I diari di Adamo ed Eva

di Nico_ya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Era stata una sensazione che, inspiegabile e fulminea, le aveva percorso la schiena come un brivido al loro primo incontro.
A bordo della Sunny ognuno ricopriva diversi, specifici ruoli, e tra i suoi rientrava l’essere costantemente aggiornata. Così a Sabaody era stata l’unica tra i suoi compagni a riconoscere quell’uomo, il suo buffo cappello peloso e gli occhi pungenti da quel gran furbo stratega che si diceva fosse. Quando l’aveva letto sul manifesto con la taglia, Trafalgar Law le era sembrato un nome assai particolare, le ricordava una battaglia raccontata nei libri di storia, la sua pronuncia era dura e solenne ma il rimando al Capo di un mare lontano lo tingeva di romanticismo e avventura. Era belloccio -l'aveva già pensato la prima volta che una sua foto le era capitata tra le mani- più alto di quello che credeva, piuttosto sottile, capelli neri e sorrisetto beffardo.
In due anni d’esilio dalle cronache piratesche, durante la permanenza nel covo dei rivoluzionari, si era ritrovata di tanto in tanto a pensare a lui, senza un motivo particolare, in quegli oscuri sentieri che la mente imbocca nel cuore della notte o nei momenti di solitudine. Così ancora una volta, a Punk Hazard, era stata lei per prima a riconoscerlo da lontano: figura nera su uno sfondo completamente bianco, la statua di un angelo della guerra e della morte in un inferno di ghiaccio.
Smoker e i suoi uomini del G-5, l’alleanza, lo scienziato pazzo Cesar, Vergo, i bambini in pericolo...In quei giorni gli eventi si erano succeduti in maniera così veloce che solo ora si stava concedendo il lusso di riposare e riflettere sul nuovo ospite a bordo. Se le informazioni in suo possesso non erano sbagliate, doveva avere all’incirca 26 anni - si ritrovò a pensare con un certo disagio che era più giovane di lei-, nativo del mare settentrionale, capitano dei pirati Heart, membro più giovane della Flotta dei 7, soprannominato “il chirurgo della morte”, famoso per intelligenza, capacità tattica e perfidia. Non sapeva molto, in effetti, ma contava di scoprire qualcosa in più nei prossimi giorni. Certo, Trafalgar Law non aveva l’aria di una persona socievole, da quando era salito a bordo si era espresso più che altro a gesti e occhiatacce, con l’unica eccezione di Luffy - o Mugiwara-ya, come lo chiamava-, il solo che cercasse con il preciso scopo di pianificare future battaglie. Ma Robin confidava nelle proprie doti di spia - e di donna a cui gli uomini in genere capitolavano con tanta, troppa facilità- e Trafalgar non avrebbe fatto eccezione. A questo pensiero immediatamente si interruppe, come presa da un senso di colpa, di disgusto verso se stessa e di disagio: era un loro alleato ormai, non un nemico qualunque, non si fidava di lui ma quell’idea di sedurlo che le era balenata in mente…
Posò nervosamente la spazzola sulla toletta, si alzò dalla sedia e quasi a passo di marcia raggiunse la mensola vicina al suo letto. Un buon libro l’avrebbe sicuramente allontanata da ogni sorta di pensiero che riguardasse l’avventura appena trascorsa, quella a venire, i piani, le alleanze, Trafalgar Law o qualunque altro pirata tenebroso e megalomane.




Note: In giro ci sono poche LawBin e questo, ormai, è inaccettabile. Almeno per me e per la Toei. 
La battaglia di Punk Hazard è conclusa, a bordo ci sono diversi ospiti ma uno solo attira davvero l'attenzione dell'archeologa...
 

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Capitolo 2
*** 2 ***


Erano dei tipi strambi. Collezionava da tempo ogni sorta di informazione su tutti loro, come su ogni essere umano gli capitasse a tiro d’altronde. Non amava farsi cogliere impreparato. Luffy, il capitano. C’era una D nel suo nome e prima o poi avrebbe dovuto rivelargli anche il proprio piccolo segreto a riguardo. Zoro, lo spadaccino su cui mezzo mondo raccontava storie incredibili. Sanji gamba nera, un mezzo pervertito, simpatico però. Chopper, la renna col vizio della medicina, inizialmente si era dimostrato molto diffidente ma ora lo vedeva incuriosito dalla sua presenza, tanto che in alcuni momenti faticava a levarselo di torno - Bepo ne sarebbe stato gelosissimo. Nami, la navigatrice, una peperina scaltra che giocava a fare la gatta sexy, una gran rompiscatole. Usopp il nasone, evidentemente di indole diversa dal padre, almeno stando alle dicerie, fifone e bugiardo ma ottimo cecchino -e pure inventore, diceva lui…mah! Brook lo scheletro, era uno spadaccino anche lui e con tutti quegli anni sulle ossa doveva conoscere veramente tanti segreti -avrebbe cercato di chiacchierarci un po’, ma niente di particolare. Franky il cyborg era davvero un curioso personaggio sempre carico a mille -merito della cola, diceva lui….mah!- aveva a disposizione armi di ogni sorta che costruiva da solo e… 
Uno spettacolo molto più interessante attirò la sua attenzione, meglio che continuare con quei promemoria. No, non l’aveva dimenticata. Nico Robin, ultima della stirpe degli studiosi di Ohara, non c’era mare che non conoscesse la sua storia. E in fondo aveva incredibili somiglianze con la sua. Sulla nave la rispettavano tutti come una sorta di sorella maggiore, in effetti doveva darle atto di grande saggezza, nonché pazienza nel riuscire a tenere a bada quella ciurma. Ma non erano le uniche informazioni interessanti  che era stato in grado di scovare su di lei. 
Voci, insinuazioni, e nessuno meglio di lui sapeva quanto peso dare a ogni singola parola, ogni singolo sopsiro. Per chi non ha niente le informazioni sono tutto. E questo, ne era convinto, era un pensiero che Nico-ya condivideva con lui. C’era qualcosa di profondamente diverso dal loro primo incontro, i capelli, forse il modo di vestire, forse lo sguardo. A quei tempi non era ancora un pirata, almeno non in senso stretto. 

_ _ _
Aveva 19 anni, pianificava con Bepo un futuro da terrore dei mari, ma con i pochi mezzi a loro disposizione si era rassegnato a passare ancora altri mesi sull’isola di Swallow, alla mercè di Mrs. Lille. La conoscevano tutti con quel nome ma nella realtà si chiamava Yvonne Reznikov, 44 anni, proprietaria dello Scotch, il club più esclusivo dell’isola, frequentato dalla gente che contava e da brutti ceffi, coincidenti nella maggior parte dei casi.
Law aveva cominciato a lavorare per lei 5 anni prima, accettando qualsiasi mansione, e in breve tempo la sua completa assenza di scrupoli e la sua discrezione l’avevano reso uno dei più fidati collaboratori. Senza contare che a Mrs. Lille piacevano quelli con qualche anno in meno, non era un mistero per nessuno, e ai suoi occhi affamati di giovinezza non era sfuggito Trafalgar Law. Da adolescente magro e malaticcio, si era trasformato in un bel ragazzo slanciato, capelli corvini e sguardo gelido. Ne aveva fatto il suo amante prediletto.
I termini del loro rapporto erano chiari a entrambi: niente illusioni, nessun sentimento, a lui servivano soldi e protezione, a lei qualcosa che alimentasse un’insaziabile vanità e un senso materno mai soddisfatto. A Law stava bene, non era mai stato il tipo da correre dietro a qualunque gonna. Le donne gli piacevano ma nella scala di priorità venivano dopo molti gradini, alla stregua di distrazioni che un sopravvissuto non era incline a inseguire. E in fondo le ragazze della sua età non avrebbero potuto dargli niente di più: con Yvonne aveva una casa, gli studi di medicina pagati, una mente abbastanza scaltra con cui esercitare la propria capacità minuziosa di calcolo, un letto caldo in cui rifugiarsi ogni volta che ne avesse voglia. E quella sera aveva anche un invito speciale. Lei l’aveva chiamato "obbligo a comparire”, insieme a una discreta somma di denaro e all’ordine di comprarsi qualcosa da mettere che non la facesse sfigurare. Lui non accettava ordini da nessuno, neanche per tutto l’oro del mondo, e infatti aveva deciso che avrebbe indossato i suoi jeans più stracciati, ma sarebbe andato lo stesso, per propria curiosità. Uno dei pirati più famosi di quella generazione, uno dei più temuti anche dal Governo mondiale, si era mosso per raggiungere Swallow. Dopo esserselo lavorato per mesi, Yvonne aveva convinto Crocodile, o quel viscido bastardo, come soleva chiamarlo, a entrare nei suoi loschi affari. Come ci fosse riuscita era per tutti un mezzo mistero: gli aveva fatto promesse impossibili da mantenere e si era messa nei guai? O gli aveva fatto concessioni così grandi da andarci poi a rimettere del proprio? Crocodile giocava solo secondo le sue regole. Di una cosa Law era certo, non c’erano favori sessuali di mezzo, come Yvonne gli aveva detto: «Cosa te ne fai di una donna se tra le lenzuola hai il demonio?». Circolavano voci su una nuova organizzazione criminale che Crocodile stava cercando di mettere in piedi, forse era venuto per reclutare uomini nel mare Settentrionale, di sicuro gli servivano soldi e tesori, e magari un medico di bordo. Ma Law escludeva di poterlo seguire: conosceva i suoi rapporti fin troppo stretti con quel mostro che gli aveva causato traumi e sofferenze, e poi non avrebbe mai accettato ordini, da nessuno. Lo ammirava, in qualche modo, ed era curioso di sentirlo ragionare con le proprie orecchie, era pur sempre una geniale mente malvagia. Ma non era meno curioso all’idea di conoscere la sua compagna, il demonio che riposava nelle sue lenzuola. Si era informato: seppur la storia di Nico Robin avesse molto in comune con la sua, a interessarlo maggiormente era la fama che la precedeva. Si diceva che fosse intelligentissima, furba, che avesse occhi e orecchie ovunque e che lo stesso Crocodille, segretamente, temesse un suo tradimento più della vecchiaia. E quando si parlava di tradimento tra quei due, com’era ovvio, l’amore o l'affetto non trovavano albergo. 
C’era solo un dettaglio che Law non aveva considerato e di cui nessuno l’aveva avvertito: Nico Robin era forse il diavolo, ma il più affascinante che avesse mai visto. Aveva passato il resto della serata da solo, in silenzio, a scrutare i presenti, a studiarne gesti, occhiate, tono di voce… e le gambe lunghissime, i capelli neri e gli occhi scuri e profondi di quella donna. Aveva poco più dei suoi anni, o forse l’età di mari e continenti, mettersi a contare era davvero l’ultima cosa che gli importasse ogni volta che distrattamente incrociava il suo sguardo indagatore. Risalire le cuciture del cappotto nero in cui si stringeva, la pelle degli stivali che le fasciavano le gambe, i suoi fianchi, i seni, le labbra, sarebbero stati la linea di confine di ogni suo desiderio quella notte, in cui non si sarebbe concesso alla lussuria di Mrs. Lille, pena una corruzione inaccettabile per i suoi sogni.
_ _ _
«Non hai freddo qui fuori?», una voce di donna lo distolse da quel ricordo, un tono pacato e gentile. Lei era lì, in piedi davanti a lui, il libro che fino a poco prima era stato il suo insostituibile compagno, chiuso tra le mani. Law si chiese se avesse indovinato i suoi pensieri, se fosse riuscita a vedersi come un'ombra tanti anni prima, coperta dall’ammirazione dei presenti e dalle voglie di un giovane, futuro pirata dai sogni troppo grandi. Non rispose, si limitò a guardarla con occhi sgranati e interrogativi. «Io rientro. Ti aspetto per la cena». Era un invito? O più si sarebbe detto un ordine? In fondo era lui l’ospite, qualcosa gli suggeriva indesiderato ai più. La osservò allontanarsi sul ponte e, un po’ perso in quel dolce ancheggiare, Trafalgar Law ricordò perfettamente il motivo per cui nella vita avesse sempre preferito stare dalla parte dei demoni. Soprattutto quelli con qualche anno in più.
 
Note.
Rieccoci dopo mooolto tempo, ma Law è uno che ama pensare con calma.
Anche perché il ragazzo ha un passato davvero complicato. Mi sono sempre chiesta come abbia fatto a sopravvivere dopo la morte di Corazon, questo è l'inizio della mia versione. Ed è un altro punto in comune con Robin, almeno nella mia versione.
Lei qui ha 22-23 anni, quindi è già alle dipendenze di Croco-boy ma lui dalla sua ha ancora solo la fama, anche se pianificava già un futuro ad Alabasta e la Baroque Works.
Per il resto: è pura invenzione; Law nei panni di amante, seppur gelido, è pura fantasia ma credo non starebbe poi tanto male... 

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Capitolo 3
*** 3 ***


«Credi che gli piacciano le donne?»
Fu al terzo paragrafo del capitolo “La coltivazione in vaso” che Robin si sentì rivolgere quella domanda. «Cosa?». Nami era girata verso l’oblò che dalla biblioteca si affacciava direttamente sul ponte della Sunny. «Sì, insomma, secondo te a quel Law piaceranno le donne? Non so, non riesco a capirlo». La mora sorrise, la vanità era il vero punto debole della sua compagna. Oltre ai soldi, certo… Non era una questione d’età - d’altronde a 20 anni lei avrebbe dato qualunque cosa per non ricevere un certo tipo d’attenzioni dagli uomini - quanto di indole: per Nami i complimenti erano fondamentali, da parte dell’altro sesso, poi, quasi dovuti, e qualcosa le diceva che da quando nella sua vita era arrivato Sanji le cose erano anche peggiorate. Il punto era semplice: Nami non riusciva ad accettare che Trafalgar Law non le riservasse nessun tipo di trattamento particolare, nessun ammiccamento, nessun sorriso equivoco… «Beh, se la cosa ti interessa puoi sempre chiederglielo. Non credo avrebbe problemi a rispondere».
«Sei impazzita! No, mi risponderebbe ma senza dirmi la verità e comincerebbe a prendersi gioco di me. Ho capito il tipo: bisogna leggere tra le righe e studiarlo».
«Come vuoi, se proprio  non riesci a trattenere la curiosità…»
«Vuoi che ti aggiorni sul risultato della mia ricerca?» chiese Nami con aria maliziosa. 
«Penso che lo capirò appena rivedrò la tua faccia».
Quando Nami uscì dalla stanza Robin non poté più trattenere un sorriso: non poteva fare a meno di pensare al povero Sanji e alla sua pazienza da santo. Tutti a bordo sapevano della passione notturna di lui per la pulizia e il riordino della cucina, e di quella altrettanto tarda di lei per lo studio delle sue mappe, ma nessuno ne parlava: gli sguardi che ciascuno di loro si lanciava ad ogni riunione settimanale per i turni di guardia erano assolutamente eloquenti ma mai una parola sugli incontri “segreti” del cuoco e della navigatrice. D’altronde per lei non sarebbe stato facile affrontare l’argomento su una nave di soli uomini, certamente meno inclini al pettegolezzo. Con l’unica eccezione di Usopp: lui aveva provato una volta ad estorcerle qualche confessione, ma, dopo una battuta ammiccante e un sorriso imbarazzato, era venuto meno al suo intento. E d’altronde quello che Robin avrebbe potuto raccontare in proposito non erano altro che supposizioni frutto della propria immaginazione: per Nami era un’amica, forse la migliore (se non l’unica) ma non una sorella maggiore, ne esisteva una nella sua vita e sarebbe stata insostituibile. Se questo facesse soffrire l’archeologa? Forse un po’ ma sapeva bene quanto niente e nessuno potesse competere con con l’affetto e la gelosia che circondano i ricordi più cari. 
In quel grosso tomo sul giardinaggio non avrebbe trovato niente che le fosse d’aiuto per salvare le sue piantine di fragole attaccate dai parassiti, così si alzò un po' spazientita dalla poltrona decisa a cercar rimedio in altre pagine. Fu passando davanti alla finestra principale che si accorse dell’imperdibile siparietto che stava andando in scena sul ponte della nave: miss hot pants era arrivata in prossimità della sua preda, a cui mostrava, con malcelata noncuranza, le proprie grazie. «Che spudorata!» pensò Robin divertita, e negando a se stessa una qual punta di fastidio. Ma le mani a ciarla di Nami e il suo sporgersi in avanti verso l’interlocutore non promettevano niente di buono: era quella la sua posizione d’attacco rabbioso, quella che chiunque le aveva visto assumere più spesso verso Luffy o Zoro. 
La vide subito dopo girare i tacchi e riprender la via dell’interno. Robin sorrise: non era come spodestare un sovrano o come sottrarre un tesoro, ma allora ciò che si diceva di lui era vero, Trafalgar Law non era uno da cadere nel sacco con troppa facilità. Sarebbe stato un avversario migliore di Zoro per le sue partite di go.
Alleggerita di un non ben chiaro peso, Robin decise che la cosa migliore sarebbe stata prendere le sue piante malate e spostarle da un’altra parte della Sunny. 
L’archeologa, però, non era stata l’unica spettatrice sileziosa del fallimentare tentativo d’approccio di Nami: Usopp era rimasto lì sul ponte per tutto il tempo, abbastanza lontano per non essere considerato, abbastanza vicino per poter ascoltare. «Ti conviene non cadere in tentazione con lei: se i miei compagni lo scoprissero non arriveresti intero a Dressrosa!».
«I tuoi compagni…. Perché a te invece farebbe piacere? Per te non sarebbe un problema?» incalzò Law, aprendo gli occhi che erano rimasti chiusi da quando Nami  era sparita a sbollire la rabbia chissà dove. Usopp si sentì intimorito da quello sguardo truce ma cercò di reagire: «Tsk, sai Trafalgar, io conosco molte cose del mondo, non come quei testoni… So che una ragazza sola cercherà compagnia, e soprattutto so, per esperienza, quanto possa essere attraente chi occupa posizioni di potere...».
Un sorriso beffardo comparve sulla faccia di Law, che ora, in piedi, dava le spalle ad Usopp: «Tranquillo, Naso-ya. Non mi piacciono le ragazze».
 
 
Note: Ritorno, dopo molto tempo. L’atmosfera sulla Sunny è ancora pigra e qualcuno cerca di approfittarne… Ma le cose non vanno benissimo per Nami, vanno meglio per Sanji, che può consolarla. Sì, è inutile continuare a fingere che appena si spengono le luci una ciurma di pirati viva come in un convento: ai nostri piace divertirsi, in molti modi...
E anche il nostro serissimo Law non disdegnerebbe una “lieve dose del dolce su e giù”, solo non si sa con chi...

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Capitolo 4
*** 4 ***


Quell’amplesso l’aveva lasciato stanco ma soddisfatto, con la testa leggera e l’animo trionfante. Aveva bisogno di riprendere fiato, appoggiato alla schiena di lei, mentre con un braccio le stringeva la vita, ostinandosi a trattenerla tra le sue lenzuola ancora un po’. Un demone stava appena cominciando a rilassarsi nel suo letto, sotto di lui. Era incredibile con quanta facilità fosse riuscito a conquistare la donna di Crocodile, e senza che quel bastardo con la faccia tagliata si accorgesse di nulla.
«Non sei nessuno, Law»: il suo respiro si fece più corto, gli occhi si spalancarono, si sollevò immediatamente sulle braccia. Non era così che la voce di Nico Robin gli era parsa poco prima. Con una torsione del collo innaturale la donna si ritrovò faccia a faccia con lui: Yvonne lo fissava con gli occhi stretti e un’aria allo stesso tempo severa e divertita. 
«Oh merda»: ebbe la prontezza di dire solo questo, di fare un salto all’indietro… e di riaprire gli occhi. 
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Guardò a destra, poi a sinistra. Era notte sul ponte della Sunny, il cielo era pieno di stelle, l’aria era fresca e lui era completamente sudato per colpa di quella terribile visione che aveva interrotto un sogno altrimenti interessante.
Law si assicurò che né Zoro né Franky, che erano rimasti di guardia, fossero abbastanza vicini da essersi accorti del suo tumultuoso risveglio. Per uno con il sonno così raro e leggero non sarebbe stato facile riaddormentarsi. Ancor più perché ora, come sempre quando gli capitava, non avrebbe potuto fare a meno di mettersi a ripensare a quegli anni che, nonostante certe facilitazioni derivanti dalla sua relazione con Mrs. Lille, ricordava sempre com terribili.
Odiava quella donna, dal profondo del suo cuore, e, per quanto lei si fosse sempre prodigata per non fargli mancare alcunché, Law non poteva fare a meno di pensare con disgusto a quanto utilitaristico, sterile e schifosamente lussurioso fosse il loro rapporto. Doveva esserle grato, secondo lei, perché «saresti finito a fare marchette e a fartelo mettere nel culo da qualche vecchio stronzo solo per soldi», come non perdeva occasione di ricordargli poco elegantemente. Come se tutto quello a cui lei lo costringeva potesse essere più tollerabile… Non che con i pirati di Doflamingo non gli fosse toccato ascoltare o assistere alle peggiori nefandezze, ma, oltre a passare il tempo con ragazzini più piccoli e sprovveduti, era sempre stato sotto la sorveglianza speciale e silenziosa di Cora-san… Non c’era stato nessuno, invece, a proteggerlo dalle grinfie di quell’arpia vogliosa di Yvonne. Per quanto, col passare del tempo, fosse riuscito a tirarne fuori diversi benefici per se stesso, avrebbe preferito sprofondare nelle fauci di una morte violenta e dolorosa piuttosto che trovarsi in sua compagnia. Avrebbe preferito un riacutizzarsi dei sintomi della malattia al soddisfare gli istinti più bassi di quella donnaccia con l’età di una madre. Vergogna, un devastante senso di vergogna e disgusto per se stesso era ciò che provava ad ogni risveglio.
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Dallo sterminio della sua famiglia e della sua città, la vita era stata un susseguirsi di esperienze traumatiche a cui Law non avrebbe potuto fare a meno di pensare ogni volta che un incubo come quello di poco prima fosse tornato a ricordarglielo. 
In tutti quegli anni erano state poche le persone che, per un attimo, aveva creato in lui l’illusione di una rinascita. Come Theo: quello che l’aveva attratto erano stati i capelli d’oro e l’incredibile somiglianza con Rosinante. Non aveva chiaro cosa volesse esattamente, in fondo gli bastava rimanere lì a guardarlo e immaginare che la persona che si trovava davanti a lui fosse esattamente quella con cui avrebbe desiderato essere. Non aveva protestato al primo bacio di Theo, non aveva protestato al secondo e non l’aveva fatto al terzo. Aveva adorato guardarlo dormire, spiare i suoi gesti silenziosi. 
Erano passate settimane e mesi. Poi il biondo aveva cominciato a svelarsi per quello che effettivamente era: un semplice essere umano, e, in quanto tale, diverso da ogni altro fosse arrivato prima o dopo di lui. Law si era così progressivamente svegliato da quell'incantesimo a occhi aperti; «sta’ zitto» era la frase che ormai gli ripeteva più spesso, nel tentativo di far sparire l’impostore Theo in favore di quello spettro che lo cullava e tormentava da anni.
Così era tornato da Mrs. Lille, che l’aveva accolto nuovamente tra i suoi favori senza troppe domande, con l’aria di chi sta solo aspettando il momento giusto per la punizione esemplare. «Ricordatelo sempre, Law: tu non sei nessuno, non sei nessuno senza di me» gli aveva ripetuto quella notte, durante uno dei loro rabbiosi rapporti sessuali, e ancora una volta nella sua pur giovane vita Law aveva avuto il bisogno di dissimulare un devastante senso di annientamento interiore.
Erano andati avanti così ancora per un po', con Yvonne che si era fatta sempre più guardinga nei suoi riguardi e lui che aveva seriamente cominciato a considerare la via del mare come unica chance di cambiamento. Andare via, sparire, sprofondare e vagabondare per acque e villaggi alla ricerca di tesori, avventure e libertà. E chissà che da qualche parte, oltre i confini di quel gelido Nord, non fosse un giorno riuscito a trovare due braccia pronte ad accogliere l’animo straziato di un naufrago stanco.
Poi era giunto il richiamo del vento dell’Ovest, impossibile da ignorare: aveva fatto irruzione nello Scotch modellando una forma di donna, una maliarda, la più bella che avesse mai visto. Lei era lì, davanti ai suoi occhi, terrena, mortale e inafferrabile. Non somigliava a nessuno che appartenesse alla sua vita passata, non c’erano fantasmi che apparissero sul suo volto o tra i suoi capelli neri. 
Erano stati tremiti di gelosia ogni volta che quel bastardo di Crocodile aveva allungato la mano sulle sue gambe o sulla sua schiena, ed erano stati sussulti dell’animo e del corpo quegli attimi di sguardi casuali e fugaci tra i suoi occhi grigi e quelli scuri e malinconici di lei. Law era arrivato a fare qualcosa che non avrebbe mai immaginato: rubarle il bicchiere abbandonato sul tavolo da biliardo. Aveva passato il resto della serata con quel pezzo di vetro in mano, a scorrere il bordo con le proprie labbra nell’illusione di un interminabile bacio.
Era questo quello che le persone chiamavano desiderio? Quello stesso che faceva ardere da secoli pittori e poeti? Per lui si trattava di una sensazione del tutto nuova, che lo lasciava con una gran confusione e con ogni fibra del suo corpo inebriata. Era paragonabile a un colpo di pistola nel silenzio di un deserto, a una scossa propagata nel giro di un istante in qualunque direzione, senza controllo. Come fare a dominarlo, a nasconderlo? Sarebbe solo voluto fuggire, con lei, sull’isola più remota del pianeta, e poi tornare, e mostrare alla gente quanta gioia si celi nella bellezza e nei sogni. Quella notte era rimasto da solo a fantasticare su di lei, gli sembrava di poterne disegnare le forme contro il nero di quell’universo infinito che si spalancava davanti ai suoi occhi chiusi. A cosa poteva somigliare il tocco vellutato delle sue labbra, a cosa quello delle sue lunghe mani? Era sicuro che nella sua vita non ci fossero esperienze e sensazioni paragonabili a ciò che avrebbe provato se  si fosse magicamente materializzata sdraiata accanto a lui. Era quello di cui una volta gli aveva parlato Cora-san, confidandogli un aneddoto che serbava con gelosia e affetto? Era dunque quello l’Eldorado a cui anche il più misero degli esseri tendeva dall’inizio alla fine dell’esistenza. Non sapeva darsi risposte, ma era sicuro di volerlo provare ancora, ancora e ancora.
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Quanto tempo era passato dall’ultima volta che si era sentito così ebbro di vita? 
Mentre il getto caldo della doccia cominciava a ristorarlo, Trafalgar Law non potè fare a meno di sorridere ricordandosi avvampare e poi subito raggelare durante quel suo primo incontro con Nico Robin e con la cosa più simile all’amore che avesse mai provato, così tanti anni prima.
Da allora molto era cambiato, altre donne erano passate, il suo animo si era indurito e fatto via via più cinico. 
Ma sapeva che nello spazio più recondito della sua mente giaceva conservato come merce rara quel ricordo tenero. Così, nelle notti, come quella, esposte ai venti e agli incubi, quel desiderio remoto gli sarebbe bastato per calmare e scaldare il cuore. E fu anche il corpo a trarne sollievo quando, nella rievocazione e nella celebrazione di quel primo, folgorante e ingenuo innamoramento, la sua mano cominciò a scendere involontariamente dove quella di Nico-ya non era ancora stata mai.

Note: Dissimula in continuazione, ma abbiamo capito ormai che dietro quella scorza dura si nasconde l'animo dell'ultimo dei romantici tormentati. Sull'importanza del suo primo incontro con Robin è facile capire il perchè: non ci sono battaglie o fatti eccezionali, abbiamo solo assistito al primo innamoramento - assolutamente platonico - del nostro bel chirurgo, tutto qui, ma, per uno che ha conosciuto più vessazioni che tenerezze, quello è un tesoro raro da stringere con forza. Che poi, sotto la doccia, stringa anche qualcos'altro, fa parte della sua natura assolutamente umana....

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Capitolo 5
*** 5 ***


Un vestito corto, un vestito corto e scollato… In fondo non c’era che l’imbarazzo della scelta nel suo armadio, ma niente che le piacesse. «Stai andando a incontrare uno dei più grossi criminali al mondo, mia cara, non sei stata invitata al ballo», se lo ripeteva da quanto ormai? Ma c’era qualcosa per cui le sembrava di fondamentale importanza scegliere la giusta mise.
Quando la porta si aprì, Nami la trovò ancora in reggiseno e mutandine, asciugamano in testa e letto ricoperto di abiti.
«Sei un po’ indecisa, sorellona… Ti conviene far presto: giù sono tutti pronti per andare e quella specie di negromante è impaziente». 
Robin non potè che sorridere all’appellativo con cui l’amica voleva certo indicare: «Law? Sarebbe lui il negromante?»
«Sì..» fece l’altra, senza riuscire a nascondere delusione e un certo astio nel tono di voce.
«Le tue ricerche su di lui non sono andate come speravi?»
«Diciamo che per il momento mi terrò la curiosità. Non che ci sia modo di scoprire qualcosa “sul campo”: chi vuoi che vada con un tipo del genere?» disse la rossa, frugando nel poco che ancora rimaneva in ordine nell’armadio.
«Mmm, sai come siamo noi donne: finiamo sempre per farci fregare da quelli un po’ oscuri, misteriosi…».
«E stronzi! Sì, lo so… Su, ti aiuto a scegliere, non vorrai mica perderti la romantica escursione con Law e la gentile supervisione di Usopp?!».
Robin rise: no, non si sarebbe davvero voluta perdere quella “passeggiata” fino alla spiaggia di Green Bit. Non le era perfettamente chiaro chi avesse deciso le squadre, né perché, l’ordine era arrivato da Law ma Luffy sembrava essere già d’accordo con lui. Doveva interessargli per qualche ragione l’abilità da cecchino di Usopp, non certo il suo coraggio in battaglia, ma per quel che riguardava lei? Ci sarebbe stato l’incontro con Doflamingo, e non sarebbe stato meglio farsi accompagnare da Zoro o dal capitano stesso?
«Sai Robin, il nostro nuovo alleato è coperto di tatuaggi».
«Sì, quelli sulle mani e sulle braccia li ho notati anch’io».
«No» interruppe Nami «ne ha uno enorme sul petto, un cuore».
«E tu come l’hai visto?» come diavolo aveva fatto a scoprirlo? «Dimmi che non l’hai spiato…».
«Diciamo che non ho potuto farne a meno, e appena lo vedrai non potrai fare altrimenti nemmeno tu…» e le scappò un sorriso accompagnato da quella solita sua aria intrigante. «Detto tra noi, al di là del mio, diciamo, incontro poco fortunato con lui, se dovesse preferire Zoro e Sanji a noi due, per così dire, sarebbe un po' un peccato…».
Robin non rispose, si limitò a sorridere di rimando e a scuotere la testa in segno di finta disapprovazione.
«Chissà, magari quando sarete da soli, riuscirà a convincerti a interrompere la tua castità…» fece Nami per provocarla.
«Questo è fuori discussione! Non saremo soli, anzitutto. Stiamo andando in missione, non ad un appuntamento e, cara Nami, la mia castità, come tu la chiami, è una mia precisa scelta, lo sai bene».
«Ma sì certo! Dico solo che quel Law è strano ma è anche… sexy, e che non so come fai a non fare sesso da due anni!».
«Non mi sembra che la tua vita intima sia molto più popolata… o sbaglio?» le rispose Robin lanciando un’occhiata più che eloquente. Ma Nami comprese e, senza ammettere nulla sulle sue notti infuocate con il cuoco, non lasciò che l’altra sviasse dall’argomento: «Non si parla di me adesso. Dico solo che capisco la tua volontà di tagliare col passato, per quanto ti sia possibile, ma mi spiace che tu perda quella che è…beh, una delle indubbie gioie della vita. Insomma guardati: sei bellissima, hai un corpo da far invidia a migliaia di ragazze molto più giovani, e in più sei super intelligente, sei affascinante, conosci un sacco di cose, hai viaggiato, e, non fare finta di non notarlo, hai sempre e ovunque occhi puntati addosso. In tutta onestà non sono sicura che i nostri compagni non vorrebbero darti una bella ripassata perché Franky o Sanji chiaramente ti adorano, e le vedo le occhiate di Zoro e…»
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Sexy?!? E davvero Nico-ya non andava a letto con nessuno da due anni??! Non riusciva a credere alle sue orecchie. Non che avesse fatto apposta ad ascoltare quella conversazione, era solo salito per sollecitarla a scendere perchè il tempo stringeva e lui era impaziente. Tuttavia poteva permettersi di perdere ancora qualche minuto, quel dialogo sembrava interessante…
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«Dolce e giovani Nami, mi auguro che la tua vita sia molto più semplice della mia e che tu non arrivi mai al punto di prendere certe decisioni» la interruppe Robin con tono rigido, che pur tradiva una punta di amarezza.
«Credo che così vada bene. Porterò con me solo un cambio perché non si sa mai, potremmo rimanere via più tempo del dovuto, ma penso che né Kinemon né Trafalgar Law possano avere nulla ridire» tagliò corto la mora.
«Altrochè! Quel samurai stava per lasciarci le penne quando ti ha vista uscire dal bagno solo con il telo addosso, e anche il nostro dottore…».
Qualcuno bussò alla porta. Nami era sicura che si trattasse di Usopp, sicuramente quel torvo rompiscatole doveva averlo mandato a metter fretta a Robin, ma quando aprì già pronta a dirgliene quattro… si trovò di fronte proprio lui, Trafalgar Law.
«Dov’è la tua amica?» chiese, cercando di mostrarsi più serio e grave del dovuto.
«Torao-kun, eccomi» Robin fece capolino con un enorme sorriso al suo indirizzo, sforzandosi di sembrare sufficientemente tranquilla e disinvolta.
«Dobbiamo andare» ordinò Law, che tuttavia non si avviò per primo ma aspettò che lei si trovasse esattamente di fronte a lui, allungò il braccio verso la sua destra come a indicarle la strada per uscire e a intimarle di sbrigarsi.
In realtà non sapeva nemmeno lui se quel gesto era stato uno dei soliti ordini o piuttosto una strana forma di galanteria per concederle la precedenza. In fondo non era così che si faceva con le donne?
Robin accettò qualunque cosa quel gesto volesse significare e si avviò per il corridoio della Sunny, mentre lui la seguiva, in silenzio.
Cesar, Doflamingo, tutti i piani segreti che non aveva ancora osato rivelare neppure al loro capitano, come il reale motivo per cui sentiva che, dopo 13 anni, il suo destino si stesse compiendo… Law avrebbe voluto focalizzare la propria attenzione su una qualunque delle serie ragioni che l’avevano spinto fino a Dressrosa, ma tutto quello a cui riuscì a pensare in quei pochi istanti trascorsi dalla stanza delle ragazze all’uscita fu: «Gran bel culo, Nico-ya». Non andava bene, davvero, doveva darci un taglio.
Robin, ignara delle conversazioni interiori che il suo fondoschiena stava sollecitando, come Nami l’aveva già avvertita, non aveva potuto fare a meno di notare il grosso tatuaggio al centro del suo petto che terminava sui suoi addominali scolpiti…Ma soprattutto: i baffi stavano bene al massimo a due tipi di uomini e Law doveva sicuramente appartenere a entrambe le categorie. 


Note: Dressrosa, il paese dell'amore e della passione... e chiacchiere tra donne. Sì, Robin ha deciso di cambiar vita (onestamente è la sola ragione che posso trovare al fatto che il suo personaggio sia così cambiato dopo i due anni. Ci sono degli aspetti della nuova Robin che proprio non mi piacciono, ma li affronteremo uno per uno). Quella precedente era stata molto difficile, con qualche brutta esperienza di troppo, e più in là sarà lei stessa a raccontarla nei dettagli. Poi, fortunatamente, è arrivato qualcuno che sembra stia cominciando a risvegliare i suoi ormoni. Law: che dire su di lui e sui suoi di ormoni, se non che da quando è sulla Sunny devono aver preso qualche caffè di troppo...

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Capitolo 6
*** 6 ***


«Un souvenir dalla luna di miele?»: Davanti agli occhi strabuzzati di Law, lei era stata pronta a trovare la scusa più plausibile: «Oh no, una semplice passeggiata tra amici». La signora aveva sorriso bonariamente prima di rientrare nella bottega, lasciando Robin a curiosare tra la pila di cartoline “Saluti da Dressrosa”.
«Mi spieghi come ti è venuta la geniale idea di portarci tutti a fare shopping?» le ringhiò contro Law, a voce bassa.
«Non sei stato tu a dire che ci saremmo dovuti comportare nel modo più naturale possibile?». 
Se quella non fosse stata una situazione più che delicata, Law sarebbe esploso in uno dei suoi epici rimproveri. Se quella non fosse stata una situazione più che delicata,  e se Nico-ya non avesse aggiunto: «Casualmente la signora vendeva anche giornali e casualmente non mi sembra di aver notato traccia di Doflamingo sulle prime pagine…». Davanti al sarcasmo sfoderato su quei “casualmente” Law aveva dovuto fare appello a molta del suo self control residuo, soprattutto perchè, “casualmente”, Robin aveva deciso di fermarsi a fare shopping proprio in un’edicola...“Dannazione, ha ragione!” aveva pensato continuando a guardarla negli occhi. “Stupido idiota saccente” gli aveva fatto eco lei nei propri pensieri.
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La ricerca e l’ammirazione per la bellezza e l’armonia nelle cose era una caratteristica che in pochi conoscevano di Usopp, ingannati forse dal suo strano modo di conciarsi o dal talento e la predilezione per la praticità. Al suo occhio attento a certi dettagli, quella mattina, non era sfuggito lo spettacolo che camminava pochi passi avanti a lui e a quello scienziato pazzo: “Quei due insieme….". Non che la costituzione di una coppia fosse solo questione estetica, ma c’era una singolare corrispondenza di forme, di colori tra la sua compagna e quel misterioso alleato. Era l’aura che circondava entrambi come un’ombra? O piuttosto quella forma di distacco dalle volgarità terrene che tutti e due involontariamente sfoderavano a ogni passo? 
Pura affinità esteriore, Usopp era sicuro che non ci potesse essere altro tra di loro, e d’altronde a Law non piacevano le donne, gliel’aveva detto lui stesso, ma se la fine del mondo fosse arrivata, lì e ora, si sarebbe fermata un istante solo a bearsi della grazia racchiusa nel connubio di quelle due forme umane, prima di condannarle all’eterno oblio.
Un’immagine che aveva tratto in inganno anche la sicuramente esperta proprietaria di quell’edicola… E il siparietto della luna di miele? Oh quanto avrebbe voluto Luffy in quel momento lì con loro: avrebbero riso fino alle lacrime davanti alla faccia di Torao. E se ci fosse stato anche Sanji? L’avrebbe incenerito! Si sapeva: il cuoco considerava la stessa esistenza delle sue due compagne come un affare personale, e il pensiero di Nico Robin sposata (!) con quel bellimbusto sarebbe bastato a farlo esplodere.
La sequela di scenette nella sua testa si stava facendo così vivida e bizzarra che Usopp non riuscì a controllare una lieve e brevissima risata, evidentemente più rumorosa di quelle che fino a quel momento aveva solo immaginato.
Nello stesso istante Robin, solo pochi passi avanti, si voltò verso di lui e sorrise. 
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Al di là delle apparenze ingannatrici - e poi cos’era stato ad aver tratto in inganno l'edicolante? Il semplice fatto che un uomo e una donna, apparentemente della stessa età, fossero l’uno al fianco dell’altra? -, al di là del fatto che Law non avesse colto subito il reale intento di quella sosta-shopping, c’erano diversi dettagli - insignificanti, per dirla tutta, in quella circostanza, ma di primaria importanza, ora, per l'archeologa - su cui Robin si trovava a riflettere. Per esempio: possibile che il genio della strategia si facesse cogliere tanto impreparato dall'invadenza di una commerciante?
Oppure: doveva proprio risultargli così odiosa l’idea di avere una compagna, una vita amorosa? Era sicuramente uno di quegli incapaci sentimentali che mascherano la propria inettitudine in materia con le solite solfe da lupo solitario. 
Sì, probabilmente in breve tempo, se fosse rimasto ancora sulla Sunny, sarebbe diventato il maestro di vita di Zoro, o almeno il suo degno compare di bevute.
Poi c’era la storiella sulla sua presunta omosessualità, quella a cui Usopp aveva abboccato - per quello non contestava il fatto che, da quando erano scesi a terra, Law non le si era allontanato un attimo? -…. Una storiella, appunto. Credeva davvero che una con la sua esperienza in fatto di uomini non si fosse ancora accorta delle occhiate di sottecchi? “Le ho sentite tutte, dottore dei miei stivali, una per una….”, si disse Robin, scorgendo alla sua destra, con la coda dell’occhio, ancora una volta quella sagoma alta e scura che, dopo diverse ore insieme, le stava quasi diventando familiare.
Povero Usopp, Sanji gli aveva sicuramente affidato il compito di vigilare su di lei, e invece… A quel pensiero Robin non poté che voltarsi verso il suo compagno e sorridergli.
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Calma e sangue freddo, doveva fare appello a tutta la sua concentrazione, il rischio era di non accorgersi di cose tanto ovvie come il fatto che si era solo fermata a leggere le prime pagine dei giornali. Law sapeva di dover recuperare la lucidità, ma quella era per lui una situazione di massimo disagio. Ed era stato impossibile, fin lì, non prestare ascolto a quella voce arcana che gli suggeriva come il suo destino, quello che aspettava da 13 anni, stesse per compiersi. Non stavano andando a Green Bit solo per lo scambio? Niente affatto, e il suo istinto gli suggeriva che le cose non si stavano mettendo nel verso giusto.
Giornali che non parlavano della caduta di un re, la quotidianità di una città che continuava a scorrere evidentemente sugli stessi binari di sempre… Dove stava l’errore? Una sequela di dettagli che continuava a scorrergli in testa e davanti agli occhi, e lui non era ancora stato in grado di trovare il punto debole di tutta quella catena. Non gli piaceva essere emotivo, non gli si addiceva - e non ci era più abituato -. Doveva trovare una distrazione, qualcosa che gli consentisse un lungo respiro, come a voler chiudere gli occhi e riuscire a ripiombare in quella dimensione familiare e personalissima fatta di piani, strategie e meticolose valutazioni.
La vide con la coda dell’occhio, sapeva benissimo che gli era rimasta accanto per tutto il tempo. Girò la testa un po’ di più per guardarla, mitigando le sue attenzioni sotto il cappuccio del soprabito e dietro gli occhiali. Perché avesse deciso di portarla con sé non gli era ben chiaro. Per le sue doti da spia, affinate in anni e anni vissuti alla macchia? Sì, almeno ufficialmente. Ma conosceva altrettanto bene i motivi che l’avevano spinto a chiedere il suo aiuto e la sua compagnia, tali e tanti da non riuscire ad ammetterli nemmeno con se stesso, almeno non tutti insieme. Così decise di sfruttarne uno, perchè aveva assoluto bisogno di riprendere il controllo, di star fermo e osservare e di scambiare qualche parola con l’unica persona che, da giorni a questa parte ormai, sembrava riuscire a calmare i suoi demoni, orientando la sua attenzione verso scenari più ameni.
«Beviamo qualcosa?».
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"Eccolo lì, ritornato con la mente dal mondo degli spettri, e con quella sua aria da algido stronzo” pensò Robin appena lui le ebbe rivolta la parola. Avrebbe dovuto dirgli di bere un bel cocktail anti-acidità, con 2/4 di garbo, 1/4 di modestia e 1/4 di calma. Oppure che magari avrebbe potuto approfittare della pausa per leggere un giornale, senza trattenere un ghigno.
Si voltò verso di lui: «Certo!» rispose, pentendosi quasi subito di aver usato un tono più entusiasta del dovuto e di avergli addirittura sorriso. Ma cosa poteva farci? Non sapeva resistere alla richiesta di un bell’uomo.
Era forse quella la caratteristica che sopportava meno del suo carattere: quell’atteggiamento civettuolo e condiscendente che spesso sfoggiava con troppa naturalezza al cospetto degli uomini. Forse perchè le ricordava gli speciali insegnamenti appresi durante quel primo “lavoro”.  Aveva solo 13 anni, ma dovevano essere sembrati abbastanza a madame Collette che l’aveva resa edotta di ogni tecnica di seduzione, imparata a sua volta da chissà chi e dalla dura esperienza personale. Tra le quali, la più importante rimaneva sempre: “Sdraiata, ginocchia a terra o legata per i polsi, la sola cosa che un uomo vorrà sempre da te sarà un sorriso e il credere di essere l’unico”.
In effetti non c’era stato nessuno, fino a quel momento, che avesse resistito all’infallibile metodo “Madame Collette”, ma aveva già capito che il caratteraccio e la simulata indifferenza di Law necessitavano di ben altre armi. E questo pensiero, inspiegabilmente, era motivo di certo sollievo per Robin.
La ricerca del locale adatto non si protrasse troppo a lungo, quanto bastò a Law per guardasi intorno e ordinare: «Bene. Seguitemi».
Lui prese posto di fronte a lei e, con quell’elegante e sprezzante sicurezza che Robin aveva fin qui conosciuto solo in Crocodile, alzò una mano e fece cenno all’oste di raggiungere il tavolo.

Note: siamo alle prime schermaglie, ma il cammino è ancora lungo perchè, come Robin ha già capito, al nostro bel chirurgo servirà tanto tempo per lascirarsi andare. Ma gli eventi futuri di Dressrosa potrebbero aiutare - e non poco - il parziale scioglimento del ghiaccio perenne... Robin, dal canto suo, non è meno ferita sentimentalmente - e non solo per quello che One Piece ci ha già mostrato: un nome è spuntato dal suo passato misterioso, ne stanno per arrivare molti altri

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Capitolo 7
*** 7 ***


A quando risaliva il suo ultimo appuntamento? Ne aveva mai davvero avuto uno? Bastava capirsi sui criteri di selezione e definizione: poteva dirsi appuntamento l’incontro combinato tra due o più persone legate da un interesse comune. Erano i preferiti di Madame Collette e delle sue avide tasche. La cosa peggiore era sempre stata che, durante quegli “appuntamenti”, l’unica persona tra tutte le parti concorrenti a non essere mai stata interessata a scambi di nessun tipo era proprio lei.

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«Il signore desidera che lei lo raggiunga a cena stasera, nel suo salotto privato». La cameriera era andata via non prima delle solite riverenze, ma senza lasciarle neppure il tempo di replicare. Dopo tutti quegli anni insieme le toccava ancora essere trattata come una sua proprietà e continuava a chiedersi quanto l’obiettivo valesse quella tortura emotiva. 

Ma, come sempre, lui non le avrebbe concesso neppure il tempo di sprofondare nel pentimento e nel risentimento: bussarono alla porta. «Da parte del signore». «Lasciala qui e vattene», questa volta fu lei ad anticipare qualunque mossa della ragazza, prima di trovarsi ancora di fronte all’evidenza di essere completamente prigioniera in quella trappola dorata nel bel mezzo del deserto.

Quando aprì la scatola rossa forse avrebbe dovuto essere catturata dal bagliore di quella collana di smeraldi, ma tutta la sua attenzione fu rivolta a un piccolo biglietto che diceva: «Con solo questo addosso». “Vecchio porco perverso”, pensò Robin, già pregustando la ripicca. Quanti gioielli aveva accumulato nel tempo, e per ognuno un biglietto.

Le lancette segnavano le 21.00, uscì dalle sue stanze vestita di tutto punto, atteggiandosi a una di quelle femme fatale dei vecchi noir americani, lo sguardo truce che non lasciava spazio neppure al saluto. 

Lo trovò come al solito nella sala degli orologi, intento a fissare la moltitudine di marchingegni che ticchettava all’unisono. Un ghigno si stampò sulla sua faccia sfregiata quando la vide entrare attraverso il riflesso sui vetri. «Mia cara, non sentirai caldo con tutti quei vestiti addosso?» non le avrebbe certo dato la soddisfazione di conoscere ancora una volta quanto grande fosse il disappunto verso chi  non rispettava i suoi ordini, Crocodile conosceva bene quel demonio di donna. Robin dal canto suo cercava nella mente disperatamente una tagliente risposta a tono, o forse avrebbe dovuto semplicemente insultarlo senza troppi giri di parole, ma tacque. «Sei incredibile, sei ancora arrabbiata con me per l’altra sera?» le chiese divertito. Crocodile trovava stuzzicante quel suo residuo e costante senso di pudore che veniva fuori nei momenti meno opportuni, adorava spingerla oltre…. «Allora. Posso sapere perché mi hai fatta venire qui?»: interruppe bruscamente il principiare di un ricordo che si faceva già vivido ed eccitante.

Gli occhi di lui le si posarono addosso, di traverso, l’avrebbe incenerita, lei e quello stupido orgoglio. Se solo non avesse avuto un così disperato bisogno del suo aiuto: quando si trattava di spiare, prendere informazioni non aveva eguali. «La nostra principessina ha dei nuovi amici» le disse abbassando lo sguardo sul bicchiere di rosso che teneva saldamente in mano. «Non chiamarla “nostra”, non ha mai avuto la mia obbedienza» rispose lei con l’aria compiaciuta di chi conosce già abbastanza per capire che ha la partita vinta tra le mani. Il fastidio di Crocodile rischiava di esplodere da un momento all’altro, ma, come chi rifiuta di cedere le armi al nemico, decise di continuare a punzecchiarla. «Sei gelosa, Miss All Sunday?», pronunciò quelle poche parole con espressione compiaciuta, ma si maledisse solo un istante dopo per aver provocato una  risposta facilmente prevedibile: «Lo sarei, se solo provassi il minimo interesse verso tutto questo». Crocodile conosceva benissimo la natura del loro rapporto, eppure non poteva negare a se stesso di essere amareggiato dalla perfidia con cui lei riusciva a trattarlo. Ne aveva tutte le ragioni, gli rinfacciava ogni volta che beveva qualche sorso di troppo, dimenticando che era stato lui a tirarla fuori da quel lurido bordello, che era lui a pagare per i suoi vestiti e tutte le cose preziose che possedeva, che lui l’aveva accolta nella sua casa e nella sua vita quando metà del mondo la rifiutava e l’altra metà le dava la caccia, che era solo grazie a lui se…

«Pensavo mi avessi invitata a cena» proruppe Nico Robin con tono più pacato. Sapeva bene quanto lui fosse infastidito dai sui acidi commenti, e infliggergli quel piccolo dolore la eccitava, ma c’era una discussione da portare avanti, e aveva tutta l’aria di essere molto più interessante di qualsiasi sterile litigio che si sarebbe potuto protrarre per ore senza soddisfazione per nessuno dei due. Con un cenno della mano Crocodile ordinò ai domestici di entrare. 

«Stasera hai intenzione di mangiare o abbiamo ancora problemi di linea?»

«Prenderò le verdure». Appena i camerieri ebbero lasciato la stanza, Robin incalzò: «Dunque, Bibi ci ha messi nei guai?»

Crocodile aveva appena messo in bocca il primo boccone di carne quando si sentì rivolgere la domanda. Continuò a masticare guardandola dritta negli occhi, prima di rispondere: «Non penso. Sono dei mocciosi che giocano ai pirati. Ma non voglio interferenze, né perdite di tempo».

I mocciosi avevano più o meno tutti una decina d’anni meno di lei, una sola donna a bordo, una ragazzina con i capelli rossi, quasi sicuramente la navigatrice, il biondino era il protetto di Zeff, poi c’erano il figlio di Yasopp, quel buffo procione dal naso blu, Zoro, quel cacciatore di pirati che Crocodile avrebbe tanto voluto alla propria corte, e poi c’era il ragazzo con il cappello di paglia, Monkey D. Luffy, appartenente a quel clan della D. su cui avrebbe tanto voluto sapere qualcosa in più. Del tradimento di Bibi era certa fin dal suo reclutamento, così come era certa che Crocodile l’avesse accolta solo per costringere alla completa obbedienza i Nefertari e non perché nutrisse una qualche speranza. E infatti la ragazzina aveva chiesto aiuto alla prima occasione.

Aveva appena abbassato la testa sulla sua misera porzione di verdure, quando: «Nico Robin, ho bisogno che tu faccia una cosa per me».

La sua risposta sembrò convincente: «Vedrò di scoprire qualcosa sui nostri nuovi amici».

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Una voce estranea la allontanò da quei pensieri. Il gestore del cafè La Baltad li aveva raggiunti, accogliendoli con un largo sorriso e la solita domanda. Una limonata, un’aranciata, un tè e: «Per la signora?». «Prenderò una tazza di tè anch’io» rispose senza pensarci, osservando ora gli occhi di Law che si muovevano svelti dietro le lenti scure nel tentativo evidente di capire quali via di fuga avessero da quella piazza, chi fossero persone e strani esseri che si muovevano intorno a loro. Ma soprattutto: «eppure nessuno mi sembra preoccupato. Il re ha appena lasciato il trono e non c’è uno che sembri impensierito da cosa succederà. Tutto questo è così strano…» disse a un certo punto come ragionando ad alta voce.

L’oste fu da loro in pochi minuti con l’ordinazione al completo sul vassoio: «Ho dimenticato di chiederlo, così le ho portato anche il latte» spiegò con un largo sorriso all’indirizzo di Robin. Che non ebbe neppure il tempo di ringraziare, se non con un cenno del capo, sovrastata da Law: «Quello deve essere il ponte per Green Bit… è sicuro?». E la risposta fu una conferma, ma con tono molto più concitato, di quanto Trafalgar aveva già riferito ai suoi 3 compagni d’avventura. Non sarebbe stata una passeggiata di piacere, tanto valeva godersi quella che, con ogni probabilità, sarebbe stata l’ultima bevanda calda per un po’ di tempo. E quello che poteva avere tutta l’aria di un appuntamento troppo affollato per chiunque avesse notato le occhiate, furtive, che quell’uomo e quella donna seduti l’uno di fronte all’altra si scambiavano da qualche minuto. Stava cercando di dirle qualcosa di importante sulla loro missione? O forse non poteva fare a meno di guardarla per una mera questione di traiettoria… Ma Robin, nonostante  ormai da tempo avesse rinunciato a pene e sollazzi della vita sentimentale, sapeva ancora riconoscere la natura di certi sguardi. 

No, quello non era un appuntamento, troppe questioni aperte e ben più serie di un’infatuazione o di un corteggiamento solo immaginato, ma se alla fine di una guerra i cui confini e le cui ragioni non le erano ancora chiare Law avesse voluto invitarla per bere davvero qualcosa insieme, loro due da soli…. beh, allora lei forse avrebbe finalmente avuto quel suo primo vero rendez vous galante, in cui lui l’avrebbe guardata meno timidamente di quanto facesse ora e lei avrebbe ricambiato senza essere però mai troppo esplicita, come una di quelle donnine dei romanzi ottocenteschi con le cui pudiche avventure tante volte si era consolata.

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Troppe stranezze, troppa calma apparente, e questo voleva solo dire troppi imprevisti all’orizzonte. Se avesse continuato a pensare ancora per un minuto gli sarebbe esplosa la testa. Doveva rimanere concentrato, recuperare il sangue freddo e la sua solita capacità d’analisi. E diradare l’ansia.

Così fu ancora una volta lei il suo bersaglio silenzioso, lei che gli sedeva di fronte e sorseggiava il suo tè ora con gli occhi bassi ora lanciando proprio a lui fugaci sguardi. Quella sua grazia era innata o era forse il risultato di una rigida educazione che si era più che altro autoimposta? Era l’esatta corrispondenza del suo rigore? Un abito assunto per conservare ciò che ancora permaneva, nelle situazioni più estreme, della propria dignità di essere umano? I movimenti del suo polso per portare la tazza alla bocca, la cura con cui poi l’aveva posata sul piattino e il modo in cui aveva asciugato le labbra appena umide, non un gesto gli era sfuggito mentre aveva finto di bere un tè troppo amaro e ormai troppo freddo. Se per magia quello scienziato fallito e quell’altro pirata ficcanaso fossero spariti, si sarebbe detto quasi quasi un appuntamento tra lui e Robin, e in fondo era stato inconsciamente quello il suo primo pensiero quando l’aveva invitata a sedersi là, in attesa che il destino si compiesse. Anche se lui un appuntamento non l’aveva mai avuto, non sapeva cosa volesse dire l’agitazione prima di un incontro, lo scegliere con cura vestiti, mosse, parole per il solo scopo di piacere a una donna, e in fondo tutto quel rituale che aveva solo visto in qualche vecchio film italiano non si confaceva a un carattere pragmatico come il suo. Ma se per magia quello scienziato fallito e quel ficcanaso fossero spariti, allora lui e Robin avrebbero conversato di frivole questioni o di massimi sistemi, come in un vecchio film francese, e poi l’avrebbe invitata a passeggiare, per altre e altre volte ancora.

Invece fu messo in allarme da un tremito di lei e da quelle parole: CP-0. E non potè che constatare che ora alle costole avevano anche l’unità infallibile della più potente agenzia di spionaggio al mondo, e avrebbe voluto cancellare dal suo bel viso quell’espressione atterrita propria di chi ha già dovuto fare i conti con i cani del Governo, ma non trovò niente di meglio da dire che: «Non arriveremo a Green Bit con il pensiero». Lasciò sul tavolo soldi sufficienti per il conto e la mancia e si incamminò verso il ponte, seguito dagli altri tre.

 

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«Pensavo che i pesci combattenti fossero dei pesci» notò Robin, tra l’ironia e il timore. «E questi non ti sembrano pesci?» Law era stato lesto nella risposta ma Usopp sapeva bene che, nonostante il capitano degli Heart non fosse tipo da scomporsi facilmente davanti ai pericoli, tuttavia quei mostri non potevano lasciarlo indifferente. Certo erano riusciti a spaventare a morte lui, che sarebbe voluto tornare a nuoto alla Sunny pur di non doverli affrontare per arrivare poi chissà dove, in un posto che non aveva neppure testimoni di tutte le proprie insidie. Aveva provato con ogni forza a convincere quel pazzo di Trafalgar a non proseguire con un piano scellerato, trovando addirittura un inaspettato e strenuo sostegno in Caesar. Tuttavia i tentativi non avevano dato nessun frutto, così adesso si trovava su quel ponte, gambe immobilizzate dalla paura e orecchie incredule: Law aveva davvero cercato di rassicurare Nico Robin con la promessa che a tenerli al sicuro sarebbero stati proprio lui e lo scienziato pazzo? Era davvero troppo per Usopp, che giurò a se stesso, se mai fosse uscito vivo da quella storia, di costringere Luffy a rompere l’alleanza con quello sconsiderato di capitan buon umore. E Robin sarebbe stata sicuramente dalla sua parte, pronta a testimoniare delle follie, dei pericoli a cui quel tipo li aveva costretti, e senza alzare un dito in una situazione così disperata… Fu nel bel mezzo di quei pensieri che un boato e l’avvistamento di qualcosa che si stava avvicinando troppo velocemente colsero Usopp quasi di sorpresa: i mostri combattenti erano due, e forse un banco intero, li stavano accerchiando, cosa fare? cosa fare? cosa fare?! Fu Robin a indicare la soluzione, e Usopp seguì il suo esempio, sferrando un colpo con assoluta precisione. Meno due, ma cosa si sarebbero inventati per tutti gli altri, chi li avrebbe difesi fino alla fine di quel ponte troppo lungo? «Togli le manette a Caesar, combatterà anche lui» quella mania di dare ordini cominciava a infastidirlo oltre ogni misura. Ma doveva riconoscere che la sicurezza di Law trovava quasi sempre una ragione: il potere incredibile dello scienziato sarebbe stato in effetti uno scudo migliore di qualunque mossa degli altri tre. 

Sistemato momentaneamente un problema, però… Maledetto Law, che li aveva costretti a partire senza neppure premurarsi di sapere se il ponte per Green Bit fosse tutto intero. Ora come avrebbero fatto a passare dall’altro lato? Ma in un momento di massimo pericolo al capitano degli Heart venne per fortuna ancora una volta in mente di sfruttare il potenziale gassoso di Caesar. “E perchè allora non farlo dall’inizio!” pensò Usopp in un moto di stizza verso quell’alleato per la cui lealtà nutriva ancora tanti dubbi. Ma una volta atterrati sull’isola misteriosa fu un’altra la questione sottoposta alla sua attenzione: continuavano a camminare insieme da quando erano scesi dalla nave, mantenendo quella distanza minima per non destare sospetti l’uno verso l’altra, e verso gli altri, ma senza mai perdersi d’occhio, scambiandosi addirittura qualche parola di tanto in tanto, sempre e solo loro due, come assenti dal resto del mondo. All’inizio gli era sembrato un caso, poi il frutto della sua immaginazione… E all’improvviso a Usopp fu tutto chiaro: gay? Cuore di ghiaccio? “Non mi piacciono le ragazze”? Tutte stronzate. Quel bellimbusto stava provando a flirtare con Robin, con la sua compagna! Che a dire il vero gli sembrava stranamente troppo di buon umore per essere una in missione contro Doflamingo. Quella verità appena intuita scosse Usopp così repentinamente da spingerlo a urlare: «Hey voi due! Non così di fretta! Aspettate!». Ma sempre senza alzare troppo la voce, non avrebbe voluto mica risvegliare gli spiriti e chissà cos’altro di spaventoso potesse popolare Green Bit.



Note: Usopp, potrei scrivere di lui per ore e pagine, ma qui c'era bisogno solo di un testimone che confermasse quanto sta succedendo: ebbene sì, Oda voleva far credere che il Signor Morte fosse uno tutto sottomarino e lavoro ma ha vicino quello splendore di Robin, come potrebbe ignorarla? Lui sta pensando che non è proprio il momento adatto per simili mollezze, ma le cose certe volte accadono e basta. Esattamente come accade che, momento giusto o no, anche lei sia tentata. Lui è bello, giovane, brillante, ed è pure l'unico tipo d'uomo che Robin fin qui non ha mai avuto: uno di cui finalmente anche lei ricambi l'interesse. All'orizzonte ci sono tante prime volte...

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