Occhi di ghiaccio

di _crucio_swag_
(/viewuser.php?uid=949062)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - nemici come sempre ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - pianti nella foresta ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - una notte da malandrino ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - la scheggia di vetro ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - strani comportamenti ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - non eravamo solo amici? ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - io non ti odio ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - reducio! ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - gli opposti si attraggono ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - cancellare il passato ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 - gelosia ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 - expecto patronum ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 - tutta una finzione ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 - la cicatrice ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 - accecato dalla paura ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 - Sectumsempra ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 - crollare in terra ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 - accecato dal dolore ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 - ricordi ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 - passi in avanti ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 - fuori controllo ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 - verità ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 - far nevicare ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 - rossetto arcobaleno ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Note dell'autrice: Portate pazienza se questa storia non sarà particolarmente bella. E' la prima fanfiction che scrivo e devo ancora fare un po' di pratica. Ho scelto di farla sulla coppia Draco-Harry perchè mi sento l'unica drarrysta rimasta al mondo, siate con me. La storia è ambientata al sesto anno e gli avvenimenti di sottofondo saranno più o meno gli stessi anche se  cambierò qualcosa. I personaggi ovviamente sono quelli della Rowling. Non sono una scrittrice quindi scusatemi per eventuali errori di ortografia. R.I.P. grammatica XD
Mi farebbe piacere se mi lasciaste una piccola recensione anche per dirmi che fa schifo se necessario.
Detto questo vi lascio alla storia.







PROLOGO

La figura incappucciata



Era una sera particolarmente buia, il cielo era coperto da nuvoloni neri che non lasciavano passare nemmeno la luce della luna e gli alberi oscillavano piegandosi sotto la spinta del vento. In una grande villa lì vicino, o castello se cosi lo si voleva chiamare, aleggiava un’aria triste e cupa, non che ci fosse mai stata un’atmosfera di grande felicità visti i proprietari ma quella notte di fine agosto, nei sotterranei di Malfoy Manor, era particolarmente malinconica.
Si trovavano in una stanza piuttosto grande dalle pareti nere e spoglie e dal pavimento in marmo grigio. Un tavolo rettangolare in legno di mogano la attraversava da un lato all’altro mentre un lampadario di cristallo opaco gettava strane ombre sulla superficie scura, come il resto della stanza dopotutto.
A capotavola sedeva il più grande mago oscuro di tutti i tempi: Voldemort. Tutt’intorno invece i mangiamorte tenevano lo sguardo basso per evitare di incontrare quello perfido e penetrante del Signore Oscuro.
Un leggero cigolio risuonò nella stanza altrimenti silenziosa, attirando l’attenzione di tutti, e una piccola porta a lato si aprì lasciando intravedere sulla soglia la sagoma di un uomo alto dai capelli neri che ricadevano sulle spalle spigolose e dal lungo mantello.
Il Signore Oscuro voltò la testa in quella direzione. “Sei in ritardo Severus” sibilò.
L’uomo fece qualche passo in avanti per poi inchinarsi fin quasi a sfiorare il pavimento con la punta dei capelli corvini e a quel punto scusarsi “Sono mortificato mio signore, le assicuro che la prossima volta farò più attenzione all’orario”. Il Signore Oscuro lo squadrò dall’alto in basso per poi sibilare “Non ne dubito Severus. Ringrazia solo che stasera non sono in vena di punire”. Attese qualche secondo poi fece segno a Severus Piton di accomodarsi sull’unica sedia rimasta libera.
In tanto nella sala di erano diffusi mormorii del tipo “Come si è permesso di arrivare in ritardo!” oppure “Se io fossi stato il Signore Oscuro lo avrei cruciato sul posto.” o ancora “Non capisco come faccia a fidarsi cecamente di lui!”. Voldemort aspettò che l’uomo si sedesse poi ordinò “Silenzio!” e tutti i bisbigli svanirono. A quel punto prese un respiro profondo e cominciò a parlare “Buonasera miei fedeli sevitori, come alcuni già sanno siamo qui riuniti sta sera per chiarire alcune cose. Come già avrete capito non possiamo passare direttamente alla conquista del mondo facendolo cadere sotto il lato oscuro se prima non ci liberiamo delle persone che potrebbero complicare le nostre azioni. Non volevo arrivare a tanto - mormorò fingendo di essere rattristato dalle sue stesse parole - ma temo proprio di dovervi annunciare che la morte di Harry Potter e di Albus Silente sia necessaria per il raggiungimento di tali obbiettivi. Per questo vi ho convocati qui, è indispensabile che alcuni di voi mi aiutino a realizzare questi piani”. Molti dei mangiamorte si scambiarono occhiate e bisbigli eccitati per avere l’opportunità di aiutare il Signore Oscuro, tuttavia questo momento non durò molto perché quest’ultimo riprese “Per favore contenetevi…so che ovviamente molti di voi saranno onorati e non vedranno l’ora di servire il vostro signore ma per questa missione sarete necessari solo in pochi, tuttavia è sempre meglio che tutti voi sappiate come si svolgeranno le azioni per trarre in trappola quei due maghetti insolenti. Ora vi spiego - Voldemort lasciò la frase in sospeso e continuò solo quando tutti gli occhi si puntarono nuovamente su di lui - vedete, non siete stati bravi a non farvi scoprire in questi periodi e di conseguenza a Hogwarts, dove si trovano i nostri due obbiettivi, hanno adottato nuove misure di sicurezza quindi non possiamo introdurci nel castello dall’esterno. Tuttavia c’è un altro modo…” non fece in tempo a finire la frase che Walden Macnair lo interruppe “E’ impossibile Signore, hanno sigillato anche tutti i passaggi segreti che da Hogsmeade portano al castello e tentare di smaterializzarsi sarebbe come tentare il suicidio…”. Voldemort sfoderò la bacchetta e dopo aver urlato un “CRUCIO!” stette a godersi la scena di un Macnair che urlava e si contorceva per terra mentre gli altri presenti trattenevano il respiro terrorizzati. Avrebbe tanto voluto sfogarsi su quell’uomo e ucciderlo definitivamente ma in quei tempi i suoi seguaci erano pochi e anche se odiava ammetterlo quell’uomo gli serviva. Abbassò piano la bacchetta per poi chiedere “Qualcun altro vuole interrompermi?”. Tutti serrarono le labbra distogliendo lo sguardo “No… bene, allora continuo…” sorrise sotto i baffi, preferiva di gran lunga essere temuto che amato, almeno era sicuro che gli avrebbero obbedito e portato rispetto. “Stavo dicendo che tuttavia c’è un altro modo per introdursi nel castello e cioè attraverso un armadio svanitore. Ora molti di voi si chiederanno appunto cosa sia, ebbene, esso è un oggetto in grado di trasferire qualsiasi persona, animale o cosa entri al suo interno ad un armadio gemello. Il primo si trova ad Hogwarts, nella cosiddetta Stanza Delle Necessità mentre l’altro si trova nel tenero negozietto Magie Sinister. Ma c’è un problema, e cioè che si suppone che l’armadio svanitore della Stanza Delle Necessità sia stato danneggiato per questo ho bisogno che un alunno che frequenti ancora quella scuola sia disposto ad aiutarmi. Questo comporterebbe sicuramente grandi vantaggi per il giovane nel caso l’operazione dovesse riuscire. Ma prima di annunciare il prescelto per questo incarico ci tengo a finire di raccontarvi gli ultimi dettagli del piano. Per uccidere Silente basterà cogliere l’opportunità in cui esso si trovasse solo e fuori dal suo studio, a quel punto manderò alcuni di voi per aiutare il giovincello a compiere la peggiore delle maledizioni senza perdono, per Potter, invece, le cose si fanno più complicate. Ovviamente devo essere io a ucciderlo quindi l’alunno prescelto dovrà ingannarlo e farlo passare attraverso l’armadio in modo che io stesso sia dall’altra parte ad attenderlo con la bacchetta alla mano, pronto ad ucciderlo prima che egli si renda conto di ciò che sta succedendo. Le ricompense saranno grandi se oltre a quello che ho appena detto il giovincello riuscirà a portarmi Potter entro la vigilia di Natale, in caso contrario, io non faccio differenze di età e le pene saranno altrettanto grandi. Un gioco da “ragazzi” giusto? Qualcuno a qualche suggerimento?”. I mangiamorte rimasero stupiti ad ammirarlo per l’incantevole piano e non sembrava volessero replicare nulla, tuttavia una donna dai capelli mostruosamente ricci e dalla voce pazza, quasi stridula parlò “Mio signore – disse mentre si alzava dalla sedia e faceva un profondo inchino – sarebbe un onore per me aiutare il giovane alunno prescelto nel compimento della sua missione introducendomi nel castello quando sarà necessario”. Voldemort fece un sorriso che assomigliava più ad un ghigno poi si rivolse alla donna “Non preoccuparti Bellatrix, ogni cosa a suo tempo. Ma visto che tu sei una delle mie più fedeli servitrici - la donna quasi si sciolse a quell’affermazione - puoi stare sicura che mi sarai molto utile in questa missione”. Detto questo il Signore Oscuro si inumidì le labbra, poi fece scorrere lo sguardo su ognuno dei presenti fino a soffermarsi su una figura incappucciata e più piccola delle altre che era rimasta per tutto il tempo con lo sguardo fisso sulla superficie di legno scuro del tavolo. Fece un respiro profondo per poi chiamare Nagini e farla accomodare gentilmente attorno alle sue spalle, poi annunciò “E ora è tempo di rivelare il giovane prescelto che avrà il grande onore di aiutarmi a raggiungere i miei obbiettivi… - i suoi occhi si puntarono nuovamente sull’esile figura mentre con la coda dell’occhio notava Tiger, Goyle e Nott agitarsi irrequieti sulla sedia – per favore togli il cappuccio e rivela a tutti il tuo viso che sarà quello che porterà stampato l’onore per questa mia scelta!”. Il ragazzo capì che si stava riferendo a lui e con tutta la forza di volontà che gli era rimasta abbassò il pezzo di stoffa che gli copriva il viso rivelando dei lucenti capelli biondo quasi bianco per poi allacciare i suoi occhi di ghiaccio con quelli rosso scuro e perfidi del Signore Oscuro. “Bravo Draco! Sono sicuro che sarò fiero di te!”. Esclamò quest’ultimo prima di congedare tutti eccetto i proprietari di quella casa.


Voldemort aspettò che tutti i mangiamorte uscissero dalla stanza poi chiese gentilmente a Narcissa di attendere fuori e infine richiuse la porta a chiave con un colpo secco di bacchetta per poi girarsi verso il ragazzo biondo dandole le spalle. Malfoy Junior intanto aveva riabbassato lo sguardo sul legno di mogano della tavolata e non si era mosso di un millimetro, consapevole che sicuramente il Signore Oscuro gli avrebbe chiesto di rimanere a parlare con lui. Il perfido mago avanzo lentamente di qualche passo, facendo frusciare il lungo mantello alle sue spalle poi, con cautela, poggio le mani pallide e rugose sulle spalle di Draco, infine sospirò. Il biondo rabbrividì a quel tocco gelido ma dopo essersi assicurato di avere un ghigno crudele stampato in faccia si decise nuovamente ad alzare lo sguardo su di lui. “Dovresti essere fiero di questo incarico Draco”.
“Lo sono mio signore” rispose il biondo. Voldemort rimase qualche secondo a guardarlo cercando di cogliere eventuali segni di dispiacere ma il ragazzo aveva imparato ormai da tempo a trasformare il suo viso in una maschera di indifferenza e a svuotare la mente in modo che nessuno riuscisse a indovinare i suoi veri sentimenti. Sapeva meglio di tutti che il Signore Oscuro era un abilissimo Legilimens, perché aveva potuto constatarlo più di una volta visto che era ormai un anno che vivevano sotto lo stesso tetto, per questo anche se in realtà non era particolarmente felice per la missione che gli era stata affidata non lo diede a vedere. “Bravo Draco, non puoi neanche immaginare la felicità di tuo padre quando gli ho comunicato la mia scelta” sorrise compiaciuto. Draco non poté fare a meno di sgranare gli occhi chiari, era da quasi tre mesi che non sentiva parlare di suo padre perché appena dopo la fine della scuola c’era stato un processo in cui era stato deciso che avrebbe passato il resto della sua vita ad Azkaban in attesa del “bacio” del dissennatore e non riusciva a capire come diavolo avesse fatto l’altro a comunicarglielo. In casa sua c’era stato un periodo di grande depressione sia per lui che anche se aveva cominciato a superarlo faceva comunque e spesso incubi in cui suo padre era sempre presente sia per sua madre che aveva passato i primi due mesi sdraiata sul letto senza rivolgere la parola a nessuno, piangendo in silenzio e ricordandosi solo di tanto in tanto di mangiare qualcosa. Sforzandosi di cacciare in dentro una lacrima che minacciava di uscire si rivolse nuovamente al mago davanti a se “C-c… come ha fatto a comunicarglielo, Signore?”. Voldemort lo guardò fingendosi dispiaciuto “Non c’è bisogno che nascondi i tuoi sentimenti Draco, l’arresto di tuo padre è stato doloroso anche per me, era in assoluto il mio più fedele servitore nonché amico…”. “Ci mancherebbe dopo che ti ha praticamente ceduto tutti i suoi averi e regalato la casa” pensò Draco prima di riprendere ad ascoltare “… per quanto riguarda il modo in cui gliel’ho comunicato, essere un mangiamorte e soprattutto il più grande mago al mondo ha i suoi vantaggi e li scoprirai presto Draco. Non posso descriverti la sua felicità quando è venuto a saperlo – sollevò gli angoli della bocca – e sono sicuro che sarà fiero delle tue azioni come lo sarò anch’io”. Il biondino ripensò alla frase “essere un mangiamorte ha i suoi vantaggi Draco e lo scoprirai presto”. Si stava riferendo veramente a lui? Lui, un mangiamorte? Così giovane? Ok che lui e anche Tiger, Goyle e Nott partecipavano alle riunioni ma solamente perché lo voleva il Signore Oscuro ed erano presenti i genitori. Tuttavia loro quattro non erano ancora mangiamorte a tutti gli effetti. Tornò a guardare Voldemort “Cosa vuol dire che lo scoprirò presto?” chiese sforzandosi di mantenere ferma la voce. “Vuol dire che fra non meno di 10 minuti sarai definitivamente uno di noi”. Un ghigno perfido si apri sul suo volto “Ti spiegherò più avanti come riparare un armadio svanitore Draco e come utilizzarlo, ora voglio che tu mi presti la tua massima attenzione… Vedi Draco, come ho già detto prima se riuscirai nella missione le ricompense saranno grandi, potrei anche decidere di trovare un modo per far uscire tuo padre di prigione – lo sguardo del ragazzo si illuminò – ma se fallirai… – girò intorno al biondino fino a ritrovarsi alle sue spalle e a quel punto si avvicinò pericolosamente all’orecchio – …potrai dire addio alla tua adorata mammina”. Concluse in un sussurro. Le budella di Draco si congelarono a quell’ultima affermazione ma non ebbe il tempo di pensarci toppo perché il Signore Oscuro riprese a parlare “Sono sicuro che ci penserai due volte prima di disobbedire al piano. Detto questo, oggi è un grande giorno e ci tengo a concluderlo con il più grande degli onori. Se non ti dispiace faccio rientrare tua madre in modo che possa assistere”. Draco annuì impercettibilmente. Voldemort si diresse nuovamente verso la porta e l’apri con un colpo di bacchetta “Entra pure Narcissa”. La donna si aprì in un sorriso a 32 denti poi avanzo verso il suo Draco. Anche se non era felice che Voldemort volesse farlo diventare un mangiamorte a tutti gli effetti si sforzò di non darlo a vedere, sapeva che il suo Lucius ne sarebbe stato fiero. “Ciao madre!” esclamò il biondino. “Ciao Draco!” rispose l’altra andandogli a scoccare un bacetto sulla fronte pallida “Sono fiera di te!” e finalmente, per una volta, Draco fece un sorriso sincero. “Molto bene, non voglio farvi attendere ancora. - si intromise il Signore Oscuro dopo aver lanciato un incantesimo silenziante nella stanza - Draco, alzati prego”. Il biondino spostò la sedia e si alzò in piedi, non senza un certo peso sullo stomaco. “Dammi il braccio sinistro” e Draco glielo porse, tremava terribilmente dalla testa ai piedi, non era sicuro che sarebbe riuscito a reggersi in piedi ancora per molto. Rabbrividì al tocco del perfido mago senza riuscire a nascondere il terrore che provava. “Non preoccuparti, non sentirai quasi nulla…” lo rassicurò il Signore Oscuro. Draco, dal canto suo, non ne era così sicuro. Il mago oscuro premette la punta della bacchetta su una vena del suo polso e cominciò a pronunciare strane parole in una lingua che sembrava latino. Una macchia nera cominciò a espandersi sull’avambraccio, Draco non fece in tempo a rendersi conto di ciò che stava succedendo perché una scossa gelida lo attraverso dalle dita dei piedi alla punta del naso facendolo accasciare a terra dal dolore. Comincio ad urlare producendo suoni strozzati e senza riuscire a fermarsi. Aveva già provato gli effetti della maledizione Cruciatus e poteva assicurare che quello che sentiva in quel momento era mille volte peggio. Guardò in maniera supplichevole sua madre nella speranza che potesse in qualche modo alleviare il dolore che sentiva ma lei aveva girato la testa dall’ altra parte per non dover assistere a quella scena. Non sapeva quanto tempo fosse passato quando la scossa cessò di colpo, sapeva solo che gli era sembrato un’eternità. Strisciò sul pavimento per raggiungere la parete più vicina e poi si lasciò andare appoggiando la schiena su di essa e respirando affannosamente per riprendere fiato, non riuscendo comunque a trattenere gemiti di dolore.
Il Signore Oscuro inclino la testa da un lato divertito e lo osservò mentre recuperava le forze. Si aspettava di peggio visto le reazione degli altri mangiamorte quando aveva provveduto ad incidere il marchio anche a loro, c’era chi per poco non aveva avuto un attacco di cuore. “Bravo Draco, ne scoprirai presto i vantaggi. Mi fido e sono fiero di te!” ripeté prima di girare sui tacchi e dissolversi in una nuvola di fumo nero. “Sono messo bene, se l’unico che si fida di me è il Signore Oscuro” pensò il biondo prima di lasciare finalmente che le lacrime scorressero calde sul suo viso.
Sua madre non aveva aperto bocca fino a quel momento, si era limitata a distogliere lo sguardo perché il dolore che provava suo figlio minacciava di prendere anche lei e aveva passato già abbastanza tempo senza reagire lasciando Draco affrontare da solo il dolore che aveva seguito l’arresto di suo padre, doveva dimostrarsi forte, per lui. Avanzò lenta verso suo figlio e lo aiutò ad alzarsi poi continuando a tenergli la mano gli sussurrò “Tuo padre ne sarebbe fiero e guarda il lato positivo, avrai modo di vendicarti con Harry Potter, dopotutto non ha contribuito anche lui a far arrestare Lucius? E ricorda che io ti voglio e ti vorrò sempre bene Draco. Fallo per noi, per me e per tuo padre”. Narcissa non voleva assolutamente che suo figlio diventasse un assassino, anche se si trattava di Potter, ma se quello era l’unico modo per farlo stare meglio sarebbe stata disposta a fare di tutto. Draco la guardò intensamente, poi si asciugò le lacrime con un gesto secco. Era vero, era tutta colpa di Potter se ora si trovava in quelle condizioni e avrebbe di certo avuto modo di vendicarsi. Si guardò il polso sinistro che continuava a pulsare dolorosamente anche se molto meno di prima, la macchia nera era svanita lasciando il posto a grosse linee che si intrecciavano andando a formare un grosso teschio da cui usciva un serpente attorcigliato su se stesso. Il suo corpo prima gelido si scaldò improvvisamente, confortato dalle parole della madre e anche per la rabbia nei confronti di Potter che si era accesa in lui. L’avrebbe fatto, per i suoi genitori. Avanzò di un passo e abbracciò l’esile corpo di lei per poi sussurrare un “Grazie mamma” e lasciare finalmente libero sfogo alle sue emozioni.
 
Intanto, a Privet Drive numero 4, in una piccola cameretta, un ragazzo dai capelli neri scompigliati, dagli occhiali tondi e dalla cicatrice a forma di saetta sulla fronte si svegliò di soprassalto. Si alzo piano da letto e andò a sciacquarsi il viso, il ricordo di quegli occhi di ghiaccio penetranti e colmi di terrore ancora vivido nella sua mente…

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 - nemici come sempre ***


Capitolo 1

nemici come sempre



“Ciao Ginny!” esclamò Harry alzandosi dal sedile dello scompartimento dell’Hogwarts Express dove lui, Hermione, Ron e Luna sedevano parlando tranquillamente e andò a scoccare un leggero bacio sulla guancia della ragazza appena entrata. “Oh, ciao Harry!” ricambiò quella “Mi chiedevo se ci fosse un posto libero per me, vedi, tutti gli altri scompartimenti sono già occupati”. Harry le sorrise ma Hermione rispose per lui “Certamente Ginny! Vieni pure!”. La piccola Weasley si sedette accanto a Harry e gli poggiò la testa sulla spalla. Lui e la rossa stavano insieme da quasi un anno ormai e Harry non poteva essere più felice di così, Ginny era l’unica che riusciva a capirlo oltre ai suoi due migliori amici e nel momento del bisogno non l’aveva mai abbandonato. All’inizio Ron non l’aveva presa molto bene ma poi aveva accettato la cosa pure lui, dopotutto era molto meglio Harry che qualche altro maghetto deficiente, aveva detto.
Luna che era rimasta a guardare per tutto il tempo una strana rivista capovolta all’ improvviso si animò “Ginny, cos’è quello strano animaletto?” chiese indicando un piccolo batuffolo di pelo che si muoveva pigramente tra le mani della rossa. “Oh, questa è la mia nuova puffola pigmea! Ti piace?”
“E’ veramente graziosa. Il Cavillo?”
“Si, volentieri, grazie!”
Luna porse una strana rivista a Ginny che, una volta spostato lo strano animaletto sull’ altra spalla, aprì il giornalino e cominciò a sfogliarlo “Cosa sono i gorgosprizzi Luna?”
“Sono degli animaletti invisibili che ti entrano nella testa e ti confondono il cervello” rispose questa mentre si metteva degli strani occhialetti e scrutava i presenti uno per uno “Harry ne ha la testa piena!”
“Io-io… ho la testa piena di cosa?” chiese il moro.
“Di gorgosprizzi naturalmente, a cosa stai pensando?”.
“In realtà stavo pensando a quello strano oggetto che stavano ammirando Malfoy e mammina da Magie Sinister quando siamo stati a Diagon Alley, io sono sicuro che sia diventato uno di loro!” concluse.
“Uno di loro cosa?” domandò Ginny.
“Un mangiamorte ovviamente!”
Hermione alzò la testa dal libro, cosa che sembrò scocciarla e costargli molta fatica. "Ne abbiamo già discusso Harry, è tutta l’estate che continui a parlarne. E’ decisamente troppo giovane per essere scelto".
Ron annuì per confermare la teoria di Hermione “Ha ragione, sembra che tu abbia una specie di fissazione per quel Malfoy!”
Harry arrossì visibilmente, in effetti era vero. Era da quando aveva sognato quel paio di occhi color ghiaccio che non faceva altro che formulare teorie su teorie. “Vado a ordinare qualcosa al carello, torno subito!” disse nascondere il mantello dell’invisibilità sotto la felpa e uscire dallo scompartimento. Si diresse verso il vagone successivo e quando si fu accertato che il corridoio fosse deserto prese una strana pietruzza dalla tasca, polvere buiopesto peruviana, o almeno così l’avevano chiamata Fred e George e la schiacciò nel palmo della mano. Una nebbiolina buia si diffuse velocemente per tutto il treno mentre mormorii all’inizio indignati facevano posto ad alcuni urletti di terrore. Ricordava fin troppo bene quando al suo terzo anno si era ripetuta quella stessa situazione e un dissennatore era entrato nel suo scompartimento. Rabbrividì al solo pensiero e si affrettò ad entrare nel vagone dei Serpeverde, era intenzionato a scoprire cosa stesse tramando il biondino.


*****


“Ehy, chi ha spento luce?” chiese indignata Pansy Parkinson quando il suo vagone cadde nel buio più profondo, non riusciva a vedersi nemmeno il palmo della mano.
“Calmati Pansy, sarà stato qualche bambino deficiente del primo anno che prova incantesimi!” commentò Draco. Infatti non dovettero attendere più di cinque minuti prima che la luce tornasse.
“Avanti Draco, vieni a sederti. Non vorrai startene lì impalato tutto il giorno vero? Stiamo per arrivare ad Hogwarts!” lo invitò Pansy,
“Hogwarts… non so neanche se si possa chiamare scuola di magia… dovrebbero chiuderla con tutti quei babbani che circolano tra le mura. Non credo che quest’anno mi vedrete sprecare tempo con stupidi incantesimi, ho ben altro a cui pensare…”. Draco andò a sedersi nuovamente di fianco alla ragazza dai capelli corvini che li posò la testa in grembo compiaciuta. Zabini ridacchiò “Trovi qualcosa di divertente in quel che ho detto Blaise?”
“No nulla, scusa Draco”. In realtà aveva ridacchiato per Pansy. Quella strega era convinta di piacere a Draco ma la realtà era che il biondo la usava solamente per farsi fare dei favori e cose del genere. Per il resto, aveva confessato a Zabini, li stava abbastanza antipatica.
Il biondo alzò gli occhi al cielo capendo ciò a cui Zabini stava pensando e facendolo notò un lieve movimento sopra la sua testa, nel portabagagli. “Zitti un attimo!” ordinò. E sentì come qualcuno trattenere il fiato e quel qualcuno, in effetti, era proprio Harry. Aveva approfittato del buio per intrufolarsi di nascosto nello scompartimento. “Merda!” pensò quando notò gli occhi della serpe girarsi all’insù.
“Che ti prende Draco?” sbottò Zabini, non senza una certa preoccupazione nella voce.
“Niente, mi pareva di aver sentito un rumore… ma non era niente. Di cosa stavamo parlando?” chiese il biondo mentre un sorriso malvagio si apriva sul suo volto senza che riuscisse a controllarlo. In realtà un rumore l’aveva sentito eccome e aveva un paio di idee su chi appartenesse.
“Stavi dicendo che non ti vedremo sprecare il tempo con stupidi incantesimi… – gli ricordò la ragazza – ...A proposito, siamo quasi arrivati, non è il caso di metterci in divisa?” Draco e Zabini annuirono.
Draco attese finché la solita voce annunciò di sgomberare il treno e dirigersi verso l’uscita perché erano giunti a destinazione. A quel punto chiese ai suoi amici di andarsene senza di lui, assicurandoli che li avrebbe raggiunti di lì a poco e che doveva solamente controllare una cosa. Quando si fu accertato che anche l’ultima persona avesse lasciato il suo vagone chiuse le tendine e volto la testa in su, verso il portabagagli. “La mammina non ti ha insegnato che è da maleducati origliare le conversazioni Potter??... Pietrificus totalus!” urlò prima che il moro potesse anche solo provare a reagire. Un tonfo secco risuonò nelle pareti del treno, ma ormai erano scesi tutti e nessuno sarebbe accorso ad aiutare il povero Prescelto. Draco tolse il mantello dal corpo pietrificato del ragazzo, poi lo guardo con aria di sufficienza. “Ops… dimenticavo, è morta prima che potesse pulirti il moccio dal naso!” rise della sua battuta. Poi tirò indietro il piede destro e sferro un potente calcio sul suo viso del moro, facendo piegare da un lato il suo naso. “Questo è per mio padre!”. Harry sapeva che se non fosse stato pietrificato avrebbe urlato dal dolore. Guardò la serpe con quanto più odio riuscì a esprimere con gli occhi, l’unica parte del corpo che riusciva a muovere. Non credeva fosse così crudele da arrivare a tanto.
Draco guardò nuovamente Harry per poi coprirlo di nuovo con il mantello e concludere “Divertiti Potter, felice ritorno a Londra!”. Dopo di che prese il suo bagaglio e curandosi di calpestare più volte il moro, uscì dallo scompartimento…
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 - pianti nella foresta ***


Note dell'autrice: Salve genteh! ll capitolo precedente era solamente per fare da "intermezzo" per questo qui, infatti, (sempre se qualcuno l'ha letto) avrete sicuramente notato che ho scritto le stesse cose cha accadono nel film/libro. Adesso invece comincierà la storia vera e propria e il nostro caro Harry comincierà ad avere più sospetti su ciò che sta accadendo a Draco.
Cercherò di aggiungere un capitolo ogni due/tre massimo giorni visto che la fanfiction sarà piuttosto lunga.
Vi prego di lasciare una piccola recensione se questa storia vi sta piacendo almeno un po' ma ringrazio comunque anche chi legge in silenzio.
Scusate ancora per eventuali errori grammaticali e detto questo vi lascio al nuovo capitolo










Capitolo 2

pianti nella foresta



Harry era sdraiato a pancia in su sull’erba, vicino al lago nero e un piccolo alberello gli riparava il viso dal sole. Probabilmente quella doveva essere una delle ultime volte che faceva caldo visto che ormai stava arrivando l’autunno. Girò la testa a destra e rimase un attimo a guardare Ron e Hermione che, seduti vicini, chiacchieravano animatamente con i faccini rossi dall’imbarazzo. Harry sorrise, ultimamente i suoi due migliori amici litigavano raramente e stavano sempre insieme, era quasi sicuro che presto la loro amicizia sarebbe diventata qualcosa di più.
Girò la testa a sinistra e rimase a fissare per cinque buoni minuti la sua ragazza. I raggi del sole colpivano i suoi lunghi capelli rossi facendoli risplendere di una luce arancione-dorata.
Senza accorgersene si massaggiò il naso ancora un po’ dolorante.  La scuola era iniziata da circa una settimana e lui non aveva smesso mai un secondo di ringraziare Luna che per fortuna l’aveva trovato sul vagone, dopo che Malfoy l’aveva pestato, e l’aveva aiutato a liberarsi dall’incantesimo un momento prima che il treno ripartisse per Londra, poi gli aveva anche aggiustato il naso. Luna era entrata con gli stessi strani occhialini che indossava nello scompartimento sostenendo che se l’aveva trovato era solo merito della miriade di gorgosprizzi che giravano per la sua testa. Quella ragazza era un vero mistero…
Ginny voltò la testa verso Harry “Ti fa ancora male?” sussurrò.
“Solo un po’, ma tranquilla!”
Ginny strisciò sui gomiti e andò a scoccarli un piccolo bacio sul naso “Ora va meglio?”
“Si molto, grazie” rispose Harry senza riuscire a trattenere un sorriso.
Hermione e Ron, che avevano sentito la conversazione, si avvicinarono a lui.
“Harry, dovresti dire a Silente quello che ti ha fatto! E’ una cosa molto grave!” lo rimproverò Hermione incenerendolo con lo sguardo.
“Non voglio dargli soddisfazioni Herm, e poi cosa dico a Silente? Che sono entrato nel vagone di Serpeverde di nascosto con il mantello dell’invisibilità perché volevo fare una chiacchieratina con Malfoy?”
Hermione aprì la bocca come per replicare ma poi, visto che non aveva nulla da aggiungere, la richiuse.
Ron intanto si era voltato a guardare verso l’entrata del castello “Hey guardate chi c’è! Visto… noi abbiamo parlato della serpe e la serpe arriva!”. Tutti puntarono gli occhi nella direzione indicata da Ron. Draco si stava avvicinando a loro con passo fin troppo elegante per un ragazzino della sua età però non sembrava volersi fermare. Tuttavia, quando passò davanti al gruppo di ragazzi si rivolse a Harry. “Bella faccia Potter! Ma non sto neanche a sprecare il mio tempo a prenderti in giro, ci ha già pensato madre natura!” Harry divenne viola dalla rabbia ma riuscì comunque a notare le profonde occhiaie e l’espressione di dolore sul viso del biondino prima che ripartisse a camminare in modo fin troppo lento, come se li costasse molta fatica. “Torno subito, devo vedere una cosa. Fate silenzio per favore” disse Harry ai suoi amici prima di avviarsi lentamente e senza fare rumore nella stessa direzione del Serpeverde.
“Harry, torna subito qui! Non vorrai cacciarti nei guai un’altra volta!” gli urlò dietro Hermione.
Harry fece appena in tempo a tornare indietro correndo a perdifiato e a sedersi accanto ai suoi amici prima che la testa del biondo si voltasse nella loro direzione per capire di chi fossero quelle urla.
Il moro aspettò che Draco si voltasse nuovamente. “Hermione, complimenti! Mi hai quasi fatto scoprire, ti avevo detto di startene in silenzio!”
“Scusa Harry, ma non vorrai mica litigare un'altra volta con lui vero? Non ascoltare nemmeno le sue prese in giro, sai che lo fa solamente per attirare l’attenzione su di sé!”
Harry sospirò “Non era per questo che intendevo seguirlo. Non hai notato anche tu l’aria misteriosa che aveva, come se non volesse essere seguito? Ecco… secondo me sta tramando qualcosa!”
“Harry la vuoi smettere con questa storia?” si intromise Ron.
“Se a voi non interessa nulla per me va bene, ma questo non significa che dovete impedirmi di fare quello che voglio!” si ritrovò quasi ad urlare il moretto.
I suoi amici lo guardarono dispiaciuti.
“Va bene, scusaci. Però vogliamo venire con te!” esclamò Hermione con un tono che non permetteva repliche. Gli altri annuirono convinti. “Ti pareva” pensò Harry ma tanto sapeva che insistere non sarebbe servito a nulla, quindi annuì soltanto.
Rimasero un paio di secondi a osservare il Serpeverde dirigersi verso la foresta poi, senza fare rumore si incamminarono nella sua stessa direzione. Il biondo si inoltrò per circa una ventina di metri nella vegetazione, dove la luce già cominciava a faticare a passare, poi si abbandonò con la schiena contro un albero e si lasciò pervadere da gemiti e singhiozzi mentre si teneva il braccio sinistro che pulsava scaricando scosse dolorose.
Il gruppetto di grifoni, che si era nascosto dietro un grosso cespuglio si scambiò occhiate interrogative mentre osserva le lacrime del biondo scorrere veloci sul suo viso più pallido del solito.
Harry non riuscì a rimanere nascosto a guardarlo per più di dieci secondi prima di alzarsi di scatto e dirigersi allo scoperto senza che potesse fare nulla per controllarsi. Il suo corpo si stava praticamente muovendo da solo. Non poteva sopportare di vedere le persone soffrire. “Ok che la gente mi dice che ho un buon animo e che aiuto sempre tutti” si disse “ma quel ragazzo non è tutti, è il mio peggior nemico, Malfoy” eppure non riuscì a trattenersi dal muovere diversi passi verso di lui. Senti la piccola mano di Ginny tirarlo per la maglietta “Harry, resta giù! Che hai intenzione di fare?” gli chiese tenendo la voce bassa per non farsi scoprire. Harry non rispose, si limitò soltanto a scacciare via la mano con un colpo secco. La rossa parve offesa.
“Harry, torna subito indietro!”
“Harry fermati, non vorrai farti scoprire!”
“Harry, cosa stai facendo? Sei pazzo?” tentarono di convincerlo i suoi amici ma ormai era a pochi passi dal biondo e non sarebbe servito a nulla tornare indietro. L’aveva sicuramente visto.
Mosse l’ultimo passo poi si fermò “Malfoy, stai bene?” gli chiese.
Il biondo che a causa del troppo dolore non si era accorto minimamente che qualcuno si stava avvicinando ebbe quasi un infarto, soprattutto quando aprendo di colpo gli occhi si ritrovò davanti il suo peggior nemico, Harry Potter. Si alzò di scatto e si voltò dall’altra parte per non mostrare la sua faccia rossa per il pianto appena fatto. “Che hai da guardare sfigato?”
Harry non disse nulla, non sapeva cosa rispondere. Malfoy approfittò del fatto che Harry fosse distratto per girarsi di scatto e sferrare un colpo alla faccia del moro che però lo schivò prontamente grazie ai suoi riflessi di cercatore. Brutta idea, era fin troppo debole e con quel gesto aveva sprecato quasi tutte le sue energie, la testa cominciò a girargli mentre la vista si oscurava. Dovette fare un enorme sforzo per non permettere alle gambe di cedere.
“Ron, vai a chiamare un professore per favore… subito!” ordinò Harry.
Ron non se lo fece ripetere due volte, partì di corsa verso il portone d’ingresso.
Harry tornò a guardare Malfoy mentre anche Hermione e Ginny lo raggiungevano. Aveva assunto uno strano colorito verde, sembrava stesse per vomitare fuori l’anima. Lo si vedeva da kilometri che stava male e faticava anche solo a reggersi in piedi. Harry notò che si teneva il braccio sinistro come se da un momento all’altro stesse per scoppiargli.
“No Potter ti prego! Il professore no!” urlò all’improvviso il biondo.
Harry lo guardò con aria interrogativa “Sembra tu stia per morire e mi dici che non devo chiamare un professore?”
Il Serpeverde perse la testa. “No! Lui non può vedere! …Nessuno può vedere quello che il Signore mi ha fatto! …Non deve scoprire!” urlò Malfoy con le ultime forze che aveva in corpo, sentì le gambe cedergli e si preparò all’impatto con il suolo che però non arrivò mai. Harry lo afferrò prontamente sotto le ascelle per poi adagiarlo delicatamente a terra sul morbido letto di foglie.
“Cosa non deve vedere?” chiese Harry che si era inginocchiato di fianco al biondo.
“Non sono affari tuoi!” rispose urlando quell’altro. “No!... No!... Il professore no!... Per favore! No!” continuò a gridare mentre si contorceva tenendosi il polso.
Harry fermò Malfoy prendendolo per il braccio dolorante “Malfoy calmati! Vogliamo solo aiutarti ma devi permetterci di guardare cosa ti sta succedendo!”
Un urlo di dolore risuonò per la foresta mentre il biondo tirava via il braccio da Harry con uno strattone, non doveva assolutamente scoprire ciò che era diventato. “Non toccarmi!” lo minacciò.
Harry era mortificato, non credeva di avergli fatto così male da spingerlo a gridare in quella maniera. “Scusa, non volevo… te lo giuro…” cercò di giustificarsi.
Draco non replicò.  “Lasciami qui – disse in un ultimo sussurro roco – non farmi vedere dal professore… ti prego”. L’ultima cosa che vide furono dei grandi occhi verde smeraldo che lo fissavano intensamente. Poi si lasciò inghiottire dal buio dell’oblio.

Il moro rimase pietrificato a guardarlo e sussultò quando si senti sfiorare la spalla dalla mano del suo migliore amico. “Eccomi! Ce l’ho fatta!” esclamò Ron felice come non mai. Poi però si accorse del Serpeverde disteso a terra “Harry… t-tu…cosa gli hai fatto?”
Il moro ci mise un po’ a capire quello che gli aveva detto il rosso, era fortemente confuso “No, ha fatto tutto da solo. Hai chiamato il professore?”
Ron sorrise di nuovo “Sì, sta arrivando!”
“Bravo!” si complimentò Harry. Non riusciva a capire perché Malfoy non volesse l’aiuto di un insegnante, ma di certo, anche se era lui, non l’avrebbe lasciato morire. Avrebbe dovuto portare un peso troppo grande sulla coscienza.
Si rigirò verso Ron per chiedergli che professore avesse chiamato ma la risposta venne da sola. Piton arrivò con passo svelto e si accovacciò vicino a Draco spingendo via Harry che per poco non inciampò nel suo stesso mantello. Il moro rivolse un occhiataccia a Ron come per dire “ma dovevi chiamare proprio lui?
 “Andatevene!” ordinò il professore. I quattro Grifondoro rimasero un paio di secondi a fissarlo poi però si alzarono in piedi e senza farselo ripetere due volte si diressero verso il castello. Harry fece qualche passo poi però si fermò un attimo a guardare e li parve di vedere una strana macchia nera sul polso di Draco mentre Piton pronunciava strani incantesimi a lui sconosciuti. Si stropicciò gli occhi per essere sicuro di non aver visto male ma quando tornò a guardare il professore, quello si era messo davanti e, da quella angolazione, il moro non riusciva a vedere nulla di quello che stava facendo. Ancora confuso e un po’ spaventato si affrettò a raggiungere i suoi amici, un paio di metri più avanti.
Quando furono sicuri di essere abbastanza lontani Ginny chiese “Secondo voi cosa gli è sucesso?”
Harry la guardò un attimo negli occhi, poi tornò a guardare per terra “Sinceramente? Bhe…non ne ho la più pallida idea!” Anche se un idea c’è l’aveva in realtà ma con questo chiuse la conversazione.
Non riusciva ancora a trovare un senso nelle parole del Serpeverde ma ci avrebbe pensato domani perché, anche se erano passati solamente pochi minuti in quel momento si sentiva tremendamente stanco…
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 - una notte da malandrino ***


Capitolo 3

una notte da malandrino



Harry era nella sua sala comune, i suoi compagni stavano dormendo da un pezzo ormai perché erano quasi le tre di notte. La cicatrice gli pulsava dolorosamente, sapeva già che non sarebbe riuscito a dormire quindi tanto valeva mettersi a fare qualcosa. Prese la mappa del malandrino e cercò eventuali studenti fuori dai dormitori.
Ultimamente stava intere sere a seguire il puntino di Malfoy per vedere se stesse tramando qualcosa.
Il giorno seguente a quello in cui i quattro Grifondoro avevano seguito il Serpeverde nella foresta Harry si era intrufolato di nascosto in infermeria per capire cosa gli fosse successo ma lì non l’aveva trovato. La sera stessa, quando aveva tirato fuori la mappa per l’ennesima volta, aveva scorto il puntino del biondo nell’ufficio di Piton. Doveva capire assolutamente ciò che quei due stavano tramando, e in fretta anche.
Guardò nella sala comune di Serpeverde e rimase cinque buoni minuti a cercare Draco ma lui non c’era ne lì né nel suo dormitorio. Guardò allora nell’ufficio di Piton ma anche lì non c’era nessuno, il professore stava pattugliando i corridoi del terzo piano. Cominciò a scorrere piano per piano e quando arrivò al quinto trovò finalmente il puntino di Malfoy. Si muoveva velocemente, forse fin troppo. Harry pensò stesse correndo da qualche parte. <> esclamò ad alta voce. Si tappo subito la bocca con una mano, se avesse svegliato i suoi compagni in quel momento poteva dire addio a scoprire ciò che il biondo stava facendo. Sentì Seamus Finnigan sospirare ma non svegliarsi, per fortuna. Si mise la felpa, visto che faceva piuttosto freddo, le scarpe senza neanche stare ad allacciarle e prese il mantello dell’invisibilità per poi avviarsi fuori dal dormitorio più silenziosamente possibile. Rimase piuttosto soddisfatto nel non udire nemmeno un piccolo scricchiolio mentre passava, a forza di uscire di notte di nascosto era diventato bravo a non fare rumore. Passò attraverso il ritratto della Signora Grassa e lanciò un’ultima occhiata alla mappa del malandrino, Malfoy aveva già superato il quinto e il sesto piano e ora stava salendo le scale per arrivare al settimo, il Grifondoro decise che lo avrebbe aspettato lì e dopo essersi assicurato che il mantello lo coprisse per bene si appiattì contro il muro e attese.
Non dovette aspettare molto prima che il biondo gli passasse davanti correndo senza accorgersi minimamente della sua presenza. Aveva la solita espressione di dolore e sembrava si sforzasse di tenere immobile il braccio sinistro mentre attraversava il corridoio. Quando il Serpeverde si allontanò abbastanza il Grifondoro incominciò a seguirlo facendo attenzione a non farsi scoprire.
Non passo molto tempo prima che il biondo si fermasse di fronte ad una parete completamente vuota di fronte all’arazzo di “Barnaba il babbeo bastonato dai Troll”. Harry si nascose dietro l’angolo e rimase a spiarlo. Il biondino accarezzo piano la parete di normalissimi mattoni poi passo per te volte accanto al muro prima camminando da una parte e poi tornando indietro dall’altra, aveva un viso particolarmente concentrato, come se si stesse sforzando di pensare intensamente a qualcosa. E all’improvviso la parete di mattoni svanì lasciando il posto ad un grande portone di legno a due ante, piuttosto usurato, e con grosse maniglie rotonde. Si girò un’ultima volta per controllare che nessuno l’avesse visto, i suoi occhi di ghiaccio scintillarono per un momento al buio, poi tirò fuori una mela dalla tasca con la mano destra, il braccio sinistro sempre abbandonato lungo il fianco, e dopo averla lanciata e ripresa al volo un paio di volte si voltò ed entro nella Stanza Delle Necessità con un sorrisino compiaciuto. Il portone si richiuse alle sue spalle con un leggerissimo tonfo. Harry diede un ultima occhiata alla mappa, il professor Piton stava pattugliando i corridoi del quarto piano ora e invece il puntino di Malfoy era scomparso e finalmente il Grifondoro capì il perché. La stanza delle necessità non compariva sulla mappa, probabilmente era coperta da un incantesimo. Nascose il prezioso strumento nella tasca della felpa e si avviò velocemente verso il portone prima che si chiudesse del tutto ma non riuscì comunque ad aprirlo, era come bloccato e prima che potesse anche solo pensare a come maledirlo mentalmente quello sì ritrasformò in muro. “Ok, stai calmo” disse fra se e se. Sapeva come fare, l’aveva utilizzato molte volte l’anno prima, per le esercitazioni dell’ES. Passò tre volte davanti alla parete pensando intensamente “Ho bisogno di scoprire cosa sta tramando Draco Malfoy” ma non successe nulla. Sbuffo impaziente ma non perse la calma. Ripeté l’operazione ma sta volta ripetendosi in testa “Voglio andare nello stesso posto in cui è andato Draco Malfoy” ma nuovamente non accadde nulla. Fece un respiro profondo e ritentò, passo tre volte avanti a in dietro concentrandosi sulle parole “Mi serve sapere in che posto è ora Draco Malfoy” ma di nuovo la parete non cambiò di un millimetro. Cominciò a imprecare mentalmente, perché l’anno scorso era stato così facile? Si rassegnò che se non aveva funzionato in quel modo non avrebbe potuto fare nulla così si accasciò vicino alla parete-porta in modo da avvertire il suo cambiamento quando il biondino si fosse rifatto vivo.
 

*****

 
Non sapeva quanto tempo fosse passato quando sentì la parete dietro la sua schiena dissolversi. Visto che la cicatrice aveva smesso di bruciare si era addormentato per la troppa stanchezza mentre aspettava il ritorno della serpe. Il muro che si ritrasformava in porta l’aveva colto di sorpresa ed era caduto all’indietro mentre la testa del biondino sbucava dall’entrata per controllare che la via fosse libera. E mentre quello si stava avvicinando per tornare alla sua sala comune, si supponeva, lui era disteso sulla schiena in mezzo al corridoio come un deficiente. “Porco Salazar!” riuscì solo a pensare prima che il biondo inciampasse su di lui. Lanciò un urlo soffocato quando il Serpeverde salì sulla sua pancia con tutto il suo peso, visto che non poteva vederlo, togliendogli per sbaglio il mantello dell’invisibilità di dosso, oltre che il respiro. Draco cadde lungo disteso a faccia in giù sul pavimento duro e ghiacciato provocando un grande tonfo che risuonò nel corridoio completamente silenzioso. Si mise in ginocchio mentre bestemmiava a destra e a manca tenendosi il naso dolorante per l’improvviso impatto e guardava da tutte le parti per capire cosa fosse successo. Divenne viola dalla rabbia quando lanciando un occhiata ai suoi piedi trovo il Grifondoro che ansimava cercando di riprendere fiato. Harry però si alzo prima di Draco e dopo essersi scusato gli tese una mano per aiutarlo ad alzarsi, lui la rifiutò tirandole uno schiaffo. Il moro cominciò a saltellare per il corridoio mentre scuoteva velocemente la mano che bruciava per la sberla che il biondo gli aveva appena tirato e rovinò nuovamente al suolo quando il biondo, incazzato, gli saltò sopra e cominciò a tempestarlo di pugni cercando di colpire qualunque parte del corpo gli arrivasse a tiro.
“Che cazzo ci fai qua Potter?” urlò Draco mentre continuavano a rotolare uno sopra all’altro per il corridoio menandosi di brutto.
“Potrei farti la stessa domanda Malfoy!” rispose il moro.
“Brutto – pugno – pezzo di merda – pugno – che non sei altro!”
Harry blocco i polsi di Malfoy e ribaltò i posti, lui che prima si trovava sotto al biondino ora si ritrovava sopra e mentre cercava di bloccargli il corpo con il suo peso notò l’espressione di dolore che si dipinse sul volto del Serpeverde. “Oh poverino, ti fa male il braccino?” lo prese in giro.
Draco cercò di divincolarsi dalla presa del moro ma quello era troppo forte “Vaffanculo Potter! Puoi stare sicuro che mio padre lo verrà a sapere!”
“Si e da chi? Glielo vanno a dire i dissennatori?” ridacchiò.
Un ondata di rabbia si fece strada in Draco che con un ultimo strattone riuscì finalmente a liberarsi dalla stretta di Harry e a ribaltare nuovamente i posti. Il moro però lo afferrò prontamente afferrandogli il retro della schiena con entrambe le mani e spingendolo contro di se per impedirgli di liberarsi del tutto ma, così facendo, il Serpeverde non riuscì a fermarsi in tempo e la sua faccia andò a scontrarsi con quella del Grifondoro e per sbaglio le loro labbra si poggiarono l’une sull’altre. Proprio in quel momento dei passi risuonarono svelti nel corridoio e il professor Piton, che si era affrettato a raggiungere la fonte del rumore, rimase sconvolto alla vista dei due studenti uno sopra l’altro e con i volti vicini “Cosa state facendo?” li rimproverò il professore.
Harry e Draco saltarono in piedi e cominciarono a passarsi le mani sulla lingua e a sputare a destra e a manca come se avessero mangiato una palla di peli di Grattastinchi.
“Fermi!” ordinò il professore urlando per farsi sentire da quei due rimbambiti che saltellavano in giro schifati spulciandosi la bocca. I due ragazzi si immobilizzarono all’istante e rivolsero lo sguardo verso il professore mentre le loro facce diventavano più rosse dei capelli di Ron. Entrambi sapevano che il professore aveva sicuramente frainteso.
“Scusi signore” mormorarono all’ unisono.
“100 punti in meno a Grifondoro e 10 punti in meno a Serpeverde!” esclamò il professore “E vi aspetto domani sera alle 8 e mezza nella sala dei trofei per la punizione!”
Ti pareva, ora oltre che aver perso moltissimi punti e ovviamente nettamente di più del Serpeverde doveva pure scontarsi un castigo con Malfoy.
Draco indicò Harry “Professore, è tutta colpa di Potter, io non ho fatto nulla, è lui che ha iniziato a picchiarmi!” si giustificò.
Il professore lo guardò soddisfatto “Non ne dubito Draco, ma eri comunque fuori dalla sala comune in orari vietati dal regolamento. Ora muovetevi a tornare nei vostri dormitori e se vi becco un'altra volta potete stare sicuri che non sarò così gentile!”. Detto questo girò sui tacchi e si diresse verso il suo studio.
Harry e Draco si guardarono nuovamente “Puoi stare sicuro che questa me la pagherai Potty!”
“Anche tu furetto!” rispose l’altro e tuttavia non poté fare a meno di notare la tristezza negli occhi del biondino. Per tutta risposta Draco alzò il terzo dito e prima che Harry potesse fare qualsiasi cosa gli voltò le spalle e si incamminò verso la sua sala comune. Harry dopo aver ringraziato mentalmente Dio Godric che Piton non avesse notato il suo mantello dell’invisibilità, che era rimasto a terra per tutto il tempo, fece lo stesso.
Un momento prima di svegliare il ritratto della Signora Grassa per entrare nella sua sala comune si sfiorò le labbra con un dito, sentiva ancora quelle gelide del biondo sulle sue…

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 - la scheggia di vetro ***


Note dell'autrice: e in questo capitolo vi dico solo che le cose si faranno complicate ragazzi... hehehe
Ringrazio chi recensisce, chi ha messo la storia tra le segiute e ricordate ma ache chi legge in silenzio nella speranza che questa storia vi stia piacendo almeno un pò. :)










Capitolo 4

la scheggia di vetro



Harry guardò il piatto davanti a se e dopo averlo girato e rigirato diverse volte lo spinse via con un gesto secco, non aveva assolutamente fame, non dopo quello che lo aspettava quella sera. Erano in Sala Grande per la cena e mentre tutti gli altri studenti chiacchieravano e mangiavano animatamente, lui se ne stava lì seduto a braccia incrociate, senza fare nulla. Girò la testa verso il tavolo di Serpeverde e poté constatare che Malfoy era nella sua stessa situazione. Ok che aveva ricevuto una punizione e se la meritava perché aveva infranto il regolamento ma non aveva fatto nulla di così grave da meritarsi di farla con la serpe. Avrebbe preferito tuffarsi in un mucchio di cacca di ippogrifo piuttosto, tanto per rendere l’idea. E, come se non bastasse, Hermione e Ron erano arrabbiatissimi con lui sia per aver fatto perdere punti alla sua Casa sia perché era uscito di notte senza comunicargli niente. L’unica che gli era rimasta vicino era Ginny e ora lo guardava con un’aria dispiaciuta “Sei sicuro di non voler mangiare proprio nulla?” gli chiese.
“Non ho fame” si limitò a rispondere l’altro.
Ginny sospirò “Se c’è qualcosa che posso fare per aiutarti chiedi pure”
“Non c’è nulla che tu possa fare ma grazie lo stesso” Harry fece un sorriso tirato e poi si abbandonò nuovamente sulla panca mentre tentava di seguire conversazioni altrui per distrarsi un po’ da ciò che lo aspettava.
 

*****

 
Harry si presentò davanti all’entrata della Sala dei Trofei alle 8 e mezza in punto. Si sentiva profondamente a disagio mentre aspettava l’arrivo del professore o del biondino. Quest’ultimo non ci mise molto ad arrivare, sbucò da dietro un angolo e con passo elegante, ma meno del solito visto che muoveva un braccio sì e l’altro no, e si fermò dal lato opposto della porta di quello dove stava Harry. Dopo avergli lanciato un occhiata sprezzante appoggiò la schiena al muro e incrociò le braccia mentre batteva un piede per terra impaziente. Il professore arrivò un paio di minuti più tardi e dopo aver aperto la porta chiusa a chiave fece segno ai due ragazzi di entrare.
“Sta sera sconterete la vostra punizione insieme. Dovete lucidare a mano tutti i trofei che ci sono sugli scaffali e se quando torno trovo anche solo un piccolo granello di polvere riiniziate da capo, ci siamo capiti?” chiese Piton.
I due studenti annuirono.
“Molto bene, ora devo sbrigare alcune cose con il preside. Appoggiate le bacchette sopra quel tavolo prego, per sta sera non potete usare la magia e ricordate che posso sempre controllare gli ultimi incantesimi che avete fatto" disse poi il professore.
Draco e Harry si diressero entrambi verso il tavolo e poggiarono le bacchette su di esso nello stesso istante ma così facendo le loro mani si sfiorarono facendoli arrossire lievemente. Si guardarono un attimo negli occhi poi tornarono dall’insegnante “Ora cominciate forza! Non importa quanto tempo ci mettiate, il professor Silente mi ha dato il permesso di lasciarvi qui a pulire anche tutta la notte se necessario. E vedete di non picchiarvi o fare rumore, posso sentirvi anche se sono lontano!” il professore uscì dalla stanza e richiuse la porta alle sua spalle sigillandola dall’esterno. “Perfetto!” penso Harry, ora erano pure chiusi dentro. Dopo essersi lanciati un’ultima occhiata sprezzante si diressero dai lati opposti della stanza e cominciarono a lavorare.
Harry era piuttosto bravo e veloce, l’aveva fatto tante di quelle volte che ormai ci aveva preso la mano ma per Draco non era lo stesso. Oltre al fatto che non aveva mai lucidato i trofei sembrava anche mezzo handicappato ad afferrarli. Si vedeva perfettamente che faceva fatica ad utilizzare in qualsiasi modo il braccio sinistro e più di una volta si lasciò sfuggire dei gemiti di dolore quando sfiorava alcuni oggetti con il polso ancora dolorante. Harry non riuscì a trattenere una risatina quando una delle poche Coppe Delle Casa di Serpeverde sfuggì dalle mani del biondo e andò a schiantarsi al suolo provocando un suono sferragliante.
“Che hai da ridere Potter? Provaci tu se pensi sia così facile!”
Il Grifondoro quasi pianse dal ridere “Ecco vedi Malfoy, io ho già fatto due interi scaffali come puoi ben vedere!” esclamò mentre continuava a sorridere fra sé e sé “Mentre tu, beh… è già tanto se hai lucidato mezzo trofeo!”
Il Serpeverde strinse i pugni fino a conficcarsi le unghie nei palmi delle mani e dovette fare un paio di respiri profondi per calmarsi. “Fottiti Potter!”
Il moro fece un sorrisetto malvagio “Wooo, il re delle serpi che perde la pazienza? Questa è da scrivere sulla gazzetta del Profeta!”
Il biondino sapeva che Harry lo faceva solo per provocarlo ma nonostante questo perse completamente il controllo e prima che il moro potesse anche solo provate a reagire mosse i pochi passi che lo separavano da lui e li sferrò una ginocchiata in pancia. Il moro colto alla sprovvista si piegò in due dal male e vomitò quel poco che aveva mangiato quel giorno. Prima che si riprendesse Draco alzò il pugno destro e colpì la mascella del Grifondoro che dalla forza dell’impatto si schiantò contro una vetrina in cui all’interno erano esposti i premi più importanti. Questa si frantumò e schegge di vetro volarono nella stanza mentre Harry rovinava al suolo.
I due ragazzi non capirono subito ciò che era successo.
Il moro aprì gli occhi e si guardò intorno intontito. All’improvviso senti una sensazione di calore che si espandeva sul suo fianco destro. Deglutì, non voleva vedere cosa gli era accaduto. Con cautela sollevo la maglietta già intrisa di sangue e gli vennero i conati quando vide una scheggia delle dimensioni di un bolide conficcata per metà dentro la sua carne. La sua vista cominciò ad oscurarsi mentre fiotti di sangue uscivano dalla ferita.
Guardò Draco e con tono supplichevole gli disse in un sussurro “Aiutami… ti prego”
Il biondo però non poté fare altro che rimanere a fissarlo. Non riusciva più a dare alcun comando ai suoi muscoli, era semplicemente immobile e dovette sforzarsi di respirare perché gli si era formato un grosso nodo in gola. Guardò Harry, poi si guardò la mano con cui l’aveva colpito. Era già viola per i lividi che si stavano formando in seguito all’impatto con la mascella del moro. Era stato lui. Tornò a guardare il Grifondoro senza riuscire comunque a fare nulla mentre ormai il sangue che sgorgava dalla ferita aveva raggiunto le sue scarpe bianche lasciando un’evidente macchia rosso scuro sulla suola.
“Aiutami” ripeté il moro mentre guardava il ragazzo che se ne stava immobile senza fare nulla. Il biondo finalmente riuscì a muoversi e si inginocchiò accanto al corpo debole del Grifondoro.
“Io…non so cosa fare! Non posso aiutarti!” disse mentre cercava di trattenere le lacrime. Poggiò una mano sulla scheggia e con tutta la forza che aveva la sfilò dal fianco del ragazzo. Rischiò quasi di vomitare quando si rese conto che si era conficcata nella carne per ben 10 centimetri. Brutta mossa, il sangue cominciò a fuoriuscire tre volte più velocemente di prima. Harry inarcò la schiena dal dolore ma anche se voleva non riuscì ad urlare, non li usciva più alcun suono dalla bocca. Draco andò nel panico e fece l’unica cosa che gli venne in mente. Premette con entrambe le mani sulla ferita del Grifondoro cercando di rallentare l’emorragia e sporcandosi le mani del suo sangue.
Harry lo guardo con tono supplichevole ma lui non poteva far più di così, non conosceva neanche un piccolo incantesimo che avrebbe potuto aiutarlo. Scoppiò in singhiozzi mentre cercava di pensare ad un qualsiasi modo per salvarlo, ma ormai il suo cervello non ragionava più.
“Scusami Harry” sussurrò. E quella fu l’ultima cosa che sentì il moro prima che il dolore lo facesse svenire.
La porta si aprì di scatto e il professor Piton entrò a passo svelto con un’aria particolarmente arrabbiata, probabilmente aveva sentito il fracasso che avevano fatto, ma si fermò di colpo quando vide in che condizioni era il Grifondoro. Si accucciò al suo fianco e cominciò a pronunciare parole incomprensibili mentre la ferita cominciava a chiudersi lentamente, al biondino non fece neanche caso.
Draco si alzò in fretta e dopo aver recuperato sia la sua bacchetta che quella di Harry uscì dalla Sala Dei Trofei correndo a perdifiato per scaricare il dolore che sentiva dentro in quel momento, senza curarsi di non fare rumore. Cadde a terra un paio di volte ma si alzò subito e riprese la corsa. Entrò nel primo bagno che gli capitò a tiro e una volta raggiunto il rubinetto più vicino cominciò a sfregarsi affannosamente le mani cercando di far sparire ogni traccia del sangue di Harry. Era stato lui a fargli questo, come aveva potuto?
Le sue gambe non ressero a lungo, si accasciò a terra senza riuscire a fermare le lacrime e i singhiozzi che minacciavano di distruggerlo. Nascose la testa tra le ginocchia mentre l’immagine del Grifondoro ridotto in quelle condizioni continuava a riaffiorargli nella mente.
Si sentiva una merda, era stato lui a ferirlo in quel modo e se Piton non fosse arrivato in tempo Harry sarebbe… non voleva nemmeno pensarci!
Non avrebbe mai voluto arrivare a tanto.
Ma invece l’aveva fatto e tutto perché non era riuscito a controllarsi.
Perché aveva paura di rovinare la figura da duro che si era impegnato a costruire in quegli anni.
Perché non sopportava di sentirsi inferiore agli altri.
Perché era uno stronzo sempre orgoglioso di sé.
Perché non sapeva distinguere il bene dal male.
Perché non gli era stato insegnato ad amare.
E in quel momento, mentre calde lacrime li scivolavano sul viso per poi cadere a terra come gocce di pioggia, prese una decisione: sarebbe cambiato, per il bene di tutti quelli che li stavano accanto.
Perché quello che era successo era colpa sua…
Era tutta colpa sua…
Colpa sua…
 

*****

 
Draco aprì piano la porta dell’infermeria, entrò e se la richiuse alle spalle. Dovette aspettare un paio di minuti per abituare gli occhi all’oscurità perché l’unica luce presente era quella della luna che entrava dalle poche finestre presenti in quella stanza. Si guardò in torno e controllò lettino per lettino in cerca del Grifondoro. Lo trovò sull’ultimo in fondo a sinistra, vicino alla stanza di Madama Chips. Facendo attenzione a non fare rumore scostò le tendine che lo circondavano e si sedette in una sedia poggiata accanto al letto. Rimase ad ammirare il viso solitamente colorito ma in quel momento pallido del moro. Sollevò lentamente un lembo della coperta per non svegliarlo, anche se dubitava fortemente che avesse potuto farlo. Erano passate solamente poche ore dall’incidente e non poteva essersi già ripreso. Sollevò allo stesso modo la leggera maglietta che gli avevano messo e ciò che vide quasi li fermò il cuore. Una spessa benda bianca girava stretta attorno alla vita di Harry diverse volte e dal lato della ferita era già intrisa di sangue. Doveva essere proprio grave se sia Madama Chips sia Piton non erano riusciti a fermare del tutto l’emorragia. Le lacrime minacciarono di invaderlo di nuovo, era stato lui a fargli quello. Si affrettò a ricoprirlo per non dover rimanere ancora a guardare ancora quel terribile spettacolo, non osava nemmeno immaginare quanto dolore avrebbe provato il Grifondoro una volta svegliato. Estrasse dalla tasca la bacchetta del moro e la poggio accanto al comodino, attaccato c‘era un piccolo biglietto che non aveva avuto il coraggio di firmare. Contava sul fatto che il moro lo capisse da solo, aveva sentito dire che era piuttosto intelligente, eccetto in Pozioni.
Tornò a guardare il viso del ragazzo davanti a lui, non aveva mai potuto osservarlo da così vicino. Aveva lineamenti dolci, guance paffutelle, ciglia lunghe e capelli neri arruffati, gli veniva voglia di scompigliarglieli ancor di più. Senza riuscire a fermarsi poggiò delicatamente una mano sulla sua fronte seguendo con il pollice il contorno della cicatrice poi la spostò più a destra mettendogli una ciocca di capelli dietro l’orecchio e infine la lasciò scorrere lungo il lato destro del suo viso. Harry si mosse nel sonno e senza esserne pienamente consapevole afferrò la mano del biondo facendogli quasi fare un infarto. Draco si affrettò a toglierla spaventato ma quando osservò di nuovo il viso del Grifondoro quello aveva ancora gli occhi chiusi, probabilmente stava solo sognando qualcosa. 
“Aiutami… ti prego” sussurrò Harry mentre continuava a dormire.
Draco non riuscì a trattenere una lacrima che scivolò sul suo viso cadendo poi su quello del moro. Si ricordava fin troppo bene il motivo per cui il Grifondoro gli aveva detto quelle parole. Avvicinò la bocca al suo orecchio e mormoro un leggero “Mi dispiace” per poi affrettarsi ad uscire dall’infermeria.
Harry si svegliò di colpo al suono di quelle parole e mentre girava la testa da una parte per capire dove fosse notò il luccichio di una chioma bionda sparire dietro la porta, prima che quella si chiudesse.
Cercò di girarsi su un fianco e sussultò dal dolore quando posò il peso sulla ferita. I ricordi di ciò che era successo riaffiorarono di colpo. Tastò sul comodino in cerca degli occhiali ma riuscì ad afferrare solo una bacchetta. La avvicinò agli occhi per riconoscerla, era la sua, probabilmente il professor Piton gliel’aveva riportata. Stava per rimetterla giù quando noto un bigliettino attaccato ad essa e legato da un nastro verde. Lo staccò e lo lesse:
Scusami Harry”
C’era scritto solamente.
Se lo mise in tasca, era quasi sicuro di sapere chi l’aveva scritto. Riappoggiò la bacchetta sul comodino e finalmente trovò i suoi occhiali. Se li infilò lentamente e così facendo una gocciolina gli scivolò sull’indice.
La avvinò al viso per capire cosa fosse.
Era una lacrima, ma sicuramente non era sua…     
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5 - strani comportamenti ***


Capitolo 5

strani comportamenti



Draco era seduto su una delle poltrone nere in pelle nella sala di Serpeverde. Era passata circa una settimana da quando aveva ferito Harry e non aveva praticamente chiuso occhio a causa dei continui incubi. Ogni volta che si addormentava l’immagine del Grifondoro ferito e steso a terra lo tormentava.
Sentì dei passi che si avvicinavano dietro di lui e quando voltò la testa si ritrovò davanti Zabini che lo guardava con aria preoccupata.
“Non hai una bella cera Draco!” gli disse.
“Mi pare ovvio visto che è una settimana che non riesco a dormire!” replicò il biondo.
“Ah… e perché?”chiese.
“Te l’ho già detto un milione di volte!”
“Ancora per quello sfigato di Potter?”
Draco si alzò in piedi di scatto e gli punto un dito contro “Blaise, io l’ho quasi ucciso! So che dovrei essere felice ma vediamo come ti sentiresti tu se fossi nelle mia condizioni!” lo maledì con lo sguardo.
“Bhe… direi che sarei fiero di me per aver ucciso il Prescelto!”  Zabini sorrise compiaciuto.
Draco si ributto sul divano e si schiaffo una mano sulla fronte. Come poteva avere un amico così stupido? “Senti Blaise, se ti diverti a prenderti gioco delle persone puoi pure andare da un’altra parte”
Zabini divenne subito serio. “Scusa… volevo solo tirarti un po’ su il morale”
Draco sospirò.
Blaise camminò fino a fermarsi dietro Draco, poi li poggiò le mani vicino al collo e cominciò a massaggiarli piano le spalle. La tensione abbandonò il biondo per un momento che si rilassò per quel tocco delicato. Zabini avvicinò la bocca all’orecchio del suo amico e in tono suadente sussurrò “Che ne dici se alla prossima uscita ad Hogsmeade andiamo da soli… io e te? Così possiamo parlare di questa storia tranquillamente…”
Il biondo, senza neanche fare la fatica di aprir bocca annuì soltanto, mentre si abbandonava alla bellezza di quel massaggio.
 

*****

 
Harry stava correndo il più velocemente possibile giù per le scale cercando di raggiungere in tempo l’aula di Difesa Contro le Arti oscure. Era stato dimesso dall’infermeria solo due sere prima, Madama Chips aveva insistito a farlo rimanere perché la ferita si chiudesse del tutto ma il moro l’aveva supplicata talmente tanto che alla fine l’aveva lasciato andare. Ron e Hermione, che avevano fatto finalmente pace con lui, probabilmente perché aveva quasi rischiato di morire, quella mattina erano venuti a chiamarlo ben due volte ma lui non aveva voluto saperne di svegliarsi e ora ne pagava le conseguenze.
Quando finalmente arrivò davanti all’aula dovette fermarsi un attimo per riprendere le forze. Se anche il taglio sul fianco si era parzialmente chiuso ora che aveva corso in quel modo si era sicuramente riaperto. Sollevò un lembo della maglietta e guardò la fasciatura che era nuovamente intrisa di sangue, sbuffò sonoramente. Ora oltre al fatto che ci avrebbe messo un’ora a recuperare il fiato perso a causa della benda stretta attorno alla pancia che gli impediva di respirare bene, la ferita gli bruciava tremendamente e allo stesso tempo aveva una fame assurda perché non aveva fatto colazione.
Con la mano tremante aprì piano la porta ed entrò, poi se la richiuse alle spalle. Tutti gli occhi si puntarono su di lui ma Harry si sforzò di guardare solo verso il professore.
“Sei in ritardo Signor Potter, 10 punti in meno a Grifondoro!” esclamò Piton.
Harry sospirò, si era quasi dimenticato che quell’anno Difesa Contro le Arti Oscure l’avrebbe insegnata lui e che il lunedì avevano lezione assieme ai Serpeverde. “Mi scusi signore, mi sono preso a letto” si giustificò, ancora col fiatone.
Piton lo guardò male “Si, si era capito – alcuni serpi ridacchiarono – Avanti, si sieda. Non vorrà stare lì impalato tutto il giorno spero!”
Il moro scosse la testa.
Piton gli indicò l’unico posto rimasto libero e Harry quasi svenne. Il problema non era tanto il fatto che fosse in prima fila bensì che come vicino di banco c’era seduto Malfoy.
Deglutì rumorosamente e dopo aver lanciato un’occhiata a Ron e Hermione che ricambiarono lo sguardo preoccupati si avviò verso il banco indicatogli dall’insegnante.
“Avanti signor Potter, non vorrà metterci tutto il giorno!” esclamò il professore.
Il Grifondoro si limitò ad abbassare lo sguardo mentre prendeva posto. Tuttavia non riuscì a trattenere un gemito di dolore quando, sedendosi, posò il peso sulla ferita.
 
Draco si affrettò a spostare i libri e le pergamene che aveva poggiato sull’altro lato di banco convinto che Potter non sarebbe mai arrivato. Si mosse irrequieto sulla sedia quando senti il moro gemere, se ora stava in quel modo era tutta colpa sua. Puntò gli occhi su Piton e si disse di non toglierli da lì fino alla fine della lezione.
 
Harry intanto non riusciva a concentrarsi, sia perché il taglio sul fianco continuava a bruciare sia perché i capelli color platino di Draco, in quel momento colpiti da un raggio di sole, scintillavano distraendolo. Si rassegnò che tanto non ce l’avrebbe fatta a rimanere attendo quindi spostò gli occhi verso il biondino e rimase a fissarlo. Era impeccabile, come sempre del resto. I capelli lucenti erano tirati verso il retro della testa con la giusta quantità di gel. Era seduto eretto sulla schiena come un vero aristocratico e i vestiti che indossava gli calzavano a pennello mettendo in evidenza il suo fisico perfetto.
 
“Prendete la pergamena e ricopiate ciò che scrivo alla lavagna!” ordinò Piton improvvisamente ma Harry, ancora impegnato a fissare il biondino non si accorse di nulla.
Il Grifondoro seguì con lo sguardo la mano di Draco mentre scriveva e non ebbe più dubbi su chi gli aveva lasciato quel biglietto. Ma perché proprio lui? Non era assolutamente da Malfoy chiedere scusa.
 
Draco era profondamente a disagio, sentiva gli occhi verdi di Potter puntati su di se e non poté fare a meno di arrossire lievemente mentre cominciava a mordicchiarsi un’unghia.
Harry pensò che quando faceva così era quasi dolce. Cominciò subito ad auto offendersi mentalmente. Dolce, Malfoy? Era come dire che la Umbridge era buona! Ma, mentre faceva questi ragionamenti non si accorse che il professore lo guardava male.
“Signor Potter, vedo che la lezione non le interessa! Perché continua a fissare il signor Malfoy?”
Harry divenne rosso come i capelli di Ron e riuscì solo a mormorare “Io…io non…”
Il professore sorrise malignamente “Bhe, in questo caso altri 10 punti in meno a…”
Non fece in tempo a finire la frase perché il biondino si animò di colpo e gli parlò sopra “Professore lui non centra, e colpa mia. Sono io che l’ho distratto dalla lezione, parlandogli!”
Gli occhi del moro quasi uscirono dalle orbite da quanto si sgranarono. Si voltò verso il biondo a bocca aperta. Non era assolutamente da lui prendersi la colpa in questo modo! Era sicuramente impazzito!
Il professore però non ne era particolarmente convinto “Signor Malfoy, non cerchi di difendere il signor Potter o sarò costretto a togliere punti anche alla sua Casa!”
“Signore lo giuro, sono stato io a chiamarlo! Tolga pure punti, se necessario” ripeté il Serpeverde.
Il professore gli rivolse un’occhiata interrogativa ma si limitò a distogliere lo sguardo e a continuare la spiegazione.
Draco voltò la testa verso Harry e gli sorrise timidamente.
I muscoli della faccia del moro erano come pietrificati e non riuscì a muoversi di un millimetro.
Il biondo prese la sua penna d’aquila e si scribacchiò qualcosa sulla mano per poi rivolgere il palmo verso il Grifondoro.
Hai fame? So che non hai fatto colazione” lesse quest’ultimo. Se possibile i suoi occhi si spalancarono ancor di più ma il suo stomaco parlò per lui producendo un forte brontolio. Harry si poggiò le mani sulla pancia imbarazzato.
Il Serpeverde si girò dall’altra parte e dopo aver rovistato per un po’ nella sua borsa estrasse un panino accuratamente avvolto nella carta e, cercando di non farsi scoprire, lo infilò in quella del Grifondoro. Sorrise di nuovo guardando il moro con i suoi occhi di ghiaccio penetranti e Harry non poté non notare le profonde occhiaie che li circondavano, poi si rigirò verso il professore e rimase così per tutto il resto del tempo.
 
 
Quando Piton annunciò la fine della lezione Harry afferrò la borsa e si precipitò fuori dall’aula come un razzo trascinando Ron e Hermione con se. Li inchiodò entrambi al muro e dopo aver tirato fuori dalla borsa il piccolo involucro di carta si rivolse ai suoi due migliori amici. “Un panino! Vi rendete conto? Malfoy… pazzo…un panino!” riuscì solo a esclamare con una vocetta stridula.
Hermione li poggiò le mani sulle spalle e lo guardò negli occhi. “Harry, calmati. Fai un respiro profondo e dicci cos’è successo”
Il moro inspirò ed espirò un paio di volte poi parlo nuovamente “Ecco, avete visto cosa ha detto prima Malfoy? Mi ha difeso! Non è normale, io penso debba andare a farsi curare seriamente da Madama Chips. Non è per niente da lui! Vero?”
I suoi due migliori amici annuirono convinti.
Harry continuò “Ma non è tutto… ho scoperto che è stato lui a scrivermi il biglietto di scuse e poi prima mi ha anche chiesto se avevo fame e mi ha dato un panino! Vi rendete conto? E poi… - deglutì rumorosamente – lui mi ha… lui mi ha sorriso!” guardò i suoi amici come a voler ottenere una risposta “Per ben due volte! – aggiunse – secondo voi cosa gli è preso?”
Hermione si grattò la testa pensierosa.
Ron invece lo guardò male “Non lo so – disse – ma è meglio che butti subito via quella cosa!” indicò il panino osservandolo come se fosse un ragno gigante.
Draco uscì dall’aula con passo tranquillo proprio in quel momento, era rimasto ad ascoltare la conversazione per tutto il tempo. Si avvicinò a Potter e dopo avergli rivolto un cenno di saluto gli disse “Guarda che puoi mangiarlo! Non è mica avvelenato!” poi si allontanò dal trio di Grifondoro.
Harry lanciò un occhiata ai suoi amici come per dire “che vi avevo detto? E’ pazzo!”.
Guardò il panino, poi Draco e poi di nuovo il panino, aveva un aspetto piuttosto invitante contando la tremenda fame che aveva. Senza curarsi degli avvertimenti e dei rimproveri che li stavano lanciando i suoi amici in quel momento la prese come una sfida personale e lo addentò.
Dovette ammettere che era molto buono…
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6 - non eravamo solo amici? ***


Capitolo 6

non eravamo solo amici?



Draco e Zabini spinsero la porta ed entrarono ai Tre Manici Di Scopa.
Era piuttosto piacevole il calore che aleggiava nell’aria di quel posto rispetto al freddo pungente di quei giorni di Novembre, all’esterno.
Presero posto ad un tavolo in fondo al locale in modo da parlare tranquillamente senza essere sentiti da orecchie indiscrete e attesero l’arrivo di un barista. Quello non ci mise molto a presentarsi.
“Prego ragazzi, cosa ordinate?” chiese gentilmente.
Zabini parlò per primo “Io prendo una Burrobirra – rivolse lo sguardo verso il biondo – tu Draco?”
Il biondo ci pensò su un attimo poi rispose “Un bicchiere di idromele”
Il barista scrisse le ordinazioni su un foglietto. “Perfetto e… gradite qualcos’altro?” chiese poi.
“Per il momento nulla, grazie” rispose Blaise per tutti e due.
L’uomo fece un cenno e si diresse verso il bancone.

 
“Allora Draco, raccontami un po’ della questione ci-resto-male-per-Potter” disse Blaise mentre sorseggiava la sua TERZA Burrobirra e le guance cominciavano ad arrossarsi per la sbronza.
Il biondino rimise un attimo in ordine tutti i pensieri, poi rispose “Allora, mettiamo subito in chiaro che del piccolo Potty non me ne frega niente. Nonostante questo però è sempre una persona e io ho rischiato di ucciderlo…”
Zabini lo interruppe “Si certo! Non te ne frega niente eh? E allora come spieghi l’altro giorno a lezione con Piton quando l’hai difeso?”
Draco aprì la bocca come per voler dire qualcosa ma poi la richiuse. Si mise più composto sulla sedia e appoggiò i gomiti sul tavolo, solo dopo si decise a parlare “Vedi, sarò pure stronzetto certe volte ma ciò non significa che non sia leale. Volevo solamente pareggiare i conti con lui così non mi avrebbe potuto ricattare. Quindi, visto che l’ho quasi ucciso, per farmi perdonare ho voluto fargli un piccolo favore. Nulla di così strano o complicato!”
Zabini non ne era poi così convinto “Tu sei matto! Porco Godric, è Potter! Non un’altra persona, è il nostro peggior nemico! Dovresti essere triste per non averlo ucciso definitivamente!”
Il biondo sospirò, la realtà era che neanche lui sapeva cosa gli era preso quando aveva visto il Grifondoro in quelle condizioni, semplicemente aveva sentito il bisogno di aiutarlo. Aveva provato un sentimento del tutto nuovo a cui non sapeva dare un nome. Si trattava forse di compassione? Beh, non poteva saperlo.  “Pazienza, quel che è fatto è fatto – disse – ma guardiamo il lato positivo, ora Potter si fiderà di più di me e se magari cerco di farci amicizia dopo potrei convincerlo a fare qualsiasi cosa io voglia” sorrise compiaciuto.
Blaise batté forte una mano sul tavolo facendo prendere un colpo al biondino “Pazienza? Prima fai un favore a Potter e poi dici pazienza?”
Draco lo sguardò con gli occhi sgranati “Blaise, stai bene?” gli chiese.
“No che non sto bene Draco! Non puoi dire una cosa del genere! E vorresti anche farci amicizia, questa è buona! Sei forse innamorato di lui?” urlò facendo girare tutte le teste nella loro direzione.
Draco li poggiò una mano sulla spalla e con quel gesto Zabini sembrò rilassarsi “Calmati per favore. Sei forse… geloso?”
Blaise arrossì violentemente “No… però io… insomma io… io sono tua amico dal primo anno di Hogwarts, ti ho sempre aiutato e ti sono sempre stato accanto e ora vuoi dirmi che preferisci lui a me?” una lacrima li scivolò sulla guancia.
“Blaise, io non preferisco nessuno a te, sei il mio migliore amico e lo sai benissimo! Non ti permettere mai più di pensare una cosa del genere, io… - fece una faccia schifata per la cosa sdolcinata che stava per dire, non l’aveva mai detta a nessuno, forse solo a sua madre ma se si trattava di far star meglio il sua amico l’avrebbe fatto volentieri - …io, ti voglio bene ok?”
Il viso di Zabini si illuminò “Dici veramente?” chiese.
“Sì” rispose il biondo.
Blaise si avvicinò pericolosamente a Draco e con le guance rosse sia per l’imbarazzo sia per la sbronza sussurrò “Ti amo Draco” e prima che il biondo potesse reagire in qualunque modo l’altro ragazzo lo afferrò per la cravatta verde e argento e lo attirò a se poggiando le labbra sulle sue. Il primo istinto di Draco fu staccarsi da lui schifato ma il suo amico non glielo permise e fu costretto a rispondere al bacio. Per fortuna Zabini fu il primo a staccarsi “Allora? Che ne dici?” gli chiese gentilmente.
Il biondo lanciò un’occhiata intorno a se, tutti gli occhi erano puntati su di loro. Certo non si vedevano tutti i giorni due maschi che pomiciavano. Il suo amico doveva proprio aver bevuto troppo o almeno così preferiva credere. Era impossibile che si fosse innamorato di lui! Era impazzito sicuramente!
Doveva inventarsi subito qualcosa, e alla svelta. Per fortuna la sua astuzia non mancò di sorprenderlo un’altra volta.
Si chinò sul volto di Zabini e gli sussurrò all’orecchio “Io dico che dovresti venire in bagno con me, devo mostrarti una cosa”. Era sicuro che avrebbe pensato male.
Blaise fremette per l’impazienza.
Draco lo prese per mano e lo trascino dentro il primo gabinetto che gli capitò a tiro poi chiuse la porta a chiave “Ecco – disse – così nessuno ci disturberà”.
Zabini lo inchiodò contro il muro e lo attirò di nuovo a se mentre infilava una mano sotto alla sua camicia facendolo rabbrividire.
Il biondo prese le mani di Zabini e le staccò dai suoi fianchi, così proprio non andava. Doveva giustificarsi con lui per quel gesto di rifiuto. Sparò la prima cosa che gli venne in mente cercando di farlo pensar male un’altra volta “Aspetta, ora tirò fuori la bacchetta…” disse in modo suadente infilandosi una mano nella tasca dei pantaloni mentre continuava a recitare la sua parte. Prima che il suo amico potesse reagire in qualunque modo estrasse la bacchetta (quella magica) e puntandogliela alla tempia esclamò “OBLIVION!”.
Il viso del suo migliore amico si trasformò in una maschera di stupidità e confusione.
“Blaise mi senti?” chiese.
“Sì” disse il suo amico.
“Dimentica ciò che è successo negli ultimi 10 minuti” gli ordinò il biondino.
“Sì” rispose l’altro.
“La conversazione di oggi è stata normalissima e noi abbiamo parlato del più e del meno da buoni AMICI” e sottolineò in modo particolare quella parola.
“Sì” ripeté l’altro.
“Non dirai a nessuno di essere stato con me a Hogsmeade se te lo chiederanno, a qualunque costo”
“Si” rispose ancora Zabini.
“Molto bene. Finite incantatem!” esclamò il biondo per poi riporre di nuovo la bacchetta nella tasca dei pantaloni.
L’espressione di Blaise tornò alla normalità. Guardò Draco in modo piuttosto confuso “Che è successo? Perché mi trovo qui con te?” chiese con una certa preoccupazione nella voce.
Draco arrossì lievemente, non aveva pensato a cosa dirgli una volta finito l’incantesimo. Inventò qualcosa al momento. “Ehm… tu hai bevuto troppa Burrobirra e… e sei stato veramente male così io ti ho portato in bagno perché mi hai detto che dovevi vomitare e poi tu sei… sei svenuto, ecco!”
“Veramente?”
“Oh, sì. Davvero non ricordi niente? Niente di niente?”
Blaise si poggiò una mano sulla fronte e tento di ricordare qualcosa ma non ci riuscì “No, nulla.” rispose infine.
“Beh, allora hai veramente bevuto troppo!” il biondo non riuscì a trattenere un sorriso. L’incantesimo era riuscito e anche molto bene a quanto pareva. Il suo amico sembrava credere a tutta la storia.
Zabini non poté fare a meno di notare la felicità del biondino “Perché sorridi?” chiese.
“Oh, niente. Sono solo felice che ti sia ripreso!”
Blaise si grattò la testa a disagio. Dio quanto gli piaceva quel ragazzo! “Grazie!” sussurrò soltanto.
Draco guardò il suo orologio da taschino in oro bianco. “Molto bene. Si è fatto tardi, meglio che usciamo!” esclamò. Detto questo aprì la porta e invitò il suo amico ad uscire.
Zabini annuì e seguì il biondino.
 
Draco era ancora imbarazzato e sconvolto per ciò che era appena successo. Ringraziò Dio Salazar che il piano che aveva escogitato in quattro e quattr’otto fosse andato per il verso giusto. Almeno ora Zabini non si ricordava nulla e lui non era certo così stupido da andare a sbandierarlo ai quattro venti, se lo sarebbe tenuto per se e avrebbe aspettato che quel ricordo si cancellasse definitivamente dalla sua memoria.
Non riusciva ancora a crederci, non se l’aspettava proprio. Non gli era mai neanche passato per la mente che il suo amico potesse essere innamorato di lui. Sperava con tutte le sue forze che avesse reagito in quel modo alla sua frase solo perché aveva bevuto troppo o aveva avuto le allucinazioni, la realtà lo sconvolgeva troppo.
Era molto meglio così. Non ce l’avrebbe mai fatta a sostenere una relazione con il suo migliore amico, lui non era omosessuale. E poi l’avrebbe sicuramente fatto star male, anche se era piuttosto stronzetto questo non significava che non volesse bene ad alcune persone.
 
Il biondino si torturò le labbra mentre usciva dal bagno con Zabini subito dietro di lui.
Forse si sbagliava.
Forse la realtà non era come immaginava.
Doveva ammettere che quel bacio, anche se gli era stato dato da un maschio, era stato migliore di tutti quelli che aveva ricevuto fino ad adesso.
La verità era che gli era piaciuto.
E anche tanto.
Ora dubitava persino dei suoi gusti.
Non era possibile che fosse gay, o almeno così sperava.
Una risata fin troppo conosciuta e odiata però lo distrasse dai suoi pensieri. Voltò la testa in quella direzione e sorrise malignamente quando scoprì la fonte del rumore. Pel-di-carota-Femmina era seduta in braccio a Dean Thomas e rideva di gusto per una sua battuta.
“Tu mi piaci” disse all’improvviso Dean a Ginny.
“Anche tu a me” rispose lei.
Poi i loro volti si avvicinarono pericolosamente.
Draco non rimase a guardare, semplicemente uscì dai Tre Manici Di Scopa trascinandosi dietro Blaise.
Lo sapeva tutta la scuola che Pel-Di-Carota-Femmina stava insieme a Potter ma quello che aveva appena visto di sicuro non se l’era immaginato. Avrebbe aspettato il momento giusto per dirlo al moro. Era vero che ci stava male per averlo quasi ucciso ma non resisteva alla tentazione di vedere come avrebbe reagito.
Gliel’avrebbe detto.
Gliel’avrebbe detto eccome.




 

Note dell'autrice: Come vi sembra questo capitolo? Lasciate una piccola recensione se ne avete voglia, per favore.
Ringrazio ancora chi ha seguito, recensito la mia storia ma anche chi la legge in silenzio, nella speranza che vi stia piacendo.
Di nuovo scusate per eventuali errori, avvisatemi se ce ne sono troppi.
Detto questo non preoccupatevi se la storia non è partiolarmente felice, presto arriveranno i capitoli in cui scriverò scene e conversazioni comiche. Ovviamente contando che Draco è un mangiamorte e invece Harry deve sempre affrontare le solite rogne da Prescelto è difficile cominciare già da subito con le parti divertenti.
Un bacio a tutti.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 7 - io non ti odio ***


Capitolo 7

io non ti odio



Harry uscì per ultimo dall’ufficio di Lumacorno dove, quella sera, c’era stata una noiosissima “cenetta intima”. O almeno così l’aveva chiamata.
Sbuffò tristemente: neanche questa volta era riuscito a farsi rivelare nulla dal professore come gli aveva chiesto Silente praticamente tutte le volte che lo invitava nel suo studio per mostrargli i ricordi di Tom Riddle.
Aveva seriamente bisogno di una pausa. Troppe cose gli giravano per la testa.
Il dover corrompere Lumacorno per farsi dare un suo ricordo.
Gli incontri con Silente.
Le numerose uscite di notte di Malfoy e il suo strano comportamento.
La ferita al fianco.
La cicatrice che bruciava in continuazione.
E, come se non bastasse quella sera Ginny oltre ad essere arrivata in ritardo si era rifiutata di sedersi accanto ad Harry, come se anche il solo pensiero la disgustasse. E il moro aveva sentito una stretta al cuore, come se il mondo gli fosse caduto addosso tutto d’un colpo. Sperava solo che il motivo della sua reazione non centrasse con lui, non ricordava di avergli fatto niente di male.
Aveva detto ad Hermione di andare senza di lui quindi si avviò verso la sala comune camminando lentamente, per calmarsi. Tanto di tempo prima del coprifuoco ne aveva.
Passò davanti ad un corridoio buio, probabilmente Pix si era divertito di nuovo a spegnere le luci, e notò due puntini argentei muoversi nell’aria, sparire per meno di un secondo e poi riapparire.
Non si trattenne dal fare a un paio di passi avanti, bacchetta alla mano.
Maledetta la sua curiosità! Chiunque altro si sarebbe affrettato a correre via ma lui no, lui era diverso. Doveva scoprire cosa c’era oppure non era felice. Ed era questo il motivo per cui spesso si metteva nei guai, non pensava, agiva e basta!
Si fermò appena oltrepassata tra linea tra luce e ombra e scrutò il buio di nuovo, non c’era nulla di strano, doveva esserselo immaginato. Con un’alzata di spalle ripose la bacchetta nella tasca del mantello e si voltò dall’altra parte per andarsene.
Stava per fare un passo quando una mano gelida gli copri la bocca e un’altra lo prese attorno ai fianchi facendolo gemere di dolore e tirandolo indietro, verso l’oscurità. Cercò di divincolarsi ma la verità era che non aveva abbastanza energie, non con un braccio che premeva contro la ferita provocandogli scosse dolorose.
Gli mancò il fiato un paio di secondi quando venne sbattuto di schiena contro il muro, una mano che ancora gli teneva chiusa la bocca.
Una voce delicata ma allo stesso tempo crudele sussurrò “Calmati Potter, sono solo io! Non voglio farti del male!”. La persona gli tolse la mano dalla bocca ma continuò a tenerlo inchiodato al muro.
“Tu chi?” chiese il Grifondoro anche se in realtà quella voce l’aveva riconosciuta eccome.
“Come chi? Io sono il più fico del mondo! Signore e signori Draco Malfoy in persona!”
Harry anche se la situazione non era delle più divertenti non riuscì a trattenere un sorriso. Tanto era al buio e non si vedeva.
“Devo solamente parlarti” disse il biondo.
“Si, e non c’era un modo un po’ meno brusco per farlo?”
“Ehm… no! A- mi sono divertito un sacco e B- dovevi vedere la tua faccia quando ti ho preso e C- cosa faccio? Ti passo davanti mentre sei con Pel-Di-Carota e con la Mezzosangue e ti chiedo: Hey Potty vieni a parlare con me che facciamo una chiacchieratina da buoni amici?”. Gli tolse la mano che lo bloccava alla parete e lo lasciò libero.
Harry sospirò, forse il biondo aveva ragione. “Beh, non è stato altrettanto divertente per me sai!” disse.
“Lo credo bene, comunque non perdiamo tempo con queste cazzate di discorsi! Ti ho chiamato per dirti una cosa e non penso ti piacerà!”
Il moro rimase un attimo a fissare gli occhi di ghiaccio di Malfoy che splendevano nel buio più completo, ecco spiegato il luccichio che aveva visto. Spinto dalla curiosità chiese “Sarebbe?”
“Sarò breve quindi ti avviso subito che non ne sarai così felice dopo che te l’avrò detto. L’atro giorno ero ai Tre Manici Di Scopa e mentre mi stavo dirigendo verso l’uscita ho visto la tua fidanzatine Pel-Di-Carota-Femmina e un altro, Dean Thomas penso si chiamasse, che limonavano di brutto!”
Harry sgranò gli occhi. Forse non aveva sentito bene. “Che cosa?” chiese confuso.
“Potter sei sordo? Ti ho detto che ho visto Pel-Di-Carota-Femmina e Thomas che limonavano! Qualcosa non ti è chiaro?”
Harry sgranò gli occhi, lo stava sicuramente prendendo in giro per vedere come reagiva. Non si sarebbe fidato di Malfoy manco a morire. “Si certo, e perché io dovrei crederti?”
“Fai un po’come vuoi, io sono stato sincero. Se poi ci resti doppiamente male non è colpa mia!”
Il Grifondoro rimase a lungo a fissarlo. Dal tono di voce non sembrava che mentisse ma magari era così abituato che era diventato così maledettamente bravo da non permettere agli altri di accorgersi di nulla. “No, non può essere” mormorò più per convincere lui che il Serpeverde.
Draco si limitò a distogliere lo sguardo mentre ghignava sotto i baffi.
Harry rifletté. Forse era vero. Forse era questo il motivo per cui Ginny non aveva voluto sedersi vicino a lui. Forse era questo il motivo per cui in quel periodo lei era più fredda e meno disponibile. Forse… una piccola lacrima gli scivolò sulla guancia mentre si rendeva conto che molto probabilmente Malfoy non stava mentendo.
Il biondo ebbe l’impulso di asciugargliela e di andare a consolarlo e alzò di scatto una mano che si riaffrettò ad abbassare poco dopo. Per fortuna erano al buio più completo e il moro non notò né quello strano gesto né il rossore che si espandeva sul suo viso. Che gli era preso? Consolare Potter? Ma per piacere!
Il Grifondoro alzò lo sguardo su Draco mentre levava via la lacrima con un gesto secco della mano “Ti diverti proprio a far star male le persone vero Malfoy? Avrei preferito venirlo a sapere da lei se necessario, ma no… tu devi sempre metterti in mezzo!” Non aveva intenzione di mettersi a litigare visto ciò che era successo l’ultima volta quindi cerco di dirglielo nel tono più gentile possibile. “Forse quando la smetterai di odiare ogni singola persona che non sia come vuoi tu capirai cos’è la vera amicizia. Lo sai perché non ho accettato la tua mano al primo anno? Non perché mi stessi antipatico o cose del genere ma qualunque altro avrebbe reagito in quel modo dopo l’insulto che hai rivolto a Ron, e senza motivo per giunta. Il problema e che ti credi sempre superiore agli altri: io sono il più bravo, io sono il più figo, imitatemi tutti ragazzi! E così facendo non riesci a distinguere la bellezza che c’è in ogni persona, perché la cosa che veramente conta è il riuscire a creare rapporti, di qualunque tipo, con persone diverse da te. Solo così dimostri di essere forte dentro, riuscendo ad accettarle. So che non è facile ma ognuno di noi almeno ci prova. Tu no. Tu pensi solo a te stesso. Spero che un giorno ti accorgerai di non essere al centro del mondo e comincerai a rispettare chi ti circonda. Se non ti dispiace, ora devo andare…” detto questo il moro gli voltò le spalle e si incamminò verso il corridoio illuminato. Si fermò solo prima di oltrepassare la linea di luce e girando appena la testa mormorò “Io non ti odio… ma mi fai pena” poi uscì dal campo visivo di Draco.
 
Il biondo fissò per diversi minuti il punto in cui Harry si trovava prima di andarsene. Non ebbe bisogno di riflettere sulle sue parole perché tanto sapeva che erano vere dalla prima all’ultima ma sapeva anche che da solo non ce l’avrebbe mai fatta a cambiare.
Aveva bisogno di aiuto, aiuto che i suoi genitori non potevano dargli perché se ora si comportava così era soprattutto per il modo in cui l’avevano educato.
Aiuto che gli amici, quei pochi che aveva, non potevano dargli perché non erano poi così diversi da lui.
C’era un’unica persona che poteva aiutarlo a cambiare e quella persona era Harry.
Ma di certo non poteva andare a chiederglielo, non dopo che si era comportato così male con lui.
Poggiò la schiena alla parete dietro di lui e si lasciò scivolare fino a terra rimuginando sulle parole del moro.
“Io non ti odio” aveva detto. E Draco non riusciva a capire il perché. Dopo tutto ciò che gli aveva fatto passare, dopo avergli complicato la vita per più di cinque anni se ne usciva con un “io non ti odio”.
Forse ora capiva veramente il motivo per cui tutti adoravano quel ragazzo, metteva sempre la felicità altrui davanti alla sua e anche se lui cadeva a pezzi sorrideva comunque perché gli bastava vedere che gli altri stessero bene.
Il Grifondoro aveva un gran cuore. Era buono, gentile, coraggioso, sorridente, generoso, amichevole… insomma, aveva tutte le virtù che si potevano desiderare.
Mentre lui… beh, lui era solo un mostro.
Lui un cuore non c’è l’aveva.
Perché lui era Draco Malfoy.
 
 
 *****  

 
Il giorno dopo Harry era In Sala Grande per la cena. Alla sua destra c’era Hermione mentre di fronte a lui c’era Ron. Il posto alla sua sinistra era vuoto, stava aspettando l’arrivo di Ginny che, di solito, si sedeva lì, accanto a lui.
La rossa arrivò cinque minuti dopo l’inizio della cena, varcò la soglia del grande portone di legno e si diresse a passo veloce verso il trio.
Harry le sorrise “Ciao Ginny! Ti ho tenuto il posto se vuoi sederti!” esclamò battendo con una mano sulla panca vuota. Sperava con tutto se stesso che ciò che gli aveva detto Malfoy fosse solo una bugia per farlo star male.
La sorella di Ron guardò il posto a sedere poi guardò il suo ragazzo “Ehm… scusami Harry ma posso sedermi vicino ad un mio amico per oggi? Me lo ha chiesto lui. E’ solo per questa volta te lo prometto”
A Harry venne un nodo alla gola e dovette sforzarsi di parlare con il solito tono di voce gentile “Posso sapere chi sia questo tuo nuovo amico? Comunque sì, puoi andare.”
Ginny fremette di gioia e si affrettò a far passare quel gesto come un brivido di freddo. “Grazie mille!” esclamò prima di scappare via correndo verso l’altra estremità del tavolo, facendo finta di non aver sentito la domanda del moro.
Harry la guardò con gli occhi sgranati mentre correva via e, una volta giratosi verso il tavolo di Serpeverde, guardò Draco con occhi altrettanto sgranati come per voler ottenere una risposta. Il Serpeverde, che non si era perso nemmeno un secondo della scena, ricambiò lo sguardo del Grifondoro e dopo aver scrollato le spalle gli rivolse un’occhiata malefica del tipo “che ti avevo detto?”.
Il moro dovette tapparsi la bocca per non urlare dalla frustrazione.
Possibile che la serpe avesse ragione?
Si alzò di colpo dal tavolo, attirando molti sguardi su di lui, e senza curarsi delle occhiate interrogative dei suoi amici uscì dalla Sala Grande per prendere un po’ d’aria.
 

*****

 
Ginny e Dean entrarono dal buco del ritratto tenendosi per mano.
Harry era stravaccato su una delle poltroncine rosse vicino al camino, la sua preferita, mentre leggeva “Quidditch attraverso i secoli”, uno dei pochi libri su cui osava poggiare gli occhi. Scattò subito in piedi e diventò viola dalla rabbia quando vide la sua ragazza che teneva per mano un altro, si avvicinò a passo svelto ai due. Cercò di incenerire Thomas con lo sguardo poi lo spostò su Ginny e senza dargli il tempo di dire niente la prese per la mano libera e la trascinò di forza nel suo dormitorio, la spinse a sedere sul letto e poi tornò indietro a chiudere la porta.
“Allora Ginevra Weasley, pensò tu debba dirmi qualcosa!” esclamò non senza una certa cattiveria nella voce. Chiamava le persone per nome e cognome quando aveva bisogno di attenzione o di fare un discorso serio.
La rossa lo guardò con aria innocente “Harry, che ti prende?”
“Che mi prende? Penso tu lo sappia da sola!”. Incrociò le braccia al petto mentre la guardava dall’alto in basso essendo lui in piedi e lei ancora seduta sul letto.
Ginny si mosse irrequieta “Continuo a non capire di cosa tu stia parlando…”
“Senti, non serve a niente che tu faccia la faccina innocente perché tanto so già cos’è successo. Se non vuoi dirmelo tu te lo tirerò fuori a forza. Tanto per cominciare, chi sarebbe l’amico con cui ti sei andata a sedere prima?”
Ginny mormorò qualcosa che suonava come un “mi ha scoperto”.
Harry lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi mentre stringeva i pugni facendo gonfiare le vene e sbiancare le nocche.
La rossa terrorizzata da quel gesto si affrettò a rispondere “Mi sono seduta vicino a Dean Thomas” mormorò piano, come se il minimo rumore potesse far infuriare il ragazzo davanti a lei.
“Bene, e non è successo nient’altro tra di voi vero?”
Ginny non disse niente.
“Ginevra è meglio per te se mi rispondi!” la minacciò il moro.
La rossa alzò lo sguardo su di lui e deglutì “Scusa… io ti giuro che volevo dirtelo ma non sapevo come fare”
Harry sgranò gli occhi, allora Malfoy non stava mentendo. “Questo non è un buon motivo! Perché non sei venuta a dirmelo di persona e io sono dovuto venire a saperlo da… beh, da qualcun altro? Ti pare giusta come cosa?”
Ginny abbassò lo sguardo mentre giocherellava nervosa con le dita delle mani “No” sussurrò solamente.
“E dimmi – continuò Harry – da quanto tempo state insieme esattamente?”
“Ecco… da due settimane”
Il moro venne percorso da una scossa di rabbia. Se c’era un difetto nel suo carattere quello era proprio la gelosia. E in quel momento volevo andare da Dean, prenderlo per il collo e farlo roteare finché la testa non si fosse staccata dal resto del corpo. “Due settimane? Stai insieme a lui da due cazzo di settimane e non me l’hai detto?” urlò in preda ad una crisi isterica. “E meglio che te ne vai se non vuoi che ti faccia del male!”
La rossa però non si mosse “Harry io… mi dispiace” sussurrò con voce tremante.
“Ti dispiace? Si certo, te l’hanno mai detto che sei bravissima a mentire?”
Ginny aprì la bocca come per rispondere ma poi la richiuse.
Harry indicò la porta “Vattene! Vattene subito! Non ti voglio più vedere, esci dalla mia vita!” gridò mentre le lacrime scorrevano a fiotti sul suo viso senza che riuscisse a fare nulla per fermarle.
La rossa si alzò dal letto, le gambe che tremavano per paura che il suo ex-ragazzo gli saltasse addosso e la facesse fuori dalla rabbia. Si rendeva conto lei stessa di quanto male gli avevano fatto quelle parole ma ormai considerava Harry solo come un amico. A lei piaceva Dean e non poteva farci nulla. Guardò un ultima volta il moro negli occhi poi uscì dal dormitorio maschile chiudendosi la porta alle spalle.
Il Grifondoro rilassò in muscoli prima tesi e spostò le tendine rosse che circondavano il letto. Si accasciò su di esso e nascose la testa sul cuscino, inzuppandolo di lacrime.
Sentiva il cuore battere forte contro il suo petto come se fosse rinchiuso in una gabbia e gli stesse chiedendo di uscire. E faceva male, faceva male eccome.
Non era già troppo complicata la sua vita? A quanto pareva no… doveva mettercisi pure Ginny.
Avrebbe preferito essere un ragazzo normale, come tutti gli altri. Vivere la sua vita tranquillamente, senza preoccuparsi di dover uccidere o poter essere ucciso dal più grande mago oscuro di tutti i tempi. Senza dover stare allerta ad ogni passo. Senza tutti gli sguardi puntati su di lui e i “Guardate c’è Potter, Potter di qua, Potter di là, Potter mi fai un autografo?”.
Ma no, lui non poteva…
Perché lui era Harry Potter.




 

* Per questo, per i capitoli precedenti e anche per quelli sucessivi se le parole sono scritte in corsivo o sono pensieri o sono ricordi di conversazioni passate oppure ancora sono testi, per esempio il biglietto in cui Draco scrive "Scusami Harry"

 Spero che la storia vi stia piacendo <3

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 8 - reducio! ***


Capitolo 8

Reducio!



Draco aprì l’armadio svanitore, dentro non c’era nulla. Buon segno. Lo richiuse a attese un paio di minuti. Lo riaprì e prese tra le mani un batuffolo di piume. L’uccellino con cui aveva provato a vedere se finalmente era riuscito a sistemare quel marchingegno era immobile, era morto. Aveva fallito, per l’ennesima volta.
Ributtò dentro all’armadio il corpicino senza vita e sbatte le ante con tutta la forza che aveva, per sfogarsi.
Tirò pugni sul legno una, due, poi tre volte mentre urlava dalla frustrazione. Tanto era la Stanza Delle Necessità e nessuno l’avrebbe sentito da fuori.
Doveva assolutamente riuscire ad aggiustare quel coso prima di Natale e a mandarci dentro Potter oppure poteva dire addio ad entrambi i genitori.
Continuò a tirare pugni sul legno fino a far sanguinare le nocche, perché proprio lui? Perché il Signore Oscuro non poteva farselo da solo questo lavoro?
Prese una grande coperta rossa e la sbatté sopra l’armadio in malo modo, senza curarsi di coprirlo completamente. Afferrò la gabbia dove poco prima risiedeva l’uccellino e la scagliò dall’altra parte della stanza andando a colpire uno strano busto di gesso da cui cadde una coroncina blu e argento che provocò un leggero suono sferragliante mentre rotolava sul pavimento.
Camminò a passo svelto verso il portone mentre tirava calci a tutto quello che gli capitava tra i piedi durante il tragitto.
 
Era mangiamorte da neanche tre mesi e già non ne poteva più. Perché lui non poteva avere una vita normale come tutti gli altri? Perché non poteva stare a cazzeggiare tutto il giorno con gli amici? Che poi non si stavano dimostrando poi così tanto amici in quel momento. Zabini più che altro lo evitava lui per non ritrovarsi nella stessa situazione dei Tre Manici Di Scopa. Pansy li stava tremendamente sul cazzo. Tiger e Goyle erano meno intelligenti dei babbani, non ci si poteva nemmeno fare una conversazione normale. Astoria e Daphne Greengrass andavano bene solamente per farci una limonata ogni tanto, non di più. L’unico che poteva aiutarlo era Theodore Nott ma quello cercava di tenersi il più lontano possibile da lui come a dire “Scusa ma non attaccarmi le tue rogne, puoi arrangiarti benissimo da solo con la missione!”
 
Mise la chioma biondo platino fuori dalla porta e guardò da una parte e dall’altra per controllare che il corridoio fosse deserto. Era maledettamente buio quella notte, il cielo era completamente oscurato da nuvoloni neri e dalle finestre non passava nemmeno la leggera luce della luna, non riusciva a vedere un granché quindi si affidò all’udito. Rimase in ascolto per 10 buoni minuti e, non sentendo il minimo rumore, finalmente uscì allo scoperto. Prese la strada a sinistra, quella per la sua sala comune e si incamminò a passo svelto in quella direzione fermandosi ogni tanto ad ascoltare in caso ci fossero professori in pattugliamento. Prima di svoltare l’angolo si appiattì contro il muro e spiò oltre la parete per controllare che non ci fosse nessuno. Era troppo buio, non riusciva a vedere un bel niente ma sentì eccome i passi pesanti che si avvicinavano a lui. Poi il bagliore di una lampada ad olio che si accendeva.
Smise di respirare per un paio di secondi, poi si riscosse e scattò nella direzione opposta muovendo le lunghe gambe il più velocemente possibile.
 
Se lo beccavano era fottuto. Che storia inventava sta volta se gli chiedevano il perché era fuori di notte a quell’ora? Gli diceva “Tranquilli professori, stavo solo escogitando un piano per rapire Potter e uccidere Silente, niente di che. Sono solamente un mangiamorte, che male potrei fare tra le mura di Hogwarts?”
Si, e poi lo mandavano a far compagnia a suo padre in mezzo ai dissennattori.
 
Con un ultimo scatto imboccò il primo corridoio buio a destra e continuò a correre.
 
Ti prego fa che non mi becchino Ti prego fa che non mi becchino Ti prego fa che non mi becchino
Ti prego fa che non mi becchino Ti prego fa che non mi becchino Ti prego fa che non mi becchino
Ti prego fa che non mi becchino Ti prego fa che non mi becchino Ti prego fa che non mi becchino
Ok, sono fottuto!
 
Il biondo si fermò di colpo quando si rese conto che quel corridoio era un vicolo cieco.
Era in trappola.
Cominciò a dare pugni al muro, scorticandosi ancor di più le nocche, come se da un momento all’altro quello potesse cedere ma ovviamente era una normalissima parete di mattoni bella solida.
 
Merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda
E adesso che faccio?
 
Il Serpeverde si lasciò scivolare contro un angolino buio tremando dalla paura.
La luce di una lampada a olio illuminò metà corridoio lasciando intravedere la figura gobba e minuta di Gazza assieme alla sua gattaccia. La sua voce vecchia e stridula risuonò nel corridoio deserto, eccetto per Draco. “Vieni fuori bel ragazzinooooooo! Lo so che sei lì, non puoi più scappare! Chi esce a quest’ora di notte si merita la punizione! Avanti, non farmi aspettare!”
 
Merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda
Sono completamente fottuto!
 
Draco trattenne il respiro mentre il magonò faceva un passo, poi un altro, poi un altro ancora…
 
Merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda merda
Papà sto venendo da te!
 
Il fascio di luce della lanterna ora era a pochi metri da lui. Mancava pochissimo che lo vedesse.
Un passo… un altro passo…
Draco si immobilizzò.
Un altro passo ancora…
Cinque metri dal fascio di luce… altro passo
Quattro metri…
Tre metri…
Due metri…
“Avanti ragazzino, non nasconderti!”
Un metro…
Mezzo metro…
Una mano calda si posò sulla di Draco, tappandogliela, mentre un mantello passava sopra alla sua testa coprendolo del tutto. Il biondo cercò di divincolarsi.
“Calmati imbecille se non vuoi essere scoperto!”
Draco si immobilizzò all’istante voltando la testa nella direzione della voce e ritrovandosi davanti un paio di occhi verde smeraldo circondati da occhiali rotondi.
“Bravo! Ora fidati di me, resta immobile!” sussurrò pianissimo Harry mentre si abbassava sedendosi accanto al biondo, costretto a stargli appiccicato come una sanguisuga per far sì che il mantello dell’invisibilità li coprisse entrambi. Dovettero rimanere immobili spalla contro spalla e le loro mani non poterono fare a meno di sfiorarsi mettendo entrambi in imbarazzo.
La lampada di Gazza penzolò sopra le loro teste. Il Serpeverde rabbrividì per la paura ritrovandosi il viso del vecchio a pochi centimetri dal suo e senza rendersene conto fece scivolare la sua mano in quella di Harry stringendola forte per darsi sicurezza. Come faceva a non vederli? Era forse cieco?
Il moro arrossì imbarazzato per la stretta del biondo.
Il magonò percorse per intero la parete del corridoio a cui loro erano appoggiati un paio di volte e la delusione si dipinse sul suo volto quando non trovò nessuno. “Peccato – mormorò tra se e se – mi sarebbe piaciuto appendere qualche studente per i polsi e lasciarlo marcire lì per una settimana. Oooh, ai miei tempi le punizioni erano molto più severe di ora! Sì!” si voltò dall’altra parte e tornò da dove era venuto zoppicando leggermente e continuando a brontolare. “Se le avessero provate le vecchie punizioni non andrebbero in giro di notte. No no…proprio no! Quelle canaglie non lo farebbero!”
Harry sentì il corpo di Draco, prima rigido, rilassarsi al suo fianco mentre Gazza e la gatta si allontanavano.
Il Serpeverde sentì un improvviso calore alla mano e la tirò via di scatto quando si accorse di aver preso quella del suo peggior nemico. Divenne rosso come un pomodoro e per nascondere quel gesto si tolse velocemente il mantello dalla testa e fece per alzarsi ma Harry lo afferrò per una manica e lo tirò giù a sedere mentre lo copriva nuovamente “Sei pazzo? Non ti sei fatto scoprire prima e vuoi farti scoprire adesso?” sussurrò.
E infatti in quel momento la testa spelacchiata di Gazza si girò nuovamente nella loro direzione, avendo sentito un leggero rumore. Poi però si convinse che non c’era niente e sparì finalmente dietro l’angolo.
“Resta qui ok? Prima dobbiamo assicurarci che se ne sia andato veramente” sussurrò il moro.
Draco si limitò ad annuire ancora più imbarazzato di prima.
Attesero qualche minuto e quando finalmente si furono assicurati che il magonò se ne fosse effettivamente andato si alzarono levandosi il mantello di dosso.
Il biondo aveva una sfilza di domande in testa e non sapeva da quale cominciare quindi le sparò fuori tutto d’un colpo “Cos’è quella specie di mantello? Perché non ci ha visto? Come hai fatto a trovarmi anche se ero in un corridoio buio? Perché hai…”
Harry lo interruppe posandogli un dito sulle labbra, il Serpeverde rabbrividì. “Calmati! Una cosa alla volta! Allora, questo che vedi qui è un mantello dell’invisibilità. Rende invisibili chiunque ci si nasconda sotto e per quanto riguarda il come ho fatto a trovarti… beh, quella è un'altra storia!” spiegò.
“Non osare interrompermi un’altra volta Potter!” esclamò il Serpeverde anche se la sua espressione tradiva il suono intimidatorio di quelle parole. Aveva gli occhi sgranati mentre fissava l’oggetto nella mano del moro e il suo viso era doppiamente arrossito al suo tocco sulle labbra.
“Si, e se no che fai?”
Il biondo non rispose.
“Bene. Direi che io ora devo andare ma prima, non è che magari vorresti dirmi due paroline?” chiese il moro al Serpeverde.
Di nuovo quello non disse nulla. Ringraziare Potter? Ma neanche a costo di morire l’avrebbe fatto.
Sempre il solito – pensò Harry sospirando – prima gli salvi il culo e poi nemmeno ti ringrazia! A questo punto potevo anche lasciarlo tra le mani di Gazza!”. Guardò il biondo nei suoi occhi di ghiaccio, sempre freddi, come tutto il resto di lui. Poi gli fece un cenno e si incamminò nella stessa direzione del magonò, per tornare alla sua sala comune. Ovviamente quel gesto non era servito a nulla, tanto quella lurida serpe non ti era mai riconoscente, quindi tanto valeva lasciare perdere e voltargli le spalle. Non sapeva nemmeno lui perché l’aveva aiutato, semplicemente ne aveva sentito il bisogno e si era trovato nel post giusto al momento giusto. Ma non era servito a niente.
Si rimise il mantello sopra assicurandosi di essere ben coperto e tornò nella direzione da cui era venuto.
All’improvviso però si sentì sfiorare la spalla. “Aspetta Potter… io, io voglio dirti solamente… solamente GRAZIE” Il biondino pronunciò la parola nel tono più spregevole possibile.
Harry annuì piano. “Di nulla” rispose, poi si incamminò di nuovo verso la torre di Grifondoro.
“No, non andartene. Ti prego!” le parole uscirono da sole dalla bocca di Draco senza che riuscisse a far nulla per fermarle. Un Malfoy che pregava un Potter? Si faceva schifo da solo per ciò che aveva detto.
Il Grifondoro si bloccò all’instante.
“Io…ehm, ecco… - farfugliò Draco – … siccome la mia sala comune è sette piani più in basso… mi chiedevo se tu… setumipotessiaccompagnaresottoaltuomantellodell’invisibilita!” disse tutto d’un fiato.
Harry inclinò la testa da una parte guardandolo confuso “Scusa ma… non ho capito quello che hai detto”
Il Serpeverde fece un paio di respiri profondi, poi ripeté ciò che aveva detto più lentamente “Mi chiedevo se tu mi potessi accompagnare fino alla sala comune sotto al tuo mantello dell’invisibilità. Non ci tengo a incontrare di nuovo Gazza o qualche altro professore.
Il moro ghignò sotto i baffi “E dimmi… perché io dovei accontentarti?”
“Perché tu… farò tutto quello che vuoi se vieni con me!”. Si sentiva tremendamente in imbarazzo per ciò che stava dicendo ma la paura di essere scoperto un’altra volta era nettamente più forte.
Harry abbassò lo sguardo.
“Per favore” aggiunse allora il Serpeverde.
“Molto bene – disse soddisfatto il moro – direi che, visto che mi hai detto che farai tutto quello che voglio, se rispondi ad una sola mia domanda sinceramente, e se menti lo capisco quindi non cercare di imbrogliare, allora ti porterò fino ai sotterranei sotto al mio mantello. In caso contrario puoi pure tornare là da solo.”
Draco lo guardò negli occhi e annuì. “Una sola domanda” ripeté.
“Si, una sola” confermò il moro.
“Era una affermazione”
“Ah…”. Harry si grattò la testa a disagio.
Draco serrò le labbra e aspettò che l’altro si decidesse a parlare.
Il Grifondoro sorrise soddisfatto. “Allora, la domanda è… sei diventato veramente un mangiamorte? Se sì, dimostramelo”
Il biondo fece un passo indietro mentre sentiva il cuore battere forte contro il suo petto, e adesso? Era nuovamente fottuto! Poteva decidere tra scendere per sette piani da solo con il 70% di possibilità che qualche professore lo beccasse oppure poteva decidere di fidarsi di Harry. Tanto sarebbe finito ad Azkaban in tutti e due i casi e per il momento la seconda opzione era quella che preferiva. Non sapeva il perché però Potter gli infondeva un senso di sicurezza.
Inspirò ed espiro piano mentre percorreva con calma i pochi passi che lo separavano dal Grifondoro poi allungò il braccio sinistro verso di lui. Deglutì rumorosamente. “Sì Potter… io sono… sono un mangiamorte”. Alzò la manica della giacca scoprendo il marchio nero inciso sulla sua pallida pelle.
Harry però non reagì come Draco si sarebbe aspettato. Anzi, si avvicinò al suo braccio e lo prese delicatamente osservandolo da vicino. “Ti fa male?” chiese.
Il biondo non voleva mostrarsi debole, soprattutto davanti al suo peggior nemico, così scosse la testa.
Harry gli lanciò uno sguardo penetrante, di quelli che sembrava ti trapassassero da una parte all’altra leggendoti nel pensiero. “Stai mentendo” disse. Poi lasciò la presa dal braccio di Draco. “E dimmi, cos’è che dovresti fare per ordine di Voldemort esattamente?”
Draco sussultò al suono di quel nome e si affrettò a ritirare giù la manica. “Avevi detto una sola domanda”
Il Grifondoro si schiaffò una mano sulla fronte. Aveva avuto la possibilità di farsi rivelare tutto e alla fine si era fregato con le sue stesse parole. “Giusto – disse – beh, allora vieni che ti accompagno fino ai sotterranei come promesso”
Il biondino non fece più di tante storie e si nascose sotto al mantello insieme ad Harry.
“Merda!” esclamò improvvisamente il moro guardandosi i piedi. “Così non va!”
Draco lo guardo male. “Che c’è?” chiese.
“Il problema è che siamo troppo alti e il mantello non è abbastanza grande per coprire tutti e due. Guarda tu stesso, ci arriva a malapena alle ginocchia. Non possiamo andare in giro con metà corpo invisibile e metà no, c’è più possibilità che ci scoprano così che se andiamo senza il mantello e basta!”
Il biondo rifletté un attimo. “Facciamo che, visto che la tua sala comune è qui al settimo piano, tu te ne vai da solo e lasci il mantello a me”
“Ma neanche a costo di morire?  Sei pazzo?”
Draco alzo le spalle.
Harry arrossì ridacchiando “A meno che io …potrei anche…” estrasse di scatto la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e la punto verso il biondo “E’ meglio per te se stai fermo!”
“Aspetta Potter cosa vuoi…”
Ma il moro non gli diede il tempo di dire altro. “REDUCIO!” esclamò e Draco spalancò gli occhi mentre vedeva il ragazzo davanti a se alzarsi di statura. Ma in realtà era lui che stava rimpicciolendo.
Il Grifondoro si fermò solo quando il Serpeverde fu più o meno delle dimensioni di Dobby e quando finalmente si decise a smettere di ridere come un deficiente lo prese per il retro del colletto della camicia sollevandolo da terra e portandoselo più o meno all’altezza del viso.
“Potter che cazzo stai facendo? Mettimi subito giù!” urlò il Serpeverde con una vocina piccola e acuta dovuta al rimpicciolimento delle sue corde vocali mentre tirava calci e pugni all’aria perché ad Harry non ci arrivava.
Era ridicolo.
Harry lo lanciò in aria e lo afferrò al volo, un attimo prima che si schiantasse al suolo, prendendolo per i fianchi e caricandoselo in spalla come se fosse un animaletto domestico. Dopo aver lanciato un urlo acuto l’altro cominciò a dimenarsi tirandogli pugni sulla schiena che a lui facevano solamente il solletico. “Calmati Malfoy, dopo ti riporterò alle tue dimensioni normali. L’ho fatto solamente per farci stare entrambi sotto il mantello dell’invisibilità – ridacchiò di nuovo – E poi… guarda il lato positivo! Dovresti essere felice perché sei delle dimensioni di un furetto, il tuo elemento!”
Il biondo smise di agitarsi e dopo essersi alzato in piedi, in equilibrio sulla spalla di Potter, gli tirò un orecchio mentre gridava con la sua vocina stridula “Vaffanculo Potty! Questa me la paghi!”
“Ahia!” esclamò l’altro prendendo il mini-Draco e poggiandolo sul suo braccio a pancia in su, come si tiene un neonato. “Calmati! Non vorrai farti la pupù addosso dalla paura!”
Il Serpeverde divenne viola dalla rabbia ma non replicò, tanto non sarebbe servito a niente. Si mise comodo tra le braccia calde dell’altro ragazzo e si lasciò cullare dal ritmo del suo passo.
Harry intanto, mentre scendeva piano per piano assieme a quel piccolo essere biondo, non la smetteva di ridere. Avrebbe voluto mostrarlo a Ron ed Hermione e vedere la loro reazione. E, inoltre, finalmente aveva qualcosa con cui scordarsi per un po’ del tradimento di Ginny.
“La vuoi smettere di ridere?” chiese il biondo incazzato.
“Mi dispiace ma non ci riesco! Sai che potrei anche decidere di tenerti così per sempre. Ti adotto come animaletto domestico!”
Il mini-Draco gli tirò un pugnetto sul petto.
“Calmati furetto! Sei piccolino, meglio che fai la nanna oppure sprecherai troppe energie!”
“Ma impiccati!” rispose il biondo.
Il moro avvicinò un dito alla pancia dell’esserino tra le sue braccia e cominciò a fargli il solletico mentre nel frattempo andava avanti a camminare. “Chiedi scusa oppure io continuo!”
“Mai!” urlò il biondo mentre si contorceva da una parte all’altra in preda alle risate.
Il Grifondoro prese a fargli il solletico ancora più forte. “L’hai voluto tu!”
Il Serpeverde quasi non riusciva più a respirare dal ridere. “Ok…Ok hai vinto. Scusami!” esclamò.
Harry sorrise compiaciuto e smise di torturarlo. “Bravo cucciolo!” sussurrò per poi accarezzarlo sulla testa come fosse un gattino.
Il biondo si rilassò mentre riprendeva fiato. “Come mi hai chiamato? Io sono un Malfoy, non hai il diritto di chiamarmi cucciolo!” esclamò mentre sorrideva, senza un tono arrabbiato.
Il moro arrossì violentemente e si affrettò ad alzare la testa in modo che l’altro più in basso non potesse vederlo.
 

Draco sussultò quando le grandi mani di Harry lo afferrarono nuovamente per i fianchi rimettendolo per terra. Si stropicciò gli occhi stanchi, si era addormentato tra le sue braccia senza accorgersene. Arrossì per l’ennesima volta. Il mondo era un ingiustizia, non poteva farci niente se quando era imbarazzato il rossore sulle sue guance si vedeva doppiamente che in chiunque altro. Pallido com’era il cambiamento si notava subito.
“ENGORGIO!” esclamo Harry che nel frattempo aveva estratto la bacchetta.
Il biondo ritornò alle sue dimensioni normali, più o meno 5 cm più alto del moro.
Lo guardò negli occhi da molto vicino. Non aveva mai notato la loro straordinaria bellezza. Quel verde foresta acceso con delle particolari pagliuzze dorate nelle iridi che luccicavano al buio. Senza riuscire a fermarsi allungò una mano e gli tolse gli occhiali così da riuscire a specchiarsi nei suoi occhi. “Così sei molto meglio” disse.
Harry sorrise. “Si, ma così non riesco più a vedere i tuoi di occhi”. Sfilò i suoi occhiali tondi dalla mano del biondo lentamente, riprendendoseli e facendolo rabbrividire.
“Secondo me non è vero” sussurrò Draco in modo sensuale.
Il Grifondoro si avvicinò ancor di più riuscendo a distinguere le varie sfumature grigie e azzurre cristalline e per un momento, il momento in cui il suo nemico gli sorrise, un sorriso sincero, giurò di aver visto le sue iridi di ghiaccio, prima fredde, scaldarsi come se anch’esse sorridessero. “Forse hai ragione” mormorò. Si lasciò inebriare dal suo odore. Sapeva di astuzia, di lealtà, sapeva di “grazie”. Perché era quello che il biondo voleva comunicargli con quello sguardo. Perché sapeva che con le parole non c’è l’avrebbe mai fatta, non ne aveva il coraggio.
Rimasero in quella posizione per un po’ poi Draco si allontano di qualche passo e dopo aver sussurrato la parola d’ordine un muro di pietra scivolò alle sue spalle lasciando intravedere le pareti di mattoni, le tende verdi e le poltrone nere in pelle della sala comune di Serpeverde.
Si voltò un attimo prima che l’apertura si chiudesse. “Ci vediamo!” disse.
“Ci vediamo!” ripeté il moro.
Poi la porta si richiuse con un leggero tonfo, dividendoli.
Come sempre erano stati loro due.








 

Note dell'autrice: Beh dai... in questo capitolo il rapporto fra Draco e Harry inizià un po' ad addolcirsi, vediamo cosa succederà nel prossimo.
Dinuovo ringrazio moltissimo chi ha recensito la fanfiction, chi l'ha messa tra le preferite, ricordate e seguite. Ma anche chi legge in silenzio, nella speranza che questa storia vi stia piacendo.
Sorry per gli eventuali errori grammaticali, se me li scrivete nelle recensioni in modo che io possa corregerli sarei molto felice.
Un bacione a tutti <3

 
 
 
       

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 9 - gli opposti si attraggono ***


Note dell'autrice: Attenzione, in questo capitolo sono presenti scene di pucciosità estrema.
Se non vi piacciono i capitoli troppo sdolcinati vi consiglio vivamente di non leggerla.
No, ok. Avevo bisogno di sclerare! Non sono normale... lol
Lasciate una recensione se la storia vi sta piacendo. Per favoreeeeeeee <3










Capitolo 9

gli opposti si attraggono



Harry si sedette accanto ad una quercia, con la schiena poggiata sulla corteccia ruvida, e si prese la testa fra le mani pensieroso mentre osservava il cielo stellato che si estendeva sopra di lui.
Era da quasi una settimana ormai che non vedeva Malfoy da nessuna parte.
Stava ogni colazione, pranzo e cena con la testa girata verso il tavolo di Serpeverde ma niente, lui non c’era. Mai. Guardava ogni sera la mappa del malandrino ma lui non c’era. Non era nella sua sala comune, non era nell’ufficio di Piton, non era al settimo piano se da nessun altra parte. Il moro si ritrovò quasi a pensare che si fosse trasferito a vivere nella Stanza delle Necessità. Oppure stava talmente male da non riuscire nemmeno ad alzarsi dal letto e questo preoccupava Harry più di ogni altra cosa, il perché non sapeva spiegarlo nemmeno lui.
Un’altra cosa che lo preoccupava parecchio era la crisi isterica che aveva avuto quella mattina.
Erano a lezione di pozioni sia lui, sia Ron, sia Hermione, come sempre del resto. Draco ovviamente non c’era. Stavano facendo l’amortentia, il filtro d’amore più potente al mondo, e lui, come tutte le volte, era stato l’unico che l’aveva preparata correttamente grazie al libro del principe mezzosangue. Solamente che si era avvicinato troppo al calderone, anche se il professore aveva raccomandato di non farlo, e gli erano giunti gli odori della sua Firebolt, della sua camera da letto a Grimmauld Pace e dello stesso profumo che aveva sentito sul Serpeverde quella sera. Beh… si ricordava ancora come l’avevano guardato malissimo quando era uscito dall’aula correndo per andare a prendere una boccata d’aria. Probabilmente l’avrebbero preso in giro a vita.
Si alzò in piedi e camminò piano seguendo il perimetro della foresta e accarezzando le foglie degli alberi quando passava. Si fermò di colpo quando sentì una voce di ragazzo, la voce che desiderava sentire, pronunciare un leggero “Expecto Patronum”. Si inoltrò nella boscaglia fino a raggiungere un masso coperto di muschio sul quale era seduta un’esile figura. Aveva il cappuccio che gli copriva la faccia quindi non riuscì a riconoscerla ma era sicuro di sapere a chi appartenesse la voce che aveva sentito.
Agitava la bacchetta di qua e di là ma l’unica cosa che riusciva ad evocare al massimo era una nebbiolina azzurro-grigia, non di più.
Harry sorrise fra sé e sé, pensò all’unico ricordo dei suoi genitori che aveva e dopo aver pronunciato le stesse parole del ragazzo un paio di metri davanti a lui un cervo dalla luce argentea uscì dalla sua bacchetta e galoppò nella sua direzione.
Il ragazzo seduto salto in piedi terrorizzato quando si accorse del Patronus che sicuramente non era il suo. Il cappuccio nero che gli copriva il viso cadde rivelando capelli biondo platino e occhi grigio-azzurri. Agitò la bacchetta impaurito “Chi è là?” chiese.
“Sono solo io” rispose Harry.
Il biondo saltò all’indietro inciampando sul masso dove era seduto poco prima ma il moro lo afferrò in tempo per impedirgli di schiantarsi al suolo. ”Sono Harry, solo Harry” disse il Grifondoro.
“Ah, sei tu Potter! Non potevi usare un modo meno brusco? Mi hai fatto prendere un colpo!” esclamò il Serpeverde.
Harry ridacchiò “A mi sono divertito un sacco B dovevi vedere la tua faccia e C cosa facevo? Venivo da te mentre eri con la Parkinson e Zabini e ti chiedevo: Hey furetto vieni che facciamo una chiacchierata da buoni amici?”
Draco roteò gli occhi ridacchiando “Si certo, molto divertente!”. Poi però si fece subito serio e lanciò al moro un’occhiata penetrante. “Potter, hai detto a qualcuno che sono un mangiamorte?”
Harry sorrise. “No, stai tranquillo. Non l’ho detto a nessuno”
Il Serpeverde sembrò rilassarsi. “Grazie a Dio!”
“Beh, dimmi. Non riesci proprio ad evocare un Patronus?” gli chiese il moro.
Il biondo guardò la sua bacchetta. “Una volta ci sono riuscito, l’anno scorso per l’esattezza. Ma è stata l’unica volta, ora non ci riesco più”
“Beh, devi pensare ad un ricordo intenso. Uno particolarmente felice. Altrimenti non accade nulla. A che cosa hai pensato?”
“A mio padre”
Harry scosse la testa. “Forse devi pensare a qualcos’altro o a qualcun’altro. Comunque, visto che hai detto che una volta ci sei riuscito, che forma ha assunto esattamente?”
“Un'aquila” rispose il biondo.
Il moro gli lanciò un occhiata interrogativa.
“Oh beh, non chiedermi il motivo. Probabilmente sarà perché sono abituato a guardare le persone dall’alto in basso” si prese in giro da solo.
Harry rise di nuovo ma si fermò quando si accorse che il Serpeverde si era fatto serio ed era indietreggiato di alcuni passi. Il suo viso aveva lineamenti ancora più spigolosi del solito, come se fosse un’eternità che non mangiava. Le occhiaie erano più profonde dell’ultima volta. Ed era impallidito. Cosa che sembrava impossibile vista la carnagione già chiarissima che aveva. “Stai bene?” gli chiese.

No, la realtà è che non stava affatto bene.
Era tutta la settimana che non dormiva e passava gli interi giorni a cercare di aggiustare l’armadio svanitore, ma non aveva ancora ottenuto alcun risultato. Neanche un cambiamento piccolo piccolo. E aveva paura, paura di perdere la sua famiglia. Perché sapeva che se il Signore Oscuro l’aveva minacciato di uccidere sua madre l’avrebbe fatto veramente in caso di fallimento. E già non gli andava giù il fatto che suo padre fosse stato fatto arrestare da un ragazzino come Potter, lo considerava un fallito.
Valutò le varie risposte che poteva dargli.
Dirgli di no e mostrarsi debole.
Dirgli di sì e mostrarsi forte.
Però era stufo di fare il duro. Era stufo di credersi sempre il migliore in tutto. Era stufo di lui stesso.
La verità era che lui era debole e si comportava in quel modo per paura.
Paura di non essere accettato, di essere rifiutato da tutto e da tutti.
Era questo il motivo per cui, fin dal primo anno, aveva utilizzato Tiger e Goyle come scagnozzi o guardie del corpo oppure per cui, come amici, sceglieva quelli con più autorità, quelli che intimorivano la gente.
E faceva così perché così gli era stato insegnato a fare. Fin da piccolo aveva creduto di meritarsi solo il meglio, di essere tre volte più speciale degli altri. Perché era un mago, un purosangue e soprattutto perché apparteneva alla famiglia Malfoy. E aveva preso sempre come modello suo padre imitando le sue maniere fredde e altezzose verso chi non faceva a suo comodo.
E ora la pagava. Perché se ora era in quelle condizioni era tutta colpa di suo padre, che aveva seguito gli ideali di Voldemort fin da giovane, e sua che aveva deciso di imitarlo, considerandolo un punto di riferimento. Fino ad allora aveva condotto una vita protetta e ritirata. Era sempre stato un ragazzino privilegiato, senza troppi problemi e preoccupazioni, sicuro della propria posizione nel mondo. Ma ora il suo punto di riferimento era svanito e sua madre invece era sconvolta e spaventata e lui si ritrovava in mano tutta la responsabilità. E anche se non voleva ammetterlo sapeva che da solo non ce l’avrebbe mai fatta.
Aveva bisogno di aiuto.

Il suo corpo si mosse da solo, senza che lui potesse far niente per controllarlo.
E prima che potesse anche solo pensare a ciò che stava facendo si ritrovò a circondare Harry con le braccia mentre nascondeva la testa nel incavo del suo collo e semplicemente scoppiava. Scoppiava perché non ce la faceva più a tenersi tutto dentro, l’ansia, la paura, la disperazione, la tristezza. Scoppiava perché, anche se non voleva ammetterlo nemmeno a lui stesso, era fragile. Scoppiava perché, se anche il vetro e spesso, ma tu continui a darci una martellata dopo l’altra beh… prima o poi si rompe. Ed era così che si sentiva lui in quel momento. Semplicemente, in mille pezzi. E aveva bisogno d’aiuto per ricomporli.
Da solo non ce l’avrebbe mai fatta.
Mostrarsi forti non significa esserlo.
Harry rimase pietrificato, occhi sgranati, bocca spalancata quando si ritrovò stretto in un abbraccio dal biondo. Però si riscosse quando lo sentì scoppiare in lacrime sulla sua spalla e lo strinse a se forte, per rassicurarlo. Perché sapeva come si sentiva Draco in quel momento, si era trovato fin troppe volte nelle sue stesse condizioni e sapeva quanto faceva male. Gli mise una mano dietro la schiena attirandolo ancor più vicino e l’altra la infilò nei suoi capelli color platino accarezzandoli piano per calmarlo. Si lasciò invadere dal suo profumo ma sta volta non scappò per prendere una boccata d’aria perché sta volta era vero, perché la persona a cui apparteneva era lì, al suo fianco.
E il biondo lo lasciò fare, perché aveva bisogno di essere consolato, di essere aiutato in qualche modo. Di lasciare andare tutte le emozioni che da mesi teneva dentro e che pian piano l’avrebbero distrutto dall’interno.
“No, non sto bene” sussurrò Draco all’orecchio di Harry mentre singhiozzava.
“Shhh, stai zitto” rispose piano e gentilmente il Grifondoro mentre gli spostava una ciocca di capelli dietro l’orecchio e lo stringeva ancor di più a se.
E il Serpeverde lo ringraziò mentalmente. Perché non lo stava abbandonando. Perché era lì insieme a lui e se ne stava zitto semplicemente rassicurandolo con la sua stretta calda e confortevole. Perché aveva capito che fargli domande non sarebbe servito a niente, tanto rispondere non poteva. Lo ringraziò perché rimase lì tutto il tempo con lui senza preoccuparsi delle lacrime di Draco che gli ormai gli avevano inzuppato il maglione e la camicia sotto. E in quel momento si rese conto che non avrebbe voluto essere in altro posto che tra le braccia del Grifondoro. Di colui che fin dal primo anno, dopo che non aveva voluto accettare la sua mano, aveva odiato profondamente e a cui ogni giorno aveva cercato di complicare la vita. Perché in quel momento, con quel gesto, Harry gli stava dimostrando che era capace di mettere una pietra sopra al passato e di andare avanti con lui, ma sta volta non come nemico.
E i singhiozzi, pian piano, divennero solo lacrime che scorrevano lente e poi sospiri man mano che lasciava andare tutto ciò che era rimasto intrappolato dentro di lui e si calmava. E si godeva quel momento di pace. Quel momento in cui il male incontrava il bene.
In cui l’ombra incontrava la luce.
In cui il verde incontrava il rosso.
Quel momento che, probabilmente, avrebbe cambiato tutto.
Avrebbe cambiato il modo di vedersi, ma non esternamente. No, avrebbe cambiato il modo di leggersi l’uno dentro l’altro.
Quando smise di piangere Harry poggiò le mani sulle spalle del biondo e guardandolo negli occhi chiese “Va meglio?”
Il Serpeverde annuì e si affrettò ad asciugare le ultime lacrime.
“Non puoi dirmi il motivo per cui piangi vero?”
Draco scosse la testa “No, mi dispiace” rispose con la voce roca.
Harry abbassò lo sguardo e sospirò poi lo rialzò nuovamente sul Serpeverde. Allungò una mano verso la sua fronte e poggiò il palmo su di essa. “Hai la febbre – disse – è meglio che ti porti in infermeria” poi sorrise malignamente e alzò un sopracciglio facendo uno sguardo sexy. Di scatto si lanciò su Draco mettendogli un braccio sotto le ascelle e l’altro sotto le ginocchia e sollevandolo da terra.
Il biondo finalmente rise. “Dai Potty, mettimi giù! Ce la faccio benissimo a camminare da solo!”
Il moro alzò le spalle come per dire chi se ne frega? Poi parti a razzo verso l’entrata del castello correndo con Draco in braccio.
Il Serpeverde fece un urletto spaventato e si aggrappò al collo di Harry.
“Hey così mi fai male!” esclamò il moro mentre continuava a correre.
Il biondo mollo la presa e ridacchiò mentre sobbalzava ogni volta che Harry faceva un passo e il vento lo colpiva dritto in faccia asciugando gli ultimi residui di lacrime. Non si era mai sentito così “vivo” come in quel momento. “Più veloceeeee!” urlò.
E il moro raddoppiò la velocità della sua corsa ridendo come un matto. “Ti stai facendo prendere la mano eh?”
Draco gli diede un pugno amichevole sul petto poi allungò un braccio all’infuori e urlò “Che figataaaaaaaa!” mentre attraversavano il prato prima del portone d’ingresso. Probabilmente l’aveva sentito tutta la scuola ma poco gliene importava.
Il moro triplicò la velocità così da far divertire ancor di Più il Serpeverde.
Non ci mise molto ad arrivare in infermeria. Entrò con il fiatone e buttò Draco sul primo lettino che trovò cominciando a fargli il solletico, il biondo si contorse da una parte all’altra implorandolo di smetterla mentre si sbellicava dalle risate.
“Beh, non è stato facile sai? Non sei mica così tanto leggero!” esclamò Harry dando un po’ tregua al biondino. Si poggiò le mani sulle ginocchia con le guance rosse per la fatica.
Il Serpeverde alzò un sopracciglio divertito “Mi stai dando del grasso?”
“Oh sì, sei più grosso di Lumacorno e la Umbridge messi insieme!” fece un sorrisetto compiaciuto.
Draco si sedette comodo con la schiena sulla testiera del letto, incrociò le braccia e fece un finto broncio che Harry trovò adorabile.
Il moro scompigliò i capelli chiari del biondo che lo lasciò fare. “Dai stavo scherzando, tu sei bellissimo così come sei!” poi le sue guance divennero del colore dei capelli di Ron quando si rese conto di ciò che aveva detto.
Il Serpeverde sgranò gli occhi e anche lui arrossì imbarazzato. Si coprì la faccia con entrambe le mani per nascondere lo stupido sorrisino ebete che gli si era dipinto in faccia.
Madama Chips arrivò proprio in quel momento “C’è qualcosa che posso fare per voi?”
Harry la ringraziò mentalmente per aver interrotto quel momento imbarazzante e rispose al posto del biondo. “Nulla di così grave. Solo lui ha la febbre – indicò Draco – non è che ha qualche intruglio per farla passare?”
L’infermiera lo guardò male. “E me lo chiedi? Certamente che ho qualcosa! Aspettate, arrivo subito!”
Il Grifondoro sorrise al Serpeverde come per dire “Visto? Non era poi così difficile!”. L’altro ricambiò il sorriso.
Madama Chips tornò cinque minuti dopo con un bicchiere pieno di una sostanza verdastra, che a Harry ricordò molto la Pozione Polisucco, e la mise nelle mani di Draco. “Bevi caro. Vedrai che domani mattina la febbre sarà passata e ti sentirai anche meglio del solito. Sta notte è meglio se la passi qui però”.
Il biondo annuì guardando schifato la pozione fumante davanti a lui. Prese un respiro profondo, poi la bevve tutto d’un sorso per cercare di sentire per il minor tempo possibile il gusto di quella schifezza.
Il Grifondoro ridacchiò quando il viso del Serpeverde assunse uno strano colorito verde.
Con un ultimo sforzo, cercando di ignorare i conati che gli stavano salendo, il biondo ingoiò anche l’ultima goccia di quell’intruglio disgustoso.
L’infermiera riprese il bicchiere ora vuoto e lo guardò soddisfatta. “Molto bene, ora Signor Potter la prego di andarsene. Il Signor Malfoy ha bisogno di riposare per rimettersi in forze”
“Si, solo un momento” rispose Harry.
Madama Chips annuì e si ritirò nella sua stanza.
Appena chiuse la porta Draco fece la faccia più schifata che poté. “Potter, ti rendi conto di quanto cagare faceva quella cosa? E’ meglio la cacca degli Schipodi Sparacoda!”
Il moro si avvicinò al letto e ridacchiò “Eccome se mi rendo conto. Non ti dico quante volte ho dovuto bere quella roba! E che è una delle pozione migliori! Dovresti assaggiare quella per ricostruire le ossa!”. Si ricordava perfettamente quando al secondo anno, dopo la partita di Quidditch dove un bolide stregato l’aveva inseguito per tutto il tempo, Gilderoy aveva tentato di aggiustarli il braccio rotto ma aveva pronunciato scorrettamente l’incantesimo con il risultato di averli completamente fatto sparire le ossa.
Draco alzò gli occhi al celo “Oh sì, mi ricordo. Quando c’era il bolide impazzito che ti inseguiva e io beh… io stavo rincorrendo il boccino con te e per evitare il bolide ho sbattuto il naso sulle tribune più in basso! Brutti ricordi!”. Il Serpeverde si distese sul letto a pancia in su e incrociò le mani dietro la nuca come se dovesse prendere il sole.
“Già”. Harry prese le coperte in fondo al letto su cui era disteso l’altro ragazzo e le tirò su fino a coprirgli la faccia “Riposa in pace!” esclamò. Poi fece finta di piagnucolare come se fosse ad un funerale.
Il biondo si tirò via le coperte dalla faccia con uno strattone. “Che imbecille!” commentò, ma senza un tono cattivo.
Il moro ridacchiò poi incatenò i suoi occhi smeraldo a quelli di ghiaccio del biondo “Beh, allora… Buonanotte!” disse sorridendo.
“Notte!” rispose il Serpeverde ricambiando il sorriso.
Harry si voltò dall’altra parte e si diresse verso l’uscita.
“Aspetta…”. Disse all’improvviso Draco.
“Si?” chiese il moro girandosi dalla sua parte.
“Io volevo… volevo dirti solamente… - prese un respiro profondo – Grazie… grazie di tutto”. E questa volta non lo disse in tono schifato o freddo, lo disse gentilmente. Perché gli era veramente riconoscente di avergli donato un po’ del suo tempo, di non averlo lasciato solo e di essere riuscito a capirlo.  
“Figurati” rispose Harry, poi sparì dietro l’angolo con un sorriso a 32 denti.
Forse loro due non erano poi così diversi.
Si, uno era il male in persona e l’altro era il bene in persona.
Ma entrambi avevano troppe responsabilità sulle spalle per la loro giovane età.
Entrambi non potevano permettersi di comportarsi come ragazzi normali.
Entrambi dovevano vivere ogni giorno con la paura di poter perdere le persone più care o con la paura di poter perdere loro stessi.
Entrambi non venivano capiti e ascoltati pienamene dal resto delle persone perché i sentimenti che loro provavano ogni giorno gli altri non potevano nemmeno immaginarseli.
E prima o poi entrambi sarebbero stati distrutti dal dolore e dalla tristezza.
E forse era proprio per questo che quella notte Draco si era sentito per la prima volta compreso. Perché Harry era stata l’unica persona che gli era stata accanto nel momento del bisogno dopo che i suoi amici non potevano o non avevano voluto aiutarlo e dopo che suo padre, che lui aveva considerato pe tutti quegli anni il suo punto di riferimento, non gli aveva mai mostrato il suo affetto.
Lui andava avanti giorno dopo giorno obbedendo al Signore Oscuro per proteggere l’unica persona che gli era sempre stata vicino, sua madre.
Ma forse, e solo adesso se ne rese conto, c’era qualcun altro per cui valeva la pena vivere.






Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 10 - cancellare il passato ***


Capitolo 10

cancellare il passato



Harry sbadigliò mentre rileggeva più volte la stessa pagina senza capirci niente. Si alzò in piedi per sgranchirsi le gambe e percorse più volte avanti e indietro la stessa corsia della biblioteca con una mano infilata tra i capelli neri, esasperato. Fra meno di una settimana avrebbe avuto il test di Pozioni ma nonostante fosse da quasi un mese che studiava come un matto in testa non li rimaneva mai nulla. Non ce l’avrebbe mai fatta.
Spostò i libri dal tavolino su cui aveva cominciato a studiare e li poggiò per terra a casaccio poi si distese a pancia in giù con il mento poggiato sopra ai pugni chiusi e il libro che stava leggendo davanti.
Era dalle cinque di mattina che era lì e continuava a cambiare posizione, cercando di trovare quella giusta per riuscire a concentrarsi meglio ma niente da fare, non riusciva a memorizzare proprio nulla.
Sentì dei passi leggeri attraversare il corridoio principale della biblioteca, quello da cui poi si poteva accedere a tutte le corsie, e alzò la testa per vedere chi fosse visto che, oltre a lui, solo pochi altri studenti si trovavano lì a quest’ora del mattino. Sorrise quando dall’angolo sbucò una chioma biondo platino, perfettamente pettinata e una divisa da Serpeverde. “Hey Malfoy! Vieni qui dai!” esclamò attirando la sua attenzione.
Il biondo si fermò girandosi dalla sua parte e sbuffò sonoramente ma si diresse comunque verso il moro.
Harry non si aspettava che venisse veramente. Fece leva sui gomiti per sollevarsi da terra e si mise seduto a gambe incrociate.
Draco sbadigliò e si portò una mano a coprirsi la bocca. “Potter, tu mi perseguiti!”
Il Grifondoro ridacchiò piano. “Lo dici come se non fossi felice”
“No, infatti non lo sono” rispose in maniera altezzosa alzando un sopracciglio e un angolalo della bocca in una sguardo tremendamente sexy che fece rabbrividire il moro.
“Dai, non dire bugie”
“Mi pare sia tu quello che non deve dire bugie”. Draco ghignò indicando la mano di Harry.
Il moro si guardò la cicatrice impressa a forza da quella vacca della Umbridge e sospirò. “Beh… siediti” lo invitò poi, cambiando discorso.
Il biondo guardò schifato il pavimento spostando il peso da una gamba all’altra. “Ho messo la divisa lavata meno di cinque minuti fa, non ho intenzione di poggiare le mie chiappe reali su quel lurido pavimento!”. Poi guardò i libri sparsi per terra. “Forse dovresti imparare a fare un po’ di ordine sai!”
Harry soffocò una risata. “Dai non fare il perfettino, siediti. Non muori mica.”
“Ci sono più possibilità di morire per i germi presenti per terra che per quelli presenti nella tavoletta del cesso quindi, a meno che non pulisci a leccate il pavimento, posso pure rimanere in piedi.” Fece un sorrisetto compiaciuto.
Harry si tolse il mantello e lo gettò davanti a lui. “Il pavimento non lo lecco ma ti concedo l’onore di sederti sopra il mio mantello, se vuoi”
Il Serpeverde ci penso su un attimo ma alla fine, anche se con una faccia schifata, si sedette a gambe incrociate sopra il vestito di Harry. “Può andare dai!” commentò soddisfatto.
Entrambi scoppiarono a ridere nello stesso momento, era una situazione troppo ridicola.
Harry evitò di fare riferimenti alla sera precedente perché sapeva che avrebbe solo messo a disagio l’altro ragazzo. “Allora dimmi, come mai sei qui a quest’ora del mattino?” chiese allora.
Draco non rispose. “Tu?” domandò però.
“Devo riuscire a prendere un voto decente in Pozioni”. Storse il naso. Non era il solito test pratico in cui sicuramente sarebbe andato bene grazie al libro del Principe Mezzosangue ma uno verbale, dove il testo non poteva usarlo.
Il Serpeverde non riuscì a trattenersi e dovette posarsi una mano sulla bocca per smettere di ridacchiare come un deficiente. “Ah, caro Potty. Non ce la farai mai a raggiungere il mio livello!”
“Questo lo vedremo. Tu invece perché sei venuto?”
“Stesso motivo”
“E che cosa dovresti studiare di preciso?” chiese Harry curioso.
Il biondo arrossì. “Ehm… Difesa Contro Le Arti Oscure. Devo riuscire ad evocare un Patronus e non ce la farò mai”
Fu il turno del moro di scoppiare a ridere. “No. NON.CI.CREDO! Nonostante come professore ci sia Piton?”
Draco annuì imbarazzato.
Harry lo guardò negli occhi “Facciamo un accordo. Io ti aiuto con il Patronus se tu mi aiuti in Pozioni”. Allungò una mano verso di lui.
Il Serpeverde ci riflette su un attimo poi fece per stringere la mano del Grifondoro ma quello la tirò via all’ultimo momento e fece finta di sputargli sopra per poi riporgergliela con un sorrisetto malvagio stampato in faccia.
Il biondo la guardò schifata.
“Guarda che non ci ho sputato veramente furetto!” esclamò il moro.
“Ah…”. Draco allora strinse la mano. “Ci sto!”
“Ci sto!” ripeté Harry.
Si guardarono negli occhi e si sorrisero incatenando quelli grigio-azzurri di uno a quelli verde foresta dell’altro e rimasero così per diversi minuti, senza rendersene conto, perdendo la concezione del tempo. Semplicemente specchiandosi uno nelle iridi dell’altro mentre continuavano a tenersi la mano.
Si riscossero nello stesso momento e distolsero lo sguardo imbarazzati.
Non arrossire imbecille, non arrossire, non farlo che su di te si vede doppiamente” si ripeté in testa Draco ma le sue guance si tinsero di rosso senza che potesse farci niente. “Ecco bravo, ti sei appena guadagnato un’occhiataccia da Potter”. Già si vergognava parecchio per ciò che era successo la sera prima. Non sapeva neanche lui cosa li fosse preso, si era messo a piangere non davanti ad una persona qualunque ma a Potter. Si era dato dello stupido talmente tante volte che aveva perso il conto. Però era anche grato al moro di averlo aiutato e di essergli stato accanto, non solo consolandolo ma anche facendolo divertire come non gli succedeva da anni. Cercò allora di interrompere quel momento di silenzio imbarazzato che si era creato tra loro. “Beh, io direi che possiamo cominciare già da subito con Pozioni ma se non ti dispiace vorrei sedermi ad un tavolo e non stare disteso a terra come un maiale, cosa che invece a te piace fare vedo…”
Harry fece una smorfia, non li dispiaceva particolarmente che il biondo lo prendesse in giro. Tanto sapeva che lo faceva senza cattiveria. “Si si certo. Va bene” gli rispose.
Draco lo aiutò a portare i libri dal pavimento al tavolino in fondo alla stanza senza che il moro gli avesse chiesto nulla, poi sollevò il mantello da terra e dopo averlo spolverato lo posò nello schienale della sua sedia. Si sedette con la schiena diritta e le gambe accavallate, come un vero aristocratico. “Beh, allora da cosa vuoi cominciare esattamente?”. Poi vedendo che il Grifondoro era imbambolato e non rispondeva gli schioccò le dita davanti alla faccia.
Il moro scosse la testa di colpo per svegliarsi, era rimasto incantato a guardare il biondo mentre si sedeva. “Eh? Cosa scusa? Non ho capito quello che hai detto…”
“Stai bene? Perché mi stavi fissando?”
“Io… ehm... E che mi piaceva il modo in cui i vestiti ti calzano a pennello” biascicò il Grifondoro mentre si grattava la testa a disagio.
Il biondo incrociò le braccia al petto. “Non ce bisogno che me lo dici Potter, lo so già da solo che sono semplicemente perfetto. Meglio che prendi nota, impara da me. – fece un sorrisetto altezzoso – Comunque ti stavo dicendo, da dove vuoi cominciare? In Pozioni intendo”
“Beh, direi dai distillati per esempio quello della morte vivente. Se per te va bene”
Draco annuì. “Sì, solo un momento”. Si tolse il mantello perché la biblioteca era molto più riscaldata della sua sala comune e del resto del castello e aveva cominciato ad avere un po’ di caldo. Si girò per poggiarlo sullo schienale della sua sedia ma lì cera già quello di Potter. Allora si rivolse a lui. “Senti, non è che potresti appoggiarlo dietro di te?”
“Si si certamente”. Il moro afferrò il vestito che il biondo gli stava porgendo e lo posò delicatamente nello schienale dietro di lui come se fosse la cosa più fragile e preziosa del mondo.
Draco sorrise e batté una volta le mani “Molto bene, allora cominciamo.”
“Non ti serve qualche libro per spiegarmi?”
“Oh, assolutamente no. A differenza tua io ho tutto qui dentro” si indicò la testa con un dito, compiaciuto.
Harry sorrise “Ok, come vuoi tu!”
 

*****

 
Draco e Harry avevano finito di studiare Pozioni, per quel giorno, e ora correvano per i corridoi della biblioteca ridendo come matti finché facevano a gara a chi riusciva a riporre negli appositi scaffali tutti libri che il moro aveva tirato fuori per studiare. Si erano divisi i libri a metà, 10 a testa per l’esattezza, e poi avevano scommesso che chi fosse riuscito a metterli via per primo avrebbe potuto ordinare all’altro qualcosa da fare, purché non fosse cattivo o imbarazzante e quello non avrebbe potuto tirarsi indietro dalla sfida per nessun motivo.
Sbucarono dagli angoli opposti contemporaneamente e si lanciarono alla corsa sfrenata cercando di arrivare per primi alla fine della corsia dove chi avrebbe toccato per primo il tavolino avrebbe vinto.
Draco accelerò di brutto quando vide che il Grifondoro era scattato un paio di metri davanti a lui e all’ultimo momento si tuffò in avanti sfiorando la superficie di legno con un dito ma poi, da furbo, si schiantò sul pavimento.
Harry toccò il tavolo un momento dopo del biondo.
Per fortuna Il Serpeverde non si era fatto nulla. Si girò a pancia in su, disteso per terra e prese dei respiri profondi per far passare il fiatone. “Haha sfregiato! Ho vinto io!” esclamò alzando un braccio e puntandogli un dito contro.
Il Grifondoro si sedette per terra e si infilò le mani tra i capelli. “Merda! C’ero quasi! Mancava pochissimo! Come hai fatto ad arrivare prima di me?” chiese ansimando per la fatica.
“Semplicemente… ho saltato!”
“Non è giusto, tu hai le gambe più lunghe!” protestò il moro poi si distese a pancia in su accanto al biondo.
“Ehehehe…invidioso?” lo provocò Draco punzecchiandoli un fianco.
Harry rise. “Ti rendi conto che sei disteso per terra e ti stai sporcando i vestiti? E poi dici che il maiale sono io!”
“Ops… beh pazienza, dopo mi cambierò!”
Entrambi scoppiarono a ridere nello stesso momento.
“Ehm-ehm ragazzi! Silenzio in biblioteca grazie!” esclamò all’improvviso una voce femminile.
I due ragazzi si alzarono in piedi di scatto, mortificati.
“Oh, le nostre più profonde scuse Madama Pince. Non ci siamo resi conto del rumore che stavamo facendo” si giustificò Harry per tutti e due.
La bibliotecaria gli rivolse uno sguardo severo “Per questa volta vi perdono ma se vi sento un’altra volta siete pregati di andarvene, ci siamo capiti?”
Entrambi annuirono tenendo lo sguardò basso.
Quando Madama Pince se ne andò ricominciarono a ridere ma sta volta più silenziosamente, per non farla tornare.
“Che ore sono?” chiese Draco.
Il moro guardò l’orologio che portava sempre al polso. “Le 7 e un quarto, abbiamo ancora un quarto d’ora prima della colazione”
“Molto bene Potter, ora, visto che ho vinto, dovrai fare quello che voglio”
Harry si appoggiò al muro con le braccia incrociate sul petto. “Sarebbe?” chiese sollevando un sopracciglio sì e l’altro no e rivolgendo un mezzo sorrisino sexy al biondo.
Il Serpeverde, a quello sguardo, provo strane sensazioni alla pancia e, forse, anche un po’ più in basso. Prese un respiro profondo per calmarsi e trovare il coraggio per dire ciò che stava per dire. “Ti sfido a mettere una pietra sopra a tutto ciò che è successo tra noi”
Il Grifondoro si stacco dal muro e raddrizzò la schiena. “Che cosa intendi?”
Il biondino sorrise. “Intendo iniziare tutto da capo, e cancellare il passato”
Il moro lo guardò un po’ confuso ma annuì, forse aveva capito ciò che voleva fare.
Il Serpeverde allungò una mano verso l’altro ragazzo. “Harry Potter… – il moro rabbrividì alla pronuncia del suo nome dalle labbra del biondo – io sono Malfoy, Draco Malfoy. Vorresti essere mio amico?”
Harry guardò prima la mano poi il viso pallido e spigoloso del Serpeverde che non aveva più quel ghigno malvagio stampato in faccia, come una volta. Si aprì in un sorriso a trentadue denti e senza pensarci gli gettò le braccia al collo in un abbraccio stritolante. “Si, certo. Lo voglio!” esclamò felice come non mai.
Il biondo arrossì violentemente ma ricambiò l’abbraccio dell’altro ragazzo immergendo una mano nei suoi capelli neri, scompigliandoglieli, e godendosi quel momento. Harry sapeva di bontà, di coraggio, sapeva da “Ti perdono”. Perché era quello che il moro voleva comunicargli con quel gesto.
Il Grifondoro si allontano un po’ dal Serpeverde e guardò di nuovo l’orologio. “Scusami, devo andare. Avevo promesso a Ron e Hermione che sarei tornato da loro per la colazione”. Fece un sorrisetto timido.
“Oh, sì certo ok. Comunque quand’è che ci troviamo per la mia crisi con i Patronus?”
Harry si diresse verso il tavolo e prese il mantello posato sulla sua sedia. “Quando vuoi tu. Magari sabato ti andrebbe bene? Nel bosco, stesso posto di ieri sera, dopo cena”. Si rese conto di aver toccato un punto dolente solo dopo aver finito di parlare.
Il biondo si rattristò di colpo e abbassò lo sguardo. “Si, va bene… scusami per la scenata di ieri. Io, io non so cosa mi sia preso”
Il moro li poggiò una mano sulla guancia spostandogli una ciocca di capelli dietro l’orecchio, che era sfuggita al resto della chioma biondo platino tirata indietro dal gel. “Non devi scusarti. So perfettamente come ti sentivi anche se non ne so il motivo. E sono felice che tu ti sia ripreso”
Draco sorrise. “Grazie” disse soltanto.
“Ah, prima di andartene vorrei darti un piccolo consiglio. Sei molto meglio se i capelli li lasci al naturale, senza stare ore a pettinarli in quel modo. Beh…per il resto sei semplicemente perfetto!”
Il biondo arrossì. “Wow…ehm, grazie. Anche per il consiglio”
“Figurati” rispose il Grifondoro, poi si voltò dall’altra parte e si avviò verso l’uscita della biblioteca.
Draco, senza accorgersene, si ritrovò a fissare il fondo schiena del ragazzo mentre andava via. Quando se ne rese conto arrossì doppiamente e si schiaffò una mano sulla fronte. Si affrettò a prendere il mantello poggiato sullo schienale della sua sedia e dirigersi nella sala comune di Serpeverde dove probabilmente Pansy e qualcun altro lo stava aspettando per scendere a mangiare con lui.
E fu mentre scendeva le scale verso i sotterranei che si rese conto della cazzata che aveva fatto. Si era appena fatto amico Harry, e ora con quale forza di volontà sarebbe riuscito a ingannarlo per farlo passare attraverso l’armadio svanitore? Sarebbe stato mille volte più difficile ora che aveva cominciato a legare con lui. Un conto era perderlo da nemico ma da amico no, non ce la poteva fare.
Prese un respiro profondo e cercò solamente di non pensarci.
 

*****

 
Harry varcò la soglia della Sala Grande dirigendosi verso il tavolo in cui i suoi amici gli avevano tenuto il posto.
“Ciao ragazzi!” esclamò per poi sedersi di fianco ad Hermione. “Cosa c’è di buono da mangiare?”
“Ciao Harry!” disse quella con gli occhi fissi su un libro di Aritmanzia.
“Ciao fratello! Da mangiare c’è sempre il solito. Bacon e uova strapazzate” rispose Ron.
“Uh, va bene. Ho molta fame stamattina”
“Harry, come sta andando Pozioni, sei riuscito a studiare qualcosa?” chiese Hermione alzando la testa dalla sua lettura.
Sul viso del moro si dipinse uno stupido sorrisino ebete “Oh sì. Sta andando fin troppo bene” rispose.
Ron, che aveva appena cominciato a mangiare il bis della sua colazione, sgranò improvvisamente gli occhi e si immobilizzò facendo cadere la forchetta, che si spiaccicò in mezzo all’uovo.
“Ron, c’è qualcosa che non va? I miei capelli ti spaventano troppo?” chiese Hermione, che pensava che la causa di quella strana reazione fosse lei.
“No, i tuoi capelli sono perfetti come sempre Herm” rispose il rosso continuando però a tenere lo sguardo fisso sul suo migliore amico, come se fosse una creatura mitologica spuntata dal nulla.
La ragazza arrossì imbarazzata.
“Hey, stai bene?”. Il moro sventolò la mano davanti al viso di Ron.
“Ha-Harry, dimmi che sono diventato pazzo. – biascicò il rosso sconvolto e con una vocetta stridula – P-perché tu stai indossando il mantello della divisa di… di Serpeverde?”
“Cosa? Stai scherzando spero!”. Il moro si tolse in fretta il mantello, lo aprì posandolo sulle sue ginocchia e si accorse che lì, vicino ad una manica, c’era lo stemma di Serpeverde. “Oh cazzo, questa non ci voleva!” pensò. Si erano per sbaglio scambiati i mantelli quindi voleva dire che il suo ce l’aveva Malfoy.
Si voltò verso il tavolo delle serpi, per fortuna Draco lo vide e girò subito la testa verso di lui. Il Grifondoro indicò il mantello che aveva in mano e poi indicò quello che aveva addosso il biondino per fargli capire cos’era successo.
Quello si guardò il petto e quando notò lo stemma di Grifondoro sgranò gli occhi puntandoli nuovamente sul moro.
Harry indicò l’uscita e grazie al celo Draco capì e alzò il pollice in segno di approvazione.
“Scusate ragazzi ma devo andare a vomitare urgentemente” sussurrò il moro ai suoi amici facendo la faccia da ‘sto per morire’ più convincente che poté.
Hermione lo guardò preoccupata. “Harry, vuoi una mano?”
Scosse la testa e si poggio le mani sullo stomaco come a rendere ancora più reale quella scenata.
“Beh, allora sbrigati prima di vomitare qui e se hai bisogno chiamaci, mi raccomando!”
Harry annuì, afferrò il mantello e si affrettò ad alzarsi e dirigersi fuori dalla Sala Grande.
Il Grifondoro e Il Serpeverde uscirono nello stesso istante e si nascosero dietro l’angolo per non essere visti da troppe persone.
“Tu mi farai morire, lo so. Dovevi vedere l’occhiataccia che mi hanno lanciato i miei amici quando hanno visto lo stemma di Serpeverde”. Il moro porse il mantello che aveva in mano al biondo.
Draco deglutì rumorosamente e abbassò lo sguardo con un nodo in gola alla frase “tu mi farai morire, lo so”. Si tolse il mantello di Harry dalle spalle e si riprese il suo mormorando un leggero “Scusa, non me ne sono accorto”
“Fa niente” il Grifondoro sorrise, “Solo, la prossima volta e meglio se tutti e due facciamo più attenzione. Ho dovuto fingere di stare per vomitare per uscire di lì”
Il biondo fece una faccia schifata. “Già, è meglio” commentò allora.
“Eee, a proposito. Prima volevo dirtelo ma mi sono dimenticato. Dobbiamo pur far sapere ai nostri amici che ora non ci odiamo più ecc. ecc.”
Il biondo sospirò. “Speravo non lo dicessi però sì, hai ragione”
Harry si grattò il mento. “Beh, come facciamo?”
“Io direi che prima è meglio è quindi che ne dici di dopodomani? Così intanto vediamo anche un po’ cosa dire per non… come dire… sconvolgerli. Non penso che la loro reazione sarà particolarmente gioiosa visto ciò che è successo negli anni precedenti…”
Il Grifondoro gli tappò la bocca con un dito facendolo sussultare. “Lascia stare il passato, ora pensiamo solo al presente, ok furetto?”
“Ok Potty” rispose il biondo.
“Comunque sì, dopodomani è perfetto. Quindi io dovrei presentarti a Ron e Hermione, tu?”
“A Blaise e Theodore, minimo”
Harry fece una smorfia. “Va bene… quello che va fatto va fatto”. Sorrise a Draco. “Ci vediamo in giro!”
Il Serpeverde spostò il peso da una gamba all’altra e dopo aver poggiato la mano su un fianco gli lanciò un’occhiatina sexy “Ovvio Potter!”
Il moro gli fece un cenno di saluto con la mano e dopo aver ripreso la faccia da vomito di prima rientrò in Sala Grande.
Draco lo guardò andare via e aspetto un paio di minuti ad entrare, per non destare sospetti.
Si infilò il suo mantello e si accorse che sapeva un buon odore, diciamo che sapeva da Harry. Ed era come una droga per lui, non poteva farne a meno. Sorrise fra sé e sé, forse non l’avrebbe mai più lavato quel mantello.





 

Note dell'utrice: Vi piace?
                            Lasciate una piccola recensione per favore <3

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 11 - gelosia ***


Capitolo 11

gelosia



Harry batté una mano sulla spalla di Draco per rassicurarlo. “Aspettami un attimo qui fuori, forse è meglio se li avviso prima che ti vedano. Ecco, non so come potrebbero reagire, soprattutto Ron”
Il biondo deglutì preoccupato “Ok…”
“Dai, andrà tutto bene. O almeno spero”. Il moro pronunciò la parola d’ordine e passò per il buco del ritratto sbucando nella sua sala comune.
I suoi due migliori amici erano seduti in delle poltrone accanto al fuoco e chiacchieravano animatamente.
“Ehm-Ehm”. Harry si schiarì la voce.
Ron e Hermione si girarono verso di lui. “Ciao!” esclamarono all’unisono.
Il moro si gratto la testa a disagio.
“Harry, c’è qualcosa che non va?” chiese la ragazza.
“Io…ecco… devo dirvi una cosa. E non penso vi piacerà. No, anzi… non vi piacerà affatto!”
I suoi amici lo guardarono confusi. “Dai spara! Non vorrai farci rimanere qui tutto il giorno!” esclamò Ron con poco tatto.
“Sì ok, ma non arrabbiatevi troppo. Io, ho un nuovo amico…”
“E con questo?” chiese il rosso.
“Un attimo che finisco di parlare magari. Stavo dicendo che ho questo nuovo amico. Ma non è uno qualunque, nel senso che è una persona che mai vi sareste aspettati. E io voglio presentarvelo, ora è qui fuori che aspetta che io gli faccia cenno di entrare”
I suoi amici lo guardarono un po’ confusi. “Beh, e chi potrà mai essere di così tanto strano?” chiese Hermione.
Harry abbassò lo sguardo. “Ora lo faccio venire qui ma prima dovete promettetemi che non vi arrabbierete… per nessun motivo. E cercate di essere gentili con lui nonostante l’odio che provate nei suoi confronti. Soprattutto tu Ron”
“Io? Perché? Pensi che mi metta a fare a pugni con lui appena entrerà?” chiese il rosso.
“Sì, o anche di peggio” affermò il moro.
“Va bene, te lo promettiamo” disse Ron.
“Sì, ok Harry” confermò Hermione.
Il moro tornò verso l’uscita e spostò il ritratto per far passare Malfoy. “Vieni pure” gli disse porgendogli una mano per aiutarlo a passare.
“Grazie”. Il Serpeverde accettò la mano e passò attraverso il buco nel muro. Si immobilizzò e cominciò a guardarsi in torno quando vide la sala comune dei Grifondoro. L’alto soffittò decorato da disegni dorati, il grande camino acceso dall’altra parte della stanza, le poltroncine rosse, gli scaffali pieni di libri colorati, i graziosi tavolini in legno e le finestre ornate da piccole tendine. “Wow!”. Il suono li uscì dalla bocca senza volerlo.
“Ti piace?” chiese Harry,
“Oh, sì. Moltissimo”. Altro che la sala comune di Serpeverde, sempre triste e cupa. Quella era magnifica, ogni cosa trasmetteva un senso di allegria e calore e lui non poté fare a meno di guardarsi in torno stupito da tanta bellezza.
“Meglio che andiamo ora!” esclamò il moro interrompendo la sua contemplazione.
Il biondo prese un respirò profondo, poi seguì Harry in fondo alla stanza, dove Pel-di-Carota e la Mezzosangue sedevano su delle poltroncine dall’aspetto piuttosto comodo.
Quando Ron e Hermione videro Malfoy si immobilizzarono all’istante, sconvolti.
La ragazza rimase a fissarlo a bocca aperta facendolo sentire ancora più a disagio di quanto era già.
Il rosso invece strinse i braccioli del divanetto su cui si era accomodato facendo sbiancare le nocche e guardò il Serpeverde con lo sguardò più carico di odio che riuscì a fare.
Il moro si decise a parlare. “Ehm… lo so che può sembrarvi fin troppo strano ma ecco… noi ci siamo chiariti e abbiamo fatto pace quindi, ora siamo… si insomma, siamo amici”
La ragazza e il rosso continuarono a fissarlo sconvolti.
“Ron, Hermione, vi presento Draco Malfoy e Malfoy, ti presento i miei amici, Ron e Hermione” disse allora per riempire il silenzio caricò di tensione che si era creato tra loro.
Draco allungò una mano verso la ragazza. Quella la fissò un attimo ma poi, anche se tremando dalla testa ai piedi, si decise a stringerla con ancora la bocca spalancata per lo shock.
“Piacere” disse gentilmente il biondo. Poi allungò la mano verso il rosso.
Quello lo guardò con uno sguardo del tipo “se non la tiri subito via te la stacco a morsi” così Draco si affrettò a ritirarla e infilarla in tasca.
Ron guardò il suo migliore amico. “Harry, dimmi che è uno scherzo. Oppure che sto facendo un incubo. Ti prego”
Il moro arrossì imbarazzato. “Ehm…no. Non stai sognando e questo non è uno scherzo” rispose.
“Ommioddio!” esclamò il rosso con una vocetta stridula. La sua pelle si tinse di uno strano colorino verdastro. Harry pensò stesse per svenire.
Visto che nessuno si decideva a parlare il biondo prese parola “Io vorrei farvi le mie più profonde scuse per come mi sono comportato in questi anni. Ero solo un bambino insolente che della vita non sapeva cosa farne ma ora ho capito i miei errori e vi giuro che sto cercando di correggerli in tutti i modi possibili. Vi sarei grato se mi deste una seconda possibilità, per dimostrarvi che sono cambiato”
Il moro non poté fare a meno di sgranare gli occhi, non se le aspettava proprio quelle parole da parte del biondo.
Hermione finalmente si decise a riprendere un’espressione normale. Guardò Harry che annui per incitarla a parlare. “Ecco, noi siamo disposti darti una seconda possibilità. Ma tu ci devi dimostrare che hai veramente capito la gravità delle cose che hai fatto”
Il Serpeverde annuì sorridendo.
La ragazza ricambiò, anche se con un sorriso un po’ tirato.
Ron invece non reagì in alcun modo, era sempre lì seduto sulla poltrona a fissare Malfoy come se fosse l’essere più spregevole al mondo, perché per lui era così.
“Direi che è meglio se tolgo il disturbo” disse ad un tratto il biondo.
Il moro serrò le labbra dispiaciuto. “Aspettami fuori per favore, ti raggiungo tra un attimo”
Draco fece un cenno di saluto ai tre ragazzi e uscì dalla sala comune a passo svelto, non sarebbe riuscito a resistere un momento di più con quei due che lo guardavano sconvolti.
Ron aspettò che Malfoy uscisse poi saltò in piedi di scatto facendo prendere un colpo al su amico. “Harry, ti rendi conto di chi è lui vero? Ti rendi conto di cosa ti ha fatto? Come fai a perdonarlo?”
“Ti posso assicurare che è cambiato. Credimi per una volta”
Il rosso si infilò le mani nei capelli esasperato. “E’ Malfoy, non un’altra persona! E’ il tuo nemico da praticamente sempre! Come fai a dire che sia cambiato?” gli puntò un dito contro.
“Io…” riuscì solo a mormorare il moro.
Hermione gli interruppe alzandosi dalla poltrona. “Harry, noi non possiamo obbligarti a fare nulla e non possiamo criticarti, questo lo sai. Solo, sei veramente sicuro di questa tua scelta?”
“Sì Herm, io mi fido di lui”
“Ecco, l’importante è solo questo” disse la ragazza sorridendo.
Il moro fece un paio di passi in avanti e l’abbracciò forte. “Grazie” sussurrò.
“Non devi ringraziarmi, noi ci saremo sempre per te, anche se farai degli sbagli. Nessuno è perfetto”
Harry la strinse a se ancor di più. “Ti voglio bene” disse, per poi staccarsi da lei con gli occhi lucidi.
“Anch’io te ne voglio” lo rassicurò Hermione.
“Hey fratello, scusa per la scenata che ho fatto. E che… sai quanto odio quella serpe!” si giustificò poi Ron.
Il moro abbracciò anche lui dandogli un paio di pacche sulle spalle. “So quanto sia difficile per te sopportarlo. Ma ti prego di portare un po’ di pazienza”
Il rosso annuì e sorrise. “Ci proverò!”
 

*****

 
Il biondo entrò nella sua sala comune con il classico passo da chi vuole farsi passare per un figo della madonna facendo ondeggiare il mantello di qua e di là. Si fermò davanti a Tiger, Theodore e Zabini che erano stravaccati su uno dei divani in pelle nera mentre sorseggiavano idromele barricato.
“Hey ascoltatemi tutti, devo dirvi una cosa!” esclamò attirando l’attenzione dei suoi amici che smisero di chiacchierare e puntarono gli occhi dritti su Draco.
Harry intanto assisteva alla scena da fuori e mentre attendeva che il Serpeverde li facesse cenno di entrare si guardava in torno. La sala comune era esattamente come l’aveva vista la prima volta, quando lui e Ron avevano usato la pozione Polisucco per intrufolarsi lì dentro e scoprire qualcosa di più su Malfoy.
 
“Aprite bene le orecchie perché non lo ripeterò due volte. Io ho un nuovo amico e chiunque oserà guardarlo male, criticarlo oppure sfiorarlo anche solo con un dito dovrà vedersela con me!” li minacciò il biondo.
 
Il moro, dall’altra parte della stanza, non riuscì a trattenere una risata.
 
“Calmati vecchio, che ti prende?” chiese Nott.
“Io sono perfettamente calmo, sei tu che sei agitato magari. Ora porterò qui il mio nuovo amico e voi gli stringerete la mano senza protestare. Lui si accomoderà fra noi e faremo una bella chiacchierata senza cominciare a menarci o cose del genere”
“Perché dovremmo litigare scusa?” domandò Tiger.
“Perché so già che la persona che vi presenterò non vi piacerà affatto. Ma non intendo rovinarmi la vita perché voi vi mettete a fare gli stupidi, a prenderlo per il culo o altre cagate da bambini piccoli. Quindi è meglio per voi se accettate subito la cosa perché non cambierò idea, ci siamo capiti?”
I Serpeverde annuirono intimoriti dal tono di voce che Draco aveva assunto.
“Molto bene” disse il biondo, poi si voltò verso Harry facendoli segno di entrare.
Il moro cercò di farsi piccolo piccolo mentre avanzava a passo lento verso di loro, imbarazzato per gli sguardi sbalorditi che gli amici di Draco li stavano lanciando.
“Potter, ti presento Tiger, Blaise e Theodore” disse il Serpeverde. “Theo, Zabini, Tiger, questo e Harry Potter”. Passò una mano sopra la sua spalla e lo avvicinò a sé per rassicurarlo e per far capire ai suoi amici che faceva sul serio.
Il moro fece un piccolo sorrisetto timido e allungò la mano verso il gruppetto di Serpeverde che gliela strinsero uno per uno mormorando dei leggeri “Ciao” “Come butta?” “Piacere mio”. Harry non si aspettava tutta quella accoglienza.
“Prego, accomodati pure”. Draco indicò un piccolo divano nero come tutti gli altri presenti in quella stanza.
Il Grifondoro si sedette timidamente, con la schiena curva e le mani in grembo cercando di farsi notare il meno possibile.
“Vuoi qualcosa da bere?” chiese gentilmente Nott a Harry.
“No, grazie” rispose lui in un sussurro.
Il biondino si sedette accanto a lui e incrociò le gambe con lentezza quasi snervante – il Grifondoro deglutì guardandolo – poi poggiò entrambe le braccia nello schienale del divano e uno non poté fare a meno di sfiorare Harry sul collo facendolo rabbrividire.
Zabini guardò il moro, seduto accanto al suo migliore amico, e gli rivolse un’occhiata spregevole. “Draco, vuoi sederti qui vicino a me?” chiese in preda ad una gelosia estrema.
Il biondo guardò Harry “Se non ti dispiace…”
“No, no, vai pure” disse il moro.
Quando però vide Blaise circondare il fianco di Draco con un braccio e posargli la testa sulla spalla provò una strana ondata di odio nei suoi confronti.
 
Ben presto la conversazione andò a finire sull’argomento Quidditch coinvolgendo più o meno tutti, anche Harry che si era lasciato un po’ andare alle chiacchiere per cercare di diminuire l’imbarazzo che provava a stare assieme agli amici del biondo. Sembravano piuttosto socievoli stranamente, o era perché Draco gli aveva fatto il lavaggio del cervello oppure il cappello parlante aveva ragione quando diceva che nei Serpeverde si trovavano gli amici migliori.
Stava ascoltando un Tiger tutto preso nel raccontare la mossa favolosa del cercatore della sua squadra preferita, ma non riusciva a concentrarsi. Continuava a lanciare occhiate a Draco e Zabini perché quest’ultimo continuava a toccarlo dappertutto e diverse volte avvicinò pericolosamente il viso a quello del biondino. Non sapeva il perché, ma gli dava un certo fastidio vederli così appiccicati.
“Potter, tu sei mai riuscito a fare il doppio avvitamento a spirale visto le tue grandi capacità di cercatore?” chiese all’improvviso Tiger.
Harry girò la testa verso di lui, si era distratto troppo a guardare gli altri due Serpeverde e non si era accorto che gli stava parlando. “Eh? Cosa?” chiese confuso.
Tiger schioccò le dita. “Potter, esisti?”
“Si… avevo solo… un po’ di sete, tutto qui” inventò come scusa.
“Preferisci il whisky incendiario o l’idromele barricato?” gli chiese Theodore.
“Ehm, preferisco l’idromele”
Nott versò la bevanda in un bicchiere di cristallo e gliela porse. “Ecco, tieni”
“Grazie mille” disse Harry prendendola “Tiger scusami, continua pure con ciò che stavi dicendo”. Si portò il bicchiere alle labbra e sorseggiò piano l’idromele mentre con la coda dell’occhio continuava a guardare ciò che Draco e Blaise facevano.
Si strozzò quasi con la bevanda quando sentì Zabini chiedere “Hey biondo, che ne dici di venire a Hogsmeade da solo con me alla prossima uscita?”
Draco guardò il moro preoccupato e cambiando discorso, facendo finta di non aver sentito la domanda del suo migliore amico, disse “Ottima scelta Potter, l’idromele barricato è anche la mia bevanda preferita!”
Harry Sorrise. Uno a zero per il Grifondoro!
Blaise divenne verde per la gelosia. Si alzò in piedi e dopo essersi posizionato dietro il biondo cominciò a massaggiarli piano le spalle.
“Smettila, non ora per favore” sussurrò Draco a disagio.
Zabini allora si avvicinò pericolosamente al viso del biondo e gli sussurrò all’orecchio “Perché? Non ti piace?”
“Non ho detto questo. Solo, ora non è il momento”
Ma Blaise continuò, per cercare di far ingelosire Potter. Ad un certo punto infilò anche la mano dentro al colletto della camicia di Draco, nonostante lui non volesse.
Harry si ritrovò a stringere il bicchiere fin quasi a far piegare il cristallo verso l’interno mentre assisteva a quella scena semplicemente da volta stomaco. Si affrettò ad appoggiarlo sul tavolino, vicino ai suoi piedi, per evitare di mandarlo in mille pezzi.
Tiger e Nott intanto non sembravano accorgersi di nulla, anzi, continuavano a ridacchiare come matti mentre si raccontavano delle più grandi cadute dalle scope della storia.
Il moro chiuse le mani a pugno conficcandosi le unghie nei palmi e facendo sbiancare le nocche.
“Di la verità, ti piace eccome…” disse Blaise in tono suadente.
Il moro non riuscì a trattenersi e balzò in piedi attirando tutti gli sguardi su di lui. “La vuoi smettere?” urlò puntando un dito contro Zabini.
Quello smise di massaggiare Draco. “Di fare cosa?” chiese con una vocetta innocente.
“Di provarci continuamente con lui! E’ fastidioso!” si ritrovò quasi a gridare il Grifondoro.
Il migliore amico del biondo ghignò malefico. “No, Potter. Un ragazzo così non me lo faccio sfuggire nemmeno a morire. Non ti sei accorto di quanto sia fottutamente bello?”
“Lo so benissimo da solo, grazie!” sbraitò il moro. Poi arrossì violentemente, rendendosi conto di ciò che aveva appena detto. “Scusate, è meglio che vada” aggiunse allora. Si diresse a passo svelto verso l’uscita e una volta che il muro di pietra si fu richiuso alle sue spalle partì di corsa cercando di allontanarsi il più possibile da quel posto.
Ma cosa gli era preso? Era impazzito? Ok che la gelosia era il suo più grande difetto, come aveva dimostrato con Ginny, ma come faceva ad essere geloso di Malfoy? Era assolutamente impossibile!
Aumentò la velocità della corsa e si fermò solo quando raggiunse il giardino sul retro della scuola. Appoggiò la schiena al muro di mattoni e aspettò di riprendere fiato.
Non passarono neanche due minuti che il Grifondoro sentì dei passi avvicinarsi e Malfoy in persona sbucare da dietro l’angolo. Cerco di nuovo di scappare ma Draco fece un paio di passi e, grazie alle sue lunghe gambe, riuscì ad afferrarlo prima che ripartisse a correre. “Potter aspetta!” esclamò.
Harry cercò di divincolarsi ma il biondo lo inchiodò al muro, bloccandogli i polsi.
“Non avvicinarti!” lo minacciò il Grifondoro appiattendosi contro la parete.
“Dimmi Potter, per caso eri… geloso?” chiese Draco.
Il moro abbassò lo sguardo, nervoso, e deglutì rumorosamente. “No”
Il biondo però voleva sapere la verità a tutti i costi così provò in un altro modo. Avvicinò pericolosamente il suo viso a quello di Harry e, in tono suadente, gli sussurrò all’orecchio “Non mentire, dimmi la verita…”
Il Grifondoro sentì il fiato dell’altro ragazzo solleticargli il collo “No” ripeté nuovamente.
Quello allora si avvicinò ancor di più premendo il proprio corpo su quello del moro e bloccandolo definitivamente. “Te lo chiedo di nuovo. Eri geloso?”
Harry si lasciò inebriare dal suo profumo, non sapeva se sarebbe resistito ancora molto dal saltargli addosso. “Non lo so…” disse allora.
Il biondo gli passo una mano dietro la schiena e lo attirò a se ancor di più. Ora fra i loro visi c’erano meno di cinque centimetri di distanza. “Avanti… di me puoi fidarti” sussurrò mentre i loro respiri si mescolavano.
“Ok, si… forse ero geloso… ma solo un pochino” rivelò Harry abbassando lo sguardo per non incontrare quello dell’altro ragazzo, a pochi centimetri dal suo.
Draco si avvicinò ancora a lui e gli depositò un piccolo bacio sul collo. Una specie di scossa attraversò il Grifondoro dalla punta dei capelli alle dita dei piedi.
“Si, ero geloso” si decise a dire infine.
Il Serpeverde li poggiò un dito sotto il mento e lo costrinse a girare la testa verso di lui. “Guardami…” gli sussurrò e finalmente Harry si decise a puntare i suoi occhi smeraldo su quelli di ghiaccio del biondo che sembrava quasi gli leggessero nel pensiero da quanto penetranti. “Perché io dovrei preferire quella lurida serpe di Blaise quando posso avere te?”. Si avvicinò ancor di più sfiorando con le labbra la punta del naso del Grifondoro e facendolo rabbrividire.
Il biondo sapeva che non sarebbe riuscito a fermarsi se fosse rimasto con lui un solo minuto di più, così, con tutta la forza di volontà che gli era rimasta, si staccò dal corpo di Harry e se ne andò lasciandolo lì, immobile…
 
 
*****  

 
Era più o meno ora di cena e Draco era disteso sul suo letto, le coperte tirate su fino al mento e la faccia immersa nel cuscino. Non aveva assolutamente fame, non dopo ciò che era successo con Potter poche ore prima. Sì ok, voleva a tutti i costi scoprire se era geloso perché gli piaceva fin troppo l’idea che Harry si fosse affezionato a lui in così poco tempo. Voleva dire che gli aveva dato una seconda possibilità, che l’aveva effettivamente perdonato e che ora, forse, si fidava di lui. E allora si era avvicinato così tanto, solamente perché, nel caso il moro fosse stato effettivamente geloso, alla fine gli avrebbe detto la verità. Ma il problema non era quello, il problema era che si era lasciato andare fin troppo arrivando anche a baciarlo sul collo e sulla punta del naso. Si, non l’aveva baciato sulle labbra (quello non se lo sarebbe mai sognato) però avrebbe tanto voluto che Harry lo facesse, anche se odiava ammetterlo pure a se stesso.
Insomma, che schifo! Lui non era gay! A lui piacevano le femmine! Solo le F.E.M.M.I.N.E.
Due vocette contrastanti nacquero nella sua testa.
C’è poco da dire, a te piace Potter” diceva una.
-Ma per favore, che schifo!- ribatteva l’altra.
E allora come spieghi il fatto che speravi con tutto te stesso che ti baciasse?
-E’ normale! Quando ti trovi uno così vicino cosa vorresti fare tu…-
Beh, se non mi piacesse mi affretterei ad allontanarmi da lui
-Si ma io gli sono rimasto così attaccato solo perché volevo scoprire se era veramente geloso-
“Però anche dopo che ti aveva detto la verità sei comunque rimasto. E poi, perché avresti così tanto voluto scoprire se era geloso se in realtà non ti piacesse?”
-Perché… ero curioso, ecco tutto!-
Si, se tu sei curioso allora io sono Albus Silente in persona! Non cercare di mentire, io so quali sono i tuoi veri pensieri!
-Esci dalla mia testa allora!-
Ma sei imbecille? Sei tu che mi stai pensando!
-Oh, giusto… Comunque a me non piace! Ti pare? E’ un uomo!-
E con questo? Vorresti dirmi che ti fa schifo solo perché non ha le tette? E se ce le avesse?”
-Se ce le avesse è un’altra storia-
Non cambia poi così tanto sai… in fondo si tratta solo di un tipo di fisico al posto di un altro, ma il cuore è lo stesso?”
-Ah, ora fai anche il poeta?-
Senti, non è colpa mia se non vuoi ammettere i tuoi veri sentimenti! Almeno non puoi dire che non sia un bel ragazzo, vero?
Draco sospirò  -E’ carino dai, questo non posso negarlo. Ma comunque non mi metterei mai insieme a lui!-
Direi che è più che carino! Da quello che stai pensando, è un figo della madonna. E credimi se ti dico che sì, staresti bene e volentieri assieme a lui!
-La vuoi smettere?-
No, finché non ti deciderai ad ammetterlo. E poi, se effettivamente non ti piacessero gli uomini, come spieghi il piacere che hai provato quando Zabini ti ha baciato?”
-Di quello non parliamone…-
Ecco vedi? Non hai il coraggio di accettare i tuoi veri sentimenti!
-E con questo vorresti dire? Che sono gay?-
No, direi piuttosto che sei bisessuale. Se così si può dire…”
-Fantastico! Questa ci voleva proprio… come se la mia vita non fosse già abbastanza complicata!-
Forse se ti decidessi a rivelare ciò che provi alla persona verso cui provi tali sentimenti potrebbe anche aiutarti a superare i momenti difficili. Dopotutto l’ha già fatto una volta no? E sono convinto che lui ricambi, almeno un po’.
-E a cosa servirebbe? Tanto devo decidere tra salvare mia madre o salvare lui! E se permetti, mia madre è più importante-
Ne sei sicuro?”
-No… in realtà no. Non sono sicuro di niente-
Hai appena ammesso che ti interessa di lui”
-Cosa? Io l’ho fatto?-
Oh, sì. Hai detto che non sai chi fra lui e tua madre ti interessa di più”
-Giusto… però sono fottuto! Posso decidere se salvare uno o salvare l’altro ma non tutti e due. Forse era meglio se restavamo nemici come sempre. Almeno sarei stato sicuro sulla persona a cui voglio più bene-
“Non dire sciocchezze? Vuoi dirmi che non sei felice di averci fatto amicizia? Ammettilo che con lui hai passato la settimana più bella della tua vita
-Non lo so…-
Si che lo sai!”
-E va bene lo ammetto! Forse Potter mi piace un pochino. Ma tanto dovrò ingannarlo e portarlo verso la strada della morte giusto? Quindi è meglio se mi dimentico di lui…-
Questa decisione spetta solamente a te. Scegli, e in fretta. Non manca molto a Natale
Poi, la vocetta svanì. Lasciandolo lì, solo di fronte alla decisione più difficile che avesse mai preso. Poteva decidere di salvare sua madre o poteva decidere di salvare il suo nuovo amico. Il problema era che lui amava entrambi, come persone si intendeva, e entrambi l’avevano aiutato e gli erano stati vicino nel momento del bisogno. E, forse, Harry anche di più di sua madre.
Non aveva idea di cosa fare.
Era disperato.
Lasciò andare le lacrime, che scivolarono lente sul suo viso e inzupparono il cuscino bianco sotto di lui.
Sì, era debole. Come lo era sempre stato, del resto. Ma sta volta non poteva farsi consolare da Potter. Perché la causa della sua debolezza era lui. E non perché gli avesse fatto qualcosa di male o cose del genere ma perché a Harry ci teneva, e solo ora l’aveva capito veramente.
Era stato anni ad invidiarlo per il suo talento e per la sua fama, perché riusciva sempre a superarlo in ogni disciplina. E così, per cercare di credersi superiore, l’aveva odiato cercando di complicarli la vita giorno per giorno. Ma la verità era che aveva sempre desiderato averlo al suo fianco come amico, e non come nemico, fin dalla prima volta, quando il moro non aveva voluto stringergli la mano.
Si era comportato come un mostro per anni e ora aveva finalmente capito i suoi sbagli ed era riuscito a farsi perdonare perfino da lui.
Avrebbe voluto capire prima come si era comportato, avrebbe voluto avere più tempo da passare con Harry.
E invece no. Lo stava perdendo, ancor prima di averlo veramente.
Ma ora era troppo tardi per fare qualsiasi cosa.
Non poteva più tornare indietro.
E la colpa era solo sua…
 
 
*****


Era più o meno ora di cena e Harry era disteso sul suo letto, le coperte tirate su fino al mento e la faccia immersa nel cuscino. Non aveva assolutamente fame, non dopo ciò che era successo con Malfoy poche ore prima.
Primo, non era ancora riuscito a capire il motivo per cui vedere Draco e Blaise vicini gli aveva fatto crescere dentro una così grande gelosia da farlo urlare in quel modo contro Zabini. Per non contare l’imbarazzo di quando praticamente aveva ammesso davanti a tutti che sapeva benissimo da solo quanto il biondo fosse bello.
Secondo, non aveva idea del perché il Serpeverde avesse voluto scoprire a tutti i costi se era geloso. Provava forse un qualche sentimento verso di lui? Se fosse stato diversamente perché allora si era avvicinato a lui così tanto?
Ma il problema più grande non era quello ma era il fatto che a Harry non era dispiaciuto affatto averlo così vicino. Anzi, anche se non voleva ammetterlo nemmeno a lui stesso, era arrivato perfino a sperare che lo baciasse.
Probabilmente stava perdendo la testa! Insomma, baciare un maschio… che schifo! A lui piacevano le femmine e lo aveva dimostrato stando per un intero anno insieme a Ginny. A quel pensiero provò una stretta al cuore, stava cercando di dimenticarsi della loro relazione ma quelle volte che gli veniva in mente ciò che la rossa gli aveva fatto ci restava comunque male.
Proprio in quel momento entrò Ron nel dormitorio sbattendosi la porta alle spalle con un’aria piuttosto incazzata.
Harry si tirò su a sedere “Hey fratello, che ti prende?”
Il rosso si buttò sul letto con la schiena poggiata alla testiera e le braccia incrociate al petto. E, come se avesse letto nel pensiero del moro, disse “Io non capisco cosa ci trovi Dean in Ginny!”
Harry alzò le spalle “Beh, ecco… è disponibile, in gamba, attraente…”
“Attrente? Mia sorella attraente?” chiese con gli occhi fuori dalle orbite.
Il moro si grattò la testa pensando a qualcosa da dire. “Diciamo che… ha una bella pelle!”
“Pelle? E Dean dovrebbe stare insieme a Ginny per la sua pelle?”
“No… dico solo che sarebbe un fattore che contribuisce. Tutti qui!”
Ron parve rifletterci su un po’. “Hermione ha una bella pelle!” esclamò.
Harry annuì. “Suppongo di sì… nella scala delle pelli intendo!”. Guardò il rosso pensieroso. “Anche Draco ha una bella pelle…” mormorò tra sé e sé.
“Cosa?” urlò Ron.
“Cosa cosa? Io non ho detto nulla!” inventò come scusa il moro.
“Ah, mi pareva che avessi detto una cosa… ma lasciamo perdere! Avrò capito male!”
“Si, probabile…” commentò Harry mentre le sue guance si tingevano di rosso acceso.
Ron lo notò. “Miseriaccia Harry! Sei arrossito! Per quale diavolo di motivò sei arrossito?” chiese sconvolto, con una vocetta stridula e gli occhi sgranati.
“Ehm… non è niente! Buonanotte!” si affrettò a rispondere il moro per poi rinfilarsi sotto le coperte con la testa sul cuscino, imbarazzato come non mai.
Questa non sapeva neanche da dove gli era venuta fuori! Però pensandoci forse sì… Draco aveva una bella pelle…













 

Note dell'autrice: Vi prego di lasciarmi una qualsiasi recensione, anche per dirmi che la mia storia fa schifo se necessario!
Ci terrei tanto a sapere se questa fanfiction vi sta piacendo <3

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 12 - expecto patronum ***


Capitolo 12

expecto patronum



Draco camminò avanti e indietro per tre volte passando vicino ad una parete apparentemente normale e pensando intensamente “Devo riparare l’armadio svanitore”. Ad un certo punto la parete scomparì lasciando il posto ad un grande portone di legno piuttosto usurato. Lanciò un ultima occhiata dietro di lui per controllare che nessuno l’avesse seguito, poi spinse la porta ed entrò nella Stanza Delle Necessità. Ormai aveva imparato la strada a memoria per arrivare all’armadio svanitore, a forza di andare in quel posto, e ora si dirigeva a passo svelto verso di esso aggirando i mucchi di oggetti inutili accatastati nella stanza. Si fermò ai piedi del grande strumento e con un movimento del braccio tolse la spessa coperta bordeaux che aveva usato per coprirlo, poi estrasse un piccolo serpentello, non velenoso, dalla tasca del mantello e aprì le ante dell’armadio. 
Un cinguettio improvviso risuonò nella stanza e Draco si tirò subito indietro rischiando quasi di inciampare nei suoi stessi vestiti. 
Un uccellino uscì dall’interno dell’oggetto e sbattendo le ali prese il volo. Il biondo lo riconobbe subito, era quello che aveva usato per uno dei suoi primi tentativi ed era anche assolutamente convinto che fosse morto. E invece era lì, vivo e vegeto, che svolazzava tranquillo per la stanza. 
Questo poteva significare solo un cosa, era riuscito a riparare l’armadio svanitore.
Tuttavia non ci contò troppo, prima voleva essere sicuro che funzionasse veramente. Posò il serpente sulla superficie interna dello strumento e chiuse le piccole porticine in legno.
Prese un respiro profondo e puntò la bacchetta verso l’oggetto “Armonia Nectere Passus” disse scandendo bene le parole. Aprì le ante dell’armadio, non c’era nulla. Buon segno.
Pronunciò di nuovo l’incantesimo per trasportare oggetti e esseri viventi da un luogo ad un altro senza usare la smaterializazzione. “Armonia Nectere Passus”. Sbirciò di nuovo dentro: il serpentello era girato a pancia in su e non dava segno di vita. Aveva fallito di nuovo.
Draco urlò dalla frustrazione e sbatté le porticine dell’armadio con tutta la forza che aveva in corpo. Poi si infilò le mani nei capelli esasperato. “Brutto pezzo di merda! Perché non funzioni?” pensò rivolgendosi all’armadio svanitore.
Non sapeva più cosa provare così semplicemente si mise davanti all’oggetto e ripeté per l’ennesima volta “Armonia Nectere Passus” sperando che almeno qualcosa cambiasse.
Percorse i pochi passi che lo separavano dallo strumento e poggiò una mano sulla maniglia di ferro ghiacciato. Respirò profondamente e semplicemente sperò con tutto se stesso, poi si decise ad aprire l’anta con mano tremante.
Il serpentello era ancora lì, stessa identica posizione di prima. Draco fece per andarsene sconfitto ma poi vide il lungo corpicino animarsi e strisciare fuori dall’armadio fino ad andare a finire sotto una pila di oggetti inutili accatastati fra loro.
Si rilassò immensamente e un sorriso da un orecchio all’altro comparve sul suo viso.
Ce l’aveva fatta. L’aveva aggiustato, finalmente.


*****


Era sabato sera, la cena in Sala Grande era appena finita, e un ragazzino dai capelli biondo platino si dirigeva verso la foresta lasciando dietro di sé delle impronte sulla neve fresca. Mancava ormai solo una settimana a Natale e il freddo si faceva sentire eccome. 
Draco espirò e una nuvola di aria ghiacciata fuoriuscì dalle sue narici. 
Non sapeva se essere felice o triste.
Felice perché era riuscito a riparare l’armadio svanitore e questo voleva dire completare, almeno in parte, la missione che il Signore Oscuro gli aveva affidato, e risparmiare sua madre.
Triste perché ora che l’aveva riparato doveva mandarci dentro Potter e quindi portarlo verso la strada della morte, ma lui non voleva perderlo.
Intanto aveva già provveduto a cercare di uccidere Silente, in qualche modo. Si era intrufolato nel bagno delle ragazze ai Tre Manici Di Scopa, il giorno prima, quando era programmata l’uscita a Hogsmeade, e, dopo avergli cancellato un pezzo della memoria per far sì che non si ricordasse di lui, aveva consegnato a Katie Bell una collana da portare al Preside. Ovviamente era maledetta, se Silente l’avesse anche solo sfiorata con un dito sarebbe morto nel giro di 5 minuti. Sperava con tutto se stesso che avesse funzionato, non avrebbe mai avuto il coraggio di ucciderlo con le proprie mani.
Oltrepassò il perimetro tra il grande giardino e la foresta e si diresse verso il masso in cui era seduto neanche una settimana prima. Si guardò intorno, non c’era nessuno. Strano, Potter doveva essere già lì, gli aveva promesso che gli avrebbe insegnato a fare i Patronus visto che, appena dopo le vacanze natalizie, avrebbe avuto il test di Difesa Contro Le Arti Oscure.
“Potter, ci sei?” chiese all’aria.
Nessuno rispose.
“Non fare lo stupido, vieni fuori!” esclamò di nuovo.
Niente da fare.
“Harry Potter vieni subito qui! Non ho intenzione di cadere in un altro dei tuoi stupidi scherzi!” si ritrovò quasi ad urlare.
Si girò di scatto quando sentì un fruscio alle sue spalle. Brutta mossa, una palla di neve, che parve nascere dal buio più profondo, si schiantò perfettamente al centro della sua faccia.
Draco si girò dall’altra parte per evitare di prenderne un’altra mentre si toglieva la neve dagli occhi. “Potter, io ti ammazzo! Hai appena inzuppato di neve il mio maglione nuovo! Ora lo riporti esattamente com’era prima oppure io…” 
Non fece a tempo a finire la frase perché un’altra palla di neve lo colpì dritto sul sedere seguita da una risatina fin troppo conosciuta. Al biondo venne la pelle d’oca da quanto era bella.
Si voltò verso la risata e scrutò nel buio creato dalla fitta vegetazione. 
“Caricaaaaaaaaaaaa!” urlò Harry lanciandosi improvvisamente nella direzione di Draco.
“Oh Porco Godric!” riuscì solo ad esclamare il biondino prima di ritrovarsi con il corpo sepolto dalla neve e il moro sopra di lui che rideva come un matto.
“Questa me la paghi!” disse il Serpeverde ma poi scoppiò a ridere pure lui.
Harry poggiò i gomiti sopra al suo petto e avvicinò il viso al suo “Si, se avessi fatto una lista di tutte le volte che hai detto che me la facevi pagare e alla fine non l’hai fatto diciamo che come lunghezza partirebbe da qui e arriverebbe fino alla stazione di King’s Cross, per intenderci”
Draco roteò gli occhi “Si certo, fino alla Londra babbana visto che ci siamo”
Il moro sembrò pensarci su. “Probabilmente hai ragione…” disse.
“Imbecille!” esclamò il biondo.
“Mai quanto te!” ribatté il Grifondoro sorridendo. Avvicinò il pollice al pallido viso di Draco e gli scostò un po’ di neve che era rimasta attaccata sulla guancia. A quel tocco il corpo del biondo si irrigidì. Harry se ne accorse e, per non metterlo a disagio, si affrettò ad alzarsi da sopra l’altro ragazzo. Si spolverò velocemente i vestiti poi gli porse una mano per aiutarlo a rimettersi in piedi, il biondo la accettò imbarazzato.
“Senti, non è che per caso sai qualcosa su una collana maledetta che ieri ha spedito Katie Bell, una mia compagna Grifondoro, in infermeria? La McGrannit dice che, se non fosse stato per il fatto che aveva indossato i guanti, sarebbe morta sicuramente”
Il Serpeverde sentì il suo battito cardiaco accelerare “Io ehm…no, non ne so niente. Non so neanche chi sia questa Katie…”
Il moro gli lanciò un’occhiata penetrante come se stesse cercando di leggerli nel pensiero. Ma alla fine disse soltanto “Molto bene. Allora, devo insegnarti a fare i Patronus giusto?”
Draco annuì.
“Ok, allora cominciamo subito. La formula è Expecto Patronum e la sua principale funzione è quella di creare una specie di protettore, che solitamente assume la forma di un animale, che faccia da scudo fra te e l’essere oscuro che in quel momento cerca di penetrare nella tua anima. Per esempio i dissennatori. Per evocarne uno bisogna pensare al ricordo più felice o anche semplicemente a quello più intenso che si ha, così che l’essere oscuro si nutra di esso e non della tua anima o dei tuoi pensieri. Poi ci sono anche funzioni secondarie, per esempio si possono inviare messaggi con i propri Patronus, ma lì diventa già molto più complicato. Non sono capace nemmeno io. Hai capito più o meno?”
“Si certo, questo già lo sapevo” rispose il biondo.
“Benissimo, allora provaci. Ricorda che se il ricordo non è abbastanza intenso non funziona”
Draco estrasse la bacchetta e la puntò davanti a sé. Chiuse gli occhi e fece un paio di respiri profondi concentrandosi sul ricordo più bello che aveva. “Expecto Patronum” disse scandendo bene le parole.
Una leggera nebbia azzurrina fuoriuscì dalla sua bacchetta per poi scomparire dissolvendosi nell’aria.
“No, così proprio non va” commentò Harry. “A che ricordo hai pensato?”
“Alla mia famiglia, quando ancora eravamo uniti” rispose il biondo.
“E’ un ricordo troppo triste, ripensarci ti porterebbe solo dolore e rimpianto per non poter più tornare indietro. Prova con un altro” gli disse gentilmente il moro.
Draco annuì e ritentò. Pronunciò l’incantesimo “Expecto Patronum” per un’altra volta ma di nuovo l’unica cosa che uscì fu solo una leggera nebbiolina.
“Non ci riuscirò mai” mormorò con lo sguardo basso e in tono dispiaciuto. O forse completamente rassegnato.
Harry li poggiò una mano sulla spalla “Non mollare già da subito, so che ce la farai. Devi solo pensare ad un ricordo più felice, quale hai usato adesso?”
“La mia prima volta sulla scopa”
Il moro scosse la testa “No, non basta. Non è abbastanza intenso”
Le lacrime minacciarono di invaderlo nuovamente “Io non ho ricordi felici…” sussurrò soltanto.
Il Grifondoro sentì un fruscio alla sua destra e quando voltò la testa in quella direzione spalancò la bocca vedendo cos’era stato a provocare quel leggero rumore. Fierobecco era lì, ed era rimasto immobile tutto il tempo a fissare i due ragazzi dall’oscurità della boscaglia. Da quando Sirius era morto la bestiola veniva spesso a trovarlo, solamente che di solito era con Ron e Hermione invece ora c’era solo il Serpeverde.
Il biondo per fortuna era ancora immerso nei suoi pensieri e non si era accorto di niente, Harry non sapeva come avrebbe potuto reagire alla vista dell’ippogrifo contando la sua brutta esperienza al terzo anno. Per il momento decise di non dirgli che dietro di lui si trovava una creatura molto permalosa che si erigeva in tutta la sua statura, collo allungato e testa alta, fiero come sempre era stato.
Lasciò perdere l’ippogrifo e si dedicò solamente al ragazzo biondo davanti a se. 
Li poggiò un dito sotto il mento e sussurrò gentilmente “Draco, guardami”.
Il Serpeverde alzò lentamente la testa, non perché volesse veramente farlo ma perché Potter non l’aveva mai chiamato così, per nome.
A Harry si strinse il cuore quando vide gli occhi lucidi del biondo e i lineamenti del suo viso segnati dalla tristezza. Fece un passo in avanti e lo abbracciò accarezzandogli piano la schiena, Draco nascose la testa nell’incavo del suo collo. “Mi dispiace – disse – io non posso fare tanto… ma se non hai ricordi felici allora ti aiuterò a costruirli”
“Hai già fatto abbastanza… Io sono un mostro e mi merito questa vita. Non sprecare il tuo tempo con me, ti porterò solo delusioni” sussurrò il biondo.
“Non dire queste sciocchezze!” esclamò Harry. “Non sto sprecando il mio tempo con te, il tempo l’ho sprecato in tutti questi anni odiandoti ogni giorno”
Draco lo strinse forte “Grazie” gli disse.
Il Grifondoro sorrise. “Hey biondo, che ne dici se facciamo una pausa?” chiese lanciando uno sguardo d’intesa a Fierobecco. Era una animale piuttosto intelligente e di sicuro aveva capito le intenzioni di Harry.
Il Serpeverde annuì soltanto staccandosi dall’abbraccio con sta volta un’espressione più serena in volto.
“Benebene. Ora, è meglio se ti giri solo quando io te lo dirò. E non spaventarti per ciò che vedrai, è innocuo e gentile, se tu lo tratti bene” disse il moro.
“Potter, così mi fai preoccupare” il biondo guardò Harry con un’aria piuttosto confusa.
Il Grifondoro ridacchiò piano. “No, e solo che, all’inizio… questa pausa potrebbe non piacerti!”
Draco deglutì. “Okay”
Il moro lo prese per mano, in modo da rassicurarlo, e lo fece voltare lentamente così da non fare agitare l’ippogrifo.
Il biondo si immobilizzò appena vide la grande creatura pochi metri davanti a lui. Istintivamente si portò una mano a tenersi il braccio destro, dove al loro terzo anno l’ippogrifo l’aveva aggredito graffiandolo in profondità. 
Harry parlò “Fierobecco, ti presento Draco Malfoy e Malfoy, ti presento Fierobecco”
La creatura fece un piccolo cenno del capo mentre il Serpeverde si limitò a rimanere immobile terrorizzato, ad un certo punto dovette anche ricordarsi di respirare. 
Quando si fu calmato, almeno parzialmente, sussurrò all’orecchio del Grifondoro “Io quel coso non lo tocco neanche se mi paghi”
“Ops, io credo che invece lo farai eccome!” ribatté Harry “Se tu gli porti rispetto, lui ti porta rispetto. Semplice no? Ora guarda ciò che faccio io, poi ricopiami”. 
Il moro fece un inchino profondo. “Fierobecco, mi permetti questo onore?”
L’ippogrifo sembrò pensarci un po’ su ma poi si inchinò anche lui.
Harry avanzò lentamente, lo sguardo basso per non innervosirlo e quando fu a pochi passi dall’animale allungò una mano verso di lui con il palmo ben aperto.
La creatura poggiò il muso su di esso e si lasciò toccare.
“Bravissimo! Così sì che mi piaci!” esclamò il moro mentre accarezzava il morbido manto di piume marroncine. Girò la testa verso Draco. “Furetto! Ora tocca a te! Mi raccomando non fare movimenti bruschi perché potrebbero aizzarlo”
Il cuore del biondo cominciò a battere forte contro il suo petto. Si chinò lentamente fin quasi a sfiorare terra con i capelli color platino e attese che l’ippogrifo facesse altrettanto.
Quello però si alzò su due piedi e fece uno strano verso mentre cominciava a scalciare con le gambe davanti.
“Non muoverti! Non muoverti o lo farai agitare ancora di più!” gli urlò Harry e anche se il primo istinto di Draco fu quello di scappare a gambe levate riuscì sorprendentemente a rimanere fermo immobile, dando ascolto al moro.
“Fierobecco, lui non è cattivo. Draco è buono. Lascia che si avvicini a te” sussurrò il Grifondoro all’ippogrifo cercando di calmarlo.
Dopo quella che parve un eternità l’animale si decise ad abbassare il capo.
Harry gli diede delle istruzioni. “Molto bene, ora vieni avanti, lentamente. E resta con la testa bassa, non guardarlo negli occhi”
Il biondo si alzò quel tanto che bastava per non inciampare in avanti e pian piano si avvicinò a Fierobecco con i battiti del cuore che ormai, da quanto veloci, non si distinguevano uno dall’altro. 
“Bravo, continua così. Stai andando benissimo!” lo rassicurò il moro.
Quando Draco arrivò a pochi passi dalla creatura allungò la mano all’infuori con il palmo bene aperto, come aveva fatto Harry, e semplicemente attese.
Dopo un po’ la bestia sembrò decidere che il biondino era innocuo e allungò il collo poggiando il capo sul palmo del ragazzo. Il Serpeverde lo accarezzò lentamente sul muso sfiorando le sue soffici e folte piume.
“Bravissimo! Visto, non era poi così difficile!” esclamò il Grifondoro.
Draco sorrise e fece di sì con la testa.
Harry si rivolse allora all’ippogrifo “Fierobecco, stai giù, per favore”
L’animale obbedì immediatamente e si accucciò a terra sfiorando il manto di neve con il ventre, ora il punto più alto della sua testa arrivava più o meno all’altezza dei due ragazzi.
Il moro montò in groppa all’animale mettendo una gamba da una parte e una dall’altra della sua schiena poi invitò il biondo a fare lo stesso porgendogli un braccio per aiutarlo a salire.
Draco lo rifiutò “Grazie ma sono capace da solo” disse in tono gentile per poi montare sulla creatura nello stesso modo del ragazzo prima di lui.
“Fierobecco su!” esclamò Harry e l’ippogrifo si alzò in piedi come prima.
“E adesso che si fa?” chiese il biondo.
“Io ti consiglio solo di tenerti da qualche parte. Ma attento, non la prende molto bene se gli tiri le piume”
“Io non mi tengo da nessuna parte Potter. Dopotutto quanto vuoi che sia difficile cavalcare questo coso?”
L’animale fece uno strano verso, indignato per il nomignolo “coso”.
Harry ridacchiò. “Come vuoi! Io il consiglio te l’ho dato!”. Circondò il grosso collo dell’animale con entrambe le braccia poi esclamò “Fierobecco, vola!”
L’ippogrifo non se lo fece ripetere due volte, in men che non si dica aprì le sue grandi ali e, dopo aver rivoltò la punta del muso all’insù, le sbatté con forza per darsi lo slanciò e spiccò il volo con il corpo in posizione quasi verticale. A causa del grande spostamento d’aria un mucchio di neve alle spalle dell’animale volò via lasciando intravedere il manto di foglie e aghi sottostante.
Draco lanciò un urlo acuto, di quelli di purò terrore, e fece appena in tempo ad aggrapparsi ai fianchi di Harry prima che Fierobecco si staccasse da terra.
L’ippogrifo superò il margine tra il cielo e la vegetazione facendo frusciare le foglie dietro di se e dopo essere salito ancora più in alto tornò in posizione orizzontale sbattendo lentamente le ali e sorvolando l’intero castello di Hogwarts.
 Draco si calmò pian piano dallo spavento iniziale ma comunque non osò staccare le mani dai fianchi del Grifondoro, aveva troppa paura. “Ma chi me l’ha fatto fare?!” urlò per farsi sentire da Harry sopra alla corrente d’aria che in quel momento gli colpiva in pieno viso.
“Oh beh, nessuno. Io non ti ho mica obbligato, sei stato tu che alla fine hai deciso di farlo!” gli rispose il moro.
Il biondo aprì la bocca come per replicare ma poi, visto che non aveva nulla da ridire, la richiuse.
“Avanti furetto, smettila di lamentarti e goditi il panorama!” esclamò Harry.
Draco prese coraggio e si sporse un po’ per guardare giù. Il Grifondoro aveva ragione, tutto era semplicemente fantastico. Le piccole finestrelle che risplendevano di luce dorata, le alte torri che si erigevano in tutta la sua altezza. Gli studenti che giravano per i giardini, che da quell’altezza sembravano solo tanti puntini colorati.
Ad un certo punto girarono anche intorno alla torre di astronomia, la più alta di tutta la scuola.
Il Serpeverde inspirò ed espirò profondamente, godendosi quel magnifico momento. Alzò gli occhi verso il cielo stellato che si espandeva sopra di lui e rimase a contemplarlo per diversi minuti fin quando una stella più luminescente della altre attirò la sua attenzione. Si accorse che anche il viso del Grifondoro era rivolto in quella direzione.
Gli tocco una spalla con una mano per farlo voltare dalla sua parte. “Hey Potty, stai guardando la stessa cosa che sto guardando io?”
“Che cosa? Quella stella lì?” il moro la indicò con il dito indice.
“Esattamente” rispose Draco.
“Beh, allora facciamo così. Quella lì sarà la nostra stella, solo nostra. E ogni volta che la guarderemo ci verrà subito in mente l’altro. Okay?”
“Okay” rispose il biondo continuando ad ammirare il cielo notturno.
L’ippogrifo cominciò ad inclinarsi leggermente verso il basso, dirigendosi verso il centro del lago nero.
“Ora arriva la parte che preferisco!” esclamò Harry.
La creatura si fermò ad appena un metro sopra alla superficie perfettamente liscia dell’acqua e planò sopra di essa increspandola con le zampe anteriori e sollevando dietro di se dei leggeri spruzzi che si congelavano a contatto con la fredda aria invernale.
Draco prese coraggio e staccò pian piano le mani dai fianchi di Harry tendendo poi le braccia all’infuori e guardando dritto davanti a sé il lago nero che si estendeva alla sua destra e alla sua sinistra, la superficie che rifletteva il cielo stellato sopra di lui. Si lasciò andare alla dolce carezza del vento che batteva sul suo viso scompigliandoli i capelli color platino. Era in quei momenti che si rendeva conto di quanto valesse la pena vivere.
Harry tese le braccia all’infuori, come il biondo dietro di lui, e lanciò un lungo urlo di euforia. Il Serpeverde ben presto si unì a lui e gridò. Per lasciare andare tutto. La tensione, la paura, la tristezza. Per cancellare anche solo per un momento il passato e il futuro, per pensare solo al presente e a quel momento, forse uno dei più belli della sua vita. Che, anche se non se lo sarebbe mai immaginato, stava passando con una delle persone che più aveva odiato e che più avevano odiato lui per anni e che ora però l’aveva perdonato, accettandolo lì, al suo fianco.
Per sfortuna quell’attimo non durò molto e l’ippogrifo toccò terra poco dopo passando per la fitta vegetazione e atterrando nello stesso identico punto da cui era partito.
I due ragazzi scesero dall’animale e lo ringraziarono accarezzandolo piano.
“Bravissimo Fierobecco! – disse Harry – Sono fiero di te!”. Diede un ultima pacca amichevole sul retro del collo dell’animale poi si girò verso Draco e dopo averlo preso per mano lo allontanò dall’ippogrifo. “Allora, che mi dici? Ti è piaciuto?”
Il biondo annuì “Sì, devo ammettere che mi è piaciuto un sacco! Secondo te si ricordava di ciò che è successo al nostro terzo anno?”
“Eccome se sene ricordava, se no non avrebbe reagito in quel modo quando tu hai provato ad avvicinarti a lui. Anche se non sembra è un’animale molto intelligente e diciamocelo… anche piuttosto permaloso!”
“Si, ho notato!”. Il Serpeverde ridacchiò.
“Allora, vediamo di risolvere la tua crisi con i Patronus. Penso che puoi provare con questo ricordo, credo sia abbastanza intenso contando che l’hai vissuto meno di 5 minuti fa” gli disse il moro.
Il biondo annuì ma quando estrasse la bacchetta gli venne in mente un’altra idea. “Potter, prendimi la mano” disse.
Harry gli rivolse uno sguardo confuso “Perché?”
“Tu fidati di me, fallo e basta”
E il Grifondoro gli prese la mano.
Draco la strinse forte, ma senza fargli male, e puntò la bacchetta dritto davanti a sé cercando di chiudere la mente e concentrarsi su ciò che doveva fare. “Expecto Patronum” disse lentamente, separando una parola dall’altra. Nella sua mente i ricordi che aveva di lui e di Harry si susseguirono velocemente come riavvolti in una delle pellicole dei primi film. La prima volta che si erano incontrati, a Diagon Alley, nel negozio di vestiti Madame Malkin; il suo primo anno quando non aveva voluto stringerli la mano; il secondo anno, la peggiore partita di Quidditch della sua vita con il bolide maledetto; terzo anno, i brutti ricordi con l’ippogrifo; quarto anno: lui che veniva trasfigurato in un furetto e messo in imbarazzo davanti a tutti, soprattutto davanti ad Harry; quinto anno, quando aveva trovato Potter e la sua combriccola di maghetti dentro la Stanza Delle Necessità; e infine sesto anno: il corpo del Grifondoro riverso a terra, il sangue che sgorgava dalla ferita sul fianco, alcuni giorni prima quando l’aveva inchiodato al muro e baciato sul collo e la bellissima sensazione di volare con lui sopra al lago nero.
Unì tutti quei ricordi in uno, unico e grande. Sì, forse non era particolarmente felice ma di sicuro era intenso, quello non si poteva negarlo.
Una nebbiolina azzurro-grigia fuoriuscì dalla sua bacchetta, prima lentamente e poi sempre più velocemente infittendosi pian piano. Poi cominciò a compattarsi andando a formare quattro possenti zampe con all’estremità zoccoli scuri, un manto liscio e curato e infine un paio di grandi corna sopra al muso lungo e affusolato.
Il cervo cominciò a galoppare intorno a lui e a Harry emanando un intensa luce cristallina.
Il Grifondoro allora chiuse gli occhi e si concentrò sui ricordi che aveva di Draco fino ad arrivare a pochi istanti prima, quando era con lui in groppa all’ippogrifo. “Expecto Patronum” disse e il solito cervo uscì dalla sua bacchetta unendosi a quello già presente del ragazzo al suo fianco. I Patronus sembrarono immobilizzarsi un paio di secondi, uno di fronte all’atro, e guardarsi intensamente negli occhi, poi si inoltrarono nel folto della foresta, correndo fianco a fianco, fino a che divenne impossibile scorgere la loro luce argentea. 
Harry prese entrambe le mani di Draco nelle sue e sorrise. Il biondo non aveva mai visto un sorriso così bello, un sorriso che esprimeva così tanto affetto. Che metteva in risalto la sua bellezza: i suoi lineamenti morbidi, le sue guance paffutelle, la sua carnagione perfetta, né troppo chiara né troppo scura, i suoi capelli scompigliati, le sue ciglia lunghe e i suoi occhi. Grandi e di un verde spettacolare. Draco avrebbe potuto perdersi ore a guardarli.
“A che cosa hai pensato sta volta?” chiese il moro in un sussurro. Sapeva che se il Patronus di Draco era passato da aquila a cervo, come lui, un motivo doveva pur esserci. 
Il biondo non riuscì a fermarsi e, dopo aver fatto un passo in avanti, attirò a sé Harry, una mano dietro alla sua schiena e l’altra nei suoi capelli neri e arruffati che così tanto adorava. “Lo vuoi sapere veramente?” chiese piano, in modo da essere sicuro che solo il ragazzo che in quel momento stringeva tra le sue braccia l’avrebbe sentito.
Harry alzò la testa verso di lui, essendo più basso, e incatenò i suoi occhi verdi a quelli azzurro-grigi del biondo. “Sì” disse.
Draco azzerò le distanze e, lentamente, poggiò le sue fredde labbra su quelle calde del moro indugiando un poco su di esse. E il Grifondoro non si tirò indietro, anzi immerse le mani nei capelli color platino del biondo che in quel momento luccicavano alla luce della luna, scompigliandoli.
Quel leggero bacio durò solamente un paio di secondi ma valse più di mille parole.
Harry si staccò leggermente dal viso di Draco e gli sussurrò a fior di labbra “Te l’ho già detto che mi piaci molto di più se i capelli non li pettini. Comunque… a cosa stavi pensando?”
Il Grifondoro sentì gli angoli della bocca del Serpeverde sollevarsi in un timido ma ampio sorriso “Stavo pensando a te… Harry”






 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 13 - tutta una finzione ***


Note dell'autrice:   Mi dispiace spoilerare ma vi devo dire che in questo capitolo saranno presenti scene di baci abbastanza dettaggliate. Se leggerle vi fa schifo o semplicemente vi da fastidio non fatelo. Ho racchiuso il paragrafo in questione fra una coppia di tre asterischi di colore rosso fatta così: ***  e che inizia e finisce con le parole "il Serpeverde".
Che sia chiaro, non è assolutamente nulla di così sconvolgente, ovviamente, ma essendo rating giallo preferisco avvisare piuttosto che ritrovarmi commenti con critiche e cose del genere.
A chi non da fastidio leggere capitoli così vi avviso che proteste sclerare per la troppa pucciosità dei nostri due protagonisti!
Ahahaha ok, qui quella che sclera sono io <3



 



Capitolo 13

tutta una finzione



No. No, no e poi No. Un enorme, gigantesco, inconfutabile No. Non poteva essere vero. Draco Malfoy non poteva avergli fatto quella “cosa” veramente. Si rifiutava anche solo di pensare alla parola che iniziava con la B. Eppure era tutto inutile rifugiarsi in speranze irreali perché la verità era che Sì, Draco gli aveva dato quella “cosa” con la B e lui aveva pure ricambiato. Forse era impazzito. Cazzo, era Malfoy, non una persona qualunque e per di più era un maschio!
Harry cercò di sprofondare ancor di più nella poltrona su cui era seduto e di pensare ad altro che non fosse quella “cosa”. Ma niente da fare, continuava a venirgli in mente il ricordo di quegli occhi di ghiaccio così dannatamente penetranti e vicini che l’aveva tormentato anche per tutta la notte, privandolo dalle ore di sonno.
L’unica cosa che ricordava dopo quella “cosa” era un Draco sorridente che lo invitava a venire con lui nella Stanza Delle Necessità la notte della vigilia di Natale e la sensazione di calore che invadeva il suo corpo tingendoli le guance di un rosso acceso prima di farlo scappare a gambe levate.
Un po’ gli dispiaceva per il Serpeverde, molto probabilmente ci era rimasto malissimo vedendo la sua reazione, però era anche vero che all’inizio l’adrenalina aveva preso il posto dell’imbarazzo e lui quella cosa con la B l’aveva ricambiata. Voleva scomparire. No, quello non era assolutamente lui. Probabilmente qualche strano spirito doveva aver comandato le sue emozioni oltre che al suo corpo, non c’era altro modo per spiegare ciò che aveva fatto.
Chiuse di scatto gli occhi, strizzandoli e scosse il capo per scacciare l’ennesima visione degli occhi del biondo dalla sua testa. Aveva bisogno di confidare questa “cosa” a qualcuno oppure sarebbe esploso nel giro di pochi giorni. Ma a chi?
Fortunatamente la situazione ideale si presentò a lui senza bisogno di fare sforzi.
 
 
Ron camminò verso Hermione, in quel momento su una panca e con alcuni libri di Aritmanzia aperti davanti, e le si sedette accanto. Le poggiò il palmo della mano sulla sua, quella che teneva aperto il testo alla pagina che stava leggendo, per attirare la sua attenzione.
Quando la ragazza si accorse di Ron arrossì lievemente e si affrettò a chiudere il libro per poi rivolgere tutte le attenzioni al ragazzo davanti a se. “Dimmi Ron” lo invitò a parlare.
Il rosso assunse un’espressione piuttosto preoccupata “Ecco, si tratta di Harry. E’ tutto il giorno che sta immobile e non parla, io ho provato a dirgli qualcosa ma lui sembra non accorgersi nemmeno della mia esistenza”
Hermione girò la testa verso il moro. Aveva lo sguardo vuoto e fisso in un punto imprecisato del pavimento e si mordeva distrattamente un labbro mentre si torturava nervosamente le dita delle mani. Si, in effetti vederlo in quello stato era parecchio preoccupante per uno come lui che di solito rideva e scherzava in continuazione.
“Secondo te che gli prende?” chiese Ron.
La ragazza sospirò rattristendosi. “Non ne ho idea…”
“Aspetta, ripeti quello che hai detto!”
Hermione corrugò la fronte. “Ho detto che non ne ho idea”
“Ragazzi! Per la prima volta nella storia la Signorina-So-Tutto-Io non sa rispondere ad una domanda! Questa me la devo segnare nel calendario!” esclamò il rosso euforico.
“Ma… va al diavolo Ronald Weasley!”
Ron ridacchiò poi scoccò un piccolo bacio sulla guancia di Hermione. “Dai, lo sai che stavo scherzando! – la ragazza non poté fare a meno di sollevare gli angoli della bocca in un grande sorriso ebete – Però mi chiedevo se tu, visto che io non sono bravo con le parole e lo sai bene, potessi fare qualcosa per tirarlo un po’ su! Mi dispiace vederlo così!”
Hermione annuì. “Dispiace anche a me, non è da lui comportarsi in questo modo. Vedrò cosa posso fare…”
“Grazie” disse Ron.
 
 
Harry quasi sussultò quando sentì la mano di Hermione poggiarsi sulla sua spalla distraendolo dai suoi pensieri.
Dopo essersi accomodata accanto all’amico la ragazza commentò gentilmente “Ti vedo un po’ giù di corda…”
Il moro alzò lo sguardo verso di lei. “Si… io non sono riuscito a dormire sta notte”
“E c’è un motivo particolare?”
Harry inspirò ed espirò profondamente, poi annuì.
“Ed è una cosa bella o brutta?” chiese la ragazza.
“Uh… Io non lo so. E’… complicato!”
Hermione prese una mano del ragazzo fra le sue e la strinse per dargli sicurezza. “Se vuoi parlarmene io sono qui”
Harry la guardò negli occhi, poi ripuntò lo sguardo in un punto imprecisato sul pavimento. Non se la sentiva di dirgli la verità, sarebbe stato troppo imbarazzante. Però era anche vero che aveva un estremo bisogno di confidare questa “cosa” a qualcuno.
Alla fine il bisogno di togliersi un peso dal cuore ebbe il sopravvento. “Ecco, vedi… c’è una persona…” sussurrò a disagio.
Hermione chinò il capo in un cenno amichevole per spronarlo a continuare.
“Questa persona mi ha dato un – si indicò impacciatamente le labbra – sulla bocca”
La ragazza gli rivolse un’espressione interrogativa. “Credo di non aver capito”
Il moro si morse l’interno di una guancia e si concentrò sul dolore per riuscire a dire la parola con la B. “Io, volevo dire che… questa persona mi ha dato un… bacio… sulla bocca”
Hermione sorrise. “E che cosa c’è di male? Dopo che Ginny ti ha lasciato non è quello che volevi? Trovare un’altra persona che ci tenga a te e che ti faccia felice?”
Harry s’incupì di colpo. “Io non lo so, forse sì ma… ecco, è molto più difficile di quanto pensi…”
La ragazza rafforzò la stretta “Allora scusami tanto ma credo di non aver afferrato il concetto”
Il moro fece una faccia esasperata, come se stesse per avere una crisi isterica. E in effetti non ci mancava molto che ce l’avesse. “Senti, non è facile dirtelo ma… questa persona, che mi ha dato quella “cosa” sulla bocca, ecco… non è una ragazza…”
Hermione corrugò la fronte.
“… ma è un ragazzo” terminò Harry.
L’amica riuscì a sussurrare solo un imbarazzato “Oh”. Non sapeva con certezza chi in quel momento si sentisse più in imbarazzo fra lei e il moro al suo fianco. “Scusa, io non pensavo…” si affrettò ad aggiungere ma la voce le si spense in gola.
“Non devi scusarti Herm. Non è colpa tua. A dire a verità non è neanche mia però, non ho deciso io di farmi…si insomma hai capito, da un ragazzo…”. Poi però si irrigidì di colpo ripensando al bacio.
La ragazza lo notò e nonostante stesse vedendo come si sentiva il suo amico in quel momento la curiosità ebbe la meglio. “E tu hai ricambiato vero?” chiese.
Harry la maledì e la ringraziò contemporaneamente. La maledì perché aveva un intuito troppo sviluppato e la ringrazio perché almeno si era risparmiato la fatica e l’imbarazzo di doverlo dire lui. Quindi, anche se il suo cuore perse un battito, alla fine sussurrò un leggero “Sì, l’ho fatto”
Hermione serrò le labbra e annuì un paio di volte poi le riaprì con uno schiocco non riuscendo a trattenersi. “E dimmi… ti è piaciuto?”
Il moro sgranò gli occhi, questo genere di domanda da lei non se l’aspettava proprio. Però, ora che ci pensava, gli era piaciuto? Aveva passato tutto il tempo a riflettere sul fatto di aver ricambiato e non gli era nemmeno passato per la mente il fatto che potesse essere stato bello o sgradevole. Avrebbe voluto dire No, non mi è piaciuto per niente. Ma sentiva che dire di No equivaleva a mentire così rispose con un “Forse”
La ragazza si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e procedette con un’altra domanda. Forse Harry non gli avrebbe mai risposto ma visto che era arrivata fin lì tanto valeva tentare. “Te la senti di dirmi chi è questo ragazzo?”
Il moro sentì improvvisamente un grosso nodo in gola e il respirò gli si bloccò per alcuni secondi. “Io… ehm… ecco… vedi… non credo sia il caso” biascicò mentre si torturava le labbra con i denti.
“Harry, non ti devi vergognare. Sono cose che capitano nella vita. Un momento prima sei così e un momento dopo sei diverso. Stessa cosa vale per le preferenze riguardo a ragazze oppure… beh, hai capito” cercò di tranquillizzarlo Hermione.
Harry deglutì rumorosamente “Non ci riesco, a dirtelo” confessò.
“Magari puoi provare a scrivermelo da qualche parte?” propose gentilmente la ragazza.
“No, no, meglio di no… Hermione – prese poi a parlare in modo più serio – se io ti dico chi è questa persona, tu mi prometti di non rivelarlo a nessuno?”
La ragazza sorrise. “Si, te lo giuro” rispose gentilmente accarezzando i capelli del suo amico con la mano libera.
Harry prese un respiro profondo, i battiti del cuore che rimbombavano veloci nella sua testa, e cominciò a sentire fin troppo caldo. “Hermione…” ripeté. Poi si morse un labbro e fu ben felice di sentire in bocca il sapore del sangue, per distrarsi. “Questo ragazzo… questo ragazzo è Draco Malfoy”
 
Per un momento tutto parve sprofondare nel silenzio più profondo.
Harry si rilassò completamente. L’aveva detto, ci era riuscito. E ora si sentiva maledettamente “leggero”.
Hermione invece non poté fare a meno di spalancare la bocca in un’espressione di puro stupore, però si riprese fin troppo velocemente. “Io in realtà lo sospettavo. Speravo di sbagliarmi ma l’avevo sospettato fin da quando mi avevi parlato di un ragazzo”
Il moro sgranò gli occhi. “T-tu come… come hai fatto?”
“Harry, ti conosco da ormai sei anni. Vedo le occhiate che vi lanciate durante le lezioni in comune oppure in Sala Grande e ho solo fatto due più due. In realtà pensavo, o forse speravo follemente, che fosse solo una forte amicizia ma non ho potuto fare a meno di notare che Malfoy… - si bloccò un attimo per la cosa che stava per dire - … a volte ti lancia sguardi che sembra si voglia mangiare il tuo corpo centimetro per centimetro”
La mascella del moro cadde letteralmente verso il basso senza che potesse farci nulla. “Lui… che cosa? Nah, non è possibile! Hermione ti prego dimmi che non sto diventando matto. Ho bisogno che tu me lo dica”
La ragazza sospirò tristemente “Penso che questo significherebbe mentire”
Harry si infilò le mani nei capelli e piegò la schiena in avanti appoggiando i gomiti sulle ginocchia. “Magnifico! Ci mancava solo questa!” esclamò esasperato.
Hermione si sentì subito in colpa e cercò di consolare il suo amico avvolgendolo in un abbraccio rassicurante. “Harry ti prego, non dire così! Non devi lasciarti distruggere da queste nuove preferenze, magari col tempo la cosa si risolverà ma adesso non importa. Quello che importa è che tu stia bene, non badare a quello che diranno o penseranno gli altri perché avranno sempre di che criticarti. Sono sincera, anche io non sono particolarmente felice di questa cosa con Malfoy, anzi non lo sono per niente, ma non posso impedirti di continuare per la tua strada”
“Hermione, forse non hai capito che a me non piace Draco!” replicò.
La ragazza abbassò lo sguardo. “Non devi nascondere i tuoi sentimenti…”
“Ma io…” biascicò il moro.
“Harry, rispondimi sinceramente, con la prima cosa che senti dentro”
Il ragazzo gli rivolse un occhiata interrogativa, non aveva capito dove voleva arrivare.
“Dimmi, che cosa provi se ti dico: Draco Malfoy”
Il moro senza rendersene veramente conto sparò fuori le prime sensazioni che provava al suono di quel nome. “Io sento i battiti accelerare e rimbombarmi nelle orecchie e una piacevole sensazione di calore nello stomaco che si irradia poi a tutto il resto del corpo come se fosse sangue che scorre bollente nelle vene. Ed è magnifico perché… ma che cazzo?!” esclamò con una vocetta isterica e arrossendo violentemente quando si rese conto di ciò che stava dicendo.
“E’ inutile che neghi, lui ti piace. Io non posso esserti molto d’aiuto Harry però posso dirti questo: Se davvero pensi che fidarsi di lui sia la cosa giusta, allora segui il tuo cuore”. Poggiò una mano sul petto del suo amico e sorrise gentilmente, poi se ne andò senza dire più nulla.
Harry mise la mano nello stesso punto dove prima c’era quella della sua amica, sopra il suo cuore. “Grazie” sussurrò talmente piano da non farsi nemmeno sentire.  
 
 
Hermione tornò da Ron ancora un po’ scossa per le dichiarazioni di Harry ma comunque felice per essere riuscita a tirargli su il morale. Dopotutto, se il suo migliore amico era triste, lo era anche lei, per questo non poteva sopportare di vederlo abbattuto.
“Allora, allora?! Cosa ti ha detto?” chiese Ron impaziente di sapere.
“Mi ha chiesto di non dirlo a nessuno. E di certo non posso biasimarlo, è in una situazione più che complicata. Ti prego di portare pazienza, ora come ora non ha il coraggio di dirtelo per paura che tu possa prenderla male” gli rispose gentilmente la ragazza.
Il rosso guardò lei poi Harry che, anche se era nella stessa identica posizione di prima, sorrideva come un ebete, e poi di nuovo lei. “Hermione…” sussurrò. Fece un passo avanti e, forse più rosso dei suoi capelli, avvolse la ragazza in un abbraccio stritolante per poi mormorare sorridendo “Grazie di esserci sempre”
Lei sorrise timidamente. “Siete i miei migliori amici” disse soltanto per poi ricambiare l’abbraccio.
 
 
Harry si aprì in un sorriso a 32 denti guardandoli. “Era ora!” pensò solamente.
E poi beh, era ora anche per lui! Voleva essere felice, come lo erano Ron e Hermione in quel momento.
E per farlo doveva seguire il suo cuore. Tanto cosa costava provarci?
Chiuse gli occhi e la figura di Draco comparve nella sua mente facendoli provare quella strana sensazione di calore che prima aveva descritto alla sua amica e che ora che se ne rendeva conto era vera.
Si rilassò sprofondando nella poltrona rossa della sua Sala Comune.
Ora, nel suo cuore, era impressa solamente una cosa, o una persona per dirla meglio: Draco Malfoy.
E non aveva più paura ad ammetterlo.  
 
 
*****  

 
Era la sera della vigilia di Natale e Draco era seduto a terra, schiena contro il muro e gambe strette al petto mentre si masticava le unghie distrattamente, senza accorgersi che praticamente si stava mangiando la carne intorno ad esse. Aveva lo sguardo fisso su un punto imprecisato del pavimento da non sapeva nemmeno lui quanto tempo, un’ora, cinque ore, un giorno? Non riusciva più a fare pensieri sensati, era fuori di se dal nervosismo.
Sentì l’orologio d’argento dentro al suo taschino fare un rintocco più forte degli altri. Senza riuscire a fermare il tremolio delle sue mani lo estrasse e guardò l’ora: le undici. Potter sarebbe arrivato di lì a poco, se non era già fuori dalla porta ad aspettarlo.
Draco nascose la testa in mezzo alle ginocchia e cominciò a dondolare avanti e indietro mentre singhiozzava. Ma non li uscì alcuna lacrima, ormai le aveva già consumate tutte a forza di piangere e piangere e piangere ancora. Non aveva fatto altro per il resto della settimana, non aveva mangiato, non aveva dormito, non aveva fatto niente di niente, era rimasto solamente lì incollato alla parete mentre pozzanghere di lacrime si formano attorno a lui. Era già tanto se aveva bevuto qualcosina, ma non sapeva dirlo con certezza perché era talmente sconvolto che il suo cervello non riusciva più a connettersi al mondo reale. E, come se non bastasse, il marchio nero non aveva fatto altro che bruciare dolorosamente, era il Signore Oscuro che lo avvertiva. Come se gli dicesse “Sbrigati, guarda che hai solo una settimana per portarmi Potter, se non lo farai provvederò a uccidere tua madre”. Ma l’unica cosa che era riuscito a fare era aver detto a Harry di presentarsi davanti alla Stanza Delle Necessità alle undici della vigilia di Natale perché doveva mostrargli una cosa. E il Grifondoro, anche se assurdamente imbarazzato per il bacio nella foresta, aveva accettato, ormai si fidava di lui.
Ma non faceva bene a fidarsi, tanto lui l’avrebbe solo portato a morire e la loro recente amicizia, che per Draco, forse, era anche qualcosina di più, sarebbe svanita nel nulla. Con il risultato che il Serpeverde avrebbe cominciato ad odiare se stesso ancora di più di quello che già faceva.
Toc-toc-toc!
Draco sentì dei colpi dall’altra parte della parete dove stava appoggiato lui. Sicuramente era Potter.
Cercò di alzarsi e fu in quel momento che si accorse di quanto era debole, dovette appoggiare una spalla alla parete per riuscire a tenersi in piedi.
Mosse un piccolo passo. Le ginocchia rischiarono di cedergli ma con uno sforzo che li parve sovrumano riuscì a non cadere a terra. Mosse un altro passo con le gambe che tremavano come foglie, poi un altro e un altro ancora. La testa gli girava e pulsava dolorosamente. Ma per quanto tempo era stato fermo? Quasi non riusciva a comandare i muscoli del suo corpo.
Si fermò davanti al grande portone di legno Della Stanza Delle Necessità e poggio una mano tremante sulla maniglia tonda respirando profondamente.
Fra poco sarebbe stato tutto finito, lui poteva concentrarsi solo su Silente, sua madre sarebbe stata sana e salva e avrebbe continuato a vivere pacificamente, se così si poteva dire visto che stava sotto lo stesso tetto del Signore Oscuro.
Estrasse la bacchetta dalla tasca dei pantaloni.
Doveva farlo, per sua madre.
Aprì leggermente il portone e fece segno ad Harry di entrare.
Il moro si richiuse la porta alle spalle sorridendo felice e si avvicinò al biondo che fu costretto ad abbassare lo sguardo. Come faceva a guardarlo negli occhi se fra neanche cinque minuti sarebbe morto?
“Ciao Draco, io volevo ringraziarti. Grazie alle tue spiegazioni ho preso una E in Pozioni. Ti rendi conto? Sono felicissimo…” il Grifondoro si fermò quando vide il viso del Serpeverde. Gli occhi erano spenti e circondati da profonde occhiaie che andavano dal viola al bluastro al verde. La pelle, doppiamente più pallida del solito, sembrava spezzarsi da quanto era tirata sugli zigomi. I capelli erano completamente in disordine e sembravano rispecchiare il resto dell’aspetto, avevano pure assunto uno strano colorito grigiastro. I vestiti solitamente perfetti gli ricadevano larghi sulle spalle, era dimagrito da far paura. Gli occhi non riusciva a vederli perché teneva lo sguardo basso. Sembrava quasi uno zombie.
“Stai bene?” chiese il Grifondoro avvicinandosi a lui ma Draco lo allontanò puntandogli la bacchetta dritta nel petto.
“Non avvicinarti!” lo minacciò.
Harry assunse un aria piuttosto preoccupata. “Che ti prende?”
“A me? Nulla, io sono perfettamente normale” rispose il biondo con una nota isterica nella voce.
Il moro cercò nuovamente di avvicinarsi ma il Serpeverde premette la punta della bacchetta sulla sua gola, spingendola in profondità. Il Grifondoro allora si allontanò. “Spiegami cos’hai, lascia che ti aiuti” disse in tono gentile.
“Tu non puoi aiutarmi! Sono capace benissimo da solo, hai capito?” urlò. L’eco delle sue grida si sparse per tutta la stanza.
Harry indietreggiò di un altro passo sgranando gli occhi, un po’ spaventato.
“Ora, è meglio se mi obbedisci e fai tutto quello che voglio io. In caso contrario sono piuttosto bravo con la maledizione Cruciatus e non penso che tu ci tenga tanto a provarla. Giusto?”
Il moro alzò le braccia in segno di resa. “E’ uno scherzo? Tutto questo… e uno scherzo vero?”
Draco ghignò malignamente. Il Grifondoro sentì come una stretta al cuore, era da tempo che non si comportava più in quel modo e non riusciva a capire cosa gli stesse succedendo. “Ti sembra uno scherzo? Mi stai forse prendendo in giro Sfregiato?” chiese. Ma sta volta non lo disse in tono gentile come faceva di solito. “Seguimi!” ordinò poi nel tono più freddo possibile che aveva.
Harry annuì. Poi, all’improvviso, estrasse la bacchetta puntandola verso il biondo ma non fece neanche in tempo a pensare all’incantesimo da usare che Draco con un semplice “Expelliarmus!” gliela tolse di mano e la prese al volo infilandosela in tasca. Aveva previsto in anticipo quella mossa da parte del moro. Di nuovo ghignò. “Non tentare di fregarmi Potter!”
Harry deglutì preoccupato, ora era completamente indifeso. Non aveva scampo. Si fece condurre per i mucchi di oggetti accatastati fra loro fino ad uno strano armadio, coperto da un telo bordeaux, con la fastidiosa punta della bacchetta di Draco conficcata in mezzo alle costole.
Il Serpeverde tolse il telo da sopra lo strumento e lo getto a terra malamente, continuando a tenere il Grifondoro sotto tiro. Con mano tremante aprì le ante dell’armadio svanitore poi si girò verso Harry continuando a non guardarlo negli occhi. “Entra!” gli ordinò sforzandosi di tenere ferma la voce, ma non lì usci più di un roco sussurro.
Il moro guardò prima Draco poi il grande oggetto, lo stesso che avevano visto da Magie Sinister quell’estate, ma non si mosse.
“Ti ho detto di entrare!” urlò il biondo. E quell’urlo pieno di cattiveria fece star male Harry più di ogni altra cosa.
Il Grifondoro avanzò di un passo verso l’armadio, cosa poteva fare? Non gli veniva in mente niente.
“Muoviti!” gridò in maniera disperata il biondo conficcandogli la bacchetta su un fianco.
E il moro fece un altro passo, poi un altro. Sentiva le gambe pesanti e il cuore gli batteva all’impazzata. Si fermò davanti allo strumento e si girò verso il ragazzo biondo dandogli le spalle “Dimmi cosa sta succedendo…” sussurrò.
Il Serpeverde fece un passo indietro, la mano con la bacchetta che tremava terribilmente, ma non rispose.
“Guardami. Guardami in faccia e dimmi cosa sta succedendo” disse Harry.
Ma il biondo restò immobile così com’era in quel momento. Non poteva alzare lo sguardo su di lui o dopo non avrebbe più avuto il coraggio di mandarlo dentro all’armadio svanitore.
“Guardami! Ti ho detto di guardarmi! Guardami in faccia se ne hai il coraggio!” si ritrovò quasi ad urlare il moro.
Una lacrima scivolò sulla sua guancia del Serpeverde e cadde a terra. No, non aveva il coraggio di guardarlo. Era tropo fragile, era troppo debole per farlo.
“Guardami… se veramente ci tieni a me, allora guardami” ripeté Harry.
Il biondo fece un altro passo indietro e un'altra lacrima scivolò sul suo viso. Il suo braccio tremava terribilmente, così tanto che non riuscì più a tenere in mano la bacchetta che cadde rotolando sul pavimento.
“Draco, ti prego. Guardami” disse il moro, per l’ultima volta.
Al suono del suo vero nome il Serpeverde si decise ad alzare lo sguardo e non poté fare a meno di incatenare i suoi occhi con quelli verdi del Grifondoro, non riuscendo più a staccarli.
Non seppe da dove gli arrivò il coraggio per parlare. “Potter, io ti ho ingannato per tutto questo tempo…” mormorò con la voce roca e tremante “Il Signore Oscuro mi aveva dato una missione. Dovevo fare in modo che tu ti fidassi di me in modo da condurti senza difficoltà in questa stanza e farti passare attraverso quell’oggetto. Si chiama armadio svanitore e può trasportare qualsiasi cosa, animale o persona ad un armadio gemello. In questo momento Tu-sai-Chi si trova dall’altra parte, bacchetta alla mano, pronto ad ucciderti prima che tu te ne renda conto”
Il cuore di Harry sembrò fermarsi per un momento, come il suo corpo. Poi però si riscosse a annuì tristemente. “Quindi ciò che è successo tra di noi… era tutta una finzione?” sussurrò con la voce spezzata e le lacrime che minacciavano di uscire.
Draco sentì le gambe cedere un po’ e dovette sforzarsi di rimanere in piedi. “Ha minacciato di uccidere mia madre…” disse soltanto.
“Ti ho fatto un’altra domanda. – mormorò il moro, occhi bassi e voce spenta – Tu non mi hai mai veramente considerato un amico, hai finto soltanto… Vero? E… l’altro giorno… mi hai quasi ficcato la lingua in gola solo perché mi fidassi di te?!”
Il biondo sentì il rintocco del suo orologio che segnava le undici e mezza. Altre lacrime gli scivolarono sul viso mentre tremava dalla testa ai piedi. “No, io non ho finto nulla. All’inizio sì ma poi ho capito veramente cosa si prova a starti accanto. Ho capito che ho sbagliato ad odiarti, in tutti questi anni. Che mi sono solo rovinato la vita… fidati di ciò che dico!”
“E come faccio a fidarmi dopo tutto quello che mi hai fatto?!?! Spiegami, come faccio?!?! Avanti, inventa un’altra delle tue scuse patetiche!” urlò il moro. Ormai la rabbia aveva preso il posto delle tristezza.
Qualcosa in Draco si ruppe, si sentì andare in pezzi al suono di quelle parole. Non rispose, non sapeva cosa dire e non sapeva nemmeno se a parlare ci sarebbe riuscito.
Il moro sospirò “Lo vedi? Non sei neppure capace di ammettere i tuoi sbagli!”
“Mi dispiace…” sussurrò allora il biondo.
Harry ridacchiò sarcastico. “Ti dispiace? Ti aspetti veramente che io ti creda? Prima rischi di uccidermi, poi mi prendi per il culo per mesi, giochi con i miei sentimenti, fai credere a tutti di aver capito i tuoi sbagli e di essere cambiato quando non è vero niente e l’unica cosa che sai dire e che ti dispiace?!?! Si certo… proprio un bell’amico sei! Complimenti! Spero che ora sarai felice di come ti sei comportato…”
Draco si sentì andare in pezzi ancor di più. “Io…” biascicò.
“Tu? Tu cosa Draco? Cosa vuoi dire ancora? Lo sbaglio l’hai già fatto e non puoi più tornare indietro!” il moro sospirò e abbassò lo sguardo. “Io non ho ancora capito cosa sei… smettila di nasconderti dietro a comportamenti che non ti appartengono e si te stesso. Il te stesso che ho visto l’altro giorno in biblioteca, il te stesso che ho visto l’altra notte nel bosco, sempre se non stavi fingendo. Perché è quello che tu sei realmente! Non una persona che vuole sempre essere superiore a tutti. Io penso che ci sia anche del buono nel tuo cuore. E allora, se ne hai il coraggio, dimostrami che ho ragione. Dimostrami se veramente sei mio amico e se veramente mi vuoi bene!”
Il Serpeverde non seppe da dove gli venne il coraggio ma avanzò di un paio di passi verso il Grifondoro. “Io posso mostrarti quello che provo – sussurrò – ma tu… tu devi lasciarmelo fare”
“Che cosa devo lasciarti…?”
Il moro non fece in tempo a finire la frase perché le labbra di Draco si poggiarono delicatamente sulle sue. Si irrigidì di colpo, le braccia dritte lungo i fianchi e i pugni stretti.
Al biondo parve quasi di baciare una statua e avvertì il disagio dell’altro ragazzo così si staccò da lui per dargli il tempo di ritirarsi, se voleva.
Il Grifondoro riprese lentamente il controllo del suo corpo che si era automaticamente immobilizzato. Sentì le braccia rilassarsi, i pugni sciogliersi dalla stretta, le gambe improvvisamente molli e la famigliare sensazione di calore nello stomaco. Avvertì poi il caldo respiro del biondo solleticargli il viso e si sentì andare a fuoco la faccia dall’imbarazzo. Draco l’aveva fatto di nuovo, perché? Perché l’aveva baciato ancora? E d’improvviso, nella sua testa, sorse un'altra domanda che lo fece arrossire doppiamente: perché di colpo si era fermato? Quasi come se si aspettasse che continuasse.
Aprì piano le palpebre, che aveva chiuso senza accorgersene, e guardò il ragazzo davanti a se che se ne stava semplicemente immobile, a fissarlo. E in quel momento capì anche il perché. Se ne stava così per dargli il tempo di riflettere, di decidere se voleva farlo sì o no, di spostarsi se voleva.
La sua mente e il suo buonsenso dicevano: Cazzo, spostati subito!  Ma il suo corpo invece diceva: Resta lì imbecille!
La decisione su chi dare ascolto spettava solamente a lui.
“Fallo” sussurrò allora, senza riuscire a nascondere una nota di imbarazzo nella voce tremante.
Draco si avvicinò di alcuni centimetri, poi si bloccò di nuovo. Non voleva obbligare Harry in alcun modo quindi decise di dargli altro tempo per scostarsi se non se la sentiva.
Il Grifondoro chiuse gli occhi. “Fallo – ripeté – Fallo prima che mi renda conto di quanto sia assurdamente pazza e insensata questa cosa”
***  Il Serpeverde allora sorrise e di nuovo poggiò le labbra su quelle dell’altro ragazzo.
Harry sentì il battito cardiaco accelerare di colpo e cominciò ad avvertire strane sensazioni, tra le quali un piacevole pizzicore sottopelle. Senza veramente sapere ciò che stava facendo, in maniera piuttosto impacciata, chinò un po’ il capo in avanti per aumentare la pressione fra le loro bocche. Se ne vergognò parecchio: numero 1 non sapeva come baciava, se bene o male e numero 2 le mani, dove doveva metterle quelle?
Per fortuna alla seconda ci pensò Draco. Lo sollevò da terra e lo inchiodò al muro, cosicché la sua schiena fosse poggiata ad esso, mentre gli teneva una mano sotto al ginocchio e l’altra nei morbidi e folti capelli neri che tanto adorava. In quella maniera Harry era perfettamente alla sua altezza. Gli tolse delicatamente gli occhiali, avvertendo la fastidiosa montatura che gli batteva sul naso, poi avvicinò il viso al suo lasciandosi inebriare dal profumo.
Il moro rabbrividì sentendo il fiato di Draco solleticargli la pelle mentre i loro respiri si mescolavano. Alla fine si fece coraggio e dopo aver preso la testa del biondo fra le mani azzerò definitivamente le distanze tra di loro ricongiungendo la bocca alla sua.
E pian piano tutto divenne più intenso, più “proibito”. Le labbra cominciarono a schiudersi e le lingue a intrecciarsi e a rincorrersi, come in una specie di gioco.
Proprio mentre Harry stava per perdere definitivamente la lucidità Draco si staccò da lui e rimase così immobile per un po’. Quando il moro capì che non si era allontanato solo per riprendere fiato corrugò la fronte, confuso. Il Serpeverde allora fece un sorrisetto malizioso poi si avvicinò di nuovo e lasciò un piccolo bacio sulla guancia del Grifondoro, poi si spostò sulla mascella e continuò a poggiare le labbra tre, quattro, cinque volte spostandosi verso l’orecchio. E il Grifondoro lo lasciò fare perché gli piaceva eccome. Ogni volta che il Serpeverde lasciava un piccolo bacio sulla sua pelle una specie di scossa lo attraversava da cima a fondo. Mise le mani dietro la sua schiena e lo attirò di più a se riducendo ancora lo spazio fra di loro e sporgendo la gola in fuori per spronarlo a continuare. Malfoy, vedendo che gli piaceva, cominciò a scendere lentamente giù per tutta la lunghezza del suo collo, solleticandolo con il respiro. Quando arrivò appena sopra la clavicola Harry non riuscì a trattenere un piccolo gemito di piacere e se ne vergogno parecchio, si sentiva una femminuccia a reagire in quel modo. Draco invece se ne compiacque e continuò a giocare con i suoi lembi di pelle volendo fargliene sfuggire altri. E ci riuscì, ci riuscì eccome.
Il Grifondoro si sentì sciogliere sotto a quei tocchi delicati e cominciò ad avere seriamente caldo, pareva che il sangue gli scorresse bollente nelle vene. Non poté fare a meno di piantare le unghie sul tessuto del maglione del Serpeverde all’ennesimo bacio sul collo.
“Non provocarmi” sussurrò il biondo all’orecchio di Harry.
“Altrimenti?” chiese quello.
Draco esitò un attimo. “Altrimenti vedrai” disse maliziosamente. Mentre il moro sorrideva sentì il suo corpo riprendere vita e si dimentico delle condizioni in cui era. Si dimenticò di lui stesso e, semplicemente, si lasciò andare. Sollevò Harry ancor di più da terra, con una forza che neanche sapeva di avere, portandolo ancora più in alto. Dovette alzare la testa e allungare il collo verso di lui per arrivare a guardarlo negli occhi.
Harry strinse le ginocchia attorno ai fianchi del biondo e incrociò i piedi dietro la sua schiena in modo da fare leva su di essi e riuscire a tenersi su, poi gli infilò le mani nei capelli color platino e si chinò sul suo viso continuando a baciarlo passionatamente.
Qualcosa esplose nel petto di Draco facendogli dimenticare tutto. Il dolore, la tristezza, la paura. Cancellò dalla sua testa il passato e il futuro, ciò che aveva fatto e ciò che avrebbe dovuto fare più avanti e penso solo al presente. Al ragazzo davanti a sé che in quel momento gli stava esprimendo il suo affetto nel migliore dei modi.
Continuando a sostenerlo lo staccò dal muro e lo poggiò delicatamente a terra, ora era lui a essere più alto del moro.
Si separarono un attimo, giusto il tempo per riprendere fiato.
Poi Harry lo abbracciò sul collo tirandolo in basso, verso di se, e continuando a baciarlo. Gli piaceva la sensazione delle labbra fredde del biondo sulle sue e gli piaceva sentirsi più piccolo di lui. Vederlo lì, in tutta la sua altezza, e stargli affianco gli dava un senso di sicurezza totale.
Draco inchiodò di nuovo il Grifondoro al muro, una mano a lato della sua testa e l’altra sul suo fianco. Un dito scivolò per sbaglio sotto alla felpa di Harry poggiandosi sulla sua pelle.
Il moro rabbrividì al tocco freddo del biondo. Cinse il Serpeverde per i fianchi attirandolo a sé ancor di più e azzerando definitivamente le distanze tra i loro corpi, poi ribaltò i posti inchiodando sta volta lui al muro e, dopo avergli poggiato la testa su una spalla, fece scivolare una mano sotto alla sua camicia accarezzandogli piano la schiena.
A Draco mancò il fiato per un paio di secondi e fu il suo turno di lasciarsi sfuggire qualche gemito. Il Grifondoro allora sorrise malefico e gli piantò le unghie sulla pelle vicino alla cintura dei pantaloni, senza fargli male, ma provocandolo ancor di più. Il biondo inarcò automaticamente la schiena e si lasciò accarezzare dalla mano di Harry esageratamente calda, che in quel momento scorreva lenta verso le sue scapole, abbandonandosi a quella sensazione di piacere. Ora non sentiva più nulla, solo il calore che emanava il corpo del moro e il suono dei loro cuori che battevano all’unisono. Si rese conto di aver tenuto gli occhi chiusi per tutto il tempo così li aprì lentamente trovandosi davanti quelli verde foresta del moro talmente vicini che riusciva a rispecchiarsi in essi. Rimase ad ammirare le particolare pagliuzze dorate che risplendevano in essi, nonostante la stanza non fosse particolarmente illuminata.
E Harry fece lo stesso. Si incantò a guardare le varie sfumature degli occhi del Serpeverde che andavano dal grigio chiaro all’azzurro cielo e che in quel momento sembravano essersi scaldati. Sì, forse, in quel momento era riuscito finalmente a sciogliere il ghiaccio che racchiudeva i suoi occhi e il suo cuore e a farlo comportare come il vero se stesso, come il vero Draco. Quello che a lui piaceva.
*** Il Serpeverde sapeva di essere quasi arrivato al limite quindi, con la poca lucidità che gli era rimasta, si staccò per primo facendo un passo indietro. Guardò il moro sorridendo e gli rimise cautamente gli occhiali scostandoli poi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Poi però si fece subito serio. “Harry… devi andartene. Subito. Prima che il Signore Oscuro si renda conto che non ho compiuto la missione da lui affidata”
Il Grifondoro annuì tristemente “Cosa succederà a te?”
“Non ne ho idea” sussurrò.
Harry si avvicinò di nuovo a lui fino a che i loro visi furono a pochi centimetri di distanza “Draco, ti rendi conto che fra noi non sarà più come prima? Ti sei preso gioco di me e anche se mi hai dimostrato di esserti reso conto di aver sbagliato lo sai che perdonarti non sarà facile. Ti ho donato il mio tempo ma tu l’hai solo sprecato. Ti ho donato la mia fiducia e tu l’hai tradita. Io non mi fido più di te. E non so se ricomincerò a farlo in futuro. Mi dispiace ma non posso considerarti un amico, non più ormai…”
Mentre annuiva tristemente una lacrima scivolò sul viso del biondo.
Il moro li poggiò una mano sulla guancia asciugandogliela e guardandolo negli occhi un’ultima volta poi si riprese la bacchetta dalla tasca dei pantaloni del Serpeverde e si voltò dall’altra parte dandogli le spalle. Percorse la distanza che lo separava dalla parete-porta e l’apri cautamente. “Addio Draco” disse, prima che il portone si chiudesse dietro di lui con un leggero tonfo.
Le gambe del biondo non ressero più e non poté far altro che accasciarsi a terra e piangere. Di nuovo, come se in quella settimana non l’avesse già fatto abbastanza.
Appoggiò la testa alle ginocchia mentre si teneva la pancia con entrambe le mani. Si sentiva lo stomaco vuoto e non era perché era da molto che non mangiava ma perché Harry l’aveva abbandonato. Gli aveva detto che probabilmente non l’avrebbe mai più perdonato e che non si fidava più di lui.
E adesso si sentiva in pezzi, forse anche peggio di quella sera nel bosco.
Ma sta volta nessuno l’avrebbe aiutato. Nessuno l’avrebbe abbracciato e consolato.
Se lo meritava, se lo meritava eccome!
Non gli erano bastati cinque e passa anni per capire che aveva sbagliato. No, era stato uno stupido! Gli erano state aperte due strade: una per la via del bene e una per la via del male. E lui, per l’ennesima volta, aveva fatto la scelta sbagliata.
E di nuovo, era solo colpa sua…
 
 
Draco sentì il rintocco del suo orologio da taschino che segnava la mezzanotte.
Una strana nebbiolina fuoriuscì dall’armadio svanitore e quando si disperse un po’ si poterono distinguere distintamente le sagome di Bellatrix, Greyback e Avery. Tutti avevano la bacchetta puntata sul biondo e ghignavano maligni.
Prima che potesse fare qualsiasi movimento si sentì legare improvvisamente i polsi e le caviglie mentre una grossa benda gli si ficcava in bocca impedendogli di produrre un qualsiasi suono.
Cercò di dimenarsi ma più si muoveva più le corde si stringevano attorno ai suoi arti quindi lasciò perdere e non oppose resistenza, tanto non sarebbe servito a nulla.
Venne sollevato in aria da un semplice incantesimo e poi sbattuto con forza dentro all’armadio svanitore. Gli mancò il respiro per un paio di secondi a causa del impatto improvviso con la superficie in legno.
“Molto bene caro nipotino! – Bellatrix ridacchiò con una voce pazza e gracchiante – Vedo che non hai svolto la missione. Ma chi sono io per dirti ciò che dovevi o non dovei fare? Adesso te la vedrai con il Signore Oscuro in persona, imparerai a non obbedire!” esclamò.
L’unica cosa che poté fare il Serpeverde fu rabbrividire e deglutire rumorosamente.

La fredda e agghiacciante risata dei mangiamorte fu l’ultima cosa che si sentì prima che le ante dell’armadio svanitore si chiudessero. Poi la Stanza Delle Necessità piombò nel silenzio più totale…












 

Note dell'autrice: Eccomi di nuovo qui! Probabilmente qualcuno di voi penserà: "Che rottura! Ci ha già fatto la predica sopra!"
E invece...
Inanzitutto volevo scusarmi se vi ho fatto attendere molto per questo capitolo, lo so che avevo promesso che avrei pubblicato ogni due/massimo tre giorni ma sono stata in vacanza e non ho potuto fare in altro modo. Inoltre, come avrete sicuramente notato, è più lungo degli altri e essendo anche uno dei capitoli fondamentali per lo sviluppo di questa fanfiction ho impiegato più tempo a scriverlo volendo soffermarmi su vari particolari.

Come vi è sembrato?
Se vi va di lasciarmi anche solo una piccola recensione sarei felicissima.
Spero di essere riuscita a farvi capire il casino che c'è nella testa di Harry e la difficoltà della scelta di Draco che, come avete letto, alla fine ha deciso di lasciare andare il Grifondoro oltre ad avergli mostrato i suoi sentimenti. Il mio intendo era sì quello farvi felici con la scena del bacio ma anche di lasciarvi l'amaro in bocca per il comportamento di Harry, che ha chiaramente detto al Serpeverde che ormai non si fida più di lui e che non sa se tornerà a farlo in futuro. E poi dove staranno portando il nostro Draco i mangiamorte? E i rapporti tra i protagonisti si riappacificheranno prima o poi?
Beh, lo scopriremo nei prossimi capitoli.

Grazie ancora a chi ha messo la storia fra le preferite, seguite e ricordate ma anche a chi legge in silenzio. Un grazie particolare va a chi ha recensito la storia!
Ci vediamo fra un paio di gioni con il prossimo capitolo.
Un bacione a tutti! <3

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 14 - la cicatrice ***


Capitolo 14

la cicatrice



Draco si svegliò di colpo con un certo peso sullo stomaco. Aprì gli occhi e cercò di asciugarsi le perle di sudore che gli inzuppavano la fronte ma quando provò a muovere le mani sentì chiaramente delle corde che gli tenevano bloccati i polsi incrociati e appesi sopra alla sua testa, fissati ad un chiodo su un muro di mattoni. Gli diede uno strattone, poi un altro, ma l’unico risultato che ottenne fu quello di gemere dal dolore mentre le corde si stringevano ancor di più. Ci rinunciò in fretta, cercando di calmarsi, e cominciò a far vagare lo sguardo nella stanza: era quasi completamente buia eccetto la poca luce che passava attraverso le sbarre di una porta di ferro cui, dietro alle fessure, si poteva scorgere una scalinata in pietra scura e, più in alto, una porta di legno usurato. Le pareti erano sudice e nell’aria alleggiava un odore di polvere e carne in putrefazione. La riconobbe all’istante grazie ai ricordi che quel posto gli risvegliò nella mente.
Si ricordava di una volta, quando era piccolo, in cui aveva disobbedito a sua padre e si era ritrovato un intera giornata senza nulla da mangiare intrappolato in quella stanzetta buia: la prigione dei sotterranei del Malfoy Manor.
“Che ti sia di lezione!” aveva detto Lucius dopo averlo finalmente lasciato uscire. Non aveva mai più disobbedito a suo padre dopo quell’episodio.
In quel momento si sentiva scosso e, nonostante fosse seduto, la testa gli girava pericolosamente. Aspettò un attimo che quel senso di nausea si attenuasse poi cercò di mettersi comodo in qualche modo mugolando infastidito perché poteva quasi dire con certezza che le sue chiappe, a forza di stare schiacciate sul pavimento, avevano assunto una forma quadrata. Il risultato che ottenne però fu solo quello di rischiare di slogarsi una spalla dato che la corda che gli teneva bloccati i polsi non gli permetteva di stare in altra posizione. Così rimase in quel modo, mezzo seduto, pregando che qualunque cosa stesse per succedere sarebbe successa, e in fretta.
 
Si pose delle domande:
Perché era lì?
Da quanto tempo?
Chi l’aveva portato?
Perché?
 
Poi la porta di legno in cima alla scalinata si aprì di colpo e quando Voldemort fece il suo ingresso nella prigione puntando i suoi malvagi occhi rossi su di lui i ricordi lo assalirono di colpo.
 
Si ricordò la Stanza Delle Necessità...
L’armadio Svanitore…
Harry…
Il viso di Harry a pochi centimetri dal suo…
L’orologio da taschino che segnava la Mezzanotte…
Le corde che lo legavano…
La fredda risata dei mangiamorte...
Un lampo di luce rossa probabilmente proveniente da uno schiantesimo…
E poi il nulla…
 
Il Signore Oscuro si passo la bacchetta nel palmo di una mano sfregandola contro la pelle pallida e morta. “Buon Natale Draco…” sibilò con la sua solita voce fredda.
Il biondo non poté fare a meno di rabbrividire.
“Vorresti gentilmente spiegare al tuo Signore il motivo per cui non hai svolto la missione?”
Il Serpeverde non rispose, si limitò a deglutire intimorito.
Voldemort a quel punto lanciò uno sguardo penetrante al ragazzo seduto a terra che si affrettò a distoglierlo per impedirgli di leggergli la mente, ma non fu abbastanza veloce. Il mago davanti a lui era un abilissimo Legilimens.
“Oh, questa non me l’aspettavo proprio – disse, fingendo di essere sorpreso – vedo che hai fatto fin troppo conoscenza con il nostro amichetto Potter! Beh, vediamo un po’, perché non mi racconti di ciò che avete fatto insieme?” ghignò malefico e punto la bacchetta su Malfoy lanciandoli la maledizione Imperius e costringendolo a guardarlo negli occhi per riuscire ad entrare nella sua testa. “Si, devo dire che siete proprio carini quando vi sbaciucchiate come se non ci fosse un domani… Dimmi Draco, è per questo che l’hai lasciato andare? Per non perdere il tuo schiavetto sessuale?”
“LA SMETTA!” urlò il biondo riuscendo a resistere alla maledizione per un paio di secondi.
Voldemort abbassò la bacchetta compiaciuto. “Forse ci sarà un'altra cosa per cui mi dirai, anzi pregherai, di smetterla”. Si girò verso la scalinata. “Bellatrix, Dolohov! Portatela dentro!”
I due mangiamorte comparvero sulla soglia a braccetto con Narcissa Malfoy che scendeva passo per passo i gradini con lo sguardo basso e l’espressione completamente rassegnata, senza opporre resistenza.
“MADRE! MADRE!” urlò Draco dimenandosi con il solo risultato che le corde si stringessero ancor di più ai suoi polsi “Ahia…” mugolò.
“Fa giusto un po’ di male vero?” chiese Dolohov al biondo in tono sarcastico.
Quello gli rivolse uno sguardo inceneritore. “LASCIATELA ANDARE!” urlò poi riferendosi alla madre.
“Perché dovremmo farlo?” sibilò il mangiamorte.
“Perché…” le parole gli morirono in gola quando Voldemort avanzò di un passo verso Narcissa, il mantello che frusciava alle sue spalle. “Non mi hai portato Potter entro il giorno prestabilito? Non è un problema mio… Ne pagherai le conseguenze!”. Si avvicinò di un altro passo.
“NON TOCCARLA! LASCIALA STARE!” gridò il Serpeverde.
Il Signore Oscuro però si avvicinò ancora a lei.
“La prego! Uccida me piuttosto ma non lei! Non mia madre!”
“Draco no…” sussurrò Narcissa.
“Chi ti ha dato il permesso di parlare? CRUCIO!” esclamò Voldemort puntandole la bacchetta al petto.
La povera donna cadde rovinosamente a terra e cominciò ad urlare e a contorcersi in preda alle scariche di dolore che quella maledizione provocava. Sembrava ti scorticasse la pelle millimetro per millimetro.
Draco raccolse le ginocchia al petto e si sforzò di trattenere le lacrime mentre le urla di sua madre laceravano il silenzio della prigione del Manor. “Adesso tutto finirà, non ascoltare, non ascoltare… Adesso tutto finirà e tu sarai morto, niente più missione, niente più di niente…” si ripeté in testa sforzandosi di pensare a qualcosa da fare ma non riusciva a connettersi al mondo reale, sentiva solo le grida disperate di sua madre che gli penetravano nella testa con uno stridore continuo.
“LA SMETTA!” urlò “LA SMETTA SUBITO!”
Voldemort però non si mosse di un millimetro, l’unica cosa che fece fu assottigliare lo sguardo riducendo gli occhi a due perfide fessure per poi sibilare “Dammi un motivo per farlo Draco!”
Il biondo schiacciò i gomiti sulle orecchie per cercare di diminuire le grida che gli riempivano il cranio. E al diavolo la sua dignità, poteva anche mostrarsi debole se si trattava di salvare sua madre. “La prego Signore, farò tutto quello che vuole!” disse mentre lasciava libero sfogo alle lacrime.
Il Signore Oscuro ghignò malefico ma non abbassò la bacchetta. “L’avevo detto che mi avresti pregato!” disse soltanto.
“Glielo giuro! Qualsiasi cosa ma la smetta!” ripeté sapendo che non sarebbe potuto resistere un minuto di più con quelle urla che gli stavano torturando il cervello.
“Molto bene!” esclamò Voldemort abbassando finalmente la bacchetta, felice, come se cruciare le persone fosse la cosa più naturale del mondo.
La povera donna, rimasta a terra, ansimò tentando di riprendere fiato.
“Madre! Madre stai bene?” chiese Draco.
Narcissa provò a parlare ma non li uscì altro che un gemito strozzato così sollevo appena gli angoli della bocca in un minuscolo sorriso per rassicurare suo figlio.
Il Serpeverde si rilassò un pochino ma tornò subito rigido quando il Signore Oscuro mosse alcuni passi verso di lui.
“Vedi caro mio, ho in mente grandi progetti per te – cominciò a dire – Siccome sta sera mi sento gentile ho deciso di darti una seconda possibilità, per rimediare ai tuoi sbagli. Farò un eccezione solo per te Draco, riceverai il più grande onore che io abbia mai concesso, dopotutto è Natale e questo sarà il mio regalo per te. Visto che sei così affezionato al tuo amichetto Potter, o forse dovrei dire schiavetto sessuale, ti darò l’opportunità di poterlo uccidere tu con le tue stesse mani. Non dev’essere poi così difficile, dopotutto basta che fingi di volertelo portare a letto e con una semplice ed efficace maledizione è tutto finito. Che ne dici, ti piace come idea?”
Draco strinse i pugni conficcandosi le unghie nella carne per poi rispondere con un secco “No”
“Oh davvero? Povero illuso, non si può dire di no al signore Oscuro e lo sai bene…”
Il biondo deglutì “No, io non lo farò” ripeté con tono più autoritario.
“Perché? Non vuoi ucciderlo? Magari anche alla tua mammina interessa saperlo… non credi?”
Il Serpeverde deglutì a fatica.
“Avanti, raccontale come vi divertite insieme… le notti…”
Draco non potendone più lo interruppe. “La smetta! Primo, io non mai fatto quel genere di “cose” con lui, secondo, non voglio farlo perché voglio bene a Potter ok? E’ una persona meravigliosa, ha un gran cuore e mi è sempre stato accanto nel momento del bisogno. Io invece ho tradito la sua fiducia, l’ho ingannato e tutto perché? Per un suo stupido piano! Non sono una cazzo di bambola di pezza da manovrare come pare e piace, capito? Sono una persona e esigo rispetto nei miei confronti e nei confronti di chi mi sta attorno!” Ammutolì e serrò le labbra di colpo quando si rese conto della maniera con cui si era rivolto al più grande mago oscuro di tutti i tempi. Questa non l’avrebbe passata liscia.
Voldemort ghignò malefico. “Non occorre scaldarsi tanto signorino Malfoy, io la manovrerò comunque come mi pare e piace e lei farà meglio ad ascoltarmi e a eliminare Potter della faccia della terra entro la fine dell’anno scolastico!”
“Se no che fa, mi uccide? Beh, lo faccia pure!” esclamò Draco troppo pieno d’adrenalina per tornare a rivolgersi al Signore Oscuro in modo educato.
“No, ucciderti ti farebbe solo felice e non servirebbe a niente. Tu mi servi. Comunque credo che una gitarella ad Azkaban per il resto della tua vita andrà bene per convincerti a fare ciò che voglio. Beh… guarda il lato positivo Draco, potrai fare compagnia al tuo paparino!”. Puntò la bacchetta sul ragazzo e sciolse le corde che lo tenevano inchiodato al muro. “Però penso che prima ci terrai a salutare tua madre, per l’ultima volta. Come ho già detto, stasera mi sento fin troppo gentile. Ti concedo un solo minuto, non di più!”
Il biondo si massaggiò un attimo i polsi rossi e scorticati per la stretta poi scattò in piedi e si fiondò su sua madre che nel frattempo si era seduta con la schiena contro la parete e le bacchette di Bellatrix e Dolohov puntate addosso. Si inginocchiò alla sua altezza e la abbracciò forte nascondendo la testa biondo platino nella sua spalla. “Scusami, io non volevo… Ti prego scusami” mormorò tra i singhiozzi “Sono stato uno stupido! Scusami…”.
Narcissa poggiò una mano sulla schiena di sua figlio accarezzandola piano. “Draco, non devi scusarti. Non è colpa tua, non lo è mai stata e ricorda che anche se farai degli sbagli io ti vorrò sempre bene”
“Ti voglio bene anche io madre” sussurrò con la voce spenta “Perdonami… sono solo un mostro”
La donna scoccò un leggero bacio sulla guancia del Serpeverde. “Tu non sei un mostro, il mostro è colui che non deve essere nominato. Draco, se veramente vuoi bene a quel ragazzo allora salvalo, è l’unica possibilità rimasta al mondo per liberarsi dal male” sussurrò in modo che solo suo figlio potesse sentirla.
“Grazie” mormorò lui per poi stringerla ancor di più, per l’ultima volta.
“Direi che può bastare! Prendetelo!” esclamò il Signore Oscuro.
Il Serpeverde si aggrappò alla madre con tutta la forza che aveva costringendo i mangiamorte ad avvinghiarsi attorno ai suoi fianchi per riuscire a staccarlo.
Sentendo la sua presa scivolare pian piano esclamò “Madre, non lasciarmi!” mentre ormai era aggrappato alla donna solamente per una mano con Dolohov che teneva ferma Narcissa e Bellatrix che lo strattonava per i piedi.
“Draco, io non ti lascerò mai. Anche se non potrai vedermi io sarò sempre con te. Te lo prometto” disse quella per poi mollare la presa e lasciare che le dita di suo figlio scivolassero lentamente dalla sue, staccandosi definitivamente.
Voldemort puntò quindi la bacchetta su Narcissa mentre il biondino di fianco a lui si dimenava cercando di tornare da lei.
“LASCIATELA STARE!” continuò a gridare “NON TOCCATELA!”
Il Signore Oscuro rafforzò la presa sull’oggetto magico “Narcissa prego, alzati in piedi”
E la donna obbedì senza esitare.
“MADRE NO! NON FARLO!” urlò il biondo continuando a cercare di liberarsi dalla presa di Bellatrix a cui si era aggiunto pure Dolohov.
“Hai disobbedito Draco, e chi disobbedisce merita di essere punito!” sibilò il mago oscuro.
“Avevate detto che non lo avreste fatto!”
“Draco, non ho mai detto questo. Non ho mai detto che non l’avrei uccisa. Io ti ho dato una missione e tu non l’hai portata a termine, le conseguenze ti erano ben chiare ancora parecchi mesi fa”
Il Serpeverde assottigliò gli occhi rivolgendogli lo sguardo più sprezzante che poté. “Non è colpa sua, la lasci stare!” disse in tono freddo e autoritario.
Il Signore Oscuro non gli badò nemmeno e si girò nuovamente verso Narcissa con un ghigno divertito stampato in volto. Fece roteare una volta la bacchetta e pronunciò un semplice “AVADA KEDAVRA” in un tono completamente disinvolto.
Per Draco tutto accadde al rallentatore…
Sentì il viso prendere fuoco dalla rabbia mentre un lampo di luce verde scaturiva dalla bacchetta di Voldemort. Serrò i pugni e gonfiò i muscoli delle braccia spingendo i gomiti verso l’esterno: colpendo sullo stomaco e facendo piegare a metà sia Bellatrix che Dolohov, poi le raddrizzo di scatto riuscendo finalmente a staccarsi dalla presa dei due mangiamorte. Portò un piede avanti poi un altro ma era troppo tardi, non arrivo in tempo. La maledizione colpì sua madre in pieno viso e lui non poté fare altro che immobilizzarsi e guardare. Guardare il suo corpo che veniva attraversato da una scossa per poi barcollare all’indietro. Guardarla accasciarsi al suolo in una posizione scomposta. Guardare la luce abbandonare lentamente i suoi occhi azzurri mentre un rivolo di sangue gli colava da un lato della bocca.
Draco cadde in ginocchio accanto a lei non riuscendo a distogliere lo sguardo dal suo corpo inerme.
Sentì l’agghiacciante risata del Signore Oscuro giungergli alle orecchie ovattata, come se provenisse da kilometri di distanza, mentre il battito del cuore gli rimbombava in testa.
Posò entrambe le mani sulle sue spalle scuotendole piano. “Madre, madre svegliati!”
Quella, ovviamente, non si mosse.
Allora mise un lato del viso sopra il suo petto cercando di captare qualsiasi rumore potesse indicare un segno di vita, ma non sentì nulla. La scosse di nuovo “Svegliati! Ti prego svegliati!” disse ancora e pure la sua voce gli giunse spenta e ovattata. Ma, per l’ennesima volta, la donna non si mosse.
Il Serpeverde cominciò allora ad ansimare per colpa del grosso nodo che gli si era formato in gola e che gli impediva di respirare. Le strinse la mano “No…” mormorò con voce strozzata “No, non può essere…”
La scosse ancora. “NO! NO, MADRE NON LASCIARMI! IO SONO QUI!” urlò in preda alla disperazione.
Sollevò il suo busto della donna e se lo poggiò sulle ginocchia, la testa a penzoloni e il collo piegato esageratamente all’indietro, in una strana angolazione. “DANNAZZIONE! NO!”.  Chinò il capo in avanti e cominciò a singhiozzare inzuppando i vestiti della madre. “Ti prego, guardami, svegliati, fai qualcosa…” sussurrò mentre le lacrime scivolavano fuori a fiotti. “Non lasciarmi, non farlo. Non lasciarmi da solo!”.
Prese la testa di sua madre fra le mani “Ti voglio bene…” sussurrò per poi stringere tra le braccia il suo corpo freddo e senza vita. “Ti prego, torna da me. Non lasciarmi…”
“Ops, a quanto pare l’ha già fatto!”
La voce del Signore Oscuro rimbombò nella testa del Serpeverde rompendo il silenzio.
Draco poggiò delicatamente a terra il corpo di Narcissa poi, con una forza che nemmeno lui sapeva di avere, riuscì ad alzarsi in piedi e a guardare Voldemort dritto negli occhi e per di più di sua spontanea volontà. Non gli importava se in quel momento gli stesse leggendo la mente o altro, anzi, era proprio quello che voleva: fargli capire l’odio che provava nei suoi confronti. “TU… SEI STATO TU! HAI UCCISO MIA MADRE! COME HAI POTUTO?”
“Si, sono stato io. Draco” rispose quello ghignando.
Il biondo, senza nemmeno sapere ciò che stava facendo, si lanciò di scatto sul Signore Oscuro. Voleva torturarlo, picchiarlo, cavargli a coltellate centimetro per centimetro di pelle e ucciderlo definitivamente.
Voldemort però lo schiantò addosso al muro con un semplice colpo di bacchetta.
Il Serpeverde si massaggiò la nuca dolorante per l’impatto improvviso con la parete in mattoni. “Perché? Perché sta facendo tutto questo?” chiese.
“Perché il mondo sta cadendo in rovina…”
Si, grazie a te” pensò il biondo per poi affrettarsi ad abbassare lo sguardo in modo da non farsi leggere nel pensiero.
Riprese ad ascoltare il discorso di Voldemort “… e il mondo ha bisogno di un capo. Un capo che sappia manovrarlo e gestirlo al meglio. E quale altra persona se non IO?”
Potrei stare giorni a elencarti quali altre persone sarebbero meglio di te” commentò di nuovo fra sé e sé.
“Comunque, caro mio. Non credere che per te le sorprese siano finite!” esclamò il mago compiaciuto.
“Che cosa vuole farmi adesso?” chiese il Serpeverde, ancora seduto a terra, senza riuscire a nascondere una nota di preoccupazione nella voce.
“Diciamo solamente che un Horcrux in più non mi farà male!”
Draco corrugò la fronte confuso senza riuscire a capire il significato di quel termine.
Voldemort però non gli diede il tempo di chiedere nulla. Puntò la bacchetta su di lui e cominciò a mormorare strane parole in una lingua incomprensibile che suonavano come una specie di cantilena ripetitiva.
“C-che cosa… s-sta facendo?” balbettò il biondo sentendo all’improvviso una fitta al petto e poi la sensazione di un velo d’aria gelida che, partendo da lì, si appoggiava su tutta la superficie del suo corpo penetrandogli nei pori della pelle e scendendo in profondità.
Voldemort si interruppe un attimo. “La senti Draco? Questa è la mia anima che entra in te” sibilò per poi continuare a pronunciare quello strano incantesimo.
A poco a poco Draco sentì il gelido raggiungere ossa e muscoli facendoli tendere come se un gigante gliene avesse preso le estremità e stesse tirando verso l’esterno. Aprì la bocca per urlare dal dolore ma si sentì le corde vocali talmente stirate che non riuscì a produrre alcun suono. La vista cominciò pian piano a sfocarsi mentre aveva l’impressione che gli occhi si ritirassero dentro alla cavità cerebrale ma non poté fare niente, solo pregare che smettesse in fretta.
"AVADA KEDAVRA!" urlò il signore oscuro e un lampo verde scaturi dalla sua bacchetta andado a colpire il biondo sul fianco destro.
L’ultima cosa che sentì il Serpeverde fu una forte scossa e la sensazione che lo strano velo gelido si restringesse fino ad intrappolargli il petto in una morsa.
Poi la vista si annerì completamente trascinandolo nel buio dell’oblio…
 
 
 
La prima cosa che Draco avvertì fu la dura superficie del pavimento sotto di lui. Un formicolio si diffuse per tutto il suo corpo facendogli riprendere pian piano coscienza. Cominciò a sentirsi prima le dita delle mani poi quelle dei piedi, le mosse lentamente per darle il tempo di scaldarsi. Poi le braccia e le gambe e infine il busto. Si rese conto di essere disteso a pancia in giù quando avvertì il pavimento freddo sfiorargli un lembo di pelle scoperta del fianco. Aprì piano gli occhi ma dovette richiuderli subito a causa del forte mal di testa che lo assalì di colpo. Aspettò che quel fastidioso pulsare delle tempie si attenuasse poi sollevò nuovamente le palpebre, sta volta però più lentamente. All’inizio vide solo sbiadite macchie di colore poste in uno sfondo non particolarmente illuminato poi cominciò a mettere a fuoco vari oggetti: sedie accatastate fra loro, bauli in legno, bottiglie di vetro, un ascia argentata sporca di sangue secco, collane di perle, un busto di gesso, la sua bacchetta… Si fermò di colpo quando vide un grande armadio svettare imponente sopra di lui e una coperta bordeaux poggiata a terra al suo fianco. Per l’ennesima volta in quella sera i ricordi lo assalirono di colpo.
 
Si ricordò la cella del Manor…
I passi di Voldemort…
Un “io ti vorrò sempre bene” sussurrato…
Il corpo inerme di sua madre riverso a terra…
Lacrime…
La sensazione di un velo gelido che si posava sulla sua pelle…
Muscoli e tendini che si tiravano…
AVADA KEDAVRA...

E poi il buio più totale…
 
Serrò gli occhi di colpo cercando di scacciare quelle immagini dalla sua testa e sperando che tutto fosse stato solo un brutto, anzi orribile, sogno. Ma se era così allora per quale motivo si sentiva così debole e per quale motivo quelle immagini erano così vivide nella sua testa?
Prese un paio di respiri profondi e cercò di recuperare abbastanza forza per mettersi seduto ma l’unica cosa che riuscì a fare fu girarsi a pancia in su mentre il doloroso martellare nella sua testa riprendeva.
Puntò lo sguardo verso il suo petto e poté vedere chiaramente la camicia, in precedenza bianca, sporca, annerita e strappata in alcuni punti. Poi alzò una mano portandosela davanti al naso e rimase a fissare i lembi di pelle scorticata che correvano tutt’intorno ai suoi polsi.
Segno che non era stato tutto un sogno, o un incubo, per dirla giusta.
Sua madre… questo voleva dire che sua madre era morta. Lei non c’era più. Se n’era andata.
A quel pensiero si sentì collassare ma comunque non pianse: a forza di farlo aveva capito che serviva solo a indebolirti ancor di più e a distruggerti definitivamente. Non pianse perché sapeva di non avere scelta, sapeva che dopo un momento triste ne arrivava subito un altro e che nascondersi nel dolore sarebbe solo servito a farlo a pezzi più in fretta.
Poggiò entrambi i palmi delle mani sul pavimento e fece leva sui gomiti per riuscire a tirarsi su. Mugolò infastidito perché i muscoli ancora intorpiditi rispondevano per metà ai suoi comandi ma alla fine riuscì a mettersi seduto. Si guardò in torno e dovette ammettere che: sì, aveva ragione, quella era proprio la Stanza Delle Necessità. Probabilmente i mangiamorte l’avevano riportato lì dopo che era svenuto perché doveva completare la missione, oltre a Silente doveva uccidere anche Harry Potter.
A quel pensiero gli si formò l’ennesimo nodo in gola.
Per distrarsi provò ad alzarsi in piedi e rimase stupido nel constatare che seppure difficilmente e tremando peggio delle gelatine le sue gambe riuscivano comunque a tenerlo in piedi. Mosse piano alcuni passi poi si chinò e raccolse la sua bacchetta. “Guardami… se veramente ci tieni a me allora guardami” Al suo cuore mancò un battito quando quella voce di ragazzo, la voce di Harry, risuonò nella sua testa facendogli mollare all’istante la bacchetta che rotolò sul pavimento. Il nodo che aveva in gola si strinse ancor di più e dovette fermarsi un paio di secondi inspirando ed espirando profondamente per poi decidersi ad allungare di nuovo la mano in avanti per riprendersela. Per sua fortuna, sta volta, non successe niente.
Sospirò e si diresse verso l’uscita dato che quella stanza, seppur grande, cominciava a dargli un senso di soffocamento a forza di restarci chiuso dentro le giornate intere. Ma fu proprio mentre stava per poggiare la mano sul grande portone di legno usurato, dopo aver superato montagne di oggetti accatastati fra loro, che la sentì. Sentì una presenza oscura dentro di lui. Sentì l’anima di Voldemort intrappolata al suo interno e un bruciore lancinante provenire dal suo fianco destro.
Dovette sedersi a terra per non rischiare di cadere. Si poggiò entrambe la mani sul fianco stringendo i denti e strizzando gli occhi, gemendo dal male. Quando il dolore si affievolì quel tanto che bastava per riuscire a mollare la presa senza soffrire troppo il biondo sollevò lentamente un lembo della sua camicia volendo scoprire ciò che gli provocava quelle fitte.
La mascella cadde letteralmente verso il basso, gli occhi si sgranarono e il battito cardiaco cominciò ad accelerare velocemente.  
“Harry, aiutami…” fu l’unica cosa che riuscì a sussurrare associando automaticamente quello che vide a lui.
Perché lì, sul suo fianco, c’era l’ultima cosa che si sarebbe potuto immaginare al mondo: una taglio quasi già completamente cicatrizzato a forma di saetta.
 
 
 
Harry, aiutami…”
Al quel sussurrò dentro alla sua testa, nella sua Sala Comune, Potter si svegliò di colpo lanciando un urlo terrorizzato. Si tirò su di scatto ansimando affannosamente, la cicatrice che bruciava, e cadde dal letto per il movimento troppo brusco. Non se ne accorse nemmeno, l’unica cosa che fece fu raggomitolarsi su se stesso e tenersi la testa fra le mani dondolando avanti e indietro mentre urlava cercando di coprire quella continua voce nella sua testa che ripeteva: “Harry, aiutami… Harry, aiutami… Harry, aiutami…”. La voce di LUI. La voce di Draco.
“Fratello stai bene?” chiese Ron che, come Neville, era accorso dal moro preoccupato per le sue urla. Gli altri due compagni di stanza: Dean e Seamus, erano a casa per le vacanze natalizie.
Vedendo che quello continuava a tapparsi le orecchie e a dondolare disperato il rosso gli poggiò entrambe le mani sulle spalle e lo blocco al lato del letto. “Calmati! Che succede? Sono le 3 di notte!” esclamò, ma di nuovo il suo amico non parve accorgersi della sua esistenza.
“SMETTILA! SMETTILA!” urlò il moro scuotendo velocemente il capo.
“Cosa gli sta succedendo?” chiese Neville ancora scosso per il risveglio improvviso “Perché urla in quel modo? Sta morendo?!?!”
Ron non lo ascoltò nemmeno. Cercando di calmarlo in qualche modo gli spostò le mani che tenevano tappate le orecchie e gli prese la testa fra le sue costringendolo a guardarlo negli occhi.
“DRACO SMETTILA, TI PREGO!” urlò Harry.
Il rosso, confuso, gli sollevò il viso e quando lo fece notò chiaramente le lacrime che gli bagnavano le guance, la fronte sudata e la cicatrice doppiamente più arrossata del solito. “Harry, torna nel mondo reale!” urlò scuotendolo piano.
La voce giunse ovattata, ma comunque giunse fino alle orecchie del moro distraendolo per un momento da quel “Harry, aiutami…” continuo.
“Svegliati! Sono qui! Torna nel mondo reale!” esclamò di nuovo il rosso.
Questa volta Potter lo sentì chiaro e forte e finalmente la voce nella sua testa cessò. Trasse un affannato respiro profondo aspettando che i suoi battiti cardiaci tornassero pian piano alla normalità. “Cos’è successo?” domandò con aria piuttosto confusa quando, aprendo gli occhi, si rese conto di essere seduto a terra con il viso di Ron dritto davanti a lui.
“Oh beh, questo dovresti dircelo tu!” esclamò Neville.
“Io… io non ricordo niente… che cosa ho fatto?”
“Come?! Sono quasi 10 minuti che ti tappi le orecchie e dondoli avanti e indietro urlando come se stessi per morire e poi ci dici che non ricordi niente?” sbottò Ron lasciando la presa sulla sua testa.
“No, io ve lo giuro… non lo so” biascicò spremendo le meningi e cercando di ricordare qualsiasi cosa, ma niente da fare.
“E poi che significa: Draco smettila, ti prego!
“Che cosa?” Harry corrugò la fronte confuso.
“Boh, l’hai detto tu” ribatté Neville al posto di Ron.
Il moro si immobilizzò un attimo quado l’immagine di un taglio a forma di saetta su un lembo di pelle esageratamente pallido gli comparve nella mente per poi svanire subito dopo. Dicendosi che forse era stata solo la sua immaginazione si nascose sotto le coperte e dopo essersi scusato e aver congedato i suoi compagni di dormitorio immerse la faccia nel cuscino, ancora bagnato dalle lacrime versate per Draco.
Perché l’aveva ingannato per tutti quei mesi, fingendo di essere qualcun altro, manovrandolo e giocando con i suoi sentimenti, tradendo la sua fiducia e rischiando di ucciderlo per ben due volte.
Beh... del resto, se lo scopo del biondino era farlo star male, c’era riuscito eccome!
Non sapeva se sarebbe più riuscito a dormire quella notte ma ci provò lo stesso.
Buon Natale a me!” si disse per poi chiudere gli occhi con un nodo in gola...












 

Note dell'autrice: Di nuovo mi scuso per il ritardo nella pubblicazione del nuovo capitolo ma sono stata molto impegnata in quesi giorni e non ho avuto molto tempo per scrivere.
Vi avviso che siamo finalmente arrivati a metà storia! Yuppi! Ora ne manca altrettanta...
Come sempre vorrei ringraziare chi recensisce, chi ha messo la storia tra le seguite o le preferite e anche chi legge in silenzio nella speranza che questa ficci vi stia piacendo.

Lascietemi una piccola recensione, please. Cosa ne pensate? Vi è piaciuto?
Con questo capitolo volevo farvi capire che il Signore Oscuro non perdona mai. Infatti, come avete potuto leggere, ha ucciso la madre di Draco senza alcuna pietà. Spero di essere riuscita a farvi commuovere almeno un po' perchè scrivere le parti troppo drammatiche non è decisamente il mio forte. Sarei felice se mi diceste se sono riuscita a esprimere o no la disperazione e l'orrenda condizione in cui si trova il Serpeverde (ci ho messo tutta me stessa) XD
Poi... cosa sta succedendo al nostro Draco? Perchè all'improvviso si ritrova uno strano taglio/ciccatrice sul fianco a forma di saetta? Da questa "cosa" nascerà un qualche legame con il Signore Oscuro o con un'altra persona?
Beh, se non leggerete i prossimi capitoli non lo saprete mai!
Vi dico solo che i nostri due protagonisti ci metteranno parecchio per scoprire di cosa si tratta e i vantaggi e gli svantaggi che questo porta.

Vi dico un'ultima cosa.
Le prime due settimane di agosto sarò in un campeggio dove non ti lasciano portare ne il cellulare ne nessun'altro dispositivo elettronico quindi mi dispiace ma finchè staro via non potrò pubblicare. Voi non fatevi prendere dal panico se la storia non va avanti perchè farei di tutto, ma mai lasciare i miei lettori senza un finale. Quello no.
Probabilmente riuscirò a pubblicare un'altro capitolo dopo di questo ma non contateci troppo, come ho già detto, in questi giorni sono molto impegnata con i preparatavi e tutto il resto quindi potrei non riuscirci.

Baci baci a tutti! (Eccetto a Draco altrimenti Harry si ingelosisce)



 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 15 - accecato dalla paura ***


Capitolo 15

accecato dalla paura



Harry girava scalzo per la sua Sala Comune, il pomeriggio del giorno di Natale, una cioccorana in mano, addosso solo un maglione azzurrino con una grossa H gialla stampata sopra e un paio di pantaloni grigi a caso.
L’atmosfera era una delle più felici di tutto l’anno ma nonostante questo aveva il viso spento e gli occhi vitrei. Sembrava quasi una grande bambola di pezza, i capelli neri prima lucenti ora opachi, le spalle curve in avanti, un ombra scura calata sul volto mentre si abbandonava sulla poltroncina rossa, davanti al camino, e rispondeva distrattamente a quei continui “Buon Natale Harry!” pieni di euforia ma che, al posto di rallegrarlo, aumentavano solo la sua tristezza.
Perché si rendeva conto che, in lui, quegli auguri non provocavano alcun tipo di gioia ma contribuivano soltanto a calarlo in quell’ombra piena di dolore che gli racchiudeva il petto in una morsa.
Perché l’unica persona con cui effettivamente avrebbe voluto passare quei momenti non c’era più. Non in senso letterale ovviamente, aveva incrociato parecchie volte Draco per i corridoi e per le tavolate della Sala Grande quel giorno, ma in un senso che nemmeno lui sapeva descrivere.
Se ne stava lì a preoccuparsi del Serpeverde quando c’erano cose ben più gravi. Per esempio, il fatto che i Weasley non avessero potuto passare le vacanze natalizie a casa perché un gruppo di mangiamorte gliel’aveva bruciata il giorno della vigilia.
Ma lui non riusciva a pensare ad altro perché sapeva, era sicuro, che non avrebbe mai più potuto averlo accanto, e allora che senso aveva chiudersi in se stessi come stava facendo lui in quel momento?
Era facile a dirsi ma non a farsi.
La verità era che la consapevolezza di averlo perso, molto probabilmente per sempre, lo distruggeva.
E sapeva anche che era stato lui a volerlo, era stato lui a dirgli esplicitamente che non l’avrebbe mai più perdonato e così facendo aveva eliminato dalla faccia della Terra anche la più misera possibilità che i loro rapporti si riappacificassero.
E non sapeva se esserne soddisfatto o non.
Perché faceva male.
Faceva male averlo avuto per se solo per poco e poi averlo dovuto lasciare.
Faceva male perché sentiva la mancanza di quegli attimi.
Voleva possederlo, lo desiderava più di ogni altra cosa.
Voleva nascondersi tra le sue braccia e non staccarsi mai più.
Voleva… voleva tante cose.
Voleva ma non poteva.
Non più ormai.
 
 
“Buon Natale Harry!”
Fu all’ennesimo augurio che il moro tirò su la testa svogliato, pronto per fare il solito cenno, quando i suoi occhi verdi si scontrarono con quelli color nocciola della sua migliore amica. “Buon Natale anche a te Hermione! Grazie mille per le cioccorane! Aspetta… ma non dovresti essere a casa dei tuoi genitori per le vacanze natalizie?” chiese corrugando la fronte.
La ragazza sorrise divertita. “Si, dovrei. Ma stamattina ho letto un articolo sulla Gazzetta del Profeta in cui dicevano che un gruppo di mangiamorte era riuscito a fuggire dopo aver appiccato fuoco alla Tana. E allora sono tornata per Ginny e per Ron, mi dispiace molto per loro”
“Pure a me. E come hai fatto a venire fin qui? L’Hogwarts Express non torna certamente indietro per una sola persona”
“Semplicemente ho scritto una lettera al professor Silente spiegandogli i motivi per cui volevo tornare e lui è stato ben felice di aiutarmi. Anche i miei genitori, pur essendo babbani, hanno capito la gravità della cosa. Si è smaterializzato a casa mia e poi mi ha portato con lui fin dentro le mura di Hogwarts. Sono arrivata giusto cinque minuti fa e sono venuta subito da voi. A proposito, dov’è Ron? Perché devo…” si fermò di colpo quando vide che Harry si era incupito e aveva riabbassato lo sguardo sulle sue mani posate in grembo. Da brava osservatrice qual’ era, capì subito che qualcosa non andava. “Va tutto bene?” chiese.
Harry sembrò riscuotersi da uno stato catatonico. “Oh, sì… va tutto alla perfezione!”. Si sforzò di assumere un tono normale ma a quanto pare non ci riuscì molto bene.
“Smettila di fingere e dimmi cos’è successo” disse la ragazza in tono autoritario.
Il moro capì che non aveva scampo. Quando la sua amica decideva di voler scoprire qualcosa niente o nessuno riusciva mai ad impedirglielo. Così sospirò e mormorò “Mi ha tradito…”
“Chi?”
“Lui…”
“Lui chi?” chiese di nuovo Hermione ma aveva la netta sensazione di sapere già chi fosse.
Harry non riuscì a impedire ad una lacrima di scivolargli sul viso. “Mi ha ingannato, per tutti questi mesi. E’ diventato uno dei miei più grandi amici, mi ha trattato magnificamente tanto da farmi desiderare di non allontanarmi da lui nemmeno un attimo. Ero convinto che mi volesse veramente bene e con questa convinzione io mi sono fidato di lui ma ho sbagliato… Lui ha solo giocato con me e con i miei sentimenti, ha finto di essere qualcuno che non era e io ci sono cascato in pieno. E fa male Hermione… fa male provare qualcosa per qualcuno che non ricambia ed essere costretti a stargli lontano quando invece ciò che vorresti è giusto il contrario”. Non fece riferimenti al fatto che Malfoy era un mangiamorte e che l’aveva ingannato per portarlo a morire perché anche se era piuttosto incazzato con lui non intendeva certo metterlo nei guai. Senza nemmeno rendersene conto scoppiò in lacrime sulla spalla della sua amica.
La ragazza lo strinse a se per rassicurarlo. “Harry, questo ragazzo è Draco Malfoy vero?”
Non avendo la forza di parlare quello annuì soltanto.
Hermione non poté che pensare che già sapeva che sarebbe andata a finire così. Voleva dirlo a Harry di non fidarsi mai completamente di quel Serpeverde ma quando l’aveva visto accasciato sula poltrona, distrutto, non aveva potuto fare a meno di rassicurarlo, di dirgli di seguire il suo cuore. Perché quando Harry stava male stava male pure lei. Ma che risultato aveva ottenuto? Niente, visto che il suo amico ora stava ancor peggio di prima. Forse avrebbe dovuto metterlo allerta quando ancora era in tempo, quando ancora non era sicuro dei suoi sentimenti verso Malfoy. Ma, per la prima volta, anche Hermione Jean Granger aveva sbagliato e ora Harry ne pagava le conseguenze al posto suo…
I suoi ragionamenti vennero interrotti quando il moro, con il viso sempre nascosto sulla sua spalla, cominciò a piangere ancor più forte sussurrando parole fra un singhiozzo e l’altro. “Hermione, scusami… scusa se ti sto facendo tutto questo… perché non riesco ad accettare la realtà dei fatti… Io, io sono ridicolo vero? Harry Potter che piange per un ragazzo… Harry Gay Potter. Mi vergogno di me stesso… E poi è tutta colpa mia… mi sono lasciato ingannare e ora guardami, guarda cosa sono diventato… Un ragazzino che piagnucola come se non ci fosse un domani”
La ragazza prese la testa del suo amico tra le mani asciugandoli con il pollice alcune lacrime. “Non dire così, non ce nulla di male nell’amare Harry. E’ grave non farlo! Tutti prima o poi ci inciampiamo sopra e tutti prima o poi ci tiriamo su. Solo, ci vuole tempo prima che passi, bisogna aspettare, è l’unico modo. Per esempio, che cosa provi se ti dico: Ginny Weasley?”
“Niente” disse il moro.
“Che cosa provavi un paio di mesi fa se ti dicevo: Ginny Weasley?”
“Provavo ancora amore verso di lei quindi, quando veniva nominata, mi sentivo distrutto perché non era più al mio fianco, perché aveva scelto qualcun altro al posto mio” rispose Harry.
“Lo vedi? La stessa cosa vale per Draco, ci vorrà tempo a dimenticarlo ma prima o poi troverai chi ti vorrà veramente per se e che non ti lascerà mai solo. E se hai bisogno di qualcuno che stia al tuo fianco ricordati che io sarò sempre qui con te Harry”
Il moro strinse a se la ragazza mormorando un leggero ma sinceramente grato “Grazie”
Quando si separarono dall’abbraccio Hermione sorrise. “Comunque tu non perdere mai la speranza. Potrebbe pentirsi di quello che ha fatto, un giorno, e decidere di tornare da te. Solamente ora lascia che il tempo scorra e semplicemente aspetta. E ricorda, non è colpa tua, non lo è mai stata” sussurrò per poi alzarsi dalla poltrona e avviarsi dall’altra parte della Sala Comune, verso Ron.
 
Harry si asciugò i residui delle lacrime rimasti.
L’ultima frase di Hermione continuava a rimbombargli in testa: “Non è colpa tua, non lo è mai stata”
E d’improvviso si rese conto che era vera.
Era vero che lui non c’entrava nulla, Draco aveva dato inizio a tutto. Stringendoli la mano e chiedendo la sua amicizia.
Si, lui aveva accettato ma comunque era stato l’altro a iniziare.
L’altro aveva sbagliato: tradendolo, manovrandolo.
Ma non lui.
No, lui era stato solo la cavia.
E non poteva permettersi di cadere a pezzi per colpa di altri, gli avrebbe solo dato soddisfazione.
Tanto aveva condiviso la vita intera con il dolore, sia fisico, sia mentale, dopo tutto quello che aveva dovuto sopportare fino ad allora. Si era trovato faccia a faccia con esso già a un anno di età, quando aveva perso i genitori.
Ed era stufo di continuare a perdere su tutto. Aveva perso la famiglia, il padrino, la gioia.
L’unica cosa che gli rimaneva era la dignità e non voleva perdere anche quella.
Semplicemente, era arrivato al limite. Voleva smetterla con tutto questo, non avrebbe retto ancora per molto.
Quindi fece la SCELTA:
Non poteva scegliere la FELICITA’, perché non ne aveva, non più ormai.
Non poteva scegliere l’AMORE perché nessuno l’amava nella maniera in cui lui avrebbe voluto.
Non poteva scegliere la SPERANZA perché, dentro di lui, si era spento anche l’ultimo barlume.
Non poteva scegliere il DOLORE perché avrebbe solo contribuito a distruggerlo ancor di più.
Così fu costretto a scegliere la PAURA, la paura di poter perdere Draco per sempre.
E si sa, la paura è il peggiore dei mali.
La paura ti porta a fare cose che nemmeno ti saresti immaginato.
La paura ti trasforma in un mostro senza che tu te ne accorga.
E fu così che la paura lo portò alla RABBIA.
Perché il mondo non poteva sempre essere così crudele, ma invece lo era. Sembrava che tutto fosse stato creato apposta per rivoltarsi contro di lui.
E la colpa di ogni cosa, non potendo darla ad altri e non avendo il coraggio di darla a lui stesso, la diede al ragazzo biondo che tormentava i suoi pensieri, le sue notti, che tormentava tutto il piccolo mondo che si era creato intorno per difendersi dalla paura e che ora, grazie al Serpeverde, era andato in pezzi.
E fu così che dalla rabbia nacque l’ODIO dentro il cuore di Harry.
Un odio accesso e profondo verso il ragazzo biondo che probabilmente aveva perso per sempre.
Cominciò ad odiarlo perché non poteva essere suo.
Perché non poteva stargli accanto.
Perché non ricambiava i suoi sentimenti.
Lo odiava con tutto se stesso perché era l’unica cosa che poteva fare per non dimenticarlo.
 
Lo odiava, semplicemente perché non poteva amarlo.
 
 
*****
 
 
I passi di Draco risuonavano leggeri sul corridoio appena fuori dalla Sala Grande mentre si avviava verso i sotterranei.
Quella sera si era praticamente obbligato a mangiare qualcosa, grazie all’immenso banchetto organizzato apposta per la cena di Natale, anche perché se no avrebbe destato troppi sospetti visto già le condizioni in cui era. Gli occhi rossi e gonfi per le ore di sonno mancate, la pelle che aveva perso anche solo quel pizzico di colorito rosa e che ora era bianca come quella di un cadavere, i vestiti che gli ricadevano larghi sulle spalle essendo dimagrito terribilmente a causa dello stress e del mancato cibo e le varie lesioni sui polsi che faticava terribilmente a tener nascoste visto che le mani doveva usarle praticamente per tutto.
Si sentiva un po’ più rinvigorito ora che aveva messo qualcosa sotto i denti ma comunque aveva uno strano peso sulla stomaco che gli dava l’impressione di dover vomitare tutto da un momento all’altro.
Si irrigidì di colpo e si affrettò ad abbassare lo sguardo quando, prima delle scale, il gruppetto di tre Grifondoro formato da Potter, Pel-Di-Carota e la Mezzosangue, probabilmente di ritorno dalla biblioteca, gli passò affianco immerso in una chiacchierata fitta fitta.
Quando un ciuffo di capelli biondo platino entrò nel campo visivo di Harry si irrigidì anche lui. Decise allora di rivolgersi ai suoi amici. “Sentite ragazzi, voi aspettatemi in Sala Comune io devo… ho dimenticato una cosa in biblioteca!”
“Ok, va bene” rispose subito Ron.
Hermione invece corrugò la fronte e rimase a fissare Harry per un po’, sentiva odore di guai nell’aria. Poi però si decise ad annuire e a dirigersi verso la Torre Di Grifondoro con il rosso al suo fianco.
Appena i suoi amici furono abbastanza lontani il moro si girò con un ghigno stampato in volto per poi avviarsi nella stessa direzione del Serpeverde. Lo trovò mentre stava scendendo le scale per i sotterranei. “Malfoy!” chiamò.
Il biondo rabbrividì ma fece finta di non aver sentito e continuò ad avanzare voltandogli le spalle.
“Malfoy!” ripeté.
Draco, affannato, accelerò il passo rischiando quasi di inciampare in uno dei gradini.
“Malfoy, non scappare!” esclamò Harry e con uno scatto gli afferrò il polso sinistro proprio mentre quello cominciava a correre.
Il Serpeverde si inchiodò all’istante e gemette per il dolore quando il Grifondoro premette le dita sul marchio nero che, anche se meno dell’inizio dell’anno, gli faceva ancora parecchio male. “Che cazzo vuoi da me Potter?” chiese nel tono più freddo possibile.
“Dimmi, per quale motivo non sei a casa dal tuo paparino e dalla tua mammina? Non ti dovevano regalare giusto un piccolo castello quest’anno?” Gli angoli della bocca del moro si sollevarono in un ghigno crudele, assolutamente non da lui, e che fece pietrificare il respiro al biondo che non l’aveva mai visto sulle sue labbra.
“Fatti i cazzi tuoi, Potter!” urlò prima che un grosso nodo gli si formasse in gola a sentir nominare i suoi genitori.
Harry avanzò di qualche passo costringendo Draco ad indietreggiare fino a bloccarlo contro una parete dei sotterranei, l’avambraccio del Serpeverde ancora saldamente stretto nella sua mano. “Per caso ti hanno cacciato perché hanno scoperto che sei gay?” sibilò con una voce pazza e intrisa di odio.
Il biondo seriamente preoccupato cercò di liberare il braccio ma l’altro non glielo permise anzi, blocco entrambi i polsi inchiodandoli al muro sopra la testa di Draco che strinse i denti quando sentì i dolorosi lembi di pelle scorticata sfregare contro il muro in mattoni. “Non avvicinarti! Che cazzo vuoi da me?” esclamò cercando di avere un tono minaccioso.
Vedendo che il Serpeverde continuava a dimenarsi il Grifondoro premette il corpo contro quello dell’altro ragazzo intrecciando le gambe alle sue per impedirgli di scalciare. “Io voglio te. Sei mio”
Draco si appiattì contro il muro, incapace di parlare a causa del panico che gli stava nascendo dentro. Che cavolo voleva fare Harry? Perché si stava comportando in quel modo? Non era da lui!
Il Grifondoro assottiglio gli occhi riducendoli a due perfide fessure e il Serpeverde poté quasi avvertire quanto odio stava cercando di esprimere con quello sguardo. “E tutta colpa tua!” disse in un sussurrò quasi isterico.
Se possibile, il biondo si schiacciò ancor di più contro la parete, sta volta completamente terrorizzato.
Harry annusò l’aria vicino al viso dell’altro ragazzo. Ora che aveva sia le mani, sia il corpo bloccato era a sua completa disposizione, poteva farci ciò che voleva. Si avvicinò di scatto al collo di Draco cominciando a mordere e succhiare avidamente i lembi di pelle, lasciando segni di denti e dolorosi lividi violacei su tutta la superficie.
Il Serpeverde si irrigidì di colpo ma quando sentì i morsi sulla carne non poté fare a meno di mugolare dal male. “Potter, smettila ti prego!” esclamò all’ennesima scarica di dolore.
Quello però tenne salda la presa e continuò quello che stava facendo accecato dal desiderio di averlo per se e dall’odio verso di lui. Morse la carne dietro all’orecchio dell’altro ragazzo strappandone un lembo.
Il biondo sentì il sangue sorpassare il colletto della camicia e scorrere lento verso il basso, lungo tutta la spina dorsale. “Ti prego, basta! Mi stai facendo male…” mormorò con la voce sconvolta e strozzata dal dolore.
Ma Harry, di nuovo, non lo ascoltò. Anzi, per farlo tacere, gli morse il labbro inferiore e quando il sangue cominciò a gocciolare dal mento del biondo fu ben felice di sentire sulla lingua il suo sapore leccandolo avidamente.
“Aiuto! Aiutatemi!” tentò di urlare Draco mentre si dimenava ma oltre al fatto che il corridoio era completamente deserto non li uscì più di un roco sussurro. Sentì la mano di Harry infilarsi sotto alla sua camicia e le sue unghie graffiargli la pelle delicata della schiena con foga, come se farlo fosse una specie di droga.
E in effetti era proprio cosi, per il moro.
Il Grifondoro, in quel momento accecato dalla rabbia che la paura di perderlo aveva eretto attorno a se, non si rese conto della gravità delle cose che stava facendo. Continuò a scorticargli la schiena fin quasi a consumarsi le unghie, scavando sulla carne, macchiandosi le mani del suo sangue e nutrendosi di ogni gemito di dolore e di ogni lacrima del biondo. Era felice perché l’altro stava soffrendo ed era quello che lui voleva: fargliela pagare per tutto ciò che gli aveva fatto.
Il Serpeverde sentì la poca forza guadagnata con il cibo venire a mancare mentre la visa si annebbiava e il dolore aumentava ad ogni gesto del moro. “Smettila! Ti prego basta! Si, è tutta colpa mia, lo so! Ma smettila, mi stai uccidendo…” mormorò con la voce spezzata.
Miracolosamente, le sue preghiere vennero ascoltate quando Harry passò accidentalmente la mano sopra al taglio a forma di saetta, sul fianco destro di Draco.
 
Entrambi si immobilizzarono all’istante.
Il biondo smise di dimenarsi.
Il moro, anche se con una mano ancora saldamente ancorata ai polsi del Serpeverde, indietreggiò di un passo staccandosi dall’altro mentre la cicatrice gli bruciava dolorosamente.
 
Fu in quel momento, quando si guardarono negli occhi per la prima volta, quel giorno, che Draco sentì la RABBIA che provava il Grifondoro nei suoi confronti come se appartenesse a lui stesso. E capì anche il perché. Siccome Il moro provava dei sentimenti forti verso di lui ed era convinto che essi non venissero ricambiati aveva PAURA di perderlo per sempre. Allora si ritrovava ad odiarlo per essere stato tradito e perché amarlo non poteva
Ma che ciò non era vero Harry non poteva saperlo.
 
Fu in quel momento, quando si guardarono negli occhi per la prima volta, quel giorno, che Harry sentì il DOLORE che provava il Serpeverde per ciò che lui gli stava facendo come se appartenesse a lui stesso. Sentì i morsi e i graffi sulla carne, un nodo in gola e un grosso peso sullo stomaco. La realtà era che il biondo ricambiava veramente quei sentimenti verso di lui e si sentiva sinceramente in colpa sapendo di aver sbagliato per l’ennesima volta. Perché era convinto che lui non avrebbe mai più voluto stargli accanto e che non l’avrebbe mai più perdonato dopo quello che gli aveva fatto.
Ma che ciò non era vero Draco non poteva saperlo.
 
Approfittando di quel momento di quiete il biondo raccolse tutte le energie che gli erano rimaste e caricò una gamba per poi sferrare una ginocchiata in pancia ad Harry che finalmente indietreggiò e cadde a terra mollando la presa sui suoi polsi.
Non si curò della fitta al fianco, non si curò del dolore alla schiena, non si curò di niente. Semplicemente scattò verso la sua Sala Comune muovendo le gambe il più velocemente possibile e riuscì a rifugiarsi dentro alle sue mura prima che il Grifondoro si rendesse conto di ciò che era successo.
 
Appena il contatto visivo si sciolse entrambi dimenticarono all’istante di essere entrati per dei momenti nella testa dell’altro e aver visto ciò che realmente provavano.
Entrambi ripresero possesso dei propri pensieri, sensazioni, sentimenti ed emozioni.
L’uno tornò a rifugiarsi nel DOLORE.
L’altro nella PAURA e nella RABBIA.
 
Harry, ancora a terra per la ginocchiata del biondo, non si curò del dolore fisico, a quello c’era fin troppo abituato.
Piuttosto si guardò le mani, coperte dal sangue di Draco e sorrise.
Sorrise al pensiero del dolore del biondo e delle sue lacrime.
Sorrise senza rendersene conto.
Perché la paura l’aveva trasformato in un mostro e aveva acceso in lui l’odio più profondo.
 
La vendetta era appena iniziata.
 
Sono le persone più forti che impazziscono e cadono per le cose più misere e, quando lo fanno, solo in pochi riescono a rialzarsi.















 

Note dell'Autrice:  Ok, vi prego, non amazzatemi per questo capitolo...
Lo so, c'è una sola parola per descriverlo e quella è: SCONVOLGENTE.
E credetemi se vi dico che mi sono autosconvolta a scriverlo.
Ma, ovviamente, c'è un motivo preciso per cui ho deciso di farlo.
Tutto è iniziato da una recensione in cui mi hanno giustamente fatto notare che non ho descritto bene il motivo per cui Draco e Harry si separano dopo il bacio nella Stanza Delle Necessità e quindi ho dovuto inventare un modo per spiegare il perché delle loro reazioni.
Per far capire il motivo del comportamento di Harry, che abbandona Draco e lo lascia dentro la Stanza Delle Necessità da solo, ho avuto questa strana idea di far diventare il Grifondoro perfido e crudele. E devo dire che mi piace parecchio com'è venuta! Muahahahaha!
Spero di non essere stata troppo affrettata, nel senso, ho cercato di farvi capire i motivi per cui Potter comincià ad odiare profondamente Malfoy evidenziandovi le parole chiave nel primo paragrafo e alcune anche nel secondo. Spero che abbiate compreso che Harry, non avendo altra scelta, si è rifugiato nella PAURA e che questa l'ha portato alla RABBIA e poi all' ODIO verso la persona che ha distrutto le barriere che aveva creato appunto contro la paura. Non so se mi spiego...
Ho cercato di organizzare e mettere giù le idee nel modo più chiaro possibile, vi giuro che nella mia testa il comportamento di Harry era perfetto per la fanfiction.
Se qualcosa non vi è chiaro, chiedete pure.
Inoltre sono stata ispirata dalle due frasi scritte in grassetto e in corsivo alla fine di ognuno dei due paragrafi che compongono questo capitolo.
Esse sono:
- Lo odiava, semplicemente perché non poteva amarlo
- Sono le persone più forti che impazziscono e cadono per le cose più misere e, quando lo fanno, solo in pochi riescono a rialzarsi
Le ho scelte perché ne sono rimasta colpita e ho pensato che ci stessero perfettamente bene con la storia. Non so se le ho lette da qualche parte o se le ha inventate la mia mente di sana pianta, fatto sta che ho basato il capitolo esclusivamente su di esse.
Ricapitolando:
Ora ho descritto cosa prova Harry.
Nei prossimi capitoli descriverò ciò che prova Draco.

Comunque, tralasciando tutte le mie pippe mentali sul fatto di essere riuscita o no a farvi capire il perché del comportamento di Harry, come vi sembra questo capitolo?
Se vi è piaciuto lasciate una recensione please. Beh, lasciatela anche se non vi è piaciuto.
Visto che sono certa che per molti di voi questo capitolo è stato semplicemente .T.E.R.R.O.R.I.Z.Z.A.N.T.E.
Poi poi poi... i nostri due protagonisti hanno di nuovo sperimentato il loro specie di "legame" da Horcrux-umani. Anche se, come nello scorso capitolo, poi non ricordano nulla.
E poi Harry è felice di aver fatto soffrire Draco e non si rende conto di ciò che ha fatto essendo accecato dall'odio provocato dalla paura. E ha detto che la vendetta è appena iniziata...

Chissà cosa succederà nei prossimi capitoli...
Beh, se non leggerete non lo saprete mai!
Però prima dovrete aspettare abbastanza perché, come ho già detto nelle note dell'autrice dello scorso capitolo, starò in campeggio per due settimane e non potrò continuare a scrivere la ficci. Però vi prometto che intanto mi farò venire tante belle idee per i prossimi capitoli.
Mi scuso se non potrò rispondere alle recensioni ma vi giuro che appena sarò tornata a casa ci darò dentro di brutto con le risposte e con la scrittura.

Ok, vi ho già rotto abbastanza con questa lunghissima nota.
Un bacione grande grande a tutti! <3
Ci rivediamo tra due settimane!
E che dire... la DRARRY regna!

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 16 - Sectumsempra ***


Note dell'autrice: SONO TORNATA!!!

Vi prego di scusarmi per il ritardo nella pubblicazione del capitolo. Lo so che due settimane sono passate da un pezzo ma ho avuto parecchio da fare.
Esempio: i miei hanno avuto la genialata di mettersi a ridipingere tutto il piano di sopra della casa e ovviamente ho dovuto aiutarli, quindi mi sono rimasti veramente pochi momenti liberi in cui ho potuto continuare a scrivere la fanfiction.

Vi informo che in questo capitolo accadono più o meno le stesse cose che accadono in uno dei veri capitoli di Harry Potter e il Principe Mezzosangue ma ovviamente alcune cose, come avvenimenti o ambientazioni, saranno diverse dato che è inventata da me la storia e che, se scritta come quella reale, non avrebbe più un senso con tutto il resto.

Se avete voglia di lasciare una piccola recensione sarei felicissima, grazie.
Spero che il capitolo vi piaccia.






 

Capitolo 16

Sectumsempra



Harry camminava tranquillamente con le mani in tasca, la testa in alto e il passo sostenuto. Sembrava quasi volesse attirare l’attenzione comportandosi in quel modo, cosa piuttosto strana visto che il Grifondoro cercava sempre di fare il contrario. Ma la cosa in verità più strana non era quella, bensì il crudele ghigno che ormai da giorni aveva stampato sulle labbra e gli occhi freddi, accessi da una qualche nota di odio. Sinceramente, faceva quasi paura guardarlo in faccia. Non riuscivi più a riconoscere il vero Harry, sembrava una persona completamente diversa.
La maggior parte non aveva notato nulla di strano o cambiato in quel ragazzo, del resto faceva le stesse identiche cose e nello stesso identico modo di come faceva sempre, ma certamente il viso rigido e freddo di Harry non sfuggiva mai agli occhi attenti della sua amica: Hermione Granger.
Da circa un paio di giorni si chiedeva il perché di quei strani gesti da parte del suo migliore amico. Aveva anche provato a chiedere a Ron se Harry magari si era confidato a lui dicendoli se c’era qualcosa che non andava oppure se trovava il moro strano in un qualsiasi modo.
Ma quello si era limitato ad un: “No, non c’è nulla che non va, perché? Harry è sempre il solito”
Però lei era praticamente certa che era successo qualcosa e che quel qualcosa certamente non era positivo.
Lanciò uno sguardo al ragazzo moro davanti a lei e accelerò il passo, dato che Harry sembrava non avere intenzione di aspettare ne lei ne Ron. Appena varcarono le porte della Sala Grande lo vide chiaramente rallentare e puntare gli occhi verso il tavolo di Serpeverde percorrendolo con lo sguardo da cima a fondo come se stesse cercando qualcosa, o forse qualcuno. Lo vide scrutare attentamente il centro della tavolata dove sedevano Theodore, Pansy, le gemelle Grengrass, Zabini e altri, poi immobilizzare gli occhi su un posto a sedere vuoto in mezzo al gruppo di ragazzi. Infine lo vide distogliere lo sguardo e ghignare soddisfatto prima di accelerare di nuovo e dirigersi verso i Grifondoro scesi per il pranzo.
Hermione era quasi certa di sapere qual’era la persona che due secondi prima cercava Harry, eppure non riuscì a spiegarsi il motivo di quella strana felicità mista a cattiveria che si era dipinta sul suo volto quando non aveva trovato un certo ragazzo seduto al suo solito posto. Era forse in qualche modo felice di non vederlo? Avevano litigato di nuovo…?
I suoi ragionamenti però vennero interrotti quando sia Ron che Harry cambiarono bruscamente direzione. Ne capì subito il motivo.
Harry gettò le braccia al collo ad una ragazza dagli occhi e dai capelli scuri, che si trovava più o meno al centro della Sala, e Ron subito dietro. “Katie ciao! E’ bello rivederti!” esclamo il moro.
E il rosso subito dietro “Katie, come stai?”
“Sto benissimo ragazzi ma vi prego fate piano. Mi state stritolando!” disse la ragazza mentre sorrideva felice.
I due ragazzi allentarono la presa “Scusaci” mormorarono lievemente imbarazzati.
Katie sporse la testa oltre la spalla di Ron e si aprì in un sorriso ancora più ampio “Ciao Hermione, mi sei mancata un sacco!”
Questa volta fu il turno della Granger di abbracciarla “Anche tu Katie! Scusa se te lo chiedo di nuovo ma: com’è andata, ora stai bene?”
“Certamente! Sono uscita dal San Mungo lunedì, ho passato un paio di giorni a casa con mamma e papà e sono tornata stamattina. Tu come te la sei passata invece Herm?”
“A me è toccato, come sempre, stare tutto il giorno con questi due noiosi e lagnosi ragazzi!” esclamò per poi tirare una simpatica gomitata sui fianchi di Ron e di Harry che ridacchiarono divertiti.
Il moro fece un passo verso la ragazza dai capelli scuri e abbasso la voce. “Senti… la collana… adesso ti ricordi chi te l’ha data?”
Katie Bell sospirò dispiaciuta e scosse la testa. “Mi dispiace Harry ma no. Non ne ho idea. Me lo chiedono tutti ma l’ultima cosa che ricordo è che sono entrata nel bagno delle donne ai Tre Manici Di Scopa”
“Allora sei davvero entrata in bagno come si dice in giro?” chiese Hermione.
“Beh sì, sono sicura di aver aperto la porta quindi immagino che chiunque mi abbia scagliato la maledizione fosse lì dietro. Poi la mia memoria è un deserto fino a due settimane fa al San Mungo”
Harry la guardò incuriosita. “E poi? Non ricordi più nulla?”
“Io… vi giuro che sto cercando di ricordare ma…” si bloccò di colpo e smise di parlare.
“Ma?” chiese Ron, impaziente.
Katie non rispose, aveva lo sguardo fisso in un punto dietro le spalle dei tre ragazzi e il suo viso era arricciato in una smorfia di confusione e concentrazione come se si stesse sforzando di ricordare qualcosa.
Harry si voltò nella direzione in cui la ragazza stava guardando ritrovandosi a pochi metri da un esile figura che se ne stava ferma immobile nello spazio al limitare tra la Sala Grande e il corridoio oltre il portone.
Quello che Potter era sicuro essere un ragazzo Serpeverde, anche fin troppo conosciuto, deglutì e abbassò lo sguardo, infine indietreggiò di alcuni passi per poi scomparire dietro l’angolo con la sua chioma di capelli biondo platino.
Un ghigno si formò sulla bocca del moro involontariamente. “Scusate, devo andare!” disse, per poi farsi largo tra la folla di ragazzini che intralciavano la strada e uscire dalla Sala Grande.
 
 
 
Draco cercava di muovere le gambe il più velocemente possibile provando ad ignorare il dolore delle numerose lesioni che riportava su tutto il corpo, molte delle quali provocate da Harry pochi giorni prima.
Sentì arrivare il suono di una voce alle sue spalle “Toglietevi! Lasciatemi passare!” subito seguita da dei lamenti infastiditi del tipo “Ehi attento!” oppure “Guarda dove metti i piedi!”
E fu subito sicuro di sapere a chi appartenesse.
I battiti del suo cuore aumentarono brutalmente, come il suo passo, e dovette sbottonare il primo bottone del colletto della camicia per diminuire, almeno lievemente, la sensazione di soffocamento che lo stava invadendo.
Dato che dall’agitazione aveva momentaneamente perso il senso dell’orientamento si buttò sulla prima porta che gli capitò a tiro sperando di poter entrare e, per sua fortuna, la trovò aperta. Varcò la soglia e entrò in un bagno, poi se la richiuse alle spalle con un tonfo sperando che nessuno lo avesse sentito o visto. Lanciò un incantesimo insonorizzante alle pareti e percorse a grandi passi il corridoio principale del bagno per poi fermarsi davanti ad un lavandino sormontato da un specchio, con il cuore che rimbombava pericolosamente nel cervello e il respiro più affannato che mai. Cominciò a sentire caldo, tanto caldo, quindi si tolse il maglione grigio che aveva sopra la camicia e lo buttò a terra malamente, senza curarsi del fatto che ora si era sporcato. Dato che i battiti del suo cuore non si decidevano a rallentare prese un paio di respiri profondi poi, cautamente, aprì il rubinetto e si sciacquò il viso.
Senza riuscire a controllarsi scoppiò in singhiozzi strozzati cercando comunque di reprimere le lacrime. Se avesse cominciato a piangere già da subito poi come avrebbe fatto a continuare la giornata?
Ma non ci fu bisogno di fare più di tanti sforzi. Neanche lui seppe spiegare il perché ma nessuna lacrima scivolo fuori dalle sue iridi arrossate.
Sarebbe stato più sicuro se avesse visto le lacrime cadere e picchiettare leggere sopra la superficie del sudicio lavandino ma niente, loro non c’erano.
Si passo una mano sudaticcia sulla fronte, per levare via i capelli che si erano incollati ad essa, e sospirò.
Non ne poteva più.
La causa di tutto il male era sempre lui, solo e solamente lui.
Non ce la faceva più a vedere le persone soffrire inutilmente per causa sua.
Non ce la faceva più a fingere di star bene quado invece moriva dentro.
Non ce la faceva più a sopportare le delusioni che seguivano un tentativo fallito per compiere la missione che gli era stata affidata.
Non ce la faceva più e basta…
Alzò lo sguardo sullo specchio davanti a lui e vide cos’era diventato.
Vide il suo viso e il male impregnato in esso.
Vide le sue orecchie con cui aveva imparato ad udire solamente concetti sbagliati.
Vide la sua bocca con cui era stato solo capace di offendere.
Vide i suoi occhi che utilizzava per lanciare sguardi di disprezzo.
Vide le sue mani che erano brave solo a ferire.
E d’improvviso non udì più i battiti del suo cuore che prima gli rimbombavano in testa.
Perché il suo cuore non aveva più bisogno di esistere, lui non sapeva amare e non avrebbe mai imparato a farlo.
E allora vide anche l’anima che era in lui riempire lo spazio lasciato dal suo cuore inesistente.
La sua era un anima vuota.
Vuota come il suo cuore, che non sapeva amare.
E avrebbe voluto scoppiare a piangere in quel momento.
E lasciarsi andare, liberarsi… come aveva fatto quella volta con Harry.
Ma non poteva. Più che altro non ci riusciva.
E ora capiva il perché.
Se si concentrava poteva quasi sentire le lacrime cadere, non fuori, ma dentro di lui.
Cadere dentro alla sua anima vuota e sbatterci contro.
E ad ogni lacrima non versata quel che rimaneva del suo cuore si logorava sempre più. Distruggendolo.
Alzò lo sguardo sullo specchio davanti a lui e vide cos’era diventato.
Draco Malfoy non c’era più, al suo posto giaceva un mostro.
Un mostro senza cuore e dall’anima vuota.
 
 
 
Stupidi ragazzini! Sempre in mezzo alle palle quando hai fretta!” si ritrovò a pensare Harry mentre, finalmente, riusciva a superare anche l’ultimo gruppetto di Corvonero del primo anno che gli intralciavano la strada e svoltava l’angolo per raggiungere il ragazzo biondo che stava rincorrendo.
Non ne era proprio sicuro, ma gli parve di vedere una porta sulla destra, prima semi-aperta, chiudersi del tutto.
Si bloccò e rallentò il passo cercando di fare meno rumore possibile poi, una volta giunto davanti alla porta del bagno dei maschi del primo piano, accosto l’orecchio cercando di captare un qualsiasi rumore.
Non sentiva nulla.
Allora, cautamente, posò una mano sul pomello della porta e l’aprì di alcuni centimetri. Giusto lo spazio per riuscire a spiare dentro.
Draco Malfoy gli dava le spalle, entrambe le mani erano aggrappate saldamente ai lati del lavandino e aveva la testa biondo platino piegata in avanti. Tremava terribilmente e le sue spalle erano scosse da brividi a intervalli irregolari. Stava… singhiozzando. Eppure Harry non vide e non sentì alcuna lacrima cadere dagli occhi del Serpeverde.
Entrò nel bagno del tutto e si richiuse la porta alle spalle, Draco non parve accorgersi di nulla. Forse era troppo immerso nei suoi pensieri o troppo triste per connettersi al mondo reale.
“Malfoy…” sussurrò il moro in tono sprezzante e con un ghigno cattivo stampato in volto. Di nuovo non si rendeva conto di quanto il Serpeverde stesse male. Era completamente accecato dall’odio verso di lui.
Appena il biondo notò il riflesso di Harry sullo specchio di fronte a lui sussultò e girò di scatto la testa verso l’altro ragazzo rischiando di farsi seriamente male al collo. Mugugnò qualche verso di dolore prima di puntare i suoi occhi di ghiaccio dritti in quelli verde foresta di Harry e, quando vi lesse l’odio intriso in essi, un ondata di panico lo assalì di colpo. Sentì come una scarica di dolore attraversare tutti i grandi e piccoli tagli che il moro gli aveva volontariamente lasciato sulla schiena e sul collo e i ricordi di ciò che era successo l’ultima volta che lo aveva incontrato lo travolsero in pieno. Aveva paura, tanta, troppa paura di Harry.
Come se i suoi peggiori incubi si fossero avverati il Grifondoro cominciò ad avanzare verso di lui percorrendo con lo sguardo ogni centimetro del suo corpo, sembrava quasi volesse mangiarselo. “Allora… ci rivediamo” sibilò.
Draco indietreggiò di un passo ma fu costretto a fermarsi quando sentì il bordo del lavandino premergli sul fondo schiena. Era praticamente in trappola. “Potter, non avvicinarti!” disse cercando di avere un tono più intimidatorio possibile.
“Io faccio quello che voglio” rispose Harry calmo, in un modo quasi inquietante. “Soprattutto con te, tanto sei mio”
Ed ecco che il Grifondoro ricominciava a comportarsi come l’altra volta.
Ovviamente continuò anche ad avanzare. Piano, un passo dopo l’altro, lentamente. Voleva godersi appieno la paura che leggeva sul volto del Serpeverde ogni volta che si avvicinava un po’ di più. Dopotutto non era forse quella la possibilità perfetta per vendicarsi con lui una volta per tutte?
Draco deglutì rumorosamente. Se in quel momento il moro non l’aveva ancora attaccato forse l’unico motivo era perché gli stava tenendo testa con lo sguardo. Infatti, da quando si era accorto che non era da solo in quel bagno non aveva osato staccare gli occhi da quelli pieni di odio dell’altro ragazzo.
Ma quello continuava comunque ad avanzare.
Un nodo si formò nella gola del biondo tanto che cominciò a fare seriamente fatica a respirare. “Pensa, pensa, pensa, fai qualcosa… Insomma Draco! Non puoi startene qui impalato ad aspettare che ti uccida!” continuava a ripetersi in testa. Doveva agire e anche in fretta perché ormai l’altro ragazzo era a pochi metri da lui.
Spremette le meningi cercando di ignorare il panico che aumentava e, per fortuna, la sua testa cominciò a funzionare…
La bacchetta, poteva usare la bacchetta. In quel momento ce l’aveva comoda comoda nascosta nella manica destra della camicia, possibile che non gli fosse venuto in mente prima?
Si, però tutte le volte che negli anni precedenti lui e Harry si erano sfidati a duello aveva sempre vinto quest’ultimo.
Aveva anche un'altra arma: la forza.
Ma era piuttosto ovvio che anche su questo lato avrebbe vinto sempre il Grifondoro.
Già faticava a uscire sano da una rissa con lui (nella realtà), figuriamoci ora che era magro e debole.
Quindi…
Magia contro magia avrebbe vinto Potter.
Forza contro forza lo stesso.
L’unico modo era usare la magia contro la forza, forse così avrebbe vinto lui.
Doveva rubargli la bacchetta, non c’era altro modo.
Ma come fare?
Percorse con lo sguardo il corpo di Harry e alla fine la vide. Vide il manico della bacchetta che spuntava dalla tasca dei pantaloni.
Si accorse troppo tardi che, siccome aveva staccato gli occhi dai suoi, quello aveva accelerato il passo e fra meno di due secondi gli sarebbe stato addosso. Era come immobilizzato al suo posto e non riuscì a muovere in tempo la mano per recuperare la bacchetta.
Non poté fare a meno di serrare gli occhi per la paura quando una mano lo afferrò per il colletto per poi sbatterlo contro il muro. Trattenne il fiato cercando di non farsi sfuggire gemiti di dolore, che lo avrebbero solo fatto apparire più vulnerabile agli occhi dell’altro ragazzo, e aspettando che un pugno, un calcio o un morso arrivassero. Ma invece non fu così. Il Grifondoro parlò soltanto. “Sei stato tu a lanciare la maledizione Imperius e a dare la collana a Katie, vero? Ti conviene rispondermi sinceramente!”
Il biondo sollevò cautamente le palpebre ritrovandosi il viso di Harry a pochi centimetri dal suo. C’era ancora quello strano ghigno che gli aveva visto stampato in faccia l’ultima volta ma assieme c’era anche una smorfia mista tra confusione e stupore, come se stesse cercando di capire ciò che lui stesso stava facendo.
“Si… sono stato io” sussurrò dopo aver constatato che gli conveniva non mentire.
“Molto bene. Ci scommettevo. Chi altro poteva essere stato se non tu? Tu centri sempre” sibilò il moro in tono cattivo ma comunque allentando un po’ la presa sul colletto del biondo.
Draco sospirò, calmandosi un pochino, ma non avrebbe dovuto farlo: quel gesto basto per far agitare di nuovo il Grifondoro che, dopo aver contratto paurosamente i muscoli delle braccia, con una mano ancora sul colletto della camicia del biondo, lo sbatté nuovamente contro il muro con doppia forza di prima.
Il Serpeverde colpì la parete con la testa e la sua vista si oscurò per un attimo. Quando tornò a vedere, almeno parzialmente, Harry stava caricando un sinistro da sferrargli dritto dritto nel naso. A quel punto non pensò, agì e basta.
Praticamente un millesimo di secondo prima che il moro gli sfracellasse il viso allungò una mano e la poggiò delicatamente sulla guancia del Grifondoro che, non si sa perché, si fermò di colpo. Il pugno ancora alzato, a pochi centimetri dal naso di Draco, e la stessa espressione misto tra odio e confusione di prima.
Continua a ripetere che io appartengo a lui? Beh…allora lo accontenterò. Sarò suo!” pensò il biondo prima di avvicinarsi cautamente al corpo del ragazzo di fronte a lui e sussurrargli al orecchio, suadente “Harry, guardami. Sono qui, tutto per te, sono… tuo”. Poi gli prese la testa tra le mani e senza pensarci lo baciò.
Harry spalancò gli occhi quando sentì le calde, umide labbra di Draco sulle sue e si dimenticò completamente di odiarlo. Si dimenticò di tutto e di tutti, in quel momento decise che poteva anche dare un po’ di tregua al ragazzo biondo di fianco a lui, avrebbe avuto comunque altro tempo in futuro per fargliela pagare.
Il Serpeverde sentì improvvisamente un peso sullo stomaco e le gambe tremendamente molli quando il Grifondoro cominciò a ricambiare il bacio. Non voleva ammetterlo nemmeno a se stesso ma quelle braccia calde, quei capelli neri arruffati e quelle labbra rosee gli erano mancate così tanto che quasi non si rendeva conto di stare correndo un pericolo tremendo standogli affianco. Anche se in quel momento Harry sembrava essersi tranquillizzato sapeva per certo che quell’odio che gli leggeva negli occhi ogni qualvolta lo guardava, certamente non era scomparso.
Possibile che uno come Potter gli facesse perdere la testa in quel modo? Cercò di non perdere del tutto la lucidità e di approfittare di quel momento di quiete per pensare ad un modo di rubargli la bacchetta. Purtroppo non gli venne in mente altro che un idea più che imbarazzante, ma era forse l’unico modo per farlo affinché non si accorgesse del suo vero intento.
Prese un respiro profondo e dopo essersi assicurato che la bacchetta fosse ancora nella tasca dei pantaloni di Harry spostò una mano di lui, che in quel momento gli cingeva il fianco, più in basso. Sul suo fondoschiena per l’esattezza. In modo da distrarlo più che poteva.
Quando il moro sentì che la SUA mano era posata sul CULO di Draco si irrigidì al istante. Non ne era completamente certo ma non ricordava di averla spostata lì, forse l’aveva fatto inconsapevolmente. Comunque si riscosse in fretta e riprese a baciare il ragazzo biondo davanti a lui con sta volta una mano sul suo sedere.
Non seppe spiegare il perché ma il Serpeverde sentì l’adrenalina salire a mille soprattutto quando ebbe il coraggio di sussurrare “Si Potter, sono completamente tuo”
Ora che Harry era più che distratto poteva mettere in atto il piano che la sua astuzia da Serpeverde gli aveva aiutato a realizzare. Però c’era un piccolo problemino, il suo viso era praticamente appiccicato a quello del moro e questo gli impediva di guardare in giù per localizzare l’esatta posizione della bacchetta, così fu costretto ad andare a intuito e a casaccio.
Fece scivolare la mano verso il basso percorrendo tutto il fianco del Grifondoro e poi beh… poi fu costretto a tastare tutt’intorno a “quella zona” nella speranza di riuscire a trovare ciò che cercava. Si rese conto di aver… come dire: toccato-dove-non-doveva quando sentì il respiro di Harry mozzarsi e il suo battito accelerare talmente tanto da giungere chiaro fino alle sue orecchie.
Ritirò subito la mano e nel farlo sfiorò il manico della bacchetta che stava cercando. Senza volerlo sorrise maligno e per camuffare quel gesto si affrettò ad avvicinare nuovamente il viso a quello dell’altro ragazzo che nel frattempo, abbastanza sconvolto per dove il Serpeverde aveva toccato, si era staccato da lui. Lentamente, con un tocco praticamente impercettibile, sfilò la bacchetta dalla tasca dei pantaloni di Harry e prima che l’altro potesse rendersene conto gliela puntò dritta sullo stomaco, costringendolo ad indietreggiare.
Dapprima Harry rimase sorpreso e forse ci rimase anche un po’ male per il semplice fatto che per un momento aveva pensato di piacere veramente a Draco, ma poi si riscosse. Alzò le mani in alto, come in segno di resa, ma ghignò comunque. “Wow, ti credevo più stupido Malfoy” sibilò.
“Stupido diventerai tu se non te ne vai subito da qui!” esclamò l’altro avanzando di un passo e costringendo il Grifondoro a indietreggiare di un altro.
“Calmati furetto, non vorrai mica svenire per lo sforzo”
Draco strinse la presa sulla bacchetta talmente tanto da farla piegare. “E’ meglio per te se taci Potter!”
“Se no che fai? Mi baci?”. Il suo ghigno si trasformò per un momento in una smorfia imbarazzata quando si rese conto di ciò che aveva detto, ma tornò com’era inizialmente poco dopo.
Il biondo invece ci mise un po’ di più a riprendersi. “Se non l’hai ancora capito, San Potter, io ho fatto quella cosa per rubarti la bacchetta. E a quanto pare ci sei cascato in pieno”
Harry ridacchiò sarcastico. “Sinceramente penso che la bacchetta che volevi rubarmi fosse un’altra, o sbaglio?”
Il Serpeverde arrossì violentemente. “Vai fuori di qui!” urlò poi con una vocetta quasi isterica. Cominciò ad avanzare con la bacchetta alla mano sempre puntata sullo stomaco dell’altro ragazzo – che era costretto ad assecondarlo se non voleva finire stecchito sul pavimento – finché quest'ultimo colpì la porta del bagno con la schiena ed entrambi furono costretti a fermarsi.
“Potter, ora girati lentamente, aprì la porta ed esci. Chiaro? Altrimenti, sono piuttosto bravo con la Cruciatus e non penso tu ci tenga tanto a provarla” disse il biondo con voce ferma e autoritaria.
Harry però rimase dov’era. “Non credi sia un po’ sleale così Malfoy? Voglio dire, tu hai entrambe le bacchette io invece non ho niente” disse mentre portava entrambe le mani dietro la schiena e, cercando di non fare rumore, cominciava a svitare lentamente il pomello della porta.
“Tranquillo Potty. Tu te ne vai subito e io non ti faccio nulla, se è questo che ti preoccupa”
“Pensavo foste più leali voi di Serpeverde. Ah no aspetta… tu sei un Mangiamorte. La lealtà non esiste per quelli come te” sibilò il moro tentando di distrarre Malfoy e prendere tempo. Cominciava finalmente a sentire la maniglia di ferro allentarsi.
“Non cambiare argomento. Ti conviene andartene, adesso!” esclamò quello stringendo i pugni e conficcandosi le unghie sui palmi delle mani, rischiando seriamente di perdere la pazienza. “Ti do tre secondi”
“Tre…”
Harry mosse le mani dietro la schiena più velocemente che poteva, certo non era facile svitare un pomello senza muovere le braccia e senza guardare ciò che si stava facendo.
“…Due…”
Ormai dovevano mancare solamente un paio di giri perché si staccasse definitivamente.
“Ti do l’ultima possibilità Sfregiato. Uno…”
Il Grifondoro mandò tutto al diavolo e si girò di scatto verso la porta dando uno strattone alla (piuttosto pesante) maniglia in ferro fino a staccarla definitivamente dal suo supporto. Portò il braccio sinistro dietro alla testa e, pure senza curarsi di prendere la mira, lanciò il pomello dritto sulla traiettoria del viso di Malfoy.
Nello stesso identico istante, il biondo, che era rimasto prontamente allerta, pronunciò uno “Stupeficium!” ma fu costretto a spostarsi di lato per non prendere il pezzo di ferro dritto in faccia e di conseguenza l’incantesimo sbagliò traiettoria colpendo il legno della porta vicino al fianco di Harry, al posto di Harry stesso e lasciando un grosso buco nero e fumante su di essa.
Draco sentì un improvviso calore diffondersi sulla sua guancia destra e quando ritrasse la mano, dopo essersela sfiorata, se la ritrovò gocciolante di sangue: la maniglia doveva averlo colpito di striscio.
Non fece in tempo a pensare al dolore perché un fracasso alle sue spalle lo fece voltare. Vide il pomello di ferro rimbalzare sul lavandino per poi colpire in pieno il rubinetto che saltò all’indietro frantumando lo specchio che andò in mille pezzi. I frammenti di vetro si sparsero sul pavimento con un suono quasi sferragliante mentre una cascata d’acqua scaturiva dal posto in cui, una volta, c’era stato il rubinetto. Il bagno cominciò ad allagarsi velocemente.
“Cazzo! Harry!” si ritrovò a pensare il biondo che si era pietrificato a fissare il casino davanti a lui e si era completamente dimenticato del ragazzo, o forse doveva dire assassino, alle sue spalle. Per la seconda volta in quella giornata si girò troppo in fretta e rischiò di farsi seriamente male al collo ma non più di quanto in quel momento si sentisse la guancia che era stata colpita gonfia e dolorante.
“E poi dici che lo Sfregiato sono io” sibilò il Grifondoro per poi lanciarsi improvvisamente sul Serpeverde con l’espressione più infuriata che mai.
Quello fece appena in tempo a scattare all’indietro e a correre via prima che il moro lo travolgesse, ma ci rimise comunque una ciocca di capelli platinati che, purtroppo, rimasero incastrati nella mano chiusa a pugno dell’altro ragazzo dopo che aveva tentato nuovamente di acchiapparlo per il colletto. Prese a correre il più velocemente possibile e in pochi passi l’avrebbe anche seminato se non fosse stato per il fatto che, da completo deficiente, si era dimenticato del pavimento parzialmente allagato. Non fece nemmeno in tempo a pensare a una qualche imprecazione contro se stesso che da un secondo – quello in cui aveva entrambi i piedi poggiati a terra, su una pozza bagnata – all’altro – quello in cui cadde a gambe all’aria – si ritrovò a sbattere dolorosamente il fondo schiena sulle piastrelle in mattoni della stanza. Entrambe le bacchette, la sua e quella di Potter, che reggeva ancora strette nella mano, volarono via atterrando al centro perfetto della distanza che separava i due ragazzi.
Entrambi si tuffarono contemporaneamente sulle rispettive bacchette e entrambi fecero in tempo ad afferrarne solo una, senza impedire all’altro di recuperare la propria.
A quel punto, presi dal panico, lanciarono il primo incantesimo che gli passò per la testa.
L’espressione “Contro i nemici”, che Harry aveva letto sul libro del Principe Mezzosangue, attraversò improvvisamente la sua mente, ricordandogli la formula dell’incantesimo scritto affianco ad essa.
“Cru…!” urlò Draco balzando in piedi e agitando furiosamente la bacchetta, completamente bagnato dall’acqua che allagava il pavimento.
Ma il moro fu più veloce. “Sectumsempra!” gli urlò sopra e un getto violaceo colpì in pieno il biondo.
Il sangue sprizzò dal suo viso e dal suo petto mentre si accasciava a terra con un tonfo sordo. Il suo corpo rimase immobile per alcuni secondi poi cominciò a muoversi a scatti, scosso da brividi continui. Come quando stacchi la coda ad una lucertola e quella continua a saltellare di qua e di là nonostante il suo proprietario sia altrove.
Potter lo guardava, pietrificato, e ci mise del tempo ad accorgersi di avere ancora il braccio teso davanti a se e la bacchetta saldamente chiusa attorno alle dita. Con un sussulto ritrasse di scatto la mano, come se l’oggetto magico fosse incandescente, e lo lascio cadere e rotolare per terra. “Che cosa ho fatto?” si chiese.
Poi non fu in grado di far altro che cadere in ginocchio di fianco al corpo di Draco e rimanere immobile a guardarlo. Mentre macchie rosso scuro si espandevano sulla sua camicia prima bianco candido e una alone scarlatto si formava tutt’attorno a lui mischiandosi con l’acqua che allagava il terreno sotto alla sua schiena. Lo vide strizzare gli occhi per resistere al dolore mentre il suo corpo tremava terribilmente. Lo vedeva soffrire eppure non poteva fare nulla per aiutarlo, solo guardare la sua vita scivolare via lentamente, secondo per secondo che passava.
Si chino un po’ in avanti, magari per scusarsi, o dire qualcosa, ma gli uscì solo uno strozzato e appena udibile “No… io non…”
Le lacrime cominciarono a scorrergli copiose sulle guance, cadendo a terra in piccoli ticchetti, come pioggia leggera.
 
Possibile che stesse succedendo davvero?
Draco stava soffrendo per colpa sua, per non dire morendo.
I ricordi di ciò che gli aveva fatto, di come lo aveva trattato, si materializzarono più vividi che mai nella sua mente e solo in quel momento si rese conto di come l’aveva trattato, di quanto male aveva inflitto a quel ragazzo che non gli aveva fatto nulla.
Si, certo: l’aveva tradito. Ma l’aveva fatto solo perché l’alternativa a quello era la sua morte. E, quasi dimenticava: se Draco aveva disobbedito alla missione probabilmente sua madre era morta.
Il Serpeverde aveva preferito la morte di sua madre alla sua, pur sapendo che poi non sarebbe più stato trattato come prima, e lui come ricambiava il favore? Picchiandolo, distruggendolo a morsi, distruggendo tutto quello che si era creato tra loro e distruggendo il ragazzo stesso.
Talmente accecato dall’odio da non rendersi conto delle sue azioni.
E poi, perché aveva fatto tutto questo?
Perché è molto più facile odiarlo che amarlo” si rispose da solo “Perché se ami una persona, perderla fa male. Se la odi, non fa male più di tanto. Perché io ho paura di perdere Draco
E ora lo perdeva veramente.
E tutto perché non aveva voluto affrontare i fatti come stavano realmente.
Perché non si era reso conto che Draco era solamente una pedina nelle mani del Signore Oscuro.
Forse da fuori non sembrava, ma Harry aveva paura del dolore.
Si, aveva vissuto con esso per praticamente tutta la vita ma certamente ciò non gli aveva tolto questa paura di torno. Aveva solo aumentato il suo coraggio, niente di più.
E’ per questo che aveva scelto la PAURA al posto del DOLORE, quest’ultimo l’avrebbe solo distrutto.
Ma alla fine la paura l’aveva distrutto ugualmente, anche se in un modo diverso.
Il mostro non era il ragazzo biondo che, ora, giaceva immobile davanti ad Harry.
No, il vero mostro era lui.
 
Allungo una mano verso quella di Draco, stesa inerme lungo il fianco, e la strinse. Per fargli sentire che lui era lì, che lo perdonava, che si rendeva conto di come l’aveva trattato e si scusava giurando che non avrebbe mai più fatto lo stesso sbaglio. Forse non c’era neanche pericolo che lo rifacesse: a giudicare dalla freddezza del palmo del biondo era già morto, o almeno svenuto in una maniera tale da non accorgersi di nulla.
La vista di Harry cominciò ad annebbiarsi a causa delle lacrime che si incastravano sulle ciglia e sulle lenti degli occhiali mentre stringeva ancor di più la piccola mano dell’altro ragazzo, come se l’unica cosa che potesse ancora tenerlo in vita fosse quel contatto.
Quasi non si accorse che due persone si erano precipitate dentro al bagno, attirate dal fracasso. Infatti, dopo che il moro aveva praticamente staccato la porta dai cardini per togliere la maniglia, l’incantesimo insonorizzante lanciato da Draco era automaticamente svanito. Chiunque poteva aver sentito il baccano che avevano fatto.
Una voce lenta, bassa e strascicata gli giunse a mala pena alle orecchie, attraversando i pesanti battiti del suo cuore che gli rimbombavano nel cervello. “Signorina Granger, veda di togliere di torno il suo amichetto o altrimenti ci penserò io e la perdita di un arto non varrà come scusa”
A quel punto la visuale di Harry venne coperta da una chioma di capelli castani e delle mani si poggiarono sulle sue spalle cominciando a scrollarlo leggermente. Vide il viso di Hermione davanti al suo, la sua bocca muoversi come se stesse cercando di dirgli qualcosa, ma non sentì nulla.
La ragazza lo scosse ancora, preoccupatissima. Continuando a muovere le labbra senza far uscire alcun suono, o almeno questa era l’impressione di Harry.
Hermione cambiò metodo e dopo avergli girato attorno gli circondò il petto con le braccia e cercò di tirarlo verso l’uscita ma Potter non ne voleva sapere di muoversi, la sua mano era ancora saldamente aggrappata a quella di Malfoy, quasi sembravano fuse assieme.
Finalmente, dopo più di 5 minuti che la ragazza cercava di smuoverlo in un qualsiasi modo, il moro sentì la sua voce, anche se ovattata. “Harry! Harry ti prego alzati! Dobbiamo andare!”
“No…” gli rispose quello in un sussurro appena udibile.
“No cosa? Per favore, dobbiamo andarcene da qui! Alzati, fallo per me!” esclamò l’altra esasperata.
“No, io resto. Devo rimanere qui, per lui” disse senza muovere un muscolo e con lo sguardo ancora costantemente fisso sulle loro mani intrecciate.
“Harry…” sussurrò Hermione con voce strozzata “Credimi… non c’è più niente da fare… per lui”
Fu a quel punto che il Grifondoro si abbandonò a lui stesso, come una grande bambola di pezza, smettendo di opporre resistenza e lasciandosi trascinare fuori dalla stanza dalla riccia. Sentì le sue dita scivolare via lentamente da quelle di Draco poi, un momento prima di distogliere gli occhi, le vide contrarsi e chiudersi a pugno, come se cercassero ancora un contatto. Ma forse fu solo una sua impressione perché, quando ci ritornò sopra con lo sguardo, quelle erano tornate senza vita e abbandonate mollemente vicino al fianco del biondo.
Vide Piton accovacciarsi vicino al Serpeverde e lo sentì pronunciare una specie di cantilena in una lingua sconosciuta passando la bacchetta sopra alle ferite del ragazzo. Le macchie di sangue che ricoprivano la camicia cominciarono a restringersi su se stesse sparendo completamente.
Non fece in tempo a vedere altro perché venne trascinato di peso fuori dal bagno – Hermione, essendo nettamente più piccola di Harry e non particolarmente forte, non poté fare in altro modo – e portato fino ad un angolino in cui due pareti del corridoio del primo piano si incrociavano.
La ragazza lo poggiò con la schiena contro il muro il più delicatamente possibile. Delicatezza che non rispettò quando, dopo essersi inginocchiata affianco a lui, gli rivolse un occhiataccia e strillò con la sua vocetta isterica da so-tutto-io “Harry James Potter, cosa hai fatto!?”
Quello si raggomitolò su se stesso, nell’angolino, senza curarsi del fatto di essere bagnato e coperto dal sangue di Draco. Le braccia strette attorno alle ginocchia e la testa china in avanti “Io l’ho ucciso…” sussurrò.
Hermione si rese conto di essere stata un po’ troppo brusca, allora cercò di essere più gentile. Gli poggiò una mano sul braccio e disse “Chi hai ucciso? Chi era quel ragazzo steso a terra?” Non aveva saputo identificarlo dato che il suo viso era completamente sfigurato e coperto di sangue.
Harry non rispose, si limitò ad alzare lo sguardo e a puntarlo sulla sua migliore amica.
“Dimmi che non è chi penso io” sussurrò lei sgranando leggermente gli occhi al ricordo della cravatta di Serpeverde che portava il ragazzo martoriato.
Di nuovo il suo amico non gli rispose. Annuì impercettibilmente però. Dopodiché ritornò con la testa tra le ginocchia, singhiozzando.
“Harry, lui cosa ti ha fatto di male per meritarsi questo?”
“E’ questo il punto… Niente, non mi ha fatto niente” rispose il moro.
Poi cominciò ad ondeggiare avanti e indietro, come fanno i bambini quando la mamma gli sgrida, e a mormorare sconvolto e continuamente la stessa identica frase: “Io l’ho ucciso…”
Hermione gli si sedette accanto e di nuovo si pentì per ciò che aveva fatto. Avrebbe dovuto fermare il suo amico quando ancora era in tempo ma invece non l’aveva fatto e molto probabilmente uno dei due ci aveva rimesso la vita. Aveva capito subito che qualcosa sarebbe andato storto quando Harry aveva visto Malfoy sulla soglia della Sala Grande e gli era subito corso dietro. E’ vero anche che aveva provato a inseguire il Grifondoro a sua volta ma non era stata capace di rimanere al suo passo. Lei, piccola com’era, non sarebbe mai riuscita ad attraversare i gruppi di ragazzi che intralciavano la strada come aveva fatto il suo amico e nemmeno si sarebbe permessa di spingerli nello stesso modo per farla passare. Quindi era arrivata contemporaneamente a Piton, che probabilmente passava lì per caso, magari di ritorno dai sotterranei, quando era già troppo tardi e la catastrofe era già avvenuta.
Decise comunque di provare a calmare il moro e di dargli qualche speranza. “Hey Harry… l’hai visto il professor Piton vero?”
Il ragazzo si bloccò un attimo e annuì.
“Ci sono buone possibilità che riesca a salvarlo sai, è un bravo professore. Sicuramente saprà come rimarginare le sue ferite”
Il Grifondoro smise di ondeggiare avanti e indietro ma tenne costantemente lo sguardo basso, puntato sulle sue ginocchia raccolte al petto.
Hermione tirò fuori la bacchetta di Harry, che aveva recuperato dal pavimento un attimo prima di uscire dal bagno, e gliela posò a fianco.
"Grazie" disse quello.
"Di nulla" rispose lei. "Però, vorrei farti un'unica domanda Harry… perché l’hai fatto?” Ed ecco che per l’ennesima volta non riusciva a tenere ferma la sua curiosità e peggiorava soltanto le cose.
Il ragazzo alzò nuovamente lo sguardo su di lei. “Quello che meritava di morire ero io, non lui. Quindi uccidimi, se vuoi… Faresti solo un piacere a tutti se mi eliminassi dalla faccia della terra. Mi chiedi perché l’ho fatto, Hermione?...”
Fece una pausa, il viso bagnato dalle lacrime.
“Perché sono un mostro”
 
Anche se Draco fosse sopravvissuto le sue ferite non si sarebbero mai rimarginate del tutto.
Perché le sue vere “ferite”, quelle sepolte dentro di lui, erano troppo profonde per essere rimarginate.
Aveva scelto di salvare Harry al posto di sua madre. Per un'unica volta nella sua vita aveva seguito il suo istinto oltre che il suo cuore, smettendo di eseguire gli ordini degli altri.
Ma forse sarebbe stato meglio continuare a vivere comandato da quelli che avevano potere su di lui.
Anche se quella non si poteva chiamare “VITA”



 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 17 - crollare in terra ***


Capitolo 17

crollare in terra



Una ragazza dai capelli biondo scuro, di Tassorosso, a guardarla più o meno dell’età di Harry, passeggiava tranquilla per i corridoi del secondo piano il giorno della fine delle vacanze natalizie. Partita dall’infermeria ora si fermava accanto alla porta dell’aula di Incantesimi dove i suoi amici la stavano aspettando.
Ed eccoli che partivano con gli abbracci e le solite frasi dolci del tipo “Bentornata!” “Come stai?” e altre cose gentili del genere. Normali, quando torni da loro dopo quasi due settimane che te ne stai chiusa in infermeria.
“Mi dispiace molto che tu abbia dovuto startene qui per tutte le vacanze natalizie, Lis. Ma sono felice che tu sia guarita. Ora come ti senti?” chiese uno dei migliori amici di Potter, oltre che della ragazza, Ernie Macmillan per l’esattezza.
“Sto benissimo, come nuova! Ci hanno messo del tempo ma alla fine sono riusciti a trovare il contro-incantesimo per la fattura che mi avevano lanciato” rispose la bionda. “Non preoccuparti per le vacanze Ernie. Tanto quest’anno non sarei comunque potuta tornare a casa perché, poco prima che voi partiste, ho ricevuto una lettera dai miei genitori in cui dicevano che non avrebbero avuto tempo per festeggiare il Natale, quest’anno, dato che stanno ristrutturando l’intera casa”
Un’altra ragazza, che rispondeva al nome di Cristal, parlò. “Allora Madama Chips ha finalmente capito qual’era la fattura?”
“Certamente, altrimenti mi troverei ancora sul letto dell’infermeria con entrambe le gambe mollicce e senza ossa. Non chiedermi come si chiama la fattura però, me lo aveva detto ma penso che nemmeno quella sapientona Grifondoro, Hermione Granger penso si chiami, se non sbaglio, riuscirebbe a memorizzarne il nome”
Hermione era conosciuta un po’ da tutta la scuola, non come Harry Potter ovviamente, ma quasi. Come si faceva a dimenticarsi di una che, ad ogni santissima lezione, alzava la mano minimo venti volte per rispondere alle domande dei professori?
Lis si bloccò un attimo, uno sguardo perso nel vuoto misto tra il confuso e lo sconvolto stampato in volto, mentre con la mano destra si arricciava una ciocca di capelli lisci sfuggita all’acconciatura, in maniera piuttosto nervosa.
“C’è qualcosa che non va?” chiese il quarto e ultimo ragazzo del gruppetto di Tassorosso: Jack.
“Nulla, solamente… sono solo un po’, come dire… impressionata. In senso negativo”
“Da cosa di preciso?” domandò Ernie.
“Non sono una di quelle persone che si sconvolge facilmente ma vi giuro che ciò che è accaduto ieri in infermeria faceva piuttosto impressione”
“Cosa è successo?” chiese impaziente Jack.
Tutti tesero le orecchie curiosi di sapere.
“Allora, praticamente. Io me ne stavo tranquilla seduta sul lettino, del resto non potevo alzarmi, leggendo un libro, quando il professor Piton entra improvvisamente nella stanza e deposita un corpo in una delle brande. A quel punto io, attirata dai rumori, ho aperto leggermente la tendina per sbirciare fuori e ho visto che il ragazzo portato dentro dal professore era completamente bagnato e sanguinante. Aveva il volto sfigurato e coperto di tagli, e penso fosse così anche per tutto il resto del corpo ma non sono sicura, aveva comunque i vestiti addosso. Ma il punto non è questo. Il punto è che il giorno dopo, quando gli avevano ripulito il viso e ricucito i tagli l’ho visto in faccia per la prima volta. Era pur sempre svenuto sì, ma comunque aveva un aria molto famigliare e sono sicura di averlo già visto da qualche altra parte”
“Pensi che sia morto?” chiese ingenuamente Cristal.
“Ma ti pare? Ha appena detto che era svenuto e poi pensi che sarebbero così irresponsabili da lasciare un cadavere sul letto dell’infermeria? Che schifo, Dio! Pensa prima di parlare!” ribatté Jack al posto di Lis.
“Scusa, non ci avevo pensato…”
“Ecco appunto!”
“Descrivi il suo aspetto fisico” disse prontamente Ernie interrompendo il battibecco e senza stare tanto a girare attorno alla faccenda ragazzo-schifosamente-sfigurato-e-coperto-di-sangue, cosa che invece i suoi amici pareva stessero facendo visto le loro facce disgustate.
“Beh, non sono sicura ma mi pare fosse alto, esageratamente magro, biondo. Ma non biondo scuro, più color platino, tipo. Poi non so dirti con esattezza perché da disteso e ad occhi chiusi è difficile vederlo chiaramente” rispose Lis.
“Mmh-mmh…” mugugno l’altro “E per caso c’era qualche elemento che indicava a che Casa appartenesse?”
“Serpeverde. Si, sono sicura, aveva una cravatta di Serpeverde!”
Ernie ci rifletté un po’ su ma era praticamente impossibile scoprire l’identità di una persona con così pochi elementi a disposizione. “Non è che per caso ti ricordi dove potresti averlo già visto? Basta anche una risposta vaga se proprio non ti viene in mente”
La ragazza corrugò la fronte in un’espressione di assoluta concentrazione. Poi, dopo quella che parve un eternità, il suo viso si illuminò improvvisamente “Forse… mi pare… Harry Potter! Ommioddio sì! Sono praticamente certa di averlo visto litigare con Potter minimo quarantamila volte negli anni scorsi!”
Il povero Ernie non poté fare a meno di irrigidirsi e sgranare leggermente gli occhi per la sorpresa. “Malfoy” disse soltanto. Certo non pensava che uno come quel presuntuoso Serpeverde avrebbe potuto ridursi nelle condizioni descritte poco prima dalla sua amica. Era talmente abituato a vederlo come il principe di tutto e di tutti che immaginarselo mentre veniva affatturato o picchiato gli veniva estremamente difficile.
“Voi avete idea di chi può averlo conciato in quel modo? Certamente non può essersi auto ridotto così” osservò Cristal.
“Non ne ho idea. Forse è meglio se torniamo alla Sala Comune” disse Jack, e con quella frase chiuse definitivamente l’argomento.
Il gruppetto di amici si avviò tranquillo verso il seminterrato discutendo allegramente delle vacanze natalizie trascorse.
Nessuno però si accorse del ragazzo moro, occhi verdi, occhiali tondi e inconfondibile cicatrice a forma di saetta sulla fronte che, da dietro l’angolo, aveva sentito l’intera conversazione.
 
 
*****
 

Voci e pettegolezzi in corridoio, che tra l’altro lui stesso aveva origliato.
Ecco cosa l’aveva spinto a presentarsi lì, in infermeria, allo scandaloso orario delle 7 di una domenica mattina, munito come sempre di mappa del malandrino e mantello dell’invisibilità. Avrebbe seriamente voluto dormire e dimenticarsi almeno per quelle poche ore di come si era comportato ma aveva una ragione più che valida per trovarsi lì in quel momento.
O forse a ripensaci anche no, non capiva nemmeno lui il perché era immobile e invisibile davanti alla porta dell’infermeria ad attendere come un deficiente non sapeva nemmeno lui cosa. Come sempre, da bravo Grifondoro, faceva le cose senza pensarci.
Magari voleva scusarsi, chiarire o semplicemente dire qualcosa anche se, sempre se le voci che Draco era vivo e vegeto – forse più vegetale che vegeto ma quelli erano solamente dettagli – erano vere, ci sarebbero state comunque poche possibilità di riuscire a combinare qualcosa. Tra le migliori opzioni ce n’erano due: o che sarebbe uscito dall’infermeria a gambe levate, con un braccio spaccato, un occhio nero e un Serpeverde biondo ancora in tunica da infermeria che gli correva dietro con istinti omicidi, oppure che sarebbe rimasto a fissare per ore quella sottospecie di ragazzo, perché, messo male com’era, “ragazzo-vero-e-proprio” non lo si poteva chiamare, fino a farsi crescere la barba per venti volte di fila nell’attesa che si svegliasse.
Impaziente di vederlo, anche solo da lontano, sospirò e si inginocchio a terra per riuscire a scorgere qualcosa dal buco della serratura della porta.
Vide che Albus Silente e Madama Chips stavano in piedi al centro perfetto dell’infermeria, ai loro lati solo lettini vuoti, eccetto uno, situato alla sinistra e dietro l’infermiera. Adagiato sopra c’era la sagoma di un ragazzo dai capelli biondo platino. A guardarlo distrattamente si sarebbe detto morto da quanto era pallido e immobile al suo posto ma Harry era praticamente sicuro di vedere il suo petto alzarsi e abbassarsi impercettibilmente attraverso il leggero lenzuolo bianco posato sopra di lui.
Non riuscì a impedire alle sue labbra di sollevarsi in un ampio sorriso, grazie a Godric era vivo!
Le voci di Silente e di Madama Chips lo distrassero dai suoi sospiri di sollievo. Per la seconda volta in due giorni si mise calmo e nascosto sotto il mantello a origliare conversazioni altrui.
“Buongiorno Signor preside!” lo salutò l’infermiera.
“Salve Chippy! Mi chiami pure Albus, o Silly se le piace di più”
Madama Chips parve divertita. “Come preferisce” disse, ma poi tornò subito con lo sguardo serio e professionale che aveva in precedenza. “Mi dispiace disturbarla ma ho dovuto convocarla qui per una questione molto importante riguardante il ragazzo”
“Riguardante Draco, intende?”
 
Harry, da fuori, si agitò sul posto aprendo bene le orecchie e sforzandosi di prestare doppia attenzione alla conversazione che stava origliando. Dato anche il fatto che i due sembravano parlare a voce più bassa del solito, magari per non svegliare il Serpeverde.
 
“Si” affermò l’infermeria indicando con un cenno della testa la brandina dietro di lei.
“Il professor Piton mi ha già comunicato tutto ciò che è venuto a sapere riguardante l’incidente che è successo pochi giorni fa ma sono comunque curioso di ascoltare ciò che ha da dire” disse calmo, scrutando Madama Chips con i suoi occhi azzurro acquosi da dietro i soliti occhiali a mezzaluna.
“Le comunico innanzitutto che se fosse stato per me il ragazzo in questo momento si troverebbe in posti molto meno accoglienti, ma ho preferito parlare con lei della questione prima di prendere decisioni troppo affrettate che potrebbero risultare ingiuste o compromettenti. Beh, se ha tempo partirò dall’inizio altrimenti arrivo dritta al punto”
“Faccia pure con calma Cippy, ho tempo da perdere” la rassicurò Silente.
“Molto bene. Allora, come le avrà già comunicato il professor Piton, il ragazzo è stato ritrovato l’altro ieri, appena dopo pranzo, nei servizi maschili al terzo piano. Severus sostiene di aver trovato il bagno parzialmente allagato a causa del rubinetto rotto, completamente staccato dalla propria sede, e il ragazzo steso a terra in una pozza di sangue. Ha descritto le sue ferite come lacerazioni innaturali della pelle e ha assicurato di non sapere da quale incantesimo, fattura o nel caso peggiore pozione fossero state provocate. Nonostante afferma di non aver trovato nessuno nel bagno, oltre a Draco Malfoy, ha escluso subito la possibilità che il ragazzo si fosse inferto da solo tali ferite. Infatti non è possibile scavare così a fondo e lacerare in più punti la pelle senza svenire prima. Neanche l’essere umano più bravo a resistere al dolore ne sarebbe stato capace: è un riflesso del corpo perdere i sensi quando questo diventa insopportabile. Fortunatamente il professore è arrivato appena in tempo per rallentare la fuoriuscita del sangue e ricucire parzialmente le ferite. Pochi secondi e il ragazzo sarebbe morto dissanguato. Dopodiché ha dovuto per forza portarlo da me per completare le cure. Ho fatto tutto ciò che potevo, solamente… temo che rimarranno comunque parecchie cicatrici su di lui. Ma penso che tutto questo già lo sapesse, in realtà il motivo per cui l’ho fatta venire qui è un altro…”
 
Harry smise per un momento di ascoltare Madama Chips troppo stupido dalla frase “Nonostante afferma di non aver trovato nessuno nel bagno, oltre a Draco Malfoy…”
Ero uno scherzo?
Piton aveva mentito per salvare il culo a lui?
Lui che odiava profondamente e a cui cercava di togliere punti per qualsiasi stupidaggine? Lui a cui amava dare una punizione alla prima occasione?
Eppure era sicuro che Severus avesse visto sia lui sia Hermione nel bagno, ci aveva addirittura parlato!
Ecco spiegato il perché non si era ritrovato sommerso di castighi su castighi in quei giorni, gli sembrava molto strano infatti.
Ma comunque, per quale assurda motivazione non aveva rivelato che era stato lui a ridurre Draco in quelle condizioni?
C’era forse un motivo particolare?
Per il momento lasciò perdere i mille punti interrogativi che gli gironzolavano in testa e riprese ad origliare la conversazione.
 
Madama Chips stava ancora parlando. “…c’è un problema piuttosto grave Albus. Mentre medicavo le varie ferite ho scoperto l’esistenza di una macchia di quello che sembrava inchiostro nero, sull’avambraccio sinistro del ragazzo. Ho provato a cancellarla in qualunque modo possibile ma alla fine ho potuto costatare che non è inchiostro ne nessun’altra sostanza. Sembra quasi una specie di incisione nella pelle stessa, come se fosse vero e proprio tessuto cellulare. E’ quando ho ripulito tutte le ferite che ricoprivano i suoi polsi che ho scoperto l’esistenza del marchio nero su di lui. All’inizio non volevo crederci, semplicemente perché non ce lo si aspetta da un ragazzo così giovane, ma alle fine devo comunicarle che Draco è veramente un Mangiamorte. D’altra parte cos’altro poteva essere visto l’identità del padre? Inoltre, sicuramente Tu-Sa-Chi gli avrà affidato una missione da portare a termine e lo sa anche lei che non possiamo permetterci di tenere Mangiamorte all’interno delle mura di questo castello. La cosa giusta sarebbe mandarlo ad Azkaban, dove siamo sicuri non combinerà nulla di male. Però, come ho già detto, ho preferito parlarne con lei prima di riempire Hogwarts di dissennattori per niente”
Silente annuì distrattamente. “La ringrazio per averlo fatto. Mi dica, non l’ha detto a nessun’altro vero?”
“Solo al professor Piton per la verità, anzi, l’ha scoperto da solo” rispose lei.
“Molto bene…” commentò il preside tra sé e sé.
Madama Chips riprese a parlare. “Albus, devi sapere che c’è anche un’altra cosa che ho trovato sospetta e pericolosa, forse anche più del marchio nero. Ci sono chiari segni dell’utilizzo di maledizioni senza perdono sul corpo del ragazzo”
“Che tipo di maledizioni, di preciso?” chiese il mago mentre si arricciava la lunga barba con una dito.
“L’Avada kedavra signor preside. Il ragazzo ha un taglio già quasi completamente cicatrizzato sul fianco destro a forma di saetta. Chiaro segno del fatto che è riuscito a sopravvivere alla maledizione mortale, nessun’altro incantesimo lascia segni simili sulla pelle. Posso assicurare che sia quasi completamente identica a quella di Harry Potter”
 
Il Grifondoro, ancora fuori dalla porta, sgranò gli occhi per la sorpresa e la mascella gli cadde letteralmente verso il basso.
 
“Interessante…” commentò Silente “E, mi dica. Cosa intende con quel: quasi completamente identica?”
“E’ una ferita ancora fresca. Sicuramente non risale a più di un mese fa quindi non è ancora completamente cicatrizzata come invece è quella di Potter” ammise convinta l’infermiera.
“Grazie mille per le tue informazioni Cippy, mi saranno estremamente utili. C’è qualcos’altro che vorresti dirmi?”
“No, credo di aver detto tutto Albus. Solamente, lei pensa sia il caso di contattare Azkaban?”
Il preside alzò una mano e la poggiò sulla spalla dell’infermiera stringendo lievemente la presa.
 
Da quel che poté notare Harry, il viso di quest’ultima si trasformo in una maschera di indifferenza e confusione, lo sguardo perso nel vuoto e nessuna espressione a incorniciarli il volto, tipo quando vieni Obliviato.
 
“Io penso che quel ragazzo non abbia alcuna colpa, è solo una pedina nelle mani di Voldemort, – l’infermiera rabbrividì al suono di quel nome – non ha scelta. Cerchi di avere pietà e soprattutto di portare pazienza” concluse Silente con il suo solito sorriso calmo e rassicurante per poi togliere la mano dalla spalla di Madama Chips. “Che cosa dovevi dirmi Cippy?” chiese poi, come se fosse appena arrivato lì e la conversazione non fosse ancora cominciata.
“Oh, buongiorno Albus! Scusi il disturbo, le ho chiesto di venire qui solamente per avvisarla che il ragazzo sta meglio. Si è già svegliato due volte e quasi sicuramente domattina verrà dimesso dall’infermeria e si presenterà alle lezioni. E’ stato il professor Piton a portarlo qui sostenendo di averlo trovato da solo, steso sul pavimento del bagno maschile del primo piano, con numerose ferite e lacerazioni della pelle. Lui ha fatto tutto il possibile per salvarlo e io ho completato l’azione, purtroppo devo informarla che rimarranno comunque numerose cicatrici sul corpo del ragazzo. Non è stato possibile farle scomparire del tutto”
Silente annuì. “Per caso sa altre informazioni o c’è qualcos’altro che vorrebbe dirmi?”
“Nulla Albus, questo è tutto” rispose decisa Madama Chips.
“Molto bene, la ringrazio sinceramente”
“Si figuri!”
Silente fece una delle sue solite risate leggere e misteriose poi si voltò verso la porta pronto ad uscire. Si fermò solo un secondo prima di abbassare la maniglia per salutare l’infermiera “Arrivederci Cippy! Spero di rincontrarla presto, è sempre un piacere chiacchierare con lei!”
“Il piacere è tutto mio Albus!” esclamò quella lasciando per un momento intravedere l’accenno di un sorriso dietro lo sguardo altrimenti serio e professionale.
Il Preside aprì la porta con un ultimo cenno del capo per poi richiudersela con più delicatezza possibile alle spalle, per non svegliare Draco.

Harry intanto si era appiattito contro il muro, sempre coperto dal mantello dell’invisibilità.

Silente fece un passo verso il corridoio che portava al suo ufficio ma subito dopo si bloccò, girandosi dritto nel punto in cui si trovava il Grifondoro. Socchiuse gli occhi e sembrò scrutare proprio Harry da dietro i suoi occhiali a mezzaluna. Misteriosamente si aprì in un sorrisone da un orecchia all’altra “Ah, mio caro. Non va bene origliare le conversazioni altrui. Ti prego di tenere per te ciò che hai sentito…” sussurrò ridacchiando.
Il moro rimase un po’ sbigottito da quel comportamento.
Silente era sempre pieno di misteri. Beh… ormai l’aveva capito visto che erano praticamente 6 anni che stava in sua compagnia. Però si stupiva comunque ogni volta.
Prima sembrava avesse cancellato un pezzo della memoria dell’infermiera solo poggiandoli una mano sulla spalla e ora gli sorrideva, gli parlava e sembrava vederlo anche attraverso il mantello dell’invisibilità.
Bah… era incredibile il potere di quel mago!
Harry, non sapendo cosa fare, per sicurezza ricambiò il sorriso.
Dopo aver messo una mano in tasca il preside sospirò estraendone un piccolo incarto color giallo accesso: una Frizlemon babbana per l’esattezza. “Oh, Draco… Povero, povero ragazzo…” mormorò distrattamente per poi infilarsi la caramella in bocca e avviarsi allegramente per il corridoio fischiettando un motivetto felice…
 
 
*****
 
 
E come tutte le mattine in cui le vacanze finiscono e iniziano di nuovo le lezioni Harry si svegliò con un pensiero fisso nella mente: Fanculo a tutto e a tutti!
No, seriamente… non aveva già abbastanza rogne di suo essendo il Ragazzo-Sopravvissuto? Doveva mettercisi pure la sua stupida faccia?
Si, anche se in quel modo sembrava un deficiente, se la prese proprio con la sua faccia.
Se la prese con i suoi occhi gonfi scavati da profonde occhiaie viola.
Se la prese con la sua pelle che aveva assunto un colorito stanco e verdastro da farlo sembrare praticamente un ventenne.
Se la prese con i suoi cazzo di capelli neri che non ne volevano sapere di starsene buoni al suo posto e gli si spalmavano sulla faccia come serpentelli indemoniati.
Se la prese con i suoi occhiali che quel giorno sembravano attirare la povere come una calamita e che aveva già ripulito cinque volte da 10 minuti prima, quando si era svegliato.
Era scazzato in una maniera assurda perché quella notte non era riuscito a chiudere occhio.
Insomma… lui! Lui che dormiva sempre come un sasso! Lui che riusciva a battere pure Ron!
Se c’era una cacchio di cosa che amava fare e soprattutto che poteva permettersi di fare era dormire, e invece no, gli incubi lo avevano tormentato per tutta la notte tenendolo sveglio e in guardia.
E il mancato sonno l’aveva fatto diventare isterico.
Dovette letteralmente mordersi la mano, chiusa a pugno, per impedirsi di spaccare lo specchio a cazzotti quando vide in che condizioni era.
Cosa per niente normale… insomma, Harry Potter che si lamentava del suo aspetto esteriore? Non era mai successo. Ma quella mattina era talmente di malumore che era uno svago mandare affanculo pure se stesso e lo specchio.
Ah, dimenticavo… se la prese pure con i suoi pantaloni che non si decidevano a chiudersi dato che li aveva infilati storti, con le tasche dietro sul davanti. “Ma perché i pantaloni devono essere sempre così schizzinosi?” pensò mentre con un lamento isterico se li sfilava per poi buttarsi sul letto con entrambi i piedi nudi poggiati sulla testiera, e il bacino inarcato verso l’alto in modo da fare meno fatica possibile per infilarseli di nuovo.
I suoi compagni di dormitorio si fermarono a guardarlo, sconvolti, litigare con qualunque cosa gli capitasse tra le mani e urlare isterico appena qualcosa non gli andava a genio.
 
“Harry, per le mutande di Merlino! Cosa ti è successo alla faccia?” esclamò Hermione, gli occhi leggermente sgranati, mentre il moro scendeva le scale del dormitorio con Ron subito dietro.
Potter si limitò ad alzare uno sguardo inceneritore su di lei. “Credimi, non è giornata…” mormorò soltanto, la voce così bassa da essere inquietante.
Quasi si poteva vedere il fumo uscire dalle sue orecchie.
“Che ti prende fratello?” sbottò Ron.
Hermione gli rivolse un occhiataccia come ad avvisarlo che se non voleva ritrovarsi coperto di lividi di prima mattina era meglio utilizzare un po’ di delicatezza con Harry, dato il malumore che gli si leggeva in faccia più che chiaramente.
Ron aggrottò le sopracciglia confuso, del resto lui non sapeva nulla della storia Potter ha quasi ucciso Malfoy, (che era appunto quella che aveva tenuto il povero Prescelto sveglio per tutta la notte) ma lo sguardo della ragazza lo convinse abbastanza da fargli serrare le labbra di colpo.
A quel punto prese parola Hermione. “Se vuoi ti do una mano Harry” mormorò cauta.
Il ragazzo alzò le spalle, indifferente, con un muso lungo da Hogwarts fino a Londra
Chi tace acconsente” pensò Hermione ricordandosi di quel detto babbano che gli avevano insegnato i genitori quando era ancora piccola. Estrasse la bacchetta e con due semplici incantesimi – uno per domare i capelli, che usava spesso anche lei, e l’altro per migliorare l’umore – il viso di Harry tornò quello sereno di sempre. Le sue spalle si rilassarono e la mascella prima rigida si ammorbidì ridando al ragazzo la sua solita espressione amichevole.
“Va meglio?” chiese timorosa.
“Hermione sei un genio! Grazie! Va molto meglio!” esclamò il moro aprendosi in uno dei suoi soliti sorrisi tutto denti.
La ragazza cominciò ad auto complimentarsi mentalmente, come faceva ogni volta che un incantesimo o una pozione gli veniva divinamente, in pratica sempre.
“Dovevi sentirti fratello! Sembravi un principino viziato e isterico prima, quando ti sei incazzato con i pantaloni perché gli avevi infilati storti e non avevi voglia di rimetterteli!” riprese a parlare Ron dopo essersi accertato che non si sarebbe trovato steso sul pavimento e coperto di lividi provocati dal suo stesso amico, come gli aveva fatto notare con un’occhiata Hermione, poco prima.
“Shhh… Non serve che scendi nei dettagli grazie!” commentò a bassa voce Harry dopo che tutte le teste, in Sala Comune, si erano voltate verso di loro stupite per ciò che il rosso aveva detto.
 
 
 
Ed ecco che neanche un’ora dopo si trovava nell’aula di Difesa contro le arti Oscure, con Hermione affianco, e Ron vicino a Neville sul banco davanti, mentre ascoltava le solite prediche del professor Piton su quanto i Grifondoro fossero stupidi, e i Serpeverde si sforzavano di trattenere le risate.
Se ne stava con il gomito sinistro piantato nel banco e la testa mollemente appoggiata al pugno chiuso, l’altra mano ormai rimasta senza unghie a forza di masticarle, il piede che da sotto batteva insistentemente a terra e lo sguardo costantemente puntato su una certa testa biondo platino di un certo Serpeverde.
Hermione non poté fare a meno di notarlo, così gli sventolò una mano davanti alla faccia per aiutarlo a rimanere attento quando all’agguato c’era un Piton pronto a togliere punti alla prima occasione. Harry però non le badò nemmeno, si limito a spostarsi più in là, verso l’esterno del banco, togliendo finalmente la mano dell’amica dalla sua visuale e ricominciando a fissare Malfoy. Hermione sospirò, rinunciandoci.
Secondo le voci che aveva sentito in giro – aveva battuto il suo record di origliare conversazioni altrui solo in quei tre giorni – Draco era stato dimesso dall’infermeria la sera precedente e ovviamente si era presentato a lezione quella mattina. E Harry non aveva ancora staccato gli occhi da lui nemmeno per un secondo, semplicemente lo fissava in silenzio. Adorava rimanere ad osservarlo anche se gli piaceva un po’ meno – anzi, per niente, perché lo faceva sentire ancora più in colpa – il suo sguardo triste e vuoto, i suoi occhi spenti, il suo corpo completamente immobile da quando erano entrati in aula, la schiena ingobbita e i gomiti poggiati sulle ginocchia. Insomma, era abituato a vederlo sempre seduto diritto con il mento in alto e lo sguardo fiero, come un vero aristocratico, mentre parlava spavaldamente con i suoi odiosi amici raccontandogli di quando fosse astuto, intelligente, bravo, figo e tutte quelle cagate da Serpeverde. E invece, seriamente, non l’aveva mai visto aprire bocca quel giorno, se non in Sala Grande per addentare un angolo di una brioches alla crema che poi comunque aveva messo giù subito dopo lasciando il piatto colmo di cibo e il suo stomaco vuoto. Che proprio vuoto non si poteva dire dato che sembrava contenere un peso insopportabile, ma a cui ormai ci aveva fatto l’abitudine a forza di soffrire e soffrire e soffrire ancora. Comunque fosse, ecco il motivo per cui Harry non aveva ancora ricevuto castighi o anche di peggio. Gli unici che sapevano che era stato lui a ridurre Draco in quelle condizioni non avevano voluto aprir bocca, compreso il biondo, da qui in realtà di sarebbe aspettato una vendetta alla prima occasione.
Troppo immerso nei suoi pensieri non si accorse di aver cominciato a battere più forte il piede a terra attirando l’attenzione di un po’ tutti, compreso il professore che aveva appena concluso la sua infinita predica.
Una voce lenta e strascicata lo fece tornare alla realtà. “Signor Potter, vedo che non ha ascoltato nulla di quello che ho appena finito di dire. Ho raccomandato ai Grifondoro di imparare a prestare la dovuta attenzione agli insegnamenti dei più intelligenti – “Tipo io” pensò mentalmente Severus – e lei come sempre non ha compreso un accidenti. Mi dica, trova irresistibile il desiderio di distinguersi sempre dalla massa?”
“Io… veramente non…” mugugnò quello ma venne subito interrotto dal professore.
“5 punti in meno a Grifondoro per non aver capito che era una domanda retorica, Signor Potter!”
“Ma…” commentò quello, indignato.
“Altri 5 punti in meno per aver osato aprire bocca di nuovo! Desidera perderne altri?”
Harry si limitò ad abbassare lo sguardo per impedirsi di alzare gli occhi al cielo. “Santo Godric, non so… fra poco mi toglie punti anche perché respiro!” penso tra sé e sé scuotendo la testa.
“Molto bene. – riprese a parlare Piton, Dio quanto adorava rompere a quell’insolente Grifondoro! Era una soddisfazione immensa. – Prima delle vacanze natalizie vi ho avvisato che alla ripresa delle lezioni, cioè oggi, ci sarebbe stato il test pratico sui Patronus. Se siete capaci bene, altrimenti vi arrangiate. Avete avuto più di tre settimane per prepararvi e io vi avevo spiegato come riuscire a fare l’incantesimo, nei minimi dettagli. Probabilmente non riusciremo a interrogare tutti oggi, ma state tranquilli, la prossima volta ci occuperemo di chi manca”
Più o meno tutti nella classe, compresi tre quarti dei Serpeverde, – cosa piuttosto strana dato che Piton tendeva sempre ad avvantaggiarli in qualsiasi modo a lui possibile – trattennero il fiato attendendo che il professore annunciasse il primo interrogato. Alcuni, tra cui Neville, cominciarono a mordersi nervosamente le labbra e a torturarsi le mani.
Hermione sembrava l’unica di apparentemente calma ma in realtà dentro di lei ribolliva una certa quantità di agitazione, non era mai stata un asso in quell’incantesimo e temeva più di ogni altra cosa fallire davanti a tutti.
Harry invece non era poi così tanto agitato, dato che il Patronus era l’incantesimo di Difesa contro le arti Oscure che li veniva meglio in assoluto. Ma forse quella sua calma era in realtà rassegnazione perché era sicuro che Piton l’avrebbe chiamato per primo, nella speranza di metterlo in ridicolo davanti a tutto il resto degli studenti. Infatti si stupì non poco quando il professore riprese a parlare.
“Signor Malfoy, venga pure qui accanto a me dove ha più spazzo per muoversi. Sono certo che lei saprà dare l’esempio a tutto il resto della classe, per questo l’ho chiamato per primo” disse in tono orgoglioso, lasciando intravedere un accenno di… sorriso? Dietro alla sua solita faccia estremamente odiosa.
Draco si alzò obbediente, senza fare un piega, in viso la solita espressione triste, e si incamminò verso la cattedra. Sembrava avesse una specie di fitta al fianco, notò Harry, quando lo vide piegarsi per un momento di lato, strizzando impercettibilmente gli occhi in una microscopica smorfia di dolore.
Quando arrivò accanto a Piton estrasse la bacchetta e la puntò davanti a se, attendendo il consenso per iniziare.
“Signor Malfoy, cominci pure. Mostri alla classe il modo corretto per eseguire l’incantesimo”
Gli occhi più o meno di tutti si puntarono sul Serpeverde, ma nessuno lo stava osservando attentamente, eccetto il moro. Dopotutto era stato lui ad insegnarli a fare i Patronus poche settimane prima e sperava con tutto se stesso di aver fatto un buon lavoro. Ma si promise di non contarci troppo, l’ultima volta Draco stesso gli aveva detto che per evocare il cervo aveva pensato a lui, ma molto probabilmente i ricordi collegati a lui erano più che tristi, orrendi si oserebbe dire.
Draco chiuse gli occhi per concentrarsi, le gambe che tremavano leggermente per l’agitazione, poi cercò di pensare ad un ricordo felice. Non ne aveva nessuno, a parte Harry. Rievocò nella mente le immagini del loro primo bacio, quello nella foresta, quando lui stesso gli aveva insegnato a fare l’incantesimo che stava tentando in quel momento, poi quello del bacio nella Stanza Delle Necessità, sicuramente più soddisfacente e intenso del primo. Si immerse nei ricordi talmente tanto che gli parve quasi di sentire le sensazioni che aveva provato quella sera, di nuovo, sulla sua pelle.
“Expecto Patronum” disse e si stupì di ritrovarsi la voce roca e spenta. Da quanto tempo non parlava esattamente?
Una nebbiolina azzurrina scaturì dalla sua bacchetta cominciando ad addensarsi sempre di più, illuminando l’aula quasi completamente buia, come amava tenerla il professore.
Si ricordò la sensazione delle sue labbra sulla pelle del collo di Harry, il calore che emanava il corpo dell’altro ragazzo premuto sul suo, il formicolio nello stomaco, le gambe molli, i capelli neri che gli solleticavano la fronte…
La nebbiolina sospesa in aria si richiuse su se stessa lasciando intravedere la sagoma di quattro possenti zoccoli.
Il moro, nel frattempo, si era immobilizzato a fissarlo. Non sapeva spiegarselo ma anche lui stava rivivendo tutte le emozioni e sensazioni di quella notte, con uno strano formicolio alla cicatrice, e sembravano estremamente reali. Dovette ammettere che gli mancavano, Draco gli mancava, fin troppo.
Il Serpeverde sentì quasi come se stesse accadendo in quel momento le mani di Harry cingergli i fianchi e scorrere lente verso il basso fino ad incontrare la pelle scoperta della schiena e accarezzarla piano…
Proprio quando l’incantesimo stava per riuscire non fu capace di impedire al ricordo di cambiare improvvisamente tramutandosi nel peggiore che aveva. Le carezze che un momento prima sentiva sulla pelle si tramutarono in graffi e unghie conficcate in profondità.
La nebbiolina svanì di colpo ricacciandosi all’interno della bacchetta.
Il respiro di Harry si appesantì improvvisamente al pensiero di ciò che lui stesso gli aveva fatto.
Il ricordo degli occhi pieni di odio del Grifondoro a pochi centimetri dai suoi si fece strada più vivido che mai nella mente del biondo che fu costretto a sbarrarli di colpo e a sbattere le palpebre parecchie volte prima di riuscire a mandare via quell’immagine spaventosa. Aveva paura. Aveva tanta, troppa paura di Harry.
Non riuscì a impedire al suo sguardo di posarsi involontariamente sulla figura del moro, che sapeva bene essere seduto in quel posto accanto alla Mezzosangue dall’intera lezione. Indietreggiò di un paio di passi, il respiro pesante e affannato, quando lo trovò a fissarlo dritto negli occhi.
“Non me lo aspettavo da lei, Signor Malfoy!” esclamò Piton che ci era rimasto estremamente male perché il suo cocco non era riuscito a eseguire correttamente l’incantesimo.
Ma ne Harry ne Draco lo sentirono o per lo meno non se ne curarono minimamente.
Il Grifondoro abbasso lo sguardo, puntandolo su un punto imprecisato della superficie del suo banco, e strinse il pugno talmente forte da far gonfiare le vene di tutto il braccio e rischiare di slogarsi le dita. Trasse un respiro profondo ma nei polmoni non gli entrò nemmeno un filo d’aria con il risultato che dalla sua gola uscì solo un verso strozzato.
Ed ecco che succedeva ciò che più aveva temuto: Draco stava male per colpa sua.
Avrebbe voluto che tutto ciò che stava accadendo non fosse reale ma in realtà lo era, lo era eccome.
Il senso di colpa lo travolse più forte che mai.
Una sola, singola lacrima gli scivolò sulla guancia mentre si posava la mano libera su una coscia stringendo talmente tanto da allargare il buco dei Jeans strappati che indossava.
Hermione gli poggiò una mano sulla spalla, ma lui non la sentì minimamente. “Harry, che ti prende?” chiese preoccupata.
Non seppe neanche come riuscì a rispondergli dato che era praticamente sicuro che dentro di lui non fosse rimasto nemmeno un pizzico di ossigeno. “Non lo so…scusami…” mormorò con la voce strozzata, gli occhi verdi e vitrei ancora puntati sul banco come se vedessero qualcosa che tutti gli altri non potevano vedere. Rimase a fissare il vuoto con i muscoli irrigiditi per un paio di minuti.
Gli sguardi di tutta la classe erano puntati interrogativi su di lui eccetto quello di Draco, che si trovava ancora immobile accanto al professore, il corpo rigido, i pugni stretti lungo i fianchi, il petto bloccato come se non riuscisse a respirare, gli occhi vitrei e inespressivi, nella stessa identica situazione di Harry.
L’unica a notare veramente la somiglianza dei comportamenti dei due ragazzi fu Hermione ma non fece in tempo a formulare alcuna ipotesi.
Il Grifondoro si alzò di colpo colpendo il banco con il fianco e rischiando di mandarlo a sbattere addosso a Neville che si chinò in avanti appena in tempo per non prenderselo sulla schiena.
Nello stesso identico istante Draco alzò la testa prima chinata verso il basso.
Harry sembrò non rendersi conto di niente. Si mosse verso il fondo dell’aula, dove si trovava la porta di entrata, in un modo che ricordò molto quello di un robot, sempre con il solito viso inespressivo.
Poi non aspettò che qualcuno lo fermasse e gli dicesse di tornare indietro o gli chiedesse spiegazioni, semplicemente aprì la porta e se la richiuse alle spalle con un tonfo.
Non riuscì più a reggersi in piedi e crollò a terra nel bel mezzo del corridoio.
 
Un tonfo risuonò contemporaneamente dentro l’aula.
Tutti gli studenti distolsero lo sguardo dalla soglia della porta, dove pochi secondi prima stava il Ragazzo-Sopravvissuto, per girarsi verso il rumore.
Draco, ancora fermo nello stesso identico punto di prima, era crollato in terra.
 
Quella fu la prima volta in cui non si dimenticarono del legame avvenuto tra loro.
Perché c’era molto di più di PAURA o DOLORE che gli teneva uniti.
Erano così diversi…
Eppure così simili.









 

Note dell'autrice: Di nuovo scusatemi per il ritardo!
Lo so, all'inizio di questa fanfiction avevo promesso che avrei pubblicato a ogni due massimo tre giorni di distanza ma non mi è stato possibile, sopratutto a causa del motivo dell'altra volta. Infatti stiamo ancora ristrutturando casa, ma abbiamo quasi finito dai.
Comunque sia, in questi ultimi periodi i capitoli che scrivo sono parecchio più lunghi di quelli che scrivevo all'inizio della fanfiction. Ho preferito metterci di più e farli più lunghi e dettagliati che dividerli in tanti piccoli pezzi.
Quindi portate pazienza ma penso che da oggi comincierò a pubblicare ogni cinque giorni circa, se ci riesco.

Ringrazio tutti quanti: chi ha messo la storia tra le preferite, seguite e ricordate e anche chi legge in silenzio.
Un grazie particolare va a chi recensisce! Vi amo!

Poi, tornando alla storia.
Finalmente i nostri protagonisti hanno avvuto l'ennesimo accenno di un legame e sta volta se ne sono ricordati! Sicuramente tra loro cambierà qualcosa ma vi avviso che ci vorrà comunque ancora un po' di tempo.
Harry ha già passato la sua fase di crisi e anche Draco si oserebbe dire ma invece...
Muahahaha, vederete cosa succederà nei prossimi capitoli!

Un bacione a tutti, miei Drarrysti preferiti! <3
(Anche se la mia Drarrysta preferita rimane una e una soltanto e se in questo momento sta leggendo sa che sto parlando di lei! C.G.)

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 18 - accecato dal dolore ***


Note dell'autrice:  Eccomi di nuovo qui con un'altro capitolo!
Vi avviso che sarà un po' più corto e magari più noiosetto di altri ma è comunque fondamentale per far capire lo stato d'animo di uno dei due nostri protagonisti. I prossimi penso saranno migliori o almeno più coinvolgenti, intendo.

Come potete vedere il titolo di questo capitolo è: accecato dal dolore.
E invece quello in cui si descriveva lo stato d'animo di Harry e di conseguenza il suo comportamento, si intitolava: accecato dalla paura.
C'è un motivo preciso per cui l'ho fatto.
Quindi vi dico già che in questo si parlerà appunto di Draco, visto che nell'altro abbiamo parlato di Harry.

Godetevelo. Spero vi piaccia!












 


Capitolo 18

accecato dal dolore



Voci contrastanti che gli gironzolavano per la testa.
Capitava spesso a Draco in quegli ultimi tempi.
 
“Draco, cerca di muoverti, parla, fai qualcosa. Non puoi sempre startene chiuso in dormitorio a fare niente”
-Non è vero che non faccio niente!-
“Si, invece. Altrimenti dimmi cosa sarebbe questa cosa che dici di fare”
-Penso-
“Pensi? E a cosa di preciso?”
-Ho paura-
“E di cosa?”
-Di Harry-
“Perché?”
-Perché mi odia-
“E se non fosse così?”
-L’hai visto tu stesso, la rabbia nei suoi occhi quando mi picchiava-
“A me pareva più che altro che ti baciasse, a modo suo ovviamente”
-Ma certo! Se quello lo chiami baciare allora la Umbridge è gentile!”
“Ma scusa, come fa ad odiarti se poi ti dice tutte quelle cose del tipo: non puoi scappare, sei mio?”
-E che ne so! E’ impazzito!-
“Ci sarà un motivo no? Magari si comporta così per attirare la tua attenzione in modo da riuscire a fare pace”
-Impossibile. Nemmeno uno stupido non riuscirebbe a capire che quello non è il metodo giusto-
“E allora cosa pensi che ci sia dietro al suo comportamento?”
-Mi odia, te l’ho già detto-
“Anche se fosse vero…beh… meglio no? Così non ci starai male una volta che l’avrai ucciso”
-Forse non hai capito quanto voglia bene ad Harry. Non ho scelto a caso di salvare lui al posto di mia madre-
“Oh…”
-Io non posso ucciderlo. So cosa ha fatto, come mi ha trattato, forse anche meglio di lui. Ma non potrei mai fare una cosa del genere, non ora che ho scoperto com’è il vero lui. L’unico modo sarebbe tornare indietro e cancellare tutto ciò che è successo ma non voglio dimenticare. Ci sono ricordi troppo belli per essere cancellati-
“Se è vero che lui ti odia allora torna ad odiarlo anche tu come hai sempre fatto negli anni precedenti”
-Non è facile sai? E comunque quello non era odio ma una specie di interesse o attrazione se preferisci chiamarla così. E’ stato complicato ammetterlo pure a me stesso ma ho fatto cose più difficili nella vita. Io lo provocavo, litigavo con lui, lo prendevo in giro solamente perché sentivo il bisogno di ricevere attenzioni da parte sua, era difficile accettare l’idea che ci fosse qualcuno migliore di te e a cui non interessavi per niente. Te lo giuro, anche io all’inizio pensavo fosse odio ma con il tempo ho scoperto che non lo è-
“Tu lo ami, vero?”
-No, io non so amare… Io sono un mostro-
 
Ed ecco che come sempre i pensieri convergevano tutti nella stessa risposta:
Harry aveva provato ad amarlo.
Lui non aveva saputo ricambiare perché non sapeva cosa voleva dire amare. Non aveva mai provato a farlo.
Ed ora Harry lo odiava, perché amarlo non sarebbe servito a nulla.
E ovviamente il problema di tutto era lui.
Era SEMPRE colpa sua.
Prese coraggio e fece la SCELTA:
Non poteva scegliere la FELICITA’ perché non ne aveva, non più ormai, ora che il vero Harry se n’era andato.
Non poteva scegliere l’AMORE perché non sapeva cos’era.
Non poteva scegliere l’ODIO perché tanto non avrebbe portato a nulla, solo a trasformarlo in un mostro ancor di più di quello che già era.
Non poteva scegliere la SPERANZA perché, dentro di lui, si era spento anche l’ultimo barlume.
Non poteva scegliere la PAURA perché avrebbe solo contribuito a distruggerlo ancor di più. Aveva convissuto un intera vita con quella e non avrebbe retto ancora.
Così scelse il DOLORE.
Si nascose in esso facendosi avvolgere dalle sue fredde braccia.
Lo scelse per darsi una lezione, per riuscire a far capire a se stesso di quanto dolore portasse e a tutti quelli che gli stavano affianco: le persone morivano per colpa sua.
E allora, se ogni male veniva provocato da lui, a che cosa serviva vivere?
Beh ecco… a nulla.
Fu con quella consapevolezza che perse completamente il significato della vita.
Perse la capacità di mangiare, di parlare, di dormire.
E non se ne rese conto.
Perché era intrappolato in quella specie di limbo che era la consapevolezza di non riuscire a combinare nulla di buono.
Si, andava comunque a lezione o dove gli veniva ordinato di andare, ma era come se non lo facesse.
Camminava senza sapere cosa volesse dire farlo, e lo stesso valeva per le altre attività.
Lo sguardo vuoto, il viso inespressivo. Sarebbe stato più facile chiamarlo robot al posto di ragazzo.
Non esprimeva tristezza ne nessun altra emozione.
Le lacrime le lasciava cadere dentro di lui e andare a sbattere contro la sua anima vuota, logorandogli quel poco di cuore che gli rimaneva.
 
Guardava ciò che accadeva davanti a lui ma non se ne rendeva conto, troppo occupato ad autoinfliggersi una punizione, dolore.
Guardava Pansy davanti a lui muovere la bocca e scuoterlo, ma non sentiva nulla. Non sentiva il suo tocco, il suo contatto, la sua voce.
Guardava Astoria singhiozzare e pregarlo in ginocchio di parlare, di reagire in qualche modo, ma il suo corpo non si muoveva.
Guardava Zabini provarci con lui in quel momento più che mai, e lo lasciava fare. Tanto si stancava sempre dopo un paio di minuti di non essere considerato e usciva fuori dal dormitorio sbattendosi la porta alle spalle.
Guardava Tiger e Goyle, che per la prima volta avevano perso la loro solita aria stupida, e sembravano essere seriamente preoccupati per lui. Cercavano anche di farlo ridere in qualche modo ma niente, lui rimaneva sempre con il solito viso inespressivo.
Guardava Nott cercare di farlo ragionare, cercare di fargli mettere qualcosa sotto i denti. Ma lui era sempre impassibile, immobile, mezzo seduto sul suo letto, a fissare il vuoto. Senza rendersi conto di ciò che accadeva al di fuori del suo dolore.
Guardava, guardava ma non vedeva.
E c’era differenza fra i due.
 
Rimaneva così giorno dopo giorno, muovendosi solo quando gli veniva ordinato, dimenticandosi del mondo che lo circondava.
E mentre era convinto di torturarsi solo internamente anche l’esterno ne sentiva le conseguenze.
Dimagriva di più ogni giorno che passava e già era esile di natura. I muscoli guadagnati con il Quidditch degli anni precedenti si erano atrofizzati a forza di stare ore e ore in una sola unica posizione e adesso faticava tremendamente a reggersi in piedi, stavano scomparendo. I vestiti gli ricadevano larghi sulle spalle ed era costretto a stringere la cintura dei pantaloni per impedire che cadessero a terra. Era talmente dimagrito che riusciva quasi a far passare una gamba all’interno di una manica di una delle sue solite camicie bianche. Anche i maglioni, prima di taglia perfetta, ora sembravano essersi allungati dato che arrivavano circa a metà coscia. E non era perché si era abbassato di statura, sarebbe stato impossibile, ma perché il suo intero busto, dalle spalle fino ai fianchi, si era ristretto talmente tanto da far sembrare più lungo l’indumento quando aderiva al profilo del suo corpo.
Non sapeva nemmeno lui quanto tempo fosse trascorso dall’ultima volta che aveva parlato, si era completamente dimenticato di quale suono avesse la sua voce.
Gli occhi erano circondati da profonde occhiaie violacee, infatti rimaneva le intere notti a fissare il vuoto senza osare chiuderli nemmeno un secondo. Quelle poche volte che non aveva retto e si era addormentato gli incubi l’avevano subito risvegliato.
La pelle pallida, cadaverica. Da farlo quasi sembrare una statua di cera.
I capelli avevano perso il loro solito colore brillante e ora più che biondo platino tendevano al bianco-grigiastro.
L’intero viso appariva invecchiato e sembrava riportare una quantità incredibile di strazio, eppure rimaneva sempre vuoto, spento, inespressivo.
Lo stesso Draco si guardava allo specchio, ogni mattina, senza maglietta.
Osservava le costole spiccare sulla pelle tesa del petto, poteva facilmente contarle una ad una. Osservava le sue scapole e le ossa del bacino sporgere verso l’esterno di circa una decina di centimetri, come spuntoni dalla punta arrotondata. Osservava il suo profilo e il suo ventre fare una pericolosa curva verso l’interno, eppure non si rendeva conto di quanto fosse grave. Osservava la sua spina dorsale, tremendamente visibile sulla carnagione bianca, attraversare il centro perfetto della sua schiena premendo sul leggero strato di pelle color gesso come se tentasse di uscire completamente dalla sua sede. Osservava le vene, verdi e viola, spiccare paurosamente sui suoi avambracci.
Osservava, eppure non se ne rendeva veramente conto.
Moriva lentamente, sia dentro, sia fuori.
Perdeva la concezione del tempo.
Dimenticava cosa volesse dire vivere, perché quella non si poteva dicerto chiamare vita.
Ma era giusto così, lui una vita non la meritava.
 
Era talmente abituato al DOLORE, sia fisico, sia mentale, che non si accorgeva di nulla.
Non soffriva, non più ormai.
Gli unici che soffrivano erano le persone che tenevano a lui almeno un po’, i suoi amici, che disperati nel vederlo in quelle condizioni non sapevano più cosa provare per ottenere una sua minima reazione.
 
Ma la persona che soffriva di più era Harry, consapevole che se ora Draco si trovava in quello stato era solamente colpa sua e della sua stupidità. Perché non era arrivato a comprendere quanto difficile fosse la situazione per il biondo e aveva solo contribuito a distruggere ancora di più quel ragazzo, che di casini ne aveva già fin sopra la testa. Perché, come aveva detto Silente, non si era reso conto che il Serpeverde era solo una pedina nelle mani del Signore Oscuro, da manovrare a suo piacimento.
Una delle cose insopportabili da guardare era il suo comportamento, che lo faceva auto colpevolizzare sempre di più.
In Sala Grande se ne stava sempre immobile a fissare il piatto colmo di cibo ma senza toccarlo minimamente.
Non parlava con nessuno, nemmeno con i suoi amici che cercavano spesso di coinvolgerlo in qualche conversazione, da ciò che poteva vedere Harry da lontano.
A lezione aveva già fatto perdere parecchi punti alla casa Serpeverde perché ogni volta che i professori gli rivolgevano qualche domanda lui non rispondeva e rimaneva fermo a fissare distrattamente la superficie del banco.
E poi lo vedeva. Vedeva il suo corpo dimagrire ogni giorno di più e il suo viso diventare magro, pallido e invecchiato.
E quasi riusciva a sentire le lacrime non versate cadere dentro il Serpeverde, e anche dentro lui stesso.
Ma la cosa che veramente lo faceva star male era il rimanere intere lezioni a fissarlo e non ricevere in cambio ne uno sguardo né un piccolo cenno, a cui era abituato e che, si era reso conto solo in quel momento, gli mancava tremendamente. Non c’era stato verso di farsi notare da lui in alcun modo. E anche per gli altri era lo stesso: Draco, semplicemente, sembrava non accorgersi del mondo che lo circondava.
 
E ne soffriva anche Hermione.
Se per lei c’era una cosa difficile quella era vedere il suo migliore amico così triste. Non era stupida, si accorgeva eccome dello stato in cui stava Draco e di quanto a Harry facesse male vederlo così. E riusciva anche a capire quanto fosse difficile per il suo amico vivere con tutto quel senso di colpa, aveva visto lei stessa con i suoi occhi quello che il moro gli aveva fatto.
All’inizio era rimasta parecchio sconvolta, di certo non si aspettava che Harry potesse arrivare a tanto, e aveva addirittura pensato che non sarebbe mai riuscita a perdonarlo. Ma poi aveva visto la sincerità e il pentimento nei suoi occhi e aveva capito che doveva stargli accanto e dargli un appoggio, dopotutto era a questo che servivano gli amici.
Ogni tanto, quando Ron la lasciava un po’ di tempo sola per andare da Dean, Neville e Seamus, lei entrava nel dormitorio maschile e dei singhiozzi gli giungevano alle orecchie.
A quel punto si sedeva ai piedi del letto di Harry, accanto a una figura invisibile coperta dal mantello, e semplicemente stava lì, in silenzio, ad attendere che il suo amico esaurisse le lacrime e si calmasse.
Le dava fastidio non riuscire a trovare un metodo per mettere fine a tutta quella storia ma essere la strega più brillante della sua età di certo non le permetteva di risolvere certi casini con uno schiocco di dita. Quindi quello era il massimo che poteva fare per aiutarlo.
 
 
*****
 
 
Tre settimane.
Erano passate tre settimane e ancora Draco non dava segni di voler reagire in qualsiasi modo a ciò che succedeva intorno a lui.
Perché non era già morto vi chiederete.
E fate bene perché pure un bambino di tre anni sa che se non mangi e non dormi per tre settimane sei già bello che sepolto sotto terra, dentro ad una lapide, da un pezzo.
La risposta è: perché i suoi compagni Serpeverde avevano trovato una specie di soluzione. Una pozione che dava i principi nutrienti e le calorie necessarie per circa due giornate intere e un’altra che rilassava i nervi e svuotava la mente apposta per chi faticava a dormire.
Altri metodi non erano riusciti a trovarli.
Era vero che Draco si lasciava fare di tutto e non reagiva mai – Pansy aveva pure provato a disegnarli un paio di baffi con un pennarello e poi mettergli davanti alla faccia uno specchio nella speranza di ottenere una qualche reazione – ma tu potevi magari fargli bere roba liquida perché andava giù automaticamente ma se provavi a mettergli in bocca, che so, un pezzo di pane magari, quello nemmeno ci provava a masticare e non esistevano incantesimi per farlo deglutire a comando.
Così l’unico metodo era usare le pozioni.
E funzionavano anche abbastanza bene ma era comunque diverso un sonno artificiale da uno reale o un cibo artificiale da uno reale. Non era la stessa cosa riempirsi lo stomaco di pozioni al posto di cibo solido e così il suo stato continuava comunque a peggiorare.
Tanto che se ne accorsero pure i professori.
Madama Chips infatti venne di persona a visitarlo nella Sala Comune, e fu proprio lei a fornire le pozioni agli amici del ragazzo raccomandandogli di fargliele bere entrambe una volta al giorno, ma se ne andò poche ore dopo sostenendo di non sapere minimamente a cosa fosse dovuto quel comportamento.
E il ragazzo continuava a perdere centimetri di carne, muscoli, vita, tutto.
A guardarlo si sarebbe quasi detto un morto vivente. Si vedeva lontano chilometri che la sua voglia di vivere se n’era completamente andata.
Infatti lui voleva morire.
Così tutto quello strazio sarebbe finito.
Così non sarebbe stato costretto ad uccidere Harry oltre a Silente.
Se uno dei due doveva salvarsi quello era il Grifondoro. Non lui.
Lui non si meritava di vivere, lui non meritava niente. Oltre al fatto che non avrebbe sopportato di vedere Harry morire davanti ai suoi piedi, ucciso dalle sue stesse mani e vivere per il resto della vita con il rimpianto di non essere stato abbastanza coraggioso da sacrificarsi per lui. E’ anche vero che non avrebbe sopportato di finire ad Azkaban se non fosse riuscito nella sua missione così l’alternativa migliore e anche l’unica era morire, sperava che farlo avrebbe messo fine a tutta quello schifo che si ritrovava come peso da portare sulle spalle.
 
 
*****
 
 
Draco continuava a peggiorare e con lui peggiorava anche lo stato d’animo di Harry, nel vederlo così distrutto, così inespressivo, così nulla.
Si, “nulla” era la parola giusta per descrivere una persona che aveva completamente perso il significato della vita.
Dato che passargli vicino nei corridoi o rimanere intere lezioni a fissarlo non era bastato per attirare la sua attenzione prese una decisione coraggiosa da bravo Grifondoro qual’ era, dato anche che non ne poteva proprio più.
Decise che avrebbe provato a parlargli e a chiedergli scusa alla prima occasione. Gli avrebbe detto che era consapevole di essersi comportato malissimo, gli avrebbe spiegato il perché aveva perso la testa in quel modo e tutto il resto, dritto in faccia.
Aveva pure pensato all’inizio di scrivergli tutto per lettera ma poi era arrivato alla conclusione che quella sarebbe stata solo un azione da bambino impaurito e incapace di ammettere i propri sbagli davanti alle persone quindi l’altra opzione gli era sembrata più opportuna.
 
L’occasione arrivò un mercoledì della quarta settimana da quando Draco era stato dimesso dall’infermeria.
Harry, appena dopo la fine dell’ultima ora di lezione di quel giorno, Erbologia per l’esattezza, era scattato verso il bagno, siccome non riusciva più a trattenerla, rassicurando i suoi amici che li avrebbe raggiunti poco dopo nella Sala Comune.
Quando era uscito dalla porta, una chioma, che più che biondo platino si sarebbe detta bianca-grigiastra, gli aveva attraversato la visuale e lui era scattato sull’attenti, riconoscendola e collegandola subito alla persona dei suoi piani.
“Malfoy…” chiamò mentre il Serpeverde attraversava a testa bassa il corridoio.
Nessuna risposta. Quello continuò per la sua strada.
“Malfoy!” disse ancora, a voce più alta.
Ma di nuovo quello non diede segni di averlo sentito ne aumentò il passo in alcun modo, magari per scappare, come si sarebbe aspettato Harry. Semplicemente continuò ad avanzare con la solita camminata stanca, che aveva da lì a più o meno tre settimane e mezzo prima, e il viso inespressivo.
A quel punto Harry si stacco dallo stipite della porta, in cui era rimasto appoggiato a braccia incrociate fino ad allora, e con pochi lunghi passi gli fu alle spalle e gli afferrò il polso con una mano. “Draco, dobbiamo parlare!”
Si stupì di dover stringere la mano non poco per impedire al polso del biondo di scivolargli via da quanto piccolo ed esile però si affrettò ad allentare un po’ la stretta subito dopo, quasi aveva paura di staccarglielo da quanto appariva fragile.
Per la prima volta da settimane Draco reagì.
Sentì uno strano tocco rovente circondargli il polso – piuttosto strano dato che ogni volta che chiunque provava a sfiorarlo, in qualsiasi modo, lui non avvertiva niente, come se avesse perso il senso del tatto – e puntò gli occhi, che avevano perso per quei pochi secondi la loro solita inespressività, sulla calda mano che l’aveva bloccato, costringendolo a fermarsi. Partendo da lì risalì con lo sguardo l’intero braccio, poi la spalla, il collo su cui indugiò un attimo, stranamente attratto da esso, infine lo fece scorrere sul viso.
Corrugò la fronte cercando di connettersi per un momento al mondo reale e piano cominciò a notare i capelli neri e folti, la carnagione scura, la cicatrice a forma di saetta sulla fronte, gli occhiali tondi, ma fu quando punto lo sguardo sugli occhi verdi che l’immagine degli stessi occhi ma intrisi di odio si sovrappose alla realtà facendo nascere in lui un ondata di panico.
Si appiattì di colpo contro il muro alla sua destra, desiderando essere un fantasma per scomparire dentro di esso, e strattonando il polso nella speranza di liberarlo dalla stretta del Grifondoro, ma figuriamoci se poteva farcela da debole com’era.
Harry all’inizio rimase un po’ sbigottito da quella strana reazione, contando che il biondo era rimasto per un tempo abbastanza lungo a fissarlo, un momento prima, ma quando vide il viso di Draco trasformato in una maschera di puro terrore mollo di scatto il suo polso.
Quello, con lo sguardo terrorizzato ancora costantemente puntato sul moro, ritrasse subito il braccio portandoselo dietro alla schiena poi fece un paio di passi per allontanarsi dal lui, sempre appiattito contro la parete.
“Draco, ti prego non andare. Voglio solamente parlarti di ciò che è successo” tentò di farlo ragionare Harry, senza osare toccarlo di nuovo per fermarlo, – Non voleva spaventarlo in alcun modo – ma il biondo dopo aver fatto un altro paio di passi indietro si girò di schiena e prese a correre per scappare via.
“Scusami ok?...” gli urlò dietro il Grifondoro “Io non so cosa mi sia preso” concluse fra sé e sé perché il ragazzo era già sparito dietro l’angolo.
Tirò un pugno al muro per sfogarsi, scorticandosi le nocche, poi afferrò la borsa dei libri che aveva posato a terra e cominciò a salire le scale a passo pesante dirigendosi verso la torre di Grifondoro. Arrivò prima di quanto avrebbe voluto.
Appena entrato in Sala Comune si buttò sulla prima poltroncina rossa che trovo e immerse le mani tra i capelli, i gomiti posati sulle ginocchia e la schiena curva in avanti.
Seriamente non aveva idea di cosa fare, non ne poteva più! E non poteva nemmeno assicurare per quanto tempo ancora sarebbe riuscito a reggere, forse veramente poco.
Ron e Hermione gli si avvicinarono appena lo videro.
“Va tutto bene fratello?” chiese il rosso.
Hermione gli posò una mano sulla spalla sospirando, già immaginava il motivo che aveva portato il suo migliore amico a ritrovarsi triste nel modo in cui lo vedeva in quel momento.
Harry valutò le varie risposte che poteva dare:
Dire di sì, ma tanto si sarebbe capito lontano chilometri che mentiva.
Dire di no e mostrarsi debole, ma dopotutto erano i suoi migliori amici e con loro ci poteva anche stare.
“No, non va bene” disse allora. Poi spostò le mani dai capelli portandosele davanti al naso e immergendoci la faccia. “Avrei bisogno di stare un po’ da solo, se non vi dispiace” aggiunse con la voce ovattata dai palmi che gli coprivano la bocca.
Ron gli lanciò uno sguardo interrogativo inclinando la testa di lato salvo poi ricordarsi che in quella posizione Harry non poteva vederlo.
Hermione invece mise le mani a coppa davanti alla bocca e si avvicinò a lui per sussurrargli in un orecchio “Dovresti raccontare a Ron questa storia. Lo so che sembra stupido ma non lo è, ha già cominciato a sospettare che tu gli stia nascondendo qualcosa di importante e in questi ultimi periodi ne sta solamente avendo le conferme”
Harry annuì piano. Magari a quello ci avrebbe pensato fra un po’ eh? Aveva già abbastanza casini da risolvere.
La ragazza prese Ron per mano rivolgendogli un occhiata che il rosso interpretò come un “fai quello che faccio io e non rompere” e si avviò con lui dall’altra parte della Sala Comune, per continuare con i rotoli di pergamena sulla trasfigurazione umana su cui stavano lavorando prima che Harry arrivasse.
Ron non commentò, anzi, cominciò ad auto compiacersi per quanto era diventato bravo ad interpretare ogni singolo sguardo di Hermione, mentre se ne andava via con lei mano nella mano, le guance più rosse dei capelli e uno stupido sorrisino ebete stampato in faccia.
 
Non passarono nemmeno 5 minuti che Harry si sentì piantare leggermente un dito su una spalla.
Alzò il viso dalle mani e rimase a fissare il piccolo Grifondoro del primo anno, in piedi alto quanto lui da seduto, grattarsi nervosamente la nuca e tenere tra le piccole mani una lettera.
Il ragazzino prese un respiro profondo, agitatissimo, e disse balbettante. “Qu-questa è p-per lei S-si-signor Potter” Allungò una manina tremante verso il moro, che prese la lettera.
“Chiamami pure Harry” disse lui. “E grazie per la lettera” aggiunse. Poi si sforzò di aprirsi in un sorriso rassicurante nonostante non fosse dell’umore giusto. Gli facevano sempre tenerezza i ragazzini dei primi anni, sempre se non rompevano troppo: tipo Colin Canon.
Il piccolo Grifondoro fece un cenno col capo ricambiano il sorriso che a quanto pare era stato abbastanza convincente da farlo smettere di tremare come una foglia, poi si avviò saltellando dai suoi amichetti, seduti ad un tavolo vicino, cinguettando frasi del tipo: “Ommioddio ho parlato con Harry Potter!”
Quella scena bastò per rallegrarlo almeno un pochino.
Aprì la busta che aveva tra le mani, dopo averla rigirata e non aver trovato alcuna indicazioni su chi l’avesse mandata o da dove, e ne lesse il contenuto.
La calligrafia era piccola e piegata verso destra, fu quasi subito certo di sapere a chi appartenesse. Ne aveva ricevute altre di simili durante il corso di quell’anno.
 
 
Mio caro Harry,
Sabato sera alle 8 e mezza.
Ti aspetto nel mio ufficio.
                              
                                       A.Silente







 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 19 - ricordi ***


Note dell'autrice: Mi scuso se qualcuno non ha potuto leggere questo capitolo la prima volta che l'ho pubblicato.
Però, come molti di voi già sapranno, c'è stato quel problemino con i server di EFP e alcuni contenuti sono andati persi, ad esempio il mio capitolo.
Ho voluto attendere un paio di giorni prima di riprovare a pubblicarlo, per vedere se riuscivano a recuperare qualcosa, è per questo che secondo alcuni di voi non ho mantenuto la promessa di aggiornare ogni 5 giorni circa.
Ma alla fine eccomi qui!
Se mai riusciranno a recuperare i contenuti persi allora elliminerò un capitolo o l'altro, tanto ciò che c'è scritto è uguale, cambiano solamente le Note dell'autrice.

Spero che il capitolo sia di vosto gradimento!
Buona lettura!
Ci vediamo sotto.









 




Capitolo 19

ricordi



“Frizlemon!” esclamò Harry, deciso, rivolto al grande Gargoyle che nascondeva l’entrata per l’ufficio di Silente. Il gigante di pietra balzò di lato, aspettando che il ragazzo avanzasse, poi si riposizionò dov’era. Il Grifondoro salì svogliatamente le scale a chiocciola e dopo un po’ d’esitazione bussò alla porta in legno dello studio.
A dire la verità non è che avesse poi così tanta voglia di immergersi nei ricordi di Tom Riddle per l’ennesima volta, ne aveva già abbastanza di quel mago oscuro e ne aveva già abbastanza in generale. Per altri motivi.
Una voce chiara e amichevole risuonò dall’interno della stanza. “Avanti!”
Harry prese un respiro profondo e cercò di fare la faccia più interessata possibile, anche se sapeva che Silente di certo avrebbe capito il suo stato d’animo, abilissimo Legilimens com’era, e spinse la porta.
Si incantò un attimo a guardarsi intorno, tutti quelli strani oggetti non finivano mai di incuriosirlo, ma venne distratto dalla voce del preside che con un gesto indicò al moro la sedia di fronte alla sua. “Mio caro Harry, sono molto felice di vederti. Accomodati pure!”
Il Grifondoro distolse lo sguardo da uno strano oggetto tondo al cui interno giravano degli ingranaggi e una strana nebbiolina verde e fece ciò che Silente l’aveva invitato a fare, poggiando la sua borsa a tracolla per terra, a lato dei piedi. “Buongiorno professore!”
Il Preside alzò la testa dalla pergamena su cui stava lavorando e con un leggero movimento della bacchetta fece posizionare uno strano disco argentato, che il moro sapeva essere il pensatoio, al centro perfetto della stanza, sospeso per aria.
Harry non poté fare a meno di trattenere un sospiro. Come aveva già detto prima, proprio non aveva voglia di immergersi nei ricordi di Tom, quel giorno.
Silente ovviamente se ne accorse. “Oh no, caro. Tranquillo, oggi ti ho chiesto di venire qui per un motivo completamente diverso dal solito. E sono quasi certo che ti interesserà molto. Prima di cominciare però, vuoi una liquerizia?”
Harry, che in quei giorni non è che mangiasse proprio tanto, a causa della storia Malfoy, allungò una mano verso la ciotola che il preside gli stava porgendo, afferrandone una manciata. “Si, grazie mille!”
“Di nulla. Ma è meglio che ne prendi poche alla volta, altrimenti mordono!” lo avvisò il mago ridacchiando.
Non fece nemmeno in tempo a finire la frase che il Grifondoro si sentì pizzicare un dito e mollò l’intera manciata di liquerizie di nuovo dentro alla ciotola. “Ahia!” mugolò mentre addentava quella che gli era rimasta attaccata all’indice per i denti – Da quanto le caramelle avevano i denti? – e si puliva con un fazzoletto le gocce di sangue che ne fuoriuscivano. “Sono sempre così aggressive?” chiese, vagamente divertito.
“Oh sì! Fanno anche di peggio se non le tratti con delicatezza. Piccole pesti. Però, ragazzo mio, devi ammettere che sono buone” rispose Silente sorridendo.
Harry annuì convinto mentre ne prendeva una alla volta, per evitare di farsi male di nuovo, e se le infilava in bocca.
“Quando vuoi possiamo iniziare” commentò il preside mentre osservava il ragazzo ingozzarsi di caramelle da dietro gli occhiali a mezzaluna.
“Scusi” mormorò il Grifondoro mandando giù le ultime liquerizie.
“Nulla, nulla” disse quello sventolando teatralmente la mano per aria. “Allora, ti chiedo di prestare molta attenzione Harry – il ragazzo annuì vigorosamente – perché quella che sto per spiegarti è forse la cosa più importante che ti dirò in tutti i nostri incontri. Cominciamo dall’inizio. Se sbaglio correggimi ma, hai sentito ogni parola della conversazione tra me e Madama Chips, in infermeria, settimane fa, giusto?”
“Ehm… si. Mi perdoni, non volevo origliare e che…” biascicò lievemente imbarazzato.
“Non c’è problema ragazzo mio, non c’è problema. Tanto avrei dovuto comunque affrontare l’argomento con te siccome hai veramente un ruolo principale e importante in questa storia”
Harry si mosse a disagio sulla sedia.
“Come già sai il professor Piton mi ha riferito ogni particolare dell’accaduto ma per riuscire a comprendere meglio i fatti ho bisogno che tu risponda sinceramente ad alcune mie domande. Innanzitutto, perché hai fatto quelle cose a Draco?”
Il moro abbasso lo sguardo, sentendosi colpevole. “Professore… mi crede se le dico che non so cosa mi sia preso?” riuscì a dire, nonostante l’agitazione.
“Ti credo, Harry, ti credo”
Il ragazzo si rilassò un pochino.
“E dimmi. Sapevi già qualcosa del fatto che Draco fosse un Mangiamorte prima di origliare la conversazione?”
Il Grifondoro prese un respiro profondo, ma sapeva già che con Silente mentire sarebbe stato inutile, quindi rispose sinceramente. “Si, io lo sapevo già. Mi dispiace veramente molto… lo so, avrei dovuto riferirglielo prima ma…” si bloccò. Mica poteva dire al preside che aveva mantenuto il segreto perché non voleva che il Serpeverde venisse scoperto e mandato ad Azkaban, no? Insomma, era pur sempre Draco Malfoy, che tutti conoscevano come suo acerrimo nemico.
“Harry, non vergognarti” lo invitò a continuare Silente.
Allora si decise a parlare, un po’ rosso in viso. “Io non l’ho rivelato a nessuno per proteggerlo…” sussurrò “Non volevo gli succedesse qualcosa di male” aggiunse poi con l’espressione più colpevole che mai.
“Ragazzo mio, non c’è problema. Non dispiacerti per ciò che hai fatto, hai scelto la strada che ti pareva migliore e hai solo contribuito a salvare la vita ad un ragazzo innocente” lo consolò il preside.
Le labbra del moro si sollevarono in un piccolo sorriso.
“Permettimi di farti un’altra domanda” continuò il mago “Sei consapevole del tuo legame con il Signor Malfoy, vero?”
La schiena di Harry si raddrizzò automaticamente e i suoi occhi si puntarono su quelli azzurro acquosi dell’uomo davanti a lui. “Sono consapevole del che cosa con che cosa?” chiese agitandosi, poi si accorse della cagata di frase che aveva formulato e si affrettò a domandare ancora “Insomma… che cosa?”
“Pensavo avessi sentito che sul fianco destro di Draco l’infermiera ha trovato il chiaro segno dell’utilizzo dell’anatema che uccide. E ha pure ammesso che non è ancora completamente cicatrizzato e che quindi risale a pochi mesi fa”
Harry dovette ammettere a se stesso che quasi se ne era dimenticato. “Giusto. Ma che cosa centra con me? Potrebbe essere stato chiunque a lanciargli la maledizione, no? E per puro caso è riuscito a sopravvivere” chiese comunque. Perché davvero non capiva dove il preside volesse arrivare.
“Mio caro, pensaci. Chi è stato ad affidare al ragazzo la missione di ingannarti e farti passare attraverso l’armadio svanitore?”
“Voldemort” rispose Harry, sicuro. Anche se non aveva idea di come, o da chi, Silente fosse venuto a sapere tutte quelle cose.
“E visto che sei qui sano e salvo chi pensi sia stato a lanciare la maledizione a Draco in conseguenza del suo fallimento?”
“Voldemort” rispose ancora, deglutendo.
“E hai sperimentato in gran parte l’anno scorso ciò che può fare con te attraverso quella cicatrice che ti ritrovi” cercò di farlo ragionare il preside.
“Può leggermi nella mente e ha rischiato alcune volte di controllare le mie azioni” disse il ragazzo, sempre più sicuro di capire dove Silente volesse arrivare. “Può farlo anche con Draco?”
“Si, Harry. Può. E chiediti, cos’è che ti permette di resistergli? Per quale motivo a Voldemort entrare nella tua mente provoca dolore?”
“L’ha detto lei. Per l’amore. L’amore di mia padre mi protegge da lui”
Il preside annuì. “C’è un problema però. Tu sei abbastanza forte da resistergli, grazie all’aiuto che ti ha donato la cara Lily quindici anni fa, ma Draco non ne è in grado. Quel ragazzo non è mai stato amato come dovrebbe, da nessuno, e questo non gli offre protezione. Voldemort potrebbe entrare nella sua mente e controllare ogni sua mossa, in qualsiasi momento”
Mille domande frullavano per la testa del ragazzo quindi decise di cominciare con quella che gli premeva sapere di più “Professore, prima ha detto che sicuramente la formazione del taglio a forma di saetta non risale a più di pochi mesi fa. Ma se è come dice lei, allora com’è possibile che tra noi non sia ancora avvenuto una qualche specie di ‘legame’?”
Silente si alzò dalla sedia e si posizionò al centro dello studio, accanto al pensatoio, invitando Harry a fare lo stesso. “Ci sono state diverse volte in cui è accaduto, invece, ma questo non vuol dire che tu te le ricordi”
“Cosa intende? Lei le ha viste? Le hanno viste tutti tranne me e Draco?”
“Oh no, mio caro. Non le ha viste nessuno, stai tranquillo. Ma di nuovo ti chiedo di riflettere: in quali momenti riesci a leggere nella mente di Voldemort?”
Di nuovo Harry rispose sicuro. “Solo quando lui prova un immensa felicità o un immensa rabbia”
“Ecco, per voi due è un po’ diverso ma comunque simile. Vi ricorderete del ‘legame’ avvenuto tra voi solamente se proverete contemporaneamente uno stesso sentimento, ad esempio odio, amore, rabbia, felicità, dolore, tristezza, paura, oppure quando i vostri pensieri riguardano uno stesso argomento”
Il Grifondoro non poté fare a meno di sgranare leggermente gli occhi. Ecco cos’era successo l’ultima volta nell’aula di Difesa contro le Arti oscure, quando Malfoy non era riuscito a fare il Patronus. Ecco perché aveva sentito una specie di “legame” con lui. Perché entrambi i loro pensieri riguardavano contemporaneamente il comportamento di Harry in quella sera di Natale. Però non avrebbe saputo dire in quale altra volta, di cui parlava Silente, fosse successo. “Professore, io non ricordo quasi nulla” disse allora.
Il preside si avvicinò al pensatoio e estrasse a bacchetta “I ricordi ci sono, ma sepolti dentro la parte più remora della tua mente. O del tuo cuore si oserebbe dire. – aggiunse sorridendo – Se ci tieni a riviverli allora lascia che ti aiuti”
Il moro si avvicinò a lui e chiuse gli occhi. “Mi piacerebbe ricordare” disse.
“Harry, cerca di essere forte. Potrebbero non essere particolarmente felici” replicò il preside premendo la punta della bacchetta sulla tempia del Grifondoro e estraendone dei fili lucenti che deposito sulla superficie del pensatoio.
 
*****

Draco, rimasto solo in dormitorio, come succedeva sempre da lì a quattro settimane prima, si rianimò di colpo.
Gli occhi, prima vuoti, scintillarono al buio della stanza e il viso inespressivo riprese i suoi soliti lineamenti da Serpeverde.
Per la prima volta dopo settimane e settimane avvertì DOLORE, a cui era così tanto abituato da non farci caso.
Una fitta al fianco destro, dove si trovava il taglio a forma di saetta, per l’esattezza.
La sua vista si oscurò improvvisamente.
 
 
Si sentì precipitare nel vuoto per alcuni instanti poi toccò delicatamente terra.
Delle macchie di colore cominciarono ad addensarsi tra di loro formando figure dai contorni leggermente sbiaditi.
 
All’inizio apparve solo l’immagine di un lembo di pelle esageratamente pallida su cui era inciso un profondo taglio a forma di saetta.
 
Poi tutto cambiò e Draco cominciò a rivivere gli stessi identici ricordi che nello stesso preciso momento stava rivivendo Harry, ma quest’ultimo attraverso il pensatoio mentre lui attraverso la sua stessa mente.
Tutto ciò grazie al loro legame.
 
Una stanza al biondo sconosciuta, con letti a baldacchino dalle tende scarlatte, prese forma attorno a lui.
Riconobbe un ragazzo dai capelli neri, dalla carnagione scura e dall’inconfondibile cicatrice a forma di saetta, sulla fronte, dormire pacificamente in uno dei letti.
Una voce, la voce di Draco, risuonò all’interno della stanza propagandosi per le pareti. “Harry, aiutami…”
Al quel sussurrò il Potter del ricordo si svegliò di colpo, lanciando un urlo terrorizzato…
 
*****
 
Harry riaprì gli occhi e rimase un momento a fissare quella sostanza ne liquida ne solida in cui vorticavano i suoi ricordi, mentre Silente mescolava il contenuto con la bacchetta.
Poi prese un respirò profondo e immerse il viso.
 
 
Si sentì precipitare nel vuoto per alcuni instanti poi toccò delicatamente terra.
Delle macchie di colore cominciarono ad addensarsi tra di loro formando figure dai contorni leggermente sbiaditi.
 
All’inizio apparve solo l’immagine di un lembo di pelle esageratamente pallida su cui era inciso un profondo taglio a forma di saetta.
 
Poi tutto cambiò e Harry riconobbe il suo dormitorio e un altro se stesso sdraiato sul letto.
 
Una voce risuonò all’interno della stanza propagandosi per le pareti. “Harry, aiutami…”
Al quel sussurrò il Potter del ricordo si svegliò di colpo, lanciando un urlo terrorizzato. Si tirò su di scatto ansimando affannosamente, la cicatrice arrossata, e cadde dal letto per il movimento troppo brusco. Poi si raggomitolò su se stesso, tenendosi la testa fra le mani e dondolando avanti e indietro mentre urlava. Sembrava stesse cercando di coprire con le sue grida quel continuo “Harry, aiutami… Harry, aiutami… Harry, aiutami…” che risuonava nel dormitorio.
     Il vero Potter si rese conto che quella era la voce di LUI. La voce di Draco.
“Fratello stai bene?” chiese il Ron del ricordo che, come Neville, stava accorrendo dal moro preoccupato per le sue urla.
     Il vero Harry si accorse che Dean e Seamus non c’erano e si ricordò anche che era perché erano entrambi
     tornati a casa per le vacanze natalizie
 Il Potter del ricordo, intanto, continuava a tapparsi le orecchie e a dondolare disperato, così il rosso gli poggiò entrambe le mani sulle spalle e lo bloccò al lato del letto. “Calmati! Che succede? Sono le 3 di notte!” esclamò. Ma di nuovo l’altro non parve accorgersi della sua esistenza.
     Il vero Potter sentì un paio di mani invisibili poggiarsi su di lui e scuoterlo, come se il ricordo fosse reale e
     Ron gli stesse facendo quelle determinate cose in quel preciso momento.
“SMETTILA! SMETTILA!” urlò all’improvviso il moro dei ricordi scuotendo velocemente il capo.
“Cosa gli sta succedendo?” chiese un Neville con la faccia assonata, probabilmente dal risveglio improvviso. “Perché urla in quel modo? Sta morendo?!?!”
Ron sembrò non ascoltarlo mentre spostava le mani del Potter dei ricordi, che tenevano tappate le proprie orecchie, e gli prendeva la testa fra le sue costringendolo a guardarlo negli occhi.
“DRACO SMETTILA, TI PREGO!” urlò l’Harry non reale.
Il rosso, con un’espressione confusa, gli sollevò il viso e quando lo fece scoprì le lacrime che bagnavano le guance, la fronte sudata e la cicatrice doppiamente più arrossata del Potter dei ricordi. “Harry, torna nel mondo reale!” urlò Ron scuotendo piano il suo finto lui.
Il Potter non reale sembrò accorgersi un pochino della presenza di qualcun’altro.
Nel frattempo, il solito sussurro “Harry, aiutami…” continuava a risuonare per le pareti.
     Il vero Harry capì che quella voce doveva averla sentita solamente lui perché le altre persone presenti
     nel dormitorio parevano non accorgersene minimamente.
“Svegliati! Sono qui! Torna nel mondo reale!” esclamò di nuovo il Ron dei ricordi.
Questa volta il finto Potter sembrò sentirlo e reagire. Trasse un affannato respiro profondo.
“Cos’è successo?” domandò poi con aria piuttosto confusa, aprendo gli occhi, e rendendosi conto di essere seduto a terra con il viso del rosso dritto davanti a lui…
 
Tutto svanì ritrasformandosi in macchie di colore e il ricordo cambiò.
 
Il vero Harry riconobbe il corridoio dei sotterranei e non poté fare a meno di deglutire, preoccupato, ricordandosi perfettamente a quale ricordo si riferiva quello scenario.
 
Un altro se stesso avanzò di qualche passo in avanti costringendo un certo ragazzo biondo ad indietreggiare, fino a rimanere bloccato contro una parete dei sotterranei, con il proprio avambraccio ancora saldamente stretto nella mano dell’Harry non reale. “Per caso ti hanno cacciato perché hanno scoperto che sei gay?” sibilò il Potter dei ricordi con una voce pazza e intrisa di odio.
Il biondo, la cui preoccupazione si poteva notare da kilometri, cercò di liberare il braccio ma l’altro non glielo permise anzi, bloccò entrambi i suoi polsi inchiodandoli al muro sopra la sua testa. “Non avvicinarti! Che cazzo vuoi da me?” esclamò allora con un tono minaccioso.
Siccome il ragazzo biondo continuava a dimenarsi il Potter dei ricordi premette il corpo contro quello dell’altro ragazzo intrecciando le gambe alle sue per impedirgli di scalciare. “Io voglio te. Sei mio” sussurrò avvicinandosi.
     Fu in quel momento che il vero Harry fu assolutamente sicuro che quel ragazzo biondo fosse il
     Serpeverde che tormentava i suoi pensieri da settimane e settimane.
Il finto Draco si appiattì contro il muro, senza parlare. Probabilmente perché preso dal panico.
L’altro se stesso, allora, assottiglio gli occhi, riducendoli a due perfide fessure, in uno sguardo di puro odio. “E tutta colpa tua!” disse poi in un sussurrò quasi isterico.
Se possibile, il biondo si schiacciò ancor di più contro la parete, completamente terrorizzato.
L’Harry dei ricordi annusò l’aria vicino al viso dell’altro ragazzo poi si avvicinò di scatto al collo di Draco cominciando a mordere e succhiare avidamente i lembi di pelle, lasciando segni di denti e dolorosi lividi violacei su tutta la superficie.
     Il vero Potter sentì il collo del Serpeverde sotto le sue labbra e i suoi denti, come se fosse reale, e si
     schifò da solo per ciò che aveva fatto.
Il Draco non reale si irrigidì di colpo gemendo dal male. “Potter, smettila ti prego!” lo implorò.
Il se stesso dei ricordi però tenne salda la presa e continuò quello che stava facendo. Ad un certo punto morse pure la carne dietro all’orecchio dell’altro ragazzo, strappandone un lembo.
Il sangue sorpassò il colletto della camicia del biondo e scorse lento verso il basso, lungo tutta la sua spina dorsale, macchiando il retro dell’indumento. “Ti prego, basta! Mi stai facendo male…” mormorò con la voce sconvolta e strozzata dal dolore.
     Il vero Harry non riuscì a reprimere le lacrime alla vista di quella scena orrenda. Come aveva potuto fare
     una cosa del genere?
Il finto se stesso, di nuovo, non lo ascoltò. Anzi gli morse il labbro inferiore e quando il sangue cominciò a gocciolare dal mento del biondo iniziò a leccarlo avidamente.
     Il Potter reale distolse lo sguardo, scandalizzato, mentre sentiva il sapore del sangue del Serpeverde sulla
     sua stessa lingua.
“Aiuto! Aiutatemi!” urlò il Draco dei ricordi mentre si dimenava ma non li uscì più di un roco sussurro. E inoltre in corridoio non c’era nessuno e quindi non sarebbero comunque riusciti a sentirlo.
La mano del finto Harry si infilò sotto alla camicia del ragazzo biondo e le sue unghie cominciarono a graffiargli la pelle delicata della schiena con foga, come se farlo fosse una specie di droga.
L’altro se stesso sembrò non rendersi conto delle cose orrende che stava facendo e continuò a scorticargli la schiena fin quasi a consumarsi le unghie, scavando sulla carne e macchiandosi le mani del suo sangue.
Le gambe del Draco del ricordo tremarono, deboli. “Smettila! Ti prego basta! Si, è tutta colpa mia, lo so! Ma smettila, mi stai uccidendo…” mormorò con la voce spezzata.
Non si sa come ma, quando l’Harry non reale passò accidentalmente la mano sopra al taglio a forma di saetta, sul fianco destro di Draco, accadde una cosa strana.
Entrambi i ragazzi dei ricordi si immobilizzarono all’istante.
Il finto biondo smise di dimenarsi.
Il finto moro, anche se con una mano ancora saldamente ancorata ai polsi dell’altro, indietreggiò di un passo, staccandosi, mentre la cicatrice arrossata pulsava.
 
Il vero Harry non seppe spiegarsi perché ma la sua visuale si annerì e lui entrò per dei momenti nella testa di entrambi, conoscendone i reciprochi pensieri.
 
Fu in quel momento, quando si guardarono negli occhi per la prima volta, che Draco sentì la RABBIA che provava il Grifondoro nei suoi confronti come se appartenesse a lui stesso. E capì anche il perché. Siccome il moro provava dei sentimenti forti verso di lui, ed era convinto che essi non venissero ricambiati, aveva PAURA di perderlo per sempre. Allora si ritrovava ad odiarlo per essere stato tradito e perché amarlo non poteva.
 
Fu in quel momento, quando si guardarono negli occhi per la prima volta, che Harry sentì il DOLORE che provava il Serpeverde per ciò che lui gli stava facendo come se appartenesse a lui stesso. Sentì i morsi e i graffi sulla carne, un nodo in gola e un grosso peso sullo stomaco. La realtà era che il biondo ricambiava veramente quei sentimenti e si sentiva sinceramente in colpa sapendo di aver sbagliato per l’ennesima volta. Perché era convinto che lui non avrebbe mai più voluto stargli accanto e che non l’avrebbe mai più perdonato dopo quello che gli aveva fatto.
 
Quel momento non durò molto però fu sicuramente significativo.
I pensieri del vero Harry e di Draco svanirono, lasciando di nuovo posto alle immagini e ai ricordi.
 
Probabilmente approfittando di quel momento di quiete, il finto Draco caricò una gamba per poi sferrare una ginocchiata in pancia al Potter non reale che indietreggiò e cadde a terra mollando la presa sui polsi dell’altro ragazzo.
A quel punto il biondo dei ricordi scattò verso la sua Sala Comune muovendo velocemente le gambe e riuscì a rifugiarsi dentro alle mura prima che il finto Harry si rendesse conto di ciò che era successo.
L’altro se stesso, ancora a terra per la ginocchiata del biondo, si guardò le mani, coperte dal sangue di Draco, e sorrise...
 
 
Harry avvertì la sensazione di un paio di mani che lo afferravano da dietro, per le spalle, portandolo a essere risucchiato all’ esterno del pensatoio.
Appena smise di sentire il solletico del leggero strato di sostanza, né liquida né solida, che gli sfiorava il collo aprì gli occhi, ritrovandosi di nuovo nello studio di Silente.
Ma il suo fisico non resse e fu costretto a chiuderli subito dopo e a sedersi a terra, per evitare di schiantarsi se fosse rimasto in piedi ancora un po’, con il respiro affannato, gli occhi gonfi di pianto e le scene di quei terribili ricordi che, ora più che mai, gli occupavano la mente.
 
*****
 
Probabilmente approfittando di quel momento di quiete, il finto se stesso caricò una gamba per poi sferrare una ginocchiata in pancia al Potter del ricordo che indietreggiò e cadde a terra mollando la presa sui suoi polsi.
A quel punto l’altro lui scattò verso la Sala Comune dei Serpeverde muovendo velocemente le gambe e riuscì a rifugiarsi dentro alle mura prima che il Potter non reale si rendesse conto di ciò che era successo.
L’Harry del ricordo, ancora a terra per la ginocchiata dell’altro se stesso, si guardò le mani, coperte dal suo sangue, e sorrise...
 
 
Draco avvertì la sensazione di un paio di mani che lo afferravano da dietro, per le spalle, portandolo a essere risucchiato all’esterno della sua stessa mente.
Appena smise di sentire la sensazione di pesantezza alle palpebre aprì gli occhi ritrovandosi di nuovo nel suo dormitorio.
“Draco? Draco che ti prende? Stai bene? Sono venuta a darti la pozione che mi ha ordinato Madama Chips” la voce di Pansy gli penetrò i timpani dolorosamente, abituato com’era da settimane a non sentire alcun suono al di fuori del suo respiro.
Il Serpeverde reagì per la prima volta dopo quasi un mese e spinse via la ragazza corvina con tutta la forza che aveva in corpo, lasciandola a bocca aperta, distesa sul suo letto, con un flacone di pozione nutriente e un bicchiere ancora stretti tra le mani.
Poi corse fuori dalla Sala Comune con quanta più velocità gli permisero le sue esile gambe e cominciò a salire scalinate su scalinate. Il respiro affannato, gli occhi accesi di paura e le scene di quei terribili ricordi che, ora più che mai, gli occupavano la mente.
 
Non poteva aspettare.
     Primo piano…
Aveva capito da cosa era provocato l’odio e la rabbia che Harry aveva mostrato nei suoi confronti: dalla paura di perderlo.
     Secondo piano…
E qualcosa gli diceva che il Grifondoro aveva vissuto i suoi stessi ricordi, aveva capito che lui ricambiava i suoi sentimenti e che quindi lo sarebbe venuto a cercare al più presto.
     Terzo piano…
E non poteva permetterlo.
     Quarto piano…
Se Harry l’avesse convinto a restare allora non avrebbe più potuto fare nulla per impedire a se stesso di ucciderlo.
     Quinto piano…
In quel momento sentiva che c’era qualcosa di diverso dentro di lui, e che quel “qualcosa” l’avrebbe portato ad uccidere il ragazzo moro.
     Sesto piano…
Il Grifondoro doveva salvarsi.
     Settimo piano…
Lui doveva morire, adesso.
     Scala a chioccola…
Aveva già atteso troppo e ora non c’era più tempo.
 
Aprì di colpo la porta della Torre di Astronomia e si posizionò al centro del grande terrazzo, il corpo rivolto verso il punto in cui la ringhiera di protezione mancava e sotto di essa si estendeva il vuoto.
Un passo… Un altro passo…
 
*****
 
“Mio caro ragazzo, calmati. Erano solo ricordi, non è successo nulla!”
La voce di Silente, calma e rassicurante, interruppe per un momento il flusso continuo di immagini orribili che popolavano la mente di Harry. “Professore, quelle cose sono successe veramente… ed erano così reali…” mormorò mentre cercava di trarre dei respiri profondi.
“Lo so, lo so. Ma ora è tutto passato, non c’è bisogno di disperarsi” continuò il preside.
“Io… io devo chiedergli scusa. A Draco. Adesso” disse il moro mentre si alzava cautamente in piedi, per non rischiare di cadere in terra per i movimenti troppo bruschi, e dopo aver recuperato la sua borsa si dirigeva verso la porta.
Ma Silente lo fermò poggiandogli una mano sulla spalla. “Harry, ricordi ciò che ti ho detto prima? Il Signor Malfoy non è in grado di impedire a Voldemort di controllargli la mente e il corpo”
“Si, certo che lo ricordo, Professore, ma cosa…?” rispose il ragazzo frettolosamente, impaziente di andarsene.
Il preside però lo interruppe con un gesto della mano. “Harry, il motivo per cui ti ho chiesto di venire qui sta sera è uno soltanto…”
Il Grifondoro si girò verso Silente, ascoltandolo attentamente.
“… Draco non ha mai ricevuto amore in vita sua e di conseguenza non sa cosa voglia dire amare. E’ per questo che spesso e volentieri, come hai potuto notare soprattutto negli anni precedenti, compie azioni fastidiose e qualvolta pericolose. Ma non è colpa sua, non lo è mai stata. E’ proprio perché quell’amore gli manca che non sarà in grado di controllarsi se Voldemort decidesse di manovrare la sua mente, e a quel punto saremmo veramente, tutti, in pericolo”
Il moro annuì.
“Lui ha bisogno di qualcuno che lo ami e che lo faccia sentire protetto, ora più che mai, vista la complicata missione che si ritrova. E ti ho chiamato qui perché penso che tu sia l’unica persona che possa soddisfare il suo bisogno…”
Silente fece una pausa in cui il silenzio sembrò prolungarsi per ore.
“Harry, ti chiedo di amare Draco e di insegnarli ad amare”
Il cuore del Grifondoro perse un battito. “Professore… si-si tratta di… Draco Malfoy…” balbettò imbarazzato.
“Mio caro ragazzo, credi veramente che sarà così difficile farlo?”
“No… io non… cioè… nel senso…” si fermò un attimo per rimettere in ordine i pensieri e smettere di sparare parole a caso come un deficiente. “Insomma, è un uomo e poi è Draco Malfoy”
“Ah… non hai ancora capito che so tutto di ciò che è successo tra voi?”
“Lei… come? Cosa?... Mi ha letto nella mente?” chiese il Grifondoro sentendosi colto con le mani nel sacco. Era arrossito peggio dei capelli di Ron e si torturava insistentemente il labbro inferiore con i denti.
“Harry, non c’è nulla di male nell’amare” disse Silente, con un ampio sorriso, per poi congedare il ragazzo e ritornare alle pergamene su cui stava lavorando prima che quello arrivasse.
 
 
Potter scese le scale a chioccola ancora imbarazzato e un po’ sconvolto, per il semplice fatto che il professor Silente sembrava sapere tutto. Anche se la faceva spesso quella cosa di leggergli nella mente sta volta era diverso, sta volta voleva scomparire dalla vergogna.
Ma non fece in tempo a pensare ancora alla figura che aveva fatto perché delle urla di terrore, sulla sua destra, in direzione del portone d’ingresso che si apriva sul giardino del castello, attirarono la sua attenzione.
Si fermò un attimo ad ascoltare, le orecchie ben aperte per tentare di sentire qualcosa.
 
“Ommioddio, guardatelo!”
“E’ pazzo!”
“Cosa sta facendo là in cima così vicino al precipizio?”
“Pochi passi e morirà sicuramente, nessuno sopravvive ad un’altezza del genere”
“Ma chi è?”
“Sembra quasi quel ragazzo del sesto anno che se ne va in giro da un mese come uno zombie”
“Si, penso anche io sia lui! Guardate i capelli biondo platino!”
 
Il suo cuore fece una tripla capriola all’indietro per poi bloccarsi dritto in gola. Aveva un bruttissimo presentimento.
Fece per dirigersi verso le voci quando un affannata Hermione, che stava correndo verso di lui alla velocità della luce, si schiantò contro il suo petto rischiando quasi di farlo cadere a terra.
I libri appena presi da lei, pochi minuti prima in biblioteca, si sparsero per il corridoio, attorno a loro.
La ragazza non perse tempo a scusarsi o a raccoglierli. Si portò una ciocca di capelli indemoniati dietro l’orecchio e dopo aver fatto un paio di respiri profondi per calmare il fiatone, con una voce a dir poco sconvolta, biascicò le seguenti parole: “Harry… Malfoy… Torre di Astronomia… Suicidando…”
Il mondo intero sembrò fermarsi per un momento.
Il ragazzo rimase immobile, lo sguardo puntato davanti a sé e il cuore che batteva all’impazzata.
Hermione, vedendo che se ne stava lì impalato senza fare nulla, lo prese per le spalle e lo scosse più forte che poteva. “Harry, cazzo! Malfoy si sta suicidando!”
A quel punto Potter sgranò gli occhi, non aveva mai sentito la sua migliore amica dire parolacce! “Domani c’è il sole con i fulmini” pensò tra sé e sé.
 
Poi le fece un cenno e corse con quanta più velocità gli permisero le sue corte gambe, cominciando a salire scalinate su scalinate. Il respiro affannato e gli occhi accesi di paura.
 
Non poteva aspettare.
     Primo piano…
Aveva capito da cosa era provocato il comportamento che Draco aveva mostrato in quel mese: dalla paura di essere odiato da Harry.
     Secondo piano…
E qualcosa gli diceva che il Serpeverde aveva vissuto i suoi stessi ricordi, aveva capito che lui non lo odiava e ricambiava i suoi sentimenti e che quindi avrebbe cercato di allontanarsi da lui al più presto.
     Terzo piano…
E non poteva permetterlo.
     Quarto piano…
Harry doveva convincerlo a restare anche se questo l’avrebbe portato a farsi uccidere dallo stesso Draco.
     Quinto piano…
In quel momento sentiva che c’era qualcosa di diverso dentro di lui, e che quel “qualcosa” l’avrebbe portato ad amare il biondo e ad insegnarli ad amare, di conseguenza.
     Sesto piano…
Il Serpeverde non meritava di morire.
     Settimo piano…
Lui invece sì, dopo tutto il male che gli aveva fatto.
     Scala a chioccola…
Aveva già atteso troppo e ora non c’era più tempo.
 
Attraversò di colpo la soglia della porta della Torre di Astronomia e si bloccò improvvisamente, mollando malamente a terra la borsa, lo sguardo pietrificato sulla scena che gli si presentava davanti.
 
Draco si trovava nel grande terrazzo, il corpo rivolto verso il punto in cui la ringhiera di protezione mancava e sotto di essa si estendeva il vuoto.
Dritto sul bordo del precipizio, i piedi mezzi poggiati nel legno, mezzi sospesi per aria.
Le braccia tese lungo i fianchi e i pugni chiusi.
 
Senza avere il coraggio per avanzare, o la forza per indietreggiare…























 




Note dell'autrice: Ok, vi prego... non cruciatemi perché ho interrotto tutto sul più bello... o sul più brutto si oserebbe dire!
Ho dovuto farlo per creare un pò di suspance... ehehehe
Tralasciando la fine del capitolo, per cui probabilmente ognuno di voi vorrà strangolarmi per convincermi ad andare avanti, che cosa ne dite? Vi è piaciuto?
Personalmente io mi sono divertita molto a scriverlo con questo intreccio tra realtà e ricordo e tra Draco e Harry.
Spero di essere riuscita a spiegare bene cosa comporta essere un horcrux umano, negli altri capitoli lo avevo solamente fatto intendere con alcuni avvenimenti. E beh... ovviamente, quale persona migliore per far conoscere ad Harry la realtà dei fatti se non Albus Silente? Lui sa sempre tutto...
Penso abbiate notato anche che ho ripetuto le scene già avvenute negli scorsi capitoli, trasformandoli in ricordi. Spero sinceramente che rivivere la storia non vi abbia annoiato. Io ho trovato giusto riscriverla per far intendere meglio i sentimenti e il legame dei nostri due protagonisti.

Concludo ringraziando sempre tutti: chi segue, chi ricorda, chi preferisce, chi recensisce e anche chi legge in silenzio.
Un ultimissima cosa... Non è che ci sarebbe qualcun'altro disposto a recensire oltre ai miei due amori che lo fanno sempre?
Mi basta anche una parolina piccola piccola, solo per sapere il vostro parere sulla mia fanfiction!

Alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 20 - passi in avanti ***




       

                                                       Dal capitolo precedente…
 
                                                     | Harry attraversò di colpo la soglia della porta della Torre di Astronomia e si bloccò improvvisamente,
                                                     | mollando malamente a terra la borsa, lo sguardo pietrificato sulla scena che gli si presentava davanti.
                                                     |
                                                     | Draco si trovava nel grande terrazzo, il corpo rivolto verso il punto in cui la ringhiera di protezione
                                                     | mancava e sotto di essa si estendeva il vuoto.
                                                     | Dritto sul bordo del precipizio, i piedi mezzi poggiati nel legno, mezzi sospesi per aria.
                                                     | Le braccia tese lungo i fianchi e i pugni chiusi.
                                                     |
                                                     | Senza avere il coraggio per avanzare o la forza per indietreggiare…
 
 
 
 


Capitolo 20

passi in avanti



Harry, dopo alcuni secondi di esitazione, scattò d’istinto verso di lui. “DRACO, NO! Cosa diavolo stai facendo? Allontanati subito da lì!”
Il Serpeverde sussultò nel sentire la voce di Potter, che gli penetrò nei timpani come quella di Pansy poco prima ma che, a differenza di quella della ragazza, non gli diede fastidio. Solo un momento di panico dato che era convinto di essere solo sulla Torre e che nessuno sarebbe stato lì per impedirgli di fare ciò che era giusto. Senza degnare l’altro ragazzo di uno sguardo parlò per la prima volta dopo quasi un mese, costringendo il Grifondoro a tendere bene le orecchie per decifrare il roco sussurro che usci dalla sue corde vocali inutilizzate da tempo. “Avvicinati di un altro passo e io ne farò uno in avanti”
Il moro allora fermò la sua avanzata, piantandosi sul posto, senza sapere perfettamente il motivo per cui si era sentito in dovere di farlo, qualcosa però gli diceva che il biondo sarebbe stato veramente capace di fare ciò che aveva detto. “Draco, ti prego…” mormorò.
L’altro strinse i pugni in una morsa ferrea, per impedirsi di spostare gli occhi dalle sue scarpe nere a quelli di Potter, sapeva che non sarebbe più riuscito a separarsi da quei due pozzi smeraldini che tanto catturavano la sua attenzione. “Non.chiamarmi.Draco. Io sono un mostro, non sono… Draco” sputò il suo stesso nome con una grande nota di disprezzo nella voce.
“Ehy… c’è qualcosa che non va?” chiese Harry, preoccupato.
L’altro non rispose, continuando a fissare il vuoto sotto di lui.
“Ti prego, dimmi cosa stai cercando di fare” insisté il moro.
Di nuovo il biondo non disse nulla.
“Qual’è il problema?”
Ancora nulla.
Harry perse la pazienza, non riusciva a vederlo soffrire in silenzio senza poter far nulla per aiutarlo e senza sapere il perché di quello strano comportamento che si era portato avanti da quasi un mese. “STO PARLANDO CON TE, CAZZO! RISPONDIMI!”
Malfoy reagì improvvisamente, facendo ammutolire Potter che serrò le labbra mortificato. “Lo so benissimo! Non sono sordo! E se ti da così tanto fastidio che non dica nulla allora semplicemente non parlarmi!”
Il Grifondoro allora si rivolse a lui più gentilmente, per evitare di farlo agitare di nuovo. “Te lo ripeto un’altra volta: Qual’è il problema?”
Draco non si trattenne e alzò la testa verso Harry, inchiodandolo con i suoi occhi di ghiaccio. Se doveva dirgli la verità tanto valeva smettere di fare il codardo, per una volta, e parlargli in faccia. “Il problema sono io, ok?!  Io e la mia stupida missione affidatami dal Signore Oscuro! Io, io, io e poi io! E’ sempre colpa mia! Le persone che mi stanno vicine muoiono!...”
Il Grifondoro aprì e richiuse la bocca un paio di volte, boccheggiando come un pesce fuor d’acqua. Non sapendo cosa dire, allora mormorò soltanto. “Non dire così, Draco…”
Il Serpeverde chiuse gli occhi portando indietro il capo, esasperato, e scuotendo le spalle, poi esplose. “DRACO NIENTE! Porco Godric Harry! Io devo ucciderti capisci, io devo farlo! E devo uccidere anche Silente! Ho salvato la vita a te la prima volta, decidendo di lasciarti andare via, quella notte, nella Stanza Delle Necessità e lui in cambio ha ucciso mia madre, per convincermi a smettere di disobbedire ai suoi ordini! Mi ha lanciato un casino di incantesimi che probabilmente serviranno solo per manovrare ancora di più la mia mente e le mie azioni ma la mia missione non è cambiata di una virgola, io devo ucciderti! Finisce sempre così, è un circolo vizioso, più di una vita non riesci a salvarla, muore uno o altrimenti muore l’altro. Non ce via d’uscita… Non c’è… scelta…”
Si interruppe per riprendere fiato e sta volta parlò più tranquillamente, in un tono così calmo rispetto a quello di pochi secondi prima da essere quasi inquietante. “Harry, forse tu sarai abituato a vedere le persone morire davanti ai tuoi occhi, e non ti invidio nemmeno un po’. Ma io non ci sono ancora abituato nonostante sia tutta l’estate che vedo babbani venire portati a casa mia ed essere torturati, uccisi, solo per divertimento del Signore Oscuro. Perché ogni volta fa più male della precedente. Sembra facile guardare le persone morire, cercare di ucciderle, ma credimi se ti dico che non lo è, non lo è per niente, e tu dovresti saperlo fin troppo bene. Io ho passato la maggior parte della mia vita a fare il figo stronzetto per i corridoi, a essere sempre ammirato da tutti, a essere il leader, lo so di aver sbagliato a comportarmi così e infatti ho cercato di cambiare, di farmi perdonare, ma ora è difficile… impossibile. Ora sono costretto a sottostare agli ordini di qualcun altro, senza potermi ritirare, a meno che non voglia ricevere in cambio perdite e dolore. Ora la mia vita fa schifo. Ora la morte è meglio della vita” concluse tristemente, poi ripuntò lo sguardo in basso.
“Mi dispiace ma… non farlo ti prego…” mormorò il Grifondoro.
“Io sono stufo. – riprese a parlare l’altro ragazzo – Sono stufo di essere una pedina nelle mani di quel gran coglione che mi ritrovo come capo! E c’è un unico modo per mostrargli il mio valore, per vincere su di lui una volta tanto. E quella è morire, così non potrò svolgere la sua missione, così i suoi sforzi per far cadere il mondo sotto il lato Oscuro e per ucciderti saranno stati solamente tempo perso. Così tu riuscirai a sconfiggerlo, come è giusto che sia”
“Draco, io ho bisogno d’aiuto per sconfiggerlo” cercò di convincerlo il Grifondoro.
“Appunto. Ed è questo il massimo che posso fare, Harry. Togliermi dalla faccia della terra, e fare un favore a tutti. Smettere di provocare dolore a chi mi circonda”
“Forse questo vale per gli altri ma... Hai pensato a quanto male e faresti a me, uccidendoti?”
“Non dire sciocchezze, ti ho visto. Ho visto i tuoi occhi quando mi facevi quelle cose… tu mi odi!”
Harry fece una passo in avanti e irrigidì le braccia lungo i fianchi. “Sai perché mi sono comportato così? Perché sono un codardo, imbecille, stronzo… quello che vuoi! Perché non avevo il coraggio di dare la colpa a me stesso e non sono riuscito a capire prima che il gesto del lasciarmi andar via e del preferire perdere tua madre al mio posto era il gesto di coraggio più nobile del mondo. Allora ho scaricato la colpa su di te, perché pensavo fosse stata una tua scelta ingannarmi per mesi, non che fosse stata condizionata da qualcun’altro. Ero convinto che non saremmo più riusciti a risolvere nulla e… avevo paura di perderti… Ho fatto quelle cose orribili per paura. Ho cercato di avvicinarti, di farti MIO, non rendendomi conto della gravità delle mie azioni, la tua distanza mi ha fatto perdere la testa e lo sta facendo tutt’ora…” si interruppe un attimo mordendosi l’interno di una guancia. “Si, Draco, io ti ho odiato… ma l’ho fatto solo perché non mi permettevi di amarti”
Il biondo cominciò a tremare leggermente, un po’ perché era da molto che stava in piedi in equilibrio sul bordo del precipizio, un po’ per le emozioni che le frasi del moro avevano suscitato in lui. “Harry, tu sei tutto quello che mi rimane, tu sei tutto quello per cui sono ancora qui… ed è appunto per questo che non posso permettermi di ucciderti, o perderei anche quel poco che ho. E sarei costretto a vivere qualcosa che non può essere chiamata vita, come ho fatto da un mese fino ad ora. Quindi ti prego, smettila. Lasciami andare. Lasciami fare la cosa giusta, solo un altro passo… non indietro, come ho sempre fatto, ma… avanti…”
“No, aspetta…” sussurrò il Grifondoro bloccando a mezzaria il suo piede che si era già sollevato di un paio di centimetri da terra. “Aspetta” ripeté ancora coprendosi la faccia con le mani e parlando con la voce ovattata dai palmi. “Io mi vergogno di me stesso, non ho avuto il coraggio di ammettere che la colpa era mia e ora guarda in che casino ci ritroviamo, entrambi. Non sono degno di essere chiamato Grifondoro ma ti prego, perdonami…”
Draco sorrise per la prima volta da quando l’aveva fatto (l’ultima) nella Stanza Delle Necessità, prima che il Grifondoro se ne andasse. Un sorriso caldo, un sorriso ampio, un sorriso… vero. Uno di quelli che ti scalda il cuore, e così fu per il ragazzo moro. “Io l’ho già fatto, Harry. Io ti o già perdonato. Ma ciò non significa che abbia perdonato me stesso”. Il sorriso si spense sulle sue labbra alla stessa velocità con cui era nato.
Passarono degli interminabili secondi di silenzio, poi il biondo alzò il viso e indicò il cielo stellato, dove un puntino più piccolo ma più luminoso degli altri risplendeva nel blu scuro della notte. “Te la ricordi, vero?”
Il moro guardò in quella direzione a annuì. “Si. La nostra stella. Il volo sopra al lago nero con Fierobecco”
“Ti guarderò da lassù… Grazie per tutto quello che hai fatto” sussurrò il biondo dopo un po’, con voce tremante, come l’intero suo corpo.
“Draco, resta con me” disse il Grifondoro tendendo una mano verso il Serpeverde.
Il biondo la guardò per alcuni secondi, poi guardò negli occhi il ragazzo a pochi metri da lui, sorrise per l’ultima volta, e scosse la testa. “Harry… vorrei poterti dire che ti amo. Ma non so amare”
Poi fece un passo…
Ma sta volta non sbagliò come aveva sempre fatto, non lo fece all’indentro.
…ma in avanti.
 
La gravità parve fermarsi un paio di secondi, assieme a tutto ciò che lo circondava.
Smise per fino di sentire il vento serale che gli graffiava le guance scoperte, come se anche esso avesse deciso di trattenere il fiato, come stava facendo lui in quel momento.
Poi tutto riprese improvvisamente vita.
Il suo corpo si piegò lentamente in avanti, senza più alcun appoggio sotto i piedi.
Il cuore sembrò bloccarsi, come se avesse già capito che, tempo un paio di secondi, non avrebbe più avuto bisogno di continuare a pompare sangue.
Una sensazione di vuoto allo stomaco lo pervase mentre guardava il prato del giardino di Hogwarts avvicinarsi a lui sempre di più.
O forse era il contrario…
 
Poi la caduta si bloccò a mezzaria facendogli spalancare di colpo gli occhi, che aveva chiuso poco prima per paura.
Guardò i suoi piedi, che penzolavano nel vuoto, poi guardò la sua spalla, in cui una mano con un incisione cicatrizzata: “non devo dire bugie” che spiccava tremendamente sul resto della carnagione scura teneva stretta la stoffa del suo mantello, racchiusa nel pugno.
Infine guardò in alto.
Vide i capelli neri, e gli occhi smeraldo, del ragazzo che lo teneva sospeso tra la vita e la morte.
“Draco, stai fermo immobile!” esclamò Harry mentre, da disteso per terra a pancia in giù, con una mano impediva al biondo di precipitare e con l’altra si teneva ad un pezzo di ringhiera lì vicino, per impedirsi di cadere con lui.
“Harry, no… Lasciami andare…” mormorò il Serpeverde, sapendo che quella era l’unica cosa giusta da fare.
“Mai! Afferra la mia mano!”. Il Grifondoro raddoppiò la stretta sul tessuto per far intendere al biondo cosa volesse.
“Mi dispiace… non posso” sussurrò quello. Le sue braccia cominciavano a scivolare lentamente via dal mantello, che era l’unica cosa che gli impediva di sfracellarsi a terra.
“MUOVITI! Afferra la mia mano cazzo!” urlò il ragazzo moro, esasperato.
Ma il biondo non si mosse, abbassò lo sguardo e continuò a lasciare che il suo corpo scivolasse lentamente via dall’indumento.
Un singhiozzo risuonò sopra di lui. “Draco, ti prego…”
Il Serpeverde alzò il viso giusto in tempo perché una lacrima di Harry lo colpisse sulla guancia, dato che era esattamente sotto di lui.
“Io…” riuscì soltanto a mormorare prima che un suo intero braccio scivolasse fuori dal mantello, facendogli prendere un colpo, e le parole gli si bloccassero in gola.
Lanciò un urlo terrorizzato.
Se ora era ancora appeso lì era solo grazie agli sforzi che stava facendo per tenere il gomito piegato. Questa posizione infatti rallentava lo scorrimento del tessuto della manica su quella sottostante della solita camicia bianca che portava. Ma nelle condizioni in cui si trovava da mesi non è che avesse guadagnato poi così tante forze quindi sapeva che non ce l’avrebbe fatta ancora per molto.
“Ti prego…” ripeté Harry, stringendo i denti per la fatica di tenere l’intero peso del Serpeverde con una sola mano, mentre triplicava la presa sulla stoffa nera e sentiva i piccoli movimenti del ragazzo che scivolava in basso, verso la morte certa, propagarsi fino a lui attraverso l’indumento.
Il braccio di Draco iniziò a tremare terribilmente per lo sforzo di rimanere piegato e sostenere tutto il suo corpo. Si morse forte il labbro inferiore e strizzò gli occhi per cercare di resistere ma ancora non si decise ad afferrare la mano dell’altro ragazzo.
“Fallo per me…” disse Harry in un ultimo, piccolo, sussurro speranzoso.
Con un tremolio finale, più forte degli altri, il gomito del biondo non resse e si raddrizzò improvvisamente, così anche l’ultimo appiglio che lo teneva sospeso, cioè il suo braccio, scivolò dal mantello.
Si sentì precipitare di nuovo e in quel millesimo di secondo prese una decisione: allungò la mano verso l’alto appena in tempo per afferrare il polso di Harry e chiudere le dita attorno ad esso.
Il moro mollò il mantello per ricambiare la stretta, il quale volteggiò lentamente verso il basso trasportato dal vento gelido della notte.
A Draco sfuggì un gemito di dolore quando sentì la mano del Grifondoro premere sul Marchio Nero che, anche se meno di un tempo, faceva lo stesso molto male. “Non lasciarmi” disse comunque, con la voce spezzata, mentre alzava lo sguardo verso di lui.
“Resisti! Aggrappati anche con l’altra mano altrimenti il peso è sbilanciato e non ce la faccio a tirarti su!”
Il Serpeverde eseguì. “Non lasciarmi” ripeté ancora.
“Non lo farò!” lo rassicurò Harry mentre raccoglieva tutte le forze che aveva in corpo e tentava di portare in salvo Draco.
Riuscì a sollevare l’intero corpo del biondo di 5 cm. Poi 10. 20. 25…
Ma il braccio gli cedette improvvisamente e rischiò quasi di mollare il palo della ringhiera su cui si stava tenendo per evitare di precipitare assieme all’altro ragazzo, rimanendo attaccato solamente per il mignolo. Si affrettò a risaldare la presa mentre il Serpeverde sotto di lui oscillava da una parte all’altra per l’improvviso movimento.
“Harry, non lasciarmi!” urlò per l’ennesima volta, con voce terrorizzata dalla paura di cadere, come se l’unica cosa che sapesse dire fosse quella.
E in un certo senso era vero, si stava completamente affidando all’altro ragazzo, che lo teneva sospeso tra la vita e la morte.
Le forze che gli erano rimaste si stavano esaurendo in fretta e sentiva le sue dita allentarsi sul polso di Harry.
“Resisti, ora riprovo!” esclamò il Grifondoro prendendo un paio di respiri profondi per calmarsi dal mini-infarto che aveva appena avuto. Convinse se stesso che era abbastanza forte per riuscirci, quindi si concentrò e gonfiò i muscoli del braccio talmente tanto da far sporgere le vene verso l’esterno. Poi semplicemente tirò e tirò, mentre urlava per scaricare il dolore del crampo che gli stava venendo, e per aiutarsi a ignorare la sensazione che il braccio gli si stesse spezzando.
Dopo quelle che a Harry parvero ore la testa di Draco spuntò finalmente da dietro il pavimento in legno del terrazzo della Torre Di Astronomia, ma non era ancora abbastanza per portarlo in salvo del tutto.
Non seppe nemmeno lui come, ma riuscì a mettersi in ginocchio e di conseguenza a fare più leva per tirare su il Serpeverde.
“Aggrappati al mio maglione!” gli disse portando le mani del biondo sul suo petto.
Draco, allo stremo delle forze, non poté far altro che stringere le dita sul tessuto e sperare che tutto quello finisse in fretta.
Il maglione, ovviamente, si tese di colpo e Harry non riuscì a impedire alla sua schiena di chinarsi un po’ in avanti a causa del peso eccessivo che gravava sul suo petto e di conseguenza sulle sue spalle, ma ormai allo sforzo ci era abituato.
Quando fu abbastanza sicuro di non cadere nel vuoto assieme al biondo e che la presa di lui fosse ben salda sul suo maglione, mollò la ringhiera su cui si stava tenendo da tutto il tempo e poggiò le mani sotto le ascelle di Draco tirandolo verso di sé. Con un ultimo, grande, sforzo issò il ragazzo sopra il grande terrazzo, lontano dal precipizio, e finalmente rilassò i muscoli.
Il Serpeverde rimase un paio di secondi disteso a pancia in giù sul pavimento, poi puntellò i gomiti e si tirò su a sedere con fatica, rimanendo a fissare le travi di legno e mordendosi insistentemente le labbra, con le spalle chinate in avanti in una piega quasi innaturale, a far capire che era distrutto, stremato.
Poi si coprì il viso con entrambe le mani e il suo intero corpo venne scosso da uno strano brivido, seguito poi da un suono strozzato, una specie di singhiozzo.
Prima che Harry potesse formulare una qualsiasi ipotesi su quello che stava succedendo si ritrovò Draco con la sua testa nella spalla e le sue braccia strette attorno.
 
Il Serpeverde si lasciò andare.
Come aveva fatto quella notte nella foresta.
Smise di far cadere le lacrime dentro la sua anima vuota e iniziò a singhiozzare.
Non gli importava se così si stava rendendo ancor più ridicolo di quello che già sembrava, sapeva che Harry l’avrebbe capito e gli sarebbe stato accanto per tutto il tempo.
Si abbandonò ad un pianto liberatorio sulla spalla del ragazzo, sulla spalla dell’unico motivo per cui aveva accettato di continuare a vivere.
Si aggrappò alle sue vesti come un bambino fa con sua madre, quando deve farsi consolare, e le strinse con tutta l’energia che aveva, quasi come se così avrebbe potuto impedirgli di allontanarsi.
Aveva bisogno di lui, era l’unica cosa preziosa che gli rimaneva e non aveva intenzione di lasciarla andare nemmeno per un secondo.
 
Harry lo attirò a sé, circondandolo con le sue calde braccia. Una mano immersa nei capelli biondo platino e l’altra ad accarezzargli lentamente la schiena, per rassicurarlo. Proteggendo la sua esile figura, la sua pelle pallida, le sue ossa scarne.
 
E Draco si sentì di nuovo a casa, come non lo era stato per mesi.
I piccoli frantumi di lui si riunirono, eliminando il dolore, eliminando il mostro che era e che, promise a se stesso, non sarebbe stato mai più.
Harry era la colla.
Lui il vaso in pezzi.
E tutti sapevano che ci sarebbe voluto tempo per riattaccarli tutti, ma ciò non voleva dire che era impossibile, non con l’altro ragazzo al suo fianco.
D’istinto strinse il braccio di Harry in una morsa strettissima, con tutta la forza che gli rimaneva in corpo, fin quasi a slogarsi le dita.
E gliene fu grato quando il moro, nonostante il dolore, nonostante non se lo sentisse più perché gli stava bloccando la circolazione, lo lasciò fare.
Perché quel gesto poteva significare solo una cosa: VITA
E anche Potter ne era consapevole.
Ciò che era successo a Draco non era una cosa risolvibile con la magia, i piccoli pezzi in cui era stato frantumato, alcuni per colpa sua, non potevano essere riparati con un colpo di bacchetta.
Bisognava usare la maniera babbana, rimettere insieme pezzo per pezzo, lentamente, con pazienza.
E il vaso sarebbe tornato come prima.
E la soddisfazione di essere riusciti a ripararlo mille volte più grande di quella di un incantesimo pronunciato correttamente.
 
Draco sentì il suo cuore ripartire a battere e rimbombargli nel cervello come non gli succedeva da tempo.
Lo sentì riiniziare a pompare sangue in tutto il corpo, scorrere bollente nelle vene.
Sentì il suono regolare dei suoi respiri.
Sentì che, finalmente, era vivo.
 
“Ha-harry… non la-lasciarmi…” ripeté il biondo per l’ennesima volta, le parole divise da singhiozzi, le guance bagnate da lacrime di vita. “Non… farlo ma-mai più… ok?”
“Okay” rispose l’altro ragazzo sollevandogli il mento con due dita e alzando gli angoli della bocca, scoprendo lentamente dente per dente, aprendosi nel sorriso più bello che Draco avesse mai visto.
“Mi… perdoni?” chiese piano, in un sussurro appena udibile. Come se avesse paura di sentire la risposta.
“L’ho già fatto” rispose il Grifondoro lasciando un piccolo bacio sulla fronte del biondo prima di fargli riposare la testa sul suo petto.
 
Non seppero per quanto tempo rimasero lì, magari un ora, forse due.
Ma il tempo non contava.
Perché nessuno dei due avrebbe voluto essere in altro posto in quel momento.
E ogni secondo che passava si perdonavano a vicenda, sempre di più.
E perdonavano anche loro stessi.
 
 
“Senti, Draco, ehm… Io ora dovrei tornare nel mio dormitorio” disse ad un certo punto Harry, in un sussurro, per non disturbare troppo l’altro ragazzo. Non è che avesse molta voglia di beccarsi una punizione per aver ignorato il coprifuoco quindi prima o poi avrebbero dovuto lasciarlo.
Il Serpeverde si animò di colpo, si era quasi addormentato sul Grifondoro, a causa delle sue carezze rilassanti. Per fortuna l’aveva svegliato quando era ancora in dormi veglia altrimenti sai che figura avrebbe fatto. “Oh sì, scusa… non volevo…” biascicò tristemente.
A Harry vederlo così, magro, leggermente rosso dall’imbarazzo, con il viso ancora mezzo addormentato, fece tenerezza. La voce di Draco si insinuò nella sua mente: “Non lasciarmi…” e un idea a dir poco assurda nacque in lui. Tanto valeva tentare, caso mai l’altro avrebbe risposto di no e pazienza.
“Senti, mi chiedevo… tu non sei mai stato nei dormitori di Grifondoro giusto?”
“Ehm… no, solo nella Sala Comune, penso”
“Bene e ecco… hai sonno?”
“No” disse il biondo, sicuro. Poi non riuscì a trattenersi e si stropicciò gli occhi sbadigliando. “Ok, forse sì” ammise ridacchiando.
Ma il moro non ci badò più di tanto e continuò con la sua idea assurda “Hmm-hmm… e devi sapere che i letti nel dormitorio di Grifondoro sono larghi, non dico che siano matrimoniali, però ci stanno tranquillamente due persone…” si interruppe imbarazzato.
Il Serpeverde alzò un sopracciglio, incredulo da quello che pensava che il moro stesse per dire.
Harry fece un respiro profondo, poi si decise a continuare. “Ecco, mi chiedevo se… tipiacerebbevenireadormireconmestanotte?” concluse tutto d’un fiato.
“Eh?” sbottò Draco corrugando la fronte.
“Ti ho chiesto se… ti piacerebbe venire a dormire con me, stanotte?” ripeté scandendo bene le parole e arrossendo terribilmente subito dopo. Per fortuna sulla sua carnagione scura non è che si notasse così tanto.
Il Serpeverde avvampò mentre il suo battito cardiaco accelerava di brutto. “Po-potter…” riuscì soltanto a balbettare, sulla sua pelle pallida il rossore si vedeva eccome, invece. “Che… cosa v-vuoi… fare?”
Il Grifondoro, capendo che l’altro aveva pensato male, si schiaffò una mano sulla fronte. “Mioddio Draco! No! Non intendo…! Insomma, ho detto dormire non quello che pensi tu! Dormire… capisci… ronf-ronf… con tutti i vestiti addosso!”
Draco rimase senza parole riuscendo a mormorare solo un leggero “Oh…”
Harry invece restò un po’ di tempo a guardare le sue guance rosse, era carino quando si imbarazzava, poi, per non metterlo ancora di più a disagio si decise a fare qualcosa. Si alzò in piedi e porse la mano pure al Serpeverde, che la accetto ancora rosso in viso.
“Allora?” chiese il Grifondoro, impaziente di conoscere la risposta.
“Oh! Ehm, si… giusto. Beh, penso che… si potrebbe fare”
Il moro, felice che avesse accettato, sorrise timidamente.
“Ma, non è che è leggermente proibito entrare nei dormitori di gente di altre Case? E poi cosa direbbe Weasley se mi vedesse?”
“Tesoro, esiste qualcosa chiamato mantello dell’invisibilità!” esclamò Harry, convinto, salvo poi rendersi conto di quello che aveva appena detto. Insomma, ok, era in tono ironico e tutto ma l’aveva comunque chiamato “tesoro”. TESORO! DRACO! Voleva scomparire…
Per nascondere l’imbarazzo si girò dall’altra parte e prese la sua borsa, che aveva lasciato malamente a terra appena arrivato, dove teneva sempre mantello, mappa, orecchie oblunghe e qualche altro scherzo dei gemelli Weasley (potevano sempre servire), e se la mise a tracolla estraendone l’oggetto che gli interessava.
Draco non riuscì a impedire ad un sorriso ebete di formarsi sul suo viso all’espressione “tesoro”, per fortuna l’altro ragazzo era girato e non lo poteva vedere.
“Ecco, tieni” disse ad un certo punto Harry mentre porgeva al biondo il mantello “Non è che per caso avresti un orologio?” Lui aveva scordato il suo, probabilmente era rimasto nel dormitorio o nella Sala Comune.
Draco afferrò il pezzo di stoffa, con una faccia preoccupatissima, posandoselo momentaneamente sulle spalle e cominciando a tastarsi dappertutto, gli occhi sgranati e il respiro leggermente affannato.
“Ehi, che ti prende?”
“Io… mi sa che l’orologio è caduto assieme al mantello... Cavolo! Era d’argento, apparteneva a mio bisnonno!”. Fortunatamente lo trovò subito dopo infilando una mano nella tasca dei pantaloni e tirò un sospiro di sollievo sollevando il coperchio tondo e guardando il quadrante. “Mancano 10 minuti alle 11” disse.
Fu il turno di Harry di agitarsi. “Oh cavolo! Il coprifuoco è alle undici! Dici che ce la facciamo in tempo?”
“Potter, guarda che siamo sulla Torre Di Astronomia mica nei sotterranei, se te ne sei accorto. Ci vogliono due minuti a scendere le scale fino al settimo piano!” gli fece notare arricciando il labbro superiore e sbuffando teatralmente, con aria di superiorità.
“Vedo che non sei cambiato di una virgola” commentò Harry, sarcastico. Ma dopo rise comunque per la sua stessa stupidità, imitato subito dal biondo. “Beh dai, infilati il mantello. Così potrai entrare senza che nessuno ti veda”
Il Serpeverde eseguì continuando a ridere come un matto.
“Andiamo?” chiese dopo che il biondo ebbe finito di sistemarsi.
“Andiamo” rispose una voce apparentemente proveniente dal nulla, di fianco a lui.
“Senti, quanto pesi esattamente?”
“Perché questa domanda? Comunque… peserei 64 kg ma…” tese le braccia all’infuori e girò i palmi verso l’alto e poi verso il basso, osservandosi gli arti rinsecchiti. “Si, ecco…” mormorò soltanto, convinto che il moro avesse capito, anche se non poteva vederlo.
Harry si mordicchiò distrattamente un labbro, annuendo tristemente. “Hai fame?”
“Oh, no. Al momento no. Ho solo sonno” rispose il biondo.
Il Grifondoro a quel punto fece un sorrisetto malizioso, alzando un sopracciglio. Poi, dopo aver localizzato l’esatta posizione del Serpeverde, grazie alla sua voce, si lanciò su di lui e se lo caricò sopra, come se fosse una pecorella. Lo prese per i fianchi, il ventre del biondo poggiato sulla sua spalla e le braccia a penzoloni dietro di lui. “Domani non credere di scamparla, andiamo da Dobby a svuotare le intere cucine di Hogwarts e ti faccio ingoiare cibo a forza, a costo di lanciarti la Imperius se non esegui i miei ordini!” esclamò scherzosamente.
L’altro scoppiò a ridere e Harry sentì le vibrazioni della sua risata sulle spalle, dio se lo faceva impazzire! “Potter… io non eseguo i tuoi ordini! Sei tu che esegui i miei, casomai! Quindi ti ordino di mettermi giù!” strillò isterico mentre tirava una pacca amichevole sulla schiena del moro.
“Sogna!” rispose quello rafforzando la presa sui suoi fianchi e cominciando a saltellare giù per le scale in una specie di galoppo continuo. Le risate di entrambi interrotte ogni qual volta passava da un gradino all’altro, sobbalzando.
“Non sei proprio capace di trattenerti dal mostrare la tua forza estrema, eh?” chiese Draco mentre continuavano a scendere.
“Sei solo invidioso! E poi, dimmi dove saresti adesso senza la mia forza estrema!” ribatté il Grifondoro.
Il Serpeverde la diede per una volta vinta ad Harry. “Hai ragione, e ti ringrazio…” disse ma poi si bloccò, probabilmente pensando a qualcosa di diabolico da aggiungere. “Io però ho altre qualità, ad esempio la mia fighezza assoluta, che tu puoi solo immaginare. Mi dispiace per te, dev’essere difficile vivere così!” sussurrò maligno con un finto tono dispiaciuto.
“Seh!” sbottò il moro roteando gli occhi.
“Dimmi, ti guardi mai allo specchio la mattina e ti chiedi perché sei così brutto e così stupido?”
“Quello sei tu che guardi il tuo riflesso!”
Il Serpeverde gli tirò una pacca sulla schiena, sentendosi ferito nell’orgoglio e non sapendo come ribattere. L’altro ragazzo non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere.
 

Arrivarono davanti al ritratto della Signora Grassa in meno di 3 minuti e Harry rimise a terra Draco, che ora aveva il mantello messo addosso in una maniera assurda, con mezze gambe che spuntavano fuori e i capelli completamente spettinati.
Allora il moro si inginocchiò ai suoi piedi sistemandogli il pezzo di stoffa, in modo da coprirlo interamente.
Il biondo arrossì un pochino per tutta quella gentilezza, per fortuna era invisibile e l’altro non poteva vederlo.
“Draco, seguimi” disse Harry sorridendo, poi si rivolse al ritratto e pronunciò la parola d’ordine. La Signora Grassa, dopo un po’ di lamenti sul fatto che fosse tardissimo e altre cose del genere li lasciò finalmente passare.
Appena entrarono trovarono Hermione, da sola, seduta su un divanetto, lo sguardo triste e pensieroso, mentre si torturava le mani in grembo. Quando però vide Harry entrare, apparentemente da solo, saltò in piedi e gli rivolse uno sguardo interrogativo come per chiedere cosa fosse successo.
Il ragazzo sorrise e alzò un pollice verso di lei.
Hermione non gli si avvicinò nemmeno, semplicemente – Harry non aveva idea di come facesse – capì subito ciò che il suo amico gli voleva comunicare con quel gesto e si risedette sulla poltrona aprendo un librone sulle ginocchia, lettura leggera, come la chiamava lei, finalmente tranquilla e felice per lui.
“Senti, Herm. Ron dov’è?” chiese il moro un momento prima di prendere le scale per il dormitorio maschile.
“Quello dorme già da un pezzo, come tutti gli altri, penso. Sono l’unica rimasta in Sala Comune, come vedi”
Harry annuì. “Grazie!”
Hermione gli sorrise. “Figurati. Buonanotte!”
“Notte!” ricambiò il moro avviandosi verso il suo dormitorio con l’altro ragazzo invisibile subito dietro di lui.  
Aprì leggermente la porta, per non farla cigolare, e dopo aver infilato dentro la testa e controllato che stessero tutti dormento, il russare di Ron gli fu di fondamentale aiuto, parlò pianissimo, in modo da farsi sentire solamente da Draco. “Ora entra lentamente, facendo attenzione a non fare rumore, e siediti sul mio letto. Aspetta che io tiri le tendine e poi puoi toglierti il mantello dell’invisibilità, tanto attraverso quelle nessuno ti può vedere”
“Va bene” gli rispose quello, camminando nella Stanza a passo felpato e raggiungendo il letto del Grifondoro senza il minimo rumorino. Harry lo imitò subito dopo tirando le tende scarlatte e il biondo poté finalmente togliersi il mantello.
Il moro si chinò un attimo nel cassetto del suo comodino, estraendone una felpa che di solito usava per dormire dato che teneva un po’ più caldo del maglione che portava in quel momento, che molto probabilmente avrebbe dovuto buttare perché ad altezza del petto c’erano dei grossi buchi formati dalle dita di Draco, quando poco prima si era aggrappato all’indumento per non cadere nel vuoto.
“Vuoi qualcosa? Fa freddo con solo la camicia che porti” constatò Harry, porgendo una sua felpa anche al biondo.
Quello la guardò fingendo uno sguardo schifato. “Oh, no grazie. Sto bene così”
“Non fare il difficile! Caso mai avessi freddo, mettitela!” sussurrò poggiandola ai piedi del letto in modo che fosse alla sua portata, se si fosse svegliato di notte, mezzo congelato.
Poi, senza farsi troppi problemi, diede le spalle a Draco togliendosi il maglione e la maglietta sottostante, rimanendo per dei momenti a petto nudo.
Il biondo fece per commentare qualcosa di pungente, come era suo solito fare, ma si bloccò senza riuscire a impedirsi di rimanere a fissarlo, e di accarezzare con lo sguardo la sua intera schiena, la pelle abbronzata, le spalle larghe, i muscoli leggermente scolpiti. Sentì uno strano formicolio nelle mani e dovette serrarle a pugno per impedirsi di allungarle verso la carne scoperta del ragazzo e risalire la sua intera spina dorsale. Si incantò talmente tanto che dovette ammettere che ci rimase un po’ male quando il moro si rimise la felpa, gli piaceva fin troppo rimanere ad ammirarlo.
Quando Harry si girò di nuovo verso di lui, sollevando le coperte per infilarcisi sotto, lo ritrovò ancora a fissarlo con uno sguardo ebete e sognante.
“Che hai da guardare?” chiese il Grifondoro aggrottando le sopracciglia.
Il Serpeverde avvampò, affrettandosi a distogliere lo sguardo. “Oh, ehm… nulla. Solamente, è una situazione assurda”
Harry ridacchiò fra sé e sé distendendosi sul letto e poggiando la mano sulla testa e il gomito sul cuscino, in modo da non guardarlo con il viso storto. “Beh, di certo non si può definire normale”
Il biondo lo imitò e si coprì con le coperte, poi si voltò di spalle e si spinse al bordo del letto, più lontano possibile dall’altro ragazzo. “Non provare ad avvicinarti” gli disse.
Il moro si portò una mano alla bocca cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridere, tanto l’altro, in quella posizione, non poteva vederlo. Si capiva da lontano chilometri che mentiva solamente per credersi superiore. “Se è quello che vuoi… Ai tuoi ordini, principino”
L’altro si girò scocciato a pancia in su, portandosi una mano chiusa a pugno davanti al naso e tenendo l’altra dietro alla nuca, come se stesse prendendo il sole. “Primo: non chiamarmi principino – alzò il pollice, come se stesse contando – Secondo: Ecco bravo, sei tu che esegui i miei ordini e non io, come ti ho già detto – alzò un altro dito – E terzo: Buonanotte Potter!”
Harry non ascoltò nemmeno l’ultima parte della frase e continuò con quello che aveva da dire. “E come dovrei chiamarti allora?”
“Beh, principino non mi piace, sa da checca isterica…”
“Ma allora è perfetto come nome!” lo interruppe Harry.
“Assolutamente no! Io non sono isterico e non sono una… comunque si dice omosessuale, Potter!” esclamò con una vocetta, appunto, isterica, ma continuando a tenere basso il volume della voce per non svegliare gli altri.
Il moro alzò un angolo della bocca in un ghignetto bastardo alla rivelazione di Draco. Anche se lo sapeva già, dato che si erano baciati più volte, sentirselo dire in faccia era ancor più convincente. “E cosa cambia? Sentiamo…”
“Che checca isterica è più adatto a te, non a me!” ribatté il biondo arricciando il naso in una smorfia di superiorità che a Harry ricordò molto quella di Hermione quando un incantesimo difficile le veniva giusto.
“Ma vai a cagare…” commentò, senza un tono cattivo.
“Mi dispiace deluderti, ma ci sono già andato stamattina” rispose pronto l’altro ragazzo.
“Interessante…” mormorò Harry senza riuscire ad impedirsi di scoppiare a ridere, il motivo non lo sapeva nemmeno lui. Stare vicino a Draco gli faceva sempre quello strano effetto.
Lo sguardo di Malfoy non poté che fermarsi sul suo pomo d’Adamo che si muoveva a ritmo della risata rischiando di eliminare anche quel minimo di forza di volontà che stava utilizzando, in quel momento, per impedirsi di saltargli addosso letteralmente.
Per fortuna il moro si tirò su le coperte fino al naso poco dopo. Poi sussurrò da sotto di esse. “Buonanotte Draco”
“Notte Harry” ricambiò quello, voltandosi di nuovo di schiena e immergendo la faccia nel morbido cuscino rosso che, solo ora se ne rendeva conto, sapeva da Harry Potter.
 
 

Un leggero, continuo, ticchettio svegliò Harry nel pieno della notte.
Attese un attimo, per riuscire a sollevare le palpebre ancora pesanti dal sonno, e si guardò in torno.
Un raggio di luna filtrava attraverso il piccolo spiraglio che aveva lasciato poche ore prima, quando aveva tirato le tende scarlatte del suo letto, e illuminava una testa biondo platino facendola risplendere nel buio.
All’inizio pensò fosse solo un effetto ottico causato dal sonno, il fatto che vedesse il corpo del Serpeverde tremare terribilmente, ma dopo parecchi minuti che lo fissava si convinse che non era vero.
E il rumorino continuo era quello di lui che batteva i denti.
Si sollevò su un gomito così da riuscire a sorpassare con lo sguardo la schiena di Draco.
Aveva gli occhi aperti a fissare il nulla e le dita strette attorno al tessuto del cuscino, come ad aiutarsi con quel gesto a resistere al fretto. Notò anche un cappuccio grigio sbucare da sotto le coperte, tirate su fino alle orecchie, e lo identificò come quello della felpa che gli aveva proposto di mettersi, la sera precedente. Poté constatarlo quando guardando ai piedi del letto non trovò nulla.
Quindi il biondo l’aveva indossata e nonostante quello aveva ancora freddo. Di certo non poteva biasimarlo, magro com’era e quindi con solo uno strato così povero di carne a ricoprire le ossa era ovvio che soffriva molto di più di quanto avrebbe potuto farlo invece Harry o qualsiasi altro studente.
Dato che doveva essere ancora notte fonda, e il Grifondoro non voleva che stesse a congelarsi per ore, lo chiamò. Anche se non sapeva esattamente come avrebbe potuto risolvere la questione, magari facendogli infilare felpe su felpe.
“Draco” sussurrò piano.
L’altro ragazzo sussultò leggermente, non aspettandoselo, girandosi poi dalla sua parte ma continuando comunque a tremare come una foglia. “Harry, sei sveglio?”
“Si, mi ha svegliato il tuo battere i denti continuo”
“Scusami” mormorò il biondo continuando a fissare il contorno della figura del moro, al buio non poteva vedere di più.
“Non fa niente. Vuoi qualcos’altro da metterti addosso? Hai freddo?”
Il Serpeverde attese un attimo prima di parlare. “Senti… posso ritirare quello che ho detto prima?”
“Cioè?” chiese il Grifondoro.
“Di non provare ad avvicinarti a me”
“Se è quello che vuoi… Ai tuoi ordini principino” Harry sorrise e i suoi occhi luccicarono al buio per un momento, accesi da una strana luce.
Draco ridacchiò tra sé e sé, scosse la testa divertito e ricambiò il sorriso. Non aveva voglia di ribattere adesso come adesso, e poi doveva ammettere che non gli dispiaceva quel soprannome se a chiamarlo così era Harry. Lo diceva con un tale affetto da far diventare quasi carino sentirselo dire.
Si puntellò sui gomiti e strisciò fino all’altro ragazzo, raggomitolandosi affianco a lui, poggiando la testa sul suo petto e avvicinando una mano chiusa a pugno vicino al proprio viso. In una posizione che ad Harry ricordò molto quella di un bambino piccolo.
Il Grifondoro, disteso a pancia in su, gli circondò la schiena con una mano, avvolgendolo nel suo abbraccio sotto alle coperte. Con l’altra invece gli accarezzò i capelli, giocando con le ciocche, accanto al orecchio, distrattamente, in un gesto ripetitivo, finché quello smise di tremare, finalmente caldo e a suo agio.
Draco sprofondò pian piano nel sonno, rilassandosi con i battiti del cuore di Harry che gli arrivavano alle orecchie, e il suo respiro regolare che spostava leggermente la sua testa bionda, ogni qualvolta il suo petto si alzava o si abbassava.
Quasi non se ne rese conto, in dormiveglia com’era in quel momento – forse più dormi che veglia – ma dalla sua bocca uscirono quattro semplici parole, in un sussurro appena udibile. “Harry, insegnami ad amare”
E quella fu l’ultima cosa che sentirono entrambi, prima di addormentarsi definitivamente, uno tra le braccia dell’altro…
 
 
 
 










 

Note dell'autrice: Che dire... finalmente Draco e Harry hanno fatto pace!
Spero che il modo in cui si sono perdonati, ammettendo i propri sbagli, vi sia piaciuto e non vi abbia annoiato.
E poi... il mio intento era quello di farvi cadere una piccola lacrimuccia all'inizio e magari un sorriso verso la fine.
Fatemi sapere se ci sono riuscita!

Non aggiungo altro a parte il fatto che manca ancora abbastanza per la fine della storia e succederanno comunque altri casini vari, dato che l'anno scolastico è a mala pena a metà e la missione di Draco è sempre la stessa.

Vi dico solamente un'aultima cosa.
Non so se riuscirò a pubblicare con la stessa regolarità e velocità di prima perchè con l'inizio della scuola il tempo per scrivere diminuirà notevolmente, penso. Adesso sono ancora ai primi giorni ma vediamo fra poco...

Alla prossima! (che spero sinceramente non sarà fra troppo tempo)

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Capitolo 21 - fuori controllo ***


Note dell’autrice: Ragazzi davvero scusatemi un casino se ci ho messo una vita ad aggiornare.
Sono stata davvero molto impegnata con la scuola e anche se ho cercato di scrivere appena avevo 5 minuti di tempo libero sono tornata comunque dopo un’era paleozolica.
Penso che d’ora in poi dovrò per forza aggiornare a questa distanza di tempo da un capitolo all’altro perché è davvero molto difficile che riesca a scrivere più veloce di così.
Spero che non per questo smettiate di seguire la storia.
Conto sul fatto che questo capitolo è quasi il doppio più lungo di quello precedente per farmi perdonare. Non mi pareva adatto dividerlo in due parti, altrimenti avrebbe perso un po’ di senso, quindi ne ho fatto uno unico anche se è venuto supermegaenorme.
 
Fatemi solo sapere le parti che vi sono piaciute e quelle che invece non avete trovato adatte.
E spero che l’estrema lunghezza non vi annoi.
 
Grazie a tutti in anticipo e buona lettura!










 

Capitolo 21

fuori controllo

 

Fu un raggio di sole a svegliarlo, che filtrava attraverso la fessura delle tende scarlatte, tirate attorno al suo letto, e lo colpiva dritto sugli occhi, scottandogli la pelle leggera delle palpebre. Strano, dato che erano solamente a fine gennaio, quindi ancora in pieno inverno.
Si spostò appena di lato senza sforzarsi di aprire gli occhi, era domenica e poteva dormire quanto voleva, quando gli giunse alle orecchie un mugolio infastidito. Sollevò le palpebre svogliatamente e si accorse di aver spostato di due millimetri la testa del suo principino, ancora poggiata sul suo petto dalla sera prima.
Sorrise senza volerlo, guardando le chiare ciocche che svolazzavano sulla fronte del biondo mosse dalla leggera brezza del mattino. Probabilmente qualcuno doveva aver aperto le finestre per far circolare l’aria. Sembrava quasi un angelo, Draco, quando dormiva, con il viso rilassato, senza la mascella tesa e il solito ghigno strafottente stampato in faccia.
Dei rumori lo distrassero dallo stato sognante in cui era entrato osservando il ragazzo raggomitolato affianco a sé.
Coprì subito il Serpeverde tirandogli la coperta fin sopra la punta dei capelli, nascondendolo sotto di essa per precauzione, nel caso qualcuno si fosse avvicinato. E fece più che bene.
Una mano si poggiò sul tessuto scarlatto spostandolo di lato e un viso pieno di lentiggini e sormontato da una chioma di capelli rossi fece capolino da dietro.
“Hey… amico… è l’una di domani sera e io voglio mangiare il pollo…” mormorò Ron passandosi una mano sugli occhi, con la voce impastata dal sonno, mentre sbadigliava così tanto che il moro poté vedergli con chiarezza le tonsille.
“Eh?” chiese Harry, che non aveva assolutamente compreso il senso della frase, infilandosi gli occhiali poggiati sul comodino.
“Scusa, ho sbagliato a parlare” il rosso ridacchiò, riuscendo finalmente a puntare lo sguardo sul moro senza dover sbattere gli occhi venti volte, anche se con la vista ancora leggermente sfocata dal sonno. “Volevo dire, sono le dieci e mezza. E a quanto pare siamo rimasti da soli in dormitorio e anche nella Sala Comune non c’è nessuno, gli altri saranno già scesi a fare colazione. E’ meglio che ci muoviamo a raggiungerli oppure addio cibo!”
Harry si portò una mano dritta, sulla fronte, e socchiuse gli occhi per riuscire a guardare in faccia Ron, dato che il sole splendeva nella finestra proprio dietro il suo amico, accecandolo. “Senti… vai tu, io rimango a dormire ancora un po’, ho sonno. Vi raggiungerò per pranzo, tanto è domenica”
Il rosso annuì un paio di volte. “Ok amico, come vuoi…” ma si bloccò di colpo, corrugando la fronte, mentre osservava la strana posizione delle coperte attorno al moro.
Harry, rendendosi conto che probabilmente l’altro aveva visto il bitorzolo sul suo petto, formato dalla testa di Draco, e anche quelli attorno a lui dovuti al corpo dell’altro ragazzo, iniziò a sudare freddo.
“Stai bene? Stai sudando un casino…” commentò Ron ripuntando lo sguardo su di lui e distraendosi un attimo dalla strana posizione delle coperte.
“Tranquillo, ho solo fatto degli incubi” inventò come scusa.
Il rosso si preoccupò subito, sapendo a cosa erano dovuti, solitamente, i brutti sogni del suo migliore amico. “Hai visto Tu-Sai-Chi?! Sta facendo qualcosa di losco?! Siamo in pericolo?! Che cosa…”
Harry gli parlò sopra, sparando la prima cosa che gli venne in mente per calmarlo. “Nono, niente di tutto questo. Era solo uno dei tanti sulla morte di Sirius. Mi tormentano ancora, di notte. Mi manca moltissimo…”
“Oh… ok, mi dispiace. Manca anche a me, era molto simpatico” mormorò Ron, un pelo dispiaciuto per essersi avventato sul suo migliore amico senza pensare prima alle risposte che avrebbe potuto ottenere, rilassando le spalle, finalmente tranquillo.
Ma, come se la scusa dell’incubo si fosse avverata, un mugolio salì da sotto le coperte seguito da una frase che suonò come una specie di “Sto soffocando”. Harry si affrettò a fingere di tossire per camuffare la voce di Draco.
“Scusami, Ron. Ho la tosse, magari dopo chiedo a Hermione qualche incantesimo o pozioncina per curarla” sparò senza pensarci, vedendo la faccia perplessa dell’altro.
Il rosso sembrò rifletterci un po’, per capire se lo stava prendendo in giro o era la verità, ma poi decise di fidarsi del suo migliori amico e, dopo essersi vestito e averlo salutato un ultima volta, uscì dal dormitorio dirigendosi verso la Sala Grande. Quando Harry sentì la porta chiudersi poté finalmente smettere di fingere di tossire e tirare un sospiro di sollievo.
 
Non fece in tempo a mettersi di nuovo comodo, però, che la coperta si sollevò improvvisamente e una testa bionda emerse da sotto di essa ansimando terribilmente. “Potter…” disse fra un respiro pesante e l’altro. “Stavo… morendo” si poggiò una mano sulla fronte, appena prima dell’attaccatura dei capelli. “Non… c’è aria… lì sotto!”
“Scusami” disse il Grifondoro a bassa voce, sentendosi lievemente colpevole. “Però ripensandoci poteva andare peggio” 
“E come?!”
“Numero uno: Ron avrebbe potuto trovarti e a quel punto erano guai seri. Numero due: avrei potuto scoreggiare… e allora sì che morivi asfissiato!”
“Ma come fai anche solo a pensare ste cose!? Fai proprio schifo! Grazie a Dio che non l’hai mollata!” esclamò Draco quasi isterico.
Il Grifondoro fece per ribattere ma quando spostò di nuovo lo sguardo su di lui si incantò a guardare i lineamenti del suo viso, ancora per metà rilassati dal sonno, così morbidi e delicati. Anche se gli zigomi erano piuttosto spigolosi e c’era ancora una leggera traccia di occhiaie, a causa del dimagrimento improvviso di settimane prima, era pur sempre perfetto. E bellissimo, non poteva più negarlo.
Non riuscì a impedirsi di avvicinarsi a lui e di posare piano le labbra sulla sua fronte, premendole leggermente sulla pelle bianca.
“Lascia che ti porga le mie scuse…” disse in un sussurro appena udibile.
Poi scese un po’ verso il basso, baciandolo tra gli occhi.
Draco chiuse le palpebre, rilassandosi, e il Grifondoro sfiorò con le labbra le sue ciglia chiare, di entrambi gli occhi, per poi spostarsi ancora più in giù e baciarli delicatamente la punta del naso, solleticandogli la pelle e facendogli sollevare gli angoli della bocca in un piccolo sorriso.
Poi scese ancora, sempre con movimenti lenti, e poggiò le labbra appena sotto il suo mento, mentre ancora sorrideva, esercitando una leggera pressione.
Spostò la mano, strisciandola sul materasso fino al polso sinistro del biondo.
“Draco, mi permetti?” chiese, sussurrando piano accanto al suo orecchio. Solleticandolo con il suo caldo respiro.
Il Serpeverde capì subito a cosa si riferiva.
Si passò il labbro sui denti, prendendo un paio di respiri profondi, poi prese coraggio ed annuì, era sempre difficile ricordarsi di quello che era realmente.
Harry fece scivolare gentilmente la manica della felpa verso l’alto, poi, con movimenti lenti e calcolati, sbottonò il polsino e ripeté la stessa operazione con il tessuto della camicia sottostante, scoprendo il suo polso e il Marchio Nero inciso su di esso. Rimase a fissarlo per alcuni minuti, seguendone i contorni con lo sguardo e cercando di decifrarne il disegno.
Draco serrò gli occhi più forte che poteva, non voleva vederlo, non voleva ricordarsi di nuovo il motivo per cui quel simbolo era marchiato sulla sua pelle: la sua missione.
Poi però sentì le calde labbra di Harry poggiarsi su di esso e risalire il polso con piccoli tocchi quasi impercepibili, che lo sfioravano solleticandolo leggermente. E allora la tensione che riempiva l’aria attorno a loro si sciolse, trasportando con se la paura del Serpeverde.
Draco aprì piano gli occhi e li rivolse verso il punto in cui era stato marchiato, facendosi coraggio, ma non vide nulla. Solo una chioma di lucenti capelli neri, chinati sul suo braccio, che oscuravano la vista di tutto quello schifo che si ritrovava addosso. E quella visione non poté far altro che rassicurarlo immensamente. Si sentì, per la prima volta da quando era diventato un Mangiamorte, libero di fare le sue scelte, senza dover sottostare agli ordini di quelli che su di lui avevano il potere. E cominciò seriamente a pensare che, forse, con Harry al suo fianco, poteva davvero riuscirci.
Sempre delicatamente, per non fargli del male, il Grifondoro chiuse il bottone del polsino della camicia e tirò di nuovo giù la manica, poi si avvicino al Serpeverde sussurrando un leggero “Grazie” accanto al suo orecchio.
Draco prese un respiro profondo e sorrise, finalmente, per una volta, calmo.
Fu in quel momento che Harry si ricordò che c’era ancora una cosa che non aveva visto, e che forse era il caso di constatare che fosse come Madama Chips e Silente gliel’avevano descritta.
Sorpassò con metà corpo il busto del ragazzo biondo poggiando il gomito dall’altra parte per tenersi su ed evitare di schiacciarlo, magro com’era. Poi, mentre il Serpeverde continuava a tenere costantemente gli occhi chiusi assaporando i movimenti lenti e delicati del moro, spinse verso l’alto gli indumenti che portava accarezzando la pelle scoperta del suo petto. Pianissimo, sfiorandolo appena, aveva seriamente paura di spezzarli qualche osso dato che, ne era sicuro, senza neanche tanti sforzi sarebbe riuscito facilmente a contare le sue costole.
Tuttavia la sua attenzione non fu catturata subito da ciò che cercava ma da una profonda cicatrice che partiva da sopra l’ombelico e attraversava l’intero ventre andando a finire sotto al pettorale sinistro.
Aveva un’aria tremendamente famigliare e purtroppo capì quasi subito di cosa si trattava.
“Scusami” sussurrò.
Poi si chinò su di essa lasciando piccoli baci per la sua intera lunghezza, e anche qualche lacrima che non riuscì a trattenere e che scivolò sulla pelle chiara congelandola al suo passaggio, per dei momenti, a contrasto con le sue labbra calde. Continuò a sfiorarla per vari minuti, quasi come se così avrebbe potuto cancellarla completamente dal suo corpo, eliminare la traccia del suo scatto d’odio che sarebbe rimasta per sempre, a causa di uno stupido incantesimo di cui non conosceva le conseguenze.
“Scusa” disse ancora, la faccia a pochi centimetri dalla cicatrice, per poi sollevare di poco il viso e cercare con lo sguardo quello che gli interessava.
Malfoy, abbandonato com’era alle sue carezze e ai suoi tocchi leggeri, si rese conto troppo tardi di ciò che giaceva sul suo fianco destro. Si animò di colpo prendendo i vestiti e tirandoli in basso, a coprire di nuovo il suo ventre, proprio mentre Harry gli chiedeva: “Non pensi ci sia qualcosa che dovresti dirmi, Draco?”
Il Serpeverde si tirò su a sedere, subito imitato dal Grifondoro, ma non rispose. Ok, avrebbe comunque dovuto dirglielo prima o poi ma avrebbe di gran lunga preferito aspettare di essere “pronto”.
Deglutì, sentendo lo sguardo di Harry costantemente puntato su di lui, ansioso di sapere, e fu costretto a ricambiare per non sembrare un codardo.
Una volta che ebbe catturato l’attenzione di Draco il moro gli poggiò una mano sul ginocchio scandendo bene e gentilmente ciò che aveva bisogno di sapere. “Dimmi… che cosa è successo la notte della vigilia di Natale… dopo che mi hai lasciato andare?”
Il Serpeverde portò una mano sopra a quella del Grifondoro, che gliela strinse per rassicurarlo, poi prese un respiro profondo e iniziò a raccontare. “Quando sono diventato uno di loro era una notte di fine agosto. C’era un raduno di Mangiamorte, nei sotterranei di casa mia, e mio padre era stato rinchiuso ad Azkaban da poco. Penso per vendetta contro di lui, che si era fatto beccare e ora non poteva più essergli d’aiuto, il Signore Oscuro ha deciso di trasformare me in un mostro tale e quale a ciò che era mio padre, affidandomi una missione da portare a termine. Uccidere Albus Silente e uccidere te…
Già da subito dato mi ha dato dei tempi, Silente entro la fine dell’anno. Tu entro il giorno di Natale. Dopo avermi spiegato come fare per te, ad esempio ingannarti e convincerti ad andare dentro l’Armadio Svanitore, mi ha promesso che se ci fossi riuscito avrebbe anche potuto valutare l’idea si salvare mio padre prima del bacio del dissennatore, altrimenti per mia madre sarebbe stata la fine…
Ho passato intere notti a tentare di aggiustare l’Armadio Svanitore, ho saltato le lezioni, ho smesso di infastidire la gente, avevo compiti ben peggiori da portare a termine. E poi sei arrivato tu, per qualche strano motivo, per qualche strana linea del destino. E hai cambiato tutto. Con il tempo ho conosciuto i tuoi pregi, oltre ai tuoi difetti, che erano l’unica cosa che avevo imparato ad osservare in questi anni.
Ho sconvolto la mia vita, ho messo una pietra sopra al passato…
All’inizio ti ho disprezzato ma poi mi sono reso conto di quanto stessi bene affianco a te e non sono riuscito a fingere, tutto ciò che facevo era reale. Non ci è voluto tanto per capire che senza di te la mia vita non avrebbe avuto senso. E sapevo di doverti odiare, di doverti detestare con tutto il mio cuore, di doverti portare alla morte certa, ma non potevo. Non potevo e basta. C’era qualcosa dentro di me, qualcosa a cui non so dare il nome, che mi ha impedito di fare ciò che mi era stato ordinato quella notte.
Ma poi te ne sei andato e con te anche l’ultimo giorno che avevo a disposizione. Sono venuti a prendermi e mi hanno portato via…
Il Signore Oscuro mi ha minacciato, mi ha dato il compito di ucciderti con le mie stessi mani. La mia missione è diventata doppiamente più complicata…
Ha torturato e ucciso mia madre, per darmi una lezione, per convincermi a non disobbedire mai più, non ho potuto nemmeno salutarla come si deve. Me l’hanno tolta dalle mani prima che mi rendessi conto di quello che stava succedendo. Ha pronunciato uno strano incantesimo e ha parlato di una cosa, Horcrux, mi pare si chiamasse. Poi mi ha lanciato la maledizione mortale, colpendomi su un fianco…
Quando mi sono risvegliato… questa era già qui” concluse con la voce triste e spenta e, notò il Grifondoro, gli occhi lucidi, che si sforzavano di trattenere altre inesauribili lacrime. A volte lo stesso Draco si chiedeva perché non si fossero consumate, perché ogni santa volta uscissero ininterrottamente. Ormai passava più della metà del tempo a piangere e poteva dire di esserci abituato.
Si sollevò cautamente la camicia, una mano tremante, l’altra ancora saldamente stretta in quella di Harry, scoprendo una cicatrice rosso fuoco a forma di saetta, sul suo fianco destro.
Il moro rimase un paio di secondi a fissarla, a bocca aperta. Era sì abituato a vederla, ma su di un altro era completamente diverso… e strano. “Po-posso?” balbettò per tre quarti stupito e per l’altro quarto elettrizzato.
Il biondo annuì e lo lasciò avvicinarsi.
Harry sfiorò la saetta con il pollice. “Ma che..?”
Non fece a tempo a finire la frase.
Sentì la propria cicatrice bruciare dolorosamente, come se stesse andando a fuoco, e una mano gli si chiuse attorno al collo sbattendolo contro la testiera del letto con un tonfo sordo, che risuonò nella stanza in precedenza silenziosa.
 
Prima ancora di tentare di riaprire gli occhi e a riprendersi sentì delle forti dita stringersi attorno alla sua gola e bloccare l’aria che stava cercando di buttare fuori.
Il dolore alla nuca era fortissimo e gli annebbiava un po’ la visuale, ma Harry riuscì comunque a vedere la scena a dir poco terrificante che gli si presentava davanti.
Draco stava inginocchiato sopra al moro, le gambe divaricate, e una sua mano circondava il collo del povero ragazzo. La prima a cosa a cui fece caso fu il braccio, che sembrava aver perso la sua solita debolezza, con le vene che ora pulsavano terribilmente e le dita che si stringevano e si allentavano a tratti più forte, a tratti meno, al ritmo delle pulsazioni, impedendo qualsiasi microscopico passaggio d’aria.
Non si rese subito conto dei danni che stava subendo, intontito com’era da quell’avvenimento improvviso, così la seconda cosa che fece fu guardarlo in faccia. E fu quando non si ritrovò fissato da un paio di iridi di ghiaccio – ma da due perfidi occhi che ardevano di un accesso rosso fuoco in cui all’interno brillavano delle fessure nere verticali, il tutto accompagnato da un’espressione di puro odio e un ghigno crudele stampato in volto – che tornò improvvisamente alla realtà. E fu certo di averli già visti da vicino, quegli occhi.
D’istinto si portò entrambe le mani al collo strattonando come riusciva quelle dell’altro ragazzo per cercare di allentare la presa, ma più si muoveva più quello la rafforzava. Allora alzò un piede e tirò un calcio allo stomaco di Draco, ma quello non parve accorgersi di nulla, non si mosse nemmeno di un millimetro e continuò a stringere, lo sguardo dritto in quello di Harry.
Il Grifondoro boccheggiò un paio di volte, attirato dal bisogno di prendere una boccata d’aria, ma le dita erano troppo strette attorno alla sua gola
“Smettila…” riuscì a sussurrare, non seppe nemmeno lui come. Si sentiva le corde vocali stritolate in una morsa dolorosa e le unghie del biondo piantate in profondità sulla carne.
Gli occhi di Draco cambiarono per un millesimo di secondo da rossi ad azzurro-grigi, talmente velocemente che il moro credette di esserlo immaginato, poi ritornarono malvagi come in precedenza.
Il viso di Harry divenne dapprima rosso, poi, man mano che passava il tempo, cominciò ad avvicinarsi ad un colore violaceo a causa della mancanza di ossigeno.
Continuò a scalciare e strattonare la mano che gli stringeva il collo, con il solo risultato che la vista gli si oscurasse parzialmente e perdesse anche quel poco di energia che gli era rimasta. La cicatrice gli bruciava terribilmente, e l’immagine di Voldemort che lo guardava con odio era sovrapposta contemporaneamente a quella di Draco nella realtà.
Era praticamente sicuro di sapere cosa stesse succedendo al biondo, l’aveva avvisato Silente il giorno prima – riuscì a pensare con quel poco di lucidità che gli rimaneva.
Ben presto però non riuscì più a formulare alcun pensiero sensato, sentì solo dolore e nient’altro, che andava a diminuire secondo per secondo sostituito da una strana sensazione di intontimento e dal bisogno sempre più forte d’ossigeno.
Non poté impedire ai suoi arti di afflosciarsi sul materasso, stremati. Tento più volte di sollevarli in qualche modo, di reagire alla stretta del biondo, ma essi non rispondevano minimamente ai suoi comandi.
Si abbandonò a se stesso, pochi altri secondi e sicuramente sarebbe morto, e fece solo un'unica cosa. Guardò negli occhi l’altro ragazzo e con uno sforzo sovrumano sussurrò un leggero e debole “Draco…”. O almeno gli parve di averlo detto, non sapeva se ci era riuscito realmente.
Le iridi del ragazzo biondo tornarono improvvisamente color ghiaccio e le dita attorno al suo collo si raddrizzarono di colpo, lasciandolo libero.
Harry spalancò la bocca e trasse dentro una grande boccata d’aria che entrò finalmente nei polmoni e ne uscì con un suono strozzato, il viso cominciò a ritornare al suo colore normale. Sentiva ancora tutte e cinque le dita del Serpeverde premere sulla sua gola, come se fossero ancora lì, e la fronte andare letteralmente a fuoco, come se la testa dovesse esplodergli da un momento all’altro.
Draco rimase immobile per alcuni secondi, le labbra schiuse in un’espressione di totale confusione mentre osservava la scena di fronte a lui, ancora inginocchiato a gambe divaricate sopra al Grifondoro. Poi si rese conto di ciò che aveva quasi fatto e saltò al indietro, spostando affannosamente lo sguardo dalle sue mani, con i palmi aperti perfettamente davanti al proprio naso e le dita tese, al petto del ragazzo moro che si muoveva convulsamente su e giù cercando di recuperare l’ossigeno perso. Non ci badò nemmeno alla forte fitta al fianco destro, occupato com’era a incolparsi per ciò che aveva fatto, o perlomeno, per ciò che il suo corpo e la sua mente avevano fatto da soli, senza il suo controllo.
Harry portò i gomiti all’indietro e dopo essersi spinto un po’ verso l’alto poggiò la schiena alla testiera del letto, lasciando penzolare il capo dall’altra parte. Avvicinò una mano al viso per tastare la pelle scoperta del collo e gemette di dolore quando sfiorò un punto appena sotto il mento in cui dei lividi violacei avevano già cominciato a formarsi. “Perché l’hai fatto?” chiese con voce flebile.
Draco, ancora immobile dall’altra parte della stanza, parlò in automatico, con un tono freddo e distaccato. “Lui può controllarmi… ti vuole morto. Devi stare lontano da me, altrimenti ti farò del male. Non so resistergli”
Harry capì subito a chi si riferiva grazie alle spiegazioni di Silente della sera prima. Lo perdonò subito, dopotutto non era colpa sua ma di quel bastardo che aveva ucciso i suoi genitori rendendo la sua vita e quella dell’altro ragazzo un vero e proprio inferno. “Ci sei... – prese l’ennesimo respiro profondo – appena riuscito” concluse. “Come hai fatto?”
“Io… non lo so. All’inizio ho cercato di smettere ma lui continuava a controllare il mio corpo. Però alla fine hai detto il mio nome, e non so come ma sono riuscito a riprendere coscienza di me stesso, per alcuni istanti, e ad allontanarmi”
Harry rifletté un attimo. Se Draco ce l’aveva fatta a resistere, dato che gli aveva spiegato Silente stesso che non possedeva un amore che lo aiutava, voleva per forza dire che provava un qualcosa verso di lui che gli aveva permesso di riprendere il controllo di se stesso. Magari una qualche microscopica forma di amore? Speranzoso, decise di chiederlo al ragazzo stesso. “Draco…” il biondo alzò lo sguardo su di lui “Che cosa hai provato quando ho detto il tuo nome?”
Il biondo si mordicchiò distrattamente un labbro, con un’espressione colpevole stampata in volto. “Non… non ne ho idea. Era strano… non avevo mai provato una sensazione del genere prima d’ora… credo”
Harry non riuscì a trattenere un piccolo sorriso e senza pensarci si alzò in piedi, poggiando i piedi nudi sul pavimento, oltre il letto, e fermandosi con il corpo rivolto verso il biondo, ad alcuni metri di distanza da lui. La cicatrice aveva smesso di bruciare poco dopo aver interrotto il contatto e a quanto pareva i lividi sul collo non erano così gravi da non permettergli di muovere il resto del corpo. E poi c’era qualcosa, che lo costringeva ad osare di più, per capire i sentimenti dell’altro ragazzo. “Draco, vieni qui” gli disse.
Il Serpeverde fece d’istinto un passo in avanti ma poi si fermò, riflettendo. “E’ meglio che non mi avvicini, potrei farti del male… e non voglio”
Il Grifondoro sospirò piano e sorrise. “Sta a te decidere. Vieni qui… se vuoi”
Draco esitò un attimo, ma poi non si trattenne e si diresse verso di lui con passi leggeri, fermandosi a circa un metro di distanza.
“Avvicinati” mormorò Harry.
Il biondo avanzò di un passo.
“Ancora”
Altro passo…
“Ancora”
Il Serpeverde sfiorò il corpo di Harry con il suo, i nasi a pochi centimetri uno dall’altro, gli occhi di ghiaccio puntati nei suoi di smeraldo, vicini come non lo erano stati da troppo tempo. “E ora?” chiese, in tono infantile.
“Sta a te decidere” fu la risposta del moro. “Hai scelto di venire fin qui, io non ti ho obbligato”
Draco socchiuse le palpebre e annusò l’aria vicino al viso di Harry, inspirando profondamente… poi allungò una mano, immergendola lentamente nei folti capelli neri del Grifondoro, accanto all’orecchio, in modo da non sfiorare il collo ancora probabilmente doloroso.
“Penso che farò questo” sussurrò, prima di avvicinare il viso a quello del moro e poggiare piano le labbra sulle sue, fermandosi poco dopo, come per ottenere il permesso di continuare.
Il Grifondoro si sciolse sotto al suo tocco, sentì improvvisamente la solita sensazione di debolezza e le gambe tremanti. Si avvicinò quel poco che bastava per aumentare la pressione fra le loro bocche, dandogli la conferma per andare avanti, poi aspettò di vedere cosa facesse.
Draco gli poggiò la mano libera sul petto, sentendo per dei momenti il battito del suo cuore sotto al palmo, e lo spinse lievemente verso la parete, avanzando piano per non farlo inciampare, poi, dopo che ebbe udito il leggero tonfo della schiena di Potter sulla parete, si lasciò andare, agendo d’istinto, senza attendere alcun permesso, sta volta.
Strinse le dita attorno ai capelli corvini di Harry, tirandoli verso l’esterno e provocandogli quel poco di dolore che bastò per fargli piegare la testa di lato, nella posizione adatta per avventarsi sulle sue labbra.
Il Grifondoro non si scostò, anzi ricambiò il bacio, conficcando le unghie sui fianchi di Draco per provocarlo, godendosi ogni briciolo di dolore, perché gli faceva capire che quello che stava succedendo non era un sogno ma era tutto perfettamente reale, e magnifico.
Il Serpeverde, desideroso di osare di più, premette la mano sul collo di Harry pizzicandogli la morbida pelle con il palmo, non troppo forte ovviamente, facendo aderire l’intera sua testa al muro. Poi si staccò dalle sue labbra avvicinandosi al suo orecchio.
Il moro rabbrividì sentendo il fiato di Draco scaldargli il collo e non poté fare a meno di piantare le unghie ancora più a fondo sui suoi fianchi.
“Potter, è meglio per te se non mi provochi” sussurrò in tono suadente il biondo per poi poggiare le labbra accanto al suo orecchio.
Un brivido percorse interamente il Grifondoro, dalle dita dei piedi fino alla punta dei capelli. Ok, doveva ammetterlo, forse il Serpeverde aveva appena trovato il suo punto debole anche se doveva ammettere che quando giocava con i lembi di pelle del suo collo era quasi allo stesso livello. “Ora ritorniamo a chiamarci per cognome Malfoy?” chiese, per distrarlo. Sapeva che se il biondo avesse continuato a stuzzicarlo in quel modo non sarebbe resistito ancora per molto.
Ma il comportamento di Harry di certo non sfuggì all’attenta osservazione di Draco, che ribatté subito. “Non cercare di fregarmi bello. Io ti avevo avvisato…” Poi gli morse piano la pelle appena dietro l’orecchio facendolo impazzire letteralmente.
Il Grifondoro dovette ricorrere a tutta la sua forza di volontà per non bucargli i fianchi a forza di spingere le unghie ancora più in profondità, ma non riuscì a fare a meno di inarcare il capo all’indietro in un chiaro invito ad andare avanti. Serrò gli occhi, prima solamente socchiusi, voleva sentire… voleva percepire con tutti gli altri sensi il corpo del Serpeverde premuto sul suo, le sua mani, le sue labbra.
“Ti piace, eh?” sussurrò Draco accarezzando con il naso l’attaccatura dei suoi capelli.
“No…” rispose Harry, – un po’ per farlo incavolare un po’ perché seriamente non sarebbe riuscito ad impedirsi di saltargli addosso se avesse continuato ancora. E poi aveva paura di fare la figura della bambinetta viziata che perdeva la testa per un nonnulla – la voce roca dal desiderio però lo tradì.
Il biondo allora ghignò malefico e percorse l’intero lobo dell’orecchio di Harry con la punta della lingua, solleticandolo.
Il Grifondoro gemette di piacere scostando appena in tempo le mani dai fianchi di Draco e chiudendole a pugno, stritolando, per fortuna, l’aria, aveva rischiato seriamente di fargli male.
Scoppiò a ridere subito dopo, per motivi che all’inizio non furono chiari nemmeno a lui stesso, guadagnandosi un’occhiataccia dal biondo.
 
Insomma dai… era o non era una situazione assurda? Voglio dire, due ragazzi dello stesso sesso, che si erano “odiati” per anni, così diversi uno dall’altro ma allo stesso tempo così uguali…
Erano successe troppe cose strane, troppi cambiamenti bruschi e nonostante questo erano entrambi vivi e vegeti, ma soprattutto felici insieme e si divertivano a fare a gara a chi faceva impazzire di più l’altro.
Era molto strano… sì! Però non avrebbe potuto farne a meno. Se c’era anche solo una cosa che lo spingeva a continuare ad andare avanti, beh, quella era il fragile ma allo stesso tempo forte ragazzo che ora si ritrovava schiacciato addosso.
E non c’erano altre opzioni a parte il fatto che lo amasse veramente, ma non era ancora riuscito ad ammetterlo a se stesso.
Continuava a sperare sul fatto che tutto quello fosse solo un periodo di passaggio, anche se doveva ammettere che avrebbe voluto non finisse mai. Oppure che il loro comportamento fosse dovuto solo al desiderio di scaricare la tensione in qualche modo e di avere una persona su cui fare affidamento.
Ma nulla di tutto quello che provava quando stava al suo fianco poteva essere paragonato a semplice desiderio.
C’era molto di più. E di certo non si trattava di uno stupido “legame” e di due stupide cicatrici create da un ancora più stupido essere crudele senza cervello.
Finalmente Harry cominciava ad ammettere a se stesso che forse lo amava.
 
“MA CHE PROBLEMI HAI?!” esclamò Draco, esasperato, dopo parecchi minuti che il Grifondoro rideva come un matto, riscuotendolo dai suoi pensieri.
“Mi fai impazzire!” rispose Harry senza pensarci.
Il biondo non poté fare a meno di sorridere e puntare lo sguardo sul pomo d’Adamo del suo Harry, che si muoveva a ritmo della risata. Sta volta non si trattenne come aveva fatto la sera prima. Strinse ancor di più il palmo della mano sul collo dell’altro ragazzo, sentendo le vibrazioni, e morse la pelle appena sopra la sua gola per poi scoppiare a ridere assieme a lui senza nessun motivo.
“Non dirlo a me…” sussurrò in un momento di stallo in cui Harry rideva talmente tanto da far strozzare la risata in gola senza produrre più alcun suono, con le lacrime agli occhi e le mani a tenersi lo stomaco dolorante dallo sforzo di trattenersi. Questa da Draco non se l’aspettava proprio. Un Malfoy che ammetteva le sue debolezze… soprattutto quelle più imbarazzanti! Era un evento irripetibile!
Harry portò una mano in avanti immergendola nei capelli platino, sulla nuca del ragazzo, per poi avvicinarlo a sé e avventarsi sulle sue labbra, cominciando una danza lenta ma allo stesso tempo movimentata di baci e piccoli morsi interrotta di tanto in tanto da risate senza senso.
A guardarli da fuori si sarebbe scommesso che avessero bevuto parecchio… e non due o tre bicchieri.
“Mi piaci”
Draco lo disse senza rifletterci, a insaputa di entrambi, nel momento in cui si separarono un paio di secondi per riprendere fiato. L’unica cosa di cui era certo era che aveva davvero sentito il bisogno di rivelarlo.
Fu solo un sussurro appena udibile ma rimbombò nella testa di Harry in un modo che non avrebbe mai ritenuto possibile, facendolo praticamente morire di gioia. Non gli diede il tempo di aggiungere altro o semplicemente di prendere un respiro: lo attirò a se, ribaltando i posti e sbattendolo contro il muro, prendendo il comando della situazione, dimostrandogli meglio che poteva che anche lui ricambiava i suoi sentimenti. Non sarebbe riuscito a dirglielo a voce, euforico com’era, sapeva che gli sarebbe uscito solo un ridicolo urletto eccitato.
Forse in alcuni momenti Draco poteva sembrare stupido ma non lo era per niente. Capì subito ciò che il moro gli voleva comunicare con quei gesti e si sentì improvvisamente leggero, invaso da una strana ma bellissima sensazione, qualcosa che non aveva mai provato precedentemente se non poche ore prima, quando Harry aveva detto il suo nome dandogli la forza di resistere all’intrusione del Signore Oscuro nella sua testa.
Rimase in silenzio, ad ascoltare i loro cuori che battevano all’unisono, come uno solo di unico e grande.
Era sicuro di non essere certo di nulla, eccetto una.
Quello era un inizio.
Di cosa?... Non lo sapeva nemmeno lui.
 
 
Draco morse piano il labbro inferiore del Grifondoro per poi staccarsi da lui, senza nessun motivo apparente.
Il moro corrugò la fronte, rivolgendogli uno sguardo interrogativo per quello strano gesto. Poi il suo viso assunse un’espressione preoccupata quando notò che gli occhi del biondo erano leggermente annebbiati, la pelle aveva assunto uno strano colorito verde e sembrava faticare a reggersi in piedi.
“Harry… tienimi…” sussurrò, appunto, pochi secondi dopo, prima di crollare tra le braccia del Grifondoro senza riuscire più a sostenere il suo peso.
“Draco, che ti prende?!” esclamò l’altro ragazzo afferrandolo per i fianchi in modo da impedirgli di accasciarsi a terra.
“Ho fame… e mi fa male la testa…” disse solamente quello, con voce debole.
“Molto bene, ieri ti avevo avvisato, andiamo da Dobby a saccheggiare le cucine” E dopo essersi vestito decentemente e aver recuperato la bacchetta Harry gli lanciò un incantesimo energizzante per evitare di portarselo in braccio per sette piani, più i sotterranei.


*****

 
Fecero il solletico alla pera del grande dipinto di un cesto di frutta, situato su un corridoio abbastanza frequentato dei sotterranei, per poi controllare che nessuno li avesse visti ed entrare finalmente nelle famose cucine di Hogwarts che tutti sognavano di vedere o più che altro di “saccheggiare” – ma che nessuno era mai riuscito a trovare a eccezione di chi possedeva una certa mappa del malandrino, che ne indicava la posizione, e un certo mantello dell’invisibilità, per non farsi scoprire dai professori che giravano sempre da quelle parti, appunto per accertarsi che nessuno facesse quello che Draco e Harry stavano facendo proprio in quel momento.
La solita sala attraversata da quattro grandi tavoli li accolse, assieme al rumore di un leggero zampettìo di piedi nudi sul pavimento in piastrelle. L’elfo domestico Dobby aveva sentito dei rumori ed era subito accorso a vedere di cosa si trattasse.
Essendo basso, ci mise un po’ per avanzare abbastanza da scorgere la testa del Grifondoro sbucare da sopra il margine di un tavolo, ma appena lo vide corse verso di lui urlando euforico: “Dobby felice! Dobby felice di rivedere il suo amico Harry Potter!”.
L’elfo fece per aggrapparsi ai pantaloni del moro quando notò che non era solo, ma in piedi accanto ad un altro ragazzo. Alzò lo sguardo per vedere in faccia “il secondo” e quando scorse il volto pallido e i capelli color platino di Draco saltò all’indietro impaurito, affrettandosi subito dopo a camuffare quel gesto educatamente, sfiorando con la punta delle lunghe orecchie il pavimento, in un perfetto inchino ai piedi del Serpeverde. “Sa-salve… Do-dobby f-felice di vedere a-anche Ex-P-Pa-padroncino Malfoy” balbettò mentre tutto il suo corpicino iniziava a tremare. Gli aveva sempre fatto paura quel ragazzo, dalla prima volta che l’aveva incontrato, per non parlare di suo padre...
Il biondo sembrò scocciato anche solo dal fatto di dover compiere il movimento di chinare la testa verso il basso per guardare in faccia l’elfo domestico. “Ciao schia… -Dobby” si corresse in tono sprezzante. Non gli era ancora andata giù la storia di quella volta che si era liberato grazie ad uno stupido inganno ed un calzino puzzolente di Potter, e faticava ancora tremendamente a non chiamarlo “schiavo” quelle poche volte che lo incrociava per i corridoi. Suo padre gliel’aveva fatto odiare per metà e per il resto gli stava tremendamente antipatico perché se ne era andato da casa sua. Si, è vero che avevano altre dozzine di elfi domestici ma lui era… come dire… diverso. Faceva le cose con più sentimento, non c’era bisogno di finire di ordinargli una cosa che lui aveva già capito il suo compito alle prime parole e soprattutto lo svolgeva, anche se per una differenza quasi invisibile, meglio di tutti gli altri.
Harry gli tirò una gomitata su un fianco colpendolo su una costola scarna e facendolo piegare leggermente di lato, con una smorfia di dolore e un mugolio infastidito. Si affrettò a sorridere a Dobby per non riceverne altre, prima finiva quell’incontro schifoso prima poteva iniziare a mangiare ed evitare di sfracellarsi altre ossa.
Fu con quel movimento brusco che l’elfo notò che una mano di Harry era saldamente stretta in quella di Draco, e non per trattenerlo o con cattiveria, ma con gentilezza. Spostò gli occhioni grandi e lucidi da uno all’altro un paio di volte, poi si rivolse direttamente al Grifondoro indicando le loro mani “Scusi signorino Harry, lei e Malfoy siete diventati amici? A Dobby, guardandovi, viene da pensare così”
I due ragazzi si resero conto solo allora di starsi ancora tenendo per mano da prima che avessero attraversato il ritratto. Guardarono le proprie dita intrecciate, poi si guardarono negli occhi per alcuni secondi e infine si staccarono mettendo un passo di distanza tra di loro, imbarazzati.
“Signorino, non deve vergognarsi a dire la verità. Dobby sa mantenere benissimo segreti, Dobby è stato un elfo domestico una volta”
Harry risvolse lo sguardo verso l’elfo si grattò la testa a disagio. “Si ok, è vero. Lui è il mio nuovo… – si bloccò di colpo, per parecchi istanti, mentre la parola “ragazzo” si insinuava nella sua mente facendolo sentire immensamente fuori posto in quel momento.
Draco, vedendo che era improvvisamente ammutolito e aveva cominciato a deglutire a vuoto, gli posò una mano sulla spalla e concluse la frase per lui. “… sono il suo nuovo amico”
Bastò che il Serpeverde lo sfiorasse appena per farlo tornare con i piedi per terra e perché smettesse di sentirsi profondamente a disagio. Lo ringraziò mentalmente per non avergli fatto fare una figuraccia davanti al suo piccolo amichetto.
L’elfo li guardò estasiato per dei momenti, poi scoppiò letteralmente dall’emozione, aggrappandosi alla gamba del Grifondoro e cominciando ad urlare. “Dobby molto più felice ora! Dobby felicissimo! Dobby non credere alle sue orecchie, signorini Harry e Malfoy amici essere notizia più bella che potesse sentire!”
Il moro lo prese in braccio sussurrandogli gentilmente. “Deve rimanere un segreto però. Le persone ci prenderebbero per matti se lo scoprissero, penso che tu conosca la rivalità che c’è sempre stata fra noi negli anni precedenti. Me lo prometti?”
“Dobby promette signore! E’ il minimo che Dobby può fare dopo aver avuto l’onore di ricevere notizia così stupenda!” esclamò eccitato gettando le braccia al collo di Harry, che, stranamente, non si corrucciò nemmeno in chissà quale smorfia di dolore: a quanto pareva il biondo non gli aveva provocato poi così tanti danni e i pochi lividi comparsi sarebbero guariti abbastanza in fretta. Comunque approfittò di quel momento per sussurrare qualcosa all’orecchio dell’elfo, che sfortunatamente Draco non riuscì a comprendere.
Infatti, pochi secondi dopo, Dobby saltò addosso al biondo abbracciando felicemente pure lui.
Il ragazzo, semplicemente terrorizzato, iniziò a saltellare di qua di là e a girare in tondo come una trottola mentre sventolava le mani per aria strillando cose del tipo: Cos’e questa cosa?” oppure “Potter toglimelo subito di dosso!”. Continuò a correre in giro come un deficiente minacciando Dio Salazar di uccidere tutti gli elfi domestici presenti sulla terra finché Dobby riuscì finalmente a dire ciò che doveva, in un intervallo di tempo in cui le urla di Draco oppure le risate scatenate di Potter, che se la rideva di gusto in un angolo della sala, non coprivano il suono della sua vocina leggera.
“Harry Potter ha detto A Dobby di dirle una cosa, la prego mi ascolti!” esclamò tirando una ciocca di capelli del Serpeverde per attirare la sua attenzione.
Il biondo si immobilizzò immediatamente, tendendo le orecchie per essere sicuro di aver capito bene. “Dimmi” disse all’elfo, lasciando perdere per un momento il panico nel ritrovarsi una bestiolina schifosa appiccicata addosso e decidendo di starlo a sentire.
La creatura si avvicinò piano al suo orecchio sussurrando “Signorino Harry ha detto che le vuole un mondo di bene…”
Saltò a terra subito dopo, senza dargli il tempo di aggiungere nulla, e corse di nuovo verso il Grifondoro che si complimentò con lui e lo ringraziò per poi chiedergli gentilmente di preparare tutte le cose più sostanziose da mangiare che poteva, per lui e Draco, lasciando, per alcuni minuti, il biondo impalato sul posto con uno stupido sorriso ebete stampato in faccia e le guance tutte rosse.
L’elfo annuì onorato di poter fare un favore ad Harry e se ne andò zampettando verso le cucine.
Il Grifondoro, invece, andò a sedersi accanto al camino che dominava la grande sala. Poggiò la schiena sul muro di mattoni, tiepidi perché il fuoco ardeva talmente tanto che il calore si era propagato fino a quel punto, e si lasciò scivolare per terra, lasciando riposare gli occhi.
Appena fu abbastanza sicuro che il rossore che gli imporporava le guance si fosse alleviato quel poco da non renderlo estremamente ridicolo, Draco lo raggiunse e si sedette davanti a lui, leggermente girato dalla sua parte, rimanendo a fissare per dei momenti i riflessi ondeggianti creati dal fuoco che si specchiava sui lucenti capelli neri e che, grazie ai colori accesi, si abbinava perfettamente alla divisa da Grifondoro del ragazzo.
Quando Harry si accorse dello sguardo di un certo biondo, costantemente puntato su di lui, allungò le mani in avanti e lo prese delicatamente per i fianchi, trascinandolo fino a sé. Poi fece aderire il proprio petto sulla sua schiena e lo abbracciò da dietro con le sue possenti e calde braccia, che Draco tanto adorava.
Il biondo lasciò andare il collo all’indietro, poggiando la nuca sulla sua spalla e guardandolo dal basso verso l’alto, con la mascella del moro a pochi centimetri dal naso. “Pensi veramente quello che hai detto a Dobby di riferirmi?”
“E come potrei non farlo…” rispose Harry chinandosi un po’ verso sinistra e rubando un bacio a fior di labbra al Serpeverde, che sorrise subito dopo, con la solita, strana, ma bellissima sensazione di “giusto” che gli stringeva gentilmente il petto ogni volta che stava accanto al Grifondoro.
“Davvero, meno di un mese fa non avrei mai immaginato di potertelo dire ma… anche io ti voglio bene, Harry” sussurrò pianissimo, voleva essere sicuro che solo il ragazzo su cui era raggomitolato l’avrebbe sentito, anche se erano perfettamente soli in quella stanza.
Harry gli accarezzò piano i capelli, iniziando a giocherellare con le ciocche bionde. “Dopo passeremo per la tua Sala Comune a prendere qualcosa di pulito da metterti addosso, se vuoi. Ma ora è meglio che ti rilassi principino… potrebbe volerci del tempo prima che sia pronto…”
Draco chiuse gli occhi.
 
La testa di Dobby sparì oltre il margine della porta avviandosi silenziosamente verso le cucine sorridente, come poche volte lo era stata, per ciò che aveva visto e sentito. L’unione del padroncino Harry e Malfoy era il regalo più grande che gli potessero fare, forse anche più di quando il Grifondoro l’aveva liberato donandogli quel semplice calzino grigio che ancora conservava divinamente, come un tesoro…
 

*****

 
“Finalmente!” esclamò Harry mentre entrava nel dormitorio e si dirigeva verso il proprio letto, sfinito e con le braccia doloranti per aver percorso sette piani assieme ad uno mezzo moribondo dalla fame – che di tanto in tanto era costretto a sostenere, per non ritrovarsi a dover raschiare dal pavimento sangue di ragazzo spiaccicato – e interi pacchi di dolci tra le mani.
Impiegò non meno di 5 minuti per mollare sul materasso tutte le cose che aveva tra le braccia, alcune perfino pizzicate sotto alle ascelle in modo da evitare che cadessero, svuotare il contenuto della borsa, le numerose tasche sia dei pantaloni che del mantello, e infine raddrizzare la felpa che aveva arrotolato in modo da contenere ancora più cibo di quello che già aveva.
Si girò verso Draco per dirgli che poteva iniziare a mangiare ma non lo trovò perché quello, appena l’ultimo pacchetto di tutti i gusti più uno era atterrato sulle coperte, si era lanciato sul cibo con uno sguardo famelico quasi inquietante ed era già bello che disteso sul letto con una brioches alla crema in mano.
Nonostante si capisse da kilometri che stava praticamente per morire dalla fame il biondo iniziò a morderla con lentezza quasi snervante.
Harry roteò gli occhi ridacchiando poi si lanciò sul materasso a molle, facendo accidentalmente saltare in aria il biondo di parecchi centimetri, afferrando una ciambella e un panino alla marmellata, con una mano, e un barattolo di nutella, con l’altra – probabilmente, se qualcuno l’avesse visto, avrebbe giurato che primo: avesse 20 dita per mano, e secondo: non mangiasse da tipo un secolo.
Draco riatterrò sul materasso sbattendo dolorosamente i denti per l’impatto e rischiando di mordersi la lingua, oltre a sporcarsi la divisa appena messa con la crema. –            Era entrato per 5 minuti nella sua Sala Comune, dopo che Dobby e gli altri elfi gli avevano preparato alcuni dolci per loro, il tempo minimo per farsi una doccia veloce, infilarsi una divisa pulita e andarsene. Fortunatamente non aveva trovato nessuno ad intralciarli la strada. Ma non è che potesse scamparla ancora per molto, sapeva che quando avrebbe dovuto salutare Harry e ritornarsene dai suoi “amici” Serpeverde, lo avrebbero sommerso di domande noiosissime a cui non aveva per niente voglia di rispondere dato che sarebbe stato costretto a inventare scuse – Lanciò uno sguardo di fuoco al Grifondoro esclamando: “Potter, se lo rifai un’altra volta giuro che ti ammazzo!”
“Calmati principino. Fai meglio a tacere e a mangiare altrimenti tra poco svieni per davvero. E vedi di muoverti altrimenti finisco tutto io, non mi faccio problemi sai!”. Non resisteva, gli piaceva troppo provocarlo!
Il biondo lo guardò dall’alto al basso arricciando il labbro superiore in una smorfia di superiorità. “Almeno io il cibo me lo gusto, non mi abbuffo come un porco cosa che invece fai tu! Ah ma aspetta… dimenticavo… probabilmente hai preso da tuo padre!”
Harry sgranò gli occhi sorpreso. “Come hai fatto a…?”
Draco lo interruppe ghignando. “Parli nel sonno: la prego! Professore la smetta! Gnegnegnegne… Mio padre non era un maiale, mio padre era un grand’uomo! Gnegnegne…” Era talmente immerso nell’imitazione di Potter che non si rese conto che, dato che stava gesticolando animatamente, la crema del suo brioches si stava per rovesciare completamente sui suoi pulitissimi pantaloni neri, appena indossati. Infatti cadde pochi secondi dopo mentre era occupato ad imitare un Harry che si contorceva per cercare di resistere all’incantesimo Legilimens di Piton, quando, l’anno prima, aveva tentato inutilmente di insegnarli quel po’ di Occlumanzia che avrebbe impedito a Voldemort di entrare nella sua testa.
Ma con i riflessi da cercatore, e soprattutto da cercatore affamato, che aveva Il Grifondoro, fortunatamente riuscì a salvargli gli indumenti. Allungò una mano in avanti e la crema cadde perfettamente sul suo palmo pochi secondi prima di spiaccicarsi sul tessuto. Da perfetto golosone qual’era non gli passò nemmeno lontanamente per la testa il pensiero di usare un pezzo di carta per pulirsi oppure di lavarsi le mani, no… non ne sprecò nemmeno un goccio e se la divorò tutta.
“Aforo Doffy!” esclamò con la voce impastata di cibo guadagnandosi l’ennesimo sguardo inceneritore e disgustato da parte del biondo.
“Non capisco come ti possa piacere così tanto quello stupido elfo!” esclamò Malfoy mentre addentava gli ultimi pezzi di brioches – dopo che gli parve passato il tempo necessario per far capire al Grifondoro, con il solo utilizzo dello sguardo, quanto fosse schifoso il modo in cui si abbuffava come se non ci fosse un domani – e scrutava la distesa di dolci attorno a lui decidendo accuratamente quale avrebbe avuto l’onore di finire tra i suoi perfetti denti bianchi. Si stava quasi sforzando di mangiare ancora, stranamente non aveva più molta fame come pochi minuti prima ma sicuramente questo era dovuto al fatto che, a forza di non mangiare per settimane, il suo stomaco si era abituato a ricevere quella piccola quantità di cibo che era la pozione con i principi nutritivi ed ora faticava a digerire così di colpo una porzione molto più grande. Alla fine optò per una merendina qualunque, promettendosi di non mangiare altro, altrimenti avrebbe sicuramente vomitato.
Harry mandò giù uno degli ultimi bocconi del panino alla marmellata, dopo che aveva già finito la ciambella, e puntò uno sguardo accusatorio su Draco. “Ammetti che Dobby ti piace!”
“A me piaci tu, stupido Sfregiato!” si ritrovò a pensare il biondo, arrossendo lievemente subito dopo. Per non farlo notare ghignò e fece pure per ribattere quando il moro gli premette un dito su un fianco trasformando il sorrisetto malefico in una risata.
“Se non lo ammetti continuo a farti il solletico fino alla morte!” esclamò il Grifondoro.
Dato che stava faticando seriamente a respirare e per di più non aveva idea di come riuscisse ancora a tenere in mano la merendina gliela diede vinta: “Ok, lo ammetto! Quell’elfo mi è sempre stato simpatico ma qualche deficiente l’ha liberato e ho dovuto accontentarmi di altre stupide bestioline schifose che mi giravano per casa!”
Anche se per esprimersi non aveva usato i termini migliori Harry accettò comunque la risposta, era pur sempre un passo in avanti rispetto a prima. “Draco, quello era il suo sogno da una vita. Guarda com’è felice adesso che è libero” cercò di farlo ragionare.
“Magari lo è lui ma io lo sono un po’ meno…” disse il biondo un pelo scocciato, ma poi sorrise gentilmente. “Era davvero bravo quell’elfo, con questo non voglio dire che gli altri fossero tanto peggio, dopotutto sono tutti ugualmente costretti ad eseguire gli ordini, però… lui faceva e comprendeva di più e meglio i lavori che gli assegnavamo… non so se mi sono spiegato…”
Il moro annuì e ricambiò il sorriso mentre finiva il panino e apriva la nutella, svitando il tappo e staccando la carta protettiva sottostante. Rimase un attimo a guardarsi in torno, alternando un’occhiata ad un pezzo di pane vuoto, posto all’interno di un sacchetto, al barattolo che reggeva tra le dita.
Ma non aveva voglia di starci molto a pensare, lui era così, agiva senza prendere decisioni e non si faceva mai troppo problemi. Alzò le spalle, indifferente, e tuffò una mano dentro alla confezione estraendone un dito perfettamente ricoperto di nutella.
Draco si schiaffò un mano sulla fronte e poggiò la sua merendina sul comodino, per evitare che gli cadesse spiaccicandosi sul letto da quanto era sconvolto. “Potter! Fai schifo!” esclamò disgustato.
L’altro finse di non aver sentito, finì con calma di leccare per bene tutta la crema al cioccolato che ricopriva il suo indice e solo dopo si rivolse al biondo, alzando un sopracciglio e un angolo della bocca in un’espressione al contempo soddisfatta e fottutamente sexy. “Avanti Draco… se non ti lecchi le dita non c’è neanche divertimento…” sussurrò in una maniera talmente suadente da far aumentare di colpo il battito cardiaco del Serpeverde, che serrò le labbra, deglutendo, senza dire una parola.
Mentre Harry ripeteva l’operazione, apparentemente ignorandolo, il biondo – si maledì mentalmente un milione di volta ma non fu abbastanza – non riuscì ad impedirsi di rimanere ad ammirarlo con uno sguardo inebetito mente quello, con movimenti estremamente sensuali, si leccava le dita.
Tentò di riportare l’attenzione sulla merendina che non molto prima stava mangiucchiando distrattamente ma quando sentì lo sguardo di Harry puntarsi per un momento su di lui veramente non riuscì a controllarsi. Lo osservò a suo volta.
Il moro si passò la punta della lingua sulle labbra lentamente, in maniera quasi snervante, sporcando un angolo della bocca di cioccolata – Sembrava facesse apposta per far impazzire Draco.
Il biondo si ritrovò perfino a desiderare di trovarsi al posto del barattolo.
Sbatté le palpebre un paio di volte, per ricomporsi e connettersi al mondo reale, ma non ce la fece più di tanto. L’unica cosa che riuscì a fare fu indicarsi impacciatamente una punto sulla propria guancia e balbettare con voce stranamente roca “Ha-harry… hai un… di nutella”
Per tutta risposta l’altro lo ignorò, rimanendo immobile, se non per tuffare l’ennesima volta una mano nel barattolo, gli occhi costantemente inchiodati in quelli di Draco.
Se la portò lentamente alla bocca, apposta per vedere in che modo l’altro ragazzo avrebbe reagito.
Draco si morse un labbro senza accorgersene, guardandolo.
10 secondi di distanza dal dito alla bocca…
Il biondo si mosse a disagio sul letto.
Meno 5... 4…
Deglutì rumorosamente, tentando invano di allargare il colletto della camicia, l’aria era diventata improvvisamente soffocante. Ma le dita gli tremavano talmente tanto che non riuscì a smuoverlo di un millimetro.
3… 2...
Basta, per lui era decisamente troppo!
Non riuscì a resistere alla tentazione di saltargli addosso e perse il controllo.
1…
Un momento prima che la nutella sfiorasse le labbra del moro una lingua si frappose tra di esse, pensando lei a compiere il lavoro che avrebbe dovuto fare quella di Harry.
Il Grifondoro rise soddisfatto sentendo l’aria gelida sul dito una volta che le labbra di Draco si furono staccate da esso, aveva previsto praticamente tutte le mosse dell’altro. “E poi dici che il porco sono io!” esclamò divertito.
Draco si mosse di scatto. Prese la sua testa fra le mani, immergendole nei folti capelli neri e avvicinando la bocca al suo orecchio sussurrando “Tu mi farai impazzire… stupido Potter!...”
Al leggero fiato del biondo a contatto con il suo orecchio un brivido caldo lo percorse. “… come se tu non l’avessi già fatto fare a me…” commentò senza pensarci.
Il Serpeverde sorrise. “Ti ho detto che sei sporco qui – accarezzò con il pollice un punto accanto a quello interessato – perché non mi hai ascoltato?” Senza attendere risposta sfiorò l’angolo della bocca di Harry con la punta della lingua, facendo sparire la piccola macchiolina.
Il Grifondoro parlò solo allora “Perché sapevo e volevo che lo face…”
Non fece a tempo a finire la frase: un paio di labbra si poggiarono sulle sue, spegnendogli le parole in gola, e una lingua gli si infilò in bocca cominciando a giocherellare con la sua, intrecciandosi ad essa e rincorrendola, mentre Harry ricambiava il bacio.
Draco lo prese per le spalle e lo spinse verso il basso, in modo che la testa del moro non fosse più poggiata sulla testiera del letto ma sul cuscino, ritrovandosi così a cavalcioni sul suo petto. Premette una mano sulla mascella dell’altro ragazzo spingendo l’intera sua intera testa a fondo nel morbido tessuto, poi si chinò sopra di lui, avventandosi sulle sue labbra.
I capelli color platino del biondo si sparsero sulla fronte di Harry facendogli il solletico. Allacciò la schiena del Serpeverde, in quel momento parallela al suo corpo steso sul letto, con una mano, attirandolo ancor di più verso di sé. Voleva sentire il suo corpo premuto su quello dell’altro ragazzo.
Il biondo lo accontentò avvicinandosi di più e facendo scorrere le proprie mani sui fianchi di Harry, verso il basso, fino a trovare il lembo del maglione di Grifondoro e infilarci sotto, forse volontariamente, l’intero avambraccio. Percorse con il pollice il petto del ragazzo, seguendo la forma dei suoi addominali con il solo utilizzo del senso del tatto, senza nemmeno guardare ciò che stava facendo dato che la sua faccia era incollata a quella del moro. Si rese conto in quel momento che tante, forse troppe volte, aveva sognato di poter toccare così il corpo del famoso Harry Potter.
Quando si staccarono un momento, per riprendere fiato, il biondo non poté fare a meno di lanciare uno dei suoi soliti commentini stupidi “Che schifo… sai da nutella!” esclamò in un sussurro appena udibile, mentre portava una ciocca dei capelli del moro dietro al suo orecchio.
“Tu vedi di ingrassare un po’, la cosa che fa veramente schifo è toccare un ragazzo solo pelle e ossa!” gli rispose a tono.
Si guardarono un momento negli occhi, sorridendo, e fecero per annullare di nuovo le distanze tra di loro quando il rumore di una maniglia della porta che si abbassava risuonò nel dormitorio di Grifondoro…
 
 
I due ragazzi saltarono uno da un lato e uno dall’altro del letto, separandosi. E appena in tempo!
Ron e Neville fecero il loro ingresso nel dormitorio meno di un secondo dopo.
Quest’ultimo si rivolse al moro “Harry. Ciao! Se hai tempo vorrei parlarti di una cos…” la voce gli si spense in gola appena notò che non era da solo.
Ron sbiancò – piuttosto sorpreso e un pelo sconvolto, si era quasi completamente dimenticato del nuovo amichetto di Harry – e arrossì – per la rabbia nel vedere Malfoy accanto al suo migliore amico – talmente velocemente che Draco avrebbe pensato che gli sarebbe rimasta la faccia di due colori.
E il moro non poteva biasimare nessuno dei suoi amici. Oltre al fatto che loro due di cognome facevano uno Potter e l’altro Malfoy, e quindi erano nemici praticamente naturali, in quel momento erano entrambi imbarazzati, mezzi distesi su letto, con il respiro affannato per la foga con cui si erano baciati, i vestiti stropicciati e i capelli completamente spettinati. Cosa che, se si considerava solamente Harry, era piuttosto normale, ma non era assolutamente lo stesso per Draco. Senza contare che gli occhiali del moro erano poggiati storti sul suo naso.
E dai… era ovvio che chiunque, anche i meno pervertiti, avrebbero sospettato che stavano facendo ciò che, appunto, era stato interrotto dall’arrivo di due Grifondoro.
I due ragazzi si sedettero più composti nel letto, prendendo le distanze uno dall’altro, e si ricomposero come poterono. Lisciando i vestiti, passandosi una mano tra i capelli e prendendo un paio di respiri profondi per calmarsi.
“Ha-harry…?” chiamò Ron con una vocetta stridula e sconvolta.
“Ehm… si, scusami. Ho preso un colpo quando sei entrato, e per questo che ho il fiatone” inventò come scusa. Immaginando già la domanda che il rosso gli avrebbe rivolto non appena si fosse calmato abbastanza per far uscire una frase sensata dalle sue corde vocali.
Ron si limito ad annuire più volte, con gli occhi ancora leggermente sgranati.
Potter si grattò la testa a disagio e cercò in qualche modo di spiegare meglio la situazione, soprattutto a Neville, che se ne stava immobile a bocca spalancata con un grosso libro di Erbologia sopra ai piedi, che gli era caduto di mano alla vista del biondo e di cui nemmeno si era accorto. “Ehm… sicuramente penso tu non sappia che lui è il mio nuovo amico da… un po’ di tempo diciamo. Abbiamo fatto pace parecchi mesi fa, ormai, ma non volevamo che si sapesse molto in giro perché pensiamo che le persone, dopo averci visto litigare per anni, non la prenderebbero poi così bene. Capisci?”
Neville annuì e senza muovere minimamente un altro muscolo facciale, cioè rimanendo con la bocca spalancata a fissare Draco, si chinò a terra e raccolse il grosso libro che poi, indietreggiando con lo sguardo sempre puntato sul biondo, posò sul proprio comodino.
Il viso di Ron, nel frattempo, aveva assunto una tonalità violacea e un grado di incazzatura tale da coprire perfettamente tutte le lentiggini sul suo naso, che era aumentata quando aveva visto la distesa di dolci sparsi sul letto. Insomma… di solito era con lui che Harry saccheggiava le cucine! Non con quello stronzo insolente altrimenti chiamato Malfoy!
“Mi avevi detto che saresti rimasto a dormire non che saresti andato a chiamare una serpe schifosa con cui fare colazione e per di più senza di me!”
“Piacere di rivederti Weasley!” esclamò Draco sentendo perfettamente le offese rivolte a lui e buttando in mezzo all’esclamazione un kilo e mezzo di sarcasmo, com’era suo solito fare.
Il rosso assottigliò gli occhi guardando verso di lui con disprezzo “Il piacere è tutto tuo Malfoy!” gli ringhiò contro.
Sapendo che faceva meglio a non reagire o controbattere, anche se la tentazione era fortissima, il biondo arricciò il naso e alzò le spalle per poi mettersi più comodo possibile nel letto, mentre si portava una mano davanti alla faccia osservandosi le unghie disinteressato.
Il moro invece abbassò lo sguardo sentendosi colpevole, era convinto che fra poco avrebbe visto del fumo uscire dalle orecchie del rosso. “Ron, mi dispiace…” mormorò.
Un fastidioso silenzio calò nella stanza interrotto solo dal rumore del baule di Neville che si chiudeva, dopo che, per non restare immobile a far niente come stava invece facendo il resto di loro, aveva sfruttato il tempo per mettere un po’ di ordine fra le sue cose altrimenti costantemente buttate per aria.
 
Intanto fra gli altri avveniva una specie di gioco di sguardi.
Il rosso teneva il suo costantemente puntato su Malfoy ma di tanto in tanto lo spostava pure su Harry per lanciarli uno sguardo inceneritore, in modo da fargli capire quanto fosse contrario alla sua scelta di aver fatto venire lì il biondo o anche semplicemente di essere arrivato fino a quel punto provando a fare amicizia con lui. Erano passati mesi, ormai, da quando Harry aveva dato la notizia Ron e a Hermione di essere diventato suo amico, ma ancora il rosso non riusciva ad accettarlo. Se lui e il moro si parlavano ancora era solo perché da quell’episodio Potter non si era più fatto vedere in giro con Malfoy, o almeno non quando c’era lui nei paraggi. E poi… non era così stupido come sembrava, sapeva che c’era qualcos’altro sotto anche se non aveva idea di cosa si trattasse.
Il biondo, invece, alternava un periodo più lungo a contemplarsi le unghie e a uno più corto ad ammirare i lineamenti perfetti di Harry e, quando Pel-Di-Carota guardava verso Potter, lui ne approfittava per rivolgerli un ghigno sprezzante fintantoché non lo vedeva.
Harry invece si torturava le mani in grembo con un’espressione triste e colpevole, mentre, ogni tanto, di sfuggita, rivolgeva lo sguardo verso Neville nella speranza che guardasse dalla sua parte e gli desse qualche consiglio per uscire da quella situazione lievemente imbarazzante. Nel frattempo dentro di lui avveniva una battaglia sentimentale del tipo: Chi ha più bisogno di me: Draco o Ron? A Draco serve il mio supporto, con la vita difficile che ha avuto e la ancor più complicata missione, ma è anche vero che è praticamente da tutto l’anno che ignoro il mio migliore amico di sempre. Se fossi al posto suo non mi sentirei per niente bene e forse reagirei anche peggio di lui in questo momento.
 
Non potendone più Harry si schiarì la gola e interruppe il fastidioso silenzio che era calato sui ragazzi, gli occhi di tutti si puntarono su di lui, pensando che dovesse parlare di qualcosa. Non se l’aspettava, non aveva preparato nulla da dire e così sparò la prima cosa che gli venne in mente “Beh ragazzi… mi farebbe piacere se mi aiutaste a finire le cose da mangiare. Abbiamo preso un po’ troppi dolci e non ce la faremo mai a finirli tutti in due”
Ron alzò un sopracciglio, guardandolo male, con un piccolo ghigno sbilenco, ma poi si avvicinò al letto e senza troppi permessi ci si buttò sopra, sedendosi a gambe incrociate davanti ad Harry e facendo saltare in aria, per la seconda volta in poche ore, Draco, che dovette ricorrere a tutta la sua forza di volontà per non imprecare contro di lui ad alta voce, a mente lo fece eccome. Riprese la merendina che aveva lasciato sul comodino, prima che gli altri due Grifondoro-rompiballe interrompessero ciò che lui e Harry stavano facendo, e riprese a mangiucchiarla distrattamente.
Ron sorrise compiaciuto mentre il viso di Malfoy si corrucciava in una smorfia arrabbiata, l’aveva fatto apposta per dargli fastidio. Poi afferrò una cioccorana e una ciambella ricoperta di glassa alla fragola e se le ficcò in bocca, cominciando ad abbuffarsi peggio di Potter poco prima.
“Probabilmente quello è uno dei pochi motivi per cui sono diventati migliori amici, entrambi porci fino al midollo!” pensò Draco fra sé e sé mentre cercava di ignorarlo più che poteva.
Ron, vedendo che il biondo non gli prestava attenzione, iniziò a masticare rumorosamente, aprendo e chiudendo ampiamente la bocca, in modo che chiunque potesse scorgere la disgustosa sbobba di ciambella masticata al suo interno. “Grafie Harry! Afefo molfissima fame fai! Questa mattina fono arrifato troffo tardi e non ho neanche potuto fare il tris della colafione!” esclamò con la bocca impastata rischiando di far cadere pezzettini di cibo sul letto.
Grazie a Salazar Draco non fu l’unico a deglutire schifato, a lui si aggiunsero pure Harry e Neville, che nel frattempo, su invito del moro, si era avvicinato un po’ al gruppetto.
“Di niente Ron, ma per favore cerca di mangiare più lentamente. Sei abbastanza disgustoso se fai così…” commentò Potter.
Il Serpeverde rivolse un sorrisetto soddisfatto verso il rosso che incrociò le braccia al petto mettendo su un broncio a dir poco infantile, doppiamente più infuriato di prima.
“Uno a zero per il suo ragazzo!” pensò Draco, salvo poi ricordarsi che non lo era ancora, ma gli era venuto spontaneo come pensiero. Normale, forse, quando ci si bacia per più o meno tre volte in metà giornata.
Anche se il rosso smise di fare il maleducato per provocare Malfoy riprese comunque ad abbuffarsi meno di 5 minuti dopo, lanciando occhiatacce verso Harry di tanto in tanto.
“Hey Neville, che ci fai ancora in piedi? Siediti pure!” disse ad un certo punto il moro, cercando di evitare che iniziasse una battaglia di sguardi inceneritori fra lui e il suo migliore amico.
Il quarto ragazzo avanzò ancora un pochino ma, dato che il lato su cui erano seduti Ron e Harry era già occupato, dovette per forza dirigersi verso quello del Serpeverde, che però aveva le lunghe gambe distese su tutta la lunghezza del materasso. “Po-potresti spostarle u-un pochino… ge-gentilmente?” balbettò Neville, timido e abbastanza terrorizzato da Malfoy, indicando il posto in cui aveva intenzione di sedersi. Gli succedeva così quando si trovava vicino ad un qualsiasi Serpeverde. Eccetto uno… ora che ci pensava.
Draco fece il gentile, secondo i suoi standard ovviamente, e eseguì sbuffando ciò che gli era stato chiesto, mettendosi a gambe incrociate, con la schiena poggiata alla testiera.
Neville lo ringraziò con un sorriso da un orecchio all’altro invece lui gli rivolse solamente uno sguardo, non cattivo, ma estremamente freddo, che spense di colpo il sorriso sulle labbra dell’altro e lo fece sbiancare.
Il Serpeverde alzò le spalle e girò la testa all’altra parte, riprendendo a mangiucchiare la merendina. E poi dicevano che la caratteristica dei Grifondoro era il coraggio! Pff!
“Allora, direi… Draco, non è che potresti presentarti a Neville? Le uniche volte che ha sentito parlare di te è stato attraverso di me, che ovviamente negli anni precedenti non è che dicevo cose positive sulla tua persona”
Il biondo annuì obbediente e si rivolse direttamente a Neville “Beh, allora. Mi chiamo Draco Malfoy… ma chiamami solo Draco per favore, lo preferisco. – Harry si stupì che non avesse chiesto di chiamarlo Malfoy, gli anni precedenti era la prima cosa che diceva di lui stesso, il suo cognome, si sentiva fiero di portarlo. Doveva essere davvero cambiato anche solo per pensare una cosa del genere. – Penso tu sappia già che sono del vostro stesso anno e cioè ne ho 16 di età. Tanto per ricordartelo: sono quello che rompeva perennemente le palle a lezione di Cura Delle Creature Magiche ma ho diminuito le prese in giro quando l’artiglio di uno stupido ippogrifo mi ha praticamente aperto il braccio” si fermò un attimo per pensare a qualcos’altro da dire, poi riprese “Non chiedetemi come sono diventato amico di questo deficiente! – esclamò in tono gentile sfiorando con una mano la spalla di Harry, accanto a sé, e facendolo sorridere apertamente – Non basterebbe una vita per raccontare ciò che è successo, veramente! E poi non saprei cos’altro raccontarvi… nel caso interessasse a qualcuno i miei migliori amici sono Theodore Nott e Astoria Grengrass. Pansy, anche se voi da fuori vedete che mi sta sempre appiccicata come una sanguisuga, credetemi se vi dico che mi sta immensamente sul cazzo! Tiger e Goyle me li tengo stretti perché anche se sono stupidi ogni tanto fanno comodo e poi… Beh, una volta il mio migliore amico era Blaise Zabini ma diciamo pure che non lo è più. Sono sorti dei… problemi fra di noi… ecco”
Al sentir nominare il nome di quest’ultimo Serpeverde gli occhi di Neville scintillarono in modo strano, nessuno però parve accorgersene. “Che tipo di problemi?” chiese, senza più quel tono impaurito di prima. Era incredibile come quel ragazzo prendeva coraggio se scoprire o fare una certa cosa gli interessava veramente. Bastava solo pensare a Erbologia.
Mentre Draco si sforzò di non lasciar trasparire il suo imbarazzo Harry non si trattenne e cominciò a ridere per la reale risposta a quella domanda. Si ricordava fin troppo bene di quella volta, nella Sala Comune di Serpeverde, in cui Zabini ci aveva provato apertamente con Draco. Se non la prendeva come una cosa divertente però, poteva ancora sentire la gelosia scorrergli nelle vene e rischiava di arrabbiarsi seriamente. Non aveva parlato molto con il biondo di quella storia, decise che gli avrebbe chiesto più particolari quando fossero stati di nuovo soli.
Il biondo si schiaffò una mano sulla fronte, scuotendo la testa. Ecco, ora non poteva più rispondere con una scusa seria dato che il moro era appena scoppiato a ridere rivelando, ovviamente, la comicità – anche se a Draco faceva quasi piangere – della storia. Avrebbe per forza dovuto dire la verità a quello sfigato Grifondoro che nemmeno conosceva bene.
Ridacchiando, per non disperarsi, cercò di raccontarla nel modo più breve possibile “Diciamo che… in qualche modo… sono venuto a sapere che Blaise aveva… una bella cottarella per me, ecco”
Harry si portò una mano davanti alla bocca cercando di trattenersi, anche se piuttosto imbarazzato perché la cottarella per Malfoy ce l’aveva lui, in quel momento, ma quella storia gli faceva comunque ridere.
Anche Ron, che stava fingendo di non interessarsi minimamente a ciò che il biondo stava dicendo, apposta per fargli capire la sua contrarietà alla storia Draco-Harry-amici, scoppiò in una risata fragorosa tenendosi le mani sulla pancia per cercare di fermarsi in qualche modo. “Miseriaccia! Avrei voluto vedervi insieme! La coppia di frocetti di Hogwarts!”
Il Serpeverde strinse i pugni fortissimo, immaginando che in mezzo ad essi ci fosse il collo del rosso, cercando di trattenersi dal fargli seriamente male. “Pel-Di-Carota, è meglio per te se taci. Brutto cogl…”
Harry fermò appena in tempo il litigio universale che sarebbe venuto a crearsi nel caso il Serpeverde avesse finito la frase, tirandogli l’ennesima gomitata sulle costole.
Neville invece sorrise con uno strano sguardo inebetito. “Ma vuoi dire che… Zabini è omosessuale?!”
“A quanto pare…” rispose il biondo.
Potter fu l’unico ad accorgersi che le punte delle orecchie di Neville erano avvampate improvvisamente e senza volerlo sorrise maligno.
Per evitare di arrossire del tutto, Longbottom afferrò timidamente un pacchetto di tutti i gusti + 1 e dopo aver optato per una di colore rosa, che gli ispirava più fiducia delle altre, se la infilò in bocca ancora felice per la scoperta. La sputò subito dopo, facendola volare dall’altra parte della stanza. “Che schifo!” esclamò passandosi le mani sulla lingua.
“A che gusto era?” chiese Harry ridendo.
“Piscio di topo! Perché sempre a me?”
Grazie alla perenne sfortuna di Neville la rivalità tra i componenti delle due Case sembrò sparire per dei momenti e trasformarsi in risate, a cui partecipò pure Malfoy, stavolta.
Longbottom aspettò che tutti si calmassero e che il dolore allo stomaco per il troppo ridere passasse almeno in parte per parlare “Harry, Ron… scusate ma è meglio che vada in Sala Comune a finire il tema di Difesa Contro Le Arti Oscure, 4 rotoli di pergamena sugli avvincini! Piton è pazzo, per fortuna gli avevamo già fatti al terzo anno e la maggior parte delle cose già le sappiamo! Lo so che è ancora mattina, ma domani fa presto ad arrivare e penso che sappiate già che quella materia non è il mio forte…” si alzò dal letto, poi rivolse lo sguardo verso il Serpeverde, facendo un piccolo sorrisino “Malf… Draco, è stato un piacere!”
Il biondo sollevò a mala pena un angolo della bocca. Ma era pur sempre un passo avanti rispetto a prima.
“Va bene Neville, non importa. Ma fammi un favore. Prima di andare non è che potresti prenderti qualcosa da mangiare? C’è troppa roba altrimenti!” gli disse il moro.
Il ragazzo accettò volentieri e dopo aver afferrato un pacchettino con una torta alla frutta, un paio di ciambelle e la scatola già aperta di tutti i gusti + 1, salutò tutti un ultima volta e si avviò verso la Sala Comune.
Prima che si richiudesse la porta alle spalle Harry però lo fermò di nuovo, ricordandosi improvvisamente di un particolare. “Neville, senti… appena entrato non avevi accennato al fatto di volermi parlare di qualcosa?”
Il ragazzo si fermò un attimo, sorridendo timidamente “Magari un'altra volta eh? Quando hai più tempo…” rispose, poi gli voltò le spalle e se ne andò.
 
 
Gli occhi di Ron e Harry si puntarono contemporaneamente su Draco, appena la porta si chiuse, che nel frattempo aveva finalmente finito la sua merendina.
Il biondo interpretò lo sguardo di Potter come un invito a dire qualcosa mentre quello di Weasley come un invito a imitare Neville e levare le tende. Scelse la seconda opzione, non poteva sopportare un minuto di più in quella stanza assieme al rosso.
“Ok, ho capito. Ora me ne vado” disse mentre, piuttosto svogliatamente, si alzava in piedi e si spolverava l’intera divisa come se ci fossero stati granelli di povere da scacciare via, era perfetta come sempre, e si passava la mano tra i capelli per farli appiattire nuovamente all’indietro, dopo che Harry glieli aveva arruffati come piaceva a lui mentre lo baciava.
“Oh ehm… va bene. Grazie di essere venuto” biascicò Harry, sorridendogli timidamente.
L’altro ricambiò il sorriso.
Ron, intanto, aveva assunto una faccia del tipo: finalmente-si-leva-dai-coglioni, e se sorrideva anche lui era per altri ovvi motivi. Per sbaglio, o forse volontariamente, disse ad alta voce ciò che stava pensando in quel momento “Mi chiedo come facciate ad essere amici, voi due… E’ una cosa completamente assurda!”
“Si, l’ho pensato anche io molte volte” commentò Draco, guadagnandosi un pizzico di simpatia da parte del rosso. Per una volta erano d’accordo su qualcosa.
Harry annuì per confermare che anche lui la pensava ugualmente.
“Beh, dimostratemi che lo siete veramente…” riprese a parlare Ron.
Il moro si mosse di scatto. “Che siamo cosa…?!” chiese arrossendo lievemente.
“… amici” concluse il rosso.
Si alzò dal letto, allontanandosi di un paio di passi da esso. “Ah ok…” mormorò “Scusami ma, come dovremmo fare di preci…?”
Non fece in tempo a finire la frase perché la stoffa di un maglione di Serpeverde soffocò le sua parole e lui si ritrovò la faccia immersa nella spalla di Draco e il corpo circondato dalle sua braccia.
Questo comportamento lo stupì non poco, di solito era lui quello che faceva il primo passo, quello che lo teneva tra le braccia, quello che gli lasciava poggiare la testa sulla sua spalla e piangere, ora invece era l’esatto contrario.
Ed era anche molto strano.
In quel momento si sentiva, per la prima volta, “piccolo” e in qualche modo “protetto”, e doveva ammettere che adorava quella sensazione.
Ripensandoci bene, forse gli era già capitato…
 
***(FLASHBACK)***
Era nella Stanza Della Necessità, di fianco un armadio svanitore e tutt’intorno mucchi di strani oggetti accatastati tra loro. Davanti a lui solo il ragazzo biondo che tanto adorava.
Draco, continuando a sostenerlo lo staccò dal muro e lo poggiò delicatamente a terra, ora era lui a essere più alto del moro.
Si separarono un attimo, giusto il tempo per riprendere fiato.
Poi Harry lo abbracciò sul collo tirandolo in basso, verso di se, e continuando a baciarlo. Gli piaceva la sensazione delle labbra fredde del biondo sulle sue e gli piaceva sentirsi più piccolo di lui. Vederlo lì, in tutta la sua altezza, e stargli affianco, gli dava un senso di sicurezza totale.
***(FINE FLASHBACK)***
 
Harry ricambio l’abbraccio, raggomitolandosi sul suo petto e stringendo lievemente la stoffa del maglione con le dita.
Draco gli accarezzò lentamente la testa, con una mano, e il moro chiuse gli occhi.
Sarebbe rimasto in quella posizione a vita se la voce dello stesso Serpeverde non l’avesse riportato con i piedi a terra. Si staccò dal biondo di malavoglia.
“Ti basta come dimostrazione Weasley?!” gli ringhiò contro Malfoy rimanendo ad ammirare la faccia leggermente sconvolta di Ron mentre, come un disco incantato, annuiva ininterrottamente a bocca spalancata.
“Molto bene” ghignò Draco. “Ora devo andare ma, Harry… se non ti dispiace mi tengo questa” Afferrò il barattolo di nutella già finito per metà, dal moro, poco prima, e svitò il coperchio.
“Da quando ti piace così tanto la cioccolata?”
“Da oggi” rispose l’altro con una maliziosa alzata di sopracciglia mentre estraeva un dito coperto di nutella e se lo portava alla bocca facendogli l’occhiolino.
“Vedo che hai imparato in fretta e bene” disse Harry ridacchiando.
Nessuno sembrava accorgersi della presenza di Ron che, intanto, spostava lo sguardo da uno all’altro, più che sorpreso da quello scambio di battute amichevoli tra i due. Però doveva ammettere che gli dava fastidio non sapere di preciso cosa ci fosse sotto a quei dialoghi.
“Si, stando tra i maiali si finisce per prendere da essi determinati comportamenti e diventare tu stesso uno di loro. Vuoi forse dirmi che non è vero?”
Non sapendo come ribattere, Harry, rivolto di schiena verso il letto, allungò una mano all’indietro afferrando la prima cosa che gli capitò tra le mani, che si rivelò essere un pacchetto di biscotti al cacao, e glielo lanciò contro. “Fanculo!” esclamò fingendo un tono gentile.
Draco lo afferrò prontamente con la mano libera facendolo roteare per dei momenti tra le dita “Lo prendo come un segno d’assenso” disse avvicinandosi alla porta e aprendola “A proposito, ho smesso di giocare a Quidditch da mezzo annetto ormai ma questo non vuol dire che non mi ricordi più come si fa a catturare un boccino, anzi, potrei insegnarti alcuni trucchetti del mestiere. Facci un pensierino Potter. Ci vediamo in giro!”
“Ci vediamo!” ripeté Harry scuotendo la testa per l’infinità cavolate che aveva appena detto l’altro ragazzo.
Con un ultimo sorrisetto maligno, Draco si chiuse la porta alle spalle.
 
 
Potter si girò di nuovo verso il suo letto e si accorse solo in quel momento che Ron aveva una faccia confusa e lo guardava storto, esigendo di avere una risposta, come chiunque si sarebbe aspettato dopo tutto quel tempo che Harry gli nascondeva parecchie cose. Era ovvio che prima o poi avrebbe cominciato a notare qualche strano particolare tra i comportamenti abituali del suo migliore amico.
La voce di Hermione si insinuò nella mente del moro, ricordandogli ciò di cui avrebbe voluto non occuparsi mai: “Dovresti raccontare a Ron questa storia. Lo so che sembra stupido ma non lo è, ha già cominciato a sospettare che tu gli stia nascondendo qualcosa di importante e in questi ultimi periodi ne sta solamente avendo le conferme”
E quello era il momento perfetto per dirgli la verità. Soli, in dormitorio, senza orecchie indiscrete che potevano ascoltare i discorsi personali che Harry doveva intraprendere.
Sospirò, massaggiandosi per dei momenti la radice del naso e pensando a come iniziare il tutto.
“Senti Ron…” mormorò, sedendosi il più comodo possibile sul letto e prendendo un paio di respiri profondi prima di puntare gli occhi dritti in quelli azzurro chiaro di Ron, che ricambiò lo sguardo, aprendo bene le orecchie, pronto ad ascoltare quello che aveva da dire.
“Sono sicuro che tu abbia già cominciato a sospettare che io, e forse anche Hermione, ti stiamo nascondendo qualcosa. Ed è vero, lei sa già tutto, ma le ho chiesto di non dirti niente perché non avevo il coraggio di affrontare la realtà che anche tu conoscessi la verità su di me... Ma sei il mio migliore amico, e penso che per te sia davvero arrivata l’ora di sapere… anche se potresti non prenderla bene…”
 
 






 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Capitolo 22 - verità ***


Note dell’autrice: Finalmente sono tornata!
Ovviamente mi scuso se ci ho messo così tanto, ma temo proprio che più velocemente di così non riuscirò a postare d’ora in poi. Spero che ciò non sia un grosso problema, quasi sicuramente ognuno di voi saprà già quanto la scuola porti via tempo e riuscirà a capirmi.
 
Non posso far altro che lasciarvi al capitolo e sperare che vi piaccia.
Vi consiglio di rileggervi quelli precedenti se non avete bene in mente l’intera storia perché si riprenderanno parti passate.
Ultima cosa: Fatemi sapere se sono riuscita a smettere di farvi odiare un personaggio che prima consideravate molto probabilmente fastidioso.
 
Buona lettura!
 
P.S.  Alla storia manca ancora tantino perché finisca. Sorry se vi dà fastidio che sia così lunga e vada avanti così lentamente.

 










Capitolo 22

Verità

 

Blaise Zabini.
Carnagione scura. Capelli altrettanto, tirati indietro, verso la nuca. Occhi di un blu talmente scuro da sembrare nero, sempre freddi, che non lasciano trapassare alcuna emozione eccetto quando c’è bisogno di sedurre qualcuno.
Spalle larghe, piuttosto alto, fisico asciutto ma non troppo, portamento impeccabile da perfetto Purosangue.
Vestiti costosi, indossati perfettamente, da cui non si riesce a scorgere una piega nemmeno con la lente di ingrandimento.
 
Conosciuto come l’ex migliore amico del re delle serpi.
Colui a cui miliardi di ragazze cercavano di rifilare un filtro d’amore e piangevano quando fallivano miseramente, ma a cui nessuna era mai stata capace di parlare faccia a faccia a causa della sua estrema freddezza.
Comunque fosse Blaise non le considerava nemmeno, tanto sapeva che prima o poi si sarebbero stancate e l’avrebbero lasciato in pace a cercare il compagno che desiderava. Del suo stesso sesso. Punto.
 
Come aveva scoperto di essere omosessuale?
Non gli era ancora molto chiaro ma… così si nasce, no? Almeno, lui la pensava così.
L’unica cosa di cui era davvero certo era che quella sua preferenza non aveva avuto modo di svilupparsi prima che partisse per Hogwarts. O forse era già presente in una qualche minuscola forma ma la paura che i mille discorsi di suo padre sul fatto che, se avesse scoperto che gli piacevano gli uomini, gli avrebbe seriamente amputato le gambe, avevano tenuto notevolmente a bada i suoi sentimenti. E dato che era certo che sarebbe stato capace di farlo – e una magia può darti degli arti finti, magari, ma non potrà mai sostituire perfettamente un paio di veri – aveva preferito non provare nemmeno a considerare l’opzione di avere preferenze diverse dalla gente normale.
E poi dai… ammettiamo anche che lo attirassero di più le donne, come Salazar si fa a restare eteri con un biondo supersexy come migliore amico? E inoltre mezzo gay pure lui?
Si perché… insomma: conosceva Draco da 6 anni ormai – senza considerare quelli in cui da piccoli giocavano insieme ogni qualvolta i reciproci genitori si trovavano per scambiare due pettegolezzi sulle ultime babbanate fastidiose – e anche se quello negava l’evidenza ogni santissima volta l’aveva capito da tempo che completamente etero non lo era. Fino a pochi mesi prima era stato il suo migliore amico, l’unico a cui Malfoy lasciasse vedere il vero se stesso, togliendosi la spessa maschera che altrimenti portava sempre, in modo da proteggersi e mostrarsi superiore, più forte. Poteva sicuramente dire di conoscerlo come il palmo della mano.
Tornando alla domanda precedente… c’è una sola risposta: Se in te c’è quella minima forma di attrazione verso gli uomini, di cui si parlava prima, è semplicemente impossibile.
 
Cambiando discorso, sapeva anche molte altre cose su Draco:
-Tanto per cominciare il biondo aveva sempre eccelso in Pozioni, ma non era mai stato tanto bravo con gli incantesimi. Se la cavava, certo, ma spesso capitava che gli venissero con qualche imperfezione.
E chissà perché Zabini aveva delle strane immagini sfocate, come ricordi che erano stati cancellati ma che premevano per tornare in superficie, di lui e Malfoy che si baciavano, all’interno di un locale dalle pareti in legno. E poi c’era una frase sussurrata: “Ti amo Draco” che aveva il bruttissimo presentimento provenisse da lui.
Blaise era intelligente, sapeva riconoscere gli effetti di un Oblivion riuscito male quando li vedeva o li percepiva. Possibile che Draco non gli avesse detto nulla di ciò che era successo? Possibile che si fosse limitato a smettere di parlargli e stragli affianco per evitare che riaccadesse?
Se l’avesse saputo prima Zabini avrebbe smesso di stargli appiccicato. Che sia chiaro, non aveva neanche mai pensato di provarci con lui… ok forse sì… Comunque, ciò che faceva lo faceva solo ed esclusivamente per aiutare il suo migliore amico ad ammettere a se stesso com’era realmente, e che non c’era nulla di male, perché certamente non era l’unico.
Restava comunque il fatto che aveva detto di amarlo, ma quello era più che giustificabile. Si fanno cose stupide e insensate dopo aver bevuto la terza o quarta Burrobirra di fila.
-Sapeva anche un’altra cosa su di lui.
E cioè che si faceva sempre trovare sul suo letto la sera. A meno che non stesse duellando con qualche Grifondoro deficiente (ma in questi casi Blaise era sempre presente per fargli da spalla), combinando qualcosa di losco, oppure, meno probabile ma comunque possibile, facendo “cose” con qualche ragazza o, decisamente più paragonabile alla realtà, ragazzo. E se l’affermazione vera era l’ultima di quelle elencate, aveva pure il presentimento di sapere l’identità di quello specifico ragazzo.
Figuriamoci se, quella volta che Draco aveva presentato Potter ai suoi amici, non si era accorto di quanto quest’ultimo fosse geloso mentre lui fingeva di provarci con il biondo.
Esatto, avete sentito bene: FINGEVA.
Apposta perché al suo migliore amico ci teneva più di ogni altra persona al mondo, e voleva che fosse felice per una volta. Voleva dare la spinta perché Draco ammettesse i propri sentimenti, anche se si trattava di farlo davanti a Potter. L’avrebbe accettato comunque, perché se vuoi davvero bene a qualcuno allora puoi cercare di capirlo e chiudere un occhio, forse anche due.  
E sapeva di esserci riuscito eccome ad avvicinarli, anche se il biondo ancora non l’aveva rivelato a nessuno.
Il problema era che non aveva avuto modo di spiegare a Draco che l’aveva fatto intenzionalmente e, di conseguenza, quello si era messo in testa di piacere davvero a Zabini e il pensiero lo tormentava, per questo cercava di mantenere la maggior distanza possibile tra di loro. Che poi non aveva tutti i torti ma, come aveva già detto Blaise, non era quel tipo di sentimento che provava verso il biondo ma più che altro semplice attrazione.
 
Decisamente doveva chiarire le cose.
Ma come fare se, primo: da quasi un mese Draco sembrava una grande bambola di pezza senza vita e non reagiva nemmeno se gli andavi vicino, forbice alla mano, con l’intenzione di tagliare a zero i suoi perfetti capelli biondo platino. Se fosse stato cosciente di ciò che gli accedeva intorno Blaise poteva assicurare che qualunque fosse stato lo stupido che avesse anche solo tentato di sfiorargli i capelli si sarebbe trovato con l’intero braccio amputato prima che potesse imprecare in una qualsiasi maniera.
Zabini aveva pure tentato con il metodo: “provaci-a-più-non-posso” per ottenere una qualche minima reazione, dato che sapeva eccome che Draco aveva paura quando si comportava in quel modo. Ma non aveva ottenuto mai nulla. Per questo alla fine se ne andava sempre dopo un paio di minuti, sbattendo la porta sconsolato.
Secondo: come gli aveva riferito Pansy la sera precedente, Draco si era improvvisamente rianimato ed era fuggito, scomparendo dalla vista dei suo amici da quasi mezza giornata, ormai, e rimanendo a dormire chissà dove. E Blaise sapeva perfettamente che se il biondo non voleva farsi trovare allora non lo trovavi neanche mettendo insieme tutta la tua intelligenza e le tue capacità.
E terzo, ma non meno importante: Anche se Draco fosse tornato quello di prima farsi rivolgere la parola era comunque un’impresa praticamente impossibile.
Da poco Blaise era arrivato a capire il perché Malfoy non lo considerasse più come il suo migliore amico e ora aveva intenzione di chiarire la questione appena ce ne fosse stata la possibilità. Non poteva sopportare di fare, in un certo senso, “paura” a Draco.
 
 
Zabini varcò la soglia della porta che conduceva al proprio dormitorio con il solito passo elegante, reggendo un paio di muffin avvolti da un tovagliolo verde scuro in una mano.
Theodore Nott era spaparanzato sul suo letto mentre si girava i pollici, fissando pensieroso il soffitto.
Pansy invece era raggomitolata su quello di Draco e teneva le ginocchia strette al petto mentre si tamponava il viso con un fazzoletto umido.
Si diresse verso la ragazza, porgendogli il piccolo involucro. “Tieni Pan, ho tenuto da parte un paio di muffin dalla colazione. E vedi di mangiare, è da ieri sera che piangi e non tocchi cibo, e io non ho intenzione di badare a due zombie viventi, uno basta e avanza.” disse con tono freddo, inespressivo.
Pansy accettò i muffin “Grazie Blay” sospirò con aria triste “Sono davvero preoccupata, non capisco cosa sia preso a Draco ieri sera. Guardava il vuoto, come sempre, e io ero arrivata in dormitorio a dargli la pozione nutriente su ordine di Madama Chips. Mi aspettavo di non ottenere alcuna reazione da lui ma quando gli ho appoggiato la mano sulla spalla lui si è improvvisamente animato ed è corso via. Ho provato a seguirlo ma… – la voce le si strozzò in gola per un momento e fece un paio di respiri profondi per calmarsi – …ma appena ha svoltato il primo angolo l’ho perso di vista… Io-io davvero non so cosa fare…”
“Innanzitutto potresti smetterla di ripetere per la millesima volta cosa è successo ieri e poi potresti cominciare a pensare a dove potrebbe essere andato invece di frignare peggio di una Sanguemarcio” la interruppe Theodore leggermente scocciato.
Pansy, piuttosto incazzata, prese il primo cuscino che gli capitò tra le mani e con un lancio perfetto colpì Nott dritto in faccia “Scusami tanto se Draco è mio amico e, a differenza tua, mi sto preoccupando per lui! Invece di stare lì a girarti i pollici provaci tu a pensare a dove può essere andato, dato che pensi sia così semplice!”
Zabini non fece nulla per difendere né l’uno né l’altro, perché entrambi avevano ragione. Si limitò a spostare lo sguardo su Nott che sembrò rabbrividire per la sua freddezza e tornò a fissare il soffitto senza reagire alle parole della ragazza.
“Stavo dicendo… – Pansy lanciò un’occhiataccia verso Theo – che comincio seriamente a pensare che potrebbe essergli accaduto qualcosa di male”
“Oh sì certo! Ormai le hai sparate tutte le opzioni su cosa potrebbe essergli successo. Blaise, perché la prossima volta non ci stai tu in camera con questa qua che non vuole sapere di andarsene? E poi… io non ho ancora capito perché le femmine possono entrare nel dormitorio dei maschi e non viceversa…” si intromise nuovamente Nott.
Zabini poggiò la schiena al muro e incrociò svogliatamente le braccia al petto. “Forse perché al mondo esiste certa gente come te che se le farebbe tutte su un colpo. Comunque, se la prossima volta preferisci andare a parlare con i Tassorosso per chiedergli se hanno visto Draco da qualche parte invece di rimanere a cazzeggiare sul letto, allora dimmelo pure. Faccio cambio volentieri. Dovresti provarci tu a domandare un favore a quei ragazzini più ignoranti di Tiger e Goyle, davvero, non capiscono un accidenti. Manco parlassi il serpentese…”
Pansy ghignò, alzando un sopracciglio compiaciuta. Guardò Blaise ringraziandolo con un cenno e poi puntò il proprio sguardo su Theodore, che si stava trattenendo fortemente dall’imprecare contro entrambi.
Nott cercò di parlare con un tono più calmo possibile, cercando di imitare l’autocontrollo di Zabini che poteva solo sognare di avere. “Pff… almeno tu non devi subirti una lamentela continua. E solo perché non sono una checca come te – era da un po’ che Zabini l’aveva rivelato ai suoi migliori amici – non vuol dire che approfitterei del fatto di poter entrare nel dormitorio femminile”
Sia la ragazza che il ragazzo di colore alzarono gli occhi al cielo in contemporanea.
Nott socchiuse le palpebre freddamente, in direzione della prima. “Vedi di non fare quella faccia Pansy, sai benissimo che non è vero…” sibilò indignato. Poi però si aprì in un misterioso sorrisetto maligno, probabilmente gliene era venuta in mente una delle sue. “A proposito, tra tutte le possibili e impossibili teorie che hai elaborato hai mai pensato che Draco potrebbe essersi suicidato?”
La corvina ammutolì, non potendo fare a meno di valutare l’opzione che Draco potesse averlo fatto veramente. Guardò verso Blaise per ottenere una qualche risposta rassicurante ma quello non parlò.
Invece deglutì impercettibilmente. Sapeva che Draco sarebbe stato davvero capace di togliersi la vita se era in un grado di disperazione tale da ritenerlo necessario. E, visto lo stato in cui versava in quei tempi, sembrava avesse un motivo abbastanza valido per farlo. Anche se il Serpeverde non era sicuro di cosa si nascondesse veramente sotto a quel comportamento.
“Ok, mi dispiace… non… non volevo farvi preoccupare più del dovuto…” tentò di scusarsi Nott. L’aveva davvero sparata grossa se perfino Zabini, che solitamente non lasciava trasparire alcuna emozione, aveva assunto un’espressione preoccupata decisamente non da lui.
Pansy spostò lo sguardo da uno all’altro. “Blay, secondo te potrebbe…?” le parole le si bloccarono in gola per la seconda volta.
Zabini socchiuse le labbra, probabilmente per dire qualcosa, ma le sue parole vennero coperte dall’urletto stupito di Theodore.
“Pansy! Quei vestiti! Sotto al letto, vicino al baule di Draco! Non c’erano stamattina presto, quando ci siamo svegliati, giusto?!”
La corvina scese dal materasso, la fronte corrugata in un’espressione confusa, e si accucciò per terra accanto al baule che il biondo utilizzava solitamente per riporre gli indumenti sporchi all’interno, quando non aveva il tempo di mettersi a lavarli subito. Accanto ad esso erano ripiegati accuratamente una camicia bianca e una delle sue solite paia di pantaloni neri. “Come Salazar abbiamo fatto a non accorgercene?! Questo vuol dire che deve essere per forza tornato qui prima di noi! E’ vivo!” esclamò sollevata, poi saltò in piedi e corse ad abbracciare il ragazzo per la felicità. “Mioddio Theo, sei un genio! Ti adoro!”
Il ragazzo avvampò, imbarazzato per quello strano gesto da parte della ragazza. Era abituato a litigarci 24 ore su 24 e di certo non se l’aspettava.
Zabini sollevò un angolo della bocca in un ghignetto malefico, osservando il viso bordeaux di Nott mentre Pansy era girata di spalle. Indico la ragazza, poi lui, e infine fece passare un paio di volte il dito della mano destra all’interno di un cerchio formato dalla congiunzione di pollice e indice con la mano sinistra, per indicare “quella cosa”.
Theodore arrossì ancor di più e lo mandò a fanculo gestualmente, mentre la ragazza era occupata a tornarsene seduta sul letto di Draco.
Calò improvvisamente un silenzio interrotto solamente dai respiri stranamente pesanti di Nott, che si agitava sempre di più a causa delle occhiate maliziose che Blaise continuava a lanciarli. La corvina invece aveva la fronte corrugata in un’espressione pensierosa mentre provava a pensare a dove avrebbe potuto trovare Draco.
“Io… io vado a farmi un giro ragazzi” mormorò ad un certo punto Theo, non potendone più di stare immobile a fare nulla e dei pensieri su lui e la ragazza che gli sguardi di Blaise gli istigavano nella mente. “Stai tu con Pansy, ok?” chiese alzandosi dal letto, o più che altro ordinò.
“Oh sì…” sibilò Zabini con una voce talmente sensuale da far rabbrividire Theo di una qualche strana forma di gelosia, anche se sapeva che il suo amico era unicamente omosessuale.
Prese un paio di respiri profondi. “Molto bene…” disse poi a voce bassa, per non far sentire il tono tremante e agitato.
Blaise rise tra sé e sé, continuando pur sempre a mantenere il solito viso inespressivo. L’unica cosa diversa in lui erano gli occhi blu scuro, che sembravano essersi schiariti quel poco da luccicare in maniera maliziosa. Aveva sempre immaginato che i bisticci tra Theodore e Pansy non erano dovuti a semplice antipatia ma ad una qualche forma di attrazione, e ora ne aveva avuto delle piccole conferme.
 
Lanciandogli un’ultima occhiataccia Nott fece per uscire dal dormitorio quando la maniglia si abbassò apparentemente da sola, mossa da qualcuno che si trovava dall’altra parte. La porta in legno scuro si aprì cigolando leggermente e una figura alta ed eccessivamente magra fece capolino da dietro.
Davvero, chiunque Theo si sarebbe aspettato di vedere: Astoria, Tyger, Goyle, Daphne Grengrass…
Sarebbe stato meno sorpreso se si fosse ritrovato davanti un Grifondoro.
Ma no… non Draco Malfoy in persona.
E tra l’altro con i capelli spettinati, l’espressione spensierata, quasi felice, e un grosso barattolo di nutella stretto in mano.
Gli sguardi di tutti si puntarono su di lui, bocca spalancata, occhi sgranati. Perfino quelli di Zabini, che solitamente non muoveva un minimo muscolo della faccia.
“Hey… ehm… ragazzi, beh… ciao!” biascicò il biondo imbarazzato, portando indietro una ciocca di capelli che gli era caduta sul viso e gli solleticava fastidiosamente il naso.
A insaputa di tutti Pansy saltò in piedi, con una faccia estremamente incazzata. Spinse da un lato Theodore e in un paio di passi fu di fronte al ragazzo biondo. Ebbe addirittura la pazienza di strappargli il barattolo di nutella dalle mani e appoggiarlo sul comodino, in modo da evitare che si frantumasse sul pavimento, prima di fare ciò che aveva da fare.
Draco si aspettava che l’avrebbe accolto, detto qualcosa di gentile, magari abbracciato, e invece si ritrovò il naso schiacciato da un pugno degno di quello della Granger al terzo anno.
“QUESTO E’ PERCHE’ MI HAI FATTO PREOCCUPARE TANTISSIMO PER UN INTERO MESE!” urlò la ragazza con la voce isterica, talmente tanto da sembrare indemoniata.
Il dolore non fece a tempo a diminuire quel poco che bastava per far smettere a Malfoy di tenersi il naso con entrambe le mani, per l’impatto improvviso, che Pansy gli sferrò un secondo pugno, sta volta in pancia, ammaccandogli una costola e facendolo letteralmente piegare a metà dal male.
Boccheggiò un paio di volte, gemendo contrariato. 
“E QUESTO E’ PERCHE’ IERI SERA MI HAI RESPINTO E TE NE SEI ANDATO CHISSA’ DOVE METTENDO TUTTI NEL PANICO!” strillò nuovamente Pansy.
Il biondo serrò forte gli occhi, preparandosi a riceverne altre, ma fortunatamente non arrivarono mai perché la ragazza lo abbracciò, iniziando a piangere dalla felicità. “E questo è perché non sai quando sia felice che tu stia bene, cominciavamo davvero a pensare che ti fosse successo qualcosa di male” sussurrò con voce gentile, senza più urlare.
Anche se la cosa gli fece venire i brividi dallo schifo, Draco ricambiò l’abbraccio. Perché dai, se lo meritava.
Dai pochi ricordi di Pansy che aveva di quel mese lei era stata quella che si era occupata di più di lui, riuscendo, malgrado tutto, a tenerlo in vita in maniera quasi decente. Aveva dimostrato di essere una vera amica, nel momento in cui il biondo aveva più bisogno. Anche se, conciato com’era, Draco non aveva potuto rendersene conto fino a quel momento.
Forse doveva ripensarci, forse doveva smetterla di ritenerla antipatica solamente perché aveva una cottarella per lui. Dopotutto chi non ce l’aveva? Lui era un fico assoluto!
Rise tra sé e sé rendendosi conto di quanto fosse elevata la sua superbia, come gli aveva fatto notare Potter diverse volte.
Forse bastava solo che chiarisse le cose con lei. Però pian piano. Aveva fin troppi casini, cose da spiegare e altre su cui inventare scuse credibili in modo che i suoi amici gli credessero.
“Comunque sei un coglione…” mormorò la ragazza interrompendo il flusso dei suoi pensieri e staccandosi da lui mentre sorrideva commossa, con gli occhi lucidi.
“Si, anche io ti voglio bene Pan” disse il biondo in tono lievemente sarcastico “Un po’ meno perché mi hai fatto davvero male…” Si massaggiò il naso ancora dolorante.
“Scusami, ma te lo meritavi” ridacchiò la ragazza alzando le spalle e andando a distendersi nuovamente sul letto.
Fu il torno di Nott di avvicinarsi a lui.
Draco si tirò indietro d’istinto, terrorizzato dall’idea di ricevere un altro pugno ma il suo amico non fece altro che sorridergli e avvolgerlo in un caldo abbraccio di bentornato.
“Ammetto che mi sei mancato Dray, immobile com’eri sembrava che nemmeno ci fossi e non sai quanto è stato noioso senza di te... comunque concordo con Pansy, sei un gran coglione” disse scherzosamente.
Il biondo ricambiò tirandogli un paio di pacche sulle spalle e ridacchiando. Poi Theodore si staccò da Malfoy per porgere il posto a Blaise, che attendeva dietro di lui.
Zabini fece un passo in avanti, le braccia aperte per circondare il corpo del ragazzo che nonostante tutto considerava ancora migliore amico. Ma si bloccò a mezzaria non appena vide che l’altro si era immobilizzato e aveva cominciato a fissarsi le scarpe profondamente a disagio. Capì subito il perché di quel comportamento e indietreggio appena porgendo soltanto la mano.
Draco deglutì e si decise a stringerla e a guardarlo in viso dopo quasi un mese che non lo faceva. Probabilmente quella era la prima volta che su di esso si poteva scorgere una chiara forma di tristezza e scoraggiamento, soprattutto attraverso i suoi occhi, che non erano più gli stessi due pozzi blu notte ma si erano schiariti quel poco che bastava per non comunicare esternamente la solita espressione dura e razionale.
“B-beh… ciao…” biascicò il biondo stranamente dispiaciuto nel vedere il suo ex-migliore amico in quelle condizioni. Aveva la netta impressione di centrare molto nel motivo di quel suo stato d’animo, anche se quello che aveva fatto cose “sbagliate” era stato l’altro. O almeno così appariva la questione dal suo punto di vista…
“Dobbiamo parlare… in fretta… e non provare a scappare. Credo che ci siano parecchie cose che tu mi debba confessare… e per me vale altrettanto” disse invece Blaise, per poi sciogliere la stretta e tornarsene a braccia incrociate a ridosso della parete.
“Credo che prima di lasciarvi soli a chiarire le vostre cose è meglio se dai delle spiegazione anche a me e a Nott eh?” sbottò Pansy dal letto di Draco.
“S-si… avete ragione” mormorò il biondo passandosi una mano sui capelli.
Aveva mentito tantissime volte in vita sua e sinceramente si era stufato… ma di certo non poteva raccontare a tutti di essere un mangiamorte e di avere una pericolosa missione affidatagli dal Signore Oscuro da portare a termine. Così scelse di rifugiarsi in una mezza verità.
Anche se la vergogna per quello che stava per dire cominciava a logorarlo ancor prima che iniziasse a parlare sapeva che i suoi amici non l’avrebbero mai preso in giro ne spifferato a nessuno. E anche se era fin troppo imbarazzante era meglio di finire dritti ad Azkaban o altro.
E poi, dai… era il momento di ammetterlo pure a se stesso…
 

*****
 

La voce di Hermione si insinuò nella mente di Harry, ricordandogli ciò di cui avrebbe voluto non occuparsi mai: “Dovresti raccontare a Ron questa storia. Lo so che sembra stupido ma non lo è, ha già cominciato a sospettare che tu gli stia nascondendo qualcosa di importante e in questi ultimi periodi ne sta solamente avendo le conferme”
E quello era il momento perfetto per dirgli la verità. Soli, in dormitorio, senza orecchie indiscrete che potevano ascoltare i discorsi personali che Harry doveva intraprendere.
Sospirò, massaggiandosi per dei momenti la radice del naso e pensando a come iniziare il tutto.
“Senti Ron…” mormorò, sedendosi il più comodo possibile sul letto e prendendo un paio di respiri profondi prima di puntare gli occhi dritti in quelli azzurro chiaro del ragazzo, che ricambiò lo sguardo, aprendo bene le orecchie, pronto ad ascoltare quello che aveva da dire.
“Sono sicuro che tu abbia già cominciato a sospettare che io, e forse anche Hermione, ti stiamo nascondendo qualcosa. Ed è vero, lei sa già tutto, ma le ho chiesto di non dirti niente perché non avevo il coraggio di affrontare la realtà che anche tu conoscessi la verità su di me... Ma sei il mio migliore amico, e penso che per te sia davvero arrivata l’ora di sapere… anche se potresti non prenderla bene…”
Il rosso aggrottò la fronte e fece un cenno per invitarlo a continuare. Anche se non era particolarmente felice di venire a sapere che i suoi due migliori amici gli avevano nascosto qualcosa, inutile o importante che fosse, la curiosità di sapere i motivi per cui i comportamenti del suo migliore amico erano cambiati in pochi mesi superava di gran lunga l’indignazione.
Harry cominciò già da subito a torturarsi le mani, in maniera talmente nervosa da rischiare di slogarsi le dita per gli assurdi intrecci che stava tentando tra di esse, mentre cercava di far passare il tempo. Desiderava in quel momento più che mai di trovarsi da un’altra parte, avrebbe giurato che anche l’ufficio della Umbridge l’avrebbe fatto sentire più a suo agio di quel posto. Non aveva idea di come dirgli anche solo una parola di tutto quello che era giusto che sapesse, ma di una cosa era certo: doveva andarci piano, avanzare passo per passo. Il suo amico era uno che si sconvolgeva fin troppo facilmente…
Non sapendo da dove iniziare sparò la prima cosa che gli passò per la testa. E sta volta la “sfacciata-fortuna-Potter” non lo salvò. Anzi, non poteva iniziare da argomento peggiore, sarebbe stato costretto a rivelare proprio tutto tutto.
“Devi sapere che… c’è una persona che mi piace…”
Come sempre il rosso non riuscì a tenere a freno la lingua e già da subito espresse la sua opinione. “Beh… che c’è di così brutto? E’ una cosa piuttosto normale sai… E poi sono felice che tu abbia trovato qualcun’altro dopo il casino che è successo con mia sorella…”
“Ron… per favore” lo interruppe Harry “Credi che sia solo questo il motivo per cui ti ho tenuto nascosto l’argomento per così tanto tempo?”
“Oh… scusami, io… tu, insomma… ecco hai ragione, sì” biascicò il rosso rendendosi conto di non aver pensato minimamente prima di intervenire con la sua. “Io intendevo solo dire: c’è qualcosa di male in questa persona?”
Harry sospirò. “Per me? Assolutamente no… Per te e per molti altri? Beh sì. Anche più di qualcosa”
“Davvero? Posso almeno chiederti di che Casata è questa ragazza?”
“E’ questo il punto…”
“Quale?” Ron gli rivolse uno sguardo interrogativo.
“Non lo è…”
“Non lo è che cosa?! Una strega?”
“… Una ragazza”
“E cosa vuoi che sia allora? Un ippogrifo? Una persona tipo Hermione che non può essere considerata umana ma una specie di ‘essere sovrannaturale’ a causa della sua eccessiva intelligenza? Capisco che sia strana… e in gamba, e semplicemente perfetta, e… Beh, insomma: è pur sempre una ragazza!” Ron iniziava a perdere la pazienza. Non era mai stato uno molto delicato e in quel momento si sentiva quasi preso in giro da Harry, dato che non si decideva a dire ciò che aveva da dire. Insomma ci voleva così tanto? Era davvero così sconvolgente come cosa?
Il moro abbassò gli occhi sulle coperte del letto. Sapeva che una volta pronunciato le prossime tre parole non sarebbe più riuscito a sostenere lo sguardo del suo migliore amico. Fu felice della ciocca di capelli neri che gli cadde davanti al volto, oscurandogli la visuale: almeno non avrebbe per forza dovuto vedere l’espressione dell’altro ragazzo che sapeva già essere non piacevole da sentirsi rivolgere.
“E’ un… un…” le parole gli si strozzarono in gola e non riuscì a finire la frase. Ma purtroppo, o forse per fortuna – dato che in questo modo Harry non sarebbe stato costretto a dirglielo esplicitamente – Ron capì già tutto con l’articolo.
Il rosso sussurrò soltanto “Oh… Quindi tu-tu sei…? Quindi ti piacciono anche i…?”
“Sì” disse il moro interrompendolo, in tono stranamente autoritario. Ma ricacciò subito dopo lo sguardo sulla coperta scarlatta del suo letto, in preda alla vergogna più totale.
Ron rimase per numerosi e insopportabili secondi in silenzio, a fissare il nulla con sguardo svanito, mentre la sua mente connetteva quella nuova informazione. E, sinceramente, non ci credette fino in fondo.
“Ma… non… non capisco…” mormorò. “Sei stato assieme a Cho Chang all’inizio del quinto anno e poi anche con mia sorella il resto dell’anno scorso, come fai a dire di essere… sì insomma, in quel modo…?”
“Non è che non mi piacciano le ragazze ma… mi piacciono più i ragazzi, ecco. Con loro mi sento più, come dire… a mio agio, e non intendo come amici”. Harry raccolse entrambe le ginocchia a petto subito dopo, per l’imbarazzo di ciò che aveva ammesso.
Ron sgranò improvvisamente gli occhi e urlò con una vocetta sconvolta “Cosa?! Vuoi dirmi che mi consideri di più di un amico?!”
Il moro tirò su la testa di scatto, non facendosi male al collo solo per poco. “No! Ma cosa vai a pensare! Non potresti mai piacermi in ‘quel senso’, sei come un fratello per me… e ti voglio bene ma mica ti amo!”
Il rosso tirò un sospiro di sollievo e sembrò calmarsi immensamente. “Hai-hai ragione, scusami. E che io non avrei mai pensato che tu…”
“Si, capisco…”
Ron si morse un labbro, forse perfino più a disagio del suo migliore amico. “Mhh… e… come avresti fatto a capirlo di preciso?”
Harry tornò rifugiarsi tra i propri capelli, usandoli come se fossero una specie di tendina per non obbligarsi a sostenere ancora lo sguardo dell’altro. “Perché io ne ho… ne ho baciato uno… più volte”
“Più volte?” chiese il rosso con la voce stridula per lo stupore.
“Sì”
“Lo stesso… ragazzo?”
“Sì”
“E… com’è stato?”
Il moro si mosse a disagio sul letto ma non rispose, si limitò a stringere più forte le braccia attorno alle proprie ginocchia. Quelle domande lo imbarazzavano più di ogni altra cosa ma era ovvio che prima o poi Ron avrebbe dovuto rivolgergliele, era normale che fosse curioso di saperlo.
“Insomma, voglio dire… ti è piaciuto?” chiese provando a riformulare la frase.
Harry allora annuì impercettibilmente, abbastanza perché il rosso lo notasse.
Ci furono un paio di minuti di silenzio in cui il moro si crogiolava nella vergogna e il rosso elaborava le nuove informazioni riflettendo su chi potesse essere questo ragazzo, mentre giocherellava con un braccialetto rosso che gli aveva regalato Hermione un paio di mesi prima.
Poi scoppiò in una delle sue solite riflessioni ad alta voce che non riusciva a trattenere. “Beh! E ti pare il modo: dirmelo adesso? Dopo mesi che hai lasciato mia sorella? Dopo mesi che l’hai scoperto? E soprattutto dopo mesi che Hermione è già venuta a saperlo e io no? Pensavo che ti fidassi di me. Insomma, sono il tuo migliore amico! Non dovresti avere così tanta paura di dirmi certe cose”
“C’è di più di questo. C’è di peggio” disse Harry in un sussurro appena udibile.
“E cosa vuoi che ci sia di peggio di così? Sei gay, o per meglio dire bisessuale: ok, l’ho capito! Ti vergognavi a dirmelo forse perché a differenza tua a me piacciono solo le femmine: ho capito pure questo. E ammetto che sono abbastanza disgustato, ma che vuoi… prima o poi mi abituerò anche a questo, lo sai perfettamente. Però se c’è davvero qualcos’altro di importante non capisco perché tu non ti decida a dirmi tutto in una sola volta…”
“Almeno ci hai mi provato a parlare di qualcosa assurdamente imbarazzante e personale con qualcuno? Se credi sia così facile perché non ammetti ad Hermione tutto ciò che provi per lei e la facciamo finita? Ah?!” lo interruppe Harry seccato.
“COME.CAVOLO.FAI.A.SAPERE.CHE.MI.PIACE.HERMIONE?!” urlò il rosso, stupito.
“Forse perché ci stai sempre appiccicato, non vuoi mai andare da nessuna parte a meno che non ci sia anche lei, non fai altro che dire quanto sia intelligente, e infine non smetti di parlarne neppure quando dormi?”
Ron serrò le labbra di colpo, senza parole.
“E forse lo so semplicemente perché sono il tuo migliore amico da più di sei anni e ho imparato a conoscerti meglio di me stesso!” continuò il moro “E forse non ho il coraggio di dirti ciò che devo perché ho paura che tu la prenda talmente male da cominciare ad odiarmi! E forse perché… – abbassò notevolmente il tono di voce e si passò una mano sulla fronte, esasperato – … perché non voglio perdere anche te…”
“Io… io non…” biascicò il rosso rendendosi conto di aver esagerato nuovamente.
Ma Harry non lo sentì, ricominciò a parlargli sopra piuttosto incavolato “E sai cosa?! Dato che non te ne frega un cazzo di quello che ho da dirti se vuoi ascoltami bene altrimenti non farlo! Ammetto inoltre che volevo spiegarti le cose un po’ per volta ma visto la situazione se ti sconvolgerai sono fatti tuoi!”
Il rosso abbassò lo sguardo mortificato.
“Quindi sì, sono bisessuale! Ho baciato un ragazzo più volte segno che probabilmente anche a lui io piaccio! Sarai felicissimo di sapere che non è un Grifondoro ma un Serpeverde. Di brutte cose ne ha fatte nella vita e nonostante questo mi piace un casino! Tu lo odi, Hermione lo odia, praticamente l’intera scuola lo odia… Ha un padre che è stato cacciato ad Azkaban, è assurdamente viziato e vive in una casa che la sua famiglia chiama villa ma che è quasi più grande dell’intero castello di Hogwarts. E sarai ancor più felice di sapere che il suo nome è…” si bloccò improvvisamente, deglutendo preoccupato. Forse aveva detto troppo, ma ormai era tardi.
Ron non ci impiegò molto a elaborare tutto quanto e collegò subito le parole ad un certo biondo insolente che se n’era andato non moltissimo tempo prima, rendendosi conto che era ovvio.
Come cavolo aveva fatto a non arrivarci?!
Bastava solo pensare che quando lui e Neville erano entrati in dormitorio avevano trovato i due seduti in maniera scomposta e con una faccia spaventata del tipo “siamo-stati-scoperti”.
Certo Ron! Secondo te cosa stavano facendo? Giocando a spettinarsi i capelli a vicenda?!” pensò schiaffandosi una mano sulla fronte e cercando di bloccare le visioni disgustose di Harry e Malfoy distesi sul letto a mangiarsi la faccia come due salamandre in calore.
Anche se era praticamente sicuro della persona a cui si riferisse Harry chiese lo stesso una conferma. C’era comunque una piccola possibilità che non fosse quello il ragazzo, o forse l’unica cosa presente era solo un briciolo di speranza nel rosso, ma valeva la pena tentare.
“Il suo nome è?” chiese riprendendo le parole dell’altro di poco prima.
Il moro fece un paio di respiri profondi, ma tanto non serviva a nulla attendere ulteriormente. Ormai aveva iniziato il discorso, tanto valeva concluderlo e attendere che Ron si abituasse a questo suo “nuovo” migliore amico. Si perché Harry sapeva che non appena avrebbe pronunciato le prossime due parole il rosso sarebbe rimasto fin troppo sconvolto e nel migliore dei casi avrebbe continuato a guardarlo male per un bel po’ di tempo.
Quindi fece scioccare le labbra e lo disse tutto d’uno fiato.
“Il-nome-del-ragazzo-che-mi-piace-è… DRACO MALFOY!”
Si rese conto solo in seguito di aver praticamente urlato il nome finale ma questo non fu poi così rilevante, tanto i dormitori avevano le pareti silenziate e comunque il problema non era dato da quell’azione.
Il casino era già stato combinato semplicemente dalle parole.
 
Ron infatti si era immobilizzato di colpo, irrigidendosi e sbiancando talmente tanto da sembrare una statua di marmo. La sua ultima speranza era caduta assieme all’improvviso coraggio di Harry e ora l’unica cosa che avvertiva era il suo battito cardiaco assurdamente accelerato e la voce del suo migliore amico che gli rimbombava in testa…
Draco Malfoy… Draco Malfoy… Draco Malfoy… Draco Malfoy… Draco Malfoy… Draco Malfoy… Draco Malfoy…
No… Non poteva essere vero. Non poteva e basta.
Era una cosa impossibile anche negli incubi più assurdi.
Rimase numerosi secondi a fissare il vuoto, talmente sconvolto da convincersi che tutto quello era solo e sicuramente un GRANDE, STUPIDISSIMO, FOTTUTISSIMO: SCHERZO.
I suoi occhi si sgranarono leggermente e le sue labbra si sollevarono in un sorrisetto a dir poco inquietante senza essere controllati dalla sua volontà.
 
Harry si sarebbe aspettato di tutto, davvero di tutto, ma no… non di vederlo scoppiare a ridere all’improvviso. Addirittura fino al punto di tenersi la pancia con le mani per il dolore.
Rimase a fissarlo a bocca aperta, mentre sentiva la vergogna bruciarli in viso come mai gli era successo prima d’ora. Lo giurava: avrebbe preferito che si incazzasse con lui oppure che lo picchiasse piuttosto di vederlo comportarsi in quel modo. Come se la considerasse solamente una barzelletta o una cosa estremamente stupida su cui ridere sopra. Come se non capisse lo sforzo che aveva impiegato Harry per riuscire a dirglielo.
“Complimenti fratello! Bellissimo scherzo! Davvero, ci sono cascato in pieno!” esclamò Ron asciugandosi una lacrima che gli era sfuggita per il troppo ridere.
Non ottenne una minima risposta o cenno da parte del moro.
“Perché è uno SCHERZO giusto?” chiese sottolineando in modo particolare la parola.
Di nuovo il suo migliore amico non disse nulla, si limito a fissarlo dritto negli occhi con una sguardo profondamente triste e distrutto.
Il sorriso di Ron sparì dalle sue labbra a velocità tripla di com’era apparso e la sua espressione si tramutò in estrema preoccupazione, o per dirla più giusta terrore. “Allora?” domandò di nuovo, in un sussurro. Aveva davvero paura della risposta che avrebbe potuto ricevere.
Stesso risultato delle volte precedenti.
“Harry…?” chiese allora sconvolto, quasi esasperato.
Il moro non riuscì più a sostenere il suo sguardo, così abbassò il capo e si coprì il viso con le mani, cercando di non far notare a Ron le lacrime che premevano per riversarsi all’esterno. Avrebbero contribuito soltanto a farlo apparire più debole e ridicolo.
Ma i suoi sforzi per reprimerle furono inutili. Era davvero troppo umiliato per resistere un secondo di più. Così loro scivolarono sul tessuto del materasso accompagnate dal suono di un singhiozzo rotto, che risuonò nel silenzioso dormitorio.
E tanto valeva che lo ammettesse esplicitamente, il rosso aveva ormai già capito ogni cosa e certamente dicendolo non avrebbe ne migliorato ne peggiorato la situazione. O forse sì. Poteva sempre fingere che tutto ciò fosse pura invenzione, e magari Ron ci avrebbe pure creduto, ma che cosa ci avrebbe ottenuto poi? Solo di ritornare al punto di partenza pieno di sensi di colpa perché non aveva avuto il coraggio di dire la verità fino in fondo. 
Alzò il viso rigato da lacrime, quindi prese un respiro profondo e con quell’unica frase concluse ciò che aveva iniziato. “Mi dispiace ma… non-non è uno scherzo…”
Il rosso esitò un attimo. Poi annuì debolmente, mordicchiandosi un labbro, lo sguardo vuoto come se non vedesse i grandi occhi verdi e lucidi che lo fissavano mortificati da dietro un paio di spesse lenti. “Io… sì, capisco benissimo…”
Per la seconda volta Harry desiderò immensamente ricevere un pugno in faccia, un insulto, un: “Ma sei deficiente? Come cazzo ti è saltato in mente di baciare un ragazzo? E per di più se si chiama Malfoy di cognome e Draco di nome?”
Ma niente di tutto ciò accadde.
Ron invece si alzò cautamente dal letto, tirandosi nervosamente le maniche del maglione e allungandole abbastanza da coprirsi entrambe le mani. Continuava ad annuire ripetutamente anche se dentro di lui accadeva l’esatto contrario.
Con quel gesto stava cercava di accettarlo. Stava cercando di capire perché fosse successo tutto quel casino proprio al suo migliore amico.
Ma davvero, voleva farlo, però non ci riusciva.
Non era arrabbiato, semplicemente confuso ed estremamente deluso.
L’aveva sempre imitato, Harry. Considerato un grande punto di riferimento, creduto certamente capace di controllarsi più di se stesso però… a quanto pareva anche i migliori cadevano prima o poi. Quando il lato più nascosto del cuore prendeva il sopravvento e controllava la successione degli eventi portandoli verso ciò che gli faceva felici ma allontanandoli da ciò che era davvero giusto.
In quel modo Harry era felice… ok. Forse riusciva ad immaginarsi cosa volesse dire.
Però lui felice non lo era.
E preferiva andarsene piuttosto di combinare casini con il suo carattere imprevedibile.
Fece un passo verso la porta del dormitorio, sospirando dispiaciuto. “Io scusami… non ci riesco…”
“Sì, capisco…” sussurrò Potter.
“Davvero, mi dispiace ma… non riesco più a riconoscere lo stesso Harry di prima. Tu, tu sei… troppo diverso. Non sono… capace… ad accettarti… così, come sei…” 
Il moro annuì con fatica, quell’affermazione l’aveva letteralmente distrutto.
“Devo andare…”
Il moro annuì di nuovo, il respiro che faticava tremendamente ad uscire a causa del grosso nodo che sentiva in gola.
Ron allora si girò di schiena, percorrendo il dormitorio con pochi e lunghi passi.
Non ce la faceva.
A capire il suo migliore amico.
Ad accettare quel nuovo rapporto.
A vedere Harry in quelle condizioni per colpa delle sue parole.
Doveva sbrigarsi ad uscire, l’aria si era fatta soffocante e i suoi occhi cominciavano ad appannarsi per le lacrime.
Poggiò una mano sulla maniglia, stringendola più del dovuto, e, alzando e abbassando le spalle, prese un respiro profondo “Ti prego, non odiarmi per questo” disse soltanto, cercando di imitare un tono di voce fermo e autoritario.
Poi capì da solo che stava per scoppiare. Così, pauroso di mostrare la sua debolezza di fronte ad Harry, cercò di aprire e richiudersi la porta alle spalle più in fretta possibile. Ma non fu abbastanza veloce: un singhiozzo gli sfuggì dalla gola un momento prima che il classico rumore della serratura giungesse alle orecchie del moro.
“Non potrei mai odiarti… sei il mio migliore amico” sussurrò Harry.
Anche se sapeva che Ron da fuori non avrebbe potuto sentirlo… non più ormai.
 
 
*****
 

La porta del dormitorio di Serpeverde si chiuse con un sibilo dietro a Theodore e Pansy, facendo entrare una leggere folata di aria fredda.
Draco rabbrividì.
Aveva appena finito di giustificare ai suoi amici il perché del suo comportamento in quelle ultime settimane e, prima che se la svignasse, Zabini aveva chiesto di lasciarli un attimo soli. Così ora si trovava con lui, nella stessa stanza, e doveva ammettere che la cosa certamente non lo tranquillizzava.
Ovviamente, non potendo raccontare un minimo particolare della missione che gli era stata affidata, aveva dovuto concentrare la sua risposta solo ed esclusivamente su Harry, rivelando di conseguenza tutto ciò che provava per lui e quindi la certezza di non essere completamente etero. Doveva ammettere che erano sì rimasti piuttosto schifati che tra tutti i ragazzi presenti ad Hogwarts avesse scelto proprio quello che per tutti era stato da sempre il più acerrimo nemico, ma probabilmente se non l’avevano presa poi così male era perché
Primo: erano ancora troppo felici che Draco fosse tornato a comportarsi normalmente per arrabbiarsi già da subito con lui, è ciò aveva giovato di molto a suo favore.
E secondo: sulla questione della preferenza verso gli uomini si erano già abbastanza sconvolti quando aveva dovuto ammetterlo Zabini, non moltissimo tempo prima, e di conseguenza non c’era niente di nuovo per cui stupirsi.
“Senti Blaise, prima di parlare devo… andare un attimo in bagno”
Il biondo cercò di svignarsela il prima possibile ma la grossa mano di Zabini lo avvolse sul braccio scarno bloccandolo lì dov’era, a pochi metri dall’uscita.
“No bello! Tu non vai da nessuna parte!”
Tentò debolmente di liberarsi dalla stretta ma era ovvio che non avrebbe ottenuto nulla neanche impiegando tutte le sue forze. “Non puoi obbligarmi a rimanere qui” disse in tono falsamente calmo. Tutte le volte che gli era capitato di stare da solo con Blaise nella stessa stanza aveva ottenuto sempre lo stesso risultato: e cioè il farsi venire il torcicollo per evitare che il Serpeverde avvicinasse troppo il viso al suo e lui rischiasse di non riuscire più a staccarselo dalla faccia una volta stabilito un contatto. E non aveva per niente voglia che succedesse per l’ennesima volta.
“Senti Draco, lo so benissimo perché odi stare assieme a me ma se solo ascoltassi in silenzio e mi lasciassi spiegare…”
“Spiegare cosa? Il perché ci provi apertamente con me ogni volta che ne hai l’occasione? Spiacente ma te l’ho già detto, a te e a tutti gli altri. Mi piace un altro e si dà il caso che si chiami Harry di nome e Potter di cognome” lo interruppe il biondo piuttosto scocciato.
Blaise alzò gli occhi al cielo e sospirò. “Non ci provavo con te perché mi piacevi, o almeno, all’inizio sì però… VUOI SMETTERLA DI MUOVERTI COME SE STESSI PER UCCIDERTI?!”
“No! Lasciami!” esclamò Draco contrariato. Stava cercando di allentare la stretta dimenandosi in tutti i modi possibili e non voleva decidersi ad ascoltare ciò che Zabini gli stava dicendo.
“Neanche morto lo faccio. Se ti mollo tu scappi sicuramente”
“Ho detto di lasciarmi!” urlò affannosamente Draco strattonando il braccio per l’ennesima volta.
Blaise però non lo lasciò, anzi rafforzò la presa per assicurarsi che rimanesse lì dove l’aveva afferrato. “Per favore, devi ascoltarmi. Se continui a comportarti in questo modo non risolveremo mai nulla…”
“HO DETTO DI LASCIARMI!!!”
Zabini alzò entrambe le mani di scatto, facendo un passo indietro con l’impressione di essere diventato sordo ad un orecchio.
L’urlo di Malfoy parve rimanere sospeso in aria per parecchi secondi.
Poi Blaise si ricompose e interruppe il silenzio parlando con tono piatto e lineare. “Ok, va bene ho capito… Se è questo ciò che vuoi…”
Draco si aprì in un ampio ghigno soddisfatto e massaggiandosi il braccio dolorante voltò le spalle al ragazzo per andare ad aprire la porta. I suoi movimenti però vennero distratti dalla voce di Zabini.
“Voglio almeno che tu sappia che era tutta una finzione…”
Si bloccò di colpo, non era sicuro di aver capito bene, poi si girò verso Zabini che se ne stava immobile al centro della stanza. “Ripeti quello che hai detto” gli ordinò.
“Ho detto che era solamente una finzione… ciò che è successo… tra noi”
Draco annuì un paio di volte non troppo convinto ma comunque non uscì dal dormitorio. Andò invece a poggiarsi con la schiena alla parete e le braccia incrociate al petto, mettendosi il più comodo possibile. “Avanti, parla. Ti ascolto” disse con un cenno del capo.
Blaise rimase a fissarlo leggermente sbigottito per quell’improvviso cambiamento di idea.
“Sei sordo? Ho detto: parla. Sono pronto ad ascoltarti” ripeté il biondo interrompendo la riflessione dell’altro, che stava riordinando tutte le migliaia di pensieri che gli giravano in testa per elaborare un discorso decente.
“Grazie” disse Zabini per poi prendere un respiro profondo e spiegare ciò che non aveva potuto, o non era riuscito, a dire in precedenza.
“L’ho visto sai. Ti ho visto mentre scrivevi una lettera a tuo padre sperando che non si arrabbiasse troppo con te, e piangevi, al primo anno, spiegandogli che Potter non aveva voluto stringerti la mano e accettare la tua amicizia. Ho visto come invidiavi lui e la sua combriccola di Grifondoro. Ho visto come sprecavi la maggior parte del tuo tempo ad escogitare un modo per mostrarti migliore di lui. So che ti faceva male non sentirti importante, popolare, fortunato allo stesso modo e so che diverse volte hai pianto per l’umiliazione subita nel momento in cui hai provato a confrontarti. Lo so perché ti ho sempre osservato Draco, facendoti da spalla nei duelli, incitandoti nei bisticci, standoti accanto quando ti rifiutavi di scendere a cena, perché ci rimanevi troppo male per assicurarti di riuscire a mantenere la solita aria da superiore davanti a Potter.
Ho capito che volevi essere come lui… oppure che volevi semplicemente essere accettato. Ho capito anche che eri attratto da quel ragazzo come non lo eri mai stato verso nessun’altro. Anche se era un Grifondoro, anche se era il contrario di te, anche se ti odiava, ma soprattutto… anche se era un uomo.
E’ stato quando hai cominciato a fuggire da me, Theodore e Pansy, i pomeriggi. A dire che avevi bisogno di “farti un giro” senza mai rivelare il posto in cui andavi. A tornare a stento entro l’ora di cena con un sorriso che mai nessuno ti aveva visto stampato in viso, eccetto quando battevi Potter in qualcosa, e credimi che le volte erano rare. E’ stato quando ci hai presentato proprio la persona che più credevamo odiassi che ho capito i sentimenti che provavi davvero per quel ragazzo. Volevi essere accettato, stare assieme lui, potergli parlare da persona civile, e forse anche qualcosa di più. E siccome so che noi Serpeverde non ci accontentiamo del poco – perché se c’è una cosa che vogliamo avere non siamo soddisfatti finché non l’abbiamo ottenuta fino in fondo – non è stato difficile arrivare a capire, ancor prima che ci arrivassi tu stesso, che lo amavi veramente e volevi di conseguenza essere amato a tua volta”
“No, questo è impossibile. Io non so amare…” sussurrò Draco abbassando lo sguardo, che aveva tenuto puntato in quello di Blaise fino a pochi secondi prima. Doveva ammettere che si era sentito come letto nella mente, in un certo senso. Non avrebbe mai immaginato che ci fosse qualcuno che lo conosceva così bene.
“Forse lo credi soltanto… ma ne sei capace Draco. Non è una cosa che puoi controllare e comunque ho visto come i tuoi occhi si illuminavano quando sentivi parlare di Potter. Ho visto le condizioni in cui sei stato per quasi un mese, solo perché eri quasi riuscito a ottenere ciò che volevi e poi, per una qualche crudele linea del destino, l’avevi perso ancora prima di averlo avuto veramente. E adesso che hai rivelato a tutti noi il perché di questi tuoi comportamenti, il fatto di aver scoperto di avere una preferenza verso gli uomini grazie ad un Grifondoro in particolare, l’averlo baciato più volte, beh… tutto ciò non ha fatto altro che confermare ciò di cui ero già sicuro”
“Vuoi dirmi che tu… tu avevi già capito tutto prima che io lo scoprissi, o per meglio dire, avessi il coraggio di ammetterlo a me stesso?”
“Sei il mio migliore amico” rispose semplicemente quello.
Il biondo si grattò le testa leggermente a disagio. “Si beh, comunque… resta sempre da spiegare perché ci provassi con me nonostante, come hai detto tu, sapessi già che avevo una preferenza per Harry”
“Davvero non l’hai ancora capito?”
Il biondo corrugò la fronte, perplesso.
“Era tutta una finzione Draco. Quando, fino a ieri, hai smesso di fare qualsiasi cosa compreso parlare, dormire, mangiare, anche se a vederti da fuori sembrava che non percepissi nulla di ciò che ti succedeva attorno io credo che qualcosa il tuo cervellino l’abbia captato comunque. Per caso ti ricordi qualche momento in cui mi hai visto?”
“Ehm… forse. Solo immagine confuse però” mormorò con aria pensierosa.
“Descrivile, se ci riesci”
Draco fece finta di concentrarsi sulla risposta, poi tirò fuori svogliatamente una mano chiusa a pugno, dalle braccia rimaste incrociate fino a quel momento, e si mise a contare sulle dita ciò che ricordava. “Allora, vediamo un po’… Tu che ci provi con me… – disse in tono sarcastico alzando il pollice – Tu che ci provi con me… – sollevò l’indice – Poi… tu che ci provi con me… – ennesimo dito – E di nuovo tu che ci provi con me… – altro ancora – E… aspetta, forse questo è diverso… Nah scherzo, di nuovo tu che ci provi con me” concluse con aria annoiata mostrando a Zabini l’intera mano con il palmo ben aperto.
Blaise sollevò un angolo della bocca in un accenno di ghigno compiaciuto, cosa che il biondo mai si sarebbe aspettata di vedere dopo che si era rivolto a lui con quel comportamento di estrema superiorità. “Sì, esattamente” disse convinto “Perché tutte le volte che sono rimasto solo con te ho sempre fatto ciò che ricordi… Ti dirò la verità adesso, Draco. Se hai voglia credimi, altrimenti non farlo. Ma almeno io sarò sicuro di non averti tenuto nascosto nulla”
Nonostante la sua fiducia per il Serpeverde in quel momento fosse a livelli di gran lunga sotto lo zero il biondo decise comunque di starlo a sentire e di dargli una possibilità di rimediare a ciò di sbagliato che sapeva di aver fatto. Lo invitò a parlare con un cenno di assenso appena accennato.
“Se mi hai visto fare quelle cose non era perché mi piacevi o altre cose del genere, e allora volevo approfittare della tua depressione per combinarne più che potevo, ma perché sapevo benissimo che ciò che facevo ti metteva a disagio più di ogni altra cosa. Perché ero il tuo migliore, perché non volevi che Potter lo venisse a sapere in qualche modo e perché ti piaceva, e quindi cominciavi a renderti conto di provare anche una certa attrazione verso le persone del tuo stesso sesso. Ed è proprio perché sapevo che odiavi quando mi comportavo così che l’ho fatto. Ho voluto provare a vedere se in questa maniera riuscivo a provocare in te una qualsiasi minima reazione che facesse capire, a me e gli altri, che riuscivi ancora a percepire qualcosa del mondo esterno, emozioni brutte o belle che siano”
Draco si accorse solo in quel momento di essere rimasto a fissarlo a bocca leggermente aperta. Si affrettò a ricomporsi e ad assumere la solita espressione da serpe: però doveva ammettere che quella scusa era davvero molto ben preparata e realistica (sempre se era una scusa). Si ricredette subito dopo sui propri pensieri ricordandosi di un altro episodio simile a quello precedente ma ancor peggiore. “Potrei anche pensare di credere a ciò che hai detto ma come spieghi quella volta in cui mi hai baciato davanti a tutti, ai Tre Manici di Scopa, e hai detto di amarmi?”
Troppo tardi si rese conto della gran cazzata che aveva fatto. Iniziò ad imprecare mentalmente verso Godric.
Zabini perse improvvisamente il proprio autocontrollo, talmente sorpreso era rimasto da quella domanda. “Allora è successo veramente! Perché non mi hai mai detto nulla? Perché sono dovuto venire a saperlo da delle insignificanti immagini sfocate nella mia mente e da strani sogni più realistici del solito?”
“Credevo di avertelo fatto bene quell’Oblivion ma a quanto pare…” sibilò Draco a bassa voce, tra i denti. Il suo prossimo passo per tentare di uccidere Silente era rifilargli un idromele barricato avvelenato passando attraverso quel deficiente di Lumacorno e Madama Rosmerta. Il problema era che per riuscire a recuperarne una bottiglia doveva appunto Obliviare quest’ultima perché altrimenti, una volta che la voce della morte del vecchio si fosse sparsa in giro, la proprietaria dei Tre Manici di Scopa avrebbe subito saputo chi incolpare. E se quell’incantesimo non gli riusciva bene era fregato a vita. Era però anche vero che aveva già fatto la stessa cosa con la Grifondoro di nome Katie Bell e, dato che gli effetti iniziali erano stati quelli desiderati nonostante poi fosse andato tutto per il verso sbagliato, il pensiero lo rassicurò comunque.
Blaise captò fin troppo bene ogni singola parola e, anche se già lo immaginava, si infuriò ancor di più. “Oblivion? OBLIVION?! Tu mi hai cancellato un pezzo della memoria senza chiedermi il permesso?!”
Il biondo boccheggiò un paio di volte e, non sapendo come ribattere, mormorò soltanto “Senti Blay…”
Ma venne interrotto ancor prima che arrivasse al punto. “Blay? Cos’è? Adesso torniamo tutto d’un colpo a chiamarci con i soprannomi solo perché ti fa comodo? E comunque, non credi che sarebbe stato meglio parlarmene e chiarire la faccenda insieme? Davvero, ti credevo più maturo”
Draco abbassò per la prima volta lo sguardo facendo sparire dal proprio viso la solita aria strafottente e dicendo una cosa che, se non fosse stato per i giorni che aveva passato assieme ad Harry, non avrebbe mai avuto il coraggio di dire in vita sua. “Hai-hai ragione… scusami…”
Gli insulti si spensero nella gola di Zabini un attimo prima che cominciasse il secondo giro di rimproveri, tanto rimase sorpreso da ciò che sentì. Rilassò le spalle e, per camuffare lo stupore solitamente non da uno come lui, si spolverò una manica del mantello anche se farlo non serviva a nulla, perché di fuori posto non c’era nemmeno una minima piega. “Beh… per sta volta sei perdonato ma sappi che la prossima volta io…”
“Però rimane sempre il fatto che mi hai baciato davanti a tutti, mettendomi totalmente in imbarazzo, e mi hai detto che mi ami. Per tua fortuna credo che non mi abbia visto nessuno di conosciuto ma comunque, Oblivion o non Oblivion, io me lo ricordo perfettamente” lo interruppe Malfoy rimpossessandosi tutto d’un colpo della sua insolenza.
Blaise alzò gli occhi al cielo. Ti pareva, figuriamoci se per una volta Draco si fermava alle scuse e basta. “Correggimi se sbaglio ma – aumentò notevolmente il tono di voce, fin quasi ad urlare, e scandì bene le parole per essere sicuro che l’altro cogliesse al meglio il messaggio – FORSE L’HO FATTO SENZA RENDERMENE CONTO PERCHE’ AVEVO BEVUTO TRE O QUATTRO BURROBIRRE”
“Non sbagli però questo non conta più di tanto. Quando si beve spesso ci si fa scappare cose vere senza rendersene conto, più raramente invece ci si inventa dichiarazioni d’amore false” gli fece notare il biondo.
Per la prima volta in vita sua Blaise ammutolì non sapendo cosa dire. Proprio lui, che era sempre stato uno super organizzato e pronto a ribattere a qualsiasi affermazione. A quanto pareva Draco faceva incasinare la testa anche ai Santi…
Vedendo che non rispondeva il biondo alzò un angolo della bocca soddisfatto. “Allora? Che hai da dire?”
Blaise si morse l’interno della guancia per evitare di lasciarsi sfuggire una qualsiasi espressione che potesse dargliela vinta. “Senti… ammettiamo pure che all’inizio dell’anno mi piacevi… e anche tanto. Perché insomma, guardati intorno, lo vedi tu stesso che di come te c’è ne sono rari…”
“No, non c’è ne sono e basta. Non sai come ti capisco… a volte è difficile anche per me resistermi mentre mi guardo allo specchio” disse lisciandosi all’indietro i capelli con movimenti lenti e sensuali.
Zabini lo incenerì con lo sguardò. “Draco, per favore… è una cosa piuttosto seria. Il motivo per cui fino a poco tempo fa non mi sono mai interessato a trovarmi una ragazza lo conosci perfettamente. E credo tu sappia anche che non è poi così facile ammetterlo a se stessi senza, in un certo senso… ‘farsi schifo da soli’, ecco. Diciamo che ero abbastanza a disagio e notando alcuni tuoi comportamenti verso Potter ho pensato che anche tu fossi come me o ho come cercato un rifugio. Credo che sia una cosa normale anche per noi Serpeverde, tutti hanno bisogno dell’aiuto di qualcun’altro prima o poi, da soli non si va da nessuna parte. Ho dovuto rendermi conto che ero così e che, anche se non era colpa mia, non potevo cambiare. Non è una cosa che decidi tu stesso, in questo modo nasci e in questo modo trascorri tutto il resto della tua vita. E ovviamente ho dovuto anche abituarmici per capire che non avrei mai potuto stare insieme a te…” si bloccò un momento, indeciso se dirlo oppure tenerselo per se. Alla fine però la voglia di rivelarlo fino in fondo prese la meglio. “…perché eri il mio migliore amico... E spero che tu lo sia ancora. Io ti considero sicuramente come tale nonostante tutti i casini che sono successi tra noi”
A quell’ultima affermazione il biondo non poté fare a meno di inchiodare i suoi occhi dritti in quelli blu notte di Blaise, che ricambiò lo sguardo e sorrise. E Draco dovette ammettere che era davvero bello quando lo faceva, senza quel suo solito viso ferreo e inespressivo.
Ripensò di sfuggita alle sue parole e si rese conto che non gli era capitata poi una cosa tanto diversa. Molto probabilmente era uno dei pochi che poteva davvero capirlo e soprattutto avere più di un buon motivo per perdonarlo. Che poi, a ripensarci, perdonarlo per cosa? Non era nemmeno stata davvero colpa di Zabini.
Un po’ com’era successo a se stesso, che era stato costretto a mentire a Harry a causa di una missione che certamente non aveva scelto lui di dover portare a termine. E anche se si ricordava davvero poco di ciò che era accaduto dopo che il Grifondoro era ancora troppo indignato per perdonarlo: i racconti dei suoi amici, le occhiaie profonde e le ossa scarne gli dimostravano che doveva essere rimasto in uno stato davvero pietoso per parecchie settimane. E sinceramente non voleva che succedesse la stessa cosa a Blaise.
Anche se si era allontanato molto dal ragazzo in quell’ultimo periodo questo non voleva dire che non ci tenesse proprio. Era pur sempre una delle persone più importanti per lui, gli era stato affianco e l’aveva sempre aiutato sia nel bene che nel male.
Ghignò ripensando di sfuggita a quante ne avevano combinate insieme e non riuscì a trattenersi.
Fece la stessa cosa che aveva fatto Harry con lui. E cioè perdonarlo, nonostante tutto.
Si staccò dal muro su cui era rimasto poggiato fino a quel momento e, anche se Zabini era grande più o meno tre volte lui, riuscì lo stesso ad avvolgerlo in un caldo abbraccio di amicizia.
“Io… scusami Blaise, davvero… non pensavo che le cose fossero andate in questo modo e… beh, ti credo e ti capisco perfettamente” sussurrò piano, per non rischiare di rovinare quel momento.
Zabini ricambiò l’abbraccio circondandogli la schiena con le sue forti braccia. “Fa niente Draco. Non importa”
“Non… non sei arrabbiato per ciò che è successo tra me e Potter? Non ti dà fastidio?” chiese il biondo dopo un po’ d’esitazione, piuttosto confuso.
“Certamente non posso dire di esserne entusiasta. Però ho avuto più di qualche occasione per arrivare a comprendere che Potter è davvero importante per te, e io voglio solo il meglio per il mio migliore amico. Se tu stai bene e sei felice… allora lo sono anche io”
“Grazie. Davvero” Draco chiuse gli occhi e con un ultima forte stretta si staccò da Blaise.
L’altro sorrise, lasciandolo andare, felice che tra loro fosse tornato tutto come un tempo.
Però ripensandoci c’era ancora una cosa fuori posto, che gli premeva sapere nei dettagli. “Senti, non è che potresti raccontarmi meglio ciò che è successo ai Tre Manici Di Scopa? Sto recuperando pian piano i ricordi ma non so mai se fidarmi o meno di essi. Potresti sempre avermene inculcati di falsi nella mente”
Il biondo ridacchiò tra sé e sé. “Si, certo. Ma prima c’è una domanda a cui dovresti rispondere”
“Dimmi pure”
“Hai presente quella volta in cui vi ho presentato Potter no? Beh ecco: come spieghi…”
Zabini lo interruppe ancor prima che iniziasse a formulare la frase vera e propria, parlandogli sopra. “Sh… Ho già capito tutto. E sai che ti dico? Non aspettavo altro che arrivare a questo punto” si aprì in un sorrisetto malizioso “Se vuoi posso spiegarti perché mi sono comportato in quel modo ma per farlo ho bisogno che tu risponda sinceramente: che cosa è accaduto di preciso dopo un certo periodo ti tempo che fingevo di provarci con te?”
Draco corrugò la fronte, era sicuro che Blaise sapesse già cos’era successo e non riusciva a comprendere fin dove volesse arrivare. “Beh… Harry si è alzato in piedi e si è lasciato sfuggire che… che sapeva benissimo da solo che ero bellissimo… e poi è scappato”
Zabini annuì. “Si, fin lì l’ho visto anche io. Intendo dopo, cos’è successo?”
“Io l’ho rincorso perché… non riuscivo a stare fermo lì a fare nulla”
“Non mentire”
“Ok, in realtà volevo sapere se si era comportato in quel modo per gelosia. E con questo?”
“Tu va avanti fin che puoi”
“Va bene. In pratica dopo l’ho trovato sul retro del giardino della scuola e l’ho bloccato poco prima che ripartisse a correre, inchiodandolo contro il muro per assicurarmi che non fuggisse. Poi gli ho semplicemente chiesto ciò che volevo sapere. Lui ha continuato diverse volte a rispondere che non era geloso ma capivo che diceva il falso, i Grifondoro non sono per niente bravi a mentire. Comunque, anche se già conoscevo la risposta, volevo che me lo dicesse esplicitamente così…” si interruppe imbarazzato.
“Così?” insisté Blaise.
“Così l’unico metodo che mi è venuto in mente è stato provare a vedere se davvero era geloso perché provava una qualche forma di attrazione verso di me. Allora mi sono avvicinato a lui, ma non abbastanza, ha continuato a dirmi di no anche quando i nostri visi erano a pochi centimetri di distanza…” si bloccò ancora, mentre le sue guance si tingevano di un rosso che spiccava terribilmente sulla pelle pallida.
Bastò che Zabini lo guardasse per fargli capire che voleva la narrazione completa dei fatti.
“Ascolta: già è tanto che io sia arrivato fino a questo punto quindi sappi che se te lo racconto è solo perché sono certo che questo tipo di cose non ti fanno schifo, altrimenti potevi pure scordartelo”
Gli occhi blu dell’altro ragazzo luccicarono in maniera maliziosa.
Draco alzò i suoi al cielo. “Stavo dicendo che” parlò tutto d’un fiato “Ha detto la verità solo quando io ho annullato le distante e l’ho baciato…”
Blaise si aprì in un sorriso a 32 denti.
“… solo sul collo però, e poi sulla punta del naso”
Sbuffò. Una smorfia di delusione gli si dipinse in volto.
“E credimi, ho dovuto piantarlo lì dov’era per impedirmi di saltargli addosso e… e… insomma credo tu abbia capito” aggiunse infine.
Il ragazzo sorrise di nuovo, rallegrato da quell’ultima parte e fiero di essere stato proprio lui a far sì che tutto quello accadesse.
Draco invece si fermò un attimo a riflettere, poi il suo viso sembrò illuminarsi. “No… non può essere…” commentò tra sé “Vuoi dirmi che quando vi ho presentato Harry tu ti sei comportato così apposta per vedere se riuscivi a farlo ingelosire? Volevi che accadesse ciò che è accaduto?”
Zabini si poggiò una mano sul petto, poi alzò il mento e socchiuse le palpebre con aria solenne. “Esattamente! Vedo che finalmente ci sei arrivato!”
Draco sgranò gli occhi, non sapeva se essergli riconoscente oppure maledirlo. “Cos… Ti rendi conto che grazie a te, o forse per colpa tua, è successo tutto ciò che è successo vero?”
“Vuoi forse dirmi che preferiresti fosse accaduto qualcos’altro?”
Il biondo si incupì di colpo, quando quella domanda gli riportò alla mente la sua missione e la certezza che, se non fosse stato per Blaise, lui e Harry non avrebbero mai fatto pace, e di conseguenza il Grifondoro in questo momento sarebbe bello che morto per mano del Signore Oscuro.
Però… ora ucciderlo era suo compito e cominciava a pensare che forse sarebbe stato meglio che tutto ciò non fosse mai accaduto, così, una volta che il giorno fatale sarebbe arrivato nessuno dei due avrebbe dovuto soffrire com’era invece certo che succedesse ora.
Si perché le possibilità erano due sole, massimo tre:
O moriva Harry, ucciso per mano sua.
O lui cercava di suicidarsi come aveva già fatto.
Oppure lo attendeva suo padre a dargli il benvenuto ad Azkaban assieme ai dissennatori, nel caso si fosse rifiutato. Cosa di sicuro impossibile dato che molto probabilmente i Mangiamorte avevano già escogitato un metodo per obbligarlo a fare ciò che gli era stato ordinato senza che potesse opporre resistenza.
Comunque in questo momento non voleva prendere una decisione, non voleva nemmeno ricordarsene a dir la verità, così scacciò il pensiero dalla testa nascondendolo in un angolo della sua mente, come faceva con tutte le questioni troppo complicate. Bastava solo pensare che con l’attrazione che aveva provato per il Ragazzo-sopravvissuto in tutti quegli anni aveva fatto la stessa identica cosa, fingendo fosse odio per non ammettere a se stesso ciò che sentiva veramente.
Sospirò e sorrise, di nuovo calmo.
Dopotutto – anche se con Harry ne aveva passate di impensabili, sia in senso bello sia in quello brutto – come sarebbe stato tutto quanto se nella sua vita lui non fosse intervenuto?
Probabilmente in questo momento si troverebbe sfracellato sul giardino di Hogwarts, sotto alla Torre di Astronomia, perché resosi conto di non essere in grado di portare a termine la missione.
Cosa invece non successa solo grazie al ragazzo moro, che gli era quasi sempre stato vicino e l’aveva sorretto nei momenti difficili. Lasciato piangere sulla sua spalla. Assicurato di non essere una persona cattiva. E salvato anche quando non vedeva più strade di fronte a sé e aveva scelto la via del suicidio.
La domanda di Blaise di poco prima rimbombò all’interno della sua testa come un eco lontano: “Vuoi forse dirmi che preferiresti fosse accaduto qualcos’altro?
E sta volta fu subito sicuro della risposta:
                      
                                                     

“No”.











 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Capitolo 23 - far nevicare ***


Note dell’autrice: Ok ok ok, allora, non so da dove cominciare… Gne XD
MI SIETE MANCATI TANTISSIMO RAGAZZI!!!
Vi giuro che se volete regalo il mio naso in beneficienza alla Voldy.Association per farmi perdonare del ritardo. E sono consapevole che sono sempre le solite scuse, e voi vi chiederete “Ma è così socialmente disagiata da non riuscire a inventarne delle altre?”, e vi risponderei anche di sì, se non fosse per il fatto che non sono scuse: dall’ultimo capitolo che ho pubblicato la scuola ha cominciato a bombardarmi e non ho più trovato cinque minuti di tempo libero. Infatti appena è suonata la campanella che annunciava la sua fine sono corsa a casa, ho pranzato, e subito dopo ero incollata allo schermo del computer per scrivere questo benedettissimo capitolo. Ho passato più di due settimane a concluderlo, ma sono piuttosto soddisfatta di com’è venuto quindi spero con tutto il cuore che vi piaccia. E sta volta vi prometto che il prossimo non arriverà fra troppo tempo. Vi consiglio inoltre di rileggere almeno quello precedente, (dato che è da quasi mezzo anno che non ci sentiamo) se non ve lo ricordate bene, perché questo né riprenderà gli argomenti trattati.
Come sempre, dato che è rating giallo, preferisco avvisare chi si sconvolge facilmente di non leggere in modo troppo dettagliato la fine del capitolo.
Per tutti gli altri: godetevelo!
Ringrazio inoltre le persone che hanno messo la storia tra le preferite, seguite e ricordate. E anche i lettori silenziosi: se avete voglia di lasciare qualche recensione sarei più che felice, mica vi mangio. <3
Perdonatemi ancora e Buona Lettura!






 

Capitolo 23

far nevicare


Una chioma riccia e castana fece capolino da dietro la porta, accompagnata da un’espressione mista tra il confuso e il preoccupato. Se la richiuse poi alle spalle delicatamente, come se già sapesse di poter spezzare ulteriormente l’umore già sottoterra del ragazzo che stava all’interno, se solo avesse osato fare movimenti troppo bruschi.
Non le serviva nemmeno darsi un’occhiata attorno per avvertire l’aria carica di spiacevoli notizie che aleggiava in quel posto: c’era un che nei colori solitamente accessi e scarlatti del dormitorio che gli faceva apparire smorti, ai suoi occhi attenti; per non parlare della temperatura stranamente bassa rispetto al solito, che non poté che farla rabbrividire.
“Harry?” sussurrò piano, ancor prima di alzare gli occhi e cercarlo. “Ho visto Ron scendere di corsa giù dalle scale e andarsene fuori dalla Sala Comune. Aveva una faccia… e beh, volevo assicurarmi che non fosse successo nulla di grave”
Il moro sospirò debolmente, sollevando appena la testa e rivolgendo ad Hermione un sorriso che di felice non aveva proprio nulla. “Tranquilla, non preoccuparti… va tutto bene”
La ragazza si avvicinò ad Harry, sedendosi con gentilezza accanto a lui, le mani posate in grembo e le labbra strette in un’espressione per niente convinta. Certo, di difetti ne aveva sicuramente anche lei ma non si poteva affermare che non avesse uno spiccato senso di intuito. L’aveva capito dal tono di voce del moro che c’era più di qualcosa che non andava. E ora, mentre puntava lo sguardo sul suo viso non poteva che averne le conferme, notando gli occhi cerchiati lievemente di rosso e i rimasugli di lacrime che gli rigavano le guance.
“Harry, non serve che menti” lo riprese, ma con tutta la delicatezza di cui era capace. Non voleva per niente al mondo farlo sentire peggio di come già stava.
“Davvero, non è successo nulla di che. Va tutto bene” ripeté flebilmente il moro per la seconda volta. Non aveva alcuna voglia di parlarne, anche se sapeva che forse ciò l’avrebbe fatto sentire un po’ meglio. Le energie dovevano averlo abbandonato totalmente ormai, per metà con la sfuriata di poco prima contro il suo migliore amico e per l’altra con le parole che costui gli aveva rivolto prima di andarsene. Non aveva nemmeno più la forza di piangere. Adesso come adesso desiderava solo abbandonarsi a se stesso e dormire, cancellare per un momento tutta la merda che aveva in testa e non sentire più nulla, immerso nel magnifico stato dell’incoscienza. Ma c’era quello stupido fastidioso nodo alla bocca dello stomaco che gli impediva di scollegare la mente dai recenti e orribili ricordi, anche solo per i pochi attimi che gli avrebbero permesso di prendere sonno, così se ne stava lì, immobile. Raggomitolato con le braccia strette attorno alle ginocchia, a crogiolarsi nei sensi di colpa e a riflettere.
“No, non va tutto bene. Lo vedo” insisté la ragazza.
Harry si passò una mano sugli occhi stancamente, respirando un paio volte prima di mormorare “Senti…”. Ma non sapendo cos’altro aggiungere si limitò a tornare a fissarsi le ginocchia.
“In questo centra Ron, vero?” disse Hermione indicandolo con un cenno, per specificare che si riferiva al suo stato d’animo.  “Qualcosa che ti ha detto” aggiunse.
Il moro finalmente si decise ad annuire, togliendole in modo definitivo anche il minimo dubbio.
“Posso sapere cosa è successo? Solo se te la senti…” chiese allora la ragazza con cautela. Sapeva perfettamente che lui non aveva voglia di spiegare, soprattutto se, da come aveva immaginato vedendo la fresca arrabbiatura di Ron, era successo pochissimo tempo prima.
Nonostante tutto il moro si sforzò di guardare in faccia Hermione e rispondere, per non sembrare troppo maleducato. Se anche lei avesse dovuto abbandonarlo per un qualche motivo sicuramente non avrebbe retto. “Gliel’ho detto” disse solamente, in un sussurro.
La ragazza già si immaginava il tipo di ‘litigio’ che era avvenuto tra i due, e anche di che argomenti avevano trattato, ma volle ricevere comunque una conferma. “Detto cosa?”
L’angolo della bocca di Harry iniziò a tremare al ricordo, e le lacrime esaurite poco prima rischiarono di tornare in superficie. “Gli ho detto tutto. Tutto quello che meritava di sapere” le rispose con la voce roca e tremante di chi si tratteneva dallo scoppiare. Poi sperò con tutto se stesso che Hermione capisse ciò che intendeva, e fortunatamente le sue preghiere vennero ascoltate.
La riccia si mordicchiò un labbro preoccupata e gli poggiò una mano sul ginocchio, accarezzandoglielo gentilmente. “Harry, mi dispiace moltissimo…”
“Fa niente, tu non centri. E’ colpa mia…” mormorò Potter lasciando cadere la testa all’indietro sulla testiera del letto. La ragazza non fece a tempo ad aprir bocca che quello ricominciò a parlare, la voce doppiamente più distrutta di prima, appena udibile. “Hermione, perché non posso mai avere una vita tranquilla? Perché le cose più strane e difficili da gestire capitano sempre a me? Non ho già abbastanza problemi così di mio?”
La riccia si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio sospirando tristemente. “Harry, non dire così…” disse per cercare di consolarlo, ma non trovò nient’altro da aggiungere. Vedere il suo migliore amico in quelle condizioni era la tortura più grande che le potessero fare, e ancora più male le faceva rendersi conto di non poter risolvere in alcun modo quella situazione. Perché dopotutto il ragazzo non sbagliava a fare quei pensieri. Non solo lei si rendeva conto che nella vita di Harry Potter, anche detto: ‘Il bambino sopravvissuto’ e cioè colui che era nato per sconfiggere Voldemort in persona, la parola “vita tranquilla” non esisteva. Lui era stato destinato fin da piccolo a essere la speranza dell’intera comunità magica, colui a cui sbagliare non era concesso, e di certo non era facile riuscire a mantenere una tale reputazione. Soprattutto se, come aveva potuto notare diverse volte, odiava immensamente dover sempre stare al centro dell’attenzione. Sicuramente se lei fosse stata al suo posto gli avrebbe dato non poco fastidio vedere la sua faccia sui giornali ogni giorno accompagnata dalle notizie più stupide e, ammettiamolo, anche lievemente imbarazzanti, pubblicate solo per mantenere alto il morale della gente. Il Grifondoro aveva già abbastanza problemi a cui far fronte perché, per fortuna o sfortuna, era nato con quel nome, se poi si aggiungevano anche i litigi con gli amici e le questioni sentimentali, tra l’altro fuori dal normale pure quelle, Hermione davvero non sapeva capacitarsi del fatto che Harry non avesse ancora ceduto sotto a tutto quel peso da portare sulle spalle. Senza nemmeno contare la miriade di guai che sembrava venissero a cercarlo di persona.
“E che cosa dovrei dire allora?...”
La voce del moro interruppe il flusso dei suoi pensieri, dopo minuti che sul dormitorio era calato il silenzio più totale.
“… che sono felice? Che adoro la mia vita?” riprese a parlare Harry, scaldandosi un pelo. “Perché sinceramente vista la situazione farei a cambio volentieri con quella di Ron!”
La ragazza si issò completamente sul letto e andò a sedersi accanto al ragazzo, sperando di riuscire a confortarlo almeno un poco con quel gesto.
Contando che di natura erano entrambi piuttosto asciutti non ci fu nemmeno bisogno che il moro si spostasse per lasciarle spazio, così mantenne la stessa posizione senza nemmeno degnarla di uno sguardo. Ma dentro di sé la ringrazio perché, anche se il cambiamento di umore era quasi impercettibile, un po’ si sentiva sollevato sapendo che c’era ancora qualcuno su cui poteva contare nel momento del bisogno.
Hermione attese un paio di secondi, poi non si trattenne e pronunciò la domanda che gli frullava in testa da quando aveva trovato il Grifondoro raggomitolato lì. “Harry… che cosa ti ha detto Ron?”
Il moro le rivolse uno sguardo stanco. “Devo… devo per forza?”
“Oh no, solo se te la senti ovviamente” si affrettò a rispondere quella, sollevando leggermente gli angoli della bocca in un sorrisetto tirato.
Potter capì dai suoi occhi, tristi e freddi, che nel profondo ci teneva davvero a ricevere una risposta. O che in qualche modo sarebbe riuscita a tirargliela fuori, per sapere cos’era successo e di conseguenza consigliargli, eventualmente, una soluzione al litigio. Rinunciò già da subito a tenerle testa. Primo: non ne aveva le forze, Secondo: anche in caso contrario vincere su di lei quando voleva a tutti i costi ottenere qualcosa era un’impresa praticamente impossibile.
“Beh, ha detto…” si bloccò per degli attimi: ripensare alle parole che gli aveva rivolto gli provocava l’ennesima insopportabile stretta allo stomaco. Fortunatamente per entrambi non vide il sorrisino compiaciuto di Hermione, che, anche se in un momento critico come quello, non era riuscita a trattenere appena lui aveva aperto bocca.
Il moro prese un respiro profondo e finalmente parlò. “Ha detto che non riesce più a riconoscermi, che mi trova troppo diverso da quello che ero prima, ora che gli ho rivelato il vero IO. E poi ha detto… ha detto che non mi odia però… non riesce ad accertarmi, così… come sono”
Hermione non poté fare a meno di sgranare gli occhi, leggermente colta alla sprovvista da quelle dure affermazioni. Ok, sì… anche lei ci era rimasta male quando il ragazzo gli aveva rivelato la sua relazione con Malfoy e tutto ciò che essa comportava, magari un po’ più di male, però sicuramente il pensiero di accusarlo con delle affermazioni che colpivano così in profondo la sua personalità non l’avrebbe mai nemmeno attraversata. Lei aveva invece cercato di capirlo e non le ci era voluto poi tanto tempo per rendersi conto che lasciarlo libero di esprimere i suoi sentimenti era quello che lo rendeva più felice, e che significava volere il meglio per lui. Prima che Potter parlasse si era immaginata varie teorie possibili sul litigio avvenuto tra i due ma mai, mai avrebbe immaginato che Ron potesse arrivare a tal punto con il suo migliore amico. Lei lo conosceva perfettamente, forse anche meglio di Harry, e poteva assicurare che non era assolutamente un tipo cattivo. Secondo lei il massimo che avrebbe potuto rivolgergli sarebbe stata qualche parolaccia, o magari un “Miseriaccia! Ma ti è andato di volta il cervello?”. Doveva essere rimasto davvero sconvolto dalle sue ammissioni per dirgli certe cose, non c’era altra spiegazione possibile.
Notò con la coda dell’occhio il Grifondoro passarsi una mano sul viso e immobilizzarsi per cercare di calmare il respiro pesante, e si rese conto di essere rimasta a riflettere fin troppo a lungo, permettendo così alla mente di Harry di ritornare ai recenti e orribili ricordi.
Subito si voltò verso di lui e lo abbracciò in uno slancio d’affetto, sussurrando un “Mi dispiace” per fargli capire che forse riusciva ad immaginare come si sentisse in quel momento.
All’inizio il moro non cambiò minimamente posizione, rimanendo rigido e inespressivo come un burattino, ma poi sentì le gentili mani di Hermione accarezzargli le ciocce ribelli dei capelli corvini e pian piano si sciolse, abbandonandosi completamente alla stretta dell’amica. Poggiò la testa nell’incavo del suo collo e immerse il viso nella sua chioma riccia e profumata, sentendo improvvisamente una magnifica sensazione di calore accendersi dentro di lui, anche se era consapevole che non sarebbe potuta durare all’infinito.
Il mento della ragazza si mosse leggermente sulla sua spalla. Avvertì a mala pena il sussurro di Hermione accanto al suo orecchio, a causa della sua voce leggermene incrinata, come se si stesse forzando di trattenere le lacrime. Di certo per sostenerlo mica poteva permettersi di mostrarsi più debole di lui. “Gli-gli vuoi veramente tanto bene… non è vero?”
Harry capì subito a chi si riferiva e a quella domanda sentì un brivido apparirgli dal nulla alla base della nuca e scorrergli veloce giù per la spina dorsale, confortante ma allo stesso tempo doloroso, come quando prendi una scossa. E subito seppe che non era dovuto al freddo o ad altro, ma alla semplice sensazione che il pensiero di Draco gli suscitava. Non ebbe bisogno di pensarci, e non lo fece nemmeno. Si lasciò guidare dall’istinto e le parole parvero nascergli da dentro, senza che lui avesse dato alle sue labbra il comando di schiudersi e alle sue corde vocali il comando di produrre quelle poche sillabe. “Sì. No puoi immaginare quanto…”
Il respiro della ragazza parve bloccarsi per un attimo: metà per lo stupore nel sentire il suo tono di voce improvvisamente molto più sicuro di se stesso, metà perché non si aspettava una risposta così sincera e diretta.
Potter se ne accorse e tornò a nascondere il viso tra le ginocchia, separandosi da Hermione con un timido rossore che gli imporporava le guance. “Scusa, non…” biascicò a disagio.
Ma la riccia lo interruppe stringendogli il braccio dolcemente e, alzando con una mano il suo viso per guardarlo negli occhi, disse. “Non devi scusarti per niente, Harry. Non è colpa tua, e non lo è neanche di…” tentennò un attimo, gli veniva molto difficile chiamarlo per nome dopo anni di odio “… Draco. Se è successo vuol dire che doveva succedere, ed è giusto così. Basta che tu sia felice”
Un leggero sorriso ammorbidì i lineamenti tesi dall’agitazione del viso del moro. La ringraziò sottovoce.
“Vedrai che presto si risolverà tutto. Lo sai com’è Ron, gli ci vuole poco tempo per sconvolgersi ma altrettanto poco per farsela passare. E poi, sbaglio o la settimana prossima c’è la partita di Quidditch contro i Tassorosso?”
Harry annuì, poi fece un balzo sul posto che stonava immensamente con il comportamento stanco di pochi secondi prima, ricordandosi all’improvviso di una cosa. “Cazzo… oggi c’era l’allenamento!” esclamò preoccupato “Saranno rimasti ad aspettarmi per ore, saranno infuriati… Hermione che faccio?!”
La ragazza riportò il busto del Grifondoro all’indietro, facendolo riappoggiare alla testiera del letto dopo che era saltato su facendole quasi prendere un colpo. “Ehy, stai tranquillo. Ti pare che tu sia in condizione di poterlo fare? E poi pensaci: avete ancora tempo per quattro allenamenti prima della partita, Ron oggi sicuramente non ci sarà andato, Katie Bell non è ancora in condizioni di poter allenarsi e Ginny, se tutto va bene, sarà da qualche parte insieme a Dean. Non lo fa spesso ultimamente?”
‘Si, lo fa davvero spesso. A dire il vero anche troppo’ si rispose mentalmente, piuttosto scocciato al pensiero che una cacciatrice brava come lei saltasse la metà delle lezioni per motivi di cui nemmeno si degnava di inventare delle scuse credibili. Ma tanto lo sapeva che quando mancava era perché, molto probabilmente, la voglia di incontrare Thomas superava di gran lunga quella di aiutare a vincere la coppa di Quidditch. Mioddio, quel ragazzo la stava portando alla rovina, una volta era tanto gentile e disponibile, ora non riusciva quasi più a riconoscerla. E quando si ritrovava con lei nella stessa stanza gli saliva un certo nervosismo vedendo com’erano cambiati i suoi comportamenti da quando l’aveva lasciato. E gli dava ancor più fastidio il fatto che in momenti difficili come quelli, che nel corso dell’anno non erano certo stati rari, doveva gestirsi l’intera squadra di Quidditch da solo. Era meno stressato e più tranquillo quando anche Ginny gli dava una mano perché, doveva ammetterlo, aveva una capacità di farsi ascoltare molto più elevata della sua. Fatto sta che era da tempo che non lo aiutava più, e il Grifondoro ormai ci si era anche abituato, infatti non era quello il problema, ma più la consapevolezza che tra meno di una settimana ci sarebbe stata la partita e, anche se i Tassorosso erano un avversario piuttosto facile da battere, non avrebbero combinato un bel niente se non si fossero messi d’accordo al più presto sulle postazioni e i ruoli da mantenere in campo.
Alle parole di Hermione il battito cardiaco di Harry tornò lentamente alla normalità e lui poté rilassare di nuovo le spalle. Ok, doveva ammetterlo, la adorava e adorava il modo in cui tranquillizzava le persone facendo apparire ogni problema come una cosa facilmente risolvibile. Non sapeva davvero dove sarebbe andato a finire senza di lei. “Hai ragione. Però cosa centra la partita, comunque?” domandò riferendosi alle parole della ragazza di poco prima.
“Tu aspetta e fidati di me” disse lei con aria misteriosa.
Ecco, Harry la adorava un po’ meno quando lo lasciava in sospeso con la sola compagnia di una curiosità logorante e la consapevolezza che lei sapeva tutto e lui invece niente. Le rivolse uno sguardo indignato che Hermione ricambiò con una soddisfatta alzata di sopracciglia.
L’aria del dormitorio sembrò scaldarsi un po’ dopo quel veloce scambio di battute, ma purtroppo durò solo pochi attimi perché a causa del silenzio della riccia il moro non ebbe altro a cui pensare che non fosse la spiacevole conversazione avvenuta con il suo migliore amico. Non seppe per quanto tempo rimase raggomitolato su se stesso, in quella scomoda posizione. Ma era l’unica che gli dava la sensazione di essere protetto, l’impressione di esternarsi dal resto del mondo e la falsa certezza che così nessuno avrebbe potuto indovinare i suoi sentimenti. Quasi nemmeno si accorse di Hermione, che rimase seduta al suo fianco per tutto il tempo, senza fiatare, senza lamentarsi per il tempo che trascorreva oppure per la fame che oramai, alle otto di sera, cominciava a farsi sentire. Eppure nel profondo, anche se non se ne rendeva conto direttamente, Harry sapeva che era lì, che stava cercando di sostenerlo e che avrebbe sempre potuto contare su di lei.
Anche se mai del tutto, il nodo che gli bloccava la bocca dello stomaco si sciolse con l’avanzare dei minuti e fu solo alle nove ormai passate, quando i recenti ricordi cominciavano ad abbandonare il pensiero di Harry, che il brontolio dello stomaco della ragazza si fece sentire, interrompendo il silenzio.
Il moro aprì gli occhi, rimasti chiusi fino a quel momento, e rivolse lo sguardo verso Hermione, sorridendo timidamente. “Guarda nel comodino” le sussurrò con la voce roca.
La riccia esitò un attimo ma poi non se lo fece ripetere due volte e, alzandosi dal letto, scoprì la miriade di dolci buttati a casaccio all’interno del cassetto. Rise senza volerlo. “Spiegami, come hai fatto a procurarti tutta questa roba?”
Il Grifondoro ghignò con aria furba. “Diciamo solo che avere un mantello dell’invisibilità, un compagno Serpeverde che ti guida perfettamente tra i vicoli bui dei sotterranei di Hogwarts, un elfo domestico di nome Dobby disposto a fare di tutto per te e il fatto di aver ripetuto la strada che porta alle cucine una miriade di volte, aiuta non poco”
“Harry!” esclamò la ragazza rivolgendogli uno sguardo di fuoco.
Il moro dovette girare la testa dall’altra parte per evitare di ridergli in faccia e assicurarsi così un bel castigo da parte della McGranitt, dopo che la ragazza fosse andata a riferirgli tutto. Certo: aveva dimostrato più volte di sapersi tenere le cose per sé ma nonostante questo aveva ancora paura che in momenti come questo venisse fuori l’Hermione di una volta. “Ehm… scusami” disse, cercando di assumere un tono realmente dispiaciuto, ma fallì miseramente nell’impresa.
La riccia si posò le mani sui fianchi, in un gesto che gli ricordò fin troppo la Signora Weasley quando rimproverava i gemelli per uno dei loro pasticci, e divenne serio di colpo. “Harry James Potter! Per le mutande di merlino! Si può sapere quante cavolo di volte hai derubato le cucine di Hogwarts?!” urlò isterica.
Il ragazzo boccheggiò non sapendo cosa rispondere per salvarsi le chiappe.
Hermione parve esaminare la sua espressione come se stesse facendogli una radiografia, continuando a mantenere il proprio sguardo freddo e infuriato dritto su di lui, ma alla fine non riuscì più a sostenere il gioco e scoppiò letteralmente a ridere.
Harry corrugò la fronte, rimanendo a fissarla sconcertato per un paio di secondi. Poi si rese conto che era tutto uno scherzo e non poté trattenersi dall’imitarla. Raramente aveva visto la sua migliore amica ridere così di gusto e doveva ammettere che gli piaceva, vederla così, spensierata e gioiosa come non mai. La sentiva ancora più vicino a lui, come una migliore amica avrebbe dovuto essere.
Una nuova ondata di calore riempì il dormitorio. E sta volta non svanì subito, come quella precedente, ma rimase a lungo e accese un barlume di felicità nel cuore del ragazzo, sciogliendo definitivamente il nodo allo stomaco e con lui tutte le preoccupazioni.
 
“Hermione?” chiamò, mentre la ragazza, nuovamente seduta al suo fianco, era intenta a mangiare una fetta di torta alle mele.
“Si?” le chiese quella interrompendo ciò che stava facendo.
“Mi chiedevo sé… ti andasse di dormire con me. Solo se non ti dà fastidio…”
“Ma certo! Se questo ti può far sentire meglio” rispose con entusiasmo e un sorriso da un orecchio all’altro.
 
Quella sera Ron non tornò in dormitorio e Harry non poté biasimarlo, dato che né conosceva perfettamente il motivo. Probabilmente il rosso avrebbe soggiornato per più notti sulle poltrone della Sala Comune, con la sola compagnia del fuoco scoppiettante nel camino e dei i rari studenti che si addormentavano sopra i libri di testo nella speranza di riuscire a concludere i compiti entro l’alba. Di certo non ci sarebbero voluti solamente uno o due giorni perché riuscisse a farsela passare.
Si accoccolò accanto ad Hermione, sorridendo rassicurato e più sereno a causa della sua presenza. Starle così vicino era strana come cosa, a pensarci bene. Chiunque in quel momento, vedendoli, avrebbe potuto immaginare che stessero insieme o qualcosa del genere. Ma al Grifondoro non poteva fregare di meno perché sapeva che tra lui e la ragazza non c’era e non ci sarebbe mai stato un rapporto che superava l’amore per un amico. E poi in quei giorni aveva avuto problemi ben più grossi da risolvere rispetto al preoccuparsi delle opinioni degli altri, a cominciare dal “quasi suicidio” di Draco. E ora, sinceramente, non credeva l’avrebbe stupito o infastidito più nulla. Senza parlare del fatto che c’era qualcosa di estremamente differente nel stare a letto con Malfoy e con Hermione. Non sarebbe riuscito ad immaginare di “desiderare” in quel modo la sua migliore amica, Draco invece… Beh, sì. Poteva confermarlo con sincerità, dopo il modo in cui erano rimasti abbracciati la sera precedente e le azioni che ne erano seguite la giornata successiva. Ma adesso sentiva di aver bisogno non della vicinanza di un… amante – boh, era il primo aggettivo che gli veniva da riferire al Serpeverde – ma di una persona che sapeva volergli bene da praticamente una vita, di cui si fidava cecamente e a cui poteva rivelare le cose più intime senza aver paura di venire criticato o preso in giro. E la descrizione corrispondeva perfettamente alla ragazza dai capelli ricci accanto a cui stava.
“Harry… Sei sveglio?” lo chiamò a sorpresa Hermione, sentendo che non aveva il classico respiro leggero di quando si è parzialmente addormentati.
“Mmh…” mugugnò quello aprendo in modo svogliato le palpebre e cercando di mettere inutilmente a fuoco il viso della ragazza – senza occhiali era un’impresa impossibile. Fu rincuorato nel sapere che anche lei non riusciva a prendere sonno.
“Senti… io non te l’ho chiesto prima perché non mi pareva il caso ma mi piacerebbe sapere…” si mordicchiò distrattamente un labbro “Beh sai, ieri sera… Malfoy sembrava che volesse…” si interruppe, paurosa di aver detto troppo oppure di aver risvegliato nel suo amico ulteriori ricordi spiacevoli.
“Oh…” disse soltanto Harry.
Ecco appunto, l’aveva combinata di nuovo. Mai che riuscisse a tenere a bada la curiosità. “No, ok. Lascia stare” si corresse con un sorriso colpevole.
Il moro si voltò allora a pancia in su, rimanendo a fissare per un po’ le pieghe del tessuto nel letto a baldacchino sopra di lui, illuminate dalla luce della luna che filtrava attraverso il vetro delle finestre. Poi girò la testa verso la ragazza, che era rimasta a fissarlo fino a quel momento. “Non c’è poi molto da spiegare. Ha avuto una crisi psicologica e nervosa. La sua situazione è rimasta stabile per circa un mese ma poi è collassato internamente e per porre fine alle sue sofferenza voleva…” inspirò profondamente “voleva…”. La voce gli si spense in gola al ricordo di cosa sarebbe potuto succedere se lui fosse arrivato anche solo pochi secondi dopo.
Hermione gli poggiò una mano sul braccio per trattenerlo. “Davvero, non serve che lo dici”
Harry le rivolse uno sguardo grato, però era deciso ad arrivare fino in fondo, quindi continuò a raccontare nonostante la brutta sensazione di oppressione che gli gravava sul petto. Ovviamente non tutto tutto, solo quello che gli permetteva di non rivelare troppi dettagli segreti. “Le avrai sicuramente viste anche tu le condizioni in cui versava in questi giorni, durante tutte le lezioni che abbiamo avuto con i Serpeverde. Come ho detto prima: era davvero questione di tempo prima che cedesse definitivamente. Per fortuna sono riuscito ad impedirgli di… di fare ciò che aveva intenzione di fare, di suicidarsi… Ora credo che sia tutto più o meno risolto”. Sospirò, poi aggiunse “A proposito, io… devo ringraziarti infinitamente Hermione. Se tu non te ne fossi accorta e non me l’avessi riferito ora lui sarebbe…”
Non fece a tempo a finire la frase perché la ragazza si accostò a lui e, soffocando le sue parole sul tessuto del maglioncino – che le aveva prestato prima di andare a dormire – lo abbracciò talmente forte da stupirlo: l’aveva sempre immaginata piuttosto povera di forza fisica, come ragazza. Però si ricredette subito dopo ricordandosi del favoloso pugno che aveva tirato dritto sulla faccia di Malfoy, al terzo anno, non rompendogli il naso solo per poco.
“Shhh” lo zittì passandogli gentilmente una mano attorno alla schiena “L’importante è che tu sia riuscito a fargli cambiare idea”
Il Grifondoro si aprì in un triste sorriso, staccandosi poi dalla ragazza con un’ultima stretta. “E’ colpa mia sai… sono stato io a ridurlo in quel modo, se non mi fossi comportato così male ora non sarebbe magro come un asticello e non faticherebbe a reggersi in piedi”
Hermione assunse all’improvviso un’espressione preoccupata, al ricordo delle condizioni in cui Draco giaceva steso sul pavimento del bagno, coperto da profondi tagli sanguinanti, quando Severus le aveva intimato di portarsi via il suo amico il più in fretta possibile. E poi c’era anche quello di pochi giorni prima la catastrofe del Sectumsempra: il modo in cui Harry si era irrigidito al passaggio di Malfoy quando il moro, lei e Ron erano di ritorno dalla biblioteca, l’insistenza con cui li aveva rassicurati di poter andare senza di lui fingendo di essersi dimenticato qualcosa, per poi correre dietro al biondo senza esitazione con uno sguardo talmente duro e freddo da essere inquietante. Aveva davvero una brutta impressione quando provava ad immaginare cosa fosse successo dopo che era tornata in Sala comune con il rosso, e faceva più che bene ad averla.
Nonostante tutto si sforzò di trasformare l’espressione ansiosa in una rassicurante, perché il suo amico ne aveva bisogno, e sussurrò gentilmente “Non dire sciocchezze, e poi… ammetti che dopo tutto ciò che è successo sei ancora più legato a lui di quanto lo eri prima”
Il sorriso di Harry si allargò un poco e lui annuì imbarazzato.
La ragazza ricambiò il sorriso sistemando la testa sul cuscino e tirandosi le coperte fin sulla punta del naso, per ripararsi dal gelo tipico di quelle fredde notti di fine Gennaio. “Che ne dici se dormiamo adesso? Domani è lunedì e credo sia meglio essere attenti e vigili quando Piton cercherà di trovare ogni minimo motivo per togliere punti al Grifondoro”
Il moro ridacchiò, per evitare di pensare negativamente anche a quell’ulteriore problema con cui condivideva già dal primo anno. “Hai ragione. Buonanotte Herm”
“Notte Harry” mormorò lei, chiudendo le palpebre pesanti.
 
Entrambi si lasciarono cullare dal sonno e dalla piacevole sensazione che le coperte calde regalavano a contrasto con l’aria fredda di quei giorni invernali.
Il ragazzo ripercorse velocemente tutti i recenti ricordi, scacciandoli dalla mente man mano che essi avanzavano, riuscendo a calmarsi abbastanza da chiudere gli occhi senza vedere spiacevoli immagini nel buio.
Ma c’era ancora una cosa che aveva dimenticato e che sapeva di dover fare, e il suo pensiero non gli permetteva di addormentarsi serenamente una volta per tutte.
“Hermione?” sussurrò pianissimo, per non rischiare di svegliare gli altri suoi compagni.
“Mmh cosa…” gli giunse all’orecchio il verso assonnato della ragazza, ancora intrappolata nel dormiveglia.
“Grazie… di tutto”
Poi crollarono entrambi, sopraffatti dalla stanchezza.
 
 
*****
 
 
Harry si lasciò cadere sulla panca del tavolo di Grifondoro svogliatamente e con ben poca eleganza – non che di solito fosse di così che modi raffinati e delicati.
Neanche il tempo di aprir bocca per salutare Hermione e Neville, seduti accanto a lui, che fu attorniato da una folla di ragazzi, molti dei quali conosceva soltanto di vista, che iniziarono a tirargli pacche sulle spalle e frasi di incoraggiamento per la partita di Quidditch che si sarebbe tenuta di lì a poco. Si sforzò di ricambiare la maggior parte di essi con un “Grazie” o dei sorrisi sinceri, tanto per non essere scortese, ma non era affatto dell’umore giusto, proprio per niente.
Riuscì per poco ad evitare di sbattere il naso contro il tavolo quando una pacca decisamente più forte delle altre lo colpì sulla schiena, facendolo piegare a metà. Si girò con un’espressione rispecchiante il dolore che stava provando ed un sopracciglio alzato in uno sguardo interrogativo, trovandosi davanti un ragazzo di corporatura massiccia, fin troppo alto e con le spalle larghe come un armadio.
“Hey Potter! Buona fortuna per la partita, anche se avreste molte più possibilità di vincerla se avessi scelto me come portiere” iniziò con una voce dal tono decisamente troppo da adulto per uno del sesto anno, guardandolo dall’alto in basso.
“Si, grazie Cormac” ribatté Harry piuttosto scocciato da tutta quella superbia: era quasi peggio di Malfoy.
“Di nulla! Comunque, se per caso cambiassi idea anche all’ultimo momento, io sono sempre pronto a far vincere la nostra squadra. E sinceramente credo che ti convenga…” si interruppe un secondo, guardando nella direzione di Ron, seduto una decina di posti più in là mentre punzecchiava con la forchetta frittata e bacon senza mettere in bocca nulla “… Non ha una bella cera Weasley, ha una tonalità verdognola, sembra stia per vomitare”.
Il moro rivolse anch’esso un’occhiata verso il suo amico, osservando con dispiacere l’espressione di puro terrore che aveva in volto ogni santissima volta che c’era una partita di Quidditch. La differenza era che in casi normali avrebbe potuto cecare di calmarlo, ma il fatto che il rosso fosse ancora profondamente sconvolto da ciò che gli aveva confessato la settimana precedente non era un caso normale.
Si rivoltò verso McLaggen con aria scazzata, senza preoccuparsi di celarla dietro ad un minimo velo di pazienza. “Scusami tanto ma so decidere adeguatamente anche senza i tuoi consigli chi voglio in squadra, perché, a differenza di qualun’altro” sottolineò in maniera particolare la parola “sono capace di elaborare concetti sensati e di non comportarmi da bambino se qualcosa non mi va a genio. E se non ti dispiace adesso ci terrei a fare colazione in santa pace a meno che non voglia svenire dalla fame mentre sono sulla scopa”. Detto questo si aprì in un sorriso a 32 denti che di gentilezza non aveva proprio la minima traccia.
Il ragazzo più alto si guardò le unghie distrattamente, fingendo di non aver capito a chi si riferiva, poi ricambiò il sorriso con uno che lasciava trasparire una traccia di indignazione. “Molto bene Potter, vedo che sei più intelligente di quel che pensavo” disse sarcastico, poi, dopo aver stretto gli occhi in uno sguardo inceneritore rivolto al moro e alle ben camuffate offese di pochi secondi prima, lo abbassò sulla ragazza riccia di fronte ad Harry trasformandolo in uno soddisfatto ed altezzoso.
“Stammi bene Granger!” esclamò con una veloce alzatina di sopracciglia.
Hermione, che era ancora concentrata sulla conversazione per non perdersene un micro-dettaglio, sussultò leggermente accorgendosi che McLaggen stava parlando con lei. Si ricompose comunque in quattro e quattr’otto e annuì, sollevando di poco una mano per salutarlo e dimostrarsi un minimo cortese, nonostante quel ragazzo la infastidisse tremendamente.
Cormac si rivolse un’ultima volta ad Harry fingendo una faccia angelica e benintenzionata.
Il moro deglutì senza rendersene conto, a quanto pareva il suo inconscio aveva percepito un possibile pericolo.
Infatti McLaggen, dopo un ulteriore: “Buona fortuna Potter!” gli tirò una seconda pacca sulla spalla, sta volta doppiamente più forte della prima, e Harry non riuscì a resisterle. La schiena cedette in avanti sotto alla forza del colpo e lui sbatté la faccia a lato del piatto facendo saltare in aria il toast alla marmellata che, dopo una perfetta parabola in aria, atterrò spiaccicandosi sul pavimento della Sala Grande, ovviamente dalla parte della confettura.
Si tirò su di scatto trattenendo a stento una vasta gamma di imprecazioni contro quella sottospecie di armadio sopra-sviluppato, mentre lo guardava allontanarsi fischiettando pacifico, come se non l’avesse fatto intenzionalmente.
In men che non si dica risolini e mormorii mal trattenuti si diffusero per tutta la Sala Grande, assieme alle risate di puro divertimento dei Serpeverde.
Il Grifondoro si sentì avvampare, così si voltò nuovamente verso il proprio tavolo, cercando di non guardare i suoi compagni, eccetto Hermione, che alzò gli occhi al cielo come per assicurarlo che quello di McLaggen era stato un comportamento estremamente stupido e infantile e che non doveva prendersela troppo. Leggermente più calmo per quello sguardo di comprensione da parte della sua amica si procurò qualcos’altro con cui fare colazione e cercò di non pensare al rossore che gli imporporava le guance, ai commentini pungenti che circolavano fra i tavoli e all’agitazione per la partita sempre più vicina, che rischiava di chiudergli lo stomaco. Era talmente concentrato sull’esternarsi dal resto degli studenti che rimase non poco sorpreso quando Neville, affianco a lui, scoppiò improvvisamente a ridere. Gli rivolse uno sguardo ferito. Insomma, non anche lui! Si aspettava di meglio da uno dei suoi più grandi amici!
Neville si accorse che Potter lo stava fissando quindi distolse gli occhi da un punto apparentemente a caso del tavolo di Serpeverde e li puntò sul moro, capendo subito cosa doveva aver pensato vedendolo sbellicarsi in quel modo. “No, Harry, tranquillo! Non stavo ridendo di te, ma… di un’altra cosa…”
Quello corrugò la fronte, vedendo le punte delle orecchie di Neville tingersi leggermente di rosso a quelle ultime parole, così cercò di individuare almeno in modo approssimativo il perché di quel comportamento da parte del ragazzo. Subito lo sguardo gli cadde su un paio di iridi color ghiaccio, che trovò già lì a scrutarlo. Notò nella persona a cui appartenevano un grande miglioramento: non aveva più occhiaie, stava mangiando, riusciva a reggere la forchetta senza svenire dalla fatica, le sue guance avevano riacquistato un po’ di carne e gli zigomi non erano più tanto tirati sul suo viso da farlo sembrare un cadavere. Notò anche che, a quanto pareva, ormai da tempo Draco stava cercando di attirare la sua attenzione, perché quando ebbe finalmente gli occhi di Potter addosso sbuffò spazientito, come ad avvisarlo di aver atteso troppo per i suoi gusti.
Il moro però non sapeva che farci: con l’agitazione crescente e la folla di studenti che si era ritrovato attorno fino a poco prima non se n’era minimamente accorto, così optò per un sorrisino innocente e gentile che, fortunatamente, fu subito ricambiato.
Tuttavia scomparì fin troppo in fretta dalle labbra di Harry perché si accorse di una cosa che mai in vita sua avrebbe voluto vedere: Blaise Zabini stava seduto vicino a Draco ad una distanza decisamente troppo piccola per i suoi gusti, mentre il suo viso si contorceva nelle più ridicole smorfie di disgusto – cosa davvero molto strana contando che tutte le altre volte che gli era capitato di vederlo aveva sempre mantenuto la solita rigida e imperscrutabile espressione, senza mai smuovere un minimo muscolo facciale – in attesa di accumulare la forza d’animo necessaria per addentare un panino al tonno. “Schifoso cibo babbano!” sbottava contrariato, e Neville, accanto a lui, sembrava fare apposta a partire a ridere proprio nei momenti esatti.
“Magari è solo un’impressione” si disse Potter, tornando a concentrarsi sul semplice fatto che Blaise era troppo vicino a Draco. Assottigliò gli occhi minacciosamente e, rivolgendosi a quest’ultimo, indico con un dito il Serpeverde seduto al suo fianco.
Malfoy gli rivolse uno sguardo rassicurante, per indicare che era tutto apposto, poi fece ruotare in senso orario gli indici di entrambe le mani e pronunciò un ‘Dopo’ usando i movimenti labbiali.
Harry esitò un attimo, diffidente, ma poi si convinse che se non avesse avuto una ragione più che buona Zabini in quel momento non sarebbe stato seduto accanto al biondo. Anche se non completamente d’accordo alzò un pollice supponendo che ‘dopo’ l’avrebbe aggiornato sulle ultime novità. Effettivamente non aveva avuto più modo di rivolgersi a lui dalla settimana precedente, eccetto qualche saluto lanciato di sfuggita e di nascosto per i corridoi, al cambio tra una lezione all’altra.
Draco lo ringraziò con un cenno di gratitudine per la comprensione, dopo di che, a sorpresa del moro, cambiò improvvisamente espressione e si leccò tutta la superficie del labbro superiore con fare malizioso.
Potter quasi neanche si accorse di aver stretto convulsamente il manico della forchetta, guardandolo.
Malfoy ghignò malefico e, dopo essersi passato una mano sui capelli lentamente, in un gesto che l’altro ragazzo trovò estremamente sexy, indicò il viso di Harry e in seguito la proprio bocca ripetendo il gesto rotatorio degli indici.
‘Dopo’ riconfermò il Grifondoro con muti movimenti, un sorriso impaziente stampato in faccia e l’ansia improvvisamente sostituita da una voglia matta di mandare avanti il tempo.
Draco annuì, finalmente soddisfatto, poi abbassò gli occhi, ritornando a concentrarsi sulla sua colazione.
“Harry! Smettila! Stai facendo nevicare!” gli giunse alle orecchie una voce stridula da ‘so-tutto-io’.
Potter sussultò, fino a pochi secondi prima immerso nei pensieri leggermente perversi che le occhiatine del Serpeverde gli avevano suscitato, e dovette sentire più di una volta il gelo dei fiocchi di neve a contatto con la pelle scoperta delle mani per arrivare finalmente a comprendere il significato delle parole di Hermione.
Interruppe subito l’incantesimo involontario e avvampò per ben la seconda volta in meno di mezz’ora, mentre una nuova ondata di commenti divertiti attraversava la Sala. Decisamente quella giornata non era iniziata troppo bene, ma almeno sperava che con l’avanzare dei minuti sarebbe migliorata, dopotutto aveva una partita da vincere!
Neville scoppiò nuovamente a ridere, e sta volta non fu per quella così detta ‘altra cosa’ – o a ripensarci sì, in parte – ma perché si rese conto che, se solo fosse stato più bravo con gli incantesimi, in quel momento avrebbe fatto nevicare pure lui.
 
 
*****
 
 
Delle mani delicate si poggiarono su di lui mentre ancora era girato di spalle, accompagnandolo poi ad aderire alla parete esterna del retro degli spogliatoi con l’intera schiena. Cercò di divincolarsi dalla salda presa sui suoi bicipiti fino a quando un paio di labbra si sovrapposero alle sue e avvertì la loro forma perfetta e familiare, e l’inconfondibile profumo che le avvolgeva. Lasciò cadere a terra la Firebolt e la sacca con dentro la divisa di Quidditch e senza nemmeno curarsi di aprire gli occhi avvolse con le mani la vita del ragazzo e lo premette su di sé, stupendosi subito dopo di trovarci un minimo di carne su cui farle scorrere.
“Ti sei impegnato ad ingrassare questa settimana eh Draco” disse ansimando leggermente, mentre delle dita sottili scivolavano veloci sul suo collo.
“Non sono così imbranato come credi Potter, non intendo morire ora che ho avuto la maledettissima fortuna di essere stato salvato dal Grifondoro più imbranato della scuola” ribatté il biondo attaccando subito dopo il suo orecchio a piccoli morsi, che tolsero definitivamente il fiato ad Harry, impedendogli di tenergli testa in qualunque modo.
Il moro gettò il capo all’indietro, lasciandogli la completa libertà, mentre faceva scivolare una mano sotto al maglioncino e alla camicia di Malfoy e gli accarezzava la pelle ancora calda, percorrendo con l’indice il piccolo taglio a forma di saetta. “E che mi dici di Zabini?”
Il biondo rabbrividì sentendo il contatto con la fredda aria pungente dell’esterno. “Perché? Sei geloso?” chiese ghignando.
Il Grifondoro sbuffò e mormorò un “Beh sì”, come se fosse ovvio.
Draco lasciò perdere per un momento il suo orecchio e si staccò di lui, prendendogli la testa tra le mani per guardarlo negli occhi e sorridergli “In poche parole tutte le volte che l’hai visto fare qualcosa per cercare di provarci con me in realtà lui stava solo fingendo. Fidati, anche io all’inizio non ci potevo credere però mi ha spiegato per ogni singolo gesto che ha compiuto il perché, e le sue affermazioni erano troppo credibili per essere scuse. Lo faceva perché mi rivelassi i tuoi sentimenti, per farti ingelosire…”
“Bastardo” ringhiò tra i denti.
Malfoy ridacchiò fra sé e sé “Lo credi davvero? Credi che potrei fare questo altrimenti?”. Sbatté Potter contro la parete e gli saltò letteralmente addosso, avventandosi con foga sulle sue labbra.
“Mhm… forse no” mugugnò il moro tra un bacio e l’altro. “Comunque l’ho detto a Ron”
“Cosa?!” esclamò il biondo con una vocetta isterica, separandosi dalla sua bocca con uno schiocco “Che cazzo hai fatto?”
“Ou, stai tranquillo. Cos’è? Tu puoi dirlo ai tuoi amici ed io no?” si difese Harry, le mani in alto in segno di resa.
“Come cavolo fai a sapere che gliel’ho detto?!”. Draco era sconvolto: non si erano più parlati dalla scorsa settimana, teoricamente non avrebbe dovuto essere a conoscenza di niente, a meno che qualcuno dei suoi amici non fosse andato a spifferarglielo. “Chi è il coglione che è venuto a riferitelo? Dimmelo che lo ammazzo malissimo”
Harry gli strinse gentilmente la spalla, per cercare di calmarlo. “Nessuno. Nessuno mi ha detto niente. Ci sono arrivato da solo: voglio dire, ti ripresenti dai tuoi amici dopo un mese di completo silenzio e non gli spieghi nulla? E’ ovvio che non potendo trovare una scusa decente lì sul momento o raccontare del nostro legame e della tua missione avrai per forza parlato di me”
Draco si rilassò all’istante, anche se con una brutta sensazione di oppressione sul petto al ricordo di cosa avrebbe dovuto fare per compiere il volere del Signore Oscuro. “Si, ok, forse sei più intelligente di quanto pensavo. In ogni caso come l’ha presa Weasley?”
Harry strinse le labbra in un’espressione per nulla convinta. “Non… non troppo bene…” affermò.
“Si beh lo immaginavo. Ho notato che non vi parlate da ormai una settimana”
Gli occhi del Grifondoro persero improvvisamente la loro solita lucentezza, trasformandosi in due sfere smeraldo tristi e spente quando ripensò alle parole che gli aveva rivolto Ron l’ultima volta che si erano parlati.
Il Serpeverde capì di aver colpito un punto debole e provò a rimediare in qualche modo. “Scusa, non intendevo… mi dispiace, vedrai che prima o poi ritornerà da te, sei il suo migliore amico. E se ti può consolare Pansy, Blaise e Theodore invece l’hanno presa bene. Sai Zabini ha fatto coming out poco prima di me quindi per loro non valeva la pena sconvolgersi due volte”
Potter si sforzò di sorridere, perché sapeva che per Draco essere così cortese e sincero davanti ad un Grifondoro, anche se si trattava di lui, non era affatto facile. Soprattutto dopo anni che si era abituato a nascondersi dietro una maschera che lo faceva apparire, davanti alle persone, come uno che pensava solo ed unicamente a se stesso. “Quindi è gay pure lui? Non stava fingendo in tutto e per tutto?”
“Non da quel punto di vista”. Il biondo si grattò la nuca, un po’ imbarazzato “Sai, in realtà non vuole che lo si venga a sapere in giro quindi per favore…”
“Starò zitto” lo bloccò facendogli l’occhiolino.
“Ok, bene, grazie” mormorò Malfoy, decisamente sollevato.
“E dimmi” continuò il Grifondoro “Per caso sai chi gli piace?”. Gli balenò alla mente la Sala Grande e il modo in cui Neville sembrava partisse a ridere ogni qualvolta il Serpeverde faceva una smorfia di disgusto o imprecava contro il cibo babbano, e non riuscì a reprimere la curiosità.
“Sai che gliel’ho chiesto anch’io ma non vuole dirmelo. E’ convinto che lo crucerei se lo venissi a sapere”
“Ma se lui non ti ha cruciato quando è venuto a sapere di me, perché mai dovresti farlo tu?”
“E che ne so… magari oltre ad essere un Grifondoro è pure sfigato. Quelli non li sopporto proprio”
“Ti ricordo che fino ad inizio anno il Grifondoro spelacchiato, sfregiato, pieno d’orgoglio, sfigato e quant’altro ero io. E ripeto, lui non ti ha cruciato ne avadakevrizzato da quel che vedo. E ok che ho gli occhiali proprio per questo motivo, ma so riconoscere una persona viva da un morto” disse sarcastico.
Draco ghignò, afferrò Harry per il maglione e avvicinò il viso al suo per sussurrargli in un orecchio “E’ diverso. Tu sei il MIO sfigato. E poi un Grifondoro deficiente assieme ad un Serpeverde con l’intelligenza sopra alla media si bilanciano in automatico mentre un Serpeverde coglione come Blay e un Grifondoro sfigato non possono che peggiorarsi a vicenda. Prima o poi collasserebbero su se stessi all’infinito”
“Sarà la volta che avranno un campione di buco nero su cui fare esperimenti” scherzò il moro.
L’altro corrugò la fronte, confuso. “Cos’è un buco nero?”
“Praticamente, verso il termine del ciclo vitale di una stella, dopo aver consumato tramite fusione nucleare il 90% dell' idrogeno trasformandolo in elio, nel suo nucleo si arrestano le reazioni nucleari. La forza gravitazionale…”
“Eh?!” esclamò il biondo sgranando gli occhi. Harry avrebbe potuto giurare che se gli avesse spalancati ancora un po’ sarebbero usciti dalle orbite, scoppiò a ridere. “Una fusione nucle-chè?”
“E’ un processo che avviene all’interno di una stella, in parole più semplici quando questa sta per ‘morire’ la forza gravitazionale comprime la sua massa verso il centro di essa. Ma se la stella ha una massa che supera di tre volte quella solare non c’è più niente che possa contrastare la sua forza gravitazionale, quindi diventa essa stessa una sorgente del campo gravitazionale. A questo punto è inevitabile il suo collasso infinito, perché ormai è diventata un buco nero. Questo raggiunge velocemente valori tali da creare un campo gravitazionale talmente intenso da risucchiare tutto ciò che si trova attorno ad esso senza permettere a nulla di sfuggire alla sua attrazione, neppure alla luce” concluse, sentendosi fin troppo Hermione Granger numero due. E la sensazione non gli piacque per niente.
Dopo svariati secondi che aveva terminato la spiegazione Draco era ancora lì che lo fissava sconcertato “E… E tu dove cavolo l’hai letta tutta ‘sta roba? Comunque non ho capito una sega, solo che c’è questa specie di buco nero che attira a sé tutto ciò che c’è nei dintorni e… e si forma quando una stella che ha massa tre volte più grande del sole muore”
“Sì, è una delle teorie. I babbani non l’hanno ancora dimostrato con certezza. Comunque hai afferrato il concetto quasi a pieno” si complimentò il Grifondoro “Io ho praticamente imparato a memoria il libro di astronomia in cui c’è scritta tutta questa roba a forza di leggerlo. Ogni volta che torno dai Dursley – li chiamava sempre così, non gli veniva per niente naturale chiamarli zii visto che loro di certo non lo consideravano come suo nipote, anzi, lo ignoravano come fa un lampione nei confronti degli insetti che di sera gli gironzolano attorno – per le vacanze estive non mi lasciano fare altro che comprenda o andare in giro per Privet Drive e tornare la sera senza però venire a rompergli le palle perché ho fame, devo pisciare o quant’ altro. Oppure stare in camera mia, ma a quel punto devo per forza leggere i loro schifosissimi libri di scienze e se mi beccano a far altro mi lasciano senza cena per due sere. Dicono che uno come me l’estate deve passarla a fare qualcosa di produttivo che non centri con quella inutile magia, perché altrimenti divento ancora più stupido di quello che già sono”
“Non hanno tutti i torti” commentò il biondo, sorridendo per cercare di tirare un po’ su il morale ad Harry. Stava pensando alle giornate di merda che avrebbe passato finita la scuola e aveva una faccia che trasmetteva la voglia di suicidarsi nel raggio di 30 metri.
Infatti non rispose, si limitò a fissarlo negli occhi.
“Hey, va tutto bene?”
“Si, si è che…” si interruppe un’attimo, pensieroso “Sai, avevo un padrino. Circa due anni fa mi aveva proposto di andare a vivere da lui, quando i dissennatori avessero smesso di dargli la caccia. Non vedevo l’ora che tutto finisse per potere finalmente mandare a quel paese i Dursley e vivere la mia vita con qualcuno a cui volevo davvero bene. Poi c’è stata quella notte al ministero della magia. Penso tu sappia quale intendo, quella in cui tuo… tuo padre…” smise di parlare, pauroso di aver detto troppo. Guardò Malfoy, ma quello aveva solo ed unicamente la sua solita espressione. Non un muscolo facciale fuori posto, quindi si decise a continuare “Beh non potrò mai più rivederlo, né sperare che mi accolga a casa sua, perché quella stessa notte Bellatrix Lestrange ha lanciato la peggiore delle maledizioni senza perdono su di lui. E lui è morto” concluse, senza nessun tono di voce, come se al suo ricordo non riuscisse ad avvertire alcun sentimento. Il suo sguardò era ancora puntato sul Serpeverde, ma era vuoto, come se in realtà non lo vedesse. In quel momento, dentro di lui, c’era solo un grande, schifoso e straziante nulla. Finché il biondo non pronunciò le uniche due parole che adesso come adesso avrebbero potuto farlo reagire.
“Sirius Black”
Il Grifondoro annuì, poi abbassò la testa e per infiniti attimi fissò l’erba umida sotto ai suoi piedi. Avvertì il tipico nodo alla gola di quando stava per piangere, cercò di trattenersi. Ma era da mesi che si tratteneva, che evitava di pensare al suo padrino solo per non guardarsi allo specchio e scorgere la sua debolezza. E rendersi conto che prima o poi tutte le persone che amava sarebbero morte per colpa sua, per proteggerlo. Sarebbero cadute una dopo l’altra, come le foglie di un albero in autunno, come soldati colpiti da mitragliatrici. Le sue spalle si mossero in un singhiozzò, avanzò di un passo verso Draco, poi si accasciò a terra.
Delle mani gentili lo afferrarono sotto le ascelle e lo riportarono in piedi un momento prima che toccasse il prato, una di esse gli accarezzò gentilmente il viso asciugandogli una lacrima e una voce che avrebbe potuto riconoscere da kilometri gli sussurrò una semplice frase: “Harry, ti prometto che quando tutto questo sarà finito casa mia sarà anche casa tua”
E il moro sorrise, e si dimenticò di tutto, e credette davvero alle parole del Serpeverde. Si dimenticò della missione, di Voldemort, del legame, della litigata con il suo migliore amico e di Sirius. C’era solamente Draco, e Draco gli stava prendendo la testa tra le mani, e le sue labbra sfioravano le sue, e quelle formicolavano piacevolmente in attesa di porre fine alle distanze. In attesa di ammettere ancora e ulteriormente quanto si amassero, quante migliaia di volte sarebbero stati disposti a morire per l’altro, e risorgere, per poi morire di nuovo. Anche se erano ancora troppo adolescenti per rendersene conto e troppo infantili per ammetterlo a parole.
Poi Malfoy lo baciò, lo baciò come non aveva mai fatto prima, lentamente, con delicatezza, quasi come se Harry fosse qualcosa di talmente fragile e prezioso da potersi rompere al primo gesto affrettato. Gli accarezzò il labbro inferiore con la lingua, poi gli sfiorò il palato e infine la intrecciò alla sua.
Una sensazione di calore si accese nel petto del Grifondoro, dolce ma allo stesso tempo rovente, come se lava stesse prendendo il posto del sangue nelle sue vene.
Entrambi non avevano mai provato nulla del genere, erano abituati a baciarsi con foga, a lasciar andare la rabbia accumulata in cinque anni di odio l’uno sull’altro, a poggiarsi le mani addosso goffamente, maldestramente, quasi da farsi male, a volte.
Il biondo si spostò sulla guancia del moro, poi in basso sulla mandibola e sul collo, lasciando piccole scie di baci su tutta la superficie, fino a che non giunse all’orecchio. Immerse le dita nell’ammasso confuso di capelli corvini e morse piano la pelle dietro di esso, una, due, tre volte, facendo impazzire Harry. Talmente tanto che quello alla fine si lasciò sfuggire ciò a cui stava pensando.
“Non vorrei in alcun modo rovinare il nostro rapporto di rivalità, e lo sai bene, però…” si bloccò un attimo, dopo un morso particolarmente intenso “… muoio dalla voglia di toccarti il culo” concluse in un sussurro.
“Wo-hoo-hooooo, qui cominciamo a faticare a trattenerci” disse Draco in tono malizioso ritornando di nuovo sulla sua bocca “Sai che ti dico? Rovinalo pure”
Senza farselo ripetere due volte il moro aumentò la pressione fra le loro labbra e, mentre con una mano guidava i movimenti della testa del biondo, con l’altra inizio a girare intorno al suo fianco e a scivolare verso il basso lentamente. Ma quando Malfoy, con nessun preavviso, scattò di nuovo verso il suo orecchio, lambendo con la lingua il suo lobo nei punti più deboli, non si trattenne più. Il suo braccio avanzò verso il fondo della spina dorsale e la sua mano si strinse convulsamente sui suoi glutei.
Il Serpeverde si lasciò sfuggire un gemito, poi trattenne il fiato all’istante, smise di fare ciò che stava facendo e indietreggiò mentre una scossa gli attraversava la schiena per intero.
“Ho-ho fatto qualcosa di male?” chiese Harry, preoccupato perché si era allontanato da lui.
Draco rise per alleggerire la tensione e si tirò giù il maglione fino a metà coscia, ricoprendo con il tessuto il fianco che il Grifondoro gli aveva scoperto “No, tranquillo. E’ solo che non penso tu debba più farlo”
Ancora addossato alla parete Potter corrugò la fronte: non riusciva a capire. Gli aveva dato il consenso lui stesso pochi secondi prima.
“Non è colpa tua, è solo che…” continuò il biondo, per poi interrompersi imbarazzato e puntare lo sguardo a terra.
A quel punto il Grifondoro si staccò dal muro e avanzò di un passo, poggiandoli una mano sulla guancia. L’altro si lasciò accarezzare dolcemente. “Draco, se c’è qualcosa che non va devi dirmelo, ok?”
Il Serpeverde lo guardò negli occhi e sorrise “Non so se riesco a trattenermi” rivelò sincero.
“Certo che ci riesci, ci sei già riuscito una volta. Ti insegnerò io come comportarti sotto effetto del legame finché non saprai di avere il suo controllo totale” disse con convinzione.
Il biondo scoppiò in risate, coprendosi la bocca con una mano per non farsi sentire dalle persone che in quel momento stavano nello spogliatoio, a prepararsi per la partita di Quidditch. Se li avessero trovati imboscati assieme lì dietro la loro reputazione sarebbe rimasta rovinata a vita. “No, mi hai frainteso! Non sto parlando del legame ma di…” si bloccò con il classico sorrisetto di quando si sa di aver fatto una figura di merda.
Le guance di Harry si tinsero di un rosa acceso. “Oh, capisco… è per quello che ti sei coperto con il maglione” abbassò lo sguardo, piuttosto compiaciuto del suo lavoro. Non tutti potevano vantarsi di aver eccitato Draco Malfoy in persona. “Un Serpeverde come te che non riesce a mantenere un minimo di controllo non è affatto un buon segno”
Prima che potesse dire altro venne sbattuto di nuovo contro la parete con una spinta che mai il Grifondoro si sarebbe aspettato di ricevere da uno che fino alla settimana prima aveva a mala pena la forza di reggere una forchetta per riuscire a mangiare. Ora erano a circa due metri di distanza uno dall’altro e Harry rimase stupito di vedere il biondo sfilarsi il maglione da sopra la testa e gettarlo sull’erba bagnata dalla neve ormai quasi completamente sciolta. “Mi dispiace deluderti Potty. Ma primo: sei tu quello che prima di me non si è trattenuto dal palparmi una chiappa. Secondo: forse non è un buon segno nemmeno quando hai le palle congelate dal freddo”. E lo disse con il tono di chi sapeva di poter fare scacco matto con una mossa.
“Infatti io non ho affatto le pal…”
Non fini la frase perché Draco gli era già addosso, fianchi premuti contro fianchi, bocca premuta contro bocca. E in men che non si dica anche il maglione di Harry era a terra, accanto a quello del Serpeverde.
“Ok, forse hai ragione…” biascicò il moro, rimasto solo con una camicetta leggera che certamente non riparava dal gelo.
“Io ho sempre ragione” sussurrò il biondo sulle labbra dell’altro, la testa inclinata verso il basso per avere quella di Potter perfettamente davanti alla sua. “Non è che dovremo scaldare un po’ le cose?”
Il Grifondoro avverti il fiato caldo dell’altro su di lui, e la nuvoletta bianca di esso a contatto con l’aria fredda gli appannò la visuale per un momento. Poi le gambe di Malfoy si intrecciarono alle sue, e prima che potesse reagire in qualsiasi modo il ginocchio dell’altro era dritto in mezzo ad esse. Harry cercò di indietreggiare più che poteva ma era già completamente addossato alla parete e così facendo non fece altro che peggiorare la situazione, strusciando la sua parte più sensibile contro il ginocchio di Malfoy mentre quello percorreva con la lingua l’intera sua clavicola. Non si era nemmeno accorto che gli aveva allentato la cravatta, era troppo concentrato su ciò che stava succedendo dai suoi fianchi in giù.
“Draco…” ansimò quando riuscì a riprendere il fiato per un secondo, che aveva trattenuto fino a quel momento. Voleva avvisarlo del fatto che non sapeva per quanto ancora sarebbe stato capace di resistere, ma ci rinunciò subito dopo. Incrociò le mani dietro al collo del biondo e lo attirò a sé, cedendo al desiderio. Ora i loro corpi erano ufficialmente un unico ammasso di respiri pesanti, pulsazioni veloci, sangue bollente e cuori che sembravano poter scoppiare da un momento all’altro.
Volevano sentirsi, sentire l’altro come se fosse parte di se stessi. E anche se erano più vicini di qualunque altra volta nessuno dei due riusciva a farselo bastare. Volevano di più.
Il Serpeverde fece scivolare una mano sulla vita muscolosa del Grifondoro sollevando il tessuto della camicia che la separava dalla pelle abbronzata sotto di essa. Graffiò piano il percorso sul fianco che gli servì per scendere abbastanza in basso da incontrare la spessa cintura che gli circondava il bacino. Cercò di infilarci sotto le dita ma era troppo stretta perché ce ne passassero più di due così le diede uno strattone per allentarla quel poco che bastava per farci entrare una mano.
Harry perse un battito e sobbalzò all’improvviso, il respiro bloccato in gola. Fu un riflesso involontario: La sua mano scattò e si chiuse sul polso di Malfoy, ma non fece alcun movimento né per toglierlo da dov’era in quel momento né per spingerlo a fare di più. “Che-che cosa… hai intenzione di…?” chiese in un sussurro allo stesso tempo spaventato ed eccitato.
“Quello che tu vuoi che io faccia” rispose Draco con un ghigno, allontanandosi dal Grifondoro di un passo e levando il braccio dal suo fianco.
Il moro si sentì all’improvviso vulnerabile e “scoperto” di fronte alla folata di vento gelido che gli attraversò lo stomaco quando il corpo caldo del biondo si staccò dal suo. Capì che non poteva stare ancora un secondo così lontano da lui, anche se erano solo pochi centimetri a separarli aveva un estremo bisogno di avvertirlo addosso. E poi si erano allontanati e riavvicinati troppe volte per i suoi gusti, da adesso decise che non gliel’avrebbe più permesso. Lo prese per la cravatta verde-argento e lo attirò a sé quasi maldestramente, mordendogli il labbro inferiore incapace di trattenersi.
Il biondo aveva previsto il modo in cui avrebbe reagito e non poté fare a meno di aprirsi in un ghigno soddisfatto. Il moro lo percepì chiaramente formarsi sotto i suoi denti finché la situazione non si complicò tanto che la lucidità iniziò ad abbandonarlo: il Serpeverde riportò le gambe alla posizione di precedenza, e incrociando la sua destra in mezzo a quelle del Grifondoro premette il bacino dell’altro contro la parete, senza rendersi conto che la sua coscia non sembrava voler smettere di esercitare un po’ troppa pressione al centro di quelle del moro.
Senza staccare le sue labbra da quelle di Draco, Potter strinse il polso di Malfoy e lo giudò in basso verso il suo fianco, finché non fu sicuro di sentire le dita del Serpeverde solleticargli la pelle scoperta dalla camicia nello stesso punto da cui le aveva levate momenti prima.
Il biondo non ci pensò due volte: afferrò la cintura e la tirò verso di sé per allentarla ancora. Harry si staccò dalla parete per alcuni secondi da quanto forte fu lo strattone, prima di ricadere su di essa con un tonfo. Ci passava a mala pena ma la sua mano riuscì comunque ad infilarsi sotto la spessa stoffa della cintura. La fece scivolare verso il suo fondoschiena lentamente, in maniera quasi frustrante, fino a superare con il polso il confine di essa.
La lingua del Grifondoro si intrecciò automaticamente a quella del Serpeverde quando avvertì il tessuto dei propri pantaloni tendersi di colpo sul bacino, a causa della mano di Draco, che scendendo occupava sempre più volume, privandoli della comodità dovuta alla loro larghezza.
Malfoy ricambiò il bacio intensamente, graffiando qualunque centimetro di pelle libera che trovava ogni qual volta i denti di Potter si chiudevano sulle sue labbra, provocandogli brividi lungo la nuca. Senza accorgersene iniziò a muoversi al ritmo con cui le loro lingue si ricorrevano, strisciando l’una contro l’altra, al ritmo con cui guidava l’inclinazione della testa del moro a suo piacimento. Non si rese conto di dove era ancora premuta la sua coscia, e del fatto che, anche se quasi impercettibilmente, aveva iniziato anche lei a scorrere in su e in giù assieme al resto di lui. Non si rese conto nemmeno del battito esageratamente accelerato del Grifondoro e del gemito che quello si lasciò sfuggire, soffocato dalla bocca del Serpeverde sulla sua.
Harry perse completamente l’autocontrollo. Sentì il sangue abbandonare il cervello e le pulsazioni trasferirsi in basso, tutte in un unico punto. Poi non capì più nulla, entrambe le sue mani scattarono dal collo di Draco ai suoi glutei senza che potesse trattenersi in alcun modo.
Il Serpeverde sgranò gli occhi quando sentì le unghie del Grifondoro conficcarsi su di essi. I polmoni sembravano essersi stancati di continuare a respirare mentre il suo cuore faceva l’esatto contrario, pompando sangue bollente nelle sue vene senza sosta. Fece scivolare le dita sul fondoschiena di Potter più in basso, sempre più in basso. Il suo polso superò il confine della cintura, poi il suo avambraccio, occupando volume, troppo volume. Ora i pantaloni erano completamente attillati sui fianchi del moro.
“Oddio…” gemette Harry tentando di non impazzire definitivamente, ma la lingua di Malfoy era ancora allacciata alla sua, la sua mano era ancora ferma sulla pelle scoperta del suo culo, e la sua coscia aveva preso a muoversi su e giù più velocemente di prima. Non riusciva più a collegare la realtà alla testa, si sentiva debole, completamente sottomesso al Serpeverde che lo teneva bloccato alla parete. E con l’unico briciolo di lucidità che gli restava riuscì ad ammettere che in una situazione come quella non gli dispiaceva dover affidare il suo controllo nelle mani dell’unica persona che poteva davvero capirlo. Adesso come adesso lui non sarebbe mai riuscito a mantenerlo.
Aprì gli occhi, ed il mondo era tutto completamente grigio, e i confini delle figure sbiaditi, fatta eccezione per due iridi di ghiaccio che luccicavano provocanti attraverso le lenti dei suoi occhiali. Con la poca forza che gli rimaneva attirò le anche di Draco sul suo bacino, spingendole ancora di più contro di sé. E il suo corpo fremette, tremante di debolezza e di desiderio, impaziente di sapere cosa sarebbe accaduto.
Fu a quel punto che il biondo avvertì chiaramente qualcosa premere sulla sua coscia. Gli si mozzò il fiato mentre si rendeva conto che il modo in cui si sentiva il Grifondoro stava eccitando anche lui, e fin troppo in fretta, senza che potesse fare nulla per trattenersi. La sua mano si chiuse di scatto sul gluteo di Harry, e le sue unghie di conficcarono su di esso, stringendolo in maniera quasi possessiva.
Le loro lingue strisciarono più forte le une sulle altre, invadendo la gola, impendendo ad entrambi di riprendere fiato e soffocando i loro gemiti, che uscirono come respiri strozzati.
Da ora Harry avrebbe potuto dare ragione a Silente quando (una settimana prima, nel suo ufficio) diceva che per riconoscere il loro legame avrebbero provato uno o più sentimenti dello stesso tipo contemporaneamente. Non era mai riuscito a “sentire” Draco in quel modo, così vicino a lui. E non intendeva solo fisicamente. Sentiva la sua felicità, la sua confusione, il suo imbarazzo, il suo desiderio… e poi sentiva qualcosa, qualcosa a cui non seppe dare il nome, un sentimento che spiccava su tutti gli altri come una macchia di bianco candido su una parete completamente nera.
Le sensazioni che stavano provando si impressero nelle loro menti e nei loro corpi sotto forma di tocchi roventi, incisi come marchi di fuoco indelebili sulla carne, che per sempre avrebbero lasciato il segno. E le loro cicatrici a forma di saetta formicolarono senza far male, in maniera quasi piacevole.
Avrebbero voluto continuare ancora per ore. Era tutto così maledettamente bello. Così maledettamente intenso.  
Finché lo scricchiolio di un rametto non li fece sobbalzare entrambi rompendo lo stato di estasi in cui erano entrati.
Dei passi si stavano avvicinando velocemente.
Harry si guardò intorno – la mente ancora annebbiata e sgombra da qualunque pensiero che non fosse Draco – cercando una via d’uscita, ma per loro sfortuna l’unica maniera con cui poter andarsene era passare per il posto da cui qualcuno li stava raggiungendo. In compenso c’era un vecchio e stretto capanno in legno addossato alla parete, dove Madama Bumb teneva le scope per i ragazzini del primo anno quando gli insegnava a richiamarle a sé con un “Su!”, oppure per i giocatori di Quidditch a cui si danneggiava la scopa e necessitavano di qualcosa per allenarsi nell’attesa che gliene venisse spedita una nuova.
“Vai-vai dentro a quel coso. Io ti raggiungo subito” biascicò sottovoce afferrando il biondo per una braccio e indicandogli il ripostiglio malridotto.
Anche se ancora un po’ rimbambito da ciò che era appena successo, anzi, rimbambito e basta, e anche frustrato per il fatto che fossero stati interrotti così bruscamente, quello obbedì senza farselo ripetere due volte.
Potter scattò verso la sacca da Quidditch abbandonata per terra, aprì la cerniera e sfilò velocemente il mantello dell’invisibilità che portava sempre con sé in caso di emergenze come quella. Udì i passi avvicinarsi pericolosamente e seppe che chiunque fosse la persona a cui appartenevano ora stava per svoltare l’angolo e coglierlo con le mani nel sacco. Girò su se stesso, si gettò il pezzo di stoffa sulle spalle e corse verso il capanno abbandonando la Firebolt e tutto il resto per terra. Si tuffò dentro, letteralmente, cadendo addosso al Serpeverde e rischiando quasi di trasformarlo in una frittata di carne ossicini compresi, poi si richiuse la porta alle spalle con un tonfo, appena in tempo.
“Chi c’è?” chiese una voce femminile piuttosto squillante “Ho sentito dei tonfi, volevo solo assicurarmi che nessuno si fosse fatto male”
“Merda” sussurrò Potter mentre si sollevava da sopra Malfoy, che poté finalmente riprendere a respirare e ricomporsi come poteva. Gli gettò addosso il mantello dell’invisibilità e cercò una posizione abbastanza comoda da farci stare tutti e due. Metà ripostiglio era però occupato da un mucchio di scope polverose, coperte da ragnatele, e loro non poterono fare altro che rimanere in piedi con le pareti alle spalle, schiacciati l’uno contro l’altro.
“Cosa succede?” domandò Draco, confuso. Sentiva la testa girare come se avesse bevuto una dozzina di bicchieri di Burrobirra.
“E’ Ginny”



 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Capitolo 24 - rossetto arcobaleno ***


Note dell’autrice: Zao piccoli fagioli!
Come promesso I’m back <3
Domani mattina partirò per un campo scout e starò via due settimane, quindi perdonatemi ma proprio non ho avuto tempo per ricontrollare la correttezza del capitolo con i preparativi, i compiti e tutto il resto delle cose che avevo da fare. Quindi, se trovate tanti errori di scrittura, portate pazienza XD. Ho preferito pubblicarlo lo stesso piuttosto che lasciarvi senza, lo guarderò meglio quando sarò tornata.
Detto questo, come avrete intuito dal capitolo precedente, in questo (oltre ai nostri due piccioncini che si nascondono da Ginny dentro ad un ripostiglio delle scope) descriverò la partita di Quidditch Grifondoro VS Tassorosso. Ma dato che è davvero difficile ricordarsi i nomi di tutti i giocatori e del loro ruolo vi lascio qui sotto l’elenco, così andate meglio a seguirne lo svolgimento mentre leggete:
 
SQUADRA GRIFONDORO

Cercatore: Harry Potter (capitano)
Portiere: Ron Weasley
Battitori: Ritchie Coote; Jimmy Peakes
Cacciatrici: Ginny Weasley; Katie Bell; Demelza Robins
 

SQUADRA TASSOROSSO

Cercatore: Jamie (non so il cognome)
Portiere: Anthony Rickett (capitano)
Battitori: Heidi Macavoy; Maxime O’Flaherty
Cacciatori: Malcom Preece; Zacharias Smith; Tamsin Applebee
 

Probabilmente la metà di questi non verranno nemmeno nominati. E perdonate se ho sbagliato qualche componente, ma dalle ricerche che ho fatto dovrebbero essere tutti qui.
Ci vediamo sotto, nel frattempo: BUONA LETTURA!

 
 
 
 
 
 

Capitolo 24

rosetto arcobaleno


“Vai-vai dentro a quel coso. Io ti raggiungo subito” biascicò Harry sottovoce afferrando il biondo per una braccio e indicandogli il ripostiglio malridotto.
Anche se ancora un po’ rimbambito da ciò che era appena successo, anzi, rimbambito e basta, e anche frustrato per il fatto che fossero stati interrotti così bruscamente, quello obbedì senza farselo ripetere due volte.
Potter scattò verso la sacca da Quidditch abbandonata per terra, aprì la cerniera e sfilò velocemente il mantello dell’invisibilità che portava sempre con sé in caso di emergenze come quella. Udì i passi avvicinarsi pericolosamente e seppe che chiunque fosse la persona a cui appartenevano ora stava per svoltare l’angolo e coglierlo con le mani nel sacco. Girò su se stesso, si gettò il pezzo di stoffa sulle spalle e corse verso il capanno, abbandonando la Firebolt e tutto il resto per terra. Si tuffò dentro, letteralmente, cadendo addosso al Serpeverde e rischiando quasi di trasformarlo in una frittata di carne ossicini compresi. Poi si richiuse la porta alle spalle con un tonfo, appena in tempo.
“Chi c’è?” chiese una voce femminile piuttosto squillante “Ho sentito dei rumori, volevo solo assicurarmi che nessuno si fosse fatto male”
“Merda” sussurrò Potter mentre si sollevava da sopra Malfoy, che poté finalmente riprendere a respirare e ricomporsi come poteva. Gli gettò addosso il mantello dell’invisibilità e cercò una posizione abbastanza comoda da farci stare tutti e due. Metà ripostiglio era però occupato da un mucchio di scope polverose, coperte da ragnatele, e loro non poterono fare altro che rimanere in piedi con le pareti alle spalle, schiacciati l’uno contro l’altro.
“Cosa succede?” domandò Draco, confuso. Sentiva la testa girare come se avesse bevuto una dozzina di bicchieri di Burrobirra.
“E’ Ginny”
“Ok, merda” confermò il biondo. “Basta solo che non mi riduci alla grandezza di un elfo domestico perché questo coso – indicò il mantello sopra le loro teste –  non ci copre decentemente, come hai fatto l’ultima volta con Gazza e il suo gatto isterico”
Al ricordo il moro trattenne a stento le risate “Dovresti solo ringraziarmi perché ti sto parando il culo per l’ennesima volta”
Draco roteò gli occhi, anche se con il buio che c’era lì dentro Harry non poteva vederlo. “Ok, allora le porgo i miei più sinceri ringraziamenti mio sommo cavaliere salvatore di chiappe”
Avvertì in maniera inconfondibile la pesante nota di sarcasmo all’interno della frase ma sorrise comunque. Conosceva i suoi modi di fare e poteva tranquillamente considerare quelle parole veri ringraziamenti. “Figurati furetto” mormorò allora lasciandoli un leggero bacio a stampo sulle labbra “Ora puoi anche smettere di respirare come se avessi corso senza sosta per un mese. Rischi di farci sgamare”
Malfoy si rese conto di stare ansimando solo quando Potter glielo fece notare. Cercò di calmarsi e rallentare i battiti ma non era facile farlo con il Grifondoro appiccicato a sé e la consapevolezza che lì fuori c’era Pel-Di-Carota-Femmina che avrebbe potuto scoprirli in qualsiasi momento. “Ha-Harry… che facciamo con i maglioni che abbiamo lasciato fuori? E la tua sacca da Quidditch?” chiese, per nulla tranquillo, nel momento in cui si ricordò che avevano abbandonato tutto sul prato.
“Non ne ho idea. Meglio quelli che noi. Tu per favore cerca di far silenzio. Prova a trattenere il fiato o qualcosa del genere”
Malfoy iniziò seriamente ad irritarsi “Se non te ne fossi accorto quando sei entrato mi hai praticamente fatto morire soffocato, e poi qui dentro è pieno di ragnatele schifose, e poi mi si stanno impolverando i capelli, e poi…” esitò alcuni secondi, imbarazzato “poi non è che abbiamo appena finito di fare ‘cose’ tanto tranquille. Tu come fai ad essere così…?”
“Così calmo?” continuò la frase per lui il moro “Non è la prima volta che mi trovo in questa situazione, ho anni di esperienza”. Allungò una mano verso il viso di Draco e gli accarezzò delicatamente una guancia, sentendola bollente sotto i suoi polpastrelli. “L’importante è che tu stia tranquillo” gli sussurrò gentile per cercare di calmarlo “Stai tranquillo”
 
Ginny si guardò intorno confusa quando notò il mucchio di cose buttate a casaccio per terra, e subito fu sicura che i suoi presentimenti (sul fatto che ci fosse qualcun’altro prima del suo arrivo) fossero fondati. Vide una Firebolt posata accanto ad una sacca da Quidditch da Grifondoro e in automatico la collegò ad Harry Potter. Non c’erano altre persone nella sua casata che ne possedessero una, almeno da quel che ne sapeva lei. Poi scorse anche un maglione con i colori di Serpeverde accanto ad uno di Grifondoro, e allora corrugò la fronte, doppiamente perplessa. Tutta la scuola sapeva che quelle due Case non andavano d’accordo per principio, probabilmente Harry (o chiunque fosse) doveva aver fatto a botte con qualche serpe. Magari Malfoy, se l'opzione esatta fosse stata la prima – un’altra cosa di cui era convinto l’intero corpo inseganti e studenti era l’odio profondo che regnava tra i due dal loro primo incontro.
Ginny estrasse la bacchetta da sotto la manica e osservò attentamente il posto attorno a sé, l’unica via d’uscita era passare per la stretta striscia di terra da cui era arrivata fino a lì, quindi, sempre se i proprietari dei vestiti non erano scappati da sopra il tetto, magari con una scopa, dovevano ancora essere da qualche parte nelle vicinanze.
 
“Che fai?!” esclamò ad un certo punto il moro, dopo lenti minuti di silenzio.
“Niente… Sono fermo immobile” rispose il biondo senza capire.
“Non è vero, una parte del tuo corpo si sta muovendo”
“Ti dico che sono fermo immobile”
Harry ridacchiò abbassando lo sguardo, anche se al buio com’erano non riusciva a scorgere praticamente nulla. “Si invece, qualcosa si sta muovendo”
“Sarà un ragno”
“Non esistono ragni così... grossi” osservò il Grifondoro. Poi si ricordò improvvisamente di quella volta in cui lui e Ron si erano infiltrati nella foresta proibita e avevano conosciuto Aragog e i suoi simpatici amichetti affamati di carne umana. “Nel senso, forse anche sì, ma non credo che c’è ne siano qui dentro” si corresse.
“Sarai tu quello che si muove, non io. Magari è una tua impressione”
Harry alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. “Ti dico che non lo è”.
Sta volta Draco non ribatté, restò zitto, perché forse cominciava a sentire qualcosa… che pochi secondi dopo, dato che ci stava pensando, diventò molto più di qualcosa: una sensazione decisamente inadatta a migliorare la situazione in cui si trovavano. Ma adatta più che altro a complicare la sua. Sì prese del tempo per calmarsi e imprecare mentalmente su tutti i Santi che conosceva, ma non servì poi a molto perché senza alcun preavviso il Grifondoro lo afferrò sulle anche e lo attirò a sé. Facendo ovviamente svanire quel poco autocontrollo che era riuscito a racimolare cercando di riflettere solo ed unicamente sui Santi.
“Credi ancora che mi stia immaginando tutto?” chiese Harry malizioso.
Le mani del Serpeverde scattarono sugli avambracci dell’altro in automatico. Rimase in quella posizione per alcuni secondi, come se stesse faticando immensamente a lasciarli andare. Poi chiuse gli occhi, inspirò una buona boccata d’aria polverosa e con tutta la forza di volontà che possedeva – che, in quel momento, era decisamente poca – se li staccò di dosso, riportando le braccia del moro lungo i suoi fianchi. Espirò e, trattenendosi a stento dal saltargli addosso, sibilò un “Fanculo” tra i denti che per fortuna l’altro non udì.
“Ah davvero?” domandò Potter riferendosi invece al gesto di ritirata compiuto dal biondo. “Se ti dà tanto fastidio la mia vicinanza allora spostati” gli consigliò in tono allo stesso tempo gentile e provocatorio.
“Forse, se non te ne fossi accorto, siamo in un minuscolo ripostiglio occupato per metà da scope e per l’altra metà da ragnatele, non posso spostarmi”
“Allora smettila di muoverti”
“Io sono fermo”
“Non sei tutto fermo” gli fece ancora notare il moro, sottolineando in modo particolare la parola ‘tutto’ come se il Serpeverde non avesse già afferrato il concetto.
Draco sentì le guance prendere fuoco per la vergogna “Forse non riesco a controllare quella parte…”
“Oh sì che ci riesci, forse basta solo che tu lo voglia”
“FORSE” riprese Malfoy “Se schiacciato contro di me non ci fosse un Grifondoro così fottutamente eccitante che mi provoca i pensieri più pervertiti della mia vita mia e tenta in tutti i modi di farmi impazzire mentre siamo dentro ad una situazione in cui impazzire non è permesso allora sì, FORSE riuscirei a controllarmi” disse tutto d’un fiato, scaldandosi un pelo.
Harry sgranò gli occhi alla sincerità di quelle affermazioni che mai si sarebbe aspettato di udire da Draco in persona, e non poté fare a meno di aprirsi in un sorriso da un orecchio all’altro. Probabilmente non gli sarebbe capitato altre volte di assistere alla scena di un Malfoy che ammetteva le sue debolezze più intime, quindi doveva assolutamente godersi quel momento.
 
Dentro il capanno calò il silenzio per alcuni istanti mentre i passi di Ginny, che si guardava intorno in cerca di ulteriori indizi, calpestavano di tanto in tanto il terreno.
 
Finché Draco non lo ruppe schiaffandosi una mano sulla testa “Cazzo… l’ho detto veramente?”
“Ehm… sì” confermò il moro.
“Era una domanda retorica” gli fece notare il biondo esasperato “In ogni caso fai qualcosa, non startene lì impalato”
“Ti ricordo che sei tu quello che ha un problema da risolvere, sta a te trovare una soluzione”
“Di solito sono i Grifondoro che hanno sempre in mente qualcosa di estremamente stupido ma funzionante per uscire da casi come questo”
“Di solito sono i Serpeverde che hanno sempre tutto sotto il loro controllo”
“Ah sì?” ringhiò Draco “E se ti facessi notare che lasciare le situazioni più complicate in mano ad altri e starsene fuori belli e pacifici come se non si centrasse nulla è un comportamento da perfetto Serpeverde?”
“E se io ti facessi notare che continuare a ribattere come dei veri testardi sulla stessa causa finché non ti danno ragione è un comportamento da perfetto Grifondoro?”
“Porco Godric Harry! E va bene, allora prova a girarti dall’altra parte. Magari va meglio”
Ridacchiando, e consapevole di essere riuscito a tenergli testa per una volta, il moro obbedì e con non poca difficoltà (a causa dello spazio inesistente all’interno del ripostiglio) si voltò dando le spalle al biondo e spiaccicando il naso sulla parete in legno.
Nel farlo però quella scricchiolò, attirando purtroppo l'attenzione della ragazza.
“Omioddio…” ansimò Malfoy senza fiato “No, no, assolutamente no. Non va meglio. No, proprio per niente. Torna… nella posizione… di prima. Adesso”
 
“Chi è là?!” esclamò Ginny udendo un chiaro rumore provenire da dietro di lei. Tese la bacchetta in avanti e cominciò ad avvicinarsi al capanno con cautela, pronta ad ogni evenienza.
 
“Scordatelo. Non muoverti e sta zitto” intimò Potter al Serpeverde, assicurandosi che fossero entrambi coperti dal mantello dell’invisibilità per intero.
Draco gemette frustrato e strinse i denti: i glutei di Harry premuti contro il suo bacino non erano certo il migliore dei modi per permettergli di riprendere il controllo. La più vasta gamma di imprecazioni conosciute, e alcune anche sconosciute, gli attraversò la mente, ma lui non poté aprire bocca per sfogarsi né migliorare in qualche modo la situazione. Poté solo ascoltare i passi di Pel-Di-Carota-Femmina che avanzavano verso di loro mettendolo ancora più in ansia di quanto già non fosse.
Poi la porta del capanno si aprì di colpo senza che nessuno dei due potesse prevederlo, e cigolò in maniera sinistra finché la sagoma di Ginny apparve sulla soglia. Trattennero il fiato mentre quella scrutava attentamente l’interno malridotto, le scope accatastate disordinatamente sulla parete e la polvere che svolazzava nel vuoto.
La ragazza non riusciva però a vederne bene il fondo – la luce che entrava non era abbastanza da permetterglielo – così allungò una mano verso il buio, dritta dritta nella direzione dove Draco e Harry stavano nascosti.
Il Serpeverde si tappò la bocca con una mano per non urlare e afferrò involontariamente quella del Grifondoro, nel momento in cui le dita della Weasley sfiorarono il mantello di pochi centimetri. Sentiva di poter esplodere da un momento all'altro.
Potter ricambiò la stretta con il cuore che gli scoppiettava in petto. E chiuse gli occhi, preparandosi al peggio.
Che non arrivò.
A sorpresa Ginny ritirò il braccio e indietreggiò di un paio di passi con in volto un’aria piuttosto spaventata: aveva toccato una ragnatela bella consistente appena prima di arrivare al mantello.
No, qui non c’è assolutamente nulla” pensò la rossa fra sé e sé con una smorfia disgustata, rifiutandosi di rimettere piede o qualsiasi altra parte del corpo dentro quell’inquietante sgabuzzino. Ripose la bacchetta all’interno della manica e tornò agli spogliatoi senza dire una parola.
La partita di Quidditch sarebbe iniziata tra meno di dieci minuti e non valeva la pena ritardare per dei rumori che neanche sapeva se fossero reali o frutto della sua immaginazione.
 
“Se-se n’è andata… vero?” chiese il biondo sottovoce dopo svariati attimi dal momento in cui l’aveva sentita allontanarsi. “L’abbiamo scampata per un pelo”
“Per una ragnatela." lo corresse il moro "Comunque credo di sì, se n’è andata”.
A quanto pareva la fobia dei ragni era di famiglia negli Weasley.
“Santo Salazar finalmente!” esclamò Draco afferrando l’altro per le spalle e facendolo voltare verso di lui, in modo che i loro corpi si trovassero di nuovo l’uno di fronte all’altro. Sospirò sollevato. “Non ne potevo più di quel stramaledetto sedere!”
“Ehy, che hai contro di lui?” ribatté Harry incrociando le braccia e fingendosi offeso.
“E’ troppo… è’ troppo sodo” disse sparando la prima cosa che gli passò per la mente.
“Harry Potter e la maledizione del sedere” recitò il Grifondoro come se stesse leggendo il titolo di un qualche volume “Sai che ti dico? Mi ispira. Ma se fossi in te non comprerei mai questo libro. Andresti fuori controllo già dal primo capitolo”
“Ti odio” sussurrò Draco assottigliando gli occhi, e grazie alla poca luce che filtrava dalla porta aperta dello sgabuzzino Harry poté vederlo chiaramente. Poi Malfoy prese la testa del moro tra le mani e senza alcun preavviso lo attirò a sé. E lo baciò passando una mano fra i suoi capelli corvini gentilmente e spostandogli una ciocca dietro l’orecchio, che tornò all’istante nella posizione di partenza senza volerne sapere di rimanere ferma dove l’aveva messa.
“Non sai quanto cazzo ti odio” ripeté ancora, staccandosi da Potter e lasciandolo lì: imbambolato e sorridente come un bambino felice.
Il biondo uscì dal capanno, prese dei respiri profondi e attese che la situazione sulla parte inferiore del suo corpo si calmasse, poi raccolse il maglione da terra e si allontanò verso le tribune del campo da Quidditch, cercando con lo sguardo un posto decente per assistere alla partita.
“Non sai quanto cazzo è falso quello che hai appena detto” rise Harry tra sé e sé, sfiorandosi le labbra con un dito.

 
 *****

 
Ginny finì in fretta di allacciarsi l'ultimo stivale, assicurandosi poi che fosse ben stretto sul polpaccio e che non avesse dimenticato qualche altro pezzo della divisa di Quidditch per strada. Afferrò la sua scopa in modo da non dover poi tornare dentro un'ulteriore volta e uscì di corsa: forse era ancora in tempo per un ultimo controllo al retro degli spogliatoi maschili. Le pareva impossibile che si fosse immaginata tutti quei tonfi e scricchiolii, e le cose che aveva visto abbandonate sul prato alimentavano notevolmente i suoi sospetti.
Con un fruscio della sua chioma rosso fuoco, legata in una coda perfetta la cui punta superava metà schiena, varcó il confine tra spogliatoi maschili e femminili e si appoggiò alla parete in legno di questi ultimi. Proprio dove, alla sua destra, si trovava la stretta striscia di terra che portava al retro e allo sgabuzzino delle scope. Nessuno pareva essersi accorto di lei, quindi fece per svoltare l'angolo quando un Grifondoro le sbucò proprio davanti, tagliandogli la strada.
"Oh, scusami Ginny!" esclamò Harry sventolando le mani per aria in maniera ridicola, dopo esserle andato addosso.
La ragazza lo guardò in viso e si rese conto che aveva il respiro stranamente veloce, i capelli impolverati e messi in condizioni peggiori del solito e le guance colorite nonostante la carnagione scura. Sembrava che avesse appena finito di correre, o di fare a botte... "Oppure ci ha dato dentro"  aggiunse mentalmente. Strano, non sapeva che avesse una nuova ragazza.
"Fa niente" lo tranquillizzò comunque "Che stavi facendo lì dietro?"
"Ehm..." biascicó il moro a disagio, lasciando cadere a terra la sacca da Quidditch e sistemandosi il maglione con la mano libera dalla Firebolt, per mostrarsi con un minimo di decenza. Ecco, era fottuto. Possibile che i guai venissero sempre e solo da lui?
"Stessa sacca, stessa scopa, si è rimesso il maglione... A quanto pare doveva esserci proprio lui lì dietro quando sono venuta a controllare" pensò la Weasley riconoscendo all'istante gli oggetti che poco prima aveva trovato per terra.
"Io... credo mi abbiano nascosto le cose da Quidditch per sabotare la partita. È da più di mezz'ora ormai che le sto cercando" inventò Harry sul colpo.
"Può essere stato un Tassorosso?" chiese lei.
"S-si, probabilmente. Oggi giochino contro di loro, anche se mi pare un po' strano che uno di quella Casa si comporti così. Ma sai... la gente fa di tutto per vincere, a volte. Oppure il colpevole è un Serpeverde: quelli lo fanno anche solo per divertimento"
E sarebbe stata una scusa dannatamente credibile se Harry non fosse stato una schiappa a mentire e Ginny certa di aver visto anche un maglione verde-argento, oltre alle cose del Grifondoro. Che senso aveva per un Serpeverde nascondergli la sacca e la scopa e dimeticarci pure il proprio maglione? Nessuno sano di mente avrebbe mai lasciato un indizio del genere: con la taglia e tutto chiunque poteva rintracciare il colpevole. E poi come si spiegavano tutti i rumori che aveva sentito?
"Va bene, ti credo" disse la ragazza fingendosi in ogni caso convinta: non valeva la pena insistere oppure il moro avrebbe capito dove voleva arrivare. E già la tensione sul suo viso si notava da kilometri di distanza.
Harry tirò un sospiro di sollievo.
"E meglio che vai a cambiati ora perché mancano solo tre minuti all'inizio della partita"
"Merda!" scattó Potter afferrando le sue cose "Niente discorsi di incoraggiamento sta volta, speriamo che la squadra si ricordi almeno gli schemi d'attacco e difesa che abbiamo elaborato lo scorso allenamento"
"Beh io me li ricordo!" gli urlò dietro Ginny mentre quello correva come un fulmine nella direzione opposta a lei "E dovresti fidarti un po' di più dei tuoi giocatori!"
Ma il ragazzo sentì solo la prima parte della frase, ora come ora era troppo lontano, già scalzo e a petto nudo ancora prima di entrare in spogliatoio e arrivare al suo attaccapanni. E le poche ragazze che fatalità stavano guardando da quella parte certo non ne rimasero dispiaciute.
Ginny si assicuró che fosse sparito dentro la porta prima di estrarre la bacchetta e svoltare l'angolo che portava nel retro. Sì guardò intorno per lunghi attimi, percorrendo il prato avanti e indietro più volte. Ma non c'era più alcun oggetto a terra, e del maglione di Serpeverde nessuna traccia. No, non poteva esserelo immaginata, non era mica daltonica o schizzofrenica. Chiunque fosse il proprietario doveva essere venuto a riprenderselo. E probabilmente Harry aveva fatto a botte con qualche serpe e non aveva voluto dirglielo per non rovinarsi la reputazione da bravo Grifondoro, nascondendosi poi non-so-dove quando l'aveva sentita arrivare. Ma di nuovo: perché togliersi i maglioni per fare a botte? Forse perché intralciavano i movimenti?
"Si probabilmente è così" si autoconvinse.
 
"Scusate il ritardo ragazzi!" esclamò Harry fuori di sé, gettando all'aria i vestiti che si era già tolto e combattendo contro la cerniera dei pantaloni che non sembrava volersi abbassare.
Jimmy e Ritchie, i suoi battitori, lo guardarono malissimo mentre saltellava in giro come un coglione nella difficile impresa di sbrogliare il tessuto che si era incastrato sotto di essa. Ron invece era seduto in un angolo con lo stesso colorito verdognolo che aveva alla colazione in Sala Grande, mentre si rigirava i pollici nervosamente.
"Draco Malfoy aiutami Porca Umbridge!"  si ritrovò a pensare Potter dopo più o meno cinque tentativi di togliersi i pantaloni, riflettendo sul fatto che il Serpeverde era riuscito a sfilargli un maglione, allentargli una cravatta e allargargli una cintura con zero difficoltà e senza che quasi se ne accorgesse. Sicuramente non avrebbe avuto problemi con una fottutissima cerniera. Si fermò in mezzo allo spogliatoio, guadagnandosi sguardi sconcertati anche da parte di tutti i Tassorosso, e avvampó per la terza volta in una mattinata. Poi chiuse gli occhi, prese un respiro profondo e tirando come un forsennato finalmente riuscì a liberarsene una volta per tutte.
"Sì! Si-si-si-si-si-si-si!" urlò con una vocetta euforica mentre correva di nuovo verso il suo attaccapanni e si infilava la divisa.
Jimmy Peakes consultò l'orologio che aveva al polso e commentò "Ehm... mancano tipo due minuti. E poi bastava che..."
"E poi bastava che ti sbottonassi il bottone" finì per lui Ritchie Coote, indicando i suoi pantaloni a terra che nemmeno s'era preoccupato di appendere.
Harry lanciò un'occhiata verso di essi e si accorse che il bottone era saltato via, e la cerniera non era affatto incastrata come credeva. L’ovvietà del perché aveva faticato così tanto a sfilarseli lo colpì forte tanto quanto una dolorosa martellata in testa. "Cazzo non potevi dirmelo prima?!"
Il battitore si fissò gli stivali sentendosi improvvisamente responsabile dell'accaduto.
"Fa niente, colpa mia. L'importante è che ti senta pronto per la partita" si affrettò ad aggiungere il moro per compensare alla reazione aggressiva di poco prima. Stava per svenire dall'agitazione, lo sentiva. E il fatto di essere ancora svestito per metà quando mancavano pochi minuti all'inizio non lo aiutava di certo.
"Ragazzi, voi intanto entrate in campo. Cerco di raggiungervi il prima possibile" ordinò con il miglior 'tono da Capitano' che riuscì a imitare in un momento come quello.
I due battitori si alzarono dalle panche, afferrarono le scope e uscirono dallo spogliatoio senza dire una parola. Ron invece si mise in piedi svogliatamente poco dopo. Tremava come una foglia, ma non per il freddo: più che altro era terrore per la partita.
Potter si accorse di avere lo sguardo del rosso puntato addosso solo quando smise di dargli le spalle, per afferrare gli stivali nella sacca dietro di lui. Weasley era ancora lì, immobile se non per il tremolio del suo corpo, con le braccia tese lungo i fianchi e i pugni stretti. Lo stava fissando così intensamente da essere inquietante.
Harry si fermò a guardarlo negli occhi, non sapendo in che altro modo comportarsi. Avrebbe voluto incoraggiarlo, fare pace o qualcosa del genere. Ma sapeva che parlare, soprattutto adesso, non sarebbe servito a nulla.
Rimasero così per decisamente troppo tempo: finché mancarono solo secondi all'inizio della partita. Finché Ron non fu il primo a farsi avanti.
Si avvicinò ad Harry e disse poche parole. Ma che bastarono a turbare il moro più di ogni altra cosa. "So perché sei in ritardo".
E se ne andò.

 
 *****

 
"Voglio un gioco pulito! Niente violenza, imbrogli o quant’altro di disonesto! Altrimenti la squadra in questione sarà punita severamente” risuonò autoritaria la voce di Madama Bumb, in piedi e a braccia incrociate al centro del campo “Per dirla più precisamente: se vedo anche solo una lontana somiglianza con il fallo compiuto dai Serpeverde nella scorsa partita verrete automaticamente squalificati dalla Coppa delle Case di Quidditch”
Un ringhio silenzioso sembrò levarsi dalla folla verde-argento al ricordo della sconfitta di poche settimane prima. A causa di una maledizione lanciata sul portiere dei Corvonero che, oltre a non riuscire più a parare le pluffe e a schivare i bolidi, era rimasto per ben sei giorni in infermeria, – perché l’incantesimo era stato appositamente pronunciato male con ovvie gravi conseguenze sul ragazzo – la squadra Serpeverde era passata all’ultimo posto in classifica. Sta volta, se riaccadeva di nuovo, Madama Bumb non sarebbe stata così gentile. Dopotutto le serpi avevano ancora una possibilità di recuperare. Certo, sarebbe stato difficile, ma non impossibile.
“E per favore, giocatori, cercate di essere più puntuali la prossima volta” riprese l’insegnante con improvvisa voce gentile “altrimenti, se ritardate troppo, non potrò fare a meno di dare una penalità alla vostra squadra”
Harry avvampò di colpo, per la ben quarta volta in quella mattinata, rendendosi conto che l’avviso era rivolto, anche se non direttamente, a lui. Abbassò lo sguardo, imbarazzato, ma il rossore non poté che peggiorare quando incrociò quello attento e accusatorio di Ginny.
“I capitani si stringano la mano!” esclamò Madama Bumb interrompendo temporaneamente, per fortuna del moro, la spiccata voglia di sapere della ragazza.
Potter avanzò di poco e si fermò a mezz’aria osservando le due squadre schierata in ordine sotto di lui, il tremolio incessante di Ron sospeso al suo fianco e infine il Tassorosso che si ritrovava di fronte: Anthony Rickett. Prese un respiro profondo, senza però far notare la sua rinnovata agitazione, poi, scrutando gli occhi del giocatore nei pochi secondi a disposizione e cercando di decifrarne le intenzioni, si decise a stringerli la mano.
“Molto bene” mormorò l’insegnante tra sé e sé. "TRE... DUE... UNO..." e il suono acuto del suo fischietto riempì il campo, dando finalmente iniziò alla partita.
Il boccino venne liberato per ultimo e con uno scatto veloce volteggiò attorno alla testa di Potter, poi scattò verso quella di Jamie – il cercatore dei Tassorosso – sfiorandogli il naso. Subito dopo sparì in alto, tra le nuvole, con un leggero fruscio delle ali.
Harry fece appena in tempo a spostarsi all’indietro prima di venire investito dai cacciatori e dai battitori che decollavano in verticale dirigendosi verso le rispettive posizioni. Dopo un breve momento di esitazione inclinò la punta della sua scopa all’insù e partì anche lui alla volta del cielo in modo da rintracciare più facilmente la pallina dorata ed avere una visuale migliore sull’intero campo.
Un senso di pura eccitazione lo invase quando sentì l’aria scivolargli tra i capelli e il piacevole senso di vuoto e leggerezza dato dalla velocità: solo uno dei moltissimi motivi per cui adorava il Quidditch.
“E la partita è ufficialmente cominciata! Katie Bell è la prima ad afferrare la pluffa, avanza verso il portiere di Tassorosso ma… oh no! Un bolide si sta dirigendo verso di lei. Sembra che i battitori della squadra avversaria si stiano già dando da fare” iniziò la voce di Lee Jordan, il telecronista, interrompendo il sogno ad occhi aperti del moro “Ma aspetta! Katie passa la pluffa a Ginny Weasley e con una favolosa manovra riesce a schivarlo. Che ragazza incredibile! Mai quanto lo era Angelina ovviamente, ma non tutti riuscirebbero a riprendersi dopo un incidente grave tanto quanto quello di Katie! A guardarla sembra che non abbia mai smesso di allenarsi!...” si bloccò di colpo, quasi come se fosse stato realmente congelato dallo sguardo lanciatogli dalla McGranitt.
La professoressa odiava quando quella storia saltava fuori tra gli studenti, credeva che lo spargimento dell’accaduto a Hogsmeade facesse sembrare Hogwarts un posto insicuro in cui gli insegnanti non si preoccupavano della sicurezza dei ragazzi. Per questo tentava in tutti i modi di “soffocarne” le voci. Non serviva a nulla generare altro panico tra i maghi oltre a quello che già circolava a causa del ritorno di Voldemort, e non voleva che la propria scuola creasse ulteriori problemi al Ministero.
“La-la Weasley nel frattempo ha passato la pluffa a Demelza Robins che si destreggia con facilità tra i giocatori di Tassorosso. E’ subito a pochi metri da Anthony Rickett, resta solo da vedere se il capitano e portiere sarà capace di resistergli” riprese a parlare Lee ancora un po’ intimorito, appena la McGranitt gli staccò gli occhi di dosso.
I rosso-oro trattennero il fiato mentre la ragazza alzava il braccio per mirare.
“ATTENZIONE!” urlò Jordan, facendo puntare tutti gli sguardi su di lui, alcuni dei quali contrariati per l’apparente inutile interruzzione “Sembra che nessuno si sia accorto che Ritchie Coote, uno dei battitori Grifondoro, ha appena lanciato un bolide e quello si sta dirigendo con un’estrema velocita verso Anthony Rickett… I battitori Tassorosso non riescono a raggiungerlo in tempo per deviarne la direzione: se il caro portiere non si scosta subito potrebbe uscirne fin troppo male…”
Anthony cercò di prestare contemporaneamente attenzione alla pluffa, che nel frattempo era stata lanciata da Demelza, e al bolide, che con la sua perfetta traiettoria stava per entrare in collisione con la sua testa. Ma ormai non aveva più di mezzo secondo a disposizione, così, con un improvviso scattò si abbassò sul manico di scopa, preferendo 10 punti in meno piuttosto di un trauma cranico. Le due palle avanzarono contemporaneamente: una accanto all'altra. Il bolide lo passò via, sfiorandogli paurosamente la divisa da Quidditch sulla schiena, mentre la pluffa, ormai completamente libera di avanzare, finì giusta nell’anello centrale.
“10 PUNTI PER IL GRIFONDORO!” esclamò il telecronista attraverso il microfono, mentre il tabellone magico si aggiornava automaticamente e un coro di urla euforiche accompagnato da sventolanti bandiere colorate si levava dalle tribune rosso-oro. I Tassorosso non poterono far altro che sospirare dispiaciuti: non erano quei tipi che insultavano la squadra avversaria ad ogni minima sconfitta, cosa che, invece, era caratteristica dei Serpeverde.
“Complimenti! Tecnica favolosa quella dei Grifoni! Mi chiedo se sia stato il nostro Harry Potter a escogitarla. Beh, probabilmente la risposta è sì! Quel ragazzo ha davvero più capacità di quelle che si possano immaginare, non ci si stupisce più di tanto che molte persone lo considerino il Prescelto!” commentò Lee appena la situazione si fu calmata quel poco da permettere agli studenti di udirlo, nonostante il forte baccano.
Il moro, mezzo nascosto da una nuvola, non poté fare a meno di essere soddisfatto nel vedere che il piano da lui elaborato aveva funzionato meglio del previsto. Anche se non era molto d'accordo con tutti quei complimenti. Odiava essere al centro dell'attenzione.
“Ma riprendiamo a guardare la partita.” continuò Jordan “Nella felicità generale la palla è passata ai Tassorosso che stranamente sono già arrivati a metà campo. Il cacciatore Malcolm Preece ha la pluffa. Scende in picchiata evitando la prodigiosa Katie Bell e subito dopo la passa a Zacharias Smith, che invece sale dritto in direzione delle porte. Ginny e Demelza si lanciano su di lui, bloccandogli in pochi secondi la strada, o meglio: il cielo. Zacharias deve prendere una decisione: rischia e tenta di segnare da parecchi metri di distanza dalla porta? Oppure si lascia rubare la pluffa da due favolose cacciatrici?”
Altra occhiataccia da parte della McGranitt alla parola ‘favolose’.
“Momento di tensione estrema, soprattutto da parte di Ron Weasley, il nostro portiere. Il cacciatore Tassorosso invece che cosa sceglierà di fare?”
Gli occhi di Smith si accesero di una strana luce furbastra e lui non esitò a esegiure la prima delle due opzioni. Anche da quella distanza riusciva a scorgere l'esagerata agitazione del rosso e sapeva che in quelle condizioni non sarebbe mai riuscito a parare nulla. Con un movimento rotatorio del braccio compiuto alla perfezione e una mira divina il ragazzo riuscì a lanciare la pluffa oltre le due cacciatrici di Grifondoro. La palla prese a sfrecciare verso Ron, senza più un ostacolo davanti.
 
Hermione si mosse agitata sugli spalti, incrociando le dita.
 
Draco smise di osservarsi le unghie come se fossero degne delle più importanti attenzioni, facendosi più attento.
 
Neville, seduto accanto alla Granger, deglutì ansioso.
 
Luna smise di far ruggire il grosso leone di stoffa che aveva posato sul capo.
 
E Harry chiuse gli occhi, cercando stupidamente di confluire la propria forza sull’amico con l’utilizzo della mente, anche se era consapevole dell’impossibilità della cosa.
 
Un paio di metri ormai separavano Ron dalla pluffa e Potter già si era autoconvinto che tutta quell’ansia non gli avrebbe permesso di combinare un bel niente. Ma, proprio quando anche l’ultimo barlume di speranza si spense in lui, un coro di voci partì dagli spalti del Grifondoro:
 
Perché Weasley è il nostro re
ogni due ne azzecca tre
così noi cantiam perché
perché Weasley è il nostro re


Weasley è il nostro salvator
col suo gioco pien d'ardor
vinceremo noi perché
perché Weasley è il nostro re
 
E il rosso non sentì più nulla, solo il manico di scopa che teneva stretto tra le dita e il canto di incoraggiamento dei suoi compagni. Poi, pochi secondi prima che la palla lo raggiungesse, con uno scatto improvviso si inclinò di lato e la calciò forte in avanti senza nemmeno guardare ciò che stava facendo.
 
Harry impiegò non poco ad accertarsi che quello che aveva visto era reale. Temette per svariati momenti di essere così concentrato sul tentativo di confluire mentalmente energia al suo migliore amico da esserselo immaginato. Ma si rese conto che non era uno strano scherzo che la sua testa gli aveva giocato quando udì il coro ‘perché Weasley è il nostro re’  ripartire con un volume tre volte più alto di prima, rischiando quasi di perforargli i timpani nonostante la sua distanza dalle tribune.
Il colpo era stato così forte e preciso che la pluffa aveva attraversato l’intero campo di Quidditch talmente veloce che né i cacciatori né il portiere di Tassorosso erano riusciti a bloccarla, così quella era filata dritta dritta nell’anello in basso a destra.
 
“20 PUNTI PER IL GRIFONDORO! E SIAMO 30 A 0!” strillò Lee con voce squillante dallo stupore “Ripassando velocemente le regole: se il portiere riesce a mandare la pluffa in una delle tre porte avversarie senza che venga toccata da nessun'altro giocatore in campo i punti raddoppiano. Santo Godric! Vi giuro che da quando sono arrivato ad Hogwarts non ho mai visto nulla del genere dal vero, e tutti voi potete confermare che essendo il telecronista non sono mai mancato ad una partita! Forse abbiamo sottovalutato un po’ troppo il Signor Weasley qui, che dite Grifondoro?”
Un ammasso di “Siiii” mischiati a “Weasley è il nostro re” andò ad aggiungersi alle urla di euforia già presenti tra la folla, facendo aumentare ancor di più il tono delle grida.
 
Ron si passò una mano sui capelli, sicuramente molto più impressionato dell’intero pubblico messo insieme, mentre con gli occhi sgranati continuava a balbettare “Oh miseriaccia! Oh miseriaccia! Oh miseriaccia!” Davvero, non riusciva a crederci. Alzò la testa verso il cielo e non gli venne in mente altro che fissare Harry, in cerca di una conferma a ciò che aveva appena fatto. Anche da lontano riuscì a scorgere il sorriso sincero che si dipinse sulle labbra del moro e forse, anche se solo per poco, si dimenticò del perché non gli parlava da una settimana.
 
Tra la stupore e felicità generali quasi nessuno notò che Madama Bumb aveva rilanciato la pluffa in campo e che i giocatori avevano ripreso a volare, ma, purtroppo per Harry, Ron se ne accorse e distolse lo sguardo da lui, riconcentrandosi sulla partita e sciogliendo quel piacevole momento di amicizia. Il moro sospirò costringendosi ad imitare il suo migliore amico, ovviamente non prima di aver lanciato un sorrisetto a Hermione e un'occhiata compiaciuta verso Malfoy – attualmente circondato da Serpeverde che ribollivano dalla rabbia per quel tiro perfetto.
La partità continuò in modo più o meno classico: i Grifondoro segnavano spesso, soprattutto grazie agli schemi di gioco elaborati da Harry, mentre i Tassorosso riuscirono a far entrare la pluffa in porta solamente quattro volte, che di certo non sarebbero bastate per farli vincere. La squadra di Potter era così in vantaggio che anche se il cercatore avversario fosse riuscito a prendere il boccino loro avrebbero totalizzato comunque più punti. E in ogni caso della pallina dorata non c’era traccia, il moro non riuscì a scorgerla nemmeno una volta tra le nuvole o in qualunque altro posto. A volte gli pareva di intercettarla per pochi secondi ma poi si rendeva conto che o erano le bandiere luccicanti che sventolava la gente sugli spalti oppure i capelli di Draco che venivano colpiti da un leggero raggio di sole e lo distraevano continuamente. Ad un certo punto si abbandonò pure sulla scopa, lasciando i piedi a penzoloni e poggiando i gomiti sulle ginocchia, per riuscire a fissare meglio il biondo Serpeverde che, almeno quando ricambiava il suo sguardo, gli faceva spuntare un sorriso involontario sulle labbra.
Altre due ore trascorsero inesorabilmente lente e lui iniziò a far giravolte su se stesso tanto per far vedere alla sua squadra che non se ne stava ad oziare con le mani in mano. Spesso il pubblico si fermava a guardare lui piuttosto che la partita e Harry aveva l’impressione di non essere l’unico ad averne le scatole piene. E per giunta era quasi l’ora di pranzo e dato che l’agitazione l’aveva abbandonato ormai da tempo aveva anche un certo languorino. Desiderò che tutto finisse in fretta. I rosso-oro avevano ormai un vantaggio di 150 punti sui Tassorosso e dai, era abbastanza ovvio chi avrebbe vinto.
 
“E siamo 190 a 40 per…” Lee si interruppe non trattenendo uno sbadiglio “… i Grifondoro” concluse, senza il solito tono allegro e coinvolgente. La McGranitt lo rimproveró per tutta quella svogliatezza, considerata da lei maleducata verso i giocatori che ancora si davano da fare, ma dovette ammettere che il ragazzo non aveva tutti i torti. Le cose stavano andando davvero per la lunga, solitamente le partite erano più coinvolgenti.
 
Trascorsero altri dieci minuti, o forse un giorno, Harry non lo sapeva, quando si fece nuovamente distrarre dal solito falso luccichio. Socchiuse gli occhi cercando di mettere a fuoco la lontana figura di Draco sugli spalti, la miopia di certo non aiutava, e si rese conto che il biondo non si era girato verso di lui solo per lanciarli un’occhiatina ma che, cercando di non farsi notare dalle persone attorno a lui, stava indicando con dei cenni un punto dalla parte opposta del campo rispetto a dove si trovava Harry, vicino al portiere dei Tassorosso. Rivolse lo sguardo nella stessa direzione e lo vide, un minuscolo puntino dorato che vibrava nell’aria.
Ringraziò il Serpeverde con un sorriso affrettato, poi, nuovamente carico di euforia, partì all’inseguimento del boccino. Non ci volle più di tanto prima che il cercatore di Tassorosso si rendesse conto del perché era scattato così all’improvviso. Jamie afferrò il manico della sua scopa e una volta visualizzato il luccichio volò nella stessa direzione cui puntava il Grifondoro. E con un vantaggio maggiore per giunta, dato che si trovava più vicino agli anelli. 
Harry recuperò in fretta la distanza grazie alle prestazioni della sua Firebolt, tuttavia non poté fare a meno di bloccarsi a mezz'aria quando un urlo gli giunse da dietro. Normalmente non si sarebbe nemmeno preoccupato di girarsi a guardare, capitava spesso che durante una partita un giocatore prendesse uno spavento oppure esultasse per la gioia di una mossa compiuta alla perfezione, e la stessa cosa valeva per il pubblico, ma quella volta era diverso. Quella volta era sicuro che fossero grida di terrore, e purtroppo sapeva anche da che persona provenivano: Ron Weasley. 
Si voltò verso gli anelli di Grifondoro con un orrendo presentimento e dovette prendere un respiro profondo prima di sollevare il capo e trovare finalmente il coraggio di guardare. L’urlo si interruppe nel momento esatto in cui Harry capì cosa stava per succedere: un bolide colpì con uno schianto sordo la mascella del suo migliore amico ruotandone la testa di quasi 180 gradi. E lui ebbe l’impressione di sentire lo scricchiolio del collo di Weasley che si spezzava.
Non ragionò più. Non si rese conto che era troppo lontano perché ciò che aveva udito potesse essere reale, così si fece prendere dal panico. Il suo cuore perse un battito, e senza fiato iniziò a sudare freddo. Non sentì Lee Jordan che annunciava a tutti l’accaduto, né gli studenti, o meglio studentesse, che strillavano sconvolte dopo che Ron era stato colpito. Vide solo quest'ultimo barcollare sulla scopa e il suo busto inclinarsi verso destra, come a rallentatore. Poi la sua testa ciondolò molle sulla spalla, finché perse definitivamente la presa sul manico e iniziò a precipitare.
Nonostante la paura il corpo del moro reagì da solo. Se né fregò completamente di Jamie che, dietro di lui, era all’inseguimento del boccino e probabilmente fra non molto l’avrebbe acchiappato. E dei Tassorosso che stavano approfittando dell'assenza di Ron per fare punti su punti – purtroppo fra la moltitudine di falli che esistevano nel Quidditch quello di segnare in assenza di portiere non era compreso, e Madama Bumb non aveva la facoltà di intervenire in alcun modo. Scattò verso il corpo che stava precipitando e volò con tutte le sue forze per arrivare in tempo, prima che accadesse il peggio.
 
Hermione, sugli spalti, si poggiò le mani sul viso mentre veniva scossa da singhiozzi silenziosi. Non era capace di distogliere lo sguardo: i suoi occhi erano immobilizzati sulla scena e la sua mente sincronizzata sulle condizioni in cui probabilmente si sarebbe trovato Ron fra pochi attimi.
 
Perfino la McGranitt se ne rimase immobile, senza fare nulla: mai si era ritrovata in una situazione del genere e forse per la prima volta in vita sua non aveva idea di come risolverla.
 
Harry continuò a fare del suo meglio per raggiungere il rosso, inclinandosi verso il basso in modo da trovarsi sotto di lui quando sarebbe arrivato il momento di afferrarlo al volo. Ma Weasley stava precipitando troppo in fretta e lui invece sembrava avanzare a rallentatore… non ce l’avrebbe mai fatta.
E gli altri giocatori più vicini al rosso parevano non accorgersene, occupati com’erano a tenere testa ai giallo-nero.
L’unica speranza era che accadesse un miracolo.
E accadde:
Malfoy si erse in piedi sulle tribune ignorando, anche se con fatica, le occhiate stupite dei suoi compagni Serpeverde. Levò dritto davanti a sé la bacchetta e con tutta la forza che aveva nei polmoni urlò due sole parole: “ARESTO MOMENTUM!
La caduta di Ron rallentò di colpo, mentre la folla tratteneva il fiato. Eccetto i Tassorosso, che a quanto pareva recuperavano punti velocemente ed erano troppo felici per badare ad un Grifondoro che stava per diventare tutt'uno con il prato.
Se fosse stato meno concentrato sul non far morire il suo amico Harry sarebbe rimasto non poco stupito di quel comportamento completamente privo di altruismo. Forse ogni tanto anche i “più buoni” della scuola non rispettavano completamente gli ideali della propria Casa. Ma ora decisamente non aveva tempo di pensarci, non con lo stomaco stretto in una morsa e le energie che iniziavano a prosciugarlo.
In ogni caso non si fermò, non poteva permetterselo. Continuò a volare il più velocemente possibile e prima che potesse rendersene conto era a pochi metri sopra il corpo di Ron, riusciva a udire le sue urla soffocate dal vento, e sapeva che non era morto oppure svenuto, che era ancora vivo. Un nuovo calore gli riempì le membra congelate dalla paura, forse un senso di profonda amicizia, di speranza o di andrenalina. Forse tutti e tre assieme. Si lanciò in una picchiata verticale e l’aria fredda di Febbraio gli fece lacrimare gli occhi.
Non si accorse di ciò che aveva fatto. Finché le sue orecchie non si decisero a ripartire e gli inviarono il suono delle esultazioni degli studenti, e in seguito vide l’avambraccio che reggeva tra le dita.
“Harry…” sussurrò una voce sospesa sotto di lui.
Guardò il viso del suo migliore amico che nonostante il livido bluastro in formazione gli sorrideva sinceramente e non riuscì a capacitarsi di come il rosso riuscisse ancora a parlare dopo il colpo alla mascella che aveva ricevuto.
“Grazie fratello” disse Ron flebilmente, eppure il suo tono tradiva lo strano luccichio di determinazione che aveva negli occhi.
“Non c’è di che” rispose Harry con naturalezza – come se il rosso non avesse appena rischiato la vita e lui non fosse andato in panico fino a un secondo prima – aiutandolo ad issarsi sulla sua scopa con parecchia difficoltà. Ok che non era proprio un peso morto come invece lo era stato Draco la settimana precedente nella Torre di Astronomia, ma pesava comunque molto di più del Serpeverde. “E ora?” chiese quando Weasley fu ufficialmente al sicuro aggrappato a lui.
Il suo amico si tastò la mascella e una volta constatato che la botta era ancora troppo ‘fresca’ per fargli esageratamente male tirò una leggera pacca sulla spalla del moro ed esclamò “Ora abbiamo una partita da vincere!”. Il motivo per cui non si parlavano da una settimana, in quel momento, era stato praticamente del tutto spazzato via dai suoi ricordi.
“Sei pazzo?!” scattò Harry “Io ho una partita da vincere casomai! E’ meglio che ti metta giù e chiami Madama Chips, guarda in che condizioni ti ritrovi la faccia!”
“Questo può aspettare” disse Ron in un tono che non ammetteva repliche, indicandosi il livido “Se invece aspettiamo ancora un po’ per tornare in campo la sconfitta è assicurata, e lo sai benissimo anche tu” concluse, facendo sottintendere il riferimento a dei certi cacciatori Tassorosso che segnavano a raffica in assenza di portiere, e ad un certo cercatore che rincorreva il boccino da ormai diversi minuti.
Valutando il rischio Harry si chiese per quale motivo non fosse ancora riuscito a catturarlo, ma non rimase a riflettere più di tanto, – lui non era affatto il tipo che pensava prima di fare le cose – così annuì.  Perché non era il caso di perdere ulteriore tempo.
“Grande!” esultò Ron “E ora, se non ti dispiace, la mia scopa è quella là”. Indicò un punto non molto lontano sotto di loro.
Harry atterrò sul prato del campo da Quidditch e, dopo aver fatto scendere il suo amico, si girò un ultima volta per rivolgergli un sorriso di incoraggiamento che venne felicemente ricambiato. Prese un respiro profondo, inspirando ed espirando una quantità sufficientemente abbondante di aria. Poi salì in alto, verso il boccino che tuttora sfuggiva ai numerosi tentativi di Jamie di acchiapparlo, verso la vittoria.
 
“Siamo 180 a 190 per i Tassorosso” annunció Lee Jordan attraverso il microfono, triste e rassegnato, finché non vide i due Grifondoro sollevarsi da terra e scattare verso i lati opposti del campo. Avrebbe giurato che si sarebbero entrambi fermati prima della conclusione della partita e invece… “ATTENZIONE! Nonostante il pericoloso incidente scampato per poco HARRY POTTER e RON WEASLEY sembra stiano tornando in campo! Pazzi io dico, pazzi!”
 
La McGranitt si poggiò le mani sul cuore quasi commossa da tutta quella forza di volontà, ignorando completamente la consapevolezza che una volta rientrata al castello l’infermiera avrebbe fatto la predica a lei e a Madama Bumb per non averla avvertita subito dell’incidente di Weasley, e per averlo lasciato tornare in campo.
 
Hermione si asciugò le lacrime con il palmo della mano, non riuscendo a smettere di sorridere sollevata.
 
Non si poteva dire lo stesso per Draco, che invece era circondato da una folla di Serpeverde davvero tanto, tanto contrariati.
“Ma sei coglione?” chiese l’attuale cercatore della squadra verde-argento, sostitutore del biondo che quell'anno non aveva tempo per giocare a causa della missione affidatagli dal Signore Oscuro “Se lo lasciavi morire avevamo una buona possibilità di vincere alla prossima partita contro i Grifondoro!”
Malfoy lo ignorò senza difficoltà.
“Come ti è saltato in mente di salvare il culo a Lenticchia?!” esclamò invece Millicent Bulstrode, una ragazza tarchiata e decisamente insopportabile, facendosi largo tra gli studenti e rischiando quasi di far inciampare Pansy con un colpo di bacino.
Draco afferrò la corvina per un braccio prima che cadesse all’indietro “Hai ragione, forse è meglio che salvi la gente dal tuo di culo le prossime volte” ribatté.
Theodore, al suo fianco, non si trattenere e scoppiò a ridere.
Millicent invece agitò una mano per aria, gesticolando a casaccio senza trovare le parole adatte a tenergli testa. Cercò anche di nascondere il fatto di essere rimasta offesa da quella presa in giro, ma non gli riuscì per niente bene.
“Qualcun’altro ha voglia di criticare?” chiese Zabini ponendosi tra il biondo e il mucchio di serpi radunate attorno a loro. Lì guardò uno per uno con il solito viso inespressivo, dall’alto in basso, senza battere ciglio, e questo bastó per farli tornare al posto con la coda tra le gambe. Probabilmente doveva davvero avere un’aria intimidatoria se le persone si affrettavano ad allontanarsi appena se lo ritrovavano davanti. Ghignò soddisfatto, non gli dispiaceva affatto riuscire a comandarle a suo piacimento come aveva appena fatto.
“Grazie Blay” sussurrò Draco da dietro le sue spalle.
“Di niente” ribatté Zabini, gentile. Per quanto si potesse considerate 'gentile' uno come lui.
Poi Malfoy fece una cosa, una cosa che mai nessuno si sarebbe aspettato dal re delle serpi in persona, una cosa di cui rimase stupito perfino lui stesso. Si avvicinò a passo deciso alla ringhiera delle tribune, mise le mani a megafono attorno alla bocca e urlò senza preoccuparsi della gente che lo stava a guardare. “NON TI HO AIUTATO A SALVARE IL TUO AMICHETTO PER NIENTE POTTY, QUINDI FAGLI IL CULO A QUEI TASSOROSSO! VINCI QUESTA CAZZO DI PARTITA!”
 
Harry, attualmente all’inseguimento del boccino, quasi cadde dalla scopa quando gli giunsero alle orecchie quelle grida. Draco doveva essere seriamente impazzito... Oltre al fatto di aver usato non poche parolacce e quindi essersi assicurato per il 50% di probabilità un bel castigo (di quelli che ti ricordi a vita), aveva appena incoraggiato davanti a tutti Harry Potter… Harry Potter! Neanche nei suoi sogni avrebbe mai pensato che una cosa del genere fosse possibile, forse troppi baci avevano un brutto effetto su di lui. Per non parlare che in quel modo si era appena rovinato la posizione sociale fra i Serpeverde.
Anche se scombussolato da tutti quegli avvenimenti che si susseguivano uno dopo l'altro, e che non sembravano voler finire, il moro cominciò a sentirsi davvero bene grazie a quelle ultime parole. Chiuse gli occhi per concentrarsi, poi virò nello stesso momento in cui il boccino cambiò direzione, seminando Jamie per alcuni istanti.
 
“Dray ma che cavolo…?” chiese Pansy sconvolta, fissandolo ad occhi sgranati mentre quello urlava a squarciagola.
“Zitta!” sputò Malfoy senza nemmeno guardarla. “Sto supportando il mio ragazzo e tu non devi intrometterti” disse poi fra sé e sé, imbarazzandosi subito dopo. Non sapeva da dove era saltato fuori quel pensiero, non si erano ancora fidanzati ufficialmente, eppure gli era venuto abbastanza naturale chiamarlo così.
“Ma… che ti prende?” insisté la corvina, leggermente ferita.
“Senti, se vuoi venire qua a darmi una mano bene, altrimenti puoi pure startene zitta, non sei affatto d’aiuto” rispose senza farsi tanti problemi.
Pansy esitò, sorpresa dal suo comportamento del tutto fuori dal normale. Ma poi avanzò di un passo e affiancò il biondo. Non capì cosa la spinse a farlo, forse il bene che voleva a quel bisbetico ragazzino platinato, forse la fiducia che riponeva in lui. O forse lo fece perché era stato il primo a parlarle e a dimostrarle affetto quando, al loro prima anno, era stata smistata in Serpeverde e non aveva idea di come comportarsi. Dopotutto Draco era solo capitato nella famiglia sbagliata al momento sbagliato, e anche se molte volte non riusciva a capirlo – come in quel momento. Ok sbavare dietro al proprio nemico, ma sgretolare la propria dignità così…. bah – lo conosceva bene e sapeva che anche lui era in grado di amare, quando voleva. “Cosa non si farebbe per un amico…” pensò mentre prendeva un respiro profondo e strillava “VAAAIIII POOOOTTEEEEER!”
Blaise faticò parecchio a trattenersi dallo schiaffeggiarsi la faccia, esasperato, quando afferrò cosa stavano facendo quei deficienti dei suoi compagni di Casa. Cazzo, unirsi al coretto ‘Potty fai il culo ai Tassorosso’ era l’ultima cosa che desiderava… Draco però era il suo migliore amico, e lui non aveva intenzione di perdere di nuovo la sua amicizia dopo una sola settimana che l’aveva riottenuta. Doveva farlo, per lui. Sapeva perfettamente quanto fosse importante. Si fece coraggio e, con un’ultima imprecazione mentale verso il ragazzo, si unì al coro che urlava incoraggiamenti alla persona che più odiava al mondo.
Theodore ci sperò con tutte le sue forze che almeno Zabini rimanesse a fargli compagnia, ma a quanto pareva la fortuna non era dalla sua parte e rimasto il solo dei quattro seduto sulle tribune, circondato da spazi vuoti e con tutti gli sguardi addosso, iniziò a vergognarsi parecchio. Non che gli dispiacesse avere attenzioni, ma il tipo di attenzione che ora gli stavano rivolgendo gli studenti Serpeverde non era decisamente ciò che desiderava. Resistette solo pochi minuti, quindi si alzò in piedi e incenerendo le tre serpi sulla ringhiera con lo sguardo, anche se girati di schiena non potevano vederlo, esclamò: “Voi siete pazzi!” prima di spingere malamente di lato Blaise e ficcarsi a forza tra lui e Pansy. Occupato com’era a gridare complimenti a caso a destra e a manca non si accorse minimamente della ragazza al suo fianco, che senza volerlo era arrossita per la sua vicinanza.
Malfoy dovette interrompersi un momento per l’immenso sorriso che gli spuntò sulle labbra, impedendogli di continuare ad urlare, quando anche Theo si aggiunse al gruppo.
Una miriade di risate, bisbigli e insulti si levarono dietro di loro. Eppure non smisero nemmeno un secondo, continuarono fino allo sfinimento, legati forse dall’amicizia, forse da qualcos’altro di ancora più forte ed inspiegabile. Certo: non era facile guadagnarsi la fiducia di un Serpeverde ma, quando ci riuscivi, davvero pochissime cose erano più forti del legame che andava a crearsi.
 
“Incredibile! Sembra che il Signorino Malfoy e i suoi compagni si siano messi ad incoraggiare la squadra Grifondoro! Sarà un trucco per nascondere un diabolico scherzo? Oppure solo un metodo per infastidire in nostro Potter?...”
Il mio Potter, il MIO. Caro Lee Jordan…” pensò Draco cercando di bruciarlo vivo con la forza del pensiero.
“… Eppure sembra che al resto dei Serpeverde l’idea non vada molto a genio” osservò il telecronista “Forse non è uno scherzo, e noi in questi mesi ci siamo persi qualcosa”
 
Neville si alzò in piedi e si sporse oltre il confine della tribuna per sbirciare quelle dei Serpeverde. E, quando vide ciò che stavano facendo Draco e i suoi amici, non poté fare a meno di stupirsi positivamente. Non tanto per la consapevolezza che quello dei verde-argento era un grande gesto, ma più che altro perché fra quel gruppo di persone ce n’era una da cui mai si sarebbe aspettato quel comportamento così altruista.
 
Un centinaio di idee sul perché di quella felicità improvvisa attraversarono Hermione quando Paciock se ne ritornò al posto sedendosi accanto a lei, con un sorriso ebete che ancora gli teneva sollevati gli angoli della bocca. Decise però di pensarci più tardi, ora aveva una partita da seguire.
 
Harry urtò Jamie, senza però fargli male, e lo spinse di lato così da liberare la strada e ritrovarsi con il boccino perfettamente davanti a sé. Evitò subito dopo un bolide lanciato per colpirlo sul braccio – allungato avanti in attesa di arrivare un attimo più vicino alla pallina dorata, che si divertiva a cambiare direzione ogni pochi secondi.
 
Ron invece si destreggiava già da un po’ tra gli anelli, senza alcuna difficoltà, parando una pluffa dopo l’altra. Sembrava impossibile come riuscisse a giocare così divinamente nonostante l’incidente. Forse il colpo alla testa gli aveva giovato: eliminando la sua agitazione.
 
Tutto il resto della squadra sembrava invece giunta ad una posizione di stallo dopo l’ultimo tiro in porta andato a buon fine. I cacciatori e i battitori erano sfiniti e affamati, nessuno di loro riusciva più a segnare ormai da un quarto d’ora, e i tabelloni dei punteggi erano entrambi fermi su I90.
La situazione era completamente in mano ai cercatori.
 
Il boccino virò improvvisamente verso il basso e Harry si lanciò in picchiata un secondo prima che il cercatore di Tassorosso tentasse di spingerlo via. Sentì l’adrenalina salire a mille mentre guadagnava terreno, sempre più veloce, sempre più incontrollabile.
Finché Jamie lo affiancò. Ormai erano entrambi a pochi metri da terra ma la pallina dorata non sembrava voler cambiare direzione, quasi come se fosse intenzionata a continuare il suo volo sotto la superficie del campo.
5 metri…
Ancora nulla. Continuava ad avanzare verso il basso.
3 metri…
Harry ghignò involontariamente, sicuro che sta volta avrebbe vinto.
2 metri…
Jamie sgranò gli occhi e fu costretto a puntare il manico di scopa verso l’alto e ad allontanarsi dal suolo. Ancora poco e si sarebbe spiaccicato a terra con una di quelle cadute che mai si sarebbe scordato in vita sua.
Ed ecco a cosa si riferiva il moro.
1 metro…
Il boccino evitò il prato all’ultimo secondo, fece una giravolta e cominciò a volare parallelo ad esso.
Harry si raddrizzò appena in tempo per sentire la punta delle sue scarpe sfiorare il terreno.
Poi non ci fu più nulla.
Solo lui, il vento, il suo braccio teso in avanti e l’obbiettivo che stava ad un palmo dal suo naso. Anzi, ad un palmo dal suo palmo, per dirla più giusta.
Inspirò profondamente, aumentando ancora di velocità.
Oramai millimetri lo separavano dallo sfarfallio dorato. E avrebbe potuto giurare di aver visto la sua mano chiudersi sul boccino, in quel preciso momento, eppure, quando socchiuse gli occhi per metterlo a fuoco, si accorse che c’era solo aria e che quella pallina bastarda era saltata improvvisamente verso l’alto.
Ecco, perfetto. Aveva avuto la vittoria in pugno, letteralmente, ed era perfino riuscito a farsela sfuggire. E ora era sfinito, senza più un briciolo di energia o di speranza.
Gli venne da piangere.
 
“PORCO GODRIC SFREGIATO! ACCHIAPPA QUEL COSO CHE NE SEI FOTTUTAMENTE CAPACE!”
 
Gli giunse alle orecchio l’urlo di Malfoy.
Alzò lo sguardo sopra di lui, sul boccino che s’allontanava, e all’istante si rese conto che se fosse rimasto sulla scopa ancora per un millesimo di secondo avrebbe perso.
Non tentò più di ragionare, semplicemente agì e senza curarsi della velocità esagerata per ciò che aveva intenzione di fare puntò entrambe le piante dei piedi verso terra e si lasciò cadere. La Firebolt scivolò subito via da sotto di lui e rotolò malamente sul prato. Ma ormai non aveva più importanza.
Harry ammortizzò l’atterraggio con le ginocchia per non spezzarsi le caviglie, poi saltò tanto quanto le sue condizioni di quel momento gli permisero, più in alto che potè…
Ricadde subito dopo nel campo.
Le sue gambe cedettero sotto il suo peso e si accasciò sull’erba, allo stremo delle forze.
Si sentiva debole, sia fisicamente che psicologicamente, e per lunghi istanti temette di aver perso.
Poi le sue mani riacquistarono sensibilità, e avvertì chiaramente una superficie fredda contro il palmo e un paio di alette agitarsi frenetiche, solleticandogli le dita.
Ce l’aveva fatta!
 
“HARRY POTTER CATTURA IL BOCCINO, E GRIFONDORO VINCE!!!”
Un boato formato dalle urla di esultazione degli studenti rosso-oro esplose nel campo all’annuncio di Lee Jordan.
Bandiere venivano agitate in aria.
Pugni si alzavano verso l’alto in segno di vittoria.
Amici si tiravano pacche sulle spalle e si abbracciavano a vicenda.
Alcune coppiette si divoravano la faccia come se non avessero mangiato da anni.
Altri, rari ma non inesistenti, si scambiavano mance di galeoni per scommesse perse.
Ad un certo punto scoppiarono pure fuochi d’artificio dei Tiri Vispi Weasley, costringendo la gente ad alzare lo sguardo, senza fiato per lo spettacolo di luci e colori. Probabilmente lo studente con abbastanza coraggio da accenderli avrebbe scontato una punizione non troppo leggera se fosse stato beccato, dato che erano proibiti dal regolamento… ma a ripensarci? Che importava poi in quel momento?
Partirono rumorosi cori di “Perché Weasley è il nostro re”, mentre folle di persone scendevano di corsa le scale delle tribune cercando di arrivare per prime a congratularsi con i giocatori, che nel frattempo erano atterrati attorno ad Harry.
Gli unici che rimasero seduti al loro posto furono i Tassorosso – impegnati a crogiolarsi nella sconfitta ricevuta solo per quel piccolo e stupido ‘metro da terra’ – e la maggior parte dei Serpeverde ovviamente, a cui la vittoria dei Grifondoro premeva dolorosa sull’orgoglio.

 
Harry non seppe per quanto tempo rimase fermo nello stesso punto a ricevere abbracci, pacche, il cinque, il dieci, baci sulle guance (non riusciva a tenere sotto controllo proprio tutte le ragazze) e complimenti di gente su gente: dai più numerosi visi sconosciuti, a quelli visti solo un paio di volte, a quelli con cui parlava raramente o anche più spesso. Ormai non faceva più caso nemmeno a chi si ritrovava davanti, agiva in automatico: saluta, abbraccia, ringrazia, saluta ancora… i suoi pensieri erano sincronizzati su una e una persona soltanto.
Riuscì comunque a riconoscere l’abbraccio dell’esile corpicino di Hermione che si aggrappò a lui commossa, mormorando un paio di parole gentili ma incomprensibili fra il baccano, per poi lanciarsi su Ron senza esitazione. Quasi lo soffocò con i propri capelli voluminosi e subito dopo iniziò a criticare di nascosto Potter e la sua decisione di non averlo portato subito in infermeria, approfittando del fatto che il moro era occupato con un’altra miriade di persone.
 
“Ronald Bilius Weasley!” esclamò, poggiandosi le mani sui fianchi con un cipiglio così simile a quello di Molly da far rabbrividire il rosso “Guarda in che condizioni sei ridotto!”
“Ehm… io…” biascicò quello.
“Dobbiamo portarti subito in infermeria” osservò Hermione avvicinando delicatamente una mano alla mascella del suo amico e toccando appena il grosso livido con un dito.
Ron si ritrasse di scatto “Ahia!” 
“Proprio come pensavo…” commentò la ragazza fra sé e sé “non ti ho quasi nemmeno sfiorato!” aggiunse preoccupata, poi il suo tono si addolcì “Comunque sei stato bravissimo, complimenti, davvero”.
Si aprì in un largo sorriso e la faccia del rosso diventò tutt’uno con il colore dei suoi capelli. Cercò di borbottare qualche ringraziamento ma era talmente imbarazzato dalla sincerità dei suoi complimenti – una vera rarità soprattutto se erano rivolti ad un disastro come lui – che non gli uscì una sillaba. Si limitò a fissarla inebetito, fino a quando non si accorse che i suoi occhi si erano fatti improvvisamente lucidi.
Infatti non ci vollero più di pochi secondi prima che la riccia scoppiasse in singhiozzi di sollievo.
Ron sorrise e la strinse tra le braccia, poggiando il mento sulla sua testa e fermandosi ad ascoltare il suono del suo respiro conto il suo petto.
“Per… per un momento, io ho… creduto di averti perso veramente” gemette piano Hermione, raggomitolandosi ancora di più accanto al rosso.
Il ragazzo le cinse la schiena e le accarezzò i cappelli con la mano libera. “Shhh” mormorò per consolarla “Alla fine non è successo nulla, io ancora sono qui”
“Ehy, sono qui…” ripeté di nuovo, quando Hermione venne scossa da un singhiozzo più forte degli altri.
La riccia si calmò pian piano sotto alle carezze di Ron, finché ebbe finalmente il coraggio di lasciarlo andare con la certezza che lui era davvero di fronte a lei, e non solo uno stupido sogno ad occhi aperti. Si asciugò i rimasugli di lacrime con una manica e rise.
Poi quel momento fu interrotto da un gruppo di studenti che si avvicinò a Weasley per complimentarsi, e lei dovette farsi da parte.
 
“Per Morgana! Guarda dove metti i piedi piccola bestiolina!” sbottò una voce riconoscibile da Kilometri, mentre il suo proprietario urtava via un ragazzo del secondo anno e si faceva largo a grandi falcate tra la folla radunata sotto le tribune.
Un paio di secondi dopo Harry si vide arrivare di fronte una figura alta, bionda ed esile, seguita da altri tre Serpeverde. “Finalmente!” pensò con rinnovata felicità.
“Ciao Potter!”
“Hey”
“Potter…”
Mormorarono Pansy, Theo e Blaise uno dopo l’altro, con un freddo cenno di saluto.
“Oh ciao Babe…” sussurrò invece Draco in un tono scherzoso che Harry però trovò maledettamente sensuale, avvicinandosi di molto al suo orecchio.
“S-salve ragazzi!” balbettò mentre un brivido lo attraversava da cima a fondo. Lanciò uno sguardo di rimprovero al biondo che sapeva benissimo che quello era il suo punto debole e ne aveva appena approfittato, ma in cambio ottenne solo un ghignetto divertito.
Harry alzò gli occhi al cielo e Pansy si ritrovò senza volerlo a pensare a quanto fossero stra-super carini Potter e il suo amico insieme. Insomma, due ragazzi uno l’opposto dell’altro, che erano stati rivali per anni ma che nonostante tutto riuscivano ad amarsi come se nulla fosse… No, ok: forse aveva fatto indigestione, suppose subito dopo. In fin dei conti lei odiava quel Grifondoro spelacchiato.
“Beh, io… vi devo ringraziare moltissimo. Il vostro supporto è stato indispensabile per…” iniziò il moro, deglutendo subito dopo, senza le parole adatte per rivolgersi ai quattro abbastanza seriamente da non sembrare infantile “Sentite, lo dico chiaro e tondo” si decise infine “In vita mia non avrei mai immaginato di vedere un Serpeverde comportarsi come avete fatto voi pochi minuti fa. Ero convinto che il voler sempre essere al centro delle attenzione, il non fare brutta figura e tutte quelle cose lì venissero molto prima degli amici ma a quanto pare mi sbagliavo… E devo ammettere che sono fottutamente sorpreso, in senso buono intendo, da ciò che avete avuto il coraggio di fare. Quindi, beh… grazie. Non so se sarei riuscito a vincere senza il supporto che mi avete dato, e i vostro incoraggiamenti mi hanno fatto sentire davvero bene”
Non vedendo però comparire neanche un micro-sorriso sul viso degli amici di Draco (eccetto che da quest’ultimo) anche dopo parecchi secondi di attesa, cominciò davvero a pensare di aver detto qualcosa di sbagliato.
Percependo il dispiacere impossessarsi di Potter, Malfoy gli poggiò una mano sulla spalla e, senza curarsi della gente che guardava incuriosita quella scena fuori dal normale, gli spiegò “Devi sapere che i Serpeverde non sorridono spesso”
“Ah… ok, vuol dire che ti ho educato bene” mormorò Harry a disagio e Draco ridacchiò “Che cosa fate di preciso allora?” chiese tanto per scaldare un po’ la conversazione. Da quando erano arrivati il biondo e il suo gruppetto lo studente che si era avvicinato di più al Grifondoro aveva mantenuto comunque la bocca chiusa e una distanza di due metri. Chissà cosa si provava ad essere i più temuti della scuola…
“Ovviamente l’unico modo che abbiamo di dimostrare affetto è trombare!” si intromise Nott non riuscendo a trattenersi.
Pansy gli tirò una schiaffo. “Theodore! Per favore!”
Zabini si voltò a lanciargli un’occhiataccia inceneritrice ma questo non bastò per farli smettere, come invece accadeva di solito.
“Non serve che fingi Pansy! Tanto lo so che ti piacerebbe che ti dimostrassi il mio affetto”
“Stai zitto! Tu non sai nulla di me!” esclamò la ragazza assottigliando gli occhi e grattandosi nervosamente il naso.
“Oh sì! Come non so che quando vieni colta nel sacco ti gratti la punta del naso”
La ragazza arrossì all’istante.
“E arrossisci quando la persona che ti ha colto nel sacco afferma di averti colto nel sacco” continuò Nott.
“Fottiti!” scattò Pansy a quel punto.
E Zabini scoppiò a ridere internamente, sapendo a che genere di conversazione era andata incontro la sua amica con quell’ultima esclamazione.
“Spiacente, sono troppo stanco per farlo da solo. Tu invece vedo che hai ancora la forza di urlare” commentò il ragazzo con aria annoiata, osservandosi le scarpe nero laccato.
La corvina corrugò la fronte. “E con questo cosa vorresti dire?”
“Semplicemente che quella bocca che ti ritrovi è ancora nel pieno delle sue forze”
Pansy rifletté sulla frase per dei momenti prima di arrivare a capire che era sicuramente qualcosa di pervertito. “Se stai cercando di dirmi che vuoi un bacio, scordatelo Theo!” lo aggredì puntandogli un dito dritto nel petto, con una voce quasi indemoniata. Gli dava sui nervi in una maniera estrema, quando si comportava in quel modo.
“Oh, ma io non voglio quello. O almeno, sì, ma non solo. Più che altro voglio qualcosa di più… ehm…” esitò un momento, cercando il termine adatto “…colorato. Ecco”
La ragazza rivolse uno sguardo interrogativo verso Draco, esasperata, ma quello si limitò a rivolgere la stessa espressione ad Harry, che scrollò le spalle, e allora il biondo fece lo stesso. Beato chi riusciva a capirlo quello.
L’unico che sembrava aver davvero intuito dove il ragazzo voleva arrivare sembrava Zabini, che sta volta non riuscì a mantenere il suo solito viso inespressivo e si lasciò scappare un risolino.
Nott gli lanciò uno sguardo d’intesa, poi parlò di nuovo. “Voglio che tu mi faccia qualcosa in particolare di colorato”
La ragazza lo fissò dritto negli occhi ancora molto confusa, nella speranza che gli comunicasse con la mente ciò che voleva dire. Poi vide lo sguardo di Theodore accedersi della classica luce maliziosa di quando stava pensando o stava per dire qualcosa di estremamente pervertito, e si preparò al peggio.
“Certo che sei dura ad afferrare eh? Voglio che tu ti metta un rossetto diverso per ogni giorno, a cominciare da oggi, dato che, visto il modo in cui urli, la tua bocca è ancora nel pieno delle sue facoltà. Così io alla fine della settimana c’avrò il cazzo arcobaleno. Semplice.” concluse con una naturalezza decisamente preoccupante.
Ecco, appunto. Mai che riuscisse a contenersi.
Pansy non captò subito il senso del discorso, ci mise un po’ ad assimilarlo, ma quando lo fece… quando lo fece, com’era prevedibile, scoppiò il pandemonio. “THEODORE NOTT COME PUO’ ANCHE SOLO VENIRTI IN MENTE CHE IO POSSA FARE UNA COSA DEL GENERE!!! COME OSI-“
E alle sue urla isteriche si aggiunsero le risate di Malfoy, Potter e Blaise. E della gente che tutt’attorno a loro aveva assistito alla scena.
Approfittando di un piccolo momento in cui Zabini, da brav’uomo, si era schierato tra lui e Pansy, bloccandole le braccia mentre si dimenava e continuava ad urlare insulti come un’assatanata, Theo si avvicinò a Draco e Harry e, facendo in modo che loro soltanto udissero ciò che aveva da dire, sussurrò in mezzo alle loro teste: “Il discorso vale anche per voi piccioncini, il problema è decidere chi avrà l’onore di mettere il rossetto”
Avvamparono di colpo, entrambi, e ovviamente sul biondo si notò diecimila volte di più.
Potter assunse di colpo uno sguardo omicida mentre Malfoy quasi ringhiò verso Nott per avergli fatto fare una figura del genere, anche se dopo aver urlato “POTTY-POTTER-POOO” per tutto il finale della partita la sua reputazione non poteva essere rovinata ancor più di tanto.
Poi il moro guardò il biondo con la coda dell’occhio per vedere la sua reazione e, rendendosi conto che quello stava facendo la stessa identica cosa con lui, si affrettò subito a distogliere lo sguardo, doppiamente imbarazzato.
Theodore fece appena in tempo a godere dell’effetto delle sue parole, e a ghignare divertito, prima che un paio di mani gli afferrassero il collo da dietro e la voce di Pansy gli penetrasse di nuovo nei timpani.
“Beh, se l’he cercata” mormorò Draco cercando di sciogliere la tensione.
“Già”
“Hai ragione”
Ribatterono Harry e Blaise, che nel frattempo si era avvicinato, ritenendo alla fine giusto lasciare Nott da solo a cavarsela con l’incazzatura della corvina.
“Ehy Malfoy” giunse un timido sussurro, e il Serpeverde si voltò, ritrovandosi davanti un rosso ‘selvatico’. O almeno così chiamavano gli Weasley lui e i suoi amici.
“Oh guarda chi c’è! Ora hai una faccia ancora più stupenda del solito Pel-Di-Caro-“. Potter gli tirò una dolorosa gomitata sulle costole “-Weasley” si corresse, contrariato. Odiava quando lo faceva, anche perché riusciva sempre a beccarlo nel punto più doloroso.
“Ehm, lo so. Bella vero?” biascicò Ron imbarazzato. Non solo perché trovarsi davanti a Draco e Zabini in un colpo solo metteva chiunque in soggezione, ma anche perché, vedendo il suo migliore amico e il biondo vicini, spalla contro spalla, i pensieri disgustosi che erano seguiti alla confessione di Harry della settimana precedente gli balenarono alla mente più vividi che mai. E poi chissà cosa avevano fatto prima nel retro degli spogliatoi maschili… il rosso gli aveva visti chiaramente infilarsi lì dietro e (sapendo che sicuramente non si erano picchiati) i rari tonfi che aveva udito non gli facevano presagire nulla di buono – almeno da come la vedeva lui, si intendeva.
Non riuscì a frenare lo sguardo e lo sposto su Potter, poi su Malfoy, poi su Potter, poi su Malfoy, e su Potter, e ancora su Malfoy, e ancora su Potter, e sulle labbra di Malfoy, e su quelle di Potter, e sulle loro spalle che si sfioravano, e sui loro fianchi uno accanto all’altro, e ancora su Potter, e poi su Malfoy, e su Potter, e ancora su Malfoy, e infine lo abbassò deglutendo.
Al Serpeverde quasi venne il mal di testa a guardarlo.
Sta volta fu la gomitata sulle costole di Hermione, in piedi accanto a lui, a risvegliarlo dai suoi pensieri. “Ehm, beh… si. Allora io in realtà, ecco… sono venuto qui per ringraziarti, Malfoy. Grazie” farfugliò Ron grattandosi la nuca.
Draco lo scrutò dall’alto in basso, ma alla fine decise di non comportarsi troppo da maleducato. Dopotutto, anche se era difficile abituarcisi, chi era amico di Harry doveva cominciare ad essere anche amico suo. “Di niente” disse in tono freddo, ma non riuscì comunque a trattenersi abbastanza. Si chinò d’istinto verso Weasley e gli sussurrò all’orecchio “Ringrazia il tuo caro Godric che io sono il ragaz-amico di Potty, altrimenti a quest’ora starebbero già preparando il tuo funerale”
Il rosso rimase un attimo immobile, scombussolato e profondamente a disagio, ma poi si ricompose ed incominciò ad annuire freneticamente. “Si, certo. Be-beh… grazie ancora” e porse timido una mano in avanti, verso Malfoy.
Il Serpeverde la guardò esitante, come se sfiorarla fosse l’equivalente di toccare una merda. Ma poi ripensò a quella volta nel dormitorio di Grifondoro in cui cercando di fare una bella figura davanti agli amici del moro era successo l’esatto contrario, e allora avvicinò la sua, decidendo di dimostrarsi più maturo di Weasley e di non commettere il suo stesso errore. Cosa che stupì non poco e ancora un volta Harry.
Sentendo la stretta quello tirò un sospiro di sollievo e non poté fare a meno di aprirsi in un grato sorriso. Ovviamente prima di venire affiancato da Seamus, Dean e Ginny e auto-costringersi a non mostrarsi così socievole nei confronti del Serpeverde.
“Ehy Ron, ci siamo già accordati con i giocatori e con quelli dal quarto anno in su e abbiamo deciso di tenere una festicciola in Sala Comune domani sera, in onore della partita. Sei obbligato a venire, dopo esserti fatto curare il livido ovviamente. Tu e Harry siete i festeggiati!” disse Seamus colpendolo amichevolmente su una spalla.
“Cercherò di esserci” lo rassicurò il rosso.
“Vieni, andiamo in infermeria” si intromise poi Hermione, prendendolo per una mano e iniziando a farsi largo tra la folla.
“Volete che venga con voi?” gli urlò dietro Potter.
“Oh no! Tranquillo!” esclamò Weasley mentre si allontanava.
“A dopo!” aggiunse la ragazza.
Quando i due furono scomparsi dalla vista Ginny, a braccetto con Dean, si avvicinò a Draco e Harry con un aria indagatoria che non piaque per nulla a nessuno dei due.
La ragazza aveva passato una buona parte della partita a formulare teorie sull’accaduto nel retro degli spogliatoi maschili e, ripensandoci, era sicura che il Grifondoro non poteva aver fatto una rissa con Malfoy se poi quello e i suoi amici si erano messi ad incoraggiarlo durante la partita. Non avrebbe avuto un minimo di senso. Eppure… Osservò attentamente il busto del biondo, che indossava il classico maglione da Serpeverde. La taglia del capo che aveva trovato a terra sembrava più o meno la stessa, e anche sforzandosi non gli veniva in mente nessun’altra serpe che potesse centrare in quella storia. Bah, non riusciva davvero a formulare un’ipotesi che avesse senso con ciò che aveva visto e sentito. Che poi, tra l’altro, com’era possibile che quei due stessero così vicini senza avere l’uno una mano insanguinata e l’altro un occhio nero? E perché era così interessata a scoprire cosa fosse successo? Mica c’erano cadaveri in giro o altre cose preoccupanti.
Il moro cominciò a preoccuparsi, notando dov’era posato lo sguardo della ragazza.
“Devo ammettere che non mi aspettavo un comportamento del genere da un codardo come te Malfoy” iniziò lei mentre ancora fissava il maglione “Oppure l’hai fatto solamente per dimostrarti al livello di…” esitò, accennando con lo sguardo al moro “… Harry, come cercavi sempre di fare gli anni scorsi. Beh, comunque complimenti, sta volta sei riuscito a guadagnarti un po’ di ammirazione da parte dei Grifondoro a differenza di tutte le altre, dove hai sempre fallito”. Sorrise. Ma no, anche se camuffato da Dio quello era il sorriso più falso dell’intero universo.
Draco strinse tanto i pugni da conficcarsi le unghie sui palmi, cercando con tutte le sue forze di trattenersi dallo sferrarle un pugno in piena faccia. Brutta schifosa, come si permetteva di rivolgersi a lui in quel modo dopo che gli aveva salvato il fratello e pure fatti vincere?
Avvertendo la tensione del biondo aumentare a livelli estremi Potter abbassò un braccio e gli sfiorò la mano con le dita senza farsi notare, accarezzandogli delicatamente il dorso per calmarlo e per comunicargli che di incazzarsi non ne valeva la pena.
Il Serpeverde espirò ed espirò numerose volte, sibilando un “vaffanculo” tra i denti, finché l’istinto omicida non si fu calmato almeno in parte.
A quel punto il moro si concentrò su Ginny, facendole notare con occhiatacce per metà rimproveranti e per metà dispiaciute, ma senza mai aprir bocca, la sua disapprovazione per ciò che aveva appena detto.
Sul viso della rossa comparve un’espressione confusa. Ok che lei e Harry non erano più in confidenza come una volta ma era comunque un suo amico e se la guardava così voleva davvero dire che aveva esagerato. Ma perché mai lui avrebbe dovuto difendere il Serpeverde come stava facendo adesso?
“E va bene, mi spiace” si decise a dire comunque, percependo con il suo sesto senso da donna che senza scuse non sarebbe uscita da quella situazione. “Scusatemi entrambi, ok? Il tuo è stato un gesto di estremo coraggio Malfoy, e Harry: non avevo intenzione di offenderti il furetto”.
“Grazie, Pel-Di-Carota-femmina!” ribatté Draco con un inchino e un ghigno perfetto.
Ginny li squadrò entrambi un’ultima volta, poi afferrò malamente il braccio di Dean – che, poveretto, era forse più perplesso di lei – e si voltò senza nemmeno salutare.
“Che puttanella…” commentò il biondo sprezzante non appena fu abbastanza lontana.
“L’hai notato eh?” gli diede ragione Harry.
“Direi fin troppo. Scusami ma ora è meglio che me ne torni in Sala Comune altrimenti rischio di essere sommerso da altri complimenti di questo tipo. E io che pensavo di aver fatto una buona azione per una volta nella mia vita” sbottò in tono ironico.
Il moro gli poggiò una mano sul braccio e glielo strinse per comunicargli che era tutto assolutamente apposto “E l’hai fatto Draco. Solo che è difficile per le persone esprimere la loro vera ammirazione quando sono abituate a vederti come ‘il cattivo della scuola’. Quindi non prenderla male per favore”
“Pff, prenderla male? Non preoccuparti, ci sono fin troppo abituato. Zabini!” chiamò, incamminandosi nella direzione in cui il Serpeverde si era allontanato finché c’era lì Ron.
Harry lo bloccò afferrandolo per il polso. “Aspetta!”
Neanche il tempo di girarsi che Draco venne soffocato da un forte abbraccio del Grifondoro. Chiuse gli occhi ed espirò, sciogliendosi un pochino sotto il calore del suo corpo.
E lì, davanti a tutta la gente che li guardava scombussolati, Potter si rivolse a lui sottovoce, parlandogli gentilmente “Vorrei poterti ringraziare come si deve per quello che hai fatto, ma nulla potrai mai essere davvero all’altezza. E ti giuro che sto morendo dalla voglia di baciarti ma non penso tu ci tenga a farlo mentre l’intera scuola ci vede, quindi ti prego, per adesso accetta questo”
Il Serpeverde sorrise e per alcuni secondi lo strinse più forte, accoccolando il viso nell’incavo della sua spalla. Finché una quantità elevata di mormorii imbarazzanti cominciò a scivolar fuori dalla folla e furono costretti a staccarsi.
Malfoy tornò verso Zabini e Harry, sospirando, lo seguì.
“Blay!” chiamò di nuovo il biondo, sventolando una mano davanti alla faccia del suo amico, quando lo trovò fermo immobile a fissare un punto imprecisato. Pansy e Nott ancora si malmenavano al suo fianco, accerchiati da una gruppetto di studenti che puntava il dito, rideva e tifava per la vittoria di uno o dell’altra.
Zabini sussultò e si girò verso di lui, ma non abbastanza in fretta. Quello riuscì infatti a individuare il ragazzo che Blaise stava spiando e a scorgerne i capelli marroni e i grandi occhi dello stesso colore. “Ahia è per questo che non volevi dirmelo… Dio mio se sei caduto in basso…” osservò scuotendo la testa biondo platino.
“Parla quello” gli fece notare Zabini indicando Potter con un cenno impercettibile.
Draco ridacchiò tra sé e sé, poi si avvicinò al suo amico per sussurrargli “Almeno io ho il Prescelto, il ragazzo-che-è-sopravvissuto, il bambino prodigio, il figone della scuola o come cavolo vuoi chiamarlo. Tu invece vuoi conquistare una mezza calzetta ancora vergine? Lo sfigato di turno anche detto…” quasi urlò il nome finale “Neville Paciock?”
Blaise gli lanciò uno sguardo inceneritore intimandogli di starsene zitto, mentre il Grifondoro corrugava la fronte confuso. “Cos’è? Un modo per nascondere che il tuo caro Potty è vergine?” chiese da perfetto bastardo, e lo disse abbastanza forte perché anche il moro potesse udirlo.
Harry avvampò di colpo – ormai aveva perso il conto di quante volte gli era successo in una mattinata. E quello cosa centrava? Già non gli andava molto a genio che Zabini e Draco stessero così vicini, ma se poi li sentiva pure criticarlo (come gli pareva stessero facendo in quel momento) allora gli saliva davvero l’Avada Kedavra “Potreste dirmi di che cazzo state parlando per favore?! Non ci sto capendo nien…” chiese.
“Ed è meglio così” lo interruppe Blaise, ghignando verso Draco, che lo ricambiò con un brontolio infastidito. 1 a 0 per Zabini.
Potter stava ancora riflettendo su cosa potesse significare tutta quella incomprensibile conversazione, di cui aveva captato solo poche parole, quando un pugno volante gli colpì la schiena talmente forte da togliergli il fiato. Riuscì a stento a non cadere grazie alla prontezza dei riflessi di Malfoy, che lo afferrò per la divisa da Quidditch prima che si schiantasse sul terreno fangoso.
“Che fai ora Pansy? Ho vinto io…” sussurrò maliziosa una voce alle loro spalle. Theo aveva afferrato entrambe le braccia della ragazza corvina – attualmente inginocchiata per terra – con una mano e con l’altra le stava tenendo fermo il mento a pochi centimetri dal suo viso.
“Fanculo!” sputò Pansy, eppure non cercò di liberarsi dalla presa, nonostante avesse entrambe le gambe a disposizione. Forse, nel suo profondo, volevo davvero lasciargli fare ciò che aveva intenzione di fare.
Gli occhi di Nott scintillarono furbastri per degli instanti e, prima che chiunque potesse rendersene conto, le sue labbra erano poggiate su quelle della ragazza. Fu un veloce bacio stampo. La fece cadere sul prato subito dopo e corse a nascondersi tra la gente mentre rideva come un matto.
Il gruppetto di ragazzi radunato attorno ai due Serpeverde iniziò ad esultare e a battere le mani mentre Pansy, distesa in una pozza di terra ed erba e ancora un po’ scombussolata, sbraitava incazzata. “BRUTTO PEZZO DI STERCO QUESTA ME LA PAGHI!”
“Ovvio amoreeee! Ti pago più che volentieri il rossettooooo!” strillò una vocetta camuffata in una da femminuccia, localizzata poco più in là del punto in cui Theodore era scomparso.
La ragazza si tirò su di scatto, spolverandosi i vestiti in velocità. Poi, dopo aver rivolto un bel vaffanculo completo di gesto a quelli che ancora fischiavano “Viva gli sposi!” e altre cose del genere, partì di corsa nella direzione della voce. Decisa sta volta ad uccidere Nott in maniera definitiva.
Zabini colpì Draco con una gomitata e un’alzata di sopracciglia “Sapevo che sarebbe successo” commentò soddisfatto.




 
 
 
 

Note della’autrice: Ok, lo so… sono handicappata a descrivere una partita di Quidditch. Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto, anche se è una cosa un po’ tanto contraddittoria da dire dato che è occupato per il 70% dalla partita.
Inoltre…
 

*SPOILER TEEN WOLF*

DON’T
READ
IF YOU
DON’T
WANT
SPOILER
YOURSELF
A PIECE
OF THE
TEEN
WOLF’S
SERIES
Tradotto: Non leggere se non vuoi spoilerarti un pezzo delle serie.

*SPO-SPOPOPO-POPOPOILER*

Sono consapevole che la scena nello sgabuzzino delle scope è stata spudoratamente copiata da quella in cui Allison e Scott sono nascosti dentro all’armadio, però ci stava troppo bene con i miei piccoli cuccioletti e non mi sono trattenuta!!! Perdonatemi genteh!!!

*FINE SPOILER*


READ
UNDER
THIS
BECAUSE
THE
SPOLIER
IS
FINISH
Tradotto: Leggi sotto qui perché lo spoiler è finito.
 

*FINE SPO-SPOPOPO-POPOPOILER*

 
Ringrazio ancora una volta chi ha messo la storia tra le preferite, seguite e ricordate e chi legge in silenzio.
E anche se potrò rispondere alle recensioni solo fra due settimane please: se la storia vi sta piacendo lasciatene una, pure di piccolina! Non vi crucio mica, anzi vi riempio di abbracci immaginari anche se sono critiche, perché mi fa sempre piacere avere un parere su questa mia prima cacchetta che sto scrivendo.
Anygay non so fra quanto riuscirò a postare il prossimo capitolo quindi mi dispiace ma non prometto nulla perché potreste ritrovarvelo fra due mesi come fra mezzo anno… :(
A presto spero!

 
 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3479344