggi di lavoro dell’uno o dell’altra.  Fra di loro le cose andavano bene, molto bene, ma i tempi non sembravano ancora maturi per arrivare ad una svolta. Ryan aveva parlato con la sua agente, che era poi anche quella della moglie, con cui condivideva anche l’addetto stampa. Da fuori, continuavano a mantenere la facciata di coppia inossidabile, ad apparire insieme quando era necessario per qualche evento, ma in realtà le trattative erano in corso, nelle fasi embrionali, ma pur sempre avviate, tuttavia era più complicato di quanto si potesse pensare.  Andavano definite diverse questioni, da quelle economiche, a quelle relative alle visite alle bambine. Sicuramente quello era l’aspetto che più preoccupava e frenava Ryan. Non ci fossero stata le figlie, Victoria era certa che avrebbe preso in mano la situazione per darci un taglio netto, ma le bimbe erano il suo tallone d’Achille, era comprensibile e Blake faceva di tutto per sfruttarlo a suo vantaggio. Non era semplice, ma Victoria continuava ad aspettare pazientemente, a stargli vicino e rassicurarlo quando ne aveva bisogno, anche se, ad onor del vero, Ryan faceva il possibile per non farle pesare la sua situazione e per fare in modo che i momenti che riuscivano a ritagliarsi fossero dedicati solo a loro due.

Per il resto, la ragazza continuava a dividersi fra il lavoro nella casa di produzione del padre, e quello in fondazione, che le dava grandi soddisfazioni. Era quasi sempre di corsa, molto impegnata, e fra il lavoro e le corse per raggiungere Ryan da qualche parte qui e là per gli Stati Uniti, non aveva molto tempo di riposarsi. Avrebbe voluto rallentare, soprattutto depennare qualche impegno per la casa di produzione del padre, ma ultimamente lui si affidava molto a lei, delegandole diversi incarichi e facendosi sostituire a riunioni ed appuntamenti anche fuori città. Le sembrava strano, aveva la sensazione di essere come monitorata dal genitore, e a volte si chiedeva se sospettasse qualcosa. Quindi, nonostante una certa stanchezza che ultimamente avvertiva, non voleva saltare nessun impegno, anche se aveva accumulato molti giorni di ferie arretrati. Si convinse che era solo un calo fisiologico, o che forse stava covando qualcosa, si imbottì di vitamine e continuò ad onorare i suoi impegni, fino a quando un pomeriggio, nel bel mezzo di una riunione del consiglio di amministrazione della casa di produzione, cadde lunga distesa per terra. Quando si riprese, si risvegliò in una stanza di ospedale, con una flebo al braccio. Intravide suo padre dalla finestrella della porta, intento a parlare con un medico. Poco dopo quello stesso medico entrò per visitarla e per rassicurarla che era stato un calo di zuccheri, unito ad una leggera anemia, che si sarebbe ripresa presto, ma che sarebbe dovuta restare a riposo ed evitare sforzi, viste le sue condizioni.

“Le mie condizioni?” esclamò lei stranita. Si sentiva meglio, solo un po' stanca, e non capiva a cosa si riferisse il medico.

“Lei è incinta, signorina. Di circa 8 settimane” le disse, quasi con ovvietà “Dovrà stare a riposo, evitare stress, assumere ferro e vitamine, le prescriverò tutto. E poi con calma farà un’ecografia, ma per il momento direi che va tutto bene” aggiunse tranquillo.

Lei invece non credeva alle sue orecchie. Aveva un ritardo, ma non era stata mai molto regolare, soprattutto in periodi di forte stress come quello. Erano settimane che faceva la trottola su e giù da un aereo per lavoro o per vedere Ryan, non ci aveva dato peso. Ed invece era incinta. Erano sempre stati attenti, ma forse non così attenti come credeva. Come l’avrebbe presa lui? E suo padre? Avrebbe dovuto dirglielo, sempre che già non lo sapesse.

Quando il medico la lasciò, entrò proprio suo padre. Sembrava serio, ma Victoria si convinse che fosse per lo spavento. Non le chiese niente di particolare, voleva solo assicurarsi che stesse meglio e già dopo qualche ora fu dimessa. Tuttavia, durante il tragitto fino a casa, Andrew rimase stranamente in silenzio, e lo stesso quella sera a cena.

Solo l’indomani, dopo colazione, e prima di andare in ufficio, chiese alla figlia di raggiungerlo in studio.

“Se è per quelle relazioni che dovevo preparare coi prospetti ed i budget dei prossimi film in pre produzione, è tutto a posto, sono pronte da un paio di giorni, ho chiamato Lauren prima e le avrai in mattinata” lo anticipò la figlia, sperando che volesse parlarle di lavoro.

“No, no, non è per quello. Non sono preoccupato per il lavoro, ma per te” disse serio.

“Ma non devi, io sto bene. Un paio di giorni di riposo e tornerò come nuova” rispose lei, abbozzando un sorriso, ma il dubbio che suo padre fosse a conoscenza del suo stato diventava sempre più concreto.

Andrew sospirò.

“Credo sia arrivato il momento di parlare” riprese a dire, poi aprì il cassetto chiuso a chiave della suo scrivania, e ne estrasse una busta grande gialla.

Victoria si avvicinò, la aprì e vi trovò una serie di scatti suoi e di Ryan insieme. Erano scatti di mesi fa, ma anche più recenti, come se qualcuno li avesse seguiti.

 

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Capitolo 14
*** Cap. 14 ***


“Ma…cosa?” farfugliò incredula, alternando lo sguardo dalle foto al padre.

“Dimmelo tu cosa sono. Cosa significa?” la incalzò Andrew “Avevo intuito che mi nascondevi qualcosa, ma mai e poi mai avrei pensato che ti saresti fatta abbindolare da un attoruncolo qualsiasi fino a diventare la sua amante.” Concluse serio.

“Mi hai fatta seguire?” gli domandò stranita “Come hai potuto?” rimarcò delusa.

“Come ho potuto? Sono tuo padre, mi preoccupo per te! Stai buttando via la tua vita per essere lo svago del mese di quell’attore da strapazzo, che per giunta è sposato e con una famiglia” rimarcò serio e con una durezza nello sguardo che non le aveva mai riservato.

“Tu non lo conosci, non sai niente di lui” rispose la figlia, lasciando ricadere le foto sulla scrivania “Come hai potuto fare una cosa simile? Sono tua figlia, e mi hai messo alle calcagna un investigatore?”

“Certo, e lo rifarei mille volte. Tu sei troppo ingenua, non sai di cosa sono capaci certi uomini. Quello vuole solo usarti” tagliò corto.

“Ryan mi ama, non gliene frega niente del mio cognome, di te o della casa di produzione” sbottò ferita e punta nell’orgoglio. Non ci stava a passare per una povera cretina che si fa irretire.

“Se ti ama così tanto perché è ancora sposato? Quello ti sta usando, non capisci?” rispose lui, alzando la voce, tanto da farla quasi sussultare.

Avevano sempre avuto un ottimo rapporto, Andrew le aveva fatto anche da madre, a modo suo ovviamente, ma non c’erano mai stati screzi, né lei gli aveva mai dato modo di preoccuparsi per lui.

“Tesoro, io ti voglio bene, lo sai, e voglio solo aiutarti, ma devi capire che quell’uomo ti sta prendendo in giro” riprese a dire, cercando di calmarsi.

“Non mi serve il tuo aiuto. Se solo lo conoscessi, capiresti perché mi sono innamorata di lui. So che la situazione è poco ortodossa, ma…” stava dicendo.

“Poco ortodossa?” sbottò Andrew “Sei l’amante di un uomo sposato e aspetti un figlio da lui!” aggiunse.

A quel punto non c’era più dubbio, sapeva tutto. Victoria si sentì quasi mancare il fiato e si mise a sedere.

“Credevi non lo sapessi?” osservò lui “Quando ieri il medico me l’ha detto, pensavo fosse uno scherzo. Era convinto che tu lo sapessi e che ne fossi a conoscenza anche io. Cosa pensi che farà il tuo caro Ryan? Pensi che farà i salti? Sono così deluso. Sei sempre stata una ragazza con la testa sulle spalle, giudiziosa. Pensavo avessi capito che nel nostro ambiente ci sono persone opportuniste e senza scrupoli, e invece ti sei fatta imbambolare dal primo belloccio con due moine” la incalzò, stentando a mascherare il suo nervosismo e disappunto.

“Dobbiamo sistemare questa situazione” aggiunse sospirando.

“Cosa intendi?” rimarcò lei, sempre più perplessa. Le sembrava improvvisamente di non riconoscere più in quell’uomo suo padre.

“Intendo dire che bisogna trovare una soluzione al problema. Puoi interrompere la gravidanza o dare il bambino in adozione. E devi troncare questa tresca con quel Reynolds prima che tutti vengano a saperlo” disse serio e quasi spazientito, come se la sua risposta fosse ovvia.

“Non dici sul serio” farfugliò Victoria, ma dall’espressione del padre capì che era terribilmente serio e convinto di avere ragione.

“No!” rispose perentoria “Non lo farò mai. Anche se non era programmato, terrò questo bambino, lo crescerò con Ryan, o anche da sola se lui non volesse, ma non me ne sbarazzerò. E mi meraviglia che tu possa anche solo pensare una cosa simile” concluse asciutta e ferita.

“Bene, allora non c’è niente da aggiungere. Se questa è la tua decisione, se vuoi ostinarti a rovinarti la vita, continua a farlo, ma lontano da qui” rispose Andrew, per nulla disposto a cedere.

“Mi stai cacciando ci casa?” rimarcò, sempre più sconcertata.

“Se questo è il modo in cui hai deciso di vivere la tua vita, si. Prendi le tue cose e cerca un’altra sistemazione.” Tagliò corto lui e senza nemmeno darle modo di rispondere, si alzò e se ne andò, sbattendo la porta.

Victoria rimase lì, incredula, ferita, delusa, con le lacrime agli occhi. Aveva sempre trovato un sostegno ed un supporto in suo padre in tutti quegli anni, e non le sembrava vero di ritrovarsi ora in quella situazione assurda, quasi surreale. Mai come allora aveva sentito il bisogno di sua madre accanto. Aveva appena scoperto di essere incinta, si sentiva smarrita, spaventata anche, aveva paura della reazione di Ryan, paura che rifiutasse lei ed il bambino. Avrebbe avuto bisogno di comprensione e protezione e proprio suo padre l’aveva messa di fronte ad un out out, arrivando addirittura a cacciarla, come se si fosse macchiata di chissà quale grave macchia!
Dopo un iniziale e comprensibile smarrimento, Victoria salì nella sua camera, iniziò ad infilare vestiti ed altre cose alla rinfusa in una valigia, e poi andò da sua zia Charlotte. Skyler era fuori per lavoro, ed in ogni caso sua zia era la figura femminile più simile e vicina a quella materna cui poter far riferimento.

A Charlotte bastò vedere l’espressione triste della nipote ed i suoi occhi arrossati per capire che era successo qualcosa di serio, ma mai si sarebbe aspettava di sentire quello che la ragazza aveva da dirle. Sapeva della sua relazione con un uomo sposato, questo Vicky glielo aveva detto all’inizio della sua storia con Ryan, ora sapeva anche con precisione chi fosse quest’uomo misterioso, ma non fu tanto quello a sconcertarla, quanto la reazione di Andrew.

“Giuro che vado da lui e lo faccio ragionare a costo di prenderlo a ceffoni! Ma cosa gli dice il cervello?” sbottò Charlotte. Era sempre stata una donna molto equilibrata, posata, difficilmente aveva reazioni veementi, ma in quel caso la rabbia ed il dispiacere per quanto stava passando la nipote avevano avuto la meglio. Faceva avanti ed indietro per il salotto come un animale in gabbia e sarebbe stata più che capace di difendere Victoria, che per lei era una figlia, proprio come una leonessa, se necessario.

“Conosci papà. E’ testardo e quando si mette in testa qualcosa, non si riesce a fargli cambiare idea. Si è convinto che Ryan mi stia usando, e che io sia una povera stupida che si è fatta plagiare da due moine. Non cambierà idea” osservò stancamente la ragazza, con gli occhi ancora rossi, restando accoccolata sul divano del salotto, con una coperta addosso.

“Ma sei sua figlia! Possibile che non riesca a capire che in questo momento hai bisogno di affetto, di comprensione e di tranquillità?” insistette la donna “Se tua madre fosse qui…” aggiunse, ma poi si bloccò.

Si passò una mano fra i capelli, sospirò e poi si avvicinò alla nipote, sedendosi accanto a lei.

“Magari fosse qui” disse in un soffio Victoria, intristendosi ulteriormente.

“Lo so, tesoro. Non sai quanto lo vorrei anche io! Ma sono convinta che sia qui, solo non nel modo o nella forma che vorremmo” osservò dolcemente, accarezzandole il viso.

“Per fortuna ci sei tu, zia” aggiunse la ragazza, abbracciandola stretta. Era davvero smarrita come un cucciolo “Non so cosa devo fare” disse in un soffio.

“Per prima cosa, devi mangiare qualcosa, anche se non hai fame, devi sforzarti. Devi tenerti in forze” riprese a dire Charlotte, staccandosi appena, e scostandole alcuni capelli dal viso, con fare materno “E poi devi dire del bambino a Ryan. Rimandare non servirà a niente, prima saprà e meglio sarà. Immagino anche che dovrà rivedere i suoi piani con la moglie sul divorzio e velocizzare i tempi, quindi è giusto che sappia. E per il resto, vedremo man mano. Non sei sola, tesoro” la rassicurò.

La ragazza rimase in silenzio alcuni istanti, ma era evidente che stesse pensando a qualcosa.

“E se lui non la prendesse bene? Se pensasse che l’ho fatto apposta per incastrarlo, per mettergli fretta?” domandò concitata “Se non volesse saperne niente del bambino?” aggiunse impaurita, alzando il suo sguardo smarrito sulla zia.

“Allora sarebbe un idiota, e sarebbe meglio perderlo che trovarlo!” rispose Charlotte, senza alcuna esitazione “Qualsiasi cosa succeda con lui o con tuo padre, io ci sarò sempre per te. Non ti lascerei mai sola. Se questo Ryan malauguratamente si comportasse da imbecille e si rifiutasse di fare il suo dovere, allora ti occuperai del bambino o bambina senza di lui, ed io ti darò una mano!” la rassicurò.

“Adesso però basta pensieri tristi e basta preoccuparsi! Riposati un po', io intanto preparo qualcosa da mangiare” riprese a dire.

Poco dopo si misero a tavola, e Victoria si sforzò di mangiare qualcosa, più che altro per tenersi in forze e per il bambino, ma aveva lo stomaco quasi completamente chiuso. Sua zia non la forzò, capiva che era un momento difficile, e dopocena la ragazza salì nella stanza degli ospiti per riposare. Ryan la chiamò un paio di volte, ma lei non si sentiva ancora pronta per parlargli. Non gli avrebbe mai dato una notizia così importante per telefono, ma era certa che lui avrebbe capito che qualcosa non andava solo dal tono della sua voce, così preferì non rispondere, e prima di addormentarsi gli inviò un messaggio per rassicurarlo che stava bene, e che l’avrebbe richiamato l’indomani. Nonostante i tanti pensieri che la tormentavano, era stata una giornata talmente pesante, che riuscì ad addormentarsi quasi subito, e fece tutta una tirata fino all’indomani.
Fece colazione con sua zia Charlotte, che aveva appositamente aspettato che scendesse prima di scappare in fondazione, ma le aveva lasciato integratori e vitamine da prendere in cucina, e si era raccomandata di chiamarla per ogni evenienza.

La ragazza controllò distrattamente il cellulare, mentre finiva la colazione. C’era un messaggio di Ryan, ma nient’altro. Sperava di trovare una chiamata o un messaggio di suo padre, ma niente, esattamente come temeva.

 A quel punto, si decise a chiamare Ryan, sperando che avrebbero potuto vedersi presto, così gli avrebbe dato la notizia di persona. Lei difficilmente si sarebbe potuta spostare, visto che il medico le aveva raccomandato di stare a riposo, ma questo Ryan ancora non poteva immaginarlo. Aveva una fifa blu che lui potesse prenderla male, ma non poteva certo rimandare all’infinito ed aspettare che fosse il pancione ad esplodere e a parlare per sé.

“Ehi, ciao” le rispose quasi subito.

“Ieri mi stavo preoccupando! Due chiamate su due senza risposta, non è da te. Ho anche pensato che fossi incazzata con me, ma non ce ne sarebbe stato motivo, almeno non che io ricordassi” osservò e lo sentì sorridere.

“Scusa, è che sono stata impegnata fino a tardi in ufficio, una riunione dietro l’altra e quando sono tornata a casa avevo solo voglia di una doccia e di dormire” rispose, inventando una scusa plausibile.

“Capisco. Certo che il tuo vecchio ti sta mettendo sotto. E io che pensavo che come figlia del capo avessi un trattamento di favore” la prese affettuosamente in giro.

“Mi manchi” scappò detto di getto alla ragazza.

“Anche tu” rispose lui, prima di restare un attimo in silenzio “Vic, tutto bene? Mi sembri strana, triste. E’ successo qualcosa?” le domandò.

“No, no, sono solo un po' stanca, ma va tutto bene. E andrebbe ancora meglio se mi dicessi che presto sarai a Los Angeles” aggiunse speranzosa.

“Una settimana è abbastanza presto per te?” rispose.

Si erano visti l’ultima volta due settimane prima, e la sola idea di dover aspettare altri sette giorni per Victoria era una tortura, ma non poteva dirglielo.

“Devo presenziare all’apertura di un nuovo negozio Piaget, e fare un paio di interviste con servizi fotografici annessi. Dovrei fermarmi tre o quattro giorni. Tu sarai lì, vero? Non è che all’ultimo il paparino ti spedisce in culonia per qualche altra riunione?” le chiese.

“No, no, tranquillo, sarò qui! Non vedo l’ora di vederti” ammise.

“Anch’io! Vorrei vederti più spesso, lo sai, ma sto lavorando a quella cosa e spero di avere buone notizie prima possibile” aggiunse, riferendosi ovviamente al divorzio.

Si salutarono e, se in parte averlo sentito aveva rassicurato Victoria, dall’altra aveva amplificato le sue paure. Lui non sapeva e non immaginava di certo la notizia che gli avrebbe dato. Passò quei sette giorni che la dividevano dall’incontro con lui ad immaginare la sua reazione, immaginandosene ogni volta una diversa, ma più si avvicinava il giorno del suo arrivo, più cresceva in lei la paura di un rifiuto e di una reazione negativa da parte di Ryan.

Non era più andata in ufficio, non voleva incrociare suo padre e poi era abbastanza chiaro che estromettendola dalla sua casa e dalla sua vita, suo padre volesse estrometterla anche dalla casa di produzione. Era rimasta quasi sempre in casa, uscendo solo per andare dalla ginecologa a fare le analisi e l’ecografia che le aveva prescritto il medico del pronto soccorso quando si era sentita male. Avrebbe voluto rimandare, aspettare di dare la notizia a Ryan, ma sua zia aveva tanto insistito ed alla fine l’aveva spuntata. La gravidanza stava procedendo bene, il bambino era, in quella fase, una specie di macchietta, ma stava cresceva secondo i parametri e lei tutto sommato si sentiva in forma, a parte qualche nausea mattutina.

Non sapeva nemmeno lei come si stava davvero, se era felice o meno. Forse doveva metabolizzare la notizia della gravidanza. Era successo sicuramente in maniera inaspettata, era un fuori programma. Era ancora giovane, non aveva mai pensato seriamente a mettere su famiglia, mai, nemmeno con Josh, con cui era stata per diverso tempo. In quel caso forse era in parte dovuto al fatto che non era mai stata sicura di loro come coppia, che non ne era profondamente innamorata; mentre ora, con Ryan, era la tempistica ad essere assolutamente sbagliata. Lui era ancora impegnato a capire come tirarsi fuori da un matrimonio di facciata senza troppi danni e senza rischiare di non vedere più le due figlie che già aveva, e poi avrebbe voluto altri figli? Per ovvi motivi non ne avevano mai parlato, e non si poteva nemmeno dire che fossero una coppia rodata. L’arrivo di un figlio è spesso uno scossone anche per quelle più collaudate, figuriamoci per loro, che si vedevano come ladri, rubando ore qua e là. Era davvero una situazione delicata per lei, e lo scompenso ormonale derivante dalla gravidanza di certo non la aiutava.

Ryan sarebbe arrivato di lì ad un paio d’ore, nel primo pomeriggio. Charlotte era in fondazione, come sempre, e quella sera avrebbe partecipato ad una serata di gala benefica. Di solito anche Victoria la accompagnava, ma data la situazione, sua zia nemmeno glielo chiese. La ragazza pensò di approfittare della sua assenza per chiedere a Ryan di raggiungerla al suo indirizzo, in modo da evitare di uscire, ed anche per essere in un ambiente che conosceva, che era un po' come casa per lei, nel momento in cui gli avrebbe detto del bambino. Era già abbastanza preoccupata e confusa, voleva almeno la sicurezza di ‘giocare in casa’. Dal canto suo, lui era talmente impaziente di rivederla, che non chiese spiegazioni ed intorno alle 15, arrivò all’appartamento di Charlotte, che si trovava in un’elegante palazzina in una zona residenziale.

“Ciao!” esclamò, appena la vide sulla soglia, abbracciandola stretta. Lei ricambiò e si strinse a lui, inspirando il suo profumo.

“Ben arrivato!” gli disse, facendolo poi accomodare “Hai fatto buon volo? Hai mangiato o vuoi qualcosa?” gli chiese.

“Qualche turbolenza, ho mangiato un tramezzino, ma ha adesso non ho fame, ho solo voglia di stare con te” rispose vispo, attirandola a sé e rubandole un bacio da urlo. E probabilmente sarebbe andato anche oltre, se lei non avesse rallentato.

“Scusa, è che mi sei mancata. Mi sembra di non vederti da secoli” osservò lui, con l’aria un po' delusa, come un bambino a cui hanno tolto il suo gioco preferito.

“A proposito…” riprese a dire, guardandosi intorno “Questo appartamento di chi è?” le chiese.

“E’ di mia zia Charlotte” rispose lei, e lui subito sgranò gli occhi, forse temendo che non fossero soli e che di lì a poco sarebbe comparsa la zia “Ma è fuori, non preoccuparti. E’ al lavoro e più tardi ha una cena di beneficenza, quindi rientrerà tardi” gli spiegò, mettendosi a sedere sul divano.

“Ah, capisco” rispose lui, soffermandosi a guardare alcune foto sopra al camino.

“Questa sei tu?” le chiese, prendendone una che mostrava una bambina a cavallo.

“Si, sono io! Penso fosse una delle prime volte che andavo al maneggio. Mia zia adora i cavalli, ne ha anche avuti in passato, mi portava sempre volentieri” rispose.

“Quanto eri carina con le codine” ridacchiò lui.

Poi posò la cornice e si mise a sua volta a sedere.

“Devo farti avere una copia delle chiavi di casa a Beverly Hills. E’ assurdo che non ci abbia pensato prima! Non so dove ho la testa. Così almeno puoi andare e venire liberamente. Lì è una zona tranquilla, nessuno ci beccherà” aggiunse, accarezzandole una gamba.

Poi si fermò a scrutarla.

“Mi sembri pallida. E stanca. Non è che stai covando qualcosa?” le domandò, osservandola attentamente.

Lei sospirò e rialzò lo sguardo per incrociare il suo. Era adorabile con quell’aria preoccupata.

“Sto bene, ma dobbiamo parlare” iniziò a dire, tormentandosi appena le mani.

Lui si fece subito serio ed annuì.

“Senti, se è per la mia situazione, per il divorzio, io ci sto lavorando, giuro! Lo so che vorresti dei tempi più rapidi, anche io, credimi, ma ci sono degli equilibri fragili al momento e non posso fare mosse avventate o passi falsi! Ma ci arriveremo presto, te lo prometto” le stava appunto dicendo lui, quando lei sganciò la bomba.

“Ryan, sono incinta” gli disse, senza girarci intorno. Non ce la faceva più a tenere quella notizia per sé, ed anche se magari non aveva scelto il modo più delicato per comunicarglielo, si sentiva sollevata ora.

Lui restò immobile a fissarla, poi sgranò gli occhi, scuotendo appena il capo.

“Co-come prego?” farfugliò.

“Non era così che volevo dirtelo, non so nemmeno se c’era un modo giusto di darti una notizia del genere, ma è così, sono incinta. Aspetto un bambino da te” rimarcò, senza distogliere lo sguardo dal suo.

Probabilmente stava per venirgli un infarto, perché era immobile e non spiccicava parola.

Poi si guardò intorno, individuò il mobile bar in fondo alla stanza e si alzò, avvicinandosi con passo spedito.

“Scusa, ho bisogno di qualcosa di forte. Spero a tua zia non dispiaccia” disse solo, armeggiando per versarsi dello scotch, che bevve d’un fiato.

“Cazzo, se era forte” borbottò appena, tornando a sedersi vicino a lei.

Sospirò, si passò una mano sulla barba, come a massaggiarsi il mento, alternando lo sguardo da lei al tavolino del salotto.

“Quindi…sei incinta. E sei sicura, ovviamente, si?” disse incerto.

“Si, sono sicura. Mi sentivo strana da un po', sempre stanca, ma venivo da settimane impegnative, non ci ho dato peso. Poi mi sono sentita male in ufficio, e ho fatto le analisi. Pochi giorni fa ho fatto anche un’ecografia. Sono di nove settimane adesso” rispose.

“Oh, ok. Quindi c’è già un’ecografia” rimarcò lui, prima che il silenzio calasse nuovamente fra loro.

“Scusa, non so cosa dire. Non immaginavo” aggiunse poi “Ero convinto di essere sempre stato attento”

“Lo so, lo so. Anch’io sono rimasta scioccata. Devo ancora metabolizzarlo” ammise lei “Senti Ryan, non mi devi niente, ok? Insomma, non hai nessun obbligo” aggiunse.

Lui si voltò, strizzando appena gli occhi, con aria perplessa.

“Cosa vuoi dire?” rimarcò incerto.

“Quello che ho detto. Non voglio che tu ti senta in dovere di fare niente, insomma, non ti chiedo niente” rispose “So che è successo nel momento meno opportuno, che non era in programma e che siamo già abbastanza incasinati, tu soprattutto, quindi non voglio che tu ti senta incastrato, ecco tutto” aggiunse.

“Incastrato?” rimarcò perplesso “Siamo incasinati, è vero, ma è anche figlio mio. Per caso hai pensato che me ne sarei lavato le mani? L’abbiamo fatto in due” rimarcò lui fissandola.

“No, non ho detto questo, ma…” stava dicendo.

“Ma cosa?” la incalzò lui.

“Andiamo Ryan! Siamo in un casino! E io rimango incinta! Non ne abbiamo mai nemmeno lontanamente parlato, tu non sai ancora quando potrai divorziare. E’ stato uno shock per me, non mi aspettavo certo che tu facessi i salti!” sbottò, alzandosi per andare a prendersi dell’acqua.

“Non volevo darti addosso” riprese a dire lui, dopo qualche istante. Quindi sospirò e si alzò per raggiungerla in cucina, poggiando una spalla allo stipite della porta ed osservandola.

“Tu come stai?” le domandò, quasi spiazzandola, perché in fondo nemmeno lei in quei giorni si era soffermata molto a pensare a come si sentisse.

“Non lo so. Fisicamente, abbastanza bene. Ho qualche nausea, ma niente di strano vista la situazione. Per il resto, non lo so” ammise.

“Tuo padre lo sa?” le chiese a quel punto.

Non servì nemmeno che rispondesse, gli bastò la sua espressione per averne conferma.

“Credo ti servirà un altro bicchiere di scotch” rimarcò lei, andando a preparargliene uno. Poi tornarono entrambi in salotto e lei gli raccontò il resto, ovvero della reazione di suo padre, ma soprattutto delle foto scattate dall’investigatore che li aveva seguiti per contro di Andrew.

“Non ci credo. Ma che razza di stronzo!” sbottò Ryan.

“Scusa so che sto parlando di tuo padre, ma ci rendiamo conto? Ti ha fatta seguire da un investigatore e ti ha praticamente cacciato di casa perché stai con me e sei incinta. Adesso basta, ora vado da lui” concluse serio, recuperando la giacca. Sembrava davvero deciso, in quel momento le ricordava Patrick Swayze, quando in Dirty Dancing diceva la famosa battuta ‘nessuno mette Baby in un angolo”.

“No, Ryan, ti prego” gli disse, seguendolo fino alla porta per fermarlo.

“Peggioreresti solo le cose!” continuò, mettendosi fisicamente fra lui e la porta “Io lo conosco. E’ meglio lasciarlo sbollire. Se lo affronti adesso, finirete per litigare pesantemente, a quel punto diventerà una cosa personale per lui, se la legherà al dito e farà di tutto per darti addosso” aggiunse.

“E’ già personale” rispose lui di getto, e con un certo nervosismo.

Poi fece un bel respiro, per darsi una calmata.

“Non ce l’ho con te” precisò subito.

“Lo so, lo so” lo rassicurò lei, allungando una mano per accarezzargli una guancia.

“Non riesco a credere che abbia davvero potuto fare una cosa simile e cacciarti di casa” riprese a dire lui.

“Nemmeno io, ma l’ha fatto” osservò, abbassando lo sguardo.

“MI dispiace” le disse, attirandola a sé per abbracciarla, ed il suo abbraccio protettivo era proprio quello di cui Victoria aveva più bisogno in quel momento.

“In qualche modo faremo, ok?” rimarcò poi, staccandosi appena per guardarla negli occhi.

“Adesso però ti siedi e ti riposi. Hai l’aria sbattuta” aggiunse, riaccompagnandola sul divano.

“Ma sto bene, davvero” cercò di protestare lei, ma inutilmente, tanto ormai sapeva benissimo quanto sapesse essere ostinato Ryan.

Si sistemarono sul divano, lui lasciò che lei gli si accoccolasse addosso, circondandole le spalle con un braccio. E così, coccolata da lui, quasi senza rendersene conto, la ragazza si appisolò. Fece un bel pisolino, e quando si svegliò, diverse ore dopo, fuori ormai era buio, c’era solo la luce della cucina a rischiarare lievemente il salotto. Si tirò un po' su, stropicciandosi appena gli occhi con una mano e si voltò in direzione della cucina, da dove sentiva parlottare Ryan e sua zia Charlotte, che nel frattempo era rientrata dalla serata di gala.

 

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Cap. 15 ***


Charlotte e Ryan stavano parlando fitto fitto, ma non appena la donna si accorse che Victoria si era svegliata, smise di colpo di parlare ed abbozzò un sorriso in sua direzione. Anche Ryan si voltò subito verso di lei.

“Ehi, ben svegliata!” esclamò divertito, alzandosi e raggiungendola.

“Sei un ghiro! Pensavo avresti continuato a dormire fino a domani mattina” la prese affettuosamente in giro, sedendosi accanto a lei.

“Non mi sono nemmeno resa conto di essermi addormentata! Mi ricordo solo che stavamo parlando” rispose lei, stropicciandosi gli occhi.

“E’ un modo sottile per dirmi che sono noioso e soporifero?” rimarcò lui ridacchiando.

“Io penso sia normale. E’ incinta!” intervenne Charlotte, raggiungendoli “Anche tua madre, quando aspettava te, si addormentava ovunque” rise.

“Bè, io sono un po' stanca. E, visto che sei in ottime mani, ne approfitto e salgo in camera. Ci vediamo domani, tesoro!” aggiunse, stampando un bacio in fronte alla nipote, per poi spostare lo sguardo su Ryan “E’ stato un piacere conoscerti Ryan. A presto” aggiunse, per poi salire di sopra.

“E’ in gamba tua zia” riprese a dire lui.

“Già, lo è davvero. Senza di lei, non so come farei. Soprattutto, non so come avrei fatto in questi giorni” ammise la ragazza, sospirando.

Restò in silenzio per qualche istante, osservando Ryan di sottecchi.

“Di cosa stavate parlando?” gli domandò poi.

“Di te” rispose lui, senza esitazione “Di noi, di quello che succederà adesso” aggiunse.

“Cosa succederà?” lo incalzò.

“Credo lo sappia anche tu. Un bel casino” rispose, cercando comunque di mantenere un tono incoraggiante e di non farla preoccupare “Ma non ti devi preoccupare. Ci penserò io a gestire la cosa. Tu devi solo pensare a te, al fagiolino e a non stressarti troppo” aggiunse subito.

Lei abbozzò un sorriso amaro.

“Come faccio a non preoccuparmi? Non riguarda solo te. Insomma, apprezzo che tu voglia proteggermi ed evitarmi problemi e preoccupazioni, ma siamo in questo casino insieme. E non sarà semplice” osservò.

“Comunque, finora abbiamo sempre e solo parlato di me, ma tu? Tu come ti senti?” gli domandò incerta, scrutandolo per vedere la sua reazione e carpirne lo stato d’animo. In realtà voleva capire se fosse contento o meno all’idea di avere un altro figlio.

“Io sto bene. Ammetto che sono sorpreso, non me l’aspettavo. Insomma, anche tu hai detto di essere rimasta spiazzata, giusto? Non l’avevamo programmato, ma un bambino è sempre una benedizione e poi non è un bambino qualsiasi, è il nostro” rimarcò con tono dolce, abbassando lo sguardo sul suo pancino, ancora piatto.

“Non sei preoccupato per la tua immagine?” gli chiese lei. Non che dubitasse delle sue parole o della sua sincerità, ma sin da subito era stato chiaro che fosse molto consapevole della sua immagine pubblica, della sua reputazione, ed era proprio per quello che da mesi stava negoziando il divorzio. Quindi ora, con un bambino in arrivo e concepito al di fuori del suo legame matrimoniale, la situazione era ulteriormente compromessa ed aggravata e Victoria voleva capire come si sentisse davvero lui al riguardo.

“Veramente al momento sono più preoccupato per te, che per la mia immagine. Sei incinta, sei ai ferri corti col tuo vecchio, ti ha addirittura cacciata di casa. Non è così che dovresti vivere la tua prima gravidanza, dovresti stare tranquilla, ma non lo sei oggi e non lo sarai nemmeno nei prossimi giorni “ rispose lui, assumendo quella sua solita aria pensierosa che aveva sempre quando qualcosa lo preoccupava seriamente.

“Ovviamente tutti i programmi e le trattative per il divorzio andranno a farsi benedire” riprese a dire, sospirando “Appena tornerò a New York parlerò con la mia agente e vedremo come gestire la cosa. Blake darà i numeri, mi affosserà, mi farà passare per un bastardo fedifrago che non si è accontentato di tradirla per mesi, ma che ha anche messo incinta l’amante. Ma va bene. Insomma, in fondo è andata così, e sono pronto ad assumermene le responsabilità. Certo, anche lei mi tradisce da un po', ma non verremo trattati nello stesso modo. Mi preoccupa come verrai trattata tu e non sono sicuro che tu sia pronta a finire in questo tritacarne Vic. Sarà un macello. Ti faranno passare per quella che non sei, scriveranno le peggio cose, quindi voglio che tu mi prometta che non ti farai scalfire da niente di quello che leggerai o sentirai, anzi, meglio ancora, non leggere niente, non usare internet, evita i giornali, la tv, guarda solo dvd per i prossimi mesi” aggiunse concitato e sinceramente in ansia per lei.

Lei sorrise e gli prese una mano.

“Ehi, calma. Te lo prometto, ok? Ma tu promettimi che la smetterai di essere così apprensivo. Se vuoi fare la chioccia mi va bene, ma tieni il meglio per il fagiolino. Io me la caverò. Sono più tosta di quanto possa sembrarti” osservò, allungando la mano libera per accarezzargli una guancia.

“Lo so che sei tosta, ma sarà un circo, non sarà piacevole” rimarcò.

“Sarai un bravissimo papà” ribattè lei, con aria quasi sognante, nonostante tutto, già immaginandosi quanto sarebbe stato fantastico col loro bambino o bambina. Ma si ricordò subito che lui era già padre. E si domandava se sua moglie gli avrebbe impedito o quantomeno reso difficile vedere le sue figlie, una volta sapute le novità e si fece seria.

“Volevo dire che lo sei già e che lo sarai anche con questo bambino” corresse il tiro “Pensi che lei ti creerà problemi con le bambine?” gli domandò.

Lui sospirò.

“Vorrei dirti di no, ma la conosco abbastanza da sapere che farà il possibile per rendermi la vita un inferno” rispose serio “Tu non preoccuparti di questo, me la vedrò io con lei” aggiunse.

Poi controllò l’ora. “Vorrei rimanere, ma è tardi, tu hai bisogno di dormire e anche io.” Riprese a dire “Domani ho quelle interviste, ma mi faccio sentire appena mi libero, ok? E spero di passare prima di sera. Tu riposati, ok?” si raccomandò.

Le rubò un bacio morbido e poi, recuperata la giacca, se ne andò.

Prendere sonno quella notte fu un’impresa più unica che rara per Victoria quella notte, sia perché aveva già dormito sia perché troppi pensieri le frullavano in testa. Poco prima con Ryan aveva quasi minimizzato, ma era perfettamente consapevole che, una volta resa nota la loro storia e la gravidanza, sarebbe iniziato per loro un tritacarne mediatico e non era davvero certa di essere preparata. Fino ad allora non era mai davvero stata nell’occhio del ciclone, non aveva mai seriamente dato scandalo, se non con la sua relazione con Kevin, il tennista, ma quello era niente rispetto alla situazione attuale. In fondo la stampa ed i media non erano mai andati oltre con lei, per il cognome che portava. Se avesse avuto suo padre dalla sua parte anche quella volta, si sarebbe sentita meno smarrita, più sicura, ma stavolta sarebbe stato diverso. Suo padre era stato chiarissimo, non sarebbe stato pronto a pararle le spalle, sarebbe stata sola. Certo, c’era Ryan, ma non voleva in alcun modo pesare su di lui, perché era certa che avrebbe avuto già abbastanza problemi a fronteggiare le reazioni e gli attacchi della sua quasi ex moglie e non voleva che si preoccupasse anche di lei.

Alla fine si addormentò a notte fonda, e l’indomani erano da poco passate le 8, quando si svegliò. Scese in cucina e trovò sua zia già intenta a preparare la colazione.

“Buongiorno, tesoro. Dormito bene? Nausee stamattina?” le domandò premurosa.

“Per adesso, stranamente, no!” rispose la ragazza, sedendosi a tavola.

“Ho faticato un po' a prendere sonno. Ho dormito troppo ieri pomeriggio. Mi sento anche in colpa, volevo stare con Ryan e invece sono crollata come una pera cotta. E meno male che sei arrivata tu, altrimenti avrebbe passato tutta la sera a guardare me dormire” rimarcò sorridendo.

“Non credo gli sarebbe dispiaciuto, sai?” rispose sua zia, raggiungendola a tavola con latte, the e biscotti vari.

“E’ una brava persona” riprese a dire sua zia “Almeno, per quel poco che ho visto e sentito ieri. Mi ha fatto una buona impressione. Certo, la situazione non è per niente semplice, ma solo rendermi conto che non ha intenzione di lasciarti da sola, mi ha molto rassicurata” continuò “Mi sembra che tenga davvero molto a te, e mi è parso sincero, quindi….” Aggiunse.

“Adesso hai capito perché mi sono innamorata e sono andata contro le mie stesse regole, frequentandolo anche se era già sposato” rimarcò la ragazza.

“Bè, è innegabilmente molto carino, prestante, con un bel fisico atletico. Ma ha quello sguardo così limpido ed anche un po' triste” osservò Charlotte.

“Lo so” intervenne Victoria “Ha sempre una nota malinconica nello sguardo, anche quando è felice. Lo amo davvero. So che sarà un gran casino, ma sento che ne vale la pena” aggiunse, più seria.

“Lo spero tanto, tesoro. Voglio solo che tu sia felice, perché te lo meriti” disse la zia.

Finirono di fare colazione, poi Charlotte scappò in fondazione e Victoria restò a casa. Si sentiva abbastanza bene, sicuramente meglio degli ultimi giorni, ma le pesava restare a casa e non fare niente o quasi. Tuttavia, non aveva molta scelta. Tornare al lavoro era fuori discussione, e comunque il medico le aveva raccomandato di stare a riposo almeno per un paio di settimane. E forse era un bene che si godesse quella pace e quella quiete, perché di certo nel giro di pochi i giorni sarebbe stata investita dallo scandalo.

Infatti, giusto un paio di giorni dopo il rientro di Ryan a New York, la notizia del divorzio fra lui e la moglie riempì i giornali ed i siti di gossip. Victoria sapeva che l’entourage di Ryan stava spingendo per rendere pubblica una versione ben precisa, ovvero che il divorzio era amichevole e che i due erano separati da mesi e che avrebbero gestito la situazione in maniera civile per il bene delle figlie. Tuttavia, questa prima ‘stesura’ del copione del divorzio venne radicalmente scartata non appena Blake venne a sapere che c’era un bambino di mezzo. A quel punto, la donna aveva pensato bene di giocare questa carta a suo favore, per uscirne come una povera vittima e per far passare il marito come un traditore superficiale e l’amante come una poco di buono. Poco contava il dettaglio delle infedeltà sue nei confronti di Ryan, ormai l’opinione pubblica aveva deciso di accanirsi su di lui. Il quadretto perfetto, insomma, su cui i media avrebbero ricamato per mesi, almeno fino al successivo scandalo o gravidanza a sorpresa delle Kardashian.

Sentiva Ryan ogni giorno, per telefono, via skype, ma per quanto lui si sforzasse di minimizzare con Victoria, era ovvio che la situazione fosse seria e pesante per entrambi. Blake l’aveva cacciato di casa, per ora lui stava in un albergo, ma i paparazzi dovevano aver ricevuto una dritta da qualcuno, magari dalla stessa Lively, ed avevano assediato l’ingresso per essere certi di paparazzarlo non appena avesse messo un piede fuori dalla porta. Sicuramente, se fosse rimasta a Villa Avery, sarebbe stato lo stesso anche per lei. Ma la cosa che più rattristava Ryan, anche se non lo diceva apertamente alla ragazza per non farla ulteriormente impensierire, era l’impossibilità di vedere le figlie. Come ogni moglie ferita, Blake gli impediva di vederle, usando il suo tradimento come prova della sua inadeguatezza, anche se quanto accaduto fra di loro non aveva nulla a che vedere sulle sue capacità come padre. Era una ripicca bella e buona, lo colpiva dove sapeva che gli avrebbe fatto più male. Lui si era già affidato ad uno degli studi legali più rinomati della Grande Mela, esperti in diritto di famiglia, ma sarebbe stato un percorso difficile e doloroso.

Victoria capiva la gravità della sua situazione, ma era un momento delicato anche per lei, ed avrebbe voluto averlo vicino. Aspettava un figlio da lui, era eccitata e spaventata, voleva condividere ogni istante con lui, come sarebbe stato naturale per ogni coppia in attesa di un bambino, ma la loro situazione era diversa, lui stava gestendo un divorzio, ed aveva due figlie sull’altra costa. Da quando gli aveva detto di essere incinta, non erano più riusciti a rivedersi e la cosa iniziava a pesarle, soprattutto ora che si avvicinava il giorno dell’ecografia di controllo. Le mancava, ma cercava di non darglielo troppo a vedere, perché non voleva risultare pressante né dargli altri pensieri. Dal canto suo, Ryan non mancava mai di farsi sentire, più volte al giorno, e si preoccupava per lei, cercava di fare del suo meglio, ma non era fisicamente lì.

“Non hai l’ecografia di controllo a breve?” le domandò una sera, mentre erano al telefono.

“Si, è dopodomani” confermò lei, piacevolmente sorpresa nel realizzare che se lo ricordava, nonostante la lontananza e i casini.

“Mi dispiace non poterci essere” rispose sospirando “Vorrei esserci, davvero, ma non posso ancora muovermi da qui” aggiunse.

“Lo so, non devi giustificarti” lo rassicurò.

“Davvero?” la incalzò lui “Io dico di si, invece” continuò “Aspettiamo un bambino, dovrei essere lì con te, vorrei essere lì e accompagnarti all’ecografia e scegliere insieme le prime tutine, pensare a come sistemare la sua stanzetta. Ma non ci sono, e non so ancora quando potrò volare da te. Questo bambino deve ancora nascere e mi sto già perdendo dei momenti importanti. E, come se non bastasse, mi sto perdendo anche le mie figlie” aggiunse, in un momento di forte scoramento.

“Scusami, Vic” riprese a dire subito dopo “Non dovrei sfogarmi proprio con te. Tu stai affrontando tutto da sola lì, e non mi chiedi niente, anche se ne avresti tutto il diritto e io sto qui a lamentarmi” aggiunse.

“Ryan, puoi lamentarti e puoi sfogarti con me ogni volta che vuoi” lo rassicurò. Era innamorata di lui, erano in quel pasticcio insieme e non l’avrebbe mai lasciato solo. Nonostante la situazione a dir poco complicata, non si era mai pentita un istante di essersi innamorata proprio di lui.

“Siamo in questo casino insieme, e ne usciremo insieme. Ne usciremo, te lo prometto. Adesso so che ti sembra impossibile, è tutto un gran casino, niente va per il verso giusto, ma passerà. E poi, adesso come adesso non ti stai perdendo molto. La mattina mi sveglio con le nausee, sono impresentabile almeno fino alle 2 del pomeriggio, poi inizio a mangiare carciofini sottaceto. Non ti perdi niente, fidati!” rise, per cercare di sdrammatizzare il momento “E il bambino ancora non è più di una piccola macchietta. Non sapremo se è maschio o femmina prima del quinto mese, perciò non c’è fretta di sistemare la cameretta né di scegliere peluches o il nome. Quando arriverà quel momento, sono sicura che il peggio sarà passato e che sarai qui con me” lo rassicurò. Rassicurava lui, e al contempo cercava di convincere anche se stessa che sarebbe andata bene, nonostante tutto.

Lui restò in silenzio, tanto che lei iniziò a pensare che fosse caduta la linea.

“Ryan? Sei ancora lì? Non sento niente. Dannati cellulari” farfugliò incerta.

“Si, si sono qui” la rassicurò “Stavo pensando. Mi stavo chiedendo dove voi donne troviate la forza in certe circostanze” ammise “Io sono quello più vecchio, dovrei essere io a rassicurarti che andrà meglio, e invece lo fai tu” aggiunse.

“Cosa vuoi che dica? Sei fortunato” rispose, sorridendo “Stiamo insieme, ti amo, non sto con te perché ho bisogno di te o perchè mi serve qualcuno che sia forte per me, sto con te perché lo voglio. Oggi va così, oggi hai bisogno tu di essere rincuorato, domani magari toccherà a me e tu mi tirerai su di morale e mi farai vedere le cose in una prospettiva diversa. A me importa solo che tu stia bene, e che non sia pentito di avermi incontrata” ammise quasi in un soffio.

“Mai” rispose lui, senza esitare “Magari non mi fa onore dirlo, perché quando ci siamo incontrati ero sposato, ma preferisco averti incontrata nel momento sbagliato piuttosto che non averi incontrata affatto. Non sono pentito, non ho rimpianti. Non ho programmato di innamorarmi di te, ma è successo e non mi sentivo così bene da anni” aggiunse.

Bastarono quelle parole per rassicurare la ragazza e spazzare via i dubbi malandrini che, a volte, complice la distanza, la attanagliavano. In fondo, la sua paura era proprio quella, che lui si fosse pentito di tutto, ora che il danno era fatto e che tutti sapevano.

“Allora Wade Wilson sa anche essere romantico, quando serve” osservò, per stemperare il momento.

“Si, ma non ti ci abituare troppo” rise lui “Adesso scusa, ma devo andare. E’ arrivata la mia agente. E credo proprio che anche stasera faremo le ore piccole discutendo dei dettagli del divorzio. Ci sentiamo domani, ok? Cerca di dormire” aggiunse, quindi le augurò la buonanotte e la salutò.

Ryan non sarebbe stato presente all’ecografia, ma Victoria non era comunque sola. L’avrebbe accompagnata sua zia Charlotte, che era forse anche più eccitata della nipote. Arrivarono puntuali allo studio della ginecologa, e per fortuna non furono importunate da paparazzi. Probabilmente non avevano ancora scoperto dove la ragazza si fosse sistemata, ma il rischio che arrivassero anche all’indirizzo della zia c’era, e Victoria lo aveva messo in conto.

Dopo una breve attesa, furono fatte accomodare nella stanzetta visite. Victoria si spogliò ed infilò il camice, e sistemò sul lettino. Per prima cosa, la ginecologa la visitò, e poi richiamò dentro anche Charlotte per passare alla parte più piacevole, ovvero l’ecografia. La ragazza era eccitata, ma anche nervosa. Sarebbe stato bello se anche Ryan fosse stato lì, ma sperava che presto avrebbe potuto accompagnarla e che avrebbero potuto condividere anche questi momenti di pura magia e felicità.

“Eccolo…o eccola! Ancora è presto per capire se è un lui o una lei” disse la dottoressa, dopo qualche istante, indicandole il bambino sullo schermo.

“Sta crescendo secondo i parametri. La lunghezza è giusta. Ed ha un bel battito forte. Sentite” aggiunse, aumentando il volume, così sia la futura mamma che la zia riuscirono a sentire distintamente il battito del cuoricino. Si scambiarono uno sguardo complice, entrambe già con gli occhi lucidi. Charlotte sembrava anche quasi più emozionata della nipote.

“Continua a prendere vitamine ed integratori, e ci rivediamo il prossimo mese, va bene?”  riprese a dire la ginecologa “Ti stampo le immagini e ho salvato tutto anche sulla chiavetta che mi hai portato, così anche il futuro papà potrà vedere il bambino” la rassicurò.

Tempo di ripulirsi dal gel rimasto sul pancino e di rivestirsi, che le due donne lasciarono lo studio medico per tornare a casa.

“Ryan andrà in brodo di giuggiole. Anche se ha già due bambine, sarà emozionante come se fosse il primo, non può che essere così” esclamò eccitata Charlotte, alla guida dell’auto, mentre Victoria rimirava le immagini dell’ecografia.

“So che avresti voluto che ci fosse oggi, ma vedrai che presto volerà qui da te e si sistemerà tutto” aggiunse, per rassicurarla, immaginando che quel momento fosse agrodolce per la nipote.

“Lo so. Intanto appena a casa gli giro tutto via mail. Non vedo l’ora di sapere se sarà maschio o femmina, allora forse riuscirò a realizzare di essere davvero incinta. Insomma, so che lo sono e ho sentito il battito, ma quando saprò il sesso, potrò pensare al nome, comprare il corredino” disse vispa.

“Sembro una scema, vero?” ridacchiò.

“No, affatto. Sembri solo quello che sei, una futura mamma, impaziente di vedere il suo bambino/a. E’ normale, tesoro, ed è bello così. Vedrai che saranno i nove mesi più belli della tua vita, anche se adesso sembra tutto complicato” aggiunse, con fare materno ed incoraggiante.

Victoria sorrise e si sporse per lasciare sul tappetino posteriore dell’auto la borsa. In quel momento, guardando distrattamente verso il lunotto posteriore, si accorsa di qualcosa di strano.

“Mi sa che dei paparazzi ci stanno seguendo” disse incerta e pensierosa.

“Chi? Davvero?” esclamò perplessa Charlotte, guardando il retrovisore.

“Ma come hanno fatto? Non c’era nessuno quando siamo uscite di casa e nemmeno fuori dallo studio” aggiunse seria.

“Forse li ha avvisati qualcuno del centro medico. Non lo so, ma sarebbe meglio cercare di seminarli. Se scoprono che sono da te, ci daranno il tormento” aggiunse Victoria, guardando dallo specchietto.

Charlotte spinse il piede sull’acceleratore, ed appena possibile sorpassò l’auto che la precedeva, sperando di mettere un po' di distanza fra loro e i paparazzi che le seguivano, ma questi ultimi erano in moto, quindi riuscirono velocemente e riguadagnare terreno.

“Dannazione, ce li abbiamo di nuovo alle calcagna” borbottò indispettita la donna.

A quel punto, cercò di prendere una strada alternativa, per seminarli, ma senza risultato. Puntualmente se li ritrovava dietro, finché non successe ciò che temevano. La moto accelerò, riuscì ad affiancarsi al Suv di Charlotte, quasi stringendolo per farla accostare, mentre il tizio seduto dietro scattava foto.

La donna era abituata a guidare per le strade di Los Angeles, ma certamente non in quelle condizioni, non con una moto che quasi la speronava ed alla fine, distratta e deconcentrata dai paparazzi che le inseguivano, non si accorsa di uno stop, e per evitare un’auto, finì contro una staccionata.

Quando Victoria riaprì gli occhi, si ritrovò a fissare un soffitto bianco, e sentiva nelle orecchie un fastidioso e ripetitivo ‘bip’. Cercò di muoversi, ma si sentiva stanca e, soprattutto, come bloccata. Voltò lentamente la testa e si accorse che aveva una flebo al braccio. In quel momento si rese conto di essere in una stanza di ospedale, bianca ed asettica. Strizzò gli occhi un paio di volte, prima di rimettere insieme i tasselli e di ricordarsi che era in macchina con sua zia e che dei paparazzi le seguivano. Immediatamente il suo primo pensiero fu il bambino. Stava per premere il pulsante e chiamare l’infermiera, quando la porta si aprì ed entrò Ryan. Aveva l’aria sbattuta e preoccupata, ma appena la vide vigile e cosciente, abbozzò un sorriso.

“Ehi! Sei sveglia!” esclamò lui, avvicinandosi al letto e posando un bicchierone di caffè sul comodino.

“Scusa, mi ero allontanato solo per prendere un caffè” quasi si giustificò “Come ti senti? Ti fa male da qualche parte?” le chiese, sedendosi sulla poltroncina, e prendendole una mano.

“Il bambino? Ryan, che è successo? Non l’ho perso, vero? Devi dirmi la verità” gli disse concitata.

“Vic, va tutto bene. Non l’hai perso, ma hai rischiato molto” le rispose serio, ma cercando di tranquillizzarla “Eri in macchina con tua zia, dei paparazzi vi hanno inseguite e speronate e alla fine siete finite fuori strada, ma per fortuna non ci sono state conseguenze gravi. Tu stai bene, sei solo un po' ammaccata, hai sbattuta la fronte, hai una leggera commozione e starai qui in osservazione per almeno un altro giorno, il bambino sta bene, e tua zia se l’è cavata con uno spavento ed una distorsione al polso” la rassicurò.

“Oddio!” esclamò lei, sollevata nel sentire che non c’erano state conseguenze serie, ma ancora scossa “Sei dovuto volare fin qui” aggiunse.

“Sono dove devo essere. Non sarei riuscito a rimanere a NY con te qui” rispose, quasi con ovvietà.

“Non mi avevi detto che i paparazzi ti importunavano” riprese a dire, probabilmente convinto che l’omissione un modo per evitargli altre preoccupazioni.

“Non era mai successo, davvero! Quando siamo uscite di casa non c’era nessuno e nemmeno al centro medico. Forse ci hanno trovate per caso” rispose.

“O forse qualcuno del centro li ha chiamati per arrotondare” rimarcò serio Ryan.

“Comunque, dobbiamo assicurarci che non capiti più” riprese a dire “Stavolta è andata bene, ma sarebbe potuta finire peggio” continuò, poi prese un bel respiro “Io ci ho pensato tanto mentre venivo qui in aereo e credo che la cosa migliore sia che tu venga con me a New York” disse infine.

Victoria rimase senza parole. Era ancora scossa per l’incidente, ed ora quella proposta. Lasciare Los Angeles e seguirlo sull’altra costa. Di sicuro era la cosa più logica, ma a New York non conosceva nessuno, mentre lì aveva sua zia, e poi c’era suo padre, anche se non lo sentiva da settimane ormai. Stranamente, non sapeva cosa dire.

“Detesto dovertelo chiedere, ma credo sia la cosa migliore” riprese a dire lui “Come sai, non posso muovermi spesso da là, e sarei molto più sicuro se tu fossi con me. Troveremo un’altra ginecologa là, e tua zia potrà venire a trovarti quando vorrà, ma preferirei che tu fossi lontana da qui, ci sono troppi paparazzi” aggiunse.

“Si, ma…anche tu sei assediato. Mi hai detto che non riuscivi quasi ad uscire dall’albergo” osservò lei.

“Non staremo in albergo. Mi stavo comunque già organizzando per trovare un’altra sistemazione. Penso di aver trovato qualcosa di adatto, è un appartamento in uno stabile a prova di intrus, massima sicurezza, telecamere, nessuno ci darà fastidio e saremo a pochi passi da Central Park e dal centro. Sarai più al sicuro là che qui, fidati di me” aggiunse “Ed io sarò molto più tranquillo. Ti prego, Vic. Lo so che ti chiedo molto, ma non ce la faccio a preoccuparmi anche di saperti qui, starei con l’assillo costante che possa succederti qualcosa, e mi sentirei in colpa ogni secondo perché non potrei proteggerti a miglia di distanza” aggiunse accorato.

La ragazza sospirò. Era sicuramente un bel cambiamento e, come molte cose ultimamente, nemmeno quello era programmato, ma capiva e sue ragioni ed in fondo, eccezion fatta per sua zia Charlotte e per Skyler, non aveva più altri legami con Los Angeles. Suo padre non si era fatto vivo nemmeno dopo l’incidente, a quanto ne sapeva, quindi non c’era poi motivo di incaponirsi per restare lì. Almeno a New York sarebbe stata con Ryan, ed avrebbe potuto avere un assaggio della normalità di una coppia. Fino a quel momento non avevano mai passato più di poche ore insieme. Trasferirsi a NY significava anche vivere insieme a lui, sarebbe stato un test importante in attesa della nascita del bambino.

 

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Capitolo 16
*** Cap. 16 ***


Victoria rimase in ospedale per un paio di giorni, a scopo preventivo. Fortunatamente, sia lei che il bambino stavano bene. Le era andata davvero di lusso, sia lei che sua zia si erano prese un bello spavento, ma ora che il peggio era passato, voleva solo concentrarsi sulla gravidanza e dimenticare l’accaduto. Ryan si era occupato di tenere buona la stampa, con l’aiuto di Skyler, ed aveva anche spinto la ragazza a sporgere denuncia contro i paparazzi, che erano stati individuati, ed a richiedere al giudice un ordine restrittivo, in modo da essere certa che non ci fosse un bis. Nel frattempo, la ragazza aveva riflettuto attentamente sulla sua proposta di seguirlo a New York, ed alla fine si era decisa ad accettare. Una parte di lei aveva comprensibilmente paura, viveva quel momento come una sorta di salto nel buio. Era innamorata di Ryan, ma erano passati da una relazione clandestina all’aspettare un figlio ed ora avrebbero iniziato a convivere. Tuttavia, sapeva che quel passo andava fatto, e forse il trasferimento capitava al momento giusto, dopo lo spavento dell’incidente e la delusione perché suo padre non si era fatto vivo, dopo quanto successo.

La ragazza era ancora incredula, non riusciva a metabolizzare l’atteggiamento ostile ed ora anche di disinteresse del padre. Pensava e sperava che, una volta saputo dell’incidente, si sarebbe precipitato in ospedale, o che si sarebbe fatto vivo almeno con zia Charlotte ed invece nulla.

Dopo tre giorni di ricovero, finalmente, i medici decisero di dimetterla, raccomandandole comunque di stare a riposo. Stava giusto preparando le sue cose, mentre Ryan sbrigava alcune formalità in accettazione, quando sentì alle sue spalle dei passi. Convinta che fosse il suo compagno, continuò a riempire il borsone.

“Sono quasi pronta. Spero che il borsone si chiuda, altrimenti mi ci dovrò sedere sopra” stava dicendo, quando sentì schiarirsi la voce e, voltandosi, rimase di stucco nel vedere suo padre.

“Papà” esclamò, quasi in un soffio.

“Ciao Victoria” rispose lui, abbozzando un sorriso.

“Sono felice di vedere che stai bene” continuò a dire. Era visibilmente a disagio, come se non sapesse cosa dire, e in rarissime occasioni la figlia l’aveva visto così in difficoltà, proprio lui che solitamente riusciva sempre a mantenere tutto sotto controllo.

“Sarei venuto prima, ma ero fuori per lavoro. Mi hanno avvisato ieri sera, quando sono rientrato a Los Angeles. Volevo vedere coi miei occhi come stavi” aggiunse.

“Sto bene, per fortuna. Anzi, stiamo bene” precisò, riferendosi ovviamente al figlio che aspettava “Ma poteva andare peggio” rispose. Era felice di vederlo, ma al contempo non riusciva a dimenticare la sua durezza e severità l’ultima volta che si erano visti, quell’accesa discussione e la sua decisione nel cacciarla di casa solo perché non condivideva più le sue scelte di vita.

“Mi hanno tenuta in osservazione un paio di giorni, ma oggi per fortuna posso tornare a casa. Non ne potevo più di stare qui” aggiunse.

“Stai da Skyler o da tua zia?” le domandò.

“Da zia Charlotte” rispose lei “Ma starò lì ancora per poco” precisò, sedendosi sul letto e scrutando la sua reazione.

Andrew sgranò gli occhi sorpreso e la fissò con aria interrogativa.

“Ryan mi ha proposto di seguirlo a New York ed io ho accettato” gli spiegò, senza girarci troppo intorno.

L’espressione di suo padre si indurì subito.

“E tu hai accettato” rimarcò lui.

“Si, certo che si” disse lei “Così sarà tutto più semplice” aggiunse.

“Per chi? Per te o per lui?” la incalzò Andrew.

Victoria sbuffò. A quanto pare suo padre non era ancora pronto a cercare di superare i suoi pregiudizi su Ryan.

“Per entrambi. Lui è nel bel mezzo di un divorzio, le sue figlie vivono là ed io voglio stare con lui, non restare qui ad aspettare che mi raggiunga una volta o due al mese” rispose seria.

Suo padre era ora in silenzio, si limitava ad ascoltarla, ma era evidente che non fosse d’accordo.

“Non vuoi proprio cercare di andare oltre i tuoi pregiudizi e sforzarti di conoscerlo, vero?” riprese a dire la ragazza, ma la sua era una considerazione più che una domanda “Si sta prendendo le sue responsabilità, sta cercando di fare la cosa giusta, si sta facendo in quattro per me, mi ama!” disse concitata “Perché ti ostini a non accettarlo? Sono tua figlia, dovresti volermi bene anche e soprattutto quando non condividi le mie scelte. Pensi che per me sia stato facile in queste settimane? Avrei avuto bisogno di te, ma tu non c’eri. Credevo che non saresti nemmeno passato qui in ospedale ormai. Sono tua figlia anche quando sbaglio. Per la prima volta nella mia vita ho fatto qualcosa che non approvi e reagisci così? Mi cacci di casa, mi rifiuti? Ti ostini a mettere il tuo orgoglio ferito al primo posto” aggiunse seria e con gli occhi lucidi, perché per quanto fosse ancora arrabbiata e delusa, era pur sempre suo padre e lo adorava.

Andrew abbassò lo sguardo, incassando il colpo e restando in silenzio. Stava per rispondere, quando Ryan, con un pessimo tempismo, rientrò nella stanza. Il suo sorriso lasciò il posto ad un’espressione sorpresa quando vide Avery ed anche quest’ultimo lo guardò con aria tirata, non nascondendo il suo disappunto.

Calò un pesante silenzio, spezzato solo da un alternarsi di sguardi fra Victoria e Ryan.

“Ehm…io volevo solo dirti che le carte per le dimissioni sono pronte e, quando vuoi, possiamo andare. Ma posso tornare dopo, così potete finire di parlare” disse infine l’uomo.

“Non serve. Non c’è altro da dire. Ci siamo già detti tutto.” Disse Andrew “Mia figlia ha fatto la sua scelta. Spero non debba mai pentirsene.” Aggiunse, voltandosi per raggiungere la porta e lasciare la stanza, oltrepassando Ryan.

“Tutto qui?” rimarcò Ryan.

“Come prego?” osservò Avery stranito, bloccandosi a pochi passi dalla porta e voltandosi verso l’uomo. Di certo non era abituato ad essere contraddetto.

“Siccome sua figlia ha scelto di stare con me, con un uomo che lei disprezza, per ragioni che onestamente devo ancora capire, lei la tratta così? Come se fosse un’estranea, come se non contasse più niente per lei?” rimarcò.

“Ma come ti permetti? Dovrei farmi dare lezione di vita e di morale da un uomo che ha chiaramente dimostrato di non pensare alle sue di figlie, tradendo sua moglie ed irretendo una ragazzina?” sbottò l’altro.

“Sono uno stronzo, va bene, lo sanno anche i muri. Mi dica qualcosa di nuovo” rispose, senza colpo ferire, Ryan, facendo un passo verso Avery “Io ho sbagliato nei confronti di mia moglie, ma mi sono innamorato di sua figlia, che lei ci creda o no. Non volevamo far soffrire nessuno, ma è successo. Sto cercando di fare del mio meglio per evitare sofferenze inutili alle mie figlie e per fare in modo che il bambino che aspetto da Victoria non risenta della situazione, cosa che non si può certo dire di lei” continuò a dire serissimo “Sua figlia è tutto fuorché una sprovveduta, è intelligente e in gamba, non si farebbe irretire da nessuno, tantomeno da me. E’ incinta, in una situazione a dir poco surreale, ed è spaventata. Avrebbe avuto bisogno di lei, ma lei non c’era. L’ha cacciata di casa come se avesse ucciso qualcuno. Vuole odiarmi? Prego, si accomodi, faccia pure, ma non faccia pagare a sua figlia il disprezzo che nutre per me. Victoria non se lo merita.” Aggiunse serio.

Andrew lo fissava, senza dire nulla, ma senza nemmeno nascondere quanto poco lo stimasse.

“Ottima interpretazione. Se fossi così convincente anche nei tuoi film, avresti già vinto un Oscar” disse caustico dopo qualche istante “Sei passato da un matrimonio all’altro, incapace di costruirti qualcosa di duraturo, e adesso stai qui a farmi la predica e a cercare di convincermi che ami mia figlia. Forse puoi riuscire ad imbambolare lei, ma con me non attacca. Un uomo serio e innamorato non si sarebbe comportato come te, non avrebbe trascinato la donna che dice di amare in una situazione simile. Un uomo con gli attributi avrebbe troncato il suo matrimonio, ed avrebbe vissuto l’altra relazione alla luce del sole, senza costringere una ragazzina a fare l’amante clandestina, fino a metterla incinta e a lasciare che venisse presa di mira dai gossip e dai paparazzi. Prima o poi Victoria capirà che ha perso tempo con te, si stancherà e ti pianterà. Mi dispiace solo che per allora ci sarà un bambino di mezzo e che lei avrà sprecato i suoi anni migliori con te.” Concluse fissandolo.

“Papà basta! Ti prego, smettila. Piantala di parlare di me come se non fossi qui o, peggio ancora, come se fossi una povera deficiente” intervenne la ragazza, alzandosi in piedi ed avvicinandosi ai due, forse temendo anche che potessero arrivare alle mani, viste le occhiatacce che si scambiavano “Hai detto bene prima. Ho preso la mia decisione. Ho scelto di stare con Ryan, sono felice con lui e presto avremo un bambino. Puoi decidere se mi ami a tal punto da mettere da parte le tue convinzioni e il tuo disappunto per vedermi e mantenere un rapporto con me e con tuo nipote, quando nascerà, o puoi scegliere di mettere l’orgoglio al primo posto e di togliermi la parola, il saluto e il cognome finché starò con lui. Scegli” disse decisa.

Andrew sembrava colpito dalle sue parole, ma non riusciva a dire niente. Alternò lo sguardo dalla figlia a Ryan, ed alla fine sospirò.

“Come ho detto, spero che tu non debba mai pentirti della tua scelta” disse solo, prima di andarsene.

Victoria rimase lì in piedi, incredula e ferita. Sapeva quanto suo padre potesse essere testardo, ma sperava che, messo alle strette, avrebbe rivisto la sua posizione. Pensava di essere importante per lui e che magari la paura che le fosse successo qualcosa nell’incidente potesse smuoverlo e fargli cambiare idea. Non ci aspettava certo che accettasse Ryan dall’oggi al domani, ma almeno che si sforzasse di sopportarlo. Si sentiva come se qualcosa le si fosse spezzato dentro, ma voleva anche evitare di darlo troppo a vedere per non far sentire in colpa Ryan.

“Mi dispiace” le disse lui in un soffio.

“Forse avrei dovuto stare zitto, magari ho peggiorato le cose. E’ che non sopporto il modo in cui ti tratta. Pensavo fosse venuto qui per scusarsi, per ricucire con te. Ma poi, quando ha detto quelle cose, non ci ho più visto” disse.

“Lascia stare, non voglio parlarne, non adesso” lo fermò Victoria, ancora troppo scossa e delusa dall’atteggiamento di suo padre. Sapeva quanto potesse essere ostinato, ma mai si sarebbe aspettata che potesse arrivare ad anteporre il suo orgoglio a sua figlia.

Finì di riempire il suo borsone, che tuttavia non voleva chiudersi.

“Dannazione, questo affare non si vuole chiudere!” sbottò innervosita.

“Lascia, faccio io” intervenne Ryan, richiudendolo velocemente.

“Mi pare che abbiamo preso tutto. Possiamo andare” riprese a dire lui, dopo aver dato un’occhiata veloce in giro.

“L’auto è nel parcheggio sotterraneo” aggiunse, accompagnandola fuori. Raggiunsero l’auto di Ryan, e lasciarono l’ospedale.

Per tutto il tragitto la ragazza quasi non aprì bocca. Era pensierosa, guardava fuori dal finestrino, apriva bocca giusto per rispondere a qualche domanda di Ryan. Lui sapeva perfettamente il perché di quel suo stato d’animo ed evitò di bombardarla di chiacchiere. Inoltre, si sentiva anche in colpa, convinto di aver peggiorato la situazione, mettendosi in mezzo e rispondendo ad Avery in quel modo.

Ryan non la riaccompagnò da sua zia, ma nella villetta di Beverly Hills dove erano soliti incontrarsi, e dove ad attenderli c’erano Charlotte e Skyler. Le avevano organizzato una piccola festa di bentornata a casa, forse anche per rallegrarle l’umore, ignare di quanto appena successo in ospedale con Andrew.

Appena la ragazza mise piede in casa, vide la zia e la sua migliore amica, e la sala addobbata con un striscione di ‘bentornata’, palloncini, fiori, ed un piccolo buffet con tartine salate e pasticcini.

“Sorpresa!” esclamò Skyler, andandole incontro.

Victoria non era esattamente dell’umore di avere compagnia, ma fece buon viso a cattivo gioco. Spiluccò qualcosa, restando comodamente seduta sul divano, ma era evidente che fosse pensierosa.

“Che succede, tesoro? Non sei contenta di essere a casa?” le domandò sua zia, raggiungendola e sedendosi accanto a lei, mentre Skyler stava dando una mano a Ryan a riordinare in cucina.

“Con Ryan abbiamo pensato che qui saresti stata più tranquilla. In qualche modo alcuni giornalisti hanno trovato il mio indirizzo, me li sono ritrovata sotto casa ritornata dall’ospedale dopo l’incidente, non volevamo che ti dessero il tormento” le spiegò.

“Avete fatto bene, non è un problema, mi sento a casa anche qui” rispose la ragazza, stringendo le spalle ed accennando un sorriso “Mi spiace che ti stiano dando fastidio” aggiunse.

“Non preoccuparti per me! Si stancheranno alla svelta!” la rassicurò sua zia “Pensa solo a riposarti, al resto pensiamo noi.” Riprese a dirle “Mi spiace così tanto per quello che è successo. Ci ripenso sempre e forse se non avessi accelerato così tanto…” stava dicendo la donna, sentendosi in qualche modo responsabile per l’accaduto.

“No, no, zia non dire così. Non è stata colpa tua, ci hanno inseguite, quasi speronate. Chiunque al tuo posto avrebbe fatto lo stesso, anche io avrei cercato di seminarli. Non pensarci più, davvero. Stiamo bene, tutti e tre, è questo quello che conta” la rassicurò.

“Sai, Ryan sembrava un leone in gabbia quando è arrivato in ospedale. Era così preoccupato per te e per il bambino. Ed era furioso coi paparazzi quando ha saputo la dinamica dell’incidente. Credo si sentisse anche in colpa, perché non era qui, e non poteva proteggervi” riprese a dire “E’ in gamba, finora mi piace come si sta prendendo cura di te” ammise, sorridendo sollevata.

“Già. Magari anche papà la pensasse così” scappò detto a Victoria.

“E’ passato in ospedale stamattina” spiegò a sua zia “Quando l’ho visto, ho pensato che avesse cambiato idea o che almeno avesse deciso di mettere da parte la sua opinione su Ryan. Ero sicura che la preoccupazione per me sarebbe stata più forte di tutto il resto, che avrebbe fatto un passo indietro, e invece no. Abbiamo finito per discutere e poi è arrivato Ryan e ha quasi litigato anche con lui” continuò.

“Mi dispiace, tesoro” disse sua zia, accarezzandole un braccio “Tuo padre è un uomo molto particolare, sa essere molto testardo, ma vedrai che col tempo cambierà idea” le disse, cercando di farle vedere le cose in una prospettiva meno negativa.

“Non lo so” ammise lei, sospirando “Se non ha cambiato idea dopo quello che mi è successo, non credo la cambierà mai a questo punto. Non capisco nemmeno perché ce l’abbia così tanto con Ryan! Era sposato, va bene, ma non mi ha mai costretta a fare niente. Tutto quello che è successo, lo volevo anche io, ma lui si comporta come se mi avesse plagiata o costretta, è assurdo” continuò “E’ talmente orgoglioso da essere disposto a rinunciare a sua figlia piuttosto che cambiare idea” aggiunse dispiaciuta.

Charlotte non sapeva più cosa dirle. In fondo, la nipote aveva ragione, Andrew si era comportato male, e non era sicura che si sarebbe ravveduto molto presto. Era ostinato, caparbio ed era molto difficile fargli cambiare idea, quando si fissava su qualcosa, non era facile smuoverlo. Ma in questo caso era coinvolta sua figlia, e per Charlotte era inconcepibile che arrivasse a mettere un muro solo perché non condivideva le sue scelte. Victoria era per lei come una figlia e detestava vederla soffrire, soprattutto per causa di Andrew. Tuttavia, lasciò cadere il discorso, anche per non impensierire ulteriormente la ragazza.

“Allora, hai deciso di trasferirti a New York con lui?” riprese a dire, cambiando volutamente argomento.

Victoria annuì.

“Si, credo sia la cosa migliore. Tanto ormai, a parte te e Skyler, non ho più molto che mi trattenga qui. E poi così Ryan non dovrà fare avanti e indietro e potrà vedere le sue figlie, almeno spero. Sua moglie gli sta rendendo la vita un inferno” rispose sospirando.

“Lascia che se ne occupi lui” le suggerì sua zia, con fare materno “So che vorresti aiutarlo, perché lo ami, ma non addossarti preoccupazioni che non ti spettano. E’ un periodo delicato anche per te, non devi stressarti, devi solo pensare a te e al bambino. Ryan è un uomo fatto ed ha le spalle larghe, lascia che sistemi da solo i suoi problemi” aggiunse.

Nei giorni successivi, Victoria restò a riposo, passando dal letto al divano. La cosa non la esaltava, ma se tentava anche solo di sparecchiare, Ryan la bloccava subito. Era molto protettivo e si assicurava sempre che non facesse sforzi, si riposasse e prendesse le vitamine e gli integratori. Insomma, era un vero e proprio tesoro con lei. Nel frattempo, dopo il via libera della ginecologa per il viaggio in aereo, lui aveva iniziato ad organizzare la partenza per New York. Aveva trovato un appartamento spazioso in uno stabile praticamente blindato ed al riparto da paparazzi e curiosi. Le aveva anche mostrato le foto sul suo iPad: c’erano una cucina a vista, un salotto spazioso e confortevole, tre camere da letto, di cui una padronale con bagno annesso e cabina armadio, altri due bagni, uno sgabuzzino, ed un parcheggio sotterraneo. Sembrava davvero il posto ideale per loro ed era a pochi passi da Central Park.

Ben presto arrivò la mattina della partenza. Victoria non aveva un grosso bagaglio, quello che era rimasto da sua zia Charlotte le sarebbe stato inviato di lì a pochi giorni. Era nervosa, perché le sembrava in qualche modo di fare un salto nel vuoto, ma anche eccitata per quel nuovo capitolo che avrebbe iniziato con Ryan. Il momento più difficile era stato dover salutare, la sera prima, sua zia e Skyler. Anche se non era un addio ma un arrivederci, era stato strano per loro doversi salutare, ma si sarebbero riviste presto. Sicuramente sua zia l’avrebbe raggiunta per la nascita del bambino/a, anche prima, e lo stesso valeva per la sua migliore amica, che volava spesso nella Grande Mela per lavoro. Fino all’ultimo momento, Victoria era stata sul punto di chiamare suo padre, aveva anche composto il numero, ma si era sempre fermata un attimo prima di far partire la chiamata. Già sapeva che le sarebbe mancato, ma non si sentiva di fare lei il primo passo.

Ryan aveva organizzato tutto nel dettaglio. Un’auto li era andati a prendere un paio d’ore prima del volo, per il check in ed i controlli di rito. Erano stati scortati nella saletta d’attesa privata del LAX, per evitare i paparazzi, che gravitavano sempre intorno all’ingresso dell’aeroporto in attesa di qualche personaggio famoso. Non riuscirono a passare del tutto inosservati, erano ancora sulla bocca di tutti e su tutti i siti di gossip, ma la sicurezza dell’aeroporto riuscì a scortarli senza che fossero avvicinati o importunati, eccezion fatta per qualche commento poco carino di alcuni di loro rivolto alla ragazza, a cui Ryan rispose con un’occhiataccia severa.

Espletati i controlli di rito, riuscirono finalmente ad imbarcarsi e dopo un volo di circa sei ore, arrivarono al JFK. Anche lì trovarono la sicurezza ad attenderli ed a scortarli fino ad un Suv nero con finestrini oscurati ed autista, che li accompagnò in quella che sarebbe stata la loro nuova casa.

“Finalmente!” esclamò Ryan, una volta messo piede nel loro lussuoso appartamento al trentesimo piano.

“Benvenuta a casa!” aggiunse, con tono dolce, precedendola all’interno.

“Se qualcosa non ti convince, possiamo fare dei cambiamenti! Puoi cambiare tutto quello che vuoi” le disse, mentre lei si guardava intorno.

“Per adesso mi piace tutto! E’ ancora più bello che in fotografia” osservò lei “E’ molto grande. E luminoso. E poi la vista è spettacolare” aggiunse, avvicinandosi alle finestre.

“Staremo bene qui, vedrai!” le fece eco lui, avvicinandosi ed abbracciandola da dietro “Nessuno ci darà fastidio, potrai stare tranquilla e rilassarti” aggiunse, posandole un bacino fra il lobo dell’orecchio ed il collo “Cercheremo una ginecologa che possa seguirti. In realtà ho già anche qualche nome, ma ne parleremo meglio nei prossimi giorni, con calma” aggiunse premuroso.

Lei si lasciò coccolare bel volentieri. Quando la abbracciava riusciva sempre a farla sentire al sicuro, protetta, al suo posto nel mondo ed in quel particolare momento, con tutti quei cambiamenti, era esattamente ciò di cui aveva bisogno.

“Sei pentita?” le domandò poi, a bruciapelo.

Lei si voltò nel suo abbraccio, per guardarlo negli occhi.

“Di cosa? Di essermi trasferita qui?” rimarcò incerta.

Lui strinse le spalle “Di tutto. Di avermi seguito qui, di stare con me” ammise, abbassando poi lo sguardo “So che ti manca tuo padre, che ti pesa non sentirlo. Se siete ai ferri corti è per colpa mia, e forse se quella mattina in ospedale fossi stato zitto, non sarebbe finita così”

“No, no, non addossarti colpe non tue” lo rassicurò lei, allungando una mano per accarezzargli una guancia.

“Quello che è successo non dipende da te. E non è per quello che gli hai detto che siamo a questo punto. Lui è ostinato e testardo, ha preferito anteporre il suo orgoglio ferito a sua figlia, che altro c’è da dire?” continuò “Magari un giorno si renderà conto di aver sbagliato, capirà che è stato troppo rigido e severo con te. Ti ha giudicato dal primo momento, senza nemmeno essersi preso la briga di conoscerti, senza fidarsi del mio giudizio. L’hai sentito in ospedale, no? Mi ha trattata come una povera cretina che si fa plagiare. Però gli andava bene quando gli davo sempre retta.” Borbottò indispettita.

“Non sono pentita della mia scelta” riprese a dire “Sono esattamente dove dovrei essere. Ti amo, e anche se le cose non sono andate proprio nella maniera più ortodossa e convenzionale, non mi pento. Quindi, smettila di sentirti in colpa, non ce n’è motivo” aggiunse, abbozzando un sorriso ed allungandosi poi per rubargli un bacio morbido. Lui intensificò quel contatto fra loro, stringendo piacevolmente la presa sui suoi fianchi. Era da un bel po' ormai che non avevano un po' di intimità, qualche momento tutto per loro, ed era normale che sentissero la mancanza l’uno dell’altra anche in quel senso, soprattutto dopo quel trambusto.

“La dottoressa ha detto qualcosa?” le domandò lui, già col fiato corto, staccandosi appena per riprendere fiato “Si, insomma. Dobbiamo stare attenti o possiamo?” le domandò con un’aria adorabilmente impacciata che la fece sorridere intenerita.

“Ha detto che possiamo, stai tranquillo! Mancano ancora diversi mesi all’astinenza forzata e vorrei approfittarne finché non sono enorme come una balena spiaggiata! Non sono di cristallo e non mi romperò, Ryan” lo prese affettuosamente in giro.

“Sai che non ti facevo così chioccia?” ridacchiò, inclinando appena il capo per guardarlo.

“Smettila, non sono una chioccia, non è vero!” rise lui, lievemente imbarazzato.

“Si, che lo sei! Non che mi lamenti, ma non ti facevo così protettivo” aggiunse, osservandolo attentamente.

“Ok, ok, va bene! Forse un po', ma puoi biasimarmi?” le fece notare lui, tenendola stretta “Sono stati giorni piuttosto pesanti ed intensi, sei incinta, e adesso sei una città nuova, lontana da casa tua, da tua zia, da Skyler. Mi preoccupo per te perché ti amo, e perché non voglio che succeda niente né a te né al fagiolino” aggiunse.

“Lo so, ma non c’è motivo di preoccuparsi. Quando sto con te, sono più che certa che non mi succederà niente” rimarcò senza esitazione “Adesso ti decidi a baciarmi oppure vuoi continuare a perderti in chiacchiere, Reynolds?” aggiunse divertita.

Lui sorrise, appena imbarazzato, e poi riprese a baciarla teneramente, e via via con sempre più trasporto. Ben presto l’atmosfera di scaldò fra loro e, dopo aver seminato una scia di vestiti, in una rivisitazione in chiave erotica della fiaba di Hansel e Gretel, arrivarono a tentoni e ridacchiando, alla loro camera da letto, inaugurandola nel migliore dei modi, facendo appassionatamente l’amore. Ryan era sempre stato un amante appassionato, ma ora che Victoria era incinta, si era dimostrato ancora più attento e premuroso del solito, facendola davvero sentire speciale, bellissima, come fosse stata la donna più bella al mondo, l’unica che contasse per lui.

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Capitolo 17
*** Cap. 17 ***


I primi giorni d Victoria a New York furono piuttosto tranquilli. Già un paio di giorni dopo il suo arrivo, arrivarono diversi scatoloni inviati da sua zia Charlotte, con tutte le sue cose da sistemare, dai vestiti, ai cd, ai libri, album di foto, ricordi di una vita da riorganizzare in quel nuovo appartamento dove stava iniziando un nuovo capitolo con Ryan. Almeno in quel modo riuscì a tenersi impegnata ed a non sentire noia e solitudine. Lui era spesso fuori, per incontri col suo entourage e con i suoi legali, per definire la faccenda del divorzio da Blake e, soprattutto, per riuscire ad ottenere condizioni di visita decenti con le figlie. E poi andava gestita anche la parte più mediatica della situazione. Ormai tutti sapevano di loro due, del trasferimento di lei a New York e della gravidanza. Tuttavia, a dispetto di quanto gli suggerivano agente ed addetta alle pubbliche relazioni, Ryan voleva evitare di ricamarci sopra, di emanare comunicati stampa e quant’altro. Non voleva nemmeno passare la sua vita chiuso in casa, ma preferiva mantenere il riserbo sulla loro relazione, soprattutto in un momento delicato come quello, anche per dare modo a Victoria di ambientarsi nella nuova città, nel nuovo appartamento. Era incinta, era già un grosso cambiamento quello, figuriamoci tutto il contorno.

Avevano scelto insieme una nuova ginecologa, che seguisse la ragazza per il resto della gravidanza.  Si trattava della dott.ssa Thompson, molto rinomata ed in gamba. Victoria si trovò a suo agio da subito con lei. Tutto stava procedendo al meglio, e lo spavento legato all’incidente di poche settimane prima era, fortunatamente, ormai solo un lontano ricordo. Il bambino/a cresceva, le nausee gradualmente stavano scomparendo, ed a parte una naturale stanchezza e voglie di cibi strani, Victoria si sentiva fisicamente bene. Per il resto, non era così semplice adattarsi a quella nuova vita. Per la maggior parte del tempo, si ritrovava in quel grande e lussuoso appartamento da sola. Sapeva bene che Ryan non era fuori a divertirsi, ma si annoiava a morte e non sapeva come potergli essere d’aiuto. Il più delle volte lui rientrava da quegli incontri con l’agente o gli avvocati teso e pensieroso, lei se ne accorgeva, anche se, appena messo piede in casa, lui si sforzava di minimizzare e mascherare il suo stato d’animo. E lei cercava di non bombardarlo di domande, per non farlo stare peggio e non sembrare opprimente. Non ci voleva certo un indovino per capire cosa lo preoccupasse! Blake continuava a fare la vittima, ed ogni giorno spuntava un articolo nuovo su di lei sul sito di People, palesemente imboccato dai suoi addetti stampa, in cui faceva la vittima, proprio lei che non aveva lesinato tradimenti nei confronti del quasi ex marito. Victoria cercava di stare alla larga dal gossip, soprattutto online, ma spesso era l’unico passatempo che aveva. Era difficile tenersi impegnata, anche perché non aveva poi molto da fare lì. Non conosceva bene la città, ci era stata diverse volte, ma solo per riunioni di lavoro, sempre toccata e fuga, e non aveva nessun amico, non ancora almeno. Si sentiva smarrita e spaesata, ed iniziava ad avvertire la mancanza di Los Angeles, di sua zia, di Skyler, di suo padre ovviamente, ed anche del clima mite che aveva lasciato in California. Sperava che, una volta saputo il sesso del fagiolino, almeno avrebbe potuto distrarsi preparando la sua stanzetta, ma fatto quello, sarebbe ripiombata nella noia. Durante il giorno, quando il tempo permetteva, Victoria usciva per iniziare a conoscere meglio il quartiere dove vivevano, per andare a camminar a Central Park, per farsi qualche punto di riferimento utile, anche solo per fare la spesa. Ma non poteva passare tutto il giorno fuori, anche perché dopo un paio d’ore di solito si sentiva stanca, così rientrava a casa, magari dopo aver pranzato fuori, da sola. Per fortuna, da quando era arrivata, non era mai stata importunata né seguita da paparazzi o fotografi, non ne aveva mai nemmeno vista l’ombra. Ultimamente, più che altro per tenersi impegnata, aveva cominciato a cucinare. Non era mai stata molto portata né aveva mai avuto la passione dell’arte culinaria, ma così almeno riusciva a tenersi occupata. Così, armata di ricettari vari, pasticciava, sperimentava, soprattutto provava diverse ricette di primi e dolci, per i quali poi Ryan faceva da cavia.  Di solito lui usciva di casa presto, anche prima delle 8, e rientrava la sera. La chiamava più volte al giorno, ma non era abbastanza e soprattutto non era così che la ragazza immaginava la loro vita insieme. Comprendeva la sua situazione, ma quel suo ostinarsi a tenerla fuori dai suoi problemi, e a non metterla nemmeno al corrente di eventuali sviluppi, iniziava a mandarla ai matti.

Così, quella sera, la ragazza decise di toccare con lui l’argomento. Aveva cucinato per lui, preparando un risotto ai funghi che non era riuscito affatto male, e delle verdure al forno. Come spesso succedeva ultimamente, lui stava parlando del niente. Le aveva chiesto cos’avesse fatto durante la giornata, come si sentisse, quanto mancasse alla successiva visita dalla ginecologa e poi aveva commentato i suoi ultimi esperimenti culinari.

“Vogliamo commentare anche il tempo o ce lo teniamo come argomento per domani a pranzo?” disse lei ironicamente ad un certo punto, lasciando cadere la forchetta nel piatto.

Lui alzò lo sguardo e la fissò con aria interrogativa.

“C’è qualcosa che non va?” le domandò incerto.

“Si, direi di si” rispose con ovvietà. Non riusciva a credere che volesse continuare a fingere che tutto andasse bene “Sei sempre fuori, esci la mattina presto e rientri la sera, io sto qui tutto il giorno da sola, non vedo l’ora di rivederti, ma quando torni nemmeno mi dici cosa succede, cosa ti passa per la testa” iniziò a dire a ruota libera, dando finalmente sfogo a tutti quei pensieri che da settimane teneva dentro.

Lui sospirò.

“Vic, lo so che ci sono poco e mi dispiace, ma sai anche tu che è un periodo complicato” rispose.

“Certo che lo so, e riguarda anche me! Ma tu ti ostini a tenermi fuori! Non mi racconti niente, parli del tempo, di quello che cucino, di stupidate, ma non mi dici mai cosa succede là fuori, cosa ti dicono i tuoi avvocati o lo squadrone che dovrebbe aiutarti ad uscire da questo casino. Capisco perché lo fai, so che vuoi solo proteggermi, ma non sono di cristallo e, soprattutto, se non so cosa succede, non posso aiutarti” concluse seria.

“Non potresti aiutarmi comunque” rispose lui in un soffio, per poi alzarsi e portare il piatto, ormai vuoto, nel lavandino.

“Perché no? Almeno spiegami che succede!” sbottò lei, incalzandolo ed alzandosi a sua volta per seguirlo in cucina.

“Perché Blake si rifiuta di farmi tenere qui le bambine fintanto che vivrai con me e siccome stiamo insieme e sei incinta, non posso certo accettare le sue richieste deliranti ed obbligarti ad andare in albergo per portare qui le mie figlie” sbottò infine, vuotando finalmente il sacco e spiazzando la ragazza. Immaginava che Blake gli stesse rendendo le cose difficili, ma non fino a quel punto.

“Ma non può farlo. Insomma, tu sei il padre, hai il diritto di vederle. Non può pretendere che tu non le porti mai a casa tua solo perché ci sono io! I tuoi avvocati che dicono? Dovranno pure fare qualcosa!” esclamò lei.

“I miei avvocati fanno il possibile, ma il coltello dalla parte del manico ce l’ha lei. So che anche lei mi tradiva, ma il mio tradimento è documentato e ormai di dominio pubblico, il suo no e sinceramente non voglio giocare a chi getta più fango sull’altro, devo pensare anche e soprattutto alle bambine. Adesso sono piccole, ma un domani potrebbero leggere o sentire cosa mamma ha detto del papà e viceversa e non voglio prestarmi a questo gioco al massacro” osservò sospirando.

“Questo lo capisco, ma non puoi nemmeno lasciare che sia lei a massacrare te” gli fece notare Victoria.

“Lo so, ma conto che prima o poi si stanchi, o almeno lo spero. E’ furiosa con me, perché si è sentita umiliata e non mi sento nemmeno di darle torto. L’ho tradita, e aspetto un figlio dalla mia amante” rimarcò, seguendo il flusso dei pensieri, per poi pentirsene subito, perché realizzò che la sua frase poteva essere male interpretata.

“Io non...scusa, non intendevo quello che ho detto” si corresse subito, guardando la ragazza negli occhi.

“Non devi scusarti” rispose lei, un po' asciutta “In fondo è così che sono andate le cose, è così che tutti vedono la situazione da fuori, no? Hai tradito tua moglie e messo incinta la tua amante. Magari qualcuno dirà anche che ho fatto apposta a farmi mettere incinta per incastrarti” aggiunse con sarcasmo, tornando a sedersi a tavola.

“Chi se ne frega di quello che dicono gli altri. Non hanno idea di come sia andata davvero e non mi interessa cosa pensano” osservò serio Ryan.

Poi sospirò e si avvicinò a lei, abbassandosi sulle ginocchia per guardarla negli occhi.

“Ti ho promesso che avrei sistemato tutto, e lo farò, te lo giuro. Mi serve solo un altro po' di tempo. Tu pensa solo a te, al fagiolino e a riposarti” le disse con dolcezza.

“Non faccio niente tutto il giorno! Non c’è proprio pericolo che mi stressi o che mi stanchi” rispose sospirando “Ma la cosa che mi fa sentire più inutile è non poterti aiutare, non poter fare niente per darti una mano” aggiunse seria, incrociando il suo sguardo.

“Cosa ti suggeriscono quei sapientoni del tuo agente, l’addetto stampa e tutto lo squadrone?” gli chiese poi.

Lui fece una smorfia.

“Non riescono nemmeno a mettersi d’accordo fra loro!” disse sbuffando e sedendosi accanto a lei “Secondo la mia agente, dobbiamo mantenere un basso profilo, finché questo casino non si sarà sgonfiato. Secondo gli addetti alle PR, invece, dovremmo farci vedere insieme, non da domani, ma dovremmo farci paparazzare, per dimostrare che non è una squallida storiella, ma una cosa seria, e che questa gravidanza non è stata un caso, che non è conseguenza di una tresca ma di una relazione profonda” le spiegò.

“E tu non sei d’accordo” rimarcò scrutandolo.

“Non credo di dover dimostrare niente a nessuno!” le spiegò “Quello che c’è fra di noi è nostro e nostro soltanto. Non mi tocca quello che pensano gli altri” continuò, stringendo le spalle.

“Questo lo so, ed è lo stesso per me. Ma c’è in ballo anche la tua immagine” gli fece notare. Le sembrava assurdo che proprio lui, che aveva sempre tenuto a salvaguardare la sua reputazione, ora avesse mollato i remi “Non credo sia giusto che tu resti a subito passivamente gli attacchi di Blake. Ti sta affossando in tutti i modi, senza farsi il minimo scrupolo. Ora, non dico di partecipare insieme ad ogni serata mondana ma magari qualche uscita ogni tanto farebbe comodo alla tua immagine pubblica. Possiamo cominciare con una passeggiata fuori, poi una cena e vediamo come va.” Gli suggerì.

“Sei sicura?” le domandò.

“Non sono il tipo che chiama i paparazzi per dire dove farsi trovare o che sfrutta la sua vita privata per finire sui giornali, lo sai, ma in questo caso direi che è una strategia di sopravvivenza obbligatoria” osservò “Se non reagisci, se non fai niente e resti a subire gli attacchi di Blake, sembrerai colpevole, come un ladro che si nasconde. Non abbiamo ucciso nessuno! Le cose non sono andate nel migliore dei modi, abbiamo fatto soffrire altre persone, ma non era quella la nostra intenzione, purtroppo è stato un danno collaterale. Ma possiamo rimediare. Non dico di mettere i cartelloni per dimostrare che ci amiamo, ma non credo che un paio di paparazzate organizzate possa peggiorare le cose” aggiunse, stringendo le spalle.

Ryan sembrava pensieroso, incerto sul da farsi.

“Sei sicuro che sia solo questo a preoccuparti?” lo incalzò lei a quel punto.

“Si, certo. Direi che è abbastanza carne al fuoco. Che altro dovrebbe esserci?” rispose, quasi divertito.

“Non lo so. Magari hai qualche ripensamento. Se così fosse, lo capirei, davvero!” riprese a dire concitata “Insomma, hai deciso di divorziare, rischi di non vedere le tue figlie o comunque di non vederle quanto vorresti, e tutto per cosa? Per un salto nel buio, perché questa situazione fra noi è un po' un salto nel buio! Siamo passati dal vederci nei ritagli di tempo e in posti improbabili ad aspettare un figlio e vivere insieme. Se avessi dei dubbi, lo capirei” aggiunse.

“Tu ne hai?” disse lui, girandole la domanda. La ragazza fece segno di no con la testa, senza esitare.

“Vic, non ho nessun dubbio e nessun ripensamento” la rassicurò, accarezzandole un braccio “Non sono orgoglioso di come ho gestito le cose, avrei potuto fare meglio, evitare tante sofferenze inutili ad altri, anche a te, perché se non parli con tuo padre è anche e soprattutto a causa mia, anche se tu minimizzi, ma mi sono innamorato di te. Non era programmato, ma è successo, ed incontrarti è stato un regalo, inaspettato, ma pur sempre un regalo. Nemmeno il fagiolino era programmato, ma è nostro, e noi sappiamo che quello che ci lega non è una tresca passeggera, o una semplice infatuazione. Ci siamo innamorati e questo bambino ne è la prova. Avrei lasciato comunque Blake, lo sai, già stavamo trattando dietro le quinte. La gravidanza ha solo accelerato i tempi, ma il finale sarebbe stato lo stesso” continuò “Sono qui con te perché lo voglio, non perché sento di doverlo fare. Ho 41 anni, non sono un ragazzino e non sono il broccolo. Nessuno mi costringe a fare qualcosa che non voglio da un pezzo ormai” rimarcò sorridendo.

Victoria sorrise, decisamente sollevata nel sentirgli dire quelle cose. In fondo, era proprio quello il suo timore, che lui si fosse accorto che il gioco non valeva la candela e che il rischio di perdere le figlie, gli avesse fatto capire che il sentimento che credeva di provare per lei non fosse così forte come pensava.

“Lo so che non ci sono molto, e mi dispiace. Ma spero che sia ancora questione di poco! Ormai mancano giusto alcuni dettagli da definire e poi presenteremo i documenti per il divorzio. Dubito che la causa sarà breve, ma almeno non dovrò più sorbirmi riunioni su riunioni col mio entourage e potrò passare più tempo qui, con te” aggiunse, sporgendosi per rubarle un bacio morbido.

“Perché non ti metti comoda sul divano? Finisco io di sparecchiare e carico la lavastoviglie! Visto che tu hai cucinato, a me tocca riordinare! Poi magari ci mangiamo un po' di gelato davanti alla tv!” aggiunse.

“Se continui a viziarmi con gelato e dolci vari, diventerò una mongolfiera” rise lei.

Per quella sera, non toccarono più la questione Blake, divorzio e visite alle bambine. Decisero di rilassarsi davanti ad un film, lasciando ogni pensiero e preoccupazione fuori dalla porta.  Nei giorni successivi, Ryan cercò di essere più presente e di tornare prima a casa. Organizzarono anche un’uscita fuori a favor di paparazzi. Lui non era del tutto convinto, ma alla fine aveva deciso di fidarsi dei suggerimenti dei suoi addetti stampa e, soprattutto, di quelli di Victoria. Erano usciti per una passeggiata e si erano fermati in una pasticceria per una cioccolata, il tutto fedelmente documentato e fotografato da un paparazzo che li aveva seguiti a distanza.

Passarono velocemente altri due mesi. Dopo innumerevoli riunioni e trattative, i legali di Ryan riuscirono a strappare un accordo congiunto, così si sarebbero evitate lungaggini ed una causa pesante per entrambi. Finalmente furono calendarizzati gli incontri fra lui e le bambine, così avrebbe avuto la possibilità di vederle e di passare del tempo con loro. Blake si era dimostrata un osso duro, ma alla fine aveva ceduto, ed aveva dovuto accettare l’idea che lui avrebbe portato le bambine a casa, dove ci sarebbe stata anche Victoria, Evidentemente, aveva capito, o i suoi legali glielo avevano fatto capire, che non avrebbe potuto impedirgli di continuare una relazione stabile dalla quale stava per nascere un terzo figlio. E poi nel frattempo anche lei era stata paparazzata con quel tizio con cui tradiva Ryan, quindi ormai la parte della vittima, della povera moglie tradita ed abbandonata, le si addiceva poco.

La gravidanza di Victoria procedeva senza intoppi. Aveva passato da poco il quinto mese e, finalmente, durante l’ultimissima visita ed ecografia di controllo, lei e Ryan avevano saputo il sesso del bambino: sarebbe stato un maschietto. Ovviamente la priorità per entrambi era che fosse sano, non c’erano vere e proprie preferenze sul sesso, ma per Ryan sapere che avrebbe avuto un maschietto dopo due femmine fu davvero emozionante. Aveva un sorriso costante stampato sul viso, e che gli prendeva anche lo sguardo, spazzando via quella nota malinconica che solitamente lo accompagnava. E poi già faceva progetti, pensava a quando lo avrebbe accompagnato a calcio o a rugby o basket, era adorabile quando partiva per il pianeta del giubilo.

“Come credi la prenderanno James e Ines?” gli chiese Victoria un pomeriggio, di ritorno dall’ennesimo giro di compere per il nascituro.

Le bambine erano già state a casa loro, e Victoria aveva cercato di rispettare i loro tempi e di inserirsi gradualmente nello scenario. Di solito usciva prima che Ryan tornasse a casa con loro e rientrava giusto in tempo per salutarle, per lasciare loro il modo di accettarla ed abituarsi alla sua presenza. Ines era la più piccola, aveva solo un anno, non dava problemi, mentre James ne aveva già tre ed aveva reazioni diverse. Ryan aveva detto loro che avrebbero avuto un fratellino, ma man mano che i mesi passavano, e che il pancione aumentava, Victoria temeva sempre più la reazione che avrebbero avuto una volta nato il pupo.

“La prenderanno come tutte le sorelle maggiori. All’inizio saranno incuriosite e poi magari un po' gelosette. E’ normale. Io sono l’ultimo di 4 fratelli, gli altri tre hanno attentato a turno alla mia vita quando ero ancora nella culla” ridacchiò, posando i vari sacchetti delle compere in salotto “Avranno bisogno di tempo, e a volte di essere rassicurate, ma ce la faremo. Ines poi è ancora troppo piccola per capire, le sembrerà solo di avere un compagno di giochi in più e Jamie ci riempirà di domande, ma è una brava bambina ed è sveglia, capirà” aggiunse.

“Amore, andrà tutto bene, non farti paranoie. Qualunque problema, lo affronteremo insieme, quando sarà il momento” la rassicurò ancora, dandole un bacio morbido in fronte.

Lei abbozzò un sorriso, poco convinto, ma non si sentiva di insistere oltre su quell’argomento. Principalmente temeva Blake, non le bambine. Aveva paura che la madre le avrebbe in qualche modo fomentate contro il nuovo arrivato, magari facendo leva sul fatto che il fratellino avrebbe vissuto col papà e loro no, magari insinuando che era proprio colpa del piccolino se il papà le aveva lasciate. E’ vero che ormai le famiglie allargate erano la regola e non più l’eccezione, ma nel loro caso erano ancora lontani da quel traguardo, ammesso che mai ci sarebbero arrivati.

“A proposito di fratelli e famiglia” riprese a dire lei, mentre sistemavano nella stanzetta del bambino i nuovi acquisti “volevo sempre chiederti come hanno preso tutti questi cambiamenti tua madre e i tuoi fratelli” gli domandò “Qui non chiama mai nessuno, ed è vero che spesso sei fuori, ma quando sei qui non ricordo di averti mai sentito parlare con loro” aggiunse, osservandolo.

Lui accennò un sorriso tirato.

“Non ti sfugge niente” rimarcò.

“Sanno tutto, ovviamente. E diciamo che ci sono state reazioni diverse” aggiunse “I miei fratelli hanno capito, mi conoscono e non ne hanno fatto una tragedia. Anzi, sono impazienti di conoscerti e di diventare di nuovo zii. E mia madre ha bisogno di tempo” tagliò corto.

“Quindi mi detesta” concluse lei.

“Non ho detto questo. E’ che è una donna particolare, e non aveva idea che con Blake le cose andassero male, né del tipo di matrimonio che avevamo ed è rimasta spiazzata. E’ stata sposata per più di 40 anni con mio padre, praticamente una vita, ora è vedova e ragiona ancora in modo tradizionale. Per lei il matrimonio dovrebbe essere uno ed uno soltanto ed io sono al secondo divorzio, quindi immagina quanto sia grave per lei” riprese a dire.

“Ma le passerà, te lo assicuro!” disse ancora, avvicinandosi a lei “La conosco, le serve solo del tempo per metabolizzare la novità, poi sono sicuro che le basterà conoscerti per capire perché mi sono innamorato di te e ti adorerà. E comunque, se può consolarti, non le andavano a genio nemmeno Scarlett e Blake” aggiunse vispo.

“Sei un gran paraculo” lo apostrofò divertita lei, abbracciandolo, fintanto che ancora riusciva a farlo, visto il pancione che cresceva.

“Senti, ma Skyler e tua zia verranno a trovarti?” le domandò, continuando a tenerla stretta “Presto ci sarà anche un baby shower da organizzare” riprese a dire lui.

“Skyler mi ha detto che volerà qui per lavoro fra un paio di settimane e verrà a trovarci. E Zia Charlotte sicuramente arriverà prima che partorisca! La sento ogni giorno e ci vediamo via skype, ma non è lo stesso. Solo che al momento è molto presa dalla fondazione. Mi sento anche in colpa, perché ora che manco io deve fare tutto da sola. So che è in gamba, ma mi dispiace non poterle più dare una mano” osservò.

“E tuo padre? Ancora niente?” rimarcò lui incerto, perché sapeva bene quanto quello fosse un tasto dolente per lei.

Lei fece segno di no col capo e poi si staccò quanto bastava per guardarlo.

“Tutto tace. Lui non si fa sentire ed io nemmeno” disse solo. Non era proprio impaziente di parlarne, la faceva stare male. Suo padre le mancava, ma non riteneva di dover essere lei a fare il primo passo.

“Magari se gli inviassi l’ecografia e vedesse qualche immagine nitida del nipote, si renderebbe conto di cosa sta perdendo. Forse l’entusiasmo di diventare nonno potremmo aiutarlo a mettere da parte il suo orgoglio almeno per il tempo di una telefonata” aggiunse, cercando di incoraggiarla.

“Non lo conosci come lo conosco io. Non basterà un’ecografia, non basterebbe nemmeno se lo prendesse in braccio” osservò lei, sciogliendosi dal suo abbraccio e rimettendosi a sistemare tutine e calzini nell’armadietto del bambino, per tenersi impegnata.

Ryan si rese conto che era un tasto troppo delicato e cambiò argomento.

“Ok, niente discorsi tristi, concentriamoci su altro!” riprese a dire vispo “Adesso che sappiamo che è un maschio, direi che è ora di sistemare questa stanza. E’ ancora di un bianco ospedaliero deprimente. Non voglio che mio figlio si deprima ancor prima di nascere” rimarcò serio.

“Domani iniziamo i lavori, anzi, io inizio a sistemarla e tu mi farai da super visore!” continuò a dire, abbracciandola da dietro e sfiorandole il pancione con le mani.

“Un bell’azzurro alle pareti, delle decorazioni. Pensavo magari a degli stencils della Disney. Che ne so, Winnie The Pooh, Toy Story. Devo ammettere che non ho idea di quali cartoni siano più adatti ad un maschietto, da anni mi sorbisco Frozen!” ridacchiò.

“Monterò la culla, il fasciatoio, e sistemerò una bella poltrona per te nell’angolo vicino alla finestra, così sarai comoda quando dovrai allattarlo” aggiunse, eccitatissimo e premuoroso.

“Ancora deve nascere ed è già il bambino più viziato del mondo. Quando nascerà, voi due vi metterete in combutta contro di me e sarà la mia fine! Così non avrò un solo bambinone a farmi gli occhioni dolci e rigirarmi come un calzino, ma due!” rimarcò lei, voltandosi nel suo abbraccio.

“Benvenuta nel club! Jamie ed Ines lo fanno dal primo giorno!” rise a sua volta.

“Magari potremmo fare qualche cambiamento anche nella stanzetta che hanno le bambine qui, così si sentiranno coinvolte” buttò lì.

“Mi sembra una bella idea! Così si sentiranno partecipi e potremmo anche coinvolgerle sulla scelta del nome, quando ci saremo chiariti le idee” osservò lui “Anche se così rischiamo di doverlo chiamare Olaf!” rise ancora.

“Magari possiamo fare così, iniziamo a restringere il campo fra quelli che abbiamo annotato finora e vediamo se ce ‘è uno che piaccia a tutti!” suggerì lei.

“Direi che è un buon piano!” rispose, strofinando il naso contro il suo e baciandola morbidamente “Andrà tutto bene, te lo prometto” le disse, con tono dolce, all’orecchio “Dobbiamo avere solo un altro po' di pazienza, poi si sistemerò tutto. Le bambine si stanno già abituando a te, Ines ti adora già, lo so e presto anche Jamie capitolerà. E’ un po' testarda, ha preso da me, forse teme ancora che tu voglia prendere il posto della sua mamma, ma quando capirà che non è così, si tranquillizzerà. Questo bambino sarà fortunatissimo ad avere una mamma come te e scommetto che quando nascerà, tuo padre non resisterà alla tentazione di volare qui per conoscerlo, e forse alla fine potrebbe anche imparare a sopportare la mia presenza, per vedere te e il nipote” aggiunse sicuro.

“Dici?” rimarcò lei, molto meno convinta “Non lo so. Vorrei avere metà delle tue certezze, ma immagino non ci sia altra scelta se non aspettare” disse solo.

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Capitolo 18
*** Cap. 18 ***


La gravidanza di Victoria procedeva bene, così come la convivenza con Ryan. Le figlie di lui stavano da loro un paio di volte la settimana, il martedi ed il giovedi e pernottavano anche lì a week end alterni. All’inizio, pur essendo naturalmente felice per Ryan, la ragazza si era sentita un po' intimorita all’idea di avere le sue bambine in casa, più che altro perché temeva che non l’avrebbero accettata, ma col tempo le bimbe si erano abituate alla sua presenza intorno a loro ed al padre. Quella che faceva più resistenza, di tanto in tanto, era la più grandina, Jamie, mentre Ines, la più piccola, era buonissima ed una vera e propria coccolona. Avendo solo poco più di un anno, la secondogenita di Ryan e Blake non si rendeva conto di cosa fosse successo e non aveva quindi avuto difficoltà ad adattarsi a questa nuova realtà familiare, mentre Jamie andava a fasi. L’impatto iniziale non fu dei migliori, perché quasi ignorava Victoria e non le riconosceva alcun ruolo o autorità, e quando capitava che restassero sole, faceva mille capricci ed era ingestibile; ora, fortunatamente, dopo una fase di rodaggio durata qualche mese, sembrava che avesse iniziato ad accettarla, era meno pestifera e sembrava meglio disposta rispetto alla nuova fidanzata del padre ed anche al futuro fratellino, probabilmente anche grazie al fatto che sia lei che Ryan l’avevano coinvolta nella scelta del nome. Era stato un lungo processo, ma anche molto divertente! La lista era stata ristretta, non senza difficoltà, a cinque nomi ed alla fine, dopo una riunione familiare con le bambine, l’aveva spuntata Alexander. Quel nome aveva messo d’accordo tutti, anche Ines, pure se, a dirla tutta, lei ridacchiava ed approvava qualsiasi tipo di nome proposto. Era il nome di un condottiero, un imperatore, classico e si prestava ad un diminutivo altrettanto carino ed immediato, Alex. Ultimamente, Alex si muoveva molto, scalciava parecchio, soprattutto la sera, e quando capitava che le bimbe fossero da loro, James si illuminava tutta nel sentire i calcetti del fratellino sotto la manina, poggiata sul pancione di Victoria. La ragazza quasi non sperava che potesse accettare lei e il nascituro così bene, ma sembrava davvero averla conquistata.

“Ehi, già in piedi?” le domandò Ryan quella domenica mattina. Le bambine si erano fermate da loro, per il consueto week end di visita e stavano ancora dormendo.

La raggiunse in cucina, ancora scalzo, coi pantaloni di una tuta addosso ed una t shirt.

“Ti sei svegliata presto, di solito sono io quello mattiniero. Non ti senti bene?” le chiese, premuroso come sempre.

“No, sto bene, non preoccuparti. Solo che tuo figlio mi ha dato la sveglia a suon di calcetti intorno alle 6, così alla fine ho pensato di alzarmi e di preparare pancakes per tutti. Alle bambine piacciono tanto!” rispose vispa, continuando a spadellare.

Ormai era arrivata all’ottavo mese, il pancione era esploso, ma nonostante la stanchezza ed il mal di schiena, Victoria non aveva rallentato poi molto e continuava ad occuparsi della casa, della cucina e delle bambine. Si stancava con niente, ma al contempo si sentiva paradossalmente piena di energie.

“Ah quindi è già solo mio figlio, eh?” ridacchiò Ryan. Dopotutto era così che funzionava, quando un figlio non si comportava bene diventava immediatamente solo dell’altro genitore.

“Per forza, è mattiniero come te. Di solito tu alle 5,30 ti svegli e lui infatti ha iniziato a scalciare stamattina prestissimo, Può aver preso solo da te!” lo prese in giro lei, rubandogli un bacio.

“Più tardi tu ed io dobbiamo fare un bel discorsetto, signorino! Non è così che si fa. La mamma è stanca di scarrozzarti in giro, ha bisogno di riposare. Puoi scalciare dalle 8 in poi, se vuoi” disse Ryan parlando al pancione, manco potesse capirlo e facendo sorridere Victoria.

“Le altre due pesti dormono ancora” riprese a dire lui, finendo di apparecchiare la tavola per la colazione e prendendo del caffè.

“Credo che tu abbia ufficialmente conquistato Jamie” aggiunse vispo e soddisfatto.

“Ah si?” rimarcò lei, sorpresa, controllando i pancakes.

“Ieri sera, quando l’ho messa a nanna, dopo la favola ed appena prima di addormentarsi, mi ha chiesto come ti deve chiamare, se deve chiamarti ‘mamma 2’ o in qualche altro modo” le spiegò, con il tipico sguardo fiero ed intenerito di un padre.

“Quant’è dolce quello scricciolo” esclamò Victoria “E tu che le hai risposto?”

“Le ho detto che una mamma già ce l’ha, e che tu non vuoi sostituirla, ma che le vuoi bene, che adori lei ed Ines, e che sarai una specie di amica o di zia per loro, quindi può chiamarti semplicemente Vic, come faccio io” rispose, stringendo le spalle “Dovevi vedere la sua faccetta seria e concentrata, era dolcissima” aggiunse.

“E’ come se l’avessi vista, anzi, la sto vedendo ora. E’ identica alla tua” rispose lei sorridendo e guardandolo con aria adorante, quasi scordandosi che aveva i pancakes sul fuoco.

“Cavolo! Per un pelo!” esclamò, spegnendo i fornelli “Speriamo siano venuti bene! Ci sono anche le fragole ed ovviamente ho comprato lo sciroppo d’acero per il mio canadese preferito e per le sue principesse” aggiunse, sistemando tutto a tavola.

“Ho detto bene?” le chiese Ryan “Non sapevo bene nemmeno io cosa dirle, forse avrei dovuto chiamarti” aggiunse.

“No, no, hai fatto bene a parlarle tu. L’ha chiesto a te, sei il suo papà e voleva la tua opinione. Le hai detto la verità! Sono davvero felice e sollevata che sia lei che la piccola mi accettino ora, e non ho mai avuto l’intenzione di diventare una specie di mamma surrogata. Loro una mamma ce l’hanno, io sarò una sorta di amica, e sarò sempre presente per loro se dovessero aver bisogno, ma non voglio sostituirmi a nessuno” lo rassicurò.

Poco dopo, forse attirate dal profumino di pancakes che si stava spandendo per l’appartamento, le bimbe si svegliarono. La prima a raggiungerli fu James, ancora assonnata, in pigiamino e col suo peluche preferito al seguito e poco dopo Ryan andò a recuperare anche la piccina. Si sistemarono tutti a tavola per la colazione, e da fuori sarebbero potuti tranquillamente passare per una famigliola felice. Le bimbe gradirono molto i pancakes, soprattutto Ines. Era la più piccola, ma aveva sempre un grande appetito e non era schizzinosa, assaggiava sempre tutto senza problemi, ed osservava ogni cosa con quegli occhioni azzurri curiosi. James, invece, sembrava la copia del padre, non nei colori, quelli li aveva presi dalla madre, ma il taglio degli occhi era identico a quello di Ryan e poi anche a lei al mattino serviva un po' di tempo per carburare, per cui rimaneva un po' imbronciata finchè non aveva finito la colazione, col suo latte, i suoi biscotti o i pancakes. Poi, una volta riempito il pancino, diventava chiacchierina e li bombardava di domande. Le giornate, quando le bimbe erano con loro, passavano molto più in fretta, erano intense ed impegnative, ma anche estremamente divertenti. Quando Ryan le riportava dalla madre, la casa sembrava sempre un po' più spenta e vuota, ma in fondo non era male godersi un po' di pace, fintanto che potevano, visto che di lì a poche settimane, avrebbero avuto un aquilotto urlante ad animare le loro giornate.

Con l’avvicinarsi del termine della gravidanza, oltre ad aumentare in Victoria il naturale terrore per ciò che la aspettava, ovvero travaglio e parto, cresceva in lei anche la nostalgia di Los Angeles, in particolare di sua zia, di Skyler ed ovviamente di suo padre. Alla fine, aveva seguito il consiglio di Ryan, ed aveva inviato ad Andrew una mail con le ultime immagini dell’ecografia in 3D del nipotino, senza aggiungere altro. Al suo compagno non aveva detto nulla, forse perché nemmeno lei voleva sperarci troppo. Infatti, esattamente come temeva, non arrivò alcuna risposta, ma la mail risultava regolarmente consegnata ed aperta. Non che si trovasse male a New York, si era ambientata abbastanza bene, ma non conosceva nessuno a parte Ryan, aveva conosciuto giusto un paio di mamme al parco, quando avevano accompagnato le bimbe, ed altre future mamme al corso pre parto, ma niente di più, non c’era stato tempo sufficiente per legare davvero. Ovviamente Ryan se n’era accorto e negli ultimi giorni sembrava tramare qualcosa, ma puntualmente, alle domande della ragazza, nicchiava, non rispondeva, si comportava davvero in maniera strana. Tuttavia, un pomeriggio si comportò in maniera ancora più curiosa. Erano usciti per fare un po' di spesa, era stato proprio lui ad insistere, anche se in realtà mancavano giusto un paio di cose, ed avrebbero anche potuto rimandare all’indomani, ma si era impuntato, voleva uscire a tutti i costi e voleva che anche Victoria lo accompagnasse. Lei avrebbe volentieri evitato, era stanca, le scappava la pipì ogni 5 minuti ormai, in quella fase della gravidanza, ma non c’era stato verso. Avevano comprato quelle poche cose che mancavano, e lei era impaziente di rientrare a casa, ma lui l’aveva trascinata in altri negozi ed anche in farmacia. E stava per proporle di andare in caffetteria, quando la ragazza, stanca, fermò un taxi per farsi riaccompagnare a casa.

“Si può sapere che ti è preso oggi? Sembravi tarantolato là fuori. Mi scappa la pipì! Sai che devo farla ogni 5 minuti! Ho rischiato di farmela addosso in taxi, per la miseria!” stava borbottando lei, in attesa che lui finalmente aprisse la porta di casa.

“Mi dici perché ridi? Mi prendi in giro? Vorrei vedere te! Portarsi in giro il peso di un cocomero maturo che ti preme sulla vescica” borbottò lei.

In quel preciso istante, lui spalancò la porta e lei entrò, ma restò bloccata sulla soglia.

“Sorpresa!” esclamarono in coro sua zia Charlotte e Skyler.

Il salotto era stato addobbato con un festone per lei ed Alex, e con tanti palloncini colorati nelle tonalità del blu e dell’azzurro. Sul bancone della cucina spiccavano vassoi con tartine, pasticcini ed altri stuzzichini vari, e diversi regali.

“Non ci credo! Devo avere le allucinazioni! Siete davvero qui?” rimarcò sorpresa Victoria.

Le due le corsero incontro per abbracciarla come riuscirono, visto il pancione.

“Tesoro, sei bellissima! Sei radiosa” le disse emozionata sua zia.

“Wow! Sembri una mucca!” la prese in giro l’amica.

“Lo so, una mucca enorme ed incontinente! Anzi, a proposito, lasciatemi solo fare un pit stop al bagno e torno subito da voi!” rise lei, prima di andare in bagno.

“Ecco perché avevi tanta smania di uscire” disse a Ryan, una volta tornata in salotto.

“Mi serviva una scusa per tenerti fuori un po', almeno mezz’ora! Sapevo che erano arrivate stamattina, ma dovevano avere tempo di sistemare qui, brontolona!” le spiegò divertito.

“E siccome ho fatto la mia parte, ora posso anche lasciarvi!” aggiunse.

“Signore, è sempre un piacere rivedervi! La lascio nelle vostre mani, mi raccomando” disse vispo, strizzando l’occhio alle due donne.

“Vai tranquillo Reynolds, ci pensiamo noi all’ovetto ripieno” rise Skyler.

“Ancora non ci credo, siete davvero qui! Non avete idea di quanto mi siete mancate. Anzi, zia Charlotte mi è mancata, tu no! Due minuti che sei qui e mi hai dato della grassona venti volte” riprese a dir Vic, sedendosi sul divano.

“Anche tu ci sei mancata, tesoro!” le fece eco sua zia.

“Dai, sai che scherzo! Stai benissimo!” rispose divertita Skyler “Tua zia ha ragione, sei radiosa e hai dei capelli così lucidi!” aggiunse vispa.

“Ma raccontaci di te. Come va qui? Ti trovi bene?” le domandò ancora sua zia.

“Si, si, sto bene. Mi sono ambientata piuttosto in fretta, ma non conosco ancora nessuno a parte Ryan, quindi il più delle volte, quando lui è fuori, mi annoio da morire, ma sto bene. E fra qualche settimana avrò il mio bel da fare con il bambino, quindi forse non è poi male un po' di noia” spiegò loro “Abbiamo spesso qui anche Jamie ed Ines, le bimbe di Ryan e sta andando bene con loro. Mi hanno accettata finalmente, la grandina è stata un osso duro, ma pare che si sia sciolta e Blake non sta creando problemi, quindi, incrociando le dita, spero che il peggio sia passato” aggiunse, accarezzandosi il pancione.

“Si, ormai lo scandalo è cosa vecchia. Adesso c’è di peggio di cui occuparsi. Tipo le accuse di molestie che stanno letteralmente fioccando su Harvey Wenstein ed altri pezzi grossi di Hollywood” osservò Skyler “Avete fatto bene a seguire i consigli dell’addetta stampa di Ryan, comunque. Quelle poche paparazzate uscite di voi vi hanno mostrati in una luce diversa, e vedrai che presto nessuno si ricorderà più di com’è iniziata fra di voi” la rassicurò.

Fra chiacchiere, risate e gli stuzzichini dolci e salati, le tre passarono un pomeriggio divertente e rilassante, senza quasi accorgersi del tempo che passava, tanto che quando Ryan rientrò, poco prima dell’ora di cena, a loro sembrava fosse appena uscito. Lui immaginava che si sarebbero trattenute ad aggiornarsi e chiacchierare, così pensò bene di rientrare con delle pizze per tutti.

Dopocena, Skyler li salutò perché l’indomani aveva una riunione di lavoro, ma si sarebbe comunque trattenuta lì per un’intera settimana, così si sarebbero sicuramente riviste, mentre Charlotte si trattenne ancora lì. Ryan le aveva lasciate sole, con la scusa di rispondere ad alcune mail della sua agente e visionare dei copioni.

“Allora, come va con lui?” le chiese sua zia, mentre si prendevano una tisana al bancone della cucina.

“Bene, molto bene” rispose la nipote con un sorrisone “E’ molto protettivo, premuroso. Pensavo che ci sarebbe voluto del tempo per abituarsi alla convivenza, invece è stato tutto molto naturale da subito. Certo, a volte la notte russa ed è un po' disordinato, ma niente di insormontabile” rise.

“Si è fatto sempre in quattro in questi mesi, soprattutto quando le cose con Blake erano ancora in alto mare, perché non voleva che mi preoccupassi e mi agitassi. E sono sicura che sarà un bravissimo papà per l’aquilotto, lo vedo con le bimbe, è così dolce, giocherellone, ma sa anche essere fermo quando deve” continuò.

“Allora Alexander sarà fortunato, perché avrà due bravi genitori!” disse senza esitazione sua zia.

“Spero! Al momento sono terrorizzata! Ho paura del travaglio, del parto, di non riuscire a cambiare i pannolini” ammise ridendo la ragazza.

“Nessuno nasce con la scienza infusa, tesoro, imparerai strada facendo, come tutti! Ryan magari sarà più allenato, ma solo perché per lui è la terza volta! Sono certa che ci ha messo del tempo ad abituarsi a cambiare pannolini e tutine” rise la donna.

“Hai sentito o visto papà in questi mesi?” si decise infine a domandarle, forse spiazzandola, ma forse nemmeno troppo “Io gli ho scritto una mail per dirgli che sarebbe diventato nonno di un maschietto e per girargli le immagini in 3D dell’ultima ecografia, ma non ha risposto. Me l’aspettavo, ma speravo comunque di sbagliarmi” ammise, abbassando lo sguardo “Sono passati mesi, fra poche settimane partorirò e lui continua ad ignorarmi, come se non esistessi e non fossi mai esistita” concluse mortificata.

Sua zia sospirò, chiaramente dispiaciuta per la nipote, perché detestava vederla così, soprattutto in un momento così delicato.

“L’ho incontrato diverse volte, l’ultima anche prima di partire per New York. So della tua mail, me ne ha parlato, mi ha chiesto di te e gli ho risposto che potrebbe telefonare direttamente a te per sentirti e chiederti come stai” rispose “Ho cercato anche di convincerlo a volare qui con me e Skyler, ma è davvero testardo a livelli inimmaginabili!” borbottò “Tua madre me l’aveva detto, ma pensavo esagerasse!” aggiunse, accennando un sorriso.

“Comunque, se chiede di te è buon segno. Sono sicura che ti vuole bene esattamente come prima e che pesa molto anche a lui starti lontano e non sentirti, ma al momento il suo orgoglio è ancora troppo ferito, e non riesce a passarci sopra, per quanto assurdo mi sembri” continuò “Hai fatto bene a scrivergli, ma non devi fare niente che tu non voglia. Se ti va di scrivergli ancora, fallo, altrimenti aspetta che si faccia vivo lui. In fondo, non hai fatto niente di male, non hai ucciso nessuno! Ti sei innamorata, sei felice, ed aspetti suo nipote. Io spero che si renda conto di cosa rischia di perdere e che si faccia vivo presto” concluse, cercando di essere incoraggiante e di vedere il bicchiere mezzo pieno.

“So che ti manca, tesoro. Lo capisco! Ma cerca di non pensarci troppo. Pensa a te, al bambino, a Ryan, e poi vedrai che col tempo ed un po' di pazienza, tutto andrà a posto” disse ancora, per poi finire la tisana.

“Si è fatto tardi! Sarà meglio che vada!” riprese a dire la zia. Victoria cercò di convincerla a fermarsi lì per la notte, ma invano. Rimasero d’accordo di rivedersi l’indomani in tarda mattinata per andare a farsi coccolare un po': un giro dal parrucchiere, manicure, pedicure.

La ragazza sciacquò e ripose le tazze, ormai vuote, e poi raggiunse Ryan in studio. Si era addormentato sulla poltrona, con ancora gli occhiali inforcati ed il copione fra le mani. Istintivamente, sorrise intenerita nel vederlo così, e le spiaceva anche svegliarlo, ma non voleva che dormisse scomodamente.

“Ehi, meraviglia” lo richiamò piano, scuotendolo appena per il braccio.

Lui aprì gli occhi, li strizzò un paio di volte, stropicciandosi il viso e sorrise.

“Mi sono addormentato come un cretino” osservò, con la voce appena impastata.

“Mi dispiace averti svegliato, ma non potevo lasciarti dormire qui! Vieni a letto!” aggiunse dolcemente, tirandolo leggermente per la mano.

Lui si alzò e la seguì in camera da letto, sbirciandola con la coda dell’occhio mentre si spogliava.

“Grazie per aver organizzato la festa per me e il bambino” riprese a dire lei.

“Io non ho fatto niente! Ti ho solo tenuta fuori casa mezz’ora, rischiando di prenderle” minimizzò lui ridacchiando e sfilandosi la felpa. Era sempre in formissima, anche quando non si preparava per un ruolo, muscoloso ed atletico al punto giusto, una vera tentazione per Victoria, con tutti gli ormoni che aveva in circolo.

“Che c’è? Mi stai guardando come se fossi un’enorme torta al cioccolato e panna! Un po' di contegno, Avery” la prese in giro affettuosamente.

“Scemo! Ti diverti a provocarmi, vero? Solo perché sai che con questo pancione sono innocua” rispose, con tanto di linguaccia.

Lui rise, poi si avvicinò a lei, cingendole la vita da dietro e posando le sue mani grandi e piacevolmente calde, sul pancione.

“Tu innocua?” rimarcò divertito “Non saresti innocua nemmeno con uno scafandro addosso e ammanettata” aggiunse ridacchiando.

“Sei bellissima! Lo sei sempre, ma in questi mesi ancora di più, la gravidanza ti fa bene. Per il resto, avremo modo di recuperare quando Alex sarà nato. E ci concederà qualche ora in più di sonno per notte” aggiunse ridendo.

“Mi manca dormirti addosso. E non solo quello!” aggiunse lei, con aria birichina.

“Anche a me, non farmici pensare, altrimenti dovrò andare a farmi una doccia gelata” ridacchiò “Su forza, a nanna ora! Coccole e poi nanna!” aggiunse, dandole una leggera pacca sul sedere.

I giorni successivi furono intensi ma molto piacevoli per Victoria. Riuscì a passare del tempo con sua zia e Skyler, andando a fare shopping per gli ultimi acquisti per il bimbo, coccolandosi un po' con parrucchiere ed estetista, o anche solo restando a casa per chiacchierare e mangiare qualcosa insieme. Le erano mancate davvero tanto ed averle lì riusciva a colmare, in parte, la mancanza di suo padre. Purtroppo, come accade sempre quando ci si diverte, quella settimana volò via troppo in fretta, e ben presto le due donne dovettero ripartire, ma sarebbero tornare una volta nato il bambino, forse anche prima.

Charlotte e Skyler erano ripartite da un paio di giorni quando, una mattina, Vicky sentì suonare alla porta. Era certa che fosse Ryan, che si era accorto di aver dimenticato le chiavi, come spesso accadeva, ed invece rimase di stucco nel ritrovarsi davanti suo padre.

“Papà” esclamò candidamente, non potendo nascondere il suo stupore. Non si vedevano da quella mattina in ospedale, dopo l’incidente.

Lui era esattamente come lo ricordava, forse un po'stanco e sembrava anche un pò a disagio, teso.

“Ciao Victoria” rispose, dopo qualche istante, schiarendosi la voce.

“Disturbo?” aggiunse incerto, cercando di capire forse se la figlia fosse sola in casa o meno.

“No, no, entra pure. Stavo per mettermi sul divano” rispose, facendolo entrare “Ormai non posso più fare molto, ho l’agilità di un gatto di marmo” osservò, abbozzando un sorriso.

A quel punto Andrew, dopo essersi guardato velocemente intorno, spostò lo sguardo sul suo pancione.

“E’ cresciuto. Ci siamo quasi, vero?” rimarcò. Lei annuì.

“Siamo da soli papà. Ryan è uscito e credo ne avrà per un paio d’ore.” Lo rassicurò.

“Scusa, ma devo sedermi, non riesco a stare troppo in piedi” aggiunse, mettendosi sul divano, mentre lui restò ancora in piedi e notò con la coda dell’occhio alcune foto che campeggiavano su alcuni scaffali, foto di Victoria e Ryan insieme, ma anche con le figlie di lui.

“Ti lascia spesso da sola?” le domandò, facendola sospirare. Sperava che fosse lì per ricucire con lei, ma lui invece sembrava impaziente di criticare Ryan, come sempre.

“E’ ad un incontro di lavoro con la sua agente, e comunque non mi serve più la baby sitter da un pezzo”.

“Questo lo so, ma sei agli sgoccioli della gravidanza, potresti aver bisogno di lui” riprese a dire Andrew, giustificando le sue preoccupazioni.

“Esistono i cellulari, basterebbe chiamarlo e correrebbe qui” rispose tranquilla “Comunque, mancano ancora tre settimane al termine, abbiamo la borsa pronta sotto il letto, ma spero Alex non arrivi troppo presto, meglio rimanga ancora un po' qui dentro” aggiunse, sfiorandosi il pancione.

“Così avete deciso per Alex” riprese a dire lui, restando in piedi, con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni, nemmeno fosse lì in prestito “E’ un bel nome” precisò, prima che la figlia potesse pensare ad un’altra critica in arrivo “Un nome storico, forte!” aggiunse.

“Si, lo credo anch’io. Piaceva a tutti, anche alle figlie di Ryan” rispose lei, continuando a scrutarlo. Pochissime volte in vita sua l’aveva visto così sulle spine.

“Come mai sei qui, papà?” gli chiese poi, spezzando quell’imbarazzante silenzio.

Andrew si schiarì la voce ed abbassò per un attimo lo sguardo.

“Io ho pensato molto a tutto quello che è successo negli ultimi mesi e ho chiesto spesso notizie di te a tua zia Charlotte” ammise.

“Lo so, me l’ha detto” precisò lei.

“Tua zia sa essere davvero ostinata quando vuole, anche più di tua madre” osservò lui, accennando un sorriso “Ma come una specie di grillo parlante, mi ha fatto ragionare e anche se non volevo ammetterlo aveva ragione. Mi sono comportato da sciocco, ho esagerato, e mi rendo conto di non aver agito come avrei dovuto. Avresti avuto bisogno di me, ma io non c’ero, ti ho giudicata ed ho sbagliato. Se tua madre fosse ancora qui, credo me ne avrebbe dette di tutte i colori ed avrebbe avuto ragione. Ryan continua a non piacermi e sono sempre convinto che non sia l’uomo giusto per te, ma sei una donna, fra poco diventerai madre e non posso decidere io per te. Quindi, anche se le mie intenzioni erano buone e volevo solo proteggerti, ho capito che non posso e non devo più impicciarmi nelle tue scelte, che devo fidarmi del tuo intuito. E, comunque vada, qualunque cosa succeda, io ci sarò sempre per te, perché sei mia figlia e farei di tutto per vederti felice” aggiunse, quasi d’un fiato.

Victoria rimase a dir poco spiazzata. Conoscendo quanto suo padre sapeva essere orgoglioso, mai e poi mai avrebbe pensato a delle scuse così articolate e sentite. Era un momento davvero particolare ed emozionante, tanto che sentì subito gli occhi farsi lucidi. Qualunque cosa gli avesse detto Charlotte in quei mesi, era stata davvero convincente.

“Mi sei mancata” aggiunse Andrew in un soffio.

“Anche tu” ammise lei di rimando “Adesso vieni qui ed abbracciami per favore! Io ci potrei mettere un mese a tirarmi su” aggiunse ridendo.

Suo padre, ovviamente, non aspettava altro, e la raggiunse, per stringerla come poteva.

Restarono a chiacchierare per un bel po' sul divano, poi, con l’aiuto del padre, Victoria si tirò su per fargli fare un giro della casa, soprattutto per mostrargli la cameretta di Alexander, le tutine che aveva comprato, i primi orsacchiotti e poi tornarono in cucina per bere una spremuta d’arancia.

“Sembri felice” riprese a dire suo padre, quasi stupito.

“Lo sono” lo rassicurò lei, senza esitare “So che a te Ryan non va a genio, anche se devo ancora capirne il motivo, ma mi rende felice. In questi mesi è stato un angelo, si è fatto in quattro per me, per non farmi sentire la mancanza tua, di zia Charlotte, della mia vita a Los Angeles. E’ molto premuroso, a volte anche troppo. A volte lo chiamo ‘chioccia’ per prenderlo in giro e fargli capire che sta esagerando, ma è davvero molto attento e dolce con me.”

“La moglie ha sotterrato l’ascia di guerra?” domandò lui.

“Si, dopo lunghe settimane di estenuanti trattative fra gli avvocati, ha capito che farsi la guerra avrebbe fatto male solo alle bambine ed ha mollato la presa” gli spiegò “Ora le acque si sono calmate, Ryan vede regolarmente le bambine e le porta qui, così sono riuscite ad abituarsi anche alla mia presenza. Per fortuna hanno preso bene la notizia del fratellino, dopo un po' di smarrimento iniziale e adesso sono impazienti di conoscerlo, soprattutto la grande” aggiunse.

“E tu come te la cavi? Sempre e solo lavoro o riesci anche a riposare? Stai sempre attento a cosa mangi?” gli chiese poi.

“Si e no!” ammise ridendo “Ammetto che senza te a controllarmi, spesso sgarro, ma sto bene, sono solo un po' stanco” aggiunse.

“Sei qui per lavoro?” domandò ancora lei.

“Sono venuto per vedere te Victoria” ammise “Niente lavoro, non questa volta. Tua zia aveva cercato di convincermi a venire qui con lei e la tua amica Skyler, ma non ero ancora pronto.  Poi ci ho pensato e ho capito che mi mancavi troppo e così eccomi qui” le spiegò “Volevo vederti, assicurarmi che stessi bene come mi diceva tua zia. Dopodomani devo essere a Londra per un incontro di lavoro, ma se vuoi posso tornare presto. Mi piacerebbe esserci per quando il mio nipotino nascerà” ammise.

“Certo che voglio, mi farebbe piacere!” rispose vispa “Sono terrorizzata! La dottoressa che mi segue è bravissima, ma adesso che il termine si avvicina, inizio ad avere paura” ammise.

“E’ normale, anche tua madre era tesa, ma poi, quando hai deciso di venire al mondo, sembrava così controllata, ero io quello più nervoso, tanto che quasi partivo senza di lei in macchina” le raccontò ridendo.

E stavano ancora parlando, quando la porta d’ingresso si aprì e Ryan entrò.

“Ciao amore! Sono riuscito a liberarmi prima e…” stava dicendo dall’ingresso, quando si accorse che Victoria non era sola.

“Scusate, non sapevo fossi in compagnia!” disse, abbozzando un cenno di saluto verso Andrew. Sembrava genuinamente sorpreso, ma Victoria colse una nota di soddisfazione mista a sollievo nel vederla con suo padre. Avery, intanto, continuava a scrutarlo ed osservarlo, come se volesse studiarlo a fondo.

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Cap. 19 ***


“Che hai lì? Mi sembra di sentire un buon profumino” gli domandò Victoria, forse anche per spezzare la tensione fra Ryan ed  Andrew.

Ryan sorrise e posò la confezione di una nota pasticceria di New York sul bancone della cucina.

“Sei peggio di un cane da tartufo” ridacchiò “E’ la torta di mele della Magnolia Bakery, la tua preferita. Ci sono passato davanti ed ho pensato di entrare per prendertene una, così se ti prende una delle tue voglie, saremo preparati” rispose sorridendo.

Poi tornò a guardare Andrew.

“Forse è meglio che vi lasci soli. Ne approfitto per fare alcune commissioni” riprese a dire, pronto a togliere il disturbo, perché era certo che suo ‘suocero’ non smaniasse per stare nella stessa stanza con lui.

“No, non serve. Resta pure, noi qui avevamo quasi finito. Non devi andartene perché ci sono io, questa è casa tua e poi conto di passare spesso a trovare Victoria e non voglio costringerti ogni volta ad eclissarti” osservò Andrew.

“Noi due non siamo partiti esattamente col piede giusto e non fingerò di aver cambiato idea su di te, continuo ad avere alcuni dubbi, ma quello che più mi importa è che mia figlia stia bene e sia felice ed è chiaro che è felice qui con te, quindi credo che potremmo mettere da parte ostilità ed antipatie e cercare non dico di essere amici, ma quantomeno di comportarci civilmente per il bene di Victoria, che ne dici?” rimarcò, addirittura porgendogli la mano.

Le sue parole spiazzarono Ryan, che di certo non si aspettava di sentire Avery così disponibile nei suoi confronti.  Spostò lo sguardo da Andew a Vicky, che li stava osservando quasi in apnea, altrettanto sorpresa dal discorso del padre.

“Dico che si può fare” rispose, abbozzando un sorriso e stringendo la mano all’uomo “Forse l’unica cosa che abbiamo e che avremo mai in comune è Victoria, e presto anche Alex, ed entrambi vogliamo vederla felice. E magari un giorno, con un po' di fortuna, capirà che non sono poi così male” aggiunse, sorridendo più tranquillo. Entrambi, però, si voltarono, quando sentirono Vicky tirare appena sul col naso.

“Oh non badate a me, per carità!” disse, soffiandosi il naso “E’ colpa di questi dannati ormoni! Piango anche davanti ai cartoni, è ridicolo” aggiunse con un’aria buffa, facendo ridere i due uomini.

“Resti per pranzo, papà?” domandò poi, quasi speranzosa.

Andrew sembrava combattuto, ma alla fine accettò l’invito e si fermò da loro per pranzo. Era stato sincero con Ryan, non aveva cambiato idea dalla mattina alla sera rispetto a lui, ma ora era certo di aver preso la decisione giusta, perché nessun pregiudizio o preconcetto nei confronti di quell’uomo, che oggettivamente non conosceva, poteva giustificare il protrarsi della guerra fredda con sua figlia. Adorava Vicky ed aveva sofferto molto nello starle lontano, anche se era stata una sua scelta. Intanto, passando del tempo con lei e Ryan, aveva l’opportunità di imparare a conoscerlo, ed in effetti si rese conto quasi da subito, solo osservandolo interagire con la figlia ed aiutarla in cucina, che non era così male come se l’era immaginato. Sicuramente ci sarebbe voluto del tempo per lui per arrivare ad accettarlo ed accoglierlo a braccia aperte in famiglia, ma intanto era un inizio, piccoli passi verso la reciproca conoscenza. Andrew si fermò pochissimo a New York in quell’occasione, ma subito dopo la trasferta di lavoro a Londra, tornò nuovamente nella Grande Mela per passare del tempo con la figlia, anche perché la data del parto ormai si avvicinava.

In realtà poi il termine fissato dalla ginecologa per la gravidanza passò e solo dopo un’altra settimana, quando ormai Victoria temeva che avrebbero dovuto indurle il parto, che Alexander decise di venire al mondo. Le contrazioni iniziarono la mattina prestissimo, e dopo la corsa in ospedale, ci vollero altre 10 ore prima che il principino si decidesse a vedere la luce. Il parto era stato naturale e doloroso, in certi momenti la ragazza pensava non sarebbe mai riuscita a farcela, ma poi le bastò vedere il musetto dolce del suo frugoletto per dimenticare tutto e capì cos’era l’amore incondizionato ed immediato, perché era esattamente quello che aveva provato da subito, appena i suoi occhi avevano incontrato quelli del piccolo Alexander. Ryan era lì ovviamente, le era rimasto accanto per tutta la durata del travaglio e del parto, incassando anche epiteti poco carini che la ragazza, presa dai dolori delle contrazioni, gli aveva rifilato, oltre alle strizzate degne di una morsa d’acciaio alle mani, ed ora fissava lei e quell’aquilotto con aria adorante e gli occhi lucidi. Non era il primo figlio per lui, ma era come se lo fosse, la gioia e l’eccitazione si rinnovavano ogni volta, ed era il primo maschietto.

“Ciao campione!” disse, con la voce rotta, allungando l’indice verso la manina di Alex, che subito l’afferrò, facendoli sorridere entrambi.

“Però! Che presa!” ridacchiò fiero il neo papà.

“Sei stata bravissima! Ti amo” aggiunse in un soffio, posando un bacio morbido sulla fronte di Vicky.

Le infermiere poi si occuparono di entrambi, e solo dopo un’oretta riportarono la mamma ed il piccolo nella loro stanza, dove Ryan li aspettava insieme ad Andrew ed a Charlotte, che era riuscita ad arrivare a New York un paio di giorni prima del parto.  I primi giorni furono frenetici ed intensi, come sempre accade con un neonato. Victoria era riuscita a riposare un po' solo durante i due giorni in ospedale, ma appena a casa naturalmente iniziò il tour de force. Aveva imparato a cambiare i pannolini, e le infermiere le avevano dato dei suggerimenti sull’allattamento, ma il bello veniva ora, con la pratica sul campo. Alex, tutto sommato, era anche abbastanza bravo, ma si svegliava puntualissimo ogni tre ore per la poppata e quando aveva fame, strillava come una sirena, tanto che spesso Vicky temeva che avrebbe finito con lo svegliare anche i vicini. Ryan la aiutava come poteva, ma non poteva sostituirla per i pasti del piccino. Però era sempre pronto a cambiargli i pannolini, ed era dolcissimo col piccolino. Sembrava l’unico in grado di farlo calmare quando piangeva, lo cullava con una pazienza infinta finchè l’aquilotto non si arrendeva al sonno. Si era calato nuovamente ed in maniera naturale nel ruolo di papà, già allenato con le prime due figlie, ed era davvero bravissimo col piccolo. Era paziente, dolce, attento e molto premuroso. Ma anche Victoria se la cavava bene, meglio di quanto si era immaginata. Certo, accudire un neonato era molto impegnativo, e spesso si era chiesta se ce l’avrebbe fatta, ma era rimasta spiazzata nel constatare quanto le venisse naturale seguire il paperotto, come se avesse sempre fatto la mamma. E non si stancava mai di osservarlo, soprattutto quando dormiva pacifico o quando era in braccio a Ryan e lo osservava curioso, studiandolo, sgranando i suoi occhioni. Era un’impresa per i due genitori dormire, più che altro cercavano di coordinarsi coi tempi di Alex e di riposare quando lui dormiva, ma a volte era difficile. Victoria si sentiva una specie di mucca ambulante, ed anche Ryan era esausto. Nelle primissime settimane, com’era prevedibile, non furono mai da soli, c’era sempre qualcuno ad aiutarli, o zia Charlotte oppure Andrew, ed erano volati dal Canada anche la madre di Ryan, Tammy, ed uno dei fratelli, Terry. Per Vicky era stata una specie di battesimo del fuoco, era molto nervosa e tesa per l’incontro con i Reynolds. Era la primissima volta che incontrava Tammy, non si erano ancora mai viste e temeva di essere giudicata e che la donna fosse mal disposta nei suoi confronti, ma per fortuna, le cose andarono meglio di quanto sperasse, probabilmente anche grazie all’arrivo del nipotino. Tammy era talmente eccitata per essere diventata nuovamente nonna, che mise da parte qualsiasi riserva, un po' come stava facendo Andrew con Ryan. Terry, invece, si dimostrò da subito molto gentile e disponibile con Vicky, era un tipo sveglio, spiritoso, aveva lo stesso senso dell’umorismo di Ryan, e la fece sentire da subito parte della tribù Reynolds, invitandola ad andare a trovarli appena possibile a Vancouver, così avrebbe potuto conoscere anche gli altri fratelli e tutti i nipoti.

Le settimane passarono velocemente, e poi i mesi e quasi senza che se ne rendessero conto, si ritrovarono al primo compleanno di Alexander, che decisero di festeggiare sia a NY, con nonno Andrew e zia Charlotte, che a Vancouver. Quell’occasione sarebbe stata la primissima trasferta di Vicky in Canada, ed il primo volo in aereo per Alex. Per fortuna, non aveva preso dal padre l’antipatia per gli aerei. Aveva piangiucchiato un po' durante il decollo, ma poi si era addormentato ed aveva continuato a dormire placidamente per tutto il volo, fino a Vancouver. Era cresciuto molto, tanto che Tammy quasi stentò a riconoscere il nipotino, nonostante Vicky e Ryan inviassero loro una marea di foto via mail. In quel particolare periodo, sembrava somigliare più a Victoria, aveva i suoi occhi azzurri, ma il taglio era quello di Ryan, ed aveva i capelli biondo cenere, ma sicuramente sarebbe cambiato ancora molto di lì in poi. Per l’occasione Blake aveva permesso a Ryan di portare con sé anche James ed Ines, così la gioia della nonna paterna fu completa. Ormai erano una grande famiglia allargata e quando si riunivano con gli altri fratelli Reynolds, diventavano una vera e propria tribù. Victoria si chiedeva dove Tammy e le cognate trovassero tanta energia per cucinare per tutta la famiglia. Ovviamente non bastava una tavolata per riunirli tutti, ma in fondo era anche quello il bello. Le feste o i pranzi passati con tutti i Reynolds, con quel chiasso e quelle chiacchiere e risate erano sempre indimenticabili. Ormai la ragazza si era inserita bene in famiglia, aveva vinto anche le ultime resistenza di mamma Reynolds, che voleva solo vedere il figlio più piccolo, il suo cocco a detta di tutti, felice e sereno, esattamente come desiderava suo padre per lei.

I bambini crescevano bene, James ed Ines continuavano a stare da loro un paio di giorni la settimana e per la notte a week end alterni, Alex diventava sempre più vispo e vivace, ormai trotterellava per la casa e ben presto divenne necessario traslocare in una più grande. Non fu semplice per Ryan e Vicky lasciare quell’appartamento, dove avevano passato i loro primi tempi dopo il trasferimento di lei da Los Angeles, avevano tanti bei ricordi lì, Alexander ci aveva passato il suo primo anno di vita, ma ormai stavano stretti e non avevano altra scelta. Riuscirono a trovare una casa adatta a loro, sempre a New York, in una zona residenziale, tranquilla e con del verde. Era la classica abitazione e newyorkese con una piccola scalinata in ferro battuto all’ingresso, disposta su due piani, con 5 camere da letto, così ogni bambino avrebbe avuto la sua stanzetta ed in più ne sarebbe rimasta una per gli ospiti, 3 bagni, cucina, salotto, lavanderia e giardino sul retro. Era perfetta per loro e non servivano grossi restauri, giusto una rinfrescata alle pareti. Riuscirono a traslocare in tempo per il Natale, che festeggiarono proprio lì, con Andrew e Charlotte ed anche Skyler, che si era unita a loro per le feste col neo marito. Negli ultimi anni le cose erano molto cambiate anche per lei ed alla fine aveva ceduto alla corte impenitente di un avvocato, e lo aveva sposato.

Dopo essere rimasti entrambi fermi ai box per godersi il primo anno di vita del figlio, sia Ryan che Victoria tornarono gradualmente al lavoro. Lui aveva accettato un paio di ruoli per film le cui riprese si sarebbero svolte proprio a New York, per non allontanarsi dalla famiglia e per non costringere Vicky a volare in capo al mondo con Alex per raggiungerlo, e poi in estate sarebbero volati a Vancouver tutti insieme per le riprese dell’ennesimo sequel di Deadpool. Lei, invece, si stava occupando di una sorta di succursale della Avery Production che Andrew aveva deciso di aprire nella Grande Mela. Ormai la vita di sua figlia era lì, e lui stesso non escludeva affatto di potersi a sua volta trasferire lì un giorno, forse nemmeno troppo lontano, così aveva deciso di iniziare a gettare le basi in vista della pensione e del trasferimento. In realtà non vedeva l’ora di cedere l’onere dell’attività a Victoria e di fare solo il nonno. Adorava Alexander, lo viziava indegnamente, come fanno puntualmente i nonni, ed adorava passare anche del tempo con le figlie di Ryan, quando erano in visita a casa loro. Jamie ed Ines si divertivano sempre con lui, lo consideravano come una sorta di Babbo Natale, forse per la barba che portava.

I rapporti fra Ryan e Blake erano molto migliorati col tempo. Non che potessero definirsi amici, visti i loro trascorsi, ma erano cordiali l’uno con l’altra e collaboravano per il bene delle loro figlie. Blake si era risposata con un regista emergente, ed era diventata la sua musa, tanto che ormai girava solo film diretti dal marito, con successi altalenanti, ma sembrava finalmente soddisfatta ed appagata.

Sembrava che tutto, finalmente, si fosse risolto e sistemato, che tutti i tasselli del puzzle fossero finiti al loro posto. L’unica cosa che mancava, forse, era il matrimonio. In realtà non ne avevano mai parlato. Fra loro era nato tutto in maniera inaspettata ed imprevista, avevano forse bruciato le tappe, e si erano ritrovati ad essere una famiglia senza averlo programmato, ma era esattamente quello che volevano, e nonostante qualche discussione, più che fisiologica in una coppia, soprattutto dopo l’arrivo di un figlio, nessuno dei due si era mai pentito delle scelte fatte. Erano innamorati ed affiatati e si sentivano già una famiglia a tutti gli effetti, anche senza fede all’anulare. In cuor suo, tuttavia, Victoria sperava sempre che un giorno Ryan le avrebbe fatto la proposta, ma non aveva mai affrontato direttamente l’argomento con lui, forse perché temeva che, dopo due divorzi, lui non volesse più saperne. Non voleva metterlo sotto pressione, obbligarlo a fare qualcosa che evidentemente non era pronto a fare, né rischiare di rovinare il loro rapporto e turbare l’ottimo equilibrio che avevano trovato solo per avere un pezzo di carta che la riconosceva come signora Reynolds.

Il tempo passava velocemente, forse anche troppo, ed in men che non si dica, i due si ritrovarono diretti, insieme ad Alex, che aveva ormai quasi tre anni, a Los Angeles per la cerimonia dei Golden Globes. Ryan era stato nominato, come accadeva ormai quasi puntualmente, per Deadpool, in diverse categorie, fra cui miglior attore, ma finora non aveva mai vinto. Era comunque contento, perché ricevere delle nominations ad un premio prestigioso come i Golden Globes era già un’immensa soddisfazione per lui, un riconoscimento che non avrebbe mai nemmeno sperato di ricevere nei dieci anni che gli erano serviti anche solo per avere l’ok per la produzione del primo. Quel film era una specie di quarto figlio per lui, e ne andava fiero. Soprattutto, era orgoglioso di poter condividere quel momento con Victoria. Lei ancora detestava cordialmente le occasioni mondane, negli ultimi anni non erano stati particolarmente attivi da quel punto di vista, e fatta eccezione per le prime dei film di Ryan, lei si era tenuta volentieri in disparte, preferiva lavorare dietro le quinte, collaborare col padre nella produzione di films, ma senza poi partecipare all’aspetto mondano del lavoro. Ma quella serata era speciale per Ryan e lei non poteva né voleva mancare. Per l’occasione, aveva indossato un abito di Reem Acra, con corpetto dorato, senza spalline, e gonna vaporosa di tulle nero, sandali nelle tonalità dell’oro e nero di Paul Andrew, gioielli d’oro giallo con diamanti neri di David Yurman. I capelli, biondo miele, erano raccolti in una treccia morbida laterale, ad incorniciarle il visto radioso, truccato in maniera leggera per farle risaltare gli occhi luminosi. Era bellissima, e Ryan rimase quasi senza fiato, quando lo raggiunse di sotto. Ad onor del vero, nemmeno lui era male, anzi, era perfetto fasciato nel suo tuxedo blu notte di Armani, con tanto di papillon. Il sale e pepe nella barba e nei capelli lo rendevano irresistibile.

“Sei bellissima” le disse, quasi senza fiato, guardandola come se la vedesse per la prima volta.

“Grazie! Anche tu sei molto affascinante!” rispose vispa, sistemandogli il farfallino.

“Sono quasi sempre vestita comoda per correre dietro ad Alex in casa, volevo solo sentirmi un po' più sexy e femminile stasera, anche perché non voglio farti fare brutta figura sul red carpet” rispose sorridendo.

“Non mi faresti fare brutta figura nemmeno se uscissi con addosso un sacco di iuta! Sei sempre bella, anche e soprattutto quando rincorri Alex in casa e ci giochi” rispose, guardandola con aria adorante.

“Belli!” esclamò Alex, indicando i genitori, in braccio al nonno, che si era affacciato dal salotto. Sarebbe rimasto a casa insieme al bimbo, barattando più che volentieri una serata mondana con una col nipote.

“Visto come sono belli mamma e papà? “ rimarcò sorridendo Andrew “Adesso però andate! Noi qui abbiamo da fare! Dobbiamo finire il puzzle degli Avengers!” aggiunse più eccitato del nipotino.

“Avengers?” rimarcò Ryan, inarcando un sopracciglio “Mai niente di Deadpool, vero? Neanche per caso. Che strano!” aggiunse, fintamente polemico.
“Deadpool non è adatto ad un bimbo così piccolo” rispose tranquillo Andrew. Negli ultimi anni aveva avuto modo di imparare a conoscere il compagno della figlia e si era dovuto ricredere su di lui. Era una brava persona, adorava Victoria e stravedeva per il piccolo di casa. Si era reso conto che molti pregiudizi che aveva nei suoi confronti erano del tutto infondati e che si era sbagliato nel giudicarlo così male e così avventatamente.

Salutati nonno e pargolo, Ryan e Vicky uscirono di casa e salirono sulla limousine che li avrebbe accompagnati al Beverly Hilton, dove si sarebbe tenuta la premiazione.

“Facciamo un brindisi” propose Ryan, non appena l’auto partì, versando dello champagne in uno dei flute che erano stati preparati per loro sulla limo.

“Brindiamo a noi, e a questa serata! Comunque vada, sarò felicissimo! Tanto so che non vincerò! C’è ancora Gosling fra gli altri candidati, ma mi va bene lo stesso! E’ già una vittoria la nomination e poi arrivo con la donna più bella mai vista” precisò vispo, sporgendosi per baciarla “Non bevi?” le domandò.

“No, preferisco di no. Sono nervosa, sai che reggo poco le bollicine! Che figura ti farei fare se inciampassi nell’abito sul red carpet?” rise.

“Andrà bene e non inciamperai! Non ti lascerei mai inciampare!” la rassicurò, baciandola ancora.

Nel giro di una ventina di minuti, arrivarono a destinazione. Si capiva chiaramente dal rumore in sottofondo e dalle grida dei fans che aspettavano i loro idoli che erano arrivati al Beverly Hilton. Ryan scese dalla limo e fece il giro per aprire la portiera a Vicky.

“Inizia l’immersione!” rise lei, sistemandosi l’abito e seguendo poi Ryan sul red carpet. Mano nella mano, posarono insieme per i fotografi che chiamavano a gran voce. Da fuori poteva sembrare facile e divertente posare in quelle occasioni, ma Victoria trovava che fosse peggio di una visita dal dentista! Sorridere quasi a comando, voltarsi da questa o quella parte. Certo, andare in miniera era decisamente peggio, ma lei ancora non si era abituata a quel risvolto della medaglia. Ryan, invece, sembrava totalmente a suo agio, forse perché era felice, soddisfatto di quanto aveva fatto, professionalmente e personalmente, e fiero di essere lì con Victoria. Dopo una decina di minuti passati a posare, Ryan la lasciò solo per firmare autografi e fare selfies con alcuni fans, e per rispondere a poche domande dei giornalisti presenti.

Una volta entrati in sala, si accomodarono al tavolo a loro assegnato, dove’erano stati sistemati anche il regista di Deadpool 3, alcuni colleghi di Ryan, ed un paio di produttori che Vicky conosceva bene. La serata scivolò via velocemente, grazie anche alla conduzione frizzante di Seth Meyers, e solo verso la fine arrivò il momento della premiazione per la categoria Miglior Attore. Ryan era convinto di non farcela, così quando Gal Gadot, che presentava il premio insieme a Robert Downey Jr, pronunciò il suo nome, Vicky dovette rifilargli un paio di pizzichi sul braccio per convincerlo che aveva davvero vinto e che o stavano aspettando sul palco.

Ancora incredulo, ma felicissimo, Ryan guadagnò il palco, portando con sé il regista del film ed iniziò i ringraziamenti di rito. Era visibilmente emozionato ed eccitato, sembrava un bambino davanti all’albero di Natale. Aveva lavorato sodo per anni per arrivare dov’era e Victoria era così fiera di lui e felice che finalmente avesse ottenuto un riconoscimento. Lui non era solito eccedere in parole smielate ed in dichiarazione d’amore pubbliche, ed anche in quell’occasione, dopo aver ringraziato gli addetti ai lavori, aveva tenuto per ultima, ma non certo per importanza, Victoria, limitandosi a ringraziarla per averlo sempre supportato e sopportato e per averle regalato un mini Deadpool, cioè Alex. Considerati i suoi standards, era anche troppo per lui, lei lo sapeva ed a maggior ragione si era emozionata nel vederlo sul palco con quel premio in mano ed a sentirlo parlare di lei.

Ovviamente, dopo la premiazione, Ryan si trovò travolto da un ciclone di interviste, foto, e poi l’after party. Solo a notte fonda, lui e Victoria fecero ritorno a casa. Le luci erano tutte spente, sia nonno Andrew che Alex erano a letto da ore, ormai, la casa era tutta per loro. Per prima cosa, Vicky si sfilò i tacchi, mentre Ryan, ormai libero del papillon, che era finito nella clutch di lei, e senza giacca, recuperò una bottiglia di vino e due bicchieri dalla cucina, prima di raggiungerla.

“Ultimo brindisi, prometto!” le disse ridendo.

“Direi che è stata una serata perfetta, Mr Deadpool” rise Vicky osservandolo “Sei felice?” gli domandò, accarezzandogli un braccio.

Lui ci pensò su qualche istante.

“Si. E no” ammise. Lei lo fissò con aria interrogativa.

“Non sei mai contento tu!” lo prese in giro “Sei stato bravissimo su quel palco ed io sono molto fiera di te. Lo sarei anche senza Golden Globe, ma so che ci tenevi. E te lo meritavi” aggiunse, sporgendosi per baciarlo.

Lui ricambiò quel bacio, ma quando si staccò lei riconobbe nel suo sguardo quel particolare guizzo che compariva sempre, quando tramava qualcosa. Lo stesso che anche Alexander sembrava aver ereditato.

“Che ti frulla per la testa?” gli domandò divertita.

“No, niente. Solo, pensavo che per rendere perfetta questa serata, manca una cosa” riprese a dire, fissandola intensamente.

Lei era un po' incerta, non era sicura di aver capito a cosa si riferisse.

“Amore, io sono stanca morta, e poi di sopra c’è anche mio padre. Non possiamo rimandare il festeggiamento privato a domani?” rimarcò incerta.

“No, no, non intendevo quello! Cioè, non che mi farebbe schifo, ma la presenza di tuo padre inibisce anche me!” rise “Intendevo un’altra cosa” rispose, per poi alzarsi ed andare a frugare nella tasca della giacca, da cui tirò fuori una scatolina di velluto blu, quelle tipiche delle gioiellerie.

A Vicky bastò vedere quella piccola confezione per sussultare. Lo stomaco le sfarfallava, ma non voleva saltare a conclusioni affrettate. Lui era così fuori di testa a volte, che poteva benissimo trattarsi di orecchino o di un ciondolo, anche se il tipo di scatolina suggeriva ben altro contenuto.

Lui la fissò per qualche istante, con quello sguardo così intenso, e poi si avvicinò a lei e si mise addirittura in ginocchio, come voleva la prassi in quelle circostanze.

“Non mentivo in auto, prima della cerimonia, quando dicevo che mi bastava la nomination, perché il premio più grande per me siete tu, Alex, Jamie ed Ines. Senza di voi, sarei perso. So che non abbiamo mai parlato seriamente di matrimonio, tu non mi hai mai chiesto niente, ed io mi sento sposato con te anche senza anello al dito, ma credo sia arrivato il momento di fare le cose per bene. Quindi…” rimarcò, aprendo la scatolina e svelandone il contenuto, cioè un solitario montato su un anello di oro bianco “Victoria Avery, vuoi fare di Wade Wilson un uomo onesto e sposarmi?” le domandò sorridendo emozionato.

Lei quasi non lo fece finire di parlare e disse subito si, allacciandogli le braccia al collo e baciandolo con trasporto.

“Mi sembri contenta” ridacchiò lui, prendendola affettuosamente in giro e stringendola a sé “Ti amo” le sussurrò poi all’orecchio.

“Anch’io ti amo!” rispose lei, prima di baciarlo ancora.

Avrebbero continuato ancora, ma in fondo Ryan era un uomo insospettabilmente romantico, così si staccò per infilarle l’anello al dito. Le stava perfetto.

“Adesso me lo concedi un brindisi? E’ tutta la sera che ci provo, ma tu trovi scuse, anche durante la cena della premiazione! Adesso non rischi più di inciampare” osservò, riempiendole il bicchiere.

Lei sorrise vispa.

“Non posso bere” rispose.

“Come non puoi bere?” le domandò lui, senza capirne la ragione.

Lei ridacchiò e si alzò.

“Non sei l’unico capace di stupire con effetti speciali, Reynolds! Anche io so calare l’asso!” riprese a dire con aria sibillina. Poi prese la sua mano e la posò sul suo pancino, ancora piatto.

“Non posso bere perché sono incinta. Aspettiamo un bambino” gli rivelò infine.

Lui sgranò gli occhi, non nascondendo la sua sorpresa, ma anche la sua eccitazione.

“Davvero?” esclamò entusiasta.

Lei annuì. “So che non abbiamo parlato di allargare la famiglia, ma non siamo neanche stati attenti. Sarà un caos in casa con tre figli ed un neonato, ma per fortuna Jamie ed Ines sono grandine ora!” aggiunse.

“Da quanto lo sai?” le domandò.

“Circa una decina di giorni. Sono di otto settimane, dovrebbe nascere in agosto” aggiunse.

“Perché non me l’ hai detto subito?”-

“Bè, eri così agitato per i Golden Globe che non volevo aggiungere altra carne al fuoco. E poi pensavo che se non avessi vinto sarebbe stata comunque una bella consolazione o un doppio successo in caso di vittoria. Non lo sa ancora nessuno, non l’ho detto nemmeno a papà e zia Charlotte. Dovevi essere tu il primo a sapere”- gli rispose.

“Grazie”- le disse dal profondo del cuore, anche se sapeva bene che non c’erano parole sufficienti per ringraziarla davvero di tutto quello che aveva fatto per lui, di come aveva sopportato la situazione quando la loro storia era iniziata e le critiche dopo che era diventata di dominio pubblico “Sono così felice e ti amo così tanto, che non saprei nemmeno spiegarlo”

“E’ stato un piacere. Comunque non ho fatto tutto da sola!”  gli rispose divertita “Anche io sono felice! Speravo che mi chiedessi di sposarti, ma sarei stata bene lo stesso. Mi sentivo già sposata con te, ma visto che hai presto questo bell’anello e mi hai fatto una dichiarazione con tutti i crismi, sposiamoci presto!” aggiunse vispa, prima di baciarlo nuovamente, lasciando che fossero i baci e le sue attenzioni a dimostrargli concretamente quanto profondamente anche lei lo amasse.

 

 

THE END

 

 

 

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