Wonderland

di PandoraHearts
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Wonderland ***
Capitolo 2: *** Wonderland - Fante e Coniglio ***
Capitolo 3: *** Wonderland - Lupo Nero ***
Capitolo 4: *** Wonderland - Ritorno ***
Capitolo 5: *** Ciò che resta ***
Capitolo 6: *** Il dottore ***
Capitolo 7: *** Noi ragazzi ***



Capitolo 1
*** Wonderland ***


WONDERLAND 

Mermaid (Song)

Un mondo diverso .
Un mondo di pazzi .
Un illusione di fantasia , un luogo in cui Alice non può più tornare .
Neppure noi .

Allora forza , partiamo alla ricerca del bianconiglio con il suo completo scuro e l'immancabile orologio !
Andiamo nel bosco dietro casa sotto le fronde dell'albero più vecchio, addormentiamoci .
Cadiamo nella tana del coniglio e non usciamone più, intrappolati in quell'effimera e falsa felicità.
Scappiamo dalla nostra realtà.
Viviamo ingoiando menzogne che ci uccideranno lentamente come del dolce veleno .

Ammaliati dalla bellezza della regina dal cuore vuoto come le sue rose .
Insana e falsa ingannatrice , cadiamo nella tua ennesima rete di illusioni .
Creatore di falsi mondi , Cappellaio Matto ti offriamo una tazza di tè al sapore del tuo caldo e dolce abbraccio, i biscotti al cioccolato sono un mero accompagnamento .
Come se fossimo bendati non vediamo il tuo due di picche .

Impaurito signor coniglio puoi liberarci da queste nuove catene ? Ci vincolano a quest'esistenza di facciata che rappresenta il nostro desiderio passato, il grido incompreso del nostro essere è stato infine mal interpretato .

Lasciamo insieme questo posto .
Uscendo dalla tua tana .
Ci svegliamo, ritrovandoci soli in quel bosco dietro casa .

Quale sarà il nostro prossimo sogno signor coniglio ?
Un avventura al confine del mondo insieme a pirati, fate, sirene e i due personaggi principali.
Entrambi iniziano a lottare non appena il sipario si alza e la folla li acclama a gran voce, eppure come avvolti da un incantesimo non notano i fili del burattinaio esperto che li comanda .
Chi vincerà questo scontro ormai è scontato .
Chi perderà non può avere alcuna rivincita, questo è risaputo .
Però la dea della vittoria a volte non è giusta e neppure gentile, ride del destino che decide di dare a chi non merita la sua benedizione .
Ma sarà veramente così ?

Peter Pan bambino sperduto cresciuto da solo anche se era in compagnia, gli occhi vuoti simili a quelli di un fantasma senza amore o speranza .

Uncino uomo adulto che rimpiange il passato e le sue scelte, un animo nero simile all'inchiostro del kraken ed anima perduta come la propria mano .
I due contendenti continuano a lottare senza alcuna speranza di un futuro, la storia si ripete giorno dopo giorno, la loro maledizione .

Queste storie mi hanno annoiata . Cambiamo genere ?
Meglio una storia d'amore senza alcun futuro come quella della sirenetta, un triste amore finito in rovina per colpa di entrambi gli amanti .
Il principe si è scordato molto presto di lei, ormai ridotta ad un immagine sfocata .
Dopotutto non poteva concludersi in modo diverso, non credi anche tu signor coniglio ?

Ah, sono così stanca . Facciamo merenda ?
Io preparo il tè e tu i biscotti , va bene ?
Però se non li trovi , anche una casetta di marzapane sarebbe ben accetta .. Liberarsi della proprietaria non è così difficile, no ? Conosciamo già entrambi il metodo !
Offriamo i dolci agli altri bambini, sembrano avere fame .

Angolo Autrice 
Salve !
Spero vi sia piaciuta la storia e che non ci siano troppi errori, come mio solito .. 
Questa è stata la mia prima one-short pubblicata su wattpad .

Allora non ho più nulla da dire, quindi, insieme al signor coniglio ed i biscotti mene vado !
Alla prossima !

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Capitolo 2
*** Wonderland - Fante e Coniglio ***


Fante e Coniglio

Non credi sia ora di smettere con le storie di qualcun altro signor coniglio? Meglio adoperarsi per il mio "presente", ormai sbiadito ed annebbiato.

Apro le palpebre velate appena di trucco, porto indietro una ciocca di cappelli di un brillante nocciola, non coinvolta nell'intreccio complesso dietro la nuca. Sistemo le balze di quel lungo vestito dal corpetto in parte ricamato, che lascia le spalle scoperte, ornato sui bordi comprese la gonna e le maniche vaporose, che lasciano liberi gli avambracci. Le scarpe basse non rendono difficoltosi i passi, che al contrario si susseguono uno dopo l'altro con andatura sicura, ormai non ricordo cosa voglia dire avere terrore o paura.
All'apparenza quel vestito così inusuale rappresenta la mia rinascita in quel mondo, leggera esistenza che aveva abbandonato la pesantezza della mortalità, rappresentata dal nero lucido. Non è cosi difficile camminarci, mentre attraverso corridoi e stanze di quell'immenso castello, che ormai mi appartiene. Avevo sconfitto l'infida amante collezionista di cuori infranti, come il mio, manovrati con infinita crudeltà.
Ha avuto la punizione che si meritava la stupenda regina, annegata nel "veleno" delle sue false rose rosse colorate dal sangue di innocenti.

Non ho rimpianti.
Dimenticato il passato, ho ormai solo una grande, vuota e fredda dimora senza amore o perdono per gli errori altrui.
Mi vendico semplicemente dei torti subiti, compresi quelli di quel pazzo uomo incapace di amare veramente.

Signor coniglio, quali sono i programmi per le esecuzioni di oggi?

Non mi abbandonare anche tu come hanno fatto gli altri, uomo d'indole codarda ed ansiosa, resta a farmi compagnia con il ticchettare incessante del tuo orologio e le tue storie. I tuoi occhiali tondi mi sono sempre piaciuti. Non mi importa se sono diventata come una bambina viziata, se sarà necessario ti costringeró a restare con un qualsiasi pretesto o con una di quelle sciocche mezze verità. Mi prendo il tuo affetto, ricambiandolo con del velenoso amore che ti rende la pedina perfetta, corrode dall'interno la tua coscienza non riuscendo più a capire cosa sia giusto o sbagliato.

Come puoi vedere, la bambina piena di sogni si è trasformata in un'incompleta copia di un fantasma del passato, la menzogna non può morire semplicemente, come la "gelosia" che provo per gli altri vicini a te.

Questa Alice, che tutti credono autentica, inizia la sua avventura in un mondo fantastico, i personaggi sono stati sistemati insieme allo scenario con un copione sgangherato e fuori moda.
Cominciamo.
Questa fanciullina farà i miei stessi errori, ormai è scritto e non può opporsi al suo destino di degrado. Non capisce nessuna delle persone incontrate, dimostrandosi ancora più vuota e pazza del previsto, una bambola rotta.

Oh, mia piccola Alice, sarai stanca. Vieni qui e riposa, il letto è cosi comodo!
Sorrido, senza curarmi di far finire subito la partita di questa nuova pedina con il sottile stiletto, che nascondo dietro la schiena. Nessuno può prendere il mio posto ricordalo falsa "Alice", neppure se lo dicono gli altri.
Ora sono io la regina.

Fante, mi aiuteresti fante a disfarmi delle prove? Gli schizzi di sangue, dal calore fin troppo fastidioso sul mio corpo, si notano sul vermiglio ed il bianco delle coperte, compreso il nero del mio vestito. Potresti bruciarle in un allegro falò? Sarebbe spettacolare per i bambini e monito di festa, mentre nessuno nota nulla a parte noi due colpevoli, legati da un cuore ormai nero.
Ehi signor fante dal cuore spezzato, mio "gemello" perduto, sarai tu il mio amore passeggero d'ora in poi? Ballando seguendo una melodia dimenticata affoghiamo nel nostro dolore, oscuro come l'odio e gelido come il ghiaccio. Non importa chi colpiamo con il nostro egoismo, lo trasciniamo senza rimpianti nell'oblio.

"Miei chiari amici, riprendiamoci le nostre vite!" sollevando un bicchiere di vino in alto verso il soffitto decorato della sala, seguita dai presenti entusiasti.

Un patto di fratellanza ed unione di gruppo così fioco, ma abbastanza forte da creare legami essenziali con lo stesso scopo. Riprendiamoci i nostri finali Fante e signor coniglio.. Ah già, mi hai abbandonata da tempo senza che me ne accorgessi, la tua voce non mi raggiunge più, accecata dal suo stesso odio, quello della regina decaduta.
Il buio avvolge ogni cosa, le parole del brucaliffo risuonano nella mente: "ragazzina sei solo una copia, non lo realizzi? Che mente ristretta la tua.." soffia uno sbuffo di fumo violaceo, che cancella il paesaggio ed avvolge ogni cosa, compresa la coscienza.
"Forza Alice è ora di svegliarsi." Mormora piano una voce maschile, chiara, ma allo stesso tempo tremolante e dolce, come quella di una madre.

 

Non voglio lasciare il mio mondo.

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Capitolo 3
*** Wonderland - Lupo Nero ***


Lupo Nero

Nuovamente quella sensazione di vuoto la colse all'improvviso, facendo tremare appena quel corpo freddo e senza battito, che ancora si perdeva nel mondo dei vivi.
Nessun amore, nessuna vita per l'essere, che volutamente era diventata.
Un'ennesima infelice regina di cuori, una falsa protagonista, ormai diventata l'ombra di sé stessa.
Nessun conforto, nessun futuro.
Solo un incolmabile vuoto dell anima, che la semplice invidia e l'astio non potevano scacciare.

Aveva creduto d'amare un tempo lontano, quell'uomo infelice, il coniglio bianco la sua guida verso la propria fantasia. Quel mondo dove si era rintanata a forza le si stava ritorcendo contro, come una lama a doppio taglio, mura difensive con un enorme difetto.
L'isolamento volontario ed il distacco dal mondo reale, dove non riusciva a sopportare il pensiero di restare, soffrire, per poi morire sola, ma alla fin fine stava accadendo anche in quel luogo ormai freddo.
Quel disfacimento dell'anima era ben peggiore di quello della carne, un'impotenza che la sfiniva nel profondo.

Aggrapparsi a delle fantasie le rendeva meno penosa la fine, in quella foresta oscura rischiarata a fatica da una falce di luna, il regno del lupo.
Manto scuro come la notte, zanne lucide ed affilate come delle lame.
Un ottimo aguzzino a cui abbandonare la propria vita.
Nessuna voce di conforto la raggiungeva, quel suono l'aveva dimenticato da tempo e che le mancava terribilmente.

Ogni passo fatto verso il suo patibolo l'accompagnava uno scricchiolio di foglie secche, di ossa rotte nella foga, di grida spezzate dall'amorevole madre qual era la morte. Avvertiva già il gelo del suo abbraccio sulla pelle nuda, nel freddo di quella notte con fin troppe spettatrici, stelle dispettose e vigili. Si fermò in uno spiazzo, sola, ma ancora per poco, tra i suoni della notte udiva dei passi veloci e flebili, respiro leggero.
Sorrise, sospirò in modo liberatorio e sollevata in parte da quel peso, si abbracciò le spalle riuscendo a coprire in parte la propria vulnerabilità, quella nudità volontaria. Non le servivano scudi inutili per una sorte già decisa.

Si perse in quegli occhi lucidi e profondi, carichi di una muta curiosità, indagatori ed appena freddi, come tutto il resto in quel posto. Un istante d'intimità tra preda e predatore, talmente surreale da sembrare falso, ma ad entrambi non importava.
Aspettavano con impazienza la danza famelica, che sarebbe iniziata a breve, senza più spettatori irraggiungibili e muti.

*

Le zanne dilaniano la carne, strappano budella e rompono ossa, il lupo affamato si ciba di una preda docile, senza bisogno di sforzi. Si sazia di quella carne giovane e di quel sangue dolce, quasi come se non ne avesse mai abbastanza.
Chiude gli occhi, respirando profondamente, per poi riaprirli liberato dal morbo dilaniatore della fanciulla, quello spettro che si ritrova davanti ogni notte.

Un corpo annegato nel rimpianto, malattia che l'aveva fatto impazzire d'amore e dipendenza da quegli occhi tristi e pelle di porcellana. Erano diventati una cosa sola da tempo, nessuno dei due si ricordava più il numero preciso d'incontri, ma lui ne ricordava la sensazione di calore, anche quando le si mostrava con aspetto umano.
La sua preda prediletta.
La sua dolce amata.
La sua ragazza senza nome.

Selene. 



Note: Selene: *dea luna 

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Capitolo 4
*** Wonderland - Ritorno ***


Ritorno

Il vento soffiava forte, scompigliandole i capelli ed alzandole di qualche centimetro il vestito, accarezzandole la pelle nuda con tocco lieve e gentile.
Il sole era alto nel cielo, accompagnato dalle sue leggere ancelle bianche, che non protestano agli ordini imposti dai venti, mutando il loro aspetto secondo i loro desideri. Il prato si espandeva a perdita d occhio, niente confini, nessuna fine, orizzonte frastagliato da montagne austere, bloccate nella loro compostezza, come spose antiche e raffinate. L'erba le solleticava le caviglie, l'odore dei fiori l'accompagnava insieme al cinguettio vivace degli usignoli, immaginandosi i temi delle loro discussioni frenetiche. Una totale e completa pace la dominava, si sentiva leggera e libera, senza più catene o vincoli ad ostacolarla.

Una visione talmente perfetta e luminosa da renderne difficoltosa la vista, quanto una menzogna pronunciata da un santo.
Un mero palcoscenico quell'incantevole paesaggio, il cielo nero e spoglio come le fronde degli alberi bruciati, il vento che man mano diventa tempesta, corpo sporco e vesti lacere.
Nessun sole le riscaldava la pelle, ma un mero anello d'eclissi irradiava con il suo fioco bagliore il luogo brullo e bicolore.
Questo era il suo vero volto.
Non aveva bisogno di altre bugie.
Il cuore così stanco.
La mente ormai a pezzi.

Si voltó, non era sola, ombre indistinte seguivano lo stesso itinerario di bugie. I suoi compagni intrappolati, sofferenti e soli.
Non aveva interesse a continuare a camminare, proseguendo per il nulla, doveva cercare una persona tra tutte quelle ombre. Il suo crudele lupo, che l'amava nonostante i suoi difetti, anche se lo dimostrava in modo malato e contorno. Due anime ferite le loro, in cerca di un luogo a cui tornare, da chiamare casa.

Non aveva più bisogno del ricordo ormai sbiadito di una guida senza più voce alcuna, senza aspetto preciso, ma solo una macchia bianca indistita. Il suo bel coniglietto mutilato dalla mente. Corse fin quasi a sentire i polmoni lacerarsi dall interno per colpa della fatica, i piedi le dolevano feriti da sassi e schegge, lasciava impronte insaguinate sulla terra di cenere, brulla e senza vita, come un ventre arido.
Iniziava a perdere lucidità per colpa della fatica, non sapeva neppure da quando procedeva a ritroso. Le gambe le cedetteró sotto il peso del corpo incapace di sostenerlo, abbandonandosi al gelo del suolo, mentre gli altri la superavano senza vederla occhi spiritati e vuoti, persi in orizzonti ad altri ignoti.

Una maledizione lacerante e subdola, la serenità.

*

Uno scricchiolio d'erba secca alle sue spalle per un istante l'avevano portata a sperare che fosse riuscito a liberarsi anche lui, ma anche senza riconoscere subito la figura un'orribile sensazione la invase.

"Forza Alice è ora di tornare a sognare, non fare la bambina cattiva!"

Sbarrò gli occhi, il corpo non si mosse, le lacrime le invasero le guancie aride come in uno sfogo di sensazioni contrastanti.
Sollievo, seguito dal terrore.
L'aveva rivisto finalmente il suo coniglio, ma allo stesso tempo non era lui.
Occhi scavati, due orbite vuote di un nero pece con due punti piantati al posto delle orbite di un rosso sangue. Sorriso malato costellato di zanne affilate e sottili, incrostate di sangue rappresso. Pelliccia scorticata e carni scoperte, aveva perso il suo candore, macchiata da un peccato a lei ignoto. Magari persino più d'uno, ma non ne era sicura. Vestiti imbrattati di melma e polvere, come un pupazzo dimenticato su una mensola e rovinato dal tempo. Le lacrime si troncano, le gambe tornano a muoversi e una smorfia di disgusto le si dipinge sul volto stanco.

No, non sarebbe diventata uguale a lui, ora aveva altre priorità che tornare nella sua stessa menzogna.

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Capitolo 5
*** Ciò che resta ***


Ciò che resta

L'aria di quel posto era satura di un opprimente odore acre, come un'eterna pira che ardeva sudari, rendeva difficile respirare, ma lui continuava a camminare. Non si preoccupava della bambina dal mantello logoro, che lo seguiva da un po. Gli era bastato sentire il suo odore una volta, non era la vera cappuccetto rosso, solo un mero spettro. Neppure il viso deturpato si avvicinava alle ferite inferte al suo corpicino, il giorno in cui le aveva strappato la vita con una violenza immonda, quella ferocia che lo contraddistingueva da altri.
Non aveva pietà in passato.

Le gambe gli dolevano, ma non smetteva di procedere a ritroso tra quelle ombre, urlava il nome della ragazza desiderata, senza ottenete risultati. Nessun essere in quel posto sembrava udire la sua voce distorta dalla stanchezza.

"Non ce la farai mai in questo modo Nathan, perché ti ostini tanto? Perdi sempre tutto, no? Prova a tornare nel tuo bosco dannata belva sanguinaria!"
Gridò la fanciullina, ma il ragazzo aspettava a voltarsi.

"Quella non è casa mia mocciosa, lo sai. La foresta è la tua tomba, la tua cara 'madre'."
Il suo tono tranquillo non lasciava trapelare alcuna emozione per quella figura minuta, che si disgregò poco a poco in silenzio.
Ogni passo una condanna.
Ogni passo era del tempo rubato a lui, sprecato nella ricerca di una via di fuga da quel posto e facendolo distrarre dalla sua priorità.
La abbandonò comunque indietro insieme al passato, preferiva non averci più a che fare.

Era capitato già un'altra volta, ma non riusciva a ricordare quando, che più ci si soffermava, maggiore era il dolore che nasceva da qualche parte nella sua testa. Una protezione per rendere veritiera quella bugia.
Quel mondo sbagliato.
Quel capriccio nato dalla sofferenza dell'anima di molti, una deliziosa gabbia dorata dove richiudere carcasse lacere, ammassi informi di moribondi, ma chi fosse capace di tale creazione non lo sapeva dire, sicuro però che quel qualcuno volesse prendersi gioco di tutti loro.

Un ringhio nacque nelle profondità della sua gola, si stava sforzando di non dare di matto per non finire come un berserker*, sfinito e prossimo alla morte per colpa di nemici infimi. Ululó con tutta la forza che gli era rimasta in corpo, tornato lupo pensava in mondo molto più razionale. Da predatore in cerca della preda, questa volta senza il desiderio di sbranarla con le zanne, ma deciso lo stesso a non lasciarla ad altri. Si mise a correre per quanto gli era concesso, fino a quando non fu in procinto di vederla.
L'unico pensiero che gli balenò in testa in quell'istante fu: trovata.

Qualcosa però sembrò diverso in quell'incontro, come risvegliati dolorosamente da un lungo sonno entrambi furono accecati dal candore abbagliante e fastidioso di una parete, forse un soffitto. Un applauso leggero arrivò alle loro orecchie disturbato da dei rumori metallici, ma non riuscirono a fare altro se non sprofondare nuovamente in uno stato d'incoscienza momentaneo indotto dai farmaci.
Il corpo troppo debole per poter opporsi a quell'agonia silenziosa e macchinata.
 

Note:

- *berserker: guerrieri vichinghi invincibili, che si abbandonavano ad una cieca furia in battaglia.

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Capitolo 6
*** Il dottore ***


Il Dottore

La musica si propagava in quei corridoi spogli e candidi, attutendo ogni rumore proveniente dalle porte chiuse, blindati i loro segreti all'interno di un oscurità perenne. Nessuno andava più in camere di cavie morte.
Ecco cos'era quel posto, un laboratorio, un centro di ricerca nascosto ad occhi indiscreti.
Tra indumenti blu da ospedale, un solo camice bianco in un mare agitato, infermieri impegnati ad osservare gli ultimi pazienti rimasti in un coma imposto da anni. Corpi intrappolati e menti che evolvevano in quel sogno di malsana fantasia collettiva. Persino quel dottore si era addormentato anni addietro con quei suoi pazienti affetti da disturbi psichici, voleva studiarne la mente da vicino. In molti non erano riusciti a svegliarsi, morendo nel sonno, prigionieri della loro follia.
Peter pan.
Uncino.
La sirenetta.
La strega.
E molti altri, rimasta la loro memoria unicamente in dei fascicoli polverosi impilati in degli scaffali arrugginiti.
Lui era stato una guida per tutti loro, in quei sogni li aveva visti cadere in declino, raccogliendo dati e ridendo di loro, troppo deboli per evitare la fine. Solo un lupo, Alice, Cenerentola ed un Robin Hood gli erano rimasti in bilico tra morte e risveglio.
Doveva solo aspettare.
Gli stavano diminuendo le medicine poco a poco, vedendo l'effetto che aveva sui loro impulsi celebrali. Poi sarebbero subentrate le terapie di riabilitazione, avevano corpi deboli e dovevano prendersene cura, specialmente quello della piccola 'Alice', la sua cara bambina.. Quella ragazza che per poco non aveva ucciso anche lui, come aveva fatto con la sua gemella perché pensava a lei come un usurpatrice, una regina di cuori malvagia da togliere di mezzo. Non aveva ottenuto l'amore del ragazzo che voleva prendere alla sorella uccidendolo fingendosi lei.
Aveva perso tutto, trovando una guida in lui, "signor coniglio" l' aveva chiamato la prima volta che si erano visti, anche se era un uomo giovane era affetto da albinismo, ma ciò non l' aveva mai davvero fermato.
Il caro ragazzo lupo aveva difficoltà a contenere la rabbia, prediligeva il dolore e non riusciva a distinguere pienamente il giusto dallo sbagliato. Aveva martoriato la sorellina quando i genitori non erano in casa perché non faceva come voleva lui, dandogli fastidio.
Andava bene testarlo prima su persone instabili, vedendo la resistenza della mente umana a quel nuovo farmaco.

"Tutto per il bene della scienza", pensò, mente si sistemava gli occhiali sul naso e controllava l'orario sul proprio orologio.
Era terribilmente in ritardo, doveva andare a completare il proprio lavoro.
I suoi passi riecheggiavano nel corridoio vuoto, gli altri erano occupati in altre faccende o chi in pausa, per sfruttare appieno le proprie capacità aveva bisogno dell'accompagnamento adatto.. Un brano proveniente da un antico grammofono, risuonava limpido e chiaro alle sue orecchie, mentre attendeva tranquillo sorridendo appena, camminando tra i quattro letti dei pazienti che non davano ancora accenni di volersi svegliare.
Era certo che si sarebbero svegliati i suoi "piccoli bambini".
Questa certezza proveniva dalle sue viscere, la sensazione era troppo forte e loro non l' avrebbero deluso, erano quelli più forti.
Quelli più promettenti.

La tenera Cenerentola, bruciava di gelosia verso la ragazza del fratello maggiore, uccisa per odio, il ragazzo l'aveva allontanata e la sua mente aveva distorto i fatti gettandola in una disperazione contorta. Attribuiva ogni colpa alla ragazza uccisa, pensando costantemente al fratello.
Il coraggioso Robin Hood dava problemi alla giustizia, favorendo i delinquenti e danneggiando innocenti con delle rapine. Arrestato e rimasto solo, nessuno dei suoi compagni l'avrebbe liberato in ogni caso.
Davvero divertente il fatto che per ogni storia è stato trovato un protagonista perfetto, il caso aveva giovato alla sua "nobile" causa di ricerca. Peccato che a stare in mezzo ai pazzi, la follia inesorabilmente colga anche te, modificando il pensiero razionale e distruggendo una coscienza giusta.

Stava per voltarsi per l'ennesima volta ed i tintinnii dei tubi e lo scriccholare dei letti lo portarono a sorridere soddisfatto.
Una luce diversa gli si accese nello sguardo, una gioia animalesca.
Applaudì piano.

 

Non sbagliava mai.

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Capitolo 7
*** Noi ragazzi ***


Il riflesso negli occhi del ragazzo non sembrava il suo volto, distorto e mescolato nella sua iride, toni diversi sovrapposti. Cadere in quei contrasti era così semplice e dolce, quieto; il soccombere di un animo arrendevole nel silenzio, che scivolava nella polvere.

Si abbandonava a quel corpo familiare, ma allo stesso tempo sconosciuto, nel mondo della materia appariva come alterato, oppure era il mondo della mente, dove avevano vissuto così a lungo, ad esserlo. Le membra di entrambi arrivavano ad essere delle belle gabbie, delle trappole per topi, ma forse non era così rilevante quell'affermazione.
Chiusi gli occhi, il mondo diventò oscurità rassicurante.
Il respiro restò regolare, alzando ed abbassando i petti, il battito cardiaco restava l'unico suono predominante.
Nessuna parola in quella pace.
Il calore di entrambi li cullava, nessun pericolo reale nel mondo circostante, finalmente quell'esperimento era concluso.
Tornavano a vivere, ma continuando a scappare allo stesso modo di allora, questa volta insieme.

L'aria carica di fumo li aveva raggiunti, mentre erano immersi nell'oscurità della notte, protetti da quella fidata compagna di misfatti di ladri e bugiardi assassini, come loro due erano. Nulla di nuovo sotto la luna, che vegliava su quei suoi figli negligenti, mentre avevano trovato una via d'uscita da quella gabbia nefasta. Affondavano i piedi in della sabbia scura, fredda, leggera, che veniva sollevata bruscamente al loro passaggio in una corsa scattante e frettolosa, come la lepre, che avanza veloce per preservare la sua vita. La loro velocità era dettata dalla paura, non da un'impeccabile forza fisica ed allenamento, ma non esitavano ad evitare di fermarsi. Nessuna parola, neppure ne avevano il tempo, facendosi strada tra i rami, che graffiavano braccia e gambe, ostacolando il loro avanzare insieme all'incremento dei rovi. Il paesaggio si faceva man mano più arido, roccioso, non riconoscevano quel posto, ma la sensazione di familiarità era lieve, nascosta. Erano stanchi, non sapevano neppure fin dove si fossero spinti, senza mappa e con una meta vaga. L'alba non accennava a mostrarsi, anche se il tempo passava inesorabile e loro erano sempre più provati, un timore atavico si faceva strada nella mente e nel corpo, una consapevolezza. Erano tornati nella loro stessa prigione, mescolata agli altri, senza via di fuga se non il risveglio. Il fumo e la cenere stava cominciando ad offuscare la vista, senza un'origine precisa, opprimeva il petto rendendo difficile la respirazione.
Nessuno che poteva salvarli.
Quale fine orribile, ignobile, senza gloria.
Crollarono a terra, contorcendosi dal dolore, la pelle bruciava, sciogliendosi, gridando, piangendo, soli nella loro fine. Abbandonarono quel mondo nella sofferenza, come erano nati e come avevano vissuto, divisi, animi solitari ed indipendenti da altri.

*

Si svegliò di scatto, il corpo tremava, in quello smarrimento dopo un brusco risveglio. Lasciò scivolare le dita sul materasso e la coperta, neppure una fonte di luce a rischiarare quell'oscurità soffocante. Non un punto di riferimento ed il silenzio la tranquillizzò in parte.
Nessuno sembrava essersi abituato a rivedere il proprio corpo cambiato, ubbidivano il più delle volte, reprimendo l'odio ed il disprezzo per tutti quei visi apatici d'infermieri. Lo detestavano con tutto il cuore quel dottore dai capelli chiari, quasi bianchi, dagli occhi di un profondo rosso.
Non sarebbero rimasti a guardare ancora, lasciando andare in degrado la loro storia, avrebbero cambiato il finale scontato di bestie rinchiuse in anguste gabbie. Erano spietati, senza nulla da perdere e insieme, in un gruppo sgangherato loro quattro, collaborando in qualche modo, raccimolando odio, fremendo dal voler recidere i fili di tutti quei burattini blu, per colpire il capo di tutto, cercando di sistemare i corpi, troppo deboli per compiere quelle loro fantasie di sangue.
'Alice' sospirò, la guancia appoggiata alla spalla del 'lupo', le dita intrecciate alle sue e lui con la schiena appoggiata al muro.
"Finalmente un po di tranquillità.." commentò piano il ragazzo, in un sussurro, giocando con i capelli lunghi e scuri, sottili come la tela di un ragno che lo legava alla figura vicina. Sorrideva appena a sentire il respiro regolare e flebile sul suo collo. Medesima espressione sul volto della ragazza.
"Già, ci danno fin troppi esercizi da fare." Gli accarezzava il petto nudo, lentamente e lievemente, baciandogli una guancia. Lo guardava perdendosi nei suoi occhi scuri, le accarezzava una guancia piano, le sfuggì una risatina divertita, che si interruppe non appena la porta venne aperta.
La mora mugugnò infastidita, l'altro la baciò abbracciandola lanciando un occhiata di ghiaccio all addetto, come per minacciarlo, senza ringhiare. Dopo un ultimo momento di coccola, 'Alice' seguì l'infermiere, ancora in condizione di timore dopo quello scambio di occhiate, la portò poi dal dottore lasciandoli soli.

-

Non voleva avere problemi con la pupilla del capo e con lui in modo diretto, quell'uomo lo inquietava dal primo giorno che lo aveva visto mettere piede in quel posto, ancora sicuro nella sua giovinezza, un pesce sguazzante nel mare, ignaro della legge della natura e della morte imminente. Da allora non era cambiato nell' animo, almeno superficialmente, gli occhi erano molto più cattivi, pieni di un qualche stato d'animo da voler sfogare, ma lui non voleva averci nulla a che fare.
Chiudendo la porta recise quel flusso di ricordi e di pensieri, lasciando la mente vagare alle scarse aspettative per quel pranzo.


Quella stanza era uguale alla prima volta in cui l'aveva vista.
Troppo ordinata, l'aria stantia ed opprimente, satura di una sensazione di disagio che dava quella cappa di silenzio scandita dallo scrivere incessante dell'uomo con il capo chino su delle carte. La scrivania ordinata, nulla lasciato al caso, in uno spazio asettico quanto una sala operatoria.
Rivedere il signor coniglio le creava sensazioni contrastanti: una felicità mista a risentimento per l'abbandono, anche se causato da lei. Ne studiava i lineamenti, non aveva alzato lo sguardo dalle carte neppure una volta. Le dava un po fastidio, ma non gli voleva dare alcuna soddisfazione. Restò in piedi vicino alla scrivania pensando a tutti i modi con cui poteva usare i vari ninnoli da ufficio per fare a pezzi il corpo dell'uomo.
Alzò ancora lo sguardo incontrando due iridi rosso sangue, un'espressione seria non le lasciò il volto, mentre un leggero sorriso beffardo si delineava sul viso di fronte al suo, dai tratti scolpiti ed allo stesso tempo dolci. Si era sporto un po verso di lei, che stava sfiorando il legno della scrivania e portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Provava quasi un senso di confusione a guardarlo negli occhi, senza vacillare, non poteva farlo, ma il gesto abituale l'aveva tradita.
Era a disagio, almeno in minima parte, in futuro si sarebbe trattenuta.
"Allora mia cara, come ti senti? È passato un mese ed ancora non hai provato ad uccidermi, credo sia un buon inizio, come per gli altri.. State reagendo bene." il tono sembrava fin troppo pratico con un velo di divertimento.
L'altra assunse un'espressione ironica, a difesa del suo reale stato d'animo.
"Si certo.. Non ne ho avuto l'occasione 'signor coniglio'." Appoggiò i palmi al bordo della scrivania, guardandolo negli occhi, facendo trapelare sicurezza dal suo piccolo corpo di ragazza. Il dottore rise, sfiorandole una guancia piano.
"Non sei cambiata da quando sei arrivata, stesso modo di fare. Almeno non hai cominciato la terapia di riabilitazione, come quella tua 'collega'." Le passò il pollice sulle labbra, non interruppero il contatto visivo, anche quando lei gli morse forte il dito con fare d'animale, una luce intensa negli occhi.
Una bestia ribelle.
L'altro si scostò, il sorriso sul suo viso si era spento, cercò di fermare il sangue poggiando le labbra finendo poi per grugnire, quasi infastidito.
"Si... È un bene che tu non sia cambiata Alice." La ragazza sputò sul pavimento coperto da un tappeto scuro e si voltò, uscendo dall'ufficio, ne aveva abbastanza di quel tipo, le dava sui nervi.
Il suo sangue tra le labbra le dava la certezza che sarebbe stato divertente farlo fuori a momento debito.
Testa alta e nessun medico a fermarla... Guardarli le faceva pensare ad un enorme incendio per interrompere la vista di quel colore di mare. Si, sarebbe stato interessante da scatenare, vedere quei corpi dissolversi.
Sorrise, anche se la tenevano d'occhio.

*

Lo spettacolo cominciò in perfetto orario, scandito da movimenti febbrili, topi neri di fuliggine che abbandonavano la nave. Lasciarono andare tutto in declino, fuggendo per aver salva la vita, nessun ideale particolare, solo la mente dominata da un impeto atavico e galoppante, simili a degli indomiti puledri imbizzarriti. L'istinto di sopravvivenza dirigeva ogni mossa spasmodica, senza possibilità di riprendere coscienza di sé. Il brillare delle lame, l'odore di sangue misto a cenere li perseguitava, le ombre dei 'bambini' li seguivano, mastini da caccia impazziti, folli, alla ricerca dell'ebbrezza della caccia.
Era la fine di ogni cosa, ma quel tiranno, riverso nella cenere del suo glorioso dominio, contro la sua crescente frustrazione del suo sogno distrutto, trovò una fine violenta, straziante. La sua pelle diafana affogata nel sangue, sfregiato il suo candore, macchiata visibilmente dal peccato compiuto, in precedenza celato nella sua anima. Gettarono il cuore pulsante, strappate le interiora, accompagnate da delle risate isteriche, concitate, un'operazione grossolana e grottesca, compiuta, mentre la preda guardava i suoi carnefici negli occhi.
Un'esecuzione.
Non erano umani, neppure lo erano mai stati.
"I simili si uccidono tra loro", considerò, nell'ultimo barlume di vita, accolse quel buio con ribrezzo e un sapore metallico nella gola, misto allo scontento di quell'operazione non conclusa nel migliore dei modi.
Nelle orecchie un vecchio motivetto lo accompagnò per l'ultima volta, a ricordo di un'infanzia svanita da tempo e mai vissuta.

"On the farm, ev'ry Friday
On the farm, it's rabbit pie day
So ev'ry Friday that ever comes along
I get up early and sing this little song"


La prossima volta avrebbe fatto il proprio compito al meglio.
Ne era convinto.
Un ultimo respiro strozzato, agonizzante e il dottore lasciò quel mondo, per l'ennesima volta.
Un nuovo ciclo prese il posto di quello precedente, un accecante fiamma prese ad ardere nel buio attizzata dalla volontà, senza sosta e divorando ogni cosa, per ricreare la sua precedente gloria. La psiche e la mente si migliorano, come la conoscenza del passato e di una variante del futuro.

Una nuova storia.

Un coniglietto dal manto bianco emerse dalla cenere e carcasse di metallo, il tutto sparso su un perimetro definito dall'uomo, una macchia scura, indelebile. Iniziò a muovere qualche passetto incerto, il pelo a chiazze nere e bianche, storse il musetto, come contrariato o infastidito dall'odore di carne e materiale arso fino a un tempo indefinito. L'alba tingeva sempre più il cielo dei suoi colori caldi, schiarendo la vista del piccolo batuffolo leggermente tremante, in balia della brezza del nuovo dì. Le orecchie si rizzarono a sentire qualcosa cadere con un tonfo sordo, il cuore del piccolo animale prese a battere forte, memore del brutto passato della sua specie a livello inconscio.
Scappò via.

"Run rabbit, run rabbit, run, run, run
Run rabbit, run rabbit, run, run, run
Bang, bang, bang, bang goes the farmer's gun"


Dal passato e da quella landa nascosta a occhi indiscreti.
Si nascose tra i cespugli, continuando a procedere tra i rami secchi e le foglie morenti. Il resto si svolse in un attimo, assolvendo al suo compito di preda negli ultimi stadi della catena alimentare, stretto nella morsa del lupo dagli occhi di ghiaccio, implacabili e gelidi, sparì nel regno del suo assassino, che lasciava una sottile scia scarlatta sull erba bagnata di rugiada.
Al riparo della sguardo del padre Sole tanto detestato e in attesa dell adorata madre Luna.
Trepidante per l'arrivo della sua Selene, ne riconosceva l'odore nell aria, portato dal vento leggero della mattina. Si nutrì della carne del suo antico sfidante, reso innocuo da quel nuovo ciclo, vincendo quella battaglia, ma non quella guerra dall'esito incerto.

"Run rabbit, run rabbit, run, run, run, run
Run rabbit, run rabbit, run, run, run
Don't give the farmer his fun, fun, fun
He'll get by without his rabbit pie
So run rabbit, run rabbit, run, run, run"

 

- Fine




Note: - brano musicale, "run rabbit run" cantata da Flanagan and Allen. (1939)
Link: https://youtu.be/SXmk8dbFv_o

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