Hate That I Love You di bebe (/viewuser.php?uid=11130)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 ***
Capitolo 7: *** Cap. 7 ***
Capitolo 8: *** Cap. 8 ***
Capitolo 9: *** Cap. 9 ***
Capitolo 10: *** Cap. 10 ***
Capitolo 11: *** Cap. 11 ***
Capitolo 12: *** Cap. 12 ***
Capitolo 13: *** Cap. 13 ***
Capitolo 14: *** Cap. 14 ***
Capitolo 15: *** Cap. 15 ***
Capitolo 16: *** Cap. 16 ***
Capitolo 17: *** Cap. 17 ***
Capitolo 18: *** Cap. 18 ***
Capitolo 19: *** Cap. 19 ***
Capitolo 1 *** Prologo - Cap. 1 ***
Eccomi di nuovo qui, dopo quasi dieci
anni dall'ultima
storia....sono un pò arrugginita, ma alla fine una cara
amica che pure scrive
qui (tu sai chi sei!), mi ha convinta a ritornate. Così ci
riprovo, e vediamo come
va! Non sono avanti con la stesura, anzi, quindi non so con quanta
regolarità riuscirò
ad aggiornare, ma spero almeno una volta la settimana, al massimo ogni
due!
Ringrazio anticipatamente chi spenderà un pò del
suo tempo a leggere!
Victoria Avery ha 25 anni,
ed è nata a Los Angeles.
Figlia di Andrew Avery, un famoso e stimato produttore
cinematografico, e di Elizabeht Messer, arredatrice
d’interni,
trascorre un'infanzia serena eprivilegiata. I suoi genitori
si conoscono
quando Avery assume Elizabeth per arredare la sua nuova e lussuosa
villa. E' un colpo di fulmine, almeno per lui,
che inizia a corteggiare
la donna finchè lei accetta di uscire con lui a cena. Da
quella sera non si
lasciano più ed alla fine Elizabeth diventa sua moglie e si
trasferisce
in quella meraviglia di casa che aveva arredato. I due hanno
un
matrimonio felice, e sono genitori premurosi e sempre
presenti con
Victoria. Entrambi hanno dovuto faticare per costruirsi una carriera,
non provengono
da famiglie particolarmente agiate, ma col lavoro e tanti sacrifici
sono
riusciti a raggiungere i loro obiettivi, ed insegnano gli stessi valori
anche
alla figlia, sin da quando è piccola. Purtroppo,
però, quando la bambina aveva solo 8 anni, sua madre si
ammala e manca
prematuramente. Il padre non si è mai davvero ripreso,
né risposato. Probabilmente
ancora si sentiva in colpa, per non essere riuscito a farla guarire,
nonostante
le terapie sperimentali e le trasferte in Europa per farla visitare dai
migliori luminari. Da quel momento sua figlia Victoria è
diventata l’unico
stimolo per lui per andare avanti,
insieme al lavoro. Si è assicurato sempre che non le
mancasse niente, che
frequentasse le scuole migliori, e si è buttato a capofitto
nel lavoro. Ed è
anche diventato un po’ iperprotettivo con Victoria col
passare degli anni.
Spesso e volentieri casa Avery ospita feste con altri produttori,
registi,
attori, attrici, insomma personaggi del dorato mondo di Hollywood, e
Andrew ha
sempre il timore che qualcuno possa circuire la figlia, magari per
arrivare a
lui. La categoria che detesta maggiormente sono i giovani attori
esordienti, che
farebbero carte false
per sfondare, e gli
ex esordienti, cioè
gli attori caduti nel dimenticatoio, dopo aver avuto una o
più occasioni d’oro,
che pure farebbero di tutto per tornare sulla cresta
dell’onda. Lavora con
queste persone, ma è molto disincantato e non vorrebbe mai
che sua figlia
avesse a che fare con certi soggetti.
A volte Victoria si sente una specie
di principessa
confinata nella sua torre. Anche se il padre non l’ha mai
ostacolata, ogni
volta che ha anche solo accennato alla possibilità di
trasferirsi all’estero
per qualche master o per cercare
lavoro,
in modo da distaccarsi dalla sua fama
crearsi la sua strada, ha sempre storto il naso. Dopo la laurea la giovane
ha iniziato a
dargli una mano con la sua casa di
produzione cinematografica, ma non sente di essersi guadagnata questo
posto, e
sa che molti la pensano così e non la ritengono
all’altezza, pensano che sia
raccomandata perché figlia del capo.
Qualche anno fa, ha fatto anche la modella per qualche
mese, più che
altro per servizi fotografici, dopo essere stata notata ad un evento
mondano
cui aveva partecipato col padre, ma lui non approvava, così
alla fine ha
lasciato perdere, anche perché non era proprio quello che
voleva. E’ stato
divertente, ma è finita lì. Inoltre, collabora
con sua zia nella gestione di
una fondazione benefica fondata dalla donna e dalla sorella Elizabeth,
che si
occupa di donne e bambini vittime di violenza.
Sul fronte sentimentale, Victoria ha
avuto poche storie
serie: una con un
compagno di facoltà, ed una con uno
sportivo. Quest’ultima relazione è quella che
maggiormente ha preoccupato suo
padre Andrew. Si trattava di Kevin,
un
tennista che la ragazza ha frequentato per
circa un anno. Era un Casanova
impenitente, la riempiva di corna, e già questo bastava al padre per detestarlo;
inoltre era una
calamita per paparazzi, e i due sono stati beccati più o
meno ovunque, da
isolette sperdute in cui andavano in vacanza, alle cene fuori. Lei
però era
cotta ed ogni volta che lo perdonava per qualche scappatella, sperava sarebbe cambiato, invece non
è successo, e quando
se n’è resa conto, l’ha piantato
definitivamente.
Ha pochi e fidati amici, con cui
esce, va in vacanza e si
diverte. La
sua migliore amica è
Skyler: è un po’ pazzerella, ma è come
una sorella per lei. Si
sono conosciute a 5 anni ad un corso di
danza classica e da allora sono state
inseparabili.
Un’altra presenza
fondamentale nella mia vita di Victoria è sua
zia Charlotte, la sorella della madre.
E’ stata sempre molto presente, soprattutto dopo
Elizabeth è mancata, è
diventata quasi una sua sostituta, soprattutto quando la nipote aveva bisogno di parlare di cose
da ragazze, di
confidarsi, di sfogarsi sui primi amori magari non corrisposti, di
chiedere consigli
su qualche ragazzo che le piaceva,
o
semplicemente quando mamma le mancava e non voleva parlarne col padre per non farlo intristire.
Da circa tre anni Victoria frequenta
un suo coetaneo, Josh
Parker, rampollo di
una famiglia nota e
stimata a Los Angeles. Non è un amore elettrizzante, almeno
non per lei. Josh è
un bel tipo, in gamba, intelligente, ma è troppo
‘precisino’ e a volte le
sembra di stare con un uomo molto più grande, per quanto
è quadrato e razionale
in tutto. Ma è anche il primo ragazzo che suo padre
approva…
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Capitolo 2 *** Cap. 2 ***
“Zia….se devi
chiedermi qualcosa, chiedi e basta…” disse
divertita Victoria a sua zia Charlotte.
L’aveva raggiunta nella
sede della Fondazione, per rivedere
insieme alcune scartoffie. Ma da subito sua zia le era sembrata
distratta, era
come se non la ascoltasse veramente; la osservava, annuiva
distrattamente, ma
pareva persa in altri pensieri.
La donna sorrise.
“No, io….non
devo chiederti nulla…” rispose, ma in maniera
assai poco convincente, tanto che la nipote la guardò, per
niente persuasa,
inarcando un sopracciglio.
“Va bene…hai
ragione! Sei davvero come tua madre…non ti
sfugge niente…” osservò sua zia,
scuotendo la testa e sfilandosi gli occhiali.
“E’ solo
che…mi stavo chiedendo cosa avessi intenzione di
fare col matrimonio…” ammise infine, dando voce ai
suoi pensieri.
Victoria sbuffò.
“Siete fidanzati
ufficialmente da quattro mesi…” rimarcò
ancora.
“Appunto…!
Quattro mesi, non quattro anni….”
Ribattà la
ragazza “….perchè vi comportate tutti
come se organizzare il matrimonio fosse
questione di vita o di morte?” aggiunse, poggiando la schiena
contro lo
schienale della sedia.
“Non ho, anzi, non abbiamo
nessuna fretta! Non c’è un
termine al fidanzamento….e….Josh ed io vogliamo
prendercela comoda…che fretta
c’è?” disse ancora.
“Oh nessuna
fretta….è vero…non dovete per forza
sposarvi
entro un tot di mesi dal fidanzamento, ma…tesoro, devo
dirtelo….non sembri
entusiasta come una futura sposa dovrebbe essere…”
le fece notare sua zia,
posando una mano sulla sua con fare materno. Era sua nipote, la figlia
di sua sorella
e per lei, divorziata e senza figli, era come una figlia sua, e non
riusciva a
non preoccuparsi per lei.
“Non
è vero…” disse
Victoria, stirando un sorriso.
“Sono
contenta….ma
sai che non sono il tipo che ha sempre sognato il matrimonio
e…boh, tutta
questa cosa mi mette solo ansia. Non amo le cose sfarzose, in
grande…e invece
so che è quello che tutti si aspettano e…la cosa
mi mette pressione…papà ci
tiene, sai com’è fatto…si aspetta che
siano nozze quasi regali e…la madre di
Josh…” rimarcò con una smorfia
“….vorrà mettere il becco su tutto! Dai
centrotavola alla torta…” aggiunse.
“E tu invece cosa
vorresti?” le chiese la zia.
“Vorrei una cerimonia
intima e semplice…solo pochi
invitati….magari sulla spiaggia…senza sfarzo,
senza troppe tarantelle…” rise.
“Allora credo che dovresti
parlarne con Josh…lui ti adora.
Farebbe di tutto per te…e sono certa che non avrà
niente in contrario se
ridimensionerete la cerimonia…mal che vada, prendete e
scappate….poi me la
vedrò io con tuo padre…” sorrise sua
zia.
“Hai
ragione…gliene parlerò il prima possibile! Ma
adesso è
meglio che finiamo di compilare questi moduli…altrimenti non
ne usciremo mai!”
aggiunse la ragazza.
Le due si rimisero di buona lena al
lavoro, poi pranzarono
insieme e Victoria rientrò a casa solo nel tardo pomeriggio.
Era stanca,
pensierosa, aveva solo voglia di farsi un bel bagno, e di andare a
dormire, ma
la villa era in fermento. Il personale di servizio correva avanti e
indietro.
Non solo, c’era un via vai di furgoncini di una ditta di
catering, di fioristi
che sistemavano composizioni floreali in ogni angolo.
“Oh
tesoro…eccoti, finalmente!” esclamò suo
padre, vedendola
arrivare.
“Iniziavo a
preoccuparmi…” aggiunse, andandole incontro per
salutarla.
“Ciao
papà….scusa, zia Charlotte ed io avevamo un
po’ di
arretrati in fondazione…ma…ma che
succede?” gli chiese, guardandosi intorno.
“Come che
succede?” rimarcò suo padre osservandola
“…la
festa…la festa che organizzo ogni anno prima che inizi la
stagione delle
premiazioni….” Continuò
“….te ne sei scordata…”
aggiunse, ma più che una
domanda, era un’affermazione.
“Oddio…si, la
festa…è vero…me l’ero anche
segnata….ma me
n’ero dimenticata…” rispose lei,
sospirando.
“E….devo proprio
esserci? E’ stata una lunga giornata….”
Disse ancora, tentando di persuadere il padre a dispensarla da
quell’impegno
mondano, con tanto di occhioni alla gatto di Shrek.
“Ma tesoro…sai
che ci tengo! Cosa sarebbe una festa qui
senza la mia principessa? Prendila come una prova generale del
matrimonio….sai,
finti sorrisi, finto interesse a discorsi noiosi…”
aggiunse divertito.
Alla fine, lei annuì e
senza insistere oltre, perché sarebbe
stato inutile, salì per farsi una doccia e prepararsi. Non
voleva deludere il
padre, anche se non moriva dalla voglia di fare la bella statuina. Si
era
dovuta sorbire quelle feste per anni, ed iniziava ad esserne stanca. Ci sarebbe stato
sicuramente anche Josh, il
che significava dover rispondere alle solite e scontate domande curiose
sul
fidanzamento, sul matrimonio, sul perché non avessero ancora
fissato una data,
etc etc…le veniva l’emicrania solo a pensarci.
Il lato positivo era che avrebbe
partecipato anche Skyler,
così avrebbe avuto una spalla con cui commentare le mise
assurde di alcune
invitate e con cui scappare in caso di noia.
Dopo una rilassante doccia, Victoria
si vestì, indossando un
abito rosso, aderente sul corpetto e che si apriva in una nuvola
scarlatta
dalla vita in giù. Infilò dei sandali dorati, dai
tacchi vertiginosi, che le
avrebbero fatto rimpiangere le ballerine nel giro di un’ora,
si truccò con cura
ed acconciò i capelli in un semi raccolto che lasciava
cadere morbide onde
sulle sue spalle.
Alle ore 20 i primi invitati
iniziavano ad arrivare, e la
villa a riempirsi di musica e chiacchiere. I camerieri giravano per le
sale
della villa, offrendo champagne in flutes di cristallo su vassoi di
argento
splendente. Tutti sembravano divertirsi o forse fingevano di farlo.
Essendo
cresciuta in quell’ambiente, Victoria aveva imparato presto
che molto spesso gli
attori, attrici e chiunque gravitasse in quel dorato mondo del cinema,
mostrava
la propria maschera migliore, e che la vera natura di certi personaggi
era
molto meno sfavillante e genuina di quanto si pensasse.
Come da copione, in
qualità di padrona di casa, Victoria
faceva buon viso a cattivo gioco, sorrideva, conversava con gli ospiti. Ed altrettanto
prevedibilmente, dopo un’ora
era già stanca di quei teatrini e si rifugiò in
terrazza, allontanandosi dal
salone principale. L’aria fresca le solleticava piacevolmente
le narici, e già
si sentiva più leggera e libera lontana dal chiasso della
festa.
Poco dopo sentì dei passi,
e si voltò di scatto. Josh la
stava raggiungendo con un flute di champagne.
“Che fai qui tutta sola?
Sei già stanca…?” le chiese
avvicinandosi.
“Si….tutte
quelle chiacchiere …mi scoppiavano i
timpani…”
rispose, guardando in direzione delle sala.
“Perché non ce
ne andiamo? Prendiamo una bottiglia magari e
andiamo via…” aggiunse, allacciandogli le braccia
al collo.
“Sei la padrona di
casa….non sarebbe educato!” le fece notare
lui, che sapeva sempre come smorzare il suo entusiasmo.
Lei sbuffò e lo sciolse
dal suo abbraccio, poggiandosi al
parapetto di marmo della terrazza.
“Amore…so che
non ami queste occasioni mondane, queste
feste, ma…fa parte del gioco…” riprese
a dire lui, accarezzandole un braccio.
“Almeno resisti
un’altra oretta…poi ce ne andiamo,
promesso…” aggiunse, più conciliante,
dandole un bacio sulla tempia.
“Certo,
spero non
vorrai scappare anche nel bel mezzo del nostro
matrimonio….” Disse ancora.
“Bè,
l’importante è che non scappi prima,
giusto?” rimarcò
lei ridendo.
“Touchè….”
Esclamò il ragazzo.
“Senti Josh…..a
proposito del matrimonio…” riprese a dire,
voltandosi verso di lui “…..io ci ho pensato molto
e vorrei una cerimonia
intima, raccolta…solo per noi, i familiari stretti e
pochissimi amici…magari
sulla spiaggia oppure potremmo anche scappare…andare via, e
tornare sposati!”
gli disse finalmente, dando voce ai suoi pensieri.
“Aspetta
aspetta…frena…” intervenne lui
“….Davvero vorresti
andartene? Scappare come fossimo due ladri e tagliar fuori le famiglie?
Eddai
Vicky….sarà il giorno più bello della
nostra vita….e poi, facciamo parte di due
famiglie in vista, abbiamo degli obblighi….non possiamo
semplicemente prendere
e scappare….” Osservò, con quel tono di
condiscendenza quasi paternalistico che
la irritava da morire. La faceva sentire una bambina stupida ogni volta
che non
condivideva le sue idee.
Lei sbuffò, voltandosi a
guardare il panorama di Los Angeles
by night.
“E’ il nostro
matrimonio…dovremmo fare quello che vogliamo,
senza badare a stupidi formalismi ed etichette…non siamo
mica una famiglia
reale…” sbottò.
“Non in senso stretto, ma
è come se lo fossimo….la gente si
aspetta certe cose da noi…e poi mia madre mi fucilerebbe se
scappassi….anzi, a
proposito….chiamala nei prossimi giorni, così
magari iniziate a vedere insieme
la lista degli invitati….cerca di fargliela sfrondare, penso
abbia incluso
anche le mie maestre delle elementari…” aggiunse
divertito.
Lei lo guardò stranita.
Cosa ci fosse di divertente, non
riusciva proprio a capirlo, e stava per rispondergli, ma il suo
fidanzato fu
provvidenzialmente richiamato dentro da un suo conoscente.
Victoria era ancora piuttosto
irritata, pensierosa, e rimase
lì fuori, cercando di schiarirsi le idee.
“Wow…sei sempre
così remissiva o è effetto dello
champagne?”
sentì dire dal nulla quasi, tanto che si voltò di
scatto.
Non sembrava esserci nessuno, ma dopo
pochi istanti, vide
una figura stagliarsi nella penombra, in fondo al terrazzo, dove
c’era una
sorta di paravento costituito da alte piante sempreverdi.
Non riusciva a capire chi fosse, ne
intravedeva la stazza
però. Era alto, spalle ben piazzate, quasi da nuotatore. La
voce non le
sembrava familiare, iniziò a pensare che magari fosse uno
del catering, che si
era stancato ed era scappato in terrazza.
“Come prego? Molto comodo
criticare qualcuno restando
nascosti….almeno fatti vedere…” disse
lei, per nulla intimorita, ma quasi
scocciata da quella critica così esplicita da parte di chi
poi?
Le sembrò di sentire
l’uomo sorridere e pochi istanti dopo
la sua richiesta, finalmente, si palesò.
Era in effetti molto alto, ed era
innegabilmente un bel
tipo. Capelli corti, castani, barbetta curata, occhi castani
penetranti, fasciato
in un completo scuro, probabilmente Armani
o Boss, con la cravatta allentata. Dopo qualche istante di incertezza
lo
riconobbe. Era un attore, anche se le sfuggiva il nome. Ma ricordava
con
chiarezza di averlo visto nei panni di un super eroe con una tutina
aderente
rossa. Non era un’amante del genere, pensava che di film con
super eroi vari ne
fossero stati girati fin troppi.
“Non ti hanno insegnato che
non è educato origliare?”
riprese a dire lei, incrociando le braccia al petto, dopo
averlo osservato attentamente ma anche
rapidamente, per non dargli troppa confidenza.
“Si, me l’hanno
insegnato…ma ero qui prima che arrivassi
tu…e quando poi quel tizio tutto ingessato, che da quel che
ho inteso è anche
il tuo fidanzato, è arrivato, mi è sembrato
ancora meno educato
interrompervi….così ho deciso di aspettare che ve
ne andaste, sperando che uno
dei due non fosse preso da strane voglie e
non decidesse di rischiare con del sesso selvaggio
all’aperto…possibilità che
ho scartato appena ho sentito parlare il tuo bello…..era
più preso a farti la
predica che a realizzare quanto ti dona questo vestito
rosso…” rimarcò, con una
faccia di bronzo clamorosa, per poi bere un sorso dal bicchiere che
aveva in
mano.
Victoria era sempre più
perplessa ed irritata. Ma come si permetteva?
Nemmeno sapeva chi fosse, il che poteva significare solo una cosa, che
come
attore non fosse granchè o se lo sarebbe ricordata, era
lì ospite a casa sua e
si permetteva di dare certi giudizi, senza conoscerla.
“Ma…si
può sapere chi diavolo ti ha invitato?”
borbottò.
“Vuoi davvero sposarlo quel
broccolo?” riprese a dire lui,
non curandosi della sua domanda né del suo evidente
disappunto.
“Non credo siano affari
tuoi…” gli fece notare seria.
“Lo so, è
vero…ma siccome sono più grande di te di almeno
10
anni ad occhio e croce, accetta un consiglio
spassionato…” continuò, facendo
qualche passo verso di lei “…..se cedi le armi
adesso, è la fine…se ti dice
cosa fare ora che siete solo fidanzati e se non ha le palle per
mettersi contro
la madre e per fregarsene di quello che pensano i parenti, la gente, i
muri, e
scappare con la sua fidanzata per renderla felice, allora
potrà solo peggiorare
una volta che ti avrà messo la fede al dito.
Sii furba….e scappa da quel cretino prima che
sia tardi…o ti sveglierai
una mattina e ti sentirai in gabbia e allora sarà tardi per
rimediare…”
aggiunse serio ed in quell’istante la maschera sarcastica e
spavalda di poco
prima era svanita, e Victoria aveva la sensazione che stesse parlando
di sé.
E nonostante la seccasse quel
ficcanasare da parte di questo
tizio, era colpita dalle sue parole e non riusciva a trovare nulla di
sbagliato
in quello che aveva detto.
“Ah…Ryan…..eccoti
qui! Finalmente…”
disse una voce femminile, con lieve tono di
rimprovero, che apparteneva ad una donna bionda fasciata in un abito
dorato. Li
raggiunse, abbozzando un sorriso con
Victoria, per poi avvicinarsi all’uomo.
“Ti cerco da
mezz’ora almeno….dai, torna
dentro….siamo ad
una festa…smetti di fare
l’asociale….” Gli disse, sistemandogli
la cravatta e
stringendo appena il nodo per ricomporlo, cosa che strappò
una smorfia di
disappunto all’uomo.
“Così mi
strozzi..” borbottò
“….arrivo, ok? Ora
rientro…intanto vai….” Aggiunse, e
sembrava impaziente di liberarsi della
donna, ma molto meno di tornare alla festa.
Da come si comportavano, e dalle fedi
ai loro anulari, era
evidente che fossero marito e moglie e lei era davvero bella. Alta,
bionda,
formosa nei punti giusti, sembrava molto solare e spontanea.
L’uomo rimasse immobile
qualche istante, poi finì di bere il
contenuto del suo bicchiere tutto d’un sorso e fece per
tornare in sala.
“Mi sa che qualcuno predica
bene e razzola male…” disse
Victoria, prendendolo in contropiede, visto che si bloccò e,
restando di
spalle, voltò appena il capo come in una muta domanda.
“Anche tu mi sembri
piuttosto remissivo….è effetto dello
scotch o di qualunque cosa avessi nel bicchiere?”
rimarcò.
Lui accennò un sorriso
divertito, e poi tornò dentro e sparì
come risucchiato in quella folla di invitati.
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Capitolo 3 *** Cap. 3 ***
Poco dopo anche Victoria
rientrò in sala e, suo malgrado,
riprese a far buon viso a cattivo gioco, cercando di nascondere la noia
e di
conversare con gli ospiti da buona padrona di casa. Di tanto in tanto,
tuttavia, cercava Ryan con lo sguardo e qualche volta lo
individuò fra la
folla. Sembrava annoiato quanto lei. Forse loro due erano gli unici a
sentirsi
sempre come pesci fuor d’acqua in queste situazioni, entrambi
subivano queste
occasioni mondane, più che viverle al meglio.
Continuavano a ronzarle in testa le
sue parole. Era pur vero
che non lo conosceva, e che solitamente dava poco peso al giudizio di
estranei,
ma in questo caso era sorpresa dalla facilità con cui un
perfetto sconosciuto
avesse inquadrato così velocemente il rapporto fra lei ed il
fidanzato Josh.
Lei era davvero sempre troppo remissiva con lui. Provava a far valere
le
proprie idee, ma alla fine demordeva, o per qualche senso di colpa
installato
ad hoc dal ragazzo, che sapeva come far leva sui suoi punti deboli, o per semplice
stanchezza. E lo
stesso succedeva con suo padre.
Lo
adorava, ovviamente, ma non era mai riuscita ad emanciparsi del tutto
da lui,
nonostante fosse maggiorenne da un pezzo.
Nei giorni e nelle settimane
successive, la ragazza si
concentrò molto sul lavoro e sulla fondazione, e
rimandò volutamente qualsiasi
incontro con la futura suocera per i preparativi del matrimonio, ma
dopo circa
un mese di latitanza e di scuse più o meno verosimili, fu
costretta a cedere e
ad accettare di incontrare la donna. Josh era fuori città
per lavoro da qualche
giorno e non sarebbe tornato prima di una settimana. Non era la prima
volta che
capitava, e la lontananza non era mai stata un problema. Anzi, in
qualche modo
Victoria si sentiva rigenerata da quella lontananza forzata. Non le
dispiaceva
avere momenti tutti per sé, per
riflettere e stare da sola, o per passare del tempo con
gli amici.
L’appuntamento con
Harriett, la futura suocera, era per
pranzo, alla villa di famiglia dei Parker. Erano una famiglia agiata e
molto
stimata a Los Angeles. Il capostipite lavorava nel mondo della finanza
ed anche
Josh aveva seguito le sue orme. Victoria era già stata altre
volte a pranzo o a
cena a casa loro, ma sempre con Josh. Questa era la prima volta che
andava sola
e la prospettiva non la entusiasmava. Harriett era la classica donna
ricca e
snob, con la puzza sotto il naso, che squadra chiunque
dall’alto al basso, e la
ragazza mal tollerava questi suoi atteggiamenti. Inoltre, era molto,
troppo,
incline a ficcanasare nelle faccende anche sentimentali del figlio, che
trattava ancora come un bambino, forse perché Josh era
l’ultimogenito, e
l’unico figlio maschio.
Arrivò puntuale a villa
Parker e fu accolta dalla
governante, che la accompagnò in sala, dove la padrona di
casa già la
aspettava.
“Oh Victoria…ben
arrivata….ti stavo aspettando…” disse
la
donna, alzandosi per salutarla.
“Sono felice che tu sia
riuscita finalmente a trovare il
tempo per vederci…su, accomodati. Ci sono così
tante cose da definire e
decidere….” Aggiunse, con quel tono di voce
così squillante da sembrare quasi
uno squittio.
Il tavolino del salotto
così come le due poltrone erano
praticamente ricoperti di riviste per spose, scampoli di tessuto,
campioni di
centrotavola….sembrava la fiera degli sposi! E Victoria
già non vedeva l’ora di
andarsene.
“Wow….c’è
così tanto tulle….e rosa in
giro…” disse la
giovane, guardandosi intorno.
“E’ delizioso,
vero?” rimarcò la donna, convinta di
aver incontrato i
gusti della ragazza.
“Allora…dobbiamo
decidere a chi affidare il
catering…scegliere il fiorista e le composizioni
floreali…i centrotavola, i
fiori per la cerimonia…e poi la torta nuziale!
C’è la lista degli invitati da
sistemare, i tavoli da organizzare…tesoro, siamo
indietrissimo….! Se volete
sposarvi al Country Club dobbiamo darci da fare…per fortuna
mio marito conosce
bene il direttore e siamo riusciti a strappargli due date…la
loro lista
d’attesa è solitamente annuale! Invece possiamo
avere la sala già per maggio….o
al massimo i primi di giugno! Ma dobbiamo dare una risposta a breve!
Oh…e dobbiamo
scegliere il colore per il vestito delle damigelle…senza
contare l’abito da
sposa! Non possiamo più sprecare neanche un
secondo…” concluse la donna,
riprendendo fiato, dopo aver sciorinato tutte quelle indicazioni a
macchinetta.
“Maggio…?”
esclamò perplessa Victoria
“….ma…mancano 5 mesi a
maggio…prima dovrei parlarne con
Josh…….” Rispose.
“Oh che
sciocchina…ma Josh lo sa
già…” la corresse Harriett.
A quel punto Victoria
sgranò gli occhi.
“Come? Josh lo
sa…?” rimarcò.
“Certo…!
Insomma….sa che mi sto dando da fare per aiutarvi e
prima di partire mi ha lasciato carta bianca! Non ha
preferenze…sai come sono
gli uomini…non si interessano di queste cose!
Sarà già tanto se troverà il
tempo di scegliere l’abito da sposo…”
osservò divertita Harriett.
“Non pretendo certo che
venga a scegliere i fiori con me ma
almeno che discutiamo insieme la data e la location della cerimonia
si….”
Osservò Victoria, piuttosto irritata, perché,
ancora una volta, si sentiva
messa davanti al fatto compiuto.
“Andiamo
cara….non impuntarti su queste sciocchezze! Sai che
il mio Josh è tanto impegnato e lavora
molto…” le fece notare la donna. Già,
come se invece Victoria non facesse nulla dalla mattina alla sera.
La giovane stava davvero per
risponderle, quando sentirono
suonare il campanello e la padrona di casa si alzò subito,
come se si
aspettasse altri ospiti.
Infatti, poco dopo tornò
in sala accompagnata da una donna
sulla trentina, vestita di tutto punto, con occhiali da sole da diva,
borsa
griffatissima, tacchi
vertiginosi.
“Victoria…lei
è Sally Stevens….la migliore wedding planner
in circolazione…Sally, lei è la
sposa….Victoria Avery…” Le
presentò Harriett.
“Victoria…è
un piacere conoscerti…non ti spiace se ci diamo
del tu, vero? Harriett mi ha parlato molto di te…devo dire
che sei davvero
bella come diceva. …” aggiunse.
La ragazza accennò un
sorriso e le strinse la mano, poi le
tre donne tornarono ad accomodarsi sul divano.
“So che il matrimonio
è vicino e che siete in alto
mare…praticamente non avete ancora deciso
nulla…” rimarcò Sally.
“Già…ma
confidiamo nelle tue capacità! Sono sicura che
riuscirai a fare il miracolo…”
sottolineò Harriett.
A quel punto le due donne iniziano a
parlottare dei
preparativi, quasi ignorando la futura sposa, che era sempre
più perplessa e
seccata. La sua futura suocera si comportava come se si trattasse del
suo
matrimonio, non coinvolgendola minimamente, mettendo bocca su tutto,
dai fiori
al menu, sembrava avere bene chiaro in mente il tipo di matrimonio che
voleva
per il figlio, dimenticando che però non riguardava solo
Josh ma anche
Victoria, e continuando a rimarcare quanto la sua famiglia fosse nota e
conosciuta e quanto fosse importante l’etichetta per lei,
nemmeno fossero una
famiglia reale.
“Allora…che ne
dice la sposa?” domandò Sally, dopo una buona
mezz’ora.
“Ehm…come?”
esclamò incerta lei.
“Cosa ne pensi di questi
fiori per il bouquet…?” precisò la
wedding planner, mentre anche Harriett la incalzava, e la fissava.
“Io penso che prima di
prendere qualsiasi tipo di decisione
riguardo al matrimonio, voglio parlarne con Josh e fissare una
data…” disse con
pacata fermezza.
Harriett sbuffò.
“Tesoro…ti ho già detto
che…” iniziò a dire, ma la giovane la
fermò.
“Si, lo so…ho
capito perfettamente la prima volta che me
l’hai detto. Josh è impegnato, non si
interesserà ai preparativi…ma vorrà
almeno scegliere una data con me, spero! E’ il nostro
matrimonio, e sono io la
sposa….dovremmo decidere queste cose
insieme…” aggiunse, recuperando la borsa
ed alzandosi.
“Ma…ma che fai?
Dove vai?” la richiamò indispettita
Harriett.
“Me ne torno a
casa…non sarei nemmeno dovuta venire. Ti
ringrazio per l’aiuto Harriett, ma organizzerò le
mie nozze da sola…senza tanti
fronzoli…senza Country Club e tulle rose
ovunque….fra l’altro io il rosa lo
detesto…” precisò, per poi raggiungere
velocemente l’entrata ed andarsene di
corsa da lì.
Com’era prevedibile,
Harriett chiamò subito il figlio per
lamentarsi con lui del comportamento pessimo e fuori luogo della sua
fidanzata
ed i due fidanzati finirono per discutere spesso via skype o per
telefono. La
musica era sempre la stessa. Josh inizialmente fingeva di capire la
fidanzata,
poi cercava di mediare ed alla fine minimizzava, cosa che faceva
imbestialire
Victoria. Le sembrava che per lui la questione delle nozze fosse una
specie di
transazione economica. Mostrava un distacco che la irritava da morire,
non era
affatto coinvolto, e si chiedeva perché le avesse chiesto di
sposarlo e perché
insistesse per infilarle la fede al dito entro pochi mesi se nemmeno
potevano
scegliere una data insieme, senza le interferenze continue della madre.
Suo padre di era accorto che qualcosa
non andava, ma per
fortuna si era astenuto dal fare domande, anche perché era
molto impegnato con
la produzione di un nuovo film, perciò era spesso e
volentieri fuori per
lavoro.
“Perché non mi
hai avvisata? Ti avrei accompagnata…! Così
avrei visto la faccia di quella snob di Harriett mentre gliele cantavi
e te ne
andavi….” Disse divertita Skyler.
Quella sera lei e Victoria erano
uscite per andare a bere
qualcosa in un locale aperto da poco a West Hollywood. Era da un
po’ che non
riuscivano a vedersi, e Victoria aveva davvero bisogno di distrarsi e
sfogarsi.
“Per
carità…non farmici
ripensare…” rispose quasi con una
smorfia “….c’era tulle rosa ovunque. Una
cosa da vomito…e poi parlava e parlava
come una macchinetta, senza curarsi minimamente di me…come
se fosse il suo
matrimonio! E quello che mi fa più incazzare è
che Josh, come sempre, l’ha
difesa…non faceva che ripetermi che devo capirla, che per
lei è importante aiutare
ad organizzare il matrimonio e bla bla bla…”
continuò “….lei si interessa
troppo e lui troppo poco! Sembra che per lui sia una specie di accordo
da
chiudere alla svelta….capisco che per un uomo è
diverso, che c’è meno
sentimentalismo magari, ma…non si cura di quello che voglio
io…io nemmeno la
voglio una cerimonia in grande! Ma lui non vuole deludere la
mammina…” rimarcò
ironicamente.
“Mi sa che aveva ragione
quel Ryan…” aggiunse, prima di bere
un altro sorso del suo Apple Martini.
“Ryan? Chi è
adesso questo Ryan?” le domandò Skyler.
Così Victoria le
raccontò dell’incontro fortuito con
l’attore durante la festa a casa sua, quasi due mesi prima.
“Ah
bè…buono pure quello!
Cioè…bono fisicamente, sicuro!”
ridacchiò Skyler “….ma in quanto a
consigli, sarebbe meglio li mettesse in
pratica per primo….” Aggiunse.
“Che intendi?” la
incalzò l’altra.
“Ha un divorzio alle
spalle…si è poi risposato con quella
tipa che faceva Serena ‘Vanderqualcosa’ in Gossip
Girl…hanno avuto due figlie
mi pare, ma circolano voci di crisi….di corna
reciproche…ha avuto un periodo di
stallo, poi si è ripreso con Deadpool…lei invece
ancora non si capisce cosa
voglia fare. Ha tentato con un blog, poi ha ripreso a recitare, ma non
è
esattamente la Streep….e adesso si presenta ad ogni festa,
anche all’apertura
di una busta…e a volte se lo porta appresso…dura
la vita delle attrici! Ce n’è
sempre una nuova e più giovane…” le
spiegò.
“In effetti…non
mi pareva molto contento alla festa…pareva
non vedesse l’ora di andarsene…”
osservò Victoria.
Le due ripresero a chiacchierare ed a
commentare le varie
proposte assurde fatte da Harriett; poi, ad un certo punto, Skyler si
allontanò
dal tavolo per andare a salutare un amico, così Victoria ne
approfittò per
raggiungere il bancone e prendersi un altro drink. Aveva appena preso
il suo
bicchiere e stava per allontanarsi, e tornare al tavolo, quando si
scontrò con
qualcuno.
“Ehi…attenta…”
borbottò una voce maschile che le sembrava
familiare.
Alzò lo sguardo e si
trovò davanti proprio Ryan.
“Oh….ci si
rivede….” Esclamò lui.
“Remissiva…e
pure imbranata…” aggiunse ironicamente,
tentando di tamponare la macchia di Martini sulla sua camicia.
“Senti chi
parla…fai la morale agli altri e corri appena tua
moglie chiama…” rispose lei, per niente
intimorita. Solitamente non era così
caustica con gente che conosceva appena, ma quei drink che avevano
sciolto la
lingua.
“Però…cha
caratterino,…” disse lui, con tono divertito,
osservandola attentamente e con uno sguardo talmente intenso da farla
sentire
quasi in imbarazzo.
“Posso offrirtene un altro,
visto che questo è finito
addosso a me…? Oppure…sei qui col
broccolo…?” le domandò, guardandosi
intorno.
“No…il broccolo
è fuori per lavoro…” rispose lei,
osservandolo a sua volta, ma cercando di non farsi sgamare troppo. Era
vestito
in maniera decisamente meno formale di quella sera alla festa, ma se
possibile,
stava anche meglio. Jeans blu scuri, camicia azzurra, giacca di pelle,
barbetta
di pochi giorni. Era innegabilmente un bel tipo.
“Ah non
c’è…? Che
peccato….” Aggiunse lui ironicamente.
“Vieni…”
aggiunse, scortandola in maniera protettiva e quasi
cavalleresca in quella bolgia, fino a tornare al bancone, per prendere
altre
ordinazioni e poi sistemarsi ad un tavolo che si era liberato
lì vicino. Skyler
sembrava ancora impegnata a parlare con quel suo amico in fondo alla
sala,
quindi Victoria decise di fermarsi qualche minuto con Ryan.
“Come mai qui?”
gli domandò lei.
“Rimpatriata fra
amici…non mi capita spesso di venire a Los
Angeles….” rispose lui “Stavo per
andarmene quando mi hai
innaffiato…”rimarcò
con aria da paraculo.
“Quante
storie…è solo una macchietta…si
asciugherà subito…e
poi mi manderai il conto della lavanderia…”
ribattè lei.
“Tutto qui? Sei la figlia
di Andrew Avery…come minimo
dovresti scusarti comprandomi un intero negozio di
camicie…” rispose.
“Ti sei informato su di
me…?” rimarcò lei, e non sapeva se
esserne contenta o meno. Preferiva chela gente imparasse a conoscerla e
che non
la considerasse solo ‘la figlia di’.
“Non ce n’era
bisogno…ero a casa tua….c’erano tue
foto
ovunque con Avery….sapevo chi eri prima di
incontrarti…” rispose
tranquillamente.
“Tranquilla…non
ti chiederò di intercedere col paparino per
produrre qualche film. Me la cavo da solo…” la
rassicurò “…e tu?
Intendo…sei
qui per un’uscita fra amiche o sei già
all’addio al nubilato?” le domandò.
“Uscita fra
amiche…quella laggiù è la mia migliore
amica..Skyler….magari l’hai già
incontrata…..cura le pubbliche relazioni di
molti attori e attrici qui a LA….” Aggiunse.
Seguì uno strano momento
di silenzio. Strano perché,
nonostante nessuno dei due aprisse bocca, era chiaro che si stessero
studiando,
c’era una strana elettricità fra loro, uno scambio
di sguardi furtivi, con
l’una che abbassava gli occhi quando l’altro li
incrociava con i suoi.
“Così…il
broccolo è fuori per lavoro…” riprese a
dire lui.
“Mi dici perché
lo chiami broccolo?” domandò lei , non
riuscendo a trattenere una risata.
“Non lo
so…” disse ridendo, mentre stringeva le spalle
“….è la prima cosa che mi è
venuta
in mente guardandolo! Un broccolo…” insistette
“Non so come si chiami o cosa
faccia nella vita, ma…ha l’aria da
broccolo…da viziato figlio di papà cresciuto
col sedere nella bambagia…i tipi come lui non li sopporto a
pelle…” aggiunse.
“Nemmeno lo
conosci…anche io sono una figlia di papà
cresciuta col sedere nella bambagia in fondo…” gli
fece notare.
“Si, sulla carta si,
ma…non sembri snob…non squadri tutti
dall’alto verso il basso…mi sembri più
che altro prigioniera di un ruolo…fai
quello che devi, per non deludere chi ti sta intorno…il
broccolo…tuo
padre…dev’essere pesante essere la figlia di
Avery…” aggiunse scrutandola
attentamente.
Lei strinse le spalle.
“A
volte…” minimizzò “...ma
sarei ipocrita a lamentarmi.
Sono fortunata…e in fondo faccio quasi sempre quello che
voglio fare, nessuno
mi obbliga a fare niente…” precisò.
“Come vanno i preparativi
del matrimonio?” la incalzò lui.
Era come se riuscisse a leggere oltre quello che lei diceva, fra le
righe.
Lei alzò lo sguardo su di
lui, presa in contropiede, e non
riusciva quasi a rispondere.
“Ha vinto lui eh?
Matrimonio in pompa magna…” aggiunse,
sicuro della sua affermazione.
Lei abbozzò un sorriso.
“E’
complicato….non è semplice come pensi
e…al contempo non
è così grave…insomma, se per lui e per
la sua famiglia è importante un
matrimonio in grande, posso anche scendere a compromessi. Non credo che
da
questo dipenderà la nostra vita
matrimoniale…” osservò, forse
più per
convincere se stesa che lui.
“Se lo dici
tu…” commentò Ryan, molto meno convinto
di lei.
“Sentiamo…cosa
dovrei fare quindi secondo te? Impuntarmi?
Dargli una specie di ultimatum? O mi sposi quando, come e dove voglio
io, o ti
lascio? “ lo incalzò lei.
Lui non rispose subito. Sembrava come
combattuto fra quello
che davvero stava pensando e quello che era giusto dire.
“Io…credo
che…alla fine si riduca tutto a quello che
vogliamo davvero fare e quello che non ci va di fare…non si
può passare la
propria vita ad accontentare gli altri…anche se capisco che
a volte si debba
tenere conto anche delle proprie
responsabilità….” Precisò,
appoggiando i
gomiti sul tavolo e guardandola negli occhi.
“Credo che dovresti
smetterla di pensare a cosa è giusto
fare o a cosa tuo padre o Josh si aspettano da te…dovresti
pensare a quello che
vuoi davvero. Molla il broccolo, se non sei convinta di
sposarlo…prendi e fatti
un viaggio. Da sola o con la tua amica…prenditi del tempo
per te….”concluse,
stringendo le spalle.
“Tu fai così
quando sei confuso o stanco di qualcosa?
Prendi e te ne
vai?” ribattè lei.
“No…o meglio,
non più. Lo facevo quando ero più giovane e
senza moglie e figli…adesso mi accontento di andarmene fuori
in moto per
qualche ora…” ammise, con un sorriso amaro.
“Non sono mai stata in
moto…” osservò lei, giocherellando
con la cannuccia del suo drink.
“Ti stai
autoinvitando?” rispose lui con un sorriso
scanzonato.
“Forse…”
ridacchiò lei.
“Vediamo…magari
una volta ti ci porto…ma dobbiamo bardarci
bene e andare in posti off limits per i paparazzi. Se dovessero
beccarci
insieme sarebbe un casino…ci ricamerebbero sopra per
mesi…” aggiunse lui. Poi
controllò distrattamente l’ora.
“E’tardi per
me..devo andare….” Riprese a dire e, per quanto
fosse bravo a nascondere le proprie emozioni, ne sembrava dispiaciuto.
“Mi ha
fatto piacere rivederti…fammi un favore, anzi fallo a
te…cerca di pensare a
quello che vuoi tu e non ai desideri del
broccolo…” aggiunse sorridendo, per
poi salutarla ed andarsene.
“Ah eccoti…scusa
se ci ho messo tanto…” disse Skyler,
raggiungendo la ragazza e distogliendola dai suoi pensieri.
“Non
preoccuparti…” la rassicurò
distrattamente Victoria,
che ancora stava guardando nella direzione dell’entrata del
locale, da cui Ryan
era appena uscito.
“Ma…che
è questa faccetta vispa?” osservò
l’amica
scrutandola.
“Ho incontrato
Ryan…è appena andato via…”
rispose.
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Capitolo 4 *** Cap. 4 ***
Nei giorni successivi, Victoria
cercò di concentrarsi sul
lavoro e sulla fondazione, come faceva sempre quando era preoccupata
per
qualcosa. Ripensava alle parole di Ryan, ed anche alla situazione con
Josh. Il
suo fidanzato non era ancora rientrato dal suo viaggio di lavoro, ma
sarebbe
arrivato di lì a pochi giorni e la ragazza sapeva che
avrebbero dovuto
affrontare di nuovo l’argomento nozze, e che con tutta
probabilità avrebbero
finito per discutere, come era già capitato via skype
durante la sua assenza.
Sia Andrew che la zia Charlotte si erano accorti che la giovane era
piuttosto
tesa e nervosa, ma evitarono di insistere troppo e di sottoporla ad un
terzo
grado per evitare che si chiudesse a riccio.
Quel fine settimana, Josh
atterrò al LAX. Era un sabato
mattina, intorno a mezzogiorno, e dopo una toccata e fuga a casa ed una
doccia
veloce, il ragazzo raggiunse Victoria a villa Avery.
“Mi dici che
succede?” le domandò, con un tono
accondiscendente che diede subito ai nervi alla fidanzata.
“Lo sai che succede.
Succede che tua madre non si limita ad
aiutarmi ad organizzare il matrimonio…lei decide, impone, si
comporta come se
fosse lei la sposa…e tu non le dici
niente…” rispose asciutta.
“Vicky….ti ho
già spiegato che lei vuole solo rendersi utile
e darci una mano….non è comodo avere qualcuno che
si occupi di tutto?” ribattè
lui.
“No, io lo trovo
frustrante…e soprattutto mi irrita che tu
continui a giustificarla e a tenertene fuori come se la cosa non ti
riguardasse. E’ il nostro matrimonio, riguarda anche te
Josh…” sbottò lei.
Il ragazzo sbuffò e si
passò una mano sul viso.
“Non ci
provare…non comportarti come se fossi paranoica o
nevrotica…” osservò seria lei,
fissandolo.
“Io credo che tu stia
esagerando…capisco che i preparativi
di un matrimonio mettano a dura prova e che sia normale un
po’ di nervosismo,
ma tu….tu stai dando i numeri! Ti impunti per delle
sciocchezze…e non capisco
che ti prende! Non capisco se davvero sei seccata per mia madre o se
cerchi
solo scuse per litigare! E’ da quando ci siamo fidanzati che
stento a
riconoscerti….sei sempre nervosa, sempre tesa…con
un niente scatti…” aggiunse
serio.
“Bè è
anche colpa tua…” lo incalzò lei
“Ti avevo detto che
volevo un matrimonio semplice ed intimo. Sai come la penso su queste
cose….ma
tu no, hai insistito, hai lasciato che tua madre si mettesse in
mezzo….così non
va Josh….” Ammise, allargando stancamente le
braccia.
“Quindi? Cosa ti aspetti
che faccia? Che litighi con mia
madre? O vuoi mandare tutto a monte?” rispose lui.
“Non lo
so….” Disse candidamente lei
“Forse….forse abbiamo
accelerato troppo…stiamo andando troppo in
fretta…” aggiunse.
Lui rise nervosamente.
“Troppo in fretta? Stiamo
insieme da tre anni…senti, fai
come ti pare…vuoi rallentare? Rallentiamo…basta
che tu ti chiarisca le idee,
perché credo che nemmeno tu sappia cosa vuoi…ed
io sono stanco di farti da
parafulmine…” concluse secco, prima di alzarsi ed
andarsene.
Victoria non era sorpresa da questa
sua reazione, era
esattamente quello che si aspettava da Josh. La intristiva solo avere
ulteriore
conferma di non poter davvero contare su di lui. Sicuramente era stata
una lite
sciocca, i motivi erano futili, ma non le era mai di supporto, non si
sforzava
mai di capirla, di comprenderla appieno, né di andarle
incontro. Ogni volta che
erano in disaccordo su qualcosa, importante o futile che fosse, lui
reagiva
così, e lei non si sentiva capita né appoggiata.
Se queste erano le premesse,
si domandava come sarebbe stato una volta sposati. Non che fosse
cattivo,
assolutamente, ma non era empatico con lei, non si sforzava di vedere
le
sfumature, per lui era tutto bianco o nero ed era troppo
‘ingessato’ e
categorico su certe cose.
“Tesoro….ho
visto Josh andarsene…sembrava così
serio…anzi,
arrabbiato….avete litigato per caso?” le
domandò suo padre, raggiungendola in
veranda.
“Si…tanto per
cambiare…..” tagliò corto lei.
Andrew la osservò e
sospirò.
“Vedrai che farete
pace….organizzare un matrimonio è uno
stress. Si litiga con niente…e ci si dicono cose che non si
pensano…” osservò
con fare incoraggiante.
“Sicuro?” lo
incalzò lei per nulla convinta “Io invece credo
che sotto pressione si finisca per dire esattamente quello che si
pensa….”
Aggiunse, portando il vassoio con la limonata in cucina.
Suo padre la seguì.
“Senti
tesoro….sai che a me importa solo che tu sia
felice….puoi dirmi tutto. Si può sapere cosa
succede? E’ solo lo stress del
matrimonio o c’è altro?” le
domandò.
“Non lo
so…” ammise la ragazza allargando le braccia
“Forse
è quello….forse c’è
altro…non lo so! So solo che ogni volta che Josh ed io non
siamo d’accordo su qualcosa, finiamo per litigare e lui
prende e se ne va ed io
mi sento in colpa e finisco per fare quello che vuole lui, per
adeguarmi e sono
stanca di farlo. Vorrei che cercasse di capirmi, almeno una volta. Gli
avevo
detto che voglio un matrimonio intimo, semplice, ma lui
no…ha fatto orecchie da
mercante, ha lasciato che sua madre si impicciasse ed ora si stranisce
perché
me la sono presa….sembra che a lui non importi niente di me
e nemmeno del
matrimonio, come se non lo riguardasse…è
più coinvolto quando parla di titoli
ed investimenti, dannazione…” sbottò.
Andrew sospirò e le si
avvicinò.
“Tesoro….capisco
come ti senti, ma…sai che noi maschietti
non siamo molto amanti di queste cose…pensi che io sia stato
presente e
coinvolto nel mio matrimonio? Ho lasciato carta bianca a tua
madre…mi fidavo di
lei e del suo gusto e non avrei comunque avuto tempo per seguire i
preparativi..” le fece notare.
“Ecco appunto…ti
sei fidato, hai lasciato che organizzasse
come piaceva a lei…io invece devo accontentare mia
suocera…quella snob…”
rimarcò arricciando il naso.
Andrew stava per ribattere, quando
furono interrotti dalla
governante, che avvisava il padrone di casa che l’autista era
pronto.
“Scusa…ho un
appuntamento di lavoro…devo scappare, ma ne
riparleremo, intesi?” le disse. Le diede un bacio sulla
fronte e se ne andò,
lasciando la ragazza in preda ai suoi pensieri.
Com’era prevedibile, per
tutto il fine settimana Josh non si
fece sentire e nemmeno Victoria, nonostante fosse stata tentata di
chiamarlo un
paio di volte. Per fortuna c’era Skyler a distrarla. Non fu
semplice
convincerla ad uscire, ma la sua amica era piuttosto ostinata e
riuscì a
portarla fuori per locali per farla distrarre.
Il lunedi seguente, Victoria
tornò al lavoro e riuscì anche
a fare un salto alla sede della fondazione per alcune firme. Stava
appunto
uscendo e tornando alla macchina, quando una moto accostò a
pochi passi da lei.
Guardò distrattamente in direzione del motociclista, mentre
controllava i
messaggi sul cellulare, ma si sentiva osservata. Si voltò e
sembrava proprio
che quel tizio, chiunque fosse, stesse guardando lei.
Il centauro, ancora celato dal casco,
inclinò la testa, poi
si sfilò il casco. Era Ryan.
“Ti sei già
dimenticata di me? La prossima volta mi metterò
un cartello…” osservò ironicamente.
“Io…tu…..come
potevo sapere che eri tu…” borbottò
lei,
avvicinandosi.
“Pensavo che non fossi
nemmeno qui…credevo fossi ripartito
dopo la serata al locale coi tuoi amici…”
continuò.
“Si, in effetti
si…ma stamattina avevo un incontro di
lavoro…e visto che ho finito prima, ho pensato di fare un
salto qui e vedere se
ti trovavo. Non ti eri autoinvitata a fare un giro in moto?”
le domandò.
“Come hai fatto a
trovarmi?” rispose divertita ed anche
sorpresa.
“Una
faticaccia…ma diciamo che ho unto gli ingranaggi
giusti…” rispose sibillino “Allora? Che
fai? Vieni o no? L’offerta scade fra 5
secondi….5, 4,3….”
Iniziò col conto alla
rovescia.
“Ok ok….ci
vengo! Lasciami solo sistemare questi faldoni in
auto…” rispose.
Tempo di caricare l’auto,
che tornò da lui ed afferrò il
casco che le porgeva.
“Per fortuna alla fine ho
deciso di mettere i pantaloni
stamattina…” rise la ragazza, salendo in sella.
“Ci sei? Mi raccomando,
tieniti ben stretta…ma cerca di non
farmi il solletico…” disse lui.
Accese poi la moto, ed anche se
Victoria non se ne intendeva
molto, le sembrava una motocicletta coi fiocchi. Non era certa di che
tipo
fosse, e ci volle un po’ per abituarsi al rombo del motore,
nonostante fosse in
parte attutito dal casco che copriva le orecchie.
Non era un’amante delle due ruote, ma il
senso di libertà che stava provando era davvero impagabile e
Ryan sembrava
davvero un ottimo centauro, sicuro ed attento, nonostante non andasse
certo
piano. Inoltre, non
era affatto male
restare così appiccicata a lui. Riusciva a sentire il suo
torace atletico,
anche sotto gli strati di vestiti.
Anche
se era nata e cresciuta a LA, non conosceva il percorso che lui stava
facendo,
ma il panorama era stupendo ed alla fine si fermarono proprio sulle
colline di
Hollywood.
Ryan spense il motore,
lasciò che Victoria scendesse e poi
fece altrettanto e tirò giù il cavalletto della
moto con un rapido movimento
del piede.
“Se ti gira un
po’ la testa e ti sembra di perdere
l’equilibrio, è normale…”
osservò, aiutandola a levarsi il casco.
“Wow…è
stata una figata…” esclamò lei
candidamente,
strappandogli un sorriso.
“Che moto è? Io
non me ne intendo ma è la fine del
mondo…”
aggiunse eccitata.
“E’ una
Ducati…ed è una delle mie
preferite…” rispose lui
osservandola, mentre guardava la sua moto come se fosse il Sacro Graal.
“Scommetto che ne hai un
garage pieno eh? “ gli domandò.
“Più o
meno….” Ammise “…questa ma le
tiene qui un mio amico,
per farmi un favore…così quando capito a LA posso
usarla…ma a casa a NY ne ho
altre. Sono un po’ maniaco delle moto. Il bello è
che in auto vado piano, guido
come un nonno…in moto invece non mi contengo…ma
prometto che ti riporterò
indietro sana e salva…” rise, sistemando i caschi.
“Mi ci voleva
davvero…avevi ragione, andarsene in giro in moto
libera la mente…è una sensazione
bellissima…” riprese a dire lei, mentre si
avvicinavano ad una panchina.
Non c’era nessuno, solo
loro ed un panorama mozzafiato, che
rimetteva in pace col mondo.
“Allora…dicevi
che sei volato qui per lavoro. Un provino? O
è top secret?” domandò lei dopo qualche
istante di silenzio.
“Non è un
progetto poi così segreto…in realtà
è solo un
cameo che devo fare in film, una commedia. Gli sceneggiatori sono miei
carissimi amici….me l’hanno proposto ed ho
accettato, solo perché si tratta di
un loro film…” le spiegò.
“E’ una toccata e
fuga…domani nel pomeriggio riparto. Ma mi
andava un giro in moto e ho pensato che potesse andare anche a
te…” continuò,
per poi osservarla.
“Non hai l’aria
di una quasi sposina….non dovresti essere eccitata
e camminare su una nuvola?” rimarcò.
“Non
infierire…” borbottò appena lei.
“Va così male
col broccolo?” domandò, facendola ridere.
“Abbastanza…è
tornato sabato da un viaggio di lavoro
e…abbiamo discusso ovviamente…la colpa
è sempre mia…sono paranoica, troppo
suscettibile, bla bla bla…se n’è andato
e non lo sento da allora…” gli spiegò.
“Sei una
donna,…è ovvio che tu sia paranoica e
suscettibile.
Cosa pensava?” rimarcò.
“Smettila…”
rispose lei, rifilandogli una gomitata.
Poi sospirò
“Forse ha ragione lui…magari sto davvero
sbagliando ad impuntarmi così. Forse dovrei
chiamarlo….” Riprese a dire.
“Ma anche
no…” intervenne lui.
“Immagino che stiate
discutendo per il matrimonio, no? Per i
motivi di cui mi avevi parlato…perché dovresti
scusarti? Gli hai detto cosa
vuoi…lo so, io c’ero e ho sentito
tutto…se lui finge di non saperlo, è un
problema suo. Siete fidanzati, state organizzando le nozze, lui ignora
le tue
esigenze e sei tu a cedere? A me sembra una cazzata, ma se proprio ci
tieni….”
Rimarcò, stringendo le spalle.
“E’ che io non
sono così….” Riprese a dire lei.
“Così come?
“
“Polemica…e
ostinata su cose così frivole…” precisò.
“Frivole? E’ il
tuo matrimonio…non mi sembra una cosa
frivola….dovreste essere d’accordo, ma non lo
siete e lui non mi paresi sforzi
di capirti, giusto? Non so…a me sembra assurdo. Insomma, se
è già tutto così
complicato, se solo i preparativi creano tutte queste tensioni e
litigi, forse
è un segno….” Osservò.
“Sei sicura che sia solo la
sua insistenza per un matrimonio
in grande a darti fastidio e che non ci sia altro sotto?” le
chiese,
guardandola negli occhi.
“Wow…sai che Josh ha detto la stessa cosa? Secondo
lui cerco una scusa….”
Rispose.
“Oddio…sto
ragionando come il broccolo. Questo è un duro
colpo…devo iniziare a drogarmi per superare il
trauma…” aggiunse, facendola
ridere.
Era bello stare con lui. Non si
poteva dire che si
conoscessero bene, anzi, ma le riusciva facile parlare ed aprirsi con
lui e si
sentiva capita, ascoltata, mai giudicata.
“Seriamente, stavolta forse
ha ragione il broccolo…sei
convinta di sposarlo, lo ami così pazzamente da fare questa
follia oppure vai
avanti per non deludere lui, i suoi o tuo padre?” le
domandò e senza saperlo
colse nel segno.
“Bella
domanda….” Disse, prendendo tempo “Come
si fa a capire
quando una persona è quella giusta?” gli chiese.
“Lo chiedi a me? Sai che ho
un divorzio alle spalle, vero?”
le fece notare.
“Lo so….ma tu e
la tua attuale moglie sembrate
l’incarnazione dell’amore da
favola….” Osservò.
“Bè, le
apparenze ingannano….” Commentò
sibillino, senza
però aggiungere altro.
“Non so se ci sia un modo
per saperlo. E’ una cosa
irrazionale. A volte ci sono mille ragioni per tenersi alla larga da
qualcuno,
ma non ci si riesce…a volte sai che non dovresti nemmeno
pensare ad una persona,
ma lo fai, è più forte di te…ti chiedi
cosa stia facendo e muori dalla voglia
di vederla…e ti accontenteresti anche di starci un solo
minuto….”continuò a
dire e da come la guardava, Victoria si domandò se stesse
parlando davvero in
astratto o se ci fosse qualche riferimento a lei, a loro due, per
quanto fosse
assurdo, data la superficialissima conoscenza. Nemmeno si conoscevano,
lui era
sposato, più grande, ma figuriamoci se era possibile!
“….è
difficile razionalizzare e spiegarlo a parole. Lo sai e
basta. Tu ti ci vedi ad invecchiare col broccolo? Ad avere dei figli
con lui? A
passarci ogni notte fino alle fine dei tuoi giorni ed ogni
festività o
ricorrenza? Ogni vacanza?” la incalzò.
“Ok, ok…sei
stato chiaro, ho capito…” rise lei.
Poi sospirò.
“Io…credo di
no…” ammise infine.
“Grazie al
cielo…” esclamò lui quasi sollevato
“Allora
mollalo…io l’ho capito al primo sguardo che non
c’era chimica….scommetto che è
una palla anche a letto e che conosce solo la posizione del
missionario…”
“Eh piantala! Sei davvero
pessimo! Adesso capisco perché hai
lottato così tanto per fare Deadpool….tu sei
lui…” lo prese in giro.
“Eddai….tanto lo
so che ci ho preso! Ha una faccia da noioso
quello…” rincarò la dose lui.
“Non mi sembra proprio il
tipo che ti fa bruciare di desiderio…”
la prese a sua volta in giro.
“Non ti dirò
niente! Puoi provocare finchè vuoi…sono cose
private…” rispose lei.
“Tzè…tanto
ho già capito!” osservò lui, che voleva
avere
l’ultima parola.
“Oh bè,
scommetto che tu sei mooooolto meglio, vero?”
riprese a dire lei, guardandolo quasi con aria di sfida, tanto che lo
colse
impreparato. La guardò e sembrava davvero spiazzato, come se
non si aspettasse
quella risposta a tono da lei.
“No…..non dire
che ti ho messo in imbarazzo…” lo prese in
giro la ragazza.
“In imbarazzo io? Ma
figuriamoci…” rispose Ryan “Non
c’è
paragone…insomma, il broccolo è il broccolo e
io…sono un uomo adulto, con molta
più esperienza…è crudele fare
paragoni, ragazzina…” rimarcò.
“Forse è meglio
se rientriamo…” riprese poi a dire lui,
controllando l’orologio.
Si rimisero in moto e tornarono alla
fondazione nel giro di
mezz’oretta.
E proprio nel parcheggio, Victoria
notò subito qualcuno che
faceva avanti e indietro, incollato al cellulare. Era Josh, e
sicuramente stava
cercando di chiamare lei.
“Cazzo…”
le scappò detto, sfilandosi il casco.
Solo allora anche Ryan si accorse di
Josh, che nel
frattempo, riconosciuta la fidanzata, si stava avvicinando.
“Vicky…ti ho
chiamata una marea di volte..mi stavo
preoccupando….la tua macchina era qui, ma tu non
c’eri…..temevo ti fosse
capitato qualcosa..” disse concitato, prima di accorgersi di
Ryan.
“Tu…tu
sei…Ryan Reynolds…” osservò “Cosa ci fate
insieme? A te nemmeno piacciono
le moto…” aggiunse perplesso.
La domanda era più che
legittima, ma Victoria non riusciva
ad improvvisare una risposta convincente e plausibile. Per fortuna fu
Ryan a
levarla dall’impiccio.
“E’ per la
fondazione…” intervenne “….i
figli di alcune
delle ospiti del centro antiviolenza sono fan di Deapool,
così Victoria mi ha
fatto contattare tramite amici comuni per chiedermi di andarli a
trovare
vestito da Deadpool…mi ha portato a fare una specie di
sopralluogo in uno dei
centri….giusto per regolarmi….”
Aggiunse, sfoderando un sorriso da paraculo dei
suoi.
“Oh….”
Esclamò Josh, mangiando la foglia
“…..bella idea….”
Aggiunse, ora più sollevato.
“Allora…ci
risentiamo, ok? Intanto, questo è il mio numero
diretto….così mi fai sapere quando possiamo
organizzare la sorpresa…” riprese a
dire Ryan, approfittando brillantemente della situazione per dare alla
ragazza
il suo numero, e proprio sotto gli occhi di Josh.
“Grazie…”
rispose lei.
“E’ stato un
piacere Ryan…Vicky, ti aspetto in auto…intanto
richiamo un cliente che sta aspettando una mia
risposta…” disse Josh,
allontanandosi.
“E’ proprio un
broccolo…” commentò divertito Ryan,
scuotendo
il capo, mentre
Victoria scendeva dalla
moto e gli rendeva il casco.
“Grazie per
l’aiuto…non sapevo che
dirgli…” disse.
“Mi devi un
favore…” rimarcò, strizzandole
l’occhio “Ora
devo andare…..ci si vede in giro…..”
aggiunse.
Si infilò il casco e
sgommò via velocemente sulla sua moto.
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Capitolo 5 *** Cap. 5 ***
Ringrazio di cuore i lettori che
stanno seguendo questa mia
ff ed in particolare Divergente Trasversale per le recensioni! Aggiungo
anche
un link della collezione polyvore ispirata da questa ff,
così potete vedere che
viso e fattezze ho pensato di dare alla protagonista femminile.
https://www.polyvore.com/hate_that_love_you/collection?id=6633190
Grazie a tutti! Al prossimo
aggiornamento!
Josh portò Victoria fuori
a cena nel suo ristorante
preferito. Sembrava
davvero intenzionato
a fare pace con lei, aveva addirittura spento il cellulare per
concentrarsi
solo su di lei, senza interruzioni.
“Ho parlato con mia
madre” iniziò
a dire.
“Siamo arrivati ad un
compromesso, credo. Si occuperà
solo di prenotare il country club per
il ricevimento, sempre che a te vada bene questa soluzione, e per il
resto se
ne terrà fuori. Se vorrai
potrai farti
aiutare dalla wedding planner che aveva assunto, ma mia madre mi ha
giurato che
non metterà bocca nelle nostre scelte…ed io, per
farmi perdonare per la
latitanza degli ultimi tempi, mi sono permesso di pensare alla luna di
miele.”
Precisò vispo, recuperando una busta dalla tasca interna
della giacca e passandola
alla fidanzata.
Si trattava di due biglietti per
Tahiti, due settimane in
quell’isola paradisiaca.
“Wow!”
Esclamò Victoria, genuinamente sorpresa
“Io….non so
che dire ….” Farfugliò.
“Non devi dire niente!
Dimmi solo che non hai cambiato idea
e che mi sposerai.” Rispose, posando una mano su quella della
ragazza.
“MI dispiace”
Riprese a dire lei “mi sono comportata da
bambina viziata credo. Non avrei dovuto prendermela con te.”
Continuò “Certo
che voglio sposarti. E anche se non abbiamo esattamente le stesse idee
sul tipo
di cerimonia, cercherò di venirti incontro, come stai
facendo tu con me”
aggiunse.
Josh sorrise e si sporse per
baciarla, sancendo così una
dolce tregua. Continuarono a cenare tranquillamente, godendosi
l’ottimo cibo ed
il vino, e poi raggiunsero l’appartamento di Josh e
conclusero la serata nel
migliore dei modi, facendo l’amore.
Nei giorni seguenti, Victoria riprese
ad occuparsi dei
preparativi per le nozze. Si sarebbero sposati di lì a pochi
mesi, il 10 giugno,
ed avrebbero festeggiato con
parenti ed amici al country club. Harriett, come aveva promesso Josh,
si tenne
alla larga dalla quasi nuora e non interferì più
nell’organizzazione della
cerimonia, anche se la ragazza era certa che continuasse a tenersi
informata
tramite Sally, la wedding planner. Victoria aveva cercato di farne a
meno e di
pensare a tutto da sola, ma fra il lavoro e la fondazione era quasi
impossibile, così alla fine si affidò a Sally. In
fondo doveva ammettere che
era un’ottima wedding planner e, a differenza della suocera,
non cercava mai di
imporle le proprie idee. La ascoltava e cercava sempre di trovare
soluzioni che
incontrassero le sue richieste.
Le settimane volarono, scandite dal
lavoro, dagli impegni
con la fondazione, e dai preparativi delle nozze, ovviamente. E poi, di
tanto
in tanto, nonostante non ne fosse entusiasta, Victoria partecipava
anche a
qualche evento mondano, con suo padre oppure con Josh. O, ancora, era Skyler a
stanarla dal nido per
portarla a qualche festa.
“Eddai! Levati quel
broncio! Stiamo andando ad una festa,
santo cielo! Come fai ad essere così asociale!” la stava prendendo in giro
l’amica, mentre si
preparavano per partecipare ad una serata di gala dell’Amfar
a New York. Si
erano ritrovate entrambe nella Grande Mela
per lavoro. Skyler era lì da circa una settimana per seguire
il tour
promozionale di uno degli attori che rappresentava come PR, mentre
Victoria era
arrivata solo un paio di giorni prima e sarebbe ripartire a breve, dopo
alcuni
incontri di lavoro cui aveva partecipato al posto del padre, impegnato
in
Europa al momento.
“E poi è una
serata benefica! Questo dovrebbe renderla meno
superficiale ai tuoi occhi, no?” aggiunse.
“Più o
meno” Rispose Victoria, finendo di truccarsi
“Sarà
pieno di ricconi snob e vip che fingeranno di essere interessati alla
causa”
Aggiunse.
“A proposito di
vip” Riprese a dire Skyler “Ho visto in
anteprima la lista degli invitati e ci sono anche Ryan e la
moglie.” Osservò,
scrutando con la coda dell’occhio l’amica
“Hanno confermato un paio di giorni
fa, quindi verranno.” Disse ancora.
“Perché me lo
dici?” rispose Victoria.
“No…così….”
Strinse le spalle l’amica “Vi siete incrociati
spesso l’ultima volta che è stato a LA. Mi hai
detto che ti ha portata in moto e
ti ha lasciato il suo numero.” Aggiunse sibillina
“L’hai mai chiamato?”
“No. Avrei
dovuto?” ribattè.
“Me l’ha lasciato
solo per levarmi d’impiccio con Josh. Per
rendere credibile la scusa che si era inventato per giustificare il
nostro
incontro. Non credo volesse davvero che lo chiamassi!”
aggiunse.
“Se lo dici tu!”
Osservò Skyler “Secondo me invece te
l’ha
dato perché voleva che tu lo avessi.E che ti facessi
sentire.” Aggiunse “Io
credo che tu gli interessi” Rimarcò.
“Che?
Ma…è sposato. Figuriamoci! E io sono fidanzata;
è
stato solo gentile e magari diventeremo amici, ma non
c’è altro! Non iniziare
con le tue congetture fantasiose.” Rise Victoria.
“Non è una mia
fantasia!” borbottò l’altra, appena
piccata
“Mi limito a constatare un dato di fatto. Ovvero, che un uomo
molto
affascinante e sexy, seppure sposato, ti ha lasciato il suo numero. E
oltre a
quello, si è presentato alla fondazione per portarti a fare
un giro in moto in
un posto suggestivo e romantico!” precisò.
“E’ solo stato
gentile. Mi ha vista pensierosa la sera della
festa e visto che ha più esperienza di me in matrimoni e
affini, mi ha dato dei
consigli, tutto qui.” Tagliò corto Victoria.
“Si,
vabbè!” rise Skyler.
Le ragazze finirono di prepararsi e
poi lasciarono la loro
suite e scesero di sotto, dove una limousine le aspettava per portarle
al
Cipriani, dove si sarebbe tenuto il gala.
Erano entrambe bellissime. Skyler
aveva optato per un abito
da sera rosso, accollato sul davanti ma con uno scollo generoso sulla
schiena.
Victoria, invece, aveva scelto un abito argentato dalla forma a sirena, con spalline sottili, una
delle quali
abbellita da un fiore nello stesso tono di argento.
Appena arrivarono sul red carpet, i
fotografi iniziarono a
fotografarle, chiamandole per avere gli scatti dalle angolazioni
migliori.
Sembrava una bolgia, e mentre Skyler era sempre a suo agio in queste
circostanza, Victoria non lo era affatto, ma fingeva di esserlo,
sperando che
il rito delle foto si concludesse il prima possibile.
Per fortuna, dopo un quarto
d’ora abbondante di scatti, i
fotografi si concentrarono sugli altri ospiti che stavano via via
arrivando e
le due ragazze riuscirono ad entrare ed a prendere posto al loro
tavolo. E Victoria
rimase davvero sorpresa quando, fra
i segnaposto, notò i nomi di Ryan e della moglie.
“Ehi!”
richiamò Skyler, rifilandole una gomitata “
“Tu ne
sapevi niente?” le domandò.
“No, giuro di no! Ho visto
l’elenco degli invitati, ma non
sapevo nulla dei posti e dei tavoli!” rispose.
“Non è meglio
essere al tavolo con persone che conosciamo?
Non ci è andata male in fondo! Ci sono lui e la moglie, un
paio di modelle, e
Zac Posen. Io non mi lamenterei!” rise ancora.
Poco dopo, la sala, finemente ed
elegantemente addobbata,
iniziò a riempirsi ed alla fine Ryan e la moglie si
aggiunsero, per ultimi, al
tavolo.
Lei era fasciata in un abito rosa
pastello, che metteva in
risalto le sue curve, coi capelli acconciati in un semiraccolto,
perfettamente
truccata e con svariati milioni di dollari in diamanti al collo, alle
orecchie
ed alle mani. Sorrideva, ma sembrava tradire un certo nervosismo. E lui
era
veramente affascinante nel suo completo blu scuro con tanto di
farfallino.
Peccato avesse il muso lungo di chi è reduce da un litigio.
Salutarono gli altri commensali, e
quando notò Victoria,
Ryan non riuscì a nascondere una certa sorpresa. Quella fu
l’unica interazione
fra i due, visto che per il resto della cena, lui quasi finse che lei
non fosse
lì, evitando accuratamente anche solo di guardare nella sua
direzione. La
ragazza ovviamente se ne accorse, ma fece finta di nulla, anche se non
capiva
questo suo atteggiamento.
Solo verso la fine della serata,
quando rimasero soli al
tavolo, si ritrovarono giocoforza obbligati a rivolgersi la parola.
“Peccato non ci sia una
terrazza dove scappare!” disse lei,
accennando un sorriso.
“Già!”
rispose solo lui, guardando distrattamente nella sua
direzione, e poi finendo il suo bicchiere di vino.
“Scusa ma ce
l’hai con me, per caso?” gli domandò
allora
lei, incapace di trattenersi.
“Io? No. Dovrei
forse?” le rispose per le rime lui ed a dispetto
delle sue parole
sembrava che ce l’avesse eccome con lei.
“Non ne ho idea! Magari ti
sei svegliato male!” rispose lei,
allargando le braccia “E’ tutta la sera che cerchi
di evitarmi, e ci sei
riuscito anche se l’impresa era ardua, essendo allo stesso
tavolo. Sembra quasi
che ti abbia offeso, ma non mi pare proprio, non ci vediamo da
mesi!” osservò
“O magari sei così nervoso perché
venendo qui hai discusso con tua moglie. Dai
consigli a me e poi non li metti in pratica?” lo
provocò.
“Piantala, non sai neanche
di cosa parli” rispose asciutto
lui.
“E invece a quanto pare ho
punto nel vivo!” gli fece notare
lei “Ora continua pure a fingere che io non
esista!” aggiunse.
“Ho letto
l’annuncio del matrimonio sul Times!” riprese a
dire lui “Con tanto di foto dei piccioncini felici. Non ti
facevo tipo da cose
così smielate e ostentate!” aggiunse sarcastico.
“Cosa? Di che
parli?”
“Dell’annuncio
ufficiale delle tue nozze sul Times. Non
dirmi che non ne sapevi niente. Era nell’inserto speciale di
ieri. Ogni due
domeniche pubblicano gli annunci di matrimonio di qualche coppietta
snob e
ricca. Ieri c’eravate tu e il broccolo” le
spiegò.
“Non ne sapevo niente.
Dev’essere stata un’idea di mia
suocera. Per fortuna doveva tenersene fuori”
osservò quasi fra sé e sé la
ragazza.
“Pensavo fossi diversa da
lui. Credevo che davvero fossi
l’eccezione alla regola, che non fossi la solita figlia di
papà e invece lo
sei. Quindi forse è bene che te lo sposi. Siete proprio
perfetti insieme!”
disse ancora.
“Ma come ti permetti?
Insomma, nemmeno mi conosci, ci siamo
visti un paio di volte, e pensi di sapere tutto di me? Dispensi
consigli, non
richiesti fra l’altro, e poi che fai? Ti inalberi se non li
seguo? Io sola
decido per me e ragiono con la mia testa” rispose piccata.
“Si, come no! Certo!” la incalzò
ironicamente lui “Infatti hai accettato di
sposarti in grande come volevano lui e la sua famiglia, proprio
perché usi la
tua testa. Ti hanno fatto il lavaggio del cervello e tu manco te ne sei
accorta!” la prese quasi in giro.
“Non che ti debba qualche spiegazione, ma per tua
informazione, Josh
ed io abbiamo chiarito la faccenda del
matrimonio, abbiamo parlato e sto organizzando tutto io. Abbiamo
raggiunto un
compromesso, ed annuncio sul giornale a parte,
quello che si farà o non si farà lo
stiamo decidendo insieme. Non
capisco perché la cosa ti irriti tanto! Non sei nessuno per
giudicarmi! Forse
sei così avvelenato non perché io non ho seguito
i tuoi consigli, ma perché tu
stesso non l’hai fatto quando era il momento ed ora ti
ritrovi infelice. Bè
caro mio, mi dispiace, ma non è colpa mia!”
Lui la fulminò con lo
sguardo ed era sul punto di
risponderle per le rime, ma non ne ebbe il tempo, perché sia
sua moglie che gli
altri seduti al loro tavolo tornarono. Tuttavia, la tensione che
c’era fra di
loro era palpabile.
Appena possibile, Ryan si
alzò e, nonostante l’evidente
disappunto della moglie Blake, che avrebbe voluto
rimanere, se ne andò via. Poco dopo Skyler e
Victoria fecero lo stesso. Durante il tragitto in auto, non
volò una mosca, ma
una volta rientrate in albergo, Skyler cercò di sondare il
terreno. Non fu
semplice farsi raccontare dall’amica cosa fosse successo, ma
alla fine la
spuntò, forse prendendola per sfinimento.
“A me sembra la reazione di
un uomo geloso! Te l’avevo detto
che gli piacevi!” chiosò compiaciuta Skyler.
“A me sembra la reazione di
un frustrato. E pure un po’
psicolabile! Magari si è calato troppo nei panni di Wade
Wilson!” osservò
l’altra “Comunque, qualsiasi sia la ragione, non
sono affaracci suoi! Ma chi
gli hai mai chiesto niente!” continuò a dire
borbottando “Mai come ora sono
sicura della mia scelta! Se a lui è andata male, mi
dispiace! Josh si sta
sforzando, mi è venuto incontro, abbiamo risolto la cosa,
non ho motivo di avere
dubbi!” concluse decisa.
Archiviata quella serata mondana,
l’indomani Victoria prese
un volo di ritorno per Los Angeles, decisa a lasciarsi Ryan ed i suoi
giudizi
alle spalle. Aveva ben altro a cui pensare! Ormai mancava poco
più di un mese
alle nozze, ed aveva ancora alcuni dettagli da definire con la wedding
planner
e con lo sposo.
Riuscì però ad
incontrare Josh solo un paio di giorni dopo
il suo rientro, perché anche lui era stato fuori per lavoro.
Parlarono delle
nozze, dell’annuncio sul giornale, architettato, come aveva
immaginato la ragazza,
dalla suocera, ma diversamente dal solito non finirono per discutere.
Lui in
realtà sembrava piuttosto distratto, cosa che non
sfuggì alla sua fidanzata.
“Pensavo di arrivare
cavalcando un unicorno. Pensi che sarà
possibile trovarne uno?”
disse lei ad un
certo punto.
“Si, si. Come vuoi tu!” rispose lui chiaramente
distratto.
“Allora davvero non mi
stavi ascoltando! Ho appena detto che
vorrei arrivare su un unicorno!” lo prese in giro.
“Scusa, sono solo un
po’ stanco!” si giustificò lui.
“Problemi di
lavoro?” domandò.
“Si e no!”
rispose in maniera piuttosto evasiva.
“Josh, stiamo per sposarci.
Magari non potrò aiutarti a
risolvere i problemi, sai che di finanza capisco poco, ma posso
ascoltarti!”
riprese a dire lei.
Josh sospirò.
“Ok, va bene. In effetti
c’è una cosa che devo dirti!”
iniziò a dire. Sembrava sulle spine ed era strano
perché di solito era molto
controllato.
“Il lavoro sta andando
bene, molto bene, tanto che mio
padre, insieme ai suoi soci, ha deciso di aprire una succursale a
Londra” spiegò.
“Wow! E’ una
splendida notizia!” esclamò la fidanzata.
“Si, lo è. E ha
anche pensato di mandare me in loco a
dirigerla.” Aggiunse.
“Oh” gli fece eco
lei
“E per quanto dovrai fermarti?” gli
chiese.
“Bè,
sarà un processo lungo. Fra avvio ed inizio
dell’attività,
abbiamo stimato almeno un paio d’anni!” rispose.
“Due anni?”
rimarcò lei “Ma…e noi?”
“Ho già pensato
a tutto! Insomma, sarà un nuovo inizio per
entrambi!” le disse, speranzoso che lei accettasse di buon
grado.
“Un nuovo inizio? Ma la mia
vita è qui! Il lavoro, la
fondazione!” rispose.
“Eddai! Puoi lavorare per
tuo padre anche da Londra! E poi,
che bisogno c’è che tu continui a lavorare? Presto
saremo sposati e avremo dei
figli! Avrai già tanto da fare con la casa nuova a Londra!
Guarda, ho delle foto!”
aggiunse, recuperando l’iPad e mostrandole le foto di un
attico super lussuoso
nel centro di Londra.
Victoria lo fissò
perplessa, ed anche innervosita.
“Scusa, hai comprato questo
appartamento senza dirmi nulla?
Senza parlarne prima con me? Eri davvero sicuro che ti avrei detto di
si? Che
avrei stravolto la mia vita per seguirti a Londra come se fossi una
ragazza
zainetto??” rimarcò basita.
“Vicky, per favore! Non
iniziare a protestare come tuo
solito! Non ti ho mica chiesto di seguirmi in giro per il mondo
all’avventura a
bordo di un camper! Santo cielo! Stiamo parlando di Londra, di una
città
pazzesca, di una nuova esperienza, un nuovo capitolo solo nostro, in un
appartamento di lusso e tu reagisci così? Sai quante
vorrebbero essere al tuo
posto?” le fece notare. Ancora una volta, stava dando la
colpa a lei, senza
nemmeno sforzarsi di capire le sue ragioni. Lui aveva deciso per
entrambi e lei
doveva farsi andare bene quella decisione non condivisa. Le parole di
Ryan le
ronzarono nuovamente e fastidiosamente in testa. Era convinta che Josh
fosse
cambiato, che stesse sforzandosi di capirla, ma probabilmente la
‘resa’ sulle
nozze era solo un diversivo, un contentino per arrivare al
trasferimento a
Londra. E pochi istanti dopo Victoria ebbe la conferma dei suoi dubbi.
“Da quanto lo
sai?” gli chiese. Lui non rispose subito, così
lo incalzò nuovamente.
“Ti ho chiesto da quanto lo
sai! Non si compra un
appartamento in quattro e quattro otto! Dovevi saperlo da settimane
almeno!”
rimarcò.
“Lo so
dall’inizio dell’anno, va bene?” rispose
lui infine,
iniziando a sua volta ad alzare il tono.
“Ah ecco ! Ora capisco come
mai sei stato così remissivo
sulle nozze ultimamente! Volevi tenermi buona in attesa della grande
sorpresa!”
osservò, alzandosi e recuperando la borsa-
“Dove vai adesso? Victoria!
Sono stanco di correrti dietro!
Ho deciso da solo, va bene! E allora? Ero convinto che non ti
dispiacesse
andartene da qui, liberarti dalla fala di tuo padre! Non era quello che
volevi?
Ricominciare altrove, da zero, senza l’etichetta del tuo
cognome cucita
addosso?” rimarcò, alzandosi a sua volta.
“Si, ma non
così! Non per seguire te! Tu là hai un lavoro,
io cosa farei? La casalinga? Chi ti ha detto che mi basti? Non ne
abbiamo mai
parlato! Non abbiamo mai parlato di figli! Ma perché
dovremmo farlo? In fondo
si fa sempre quello che vuoi tu, quando vuoi tu!”
sbottò infine lei.
“Ancora questo disco? Se
non vuoi più sposarmi, dillo e
basta! Sono mesi che cerchi scuse per tirartene fuori!” la
pungolò lui.
“E va bene! Non voglio più sposarti! Ora
l’ho detto!” disse lei serissima, così
seria che Josh per un attimo stentò a credere alle sue
orecchie. L’aveva
pungolata, ma mai si sarebbe di aver colto nel segno.
“Non voglio sposarti. Mi
dispiace, ma non posso! Non
vogliamo le stesse cose, lo sapevo. Ci penso da quando mi ha chiesto di
sposarti ed ora è evidente che vogliamo andare in direzioni
diverse. Mi
dispiace, ma non può funzionare ed è meglio
chiuderla qui prima che si tardi”
concluse e senza dargli tempo di aprire bocca, se ne andò.
Una volta in auto, mentre si
allontanava dall’appartamento
di Josh, iniziò a sentirsi sempre più leggera e
decisamente sollevata. In cuor
suo, sapeva che sarebbe finita così, anche se negli ultimi
mesi le cose fra
loro erano migliorate. Aveva soprasseduto su tante cose, su tante
differenze e
divergenze di vedute fra di loro, ma non poteva farlo anche stavolta.
Si
trattava della sua vita, lui non poteva arrogarsi il diritto di
decidere per
lei, come se fosse una povera idiota incapace di intendere e di volere.
Non poteva passarci
sopra stavolta, né lo
voleva. Voleva qualcuno che fosse in grado di starle accanto, di essere
presente, ma senza soffocarla né decidere al posto suo,
capace di farla ridere,
di parlarle quando era necessario e di restare in silenzio quando le
parole
fossero state superflue. Non era certa che un uomo simile esistesse
veramente,
ma era sicura che non si trattasse di Josh.
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Capitolo 6 *** Cap. 6 ***
La rottura del fidanzamento fra
Victoria e Josh naturalmente
non passò inosservata, anzi, rimase sulla bocca di tutti per
diverse settimane.
Il ragazzo, dopo alcuni giorni dall’ultima accesa
discussione, aveva tentato di
recuperare terreno con la fidanzata, ma senza successo. Victoria era
sempre più
convinta di aver preso la decisione migliore. Non che ritenesse Josh
una
cattiva persona, anzi, ma era chiaro che non avrebbero mai potuto
andare nella
stessa direzione. Avevano prospettive ed aspettative decisamente
diverse, ed
idee troppo differenti su quella che sarebbe stata la loro vita
insieme.
Inoltre, era consapevole di non essere mai stata innamorata di lui come
avrebbe
dovuto. Gli era affezionata, gli voleva bene, ma non aveva mai
veramente
provato per lui quell’amore totalizzante ed intenso che
immaginava avrebbe
sentito per l’uomo della sua vita. Josh era stato una scelta
razionale, dettata
dalla ragione, non dal cuore. Era di buona famiglia, approvato da suo
padre, ma
non aveva mai perso completamente la testa per lui.
La sua mancata suocera, Harriett, non
mancò di farle
arrivare alle orecchie il suo disappunto, ma quello che più
preoccupava
Victoria era la reazione di suo padre. Era visibilmente dispiaciuto per
le
mancate nozze e la rottura fra i fidanzati, ed aveva cercato
più volte di far
cambiare idea alla figlia e di farla tornare sui suoi passi, ottenendo
così
solo l’effetto opposto e spingendo la ragazza non solo a
chiudersi, ma ad
evitare il più possibile di stare a casa. Così si
divideva fra il lavoro alla
società di produzione del padre, che cercava comunque di non
incrociare più del
dovuto, e quello alla fondazione. Solo sua zia Charlotte e la sua amica
Skyler
sembravano capirla. Charlotte aveva sempre avuto dubbi sulla coppia, si
era
resa conto velocemente che l’adorata nipote non era convinta
del fidanzamento e
tanto meno di sposarsi, quindi non fu per nulla sorpresa quando seppe
della
rottura fra i ragazzi. Lo
stesso valeva
per Skyler, che conosceva bene l’amica ed aveva presto
intuito l’incompatibilità
fra lei e Josh. E, siccome Victoria ultimamente era stata piuttosto
sotto
pressione e sotto il tiro della stampa rosa, Skyler
organizzò una vacanza di
sole donne.
Così, un paio di mesi dopo
la fine della relazione con Josh,
Victoria si ritrovò su un volo per le Hawaii con Skyler ed
altre quattro amiche
single e super scatenate. Era stata indecisa se partire o meno fino
all’ultimo,
ma dopo l’ennesima discussione col padre che cercava
ostinatamente di
convincerla a tornare sui suoi passi, la ragazza fece i bagagli e
raggiunse le
altre in aeroporto per dieci giorni di assoluto divertimento lontana da
tutto e
tutti.
Skyler aveva davvero fatto le cose in
grande, come sempre
del resto. Le vacanze organizzate da lei erano sempre indimenticabili.
Aveva
prenotato dei bungalows in un esclusivo resort di un’isoletta
quasi
sconosciuta, che sembrava un vero e proprio paradiso terrestre e che
poteva
quindi garantire la totale privacy all’allegra combriccola.
Inoltre, aveva
pianificato anche diverse attività per svagarsi e tenersi
impegnate. Dalle gite
in barca, alle immersioni. E la sera, dopo cena, locali e discoteche
del posto.
Victoria riuscì finalmente
a staccare la spina, a
dimenticarsi della rottura con Josh, dell’attenzione dei
media e delle prediche
quasi quotidiane del padre. Era da tanto che non riusciva a concedersi
una
vacanza con tutti i crismi, che non si prendeva del tempo solo per
sé, per
rilassarsi e divertirsi. Aveva ancora solo 25 anni, ma si sentiva
più grande,
forse perché aveva speso gli ultimi tre o quasi impegnata
con Josh, presa a
soddisfare le sue esigenze, quella
della quasi suocera e di suo padre, senza pensare davvero a cosa voleva
lei.
Le tornarono anche alla mente le
parole di Ryan, i suoi
discorsi, i suoi consigli. Ed anche quell’acceso battibecco
l’ultima volta che
si erano visti. Ormai erano passati quasi quattro mesi dalla festa
Amfar di New
York. Non l’aveva più incrociato, anche
perché era rientrata il giorno dopo a
Los Angeles, né l’aveva sentito, nonostante avesse
memorizzato il suo numero.
Era un tardo pomeriggio, di una giornata di metà vacanza. Le
altre erano
rientrate nei loro bungalow per prepararsi per la serata, mentre
Victoria si
era attardata sulla spiaggia, per godersi il tramonto e la piacevole
brezza che
a quell’ora saliva dall’oceano. Stava passeggiando
sul bagnasciuga e,
ripensando a Ryan, alla fine, quasi istintivamente, recuperò
dalla tasca degli
shorts il cellulare e lo chiamò. Sentì squillare
a lungo, e stava per
riattaccare, quando qualcuno dall’altro capo rispose, ma non
era chi si
aspettava di sentire.
“Plonto?” rispose
una vocina squillante.
Victoria scostò per un
secondo il cellulare dall’orecchio
per controllare sul display che il nome selezionato fosse quello di
Ryan e non
un altro. Era quello giusto, ma iniziava a pensare di aver sbagliato
qualche
cifra memorizzandolo.
“Plonto?” disse
ancora quella vocina, quasi spazientita.
Victoria stava per rispondere
qualcosa, quando sentì
finalmente una voce familiare.
“Jamie…amore, il
cellulare di papà non è un gioco, lo sai.
Che stai facendo?” sentì dire da Ryan.
“Ho ripposto papi! Non so
chi è. Non dice niente!” borbottò
la bambina. A quanto pare aveva risposto una delle figlie.
“Pronto?” disse
finalmente Ryan, recuperando il possesso del
suo telefono. A quel punto, la ragazza fu quasi tentata di riattaccare.
Forse
aveva sbagliato a chiamarlo, poteva ancora uscirne, lui il suo numero
non
l’aveva. Ma alla fine decise di no.
“Ryan? Ciao, sono
Victoria” disse infine, dopo un bel
respiro.
“Victoria! Ciao”
rispose lui, tradendo una nota di stupore.
“Mi scusi un attimo? Resta
in linea, dammi solo un secondo!”
aggiunse subito, e poco dopo lo sentì dire con tono dolce
alla figlia di
tornare a giocare.
“Scusa, sono di nuovo
qui” riprese a dire.
“Scusa tu, magari ho
disturbato!” disse lei “Era tua figlia
poco fa al telefono?” gli chiese.
Lo sentì sorridere.
“Si” le
confermò “Era Jamie, la più grande. Ha
tre anni ed è
una piccola ladra di cellulari. Se per caso lo dimentico in giro per
casa, lei
lo recupera ed inizia a giocarci, a chiamare gente a caso.”
Rise.
“Sembra
dolcissima” osservò la ragazza.
Lui rise ancora.
“Si, quando
dorme!” rimarcò divertito. Poi si
schiarì la
voce.
“Come stai? Ho saputo che
il fidanzamento è rotto” riprese a
dire.
“Già”
disse lei “Ma non dirmi che sei sorpreso! L’avevi
previsto con mesi di anticipo. E mi hai consigliato più
volte di scaricarlo,
quindi....non dirmi che sei dispiaciuto per Josh? Anzi, no, il
broccolo, come
lo chiamavi tu” aggiunse ridendo.
“Quasi
quasi…” rise anche lui.
“No, non sono dispiaciuto
per lui. Continuo a pensare che
foste male assortiti, ma non ci sono andati giù leggeri con
te. E di questo mi
dispiace” le spiegò.
“Non dirmi che leggi i siti
di gossip e la cronaca rosa
Reynolds? Mi sorprendi” osservò lei.
“Io no, ma la mia addetta
stampa si ed adora farsi i fatti
degli altri! Per una volta tanto che i pettegolezzi non riguardano un
suo
cliente, si diverte” disse.
“Come stai?” le
chiese ancora.
“Bene. Tutto sommato bene.
Anzi, in questo momento
benissimo. Sono in un’isoletta sperduta alle Hawaii insieme a
Skyler e ad altre
amiche. Una specie di viaggio di nozze, senza nozze e senza
sposo!” rise.
“Mi sembra
un’ottima idea! Hai fatto bene. Per una volta
tanto, fai qualcosa che vuoi fare tu, non perché devi, mi
congratulo!” aggiunse.
Seguì un momento di
silenzio, come se entrambi fossero
improvvisamente caduti nell’imbarazzo più totale,
ma fu lui a romperlo.
“Senti, mi dispiace per
quello che ti ho detto l’ultima
volta che ci siamo visti. Mi sono comportato un po' da stronzo, non era
mia
intenzione. Ero nervoso per altre cose e mi sono fatto prendere la
mano.”
Riprese a dire.
“Scuse accettate”
rispose lei “Anzi, immagino di dovertele
anche io. Nemmeno io mi sono contenuta, ho detto cose che non pensavo e
sparato
giudizi senza nemmeno conoscerti bene!” ammise.
“No, tranquilla, in fondo
non hai detto niente che non mi
sia già sentito dire almeno cento volte da fratelli, amici,
parenti vari”
rimarcò divertito.
“Quindi,
un’allegra comitiva di ragazze alle Hawaii. Chissà
cosa combinate ogni sera!” rise.
“Con Skyler è
impossibile annoiarsi! Ogni sera un’uscita
diversa, ed ogni giorno qualche attività nuova, ha pensato a
tutto! Quando
torneremo ci servirà una vacanza per riprenderci dalla
vacanza!” ridacchiò
“Comunque, volevo solo farti un saluto e dirti che alla fine
avevi ragione tu.
E che non è così male fare quello che voglio, per
una volta, e fregarmene di
quello che pensano gli altri. Mi spiace solo averci messo
più del dovuto a
capirlo. Avrei dovuto essere più onesta, come me stessa e
con Josh, e non
saremmo andati così avanti” aggiunse sospirando.
“Ma no, non farti sensi di
colpa. Te ne sei accorta in
tempo, sarebbe stato più grave capirlo dopo il
matrimonio” osservò.
“E’ quello che
è successo a te?” gli domandò lei di
getto,
per pentirsene un secondo dopo aver finito la frase “Scusa.
Non sono affari
miei” precisò.
“Non mi sono offeso. In
fondo in parte è vero. Su certi
argomenti predico bene e razzolo male.
Certe coppie durano, altre no e altre ancora si
barcamenano. Forse il
nostro ambiente, la fama, i soldi, rendono tutto ancora più
complicato o forse
no. Non lo so” ammise incerto, ma senza comunque entrare
troppo nel dettaglio.
“Bè, comunque
spero che qualsiasi problema ci sia, si
risolva presto. In
fondo non sei tanto
male, anche se hai davvero una boccaccia degna di Deadpool”
rise.
“Deformazione
professionale!” precisò lui ridendo.
“Scusa, ora devo andare.
Mia figlia grande sta attentando
alla vita del cane. E la più piccola cerca di darle man
forte. Meglio che vada
prima che facciano danni seri! Ti lascio alla tua serata di bagordi. A
presto!”
la salutò.
Lei lo salutò a sua volta,
poi riattaccò e si fermò davanti
al bagnasciuga per osservare il tramonto. Quel repentino cambio di
sfondi e di
colori, l’atmosfera, tutto di quel paradiso, la stavano
rimettendo in pace col
mondo. E la telefonata con Ryan era stata la ciliegina sulla torta. Non
le era
per nulla piaciuto il modo in cui si erano lasciati a quella festa, si
erano
lasciati entrambi prendere la mano e si sentiva in colpa per aver
sparato
giudizi sul suo matrimonio senza conoscerlo approfonditamente, senza
sapere
quasi nulla di lui, e lo stesso aveva fatto Ryan. Ora che si erano
chiariti, si
sentiva sollevata, più leggera, ma anche sempre
più incuriosita da lui.
Aveva l’impressione che
anche lui, in fondo, fosse
ingabbiato in una realtà che non lo appagava più,
costretto forse più dal senso
del dovere che da sentimenti intensi. Tuttavia, non riusciva a fare a
meno di
ripensare al tono dolce che aveva usato con la figlia, e solo
immaginarlo in
versione papà premuroso, senza quella vena sarcastica che
ormai gli apparteneva
dopo aver interpretato più volte Deadpool sullo schermo, la
faceva sorridere.
“Vic? Ti muovi??”
si sentì richiamare a gran voce da Skyler,
dal bungalow che condividevano.
Lasciò la spiaggia, e
ritornò al suo alloggio, per farsi una
doccia e prepararsi per un’altra serata fuori. Ma la sua
mente continuava a
tornare a Ryan, a quello che si erano detti. Negli ultimi giorni aveva
pensato
spesso a lui, perché con lui riusciva a parlare facilmente,
tranne quando non
la pensavano allo stesso modo e si scannavano. Ma era sempre uno
scambio di
idee costruttivo ed eccitante, mai piatto e banale, come le succedeva
con Josh.
Ed era bello poter avere anche un parere maschile sulle relazioni. Era
sempre
stata circondata quasi esclusivamente da donne. Le amiche, la zia, e
certo
c’era suo padre, ma non era sempre semplice confidarsi con
lui.
“Si può sapere
dove avevi la testa stasera?” le domandò
Skyler, una volta rientrate dal consueto giro di locali, quando ormai
erano
quasi le 3 del mattino.
“Eh? Chi io?”
rispose.
“No, il Papa!” la
prese in giro l’amica.
“Non dirmi che non
è niente, perché ti ho vista, sei stata
distratta tutta la sera. Non dirmi che pensi a Josh? Non puoi essere
pentita,
hai fatto la scelta migliore. E se invece sei preoccupata per tuo
padre, gli
passerà. Sei la sua principessa, ti terrà il muso
ancora qualche giorno e poi
passerà a screditare il prossimo fidanzato che avrai, sempre
che non sia un
altro figlio di papà che lui approva!”
osservò tranquilla.
“No, no, niente di tutto
questo. In realtà, stavo pensando
ad altro” disse sibillina “Ho telefonato a Ryan
oggi. Cioè, ieri, prima di
cena, quando ero sulla spiaggia” continuò a dire,
mentre l’espressione di Skyler
passava dalla sorpresa totale all’euforia.
“E che vi siete
detti?” la incalzò, saltando quasi sul
letto, come se fossero tornate bambine ai loro primi pigiama party ed
alle
prime cotte.
“Niente di che, lui sapeva
della rottura con Josh, si è
scusato per la reazione che ha avuto al party a New York, io mi sono
scusata a
mia volta e…niente! Abbiamo solo chiacchierato un po' e
Deadpool approva l’idea
di venire qui in vacanza con te e le altre” rise.
“Mi ha risposto sua figlia.
Sembra così dolce e lui sembra
davvero un papà premuroso” aggiunse.
“Allarme rosso!”
esclamò Skyler “Se già te lo immagini
in
versione papà, la cosa è seria!”
“Scema!” la
apostrofò l’amica “Non serve che me lo
immagini,
è già papà, ho solo detto che mi pare
sia bravo e paziente con le figlie, tutto
qui!” disse, stringendo le spalle.
“Ma, per caso tu sai
qualcosa? Intendo, di lui e della
moglie?” aggiunse, scrutando attentamente l’amica.
“Allora ti interessa
davvero!” sottolineò l’altra.
“No, è solo
curiosità! Siamo…amici! Credo! Insomma, non si
può dire che ci conosciamo bene. Ci siamo visti poche volte,
ma è sveglio e
ironico, caratteristiche rare da trovare in un uomo che fa il suo
lavoro! Di
solito gli attori sono tutti tronfi, pieni di sé, narcisi,
invece lui sembra
diverso. E siccome diverse volte mi ha lasciato intendere di non essere
pienamente soddisfatto della sua vita privata, volevo solo sapere che
tu sai
qualcosa”
“No, cioè, non
più di quanto ti ho detto, ma posso
informarmi, se vuoi! La sua Pr la conosco, non bene, ma so chi
è e come lavora
e so che da quando rappresenta sia lui che la moglie è ben
attenta a non far
trapelare niente che strida con la loro immagine di coppia
perfetta” le disse “Diciamo
che è cambiato molto rispetto a quando stava con la
Johansson” continuò “Allora
evitavano entrambi i paparazzi come la peste, erano davvero super
riservati,
mai fatto un red carpet insieme, se non uno forse, prima di annunciare
il
divorzio. Da quando si è messo con la Lively è
lentamente cambiato nel suo
approccio coi paparazzi. Ed hanno partecipato insieme a diversi eventi
ufficiali. Forse è più sicuro di sé o
forse ha capito che l’incarnazione di
Barbie e Ken fa gola e vende di più, garantisce
più attenzione, e quindi crea
più occasioni. Alla fine è tutta questione di
buone pubbliche relazioni, come
dico sempre ai miei clienti!” concluse vispa.
“Ma sentitela! Che
sapientina!” la prese in giro Victoria.
“Comunque, mi informo, ok?
Cerco di scavare e capire se la
coppia perfetta ha scheletri nell’armadio o se le corna
reciproche sono solo
voci maligne!” aggiunse “Adesso sarà
meglio che mi strucchi, altrimenti domani
sembrerò un panda!” rise.
Purtroppo quei dieci giorni di
assoluta spensieratezza e
divertimento alle Hawaii volarono letteralmente e ben presto le ragazze
si
ritrovarono sul volo di ritorno per Los Angeles. Victoria non era per
nulla
impaziente di tornare a casa, ma sperava che la lontananza avesse
aiutato anche
il padre a chiarirsi le idee ed a desistere dai suoi propositi di far
riavvicinare la figlia e Josh. Ma si sbagliava e se ne rese conto
quando,
rimesso piede in villa, trovò proprio Josh ad aspettarla.
“Ciao” le disse,
alzandosi dal divano ed andandole incontro.
“Josh? Che ci fai
qui?” gli chiese stranita.
“Tuo padre mi ha detto che
saresti rientrata oggi. Ti sei divertita
con Skyler e le altre?” le chiese.
“Si” rispose
distrattamente, troppo impegnata a domandarsi
perché suo padre avesse addirittura pensato di avvisare Josh
dei suoi
spostamenti.
“Josh, perché
sei qui?”
gli domandò seria.
“Sono passate settimane,
mesi, pensavo che magari noi due
potremmo…” stava dicendo, ma lei lo interruppe.
“Josh, non
c’è più nessun ‘noi
due’! E’ finita, lo sai anche
tu. Non so perché mio padre non si arrenda
all’idea!” osservò, allargando le
braccia.
“Forse perché
pensa che lasciarci sia stato un errore e
francamente lo credo anche io! Siamo ancora in tempo. Possiamo
recuperare,
possiamo sistemare le cose” riprese a dire.
“Stai sempre per
trasferirti a Londra?” gli domandò lei
fissandolo negli occhi.
“Bè,
si” rispose.
“E allora non
c’è niente da sistemare” concluse
spiccia.
“Quindi mi hai scaricato ed
hai rotto il fidanzamento solo
per questo? Perché non vuoi trasferirti a Londra? Questo
è un capriccio!” le
fece notare, iniziando ad innervosirsi.
“No, Josh, non hai proprio
capito. Londra è la punta
dell’iceberg, le cose fra di noi andavano male da tempo e lo
sai anche tu!”
rimarcò.
“Ma non è vero,
è il fidanzamento che ha complicato le cose.
Ti sei spaventata e lo capisco! Magari avevi paura, ma stai facendo le
cose più
grandi di quello che sono! Anche per Londra! Sono sicura che una volta
là, la
adorerai!” disse.
“Ancora? Ma non ti senti?
Continui a dare per scontato che
quello che tu vuoi sia più importante di quello che voglio
io! Come puoi
volermi sposare e passare il resto della tua vita con me, se non ti
curi di
quello che voglio io! Dannazione, Josh! La mia vita è qui,
io non verrò a
Londra con te e non ti sposerò! Avremmo dovuto lasciarci
prima. Avrei dovuto
dire no alla tua proposta di matrimonio, perché la
verità è che…” si interruppe.
“Qual è la
verità? Avanti, dillo! Abbi il coraggio di dire
quello che pensi fino in fondo!” la incalzò
rabbiosamente lui.
“La verità
è che non ti amo” disse tutto d’un fiato
lei,
raccogliendo tutto il coraggio e l’onestà che
aveva. Sapeva bene che l’avrebbe
ferito, ma era sempre stata dell’idea che fosse meglio una
brutta verità
anziché una bella bugia.
“Mi dispiace”
aggiunse in un soffio, mentre lui la guardava,
quasi incredulo.
“C’è
un altro?” le domandò.
“No, non
c’è nessun altro” rispose, scuotendo la
testa.
“Non ci credo”
osservò lui, abbassando lo sguardo.
“Josh, no. Devi
credermi” riprese a dire Victoria,
avvicinandosi a lui “Senti, mi dispiace. Davvero! Non volevo
che finisse così e
probabilmente, anzi, sicuramente, tu ora mi odierai, ma è
meglio così e fra
qualche tempo lo realizzerai anche tu. Ti meriti qualcuna che ti ami
pazzamente
e non sono io quella persona” aggiunse sinceramente.
Lui non disse nulla, e non sembrava
rassicurato dalle sue
parole. E sempre in silenzio, quasi come un’automa, se ne
andò.
Poco dopo, Andrew, suo padre,
rientrò.
“Ciao, tesoro. Bentornata!
Divertita alle Hawaii?” le
chiese, ma lei lo bloccò subito.
“Mi dici perché
hai detto a Josh di venire qui? Pensavo di
essere stata chiara!” osservò seria e spazientita.
Lui sospirò, con un
broncio degno di un bimbo colto in
flagrante a rubare biscotti.
“Senti, mi dispiace, ma
continuo a credere che tu abbia
sbagliato. Lui avrà i suoi difetti, ma rompere il
fidanzamento non è stata una
decisione saggia. Sei confusa e ho pensato che magari rivedendolo dopo
una
vacanza vi avrebbe aiutati a risolvere i vostri problemi” le
spiegò.
“Hai pensato male! Non sono
per niente confusa, anzi, non
sono mai stata così sicura di qualcosa come lo sono ora. Fra
Josh e me è
finita, definitivamente. Non lo amo, e non lo sposerò
né ora né mai. Fattene
una ragione papà ed accettalo, altrimenti dovrò
cercare un’altra sistemazione!”
sbottò, salendo in fretta le scale.
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Capitolo 7 *** Cap. 7 ***
“Ti rendi conto? Ha
continuato a sentire Josh e ad
aggiornarlo addirittura sui miei spostamenti! Quando ieri me lo sono
ritrovata
in salotto, non credevo ai miei occhi!” stava dicendo
Victoria alla zia,
nell’ufficio della fondazione, facendo nervosamente avanti ed
indietro.
“Sai
com’è tuo padre!” osservò
Charlotte “Con questo, non
sto dicendo che lo giustifico, assolutamente!”
precisò, alzando le mani, come a
voler tranquillizzare la nipote ed anche per evitare di poter essere
fraintesa.
“Josh gli piaceva, finora
è stato l’unico tuo fidanzato che
abbia approvato. Si era affezionato e forse pensava di darti una mano.
Considera almeno le sue intenzioni, che erano senz’altro
buone! Sono sicura che
non interferirà più ora che hai chiarito che sei
sicura della tua decisione”
aggiunse.
“Ci credi
davvero?” rimarcò ironicamente Victoria
“Sai com’è
fatto papà. Continuerà ad intromettersi, come ha
sempre fatto del resto. Lo so
che lo fa perché mi vuole bene, perché non vuole
che soffra, ma sono adulta da
un pezzo zia, è così sbagliato che voglia
prendere le mie decisioni da sola?”
osservò.
Charlotte sospirò, poi
fece cenno di no con la testa. Con
calma si alzò dalla sua postazione e si avvicinò
alla nipote.
“Adesso sei arrabbiata, ed
è comprensibile. Ma vedrai che si
sistemerà tutto. Tuo padre ti adora, non
c’è niente che non farebbe per te,
vuole solo che tu sia felice. E se a volte eccede in queste sue
preoccupazioni,
è solo perché vuole assicurarsi che tu stia
bene” le fece notare.
“Su, per oggi basta lavoro.
Andiamo a cena. E’ da tanto che
non usciamo insieme noi due signorina, e si dà il caso che
abbiano aperto da
poco un ristorante con un menu fantastico!” aggiunse vispa
Charlotte.
Tempo di recuperare le loro giacche e
le borse, che zia e
nipote raggiunsero il ristorante, e cenarono insieme, fra chiacchiere e
risate.
In effetti era davvero da un po' che non riuscivano a passare del tempo
insieme
al di fuori della fondazione. Per Charlotte Victoria non era solo una
nipote,
ma anche la figlia che non aveva mai avuto, dopo due matrimoni falliti
alle
spalle. E per la ragazza, la zia era una figura importantissima ed
imprescindibile, era la figura materna che le mancava, e sapeva di
potersi
confidare con lei, di poterle dire tutto. Con lei si sentiva sempre a
suo agio,
sempre capita e mai giudicata. Era così da sempre, sin da
quando, adolescente,
aveva avuto le prime cotte e delusioni amorose.
Nei giorni successivi, la ragazza
tornò a concentrarsi
esclusivamente sul lavoro, come aveva fatto sin dopo la rottura del
fidanzamento,
cercando di evitare il più possibile il padre, sia a casa
che al lavoro. Ma una
mattina, Andrew la convocò nel suo ufficio, e lei non ebbe
scelta.
“Scusa se ti ho fatta
chiamare con così tanta urgenza, so
che stai sistemando i budget dei prossimi film in produzione, ma come
sai a
giorni inizierà il Comic Con a San Diego, e contrariamente
ai miei piani, io
non potrò presenziare. Devo partire fra un paio di giorni
per andare in Europa.
Mi dovrò fermare prima in Romania e poi in Bulgaria per fare
dei sopralluoghi
per la pre produzione di un film, e poi dovrò fermarmi anche
a Londra per
parlare con un regista, quindi non riuscirò a tornare in
tempo per la Con. E
vorrei comunque che la nostra casa di produzione fosse rappresentata,
visto che
uno dei film che verranno presentati è da noi prodotto.
Vorrei che ci andassi
tu” le disse, spiazzandola.
“So che non ami queste
incombenze, ma penso che te la
caverai alla grande e poi le Con sono sempre eventi interessanti e
divertenti.
Sono sicuro che ti piacerà e poi è giusto che tu
partecipi e ti faccia vedere.
Sei una Avery, e un giorno ci sarai tu seduta a questa
scrivania” aggiunse,
accennando un sorriso.
“Inoltre, devo confessare
che spero sia un buon modo per
scusarmi per il mio comportamento. Forse ho ficcanasato troppo nella
tua vita e
non avrei dovuto. Non avrei dovuto nemmeno chiamare Josh e fartelo
trovare a
casa” disse ancora.
Victoria lo fissò, colpita
da quelle scuse, ed assottigliò
gli occhi con fare pensieroso ed interrogativo.
“Zia Charlotte ti ha
chiamato, vero? E ti ha fatto
ragionare, come sempre!” disse dopo qualche istante.
Andrew non rispose subito, ma alla
fine sorrise.
“Come dite voi giovani? Ah
si, sgamato!” rise.
“A volte mi impiccio
troppo, lo so.” Ammise “Ma sai perché
lo faccio” precisò più serio
“Anche se sei una donna ormai, una giovane donna
in gamba, sveglia e bellissima, per me sarai sempre la mia bambina. E
voglio
solo che tu sia felice. Quindi, se la tua decisione di rompere il
fidanzamento con
Josh ti rende felice, se è quello che vuoi, allora va
benissimo anche a me!”
aggiunse “Vorrei prometterti che non mi impiccerò
più, ma sai che non amo fare
promesse che so di non poter mantenere. Però posso provare a
contenermi!”
puntualizzò, facendo sorridere la figlia.
“E’
già un buon risultato!” osservò la
ragazza “Dispiace
anche a me se sono stata brusca, ma sono convinta della mia decisione,
e sono
felice e serena, davvero! Con Josh non andava, c’erano troppi
problemi, non
siamo mai stati davvero compatibili” continuò.
“Bene! Sai che vederti
felice è l’unica cosa che voglio!”
disse il padre, visibilmente sollevato dal chiarimento con la figlia
“Allora,
siediti, mettiti comoda. Devo aggiornarti sul programma del Comic Con,
così
saprai esattamente cosa ti aspetterà ogni giorno!”
aggiunse.
Victoria partì per San
Diego quel giovedi, e non appena fu
atterrata si rese conto del perché chiunque capisse qualcosa
di cinema parlasse
di questo evento come di qualcosa di inimitabile. L’atmosfera
era davvero
unica, ed era rigenerante essere circondata da fan di questo o quel
film in
uscita, di questo o quel super eroe, vederli aspettare ore e ore per
vedere i
loro attori preferiti e partecipare con così tanto
coinvolgimento e genuina
passione alle varie presentazioni e conferenze stampa. Non aveva mai
visto niente
di simile, e l’entusiasmo del pubblico era davvero contagioso.
Il primo giorno fu tutto dedicato
all’organizzazione di
quello successivo. Victoria ed altri colleghi arrivarono nel tardo
pomeriggio
ed ebbero giusto il tempo di ritirare i loro pass, fare il check in
albergo e
di rinfrescarsi, per poi ritrovarsi prima di cena per una veloce
riunione. La
ragazza cenò poi direttamente in stanza, perché
era stanca e voleva rivedere
alcuni appunti ed il programma dell’indomani. Il giorno dopo
si entrò nel vivo
dell’impegno al Con per lei e per gli altri delegati della
Avery Production.
Sin dalla mattina presto furono impegnati fra incontri coi giornalisti,
con
altri addetti ai lavori, ovvero altri produttori o rappresentanti delle
case
cinematografiche. C’era a malapena il tempo di mangiare un
boccone fra un
impegno e l’altro, ma era impossibile avvertire la
stanchezza. Era tutto così
eccitante, coinvolgente, frenetico ed avvolgente, che Victoria non ebbe
nemmeno
l’impressione di essere davvero lì per lavoro, era
piuttosto un privilegio.
In particolare, per lei fu davvero
un’esperienza unica ed
indimenticabile partecipare per la prima volta in rappresentanza della
casa di
produzione Avery alla presentazione del film da loro prodotto su un
anti-eroe,
che era atteso con ansia dal pubblico presente e non. Il trailer
lanciato
durante la conferenza stampa raccolse un grandioso e positivissimo
riscontro,
tanto che i presenti chiesero addirittura il bis. Non aveva mai visto
niente di
simile da nessun’altra parte, non c’erano festival,
ufficiali o indipendenti,
che reggessero il confronto con questa Comic Con che era nutrita dai
fans, dal
pubblico. Di solito evitava più che volentieri questi
impegni, ma in questo
caso si ritrovò ad essere dispiaciuta alla fine della
presentazione.
Quella sera, lei e gli altri della
Avery Production, dopo
cena, raggiunsero un locale per partecipare ad una festa organizzata
proprio
per celebrare il lancio del film presentato nel pomeriggio. Victoria
aveva
appena finito di parlare con uno degli organizzatori della Con di San
Diego, ne
approfittava giustamente anche per fare un po' di pubbliche relazioni,
come le
suggeriva sempre Skyler, e si era appena spostata al bancone, per
chiedere un
drink, quando una voce alle sue spalle la fece sobbalzare.
“Ciao Avery”
sentì dire e riconobbe subito quella voce. Era
Ryan.
Si voltò sorpresa e gli
sorrise.
“Ryan! Anche tu
qui?” rimarcò.
“Si, sono arrivato oggi.
Domani c’è il pannello della 20th
Century Fox. Mostreranno anche un mini trailer di Deadpool 2. E ci
sarò anche
io ovviamente” rispose.
“Ho sentito che oggi il
vostro pannello è stato un
successone! Godetevela, perché domani parleranno tutti solo
di me e di Wade”
rise, sedendosi ad uno degli sgabelli del bancone.
“Sei molto sicuro di
te!” lo prese in giro la ragazza.
“Ovvio! Sono irresistibile
in tutina rossa!” rispose, per
poi scoppiare a ridere.
“Non pensavo ti avrei
incontrata qui. Di solito non le eviti
queste cose mondane ed ufficiali?” le chiese “Ti
stai dando alla pazza gioia
ora che hai chiuso col broccolo!” aggiunse.
“In genere si! Ma mio padre
è in Europa per lavoro e
qualcuno doveva venire in rappresentanza della casa di produzione,
così eccomi
qui! E devo dire che ne sono felice! Non ho mai visto niente di simile!
Insomma, sapevo cosa fosse anche prima di venirci, ma partecipare
è tutt’altra
cosa! L’entusiasmo che c’è qui non ha
paragoni!” aggiunse vispa, sedendosi a
sua volta.
“Lo so. Ed ogni anno
migliora.” Disse lui “La prima volta
che sono stato qui era per Green Lantern. Il film è stato un
flop totale, ma i
fan erano in delirio. E poi per il primo Deadpool, credevo che non
avrei mai avuto
un’accoglienza così calorosa dai fan, ma poi oggi
sono arrivato e già in
aeroporto ho incontrato dei fans vestiti come Wade. E’ una
cosa incredibile. “
aggiunse. Poi restò in silenzio per qualche istante, e la
osservò con
un’intensità tale che la ragazza si
sentì quasi nuda. Aveva sempre quella
sensazione con lui, ogni volta che la fissava, sembrava che riuscisse a
leggerle dentro e si sentiva disarmata, non infastidita
però.
“Immagino che ripartirai
domani” riprese a dire lui e
sembrava quasi dispiaciuto all’idea che lei sarebbe ripartita
a breve, mentre
per lui la Con era appena iniziata.
“Domani mattina ho un paio
di incontri con dei finanziatori,
dovrei ripartire nel pomeriggio” rispose.
“Ma se qualcuno riuscisse a
farmi imbucare al pannello di
quei dilettanti della 20th, potrei anche restare. Giusto per vedere di
cosa
sono capaci. Sarebbe una specie di attività di
spionaggio!” rise.
“Ehi, attenta alle parole
che usi, ragazzina!” la prese in
giro scherzosamente lui “Ti faccio notare che quei
dilettanti, come li chiami
tu, hanno rischiato ed hanno prodotto un film in cui credevamo solo io
e due
miei amici sceneggiatori. Lo avevamo proposto anche a tuo padre, ma ci
ha
tarpato le ali e rimandato al mittente!” aggiunse.
“No, sul serio? Pessima
mossa! Di solito mio padre ha un
grande intuito!” rispose lei sorridendo.
“Ti faccio avere un pass
domani mattina, ok? Sarà
divertente! Senza nulla togliere al vostro film
sull’antieroe, ma domani faremo
morire d’invidia tutti!” rise lui.
“Vedremo Reynolds,
vedremo!” gli fece eco lei, stando al
gioco.
“Ah, ecco dov’eri
finito!” li interruppe un tizio,
avvicinandosi a Ryan, e dandogli una pacca sulla spalla.
“Dai vieni, ci sono dei
pezzi grossi che ti voglio
presentare!” aggiunse.
“Si, ora arrivo”
rispose Ryan, alzandosi “Rhett, lei è
Victoria Avery. Victoria,
lui è Rhett,
un caro amico nonché uno degli sceneggiatori di Deadpool. A proposito Rhett, cerca
di recuperare un
pass per domani per la signorina Avery. Sai, per farle vedere come
lavora
davvero una casa di produzione seria” aggiunse per provocarla.
“Smettila di
pavoneggiarti!” rispose lei, con tanto di
linguaccia.
Ryan era un uomo di parola, infatti
l’indomani, consegnarono
alla ragazza un pass per il pannello della 20th. I suoi colleghi
stavano per
ripartire e dirigersi in aeroporto per rientrare a Los Angeles, ma lei
con una
scusa rimandò la partenza. Cercò di bardarsi un
po' per mischiarsi fra il
pubblico composto prevalentemente da fans di Deadpool e dei fumetti X
Men e
partecipò alla presentazione.
In effetti, si rese conto che Ryan
non aveva poi esagerato. Bastò
semplicemente pronunciare la parola ‘Deadpool’
perché tutto il pubblico
presente in sala si accendesse, ed iniziasse ad applaudire, ed anche a
chiamare
Ryan, che uscì poco dopo dal backstage, sorprendendo i fans.
Ed anche lui
sembrava diverso, aveva una luce ed un entusiasmo nello sguardo che
Victoria
non aveva mai notato le poche volte che si erano visti. Anche in
quell’occasione, com’era accaduto il giorno prima
alla presentazione del film
prodotto da Avery, i fan chiesero il bis, così il trailer fu
riproposto. Ryan
sembrava davvero eccitato come un bambino la mattina di Natale. E poi,
dettaglio non del tutto secondario, sembrava ancora più
bello, così sorridente,
e soddisfatto del suo lavoro.
Una volta terminata la presentazione,
la ragazza lasciò la
sala, insieme agli ultimi irriducibili fans che ancora commentavano il
trailer.
Non si aspettava di incrociare Ryan, ma ci sperava. Tuttavia, non lo
intravide
nemmeno. Ma era prevedibile! Dopo l’accoglienza calorosa del
trailer, e la fine
del pannello, era sparito nel dietro le quinte, e sicuramente sarebbe
stato
impegnato con interviste e quant’altro fino a sera.
Tornò in camera, e stava
armeggiando all’iPad per trovare un
volo per rientrare a Los Angeles, quando le arrivò un
messaggio.
Spero ti sia
divertita
oggi! Il tuo vecchio ha scartato il film sbagliato. Stasera
c’è una festa della
20th…magari puoi fare un salto per controllare meglio la
concorrenza. Mi trovi
lì, se ti va. R.
Sorrise nel leggere quelle parole, ma
decise comunque di non
rispondere. Per qualche strano motivo, voleva tenerlo un po' sul filo,
ma in
cuor suo aveva già deciso che sarebbe andata alla festa. In
fondo, ormai era
quasi ora di cena, a quel punto non le conveniva prendere un volo e
tornare a
tarda notte a casa, era molto meglio aspettare l’indomani e
partire in
mattinata.
Si fece una doccia, ordinò
la cena in camera, poi si infilò
dei semplici jeans, una t- shirt nera, decolletè pure nere,
lasciò i capelli
sciolti e raggiunse l’albergo in cui la 20tn aveva
organizzato la sua festa.
Entrò da un ingresso secondario, per non dare troppo
nell’occhio, per quanto
non fosse poi così strano che un rappresentante di una
società di produzione
partecipasse ad eventi organizzati da concorrenti. Ma il vero motivo
per cui
aveva deciso di andare era per incontrare Ryan, perché lui
l’aveva invitata, e
quindi in qualche modo voleva evitare pettegolezzi inutili.
Arrivò un po' tardi, a
festa iniziata da un’oretta, si
mischiò agli altri invitati, facendo anche un po' di
pubbliche relazioni, fin
quando il suo sguardo non incrociò quello di Ryan, che stava
parlando con un
tizio con l’aria da nerd. Le sorrise, con
quell’aria paracula che lo
caratterizzava, poi si scusò con l’interlocutore,
e si avvicinò a lei.
“Sei riuscita a
venire” disse.
“Fingiamo di parlare di
convenevoli o vuoi passare subito
alla parte in cui mi proponi i vantaggi della Avery Production per
convincermi
a cambiare e passare a voi?” le domandò.
“Non so di che parli! Sono
qui per divertirmi e spiare il
‘nemico’! Non parlo di lavoro, non
stasera” precisò lei tranquilla.
“Quanto sei contento da 1 a
10?” gli chiese poi, dopo averlo
scrutato attentamente.
“Non saprei. Credo
15!” rispose lui divertito.
“Insomma, so che non
è il film del secolo, non è un film che
quelli dell’Academy potranno mai considerare per una
nomination agli Oscar,
sarà già tanto ottenere qualche nomination ai
Golden Globe, ma è molto più di
questo per me. E’ come un figlio, ovviamente non in senso
stretto, ma io,
Rhett, che hai conosciuto ieri e Paul, siamo gli unici ad aver mai
creduto in
questo film, ed abbiamo implorato e detto e fatto cose che le tue
giovani
orecchie non dovrebbero nemmeno sentire per riuscire a trovare qualcuno
che
credesse nella sceneggiatura e nel progetto quanto noi. Ci sono voluti
10 anni,
ma ce l’abbiamo fatta e davvero non potrei esserne
più fiero ed orgoglioso.”
Concluse soddisfatto.
“Si vede! Ti illumini
quando ne parli. E anche oggi sul
palco, quando hai visto e sentito la reazione del pubblico, sembravi
così
felice” osservò lei e lui sembrò quasi
sorpreso dalle sue parole.
“Allora mi hai guardato con
attenzione” disse solo.
“Bè, ho
osservato tutti! E’ stata una bella presentazione”
precisò lei, forse temendo di essere fraintesa. Le metteva
sempre una strana
soggezione, perché aveva sempre la sensazione che riuscisse
a leggerle dentro,
ad andare oltre le sue parole ed a capire cosa le passasse nella testa.
La
verità era che Victoria iniziava ad essere sempre
più incuriosita ed
interessata da lui. Non era abituata ad avere a che fare con tipi come
lui. Per
anni si era relazionata solo con Josh, molto più giovane di
Ryan, e con un
carattere completamente diverso, come differenti erano le sue
priorità. Ryan,
invece, era un uomo fatto, era spiritoso, ma anche piuttosto
misterioso,
difficile da inquadrare e questo indubbiamente la intrigava.
Però era anche
sposato. Victoria se lo ricordava benissimo e razionalmente sapeva
perfettamente
che sarebbe stato molto più saggio ripartire quel pomeriggio
con gli altri, ma
non era riuscita a vincere la sua curiosità, che la spingeva
sempre più verso
di lui. Non si poteva dire che fossero amici, si erano visti e sentiti
poche
volte, quasi sempre per circostanze fortuite, ma le piaceva parlare con
lui, e
le risultava anche facile raccontargli cose che poche persone sapevano
di lei.
Lui si schiarì la voce e
poi si guardò intorno.
“Rhett l’hai
conosciuto, mi pare giusto presentarti anche
Paul” riprese a dire “Vieni con me” Le
fece segno.
Così lo seguì e
raggiunse una sorta di saletta privata, dove
c’erano i due amici di Ryan, nonché sceneggiatori
di Deadpool, insieme a
rappresentanti e pezzi grossi della 20th, che anche lei conosceva
direttamente
o di fama. Era un’allegra combriccola, si mangiavano
stuzzichini e tartine, si
beveva champagne per festeggiare, si chiacchierava e rideva. Senza
quasi che se
ne rendesse conto, la serata volò via e quando Victoria
distrattamente guardò
l’orologio, si accorse che era quasi l’1 di notte.
“Merda!” le
scappò detto a bassavoce.
“Come?” rise
Ryan, seduto accanto a lei.
“No, è che
è tardi. Domani mattina ho il volo e devo ancora
fare la valigia e… “ stava dicendo.
“Ok, calma, è
tutto a posto! Non perderai il volo! Hai tutto
il tempo di tornare e puoi dormire domani in aereo” le disse
“In che albergo
sei?” le chiese.
“Sono all’Omni.
Sarà meglio che chiami un taxi” disse la
ragazza, trafficando per recuperare il cellulare nella borsa.
“Ti accompagno
io” disse lui, quasi con ovvietà.
“Però
sarà meglio arrivare da un’entrata secondaria. Sai
com’è, giusto per evitare problemi”
precisò.
Lei lo guardò e sapeva che
sarebbe stato meglio ringraziare
e declinare l’offerta. Poteva benissimo chiamare un taxi e
tornare in albergo
da sola, ma la verità era che voleva passare altro tempo con
lui, così alla
fine, senza rifletterci troppo accettò.
Ryan si congedò dagli
altri, li salutò, cosa che fece anche
Victoria, e poi insieme uscirono dal retro del locale, dove trovarono
ad
attenderli un’auto.
“Ma come…come
hai fatto?” domandò sorpresa la ragazza.
Avevano deciso di andare pochi minuti prima e lui era riuscito a
trovare
un’auto.
Lui sorrise.
“Sono all’Hotel
Omni anche io. Avevo già detto all’autista
di farsi trovare pronto!” rispose, strizzandole
l’occhio ed aprendole la
portiera “Di solito nemmeno io sono molto mondano e non
faccio le ore piccole,
ma stasera è stato divertente. Forse perché
c’era la compagnia giusta”
aggiunse.
Durante il tragitto, seppur breve,
che li portò dal locale
della festa, all’hotel, il clima era strano. Si osservavano
con la coda
dell’occhio, avevano anche commentato qualche uscita di Rhett
e Paul e il
pannello di quel pomeriggio, ma sembravano entrambi pensierosi e
stranamente
agitati.
L’auto si fermò
davanti al retro dell’albergo, i due scesero
e rientrarono dall’ingresso secondari, dirigendosi svelti
agli ascensori. A
quell’ora non c’era nessuno nei corridoi, nemmeno
nella hall.
“A che piano?” le
domandò Ryan, distogliendola sai suoi
pensieri.
“Sesto” rispose
lei.
“Anche io”
rimarcò lui.
Quindi premette il pulsante del sesto
piano e piuttosto
velocemente l’ascensore salì e si aprì
sul loro piano.
Ryan, da bravo cavaliere, la fece
uscire per prima.
“Allora, immagino che ci
rivedremo da qualche parte, prima o
poi. Ogni tanto devo volare qui, quindi…magari ci
sentiamo!” riprese a dire
lui, con le mani affondate nelle tasche dei jeans, mentre entrambi in
piedi
sostavano nel corridoio, davanti alle porte dell’ascensore
ormai chiuse.
“Si, sicuramente ci vediamo
in giro! Ti avviso se passo per
New York. Magari ci prendiamo un caffè” rispose
lei, che si sentiva stranamente
in imbarazzo e non vedeva l’ora di tornare in camera. Non
perché non le
piacesse stare con lui, al contrario, le piaceva troppo, e questa
consapevolezza la spaventava perché lui era un uomo sposato
e mai le era
capitato prima di avvertire un trasporto simile per un uomo
già impegnato.
“Sarà meglio che
vada! Sennò chi la sente domani la
sveglia!” aggiunse, abbozzando un sorriso “Ancora
complimenti per Deadpool e
buonanotte” disse, salutandolo e tornando nella sua stanza.
Una volta lì, richiuse la
porta alle sue spalle e ci si
appoggiò, sospirando quasi sollevata, perché era
riuscita a salutarlo, senza
combinare guai, senza fare niente di stupido.
Stava per mettersi a fare la valigia,
quando sentì bussare.
Il cuore quasi le si fermò in gola. A quell’ora,
non poteva essere che una
persona, qualcuno che aveva appena salutato in corridoio. Infatti,
quando aprì
la porta, si trovò davanti Ryan, ma non fece in tempo a
chiedergli nulla,
perché appena se la ritrovò davanti, lui si
avvicinò, annullando del tutto la
distanza fra di loro, e la baciò con un trasporto ed
un’intensità tali, che
Victoria si sentì quasi mancare la terra sotto i piedi.
Nessuno l’aveva mai
baciata così, nemmeno Josh, che al confronto le sembrava ora
un pivellino.
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Capitolo 8 *** Cap. 8 ***
Erano lì, sulla soglia
della stanza di Victoria e si stavano
baciando da alcuni minuti ormai, ma nessuno dei due sembrava aver
intenzione di
smettere. Ryan, ad un certo punto, si scostò giusto il tempo
di chiudere la
porta alle loro spalle, per poi tornare a baciare la ragazza con
malcelata
urgenza, affondando le dita di una mano fra i suoi capelli, mentre
l’altra era
saldamente posata su un fianco, con una presa piacevolmente possessiva.
Assaggiava
e baciava le sue labbra come se fossero un frutto irresistibile e
Victoria non
riusciva ad opporre la benché minima resistenza.
Razionalmente, sapeva
perfettamente che la cosa migliore sarebbe stata respingerlo, fermarlo
e
fermarsi, finché erano ancora in tempo. Si conoscevano
appena e lui era un uomo
sposato. Lei non era il tipo da andare a letto con il marito di
un’altra e
nemmeno si era mai lasciata guidare dall’istinto come stava
invece facendo ora
con lui. Fra di loro c’era stata
un’elettricità quasi tangibile da subito, per
quanto lei si fosse sforzata di ignorarlo, e probabilmente era stato lo
stesso
per lui. Finora erano sempre riusciti a controllarsi, anche
perché fino a poco
tempo prima Victoria era ancora fidanzata, e le rare volte in cui si
erano
incontrati non erano quasi mai da soli. Ma ora era tutto diverso. Erano
fuori
città, lontani da tutto e da tutti, come in una bolla, in un
universo parallelo
in cui non c’erano ostacoli per loro, né motivi
per troncare quello che c’era
fra loro, di qualunque cosa si trattasse.
Andarono avanti a baciarsi a lungo,
poi, lentamente,
iniziarono ad indietreggiare verso il letto della suite. Ryan aveva
cominciato
ad armeggiare per sfilarle la t-shirt ed anche Victoria non era rimasta
certo
passiva, ed aveva iniziato a sbottonargli la camicia. Di tanto in tanto
si
fermavano per guardarsi e scambiarsi occhiate complici, cariche di
aspettativa
e di desiderio, ma nessuno dei due osava parlare né
esprimere a voce quello che
passava loro per la testa, per prolungare quella parentesi di
alienazione
totale dalla realtà e dalle loro responsabilità.
Nessuno dei due aveva
intenzione di ostinarsi a negare l’attrazione che
c’era fra loro. Victoria non
si era mai sentita così attratta da un uomo prima di allora.
Il desiderio che
provava nei confronti di Ryan era tangibile, e per una volta in vita
sua, forse
la prima in assoluto, voleva concedersi il lusso di non pensare, di non
usare
il cervello, di lasciarsi andare alle sue emozioni e farsi guidare solo
dall’istinto. E l’impulso di quel momento la
spingeva sempre più verso di lui. Aveva
40 anni, forse anche un paio di più, ma era davvero
irresistibile: bello,
ancora in perfetta forma, muscoloso al punto giusto, atletico. Man mano
che lo
spogliava, sentiva crescere il suo desiderio per lui ed il suo stomaco
sfarfallare come fosse un’adolescente alle prime esperienze.
Aveva la netta
sensazione di avere la testa completamente vuota, sgombera da ogni tipo
di
pensiero, tanto era inebriata dal suo profumo, ed infiammata dalle sue
carezze,
dai suoi baci. Ryan, dopotutto, era un uomo fatto, sapeva esattamente
cosa
faceva, e come farla rosolare a puntino. Si sentiva la donna
più bella e
desiderata al mondo mentre lui la spogliava, lasciando cadere ad uno ad
uno i
pochi indumenti che ancora aveva addosso, ed infine anche la biancheria
intima.
Tutto accadde in maniera assolutamente naturale, fra di loro
c’era una sintonia
spontanea. Fecero l’amore in maniera appassionata la prima
volta, ed in maniera
più dolce e lenta la seconda quella notte, finché
non si addormentarono,
piacevolmente esausti, in un groviglio di lenzuola.
La prima a
risvegliarsi
l’indomani fu Victoria. Ancora assonnata, si
stropicciò il viso con le mani, e
lentamente le tornarono alla mente flash della notte appena trascorsa.
Si voltò
verso Ryan, che ancora dormiva e che le sembrava quasi indifeso,
nonostante la
stazza, con quell’aria rilassata dal sonno che ancora lo
avvolgeva. Sorrise
istintivamente, ma quella serenità durò pochi
istanti. Infatti, subito dopo, la
ragazza si ritrovò a riflettere sull’enorme
leggerezza che avevano entrambi
commesso, lasciando spazio a scrupoli, remore e sensi di colpa che
poche ore
prima aveva scacciato e lasciato da parte per abbandonarsi alla
passione ed al
piacere. Proprio lei, sempre così riflessiva, giudiziosa e
controllata, aveva
fatto sesso con un uomo sposato. In realtà non poteva non
considerare anche che
si era trattato con tutta certezza del sesso migliore della sua vita,
ma era
una magrissima consolazione in quel frangente. Restava il fatto che era
stata a
letto con un uomo sposato. Si sentiva ufficialmente una sgualdrina.
L’unica che
avrebbe potuto farle vedere il bicchiere mezzo pieno in quella
circostanza era
Skyler, ma in attesa di rivederla, Victoria era ora ostaggio della sua
coscienza e dei suoi sensi di colpa. Inoltre, come se non bastasse,
iniziò a domandarsi
cosa sarebbe successo, e più ci pensava più si
convinceva che quella notte
sarebbe rimasta una parentesi, un episodio isolato e che una volta
tornati
rispettivamente a Los Angeles e New York, non ci sarebbe stato alcun
seguito. Lui
era impegnato, aveva una famiglia e probabilmente si era solo voluto
levare un
capriccio. Questa idea la fece sentire stupida ed ingenua.
Probabilmente era
cascata con tutte le scarpe nella tela di un abile ed inguaribile
dongiovanni,
che riempiva la moglie di corna, e che magari si era intestardito a
sedurla e
portarla a letto perché era la figlia di un produttore
famoso. Per quanto
quella notte con lui fosse stata indimenticabile ed appassionata, si
sentiva
davvero scema ora, e non vedeva l’ora di andarsene, anche per
evitare
l’imbarazzo della mattina dopo.
Così,
stando ben attenta a
non svegliarlo, scivolò fuori dal letto, si
rivestì velocemente, ed iniziò a
preparare la valigia, sperando di riuscire a filarsela prima che lui si
svegliasse. Voleva solo andarsene, mettere quanta più
distanza possibile fra
lei e Ryan, tornare alla sua vita di tutti i giorni, ai suoi impegni, e
levarselo dalla testa. Era sicura che anche lui non volesse
nient’altro, e di
aver perso qualsiasi tipo di fascino esercitasse su di lui ora che
aveva ceduto
le armi, quindi era certa che la cosa migliore fosse sparire prima che
lui si
svegliasse.
Purtroppo, però, per quanto velocemente stesse rifacendo il
suo bagaglio, non
riuscì nel suo intento. Era talmente concentrata sulla
valigia, da non
accorgersi che Ryan era sveglio da qualche minuto e la stava guardando.
“Vedo che
hai fretta di
andartene. Non pensavo mi avresti portato la colazione a letto, ma non
mi
aspettavo nemmeno una fuga degna di Flash”
osservò, tirandosi a sedere sul
letto, a malapena coperto dalle lenzuola, l’aria ancora
stropicciata dal sonno
e dalla nottata movimentata appena trascorsa.
“Devo aver fatto davvero
schifo stanotte!” aggiunse ridendo.
Victoria a quel punto
sospirò, e si passò una mano fra i
capelli, restando in piedi, a pochi passi dal letto.
“Io…ho pensato
che andarmene alla chetichella mentre ancora
dormivi avrebbe reso le cose più facili” ammise.
Lui inarcò appena un
sopracciglio, con aria interrogativa ed
anche perplessa.
“Più facili per
chi? Per me o per te?” la incalzò.
“Per entrambi! Andiamo
Ryan!” rispose lei, quasi con
ovvietà. Non riusciva a capire perché lui facesse
il finto tonto, come se non
si rendesse conto della situazione.
In tutta risposta, lui
recuperò i suoi slip, se li infilò
velocemente e poi si alzò ed iniziò a rivestirsi.
“Non
c’è bisogno che infili tutto in valigia alla
rinfusa.
Me ne vado, levo il disturbo, così puoi fare con calma e
fingere che non sia
successo niente” le disse asciutto, e nonostante fosse ancora
fisicamente lì, sembrava
distante anni luce.
“Scusa, ma cosa ti
aspettavi?” rimarcò lei, iniziando a
spazientirsi “Non rinnego niente, e sono stata bene stanotte,
anzi, benissimo.
Per una volta mi sono fatta guidare dall’istinto ed
è stato bellissimo e
liberatorio, ma non fingiamo di non sapere come stanno le cose. Tu sei
sposato!
E’ inutile che ce la raccontiamo! Magari per te è
normale, magari tu e tua
moglie avete un matrimonio aperto, non ne ho idea e non mi interessa,
ma io non
voglio essere coinvolta, non voglio essere l’amante di
nessuno! E’ stata una
parentesi, una bella parentesi, ma pur sempre una parentesi!”
continuò “Ci
siamo fatti prendere la mano, qui lontano da tutti, abbiamo bevuto,
eravamo su
di giri per la Con e siamo andati oltre” aggiunse, mentre
Ryan scuoteva la
testa e sembrava sul punto di scoppiare.
“Lo so bene che sono
sposato e no, non è un matrimonio
aperto!” iniziò a dire “Mi dispiace
deluderti, ma contrariamente a quello che
chiaramente pensi, non vado in giro a tradire mia moglie, non mi scopo
chiunque
mi ritrovo davanti!” sbottò.
Poi sospirò e
cercò di calmarsi.
“Sono attratto da te dalla
prima volta che ti ho vista alla
festa a casa tua. E non mi era mai successo. Insomma, che il mio
matrimonio non
sia perfetto è evidente, ma finora non mi era mai successo
di sentirmi così
preso da un’altra donna. Ieri sera quando ho bussato alla tua
porta sapevo che
era uno sbaglio coinvolgerti, lo sapevo, ma non sono riuscito a farne a
meno.
Ero convinto che mi avresti respinto e che mi avresti cacciato via, ma
mi sono
sentito sollevato quando invece mi sono reso conto che era quello che
volevi
anche tu. Ed ero anche sicuro che l’indomani te ne saresti
pentita. Speravo
solo che succedesse dopo colazione” Continuò.
“Quindi…che
succede ora?” gli chiese lei.
“Non lo so”
ammise, stringendo le spalle “Ci sono almeno un
milione di ragioni per cui dovresti starmi alla larga, lo sai anche tu.
Sono divorziato,
al secondo matrimonio, ho due figlie, e non è che abbia poi
molto da offrirti,
se non un po' di divertimento” riprese a dire “E tu
ti meriti molto più di
questo” aggiunse.
“E’ successo per
colpa mia” disse ancora, infilandosi la
camicia “Io sono il più grande e dovrei essere
quello più maturo e più saggio.
Per quanto volessi passare la notte con te, non avrei dovuto venire qui
e
metterti in questa situazione” concluse più serio.
“Non mi hai costretta a
fare niente che non volessi!”
precisò lei, facendo qualche passo verso di lui
“Lo volevo anche io e non ne
sono pentita. E’ solo che…”
“E’ solo che non
vuoi essere l’altra donna, lo capisco,
davvero!” la interruppe lui “Lo capisco e non ce
l’ho con te. Lo so che non è
una situazione facile. Ma vorrei che fosse chiaro che non volevo
approfittarmi
di te, anche perché sei troppo sveglia e non ci riuscirei
nemmeno se volessi, e
non volevo nemmeno prenderti in giro. Mi piaci e mi sono fatto
trascinare dal
momento e dalla situazione. Per un attimo ieri mi è sembrato
tutto possibile e
tutto facile” ammise.
Victoria sospirò e si mise
a sedere sul bordo del letto.
“Mi dispiace, non volevo
aggredirti o fare la stronza con
te, ma…” riprese a dire, cercando di riordinare le
idee, perché nelle ultime
ore erano successe tante cose e tutte inaspettate.
“…ma pensavi che
stamattina sarei stato io a sgattaiolare
via e volevi battermi sul tempo” precisò lui
scrutandola.
“Non devi sentirti in
colpa! Lo capisco. Wade l’avrebbe
fatto di sicuro” aggiunse, cercando di sdrammatizzare.
“Dai, non
scherzare” lo rimproverò lei, ma sorridendo.
Ancora una volta, aveva perfettamente capito il suo stato
d’animo ed i suoi
pensieri, quasi anticipandoli.
Lui restò in silenzio
qualche istante, e si mise a sedere
accanto a lei. Improvvisamente entrambi si zittirono e
l’atmosfera era
diventata quasi surreale. Non è che non avessero nulla da
dirsi, al contrario,
ma forse nessuno dei due voleva arrivare al momento ineluttabile del
distacco.
“Anche tu mi
piaci” disse lei dopo una lunga pausa
“All’inizio pensavo che fossi solo un ficcanaso
impiccione, ma più ti conoscevo
e più mi incuriosivi. Mi piace stare con te e mi viene
naturale dirti cose che
non confido a tutti, perché sembra che tu riesca sempre a
capire esattamente
come mi sento e cosa mi passa per la testa” ammise, alzando
lo sguardo su di
lui.
“Adesso però non
rovinare tutto con qualche battuta alla Deadpool.
Sono seria!” precisò subito.
“Se solo non fosse tutto
così complicato. Se ci fossimo
conosciuti prima…” aggiunse lei.
“Se ci fossimo conosciuti
prima mi avrebbero arrestato,
perché quasi sicuramente tu saresti stata
minorenne” osservò lui.
“Non riesci proprio a fare
la persona seria per almeno due
minuti?” lo prese in giro lei.
“E’ una palla
essere seri! E non aiuta nemmeno a risolvere i
problemi!” osservò lui, poi sospirò
“Senti, adesso ordiniamo almeno la
colazione. Ho bisogno di caffè e poi vediamo cosa
fare” aggiunse.
Per sicurezza, lasciò che
fosse Victoria a chiamare la
reception e ad ordinare una colazione abbondante, onde evitare che
qualcuno
dello staff dell’albergo, realizzando che Ryan Reynolds aveva
chiamato dalla
suite di un’altra ospite, andasse a spifferare tutto a
qualche giornaletto di
cronaca rosa per ricavarci dei soldi. Fecero poi colazione insieme,
ostentando
una tranquillità che in realtà non apparteneva a
nessuno dei due in quel
momento e poi arrivò il momento dei saluti.
“La mia agente mi ha
già chiamato tre volte” sospirò lui,
controllando il suo cellulare.
“E io devo sbrigarmi a fare
il check out, se non voglio
perdere l’aereo” aggiunse lei.
“Quindi, ci
siamo” rimarcò Ryan, affondando le mani nelle
tasche dei jeans “Ti chiamo più tardi,
ok?” aggiunse.
“Non devi promettermi
niente! Insomma, non mi aspetto
niente” disse lei, che non voleva farsi illusioni.
“Lo so, ma voglio
chiamarti” la rassicurò lui “Non so cosa
succederà da qui a un mese, magari ti stuferai o ci
stuferemo entrambi di
questa situazione, ma in questo preciso momento so che andrò
in astinenza se
non ti sentirò entro le prossime otto ore!”
precisò sorridendo.
Quindi si chinò e la
baciò un’ultima volta, con la stessa
intensità e lo stesso trasporto della sera prima, quando
l’aveva sorpresa
andando da lei.
“Fai buon volo! Ci sentiamo
più tardi, ragazzina” aggiunse,
strizzandole l’occhio, e sparendo dietro la porta.
Di solito Victoria detestava che la
apostrofassero così, che
la chiamassero ‘ragazzina’, ma detto da Ryan
assumeva un tono così dolce ed un
significato nuovo, adorabile per le sue orecchie.
Non fu semplice per lei concentrarsi
su quella benedetta
valigia, ancora sfatta, perché ogni volta che il suo sguardo
si posava sul
letto, si ricordava dei momenti trascorsi lì con Ryan e si
ritrovava a
sorridere come un’ebete. Ormai non poteva negarlo, si era
presa una bella
cotta, lui le piaceva davvero. Certo, era presto per parlare di amore,
di
sentimenti impegnativi, ma era certa che quando stava con lui si
sentiva bene
e, soprattutto, si sentiva libera di essere se stessa, senza il timore
di
essere giudicata. Non le era mai successo con nessun altro, tantomeno
con Josh,
col quale doveva sempre sforzarsi di essere perfetta, in qualsiasi
occasione e,
per quanto ce la mettesse tutta, le sembrava che non fosse mai
abbastanza. Con
Ryan, invece, era diverso, non doveva fingere di essere ciò
che non era, ed era
davvero rigenerante per lei potersi comportare liberamente, con tutti i
suoi
pregi ed i suoi difetti.
La ragazza atterrò a Los
Angeles in perfetto orario e trovò
ad aspettarla un’auto con autista mandata dal padre. Era
quasi ora di cena, era
stanca, e soprattutto non faceva che pensare a Ryan. Aveva bisogno di
parlarne
con qualcuno, era confusa, ma non pentita. Avrebbe voluto parlarne con
Skyler,
ma era impegnata fuori città per il tour promozionale
dell’ultimo film di un
attore che rappresentava, così decise che ne avrebbe parlato
con sua zia
Charlotte l’indomani. Per fortuna suo padre era ancora in
Europa, altrimenti sarebbe
stato difficile, quasi impossibile, nascondergli i suoi turbamenti.
La grande villa era vuota, eccezion
fatta per il personale
di servizio ovviamente, ma la cosa non le dispiaceva affatto, anzi, era
felice
di avere spazio e tempo per riflettere. Mangiò qualcosa
direttamente in cucina,
e poi si spostò in terrazza, per prendere un po'
d’aria e proprio lì la
sorprese la chiamata di Ryan.
“Ciao” le disse,
con quel tono caldo ed avvolgente.
“Ciao straniero”
rispose.
“Sei arrivata sana e
salva?” le chiese.
“Si, tutto a posto! Sono a
casa da un paio d’ore, ho cenato
e adesso sono sulla terrazza. La stessa dove ci siamo incontrati la
prima
volta” precisò sorridendo.
“Non so se quella conta
come primo incontro, c’era anche il
broccolo a tentare di rubarmi la scena” protestò
lui.
“Quanto sei
scemo!” lo apostrofò divertita “Sei
già a casa
anche tu immagino” aggiunse.
“Si, sono tornato alla
base. E ho passato l’ultima mezz’ora
a pettinare delle bambole e a far conversare un orsacchiotto di pezza
con un
omino dei lego” rise.
“Wow, le tue figlie amano
giocare con qualsiasi giocattolo
vedo! Non sono in fissa solo con bambole e barbie”
rimarcò ridendo lei.
“Già, e
ovviamente poi lasciano giochi ovunque e rischio
puntualmente di ammazzarmi inciampando in qualcosa!”
osservò “Adesso sono di
sopra con la tata a fare il bagnetto, così ho pensato di
approfittarne per
sentirti, anche se temo non potrò restare a lungo”
continuò.
“Non preoccuparti, non
importa” lo rassicurò. Aveva notato
che non aveva minimamente menzionato la moglie, ma naturalmente nemmeno
a lei
andava di parlare di Blake, quindi non gli chiese nulla.
“Potrei avere una buona
notizia!” riprese a dire lui “Dovrei
venire a Los Angeles fra una decina di giorni al massimo!”
“Davvero?”
esclamò lei sorpresa, non sperava di rivederlo
così presto.
“Si, devo registrare
un’intervista con Variety e ho anche un
servizio fotografico. Mi fermerò per un paio di giorni, tre
al massimo, di più
non riesco. Possiamo vederci, se ti va e se sei libera”
continuò.
“Si, per me va bene. Mi
organizzo e vediamo dove
incontrarci” rispose.
“Ovviamente, sai bene che
dobbiamo essere super attenti e
prudenti. Se dovessero beccarci sarebbe un casino per tutti e due. Tuo
padre ti
chiuderebbe in una torre d’avorio e verrebbe a cercare me con
un fucile,
dilaniando quello che resterebbe di me dopo il cazziatone della mia
agente”
osservò.
“Lo so, non preoccuparti.
Troveremo un modo” lo rassicurò. E
stava per dirgli altro, quando sentì distintamente
dall’altro capo la voce di
Blake che lo chiamava.
“Devo andare. Ci sentiamo
presto, promesso! Dormi bene”
riuscì solo a dirle prima di riattaccare.
Le aveva fatto piacere risentirlo, un
po' meno immaginarselo
ora immerso nella sua routine familiare, con sua moglie. Ma non poteva
lamentarsi né avanzare pretese, perché sapeva
dall’inizio che lui era sposato,
ed il fatto che non si trattasse di un matrimonio felice non
giustificava la
loro relazione. Improvvisamente si chiese anche se fosse poi vero che
fra lui e
la moglie non funzionava. Insomma, aveva sentito solo la sua versione e
se
fosse stato uno deli classici uomini che si lamentano senza motivo
della
propria moglie, solo per avere una scusa plausibile ai tradimenti?
Magari Blake
era ignara di tutto, anzi sicuramente non sospettava e forse fra loro
non c’era
nessuna crisi. Magari il furbastro voleva solo divertirsi, tenere il
piede in
due scarpe, giocare al marito incompreso con lei e poi tornare a casa e
fare il
compagno perfetto. E se avesse avuto più di una tresca? Poi
si diceva che anche
lui stava rischiando molto per passare del tempo con lei, e se fosse
stato solo
un capriccio non si sarebbe esposto tanto, avrebbe potuto trovarsi
chiunque
anche più vicina a casa sua. Non era certo il tipo da dover
implorare una donna
per portarsela a letto! Ma forse aveva una donna per ogni stato!
Victoria stava
cominciando ad entrare in paranoia, così decise di
prepararsi una tisana ed
andare a letto. Erano successe tante cose nelle ultime ore, troppe, ed
un bel
sonno ristoratore l’avrebbe sicuramente aiutata a spegnere il
cervello e a
svegliarsi con le idee chiarite e districate. Peccato che fosse
più facile a
dirsi che a farsi, perché nonostante la tisana, Victoria
riuscì a prendere
sonno solo a notte fonda. Appena chiudeva gli occhi ripensava a Ryan,
quasi
sentiva le sue mani addosso, il suo profumo, ricordava distintamente i
suoi
baci e tutto il resto. L’indomani si svegliò
ancora più stanca e confusa della
sera prima e non vedeva l’ora di parlare con sua zia di
quanto le stava
accadendo.
Si fece una doccia veloce, si
preparò per andare alla
fondazione, e poi scese in cucina per fare colazione. Com’era
solita fare,
mentre sorseggiava il caffè dava uno sguardo ai quotidiani
sul suo tablet.
Quasi le andò di traverso l’ultimo sorso quando
vide il titolo di un noto sito
di gossip online. Cliccò subito sul link e andò
direttamente all’articolo, se
di articolo si poteva parlare! Non riteneva certo quei siti esempi di
giornalismo edificante e serio. C’erano delle foto, molto
sfuocate peraltro, di
lei e Ryan alla festa della 20th Century durante la Comic Con di San
Diego. Non
erano soli, ovviamente, erano circondati da tante altre persone, ma
erano
vicinissimi e naturalmente nell’articoletto si suggeriva una
sorta di rendez
vous romantico fra i due. Sapeva benissimo che quelle due misere foto
non erano
sufficienti a provare niente, ma era altrettanto certa che sarebbero
bastate ad
insinuare un ragionevole dubbio fra i patiti di gossip. Nonostante
potessero
esserci altre mille plausibili ragioni per loro due di ritrovarsi
vicini ad una
festa durante una Con, sicuramente qualche idiota avrebbe creduto
all’insinuazione del sito! Era furiosa ed anche preoccupata,
e non aveva idea
di come avrebbe potuto reagire Ryan, ammesso che avesse già
visto le foto.
Gli mandò subito un
messaggio:
Chiamami
appena puoi,
è urgente.V.
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Capitolo 9 *** Cap. 9 ***
Per tutta la mattinata Victoria
controllò quasi ogni due
minuti il cellulare, per controllare che Ryan avesse letto il
messaggio, in
impaziente attesa di una sua chiamata. Non era per niente concentrata,
ed aveva
chiesto di non essere disturbata da nessuno. Aveva del lavoro da
sbrigare e dei
resoconti da preparare sull’esito della Con per la casa di
produzione, ma la
sua testa era decisamente altrove. Finalmente, intorno alle 10, ora di
Los
Angeles, Ryan la chiamò.
“Ciao, scusa se non ti ho
chiamata prima, dovevo sbrigare
delle commissioni” le disse, e le sembrava tranquillo.
Probabilmente ancora non
aveva visto le foto, anche se a New York ormai era mattina da un po',
essendo 3
ore avanti rispetto a La.
“Se sei preoccupata per le
foto, stai tranquilla” la rassicurò
subito, indovinando la ragione dell’urgenza con cui gli aveva
scritto.
“Davvero? Cioè,
tu non sei preoccupato? Credevo che fossi in
riunione con la tua agente e tutto lo squadrone per trovare una
soluzione!”
osservò lei sorpresa.
“Ma no, figurati! Smentire
una notizia come questa sarebbe
controproducente, sarebbe come confermare che c’è
qualcosa sotto” le spiegò
“Sono solo un paio di foto, per giunta molto sfuocate, e
siamo insieme ad altre
persone, ad una festa. Non hanno in mano niente di concreto,
è sensazionalismo
fine a se stesso, non hai motivo di preoccuparti, fidati” la
rassicurò.
A quel punto, Victoria
tirò un sospiro di sollievo. In
fondo, dei due era senz’altro Ryan quello più
esperto in fatto di media e
gossip.
“Oh, ok! Bene, meglio
così” osservò, mettendosi a sedere
alla sua scrivania.
“Eri già andata
in panico, vero?” la prese in giro lui.
“Bè, un po' si.
Puoi biasimarmi? Insinuano che ci sia del
tenero. E forse la mia coscienza sporca ha fatto il resto”
ammise lei.
“Vic, non è
niente di preoccupante, sul serio. E’ normale
che ci si incontri ad eventi come la Con di San Diego! Mi hanno
fotografato
anche con James McAvoy, Channing Tatum e Hugh Jackman, ma non per
questo
insinuano che sia gay! Ci hanno ricamato sopra perché
è l’unico pseudo appiglio
che avevano per un articolo. Intanto riempiono il loro sito. Ma non
è
credibile, non ci cascherà nessuno”
osservò tranquillamente.
“Quindi nemmeno tua moglie
si è fatta delle domande e ti ha
chiesto spiegazioni?” gli chiese di getto.
Lui restò in silenzio
qualche istante prima di risponderle.
“No, non mi ha chiesto
niente. E’ un’attrice anche lei, sa
come funzionano queste cose. Non hai motivo di preoccuparti, te lo
assicuro.
Comunque staremo ancora più attenti le prossime volte che ci
vedremo, giusto
per evitare problemi. Sempre che tu voglia ancora rivedermi, quando
verrò a Los
Angeles” precisò.
“Si, si, certo che voglio
vederti. Scusa, non volevo farti
pressione o sembrarti ansiosa, ma non sono abituata a trattare con i
media e ad
avere a che fare coi siti di gossip! Insomma, negli ultimi tre anni la
mia vita
sentimentale è stata noiosa e prevedibile, nessuno scandalo
dopo la mia storia
con quel tennista, quindi…sono arrugginita!”
ammise sorridendo.
“Sei stata con un
tennista?” esclamò lui spiazzato
“Più
tardi devo fare qualche approfondita ricerca su di te con Google,
ragazzina.
Devo sapere altro o vuoi che scopra tutto da solo?”
“Scemo! Non
c’è niente di scandaloso da sapere. Ho avuto
solo un paio di storie, il broccolo, ehm, cioè Josh, e prima
di lui Kevin. Mio
padre lo detestava, perché era un casanova, mi riempiva di
corna, ed avvisava i
paparazzi ogni volta che andavamo a cena o in vacanza insieme. La cosa
più
scandalosa che troverai saranno delle foto nostre sulla sua barca,
mezzi nudi” precisò
vispa.
“Ma non mi dire! La piccola
Avery ha uno scheletro
nell’armadio!” la prese in giro.
“Piantala! Ti diverti,
eh?” rimarcò.
“Si, a dire il vero si! Se
entri in paranoia per due misere
foto, chissà come succederà se mai dovessero
beccarci!” aggiunse.
“Per carità!
Sarebbe un casino enorme” disse lei sospirando.
“Lo so, ma staremo attenti
e filerà tutto liscio,
tranquilla” la rassicurò ancora.
“Va bene, ci
proverò!” sorrise lei.
“Brava. Adesso devo andare,
ma ci risentiamo più tardi,
d’accordo? Buon lavoro, ragazzina” la
salutò.
Parlare con lui l’aveva
decisamente tranquillizzata e
rassicurata, almeno per l’aspetto mediatico e
‘gossipparo’ dell’articolo uscito
online. Ma le rimanevano molto interrogativi. Ormai era assodato che
Ryan le
piacesse e molto, ma era ancora confusa, più che altro si
sentiva in colpa,
perché si stava intromettendo in un matrimonio. Non le
importava poi molto di
sapere o capire il reale stato del rapporto fra Ryan e la moglie. Lui
era
impegnato, tanto avrebbe dovuto bastarle per stargli alla larga, ma non
ci
riusciva. Era una sorta di dilemma morale per lei, che non era certo il
tipo di
ragazza adatta a ricoprire il ruolo dell’amante,
dell’altra donna. Non era
certa di poter andare avanti per molto così, nonostante
fosse attratta e
intrigata da Ryan.
Più tardi, quel
pomeriggio, Victoria passò alla Fondazione,
per rivedere alcuni rendiconto con sua zia Charlotte. La donna, che
conosceva
la nipote come le sue tasche, capì con un solo sguardo che
la ragazza aveva la
testa altrove, che qualcosa la preoccupava. Dopo alcuni convenevoli, e
qualche
domanda sulla Comic Con, Charlotte iniziò a sondare il
terreno.
“Allora, mi dici che
succede? Sei pensierosa, qualcosa ti
tormenta e non dirmi che non è niente.” Disse sua
zia, osservandola attentamente.
“Non dirmi che si tratta
ancora di Josh e che tuo padre si è
intromesso un’altra volta!” rimarcò,
quasi scandalizzata da questa possibilità.
“No, no, Josh non
c’entra nulla e neanche papà. Qualsiasi
cosa tu gli abbia detto zia, sei stata molto convincente”
rispose la ragazza,
sorridendo.
Poi sospirò e si decise a
confidarsi con la zia.
“Ho conosciuto un ragazzo.
O meglio, un uomo” iniziò a dire,
mentre lo sguardo di Charlotte si illuminava. Conoscendola, stava
già
sicuramente fantasticando su chi potesse essere e su quanto sarebbe
stato
emozionante vedere la nipote vestita da sposa all’altare.
“Davvero? Ma è
fantastico!” esclamò giuliva “E chi
è? Cosa
fa? Lo conosco?” le domandò a mitraglietta,
già entusiasta.
“Calma, calma. Non posso
dirti chi è né cosa fa. Non sono
certa che tu lo conosca, ma potresti averlo visto da qualche
parte” rispose “E’
una situazione complicata, zia” aggiunse.
“Qualunque problema ci sia,
sono certa che si sistemerà. Ti
illumini quando parli di quest’uomo misterioso” le
fece notare.
“Non puoi proprio darmi
nemmeno un piccolo dettaglio? Sai
che sono curiosa. Si comporta bene con te? E’ un tipo a
posto?” aggiunse.
“Si, è in gamba.
Il problema zia è che è sposato” le
disse
infine, quasi centellinando le parole ed a quella rivelazione,
Charlotte cambiò
espressione e si fece più seria.
“Oh”
esclamò solo.
“Lo so. E so anche cosa
starai pensando. Che mi sono bevuta
il cervello, che gli uomini sposati non lasciano la moglie per
l’amante, che
probabilmente vuole solo divertirsi, ma sento che non è
così. Non ho idea di
come andrà a finire, ma mi piace, e mi fido di
lui” osservò decisa “Tua nipote
è ufficialmente una sgualdrina” aggiunse
ironicamente.
“Non dirlo, non
è vero. Non sei affatto una sgualdrina. Sei
solo molto coinvolta da quest’uomo, è evidente.
Dev’essere davvero speciale se
sei riuscita a passare sopra al fatto che sia sposato. Normalmente non
sono
dettagli che tralasci e di cui non tieni conto, perciò mi
auguro che ne valga
la pena” disse Charlotte “E immagino che sia anche
un po' più grande di te se è
già sposato” osservò.
Victoria annuì.
“Si, è un bel
po' più grande, ma non li dimostra” si
affrettò a precisare “E comunque non è
mica vecchio eh! Insomma, non arriva
nemmeno ai 45! Forse 42, si 42 al massimo” disse concitata la
ragazza “E ha
anche due figlie” aggiunse quasi in un soffio, forse sperando
che la zia non
sentisse.
“Tesoro…sei
sicura che sia la cosa giusta?” le domandò la
zia.
“No, per niente. Lo so che
è un errore, che mi sto
intromettendo in un matrimonio. Ma lui non è felice con lei.
Ok, lo so! Ogni
uomo sposato che tradisce la moglie, racconta di problemi coniugali, ma
lo
vedo. E’ chiaro che non è felice, gli si legge in
faccia. Non mi ha promesso
niente e io non gli ho chiesto nulla. Magari non durerà
nemmeno, ma vorrei
provare e vedere come va. Non sono
mai
sentita così bene come con lui con nessun altro. Lui mi
capisce al volo, sa
sempre cosa dire, e non devo sforzarmi di essere perfetta ed
impeccabile ogni
secondo, posso essere me stessa, senza trucchi. A lui vado bene come
sono! Se
lo incontrassi, capiresti perché mi sto ostinando tanto,
nonostante la
situazione a dir poco complicata” aggiunse.
Charlotte sospirò e
raccolse le idee. Victoria era come una
figlia per lei, si preoccupava del suo futuro e l’ultima cosa
al mondo che
voleva era vederla star male, per giunta per colpa di un uomo sposato.
“Allora spero che prima o
poi ci sia occasione di
conoscerlo. Vorrebbe dire che la situazione si è
risolta!” disse solo.
“Senti tesoro, sai che non
ti giudico, so che sei in gamba e
che non serve che ti faccia delle raccomandazioni! Ma stai attenta,
d’accordo?
E’ bello che tu voglia seguire il tuo istinto, il tuo cuore,
ma cerca di
rimanere anche coi piedi per terra e di tenere gli occhi ben aperti. E
dì a
quel tipo che se ti fa soffrire, dovrà vedersela con me! Sai
che posso essere
anche peggio di tuo padre, se mi ci metto!” aggiunse, prima
di abbracciarla
forte.
Parlare con sua zia, confidarsi con
lei, aveva fatto bene a
Victoria. Non aveva districato tutti i suoi dubbi, ovviamente era
presto,
c’erano troppe variabili da considerare e troppe cose da
valutare, ma per lo
meno si era sfogata, aveva dato voce a tutti i suoi dubbi e
già questo era
servito a farla sentire più leggera e un po' meno in colpa.
Nei giorni successivi,
tornò a concentrarsi sul lavoro, e non mancarono contatti
quotidiani con Ryan.
Messaggi, telefonate furtive rubate qua e là ed a volte ad
orari impensabili,
ma si sentivano ogni giorno. E di lì a breve, lui sarebbe
volato a Los Angeles,
ed avrebbe finalmente potuto rivederlo.
Nel frattempo, anche suo padre
rientrò a casa, dopo il
viaggio di lavoro in Europa. Era soddisfatto dell’esito della
trasferta ed
impaziente di iniziare la produzione del nuovo film. Era sempre di buon
umore e
per fortuna non badava nemmeno alle strane telefonate che la figlia
riceveva la
mattina presto o la sera o durante le riunioni di lavoro. La vedeva
serena e
tranquilla, questo gli bastava, ed in più era convinto che
fossero sempre
telefonate di lavoro. Quasi sicuramente aveva visto o gli avevano
riferito di
quelle foto scattate alla Con, ma non ci aveva dato peso, Ryan aveva
ragione a
minimizzare. Se nemmeno suo padre, che era notoriamente e geneticamente
sospettoso ci aveva visto nulla di strano e compromettente, allora
erano
davvero innocue.
Era rientrata alla base anche Skyler,
e fu sua la reazione
in assoluto più entusiastica alla notizia della relazione
clandestina fra
Victoria e Ryan. Le due amiche si incontrarono proprio a casa di
Skyler, la
sera del suo rientro. Non si vedevano da un po', da un paio di
settimane
almeno, perché entrambe erano state impegnate fuori
città. Victoria le aveva
accennato per telefono che aveva qualcosa di importante da dirle e le
aveva
lasciato intendere che si trattava di un uomo, di affari di cuore
insomma, e
quando raggiunse l’amica, non fece in tempo ad entrate che
iniziò il terzo
grado.
“No! Non ci credo! Davvero?
Proprio lui lui?” esclamò
eccitata Skyler, mentre mangiavano pizza ed altre schifezze
direttamente in
soggiorno, sedute sul tappeto, davanti al dvd di The Notebook, non
prestando
però più alcuna attenzione al film.
“Dio benedica il Canada! I
due Ryan, Stephen Amell. Il Paese
dello sciroppo d’acero ci dà sempre grosse
soddisfazioni!” esclamò vispa.
“Sai che non te la cavi
così, vero? Voglio i dettagli” la
esortò l’amica, guardandola con aria furba
“I dettagli più torbidi e sconci
della tresca. Allora, com’è a letto?” le
chiese, senza nessun pelo sulla
lingua, com’era nel suo stile.
“Ma non ci penso
nemmeno!” protestò l’altra.
“Eddai, non farti pregare!
In fondo è una domanda innocua.
Non ti ho mica chiesto di scattargli una foto nudo mentre dorme. Anche
se non
disdegnerei affatto, quindi sentiti libera di prendere
l’iniziativa e di
inviarmi qualche scatto” rise.
“Ok, mi arrendo!
E’ il migliore con cui sia mai stata,
contenta?” rispose Victoria, sperando di essersela cavata
così.
“Contenta un tubo. Grazie
tante, il termine di paragone era
Josh, che probabilmente pensava tutto il tempo a fondi di investimento
e
speculazioni differenziali! Praticamente non mi hai detto
niente” borbottò
l’altra.
“Sei tremenda!”
rise Victoria “E’ stato perfetto. Insomma,
può sembrare distaccato e per la sua stazza magari dare
l’idea di essere freddo
e burbero, ma in realtà c’è tutto un
fuoco che cova dietro la sua apparenza da
orso. E’ passionale, ma anche dolce e attento, per niente
egoista, come quasi
tutti i maschi in camera da letto. E’ stato davvero bello e
non faccio che
ripensarci” ammise, con aria ancora sognante.
“Quindi mi dicevi che a
giorni vi rivedrete?” la incalzò
Skyler, che si stava ingozzando di pop corn ora, ascoltando il racconto
dell’amica, che era molto più interessante di un
film già visto dieci volte che
faceva loro da sottofondo.
“Si, dovrebbe essere qui
dopodomani. Deve registrare un’intervista
mi pare e ha un servizio fotografico. Non si fermerà molto,
ma almeno potrò
rivederlo, anche se solo per qualche ora. Non so ancora nemmeno come
organizzare la cosa, ma credo ci penserà lui. Dobbiamo stare
super attenti, se
per caso ci beccano, sarebbe un casino assurdo”
osservò sospirando.
“Tranquilla,
c’è sempre un modo. Basta usare nomi falsi,
andare in hotel fuori target per i paparazzi, posti dove non
cercherebbero mai
un vip, e lasciare una lauta mancia alla reception. Basterà
a far perdere loro
la memoria.” La rassicurò “E’
così eccitante! Devo ammettere che mi hai
sorpresa! Non è per niente da te questa cosa! Mi
congratulo!” aggiunse vispa “E
inoltre, prova che, ancora una volta, avevo ragione in
pieno!” le fece notare
“Te l’avevo detto che gli piacevi! Sin da quella
volta che ti ha fatto una
mezza scenata di gelosia al party Amfar! Era così
ovvio” concluse soddisfatta.
Victoria sospirò.
“Dici che mi sono bevuta il cervello?” le chiese.
“Forse, ma hai fatto bene!
Siamo giovani, se non facciamo
qualche follia adesso, quando dovremmo farla? Siamo autorizzate, anzi,
è nostro
preciso dovere” rispose senza alcuna esitazione.
“Ma è sposato,
ha due figlie” rimarcò l’altra.
“Non è un
problema tuo. Quello impegnato è lui, tu sei
libera come l’aria, ora che non sei più fidanzata
con quella palla al piede di
Josh. Senti, capisco che sia complicato e che tu possa sentirti in
colpa, ma se
ti piace, se stai bene con lui, allora dico che devi fare almeno un
tentativo.
Non stai facendo un torto a nessuno, anche se ti sembra il contrario.
Quello
sposato è lui e il suo matrimonio molto probabilmente
è solo una bella
copertina che racchiude pagine in bianco o con poche barbose righe da
recitare
alle première dei film. Non pensare che sua moglie sia una
santa, per un po' di
pubblicità si venderebbe pure la madre!”
osservò.
“Non lo so. Forse, anzi,
sicuramente hai ragione, ma mi
sento uno schifo. E al contempo non riesco nemmeno a pensare di non
sentirlo o
non vederlo, né riuscirei ad essergli solo amica, ora che
abbiamo superato il
confine” riprese a dire Victoria “E’
pericoloso, ma in parte rende il tutto
ancora più eccitante.” Aggiunse, abbozzando un
sorriso.
“Esatto! Questo
è l’approccio giusto. Consideralo un
risarcimento al piattume dei tuoi ultimi anni passati con
Josh” commentò
l’amica. Il suo ex a quanto pare aveva riscosso grande
successo solo con suo
padre! Per Ryan era un broccolo e per Skyler una palla al piede.
“Comunque, ti
farò avere una lista di hotel fuori mano molto
discreti” riprese a dire la sua migliore amica, strizzandole
l’occhio.
“Come fai ad essere
così bene informata sui posti giusti da
frequentare per gli amanti clandestini?” le
domandò l’altra.
“Intanto perché
faccio la PR e fra i miei clienti ci sono
molti più fedifraghi di quanti se ne possano immaginare, e
devo sempre essere
pronta a parar loro il sedere e poi è capitato anche a me
una volta” rispose.
“Oh, giusto. Scusa, mi ero
dimenticata di lui” rimarcò
dispiaciuta per la gaffe.
“Tranquilla, è
storia vecchia. Se tornassi indietro lo
rifarei, anche se è finita male. Meglio così
piuttosto che vivere col rimpianto
di quello che sarebbe potuto essere. Per questo insisto a dirti di
provarci.
Non è vero che ogni tresca fra amanti sia il classico
clichè della scappatella
fugace e squallida. Spesso è molto di più, ma
bisogna anche avere coraggio, e
non sempre gli uomini ce l’hanno. Il mio all’epoca
ha preferito tornare dalla
moglie, per evitare scandali e di perdere la faccia. Ma se Ryan ha le
palle,
eviterà che succeda” osservò.
“Magari sono solo una delle
tante” rimarcò pensierosa
Victoria.
“Che io sappia, non ci sono
mai state voci di tradimenti da
parte sua. O li nasconde bene o è davvero la prima volta che
tradisce sua
moglie. Vedrò di fare qualche verifica, magari facendo
sbilanciare qualche
collega del giro, ma non credo salterà fuori niente
sinceramente. Quindi
smettila di analizzare tutte le ragioni per cui dovresti lasciar
perdere e
goditela. Che duri anni, mesi o settimane, goditela” la
rassicurò.
“Sai, hai ragione! Comunque
vada, non ha nessun senso farmi
tante domande e paranoie ora. Magari fra una settimana mi
stancherò io e lo
manderò al diavolo e mi sarò fatta tante paturnie
per niente” esclamò Victoria
“Non è una cosa che ho cercato, è
capitata e voglio vedere in che direzione mi
porterà.” Aggiunse.
“Ben detto! Qui ci vuole un
brindisi. E’ un brindisi anche
con la birra, vero?” rise Skyler.
Le due ragazze brindarono, facendo
tintinnare le loro
bottigliette di birra, e continuarono a mangiare pizza, pop corn ed a
chiacchierare fra loro per aggiornarsi e spettegolare un po'.
I due giorni che mancavano
all’arrivo di Ryan a Los Angeles,
sembrarono non passare mai. Victoria era sempre più
impaziente, ma anche
nervosa. A San Diego erano stati molto bene insieme, ma era stato uno
sviluppo
assolutamente inaspettato, mentre ora forse c’erano
aspettative diverse, e non
era così scontato ritrovare la stessa sintonia, non solo dal
punto di vista
fisico. In realtà, però, ogni volta che si era
sentiti, anche se solo
telefonicamente, le cose non sembravano alterate né
cambiate. Continuavano a
parlare molto facilmente, di tutto, ed era palese che l’uno
sentiva la mancanza
dell’altra.
Con l’aiuto di Skyler,
Victoria aveva individuato un hotel
appena fuori LA, un posto discreto e carino, a
detta dell’amica, dove lei e Ryan si sarebbero
potuti incontrare senza
destare sospetti. Non sapeva ancora con esattezza quando effettivamente
si
sarebbero rivisti. Sapeva solo che di lì a due giorni lui
sarebbe atterrato al
LAX e poi l’avrebbe aggiornata man mano sui suoi impegni
nell’arco di quei tre
giorni di permanenza su suolo californiano. Così, ogni volta
che il cellulare
la avvisava dell’arrivo di un messaggio, la ragazza quasi
sussultava ed il suo
sguardo si illuminava.
“C’è
qualcosa che devo sapere?” le domandò suo padre,
di
punto in bianco, quella sera a cena.
“No. No, perché
me lo chiedi?” rispose lei, sforzandosi di
mostrarsi tranquilla.
Le uniche a sapere di lei e Ryan
erano sua zia e Skyler.
Anzi, solo Skyler sapeva che si trattava di Ryan, alla zia non aveva
proprio
fatto nomi, quindi era impossibile che Charlotte avesse riferito
qualcosa ad
Andrew.
“Mi sembri particolarmente
di buon umore ultimamente,
soprattutto quando ti arriva qualche messaggio”
osservò lui.
“Era di Skyler. La conosci.
Mi invia sempre qualche
messaggio divertente su Whatsapp.” Rispose solo.
“E’ sempre fuori
di testa come al solito?” rimarcò divertito
Andrew “Pensavo magari potesse essere un ragazzo. Una nuova
frequentazione”
riprese a dire scrutando la figlia.
“Sai, devo ammettere che
non mi ha fatto piacere vedere
certe foto di te con Reynolds al Comic Con. Ovviamente so che non stavi
facendo
niente di male, eravate ad una festa ed i giornalisti ci hanno ricamato
sopra!
Ma cerca di stare attenta, certi attori portano guai” disse
solo.
“Perché lo dici?
Lo conosci?” rispose la figlia “Mi ha detto
che lui e due suoi amici sceneggiatori ti hanno inviato la
sceneggiatura dei
Deadpool e tu hai rifiutato di produrlo. Non è che stai
facendo la volpe che
non arriva all’uva?” gli domandò.
“Te l’ha detto
lui?” rimarcò suo padre, facendosi serio
“E’
vero, ma non ne sono pentito. Non è il genere di film che
amo produrre. Ormai
ho una certa reputazione ed ho l’età e
l’esperienza per dire no quando un
progetto non mi è congeniale. Che il film abbia avuto
successo non mi fa
cambiare idea sulla mia decisione e nemmeno su di lui. Non mi piace e
non mi
convince come attore. “ tagliò corto.
Victoria non fu poi molto sorpresa
dalla risposta del padre.
Era un’ottima persona e lei lo adorava, ma lo conosceva bene.
Se non prendeva
in simpatia qualcuno, a volte anche per futili motivi, non
c’era verso di
fargli cambiare idea.
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Capitolo 10 *** Cap. 10 ***
I due giorni scarsi che mancavano
all’arrivo di Ryan a Los
Angeles passarono lentissimi per Victoria, vuoi perché aveva
discusso col padre
per vie delle foto sue alla Con di San Diego, vuoi perché
non era certo avvezza
a frequentare clandestinamente uomini sposati, per di più
famosi ed a rischio
paparazzate. Tuttavia, l’agitazione mista a nervosismo della
ragazza era
spazzata via dalle telefonate o dai messaggi che le inviava
puntualmente Ryan,
il quale sembrava invece tranquillo, tanto da spingerla a chiedersi se
quella
calma fosse dovuta ad un certo allenamento
all’infedeltà seriale o se era
proprio così caratterialmente.
Era impaziente, non vedeva
l’ora di rivederlo. Per quanto
razionalmente sapesse che questa storia era rischiosa, e che
c’erano più contro
che pro, non riusciva a fare a meno di sentirlo o anche solo pensare a
lui.
Nonostante il caos che regnava in quel momento nella sua vita, i dubbi
e le
incertezze, lui era in qualche modo l’unico suo punto fermo.
Ciò era
sicuramente dovuto dal fatto che era più grande di lei,
quindi sapeva bene come
gestire certe situazioni, ma c’era innegabilmente
un’intesa quasi naturale fra
loro, e spesso lui era riuscito a capire gli stati d’animo
della ragazza solo
sentendo la sua voce al telefono o interpretando l’uso della
punteggiatura o
delle emoticons sui messaggi che si scambiavano e per Victoria era una
manna
dal cielo avere qualcuno che si preoccupasse di come stava lei e di
cosa
voleva, dopo i 3 anni passati ad adattarsi a Josh e ad soddisfare le
sue aspettative.
Con suo padre non aveva
più toccato l’argomento, tanto
Andrew aveva già chiaramente detto come la pensava su Ryan,
e Victoria sapeva
bene che quando suo padre prendeva in antipatia qualcuno era quasi
impossibile
fargli cambiare idea. Se avesse immaginato che in realtà la
figlia lo stava
frequentando avrebbe fatto il diavolo a quattro. Non ne
parlò nemmeno con sua
zia Charlotte, perché aveva capito che l’idea
della storia clandestina la
impensieriva. Per fortuna aveva Skyler, sempre pronta a rassicurarla ed
a
minimizzare i suoi dubbi e sensi di colpa. Fu proprio la sua migliore
amica a
darle l’indirizzo di un piccolo hotel piuttosto anonimo ma
carino, situato
fuori mano, alla larga dai luoghi frequentati solitamente dalle
celebrità e, di
conseguenza, dai paparazzi. Certo, non era il Four Seasons, ma era
pulito e
soprattutto al riparo da occhi ed attenzioni indiscrete.
Ryan era arrivato prima di
mezzogiorno, l’aveva avvisata con
un messaggio, e lei gli aveva inviato l’indirizzo
dell’hotel, restando d’accordo
per vedersi direttamente lì quella sera stessa intorno alle
19. La ragazza
contò le ore che la separavano da quell’incontro,
eccitata ed impaziente di
rivederlo. Uscì un po' prima dall’ufficio, per
andare a prendere del sushi al
giapponese, una bottiglia di vino bianco, acqua e dei fiori per
abbellire la
stanza. L’hotel aveva anche il servizio in camera, ma voleva
essere certa di
dare nell’occhio il meno possibile. Fece il check in appena
prima delle 19, e
lasciò una generosa mancia alla receptionist, per essere
sicura che non facesse
troppe domande e poi salì subito in stanza. Era piuttosto
anonima, pulita ed in
ordine, ma senza troppi fronzoli. Si ingegnò subito per
renderla più carina
sistemando i fiori qua e là, sui comodini e sulla scrivania
accanto alla
finestra, sistemando anche delle tovagliette con sopra i vari
contenitori del
take away giapponese.
Non mancava molto
all’arrivo di Ryan, così nel mentre si
diede una controllata, si passò un po' di trucco,
ravvivò con una spazzola i
capelli, cercando di mettere a tacere quel suo grillo parlante
interiore che le
consigliava di troncare questa cosa, prima che fosse troppo tardi.
I minuti passavano, ormai erano
già le 19 da un po' ma di
Ryan nessuna traccia. Controllava il cellulare quasi ogni due minuti e
stava
quasi per inviargli un messaggio, quando sentì bussare alla
porta. Si alzò,
quasi di scatto, ed andò ad aprire, trovandosi di fronte
proprio Ryan.
“Ciao! Scusa, lo so, sono
in ritardo! C’era traffico!” le
disse vispo, e con quell’aria da paracarro, chiudendosi
velocemente alle spalle
la porta, nemmeno fosse inseguito da un serial killer.
“Ciao a te”
ripose lei. Ora che ce l’aveva davanti, non
sapeva bene cosa dire, cosa fare, né cosa lui potesse
aspettarsi da lei.
Tuttavia, lo trovava ancora più bello di quanto ricordasse,
nonostante l’aria
un po' stanca.
Lui fece qualche passo nella stanza,
guardandosi intorno.
“E’
carina” disse.
“Ma questi
fiori?” rimarcò, fra il curioso ed il divertito.
“Quelli li ho presi io.
Insieme al sushi. Ho pensato che potessi
avere fame. Io ne ho! E non volevo scomodare il servizio in camera.
Meno diamo
nell’occhio, meglio è, giusto?” rispose.
Lui annuì.
“Ho pensato che con qualche
fiore in giro, la stanza sarebbe
sembrata meno anonima” aggiunse.
“E’ carino,
davvero. “ la rassicurò lui, voltandosi verso di
lei e guardandola con uno sguardo davvero dolce ed intenso.
“E anche tu sei carina.
Molto più carina di quanto
ricordassi” aggiunse sorridendo, quel sorriso sghembo da
mascalzoncello.
“Grazie. Anche tu non sei
male” rispose divertita.
“Sei nervosa?” le
domandò di getto “Senti Victoria, non devi
per forza rimanere se non vuoi. E non dobbiamo per
forza….bè, hai capito, no?”
la rassicurò.
“Si, si, lo so”
disse lei “Non sono nervosa. Cioè si, in
realtà si. E’ che è tutto nuovo e non
so bene cosa fare o dire” ammise,
stringendo le spalle.
“Intanto direi di mangiare.
Ho una discreta fame anche io.
Hai avuto un’ottima idea a portare del sushi”
riprese a dire lui, facendole
segno di sedersi con lui a quella scrivania che sembrava restare in
piedi per
scommessa, ma che servì da tavolo in quel frangente.
“Com’è
andata oggi? Sembri stanco” gli domandò lei, fra
un
boccone di sushi e l’altro.
“E’ andata bene.
Una pallosa intervista e poi qualche foto,
ma non posso lamentarmi! Sono un po' stanco però. Stamattina
ho preso il primo
aereo, ma sto bene. Tanto non dormo mai troppo!” le disse
“Ho una specie di
sveglia interna, non importa a che ora vada a dormire, alle 5,30 mi
sveglio!”
le spiegò.
“Davvero?”
rimarcò sorpresa, ma anche divertita “Io non ce
la potrei fare. Quando posso, mi piace dormire!” ammise.
“A volte piacerebbe anche a
me dormire di più, ma alle 5,30
apro gli occhi, come un cretino. E non posso dare la colpa alle mie
figlie
perché ero così anche prima. Ma ha cosa ha i suoi
vantaggi! Riesco a fare un
sacco di cose prima che si svegli il mondo. Incluse due
colazioni” rise, per
poi mangiare il suo ultimo boccone di sushi.
“Mi fa piacere
rivederti” riprese poi a dire, dopo qualche
istante di silenzio, forse cogliendo di sorpresa Victoria.
“Anche a me”
rispose, senza esitazione.
“Quindi, non hai cambiato
idea e non ti è venuta voglia di
tornare col broccolo, giusto?” aggiunse lui, per
sdrammatizzare forse,
strappandole una risata.
“No, direi di no, nemmeno
per sbaglio. Non so bene come
andrà a finire questa cosa con te e non saprei nemmeno
definirla, ma so con
certezza che chiudere con Josh è stata la cosa migliore,
anche se mio padre non
ha ancora metabolizzato la notizia” aggiunse, per poi
spiegargli dei tentativi
di Andrew di farla riappacificare col ragazzo.
“Chissà se
sapesse che ci vediamo!” osservò Ryan.
“Lasciamo stare. Ha visto
le foto, quelle della Con e mi ha
fatto una specie di ramanzina, nemmeno tu fossi l’anti
Cristo!” rispose
sbuffando.
“Immaginavo di non andargli
molto a genio! L’avevo
sospettato quando ci siamo incontrati per sondare il terreno per
Deadpool. Era
solo un’impressione, ma adesso ne ho la certezza. Non
è che mi senta di
biasimarlo, dopotutto. Se una delle mie figlie fosse fotografata con un
attore
più grande, sposato e con un divorzio alle spalle, con una
carriera traballante
per giunta, nemmeno io farei i salti” osservò.
“Non mi serve il suo
permesso. Decido da sola chi
frequentare o meno. Ormai ci ho preso gusto a fare quello che mi va e
basta,
senza troppi patemi. Hai creato un mostro” rise.
“Se tutti i mostri fossero
così, ci farei la firma” rimarcò
lui, fissandola così intensamente da farla quasi sentire
nuda.
Si fissarono senza dire nulla per
qualche istante, poi Ryan
allungò una mano e le accarezzò una guancia, per
poi avvicinarsi e baciarla.
Non si erano ancora nemmeno sfiorati da quando era arrivato. Fu un
bacio dolce,
lieve, come un voler tastare il terreno. A San Diego erano stati a
letto
insieme, ma era passato del tempo ed anche se si erano comunque sentiti
ed ora
erano in quella stanza d’albergo, Ryan non dava per scontato
che ci sarebbe
stato un bis, né voleva in alcun modo forzarla.
Victoria, dal canto suo, rispose a
quel bacio, senza
esitazione. Le era mancato, e quasi si era dimenticata di quanto
fossero
morbide ed invitanti le sue labbra sottili.
Incoraggiato dalla sua risposta, Ryan
intensificò il
contatto fra di loro, e quasi senza sapere come, la ragazza si
ritrovò seduta
sulle sue gambe. Lui continuava a baciarla, scendendo con una mano
dalla sua
guancia al suo collo, sfiorandolo quasi, e dandole i brividi, mentre
con
l’altra le accarezzava la schiena, stringendola appena a
sé, con fare
piacevolmente possessivo.
Andarono avanti a baciarsi per un
tempo che le parve
infinito, mentre l’atmosfera in quella stanza
iniziò decisamente a scaldarsi.
Ad un certo punto, lei si staccò dalle sue labbra, per
riprendere fiato. Lo
guardò, gli sorrise, accarezzandogli con le dita i capelli
sulla nuca, e poi si
alzò, ed iniziò a sbottonarsi la camicetta che
indossava, con studiata lentezza
e senza lasciare il suo sguardo. Lui sembrava gradire, e la fissava
come se
fosse un’enorme torta al cioccolato e panna, era incollato
alla sua figura, che
accarezzava con lo sguardo. Aspettò che la ragazza si
sfilasse anche la gonna,
e poi si alzò, con uno scatto veloce, quasi felino, per
riavvicinarsi a lei e
riprendere a baciarla, lasciando scorrere le mani lungo la sua schiena
e sulle
sue curve.
Non c’era disagio, non
c’era imbarazzo, stava succedendo
tutto in modo molto naturale fra loro, di nuovo. Fra qualche risata ed
occhiatine maliziose, anche Ryan si spogliò velocemente,
visto che era ancora
vestito mentre la ragazza ormai era in biancheria. Victoria non se ne
rimase
certo ferma e buona. Lui le piaceva, la attirava come il miele fa con
le api, e
stava bene con lui. Lo aiutò a sfilarsi la felpa e poi la
t-shirt, ed appena si
fu liberato dei jeans, lo spinse giocosamente sul letto, sedendosi
nuovamente
sulle sue gambe, per riprendere a baciarlo con malcelato trasporto.
Ryan
sembrava piacevolmente sorpreso da questo suo modo di fare, e Victoria
stessa
era sorpresa di aver preso l’iniziativa in questo modo. Ma
Ryan sembrava
riuscire a far emergere questo suo lato più istintivo e
passionale, cosa che
Josh non era mai riuscito a fare e la cosa alla ragazza non dispiaceva
affatto.
Era giovane, e si sentiva bene con lui, quindi non c’era
niente di male nel
dimostrarglielo più concretamente né nel
lasciarsi andare.
Lui la baciava con altrettanta
passione e trasporto,
accarezzandola con attenzione quasi certosina, senza mai darle
l’idea di essere
per lui un oggetto, anzi, la faceva sentire come se fosse
l’unica donna al
mondo, desiderata come mai le era successo. E non sembrava avere fretta
di concludere,
anzi, si dedicò a lei con pazienza, facendola rosolare ben
bene ed anche lei
ricambiò il favore, finchè non riuscirono
più ad aspettare oltre e lasciarono
da parte i preliminari, le carezze ed i baci più o meno
audaci, per fare
l’amore. Fu ancora meglio di quanto Victoria ricordasse, lui
era come un fiume
in piena, passionale, ma anche attento e dolce. Le note alte li
lasciarono
piacevolmente esausti ed ancora illanguiditi, avvolti in un groviglio
di
lenzuola.
“Wow!”
esclamò Ryan, con l’aria accaldata ed i capelli
appena arruffati. “Non sapevo che il sushi fosse
afrodisiaco” aggiunse
sorridendo.
“Nemmeno io!”
rispose lei” Ma non credo sia stato quello”
precisò con aria vispa, stringendosi a lui e poggiando la
testa sul suo petto.
“Attenta a quello che dici,
ragazzina. Potrei montarmi la
testa!” le rispose.
“Di solito detesto chi mi
chiama ‘ragazzina’, ma detto da te
è diverso, quasi mi piace” disse ridendo lei.
“Bè, sei
giovane. Ovviamente non lo dico in senso
spregiativo, anzi. Sei sveglia, in gamba ed intelligente. Senza offesa,
ma a
volte per come ragioni mi sembri più grande della tua
età” osservò socchiudendo
appena gli occhi per godersi quel momento, stringendo appena di
più la presa su
di lei.
“Si sta bene qui”
aggiunse, quasi in un soffio.
“Pensavo sarebbe stato
squallido” riprese a dire lei,
tirandosi un po' su per guardarlo meglio.
“Non fraintendere, non per
te, o per noi. Solo che non mi
era mai successo e questo hotel non è proprio il massimo, ma
è fuori mano”
continuò.
Ryan riaprì gli occhi per
guardarla e sembrava davvero
rilassatissimo, non l’aveva mai visto così.
“Qui va benissimo. E poi
non poteva essere davvero squallido
perché noi due non siamo squallidi”
precisò più serio.
Poi sospirò e si tirò
a sua volta un po' su.
“Senti Victoria, non so
bene nemmeno io come gestire questa
cosa fra di noi. In parte ne abbiamo parlato a San Diego, ma so che non
è
facile per te e nemmeno per me, te lo assicuro. Sei libera di non
credermi, ma
non passo il tempo a tradire mia moglie, quindi anche io non so bene
cosa dire,
ma so che mi piaci. Mi piaci tu e mi piace stare con te, anche se
sarà
complicato cercare di portare avanti questa relazione”
continuò “Forse la cosa
migliore da fare è viverla giorno per giorno, e vedere che
succede, senza fare
troppi programmi e senza per forza dover etichettare tutto, che ne
pensi?”
rimarcò, inclinando appena la testa.
Lei sospirò, mordendosi
appena un labbro, come era solita
fare quando era pensierosa.
Di nuovo quella vocina dentro di lei
le suggeriva di darsela
a gambe e di chiudere subito, prima di scottarsi davvero, ma quello che
lui
sentiva per lei era ricambiato. Anche a lei piaceva stare con lui, e
non voleva
più farne a meno, anche se sapeva bene che sarebbe stato
tutto complicato di lì
in avanti.
Alla fine annuì.
“Penso che sia una buona
idea. Vediamo come va, senza troppe
paturnie” rispose, accennando un sorriso.
“Intanto siamo qui insieme
adesso. E possiamo vederci anche
domani, se vuoi, prima che riparta, tanto ho il volo in
serata” disse ancora.
Inutile dire che rimasero
praticamente barricati in quella
stanza fino all’indomani, concedendosi altri momenti di
passione, decisi a
godersi appieno ogni istante insieme ed addormentandosi solo a notte
fonda.
L’indomani, il primo a
svegliarsi, e piuttosto presto anche,
fu Ryan. La osservò dormire per un po', prima di alzarsi e
di uscire per
recuperare del caffè e qualcosa da mangiare al bar
dell’hotel.
Quando rientrò in camera,
Victoria si stava pigramente
stiracchiando.
“Buongiorno
pigrona” le disse divertito lui, richiudendosi
la porta alle spalle.
“Buongiorno! Sei
uscito?” gli domandò, con l’aria ancora
assonnata ed i capelli scompigliati.
“Sono andato a prendere due
caffè e qualcosa da mangiare.
Non c’era molta scelta, ma ho preso dei muffins” le
disse, raggiungendola e
sedendosi sul bordo del letto.
“Sei in piedi da
molto?” gli domandò, prendendo subito il
suo bicchierone di caffè.
Lui rise “5,30, il mio
solito orario” rispose “Tu dormivi
ancora così bene, ti ho guardata per un po', non volevo
alzarmi e rischiare di
svegliarti, ma avevo bisogno di caffè, così sono
sceso” aggiunse, bevendone un
sorso.
“Ti avrei comunque
svegliata fra un po'. Immagino dovrai
andare in ufficio” le disse.
“Si, anzi, devo sbrigarmi.
Non posso andare al lavoro
vestita come ieri. Devo passare da casa e cambiarmi” rispose
sospirando.
“Hai dormito fuori, pensi
che tuo padre ti farà il terzo
grado?” le domandò.
“Non credo. Al massimo gli
dirò che sono rimasta da Skyler o
da mia zia Charlotte. Non penso sospetterà nulla”
rispose, stringendo le
spalle.
“Hai paura che venga a
cercarti con una pistola vero?” rise,
rifilandogli un pizzico.
“Un po'!” rise a
sua volta “No, solo non vorrei avessi
problemi, tutto qui” aggiunse.
“Non preoccuparti, me la so
cavare e, soprattutto, so come prendere
mio padre” lo rassicurò.
Poi si sporse per baciarlo.
“Non ti avevo ancora dato
per bene il buongiorno!” si
giustificò, rubandogli un sorriso.
Finirono di bere il caffè
e di fare colazione con quei
muffins, e poi si prepararono per uscire dall’hotel,
d’accordo di rivedersi più
tardi, prima che lui ripartisse.
“Non avrò molto
tempo” le anticipò Ryan dispiaciuto
“Verrò
via direttamente dal set di un altro servizio fotografico, quindi
avremo tempo
per un saluto. Possiamo vederci da un mio amico. Sai quello di cui ti
parlavo,
che mi tiene le moto?” rimarcò
“E’ fuori per lavoro, ma sapeva che sarei volato
qui e so dove tiene le chiavi di scorta. Ti mando l’indirizzo
via whatsapp, ok?
Non dovrebbe essere a rischio sgamo e così sarò
più vicino al LAX.” Aggiunse.
“Ok, va bene! Se dici che
è sicuro, ti raggiungo lì” rispose
lei.
Le dispiaceva doversi già
staccare da lui, ma non voleva
sembrargli troppo appiccicosa.
“Allora, ci vediamo
più tardi!” disse ancora, rubandogli un
bacio che Ryan approfondì, stringendola a sé.
Lasciò che fosse lei ad
uscire per prima, e poi anche lui
lasciò l’hotel.
Ovviamente fu molto difficile per
Victoria concentrarsi sul
lavoro quella mattina. Continuava a ripensare a Ryan, e a quella notte
di
passione trascorsa insieme. Era riuscita a passare per casa senza
problemi, suo
padre non c’era, era sicuramente già uscito, si
era fatta una doccia e
cambiata, prima di raggiungere l’ufficio. Incrociò
Andrew solo più tardi, prima
della pausa pranzo, quando lui la raggiunse per chiederle se erano
pronti dei
budget preventivi dei prossimi film in produzione.
“Sbaglio o non sei
rientrata a dormire stanotte?” le domandò
con aria fintamente distratta, mentre dava un’occhiata ai
documenti che lei gli
aveva passato.
“No, non sbagli”
rispose tranquillamente “Sono stata a cena
da Skyler, è tornata da un viaggio di lavoro e dovevamo
aggiornarci, Abbiamo
mangiato del sushi e bevuto un po' di prosecco e alla fine era tardi,
così ho
preferito restare a dormire là” rispose ed il
padre sembrava convinto dalla sua
risposta e non indagò oltre, lasciando perdere
l’interrogatorio e
concentrandosi sul lavoro.
“Avrei bisogno che mi
sostituissi ad alcune riunioni
sull’altra cosa” riprese poi a dire “La
settimana prossima devo essere di nuovo
a Londra, ma mi attendono anche a New York e vorrei che andassi tu al
mio
posto. Ho inteso che ti sia trovata bene a San Diego e so che hai fatto
un
ottimo lavoro, quindi credo sia ora che tu faccia le mie veci anche
alle
riunioni” le spiegò.
Solitamente la ragazza non era troppo
entusiasta di
sostituire il padre in quei frangenti, ma le era bastato sentir
nominare New
York per trovare la voglia di partire. Ryan viveva appena fuori la
Grande Mela,
avrebbero potuto vedersi presto, senza aspettare settimane o mesi per
trovare
il modo di organizzare un incontro.
“Si, va bene!
Andrò io, non è un problema” rispose,
abbozzando un sorriso.
“Ottimo! Ti
lascerò alcune istruzioni ed il calendario degli
incontri con gli argomenti all’ordine del giorno per le varie
riunioni” rispose
suo padre, forse sorpreso dalla velocità con cui la figlia
aveva acconsentito a
partire.
La ragazza era quasi tentata di
inviare subito un messaggio
a Ryan, ma si sarebbero visti di lì a poche ore,
così decise di dirglielo di
persona. Nel frattempo lui le aveva girato l’indirizzo del
suo amico e lei non
vedeva l’ora di raggiungerlo. Per fortuna, il resto della
giornata passò
piuttosto velocemente, ed intorno alle 18, Victoria uscì
dall’ufficio per
raggiungere il luogo dell’incontro. Era una villetta nascosta
da alberi, in una
zona residenziale di Beverly Hills, dove non ricordava di essere mai
stata.
Suonò il videocitofono,
come da accordi, e subito vide il
grande cancello aprirsi. Percorse il viale con l’auto e si
fermò davanti
all’ingresso.
Ryan uscì subito per
andarle incontro, accogliendola con un
bel sorriso.
“Ciao” le disse
vispo, rubandole un bacio.
“Dai, vieni. Ti faccio fare
un giro della casa” continuò,
prendendola per mano “Hai avuto problemi ad
arrivare?” le chiese, mentre
entravano.
“No, nessuno! Stranamente
non mi sono persa!” rise.
“Questa casa è
stupenda!” rimarcò, guardandosi intorno. Era
davvero grande, magari non come la villa di famiglia, ma lo era, ed
accogliente.
Dopo un veloce giro si fermarono in
giardino, sotto ad un
gazebo a pochi passi dalla piscina. Ryan aveva preparato un aperitivo,
qualcosa
da bere e da spiluccare.
“Non è
granchè, ma mi sono arrangiato con quello che
c’era
in frigo!” le disse.
“Tranquillo, va benissimo!
E poi ho una bella notizia!”
iniziò a dire.
Lui sgranò gli occhi.
“Davvero? E di che si
tratta? Dai non tenermi sulle spine!”
la incalzò.
“La settimana prossima devo
venire a New York per sostituire
mio padre ad alcune riunioni!” gli disse vispa
“Così ho pensato che magari
potremmo rivederci!” aggiunse, scrutando la sua reazione.
“Sostituisci il grande
vecchio? Però! Che colpaccio!”
esclamò lui.
“Già! Lui deve
andare a Londra e ha deciso di mandare me
allo sbaraglio!” rimarcò.
“Dovrò trovare
un modo e un posto, ma si può fare!” le
disse, con aria leggermente pensierosa, forse perché
già stava pensando a che
scuse rifilare alla moglie.
“Si, ecco, se vuoi,
ovviamente. So che hai delle
responsabilità e che non puoi prendere ed andare via da casa
senza una
ragione.” Aggiunse subito, anche per evitare di sembrargli
appiccicosa.
Lui sorrise.
“E’ tutto
ok!” la rassicurò “Troverò un
modo, e ci vedremo,
promesso!” aggiunse, strizzandole un occhio.
Lei sorrise di rimando,
tranquillizzata dalle sue parole.
“E’ davvero un
bel posto qui. Il tuo amico ha gusto!”
riprese a dire “Solo la piscina è la fine del
mondo!” aggiunse.
“Disse la ragazza che
viveva in una reggia!” rise Ryan “E’
carino, si! E soprattutto è al riparo da occhi indiscreti.
Insomma, è una zona
residenziale, ma non la classica zona vip” disse ancora
“E poi il lato positivo
è che anche il mio amico è spesso fuori per
lavoro, così a volte posso
approfittarne!” ammise sorridendo.
Restarono lì fuori a
chiacchierare, finchè non arrivò per
Ryan l’ora di andare.
Riportò vassoi e bicchieri
in cucina, aiutato da Victoria,
recuperò il suo zaino, da quale sembrava inseparabile, ed un
borsone a mano, e
si avviò fuori, dopo aver chiuso tutto e riposto la copia
delle chiavi.
“Allora ci siamo”
riprese a dire, una volta nel vialetto, di
fronte all’auto di lei.
“Già!
E’ ora di salutarsi. Ma ci rivediamo presto!”
rispose
lei “E’ stato bello rivederti. Fai buon volo e
avvisami quando atterri. So che
non ti piace volare”
Lui sorrise e si chinò
quanto bastava per baciarla
morbidamente.
“Promesso! E tu fai la
brava e pensami ogni tanto” le disse,
guardandola in quel suo tipico modo, un misto fra la paraculaggine e la
dolcezza.
Aspettò che la ragazza se
ne andasse e poi chiamò un taxi e
si fece accompagnare in aeroporto.
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Capitolo 11 *** Cap. 11 ***
La relazione clandestina fra Victoria
e Ryan andava avanti
ormai da sei mesi. Il tempo era letteralmente volato! Sembrava ieri che
si
erano incontrati sulla terrazza di Villa Avery, in occasione della
festa, ed
invece erano già passati sei mesi. Non erano anni, certo, ma
considerate la
particolare situazione, era quasi un record. Non era stato sempre
facile per i
due vedersi, sia perché erano sempre entrambi molto
impegnati, sia perché Ryan
aveva già una famiglia, e non sempre poteva spostarsi
liberamente. Spesso per
loro riuscire a vedersi diventava una vera e propria impresa. Voli
notturni,
incontri in località quasi sconosciute a metà
tratta fra New York e Los Angeles,
momenti rubati qua e là che diventavano come
un’oasi dalle loro vite e dalle
loro routine familiari e di lavoro. Ovviamente, non mancavano momenti
in cui
tutto sembrava troppo complicato da gestire, rischioso e difficile,
soprattutto
per Victoria. Dei due, era senza dubbio lei ad essere presa
più facilmente da
scrupoli e sensi di colpa, forse perché era la
metà femminile nella relazione,
oppure perché era lei quella libera, e si sentiva
tremendamente in colpa a
vestire i panni dell’amante, della terza incomoda nel
matrimonio altrui. E poco
la sollevava la certezza ormai quasi matematica che quel matrimonio era
più di
facciata che di sostanza. Tuttavia, puntualmente, quei tentennamenti
venivano
spazzati via ogni volta che la ragazza rivedeva Ryan. Le bastava
incontrare il
suo sguardo dolce ed un po' ruffiano, e quel sorriso scanzonato per
dimenticare
ogni difficoltà. Sicuramente anche lui aveva i suoi momenti
‘no’, d’altro canto
solo un essere insensibile avrebbe potuto vivere senza alcun rimorso
una
relazione extra coniugale, e lui tutto era fuorché
insensibile ed egocentrico,
ma sembrava sempre saldo nella sua idea di continuare a vederla ed
incontrarla
appena possibile, trasmettendo alla ragazza quella sicurezza che a
volte
perdeva. Quando stavano insieme, sembrava che tutto andasse a posto,
che i
tasselli del puzzle si incastrassero perfettamente e che tutto il resto
restasse fuori dalla porta di quel piccolo mondo parallelo in cui
vivevano
portando avanti la loro storia.
Più lei lo frequentava e
più le piaceva, in tutto, coi suoi
pregi ed i suoi difetti, che ormai aveva avuto modo di conoscere. Era
insospettabilmente dolce e capace di grandi slanci d tenerezza. Magari,
al
primo impatto, poteva mettere soggezione, vista la stazza, ma era un
‘gigante
buono’. Era sempre molto attento a lei, protettivo, la faceva
sentire al sicuro
anche solo con uno sguardo. Victoria adorava quella sensazione di
tranquillità
e protezione che provava ogni volta che poteva addormentarsi
abbracciata a lui.
Si sentiva al suo posto nel mondo, era veramente una sensazione
impagabile per
lei, nemmeno lontanamente paragonabile a quello che aveva provato nelle
altre
sue relazioni, né col tennista Kevin né tantomeno
con Josh. Certo, non era un
uomo semplice, anzi, era molto complesso, a volte era taciturno, e la
mandava
al manicomio quando si ostinava a negare l’evidenza
rispondendo alle sue
domande con uno striminzito ‘va tutto bene’, ma si
era ormai resa conto che era
un suo tentativo, forse maldestro, di proteggerla anche dalle
preoccupazioni. Si
stava innamorando di lui, era innegabile, ed anche lui era sulla stessa
strada.
Adorava il piglio deciso della ragazza, i suoi occhioni limpidi ed
espressivi,
il suo modo di prendersi cura di lui quando riuscivano a ritagliarsi
dei
momenti insieme, i messaggi che gli inviava, il suo sorriso dolce, ed
anche i suoi
momenti di insicurezza. Non mancavano i litigi, qualche discussione,
necessaria
nel percorso della conoscenza, ma finora nessuno dei due aveva mai
avuto l’impressione
di aver preso un granchio, anzi, ogni volta imparavano qualcosa di
nuovo l’uno
sull’altra. Si era creata molto naturalmente una sintonia
speciale fra di loro,
che prescindeva dal sesso e dall’attrazione fisica, anche se
pure quello aveva
un suo peso, era una componente importante, ed un aspetto che
funzionava alla
grande nel loro rapporto. Ma non c’era solo quello,
ovviamente. Era capitato
spesso, ad esempio, che fossero entrambi così stanchi per
aver preso voli e
coincidenze assurde ed essere atterrati a notte fonda solo per vedersi
qualche
ora, da non pensare minimamente al sesso, limitandosi, invece, a
dormire
insieme, cosa che era anche più intima del fare
l’amore. E poi parlavano molto,
di tutto, senza filtri. Victoria gli aveva parlato spesso della madre,
mancata
prematuramente, di quanto, in alcuni momenti, avesse sentito e sentisse
ancora
la sua mancanza; del
rapporto complicato
col padre, che aveva dovuto farle anche da madre, che non le aveva mai
fatto
mancare niente, ma che a volte la soffocava con le sue pressioni e le
sue
aspettative; della zia Charlotte, che era per lei una seconda figura
materna,
un punto di riferimento importante per lei, sempre premurosa,
affettuosa e
pronta a consigliarla per il meglio; e dei suoi pochi ma affidabili
amici,
prima su tutti Skyler. Anche Ryan si era aperto molto con lei, non
subito
magari, con i suoi tempi, ma lo aveva fatto. Le aveva raccontato del
suo
rapporto altrettanto complicato ed a tratti conflittuale col padre,
mancato
pochi anni prima dopo aver convissuto per più di
vent’anni col morbo di
Parkinson, di quello invece strettissimo con la madre, che forse,
più o meno
consapevolmente, lo aveva sempre coccolato e riempito di attenzioni per
compensare la relazione difficile col padre o semplicemente
perché era l’ultimo
di 4 fratelli, e del rapporto con questi ultimi. Erano tutti molto
diversi fra
di loro, caratterialmente e fisicamente; lui
era l’unico ad aver scelto di
intraprendere la carriera di attore, gli altri facevano lavori
‘normali’ ed
erano rimasti in Canada. Patrick era un insegnante di scuola
elementare, Jeff
un tecnico informatico e Terry, l’unico adottato e quello con
cui forse era più
in sintonia, era un ufficiale della polizia canadese. Erano tutti
sposati e lo
avevano reso zio ormai da tempo. Veniva da una famiglia normale, una
delle
tante che si potrebbero conoscere, che non navigava magari nel denaro,
ma che
era unita da un profondo affetto. Quando ne parlava il suo sguardo
assumeva una
dolcezza particolare, mista a malinconia, sembrava un cucciolo in cerca
di
affetto e protezione, e Victoria puntualmente si scioglieva. E poi
parlava
anche delle sue figlie, non spesso, probabilmente per non farla sentire
a
disagio, ma capitava, ed allora nei suoi occhi leggeva
l’orgoglio tipico di un
padre. La più grande, James, aveva tre anni ed era una vera
e propria peste, a
suo dire, già con un bel caratterino, ereditato, secondo la
nonna paterna,
proprio da lui, che da piccolo era ingestibile; la più
piccola, Ines, aveva
solo un anno ed era paciosa ed adorabile. Le aveva anche mostrato
qualche foto
sul cellulare, ne aveva una marea delle sue due principesse, ed era
evidente
che le adorasse e che di lì a qualche anno se lo sarebbero
rigirato come un
calzino.
Quando erano insieme, sembrava che
quella fosse la loro
routine, vivevano quelle ore come fossero in una bolla, ma purtroppo si
trattava di parentesi sempre troppo brevi.
Il Natale ora si avvicinava, e l’atmosfera di
festa aveva per Victoria
un sapore agrodolce. Era sempre stato così,
perché in questo periodo sentiva
sempre in maniera accentuata la mancanza della madre ed in
più quest’anno
avrebbe sentito anche quella di Ryan. In una situazione normale,
avrebbero
passato anche più tempo insieme, ma non erano una coppia
normale. Lui sarebbe
rimasto a New York, avrebbe passato le feste in famiglia, con sua
moglie e le
figlie, mentre lei sarebbe rimasta a Los Angeles. Cercava di non farlo
pesare a
Ryan, ma le pesava mai come prima la lontananza e quell’umore
un po' ballerino
riportava a galla tutte quelle insicurezze e quei sensi di colpa con
cui si era
abituata a convivere in quei mesi.
“Ehi? Vic? Mi
ascolti?” la richiamò Skyler. Quel pomeriggio
di metà dicembre si erano finalmente organizzate per un giro
di shopping
natalizio.
“Cosa? Si, scusa”
rispose l’altra.
“Allora? Dici che questa
macchinetta per il caffè espresso
può andare per mia cognata? Sempre che impari ad usarla.
E’ la persona più
imbranata che conosca. A stento accende il tablet”
ridacchiò la ragazza.
“Bè, si. Direi
che può andare. Non mi sembra difficile da
usare.” Rispose Victoria, senza troppo entusiasmo.
“Wow! Sei la
personificazione dello spirito natalizio! Stai
alla larga dai bambini o distruggerai il loro amore incondizionato per
Babbo
Natale!” la prese in giro.
“Scusa, è che
sono un po' sfasata oggi. Ho anche mal di
testa” rispose, cercando di minimizzare e nascondendo la
reale natura del suo
umore.
“Si, certo. Come
no!” rimarcò Skyler, che conosceva
benissimo l’amica e sapeva riconoscere quando mentiva.
“Facciamo una pausa! Tanto
ormai abbiamo depennato metà
della lista di amici e parenti per i regali. Andiamoci a prendere una
cioccolata, ti va?” le propose.
Così lasciarono il
negozio, caricarono pacchetti e
pacchettini vari sull’auto di Victoria e raggiunsero una
pasticceria poco
distante. Si accomodarono ad un tavolino in un angolo appartato e dopo
qualche
sorso di cioccolata, Skyler iniziò a sondare il terreno.
“Credo di sapere come mai
sei così pensierosa. Lo sei sempre
durante queste feste, ma stavolta credo ci sia un motivo in
più” iniziò a dire “Le
feste sono il periodo peggiore quando si frequenta un uomo
impegnato” osservò.
Victoria sospirò.
“Già. Avevo
sentito dire che per le amanti il Natale e le
feste comandate sono deleterie. Adesso so che è
vero” rispose.
“Non sei
un’amante” precisò l’altra.
“Si che lo sono”
affermò con certezza Victoria “Non andarci
leggera solo perché siamo amiche. E’ la
verità. Ho una relazione clandestina
con un uomo sposato, il che tecnicamente mi rende
un’amante” concluse con
apparente distacco, come se stesse parlando del tempo o di
un’altra persona “Mai
avrei pensato di poter fare una cosa simile, ed invece eccomi
qui” aggiunse.
“Adesso esageri, sei troppo
severa con te stessa” le fece
notare Skyler “Non hai mica ucciso nessuno, stai frequentando
un uomo che ti
piace. Per quanto banale possa suonare, non si può decidere
con la testa in
situazioni simili, a volte bisogna buttarsi e lasciar fare ai
sentimenti. E’
chiaro che ti piace e che sei molto presa da lui, e lui pure,
altrimenti non si
sbatterebbe come ha fatto in questi mesi per volare avanti e indietro e
trovare
un modo per riuscire a vederti. Non sei né la prima
né l’ultima e non devi
colpevolizzarti in questo modo. Tu sei libera, al limite è
lui che deve farsi
dei sensi di colpa” concluse senza troppi preamboli.
“Non lo so, forse, ma
comunque non mi fa sentire meglio.
Insomma, a parti inverse, se fossi io la moglie e scoprissi che mio
marito mi
tradisce, me la prenderei con lui, ma anche con l’altra. E
poi, dove andremo a
finire? Prima o poi questa cosa finirà. Non possiamo
continuare all’infinito a
vederci così, come due ladri, sempre col timore che ci
scoprano. Forse dovrei
troncare questa cosa prima che sia tardi, prima di starci troppo
male” concluse
sospirando e passandosi una mano fra i capelli in un gesto di pura
frustrazione.
“Secondo me è
già tardi. Ci starai male comunque, perché ti
sei già innamorata di lui. Sbaglio?” le fece
notare l’amica con un intuito
disarmante.
Non l’aveva ancora ammesso
nemmeno con se stessa, ma era la
verità. Era innamorata di lui, e la sola idea di non vederlo
più le faceva
mancare il respiro, anche se razionalmente era convinta che fosse
l’unica cosa
da fare. Era sicura che sarebbe stata male per lui, non era una
questione di ‘se’,
ma piuttosto di ‘quando.
Restò in silenzio per
qualche istante, spiazzata, poi alzò
lentamente lo sguardo sull’amica. Sapeva di potersi fidare di
Skyler, era come
una sorella per lei, e qualunque cosa le dicesse, era per il suo bene,
mai per
giudicarla.
“E’
così evidente?” rimarcò, accennando un
sorriso amaro.
“Per me che ti conosco da
quando hai 4 anni si. Per gli
altri credo proprio di no. Forse non se n’è
accorto nemmeno lui per ora”
rispose tranquilla.
“A maggior ragione forse
dovrei troncare. Più andiamo avanti
e peggio starò quando succederà.”
Aggiunse Victoria.
“Perché invece
non glielo dici? Parlane con lui, cerca di
capire che intenzioni ha” le suggerì.
“Non lascerà mai
sua moglie” la interruppe l’altra.
“Te l’ha detto
lui? Te l’ha fatto capire?” ribatté.
“No, ma non serve. Dai, non
raccontiamoci storie. Quando mai
un uomo sposato molla la moglie per mettersi con l’amante?
Succede solo nei
film, anzi, succedeva, ormai pure al cinema le amanti finiscono con
l’essere
piantate di sana pianta. Si stancherà, inizierò a
trovare scuse per non vederci
e poi non lo sentirò più. Vorrei almeno
risparmiarmi l’umiliazione di essere
mollata e farlo io.” Osservò pensierosa.
“Bella idea,
così magari ti leverai anche la soddisfazione
di tenertelo invece. Non puoi sapere cosa pensa, se non ne parlate.
Capisco che
tu magari non voglia metterlo sotto pressione o sembrare apprensiva, ma
ormai
sono passati mesi, è chiaro che non è un
capriccio per nessuno dei due,
altrimenti non vi prendereste la briga di prendere e volare a destra e
sinistra
per vedervi. Sei mesi in queste condizioni, sono come sei anni per una
coppia
normale. Parla con lui, spiegagli come ti senti, digli cosa provi per
lui e poi
valuterai cosa fare. Se avrai l’impressione che voglia tenere
il piede in due
scarpe, allora piantalo, senza remore e rimpianti. Ma se invece capisci
che
prova per te quello che senti per lui, allora non arrenderti. A volte
vale la
pena rischiare” concluse.
La chiacchierata con Skyler aveva in
parte rincuorato
Victoria, ma in parte le aveva anche suscitato nuovi pensieri e dubbi.
Si era
innamorata di lui, le mancava quando non si vedevano, si preoccupava
quando non
lo sentiva, aveva voglia di stare con lui, ma al contempo si sentiva in
colpa
per essersi inserita in quel modo in un matrimonio, ed anche
perché in questi
mesi aveva tenuto nascosto tutto al padre. E’ vero che non
era ma stata avvezza
alle confidenze sulle sue storie con lui, c’era sempre stata
sua zia Charlotte
per questo, ma sapeva che se suo padre avesse mai scoperto di quella
relazione
ne sarebbe stato profondamente deluso e deluderlo era
l’ultima cosa che avrebbe
voluto.
Nel frattempo Ryan continuava a farsi
vivo con lei, ad
inviarle messaggi, mail, a chiamarla appena gli era possibile. Si era
accorto,
tuttavia, che qualcosa non andava. Victoria non era più
questo gran mistero per
lui ed aveva chiaramente percepito che qualcosa la tormentava. Sulle
prime, non
ci aveva dato peso, convinto che fosse solo una giornata no, ma ormai
era
passata più di una settimana e lei continuava a sembrargli
strana. Lei, però,
si ostinava a fingere che tutto andasse bene, esattamente come faceva
lui,
avevano lo stesso meccanismo di difesa e tendevano a chiudersi quando
qualcosa
non andava. Così fece una cosa inaspettata e volò
a sorpresa a Los Angeles. Non
le aveva detto nulla, aveva preso ed era partito, rifilando alla moglie
la
scusa di un incontro di lavoro, ed aveva chiamato la ragazza solo una
volta
arrivato nell’appartamento di quel suo amico, lo stesso posto
dove si erano già
incontrati altre volte, e che era diventato la loro alcova sicura,
lontana da
occhi ed orecchie indiscrete.
Victoria restò senza
parole quando lui le inviò un selfie
scattato proprio lì e le scrisse di raggiungerlo appena
possibile. Ed
esattamente com’era già capitato, le era bastata
l’idea di rivederlo per
ritrovare sicurezza e lasciar da parte i suoi dubbi, almeno per qualche
ora.
Era alla fondazione quando lo lesse, e scappò via con una
scusa per
raggiungerlo subito.
Entrata nel viale con
l’auto, scese velocemente, e corse da
lui, che l’aspettava sulla soglia. Gli saltò quasi
in braccio, entusiasta di
rivederlo, proprio lei che non aveva mai amato troppe smancerie. Lui la
prese
al volo, stringendola forte, ed inspirando il suo profumo.
“Dovrei essere arrabbiata,
se mi avessi avvisato prima mi
sarei organizzata meglio! Ma sono troppo felice di vederti”
ammise, restando
ancora stretta a lui.
“Volevo farti una sorpresa!
Se ti avessi avvisata, non
sarebbe stato così speciale!” rispose lui
sorridendo.
Poi le fece rimettere i piedini per
terra ed entrarono insieme
in casa, chiudendosi la porta alle spalle.
“Pensavo che non saresti
riuscito a muoverti fino a dopo le
feste o chissà quando” riprese a dire lei,
levandosi la giacca e posando la
borsa su una poltrona in salotto.
“Si, ma mi sei sembrata
strana in questi giorni al telefono.
E poi avevo voglia di vederti! Così mi sono inventato un
incontro di lavoro ed
eccomi qui! Anche se posso restare solo fino a domani sera”
precisò,
arricciando il naso “Ma ora non pensiamoci! Adesso sono qui!
E ho una cosa per
te” aggiunse con aria vispa.
Si allontanò per
raggiungere un borsone da viaggio che era
ancora ai piedi delle scale, e recuperò da una tasca un
pacchetto blu dorato
con un fiocco rosso. Lei era riuscita a sbirciare, ma fece finta di
nulla, e
lui lo tenne nascosto dietro la schiena.
“Siccome a Natale non
saremo insieme, ho pensato di
anticipare di qualche giorno! In fondo oggi è il 15, mancano
10 giorni esatti,
quindi, buon Natale!” esclamò vispo, porgendole
finalmente il regalo.
“Per me?”
esclamò sorpresa lei.
“Volevo darlo alla hostess
in aereo, ma non eravamo ancora abbastanza
in confidenza per scambiarci dei regali!” la prese
affettuosamente in giro.
“Certo che è per
te, aprilo!” la incitò.
Lei si mise a sedere sul divano, e
scartò subito il
pacchetto, che conteneva un ciondolo in oro giallo e diamanti con la
scritta ‘XO’,
che comunemente si aggiunge nei messaggi ad indicare ‘baci e
abbracci’. Era
sempre così che concludeva quello che gli inviava.
Non si aspettava alcun regalo,
tantomeno uno così dolce ed
anche romantico.
“Ho pensato che fosse
adatto a te quando l’ho visto. In
realtà cercavo un ciondolo a forma di unicorno,
perché il mio alter ego, Wade,
li adora, ma poi ho visto questo e mi sono ricordato che è
quello che mi scrivi
sempre e così ho pensato fosse perfetto” le
spiegò, scrutando la sua reazione “Ma
se non ti piace, posso cambiarlo”
“No, no, non serve! Non
voglio cambiarlo! E’ davvero
perfetto! E mi piace da morire. Non so cosa dire, non me
l’aspettavo! Ti ho
preso anche io una cosa, ma non pensavo ti avrei visto prima di Natale,
quindi
lo tiene Skyler per me.” Disse.
“Lascia stare, non serve.
Volevo solo regalarti qualcosa,
sperando che servisse a farti stare meglio, perché in queste
settimane ti ho
sentita strana, e non negarlo.” Rispose, guardandola dritta
negli occhi.
“Capisco che la situazione
non è ideale e, credimi, dispiace
anche a me non poterci vedere più spesso, ma non posso fare
altro” aggiunse,
sospirando “Così avrai qualcosa di mio addosso,
oltre alla t shirt che ti sei
fregata dei Queen. Me ne sono accorto, sai?”
rimarcò sorridendo, per alleggerire
il clima.
Lei sorrise.
“Diciamo che è
un prestito!” precisò divertita “Mi
aiuti?”
aggiunse, passandogli la catenina, e voltandosi per scostare i capelli
e
farsela allacciare.
Lui si avvicinò a lei,
mettendosi più comodo sul divano e
gliela allacciò con studiata lentezza, trasformando il tutto
in una dolce
coccola e lasciandole poi una scia di bacini dal collo
all’orecchio. Il suo
respiro le solleticava la pelle e il suo profumo era così
buono. Per non
parlare di quanto le fossero mancate le sue labbra morbide, e le sue
mani calde
e grandi addosso.
In quel momento non esisteva altro,
c’erano solo loro due.
Lei si voltò, incrociando i suoi occhi castani, e senza
bisogno di parlare e
dirsi nulla, si sporse per baciarlo. Lui accolse quel bacio,
intensificandolo e
posandole una mano sulla guancia, mentre l’altra le cingeva
la vita. L’atmosfera
si scaldò nel giro di poco, e si ritrovarono a fare
l’amore direttamente sul
tappeto morbido del salotto, davanti al camino, l’atmosfera
perfetta per quell’incontro
rubato ed inaspettato. Come sempre, Ryan si dimostrò molto
attento, ma anche
passionale. Riusciva sempre a farla sentire la donna più
bella e sexy al mondo,
ed a farle dimenticare tutto il resto. Una
volta calmati i bollenti spiriti, rimasero
abbracciati proprio lì sul tappeto ed avvolti in una
coperta, senza dire
niente, godendosi quel momento di pace perfetto.
Victoria era così
rilassata che stava per addormentarsi, ma
la voce di Ryan la riportò alla realtà.
“Ti va di dirmi cosa
succede?” le domandò quasi in un
soffio, accarezzandole la testa e posandole un bacio morbido sulla
tempia.
“Allora era tutta una
tattica la tua! Il regalo, il sesso.
Volevi solo farmi parlare” rispose divertita, cercando anche
di prendere tempo
e magari di deviare l’argomento.
“No, non proprio. Non era
pianificato, giuro! Ma mi sei
mancata e poi mi hai guardato in quel modo e mi hai baciato e non ho
capito più
niente! Potrei pensare che la tattica l’abbia usata tu per
distrarmi” rispose
divertito.
“Non devi dirmi niente, se
non vuoi, ma penso di conoscerti
abbastanza ormai da capire quando qualcosa ti turba. E vorrei solo che
ti
sentissi libera di dirmi tutto, come hai fatto finora, altrimenti non
posso
aiutarti” aggiunse.
Lei sospirò e si
tirò un po' su, per guardarlo, coprendosi
meglio con la coperta.
“Non è niente,
sono sciocchezze. Penserai che sono una
bambina stupida” iniziò a dire, un po' incerta.
“Non sei una bambina e non
sei stupida. Niente che tu possa
dirmi mi farà cambiare idea su di te! A meno che tu non mi
dica che preferivi
Ajax a Deadpool!” aggiunse divertito, tirandosi su a sedere a
sua volta.
“Eddai! Sii
serio” lo rimproverò divertita lei, dandogli una
leggera gomitata.
“E’ che il Natale
mi mette sempre un po' di cattivo umore.
Non so come spiegarlo, è una sensazione dolce-amara. Sento
maggiormente la
mancanza di chi non c’è più, e al
contempo vorrei stare con le persone a cui
tengo e so che non potremo vederci, quindi mi sono venute un po' di
paturnie. Ma
per fortuna hai avuto la brillante idea di venire qui, quindi va
meglio!”
aggiunse.
Lui, però, la guardava
poco persuaso.
“Sicura che è
tutto risolto? A me sembra che ci sia altro”
osservò.
Per quanto tentasse, non riusciva mai a tenergli nascosto niente. Con
lui aveva
il problema esattamente opposto rispetto a Josh. Se
quest’ultimo non si curava
mai dei suoi desideri e delle sue esigenze, Ryan, al contrario,
sembrava sempre
riuscire a leggerle dentro ed a capire il suo stato d’animo.
“Non riesco proprio a
nasconderti niente” disse infatti,
scompigliandosi i capelli con una mano.
“Hai ragione, non
è tutto qui. C’è altro. Ma forse sono
paranoie inutili. E’ solo che in queste settimane mi sono
ritrovata a pensare a
noi e mi sei mancato più del solito. Mi sono ritrovata a
pensare che sarebbe
bello poter passare il Natale insieme, o anche solo più
tempo insieme, ma so
che hai delle responsabilità, che hai una famiglia, e non
voglio avanzare
pretese né chiederti altro, perché i patti erano
chiari dall’inizio, sapevo che
eri sposato, solo che più passa il tempo e più
diventa difficile per me
dividerti con lei” ammise infine, dando finalmente sfogo ai
suoi pensieri.
Tanto era certa che lui non avrebbe ceduto, finché lei non
avesse rivelato le
sue paure.
“Oddio, mi sento uno schifo
solo a dirlo!” rimarcò subito
dopo la ragazza, alzandosi in piedi, avvolta dal plaid ed iniziando a
fare
avanti e indietro.
“Vic, è tutto
ok, non hai detto niente di strano o di grave”
la rassicurò, raggiungendola coi soli boxer addosso.
“Si che è grave!
E’ grave perché sono la tua amante e lei
è
tua moglie. Io non ho nessun diritto, ne sono consapevole, ma ci sto
male, perché
mi sono resa conto che mi sono innamorata di te. E non so se posso
riuscire
ancora a continuare ad averti a metà” aggiunse.
Ormai aveva aperto il vaso di
Pandora dei suoi sentimenti e non poteva né voleva tornare
indietro.
Lesse chiaramente la sorpresa nello
sguardo di Ryan, quando
gli confessò di essersi innamorata di lui. Era rimasto
spiazzato, cosa più
unica che rara e non sapeva cosa dire. Stavolta una battuta sagace alla
Deadpool
non lo avrebbe aiutato. E lei iniziò a temere che quel suo
silenzio
significasse una cosa sola, ovvero che non ricambiava i suoi
sentimenti. Ma
allora perché volare da lei per accertarsi che stesse bene?
Perché comprarle un
regalo? Se avesse solo voluto rabbonirla, avrebbe potuto farlo
telefonicamente
o avrebbe anche potuto sostituirla con un’altra.
“Considerati sganciato, ok?
Non devi dire niente. Ma hai
insistito perché ti dicessi cosa non andava e l’ho
fatto” disse ancora,
abbassando lo sguardo.
“Anch’io mi sono
innamorato di te” rispose lui, quasi a
bruciapelo, tanto che Victoria non riusciva a credere alle sue
orecchie, era
convinta di esserselo immaginato.
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Capitolo 12 *** Cap. 12 ***
“Co-cosa? Non credo di aver
capito!” farfugliò incerta
Victoria, rimanendo in piedi di fronte a Ryan.
Era convinta che, una volta certo del
suo coinvolgimento, se
la sarebbe data a gambe levate, ed invece era ancora lì, e
le aveva appena
confermato di essere a sua volta innamorato di lei.
“Sono sicuro che hai capito
benissimo, comunque ho detto che
anche io mi sono innamorato di te” disse di nuovo, con un
tono così dolce e
rassicurante, da farle sentire le gambe di gelatina. Forse si era fatta
tante
paranoie per niente. Sembrava che avesse ragione Skyler, bastava dirgli
apertamente cosa sentiva, ed ora forse sarebbe andato tutto a posto.
“Ma…”
riprese a dire lui, e bastò quel ‘ma’
per farla nuovamente
precipitare nei dubbi “Sai che non posso farti promesse. E
non perché non
voglio, ma perché non sono certo che potrei
mantenerle” precisò serio.
“Non la lascerai mai,
vero?” lo incalzò lei, con un sorriso
amaro.
“Vic, la mia situazione
è complicata. Sono sposato, non
posso divorziare così, su due piedi, con
leggerezza” le fece notare più serio.
“Non ti sto chiedendo di
divorziare domani, ma voglio sapere
se è nei tuoi piani. Oppure vuoi continuare a vederci
così, come due ladri,
fino alla fine dei tempi?” aggiunse.
“Non ho detto questo, ma
non posso nemmeno divorziare dall’oggi
al domani! Sono coinvolte anche due bambine piccole, e poi ci sono
tante cose
da considerare, non è sempre tutto semplice
Victoria” tagliò corto, recuperando
i jeans ed infilandoli.
“Ma dai? Io pensavo di si!
Per me di solito è tutto così
semplice!” rimarcò ironicamente lei.
“Ci vediamo da sei mesi,
cosa pretendi da me? Che divorzi e
ti sposi nel giro di una settimana?” sbottò lui,
che a quel punto stava
iniziando a spazientirsi.
“Vorrei solo sapere la
verità! Sei sposato con Blake, ma hai
appena detto di essere innamorato di me. E’ normale che mi
aspetti una
decisione, no? O a te va bene restare sposato con una donna che non
ami?”
rimarcò stranita.
“Ho mandato a monte un
fidanzamento di 5 anni per sposare
un’altra donna da cui poi ho divorziato, non posso fare altri
passi falsi! Tu
non hai idea di come funzioni nel nostro ambiente! Ne fai parte, ma non
sai
davvero come funziona per un attore, anche se ne incontri ogni giorno!
Ci ho
messo vent’anni ad arrivare dove sono, ho pagato ogni passo
falso che ho fatto
e non voglio rischiare di mandare tutto all’aria prendendo
decisioni avventate!
La mia carriera non supererebbe un altro scandalo!” concluse
concitato.
“Oh! Adesso è
tutto chiaro” osservò lei, che quasi non
credeva alle sue orecchie, fissandolo come se avesse davanti un
estraneo ora.
“Vic, aspetta, non
è come sembra. Fammi spiegare meglio”
cercò di dire lui.
“No no, non serve, ho
capito perfettamente” tagliò corto
lei, recuperando la biancheria con un moto di stizza.
“E’ una questione
di carriera e di immagine, ovvio! Sei
innamorato di me, ma ami di più la tua carriera e non sia
mai che la tua bella
immagine da bravo ragazzo e quella tua e di tua moglie come coppia
d’oro di
Hollywood venga infangata solo perché in realtà
non ami lei. E comunque stento
a credere che tu ami me, penso invece che ti importi solo della
carriera e
della tua apparenza, tu ami solo te stesso”
continuò a dire nervosamente, come
un fiume in piena, senza argini.
“Eh no, questo non lo
accetto. Sei libera di non credermi,
ma non ho mentito poco fa. Ero sincero quando ho detto che sono
innamorato di
te, e voglio stare con te, ma devi darmi tempo”
cercò di rimediare lui,
avvicinandosi a lei.
“Tempo? Quanto
tempo?” lo incalzò.
“Non lo so, non posso
dirtelo ora, ma mi serve tempo”
rispose.
Le scappò una risatina
nervosa e finì in fretta di vestirsi.
“Andiamo, non puoi
pretendere che decida su due piedi, senza
valutare niente! La vita non funziona così”
aggiunse serio, ed in quel momento
si sentì come una bimbetta capricciosa rimproverata dal
padre.
“Ah no? E come funziona,
sentiamo?” lo provocò.
“Se pensi che ti stia
prendendo in giro o che l’abbia fatto
dall’inizio, non è così, sei fuori
strada” disse lui, dopo aver preso un bel
respiro nel tentativo di calmarsi, perché erano entrambi su
di giri.
“Non mi sono mai spacciato
con te per quello che non sono e
non ti ho mai mentito. Il mio matrimonio non è perfetto come
sembra da fuori,
non l’ho mai negato e lo sapevi dall’inizio. Ho
tradito Blake un paio di volte,
ma sono state cose di una notte e senza alcuna importanza, non ho mai
preso una
vera sbandata per un’altra donna prima di te. Libera di non
crederci se vuoi,
ma è la verità. Vorrei davvero poter stare con
te, ma per ora e forse anche per
i mesi a venire, non posso darti più di quello che abbiamo
avuto finora. Ci ho
messo anni a levarmi di dosso la merda che mi hanno buttato addosso
dopo il mio
primo divorzio. A te sembrerà assurdo, ma se la reputazione
va a puttane, ci va
anche la carriera, funziona così. Poi quando ho incontrato
Blake sul set di
Green Lantern, i nostri agenti hanno pensato che un po' di
pubblicità non
avrebbe fatto male né a noi né al film. Anche lei
non passava un bel periodo,
erano uscite delle foto hackerate sue, c’erano voci che fosse
stata a letto con
un attore sposato. Abbiamo iniziato a vederci, ad uscire, a farci
paparazzare.
All’inizio doveva essere una specie di recita, poi
è scattato qualcosa ed
abbiamo deciso di provarci sul serio. Forse per un periodo sono stato
davvero
innamorato di lei o almeno lo credevo. Forse avevamo solo bisogno di
qualcuno
in quel momento, e alla fine la recita è diventata
realtà e sono arrivate le
bambine. Ma quello che ci legava si è sgretolato, non era
abbastanza forte o
profondo a quanto pare, e magari se non avessimo avuto figli avremmo
già
divorziato, ma ne abbiamo, e non lo rimpiango, perché volevo
diventare padre
con tutte le mie forze e pensavo che avrei fatto solo lo zio. Prima o
poi
divorzieremo, ma non posso dirti quando né farti promesse.
E’ questo che cercavo
di spiegarti poco fa. Non ti ho mai mentito, mai. E forse ora ti faccio
pena o
schifo, ma non sono né il primo né
l’ultimo attore il cui matrimonio è
un’appendice legata a doppio filo alla sua carriera. Nel mio
mondo l’apparenza
è tutto, non ho fatto io le regole” concluse serio.
“Non le hai fatte tu, ma
hai deciso di seguirle” osservò
asciutta lei, recuperando le ultime cose, mentre lui la osservava,
ancora
incredulo, perché erano passati dal fare l’amore
al litigare pesantemente.
“Quindi finisce
così?” riprese a dire Ryan serio.
“Siccome non voglio darti
dei tempi, reagisci così? Come se
non avessi saputo dall’inizio in che situazione
sono” osservò.
“Certo che lo sapevo,
sapevo esattamente a cosa andavo
incontro, ma non immaginavo cosa ci fosse dietro e non pensavo che ti
fossi
venduto l’anima al diavolo per diventare famoso”
sbottò lei.
Lui incassò il colpo,
cercando di mascherare quanto le sue
parole lo avessero ferito.
“Bene, se è
questo quello che pensi, allora non abbiamo
davvero più niente da dirci” tagliò
corto, andandosene proprio via dal salotto,
e salendo di sopra.
Lei lo seguì con lo
sguardo, poi si sfilò la catenina che le
aveva regalato, la lasciò sul tavolino e se ne
andò di fretta, come se fosse
inseguita da un vampiro.
Voleva mettere quanta più
distanza possibile fra di loro e
quanto prima possibile. Vagò in auto senza meta per un po',
poi decise di
raggiungere casa di Skyler. Era arrabbiata e anche sconvolta, non
voleva farsi
vedere così dal padre, si sarebbe accorto subito che
qualcosa non andava e le
avrebbe dato il tormento per capirne le ragioni. Gli mandò
solo un messaggio
per avvisarlo che sarebbe rimasta fuori a cena e forse anche a dormire
dall’amica, e poi spense il cellulare.
Skyler si accorsa subito che Victoria
era nervosa e turbata,
la lasciò sfogare e si assicurò che non mancasse
del buon prosecco per
stemperare il suo nervosismo, ma questa volta non era del tutto in
accordo con
la reazione dell’amica. E l’altra se ne accorse,
visto che stranamente si stava
astenendo dal commentare.
“Scusa, ma non sei stata tu
ad insistere nel dire che dovevo
parlargli?” rimarcò Victoria ad un certo punto.
“Si, si, certo! E hai fatto
bene a dirgli la verità, a
confessargli cosa provi per lui,
però…così si è sentito
messo nell’angolo”
disse solo.
“Che avrei dovuto fare? Mi
dice che mi ama, ma non vuole
divorziare per non rovinarsi la carriera. E’
assurdo!” esclamò seria.
Skyler sospirò e poi
sorrise.
“Tesoro, sei la figlia di
un produttore, sei cresciuta fra
attori ed attrici e davvero ti meravigli di quello che ti ha detto
Ryan?” le
fece notare “Sai quanti matrimoni funzionano come il suo, si
basano
sull’apparenza e non sulla sostanza? Almeno il 90%.
E’ brutto, è triste anche,
forse squallido, ma è così che funziona in questo
ambiente. Ci sono tanti
fidanzamenti combinati che poi saltano perché scade il
contratto fra il Pr di
lui e quello di lei ed altri che invece sfociano in un matrimonio.
E’ un mondo
a parte. Io sono una Pr, ma non accetterei mai certe condizioni
né le ho mai
imposte ai miei clienti, ma la maggior parte è disposta a
sottostare a questo
ed altri compromessi pur di sfondare. Se ti interessa la mia opinione,
è già un
gran risultato che lo abbia ammesso e, soprattutto, che ti abbia detto
che è
innamorato di te. Sai anche tu che non ha mentito e non l’ha
detto tanto per
dire. So che questo modo di vivere è molto lontano dal tuo e
dai tuoi ideali,
ma esiste. Dipende da te capire se quello che senti per lui
è più profondo e
forte di quello in cui credi.” osservò.
“Mi sono innamorata di lui,
ma non voglio continuare a fare
la terza incomoda a tempo indeterminato” osservò
seria Victoria “E’ chiaro che
per lui l’immagine è più importante di
me, di noi, di quello che sente, quindi
la scelta l’ha già fatta lui” aggiunse.
“Ho preso una
cantonata” riprese a dire “Il rischio
c’era,
l’ho corso, ed è andata male. Avrei capito se mi
avesse detto di non voler
divorziare subito per le figlie, ma mettere in mezzo la carriera, la
reputazione per me non ha senso” disse ancora.
“Non voglio giustificarlo,
ma fammi fare l’avvocato del
diavolo per una volta” riprese a dire Skyler “se si
sapesse ora della vostra
storia, sarebbe un casino anche per te. Immagini la reazione di tuo
padre se lo
venisse a sapere? Io credo che Ryan sia solo stato pratico, non lo ha
fatto per
ferirti, ma ha un modo di ragionare diverso dal tuo, e ha considerato
la
situazione da una prospettiva diversa” aggiunse.
“Mi spiace, ma non riesco a
trovare giustificazioni. Sono
molto delusa, credevo fosse diverso, invece è come tutti gli
altri. Adesso
capisco perché mio padre mi ha sempre detto di stare alla
larga dagli attori.
Sono inaffidabili ed egocentrici, pensano solo alla fama,
all’immagine che
danno di sé, e passano il loro tempo indossando una
maschera, sul set come
nella vita. E lo fanno così a lungo che alla fine non si
ricordano più nemmeno
come sono davvero, diventano dei personaggi, e smettono di essere delle
persone. Credevo che Ryan fosse diverso, sembrava diverso, ma ho
proprio
sbagliato” concluse amareggiata.
Skyler la lasciò sfogare,
senza obiettare più nulla. Capiva
la delusione di Victoria, ma, come Pr, era abituata a certi meccanismi,
l’amica
invece no. Alla fine, la ospitò per la notte, per evitare
che si mettesse in
auto visto che si era fatto buio ed avevano bevuto un po'.
I giorni seguenti furono
particolarmente pesanti ed
impegnativi per Victoria. Come sempre, cercava di affogare delusioni e
pensieri
buttandosi a capofitto nel lavoro, ma stavolta non era così
semplice, perché
Ryan faceva sempre capolino nei suoi pensieri. Si sforzava di
cancellarlo dalla
sua mente, dalla sua memoria, ma con scarsi risultati. Aveva ripensato
alle
parole della sua amica, si era chiesta se fosse davvero stata troppo
dura e
severa con lui, se lo avesse fatto sentire giudicato, e spesso era
anche stata
sul punto di chiamarlo o scrivergli, ma si era sempre fermata prima di
far
partire la telefonata o il messaggio. Dal canto suo, lui non si era
più fatto
sentire, probabilmente convinto di non aver fatto o detto nulla di
male. Lei
era stata molto chiara, e non si erano lasciati propriamente bene.
Charlotte si era accorta che la
nipote era particolarmente
pensierosa, sembrava come ‘spenta’ ultimamente, e
la cosa strideva molto
rispetto al suo buonumore delle settimane e dei mesi precedenti.
Victoria alla
fine si confidò anche con lei, ma senza fare il nome di Ryan
né entrare troppo
nel dettaglio.
Inutile dire che quel Natale fu particolarmente difficile per la
ragazza, in
pratica faceva il conto alla rovescia alla fine del periodo festivo ed
a poco
servirono i tentativi delle amiche ed in particolare di Skyler di farla
uscire
per distrarla. Alla fine, come accadeva quasi ogni anno,
seguì il padre prima
ad Aspen e poi brindò all’anno nuovo sulle alpi
svizzere, dove il padre aveva
uno dei tanti appartamenti. Anche Andrew si era reso conto che la
figlia non
era serena come al solito, la cosa era lampante per chi la conosceva
bene.
Aveva cercato di capirne le ragioni, ma lei era riuscita a minimizzare
e
svicolare, dando la colpa alla tensione per il lavoro ed alla
stanchezza
accumulata durante l’anno. In realtà nemmeno
mettere chilometri ed un oceano di
distanza da Ryan l’avevano aiutata a lasciare
nell’anno appena archiviato la
loro relazione. Oscillava fra la fase in cui metteva in dubbio tutto
dall’inizio,
arrivando anche a pensare che lui l’avesse irretita solo
perché era la ‘figlia
di’, a quella in cui si colpevolizzava, ripercorrendo in
particolare l’ultima
discussione, e sentendosi come una specie di strega cattiva per averlo
giudicato e messo nell’angolo, con pretese fosse affrettate.
Era troppo
orgogliosa per fare il primo passo e chiamarlo, sperava si facesse vivo
lui, ma
in quanto ad orgoglio erano degni concorrenti l’uno
dell’altra, quindi non ci
fu alcuna comunicazione.
L’idea di tornare a Los
Angeles proprio a ridosso
dell’inizio della stagione, non esaltava minimamente la
ragazza, anche perché
aveva avuto conferma che Ryan sarebbe stato uno dei presentatori ai
prossimi
Golden Globes, oltre ad essere nominato per Deadpool 2. Già normalmente
non era entusiasta di
partecipare a questi appuntamenti mondani, figuriamoci ora, col
concreto
rischio di incappare in Ryan e nella moglie, perché era
certa che l’avrebbe
seguito sul red carpet. Aveva anche considerato la
possibilità di dare forfait
e di non presenziare, ma da quando aveva 19 anni era solita
accompagnare il
padre in queste occasioni e l’unico modo per tirarsene fuori
sarebbe stato
avere la febbre a 40, altrimenti Andrew si sarebbe insospettito.
Mancavano una manciata di giorni alla
cerimonia dei Golden
Globes, e la ragazza pregava in ogni lingua di beccarsi anche solo una
tonsillite per restare a casa, ma non ci sperava, visto il clima sempre
piuttosto mite della California. Aveva già scelto un abito
con l’aiuto di
Skyler, aveva fatto l’ultima prova il giorno prima, e stava
spendendo i giorni
che mancavano al grande evento trottolando dall’ufficio alla
fondazione, con
alcuni incontri di lavoro con sceneggiatori e registi vari nel mezzo. Era un periodo molto
impegnativo per le case
di produzione, e visto che suo padre stava facendo avanti ed indietro
da New
York in quei giorni, la figlia lo sostituiva appena possibile agli
incontri a
Los Angeles. Quel
pomeriggio, stava
appunto uscendo da uno di questi appuntamenti di lavoro in una delle
sale
private del ristorante del Four Seasons, quando incrociò una
bionda dal viso
molto familiare: Blake, la moglie di Ryan. Era vicina ad uno degli
ascensori,
fasciata in un tubino rosa pesca che sembrava poco adatto al primo
pomeriggio,
con tacchi vertiginosi. Victoria rimase spiazzata, soprattutto
perché la donna
non era sola, ma in compagnia di un uomo che non era Ryan. Si tenevano
per
mano, lui si era sporto per sussurrarle qualcosa
all’orecchio, e lei sorrideva
come una gattamorta. Stava per tornare indietro, per evitare di passare
davanti
a loro, ma in quel preciso istante Blake si voltò e la vide. Dallo sguardo che le
riservò, Victoria
intuì che doveva averla riconosciuta e, soprattutto, che
doveva temeva che
potesse correre a spifferare tutto a qualcuno, magari proprio a Ryan. A
quel
punto, però, era tardi per sgattaiolare fuori
dall’uscita secondaria, così scelse
il male minore, prendendo la via della toilette e sperando che, una
volta
uscita, quei due non fossero più nei paraggi. Era appena
entrata nel bagno
delle donne, e si stava lavando le mani, quando sentì dei
passi, e poco dopo
vide avvicinarsi proprio Blake.
Era una situazione quasi surreale, ma
decise di fare finta
di nulla, e si limitò ad abbozzare educatamente un sorriso,
come avrebbe fatto
con chiunque altro. Blake sorrise di rimando, ma sembrava un sorriso
forzato e tirato.
Si avvicinò al lavandino, controllò il trucco, ma
distrattamente osservava
Victoria.
“Tu sei la figlia di Avery,
vero?” disse ad un certo punto,
rompendo quell’imbarazzante silenzio.
Victoria annuì e sorrise
nuovamente “Ci siamo incontrate ad
una festa a casa di mio padre, proprio l’anno scorso di
questi tempi.”
Confermò.
“Ah si, giusto, ora
ricordo. Eri in terrazza e stavi
parlando con mio marito Ryan” precisò
l’altra, calcando la mano sulle parole
‘mio marito ’, o almeno questa fu
l’impressione della ragazza.
“Si, si, è
vero” rispose Victoria.
“Senti Victoria, non so
cosa pensi di aver visto, ma quel
tipo è solo un amico” riprese a dire la donna.
“Io non voglio sapere
niente, non sono affari miei” tagliò
corto Victoria, ma evidentemente quella risposta non bastò a
Blake, che
continuava a fissarla, come se la stesse studiando per carpirne le
intenzioni.
Seguirono alcuni istanti di silenzio,
che la moglie di Ryan
spezzò nuovamente con una domanda diretta ed inaspettata.
“Ti scopi ancora mio
marito?” le domandò a bruciapelo.
Victoria quasi trasalì, ma
cercò di non darlo a vedere.
“Come, prego?”
rispose, voltandosi verso di lei.
“Ti prego, non fare la
santarellina con me, non attacca
proprio” rimarcò l’altra
“Quelle come te le conosco da una vita. Fate tanto le
superiori, ma siete gattemorte di prima. Ho visto come ti guardava Ryan
già
quella sera, e poi a quel party dell’Amfar a New York. E poi
i viaggi
improvvisi per incontri di lavoro qui, incontri di cui la nostra agente
non
sapeva nulla. E’ pessimo a nascondere le sue tracce, sembra
quasi che voglia
farsi beccare.” Disse, con una tranquillità
disarmante, come se stesse parlando
del tempo e non del tradimento di suo marito. Ma ancora Victoria non
rispondeva
nulla. Si sentiva in colpa, era stata scoperta, e non riusciva a capire
se
fosse un bluff o se Blake fosse certa di quanto asseriva.
“Non pensare che sia la
prima volta né di essere speciale
per lui. Lui è fatto così, ogni tanto scivola, ma
so che torna sempre a casa da
me. Prima o poi si stancherà anche di te e ti
scaricherà” continuò a dire e
sembrava provare un gusto quasi sadico nel metterla
nell’angolino, a dispetto
della sua aria angelica e mite.
“O forse ti ha
già scaricata?” la incalzò, facendo
qualche
passo verso di lei ed incrociando le braccia al petto, fissandola con
aria di
sfida.
“Non so di che parli Blake,
non ne ho proprio idea. E
francamente, dopo quello che ho visto, direi che sei proprio
l’ultima persona
al mondo a potermi fare lezioni di morale” rispose a quel
punto la ragazza,
sforzandosi di sembrare sicura. Si era fatta mille paranoie ed ora
invece
scopriva che anche lei tradiva il marito.
“Ho letto dei messaggi sul
suo cellulare” riprese a dire
Blake “Te l’ho detto, lui in fondo vuole che lo
becchi. Non cambia il pin del
cellulare da anni. Dove vi vedete? In qualche motel da quattro soldi
fuori mano
oppure ti ha per caso portata in una casa a Beverly Hills. Ti ha detto
che è
sua? O ti ha propinato la balla dell’amico che lavora fuori e
gli fa un favore?
E’ lì dove porta le sue conquiste quando
è qui. Non avrai davvero pensato di
essere l’unica?” sottolineò quasi a
volerla schernire.
A quel punto, però,
Victoria iniziò a spazientirsi. Non era
orgogliosa di essere stata l’amante di un uomo sposato, ma
non ci stava a
prendere tutta la colpa ed il biasimo, tanto più ora che
aveva visto anche la
signora Reynolds con un altro uomo.
“Se sai tutto,
perché stiamo qui a parlarne? Perché non ne
parli con tuo marito?” rispose seria.
L’altra sorrise, sempre con
quell’aria insopportabilmente
provocatoria.
“Non serve che ne parli con
lui. So già come andrebbe a
finire. Discussioni, litigate, poi tornerebbe con la coda fra le gambe
a
scusarsi, come qualsiasi altro uomo beccato in flagrante. Dopo la
delusione
iniziale, ho pensato che fosse equo rendergli pan per focaccia, e
ripagarlo con
la stessa moneta. E se mai dovesse anche solo parlare di divorzio gli
renderei
la vita molto molto difficile. Per non parlare delle bambine. Le
vedrebbe col
contagocce “ aggiunse con una calma irritante. Era veramente
una strega. Era
disposta a passar sopra a tradimenti di cui era a conoscenza per non
perdere la
faccia e non subire l’onta pubblica di un divorzio. E
naturalmente, nel frattempo,
anche lei si dava da fare e non rimaneva a subire passivamente le
corna. Forse
quei due si meritavano davvero a vicenda e Victoria non li invidiava
minimamente. Dovevano essere entrambi due infelici per accettare una
vita a due
a queste condizioni.
“Non vedo e sento Ryan da
mesi. E non ho altro da dire. Non
voglio essere coinvolta nelle vostre beghe.”
Tagliò corto Victoria, oltrepassandola
per guadagnare l’uscita, perchè non vedeva
l’ora di uscire di lì.
“Sarà meglio che
sia vero” aggiunse Blake “Altrimenti
qualche pettegolezzo potrebbe arrivare a qualche sito di gossip o,
peggio
ancora, a tuo padre” le disse Blake, minacciandola davvero
poco velatamente.
A quel punto sentì davvero
una gran rabbia, tornò sui suoi
passi e si avvicinò con aria seria ed altrettanto minacciosa
alla donna.
“Come ti ho detto, non vedo
e sento tuo marito da mesi. I
vostri problemi coniugali non mi riguardano e non mi interessano. Non
permetterti mai più di minacciarmi” aggiunse.
“Altrimenti cosa fai,
ragazzina?” la provocò.
“Non sei l’unica
capace di giocare sporco. Non dimenticarti
di chi sono figlia. Potrei crearti problemi anche io, il tipo di
problemi che
non ti permetterebbero nemmeno di essere presa per la
pubblicità di un
dentifricio, sono stata chiara?” disse seria e con un tono
perentorio che non
pensava di avere.
Blake cambiò espressione,
si ammutolì di colpo e la ragazza
riuscì, finalmente, ad andarsene di lì.
Quell’incontro, tuttavia, la lasciò
davvero con l’amaro in bocca, e con una lunga serie di
domande in testa. Non
aveva ancora dimenticato la relazione con Ryan, ma quantomeno era
riuscita a
ritrovare una parvenza di equilibrio, che era però appena
stata spazzata via
dall’incontro inaspettato con Blake. Le aveva rivelato che
Ryan l’aveva tradita
più volte, che quella villa di Beverly Hills era sua, e
cominciava davvero a
pensare di essere stata solo una stupida, e di essere caduta bella
classica
tela del marito fedifrago, come da cliché. Che razza di
matrimonio era il loro?
Entrambi sembravano ossessionati dalla loro immagine pubblica e si
tradivano a
vicenda. Che razza di persone erano? E quanto era stata ingenua lei a
farsi
irretire in queste trame da soap opera di serie B? Era delusa,
arrabbiata,
anche disgustata, e quasi schifata perché comunque faceva
parte, pur se con un
ruolo diverso, di quell’ambiente e di quel mondo anche lei.
Come spesso accadeva ultimamente,
anche in quel caso fu
Skyler la sua confidente.
“Che strega! Povero
Ryan” commentò la sua amica.
“A me fanno pena tutti e
due, guarda! Si preoccupano così
tanto di restare sposati ma si riempiono di corna a vicenda”
osservò
Victoria “Comunque,
affari loro! Non
voglio saperne niente, mi fanno pena entrambi. Come si fa a restare
sposati a
queste condizioni? Senza amore, senza fiducia, con tradimenti forse
reciproci,
sempre sul chi vive, sempre pronti a pensare a come fregare
l’altro. E’
allucinante! Che razza di gentaglia è? Ma sono tutti
così gli attori? No perché
allora ho sbagliato lavoro, forse dovrei andare al McDonald’s
e fare la
cameriera” concluse stranita.
“Oddio, vorrei vedere la
faccia di tuo padre quando gli
dirai che cambi lavoro” rise Skyler, cercando di
sdrammatizzare.
“Io te l’avevo
detto che la stragrande maggioranza delle
relazioni fra attori e gente famosa è così, ma
ogni volta mi tacci di essere
cinica e non mi dai retta” aggiunse l’amica
“So che è squallido e triste, ma
così è. E resto sempre convinta che in fondo
comunque Ryan sia il meno peggio
che ti poteva capitare. “ disse ancora.
“Non credo proprio.
Chissà quante se n’è scopato prima di
me
in quella casa o chissà dove” rispose piccata
Victoria.
“Non fare il gioco di
Blake. Non sto dicendo che non sia
vero, ma non prenderei per ora colato quello che ha detto quella
vipera. Ha
fatto apposta, voleva ferirti ed umiliarti perché si
è sentita umiliata anche
lei. Con tutti gli impegni che Ryan ha avuto negli ultimi mesi, pensi
davvero
che sarebbe riuscito a tenere in piedi altre storie parallele? O che
abbia
fatto con altre quello che ha fatto con te? Insomma, io so quello che
mi hai
raccontato, non stavo con voi, ma anche se è andata a finire
male, non penso
dovresti mettere in dubbio tutto per i deliri di sua moglie. Mi hai
raccontato
di come si è aperto con te, delle sue confidenze, e tutti
gli incontri rubati
qua e là. Dai, se ha finto per tutto il tempo avrebbe
già dovuto vincere un
Oscar!” le fece notare.
“Anzi, secondo me dovresti
avvisarlo che la moglie sa di voi
e che ti ha minacciata” disse ancora.
“Pure?”
rimarcò perplessa Victoria.
“Io credo sia il caso.
Intanto perché sei coinvolta anche
tu, e poi perché è un comportamento scorretto.
E’ un ricatto bello e buono ed
una gran vigliaccata, soprattutto minacciare di non fargli vedere le
figlie in
caso di divorzio. Io sinceramente adesso capisco perfettamente la
reazione che
ha avuto con te. Sa bene di cosa è capace la moglie, per
forza non se la
sentiva di divorziare senza essersi cautelato prima”
aggiunse. Ed in effetti,
per quanto Victoria fosse ancora arrabbiata con lui e basita dalla sua
situazione matrimoniale, non poteva dar torto all’amica, la
sua analisi non
faceva una piega.
“Non lo so” disse
sospirando “Non lo sento da mesi, da
quando ho troncato e non so se mi va di risentirlo” ammise,
giocherellando con
una collana che portava.
“Non devi farlo oggi,
nemmeno domani, ma almeno pensaci” le
suggerì l’amica.
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Capitolo 13 *** Cap. 13 ***
Ormai mancavano pochissimi giorni ai
Golden Globes. Victoria
a quel punto non vedeva l’ora di arrivare al giorno dopo, e
di archiviare
questa incombenza mondana, pregando di non incrociare nemmeno per
sbaglio Ryan,
circostanza piuttosto improbabile. Tuttavia, causa anche il fortuito
scontro con
sua moglie, in quegli ultimi giorni aveva ripensato spesso a lui,
all’ultimo
incontro, al litigio che li aveva portati a troncare, così
come alle parole di
Blake. Ed ora forse non era più così sicura di
aver fatto la scelta giusta.
Certo, il loro matrimonio non meritava nemmeno di essere definito tale,
per lei
il loro rapporto era inconcepibile ed assurdo, ma iniziava a vedere le
cose in
una prospettiva diversa ed in fondo, anche se non l’avrebbe
mai ammesso, era dispiaciuta
per Ryan, perché di certo non poteva essere sereno ed
appagato in quella
situazione.
La cerimonia si sarebbe svolta di
domenica, come di
consueto, al Beverly Hilton Hotel. Già dalla mattina presto,
la stanza di
Victoria era stata invasa da professionisti della cosmesi e della
bellezza, il
‘team del restauro’, come lo chiamava lei. Con lei
anche Skyler, pronta per
partecipare all’evento, ed eccitata perché alcuni
dei clienti che rappresentava
erano nominati in diverse categorie. Anche se non amava questi eventi
mondani,
Victoria non poteva comunque lamentarsi. Era rilassante farsi viziare e
coccolare ogni tanto, e tutti i trattamenti di bellezza, le maschere,
manicure
e pedicure la aiutarono a rilassarsi ed a staccare per qualche ora il
cervello.
Per l’occasione, Skyler aveva scelto un vestito da vera e
propria principessa
di Dior, completamente bianco, che ricordava un abito da sposa.
“Dato che dubito fortemente
mi sposerò mai, almeno per
stasera voglio provare l’ebbrezza di sentirmi una
sposina!” esclamò divertita,
controllandosi allo specchio.
Victoria, invece, aveva optato, come
spesso succedeva, per
un abito nero. Era un colore che amava, e che le donava particolarmente
vista
la carnagione chiara, i capelli biondo miele e gli occhi verde/azzurro.
Era
senza spalline, fasciante, valorizzava il suo fisico ben proporzionato
e
formoso nei punti giusti, ed aveva uno spacco intrigante, ma per nulla
volgare.
Era impreziosito, sul bustino, da ricami di fiori con gemme incastonate
che
creavano dei suggestivi giochi di luce. A completare
l’outfit, una parure di
Cartier, composta da collier ed orecchini in oro bianco con diamanti ed
onice.
Aveva scelto un trucco leggero, sottolineando in particolar modo lo
sguardo ed
aveva raccolto i capelli in un morbido chignon, dal quale sfuggivano in
maniera
apparentemente casuale alcune ciocche ad incorniciarle il viso. Erano
entrambe
bellissime, ed Andrew, da bravo cavaliere le riempì di
complimenti.
“Anche quest’anno
sarò io l’uomo più invidiato. Siete
entrambe stupende” disse l’uomo, vedendo scendere
la figlia e la sua amica,
pronte per salire sulla limousine e dirigersi al Beverly Hilton.
Appena l’auto si
fermò, iniziarono a sentire le urla dei
fans di questo o quell’attore, già appostati da
ore dietro le transenne per
vedere i propri beniamini. Non era certo la prima volta per Victoria,
ma ogni
anno le sembrava come lo fosse, non si era ancora abituata.
Così come non si
era ancora abituata al red carpet ed al rito delle foto. Skyler,
invece, si
divertiva un mondo, viveva tutto come un gioco, cercando di far
sciogliere un
po' anche l’amica. Andrew, dopo qualche scatto con la figlia,
l’aveva lasciata
posare da sola, approfittandone per rispondere alle domande di qualche
giornalista. Sia Skyler che Victoria erano note
nell’ambiente, quindi i
fotografi iniziarono a chiamare a gran voce anche loro per aggiudicarsi
gli
scatti migliori.
Dopo circa venti minuti di quella
‘tortura’, finalmente le
ragazze ed Avery riuscirono ad entrare nella sala dove, di
lì a poco, sarebbe
iniziata la cerimonia. Era finemente addobbata, ed i tavoli erano stati
apparecchiati con tovaglie di ottima fattura, ricamate, con
centrotavola molto
eleganti e raffinati, così come piatti e bicchieri, tutto
era di prima qualità,
ovviamente. I tavoli erano già stati assegnati e, come
sempre, Andrew Avery
sedeva in uno di quelli centrali, a pochi passi dal palco, insieme ad
alcuni
suoi fidati sceneggiatori e soci. Il salone iniziò ben
presto a riempirsi degli
ospiti, nominati ai premi e non, e Victoria cercò di evitare
di guardarsi
troppo intorno, per non incrociare nemmeno per sbaglio Ryan. Era
passata
velocemente dal red carpet all’interno dell’Hotel
per evitare di vederlo.
Fortuna o sfortuna vollero che lui e
la moglie fossero
esattamente al tavolo sistemato dietro quello di Avery, così
in pratica
Victoria si ritrovò a dar loro le spalle. Tuttavia, sapere
che era proprio
dietro di lei, le provocò un certo turbamento, che si era
illusa di poter
controllare. Così vicini eppure mai così lontani.
Come sempre per le loro apparizioni
di coppia, Blake e Ryan sembravano
perfetti, l’incarnazione vivente del principe e della
principessa delle favole.
Avrebbero potuto interpretare un adattamento cinematografico della
Bella
Addormentata, lei nei panni di Aurora e lui del Principe Filippo, tanto
erano
perfetti, quasi troppo perfetti per sembrare veri. Lei era fasciata in
un abito
nero di velluto, con inserti dorati, sorridente e per niente restia a
posare
per i fotografi ed i paparazzi che la chiamavano, mentre lui indossava
un
tuxedo blu scuro con profili neri e farfallino, e sembrava impaziente
di
fuggire dai flash. Era bellissimo, anche se il suo sguardo tradiva
sempre
quella nota malinconica che Victoria aveva imparato a conoscere.
La cerimonia iniziò con
qualche minuto di ritardo. Il
conduttore di quell’anno era Jimmy Fallon, che
riuscì a coinvolgere il pubblico
col il monologo iniziale, al quale prese parte anche Ryan, in una sorta
di
parodia del ruolo interpretato dall’omonimo Gosling in La La
Land, candidato a
diversi premi. E poi salì nuovamente sul palco per
presentare una categoria, ed
ogni volta che appariva e che sentiva la sua voce, per Victoria era
come
spargere sale su una ferita ancora aperta, per quanto si sforzasse
ovviamente
di mascherare il suo stato d’animo. Di certo non era il luogo
né il momento per
farsi prendere dai ricordi della breve parentesi che avevano condiviso
e poi
aveva la sensazione che suo padre si voltasse verso di lei, come a
controllarla, proprio ogni volta che Ryan saliva o scendeva dal palco
per
raggiungere la sala. Inutile dire che quella serata le
risultò interminabile,
ma alla fine arrivò anche la conclusione della cerimonia,
non della serata,
però. C’era il consueto after party della Warner
Bros, ed ovviamente sarebbe
dovuta andare, almeno per presenziare e fare un po' di pubbliche
relazioni
insieme al padre. Così, dopo un veloce cambio
d’abito, i tre raggiunsero la
location del party, poco distante dall’Hilton.
C’erano già
diversi ospiti, praticamente sembrava che
l’intera sala dell’Hilton si fosse trasferita a
quell’after party. C’erano
‘addetti ai lavori’ che Victoria conosceva
più o meno di vista, attori ed
attrici, registi, produttori come suo padre. Erano tutti su di giri ed
in vena
di festeggiare, soprattutto i candidati che erano riusciti a portarsi a
casa
l’ambito premio. Ad un certo punto, quando ormai era
lì da un’ora abbondante,
la ragazza vide con la coda dell’occhio Blake e Ryan.
Sembrava che stessero
discutendo, lei gesticolava e parlava quasi a mezza bocca, sicuramente
per non
farsi sentire, ma era evidente che fossero nel bel mezzo di un
battibecco, ed
alla fine lui si allontanò per raggiungere la zona bar. Sua
moglie era
palesemente contrariata, ma cercò di far finta di niente,
dato il momento e la
sala piena di persone, ma quando alzò lo sguardo
incrociò quello di Victoria e
la sua espressione si indurì. Fu questione di pochi minuti,
poi la vide sparire
in direzione della toilette.
La ragazza era combattuta, non sapeva
cosa fare. Aveva vogli
di avvicinarsi a Ryan, in fondo non c’era niente di male
nell’andare a
prendersi da bere e salutare un conoscente, ma aveva anche paura della
reazione
che avrebbe potuto avere lui, o sua moglie, in caso li avesse visti.
Però Blake
non era nei paraggi in quel momento; Andrew era impegnato a parlare con
Scorzese, e Skyler stava parlottando con la Hathaway, quindi alla fine
si
decise, e si avvicinò alla zona bar, dall’altra
parte della sala.
Ryan era lì da solo,
seduto al bancone, con l’aria
pensierosa, ed un bicchiere di scotch davanti.
“Posso avere un Apple
Martini, per favore?” disse,
rivolgendosi al bartender.
Ryan, riconoscendo la sua voce, si
voltò quasi di scatto,
fissandola con un’espressione indecifrabile. Lei non riusciva
a capire cosa gli
stava passando per la testa, se fosse sorpreso, felice di rivederla
oppure
seccato dalla sua vicinanza. Alla fine stirò una specie di
striminzito sorriso
di circostanza e bevve un sorso del suo scotch. Nel frattempo il
cameriere le
servì il drink che aveva richiesto, per poi passare ad altri
ospiti e lei si
accomodò su uno sgabello, vicino a quello di Ryan.
“Signorina Avery”
disse lui, quasi a voler sottolineare un
certo distacco, rompendo quel silenzio, senza però guardarla
“Come mai fra noi?
Sarà già stato uno sforzo immane per te
mischiarti a noi poveri morti di fama
per la cerimonia, ma addirittura l’after party?” le
chiese con malcelato
sarcasmo.
“Ho abbondato con lo
Chardonnay durante la premiazione e la
cena. E vedo che il bar qui è fornito, quindi dovrei avere
ancora un po' di
autonomia per sopportare voi attori volubili” rispose lei per
le rime.
Lui incassò il colpo,
finì d’un fiato quel che rimaneva
dello scotch e fece per alzarsi, ma lei lo fermò.
“No, per favore, aspetta.
Non andare” gli disse, quasi in un
soffio, ma sicura che avesse sentito. Infatti si bloccò e
restò seduto.
“Mi dispiace che tu non
abbia vinto il Golden Globe. Gosling
è stato bravo, ma se avessi vinto tu avresti aperto le porte
a tanti altri tuoi
colleghi che si sono cimentati col mondo dei super eroi. E poi te lo
meritavi,
solo per l’impegno e la tenacia che ci hai messo per fare il
film dopo anni di
porte sbattute in faccia” disse.
Lui si voltò verso di lei
e la guardò stranito, come se a
tutto pensasse tranne all’aver perso il premio.
“Era già tanto
essere candidato, non mi aspettavo davvero di
vincere” rispose un po' asciutto, stringendo le spalle.
“Tutto qui? Era questo che
volevi dirmi?” rimarcò fissandola
perplesso, ma ancora lei non si voltava verso di lui e giocherellava
col suo
bicchiere.
“No” rispose dopo
qualche istante “Ma questo non è il
momento né il posto per dirti quello che vorrei”
ammise, alzando finalmente lo
sguardo su di lui.
A quel punto, Ryan sembrava
genuinamente spiazzato.
“Quanto ti fermi
qui?” gli chiese.
“Un altro paio di giorni al
massimo” rispose “Ma pensavo che
non volessi più avere a che fare con me” la
punzecchiò.
“Possiamo vederci al solito
posto? Nella villa che spacci
per quella di un tuo amico, e che in realtà è
tua?” ribatté lei, spiazzandolo
di nuovo.
Tuttavia, non le chiese spiegazioni,
si limitò ad annuire.
“Alloggiamo al Four
Seasons, mi inventerò qualcosa e ti
raggiungerò là domani alle 16, ok? Se ci sono
problemi, mandami un messaggio.
Adesso è meglio che vada. Non sono sicuro sia una buona idea
che ci vedano
parlare insieme” aggiunse solo, prima di andarsene.
Victoria rimase ancora qualche minuto
al bar, e poi fu
raggiunta da Skyler. All’amica bastò guardarla per
capire che c’era qualche
novità, ma per parlarne liberamente dovettero aspettare la
fine della serata,
quando lasciarono il party. Andrew se n’era andato una
mezz’ora prima delle
ragazze, ma aveva lasciato a loro disposizione un’auto con
autista.
“Pensi che abbia
sbagliato?” domandò all’amica.
“Nemmeno per sogno, hai
fatto benissimo! Anzi, direi che
finalmente sei rinsavita. Ti sei fatta mille problemi e non ne valeva
la pena.
Il loro matrimonio è chiaramente una farsa, non ti stai
intromettendo nella
storia d’amore del secolo. Tu lo ami, lui ti ama,
riprenditelo. Vedrai che la
mollerà, deve solo capire come uscirne indenne”
rispose l’altra, che era già
spigliata di suo, figuriamoci alle 3 del mattino, dopo un party e
diversi drink
in circolo.
“Almeno poi lui tradisce
con discrezione e non fa il cretino
in giro. Stasera l’ho vista, faceva la gattamorta con tutti i
pezzi grossi
della Warner, ci mancava giusto che si strusciasse addosso a
qualcuno”
aggiunse.
Poco dopo l’auto si
fermò davanti all’appartamento di
Skyler, e poi ripartì per dirigersi a Villa Avery. Inutile
dire che per
Victoria fu piuttosto complicato prendere sonno. Era stanca, ma
continuava a
pensare a Ryan, all’effetto che le aveva fatto rivederlo e
parlargli, a cosa
gli avrebbe detto l’indomani, a come avrebbe potuto reagire
lui. Dormì poco e
male e l’indomani si svegliò con un bel mal di
testa. Bevve due belle tazze di
caffè nero, prese un’aspirina e poi in tarda
mattinata andò in fondazione, per
sbrigare alcune cose, e da lì andò direttamente
alla casa di Beverly Hills.
Era un po' in anticipo, non erano
ancora le 16, ma Ryan era
già lì ed ancora prima che scendesse per suonare
il citofono, vide il cancello
del viale aprirsi. Lui la aspettò sulla soglia, ed una volta
entrata, richiuse
la porta alle loro spalle.
“Non ho molto tempo. Le ho
detto che dovevo vedere Rhett, ma
fra un’ora al massimo dovrò rientrare. Abbiamo il
volo stasera” le disse, con
un tono piuttosto asciutto, ed affondando le mani nelle tasche dei
jeans. Era
chiaro che fosse ancora risentito ed arrabbiato, e che non le avrebbe
reso il
compito facile.
“Come mai hai voluto
vedermi?” la incalzò.
“Dritto al sodo!”
osservò lei, sedendosi sul divano.
“Non
c’è motivo di perdere tempo, non trovi?”
rimarcò,
sedendosi a sua volta, ma sulla poltrona.
Victoria
lo osservò
per qualche istante e poi prese un bel respiro, per darsi coraggio. Era
piuttosto orgogliosa, ma sapeva ammettere i propri errori, ed anche se
non era
semplice per lei chiedergli scusa, sentiva di essere in dolo con lui.
“Non ci girerò
troppo intorno, volevo solo dirti che mi
dispiace per come sono andate le cose fra noi, per quello che ti ho
detto
l’ultima volta che ci siamo visti. Sono stata troppo severa
forse, troppo
rigida, ti ho giudicato e non era mia intenzione” disse,
quasi d’un fiato.
Lui la ascoltava e la scrutava
attentamente, come se volesse
leggerle dentro.
“E come mai sei arrivata a
questa conclusione?” le domandò
sorpreso, incrociando le braccia al petto “Insomma, mi sei
sembrata molto
convinta e sicura di quello che dicevi. Hai anche detto che mi sono
venduto
l’anima al diavolo per restare famoso, e ti cito
testualmente” precisò,
inarcando appena un sopracciglio.
“Si, mi ricordo bene cosa
ti ho detto e ti ho chiesto scusa.
Diciamo che forse ora vedo le cose in una prospettiva
diversa” rispose lei.
“Ah, una prospettiva
diversa” rimarcò lui, che non sembrava
molto convinto.
Seguirono alcuni istanti di pesante
silenzio, in cui lui
continuava a scrutarla. Alla fine sospirò ed
appoggiò la schiena allo schienale
della poltrona.
“Cosa ti ha detto Blake?
Perché c’è lei dietro questo
repentino cambio di prospettiva, vero? Ed immagino sia stata lei a
dirti che
questa casa è mia” riprese a dire, calando
l’asso ed arrivando al nocciolo
della questione.
Victoria si sentì messa
nell’angolino, si sentì piccola e
pure un po' stupida. Evidentemente era un libro aperto per lui, era
prevedibile
e forse lo era anche Blake.
“L’ho incontrata
per caso al Four Seasons pochi giorni prima
dei Golden Globes. Ho cercato di evitarla, ma ormai mi aveva vista e mi
ha
raggiunta nei bagni. Sapeva di noi, ha letto dei messaggi sul tuo
cellulare e
mi ha detto che questo è l’alcova che usi con
tutte le tue conquiste. A suo
dire non è la prima volta che la tradisci, ed ogni volta
però torni da lei con
la coda fra le gambe” aggiunse ed a quel punto a Ryan
scappò una risata. Di
certo non sembrava scalfito né sorpreso da quello che la
moglie diceva di lui.
“Non ho mai negato di
averla tradita. Ti avevo detto che era
già successo un paio di volte, ma ti ho anche detto che non
c’era mai stato
nessun coinvolgimento e che sei stata la prima per cui ho sentito
qualcosa che
andasse oltre l’attrazione fisica.”
Precisò e Victoria non poteva contraddirlo
perché era la verità “E non ti ho detto
che questa casa è mia perché temevo
avresti pensato subito che la usavo come una specie di
garconnière per portarci
la fiamma di turno. Non sono un santo, mai detto di esserlo, ma con te
è stato
diverso, e non ti ho mai mentito”.
“Era sola?” le
domandò poi a bruciapelo.
Victoria alzò di scatto lo
sguardo su di lui, incerta, ma
alla fine fece segno di no col capo.
“Ah ecco, adesso
è tutto chiaro” riprese a dire lui, come se
avesse risolto un enigma particolarmente complesso.
“L’hai vista con
un altro, adesso sai che anche lei mi
tradisce, quindi ti senti meno in colpa, e hai pensato che magari
avremmo
potuto ricominciare da dove ci eravamo interrotti” disse con
ovvietà, sicuro
delle sue affermazioni.
“Si…cioè
no…insomma, non lo so! Io volevo solo chiederti
scusa” rispose lei, un po' sulle difensive. Si era scusata, e
lui sembrava
volerla mettere nell’angolo a tutti i costi.
“Mi sono sentita in colpa
per averti giudicato male, non
conoscevo tutta la situazione e sono saltata a conclusioni affrettate.
Poi
quando l’ho vista con un altro ho capito che non era una
povera vittima, e mi
sono sentita in difetto, volevo solo scusarmi, tutto qui. Ora
l’ho fatto, posso
anche andare.” Aggiunse, alzandosi per andarsene.
“Non sarei dovuta venire.
Io ti chiedo scusa, e tu mi tratti
come se avessi fatto chissà cosa! Se anche avessi cambiato
idea perché ora so
che anche lei ti tradisce, che problema ci sarebbe?”
rimarcò stranita.
A quel punto anche lui si
alzò e con una veloce falcata si
mise fra lei e la porta.
“Davvero non lo capisci o
fingi di non capire?” la incalzò
“Mi hai accusato di essere un uomo pessimo, di essermi
venduto l’anima per la
fama, ma siccome anche mia moglie mi tradisce, cambi idea su di me! Ti
serviva
questo per cambiare idea? Non bastava tutto quello che ci eravamo detti
in quei
sei mesi? Non ti erano bastate le mie confidenze? Ti ho detto cose di
me che
solo i miei fratelli sanno, non mi sono mai aperto così
tanto con nessun altro.
Ti ho detto che mi sono innamorato di te, ma tu non hai voluto
aspettare, mi
hai messo fretta, mi hai giudicato per il mio matrimonio di facciata ed
ora che
hai beccato Blake col suo amante cambi opinione e mi chiedi
scusa?” rimarcò
concitato.
Aveva ragione su tutta la linea, e si
sentiva minuscola ora,
una puffetta rispetto a lui.
Sospirò ed
abbassò lo sguardo.
“Mi dispiace, hai
ragione” disse in un soffio “Mi sono fatta
prendere dai sensi di colpa. Io non sono mai stata l’amante
di nessuno, ero
confusa, impaurita anche” continuò, alzando
finalmente lo sguardo “Non sapevo
più come gestire la cosa. Mi sentivo uno schifo, e forse ero
anche stanca di
aspettare e di dividerti con lei, non lo nego. Ma mi sentivo
così perché ero
innamorata di te e non volevo più nascondere quello che
c’era fra noi. E in
realtà, non ho mai smesso di amarti, ti ho praticamente
pensato ogni giorno”
ammise infine, mordendosi appena un labbro.
Lui continuava a guardarla, ma senza
aprire bocca, il che
non la aiutava perché non aveva proprio idea di cosa stesse
pensando.
“Meglio che me ne vada
ora” riprese a dire lei, e stava per
farlo, quando lui la fermò, trattenendola fermamente ma con
delicatezza per un
polso.
“Nemmeno io ho smesso, e ti
ho pensata sempre” rispose
infine, abbozzando un sorriso ed attirandola a sé per
abbracciarla.
Quanto le erano mancati i suoi
abbracci! Aveva quasi
dimenticato quella meravigliosa sensazione di sicurezza e protezione
che le
regalavano. La strinse forte, posandole un bacio sul capo.
“Mi farai finire al
manicomio, ragazzina” aggiunse
dolcemente in un soffio, strappandole una risata.
“Mi sei mancato. Mi
dispiace davvero, per tutto” riprese a
dire lei, alzando la testa per guardarlo ed alzandosi sulle punte per
rubargli
un bacio morbido.
“Anche tu”
rispose, ricambiando il suo bacio “Ma la mia
situazione è ancora quella. Non posso darti tempi, non posso
prometterti niente
per adesso.” Aggiunse serio.
Lei annuì.
“Lo so, e mi va bene. Sono
sicura, davvero! Non darò i
numeri fra un mese, per metterti fretta e non ti chiedo niente.
Riprendiamo da
dove ci siamo interrotti, vediamoci quando possiamo, con tutte le
precauzioni
del caso, perché Blake sa di noi, ma vediamoci. Non voglio
rinunciare a te, ed
aspetterò il tempo necessario” aggiunse senza
esitazione.
Lui sorrise ed annuì.
“Dovremo stare super
attenti! Ma visto che anche lei ha le
sue distrazioni, non può tirare la corda più di
tanto. Comunque, non devi
preoccupartene, ci penserò io” la
rassicurò, accarezzandole la testa.
Da quel giorno, Victoria e Ryan
ripresero a frequentarsi,
sempre di nascosto, ben attenti a non farsi beccare. Non che le cose si
fossero
improvvisamente semplificate, ma ora che avevano chiarito, la ragazza
si
sentiva più leggera, non sentiva più un macigno
sulla coscienza. Certo, le
pesava non poter dire nulla a suo padre, ma non era il momento, non
avrebbe
capito. Sperava, comunque, che Ryan sarebbe riuscito a risolvere la
situazione
con Blake, e che sarebbero potuti uscire allo scoperto, liberi di
vivere la
loro relazione alla luce del sole.
Passò lentamente un altro
anno, fatto di momenti rubati qua
e là, com’era ormai diventata la prassi per loro.
Si vedevano appena possibile,
incontrandosi a metà strada o approfittando di viaggi di
lavoro dell’uno o
dell’altra. Fra
di loro le cose andavano
bene, molto bene, ma i tempi non sembravano ancora maturi per arrivare
ad una
svolta. Ryan aveva parlato con la sua agente, che era poi anche quella
della
moglie, con cui condivideva anche l’addetto stampa. Da fuori,
continuavano a
mantenere la facciata di coppia inossidabile, ad apparire insieme
quando era
necessario per qualche evento, ma in realtà le trattative
erano in corso, nelle
fasi embrionali, ma pur sempre avviate, tuttavia era più
complicato di quanto
si potesse pensare. Andavano
definite
diverse questioni, da quelle economiche, a quelle relative alle visite
alle
bambine. Sicuramente quello era l’aspetto che più
preoccupava e frenava Ryan.
Non ci fossero stata le figlie, Victoria era certa che avrebbe preso in
mano la
situazione per darci un taglio netto, ma le bimbe erano il suo tallone
d’Achille, era comprensibile e Blake faceva di tutto per
sfruttarlo a suo
vantaggio. Non era semplice, ma Victoria continuava ad aspettare
pazientemente,
a stargli vicino e rassicurarlo quando ne aveva bisogno, anche se, ad
onor del
vero, Ryan faceva il possibile per non farle pesare la sua situazione e
per
fare in modo che i momenti che riuscivano a ritagliarsi fossero
dedicati solo a
loro due.
Per il resto, la ragazza continuava a
dividersi fra il
lavoro nella casa di produzione del padre, e quello in fondazione, che
le dava
grandi soddisfazioni. Era quasi sempre di corsa, molto impegnata, e fra
il
lavoro e le corse per raggiungere Ryan da qualche parte qui e
là per gli Stati
Uniti, non aveva molto tempo di riposarsi. Avrebbe voluto rallentare,
soprattutto depennare qualche impegno per la casa di produzione del
padre, ma
ultimamente lui si affidava molto a lei, delegandole diversi incarichi
e
facendosi sostituire a riunioni ed appuntamenti anche fuori
città. Le sembrava
strano, aveva la sensazione di essere come monitorata dal genitore, e a
volte
si chiedeva se sospettasse qualcosa. Quindi, nonostante una certa
stanchezza
che ultimamente avvertiva, non voleva saltare nessun impegno, anche se
aveva
accumulato molti giorni di ferie arretrati. Si convinse che era solo un
calo
fisiologico, o che forse stava covando qualcosa, si imbottì
di vitamine e
continuò ad onorare i suoi impegni, fino a quando un
pomeriggio, nel bel mezzo
di una riunione del consiglio di amministrazione della casa di
produzione,
cadde lunga distesa per terra. Quando si riprese, si
risvegliò in una stanza di
ospedale, con una flebo al braccio. Intravide suo padre dalla
finestrella della
porta, intento a parlare con un medico. Poco dopo quello stesso medico
entrò
per visitarla e per rassicurarla che era stato un calo di zuccheri,
unito ad
una leggera anemia, che si sarebbe ripresa presto, ma che sarebbe
dovuta restare
a riposo ed evitare sforzi, viste le sue condizioni.
“Le mie
condizioni?” esclamò lei stranita. Si sentiva
meglio, solo un po' stanca, e non capiva a cosa si riferisse il medico.
“Lei è incinta,
signorina. Di circa 8 settimane” le disse,
quasi con ovvietà “Dovrà stare a
riposo, evitare stress, assumere ferro e
vitamine, le prescriverò tutto. E poi con calma
farà un’ecografia, ma per il
momento direi che va tutto bene” aggiunse tranquillo.
Lei invece non credeva alle sue
orecchie. Aveva un ritardo,
ma non era stata mai molto regolare, soprattutto in periodi di forte
stress
come quello. Erano settimane che faceva la trottola su e giù
da un aereo per
lavoro o per vedere Ryan, non ci aveva dato peso. Ed invece era
incinta. Erano
sempre stati attenti, ma forse non così attenti come
credeva. Come l’avrebbe
presa lui? E suo padre? Avrebbe dovuto dirglielo, sempre che
già non lo
sapesse.
Quando il medico la
lasciò, entrò proprio suo padre.
Sembrava serio, ma Victoria si convinse che fosse per lo spavento. Non
le chiese
niente di particolare, voleva solo assicurarsi che stesse meglio e
già dopo
qualche ora fu dimessa. Tuttavia, durante il tragitto fino a casa,
Andrew
rimase stranamente in silenzio, e lo stesso quella sera a cena.
Solo l’indomani, dopo
colazione, e prima di andare in
ufficio, chiese alla figlia di raggiungerlo in studio.
“Se è per quelle
relazioni che dovevo preparare coi
prospetti ed i budget dei prossimi film in pre produzione, è
tutto a posto, sono
pronte da un paio di giorni, ho chiamato Lauren prima e le avrai in
mattinata”
lo anticipò la figlia, sperando che volesse parlarle di
lavoro.
“No, no, non è
per quello. Non sono preoccupato per il
lavoro, ma per te” disse serio.
“Ma non devi, io sto bene.
Un paio di giorni di riposo e
tornerò come nuova” rispose lei, abbozzando un
sorriso, ma il dubbio che suo
padre fosse a conoscenza del suo stato diventava sempre più
concreto.
Andrew sospirò.
“Credo sia arrivato il
momento di parlare” riprese a dire,
poi aprì il cassetto chiuso a chiave della suo scrivania, e
ne estrasse una
busta grande gialla.
Victoria si avvicinò, la
aprì e vi trovò una serie di scatti
suoi e di Ryan insieme. Erano scatti di mesi fa, ma anche
più recenti, come se
qualcuno li avesse seguiti.
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Capitolo 14 *** Cap. 14 ***
“Ma…cosa?”
farfugliò incredula, alternando lo sguardo dalle
foto al padre.
“Dimmelo tu cosa sono. Cosa
significa?” la incalzò Andrew
“Avevo intuito che mi nascondevi qualcosa, ma mai e poi mai
avrei pensato che
ti saresti fatta abbindolare da un attoruncolo qualsiasi fino a
diventare la
sua amante.” Concluse serio.
“Mi hai fatta
seguire?” gli domandò stranita “Come hai
potuto?” rimarcò delusa.
“Come ho potuto? Sono tuo
padre, mi preoccupo per te! Stai
buttando via la tua vita per essere lo svago del mese di
quell’attore da
strapazzo, che per giunta è sposato e con una
famiglia” rimarcò serio e con una
durezza nello sguardo che non le aveva mai riservato.
“Tu non lo conosci, non sai
niente di lui” rispose la
figlia, lasciando ricadere le foto sulla scrivania “Come hai
potuto fare una
cosa simile? Sono tua figlia, e mi hai messo alle calcagna un
investigatore?”
“Certo, e lo rifarei mille
volte. Tu sei troppo ingenua, non
sai di cosa sono capaci certi uomini. Quello vuole solo
usarti” tagliò corto.
“Ryan mi ama, non gliene
frega niente del mio cognome, di te
o della casa di produzione” sbottò ferita e punta
nell’orgoglio. Non ci stava a
passare per una povera cretina che si fa irretire.
“Se ti ama così
tanto perché è ancora sposato? Quello ti sta
usando, non capisci?” rispose lui, alzando la voce, tanto da
farla quasi
sussultare.
Avevano sempre avuto un ottimo
rapporto, Andrew le aveva
fatto anche da madre, a modo suo ovviamente, ma non c’erano
mai stati screzi,
né lei gli aveva mai dato modo di preoccuparsi per lui.
“Tesoro, io ti voglio bene,
lo sai, e voglio solo aiutarti,
ma devi capire che quell’uomo ti sta prendendo in
giro” riprese a dire,
cercando di calmarsi.
“Non mi serve il tuo aiuto.
Se solo lo conoscessi, capiresti
perché mi sono innamorata di lui. So che la situazione
è poco ortodossa, ma…”
stava dicendo.
“Poco ortodossa?”
sbottò Andrew “Sei l’amante di un uomo
sposato e aspetti un figlio da lui!” aggiunse.
A quel punto non c’era
più dubbio, sapeva tutto. Victoria si
sentì quasi mancare il fiato e si mise a sedere.
“Credevi non lo
sapessi?” osservò lui “Quando ieri il
medico
me l’ha detto, pensavo fosse uno scherzo. Era convinto che tu
lo sapessi e che
ne fossi a conoscenza anche io. Cosa pensi che farà il tuo
caro Ryan? Pensi che
farà i salti? Sono così deluso. Sei sempre stata
una ragazza con la testa sulle
spalle, giudiziosa. Pensavo avessi capito che nel nostro ambiente ci
sono
persone opportuniste e senza scrupoli, e invece ti sei fatta
imbambolare dal
primo belloccio con due moine” la incalzò,
stentando a mascherare il suo
nervosismo e disappunto.
“Dobbiamo sistemare questa
situazione” aggiunse sospirando.
“Cosa intendi?”
rimarcò lei, sempre più perplessa. Le
sembrava improvvisamente di non riconoscere più in
quell’uomo suo padre.
“Intendo dire che bisogna
trovare una soluzione al problema.
Puoi interrompere la gravidanza o dare il bambino in adozione. E devi
troncare
questa tresca con quel Reynolds prima che tutti vengano a
saperlo” disse serio
e quasi spazientito, come se la sua risposta fosse ovvia.
“Non dici sul
serio” farfugliò Victoria, ma
dall’espressione
del padre capì che era terribilmente serio e convinto di
avere ragione.
“No!” rispose
perentoria “Non lo farò mai. Anche se non era
programmato, terrò questo bambino, lo crescerò
con Ryan, o anche da sola se lui
non volesse, ma non me ne sbarazzerò. E mi meraviglia che tu
possa anche solo
pensare una cosa simile” concluse asciutta e ferita.
“Bene, allora non
c’è niente da aggiungere. Se questa è
la
tua decisione, se vuoi ostinarti a rovinarti la vita, continua a farlo,
ma
lontano da qui” rispose Andrew, per nulla disposto a cedere.
“Mi stai cacciando ci
casa?” rimarcò, sempre più
sconcertata.
“Se questo è il
modo in cui hai deciso di vivere la tua
vita, si. Prendi le tue cose e cerca un’altra
sistemazione.” Tagliò corto lui e
senza nemmeno darle modo di rispondere, si alzò e se ne
andò, sbattendo la
porta.
Victoria rimase lì,
incredula, ferita, delusa, con le
lacrime agli occhi. Aveva sempre trovato un sostegno ed un supporto in
suo padre
in tutti quegli anni, e non le sembrava vero di ritrovarsi ora in
quella
situazione assurda, quasi surreale. Mai come allora aveva sentito il
bisogno di
sua madre accanto. Aveva appena scoperto di essere incinta, si sentiva
smarrita, spaventata anche, aveva paura della reazione di Ryan, paura
che
rifiutasse lei ed il bambino. Avrebbe avuto bisogno di comprensione e
protezione e proprio suo padre l’aveva messa di fronte ad un
out out, arrivando
addirittura a cacciarla, come se si fosse macchiata di
chissà quale grave
macchia!
Dopo un iniziale e comprensibile smarrimento, Victoria salì
nella sua camera,
iniziò ad infilare vestiti ed altre cose alla rinfusa in una
valigia, e poi
andò da sua zia Charlotte. Skyler era fuori per lavoro, ed
in ogni caso sua zia
era la figura femminile più simile e vicina a quella materna
cui poter far
riferimento.
A Charlotte bastò vedere
l’espressione triste della nipote
ed i suoi occhi arrossati per capire che era successo qualcosa di
serio, ma mai
si sarebbe aspettava di sentire quello che la ragazza aveva da dirle.
Sapeva
della sua relazione con un uomo sposato, questo Vicky glielo aveva
detto all’inizio
della sua storia con Ryan, ora sapeva anche con precisione chi fosse
quest’uomo
misterioso, ma non fu tanto quello a sconcertarla, quanto la reazione
di
Andrew.
“Giuro che vado da lui e lo
faccio ragionare a costo di
prenderlo a ceffoni! Ma cosa gli dice il cervello?”
sbottò Charlotte. Era
sempre stata una donna molto equilibrata, posata, difficilmente aveva
reazioni
veementi, ma in quel caso la rabbia ed il dispiacere per quanto stava
passando
la nipote avevano avuto la meglio. Faceva avanti ed indietro per il
salotto
come un animale in gabbia e sarebbe stata più che capace di
difendere Victoria,
che per lei era una figlia, proprio come una leonessa, se necessario.
“Conosci papà.
E’ testardo e quando si mette in testa
qualcosa, non si riesce a fargli cambiare idea. Si è
convinto che Ryan mi stia
usando, e che io sia una povera stupida che si è fatta
plagiare da due moine.
Non cambierà idea” osservò stancamente
la ragazza, con gli occhi ancora rossi,
restando accoccolata sul divano del salotto, con una coperta addosso.
“Ma sei sua figlia!
Possibile che non riesca a capire che in
questo momento hai bisogno di affetto, di comprensione e di
tranquillità?”
insistette la donna “Se tua madre fosse
qui…” aggiunse, ma poi si bloccò.
Si passò una mano fra i
capelli, sospirò e poi si avvicinò
alla nipote, sedendosi accanto a lei.
“Magari fosse
qui” disse in un soffio Victoria, intristendosi
ulteriormente.
“Lo so, tesoro. Non sai
quanto lo vorrei anche io! Ma sono
convinta che sia qui, solo non nel modo o nella forma che
vorremmo” osservò
dolcemente, accarezzandole il viso.
“Per fortuna ci sei tu,
zia” aggiunse la ragazza,
abbracciandola stretta. Era davvero smarrita come un cucciolo
“Non so cosa devo
fare” disse in un soffio.
“Per prima cosa, devi
mangiare qualcosa, anche se non hai
fame, devi sforzarti. Devi tenerti in forze” riprese a dire
Charlotte,
staccandosi appena, e scostandole alcuni capelli dal viso, con fare
materno “E
poi devi dire del bambino a Ryan. Rimandare non servirà a
niente, prima saprà e
meglio sarà. Immagino anche che dovrà rivedere i
suoi piani con la moglie sul
divorzio e velocizzare i tempi, quindi è giusto che sappia.
E per il resto,
vedremo man mano. Non sei sola, tesoro” la
rassicurò.
La ragazza rimase in silenzio alcuni
istanti, ma era
evidente che stesse pensando a qualcosa.
“E se lui non la prendesse
bene? Se pensasse che l’ho fatto
apposta per incastrarlo, per mettergli fretta?”
domandò concitata “Se non
volesse saperne niente del bambino?” aggiunse impaurita,
alzando il suo sguardo
smarrito sulla zia.
“Allora sarebbe un idiota,
e sarebbe meglio perderlo che
trovarlo!” rispose Charlotte, senza alcuna esitazione
“Qualsiasi cosa succeda
con lui o con tuo padre, io ci sarò sempre per te. Non ti
lascerei mai sola. Se
questo Ryan malauguratamente si comportasse da imbecille e si
rifiutasse di
fare il suo dovere, allora ti occuperai del bambino o bambina senza di
lui, ed
io ti darò una mano!” la rassicurò.
“Adesso però
basta pensieri tristi e basta preoccuparsi!
Riposati un po', io intanto preparo qualcosa da mangiare”
riprese a dire.
Poco dopo si misero a tavola, e
Victoria si sforzò di
mangiare qualcosa, più che altro per tenersi in forze e per
il bambino, ma
aveva lo stomaco quasi completamente chiuso. Sua zia non la
forzò, capiva che
era un momento difficile, e dopocena la ragazza salì nella
stanza degli ospiti
per riposare. Ryan la chiamò un paio di volte, ma lei non si
sentiva ancora
pronta per parlargli. Non gli avrebbe mai dato una notizia
così importante per
telefono, ma era certa che lui avrebbe capito che qualcosa non andava
solo dal
tono della sua voce, così preferì non rispondere,
e prima di addormentarsi gli
inviò un messaggio per rassicurarlo che stava bene, e che
l’avrebbe richiamato
l’indomani. Nonostante i tanti pensieri che la tormentavano,
era stata una
giornata talmente pesante, che riuscì ad addormentarsi quasi
subito, e fece
tutta una tirata fino all’indomani.
Fece colazione con sua zia Charlotte, che aveva appositamente aspettato
che
scendesse prima di scappare in fondazione, ma le aveva lasciato
integratori e
vitamine da prendere in cucina, e si era raccomandata di chiamarla per
ogni
evenienza.
La ragazza controllò
distrattamente il cellulare, mentre
finiva la colazione. C’era un messaggio di Ryan, ma
nient’altro. Sperava di
trovare una chiamata o un messaggio di suo padre, ma niente,
esattamente come
temeva.
A
quel punto, si
decise a chiamare Ryan, sperando che avrebbero potuto vedersi presto,
così gli
avrebbe dato la notizia di persona. Lei difficilmente si sarebbe potuta
spostare, visto che il medico le aveva raccomandato di stare a riposo,
ma
questo Ryan ancora non poteva immaginarlo. Aveva una fifa blu che lui
potesse
prenderla male, ma non poteva certo rimandare all’infinito ed
aspettare che
fosse il pancione ad esplodere e a parlare per sé.
“Ehi, ciao” le
rispose quasi subito.
“Ieri mi stavo
preoccupando! Due chiamate su due senza
risposta, non è da te. Ho anche pensato che fossi incazzata
con me, ma non ce
ne sarebbe stato motivo, almeno non che io ricordassi”
osservò e lo sentì
sorridere.
“Scusa, è che
sono stata impegnata fino a tardi in ufficio,
una riunione dietro l’altra e quando sono tornata a casa
avevo solo voglia di
una doccia e di dormire” rispose, inventando una scusa
plausibile.
“Capisco. Certo che il tuo
vecchio ti sta mettendo sotto. E
io che pensavo che come figlia del capo avessi un trattamento di
favore” la
prese affettuosamente in giro.
“Mi manchi”
scappò detto di getto alla ragazza.
“Anche tu”
rispose lui, prima di restare un attimo in
silenzio “Vic, tutto bene? Mi sembri strana, triste.
E’ successo qualcosa?” le
domandò.
“No, no, sono solo un po'
stanca, ma va tutto bene. E
andrebbe ancora meglio se mi dicessi che presto sarai a Los
Angeles” aggiunse
speranzosa.
“Una settimana è
abbastanza presto per te?” rispose.
Si erano visti l’ultima
volta due settimane prima, e la sola
idea di dover aspettare altri sette giorni per Victoria era una
tortura, ma non
poteva dirglielo.
“Devo presenziare
all’apertura di un nuovo negozio Piaget, e
fare un paio di interviste con servizi fotografici annessi. Dovrei
fermarmi tre
o quattro giorni. Tu sarai lì, vero? Non è che
all’ultimo il paparino ti
spedisce in culonia per qualche altra riunione?” le chiese.
“No, no, tranquillo,
sarò qui! Non vedo l’ora di vederti”
ammise.
“Anch’io! Vorrei
vederti più spesso, lo sai, ma sto
lavorando a quella cosa e spero di avere buone notizie prima
possibile” aggiunse,
riferendosi ovviamente al divorzio.
Si salutarono e, se in parte averlo
sentito aveva
rassicurato Victoria, dall’altra aveva amplificato le sue
paure. Lui non sapeva
e non immaginava di certo la notizia che gli avrebbe dato.
Passò quei sette
giorni che la dividevano dall’incontro con lui ad immaginare
la sua reazione,
immaginandosene ogni volta una diversa, ma più si avvicinava
il giorno del suo
arrivo, più cresceva in lei la paura di un rifiuto e di una
reazione negativa
da parte di Ryan.
Non era più andata in
ufficio, non voleva incrociare suo
padre e poi era abbastanza chiaro che estromettendola dalla sua casa e
dalla
sua vita, suo padre volesse estrometterla anche dalla casa di
produzione. Era
rimasta quasi sempre in casa, uscendo solo per andare dalla ginecologa
a fare
le analisi e l’ecografia che le aveva prescritto il medico
del pronto soccorso
quando si era sentita male. Avrebbe voluto rimandare, aspettare di dare
la
notizia a Ryan, ma sua zia aveva tanto insistito ed alla fine
l’aveva spuntata.
La gravidanza stava procedendo bene, il bambino era, in quella fase,
una specie
di macchietta, ma stava cresceva secondo i parametri e lei tutto
sommato si
sentiva in forma, a parte qualche nausea mattutina.
Non sapeva nemmeno lei come si stava
davvero, se era felice
o meno. Forse doveva metabolizzare la notizia della gravidanza. Era
successo
sicuramente in maniera inaspettata, era un fuori programma. Era ancora
giovane,
non aveva mai pensato seriamente a mettere su famiglia, mai, nemmeno
con Josh,
con cui era stata per diverso tempo. In quel caso forse era in parte
dovuto al
fatto che non era mai stata sicura di loro come coppia, che non ne era
profondamente innamorata; mentre ora, con Ryan, era la tempistica ad
essere
assolutamente sbagliata. Lui era ancora impegnato a capire come tirarsi
fuori
da un matrimonio di facciata senza troppi danni e senza rischiare di
non vedere
più le due figlie che già aveva, e poi avrebbe
voluto altri figli? Per ovvi
motivi non ne avevano mai parlato, e non si poteva nemmeno dire che
fossero una
coppia rodata. L’arrivo di un figlio è spesso uno
scossone anche per quelle più
collaudate, figuriamoci per loro, che si vedevano come ladri, rubando
ore qua e
là. Era davvero una situazione delicata per lei, e lo
scompenso ormonale
derivante dalla gravidanza di certo non la aiutava.
Ryan sarebbe arrivato di
lì ad un paio d’ore, nel primo
pomeriggio. Charlotte era in fondazione, come sempre, e quella sera
avrebbe
partecipato ad una serata di gala benefica. Di solito anche Victoria la
accompagnava, ma data la situazione, sua zia nemmeno glielo chiese. La
ragazza
pensò di approfittare della sua assenza per chiedere a Ryan
di raggiungerla al
suo indirizzo, in modo da evitare di uscire, ed anche per essere in un
ambiente
che conosceva, che era un po' come casa per lei, nel momento in cui gli
avrebbe
detto del bambino. Era già abbastanza preoccupata e confusa,
voleva almeno la
sicurezza di ‘giocare in casa’. Dal canto suo, lui
era talmente impaziente di
rivederla, che non chiese spiegazioni ed intorno alle 15,
arrivò
all’appartamento di Charlotte, che si trovava in
un’elegante palazzina in una
zona residenziale.
“Ciao!”
esclamò, appena la vide sulla soglia, abbracciandola
stretta. Lei ricambiò e si strinse a lui, inspirando il suo
profumo.
“Ben arrivato!”
gli disse, facendolo poi accomodare “Hai
fatto buon volo? Hai mangiato o vuoi qualcosa?” gli chiese.
“Qualche turbolenza, ho
mangiato un tramezzino, ma ha adesso
non ho fame, ho solo voglia di stare con te” rispose vispo,
attirandola a sé e
rubandole un bacio da urlo. E probabilmente sarebbe andato anche oltre,
se lei
non avesse rallentato.
“Scusa, è che mi
sei mancata. Mi sembra di non vederti da
secoli” osservò lui, con l’aria un po'
delusa, come un bambino a cui hanno
tolto il suo gioco preferito.
“A
proposito…” riprese a dire, guardandosi intorno
“Questo
appartamento di chi è?” le chiese.
“E’ di mia zia
Charlotte” rispose lei, e lui subito sgranò
gli occhi, forse temendo che non fossero soli e che di lì a
poco sarebbe
comparsa la zia “Ma è fuori, non preoccuparti.
E’ al lavoro e più tardi ha una
cena di beneficenza, quindi rientrerà tardi” gli
spiegò, mettendosi a sedere
sul divano.
“Ah, capisco”
rispose lui, soffermandosi a guardare alcune
foto sopra al camino.
“Questa sei tu?”
le chiese, prendendone una che mostrava una
bambina a cavallo.
“Si, sono io! Penso fosse
una delle prime volte che andavo
al maneggio. Mia zia adora i cavalli, ne ha anche avuti in passato, mi
portava
sempre volentieri” rispose.
“Quanto eri carina con le
codine” ridacchiò lui.
Poi posò la cornice e si
mise a sua volta a sedere.
“Devo farti avere una copia
delle chiavi di casa a Beverly
Hills. E’ assurdo che non ci abbia pensato prima! Non so dove
ho la testa. Così
almeno puoi andare e venire liberamente. Lì è una
zona tranquilla, nessuno ci
beccherà” aggiunse, accarezzandole una gamba.
Poi si fermò a scrutarla.
“Mi sembri pallida. E
stanca. Non è che stai covando
qualcosa?” le domandò, osservandola attentamente.
Lei sospirò e
rialzò lo sguardo per incrociare il suo. Era
adorabile con quell’aria preoccupata.
“Sto bene, ma dobbiamo
parlare” iniziò a dire, tormentandosi
appena le mani.
Lui si fece subito serio ed
annuì.
“Senti, se è per
la mia situazione, per il divorzio, io ci
sto lavorando, giuro! Lo so che vorresti dei tempi più
rapidi, anche io,
credimi, ma ci sono degli equilibri fragili al momento e non posso fare
mosse
avventate o passi falsi! Ma ci arriveremo presto, te lo
prometto” le stava
appunto dicendo lui, quando lei sganciò la bomba.
“Ryan, sono
incinta” gli disse, senza girarci intorno. Non
ce la faceva più a tenere quella notizia per sé,
ed anche se magari non aveva
scelto il modo più delicato per comunicarglielo, si sentiva
sollevata ora.
Lui restò immobile a
fissarla, poi sgranò gli occhi,
scuotendo appena il capo.
“Co-come prego?”
farfugliò.
“Non era così
che volevo dirtelo, non so nemmeno se c’era un
modo giusto di darti una notizia del genere, ma è
così, sono incinta. Aspetto
un bambino da te” rimarcò, senza distogliere lo
sguardo dal suo.
Probabilmente stava per venirgli un
infarto, perché era
immobile e non spiccicava parola.
Poi si guardò intorno,
individuò il mobile bar in fondo alla
stanza e si alzò, avvicinandosi con passo spedito.
“Scusa, ho bisogno di
qualcosa di forte. Spero a tua zia non
dispiaccia” disse solo, armeggiando per versarsi dello
scotch, che bevve d’un
fiato.
“Cazzo, se era
forte” borbottò appena, tornando a sedersi
vicino a lei.
Sospirò, si
passò una mano sulla barba, come a massaggiarsi
il mento, alternando lo sguardo da lei al tavolino del salotto.
“Quindi…sei
incinta. E sei sicura, ovviamente, si?” disse
incerto.
“Si, sono sicura. Mi
sentivo strana da un po', sempre
stanca, ma venivo da settimane impegnative, non ci ho dato peso. Poi mi
sono
sentita male in ufficio, e ho fatto le analisi. Pochi giorni fa ho
fatto anche
un’ecografia. Sono di nove settimane adesso”
rispose.
“Oh, ok. Quindi
c’è già
un’ecografia” rimarcò lui, prima che
il silenzio calasse nuovamente fra loro.
“Scusa, non so cosa dire.
Non immaginavo” aggiunse poi “Ero
convinto di essere sempre stato attento”
“Lo so, lo so.
Anch’io sono rimasta scioccata. Devo ancora
metabolizzarlo” ammise lei “Senti Ryan, non mi devi
niente, ok? Insomma, non
hai nessun obbligo” aggiunse.
Lui si voltò, strizzando
appena gli occhi, con aria
perplessa.
“Cosa vuoi dire?”
rimarcò incerto.
“Quello che ho detto. Non
voglio che tu ti senta in dovere
di fare niente, insomma, non ti chiedo niente” rispose
“So che è successo nel
momento meno opportuno, che non era in programma e che siamo
già abbastanza
incasinati, tu soprattutto, quindi non voglio che tu ti senta
incastrato, ecco
tutto” aggiunse.
“Incastrato?”
rimarcò perplesso “Siamo incasinati, è
vero,
ma è anche figlio mio. Per caso hai pensato che me ne sarei
lavato le mani?
L’abbiamo fatto in due” rimarcò lui
fissandola.
“No, non ho detto questo,
ma…” stava dicendo.
“Ma cosa?” la
incalzò lui.
“Andiamo Ryan! Siamo in un
casino! E io rimango incinta! Non
ne abbiamo mai nemmeno lontanamente parlato, tu non sai ancora quando
potrai
divorziare. E’ stato uno shock per me, non mi aspettavo certo
che tu facessi i
salti!” sbottò, alzandosi per andare a prendersi
dell’acqua.
“Non volevo darti
addosso” riprese a dire lui, dopo qualche
istante. Quindi sospirò e si alzò per
raggiungerla in cucina, poggiando una
spalla allo stipite della porta ed osservandola.
“Tu come stai?”
le domandò, quasi spiazzandola, perché in
fondo nemmeno lei in quei giorni si era soffermata molto a pensare a
come si
sentisse.
“Non lo so. Fisicamente,
abbastanza bene. Ho qualche nausea,
ma niente di strano vista la situazione. Per il resto, non lo
so” ammise.
“Tuo padre lo
sa?” le chiese a quel punto.
Non servì nemmeno che
rispondesse, gli bastò la sua
espressione per averne conferma.
“Credo ti
servirà un altro bicchiere di scotch”
rimarcò lei,
andando a preparargliene uno. Poi tornarono entrambi in salotto e lei
gli
raccontò il resto, ovvero della reazione di suo padre, ma
soprattutto delle
foto scattate dall’investigatore che li aveva seguiti per
contro di Andrew.
“Non ci credo. Ma che razza
di stronzo!” sbottò Ryan.
“Scusa so che sto parlando
di tuo padre, ma ci rendiamo
conto? Ti ha fatta seguire da un investigatore e ti ha praticamente
cacciato di
casa perché stai con me e sei incinta. Adesso basta, ora
vado da lui” concluse
serio, recuperando la giacca. Sembrava davvero deciso, in quel momento
le
ricordava Patrick Swayze, quando in Dirty Dancing diceva la famosa
battuta
‘nessuno mette Baby in un angolo”.
“No, Ryan, ti
prego” gli disse, seguendolo fino alla porta
per fermarlo.
“Peggioreresti solo le
cose!” continuò, mettendosi
fisicamente fra lui e la porta “Io lo conosco. E’
meglio lasciarlo sbollire. Se
lo affronti adesso, finirete per litigare pesantemente, a quel punto
diventerà
una cosa personale per lui, se la legherà al dito e
farà di tutto per darti
addosso” aggiunse.
“E’
già personale” rispose lui di getto, e con un
certo
nervosismo.
Poi fece un bel respiro, per darsi
una calmata.
“Non ce l’ho con
te” precisò subito.
“Lo so, lo so” lo
rassicurò lei, allungando una mano per
accarezzargli una guancia.
“Non riesco a credere che
abbia davvero potuto fare una cosa
simile e cacciarti di casa” riprese a dire lui.
“Nemmeno io, ma
l’ha fatto” osservò, abbassando lo
sguardo.
“MI dispiace” le
disse, attirandola a sé per abbracciarla,
ed il suo abbraccio protettivo era proprio quello di cui Victoria aveva
più
bisogno in quel momento.
“In qualche modo faremo,
ok?” rimarcò poi, staccandosi
appena per guardarla negli occhi.
“Adesso però ti
siedi e ti riposi. Hai l’aria sbattuta”
aggiunse, riaccompagnandola sul divano.
“Ma sto bene,
davvero” cercò di protestare lei, ma
inutilmente, tanto ormai sapeva benissimo quanto sapesse essere
ostinato Ryan.
Si sistemarono sul divano, lui
lasciò che lei gli si
accoccolasse addosso, circondandole le spalle con un braccio. E
così, coccolata
da lui, quasi senza rendersene conto, la ragazza si
appisolò. Fece un bel
pisolino, e quando si svegliò, diverse ore dopo, fuori ormai
era buio, c’era
solo la luce della cucina a rischiarare lievemente il salotto. Si
tirò un po'
su, stropicciandosi appena gli occhi con una mano e si voltò
in direzione della
cucina, da dove sentiva parlottare Ryan e sua zia Charlotte, che nel
frattempo
era rientrata dalla serata di gala.
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Capitolo 15 *** Cap. 15 ***
Charlotte e Ryan stavano parlando
fitto fitto, ma non appena
la donna si accorse che Victoria si era svegliata, smise di colpo di
parlare ed
abbozzò un sorriso in sua direzione. Anche Ryan si
voltò subito verso di lei.
“Ehi, ben
svegliata!” esclamò divertito, alzandosi e
raggiungendola.
“Sei un ghiro! Pensavo
avresti continuato a dormire fino a
domani mattina” la prese affettuosamente in giro, sedendosi
accanto a lei.
“Non mi sono nemmeno resa
conto di essermi addormentata! Mi
ricordo solo che stavamo parlando” rispose lei,
stropicciandosi gli occhi.
“E’ un modo
sottile per dirmi che sono noioso e soporifero?”
rimarcò lui ridacchiando.
“Io penso sia normale.
E’ incinta!” intervenne Charlotte,
raggiungendoli “Anche tua madre, quando aspettava te, si
addormentava ovunque”
rise.
“Bè, io sono un
po' stanca. E, visto che sei in ottime mani,
ne approfitto e salgo in camera. Ci vediamo domani, tesoro!”
aggiunse,
stampando un bacio in fronte alla nipote, per poi spostare lo sguardo
su Ryan
“E’ stato un piacere conoscerti Ryan. A
presto” aggiunse, per poi salire di
sopra.
“E’ in gamba tua
zia” riprese a dire lui.
“Già, lo
è davvero. Senza di lei, non so come farei.
Soprattutto, non so come avrei fatto in questi giorni” ammise
la ragazza,
sospirando.
Restò in silenzio per
qualche istante, osservando Ryan di
sottecchi.
“Di cosa stavate
parlando?” gli domandò poi.
“Di te” rispose
lui, senza esitazione “Di noi, di quello che
succederà adesso” aggiunse.
“Cosa
succederà?” lo incalzò.
“Credo lo sappia anche tu.
Un bel casino” rispose, cercando
comunque di mantenere un tono incoraggiante e di non farla preoccupare
“Ma non
ti devi preoccupare. Ci penserò io a gestire la cosa. Tu
devi solo pensare a
te, al fagiolino e a non stressarti troppo” aggiunse subito.
Lei abbozzò un sorriso
amaro.
“Come faccio a non
preoccuparmi? Non riguarda solo te.
Insomma, apprezzo che tu voglia proteggermi ed evitarmi problemi e
preoccupazioni, ma siamo in questo casino insieme. E non
sarà semplice”
osservò.
“Comunque, finora abbiamo
sempre e solo parlato di me, ma
tu? Tu come ti senti?” gli domandò incerta,
scrutandolo per vedere la sua
reazione e carpirne lo stato d’animo. In realtà
voleva capire se fosse contento
o meno all’idea di avere un altro figlio.
“Io sto bene. Ammetto che
sono sorpreso, non me l’aspettavo.
Insomma, anche tu hai detto di essere rimasta spiazzata, giusto? Non
l’avevamo
programmato, ma un bambino è sempre una benedizione e poi
non è un bambino
qualsiasi, è il nostro” rimarcò con
tono dolce, abbassando lo sguardo sul suo
pancino, ancora piatto.
“Non sei preoccupato per la
tua immagine?” gli chiese lei.
Non che dubitasse delle sue parole o della sua sincerità, ma
sin da subito era
stato chiaro che fosse molto consapevole della sua immagine pubblica,
della sua
reputazione, ed era proprio per quello che da mesi stava negoziando il
divorzio. Quindi ora, con un bambino in arrivo e concepito al di fuori
del suo
legame matrimoniale, la situazione era ulteriormente compromessa ed
aggravata e
Victoria voleva capire come si sentisse davvero lui al riguardo.
“Veramente al momento sono
più preoccupato per te, che per
la mia immagine. Sei incinta, sei ai ferri corti col tuo vecchio, ti ha
addirittura cacciata di casa. Non è così che
dovresti vivere la tua prima
gravidanza, dovresti stare tranquilla, ma non lo sei oggi e non lo
sarai
nemmeno nei prossimi giorni “ rispose lui, assumendo quella
sua solita aria
pensierosa che aveva sempre quando qualcosa lo preoccupava seriamente.
“Ovviamente tutti i
programmi e le trattative per il
divorzio andranno a farsi benedire” riprese a dire,
sospirando “Appena tornerò
a New York parlerò con la mia agente e vedremo come gestire
la cosa. Blake darà
i numeri, mi affosserà, mi farà passare per un
bastardo fedifrago che non si è
accontentato di tradirla per mesi, ma che ha anche messo incinta
l’amante. Ma
va bene. Insomma, in fondo è andata così, e sono
pronto ad assumermene le
responsabilità. Certo, anche lei mi tradisce da un po', ma
non verremo trattati
nello stesso modo. Mi preoccupa come verrai trattata tu e non sono
sicuro che
tu sia pronta a finire in questo tritacarne Vic. Sarà un
macello. Ti faranno
passare per quella che non sei, scriveranno le peggio cose, quindi
voglio che
tu mi prometta che non ti farai scalfire da niente di quello che
leggerai o sentirai,
anzi, meglio ancora, non leggere niente, non usare internet, evita i
giornali,
la tv, guarda solo dvd per i prossimi mesi” aggiunse
concitato e sinceramente
in ansia per lei.
Lei sorrise e gli prese una mano.
“Ehi, calma. Te lo
prometto, ok? Ma tu promettimi che la
smetterai di essere così apprensivo. Se vuoi fare la
chioccia mi va bene, ma
tieni il meglio per il fagiolino. Io me la caverò. Sono
più tosta di quanto
possa sembrarti” osservò, allungando la mano
libera per accarezzargli una
guancia.
“Lo so che sei tosta, ma
sarà un circo, non sarà piacevole”
rimarcò.
“Sarai un bravissimo
papà” ribattè lei, con aria quasi
sognante, nonostante tutto, già immaginandosi quanto sarebbe
stato fantastico
col loro bambino o bambina. Ma si ricordò subito che lui era
già padre. E si
domandava se sua moglie gli avrebbe impedito o quantomeno reso
difficile vedere
le sue figlie, una volta sapute le novità e si fece seria.
“Volevo dire che lo sei
già e che lo sarai anche con questo
bambino” corresse il tiro “Pensi che lei ti
creerà problemi con le bambine?”
gli domandò.
Lui sospirò.
“Vorrei dirti di no, ma la
conosco abbastanza da sapere che
farà il possibile per rendermi la vita un inferno”
rispose serio “Tu non
preoccuparti di questo, me la vedrò io con lei”
aggiunse.
Poi controllò
l’ora. “Vorrei rimanere, ma è tardi, tu
hai
bisogno di dormire e anche io.” Riprese a dire
“Domani ho quelle interviste, ma
mi faccio sentire appena mi libero, ok? E spero di passare prima di
sera. Tu
riposati, ok?” si raccomandò.
Le rubò un bacio morbido e
poi, recuperata la giacca, se ne
andò.
Prendere sonno quella notte fu
un’impresa più unica che rara
per Victoria quella notte, sia perché aveva già
dormito sia perché troppi
pensieri le frullavano in testa. Poco prima con Ryan aveva quasi
minimizzato,
ma era perfettamente consapevole che, una volta resa nota la loro
storia e la
gravidanza, sarebbe iniziato per loro un tritacarne mediatico e non era
davvero
certa di essere preparata. Fino ad allora non era mai davvero stata
nell’occhio
del ciclone, non aveva mai seriamente dato scandalo, se non con la sua
relazione con Kevin, il tennista, ma quello era niente rispetto alla
situazione
attuale. In fondo la stampa ed i media non erano mai andati oltre con
lei, per
il cognome che portava. Se avesse avuto suo padre dalla sua parte anche
quella
volta, si sarebbe sentita meno smarrita, più sicura, ma
stavolta sarebbe stato
diverso. Suo padre era stato chiarissimo, non sarebbe stato pronto a
pararle le
spalle, sarebbe stata sola. Certo, c’era Ryan, ma non voleva
in alcun modo
pesare su di lui, perché era certa che avrebbe avuto
già abbastanza problemi a
fronteggiare le reazioni e gli attacchi della sua quasi ex moglie e non
voleva
che si preoccupasse anche di lei.
Alla fine si addormentò a
notte fonda, e l’indomani erano da
poco passate le 8, quando si svegliò. Scese in cucina e
trovò sua zia già
intenta a preparare la colazione.
“Buongiorno, tesoro.
Dormito bene? Nausee stamattina?” le
domandò premurosa.
“Per adesso, stranamente,
no!” rispose la ragazza, sedendosi
a tavola.
“Ho faticato un po' a
prendere sonno. Ho dormito troppo ieri
pomeriggio. Mi sento anche in colpa, volevo stare con Ryan e invece
sono
crollata come una pera cotta. E meno male che sei arrivata tu,
altrimenti
avrebbe passato tutta la sera a guardare me dormire”
rimarcò sorridendo.
“Non credo gli sarebbe
dispiaciuto, sai?” rispose sua zia,
raggiungendola a tavola con latte, the e biscotti vari.
“E’ una brava
persona” riprese a dire sua zia “Almeno, per
quel poco che ho visto e sentito ieri. Mi ha fatto una buona
impressione.
Certo, la situazione non è per niente semplice, ma solo
rendermi conto che non
ha intenzione di lasciarti da sola, mi ha molto rassicurata”
continuò “Mi
sembra che tenga davvero molto a te, e mi è parso sincero,
quindi….” Aggiunse.
“Adesso hai capito
perché mi sono innamorata e sono andata
contro le mie stesse regole, frequentandolo anche se era già
sposato” rimarcò
la ragazza.
“Bè,
è innegabilmente molto carino, prestante, con un bel
fisico atletico. Ma ha quello sguardo così limpido ed anche
un po' triste”
osservò Charlotte.
“Lo so”
intervenne Victoria “Ha sempre una nota malinconica
nello sguardo, anche quando è felice. Lo amo davvero. So che
sarà un gran
casino, ma sento che ne vale la pena” aggiunse,
più seria.
“Lo spero tanto, tesoro.
Voglio solo che tu sia felice,
perché te lo meriti” disse la zia.
Finirono di fare colazione, poi
Charlotte scappò in
fondazione e Victoria restò a casa. Si sentiva abbastanza
bene, sicuramente
meglio degli ultimi giorni, ma le pesava restare a casa e non fare
niente o
quasi. Tuttavia, non aveva molta scelta. Tornare al lavoro era fuori
discussione, e comunque il medico le aveva raccomandato di stare a
riposo
almeno per un paio di settimane. E forse era un bene che si godesse
quella pace
e quella quiete, perché di certo nel giro di pochi i giorni
sarebbe stata
investita dallo scandalo.
Infatti, giusto un paio di giorni
dopo il rientro di Ryan a
New York, la notizia del divorzio fra lui e la moglie riempì
i giornali ed i
siti di gossip. Victoria sapeva che l’entourage di Ryan stava
spingendo per
rendere pubblica una versione ben precisa, ovvero che il divorzio era
amichevole e che i due erano separati da mesi e che avrebbero gestito
la
situazione in maniera civile per il bene delle figlie. Tuttavia, questa
prima
‘stesura’ del copione del divorzio venne
radicalmente scartata non appena Blake
venne a sapere che c’era un bambino di mezzo. A quel punto,
la donna aveva
pensato bene di giocare questa carta a suo favore, per uscirne come una
povera
vittima e per far passare il marito come un traditore superficiale e
l’amante
come una poco di buono. Poco contava il dettaglio delle
infedeltà sue nei
confronti di Ryan, ormai l’opinione pubblica aveva deciso di
accanirsi su di
lui. Il quadretto perfetto, insomma, su cui i media avrebbero ricamato
per
mesi, almeno fino al successivo scandalo o gravidanza a sorpresa delle
Kardashian.
Sentiva Ryan ogni giorno, per
telefono, via skype, ma per
quanto lui si sforzasse di minimizzare con Victoria, era ovvio che la
situazione fosse seria e pesante per entrambi. Blake l’aveva
cacciato di casa,
per ora lui stava in un albergo, ma i paparazzi dovevano aver ricevuto
una
dritta da qualcuno, magari dalla stessa Lively, ed avevano assediato
l’ingresso
per essere certi di paparazzarlo non appena avesse messo un piede fuori
dalla
porta. Sicuramente, se fosse rimasta a Villa Avery, sarebbe stato lo
stesso
anche per lei. Ma la cosa che più rattristava Ryan, anche se
non lo diceva
apertamente alla ragazza per non farla ulteriormente impensierire, era
l’impossibilità di vedere le figlie. Come ogni
moglie ferita, Blake gli
impediva di vederle, usando il suo tradimento come prova della sua
inadeguatezza, anche se quanto accaduto fra di loro non aveva nulla a
che
vedere sulle sue capacità come padre. Era una ripicca bella
e buona, lo colpiva
dove sapeva che gli avrebbe fatto più male. Lui si era
già affidato ad uno
degli studi legali più rinomati della Grande Mela, esperti
in diritto di
famiglia, ma sarebbe stato un percorso difficile e doloroso.
Victoria capiva la gravità
della sua situazione, ma era un
momento delicato anche per lei, ed avrebbe voluto averlo vicino.
Aspettava un
figlio da lui, era eccitata e spaventata, voleva condividere ogni
istante con
lui, come sarebbe stato naturale per ogni coppia in attesa di un
bambino, ma la
loro situazione era diversa, lui stava gestendo un divorzio, ed aveva
due
figlie sull’altra costa. Da quando gli aveva detto di essere
incinta, non erano
più riusciti a rivedersi e la cosa iniziava a pesarle,
soprattutto ora che si
avvicinava il giorno dell’ecografia di controllo. Le mancava,
ma cercava di non
darglielo troppo a vedere, perché non voleva risultare
pressante né dargli
altri pensieri. Dal canto suo, Ryan non mancava mai di farsi sentire,
più volte
al giorno, e si preoccupava per lei, cercava di fare del suo meglio, ma
non era
fisicamente lì.
“Non hai
l’ecografia di controllo a breve?” le
domandò una
sera, mentre erano al telefono.
“Si, è
dopodomani” confermò lei, piacevolmente sorpresa
nel
realizzare che se lo ricordava, nonostante la lontananza e i casini.
“Mi dispiace non poterci
essere” rispose sospirando “Vorrei
esserci, davvero, ma non posso ancora muovermi da qui”
aggiunse.
“Lo so, non devi
giustificarti” lo rassicurò.
“Davvero?” la
incalzò lui “Io dico di si, invece”
continuò
“Aspettiamo un bambino, dovrei essere lì con te,
vorrei essere lì e
accompagnarti all’ecografia e scegliere insieme le prime
tutine, pensare a come
sistemare la sua stanzetta. Ma non ci sono, e non so ancora quando
potrò volare
da te. Questo bambino deve ancora nascere e mi sto già
perdendo dei momenti
importanti. E, come se non bastasse, mi sto perdendo anche le mie
figlie”
aggiunse, in un momento di forte scoramento.
“Scusami, Vic”
riprese a dire subito dopo “Non dovrei
sfogarmi proprio con te. Tu stai affrontando tutto da sola
lì, e non mi chiedi
niente, anche se ne avresti tutto il diritto e io sto qui a
lamentarmi”
aggiunse.
“Ryan, puoi lamentarti e
puoi sfogarti con me ogni volta che
vuoi” lo rassicurò. Era innamorata di lui, erano
in quel pasticcio insieme e
non l’avrebbe mai lasciato solo. Nonostante la situazione a
dir poco
complicata, non si era mai pentita un istante di essersi innamorata
proprio di
lui.
“Siamo in questo casino
insieme, e ne usciremo insieme. Ne
usciremo, te lo prometto. Adesso so che ti sembra impossibile,
è tutto un gran
casino, niente va per il verso giusto, ma passerà. E poi,
adesso come adesso
non ti stai perdendo molto. La mattina mi sveglio con le nausee, sono
impresentabile almeno fino alle 2 del pomeriggio, poi inizio a mangiare
carciofini sottaceto. Non ti perdi niente, fidati!” rise, per
cercare di
sdrammatizzare il momento “E il bambino ancora non
è più di una piccola
macchietta. Non sapremo se è maschio o femmina prima del
quinto mese, perciò
non c’è fretta di sistemare la cameretta
né di scegliere peluches o il nome.
Quando arriverà quel momento, sono sicura che il peggio
sarà passato e che
sarai qui con me” lo rassicurò. Rassicurava lui, e
al contempo cercava di
convincere anche se stessa che sarebbe andata bene, nonostante tutto.
Lui restò in silenzio,
tanto che lei iniziò a pensare che
fosse caduta la linea.
“Ryan? Sei ancora
lì? Non sento niente. Dannati cellulari”
farfugliò incerta.
“Si, si sono qui”
la rassicurò “Stavo pensando. Mi stavo
chiedendo dove voi donne troviate la forza in certe
circostanze” ammise “Io
sono quello più vecchio, dovrei essere io a rassicurarti che
andrà meglio, e
invece lo fai tu” aggiunse.
“Cosa vuoi che dica? Sei
fortunato” rispose, sorridendo
“Stiamo insieme, ti amo, non sto con te perché ho
bisogno di te o perchè mi
serve qualcuno che sia forte per me, sto con te perché lo
voglio. Oggi va così,
oggi hai bisogno tu di essere rincuorato, domani magari
toccherà a me e tu mi
tirerai su di morale e mi farai vedere le cose in una prospettiva
diversa. A me
importa solo che tu stia bene, e che non sia pentito di avermi
incontrata”
ammise quasi in un soffio.
“Mai” rispose
lui, senza esitare “Magari non mi fa onore
dirlo, perché quando ci siamo incontrati ero sposato, ma
preferisco averti
incontrata nel momento sbagliato piuttosto che non averi incontrata
affatto.
Non sono pentito, non ho rimpianti. Non ho programmato di innamorarmi
di te, ma
è successo e non mi sentivo così bene da
anni” aggiunse.
Bastarono quelle parole per
rassicurare la ragazza e
spazzare via i dubbi malandrini che, a volte, complice la distanza, la
attanagliavano. In fondo, la sua paura era proprio quella, che lui si
fosse
pentito di tutto, ora che il danno era fatto e che tutti sapevano.
“Allora Wade Wilson sa
anche essere romantico, quando serve”
osservò, per stemperare il momento.
“Si, ma non ti ci abituare
troppo” rise lui “Adesso scusa,
ma devo andare. E’ arrivata la mia agente. E credo proprio
che anche stasera
faremo le ore piccole discutendo dei dettagli del divorzio. Ci sentiamo
domani,
ok? Cerca di dormire” aggiunse, quindi le augurò
la buonanotte e la salutò.
Ryan non sarebbe stato presente
all’ecografia, ma Victoria
non era comunque sola. L’avrebbe accompagnata sua zia
Charlotte, che era forse
anche più eccitata della nipote. Arrivarono puntuali allo
studio della
ginecologa, e per fortuna non furono importunate da paparazzi.
Probabilmente
non avevano ancora scoperto dove la ragazza si fosse sistemata, ma il
rischio
che arrivassero anche all’indirizzo della zia
c’era, e Victoria lo aveva messo
in conto.
Dopo una breve attesa, furono fatte
accomodare nella
stanzetta visite. Victoria si spogliò ed infilò
il camice, e sistemò sul
lettino. Per prima cosa, la ginecologa la visitò, e poi
richiamò dentro anche
Charlotte per passare alla parte più piacevole, ovvero
l’ecografia. La ragazza
era eccitata, ma anche nervosa. Sarebbe stato bello se anche Ryan fosse
stato
lì, ma sperava che presto avrebbe potuto accompagnarla e che
avrebbero potuto
condividere anche questi momenti di pura magia e felicità.
“Eccolo…o
eccola! Ancora è presto per capire se è un lui o
una lei” disse la dottoressa, dopo qualche istante,
indicandole il bambino
sullo schermo.
“Sta crescendo secondo i
parametri. La lunghezza è giusta.
Ed ha un bel battito forte. Sentite” aggiunse, aumentando il
volume, così sia
la futura mamma che la zia riuscirono a sentire distintamente il
battito del
cuoricino. Si scambiarono uno sguardo complice, entrambe già
con gli occhi lucidi.
Charlotte sembrava anche quasi più emozionata della nipote.
“Continua a prendere
vitamine ed integratori, e ci rivediamo
il prossimo mese, va bene?”
riprese a
dire la ginecologa “Ti stampo le immagini e ho salvato tutto
anche sulla
chiavetta che mi hai portato, così anche il futuro
papà potrà vedere il
bambino” la rassicurò.
Tempo di ripulirsi dal gel rimasto
sul pancino e di
rivestirsi, che le due donne lasciarono lo studio medico per tornare a
casa.
“Ryan andrà in
brodo di giuggiole. Anche se ha già due
bambine, sarà emozionante come se fosse il primo, non
può che essere così”
esclamò eccitata Charlotte, alla guida dell’auto,
mentre Victoria rimirava le
immagini dell’ecografia.
“So che avresti voluto che
ci fosse oggi, ma vedrai che
presto volerà qui da te e si sistemerà
tutto” aggiunse, per rassicurarla,
immaginando che quel momento fosse agrodolce per la nipote.
“Lo so. Intanto appena a
casa gli giro tutto via mail. Non
vedo l’ora di sapere se sarà maschio o femmina,
allora forse riuscirò a
realizzare di essere davvero incinta. Insomma, so che lo sono e ho
sentito il
battito, ma quando saprò il sesso, potrò pensare
al nome, comprare il
corredino” disse vispa.
“Sembro una scema,
vero?” ridacchiò.
“No, affatto. Sembri solo
quello che sei, una futura mamma,
impaziente di vedere il suo bambino/a. E’ normale, tesoro, ed
è bello così.
Vedrai che saranno i nove mesi più belli della tua vita,
anche se adesso sembra
tutto complicato” aggiunse, con fare materno ed incoraggiante.
Victoria sorrise e si sporse per
lasciare sul tappetino
posteriore dell’auto la borsa. In quel momento, guardando
distrattamente verso
il lunotto posteriore, si accorsa di qualcosa di strano.
“Mi sa che dei paparazzi ci
stanno seguendo” disse incerta e
pensierosa.
“Chi? Davvero?”
esclamò perplessa Charlotte, guardando il
retrovisore.
“Ma come hanno fatto? Non
c’era nessuno quando siamo uscite
di casa e nemmeno fuori dallo studio” aggiunse seria.
“Forse li ha avvisati
qualcuno del centro medico. Non lo so,
ma sarebbe meglio cercare di seminarli. Se scoprono che sono da te, ci
daranno
il tormento” aggiunse Victoria, guardando dallo specchietto.
Charlotte spinse il piede
sull’acceleratore, ed appena
possibile sorpassò l’auto che la precedeva,
sperando di mettere un po' di
distanza fra loro e i paparazzi che le seguivano, ma questi ultimi
erano in
moto, quindi riuscirono velocemente e riguadagnare terreno.
“Dannazione, ce li abbiamo
di nuovo alle calcagna” borbottò
indispettita la donna.
A quel punto, cercò di
prendere una strada alternativa, per
seminarli, ma senza risultato. Puntualmente se li ritrovava dietro,
finché non
successe ciò che temevano. La moto accelerò,
riuscì ad affiancarsi al Suv di
Charlotte, quasi stringendolo per farla accostare, mentre il tizio
seduto
dietro scattava foto.
La donna era abituata a guidare per
le strade di Los
Angeles, ma certamente non in quelle condizioni, non con una moto che
quasi la
speronava ed alla fine, distratta e deconcentrata dai paparazzi che le
inseguivano, non si accorsa di uno stop, e per evitare
un’auto, finì contro una
staccionata.
Quando Victoria riaprì gli
occhi, si ritrovò a fissare un
soffitto bianco, e sentiva nelle orecchie un fastidioso e ripetitivo
‘bip’.
Cercò di muoversi, ma si sentiva stanca e, soprattutto, come
bloccata. Voltò
lentamente la testa e si accorse che aveva una flebo al braccio. In
quel
momento si rese conto di essere in una stanza di ospedale, bianca ed
asettica.
Strizzò gli occhi un paio di volte, prima di rimettere
insieme i tasselli e di
ricordarsi che era in macchina con sua zia e che dei paparazzi le
seguivano.
Immediatamente il suo primo pensiero fu il bambino. Stava per premere
il
pulsante e chiamare l’infermiera, quando la porta si
aprì ed entrò Ryan. Aveva
l’aria sbattuta e preoccupata, ma appena la vide vigile e
cosciente, abbozzò un
sorriso.
“Ehi! Sei
sveglia!” esclamò lui, avvicinandosi al letto e
posando un bicchierone di caffè sul comodino.
“Scusa, mi ero allontanato
solo per prendere un caffè” quasi
si giustificò “Come ti senti? Ti fa male da
qualche parte?” le chiese,
sedendosi sulla poltroncina, e prendendole una mano.
“Il bambino? Ryan, che
è successo? Non l’ho perso, vero?
Devi dirmi la verità” gli disse concitata.
“Vic, va tutto bene. Non
l’hai perso, ma hai rischiato
molto” le rispose serio, ma cercando di tranquillizzarla
“Eri in macchina con
tua zia, dei paparazzi vi hanno inseguite e speronate e alla fine siete
finite
fuori strada, ma per fortuna non ci sono state conseguenze gravi. Tu
stai bene,
sei solo un po' ammaccata, hai sbattuta la fronte, hai una leggera
commozione e
starai qui in osservazione per almeno un altro giorno, il bambino sta
bene, e
tua zia se l’è cavata con uno spavento ed una
distorsione al polso” la
rassicurò.
“Oddio!”
esclamò lei, sollevata nel sentire che non c’erano
state conseguenze serie, ma ancora scossa “Sei dovuto volare
fin qui” aggiunse.
“Sono dove devo essere. Non
sarei riuscito a rimanere a NY
con te qui” rispose, quasi con ovvietà.
“Non mi avevi detto che i
paparazzi ti importunavano”
riprese a dire, probabilmente convinto che l’omissione un
modo per evitargli
altre preoccupazioni.
“Non era mai successo,
davvero! Quando siamo uscite di casa
non c’era nessuno e nemmeno al centro medico. Forse ci hanno
trovate per caso”
rispose.
“O forse qualcuno del
centro li ha chiamati per arrotondare”
rimarcò serio Ryan.
“Comunque, dobbiamo
assicurarci che non capiti più” riprese
a dire “Stavolta è andata bene, ma sarebbe potuta
finire peggio” continuò, poi
prese un bel respiro “Io ci ho pensato tanto mentre venivo
qui in aereo e credo
che la cosa migliore sia che tu venga con me a New York”
disse infine.
Victoria rimase senza parole. Era
ancora scossa per
l’incidente, ed ora quella proposta. Lasciare Los Angeles e
seguirlo sull’altra
costa. Di sicuro era la cosa più logica, ma a New York non
conosceva nessuno,
mentre lì aveva sua zia, e poi c’era suo padre,
anche se non lo sentiva da
settimane ormai. Stranamente, non sapeva cosa dire.
“Detesto dovertelo
chiedere, ma credo sia la cosa migliore”
riprese a dire lui “Come sai, non posso muovermi spesso da
là, e sarei molto
più sicuro se tu fossi con me. Troveremo un’altra
ginecologa là, e tua zia
potrà venire a trovarti quando vorrà, ma
preferirei che tu fossi lontana da
qui, ci sono troppi paparazzi” aggiunse.
“Si, ma…anche tu
sei assediato. Mi hai detto che non
riuscivi quasi ad uscire dall’albergo”
osservò lei.
“Non staremo in albergo. Mi
stavo comunque già organizzando
per trovare un’altra sistemazione. Penso di aver trovato
qualcosa di adatto, è
un appartamento in uno stabile a prova di intrus, massima sicurezza,
telecamere, nessuno ci darà fastidio e saremo a pochi passi
da Central Park e
dal centro. Sarai più al sicuro là che qui,
fidati di me” aggiunse “Ed io sarò
molto più tranquillo. Ti prego, Vic. Lo so che ti chiedo
molto, ma non ce la
faccio a preoccuparmi anche di saperti qui, starei con
l’assillo costante che
possa succederti qualcosa, e mi sentirei in colpa ogni secondo
perché non
potrei proteggerti a miglia di distanza” aggiunse accorato.
La ragazza sospirò. Era
sicuramente un bel cambiamento e,
come molte cose ultimamente, nemmeno quello era programmato, ma capiva
e sue
ragioni ed in fondo, eccezion fatta per sua zia Charlotte e per Skyler,
non
aveva più altri legami con Los Angeles. Suo padre non si era
fatto vivo nemmeno
dopo l’incidente, a quanto ne sapeva, quindi non
c’era poi motivo di
incaponirsi per restare lì. Almeno a New York sarebbe stata
con Ryan, ed
avrebbe potuto avere un assaggio della normalità di una
coppia. Fino a quel
momento non avevano mai passato più di poche ore insieme.
Trasferirsi a NY
significava anche vivere insieme a lui, sarebbe stato un test
importante in
attesa della nascita del bambino.
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Capitolo 16 *** Cap. 16 ***
Victoria rimase in ospedale per un
paio di giorni, a scopo
preventivo. Fortunatamente, sia lei che il bambino stavano bene. Le era
andata
davvero di lusso, sia lei che sua zia si erano prese un bello spavento,
ma ora
che il peggio era passato, voleva solo concentrarsi sulla gravidanza e
dimenticare l’accaduto. Ryan si era occupato di tenere buona
la stampa, con
l’aiuto di Skyler, ed aveva anche spinto la ragazza a
sporgere denuncia contro
i paparazzi, che erano stati individuati, ed a richiedere al giudice un
ordine
restrittivo, in modo da essere certa che non ci fosse un bis. Nel
frattempo, la
ragazza aveva riflettuto attentamente sulla sua proposta di seguirlo a
New
York, ed alla fine si era decisa ad accettare. Una parte di lei aveva
comprensibilmente paura, viveva quel momento come una sorta di salto
nel buio.
Era innamorata di Ryan, ma erano passati da una relazione clandestina
all’aspettare un figlio ed ora avrebbero iniziato a
convivere. Tuttavia, sapeva
che quel passo andava fatto, e forse il trasferimento capitava al
momento
giusto, dopo lo spavento dell’incidente e la delusione
perché suo padre non si
era fatto vivo, dopo quanto successo.
La ragazza era ancora incredula, non
riusciva a
metabolizzare l’atteggiamento ostile ed ora anche di
disinteresse del padre.
Pensava e sperava che, una volta saputo dell’incidente, si
sarebbe precipitato
in ospedale, o che si sarebbe fatto vivo almeno con zia Charlotte ed
invece
nulla.
Dopo tre giorni di ricovero,
finalmente, i medici decisero
di dimetterla, raccomandandole comunque di stare a riposo. Stava giusto
preparando le sue cose, mentre Ryan sbrigava alcune
formalità in accettazione,
quando sentì alle sue spalle dei passi. Convinta che fosse
il suo compagno,
continuò a riempire il borsone.
“Sono quasi pronta. Spero
che il borsone si chiuda,
altrimenti mi ci dovrò sedere sopra” stava
dicendo, quando sentì schiarirsi la
voce e, voltandosi, rimase di stucco nel vedere suo padre.
“Papà”
esclamò, quasi in un soffio.
“Ciao Victoria”
rispose lui, abbozzando un sorriso.
“Sono felice di vedere che
stai bene” continuò a dire. Era
visibilmente a disagio, come se non sapesse cosa dire, e in rarissime
occasioni
la figlia l’aveva visto così in
difficoltà, proprio lui che solitamente
riusciva sempre a mantenere tutto sotto controllo.
“Sarei venuto prima, ma ero
fuori per lavoro. Mi hanno
avvisato ieri sera, quando sono rientrato a Los Angeles. Volevo vedere
coi miei
occhi come stavi” aggiunse.
“Sto bene, per fortuna.
Anzi, stiamo bene” precisò,
riferendosi ovviamente al figlio che aspettava “Ma poteva
andare peggio”
rispose. Era felice di vederlo, ma al contempo non riusciva a
dimenticare la
sua durezza e severità l’ultima volta che si erano
visti, quell’accesa
discussione e la sua decisione nel cacciarla di casa solo
perché non
condivideva più le sue scelte di vita.
“Mi hanno tenuta in
osservazione un paio di giorni, ma oggi
per fortuna posso tornare a casa. Non ne potevo più di stare
qui” aggiunse.
“Stai da Skyler o da tua
zia?” le domandò.
“Da zia
Charlotte” rispose lei “Ma starò
lì ancora per poco”
precisò, sedendosi sul letto e scrutando la sua reazione.
Andrew sgranò gli occhi
sorpreso e la fissò con aria
interrogativa.
“Ryan mi ha proposto di
seguirlo a New York ed io ho
accettato” gli spiegò, senza girarci troppo
intorno.
L’espressione di suo padre
si indurì subito.
“E tu hai
accettato” rimarcò lui.
“Si, certo che
si” disse lei “Così sarà
tutto più semplice”
aggiunse.
“Per chi? Per te o per
lui?” la incalzò Andrew.
Victoria sbuffò. A quanto
pare suo padre non era ancora pronto
a cercare di superare i suoi pregiudizi su Ryan.
“Per entrambi. Lui
è nel bel mezzo di un divorzio, le sue
figlie vivono là ed io voglio stare con lui, non restare qui
ad aspettare che
mi raggiunga una volta o due al mese” rispose seria.
Suo padre era ora in silenzio, si
limitava ad ascoltarla, ma
era evidente che non fosse d’accordo.
“Non vuoi proprio cercare
di andare oltre i tuoi pregiudizi
e sforzarti di conoscerlo, vero?” riprese a dire la ragazza,
ma la sua era una
considerazione più che una domanda “Si sta
prendendo le sue responsabilità, sta
cercando di fare la cosa giusta, si sta facendo in quattro per me, mi
ama!”
disse concitata “Perché ti ostini a non
accettarlo? Sono tua figlia, dovresti
volermi bene anche e soprattutto quando non condividi le mie scelte.
Pensi che
per me sia stato facile in queste settimane? Avrei avuto bisogno di te,
ma tu
non c’eri. Credevo che non saresti nemmeno passato qui in
ospedale ormai. Sono
tua figlia anche quando sbaglio. Per la prima volta nella mia vita ho
fatto
qualcosa che non approvi e reagisci così? Mi cacci di casa,
mi rifiuti? Ti
ostini a mettere il tuo orgoglio ferito al primo posto”
aggiunse seria e con
gli occhi lucidi, perché per quanto fosse ancora arrabbiata
e delusa, era pur
sempre suo padre e lo adorava.
Andrew abbassò lo sguardo,
incassando il colpo e restando in
silenzio. Stava per rispondere, quando Ryan, con un pessimo tempismo,
rientrò
nella stanza. Il suo sorriso lasciò il posto ad
un’espressione sorpresa quando
vide Avery ed anche quest’ultimo lo guardò con
aria tirata, non nascondendo il
suo disappunto.
Calò un pesante silenzio,
spezzato solo da un alternarsi di
sguardi fra Victoria e Ryan.
“Ehm…io volevo
solo dirti che le carte per le dimissioni
sono pronte e, quando vuoi, possiamo andare. Ma posso tornare dopo,
così potete
finire di parlare” disse infine l’uomo.
“Non serve. Non
c’è altro da dire. Ci siamo già detti
tutto.” Disse Andrew “Mia figlia ha fatto la sua
scelta. Spero non debba mai
pentirsene.” Aggiunse, voltandosi per raggiungere la porta e
lasciare la
stanza, oltrepassando Ryan.
“Tutto qui?”
rimarcò Ryan.
“Come prego?”
osservò Avery stranito, bloccandosi a pochi
passi dalla porta e voltandosi verso l’uomo. Di certo non era
abituato ad
essere contraddetto.
“Siccome sua figlia ha
scelto di stare con me, con un uomo
che lei disprezza, per ragioni che onestamente devo ancora capire, lei
la
tratta così? Come se fosse un’estranea, come se
non contasse più niente per
lei?” rimarcò.
“Ma come ti permetti?
Dovrei farmi dare lezione di vita e di
morale da un uomo che ha chiaramente dimostrato di non pensare alle sue
di
figlie, tradendo sua moglie ed irretendo una ragazzina?”
sbottò l’altro.
“Sono uno stronzo, va bene,
lo sanno anche i muri. Mi dica
qualcosa di nuovo” rispose, senza colpo ferire, Ryan, facendo
un passo verso
Avery “Io ho sbagliato nei confronti di mia moglie, ma mi
sono innamorato di
sua figlia, che lei ci creda o no. Non volevamo far soffrire nessuno,
ma è
successo. Sto cercando di fare del mio meglio per evitare sofferenze
inutili
alle mie figlie e per fare in modo che il bambino che aspetto da
Victoria non
risenta della situazione, cosa che non si può certo dire di
lei” continuò a
dire serissimo “Sua figlia è tutto
fuorché una sprovveduta, è intelligente e in
gamba, non si farebbe irretire da nessuno, tantomeno da me.
E’ incinta, in una
situazione a dir poco surreale, ed è spaventata. Avrebbe
avuto bisogno di lei,
ma lei non c’era. L’ha cacciata di casa come se
avesse ucciso qualcuno. Vuole
odiarmi? Prego, si accomodi, faccia pure, ma non faccia pagare a sua
figlia il
disprezzo che nutre per me. Victoria non se lo merita.”
Aggiunse serio.
Andrew lo fissava, senza dire nulla,
ma senza nemmeno
nascondere quanto poco lo stimasse.
“Ottima interpretazione. Se
fossi così convincente anche nei
tuoi film, avresti già vinto un Oscar” disse
caustico dopo qualche istante “Sei
passato da un matrimonio all’altro, incapace di costruirti
qualcosa di
duraturo, e adesso stai qui a farmi la predica e a cercare di
convincermi che
ami mia figlia. Forse puoi riuscire ad imbambolare lei, ma con me non
attacca.
Un uomo serio e innamorato non si sarebbe comportato come te, non
avrebbe
trascinato la donna che dice di amare in una situazione simile. Un uomo
con gli
attributi avrebbe troncato il suo matrimonio, ed avrebbe vissuto
l’altra
relazione alla luce del sole, senza costringere una ragazzina a fare
l’amante
clandestina, fino a metterla incinta e a lasciare che venisse presa di
mira dai
gossip e dai paparazzi. Prima o poi Victoria capirà che ha
perso tempo con te,
si stancherà e ti pianterà. Mi dispiace solo che
per allora ci sarà un bambino
di mezzo e che lei avrà sprecato i suoi anni migliori con
te.” Concluse
fissandolo.
“Papà basta! Ti
prego, smettila. Piantala di parlare di me
come se non fossi qui o, peggio ancora, come se fossi una povera
deficiente”
intervenne la ragazza, alzandosi in piedi ed avvicinandosi ai due,
forse
temendo anche che potessero arrivare alle mani, viste le occhiatacce
che si
scambiavano “Hai detto bene prima. Ho preso la mia decisione.
Ho scelto di
stare con Ryan, sono felice con lui e presto avremo un bambino. Puoi
decidere
se mi ami a tal punto da mettere da parte le tue convinzioni e il tuo
disappunto per vedermi e mantenere un rapporto con me e con tuo nipote,
quando
nascerà, o puoi scegliere di mettere l’orgoglio al
primo posto e di togliermi
la parola, il saluto e il cognome finché starò
con lui. Scegli” disse decisa.
Andrew sembrava colpito dalle sue
parole, ma non riusciva a
dire niente. Alternò lo sguardo dalla figlia a Ryan, ed alla
fine sospirò.
“Come ho detto, spero che
tu non debba mai pentirti della
tua scelta” disse solo, prima di andarsene.
Victoria rimase lì in
piedi, incredula e ferita. Sapeva
quanto suo padre potesse essere testardo, ma sperava che, messo alle
strette,
avrebbe rivisto la sua posizione. Pensava di essere importante per lui
e che
magari la paura che le fosse successo qualcosa nell’incidente
potesse smuoverlo
e fargli cambiare idea. Non ci aspettava certo che accettasse Ryan
dall’oggi al
domani, ma almeno che si sforzasse di sopportarlo. Si sentiva come se
qualcosa
le si fosse spezzato dentro, ma voleva anche evitare di darlo troppo a
vedere
per non far sentire in colpa Ryan.
“Mi dispiace” le
disse lui in un soffio.
“Forse avrei dovuto stare
zitto, magari ho peggiorato le
cose. E’ che non sopporto il modo in cui ti tratta. Pensavo
fosse venuto qui
per scusarsi, per ricucire con te. Ma poi, quando ha detto quelle cose,
non ci
ho più visto” disse.
“Lascia stare, non voglio
parlarne, non adesso” lo fermò
Victoria, ancora troppo scossa e delusa dall’atteggiamento di
suo padre. Sapeva
quanto potesse essere ostinato, ma mai si sarebbe aspettata che potesse
arrivare ad anteporre il suo orgoglio a sua figlia.
Finì di riempire il suo
borsone, che tuttavia non voleva
chiudersi.
“Dannazione, questo affare
non si vuole chiudere!” sbottò
innervosita.
“Lascia, faccio
io” intervenne Ryan, richiudendolo
velocemente.
“Mi pare che abbiamo preso
tutto. Possiamo andare” riprese a
dire lui, dopo aver dato un’occhiata veloce in giro.
“L’auto
è nel parcheggio sotterraneo” aggiunse,
accompagnandola fuori. Raggiunsero l’auto di Ryan, e
lasciarono l’ospedale.
Per tutto il tragitto la ragazza
quasi non aprì bocca. Era
pensierosa, guardava fuori dal finestrino, apriva bocca giusto per
rispondere a
qualche domanda di Ryan. Lui sapeva perfettamente il perché
di quel suo stato
d’animo ed evitò di bombardarla di chiacchiere.
Inoltre, si sentiva anche in
colpa, convinto di aver peggiorato la situazione, mettendosi in mezzo e
rispondendo
ad Avery in quel modo.
Ryan non la riaccompagnò
da sua zia, ma nella villetta di
Beverly Hills dove erano soliti incontrarsi, e dove ad attenderli
c’erano
Charlotte e Skyler. Le avevano organizzato una piccola festa di
bentornata a
casa, forse anche per rallegrarle l’umore, ignare di quanto
appena successo in
ospedale con Andrew.
Appena la ragazza mise piede in casa,
vide la zia e la sua
migliore amica, e la sala addobbata con un striscione di
‘bentornata’,
palloncini, fiori, ed un piccolo buffet con tartine salate e pasticcini.
“Sorpresa!”
esclamò Skyler, andandole incontro.
Victoria non era esattamente
dell’umore di avere compagnia,
ma fece buon viso a cattivo gioco. Spiluccò qualcosa,
restando comodamente
seduta sul divano, ma era evidente che fosse pensierosa.
“Che succede, tesoro? Non
sei contenta di essere a casa?” le
domandò sua zia, raggiungendola e sedendosi accanto a lei,
mentre Skyler stava
dando una mano a Ryan a riordinare in cucina.
“Con Ryan abbiamo pensato
che qui saresti stata più tranquilla.
In qualche modo alcuni giornalisti hanno trovato il mio indirizzo, me
li sono
ritrovata sotto casa ritornata dall’ospedale dopo
l’incidente, non volevamo che
ti dessero il tormento” le spiegò.
“Avete fatto bene, non
è un problema, mi sento a casa anche
qui” rispose la ragazza, stringendo le spalle ed accennando
un sorriso “Mi
spiace che ti stiano dando fastidio” aggiunse.
“Non preoccuparti per me!
Si stancheranno alla svelta!” la
rassicurò sua zia “Pensa solo a riposarti, al
resto pensiamo noi.” Riprese a
dirle “Mi spiace così tanto per quello che
è successo. Ci ripenso sempre e
forse se non avessi accelerato così
tanto…” stava dicendo la donna, sentendosi
in qualche modo responsabile per l’accaduto.
“No, no, zia non dire
così. Non è stata colpa tua, ci hanno
inseguite, quasi speronate. Chiunque al tuo posto avrebbe fatto lo
stesso,
anche io avrei cercato di seminarli. Non pensarci più,
davvero. Stiamo bene,
tutti e tre, è questo quello che conta” la
rassicurò.
“Sai, Ryan sembrava un
leone in gabbia quando è arrivato in
ospedale. Era così preoccupato per te e per il bambino. Ed
era furioso coi
paparazzi quando ha saputo la dinamica dell’incidente. Credo
si sentisse anche
in colpa, perché non era qui, e non poteva
proteggervi” riprese a dire “E’ in
gamba, finora mi piace come si sta prendendo cura di te”
ammise, sorridendo
sollevata.
“Già. Magari
anche papà la pensasse così”
scappò detto a
Victoria.
“E’ passato in
ospedale stamattina” spiegò a sua zia
“Quando
l’ho visto, ho pensato che avesse cambiato idea o che almeno
avesse deciso di
mettere da parte la sua opinione su Ryan. Ero sicura che la
preoccupazione per
me sarebbe stata più forte di tutto il resto, che avrebbe
fatto un passo
indietro, e invece no. Abbiamo finito per discutere e poi è
arrivato Ryan e ha
quasi litigato anche con lui” continuò.
“Mi dispiace,
tesoro” disse sua zia, accarezzandole un
braccio “Tuo padre è un uomo molto particolare, sa
essere molto testardo, ma
vedrai che col tempo cambierà idea” le disse,
cercando di farle vedere le cose
in una prospettiva meno negativa.
“Non lo so”
ammise lei, sospirando “Se non ha cambiato idea
dopo quello che mi è successo, non credo la
cambierà mai a questo punto. Non
capisco nemmeno perché ce l’abbia così
tanto con Ryan! Era sposato, va bene, ma
non mi ha mai costretta a fare niente. Tutto quello che è
successo, lo volevo
anche io, ma lui si comporta come se mi avesse plagiata o costretta,
è assurdo”
continuò “E’ talmente orgoglioso da
essere disposto a rinunciare a sua figlia
piuttosto che cambiare idea” aggiunse dispiaciuta.
Charlotte non sapeva più
cosa dirle. In fondo, la nipote
aveva ragione, Andrew si era comportato male, e non era sicura che si
sarebbe
ravveduto molto presto. Era ostinato, caparbio ed era molto difficile
fargli
cambiare idea, quando si fissava su qualcosa, non era facile smuoverlo.
Ma in
questo caso era coinvolta sua figlia, e per Charlotte era inconcepibile
che
arrivasse a mettere un muro solo perché non condivideva le
sue scelte. Victoria
era per lei come una figlia e detestava vederla soffrire, soprattutto
per causa
di Andrew. Tuttavia, lasciò cadere il discorso, anche per
non impensierire
ulteriormente la ragazza.
“Allora, hai deciso di
trasferirti a New York con lui?”
riprese a dire, cambiando volutamente argomento.
Victoria annuì.
“Si, credo sia la cosa
migliore. Tanto ormai, a parte te e
Skyler, non ho più molto che mi trattenga qui. E poi
così Ryan non dovrà fare
avanti e indietro e potrà vedere le sue figlie, almeno
spero. Sua moglie gli
sta rendendo la vita un inferno” rispose sospirando.
“Lascia che se ne occupi
lui” le suggerì sua zia, con fare
materno “So che vorresti aiutarlo, perché lo ami,
ma non addossarti
preoccupazioni che non ti spettano. E’ un periodo delicato
anche per te, non
devi stressarti, devi solo pensare a te e al bambino. Ryan è
un uomo fatto ed
ha le spalle larghe, lascia che sistemi da solo i suoi
problemi” aggiunse.
Nei giorni successivi, Victoria
restò a riposo, passando dal
letto al divano. La cosa non la esaltava, ma se tentava anche solo di
sparecchiare,
Ryan la bloccava subito. Era molto protettivo e si assicurava sempre
che non
facesse sforzi, si riposasse e prendesse le vitamine e gli integratori.
Insomma, era un vero e proprio tesoro con lei. Nel frattempo, dopo il
via
libera della ginecologa per il viaggio in aereo, lui aveva iniziato ad
organizzare la partenza per New York. Aveva trovato un appartamento
spazioso in
uno stabile praticamente blindato ed al riparto da paparazzi e curiosi.
Le
aveva anche mostrato le foto sul suo iPad: c’erano una cucina
a vista, un
salotto spazioso e confortevole, tre camere da letto, di cui una
padronale con
bagno annesso e cabina armadio, altri due bagni, uno sgabuzzino, ed un
parcheggio sotterraneo. Sembrava davvero il posto ideale per loro ed
era a
pochi passi da Central Park.
Ben presto arrivò la
mattina della partenza. Victoria non
aveva un grosso bagaglio, quello che era rimasto da sua zia Charlotte
le
sarebbe stato inviato di lì a pochi giorni. Era nervosa,
perché le sembrava in
qualche modo di fare un salto nel vuoto, ma anche eccitata per quel
nuovo
capitolo che avrebbe iniziato con Ryan. Il momento più
difficile era stato
dover salutare, la sera prima, sua zia e Skyler. Anche se non era un
addio ma
un arrivederci, era stato strano per loro doversi salutare, ma si
sarebbero
riviste presto. Sicuramente sua zia l’avrebbe raggiunta per
la nascita del
bambino/a, anche prima, e lo stesso valeva per la sua migliore amica,
che
volava spesso nella Grande Mela per lavoro. Fino all’ultimo
momento, Victoria
era stata sul punto di chiamare suo padre, aveva anche composto il
numero, ma
si era sempre fermata un attimo prima di far partire la chiamata.
Già sapeva
che le sarebbe mancato, ma non si sentiva di fare lei il primo passo.
Ryan aveva organizzato tutto nel
dettaglio. Un’auto li era
andati a prendere un paio d’ore prima del volo, per il check
in ed i controlli
di rito. Erano stati scortati nella saletta d’attesa privata
del LAX, per
evitare i paparazzi, che gravitavano sempre intorno
all’ingresso dell’aeroporto
in attesa di qualche personaggio famoso. Non riuscirono a passare del
tutto
inosservati, erano ancora sulla bocca di tutti e su tutti i siti di
gossip, ma
la sicurezza dell’aeroporto riuscì a scortarli
senza che fossero avvicinati o
importunati, eccezion fatta per qualche commento poco carino di alcuni
di loro
rivolto alla ragazza, a cui Ryan rispose con un’occhiataccia
severa.
Espletati i controlli di rito,
riuscirono finalmente ad
imbarcarsi e dopo un volo di circa sei ore, arrivarono al JFK. Anche
lì
trovarono la sicurezza ad attenderli ed a scortarli fino ad un Suv nero
con
finestrini oscurati ed autista, che li accompagnò in quella
che sarebbe stata
la loro nuova casa.
“Finalmente!”
esclamò Ryan, una volta messo piede nel loro
lussuoso appartamento al trentesimo piano.
“Benvenuta a
casa!” aggiunse, con tono dolce, precedendola
all’interno.
“Se qualcosa non ti
convince, possiamo fare dei cambiamenti!
Puoi cambiare tutto quello che vuoi” le disse, mentre lei si
guardava intorno.
“Per adesso mi piace tutto!
E’ ancora più bello che in
fotografia” osservò lei “E’
molto grande. E luminoso. E poi la vista è
spettacolare” aggiunse, avvicinandosi alle finestre.
“Staremo bene qui,
vedrai!” le fece eco lui, avvicinandosi
ed abbracciandola da dietro “Nessuno ci darà
fastidio, potrai stare tranquilla
e rilassarti” aggiunse, posandole un bacino fra il lobo
dell’orecchio ed il
collo “Cercheremo una ginecologa che possa seguirti. In
realtà ho già anche
qualche nome, ma ne parleremo meglio nei prossimi giorni, con
calma” aggiunse
premuroso.
Lei si lasciò coccolare
bel volentieri. Quando la
abbracciava riusciva sempre a farla sentire al sicuro, protetta, al suo
posto
nel mondo ed in quel particolare momento, con tutti quei cambiamenti,
era
esattamente ciò di cui aveva bisogno.
“Sei pentita?” le
domandò poi, a bruciapelo.
Lei si voltò nel suo
abbraccio, per guardarlo negli occhi.
“Di cosa? Di essermi
trasferita qui?” rimarcò incerta.
Lui strinse le spalle “Di
tutto. Di avermi seguito qui, di stare
con me” ammise, abbassando poi lo sguardo “So che
ti manca tuo padre, che ti
pesa non sentirlo. Se siete ai ferri corti è per colpa mia,
e forse se quella
mattina in ospedale fossi stato zitto, non sarebbe finita
così”
“No, no, non addossarti
colpe non tue” lo rassicurò lei,
allungando una mano per accarezzargli una guancia.
“Quello che è
successo non dipende da te. E non è per quello
che gli hai detto che siamo a questo punto. Lui è ostinato e
testardo, ha
preferito anteporre il suo orgoglio ferito a sua figlia, che altro
c’è da dire?”
continuò “Magari un giorno si renderà
conto di aver sbagliato, capirà che è
stato troppo rigido e severo con te. Ti ha giudicato dal primo momento,
senza
nemmeno essersi preso la briga di conoscerti, senza fidarsi del mio
giudizio.
L’hai sentito in ospedale, no? Mi ha trattata come una povera
cretina che si fa
plagiare. Però gli andava bene quando gli davo sempre
retta.” Borbottò indispettita.
“Non sono pentita della mia
scelta” riprese a dire “Sono
esattamente dove dovrei essere. Ti amo, e anche se le cose non sono
andate
proprio nella maniera più ortodossa e convenzionale, non mi
pento. Quindi,
smettila di sentirti in colpa, non ce n’è
motivo” aggiunse, abbozzando un
sorriso ed allungandosi poi per rubargli un bacio morbido. Lui
intensificò quel
contatto fra loro, stringendo piacevolmente la presa sui suoi fianchi.
Era da
un bel po' ormai che non avevano un po' di intimità, qualche
momento tutto per
loro, ed era normale che sentissero la mancanza l’uno
dell’altra anche in quel
senso, soprattutto dopo quel trambusto.
“La dottoressa ha detto
qualcosa?” le domandò lui, già col
fiato corto, staccandosi appena per riprendere fiato “Si,
insomma. Dobbiamo
stare attenti o possiamo?” le domandò con
un’aria adorabilmente impacciata che
la fece sorridere intenerita.
“Ha detto che possiamo,
stai tranquillo! Mancano ancora
diversi mesi all’astinenza forzata e vorrei approfittarne
finché non sono
enorme come una balena spiaggiata! Non sono di cristallo e non mi
romperò, Ryan”
lo prese affettuosamente in giro.
“Sai che non ti facevo
così chioccia?” ridacchiò, inclinando
appena il capo per guardarlo.
“Smettila, non sono una
chioccia, non è vero!” rise lui,
lievemente imbarazzato.
“Si, che lo sei! Non che mi
lamenti, ma non ti facevo così
protettivo” aggiunse, osservandolo attentamente.
“Ok, ok, va bene! Forse un
po', ma puoi biasimarmi?” le fece
notare lui, tenendola stretta “Sono stati giorni piuttosto
pesanti ed intensi,
sei incinta, e adesso sei una città nuova, lontana da casa
tua, da tua zia, da
Skyler. Mi preoccupo per te perché ti amo, e
perché non voglio che succeda
niente né a te né al fagiolino”
aggiunse.
“Lo so, ma non
c’è motivo di preoccuparsi. Quando sto con
te, sono più che certa che non mi succederà
niente” rimarcò senza esitazione
“Adesso ti decidi a baciarmi oppure vuoi continuare a
perderti in chiacchiere,
Reynolds?” aggiunse divertita.
Lui sorrise, appena imbarazzato, e
poi riprese a baciarla
teneramente, e via via con sempre più trasporto. Ben presto
l’atmosfera di
scaldò fra loro e, dopo aver seminato una scia di vestiti,
in una rivisitazione
in chiave erotica della fiaba di Hansel e Gretel, arrivarono a tentoni
e
ridacchiando, alla loro camera da letto, inaugurandola nel migliore dei
modi,
facendo appassionatamente l’amore. Ryan era sempre stato un
amante
appassionato, ma ora che Victoria era incinta, si era dimostrato ancora
più
attento e premuroso del solito, facendola davvero sentire speciale,
bellissima,
come fosse stata la donna più bella al mondo,
l’unica che contasse per lui.
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Capitolo 17 *** Cap. 17 ***
I primi giorni d Victoria a New York
furono piuttosto
tranquilli. Già un paio di giorni dopo il suo arrivo,
arrivarono diversi
scatoloni inviati da sua zia Charlotte, con tutte le sue cose da
sistemare, dai
vestiti, ai cd, ai libri, album di foto, ricordi di una vita da
riorganizzare
in quel nuovo appartamento dove stava iniziando un nuovo capitolo con
Ryan. Almeno
in quel modo riuscì a tenersi impegnata ed a non sentire
noia e solitudine. Lui
era spesso fuori, per incontri col suo entourage e con i suoi legali,
per
definire la faccenda del divorzio da Blake e, soprattutto, per riuscire
ad
ottenere condizioni di visita decenti con le figlie. E poi andava
gestita anche
la parte più mediatica della situazione. Ormai tutti
sapevano di loro due, del
trasferimento di lei a New York e della gravidanza. Tuttavia, a
dispetto di
quanto gli suggerivano agente ed addetta alle pubbliche relazioni, Ryan
voleva
evitare di ricamarci sopra, di emanare comunicati stampa e
quant’altro. Non
voleva nemmeno passare la sua vita chiuso in casa, ma preferiva
mantenere il
riserbo sulla loro relazione, soprattutto in un momento delicato come
quello,
anche per dare modo a Victoria di ambientarsi nella nuova
città, nel nuovo
appartamento. Era incinta, era già un grosso cambiamento
quello, figuriamoci
tutto il contorno.
Avevano scelto insieme una nuova
ginecologa, che seguisse la
ragazza per il resto della gravidanza. Si
trattava della dott.ssa Thompson, molto rinomata ed in gamba. Victoria
si trovò
a suo agio da subito con lei. Tutto stava procedendo al meglio, e lo
spavento
legato all’incidente di poche settimane prima era,
fortunatamente, ormai solo
un lontano ricordo. Il bambino/a cresceva, le nausee gradualmente
stavano
scomparendo, ed a parte una naturale stanchezza e voglie di cibi
strani,
Victoria si sentiva fisicamente bene. Per il resto, non era
così semplice
adattarsi a quella nuova vita. Per la maggior parte del tempo, si
ritrovava in
quel grande e lussuoso appartamento da sola. Sapeva bene che Ryan non
era fuori
a divertirsi, ma si annoiava a morte e non sapeva come potergli essere
d’aiuto.
Il più delle volte lui rientrava da quegli incontri con
l’agente o gli avvocati
teso e pensieroso, lei se ne accorgeva, anche se, appena messo piede in
casa,
lui si sforzava di minimizzare e mascherare il suo stato
d’animo. E lei cercava
di non bombardarlo di domande, per non farlo stare peggio e non
sembrare
opprimente. Non ci voleva certo un indovino per capire cosa lo
preoccupasse!
Blake continuava a fare la vittima, ed ogni giorno spuntava un articolo
nuovo
su di lei sul sito di People, palesemente imboccato dai suoi addetti
stampa, in
cui faceva la vittima, proprio lei che non aveva lesinato tradimenti
nei
confronti del quasi ex marito. Victoria cercava di stare alla larga dal
gossip,
soprattutto online, ma spesso era l’unico passatempo che
aveva. Era difficile
tenersi impegnata, anche perché non aveva poi molto da fare
lì. Non conosceva
bene la città, ci era stata diverse volte, ma solo per
riunioni di lavoro,
sempre toccata e fuga, e non aveva nessun amico, non ancora almeno. Si
sentiva
smarrita e spaesata, ed iniziava ad avvertire la mancanza di Los
Angeles, di
sua zia, di Skyler, di suo padre ovviamente, ed anche del clima mite
che aveva
lasciato in California. Sperava che, una volta saputo il sesso del
fagiolino,
almeno avrebbe potuto distrarsi preparando la sua stanzetta, ma fatto
quello,
sarebbe ripiombata nella noia. Durante il giorno, quando il tempo
permetteva,
Victoria usciva per iniziare a conoscere meglio il quartiere dove
vivevano, per
andare a camminar a Central Park, per farsi qualche punto di
riferimento utile,
anche solo per fare la spesa. Ma non poteva passare tutto il giorno
fuori,
anche perché dopo un paio d’ore di solito si
sentiva stanca, così rientrava a
casa, magari dopo aver pranzato fuori, da sola. Per fortuna, da quando
era
arrivata, non era mai stata importunata né seguita da
paparazzi o fotografi,
non ne aveva mai nemmeno vista l’ombra. Ultimamente,
più che altro per tenersi
impegnata, aveva cominciato a cucinare. Non era mai stata molto portata
né
aveva mai avuto la passione dell’arte culinaria, ma
così almeno riusciva a
tenersi occupata. Così, armata di ricettari vari,
pasticciava, sperimentava, soprattutto
provava diverse ricette di primi e dolci, per i quali poi Ryan faceva
da cavia.
Di solito lui usciva
di casa presto,
anche prima delle 8, e rientrava la sera. La chiamava più
volte al giorno, ma
non era abbastanza e soprattutto non era così che la ragazza
immaginava la loro
vita insieme. Comprendeva la sua situazione, ma quel suo ostinarsi a
tenerla
fuori dai suoi problemi, e a non metterla nemmeno al corrente di
eventuali
sviluppi, iniziava a mandarla ai matti.
Così, quella sera, la
ragazza decise di toccare con lui
l’argomento. Aveva cucinato per lui, preparando un risotto ai
funghi che non
era riuscito affatto male, e delle verdure al forno. Come spesso
succedeva
ultimamente, lui stava parlando del niente. Le aveva chiesto
cos’avesse fatto
durante la giornata, come si sentisse, quanto mancasse alla successiva
visita
dalla ginecologa e poi aveva commentato i suoi ultimi esperimenti
culinari.
“Vogliamo commentare anche
il tempo o ce lo teniamo come
argomento per domani a pranzo?” disse lei ironicamente ad un
certo punto,
lasciando cadere la forchetta nel piatto.
Lui alzò lo sguardo e la
fissò con aria interrogativa.
“C’è
qualcosa che non va?” le domandò incerto.
“Si, direi di si”
rispose con ovvietà. Non riusciva a
credere che volesse continuare a fingere che tutto andasse bene
“Sei sempre
fuori, esci la mattina presto e rientri la sera, io sto qui tutto il
giorno da
sola, non vedo l’ora di rivederti, ma quando torni nemmeno mi
dici cosa
succede, cosa ti passa per la testa” iniziò a dire
a ruota libera, dando
finalmente sfogo a tutti quei pensieri che da settimane teneva dentro.
Lui sospirò.
“Vic, lo so che ci sono
poco e mi dispiace, ma sai anche tu
che è un periodo complicato” rispose.
“Certo che lo so, e
riguarda anche me! Ma tu ti ostini a
tenermi fuori! Non mi racconti niente, parli del tempo, di quello che
cucino,
di stupidate, ma non mi dici mai cosa succede là fuori, cosa
ti dicono i tuoi
avvocati o lo squadrone che dovrebbe aiutarti ad uscire da questo
casino.
Capisco perché lo fai, so che vuoi solo proteggermi, ma non
sono di cristallo
e, soprattutto, se non so cosa succede, non posso aiutarti”
concluse seria.
“Non potresti aiutarmi
comunque” rispose lui in un soffio,
per poi alzarsi e portare il piatto, ormai vuoto, nel lavandino.
“Perché no?
Almeno spiegami che succede!” sbottò lei,
incalzandolo ed alzandosi a sua volta per seguirlo in cucina.
“Perché Blake si
rifiuta di farmi tenere qui le bambine
fintanto che vivrai con me e siccome stiamo insieme e sei incinta, non
posso
certo accettare le sue richieste deliranti ed obbligarti ad andare in
albergo
per portare qui le mie figlie” sbottò infine,
vuotando finalmente il sacco e
spiazzando la ragazza. Immaginava che Blake gli stesse rendendo le cose
difficili, ma non fino a quel punto.
“Ma non può
farlo. Insomma, tu sei il padre, hai il diritto
di vederle. Non può pretendere che tu non le porti mai a
casa tua solo perché
ci sono io! I tuoi avvocati che dicono? Dovranno pure fare
qualcosa!” esclamò
lei.
“I miei avvocati fanno il
possibile, ma il coltello dalla
parte del manico ce l’ha lei. So che anche lei mi tradiva, ma
il mio tradimento
è documentato e ormai di dominio pubblico, il suo no e
sinceramente non voglio
giocare a chi getta più fango sull’altro, devo
pensare anche e soprattutto alle
bambine. Adesso sono piccole, ma un domani potrebbero leggere o sentire
cosa
mamma ha detto del papà e viceversa e non voglio prestarmi a
questo gioco al
massacro” osservò sospirando.
“Questo lo capisco, ma non
puoi nemmeno lasciare che sia lei
a massacrare te” gli fece notare Victoria.
“Lo so, ma conto che prima
o poi si stanchi, o almeno lo
spero. E’ furiosa con me, perché si è
sentita umiliata e non mi sento nemmeno
di darle torto. L’ho tradita, e aspetto un figlio dalla mia
amante” rimarcò,
seguendo il flusso dei pensieri, per poi pentirsene subito,
perché realizzò che
la sua frase poteva essere male interpretata.
“Io non...scusa, non
intendevo quello che ho detto” si
corresse subito, guardando la ragazza negli occhi.
“Non devi
scusarti” rispose lei, un po' asciutta “In fondo
è
così che sono andate le cose, è così
che tutti vedono la situazione da fuori,
no? Hai tradito tua moglie e messo incinta la tua amante. Magari
qualcuno dirà
anche che ho fatto apposta a farmi mettere incinta per
incastrarti” aggiunse
con sarcasmo, tornando a sedersi a tavola.
“Chi se ne frega di quello
che dicono gli altri. Non hanno
idea di come sia andata davvero e non mi interessa cosa
pensano” osservò serio
Ryan.
Poi sospirò e si
avvicinò a lei, abbassandosi sulle
ginocchia per guardarla negli occhi.
“Ti ho promesso che avrei
sistemato tutto, e lo farò, te lo
giuro. Mi serve solo un altro po' di tempo. Tu pensa solo a te, al
fagiolino e
a riposarti” le disse con dolcezza.
“Non faccio niente tutto il
giorno! Non c’è proprio pericolo
che mi stressi o che mi stanchi” rispose sospirando
“Ma la cosa che mi fa
sentire più inutile è non poterti aiutare, non
poter fare niente per darti una
mano” aggiunse seria, incrociando il suo sguardo.
“Cosa ti suggeriscono quei
sapientoni del tuo agente,
l’addetto stampa e tutto lo squadrone?” gli chiese
poi.
Lui fece una smorfia.
“Non riescono nemmeno a
mettersi d’accordo fra loro!” disse
sbuffando e sedendosi accanto a lei “Secondo la mia agente,
dobbiamo mantenere
un basso profilo, finché questo casino non si
sarà sgonfiato. Secondo gli
addetti alle PR, invece, dovremmo farci vedere insieme, non da domani,
ma
dovremmo farci paparazzare, per dimostrare che non è una
squallida storiella,
ma una cosa seria, e che questa gravidanza non è stata un
caso, che non è
conseguenza di una tresca ma di una relazione profonda” le
spiegò.
“E tu non sei
d’accordo” rimarcò scrutandolo.
“Non credo di dover
dimostrare niente a nessuno!” le spiegò
“Quello che c’è fra di noi è
nostro e nostro soltanto. Non mi tocca quello che
pensano gli altri” continuò, stringendo le spalle.
“Questo lo so, ed
è lo stesso per me. Ma c’è in ballo
anche
la tua immagine” gli fece notare. Le sembrava assurdo che
proprio lui, che
aveva sempre tenuto a salvaguardare la sua reputazione, ora avesse
mollato i
remi “Non credo sia giusto che tu resti a subito passivamente
gli attacchi di
Blake. Ti sta affossando in tutti i modi, senza farsi il minimo
scrupolo. Ora,
non dico di partecipare insieme ad ogni serata mondana ma magari
qualche uscita
ogni tanto farebbe comodo alla tua immagine pubblica. Possiamo
cominciare con
una passeggiata fuori, poi una cena e vediamo come va.” Gli
suggerì.
“Sei sicura?” le
domandò.
“Non sono il tipo che
chiama i paparazzi per dire dove farsi
trovare o che sfrutta la sua vita privata per finire sui giornali, lo
sai, ma
in questo caso direi che è una strategia di sopravvivenza
obbligatoria” osservò
“Se non reagisci, se non fai niente e resti a subire gli
attacchi di Blake,
sembrerai colpevole, come un ladro che si nasconde. Non abbiamo ucciso
nessuno!
Le cose non sono andate nel migliore dei modi, abbiamo fatto soffrire
altre
persone, ma non era quella la nostra intenzione, purtroppo è
stato un danno
collaterale. Ma possiamo rimediare. Non dico di mettere i cartelloni
per
dimostrare che ci amiamo, ma non credo che un paio di paparazzate
organizzate
possa peggiorare le cose” aggiunse, stringendo le spalle.
Ryan sembrava pensieroso, incerto sul
da farsi.
“Sei sicuro che sia solo
questo a preoccuparti?” lo incalzò
lei a quel punto.
“Si, certo. Direi che
è abbastanza carne al fuoco. Che altro
dovrebbe esserci?” rispose, quasi divertito.
“Non lo so. Magari hai
qualche ripensamento. Se così fosse,
lo capirei, davvero!” riprese a dire concitata
“Insomma, hai deciso di
divorziare, rischi di non vedere le tue figlie o comunque di non
vederle quanto
vorresti, e tutto per cosa? Per un salto nel buio, perché
questa situazione fra
noi è un po' un salto nel buio! Siamo passati dal vederci
nei ritagli di tempo
e in posti improbabili ad aspettare un figlio e vivere insieme. Se
avessi dei
dubbi, lo capirei” aggiunse.
“Tu ne hai?”
disse lui, girandole la domanda. La ragazza
fece segno di no con la testa, senza esitare.
“Vic, non ho nessun dubbio
e nessun ripensamento” la
rassicurò, accarezzandole un braccio “Non sono
orgoglioso di come ho gestito le
cose, avrei potuto fare meglio, evitare tante sofferenze inutili ad
altri,
anche a te, perché se non parli con tuo padre è
anche e soprattutto a causa
mia, anche se tu minimizzi, ma mi sono innamorato di te. Non era
programmato,
ma è successo, ed incontrarti è stato un regalo,
inaspettato, ma pur sempre un
regalo. Nemmeno il fagiolino era programmato, ma è nostro, e
noi sappiamo che
quello che ci lega non è una tresca passeggera, o una
semplice infatuazione. Ci
siamo innamorati e questo bambino ne è la prova. Avrei
lasciato comunque Blake,
lo sai, già stavamo trattando dietro le quinte. La
gravidanza ha solo
accelerato i tempi, ma il finale sarebbe stato lo stesso”
continuò “Sono qui
con te perché lo voglio, non perché sento di
doverlo fare. Ho 41 anni, non sono
un ragazzino e non sono il broccolo. Nessuno mi costringe a fare
qualcosa che
non voglio da un pezzo ormai” rimarcò sorridendo.
Victoria sorrise, decisamente
sollevata nel sentirgli dire
quelle cose. In fondo, era proprio quello il suo timore, che lui si
fosse accorto
che il gioco non valeva la candela e che il rischio di perdere le
figlie, gli
avesse fatto capire che il sentimento che credeva di provare per lei
non fosse
così forte come pensava.
“Lo so che non ci sono
molto, e mi dispiace. Ma spero che
sia ancora questione di poco! Ormai mancano giusto alcuni dettagli da
definire
e poi presenteremo i documenti per il divorzio. Dubito che la causa
sarà breve,
ma almeno non dovrò più sorbirmi riunioni su
riunioni col mio entourage e potrò
passare più tempo qui, con te” aggiunse,
sporgendosi per rubarle un bacio
morbido.
“Perché non ti
metti comoda sul divano? Finisco io di
sparecchiare e carico la lavastoviglie! Visto che tu hai cucinato, a me
tocca
riordinare! Poi magari ci mangiamo un po' di gelato davanti alla
tv!” aggiunse.
“Se continui a viziarmi con
gelato e dolci vari, diventerò
una mongolfiera” rise lei.
Per quella sera, non toccarono
più la questione Blake,
divorzio e visite alle bambine. Decisero di rilassarsi davanti ad un
film,
lasciando ogni pensiero e preoccupazione fuori dalla porta. Nei giorni successivi, Ryan
cercò di essere
più presente e di tornare prima a casa. Organizzarono anche
un’uscita fuori a
favor di paparazzi. Lui non era del tutto convinto, ma alla fine aveva
deciso
di fidarsi dei suggerimenti dei suoi addetti stampa e, soprattutto, di
quelli
di Victoria. Erano usciti per una passeggiata e si erano fermati in una
pasticceria per una cioccolata, il tutto fedelmente documentato e
fotografato
da un paparazzo che li aveva seguiti a distanza.
Passarono velocemente altri due mesi.
Dopo innumerevoli
riunioni e trattative, i legali di Ryan riuscirono a strappare un
accordo
congiunto, così si sarebbero evitate lungaggini ed una causa
pesante per
entrambi. Finalmente furono calendarizzati gli incontri fra lui e le
bambine,
così avrebbe avuto la possibilità di vederle e di
passare del tempo con loro.
Blake si era dimostrata un osso duro, ma alla fine aveva ceduto, ed
aveva
dovuto accettare l’idea che lui avrebbe portato le bambine a
casa, dove ci
sarebbe stata anche Victoria, Evidentemente, aveva capito, o i suoi
legali
glielo avevano fatto capire, che non avrebbe potuto impedirgli di
continuare
una relazione stabile dalla quale stava per nascere un terzo figlio. E
poi nel
frattempo anche lei era stata paparazzata con quel tizio con cui
tradiva Ryan,
quindi ormai la parte della vittima, della povera moglie tradita ed
abbandonata, le si addiceva poco.
La gravidanza di Victoria procedeva
senza intoppi. Aveva
passato da poco il quinto mese e, finalmente, durante
l’ultimissima visita ed
ecografia di controllo, lei e Ryan avevano saputo il sesso del bambino:
sarebbe
stato un maschietto. Ovviamente la priorità per entrambi era
che fosse sano,
non c’erano vere e proprie preferenze sul sesso, ma per Ryan
sapere che avrebbe
avuto un maschietto dopo due femmine fu davvero emozionante. Aveva un
sorriso
costante stampato sul viso, e che gli prendeva anche lo sguardo,
spazzando via
quella nota malinconica che solitamente lo accompagnava. E poi
già faceva
progetti, pensava a quando lo avrebbe accompagnato a calcio o a rugby o
basket,
era adorabile quando partiva per il pianeta del giubilo.
“Come credi la prenderanno
James e Ines?” gli chiese
Victoria un pomeriggio, di ritorno dall’ennesimo giro di
compere per il
nascituro.
Le bambine erano già state
a casa loro, e Victoria aveva
cercato di rispettare i loro tempi e di inserirsi gradualmente nello
scenario.
Di solito usciva prima che Ryan tornasse a casa con loro e rientrava
giusto in
tempo per salutarle, per lasciare loro il modo di accettarla ed
abituarsi alla
sua presenza. Ines era la più piccola, aveva solo un anno,
non dava problemi,
mentre James ne aveva già tre ed aveva reazioni diverse.
Ryan aveva detto loro
che avrebbero avuto un fratellino, ma man mano che i mesi passavano, e
che il
pancione aumentava, Victoria temeva sempre più la reazione
che avrebbero avuto
una volta nato il pupo.
“La prenderanno come tutte
le sorelle maggiori. All’inizio
saranno incuriosite e poi magari un po' gelosette. E’
normale. Io sono l’ultimo
di 4 fratelli, gli altri tre hanno attentato a turno alla mia vita
quando ero
ancora nella culla” ridacchiò, posando i vari
sacchetti delle compere in
salotto “Avranno bisogno di tempo, e a volte di essere
rassicurate, ma ce la
faremo. Ines poi è ancora troppo piccola per capire, le
sembrerà solo di avere
un compagno di giochi in più e Jamie ci riempirà
di domande, ma è una brava
bambina ed è sveglia, capirà” aggiunse.
“Amore, andrà
tutto bene, non farti paranoie. Qualunque
problema, lo affronteremo insieme, quando sarà il
momento” la rassicurò ancora,
dandole un bacio morbido in fronte.
Lei abbozzò un sorriso,
poco convinto, ma non si sentiva di
insistere oltre su quell’argomento. Principalmente temeva
Blake, non le
bambine. Aveva paura che la madre le avrebbe in qualche modo fomentate
contro
il nuovo arrivato, magari facendo leva sul fatto che il fratellino
avrebbe
vissuto col papà e loro no, magari insinuando che era
proprio colpa del
piccolino se il papà le aveva lasciate. E’ vero
che ormai le famiglie allargate
erano la regola e non più l’eccezione, ma nel loro
caso erano ancora lontani da
quel traguardo, ammesso che mai ci sarebbero arrivati.
“A proposito di fratelli e
famiglia” riprese a dire lei,
mentre sistemavano nella stanzetta del bambino i nuovi acquisti
“volevo sempre
chiederti come hanno preso tutti questi cambiamenti tua madre e i tuoi
fratelli” gli domandò “Qui non chiama
mai nessuno, ed è vero che spesso sei
fuori, ma quando sei qui non ricordo di averti mai sentito parlare con
loro”
aggiunse, osservandolo.
Lui accennò un sorriso
tirato.
“Non ti sfugge
niente” rimarcò.
“Sanno tutto, ovviamente. E
diciamo che ci sono state
reazioni diverse” aggiunse “I miei fratelli hanno
capito, mi conoscono e non ne
hanno fatto una tragedia. Anzi, sono impazienti di conoscerti e di
diventare di
nuovo zii. E mia madre ha bisogno di tempo” tagliò
corto.
“Quindi mi
detesta” concluse lei.
“Non ho detto questo.
E’ che è una donna particolare, e non
aveva idea che con Blake le cose andassero male, né del tipo
di matrimonio che
avevamo ed è rimasta spiazzata. E’ stata sposata
per più di 40 anni con mio
padre, praticamente una vita, ora è vedova e ragiona ancora
in modo
tradizionale. Per lei il matrimonio dovrebbe essere uno ed uno soltanto
ed io
sono al secondo divorzio, quindi immagina quanto sia grave per
lei” riprese a
dire.
“Ma le passerà,
te lo assicuro!” disse ancora, avvicinandosi
a lei “La conosco, le serve solo del tempo per metabolizzare
la novità, poi
sono sicuro che le basterà conoscerti per capire
perché mi sono innamorato di
te e ti adorerà. E comunque, se può consolarti,
non le andavano a genio nemmeno
Scarlett e Blake” aggiunse vispo.
“Sei un gran
paraculo” lo apostrofò divertita lei,
abbracciandolo, fintanto che ancora riusciva a farlo, visto il pancione
che
cresceva.
“Senti, ma Skyler e tua zia
verranno a trovarti?” le
domandò, continuando a tenerla stretta “Presto ci
sarà anche un baby shower da
organizzare” riprese a dire lui.
“Skyler mi ha detto che
volerà qui per lavoro fra un paio di
settimane e verrà a trovarci. E Zia Charlotte sicuramente
arriverà prima che
partorisca! La sento ogni giorno e ci vediamo via skype, ma non
è lo stesso.
Solo che al momento è molto presa dalla fondazione. Mi sento
anche in colpa,
perché ora che manco io deve fare tutto da sola. So che
è in gamba, ma mi
dispiace non poterle più dare una mano”
osservò.
“E tuo padre? Ancora
niente?” rimarcò lui incerto, perché
sapeva bene quanto quello fosse un tasto dolente per lei.
Lei fece segno di no col capo e poi
si staccò quanto bastava
per guardarlo.
“Tutto tace. Lui non si fa
sentire ed io nemmeno” disse
solo. Non era proprio impaziente di parlarne, la faceva stare male. Suo
padre
le mancava, ma non riteneva di dover essere lei a fare il primo passo.
“Magari se gli inviassi
l’ecografia e vedesse qualche
immagine nitida del nipote, si renderebbe conto di cosa sta perdendo.
Forse
l’entusiasmo di diventare nonno potremmo aiutarlo a mettere
da parte il suo
orgoglio almeno per il tempo di una telefonata” aggiunse,
cercando di
incoraggiarla.
“Non lo conosci come lo
conosco io. Non basterà
un’ecografia, non basterebbe nemmeno se lo prendesse in
braccio” osservò lei, sciogliendosi
dal suo abbraccio e rimettendosi a sistemare tutine e calzini
nell’armadietto
del bambino, per tenersi impegnata.
Ryan si rese conto che era un tasto
troppo delicato e cambiò
argomento.
“Ok, niente discorsi
tristi, concentriamoci su altro!”
riprese a dire vispo “Adesso che sappiamo che è un
maschio, direi che è ora di
sistemare questa stanza. E’ ancora di un bianco ospedaliero
deprimente. Non
voglio che mio figlio si deprima ancor prima di nascere”
rimarcò serio.
“Domani iniziamo i lavori,
anzi, io inizio a sistemarla e tu
mi farai da super visore!” continuò a dire,
abbracciandola da dietro e
sfiorandole il pancione con le mani.
“Un bell’azzurro
alle pareti, delle decorazioni. Pensavo
magari a degli stencils della Disney. Che ne so, Winnie The Pooh, Toy
Story.
Devo ammettere che non ho idea di quali cartoni siano più
adatti ad un
maschietto, da anni mi sorbisco Frozen!” ridacchiò.
“Monterò la
culla, il fasciatoio, e sistemerò una bella
poltrona per te nell’angolo vicino alla finestra,
così sarai comoda quando
dovrai allattarlo” aggiunse, eccitatissimo e premuoroso.
“Ancora deve nascere ed
è già il bambino più viziato del
mondo. Quando nascerà, voi due vi metterete in combutta
contro di me e sarà la
mia fine! Così non avrò un solo bambinone a farmi
gli occhioni dolci e
rigirarmi come un calzino, ma due!” rimarcò lei,
voltandosi nel suo abbraccio.
“Benvenuta nel club! Jamie
ed Ines lo fanno dal primo
giorno!” rise a sua volta.
“Magari potremmo fare
qualche cambiamento anche nella
stanzetta che hanno le bambine qui, così si sentiranno
coinvolte” buttò lì.
“Mi sembra una bella idea!
Così si sentiranno partecipi e
potremmo anche coinvolgerle sulla scelta del nome, quando ci saremo
chiariti le
idee” osservò lui “Anche se
così rischiamo di doverlo chiamare Olaf!” rise
ancora.
“Magari possiamo fare
così, iniziamo a restringere il campo
fra quelli che abbiamo annotato finora e vediamo se ce
‘è uno che piaccia a
tutti!” suggerì lei.
“Direi che è un
buon piano!” rispose, strofinando il naso
contro il suo e baciandola morbidamente “Andrà
tutto bene, te lo prometto” le
disse, con tono dolce, all’orecchio “Dobbiamo avere
solo un altro po' di
pazienza, poi si sistemerò tutto. Le bambine si stanno
già abituando a te, Ines
ti adora già, lo so e presto anche Jamie
capitolerà. E’ un po' testarda, ha
preso da me, forse teme ancora che tu voglia prendere il posto della
sua mamma,
ma quando capirà che non è così, si
tranquillizzerà. Questo bambino sarà
fortunatissimo ad avere una mamma come te e scommetto che quando
nascerà, tuo
padre non resisterà alla tentazione di volare qui per
conoscerlo, e forse alla
fine potrebbe anche imparare a sopportare la mia presenza, per vedere
te e il
nipote” aggiunse sicuro.
“Dici?”
rimarcò lei, molto meno convinta “Non lo so.
Vorrei
avere metà delle tue certezze, ma immagino non ci sia altra
scelta se non
aspettare” disse solo.
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Capitolo 18 *** Cap. 18 ***
La gravidanza di Victoria procedeva
bene, così come la
convivenza con Ryan. Le figlie di lui stavano da loro un paio di volte
la
settimana, il martedi ed il giovedi e pernottavano anche lì
a week end alterni.
All’inizio, pur essendo naturalmente felice per Ryan, la
ragazza si era sentita
un po' intimorita all’idea di avere le sue bambine in casa,
più che altro
perché temeva che non l’avrebbero accettata, ma
col tempo le bimbe si erano
abituate alla sua presenza intorno a loro ed al padre. Quella che
faceva più
resistenza, di tanto in tanto, era la più grandina, Jamie,
mentre Ines, la più
piccola, era buonissima ed una vera e propria coccolona. Avendo solo
poco più
di un anno, la secondogenita di Ryan e Blake non si rendeva conto di
cosa fosse
successo e non aveva quindi avuto difficoltà ad adattarsi a
questa nuova realtà
familiare, mentre Jamie andava a fasi. L’impatto iniziale non
fu dei migliori,
perché quasi ignorava Victoria e non le riconosceva alcun
ruolo o autorità, e
quando capitava che restassero sole, faceva mille capricci ed era
ingestibile;
ora, fortunatamente, dopo una fase di rodaggio durata qualche mese,
sembrava
che avesse iniziato ad accettarla, era meno pestifera e sembrava meglio
disposta rispetto alla nuova fidanzata del padre ed anche al futuro
fratellino,
probabilmente anche grazie al fatto che sia lei che Ryan
l’avevano coinvolta
nella scelta del nome. Era stato un lungo processo, ma anche molto
divertente!
La lista era stata ristretta, non senza difficoltà, a cinque
nomi ed alla fine,
dopo una riunione familiare con le bambine, l’aveva spuntata
Alexander. Quel
nome aveva messo d’accordo tutti, anche Ines, pure se, a
dirla tutta, lei
ridacchiava ed approvava qualsiasi tipo di nome proposto. Era il nome
di un
condottiero, un imperatore, classico e si prestava ad un diminutivo
altrettanto
carino ed immediato, Alex. Ultimamente, Alex si muoveva molto,
scalciava
parecchio, soprattutto la sera, e quando capitava che le bimbe fossero
da loro,
James si illuminava tutta nel sentire i calcetti del fratellino sotto
la
manina, poggiata sul pancione di Victoria. La ragazza quasi non sperava
che
potesse accettare lei e il nascituro così bene, ma sembrava
davvero averla
conquistata.
“Ehi, già in
piedi?” le domandò Ryan quella domenica
mattina. Le bambine si erano fermate da loro, per il consueto week end
di
visita e stavano ancora dormendo.
La raggiunse in cucina, ancora
scalzo, coi pantaloni di una
tuta addosso ed una t shirt.
“Ti sei svegliata presto,
di solito sono io quello
mattiniero. Non ti senti bene?” le chiese, premuroso come
sempre.
“No, sto bene, non
preoccuparti. Solo che tuo figlio mi ha
dato la sveglia a suon di calcetti intorno alle 6, così alla
fine ho pensato di
alzarmi e di preparare pancakes per tutti. Alle bambine piacciono
tanto!” rispose
vispa, continuando a spadellare.
Ormai era arrivata
all’ottavo mese, il pancione era esploso,
ma nonostante la stanchezza ed il mal di schiena, Victoria non aveva
rallentato
poi molto e continuava ad occuparsi della casa, della cucina e delle
bambine. Si
stancava con niente, ma al contempo si sentiva paradossalmente piena di
energie.
“Ah quindi è
già solo mio figlio, eh?” ridacchiò
Ryan.
Dopotutto era così che funzionava, quando un figlio non si
comportava bene
diventava immediatamente solo dell’altro genitore.
“Per forza, è
mattiniero come te. Di solito tu alle 5,30 ti
svegli e lui infatti ha iniziato a scalciare stamattina prestissimo,
Può aver
preso solo da te!” lo prese in giro lei, rubandogli un bacio.
“Più tardi tu ed
io dobbiamo fare un bel discorsetto,
signorino! Non è così che si fa. La mamma
è stanca di scarrozzarti in giro, ha
bisogno di riposare. Puoi scalciare dalle 8 in poi, se vuoi”
disse Ryan
parlando al pancione, manco potesse capirlo e facendo sorridere
Victoria.
“Le altre due pesti dormono
ancora” riprese a dire lui,
finendo di apparecchiare la tavola per la colazione e prendendo del
caffè.
“Credo che tu abbia
ufficialmente conquistato Jamie”
aggiunse vispo e soddisfatto.
“Ah si?”
rimarcò lei, sorpresa, controllando i pancakes.
“Ieri sera, quando
l’ho messa a nanna, dopo la favola ed
appena prima di addormentarsi, mi ha chiesto come ti deve chiamare, se
deve
chiamarti ‘mamma 2’ o in qualche altro
modo” le spiegò, con il tipico sguardo
fiero ed intenerito di un padre.
“Quant’è
dolce quello scricciolo” esclamò Victoria
“E tu che
le hai risposto?”
“Le ho detto che una mamma
già ce l’ha, e che tu non vuoi
sostituirla, ma che le vuoi bene, che adori lei ed Ines, e che sarai
una specie
di amica o di zia per loro, quindi può chiamarti
semplicemente Vic, come faccio
io” rispose, stringendo le spalle “Dovevi vedere la
sua faccetta seria e
concentrata, era dolcissima” aggiunse.
“E’ come se
l’avessi vista, anzi, la sto vedendo ora. E’
identica alla tua” rispose lei sorridendo e guardandolo con
aria adorante,
quasi scordandosi che aveva i pancakes sul fuoco.
“Cavolo! Per un
pelo!” esclamò, spegnendo i fornelli
“Speriamo siano venuti bene! Ci sono anche le fragole ed
ovviamente ho comprato
lo sciroppo d’acero per il mio canadese preferito e per le
sue principesse”
aggiunse, sistemando tutto a tavola.
“Ho detto bene?”
le chiese Ryan “Non sapevo bene nemmeno io
cosa dirle, forse avrei dovuto chiamarti” aggiunse.
“No, no, hai fatto bene a
parlarle tu. L’ha chiesto a te,
sei il suo papà e voleva la tua opinione. Le hai detto la
verità! Sono davvero
felice e sollevata che sia lei che la piccola mi accettino ora, e non
ho mai
avuto l’intenzione di diventare una specie di mamma
surrogata. Loro una mamma
ce l’hanno, io sarò una sorta di amica, e
sarò sempre presente per loro se
dovessero aver bisogno, ma non voglio sostituirmi a nessuno”
lo rassicurò.
Poco dopo, forse attirate dal
profumino di pancakes che si
stava spandendo per l’appartamento, le bimbe si svegliarono.
La prima a
raggiungerli fu James, ancora assonnata, in pigiamino e col suo peluche
preferito al seguito e poco dopo Ryan andò a recuperare
anche la piccina. Si
sistemarono tutti a tavola per la colazione, e da fuori sarebbero
potuti
tranquillamente passare per una famigliola felice. Le bimbe gradirono
molto i
pancakes, soprattutto Ines. Era la più piccola, ma aveva
sempre un grande
appetito e non era schizzinosa, assaggiava sempre tutto senza problemi,
ed
osservava ogni cosa con quegli occhioni azzurri curiosi. James, invece,
sembrava la copia del padre, non nei colori, quelli li aveva presi
dalla madre,
ma il taglio degli occhi era identico a quello di Ryan e poi anche a
lei al
mattino serviva un po' di tempo per carburare, per cui rimaneva un po'
imbronciata finchè non aveva finito la colazione, col suo
latte, i suoi
biscotti o i pancakes. Poi, una volta riempito il pancino, diventava
chiacchierina e li bombardava di domande. Le giornate, quando le bimbe
erano
con loro, passavano molto più in fretta, erano intense ed
impegnative, ma anche
estremamente divertenti. Quando Ryan le riportava dalla madre, la casa
sembrava
sempre un po' più spenta e vuota, ma in fondo non era male
godersi un po' di
pace, fintanto che potevano, visto che di lì a poche
settimane, avrebbero avuto
un aquilotto urlante ad animare le loro giornate.
Con l’avvicinarsi del
termine della gravidanza, oltre ad
aumentare in Victoria il naturale terrore per ciò che la
aspettava, ovvero
travaglio e parto, cresceva in lei anche la nostalgia di Los Angeles,
in
particolare di sua zia, di Skyler ed ovviamente di suo padre. Alla
fine, aveva
seguito il consiglio di Ryan, ed aveva inviato ad Andrew una mail con
le ultime
immagini dell’ecografia in 3D del nipotino, senza aggiungere
altro. Al suo
compagno non aveva detto nulla, forse perché nemmeno lei
voleva sperarci
troppo. Infatti, esattamente come temeva, non arrivò alcuna
risposta, ma la
mail risultava regolarmente consegnata ed aperta. Non che si trovasse
male a
New York, si era ambientata abbastanza bene, ma non conosceva nessuno a
parte
Ryan, aveva conosciuto giusto un paio di mamme al parco, quando avevano
accompagnato le bimbe, ed altre future mamme al corso pre parto, ma
niente di
più, non c’era stato tempo sufficiente per legare
davvero. Ovviamente Ryan se
n’era accorto e negli ultimi giorni sembrava tramare
qualcosa, ma puntualmente,
alle domande della ragazza, nicchiava, non rispondeva, si comportava
davvero in
maniera strana. Tuttavia, un pomeriggio si comportò in
maniera ancora più
curiosa. Erano usciti per fare un po' di spesa, era stato proprio lui
ad
insistere, anche se in realtà mancavano giusto un paio di
cose, ed avrebbero
anche potuto rimandare all’indomani, ma si era impuntato,
voleva uscire a tutti
i costi e voleva che anche Victoria lo accompagnasse. Lei avrebbe
volentieri
evitato, era stanca, le scappava la pipì ogni 5 minuti
ormai, in quella fase
della gravidanza, ma non c’era stato verso. Avevano comprato
quelle poche cose
che mancavano, e lei era impaziente di rientrare a casa, ma lui
l’aveva
trascinata in altri negozi ed anche in farmacia. E stava per proporle
di andare
in caffetteria, quando la ragazza, stanca, fermò un taxi per
farsi
riaccompagnare a casa.
“Si può sapere
che ti è preso oggi? Sembravi tarantolato là
fuori. Mi scappa la pipì! Sai che devo farla ogni 5 minuti!
Ho rischiato di
farmela addosso in taxi, per la miseria!” stava borbottando
lei, in attesa che
lui finalmente aprisse la porta di casa.
“Mi dici perché
ridi? Mi prendi in giro? Vorrei vedere te!
Portarsi in giro il peso di un cocomero maturo che ti preme sulla
vescica”
borbottò lei.
In quel preciso istante, lui
spalancò la porta e lei entrò,
ma restò bloccata sulla soglia.
“Sorpresa!”
esclamarono in coro sua zia Charlotte e Skyler.
Il salotto era stato addobbato con un
festone per lei ed
Alex, e con tanti palloncini colorati nelle tonalità del blu
e dell’azzurro.
Sul bancone della cucina spiccavano vassoi con tartine, pasticcini ed
altri
stuzzichini vari, e diversi regali.
“Non ci credo! Devo avere
le allucinazioni! Siete davvero
qui?” rimarcò sorpresa Victoria.
Le due le corsero incontro per
abbracciarla come riuscirono,
visto il pancione.
“Tesoro, sei bellissima!
Sei radiosa” le disse emozionata
sua zia.
“Wow! Sembri una
mucca!” la prese in giro l’amica.
“Lo so, una mucca enorme ed
incontinente! Anzi, a proposito,
lasciatemi solo fare un pit stop al bagno e torno subito da
voi!” rise lei,
prima di andare in bagno.
“Ecco perché
avevi tanta smania di uscire” disse a Ryan, una
volta tornata in salotto.
“Mi serviva una scusa per
tenerti fuori un po', almeno mezz’ora!
Sapevo che erano arrivate stamattina, ma dovevano avere tempo di
sistemare qui,
brontolona!” le spiegò divertito.
“E siccome ho fatto la mia
parte, ora posso anche
lasciarvi!” aggiunse.
“Signore, è
sempre un piacere rivedervi! La lascio nelle
vostre mani, mi raccomando” disse vispo, strizzando
l’occhio alle due donne.
“Vai tranquillo Reynolds,
ci pensiamo noi all’ovetto
ripieno” rise Skyler.
“Ancora non ci credo, siete
davvero qui! Non avete idea di
quanto mi siete mancate. Anzi, zia Charlotte mi è mancata,
tu no! Due minuti
che sei qui e mi hai dato della grassona venti volte” riprese
a dir Vic,
sedendosi sul divano.
“Anche tu ci sei mancata,
tesoro!” le fece eco sua zia.
“Dai, sai che scherzo! Stai
benissimo!” rispose divertita
Skyler “Tua zia ha ragione, sei radiosa e hai dei capelli
così lucidi!”
aggiunse vispa.
“Ma raccontaci di te. Come
va qui? Ti trovi bene?” le
domandò ancora sua zia.
“Si, si, sto bene. Mi sono
ambientata piuttosto in fretta,
ma non conosco ancora nessuno a parte Ryan, quindi il più
delle volte, quando
lui è fuori, mi annoio da morire, ma sto bene. E fra qualche
settimana avrò il
mio bel da fare con il bambino, quindi forse non è poi male
un po' di noia”
spiegò loro “Abbiamo spesso qui anche Jamie ed
Ines, le bimbe di Ryan e sta
andando bene con loro. Mi hanno accettata finalmente, la grandina
è stata un
osso duro, ma pare che si sia sciolta e Blake non sta creando problemi,
quindi,
incrociando le dita, spero che il peggio sia passato”
aggiunse, accarezzandosi
il pancione.
“Si, ormai lo scandalo
è cosa vecchia. Adesso c’è di peggio
di cui occuparsi. Tipo le accuse di molestie che stanno letteralmente
fioccando
su Harvey Wenstein ed altri pezzi grossi di Hollywood”
osservò Skyler “Avete
fatto bene a seguire i consigli dell’addetta stampa di Ryan,
comunque. Quelle
poche paparazzate uscite di voi vi hanno mostrati in una luce diversa,
e vedrai
che presto nessuno si ricorderà più di
com’è iniziata fra di voi” la
rassicurò.
Fra chiacchiere, risate e gli
stuzzichini dolci e salati, le
tre passarono un pomeriggio divertente e rilassante, senza quasi
accorgersi del
tempo che passava, tanto che quando Ryan rientrò, poco prima
dell’ora di cena,
a loro sembrava fosse appena uscito. Lui immaginava che si sarebbero
trattenute
ad aggiornarsi e chiacchierare, così pensò bene
di rientrare con delle pizze
per tutti.
Dopocena, Skyler li salutò
perché l’indomani aveva una
riunione di lavoro, ma si sarebbe comunque trattenuta lì per
un’intera
settimana, così si sarebbero sicuramente riviste, mentre
Charlotte si trattenne
ancora lì. Ryan le aveva lasciate sole, con la scusa di
rispondere ad alcune
mail della sua agente e visionare dei copioni.
“Allora, come va con
lui?” le chiese sua zia, mentre si
prendevano una tisana al bancone della cucina.
“Bene, molto
bene” rispose la nipote con un sorrisone
“E’
molto protettivo, premuroso. Pensavo che ci sarebbe voluto del tempo
per
abituarsi alla convivenza, invece è stato tutto molto
naturale da subito.
Certo, a volte la notte russa ed è un po' disordinato, ma
niente di
insormontabile” rise.
“Si è fatto
sempre in quattro in questi mesi, soprattutto
quando le cose con Blake erano ancora in alto mare, perché
non voleva che mi
preoccupassi e mi agitassi. E sono sicura che sarà un
bravissimo papà per
l’aquilotto, lo vedo con le bimbe, è
così dolce, giocherellone, ma sa anche
essere fermo quando deve” continuò.
“Allora Alexander
sarà fortunato, perché avrà due bravi
genitori!” disse senza esitazione sua zia.
“Spero! Al momento sono
terrorizzata! Ho paura del
travaglio, del parto, di non riuscire a cambiare i pannolini”
ammise ridendo la
ragazza.
“Nessuno nasce con la
scienza infusa, tesoro, imparerai
strada facendo, come tutti! Ryan magari sarà più
allenato, ma solo perché per
lui è la terza volta! Sono certa che ci ha messo del tempo
ad abituarsi a
cambiare pannolini e tutine” rise la donna.
“Hai sentito o visto
papà in questi mesi?” si decise infine
a domandarle, forse spiazzandola, ma forse nemmeno troppo “Io
gli ho scritto
una mail per dirgli che sarebbe diventato nonno di un maschietto e per
girargli
le immagini in 3D dell’ultima ecografia, ma non ha risposto.
Me l’aspettavo, ma
speravo comunque di sbagliarmi” ammise, abbassando lo sguardo
“Sono passati
mesi, fra poche settimane partorirò e lui continua ad
ignorarmi, come se non
esistessi e non fossi mai esistita” concluse mortificata.
Sua zia sospirò,
chiaramente dispiaciuta per la nipote,
perché detestava vederla così, soprattutto in un
momento così delicato.
“L’ho incontrato
diverse volte, l’ultima anche prima di partire
per New York. So della tua mail, me ne ha parlato, mi ha chiesto di te
e gli ho
risposto che potrebbe telefonare direttamente a te per sentirti e
chiederti
come stai” rispose “Ho cercato anche di convincerlo
a volare qui con me e
Skyler, ma è davvero testardo a livelli
inimmaginabili!” borbottò “Tua madre me
l’aveva detto, ma pensavo esagerasse!” aggiunse,
accennando un sorriso.
“Comunque, se chiede di te
è buon segno. Sono sicura che ti
vuole bene esattamente come prima e che pesa molto anche a lui starti
lontano e
non sentirti, ma al momento il suo orgoglio è ancora troppo
ferito, e non
riesce a passarci sopra, per quanto assurdo mi sembri”
continuò “Hai fatto bene
a scrivergli, ma non devi fare niente che tu non voglia. Se ti va di
scrivergli
ancora, fallo, altrimenti aspetta che si faccia vivo lui. In fondo, non
hai
fatto niente di male, non hai ucciso nessuno! Ti sei innamorata, sei
felice, ed
aspetti suo nipote. Io spero che si renda conto di cosa rischia di
perdere e
che si faccia vivo presto” concluse, cercando di essere
incoraggiante e di
vedere il bicchiere mezzo pieno.
“So che ti manca, tesoro.
Lo capisco! Ma cerca di non
pensarci troppo. Pensa a te, al bambino, a Ryan, e poi vedrai che col
tempo ed
un po' di pazienza, tutto andrà a posto” disse
ancora, per poi finire la
tisana.
“Si è fatto
tardi! Sarà meglio che vada!” riprese a dire la
zia. Victoria cercò di convincerla a fermarsi lì
per la notte, ma invano.
Rimasero d’accordo di rivedersi l’indomani in tarda
mattinata per andare a
farsi coccolare un po': un giro dal parrucchiere, manicure, pedicure.
La ragazza sciacquò e
ripose le tazze, ormai vuote, e poi
raggiunse Ryan in studio. Si era addormentato sulla poltrona, con
ancora gli
occhiali inforcati ed il copione fra le mani. Istintivamente, sorrise
intenerita nel vederlo così, e le spiaceva anche svegliarlo,
ma non voleva che
dormisse scomodamente.
“Ehi, meraviglia”
lo richiamò piano, scuotendolo appena per
il braccio.
Lui aprì gli occhi, li
strizzò un paio di volte,
stropicciandosi il viso e sorrise.
“Mi sono addormentato come
un cretino” osservò, con la voce
appena impastata.
“Mi dispiace averti
svegliato, ma non potevo lasciarti
dormire qui! Vieni a letto!” aggiunse dolcemente, tirandolo
leggermente per la
mano.
Lui si alzò e la
seguì in camera da letto, sbirciandola con
la coda dell’occhio mentre si spogliava.
“Grazie per aver
organizzato la festa per me e il bambino”
riprese a dire lei.
“Io non ho fatto niente! Ti
ho solo tenuta fuori casa
mezz’ora, rischiando di prenderle”
minimizzò lui ridacchiando e sfilandosi la
felpa. Era sempre in formissima, anche quando non si preparava per un
ruolo,
muscoloso ed atletico al punto giusto, una vera tentazione per
Victoria, con
tutti gli ormoni che aveva in circolo.
“Che
c’è? Mi stai guardando come se fossi
un’enorme torta al
cioccolato e panna! Un po' di contegno, Avery” la prese in
giro
affettuosamente.
“Scemo! Ti diverti a
provocarmi, vero? Solo perché sai che
con questo pancione sono innocua” rispose, con tanto di
linguaccia.
Lui rise, poi si avvicinò
a lei, cingendole la vita da
dietro e posando le sue mani grandi e piacevolmente calde, sul pancione.
“Tu innocua?”
rimarcò divertito “Non saresti innocua nemmeno
con uno scafandro addosso e ammanettata” aggiunse
ridacchiando.
“Sei bellissima! Lo sei
sempre, ma in questi mesi ancora di
più, la gravidanza ti fa bene. Per il resto, avremo modo di
recuperare quando
Alex sarà nato. E ci concederà qualche ora in
più di sonno per notte” aggiunse
ridendo.
“Mi manca dormirti addosso.
E non solo quello!” aggiunse
lei, con aria birichina.
“Anche a me, non farmici
pensare, altrimenti dovrò andare a
farmi una doccia gelata” ridacchiò “Su
forza, a nanna ora! Coccole e poi
nanna!” aggiunse, dandole una leggera pacca sul sedere.
I giorni successivi furono intensi ma
molto piacevoli per
Victoria. Riuscì a passare del tempo con sua zia e Skyler,
andando a fare
shopping per gli ultimi acquisti per il bimbo, coccolandosi un po' con
parrucchiere ed estetista, o anche solo restando a casa per
chiacchierare e
mangiare qualcosa insieme. Le erano mancate davvero tanto ed averle
lì riusciva
a colmare, in parte, la mancanza di suo padre. Purtroppo, come accade
sempre
quando ci si diverte, quella settimana volò via troppo in
fretta, e ben presto
le due donne dovettero ripartire, ma sarebbero tornare una volta nato
il
bambino, forse anche prima.
Charlotte e Skyler erano ripartite da
un paio di giorni
quando, una mattina, Vicky sentì suonare alla porta. Era
certa che fosse Ryan,
che si era accorto di aver dimenticato le chiavi, come spesso accadeva,
ed
invece rimase di stucco nel ritrovarsi davanti suo padre.
“Papà”
esclamò candidamente, non potendo nascondere il suo
stupore. Non si vedevano da quella mattina in ospedale, dopo
l’incidente.
Lui era esattamente come lo
ricordava, forse un po'stanco e
sembrava anche un pò a disagio, teso.
“Ciao Victoria”
rispose, dopo qualche istante, schiarendosi
la voce.
“Disturbo?”
aggiunse incerto, cercando di capire forse se la
figlia fosse sola in casa o meno.
“No, no, entra pure. Stavo
per mettermi sul divano” rispose,
facendolo entrare “Ormai non posso più fare molto,
ho l’agilità di un gatto di
marmo” osservò, abbozzando un sorriso.
A quel punto Andrew, dopo essersi
guardato velocemente
intorno, spostò lo sguardo sul suo pancione.
“E’ cresciuto. Ci
siamo quasi, vero?” rimarcò. Lei annuì.
“Siamo da soli
papà. Ryan è uscito e credo ne avrà
per un
paio d’ore.” Lo rassicurò.
“Scusa, ma devo sedermi,
non riesco a stare troppo in piedi”
aggiunse, mettendosi sul divano, mentre lui restò ancora in
piedi e notò con la
coda dell’occhio alcune foto che campeggiavano su alcuni
scaffali, foto di
Victoria e Ryan insieme, ma anche con le figlie di lui.
“Ti lascia spesso da
sola?” le domandò, facendola sospirare.
Sperava che fosse lì per ricucire con lei, ma lui invece
sembrava impaziente di
criticare Ryan, come sempre.
“E’ ad un
incontro di lavoro con la sua agente, e comunque
non mi serve più la baby sitter da un pezzo”.
“Questo lo so, ma sei agli
sgoccioli della gravidanza,
potresti aver bisogno di lui” riprese a dire Andrew,
giustificando le sue
preoccupazioni.
“Esistono i cellulari,
basterebbe chiamarlo e correrebbe qui”
rispose tranquilla “Comunque, mancano ancora tre settimane al
termine, abbiamo
la borsa pronta sotto il letto, ma spero Alex non arrivi troppo presto,
meglio
rimanga ancora un po' qui dentro” aggiunse, sfiorandosi il
pancione.
“Così avete
deciso per Alex” riprese a dire lui, restando in
piedi, con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni, nemmeno fosse
lì in
prestito “E’ un bel nome”
precisò, prima che la figlia potesse pensare ad
un’altra critica in arrivo “Un nome storico,
forte!” aggiunse.
“Si, lo credo
anch’io. Piaceva a tutti, anche alle figlie di
Ryan” rispose lei, continuando a scrutarlo. Pochissime volte
in vita sua
l’aveva visto così sulle spine.
“Come mai sei qui,
papà?” gli chiese poi, spezzando
quell’imbarazzante silenzio.
Andrew si schiarì la voce
ed abbassò per un attimo lo
sguardo.
“Io ho pensato molto a
tutto quello che è successo negli
ultimi mesi e ho chiesto spesso notizie di te a tua zia
Charlotte” ammise.
“Lo so, me l’ha
detto” precisò lei.
“Tua zia sa essere davvero
ostinata quando vuole, anche più
di tua madre” osservò lui, accennando un sorriso
“Ma come una specie di grillo
parlante, mi ha fatto ragionare e anche se non volevo ammetterlo aveva
ragione.
Mi sono comportato da sciocco, ho esagerato, e mi rendo conto di non
aver agito
come avrei dovuto. Avresti avuto bisogno di me, ma io non
c’ero, ti ho
giudicata ed ho sbagliato. Se tua madre fosse ancora qui, credo me ne
avrebbe
dette di tutte i colori ed avrebbe avuto ragione. Ryan continua a non
piacermi
e sono sempre convinto che non sia l’uomo giusto per te, ma
sei una donna, fra
poco diventerai madre e non posso decidere io per te. Quindi, anche se
le mie
intenzioni erano buone e volevo solo proteggerti, ho capito che non
posso e non
devo più impicciarmi nelle tue scelte, che devo fidarmi del
tuo intuito. E,
comunque vada, qualunque cosa succeda, io ci sarò sempre per
te, perché sei mia
figlia e farei di tutto per vederti felice” aggiunse, quasi
d’un fiato.
Victoria rimase a dir poco spiazzata.
Conoscendo quanto suo
padre sapeva essere orgoglioso, mai e poi mai avrebbe pensato a delle
scuse
così articolate e sentite. Era un momento davvero
particolare ed emozionante,
tanto che sentì subito gli occhi farsi lucidi. Qualunque
cosa gli avesse detto
Charlotte in quei mesi, era stata davvero convincente.
“Mi sei mancata”
aggiunse Andrew in un soffio.
“Anche tu” ammise
lei di rimando “Adesso vieni qui ed
abbracciami per favore! Io ci potrei mettere un mese a tirarmi
su” aggiunse
ridendo.
Suo padre, ovviamente, non aspettava
altro, e la raggiunse,
per stringerla come poteva.
Restarono a chiacchierare per un bel
po' sul divano, poi,
con l’aiuto del padre, Victoria si tirò su per
fargli fare un giro della casa,
soprattutto per mostrargli la cameretta di Alexander, le tutine che
aveva
comprato, i primi orsacchiotti e poi tornarono in cucina per bere una
spremuta
d’arancia.
“Sembri felice”
riprese a dire suo padre, quasi stupito.
“Lo sono” lo
rassicurò lei, senza esitare “So che a te Ryan
non va a genio, anche se devo ancora capirne il motivo, ma mi rende
felice. In
questi mesi è stato un angelo, si è fatto in
quattro per me, per non farmi
sentire la mancanza tua, di zia Charlotte, della mia vita a Los
Angeles. E’
molto premuroso, a volte anche troppo. A volte lo chiamo
‘chioccia’ per
prenderlo in giro e fargli capire che sta esagerando, ma è
davvero molto
attento e dolce con me.”
“La moglie ha sotterrato
l’ascia di guerra?” domandò lui.
“Si, dopo lunghe settimane
di estenuanti trattative fra gli
avvocati, ha capito che farsi la guerra avrebbe fatto male solo alle
bambine ed
ha mollato la presa” gli spiegò “Ora le
acque si sono calmate, Ryan vede
regolarmente le bambine e le porta qui, così sono riuscite
ad abituarsi anche
alla mia presenza. Per fortuna hanno preso bene la notizia del
fratellino, dopo
un po' di smarrimento iniziale e adesso sono impazienti di conoscerlo,
soprattutto la grande” aggiunse.
“E tu come te la cavi?
Sempre e solo lavoro o riesci anche a
riposare? Stai sempre attento a cosa mangi?” gli chiese poi.
“Si e no!” ammise
ridendo “Ammetto che senza te a
controllarmi, spesso sgarro, ma sto bene, sono solo un po'
stanco” aggiunse.
“Sei qui per
lavoro?” domandò ancora lei.
“Sono venuto per vedere te
Victoria” ammise “Niente lavoro,
non questa volta. Tua zia aveva cercato di convincermi a venire qui con
lei e
la tua amica Skyler, ma non ero ancora pronto.
Poi ci ho pensato e ho capito che mi mancavi troppo e
così eccomi qui” le
spiegò “Volevo vederti, assicurarmi che stessi
bene come mi diceva tua zia.
Dopodomani devo essere a Londra per un incontro di lavoro, ma se vuoi
posso
tornare presto. Mi piacerebbe esserci per quando il mio nipotino
nascerà”
ammise.
“Certo che voglio, mi
farebbe piacere!” rispose vispa “Sono
terrorizzata! La dottoressa che mi segue è bravissima, ma
adesso che il termine
si avvicina, inizio ad avere paura” ammise.
“E’ normale,
anche tua madre era tesa, ma poi, quando hai
deciso di venire al mondo, sembrava così controllata, ero io
quello più
nervoso, tanto che quasi partivo senza di lei in macchina” le
raccontò ridendo.
E stavano ancora parlando, quando la
porta d’ingresso si
aprì e Ryan entrò.
“Ciao amore! Sono riuscito
a liberarmi prima e…” stava
dicendo dall’ingresso, quando si accorse che Victoria non era
sola.
“Scusate, non sapevo fossi
in compagnia!” disse, abbozzando
un cenno di saluto verso Andrew. Sembrava genuinamente sorpreso, ma
Victoria
colse una nota di soddisfazione mista a sollievo nel vederla con suo
padre.
Avery, intanto, continuava a scrutarlo ed osservarlo, come se volesse
studiarlo
a fondo.
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Capitolo 19 *** Cap. 19 ***
“Che hai lì? Mi
sembra di sentire un buon profumino” gli
domandò Victoria, forse anche per spezzare la tensione fra
Ryan ed Andrew.
Ryan sorrise e posò la
confezione di una nota pasticceria di
New York sul bancone della cucina.
“Sei peggio di un cane da
tartufo” ridacchiò “E’ la
torta di
mele della Magnolia Bakery, la tua preferita. Ci sono passato davanti
ed ho
pensato di entrare per prendertene una, così se ti prende
una delle tue voglie,
saremo preparati” rispose sorridendo.
Poi tornò a guardare
Andrew.
“Forse è meglio
che vi lasci soli. Ne approfitto per fare
alcune commissioni” riprese a dire, pronto a togliere il
disturbo, perché era
certo che suo ‘suocero’ non smaniasse per stare
nella stessa stanza con lui.
“No, non serve. Resta pure,
noi qui avevamo quasi finito.
Non devi andartene perché ci sono io, questa è
casa tua e poi conto di passare
spesso a trovare Victoria e non voglio costringerti ogni volta ad
eclissarti”
osservò Andrew.
“Noi due non siamo partiti
esattamente col piede giusto e
non fingerò di aver cambiato idea su di te, continuo ad
avere alcuni dubbi, ma
quello che più mi importa è che mia figlia stia
bene e sia felice ed è chiaro
che è felice qui con te, quindi credo che potremmo mettere
da parte ostilità ed
antipatie e cercare non dico di essere amici, ma quantomeno di
comportarci
civilmente per il bene di Victoria, che ne dici?”
rimarcò, addirittura
porgendogli la mano.
Le sue parole spiazzarono Ryan, che
di certo non si
aspettava di sentire Avery così disponibile nei suoi
confronti. Spostò
lo sguardo da Andew a Vicky, che li
stava osservando quasi in apnea, altrettanto sorpresa dal discorso del
padre.
“Dico che si può
fare” rispose, abbozzando un sorriso e
stringendo la mano all’uomo “Forse
l’unica cosa che abbiamo e che avremo mai in
comune è Victoria, e presto anche Alex, ed entrambi vogliamo
vederla felice. E
magari un giorno, con un po' di fortuna, capirà che non sono
poi così male”
aggiunse, sorridendo più tranquillo. Entrambi,
però, si voltarono, quando
sentirono Vicky tirare appena sul col naso.
“Oh non badate a me, per
carità!” disse, soffiandosi il naso
“E’ colpa di questi dannati ormoni! Piango anche
davanti ai cartoni, è ridicolo”
aggiunse con un’aria buffa, facendo ridere i due uomini.
“Resti per pranzo,
papà?” domandò poi, quasi speranzosa.
Andrew sembrava combattuto, ma alla
fine accettò l’invito e
si fermò da loro per pranzo. Era stato sincero con Ryan, non
aveva cambiato
idea dalla mattina alla sera rispetto a lui, ma ora era certo di aver
preso la
decisione giusta, perché nessun pregiudizio o preconcetto
nei confronti di
quell’uomo, che oggettivamente non conosceva, poteva
giustificare il protrarsi
della guerra fredda con sua figlia. Adorava Vicky ed aveva sofferto
molto nello
starle lontano, anche se era stata una sua scelta. Intanto, passando
del tempo
con lei e Ryan, aveva l’opportunità di imparare a
conoscerlo, ed in effetti si
rese conto quasi da subito, solo osservandolo interagire con la figlia
ed
aiutarla in cucina, che non era così male come se
l’era immaginato. Sicuramente
ci sarebbe voluto del tempo per lui per arrivare ad accettarlo ed
accoglierlo a
braccia aperte in famiglia, ma intanto era un inizio, piccoli passi
verso la
reciproca conoscenza. Andrew si fermò pochissimo a New York
in quell’occasione,
ma subito dopo la trasferta di lavoro a Londra, tornò
nuovamente nella Grande
Mela per passare del tempo con la figlia, anche perché la
data del parto ormai
si avvicinava.
In realtà poi il termine
fissato dalla ginecologa per la
gravidanza passò e solo dopo un’altra settimana,
quando ormai Victoria temeva
che avrebbero dovuto indurle il parto, che Alexander decise di venire
al mondo.
Le contrazioni iniziarono la mattina prestissimo, e dopo la corsa in
ospedale,
ci vollero altre 10 ore prima che il principino si decidesse a vedere
la luce.
Il parto era stato naturale e doloroso, in certi momenti la ragazza
pensava non
sarebbe mai riuscita a farcela, ma poi le bastò vedere il
musetto dolce del suo
frugoletto per dimenticare tutto e capì cos’era
l’amore incondizionato ed
immediato, perché era esattamente quello che aveva provato
da subito, appena i
suoi occhi avevano incontrato quelli del piccolo Alexander. Ryan era
lì
ovviamente, le era rimasto accanto per tutta la durata del travaglio e
del
parto, incassando anche epiteti poco carini che la ragazza, presa dai
dolori
delle contrazioni, gli aveva rifilato, oltre alle strizzate degne di
una morsa
d’acciaio alle mani, ed ora fissava lei e
quell’aquilotto con aria adorante e
gli occhi lucidi. Non era il primo figlio per lui, ma era come se lo
fosse, la
gioia e l’eccitazione si rinnovavano ogni volta, ed era il
primo maschietto.
“Ciao campione!”
disse, con la voce rotta, allungando
l’indice verso la manina di Alex, che subito
l’afferrò, facendoli sorridere
entrambi.
“Però! Che
presa!” ridacchiò fiero il neo papà.
“Sei stata bravissima! Ti
amo” aggiunse in un soffio,
posando un bacio morbido sulla fronte di Vicky.
Le infermiere poi si occuparono di
entrambi, e solo dopo
un’oretta riportarono la mamma ed il piccolo nella loro
stanza, dove Ryan li
aspettava insieme ad Andrew ed a Charlotte, che era riuscita ad
arrivare a New
York un paio di giorni prima del parto.
I
primi giorni furono frenetici ed intensi, come sempre accade con un
neonato.
Victoria era riuscita a riposare un po' solo durante i due giorni in
ospedale,
ma appena a casa naturalmente iniziò il tour de force. Aveva
imparato a
cambiare i pannolini, e le infermiere le avevano dato dei suggerimenti
sull’allattamento, ma il bello veniva ora, con la pratica sul
campo. Alex,
tutto sommato, era anche abbastanza bravo, ma si svegliava
puntualissimo ogni
tre ore per la poppata e quando aveva fame, strillava come una sirena,
tanto
che spesso Vicky temeva che avrebbe finito con lo svegliare anche i
vicini.
Ryan la aiutava come poteva, ma non poteva sostituirla per i pasti del
piccino.
Però era sempre pronto a cambiargli i pannolini, ed era
dolcissimo col
piccolino. Sembrava l’unico in grado di farlo calmare quando
piangeva, lo
cullava con una pazienza infinta finchè
l’aquilotto non si arrendeva al sonno.
Si era calato nuovamente ed in maniera naturale nel ruolo di
papà, già allenato
con le prime due figlie, ed era davvero bravissimo col piccolo. Era
paziente,
dolce, attento e molto premuroso. Ma anche Victoria se la cavava bene,
meglio
di quanto si era immaginata. Certo, accudire un neonato era molto
impegnativo,
e spesso si era chiesta se ce l’avrebbe fatta, ma era rimasta
spiazzata nel
constatare quanto le venisse naturale seguire il paperotto, come se
avesse
sempre fatto la mamma. E non si stancava mai di osservarlo, soprattutto
quando
dormiva pacifico o quando era in braccio a Ryan e lo osservava curioso,
studiandolo, sgranando i suoi occhioni. Era un’impresa per i
due genitori
dormire, più che altro cercavano di coordinarsi coi tempi di
Alex e di riposare
quando lui dormiva, ma a volte era difficile. Victoria si sentiva una
specie di
mucca ambulante, ed anche Ryan era esausto. Nelle primissime settimane,
com’era
prevedibile, non furono mai da soli, c’era sempre qualcuno ad
aiutarli, o zia
Charlotte oppure Andrew, ed erano volati dal Canada anche la madre di
Ryan,
Tammy, ed uno dei fratelli, Terry. Per Vicky era stata una specie di
battesimo
del fuoco, era molto nervosa e tesa per l’incontro con i
Reynolds. Era la
primissima volta che incontrava Tammy, non si erano ancora mai viste e
temeva
di essere giudicata e che la donna fosse mal disposta nei suoi
confronti, ma
per fortuna, le cose andarono meglio di quanto sperasse, probabilmente
anche
grazie all’arrivo del nipotino. Tammy era talmente eccitata
per essere
diventata nuovamente nonna, che mise da parte qualsiasi riserva, un po'
come
stava facendo Andrew con Ryan. Terry, invece, si dimostrò da
subito molto
gentile e disponibile con Vicky, era un tipo sveglio, spiritoso, aveva
lo
stesso senso dell’umorismo di Ryan, e la fece sentire da
subito parte della
tribù Reynolds, invitandola ad andare a trovarli appena
possibile a Vancouver,
così avrebbe potuto conoscere anche gli altri fratelli e
tutti i nipoti.
Le settimane passarono velocemente, e
poi i mesi e quasi
senza che se ne rendessero conto, si ritrovarono al primo compleanno di
Alexander, che decisero di festeggiare sia a NY, con nonno Andrew e zia
Charlotte, che a Vancouver. Quell’occasione sarebbe stata la
primissima
trasferta di Vicky in Canada, ed il primo volo in aereo per Alex. Per
fortuna,
non aveva preso dal padre l’antipatia per gli aerei. Aveva
piangiucchiato un
po' durante il decollo, ma poi si era addormentato ed aveva continuato
a
dormire placidamente per tutto il volo, fino a Vancouver. Era cresciuto
molto,
tanto che Tammy quasi stentò a riconoscere il nipotino,
nonostante Vicky e Ryan
inviassero loro una marea di foto via mail. In quel particolare
periodo,
sembrava somigliare più a Victoria, aveva i suoi occhi
azzurri, ma il taglio
era quello di Ryan, ed aveva i capelli biondo cenere, ma sicuramente
sarebbe
cambiato ancora molto di lì in poi. Per
l’occasione Blake aveva permesso a Ryan
di portare con sé anche James ed Ines, così la
gioia della nonna paterna fu
completa. Ormai erano una grande famiglia allargata e quando si
riunivano con
gli altri fratelli Reynolds, diventavano una vera e propria
tribù. Victoria si
chiedeva dove Tammy e le cognate trovassero tanta energia per cucinare
per
tutta la famiglia. Ovviamente non bastava una tavolata per riunirli
tutti, ma
in fondo era anche quello il bello. Le feste o i pranzi passati con
tutti i
Reynolds, con quel chiasso e quelle chiacchiere e risate erano sempre
indimenticabili. Ormai la ragazza si era inserita bene in famiglia,
aveva vinto
anche le ultime resistenza di mamma Reynolds, che voleva solo vedere il
figlio
più piccolo, il suo cocco a detta di tutti, felice e sereno,
esattamente come
desiderava suo padre per lei.
I bambini crescevano bene, James ed
Ines continuavano a
stare da loro un paio di giorni la settimana e per la notte a week end
alterni,
Alex diventava sempre più vispo e vivace, ormai
trotterellava per la casa e ben
presto divenne necessario traslocare in una più grande. Non
fu semplice per
Ryan e Vicky lasciare quell’appartamento, dove avevano
passato i loro primi
tempi dopo il trasferimento di lei da Los Angeles, avevano tanti bei
ricordi
lì, Alexander ci aveva passato il suo primo anno di vita, ma
ormai stavano
stretti e non avevano altra scelta. Riuscirono a trovare una casa
adatta a
loro, sempre a New York, in una zona residenziale, tranquilla e con del
verde.
Era la classica abitazione e newyorkese con una piccola scalinata in
ferro
battuto all’ingresso, disposta su due piani, con 5 camere da
letto, così ogni
bambino avrebbe avuto la sua stanzetta ed in più ne sarebbe
rimasta una per gli
ospiti, 3 bagni, cucina, salotto, lavanderia e giardino sul retro. Era
perfetta
per loro e non servivano grossi restauri, giusto una rinfrescata alle
pareti.
Riuscirono a traslocare in tempo per il Natale, che festeggiarono
proprio lì,
con Andrew e Charlotte ed anche Skyler, che si era unita a loro per le
feste
col neo marito. Negli ultimi anni le cose erano molto cambiate anche
per lei ed
alla fine aveva ceduto alla corte impenitente di un avvocato, e lo
aveva
sposato.
Dopo essere rimasti entrambi fermi ai
box per godersi il
primo anno di vita del figlio, sia Ryan che Victoria tornarono
gradualmente al
lavoro. Lui aveva accettato un paio di ruoli per film le cui riprese si
sarebbero svolte proprio a New York, per non allontanarsi dalla
famiglia e per
non costringere Vicky a volare in capo al mondo con Alex per
raggiungerlo, e
poi in estate sarebbero volati a Vancouver tutti insieme per le riprese
dell’ennesimo sequel di Deadpool. Lei, invece, si stava
occupando di una sorta
di succursale della Avery Production che Andrew aveva deciso di aprire
nella
Grande Mela. Ormai la vita di sua figlia era lì, e lui
stesso non escludeva
affatto di potersi a sua volta trasferire lì un giorno,
forse nemmeno troppo
lontano, così aveva deciso di iniziare a gettare le basi in
vista della
pensione e del trasferimento. In realtà non vedeva
l’ora di cedere l’onere
dell’attività a Victoria e di fare solo il nonno.
Adorava Alexander, lo viziava
indegnamente, come fanno puntualmente i nonni, ed adorava passare anche
del
tempo con le figlie di Ryan, quando erano in visita a casa loro. Jamie
ed Ines
si divertivano sempre con lui, lo consideravano come una sorta di Babbo
Natale,
forse per la barba che portava.
I rapporti fra Ryan e Blake erano
molto migliorati col
tempo. Non che potessero definirsi amici, visti i loro trascorsi, ma
erano
cordiali l’uno con l’altra e collaboravano per il
bene delle loro figlie. Blake
si era risposata con un regista emergente, ed era diventata la sua
musa, tanto
che ormai girava solo film diretti dal marito, con successi
altalenanti, ma
sembrava finalmente soddisfatta ed appagata.
Sembrava che tutto, finalmente, si
fosse risolto e
sistemato, che tutti i tasselli del puzzle fossero finiti al loro
posto.
L’unica cosa che mancava, forse, era il matrimonio. In
realtà non ne avevano
mai parlato. Fra loro era nato tutto in maniera inaspettata ed
imprevista,
avevano forse bruciato le tappe, e si erano ritrovati ad essere una
famiglia
senza averlo programmato, ma era esattamente quello che volevano, e
nonostante
qualche discussione, più che fisiologica in una coppia,
soprattutto dopo
l’arrivo di un figlio, nessuno dei due si era mai pentito
delle scelte fatte.
Erano innamorati ed affiatati e si sentivano già una
famiglia a tutti gli
effetti, anche senza fede all’anulare. In cuor suo, tuttavia,
Victoria sperava
sempre che un giorno Ryan le avrebbe fatto la proposta, ma non aveva
mai
affrontato direttamente l’argomento con lui, forse
perché temeva che, dopo due
divorzi, lui non volesse più saperne. Non voleva metterlo
sotto pressione, obbligarlo
a fare qualcosa che evidentemente non era pronto a fare, né
rischiare di
rovinare il loro rapporto e turbare l’ottimo equilibrio che
avevano trovato
solo per avere un pezzo di carta che la riconosceva come signora
Reynolds.
Il tempo passava velocemente, forse
anche troppo, ed in men
che non si dica, i due si ritrovarono diretti, insieme ad Alex, che
aveva ormai
quasi tre anni, a Los Angeles per la cerimonia dei Golden Globes. Ryan
era
stato nominato, come accadeva ormai quasi puntualmente, per Deadpool,
in
diverse categorie, fra cui miglior attore, ma finora non aveva mai
vinto. Era
comunque contento, perché ricevere delle nominations ad un
premio prestigioso
come i Golden Globes era già un’immensa
soddisfazione per lui, un
riconoscimento che non avrebbe mai nemmeno sperato di ricevere nei
dieci anni
che gli erano serviti anche solo per avere l’ok per la
produzione del primo.
Quel film era una specie di quarto figlio per lui, e ne andava fiero.
Soprattutto, era orgoglioso di poter condividere quel momento con
Victoria. Lei
ancora detestava cordialmente le occasioni mondane, negli ultimi anni
non erano
stati particolarmente attivi da quel punto di vista, e fatta eccezione
per le
prime dei film di Ryan, lei si era tenuta volentieri in disparte,
preferiva
lavorare dietro le quinte, collaborare col padre nella produzione di
films, ma
senza poi partecipare all’aspetto mondano del lavoro. Ma
quella serata era
speciale per Ryan e lei non poteva né voleva mancare. Per
l’occasione, aveva
indossato un abito di Reem Acra, con corpetto dorato, senza spalline, e
gonna
vaporosa di tulle nero, sandali nelle tonalità
dell’oro e nero di Paul Andrew,
gioielli d’oro giallo con diamanti neri di David Yurman. I
capelli, biondo
miele, erano raccolti in una treccia morbida laterale, ad incorniciarle
il
visto radioso, truccato in maniera leggera per farle risaltare gli
occhi
luminosi. Era bellissima, e Ryan rimase quasi senza fiato, quando lo
raggiunse
di sotto. Ad onor del vero, nemmeno lui era male, anzi, era perfetto
fasciato
nel suo tuxedo blu notte di Armani, con tanto di papillon. Il sale e
pepe nella
barba e nei capelli lo rendevano irresistibile.
“Sei bellissima”
le disse, quasi senza fiato, guardandola
come se la vedesse per la prima volta.
“Grazie! Anche tu sei molto
affascinante!” rispose vispa,
sistemandogli il farfallino.
“Sono quasi sempre vestita
comoda per correre dietro ad Alex
in casa, volevo solo sentirmi un po' più sexy e femminile
stasera, anche perché
non voglio farti fare brutta figura sul red carpet” rispose
sorridendo.
“Non mi faresti fare brutta
figura nemmeno se uscissi con
addosso un sacco di iuta! Sei sempre bella, anche e soprattutto quando
rincorri
Alex in casa e ci giochi” rispose, guardandola con aria
adorante.
“Belli!”
esclamò Alex, indicando i genitori, in braccio al
nonno, che si era affacciato dal salotto. Sarebbe rimasto a casa
insieme al
bimbo, barattando più che volentieri una serata mondana con
una col nipote.
“Visto come sono belli
mamma e papà? “ rimarcò sorridendo
Andrew “Adesso però andate! Noi qui abbiamo da
fare! Dobbiamo finire il puzzle
degli Avengers!” aggiunse più eccitato del
nipotino.
“Avengers?”
rimarcò Ryan, inarcando un sopracciglio “Mai
niente di Deadpool, vero? Neanche per caso. Che strano!”
aggiunse, fintamente
polemico.
“Deadpool non è adatto ad un bimbo così
piccolo” rispose tranquillo Andrew.
Negli ultimi anni aveva avuto modo di imparare a conoscere il compagno
della
figlia e si era dovuto ricredere su di lui. Era una brava persona,
adorava
Victoria e stravedeva per il piccolo di casa. Si era reso conto che
molti
pregiudizi che aveva nei suoi confronti erano del tutto infondati e che
si era
sbagliato nel giudicarlo così male e così
avventatamente.
Salutati nonno e pargolo, Ryan e
Vicky uscirono di casa e salirono
sulla limousine che li avrebbe accompagnati al Beverly Hilton, dove si
sarebbe
tenuta la premiazione.
“Facciamo un
brindisi” propose Ryan, non appena l’auto
partì, versando dello champagne in uno dei flute che erano
stati preparati per
loro sulla limo.
“Brindiamo a noi, e a
questa serata! Comunque vada, sarò
felicissimo! Tanto so che non vincerò!
C’è ancora Gosling fra gli altri candidati,
ma mi va bene lo stesso! E’ già una vittoria la
nomination e poi arrivo con la
donna più bella mai vista” precisò
vispo, sporgendosi per baciarla “Non bevi?”
le domandò.
“No, preferisco di no. Sono
nervosa, sai che reggo poco le
bollicine! Che figura ti farei fare se inciampassi nell’abito
sul red carpet?”
rise.
“Andrà bene e
non inciamperai! Non ti lascerei mai
inciampare!” la rassicurò, baciandola ancora.
Nel giro di una ventina di minuti,
arrivarono a
destinazione. Si capiva chiaramente dal rumore in sottofondo e dalle
grida dei
fans che aspettavano i loro idoli che erano arrivati al Beverly Hilton.
Ryan
scese dalla limo e fece il giro per aprire la portiera a Vicky.
“Inizia
l’immersione!” rise lei, sistemandosi
l’abito e
seguendo poi Ryan sul red carpet. Mano nella mano, posarono insieme per
i
fotografi che chiamavano a gran voce. Da fuori poteva sembrare facile e
divertente posare in quelle occasioni, ma Victoria trovava che fosse
peggio di
una visita dal dentista! Sorridere quasi a comando, voltarsi da questa
o quella
parte. Certo, andare in miniera era decisamente peggio, ma lei ancora
non si
era abituata a quel risvolto della medaglia. Ryan, invece, sembrava
totalmente
a suo agio, forse perché era felice, soddisfatto di quanto
aveva fatto, professionalmente
e personalmente, e fiero di essere lì con Victoria. Dopo una
decina di minuti
passati a posare, Ryan la lasciò solo per firmare autografi
e fare selfies con
alcuni fans, e per rispondere a poche domande dei giornalisti presenti.
Una volta entrati in sala, si
accomodarono al tavolo a loro
assegnato, dove’erano stati sistemati anche il regista di
Deadpool 3, alcuni
colleghi di Ryan, ed un paio di produttori che Vicky conosceva bene. La
serata
scivolò via velocemente, grazie anche alla conduzione
frizzante di Seth Meyers,
e solo verso la fine arrivò il momento della premiazione per
la categoria
Miglior Attore. Ryan era convinto di non farcela, così
quando Gal Gadot, che
presentava il premio insieme a Robert Downey Jr, pronunciò
il suo nome, Vicky
dovette rifilargli un paio di pizzichi sul braccio per convincerlo che
aveva
davvero vinto e che o stavano aspettando sul palco.
Ancora incredulo, ma felicissimo,
Ryan guadagnò il palco,
portando con sé il regista del film ed iniziò i
ringraziamenti di rito. Era
visibilmente emozionato ed eccitato, sembrava un bambino davanti
all’albero di
Natale. Aveva lavorato sodo per anni per arrivare dov’era e
Victoria era così
fiera di lui e felice che finalmente avesse ottenuto un riconoscimento.
Lui non
era solito eccedere in parole smielate ed in dichiarazione
d’amore pubbliche,
ed anche in quell’occasione, dopo aver ringraziato gli
addetti ai lavori, aveva
tenuto per ultima, ma non certo per importanza, Victoria, limitandosi a
ringraziarla per averlo sempre supportato e sopportato e per averle
regalato un
mini Deadpool, cioè Alex. Considerati i suoi standards, era
anche troppo per
lui, lei lo sapeva ed a maggior ragione si era emozionata nel vederlo
sul palco
con quel premio in mano ed a sentirlo parlare di lei.
Ovviamente, dopo la premiazione, Ryan
si trovò travolto da
un ciclone di interviste, foto, e poi l’after party. Solo a
notte fonda, lui e
Victoria fecero ritorno a casa. Le luci erano tutte spente, sia nonno
Andrew
che Alex erano a letto da ore, ormai, la casa era tutta per loro. Per
prima
cosa, Vicky si sfilò i tacchi, mentre Ryan, ormai libero del
papillon, che era
finito nella clutch di lei, e senza giacca, recuperò una
bottiglia di vino e
due bicchieri dalla cucina, prima di raggiungerla.
“Ultimo brindisi,
prometto!” le disse ridendo.
“Direi che è
stata una serata perfetta, Mr Deadpool” rise
Vicky osservandolo “Sei felice?” gli
domandò, accarezzandogli un braccio.
Lui ci pensò su qualche
istante.
“Si. E no”
ammise. Lei lo fissò con aria interrogativa.
“Non sei mai contento
tu!” lo prese in giro “Sei stato
bravissimo su quel palco ed io sono molto fiera di te. Lo sarei anche
senza
Golden Globe, ma so che ci tenevi. E te lo meritavi”
aggiunse, sporgendosi per
baciarlo.
Lui ricambiò quel bacio,
ma quando si staccò lei riconobbe
nel suo sguardo quel particolare guizzo che compariva sempre, quando
tramava
qualcosa. Lo stesso che anche Alexander sembrava aver ereditato.
“Che ti frulla per la
testa?” gli domandò divertita.
“No, niente. Solo, pensavo
che per rendere perfetta questa
serata, manca una cosa” riprese a dire, fissandola
intensamente.
Lei era un po' incerta, non era
sicura di aver capito a cosa
si riferisse.
“Amore, io sono stanca
morta, e poi di sopra c’è anche mio
padre. Non possiamo rimandare il festeggiamento privato a
domani?” rimarcò
incerta.
“No, no, non intendevo
quello! Cioè, non che mi farebbe
schifo, ma la presenza di tuo padre inibisce anche me!” rise
“Intendevo
un’altra cosa” rispose, per poi alzarsi ed andare a
frugare nella tasca della
giacca, da cui tirò fuori una scatolina di velluto blu,
quelle tipiche delle
gioiellerie.
A Vicky bastò vedere
quella piccola confezione per
sussultare. Lo stomaco le sfarfallava, ma non voleva saltare a
conclusioni
affrettate. Lui era così fuori di testa a volte, che poteva
benissimo trattarsi
di orecchino o di un ciondolo, anche se il tipo di scatolina suggeriva
ben
altro contenuto.
Lui la fissò per qualche
istante, con quello sguardo così
intenso, e poi si avvicinò a lei e si mise addirittura in
ginocchio, come
voleva la prassi in quelle circostanze.
“Non mentivo in auto, prima
della cerimonia, quando dicevo
che mi bastava la nomination, perché il premio
più grande per me siete tu,
Alex, Jamie ed Ines. Senza di voi, sarei perso. So che non abbiamo mai
parlato
seriamente di matrimonio, tu non mi hai mai chiesto niente, ed io mi
sento
sposato con te anche senza anello al dito, ma credo sia arrivato il
momento di
fare le cose per bene. Quindi…”
rimarcò, aprendo la scatolina e svelandone il
contenuto, cioè un solitario montato su un anello di oro
bianco “Victoria
Avery, vuoi fare di Wade Wilson un uomo onesto e sposarmi?”
le domandò
sorridendo emozionato.
Lei quasi non lo fece finire di
parlare e disse subito si,
allacciandogli le braccia al collo e baciandolo con trasporto.
“Mi sembri
contenta” ridacchiò lui, prendendola
affettuosamente in giro e stringendola a sé “Ti
amo” le sussurrò poi
all’orecchio.
“Anch’io ti
amo!” rispose lei, prima di baciarlo ancora.
Avrebbero continuato ancora, ma in
fondo Ryan era un uomo
insospettabilmente romantico, così si staccò per
infilarle l’anello al dito. Le
stava perfetto.
“Adesso me lo concedi un
brindisi? E’ tutta la sera che ci
provo, ma tu trovi scuse, anche durante la cena della premiazione!
Adesso non
rischi più di inciampare” osservò,
riempiendole il bicchiere.
Lei sorrise vispa.
“Non posso bere”
rispose.
“Come non puoi
bere?” le domandò lui, senza capirne la
ragione.
Lei ridacchiò e si
alzò.
“Non sei l’unico
capace di stupire con effetti speciali,
Reynolds! Anche io so calare l’asso!” riprese a
dire con aria sibillina. Poi
prese la sua mano e la posò sul suo pancino, ancora piatto.
“Non posso bere
perché sono incinta. Aspettiamo un bambino”
gli rivelò infine.
Lui sgranò gli occhi, non
nascondendo la sua sorpresa, ma
anche la sua eccitazione.
“Davvero?”
esclamò entusiasta.
Lei annuì. “So
che non abbiamo parlato di allargare la
famiglia, ma non siamo neanche stati attenti. Sarà un caos
in casa con tre
figli ed un neonato, ma per fortuna Jamie ed Ines sono grandine
ora!” aggiunse.
“Da quanto lo
sai?” le domandò.
“Circa una decina di
giorni. Sono di otto settimane,
dovrebbe nascere in agosto” aggiunse.
“Perché non me
l’ hai detto subito?”-
“Bè, eri
così agitato per i Golden Globe che non volevo aggiungere
altra carne al fuoco. E poi pensavo che se non avessi vinto sarebbe
stata
comunque una bella consolazione o un doppio successo in caso di
vittoria. Non
lo sa ancora nessuno, non l’ho detto nemmeno a
papà e zia Charlotte. Dovevi
essere tu il primo a sapere”- gli rispose.
“Grazie”- le
disse dal profondo del cuore, anche se sapeva
bene che non c’erano parole sufficienti per ringraziarla
davvero di tutto
quello che aveva fatto per lui, di come aveva sopportato la situazione
quando
la loro storia era iniziata e le critiche dopo che era diventata di
dominio
pubblico “Sono così felice e ti amo
così tanto, che non saprei nemmeno
spiegarlo”
“E’ stato un
piacere. Comunque non ho fatto tutto da sola!” gli rispose divertita
“Anche io sono felice!
Speravo che mi chiedessi di sposarti, ma sarei stata bene lo stesso. Mi
sentivo
già sposata con te, ma visto che hai presto questo
bell’anello e mi hai fatto
una dichiarazione con tutti i crismi, sposiamoci presto!”
aggiunse vispa, prima
di baciarlo nuovamente, lasciando che fossero i baci e le sue
attenzioni a
dimostrargli concretamente quanto profondamente anche lei lo amasse.
THE END
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