Moon | Michael Clifford | mgc

di Negliocchidiniall
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


"Urlando come un sordo sotto una luna distratta." *5 anni prima* Era bello averlo lì, vicino a me, con il respiro che colpiva la pelle nuda del mio collo. La sua voce roca che usciva dalle sue labbra fine e rosee. Mi aveva sempre fatto stare bene, Calum. Quando tutti lo sfottevano, lo deridevano, lui sapeva che ci sarebbero sempre state due braccia aperte ad aspettarlo e stringerlo. Ed è per questo che io odiavo le persone. Ti giudicavano ancora prima di conoscerti, di conoscere la tua storia, i tuoi vizi, i tuoi sacrifici per andare avanti. Sputtavano insulti dalle loro bocche ancora prima di sentire a e b. Non me ne fregava nemmeno, di sentire come risposta "per due persone di merda non puoi odiare mezzo mondo", perché fanculo, il mondo mi aveva delusa troppe volte per pensare diversamente. L'unico lato buono della mia inutile vita, era proprio lui: Calum. Colui che, per la ventesima volta, stavo rassicurando dicendogli che era una persona meravigliosa. Stavamo stesi sopra il mio letto, le sue gambe erano incrociate con le mie e la sua testa sul mio petto. Gli stavo accarezzando i capelli, sapendo che erano il suo punto debole per farlo ragionare e "tu sai che sei meglio di loro, Cal." Sussurare al suo orecchio. L'avevano preso di mira, ancora e ancora, e lui crollava. Perché Calum non era come me, forte, intoccabile sui sentimenti, era debole. Si faceva mettere i piedi in testa, si faceva usare come marionetta, si rendeva fottutamente usabile per coloro che avevano bisogno di una vittima da prendere per il culo. E io non potevo farci niente. Perché era il suo carattere, e lo sanno tutti che il carattere può migliorare, certo, ma mai cambiare. Questo mai. E se Calum voleva essere quello che era, cioè una vittima, potevo solo che rimanere ad osservare il mio migliore amico farsi picchiare, insultare, fino a quando non crolla a terra per poi raccoglierlo e dirgli che io ci stavo sempre per lui. Ma più di questo, nient'altro. "E che sono stanco, Jade. Stanco." Sussurrò mentre chiudeva gli occhi e stringeva un lembo della mia maglietta fra le sue dita. Lo guardai attentamente, studiando i suoi lineamenti. "Ti ho già detto come la penso, Cal." Quelle parole fecero traboccare il vaso, nonché le lacrime che Calum aveva trattenuto tutto il giorno compresa la rabbia repressa. "Vaffanculo, Jade. Vaffanculo. Vaffanculo perché lo sai che ci provo a non essere quello che sono, vaffanculo perché lo sai che io non posso alzare le mani e vaffanculo perché tu non soffri, non provi niente mentre io potrei piangere e stare male pure se vedessi un fottuto uccello a terra morto. Vaffanculo, perché sono sensibile e tu no. Vaffanculo, Jade, vaffanculo. Perché io sto male, mi fa fottutamente male qui - si indicò il petto, iniziando a battere la mano fortissimo dove dovrebbe esserci il cuore - vedendo come mi riducono ogni volta che mi picchiano, mi sputano addosso odio. Piango, piango, piango ma cazzo, sono un uomo o un bambino, eh? E tu? Tu cosa sei? Perché sei così..indifferente? Io mi ricordo com'eri, tu no? Io si. Non eri così. Come sei riuscita a cambiare? Perché io non posso? Odio..odio tutto questo. Fanculo." Risi. Non seppi perché, forse per il fatto che ricordava quella che ero, ma risi. Risi perché finalmente Calum aveva avuto le palle di sfogarsi a parole, e non solo con le lacrime. "È okay, Calum." Gli dissi io, calma mentre mi mettevo a sedere e mi accendevo una sigaretta, per poi guardarlo negli occhi a mandorla che aveva e lui respirava lentamente con occhi sbarrati. Forse incapace di credere a quello che aveva appena detto. Dopo un paio di minuti "Non è okay." disse, uscendo dalla stanza, uscendo dalla casa e forse, anche dalla mia vita. Ma questo ancora non potevo saperlo. Era passata velocemente quella giornata, ma così erano tutte da cinque fottuti anni. Da quando Calum uscì dalla mia stanza. Non mi rispose più ai messaggi, alle chiamate e non mi parlò più. Io rimasi a guardarlo allontanarsi da me, immobile nel mio oblio. Perché non volevo starci male, anche se in fondo lo sapevo che mi faceva soffrire vederlo stare senza di me. Perché Calum non era lui, senza di me. Calum senza di me non sapeva fare un cazzo, poteva solo illudersi di riuscirci. E questa cosa, vedendo ora come si era ridotto, mi faceva ridere. Ora era diventato il "bullo" della scuola, andava in giro a picchiare quelli più 'deboli', quelli che erano come lui. Perché Calum era debole. Me ne andai nel vecchio parco vicino casa, camminando dentro le mie vecchie vans grigie e nascondendo il viso il più possibile dentro il cappuccio della felpa. Chiusi gli occhi dopo essermi seduta sull'altalena, iniziando a dondolarmi e canticchiando fino a quando "Jade?" una voce dietro le mie spalle mi fece fermare. Mi girai lentamente e desiderai di non averlo mai fatto. "Michael." Michael era il mio vicino di casa a quei tempi, era una specie di rapporto amore e odio, anche se le nostre madri andavano d'amore e d'accordo. "Che fai, qui, sola?" Alzai le spalle e sorrisi in risposta, lasciando a lui libera immaginazione sulla mia risposta alla sua domanda. Lui si sedette nell'altra altalena, dondolandosi e guardando il cielo che piano iniziava a far spuntare le prime stelle in cielo. Si stava facendo notte. "Ieri ho visto Calum passare davanti casa tua" sputò fuori quelle parole dopo essere stato zitto, in silenzio, mentre io lo osservavo guardarlo in alto. Annuì, non riuscendo a fare altro. "Si è fermato davanti la porta di casa tua, si è tirato i capelli sbattendo un piede a terra e poi ha iniziato a correre. Forse verso casa sua, forse a cercare altra merda dove imbattersi." Quelle parole mi colpirono, non so dove, non avevo un cuore o dei sentimenti. So solo che quando si parlava così di Calum, mi saliva l'odio. Perché solo quello riuscivo a provare. Ma Michael non aveva il diritto di aprire bocca, lui non ci conosceva. Sapeva solo i nostri nomi. "Non parlare così di Calum. Non lo conosci, non conosci me, non conosci la storia." Lui si girò verso di me, sorridente e saltando giù da quella piccola giostra sussurrò sotto il cielo stellato "forse ti conosco anche troppo bene." *** New story, yep. Voglio metterci impegno, seriamente. Mi ha preso troppo questa idea. Se mi volete parlare o fare domande: Facebook: Giada H. Irwin Instagram: Artzainx Twitter: Loutoppa Mi trovate anche su wattpad con la stessa storia! Aggiornerò sempre prima lì! Wattpad: negliocchidiniall Bye. - Gab

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Mi ero svegliata alle tre di notte, non lo so il perché, so solo che non presi nuovamente sonno, anche se volevo sprofondare la faccia nel cuscino e passarci tutta la vita. Così da non vedere le persone di merda che esistono in questo mondo. Comunque sia, mi alzai dal letto in stile molto zombie e mi misi sulla poltrona che avevo affianco alla finestra, così da vedere fuori. Non ci stava chissà quale bellissimo panorama, si vedeva la casa del vicino (Michael) e dietro un piccolo bosco. Non importava, in quel preciso istante volevo solo alzare lo sguardo e godermi la bellezza delle stelle. Ma non guardai le stelle, dall'altro lato della strada, nella stanza di Michael, la luce si accese. Erano le tre, forse era la madre che controllava o cercava qualcosa. Eppure vidi Michael. Stava insieme ad un ragazzo coi capelli biondi e si guardavano. Michael era gay? Sprofondai le mani nel bracciale della poltrona e cercai di guardare meglio facendomi peso e uscendo con metà corpo dalla finestra. Okay, magari potevano pensare chissà cosa stavo facendo ma potevo pur sempre dire che volevo prendere aria. Infondo uno dei miei lati merdosi del mio carattere era questo; cosa erano i cazzi miei? Mi morsi il labbro e continuai a cercare di guardare finché non vidi Michael affacciarsi alla finestra e ridere, chiamando "Luke, Gesù, guardala." e sto tipo biondo raggiungerlo e ridere. "Belli i cazzi miei?" Iniziai a pensare che, fanculo, non potevo prendere aria? Perché pensare subito a quello? Chiusi la finestra con le loro risate di sottofondo. La mattina dopo, con sonno e tutto, mi preparai per andare a scuola e camminai fuori la porta di casa con passi veloci per non farmi vedere da mamma, che avrebbe sicuramente urlato "è presto!" Entrata in classe buttai lo zaino ai piedi del banco e sprofondai nella sedia, poggiando la testa e guardando i compagni di classe entrare. "Dio, guardala, sempre imprigionata nel suo odio per il mondo." Questa era la voce di Calum, me ne accorsi e lo vidi attraversare la porta insieme ad Ashton, il bullo che lo picchiava. Eppure erano diventati ormai inseparabili, quella che ora veniva toccata ero io. Ma non mi alzavano le mani addosso, per dio ancora non erano così scemi. Però provavano a ferirmi attraverso le parole, ma solo Ashton, Calum guardava. Perché Calum sapeva che, appunto, ero intoccabile nel mio mondo che mi ero creata. Mi faceva ridere come ci provava ad essere un ragazzo forte, mi faceva davvero ridere. Si sforzava ad essere una persona che non era, e infondo all'aula passò l'ora a guardarmi. Come tutti i giorni. La campanella suonò l'ultima ora e con la scusa di andare in bagno, presi lo zaino e me ne andai. Non volevo fare educazione fisica, odiavo con tutta me stessa quella materia. Misi le cuffiette e andando nel cortile notai Michael con quel Luke. Parlavano fra di loro e ridevano, un po' mi ricordavano quelli che eravamo io e Calum. Anche se nessuno avrebbe potuto avere quel rapporto malsano che avevamo io e lui. Io salvavo o almeno provavo a salvarlo e lui si aggrappava a me. Io non avevo mai preteso quella cosa che 'tu mi salvi ed io ti salvo', perché io mi salvo da sola, non avevo bisogno d'aiuto. Almeno, quello pensavo. Ma comunque ci andava bene, ovviamente finché non entrò a far parte dei bulletti. Una pacca sulla spalla mi fece voltare. "Mh?" Guardai il ragazzo alto e moro con ancora la mano sollevata. "Piacere, Vincent. Comunque, Calum sta per essere messo sotto." Alzai un sopracciglio. "Messo sotto?" "Botte. Ammazzato di botte." Un colpo al cuore. O almeno, quello che era rimasto del mio cuore. "Perché? E poi, perché me lo vieni a dire a me?" "Perché Calum non ragiona più e tu, scommetto, sei l'unica che lo farebbe ragionare. Anche se non vi parlate più rimani il suo punto debole, Jade." "Ma chi sei, tu?" Sapeva troppe cose. "Ora non è importante. Vai da Calum, secondo piano. Per favore, arriva presto e fallo ragionare." Il ragazzo si allontanò, uscendo da scuola. Dopo quel giorno provai a cercarlo, ma nessuno sapeva niente di lui e io non sapevo dove potesse essere. Comunque, corsi da Calum. Arrivai troppo tardi, era a terra e Ashton piangeva. Ma come poteva, Ashton, piangere se prima era lui quello che lo riduceva così dopo le botte? Mi venne nuovamente da ridere, ma questa volta con una voglia di vomitare talmente alta che mi voltai. Dopo cinque anni iniziai a sentire un odio anche per Calum. E mi preoccupai, perché Calum non riuscivo mai ad odiarlo, non ci ero riuscita dopo che se ne era andato, come potevo ora? Ora che era lì a terra sanguinante? "Chi è stato?" Mi sfuggì mentre decisa mi avvicinavo a Calum e Ashton. Ashton mi guardò dritto negli occhi e "Michael." Mi inginocchiai ai piedi di Calum, gli passai una mano fra i capelli e lui aprì gli occhi. "Jade?" Ci guardammo. Fu l'ultima volta che ci guardammo, quella. "Ashton portalo a casa. E ricorda, così lo riducevi tu." Dissi fredda, alzandomi e avviandomi verso le scale." "Non era così importante, prima." "Meglio tardi che mai." "Ha bisogno di te." Fitta. Poi mi partì una risata, tutto ciò stava diventando seriamente divertende. Mi allontanai. "Non credo."

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