Orbit. Kiss the rain

di Elayne_1812
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Orgel ***
Capitolo 2: *** Our small box ***
Capitolo 3: *** Air is sweet like candy ***
Capitolo 4: *** Only for me ***
Capitolo 5: *** Into my heart ***
Capitolo 6: *** Outside my heart ***



Capitolo 1
*** Orgel ***


Ciao! Sì, sono sempre io l’autrice di Orbit (se non la conoscete filate a leggerla XD) e se ve lo state chiedendo non sto impazzendo, né la mia long ha cambiato nome, ho solo voglia di rompervi le scatole. Nuovo sport u.u
Allora da come avrete intuito questa è una raccolta di oneshot dedicata ad Orbit. E’ un progetto che avevo in cantiere da un po' e l’intenzione originale era quella d’iniziarlo solo una volta conclusa la long. Tuttavia avevo in mente una serie di scene dedicate all’infanzia di Kibum e Heechul, così ho pensato d’iniziare subito a produrre qualcosa prima che mi sfuggissero le immagini dalla testa. Inoltre penso possa essere una lettura piacevole e magari interessante da fare in parallelo, considerando a che punto sono con la storia principale. Questa sarà la prima di una serie dedicata loro, ma una volta conclusa Orbit ci saranno oneshot di vario genere.
P.s. Potete leggere anche se non avete letto Orbit perché non ci sono spoiler.
Vi auguro buona lettura e buon divertimento! Spero di essere riuscita ad eliminare buona parte degli errori di battitura, tanto lo so che qualcuno sfugge sempre.
Ricordo che i commenti sono sempre ben accetti, aumentano l’autostima e stimolano la creatività di chi scrive u.u
 
 
Orgel
 
 
“It goes round and round, this song for me
It goes round and round, slowly, my melody box
Round and round, getting dizzy
My orgel”
Shinee, Orgel


 
I soffitti del palazzo erano alti, incrostati d’affreschi blu e oro e stucchi bianchi simili a filamenti di nubi leggere. Immensi lampadari rischiaravano nel loro tripudio di cristallo ogni ambiente e sottili tende azzurre drappeggiavano le ampie vetrate che ritagliavano scorci di colline verdi e rosa. Tutto sembrava avvolto da una luce limpida e perfetta nella sua purezza.
Heechul aveva fatto scorrere i suoi occhi di bambino su ogni parete, corridoio, dipinto, mobile e vaso di fine porcellana. Tutto aveva avuto il potere di attirare la sua attenzione ed aveva sgranato gli occhi con ammirazione, ma anche con una punta d’invidia. Sino ad allora non aveva mai immaginato che potesse esserci un posto più bello del suo palazzo a Busan, ma dopotutto quella era la residenza imperiale di Haehwan.
Quando la sua mamma gli aveva detto che avrebbero passato lì l’estate aveva capito subito dal suo tono che era una cosa importante e, soprattutto, un grande onore. Non solo, la sua mamma gli aveva anche detto che avrebbero conosciuto una persona nuova.
-Chi umma? – gli aveva domandando tirandole la veste di seta.
La sua mamma aveva riso e si era limitata a scompigliargli i capelli senza dargli una vera risposta.
-E’ una sorpresa. –
Heechul aveva passato i giorni successivi ad attendere trepidante il momento della partenza. Busan era splendida, ma giocare da solo sulla spiaggia e nei giardini poteva diventare noioso. Per l’occasione il suo intero guardaroba era stato rinnovato e per tutto il viaggio in carrozza aveva ammirato le sue scarpette lustre e i bottoni luminosi del suo nuovo completo di seta rosso scarlatto, proprio come piaceva a lui.
Ancora una volta, Heechul fissò le sue scarpette lucide ferme sul tappeto, era davvero fiero di quel suo nuovo capo!, poi si guardò intorno per ammirare la piccola stanza preziosa in cui ora si trovava, finché la sua attenzione non fu calamita dalla donna seduta sul divano foderato di velluto, illuminata dal sole estivo che filtrava dalla finestra. Era la donna più bella che Heechul avesse mai visto. Indossava una veste di seta blu e fili d’argento, lunghi capelli corvini le ricadevano morbidi oltre le spalle ed il suo viso pallido, simile a porcellana, era illuminato da nere perle dal taglio felino e da labbra a cuore rosate come fiori di ciliegio in boccio.
Heechul aprì la bocca a vuoto e poi la richiuse. La sua mamma gli aveva detto mille volte di non aprire la bocca come un pesce palla! Scosse il capo ed il suo naso s’arricciò quando vide la sua umma inchinarsi di fronte a quella donna bellissima. Corrugò la fronte. La mamma non si era mai inchinata davanti a nessuno, di solito erano gli altri a farlo.
-Heechul -, disse sua madre, - lei è l’imperatrice Kim Myungsoo, saluta come si conviene. –
Heechul sbatté le palpebre. Ecco perché la sua mamma sia era inchinata! Aveva solo cinque anni, ma non era di certo stupido e capì subito che doveva fare altrettanto. Fare bella figura era importante!
Si esibì nel suo inchino migliore e salutò come gli era stato insegnato, facendogli subito guadagnare un ampio sorriso da parte dell’imperatrice.
-Benvenuti -, disse lei, poi si abbassò per guardarlo. – Sei proprio un bel giovanotto. –
Heechul drizzò subito la schiena, orgoglioso.
-Io e Kibum vi stavamo aspettando. -
Heechul corrugò la fronte. Chi era quel Kicoso?
La donna parve fluttuare sui tappeti e raggiunto uno strano cesto sopraelevato drappeggiato di pizzo fece segno di raggiungerla. Se possibile il suo sorriso divenne ancora più radioso.
Heechul si sporse per osservare il contenuto di quello strano cesto, doveva essere qualcosa d’importante dal modo in cui la donna lo guardava. Tuttavia si mordicchiò il labbro inferiore non appena constatò che avrebbe dovuto alzarsi sulle punte per vedere bene, rischiando così di rovinare le scarpe nuove. Questo non gli piaceva, ma era anche estremamente curioso. Alla fine si alzò sulle punte e s’aggrappò al bordo della culla e ciò che vide lo fece rimanere, di nuovo, a bocca aperta. Haehwan era davvero un luogo pieno di sorprese!
Un neonato dormiva raggomitolato al suo interno ed il suo corpicino si alzava ed abbassava cullato dal proprio respiro regolare. Sembrava un fagottino avvolto in bianco pizzo e morbido cotone ed Heechul lo guardò ammirato, mentre il suo viso s’apriva in un largo sorriso.
-Sembra un micio, un micio che dorme! –, strillò estasiato nella sua ingenuità di bambino di cinque anni.
Le due donne risero.
Allungò una manina verso quella strana cosa morbida e tenera che aveva catturato la sua attenzione.
-Fai piano, Heechul, è piccolo-, disse la sua umma.
Heechul annuì. Non voleva di certo fargli male! Era solo curioso di sapere se era morbido come sembrava. Lo accarezzò piano ed il neonato aprì gli occhi sbadigliando, rivolgendogli un’occhiata assonnata ma curiosa.
-Ooohh – fece Heechul saltellando sulle punte dei piedi. Ormai le scarpette nuove erano passate in secondo piano.
-Come si chiama? – domandò.
-Kibum -, rispose l’imperatrice. –Ti piace? – gli domandò piena d’aspettativa.
Heechul annuì. – Dhe, dhe! –
Le due donne si scambiarono degli sguardi complici e sorrisero.
-Passerete molto tempo insieme d’ora in poi -, gli disse la sua umma.
Heechul tornò a guardare Kibum che lo fissava con occhietti vispi e magnetici.
-Kibummie -, sussurrò a fior di labbra con un sorriso.
 

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Capitolo 2
*** Our small box ***


Ciao! Prima d’iniziare ringrazio Jae_Haw per aver commentato lo scorso episodio e chi ha inserito la raccolta tra preferite, seguite e tutti i lettori.
Vi lascio una piccola nota. Per motivi di trama ho dovuto ridurre la differenza di età tra Heechul e Kibum altrimenti riuscire a farli interagire in alcuni momenti sarebbe stato difficile.
Buona lettura
 
 
 
Our small box
 
 
 
“Aren’t you frustrated, trapped inside this small box?
Isn’t this world, crashing with waves, difficult?
I wind up the spring as I embrace your snow-white shoulder”
Shinee, Orgel
 
 

 
Sottili coni di luce filtravano dalle pesanti tende di velluto delineando granelli dorati di polvere danzanti. Heechul li guardò fluttuare in quella discesa continua a sonnolenta, mentre la sua testolina ciondolava di lato sulla spalla. Scosse il capo nel tentativo di riscuotersi, mentre il libro che teneva aperto sulle ginocchia cadeva a terra sul tappeto in un tonfo sordo. Fu proprio quel rumore ad avere il potere di svegliarlo del tutto. Con un balzo scese dalla grande poltrona, raccolse il volume e si spostò verso la finestra per sbirciare oltre le tende.
Sui giardini di Haehwan brillava ancore il sole del pieno pomeriggio, i roseti riluceva rossi, bianchi, rosa e blu mentre gli alberi slanciati del viale svettavano immoti nell’aria calda e tersa dell’estate.
Stringendosi il libro al petto, il piccolo Heechul alzò gli occhi al cielo e mentre sul suo viso andava a delinearsi un’espressione concentrata e fissò il sole con aria esperta.
-Il primo pomeriggio è passato -, disse ad alta voce.
Aveva bisogno di udire almeno un suono in quel silenzio che rimbombava nelle sue orecchie da ore.
-Ormai è quasi ora di merenda. –
Le sue labbra s’incurvarono in un sorriso, ciò significava che Kibummie si sarebbe svegliato molto presto dal suo sonnellino pomeridiano e avrebbero potuto giocare. Tornò a sedersi sull’enorme poltrona con rinnovato entusiasmo e riaprì il libro, ma nonostante quella storia l’avesse attirato ormai la concentrazione era sfumata. I suoi occhietti scorrevano veloci sulle righe d’inchiostro senza prestarvi reale attenzione, mentre i suoi piedini oscillavano nel vuoto.
Era la quarta estate che passava ad Haehwan e, ormai, Kibum aveva quattro anni. Non appena il sole iniziava a farsi più caldo e le giornate più lunghe Heechul attendeva trepidante il momento in cui lui e la sua umma avrebbero ricevuto l’invito ufficiala per recarsi alla residenza reale. In quegli anni, Heechul era sempre stato entusiasta di recarsi lì sebbene i programmi estivi, che elaborava nel corso dell’anno, fossero stati più volte costretti a sfumare.
Sbuffò.
Kibum era troppo piccolo per giocare con lui e molto spesso tutto ciò che lui poteva fare era guardarlo dormire.
-Come può una cosa così piccola dormire così tanto? -, si chiese.
Per quanto l’avesse sempre osservato con aria protettiva ed un ampio sorriso sulle labbra a lungo andare quell’attività si era rivelata estremamente noiosa, così, Heechul si era ritrovato solo come a Busan e costretto ad inventarsi nuovi passatempi.
Ma quell’anno era diverso, glielo aveva detto la sua umma.
-Pensi che quest’anno potremmo giocare? -, gli aveva domandato prima di partire.
La sua umma l’aveva guardato sorridendo. – Ma certo, ormai Kibum è un signorino. –
Heechul aveva battuto le mani, euforico.
Kibum era davvero cresciuto, ma la verità era che dormiva ancora come un gatto al sole in piena estate e gli era proibito andare a cavallo, giocare nei giardini, correre sulle scale.
Heechul sbuffò. C’erano un sacco di cose che il più piccolo non poteva fare.
Stava per riprendere la propria lettura con maggiore serenità quando dei rumori attirarono la sua attenzione. Guardò verso la porta notando che era leggermente aperta. Arricciò il naso. Era sicuro di averla chiusa.
Silenzio.
Tornò a far scorrere gli occhi sulle pagine del libro, ma altri suoni lo interruppero. Heechul iniziò ad agitarsi sulla poltrona guardandosi intorno, la stanza sembrava vuota a parte lui ed i mobili. Si grattò il capo e l’ennesimo rumore lo fece sobbalzare. Niente, lui sembrava essere l’unico essere vivente lì.
Improvvisamente sgranò gli occhi. Forse c’erano i fantasmi, era possibile? Nessuno gli aveva mai parlato di fantasmi ad Haehwan.
Come se avesse letto i suoi stessi pensieri una risatina appena soffocata giunse da oltre l’ampia poltrona. Heechul capì subito di cosa si trattava, o meglio di chi. S’arrampicò sull’alta testata e guardò in basso.
-Kibummie! –
Kibum era rannicchiato ai piedi della poltrona e si premeva le manine sulla bocca trattenendo a stento una risata, alla fine si rotolò sul tappeto ridendo. Heechul lo guardò adorante. Il più piccolo indossava dei pantaloncini azzurri di cotone e una camicetta bianca con un molle fiocco che pendeva sul davanti. Gli occhi di Heechul s’illuminarono, sembrava una bambola.
-Chul -, fece Kibum rialzandosi in piedi - ti ho spaventato? –
Udendo quel nomignolo Heechul sorrise. Non appena Kibum aveva iniziato a pronunciare le prime parole aveva tentato d’insegnargli il suo nome. Tuttavia i risultati non era stati il massimo della perfezione.
-Hee chulll -, aveva detto più volte scandendo bene ogni singola lettera.
-Chul -, era stato tutto ciò che il più piccolo era stato in grado di dire.
Heechul le aveva provate tutte, ma il risultato era rimasto invariato, alla fine lui stesso aveva finito per affezionarsi a quel nomignolo che ormai usavano comunemente tra loro.
Il più piccolo lo raggiunse rivolgendogli un’occhiata sottile e luminosa da oltre bracciolo della seduta foderata di velluto.
-Oh ero terrorizzato -, fece Heechul per stare al gioco.
Kibum rise di nuovo aggirandosi all’intorno e lanciandogli occhiate studiate. Con sguardo furbo iniziò a giocare nascondendosi ad intervalli irregolari dietro al bracciolo della poltrona.
Heechul lo guardò incuriosito. -Ti sei svegliato –, osservò.
Kibum annuì rimanendo semi nascosto, solo i suoi occhietti magnetici l’osservavano da sotto la frangia corvina. Tuttavia, Heechul lo conosceva abbastanza bene da sapere che nascondeva un sorriso.
-Ho dormito -, confermò a voce il più piccolo.
Kibum picchiettò l’indice paffuto sulla copertina del libro. –Chul -, fece dubbioso, - capisci cosa c’è dentro? –
-Certo. –
Kibum batté le mani e ridacchiò. –Sai fare sempre tante cose, Chul hyung. –
Heechul sorrise orgoglioso scompigliando la chioma corvina dell’altro.
-Umma dice che sono troppo piccolo per farlo. –
La fronte di Kibum si corrugò alla ricerca di un pensiero, poi le sue manine si mossero indecise per poi mostrare due dita paffute.
-Due anni, umma dice che potrò imparare tra due anni. –
Heechul fece i conti. Tra due anni Kibum ne avrebbe avuti sei, la stessa età che aveva lui quando gli avevano insegnato a leggere. Sì, aveva senso.
-Ma io voglio imparare prima –
Kibum si arrampicò sulla poltrona sedendosi al suo fianco. Rivolse ad Heechul uno sguardo deciso e disse: - insegnami. –
Heechul si lasciò sfuggire un verso strozzato. Non era esattamente il tipo di gioco che aveva in mente, era ore che leggeva o quanto meno tentava di farlo.
-Perché non facciamo qualcos’altro? –
Il labbro inferiore di Kibum iniziò a tremolare.
Oh no, pensò Heechul temendo il peggio, ora inizierà a miagolare come un micio al quale hanno pestato la coda. E io sarò sgridato!
Finiva sempre così, Kibum piangeva e lui veniva rimproverato.
Heechul sospirò. Non ne faceva una colpa a Kibum, era piccolo, ma forse avrebbe dovuto imparare a piangere un po' meno.
O in modo più silenzioso, osservò tra sé.
-Bummie – disse correndo ai ripari, - se prima giochiamo, poi t’insegno a leggere, va bene? –
Kibum si stropicciò con le manine gli occhietti umidi e l’osservò valutando attentamente la proposta del più grande, alla fine annuì.
-A cosa giochiamo? – domandò curioso.
Heechul picchiettò un dito sulle labbra fingendosi pensoso. In realtà aveva già un gioco in mente. Avrebbe fatto qualunque cosa pur di scatenare risate del più piccolo, non solo perché udirle gli piaceva, ma anche perché era orgoglioso di essere lui a causargliele.
-Cosa ne pensi…-
Lasciò la frase a metà, desideroso di vedere l’espressioncina curiosa di Kibum animarsi e la sua testolina arrovellarsi per capire le sue intenzioni.
-Cosa Chul, cosa? – fece Kibum tirandogli una manica.
Heechul sogghignò e senza preavviso si getto su Kibum, facendo scorrere le dita da bambino sul corpicino paffuto dell’altro, provocandogli così risate incontrollate.
-Nooo – strillò acuto Kibum, - il solletico! –
Heechul rise a sua volta e rincarò la dose.
-Chullll –
Kibum cercò di riprendere fiato, ormai aveva le lacrime agli occhi ed il viso arrossato. –Il solletico -, tentò di dire. – Mi…mi ucce! –
-Si dice mi uccide, Kibummie –
-Ucc- ucc-ideeee aaaahh –
Kibum rotolò dalla poltrona e con uno scatto improvviso sfrecciò verso la porta.
-Vieni a prendermi! – gridò al più grande facendogli una linguaccia.
Il cuore di Heechul perse un battito non appena vide il più piccolo fiondarsi fuori dalla stanza e correre per i corridoi. Quella era proprio una cosa che non potevano fare! Nonostante desiderasse dare seguito alla provocazione dell’altro una vocina gli suggeriva che sarebbe potuta finire molto male. Lo seguì a ruota.
Se si fa male piangerà, pensò, e mi sgrideranno!
-Kibummie non puoi correre sulle scale! –
 
 
Heechul aveva passato un pessimo quarto d’ora. Come immaginava la sua umma l’aveva sgridato ricordandogli quando Kibum fosse piccolo e di come fosse pericoloso per lui correre nei corridoi e sulle scale. Mentre lui, Heechul, era un ometto grande e responsabile e non poteva permettere che accadessero certe cose. Aveva passato tutto il tempo con la testa bassa a fissarsi le punte lucenti dell’ennesimo nuovo paio di scarpe, poi aveva sospirato.
Al termine della ramanzina trovò subito il più piccolo ad aspettarlo.
-Ti hanno sgridato? – domandò Kibum, contrito.
Heechul annuì tenendo la testa bassa. Era una fortuna che non ci fosse stato lì il suo appa, perché appa gli avrebbe fatto male. La umma invece lo sgridava e basta. Comunque non era stato piacevole.
-E’ colpa mia, non avrei dovuto proporti di giocare. –
Questo non parve migliorare l’umore di Kibum che continuò a singhiozzare e a fissarsi i piedi. Heechul gli accarezzò il capo e lo prese per mano.
-Vieni, ora ti insegno a leggere -, disse.
Subito Kibum alzò gli occhi, sgranandoli.
-Davvero? –
Heechul annuì.
Passarono il resto del pomeriggio nella piccola biblioteca raggomitolati sull’ampia poltrone, troppo calda e pesante per quella giornata estiva che erano costretti a passare al chiuso. Sfogliarono ogni tipo di libro a loro disposizione e quando furono stanchi si limitarono a guardare le figure.
-Secondo te questo posto esiste davvero? – domandò ad un tratto Kibum.
Il più piccolo era rimasto attratto da una serie di stampe che ritraevano immense architetture immerse nella vegetazione. C’erano colonne monolitiche, fregi con girali vegetali e geometrici, capitelli scolpiti con un realismo tale da dare l’impressione che le loro foglie riprodotte nella pietra fossero vere[1]. Kibum aveva osservato tutto questo a bocca aperta.
 -Credo di sì. –
Kibum alzò lo sguardo sul più grande. -Ci possiamo andare? -
Heechul arricciò le labbra. Non gli piaceva quando non sapeva dare una risposta, tanto meno rimanere senza parole davanti al più piccolo, voleva mostrarsi grande, ma in realtà dubitava potessero raggiungere quel posto. Tanto meno Kibum, era troppo piccolo per troppe cose.
Non può nemmeno correre sulle scale, rifletté con una punta di nervoso.
Anche se Heechul iniziava a sospettare non fosse solo per quello. Più passava del tempo con l’altro, più aveva l’impressione che vivesse rinchiuso in una bolla di vetro. Era come un gioiello segregato in una piccola scatola luminosa e melodica.
-Forse -, disse alla fine.
-Quando?- insistette l’altro.
Heechul sospirò.  - Non penso potremmo farlo tanto presto. –
Kibum s’adombrò e sospirò lasciando spaziare gli occhietti sottili sulla biblioteca, come se improvvisamente quel mondo perfetto e confortevole si stesse rimpicciolendo. Troppo piccolo e vuoto.
-Però un giorno mi porti? –
Heechul annuì. Dopotutto che cosa gli costava una promessa?
-Promesso? –
Kibum allungò un ditino verso di lui ed Heechul unì il suo.
-Promesso. –
 
 
 
Spero vi siate divertiti, se vorrete essere così gentili da lasciarmi un commentino mi farà molto piacere e vi ruberà solo due minuti, inoltre salverete un’autrice da tendenze ansiogene e suicide XD
Colgo l’occasione per comunicarvi che il prossimo capitolo di Orbit. The universe in your eyes dovrebbe riuscire a vedere la luce il prossimo fine settimana!
 
Alla prossima!
 
[1] Sto facendo riferimento ai lavori di Piranesi, se non lo conoscete fate un salto a guardare (deformazione professionale XD). 

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Capitolo 3
*** Air is sweet like candy ***


Ciao! Come promesso prima di andare a seppellirmi in magazzino archeologico a catalogare cocci per due settimane vi lascio un nuovo episodio dedicato a Diva&Diva XD
Colgo l’occasione per comunicarvi che la stesura del capitolo 34 di Orbit è a buon punto, ma che purtroppo vedrà la luce solo a fine mese. Si sta rivelando parecchio lungo e benchè abbia cercato di fare dei tagli in modo da pubblicare questo fine settimane è risultato impossibile, perchè mi avrebbe incasinato la tabella di marcia. Sappiate solo che per farmi perdonare a fine mese vi troverete con circa 30 pagine di capitolo XD
Ringrazio chi ha inserito questa raccolta tra le preferite, seguite e da ricordare. In particolare chi ha commentato gli scorsi episodi: Jae_Hwa e MagicaAli.
Spero di nona ver lasciato scempiaggini nel testo perché attualmente il mio stato di salute è molto precario XD
Ricordo che i commenti sono sempre graditi!
Buona lettura!
 
 
The air is sweet like candy[1]
 
 

“It goes round and round, this song for me
It goes round and round, slowly, my melody box
Round and round, getting dizzy
My orgel that is only mine”
Shinee, Orgel
 
 
 
-Kibumah, Kibumah –
Le nuove scarpette lucide di Heechul ticchettarono sul pavimento di marmo del corridoio immerso nella penombra. Era primo pomeriggio e dei tenui fasci di luce filtravano dalle vetrate del palazzo immerso nel silenzio, tranne che per l’eco della sua vocina eccitata che chiamava il più piccolo.
Heechul percorse il corridoio alla ricerca del possibile nascondiglio di Kibum.
Nonostante fosse l’ora del sonnellino, ormai Kibum aveva sei anni e non era più obbligato a rimanere in stanza a dormire fino alla merenda. Quando all’inizio dell’estate gli era stata rivelata questa splendida novità avrebbe voluto urlare per la gioia. Finalmente potevano giocare senza tutte quelle stupide restrizioni! Certo al più piccolo era ancora proibito fare molte cose, ma quel paio di ore in più di gioco, che prima Heechul non era costretto a passare solo, erano sicuramente un fatto molto positivo.
Heechul unì le mani dietro la schiena e si puntellò sui talloni arricciando le labbra.
Il nascondino era uno dei loro giochi preferiti, soprattutto di Kibum, ma anche uno dei più stancanti. Haewan non era di certo piccola e Bummie aveva la straordinaria capacità di scegliere i luoghi più impensabili in cui nascondersi.
Risultato: Heechul passava ore a cercarlo vagabondando per i corridoi.
-Kibummieeee -, chiamò di nuovo.
Silenzio, solo l’eco della sua voce.
Heechul si gratto il capo. Ma dov’era?
Attraversò il corridoio apparentemente privo di vita e salì una rampa di scale di marmo. Corse eccitato non appena notò la porta di una stanza aperta dalla quale provenivano dei rumori. Che si trovasse lì?
Heechul sbirciò oltre la porta semi aperta facendo scorrere gli occhi curiosi sul salottino immerso nella luce pomeridiana. Tese le orecchie non appena udì degli altri rumori provenire dal suo interno e fece un passo per entrare, tuttavia la sua mano ricadde lungo lo stipite laccato d’oro quando si accorse dell’identità degli occupanti.
La sua umma e quella di Kibum stavano bevendo il tè e lui sapeva bene che non poteva permettersi di disturbarle, tuttavia rimase fermo qualche secondo ad osservare il viso gentile e delicato dell’imperatrice. Quella donna era splendida ai suoi occhi ed emanava un’aria rassicurante e benevola. Bummie era molto fortunato ad averla come umma.
E’ tanto bella, pensò.
Naturalmente anche la sua umma lo era!
Heechul sorrise orgoglioso. Quell’anno la sua umma si era dimostrata più felice del solito all’idea di passare l’estate ad Haewan e per l’occasione gli aveva fatto moltissime raccomandazioni. Sii educato, comportati come un ometto gentile, passa tutto il tempo con il principino…e un sacco di altre cose che Heechul aveva scordato.
Bhe, in realtà si era un po' risentito per quella lunga sequela di direttive che lui considerava assolutamente superflue.
Era ovvio che sarebbe stato educato, così come intendeva comportarsi come un ometto gentile.
-Ma umma -, gli aveva detto mal celando il piccolo orgoglio ferito, - io voglio stare sempre con Kibum. –
La donna aveva sorriso raggiante.
Ah sì, e poi la sua umma gli aveva preso tanti vestitini nuovi. Erano molto eleganti.
Heechul annuì tra sé mentre il suo nuovo guardaroba sfilava nella sua mente. D’istinto i suoi occhi si posarono sulle scarpette nuove. Appena arrivato ad Haewan le aveva mostrate subito a Kibum.
-Ohh Chul che belle! Brillano! –, aveva detto il più piccolo.
Questo aveva reso Heechul molto orgoglioso di sé stesso, e ovviamente delle sue scarpe.
Stava per girare i tacchi e rimettersi alla ricerca del più piccolo la conversazione delle due donne attirò la sua attenzione. Curioso, rimase nascosto ad osservare.
-I bambini vanno molto d’accordo. –
Era stata l’imperatrice a parlare, il viso sempre radioso, mentre sorseggiava il suo tè.
-Heechul accoglie sempre con piacere l’arrivo del periodo estivo. –
-Posso dire lo stesso di Kibum. –
Le donne si scambiarono dei sorrisi soddisfatti, poi l’espressione dell’imperatrice si fece seria.
Heechul udì il tintinnare di tazzine.
-L’unione tra Soul e Busan è fondamentale per Chosun, l’abilità di Heechul è molto forte e anche il mio Kibum si sta dimostrando molto dotato, sicuramente dei fattori da tenere in considerazione in vista di un legame di fratellanza. Tuttavia in qualità di madre, oltre che di regnante, la mia prima preoccupazione va alla felicità di mio figlio. –
L’imperatrice si portò una mano inanellata alla fronte e ad Heechul, per un attimo, parve molto triste.
-Ho già compiuto le scelte sbagliate per me stessa e Kibum è un bambino sensibile. Voglio essere certa che abbia il compagno giusto. -
-Naturalmente. Vi posso assicurare che Heechul tiene moltissimo a sua grazia e prova per lui un affetto incondizionato. –
L’imperatrice tornò a sorridere.
-Lo vedo, ma crescendo…-
-Sta a noi guidarli, Myungsoo. –
Heechul reclinò il capo di lato. Sapeva che la sua umma e l’imperatrice erano amiche d’infanzia, ma non l’aveva mai sentita pronunciare il nome di Myungsoo.
-Se tutto procede in questo modo il futuro si prospetta sicuramente roseo -, osservò l’imperatrice.
-Sono piccoli, ma tra qualche anno chissà, forse potrebbero anche innamorarsi. -
-La mia unica obiezione si basa sulla felicità di Kibum, ma se tutto va come speriamo quando i tempi saranno maturi potremmo rendere ufficiale il loro fidanzamento. –
Fidanzamento, ripeté Heechul nella sua mente.
Sembrava proprio una parola importante e riguardava lui e Kibum. Tuttavia non era in grado di dire con certezza se fosse una cosa bella o no, di certo aveva un bel suono. Ma allora perché le due donne sembravano sia tristi che felici, che cosa preoccupava l’imperatrice?
Arricciò il naso.
Anche il suo appa gli diceva spesso delle parole importanti che lui non capiva, ma non avevano un suono così bello.
-Non sei senza ambizione, Hecchul, ma ti manca la crudeltà che deve accompagnarla.[2]-
Cru…crudeltà?
Heechul non riusciva mai a capire bene quella parola, non che il senso dell’intera frase gli sembrasse sensato, ma quella in particolare lo metteva parecchio a disagio. Comunque aveva un suono cattivo. Appa non era mai gentile e gli faceva male.
Scacciò quei pensiero per tornare a contemplare i possibili significati della parola “fidanzamento”. Più la ripeteva nella sua mente più gli sembrava avesse un bel suono. Però continuava a non capire.
Una cosa era chiara: le due donne stavano facendo dei discorsi importanti sul suo futuro e su quello di Kibum. Discorsi che probabilmente non avrebbe dovuto origliare.
Decise di andarsene e proseguire la ricerca del più piccolo che, sicuramente, stava attendendo impazientemente di essere trovato da lui.
-Kibummiee -, tornò a chiamare.
Il suono delle sue bellissime scarpe s’attutì quando si ritrovò a camminare su un tappeto. Abbassò gli occhi per osservarne i riflessi luminosi quando una piega sul tappeto attirò la sua attenzione, finché il suo sguardo non corse sino ad un mobile a due ante.
Sorrise euforico. Ecco un posto in Kibum avrebbe potuto nascondersi!
-Bummieee -, cantilenò.
Un tenue risata risuonò dall’interno del mobile ed Heechul decise di stare al gioco.
-Bummieee dove sei? C’è la torta! –
Subito le ante dell’armadio si aprirono di colpo e un Kibum sorridente rotolò sul tappeto, lo sguardo felino lampeggiante e le labbra a cuore atteggiate in sorriso pieno d’aspettativa.
Heechul sogghignò e toccò la punta del naso del più piccolo con l’indice.
-Preso -, disse.
Kibum arricciò il naso, poi tornò a guardarlo sorridente, le gote rosate.
-Dov’è la torta? –
Heechul rise.
-Non lo so. –
-Chulll –
Il più piccolo gli strattonò una manica.
Kibum aveva i capelli spettinati e Heechul vi passò una mano per ravvivarli. Gli piaceva toccare i capelli di Bummie, erano tanto setosi, così come gli piacevano i suoi vestitini sempre in ordine ed il visino simile a quello di una bambola di porcellana. Heechul si beò della visione del più piccolo.
-Chul -, fece Kibum mettendo il broncio, -così non vale. Hai barato e adesso io ho fame. –
Lo stomaco del più piccolo brontolò.
-E’ quasi ora di merenda, una torta deve esserci di sicuro. –
-Con le fragole? –
-Forse. –
 
 
***
 
Come Kibum aveva tanto sperato, tè e pasticcini li stavano aspettando per la merenda. Mentre mangiava la sua fetta con panna e fragole, spiluccando i frutti rossi uno alla volta ed ingoiandoli con gusto, quasi senza masticarli, il principino osservò curioso il più grande.
Il suo Chul era molto pensoso quel pomeriggio. Era piccolo, aveva solo sei anni, ma certe cose le capiva e non gli sembrava normale. Di solito erano i grandi ad avere quella faccia scura. Secondo Kibum pensavano troppo. Perché non si mangiavano un pasticcino e basta invece di riempiersi la fronte di rughe? Certo Chul era grande, ma non così grande da avere quella faccia. Stava pensando troppo.
Kibum si ripulì le dita sporche panna con la lingua e s’avvicinò all’altro. Scosse il capo con disappunto, rendendosi conto che Heechul aveva abbandonato la sua fetta di torta per sfogliare un libro enorme. Il principe sapeva di cosa si trattava, era un dizionario, lo stava usando per imparare a leggere e tante parole complicate.
-Chul cosa fai? –
-Sto cercando una parola. –
Il più grande gli aveva risposto senza alzare gli occhi e Kibum guardò prima Heechul e poi la torta. Arricciò il naso.
Quale parola poteva essere più importante di una torta?
-Quale? –
Ora la sua curiosità era alle stelle.
-Fidanzamento. –
-Fidache? –
-Fidanzamento. -
Kibum reclinò il capo e fece una smorfia. – Non riesco a dirlo. Cosa vuol dire? -
-Uhm –
Heechul fece scorre il dito sulle righe d’inchiostro. Aveva perso il conto delle volte in cui aveva letto il significato di quella misteriosa parola, però non gli era ancora del tutto chiaro. Il fatto che il più piccolo gli stesse chiedendo spiegazioni lo metteva sulle spine. Gli piaceva farsi vedere grande e con la risposta pronta, soprattutto davanti a Kibum.
Però un concetto secondo lui emergeva con chiarezza.
-Persone che stanno sempre insieme -, sussurrò.
Heechul sbatté le palpebre. Era così? Lui e Kibum sarebbero stati sempre insieme? Se era così era davvero una splendida notizia!
Lo stomaco di Kibum brontolò e Heechul lo fissò. Il più piccolo stava fissando la sua fetta di torta del tutto dimentico dello scambio di battute di poco prima.
-Vuoi la mia fetta? –
Kibum abbassò gli occhi. Stava facendo la figura dell’ingordo. La sua pancia brontolò di nuovo e lui mugugnò, imbarazzato. La umma gli diceva sempre di mettere a tacere il suo stomaco!
-Solo le fragole e un pochissimissimo di panna. –
Heechul sorrise.
 
***
 
 
Steso nel grande letto a baldacchino, Heechul si ritrovò a fissare il vuoto. Si rigirava da ore, ma i suoi occhi continuavano a rimanere sbarrati. Proprio non ne volevano sapere di chiudersi! La verità era che quella giornata era stata troppo curiosa ed eccitante perché lui riuscisse a prendere sonno.
Lui e Kibum sarebbero stati insieme per sempre! Questo lo rendeva davvero felice e non stava nella pelle all’idea di dirlo al piccolo, però non sapeva se fosse una mossa saggia. Dopotutto non avrebbe mai dovuto udire quella conversazione. Heechul si rigirò nel letto.
-Uffa! – sbuffò.
Ci teneva tanto a vedere la faccia che avrebbe fatto Kibum!
Un tuono rimbombò nella notte e Heechul si mise a sedere, la schiena appoggiata ai cuscini. Fuori, oltre la vetrata drappeggiata dalle tende blu, imperversava un temporale estivo. Lui adorava i temporali, tanto quanto Kibum ne era terrorizzato. I lampi, i fulmini…era così bello vederli squarciare il cielo! E poi ciò significava che il più piccolo si sarebbe intrufolato nel suo letto tremante come una foglia.
Heechul guardò verso la porta, certo che da un momento all’altro si sarebbe aperta. Gli piaceva dormire abbracciato a Kibum, cullarlo e respirare il suo profumo dolce come quello di una caramella. Era come dormire stringendo una bambola delicata.
Tornò a guardare la finestra. Il vento scuoteva gli alberi e fitte gocce di pioggia bagnavano le colline. Era davvero un brutto temporale e probabilmente il giorno successivo non avrebbero potuto giocare in giardino.
La porta cigolò e Heechul fece quello che faceva ogni volta: tornò a sdraiarsi e finse di dormire.
I piedi nudi di Kibum zampettarono sul tappeto, Heechul sapeva che era lui perché aveva imparato a riconoscere i suoi passi, così come distingueva chiaramente il gattonare del più piccolo sul materasso.
Non appena Kibum s’infilò sotto le coperte, Heechul sentì che aveva i piedini gelati.
-Chul -, lo scosse il più piccolo.
Sorridendo, Heechul aprì gli occhi e lo guardò. Come immaginava, Kibum era terrorizzato e stava tremando. Subito l’abbracciò.
-Ho paura, posso dormire con te? –
Heechul annuì.
-Ti fa ancora male la pancia? – chiese.
Quel pomeriggio Kibum aveva mangiato troppa torta.
Kibum tirò su col naso e si strinse a lui. – Ani. Però ho paura. –
Lo stinse più forte e subito il più piccolo si tranquillizzò. Heechul osservò le manine di Kibum stringersi intorno alla sua camicia da notte, mentre i suoi piedini freddi cercavano calore sotto le coperte. Gli carezzò il capo, piano, ed iniziò a cullarlo. Sapeva che era l’unico modo per farlo addormentare.
-Bummie -, sussurrò.
Glielo doveva dire altrimenti non sarebbe mai riuscito a chiudere occhio.
-Umma e umma hanno detto che quando saremo grandi ci fidanzeremo. –
Kibum riaprì gli occhi sottili per sondarlo attentamente.
Ancora quella parola, pensò Kibum.
E ancora non capiva perché avesse reso Heechul prima tanto pensieroso e poi tanto felice. Almeno così credeva a giudicare dal sorriso del più grande.
-E’ un bella cosa? –
-Vuol dire che staremo sempre insieme. –
Il viso di Kibum s’allargò in un sorriso.
-Io voglio stare sempre con Chul hyung. –
Heechul guardò estasiato gli occhietti magnetici del più piccolo. Anche lui lo voleva. Bummie era perfetto.
-Fidanzamento -, biasciò Kibum in un sbadiglio.
Il principe si accoccolò sul petto del più grande e s’addormentò.
Heechul lo strinse affondando il naso nei suoi cappelli. Aveva davvero un profumo dolce.
Caramella.
Un lampo squarciò il cielo, illuminando la stanza.
Mio, fu l’ultimo pensiero che attraversò la mente di Heechul prima che il sonno lo sopraffacesse.
 
 
 
[1] Il titolo è preso dal testo di Excuse me Miss, probabilmente ci saranno dei riferimenti anche nel prossimo capitolo della storia originale.
[2] Da Macbeth

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Capitolo 4
*** Only for me ***


Salve a tutti!
Ringrazio chi ha inserito questa raccolta tra le preferite, seguite, da ricordare e tutti i lettori. In particolare ringrazio chi ha commentato gli scorsi episodi: Jae_Hwa e MagicaAli.
Spero di non aver lasciato scempiaggini nel testo dato che la rilettura è avvenuta tra molteplici e sgradite interruzioni XD
Ricordo che i commenti sono sempre graditi!
Buona lettura!
 
Only for me
 
 
“It’s only us in this world
Only dance for me
Aren’t you happy if you see me always smiling?”
Shinee, Orgel
 
 
Le dita del piccolo Kibum scivolarono sui tasti del piano producendo note melodiche ad allegre. Subito, la musica si diffuse nella saletta riempiendo l’aria estiva che penetrava dalle finestre aperte. Era una giornata calda d’inizio estate e Haehwan risplendeva sotto i raggi del sole tra le colline verdeggianti puntellate di peschi. La luce dorata avvolgeva l’intera atmosfera conferendole un tono sognate, mentre il lampadario di cristallo che pendeva dal soffitto disperdeva sulle pareti ed i mobili ritagli arcobaleno.
Il principino sbirciò con la coda dell’occhio la sua umma per scoprirne la reazione. La donna, seduta sull’elegante divanetto al centro della sala, sorseggiava tranquillamente una tazza di tè e, con gli occhi socchiusi, ascoltava sorridente la musica.
Kibum sorrise raggiante e continuò a suonare.
Era davvero migliorato dopo le prime lezioni e la sua umma era sempre più soddisfatta, glielo leggeva in viso. Negli ultimi anni aveva imparato un sacco di cose e Kibum si sentiva un bambino di otto anni molto impegnato. Ormai leggeva e parlava fluentemente non solo la sua lingua, ma anche quella dei due regni vicini, andava a cavallo, suonava, cantava e stava apprendendo i rudimenti della scherma. Tutti i suoi precettori erano soddisfatti e così la sua umma. Quell’anno aveva fatto grandi progressi soprattutto con la sua abilità e, pian piano, stava imparando a controllarla e a sfruttarla. Umma diceva che era molto forte e questo era molto importante per il futuro di Chosun. Tutto ciò non aveva fatto altro che rendere Kibum molto fiero di sé stesso, portandolo a domandarsi se anche Heechul sarebbe stato fiero di lui. Teneva molto al giudizio del più grande. Anche Chul era forte e Kibum aveva osservato più volte ciò che era in grado di fare. Il suo fuoco era così bello, caldo, luminoso…in realtà a volte ne era intimorito, ma finché era il suo Chul a controllarlo non aveva nulla da temere, no?
Istintivamente, il pensiero del più grande lo portò a guardare le colline oltre le finestre. Ormai dovevano mancare poche ore al suo arrivo e Kibum non stava più nella pelle. Era dall’inizio della primavera che attendeva trepidante quel momento. A Soul si sentiva molto solo e a parte le lezioni d’ogni genere che scandivano la sua routine quotidiana aveva ben poche distrazioni, invece a Haehwan era tutto diverso.
Mentre le sue dita continuavano a muoversi sui tasti del piano, la sua mente pregustò il momento in cui avrebbe riabbracciato Heechul e, influenzata dai suoi stessi pensieri, la musica divenne più allegra.
Negli ultimi due anni Heechul era cresciuto molto, ormai aveva tredici anni, e Kibum doveva ammettere con un certo rammarico che a volte fatica a stargli dietro. Quando non erano soli Heechul era spesso formale con lui e questo a Kibum non piaceva per niente. Perché non potevano fare come sempre? Non era forse già circondato da un mucchio di persone che si rivolgevano a lui con formalità?
Al principe sfuggì uno sbuffò infastidito.
All’inizio era rimasto sconcertato ed aveva pensato che Heechul fosse arrabbiato con lui cosa che, ovviamente, l’aveva reso molto triste. Tuttavia la sua umma gli aveva spiegato che ormai Heechul era un piccolo lord e stava imparando a comportarsi come tale cosa che, aveva aggiunto, molto presto avrebbe dovuto fare anche lui.
-Perché? – aveva chiesto con una punta di stizza.
-Perché sei un principe. –
Era vero, lui era un principe! Indubbiamente doveva dare il buon esempio e Kibum aveva tutta l’intenzione di prendere a sua volta esempio da Heechul. Dopotutto il più grande era il suo modello. Chul sapeva fare un sacco di cose e ne sapeva altrettante, così Kibum ascoltava sempre con interesse ed entusiasmo ciò che l’altro gli diceva. Il principino era molto fiero del suo Chul e allo stesso tempo non voleva deluderlo.
Kibum annuì con vigore, poi le sue mani si bloccarono sui tasti e lui s’alzò di colpo, correndo verso la finestra per raggiungere il balcone.
-Kibum! –
Udì la sua umma chiamarlo con apprensione.
Attaccato alla balaustra di marmo, Kibum osservò con crescente entusiasmo una carrozza rossa percorrere il viale di Haehwan.
Heechul! gridò la sua mente, estasiata.
Saltellò sulle punte di piedi indicando il veicolo con un dito.
-Guarda umma, guarda! –
La madre l’aveva raggiunto e sorridendo indulgente gli aveva posato una mano sul capo.
-Non devi correre in questo modo, così farai spaventare la tua umma -, disse l’imperatrice con sorriso dolce.
Kibum smise di saltellare, ma un largo sorriso si dipinse sul suo viso.
-Umma c’è Chul! –
La donna sorrise accarezzandogli il capo. – Da bravo padrone di casa dovresti andare a salutarlo. -
Kibum non se lo face ripetere due volte e del tutto dimentico delle regole e delle infinite raccomandazioni corse lungo i corridoi e per le scale. Finalmente avrebbe passato tutta l’estate con Chul! Aveva così tante cosa da raccontargli e non dubitava del fatto che il più grande desiderasse fare altrettanto. I suoi piedi corsero veloci sui tappeti e sul pavimento di marmo e solo quando raggiunse l’ultima rampa di scale si bloccò di colpo.
Heechul stava imparando a diventare un lord e così anche lui. Certo Kibum non pretendeva di essere esperto quanto il più grande, ma doveva sforzarsi di essere un buon principe.
Forse correre non è opportuno, pensò mordicchiandosi un labbro.
Chul si stava impegnando molto e anche lui doveva farlo, non poteva di certo deludere le aspettative del più grande! Kibum ci teneva molto al giudizio di Heechul e la sua approvazione, nella sua mente di bambino, era fondamentale. La sola idea di recare disagio o dispiacere all’altro lo rattristava.
Kibum tossicò, si rassetto gli abiti di seta, raddrizzò i piedini, si pettino la frangia con le dita e si umettò le labbra. Osservò il suo riflesso nello specchio ovale appeso alla parete sul pianerottolo e si studiò attentamente. Indossava uno dei suoi abiti migliori che aveva scelto appositamente per l’occasione: un completo di seta azzurro con una camicetta leggera, bianca, dotata di un fiocco morbido sul colletto e un lieve accenno di merletto ai polsi, mentre le scarpette nuove erano di vernice nera con un fiocchetto di seta azzurro per non fare scappare. A Chul sarebbero piaciute di sicuro!
Continuò a fissare il suo riflesso smuovendo i capelli corvini per ricomporli a dovere e, alla fine, valutò di avere un aspetto presentabile. Sospirò sollevato ed alzando il mento posò delicatamente una mano sulla balaustra dorata delle scale.
Lo sguardo fisso sul salone d’ingresso del palazzo sotto di lui, attese. Il grande orologio dorato sul pianerottolo parve scandire il tempo in rintocchi tetri e lunghi che resero il principino molto nervoso. S’impose di non mordicchiarsi il labbro. Se si fosse rotto una pellicina ed avesse iniziato a sanguinare non avrebbe fatto bella figura!
Quando il portone s’aprì la gioia di Kibum aumentò. Quasi dimentico dei propri buoni propositi dovette afferrare saldamente la balaustra per imporsi di non correre incontro ad Heechul. Tuttavia, non riuscì a trattenere un grido di pura felicità.
-Chullll –
La visione del più grande gli fece per un attimo aprire la bocca a vuoto. Heechul era cresciuto ancora e sembrava davvero un lord, indossava un completo scarlatto con una leggera camicia bianca con molto merletto e le scarpe che indossava erano indubbiamente nuove a giudicare dalla loro lucentezza. Per quanto conservasse ancora le pinguedini di un bambino, la sua espressione era più matura ed i tratti più affusolati.
Non appena si sentì chiamare, Heechul alzò gli occhi per rivolgere al più piccolo un sorriso soddisfatto. Il viaggio da Busan era stato stressante e lui aveva atteso con impazienza di arrivare ad Haewan e rivedere Kibum. L’ultimo anno era stato molto tedioso per lui e solo la prospettiva di passare l’estate con Bumie era riuscita a rincuorarlo. Lontano da Busan si sentiva libero da tutte le paure e le preoccupazioni che l’avevano tormentato. Scosse il capo deciso per scacciare quei pensieri e concentrarsi unicamente sul più piccolo e sull’estate che avevano davanti.
Kibum scese le scale con passo controllato, facendo molta attenzione a mettere un piedino davanti all’altro senza sporcarsi le scarpette in modo da mostrarla con orgoglio al più grande. La sua manina, ora più sottile e meno cicciotta, scivolò lenta a leggera lungo la balaustra dorata accompagnando i suoi passi.
Non appena fu davanti a Heechul i suoi occhi s’illuminarono. Raddrizzò la schiena e reclinò il capo di lato in segno di saluto, proprio come la sua umma gli aveva insegnato.
-Benvenuto ad Haewan – disse Kibum.
Heechul lo guardò orgoglioso. Il suo Bumie era cresciuto, ma sembrava sempre una bambola perfetta e mentre scendeva le scale l’aveva osservato attentamente. Era sempre un bambino, certo, ma anche il più piccolo stava crescendo e Heechul si sentiva d’affermare con sicurezza che era splendido. Splendido e tutto per lui. Perché lui e Kibum sarebbero stati insieme per sempre.
Fidanzamento, quella parola attraversò la sua mente e la gustò come un dolce cioccolatino.
Sorrise radioso. Si portò una mano al petto e s’inchinò come voleva l’etichetta.
-E’ un onore, mio principe. -
 
 
 
Era un pomeriggio estremamente caldo ed afoso e nessun luogo del palazzo sembrava disposto a dar loro ristoro. Ogni stanza era troppo calda e nonostante si fossero distesi sui pavimenti di marmo alla ricerca di un po' di fresco a nulla erano valsi i loro sforzi, erano quindi usciti in giardino e giocare vicino al laghetto puntellato di fiori di loto. Nonostante non avessero trovato il refrigerio che speravano, la polla d’acqua aveva comunque dato loro modo di distrarsi. Ora, distesi al sole, avevano deciso di prendersi una pausa da una lotta di spruzzi e corse che, insieme, al caldo li aveva spossati.
Kibum allargò i palmi delle mani e sgranchì le dita dei piedi al sole.
Dopo una lotta di spruzzi e corse, lui e Heechul avevano deciso di prendersi una pausa e distendersi al sole. Avevano abbandonato le giacche di seta, le scarpe e sollevato i pantaloni sino alle ginocchia per godere appieno dell’acqua fresca e della sensazione della pelle nuda sull’erba.
Kibum si umettò le labbra, rilassato, e sorridendo ad occhi socchiusi si stirò come un micio al sole emettendo uno sbadiglio simile ad un miagolio. Era davvero un’estate meravigliosa, poiché lui e Chul avevano fatto un mucchio di cose ed altre ne avevano in programma. Chul hyung era sempre gentile con lui, gli lasciava le fette di torta più grandi, quando c’era il temporale gli permetteva sempre di dormire con lui e gl’insegnava a giocare a scacchi.
-E’ un gioco per grandi -, aveva detto Heechul, - ma io sono molto bravo, vuoi vedere? –
Kibum aveva annuito, entusiasta.
Quell’anno avevano anche fatto lunghe passeggiate a cavallo nei dintorni della residenza, si erano allenati insieme alla scherma e con le abilità.
Kibum aprì totalmente gli occhi. A dispetto delle sue aspettative Heechul non sembrava molto rilassato, al contrario fissava il vuoto con le mani dietro al capo ed aveva lo sguardo scuro e pensieroso.
Ecco, quella era l’unica nota negativa di quella splendida estate. Spesso accadeva che Heechul s’incupisse e in quei momenti Kibum non aveva idea di come comportarsi, dato che i suoi apporci finivano costantemente nel nulla. Il principino non aveva idea di cosa turbasse Heechul, ma riteneva che avesse a che fare con la sua umma. La umma di Heechul era molto pallida e tossiva spesso, sembrava debole e anche la sua umma, l’imperatrice, la guardava spesso con preoccupazione.
Kibum non sapeva cosa fare, non capiva e si sentiva inutile, tuttavia era certo che stesse per accadere qualcosa di spiacevole. Durante l’ennesima notte di temporale si era svegliato tremante e sudato tra le braccia di Chul. Aveva fatto un sogno orribile e benché non lo rammentasse nel dettaglio l’immagine di tentacoli neri e viscidi che s’insinuavano oltre i cancelli dorati di Haehwan per strisciare tra i roseti era rimasta molto vivida in lui. Per il resto della notte si era stretto al più grande in cerca di conforto e Chul l’aveva cullato tutto il tempo.
Rotolò su un fianco per avvicinarsi al più grande e lo fissò incurioso nel tentativo di leggerne l’espressione corrucciata.
-Chulie – disse.
Il più grande non rispose e rimase assorto.
Kibum rotolò ancora più vicino per appoggiare il mento sul petto del più grande.
-Chulie –, miagolò soffiandogli in viso.
Finalmente Heechul lo degnò della sua attenzione e gli concesse un lieve sorriso. Il viso di Kibum divenne radioso, felice di aver suscitato una reazione da parte dell’altro, anche se minima.
-A cosa pensi? – volle sapere.
-A niente -, fu la risposta evasiva dell’altro.
Kibum sbuffò e le sue labbra a cuore si contrassero in un bocciolo imbronciato. Gli stava di certo mentendo! Era piccolo, ma non stupido!
S’alzò in piedi e corse a prendere la palla che avevano abbandonato sul prato.
-Giochiamo -, disse.
Questa volta Heechul accolse con entusiasmo la sua richiesta e, in breve, ripreso i loro giochi scorrazzando sull’erba e nell’acqua bassa dello stagno e il giardino fu riempito dalle loro risate.
Kibum rubò la palla ad Heechul e lo provocò facendogli una linguaccia, consapevole del fatto che il più grande trovava sempre quell’espediente molto divertente. Infatti, Heechul accolse con cipiglio soddisfatto il suo colpo di testa e la sua stessa reazione non si fece attendere. Si fiondò sul più piccolo ed entrambi si ritrovarono a rotolarsi sull’erba. Non appena Heechul iniziò a fargli solletico Kibum scoppiò a ridere.
-Chullll il solletico noooo!!! –, si dimenò miagolando con vocina acuta.
Tuttavia a nulla valsero le sue proteste perché il più grande rincarò la dose, finché dei rumori proveniente dai cespugli non lo fecero rizzare in piedi sull’attenti. Heechul si guardò intorno circospetto ponendosi davanti al principe per fargli da scudo.
-Che cos’è Chul? –
Kibum si strinse dietro la schiena del più grande e nella sua mente tornarono ad affacciarsi gli orrendi tentacoli che aveva visto in sogno. Che ci fosse un terribile mostro oltre quei cespugli?
-Stai indietro, Bumie –
Kibum non aveva alcuna intenzioni di farsi avanti: Heechul l’avrebbe protetto!
-Forse è un animale -, disse Heechul, rilassandosi momentaneamente.
Kibum annuì, sempre con le manine strette alla camicia dell’altro. Sì, forse era solo un animale.
-Coniglio? – suggerì.
Quei batuffoli carini con le orecchie grandi si vedevano spesso saltellare nei giardini.
Prima che Heechul avesse il tempo di aprire bocca i cespugli si mossero con maggior vigore rivelando il loro temibile contenuto.
Kibum allentò la presa, sgranò gli occhi ed aprì la bocca a vuoto. Non era esattamente un coniglio, giacché stava su due gambe ed era privo di lunghe orecchie, tuttavia la sua espressione ricordava molto quella del roditore.
-Un bambino – sussurrò.
Per tutta risposta Heechul si parò davanti a lui con determinazione, ma Kbum scivolò via avvicinandosi cautamente al nuovo arrivato. A Soul non si vedevano molti bambini e l’unico che lui conosceva, anche se più grande, era Heechul e di conseguenza ai suoi occhi quel bambino spuntato dal nulla appariva come una strana creatura esotica.
-Stai indietro, Kibum, non lo conosciamo – disse Heechul, duro.
-A me non sembra pericoloso. –
Kibum fissò il bambino. Aveva l’aria assonata e tra uno sbadiglio e l’altro si stropicciava gli occhi incrostati dal sonno. Il principino valutò che doveva essere poco più grande di lui, ma più piccolo di Chul, e benché indossasse degli abiti pregiati erano macchiati di terra ed i suoi capelli ospitavano qualche foglia.
Dormiva tra i cespugli?, si domandò Kibum con sconcerto.
-Mi avete svegliato – disse il bambino in tutta tranquillità. –Potete giocare facendo meno rumore? –
Kibum reclinò il capo ed aprì la bocca a vuoto. Chi era?
Di nuovo, Heechul si frappose tra loro incrociando le braccia e squadrando il bambino con severità e diffidenza. Represse una smorfia.
-Hai delle foglie tra i capelli e sei sporco -, affermò infastidito.
Il bambino sbatté le palpebre, sbadigliò, si rassetto gli abiti e si tolse con le manine cicciotte le foglie dal capo.
-Stavo dormendo. –
Heechul arricciò le labbra, stizzito. -L’avevamo capito. –
-Mi avete svegliato. –
Heechul sbuffò. -Non mi pare che questa sia casa tua. –
Kibum guardò Heechul domandandosi perché fosse così scortese, dopotutto quel bambino voleva solo dormire in pace e loro l’avevano svegliato.
-Ci dispiace di averti svegliato -, disse sentendosi in dovere di scusarsi anche per la maleducazione del più grande.
Heechul arricciò il naso continuando a fissare il bambino con crescente fastidio. I suoi occhi saettavano dal nuovo arrivato a Kibum e le sue braccia conserte tormentavano la camicia all’altezza degli avambracci. Era molto irritato. Come osava quello sconosciuto mettersi tra lui, il suo Kibum ed i loro giochi? E perché Kibum sembrava tanto interessato a lui? Ciò lo infastidiva terribilmente. 
-Che cosa fai qui? – chiese Kibum.
Il bambino indicò il palazzo.
-Mio padre, lord Lee, è qui per parlare con l’imperatrice. –
-E di grazia -, fece Heechul stizzito, -perché mai tu ti aggiri tra i giardini? –
-Non mi aggiro -, il bambino fece spallucce, - dormivo. –
Represse uno sbadiglio.
Kibum sorrise trovandolo molto divertente e subito gli venne un’idea che giudicò splendida.
-Dato che sei sveglio potresti giocare con noi. –
Heechul s’irrigidì, mentre il suo viso s’arrossava sino alle punte delle orecchie e un tic nervoso iniziava a tormentargli l’occhio destro. Giocare con loro? Kibum era indubbiamente impazzito. Perché mai avrebbero dovuto giocare con qualcuno che trovava divertente dormire tra i cespugli?! E perché il suo Kibum sembrava così interessato? Arricciò le labbra. Dal momento in cui quel tizio era spuntato era riuscito a catalizzare la completa attenzione di Bumie su di lui. Forse desiderava portarglielo via? Di certo non glielo avrebbe permesso! Kibum era solo suo!
Il bambino fece scorrere lo sguardo ancora assonato su di loro e poi valutò attentamente la palla.
-I vostri giochi sembrano molto faticosi -, sbadigliò, - penso che mi siederò qui a guardarvi. –
-Così non è noioso? –
Il bambino scosse il capo e sorrise. -Affatto. -
I due si sorrisero ed Heechul fremette. Doveva assolutamente mettere un freno a quella situazione!
-Come ti chiami? -, domandò Kibum.
-Ji…-
Una voce oltre le siepi li raggiunse decretando la fine del loro breve scambio di battute.
-Signorino Lee! –
Il bambino drizzò la schiena e parve svegliarsi totalmente, sostituendo l’espressione assonata con una seria e pacata che poco s’addiceva a qualcuno che sino a pochi minuti prima si era dilettato a dormire tra i cespugli. Kibum giudicò quel cambiamento a dir poco sorprendente.
-Devo andare, è stato divertente. –
-Verrai ancora per giocare? -, domandò Kibum con apprensione.
Era davvero ingiusto; ora che aveva trovato un nuovo amico per lui e Chul questi doveva già andarsene! Non li aveva nemmeno guardati giocare! Il principino si sentì molto deluso.
Incamminandosi tra le siepi, il bambino gli rivolse un ampio sorriso allargando i palmi delle mani.
-Forse. -
Gli occhi ambrati di Heechul rimasero incollati alla schiena del bambino finché non sparì oltre le siepi e solo allora emise un sospiro di sollievo, ma non per questo avvertì il cuore più leggero. Fece una smorfia. Gelosia, ecco ciò che provava. Era geloso di Kibum ed il modo in cui il suo Bumie aveva osservato quell’altro non gli era piaciuto per niente. Non era forse solo suo? Non erano fidanzati? Kibum avrebbe dovuto voler giocare solo con lui, o forse non gli bastava più?
D’istinto, Heechul afferrò il polso del più piccolo.
-Ahi! Mi fai male, Chul -, scattò Kibum.
Heechul allentò la presa accorgendosi d’averlo stretto troppo.
-Perché volevi giocare con lui? – domandò scocciato.
Kibum sbatté le palpebre nel tentativo di dare un senso a quella frase che gli pareva tanto assurda.
-Non è più bello in tre? –
-No! –
Heechul pestò un piede per terra, mollo il braccio del più piccolo ed andò a sedersi imbronciato sulla riva del laghetto.
Kibum lo guardò interdetto ed i suoi occhi iniziarono a pizzicare. Tirò su col naso. Perché Chul era tanto scontroso? L’aveva forse offeso in qualche modo? Se era così non voleva!
Il principino si stropicciò le mani ed arricciò i piedi tra i fili d’erba, sentendosi in colpa. Non voleva rendere triste il più grande, il suo Chul non si meritava di certo una simile cattiveria da parte sua!
Si sedette vicino all’altro. 
-Io non ti basto? – domandò Heechul, tetro. –Non dovresti fidarti degli sconosciuti, sei troppo ingenuo. –
Kibum si strinse nelle spalle contrito e sull’orlo delle lacrime. Chul non era mai stato così duro e lui si sentì ferito.
Se è così arrabbiato ho fatto sicuramente qualcosa di brutto, pensò.
-Scusa, Chul. –
Passarono interminabili minuti di silenzio durante i quali il principino si chiese che cosa potesse fare affinché il più grande comprendesse che era seriamente pentito del suo comportamento.
Fu Heechul a rompere il silenzio con un sospiro rassegnato.
-Umma non sta bene. -
Nonostante il tono di Heechul, Kibum fu lieto di cambiare argomento.
-Raffreddore?-
Heechul scosse il capo, tirò su col naso e si strinse le gambe al petto.
Kibum si sentì a disagio, il più grande sembrava molto triste e preoccupato e questo lo spaventò. Nella sua visione Chul non aveva paura di niente e poteva proteggerlo da tutto e da tutti. Vederlo così gli fece capire, per la prima volta, che anche l’altro aveva paura. Il principe si sentì scoperto, come se uno scudo invalicabile che lo proteggeva si fosse appena crepato. Appoggiò una mano sulla spalla del più grande, mentre questi affondava il viso tra le ginocchia.
-No -, disse Heechul, - non è raffreddore. Lei…-
Heechul singhiozzò.
-Ha una brutta tosse con il sangue. –
Kibum si portò un indice alle labbra, picchiettandolo. In effetti aveva sentito la umma di Chul tossire spesso quell’estate e non era di certo una bella tosse. Kibum l’aveva trovata molto cattiva. Però era solo tosse, no?
-Ma guarirà, no? Ci sono le medicine. -
-Le medicine non funzionano -, rispose Heechul, tetro.
Kibum s’irrigidì e sgranò gli occhi.
-Non funzionano -, sussurrò a sua volta.
Kibum non seppe che altro dire e si limitò a farsi più vicino all’altro, trovando quella posizione molto strana. Di solito era Chul a rassicurarlo e a tenerlo stretto quando c’erano i temporali ora, invece, era il contrario e benché il cielo fosse limpido il principe comprese che vi erano ben altri temporali in arrivo. Fu percorso da un brivido.
Non riuscì a definirla in modo chiaro, ma ebbe la sensazione che qualcosa di sbagliato, e di cattivo stesse scivolando davvero oltre i cancelli dorati di quel piccolo mondo perfetto e tra loro, lui e Chul. Scacciò quella sensazione con vigore, rifiutandola totalmente. Nulla poteva valicare quei cancelli dorati. Erano lì, nel loro mondo, e al sicuro. L’uno per l’altro.
-Kibumie, non voglio rimanere da solo. -
Heehcul sollevò il capo e lo fissò con occhi ambrati e liquidi.
-Non voglio rimanere solo con appa. –
Kibum provò un moto di rabbia. Non aveva mai visto l’appa di Heechul, ma quell’uomo non gli piaceva perché Chul diventava sempre triste quando si parlava di lui e si toccava le braccia e le spalle in modo nervoso. Kibum sapeva di essere ancora piccolo, ma non per questo si reputava uno stupido e quando le notti di temporale dormivano insieme aveva visto delle macchie rosse e viola sul corpo dell’altro, proprio lì. Quell’uomo faceva male a Chul!
-Ho paura -, disse Heechul, - ti prego Bumie, tu non lasciarmi mai.-
Lasciarlo? Kibum sgranò occhi, sbigottito. Perché mai avrebbe dovuto lasciarlo? Lui e Chul erano una cosa sola e sarebbero rimasti insieme per sempre. Che cosa avrebbe mai potuto mettersi fra loro?
No, pensò Kibum, non c’è nulla in grado di separarci.
Perché entrambi erano soli, avevano solo l’altro e l’idea di rinunciare a quel legame faceva paura. Era un salto nel vuoto.
-Non devi avere paura Chul, io non ti lascerò mai. -
Tuttavia, Kibum non poteva ancora sapere che la paura possiede molteplici forme ed ha il potere di trasformare le persone. Solo il tempo gli avrebbe fatto comprendere che esistono paure profonde e sottili, impossibili da controllare e capaci di celarsi anche sotto la rosa più bella.
 
 
Spero che questo episodio vi sia piaciuto e colgo l’occasione per dirvi che la raccolta dovrebbe contarne ancora un paio dedicati a Diva&Diva. Una volta terminata la storia principale terrò in aggiornamento la raccolta con one shot riguardanti gli altri personaggi.
A presto!

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Capitolo 5
*** Into my heart ***


 
Ciao a tutti! Come promesso eccomi con il penultimo episodio!
Ringrazio tutti i lettori, chi ha inserito la storia tra le preferite, ricordate o seguite, chi ha recensito gli scorsi episodi: Jae_Hwa e MagicaAli e chi mi ha inserita tra gli autori preferiti: Blugioiel, Chocolat95, Jae_Hwa, MagicaAli e Shine4ever
Vi auguro una buona lettura!
 
 
Into my heart
 

 
“ I’m going crazy,
(…)
you’re a dazzling angel
 (…)
I am losing myself
 (...)
I’ve been dreaming of a vanilla ice kiss with you
(…)
Your shy and reddening cheeks make me get drunk
Your scent seeps through your soft hair

(…)
your scent falls deep into my heart”
Shinee, Excuse me miss

 

 
Quel giorno tutto del palazzo di Busan gli era parso più grande del normale e, come osservava sempre con orgoglio e gli piaceva rimarcare con gli ospiti, non poteva di certo definirsi piccolo. Tuttavia, in quel giorno d’inizio estate, con il vento più caldo pieno del profumo del mare pronto a gonfiare le vele delle navi, tutto gli sembrò enorme e lui, Heechul, si sentì irrimediabilmente piccolo. Piccolo e spaventato.
La schiena rigida, le braccia e le ginocchia doloranti, Heechul cercò d’ignorare il senso di disagio e d’impedire alle sue mani di tremare, le unì dietro alla schiena e tenne lo sguardo fisso sulla finestra. Osservare i velieri veleggiare nel porto di Busan era l’unica cosa in grado di distrarlo e tranquillizzarlo. Un sorriso leggero e rilassato gli passò sulle labbra carnose ma, subito, mutò in una smorfia e le sue ginocchia si piegarono in avanti. Le sue mani, i palmi aperti, si scontrarono con le piastrelle di marmo rosse e bianche e i suoi occhi si ritrovarono a fissare non il porto, bensì le punte di stivali lucidi ad un passo dal suo naso.
Una sferzata sul collo lo costrinse e mordersi il labbro sino a farlo sanguinare.
-Sei distratto, Heechul -, risuonò una voce severa.
Seduto in ginocchio, Heechul unì i palmi delle mani sulle cosce, represse l’impulso di ribattere ed evitò di alzare lo sguardo sull’uomo di fronte a lui. Benché intimorito non sarebbe riuscito a nascondere il fiammeggiare astioso dei suoi occhi.
Anche nel mio sangue scorre il fuoco…padre.
Sgranchì le dita per impedire loro di stringersi sui suoi pantaloni. Sarebbe stato un gesto troppo palese di quella che era la sua rabbia. Suo padre l’avrebbe compreso all’istante e non gliel’avrebbe fatta passare liscia. Poteva, anzi doveva mostrare a tutti la sua forza, ma non a lui, non all’uomo che intendeva plasmarlo sino a condurlo al completo successo. Non doveva osare. Le conseguenze rischiavano di rivelarsi sin troppo spiacevoli.
-Perdonatemi padre. –
I passi dell’uomo riecheggiarono nella stanza girandogli intorno, poi si fermarono di fronte a lui. Heechul alzò lo sguardo quanto bastava per vederlo ritto davanti a lui come un fuso, il frustino posato sul palmo di una mano pronto a scattare al minimo cenno d’insubordinazione. D’istinto, Heechul deglutì e si strinse nelle spalle per farsi più piccolo, provando allo stesso tempo disprezzo per sé stesso.
Un giorno sarai tu ad avere paura di me!
-Se intendiamo raggiungere i nostri obbiettivi a corte non puoi permetterti sciocche distrazione. Devi rimanere concentrato. –
Gli alzò il mento con il frustino. Gli occhi di suo padre erano duri come ossidiana forgiata dalla lava.
-La vita, Heechul, è come una partita a scacchi, basta il minimo passo falso per cadere e noi abbiamo troppo da perdere. Dobbiamo giocare bene le nostre pedine se intendiamo sedere sul trono di Chosun e tutto dipende te. –
Loro, certo, suo padre intendeva dire sé stesso facendo leva su quella che sarebbe stata la sua posizione in futuro, ovvero quella di compagno dell’erede al trono.
L’uomo tornò a passeggiare.
-Comprendere le intenzioni future del reggente è impossibile, ma a noi è il principe che interessa ed è su di lui che devi puntare. Convincilo, Heechul, convincilo che sei il migliore, sii il migliore, dimostra la tua forza, il valore di Busan e delle nostre ricchezze. Se avrai il principe, avrai Chosun, ricordatelo. –
Heechul lo sapeva molto bene, quella frase faceva costantemente da colonna sonora alla sua vita da anni. Era sempre stato così con suo padre, ma dalla morte della sua umma quello era ormai l’unico argomento che veniva affrontato tra le pareti di quel palazzo. Heechul provava disagio non tanto per le parole del padre, ma perché più le udiva, più diventava consapevole del suo stesso orgoglio e della sua ambizione. Kibum era la punta di diamante del regno, la sua bellezza e la sua abilità erano cresciute con lui, rare e pregiate. E il principe era destinato a lui, Heechul. Questo lo rendeva indubbiamente orgoglioso. In quanto al trono, Heechul ne era attratto come una falena dalla fiamma che brucia nella notte, era più forte di lui. Soprattutto si rendeva conto di desiderare entrambi. Era giusto o c’era qualcosa di sbagliato in questo?
-Sì, padre –
Forse una volta giunto ad Haewan tutto gli sarebbe stato più chiaro.
 
 
***
 
 
La carrozza sobbalzò e Heechul si svegliò di colpo. Sbatté più volte le palpebre per eliminare la visione appannata dell’interno del veicolo e si stropicciò gli occhi assonnati. Stiracchiò le gambe, le braccia ed appoggiò i piedi sulla seduta foderata di seta rossa davanti a lui. Non c’era nessun’altro a parte lui su quella carrozza se non il conducente sulla cassetta esterna, dunque poteva prendersi tutte le libertà che desiderava. Guardò in tralice lo spazio vuoto davanti a lui prendendo davvero coscienza del fatto che era solo. Quel posto era sempre stato di sua madre. Heechul rammentava come se fossero stati ieri i viaggi estivi su quella carrozza per raggiungere Haewan. Erano state giornate stancanti, ma piene di progetti ed entusiasmo in vista della stagione estiva. Quello che avrebbero fatto lui e Kibum era sempre stato l’argomento principale, insieme all’organizzazione del nuovo guardaroba che i suoi sarti gli avevano confezionato per l’occasione. Heechul ci teneva che fosse tutto perfetto. I completi per l’ora del tè, le scarpe, tutto. E naturalmente si era sempre aspettato, ed aveva dato per scontato che anche Kibum lo fosse. Non era la sua bambola perfetta, il suo fidanzato? Sarebbero stati insieme per sempre, si appartenevano e nulla poteva dividerli.
Heechul incrociò le gambe tenendole distese e distolse lo sguardo.
Sue madre non c’era più e nemmeno quella di Kibum. Erano svanite come un alito di vento, lasciando dietro di loro il profumo di promesse meravigliose in cui Heechul non riusciva più a credere. Era cambiato tutto. Con sé avevano portato via una parte di loro. La sua umma l’aveva lasciato due primavere addietro, ormai ridotta all’ombra di sé stessa in un letto troppo grande per lei, scossa da una tosse nervosa che sapeva di sangue. Heechul aveva iniziato a detestare l’odore del sangue da quel giorno. I funerali erano stati celebrati in pompa magna per volere di suo padre, una cosa che aveva detestato, e da Soul erano giunte le condoglianze della famiglia reale, o per lo meno quanto rimaneva di essa. A quell’epoca l’imperatrice Myungsoo era già morta da più di un anno in circostanze misteriose e anche Kibum era rimasto solo. Il loro ultimo incontro risaliva al funerale dell’imperatrice e Heechul lo rammentava molto bene. Kibum era stato freddo e taciturno per tutto il tempo e subito dopo la cerimonia funebre era stato scortato e segregato nelle sue stanze. Fine. Da quel momento si erano scambiati solo della corrispondenza, ma per quanto Heechul avesse letto mille volte le parole del più piccolo le aveva sempre trovate vuote, quasi disinteressate. Aveva l’impressione che Kibum galleggiasse nel nulla e più passava il tempo, più anche lui si rendeva conto di star fluttuando in un vuoto denso, scuro e appiccicoso. Erano passati tre anni da quell’ultimo incontro, tra la malattia di sua madre e le imposizioni sempre più rigide che gestivano la vita del principino non avevano più avuto occasione di passare le estati insieme. Heechul non rammentava nei suoi diciotto anni un tempo così lungo senza il più piccolo e non aveva fatto altro che chiedersi che cosa ne fosse stato di lui, del bambino che conosceva. Era cambiato o era sempre uguale? Pian piano, anche se a sua insaputa, il ricordo che aveva dell’altro era iniziato a sfumare assumendo contorni sempre più indefiniti e così, la sua mente, li aveva ridipinti dandogli una definizione ideale sino a convincerlo di quella che, ormai, considerava una verità ineluttabile.
Infilò la mano in tasca e ne estrasse un foglio spiegazzato. Sorrise. Quella semplice missiva giunta sul tramontare della primavera aveva cambiato tutto. Finalmente, dopo tanto tempo era stato invitato ufficialmente ad Haewan. Tre anni d’attesa e separazione culminati con quella lettera scritta dalle stesse mani del principe. Un onore a cui pochi, forse nessuno, poteva aspirare. Ma non Heechul. Aveva riconosciuto subito la scrittura del più piccolo, più sicura, più elegante, ma era lui ed era firmata di suo pugno. Il cuore di Heechul era sobbalzato.
Aprì il foglio spiegazzato e lo rilesse umettandosi le labbra.
Caro Heechul,…
Non ebbe bisogno di proseguire, l’aveva riletta all’infinito e ora la conosceva a memoria. Le sue labbra si mossero nella penombra della carrozza in sussurri concitati, ripercorrendo le tracce d’inchiostro.
-Tuo Kibum –, lesse infine ad alta volte.
Tuo Kibum
Assaporò nella sua mente quelle poche parole e si umettò le labbra, soddisfatto.
Mio
Ripose la missiva e chiuse gli occhi, non mancava molto ad Haewan ma poteva concedersi ancora un breve riposo per stemperare l’attesa.
 
 
Heechul raggiunse Haewan nel tardo pomeriggio. Il viale d’ingresso fiancheggiato dai peschi lo accolse nella sua fioritura migliore e il loro profumo riempì l’aria. Il sole stava per terminare la sua corsa e sprofondare ad ovest, tra le colline, ma le ombre non erano ancora così lunghe da instillare il terrore degli incubi notturni.
Haewan riluceva in tutto il suo biancore e Heechul si sporse dal finestrino della carrozza per lasciarsi scompigliare la chioma castana dalla brezza estiva. Chiuse gli occhi e respirò i profumi del giardino. La ghiaia del viale scricchiolò sotto le ruote dorate del veicolo.
Una volta smontato, Heechul fu accolto dai servitori che si presero subito cura dei suoi bagagli. Non perse tempo e chiese subito del principe. Doveva vederlo. L’attesa durante il viaggio era stata snervante ed era ansioso e curioso di rivedere il suo Bummie. Una volta appreso che si trovava nei giardini non perse tempo, percorse i viali alberati, zigzagò tra le aiuole e raggiunse il roseto. Heechul era certo di trovare lì il più piccolo, poiché era uno dei suoi luoghi preferiti e non solo, Kibum stesso gli aveva scritto che i roseti era meravigliosi quell’anno e che aveva ordinato ai giardinieri di piantare delle nuove aiuole in ricordo dell’imperatrice Kim Myungsoo.
Le recinzioni dorate baluginavano al sole, simili a prolungamenti dei raggi solari, si dispiegavano sottili e contorte a protezione della vegetazione rigogliosa. C’erano rose bianche, rosse, rosa, blu, violette, ogni forma e variante esistente sembrava aver trovato ospitalità nei giardini di Haewan. Le aiuole e i pergolati erano stati perfettamente studiati per alternarsi in forme e colori e creare un piccolo giardino circolare con panchine di marmo bianco ed una pagoda centrale. Il profumo dei fiori impregnava l’aria risultando quasi stordente. Il ronzio delle api che zigzagavano tra i petali ed il battito leggero delle ali delle farfalle che volteggiavano all’intorno faceva da lieve sottofondo. Era un’atmosfera rilassante, quasi da sogno. Sembrava un piccolo paradiso catapultato sulla terra, così diverso da quello stato di perenne ansia che rincorreva Heechul anche nei giardini di Busan. Gli parve di essere entrato in una bolla al cui interno i profumi, i suoni, dallo zampettare delle formiche sugli steli, al ronzio delle api, risultavano amplificati, mentre oltre a quegli immaginari confini ogni cosa sfumava.
Fu allora, tra i petali dalle delicate tonalità acquarello, che lo vide. Erano passati tre anni ed era cresciuto, ma era lui. Heechul avrebbe riconosciuto quel taglio d’occhi tra mille, così come le curve sbarazzine delle sue labbra.
-Kibum -, sussurrò.
Quelle dita che Heechul ricordava ancora cicciottelle e maldestre, come piccole zampette dispettose, ora erano sottili ed accarezzano delicatamente la superficie setosa dei petali di una rosa blu, incorniciate dai polsini della camicia bianca con un leggero accenno di merletto. Heechul osservò come ipnotizzato i movimenti lenti di quelle mani aggraziate. Il viso del principe ormai conserva solo una lieve traccia delle pinguedini di bambino, la sua pelle era bianca come porcellana vivacizzata da alcuni nei sulla guancia e dalle labbra a cuore magistralmente disegnate. I suoi capelli corvini ondeggiavano alla brezza calda di quel tardo pomeriggio estivo ed i suoi occhi erano abbassati, le ciglia tremolanti.
Il principe alzò lo sguardo ed incontro quello di Heechul. Kibum sbatté le palpebre, sorpreso, poi il suo viso s'aprì in un sorriso contornato da tenere fossette.
-Chul! – gridò il più piccolo, estasiato.
Il cuore di Heechul perse dei battiti. Era splendido.
Le voci giunte da Soul non mentivano. Kim Kibum era davvero un fiore in boccio, la punta di diamante di Chosun. Era perfetto.
Ed è mio
In quel preciso istante per Heechul il tempo si fermò, rapito da quella visione. Lo voleva. Non poteva che essere suo e mai avrebbe permesso ad altri di sfiorarlo. Kibum era un tenero bocciolo che doveva essere preservato e viziato.
E poi avrò Chosun, fece una vocetta maliziosa nella sua mente.
 
 
 
***
 
 
Euforia, Kibum non riusciva a trovare parola migliore per definire il suo stato d'animo attuale. Dopo tre annuì di completa solitudine era di nuovo insieme a Chul! Non appena l'aveva rivisto il suo cuore aveva fatto un balzo! Era così cresciuto, elegante, impeccabile...
Il giovane principe rivolse un sorriso radioso al suo ospite comodamente seduto dall’altra parte del tavolino. Con le gambe accavallate ed una mano posata sul bracciolo della poltrona, Kim Heechul sorrise a sua volta atteggiando l'angolo destro delle labbra in una piega soddisfatta.
Kibum prese la sua tazza di tè e sorseggio tentando di mascherare il rossore alle gote.
Quegli ultimi anni erano stati terribili, solitari e tristi. Kibum aveva passato buona parte delle sue giornate segregato nelle sue stanze a palazzo. Non gli era stato concesso nulla se non la propria istruzione che doveva essere di prim'ordine, ma al di là di ciò e delle cerimonie ufficiali alle quali era tenuto a presenziare in qualità di legittimo erede al trono, la sua vita era stata un susseguirsi d'imposizioni. E dire che aveva guadagnato tante libertà prima che la sua umma lo lasciasse! Ma il suo appa non sembrava pensarla allo stesso modo, o forse lui era solo troppo piccolo per capire. A volte, Kibum aveva l'impressione che il suo appa avesse paura di lui, come se potesse dire una parola di troppo....non riusciva a spigarselo, ma a mente lucida si rendeva conto che era un'assurdità. Non aveva mai avuto un grande rapporto con lui, a dir la verità non ne aveva mai avuto uno, però aveva creduto che con la morte della sua umma quell'uomo sarebbe diventato più gentile, più interessato a lui.
Kibum sospirò, staccò le labbra dal bordo dorato della tazzina e sventolò la mano a mezz'aria per allontanare quei pensieri cupi.  Ora era di nuovo con il suo Chul e doveva essere felice.
Posò la tazzina sul tavolo intarsiato di madreperla ed accavallo le gambe seguendo l'esempio del più grande. Heechul era molto elegante seduto in quel modo e desiderava esserlo anche lui.
A Chul farà piacere!, Pensò con orgoglio umettandosi le labbra.
Si sistemò e lanciò uno sguardo fugace oltre l’ampia vetrata che s’affacciava sui giardini di Haewan.
-Dunque -, tossicò, - come ti ho scritto, il medico ha detto che la mia salute è molto migliorata. –
Kibum era stato costantemente malato negli ultimi anni e spesso erano bastati dei colpi di vento freddo per debilitarlo. Tutto era iniziato dalla morte della sua umma e dal freddo gelido che aveva preso quella notte, anche se Kibum non rammentava con precisione ciò che era accaduto. Arricciò il naso. Ad ogni modo sino ad allora era sempre stato un bambino sano.
-Mi ha consigliato di recarmi in un luogo tranquillo e negli ultimi anni non ho mai avuto occasione di venire qui ad Haewan. –
Kibum fece spallucce. –La scelta ideale sarebbe stata una località di mare, come Busan, ma Haewan mi mancava, inoltre era un’ottima occasione per invitarti e passare di nuovo l’estate insieme. –
Heechul gli sorrise e Kibum arrossì, poi iniziò a stropicciarsi le mani in grembo.
Il suo Chul era così perfetto e lui si sentiva tanto goffo! Era snervante e temeva di fare brutta figura! Ormai Chul era un lord ed aveva già iniziato ad affiancare suo padre nel governo di Busan, mentre lui, Kibum, passava le sue giornate nei suoi appartamenti senza poter parlare con nessuno ed aveva a mala pena idea di ciò che discuteva il consiglio reale.
-Posso vedere? – aveva chiesto più di una volta a suo padre.
Prima di andarsene, la sua umma gli aveva detto che molto presto avrebbe presenziato al suo fianco durante le sedute del consiglio!
-Sei troppo giovane, Kibum, pensa alla tua istruzione. Mi occuperò io del regno finché non sarai grande. Abbi pazienza, non sei nemmeno molto intelligente -, gli aveva risposto quell’uomo.
Non era intelligente? Kibum non capiva, i suoi istitutori sostenevano il contrario e anche la sua umma gli aveva sempre detto che era un bimbo intelligente! Umma non poteva avergli mentito, non poteva accettarlo, ma non voleva nemmeno rischiare dimostrare quanto fosse poco intelligente davanti a Chul!
-E’ stata una buona idea – disse Heechul.
Orgoglioso, il giovane principe raddrizzò la schiena. Forse non era così poco intelligente.
-Sono davvero felice di rivederti e mi dispiace per le lettere frettolose degli ultimi anni.- Kibum si strinse nelle spalle. -Sai, le mie giornate sono molto noiose.-
In realtà Kibum aveva trovato a tratti noiose anche le lettere di Chul e spesso si era ritrovato a fissare un foglio bianco senza avere idea di cosa scrivergli, ma questo non lo disse.
Non poteva dare a Chul un simile dispiacere!
Ad ogni modo, la vita a Busan del più grande era molto più attiva della sua, e questo gli provocava imbarazzo.
-Non hai nulla da rimproverarti, Kibummie.-
Per qualche minuto calò il silenzio.
-Il clima di quest’anno non ha giovato solo alla mia salute -, iniziò Kibum per interrompere il silenzio, - ma anche ai giardini. La primavera ci ha regalato delle ottime fioriture. Hai visto le rose? Sono splendide vero? -
-Sì -, disse Heechul, -  sono splendide Kibum, come te. -
Il principe emise una lieve risata ed arrossì sino alle punte delle orecchie. Era tutto perfetto e quell'estate si preannunciava meravigliosa. Prese una fetta di torta e dondolò le gambe, euforico.
 
 
 
***
 
 
Una sferzata di vento gravida di pioggia sbatté violentemente contro le vetrate facendo oscillare la loro intelaiatura dorata. I lampi ed i fulmini spezzavano il nero liquido della notte proiettando ombre inquiete sui tappeti colorati e sulle pareti di marmo. Un tuono risuonò lontano e Kibum si svegliò di soprassalto con il cuore in gola. Sbarrò gli occhi e trovò intorno a sé le ombre che popolavano la sua stanza, troppo grande e tropo sontuosa per un bambino di soli tredici anni. Aveva il fiato corto come se avesse sostenuto una lunga corsa ed era sudato fradicio. Un sudore freddo ed appiccicoso.
Il principino si passò l’avambraccio sulla fronte e s’impose calma. Fuori, la pioggia continuava a scrosciare e picchiettava sui vetri come dita di fantasmi. Kibum si mise a sedere e si strinse le gambe al petto, chiuse gli occhi e sospirò per ritrovare regolarità nel proprio respiro.
Stava tremando come una foglia e lo sapeva, ma da tre anni, ormai, i temporali non erano le uniche cause delle sue notti insonni. Anni fa non aveva idea di cosa fossero gli incubi, non ne aveva mai fatti, o forse li aveva scordati con il disperdersi delle ombre al sorgere del sole, non lo ricordava, ma negli ultimi tre anni gli incubi erano diventati frequenti. Anzi, l’Incubo. Era sempre lo stesso ed ogni volta Kibum si svegliava terrorizzato. Non riusciva a darsi una spiegazione logica. Era sempre la stessa storia, il freddo gelido e tagliente come una lama, l’oscillare di tende di seta che sembravano volerlo soffocare, un vetro che s’infrange, un tonfo ed il sangue che luccica vermiglio nella notte.
Perché?, si chiese. Cosa significava e perché non voleva lasciarlo in pace. Aggrottò la fronte. Ogni volta aveva l’impressioni che la sua mente cercasse d’afferrare un pensiero, un’immagine, ma scivolava sempre via lasciandolo con un profondo spazio vuoto da colmare e le mani vuote.
Un fulmine illuminò la stanza di una luce metallica, poi ripiombò nell’oscurità.
Kibum sobbalzò e fuggì sotto le coperte, la testa sotto il cuscino. Mugugnò. Odiava avere così paura!
Sbuffò, affondò la testa nel materasso e sbatté le gambe.
Non devo farmela addosso!, s’impose.
Era un principe, non poteva farsela addosso!
Non con Chul qui!
Se se la fosse fatta addosso e il più grande ne fosse giunto a conoscenza lui, Kibum, avrebbe sicuramente fatto una pessima figura.
Scosse il capo sotto il cuscino.
No, si disse, non devo farmela addosso!
Un tuono più forte seguito da un lampo. Kibum saltò come una molla.
-Yaaaahhh –
Cercò disperatamente di scendere dal letto, ma le coperte s’attorcigliarono intorno alle sue gambe e il principino capitombolò sui tappetti.
-Chulllll -, gridò disperato. –Chulllll!!!! –
Si fiondò fuori dalla sua stanza, i suoi piedini gelati corsero frenetici sul marmo e sui tappeti, infine scivolò nella stanza del più grande e s’infilò nel suo letto. Gattonò sotto le coperte e poi si rannicchiò contro Heechul.
Un braccio di Heechul gli cinse le spalle. -Hai ancora paura dei temporali? – sussurrò la voce del più grande.
Kibum annuì, poi si rese conto che l’altro non lo poteva vedere al buio.
-Sì -, disse con voce fioca.
Heechul emise una risata e lo trasse più vicino a sé. –Povero micetto. –  Gli accarezzò la schiena con movimenti ampi e circolare. – Stai tremando, rilassati. –
-Non riesco a dormire -, piagnucolò Kibum.
Heechul lo strinse a sé e Kibum si raggomitolò tra le sue braccia, la schiena contro il suo petto e le manine ansiose strette intorno al cuscino. Heechul si sporse sopra di lui per osservarlo meglio. Il più piccolo aveva chiuso gli occhi alla ricerca di tranquillità ed il suo petto s’alzava e s’abbassava a ritmo regolare. Sembrava passata una vita dall’ultima volta in cui avevano dormito insieme eppure, apparentemente, nulla sembrava essere mutato. Kibum era sempre terrorizzato dai temporali, cercava la sua protezione e alla fine, si addormentava beato tra le sue braccia.
Heechul arricciò il naso e piegò un angolo delle labbra carnose in uno strano sorriso. Tutto questo lo rendeva molto orgoglioso. Tuttavia, qualcosa di diverso c’era. Heechul percepiva uno strano tepore allo stomaco, una cosa piacevole, ma che allo stesso tempo gli incuteva uno strano disagio.
Disagio, pensò umettandosi le labbra. Kim Heechul non provava disagio. Mai.
A meno che non ci sia in giro appa.
Continuò a sbirciare il viso ora rilassato del più piccolo, dalle palpebre abbassate, alle labbra ben modellata. Era davvero bello.
Il tepore di fece più intenso ed Heechul abbassò la punta del naso sul collo e sulle ciocche corvine del più piccolo. Era così profumato. Aveva sempre il profumo dolce e delicato di una buona caramella, o dello zucchero a velo, o della vaniglia….
Sfregò il naso tra quei capelli setosi allargando le narici. Era inebriante e terribilmente piacevole. Quel corpicino caldo lo attraeva e si domandò se la sua pelle fosse liscia e perfetta come immaginava.
Porcellana, pensò.
Le sue mani scivolarono sotto la camicia da notte del più piccolo che mugugnò ed inarcò leggermente la schiena.
Liscia e delicata. Desiderava scoprirlo ed indagarla palmo a palmo.
Heechul chiuse gli occhi, totalmente avvolto dal profumo dei fiori di ciliegio in boccio, estasiato da quella pelle al tatto setosa e stordito da quel calore sempre più intenso. Bruciava e faceva quasi male.
Bummie…
Le sue mani accarezzarono il più piccolo come a volerne esplorare ogni centimetro.
-C-cosa fai? -
Fu la voce tremante di Kibum a riportarlo alla realtà. Le sue mani si bloccarono. Cosa stava facendo? Non se n’era nemmeno reso conto!
S’irrigidì e si umettò le labbra reprimendo l’impulso di posarle sul collo candido del più piccolo.
Non udendo risposta, Kibum si rigirò tra le braccia del più grande, alzò gli occhi su di lui ed il cuore di Heechul perse un colpo. Gli occhietti felini luminosi e dubbiosi, le labbra rosate simili a petali arricciate in uno strano broncio, la punta del naso che si scontrava con il suo petto provocandogli un leggere solletico, Kibum era qualcosa di troppo allettante per potergli resistere. Troppo.
-Niente -, disse.
Kibum non parve convinto.
-Volevo solo scaldarti –, mentì.
Non sapeva nemmeno Heechul ciò che voleva. O meglio lo sapeva sin troppo bene.
Kibum, voglio Kibum.
Ma nel modo in cui lo voleva era cambiato qualcosa e se ne rese conto in quel preciso istante. Rabbrividì. Una vocina nella testa gli suggerì di fare attenzione.
Il principe sondò il più grande con occhietti sottili. Se voleva solo scaldarlo che bisogno c’era d’infilare le mani sotto la sua camicia da notte? Si mordicchiò le labbra. Aveva percepito qualcosa di strano nel modo in cui le mani di Heechul avevano accarezzato la sua schiena ed il suo addome e questo lo metteva a disagio. Molto a disagio, ma non sapeva come definirlo. Forse stava sbagliando tutto, forse era troppo piccolo per capire e stava dando l’ennesimo dispiacere a Chul!
Forse sono davvero poco intelligente.
-Abbracciami e basta -, disse alla fine, indeciso.
Si rannicchiò contro il petto dell’altro e tirò su col naso. A volte si sentiva davvero inadeguato e sciocco! Lo detestava e desiderava solo crescere!
-Chul? –
-Uhm-
-Pensi che un giorno diventerò grande anche io? –
-Tutti diventano grandi. –
-Quando si è più grandi diventa tutto più facile? –
Crescendo, Heechul non aveva trovato nulla di più facile, al contrario…Ripensò a Busan, a suo padre e rabbrividì mordicchiandosi le labbra.
-Certo -, mentì spudoratamente.
Kibum sorrise. – Abbracciami e basta -, rimarcò prima di ripiombare nel mondo dei sogni.
Heechul mugugnò il suo assenso e abbandonò con fastidio il contatto con la pelle dell’altro Era una tortura ma doveva resistere. Non poteva commettere una mossa tanto avventata, benché si rendeva conto in modo sin troppo palese di quanto fosse attratto fisicamente da Kibum. Era come una caramella in attesa di essere scartata da lui, solo da lui. Era di nuovo la sua bambola perfetta e gli apparteneva, ma doveva essere paziente. Il principe aveva solo tredici anni contro i suoi diciotto e anche se lui, Heechul, era ansioso di prendersi ciò che di fatto gli spettava di diritto doveva porsi un freno, il più piccolo non poteva capire.
La vita è come una partita a scacchi, basta il minimo passo falso per cadere e io ho troppo da perdere. Se lo voglio devo giocare bene le mie pedine e ottenuto lui avrò anche Chosun.
Doveva rammentarlo bene.
Kibum gli avrebbe dato tutto e lui, Heechul, si sarebbe occupato di lui, avrebbe viziato la sua dolce bambola perfetta. Sì, non poteva che essere così. Uno strano sorriso modellò le sue labbra carnose e chiuse gli occhi. Dopotutto, ciò che ora non poteva avere nel mondo reale, poteva sempre averlo in quello dei sogni e per ora, nell’attesa, Heechul era intenzionato a sognare.
 
 
 
Ci vediamo prossimamente con l’ultimo episodio, nel frattempo…
 
Era più splendido di una rosa? Ebbene avrebbe avuto anche più spine…
 


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Capitolo 6
*** Outside my heart ***


 
Outside my heart
 
 
 
“Echoes of silence (Locked inside)
My dried up lips (Filled inside)
As much as the story was long
Our hello felt empty
(…)
Time goes by so quickly
Everyone changes”
Shinee, An Encore
 
 
La punta del suo naso si mosse sul cuscino imbottito di piume d'oca, stuzzicata da profumi dolci ed invitanti.
-Uhm-
Il principe mugugnò, si stirò sotto le coperte, allungò le gambe, le braccia e rotolò su un lato. Oltre le tende chiuse del letto a baldacchino provenivano i passi felpati dei servitori sui tappeti ed il tintinnare di tazze ed argenteria.
Kibum mise il capo fuori dalle coperte, sbatte le palpebre ad aprì lentamente gli occhi. La visuale ancora alterata dal sonno, osservò le ombre dei servi oltre il tendaggio e non appena lasciarono la stanza si concesse un sonoro sbadiglio. Messosi a sedere stirò le braccia, sgranchì le dita nell’aria ed assaporò il profumo della colazione che lo attendeva.
Cioccolata, pensò, biscotti alla vaniglia...
Un sorriso soddisfatto si delineò sul suo volto. Gattonò sul materasso, scostò le tende e si sedette a gambe incrociate. Il carrello della colazione colmo di leccornie e lui si fiondò subito sulla cioccolata leppandone le tracce sulle labbra.
Meraviglioso, fece tra sé.
Quella era davvero una giornata meravigliosa, Kibum ne era certo, doveva essere così. Era un giorno speciale, poiché era il suo diciassettesimo compleanno. Un momento importante, irripetibile. Stavano per cambiare molte cose e lui non vedeva l'ora. Per tutta la notte era stato in trepidante attesa, aveva faticato a chiudere occhio e si era rigirato più volte tra le coperte.
Non sono più un bambino, pensò orgoglioso.
Quel giorno avrebbe partecipato al suo primo consiglio reale! Certo aveva ancora un mucchio di cose da imparare, ma Kibum sapeva bene che quella data segnava ufficialmente il suo ingresso nella vita politica del regno.
Balzò dal letto ed aprì le tende della finestra. Il sole non era ancora alto, degli uccellini zampettavano allegri sul davanzale del balcone e la città imperiale di Soul di dispiegava oltre i cancelli del palazzo nel suo tripudio di bianchi pinnacoli. Kibum unì le braccia sopra al capo e s'alzò sulle punte dei piedi, molleggiandosi.
Era davvero una splendida giornata. E lui desiderava mostrarsi mattiniero.
Sarà anche una giornata lunga...
Dopo il consiglio reale l'avrebbero sicuramente atteso altre incombenze, mentre quella sera si sarebbero svolti festeggiamenti per il suo compleanno. A dir la verità quelli li odiava; il banchetto, il ballo, avevano totalmente perso interesse per lui da quando la sua umma l’aveva lasciato, all’epoca, invece, aveva atteso la fine di settembre con entusiasmo. La sua umma aveva sempre reso quella giornata speciale per lui, ma negli ultimi anni Kibum non aveva potuto fare altro che starsene seduto tutto il tempo a ricevere regali e a rispondere in modo adeguato, ma oggi era tutta un'altra storia: non era un compleanno era il compleanno. Quello che, Kibum ne era certo, avrebbe cambiato radicalmente la sua vita. Il principe si aspettava anche dell'altro però...un fidanzamento ufficiale! Era grande e non vi era motivo per aspettare. Molto presto lui e Chul sarebbero stati insieme!
Arrossì sino alle punte delle orecchie e, ridacchiando, si fiondò sul letto e recuperò da sotto il cuscino un foglio spiegazzato. Seduto in ginocchio, l'apri umettandosi labbra a pregustare le parole che negli ultimi giorni aveva letto e riletto.
Chul...
Erano passati tre anni dal loro ultimo incontro ad Haewan e in quell’estate strana e magnifica Kibum aveva sperato di poter riprendere pienamente i contatti con il più grande, ma le cose erano andate in modo diverso. Il padre di Heechul era morto quello stesso autunno e il più grande era stato totalmente assorbito dai sui doveri a Busan. La corrispondenza seguita in quel periodo di separazione era stata ricca e costante, ma non poteva dirsi la stessa cosa. Il più piccolo aveva riservato in quelle pagine interminabili tutto l’affetto incondizionato che nutriva per l’altro, insieme a tutte le speranze per il futuro che, Kibum ne aveva l’assoluta certezza, li vedeva insieme.
Per sempre, fece tra sé con occhi sognanti.
Le lettere di Heechul si erano rivelata altrettanto ricche, tuttavia per quanto lo stesso Kibum non volesse riconoscerlo razionalmente a sé stesso, nascondevano sempre qualcosa che gli metteva un senso di…
Inquietudine…, pensò percorso da un brivido.
Il principe assottigliò le labbra a cuore e si fece pensoso.
Ogni volta che leggeva le lettere di Heechul, Kibum provava sempre una strana sensazione a livello viscerale, simile a quel disagio e senso di paura che era scivolato sottile sulla sua pelle in quella notte di temporale di tre anni prima. C'era qualcosa nel tono che percepiva in quelle missive e nelle frasi lasciate metà che lo mettevano in allerta....ma ogni volta finiva con il rimproverarsi per quei pensieri poco piacevoli.
E’ solo la distanza, si diceva.
Scosse il capo e tornò a fissare, sognante, la lettera che stringeva tra le mani.
Heechul gli aveva scritto che sarebbe stato presente alla sua festa di compleanno! Kibum non stava nella pelle all'idea.
Si rotolò sul materasso ridendo e stringendo la lettera al petto. -Chulll-
Era davvero una giornata meravigliosa, quel giorno nulla poteva andare storto!
Iniziò a prepararsi e mentre chiudeva i bottoni in madreperla della camicia qualcuno bussò. Kibum sorrise fissando allo specchio ovale davanti a lui il suo viso soddisfatto; non poteva essere che una persona, l’unica alla quale era concesso bussare alla sua stanza da notte.
-Avanti! – disse entusiasta.
-Buongiorno signorino. -
-Buongiorno Siwon. –
Si voltò radioso verso la sua guardia del corpo. Siwon era l’unica persona in tutta Soul capace di non farlo sentire solo. Lo proteggeva e si prendeva cura di lui. In un certo senso era come se avesse preso il posto della sua umma, ma non era la stessa cosa, non poteva nemmeno considerarlo un fratello maggiore. Tuttavia Kibum non poteva fare a meno di lui, non solo per il ruolo ufficiale che l’altro ricopriva.
-Credevo mi aveste ordinato di svegliarvi -, fece Siwon con una punta di divertimento nella voce.
Kibum sorrise. –Ero già sveglio. – Saltellò. –Non sono riuscito a dormire! Siwon, oggi è una giornata stupenda! –
Il cavaliere annuì. -Non dovrebbe essere un servo a vestirvi? –
Kibum arricciò il naso. –Sono grande adesso, posso fare da solo. –
Siwon represse un sorriso forse troppo azzardato, non voleva di certo ferire l’orgoglio del suo signorino!, poi accennò ai polsini della camicia del principe.
Kibum sbatte le palpebre ad alzò le mani, osservando il disastro che aveva combinato: nemmeno un bottone aveva avuto la decenza d’infilarsi nel posto giusto!
-Credo che nel vostro caso essere grande non abbia molta importanza, siete un principe. -
Siwon s’inginocchio davanti a lui e glieli sistemò uno ad uno con fare amorevole.
Il principe tossicò per stemperare l’imbarazzo momentaneo. -Novità? Sono giunte altre lettere? –
Forse Heechul era già arrivato, oppure aveva avuto un contrattempo…Kibum voleva sapere e per il suo arrivo desiderava accoglierlo in modo adeguato.
-Oggi voglio essere perfetto!-
-Lo sarete -, disse Siwon, rialzandosi.
-Dunque? – chiese titubante.
-Nulla di nuovo vostra grazia. –
Kibum sbuffò e si scurì, poi alzò gli occhi speranzosi sul cavaliere, unendo le mani e puntellandosi sulle punte dei piedi.
-Ma verrà, vero? Se non verrà, io morirò! -
-Non siate drammatico. -
-Non potrei sopportarlo. Verrà, vero?-
-Se ve l’ha promesso verrà di sicuro.-
Il principe tornò a fissare la propria immagine nello specchio e si ravvivò i capelli.
-Vedrai Siwon, lui è fantastico! Non vedo l'ora di presentartelo! -
 
 
 
Kibum stava sopportando un’attesa nervosa. Le mani unite dietro la schiena impegnate a stropicciarsi l'un l'altra, come se avessero ingaggiato una lotta all'ultimo sangue, gli occhi vispi e le orecchi tese pronte a captare il minimo rumore. Appostato davanti all'ingresso della sala del consiglio reale, il principe sbirciò oltre una finestra ed arriccio le labbra. Forse era stato davvero troppo mattiniero. Nervoso ed eccitato, si molleggiò sulle punte dei piedi e, di fianco a lui, Siwon sorrise divertito.
Improvvisamente Kibum sbarrò gli occhi.
-Forse sono già dentro-, scattò.
-Mi avete già fatto controllare, signorino. -
Kibum arrossì. -Oh sì, certo. -
Era davvero troppo agitato, mantenere con contegno consono al suo rango si stava rivelando un'impresa impossibile.
Sospirò e cercò di rilassare i nervi. Solo dopo un tempo che gli parve interminabile dei passi provenienti dal corridoio annunciarono l'arrivo di qualcuno. Il principe si mise sull'attenti. Suo padre avanzava con passo autoritario fiancheggiato da un gruppetto di nobili intenti a bisbigliare. Kibum s'irrigidì, tenne il viso alto e fu pervaso da un brivido. Quell’uomo aveva la straordinaria capacità di metterlo in soggezione con la sua sola presenza e il principe ne era fastidiosamente consapevole. Forse era per il suo essere così serio o per la corporatura robusta e squadrata che lo facevano sembrare un blocco di granito perfettamente intagliato...ad ogni modo Kibum doveva sempre imporsi di non tremare come una foglia. Vederlo gli dava l'impressione di essere chiuso in un angolo con il freddo gelido di una notte invernale a tormentarlo.
Quando il gruppetto lo raggiunse salutò i presenti con un educato gesto del capo.
-Appa-, sussurrò non appena avvertì gli occhi gelidi dell'uomo su di lui. Si stropicciò le mani, perché lo fissava come se la sua presenza lì fosse fastidiosa e al contempo ingiustificata?
-Ebbene, ragazzino? -
Kibum deglutì. -Oggi è il mio diciassettesimo compleanno. -
L'uomo lo fissò senza proferire parola. -Dunque? - fece ad un tratto, -i festeggiamenti si terranno questa sera -, disse atono come se stesse ripassando il proprio programma giornaliero.
-Lo so, io...-
-Riceverai i tuoi regali sta sera-
Regali?, Cosa c'entravano i regali?
-Ma...-
Le guance dell’uomo s’imporporarono. -Ti ho detto mille volte di non seccarmi. – Tornò ad ignorarlo. -Perdonatemi signori, prego, volgiamo accomodarci? -
L'uomo sparì all'interno della sala seguito dai nobili che non degnarono Kibum di uno sguardo. Solo un vecchietto dall'aria simpatica gli sorrise triste e gli diede un buffetto sulla guancia. La porta della sala del consiglio si chiuse davanti al principe con quello che gli parve un tonfo. Kibum rimase lì a fissare i suoi piedi davanti al legno bianco ricamato d'oro, impossibilitato dal fare un passo avanti. Era stato chiuso fuori. Kibum ebbe la spiacevole sensazione che quella non fosse semplicemente una porta, ma un confine oltre il cui era stato bandito. Gli occhi iniziarono a pizzicargli e prima che se ne rendesse conto stava correndo verso le sue stanze.
 
 
 
Il suo sguardo era perso nel vuoto o per meglio dire affogato nel contenuto ambrato della tazza di tè di fronte a lui, ormai gelido. Probabilmente lo stava fissando da più di un'ora e non aveva nemmeno toccato una fetta di torta. Il mento appoggiato sul palmo di una mano con il gomito puntellato sul ginocchio, Kibum sbuffò e lanciò un'occhiata in tralice fuori dalla finestra.
Con il giungere dell'autunno le giornate si erano drasticamente accorciate, dunque il sole aveva già iniziato la sua parabola discendente e appariva all'orizzonte come un disco piatto e rosato. Poche ore e avrebbero avuto inizio i festeggiamenti, festeggiamenti che Kibum desiderava evitare con tutto sé stesso.
Il principino non riusciva proprio a capacitarsi di quanto accaduto quella mattina, il senso di umiliazione ed inutilità bruciava ancora sulla pelle. Odiava fare la figura dello stupido e in quel giorno, iniziato con i migliori propositi e le migliori premesse, stava collezionando parecchie pessime figure.
Decisamente non consone ad un principe, pensò arricciando il naso con disappunto.
Dopo essere rientrato sull’orlo delle lacrime nelle proprie stanze era scoppiato a piangere e si era rintanato sotto il letto. Un'abitudine poco regale che lo tormentava da anni. Alla fine solo il ritorno del buon senso e le parole di Siwon l’avevano indotto ad uscire dal suo nascondiglio. Gli occhi umidi ed arrossati, Kibum si era chiuso nel silenzio, intervallato solo da sbuffi occasionali.
Perché il suo appa era così cattivo con lui? Che cosa gli aveva fatto per meritarsi tanta scortesia ed indifferenza? Kibum non riusciva a formulare una risposta sensata. Era sempre ubbidiente, educato, la sua istruzione procedeva a gonfie vele ed otteneva sempre ottimi risultati al punto che nell'ultimo anno aveva studiato il doppio ottenendo con anticipo il diploma dell'accademia reale, un risultato che i nobili suoi coetanei poteva sperare di conseguire solo l'anno successivo.
Appoggiò la schiena al divano, accavallò le gambe e incrociò le braccia.
Dove stava sbagliando?
Corrugò la fronte. Quella era un'altra delle risposte che non riusciva a trovare.
Ad ogni modo, quel che era peggio era che la giornata non era ancora terminata. Anzi, il peggio doveva ancora arrivare.
Come se non bastasse di Chul non si era profilata nemmeno l'ombra, ne erano giunte sue notizie!
Dove sei Chul?, piagnucolo tra sé. Forse gli era accaduto qualcosa, oppure era stato trattenuto a Busan...
Stando al suo personale giudizio solo l'arrivo del più grande poteva rimettere in sesto quella pessima giornata.
Dei tocchi risuonarono alle sue spalle, subito seguiti dalle parole di Siwon.
-Signorino, ci sono visite per voi.-
Kibum sbuffò sonoramente e soffiò stizzito. Figurarsi se aveva voglia di vedere qualcuno! Aveva fin troppi dilemmi da risolvere!
-Non voglio vedere nessuno-, disse scocciato.
-E io che ho fatto tanto strada solo per vedere il mio dolce micetto-, cantilenò una voce falsamente rammaricata.
Kibum scattò in piedi. Anche se il tempo aveva contribuito a modellarla, privandola totalmente delle note più acute di bambino, quella voce aveva un timbro famigliare, inoltre solo una persona al mondo aveva preso l'abitudine di utilizzare quello strano vezzeggiativo con lui e, altra parte, solo al soggetto in questione era concesso tale onore.
Dolce micetto, Kibum si crogiolò e i suoi occhi luccicarono per l'emozione.
-Chullieee-
Saltò al collo del più grande. -Lo sapevo-, disse il principe, - sapevo che saresti venuto!-
 
 
***
 
 
-A volte la quantità di doveri che devo sbrigare è davvero snervate, soprattutto perché mi ritrovo spesso ad avere a che fare con persone totalmente ottuse e sciocche-, stava dicendo Heechul, mentre passeggiavano nel giardino privato del principe.
Se Kibum avesse seriamente prestato attenzione alle parole del più grande, probabilmente avrebbe arricciato il naso infastidito, giacché aveva sempre poco tollerato i nobili che s' atteggiavano in quel modo e, indubbiamente, Heechul stava fornendo a più riprese le prove di un orgoglio e di un egocentrismo smisurati. Ma la verità era che Kibum aveva occhi solo per Heechul e le parole del più grande facevano solo da sottofondo a quel romantico tramonto tra i fiori.
A braccetto con il suo Chul, il principino lo fissò sognante.
Heechul era così elegante ed affascinante nel suo completo di seta rosso con i bottoncini ed i decori dorati. Gli occhi vispi e fiammeggianti, le labbra sempre atteggiate in un sorriso intrigante, i capelli castani che gli ricadevano morbidi incorniciandogli il viso fine e astuto, Kibum non poteva che esserne attratto ed incuriosito. 
Il principe si strinse al braccio del suo promesso e sospirò.
-Sono sicuro che stai facendo un ottimo lavoro, sei così intelligente! Immagino non sia stato facile prendere il posto di tuo padre.-
-È così, inoltre mi ha lasciato con un piccolo problema da risolvere.-
-Sono certo che lo risolverai.-
Heechul abbassò lo sguardo sul principe che subito gli rivolse un sorriso radioso, gli occhi luminosi. Per tutto il tempo Kibum non aveva fatto altro che stringersi al suo braccio, saltellare al suo fianco per mantenere il passo, sospirare a vuoto e arrossire ogni qual volta posava gli occhi su di lui.
Il più grande sogghignò e, come volevasi dimostrare, non appena i loro occhi s’incontrarono il principe arrossì e si strinse nelle spalle, lo sguardo basso ed un sorriso imbarazzato.
Le mani di Kibum si ritrovarono a stropicciare la manica di seta di Heechul. Non poteva farne a meno, ogni volta che l’altro lo guardava diventava rosso quanto il completo del più grande!
-Mi stavo domandando-, fece con voce flebile, -credi che annunceranno il nostro fidanzamento? -, concluse timidamente e arrossendo di nuovo.
Heechul sorrise compiaciuto. L’impazienza del più piccolo lo metteva certamente di buon umore e, d’altra parte, anche lui lo era. Lui stesso, mentre raggiungeva Soul, si era posto quella domanda. I diciassette anni di Kibum erano indubbiamente un traguardo importante sotto molti punti di vista e la festa di compleanno un’ottima occasione per sancire l’ingresso del principe nella vita pubblica del regno, cosa che poteva tranquillamente implicare anche un fidanzamento ufficiale. Tuttavia, Heechul dubitava che quella sera vi sarebbe stato un annuncio ufficiale, giacché non era stato avvisato dal reggente.
E’ troppo presto per pensare a questa eventualità, si disse.
Probabilmente sarebbero passati ancora degli anni.
Il viso di Heechul si scurì. Kibum era impaziente, ma lui lo era molto di più. Nel momento stesso in cui aveva posato gli stivali lucidi sul marmo del palazzo reale aveva sentito che quello era destinato a diventare il suo posto, ma tutto si stava trasformando in un’attesa snervante.
Emise un ringhio basso ed infastidito.
-Chul?- 
Heechul si riscosse e sorrise al più piccolo. -Mio dolce micetto -, disse sfiorando il viso dell’altro con il dorso della mano, -temo che dovremmo aspettare ancora del tempo. -
-Oh -, fece Kibum, sconsolato.
Heechul infilò le dita affusolate tra i capelli corvini dell’altro, saggiandone la consistenza setosa. Il profumo di Kibum gl’invase le narici. Alzò il mento del più piccolo con l’indice e lo fissò dritto negli occhi. I tratti del principe si erano ulteriormente affinati, era come un angelo scolpito nel marmo, puro, innocente e suo. Nella solitudine del suo palazzo di Busan il pensiero di lui sul trono di Chosun e del profumo del corpo delicato del più piccolo erano state le uniche cose capaci di scaldargli il cuore. Il ricordo di quella notte di temporale di tre anni prima era ancora vivido nella sua mente. All'inizio la consapevolezza dell'attrazione fisica che provava per Kibum l'aveva sconvolto e spaesato, così come i pensieri che aveva formulato, nonché le sue stesse azioni, l'avevano messo a disagio a ripensarci ma, pian piano, il disagio era sfumato sino a svanire. Rimaneva solo il desiderio del corpo del più piccolo, un desiderio che l'aveva tenuto sveglio le notti e cullato nei sogni. Dopo gli ultimi anni passati a fantasticare raggiungere Soul si era rivelata davvero la prova del nove ed ora non aveva più dubbi. Lo voleva. Voleva il trono e voleva Kibum.
Kibum arrossì imbarazzato e a disagio. Heechul lo fissava in continuazione, l’aveva notato in più di un’occasione! Se da un lato ne era orgoglioso, dall’altro provava anche una strana inquietudine a livello viscerale. Aveva come l’impressione che ci fosse qualcosa di sbagliato, qualcosa che avrebbe dovuto metterlo in allerta, che doveva evitare, come un campanello d’allarme che lo avvisava di fuggire il più lontano possibile da Chul. Intimamente si sentiva come braccato da una tigre. Era assurdo e per giunta molto fastidioso!
Heechul sfiorò la guancia del più piccolo con l’indice. -Ti ho lasciato che eri splendido come una rosa, ma ora lo sei di più. Scommetto che la scorsa estate sono impallidite o forse si sono rifiutate di fiorire. –
Kibum sussultò e si mordicchiò il labbro inferiore. Davvero non riusciva a capire! Anche nelle carezze del più grande c’era qualcosa di strano, però le voleva!
Heechul si umettò le labbra. -Ascolta Bummie. –
-Sì? –
-Perché non passiamo un po' di tempo da soli sta sera? –
E’ abbastanza grande, formulò Heechul d’istinto.
-C’è la festa -, si ritrovò a dire il principe.
Heechul fece uno strano sorriso. – Dopo la festa, naturalmente. Posso raggiungerti nelle tue stanze quando ti ritiri. Cosa ne dici? –
Kibum ebbe quasi l’impressione che non fosse una vera richiesta, per di più ora anche il tono di Heechul sembrava strano. Scosse il capo per allontanare quei pensieri assurdi, poi annuì. Dopotutto che motivo aveva per cui preoccuparsi? Il suo Chul voleva solo passare del tempo da solo con lui, nient’altro, vero?
Il più grande gli scompose i capelli. -Bravo micetto -
Heechul sapeva che avrebbe dovuto attendere ancora del tempo per avere il trono, ma forse poteva avere Kibum quella notte. In quei tre anni il sogno di farlo suo era stato un desiderio costante e il principe, ormai, era abbastanza grande per questo. Non vi era motivo di aspettare, no? Inoltre, era chiaro come la luce del sole che il più piccolo pendeva dalle sue labbra, cosa che d'altra parte non poteva che essere motivo di vanto per lui. Sotto il suo tocco leggero, Kibum era tutto un fremito ed un arrossire continuo.
Un micio pronto a fare le fusa a comando, pensò Heechul. Per me, solo per me.
 
 
***
 
 
Come previsto la festa si stava rivelando di una noia mortale. Kibum aveva passato buona parte della serata seduto a ricevere regali, che non aveva scartato, e a scambiarsi convenevoli con i nobili che, lo sapeva bene, in realtà erano lì solo per dare spettacolo di sé e sfoggiare gli abiti migliori. D’altra parte ricevere un invito per la festa di compleanno di un reale era un onore a cui non tutti i capi titolati potevano ambire. Naturalmente Kibum non aveva avuto la possibilità di scegliere nessuno di quegli invitati. Per fortuna Chul era giunto a salvarlo ed avevano ballato insieme, ma molto presto il suo Chul era stato trascinato lontano da dei nobili che desideravano parlargli. Essere il lord di Busan a pieno titolo doveva essere davvero molto stressante. Kibum si era ritrovato di nuovo solo dimenticato su una poltrona troppo grande per lui.
Ora, il principino aveva deciso di concedersi una boccata d’aria ed era uscito in giardino. Grazie ad un’enorme vetrate il salone delle feste s’apriva sui giardini e, benché l’aria della sera fosse particolarmente frizzante, Kibum non aveva esitato. Desiderava prendersi una breve pausa, inoltre non aveva più visto Chul, dunque forse anche lui aveva avuto la sua stessa idea. Kibum sorrise tra sé. Lo zampillare delle fontane, il riflesso della luna sulle vasche marmoree e sull’acqua, le foglie dorate che rotolavano sul tappeto verdeggiante sospinte dall’aria autunnale, contribuivano a creare un’atmosfera molto romantica. Kibum arrossì, poi divenne nervoso. Era ancora molto confuso da quanto accaduto quel pomeriggio, ma come tutte le altre volte scosse il capo e disperse i dubbi.
Improvvisamente udì una voce che riconobbe come quella del suo Chul! Non si era sbagliato! Fece per aumentare il passo poi si bloccò. Se stava parlando non doveva essere solo. Si morse le labbra a cuore. Forse non era opportuno interrompere i suoi affari.
Udì una seconda voce e, opportuno o meno, Kibum non resistette all’idea di scoprire chi fosse. Si mosse cautamente tra i cespugli e senza un vero e proprio motivo si ritrovò accucciato tra di essi. Per quanto riconoscesse l’insensatezza del suo agire, rimase fermo tra il fogliame, le orecchie tese. Nonostante si sentisse molto ridicolo ad agire in quel modo, per qualche strano scherzo del destino Kibum si ritrovò ad origliare una conversazione che, da lì a poco, avrebbe cambiato per sempre la sua vita.
-Non credevo di trovarti qui, sei sempre così impegnato –, udì dire la seconda voce.
Allungò gli occhi e si sporse per godere di una visuale migliore.
Il suo Chul era in compagnia di un tipo tutt’ossa, tranne che per le guance morbide, dai capelli scuri e con indosso un completo verde smeraldo e oro. Kibum conosceva il suo nome, si trattava di Yesung, aveva qualche anno in più di lui e suo padre era un nobile che svolgeva l’incarico di ambasciatore presso la corte straniera di Nihon. Una responsabilità importante che richiedeva a quell’uomo e alla sua famiglia di passare molto tempo lontano da Chosun. Ma al di là di questo Kibum non sapeva altro, però Chul aveva l’aria di conoscerlo bene.
Heechul fece spallucce e sogghignò. –Non potevo mancare, non quest’anno. –
Yesung parve divertito. –Credi ancora che vi fidanzerete? Non pensi sia diventato sciocco confidare ancora in questa eventualità? –
-Non punzecchiarmi Yesung, sai meglio di me quanto un’alleanza tra Soul e Busan sia fondamentale per tenere alla larga Nihon. –
Yesung rise.
Gli occhi di Heechul brillarono. – Lui e mio-, disse umettandosi le labbra.
Nascosto tra i cespugli, Kibum corrugò la fronte. Era di lui, Kibum, che stava parlando? Se era così il tono di Chul era molto strano, faceva quasi…paura.
-Non fai che ripeterlo -, osservò l’altro. – Ogni volta che affrontiamo l’argomento. –
Heechul non parve curarsi di quelle parole. –Poco importa che il nostro fidanzamento non sia stato annunciato sta sera, è solo questione di tempo e quel dolce micetto sarà mio. Grazie a Kibum siederò sul trono ed avrò lui, il gioiello più luminoso di Chosun. -
Kibum deglutì. Più delle parole fu il tono della voce di Heechul a spaventarlo. Intravide la sua mano tremare e ne afferrò il polso. Un strano senso di vuoto iniziò aprirglisi in petto. C’era ambizione nelle parole di Heechul, insieme ad una strana smania irrefrenabile che lo fece tremare.
-Ne sei sicuro? – lo canzonò Yesung.
-Lo vedrò molto presto -, disse Heechul con orgoglio. – Da questa notte sarà mio, scommettiamo? –
Davanti a Kibum la maschera iniziò a crollare, tutto ciò che udì prima di correre di nuovo tra le luci sgargianti del salone furono i battiti accelerati del suo cuore.
 
 
 
I suoi piedi si mossero veloci e nervosi sui tappeti arabescati, mentre le sue mani si stropicciavano l’un l’altra. Si strinse le braccia e per impedirsi di tremare. Era in quello stato da quando era rientrato nel giardino e non riusciva a darsi pace. A tratti gli sembrava quasi che gli mancasse il respiro. Si portò le mani al capo e scosse le ciocche corvine.
Non può essere così!
Le parole che aveva udito dalle stesse labbra di Heechul rimbombavano nella sua mente, assordandolo ed impedendogli di pensare lucidamente, eppure aveva fatto esattamente ciò che il più grande gli aveva detto quel pomeriggio: si era ritirato per attenderlo nelle sue stanze. Se da un lato il buon senso gli diceva che aveva fatto, e che stava facendo, qualcosa di molto sciocco e che la scelta migliore sarebbe stata quella di chiudersi in camere con Siwon a fare la guardia, dall'altro accendeva il dubbio nella sua mente. Non poteva prendere per oro colato le parole che Heechul si era scambiato con Yesung che, al di là del titolo e della posizione della sua famiglia, per Kibum rappresentava un perfetto sconosciuto. Farlo avrebbe significato svegliarsi e accettare in via definitiva una realtà che sapeva essere troppo dura.
Si portò una mano al petto e prese un bel respiro, poi sussultò non appena qualcuno bussò alla porta e, senza attendere risposta, entrò. Kibum s’irrigidì. Era Heechul, lo sapeva, nessuno avrebbe osate entrare nelle sue stanza senza permesso. Si voltò verso il più grande ed incontrò subito il suo sorriso soddisfatto.
-Bummie -, disse Heechul.
-Chul. –
Il più grande avanzò sicuro, fece scivolare i polpastrelli sul tavolo intarsiato di madreperla e lo sguardo sui tappeti pregiati.
-Non ero mai stato qui, sono davvero belle.- Osservò riferendosi alle stanze dell’erede al trono.
Kibum sorrise timido, ora sembrava tutto così normale, eppure non appena Heechul alzò gli occhi su di lui il disagio tornò prepotente ad impossessarsi di lui, ma questa volta provò anche paura. Deglutì. Stava facendo la cosa giusta, dare una possibilità a Chul, o stava sbagliando tutto?
Dall'istante in cui il più grande aveva messo piede nelle sue stanze si era sentito come la preda braccata dalla tigre, era inutile negarlo. Più Heechul avanzava e s'avvicina, quatto, più lui arretrava. Non avrebbe dovuto sentirsi così, non con il suo Chul! Nulla sembrava avere senso! Però…
Però l’hai sentito in giardino, fece una vocetta fredda e logica nella sua testa.
No, si disse scuotendo appena la chioma corvina. Non poteva, non doveva essere cosi! Per lui Heechul era tutto!
Eppure la verità l'aveva già udita chiaramente dalle stesse labbra dell'altro e quegli occhi pieni di malizia, ora, non erano che la conferma.
Senza rendersene conto si ritrovò seduto sul divano, la schiena premuta contro lo schienale e gli occhi liquidi come lava di Heechul ad inchiodarlo. Kibum fremette come una foglia in balia del vento; stava facendo di tutto pur di rimanere ancorato ai rami che gl'impedivano di essere spazzato via, ma il vento sembrava davvero troppo forte.
Heechul si sedette al suo fianco, molto vicino!, costringendolo a scivolare verso il bracciolo. Gli prese il mento tra le mani e gli sfiorò la guancia con l'indice. Sembrava davvero una tigre pronta al balzo e la spina dorsale di Kibum fu percorsa da un brivido.
Non avrei dovuto lasciarlo entrare, bisbiglio una voce flebile nella sua mente. Non avrei dovuto!
-Dunque-, disse Heechul,- ti sei divertito alla festa?-
Kibum si strinse nelle spalle. -In realtà è stata abbastanza noiosa. -
-Uhm- fece l'altro.
In realtà il più grande non parve molto interessato alla sua risposta, ma intento a scrutargli il viso, studiandolo con un certo compiacimento.
Oh, per Heechul era come avere davanti un regalo stupendo da scartare, il cioccolatino più invitante del mondo. Sfiorò la guancia pallida e liscia del più piccolo con il dorso della mano e si umettò le labbra di fronte a quegli occhi felini, piccole perle nere, le labbra a cuore e quel corpo fasciato da abiti eleganti. Qualunque remora o dubbio svanì. Kibum era suo, non vi erano dubbi, e lo voleva insieme a tutto ciò che questo comportava. I suoi sogni stavano per realizzarsi, poco a poco…era certo sarebbe stata una notte meravigliosa, ma voleva procedere con calma, non intendeva spaventare il più piccolo e correre il rischio che fuggisse, dopotutto per quanto cresciuto Kibum era totalmente inesperto, i suoi rossori ne era la prova lampante.
Il disagio di Kibum aumentò insieme a qualcos’altro, che cos’era? Umiliazione, forse?
Il principe stropicciò il velluto del divano. Perché aveva l’impressione di sentirsi null’altro che una bambola addobbata ad arte?
Kibum ripensò alla cura che aveva messo nel scegliere gli abiti per la festa e si vergognò di sé stesso.
Io ho fatto questo, per lui…
Va tutto bene, s’impose, è Chul!
-Ma mi è piaciuto ballare con te-, aggiunse repentino, quasi d'istinto.
Cosa mi sta succedendo?, si chiese.
Heechul si fece più vicino e Kibum si scoprì semi sdraiato con il bracciolo del divano tra le scapole.
-Bummie-
Il sussurro caldo di Heechul ebbe il potere di farlo rabbrividire. Il più grande si chinò su di lui per posare le labbra calde ed umide sul suo collo, mentre le sue mani iniziavano a scivolare sul su corpo. Erano dei tocchi leggeri, ma Kibum aveva l'impressione che ognuno di essi aprisse ferite sula sua pelle.
Heechul risalì con le labbra il suo collo, mordicchiandolo piano. Il principe annaspò e cerco di divincolarsi. Voleva fermarlo ma non riusciva né fisicamente, né mentalmente ad allontanarlo. Heechul era una spina conficcata troppo a fondo nel suo cuore.
Perché proprio tu mi fai questo? Si chiese disperato.
Kibum non si riferiva solo al fatto che, ora lo sapeva, Heechul gli stava praticamente saltando addosso, ma a quella verità che gli faceva male. Aveva davvero creduto che nulla potesse dividerli, invece erano bastate le parole del più grande, i suoi sguardi, a spezzargli il cuore.
Perché?
Quello che il più grande stava facendo, il modo stesso in cui lo stava facendo, non gli piaceva. Sentiva che era sbagliato!
I loro occhi si sfiorarono per la frazione di un secondo e in quelle iride ambrate a cui aveva rivolto sin dall’infanzia i suoi sorrisi più teneri trovò solo ambizione e desiderio. Questa volta Kibum non arrossì, bensì provò paura, umiliazione, rabbia e disgusto. Fu strano, poiché al di là della paura gli altri erano sentimenti a lui estranei e mai avrebbe potuto immaginare di provarli verso Heechul.
-He-echul, smettila. -
-Stai buono, Bummie, va tutto bene. -
-Lasciami. -
Heechul soffiò sul suo collo. -Shhh-
I dubbi di Kibum svanirono. Aveva dato una possibilità a Chul, ma aveva fallito. Loro avevano fallito. Se mai avesse avuto dei dubbi in futuro si sarebbe rammentato quel momento e gli occhi dell’altro. Non c’era alcun affetto, non più. Era arido, pomposo e vuoto come le frasi arzigogolate delle sue lettere e come il suo stupido merletto.
Kibum capiva, aveva diciassette anni ormai e sapeva cosa significavano quei tocchi e quel posarsi di labbra. Nel suo cuore romantico li desiderava, certo, e nella sua mente e nel suo cuore non c’era mai stato altro che Heechul, ma non li voleva così. Kibum desidera amore…e lì non c’era niente. Percepì il suo cuore accartocciare come un foglio di carta colorata sotto il calore del fuoco.
-Per favore -, mugugnò. – Lasciami. –
Sembrava che il più grande si stesse prendendo il suo tempo, assaporando un’attesa che ad ogni secondo diventava più fastidiosa. Era lui, Kibum, e le sue labbra che desiderava e per Heechul quello non era altro che un gioco. Ma Kibum non era più un bambino. Kim Kibum, principe di Chosun, era stufo di giocare e, soprattutto, era stufo che gli altri giocassero con lui. Strinse le mani sul completo luccicante dell’altro e digrignando i denti si divincolò e lo spinse via.
-Lasciami!- gridò furioso, stupendo sé stesso.
Heechul lo fissò stranito sbattendo le palpebre, chiaramente non si era aspettato una simile reazione. Emise una risata nervosa per stemperare il disagio. Una cosa che Heechul detesta ardentemente.
-Bummie -, fece sogghignando, - che cosa ti prende?-
Kibum si alzò con i pugni serrati e guardò il più grande dall’alto in basso. -Ti ho detto di lasciarmi-, disse con alterigia.
-Bummie, tesoro. - Heechul si alzò e cercò di afferrarlo per un polso.
Kibum scivolò di lato e ruotò su sé stesso con un movimento elegante. Heechul sorrise nervoso.
-Mio dolce micetto, cosa ti succede? -
Dolce micetto, ora quello sciocco e mieloso vezzeggiativo gli fece ribrezzo. Si vergognò al pensiero che solo poche ore prima l'aveva fatto fremere! Lo odiava!
-Non sono il tuo dolce micetto.-
Kibum arretrò, ma questa volta non per paura. Fu un gesto stizzito dettato dal suo orgoglio per aumentare le distanze tra loro. Un lavoro più mentale che fisico.
Heechul corrugò la fronte. Le cose non stavano andando come aveva previsto. Non riusciva a capire perché Kibum fosse così stizzoso e remissivo, eppure sino a poche ore prima pendeva letteralmente dalle sue labbra ed aveva fatto le fusa avvinghiato al suo braccio. Che cosa era cambiato? Forse lo stava spaventando? Se era così doveva trovare un modo per ammansirlo, non poteva rinunciare a lui, lo desiderava troppo!
-Kibum- disse accondiscendente, - non vi è nulla di cui aver paura, vieni.- Heechul allargò le braccia, ma in risposta trovò solo lo sguardo adirato del più piccolo. Una visione decisamente strana, non l'aveva mai visto così.
Di te, pensò Kibum, è di te che devo aver paura! Avrebbe dovuto comprenderlo quella notte di temporale di tre anni prima! Si era rimproverato per il suo disagio e la sua diffidenza, ma l'unico rimprovero che doveva rivolgere a sé stesso era per la sua ingenuità.
-Vattene - disse. Un tono sicuro e freddo che stupì anche sé stesso e, indubbiamente, stupì Heechul perché abbassò le mani e sbatte le palpebre.
Il più grande tentò di nuovo di afferrarlo, ma non un movimento flessuoso Kibum gli sfuggì. Tra di loro vi era il vuoto. Un vuoto che Kibum sapeva non poteva più essere colmato.
In quel momento entrò Siwon e Kibum tirò tra sé un sospiro di sollievo.
-Signorino, va tutto bene? – domandò il cavaliere scrutando il lord di Busan in cagnesco.
Heechul fece spallucce e sorrise sghembò, rivolgendo un’occhiata in tralice a Siwon. Incrociò le braccia.
-Stanne fuori, sei solo un servo. –
-Non osare parlargli così! – scattò Kibum. -Va via, vattene.-
Gli occhi ardenti di Heechul saltarono dall’uno all’altro, emise uno strano ringhio e sorrise nervoso, poi indietreggiò. Fu come osservare l’arretrare di una tigre tra l’erba alta. Gli occhi rosseggianti inghiottiti dalle ombre della boscaglia. Ma non era che una pausa, il ritirarsi dell’incubo alle prime luci rosate dell’aurora, pronto a riemergere al dispiegarsi delle ombre della sera. Il rosseggiare infuocato del cielo al crepuscolo non era che un preludio alla notte nera e liquida.
 
 
Rimasto solo con Siwon, il principe tornò a respirare.
-Signorino -, fece Siwon, preoccupato.
Kibum strinse i pugni e ricacciò indietro le lacrime che premevano prepotenti ai lati dei suoi occhi. Non voleva piangere, non era più un bambino!
Nella sua ingenua incomprensione aveva compreso ancora meno. Se fosse stato più sveglio e accorto, se non si fosse lasciato distrarre dall’affetto morboso ed incondizionato che provava per il più grande…
Aveva riempito la sua mente d'illusioni per proteggere il suo cuore da una verità che sapeva fare troppo male, ma non era stato che un espediente destinato a crollare. Era scritta a lettere cubitali nelle lettere di Heechul, palese come la luce del sole nei suoi occhi pieni d’ambizione e malizia e limpida come il riflesso di freddo metallo nella voce e nelle iridi gelide di suo padre. Il suo subconscio aveva fatto di tutto per proteggerlo, ma ora non poteva più fuggire.
Devo affrontare la realtà.
A suo padre, quell'uomo, non importava nulla di lui e a suoi occhi non era altro che un impiccio fastidioso che lo regalavano al titolo di reggente, quando era quello d'imperatore che desiderava. Non gli avrebbe mai dato un briciole delle responsabilità e degli onori che gli spettavano di diritto.
E Heechul…
Deglutì e represse un singhiozzo.
Non ha più affetto da darmi.
Desiderava lui per avere il trono ed il trono per appagare l’ambizione ed avere lui. Le parole che aveva udito in giardino erano state come il calare di una maschera già sul punto d’infrangersi.
Non sono che in mezzo per raggiungere i suoi scopi, non gl’importa nulla di me.
Quanto era stato sciocco, quando doveva essere sembrato stupido...lo odiava! Odiava il modo in cui Heechul l'aveva guardato e sfiorato, ne era totalmente disgustato! Allo stesso tempo si sentiva umiliato da lui e da sé stesso per aver provato compiacimento di fronte a quegli sguardi e a quelle carezze sbagliati che non era stato capace di riconoscere.
Stupido, si disse.
Kibum si morse il labbro inferiore sino a farselo sanguinare e strinse le mani disegnando dei motivi a mo’ di mezzelune sui suoi palmi. Fissò il suo riflesso limpido nello specchio ovale davanti a lui. Il suo volto pallido e liscio sembrava fine porcellana, i capelli corvini, le dolci labbra rosate a forma di cuore e il suo elegante completo in seta blu impreziosito da piccoli diamanti, fili d’argento e bottoni in perla.
Sfiorò la superficie dello specchio con i polpastrelli e gli occhi iniziarono a bruciargli. Tirò su col naso e s’impose freddezza. Freddo, ecco come doveva essere, solo avvolgendo il suo cuore in una patina gelata poteva sperare di sopravvivere.
-Siwon- disse, -cosa sembro? -
Siwon inarcò un sopracciglio. -Signorino? -
-Sembro una bambola, una stupida bambola perfetta -, spuntò in faccia al suo riflesso.
-Non dite così, voi siete un principe. -
Kibum lo ignorò. Forse era anche un principe, ma era un principe inutile.
Senza responsabilità, senza voce...sono solo un'ombra troppo luminosa.
Si spostò verso la finestra e guardò oltre ad essa, dove il vento dell’autunno stava ormai strappando le ultime foglie dorate dai rami secchi. Kibum non vide luci nel cielo, nemmeno l’argenteo ed ingannevole brillio della luna. Serio, si voltò verso Siwon e la voce che udì stentò a riconoscerla come sua. Fu fredda, autoritaria, sicura, non era più quella di un ragazzino pieno di sogni e speranza. Lo stesso Siwon lo notò e sgranò gli occhi. Il cavaliere non sapeva di preciso cos’era accaduto ma poteva immaginarlo, quel tizio di cui il suo signorino era stato così fiero quella mattina gli aveva fatto del male, aveva spezzato qualcosa nel cuore e nell’anima del suo principe, di quello era certo, così come era certo del fatto di avere davanti una persona diversa dal signorino che era abituato a conoscere. Si era voltato pochi minuti ed il suo principe era cresciuto, né fu orgoglioso, ma rimpianse anche quell’ingenuità pura e semplice che per tanto tempo aveva protetto quel cuore sensibile.
-Posso fidarmi almeno di te?- chiese il principe.
-Ho giurato davanti all'intera corte...-
-Non m'importa nulla della corte. – Kibum fece un gesto stizzito con il braccio. Prese un bel respiro per recuperare la calma. Non era da lui comportarsi in quel modo...ma a dispetto di ciò sentiva che qualcosa di assopito si stava risvegliando dentro di lui.
-Giuralo adesso, davanti a me e solo per me.-
Siwon s’inginocchiò davanti al suo principe. – Voi mi avete salvato la vita e ora è vostra sino al mio ultimo respiro. Vi giuro che vi proteggerò sempre da chiunque oserà farvi del male, vi proteggerò anche da voi stesso se necessario -, disse risoluto.
Kibum sorrise triste, prese il capo del cavaliere vi pose un bacio.
-Posso fidarmi solo di te, Siwon. -
I suoi piedi si mossero lentamente sui tappeti e tornò a fissare il mondo oltre la finestra, rendendosi conto di quanto gli fosse sconosciuto. Sospirò e si concesse un'unica lacrime.
Kibum desiderava l’amore. Di quell’amore che aveva immaginato, che aveva creduto reale e possibile solo con Chul, desiderava percepirne il soffio caldo sulla pelle, annusarne il profumo che nella sua mente fantasiosa ricordava quello dell’estate e dei peschi in boccio. Voleva vivere lo scorrere del tempo e non guardare il mondo da una finestra. Ma lui, infondo, non era altro che una bambola spezzata e dimenticata racchiusa in un palazzo dorato. Era solo e mai come ora ne ebbe la certezza. Doveva imparare a difendere sé stesso ed il suo cuore.
Sono più splendido di una rosa? Ebbene avrò anche più spine.
 
 
 
 
Sera! Bhe che dire, anche la raccolta si è conclusa. Spero sia stata una lettura piacevole e che abbia permesso di chiarire alcuni punti e soddisfare alcune curiosità rispetto alla storia principale!
 
Ringrazio tutti i lettori, chi ha inserito la raccolta tra le preferite, seguite e ricordate. Un grazie speciale a chi mi ha seguita e, soprattutto, un grazie immenso a Jae_Hwa e a MagicaAli per aver recensito ogni episodio ^^ grazie mille!
Giusto per rallegravi/ansiarvi un po' prima di sparire brevemente vi anticipo che ho già iniziato a buttar già qualcosa per la nuova storia (ve ne avevo accennato nell’epilogo di Orbit). Ora, non dico che vi farò il regalo di Natale, ma conto di pubblicare il primo capitolo entro la fine dell’anno ^^
Dunque…
“La luna pendeva nel cielo d’inchiostro come un globuloso occhio giallognolo. Jonghyun rabbrividì e deglutì. Lei sapeva. Scrutava ciò che c’era nella sua anima e nel suo cuore, lo perforava.”
Ci vediamo prossimamente con I hold you in a kiss

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