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“...Ora sapete la verità,
o almeno, quella che potete conoscere. Rivelandovi in questa lettera
i nostri segreti, non solo ho infranto tutti i voti del silenzio e
della segretezza che avevo giurato di difendere, ma ho messo a
repentaglio la mia stessa esistenza. Non so quanto ancora mi aspetti
da vivere, ma almeno so che il nostro sapere non si perderà
totalmente con la mia scomparsa. Siamo rimasti in pochi a conoscere i
segreti, e so che piccoli innocenti pagheranno per le nostre colpe, e
questo mi addolora. Ma il seme della speranza non morirà, e
grazie a voi non si perderà nella memoria, ma continuerà
a crescere fino a germogliare. Abbiatene cura. La responsabilità
che vi affido è enorme, lo riconosco, ma io mi fido di lei.
Protegga il nostro segreto fino a che l'ora non sarà giunta.
La serva fedele della
Suprema Essenza”
mentre rileggeva quelle
righe, l'uomo non poteva che sospirare tristemente. Sulla scrivania
davanti a lui, il giornale di quella mattina riportava la tragica
notizia della morte misteriosa di una semplice casalinga. “Omicidio
misterioso, movente sconosciuto. Nessun indizio, la polizia brancola
nel buoi, si ipotizza ad una rapina conclusasi tragicamente...”,
ma l'uomo sapeva la verità. Quella lettera gli era stata
consegnata quella mattina stessa assieme al giornale. Per collegare i
due avvenimenti non c'era voluto molto. Ora l'uomo sapeva che non
c'era niente da fare se non aspettare. Sarebbe stata un'attesa molto
lunga, anni sarebbero dovuti passare, prima di mettere in atto il
piano. Avrebbe aspettato, era l'unica soluzione. Si alzò
lentamente dalla scrivania e si avvicinò ad una parete,
davanti ad un quadro. Lo sollevò cautamente dal suo sostegno,
rivelando dietro una cassaforte. Con la lettera ancora in mano,
l'uomo la aprì, e al suo interno affidò quello scritto,
richiudendo poi tutto e riposizionando il quadro.
Ritornò appena in
tempo alla sua scrivania, prima che la sua segretaria entrasse.
Doveva iniziare la sua solita giornata di lavoro, come se niente
fosse. La sua vita doveva scorrere come prima, nessuno doveva sapere.
Anche se non poteva fare a meno di lanciare, appena poteva, uno
sguardo al quadro che custodiva il segreto.
a-b
-mi dispiace signore, non
sono riuscito a recuperalo...-
-INCAPACE-
-mi dispiace signore, o
cercato...-
-Non me ne faccio niente
delle tue patetiche scuse!!!-
-Signore, io...-
-TACI!-
seguirono alcuni minuti di
silenzio. Un uomo si alzò dalla sua poltrona, un bicchiere di
whisky in una mano. Si avvicinò ad una immensa finestra che
dava su un giardino scuro, coperto di alberi altissimi, secolari. Il
cielo plumbeo faceva presagire pioggia. Il cielo esterno rispecchiava
perfettamente il clima all'interno della stanza. L'altro uomo, che
aveva temuto il peggio quando l'altro si era alzato, era in piedi, in
un atteggiamento di profondo pentimento e umiliazione. Aveva portato
a termine solo una parte della missione che gli era stata affidata, e
avevo mancato la parte più importante. Era pronto a ricevere
una punizione seria, ma le parole del suo capo lo sorpresero.
-In fondo non sei una
delusione totale, tu-
-Signore, io, gra...-
-La tua avversaria era
troppo forte e astuta per te-
Il colpo colpì in
pieno l'uomo. Per un attimo si era illuso di ricevere una
gratificazione da quell'uomo a cui aveva giurato fedeltà molti
anni addietro.
-In fondo, mio caro
servitore, non è la prima volta che ti gioca quella donna, o
sbaglio?-
-No-
-Come?-
-No signore-
un sorriso pieno solo di
autocompiacimento e presunzione comparve sul volto del capo.
-Ora vattene, ti richiamerò
se avrò ancora bisogno di te-
-Si, signore-
-Ah, ancora una cosa. Un
altro errore, e non te la caverai così facilmente-
-Si, signore-
E mentre il servitore usciva
silenzioso dalla stanza, dentro di lui ribollendo di rabbia per la
missione non portata a termine e per il rimprovero subito, e con la
paura costante di essere eliminato da un momento all'altro, l'altro
continuava ad osservare il panorama. Quando sentì la porta
chiudersi, si voltò, e si posizionò davanti al camino
acceso, unica fante di calore della stanza. Si risedette sulla sua
poltrona, e iniziò a girare il bicchiere pieno di whisky. Poi,
con uno scatto improvviso, lanciò il bicchiere dentro il
camino, provocando una fiamma improvvisa.
-Maledetta sgualdrina! Non
manderai all'aria i miei piani! Troverà il modo, anche senza
il mezzo primario! Non mi fregherai, dovessi impiegare tutta la mia
vita, io ci riuscirò!!!! Vi ho eliminato tutti voi, Servitori,
e il mio piano procederà! Nessuno mi potrà mai
fermare!-
a-b
In una calda mattinata una
giovane donna osserva silenziosa il telefono di casa. Sa che tra poco
suonerà, sa che tra poco sentirà la voce di una persona
che non sente da tempo, sa anche di cosa parleranno. Il giornale
davanti a lei le dice che tutto quello che temeva si sta avverando.
Del loro gruppo ormai non erano rimasti che in pochi... si potevano
contare sulla dita di una sola mano. Erano rimasti in tre, e il
numero poteva assottigliarsi ancora. Lo squillo del telefono la
ridestò dai suoi pensieri.
-Pronto?-
-Sono io...-
-Sapevo che avresti
chiamato-
-Lo so-
-Siamo rimasti in tre...-
-Due-
-Cosa?-
seguirono alcuni momenti di
silenzio. Delle lacrime si stavano formando negli occhi azzurri della
donna...
-Ti prego, non piangere
amica mia-
-Erano le mie migliori
amiche...-
-E anche le mie-
-Cosa faremo ora?-
-Cosa farai vorrai dire-
-Come? Cosa stai dicendo?-
-Credo che anche la mia ora
sia arrivata-
-NO!-
-Era il nostro destino, lo
sapevamo già-
-Ma lo abbiamo cambiato! Lei
ci ha permesso di cambiarlo!-
-Ed è morta, come gli
altri-
-Allora mi vuoi dire che è
stato tutto inutile?-
-No, questo mai. Ci ha
permesso di dare un mondo migliore ai nostri figli! Abbiamo potuto
avere dei figli, e sai che prima non avremmo potuto-
-Lo so-
-Anche se per poco, siamo
stati felici-
-Ma a quale prezzo? Siamo
rimasti da sole!-
-Ma hai un compito da
portare avanti. Continua la tua ricerca, non interromperti mai. E
proteggi tuo figlio, sempre. Lo sai, lui, come gli altri...-
-Si, lo so. Ma è
giusto lasciare a loro un compito così importante?-
-Giusto o no giusto, amica
mia, è il loro destino. Noi abbiamo compiuto la nostra
missione. Ora devi compierla tu-
-Cosa devo fare?-
-Il tuo compito sarà
quello di non dimenticare, di portare avanti il nostro lavoro, le
nostre ricerche, e di aiutare i nostri figli a compiere il loro
compito di proteggere la Suprema Essenza! Promettimi che lo farai!-
-Io... io...-
-Prometti!-
-Lo prometto-
All'improvviso i passi
veloci di un bambino interruppero il silenzio della casa, e la voce
squillante del piccolo rimbombò per le mura della casa
-MAMMA???? Dove sei???-
-Devi andare ora, il tuo
dovere ti chiama-
-Aspetta....-
-Cosa c'è?-
-Promettimi che non morirai
anche tu... ti prego!-
-Non posso farti questa
promessa... lo sai...-
-Non avresti dovuto sposarti
con lui-
-Lui non c'entra, lo sai!-
-Lo so, ma io...-
-Amica mia, non ti
preoccupare. La nostra amicizia sarà eterna. Chissà,
forse un giorno ci rivedremo tutti insieme, come una volta-
e riagganciò il
telefono.
-Lo spero amica mia... lo
spero-
-MAMMA???-
-Sono qui tesoro!-
un piccolo bambino di cinque
anni, con grandi occhi azzurri e capelli biondi entrò nel
salotto. Corse verso sua madre, e la abbracciò. Poi,
sollevando il suo volto verso quello della donna, il suo sguardo si
incupì un pochino
-Mamma, perché
piangi?-
-Non ti preoccupare tesoro,
ho solo ricevuto una telefonata da una vecchia amica-
-E ti fa piangere questa
cosa?-
Una piccola risata uscì
dalle labbra della donna.
-Sai tesoro, a volte capita
con i vecchi amici. Ricordi cose passate, e ti fai prendere un po'
dall'emozione-
Il bambino non sembrava
avere capito molto, ma rassicurato dal sorriso della sua mamma, non
poté non tornare a sorridere anche lui.
-Allora, piccolo mio, che
ne dici di un bel gelato?-
-SI!!!!-
E mentre il bambino usciva
felice, non vedendo l'ora di mangiare il suo gelato, la sua mamma non
poteva non pensare alle telefonata di poco prima. Aveva accettato un
compito importante, ma lo doveva fare. Era rimasta solo lei ormai,
solo lei. E anche se la responsabilità era tutta sua, sapeva
che lo doveva fare, se non altro per il suo bambino.
-Mamma, ti muovi???-
-Arrivo Max, arrivo...-
Si, lo doveva fare
e lo avrebbe fatto, lo avrebbe fatto per il suo Max.
a-b
In una Tokio illuminata da
un piacevole sole primaverile, in un assolato ufficio al tredicesimo
piano di un grattacielo, nel suo studio privato il presidente
Daitenji, presidente della BBA, osservava impaziente la porta del suo
ufficio. Da un momento all'altro sapeva che sarebbero arrivate, le
aveva convocate lui, ma sapeva che non sarebbe stato facile. Un
leggero colpa alla porta gli fece capire che il momento era arrivato.
Ormai non si poteva tornare indietro.
-Avanti-
La porta si aprì
leggermente, il giusto per permettere ad una ragazzina di entrare.
-Mi aveva fatto chiamare,
presidente Daitenji?-
-Si, esatto, entra pure
cara-
Il sorriso rassicurante del
presidente calmò un poco la giovane ragazza. Era una ragazza
giovane, sui sedici anni, con lunghi capelli marroni che le
scendevano sulle spalle, e occhi marroni come i capelli, con qualche
sfumatura rossa. Appena entrata, l'uomo le fece cenno di sedersi
sulla poltrona posta davanti alla sua scrivania.
-Posso sapere come mai mi ha
fatto chiamare?-
-Oh, non ti preoccupare
cara. Tra poco saprai tutto. Prima dobbiamo aspettare ancora
qualcuno-
la ragazza non fece nemmeno
in tempo a chiedere chi doveva aspettare, che dei colpi alla porta
annunciarono i nuovi arrivati.
-Prego, entrate-
Detto questo, tre ragazze
entrarono dentro l'ufficio. Ad una prima occhiata, sembrava che
nessuno di loro avesse niente in comune. La prima ad entrare aveva
dei capelli rosa, lunghi, fermati da un fiocco altrettanto rosa e dei
grandi occhi marroni. La seconda aveva lunghi capelli blu, con una
fascia rossa che glieli tirava sollevati sul volto, e occhi verdi, e
per ultima, entrò una ragazza con capelli castano chiaro
davanti e sotto castano scuro, e occhi verdi. Anche se non si
assomigliavano, quello che legava le ragazze appena entrare, era una
cosa sola, il bey. Tutte e tre, infatti, erano delle blayder. Appena
le tre ragazze entrarono nell'ufficio, non poterono non notare la
ragazza che era già presente nello studio del presidente
Daitenji, e appena le vide entrare, la ragazza dai capelli marroni
non poté non trattenere un sorriso.
-Mao, Marian, Julia-
gridò verso le
ragazze.
-Hilary!-
Esclamarono tutte e tre
contemporaneamente. Appena Hilary riconobbe le sua amiche non poté
non correrle incontro, abbracciandole di slancio, subito ricambiata
dalle altre. Era dalla fine dell'ultimo torneo di beyblade che non si
vedevano, e cioè dall'anno prima.
-Ragazze, vi prego, un po'
di contegno!-
Appena le ragazze si
ricordarono dove erano e con chi erano, si ricomposero subito, e
cercarono di assumere un atteggiamento quanto meno consono alla
situazione, anche se il sorriso che si era formato sui loro volti non
voleva scomparire.
Appena si furono sedute
tutte sulle poltrono davanti alla scrivania di Daitenji, il
presidente si concesse qualche minuto per osservarle. Erano quattro
ragazze diversissime, provenienti da paesi diversi, ma unite dalla
passione per uno stesso sport, e soprattutto, legate da una profonda
e sincera amicizia. Daitenji aveva avuto modo di osservarle durante
lo scorso campionato. Erano inseparabile, mangiavano insieme, e
avevano anche condiviso insieme spesso la camera nei vari alberghi
dove si era svolto il precedente torneo. Ma ora, quello che voleva
chiedere a quelle quattro ragazze era una cosa molto importante.
-Allora ragazze, vi
chiederete perché vi ho fatto chiamare qui, solo voi, senza il
resto delle vostre squadre. Bene, sono qui per chiedervi un favore-
-Un favore?- chiese Hilary –
a noi? Ne è sicuro?-
-Certo Hilary, proprio a voi
quattro-
Le ragazze osservavano
stupite l'anziano uomo. Cosa aveva in mente di preciso? Era quello
che si chiedevano in quel momento.
-Come voi sapete, il torneo
di beyblade si sta avvicinando. Appena sarà giunta l'estate,
inizieremo-
-Si, lo sappiamo-
-Bene. Quest'anno, vorrei
che una nuova squadra partecipasse al torneo, una squadra nuova, che
possa portare un po' di novità al torneo, e che possa
permettere anche ad altri partecipanti di prendere parte alla
manifestazione-
le ragazze ascoltavano
interessate il discorso dell'uomo.
-E' parecchio tempo che
stavo pensando che mancasse una squadra totalmente femminile. Sarebbe
proprio la novità che stavo cercando, e stavo pensando, perché
non creare una squadra femminile mista, con ragazze provenienti da
varie parti del mondo, così da fare vedere non solo come il
bey possa unire ragazzi di vari paesi attorno ad uno sport, ma anche
che le ragazze possono partecipare attivamente a questo sport.
Sapete, rispetto ai ragazzi, le ragazze sono meno interessate allo
sport vero e proprio...-
-Si, capisco. Ma cosa
c'entriamo noi presidente?- chiede Julia, spazientita del discorso
vago che stava facendo il presidente.
-Ecco ragazze... ho cercato
a lungo ragazze talentuose di vari paesi adatte per formare una
squadra femminile che incarnasse i principi che vi ho spiegato prima,
ma non sono riuscita a trovarla-
-Ci dispiace...-
-Non sono riuscita a
trovarla, cara Mao, perché sapevo che avevo la soluzione
davanti agli occhi, e l'ho avuta per tutto il tempo. Voi ragazze, voi
incarnate perfettamente quello che sto cercando!-
-NOI????-
chiesero in coro le ragazze.
-Ma noi abbiamo già
una squadra...-
-Non abbiamo mai combattuto
a fianco come una squadra...-
-Non credo si possa fare-
protestarono Mao, Mariam e
Julia. Hilary era rimasta silenziosa, lo sguardo abbassato a terra,
gli occhi coperti dai suoi capelli. Daitenji guardava proprio lei.
-Tu non dici niente Hilary?-
-Io...-
iniziò la ragazza,
esitante.
-Su, continua-
-Io non so duellare con un
bey. Non ho mai provato nemmeno a lanciarlo, figuramoci partecipare
al torneo con le squadri migliori del mondo. Sarei buttata fuori
subito. E poi non ho nemmeno un bey...-
Il silenzio scese nello
studio. Hilary aveva ragione. Come potevano esser una squadra, se una
di loro addirittura non aveva mai lanciato un bey?
Ma il sorriso di Daytenji
non si spense, anzi.
-Su questo non ti devi
preoccupare. Ormai conosci lo sport Hilary, quanti anni sono che
segui i bladebreakers?-
-Ma seguirli è un
conto, presidente, combattere...-
-Ma non ti piacerebbe?-
La castana non rispose.
Rimase in silenzio per alcuni minuti prima di rispondere. Certo che
le sarebbe piaciuto, erano anni ormai che Hilary sognava di provare a
lanciare un beyblade, e di potere duellare. Ma un conto erano i
sogni, un'altra era la realtà.
-Ragazze, so che quello che
vi chiedo è una scelta difficile. Ma vi prego, almeno
pensateci. Potreste essere una nuova squadra, tutta al femminile,
forse capace addirittura di eliminare molti di coloro che non credono
in voi. Che ne dite?-
le ragazze si guardarono
negli occhi per un po'. La scelta era difficile, molto, ma tutte e
quattro non potevano non essere pervase dall'eccitazione al solo
pensare ad una squadra formata da loro quattro. Ma dovevano pensarci.
-Vorremmo pensarci,
presidente. Può lasciarci un po' di tempo per valutare
l'idea?-
-Certo!-
e detto questo, dopo i
saluti, le ragazze uscirono. Daitenji poteva sentirle discutere
nonostante la porta chiusa, e poteva capire il loro turbamento.
-Spero solo che
accettino...-
fu il suo pensiero, mentre
si avvicinava alla finestra posta dietro la sua sedia.
-Solo loro possono
farcela...-
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Salve a tutti! Questa è
la prima volta che scrivo una storia sul beyblade, è la mia
prima avventura in questo nuovo mondo. L'idea di questa storia mi
passava per la testa già da tempo, ma non avevo il coraggio
sufficiente per mettermi davanti al computer e scriverla.
Sono qua, pronta al verdetto
su questo capitolo. Sono pronta a qualsiasi critica, positiva e
negativa. Non vi fate scrupoli se volete scrivere male, sono pronta.
Grazie anche a chi ha dedicato un po' del suo tempo a leggere questo
piccolo capitolo, un bacio Juls18
La scelta era difficile, molto, ma tutte e quattro non potevano
non essere pervase dall'eccitazione al solo pensare ad una squadra
formata da tutte loro. Ma dovevano pensarci.
-Vorremmo pensarci, presidente. Può lasciarci un po' di
tempo per valutare l'idea?-
-Certo!-
e detto questo, dopo i saluti, le ragazze uscirono. Daitenji
poteva sentirle discutere nonostante la porta chiusa, e poteva capire
il loro turbamento.
-Spero solo che accettino...-
fu il suo pensiero, mentre si avvicinava alla finestra posta
dietro la sua sedia.
-Solo loro possono farcela...-
a-b
Sedute sulla riva del fiume, quattro ragazze osservavano
silenziose il lento scorrere della corrente. Nessuna di loro aveva
detto niente, erano tutte concentrate nei loro pensieri. Accettare o
meno la proposta del presidente Daitenji?
-E' pura follia... per me quell'uomo si è bevuto il
cervello! Si sa che la senilità può causare questi
problemi...-
-Julia!-
fu il commento delle altre tre ragazze.
-Bé, che c'è? È la verità, no? Solo un
pesante attacco di senilità poteva concepire un'idea simile!
Noi, una squadra di bey?-
-L'idea a me piace, a dire la verità, Julia-
fu il commento di Mao.
-Pensateci ragazze. Ci conosciamo da una vita, ci vogliamo bene,
ci fidiamo l'una dell'altra e, cosa ancora più importante,
siamo migliore amiche, no? Sarebbe una cosa meravigliosa una squadra
tutta nostra!!! Faremmo faville, ne sono sicura!-
-Si Mao, una bella idea, lo ammetto! Ma ti sei dimenticata,
diciamo, tre punti importanti-
-E sentiamo, Julia, quale sarebbero?-
-Primo, noi abbiamo già una squadra, e non riesco a pensare
di abbandonare mio fratello così vicini al prossimo torneo.
Sono mesi che ci alleniamo! Secondo, non abbiamo mai duellato
insieme. Ci siamo sempre scontrate come avversarie, non abbiamo mai
lottato fianco a fianco per un torneo. Non abbiamo quell'affiatamento
di gruppo...-
-Quello lo potremmo sempre trovare allenandoci insieme...-
-E terzo...-
-Io non so duellare-
Tutte si voltarono verso Hilary. Una silenzio imbarazzante calò
sulle quattro amiche. Hilary si era alzata dalla riva, e si era
avvicinata all'acqua. Dava loro le spalle, così da non fare
vedere il volto. Le sarebbe piaciuto creare una squadra con le
ragazze, le sarebbe piaciuto molto. Ma non era una blaider, non
possedeva nemmeno un bey.
-Ammettiamolo ragazze, non ci può essere futuro per questa
cosa. Io non ho mai duellato, non ho un bey...-
-Ma a questo si può rimediare Hilary- disse Mao
Hilary si voltò verso le sue amiche.
-Ragazze, anche se avessi un bey, non potrei mai competere. Sarei
una principiante, impreparata, e non vi sarei di nessun aiuto. Come
potrei affrontare un torneo dove duellano i migliori blaider? Sono
d'accordo con Julia, Daitenji deve essere impazzito-
calò ancora un silenzio pesante. In effetti, quello che
aveva detto Hilary era vero. Lei non era una blaider, non si era mai
allenata, ed era difficile pensare che potesse competere con dei
campioni mondiali, o con ragazzi che si allenavano non solo da mesi,
ma da anni. Certo, questo era ciò che la mente diceva, e tutte
concordavano su questo. Ma il cuore e il senso di affetto fortissimo
che le legava, più di una semplice amicizia, quasi come
fossero sorelle, diceva tutt'altro. Fu sentendo questo che Mariam si
decise, finalmente, a prendere parte alla conversazione.
-Hilary, ciò che hai detto è giusto. Ognuno di noi è
d'accordo con te, sarebbe una follia, una assurda follia! Ma quando
mai le nostre vite non lo sono state? Ti riesci a ricordare un
mondiale di bey normale, senza problemi? Io no. Ed è per
questo che credo che possiamo farcela-
-Ma come Mariam? Come posso fare io?-
-Allenandoti!-
-Cosa?-
Hilary guardava sconcertata Mariam. Cosa le era passato per la
testa ora? Secondo lei bastava solo l'allenamento?
-E' assurdo quello che dici-
-Ma noi siamo assurde Hilary- intervenne Mao, sorridendo.
-Julia, di qualcosa tu, ti prego!-
Julia osservò prima Mariam, poi Mao e infine si soffermò
su Hilary. Sapeva che Hilary aveva ragione, era un'impresa assurda,
ma sapeva anche cosa intendeva dire Mariam. E sapeva che c'era solo
una risposta da dare.
-Senti
Hilary, lo so quello che pensi, e sono d'accordo con te. Ma sono
anche d'accordo con Mariam. Ce la puoi fare, con noi. Possiamo
insegnarti tutto quello che c'è da sapere sul bey, e possiamo
insegnarti come duellare. Ce la puoi fare, ce la possiamo fare! E poi
non è vero che non sai niente di bey, sono anni che segui i
Bladebreakers,
che li osservi, ce la puoi fare!-
Hilary guardava le sua amiche sconvolta.
-Come potete dire questo? Come potete?-
e senza dare il tempo alle altre, si allontanò correndo.
-HILARY!!!-
fu l'ultima cosa che sentì prima di allontanarsi
definitivamente da quel luogo e dalle sue amiche.
a-b
Hilary correva. Lontano dalle sue amiche, lontano da quei
discorsi, lontana da quel sogno che Daitenji le aveva fatto credere
quella mattina. Ci aveva pensato molto al fatto di diventare una
blader, di provare quell'ebrezza e quella gioia che vedeva negli
occhi dei suoi amici ogni volta che combattevano o si allenavano. Fin
troppe volte era rimasta ad osservare quella gioia che non poteva
essere sua. Non poteva e non voleva fosse sua. Era questa la verità
che Hilary portava con se. Non voleva provare quelle emozioni, non
voleva lasciare che uno “stupido gioco” come molte volte
lo aveva definito le stravolgesse la vita. Anche se le era già
capitato, anche se ormai non poteva più immaginare la sua vita
senza il beyblade, senza i suoi amici, una parte di lei cercava
ancora di respingere quel mondo. E ora, quella possibilità,
quell'occasione di diventare una blaider la stravolgeva. Lei non era
una blaider, non lo sarebbe mai diventata. Senza accorgersene si era
ritrovata davanti al dojo di casa Kinomiya. Si mise davanti
all'ingresso, intenta ad osservare quella casa che per molte volte
era stata anche casa sua. Quante volte si era fermata, dopo la
scuola, con i suoi amici lì nel giardino a parlare? Quante
litigate erano state svolte dentro quelle mura tra lei e il campione
del mondo, non che suo migliore amico Takao? Quante volte era rimasta
a dormire lì? Ormai la considerava casa sua. Ma quel giorno
c'era qualcosa di strano. Il dojo era stranamente silenzioso. Non era
normale. Di solito le urla di Takao e della scimmia, cioè
Daichi, si sentivano dalla strada. Quel giorno invece, tutto era
calmo e tranquillo. Un po' preoccupata, Hilary decise di entrare e
controllare di persona cosa fosse successo.
-Ciao ragazzi!-
nessuna risposta.
“Strano” pensò Hilary “come mai non mi
risponde nessuno?”
sempre più preoccupata, Hilary si avventurò verso
l'interno della costruzione.
-Ragazzi, ci siete??? Sono io. Non vi sarete mica nascosti per
farmi uno scherzo, vero? Sapete che odio le sorp...-
non finì la frase. Nel cortile del dojo, la scena che si
presentava davanti ai suoi occhi la prese completamente alla
sprovvista. Julia, Mariam e Mao erano lì. Ma non c'erano solo
loro. Anche le rispettive squadre erano lì, i White Tigers,
gli Scudi Sacri e gli F-Sangre. La cosa strana era che nessuno stava
chiacchierando, stavano tutti in silenzio. Le ragazze erano sedute
vicine, e stavano guardando Hilary. I ragazzi, percependo la tensione
tra le quattro, erano anche loro in silenzio, e aspettavano. Fu
Hilary la prima ad interrompere quello stato.
-Che ci fate qui?-
-Era l'unico posto in cui eravamo sicure di trovarti Hilary.
Sapevamo che prima o poi saresti venuta qui-
-Capisco...-
-Sei andata via così e noi...-
-...eravamo preoccupate...-
-...e volevamo parlare con te!-
-Io non ho niente di diverso da dirvi rispetto a quello che già
ci siamo dette!-
fu la risposta secca di Hilary.
-Non puoi dire sul serio, Hila. È una cosa che dobbiamo
decidere insieme!-
-Julia, ammettilo. Come vuoi che funzioni? Lo sappiamo benissimo
tutte e quattro che non può funzionare!-
-Ma ce la puoi fare... NOI ce la possiamo fare!-
-BASTA!!!-
L'urlo di Hilary non sorprese più di tanto i presenti,
erano abituati ai suoi urli verso Takao e verso Daichi. Ma quello che
li fece sbalordire furono le lacrime che iniziavano a scendere dai
suoi occhi.
-Ok, ora basta! Mi volete spiegare di cosa state parlando?-
Tutti si voltarono verso Takao. Infatti era stato lui ad
interrompere la discussione tra le ragazze. In effetti, nessuno dei
presenti, tranne le ragazze, sapevano di cosa stavano parlando.
-Niente di importante Takao!-
fu la secca risposta di Hilary.
-Ma Hilary...-
fu il commento schioccato di Mao.
-No, Basta! Smettetela di dire cose assurde! Smettetela di
illudermi!!!-
e detto questo, Hilary si girò dall'altra parte e riprese a
correre via. Per la seconda volta nello stesso giorno, anzi della
stessa mattinata, Hilary scappava via dai suoi amici.
a-b
Il parco del belvedere era sempre stato un luogo importante per
Hilary. Molti ricordi la legavano a quel luogo, molti dei quali
riguardavano le sue avventure con i bladebreackers. Seduta sulla sua
panchina preferita, lontana da sguardi indiscreti, Hilary piangeva.
Calde lacrime salate rigavano il suo volto, e ogni tanto il suo corpo
era scosso da piccoli tremori, tuttavia non emetteva nemmeno un
suono. Era la sua caratteristica. Hilary sapeva piangere in modo
silenzioso, riservato. Odiava sentirsi così fragile, non
voleva che gli altri si accorgessero del suo stato di “debolezza”
come lo definiva lei. Seduta su quella panchina, con le ginocchia
raccolte vicino al petto e con la testa appoggiata sopra di esse,
Hilary si lasciava andare a quel sentimento di sconforto e paura che
quel giorno si era impossessato di lei. Era talmente concentrata nei
suoi pensieri, che sobbalzò dallo spavento quando davanti agli
occhi si trovò qualcosa di bianco. Dopo qualche secondo di
smarrimento, riuscì a focalizzare l'oggetto misterioso come un
fazzoletto. Seguendo il profilo dell'oggetto vide la mano che lo
sosteneva, poi il braccio, la spalla, fino ad arrivare al volto della
persona che era davanti a lei. Gli occhi le si spalancarono per la
sorpresa, le lacrime improvvisamente si fermarono.
-Presidente Daitenji!-
fu tutto quello che riuscì a dire.
-Proprio io. Posso sedermi?-
Hilary si limitò ad annuire.
-Su, prendi il fazzoletto... le lacrime non ti donano bambina-
senza dire una parola, Hilary fece come le era stato detto.
Afferrò il fazzoletto e si asciugò gli occhi.
-Molto meglio-
il presidente sorrideva tranquillo, come se per lui trovarsi
seduto al parco a consolare una ragazza fosse la cosa più
naturale del mondo. Hilary non sapeva cosa fare, ne tanto meno cosa
dire.
-Io...-
-Non c'è bisogno che tu dica niente Hilary, tranquilla.
Penso sia normale che tu sia spaventata...-
-Io non sono spaventata!-
-Come vuoi... comunque non credevo che la mia proposta ti
scatenasse tutto questo, perdonami.-
-Presidente, io...-
-No, ti prego, prima fammi finire-
-Va bene-
-Sai perché ho convocato voi quattro tra tutte? Perché
voi avete il potenziale giusto!-
-Forse le altre... io no!-
-Ti sbagli Hilary!-
-Ma presidente! Io non so duellare, non ho mai lanciato nemmeno un
bey! Come posso competere!-
-Hilary, lo sai cosa rende grande un campione?-
-Il talento?-
Daitenji si mise a ridere. Hilary lo guardavo un po' stranita...
cosa aveva detto di così strano?
-Scusa Hilary, ma proprio non capisci, vero?-
-Capire cosa?-
-Certo, il talento è importante, non lo nego. Ma dopo tutti
questi anni passati affianco ai tuoi amici pensavo che avessi
capito...-
Hilary si mise a riflettere. Cosa rendeva speciale i suoi amici?
Erano bravissimi, avevano il talento necessario per diventare grandi,
e lo avevano sfruttato allenandosi e migliorandosi continuamente. Ma
avevano anche...
-Passione!-
-Esatto Hilary. Per diventare un campione devi avere tante cose, e
il talento è una di queste, ma devi avere anche la passione,
l'amore per quello che fai. La gioia di volersi mettere in gioco, di
affrontare altri campioni, di confrontarsi e di migliorarsi ogni
volta. E tutto non deve essere fatto con lo spirito giusto, deve
essere fatto per la gioia di migliorarsi per lo sport che si ama-
-Passione...-
-Si Hilary, la passione. E tu, fidati, ne hai tanta per questo
sport. Lo vedo nei tuoi occhi ad ogni torneo, ad ogni sfida dei tuoi
amici. La tua voglia di essere in mezzo a loro, di gareggiare per
provare quelle emozioni. È per questo che ti voglio offrire
questa possibilità piccola. Io penso che tu abbia le
caratteristiche giuste per diventare una grande campionessa!-
-Presidente... io la ringrazio della fiducia che ripone in me. Ma
forse dimentica una cosa importante!-
-E sarebbe?-
-Io non ho talento-
-E come fai a dirlo?-
-Perché lo so e basta!-
-Io credo che tu abbia solo paura Hilary, paura di farti male-
-Farmi male?-
-Si Hilary. Io penso che tu voglia con tutta te stessa entrare
appieno in questo mondo, ma hai paura. Hai paura di come potrebbero
reagire gli altri, i tuoi amici, hai paura di amare troppo questo
mondo e poi di esserne delusa, perché pensi di non riuscirci e
di non esserne capace. Hai paura di vedere negli occhi di chi vuoi
bene la delusione... e questo non lo sopporti. Ma ti sbagli Hilary!
Tu puoi diventare una grande campionessa e io ti aiuterò nel
diventarlo!-
-E come?-
-Sei un po' troppo curiosa ora Hilary...-
-Come?-
Sempre sorridendo, Daitenji le rispose
-Se vuoi sapere come, l'unica cosa che devi fare è tornare
nel mio ufficio stasera alle sei. Lì troverai le altre ragazze
e tutte le informazioni che posso darvi sul torneo. Se deciderai di
venire, sappi che però prenderai un impegno, e farai parte
della squadra che parteciperà al prossimo torneo. Se invece
decidi di non venire, non ti offrirò più questa
possibilità, rispetterò la tua scelta e non ti farò
più pressioni. Inutile dirti che spero vivamente in una tua
risposta positiva alla mia proposta. Ma come ho detto, rispetterò
cosa sceglierai, infondo non posso obbligarti. Allora Hilary, buona
giornata!-
e detto questo, se ne andò, lasciando Hilary immersa nei
suoi pensieri.
a-b
Alle cinque e quarantacinque minuti, Mao, Julia e Mariam erano
sedute nell'ufficio del presidente della BBA e aspettavano.
-Secondo me non verrà... oggi mi era sembrata chiara, la
sua decisione l'ha presa!-
disse Julia alle altre.
-Io invece non ne sarei così sicura. Hilary ha sempre amato
il beyblade, vedrai che accetterà!-
-Spero che tu abbia ragione Mao... lo spero proprio!-
-Ma anche se Hilary accettasse, avremmo due problemi importanti da
affrontare...-
disse Mariam.
-E quali?-
dissero in coro le altre due.
-Primo dovremmo insegnarle tutto. E questo ci farà perdere
un sacco di tempo. Anche se Hilary si rivelasse eccezionale e piena
di talento, ci vuole comunque tempo e pratica per prendere appieno il
possesso delle capacità di un bey-
-E' vero, questo ci farà perdere tempo, ma sarà
utile anche a noi. Infondo, ripassare le basi può essere
sempre utile per rafforzare i nostri punti di forza e per cercare di
eliminare certi nostri punti deboli!-
-Giusto Mao, sono d'accordo. L'allenamento ci farà bene!-
Mariam scosse il capo rassegnata alle altre due. Erano troppe
sicure di loro e non vedevano i lati negativi di tutta la faccenda.
-Come volete, tanto so che sarebbe inutile cercare di farvi
ragionare a voi due. Ma come ho detto prima, c'è un altro
problema che ci riguarda tutte! Come facciamo con le nostre squadre?
Contano su di noi e noi cosa facciamo... li molliamo a tre mesi
dall'inizio del prossimo mondiale?-
A questa affermazione nessuna delle due sapeva cosa ribattere. Era
vero... tutte e tre avevano una squadra che contava su di loro... e
non potevano dimenticarsene così.
-È vero... come facciamo?-
-Visto? Non è tutto così facile come sembra...-
-Quindi tu vorresti che Hilary non varcasse mai quella porta? Vuoi
dirmi che l'idea di battere tutti non ti piace? Ma ti immagini le
facce di tutti gli altri se una squadra completamente femminile
vincesse il torneo?-
Julia era esplosa. L'idea di vincere, e di battere tutti i
ragazzi, di battere anche suo fratello le piaceva.
-Julia, non dico che non mi piacerebbe, anzi. Ho dei conti in
sospeso anche con qualche blaider...-
-Ecco, vedi? Sarebbe fantastico e lo sarà! Noi quattro
possiamo stravolgere il mondiale, ce la possiamo fare!-
-Ragazze credo che ormai sia tutto inutile...-
Julia e Mariam si voltarono verso Mao, che aveva uno sguardo
afflitto e sconsolato.
-Ehi, ma tu non eri una di quelle che ci credeva? Adesso non è
che appena se ne convince una, un'altra cambia idea... così
finisce che vado al manicomio ragazze!-
-Non scherzare Julia.... guarda che ore sono e capirai...-
Julia, si voltò verso l'orologio, seguita anche da Mariam,
e subito capirono. L'orologio segnava le sei e cinque minuti. Hilary
non erano venuta, non aveva accettato...
-Forse è in ritardo!-
-Non verrà... l'avete vista oggi no? Era sconvolta al solo
pensiero...-
A quel punto, Daitenji, che era rimasto in silenzio per tutto il
tempo, seduto sulla sua poltrona ad osservare fuori dalla finestra,
decise di intervenire nella discussione. Hilary non era venuta, non
aveva accettato. Questo complicava tutte le cose...
-Ragazze, ci abbiamo provato. Mi dispiace avervi fatto venire qua
per niente...-
-Non si preoccupi presidente. È stato bello anche solo
sperarci per un giorno-
fu il commento educato di Mao. Anche se era molto dispiaciuta, non
poteva dimenticarsi di essere al cospetto del presidente della BBA,
ci voleva comunque del contegno, cosa che la sua amica Julia non
sembrava ricordarsi!
-Quella stupida ragazzina! Come ha potuto rifiutare??? Ma dico io,
le viene data l'occasione della sua vita, e lei cosa fa? La rifiuta!
Ma quella cicha loca...-
-Julia!!!-
-Che c'è! Dico solo quello che pensiamo tutte! Era la
nostra occasione d'oro, l'occasione di potere far vedere ai ragazzi
che noi siamo migliori di loro, e lei cosa fa? Rovina tutto! No, ma
io dico, fatti a fidare delle amiche ed ecco che ti pugnalano alle
spalle! Ma giuro che se la prendo....-
-Se mi prendi cosa fai?-
Tutti all'interno della stanza si voltarono verso la porta. Una
sorridente Hilary era là, sotto l'arco della porta e guardava
dentro la stanza.
-Scusate per il ritar...-
non fece in tempo a finire la frase che le tre ragazze le
saltarono addosso!
-Lo sapevo che non potevi tradirci!-
-Grande chica! Lo sapevo che non potevi deludermi!-
-Grazie ragazze! Ma credo che avrò bisogno del vostro
aiuto!-
-Contaci! Ti insegneremo tutto quello che devi sapere!-
-Diventerai la più forte, dopo di me si intende!-
-Ce la faremo!-
il gruppo era formato. Ora erano una squadra, ce l'avrebbero
fatta!
-Ora mi manca solo un beyblade...-
-A questo posso risolvere io!-
le ragazze si voltarono stupite verso Daitenji. Erano talmente
prese dalla notizia che Hilary aveva accettato, che si erano
dimenticate di tutto il resto.
-Come può risolvere lei la questione?-
-Vuol dire che ha già un beyblade per Hilary?-
-Come può avere fatto fare un beyblade per Hilary se non
sapeva nemmeno che avrebbe accettato?-
Daitenji osservò bene le ragazze prima di rispondere.
Sempre seduto sulla sua poltrona, osservava e stava in silenzio.
-Allora presidente? Ci vuole rispondere o no?-
-Ragazze prima di tutto sedetevi-
e loro, obbedirono. Sedute sulle quattro sedie fatte portare
apposta per l'occasione, le ragazze osservavano un po' preoccupate e
scettiche l'uomo davanti a loro. Improvvisamente infatti, Daitenji si
era fatto scuro in volto e sembrava preoccupato. Fissava intensamente
un punto alle loro spalle, per la precisione, un quadro. Nel silenzio
che si era creato, il presidente si alzò dalla sedia, e con
passi lenti, si diresse verso la parete, davanti al quadro. Le
ragazze lo osservarono prendere il quadro e staccarlo dal muro,
rivelando una cassaforte.
-Classico cliché da film, la cassaforte sotto il quadro...-
-Zitta Julia!-
-Che ho detto!-
Daitenji intanto aveva aperto la cassaforte e aveva preso una
scatola e una lettera. Poi si era voltato di nuovo verso le ragazze
ed era tornato alla scrivania. Al centro della scrivania aveva posto
la scatola, su cui le ragazze avano concentrato tutta la loro
curiosità.
-Hilary, prendila pure. Quella è per te!-
Hilary, con mano tremante, aveva allungato la mano e aveva
afferrato la scatola misteriosa, portandosela poi in grembo.
-Coraggio, aprila!-
Molto lentamente, Hilary sollevò il coperchio. Dentro,
avvolto in un panno grigio, si intravedeva la sagoma di un piccolo
oggetto. Non doveva sforzarsi molto per immaginare cosa fosse. Dopo
un attimo di esitazione, Hilary sollevò anche il panno,
rivelando un piccolo beyblade azzurro. Appena Hilary lo prese in
mano, sentì come una piccola scarica elettrica. Il suo
beyblade... quello era suo.
-E' bellissimo! Grazie presidente! Non potevo desiderare un
beyblade migliore!-
-Sono contento che ti piaccia Hilary, ma non mi devi ringraziare.-
-In che senso? Lei mi ha dato un bey, cerco che la devo
ringraziare!-
-No Hilary, per quanto possa sembrarti strano, quel beyblade mi fu
affidato tanti anni fa da una persona. Avevo l'incarico di custodirlo
fino a che la sua legittima proprietaria non fosse venuto a
reclamarlo come suo. E quel giorno è finalmente arrivato!-
-Di cosa sta parlando?-
fu il commento di Julia. Tutte e quattro le ragazze infatti
guardavano basite Daitenji. Di cosa stava parlando?
-Presidente, io non capisco. Come posso essere la proprietaria di
questo beyblade, se non l'ho mai visto prima! Anzi, fino a questa
mattina non pensavo nemmeno di potere diventare una bleider!-
-Lo so Hilary che ti potrà sembrare strana come situazione,
ne sono consapevole. Ma questo beyblade è tuo, e di nessun
altro. La persona che me lo ha affidato, mi fece promettere di
affidartelo quando tu fossi stata pronta, e lo sei ora-
-Chi è questa persona? Come può conoscermi? Di cosa
sta parlando?-
-Purtroppo Hilary, non posso rispondere a queste domande. Solo tu
potrai rispondere, solo tu-
-Ma di cosa sta parlando? Basta con i giochetti presidente,
vogliamo sapere anche noi!-
-Mi dispiace Julia. Io avevo un compito che mi era stato affidato,
e cioè quello di trovare quattro ragazze che incarnassero lo
spirito giusto, che potessero portare un nuovo spirito nel mondo del
beyblade. Voi avrete un compito importante, ma io non so cosa sia.
Non mi fu permesso saperlo, tutto quello che sapevo era che Hilary
era destinata a questo beyblade, e che voi quattro, insieme agli
altri blaider dovrete affrontare una grande prova che vi farà
capire molte cose. Ma io, purtroppo, non so che cosa sia!-
-Quindi quello che ci ha detto questa mattina era tutto falso? Che
anche che le ragazze possono partecipare attivamente a questo sport,
per avvicinarle a questo mondo, e che noi, per il fatto che siamo di
quattro paesi diversi e che possiamo incarnare l'unione id culture
diverse attorno alla passione per lo stesso sport? Erano solo bugie?
Ci ha fatto riunire qui perché dobbiamo affrontare non
sappiamo bene cosa? In pratica lei ci sta affidando un compito che
non sa bene quale sia, ma che è nel nostro destino, se quello
che ho capito bene è esatto, e che dobbiamo affrontare una
grande prova che non sappiamo cos'è?-
-Praticamente si Julia. È esattamente quello che dovrete
fare. Ma non mentivo stamattina. Diciamo che anche io voglio
affidarvi una missione-
-Ah, grazie mille presidente!-
-JULIA!-
urlarono Mao e Mariam. Ma Daitenji non le ascoltava. Stava
fissando Hilary, che a sua volta osservava il piccolo bey azzurro
nella sua mano. Non stava ascoltando quello che stavano dicendo,
sentiva solo in sottofondo le voci delle sue amiche e del presidente.
Lei osservava quel bey, il suo bey, e improvvisamente, non sapendo
bene neanche lei da dove arrivasse, disse solo
-Nemesis-
tutti nella stanza si voltarono verso di lei.
-Come Hilary?-
-Il bey, il suo nome... è Nemesis!-
-Nemesis?-
-Che nome è?-
-Ne sei sicura?-
-Si, ne sono sicura. Questa è Nemesis!-
-Esatto Hilary, questa è Nemesis. Sai cosa vuol dire il suo
nome?-
Hilary scosse la testa.
-Te lo spiego subito. Il suo nome ha origini greche dal nome
Nέμεσις, Nèmesised
ed è una figura che
rientra nella mitologia greca. Era una ninfa, figlia del dio Oceano e
della dea Notte. Nella mitologia greca esistono due versioni del suo
mito. Nella versione del racconto che risale a Eratostene viene
raccontato che Zeus un giorno s'invaghì della ninfa Nemesi.
Per sfuggire alle avance sgradite del dio Nemesi assunse le forme di
vari animali, dapprima tuffandosi in un fiume, poi scappando per
terra, e infine volando via sotto forma di oca. Senza arrendersi,
Zeus la inseguì nonostante tutte le trasformazioni, ogni volta
trasformandosi in un animale più grande e più veloce,
finché non si tramutò in cigno e con quelle fattezze
l'acchiappò e la violentò. Igino, un altro scrittore
greco, racconta una storia simile, ma non cita le metamorfosi di
Nemesi. Dice, invece, che Zeus finse di essere un cigno che stava
sfuggendo a un'aquila e che Nemesi gli offrì rifugio. Solo
dopo essersi addormentata con il cigno in grembo si rese conto
dell'errore compiuto.In entrambe le versioni il risultato, però,
fu che Nemesi fece un uovo che fu poi donato alla Regina di Sparta,
Leda. Dall'uovo uscì la bella Elena, colei che scatenò,
secondo Omero, la guerra di Troia. Il significato del nome di Nemesi
vuol dire “giustizia compensatrice” o “giustizia
divina”. La ninfa greca, infatti, infliggeva gioia o dolore
secondo quanto era giusto-
Dopo la lunga spiegazione del
presidente Daitenji nessuna delle quattro ragazze osava dire niente,
anche perché l'unica che poteva dire qualcosa era solo Hilary,
visto che si trattava del suo beyblade. E fu proprio lei a
interrompere quel silenzio.
-E allora, perché è
raffigurato un cigno sul bey?-
-Saggia domanda ragazza. Conosci la
costellazione del cigno? Si, bene. Allora, devi sapere che quasi
tutte le costellazioni hanno dei riferimenti alla mitologia, e la
costellazione del cigno prende spunto da molti racconti della
mitologia greca. Ora, se pensi a quello che ti ho raccontato prima,
dovresti riuscire a collegare le due cose-
-Si, capisco!-
-Bene!-
Nemesis. Hilary non faceva altro che
ripetersi in testa quel nome, come se fosse una litania. Nemesis,
Nemesis, Nemesis... il suo beyblade.
-Allora ragazze, cosa volete fare?
Accettate lo stesso il mio invito a formare una squadra femminile
anche dopo tutto quello che vi ho detto?-
le ragazze si fissarono un attimo negli
occhi. Praticamente Daitenji le stava spingendo non solo ad
affrontare un torneo mondiale dove partecipavano i migliori bleider
del mondo, non solo dovevano allenare Hilary insegnandole tutto, ma
dovevano anche affrontare non si sa bene cosa, una grande prova di
cui non sapevano niente, di cui non avevano indizi.
La prima a parlare fu Mao.
-Io non so bene cosa risponderle, sono
sincera. Ma ho fiducia nelle mia amiche, e se per loro va bene
affrontare il torneo insieme, allora io ci sto. Per il resto, staremo
a vedere. Tanto, da quello che penso di avere capito, che lo vogliamo
o meno, questa “prova” la dovremmo affrontare in ogni
caso, e allora, se posso decidere, preferisco affrontarla al fianco
delle mie amiche-
-Anche io la penso come Mao. Se devo
affrontare una prova, voglio farlo con voi ragazze. Quindi, contate
su di me e sul mio Sharkrash-
fu il commento di Mariam.
-Usted está loco(#)! Ma anche io
lo sono, quindi certo che ci sto! Conti pure su di me presidente, non
la deluderemo, e vinceremo anche il campionato mondiale!-
-Julia, non esagerare!-
fu il commento di Mariam, che scatenò
le risate dei presenti. Infine fu Hilary a parlare
-Io non so cosa potrò fare per
voi ragazze. Ma sono sicura che con voi ce la faremo. Almeno potrò
dire di avere imparato a giocare a beyblade dalle migliori in
circolazione! Potete contare su di me e su Nemesis!-
-Bene ragazze! Sono fiero che voi
abbiate accettato. Ora no vi resta che un'ultima cosa da fare!-
le ragazze lo guardarono basite.
Un'altra impresa?
-Presidente -fu il commento di Mariam-
non le sembra che abbiamo già abbastanza responsabilità?-
Daitenji si mise a ridere.
-Non vi preoccupate ragazze, non è
niente di preoccupante-
-Allora di cosa si tratta?-
-Bhè, mi sembra normale che
abbiate bisogno di un nome. Il vostro gruppo ha bisogno di un nome.
Come vi volete chiamare?-
le ragazze rimasero in silenzio, fino a
che Julia non lo interruppe all'improvviso
-E questo le sembra poco? Ragazze,
questo si che è un problema! Non ci metteremo mai d'accordo
per il nome!!!-
E dopo un attimo di sbalordimento da
parte dei presenti, tutto quello che si sentì poi
nell'ufficio furono delle risate, delle sane risate genuine.
Salve a tutti!!! Scusate per l'immenso
ritardo, lo so, sono imperdonabile!!!! Ma sono stata presa
dall'università e dagli esami, e visto che non volevo tirare
via il capitolo, sono stata costretta a rimandare sempre di più
la stesura e infine la pubblicazione del capitolo. Chiedo veramente
scusa!!!
Ma per fortuna ora gli esami sono
finiti, e sono anche andati bene^^, e quindi mi sono messa al
computer e finalmente aggiorno! Ringrazio chi ha letto il capito e
alle tre bellissime persone che hanno trovato qualche minuto per
recensire la mia storia, ora rispondo anche a voi!
Ringrazio ancora chi ha messo questa
storia nelle seguite, non sapete che gioia mi avete dato. Sono sempre
molto preoccupata quando decido di pubblicare una storia, e vedere
che c'è qualcuno che la legge, la recensisce e la segue, per
uno scrittore è sempre molto piacevole e stimolante. Grazie
veramente tanto, per me vuol dire molto!
Grazie anche chi si ferma solo a
leggerla, vi adoro tutti
Nota su Nemesi:
quello che ho scritto su Nemesi e sul suo mito è quello che
sapevo io. Se qualcuno sa un'altra versione del mito, spero che
accetti comunque la mia versione. Ho consultato anche su internet le
mie conoscenze, spero di essere stata il più precisa
possibile. Naturalmente se qualcuno sa
qualcosa di più o di diverso e me lo vuole dire, sappiate che
sono sempre disponibile ad ampliare anche le mie conoscenze! Non
pretendo di sapere tutto
un bacio grande, alla prossima,
spero che sia presto, la vostra Juls18
-Julia, per l’ultima volta, non mi chiamerò come un supereroe!-
-Ma i fantastici 4 sono magnifici! E poi hanno quattro personalità
diverse, proprio come noi e…-
-Julia, no!-
dissero simultaneamente tutte e tre le ragazze.
-Allora sfornate voi delle belle idee! Io non ne ho più!-
Erano sedute sulla riva del fiume che passava per Tokyo. Erano ormai lì
da un’ora, intente a trovare un nome che fosse adatto a loro. Ancora l’idea
della squadra faceva fatica ad entrare nella mente di Hilary. Aveva passato
l’ultima ora a stringere Nemesis, il suo beyblade. Ancora non riusciva a crederci,
lei era una blaider… una blaider che non aveva mia duellato, che non aveva mai
nemmeno lanciato un beyblade.
-Sapete… io credo che ci serva un nome che esprima ciò che siamo, chi
siamo e quello che ci lega!-
disse ad un tratto Mao.
-Bella idea Mao- fece Mariam- ma non è facile come cosa. Cos’è che ci
lega in fondo?-
-La passione per il bey?-
fece Mao.
-Mica possiamo chiamarci Bladerlovers, vi pare?-
sbottò Julia.
-A me non dispiace…-
-E l’amicizia non c’entra niente, vero?-
-Certo che l’amicizia c’entra! Ma non possiamo chiamarci Friends Team,
ci prenderebbero tutti in giro!-
-Invece bladerlovers non fa ridere vero? Me lo immagino già mio fratello
fare le sue battute “Ahora, Julia, ama los bey más que los hombres?”(#). Si
farà un sacco di risate!-
-Almeno io propongo delle cose sensate, invece di copiare le frasi dei
supereroi!-
-Senti, io almeno propongo cose orecchiabili te invece…-
-Ora BASTA!-
urlò Mariam. Le due ragazze si voltarono verso di lei, stupite.
-Sono nomi orribili tutti e due, quindi fatemi un favore e smettetela.
Sinceramente, più del nome, penso che dovremmo concentrarci sui veri problemi.
Tipo come fare a dire ai nostri fratelli che li lasciamo a tre mesi dal torneo
per formare un team che sulla carta non ha nessuna possibilità e che è così
affiatato che non riesce nemmeno a pensare ad un nome decente!-
Tutte ammutolirono. Era vero. Dovevano trovare il coraggio di parlare
con le proprie squadre, i propri amici e i propri fratelli e dire loro che
mollavano, lasciavano il lavoro di anni di allenamenti insieme per provare
un’assurda e folle nuova avventura.
-Non la prenderanno bene, questo è certo. Sarà un duro colpo-
sentenziò Mao.
-Speriamo che almeno ne valga la pena…-
mormorò Julia. Tutte e tre le ragazze si voltarono ad osservare Hilary,
che era stata silenziosa fin dal principio. Quando la ragazza castana sollevò
lo sguardo verso le altre tre, incontrando tre paia d’occhi intenta a fissarla,
non poté fare a meno di stringere nel pugno la sua Nemesis e dire
C’era solo un posto dove Hilary poteva andare quella sera. Il vecchio
dojo era per lei una seconda casa. Se quei muri e quelle pareti avessero potuto
parlare, avrebbero raccontato di come avevano visto crescere quella piccola
ragazza, da bambina a giovane donna, avrebbero potuto parlare delle
innumerevoli litigate fatte con il padrone di casa, e di come alla fine lei,
anche dopo avere giurato di non volere più mettere piede lì dentro, tornava
sempre, con una scatola di biscotti appena sfornati a chiedere scusa. Senza
esitazione Hilary entrò dentro. Era abituata a quel posto e sapeva
perfettamente dove andare. Alla fine del corridoio del cortile, in una delle
colonne che sorreggevano il portico, c’erano i segni che da bambini lei e Takao
aveva fatto per vedere chi fosse il più alto. Ovviamente risultava Takao
esserlo, ma solo perché non si era voluto togliere il berretto dalla testa.
Anche quella volta tra loro due si era aperto l’ennesimo battibecco, con Hilary
che aveva accusato Takao di essere un imbroglione. Avevano litigato così tanto
e così forte che per fermarli era dovuto intervenire il nonno di Takao, che se
l’era presa, come sempre, con suo nipote.
-Non devi mai litigare con le ragazze Takao. Le devi sempre trattare
come se fossero fiori, in modo delicato-
-Questo lo so, me lo dici sempre! Ma lei non è una ragazza!-
-TAKAO!!!-
-Insomma guardala! Le ragazze sono carine e simpatiche, lei invece è
antipatica e attaccabrighe e…-
ma Takao non aveva potuto nemmeno finire la frase. Prima ancora che
nonno Jey avesse il tempo di colpirlo, Hilary gli aveva tirato uno schiaffo
talmente forte da lasciargli il segno sulla guancia.
-Così impari a dire che non sono una ragazza!-
Quella era stata una delle litigate più serie che avessero mai avuto.
Non si erano più parlati per quasi un mese, e in effetti Hilary non si
ricordava nemmeno come avessero fatto pace. Forse alla fine uno dei due aveva
ceduto e aveva chiesto scusa, improbabile, o forse avevano solo ripreso a
parlare come se niente fosse.
-Sai che mi ricordo ancora quello schiaffo? Mi hai fatto un male
assurdo, e non me lo meritavo nemmeno!-
Hilary si voltò lentamente verso Takao. Ormai lui era decisamente più
alto di lei, ma il carattere non era cambiato. Era sempre il solito bambinone.
-Certo che te lo eri meritato! Avevi detto che non ero una ragazza!-
-Ho ancora i miei dubbi sai? Fino a che non vedo la prova che sei una
donna, lo dubiterò-
lo schiaffo che Hilary gli diede sulla testa era leggero, come sempre
quando lui la prendeva in giro e lei faceva finta di prendersela. Bastò uno
sguardo a Takao per capire che c’era qualcosa che non andava nella sua amica.
-Tutto bene?-
Hilary si prese il suo tempo per rispondere. Si mise seduta sul
pavimento, con le gambe a penzoloni verso il cortile.
-No, niente va bene-
-Èsuccesso qualcosa?-
-Ancora non lo so-
-Come sarebbe a dire?-
Hilary guardò Takao.
-Che non lo so. Non capisco cosa mi stia succedendo. Sembra che niente
sia sbagliato, eppure ho questa sensazione, questo presentimento che qualcosa
di brutto mi si stia avvicinando, e che tutto dipenda da quello che sceglierò
nelle prossime ore. Già con la decisione che ho preso oggi pomeriggio, ho come
l’impressione di avere avviato qualcosa che non so se sono in grado di fermare
e…-
-Ferma, ferma, ferma. Rallenta. Che cosa hai accettato di fare? Non sarà
qualcosa di illegale, o peggio di immorale, vero? Non è che hai acconsentito a
vendere informazioni segrete su di me o sul mio bey, vero?-
Hilary guardò Takao seccata.
-Secondo te sono così stupida da accettare di fare qualcosa di illegale?
E poi scusa, ma a chi vuoi che importi del tuo stupido bey? Tutti lo conoscono
già!-
-Si, ma nessuno conosce le nuove variazioni che il prof Kappa ha
apportato! Ora Dragoon è molto più forte perché gli è stato aggiunto questo
componente che…-
-Takao fermati, non dirmi niente-
-Perché? Si lo so che gli aspetti tecnici ti interessano meno, e ammetto
che molti dei paroloni che il prof ha usato oggi per spiegarmi alcune cose non
li ho capiti bene, ma…-
-No Takao, non capisci. Credo che da ora in poi non potrai più dirmi
niente sul tuo bey, o sui tuoi allenamenti. Non voglio essere accusata di avere
avuto informazioni che non dovevo avere-
-Ma di che cosa stai parlando? Sei la nostra specie di manager, no?-
-Non più ormai-
-Come sarebbe a dire?-
-Che da quest’anno non sarò più la vostra specie di manager-
-Te ne vai?-
-In un certo senso-
-Che cosa significa?-
Hilary si prese tutto il tempo necessario prima di rispondere. Guardò
Takao negli occhi, cercando di mostrarsi più sicura possibile mentre diceva
quelle parole che ancora facevano fatica a suonarle vere nelle sue stesse
orecchie.
-Takao, da oggi sono ufficialmente un membro di nuovo gruppo di beyblade
formato da me, Mao, Mariam e Julia. Credo che da quest’anno saremmo avversari-
Dopo che ebbe pronunciato quella frase, incredibilmente si sentì molto
meglio. Sorrise anche a Takao, che era rimasto come pietrificato a fissarla.
Hilary sapeva perfettamente cosa sarebbe seguito, conosceva quell’espressione,
e si preparò all’ennesima litigata.
In un albergo non regna mai la pace, di questo Mariam se n’era resa
conto fin dalla prima volta che era uscita dal suo villaggio per la sua prima
missione ufficiale, recuperare i bit power dei BladeBreakers.
Le piacevano gli alberghi, ma più di tutto le piaceva l’idea di un posto che
non dormiva mai. Certe notti, al villaggio degli scudi sacri, era possibili
sentire addirittura il rumore che faceva il villaggio quando si fermava
completamente. Sembrava come se il mondo si congelasse e stesse in letargo fino
all’arrivo dell’alba, momento in cui tutto riprendeva vita. In un albergo
invece, a qualsiasi ora del giorno o della notte c’era vita. Di solito la
ragazza dai capelli blu si metteva comoda nella hall, seduta su uno di quei
morbidi divani di pelle che sembravano fatti solo per lei. Si metteva lì e
osservava. Osservava la receptionist sfoderare il suo sorriso migliore non
appena un cliente entrava o si dirigeva verso di lei, pronta a fornire
un’ottima impressione e di come, subito dopo che il suo compito era stato compiuto,
tornava ad assumere la stessa espressione stanca e quasi annoiata. La vedeva
agitarsi quando mancava poco alla fine del suo turno, la osservava come con
quanta frequenza osservava l’orologio per vedere se l’ora era finalmente
scoccata e il suo turno finito, e le piaceva vedere l’espressione che prendeva
quando finito il suo lavoro se ne andava soddisfatta pronta per la sua meritata
serata a casa. Ma più di tutto le piaceva vedere le diverse tipologie di
persone che entravano o uscivano dall’albergo. Ormai era diventata un’esperta
nel riconoscerle. Sapeva capire chi era in viaggio per lavoro, chi in vacanza,
quelli che non volevano essere riconosciuti, chi era lì con la famiglia, chi
con l’amante, chi con moglie e amante, ovviamente in camere ben separate… ma
quello che più piaceva a Mariam era il fatto di vedere e non essere vista.
Dentro un grande albergo erano pochi quelli che le prestavano attenzione.
Quelli che la riconoscevano erano per lo più ragazzi appassionati di bey, che
comunque si chiedevano se era proprio lei, o solo una che le assomigliava
-Ti
dico che è lei!-
-Impossibile!
Mariam è molto più bella di quella là…-
-Mariam
non può essere qui, sarà solo una ragazza che le assomiglia!-
-Invece
ti dico che è lei!-
-Se
è qui come può allenarsi per il prossimo torneo? Fidatevi non è lei!-
tutto
questo la divertiva sempre. La hall era il suo “luogo sacro”, era il posto dove
poteva riflettere, dove sgombrava la mente e poteva dedicarsi alla ricerca di
una soluzione. E adesso aveva bisogno di una soluzione e in fretta. Quando
circa mezz’ora fa aveva detto alla sua squadra che lei li lasciava, per formare
un team tutto al femminile con le sue migliori amiche, era esploso il caos.
Ozuma l’aveva accusata di essere una traditrice, di avere calpestato su tutto
quello che lei aveva giurato di proteggere e di non avere rispetto per la sua
famiglia. Questa era stata l’accusa che più l’aveva ferita. Lei aveva rispetto
per la sua famiglia. Ma niente era servito a farlo ragionare. Ozuma l’aveva
cacciata dal gruppo. Ora era fuori, ma la cosa non le dispiaceva. Era la prima
volta in sedici anni che prendeva una decisione puramente egoistica. Se n’era
resa conto nel momento in cui aveva accettato di creare quel team così folle
con le sue migliori amiche. Per una volta voleva vincere lei, con le sue sole
forze. Voleva far parte di una squadra dove lei avesse potuto dire come la
pensava, senza bisogno di pensare ad antiche tradizioni o a doveri superiori.
Per una volta voleva solo divertirsi e vivere l’esperienza di un torneo con un
solo obbiettivo, dimostrare di essere forte e brava anche senza la sua
famiglia. E adesso si trovava lì, seduta su un divano di un albergo di Tokyo,
con la sua borsa appoggiata per terra e osservava. Osservava e aspettava.
-Ti
capisco, sai?-
Non
si era resa conto che qualcuno le si fosse avvicinato. Quando alzò lo sguardo
vide il suo fratellino, e ancora una volta, vedendolo, si chiese come potessero
essere fratelli quei due. Lei, con i capelli blu e lui con i capelli verdi e
sparati in tutte le direzioni. Eppure non poteva pensare a nessun’altra persona
a cui volesse più bene.
-Capisci
cosa, nanerottolo?-
-Perché
te ne vuoi andare, perché vuoi lottare per conto tuo. Se avessi saputo che
volevi fare una cosa del genere ti avrei seguito subito-
-Chissà
poi cosa avrebbe detto Ozuma… già per me ha quasi distrutto una camera, se gli
dicevamo che ce ne andavamo tutti e due distruggeva l’intero hotel!-
i
due fratelli scoppiarono a ridere allo stesso momento.
-Credevo
di non dire mai nella mia vita queste parole ma… mi mancherai sorellina!-
Mariam
guardò suo fratello incredula. Le stava dando non solo la sua benedizione, ma
le stava addirittura dicendo che le sarebbe mancata?
-Non
è che hai la febbre vero? No perché non ho nessuna intenzione di stare con te e
tenerti la manina fino a quando la febbre non ti sarà scesa, ok?-
-Non
ho la febbre stupida!-
-Ecco
il mio fratellino-
-Devi
sempre essere così dannatamente antipatica?-
-Solo
con te Jusuf. È un onore che tengo solo per il mio fratellino, lo sai-
Jusuf
guardò sua sorella prima di risponderle.
-La
prossima volta che ci vedremo Mari, saremo avversari. Spero che la tua scelta
sia giusta e che ti ripaghi, perché ti avverto, se perdi giuro che non ti
faccio più tornare a casa-
-Jus,
fidati di me. Ne varrà la pena e vi farò vedere che la mia scelta è giusta. Io
lo devo fare, e se il peggio che può capitarmi è rimanere fuori casa, vuol dire
che mi farò ospitare da una delle mie nuove compagne di squadra. Almeno non
dovrò più sopportarti, piattola-
Mariam
e Jusuf si fissarono ancora per qualche minuto. Sapevano che non si sarebbero
rivisti per almeno tre mesi. Mariam non sarebbe tornata con lui a casa, Mariam
non si sarebbe più allenata con loro. Da quel momento le loro vite si
separavano per la prima volta.
-Comportati
bene Jus, e fa quello che ti dice Ozuma-
e
detto questo Mariam si avviò verso l’uscita dell’albergo, con la sua sacca da
viaggiosulla spalla. Quella notte
non avrebbe dormito lì con il suo ex-team. Mao le aveva offerto ospitalità dopo
avere saputo che era stata cacciata, e a giudicare dal tono di voce con cui le
aveva risposto al telefono, l’idea di avere compagnia sembrava non dispiacerle
affatto. Anche Mao non voleva restare sola quella sera. Almeno in due si
sarebbero consolate a vicenda. Infondo, ora erano una squadra, dovevano essere
unite nel momento del bisogno, e questo lo era di certo.
Mao stava aspettando Mariam. Quando l’aveva chiamata aveva capito subito
che la sua amica aveva bisogno di aiuto e lei era pronta a dargli tutto quello
di cui aveva bisogno. Anche lei aveva bisogno di aiuto, però. Non ce l’aveva
fatta. Non ci era riuscita. Eppure ne aveva avuto lo passibilità. Lei e suo
fratello stavano passando una normale serata tra fratelli, godendosi
quell’inaspettato viaggio a Tokyo. Stranamente Lao non l’aveva rimproverata per
qualcosa che aveva fatto, o per qualcosa che non aveva fatto. Era il momento
perfetto, doveva dirglielo. Dire che dopo Rei, anche lei aveva deciso di
lasciare la sua squadra per combattere da sola con le sue amiche. Si era anche
preparata un discorso da fargli, dove gli spiegava bene il perché aveva
accettato, il suo volere combattere da sola con le sue forze per dimostrare che
non era solo la sorella di Lai o l’amica d’infanzia del campione del mondo Rei.
Anche lei era capace di essere una buona blaider, e lo voleva dimostrare.
Voleva fare capire che anche le ragazze erano forti tanto quanto i ragazzi. Ma
per farlo doveva formare il suo team, con le sue amiche, e combattere con loro.
Ci aveva provato, questo era vero, ma quelle parole non erano venute fuori. Era
stata frenata da qualcosa, paura. Paura di deludere la sua famiglia, il suo
villaggio. Paura di non essere capita. E se anche Rei le avesse detto poi che
la usa era un’idea folle? Che non potevano farcela? Che formare un team con
Hilary, che non aveva mai duellato in vita sua, che non aveva mai lanciato
nemmeno un bey, fosse la scelta peggiore che avesse potuto prendere? Ormai,
però, aveva preso la sua scelta. L’avrebbe fatto, anche solo per far vedere al
mondo che le ragazze erano allo stesso livello dei ragazzi. Avrebbe fatto
capire a tutti che anche lei doveva essere presa sul serio. E allora per quale
motivo non riusciva a trovare il coraggio di andare nell’altra stanza, da suo
fratello, e dirgli tutto? Perché in fondo quello che stava facendo era un salto
nel vuoto. E anche se provava una strana sensazione di eccitazione all’idea di
saltare, provava anche la paura di cadere e di farsi male.
-Devi decidere Mao! O ti butti con le tue amiche, o rimani sul bordo a
guardarle pietrificata!-
e fu proprio in quel momento che bussarono alla porta. Quando andò ad
aprire le bastò vedere il volto dell’amica per capire quale scelta avrebbe
preso.
-Entra e aspettami. Massimo mezz’ora e sono di ritorno!-
Mariam non aveva bisogno di spiegazioni per capire cosa stava succedendo
o dove stesse andando.
-Intanto allora ordino qualcosa dal servizio in camera. Qualcosa di
dolce e che contenga cioccolato… direi che ne abbiamo bisogno entrambe-
-Sono d’accordo. E Mariam… una cosa!-
-Dimmi!-
-Se tra un’ora non sono ancora tornata… manda qualcuno a vedere. Mio
fratello potrebbe uccidermi per quello che gli sto andando a dire…-
ridacchiando Mariam la seguì con lo sguardo fino alla porta della stanza
di Lai. Aspettò che entrasse dentro l’altra stanza prima di chiudere la porta e
andare a chiamare il servizio in camera. Il cioccolato era proprio quello che
ci voleva, e solo lei poteva sapere anche quanto ne avrebbe avuto bisogno Mao
quando sarebbe tornata indietro.
-Ripeti quello che hai appena detto. Credo di non avere capito bene-
Mao respirò lentamente. L’ultima cosa che voleva fare era ripetere di
nuovo tutto a suo fratello.
-Ho detto… che lascio la squadra!-
-Tu fai… cosa?-
-Lascio la squadra-
Lai rimase cinque minuti buoni fermo immobile, muto, a fissare sua
sorella con uno sguardo sconvolto. Mao aspettava. Era l’unica cosa che poteva
fare.
-Tu non puoi lasciare la squadra! Te lo proibisco-
-Non puoi impedirmelo. E io non ti sto chiedendo se posso lasciare la
squadra, ti dico che lascio la squadra-
-Tu stai sfidando me, tuo fratello e l’intero villaggio!-
-Io non sto sfidando nessuno. Per l’amor di dio Lai, non ti sto mica
dicendo che sono rimasta incinta. Ti sto solo dicendo che quest’anno voglio
giocare nel torneo con un’altra squadra, una squadra dove io possa essere
apprezzata, dove non mi si consideri solo come l’amica d’infanzia di Rei. Io
voglio essere presa sul serio! Sono una brava blaider e tutti lo vedranno, anzi
tutti vedranno che le ragazze sono migliori dei ragazzi, che possiamo avere la
vostra stessa passione ed essere altrettanto brave. Noi Lai dimostreremo tutto
questo-
-Tu sei pazza… completamente pazza. Che razza di discorsi sono questi?
Come sarebbe a dire che non vieni presa sul serio? E poi sentiamo, chi
sarebbero le ragazze con cui hai intenzione di formare questo team?-
-Siamo io, Hilary, Mariam e Julia!-
-Cosa? Hilary? La stessa Hilary che non ha mai giocato? Forse le altre
due sono anche brave, ma voi quattro insieme non ce la potete fare. Scordatelo
Mao, tu non lasci la squadra, tanto meno per andare con altre tre pazze! Tu
rimani-
Mao guardò suo fratello. Sapeva che questo sarebbe successo, anche se
aveva sperato fino alla fine che la capisse e che le dicesse che andava bene.
Ma Lai era troppo orgoglioso per capire.
-Mi dispiace Lai. Ci vedremo al torneo e non pensare che se dovessimo
essere avversari io ci vada piano con te o con gli altri. Siamo fratelli,
certo, ma nel torneo non conterà. Ti farò capire quanto noi siamo brave, e
quanto meritiamo di essere prese in considerazione tanto quanto voi. Starete a
vedere!-
Detto questo si avviò verso la porta, ma prima di potere uscire Lai la
richiamò.
-Mao… stai commettendo l’errore più grande di tutti. Ma ricordati,
quando perderai e avrai bisogno di essere consolata, non pensare di venire da
me a cercare conforto-
-Lo sai Lai? Credo che questo non succederà. Anzi, credo che le parti si
invertiranno-
-Ah si? Tu pensi veramente di potercela fare? Quattro ragazzine che
pensano di potercela fare contro i migliori blaider del mondo? La vostra stessa
ombra sarebbe capace di battervi. Hilary non sa nemmeno giocare-
-La alleneremo e fidati, diventerà eccezionale. E ricordarti Lai, fosse
l’ultima cosa che faccio, giuro che andrò più avanti di te nel torneo. Mi
allenerò fino a stare male se necessario, ma ce la farò. Io ti batterò Lai,
puoi contarci!-
detto questo, si voltò, aprì la porta e uscì. Fu solo quando fu arrivata
in camera sua che si lasciò sfuggire un sospiro. Il suo cuore batteva
all’impazzata e sentiva una strana sensazione dentro di se.
-Come è andata?-
le chiese la ragazza dai capelli blu. Mariam era sdraiata sul suo letto,
con un enorme coppa di gelato al cioccolato tra le mani. La televisione era
accesa e Mao si rese conto che stava guardando una sorta di soap opera smielata
e assurda.
-C’è anche per me? Il gelato intendo…-
-Una coppa piena!-
-Passa… ora ho proprio bisogno di cioccolato!-
Mariam le passò la sua coppa e anche Mao si sdraiò sul letto.
-Cos’è la cosa che stai guardando?-
-Non lo so. Ma non è male!-
-Di che parla?-
-Il solito. La bella sta con il bello della situazione, ma poi lui la
tradisce con la sua migliore amica e lei allora per vendicarsi va a letto con
il migliore amico del bello. Tipica situazione in cui però poi tutti tornano
amici come se niente fosse-
-Ok, ok, ho capito. È un tipo beautiful giusto?-
-Esatto! Ma qui recitano peggio-
in effetti la recitazione lasciava alquanto a desiderare. Almeno il
cioccolato aiutava ad addolcire la serata. Ad un tratto, un leggero bussare
alla porta le fece sobbalzare.
-Non sarà mica tuo fratello, vero?-
-No… Lai la porta l’avrebbe sfondata! E poi non si sentono urla, altra
caratteristica di Lai quando si rivolge a me…-
-Chi sarà allora?-
-Chiediamo. Chi è?-
-Hilary!-
Mao corse ad aprire la porta. Le bastò un’occhiata per capire.
-Brutta serata?-
-Orribile…-
-Che è successo?-
-Ma niente di grave… credo solo di avere appena chiuso un’amicizia che
andava avanti da circa dieci anni!-
-Takao l’ha presa male?-
Hilary guardò verso il letto, stupita di trovarci Mariam.
-E tu che ci fai qua?-
-Ozuma mi ha cacciata-
-Cacciata?-
-Esatto. Non sono più un membro degli scudi sacri-
-Allora abbiamo un’altra cosa in comune. Da circa venti minuti non faccio
più parte dei Bladebreakers-
-Takao
ti ha mandata via?-
-No.
Sono stata io ad andare via-
Mao
e Mariam si scambiarono uno sguardo. Fu però Mao a parlare
-Cosa
ha potuto dire Takao per farti decidere di chiudere con loro?-
-Non
è stato quello che ha detto, ma quello che ha fatto. Takao è scoppiato a
ridere-
-A
ridere?-
-Esatto.
Quando gli ho detto di noi e della squadra, si è messo a ridere-
-Tutto
qui? Niente urla o minacce, parole senza senso…-
-Quelle
sono arrivate dopo-
-Che
ti ha detto?-
-Mi
ha detto che dovevo essere totalmente folle se pensavo di potere lanciare un
bey o di combattere in un torneo. Se non mi sbaglio, le sue esatte parole sono
state “è la cosa più assurda che tu possa pensare Hilary. Tu una blaider non lo
sarai mai, contaci. Non sei in grado di giocare, tu non hai abbastanza passione
per questo sport. Faresti meglio a rimanere solo una manager, almeno quello ti
riesce abbastanza bene”-
-Stai
scherzando, vero?-
dissero
in coro Mao e Mariam sbalordite. Hilary scosse il capo, iniziando a piangere.
-Ha
detto che non posso essere una blaider, e che il mio tentativo era solo
un’inutile perdita di tempo, e che se ero in cerca di attenzione allora lo
stavo facendo nel modo sbagliato. Ha detto che io…-
ma
le lacrime ormai avevano preso il sopravvento. La cinese abbracciò Hilary.
-I
ragazzi sono tutti idioti!-
-Mariam
ha ragione. Non sarà una perdita di tempo Hilary. Noi saremo con te, ti
aiuteremo, t’insegneremo tutto quello che sappiamo e per l’inizio del torneo tu
sarai perfetta. Sarà come se tu avessi sempre duellato, te lo giuro-
-Esatto!
Faremo vedere a Takao, a Ozuma e tutti gli altri quanto noi ragazze siamo
brave. Li prenderemo a calci nel sedere-
-E
non ci sarà soddisfazione più grande-
Hilary
fissò le sue amiche. Era grata di averle lì con lei.
-Vi
voglio bene ragazze-
-E
noi ne vogliamo a te-
-¿Para el amor del cielo,
la queréis acabar? Parecer los protagonistas de uno de aquel estúpido filme
romántico que os gustan tanto...¿No querréis hora pasa la velada a hacer os los
cabellos y a hablar de los vuestros amores no correspondidos, verdadero? Si es
así me vuelvo de aquel estúpido de mi hermano!- (#)
(#)Per l'amore del cielo, la
volete finire? Sembrate le protagoniste di uno di quei stupidi film romantici
che vi piacciono tanto... Non vorrete ora passare la serata a farvi i capelli e
a parlare dei vostri amori non corrisposti, vero? Se è così me ne torno da
quello stupido di mio fratello.
le tre ragazze si
voltarono spaventate verso la porta
-Julia!-
esclamarono in coro.
-Come hai fatto ad
entrare?-
-Che ci fai qui?-
-Anche a te è andata
male?-
-Calma muchachas. Una
domanda alla volta… allora sono riuscita ad entrare perché la porta non era
chiusa. Sono qui perché Mariam mi ha scritto che veniva da te Mao e volevo
sapere che stava succedendo e per ultimo, cosa dovrebbe essere andato male?-
-Con tuo fratello. Come
l’ha presa?-
-Perché ho lasciato gli
F-Sangre?-
-Si, esatto. Era
sconvolto, scocciato… insomma che ti ha detto?-
Julia guardò con calma le
sue amiche.
-Niente di che. Mi ha fatto
gli auguri e mi ha detto che se ci fossimo dovuti affrontare non mi avrebbe
fatto nessuno sconto solo perchè siamo gemelli-
-Tutto qui? Niente urla,
minacce, insulti o roba del genere?-
-No. Perché i vostri
fratelli ve l’hanno fatta pesare tanto?-
-Mariam è stata cacciata
dal gruppo degli scudi sacri, e anche io non sono più la benvenuta. E Hilary ha
chiuso la sua amicizia con Takao perché le ha detto che non sarà assolutamente
in grado di gareggiare-
-Cosa ha detto? Giuro che
se lo vedo io le pongo las manos cargo y le hago ver yo de cosa es capaz de
hacer una muchacha! juro que... (*)-
(*) gli metto le mani
addosso e gli faccio vedere io di cosa è capace di fare una ragazza! Giuro
che...
-Julia, ok, calmati! Non
c’è bisogno di scaldarsi tanto!-
-Ma Hilary, lui ti ha
insultata! Gli dobbiamo fare vedere come la pensiamo in realtà e non fargliela
passare liscia. Io propongo di andare ora in quella sua stupida casa che si
ritrova e..-
-Io invece credo che il
modo migliore di fargliela pagare sia dimostrargli che cosa siamo in grado di
fare, facciamogli vedere che le ragazze sono forti tanto quanto i ragazzi, se
non di più-
disse Mariam.
-Giusto! Facciamogli
vedere cosa può fare un gruppo di ragazze scatenate come noi!-
-E allora facciamo una
promessa!-
-Che promessa?-
-Promettiamo che qualsiasi
cosa accada, che qualsiasi cosa ci dicano, qualsiasi cosa ci facciano passare,
noi non molleremo. Andremo avanti dando tutto quello che abbiamo, anzi dando
sempre di più-
Mao fu la prima a
rispondere
-Prometto-
Mariam si lasciò sfuggire
un piccolo sorriso prima di promettere
-Prometto anche io-
tutte si voltarono verso
Julia.
-Lo juro. Anche se si sa,
las muchachas soy mejor de los muchachos (§)-
(§) le ragazze sono meglio
dei ragazzi
scoppiarono tutte a
ridere.
-Certo, ci rimane sempre
lo stesso problema-
disse Mariam.
-Che problema?-
-Il nome della squadra.
Ancora non l’abbiamo-
-Vero. Ma qualcosa ci
inventeremo-
-Intanto che voi aspettate
l’illuminazione per il nome, che ne dite se ordinassi qualcosa dal servizio in
camera? Io non ho ancora cenato-
-M sembra un’ottima idea-
disse Hilary. Julia era
già andata verso il telefono della stanza, e stava già componendo il numero,
quando Mao la fermò dicendole
-Sapete cosa sarebbe
ancora meglio? Mettere tutto sul conto di mio fratello. Visto che non mi ha
voluto ascoltare, come minimo mi deve offrire la cena, no?-
-Chica, questa si che è
un’ottima idea!-
e allora ne
approfittarono, ordinando di tutto e di più. E tutto assunse un sapore
particolarmente piacevole, quando si immaginarono la faccia di Lai al momento
di saldare il suo conto, quando avrebbe scoperto che il servizio in camera era
tutto a suo nome.
Fu intorno alle tre di
notte che il nome del gruppo magicamente apparve. Hilary era sveglia. Osservava
il panorama della sua città, la sua Tokyo, dalla finestra dell’albergo. Si era
appollaiata sull’unica poltrona della stanza. Il letto era stato occupato dalle
altre tre, che ora stavano dormendo tranquillamente. Hilary, invece, non
riusciva a prendere sonno. Troppe emozioni in un’unica giornata… la squadra,
avere avuto Nemesis, la litigata con Takao… quello era stata la litigata
peggiore della loro amicizia, amicizia che ormai non c’era più. Lui aveva riso
di lei. Sapeva che probabilmente non avrebbe capito, non subito magari, ma non
aveva mai pensato ad una cosa del genere. Si era sentita tradita e umiliata.
Tradita dal suo migliore amico, dall’unico ragazzo che aveva sempre fatto parte
di lei. Non ricordava nemmeno come si fossero conosciuti, sapeva solo che tutto
ad un tratto quel bambino così sbruffone e prepotente, sempre convinto di avere
ragione lui, sempre pronto ad attaccar briga aveva iniziato a fare parte della
sua vita. Hilary e Takao, Takao e Hilary. Amici, migliori amici, quasi
fratelli. Era stato lui a portarla a conoscere il mondo del bey. E lui avrebbe
dovuto capirla. Invece aveva riso, e in quel momento aveva ucciso la loro
amicizia. L’aveva schiaffeggiato alla fine, e anche forte. Il rumore di quello
schiaffo era stato assordante.Non
gli aveva lascito il tempo di reagire. Non aveva detto niente nemmeno lei, se
n’ere andata e basta. E lui non l’aveva inseguita, l’aveva lasciata andare. Ed
ora eccola lì, in quella camera, seduta su una poltrona al buio con in
sottofondo il respiro delle sue amiche addormentate. Non sapeva se piangere o
ridere di quella situazione. Si era rifugiata dalla sua amica Mao per cercare
di dimenticare il fatto che il suo migliore amico aveva tradito la loro
amicizia decennale, e invece si era ritrovata a fare una specie di pigiama party,
abbuffandosi di cibo e guardando film decisamente assurdi alla televisione.
Avevano riso e scherzato come matte, parlando di tutto e di niente, prendendosi
in giro a vicenda fino a quando ad una ad una non si erano addormentate. La
prima a crollare era stata, stranamente, Julia. Ad un certo punto era come se
le sue energie fossero crollate a zero. Un attimo prima rideva e scherzava,
l’attimo dopo dormiva tranquilla. Poi era stato il turno di Mao. Si era
appisolata poco per volta, parlava sempre meno e con voce sempre più bassa,
fino a quando non si era arresa definitivamente al sonno. Alla fine Hilary e
Mariam si erano concentrate sulla televisione. Stavano guardando una commedia
romantica, e quando Hilary si era girata per dire una cosa alla sua amica, l’aveva
vista addormentata. Ora che ci pensava tutta quella giornata era girata intorno
all’amicizia. Alcune si erano cementate, altre spezzate, ma sempre di amicizia
si parlava. Ma fu quando Hilary spostò lo sguardo sul vassoio del servizio in
camera che il nome le apparve. Sul carrello, abbandonato in un angolo, c’era un
piccolo vaso con dei fiori, dei fiori di glicine. Era una pianta strana il
glicine, Hilary non l’avrebbe mai scelta da mettere in un vaso. Ma era
perfetto. Nel linguaggio dei fiori il glicine aveva un significato ben preciso,
e Hilay lo sapeva, lo sapeva bene. Hilary non perse tempo. Svegliò le sue
amiche accendendo tutte le luci.
-Ragazze svegliatevi!!
L’ho trovato!-
-Cosa?-
-Che succede?-
-Ancora cinque minuti…-
-Ragazze sveglia, su. L’ho
trovato!-
-Cosa?-
-Hilary, ma sei
impazzita?-
-Cosa avresti trovato
scusa? L’illuminazione divina o una specie?-
-Puoi dirlo forte Julia.
Ho trovato il nome della nostra squadra!-
-Che?-
-Ma che stai dicendo?-
-…quale squadra?-
-La nostra squadra Julia.
L’ho trovato, ed è perfetto. Noi ragazze, ci chiameremo le Wisteria-
Tutta soddisfatta, Hilary
guardava le sue amiche, pronta per ricevere un coro di assensi. Invece le tre
ragazze non fecero che guardarsi l’una con l’altra, e fu Julia a dare voce ai
loro pensieri
-Wistaria? Ma che nome è?-
-No wistaria ma Wisteria-
-Ah scusa, così si che ha
un senso… e che razza di nome sarebbe?-
-È il nome di un fiore
Julia-
-Mai sentito nominare-
-Per forza è il suo nome
latino. La Wisteria è una pianta rampicante della famiglia
dellefabaceae. Ma è più comunemente nota con il
nome di Glicine-
-Glicine?
Qual è già?-
-Questa!-
disse
Hialry mostrando loro il fiore. Le altre ragazze sembravano comunque non
capire.
-Oh
andiamo ragazze. Non lo conoscete il linguaggio dei fiori?-
-Hilary,
lo ammetto. Questa è la domanda più strana che mi abbiano mai fatto alle tre di
notte… e fidati, di domande assurde ne ho ricevute parecchie!-
-Julia!-
-Andiamo
Mao, non essere così scandalizzata. Non ho mica detto niente di male-
-Ragazze,
basta. Veramente non lo sapete che cosa significa il fiore?-
-Io
lo so cosa significa e credo che tu abbia ragione. È perfetto!-
disse
Mariam tutta sorridente.
-Volete
essere così gentili e illuminare anche me e la cinesina in rosa qui?-
-Cinesina
in rosa?-
-Si
esatto. Non è quello che sei? Sei cinese e sei… rosa!-
-Io
non sono rosa!-
-E
i capelli di che colore li hai, scusa?-
-Ragazze,
basta, tornate a pensare alle cose importanti-
-Come
il tuo stupido fiore?-
-Non
è stupido e vedrai che adesso lo capirai anche tu-
-Se
tu ti decidessi di spiegare…
-Forse
se tu la lasciassi parlare. Forza Hilary, spiega-
-Bene.
Il glicine nel linguaggio dei fiori, rappresenta l’amicizia. E direi che è
assolutamente perfetto per noi, sia come nome che per quello che rappresenta-
-Amicizia-
-Esatto.
Amicizia-
-Bhè
chica, lo ammetto. Adesso come nome non è male-
-Io
direi che è perfetto-
-Allora
è deciso?-
le
ragazze si guardarono. Bastò uno sguardo per capire.
-Deciso!-
dissero
in coro. Le Wisteria erano finalmente un gruppo completo. Erano unite, si
volevano bene e ora avevano anche il loro nome.
Daitenji era stato stupito
poche volte nella sua vita. Tutto si era aspettato tranne quello. Quando quella
mattina si era ritrovato di fronte una raggiante Hilary aveva capito che era
successo qualcosa. Era preparato a qualsiasi cosa ma niente a tutto quello che
Hilary gli avrebbe detto.
-Abbiamo il nome
presidente!-
-Bene, l’avete deciso-
-Si, e mi creda, non è
stato facile. Alla fine, però, ci siamo trovate d’accordo tutte-
-Bene bene bene. Dimmi
allora, con chi ho l’onore di parlare?-
Hilary aveva sorriso prima
di rispondere.
-Wisteria. Siamo il
wisteria team-
Daitenji era impallidito.
-Hilary hai detto…
Wisteria? Come il…-
-Il fiore esatto. È il
nome perfetto presidente. Il glicine ha un significato preciso nel linguaggio
dei fiori, lo conosce?-
-Amicizia…-
-Esatto. Per questo
l’abbiamo trovato perfetto. L’amicizia è la cosa che ci lega l’una alle altre,
come la passione per il bey, ovvio-
Ma Daitenji non la stava
già più ascoltando. Doveva pensare, ma per farlo doveva mandarla via.
-Lo trovo perfetto Hilary.
Vai pure da Christine, la segretaria, e comunicale il nome. Ci penserà poi lei
ad inserirlo nella lista delle squadre che parteciperanno al torneo. Puoi
andare cara-
-Bene, perfetto. Buona
giornata presidente-
non le rispose nemmeno.
C’era un unico pensiero che affollava la mente del presidente…
-Ah, presidente?-
-Si?-
-Grazie per
quest’opportunità. Gliene sarò eternamente grata-
-Di… di niente Hilary-
Il sorriso di quella
ragazza l’avrebbe perseguitato per molto tempo. Doverle mentire era la cosa
peggiore che gli fosse mai capitato. E adesso quel nome… come poteva essere che
tra tutti i nomi possibili scegliesse proprio quello?
-Hilary un momento-
la ragazza si fermò. Era
già uscita dall’ufficio, ma si affrettò a rientrare subito.
-Mi dica!-
-Come facevi a sapere del
glicine?-
Hilary lo fissò un attimo
senza capire.
-Intende…-
-Chi ti ha parlato del suo
significato? E del suo nome latino?-
la ragazza ci mise qualche
attimo prima di rispondere. Nei suoi grandi occhi marroni passò un velo di
tristezza.
-Mia madre presidente. Il
glicine era il suo fiore preferito. L’aveva piantata nel nostro giardino e
quando ero piccola si era messa a parlarmi di quel fiore. So tutto questo da
lei-
-Capisco. Bene Hilary,
sono certo che avrai molte cose da fare oggi. Buona giornata!-
Non appena fu sicuro che
Hilary se ne era andata e dopo aver dato ordine che nessuno entrasse nel suo
ufficio, Daitenji aprì la cassaforte. Erano nove anni che non riprendevain mano quella lettera. Pur di
dimenticarla l’aveva nascosta sotto strati e strati di fogli e documenti,
eppure ne ricordava ancora perfettamente le parole. Era come se l’avesse letta
tutti i giorni per nove anni. Soprattutto, ricordava il profumo di quella
lettera. Non era stato intenzionale, Daitenji questo l’aveva capito subito.
Quando l’aveva aperta per la prima volta, oltre alla lettere era caduto anche
altro dalla busta, qualcosa di inaspettato e totalmente estraneo. Era stato
quel corpo estraneo a lasciare quel profumo. Dopo nove anni, ormai, il profumo
era quasi svanito, ma se si stava attenti si poteva ancora sentire qualche
traccia di esso. Era un profumo particolare che in quel momento al presidente
fece accapponare la pelle. Troppe, troppe coincidenze, pensò, mentre prendeva
in mano quel piccolo fiore. Ormai si era completamente seccato, ma ancora si
poteva distinguere qualche traccia del suo colore originale. Glicine. Quello che
in mano teneva il presidente Daitenji era un fiore di glicine.
Eccomi qua, risbucata
dalle nebbie del tempo. Dopo anni mi chiedo ancora se ci sarà qualcuno ancora
interessato a questa storia, ma c’è solo un modo per scoprirlo. Pubblicare
questo capitolo. Sono sincera, questa storia mi piace, e voglio finirla di
scrivere. Quindi se c’è ancora qualche fan della mia storia, sappiate che
continuerò a scriverla. Il prossimo aggiornamento dovrebbe avvenire in tempi
brevi, o almeno è quello che spero e mi auguro. Purtroppo la dea ispirazione
non mi è stata vicina negli ultimi anni, ma ora che è tornata cercherò di
sfruttarla più che posso. Ringrazio tutti quelli che hanno recensito il
capitolo precedente e chi volesse recensire anche questo è sempre bene accetto.
Anche le critiche! E sinceramente penso di meritarmene qualcuna, almeno sul
ritardo! Grazie anche solo chi legge la storia, infondo è per questo che
scrivo. Per farla leggere a più persone possibil, e se per un quarto d’ora, o
di più, sono riuscita a catturare la vostra attenzione e a farvi appassionare
mi sento soddisfatta. Un bacio a tutti dalla vostra
Juls18
P.S. Chiedo scusa per eventuali errori di spagnolo… io
non lo parlo e mi sono fatta aiutare da una mia amica che l’ha studiato al
liceo. Dovrebbe essere scritto correttamente, ma se ci fossero errori,
segnalate subito che li correggo!
Questa è la pianta di
glicine, per chi non si ricordasse come è fatta:
-Si, e mi creda, non è stato facile. Alla fine, però,
ci siamo trovate d’accordo tutte-
-Bene bene bene. Dimmi allora, con chi ho l’onore di
parlare?-
Hilary aveva sorriso prima di rispondere.
-Wisteria. Siamo il wisteria team-
Daitenji era impallidito.
-Hilary hai detto… Wisteria? Come il…-
-Il fiore esatto. È il nome perfetto presidente. Il
glicine ha un significato preciso nel linguaggio dei fiori, lo conosce?-
-Amicizia…-
-Esatto. Per questo l’abbiamo trovato perfetto.
L’amicizia è la cosa che ci lega l’una alle altre, come la passione per il bey,
ovvio-
Non appena fu sicuro che Hilary se ne era andata e
dopo aver dato ordine che nessuno entrasse nel suo ufficio, Daitenji aprì la cassaforte.
Erano nove anni che non riprendevain mano quella lettera. Pur di dimenticarla l’aveva nascosta sotto
strati e strati di fogli e documenti, eppure ne ricordava ancora perfettamente
le parole. Era come se l’avesse letta tutti i giorni per nove anni.
Soprattutto, ricordava il profumo di quella lettera. Non era stato
intenzionale, Daitenji questo l’aveva capito subito. Quando l’aveva aperta per
la prima volta, oltre alla lettera, era caduto anche altro dalla busta,
qualcosa d’inaspettato e totalmente estraneo. Era stato quel corpo estraneo a
lasciare quel profumo. Dopo nove anni, ormai, il profumo era quasi svanito, ma
se si stava attenti si poteva ancora sentire qualche traccia di esso. Era un
profumo particolare che in quel momento al presidente fece accapponare la
pelle. Troppe, troppe coincidenze, pensò, mentre prendeva in mano quel piccolo
fiore. Ormai si era completamente seccato, ma ancora si poteva distinguere
qualche traccia del suo colore originale. Glicine. Quello che in mano teneva il
presidente Daitenji era un fiore di glicine.
Erano poche le volte in cui Daichi decideva di stare zitto. Se
non avesse sentito la litigata tra i due ragazzi la sera prima, non avrebbe
perso tempo a prendere in giro Takao per il fatto che aveva permesso ad una
“ochetta smorfiosa” di lasciarli una specie di tatuaggio sulla guancia a forma
di mano. Invece aveva visto e, soprattutto, aveva sentito tutto. Hilary era
andata via piangendo e sembrava distrutta. Il fatto che poi Takao non avesse
detto una parola per tutta la sera, e che fosse andato a letto senza nemmeno
mangiare, la diceva lunga. Quella non era una semplice litigata, quello non era
un battibecco tra amici, quella sembrava la fine di un’amicizia. Le cose erano
peggiorate quando la mattina dopo, di Takao non c’era traccia in tutta la casa.
Quando aveva chiesto a nonno Jey dove fosse, la risposta era stata molto
semplice
-È uscito-
Tutto questo non prometteva niente di buono. Ma Daichi non
perse tempo.
-Sarà meglio iniziare ad allenarsi un po’-
Takao era al Belvedere. Non era riuscito a rimanere al dojo
quella mattina. Non voleva pensare alla discussione che aveva avuto con Hilary.
E ancora, Takao non ci voleva credere. Doveva essere stato tutto un sogno,
anche se il segno sulla sua guancia ancora bruciava. Hilary non poteva avere
parlato sul serio… lei una blaider, ma figuriamoci! Avrebbe solo fatto una
figuraccia e basta. Perché poi voleva fare una cosa simile? Ok, avrebbe passato
un sacco di tempo con le sue amiche, questo lo poteva capire, ma perché essere
una blaider? Non le bastava stare in squadra con lui a fare il tifo? A quello
era brava… era una buona manager, perché doveva umiliarsi facendo una cosa che
non sapeva fare, davanti a milioni di persone? Perché improvvisamente stare con
lui non gli stava più bene? Takao si mise le mani nei capelli, spettinandoli.
-Non ci capisco niente!-
-Finalmente hai capito quanto tu sia stupido?-
Takao si voltò di scatto, pronto a litigare con chi aveva
osato dirgli una cosa simile. Ma appena vide chi aveva di fronte, non poté non
trattenere un sorriso.
-Kai!-
Il russo gli fece un cenno con la testa. Si appoggiò alla
balaustra del Belvedere, guardando il panorama.
-Allora… cos’è che non capisci?-
Takao si appoggiò anche lui alla balaustra, ma dando le spalle
al panorama.
-Si tratta di Hilary…-
Il russo sollevò un sopracciglio.
-No, non è quello che pensi-
-Ora sai anche quello che penso?-
Takao gli lanciò un’occhiataccia. Rimasero in silenzio per
alcuni minuti. Alla fine, Takao, incapace di restare in silenzio, disse tutto
quanto a Kai.
-Hilary se n’è andata-
Kai lo guardò stupito.
-Si, esatto. Se n’è andata…-
-Dove?-
-Vuole essere una blaider. Ha formato un team con le ragazze e…
se ne è andata-
-Una blaider?-
-Si, esatto. Ma cosa le sarà passato per la testa? Insomma,
lei non è una blaider… non ha mai nemmeno lanciato un bey. E poi, cioè,
insomma, non ne è in grado-
-E questo come fai a saperlo?-
Takao lo fissò come se fosse un alieno.
-Andiamo Kai… Hilary non ha mai, e ripeto, MAI, lanciato un
bey. Come pensi possa essere una blaider?-
Kai lo fissò, poi spostò lo sguardo verso il panorama.
-Solo perché non ha mai tirato un bey, non vuol dire che non
sia in grado di imparare-
-Può anche imparare come si lancia, ma addirittura gareggiare?
Andiamo Kai, questa è follia-
Kai non gli rispose. Rimasero in silenzio per un lungo
periodo, ognuno perso nei suoi pensieri. D’un tratto, Kai prese dalla tasca dei
suoi pantaloni Dranzer, il suo bey, compagno di mille scontri, ed iniziò ad
incamminarsi. Quando era già lontano da Takao si girò improvvisamente
-Solo perché non hai mai visto una persona fare una cosa, non
vuol dire che non ne sia in grado. Non la sottovalutare… Hilary ha dato prova di
essere molto tenace. Se vuole duellare, ce la farà-
Takao fissò allibito il suo amico andare via. Quando di Kai
ormai non si vedeva più traccia, ritrovò l’uso della parola
-Da quando tu parli così tanto? -
Urlò al nulla.
Alla fine si avviò anche lui verso casa.
Urlò Hilary verso le sue amiche. Era la ventesima
volta che provava a lanciare un bey, e per la ventesima volta il bey si era
rifiutato di girare. In quel momento Hilary provava solo una cosa,
frustrazione.
-Dai Hilary… non ti abbattere. Basta solo fare
pratica! Vedrai che…-
-Venti volte Mao! Ci ho provato per venti volte e il
risultato è sempre stato lo stesso!-
Dalle ragazze non venne nessun’altra risposta. Erano
in una palestra della BBA che il professor Daitenji aveva messo loro a
disposizione. Si stavano allenando da più di un’ora, e il risultato era sempre
stato lo stesso. Il bey di Hilary si rifiutava di ruotare.
-Ci hai messo la giusta dose di forza nel lancio?-
Le chiese per la milionesima volta Miriam. Hilary
alzò gli occhi al cielo
-Ho fatto tutto come mi avete detto. Gambe larghe,
pugno stretto, tirare indietro con tutta la forza che si ha… ho fatto tutto, ma
quel coso di rifiuta di ruotare-
Nella voce di Hilary era percepibile tutta la sua
frustrazione e disperazione. Mao e Mariam si guardarono, indecise su cosa dire,
o fare. Proprio quando Mao stava per dirle qualcosa, dal fondo della sala si
levò chiara e forte la voce della spagnola
-Primero, define nunca un bey “eso”, como deja nunca
se ir a la frustración y tercio, nos quiere pasión para lanzar un bey, y tú
pasión has! Tira la fuera(#)-
(#)Primo, mai definire un bey “coso”, secondo mai
lasciarsi andare alla frustrazione e terzo, ci vuole passione per lanciare un
bey, e tu passione ne hai! Tirala fuori.
Hilary guardò Julia.
-Io ci provo a tirarla fuori, ma non è facile!-
-Devi sforzarti. Nada pasión, nada deporte(#)! Non
vorrai dare ragione a Takao, verdadero?(*)-
(#)niente passione, niente sport! (*)vero?
-Certo che non voglio dargli ragione! Solo che… non
ne posso più! Ci sto provando da quando, un’ora? E ancora niente. Non chiedo
molto, voglio solo che giri!-
-Ti sembra che sia sufficiente? Sai per quante ora io
e le altre ci siamo allenate? Pensi che un’ora ti possa trasformare in una
blaider?-
Hilary guardò Julia.
-Certo che so che un’ora non basta…-
-Allora smettila di lamentarti e continua a lanciare-
Le due ragazze continuarono a fissarsi per alcuni minuti.
Alla fine fu Hilary a distogliere lo sguardo. Si avviò lentamente al centro
della pista di bey e raccolse Nemesis. Poi si rimise in posizione davanti alla
pista, caricatore stretto in mano.
-Ok. Pronti... Lancio!-
Hilary lanciò con tutte le sue forze. Per un attimo
sembrò che, questa volta, ci fosse riuscita. Invece, appena toccato terra,
Nemesis iniziò a rotolare fino a quando non si fermò, di nuovo per la
ventunesima volta, al centro della pista. Hilary lanciò un urlo.
-Ora basta! Cosa devo fare?-
Le ragazze si guardarono una ad una. Sarebbe stata
una lunga giornata.
-Ok, Hilary, provaci di nuovo-
Disse Mao, cercando di infondere coraggio alla sua
amica. Hilary annuì.
-Va bene, ci riprovo-
-Pensa a quando noi lanciamo i bey. Prova a rifare i
nostri stessi movimenti-
-Ok, ok, ci provo. 3…2…1, pronti… lancio!-
Ma come le ventuno volte precedenti, Nemesis si
afflosciò sul terreno.
-Aquí nos quiere una intervención divino, se lo digo
yo...-
(#)Qui ci vuole un intervento divino, ve lo dico io…
Tutte e tre le ragazze fissarono Julia, e per la
prima volta da quando quella giornata era iniziata, scoppiarono a ridere.
-Che c’è, ho solo detto la verità!-
-Julia, lasciatelo dire! Se non ci fossi, dovrebbero
inventarti!-
-Èste es verdadero! Como yo, no hay nadie!
(#)Questo è vero! Come me, non c’è nessuno!
Dopo quella frase, le ragazze risero ancora di più,
accompagnate, questa volta, anche dalla loro amica spagnola.
-Ragazze, per fortuna che ci siete voi. Se fossi da
sola credo che sarei impazzita-
Mao si avvicinò ad Hilary, e le appoggiò una mano
sulla spalla.
-Ce la farai Hilary, fidati. Devi solo fare pratica,
una volta capito il movimento giusto, vedrai che ti verrà naturale-
Hilary annuì. Si rimise in posizione, caricatore
stretto in mano, quando ad un tratto si voltò verso la sua amica dai capelli
rosa.
-Non è che però mi fareste rivedere come si fa? Così,
per sicurezza-
Mao sfoderò uno dei suoi sorrisi più abbaglianti.
-Certo! Ora ti faccio vedere come si fa-
Ma prima che potesse lanciare, arrivò davanti a lei
Julia, Thunder Pegasus già in mano
-Se devi vedere, almeno che ti faccia vedere una
brava blaider-
-Stai insinuando che non sono brava?-
-Sto solo dicendo, rosa, che qui ci vuole una
professionista. E tra le due, quella sono io-
-Ma chi credi di essere! Io sono brava quanto te! E
se c’è qualcuna che può far vedere ad Hilary come si fa, quella sono io!-
-Questa la devo proprio vedere. Se solo tu capissi…-
Ma Julia non riuscì a finire la frase, che un bey
stava ruotando, perfettamente stabile, al centro della pista. Si trattava del
bey di Miriam, Sharkrush. Sia Julia che Mao si voltarono verso Mariam, che non
aveva detto ancora una parola.
-Invece di litigare come delle bambine per una
caramella, dovreste pensare ad aiutare Hilary e basta. Quindi ora niente più
discussioni inutili. Sono stata chiara?-
Tutte e tre annuirono, incapaci di dire qualcosa.
-Bene! Ora Hilary, in posizione. Non ci muoveremo da
qui fino a quando non farai ruotare Nemesis-
Hilary si mise in posizione, di nuovo, e lanciò. Come
le volte precedenti, Nemesis rimbalzò sulla pista prima di fermarsi, senza
avere ruotato nemmeno una volta.
-Sarà una lunga giornata… almeno per pranzo possiamo
uscire o dobbiamo stare qui?-
Quando Kai entrò nella sede della BBA era tarda sera.
Il presidente Daitenji gli aveva chiesto di passare da lui senza specificarne
il motivo. Appena arrivato davanti allo studio, si fermò. Da dietro la porta si
distinguevano delle voci, una era quella del presidente, mentre l’altra, era
quella di Takao.
-Deve fermare questa follia!-
-Takao, ascoltami…-
-No, mi ascolti lei! Deve fermare le ragazze prima
che sia troppo tardi. Insomma, non possono gareggiare, soprattutto non può
farlo Hilary-
-Perché non lo può fare?-
-Perché non ne è in grado. Mi sono fermato giù in
palestra prima, e Hilary non è nemmeno in grado di lanciare un bey! Deve
impedirglielo-
-Devi dargli fiducia Takao. Sono sicuro che Hilary ce
la farà-
-Ma l’ha vista? Non è capace!-
-Ora basta Takao. Ho preso la mia decisione, e le
ragazze gareggeranno. Hanno accettato la mia proposta, e l’unico modo per non
farle gareggiare è che le ragazze stesse vogliano ritirarsi, e questo lo credo
improbabile. E con questo è tutto, buona serata Takao-
-Ma presidente…-
-Buona serata!-
Seguirono alcuni secondi di silenzio. Poi il rumore
di passi che si avvicinavano alla porta indicavano che il blaider se ne stava
andando. Quando la porta si aprì, Kai vide Takao furioso. Non fece nemmeno un
cenno a Kai, se ne andò e basta. Kai guardò il suo amico andare via, poi si
girò verso lo studio. Daitenji era voltato verso le finestre del suo ufficio, e
stava guardando Tokio. Dal tredicesimo piano la vista era incredibile. Era il
tramonto, e tutta la città era illuminata da una luce arancione. Il fiume
sembrava una striscia d’oro fuso che scorreva in mezzo alla città.
-Certe volte vedere lo spettacolo della natura mi
lascia sempre stupito. Sono più di vent’anni che ho questo ufficio, e tutte le
volte mi stupisco ancora della vista. Credo di stare invecchiando…-
Kai entrò dentro, e si sedette nelle sedia davanti
alla scrivania. Daitenji si voltò lentamente e anche lui prese posto alla sua
scrivania.
-Voleva vedermi, giusto?-
-Esatto. Anzi, scusa se ti ho chiamato così senza
preavviso-
-Nessun problema-
-Bene-
Daitenji guardò Kai poi spostò il suo sguardo verso
una parete laterale, verso un quadro che raffigurava un paesaggio di campagna.
-Kai, toglimi una curiosità. Con chi hai intenzione
di gareggiare in questo torneo?-
-Intende con quale squadra?-
Daitenji annuì.
-Con i Bladebreakers-
Daitenji guardò sempre il quadro.
-Formerete la squadra come il primo anno di torneo?-
Kai annuì.
-Si, saremo io, Takao, Rei e Max-
-Bene-
-Voleva sapere solo questo?-
Daitenji fece un cenno negativo con la testo. Si
voltò verso Kai, una leggera preoccupazione negli occhi.
-Kai, quello che ti devo chiedere… so che non ne parli
molto volentieri. Ma vorrei che tu mi rispondessi sinceramente-
Kai fissò l’uomo davanti a lui e lentamente annuì.
-Cosa sai di tuo nonno?-
Kai fu preso alla sprovvista. Tutto si aspettava,
tranne che quella domanda.
-Non te lo chiederei se non fosse importante-
Il blaider voltò lo sguardo verso la finestra. La
luce ormai era cambiata, il cielo era diventato scuro e si potevano vedere le
luci della città.
-È in prigione-
-Ne sei sicuro?-
Kai annuì, senza guardare il presidente.
-Bene. E di Vorkov?-
Questa domanda sorprese ancora di più il russo.
-Nessuno sa più niente di lui. Ha perso tutto dopo la
sconfitta della BEGA. Non è stato visto da nessuna parte-
Daitenji annuì con il capo.
-Sono sollevato di sentire questo-
Kai si voltò verso il presidente.
-Perché lo vuole sapere adesso? E perché da me?-
Daitenji guardò Kai.
-Non è niente di cui preoccuparsi Kai. Volevo solo
essere sicuro che quest’anno non ci saranno problemi, tutto qui-
-Ne è sicuro?-
Prima di rispondergli, il presidente fece un profondo
sospiro.
-A dire la verità sono un po’ preoccupato per le
ragazze. Le ho messe in una brutta situazione… questa mattina ho dovuto subire
le ire di due fratelli molto arrabbiati perché le loro sorelle li avevano
abbandonati, e poi Takao…-
Kai annuì con la testa.
-Mio nonno non dovrebbe causare altri problemi a lei
o alla BBA-
-Grazie Kai. Ora ti lascio, sono sicuro che vorrai
tornare a casa-
-Arrivederci presidente-
-Arrivederci-
Kai lasciò lo studio in silenzio. Quella
chiacchierata l’aveva lasciato senza parole. C’era qualcosa che non gli
quadrava in testa. Quelle domande su Vorkov e su suo nonno l’avevano colto di
sorpresa. Possibile che il presidente pensasse che uno dei due volesse fare
qualcosa durante il torneo? Impossibile. Suo nonno era rinchiuso in un carcere
in Russia, lontano da tutti e Vorkov aveva perso ogni sostenitore l’anno prima.
Loro non potevano essere un problema. Poi quella preoccupazione per le ragazze…
se Daitenji temeva per il torneo, perché aveva creato quella squadra? Kai era
talmente preso dai suoi pensieri che non si rese conto nemmeno di avere
sbagliato piano con l’ascensore. Invece di premere per il piano terra si era
ritrovato al secondo piano, il piano delle palestre. Stava per uscire, quando
una luce proveniente da un corridoio lo fece fermare. Quel corridoio portava
alle palestre della BBA, ma a quell’ora dovevano essere chiuse. Si diresse
verso la luce, e quando fu arrivato davanti alla porta, si fermò di colpo.
C’era una ragazza dentro, e lui quella ragazza la conosceva. Hilary stava
provando a lanciare un bey, ma i risultati erano penosi. Il bey non faceva che
toccare terra e poi fermarsi.
-Stupido bey, vuoi deciderti a ruotare?-
-Ci metti troppa forza nel lancio. Troppa forza vuol
dire troppa velocità di rotazione, così quando tocca il pavimento non ha
aderenza e stabilità, quindi finisce con il cadere-
Hilary si voltò di scatto. Era stupita di vedere Kai
lì.
-Kai? Che ci fai qui?-
Kai non le rispose, si incamminò verso di lei e le
arrivò davanti.
-Girati, forza-
Hilary lo guardò stupita.
-Cosa?-
Kai alzò gli occhi al cielo, sbuffando. Mise le mani
sulle spalle di Hilary e la fece voltare.
-Ehi, piano. Sono capace di farlo anche da sola-
-Allora perché non l’hai fatto subito?-
-Si può sapere cosa vuoi fare?-
Kai era dietro di lei. Sulle guance della ragazza si
era creato un leggero strato di rossore.
-Ti insegno a lanciare-
Hilary lo guardò.
-Stai scherzando?-
-No-
-Perché lo fai?-
Kai la guardò. Erano in una posizione strana, lei che
gli dava le spalle e lui subito dietro di lei.
-Diciamo che lo faccio per Takao…-
-Takao?-
Kai annuì.
-Per quello che ti ha detto. Non doveva, non aveva
nessun diritto di dirti che non ne saresti stata in grado. Diciamo che lo
faccio per fargli vedere quanto è stupido-
Hilary guardò stupefatta il ragazzo. Poi scoppiò a
ridere. Kai la fissò sollevando un sopracciglio, cosa che non fece altro che
aumentare la risata della ragazza.
-Scusa, non volevo ridere di te. Solo… in un certo
senso è la cosa più carina che tu mi abbia mai detto. E credo anche la più
lunga. Sono sorpresa-
Questa volta fu il turno di Kai di arrossire. Le
diede un piccolo colpo sulla testa.
-Ahi… e questo per che cos’era?-
-Concentrati. Vuoi imparare o no?-
Hilary fece un cenno affermativo con il capo.
-Bene. Ora ti faccio vedere-
Kai allungò una mano e prese quella di Hilary.
-Kai ma che…-
-Concentrati. Stringi di più il dispositivo di
lancio, esatto, così. E adesso-
Kai le prese l’altra mano.
-Ecco, ora devi tirare. Non troppo forte e nemmeno
troppo piano. Devi trovare la giusta misura-
-E come faccio?-
-Provando. Sai che ora ce ne metti troppa, cerca di
ridurla-
La ragazza annuì.
-Ok, ci provo-
E Hilary lanciò, ma come le volte precedenti, non ci
fu un buon risultato. Kai si avviò a riprendere il bey.
-Ci hai messo troppa forza-
-Ma se ho tirato meno del solito-
-È troppa lo stesso. Riprova-
Hilary sbuffò, ma si rimise in posizione.
-Ok, pronti… lancio!-
Questa volta il bey non arrivò nemmeno alla pista.
-No, non dirlo. Troppa poca, vero?-
Kai annuì.
-Riprova-
Provarono per altri dieci minuti, ma ancora non c’era
stato nessun risultato.
-Basta, non ne posso più. Non ci riesco-
Hilary si accasciò per terra. Dalla frustrazione che
provava, dagli occhi iniziarono a scendere delle lacrime. Kai si sedette di
fianco a lei, in silenzio. Teneva tra le mani Nemesis, il bey della ragazza, e
lo stava esaminado.
-Non è male come bey… è un peccato rinunciare così-
Hilary si voltò verso di lui.
-Sarà anche un buon bey, ma se non riesco nemmeno a
lanciarlo è inutile-
-Devi solo provarci di nuovo-
-Provarci? È tutta la giornata che ci provo, e
niente. Non ce la faccio. È come se… come se non volesse che lo lanciassi-
Kai guardò la ragazza.
-Che vuoi dire?-
-Non so come spiegartelo… è come se… è come se quel
bey non fosse giusto per me, come se non mi volesse-
-Impossibile. Nessun bey non vuole essere lanciato-
Kai guardò prima lei poi il beyblade. Fu solo in quel
momento che si rese conto che sul bey era disegnato un cigno, come se quel bey
avesse…
-Come si chiama?-
Hilary lo guardò un attimo sorpresa.
-Il bey, come si chiama?-
-Nemesis. Come fai a sapere che ha un nome?-
Kai le indicò il disegno.
-Deve avere per forza un nome. Ha un bit power-
Hilary lo guardò sconvolta.
-Un… un bit power?-
Kai annuì.
-No… io non posso…-
-Perché no?-
-Non so nemmeno lanciare!-
-Ora hai un motivo valido per imparare-
Hilary guardò a bocca aperta il suo amico.
-Tu sei pazzo…-
Ma mentre lo diceva, si era alzata, e aveva impugnato
il dispositivo di lancio. Prese dalle mani di Kai il suo bey e si mise in
posizione. Dopo avere fatto due bei respiri, lanciò. Il bey questa volta,
appena toccata terra, ruotò un po’ su se stesso, poi si fermò. Hilary guardò
sconvolta il bey e poi Kai.
-Ce l’ho fatta!-
-Non male come inizio-
Hilary guardò Kai, leggermente arrabbiata, e con una
mano su un fianco.
-Un po’ d’incoraggiamento non fa male, sai?-
Kai la fissò.
-Ti sto aiutando… non basta?-
Hilary lo guardò male, poi gli fece un sorriso.
-Direi che, per essere te, mi basta-
Ora anche Kai aveva un accenno di sorriso sul volto.
Poi il ragazzo, senza aggiungere niente altro, prese la via della porta.
-Kai… ma dove vai?-
Kai si fermò, ma non si voltò verso la ragazza.
-Non ti dimenticare come hai fatto a lanciare prima.
Continua così, vedrai che tra altri due o tre lanci, riuscirai a farlo rimanere
in piedi stabilmente-
E senza aggiungere altro, se ne andò. Hilary rimase a
fissare la porta dove il ragazzo era sparito per alcuni minuti, poi si lanciò
di corsa dietro al ragazzo.
-Kai, aspetta, volevo dirti...-
Ma del ragazzo non c’era già più traccia. L’ascensore
indicava che era a piano terra.
-..Grazie-
Disse Hilary, al vuoto.
-La prossima volta che lo vedo lo ringrazio come si
deve. E ora, al lavoro-
E la castana si voltò di nuovo verso la palestra,
Nemesis sempre stretta in pugno.
-Se c’è veramente un bit power, sarà meglio che io
impari in fretta come farti funzionare, no? Un’altra ora di allenamento ci
vuole!-
Julia guardava sbalordita il piccolo bey azzurro di
Hilary che stava perfettamente ruotando al centro della pista. Il sorriso di
Hilary era abbagliante. Si vedeva che aveva dormito poco, aveva delle profondo
occhiaie scure sotto gli occhi, e aveva anche le mani tutte rovinate.
-Non mi dire che ti sei allenata per tutta la notte?-
Hilary scosse il capo.
-No, non per tutta la notte… ma ci sono andata
vicina!-
Le sue amiche la fissarono allibita. Quando quella
mattina Hilary le aveva chiamate per dire loro che le voleva vedere tutte e tre
alla BBA, avevano pensato che volesse riprendere l’allenamento che avevano
fatto ieri. Invece avevano assistito ad un lancio perfetto da parte della
castana, e ora guardavano Nemesis ruotare, perfettamente stabile, al centro
della pista. Le tre ebbero tre reazioni completamente diverse. Miriam si limitò
a fare un sorriso enorme alla sua amica, Mao, invece, si buttò addosso ad
Hilary, stritolandola in un abbraccio e Julia lanciò un grido di trionfo.
-Sei stata fenomenale!-
-Lo sapevo che ci saresti riuscita-
-Che ti avevo detto? Bastava allenarsi, e ce
l’avresti fatta!-
Hilary ricambiò l’entusiasmo delle sue amiche.
-Che dite, me la merito una ricompensa?-
Le sue amiche si scambiarono prima uno sguardo, poi
la fissarono.
-Non penserai, vero, che questo faccia di te una
blaider, giusto? Lanciare è il primo passo-
Hilary annuì.
-Lo so, non vi preoccupate. Però sono stata brava-
-Su questo nulla da ridire. Ma prima di ricevere una
ricompensa ne hai ancora di strada da fare!-
Hilary guardò Miriam preoccupata.
-Che vuoi dire?-
-Che ora inizia la parte difficile… oggi Hilary
impari a duellare-
-Subito?-
-Si, subito. Non c’è molto tempo prima del torneo.
Devi imparare a duellare-
Hilary fissò una ad una le sue amiche. Poi, con una
grande determinazione, si mise davanti alla pista, pronta per la sua prima
sfida.
-Allora, chi è la prima?-
Mao si portò dall’altra parte della pista, caricatore
già in mano.
-Non pensare che ci andrò piano solo perché sei la
mia migliore amica-
-Non me lo aspetto-
-Bene!-
Miriam si mise dall’altro lato, a fare da giudice.
-Bene ragazze, in posizione. Uno, due, tre, pronte…
Lancio!-
Il primo scontro di Hilary iniziò. Non durò nemmeno
due secondi. Appena Nemesis e Galux si scontrarono al centro della pista, il
bey di Hilary fu spazzato via.
-Vince Mao-
Hilary guardò sconvolta la sua amica.
-D’accordo che non ci devi andare piano, ma almeno
lasciami provare-
Mao sfoderò un sorriso sarcastico.
-Pensi che il tuo avversario si dimostrerà più
gentile? Devi essere preparata, sempre-
Hilary annuì.
-Il primo impatto è il momento decisivo. È il momento
in cui il duello può finire subito, perché tutti mirano alla stessa cosa,
vincere. Devi stare attentissima-
-E come posso fare?-
Fu Julia a risponderle.
-Devi credere nel tuo bey-
-Credere in Nemesis?-
-Esatto. Devi pensare che niente lo possa buttare
fuori. Devi crederci, e lui non ti deluderà-
Hilary guardò Julia.
-Devo credere nel mio bey…-
-Esatto!-
-Julia ha ragione. Devi crederci-
Hilary riprese in mano il suo bey e lo guardò.
-Ok, riproviamo-
-Bene. Tre, due, uno, pronti… lancio!-
Questa volta, il primo impatto tra i due bey non fu
fatale per Hilary. Nemesis resistette all’impatto, e si fermò ad una certa
distanza da Galux.
-Bene Hilary, molto bene-
-E adesso che cosa devo fare?-
Mao sfoderò il suo migliore sorriso.
-Ora, si fa sul serio. Galux, vai-
Galux partì all’attacco di Nemesis. Hilary non si era
aspettata un attacco così rapido, e non sapendo bene cosa fare, seguì il suo
istinto.
-Nemesis!-
Il bey, come se avesse sentito il grido della sua
proprietaria, schivò all’ultimo secondo il bey di Mao, che si avvicinò
pericolosamente al bordo della pista, ma quando sembrava che stesse per uscire,
la corsa di Galux si arrestò, e tornò al centro. Hilary guardò sconvolta prima
Nemesis, poi il bey di Mao, infine si voltò verso Mariam.
-L’ho schivato!-
Mariam le sorrise.
-Ben fatto-
-Non pensare che basti così poco per vincere. Galux-
Questa volta Galux non mancò il suo bersaglio.
Hilary, troppo distratta dall’avere resistito al primo attacco, si trovò
totalmente presa in contropiede. Galux centrò Nemesis, e il bey di Hilary venne
sbalzato fuori dalla pista. Atterrò vicino alla sua proprietaria.
-No te tienes que distraer nunca, chica. Un solo
error, y seis fuera. Pero no mal, como primero tentativa(#)-
(#)Non ti devi mai distrarre, ragazza. Un solo
errore, e sei fuori. Però non male come primo tentativo.
Hilary annuì.
-Riproviamo. Mao, ti va?-
-Puoi contarci-
-Bene. Hilary, Mao in posizione. Hilary questa volta
cerca di attaccare anche tu, e non ti distrarre. Rimani concentrata sul bey, e
metti tutta la tua forza nel lancio e anche nello scontro. Il bey dipende da te
come tu dipendi da lui per la vittoria. Pronta?-
Hilary annuì.
-Sono pronta-
-Forza Hilary! Haces ver al chino quien es que el
mejor!(#)-
Le ragazze si allenarono per tutta la giornata. Alla
fine, Hilary era riuscita a fronteggiare abbastanza bene gli scontri, anche se
non era riuscita a buttare fuori, nemmeno una volta, Galux. Aveva provato ad
attaccare, e in alcuni momenti Mao aveva veramente pensato che riuscisse a
buttare fuori il suo bey, ma alla fine la cinese era sempre riuscita a battere
la giapponese. Tuttavia era stato palese che scontro dopo scontro, Hilary stava
migliorando. Imparava con una velocità sorprendente ed aveva un talento
naturale. L’unica cosa che la frenava era il fatto che non credeva ancora
abbastanza in se stessa, e, di conseguenza, anche il suo bey ne risentiva.
Hilary doveva solo pensare che ce la poteva fare, che aveva tutte le carte in
regola per potercela fare, e una volta che avrebbe capito questo, sarebbe
diventata una blaider eccezionale.Finita la giornata, le ragazze avevano deciso di andare a mangiare
qualcosa tutte insieme, cioè, si erano auto invitate a casa di Hilary.
-Sei l’unica che abita qui… quindi chica, sei la sola
che possa ospitarci-
Non era che Hilary non volesse le sue amiche a casa a
mangiare, ma sapeva quello che sarebbe seguito poi. Sicuramente le altre
avrebbero finito per fermarsi a dormire a casa sua. Infatti, finito di
mangiare, le altre si erano installate in camera sua, e non c’era stato nessun
verso di farle andare via.
-Andiamo Hila… l’altra sera avete dormito da me,
stasera tocca a te. Dopo tutto siamo compagne di squadra!-
-E siamo migliori amiche. Hilary, non ti puoi
rifiutare-
-Esatto chica. Esta noche te pasado, no puedes
rellenar nada(#)-
(#)Stasera ti tocca, non puoi farci niente.
Così Hilary ora guardava le sue amiche dormire
tranquillamente sul suo letto. Cioè, Mao e Mariam si erano impossessate del
letto, Julia era stata costretta a dormire per terra, sopra strati di coperte.
Anche Hilary voleva dormire, ma si sentiva troppa adrenalina in corpo per
farlo. Così se ne era andata fuori, nel balcone della sua camera, a pensare.
Aveva duellato. Per la prima volta nella sua vita aveva duellato e le era
piaciuto. Sapeva di non essere ancora pronta, non era stata in grado di
sconfiggere Mao nemmeno una volta, ma aveva sentito dentro di se la voglia di
continuare a provare e di non arrendersi. Quelle sensazioni per lei erano
strane e nuove, mai si sarebbe aspettata di provare cose simili solo lanciando
un bey. Eppure, vedere quella piccola trottola azzurra ruotare, perfettamente
stabile, e cercare di tenere testa a Galux l’aveva riempita d’orgoglio. Ci era
riuscita. Avrebbe fatto vedere a Takao cosa era in grado di fare. Pensare a
Takao la fece stare male. Quando era riuscita a lanciare correttamente un bey,
il suo primo pensiero era stato quello di telefonare al suo amico e farglielo
sapere. Poi si era ricordata di quello che era successo, e un’immediata
tristezza aveva offuscato il suo momento di gioia. Se pensava a tutte le volte
che lei aveva esultato per lui… possibile che lui proprio non capisse? Non
chiedeva niente di particolare, solo un appoggio da parte di un amico. Persino
Kai l’aveva aiutata… già, il freddo Kai l’aveva aiutata, chissà poi per quale
motivo.
- Diciamo che lo faccio per fargli vedere quanto è
stupido-
Hilary si ritrovò a sorridere. Chi se lo sarebbe mai
aspetto da Kai? Ora che ci pensava, non aveva ancora avuto modo di ringraziarlo
per bene. Dopo tutto, era stato per merito suo se aveva capito come doveva fare
per lanciare e per rendere stabile il suo bey.
-Si, appena lo rivedo, lo ringrazio-
-Ringrazi chi?-
Hilary si voltò stupita. Si era affacciata sul
balcone anche Mariam.
-Credevo tu stessi dormendo…-
-Mao ha l’abitudine di dare calci quando dorme. Mi ha
svegliata-
Hilary ridacchiò, meritandosi un’occhiataccia da
parte della ragazza.
-Guarda che non c’è niente da ridere… mi ha fatto
male-
Hilary rise ancora più forte. Poi alzò le mani in
segno di resa.
-Scusa, non volevo ridere di te. Solo che è buffa
come cosa…-
Mariam la guardò ancora male, prima di voltarsi
dall’altra parte.
-Allora… chi devi ringraziare?-
-Kai-
-Kai?-
Hilary annuì.
-E perché lo devi ringraziare?-
-Perché mi ha aiutata ieri sera. Mi ha trovato mentre
ero in palestra ad allenarmi, dopo che voi ve n’eravate andate. Mi ha fatto
capire dove stavo sbagliando nel lanciare il bey. Mi ha fatto vedere come
dovevo fare e… ci sono riuscita-
Mariam era stupita.
-Aspetta, stiamo parlando dello stesso Kai? Il
freddo, distaccato, asociale Kai Hiwatari?-
Hilary annuì.
-Lo so, sono rimasta sorpresa anche io. Chi se lo
sarebbe mai aspettato un aiuto da parte di Kai? Eppure l’ha fatto, per questo
lo voglio ringraziare-
Mariam continuò a guardarla con un’espressione
stupita. Poi fece una mezza risata, e si voltò verso il panorama.
-Poi, ieri sera, mi ha anche detto un’altra cosa…-
-Ha pure parlato?-
Le due ragazze si guardarono, poi scoppiarono a
ridere. Hilary, poi, diede un piccolo schiaffo sulla mano di Mariam.
-Cosa ti ha detto poi Kai? Mi hai incuriosita… una
volta che Kai dice qualcosa, deve essere importante-
-Ha detto una cosa a proposito del mio bey…-
-A proposito di Nemesis?-
Hilary annuì.
-Cosa ha detto?-
-Che c’è un bit power dentro-
Mariam fissò sconvolta Hilary.
-Un… un bit power?-
-Esatto. Anche io ero sconvolta quando me lo ha
detto-
-Ma non ha senso!-
-Lo so, sono rimasta sconvolta anche io. Ma credo che
abbia ragione…-
-Che vuoi dire?-
Hilary tirò fuori Nemesis dalla tasca, poi lo mostrò
alla sua amica.
-Non so come spiegartelo ma… sento che dentro c’è
qualcosa. Credo che Nemesis sia un bit power…-
Mariam prese in mano Nemesi e lo guardò attentamente.
Stava quasi per ridarlo a Hilary, quando lo vide. Un bagliore proveniente dal
disegno del cigno. Mariam guardò stupita Hilary.
-Credo tu abbia proprio ragione…-
Hilary si riprese il suo bey.
-Ma io non sono in grado di…-
-Non dirlo, non lo puoi sapere. Stai migliorando
tantissimo Hilary, solo questa mattina non sapevi nemmeno duellare e oggi
pomeriggio hai quasi tenuto testa a Mao. Ce la puoi fare-
-Ma sono i bit power a scegliere il giocatore, non il
contrario, giusto?-
Mariam la guardò intensamente.
-Io credo che Nemesis ti abbia scelta dal primo
momento. Ti ricordi che hai detto il suo nome prima ancora che Daitenji te lo
dicesse?-
-Non sappiamo tutto sui bit power Hilary, nemmeno noi
degli scudi sacri sappiamo tutto. Molte delle antiche tradizioni sono state
dimenticare e perdute, ma di una cosa sono certa. Credi in Nemesis, vi siete
scelti dal primo momento. Credici e sarai in gradi di evocarlo. Io ho fiducia
in te-
Le due ragazze rimasero in silenzio per molto tempo,
ognuna persa nei propri pensieri. Mariam aveva lo sguardo rivolto verso il
cielo, mentre Hilary non faceva che guardare il suo beyblade. Si erano scelti…
lei e Nemesis. Era vero, lei era stata in grado di dire come si chiamasse il
bey prima che qualsiasi persona glielo dicesse. Non si ricordava nemmeno come
era stato possibile, ma era successo. Aveva stretto il bey nella sua mano e il
nome gli era apparso magicamente in testa.
-Sai Mariam… quando ho preso in mano Nemesis per la
prima volta è stato come…-
Hilary fece un piccolo movimento con la mano.
-Come una sorta di deja vu?-
Hilary guardò la sua amica. Poi annuì.
-Si, esatto. Avevo avuto l’impressione di averla già
visto-
-Averla?-
Hilary arrossì leggermente.
-Si, lo so che è stupida come cosa ma … ho come
l’impressione che Nemesis sia una femmina-
Mariam scoppiò a ridere.
-Credo che questa sia la prima volta che sento dire
che un bit power è femmina-
-Perché? Non potrebbe essere?-
-Certo, tutto è possibile. Ma credo che tu ora debba
dormire. Domani ti aspetta una giornata ancora più dura di quella di oggi-
Hilary sorrise.
-D’accordo capitano. Andiamo a dormire!-
Mariam la fissò per un attimo.
-Capitano?-
La castana annuì.
-Si, capitano. Chi meglio di te può esserlo?-
-Io non sono un capitano-
-Guarda che non c’è niente di male. E poi scusa, chi
è che oggi si è messa a dare ordini e dire cosa dovevamo fare? Tu. Sei perfetta
per il ruolo-
-Io non sono mai stata un capitano…-
Hilary le sorrise.
-C’è sempre una prima volta, no? Se dovessi scegliere
io, ti nominerei subito capitano delle Wisteria. Per me saresti perfetta nel
ruolo-
Hilary si incamminò verso l’interno della camera.
Quando ormai era sparita nel buoi della stanza si voltò verso il balcone, dove
Mariam era rimasta.
-Tu non vieni a dormire?-
-No, rimango ancora un po’ qui. Mi piace vedere il
cielo di notte-
-Ok allora. Buona notte-
-Notte-
Mariam si sedette per terra, con le spalle alla
ringhiera a fissare il cielo stellato. Quella sera il cielo era particolarmente
limpido, e si vedevano chiaramente le stelle e le costellazioni. Era da quando
aveva lasciato il villaggio, ormai da due settimane, che non fissava il cielo.
Le piaceva guardare le stelle, lo trovava estremamente rilassante. Diciamo che
le piaceva, in generale, osservare, ma guardare la volta celeste la calmava
proprio. Le faceva dimenticare i problemi, e le piaceva pensare che anche se il
mondo era cambiato attraverso i secoli, le stelle erano rimaste sempre le
stesse, e lei vedeva quello che vedevano anche mille anni fa. Questo la faceva
sentire parte di un tutto, e la cosa la rassicurava. Senza nemmeno rendersene
conto, si ritrovò a stringere in mano Sharkrush.
-Io capitano… no, non posso esserlo-
Come a confermare quelle parole, dal bey venne un
piccolo bagliore, segno che Sharkrush era lì con lei.
-Insomma… io non ho le doti per potere capitanare un
team… non ne sono in grado. Vero?-
Ma dal bey non venne più nessun bagliore. Mariam
sospirò, poi si alzò e si avviò verso la camera.
-Meglio farsi una bella dormita….-
Ma quando entrò in camera, scoprì che il suo posto
sul letto era stato preso da Hilary. Guardandosi intorno, capì che l’unico modo
per potere dormire era sdraiarsi a fianco della spagnola, per terra.
-Giuro Hilary che questa me la paghi-
Se Mao scalciava la notte, Julia era un vero e
proprio terremoto. Sembrava che l’esuberanza che caratterizzava la castana
durante il giorno, fosse presente anche durante il suo sonno, con le
conseguenze che si rotolava nel letto praticamente sempre, non stava mai ferma,
e, se dormiva nel letto con qualcuno, si avvinghiava alla povera creatura che
era distesa al suo fianco. Se avesse dovuto scegliere, Mariam avrebbe preferito
tornare a dormire a fianco alla cinese. Mentre si sdraiava sullo strato di
coperte che doveva fungerle da letto, Mariam sospirò di nuovo.
-Questa notte non chiuderò occhio-
E come a farlo apposta, in quel preciso momento,
Julia rotolò addosso alla ragazza, avvinghiandola in un’abbraccio.
La mattina successiva, Takao si stava allenando con
Daichi dentro il dojo, o, per meglio dire, stava, letteralmente, distruggendo
Daichi.
-Ehi Takao, vacci piano-
-Piano? Vuoi allenarti per il torneo o no?-
-Certo che mi voglio allenare! Ma vorrei che Gaia
Dragoon ci arrivasse intatto al torneo-
-Vuoi dirmi che hai paura? Ora ti faccio vedere io come
ci si allena! Dragoon… vai!-
Proprio quando Dragoon stava per scontrarsi con Gaia
Dragoon, nella pista apparve un altro bey, che fece sbalzare fuori Dragoon.
-Cosa? Chi è stato? Fatti vedere, codardo!-
Daichi stava osservando il bey che all’improvviso era
intervenuto, e lo riconobbe subito.
-Quello è Dranzer-
-Dranzer?-
Takao si voltò, e dietro di se vide il ragazzo
dell’aquila rossa. Silenziosamente come era arrivato, Kai richiamò il suo bey,
e si avvicinò a Takao.
-Cercare di distruggere qualsiasi cosa ti capiti
davanti non è un buon modo per risolvere i tuoi problemi-
-Non so di cosa tu stia parlando-
-Io credo, invece, di si-
Kai fissò Takao negli occhi. Il giapponese per un po’
sostenne il suo sguardo, poi lo abbassò.
-Pulce, lasciaci soli. Devo parlare con Kai-
-Chi hai chiamato pulce?-
Ma Kai lanciò un’occhiataccia a Daichi, e questo
bastò a farlo desistere da ulteriori proteste.
-Va bene, me ne vado. Ma me la pagherai Takao per
l’offesa-
Kai e Takao guardarono Daichi andare via. Poi, Kai si
mise di fronte a Takao, dall’altra parte della pista, dispositivo di lancio in
mano. Bastò uno sguardo tra i due amici, e i bey si trovarono a fronteggiarsi
in un duello.
-Se volevi combattere, bastava dirlo-
-Se devi sfogarti con qualcuno, fallo con chi può competere
con te-
Kai fissò il giapponese.
-Si può sapere perché ce l’hai con Hilary?-
Takao fissò il russo.
-Tu non capisci…-
Dranzer si lanciò contro Dragoon a tutta forza, e
quasi riuscì a buttare fuori Dragoon.
-Spiegami-
Takao si scagliò contro Dranzer, cercando di buttare
fuori il bey dal ring.
-Non mi va di parlarne-
-Evitare il problema non lo farà scomparire-
Takao fissò con astio Kai.
-Che ne sai tu? Non ne voglio parlare, quindi non ne
parlo-
-Se ti batto, me lo dirai-
-Se ti batto io smetteremo di parlarne-
Per cinque minuti i due blaider si scagliarono l’uno
contro l’altro, ma la situazione era in stallo.
-Facciamola finita-
Urlò ad un tratto Takao.
-Dragoon!-
Dal blaider di Takao venne fuori il drago azzurro.
Nello stesso istante, la fenice rossa fece la sua apparizione. I due bit power
siosservarono per alcuni secondo,
prima di lanciarsi l’uno contro l’altro. Alla fine, solo un bey rimase in
movimento, mentre l’altro giaceva fuori dal ring.
-Vinto-
Disse semplicemente Kai. Era, infatti, l’aquila rossa
ad essere rimasta in movimento, mentre dragoon era stato sbalzato via. Takao
fissò allibito il suo bey, poi spostò lo sguardo sul suo amico, e infine
sospirò.
-Non ho proprio la testa per combattere…-
-Cosa è successo tra te e Hilary?-
Takao diede le spalle al russo, e strinse i pugni.
-Se ne è andata-
-Tutto qui?-
-Come sarebbe a dire tutto qui? Se ne è andata, non è
abbastanza?-
-Non è sparita. Ha solo voluto fare una cosa nuova-
-Ma non con me!-
Kai lo fissò allibito.
-Ti piace Hilary?-
Takao guardò il suo amico, e sorrise.
-Non essere stupido-
-Ma…-
-Le voglio bene, questo si, ma non come pensi tu-
Il russo lo guardò, sollevando un sopracciglio.
-Le voglio bene come se fosse mia sorella-
-Sorella?-
-Non ti ho mai raccontato niente? Di me e di Hilary
intendo-
Il russo fece un cenno negativo con la testa.
-È una storia lunga…-
-Ho tempo-
Takao si sedette nel portico, mentre Kai rimase in
piedi, appoggiato ad una colonna.
-Va bene, ti racconterò ogni cosa-
E Takao iniziò a raccontare la sua lunga storia sulla
sua lunga amicizia con Hilary.
Eccomi tornata, abbastanza presto, con un nuovo
capitolo. Non mi odiate, ma il capitolo si era fatto molto lungo, e non potevo
anche mettermi a raccontare la storia di Takao e Hilary, per quella dovrete
aspettare il prossimo capitolo! Si, ok, sono un po’ cattiva, ma la suspence ci
vuole in una storia!
Chiedo scusa, invece, se le parti dei duelli non li
avete trovati ben scritti… è la prima volta che mi metto a scrivere di queste
cose, e nella mia testa l’idea c’è, scriverla, a volte, non è facile. Quindi
chiedo un po’ di pazienza, tendo a migliorare con la pratica, quindi… portate
pazienza, con me ci vuole!!!
Come sempre, voglio dire che io spagnolo non l’ho
studiato, mi faccio aiutare da un’amica che l’ha studiato al liceo, ma se
qualcuno vede degli errori, fatemelo sapere, provvederò a sistemarli! Noi ci
proviamo a scrivere le frasi in modo corretto, non sapete quanta paranoia metta
alla mia amica, ma l’errore può sempre esserci, quindi, segnalate pure!! Non mi
offendo, anzi, se posso migliorare la storia, tanto meglio!
Allora, grazie a tutti quelli che hanno letto anche
questo capitolo, e, come sempre, chi vuole lasciare una recensione, è il
benvenuto.
Volevo poi ringraziare specialmente New Red Eyes, grazie ancora per quello che hai
detto!! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto!
Seduto nel portico di casa sua, Takao iniziò a fare rivivere i
ricordi della sua infanzia.
-La prima volta che io e Hilary ci siamo conosciuti eravamo al
parco, al belvedere. Eravamo bambini, credo avessimo cinque o sei anni, non di
più. È incredibile come mi ricordi ancora perfettamente il nostro primo incontro…
stavo giocando con un gruppo di bambini, a palla, quando, ad un tratto, calcia
la palla e quella andò a finire… proprio sulla testa di Hilary. Anche se
eravamo piccoli, mi ricordo ancora che mi fulminò con lo sguardo. È incredibile
come ancora mi ricordi tutto quanto, sembra successo ieri, e non più di dieci
anni fa…
Dopo averla colpita, mi avvicinai a lei.
-Scusa, ti sei fatta male?-
Lei mi fissò molto arrabbiata, lo stesso sguardo che mi lancia
ancora adesso quando faccio qualcosa che non va, poi mi lanciò la palla dritto
in faccia.
-Ora siamo pari!-
Mi disse. Rimasi talmente tanto sconvolto che non seppi cosa
rispondere. A quel punto lei, vista la mia faccia, si mise a ridere.
-Dovresti vederti… sembri un pesce lesso-
A quel punto mi arrabbiai un sacco, ma prima che potessi
risponderle per le rime, sua madre intervenne.
-Hilary, è questo il modo di trattare un tuo coetaneo? Chiedi
subito scusa!-
A quel punto spostai lo sguardo, e vidi la donna più bella che
avessi mai visto. Era molto alta, più alta rispetto alle altre mamme, e aveva
una pelle chiarissima, quasi diafana, e una cascata di riccioli castani che non
facevano altro che mettere in evidenza i suoi occhi… ti giuro, Kai, non ho mai
più visto degli occhi così. Erano verdi, ma di un verde molto intenso, e
sembravano sempre avere un po’ di tristezza dentro… come se avesse perso una
persona cara. E non potevo credere che quella donna meravigliosa potesse essere
la madre di quel diavolo di bambina che mi aveva tirato una pallonata in
faccia.
-Ma… mamma! Mi ha tirato la palla in testa!-
La mamma di Hilary a quel punto si voltò verso di me.
-Ti chiedo scusa…-
Non riuscii nemmeno a rispondere, scossi solo la testa, credo.
A quel punto lei prese la mano di Hilary, e insieme si avviarono. Quando ormai
erano lontane, Hilary si voltò verso di me, e mi fece la linguaccia. Giurai che
la prossima volta che l’avrei rivista, mi sarei vendicato.
Da quella volta, ogni singolo pomeriggio, la vedevo. Era
diventata una cosa assurda… ogni gioco che volevo fare, lei lo stava facendo.
Volevo salire sullo scivolo, lei era davanti a me, e prima di scendere ci
metteva sempre una vita… lo faceva apposta, te lo dico io. Così iniziammo a
scambiarci battutine e frecciatine e in breve tempo, diventammo inseparabili.
Ogni giorno giocavamo insieme, e ogni cosa che facevamo era una gara. Se io
vincevo ad un gioco, lei doveva battermi, se vinceva lei, ero io quello che la
doveva battere. Ogni cosa, la facevamo sempre insieme. Non eravamo “amici”,
eravamo solo due bambini che si sfidavano ogni singola cosa facessimo. Nella
mia testa Hilary non era nemmeno una bambina con cui giocare, era un
avversario, ed era l’unica che mi teneva testa. Credo che nessuno dei due
volesse identificare l’altro come suo “amico”, perché io ero un ragazzo, e non
potevo avere una amica femmina, e lei… lei mi considerava un pesce lesso, mi
insultava praticamente sempre e ogni giorno non mancava di definirmi stupido.-
-Non posso non darle torto…-
Takao fulminò Kai con lo sguardo.
-Mi fai continuare? Bene. Allora, ecco ora ho perso il filo.
Dov’ero arrivato?-
-Vi vedevate al parco e non eravate amici…-
-Ah si, giusto. Allora, un giorno capitò che arrivai tardi al
parco, e venni accompagnato da mio nonno. Hilary era seduta su una panchina,
con sua mamma. Appena mi vide, saltò giù dalla sedia e mi venne incontro, e mi
tirò uno schiaffo sulla guancia. Poi, mettendosi una mano sul fianco, mi puntò
un dito contro e mi urlò praticamente addosso
-Lo sai da quanto tempo ti sto aspettando?-
-Ho fatto prima che potevo, è tutta colpa sua e delle sue
assurde punizioni se sono in ritardo-
-Non dire scuse! Scommetto che hai fatto qualcosa per meritare
di finire in punizione. E io, per colpa tua, ho aspettato tutto il giorno
annoiandomi a morte-
E mi diede un pugno sulla testa. A quel punto sua mamma si
precipitò verso di lei, sgridandola
-Hilary!! Ma ti sembra il modo…-
Ma mio nonno intervenne subito, mettendosi a ridere.
-Non si preoccupi signora! Sua figlia ha capito perfettamente
come si deve prendere mio nipote! Brava ragazza, continua così-
A quell’elogio, Hilary arrossì e si mise a sorridere, tutta
felice.
-Grazie signore, lo farò-
-Ma, Hilary!-
A quel punto mio nonno si mise a ridere ancora di più.
-Hilary, senti, quando vuoi, puoi venire a casa a trovarci.
Sarai sempre la benvenuta-
-Ma nonno!!-
Da quel giorno, Hilary venne spesso a casa mia. Non sempre
stavamo insieme, molto spesso Hilary si incantava a vedere il nonno fare i suoi
esercizi con la katana, o si metteva a vedere gli allenamenti miei e del nonno.
A me non dispiaceva, anche perché ogni volta che veniva portava sempre dei
biscotti o dei dolci fatti in casa, omaggio di sua mamma. Fu così che piano
piano, mi abituai ad averla intorno anche qua, al dojo. Fu in quel periodo che
diventammo “amici”. Poi, finita l’estate, iniziammo ad andare a scuola, e
indovina? Non solo frequentavamo la stessa scuola, ma eravamo anche in classe
insieme. Il che voleva dire che ci vedevamo ogni istante della giornata. Finita
la scuola, o andavamo al parco, oppure venivamo qua-
-Sempre insieme, eh?-
Takao si mise a sorridere.
-Si, certo, e per qualche strana e oscura ragione, non mi dava
fastidio che fosse qui. Sai, al dojo eravamo solo io e il nonno, la sua
presenza era piacevole. Veniva qua, ci mettevamo a fare i compiti in cucina, e
poi via a giocare e, ovviamente, litigare. Poi, ci fu quel giorno, e lì cambiò
tutto…-
Takao rimase in silenzio per molto tempo, fisso ad osservare
il giardino del dojo. Kai era rimasto in silenzio, aspettando il continuo del
racconto. Alla fine Takao, dopo un profondo sospiro, si rimise a raccontare.
-Era un normale sabato di aprile. Era passato circa un anno da
quando ci eravamo conosciuti, più o meno. Hilary quel giorno non era venuta al
dojo, il sabato non veniva mai. Era il giorno che passava con sua mamma, non
c’era mai per nessuno il sabato. Era il loro giorno, dove facevano tutte le
cose che fanno mamma e figlia. Quindi, quel giorno, il nonno mi aveva
incastrato e mi stavo allenando con lui. Era tutto come doveva essere, quando,
ad un tratto, la porta della palestra si aprì di scatto. Io e il nonno ci
voltammo contemporaneamente, e… credo che quella scena non me la scorderò mai.
Ferma sulla porta della stanza, c’era lei, Hilary. Era sconvolta. Si vedeva che
aveva corso, aveva il respiro affannato, e i capelli erano tutti spettinati, ma
la cosa che mi colpì era il fatto che stava piangendo.
-Hilary… che succede?-
Lei scoppiò a piangere, in un pianto disperato. Ricordo che mi
avvicinai a lei, e solo in quel momento mi resi conto che la sua maglia aveva
qualcosa di strano. Aveva una macchia strana sopra, e solo quando gli fui
vicino mi resi conto di che cosa fosse. Era sangue.
-Hilary, stai bene? Cos’è successo? Chi ti ha fatto male?-
Ma lei scosse la testa
-Mia mamma…-
Il nonno capì subito.
-Hilary, tesoro, dimmi cosa è successo-
E lei si mise a raccontare. Era in giro con sua mamma, avevano
fatto un pomeriggio di shopping e alla fine erano andate al parco a mangiare un
gelato. Poi aveva deciso di tornare a casa. Mentre stavano tornando a casa, un
uomo si era avvicinato a sua madre, e le aveva detto qualche cosa. Hilary non
seppe dire che cosa, l’uomo parlava una lingua strana secondo lei, ma la cosa
assurda era che sua mamma aveva risposto nella stessa lingua. Poi i due adulti
avevano iniziato a discutere, e alla fine… l’uomo aveva estratto un coltello, e
aveva cercato di ferire Hilary, ma sua madre si era messa in mezzo e l’uomo
l’aveva colpita all’addome. Preso dal panico, l’uomo aveva estratto il
coltello, poi era fuggito. Hilary era rimasta a guardare sua madre, a terra,
senza fare niente, in preda allo shock. Poi sua mamma l’aveva chiamata e le
aveva detto di non preoccuparsi, che era solo una piccola ferita, ma che aveva
bisogno di aiuto. Le aveva detto di andare a cercare aiuto, e lei era corsa subito
a casa nostra. Il nonno non perse tempo. Prese Hilary in braccio e si mise a
correre, mentre Hilary gli diceva dove andare. Io gli corsi dietro. Appena
arrivammo… non credevo fosse possibile che una persona potesse perdere tanto
sangue. Sua madre era pallidissima, ma era ancora viva.
-Mamma-
Hilary si gettò su sua madre. Io guardai il nonno, e lo vidi
scuotere la testa. Mi prese da una parte e mi disse di correre a cercare un
agente di polizia, di solito al parco ce n’era sempre qualcuno, e di dirgli di
venire subito. Io corsi più veloce che potei, e lo trovai poco dopo. Gli
spiegai brevemente quello che era successo, e lui mi venne subito dietro. Ma
quando arrivammo, era troppo tardi… Hilary stava piangendo a dirotto. Non
l’avevo mai visto così disperata, e io non mi ero mai sentito così impotente.
Quella scena mi perseguiterà per tutta la vita credo-
Kai fissava allibito Takao. Non poteva credere a quello che il
suo amico gli aveva appena detto.
-Mi stai dicendo che Hilary…-
-Ha assistito all’omicidio di sua madre?-
Kai annuì.
-È così. Hilary a visto sua madre morire per proteggere lei-
-E l’assassino…-
-Mai stato preso. Hilary era l’unica testimone, e anche se
aveva fornito un identikit, l’uomo non è mai stato trovato. È un caso ancora
adesso irrisolto-
Kai era sconvolto. Mai aveva pensato che la ragazza che
conosceva, sempre sorridente, potesse portare dentro di se un peso del genere.
-Non ne avevo idea…-
-Hilary non ne parla mai, nemmeno con me. Diciamo che è un
accordo che abbiamo fatto noi due. Io non le chiedo di sua madre, lei non
chiede dei miei genitori. E in cambio noi siamo diventati una famiglia-
-E suo padre?-
-Non si è mai ripreso dalla morte di sua moglie. Io l’ho visto
poche volte, non gli piaccio molto, credo. Quello che so è che qualsiasi cosa
che riguardava sua madre, è stata come cancellata da quella casa. Tutte le
foto, tutti gli oggetti di sua madre sono… spariti. L’unica cosa che Hilary ha
conservato è un ciondolo, lo porta ogni giorno-
-Un ciondolo?-
Takao annuì.
-Si. Hilary ha sempre un braccialetto al polso, non te ne sei
mai accorto?-
Kai scosse la testa.
-Bhè, nel braccialetto c’è un ciondolo, è un cervo. L’unica
volta che ho chiesto ad Hilary come mai avesse preso quel ciondolo, lei mi ha
detto che sua madre le aveva detto che quello era stato il primo regalo che suo
padre le aveva fatto. Le disse che era il modo in cui lui la vedeva. Ma non so
a cosa si riferisse e nemmeno Hilary lo sa. Ma era di sua madre, e credo che
per lei tanto basti. È un modo per sentirla vicino-
I due ragazzi rimasero in silenzio per molto tempo. Kai era
sconvolto da quello che il suo amico gli aveva detto. Non aveva mai immaginato
che quella ragazza sempre allegra e solare avesse dovuto sopportare una cosa
del genere.
-Sai, credo che non l’abbia mai superata-
-Penso che nessuno possa farlo…-
Takao guardò il suo amico e si ritrovò d’accordo con lui.
-Dopo la morte di sua madre, Hilary sparì per circa un mese.
Non si fece vedere a scuola, non veniva al parco… stava a casa, sempre. Cercai
di parlarle molte volte, andai persino a casa sua, ma suo padre non mi fece mai
nemmeno entrare in casa. Persi ogni speranza di rivederla. Poi, una sera, venne
al dojo. Io e il nonno stavamo per metterci a tavola, e lei era lì, sulla
porta. Entrò senza dire niente, si sedette con noi a tavola e iniziò a
mangiare. Mi ricordo che il nonno non fece commenti, le diede una scodella di
riso e lei mangiò tranquilla. Poi aiutò a sparecchiare e diede una mano al
nonno a lavare i piatti. Dopo si mise con noi a vedere la televisione, sempre
senza dire niente. Alla fine si addormentò e il nonno le preparò un letto.
Ricordo che ad un certo punto della notte mi venne a svegliare.
-Hilary…-
-Takao, posso dormire con te-
Aveva gli occhi lucidi, aveva sicuramente pianto. Non dissi
niente, gli feci un po’ di spazio nel letto e lei si sdraiò vicino a me. Inizio
a piangere, e l’unica cosa che feci fu stare lì, in silenzio, a lasciarla
sfogare. Non so dirti cosa successe quella notte, so solo che dopo… dopo lei
sembrò tornata quella di prima. Ritornò a scuola, riprese a venire al parco e
ovviamente tornò anche qui. E tra me e lei si stabilì questo rapporto… non
siamo solo amici, siamo fratello e sorella, direi che è il modo migliore per
descriverlo. Siamo l’uno la famiglia dell’altro. Ci siamo sempre detti tutto, e
ci siamo supportati in ogni cosa. Ti ricordi quanto era arrabbiata dopo il
primo torneo mondiale di beyblade? Quando tornai a casa, lei quasi non mi
rivolse la parola e a scuola era una serpe… la detestavo. Ogni cosa che facevo
lei lo andava a dire o alla professoressa, o al nonno. Era arrabbiata con me
perché l’avevo lasciata a casa. Ce l’aveva perché me ne ero andato praticamente
per tutta l’estate, e non l’avevo nemmeno avvisata. Non aveva tutti i torti ad
avercela con me, in effetti, anche se non glielo dirò mai. E quando è entrata a
far parte della squadra, si non ero molto contento, perché lei mi fa sempre
uscire fuori di testa. È l’unica che sa dove colpire se vuole farmi arrabbiare
o infuriare, ma è anche l’unica che sa cosa dire per spronarmi. È per questo
che è una grande manager per la squadra. Lei serve qui, lei serve alla squadra.
E poi se è con me so che si metterà nei guai, perché con le ragazze sono sicuro
che finirà nei guai. C’è la Fernandez con loro, ti rendi conto?-
Kai guardò Takao mentre parlava e vide, per la prima volta
qualcosa che non aveva mai pensato di trovare nello sguardo dell’amico, e
appena capì di che cosa si trattava, scoppiò a ridere. Takao fissò Kai stupito.
-Cos’hai da ridere ora?-
-Tu non sei arrabbiato con lei perché se ne è andata-
-Si che lo sono!-
-No invece. Tu sei solo preoccupato che le succeda qualcosa e
che tu non sia lì per proteggerla ed aiutarla-
Takao rimase allibito sentendo quello che Kai gli aveva detto.
Però, più pensava a quella frase, più dentro di se sentiva che c’era della
verità in quelle parole.
-Vuoi farmi credere che me la sono presa così tanto con lei
perché il mio affetto da fratello maggiore ha preso il sopravvento su tutto?-
Kai annuì, con ancora un accenno di sorriso sulla bocca.
-Cavolo… credo tu abbia ragione!-
-Credi?-
Ma Takao non lo stava ascoltando.
-Io le devo chiedere scusa…-
-Direi di si-
-Sono stato un insensibile…-
-Con la delicatezza di un elefante-
Takao tirò un calcio al suo amico.
-E smettila. Mi sento già abbastanza in colpa da solo senza
che tu interferisca…-
-Invece te lo meriti. E devi anche scusarti con Daitenji-
-Perché mai dovrei scusarmi con il pres… oh cavolo!-
-Eh si!-
-No… accidenti!-
-Direi che è la parola giusta-
-Vuoi smetterla?-
-È divertente-
Takao fissò Kai come se volesse incenerirlo con lo sguardo.
Poi lasciò perdere, e sospirò rassegnato.
-Andrò a scusarmi subito-
-Questa è la prima cosa intelligente che ti sento dire!-
-Giuro Kai, se non fossimo amici, ti prenderei a calci-
Kai si staccò dalla colonna su cui si era appoggiato, e si
avviò verso la porta del dojo.
Daitenji era nel suo studio, come ogni mattina.
L’organizzazione del torneo occupava le sue giornate, e, giorno dopo giorno, il
presidente vedeva prendere forma lo schema della gara. Erano state decise quasi
tutte le tappe, e l’organizzazione era ormai ad un ottimo punto. Pensare al
torneo, tuttavia, non serviva, a tenergli lontana quella sensazione di pericolo
che sentiva attorno a se. Aveva sperato che parlare con Kai gli potesse
risolvere molti problemi, eppure, anche se il ragazzo gli aveva detto quello
che voleva sentirsi dire, l’inquietudine non se ne era andata. Poi, le ragazze,
stranamente, lo preoccupavano più di ogni altra cosa. Sapeva che doveva
metterle in squadra insieme, sapeva che loro ne sarebbero state in grado, ma il
pensiero di avere messo in pericolo quattro innocenti ragazze lo terrorizzava.
-Succederà qualcosa… me lo sento-
Era così preso dai suoi pensieri, che l’improvviso bussare
alla porta del suo ufficio, lo fece sobbalzare.
-Avanti-
Disse, una volta che si fu ricomposto. Quando sulla porta vide
comparire Takao, cappello in mano e uno sguardo mortificato sul volto, si sentì
un attimo spaesato, e i suoi timori si accentuarono ancora di più.
-Takao… cosa è successo?-
Takao si avvicinò piano alla scrivania, sguardo rivolto verso
il basso.
-Presidente io…-
-Dimmi figliolo-
Takao sollevò il volto.
-Presidente io volevo chiederle scusa per l’altra sera, sono
mortificato!-
Daitenji fissò sbalordito il ragazzo, poi si mise a ridere.
-Non ti preoccupare ragazzo-
-Ma presidente io…-
-Preoccuparsi per le persone care è una delle qualità più
importanti che le persone possano avere. E tu sei molto preoccupato per Hilary,
lo capisco. Non ti preoccupare-
-Ne è sicuro?-
Daitenji si aprì in un grande sorriso.
-Certo Takao. È tutto a posto-
-Grazie presidente-
Takao fece un piccolo inchino, poi si avviò verso la porta.
Prima di uscire, tuttavia, la voce del presidente lo fermò.
-Takao…-
-Si signore?-
-Non perdere mai la fiducia nei tuoi amici. Avrete sempre
bisogno l’uno dell’altro-
Takao fissò il presidente con uno sguardo sorpreso.
-Certo presidente, lo farò-
-Bene-
Takao uscì, e si chiuse la porta dietro di se, lasciando il
presidente da solo, in preda ai suoi pensieri.
Quando Takao scese al primo piano e si avviò verso le palestre
della BBA, fu sorpreso di sentire silenzio. Si avvicinò piano alla porta e,
prima di entrare, sbirciò dentro. C’era solo Hilary nella palestra, delle altre
ragazze non c’era traccia. Takao non sapeva cosa fare. Da unlato, l’assenza delle ragazze poteva
essere un bene, poteva scusarsi tranquillamente, ma dall’altra… aveva paura ad
affrontare la sua amica. Sapeva che Hilary era stata ferita da quello che le
aveva detto, e non sapeva se lei sarebbe stata disposta ad ascoltarlo. Ma la
voglia di fare pace era più forte dei dubbi. Takao stava per entrare quando, si
fermò all’improvviso. Hilary aveva preso in mano il dispositivo di lancio, ed
era pronta a lanciare. Con enorme sorpresa di Takao, il bey di Hilary si
posizionò perfettamente al centro del ring, e si mise a girare in tondo,
perfettamente in equilibrio e con una buona velocità. Takao stava per entrare dentro
e correre incontro ad Hilary per farle vedere quando era felice per lei, quando
una voce lo fermò dal fare qualsiasi cosa.
-Non male. Vedo che ti sei allenata-
Hilary si voltò verso quella voce, e quando riconobbe la
persona che aveva parlato, si aprì in un grande sorriso.
-Mi sono allenata-
-Si vede-
Kai si avvicinò alla ragazza, e Takao poté vedere un leggero
rossore sprigionarsi sulle gote della sua amica.
-Hai già provato ad affrontare un avversario?-
Hilary annuì.
-Si, mi sono scontrata con Mao…-
-E…-
Hilary sospirò.
-Battuta, tutte le volte-
Kai la guardò. Poi, senza aggiungere altro, tirò fuori Dranzer
e lo lanciò dentro la pista, contro Nemesis, che, impreparata, fu sbattuta
fuori dall’arena in pochissimi secondi.
-Ehi… ma che fai?-
-Devi sempre essere preparata. Chiunque può attaccarti in
qualsiasi momento-
-Si, questo lo so, ma non è un buon motivo per…-
-Stai sempre pronta. Non pensare mai di essere in vantaggio,
ogni secondo di concentrazione che perdi è un’occasione regalata
all’avversario. È finita solo quando il bey dell’avversario è fuori, hai
capito?-
Hilary lo guardò, poi annuì.
-Si, ho capito. Ci proverò-
Kai annuì con la testa. Hilary guardò il blaider della fenice
rossa
-Perché lo fai? Aiutarmi intendo…-
Kai fissò la ragazza.
-Tu l’hai fatto con noi…-
Hilary lo fissò senza dire una parola, sguardo stupito sul
volto.
-Di cosa stai parlando?-
-Il torneo di due anni fa, quando ci hai preparato quella
tabella di allenamento…-
-Si, mi ricordo. Takao lo aveva strappato dicendo che non aveva
senso che una come me parlasse di beyblade e di allenamenti, invece tu l’hai
seguito e…-
-Sono riuscito a controllare perfettamente dranzer. Ora siamo
pari-
Hilary annuì. Kai, dopo averla fissata per qualche secondo,
richiamò a se Dranzer e si avviò verso la porta.
-Kai?-
Il ragazzo si fermò.
-Grazie!-
Kai non disse niente, e si avviò verso l’uscita. Una volta che
fu sparito, Hilary prese in mano Nemesis e si mise, di nuovo, in posizione. Il
suo allenamento non era ancora finito.
Quando Kai uscì dalla palestra, non fu stupito di vedere Takao
appoggiato contro la parete.
-Dovresti entrare e parlarle-
-Sembrava più interessata a stare con te…-
Kai fissò Takao, poi gli diede un colpo sulla testa.
-Ehi, ma che…-
-Vai a parlare con lei, subito!-
Takao fissò Kai, una mano sulla testa.
-Sai, ti preferivo quando non spiccicavi parola!-
Kai alzò gli occhi al cielo, poi si mise le mani in tasca e si
avviò verso gli ascensori.
-Io ti preferirei meno stupido… ma le preghiere non sempre
vengono esaudite-
Takao fece finta di non avere sentito. Lentamente spostò la
sua attenzione verso la palestra, dove la ragazza aveva ripreso i suoi
allenamenti. Effettivamente, doveva ammettere Takao, era migliorata in quei due
giorni. Sapeva lanciare, aveva un discreto controllo sul bey, e aveva ottimi
scatti. Hilary era brava, per avere appena iniziato. Ad un tratto, il bey di
Hilary sbalzò fuori dalla pista, andando poi a rotolare sul pavimento. Hilary
era andata a recuperare Nemesis e nel sollevare lo sguardo, guardò dalla parte della
porta, e quando lo vide si pietrificò.
-Takao…-
Il ragazzo entrò titubante dentro la palestra.
-Ciao Hilary-
-Che ci fai qui?-
-Io sono venuto per parlarti e…-
-Se vuoi ancora esprimere il tuo parere secondo cui io non
sono in grado di duellare, risparmiatelo. Non ho nessuna intenzione di tornare
indietro, e di rinunciare. Quindi puoi anche andartene-
Takao guardò la sua amica, e per un attimo temette che quello
che aveva intenzione di dirle non sarebbe servito a niente.
-Veramente io… sono venuto a scusarmi-
Hilary fissò sconvolta Takao.
-Che… che cosa?-
Takao si grattò una guancia, arrossendo leggermente.
-Hai capito, voglio scusarmi. Mi sono comportato come… come un
elefante insensibile. Ti ho detto delle cose orribili, lo so, e merito ogni
cosa che mi hai detto, e anche lo schiaffo. Ma io… io ero solo preoccupato per
te. Hilary, io ti voglio bene come se fossi la mia sorellina, lo sai, e l’idea
che ti possa succedere qualcosa e che io non ci sia… mi dispiace tanto Hilary,
sul serio-
Hilary, visibilmente sconvolta, si avvicinò al suo amico, e
gli mise una mano sulla fronte.
-Ehi, ma che fai…-
-No, non hai la febbre. Sei serio quindi?-
Takao si sciolse in un sorriso, prima di prendere la ragazza e
stritolarla in un abbraccio.
-Sei una cretina, lo sai?-
Hilary, per risposta, gli diede un leggero schiaffo sulla
guancia.
-Attenta… guarda che mi fa ancora male-
-Ti sta bene! Così impari a dirmi che non sono in grado di
fare una cosa!-
Takao guardò la ragazza stretta tra le sue braccia e sorrise.
-Allora… pace fatta?-
Hilary sollevò un sopracciglio e lo guardò.
-Tu pensi sul serio che basti chiedere scusa per quello che mi
hai detto?-
-Ma tu…-
-Come minimo mi devi offrire la cena-
-Si può fare-
-E poi, ovviamente, fare delle scuse pubbliche dicendo a tutti
che sei un insensibile elefante che non sa quello che dice!-
-Ora stai esagerando-
Hilary scoppiò a ridere. Poi abbracciò forte il ragazzo, e gli
diede un bacio su una guancia.
-Mi sei mancato… fratellino!-
-Fratellino?-
-Sono nata prima di te Takao, sei tu il fratellino, devi farci
l’abitud..-
Hilary non riuscì a finire la frase, perché Takao iniziò a
farle il solletico. Tutto quello che si sentì in palestra furono le risate di
Takao e le suppliche di Hilary di smetterla.
Kai era al belvedere. Gli piaceva quel posto, gli piaceva
vedere Tokyo la sera, gli piaceva stare lì senza fare altro che guardare,
guardare la città accendere una ad una le sue luci, sentire il rumore della
città che cambiava. Tokyo non dormiva mai, di notte prendeva vita sotto
un’altra forma, si trasformava. E a Kai piaceva vedere quella trasformazione.
Lì poi, nessuno lo disturbava. I suoi amici sapevano che quello era il suo
momento di pace, in cui voleva stare da solo. Per quello fu stupito quando
sentì qualcuno appoggiarsi vicino a lui sulla ringhiera. Quando si girò, una
parte di se non fu stupita di vedere lì lei. Hilary era appoggiata vicino a
lui, non troppo per dargli fastidio, ma nemmeno troppo lontana, per fargli capire
che voleva parlare con lui. Kai tornò a guardare il panorama, aspettando.
Hilary rimase in silenzio per molto tempo, come il ragazzo, intenta a guardare
il panorama della città.
-Capisco perché ti piaccia venire qua… il panorama è
fantastico-
Il ragazzo annuì, senza rispondere.
-Senti Kai… lo so che non ti piace essere disturbato ma,
questo è il solo posto dove so di poterti trovare-
Kai la guardò, e anche Hilary si voltò verso di lui.
-Volevo ringraziarti, di nuovo-
-Per cosa?-
-Per quello che hai detto a Takao. So che dietro le sue scuse
ci sei tu, anche se non so come e, sinceramente, non lo voglio nemmeno sapere.
Ma volevo dirti grazie, grazie per avere fatto ragionare quella scimmia
insensibile con la vitalità di un bradipo-
Kai rise leggermente, seguita da Hilary.
-Era diventato insopportabile… stava per distruggere Daichi
questa mattina-
Hilary lo guardò sconvolta
-E tu l’hai fermato? Potevo liberarmi di quella piccola
scimmia per sempre…-
Kai questa volta rise. Hilary lo fissò stupita
-Kai Hiwatari… stai ridendo?-
Il ragazzo le diede un piccolo colpo sulla testa, provocando
la risata della ragazza. Poi, inaspettatamente, Hilary si avvicinò a Kai, e gli
diede un bacio sulla guancia. Quando si allontanò da lui, Kai vide che il suo
volto era diventato colore bordeaux.
-Grazie ancora, sia per Takao che per il bey-
Detto questo se ne andò, camminando un po’ troppo in fretta.
Quando fu certo che lei non la poteva più vedere, Kai si portò una mano sulla
guancia in cui Hilary lo aveva baciato. Era la prima volta che gli capitava una
cosa del genere, e Kai dovette ammettere a se stesso, che non era una brutta
sensazione.
Hilary fece di corsa la strada che portava dal belvedere
all’hotel dove Mao risiedeva. Entrò dentro la hall di corsa, meritandosi molte
occhiatacce, e si infilò dentro al primo ascensore liberò. Arrivò correndo alla
porta della sua amica e una volta lì, si mise a battere furiosamente sulla
porta.
-Mao, Mao apri, sono io!-
Stava ancora battendo, quando la porta si aprì di scatto,
rivelando una Mao in accappatoio, capelli bagnati e uno sguardo vagamente
indispettito.
-Sai che conosco dodici modi diversi per farti molto male,
vero? E dovresti sapere abbastanza bene che quando faccio il bagno, nessuno ha
il diritto di disturbarmi, a meno che non siamo cose di vitale importanza e…
Hilary, ma che hai? Sei tutta rossa in volto, stai bene?-
Hilary spinse da parte Mao ed entrò in camera. Appena fu
entrata, si buttò a pancia in giù sul letto.
-Certo, fa con comodo! Si può sapere che ti è successo?-
Hilary mugugnò qualcosa d’incomprensibile, soffocando le
parole nelle lenzuola del letto.
-Che hai detto?-
-CredodiavereappenabaciatoKai-
Mao si sdraiò sul letto vicino all’amica, e si mise a portata
di orecchio.
-Hilary, o parli più forte, o non capisco niente di quello che
dici, e se non capisco, non posso aiutarti-
Hilary si girò completamente, e si mise a fissare il soffitto.
-Allora… che è successo?-
-Credo di avere appena baciato Kai-
Mao la fissò allibita. Si mise a sedere di scatto, guardando
fissa Hilary, che era diventata ancora più rossa.
-Hai fatto… COSA?-
-Ho baciato su una guancia Kai…-
La cinese fissò la sua amica sconvolta.
-Tu… tu stai scherzando. Tu non puoi averlo fatto sul serio,
vero? Tu non puoi appena avere baciato chi mi hai detto di avere baciato, vero?
Non l’hai fatto…-
Ma bastò uno sguardo verso Hilary, e Mao capì che era tutto
vero.
-Hilary… ma perché?-
Hilary tornò a fissare il soffitto.
-Non lo so il perché. So solo che stavamo parlando, io l’avevo
appena ringraziato perché è per merito suo se ho fatto pace con Takao e…-
-Aspetta, hai fatto pace con Takao?-
Hilary si mise a sorridere.
-Si. Oggi mi ha chiesto scusa. Ha detto che è stato uno
stupido e che ha detto quelle cose solo perché era preoccupato, preoccupato che
potesse succedermi qualcosa e che lui non avrebbe potuto fare niente per
aiutarmi-
Mao sorrise.
-Incredibile… si è scusato-
-Si è scusato, ed è stato merito di Kai-
-Ma come è possibile?-
Hilary scosse la testa.
-Non lo so, non so cosa gli abbia detto, ne come abbia fatto
ma… Takao era sincero Mao, mi ha veramente chiesto scusa-
-Ok, Takao ti ha chiesto scusa, e sono sorpresa, non lo nego
ma… cosa c’entra questo con il BACIARE KAI?-
Hilary fissò Mao.
-Non lo so, te l’ho detto. Stavamo parlando, io e Kai, perché
lo stavo ringraziando per quello che aveva fatto e anche per avermi detto come
fare con il bey e…-
-Aspetta, aspetta un momento. Kai ti ha anche aiutata con il
bey?-
-Si, per due volte, ma…-
-Aspetta. Kai ti ha aiutata, e tu non me lo hai detto?-
-L’ho detto a Mariam e…-
-Mariam?-
Hilary si mise seduta e guardò Mao.
-Ora non fare l’offesa. L’ho detto con lei perché è la prima
persona che ho visto, ok?-
Mao annuì.
-Ok, farò finta di crederci. Comunque… tu stavi parlando con
Kai e poi? Come sei arrivata al bacio?-
-Stavamo ridendo e scherzando, e ad un tratto, mi sono mossa
da sola. Prima che mi rendessi conto di cosa stavo facendo, l’avevo già
baciato-
-E lui?-
-Lui non ha detto niente, ma anche se avesse detto qualcosa,
non gliene ho dato il tempo. Sono corsa via appena ho capito quello che era
successo, e sono venuta da te-
Mao fissò la sua amica, e, all’improvviso, l’abbracciò forte,
buttando tutte e due sul letto.
-Mao! Ma che fai?-
Mao stava ridacchiando.
-Sai Hilary, credo che quest’anno oltre al torneo noi due
avremmo anche un altro obbiettivo-
Hilary guardò Mao, non capendo cosa le stesse dicendo.
-Che vuoi dire?-
Mao sorrise, un sorriso che Hilary conosceva bene, un sorriso
che non portava mai niente di buono.
-È semplice, durante il torneo io e te abbiamo un obbiettivo:
io cercherò di farmi notare da Rei e tu… cercherai di conquistare il freddo e
distaccato Hiwatari-
-MAO! Ma che dici?-
La rosa fissò la sua amica.
-Tesoro, perché è naturale. Ci può essere solo un motivo per
cui una ragazza bacia inconsapevolmente un ragazzo, vuol dire che quel ragazzo,
le piace. Hilary, lascia che ti dica come stanno le cosa: tu ti sei presa una
bella cotta per il bel russo dagli occhi viola-
-Sono ametista-
Mao la guardò.
-Visto?-
Hilary fissò sbalordita Mao.
-A me non piace Kai. È la cosa più assurda che qualcuno mi
abbia mai detto. Ma figurati…-
-Mi hai appena corretto sul suo colore degli occhi!-
-Perché non sono viola, sono ametista. È come dire che tu hai
i capelli viola, in realtà sono rosa!-
-Non essere così pignola… e poi lo sai, io sono esperta di
queste cose!-
-Ah si? E da dove ti viene tutta quest’esperienza?-
Mao guardò Hilary, sollevando un sopracciglio.
-Vediamo, ah si, dal fatto che mi piace Rei da… sempre? Ormai
li so riconoscere i sintomi e fidati… a te il russo piace, che tu lo voglia o
no!-
-A me Kai non piace!-
-Come vuoi… ma negare la realtà non serve-
-Ma ti ho detto…-
Mao alzò le mani, in segno di resa.
-Si, si, ho capito, fa come ti pare. Senti, visto che sei qui,
che ne dici di fermarti a cena? E poi ci mettiamo a vedere un film e dormi
qui?-
Hilary guardò Mao, sorriso sulle labbra.
-Ordiniamo il servizio in camera e lo addebitiamo alla camera
di tuo fratello?-
-È per questo che sei la mia migliore amica!-
Le due ragazze si misero a ridere. Alla fine del soggiorno,
Lai avrebbe avuto un conto molto salato da pagare all’albergo.
Era notte. Una persona solitaria stava camminando su una
vecchia strada abbandonata. Una volta doveva essere stata una via sontuosa, si
vedevano ancora i frassini che una volta dovevano contornare la strada e
accompagnare il visitatore nel suo percorso, ma ora tutto di quell’antico
splendore era rimasto poco. La vegetazione aveva preso il sopravvento, le
erbacce erano ovunque, e gli alberi erano stati lasciati a loro stessi. Dopo
quella che sembrò un’eternità, la figura poté finalmente vedere emergere dal
buoi, la casa che stava cercando. Era incredibile come, anche se fossero
passati così tanti anni, più di tredici anni, la casa sembrasse ancora così
solida. Eppure, bastava andare vicino per vedere i segni che qualcosa di molto
grave era successo. I vetri delle finestre erano per la maggior parte rotti, la
vegetazione aveva ricoperto i muri e si intuiva che doveva essere penetrata
anche all’interno, la porta era divelta, un’anta del portone era completamente
sparita mentre l’altra era ancora lì, anche se malandata. Ma quello che
sconvolgeva chi vedeva quella casa era il nero. Le pareti esterne erano nere, e
si intuiva chiaramente che a distruggere quella villa, che doveva essere stata
meravigliosa, era stata solo una cosa: il fuoco. La figura scura si avviò a
passo spedito verso la porta d’ingresso. Entrò dentro, e accese una piccola
torcia elettrica. L’interno era ancora più sconvolgente del fuori. Il fuoco si
era mangiato tutto, aveva consumato l’interno, senza lasciare praticamente
niente. Ma alla figura non importava, lui stava cercando solo una cosa. Si
mosse con molta sicurezza dentro quello scheletro vuoto. Attraversò stanze
abbandonate, fino ad arrivare ad un punto preciso. In un lato di un muro,
nascosto da travi che erano crollate dal soffitto, si vedeva un’apertura.
Improvvisamente, la memoria dell’uomo tornò ad assalirlo all’improvviso, e la
casa tornò in vita. Le pareti da bruciate, tornarono al loro antico splendore,
i mobili si ricomposero, i vetri rotti tornarono al loro posto, e lui non stava
guardando una parete in rovina, ma una parete intatta, e precisamente stava
guardando un quadro, un quadro di un uomo, una donna, e un neonato.
-Non è bella la mia famiglia?-
Lui si voltò e la vide. Era la donna del quadro che gli aveva
parlato. Era la donna più bella che lui avesse mai visto e se ne innamorò
subito, per lui fu amore al primo sguardo. La sua voce poi, era la voce più
armoniosa che le sue orecchie avessero mai udito. Ma ora, quella voce, era la
voce che lo tormentava.
-Bellissima-
-Anche tu dovresti sposarti, sai? Non puoi capire quali tesori
una famiglia tutta tua possa darti…-
Il ricordo, così come era arrivato, scomparve. La donna aveva
ragione, le famiglie possono nascondere tesori importanti. L’uomo si avvicinò e
cercò di abbattere le assi attorno all’apertura. In pochi attimi, davanti agli
occhi dell’uomo comparve quella che doveva essere stato l’ingresso al corridoi
nascosto e poi una serie di gradini che scomparivano sotto terra.
-È ora che, finalmente, tu mi dia i tuoi tesori-
Poi, seguendo la scia luminosa formata dalla sua torcia,
l’uomo si avviò per la scala, scendendo nelle viscere del suolo, scomparendo
nell’oscurità di cui sembrava essere fatto anche lui.
Eccomi qua, con questo capitolo. Devo dire che questo capito,
per me, è molto importante. Ora si entra di più dentro la storia, si iniziano a
risolvere alcuni misteri, mentre altri si infittiscono ancora di più. Mi piace
anche il fatto che il capitolo veda pochi personaggi. Volevo fare un capitolo
un po’ più intimo, e mi sembra di esserci abbastanza riuscita, ma come sempre,
voi lettori siete i giudici, quindi fatemi sapere!
Spero che Kai non risulti troppo OOC… qui avevo bisogno di lui
in questa forma, spero di non avere deluso i fan di questo personaggio! Io ci
provo a farli tutti il più fedeli possibili ai caratteri originali, quindi
spero di non avere fatto un brutto lavoro!
Per quanto riguarda l’ultima parte... non dico niente, ma
sappiate che è molto importante. Quindi, ricordatevi bene quello che c’è
scritto, potrà tornare utile nel corso della storia! ;)
Altra notizia importante: anche le scrittrici vanno in
vacanza, e ora è il mio turno. Andrò via per ben tre settimane, partirò a metà
di questa settimana, e prima di fine mese non ritornerò. Voi starete pensando,
e allora? Bene, dove vado, non ho connessione internet, e quindi non mi porto
dietro nemmeno il computer, di conseguenza NON
AGGIORNERO’. Penso che il
PROSSIMOAGGIORNAMENTO sarà
intorno alla prima settimana di Settembre, massimo la seconda.
Quindi state tranquilli, la storia non sarà sospesa, riprenderà al mio ritorno,
promesso!
A questo punto io ringrazio tutti quelli che hanno letto il
capitolo, chi ha letto fino ad esso la storia, grazie alle 4 persone che hanno
messo la storia tra le preferita, alle 9 che l’hanno messa nelle seguite e alla
persona che l’ha messa nelle ricordate! Grazie, grazie di cuore, e come sempre,
se volete, lasciate un commento, a me fa piacere.
Un bacio grande a tutti, buone vacanze, ci rivediamo al mio
ritorno. Con tanto affetto
Capitolo 6 *** L'importante è avere accanto dei buoni amici ***
L’importante è avere accanto dei buoni amici
L’importante è avere accanto dei buoni amici
Tra tutte le cose che gli erano capitate nella vita, quella di
essere baciato da una ragazza era un’assoluta novità, e per qualche strana
ragione, quel ricordo, il ricordo della bocca di Hilary sulla sua guancia, non
lo faceva dormire. Bacio, non si poteva nemmeno definire un bacio… insomma, gli
aveva baciato una guancia! Cosa c’era che lo tormentava così tanto? Dopo
l’ennesina giravolta nel letto, Kai scostò le coperte e si alzò. Guardò la
sveglia appoggiata sul comodino, segnava le 02:24 di mattina. Fece un rapido
calcolo mentale. A Mosca erano le 21:30. Senza indugio prese il telefono e
compose il numero. Non dovette aspettare molto prima di sentire la voce
dall’altra parte
-Hiwatari… questa si che è una sorpresa-
-Risparmia il sarcasmo Ivanov-
-Il tuo caratteraccio non è cambiato vedo-
Kai rimase in silenzio. Alla fine, fu il russo dall’altra
parte a parlare
-Di solito, quando qualcuno chiama una persona vuol dire che
ha delle cose da dirgli-
-Sono successe delle cose…-
-Cose?-
-Ci sarà il torneo tra poco…-
-Lo so-
-C’è una nuova squadra quest’anno-
-Ah-
-Sono le ragazze-
-Ragazze?-
Kai annuì. Poi, ricordandosi che Yuri era al telefono, riprese
a parlare
-Si. La squadra è formata da Mao, dei White Tiger-
-Vuoi dire la ragazza di Kon?-
Kai rimase un attimo interdetto.
-Non è la ragazza di Rei…-
-A lei non dispiacerebbe-
-Yuri-
-Mi scusi, grande Hiwatari. Prego, continui-
-Poi Mariam, degli Scudi Sacri, Julia Fernandez degli F-Sangre
e…-
Kai si zittì. Perché ora persino pronunciare il suo nome era
difficile? Yuri rimase in silenzio, in attesa. Improvvisamente aveva capito che
Kai era nervoso, o, anche se faceva fatica a crederlo, agitato.
-… e Hilary-
Disse alla fine. Dall’altra parte ci fu un lungo silenzio,
poi, Yuri si schiarì la voce.
-Vuoi dire la vostra manager?-
-Esatto-
-Quella che non ha mai duellato-
-Si-
Altro silenzio. Kai poteva quasi immaginarsi il volto allibito
del suo collega russo.
-E questo cosa dovrebbe avere a che fare con me?-
Chiese alla fine il blaider dai capelli rossi. Kai si stava
domandando la stessa cosa. Perché aveva telefonato a Yuri?
-Informazione-
-Ah… e questa cosa doveva proprio essere detta alle nove e
mezza di sera?-
-…-
-Che ore sono lì?-
-Le due e mezza di mattina…-
-Interessante…-
-Cosa?-
-Perché il fatto di una squadra tutta al femminile non ti fa
dormire? Posso immaginare il perché, ma non ti facevo così…-
-Attento a ciò che dici, Ivanov-
Yuri si mise a ridere dall’altra parte del ricevitore, ma si
bloccò subito quando il bliader della fenice riprese a parlare
-Cosa sai di Vorkov?-
-…Vorkov?-
-Si-
-Niente-
-Bene-
-…. Perché lo chiedi?-
-Daitenji mi ha chiesto di lui l’altro giorno. Di lui e di mio
nonno-
Un lungo silenzio seguì la frase di Kai. Per un attimo il
ragazzo pensò che la linea fosse caduta, ma poi Yuri riprese a parlare.
-Credi che possano tramare di nuovo qualcosa?-
-Non lo so, ma questa cosa non mi piace-
-Perché Daitenji ti ha chiesto una cosa del genere?-
-Per precauzione mi ha detto. Non vuole altri problemi come
per l’ultimo torneo…-
-Mi sembra una scusa poco convincente-
-Lo penso anche io-
I due ragazzi rimasero in silenzio, entrambi persi nei propri
pensieri. Alla fine, fu Yuri a parlare di nuovo per primo
-Capisco allora perché non riesci a dormire-
-…-
-Farò delle ricerche, se questo può aiutare. Se Vorkov ha
messo piede in Russia, lo saprò-
-Bene-
-C’è altro?-
-No-
-Perfetto. Se avrò informazioni ti farò sapere, altrimenti ci
vediamo per l’inizio del torneo-
-A presto Ivanov-
-A presto Hiwatari-
Una volta che la telefonata fu chiusa, Kai si avvicinò alla
finestra della sua camera. Non dormiva al dojo. Aveva preferito prendere in
affitto un piccolo appartamento, dove potere stare da solo lontano da tutti.
Nessuno sapeva dove abitava, e a lui andava bene così. Non era stato nemmeno
difficile firmare un contratto d’affitto. Il suo tutore, il nonno, era in
prigione, e lui ormai si era emancipato. Ancora pochi mesi e sarebbe stato
maggiorenne, entrando così in pieno possesso di tutti i suoi averi, compresa la
villa dove aveva abitato suo nonno in Russia, e la proprietà del monastero dove
Yuri e gli altri continuavano a vivere. Forse, alla fine, si sarebbe stabilito
definitivamente in Russia. Ma per adesso, gli andava bene vivere così. Almeno
un anno lo voleva vivere senza preoccupazioni, o pensieri, e voleva giocare in
un torneo senza problemi. E adesso, l’ombra di suo nonno tornava a tormentarlo.
Hilary aveva deciso che mai più avrebbe dormito con Mao. Aveva
passato tutta la notte a lottare con la cinese per il possesso delle coperte,
lotta vinta dalla rosa, e a sopportare i suoi continui movimenti nel letto. Di
conseguenza, Hilary aveva dormito, si e no, quattro ore, e quella mattina era
stanca morta. Seduta al tavolo della colazione nel ristorante dell’albergo,
stava ascoltando, per la centesima volta, le scuse di Mao
-Mi dispiace, ok? Di solito non mi muovo così tanto nel letto…
non so perché. Mi dispiace, ok?-
Hilary la guardò, accigliata, ma di fronte al viso
supplichevole della sua amica, non poté non trattenere un sorriso.
-Va bene, sei perdonata. Ma io con te non ci dormo più-
Mao le regalò un enorme sorriso, prima di buttarsi sul cibo
che aveva preso per la colazione. Anche Hilary si mise a mangiare. Dopo tutto,
come poteva rifiutare una colazione gratis? Mentre stavano parlando e
chiacchierando del più e del meno, si sentirono chiamare da una voce fin troppo
conosciute
-Mao, Hilary! Buongiorno-
Fermo a pochi passi dal loro tavolo, c’era Rei.
-Rei!-
Disse tutta sorridente Hilary. Era da molto tempo che non
vedeva il suo amico. Si alzò di scatto dal tavolo e buttò addosso le braccia al
ragazzo. Rei rispose all’abbraccio, prima di scostarla leggermente da se e di
guardarla negli occhi
-Ma che combini Hilary? Perché non mi avevi mai detto che
volevi diventare una blaider?-
Hilary ridacchiò
-Perché non ne avevo la minima intenzione-
Anche Rei si mise a ridere. Poi si allontanò dalla castana, e
guardò Mao
-Ciao Mao-
-Ciao…-
Disse la rosa.
-Posso unirmi a voi?-
Mao annuì semplicemente, ancora inebetita. Rei si sedette di
fianco a lei, mentre Hilary tornò al suo posto.
-Allora, mi volete spiegare cosa sta succedendo?-
Rei aveva parlato al plurale, ma stava guardando la rosa.
Visto che la ragazza, però, sembrava completamente persa in un mondo tutto suo,
rimase a fissarlo a bocca aperta, senza spiaccicare parola, ma arrossendo ogni
secondo sempre di più. Hilary, vedendo la sua amica completamente persa, le
diede un calcio sotto il tavolo. Mao, sentendosi tirare un calcio, si voltò
verso la ragazza, sconvolta.
-Ahi, mi hai fatto male-
-Oh, scusa. Pensavo fosse la gamba del tavolo…-
Disse Hilary, fingendosi sorpresa. Intanto Rei non faceva che
spostare lo sguardo da una ragazza all’altra.
-Ragazze, tutto bene?-
Chiese leggermente preoccupato. In quel momento, sembrò che
Mao si fosse come risvegliata, e il suo cervello aveva ripreso a funzionare. Si
voltò verso Rei, sorriso smagliante sul volto.
-Si certo, tutto bene. Allora, che cosa vuoi sapere?-
-Cosa state combinando?-
-Abbiamo solo formato una squadra tutta al femminile. Che c’è,
nemmeno a te sta bene? Non sarai venuto a farmi la predica anche tu, vero?-
Rei fissò Mao stupito, poi si mise a ridere.
-No, non ti preoccupare. Credo ti sia già bastata quella di
Lao-
-Te lo ha detto?-
Rei annuì.
-Mi ha chiamato indignato subito dopo che aveva parlato con
te. Mi ha chiesto di venire subito e farti ragionare-
-Che cosa? Giuro che se lo prendo lo ammazzo! Io ragiono perfettamente!
Ma come posso fare ad avere un fratello così misogino, maschilista e
tremendamente cocciuto?-
Ma Rei scosse la testa, e appoggiò una mano sulla spalla della
ragazza.
-Non ti preoccupare Mao. È solo preoccupato per te, tutto qui-
Mao, colta alla sprovvista da quell’inaspettato tocco della
mano del ragazzo, rimase zitta e immobile. Fu Hilary, a quel punto, a parlare
-Allora come mai sei qui? Cosa ti porta a Tokyo? Il torneo
inizia tra un mese-
-Allenamenti-
Sia Mao che Hilary lo fissarono, sorprese.
-Allenamenti?-
Chiese la cinese.
-Esatto. Takao ha chiamato me e anche Max. Vuole iniziare
subito con gli allenamenti in vista del torneo. Non vuole che ci troviamo
impreparati. A quanto pare c’è una nuova squadra tutta al femminile nel torneo…
chissà se sarà in grado di batterci-
Disse Rei con un sorriso enorme sul volto. A quel punto Mao,
orgogliosa del suo team, rispose prontamente.
-Fate bene ad allenarvi, perché non vi lasceremo certo vincere
in modo facile. Solo perché ci conosciamo da praticamente tutta la vita, non
vuol dire che ci andremo leggere! Noi puntiamo al titolo mondiale, giusto
Hilary?-
Hilary la fissò con un sopracciglio alzato, un po’ perplessa.
-Non ti sembra di stare esagerando ora? Io non sono nemmeno
riuscita a battere te…-
-Sciocchezze! Vedrai che per l’inizio del torneo sarai
perfetta. E poi, puoi sempre chiedere aiuto al freddo e asociale russo Kai di
aiutarti, no?-
Le disse Mao, con un sorriso sarcastico sul volto. Hilary, a
quell’affermazione, divenne tutta rossa in viso, e fulminò la cinese con lo
sguardo
-Guarda che non sei simpatica…-
-Oh andiamo! Ti ha già prestato il suo aiuto prima, potrebbe
rifarlo. E poi, se ti aiuta, puoi sempre ringraziarlo come hai fatto ieri sera
con un bac…-
Mao non riuscì a finire la frase perché Hilary le tirò un
calcio su un piede, questa volta con l’intento di farle male sul serio.
-Ahia! Ma sei impazzita del tutto?-
-Vuoi smetterla di dire cose a vanvera?-
-Non sono mica io quella che va in giro a baciare a caso…-
-Io non vado in giro a baciare nessuno, chiaro?-
-E ieri sera?-
Mentre le due ragazze litigavano, nel tipico modo di fare
delle migliori amiche, si erano completamente dimenticate del cinese seduto al
loro tavolo. Rei, infatti, aveva ascoltato senza aprire bocca, un po’ perché
sapeva bene che mettersi in mezzo a quelle due mentre discutevano non era una
cosa sensata, poi perché era troppo sbalordito da quello che Mao aveva detto.
Kai aveva aiutato Hilary? Quel Kai che anche solo per farlo allenare insieme
alla squadra bisognava pregarlo in sei lingue diverse? Kai che aiutava Hilary?
E poi… cosa? Si erano baciati?
-Tu hai baciato Kai?-
Le due ragazze si zittirono di colpo. Hilary si voltò
lentamente verso l’amico, poi, rossa in volto, annuì piano.
-Hai baciato Kai? Sul serio?-
-Su una guancia. Non so nemmeno perché l’ho fatto! Io…-
-Lo so io perché l’hai fatto-
Bofonchiò Mao, che si meritò un’occhiataccia da parte della
castana.
-Tu hai baciato Kai su una guancia?-
Hilary sospirò rassegnata.
-Non è stato niente di che, credimi. Stavamo parlando, e lo
stavo ringraziando per quello che aveva fatto, per i consigli con il bey e per
avere parlato con quella testa vuota di Takao e per averlo fatto ragionare. Era
solo un modo per ringraziarlo. Mi sono resa conto troppo tardi che l’avevo
baciato, è stata una cosa… spontanea, non c’era malizia, lo giuro. Volevo solo
ringraziarlo, tutto qui-
Rei fissò sconvolto Hilary, anche se trovava la cosa
stranamente divertente. Si stava, infatti, immaginando la reazione del suo
amico, e una parte di Rei provava una strana gioia perversa nel pensare
all’imbarazzo che doveva avere provato Kai, per niente abituato agli slanci
d’affetto delle persone. Rei si ritrovò a sorridere, mentre una strana idea
prendeva forma nella sua testa.
-Non ti preoccupare Hilary, sono certa che Kai sa che non
avevi altre intenzioni. Poi, anche se non si direbbe, anche Kai è un ragazzo
come tutti noi. Non ho mai conosciuto nessuno che si sia lamentato per avere
ricevuto un bacio da una bella ragazza-
A questa affermazione, Hilary divenne ancora più rossa. Il
cinese, tuttavia, non aveva ancora finito.
-Poi dovrei ringraziarti-
Hilary e Mao guardarono sorprese il ragazzo.
-Ringraziarmi?-
Rei annuì.
-Si, certo. Tu non sai quanto potrò prendere in giro Kai per
questa cosa… grazie-
Hilary guardò allibita Rei, poi si voltò verso Mao. Quando le
due ragazze si guardarono negli occhi, scoppiarono a ridere, seguite subito
dopo da Rei. Quella era decisamente un ottimo modo per iniziare una giornata.
Kai stava pensando che giornata peggiore non ci poteva essere.
Non solo non aveva dormito, ma ora doveva persino sopportare… questo.
-Ti vuoi calmare?-
Chiese per la centesima volta nel giro di dieci minuti.
-Non sono ancora venuti! Avevo detto che dovevano sbrigarsi…
perché ci mettono tanto?-
Kai strinse le mani a pugno per cercare di calmarsi.
-Se non ti fermi giuro che ti prendo a pugni-
Qualcosa nel tono della voce del russo fece gelare sul posto
tutti quanti i presenti. Takao si fermò di colpo, interrompendo la sua
camminata, Daichi, che non aveva fatto altro che continuare a mangiare, si
fermò con la bocca aperta. Persino nonno Jey, che stava passando per la cucina
per caso, rimase interdetto di fronte al tono del blaider russo. Takao,
intimidito, si mise seduto al tavolo, e rimase fermo per cinque minuti buoni,
senza fiatare e senza fare niente. Alla fine, a salvare da quella situazione di
stallo, fu il campanello.
-Hanno suonato-
Dissero in coro Takao e Daichi, prima di precipitarsi alla
porta. Kai si maledì tra se. Ma cosa gli era venuto in mente di tornare con i Bladebreakers?Sperava che almeno fosse stato Rei a
suonare. Non ce la poteva fare a sopportare Takao, Daichi e Max. Con molta
calma anche Kai si diresse verso la porta. Ancora prima di arrivare aveva già
capito di chi si trattava, e si ritrovò a maledire ancora quella giornata.
-Sono arrivato appena ho potuto, Takao. Mi hai chiamato only
two days ago, ero in America!-
-Ma ci hai messo lo stesso una vita-
-Ho dovuto prenotare un biglietto aereo da New York a Tokyo in
un giorno! It wasn’t easy-
-Ci hai messo comunque troppo e…-
-Dacci un taglio Takao-
Disse Kai. Max si voltò verso il ragazzo russo
-Kai, hi!-
Il russo semplicemente annuì con la testa, in segno di saluto.
-Sempre di poche parole, eh?-
-Io non ci farei troppo caso Max. Oggi è di pessimo umore-
Disse subito Takao, in soccorso dell’amico.
-Perché, è mai di buon umore?-
Tutti si voltarono verso la porta.
-Rei!-
Esclamarono contemporaneamente Takao e Max.
-Ciao ragazzi. Come va?-
Takao si precipitò verso il ragazzo, un dito puntato contro di
lui
-Sei in ritardo Rei. Come mai ci hai messo tanto?-
Rei lo fissò tranquillamente, mentre entrava dentro al dojo
con calma.
-Scusa Takao, mi sono fermato a fare colazione-
-Colazione? Tu fai colazione quando qua noi dobbiamo
allenarci?-
Rei, intanto, era andato verso Kai, che salutò il suo amico
con un cenno del capo, stesso modo con cui ricambiò il cinese. Poi, con un
sorriso sarcastico sul volto, senza mai voltarsi verso Takao, riprese a parlare
-Diciamo che ero a spiare il nemico-
Takao fissò la schiena di Rei stupito, poi si voltò verso Max,
che rispose stringendosi nelle spalle.
-What do you mean?-
-Ero con Mao e Hilary-
Al sentire nominare il nome di Hilary, Kai si irrigidì
leggermente. Nessuno aveva fatto caso al gesto del russo, tranne Rei, che si
aspettava proprio una reazione del genere.
-Eri con Mao e Hilary?-
Rei annuì.
-Si, siamo stati insieme fino a dieci minuti fa-
-E che hai scoperto?-
Gli chiese Takao.
-Oh, niente d’importante Takao. Abbiamo parlato di un po’ di
cose, tra cui il torneo e… di una cosa accaduta ieri sera ad Hilary-
Takao, subito entrato in modalità fratello maggiore, e
pensando subito al peggio, corse verso Rei, preoccupato.
-Che le è successo? Sta bene?-
Rei sorrise, annuendo.
-Si, tranquillo. Non è niente di che-
-Ma tu hai…-
-Non ti preoccupare. Diciamo che Hilary ha avuto un piccolo
incidente con una guancia…-
-Una guancia?-
Chiesero in coro Takao e Max, disorientati. Ma Rei stava
fissando solo Kai, se era leggermente arrossito. Oh, si sarebbe divertito molto
durante il torneo.
-Allora, sbaglio o parlavi di allenamento Takao? Che stiamo
aspettando?-
Poi, senza aggiungere altro, Rei si incamminò verso il
cortile, sede degli allenamenti dei Bladebreackers. Alla fine fu Daichi,
l’unico a non avere detto niente fino a quel momento, ad esprimere il pensiero
generale di tutti
Le ragazze si erano allenate duramente quel giorno. Non solo
Hilary aveva continuato a fare pratica, ma anche le altre ragazze si erano
allenate. Avevano fatto una sorta di piccolo torneo, sfide secche le uno contro
le altre. Alla fine, la vincitrice in assoluto era stata Julia, che aveva
battuto tutte e tre. Ma la vera sorpresa era stata Hilary. Il suo modo di
duellare era migliorato notevolmente, e aveva quasi buttato fuori dal ring
Mariam, ad un certo punto, anche se poi la ragazza dai capelli blu era riuscita
ad avere la meglio. Tuttavia, Hilary era riuscita a battere Mao. Cogliendo di
sorpresa tutti, aveva spazzato via Galux dal ring dopo un attimo di distrazione
della cinese. Tutte erano rimaste ferme immobili ad osservare Nemesis girare
ancora e Galux fermo sul pavimento. Poi si era scatenato l’inferno. Mao era
corsa ad abbracciare Hilary, complimentandosi con lei per la straordinaria
vittoria, Mariam aveva annuito felice, e aveva anche tirato un sospiro di
sollievo. Il fatto che Hilary avesse battuto Mao voleva dire solo una cosa:
avevano una chance nel torneo. Ma la reazione migliore era stata quella di
Julia. La spagnola, infatti, aveva tirato fuori il suo telefonino e aveva
scattato una foto al ring, immortalando il momento. Mao, le aveva chiesto, a
metà tra il divertito e l’indignato
-Julia! Ma che fai?-
Julia le aveva regalato uno dei suoi soliti sorrisi
-Faccio solo una foto per ricordare l’evento-
-Mi sembra un’ottima idea-
Disse tutta sorridente Mao.
-¿Cómo es eso así contento? Tú tienes perdido. Seis extrañas
muchachas…-
(#) Come mai sei così contenta? Tu hai perso. Sei strana
ragazza…
Mao la fulminò con lo sguardo
-Sono contenta per Hilary scema-
-Como quieres tú... muchacha extraña!-
(*) come vuoi tu… ragazza strana
Mao fece finta di ignorare l’ultimo commento di Julia, e si
concentrò invece su Hilary, che era rimasta ferma ad osservare Galux fuori dal
ring.
-Ho vinto…-
-Si Hilary! Hai vinto!-
Disse Mao
-Non ci fermerà niente e nessuno ragazze, ve lo dico io. Tre
giorni e, Hilary sei già riuscita a battere un avversario. Te lo dico io, tra
tre settimane sarai già una campionessa-
Le disse Mariam. Hilary annuì contenta. Per la prima volta
anche lei pensava che ce la potessero fare. Avrebbe lottato con tutta se stessa
nel torneo, e avrebbe dato il cento per cento. Era una cosa che, come minimo,
doveva alle sue splendide amiche. Tutta felice, richiamò a se il suo bey, che
volò tranquillo nella sua mano.
-Ancora non riesco a credere che tu ce l’abbia fatta! Sei
stata straordinaria-
Le disse Mariam. Hilary fissò il suo bey, poi si voltò verso
la ragazza dai capelli blu.
-Sono solo stata attenta. Non mi sono mai distratta, e appena
ho visto un attimo d’esitazione in Mao, ho attaccato. È così che si fa, no?-
Mariam annuì.
-Seis grande Hilary! Has entendido solo como hacer,
extraordinario!- (§)
(§) Sei grande Hilary! Hai capito da sola come fare,
straordinario
Le disse tutta raggiante Julia. Hilary, però, arrossì un poco.
-Veramente non l’ho capito da sola. Me lo hanno detto-
-Chi?-
Chiesero in coro Mariam e Julia. Mao invece, che sapeva già
cosa stava per dire la sua amica, si mise a ridacchiare, provocando ancora di
più una colorazione rossa sul volto della sua amica.
-È stato Kai a spiegarmelo-
Disse alla fine. Nella palestra calò il silenzio. Tutte e tre
stavano guardando Hilary, Mao visibilmente divertita, Mariam leggermente
stupita ma non troppo, Hilary le aveva già detto che il russo l’aveva aiutata
in precedenza, mentre Julia era totalmente sconvolta.
- ¿Kai, el frío y asocial ruso? ¿estamos hablando de aquel muchacho?
¿él te ha ayudado?-
Kai, il freddo e asociale russo? Stiamo parlando di quel
ragazzo? Lui ti ha aiutato?
Hilary annuì.
-Si, lo so che sembra strano, ma…-
Hilary si strinse nelle spalle. Nella palestra nessuno parlò
per qualche minuto. Poi, come sempre, fu Julia a risolvere la situazione.
-E così te la fai con il russo, è? Optimiza jugada!-(£)
(£)Ottima giocata
Hilary la fissò sconvolta!
-Julia!-
Urlò sconvolta e imbarazzatissima. Le altre ragazze
scoppiarono a ridere. Amiche, certe volte le vorresti uccidere, ma guai se non
ci fossero. Alla fine, anche Hilary si unì alla risata.
Kai non aveva voglia di parlare. Non aveva voglia di allenarsi
con i ragazzi, non voleva stare in mezzo alle persone. E, soprattutto, non ce
la faceva più a sopportare il sorriso ironico di Rei. Appena ne aveva avuta la
possibilità, il russo se l’era svignata dal dojo, in cerca di un po’ di
solitudine. Non ci poteva credere. Come aveva potuto Hilary raccontare a Rei
quello che era successo ieri sera? Cosa le era saltato in mente? Non che ci
fosse niente di male, ma… perchè se la prendeva così tanto? Non era niente di
che, era solo un bacio innocente su una guancia. Un bacio che non lo aveva
fatto dormire la notte, per essere precisi. Kai si mise una mano sul volto,
sconsolato.
-Questa si che è una cosa che non si vede spesso-
Il blaider si voltò di scatto. Dietro di lui, c’era Rei.
-Che ci fai qui?-
-Credevi che non sapessi che alla prima occasione te la
saresti svignata? Ti conosco bene, ormai Kai-
Il ragazzo non disse niente. I due camminarono un po’ in
silenzio, fianco a fianco. Rei sapeva che non poteva spingersi troppo con il
ragazzo, se voleva farlo parlare. Il modo migliore era aspettare un po’, e
aspettare ancora. Infatti, poco tempo dopo, fu Kai a rompere il silenzio
-Non c’è niente tra me e Hilary-
-Lo so bene-
-L’ho solo aiutata-
-Lo so, me lo ha detto-
-Non era una cosa maliziosa-
-So anche questo, la conosco bene Hilary-
-Quindi non dovrebbe essere una faccenda così grande-
-No, non dovrebbe-
-Ma lo è-
-Si, lo è-
Kai si voltò verso il cinese.
-Sai formulare una frase sensata, o ripeti solo a pappagallo?-
Rei si mise a ridere, mentre appoggiava una mano sulla spalla
dell’amico
-Se sapevo che bastava un bacio per farti parlare, avrei detto
ad Hilary di farlo molto prima-
Kai lo fulminò con lo sguardo, mentre Rei continuava a ridere.
Arrivarono al belvedere camminando in silenzio. Una volta che si furono seduti,
fu Rei a riprendere il discorso
-Hilary era tutta rossa quando raccontava quello che era
successo. Ha detto che l’ha fatto senza pensare, una volta che aveva realizzato
di averti baciato, era troppo tardi. Voleva solo ringraziarti-
-Lo so-
-Allora come mai ti ha sconvolto tanto?-
Kai buttò la testa all’indietro, cercando di riorganizzare i
pensieri.
-Non ci sono abituato-
-Non è un buon motivo-
-Rei…-
-Vuoi un consiglio da amico?-
Kai annuì.
-Prendila per quello che è, non pensarci troppo. Voleva solo
esprimerti la sua gratitudine e anche il suo affetto per te-
-Affetto? Per me?-
Rei rise, scuotendo la testa.
-Kai, lascia che ti dica una cosa. Per Hilary non sei un
estraneo, lei ti considera un amico. È normale volere bene ad un amico-
Kai rifletté molto su quello che il suo amico gli aveva detto.
Poi, arrivò ad una conclusione
-Le donne sono complicate…-
-Si amico, ci puoi giurare. Ed è anche bello vedere che anche
tu, con il gentil sesso, non ci capisci niente-
A quell’affermazione, stranamente, Kai si mise a ridere. Rei
lo fissò stupito, poi si mise a ridere anche lui.
-Veramente Kai, se avessi saputo che per scongelarti bastava
un bacio ci saremmo risparmiati un sacco di problemi-
Una volta finiti gli allenamenti, Hilary aveva salutato le sue
amiche e si era diretta verso casa. Era passato molto tempo dall’ultima volta
che aveva dormito a casa sua, e quella sera, doveva assolutamente tornare. Se
no poi chi lo sentiva suo padre… ma Hilary sapeva fin troppo bene come placare
le ire paterne. Si incamminò veloce verso il piccolo supermercato vicino a casa
sua. Quella sera avrebbe cucinato lei per lui. Aveva fatto una spesa veloce,
senza prendere troppe cose. Suo padre era un uomo che amava la semplicità, e le
cose buone. Hilary era diretta alle casse quando, girando in una corsia, andò a
sbattere contro una persona. Stava quasi per cadere a terra quando una mano la
afferrò, tirandola su. Il risultato fu che andò a sbattere contro il petto
della persona con cui si era scontrata.
-Tutto bene?-
Gli chiese lo sconosciuto. Hilary annuì, mentre si
allontanava.
-Si, grazie. Anzi, mi dispiace, è colpa mia se…-
Hilary non finì la frase perché si ritrovò davanti all’ultima
persona che si sarebbe mai aspettata di vedere in un supermercato.
-Kai?-
Chiese quasi esitante. Il ragazzo sembrava sorpreso tanto
quanto lei.
-Cosa ci fai qui?-
Chiesero quasi contemporaneamente. Entrambi erano imbarazzati,
e rimasero in silenzio. Alla fine fu la ragazza a spezzare la tensione
-Vivo qui vicino. Vengo spesso qui…-
Kai annuì, senza dire niente. Continuava a fissarla, e Hilary
si sentiva arrossire sempre di più. “Ti prego, di qualcosa” continuava a
ripetersi la ragazza. Alla fine, la sua preghiera fu esaudita
-Anche io abito qui vicino…-
Hilary lo fissò sorpresa per quello che le aveva detto.
-Non stai da Takao?-
Il russo scosse la testa. Solo allora Hilary si rese conto che
il ragazzo teneva in una mano un piccolo cesto per la spesa. A quella vista, la
ragazza non poté non trattenere un piccolo sorriso, che non sfuggì al ragazzo.
-Cosa c’è di così divertente?-
Hilary scosse il capo, sempre sorridendo.
-No, niente. È solo che… tu stai facendo la spesa!-
-Ed è una cosa divertente?-
Le chiese lui, un po’ indispettito.
-No, scusa. È solo che è una cosa che non avevo mai pensato tu
potessi fare-
A quella affermazione, il ragazzo rispose solo alzando un
sopracciglio. Hilary si affrettò subito a spiegare il suo punto di vista
-Non volevo offenderti, ok? Ma nella mia mente tu ci sono cose
che non fai, e la spesa è una di queste-
-Perché non dovrei fare una spesa?-
Hilary lo fissò imbarazzata
-Da quando tu parli così tanto?-
-Da quanto tu non rispondi alle domande?-
Tutti e due i ragazzi si fissarono in silenzio, poi fu Hilary
a cedere.
-Non è che non penso che tu non possa fare la spesa, o che non
ne sia capace, anzi. Solo che nella mia mente tu vivevi in una bella grande
casa, circondato da mille domestici che ti fanno tutto. Ti immagino servito e
riverito-
-Non mi piace farmi servire-
Hilary lo guardò sorpresa.
-Perché no? Insomma, che c’è di male? A me non dispiacerebbe
avere qualcuno che si occupa della casa, fa le faccende e cucina… potrei avere
molto più tempo libero. Perché a te non piace?-
Kai non la guardò. Era difficile sopportare il suo sguardo
così ingenuo. Non c’era malizia nella sua domanda, solo curiosità, e Kai non
sapeva come risponderle senza risultare scortese
-Io… insomma…-
Ma Hilary alzò una mano, facendo capire al ragazzo che non
doveva continuare a parlarle.
-Scusa, non sono fatti miei. Avrai i tuoi buoni motivi. E poi,
so che parlare delle tue cose private non ti piace. Scusa se te l’ho chiesto-
Kai la fissò stupito. Era la prima volta che qualcuno, oltre a
Rei, si scusava per le troppe domande fatte. Kai si ritrovò a pensare da quanto
tempo la ragazza lo riuscisse a capire così bene. Possibile che fosse così
evidente il fatto che non si trovava a suo agio a parlare di certe cose? Nel
frattempo, Hilary si era avviata lungo la corsia, verso la cassa. Kai non fece
altro se non correrle dietro e mettersi in fila, dietro di lei. Quando fu il
turno di Hilary di pagare, la cassiera, una vecchia signora di circa mezza età,
si aprì in un grande sorriso, riconoscendola
-Guarda un po’ chi si vede! Hilary, come stai? È da un po’ che
non vieni a fare la spesa-
La ragazza si mise a ridacchiare
-Ha ragione, signora Mirito. Sono stata un po’ impegnata, non
sono stata neanche tanto a casa-
Disse un po’ imbarazzata, ma la signora rispose con una
risata.
-Vai sempre a casa di quel tuo amico, vero? Come si chiama
già?-
-Takao-
-Takao, giusto. Dovrei ricordarmelo come nome, visto che è
l’idolo di mio figlio ma… ormai sono vecchia, e certe cose non si ricordano
più-
-Non dica così signora. Più che altro io mi preoccuperei per
suo figlio… Takao non è proprio un ragazzo da idolatrare! Mi creda, è fin
troppo pieno di difetti-
La signora Mirito si fece una bella risata.
-Si, lo so, me lo dici sempre. Ma cosa vuoi che ci possa fare?
Non ho mica la fortuna di avere avuto una figlia bene educata come te! No, ho
avuto solo tre maschi… pura follia-
Hilary ridacchiò divertita. Era sempre la stessa storia, ogni
volta che vedeva la signora Mirito. Non l’aveva mai sentita elogiare i suoi
figli, anche se sapeva quanto gli volesse bene.
-Tanto fortunata non sarebbe stata… Hilary sembra piccolina,
ma quando si arrabbia farebbe paura anche ad un uomo adulto-
Le due donne si voltarono indietro, verso Kai, che aveva
assistito alla scena senza dire niente. Hilary, colta alla sprovvista da qual
commento, si ritrovò ad arrossire e a dare uno schiaffo su un braccio al
ragazzo.
-Kai! Non è vero che faccio paura…-
-Ho visto persino nonno Jey tremare una volta-
La ragazza arrossì ancora di più, poi bofonchiò qualcosa. Kai
fu sicuro di avere sentito qualcosa come “insopportabile russo” e la cosa lo
fece sorridere ancora di più. Intanto, la signora Mirito guardava allibita i
due ragazzi.
-Hilary… ma lo conosci?-
Hilary, riportata bruscamente alla realtà, si girò verso la
cassiera, e annuì.
-Purtroppo per me, si. È uno dei compagni di squadra di Takao,
signora Mirito le presento Kai Hiwatari, il secondo bliader più forte del
mondo, almeno secondo le classifiche mondiali di beyblade-
La cassiera passava lo sguardo dalla ragazza al ragazzo.
-Oh…-
Disse semplicemente alla fine. Intanto Hilary, senza perdere
molto tempo, aveva tirato fuori i soldi e pagato la sua spesa. Poi, con una
velocità sorprendente, se ne era andata, mormorando un “Arrivederci” non troppo
convinto, e ignorando bellamente Kai. Con calma, il ragazzo aveva messo la sua
spesa sul banco, pronto per pagare. La signora Mirito, intanto, aveva ripreso a
fare il suo lavoro, come se fosse dentro un sogno. Quando ormai stava prendendo
i soldi dal ragazzo, si riscosse di colpo
-Tu sei un amico di Hilary quindi?-
Kai rimase in silenzio, semplicemente annuì.
-Prenditi cura di lei, per favore. È una ragazza molto matura,
ma chi non lo sarebbe dopo quello che ha passato, povera piccola. Suo padre,
non si può certo definire un uomo espansivo e mi sono sempre chiesta se fosse
una ragazza felice ma… visto che sei suo amico, cerca di farla distrarre, ogni
tanto, ok? Dopo tutto, ha solo sedici anni. Deve godersi un po’ la vita-
-Farò quello che posso-
-Bene!-
Kai uscì dal negozio senza dire niente altro. Non fu sorpreso
di vedere Hilary appoggiata al muro esterno del supermercato. Appena lo vide
uscire, si staccò e si mise ad aspettarlo.
-Mi dispiace di averti dato dell’insopportabile…-
-Non fa niente-
Kai si incamminò verso il suo appartamento, seguito poco dopo
da Hilary.
-Così abiti qui vicino…-
-Si-
-Dove…-
-Un piccolo appartamento, niente di che-
Hilary lo guardò, senza smettere di camminare. Era stupita che
Kai gli stesse dicendo tutte quelle cose. Lui parlava molto raramente di se, e
per Hilary era tutta una novità. Camminarono in silenzio, quando poi il ragazzo
riprese a parlare.
-Non mi piace usare i suoi soldi-
Hilary lo guardò sorpresa. Al ragazzo non sfuggì il suo
sguardo stupito
-Mio nonno-
Tanto bastò ad Hilary per comprendere.
-Non vuoi usare i soldi di tuo nonno per vivere? Ma…-
-Non sono stati guadagnati in modo giusto. Non è corretto
usarli-
-Ma allora come…-
-Come posso mantenermi?-
Hilary annuì.
-Con l’eredità dei miei genitori-
-I tuoi genitori?-
Kai annuì.
-Quando i miei genitori sono morti, la loro eredità è stata
congelata in un fondo destinato solo a me. Mio nonno ha provato in tutti i modi
di impossessarsi di quei soldi ma non c’è mai riuscito. Era come se, come se i
miei genitori sapessero di dovermi tutelare-
-Non ci vedo niente di male-
-Non li ho mai conosciuti…-
Hilary lo guardò sconvolta. Sapeva che il ragazzo non aveva
più i genitori, ma questo era…
-Kai, mi dispiace-
-Non è colpa tua-
-Come è successo?-
-Un incidente. Erano in macchina, quando quella ha sbandato e
sono volati fuori dalla carreggiata. Io avevo tre anni-
Hilary afferrò il braccio di Kai, obbligandolo a guardarla.
-Kai, mi dispiace tanto-
Kai si liberò da quella stretta, e distolse lo sguardo dalla
ragazza. Si sentiva in colpa con lei.
-Takao mi ha raccontato di tua madre…-
Kai sentì Hilary trasalire al suo fianco. Si girò verso di
lei, ma la ragazza aveva lo sguardo puntato verso terra. Tuttavia il ragazzo
vide che stava praticamente stritolando la busta della spesa. Alla fine Hilary
prese un profondo respiro, e alzò il volto verso il cielo. Nei suoi occhi c’era
uno sguardo quasi rassegnato.
-Lo sapevo che prima o poi lo avreste scoperto. Come mai te lo
ha detto?-
-Mi ha raccontato di come vi siete conosciuti e…-
-E, ovviamente, ha dovuto dirti di lei-
Il ragazzo annuì. Hilary fece una piccola risata isterica, poi
si portò il polso della mano destra verso il cuore. In quel momento Kai vide
per la prima volta ciò che Takao gli aveva detto. Al polso della ragazza c’era
un braccialetto con un ciondolo a forma di cervo, che brillava nella luce della
sera. Il ciondolo della madre di Hilary. Dopo qualche secondo, Hilary si voltò
verso il ragazzo.
-Casa tua è molto lontana?-
-No, ma…-
-Possiamo andarci? Non mi va di tornare a casa ora-
Kai non disse niente, troppo sorpreso per quello che la
ragazza gli aveva appena chiesto. Ma guardando i grandi occhi castani di Hilary
vi vide dentro una grande vulnerabilità.
-Seguimi-
E, senza aggiungere altro, si incamminò, seguita dalla
ragazza.
L’uomo si stava allontanando a passo lento dalla villa
distrutta dal fuoco. La notte era stata l’unica testimone della sua incursione,
e del suo furto. Nelle mani dell’uomo, infatti, era possibile vedere un
oggetto. Si trattava di una scatola, non molto grande, facilmente
trasportabile, ma chiusa. L’uomo aveva provato in tutti i modi ad aprirla, ma
non c’era stato modo. Erano tre le scatole di cui si era impossessato. Le prime
due le aveva recuperate più di tredici anni prima. Per trovare quella che
teneva ora in mano c’era voluto fin troppo tempo, ma alla fine l’aveva trovata.
Tuttavia, gli mancava la chiave. Senza la giusta chiave, infatti, era
impossibile aprirla, l’uomo lo sapeva bene. Aveva provato a recuperarla, la
chiave, ma nella stanza segreta non c’era. Aveva cercato per più di un’ora, spostando
polvere e detriti, ma non aveva trovato niente. Erano stati furbi, questo
glielo doveva ammettere. Gli erano sfuggiti per molto tempo, e avevano avuto
tutto il tempo necessario per nascondere la chiave. Sapeva, tuttavia, che non
era stata distrutta, non potevano averla distrutta. Senza di lei, le conoscenze
per cui erano stati disposti a morire sarebbero andati perduti per sempre, e
questo non l’avrebbero mai permesso. Avevano preso delle precauzioni, e avevano
diviso le conoscenze in sei blocchi diversi. Sei scatole diverse, sei scatole
per ogni membro. Divise erano informazioni senza senso, ma messe insieme…
potevano stravolgere tutto. E lui ora aveva tre scatole. Anche se una era
chiusa, erano tre. E presto avrebbe avuto anche le altre tre. Anche se ci
fossero voluti altri tredici anni, lui le avrebbe riunite. Doveva farlo. Era il
suo compito, un compito affidatogli più di quindici anni fa, un compito che lui
avrebbe portato a termine ad ogni costo. Già una volta aveva fallito, non
avrebbe fallito ancora una seconda volta. Ora, doveva solo trovare la chiave, e
le informazioni sarebbero state sue. Sue, e del suo padrone. Un sorriso
diabolico gli si formò sul volto. Nel buoi della notte, una figura solitaria
camminava, avvolta nel buoi, con un sorriso inquietante sul volto.
L’uomo arrivò al suo nascondiglio alle prime luci dell’alba.
Appena arrivato posizionò la scatola vicino alle altre due. Poi, con calma,
prese il telefono, e compose il numero. Non aspettò più di due secondi
-L’hai trovata?-
-Si signore-
-E la chiave?-
-Nessuna traccia signore-
-Maledizione! Cosa pensi che me ne possa fare di una scatola
senza la sua chiave? Sai bene che senza quella non si può aprire-
-La chiave non era in quella casa signore. Nella stanza
segreta non c’era e…-
-Potrebbe essere ovunque in quella casa abbandonata!-
-Con tutto il rispetto, signore, non credo-
-Cosa vuoi dire?-
-Avevano una figlia signore-
-E con questo?-
-Credo che la chiave sia stata affidata a lei-
Seguì un lungo silenzio, prima che la voce del padrone
tornasse a farsi sentire.
-È una follia. La bambina è morta nell’incendio-
-Anche la donna doveva essere morta, ma non era così-
Seguì un altro lungo silenzio.
-Credi che la bambina possa essere ancora viva?-
-Si signore, lo penso. Penso che si siano salvate
dall’incendio, tutte e due, madre e figlia. Credo che il padrele abbia salvate prima di morire-
-Sarebbe in linea con il loro modo di vivere. Sprecare la
propria vita per salvare coloro che “amano”-
L’uomo dall’altra parte rise con disprezzo.
-Se la bambina è viva ora avrebbe…-
-Sedici o diciassette anni-
-Non m’importa come farai, ma trovala. Voglio quelle
informazioni-
-Le avrà signore-
-Hai un nuovo compito Pavlov. Trova la piccola Birkof. Trova
lei, e trova la chiave-
-Si signore-
-Non mi deludere ancora-
-Non lo farò signore-
La chiamata finì subito dopo. Mentre accarezzava la piccola
serratura, sapeva che l’avrebbe trovata. Avrebbe trovato la piccola Birkov, e
con lei avrebbe trovato anche la chiave, di questo era sicuro. Quanto poteva
essere difficile trovare una bambina con una piccola chiave a forma di cervo?
Come va? Come sono andate le vacanze? Bene? Io non mi posso
lamentare
Allora, eccomi ritornata con un nuovo capitolo. Che ne
pensate? Io spero che non sia troppo lento. Lo so che sembra che non succeda
niente, ma… non so come spiegarlo in modo chiaro, dovevo scrivere un capitolo
così. Prometto che dal prossimo ci sarà un po’ più di azione, e di battaglie di
bey. Ma adesso dovete sopportare. Voglio fare capire bene i caratteri delle
persone, e per me è indispensabile fare vedere il legame di amicizia che li
lega, perché l’amicizia è una cosa importante in questa storia, poi capirete
bene perché.
Nel frattempo… non ce l’ho fatta a non mettere a disagio Kai.
Per me è un personaggio bellissimo, e scrivere di lui è molto divertente.
Credevo che sarebbe stato molto difficile per me, perché è un personaggio
maschile e non sapevo bene come comportarmi ma invece… a volte è più difficile
scrivere parlando di Hilary! Spero sempre che i personaggi siamo abbastanza
fedeli all’originale, e il mio terrore più grande, come poi ben sapete, è che
diventino OOC. Se capita, per favore, fatemelo sapere. So che un po’ li devo piegare
per la mia storia, e so che qui Kai parla molto di più che non nella serie
animata, ma se vedete che lo sto stravolgendo troppo, così come tutti gli
altri, segnalate.
Come sempre, se lo spagnolo è sbagliato, segnalate. Ripeto, io
non l’ho mai studiato, e cerco di fare del mio meglio, ma se vedete degli
errori, ditelo. Ogni aiuto alla storia è ben accetta, non mi offendo.
Ora vi saluto, come sempre, se volete, lasciate un commento.
Grazie a chi legge la storia, e grazie anche a tutti quelli che l’hanno aggiunta
alle preferite, seguite o ricordate. Grazie di cuore.
Era una situazione assurda. Mai prima di allora si era
ritrovata in una situazione così. Mai aveva anche solo proposto una cosa
simile. Lei, Hilary, la ragazza di sani principi, quella che non faceva mai
niente di impulsivo, aveva chiesto ad un ragazzo di andare a casa sua, casa
dove sapeva che non c’era nessun adulto a controllarli. E poi non era un
ragazzo qualsiasi, no. Era lui, il freddo, distaccato, asociale KaiHiwatary. Lei aveva chiesto a
Kai di andare a casa sua, e lui le aveva risposto di si. Ed ora eccola, seduta sul suo divano, con in mano un
bicchiere d’acqua, che lui, da bravo cavaliere, le aveva
offerto. Eppure, anche se si trovava in quella casa, in compagnia di un
ragazzo, e che ragazzo, da sola, non era nervosa, o agitata, o imbarazzata. Era
stranamente tranquilla, e serena. Kai non le aveva
fatto domande, le aveva concesso il suo tempo, e lei lo aveva apprezzato. Ad
Hilary non piaceva parlare di sua madre, non era un argomento che affrontava
volentieri, ma sapeva che se ne avesse parlato con lui, lui l’avrebbe capita.
Ma non voleva parlarne, non adesso. Così, disse la prima cosa che le passò per
la testa
-Ho battuto Mao oggi-
L’unica cosa che fece Kai fu
fissarla, non dicendo niente altro. Aveva capito che la ragazza aveva bisogno
di iniziare a parlare di qualcosa d’altro, prima di potere affrontare
l’argomento di sua madre, e lui la lasciò parlare.
-Stavamo facendo delle sfide dirette, le une contro le
altre. Io ho dovuto affrontare Mao come mia prima sfidante. E sembrava un
incontro come gli altri… lei stava vincendo, però in un attimo ha perso la
concentrazione e io… mi sono tornate in mente le tue parole, ti ricordi? “Stai
sempre pronta” mi hai detto, e avevi ragione. Appena ho visto l’attimo di
esitazione di Mao, io ho contrattaccato. E alla fine sono riuscita a buttare
fuori dal ring Galux. Le ragazze erano anche più
contente di me! Ovviamente contro Julia e Mariam ho
perso però…-
Hilary alzò le spalle, non finendo la frase. Fu Kai a farla continuare
-Però?-
In realtà Kai sapeva cosa Hilary
voleva dire. Ma sapeva anche che doveva fare parlare la ragazza. Non sapeva da
dove gli venisse quella consapevolezza, ma doveva farla parlare. Era l’unico
modo per Hilary per farle arrivare all’argomento tanto spinoso che la
riguardava.
-Ce la posso fare Kai. Cioè,
credo di potercela fare. Con il torneo intendo. Sono riuscita a battere Mao,
che non è una blaider facile da battere. E io mi
sento pronta. Voglio veramente giocare, di questo me ne sono resa conto oggi.
Fino a questa mattina non mi ero mai resa conto del fatto che potevo veramente
partecipare e vincere, ma la vittoria di oggi mi ha fatto aprire gli occhi. Io
posso farcela e lo dimostrerò-
Mentre Kai osservava Hilary
parlare, si rese conto per la prima volta di quanto poco la conoscesse in
realtà. Sapeva che Hilary era una ragazza combattiva e caparbia, che quando si
metteva in testa una cosa niente la poteva far vacillare, ma era la prima volta
che lui la vedeva così decisa. Kai la fissò negli
occhi e vi vide una cosa che non aveva mai notato in essi. Erano grandi,
luminosi e illuminati da una luce che non gli aveva mai visto, ma che sapeva
bene cosa fosse.
-Passione-
Disse semplicemente il ragazzo. Hilary lo fissò
stupita. Poi, la vide arrossire leggermente.
-Pass… passione?-
Gli chiese, titubante. Kai
semplicemente annuì, senza aggiungere altro, lasciando ancora di più
nell’incomprensione la ragazza.
-Che passione scusa?-
-La tua-
-Mia?-
Kai
annuì ancora.
-Io non capisco… di cosa stai parlando?-
-Beyblade. Tu hai passione per il bey Hilary-
Hilary rimase a fissare il ragazzo, senza sapere cosa
dire. Certo che Hilary aveva passione per il bey! Come avrebbe potuto fare a
sopportare tutte quelle ore di allenamento senza avere la passione?
-Certo che ho passione!-
Disse al ragazzo, leggermente arrabbiata. Kai, vedendo la sua espressione, non riuscì a trattenere un
sorriso. A quella vista, la rabbia di Hilary crebbe ancora di più. Si alzò dal
divano, e si avvicinò veloce al ragazzo, puntandogli un dito contro.
-Guarda che non c’è niente da ridere. Io di passione
ne ho, chiaro?-
Kai
la guardò con uno sguardo divertito negli occhi.
-Lo so che hai passione-
-E allora cosa…-
-Si vede-
Hilary rimase in silenzio, a fissarlo, senza capire.
-I tuoi occhi-
-Cosa?-
-Si vede dai tuoi occhi che hai passione-
A quello Hilary rimase in silenzio, senza dire niente.
Era leggermente arrossita, ma non era imbarazzo. Senza che Kai
capisse cosa stesse succedendo, gli occhi della ragazza iniziarono a riempirsi
di lacrime. Senza preavviso la ragazza si buttò contro il ragazzo, piangendo. Kai, non sapendo cosa fare, e cosa fosse successo ad
Hilary, fece la sola cosa che pensava fosse giusta. Lentamente alzò le sue
braccia, e cinse piano la ragazza, abbracciandola.
Rei non ci poteva credere. Dopo tutto quel tempo, ancora
ci cascava. Si era distratto per soli pochi secondi e improvvisamente lui era
sparito. Di nuovo. Eppure Kai sapeva che il cinese
aveva bisogno di parlare con lui. Ok, forse quel giorno Rei si era lasciato
trasportare e aveva preso leggermente in giro il russo per quel bacio ma…
perché doveva sparire in quel modo? Senza avvisare, senza salutare, senza dire
niente? Come poteva un ragazzo sparire senza lasciare traccia? E nessuno,
ovviamente sapeva dove era andato. E ora se ne stava lì, a girare per le strade
di Tokyo, senza sapere cosa fare, e, soprattutto, dove andare.
-Kai, giuro che quando ti
vedo ti uccido!-
Il cinese sapeva che Kai
aveva un posto dove viveva a Tokyo. Non poteva stare sempre al dojo, anche se sapeva che per Takao
non ci sarebbero stati problemi, ma Kai aveva bisogno
dei suoi spazi e di isolarsi ogni tanto. Oppure aveva solo voglia di stare
lontano dal suo rumoroso amico, questo Rei lo poteva anche capire. Ma perché
non gli aveva detto dove abitava? Cosa gli costava dirgli il suo indirizzo? Di
cosa aveva paura, che organizzasse feste a casa sua? Oppure aveva il terrore
che potesse dare l’indirizzo a Takao? Rei non lo
avrebbe mai fatto… eppure eccolo lì, di sera, in giro, senza sapere dove
andare. Stava per perdere le speranze e tornarsene al dojo,
quando lo vide. Un gatto grigio, che camminava lungo la strada. A Rei bastarono
pochi secondi per riconoscerlo. Quello era il gatto di Kai,
anche se il ragazzo non lo aveva mai definito tale. Era un gatto randagio che
il russo aveva trovato un pomeriggio in un vicolo, e di cui aveva iniziato a
prendersi cura. Rei lo aveva visto abbastanza spesso per saperlo riconoscere,
per non parlare poi del piccolo collarino bianco che il gatto portava al collo.
Kai glielo aveva messo da quando ormai il gatto si
era stabilito a casa sua, e, in quel momento, quella piccola striscia di
tessuto bianca per Rei si era trasformata nella sua stella cometa. Senza
esitare, si mise a seguire il piccolo felino, sorridendo.
-Kai, ti ho trovato-
Disse felice il cinese. Il gatto lo condusse in una
via residenziale, ad un piccolo condominio. Senza esitare, il gatto si
arrampicò su un albero, e, con l’agilità tipica dei felini, saltò dal ramo ad
un terrazzo al secondo piano. E se il gatto era andato lì, voleva dire che era
lì che abitava il russo. E a giudicare dalla luce accesa, il ragazzo doveva
essere in casa. E Rei, senza esitare, si avviò deciso. Aveva bisogno di parlare
con Kai, e quella sera il ragazzo non gli sarebbe
sfuggito. Si diresse deciso dentro il condominio, e non perse nemmeno il tempo
di chiamare l’ascensore. Fece le scale quasi di corsa, e si ritrovò in un
attimo al secondo piano. Fu facile individuare l’appartamento del ragazzo, era
l’unico senza il nome sul campanello. Rei non perse il tempo nemmeno di suonare
il campanello, semplicemente aprì la porta di casa e si precipitò dentro.
-Hiwatari, giuro che questa
me la paghi! Mi sono distratto per qualche secondo e tu sei sparito! E io ho
bisogno di parlare con te quindi non ti azzardare a…-
Rei non finì la frase perché, appena entrato nel
salotto, si ritrovò davanti ad una scena inaspettata. Kai
e Hilary erano lì, vicino alla finestra, l’uno tra le braccia dell’altro.
Quando i due ragazzi avevano sentito la voce del cinese si erano voltati verso
di lui, sorpresi.
-Ma che sta succedendo qui?-
Chiese Rei, stupito. Hilary lo fissò a bocca aperta,
arrossendo tutta. Kai, invece, rimase lì fermo, le
sue mani sulle spalle di Hilary, muto.
-Credo che voi due mi dobbiate una spiegazione…-
Disse il cinese. Hilary si staccò subito dalle braccia
di Kai
-Non è come pensi!-
-Sono tutto orecchie-
Hilary guardò il cinese, poi si voltò verso Kai, che non aveva ancora aperto bocca. Alla fine la
ragazza fece un profondo sospiro.
-E va bene, vi dico tutto. Ma prima mangiamo, ok? Io
ho fame, voi no? Kai, uso la tua cucina-
E detto questo la ragazza sparì dietro una porta,
lasciando dietro i due ragazzi, a bocca aperta. Rei si avvicinò al suo amico,
sconvolto. Stava per aprire bocca, ma fu fermato dalla mano del russo
-Non lo chiedere, non lo so nemmeno io-
A quella frase Rei scoppiò a ridere.
Hilary era imbarazzata. Era imbarazzata, nervosa,
agitata e… imbarazzata. Si trovava in una cucina che non conosceva, a cucinare
non sapeva bene nemmeno lei e per di più, doveva cucinare per due ragazzi. Ma
come ci era finita lì? Stava tagliando della cipolla quando sentì aprire la
porta della stanza. Si voltò e si ritrovò a fissare Rei. Prima che il ragazzo
potesse dire niente, la ragazza alzò una mano e lo fermò.
-Giuro, non era quello che sembrava-
Il cinese non disse niente, ma si avvicinò a lei.
-Sono sicuro che c’è una spiegazione logica, vero?-
Hilary annuì.
-Si, esatto. Stavo piangendo e Kai
mi stava solo consolando. Lui mi stava consolando e basta. È stata anche colpa
mia, che mi sono buttata tra le sue braccia e lui… insomma, nessun risvolto
romantico-
-Stavi piangendo?-
Hilary si voltò verso il suo amico e annuì lentamente.
-Perché? È successo qualcosa?-
Hilary si ritrovò ad aprire bocca un paio di volte, ma
le parole non uscirono.
-Ti dispiace se ne parliamo dopo cena?-
Rei la fissò, leggermente preoccupato. Poi si ritrovò
ad annuire.
-Certo, parliamone dopo avere mangiato. A proposito,
cosa si mangia di buono?-
-Pasta?-
-Ottimo! Ti va se ti do una mano?-
La ragazza si ritrovò ad annuire, contenta.
-Certo. Finisci tu di tagliare la cipolla mentre io
tiro fuori il resto?-
-Cos’è, vuoi fare piangere me ora?-
Hilary ridacchio, prima di dargli un piccolo schiaffo
su una spalla.
-Non vorrai fare piangere solo me, vero?-
Rei le rispose con una risata. In quel momento, anche Kai entrò in cucina, seguito da una piccola palla di pelo
grigia. Hilary fissò stupita il piccolo gatto
-Quello è un… gatto?-
Chiese stupita a Kai. Il
ragazzo annuì, mentre apriva l’anta di un armadietto e tirava fuori una
scatoletta di cibo per gatti. Fu Rei a svelare il mistero
-Kai l’ha trovato qualche
anno fa in un vicolo. Era un cucciolo e stava morendo di fame. Così lui l’ha
preso e da allora se ne prende cura-
Hilary guardò incuriosita il gatto che stava
osservando attentamente il suo padrone aprire la scatoletta con il cibo.
Lentamente la ragazza si chinò e allungò una mano come per accarezzarlo, ma fu
fermata dalla voce di Kai
-Io non lo farei. Aspetta che abbia mangiato, allora
si farà accarezzare-
Hilary si voltò verso il ragazzo, annuendo.
-Non sapevo ti piacessero i gatti-
Disse Hilary al ragazzo. Kai,
che stava intanto dando da mangiare al gatto, si bloccò a metà del gesto. Si
voltò verso la ragazza, stupito.
-A me non piacciono i gatti-
Le disse, quasi offeso. Intanto, l’unico rumore che si
sentiva in cucina era il coltello di Rei che stava affettando la cipolla.
Hilary, non sapendo bene come comportarsi, o cosa dire, si limitò a fissare il
ragazzo.
-Scusa io non volevo… ma il gatto…-
Kai
intanto, dopo avere finito di dare da mangiare al gatto, si stava dirigendo di
nuovo verso il salotto, senza dire niente. Una volta arrivato sulla porta, si
fermò, indeciso. Non si voltò, ma si ritrovò a dare una spiegazione alla
ragazza.
-Non mi piacciono gli animali in generale… ma quel
gatto non è male-
Poi, uscì. Hilary rimase ad osservare la porta, ferma
immobile. Intanto Rei, con ancora il coltello in mano, si voltò verso la
ragazza
-Lascialo perdere! Nemmeno lui si capisce certe volte-
Hilary, sempre continuando a guardare la porta, si
ritrovò ad annuire.
-Secondo te da qualche parte esistono delle istruzioni
su come fare con lui?-
Rei ridacchiò, contagiando anche la ragazza.
-Non lo so, ma spero che esistano. Adesso ancora con
lui ci si può ragionare qualche volta ma se invecchierà… non oso immaginarlo-
Hilary questa volta scoppiò sonoramente a ridere,
seguita dal ragazzo.
La cena fu tranquilla. I tre ragazzi parlarono del più
e del meno, anche se per lo più parlarono Rei ed Hilary. Parlarono per lo più
di beyblade, e del torneo imminente. Per lo più Rei
raccontò dell’allenamento di quel giorno, e di come Takao
fosse praticamente impazzito per l’allenamento. Poi fu il turno di Hilary di
dare a Rei la sua notizia
-Ho battuto Mao oggi-
Gli disse tutta contenta. Il ragazzo la fissò, poi si
aprì in uno dei suoi sorrisi.
-Congratulazioni allora! Prima vittoria?-
Le chiese il ragazzo. Hilary annuì, contenta.
-Si, prima vittoria in assoluto. E non sarà l’ultima-
Disse orgogliosa Hilary. Rei rise a
quell’affermazione, prima di soffermarsi ad osservare la ragazza.
-Sono sicuro che sarà così. Dopo tutto, tu hai
passione per questo sport Hilary, quindi vincerai di sicuro-
A quella frase, Kai si
soffermò ad osservare la ragazza. Il russo non si era dimenticato della
reazione che Hilary aveva avuto prima ad una frase molto simile a quella che
gli aveva detto Rei. Ma questa volta la ragazza non iniziò a piangere, anche se
distolse lo sguardo e abbassò gli occhi verso il piatto, celando il suo sguardo
sotto la frangetta dei suoi capelli. Kai sapeva che
quella frase le provocava qualcosa, il problema era sapere il perché. E per una
volta, andando contro il suo carattere e il suo non volere farsi gli affari
degli altri, Kai si decise a formulare quella domanda
-Cos’è che ti fa stare così?-
Rei si voltò stupito verso il russo, mentre Hilary
continuava a fissare il suo piatto.
-Kai, ma cosa…-
-Prima è scoppiata a piangere quando le ho detto una
cosa simile-
Disse Kai al suo amico. A
quel punto Rei si voltò verso la ragazza
-Hilary, che succede?-
Le chiese preoccupato. A quel punto Hilary non ce la
fece più, e lentamente, le lacrime che aveva cercato di trattenere sgorgarono
dai suoi occhi. Rei, vedendola piangere, si alzò dalla sua sedia, e si
precipitò da lei. Le mise una mano sulla schiena, cercandola di calmare
-Hilary… che succede?-
La ragazza iniziò a singhiozzare e si portò le mani
sugli occhi. Rimase così per qualche minuto, il suo corpo scosso dai
singhiozzi, senza dire niente. Rei non sapeva cosa fare per farla calmare, e Kai non sembrava volesse fare niente. Il russo infatti, si
era semplicemente alzato da tavola, e aveva iniziato a portare in cucina i
piatti, sparecchiando la tavola. Rei non aveva detto niente su quel
comportamento, perché sapeva che le lacrime di una persona lo mettevano sempre
a disagio. Alla fine, Hilary sembrò calmarsi un poco, anche se non del tutto,
ma quel tanto che bastava per potere parlare.
-Scusatemi, non è colpa vostra-
-Hilary, se non ci dici cosa succede, non possiamo
aiutarti-
Hilary lo guardò, uno sguardo triste negli occhi, che
Rei non gli aveva mai visto.
-Non puoi aiutarmi Rei, non per questo-
-Ma Hilary…-
-Riguarda mia madre Rei-
A quelle parole il cinese si fermò, non capendo.
-Tua madre?-
La ragazza annuì. Poi, Hilary si alzò dalla sedia, e
si mise a camminare avanti e indietro nella stanza, nervosa.
-Io non capisco Hilary… cosa c’entra tua madre? E
perché non ti possiamo aiutare?-
-Perché qualcuno ha ucciso sua madre davanti ai suoi
occhi, ecco perché-
A parlare era stato Kai, che
era fermo sulla porta della cucina, con il gatto tra le braccia. Rei si voltò
sconvolto verso il russo, poi rispostò lo sguardo su Hilary, che era rimasta
ferma ed immobile nel centro della stanza, e guardava Kai.
-Tu hai visto cosa?-
Le chiese sconvolto il ragazzo.
-Ho visto mia madre morire, davanti ai miei occhi, per
mano di un pazzo-
-Quando è successo?-
-Dieci anni fa-
-Dio mio Hilary. Non ne avevo idea io…-
Hilary scosse la testa
-Non dirlo, ti prego. Non dire che ti dispiace, io…
non sopporto più di sentire quella frase-
Hilary ora stava piangendo, un pianto silenzioso. Le
lacrime scendevano dai suoi grandi occhi marroni, occhi, in quel momento, colmi
di tristezza. Rei la prese fra le braccia, cullandola piano, cercando di
calmarla.
-Scusami Hilary. Non ne avevo idea-
La ragazza scosse la testa contro il petto del ragazzo
-Non è colpa tua, non lo sapevi-
Rei accompagnò la ragazza al divano, dove la fece
sedere. La ragazza rispose a quel gesto con un sorriso. Improvvisamente, Hilary
si ritrovò davanti agli occhi un bicchiere pieno d’acqua. Alzò lo sguardo e
vide Kai, fermo davanti a lei, che le porgeva il
bicchiere.
-Bevi un po’-
La ragazza prese il bicchiere, facendo un piccolo
cenno con la testa di ringraziamento. Rei, intanto si era seduto di fianco a
lei, mentre Kai si era appoggiato al muro di fronte a
loro.
-Successe tutto un sabato pomeriggio…-
-Hilary, non sei tenuta a dircelo se non vuoi-
La ragazza scosse la testa.
-No Rei, voglio dirvelo. Per la prima volta in dieci
anni, ho voglia di parlare con qualcuno di quello che è successo. Ne ho
bisogno. Potete ascoltarmi?-
-Ma certo che ti ascoltiamo-
Kai
si limitò ad annuire con il capo. Hilary prese un bel respiro, e poi, con voce
da prima esitante, ma poi sempre più forte, si mise a raccontare di quel fatidico
sabato in cui perse per sempre sua madre.
-Era un normale sabato. Io e mia mamma stavamo
passando la giornata insieme, come era nostra tradizione. Il sabato era la
nostra giornata, il nostro giorno. Facevamo tutto quello che ci andava di fare.
Se c’era un film che volevo vedere, mi portava al cinema, oppure andavamo a
fare compere, o a provare vestiti, anche senza comprare niente. Oppure andavamo
a fare delle gite, mi portava al mare, o a fare delle passeggiate in città, o a
vedere qualche mostra o museo. I sabato erano speciali per me, perché avevo mia
mamma tutta per me. Non c’era niente che la potesse allontanare da me quel
giorno. Salutavamo mio padre la mattina e poi via, partivamo, solo noi due. Non
mi ricordo di preciso cosa facemmo quel giorno… è strano, ma proprio non so
dove andammo o cosa facemmo. So solo che al pomeriggio ci venne voglia di
gelato, e allora andammo a comprarne uno. Era una bella giornata, quindi mia
mamma mi portò al parco a mangiarlo. Stemmo lì per un’ora credo, poi decidemmo di
tornare a casa. Si stava avvicinando ora di cena, e mia mamma voleva tornare a
casa, ma io no. Era una così bella giornata, che non volevo tornare. Ma mia
madre mi sgridò, dicendomi che non potevo pensare solo a me, ma anche al papà.
Lui era a casa, e ci stava sicuramente aspettando, era nostro dovere tornare e
preparargli una bella cena. Poi, mi disse una frase che non mi dimenticherò mai
-Lo so che vorresti restare a giocare, ma non si può.
Hilary devi capire che nella vita non si può fare sempre quello che si vuole.
Ci sono dei doveri da rispettare, e uno di questi è la famiglia. E papà fa
parte della famiglia, e abbiamo dei doveri verso di lui, io in quanto moglie e
tu in quanto figlia. Mi hai capito?-
-Si mamma, lo so. Ma non succede niente se ci prendiamo
altri cinque minuti, giusto?-
Ricordo ancora il suo sguardo in quel momento. Mi
guardò, divertita e allo stesso tempo arrabbiata, anche se arrabbiata non è il
termine giusto.
-Hilary… tu mi farai impazzire prima o poi!-
Io scoppiai a ridere, seguita poco dopo anche da lei.
Ma non ci fu niente da fare, mi prese per mano e ci incamminammo verso casa.
Passammo dal parco per tornare a casa, era la strada più veloce, e l’avevamo
fatta un sacco di volte. Camminavamo in silenzio, senza dirci niente. Ad un tratto
mia madre si fermò e io ricordo di essermi voltata verso di lei. Mia madre
aveva uno sguardo strano sul volto, ricordo di essermene stupita. Lei si
inginocchiò davanti a me, e mi disse l’altra cosa che non potrò mai scordare
-Hilary, la vita è difficile. Non sempre si può fare
quello che si vuole, te l’ho detto no? Ma c’è una cosa che è importante, oltre
al dovere. È la nostra passione. So che forse non capirai oggi, ma credimi
quando ti dico questo. Cerca di fare diventare la tua passione il tuo dovere, e
vedrai che la vita ti sarà meno dura-
-Passione?-
-Si Hilary, passione. Quando troverai qualcosa che ti
farà battere il cuore e illuminare gli occhi, quella sarà la tua passione-
-E qual è la tua passione mamma?-
Lei non mi guardò, e non mi rispose subito. Ad un
tratto, era come se stesse guardando qualcosa di molto lontano, che non
riusciva a raggiungere. Le capitava spesso, era uno sguardo pieno di rimpianti
e di tristezza. Alla fine mi guardò
-Sei tu la mia passione Hilary. Tu e tuo padre. Siete
voi, la mia famiglia, il mio cuore. La mia ragione di vita, il mio dovere, la
mia passione-
Non capii ovviamente quello che mi stava dicendo.
Avevo solo sei anni, per me il mio dovere consisteva nel giocare e battere Takao se potevo. Non so nemmeno perché me lo disse quel
giorno, ma, quello fu il suo ultimo insegnamento per me. Perché pochi secondi
dopo, vidi sbucare dal sentiero un uomo. L’uomo che mi portò via mia madre. Non
so chi fosse, non l’avevo mai visto, e non l’ho mai più rivisto. Ma doveva
essere un pazzo, perché diceva cose senza senso come se… come se parlasse
un’altra lingua. Ricordo mia madre farmi da scudo, poi la colluttazione, e
infine… il coltello sbucò dal niente, e in pochi secondi, era nel petto di mia
madre. Credo che nemmeno l’uomo se lo aspettasse, perché indietreggiò subito, e
poi sparì, correndo. E io rimasi lì, ferma, a vedere mia madre sdraiata per
terra, con la pozza di sangue che si allargava sotto di lei. Se ne è andata velocemente.
Non ho fatto in tempo a chiamare nonno Jey e Takao che se n’era già andata, prima che qualcuno la potesse salvare.
Ecco perché sono scoppiata a piangere prima. Le vostre parole mi hanno fatto
tornare in mente le sue. È stato come risentirla, ho risentito la sua voce,
l’ho rivista, e… ho cercato di non pensare a lei per così tanto tempo che
sentirla improvvisamente così vicina, risentire nella mia testa le sue parole…
è stato qualcosa di troppo. E ora vi sto riversando addosso tutto questo, mi
dispiace-
Rei le afferrò la mano, e la strinse cercando di
trasmettergli tutto il suo sostegno.
-Non ti devi scusare, anzi, grazie di esserti
confidata con me-
Hilary rispose con un sorriso al ragazzo. Sapeva che
su Rei poteva contare. Era come un fratello maggiore, una persona a cui potere
dire tutto e confidargli le cose più importanti, sapendo di trovare una persona
pronta ad ascoltare e a confortare. E Hilary ora aveva bisogno di questo,
conforto.
-Sei un vero amico Rei-
Il cinese in risposta si limitò a sorridere.
-Per così poco? Hilary, mi sento onorato che tu ne
abbia voluto parlare con me. Sono io che dovrei ringraziare te per avermi reso
partecipe del tuo dolore. E se posso fare qualsiasi cosa per farti stare
meglio, dimmelo. Sono qui-
Hilary si ritrovò a dovere lottare contro le lacrime.
-Grazie-
Fu tutto quello che riuscì a dire.
Per il resto della serata i tre ragazzi parlarono di
altro. L’obbiettivo di Rei era quello di cercare di distrarre Hilary e di farla
ridere e rilassare. Alla fine ci riuscì, facendo persino ridere la ragazza, e
riuscì anche nell’impresa titanica di riuscire a fare parlare Kai, e di farlo partecipare alla conversazione. Alla fine i
due ragazzi si erano lanciati in una discussione sui bey e sul torneo,
dimenticandosi totalmente della ragazza che era con loro. Dopo un’ora di
discussioni, Rei si voltò verso Hilary.
-Scusa Hilary, siamo dei maleducati. Ci siamo
dimenticati di te siamo imperdo…-
Ma Rei non finì la sua frase perché la castana stava
dormendo. Rei si voltò stupito verso Kai
-Da quanto tempo dorme?-
Kai
scosse la testa.
-Non lo so… non me ne ero reso conto-
Rei non trattenne un sorriso
-Allora anche a te, ogni tanto, sfugge qualcosa-
Il russo gli lanciò un’occhiataccia, ma l’unica
reazione di Rei fu una risata. Il cinese conosceva ormai troppo bene il suo
amico per sapere che non se la sarebbe mai presa per una cosa del genere. Nel frattempo
Kai si era alzato dalla poltrona su cui era seduto e
si era avvicinato alla ragazza.
-Che cosa vuoi fare?-
Gli chiese il cinese, non capendo le intenzioni del
ragazzo.
-La porto a letto a dormire-
-Che cosa fai?-
Kai
lanciò uno sguardo scettico al suo amico
-Non posso lasciarla qui a dormire sul divano, no?-
A quello Rei non trovò niente da ridire, e si ritrovò
ad osservare il russo prendere tra le sue braccia la ragazza e sollevarla come
se non avesse peso. Quando voleva, Kai, sapeva
dimostrare una grande delicatezza, e lo stava facendo anche ora, per il modo in
cui aveva sollevato Hilary e per come la stava trasportando. Kai intanto si era avvicinato ad una porta chiusa
-Mi daresti una mano? Non posso aprire la porta con
lei in braccio-
Il cinese si alzò subito e si avviò ad aiutare l’amico.
Aperta la porta, Rei vide Kai mettere a letto la
ragazza, appoggiandole poi una coperta per proteggerla dal freddo. Fatto questo,
i due ragazzi stavano per lasciare la stanza e lasciare riposare la ragazza in
pace, quando una piccola palla di pelo grigio si infilò tra le loro gambe e
sparì dentro la stanza da letto. I due ragazzi si voltarono e videro il gatto
di Kai che si stava acciambellando comodamente vicino
al corpo della ragazza, pronto per farsi anche lui una bella dormita. A quella
vista Rei non riuscì a trattenersi
-Hai abituato il gatto a dormire in camera con te?-
Gli chiese, un misto di sconcerto e divertimento nella
voce. Kai fissò il gatto poi scosse la testa in modo
deciso
-No, non dorme mai in camera. Di solito si mette a
dormire sul divano-
Rei fissò il gatto e poi fissò Hilary, che dormiva
profondamente.
-Forse il gatto ha capito che Hilary aveva bisogno di
avere qualcuno con lei…-
-Forse-
-Dopotutto, gli animali sono molto più sensibili
rispetto alle persone. A volte capiscono meglio di noi gli stati d’animo della
gente, quindi non mi stupisce troppo che sia sul letto con Hilary-
Kai
però scosse la testa
-Di solito non gli piacciono gli sconosciuti…-
Rei guardò il suo amico
-Forse ha capito che per te non è una sconosciuta…-
Kai
spostò lo sguardo da Hilary a Rei, un sopracciglio alzato e uno sguardo confuso
sul volto
-Che vorresti dire, scusa?-
Rei guardò il suo amico, poi gli appoggiò una mano
sulla spalla
-Niente amico, niente-
E detto questo Rei si avviò verso il divano, lasciando
Kai fermo imbambolato davanti alla porta della sua
camera da letto. Dopo pochi secondi, si affrettò a chiudere la porta e a
dirigersi anche lui verso il divano. Certe volte proprio non capiva le persone,
specialmente quelli che chiamava amici.
Hilary si rese conto che c’era qualcosa di strano non
appena aprì gli occhi. Era a letto, e questo lo poteva capire dal fatto di
essere stesa e di avere la testa appoggiata ad un cuscino. La cosa strana era
che non si ricordava di essere andata a letto. E poi c’era anche qualcos’altro
che non andava. C’era qualcosa sul letto, lì con lei, vicino alla sua pancia. Ancora
mezza addormentata, allungò una mano e si ritrovò ad accarezzare qualcosa di
peloso. A quel punto Hilary si alzò di scatto e fissò il luogo in cui si
trovava.
-Questa non è camera mia-
Disse la ragazza ad alta voce. Infatti era in una
stanza che non conosceva, in un letto che non conosceva. Riusciva a vedere,
nonostante fosse notte, perché la finestra della camera faceva entrare la luce
della luna, e fu così che vide il gatto acciambellato sul letto, che dormiva. Ci
mise pochi secondi per capire che quello era il gatto di Kai.
Appena riconosciuto il gatto, capì subito dove si trovava. In effetti, ora che
ci pensava, l’ultima cosa che ricordava era quella di essere seduta sul divano
di Kai mentre osservava i due ragazzi parlare, e poi
più niente
-Devo essermi addormentata-
Sentendo la sua voce, il gatto aprì prima un occhio,
poi l’altro. Una volta sveglio, l’animale si mise a stiracchiarsi, per poi
avvicinarsi alla ragazza e iniziare a fare le fusa. Hilary accarezzò il piccolo
gatto e lo prese poi in braccio. Dopo qualche minuto di fusa ininterrotte,
Hilary si rivolse all’animale
-Che ne dici se andiamo a cercare il tuo padrone?-
L’animale, come se avesse capito la sua domanda, fece
un miagolio
-Lo interpreto come un si-
Hilary si alzò, a quel punto, e si diresse verso la
porta, sempre con il gatto in braccio. Aprì la porta, piano, e sbirciò per
vedere nella stanza. Tutto era buoi e silenzioso, e di Kai
nessuna traccia. Hilary a quel punto aprì la porta del tutto e si avviò verso
il salotto. Si era avvicinata alla finestra, quando una voce dietro di lei la
fece urlare di paura
-Ti sei svegliata-
Hilary si portò una mano sul cuore, mentre con l’altra
reggeva sempre il gatto.
-Kai… mi hai terrorizzata-
-Scusa…-
I due si guardarono in silenzio ancora per qualche
minuto, non sapendo bene cosa dire o cosa fare. Alla fine fu Hilary ad
interrompere quel silenzio
- Rei?-
-È tornato al dojo a
dormire-
-Ah…-
Kai
intanto aveva acceso la luce nel soggiorno, e Hilary sbatte un paio di volte
gli occhi per abituarsi alla luce improvvisa.
-Ma che ore sono?-
-Le quattro-
-Accidenti, è presto-
Il russo rispose facendo di si
con il capo. Kai poi si sedette sul divano, e non
riuscì a nascondere uno sbadiglio. Anche Hilary si sedette vicino al ragazzo, e
solo allora lasciò andare il gatto, che prontamente si buttò tra le braccia del
suo legittimo proprietario
-Sei stanco Kai?-
Lui la fissò senza risponderle, mentre accarezzava il
gatto.
-Scusa, ti ho rubato la camera. Anzi, avresti dovuto
svegliarmi-
-Avevi bisogno di dormire-
-Ma ti ho dato un enorme disturbo, mi dispiace-
-Nessun disturbo-
Hilary fissò il ragazzo, che si era appoggiato con la
schiena allo schienale del divano, e aveva chiuso gli occhi
-Forse è meglio se me ne torno a casa-
Kai
aprì un occhio solo
-Non ci pensare nemmeno. Sono le quattro di mattina,
non posso farti andare in giro da sola-
-Ma tu devi dormire e…-
-Non dormo mai molte ore per notte-
-Ma non va bene! Se poi già dormi poco io non dovrei
nemmeno essere qui. Devi dormire nel tuo letto e…-
-Posso dormire qui sul divano-
-Ma non è giusto-
-Non c’è problema-
-Ma…-
-Hilary! Torna a dormire in camera, io sto qui-
E Kai chiuse definitivamente
la conversazione chiudendo gli occhi. Hilary rimase qualche minuto ferma ad
osservare il ragazzo, poi si alzò e andò in camera. Ritornò dopo qualche minuto
con la coperta che Kai le aveva dato per dormire e la
mise addosso al ragazzo. Kai era immobile, e Hilary
immaginò che stesse già dormendo, tuttavia non riuscì a trattenersi
-Grazie Kai, sei un amico. Buonanotte-
E dopo gli diede un bacio su una guancia. Poi, tutta
rossa in viso, la ragazza corse verso la porta della stanza da letto, e la
chiuse un po’ rumorosamente. Solo allora Kai aprì gli
occhi. Lentamente si portò una mano sulla guancia, nel punto in cui le labbra
della ragazza si erano appoggiate.
-Buonanotte anche a te Hilary-
Disse quasi in un sussurro, mentre si sdraiava sul
divano e si sistemava la coperta. Stranamente pensava che quella notte non
avrebbe affatto avuto problemi a dormire.
Fu la suoneria del telefono a svegliare la mattina
dopo Hilary. Ancora dormendo allungò una mano verso il comodino da cui sentiva
provenire la fastidiosa suoneria e, a tentoni, riuscì a trovare il ricevitore
per portarselo poi vicino all’orecchio. Con la voce impastata dal sonno rispose
-Pronto?-
Dall’altra parte del ricevitore ci fu un lungo
silenzio. A quel punto Hilary si era mezza svegliata, e riuscì a riformulare la
domanda con una voce abbastanza normale
-Pronto?-
A quel punto dall’altra parte si levò una voce
-Con chi parlo?-
-Di solito è chi riceve la telefonata che deve chiedere,
e quello che chiama si deve presentare-
Seguirono altri secondi di silenzio prima che la voce
dall’altra parte rispondesse
-Tachibana, ma sei tu?-
-Si sono io ma…-
-Sono Yuri Ivanov. Cercavo Kai-
A quella frase Hilary spalancò gli occhi e si mise
subito a sedere sul letto. Solo allora si rese pienamente conto della
situazione. Lei non era a casa sua, non aveva dormito nel suo letto, e quello
non era il suo telefono di casa
-Oh cavolo…-
Fu quello che disse in preda alla confusione
-Yuri, tu sei Yuri della squadra russa di beyblade-
-Esatto-
-Oh cavolo-
-L’hai già detto questo, Tachibana-
-Oh cavolo…-
Yuri ridacchiò dall’altra parte del ricevitore
-Sei ripetitiva ragazza-
-No cioè io… oh cavolo-
-Senti Tachibana, dobbiamo
risolvere questa cosa. Mi puoi passare Kai?-
-Kai?-
Chiese Hilary in preda al panico. In quel momento non
stava capendo più niente
-Si, KaiHiwatari.
Il proprietario del telefono da cui hai risposto tu-
A quel punto i neuroni del cervello di Hilary si
riattivarono, permettendo alla ragazza di capire cosa volesse il russo al
telefono con lei.
-Si, Kai, certo. Te lo vado
a chiamare-
-Grazie-
Hilary stava per riappoggiare il telefono quando le
venne in mente di aggiungere altro
-Yuri…-
-Si?-
-Non è come sembra-
Detto questo la ragazza si alzò veloce, e corse nella
stanza a fianco. Kai stava dormendo sul divano. Evidentemente
non aveva sentito il telefono. Hilary gli si avvicinò e poi iniziò a scuoterlo
per le spalle
-Kai! Kai,
sveglia-
Il ragazzo aprì gli occhi quasi subito
-Hilary…-
-C’è Yuri al telefono per te-
Il russo impiegò qualche secondo per capire bene le
parole della ragazza.
-Hai risposto al mio telefono?-
Hilary divenne tutta rossa in faccia
-Non l’ho fatto apposta. Pensavo di essere a casa mia
e ho risposto e... mi dispiace-
Kai
guardò la ragazza, che era tutta arrossita e aveva uno sguardo mortificato sul
viso.
-Non fa niente-
Detto questo il russo si alzò dal divano e si diresse
verso la sua camera da letto. Prima di entrare si rivolse verso la ragazza
-Se vuoi puoi fare colazione. In cucina c’è di tutto-
Detto questo sparì dentro la stanza, chiudendosi la
porta alle spalle. Hilary si accasciò sul pavimento, terribilmente imbarazzata.
-Ma perché capitano tutte a me?-
Kai
rimase a fissare il ricevitore per qualche secondo prima di decidersi a
prenderlo in mano e portarselo vicino all’orecchio.
-Ivanov-
-Hiwatari, sei una sorpresa
continua…-
-Yuri-
Disse con un tono di voce che voleva essere
autoritario, ma che uscì, invece, stranamente esasperato. Yuri, dall’altra
parte, iniziò a ridacchiare
-Oh, andiamo Kai, concedimi
la sorpresa. Ti chiamo e chi mi risponde? Una ragazza, e non una qualunque,
proprio quella di cui abbiamo parlato qualche sera fa…-
-Ivanov…-
-E la ragazza in questione si era anche appena
svegliata, il che vuol dire che ha dormito lì da te. Insomma tutto questo è
strano, considerando che non hai mai dimostrato di avere certi tipi di desideri…-
-Cosa vuoi Ivanov? Devi avere
un buon motivo per chiamarmi a quest’ora, no?-
-Si ce l’ho. Ho quello che mi hai chiesto. Ho delle
notizie su tuo nonno-
Kai
si fece attento
-Dimmi-
-Tuo nonno ha ricevuto una visita qualche giorno fa in
prigione-
-Vorkov?-
-No, non era lui-
Kai
fu stupito di sentire quella risposta
-Allora, chi?-
-Un uomo, Pavlov, Dimitri Pavlov-
-Non lo conosco-
Yuri fece una risatina
-Non mi stupisce Hiwatari. nemmeno io sapevo chi fosse quell’uomo prima di oggi-
-Che vuoi dire?-
-È un assassino, Kai-
-Un assassino? E cosa voleva da mio nonno?-
-Forse la domanda giusta è cosa voleva tuo nonno da
lui-
-Yuri, ma cosa…-
-Tuo nonno e quell’uomo si conoscono da molti anni. Dopo
che ho visto che era andato da lui ho fatto qualche ricerca, e nel vecchio
studio di Vorkov ho trovato una cosa interessante. E ho
iniziato a capire...-
Kai
rimase in silenzio per alcuni lunghi minuti.
-Yuri, che stai dicendo? Hai capito cosa?-
-Quell’uomo è responsabile della morte di persone che
io e te conosciamo. È l’uomo che ha ucciso i miei genitori, e anche i tuoi-
Kai
rimase fermo immobile mentre le parole di Yuri entravano nella sua testa. Kai si ritrovò a stringere forte la cornetta, scuotendo poi
vigorosamente la testa.
-Yuri, sei impazzito per caso? I miei genitori sono
morti in un incidente stradale! La loro macchina ha sbandato e-
-È stato un sabotaggio, Kai.
Sono stati uccisi-
-Ma come fai a saperlo?-
Chiese alla fine Kai, in un
sussurro. Yuri rimase in silenzio per qualche minuto.
-Non posso dirtelo per telefono. Devi venire qui, e
allora capirai tutto-
Kai
fissò la parete di camera sua in silenzio, scuro in volto
-Verrò. Ma prima sarà meglio che avvisi Daitenji. Se mio nonno ha visto un assassino, e se quello
che mi dici è vero, questo non promette niente di buono-
-No Kai, non c’è niente di
buono in questa faccenda-
Detto questo il russo riattaccò. Kai
rimase ancora qualche secondo con la cornetta appoggiata all’orecchio prima di
muoversi. Doveva prendere un aereo quella sera stessa. Se suo nonno stava
tramando qualcosa, doveva fermarlo. E se qualcuno aveva veramente ucciso i suoi
genitori, doveva scoprire assolutamente la verità. E doveva anche parlare con Daitenji. L’uomo nascondeva delle informazioni, e Kai le voleva avere a tutti i costi.
Dimitri Pavlov fissò la stanza dove aveva abitato
negli ultimi due anni senza provare nessun sentimento. Il suo compito ormai lì
era finito, e doveva eliminare le prove. Mentre prendeva l’accendino dalla sua
tasca, si fermò ad osservare per l’ultima volta le foto che aveva attaccato ad
una parete della stanza. Erano tutte foto di giovani ragazzi, tutti suoi
prossimi obbiettivi. Quando era andato a trovare in carcere il suo boss aveva
corso un rischio enorme. L’altro capo gli aveva impedito di andarci, ma lui
sapeva che doveva parlare con Hiwatari in persona per
ricevere quell’ordine
-È arrivato il momento di attuare la fase successiva
del piano, Dimitri-
L’uomo aveva annuito
-Sarà fatto signore-
-Mi raccomando Pavlov, niente errori questa volta-
-Non ne farò!-
-Non li sottovalutare, però. Se mi trovo in questa situazione
è per colpa loro-
-Sono solo dei ragazzi signore. Non sarà un problema…-
Il vecchi Hiwatari aveva
scosso la testa
-Ti sbagli, invece. Sono come i loro genitori-
-Che ho ucciso-
-Non tutti, però-
A quella frase il volto di Pavlov si era fatto scuro.
-Devi fare con molta attenzione Pavlov. C’è ancora
qualcuno che sa, e che li potrebbe aiutare. Devi fare in modo che questo non
accada. Dobbiamo eliminarli tutti, capito?-
-E se uno dei vecchi interferisse?-
-Allora dovrai occuparti anche di loro-
-Si signore-
Hiwatari
strinse forte il pugno fino a farsi sbiancare le nocche
-Non voglio che rimanga vivo nessuno della Suprema Essenza,
sono stato chiaro?-
Pavlov aveva annuito, prima di portarsi una mano sul
cuore e inchinarsi
-Lo consideri già fatto-
Detto questo Pavlov aveva fatto per andarsene
-Un’ultima cosa Pavlov…-
Il killer si era fermato e si era voltato verso il suo
signore
-Quando troverai mio nipote… digli che questa è la
sorte che ha scelto per non essersi unito a me-
-Sarà fatto signore-
E ora eccolo lì, pronto ad attuare la seconda fase del
piano.
-Dasvidania-
Pavlov lanciò l’accendino all’interno dell’appartamento.
In un attimo, il fuoco prese a divampare nella stanza. L’uomo, infatti, aveva
cosparso la stanza di benzina, e ora il fuoco si stava divorando tutto quello
che c’era all’interno. L’ultima cosa che l’uomo vide fu la parete con le foto
dei ragazzi andare a fuoco. Lo interpretò come un buon auspicio per la sua
missione. Appena uscito dallo stabile, trovò un auto ferma ad aspettarlo. Entrò
dentro, e l’auto partì subito
-Lì ci sono soldi e documenti falsi. Se devi prendere
un aereo dimmelo prima, mi occuperò io di tutto-
-Perfetto signore-
-Che la seconda parte del piano abbia inizio-
-Si signore-
-Però, prima di occuparti dell’eliminazione dei
ragazzi, devi fare una cosa-
-Ma il capo…-
-Prima trova la Birkof, Dimitri,
poi puoi iniziare a fare il resto-
-Ma il capo…-
-Trova la chiave, Pavlov, o la missione non avrà
successo. Senza la chiave non otterremmo mai quello che ci serve. Sono stato chiaro?-
-Si signore-
E la macchina continuò a sfrecciare per le strade buie
della città, mentre in lontananza un appartamento veniva divorato dalle fiamme.
Salve a tutti! Eccomi ritornata, dopo una vita… si, lo
so, sono imperdonabile. A mia discolpa posso solo dire una cosa: tesi!! Ebbene si, finalmente vedo la luce alla fine del tunnel, ma
purtroppo questo a fatto si
che la scrittura finisse all’ultimo posto. Ok, forse devo anche metterci il
nuovo fidanzato… insomma, sono stata presa da altro. Ma ora eccomi qui,
tornata, carica e pronta. Almeno con questo capitolo
Che ne pensate? Ammetto che, all’inizio, non volevo
fare prendere subito questa piega alla storia ma… mi sembrava il momento
migliore. So che il finale ha un tono molto dark, e purtroppo, verranno
affrontati dei temi un po’ pesanti nei capitolo a venire. Spero che la storia
comunque vi piaccia lo stesso e che continuerete a seguirla. Ovviamente ci
saranno anche dei momenti molto più allegri e divertenti o “leggeri” se mi
passate il termine. Insomma, spero di scrivere una bella storia, ma il giudizio
lo lascio a voi.
Piccola nota: Kai nella
terza stagione, si vede che dada
mangiare ad un gatto. Quindi io mi sono presa la libertà di inserire l’animale
come personaggio della mia storia. Ritornerà, e credo che ci saranno molti
altri animali in questa storia, quindi fateci l’abitudine.
Devo però dirvi un’ultima cosa… ho adorato scrivere la
parte della telefonata tra Hilary e Yuri! Lo so che forse Yuri può essere un po’
ooc ma, non ho resistito. Ce lo vedo troppo fare
quella parte, e so che appena ne avrà l’occasione andrà a dire in giro della
telefonata con Hilary ai suoi compagni e si farà una risata alle spalle del suo
amico… perdonatemi questa mia licenza!
Se trovate degli errori di grammatica o di battitura,
ditemelo! Io ho riletto due volte il capitolo, ma ogni tanto capita di non
vedere certe cose… quindi se ne vedete segnalate che poi io faccio le
correzioni!
Infine vorrei ringraziare tutti quelli che nonostante
il mio ritardo comunque hanno letto la storia e l’hanno anche recensita. Grazie,
grazie, grazie.
Spero di essere più veloce la prossima volta, ma non
assicuro niente. Se avete un po’ di pazienza per stare dietro a questa
scrittrice ritardataria vi ringrazio. un bacio a tutti,
dalla vostra
Mariam, quella mattina, era preoccupata. Era dal pomeriggio
precedente che non aveva notizie di Hilary, così come le altre. Mariam si era
presentata a casa della castana, ma era rimasta sorpresa quando il padre della
ragazza le aveva detto che non era in casa
-Prova da Takao, ormai abita là che qui-
Le aveva consigliato l’uomo, anche leggermente scocciato che
la figlia non fosse in casa con lui, ed ora eccola là, davanti alla porta del
dojo, ferma ed esitante. Una parte di lei, infatti, non voleva entrare nel
dojo. La ragazza sapeva, infatti, che c’erano molte probabilità che la sua
amica fosse là dentro, ma c’era anche una minima percentuale che non ci fosse,
e questo poteva significare solo una cosa: Hilary poteva essere nei guai. Era
per tutti questi pensieri che si trovava ancora ferma là, indecisa. Alla fine,
però, prese coraggio, era pur sempre un membro degli scudi sacri, e non aveva
paura di niente, e si avviò decisa verso la porta di casa Kinomiya, quando
questa, improvvisamente si aprì, e ne uscì l’ultima persona che Mariam si era
aspettata di vedere là. La ragazza si ritrovò a fissare un paio di occhi blu
spalancati per la sorpresa e un enorme sorriso che, stranamente, le fece
perdere un battito del cuore
-Mariam… is really you?-
(Sei proprio tu?)
La ragazza si ritrovò ad annuire.
-What a surprise! Che ci fai qui?-
(Che sorpresa!)
-Ecco io… veramente stavo cercando una persona-
Max la fissò stupito.
-E chi?-
-Io cercavo Hilary veramente. Avevamo in programma di
allenarci, ma non la sento da ieri, e non vorrei che fosse talmente impegnata a
sgridare Takao o la piccola scimmia che se ne sia dimenticata-
Max la fissò sempre più sorpreso.
-Hilary?-
Mariam annuì.
-Si, hai presente? Ragazza castana, grandi occhi marroni,
facile agli scatti d’ira quando è vicina a quello che è considerato il più
grande campione di bey del mondo…-
Max ridacchiò.
-Si, ho presente, la conosco bene, fidati-
-Allora, posso entrare per vederla?-
Max la fissò, e un leggero rossore gli imporporò le guance
-Mariam io vorrei farti entrare ma… si, non so come dirtelo-
-Max, sono abituata a vedere certe scene, tranquillo. Vivo con
mio fratello-
Il ragazzo sorrise
-Non è per quello. È che Hilary non è qui-
-Ah… è già uscita?-
Max scosse la testa
-No, Mariam. Hilary ieri sera non è venuta al dojo a dormire.
Anzi, non si fa vedere qua da un paio di giorni-
Mariam ci mise qualche secondo a comprendere appieno le parole
di Max, e quando lo fece, il suo cuore sprofondò nel terrore.
Kai era turbato. Dopo che aveva chiuso la telefonata con Yuri
era rimasto fermo, seduto sul letto immobile a fissare il telefono, non sapendo
cosa fare. I suoi genitori erano stati assassinati, e non da una persona
qualunque, ma da suo nonno. Una parte di lui aveva sempre temuto una cosa del
genere, ma aveva sempre preferito credere alla fatalità di un incidente
automobilistico. Era frustrato, e arrabbiato. Il blaider si ritrovò a stringere
con tutte le sue forze il suo bey, Dranzer, che portava sempre con se. Perché
non riusciva a liberarsi dall’ombra di suo nonno? Possibile che quell’uomo lo
avrebbe perseguitato per tutta la vita? Senza rendersene conto, il ragazzo
afferrò il telefono che era appoggiato sul comodino, e lo scaraventò contro il
muro. Il telefono, quando entrò in contatto con la parete, andò in mille pezzi
che si sparpagliarono sul pavimento della stanza. Kai rimase fermo immobile a
fissare quei pezzi, senza sapere cosa fare e come doveva comportarsi. E fu così
che lo trovò Hilary. La ragazza era rimasta nell’altra stanza per tutto il
tempo che Kai aveva parlato al telefono, indecisa su cosa fare. Non se ne
voleva andare senza avere ringraziato il ragazzo, ma era anche terribilmente
imbarazzata per la questione della telefonata. Così era rimasta ferma seduta
sul divano, indecisa sul da farsi. Ma quando aveva sentito il rumore del
telefono che si schiantava contro il muro era subito scattata in piedi, e si
era precipitata dentro la stanza. E quello che aveva visto l’aveva spaventata.
I pezzi del ricevitore erano sparsi ovunque, segno che chi lo aveva lanciato
aveva usato molta forza, e Kai era là, fermo immobile, i pugni chiusi talmente
forte che le nocche erano diventate bianche. Hilary si avvicinò piano,
esitante.
-Kai…-
Lo chiamò una volta, ma il ragazzo non le rispose, forse non
l’aveva nemmeno sentita, così riprovò di nuovo
-Kai… Kai, che succede?-
Hilary arrivò vicina al ragazzo, e ciò che vide la spaventò.
Kai stava piangendo. Dai suoi occhi scendevano delle lacrime silenziose. Quando
il ragazzo la vide, non fece niente per nasconderle, ma Hilary vi lesse dentro
una tristezza profonda. Hilary non lo aveva mai visto così vulnerabile come in
quel momento
-Kai? Che cosa è successo?-
Il ragazzo la fissò
-Li ha uccisi-
Disse solo
-Cosa? Uccisi? Chi?-
-I miei genitori…-
Hilary lo fissò, senza capire.
-I tuoi genitori? Di cosa…-
-Mio nonno! Mio nonno ha ucciso i miei genitori-
-Ma Kai, mi hai detto che hanno avuto un incidente in macchina
e…-
-È stato lui Hilary! È stato lui a farli assassinare. Ha
manomesso la loro macchina. Li ha uccisi!-
Hilary lo fissò, sconvolta. Poi, senza pensarci, si buttò
addosso al ragazzo, abbracciandolo. Non gli disse niente, perché sapeva che le
parole, in quelle occasioni, non potevano dare nessun sollievo. Ma un abbraccio
poteva salvare dal baratro profondo della disperazione. In un primo momento,
Kai rimase fermo, rigido, poi, si lasciò andare, e strinse con forza il corpo
della ragazza contro di se. E si lasciò andare totalmente a quelle lacrime che
inesorabili, stavano continuando a scendere dai suoi occhi color ametista.
Mariam era seduta al tavolo del dojo, una tazza di thè caldo
davanti a lei. Max la fissava, preoccupato
-Vedrai che sta bene…-
-Non la sento da ieri pomeriggio-
-Magari è con Mao o Julia…-
-Nemmeno loro l’hanno sentita-
-Magari è…-
-Max, non ha dormito a casa sua, altrimenti suo padre me lo
avrebbe detto, non credi?-
-Magari è tornata tardi ed è uscita presto. Forse ti sta
aspettando in palestra per gli allenamenti ora-
-Non è da Hilary sparire così-
Il biondo aveva finito tutte le possibili spiegazioni logiche
che gli erano venute in mente
-Vedrai che sta bene. Forse è…-
-Max! Hilary non ha dormito con nessuna di noi, non ha dormito
in casa sua, e nemmeno qui. Dove vuoi che sia andata?-
-Da Kai-
Mariam e Max si voltarono sorpresi, verso la porta della
cucina. Fermo, sguardo ancora assonnato, c’era Rei. Il blaider della tigre
bianca si avviò con calma verso i fornelli, si versò quello che restava
dell’acqua che Max aveva riscaldato per Mariam, e si preparò un thè. Nel
frattempo i due ragazzi lo guardarono. Poi Mariam lanciò un’occhiata scettica a
Max, che le rispose con un’alzata di spalle. Quando il cinese si sedette al
tavolo vicino a Mariam, la ragazza lo guardò
-Che vuoi dire? Cosa c’entra l’Hiwatari?-
-Già… cosa a che vedere Kai con Hilary?-
Rei fissò lo sguardo su Mariam,
-Tu sai di cosa sto parlando, vero?-
La ragazza si ritrovò improvvisamente a pensare alla conversazione
avuta con Hilary. Sapeva che il russo l’aveva aiutata negli allenamenti, anzi,
le aveva praticamente insegnato a lanciare e anche a duellare.
-Si, so di cosa parli, ma non capisco cosa vuoi dire lo
stesso-
Max fissò prima Rei poi Mariam
-Qualcuno sarebbe così gentile da spiegarlo anche a me? Cosa
c’entra Kai con Hilary?-
-Si, vorrei tanto saperlo anche io-
Tutti e tre i ragazzi si voltarono verso la porta della cucina.
Ferma, con i suoi inconfondibili capelli rosa c’era Mao.
-Mao… che ci fai qui?-
Le chiese Rei, sorpreso. Mao fissò lui, poi spostò lo sguardo
su Mariam.
-La stessa cosa che ci fa qui Mariam. Dov’è Hilary? E cosa
c’entra Kai?-
Rei passò lo sguardo su tutti i presenti. Alla fine si decise
a parlare
-Kai ha aiutato Hilary con il bey in questo periodo. Le ha
insegnato a lanciare e anche alcune basi su come si duella-
Max lo fissò a bocca aperta
-Sul serio? Stiamo parlando sempre del solito Kai?-
Rei annuì, sorridendo
-Si, si parla di lui-
-Wow! That’s really… unexpected-
(questo è veramente… inaspettato!)
Mariam, però continuava a non capire
-Si, ok, le ha insegnato qualcosa, ma questo che cosa c’entra
ora? Hilary è sparita da ieri pomeriggio e..-
-Hilary non è sparita-
-E tu come fai a saperlo? Senti Kon, ti vuoi decidere a
parlare?-
Rei fissò la ragazza
-Va bene, ma non ti scaldare. Ho visto Hilary ieri sera, anzi
per la precisione ho anche cenato con lei-
-Ma se ieri sera hai detto di avere cenato con Kai!-
Disse Max. Tutti fissarono Rei.
-Che cosa ci stai nascondendo Rei? Cosa è successo alla mia
amica?-
Mao si era avvicinata al ragazzo e gli aveva afferrato la
maglia.
-Mao calmati. Non vi sto nascondendo nulla, ma dovete
lasciarmi parlare. Se mi interrompete in continuazione come faccio?-
Disse Rei, fissando la ragazza dritta negli occhi. Un leggero
rossore si impossessò delle guance di Mao, che alla fine lasciò andare la
maglia di Rei, e si sedette, in silenzio, vicino a Mariam.
-Va bene, scusa. Continua pure, non ti interromperò più-
-Grazie Mao. Allora ieri sera ho cenato con Kai, ma non
eravamo da soli. C’era anche Hilary con noi ieri sera-
Mariam lo fissò perplessa.
-Aspetta, mi stai dicendo che ieri sera tu, il russo e Hilary
siete andati a mangiare fuori? Come dovrebbe tranquillizzarmi questo?-
Rei scosse la testa.
-No Mariam, non mi hai capito. Ieri sera abbiamo cenato a casa
di Kai-
Dopo che Rei ebbe finito di parlare un silenzio irreale calò
su i tre ragazzi, prima di essere interrotto da un’unica domanda
-Cosa?-
Chiesero in coro sia Max e le due ragazze. Rei non poté
trattenere un piccolo sorriso.
-Si, lo so, ero sorpreso anche io-
-That’s… strange. Ma stanno insieme per caso?-
(Questo è… strano)
Chiese Max, visibilmente sconvolto. Rei scosse la testa
-No, niente del genere. Ma Hilary ieri sera… diciamo che aveva
bisogno di qualcuno con cui parlare, e ha trovato Kai-
Mariam fissò il cinese, stupita e anche leggermente ferita. Se
Hilary aveva bisogno di parlare con qualcuno, perché non era venuta da lei?
-Ma io non capisco… perché Hilary non è venuta da noi se
voleva parlare?-
Anche Mao aveva pensato le stesse cose che aveva pensato la
sua amica Mariam. Il cinese vide lo sguardo della ragazza, e le posò una mano
su una spalla, per rassicurarla
-Non ti preoccupare Mao, e nemmeno tu Mariam. Vedrete che
quando si sentirà pronta, ne parlerà anche con voi-
-Ma sta bene?-
Chiese preoccupata Mao.
Rei annuì.
-Si, non ti preoccupare. Anzi, è anche un po’ colpa mia se siete
state così in ansia. Ieri sera io e Kai ci siamo messi a chiacchierare e non ci
siamo resi conto che Hilary era stanca. Si è addormentata, alla fine, e Kai ha
deciso di lasciarla dormire e riposare lì a casa sua. Sono convinto che ora sia
ancora da lui-
-Vuoi dirmi che hai lasciato un’addormentata ragazza indifesa
a casa del russo?-
Gli chiese sconvolta Mariam. Ma Rei, vedendo la sua faccia,
scoppiò a ridere
-Mariam, non c’è persona più fidata di Kai, credimi. Se avessi
una sorella o una figlia sarebbe la prima persona che chiamerei per
affidargliela. Kai è un bravo ragazzo, anche se lo cela sotto strati di mutismo
e di caratteraccio-
Anche Max si ritrovò d’accordo con il cinese
-Si Mariam, stai tranquilla. Kai is a really good boy. Hilary
is safe with him-
(Kai è davvero un bravo ragazzo. Hilary è al sicuro con lui)
La ragazza si ritrovò a fissare la tazza di thè, ormai
diventata fredda, davanti a se.
-Va bene, mi fido di voi. Ma se scopro che le è successo
qualcosa, Kon giuro che avrò la tua pelle-
Il cinese sorrise
-Tranquilla, lo so. E non sarai nemmeno la sola a volerla-
Mariam posò lo sguardo su Mao, e vi lesse la sua stessa
determinazione. Le due amiche si sorrisero, complici. Il cinese si mise a
ridere. Poi, ad un tratto, il caratteristico rumore della vibrazione di un
telefono si diffuse nella stanza. Rei frugò tra le sue tasche e tirò fuori un
telefonino. Una volta visto il nome sul display, si voltò sorridente verso le
ragazze.
-Visto? È ancora viva. Pronto Hilary? Stavamo giusto parlando
di te e…-
Il cinese si fermò e rimase in ascolto, sconvolto. Mao,
preoccupata, guardò Rei
-Hilary, calmati, se no non capisco…. Ok, Hilary, ascoltami,
calmati. Arrivo subito lì-
Rei chiuse la telefonata e si voltò verso i ragazzi.
-Kon, che cosa è successo alla mia amica?-
Chiese Mariam, che era scattata subito in piedi dalla sedia.
Rei si alzò dal tavolo
-Non è Hilary, si tratta di Kai-
Rei guardò Max, che si era fatto scuro in volto.
-Che cosa è successo?-
-Suo nonno-
Tanto bastò perché Max capisse. Il biondo si alzò dal tavolo
-Vengo con te-
Rei annuì, poi si voltò verso Mariam e Mao.
-Credo che dobbiate venire anche voi. Credo che Hilary avrà
bisogno di voi mentre noi cerchiamo di parlare con Kai-
-Saremmo venute comunque Rei-
Disse Mao, decisa.
-Allora, andiamo-
E i quattro si avviarono verso l’uscita del dojo, Rei che
guidava il gruppo, con a fianco Mao. Max e Mariam erano rimasti leggermente indietro,
e Max approfittò di quella leggere distanza per potere parlare con la ragazza.
-Forse prima che arriviamo sarà meglio che ti racconti un po’
del nonno di Kai…-
E per il resto del tragitto Mariam ascoltò tutto quello che
c’era da sapere sul vecchio Hiwatari e su quello che era successo in Russia tre
anni fa.
Hilary sapeva che Kai si sarebbe arrabbiato con lei non appena
avesse scoperto che aveva chiamato Rei, ma alla ragazza era sembrata la cosa
migliore da fare. Dopo quell’abbraccio che si erano scambiati, il russo l’aveva
scostata gentilmente, e le aveva chiesto se poteva prendergli un bicchier
d’acqua. Hilary aveva capito che si trattava di una scusa per allontanarla, in
modo tale che Kai potesse riprendere un attimo il controllo di se, ma Hilary
non aveva fatto storie ed era uscita. Ed era stato allora che aveva recuperato
il suo telefono dalla borsa e aveva chiamato Rei. Ad Hilary non erano nemmeno
sfuggite le venti chiamate perse che aveva sul telefono, probabilmente tutte
delle sue amiche, ma ora non aveva tempo per chiamarle e spiegare tutto quanto.
Si ripromise di farlo non appena avesse avuto un attimo di tempo. Quando tornò
in camera di Kai con il bicchiere d’acqua tra le mani lo trovò seduto sul
letto, la testa bassa e con i capelli che gli ricadevano sugli occhi. Hilary
appoggiò il bicchiere sul comodino e poi, lentamente si avviò verso la porta
della stanza, ma fu fermata dalla voce del russo
-Hilary…-
Hilary si voltò verso di lui, in attesa.
-Potresti dare tu da mangiare a Neko?-
La ragazza lo fissò stupita per alcuni secondi ad occhi
sgranati. Vedendo quell’espressione Kai si lasciò sfuggire un piccolo accenno
di sorriso
-Il gatto. Potresti dare da mangiare al gatto?-
-Hai chiamato il tuo gatto… Neko?*-
*(Neko in giapponese vuol dire gatto)
Kai semplicemente annuì.
-Tu sai cosa vuol dire Neko… giusto?-
Kai continuò ad annuire
-E ti sembra un nome adatto ad un gatto?-
Semplicemente Kai alzò le spalle. Hilary sbuffò
-Chi ti capisce Hiwatari è un genio… comunque ci penso io,
tranquillo-
Kai sorrise. Dopo di che Hilary uscì dalla stanza, ma prima di
uscire, le parve di sentire, anche se a voce molta bassa un piccolo “grazie” da
parte del ragazzo.Neko la stava aspettando, fermo e immobile, davanti alla porta della
cucina. L’unica cosa che fece non appena la ragazza si avvicinò, fu un piccolo
miagolio.
-Tranquillo Neko, ora ti do da mangiare…-
Hilary aprì la porta della cucina, e il gatto si infilò dentro
fulmineo. La ragazza lo seguì. Ricordandosi dalla sera prima da dove Kai aveva
preso la scatoletta con il cibo, Hilary andò sicura verso il mobile e trovò
immediatamente quello che cercava. Il gatto non perdeva una singola mossa di
quello che lei faceva, e Hilary si sentiva, stranamente, a disagio.
-Smettila di fissare… non te lo rubo mica-
Neko aspettò con pazienza che Hilary versasse tutto il
contenuto della ciotola nella sua vaschetta, ma, quando la ragazza ebbe finito,
rimase lì fermo, ad osservarla ancora.
-Su, che aspetti. Mangia-
Ma il gatto non si muoveva. Era seduto sulle zampe, e la
guardava. Era come se stesse aspettando qualcosa, ma Hilary non aveva idea di
che cosa
-Che cosa c’è Neko? Non hai fame?-
Il gatto per tutta risposta, spostò una zampa verso un’altra
ciotola, posta di fianco a quella dove Hilary gli aveva versato il cibo.
-Ne vuoi altro?-
Il gatto le lanciò un miagolio, quasi indispettito.
-Oh, scusa, non volevo offenderti-
Disse Hilary, trattenendo a stento la sua insofferenza. Cosa
le voleva dire quello stupido gatto?
Il gatto, a quel punto, saltò sul piano della cucina, e si
avvicinò al lavello, e iniziò a miagolare. Hilary rimase ferma qualche istante,
poi, all’improvviso, capì
-Hai sete?-
Il gatto le lanciò un miagolio, come se fosse un assenso.
Allora Hilary si chinò, prese la ciotola, e la riempì d’acqua, poi la
riposizionò vicina all’altra. A quel punto Neko, soddisfatto, saltò giù dal
piano della cucina, e si mise a mangiare soddisfatto.
-Certo che sei un gatto strano, sai?-
Il gatto, sentendo la voce della ragazza, si fermò un attimo e
si voltò a guardarla, e le lanciò uno sguardo che fece scoppiare Hilary dal
ridere.
-Lo sai che mi hai lanciato la stessa occhiataccia del tuo
padrone?-
-Spero di non avere gli stessi occhi di un gatto…-
Hilary sobbalzò per la paura e lo spavento. Fermo sulla porta
c’era Kai, sguardo divertito negli occhi. Hilary, vedendolo lì, fermo, si sentì
imporporare le guance di rosso
-Io… io…-
Balbettava e si sentiva mortificata. Kai le si avvicinò, poi
si mise ad osservare il suo gatto, che stava continuando a mangiare tranquillo
-Non sono offeso, tranquilla-
Hilary aveva lo sguardo fisso a terra. Kai le afferrò il mento
con una mano e le sollevò la testa, fino a quando i loro occhi non si fissarono
-Hilary, va tutto bene, tranquilla-
-Non volevo offenderti-
-Lo so-
-Ma sul serio, Neko mi ha lanciato lo stesso guardo che mi
lanci tu ogni tanto e… non ho resistito. Non volevo prenderti in giro, anzi-
-Lo so-
-Non hai gli occhi di un gatto, te lo giuro. Anzi, hai degli
occhi stupendi, i più belli che io abbia mai visto e… si insomma, ci si può
innamorare di uno con degli occhi così anche io potrei farlo sai?-
Kai la fissò, occhi sgranati per lo stupore. Quando Hilary si
rese conto di quello che gli aveva appena detto, divenne ancora più rossa. Fece
un passo indietro per allontanarsi dal ragazzo
-Aspetta io non volevo… si insomma io…-
La ragazza si portò le mani davanti alla faccia. Dopo qualche
secondo, però, sentì un suono che la fece sobbalzare dalla sorpresa. Era una
risata. Kai Hiwatari stava ridendo, forse per la prima volta da quando Hilary
lo conosceva lo sentiva ridere.
-Hilary… sei la persona più strana che io conosca-
Dopo poco anche Hilary si unì alla risata del ragazzo. Però
poi, non potendo evitarlo, Hilary diede un leggero pugno sul braccio al
ragazzo. Kai, si limitò a sorridere. I due rimasero così, in silenzio, per
alcuni secondi, poi Kai si avvicinò alla ragazza e la guardò serio in volto
-Hilary… grazie-
Hilary sapeva cosa voleva dire quel grazie. Era un grazie per
essergli stata accanto in un momento così difficile, era un grazie per non
avere detto niente per cercare di farlo stare meglio ed era un grazie per
essere riuscita, anche se solo per qualche minuto, a fargli dimenticare della
telefonata che gli aveva appena fatto Yuri.
-Non c’è di che, Hiwatari-
Kai rimase fermo ad osservarla. Forse per la prima volta da
quando la conosceva, Kai si fermò a fissare i suoi occhi, e vi si perse dentro.
Hilary aveva, infatti, dei grandi occhi color nocciola, molto comuni a dire la
verità, ma in quel momento, Kai si rese conto, i suoi occhi stavano come,
brillando. Forse era per l’effetto della risata di poco prima, o perché era
ancora un poco imbarazzata, o forse era solo per il fatto che i due sapevano di
avere condiviso qualcosa di così intimo l’uno con l’altro, ma sta di fatto che
Kai si ritrovò perso dentro di essi. Occhi ametista si specchiarono dentro
occhi color nocciola e nessuno dei due sembrava voler staccare lo sguardo da
essi. Senza quasi rendersene conto, Kai si avvicinò alla ragazza, e senza mai
staccarle gli occhi di dosso, le mise una mano dietro la schiena, e la tirò
leggermente contro di se. Hilary afferrò con le mani le braccia del ragazzo, e
iniziò a chiudere lentamente gli occhi, e in quel momento, Kai notò che sulle
sue gote si era sparso un leggero strato di rossore. Kai era ormai arrivato a
sfiorare le labbra della ragazza, quando il campanello dell’appartamento prese
a suonare, e la magia di spezzò.
Rei non aveva perso tempo. Appena era arrivato davanti a casa
di Kai, si era precipitato dentro il palazzo, facendo le scale di corsa
-Ehi Rei, aspettaci-
Per stargli dietro, Mariam, Mao e Max si erano trovati a
correre. Avevano salito di corsa le scale ed erano arrivati sul pianerottolo
con il fiato corto, solo per trovare Rei attaccato al campanello
dell’appartamento. Senza aspettare, Rei prese anche a battere dei colpi contro
la porta
-Kai, apri subito!-
Max si era avvicinato al suo amico e gli aveva afferrato la
mano prima che il cinese potesse lasciare la sua impronta sulla porta, tanto
era la forza con cui stava battendo
-Ma cosa…-
-Dagli almeno qualche secondo di tempo per venire ad aprirti-
-Ma Kai potrebbe…-
-Pensi che Hilary non ti avrebbe avvisato se Kai se ne fosse
andato?-
Rei fissò Max, ma non poté rispondergli, perché in quel
momento la porta dell’appartamento si aprì, rilevando proprio il blaider russo.
Vedendo il suo amico, Rei mise le mani sulle spalle del suo amico
-Kai… che cosa è successo?-
Kai fissò stupito i quattro ragazzi che erano fermi sulla sua
porta.
-Che ci fate voi qui?-
Prima che qualsiasi dei quattro ragazzi avesse modi di spiegare
ad un visibilmente scocciato Kai perché si trovavano lì, si sentì un’altra voce
parlare.
-Sono stata io-
Sentendo la voce di Hilary, Mao spintonò da parte il russo che
era fermo sulla porta e si precipitò dentro l’appartamento, stritolando in un
abbraccio la ragazza.
-Hilary!-
-Mao? Che ci fai tu qui?-
Mao non rispose, si limitò ad abbracciare la sua amica.
-Ti rendi conto dello spavento che mi hai fatto prendere?
Credevo ti fosse successo qualcosa di grave. Non ti azzardare mai più a non
rispondermi al telefono, sono stata chiara?-
Hilary ricambiò l’abbraccio della sua amica.
-Scusa, non volevo farti preoccupare. Solo che sono successe
un po’ di cose e…-
-E regola numero uno delle Wisteria: mai mandare nel panico
una di noi o tutte quante insieme, intese Tachibana?-
Hilary si voltò sorpresa verso Mariam, che era entrata anche
lei nell’appartamento senza fare troppe cerimonie. Hilary sorrise alla sua
amica dai capelli blu
-Ci puoi contare. Non lo farò più-
Kai, a quel punto, visibilmente scocciato per tutte quelle
persone non invitate nel suo appartamento si voltò vero Rei, in cerca di
spiegazioni
-Mi volete dire che cosa ci fate qui?-
Hilary, scioltasi dall’abbraccio con Mao, fissò Kai, con un
leggero rossore sulle guance
-Credo sia colpa mia. Mi dispiace Kai ma, dopo la telefonata
di Yuri, dovevo dirlo a qualcuno, e sapevo che Rei era la persona giusta da
avvisare. E così l’ho chiamato-
Kai la fissò
-Tu hai fatto…-
-Ha fatto bene. Non puoi sempre pensare di tenerti tutto per
te! Siamo tuoi amici o cosa?-
Kai spostò lo sguardo sul suo amico Rei, poi tornò a fissarlo
su Hilary. Kai e Hilary si guardarono per un lungo momento
-Dovevo farlo Kai. Questa cosa, qualsiasi cosa sia, è troppo
grande per te-
-Ma voi non c’entrare niente!-
-Questo lascialo decidere a noi-
Disse Rei. Anche Max, che fino a quel punto
non aveva ancora aperto bocca si trovò d’accordo con le parole di Rei
-Yes friend, lascia decidere a noi.
Dopotutto, l’ultima volta con tuo nonno, ti siamo stati utili-
-E avete rischiato la vita…-
-Ma siamo ancora qui, true Rei?-
-Ben detto Max-
Kai si ritrovò con le spalle al muro. Poi si
voltò, e indicò Hilary e le ragazze
-Però loro ne stanno fuori-
Max e Rei si ritrovarono ad annuire, ma
Hilary si lanciò contro Kai, puntandogli un dito contro
-Non ci pensare nemmeno Hiwatari. Dopo tutto
quello che è successo tra stanotte e prima io non me ne vado-
-Tu non sai in cosa ti stai mettendo-
-Non ho paura-
-Se Hilary c’è dentro ci sono dentro anche
io, Hiwatari-
Disse Mariam, avvicinandosi alla sua amica,
sguardo serio sul viso.
-E ovviamente anche io!-
Disse Mao.
Kai guardò i suoi due compagni di squadra,
come a chiedere aiuto, ma tutti e tre si ritrovarono impotenti difronte alla
determinazione delle ragazze.
-E va bene restate. Ma poi non venite a
lamentarvi da me se vi infilate in qualcosa di più grande di voi-
-Non ti preoccupare Hiwatari, saresti
l’ultima persona da cui verrei a farmi consolare-
Mariam e Kai si fissarono in cagnesco per
qualche secondo, prima che Max si mettesse in mezzo ai due
-Su ragazzi, calma-
-Non mettermi in mezzo Max. e poi ha
cominciato il tuo amico, non io-
-Come on, Mariam, va tutto bene-
Mariam fissò lo sguardo su Max, e lesse
negli occhi del ragazzo un disperato tentativo di allentare la tensione della
casa. Senza sapere nemmeno bene lei come mai, Mariam accolse ciò che Max le
stava pregando di fare con gli occhi. Si limitò a sbuffare, poi si avviò verso
il divano che aveva visto nella stanza accanto e si mise seduta. Max le regalo
un sorriso e andò a sedersi vicino a lei. Hilary e Rei, intanto, non avevano
mai smesso di fissare Kai. Il ragazzo, sentendosi osservato, si voltò verso di
loro.
-Va bene, venite. Vi spiego tutto-
Hilary sorrise sollevata, e anche Rei.
Hilary li precedette e si andò a sedere accanto a Max, finendo di occupare i
posti del divano. Kai aveva iniziato ad avviarsi anche lui, quando il braccio
di Rei lo fermò. Il russo lanciò uno sguardo sorpreso verso il cinese.
-Kai… che voleva dire Hilary prima con tutto
quello che era successo ieri sera e questa mattina?-
Kai si limitò a fissarlo male
-Kon, non fare domande che potrebbero
prevedere una tua brutta fine. E comunque non è successo niente-
Il russo si liberò dalla presa dell’amico e
si avviò verso il salotto, scuotendo la testa. Rei rimase fermo lì, impalato,
stupito e sorpreso allo stesso tempo. Appena finita quella riunione avrebbe
interrogato Hilary, perché qualcosa era successo, ne era sicuro. E solo dalla
ragazza poteva sperare di ricevere delle spiegazioni.
I sei ragazzi stettero due ore a parlare. Kai
disse tutto quello che gli aveva detto Yuri al telefono, e quelle che potevano
essere le implicazioni.
-Aspettate…-
Disse ad un tratto Mariam
-Hiwatari, mi dispiace da morire per i tuoi
genitori, e, lasciamelo dire, tuo nonno è davvero un bastardo ma… cosa c’entra
questo con il torneo?-
I ragazzi si guardarono. In effetti la
domanda di Mariam aveva un senso.
-In effetti… perché dovrebbe riguardarci?-
Chiese Mao, stupita.
-L’ultima volta che il nonno di Kai ha
agito, ha coinvolto il torneo e noi-
Disse Rei, anche se la domanda di Mariam
aveva una certa pertinenza.
-Yes, la scorsa volta ci siamo andati di
mezzo noi ma, questa volta perché dovrebbe prendere di mira il torneo?
Dopotutto è in prigione… what he can do?- (che cosa può fare?)
Tutti i ragazzi si fissarono, indecisi.
Hilary, in tutto quel tempo, non aveva smesso per un attimo di fissare Kai.
Sapeva che il ragazzo gli stava nascondendo delle informazioni. Hilary doveva
sapere
-Kai cosa sai che noi non sappiamo?-
Il russo si voltò stupito verso Hilary. Al
contrario della ragazza, lui aveva fatto di tutto per cercare di fissarla il
meno possibile. Ma ora si ritrovò a fissare quegli enormi occhi castani, e si
ritrovò a cedere
-Di preciso non lo so nemmeno io ma… è una
cosa che mi ha detto Daitenji-
-Daitenji? Cosa c’entra ora il presidente?-
-Qualche sera fa mi ha chiamato nel suo
ufficio. Voleva sapere che cosa sapevo di mio nonno-
Nel salotto improvvisamente piombò il
silenzio.
-Mi ha chiesto che avevo sue notizie, o di
Vorkov. Mi ha detto che si trattava di una precauzione, ma… qualcosa non mi ha
convito. Per questo ho telefonato a Yuri e gli ho chiesto di indagare. Il resto
lo sapete-
I ragazzi presero il loro tempo per
assimilare ciò che aveva detto Kai. Ma a dare voce, alla fine, ai pensieri di
tutti, fu Rei
-Dobbiamo chiedere direttamente a Daitenji.
Se lui ti ha chiesto una cosa del genere vuol dire che sa che qualcosa sta
succedendo-
Kai si ritrovò ad annuire.
-Andrò da lui a parlare, infatti. E mi farò
dire tutto ciò che sa-
-Vengo anche io-
-E io con voi, my friends-
(miei amici)
Le tre ragazze si guardarono, e senza
bisogno di parlare si trovarono a pensare la stessa cosa
-Noi veniamo con voi-
Disse Mao. Rei la guardò, scuotendo la testa
-Ragazze, non ha senso andare tutti e sei
dal presidente. Vi diremo quello che ci ha detto e…-
-No Rei, noi verremo con voi-
-Ma…-
-Niente ma, Kon. Tanto saremmo comunque
dovute andare alla sede della BBA. È là che ci alleniamo e che abbiamo
appuntamento con Julia-
Non appena Hilary sentì pronunciare il nome
della sua amica spagnola, si sentì gelare il sangue nelle vene.
-JULIA!-
Tutti i ragazzi si voltarono verso di lei,
ma Hilary scattò subito dal divano e si precipitò in cucina.
-Ma cosa…-
Iniziò a dire Max, guardando il punto dove
era sparita la castana. Fu Mariam, però a spiegare il tutto
-Ci siamo dimenticate di lei. Sarà furiosa-
Max guardò la ragazza dai capelli blu e le
vide uno sguardo spaventato negli occhi. Anche Mao aveva lo stesso sguardo, e
guardò preoccupata la sua amica
-Questa volta ci uccide tutte e tre…-
-Credo tu abbia ragione Mao. Questa volta
siamo finite-
In quel momento una pallida Hilary uscì
dalla cucina, e si andò a sedere nel suo posto sul divano. Poi, senza dire niente,
passò il suo telefono a Mariam. Quando la ragazza ebbe letto il messaggio sul
telefono della sua amica lo passò a Mao, e lo fece leggere anche a lei. Mao
riportò lo sguardo su Hilary e quando la cinese e la giapponese si fissarono,
si scambiarono uno sguardo preoccupato.
-Questa volta siamo finite per davvero…-
Sul telefono di Hilary, infatti, era
arrivato un messaggio di Julia, che diceva così
“¿pero digo habéis enloquecidos? son dos
horas que os espero en gimnasio y vosotros simplemente no nos sois! Yo hora me
voy, y no creo que tornerò. prefiere volver de aquel idiota de mi hermano.
Adiós Wisteria”
“ma dico siete impazzite? sono due ore che
vi aspetto in palestra e voi semplicemente non ci siete! Io ora me ne vado, e
non credo che tornerò. preferisco tornare da quell'idiota di mio fratello.
Addio Wisteria”
I sei non persero tempo e si diressero
veloci verso la sede della BBA. Quando arrivarono decisero di separarsi. I
ragazzi si diressero veloci verso l’ufficio del presidente Daitenji, mentre le
ragazze si avviarono veloci verso la palestra. Entrarono di corsa, ma si
fermarono subito. Infatti, al centro della palestra, intenta ad allenarsi,
c’era la spagnola, che non appena le vide, le accolse con un sorriso sarcastico
sul volto
-Hola muchachas! ¿Cómo estáis?-
(ciao ragazze! Come state?)
-Julia! Noi ti credevamo…-
-Partita per tornare con mio fratello? ¿Seriamente nos habéis creído?-
(seriamente ci avete creduto?)
Mao, passata dalla sorpresa alla rabbia, si
avvicinò decisa verso Julia
-Come sarebbe a dire ci abbiamo creduto?
Certo che ci abbiamo creduto! Hai detto che te ne volevi andare! Ti rendi conto
di quello che ci hai fatto passare? E invece te ne stavi qui, tranquilla, a
giocare-
-Ehi, yo no estoy jugando, claro? Me estoy
entrenando! Cosa che dovreste fare anche voi, invece di andarvene in giro a
fare chissà che-
(io non sto giocando, chiaro? Mi sto
allenando!)
Mariam e Hilary si avvicinarono alle due
loro compagnie di team.
-Non stavamo perdendo tempo Julia-
-Ah no?-
Mariam scosse la testa. Ma fu Hilary poi a
prendere in mano il discorso
-Julia, riprendi Thunder Pegasus e ascolta.
Siamo in un mare di guai…-
- ¿Qué ha sucedido?-
(che cosa è successo?)
Chiese preoccupata Julia.
-Vieni, ora ti racconto tutto…-
E anche Julia fu messa al corrente della
situazione.
Non appena l’ascensore fu arrivato al piano
dell’ufficio di Daitenji, i ragazzi non persero tempo e si precipitarono verso
la porta. Presto, però, furono fermati da una voce femminile
-Ragazzi fermi, non potete entrare!-
Correndo più veloce che poteva sui tacchi,
la segretaria di Daitenji riuscì per un decimo di secondo, ad arrivare per
prima davanti alla porta impedendo ai tre di entrare nella sala.
-Signora, per favore si sposti. Dobbiamo
vedere il presidente, subito-
La segretaria, che non doveva avere ancora
trent’anni, non appena si fu sentita chiamare signora da Rei, si piantò ancora
più decisa di fronte alla porta e puntò un dito contro il ragazzo
-A chi hai dato delle signora, lattante?-
Rei impallidì di colpo, e si ritrovò a
balbettare insicuro
-No io non volevo cioè… si insomma pensavo
solo… è una forma di educazione e…-
-E non abbiamo tempo per cose del genere. Si
sposti-
Kai, senza troppe cerimonie, spinse da parte
la donna, che lanciò un grido di sorpresa e cadde a terra, ed entrò nella
stanza. Daitenji era seduto alla sua scrivania, e non era solo. Seduto di fronte
a lui, infatti, c’era un uomo. Non appena la porta della stanza si aprì,
Daitenji scattò in piedi e così fece anche l’uomo che era con lui, solo che
l’uomo si portò una mano dietro la schiena e tirò fuori una pistola. Alla vista
dell’arma i tre ragazzi si fermarono subito. Fu Daitenji a prendere in mano la
situazione, non appena ebbe riconosciuto i tre ragazzi fermi sulla sua porta
-Abbassi quell’arma, ispettore-
-Ma presidente loro…-
-Sono i ragazzi di cui stavamo giusto
parlando-
L’uomo guardò il vecchio presidente, poi
annuì e abbassò l’arma, rimettendola nel fodero da dove l’aveva estratta.
Daitenji spostò lo sguardo su tutti e tre i ragazzi, prima poi di posarlo su
Kai. Stava per dire qualcosa quando la segretaria, ripresasi dalla spinta
ricevuta, si affrettò ad entrare anche lei nella stanza,
-Mi scusi presidente. Ho cercato di fermarli
ma mi hanno buttato a terra e…-
-Nessun problema signorina Fumori. Tanto le
avrei chiesto di chiamarmeli, quindi non ci sono problemi-
-Ma presidente loro mi hanno spinta e…-
-E ora, signorina Fumori, ho bisogno di
parlare da solo con queste persone senza essere disturbato. Per favore non
faccia entrare più nessuno-
-Ma presidente…-
-Mi scusi presidente Daitenji-
Disse ad un tratto Rei.
-Dimmi Rei-
-Di sotto ci sono le ragazze e temo che
prima o poi piomberanno qui come abbiamo appena fatto noi…-
-Le ragazze?-
-Yes president, Mariam, Hilary e Mao di
sicuro, e credo anche Julia-
Daitenji li fissò, poi rispostò lo sguardo
sulla sua segretaria
-Fumino, se le ragazze arrivano falle
entrare, ma prima avvisami con una telefonata. Chiunque altro venga, invece,
mandalo via. Questa faccenda ora ha la priorità e non posso perdere tempo con
nessun altro-
-Si presidente-
Disse la donna, prima di uscire e chiedere
la porta dietro di se. Quando la porta fu chiusa Daitenji fece cenno ai ragazzi
di accomodarsi.
-Se siete qui immagino che saprete che cosa
sta succedendo-
I tre ragazzi si guardarono. Fu Kai a
parlare
-Si, qualcosa sappiamo. So che mio nonno ha
visto qualcuno in carcere-
Daitenji annuì.
-Si, è esatto. Tuo nonno ha ricevuto una
visita in carcere qualche giorno fa, e non una persona qualunque. Ha visto
Dimitri Pavlov, un noto assassino e pluriomicida-
-Ma come è stato possibile? Come può un
assassino andare a fare visita a mio nonno e poi farla franca?-
-È quello che ci siamo chiesti anche noi e
siamo arrivati ad una unica conclusione… tuo nonno ha avuto dei complici che
gli hanno permesso di potere incontrate Pavlov indisturbato e poi hanno fatto
uscire l’assassino senza problemi-
Daitenji annuì mentre l’uomo parlava.
-Credo questa possa essere una possibilità.
Ma non ho ancora fatto le presentazioni, che sbadato. Ragazzi vi presento il
detective John Maxwell, dell’interpol. Detective, questi sono alcuni membri
della squadra dei Bladebreakers: Max Mizuhara, Rei Kon e ovviamente Kai
Hiwatari, il nipote di…-
-Nipote di Hito Hiwatari, certo. Conosco chi
sei dal fascicolo che l’interpol ha su tuo nonno. Io sono il detective a cui è
stato assegnato il caso di Pavlov. Sono anni che l’interpol sta cercando di
prenderlo, ma ammetto che ci è sempre stato un passo avanti. Sembrava sempre
conoscere le nostre mosse in anticipo, oppure aveva un alleato molto potente che
lo proteggeva. E dopo gli eventi di qualche giorno fa…-
-Mio nonno è un suo complice, su questo non
c’è dubbio-
Il detective e Daitenji fissarono Kai
sorpresi.
-Che cosa vuoi dire Kai?-
-Dopo il nostro incontro di qualche giorno
fa Presidente, e le domande che mi ha fatto su mio nonno e Vorkov, ho telefonato
a Yuri e gli ho chiesto se sapeva qualcosa. Yuri mi ha telefonato questa
mattina per dirmi che questo Pavlov era andato da mio nonno e…-
-Come fa questo Yuri a sapere queste
informazioni? Dovrebbe essere una notizia riservata!-
Disse sconvolto il detective Maxwell. Kai
fece un sorriso ironico
-Ivanov quando vuole un’informazione la
ottiene sempre. Ma credo che abbia scoperto qualcosa in più di lei, detective-
Il detective Maxwell fisso Kai
-Ragazzo, sono un detective e ho accesso a
tutte le informazioni riservate che voglio. Non c’è niente che io non sappia e
non credo proprio che tu sappia qualcosa in più di me-
-Si invece-
Daitenji osservò Kai attento.
-Kai, cosa hai scoperto?-
-Pavlov è l’uomo che ha ucciso i miei genitori,
e anche quelli di Yuri. Se lavora con mio nonno, lo fa da oltre quindici anni-
-Lo sospettavo…-
Tutti si voltarono verso Daitenji, sorpresi.
-Che cosa significa presidente? Che cosa
sa?-
Daitenji si alzò dalla sedia, e si avviò
verso il quadro che era appeso dietro la sua scrivania. Lo sollevò, rivelando
una cassaforte. Dopo qualche secondo la cassaforte si aprì e dall’interno
l’uomo ne estrasse una lettera.
-Questa lettera mi è stata fatta pervenire
una decina di anni fa. Per molto tempo non ho voluto credere a ciò che c’era scritto,
ma più passava il tempo, più mi sono convinto della veridicità di queste
parole-
Daitenji fissò lo sguardo su ognuno dei
presenti prima di proseguire
-Ragazzi avete mai sentito parlare della
Suprema Essenza?-
Dimitri Pavlov non poté non nascondere un
sorriso di scherno quando sentì l’aereo decollare dalla pista. Ce l’aveva
fatta. Era riuscito ad ingannare tutti, ed era partito con un aereo di linea da
Mosca, diretto verso l’obbiettivo della sua missione. Era solo questione di tempo
prima che tutte le pedine fossero al posto giusto, ma lui era un perfezionista,
e voleva giocare d’anticipo in modo che tutto andasse come voleva lui. Sapeva
che l’interpol gli stava dando la caccia, ma era anni che sapeva come
depistarli e toglierseli dai piedi. Mentre l’aereo lo portava via dalla sua
terra natale, l’unico pensiero che aveva in testa era verso la piccola Birkof.
Sapeva che doveva trovarla, e che non sarebbe stato facile, ma ci sarebbe
riuscito.
-Aspettami piccola… sto arrivando da te-
-Va a trovare la sua fidanzata?-
Dimitri si voltò bruscamente verso la
persona seduta al suo fianco. Era una signora anziana, con i capelli bianchi e
gli stava sorridendo
-Come scusi?-
La donna arrossì leggermente
-Mi scusi, non volevo origliare sa, ma l’ho
sentita dire che sta andando a trovare una persona e ho pensato si trattasse
della fidanzata-
Dimitri le sorrise
-No signora, non vado da nessuna fidanzata.
Vado a trovare una vecchia amica. Sa, non la vedo da molti anni-
La donna gli sorrise
-Una vecchia fiamma?-
Per un attimo il volto di Pavlov si oscurò
-No signora. È la figlia di una persona che
conoscevo molto tempo fa…-
-Oh…-
-Conoscevo la madre da molto tempo, tutta
una vita per la precisione. E ho pensato che, dato che vive in un altro paese,
perché non andarla a trovare e salutare?
La donna gli sorrise sempre di più
-Mi sembra una cosa bellissima, e lei è
veramente un brav’uomo. Sono certa che la ragazza apprezzerà molto questo
gesto-
-Oh lo apprezzerà molto, signora, si fidi.
Credo che la farò morire di gioia…-
E Dimitri tornò a fissare il panorama dal
finestrino dell’aereo, un sorriso di puro piacere sul volto.
Eccomi qua, con un nuovo capitolo. Si, lo
so, non succede gran che, ma fidatevi di me, tutto è importante. Qui si devono
un po’ vedere le dinamiche di alcuni personaggi. E si, lo so che cosa state
pensando: cosa cavolo sta succedendo tra Kai e Hilary? C’è stato poi il bacio
oppure no? Continuate a seguirmi e lo scoprirete.
Seconda cosa: la Suprema Essenza. Se non ve
la ricordate, è lo stesso nome con cui è firmata la lettera misteriosa che
Daitenji riceve e che è all’inizio del prologo. Che cosa sarà mai? Aspettate e
scoprite.
Come sempre, quando scrivo di Julia non
posso non farla parlare in spagnolo. Io me la immagino così, la sua lingua un
misto di parlate ma alla fine, a prevalere, è sempre la sua lingua natale. E,
ovviamente, io non ho mai studiato spagnolo! Quindi, se vedete degli errori o
cose scritte male, ditemelo subito. Mi fate un favore, credetemi.
Infine, vorrei ringraziare tutti quanti
coloro che leggono la storia e chi recensisce. È grazie anche a voi che vado
avanti a scrivere la storia, e vedere che ci sono così tante persone a cui
piace e che vogliono sapere cosa succede mi rende molto felice. Spero che il
capitolo vi sia piaciuto e come sempre, se volete, lasciate una recensione.
-Pavlov è l’uomo che ha ucciso i miei
genitori, e anche quelli di Yuri. Se lavora con mio nonno, lo fa da oltre
quindici anni-
-Lo sospettavo…-
Tutti si voltarono verso Daitenji,
sorpresi.
-Che cosa significa presidente? Che cosa sa?-
Daitenji si alzò
dalla sedia, e si avviò verso il quadro che era appeso dietro la sua scrivania.
Lo sollevò, rivelando una cassaforte. Dopo qualche secondo la cassaforte si
aprì e dall’interno l’uomo ne estrasse una lettera.
-Questa lettera mi è stata fatta pervenire
una decina di anni fa. Per molto tempo non ho voluto credere a ciò che c’era
scritto, ma più passava il tempo, più mi sono convinto della veridicità di
queste parole-
Daitenji fissò lo
sguardo su ognuno dei presenti prima di proseguire
-Ragazzi avete mai sentito parlare della
Suprema Essenza?-
Nello palestra della BBA il silenzio era assoluto. Le quattro
ragazze che formavano il Wisteria Team erano in
perfetto silenzio, ognuno persa nei propri pensieri. Julia era rimasta
sconvolta per quello che le avevano detto.
-Los progenitores de Kai he sido... ¿Occisos?-
(I genitori di Kai sono stati… Uccisi?)
Hilary aveva semplicemente annuito. A quel punto la spagnola
l’aveva guardata a bocca aperta, e non aveva più parlato. Nemmeno le altre
avevano sentito il bisogno di commentare la notizia, o di aggiungere altro. Tutto
era surreale. Hilary si chiedeva come fosse possibile quell’improvviso e
assurdo cambiamento dell’atmosfera intorno al torneo. La castana infatti non ne
capiva il collegamento, ma sapeva che questa faccenda riguardava l’imminente
torneo di beyblade, ma ancora non capiva il perché.
Certo, sapeva del nonno di Kai e di quello che aveva
cercato di fare anni prima, sapeva cosa aveva fatto Vorkov
l’anno precedente, l’aveva vissuto… in effetti, ora che ci pensava, ogni torneo
di beyblade aveva avuto i suoi problemi, se così si
potevano chiamare. E la ragazza sapeva, in cuor suo, che anche questo non
sarebbe stato da meno. La speranza, per una volta, che il torneo fosse pervaso
solo da un sano sentimento di competizione leale tra squadre e di voglia di
divertirsi facendo uno sport che si amava era svanita totalmente dal momento
che Kai aveva ricevuto quella telefonata dalla Russia,
telefonata che l’aveva sconvolta molto di più di non quanto volesse ammettere
anche con se stessa. Forse era il fatto per come aveva visto reagire Kai, quel dolore che lei gli aveva visto negli occhi e che
conosceva bene, oppure per avere visto il ragazzo vulnerabile, come mai le era
successo, oppure perché sentiva, nel profondo del suo cuore, che c’era qualcosa
di strano, qualcosa che la stava facendo impazzire, perché pur non sapendo cosa
fosse sapeva che riguardava anche lei. E soprattutto, si era ritrovata a
provare un enorme dolore nell’avere scoperto come i genitori di Kai fossero morti, ed era una cosa assurda, visto che non
li aveva mai visti ne conosciuti. La castana sentiva che stava perdendo la
testa, e che soprattutto, aveva bisogno di saperne di più. E in quel posto
c’era una sola persona che poteva darle certe risposte, una sola persona che
sapeva, o era quello che Hilary sperava. Fu a causa di quella consapevolezza
che senza dire una parola si alzò di scatto e si avviò decisa verso gli
ascensori.
-¿Dóndeestásyendo?-
(Dove stai andando?)
Le chiesa perplessa Julia. Hilary non si
voltò nemmeno
-A trovare delle risposte-
-¿Y donde piensa de encontrarle?
(E dove pensi di trovarle?)
-Da un uomo che si trova al tredicesimo piano di questo
edificio-
Le ragazze capirono al volo. Le altre tre componenti del team
si alzarono e seguirono la loro amica.
-Allora andiamo a torchiare un po’ Daitenji-
Hilary sorrise alla frase di Julia. Per fortuna che su una
cosa Hilary era del tutto certa, una cosa che mia avrebbe messo in discussione
e che mai nessuno avrebbe potuto scalfire: l’amicizia che condivideva con le
sue amiche.
Daitenji osservò con molta
attenzione i tre giovani ragazzi che erano seduti nel suo studio, e aveva
assistito a tre reazioni completamente diverse. Max
lo aveva guardato perplesso, prima di fare di no con la testa, anche se dai
suoi occhi Daitenji aveva capito che stava cercando
di capire cosa questo avesse a che fare con lui e gli altri. Kai era rimasto impassibile, anche se il presidente aveva
notato un leggero movimento delle mani, come se un piccolo spillo avesse punto
il ragazzo, ma la reazione che più l’aveva stupito era stata quella di Rei. Il
ragazzo cinese, infatti, aveva sgranato gli occhi per la sorpresa, per poi
impallidire in pochi secondi. Perché Rei sapeva di cosa stava parlando Daitenji, o almeno, ne aveva sentito parlare. Era molto
piccolo, doveva avere avuto quattro o cinque anni, quindi il ricordo era un po’
sfocato, ma quel nome gli era rimasto impresso. Era un ricordo legato a sua
madre e ad una discussione che lei aveva avuto con suo padre. Rei si ricordava
l’interno di casa sua, il tavolo e le sedie dove cenavano ogni sera e quella
lettera che era arrivata per sua madre quella mattina, lettera che giaceva
aperta e abbandonata proprio lì sul tavolo, lettera che aveva fatto scoppiare a
piangere sua madre. Rei si era avvicinato piano a quell’oggetto capace di fare
lacrimare così copiosamente la sua forte mamma, e vi aveva trovato un semplice
foglio bianco con sopra dei simboli strani, che lui non era riuscito a decifrare.
Non era cinese, perché lui i simboli cinesi li sapeva riconoscere, e qualcuno
lo sapeva anche leggere, ma quei simboli erano proprio strani. Rei non aveva
mai visto niente del genere. Poi era ritornato a casa suo padre e quando aveva
visto la donna in lacrime era corso subito verso di lei
-Cos’è successo?-
Sua madre non aveva smesso per un secondo di piangere,
semplicemente aveva indicato all’uomo la lettera appoggiata sul piano del tavolo.
Quando l’uomo l’aveva presa e aveva letto il suo contenuto, a quanto pare i
suoi genitori riuscivano a decifrare quegli strani segni, l’uomo era
impallidito e si era appoggiato alla spalliera della sedia.
-Non è possibile…-
Aveva detto suo padre. Sua madre aveva preso a singhiozzare
ancora più forte.
-Cat… Cat
è morta!-
Aveva detto in mezzo alle lacrime. Nella casa era sceso il
silenzio. Poi, ad un tratto, Rei si era ritrovato a fissare gli occhi scuri di
suo padre e solo in quel momento l’uomo sembrò accorgersi della presenza del
figlio. L’uomo gli si era avvicinato e si era inginocchiato davanti a lui in modo
da poterlo guardare negli occhi, e rivolgendogli un sorriso forzato gli aveva
chiesto
-Rei, perché non vai fuori a giocare?-
Rei sapeva che quella era la classica frase che gli dicevano
gli adulti quando non volevano che lui sentisse certe cose o ascoltasse certi
discorsi. Rei però, era un bravo bambino, e dopo avere abbracciato sua madre,
perché anche se aveva solo quattro anni il piccolo Rei aveva sempre avuto una
forte sensibilità, era uscito di casa. Ma Rei era anche un bambino molto
curioso, ed era rimasto dietro la porta chiusa di casa, ad origliare.Ed era stato lì, dietro quella porta chiusa,
mentre origliava ad una conversazione che non doveva sentire, che aveva sentito
quel nome. I suoi genitori avevano iniziato a parlare a voce prima bassa, poi
sempre più alta. Stavano litigando.
-È stato lui, ne sono certa!-
-È follia, Jun! Tutta questa storia
sarebbe dovuta finire molto tempo fa!-
-Ma è una cosa importante… e tu lo sai!.
-Ma ora abbiamo un figlio Jun,
dannazione. Non siamo più ragazzi, dobbiamo pensare anche a Rei-
-Non osare usare tirare in ballo nostro figlio come
motivazione Tao. Abbiamo fatto un giuramento-
-Che ci farà morire tutti!-
Per un attimo il silenzio era sceso dentro la casa dei Kon, e Rei non aveva sentito più niente. Poi la voce di sua
madre era risuonata, forte e decisa
-Io non li lascio Tao. Sono i nostri amici, io non li
abbandonerò. Sono i miei amici, i miei migliori amici e non li lascerò ora nel
momento del bisogno, ora che hanno più bisogno di me. Lo sai questo. Poi pensa
a quel povero bambino Tao… dobbiamo fare qualcosa! Non possiamo lasciarlo solo
nelle mani di quell’uomo. Io devo aiutarli, non posso tirarmi indietro-
Rei sapeva che sua madre era una donna forte e soprattutto,
era una donna decisa che sapeva farsi valere con suo padre. E se c’era una cosa
che Rei aveva imparato su sua madre era che se la donna dava la sua parola o
giurava di fare qualcosa, niente era capace di farla desistere, solo la morte
avrebbe potuto avere quella forza.
-Potresti morire…-
Era stato il debole, e forse disperato, tentativo del padre di
fermare sua moglie.
-Non accadrà. Sono forte, lo sai. E poi tu sarai con me, non è
vero?-
-Non c’è modo di riuscire a farti desistere, vero?-
Era seguito un attimo di silenzio, dove sua madre doveva avere
negato con la testa. Alla fine Rei aveva sentito suo padre sospirare
-Certo, ti aiuterò sempre. Sarò sempre al tuo fianco, lo sai. È
stata proprio la tua forza di volontà a farmi innamorare di te. Non ti lascerò
sola-
-Lo so che sarai sempre al mio fianco. E grazie per avere
capito. Ho promesso Tao e manterrò quella promessa fatta. Finché io ci sarò,
non svanirà mai. Non permetterò a nessuno di distruggere quello che abbiamo
creato. Io sono parte di essa, e finché io vivrò, la Suprema Essenza non
scomparirà. Lo prometto-
Ed ecco dove aveva sentito quel nome, era successo solo una
volta, ma era bastato. Rei non sapeva cosa fosse la Suprema Essenza, non ne
aveva più sentito parlare, nemmeno per sbaglio. Se ne era anche completamente
dimenticato di quella lettera, di quella giornata e di quel nome. Fino a quel
giorno. E di una cosa ora Rei ne era sicuro: sua madre sapeva cosa era la
suprema essenza, avrebbe potuto sapere tutto da lei. Peccato che i suoi
genitori fossero spariti da quasi nove anni ormai. Nessuno li aveva più visti,
una notte, semplicemente, erano spariti. E Rei ora iniziava a pensare che la
scomparsa dei suoi genitori, fino ad ora rimasta legata al mistero più totale,
fosse legata proprio a quel nome e a ciò che si celava dietro di esso. Ma
questo, a Daitenji, non poteva dirlo. Prima avrebbe
dovuto fare delle ricerche. Per ora avrebbe continuaro
a mantenere il segreto.
All’improvviso, fuori dalla porta dello studio di Daitenji si sentì un gran rumore e delle voci femminili.
Non era difficile capire chi potessero essere le responsabili di tutto quel
baccano.
-Signori, credo che le signorine stiano per unirsi alla nostra
piccola riunione-
In quel preciso momento, la porta dello studio si spalancò,
rivelando la figura di Julia Fernandez, una mano appoggiata sulla maniglia
della porta, uno sguardo determinato sul volto e l’altra mano protesa ad
indicare il presidente
-¿Holaviejo,
queestásucediendoaquí? ¿Cómo es eso cada vezqueorganiza
un torneo alguiensiemprearriesga de restablecernos la vida? Porque es de ésteque se sacado
no… ¿Algoestásuccednedo y puede ser peligroso para nosotros, no es
verdadero? Me excusar presidente… ¿Pero no es que por casualidad ella puertamal?-
(Ehi vecchio, che sta succedendo qui? Come mai ogni volta che
organizza un torneo qualcuno rischia sempre di rimetterci la vita? Perché è di
questo che si tratta no… Qualcosa sta succedendo e potrebbe essere pericoloso
per noi, non è vero? Mi scusi presidente… Ma non è che per caso lei porta male?)
-Julia!-
Dissero in coro le altre tre ragazze che formavano il team
delle Wisteria. Julia scosse il capo scocciata, prima
di girarsi verso le sue amiche
-Che c’è? He dichosimplemente lo quetodospiensan, puesquénadie
tiene elcoraje de decir-
(Ho detto semplicemente ciò che tutti pensano, ma che nessuno
ha il coraggio di dire)
Hilary, rossa in volto, si mise di fronte alla spagnola in
modo da potere guardare il presidente
-La scusi presidente. È solo che lei è…-
-La signorina Fernandez, che possiede il dono di dire sempre
ciò che le passa per la testa. Non ti preoccupare Hilary, non sono offeso per
ciò che la tua compagna di squadra mi ha detto. I giornalisti mi muovono critiche
decisamente peggiori quindi non mi posso assolutamente offendere per una cosa
del genere. E se devo essere sincero ragazzi, inizio a pensare di attirare la
sventura sul torneo internazionale di beyblade-
Sia le ragazze che i ragazzi fissarono allibiti il loro presidente.
Ma l’uomo sembrò non farci troppo caso, anzi si concesse un breve sorriso.
-Visto che ora siete arrivate anche voi, che ne dite di
sedervi assieme ai vostri colleghi? Dopotutto quello che ho da dirvi potrebbe
interessare anche voi. E visto che siete arrivate al momento opportuno, mi
risparmio anche la fatica di dovere ripetere ciò che sto per dire-
Dopo alcuni attimi di sistemazione logistica, in cui nella
stanza furono portate altre quattro siede dove si sedettero le ragazze, Daitenji riprese a parlare
-Bene, ora che siete tutti sistemati, permettetemi di
spiegarvi alcune cose. Intanto signorine permettetemi di presentarvi il
detective John Maxwell, dell’interpol. Il detective
Maxwell si occupa della ricerca di un noto assassino, Dimitri Pavlov, che
qualche giorno fa è stato visto mentre…
-Mentre andava a trovare il nonno di Hiwatari,
lo sappiamo presidente-
Daitenji fissò stupito Mariam Non si era aspettato che le ragazze fossero già
informate di quei fatti. Fu Max a spiegargli come
stavano le cose
-Prima di venire da lei ne abbiamo parlato tra di noi. Kai ci ha riferito ciò che Yuri aveva scoperto-
Daitenji fissò Kai,
stupito. Non si sarebbe mai aspettato che il russo si confidasse con gli altri
ragazzi. Era ormai abituato a pensarlo come una persona solitaria che cercava
di risolvere tutto da solo. Evidentemente quei ragazzi erano cambiati molto più
di quanto non si fosse aspettato. Ma dopo tutto quello che avevano passato,
forse Daitenji non se ne doveva stupire più di tanto.
Avevano affrontato situazioni molto difficili che li avevano fatti crescere
molto in fretta, e che soprattutto li avevano anche costretti a fidarsi cecamente
l’uno dell’altro. Non erano solo uniti dalla passione per uno stesso sport,
quei ragazzi erano anche diventati ottimi amici, e questo, Daitenji,
avrebbe fatto bene a tenerselo bene a mente.
-È bello vedere che lo spirito del beyblade
vi abbia pervaso così…-
Tutti i ragazzi si trovarono a fissare il loro vecchio
presidente.
- Yo lo he dichoque ha enloquecido-
(Io l’ho detto che è impazzito)
Disse sottovoce Julia, che si meritò una gomitata da parte di
Mao e un’occhiataccia da parte di Mariam. Hilary,
semplicemente, sospirò. Max quasi scoppiò a ridere
sentendo ciò che la spagnola aveva detto, e anche Rei e Kai
trattennero a stento un sorriso, ma Daitenji continuò
il suo discorso, come se non avesse sentito niente
-Vedete ragazzi, il beyblade è uno
sport praticato a livello mondiale. Ogni bambino o ragazzo lo conosce e almeno
una volta ci ha giocato. Voi siete tutti di nazionalità diverse, e forse non vi
sareste mai nemmeno incontrati o sfiorati, è stato il beyblade
che vi ha unito. Questo sport ha fatto si che paesi e culture diverse, che
difficilmente sarebbero entrate in contatto le une con le altre, si unissero,
si conoscessero e si parlassero, e questo tutto a causa di uno semplice sport. Ma
è proprio questo il bello dello sport, unisce le persone, e il beyblade ha
unito voi e vi ha reso amici. Per questo dico che lo spirito del beyblade è in voi, perché l’avete ragazzi, e vi ha fatto
creare dei rapporti di amicizia che spero rimangano con voi per tutta la vita-
A quello i ragazzi non seppero cosa dire. Rimasero tutti in
silenzio, persi nei loro pensieri. Hilary si ritrovò a riflettere su quelle
parole, e si ritrovò d’accordo con quello che il presidente aveva detto. Le sue
migliori amiche erano tutte di nazionalità diverse, a cominciare da una pazza
spagnola, una cinese dal carattere sia estremamente dolce ma anche estremamente
forte e autoritario quando ci si metteva e da una finta asociale come Mariam, che ora che Hilary ci pensava bene, non sapeva dire
con precisione da che nazione provenisse. Poi c’era Rei, uno dei suoi più cari
amici, sempre pronto ad ascoltare e a darti una mano se ti trovavi nei guai che
era cinese pure lui, Max il nippo-americano
che con il suo sorriso era capace di farti dimenticare per un istante ogni tuo problema
e Kai, il freddo e distaccato, anche se solo
apparentemente, russo, ma che era pronto a sacrificarsi per aiutare un suo
amico. Per non parlare poi di tutti gli altri che aveva conosciuto attraverso
il torneo internazionale. Si, le parole di Daitenji
erano assolutamente vere. Senza il beyblade non li avrebbe
mai incontrati. Guardandosi attorno, Hilary si rese conto che anche gli altri
dovevano avere concordato con ciò che il presidente aveva detto, perché nessuno
ritrovò niente da ridire a quelle parole.
-Detto questo, però ragazzi, ora sarà meglio tornare alla
domanda che avevo posto ai vostri colleghi ragazzi prima che voi signorine
entraste nel mio ufficio. Allora, avete mai sentito parlare di qualcosa noto
come “Suprema Essenza”?-
Nella stanza ripiombò il silenzio. Questa volta Rei non si lasciò
sfuggire nessuna emozione, e Daitenji per un attimo
pensò di essersi sbagliato prima, quando gli era sembrato di vedere il ragazzo
irrigidirsi e impallidire sulla sedia. Anche le ragazze sembravano non avere
provato nessuna reazione a sentire quel nome. Non che Daitenji
se la fosse aspettata, per la verità, ma per un secondo si era lasciato
pervadere dalla speranza che qualcuno in quella sala lo potesse illuminare su
quel mistero che lo ossessionava ormai da dieci lunghi anni.
-Lo immaginavo. Sono ben dieci lunghi anni che io sto cercando
di scoprire che cosa sia, quindi non mi aspettavo di certo che voi sapeste
qualcosa. Però, forse voi potreste finalmente aiutarmi a scoprire di che cosa
si tratta-
Max, Kai e
Rei guardarono sconcertati il presidente, al contrario delle ragazze. Infatti,
Hilary non si lasciò stupire da quell’esternazione
- Si tratta di qualcosa legato al mio beyblade,
vero presidente?-
Daitenji fissò gli occhi marroni di
Hilary, e non fu capace di mentirle
-Si Hilary, proprio così-
Tutti si voltarono verso la ragazza. Ma prima che i ragazzi la
sommergessero di domande, Hilary riprese a parlare
-Prima che me lo chiediate, no, non so niente di questa
“Suprema Essenza”-
-Ok, but…
what do you mean Hilary? What’s about your beyblade?-
(Ok, ma… che cosa intendi Hilary? Cosa riguarda il tuo beyblade?)
Hilary tirò fuori dalla sua borsa il suo beyblade
e lo appoggiò sulla scrivania del presidente. Tutti poterono vedere il bit power del cigno che splendeva al centro del bey bianco.
-Hilary? il tuo beyblade ha…-
-Un bit power, si Rei. Ne sono
sconvolta anche io. Mi è stato dato dal presidente, dicendomi che era stato
destinato proprio a me-
Di nuovo i ragazzi si voltarono verso il presidente, in cerca
di risposte. Daitenji si alzò dalla sua poltrona e si
avvicinò all’enorme vetrata del suo ufficio, dando la schiena a tutti i
presenti. Nonostante sapesse che quel giorno sarebbe arrivato, l’uomo non era
per niente pronto ad affrontare quei sette ragazzi che aspettavano solo che lui
gli desse qualche informazione in più. Informazioni che purtroppo lui non
aveva. E poi c’era Kai,
e tutto il problema che riguardava suo nonno e l’assassino Pavlov. E Daitenji sospettava che le due cose fossero legate. Eppure
non aveva prove, era solo una sensazione che ormai lo accompagnava da dieci
anni. E poi c’era un’altra cosa che stava facendo preoccupare ancora di più il
vecchio presidente. Daitenji sapeva, infatti, che non
appena avesse detto loro di quella lettera e del suo contenuto, si sarebbero
innescate tutta una serie di meccanismi che non si sarebbero più potuti fermare
fino a che la verità non fosse venuta fuori, o fino a quando qualcuno non si
sarebbe fatto male. O fino a che non fossero successe entrambe le cose. E lui
ne sarebbe stato il responsabile. Come poteva affidare un compito così gravoso
e impegnativo a dei semplici ragazzi? Ma il momento era giunto, lo sapeva, ed
era stato proprio lui a dare quel beyblade a Hilary,
era stato lui a mettere insieme gli elementi, era stato lui a portare a livelli
mondiali il beyblade, era stato lui che aveva seguito
le istruzioni di quella lettera. Ormai non si poteva più tirare indietro. E
doveva avere solo fiducia in quei ragazzi, anche se la cosa lo avrebbe lasciato
in uno stato di profonda preoccupazione. Alla fine, dopo un lungo sospiro, si
voltò verso quegli innocenti ragazzi, pronto a consegnarli sulle spalle un
pesante fardello.
-Ragazzi, quella lettera che vedete appoggiata sulla scrivania
mi fu consegnata dieci anni fa. Quello che contiene potrà sorprendervi, e sconvolgervi
forse, ma sappiate che tutto quello che dice è vero. Io all’inizio non volevo crederci,
e forse non lo farete nemmeno voi, ma il tempo mi ha dimostrato che non c’era
menzogna in quelle parole. E, purtroppo, ci sono troppe domande che lascia
senza risposte, domande a cui ancora non sono riuscito a dare delle risposte.
Forse voi riuscirete dove io ho fallito-
Daitenji si avvicinò alla sua scrivania
e porse la lettera a Hilary
-Ti dispiacerebbe leggerla per tutti quanti noi Hilary?-
Hilary non mostrò nessuna esitazione nell’alzarsi e
nell’afferrare con decisione la busta ormai ingiallita che l’uomo le porgeva.
Con mani sicure la aprì e ne estrasse un foglio di carta. Fu solo allora che la
ragazza provò un certo senso di disagio. Il foglio era ricoperto da una scrittura
chiara e precisa, sicuramente frutto di una mano femminile, ma c’era qualcosa
in quel foglio che fece tremare Hilary, qualcosa all’inizio che le parve così
indefinito, fino a che non lo riconobbe
-Questa carta profuma di…-
-Si Hilary, immaginavo che tu avresti riconosciuto subito il
profumo-
-Non può essere…-
-Hilary, che succede?-
Chiese con una leggera nota di preoccupazione Mariam. Hilary le allungò piano la lettera, in modo che la
turchina potesse annusare il foglio. Mariam non ci
mise molto a capire, e guardò stupita la castana
-Deve essere una coincidenza…-
Disse Mariam, mentre Hilary
continuava a passare la lettera alle sue altre due compagne, che come Mariam, spalancarono gli occhi stupite.
-Anche io l’ho pensato all’inizio, ragazze, ma ormai faccio
fatica a crederci. Penso invece che sia un chiaro segno del destino. È anche
questo ciò che mi ha spinto a rivelarvi tutto quanto-
-Girls…
potreste dire anche a noi che succede?-
Chiese Max, guardando le ragazze una
ad una, fissandosi poi alla fine su Mariam. E fu
proprio Mariam a rispondergli
-Il nostro team si chiama Wisteria.
Sai che vuol dire?-
Max scosse la testa, ma per Rei
invece la risposta era semplice
-Wisteria è il nome latino del
glicine, il fiore, giusto?-
Hilary annuì. Poi anche a lui porse la lettera
-Senti l’odore…-
Rei si avvicinò, come anche Max e Kai. I ragazzi ci misero pochi secondi per capire, ma fu
Rei a dirlo per tutti
-Questo è il profumo del glicine-
-Si Rei, è esatto. Non potete immaginarmi la mia sorpresa
quando le ragazze mi hanno comunicato il nome del loro team-
Disse calmo Daitenji.
-Questo spiega anche perché lei era sembrato così sorpreso
presidente-
Fece notare Hilary, che quella volta si era accorta del
leggero sussultare dell’uomo quando aveva sentito il nome della loro squadra.
-Non c’è che dire, è davvero una coincidenza stupefacente. O
come ha detto lei…-
-È il filo del destino che si sta muovendo-
Finì di dire Hilary. Daitenji la
guardò, annuendo piano. Poi, senza aspettare altro, Hilary allungò la mano
verso Rei che gli passò senza esitazione la lettera profumata. Poi, con voce
ferma e decisa, la castana si mise a leggere
- Egregio presidente Daitenji,
le scrivo questa lettera con la
speranza che le venga consegnata direttamente, senza che il suo contenuto venga
letto da altri occhi. Se così dovesse succedere, la prego di leggere fino in
fondo e di credere a tutto quello che vi troverà scritto. Anche se dovesse
essere difficile e per lei potessero essere cose totalmente folli, la prego, mi
creda. Chi vi scrive è una semplice persona agli occhi di molti, una persona
totalmente ordinaria, banale, prevedibile, una persona come tante. Ma sotto
questa facciata, in realtà, io sono ben altro. Sono una custode, una delle
ultime rimaste purtroppo a custodire un segreto millenario, un segreto che mai
al mondo dovrebbe essere svelato, ma che si trova ora in enorme pericolo. So
che in questo momento penserete di avere tra le mani la lettera di una pazza,
ma vi prego, ciò vi sto scrivendo è la verità. Sto infrangendo tutti i miei
voti di segretezza mettendo per iscritto queste parole su questo semplice
foglio di carta, ma devo farlo, perché gli avvenimenti dell’ultimo periodo mi
hanno fatto capire che ormai il nostro segreto è orribilmente compromesso, e
temo che la nostra fine sia ormai vicina, se io non affido queste parole a voi.
Perché qualcuno deve rimanere, una traccia di noi deve restare, o tutto sarà
stato vano. E alla fine, dopo molto pensare e riflettere vi ho scelto, ho
scelto proprio voi perché ammiro lo spirito con cui vi state battendo per
proteggere e diffondere lo sport del beyblade a
livello non solo del Giappone, ma anche a livello mondiale. Perché è proprio
così presidente, il nostro segreto riguarda proprio lo sport che amate e che
state cercando di proteggere. Posso confermarvi che in tutto il mondo è uno
sport praticato, da millenni, e vi sono anche motivazioni ben precise per cui
questo avviene ancora oggi, ma non posso rivelarvi di più. Già quello che vi
sto per dire dovrebbe rimanere un segreto, ma, come vi ho già detto, credo che
per la nostra sopravvivenza sia indispensabile che io scriva questa missiva.
Spero che i miei fratelli e sorelle lo possano capire e perdonarmi per questo
peccato che sto compiendo.
Sono venuta in questo paese in fuga, sono venuta in Giappone
convinta di essermi lasciata alle spalle il pericolo che ha colpito me e la mia
famiglia. Sono venuta in questo paese per sfuggire a coloro che mi stavano
braccando con un unico intento, quello di uccidermi. Sono arrivata qui senza
niente, senza avere denaro o un posto dove andare, ma almeno ero salva. Ero
ancora viva e, cosa ancora più importante, avevo portato con me il mio tesoro
più grande. Ero convinta di avercela fatta, di avere eliminato la minaccia per
sempre dalla mia vita, ed ingenuamente, ero convinta di potere incominciare di
nuovo una vita felice. Ma ciò che sono non si può cancellare, e per quanto
abbia cercato di farlo, non sono riuscita ad eliminare il mio giuramento, ed ho
continuato a difenderlo fino ad oggi. E alla fine, il nemico che era sulle
nostre tracce, il nemico che pensava ormai di avere sconfitto, è tornato, più
forte che mai. E con la tristezza nel cuore so che alla fine riuscirà a
trovarmi e quando lo farà, non credo di riuscire a scappargli di nuovo. E
questo segnerà la mia fine. Perché il nemico verrà ponendo delle domande,
cercando di rubarci i nostri segreti, e se non li otterrà, ci eliminerà. Come è
successo ai miei fratelli e sorelle, così capiterà anche a me. Perché il nostro
giuramento è di proteggere il segreto fino alla morte, e di impedire che a coloro
che non sono i prescelti che esso venga svelato. E coloro che ci danno la caccia
non lo devono assolutamente sapere. Vede presidente, ciò che noi possediamo e
custodiamo da millenni sono informazioni, informazioni che forse agli occhi dei
più potranno sembrare prive di qualsiasi attrattiva, addirittura solo delle
favole, ma che se prese da mani malvage e senza scrupoli possono trasformarsi
in un pericolo a livello mondiale. Noi custodiamo questo segreto da millenni
ormai, e vi è un motivo, e ora, per quanto mi sarà possibile, cercherò di
dirvelo.
Esisteva un periodo sulla nostra terra, un periodo di cui
ora parlano solo le leggende, in cui gli uomini erano in grado di controllare
gli elementi della natura, come acqua, terra, fuoco, aria, o anche fulmine,
ghiaccio o luce, attraverso delle creature magiche, o per meglio dire divine. L’uomo
imparò ad avvalersi del loro supporto stabilendo un rapporto come di
fratellanza tra lui e lo spirito di queste creature, un rapporto di assoluta
lealtà e fedeltà, un rapporto in cui l’anima di un uomo veniva legata a quella
di una di queste creature, chiamate fin dall’antichità con il nome di “spirti
sacri”. All’inizio l’uomo non ricorreva allo spirito sacro mai per motivi
puramente egoistici, ma con il passare del tempo, e capendo l’enorme potere che
un animale sacro poteva sprigionare, gruppi di uomini dall’animo corrotto
iniziarono ad usarli per i propri scopi personali. E ciò, come potere
immaginare, portò il mondo sul baratro della distruzione e del caos. Interi
paesi vennero spazzati via, intere civiltà rischiarono di scomparire in una
sola notte. E più gli uomini corrotti si avvalevano dei loro spiriti sacri con
malvage intenzioni, più cadevano in una spirale di odio e devastazione senza
fine. Capendo la pericolosità di tutto questo, un gruppo di uomini e donne
dall’animo puro e spinti da un desiderio di ristabilire l’equilibrio nel mondo,
si assunse l’arduo compito di combattere questi uomini malvagi, cercando di
impossessarsi dei loro spiriti sacri scindendo il loro rapporto di fratellanza.
E l’unico modo che questi uomini furono capaci di trovare fu quello di imparare
a sigillare gli spiriti sacri in modo che non potessero essere più richiamati
dai loro fratelli spirituali. Tuttavia vorrei dirvi che gli animali sacri non
sono cattivi, essi non conoscono la cattiveria, sono essere superiori a noi, ma
quando essi si legano all’anima e al cuore di una persona, gli spiriti
consacrano la loro esistenza alla difesa del loro custode. E questo legame non
può essere spezzato facilmente. Infatti, in alcuni casi, la custodia tra
spirito sacro e uomo si è tramandato con la discendenza. È stato in questo modo
che molti animali sacri sono arrivati fino a noi, ai nostri giorni, anche se
molti si sono dimenticati della loro presenza. Noi membri della suprema essenza
siamo custodi di alcuni tra i più antichi spiriti sacri che ci siano, e siamo
tra i pochi che hanno mantenuto tale discendenza viva, siamo tra i pochi, ormai
che hanno mantenuto un ricordo vivo del loro immenso potere da quasi mille anni
e più. Siamo i soli ad avere ancora un rapporto di fratellanza originale, come
era all’origine con questi spiriti sacri. Purtroppo molte famiglie hanno
perduto questi antichi legami, e molte creature sacre sono andate
irrimediabilmente perdute, o almeno era quello che pensavamo. Gli animali sacri
che erano ritenuti sigillati per sempre, negli ultimi anni sono come… tornati
in vita. Molte creature hanno stretto nuovi rapporti di custodia e purtroppo
alcuni di essi hanno scelto uomini malvagi. Per più di mille anni noi della
Suprema Essenza abbiamo protetto e custodito molti animali sacri, continuando
quella lotta millenaria dei nostri avi, sigillando e spezzando quei legami che
avrebbero potuto causare distruzione e dolore nel mondo. Purtroppo, però, molti
di noi sono morti adempiendo a questo compito, perché gli uomini privi di
scrupolo usano ogni mezzo per impossessarsi di ciò che vogliono. E purtroppo
molti si sono rivelati più forti di noi. Una volta eravamo un gruppo numeroso e
forte, ma il tempo ha fatto si che rimanessimo in pochi, troppo pochi per
potere proteggere il mondo, e ormai non siamo più in grado di farlo. Ma
nonostante questo, io non mi voglio arrendere, e anche se vado contro ai miei
voti di segretezza, io devo chiedere aiuto, ed è per questo motivo che mi
rivolgo a lei. Perché lei è degno, lei è un uomo buono, lei, sono sicura, sarà
capace di mettere un freno a certi uomini malvagi e soprattutto, so che sarà in
grado di mettere insieme una nuova generazione di custodi. Voi vi chiederete
come posso avere tale certezza, e ora, se me lo permetterete ve lo spiegherò. I
nostri avi custodi, compresero che era necessario porre un limite all’immenso
potere degli spiriti sacri. Era necessario trovare un modo per sigillare in
parte il loro potere, ma anche era necessario trovare un modo per potersi
avvalere ancora di esso in caso di bisogno. E fu allora che venne scoperto il solo
metodo che potesse conciliare le due esigenze. Per evocare uno spirito sacro, è
necessario un notevole sforzo fisico e mentale da parte di un custode, anche se
con il passare del tempo, e cementando il legame tra spirito e uomo esso
diventa più facile. Tuttavia per evocarlo, il custode deve avvalersi di uno
strumento, uno strumento che una volta venivano semplicemente chiamato trottola,
ora più note con il nome di… beyblade. E forse ora
può capire il perché io mi rivolga a lei. Dobbiamo cercare di fare in modo che
nuovi custodi si palesino alla presenza degli spirti sacri, e formino nuove unioni, nuovi rapporti di fratellanza. E i
ragazzi sono i perfetti custodi degli animali sacri, perché prima essi si
avvicineranno al mondo del beyblade, più possibilità
ci saranno che animali sacri decidano di unirsi con loro, invece che scegliere
uomini malvagi . E so che con la sua guida lei
riuscirà a fare capire a colore che riusciranno a stabile ed evocare uno
spirito sacro quei valori di giustizia e di lealtà che dobbiamo cercare di
insegnare a coloro che un giorno prenderanno il nostro posto nel mondo. Ora so
che non tutti coloro che sono capaci di evocare uno spirito sono destinati a
diventare custodi della fratellanza, ma quando il momento sarà giunto, i miei
fratelli si paleseranno con i prescelti e tramanderanno la nostra conoscenza
ancora nel tempo. O almeno è quello che dal profondo del mio cuore spero.
Naturalmente sono molti i segreti che ancora custodiamo e che non vi ho
rivelato, ma spero capirete che non posso permettermi di svelare ciò che ancora
custodisco, perché se questa lettera dovesse finire nelle mani sbagliate
sarebbe la fine del mondo come ora lo conosciamo.
Inoltre, assieme alle mie parole, mi sento di doverle
affidare anche una mia fedele compagnia, che sarà sicuramente più al sicuro con
voi che non con me. Non posso permettermi che finisca nelle mani sbagliate, e
so che prima o poi troverà di nuovo qualcuno degno con cui stringere un
rapporto di fratellanza. Si chiama Nemesis, e la
prego, la tratti con affetto. Mi ha difeso molte volte, è stata con me nei
momenti più bui della mia vita, ma ora tocca a me difenderla. Le trovi un
compagno degno, la prego. So che quando lo troverà se lo sentirà e saprà a chi
affidarlo. La mia speranza era di affidarlo ad una persona speciale, ma il
destino non si può comandare. Troppe cose sono cambiate nella mia vita, i miei
piani sono stati tutti annullati, e le mie speranze sono state cancellate. Perciò
è giusto che io affidi Nemesis a voi, anche se questo
mi provocherà molta tristezza. Doversi separare da una cara amica non è mai facile.
Ma almeno ora posso stare tranquilla.
Ora
sapete la verità, o almeno, quella che come vi ho detto, potete conoscere.
Rivelandovi in questa lettera i nostri segreti, non solo ho infranto tutti i
voti del silenzio e della segretezza che avevo giurato di difendere, ma ho
messo a repentaglio la mia stessa esistenza. Perché coloro che mi cercano ora
mi troveranno con estrema facilità. Non so quanto ancora mi aspetti da vivere,
ma almeno so che il nostro sapere non si perderà totalmente con la mia
scomparsa. Siamo rimasti in pochi a conoscere i segreti, e so che piccoli
innocenti pagheranno per le nostre colpe, e questo mi addolora. Ma il seme della
speranza non morirà, e grazie a voi non si perderà nella memoria, ma continuerà
a crescere fino a germogliare. Abbiatene cura. La responsabilità che vi affido
è enorme, lo riconosco, ma io mi fido di lei. Protegga il nostro segreto fino a
che l'ora non sarà giunta.
La serva fedele della Suprema Essenza”-
Quando
Hilary smise di leggere nessuno osò fiatare. Durante la lettura la voce di
Hilary non aveva mai ceduto, era sempre rimasta ferma e calma, ma ora, il senso
delle parole di quella lettera si impossesso di lei, facendola sprofondare in
uno strano stato di torpore. Senza rendersene conto aveva afferrato il suo bey Nemesis, stringendolo forte. E come lei, anche tutti gli
altri blaider lo avevano fatto. Daitenji
li guardava, impassibile, aspettando una loro reazione. Dovevano essere loro a
trovare un senso a ciò che quella lettera diceva, lui non poteva permetterselo.
Lui doveva solo tramandare quella conoscenza a chi avrebbe saputo portarla
avanti, e questo voleva dire i giovani sette ragazzi che erano seduti davanti a
lui. E oltre a loro, anche a tutti gli altri blaider
in grado di evocare uno spirito.
-Ragazzi,
so che tutto questo non è facile, e che tutto sia difficile da credere ma…-
-In
realtà, presidente non lo è poi così tanto-
Disse
con calma Mariam, dando voce a quello che tutti i
ragazzi stavano pensando.
-Io
faccio parte della tribù degli Scudi Sacri, e avevo proprio quel compito:
sigillare gli spiriti sacri dei bladebreakers perché
non eravamo sicuri che fossero in buone mani-
-Mariam ha ragione presidente. Proprio lei era pronta a fare
di tutto per impossessarsi del mio Draciel…-
-È
vero, Max. Ma come purtroppo ho avuto modo di constatare gli Scudi Sacri non
hanno nessun collegamento con la Suprema Essenza. Dico bene signorina?-
Mariam annuì
-Si
presidente, non so assolutamente niente di questa Suprema Essenza, non ne ho mai sentito parlare, mi dispiace-
-Non
ti preoccupare, giovane Mariam. Non te ne fare una
colpa. La Suprema Essenza è qualcosa di assolutamente segreto e misterioso, e
dopo dieci anni di ricerche non sono stato capace di trovare nessuno che ne
facesse parte. Non so chi sia la donna che mi ha scritto, certo, ho qualche
ipotesi, ma niente di certo. Temo che il compito più difficile toccherà a voi.
Voi siete coloro che sanno evocare i bit power, o
spiriti sacri. Siete dei custodi, e avete instaurato un rapporto di fiducia con
loro. Siete voi coloro che dovranno cercare la Suprema Essenza, perché io non
posso spingermi oltre. Io sarò qui nei momenti di bisogno, e vi metterò a
disposizione qualsiasi cosa vogliate o di cui abbiate bisogno. E cercherò di
fare di tutto per impedire che persone malvage si mettano contro di voi. È per
questo motivo che il detective Maxwell si unirà a noi in questo torneo come
altri agenti dell’interpol. Lasciate a noi la caccia
dell’assassino Pavlov, e Kai, so che ti chiedo molto,
ma ti prego di lasciare a noi la faccenda di tuo nonno. Per ora non c’è niente
di sospetto o preoccupante, e ti prometto che non appena avremo maggiori informazioni
te lo farò sapere. Ma per favore, non permettere a quell’uomo di trascinarti
ancora nei suoi loschi piani. Per favore, permettimi di proteggerti questa
volta-
Kai guardò con uno sguardo stupito il presidente. Fidarsi di
quell’uomo e lasciare che per una volta qualcun altro si occupasse dei suoi
affanni era una prospettiva piacevole, e poi lo stesso Kai
non voleva più avere niente a che fare con suo nonno. Però sapeva che non
avrebbe mai potuto dimenticarsi per sempre di quell’uomo, soprattutto dopo
quello che aveva scoperto da Yuri
-Io
posso provarci-
Si
ritrovò a dire Kai, sorprendendo anche lui stesso. Ma
forse si sentiva in dovere di tranquillizzare in parte l’uomo che aveva fatto
di tutto per cercare di proteggerlo più di una volta. Ma Daitenji
sapeva molto bene che Kai non avrebbe mai dimenticato
e lasciato perdere totalmente, ma si ritrovò ad annuire.
-Tanto
mi basta, grazie Kai-
Il
russo si limitò ad annuire semplicemente. Ora c’era un’altra cosa che Daitenji doveva dire, ma non sapeva proprio come fare.
Hilary era stata silenziosa per tutto il tempo, continuando a stringere Nemesis come se fosse la sua sola ancora di salvezza.
-Hilary…-
-Perché
a me?-
Daitenji si specchiò in quegli enormi occhi marroni, e vi lesse
dentro l’unico sentimento che non si sarebbe mai aspettato di leggervi, paura.
L’uomo si alzò prontamente dalla sua sedia, e si avvicinò veloce a quella della
ragazza, poggiandole poi le mani sulle spalle
-Hilary,
tu e Nemesis siete destinate l’una all’altra. Non
chiedermi perché, ma dal primo momento che ti ho visto ho sentito qualcosa,
come una voce che mi diceva “è per lei, è destinato a lei” e ne sono ancora
sicuro-
-Ma
io…-
-Hilary,
devi avere fiducia. Nemesis ti ha scelto, non sono
stato io a farlo, ma è stato il tuo spirito sacro. Ne sono sicuro. Era
destinata a te, devi solo crederci anche tu. Sei una ragazza forte e piena di
forza di volontà non dimenticarlo mai. Credi in te stessa e nelle tue capacità,
non permettere alla paura di fermarti. Sei con i tuoi amici, non sei sola.
Vedrai che alla fine dubbi non ci saranno-
-Ma
se quella donna fosse ancora viva? Era il suo spirito sacro, giusto? Se non
fosse morta? Se fosse ancora viva e…-
Ma
Daitenji scosse la testa lentamente
-Mi
dispiace Hilary, ma di una cosa sono certo. Quella donna è morta, molti anni
fa. Non ci sono dubbi su questo-
-Come
fa a dirlo presidente? Dopotutto lei ci ha appena detto che non ha delle
certezze, solo ipotesi-
Daitenji si voltò verso Mao.
-Hai
ragione Mao, non ho certezze, tranne questa. E vi prego non chiedetemi di più,
dovrete fidarmi della mia parola e basta-
-Io
mi fido di lei presidente, e dovresti farlo anche tu Hilary. Dopotutto, Nemesis era veramente destinato a te-
Hilary
guardò confusa Mariam.
-Cosa
vuoi dire?-
Mariam le sorrise, tranquilla.
-Il
glicine. Sei stata tu a trovare il nome, sei stata tu a pensarci e sei stata tu
a convincerci, ricordi? E la lettera profuma di glicine, e qualcosa mi dice che
anche il tuo beyblade ha quel profumo. Non può essere
una coincidenza-
-Ben
detto chica-
Hilary
si voltò verso Julia, che le stava sorridendo convinta, come anche Mao. E
strinse ancora più forte Nemesis, ma questa volta con
una grinta maggiore negli occhi.
-Bene.
E ora ragazzi, sono certo che avrete molto a cui pensare. Si sta facendo tardi,
credo che convenga sospendere qui per ora la conversazione. Ci sono cose che
devo ancora discutere con l’ispettore e immagino che anche voi vogliate parlare
fra di voi. E immagino anche che dobbiate informare l’altro bladebrakers
che non vedo qui-
A
quelle parole i ragazzi si riscossero leggermente. Era vero, i bladebreakers erano quattro, ma in quello studio ce n’erano
solo tre
-Non
è un problema mio…-
-Si
che lo è Kai! Inoltre abbiamo anche saltato
l’allenamento di oggi-
-Oh
god, ce la farà pagare-
Commentarono
i tre ragazzi. Per la prima volta in quella giornata Hilary si lasciò andare ad
una risata liberatoria, risata a cui seguì anche quella delle altre ragazze, e
anche quella del presidente.
Dopo
che i ragazzi se ne furono andati il detective si permise di parlare
francamente con il presidente
-È
convinto che sia la soluzione migliore? Lasciare tutta questa faccenda a dei
ragazzini di sedici anni?-
-Anche
se sono giovani, sanno il fatto loro. Hanno affrontato già molti pericoli, e
questo li ha fatto crescere, e i loro beyblade sono i
più forti che ci siano a livello mondiale. Se devo scegliere di affidarmi a
qualcuno, mi creda, sono proprio loro-
Il
detective Maxwell estrasse dalla tasca dei pantaloni un piccolo oggetto
rotondo, che posizionò delicatamente sulla scrivania dell’uomo anziano.
-Una
volta erano molto più semplici, in confronto a quelli di adesso-
Daitenji lo fissò a bocca aperta
-Anche
lei è un blaider?-
L’uomo
si aprì in un piccolo sorriso.
-Una
volta non eravamo chiamati così, era solo un gioco. Ma molto spesso mi sono
chiesto se non fosse stato solo un sogno, quando mi sembrò che una luce bianca
cercasse di sprigionarsi dall’interno della mia trottola. Ma ora so che era
tutto vero-
Daitenji guardò meglio quel piccolo bey, e si accorse con sorpresa
che sopra di esso vi era come inciso il simbolo di un animale, che sembrava
assomigliare ad un piccolo uccello, un picchio per la precisione.
-Anche
lei è un custode allora-
-Un
tempo forse. Ora sono un poliziotto, presidente Daitenji
e ho un compito. Prenderò quell’assassino e lo assicurerò alla giustizia. E
farò di tutto per proteggere anche i suoi ragazzi. Non permetterò che capiti
loro qualcosa si male-
-Me
lo auguro detective, me lo auguro con tutto il cuore. Ma temo che una tempesta
si abbatterà presto su di loro, e mi auguro che riescano a superarla senza
troppi danni-
Kai sapeva che in quel momento aveva
bisogno di risposte. Da quando Yuri gli aveva telefonato e dato quelle notizie,
non faceva che pensare. Lui doveva sapere, doveva sapere cosa fosse successo, e
soprattutto, perché. Kai sapeva che suo nonno era un
sadico bastardo, ma sapeva anche che non faceva mai nulla senza un motivo. Se
aveva voluto uccidere suo padre e sua madre una ragione doveva esserci e sapeva
che si trattava di una ragione ben precisa. E lui l’avrebbe scoperta, anche a
costo di tornare in Russia e andare a parlare con HitoHiwatari di persona, mancando alla promessa che aveva
fatto a Daitenji. E c’era anche un’altra ragione che
lo spingeva a volere andare a Mosca. Voleva vedere ciò che Yuri aveva scoperto
nello studio privato di Vorkov al monastero. Non
sapeva per quale motivo, ma una consapevolezza era scesa su Kai,
all’improvviso, una consapevolezza che non faceva che tormentarlo: sapeva che
la morte dei suoi genitori era legata alla Suprema Essenza. Lo aveva capito
subito da quando Hilary aveva letto quella lettera. Doveva andare, subito. E lo
avrebbe fatto. E poi non sarebbe stato solo, finché avesse avuto Dranzer al suo fianco, non avrebbe avuto problemi.
“Suprema Essenza… suprema essenza…” Hilary non faceva che
pensare a quel nome. Da quando si era separata dalle altre ragazze, aveva
iniziato a camminare senza meta per le strade di Tokyo. Ancora non aveva voglia
di tornare a casa, non aveva voglia di affrontare una serata da sola con suo
padre, dove non si sarebbero scambiati che poche parole e dove avrebbero poi
cenato in assoluto silenzio. In quel momento Hilary aveva bisogno di pensare, e
non sarebbe mai riuscita a farlo sentendosi addosso lo sguardo freddo e
impassibile del padre. Per quello aveva deciso di camminare, di distrarsi, di
cercare di riordinare i pensieri. E in quello stato non si era nemmeno resa
conto di dove fosse arrivata si era affidata ai suoi piedi, facendo scegliere a
loro dove condurla. Fu solo ad un certo punto, quando la ragazza alzò gli occhi
e si ritrovò di fronte ad un condominio, un semplice e comune condominio agli
occhi di chiunque altro, che si fermò, leggermente sorpresa. Quella, infatti,
era la casa dove abitava Kai. Senza rendersene conto
Hilary era arrivata lì, guidata da chissà quale istinto. Quando, infatti, aveva
seguito Kai la sera prima, anche se sembrava passata
un’eternità alla castana, Hilary aveva seguito il ragazzo a testa bassa, persa
nei ricordi del giorno della morte di sua madre. Sembrava come se qualcuno
l’avesse guidata lì, e per un secondo, Hilary pensò che poteva essere stata
proprio Nemesis a guidarla. Ma Hilary non ebbe tempo
di fermarsi a riflettere troppo su quel pensiero che si era formato nella sua
mente, perché si trovò al fianco un’altra persona. Un ragazzo si avvicinò a
lei, una persona che lei conosceva bene
-Rei…-
Il cinese le rivolse un sorriso tirato. Hilary notò che Rei teneva
un foglio di carta. Senza dirle niente, il ragazzo le porse il foglio. Hilary
vide che sopra al foglio bianco erano state scritte poche parole, ma che la
calligrafia era precisa e con un tratto deciso. Eppure era senza dubbio una
scrittura maschile. Hilary lesse ad alta voce il breve messaggio
-Sono andato a Mosca. Devo sapere-
Il foglio non era firmato, ma non era difficile immaginare chi
fosse il mittente di quella missiva. Hilary si aspettava una cosa del genere.
Una parte di lei era sicura che Kai sarebbe voluto
andare a casa in cerca di risposte, non si poteva scoprire che i propri
genitori erano stati uccisi e non chiedersi il perché. E Hilary capiva
perfettamente quell’esigenza di avere delle risposte, di sapere il motivo di
quella tragedia, c’era già passata con sua madre. Ma a differenza di lei, Kai avrebbe trovato delle risposte, anche se dolorose, ma
almeno ci sarebbero state.
-Almeno questa volta ha avvisato e non è sparito come al suo
solito-
Disse Hilary al suo amico. Rei annuì
-Si, hai ragione, almeno questa volta mi ha avvertito. Mi ha
fatto consegnare una busta al dojo con dentro quel
biglietto e queste-
Rei tirò fuori un paio di chiavi, presumibilmente le chiavi
dell’appartamento di Kai. Hilary non dovette pensarci
nemmeno più di tanto, afferrò le chiavi decisa e si avviò verso l’interno del
condominio.
-Hilary, ma che…-
-Neko. Vuole che ci prendiamo cura
del gatto-
Rei rimase fermo in strada qualche secondo, prima di reagire.
Non disse niente, semplicemente seguì la ragazza dentro la palazzina fino alla
porta d’ingresso dell’appartamento di Kai. Non sottolineò
il fatto che Hilary avesse detto quel “ci”. Tecnicamente era a lui che Kai aveva affidato il compito di prendersi cura del gatto,
anche se doveva ammettere che proprio non ci aveva pensato a quella piccola palla
di pelo grigia. Ma il cinese sapeva che al blaider
della fenice rossa non avrebbe affatto dato fastidio che Hilary fosse dentro
casa sua in quel momento. Anzi, forse ne sarebbe stato molto felice. E poi,
pensò Rei, quello forse era il momento migliore per porre una domanda che lo
tormentava da tutta la mattina
-Hilary…-
-Si?-
Chiese la ragazza, intenta ad aprire una scatoletta di cibo
per gatti sotto l’attenta vigilanza del gatto, che osservava attentamente i
movimenti di quella strana creatura che teneva in mano il suo cibo.
-C’è una cosa che mi chiedevo… ma questa mattina, per caso, io
e gli altri abbiamo interrotto qualcosa?-
L’unica cosa che si sentì, fu l’inconfondibile rumore della
lattina che sbatteva contro il pavimento della cucina di Kai,
e un miagolio decisamente infastidito nel vedere il proprio cibo sparso per
tutto il pavimento della cucina. Si, decisamente Rei e gli altri avevano
interrotto qualcosa
Pavlov si riteneva una persona di gusti raffinati. Gli piaceva
indossare capi firmati e di alta moda, gli piaceva vestire completi di alta
sartoria e indossare le stoffe più morbide, come la seta. Gli piaceva avere un
aspetto curato e apparire sempre al massimo dello splendore. E, soprattutto,
gli piaceva bere del buon vino. Si riteneva un esperto del settore e dopo anni
di vita da clandestino e di alloggi di fortuna alquanto scadenti, finalmente si
concedeva il lusso che tanto gli era mancato. Dopo il volo da Mosca a Tokyo si
era diretto verso uno degli hotel più costosi che ci fosse in città, l’hotel Ritz, e aveva preso la suite più costosa che ci fosse.
Pagamento in contanti, e aveva ricevuto tutte le attenzioni che desiderava. Il
potere che riusciva ad esercitare il denaro era una delle cose che più lo
facevano impazzire. Era per quello che aveva deciso di diventare un
professionista del crimine. Voleva soldi, li voleva subito e ne voleva tanti. E
quello era stato il modo più veloce in cui era riuscito a farli. Ed ora eccolo
lì, all’ultimo piano dell’albergo, intento a sorseggiare dell’ottimo DomPérignon, godendosi la
sensazione del lusso e la vista del tramonto sulla città. Non aveva pensato
neanche per un istante che l’interpol l’avrebbe
trovato. Loro stavano cercando un assassino in fuga che secondo loro si doveva
trovare ancora nel vecchio continente, di certo non potevano nemmeno sospettare
che lui fosse in una lussuosa suite di uno degli alberghi più esclusivi del
mondo. Ed era proprio su questo che Dimitri contava. Più si vuole nascondere
una cosa, più la si deve mettere sotto gli occhi di tutti. Ed era esattamente
ciò che lui stava facendo con se stesso, più la polizia l’avrebbe cercato, più
lui sarebbe stato allo scoperto. Mentre aspettava che il servizio in camera gli
portasse la sua cena, Dimitri non perse di vista il motivo della sua visita
nella capitale del giappone. Aveva un compito da
portare a termine, trovare la Birkof e anche la
chiave. E se c’era una cosa su cui si poteva contare, era che Dimitri Pavlov
portava sempre a termine un compito, non lo lasciava mai a metà.
-È arrivato il momento di finire ciò che ho iniziato quasi
vent’anni fa. E quando avrò finito, nessuno parlerà mai più di “Suprema Essenza”-
Eccomi finalmente tornata, dopo un bel po’ di silenzio, lo so.
Ma purtroppo questi primi sette mesi dell’anno non sono stati belli, per
niente. Sono mancati molti punti di riferimento, in primis fra tutti la mia
nonna, e devo ammettere che questa cosa mi ha lasciato senza voglia di
scrivere. Per non parlare poi delle mille cose da fare che ci sono state… tra
cui anche la ricerca matta e disperatissima di un lavoro.
Ma ora eccomi qua, tornata con un capitolo che, devo dire, mi
lascia molto soddisfatta. Questa è una parte difficile per me da scrivere,
perché io naturalmente la storia in testa ce l’ho e per me è tutto facile da
capire, e qui metto un sacco di carne sul fuoco. Penso di avere fatto un buon
lavoro e di avere reso nel modo più chiaro possibile il tutto, ma se così non
fosse, non esitate a farmelo notare. Anzi, al contrario. Sono quando gli altri
ci fanno vedere certe cose le possiamo notare, quindi non vi fate scrupoli.
Anche se trovate degli errori o delle ripetizioni, o delle incongruenze,
fatemelo sapere. A volte qualcosa mi sfugge, quindi non vi preoccupate. Dopo
tutto io scrivo per voi che leggere.
Ormai non faccio più promesse su quando aggiornerò, spero
presto comunque. Intanto vi lascio con questo capitolo che è bello lungo.
Infine vorrei dire soprattutto grazie, grazie per la pazienza,
grazie per leggere la mia storia, grazie per metterla tra le preferite e le
ricordate e per recensirla. E soprattutto grazie per l’affetto che mi fate
avere, sempre. Siete stati una bellissima luce in un momento molto buoi, con i
vostri commenti, il vostro sostegno, e anche con delle belle amicizie che sono
nate, e anche se sono solo virtuali non vuol dire che siano meno reali delle
altre. perciò, grazie a tutti quanti.
Il volo Tokyo-Mosca era in perfetto orario. L’arrivo
era previsto per le dieci e mezza a Mosca, e alle dieci e venti, le ruote del
carrello dell’aereo toccarono il suolo russo. Il viaggio era stato tranquillo e
silenzioso, una cosa gradita al ragazzo che aveva preso l’aereo all’ultimo
momento, senza nemmeno portare una valigia con se. Aveva fatto in tempo ad
avvisare chi doveva e poi era partito. Certo, Takao se la sarebbe presa a morte
con lui, ma ora pensare al blaider del drago azzurro era l’ultima cosa che
aveva in mente il ragazzo. Dato che non aveva bagagli, l’unico problema di Kai
era dover passare la dogana, ma non appena gli agenti videro il suo passaporto
russo, il ragazzo fu lasciato libero di entrare nel suo paese. Già, il suo
paese, si ritrovò a pensare Kai. Anche se sapeva di essere nato lì, di averci
anche vissuto da piccolo, anche sapendo che era il paese di origine dei suoi
genitori, Kai non riusciva a pensare a quel posto come casa. A dire la verità,
lui non aveva nessun posto che fosse casa sua, o che sentisse come casa sua. La
sua famiglia, alla fine, era Dranzer. Da quando aveva memoria, la fenice rossa
era sempre stata con lui, era stato il solo compagno fedele che avesse mai
avuto, che non lo aveva mai abbandonato, nemmeno quando lui si era lasciato
distratte da Black Dranzer, la fenice era sempre stata lì, pronta al suo fianco.
Era la sua famiglia, assieme ormai a quella piccola palla di pelo grigia. Gli
era dispiaciuto lasciarlo in Giappone, da solo, ma sapeva che Rei se ne sarebbe
preso cura. O almeno lo sperava, avrebbe fatto bene a telefonargli, prima o
poi, per sapere come stava. Kai scosse la testa, stupito
di se stesso. Da quando era cambiato così tanto, non lo sapeva. Un tempo lui
non si sarebbe mai preoccupato per un piccolo gatto, un tempo non avrebbe mai
pensato ad avere un gatto e adesso… adesso si preoccupava persino per lui.
-Perso nei propri pensieri Hiwatari?-
Kai si riscosse a quella voce, ma si riprese subito
non appena vide la chioma rossa del suo amico Yuri.
-Che ci fai qui?-
Yuri tirò fuori dalla tasca dei jeans il suo telefono
-Mi hai mandato un messaggio, ricordi?-
Kai lo guardò, senza dire niente, e il rosso sospirò
-Hai detto che saresti arrivato con il primo volo del
mattino. Ti sono venuto a prendere-
-Non ce n’era bisogno-
-È quello che fanno gli amici…-
Kai si limitò a fissare il blaider, mal celando un
sorriso ironico
-Togliti quel sorriso dalla faccia, Hiwatari…-
Ma Kai continuò a sorridere. Yuri cercò di ignorarlo,
mentre si incamminava lentamente verso l’uscita dell’aeroporto. Una volta usciti,
Yuri si avviò veloce verso il parcheggio, e poi verso una macchina. Una volta
tolte le chiavi dalla tasca, Yuri aprì la macchina, invitando Kai a salire. Ma
Kai lo fissava, perplesso
-Non sappiamo aprire da solo una portiera, Hiwatari? Senza
il maggiordomo non ne siamo capaci?-
-Tu hai 17 anni, come me…-
Yuri lo fisso
-Lo so, e allora?-
-Tu non puoi guidare-
Yuri sorrise, sarcastico
-Posso farlo, invece…-
-E come?-
Yuri alzò le spalle, in un gesto di noncuranza
-Finché non mi prendono, posso farlo. Allora vuoi
salire? Per arrivare al monastero ci vuole un’ora, e non mi piace lasciare per
troppo tempo Boris e Sergei da soli-
Detto questo Yuri aprì la portiera del guidatore e
salì in macchina. Kai fissò ancora per qualche secondo la macchina, poi si
avvicinò alla portiera, l’aprì e salì. Dopotutto, se lui poteva prendere in
affitto una casa per conto suo, Yuri poteva guidare.
Non parlarono molto durante il viaggio in macchina,
anche se di cose di cui parlare ne avevano anche troppe. Yuri non se la cavava
male alla guida, dopo tutto, e Kai iniziò lentamente a rilassarsi. Era stanco.
Stanco di quella vita, in cui l’ombra di suo nonno non sembrava allontanarsi
mai da lui.
-So cosa si prova-
Disse ad un tratto Yuri, senza mai distogliere gli
occhi dalla strada. Ormai si erano lasciati la confusione di Mosca alle spalle
e si stavano avvicinando all’enorme complesso che era il Monastero. Ormai non
era più il luogo di torture e soprusi che era stato fino a qualche anno fa, ormai
era solo un semplice orfanotrofio, di cui Yuri Boris e Sergei si occupavano,
anche se Kai non si era mai soffermato molto a pensare come. Lui tecnicamente
era il proprietario di tutto il terreno del monastero, essendo stato a sua
volta di proprietà di suo nonno, ma Kai non si sentiva padrone di quel luogo,
ed era lieto che Yuri se ne occupasse. E doveva ammettere, con Yuri non c’era
bisogno di dovere parlare troppo, perché Yuri aveva vissuto ciò che lui aveva
vissuto.
-Vorrei solo essere lasciato in pace-
-Come tutti noi-
-Cosa hai scoperto nell’ufficio di Vorkov, Yuri?-
Yuri strinse con forza il volante che teneva tra le
mani. Ormai erano entrati dentro i cancelli del monastero, e Yuri rallentò
sempre di più fino a che non parcheggiò la macchina di fronte all’ingresso
principale dell’edificio. Kai poteva vedere delle facce curiose di bambini che
sbirciavano dai vetri per vedere chi mai avesse portato Yuri lì. Non ricevevano
molte visite. Yuri spense la macchina e solo a quel punto si voltò a guardare
il ragazzo seduto di fianco a lui
-Devi vederlo con i tuoi occhi, Kai-
Senza aggiungere altro, Yuri uscì dalla vettura,
seguito subito dopo da Kai. Non si dissero altro, fecero tutto il percorso in
silenzio. Kai sapeva dove lo stava portando il blaider dai capelli rossi, lo
stava portando al secondo piano del blocco centrale dell’edificio, in quello
che una volta era lo studio provato di Vorkov, e che da quando se ne era andato
tre anni fa, i ragazzi non lo avevano mai cambiato. Non volevano nemmeno
entrarci là dentro, ad essere sinceri. Una volta arrivati al secondo piano, Kai
non fu stupito di vedere appoggiati al muro, gli altri ragazzi che formavano la
squadra della Neoborg.
-Boris, Sergei-
Disse Kai semplicemente. Gli altri annuirono con la
testa. Non c’era bisogno di molte parole tra di loro, e questo a Kai piaceva.
Senza dire altro Yuri aprì la porta dello studio ed entrò. Kai lo seguì subito.
Lo studio non era diverso da come se lo ricordava Kai. L’enorme scrivania di
legno scuro troneggiava in mezzo alla stanza. La luce proveniva da una grande
finestra posta dietro di essa, incorniciata da pesanti tende di velluto rosso
scuro.
-Colore del sangue…-
-Vorkov non aveva certo gusti, come dire, raffinati-
Si limitò a spiegare Yuri, mal celando un piccolo ghigno.
Le due pareti laterali dell’edificio erano occupate da delle librerie, piene di
libri. Nel complesso, se si escludeva la prevalenza dei colori scuri e l’aria
pesante di quello studio, Kai non vide niente di strano. Si voltò meravigliato
verso Yuri
-Cosa dovrei vedere per la precisione?-
Yuri gli lanciò un sorriso sarcastico.
-La pazienza non è mai stata una tua virtù, vero?-
Kai non gli rispose, ma gli rivolse una occhiataccia.
-Oh andiamo Hiwatari… non posso nemmeno stuzzicarti un
pochino?-
-Non sono venuto qui per dei giochetti Ivanov…-
Yuri si fece di colpo serio
-Lo so, cercavo solo… di alleggerire la situazione-
Kai fissò allibito il blaider dai capelli rossi. Yuri
alzò lentamente una mano in segno di resa
-Fidati Kai… dopo che avrai visto, capirai-
In quel momento Yuri si avvicinò ad uno scaffale della
libreria
-Non ce ne siamo resi conto subito, Vorkov era un tipo
in gamba, questo glielo devo concedere. È stato un bambino, a vedere ciò che
noi non siamo stati in grado di notare per anni-
-Di cosa stai parlando Yuri?-
-La finestra. Cosa vedi dalla finestra?-
Kai si avvicinò e guardò in basso. C’era un piccolo
cortile, circondato da tre lati dal monastero. E in quel momento il cortile era
pieno di bambini che stavano giocando
-Bambini che giocano?-
Yuri annuì
-Già, ma lo vedi quel bambino seduto per terra di
fianco alla porta sul lato destro?-
Kai si sporse di nuovo a guardare fuori e in quel
momento lo vide. Era un bambino che doveva avere all’incirca cinque anni, forse
sei, ed era, come aveva detto Yuri, seduto per terra. Era tutto intento a
disegnare qualcosa dentro un blocco da disegno.
-Si chiama Alexander, ed è un bravo bambino.
Silenzioso, diligente e ubbidiente, preferisce passare il tempo da solo a
disegnare, ma ha un buon rapporto con i suoi coetanei-
-E questo a cosa mi servirebbe?-
-È stato lui a farcelo scoprire. Precisamente un suo
disegno-
-Un disegno?-
Yuri annuì
-Disegna sempre, e gli piace disegnare cose che può
vedere e copiare. Tre settimane fa mi ha portato questo disegno e mi ha fatto
una domanda a cui non sapevo cosa rispondere-
Yuri tese un foglio di carta piegato che Kai prese
veloce. Una volta aperto, Kai riconobbe il disegno stilizzato del cortile del
monastero. Era un disegno veramente molto accurato, se si considerava che era
stato fatto da un bambino così piccolo. Ma ancora Kai non riusciva a capire
cosa Yuri gli volesse dire
-È un disegno-
-Guarda le finestre-
Gli disse il blaider. Kai lo fissò sorpreso, ma fece
come gli era stato detto. Kai vide le finestre del primo piano, e
istintivamente si mise a vedere fuori il cortile. Il bambino era stato
veramente preciso nel riprodurre la facciata. Passò poi al secondo piano, e si
soffermò sulla finestra dello studio di Vorkov, dove erano loro in quel
momento. E fu lì che lo vide
-C’è una finestra in più…-
Kai sapeva come era fatto il monastero, ci aveva
passato molto tempo dopo che Vorkov era sparito, e tutti sapevano che nel
blocco centrale della costruzione, al secondo piano c’era solo una cosa: lo
studio di Vorkov. E di conseguenza ci doveva essere solo una finestra che
doveva essere visibile dal cortile. Non due.
-Si, so cosa stai pensando. È un bambino, avrà sbagliato.
Gliel’ho fatto notare e lui sai cosa mi ha risposto? “Ho cinque anni non sono mica
stupido”-
Kai non poté non trattenere un sorriso. Quel bambino
gli piaceva
-Mi ha trascinato in cortile e me lo ha indicato. E
aveva ragione, c’è una finestra, più piccola, ma c’è-
-Come abbiamo fatto a non notarla?-
-Perché è quasi sempre in ombra. L’ala sinistra del
monastero mette quasi sempre in ombra quella parte della costruzione, e
ammettilo, nessuno di noi prima aveva tempo da perdere nel guardare la facciata
di questo posto-
Kai non trovò nessuna obiezione alle parole di Yuri.
-Perciò se c’è una finestra…-
-Ci deve essere un’altra stanza, è lo stesso che
abbiamo pensato noi-
-E l’avete trovata-
-L’abbiamo trovata, anche se non è stato facile-
Yuri si avvicinò allo scaffale sulla sinistra della
libreria, più precisamente al centro della parete.
-Kai, sai qual era il libro preferito di Vorkov?-
Kai scosse la testa
-Anna Karenina-
-Anna Karenina? Il libro preferito di Vorkov?-
Yuri annuì
-Si, lo so, è follia, ma ti manca di sentire che
motivazione dava. Per Vorkov, Anna Karenina era un libro illuminante sulla
natura umana-
-E quale sarebbe questa teoria?-
-“L’amore
ti porta alla morte”-
-Non è questo il senso di quel libro…-
-Tu l’hai letto sul serio?-
Kai non gli rispose, ma si avvicinò al ragazzo. Quando
arrivò davanti alla libreria, vide il libro, posto al centro della libreria.
-Dopo di te, Hiwatari-
Gli disse Yuri. Kai allungò la mano, e la pose sul
libro. Poi si voltò verso Yuri
-Non è che ti stai prendendo gioco di me, non è vero?-
Le labbra di Yuri si incurvarono in un ghigno.
-C’è solo un modo per saperlo-
Kai prese il libro e provò a tirarlo fuori dalla
libreria. Il libro però non si sfilò, anzi, si piegò leggermente in avanti. In
quel momento, un suono sordo, come di una serratura che veniva aperta si sentì
per la stanza, e la libreria, si spostò leggermente all’indietro. A quel punto
Yuri mise una mano sulla base dello scaffale e indicò a Kai di fare lo stesso
sul bordo esterno della libreria. I due ragazzi si misero a spingere e
lentamente, l’intero scaffale iniziò a ruotare su un lato. I ragazzi spinsero
lo scaffale fino a che non fu completamente spalancato, come una porta, e Kai
vide dietro di esso una stanza, e la finestra che ne illuminava l’intero.
Tuttavia non fu la meraviglia di avere trovato una stanza segreta, né che
questa fosse sempre stata sotto i loro occhi, ma era ciò che vi era dentro
quella stanza. Kai non era minimamente preparato a ciò che i suoi occhi videro
in quel momento
-Bentornato in Russia Hiwatari-
Fu il commento di Yuri, mentre superava Kai ed entrava
nella stanza. Kai si guardò intorno, spaesato, sconvolto, senza sapere cosa
fare o dire. Poi il suo sguardo si spostò verso una bottiglia di vodka
appoggiata in un angolo di una scrivania. Kai ci si avvicinò velocemente, e ne
bevve un sorso. Yuri lo fissò, senza commentare. Quando Kai ebbe finito di
bere, si voltò di nuovo verso il ragazzo e si decise a parlare
-Voglio leggere tutto quello che c’è in questa stanza-
-Come vuoi. Quando avrai finito sai dove trovarmi-
Kai annuì, poi si voltò verso i documenti che
giacevano sulla scrivania dello studio segreto di Vorkov. Ma prima che Yuri se
ne andasse completamente dalla stanza Kai lo fermò di nuovo
-Yuri… credo che mi servirà dell’altra vodka!-
Yuri ridacchiò, ma annuì
-Una o due?-
-Facciamo tre-
Yuri fissò Kai, sempre con un sorriso sul volto
-Ora si che vedo un russo in te. Se avessi saputo che
bastava trovare lo studio segreto per vederti ubriaco, ti avrei chiamato molto
prima-
E detto questo Yuri sparì dalla stanza. Kai non se la
prese per quelle parole, anzi, capiva il suo bisogno di cercare di sdrammatizzare.
Kai spostò lo sguardo verso il muro della stanza, dove aveva visto ciò che lo
aveva sconvolto. Era una vecchia foto, una foto che lui non aveva mai visto,
eppure sapeva immediatamente chi vi era rappresentato. Erano sei persone, che
sorridevano. Era una foto scattata a Mosca, nella piazza rossa per la
precisione, in quello che doveva essere stato un momento felice. Ma la cosa
sconvolgente non era la foto in se, ma ciò che vi era stato tracciato sopra.
Infatti, qualcuno aveva segnato con una penna quella foto, e in un modo
raccapricciante. Sopra ogni volto era stata tracciata una X, e non ci voleva
molta immaginazione per sapere che cosa rappresentava quella X. Erano tutti
morti, uccisi. Kai allungò piano una mano, e lentamente e delicatamente, si
ritrovò ad accarezzare il volto di una donna, di una donna sorridente, che lui
non aveva mai conosciuto, ma che era impossibile non capire chi fosse. Quella
donna aveva un paio di occhi color ametista, proprio come i suoi. Kai sferrò un
pugno contro il muro, un pugno così forte che la fotografia appesa alla parete
vibrò leggermente.
-Scoprirò perché vi hanno fatto questo, ve lo
prometto-
E nel silenzio dello studio, sotto lo sguardo dei suoi
genitori, Kai si mise a leggere tutto ciò che Vorkov aveva lasciato in quello
studio. E più leggeva, più beveva alcool. Si sarebbe ubriacato, ma se era
quello che serviva per continuare a leggere, si sarebbe ubriacato.
Se c’era una cosa che Rei aveva sempre pensato e anche
sostenuto, era che Kai, nonostante fosse di poche parole, asociale e spesso
poco propenso a stare in compagnia dei suoi amici, in fondo era un buon amico,
anzi, uno dei suoi migliori amici. Per questo lo aveva sempre difeso, lo aveva
sempre capito, aveva sempre cercato di fare in modo che anche gli altri
vedessero il meglio in lui. Eppure quella mattina, mentre osservava la furia
scatenata di Takao, furia diretta tutta contro la sua persona, si chiese se in
realtà, sotto sotto, Kai lo odiasse.
-Come sarebbe a dire che è in Russia? Cosa vuol dire
che è andato via? Ora, proprio adesso??? Lo sa quanto manca al prossimo torneo?
Due mesi… mancano solo sessanta giorni, prima che le migliori squadre del mondo
scendano in campo per sfidarmi e cercare di prendermi il titolo mondiale… e lui
cosa fa? Se ne va in vacanza? Proprio adesso? E in Russia?-
Si trovavano tutti nella cucina del dojo, lui, Max e
Takao. In quel momento più che una cucina, però, si trattava di una specie di
campo di battaglia. Rei e Max erano schierati vicino alla parete, il tavolo che
si frapponeva tra loro e Takao, che non faceva che percorrere la stanza avanti
e indietro, inveendo contro Kai, la sua dannata testardaggine russa, e Rei, che
non aveva avuto altra colpa che portare il messaggio del suo “cosiddetto”
amico.
-Andiamo Takao… ti ho detto perché è andato là e…-
-Non provare a difenderlo Rei! Ditemi la verità, non è
che in fondo volete vendicarvi per il fatto che in tutti questi anni non siete mai
riusciti a battermi? Dimmi Rei, non è che tutto questo rientra in un piano
diabolico che avete creato per cercare di prendermi il titolo?-
-Oh, come on
Takao! Now you’re exaggerating! (Oh, Andiamo Takao! Adesso
stai esagerando) Ti abbiamo detto cosa ci ha detto il
presidente Daitenji, giusto? E anche della telefonata che Yuri ha fatto a Kai…
non è poi così strano che Kai sia partito, non trovi?-
Takao si mise a braccia incrociate seduto per terra,
lo sguardo ancora imbronciato.
-Si, me lo avete detto, e anzi, grazie tanto per non
avermi invitato nel vostro piccolo nuovo gruppo privato-
Max alzò gli occhi al cielo mentre Rei si lasciava
andare ad un sospiro. Ecco qual era la vera ragione dell’arrabbiatura di Takao
-Takao, senti… non volevamo lasciarti all’oscuro di
tutto, chiaro? È che ci siamo ritrovati all’improvviso dentro qualcosa di molto
più grande di noi, e tu semplicemente non c’eri. Non ti abbiamo escluso di
proposito! Non abbiamo avuto il tempo di chiamarti. Lo sai che non faremmo mai
niente per escluderti-
-Rei’s right, my dear friend. (Rei ha ragione, mio caro amico!) È stato solo un caso…-
-Ma c’erano le ragazze!! Si può sapere perché le
ragazze si e io no? Cioè stiamo parlando delle… ragazze! Vogliamo mettere loro
con…-
In quel momento Takao vide Rei e Max spalancare gli
occhi e impallidire.
-Ti consiglio di moderare bene le parole, visto che
stai parlando delle mie migliori amiche, le mie compagne di squadra, e di
ragazze molto più intelligenti di quanto tu potrai mai sperare di diventare
mai, campione mondiale dei miei stivali-
Takao, sentendo la voce minacciosa di Hilary provenire
dietro di lui, non poté trattenere un improvviso brivido di terrore. Lentamente
si alzò da terra e si avvicinò alla ragazza dai capelli castani, con un sorriso
incerto stampato sul volto
-Hilary, non ti avevo sentita arrivare!-
Hilary alzò gli occhi al cielo spazientita e si avviò
decisa dentro la stanza.
-Ciao Max, ciao Rei!-
I due ragazzi le sorrisero
-Good mornig Hilary!-
-Buongiorno Hilary-
Hilary andò dritta verso Rei, protendendo la mano. Max
e Takao guardarono confusi quello strano gesto da parte della ragazza, ma Rei
non aveva bisogno di spiegazioni. Si mise una mano in tasca e prese il mazzo di
chiavi di casa di Kai, che Hilary afferrò al volo
-Grazie-
Rei la guardò voltarsi e poi andare dritta verso la
porta
-Sai, non credo che lui…-
Hilary si fermò proprio sulla porta, e si voltò veloce
verso Rei
-Doveva pensarci prima di lasciare quel povero animale
da solo. E poi credimi, l’unico che non vuole è Takao, io non ho problemi-
Takao, sentendosi chiamato in causa decise di
intervenire
-Di cosa state parlando? Chi è che non mi vuole e…
animale? Si può sapere di cosa state parlando?-
Hilary e Rei si guardarono e contemporaneamente
dissero la stessa cosa
-Niente-
Max, che aveva invece capito a cosa Rei si riferisse,
e anche Hilary, scoppiò a ridere. Anche Rei si lasciò andare ad una risatina,
mentre Hilary sorrise solamente.
-Ciao ragazzi, ci vediamo-
Disse poi la castana, andandosene. Takao, che come al
solito, non aveva capito niente, si ritrovò a fissare i suoi due compagni di squadra
che stavano ancora ridendo e Hilary, che ormai si era avviata verso la porta di
casa
-Ehi, Hilary aspetta, ma dove vai? E poi, cosa volevate
dire con… niente? Hilary non ti azzardare a chiudere la porta di casa senza
degnarti di darmi una spiegazione! Ehi, Hilary! Oh insomma, qualcuno si degna
di rispondermi?-
Rei si avvicinò all’amico, e gli pose una mano sulla
spalla
-Fidati Takao, è una cosa che non vuoi sapere. E poi,
mi dispiace, ma Hilary ha ragione. Se te lo dicessi, Kai mi ucciderebbe, e
ancora alla mia vita ci tengo, sai?-
Detto questo Rei uscì anche lui dalla cucina, ma
invece di prendere la via verso l’uscita, come aveva fatto Hilary, si avviò
verso il cortile interno, pronto per allenarsi. Takao guardò sconsolato Max, in
cerca di un aiuto, ma il ragazzo alzò le mani
-Non ci pensare nemmeno. Non ti dirò niente, come Rei
anche io ci tengo alla mia vita! E se devo essere sincero, preferisco avere Kai
calmo e tranquillo in squadra, che non furioso. I want to win like you so… I’m
sorry, ma non ti dirò niente! (Voglio
vincere come te, così… mi dispiace) Dovrai chiedere a Kai o a Hilary. E
ora, let’s go! Gli allenamenti ci aspettano-
E anche Max si avviò verso il cortile. Takao rimase
fermo, immobile, nella stanza vuota. Poi esplose
-Ma insomma! Qualcuno si vuole decidere a spiegarmi le
cose? Dopotutto sono il capitano della squadra!!! Dovrei essere io ad avere
informazioni da condividere con voi, non voi ad avere segreti con me. Insomma,
sono il campione mondiale, sono il capitano!-
-TAKAO!Cosa
sono queste urla in casa mia?-
E Takao rabbrividì per la seconda volta in quella
mattinata. Perché se c’era una cosa che lo spaventava più di Hilary, quello era
suo nonno
-Scusa nonnino…-
Era meglio se per quella mattinata andava ad
allenarsi. Almeno così avrebbe avuto la possibilità di scaricare un bel po’ di
rabbia.
-Rei, Max, ora vi disintegro-
Hilary si chiedeva come potesse sentirsi così a suo
agio in quella casa. Eppure eccola lì, sdraiata sul divano di Kai, mentre
guardava la televisione, e con il gatto acciambellato sulla sua pancia che le
faceva le fusa. Quel luogo era una vera e propria isola di pace. Era arrivata
lì la mattina subito dopo essere uscita dal dojo di Takao e aveva passato la
giornata con il gatto, in tranquillità. Ora era ormai pomeriggio inoltrato, quasi
ora di cena, e anche se non aveva fatto niente quel giorno, il tempo era volato
per lei. Le Wisteria avevano deciso che quella giornata sarebbe stata senza
allenamento, infatti le altre ragazze avevano avuto altro da fare. Mao aveva
avuto una lunga telefonata con suo fratello Lao, aggiornandolo sulle novità.
Mariam aveva deciso di contattare i suoi capi del villaggio per sapere se per
caso avessero mai sentito parlare della Suprema Essenza. Anche se la ragazza
era convinta di non ricevere risposte, era comunque intenzionata a cercare
indizi che potessero collegare il suo villaggio e il loro compito di custodi
con la Suprema Essenza. Per quanto riguardava Julia invece… Hilary non aveva
capito bene cosa avesse intenzione di fare la spagnola. Aveva detto qualcosa in
spagnolo troppo velocemente per permetterle di capire, e poi semplicemente era
sparita. Hilary sapeva che quando avesse avuto intenzione di farsi viva,
l’avrebbe sicuramente chiamata al telefono. E così, lei era finita
nell’appartamento di Kai, con Neko.
-Anche se siamo soli io e te stiamo comunque bene, non
è vero?-
Disse la ragazza, mentre passava una mono sulla testa
del gatto e si soffermava a grattare il felino dietro le orecchie. Neko rispose
con un miagolio di piacere, e si mise a fare le fusa sotto la mano della
ragazza
-Chi avrebbe mai detto che Kai potesse avere un gatto
così coccolone?-
Nella mente di Hilary passo l’immagine di Kai sdraiato
nella sua stessa posizione che faceva esattamente quello che stava facendo lei,
ma stranamente non le sembrò strana come immagine, anzi. Hilary se lo
immaginava veramente farlo, passare una giornata in ozio, tranquillo, con il
suo gatto. Hilary afferrò l’animale con entrambe le mani, e lo sollevò
leggermente in aria, in modo da potere guardarlo negli occhi. Neko rispose con
un miagolio risentito per quel cambio di posizione, cambio che non gli piaceva
per niente.
-Lo sai che sei un micio fortunato? Kai deve essere
proprio un bravo padrone…-
In quel momento, il telefono di Hilary si mise a
squillare, e la ragazza si affrettò ad appoggiare il gatto per terra, mentre
con la mano di nuovo libera, si affrettava ad afferrare il cellulare. Guardando
lo schermo, si meravigliò molto nel notare un numero a lei sconosciuto.
Tuttavia decise di rispondere
-Pronto?-
Chiese con voce quasi titubante. Dall’altra parte il
telefono restò muto per qualche minuto, prima che una voce maschile parlasse
-Come sta il gatto?-
Hilary rimase per un attimo disorientata. Uno sconosciuto,
un uomo, le aveva appena chiesto come stava il gatto?.
-Come?-
-Neko… come sta Neko, il mio gatto?-
Il cervello di Hilary sembrava incapace di formare un
ragionamento logico in quel momento.
-Ma chi…-
L’uomo dall’altra parte sembrò all’improvviso capire
cosa stesse succedendo nella mente della ragazza, e le venne in aiuto
-Sono Kai-
Il nome del blaider russo rimise in funzione i neuroni
della ragazza
-Kai? Kai Hiwatari, sei proprio tu?-
-Si-
-Ma non dovresti essere in Russia?-
Kai sembrò quasi ridacchiare prima di rispondere
-Sono in Russia-
-E allora come…-
-Hilary esistono le chiamate intercontinentali, sai? È
possibile chiamare da paesi diversi-
-Ma tu non chiami mai quando sparisci per i tuoi
viaggi…-
-Sto parlando con te ora…-
-Lo so, e la cosa mi manda in confusione direi…-
Hilary questa volta sentì Kai ridere veramente
-Ho notato-
Hilary era sconvolta per quello che le stava
accadendo. Forse si era addormentata e stava sognando. Eppure…
-Kai stai bene?-
-Forse ho bevuto qualche bottiglia di vodka di
troppo…-
-Intendi dire che sei… ubriaco?-
-No-
Questo era il Kai che Hilary conosceva. Risposte
secche e decise
-Bene, anche perché sei minorenne… non potresti bere
alcool tecnicamente. E berne troppo non fa bene, sai?-
Kai rimase in silenzio per qualche secondo. Hilary pensò
che forse lo aveva offeso, o che magari la linea era caduta. Stava per parlare
di nuovo quando la voce del russo la raggiunse
-Di solito non bevo… insomma, posso farlo, e lo
faccio, ma non sempre, non mi ubriaco mai e…-
Hilary si ritrovò a ridacchiare al telefono. Kai
Hiwatari si stava per caso… giustificando con lei?
-Non devi giustificarti…-
-Non lo sto facendo-
-Si invece!-
Continuò la ragazza ridacchiando. Kai sospirò
dall’altra parte del telefono
-Sei stata tu ad iniziare-
-Non osare scaricare la colpa su di me Hiwatari!-
Kai si ritrovò a ridacchiare. Era una situazione così
assurda, pensò Hilary, ma piacevole. Negli ultimi giorni si era resa conto che
non conosceva affatto Kai, e il ragazzo che aveva visto in quel tempo le
piaceva. Kai era una persona con cui stava bene, e parlare con lui così al
telefono le piaceva. E si chiese come mai non l’avessero fatto prima
-Perché non l’abbiamo mai fatto?-
Gli chiese ad un tratto. Kai rimase in silenzio.
Hilary si ritrovò ad arrossire per la sua stessa domanda.
-Intendo… intendo parlare, io e te, così come stiamo
facendo ora-
Si affrettò ad aggiungere poi, mentre mentalmente si
dava della cretina. Il ragazzo rimase ancora in silenzio, e per qualche secondo
Hilary pensò di averlo offeso in qualche modo. Stava cercando un modo per risolvere
quella situazione imbarazzante che aveva creato, quando la voce del ragazzo si
fece risentire
-Forse prima non avevamo niente di cui parlare-
-Forse…-
Si ritrovò a mormorare Hilary. Il telefono rimase
ancora silenzioso e Hilary doveva pensare in fretta. Come poteva recuperare una
telefonata che non voleva fare finire? Ci voleva qualcosa, e all’improvviso
capì come risolvere
- Oppure non mi ritenevi all’altezza del grande
Hiwatari-
Hilary riuscì a sentire il sorriso di Kai sentendo le
tue parole, e immediatamente si sentì sollevata
-Probabile-
-Neanche provi a smentirmi? Mi ritengo offesa ora-
Questa volta Kai rise proprio, e anche lei si lasciò
andare. In quel momento, Neko rispuntò fuori, e iniziò a strusciare la testa e
il corpo contro la gamba di Hilary. Guardando l’ora nell’orologio appoggiato
alla parete, la ragazza notò che erano le otto di sera passate.
-Hai fame Neko? Ora ti do la pappa-
Hilary si alzò dal divano e si avviò veloce verso la
cucina, intenta a dare da mangiare al gatto.
-Sei a casa mia quindi-
Le disse Kai. Hilary si fermò di colpo, come se fosse
stata colta in flagrante mentre commetteva qualche crimine. Dopotutto, Kai
aveva dato le chiavi a Rei, non a lei, e aveva chiesto a lui di prendersi cura
del gatto, non a lei. Poi però le vennero in mente le prime parole che si erano
scambiate all’inizio della conversazione
-Tu come facevi a sapere che mi stavo prendendo cura
di Neko, scusa?-
-Rei-
Fu la laconica risposta del russo.
-Rei? Te lo ha detto lui?-
-Esatto-
Hilary rimase ferma in piedi, nello specchio della
porta della cucina, indecisa su cosa fare.
-Ti da fastidio? Che io sia qui intendo…-
Il silenzio dall’altra parte del telefono si protrasse
per qualche secondo, ma ad Hilary parve un’eternità.
-No-
La risposta fece esalare un sospiro di sollievo da
parte della ragazza
-Grazie-
Gli disse, mentre il suo cuore tornava a battere con
un ritmo regolare
-Di te mi fido-
Disse ad un tratto Kai. Hilary sgranò gli occhi per la
sorpresa.
-Tu… cosa?-
-Scusami ora Hilary, devo andare, mi rifarò vivo.
Prenditi cura di Neko-
E detto questo, Kai chiuse la telefonata. Hilary non
fece nemmeno in tempo a dire niente, che sentì il classico suono della
telefonata chiusa. La ragazza tolse il telefono dall’orecchio e rimase ad
osservare lo schermo ormai spento del suo cellulare. Kai Hiwatari aveva detto
che si fidava di lei… le sue guance si tinsero di un rosso accesso, e si
ritrovò con il cuore che le batteva all’impazzata. Neko la osservava dalla
porta, fermo immobile. Hilary si ritrovò a fissare quella palla di pelo, poi si
inginocchiò e aprì le braccia. Il gatto la guardò per un istante, poi si
precipitò verso di lei. La castana lo prese subito al volo e se lo mise in
braccia, come fosse un bambino e avvicinò la testa al muso dell’animale.
-Il tuo padrone prima o poi mi farà scoppiare il
cuore, lo sai?-
Il gatto miagolò, e Hilary si ritrovò a sorridere
-Ora della pappa Neko-
E Hilary sparì dentro la cucina, cercando di
allontanare dalla mente il suono della voce di Kai che le ripeteva “mi fido di te”.
Kai era seduto per terra, la schiena appoggiata contro
la parete, un braccio posto sopra gli occhi. Nella mano sinistra teneva ancora
in mano il cellulare. Ma cosa gli era saltato in testa di fare chiamandola?
Quando aveva telefonato a Rei per aggiornarlo su alcune cose che aveva trovato
nello studio, e cosa aveva trovato era da non credere, l’ultima cosa che si
sarebbe aspettato era che il ragazzo gli dicesse che Hilary aveva praticamente
preso il compito di prendersi cura del suo gatto. Non sapeva poi nemmeno perché
aveva chiesto a Rei se per caso avesse il numero di telefono della ragazza.
Anche se avevano un intero continente tra loro, Kai era riuscito a vedere il
sorriso stampato sul volto del cinese alla sua richiesta. E quanto era stato
contento di dargli il numero… già immaginava le innumerevoli domande del tutto
ingiustificate che il cinese gli avrebbe fatto. Come se lui avesse fatto qualcosa
di male, poi. Conosceva Hilary da anni ormai, la conosceva abbastanza da potere
chiedere il suo numero di telefono senza che ci fosse nessun altra implicazione
sotto. Poi Hilary si stava prendendo cura del suo gatto quindi, aveva tutti i
diritti per telefonare e sapere come stava. Non c’era niente di male nel
sentire un’amica che ti stava facendo un favore… e allora cos’era quella sensazione?
Cos’era quella voglia improvvisa di risentirla, sentirla ridere e prenderla in
giro che provava in quel momento? E perché l’idea di lei sola in casa sua non
gli dava il minimo fastidio? E soprattutto, perché stava cercando di
immaginarsela seduta sul suo divano, con il gatto in braccio a fare le fusa?
-Ho bevuto troppo…-
-Due bottiglie non lo definirei troppo, ma un buon
inizio. Ma se tanto basta per farti perdere il controllo, la prossima volta mi
assicurerò di fartene bene tre-
Kai sentì Yuri sedersi al suo fianco. Era strano il
suo rapporto con il ragazzo dai capelli rossi. Con lui non aveva bisogno di
parlare, non aveva bisogno di spiegare le cose, Yuri lo capiva e basta. Come
lui capiva l’altro. Avevano uno strano rapporto, non erano amici, erano come…
una sorta di famiglia. Sapevano di potere contare l’uno sull’altro, e che si
sarebbero sempre aiutati. E come ogni buon membro di una famiglia, Yuri sapeva
sempre come colpirlo nei punti giusti
-Telefonata interessante direi…-
-Ora mi spii?-
-Spiare è una così brutta parola… sono semplicemente
entrato nella stanza e ti ho sentito parlare accidentalmente-
-Potevi anche lasciare la stanza…-
-Siamo in un paese libero, posso fare e stare dove
voglio-
Kai lasciò perdere il discorso. Sapeva che una
discussione del genere poteva andare avanti anche per molti minuti e in quel momento,
Kai non ne aveva voglia, non dopo tutto quello che aveva letto, e con l’alcool
che ancora girava per il suo corpo. Ma Yuri non mollava
-Comunque, lasciamelo dire, sentire dalle tue labbra
che ti fidi di quella ragazza… ammetto che, forse è la cosa più schioccante che
abbia sentito negli ultimi tempi, e come bene sai, di cose assurde ne ho viste,
lette e scoperte di recente-
Kai non rispose, di nuovo, ma questa volta lanciò al
rosso una delle sua occhiate fulminanti. Yuri ridacchiò, sarcasticamente
-Oh andiamo Hiwatari… se non vuoi che qualcuno scopra
i tuoi punti deboli, tu non farli scoprire. Non è colpa mia se parli così
liberamente qui dentro-
-La cosa che più mi preoccupa è il fatto che tu
capisca così bene il giapponese a dire la verità…-
-Che ci vuoi fare Hiwatari… sono portato per la
conoscenza delle lingue-
Kai fissò malamente il suo amico, mentre il rosso gli lanciava
uno sguardo ironico
-Allora, ne vuoi parlare o preferisci che ti tormenti ancora?-
Kai alzò un sopracciglio confuso. Yuri alzò gli occhi
al cielo
-Andiamo Kai… è chiaro che tra te e quella ragazza ci
sia qualcosa-
-Tra me e Hilary non c’è niente-
-Davvero speri che ci creda? Ho telefonato a casa tua
e lei mi ha risposto dopo avere passato la notte a dormire da te. Tu ora sei
qui e lei è sempre a casa tua, a prendersi cura dell’unico essere vivente per
cui tu abbia mostrato un minimo di umanità, e quando lei ti ha chiesto se ti scocciava
se stava da te, tu hai detto di no-
-Come fai a…-
-Ho un ottimo udito, Hiwatari. Sentivo quello che ti
diceva-
Kai rimase senza sapere cosa fare, o dire.
-È un’amica-
-Questa è la prima volta che ti sento parlare di
amica…-
-E ha visto sua madre morire davanti ai suoi occhi-
Fu il turno di Yuri di rimanere senza parole, con gli
occhi sgranati per la sorpresa.
-Abbiamo qualcosa in comune allora…-
-Ed è uno dei motivi per cui mi fido di lei-
-Perché condividete un tragico passato?-
-Perché si è confidata con me, e io ho fatto lo stesso
poi con lei. Sa cosa vuol dire…-
-Avere un vuoto che non si riesce a colmare-
Kai rimase in silenzio, ma annuì con la testa. I due
rimasero in silenzio ancora per qualche minuto, senza muoversi, ascoltando il
silenzio attorno a loro. Ad un tratto si sentì in corridoio, il rumore
caratteristico di piedi che correvano, seguito subito dopo da delle risate di
bambini, mentre qualcuno, probabilmente Boris, stava urlando loro qualcosa che
però i due non riuscirono a sentire. Tuttavia sia Kai che Yuri sorrisero
-Questo posto è tornato a vivere…-
-Una volta era impossibile sentire delle risate
risuonare in questo posto, invece ora… bambini urlanti ovunque, nessuno che ti
ascolta, fanno tutto quello che vogliono fare. L’unico modo in cui riusciamo a
farli stare buoni è durante i pasti, sono troppo concentrati sul cibo per fare
altro. Eppure…-
-Non faresti a cambio con il passato-
Yuri scosse la testa deciso
-Questi ragazzi non vivranno mai quello che abbiamo
passato noi. Preferisco arrabbiarmi e urlare ma vederli sereni, che non sentire
le urla di notte a causa degli incubi…-
Kai si ritrovò ad annuire. Poi si alzò, e si mise di
fronte alla foto dei suoi genitori
-Non permetteremo alle cose di tornare come erano una
volta. Qualsiasi cosa mio nonno o Vorkov stiamo tramando, io li fermerò-
Yuri si alzò, e si mise di fianco al suo amico, anche
lui lo sguardo fisso su quella fotografia
-Loro sono tutti morti Kai-
-Lo so-
-Potremmo fare la loro stessa fine…-
-Lo so, ma proteggeremo tutti quelli che sono qui. Ne
varrebbe la pena-
Yuri annuì, senza aggiungere altro. Senza una parola,
si avviò verso la scrivania e prese la bottiglia di Vodka che Kai aveva
lasciato appoggiata lì sopra.
-На
здоровье!-(n.a. si pronuncia na sdarovie, ed è ciò che i russi dicono
quando fanno un brindisi! Ora, io il russo non lo parlo e non lo conosco bene,
so solo qualche parola, quindi spero sia scritto correttamente!!)
Disse il rosso, per poi portarsi la bottiglia alla
bocca e bere un sorso. Fatto questo, Yuri passò la bottiglia a Kai, e anche lui
bevve. Rimasero in silenzio ognuno perso nei propri pensieri, poi Yuri pose la
domanda che Kai si aspettava da quando era entrato in quella stanza
-Credi a quello che è scritto lì? Credi che sia tutto vero?-
Kai si voltò verso la finestra. Quello che aveva letto
lo aveva lasciato senza parole, sconvolto, e una parte di lui faceva veramente
fatica a credere che tutto fosse vero. Ma un’altra parte, quella che credeva
nel suo bit power, che credeva nel suo legame con Dranzer, che credeva al
contenuto della lettera custodita dal presidente Daitenji, gli diceva che era
tutto vero. Così annuì
-Si Yuri, è tutto vero-
-E i nostri genitori…-
-Erano amici, già-
-Tuo nonno ha ordinato che fossero uccisi Kai. Sono
orfano per causa sua…-
-Come ha reso orfano me-
Kai strinse forte i pugni mentre una rabbia sorda e
cieca si impossessava di lui. In quel momento avrebbe voluto con tutto se
stesso potere prendere a pugni l’uomo con cui disgraziatamente era imparentato.
Come aveva potuto fare una cosa del genere a suo figlio? Come poteva un padre
ordinare l’omicidio di suo figlio e della nuora e lasciare un nipote solo senza
genitori? Tutto poi per il potere.
-Cosa pensi di fare ora?-
Kai si voltò verso Yuri, occhi ametista che fissarono
occhi colore del ghiaccio
-La stessa cosa che pensavi di fare tu, cercare altre
informazioni-
Yuri annuì. I due tornarono ad osservare la fotografia
raffigurante quelle sei persone. I genitori di Kai, i genitori di Yuri, e gli
altri due sconosciuti, un uomo e una donna.
-Dobbiamo scoprire chi siano gli altri due, Yuri, e
dobbiamo sapere cosa possedevano da spingere mio nonno ad ordinare la loro
morte-
-Credi che anche loro fossero parte…-
-Si, certo. E qualsiasi segreto custodissero, mio
nonno ne voleva entrare in possesso-
-E ci è quasi riuscito…-
-Ma non del tutto. Gli manca ancora qualcosa-
-Il problema è proprio questo… cosa manca? Quale
segreto potevano mai avere custodito da spingere quegli uomini ad ammazzarli?-
-Non lo so Yuri, non lo so. Ma qualsiasi cosa sia, era
importante-
-Questo non lo metto in discussione-
-Ed è proprio quello che dobbiamo scoprire… dobbiamo
capire cosa cercavano di tenere lontano da mio nonno-
-La fai semplice, ma la metà delle cose che sono qui
non hanno senso-
-Perché mancano delle parti-
-Intendi dire…-
-Mio nonno e Vorkov non possiedono tutte le
informazioni di cui hanno bisogno. Hanno il quadro generale, ma gli mancano dei
tasselli di cui hanno un disperato bisogno-
-E come pensi di trovarli?-
Kai scosse la testa
-Non lo so, ma è questo il nostro obbiettivo ora-
-Certo, cosa vuoi mai che sia. Ci lanciamo in una
ricerca disperata per qualcosa che non sappiamo cosa sia, non abbiamo idea di
dove cercarla, e per cui potremmo anche rimetterci la vita. E tutto alle soglie
di un torneo mondiale di beyblade a cui dobbiamo partecipare. Una passeggiata-
-È proprio il torneo quello di cui abbiamo bisogno
invece-
Yuri fissò il blaider con gli occhi sgranati.
-Hiwatari, quanto alcool hai bevuto? Come può aiutarci
il torneo?-
-Perché saranno loro a venirci a cercare-
Yuri ora fissava Kai decisamente sorpreso e perplesso
-Di cosa stai parlando? Intendi il seria killer che
tuo nonno ha assoldato? Perché per lui farci fuori durante il torneo sarebbe la
cosa più sensata…-
-Non mi riferivo a Pavlov veramente-
-E allora a cosa…-
-La Suprema Essenza. Saranno loro a venire fuori, e
noi li troveremo-
-Kai, i nostri genitori sono morti. La società
segreta, o quello che era, è morta con loro. Loro erano la Suprema Essenza, e loro
sono morti-
Kai scosse la testa, deciso
-No, ce ne sono altri. E verranno-
Yuri pose una mano sulla spalla di Kai
-Cosa sai che io non so?-
-Daitenji ha una lettera-
-Una lettera?-
-Scritta da una di loro-
-Ce ne sono altri-
Kai annuì
-E noi li troveremo-
-E come pensi di fare?-
Kai guardò la fotografia dei loro genitori, deciso
-Perché manderemo un messaggio. Gli faremo sapere che
noi sappiamo di loro, e che abbiamo bisogno di parlare con loro-
-E come pensi di farlo?-
-Ancora non lo so-
-Grandioso. Direi che il tuo piano fa acqua da tutte
le parti…-
-Ma è l’unica possibilità-
-Moriremo allora-
-Può darsi-
Yuri alzò gli occhi al cielo
-Hiwatari, lo sai, ti strozzerei in questo momento-
-Abbiamo cose più importanti da fare-
-No, fidati. L’idea di ucciderti ora mi alletta più di
qualsiasi altra cosa-
Kai guardò Yuri. I due si fissarono, ma alla fine, a
cedere, fu il rosso
-Cosa proponi?-
-Dobbiamo identificare l’altra coppia presente in
quella fotografia-
Yuri si ritrovò ad annuire.
-E come hai intenzione di fare?-
-Non ne ho la minima idea…-
Si limitò a dire Kai. Yuri sospirò, rassegnato
-Hiwatari, puoi farmi un favore?-
Kai lo guardò
-La prossima volta che hai intenzione di prendere un
aereo per Mosca per venire qui, non farlo-
In quel momento, per il monastero risuonò una
campanella. Kai guardò Yuri interrogandolo con lo sguardo
-Sono le quattro. Le lezioni sono finite e i ragazzi
hanno ora del tempo libero per svagarsi o riposarsi, anche se la maggior parte
ne approfitta per andare nelle palestre ad allenarsi con i beyblade. Poi intorno alle sette e mezza tutti i ragazzi
scenderanno in mensa, dove daranno una mano ad apparecchiare e dove poi
mangeremo. E non mi guardare così, mando avanti questa baracca per conto tuo, e
non mi ricordo mai una tua telefonata per sapere cosa succedeva qui, quindi non
ti azzardare a giudicare le regole che abbiamo deciso di utilizzare. Ci sono
centoventidue bambini qui, dai quattro ai quattordici anni, e fidati, è un
miracolo se questo posto è ancora in piedi, ed è merito mio. Quindi risparmiati
quel sorrisino ironico-
Kai si limitò a rimanere in silenzio, senza dire
niente. Alla fine Yuri si lasciò scappare una imprecazione e si voltò a passi
veloci verso la porta dello studio
-Giuro Hiwatari che prima o poi farai una brutta fine,
e potrebbe anche essere per mano mai. Perciò renditi utile, e cerca di scoprire
chi siano quelli nella foto. Io preferisco andare ad affrontare dei ragazzini e
ad allenarmi-
E detto questo sparì dallo studio, chiedendosi la
porta alle spalle senza esitazione. Una volta rimasto solo, Kai si limitò ad un
piccolo sorriso sarcastico. Ma poi il suo sguardo tornò alla fotografia, e ogni
traccia di divertimento sparì.
-Scoprirò chi siete, e vendicherò le vostre morti.
Prenderemo il vostro assassino, e fermeremo mio nonno-
Kai sfiorò per l’ultima volta il volto di sua madre,
prima di voltarsi e dirigersi verso l’uscita della stanza. In quel momento
avrebbe voluto prendere a pugni qualcuno, ma sapeva che esisteva un modo migliore
per scaricare tutta quella rabbia. Afferrò saldamente il suo beyblade e si
preparò a scendere verso le palestre. Era arrivato il momento di allenarsi, e
sul serio.
Pavlov se l’era presa comoda quella mattina. Aveva
assaporato la meravigliosa sensazione di passare una giornata nell’ozio totale,
circondato dal lusso del Ritz. Aveva passato la mattinata quasi completamente a
letto, e non da solo. La facilità con cui lasciava laute mance aveva fatto sì
che uno degli uomini dell’hotel avesse trovato una giovane ragazza che fosse
ben disposta ad infilarsi nel letto con lui per tutta una notte, e la
possibilità di soldi extra avevano fatto si che anche la mattinata fosse
assicurata. Dopo anni di isolamento, Pavlov aveva speso ore a recuperare i piaceri
della carne che per anni aveva dovuto evitare e se non fosse dipeso per il
lavoro che era stato mandato a svolgere non avrebbe di certo mandato via la
ragazza. Ma se c’era una cosa che Pavlov amava di più della compagnia di una
donna, era la possibilità di togliere la vita a qualcuno. E l’idea di cercare
una giovane ragazza ignara del pericolo che la minacciava, innocente per via
delle sua giovane età poi, lo eccitava più di qualsiasi altra cosa. Per cui, al
pomeriggio, si dedicò alla caccia. Purtroppo non aveva un nome, né un
indirizzo, né un pur piccolo indizio di chi potesse essere o dove si potesse
trovare la giovane Birkof. Ma la ricerca non lo spaventava. Dopotutto, i suoi
datori di lavoro aveva detto che aveva tempo, e anche loro sapevano che la
ricerca sarebbe stata difficile e lunga. Dieci anni fa era stato fortunato, un incontro
voluto dal caso, il destino che gli aveva messo nelle proprie mani lei, ma
questa volta sarebbe stato tutto molto difficile. Se dieci anni fa avesse
saputo che la figlia era ancora viva avrebbe fatto le cose in modo diverso, non
avrebbe semplicemente eliminato la donna come gli era stato chiesto. Ripensare
a lei gli faceva ancora venire su una rabbia cieca… perché quella donna non
aveva avuto paura di lui, anzi. L’aveva sfidato apertamente, senza provare
paura. Non aveva voluto svelare i suoi segreti, come avevano fatto anche tutti
gli altri del resto. Ma almeno la Ivanov aveva urlato prima di morire, aveva implorato
pietà, la povera illusa. E con gli Hiwatari era stato tutto troppo veloce. Gli
aveva dato la possibilità di parlare, come il vecchio aveva ordinato.
-Uccidili solo se non parlano-
Gli aveva detto, e lui aveva obbedito. Tagliare i cavi
dei freni della loro auto era stato fin troppo semplice, ma l’incidente era
stato sicuramente uno tra i suoi più spettacolari. Ancora Pavlov si ricordava
come l’auto fosse rimbalzata sulla strada, il suono dei vetri infranti, il
rumore della carrozzeria che veniva schiacciata dall’urto provocato contro
l’asfalto… ma la Birkof, lei era stata tutta altra faccenda. Era un mistero
come le fosse sfuggita la prima volta. Aveva bruciato la casa, aveva visto la
villa avvolta dalle fiamme e poi la polizia aveva trovato i cadaveri… eppure
lei era sopravvissuta. Qualcuno l’aveva protetta, su questo non c’erano dubbi,
e lui si era fatto fregare come un novellino. Ma era stato obbligato a fare le
cose di corsa, ad agire velocemente senza prendere tutte le precauzioni e…
aveva fallito. Ma questa volta avrebbe fatto le cose per bene. Avrebbe studiato
il territorio, avrebbe studiato i loro movimenti, e non avrebbe commesso altri
errori. Perché lui non doveva solo trovare ed eliminare la Birkof dopo averle
preso la chiave, ma anche eliminare chiunque si fosse messo nel suo cammino. Pavlov
sapeva che qualcuno della Suprema Essenza sarebbe intervenuto per salvare la
ragazza, e lui non aspettava altro. Da quando aveva scoperto l’esistenza della
società segreta, e da quando loro lo avevano umiliato escludendolo, aveva
giurato vendetta contro tutti gli affiliati e li avrebbe eliminati. Si, lui
avrebbe cancellato anche le ultime vestigia di quella razza di custodi, non
avrebbe lascito nessuno vivo, tutti loro sarebbero morti. E lui avrebbe gioito per
quelle morti e avrebbe aiutato il suo capo ad ottenere ciò che voleva. E lui
avrebbe avuto soldi, più soldi di quanti mai avesse potuto immaginare.
-Sarà la vostra fine, Suprema Essenza… sarà la vostra
fine e la fine della vostra discendenza-
A 10.848,14
km di distanza da Tokyo, un telefono squillava ininterrottamente. Era una
decina di minuti che quel telefono non faceva che squillare. Quando finalmente,
la porta dell’appartamento si aprì, una donna, dai capelli biondi e gli occhi
azzurri, si precipitò veloce verso il ricevitore
-Hello!-
-Judith-
La donna si
bloccò di colpo. Erano dieci anni che non sentiva quella voce, da quella
telefonata.
-Jun… sei
proprio tu?-
-Ciao Judith-
-Sei viva!-
La donna
dall’altra parte del ricevitore ridacchiò
-Ci vuole molto
per uccidere una tigre come me. E sono brava a nascondermi-
-Dove sei?-
-Non te lo posso
dire. Non so chi possa ascoltare questa telefonata…-
-Lo capisco-
-Judith, lo sai
perché ti sto chiamando, vero?-
-Allora è
vero…-
-Si è vero. Lei
è viva-
-Come è
possibile? Dovrebbe essere morta durante l’incendio di sedici anni fa.
Elisabeta mi disse che sua figlia era morta-
-L’ha fatto per
proteggerla. Sapeva che le potevano ancora dare la caccia, e meno cose sapevamo
le une delle altre, meno rischi avremmo corso-
-Ma Jun… lei è
sola ora. È in pericolo-
-Lo so, per
questo la dobbiamo cercare. Soprattutto dopo quello che sta succedendo in
questi giorni…-
-Pavlov è sulle
sue tracce, non è vero?-
-Si, la sta
cercando. Sta cercando la chiave-
-Non possiamo
permettere che la prenda. Hanno già due dei cinque pezzi. Se ne avessero tre…-
-Niente li
potrebbe fermare dallo scoprire tutto, lo so. E a quel punto tu saresti in
grave pericolo-
-Fino adesso
mai nessuno mi ha associato a voi-
-Ma se trovano
il terzo pezzo lo sapranno. E a quel punto tuo figlio sarebbe in grave
pericolo-
A pensare al
suo bambino, Judith sentì il cuore stingersi in una morsa di paura.
-Cosa vuoi che
faccia Jun?-
-Ne sei sicura?-
Judith strinse
forte la catenina che portava al collo. Era un regalo che le aveva fatto suo
figlio l’anno scorso per il suo compleanno.
-Così quando
sarai a New York avrai sempre qualcosa di mio con te-
Gli aveva
detto, sorridendo il suo Max.
-Farò di tutto
per proteggere mio figlio. Cosa devo fare?-
La donna
dall’altra parte del ricevitore rimase un attimo in silenzio.
-Hai mai
sentito parlare della tribù degli Scudi Sacri?-
Subito nella
mente della donna comparve l’immagine della squadra di beyblade che aveva
tentato di rubare i bit power di suo figlio e dei bladebrakers
-Si, li
conosco-
-Bene. Trova il
loro villaggio Judith-
-Cosa? Nessuno
che non sia parte della tribù sa dove sia!-
-Devi trovarlo
Judith. E devi chiedere il loro aiuto-
-Ma…-
-Judith,
abbiamo bisogno del loro aiuto molto più di quanto tu non possa pensare. Siamo
rimasti in cinque della Suprema Essenza. Dobbiamo assolutamente avere qualcun
altro al nostro fianco, e tu lo sai-
Judith non
dovette pensare molto prima di decidere
-Li troverò-
-Sapevo che
avrei sempre potuto contare su di te, amica mia-
La bionda
sorrise.
-Come io so di
potere contare su di te, amica mia-
Non si dissero
altro. Jun chiese la conversazione in quel momento, e così fece Judith. La
donna si accasciò sul divano del suo appartamento di New York e si guardò
intorno. Lei era stata fortunata nella sua vita. Aveva un figlio meraviglioso,
e l’aveva visto crescere. Ma ora era arrivato il momento di rispettare un
vecchio giuramento, e lo avrebbe fatto, per coloro che aveva perso e per suo
figlio. Avrebbe trovato gli scudi sacri, a qualsiasi costo.
Ciao a tutti!
Si, lo so, sono tornata, e sono in ritardo! Ormai ci rinuncio a scusarmi, vi
prego, prendetemi così come sono…
Allora, non so
bene cosa pensare di questo capitolo. Ho fatto molta fatica a scriverlo, perché
non voglio svelare tutto e togliere delle sorprese che ho in serbo per il
futuro, ma non potevo non dire alcune cose, se no non avreste capito niente e
quindi… ho perso il conto delle mille versioni che ho scritto, cancellato,
modificato e… e alla fine questa era la versione che più mi convinceva. Spero
piaccia a voi tanto quanto piaccia a me.
Perché la
verità è questa… adoro questa storia, mi innamoro di essa ogni volta che ci
penso e che la scrivo e… sono perdutamente innamorata di Yuri, ve lo dico.
Adoro scrivere di lui e farlo parlare, perché non lo so, io me lo immagino
così, all’apparenza freddo e distaccato, ma in realtà sarcastico e divertente e
quando prende in giro Kai che invece è sempre così impassibile… lo adoro. E
adoro anche Kai ovviamente, mi diverte vederlo così confuso, ma in questo
momento lo deve essere. Troppe cose sono venute fuori, troppe verità e Hilary non
aiuta a farlo ragionare. So che forse può risultare OC, ma vi ricordo che si è
scolato due bottiglie di vodka, vi prego, perdonatelo.
Infine, Neko. Adoro quel micetto, e se qualcuno volesse sapere come
me lo immagino, vi allego il link di un micetto che io immagino proprio uguale
a Neko.
Ok, come
sempre, grazie a tutti quelli che leggono e seguono la storia, chi vuole
lasciare una recensione e farmi sapere cosa ne pensa è sempre ben accetto, e se
doveste trovare degli errori di battitura o peggio, anche se spero di no, non
fatevi problemi a segnalare!!
Un bacio grande
a tutti e visto che ormai ci siamo Buon Anno!!!
Ci vediamo alla prossima,
che spero sia abbastanza presto, un bacio, la vostra
C’era qualcosa che non andava. Qualcuno la stava inseguendo.
Non sapeva dire dove fosse di preciso, ma stava correndo. E qualcuno la stava
inseguendo, sempre più vicino. Aveva il respiro corto, affannato, si sentiva
stanca, ma continuava a correre. Non poteva fermarsi, se lo avesse fatto, lui
l’avrebbe presa. Ma il cuore correva troppo forte, all’impazzata, e lei sentiva
che stava per cedere, era stanca. Correva da tanto, tantissimo tempo ormai. E
l’uomo alle sue spalle era sempre più vicino. E più lui si avvicinava, più lei
aveva paura. Ad un tratto si ritrovò per terra, ma non sapeva come ci fosse
finita. Forse era inciampata, o semplicemente le gambe non avevano retto più.
Si appoggiò allora ad una parete, non si era neanche resa conto di essere in
una stanza, o che ci fossero dei muri attorno a lei, tanto era la paura che
aveva in corpo. Ad un tratto, l’uomo era lì, davanti a lei. Non lo vedeva, era
solo un’ombra, non lo vedeva bene, non ne vedeva il volto. Era un’ombra scura,
che le si avvicinava, sempre di più. Poi, all’improvviso, una mano nera si
allungò verso di lei. La stava quasi per raggiungere, e a quel punto, presa dal
terrore, fece una sola cosa. Si mise ad urlare. Ma c’era qualcosa che non
andava. La sua voce non usciva dalla sua bocca. Era muta, impotente, non aveva
voce per parlare, o urlare. Aveva la bocca aperta, ma anche sforzandosi e
provandoci, non ci riusciva. La sua voce era sparita, non riusciva ad emettere
nessun suono. E più provava, e più falliva, più la paura cresceva, costante,
sempre di più, e la paralizzava. La mano dell’uomo si muoveva come a
rallentatore, come se l’uomo davanti a lei sapesse che più lentamente si
muoveva, più lei tremava di paura. Ma anche se lentamente, la mano si
avvicinava inesorabile, davanti a lei. Era sempre più vicina, ora riusciva a
vederla. Le dita, lunghe, protese, il palmo aperto, come se fosse un artiglio
pronta ad afferrarla. Non aveva più via di scampo, e allora si rannicchiò
contro la parete, cercando di farsi più piccola, ultimo estremo tentativo di
cercare di salvarsi. E mentre si portava le mani contro il petto, e rannicchiò
le gambe, si accorse di avere qualcosa in mano. Era un oggetto piccolo, strano.
Sembrava quasi una pietra, ma era stranamente liscia. Sopra era come se ci
fosse inciso qualcosa, una figura, ma lei non riusciva a distinguerne la forma,
non riusciva a capire cosa fosse. Sfiorò l’immagine con il dito, e
all’improvviso, fu come se qualcuno avesse tolto la coltre di paura posta sopra
di lei, e tutto divenne chiaro, e luminoso. Il suo cuore sembrò calmarsi, i
battiti rallentarono, e la paura, piano piano, scese lentamente. Più la paura
svaniva, più un nuovo sentimento si impossessò di lei, e non ci volle molto,
prima che capisse di che sentimento si tratta. Eccitazione. La sua mentre
sembrò risvegliarsi, e lei seppe esattamente cosa fare. Strinse forte nel pugno
la pietra, e questa volta non urlò, ma parlò lentamente, e la voce, la sua
voce, uscì forte e chiara, sicura. Non ebbe bisogno di parlare molto, le bastò
pronunciare un nome. E in quel buio, all’improvviso, una luce accecante,
irruppe, sprigionando una forza potentissima. L’uomo, l’ombra, ne fu avvolto,
disorientato. Si allontanò da lei, portandosi una mano, quella mano che prima
era protesa verso di lei, sul volto, a coprirsi gli occhi, e finalmente la
ragazza si sentì al sicuro, e immensamente forte. Perché quella luce, quella
forza, lei sapeva bene cosa fosse. Era venuta a salvarla, e sapeva che non
l’avrebbe mai abbandonata. Non era più sola.
Hilary si svegliò all’improvviso. Aveva il corpo ricoperto
di sudore, e le lenzuola erano tutte attorcigliate intorno al suo corpo. Il suo
cuore stava battendo all’impazzata, e Hilary si accorse di avere il respiro
corto e affannato. Istintivamente si portò la mano sinistra sul cuore, e nel
fare questo, si accorse di stringere qualcosa nella mano. Hilary si tirò su a
sedere e accese la lampada posta sul comodino di fianco al letto. La ragazza
non aveva bisogno della luce per sapere cosa stava stringendo, ma aveva bisogno
di vederlo con i suoi occhi. Lentamente aprì le dita, e il piccolo oggetto
bianco rifletté la luce della lampada, accecandola per un attimo. Il cigno
bianco era diverso da come se lo ricordava. Ora le sembrava più vivido, più
nitido, più… reale. E soprattutto, aveva la sensazione di sentirlo vivo nella
sua mano, era come se riuscisse a sentire il battito del cuore del cigno. E la
cosa, in quel momento, non le sembrava strana, ma perfettamente normale
-Nemesis-
Disse semplicemente, ma le bastò dire quel nome, e tutto
divenne reale. Sul volto della ragazza si aprì un sorriso. Nemesis,
il suo beyblade. Non sapeva come, né tantomeno
perché, ma lei lo sapeva. Quella notte era scattato qualcosa, un legame si era
creato. Lei sapeva ora, di potere contare sul cigno, che lui l’avrebbe
protetta. Si sentiva al sicuro, calma. Hilary sistemò le coperte e le lenzuola,
si rimise sotto, e spense la luce. Per quella notte sapeva che non avrebbe
avuto più incubi, che avrebbe dormito serena. Perché aveva Nemesis
al suo fianco.
Kai non era abituato a tutto quel
chiasso. Era in un’enorme stanza, piena di tavoloni su cui erano assiepati una
quantità incalcolabile di bambini e ragazzi, urlanti che erano intenti a
cenare. Kai si trovava con gli altri, in un tavolo in
disparte, ma da cui era possibile avere una visuale completa di tutta la sala.
In questo modo Yuri e gli altri potevano mangiare e sorvegliare
contemporaneamente quella moltitudine.
-Ma non stanno mai zitti?-
Chiese ad un tratto Kai rompendo
il silenzio del tavolo. Yuri fece un sorrisetto ironico, mentre Boris si era
fermato con la forchetta in aria e lo fissava leggermente stupito.
-Sono ragazzi, e stanno mangiando. È ovvio che facciano
rumore-
Kai non rispose, si limitò a
scrollare le spalle. I ragazzi della Neoborg si
guardarono, prima di tornare a concentrarsi sui loro piatti. Non parlarono, non
aggiunsero niente altro, continuarono a mangiare in silenzio, pensando. Yuri si
ritrovò a pensare che davvero le cose erano cambiate. Quando era lui un
bambino, non c’erano tavolate a cui mangiare e chiacchiere da fare con altri
bambini. Anzi, eri fortunato se riuscivi a cenare, perché molto spesso il cibo
era la prima cosa che ti toglievano per punizione. Avere quel baccano intorno,
certo, non era piacevole, e anzi, era leggermente irritante, ma era un segno,
un segno che le cose erano cambiate. E se il rumore era causa di un fastidio
per il blaider della fenice rossa, bè Yuri era
disposto a sentire le sue lamentele che avere altro silenzio attorno. Yuri alzò
lo sguardo e guardò Kai. Sapeva che era a disagio, lo
poteva vedere. Era stranamente silenzioso, e rigido. E non era perché non fosse
abituato alla confusione, insomma, Takao era
certamente mille volte più rumoroso di tutti i ragazzi dell’orfanotrofio messi
insieme. Non era una questione di chiasso, era il fatto che fosse lì,
tranquillo a cena. Era l’orfanotrofio a metterlo in agitazione. Kai si sentiva in colpa, Yuri lo poteva vedere dietro lo
sguardo del suo amico. Ed era vero. Kai si sentiva in
colpa, si sentiva in colpa per non avere passato tutto quello che i ragazzi a
quel tavolo avevano passato. Si sentiva in colpa, perché era stato suo nonno a
farli soffrire, era stato lui che aveva scelto Vorkov,
e lo aveva messo a capo di quel posto, torturando, punendo e portando alla
disperazione tutti coloro che avevano avuto la sfortuna di capitare in quel
posto. Mentre lui aveva avuto la possibilità di andarsene. Eppure, nonostante Kai sentisse questo, i ragazzi non lo avevano mai incolpato
di niente, anzi. Lo avevano accolto senza problemi, erano rimasti lì al
monastero volontariamente, dando una mano con i ragazzi, riportando il posto
alla vita. Kai si
sentiva a disagio e allo stesso tempo accettato come non lo era mai stato in
nessun altro posto prima d’ora, nemmeno al dojo di Takao. Forse era perché, nonostante tutto, lui e la Neoborg condividevano un peso uguale, e sapevano che, molto
spesso, il silenzio era meglio di mille parole. E il silenzio a quel tavolo ne
era la prova. Non era pesante, non era imbarazzante, era un silenzio piacevole,
tutto sommato, e, inaspettatamente per Kai, era come
se quel silenzio alleviasse, anche se per poco, la consapevolezza di sapere che
suo nonno aveva fatto uccidere i suoi genitori, e anche quelli di Yuri. Suo
nonno… come poteva un uomo, un padre, ordinare l’omicidio di suo figlio? Kai sapeva che razza di uomo fosse suo nonno, ma quello,
quello era incomprensibile persino per lui. Quello che aveva scoperto in quello
studio era incredibile, e allucinante. Sicuramente non sarebbe riuscito a
dormire quella notte. Kai era talmente preso dai suoi
pensieri, che non si accorse subito che il silenzio era calato sulla sala
affollata di ragazzi. I membri della Neoborg erano
fermi, immobili, e guardavano. Come tutti i presenti. Ad un tratto, Kai vide qualcosa di strano nel suo campo visivo, qualcosa
che lo riscosse dai suoi pensieri. Una mano, una mano piccolina e paffutella,
si muoveva davanti ai suoi occhi. Kai seguì la mano,
e trovò un braccio, fino a che non vide, appoggiata vicino alla sua sedia, una
bambina, una bambina piccola, doveva avere quattro o cinque anni. Lui la fissò
interdetto. Non ci sapeva fare, lui, con i bambini. Non che non gli piacessero,
ma preferiva tenersi a distanza, per sicurezza. E sapeva ancora meno come
interagire con una bambina. Fu la piccola, però, a risolvere la situazione
-Tu chi sei?-
Con una voce per niente timida.
-Perché lo vuoi sapere?-
La piccola alzò le spalle
-Conosco tutti i grandi, ma tu no. E sei seduto con Yuri e
gli altri, quindi devi essere qualcuno importante, anzi importantissimo. Allora
chi sei?-
Kai fissò quella piccoletta dalla
lingua lunga. Era una bambina carina, si ritrovò a pensare, con dei grandi
occhi marroni e una cascata di ricci rossicci, che le incorniciavano il volto.
Le sorrise, e poi si decise a rispondere
-Io sono Kai-
Le disse alla fine. La piccola ridacchiò
-Che nome buffo che hai…-
Al tavolo, Yuri e gli altri trattennero a stento una risata.
Kai fissò con gli occhi sgranati la piccola, prima di
sorridere. Non se la poteva certo prendere con una bambina
-E tu chi sei, criticona?-
Le chiese a sua volta, sorridendole. La piccola ci pensò un
attimo prima di rispondere, come se fosse indecisa se dirglielo o meno.
-Io sono Diana-
Gli disse alla fine annuendo
-Ciao Diana-
Diana fissò ancora per qualche secondo Kai,
prima di allungare entrambe le braccia verso il blaider.
Kai la fissò un attimo perplesso. Diana lo fissò,
granò poi gli occhi e poi aprì e chiuse le mani un paio di volte. Alla fine Kai capì, e senza esitazione prese la piccola con due mani
e se la mise in grembo. Diana gli buttò le braccia al collo e lo guardò negli
occhi
-Hai un nome buffo, ma hai gli occhi belli-
Kai le sorrise
-Grazie, anche i tuoi lo sono-
-Ma i tuoi di più. Sono viola, mi piacciono. Non ne ho mai
visti così-
-Tu invece hai degli occhi molto simili ad una persona che
conosco-
La piccola si fece attenta e curiosa
-E chi è? La conosco?-
Kai ridacchiò
-No, non la conosci-
-E chi è? Me lo dici?-
-Un’amica-
Diana lo fissò, poi gli fece un grande sorriso
-Vuoi dire la tua ragazza?-
Kai fu totalmente preso in
contropiede, e fissò la piccolina con occhi granati. Insomma, aveva sì e no
cinque anni, che ne sapeva lei di queste cose? Kai si
ritrovò ad arrossire leggermente, più per l’imbarazzo di non sapere cosa dire
che non per la domanda in se. Yuri, vedendolo messo in difficoltà da una
bambina di quattro anni, e anche senza parole e totalmente sconfitto, non ce la
fece, e scoppiò a ridere. Si alzò, e con una mano scompigliò i capelli della
bambina
-Piccola Diana, tu sei una ragazza sveglia-
Diana sorrise, e le sue guance presero un bel colorito
rosso.
-Allora ho ragione? Hai la ragazza? E come si chiama? Com’è,
carina? Viene qui anche lei? E se viene… posso giocare con lei? Sono stufa di
giocare sempre solo con dei maschi grandi…-
Yuri continuò a ridacchiare sentendo la mitragliata di
domande della piccola, e poi come poteva non farlo, vedendo l’espressione
assolutamente ridicola che aveva assunto Kai. Il balider, infatti, aveva la bocca leggermente aperta per lo
stupore e la sorpresa per la piega presa da quella conversazione, e poi,
soprattutto, era arrossito, ma nello stesso tempo, stava cercando di incenerire
con lo sguardo Yuri, perché stava ridendo di lui.
-Non c’è nessuna fidanzata-
Disse alla fine.
-Non c’è nessuna fidanzata per ora…-
Lo corresse Yuri, sempre ridendo. Kai
stava per ribattere, ma poi decise di agire diversamente. Si alzò, sempre
tenendo in braccio la piccola, fece il giro del tavolo, e poi mise tra le
braccia di Yuri la bambina. Guardò poi la piccola e le disse
-Perché non provi a chiedere a Yuri come mai una ragazza,
che si chiama Julia, ed è una blaider, lo mette
sempre in agitazione?-
Yuri fissò Kai sconvolto, poi si
ritrovò a dire
-Chi è che mi metterebbe in agitazione scusa?-
Kai non gli rispose, semplicemente
gli lanciò uno sguardo, come per dire, vendetta. Nel frattempo, gli altri
ragazzi della Neoborg si voltarono verso Yuri,
meravigliati, ma fu Boris a parlare
-Ti piace la Fernandez?-
-Non mi piace nessuno, chiaro?-
-Oddio… Yuri, la Fernandez? Sul serio?-
-Boris, sta zitto. E a me non piace nessuno, figuriamoci la
Fernandez-
Kai nel frattempo si era avviato
verso la porta, e anche se sapeva di avere gli occhi di quasi tutti i presenti
addosso, non gli importava. Stava pensando, pensando alle parole dette dalla
bambina, e dal fatto che Yuri le avesse dato corda. Lui non aveva una ragazza.
E poi, aveva pensato solo ad Hilary per via degli occhi di Diana. Cosa ci
poteva fare lui se Diana aveva gli occhi terribilmente assomiglianti a quelli
di Hilary, anche se, doveva ammettere, quelli della ragazza erano decisamente
molto più luminosi, brillanti e anche ammalianti di quelli della bambina. E
poi, gli occhi di Hilary avevano una luce quando sorrideva che li rendevano
ancora più luminosi ed era sicuramente, una delle cose più belle che lui avesse
mai visto. Ma questo a Yuri non lo avrebbe mai detto.
Yuri trovò Kai in palestra,
intento ad allenarsi. Erano da poco passate le 10 di sera, ed il convento era
diventato ormai molto silenzioso. I ragazzi che abitavano lì, ormai erano nelle
loro camere, a dormire per la notte. Almeno una parte era a dormire l’altra….
Sinceramente a Yuri non interessava troppo di quello che succedeva. Finché
tutti restavano al convento e non combinavano guai e non lo venivano a
disturbare, lui era a posto. Certo, c’era il problema che alcuni ragazzi più
grandi tentavano di intrufolarsi nelle stanze delle ragazze, ma per ora aveva
trovato un modo per tenere tutto sotto controllo. E il fatto che un’ala del
convento fosse dedicata alle ragazze e un’altra ai ragazzi, e che le loro
camere si trovassero nel mezzo, in modo da potere controllare tutto, aveva
aiutato ad evitare incidenti. Almeno per ora… per questo Yuri non aveva avuto
problemi a raggiungere a quell’ora Kai in palestra
per un po’ di allenamento. Il blaider della fenice
rossa era lì, in una pista, da solo. Senza pensarci Yuri tirò fuori il suo bey,
il lupo alato, Wolborg, e lo lanciò contro quello di Kai.
-Vuoi perdere Ivanov?-
-Non sono così debole Hiwatari-
-E io non sono più lo stesso di qualche mese fa-
-Puoi allenarti quanto vuoi, ma tanto lo sai che sono io il
più bravo, vero Hiwatari?-
Kai gli sorrise ironico
-Allora stiamo a vedere Ivanov. Ma
di solito chi parla troppo, vuol dire che non se la cava poi così tanto bene-
Sul volto di Yuri si dipinse un sorriso molto simile a
quello di Kai
-E tu mi stavi più simpatico quando non parlavi mai-
Kai guardò Yuri negli occhi, e tra
i due passò lo stesso pensiero. Non ci fu bisogno di dire altro, lasciarono
parlare i loro beyblade. La sfida era iniziata.
-Ti farò vedere che il ghiaccio può spegnere il fuoco quando
vuole-
-Non aspettavo di meglio-
E i due bey, si lanciarono all’attacco.
Alla fine, l’allenamento con Yuri non si rivelò stancante,
né si rivelò nemmeno una battaglia all’ultimo sangue. Forse era perché tutti e
due non volevano rivelare le loro mosse segrete, dopo tutto il torneo era alle
porte, o forse era perché avevano rispetto l’uno dell’altro e non avevano
bisogno di duellare fino allo stremo delle loro forze. Ma anche se non era un
allenamento che richiedeva l’utilizzo dei loro bit-power,
Yuri non era un avversario da sottovalutare, e allenarsi sulle basi era sempre
un bene, anche per dei campioni come loro. Era ormai da una ventina di minuti
che andavano avanti così, in silenzio, attenti e concentrati, quando una voce
di ragazzo, anzi, di bambino, li colse di sorpresa.
-Volete fare qualcosa di emozionante, invece di fare girare
quelle trottole a vuoto?-
Yuri e Kai si voltarono sorpresi
verso un angolo della palestra. Seduto su una panchina, a pochi metri da loro,
c’era un bambino di sei anni, che aveva di fianco a se un quaderno da disegno,
in quel momento chiuso, con sopra appoggiato un astuccio colorato.
-Alexander! Dovresti essere a letto da un pezzo! Che ci fai qui?-
Chiese arrabbiato il rosso. Il bambino, imperturbabile, alzò
un dito e lo puntò su Kai
-Sono qui per lui-
Kai richiamò Dranzer,
che volò nella sua mano, e si voltò a fissare il bambino. Anche Yuri aveva
richiamato wolborg, e si avvicinò a grandi passi ad
Alexander, arrabbiato.
-Dovresti essere nella tua camera, a dormire. Come hai fatto
a sgusciare via?-
Alexander alzò le spalle, per niente intimorito da lui.
-Non è poi così difficile fregare Sergei-
Yuri si lasciò andare ad un’espressione di rabbia nei
confronti del suo compagno di squadra, cosa che fece arrossire il bambino.
-Non si devono dire quelle parole. Lo dici sempre a noi, ma
vale anche per te-
Il blaider fulminò con lo sguardo
Alexander, cosa che lo fece zittire e raggelare sul posto. Gli occhi azzurri di
Yuri avevano il potere di terrorizzare tutti quanti, quando era arrabbiato.
Persino Kai, qualche volta, ne aveva avuto timore. Il
blaider del ghiaccio si voltò verso Kai, indeciso. Fu il blaider
della fenice a risolvere la situazione
-Cosa vuoi da me, pulce?-
Alexander si alzò, prese il suo blocco da disegno, e si
avviò verso Kai. Era un bambino piccolo, si rese
conto Kai, era alto quanto una sua gamba, ma anche se
aveva sei anni o poco meno, aveva uno sguardo deciso e sicuro di se. A Kai piacque subito
-Ho un nome, ed è Alexander, non pulce-
Kai gli fece un piccolo sorriso
ironico.
-Allora cosa vuoi?-
-Voglio vedere il tuo beyblade-
Kai lo guardò perplesso, ma
vedendo lo sguardo del bambino, così determinato, allungò una mano, e permise
al piccolo di prendere il suo bey. Yuri, intanto, si era avvicinato ai due e
fissava confuso il bambino, che si era buttato per terra, aveva aperto il suo
blocco da disegno e, con una mano lo sfogliava, con l’altra teneva in mano Dranzer.
-È la prima volta che ti vedo interessato ai beyblade Alexander-
-Non sono interessato a queste cose infatti,,.-
-Non sono cose, pulce. È un beyblade,
e si chiama Dranzer-
Gli disse Kai, leggermente
infastidito.
-Infatti…-
Gli fece eco Yuri. Poi, vedendo che il bambino continuava a
girare l’album da disegno, il rosso si inginocchiò per terra vicino a lui,
curioso
-Si può sapere cosa stai cercando?-
Anche Kai si era inchinato verso
il bambino, per vedere il blocco da disegno. Ad un tratto, Alexander lanciò un
grido di soddisfazione
-Eccola! Avevo ragione, è lei!-
Disse sorridendo ai due blaider. Kai e Yuri si lanciarono uno sguardo perplesso, ma fu Yuri
a parlare.
-Cosa è lei?-
-L’uccello! Quello della trottola di Kai.
Guarda, è lo stesso. È una fenice, giusto, ho ragione?-
Kai guardò il disegno che indicava
il bambino e in effetti, dovette ammettere, che riprodotta, e anche piuttosto
bene per essere stata disegnata dalla mano di un bambino di sei anni, e
soprattutto piuttosto fedele all’originale, c’era l’immagine della fenice
rossa, la stessa riprodotta sul bit-power di Kai, esattamente nella stessa posizione.
-Alexander, lo so che sei bravo a disegnare. E se volevi
comparare il tuo disegno all’originale bit-power di Kai, potevi dirlo tranquillamente, senza fare tutte queste
storie. Ma ammetto che sei stato bravo, insomma, averlo visto alla tv e poi
averlo disegnato così bene, sei veramente…-
-Non l’ho visto alla tv-
Disse di rimando il bambino.
-Su un giornale allora, quello che è-
Il bambino scosse la testa.
-No, niente tv o giornale. L’ho visto qui, nel monastero, su
un muro-
Kai e Yuri si scambiarono uno
sguardo, all’improvviso seri. Intanto Alexander aveva allungato una mano per
restituire Dranzer a Kai, e
si era alzato dal pavimento, chiudendo il suo blocco da disegno con un colpo
secco. Poi si voltò verso Yuri
-C’è anche il tuo lì vicino. Se vuoi te lo faccio vedere,
l’ho disegnato-
Yuri annuì, e il bambino riaprì il blocco da disegno, e girò
velocemente le pagine, fino a che non si fermò, e voltò il quaderno per
permettere al ragazzo di vedere. Yuri non ebbe bisogno nemmeno di un secondo
per riconoscere il suo Wolborg, disegnato a matita su
quel foglio di carta. Non ci fu bisogno di parlare con Kai,
perché il rosso capisse e sapesse già cosa l’amico stava pensando. Yuri mise
una mano sulla spalla del bambino, serio
-Alexander, portaci dove li hai visti-
Il bambino fissò il russo negli occhi, e per la prima volta,
un lampo di paura lo percorse.
-Non sono nei guai, vero?-
Chiese impaurito, improvvisamente piccolo. Yuri si lasciò
andare ad un sorriso, anche se durò per poco più di un secondo
-No, non sei nei guai. Ma portaci dove li hai visti, e
forse, ascoltami bene, dico forse, mi dimentico del fatto che sei fuori dalla
tua stanza, quando sai bene che dovresti stare proprio lì-
Alexander annuì, chiuse il blocco da disegno e si diresse
veloce verso la porta della palestra. Kai si avviò
subito dietro al bambino, e quando passò di fianco al blaider
del lupo, gli diede una pacca su una spalla. Yuri gli lanciò uno sguardo
perplesso
-Per cos’è questo tuo raro e vagamente imbarazzante gesto di
affetto?-
-Stai facendo un ottimo lavoro-
Yuri rimase per un attimo senza parole. Non lo avrebbe mai
ammesso, ma da qualche, dentro di lui, sentì qualcosa di piacevole scaturire da
quelle parole. Apprezzamento per il suo lavoro, il suo arduo, difficile e
complesso lavoro, visto che aveva solo diciassette anni, e tutto era molto più
grande di lui, ma ci stava provando, dando tutto se stesso, per fare sì che le
cose non fossero più come quando lui era bambino. E anche se le parole di Kai lo resero felice e soddisfatto, non lo avrebbe mai
ammesso, almeno ad alta voce.
-Hiwatari, la prossima volta ti
disintegro il beyblade-
Kai si voltò, sorridendo
sarcasticamente
-Come se avessi qualche possibilità, Ivanov!-
Dal fondo della porta, a quel punto, Alexander si fece
sentire
-La volete smettere di dirvi queste cose vagamente
imbarazzanti e ambigue? Ci vuole un po’ per raggiungere il posto, datevi una
mossa, non ho mica tutta la nottata-
Vedendo quel bambino di sei anni, fermo sulla porta,
leggermente arrabbiato, sia Kai che Yuri scoppiarono
a ridere. Alla fine, incamminandosi insieme, Yuri si ritrovò a mormorare
-Si, sto facendo un ottimo lavoro. Stiamo facendo un ottimo
lavoro-
Perché mai, quando lui era piccolo, avrebbe potuto
permettersi di parlare così ad un suo superiore, mai avrebbe potuto
sgattaiolare fuori dalla sua stanza di notte, mai avrebbe potuto fare tutto
quello che aveva fatto Alexander quella sera. Certo, Alexander doveva ancora
sapere che tipo di punizione lo avrebbe aspettato per le prossime due
settimane, dopotutto doveva pur dargli una punizione per fargli capire che
aveva esagerato, ma avere anche solo la possibilità di vedere un bambino di sei
anni dare degli ordini a degli adulti, in quel posto, senza subire punizioni
estreme o torture terribili come quelle che aveva subito lui, ne valeva la
pena. Preferiva avere tutto il peso delle responsabilità sulle sue spalle, ma
avrebbe fatto di tutto per tutelare quei bambini. Il suo lavoro valeva anche
solo per il silenzio che regnava nel monastero in quel momento. Non c’erano
urla di terrore, nessun incubo. E andava bene così.
Alexander si diresse sicuro verso una porta. Kai e Yuri lo seguivano, a pochi passi di distanza, in
silenzio. Dopo cinque minuti di giri, corridoi e porte, Yuri iniziò a capire
dove il bambino lo stesse portando, e iniziò a perdere la pazienza. Conosceva
meglio di chiunque altro il monastero, lui e i ragazzi lo avevano perquisito da
cima a fondo, per cercare delle trappole o prove del passato lasciate da Vorkov dopo la sua fuga, e si erano assicurati, nei limite
del possibile, di cancellare ogni segno di sofferenza passata. Per questo Yuri
aveva capito dove Alexander li stesse portando.
-La cantina?-
Disse semplicemente. Alexaner
annuì
-Tu non puoi scendere in cantina, nessuno può, a parte noi,
o la cuoca-
Alexander si fermò, e poi si volse verso i ragazzi.
-Hai detto che non ero nei guai, non puoi punirmi adesso per
avere infranto una regola un po’ di tempo fa…-
Yuri era sul punto di dire qualcosa, ma poi si fermò. Per
quanto gli costasse molta fatica ammetterlo, quel ragazzetto era furbo
-Non ho detto che sei nei guai. Ho detto che non puoi
scendere in cantina. Anzi, voglio proprio saperlo, come hai fatto a scendere in
cantina?-
Alexander alzò le spalle
-La porta era aperta-
Yuri sgranò gli occhi per la sorpresa, e poi lanciò una
maledizione, nella sua testa, a Boris. Quell’idiota, come aveva potuto
lasciarla aperta? Poi si ricordò che era lì che tenevano le scorte di vodka, e
che l’idiota era lui, alla fine, per avere dato la chiave, e quel compito, al
suo amico. Alla fine, lo strano trio era arrivato a destinazione. In fondo ad
un corridoio, una semplice porta marrone scura chiusa nascondeva l’accesso alla
cantina.
-Fai strada, pulce-
Disse Kai al piccolo. Alexander
allungò piano la mano e poi afferrò la maniglia, tirandola verso il basso. La
porta si aprì con un leggero scricchiolio, cosa che fece per un attimo,
rabbrividire il piccolo. Una volta che la porta fu aperta, Alexander guardò la
stanza buia davanti a se, e fece un passo indietro. Yuri lo passò, entrò nella
stanza, e con mano sicura, si allungò verso la parete di destra, in cerca
dell’interruttore. Non appena Yuri spinse l’interruttore, tutta una serie di
luci si accesero, rivelando una stanza piena di scaffali contenenti agni genere
di cose. Kai era la prima volta che andava lì, in
quella stanza. Non vedeva niente di strano in quella stanza, gli sembrava una
normale stanza dove venivano riposte ogni genere di cose, tra cui, in un
angolo, la scorta poi non tanto segreta di vodka dei ragazzi, e ovviamente,
tutto ciò che di commestibile si poteva conservare in una cantina. Yuri e Kai, non notando niente di strano ed insolito, ne tantomeno la fenice o il lupo dei loro bit power, si voltarono verso il bambino. Alexander lì guardò,
sostenendo il loro sguardo.
-Posso farveli vedere, allora?-
I due annuirono e Alexander si mosse. Si avviò veloce verso
il fondo della stanza, e ad un tratto si infilò dietro ad uno scaffale posto
contro il muro di fondo e sparì. I due si affrettarono dietro di lui,
seguendolo. Come aveva fatto a sparire? La risposta gli si rivelò presto.
Alexander non era sparito, era semplicemente andato in un’altra stanza, da cui
era entrato da una porta nascosta. Kai si fermò e si
voltò verso Yuri, che aveva uno sguardo più meravigliato di lui sul volto. Il blaider della fenice stava per parlare, quando Yuri alzò
una mano e lo fermò, anticipandolo
-Giuro, non ne avevo la minima idea… insomma, la cantina?-
Kai dovette ammettere che Yuri non
aveva tutti i torti. Perché avere una porta segreta… nella cantina? A quel
punto, Alexander sbucò dalla porta nascosta
-Vi volete muovere ad entrare?-
Kai si avvicinò allo scaffale e
osservò lo spazio che correva dal muro alla porta. Era stretto, troppo stretto
per lui, o Yuri. Alexander non aveva avuto problemi, piccolo e gracilino
com’era, ma ne lui ne Yuri ci sarebbero mai passati. Senza dirsi niente, lui e
il blader dai capelli di fuoco si misero dallo stesso
lato, e con forza tirarono lo scaffale, scostandolo dal muro. Il suono del
metallo contro il pavimento fu così forte e stridulo, che Kai
pensò che tutto il monastero si sarebbe svegliato. Una volta che ci fu
abbastanza spazio perché i due potessero infilarsi, si fermarono.
-Prego Hiwatari, prima tu-
Gli disse Yuri, malcelando un
sorrisetto ironico. Kai non gli diede peso, e si
avviò. Appena arrivò alla porta, anche se era meglio definirla fessura nascosta
nel muro, si fermò sulla soglia, indeciso. Poi si mosse. Una volta entrato, si
fermò sul limite della stanza, e osservò. C’era qualcosa di strano in quel
posto. Sembrava un luogo rimasto chiuso per molto tempo, e non sembrava
assolutamente un luogo in cui suo nonno, o Vorkof,
avessero mai messo piede. Kai si spostò solo quel
tanto che bastava per far si che Yuri potesse
entrare. Anche il blaider si fermò sulla soglia,
incerto. Sembrava che gli stessi pensieri che affollavano la mente di Kai si fossero congiunti a quelli di Yuri. I due si
voltarono, e si scambiarono uno sguardo che diceva già tutto. Fu Yuri, però a
spezzare il silenzio
-Come hai trovato questo posto Alexander?-
Il ragazzo era poco più avanti di loro, i suoi piedi erano
fermi nello specchio di luce che entrava dall’apertura sul muro. Per il resto,
era tutto buio, ma anche se in ombra, Kai vide il
bambino tentennare, prima di rispondere
-È stato un caso. Stavo cercando un posto tranquillo dove
potere disegnare e… e sono capitato qui-
Yuri lo guardò perplesso, per niente convinto da quella
spiegazione.
-Vuoi dirmi che per caso ti sei ritrovato dietro lo
scaffale? Che cosa pensavi di disegnare, scusa, il dietro dei barattoli di
conserva di pomodoro?-
Kai non poteva vedere bene il
volto del bambino, ma lo vide spostare il peso del suo corpo da una gamba
all’altra, e con le mani stava tormentando il suo blocco da disegno. Lo sentì
trattenere il fiato, per poi lasciarsi andare ad un sospiro, e improvvisamente
si fece piccolo piccolo. Solo allora si rese conto Kai, di quanto fosse piccolo quel bambino. Alla fine
Alexander parlò
-Ok… mi stavo nascondendo da Ivan, va bene?-
-Ivan?-
Chiese titubante Yuri. Il piccolo annuì
-Si Ivan. Quindici anni, grosso quattro volte me... lui mi
tormenta sempre quando non lo vedete e mi prende in giro per il fatto che
disegno. Ogni volta che disegno cerca di strapparmi dalle mani il quaderno e se
mi rifiuto qualche volta mi da qualche pugno. Uno per
ogni volta che gli ho detto di no. Così un giorno mi stava inseguendo e io
stavo scappando e cercando un posto dove nascondermi sono capitato qui. Lui mi
ha inseguito qui dentro, e io per nascondermi mi sono infilato dietro a quello
scaffale. Mi sono spostato più possibile lontano dal bordo e mi sono appoggiato
al muro e ad un tratto, il muro ha ceduto e la porta nascosta si è aperta.
Senza pensarci sono entrato dentro e ho sentito Ivan cercarmi e chiedere dove
fossi. Non mi ha visto, e ho aspettato che se ne andasse. Sono stato fermo e
immobile per un po’, prima di accorgermi dove fossi veramente. Così ogni volta
che voglio stare in pace e tranquillo vengo qui-
-Ora capisco perché delle volte sei introvabile…-
Disse Yuri, più a se stesso che al bambino. Kai osservò il bambino, e lo vide stringersi forte al petto
il suo album da disegno. Si fece avanti, e gli mise una mano sui capelli,
scompigliandoglieli in po’.
-Ehi…-
Disse Alexander, mezzo infastidito e mezzo imbarazzato. Kai fece finta di non averlo sentito
-Toglimi una curiosità pulce… uno che ha paura del buio come
te, come fa a nascondersi in una stanza così buia?-
Alexander alzò lo sguardo verso Kai,
stupito
-Come fai a sapere che non mi piace il buio? E poi c’è la
luce. È lì vicino a Yuri-
Kai si voltò verso Yuri, e lui,
istintivamente si voltò alla sua destra, sorpreso. Il blaider
però non vide niente e si rivoltò verso il bambino. Alexander sbuffando, si
avviò verso il blaider, e con mano decisa, spinse un
bottone. Ci volle qualche secondo prima che qualcosa succedesse. Una lampada,
posta al centro della stanza, si accese, ronzando un poco, e i ragazzi poterono
vedere l’interno. La stanza era piccola ma… accogliente. C’era un tavolo
appoggiato in un lato, con tre sedie attorno, e doveva essere lì che Alexander
si sedeva a disegnare. Un’altra sedia era posta in un angolo, ma la cosa più
sorprendente era un camino. Proprio di fronte alla porta, c’era un immenso
camino in muratura, grande, occupava quasi tutta una parete, ed era necessario
per riscaldare tutta la stanza in inverno. Kai si
avvicinò al camino, perché gli era sembrato di vedere qualcosa inciso sopra la
cappa. Era scolpita nella parte alta, ma non c’erano dubbi. Era la sua fenice, Dranzer. Chi l’aveva incisa la doveva conoscere bene,
perché era identica a quello del suo bit power. Era ad ali spiegate, come quando lui la evocava, non
c’erano dubbi, era proprio lei. Yuri si avvicinò piano, stupefatto.
-Wolborg…-
Disse solo. Kai spostò lo sguardo
più in basso e lo vide. Il lupo, il bit power di
Yuri, era scolpito nella parte bassa della canna fumaria. Ma non c’erano dubbi
che fosse proprio lui. Ma c’era anche un terzo animale scolpito. Oltre al lupo
e alla fenice, inciso c’era un altro volatile.
-Sembra un animale del collo lungo. Un fenicottero o…-
-Un cigno-
Disse Kai. Yuri si voltò a
guardarlo
-Ne sei sicuro?-
Kai annuì. Non c’erano dubbi
-Ne sono sicuro-
-Come fai a…-
-L’ho tenuto in mano, e l’ho visto. So a chi appartiene-
Yuri lo fissò meravigliato. Poi un lampo gli attraversò la
mente, e un pensiero si insinuò in lui.
-Non mi vorrai dire che…-
-Si. Quello è il suo bit power…
Quello è Nemesis-
Julia osservava Hilary, indecisa su cosa fare, o dire.
Quella mattina, quando aveva dato appuntamento alla brunetta alla sede della
BBA, non si immaginava certo di trovare una pazza scatenata con le sembianze
della sua amica. Perché quella ragazza, che non stava ferma, e che parlava da
dieci minuti come una macchinetta, non poteva certo essere Hilary.
-Chica, calmati ora. Non sto
capendo niente, e lo quedices
no tiene sentido (quello che dici non ha senso)-
-Si invece! Julia, è tutto così chiaro finalmente-
-Claro? ¿Cómopuedeestarclaro? ESTÁS DICIENDO
COSAS SIN SENTIDO (come può essere chiaro? STAI DICENDO COSE SENZA SENSO)
-Julia, non mi stai ascoltando…-
-Ci sto provando!-
-No invece!-
-Si, invece. Parece un loco en ese momento (Sembri una pazza in questo momento), e dici
cose senza senso. Hora calmados y hablamos
(Ora calmati e ne parliamo), va bene?-
-Non riesco a calmarmi Julia. Per la prima volta da tanto
tempo io mi sento…-
Hilary alzò le mani e la guardò sorridendo.
-Parecefeliz,
como no elseisdesdehacemuchotiempotiempo (sembri felice, come non lo sei da tanto tempo)-
-Si Julia, lo sono. Sono feliz-
E detto questo la castana si buttò addosso alla blaider.
-Piano chica…-
Ma Julia si lasciò andare alla risata di Hilary. Sempre con
le braccia al collo dell’amica, Hilary si fece seria
-Ok, forse mi sono lasciata leggermente andare
dall’entusiasmo ma… so di essere pronta ora-
-Per cosa chica?-
-Per duellare come si deve-
Julia prese l’amica per le spalle e la scostò da se, in modo
da guardarla negli occhi.
-Tu sei pronta per… cosa?-
-Duellare come si deve-
-Intendi dire che…-
-Nemesis contro Thunder Pegasus. Sono pronta-
Julia sgranò gli occhi
-Tu vuoi fare… COSA?-
Hilary la guardò, un sorriso sulle labbra e un’aria di sfida
negli occhi
-Voglio sfidarti, seriamente-
-NO-
-Si, sono pronta-
-NO che non lo sei! Hilary, duelli da meno di due settimane…
e non hai mai, e sottolineo mai, evocato Nemesis.
Cosa ti fa credere di riuscirci ora?-
Hilary la guardò, calma.
-So di potercela fare. Mettimi alla prova Julia, e poi
vedremo-
Julia la fissò a bocca aperta e senza sapere cosa dire. Ma
guardando la sua amica così seria e decisa, si ritrovò a sospirare.
-E va bene. Ma se ti batto e non ci riesci, non darmi la
colpa, clarochica?-
Hilary si lasciò andare ad un urlo di gioia e si ributtò tra
le braccia dell’amica.
-Vedrai, non te ne pentirai!-
-Me ne pentirò eccome invece… vamosmuchaca (andiamo ragazza)-
-Let’s go-
Julia era per l’ennesima volta, quella mattina, a bocca
aperta. Osservava il suo bey, Thunder, fuori dal cerchio della pista, e non
sapeva cosa dire. Hilary invece, era tutta sorridente, con Nemesis
che ruotava ancora al centro.
-Visto? Te lo avevo detto-
-No es posible…(non
è possibile…)-
-È possibile, è appena successo-
-No es posible…-
-È tutto vero-
-Come hai fatto? Tu hai… hai…-
-Evocato Nemesis, si. L’ho fatto-
-Come ci sei riuscita?-
Hilary sollevò le spalle
-Come ci riesci tu…-
-No no, muchaca, sai cosa intendo!
Come hai fatto a stabilire il legame? ¿Qué ha sucedido? (cosa è successo?)-
-L’ho sognata-
-¿Soñado?-
-Si, non so come spiegarti io… stavo facendo un incubo, un
uomo o un ombra mi inseguiva e… lei è apparsa, e mi ha salvata. Non so
spiegartelo a parole ma, è successo e basta e quando mi sono svegliata, sapevo
che potevo contare su di lei. Non so come sia successo, so solo che è successo.
E l’hai visto anche tu-
-Si l’ho visto. Ma ancora non ci credo…-
-Nemmeno io se proprio vuoi la verità-
Julia la guardò a bocca aperta, prima di scoppiare a ridere.
-Hilary, túsiempre
me deja sin lengua (tu mi lasci sempre senza parole).
Ma ora, rivincita. Mi hai colta alla sprovvista, ma ora si fa sul serio. Pronta
ad una sfida seria?-
-Non vedo l’ora-
-Allora in posizione, chica. Un… dos… tres,
listos…-
-Hilary!-
Le due ragazze si bloccarono, e si voltarono verso la porta.
Stagliato nella cornice, c’era Rei.
-Oh, Kon! ¿No ves que hemosempeñados? (non vedi che siamo impregnate?)-
Ma Rei non le diede retta, e corse verso Hilary. La ragazza,
vedendo lo sguardo preoccupato del ragazzo si fece seria.
-Rei, che succede?-
-Mi ha chiamato Kai-
-Sta bene? Gli è successo qualcosa?-
-Forse abbiamo trovato qualcosa…-
-¿Se ocupassobre
la suprema esencia?- (si tratta della Suprema Essenza?)
Rei scosse la testa.
-Non lo so, forse può essere ma… veramente ha trovato
qualcosa che riguarda Hilary-
-Me?-
Chiese meravigliata Hilary. Rei annuì.
-Si, ma ora devi venire con me. Riunione al dojo, con tutti, tra venti minuti. Sono venuto a prenderti-
-Vamonos-
Hilary annuì. I tre non si dissero altro, si avviarono
veloci verso la porta.
“Cosa vuol dire qualcosa che riguarda me?” si ritrovò a
pensare la castana. Istintivamente, si ritrovò a stringere Nemesis
nella sua mano.
Il dojo era nel caos quella
mattina, o per meglio dire, il suo proprietario lo era. Takao
infatti era nervoso, agitato, arrabbiato e preoccupato nello stesso momento.
Era nervoso, perché il torneo si stava avvicinando, agitato, perché non sapeva
cosa stava succedendo, arrabbiato, perché sembrava che ognuno dei suoi così
detti amici, non che compagni di squadra, non pensava minimamente ad allenarsi
a e prepararsi per il torneo imminente e preoccupato perché Rei gli aveva detto
che c’era una cosa che riguardava Hilary di cui dovevano parlare. E lui, se
c’era una cosa che detestava più di qualsiasi cosa, era sapere che c’era
qualcosa, sicuramente un problema, che riguardava la sua migliore amica, quasi
sorella, e lui non sapeva minimamente cosa fosse. E poi, anche il fatto che
ultimamente, qualsiasi cosa che riguardava Hilary, era sempre legata a Kai, lo infastidiva leggermente. Anzi molto. Perché alla
fine Rei glielo aveva detto, che Hilary si stava occupando del gatto di Kai, e che lei aveva le chiavi di casa di lui. Casa che, a
quanto pare, era il solo a non sapere dove fosse. E poi, c’era quella faccenda
che lei aveva dormito lì, con Kai una sera… ora,
sapeva che Kai era una persona su cui si poteva
contare, insomma al russo non interessava niente altro che non fosse il bey,
mai, mai, si era interessato minimamente a delle ragazze… quindi non poteva
essere successo niente tra i due, quella sera, da soli nella stessa casa… ma
allora perché l’idea lo mandava letteralmente in bestia? E poi, andiamo, due
ragazzi, da soli, dopotutto Kai era un ragazzo, e
Hilary non era proprio una brutta ragazza e poi… erano da soli, senza nessuno…
era sicuramente successo! Takao non ci voleva
credere, ma doveva essere successo. Insomma se lui si fosse trovato da solo, di
notte, con una ragazza in casa… ci avrebbe provato. Tutti lo avrebbero fatto,
anche Kai doveva averlo fatto. Anzi, lo aveva
sicuramente fatto, perché doveva avere quelle stesse pulsioni che aveva lui nei
confronti delle ragazze… E poi Hilary doveva essere sconvolta quella sera, una
facile preda per uno sicuro come Kai, che qualsiasi
cosa facesse la sapeva fare bene… e quindi ormai Takao
non aveva più dubbi. Era sicuramente era successo.
-Kai giuro che ti faccio un occhio
nero quando torni!-
-E perché mai gli dovresti fare una cosa simile?-
Takao si voltò, e si ritrovò a
guardare gli occhi della sua migliore amica. Vedendola lì, leggermente
corrucciata, pronta per fargli una qualche ramanzina, Takao
si sentì subito sollevato, e senza pensarci, si buttò sulla ragazza,
stringendola forte a se in un abbraccio. Hilary si irrigidì un attimo, prima di
lasciarsi andare ad un sorriso, subito coperto da una finta rabbia nei
confronti di quel troglodita del suo migliore amico
-Takao, lasciami subito!-
Takao non se lo fece ripetere due
volte, ma senza aggiungere altro, le afferrò una mano, e la trascinò verso la
palestra del dojo.
-Takao, ma che…-
-Io e te dobbiamo parlare, da soli, subito-
-Ma io…-
Takao non aspettò altro, e
trascinò la ragazza attraverso la porta della cucina, scomparendo. Del tutto
rimasti inosservati e non notati, Rei e Julia si lanciarono uno sguardo,
perplessi. Ma poi Julia guardò il ragazzo, e lo stesso pensiero attraversò la
mente dei ragazzi.
-Li seguiamo vero?-
-Ciertamente! No quiero en absoluto perder me Takaohecho a trozos
de Hilary!- (Certo! Non voglio mica perdermi Takao fatto a pezzi da Hilary!)-
Rei si ritrovò ad annuire
-Chiamo anche Max allora-
Julia ridacchiò.
-Kon, tu inizi a piacermi, sai?-
-Takao, lasciami, mi stai facendo
male-
Ma Takao non la stava minimamente
ascoltando. La portò nella palestra che lui e il nonno usavano per allenarsi, e
solo a quel punto si fermò e lasciò andare la castana.
-Si può sapere che ti prende? Tutti gli anni passati a
prendere botte in testa da tuo nonno hanno finalmente prodotto alla rottura
delle tue poche cellule celebrali?-
Takao si posizionò davanti a
Hilary, e le mise le mani sulla spalla, serissimo in volto.
-Takao… che sta succedendo? Si può
sapere cosa…-
-Tu e Kai-
Hilary si bloccò di colpo, interdetta.
-Io e Kai?-
Takao annuì.
-Si, tu e Kai-
Hilary sgranò gli occhi, indecisa
-Io e Kai… cosa?-
Takao si ritrovò ad arrossire
leggermente.
-Bhe, so che tu hai dormito da Kai…-
Hilary annuì
-Si, infatti-
-Eh tu…-
Hilary sembrò capire cosa volesse chiederle Takao. Sicuramente stava pensando che lei doveva essere
stata sconvolta quella sera, rivivere quello che era successo a sua madre e
tutto. Così si ritrovò a sorridere.
-Non ti devi preoccupare Takao. È
stato doloroso si ma… Kai è
stato gentile e premuroso. Certo non mi immaginavo succedesse così, ho pianto
forse più del dovuto ma… è andato tutto bene, credimi!-
Hilary si ritrovò a sorridere al suo migliore amico,
rassicurandolo. Certo, Takao certe volte era un vero
idiota, ma ci teneva a lei, e questo le faceva piacere. Ma Takao,
invece, era letteralmente sconvolto. Non ci poteva credere. Non poteva credere
alle sue orecchie… aveva veramente capito bene? Eppure non c’erano dubbi. La
frase di Hilary aveva confermato qualsiasi suo sospetto. Era successo, Kai lo aveva fatto sul serio. E Hilary… Ma come aveva
potuto, tra tutti, proprio Kai? Uno dei suoi migliori
amici, come aveva potuto fargli una cosa del genere… alla sua migliore amica, a
sua sorella! E lei, come aveva potuto anche lei fargli una cosa simile! Con uno
dei suoi migliori amici, compagno di squadra e suo rivale da sempre?
-Hilary… ti credevo una ragazza diversa!-
Hilary lo guardò sconvolta. Aveva capito bene?
-Takao, che vorresti dire, scusa?-
-Non fare la finta tonta! Ho capito benissimo. Certo, tu eri
sconvolta e tutto, e non ti preoccupare, appena vedo Kai
gli faccio due occhi neri, ma tu… come hai potuto!-
-Scusa? Guarda che è una cosa che riguarda me e solo me. Ma
chi ti credi di essere, razza di troglodita che non sei altro. Sono io a
decidere, con chi e dove farlo. Hai capito?-
-Quindi non mostri nemmeno un briciolo di vergogna? E tutti
i bei discorsi che facevi allora? Cos’è, ti basta uno sguardo dagli occhi viola
di Kai che come qualsiasi fan urlante ti sciogli e
fai tutto quello che ti dice?-
Hilary sentì la rabbia montarle addosso.
-Vergogna? Perché dovrei provare vergogna?-
-Perché lo hai fatto con il primo che passava!-
-Con chi scusa? Il primo che passava? Conosco Kai da ben tre anni, non è uno a caso!-
-Ma è comunque una cosa immorale!-
-Immorale? Ma ti sei bevuto il poco cervello che avevi?-
-No, sei tu quella che si è bevuta il cervello! E tutto per
un paio di occhi viola…-
-Per tua informazione sono ametista, e non viola! Ma poi, si può sapere di cosa
diavolo stai parlando?-
-Lo sai benissimo!-
-Ma ti sembra normale fare una storia del genere per una
cosa così?-
Takao a quel punto esplose.
-Una cosa così? Una cosa… così? Hilary, ci sei andata a
letto, e la definisci una cosa… così?-
-Io veramente non capi…-
Hilary si bloccò di colpo, mentre la frase appena
pronunciata da Takao le si insinuava in testa.
-Io avrei… Aspetta che?-
Takao la fissava, rosso in viso
per l’imbarazzo.
-Guarda che l’ho capito. Insomma tu e lui… da soli in casa,
di notte. Posso capire che lui ci abbia anche provato ma tu… andarci così! Non
ti riconosco più-
Hilary aveva la bocca spalancata per lo stupore. Lui aveva
veramente detto quello che aveva detto?
-Takao, sei un grande imbecille,
lo sai? Come puoi avere pensato che io… con Kai…-
Hilary era arrossita terribilmente, e abbassò lo sguardo sul
pavimento. Lei e Kai fare… insomma, ma come gli era
passato per la testa? Lei e Kai? A letto insieme per…
-Aspetta, mi vuoi dire che tu non hai…-
-NO!-
Urlò Hilary, arrabbiata, imbarazzata e sconvolta allo stesso
tempo.
-Ma allora di cosa stavi parlando prima?-
-Stavo parlando, razza di idiota cerebroleso che non sei
altro, del fatto che avevo parlato con Kai di quello
che era successo a mia madre. E scusami se mi sono addormentata e hai un amico
che è un vero cavaliere che mi ha ceduto la sua camera da letto, mi ha lasciato
riposare nel suo letto, mentre lui ha preferito dormire sul divano-
-Quindi voi due non…-
-No-
Takao si lasciò andare ad un
sospiro di sollievo
-Grazie a dio… mi sono tolto un peso!-
Hilary granò ancora di più gli occhi, prima di buttarsi
addosso al ragazzo, riempiendolo di schiaffi sulle braccia.
-Ti sei tolto un peso? Razza di babbuino idiota che non sei
altro! Ora te lo faccio vedere io cosa vuol dire “togliersi un peso”-
Hilary iniziò a colpire sempre più forte il ragazzo, che si
mise automaticamente sulla difensiva
-Hilary, ahi, mi fai male.…ragazzi, aiutoooo-
Da dietro la porta, Rei, Max e
Julia non sapevano se ridere o essere sconvolti. L’unica cosa di cui erano
certo, è che non avrebbero mai aiutato Takao… se
l’era cercata, e anche alla grande.
-Ma come si fa ad essere così idioti?-
Disse Julia, più a se stessa che non agli altri. Rei alzò le
spalle, mentre scuoteva la testa.
-Stiamo parlando di Takao… non
esiste spiegazione logica!-
-Ma come avrà potuto pensare poi ad una cosa del genere…
insomma, Kai? Il freddo e asociale russo, che ci
prova con Hilary e se la porta a letto?-
Rei e Max si lanciarono
un’occhiata, prima di ritrovarsi ad annuire.
-You’re right, Julia. Kai non avrebbe mai fatto niente del genere, non è quel
tipo di ragazzo-
-Kai non avrebbe mai fatto una cosa
del genere ad Hilary, non dopo tutto quello che le aveva raccontato. Voi non
l’avete vista… era sconvolta. Anche se…-
Julia e Max si voltarono verso Rei
incuriositi.
-Anche se?-
Chiesero in coro. Rei li guardò, indeciso. Poi si decise a
condividere il suo dubbio
-Max, hai presente quando l’altra
mattina siamo andati da Kai per chiedergli spiegazioni?-
Max annuì.
-Of course. Non ho mai corso così
tanto velocemente come quella mattina. Mariam era un
fulmine e…-
-Si si, e ti ricordi quando Kai ha aperto la porta?-
- ¿Qué ha sucedidocuando ha abierto la puerta? (che è successo quando ha
aperto la porta?)-
-Nothing. Kai
ha aperto la porta, Hilary era dietro di lui…-
-Non hai notato lo sguardo di Kai?-
-No cosa avrei dovuto…-
-Era arrossito. Kai era rosso in faccia-
Julia e Max lo guardarono senza
sapere bene cosa dire.
- ¿Seisseguro?
(sei sicuro?)-
Rei annuì.
-Conosco Kai da troppo tempo e…
giurerei che anche Hilary fosse arrossita. E poi, quando ho provato a chiederle
qualcosa, lei ha evitato la mia domanda e… secondo me qualcosa è successa, anzi
penso anche di sapere cosa. Secondo me si sono baciati e…-
Julia non lasciò continuare Rei. Si voltò veloce verso la
porta della palestra del dojo, e l’aprì veloce. Non
badò al fatto che Takao era steso per terra con
Hilary seduta sopra di lui che lo stava ancora menando. Non fece neppure caso
al fatto che i due si voltarono a guardarla, e che Hilary rimase con le mani
alzate, sospese a mezz’aria.
-Julia, che…-
-Ti sei baciata con l’Hiwatari e
non mi dici niente?-
Nel dojo regnò per qualche attimo
un silenzio di tomba. Poi si sentì solo la voce di Takao
-Lui ha fatto… COSA????-
Hilary si mise una mano sulla faccia, sconsolata. Ma perché
doveva avere degli amici così idioti?
Dopo circa venti minuti, la situazione era tornata alla
calma. Cioè, Takao aveva smesso di urlare, Hilary
aveva dichiarato che nessuno aveva baciato nessuno, e il discorso era finito lì,
anche se Julia continuava a lanciare uno sguardo ammiccante alla castana, che
diceva solo una cosa “appena siamo da sole poi ti interrogo”. Takao era in un angolo, seduto per terra, che sbuffava e
imprecava, probabilmente contro il russo che non c’era e che era la causa di
tutto quello scompiglio e che non appena avesse messo piede di nuovo in Giappone
le avrebbe prese, e come se le avrebbe prese. Rei e Max
avevano cercato di smorzare un po’ la tensione, con scarsi risultati, e ora
stavano in silenzio, aspettando. Il suono del campanello non fu accolto mai con
tanta gioia come quella mattina. Rei scattò in piedi
-Vado io-
E corse veloce verso la porta. Quando aprì, si ritrovò a
fissare una cascata di capelli rosa, e non dovette pensare nemmeno per un
secondo chi fosse la persona appena arrivata
-Ciao Mao-
-Guarda che ci sono anche io…-
Disse un’altra voce femminile. Mariam
era dietro la rosa, leggermente scocciata
-Ciao anche a te, Mariam-
-Rei-
-Che ci siamo perse?-
Rei si girò indietro, poi si rivoltò verso la ragazza.
-Meglio se non chiedi…-
Mao lo fissò, prima di ridacchiare.
-Un’altra delle follie di Takao?-
Rei annuì, poi si scostò dalla porta, in modo da fare
accomodare le ragazze.
-Allora, si può sapere cosa sta succedendo? Non mi piace che
siano i russi a portare avanti questa situazione-
Disse Mariam, mentre si
incamminava lungo il corridoio. Rei fissò la ragazza sparire, poi si voltò
verso Mao
-Non farci caso… credo che abbia provato a comunicare con i
suoi capi al villaggio, ma non le hanno detto niente. Sa che possono sapere
qualcosa, anzi, è certa che sappiano qualcosa ma l’hanno tagliata fuori-
-Perché non mi stupisce?-
Mao annuì alle parole di Rei, anche lei concorde.
-Credi che anche i nostri saggi del villaggio possano sapere
qualcosa di tutta questa storia?-
-Ci ho pensato, ma sinceramente non saprei, anche se…-
Mao lo guardò, aspettando che il ragazzo continuasse. Rei
non aveva ancora detto a nessuno del ricordi riaffiorato nella sua memoria
quando aveva sentito pronunciare da Daitenji il nome
“Suprema Essenza”. Sua madre, e suo padre, la lettera, la litigata, quel nome
pronunciato e il fatto che erano spariti poco dopo… ma non aveva ancora delle
prove, era solo una sensazione eppure…
-Rei?-
Il ragazzo si riscosse dai suoi pensieri sentendosi chiamare
da Mao.
-Scusa Mao, stavo solo pensando ad una cosa…-
-Ok…-
Le rispose la ragazza, poco convinta.
-Andiamo, ho alcune cose da dirvi e sarà il caso di
muoverci-
Riuniti tutti sotto il portico del dojo,
dato che la cucina era troppo piccola per ospitare tutti e sette, Rei si mise a
raccontare quello che Kai gli aveva detto
-Yuri e gli altri della Neoborg hanno
trovato, nel monastero, lo studio segreto di Vorkov-
La notizia lasciò tutti sorpresi.
-Con studio segreto intendi…-
-Da quello che ho capito, uno studio segreto in piena
regola. L’accesso era nascosto dietro una porta nascosta, azionata da un qualche
meccanismo. E lì dentro hanno trovato delle notizie sconvolgenti, come il fatto
che il nonno di Kai ha ordinato l’assassinio di suo
figlio e della nuora-
-Éste lo sabemosya! (Questo lo sappiamo già)-
-Julia!-
Dissero in coro le tre ragazze. Julia alzò gli occhi al
cielo, ma non commentò, e fece un cenno a Rei come a dire “continua pure”
-E anche i genitori di Yuri sono stati uccisi, sempre per
ordine di HitoHiwatari. Ma
il fatto è un altro… ci sono state altre vittime, un’altra coppia di sicuro.
Erano amici dei genitori di Kai e di Yuri, ma non
sanno chi possano essere. Nei documenti di Vorkov il
loro nome non compare-
-E come fanno a sapere che anche loro sono morti? Magari
potrebbero essere ancora in vita e…-
Rei scosse la testa, bloccando la frase di Hilary
-Non ci sono dubbi sulla loro fine. Nello studio c’era una
foto, di loro sei e sopra ognuno di loro è stata tracciata una x e questo…-
Rei non finì la frase, perché non ce n’era bisogno.
Tracciare una x su delle persone voleva dire solo una cosa, erano tuti morti.
-Ma perché ucciderli?-
Chiese Mao.
-Insomma, so che gran bastardo è il nonno di Kai, c’ero in Russia tre anni fa ma… uccidere il suo stesso
figlio? Rendere orfano suo nipote? Perché?-
-A quanto pare Kai e Yuri hanno la
risposta anche di questo-
Tutti tornarono a prestare attenzione a Rei. Il ragazzo era
in piedi, nel giardino, mentre gli altri erano seduti sul portico. Rei fece
qualche passo avanti e indietro, poi si fermò
-Erano tutti membri della Suprema Essenza-
La notizia lasciò tutti senza parole. Erano tutti membri
della Suprema Essenza?
-Aspetta…-
Disse ad un tratto Mao.
-Vuoi dire che i genitori di Kai e
di Yuri erano membri della Suprema Essenza, la stessa che ha mandato la lettera
a Daitenji? Quella che stiamo cercando anche noi?
Quella Suprema Essenza?-
Rei annuì semplicemente.
-Ma non è tutto…-
-¿Qué nos puede
ser todavía? (che ci può
essere ancora?)-
-Dentro la stanza, i ragazzi hanno trovato due scatole…-
-¿Cajas? (scatole?)-
-Si, delle specie di scrigni, con una chiusura particole
ciascuno-
-Chiusura particolare?-
Chiese Max, cercando di capirci
qualcosa
-Si esatto. Erano delle scatole con una apertura a
meccanismo particolare. La chiave era una specie di incisione… una diversa per
ogni scatola. E, molto probabilmente, anzi, sicuramente appartenevano ai loro
genitori-
-Fammi indovinare, la chiave di quella dell’Hiwatari era per caso a forma di fenice?-
Chiese Mariam, sarcastica, non
aspettandosi una risposta vera e propria. Tuttavia Rei decise di non darci
troppo peso, e continuare
-Si Mariam, esatto. È stato facile
indovinare quale fosse quella appartenente agli Hiwatari.
Ma la parte più sorprendente, era ciò che c’era dentro alla scatola-
-Cosa c’era?-
-Un pazzo di una lastra di pietra-
I sei ragazzi rimasero interdetti.
-Una… cosa?-
Chiese Takao, parlando per la
prima volta da quando Rei si era messo a parlare.
-Una parte di una lastra di pietra incisa. E nell’altra
scatola che era presente lì dentro, c’era un altro pezzo della stessa lastra-
-Due pezzi di un unico pezzo…-
Mormorò Hilary
-Esatto Hilary. Secondo Kai, suo
nonno e Vorkov stavano cercando di riunire tutti i
pezzi-
-E per quale motivo?-
-Se ci pensate non è poi così difficile da capire… insomma,
una volta le civiltà antiche usavano incidere su pietra le loro tradizioni, le
leggi, o semplicemente ciò che non poteva essere solo tramandato per via orale.
Incidere sulla pietra era un modo per essere sicuri che una determinata
informazione o evento venisse tramandato alle generazioni future. Quindi non è
poi così strano che si tratti di una pietra incisa. Se, da quello che mi avete
detto, la Suprema Essenza è una società segreta che può avere un sacco di anni,
non è una cosa così strano pensare che i loro antenati abbiano usato una lastra
di pietra per tramandare le loro tradizioni o segreti…-
Tutti guardarono basiti Takao. Era
stato, infatti, il blaider del drago azzurro a fare
un’analisi praticamente perfetta e, soprattutto logica, il che rendeva assurdo
il fatto che fosse uscita dalla bocca di Takao. Il
ragazzo, sentendosi osservato in quel modo, incrociò le braccia al petto e li
guardò con aria di sfida
-Si può sapere che avete da guardare così?-
-Hai appena detto una cosa molto intelligente, my friend-
Gli rispose Max, guardandolo come
se fosse un ufo. Takao sentì una vena della sua testa
iniziare a pulsare, ma cercò di dominare la rabbia che gli stava affiorando
-È sempre bello quando i tuoi amici ti elogiano in questo
modo…-
Disse, offeso.
-Oh, andiamo Takao, non fare il
bambino. Ma devi ammettere che sentire certe cose da te è….strano-
Gli disse Hilary.
-Vi siete forse dimenticati che mio padre e mio fratello
sono archeologi? Ho a che fare con cose del genere fin da quando sono piccolo!
È logico che sappia questo tipo di cose!!!-
Si ritrovò a dire, giustificandosi.
-Almeno questo vuol dire che quella tue enorme zucca non è
poi così vuota come fai pensare…-
-Hilary!!!-
Hilary stava per ribattere, quando la voce di Rei li
interruppe
-Ragazzi, abbiamo cose più importanti di cui parlare che non
della testa vuota di Takao-
I due si lanciarono uno sguardo di sfida, ma poi tornarono a
fissarsi su Rei.
-Grazie. Ora, come giustamente ha detto Takao,
molto probabilmente la lastra contiene informazioni sulla Suprema Essenza,
informazioni che il nonno di Kai e Vorkov volevano ma che non hanno ottenuto. Mancano dei
pezzi-
-Quanti?-
-Non lo so, e nemmeno Kai lo sa.
Lui e Yuri hanno unito i due pezzi in loro possesso, e si uniscono, formando la
parte iniziale della lastra. Purtroppo però non sanno in che lingua sia
scritta. Credo sia quello che inizieranno a fare in questi giorni, cercare di
capire che lingua è-
-Quindi ci sono degli altri pezzi mancanti, che non si sa
dove sono, e non si sa nemmeno come leggerli… mi sembra che non abbiamo
assolutamente niente su cui indagare-
Disse Mariam, visibilmente
scoraggiata.
-But, there
must be something else! (ma ci deve essere
qualcos’altro!) insomma, come minimo il nonno di Kai
e Vorkov ci stavano lavorando da quando… dieci anni?-
-Max ha ragione! Ci deve essere
per forza qualcos’altro in quello studio! Qualche altra informazione-
Disse Hilary, concordando con il suo amico Max.
-Si, c’è dell’altro in effetti. E ha a che fare con te
Hilary-
Hilary si sentì fremere un attimo. Cosa poteva avere a che
fare lei con la Russia e la Suprema Essenza? La stessa domanda passò per la
mente anche di Mariam, che la espresse ad alta voce
-Cosa ha a che fare Hilary con tutto questo? Cosa ci può
centrare lei?-
-Infatti! Rei come è legata Hilary a tutto questo?-
-Nemesis-
Disse semplicemente il ragazzo. Hilary istintivamente portò
la mano dentro la tasca dei suoi pantaloni, dove c’era il suo bey.
-Nemesis? Cosa c’entra il mio bey?-
-Non hanno trovato solo lo studio segreto di Vorkov. Nel monastero c’era un’altra stanza segreta. E, so
che può sembrare assurdo ma, inciso sulla cappa di un camino c’era il bit power di Yuri, Wolborg, quello di
Kai, Dranzer e… il tuo
cigno alato Hilary. Inciso lì sopra c’è anche Nemesis-
Hilary lo fissò a bocca aperta. Il suo beyblade…
-Kai e Yuri credono, anzi, sono
convinti, che la donna che ha scritto la lettera, la stessa che ha consegnato Nemesis al presidente Daitenji,
sia la donna che compare nella foto che hanno trovato. Lei conosceva i genitori
di Kai e di Yuri, erano membri della Suprema Essenza e…-
-E sono tutti morti ora-
Finì di dire Hilary. Improvvisamente, tutti i ragazzi dentro
di loro si sentirono gelare il sangue nelle vene. Tutti coloro che avevano
avuto a che fare con la Suprema Essenza, e con il nonno di Kai,
erano morti. E loro, iniziarono a pensare, che la stessa sorte poteva accadere
a tutti loro.
Pavlov non amava particolarmente il Giappone. Forse perché
era l’unico posto dove aveva fallito. Era l’unica volta dove, durante un lavoro,
aveva permesso alle sue emozioni di prevalere, e aveva sbagliato. Ma succedeva
sempre così quando vedeva lei. Bella, con il suo sorriso, l’unica che lo aveva
sempre ammaliato, con quei suoi occhi grandi e profondi. Lei, che gli era
sfuggita già una volta, lei, l’unico membro della Suprema Essenza che lo aveva osato
sconfiggerlo. Lui, che era sempre stato due passi davanti alle sue vittime, si
era ritrovato indietro. Fregato da lei. Era per quello che quando era andato in
Giappone per la prima volta, molti anni fa ormai, aveva deciso che si sarebbe
divertito con lei, che l’avrebbe presa, torturata, fatta pagare per esserle
sfuggita una volta. Aveva tutto pronto, il luogo, gli attrezzi, i mezzi e
invece… aveva agito da stupido, e da principiante. L’aveva uccisa, certo, ma
troppo in fretta, accecato dalla rabbia, rabbia che lei gli aveva fatto tirare
fuori. Perché lei lo conosceva e sapeva ciò che aveva fatto. E glielo aveva
rinfacciato, chiamandolo assassino, traditore e… codardo. Era stato al codardo che
aveva ceduto, il coltello nella sua mano, e prima ancora di rendersi conto di
quello che stava facendo… lei era ferita, il sangue che colava dalla ferita che
gli aveva inflitto. Era finito per fare il suo stesso gioco, era riuscita a
farlo agire velocemente, senza darle il tempo di torturarla e senza farle dire
niente. Era morta così, rapidamente, portandosi il suo segreto con se, portando
il segreto di dove aveva nascosto la chiave nella tomba assieme a lei. Ma anche
se aveva agito in fretta senza ottenere niente, qualcosa aveva visto. Ci aveva
messo anni a ricordarsi di quel dettaglio, ma se ne era ricordato. L’anello che
la donna portava al dito anulare sinistro, una fede, segno che la donna si era
sposata, di nuovo. Era stata una mossa furba, perché così aveva fatto perdere
le sue tracce per molto tempo, ma non lo spaventava quello. Lui sapeva come era
morta, sapeva dove, c’era, non sarebbe stato difficile ritrovare il nome che
quella donna aveva assunto in quel paese. E dal di lì, avrebbe fatto presto. E
non appena avesse trovato lei, avrebbe trovato anche la bambina. Per quello si
trovava lì, in Giappone. Doveva trovare la chiave, lo scrigno lo aveva
recuperato dalla villa in rovina, e poi avrebbe dovuto anche trovare il bit-power. Serviva al suo padrone, dopotutto. La figlia, quella
non era un problema. Non serviva al loro progetto, l’avrebbe uccisa. E avrebbe
fatto in modo che la piccola pagasse per le colpe della madre. Le torture che
avrebbe voluto fatto subire ad Elisabeta, le avrebbe
riversate sulla figlia, e si sarebbe divertito un mondo nel farlo. Dopotutto,
ormai, la piccola doveva essere cresciuta ormai, doveva avere all’incirca
diciassette anni, la stessa età che aveva sua madre quando lui l’aveva
conosciuta per la prima volta. Sperava che le assomigliasse molto, e che non
avesse preso troppo dal padre. Birkof… NicolaiBirkof, non aveva mai
capito come lei avesse preferito quell’essere insignificante a lui. Lui era più
intelligente e molto più interessante di quell’insignificante… bastava pensare
a quanti uomini aveva ucciso senza mai essere stato preso, a come la sua
intelligenza avesse fatto si che si trovasse sempre
cinque passi davanti all’FBI o all’Iterpol che ancora
lo stavano cercando. Lui era migliore, lo era sempre stato, ma lei lo aveva respinto,
umiliato. Ma almeno aveva avuto la sua vendetta, su lui prima, e su lei dopo. E
ora l’avrebbe fatta pagare anche alla figlia.Pavlov si portò alla bocca il bicchiere
di scotch, gustandosi il sapore dell’alcool giù in gola. Aveva perso il conto
di quanti già ne aveva bevuti, non che gli importasse, dopotutto. Una volta
riempito ancora il bicchiere, prima di portarselo alle labbra, fece un piccolo
brindisi
-Mia cara Elisabeta… vedremo alla
fine chi aveva ragione. Vedrai cosa farò alla tua bambina, e questa volta,
nessuno ci sarà a proteggerla come hai fatto tu. Saremo solo io e lei… e
credimi, io mi divertirò molto nel farlo.Наздоровье!-(n.a. si pronuncia nasdarovie, ed è
ciò che i russi dicono quando fanno un brindisi
Era notte. Il suono del vento entrava prepotente nel tempio,
facendo tremare violentemente il fuoco delle mille candele accese. La donna,
inginocchiata davanti ad un altare, si riscosse al suono di passi. Non dovette
voltarsi per sapere a chi appartenevano. Aveva sempre saputo riconoscere i
passi dei suoi amici. Il sorriso si disegnò sul suo volto. Si alzò lentamente,
e si voltò. Agli occhi della donna si parò la figura di un’altra donna. Era
invecchiata dall’ultima volta che si erano viste, ma erano passati molti anni
ormai, più di una decina. Anche lei doveva essere invecchiata agli occhi
dell’altra donna
-Questo posto non è cambiato molto dall’ultima volta che
l’ho visto. Tu, invece, si-
-Anche tu sei invecchiata, mia cara-
Le due amiche si guardarono ancora qualche secondo, prima di
buttarsi l’una tra le braccia dell’altra.
-Almeno il tuo abbraccio è sempre lo stesso-
-Sarò anche invecchiata, ma non sono mica una vecchia
rincretinita-
Le due donne si lasciarono andare ad una risata liberatoria.
-È bello vedere che il tuo spirito è sempre lo stesso, JunKon-
-È bello rivedere una vecchia amica, Terry-
Terry, una donna dai lunghi capelli blu, la guardò prima
sorridente, poi si fece subito scura in volto
-Si stanno muovendo Jun. Sta per
succedere qualcosa-
Jun annuì
-Lo so. Ho contattato Judy, l’ho avvertita-
Terry sgranò gli occhi
-Perché? Avevamo decise che…-
-Non lascerò che quell’uomo metta le mani addosso agli altri
pezzi. E non permetterò che i nostri figli ci vadano di mezzo. Abbiamo perso
troppi amici Terry, l’unica cosa che posso fare per loro ora, per onorare la
loro memoria e il loro sacrificio, è proteggere la nuova generazione di
custodi. E l’unico modo per farlo è fargli iniziare il percorso-
-Il percorso va scelto, non imposto! Lo sai meglio di me. Non
si sceglie di essere guardiani, lo si diventa perché si viene scelti-
-Ma loro sono già stati scelti! Anche l’ultimo guardiano è
già apparso. Un nuovo legame è stato stretto. Nemesis
ha trovato un nuovo compagno-
Terry granò gli occhi, meravigliata.
-Non è possibile! Nemesis è
inattivo da più di dieci anni, e con la morte di Elisabeta,
quel legame è andato perso!-
-È stato ristabilito. Nemesis ha
trovato un nuovo cuore con cui associarsi. Ora il numero è formato, sono stati
scelti, devono intraprendere il percorso. Solo così sapranno come difendersi e
cosa cercare-
-Ma senza una guida…-
-L’avranno. Ci sarà chi li guiderà-
Terry e Jun si guardarono, e Terry
improvvisamente seppe cosa doveva fare
-Vuoi che vada io…-
-Potrai stargli accanto, senza destare troppi sospetti.
Dopotutto, tu sei l’unica che può farlo-
-Ma Judy? Lei potrebbe farlo meglio di me e…-
-Judy non va bene. Desterebbe troppi sospetti, alcune cose
non potrebbe spiegare come fa a saperle senza rivelare che appartiene alla Suprema
Essenza. Mentre tu…-
-In quanto membro degli Scudi Sacri, non avrei problemi-
Jun annuì.
-Potrai stare così vicino a tua figlia, e saprai proteggerli
anche. Sei la scelta migliore-
-E tu? Non vuoi andare da tuo figlio?-
Il volto di Jun si oscurò, e
distolse lo sguardo dalla sua amica.
-Rei ormai è un uomo, e io l’ho abbandonato troppi anni fa.
Non saprei neanche cosa dirgli, come fare a spiegargli la mia scelta, perché
non mi potrei confidare. Se mai il destino lo vorrà, io e lui avremmo modo di
parlare, ma non posso fargli io da guida. Tu sarai sicuramente migliore di me-
Terry si avvicinò a Jun, e le mise
una mano sulla spalla
-Veglierò su di lui per te-
Jun annuì. Le due donne si portarono
poi davanti all’altare, e si misero a pregare. Non avevano bisogno di dirsi
altro, e quando Terry si alzò e si avviò veloce verso l’uscita del tempio, Jun non sentì il bisogno di fermarla, o di salutarla, o di
dirle altro, perché si erano dette tutto quello che dovevano dirsi. Quando fu
certa di essere totalmente sola, Jun si alzò, e si
avvicinò ad una parete del tempio, dove incisa nella pietra c’era la figura di
una tigre. Lì davanti, si lasciò andare ad una preghiera
-Veglia su di lui Driger. Fagli
sapere che non è solo, ti prego-
Due calde lacrime scesero dagli occhi della donna. Sperava
solo che la sua preghiera arrivasse a suo figlio, e gli facesse sapere che
anche se lei non era con lui, era sempre nei suoi pensieri e non lo abbandonava
mai. Perché anche se era una guardiana, una custode, un membro della Suprema
Essenza a cui aveva dato la sua vita, era pur sempre una madre. e questo era più potente di qualsiasi altra cosa.
Mamma mia, quanto è stato difficile scrivere questo
capitolo! Ci vado dietro da mesi…. L’ho iniziato a gennaio, e finalmente, solo
ora ce l’ho fatta!!! Ogni volta che ci provavo, mi rendevo conto che mancava
qualcosa. Non riuscivo a trovare il giusto equilibrio, tra cosa dire e non
dire. Delle volte non svelavo nulla, altre praticamente mi mancava di scrivere
solo il finale perché avevo detto tutto. L’importante, però, alla fine, sono
riuscita a trovare un buon risultato, che mi ha fatto dire, si sono contenta di
come è uscito. E certo, questo vuole anche cercare di scusarmi per il ritardo
dell’aggiornamento… si, lo so, faccio pena da questo punto di vista, ma mi sono
terribilmente affezionata alla mia storia che la voglio fare uscire bene. Spero
riuscita a perdonarmi ancora e soprattutto, spero che il capitolo vi sia
piaciuto!
Piccola cosa: io semplicemente adoro i personaggi di Diana e
di Alexander. Li amo alla follia, e torneranno spesso nella storia. Quindi
spero vivamente che vi siano piaciuti, e che vi abbiamo regalato un sorriso,
come hanno fatto con me.
Una piccola precisazione: vi vorrei avvisare di una cosa.
Sta diventando molto difficile per me trovare dei bei titoli per i capitoli,
quindi credo che, in alcuni casi, metterò semplicemente il numero, tipo
“Capitolo 13” o simile. Spero di non farlo, ma temo che capiterà. Però volevo
avvertirvi prima, così lo sapete già.
Ok, altra piccola cosa: la scena tra Takao
e Hilary, è praticamente avvenuta sul serio! È successa tra me e un mio
carissimo amico, che non aveva capito niente di quello che era successo una
volta… per cui lo ringrazio per l’ispirazione, per una volta la sua proverbiale
capacità di non capire niente è servita a qualcosa XD
Come sempre, grazie a chi legge, a chi perde cinque minuti
per lasciare una recensione, e fatemi sapere cosa ne pensate. Se trovate
errori, o se avete delle critiche, fatevi pure avanti. Io vi aspetto, vi
ringrazio, come sempre, per la pazienza, e grazie a tutti quelli che hanno a
cuore questa storia e nonostante il tempo che passa, la continuano a seguire.
Ci vediamo alla prossima, un bacione grande grande, dalla vostra
Buonasera a tutti... non so se c'è ancora qualcuno che si
prende il disturbo di controllare ancora se aggiorno questa storia... e come
ormai mio solito, e chi mi conosce lo sa, io mi scuso profondamente per il
terribile ritardo con cui aggiorno! Volevo solo avvisare che la storia NON E'
SOSPESA, è solo che questa scansafatiche di autrice, se così posso permettermi
di chiamarmi, è terribilmente lenta nello scrivere e vive troppo spesso i così
noti 'blocchi dello scrittore'
spero che mi possiate perdonare per il ritardo, ennesimo tra
l'altro, ma il capitolo e i prossimi capitoli sono in fase di scrittura e
revisione, e tra poco dovrei tornare a pubblicare... ancora per la millesima
volta chiedo scusa per il ritardo, ma continuerò a scrivere questa storia, ve lo
prometto.
Ovviamente appena pubblicherò il capitolo cancellerò questo
messaggio! Spero di rivedervi al prossimo capitolo, un bacio dalla vostra iper ritardataria
Nel silenzio della
sua cella, la mente dell’uomo non faceva che rivivere in continuazione quella
stessa scena, ancora e ancora. La macchina procedeva tranquilla lungo la
strada, il cielo era sereno dopo tre giorni di pioggia, e loro aspettavano il
sole per fare quella gita. L’avevano rimandata per troppo tempo, presi dai loro
impegni, dalle preoccupazioni, e da quel giuramento che li aveva legati più di
quanto non potessero pensare. Ma quella domenica era pensata solo per un unico
scopo, il divertimento. Dovevano festeggiare, dovevano divertirsi e ridere. Quelli
erano i soli ordini di quella giornata, ridere. Mentre guidava tranquillo sulla
strada, aveva allungato la mano per prendere quella di sua moglie. La donna lo
aveva fissato perplessa, prima di sorridere e stringere a sua volta la mano
dell’uomo. Quanto la amava, e quanto aveva lottato per convincerla anche solo a
concedergli una chance. Se era l’uomo che era lo doveva a lei. Ricordava ancora
il suo sorriso, e poi la vedeva, ancora, girarsi indietro, a controllare il
loro bambino. Il piccolo dormiva tranquillo nel seggiolino. Era un bambino
veramente buonissimo, non faceva quasi mai i capricci e anzi, seguiva
attentamente con i suoi occhi grandi tutto quello che gli capitava attorno,
intento ad osservare e a capire. Era un bambino molto intuitivo e sveglio, era
il suo primogenito, maschio, lo adorava con tutto se stesso. Poi aveva gli
occhi di sua madre, e adorava vedere lo stesso sguardo vigile negli occhi di
suo figlio, come quello della donna che amava. Era quella l’ultima immagine che
ricordava, sua moglie voltata e sorridente. Stava per dirgli qualcosa, quando
il rumore assordante esplose all’interno dell’abitacolo. Non ricordava altro, non
ricordava nient’altro. Dopo c’era stato solo il buio, e i ricordi, sempre gli
stessi, visti e rivisti nella sua mente all’infinito, assieme a quel nome
-Ekaterina…-
Quel nome,
ripetuto all’infinito, sempre, costantemente, incessantemente. E il senso di
colpa che lo stava uccidendo ormai da tanto, troppo tempo.
Lo studio era letteralmente a soqquadro. Sul pavimento
erano sparsi fogli di carta di varia forma e dimensione, libri aperti giacevano
abbandonati sulla scrivania, i cassetti erano stati sfilati dai loro
scompartimenti e abbandonati con rabbia sul pavimento. In mezzo a tutto quel
delirio c’era Kai, seduto per terra, intento a stringere in una mano Dranzer e
nell’altra un foglio di carta. Fu così che lo trovò Yuri. I due si fissarono
per alcuni minuti, in silenzio, poi il russo dai capelli rossi si sedette
accanto all’amico, incurante del disordine della stanza.
-Deduco tu abbia trovato qualcosa…-
Disse, puntando lo sguardo sul foglio quasi totalmente
accartocciato nella mano di Kai.
-Non è quello che credi-
-Qualsiasi cosa sia, ha avuto il potere di farti
ridurre questa stanza in un…-
Yuri non finì la frase, si limitò a gesticolare con
una mano, indicando il disordine.
-Avevo bisogno di sfogarmi-
-Prendendotela con il povero e indifeso arredamento di
questa stanza?-
-E’ la cosa più vicina a Vorkov che mi sia ritrovato a
tiro-
Yuri si fece silenzioso e attento. Senza aggiungere
altro, Kai diede il pezzo di carta a Yuri, che si mise prontamente a leggere.
- “Castello di
Mansikov, Luglio 1987
Mia cara amica Elisabeta,
Come sta la tua piccola Ania?
Kai cresce a vista d’occhio. Ogni giorno che passa, mi
stupisco di come sia intelligente, e di quanto stia crescendo. Mi sembra solo
ieri che lo tenevo tra le braccia la prima volta, e adesso invece gattona già
in giro per tutta la casa. Mi preoccupo ogni volta che non lo vedo nella
stanza, ha la straordinaria capacità di sparire in un modo così silenzioso…
pensa, l’altra sera eravamo tutti in salotto e io e Susumo stavamo
chiacchierando. Kai era nel divano davanti a noi che giocava, come fa di
solito. Non so come sia successo, dobbiamo esserci distratti per pochi secondi,
e quando ho guardato Kai non c’era più. Credevo fosse nella stanza, ma era
stato capace di sgattaiolare fuori, percorrere tutto il corridoio e arrivare fino
alle scale, senza fare alcun rumore. Ma questa non è la cosa più sorprendente.
Sai con chi stava giocando? Esattamente, stava giocando con la fenice! Non
chiedermi come sia stato possibile, ma lei era lì, proprio di fronte a noi,
materializzata davanti a Kai che stava giocando con lui.E lui era così tranquillo, come se fosse la
cosa più naturale del mondo. Avresti dovuto vedere Susumo…era così eccitato.
Lui non era mai riuscito ad evocare la fenice così, tranquillamente, non puoi
capire la sua gioia nel vedere suo figlio farlo. Ha preso in braccio Kai e ha
iniziato a ballare dalla gioia… è assurdo pensare quanto quel piccolo fagottino
possa averci riempito la vita di felicità, ma so che capirai la mia gioia, poiché
anche tu, ora, hai un piccolo fagottino in casa. Perdonami, vorrei che questa
lettera fosse più lunga, ma non ho molto tempo per scriverti, e Susumo mi ha
praticamente implorato di raccontarti di quest’avvenimento al più presto, che
non ho potuto farnea meno. A proposito,
posso sapere quale sia, adesso, il motivo del vostro litigio? Sai, certe volte
ho come l’impressione che sia tu la moglie e io l’amante… dopo che vi siete
incontrati due settimane fa è tornato a casa sbattendo la porta, poi si è
chiuso nel suo studio con la musica alta. Quando il giorno dopo è uscito ha
detto che non ne voleva parlare… spero tu voglia essere così gentile da
dirmelo, anche perché se ha combinato o detto qualcosa di stupido devi dirmelo,
così poi se la vedrà con me.
Ti devo veramente lasciare ora, Kai fra poco dovrebbe
svegliarsi e i doveri di mamma mi chiamano. Dai un bacio alla piccola Ania, e
non vedo l’ora di vedervi tra due settimane.
La tua cara amica
Kate”
Quando Yuri smise di
leggere, non disse niente, si limitò a sedersi vicino a Kai.
-Non sapevo si facesse
chiamare Kate-
Disse ad un tratto Kai.
Yuri continuò a non dire niente, perché sapeva cosa voleva dire. Come lui, Kai
non conosceva assolutamente niente dei suoi genitori. Era il destino degli
orfani, la perenne incertezza, il buio sulle proprie origini, su chi fossero
stati i propri genitori.
-Ekaterina Hiwatari, era
tutto quello che sapevo di lei-
-Almeno hai la prova che
ti voleva bene-
I due blaider si
fissarono negli occhi
-Quella che scrive è una
mamma orgogliosa-
Kai rifissò la lettera
-Mi voleva bene-
-E soprattutto, ti ha
appena fatto un enorme regalo-
-A cosa ti riferisci?-
-I nomi, Hiwatari. I nomi
sono una cosa potente quando si conoscono-
-Qui non ci sono nomi…-
-Elisabeta-
-La donna a cui è
indirizzata la lettera-
-A cui tua madre parla di
Dranzer…-
Gli occhi di Kai si
accesero di una luce improvvisa
-Era un membro della
Suprema Essenza-
-E una amica dei tuoi
genitori-
-Dobbiamo scoprire chi
sia-
-Allora non abbiamo tempo
da perdere-
Kai fece per alzarsi e
rimettersi a cercare tra la marea di appunti di Vorkov, ma Yuri lo afferrò per
la spalla, voltandolo
-Devi dormire-
-No io…-
-Non sei lucido Kai. Una
notte di sonno è quello che ti ci vuole. Può aspettare domani-
Kai vide la seria
preoccupazione negli occhi del blaider, e si ritrovò ad annuire.
-A domani-
Si avviò lentamente verso
la porta. A Yuri non sfuggì, tuttavia, che tra le mani del blaider della fenice
c’era ancora la lettera della madre. Il rosso si guardò sconsolato attorno, e
iniziò a raccogliere e a sistemare il disastro lasciato dall’altro. Fu così che
lo trovò Boris, che mentre percorreva i corridoi del monastero per controllare
che nessuno fosse in giro a quell’ora di notte, vedendo la luce accesa, era
entrato per controllare
-Lo sai che saresti una perfetta
mogliettina di casa?-
Yuri si voltò verso di
lui, fulminandolo con lo sguardo
-Ehi, stavo solo
scherzando-
disse Boris, alzando le
mani in segno di resa. Yuri gli si avvicinò
-Dato che sei così attivo
e hai così tanta voglia di scherzare, sistema tu questo casino-
-Cosa? Io stavo…-
-Finisco io il giro. Mi
raccomando, deve essere tutto sistemato-
Rapido, Yuri guadagnò la
porta e sparì nel buoi del corridoio. Boris si guardò in torno, osservando il
lavoro che lo aspettava
-Devo tornare a tenere la
bocca chiusa…-
Nella sua stanza, Kai non
riusciva a dormire. Aveva portato con se via la lettera, quasi senza
accorgersene, e ora faceva fatica anche solo ad appoggiarla. L’aveva letta così
tante volte, che ormai ne conosceva il contenuto a memoria. Ad un tratto si
voltò verso il comodino, dove aveva appoggiato il suo telefonino. Il display
segnava le 3:35 di mattina. A Tokyo era già giorno inoltrato, poteva chiamare
senza problemi. Il telefono suonò solo due volte, prima che la persona
dall’altra parte rispose
-Pronto?-
Kai rimase interdetto
dalla voce che gli rispose. Ci mise qualche secondo prima di capire
-Hilary?-
-Si, ancora è questo il
mio nome…-
-Perché hai risposto tu?-
La ragazza esitò qualche
secondo prima di rispondere
-Hai chiamato il mio
numero… chi ti doveva rispondere?-
Kai guardò il suo
telefono e vide che effettivamente aveva proprio chiamato la ragazza
-Scusa, volevo chiamare
Rei. Mi devo essere sbagliato-
-Il grande Hiwatari che
commette un errore? E’ successo qualcosa?-
-Una cosa del genere…-
-Sempre così
maledettamente criptico Hiwatari…-
Kai sorrise, per un breve
attimo dimenticandosi del motivo per cui aveva avuto bisogno di fare quella
telefonata
-Non sono criptico… solo
che questa cosa non ti riguarda-
-Ma riguarda Rei…-
-Lui… mi capisce-
Hilary rimase in silenzio
qualche secondo prima di ridacchiare
-Guarda che non c’è
niente di male nel dire che hai bisogno di parlare con il tuo migliore amico.
Non sminuisce la tua mascolinità-
-Mascolinità?-
-Si, l’aria da “non parlo
con nessuno e rimango nel mio mondo dove voi comuni mortali non potete avere
accesso”-
Kai questa volta si
lasciò andare ad una breve risata
-Non ci posso credere…
Hiwatari ti ho appena fatto ridere?-
-Direi proprio di si
Tachibana-
I due rimasero in
silenzio per un po’, godendosi quell’inaspettato momento di intimità. Fu Kai ad
interromperlo
-Non è vero che non parlo
con nessuno o voglio stare per conto mio solo…-
-Kai non ti devi
giustificare. Con tutto quello che hai passato e stai passando… capisco
l’esigenza di volere stare da soli o parlare solo con chi sai di poterti fidare
ciecamente. Ci sono passata anche io…-
Improvvisamente, Kai si
rese conto che sapeva perché aveva chiamato lei. Il suo subconscio era riuscito
a capire prima di lui
-Ho trovato una lettera…-
-Brutte notizie?-
-In realtà no-
Hilary rimase in
silenzio, aspettando.
-E’ una lettera di mia
madre-
Kai poté sentire la
ragazza trattenere il respiro
-Parla di me nella
lettera-
-Kai…-
-Non so neanche che suono
avesse la sua voce. Non so niente di lei e ora questa…-
Kai non terminò la frase,
lasciando che il silenzio parlasse per lui. Sapeva che Hilary avrebbe capito.
La ragazza aspettò, per trovare le giuste parole da dire
-Io non mi ricordo più il
suono della sua risata. So che rideva, ma… è come sparito, dimenticato. Ci sono
delle volte che ho paura di dimenticarmi persino il suono della sua voce, e
allora mi ripeto nella testa alcune cose che mi diceva… ma di una cosa sono
certa e sono sicura che valga anche per te. Mia madre mi amava con tutta se
stessa e lo stesso la tua. Lo so che sembra una frase fatta ma, io me lo sento
dentro. È una sensazione, come quando stai per addormentarti, quei pochi
secondi prima di sprofondare nel sonno, ho come l’impressione di sentire la sua
mano sfiorarmi in una carezza, come quando ero piccola. Può sembrare folle ma,
è quello il momento in cui so che, anche se lei non è più con me, mi ama lo
stesso. E sono sicura che lo stesso sia per te-
Seguirono parecchi minuti
di silenzio.
-Grazie-
Fu tutto quello che
riuscì a dire alla fine il russo. Riuscì quasi a sentire il sorriso spuntare
sul volto di Hilary
-Una telefonata
inaspettata e un ringraziamento… se continuì così finirò con il pensare che tu
provi qualcosa per me, russo-
Kai ridacchiò
-Non ti montare la testa,
giapponesina…-
-Tranquillo, non lo farò-
-Sei al dojo?-
-A casa… dovrei andare ad
allenarmi con le ragazze ma ho preferito stare un po’ a casa a riflettere
stamattina-
-Qualcosa che non va?-
-A parte il mio bit-power
inciso su un muro di un monastero in Russia? Una società segreta tragicamente
trucidata? Noi che, come sempre, ci ritroviamo immischiati in qualcosa di più
grande di noi? No, perché dovrebbe esserci qualcosa che non va?-
-Tu almeno non hai un
nonno pazzo chiuso in una prigione che si incontra con un serial killer, e non
sei circondata da bambini rumorosi-
-Io ho Takao attorno…-
-Questa volta vinci tu-
Hilary scoppiò a ridere.
In quel momento, Kai sentì una grande tranquillità scendergli addosso, mentre
un sorriso gli spuntava sul volto. Era facile scherzare con lei. E improvvisamente,
uno sbadiglio sorprese il russo.
-Sonno?-
-Sono quasi le quattro di
mattina qui…-
-Che cosa? E cosa ci fai
ancora al telefono? Devi andare subito a dormire-
Kai sorrise
-Va bene, tranquilla-
-Ok…-
Rimasero ancora qualche
secondo in silenzio, nessuno dei due intenzionato a chiudere. Alla fine fu
Hilary a interrompere quell’attimo
-Allora buona notte-
-Buon allenamento-
E detto questo Kai
chiuse. Si mise sdraiato sul letto e senza nemmeno rendersene conto, si ritrovò
con gli occhi chiusi, addormentato. Ma prima di cadere nel sonno profondo, fu
quasi certo di sentire qualcosa vicino a lui. Un secondo, quasi impercettibile.
Era come una carezza piena di amore.
Hilary rimase a guardare
lo schermo del suo telefono, ormai spento. Aveva parlato al telefono con Kai,
ancora. E la conversazione era stata piacevole, fin troppo. La ragazza scrollò
la testa, e si alzò dal letto dove era distesa. Doveva andare alla sede della
BBA per incontrarsi con le altre ragazze e fare un po’ di allenamento. Ma
stranamente quella mattina non se l’era sentita. Forse era stata la discussione
della giornata precedente a lasciarla spiazzata. Guardò il suo beyblade,
osservando l’immagine del cigno sopra. Aveva stretto un legame con un
bit-power, Nemesis, di cui non conosceva assolutamente niente. Era riuscita ad
evocarla, ormai ci riusciva, ma ancora non capiva. E poi il fatto che fosse
legato ai bit-power dei blaider russi la lasciava perplessa… come si era
ritrovata, lei, in prima fila in una cosa così grande? Si lasciò andare ad un
grido di disperazione. Detestava sentirsi così impotente e ignorante. Aveva
bisogno di ottenere delle informazioni, e sapeva che le avrebbe potute ottenere
solo in un unico modo. Solo che non poteva farlo da sola, e chiedere l’aiuto
delle sue amiche, per quanto lo volesse, sentiva che non poteva essere del
tutto appropriato. Sapeva a chi doveva chiedere questo favore. Senza perdere
tempo, si alzò veloce e corse al piano di sotto. Suo padre, intento a sistemare
qualcosa in cucina, sentendola correre così veloce, si affacciò sulla porta,
alquanto preoccupato
-Si può sapere cosa è
successo?
-Devo fare una cosa-
L’uomo sospirò
-Fammi indovinare…
c’entrano quelle trottole, di nuovo, giusto?-
-Si-
Hilary si infilò svelta
le scarpe e si precipitò fuori dalla porta. Esasperato l’uomo fissò la porta
chiusa che dopo tre secondi si riaprì
-Non torno a cena-
-Lo avevo immaginato-
-Ci vediamo tra qualche
giorno-
-Dormi ancora da Takao?-
-No, vado a Mosca. Ti
avviso quando arrivo, ok?-
E detto questo, la porta
si chiuse, questa volta in modo definitivo. Il silenzio che era piombato in
casa contrastava con il tumulto che stava vivendo l’uomo all’interno del
proprio corpo. Dopo essersi scosso, si precipitò verso la porta, spalancandola
e si ritrovò ad urlare, ormai ad una strada vuota
-Dove è che credi di
andare?-
-Dove vuoi andare?-
Rei fissava Hillary come
se le fosse spuntata una seconda testa
-In Russia-
-Dove?-
Hilary alzò gli occhi
-Devo andare a Mosca-
-Perché?-
-Ho bisogno di risposte-
-Perché?-
-Devo sapere…-
-Perché?-
-Sai dire qualcos’altro?-
-Perché io?-
Hilary oltre ad alzare
gli occhi al cielo, di nuovo, si lasciò andare ad un sospiro di frustrazione
-Perché non posso andare
da sola-
-Chiedi a Takao-
-Ho bisogno di risposte…
non di badare ad una testa calda che vede sfide in ogni persona che incontra-
-Max?-
-Deve restare qui per
tranquillizzare Takao quando saprà che sono partita-
-Ma le ragazze…-
-Avviso Mariam, poi lei lo dirà alle ragazze e le calmerà-
-Ok ma…-
-Vuoi che dica a Kai che
hai preferito lasciarmi andare da sola?-
Hilary incrociò le
braccia al petto e guardò con sfida il cinese. Rei sapeva di non avere altra
scelta, il suo istinto di conservazione gli stava dicendo solo una cosa: hai
perso, fai come dice lei. Sospirando, acconsentì
-E va bene, ti
accompagno-
Hilary gli regalò un
bellissimo sorriso, prima di buttargli le braccia al collo per l’entusiasmo
-Grazie Rei! Sei un vero
amico. Vado a prenotare-
Rei osservò la ragazza
prendere il telefono per prenotare. Capiva il desiderio di Hilary di avere
delle risposte. Lui, in fondo, aveva sempre saputo quasi tutto sulla tigre
bianca. La conosceva, fin da piccolo. Era ormai una fedele compagna e buona
amica. Hilary ancora doveva compiere quel percorso con Nemesis. E stranamente,
quel percorso sembrava indirizzare proprio in Russia, e sembrava terribilmente
legato al blaider della fenice. Già se lo immaginava la faccia arrabbiata di
Kai, quando se li sarebbe trovati lì. Rei sospirò. Essere un buon amico, delle
volte, era una vera e propria scocciatura. Almeno avrebbe avuto la possibilità
di duellare un po’ con i blaider russi. Chissà, magari avrebbe persino ottenuto
la sua rivincita contro Yuri.
Kai si svegliò tardi
quella mattina. Stranamente il suo corpo aveva ceduto ad un sonno lungo, privo
di sogni, ma terribilmente ristoratore. Si sentiva meglio quella mattina, e
anche se sapeva che avrebbe dovuto passare ancora una giornata in quello
studio, in cerca di ulteriori informazioni, si sentiva pronto per quel compito.
Quando scese verso la cucina, trovò sulla sua strada Alexander, intento a
disegnare. Kai gli prestò poca attenzione, ma quando stava per aprire la porta
la sua voce lo fermò
-La cucina è chiusa-
Kai non si voltò nemmeno
-Non per me-
-La cuoca mi adora, ma
nemmeno io sono capace di entrare mentre sta preparando un pranzo. Figuriamoci
se ci riesci tu, che sei venuto fuori dal nulla-
Kai fece un sorriso
sarcastico, prima di voltarsi verso il bambino. Non gli disse niente, si limitò
solo a guardarlo. Alexander ricambiò il suo sguardo, e quando capì cosa gli
stava implicitamente dicendo il blaider, sbarrò gli occhi, ma non si fece
intimidire
-Io ti ho avvertito-
Kai si avvicinò alla
maniglia, e la aprì. Alexander si alzò, e si avvicinò alla porta, intento a
godersi la scena di quel pomposo che avrebbe subito una bella lavata di capo.
La cuoca, una signora sulla quarantina, era intenta a controllare il contenuto
di quattro pentole borbottanti e quello che stavano combinando i suoi aiutanti
della giornata, sei giovani ragazzi dell’orfanotrofio di turno nelle cucine.
Quando sentì la porta aprirsi, si preparò a voltarsi, urlando contro il mal
capitato. Ma non appena vide chi era, si rilassò
-Giovanotto, questa
mattina ti avevo preparato una colazione apposta per te. E tu cosa decidi di
fare? Non ti presenti? Fammi indovinare… ora hai fame e pretendi che ti sfami,
non è così?-
-Precisamente-
La donna si avvicinò a
Kai, puntandogli un dito contro il petto
-Spero tu almeno abbia
una buona scusa per avere saltato la colazione, e non ti azzardare a dire che è
stata per colpa di quelle trottole infernali-
-Se ti dico che sono
stato al telefono con una ragazza fino alle quattro di notte?-
La donna lo fissò,
meravigliata. Poi scoppiò a ridere
-Sarei la donna più
felice del mondo nel saperti finalmente comportare come un ragazzo della tua
età. Ora però siediti e mangia, non fa bene saltare la colazione, è il pasto
più importante della giornata, lo sai?-
Kai si sedette su una
sedia, mentre la donna si dava da fare nel mettere sul fuoco una caffettiera e
a tirare fuori pane, burro e marmellata. Mentre compiva quelle operazioni,
tutti i presenti in stanza la guardarono stralunati. Sentendo lo sguardo dei
ragazzi su di se si voltò, e fulminandoli con lo sguardo li invitò, gentilmente
a tornare al loro lavoro.
-Che cosa state
aspettando, lavativi? Ci sono circa cinquecento bocche da sfamare tra un paio
d’ore. Veloci, al lavoro-
L’unico che era rimasto
fermo, mezzo nascosto dalla porta era Alexander. Il bambino era a bocca
spalancata, lo sguardo stupito e meravigliato. Senza rendersene conto, si
addentrò nella stanza e si avvicinò alla donna
-Non ci posso credere-
Sentendo la voce del
bambino, sia Kai che la donna si voltarono.
-TU CHE CI FAI QUI?-
-Gli stai sul serio dando
da mangiare?-
Dissero contemporaneamente.
La donna si mise le mani sui fianchi
-Ragazzino, tu non
dovresti essere qui-
-Gli stai dando da
mangiare fuori orario-
-Lui ha un potere che tu
non hai?-
-E quale mai sarebbe?-
-E’ il proprietario di questo
posto-
Alexander spalancò ancora
di più gli occhi mentre spostava la sua attenzione su Kai, che stava
tranquillamente bevendo una tazza di caffè nero.
-Sei il proprietario?-
Kai annuì
-Di tutto questo posto?-
Kai annuì di nuovo
-Tutto, tutto quanto?-
Altro cenno di assenso da
parte di Kai
-Quindi sei
stra-maledettamente ricco!-
Kai lo guardò prima di scrollare
la testa, annuendo. Alexander si avvicinò a lui
-Quindi io sono una tua
proprietà?-
-No-
-Ma tu possiedi questo
posto-
-Si-
-Sei figlio unico?-
Kai annuì
-Non è che mi vuoi
adottare?-
Kai per poco non si
strozzò bevendo il caffè. La cuoca ridacchiò, mentre poggiava una mano sui
capelli di Alexander
-Alexander, lascia
perdere. Prima dovrebbe trovare una donna-
-E il giorno in cui
accadrà, io mi raserò i capelli a zero-
Boris era entrato in
cucina, sorprendendo tutti i presenti.
-La finite di spuntare
fuori come funghi? Io starei cercando di lavorare-
-Scusa Olga, ma ho bisogno
dell’Hiwatari qui presente-
-Che vuoi Boris?-
-C’è del lavoro da fare-
Non ci fu bisogno di dire
altro. Kai si alzò, poggiò la tazza vuota in un lavandino e si avviò insieme
all’altro blaider
-Grazie per la colazione-
-Non ti azzardare a
saltare il mio pranzo-
-Non succederà-
Alexander rimase fermo a
vedere Kai e Boris sparire.
-E’ veramente ricco?-
-Oh si. Una vera fortuna.
Suo nonno sarà anche uno dei peggiori esseri che il mondo abbia mai partorito
ma… aveva buon fiuto per gli affari. Ha lasciato una vera e propria eredità al
nipote-
-Ricco-
Olga si voltò verso il
bambino
-Toglitelo dalla testa.
Solo un miracolo potrebbe far si che Kai ti adotti-
-Ricco…-
La donna lo fissò
esasperata. Poi, all’improvviso, si rese conto di dove era e di cosa doveva
fare. E, soprattutto, si rese conto che nella sua cucina, lui non ci doveva
stare
-Fuori, immediatamente-
Senza tante cerimonie,
Alexander si avviò veloce verso l’uscita. Mentre percorreva i corridoi, non
poteva fare altro che pensare ancora e ancora ad un’unica cosa
-Ricco-
Il volo era stato
tranquillo. Non c’era molta gente che da Tokyo volava verso Mosca, Hilary era riuscita
a trovare due biglietti con molta facilità. Inoltre, essendo parte della BBA,
era anche riuscita a far passare i biglietti come parte del mondiale che doveva
iniziare tra poco, quindi, praticamente, stavano viaggiando gratis. Erano
partiti praticamente come dei fuggitivi. Rei non era riuscito nemmeno ad
avvisare Takao, era stato costretto a lasciare un messaggio. Forse quella era
stata la cosa migliore, voleva evitare una discussione con il nipponico. Anche
se si dispiaceva per Max, che si sarebbe dovuto sorbire le ire del loro amico.
Aveva però avvisato Mao. Le aveva lasciato un messaggio sulla sua casella
vocale, spiegandole la situazione. Sperava che la ragazza capisse perché Hilary
aveva chiesto a lui di accompagnarla.
-Hai avvisato le ragazze?-
Hilary annuì.
-Ho parlato con Mariam-
-Che ti ha detto?-
-Che mi capiva… ma di
stare alla larga dal “russo asociale”-
Rei ridacchiò
-Non le piace molto,
vero?-
Hilary scosse la testa
-Non è che non le
piaccia… ha solo qualche riserva nei suoi confronti-
-Del tipo?-
-Non ha ancora ben capito
se ci si può fidare di lui al cento per cento-
-Credo che non lo
sapremmo mai del tutto-
Hilary si lasciò andare
ad un sorriso
-Io mi fido di Kai-
-Questo si è visto-
Le disse il cinese, con un
tono ammiccante nella voce. Hilary divenne leggermente rossa
-Non ti ci mettere anche
tu…-
-Io non ho detto niente-
-E’ implicito in quello
che hai appena detto Rei-
-Però è la verità-
Hilary fece per
ribattere, ma alla fine lasciò perdere.
-Si è vero. Ma non c’è
nessuna motivazione recondita o secondo fine-
-Quindi tu e lui… nel suo
appartamento… una notte intera…-
-Non è successo niente.
Niente di niente-
Disse la ragazza, una
leggera nota di delusione nella sua voce. Ma Rei decise di non dire niente,
perché sembrava che la sua amica non ne fosse consapevole di avere usato un
tono diverso.
-Kai è complicato. Non fa
avvicinare le persone, lo fa per proteggersi-
-Lo capisco, con quello
che ha passato-
-Orfano, cresciuto da un
nonno che non ha mai provato affetto per lui, responsabile della morte dei suoi
genitori…-
-Come si può fare una
cosa del genere al proprio figlio?-
-Egoismo. Quando i
genitori sono egoisti, i figli perdono ogni valore-
Hilary fu colpita dalla
durezza delle parole di Rei. Il cinese aveva stretto le mani a pugno, le nocche
quasi bianche per la tensione.
-Rei, tutto a posto?-
Il ragazzo si riscosse
-Si tutto a posto-
Hilary non insistette
oltre e la conversazione finì lì. Restò però, in sospeso tra loro, un’aria
pesante. Hilary, a quanto pare, aveva toccato un tasto dolente, anche se ancora
non aveva capito quale. Di una cosa, però, si era resa conto. Ognuno aveva
qualcosa che non voleva far sapere.
Mariam stava osservando
le sue amiche duellare. Julia e Mao avevano preso il terribile vizio di
sfidarsi ogni volta che ne avevano l’occasione. Il che voleva dire quasi
quattro volte al giorno. Non era solo che si stavano sfidando, era che ormai
era diventata una vera e propria gara. Stavano tenendo il conto delle varie
vittorie, e ormai stavano sfiorando il ridicolo, almeno a vederle da fuori. Ma
il peggio doveva ancora arrivare. Mariam sapeva che non appena avesse detto la
novità che riguardava Hilary, sarebbe scoppiato un putiferio. Eppure lo doveva
fare.
-Si si, per questa volta.
Conduco ancora io, con ventitre vittorie e diciotto sconfitte-
-Diecinueve- (diciannove)
Mao fece la linguaccia a
Julia, prima di raccogliere il suo bey.
-Ora che avete finito,
devo dirvi una cosa-
-Che succede?-
-Riguarda Hilary?-
-¿De paso, donde está
Hilary?-(A proposito, dove è Hilary?)
-Si riguarda Hilary. Ma
dovete promettermi di non arrabbiarvi e di lasciami finire di parlare-
Le due ragazze annuirono
-Hilary in questo momento
è su un volo, diretta in Russia. È andata in compagnia di Rei. Mi ha detto che
ha bisogno di avere delle risposte, e dato che tutto quello che riguarda il suo
bit-power conduce alla Russia, è voluta andare a vedere se di persona poteva
scoprire qualcosa di più. Non so quando tornerà, ma appena avrà ottenuto ciò
che cerca, o avrà visto quello che deve vedere, tornerà qui, comunque in tempo
per l’apertura del torneo-
Quando Mariam finì di
parlare, calò il silenzio totale nella palestra. Julia e Mao stavano
riflettendo sul significato delle parole di Mariam, e stavano cercando di
capire bene.
-Hilary è andata a Mosca,
con Rei?-
Disse alla fine Mao,
leggermente confusa. Mariam annuì
-Hilary e Rei… a Mosca-
-Dall’Hiwatari-
-Hilary in viaggio verso
Mosca-
-Con tu muchacho- (con il tuo ragazzo)
-Hilary in viaggio con…
Rei non è il mio ragazzo-
-Ma ti piacerebbe-
-La cotta per lui mi è
passata-
-Ciertamente, como no- (certo, come no)
-Julia-
Le intimò Mariam,
fulminandola con lo sguardo.
-Está bien, estoy calla- (va bene, sto zitta)
Mariam guardò Mao, che
era in silenzio, persa nei suoi pensieri
-Mao…-
La cinese guardò la sua
amica, perplessa.
-Perché non ha voluto che
l’accompagnassimo noi? Dopotutto siamo le sue migliori amiche, siamo le sue
compagne di squadra. Dovremmo essere lì con lei-
-Le saremmo solo
d’intralcio ora-
-Ma no noi potremmo…-
-Difenderla a qualunque
costo mettendola sotto una campana di vetro per non farla soffrire. Deve fare
questo viaggio da sola. Non è alla ricerca di risposte, non solo. È alla
ricerca di una connessione profonda con Nemesis. Ed è una cosa che deve fare da
sola-
Mao alla fine si ritrovò
ad annuire
-Credo tu abbia ragione-
-Ma perché è andata con
Rei? ¿Porque no ha pedido a Takao del acompañar? ¿Es su* mejor* amigo,no?- (perché non ha chiesto a Takao di
accompagnarla? è il suo migliore amico, no?)
-Takao è una testa calda,
e diventa terribilmente protettivo quando si tratta di Hilary. E tra lui e Kai
la situazione è sempre complicata. Rei invece è la scelta perfetta-
Si affrettò a dire la
rosa, lo sguardo perso nel vuoto della stanza. Julia e Mariam si scambiarono
un’occhiata
-Tutto a posto Mao?-
La ragazza annuì. Poi si
avvicinò alla sua borsa, e si affrettò a sistemare le sue cose
-¿Andase?- (Vai via?)
Mao annuì.
-Devo andare a fare una
cosa-
Nessuna delle due osò
ribattere. La guardarono andare via in silenzio. Quando dentro la palestra
rimasero sole, Mariam si voltò verso Julia
-Allora, vuoi vedere come
si fa a duellare seriamente?-
La castana le lanciò uno
sguardo scettico
-Che cosa vorresti
insinuare? ¿Qué seis más hábil experto que me?- (che sei più brava di me?)
Mariam guadagnò il centro
della sala, in posizione davanti alla pista.
-Vogliamo vedere?-
Julia si alzò e si
avvicinò di corsa
-Ci puoi giurare. Que
nadie arriesguen a decir que el Fernandez es una miedosa- (che nessuno si azzardi a dire che la
Fernandez è una fifona)
Mariam ridacchiò, prima
di mettersi in posizione di lancio.
-Allora pronti. Tre… due…
uno…-
-Lancio!-
Mao camminava senza meta
per le strade di Tokyo. Sapeva del motivo per cui Hilary aveva chiesto a Rei di
accompagnarla. Dopotutto, se si fosse trovata nella sua situazione,
probabilmente avrebbe fatto la stessa scelta. Però l’idea dei due, da soli, in
un volo così lungo… Mao scosse la testa, come a volere cacciare via un pensiero
fastidioso. Camminando, si ritrovò a passare davanti ad un negozio di ramen. Il
profumo del cibo le fece borbottare lo stomaco. Senza pensarci troppo, la
ragazza entrò e si mise seduta al bancone.
-Una ciotola per favore-
Mentre aspettava, si ritrovò
a cercare il telefono. Fu allora che vide un messaggio. Era un avviso della
casella vocale. Pensando fosse un messaggio di suo fratello, la ragazza si
affrettò ad andarlo ad ascoltare. Se c’era una cosa che Lao detestava era
quandonon rispondeva al telefono, ma
sapere che non aveva nemmeno ascoltato il messaggio che le aveva lascito poteva
far si che si scatenassero le ire più funeste del giovane. Mao non prestò molta
attenzione al numero che le aveva lasciato il messaggio, e quasi con mezza
attenzione si mise ad ascoltare. Ma quando sentì la voce dall’altra parte, per
poco non cadde dallo sgabello.
-Mao, sono io, Rei. Avrei
preferito parlarti di persona, ma non c’è stato il tempo. Accompagno Hilary a
Mosca. Ha bisogno di avere delle risposte sul suo bit-power, e mi ha chiesto di
accompagnarla. E’ stata terribilmente convincente, sai com’è dopo tutto…comunque credo che il vero motivo per cui mi
abbia voluto con se sia Kai. Non so cosa succeda tra quei due, ma credo che non
si volesse trovare da sola con lui, o con gli altri della Neo-borg. Non devo
dirti cosa sarebbe successo se fosse stato Takao ad accompagnarla, giusto? Non
so quanto tempo staremo via, non credo per molto, ma appena arriviamo e ho la
possibilità ti chiamo, così ti tengo aggiornata sulla situazione. Mi prenderò
cura di Hilary, tranquilla, e cercherò di non farle fare niente che tu non le
lasceresti fare. Ora devo andare, tra poco il volo parte… ci sentiamo presto
allora. Ciao….Vorrei che fossi qui con me… -
Mao si ritrovò ad arrossire
e a sorridere. Quando le arrivò la ciotola di ramen davanti non si fece
attendere, e iniziò subito a mangiare. L’uomo che le aveva preparato il pranzo,
vedendola mangiare così velocemente le chiese
-O faccio il ramen
migliore del mondo, oppure siamo felici. Quale delle due signorina?-
-Tutte e due-
-A giudicare dal sorriso,
un ragazzo…-
-Più un caro vecchio
amico, direi-
Disse la rosa,
leggermente imbarazzata. L’uomo ridacchiò, prima di rimettersi a lavorare.
Tuttavia Mao lo sentì lo stesso borbottare
-Giovani d’oggi… neanche
quando sono innamorati lo riescono a capire-
Kai stava guardando
allibito le due persone che si erano presentate al monastero. All’inizio,
quando Yuri era venuto ad avvisarlo, non ci aveva creduto, pensando fosse uno
scherzo, di cattivo gusto, da parte del rosso.
-La bella dagli occhi
marroni è qui-
Gli aveva detto,
sorridendo sornione. Quando si era alzato ed era andato a controllare, aveva
fatto tutta la strada pensando ad un’unica cosa
-Non può essere qui sul
serio-
E invece, quando era
arrivato davanti all’ingresso, lei era lì. Stava parlando con Rei, e sorrideva,
tranquilla.
-Che ci fai qui?-
Chiese, senza troppi
preamboli e nemmeno salutandoli. Hilary si voltò verso di lui
-Oh, ciao anche a te
Hiwatari. Si il viaggio tutto bene, grazie-
Yuri, che era corso ad
assistere alla scena, ridacchiò
-Che ci fai qui?-
Le chiese di nuovo in un
tono vagamente minaccioso. I due si fissarono negli occhi, senza dirsi niente.
All’ingresso, si erano intanto radunati un po’ di ragazzi dell’orfanotrofio,
oltre agli altri membri della Neo-borg, e tutti osservavano la scena. Tra di
loro c’erano anche Alexander e la piccola Diana. Eppure, ne Hilary ne Kai
sembravano essersi resi conto della folla che li stava fissando. Infatti
Hilary, si era messa le mani sui fianchi e si era avvicinata al ragazzo
-Primo, sono una persona
libera e sono in grado di potere andare dove voglio senza dovere chiedere il
permesso a nessuno. Secondo, non ti azzardare ad usare quel tono con me, non
sei mio padre. Terzo, in un qualche perverso e strano gioco del destino, sono
legata ad un bit-power che, guarda caso, è inciso in un monastero nella
sperduta, desolata, fredda Russia di quasi quattrocento anni fa, che poi è
stato trasformato in un orfanotrofio dove il tuo adorabile nonnino conduceva
maltrattamenti e dio solo sa cos’altro, che, sempre guardacaso, viene gestito ora dalla Neo-borg in un
modo che, sinceramente non voglio nemmeno sapere. E, sempre guarda caso, che si
tratti del Giappone o della Russia, tu ci sei sempre in mezzo. Non sono venuta
qui per te, se è questo che stavi pensando, o per quello che mi hai detto al
telefono questa mattina, ma sono qui perché ho bisogno disapere. Non so nemmeno io cosa, ma a quanto
pare qui c’è un legame concreto... di non so ancora bene cosa. Ho bisogno di
almeno provare a cercare qualche risposta…-
Kai aprì la bocca un paio
di volte, indeciso.
-Potevi almeno avvisare-
-Mi avresti detto di no-
-Certo che ti avrei detto
di no-
Hilary alzò gli occhi al
cielo. Si voltò verso Rei, che era rimasto in silenzio ad osservare la scena,
senza osare mettersi in mezzo. Fu a quel punto che Kai si accorse di lui
-Avresti dovuto fermarla-
-Non mi mettere in mezzo.
Ci ho provato, ma è stata… convincente-
Kai si voltò verso le
scale, avviandosi
-Fate come vi pare-
Hilary si lasciò andare
ad un gridolino di vittoria, mentre lanciava a Rei un sorriso di trionfo. Il
ragazzo la guardò sconsolato, consapevole di essere finito in mezzo ad una
coppia che ancora doveva ben capire che direzione stava prendendo. Il cinese si
ritrovò ad alzare lo sguardo e incrociò quello di Yuri, che gli sorrise
sarcasticamente.
-Sarà sicuramente
interessante avervi qui in questi giorni. Immagino vi fermerete qui, non è
vero?-
Rei annuì
-Se non è un problema-
-Nessuno, siete i
benvenuti-
-Grazie-
Dissero in coro i due.
Yuri scese le scale e si avvicinò a Hilary.
-Sarà un vero piacere
averti qui… credo che, grazie alla tua presenza, ci divertiremo un sacco con il
caro Hiwatari-
-Yuri-
Gli intimo Kai, dal piano
di sopra. Il rosso ridacchiò, poi, mentre stava per rispondere a Kai vide
Diana. Fece cenno alla bambina di avvicinarsi. La piccola non si fece
attendere, e corse veloce verso il blaider.
-
Диана,
позвольте
мне
представить
Хилари, Кай в
подруги- (Diana, lascia che ti presenti Hilary, la
ragazza di Kai)
La bambina, sentendo quelle parole, si illuminò in un
bellissimo sorriso
-YURI-
Fu l’urlo che lanciò Kai, ormai arrivato al piano di
sopra. Ma il rosso lo ignorò
-Добро
пожаловать!
Вы
действительно
красивы- (Benvenuta! Sei veramente bella)
Disse Diana ad Hilary, sorridendole.
Hilary guardò i due parlarsi, senza capire. Ma prima
che potesse chiedere qualcosa, la bambina si precipitò da lei, abbracciandola.
Hilary si inginocchiò e prese la piccola, che si strinse veloce a lei. La
ragazza a quel punto, si voltò a guardare Yuri
-Cosa le hai detto?-
-Oh, niente di che. Ci teneva tanto a conoscerti. Ha
detto che sei veramente molto bella-
Hilary guardò la piccola e le fece una piccola carezza
tra i capelli
-Grazie, anche tu sei bellissima-
La piccolina, non capendo, si voltò verso Yuri, che le
disse ciò che la castana le aveva detto. Diana le sorrise, poi seria come solo
una bambina poteva essere le chiese
-Когда вы
выйдете
замуж с Кай?- (Quando ti sposi con Kai?)
Yuri scoppiò a ridere e passò una mano tra i capelli
di Diana
-Hilary, non sai che bellissimo regalo sia averti qui
con noi. Sei la benvenuta, puoi restare quanto vuoi-
-YURI-
Urlò sempre Kai, che ormai era rimasto fermo sul
ballatoio della scala, e aveva osservato la scena senza sapere bene cosa fare,
se scendere e uccidere Yuri sul posto, o se torturarlo a lungo. Ma il rosso
sembrava fin troppo divertito e anche se aveva visto lo sguardo di odio che gli
aveva lanciato il blaider, se ne era infischiato. Voltandosi verso la stanza,
però, si ritrovò ad osservare un numero decisamente troppo numeroso di bambini
e bambine.
-Che ci fate ancora qui? Sparite subito-
Tutti si affrettarono a dileguarsi, veloci. L’unico
che non si mosse fu Alexander, che continuò a fissare Hilary con uno sguardo
concentrato. Yuri si avvicinò al bambino
-Vale anche per te l’ordine. Sparisci Alexander,
veloce-
Il bambino non se lo fece ripetere una terza volta,
sapeva che Yuri poteva venirsene fuori con punizioni esemplari se qualcuno
osava farsi ripetere le cose più di due volte. Mentre saliva veloce le scale,
con il suo taccuino dei disegni sotto il braccio, si ritrovò ad incrociare Kai,
che lo bloccò
-Cosa ti preoccupa, pulce?-
Il bambino si voltò un attimo verso l’atrio, dove
Hilary stava parlando con Yuri.
-La tua ragazza…-
-Non è la mia ragazza-
-Sarà un’ottima moglie-
-Pulce…-
-Poi così mi potrai adottare. Quindi stamattina avevi
detto la verità con Olga!-
-Pulce…-
-Comunque… è interessante-
Kai si fece all’improvviso subito attento. Aveva
capito che quel bambino aveva uno spiccato occhio per i dettagli
-Cosa?-
-Il cervo-
Kai si fece silenzioso. Sapeva a cosa si riferiva, il
ciondolo del braccialetto di Hilary
-Cosa?-
-Sembra… familiare-
Detto questo, se ne andò veloce. Kai rimase a fissare
Hilary per alcuni secondi, pietrificato. Un pensiero gli era passato per la
testa, ma velocemente lo aveva scacciato dalla sua mente. Perché non era
possibile. Sentendosi osservata, la castana alzò lo sguardo e si ritrovò a
fissare Kai. Fu in quel momento, che qualcosa di strano avvenne. I bit-power di
Kai, Yuri e Hilary, presero a illuminarsi da soli. Fu un attimo, ma nell’atrio,
i tre animali si materializzarono, all’improvviso, e fu come se si salutassero.
La fenice si librò sopra di loro, il lupo lanciò il suo ululato e il cigno,
dispiegò le ali e le mosse leggermente. A quel punto, veloci come erano
apparsi, sparirono. I tre ragazzi rimasero paralizzati, fermi ad osservare il
punto dove erano comparsi gli animali. Rei, che aveva osservato la scena
esterrefatto come gli altri, si fece avanti
-Non è possibile… credevo fosse una leggenda-
-Di cosa stai parlando-
Chiese Yuri, ancora sotto shock
-Una leggenda tramandata nel mio villaggio. Ma non ha
senso… è solo una leggenda-
-Di cosa parla?-
Chiese Hilary, mentre non poté impedire al suo corpo
di tremare leggermente. Kai, che era il solo al piano superiore, si affrettò a
scendere. Vedendo che Hilary tremava, si affrettò ad avvicinarsi e le prese una
mano, come a volerla rassicurare. La castana ricambiò con un sorriso
-Quando ero piccolo, al villaggio viveva un vecchio,
Lin Shau. Egli raccontava che quando era un bambino, al villaggio, capitò che
arrivarono alcuni visitatori venuti da lontano. Si fermarono a parlare con il
capo villaggio, che li accolse, e li fece riposare in una capanna. Gli
stranieri erano una coppia, e la mattina seguente, la donna si mise a giocare
con alcuni bambini. Fu in quel momento che Jih Lo, uno dei precedenti
possessori di Draiger, passò vicino alla donna. E all’improvviso, la tigre
bianca si materializzò in mezzo ai presenti, assieme ad un Ibis. Fu un secondo,
come è accaduto qui, e poi gli animali sparirono. A quel punto, la straniera si
alzò veloce e guardando Jih Lo disse “ti ho cercato a lungo, e alla fine ti ho
trovato”. La coppia degli stranieri rimase un anno al villaggio, e i due, passarono
un sacco di tempo assieme a Jih Lo e altri membri della sua famiglia. Poi un
mattino, gli stranieri semplicemente sparirono, e Jih Lo non fece mai parola di
ciò che si dissero-
Quando Rei finì di parlare, i quattro rimasero in
silenzio.
-Quanto è attendibile il racconto che ci hai fatto?-
Rei scosse la testa
-Fino a qualche minuto fa nemmeno me ne ricordavo. Il
vecchio Lin Shau aveva la fama di essere un po’ matto, soprattutto considerando
che è morto a 135 anni… quindi parlava di fatti avvenuti più di un secolo
prima. Tutti pensavamo se lo fosse inventato. Ma dopo avere visto quello che è
appena successo…-
Non ci fu bisogno che Rei finisse la frase per capire
a cosa si riferiva.
-“Ti ho trovato”-
I tre ragazzi si voltarono verso Hilary.
-La frase che la donna ha detto “Ti ho cercato a lungo
e alla fine ti ho trovato”. Insomma, so che non so molto sulla storia dei
bit-power ma, la tigre bianca non era un segreto tramandato nel vostro
villaggio e di cui non si sapeva niente?-
-Più o meno… è stata la protettrice del villaggio, e
lo è ancora. Ma non capisco cosa vuoi dire-
-L’incontro, deve essere avvenuto a fine ottocento,
giusto?-
-Più o meno. Se era un bambino all’epoca…-
-Ok, degli stranieri, una coppia, che girano per le
montagne cinesi. Si trova per caso a passare dal tuo villaggio, e per pura
coincidenza si trovano due bit-power che è come se si fossero riconosciuti non
appena si sono visti. Non vi sembra strano?-
-Decisamente-
Commentò Yuri
-Ma ancora non capisco dove vuoi arrivare con il tuo
ragionamento-
-Suprema Essenza-
Bastò quel nome per fare capire a tutti cosa Hilary
voleva dire
-Si cercavano-
-E quando si trovavano si tramandavano le loro
conoscenze e così facendo…-
-Aumentavano la loro cerchia-
-Quindi se i nostri bit-power sono incisi qui nel
monastero…-
-Credo che questo posto fosse loro. Come una specie di
tempio o una cosa simile-
-Un posto dove potevano ritrovarsi-
-Questo spiega perché mio nonno ne abbia fatto una sua
base-
Disse Kai, interrompendo il suo silenzio.
-Mio nonno ha fatto enormi cambiamenti qua dentro. Ha
ampliato la costruzione e abbattuto sale e stanze-
-Come puoi saperlo?-
Kai sorrise tristemente
-Era un conservatore. Ho trovato le tracce dei piani
di ampliamento e di ristrutturazione di questo posto. Mi sono sempre chiesto
perché le avesse tenute, ora invece ha un senso. Stava cercando qualcosa. Stava
cercando le tracce della Suprema Essenza-
-Ma non le ha trovate, non tutte almeno. La stanza
nelle cantine non l’ha mai trovata-
-Chissà se esiste altro che non ha trovato…-
Si ritrovò a mormorare Hilary. I tre ragazzi si
voltarono veloci verso di lei. Stava stringendo in mano Nemesis, e sembrava
persa nei suoi pensieri. Ma all’improvviso si riscosse
-Io sono venuta qui perché voi avete trovato la
stanza. Se non avessi saputo che Nemesis era incisa su una parete non avrei mai
preso un volo per Mosca. È come se…-
-Come se qualcosa ti avesse attratta qui-
Hilary scosse la testa
-Non me, lei. È come se lei avesse voluto portarmi
qui, per incontrare sia Dranzer che Wolborg. I nostri bit-power sono uniti in
qualche modo-
Sia Yuri che Kai si guardarono, mentre prendevano in
mano i loro beyblade. All’improvviso, fu come se dai tre animali pulsasse un
battito di vita.
-Credo che siamo sulla strada giusta. E credo che ci
sia solo una cosa ora da fare-
-Dobbiamo cercare le tracce della Suprema Essenza-
Jun Kon fu svegliata all’improvviso
da un brivido. Si alzò veloce, e corse nella sala principale del tempio, con
una sensazione che non aveva provato più da molto tempo
-Non può essere…-
Si ritrovò a mormorare, mentre osservava ciò che ormai
non si verificava da più di dieci anni. I simboli della fenice, del lupo e del
cigno, incisi sul muro di pietra, era come se avessero ripreso vita. Emanavano
una tenue luce, e appoggiando una mano sopra di essi, Jun ebbe come la
sensazione di sentirli pulsare.
-Si sono ritrovati. Il primo passo è stato fatto. La
nuova generazione presto sarà pronta così…-
-Così potremmo tornare da nostro figlio-
Un uomo, si avvicinò a Jun, e le strinse le braccia
attorno al corpo, abbracciandola. La donna appoggiò il proprio corpo contro quello
dell’uomo
-Manca ancora tempo prima di quello. Ci saranno prove
che dovranno superare. E lo sai, il nostro antico nemico è sempre là fuori,
pronto-
-Saranno pronti ad affrontarlo?-
-Non lo so. Noi non lo eravamo…-
-Ma non sapevamo contro cosa stavamo combattendo-
-Perché loro si, invece?-
-Noi eravamo soli. Giovani indomiti, che hanno creduto
di potere gestire qualcosa di molto antico senza una guida-
-Ma eravamo sempre più grandi di loro. E poi noi
abbiamo potuto scegliere di compiere questo cammino. Sapevamo dei rischi. Loro
non sanno nemmeno questo-
-Ma sono più forti di noi. Hanno stabilito i legami da
molto tempo, ormai sono quasi un tutt’uno con gli animali sacri-
-Ma non sanno ancora come gestirli. Sanno solo usarli
attraverso le trottole. Non sanno come evocarli senza, o come fare a…-
-Lo impareranno. Quando le triadi si riformeranno,
saranno più forti. E quando capiranno come fare ad unire i loro poteri, saranno
invincibili. Ricorda, sono molti più di noi-
-Questo perché Judi ci ha dato una mano. E perché
sembra che negli ultimi anni, gli animali sacri si siano come risvegliati. Non
vedevo nascere nuovi legami da molto tempo, e poi, circa quattro anni fa, c’è
stato un cambiamento-
-E questo è un bene per noi-
-Ma molti possono diventare un bersaglio per loro-
-Loro ormai sono pochi. E con Hiwatari dietro le
sbarre…-
-Quell’uomo è pericoloso, e lo sai. Siamo rimasti in
vita solo perché non ha mai saputo dell’esistenza di questo tempio-
-Jih Lo ci ha messo tre anni per trovarlo, e sapeva
cosa cercare… i nostri antenati di certo sapevano come nascondere i loro
segreti-
-Spero che almeno la triade del nord ritrovi presto la
sua forza-
Jun passò una mano sopra il cigno
-Elisabeta… ha pagato il prezzo più alto di tutti noi.
Ha perso i suoi amici, la sua famiglia… ha visto morire la sua bambina. La
piccola Ania… Avrebbe l’età di Rei ora. Magari sarebbero potuti essere amici…-
L’uomo strinse ancora di più a se la donna
-Non ti puoi incolpare dell’incendio. Non sei stata
tu, è stato Hiwatari a farlo-
-Ma io la dovevo avvisare. Dovevo almeno tentare…-
-E così facendo saremmo morti anche tutti noi. Avevamo
deciso. Nessun contatto. Nessun, avvertimento, la Suprema Essenza è più
importante di tutto-
-Era solo una bimba innocente…-
-Non per l’uomo che ha fatto questo. Per lui era una
minaccia. Come Rei. E gli altri figli della nostra Alleanza-
Jun si staccò dal marito, e si avvicinò alla tigre
incisa. La sua luce pulsava, come quella della lince e del leone nero. Quella
era rimasta, per molto tempo, l’unica triade ancora viva.
-Proteggilo, proteggilo sempre. Ti prego Driger,
proteggi il mio bambino. Guidalo nella via, fagli capire la strada giusta da
quella sbagliata. Fagli percorrere il cammino della verità-
Pavlov era inquieto. Si sentiva dominare da un perenne
stato di ansia, e questo poteva essere fatale per il lavoro che doveva
compiere. Certo, il furto non era proprio la sua specialità, lui era un killer
professionista, ma se richiesto, era capace di commettere dei furti a regola
d’arte. Anche se per molti anni era rimasto fuori dal giro, non aveva mai perso
il suo tocco magico. E il suo signore lo sapeva. Per molto tempo si era
domandato se affidarsi totalmente a quell’uomo fosse stata la scelta giusta.
Dopotutto, aveva un nome e una reputazione abbastanza consolidata al tempo del
loro prima incontro. Non aveva bisogno di lui per farsi notare. Ma ciò che gli
aveva proposto, gli avrebbe garantito ciò che più agognava. Vedere soffrire le
persone che lo avevano umiliato e allontanato dal loro circolo. Si ricordava
ancora il sorriso di sufficienza di Elisabeta Birkof, o di quel pomposo di suo
cugino, Kristoff Ivanov. Era stato un piacere togliere loro il respiro. E se
aveva avuto questa possibilità lo doveva a lui, all’uomo che aveva un’anima più
nera della sua, e che lo aveva accolto come fosse un figlio. Quando gli aveva
chiesto di sparire per quasi dieci anni, lo aveva fatto. Sapeva che quando
sarebbe stato il momento, sarebbe ritornato, lo avrebbe richiamato a se, e
avrebbe ripreso ciò che aveva interrotto. Perché lui aveva un compito da
portare a termine.Doveva finire ciò che
aveva iniziato ormai da vent’anni. Aveva avuto bisogno di tempo per trovarli,
individuarli, e trovare i loro templi. E li aveva trovati quasi tutti, i
principali, quelli più importanti. E li aveva distrutti. Eppure, eppure la
Birkof era riuscito a fregarlo. Aveva creduto di avere ottenuto tutto, di avere
il cigno. E invece lei, quella perfida donna, era riuscita a fregarlo. Aveva
portato via il prezioso animale sacro, lo aveva nascosto, e per tanto tempo
aveva creduto di averne perso per sempre le tracce. E poi, dieci anni fa, la
svolta. Un piccolo impulso, in Giappone. L’aveva trovata, ma non era stata in
grado di trovare il cigno. Poi, aveva capito. Sapeva dove trovarla, sapeva dove
l’animale sacro era. Ed era venuto a prenderlo. L’ufficio era vuoto, buio. Le
guardie non lo avevano visto entrare, solo uno sfortunato si era trovato nella
sua via, e ora giaceva esanime in un corridoio. I suoi colleghi avrebbero
impiegato ore a trovarlo, perché aveva preso la trasmittente dell’uomo, e ogni
tanto, mandava segnali al posto della guardia uccisa. Per tutti, l’uomo era
ancora vivo. Fu facile trovare la cassaforte. Tutti nascondevano sempre dietro
il punto più semplice, il quadro. Era una vecchia cassaforte, di quelle con la
rotella dei numeri. Ma lui aveva tempo. Impiegò quasi un’ora per trovare la
combinazione adatta. Sorridendo soddisfatto, aprì la cassaforte. Ma invece di
esultare, ciò che vide fu… il niente. La cassaforte era vuota. Al suo interno,
un misero, petalo, del fiore del glicine. Era un messaggio, un messaggio per
lui. Un messaggio da qualcuno che aveva ucciso molti anni fa. Lo aveva fregato,
di nuovo. Il rumore di un grilletto tirato indietro lo riscosse. Fu subito consapevole della presenza di un
uomo alle sue spalle
-Mr Pavlov, fianalmente ci conosciamo di persona-
-Detective Maxwell, buonasera-
-Non sai da quanti anni aspettavo
questo momento, Pavlov. Il momento dove avresti sbagliato, e io ti avrei preso-
-Detective, detective… lei mi delude.
Crede davvero che sia tutto così facile?-
Pavlov si girò, e fronteggiò l’uomo
di persona. Non aveva paura di quella pistola puntata contro, o di quelle degli
altri agenti schierati fuori dall’ufficio.
-Sei in trappola Pavlov. Non mi
sfuggirai questa volta-
Il russo si mise a ridere
-Mai essere certi di qualcosa,
detective. Soprattutto, potrà dirmi di avermi preso, quando il mio cuore
smetterà di battere-
-Tu non hai cuore, Pavlov. Sei solo
un assassino. Le tue mani grondano del sangue di innocenti, di bambini-
-Vittime, nelle guerre ci sono sempre
delle vittime-
-Pazzia. La tua e quella di Hiwatari
è solo pazzia-
Pavlov lo guardò con uno sguardo
feroce, mostrando tutta la sua malvagità
-Uomini come te non potranno mai
capire il disegno. Vedete solo ciò che le vostre menti limitate vi fanno
vedere, che è il niente-
-Tu farnetichi…-
Pavlov scoppiò a ridere.
-Oh detective, lei è così ingenuo-
Pavlov
fece un passo indietro, verso l’enorme vetrata alle sue spalle
-Non
ti muovere Pavlov, o sparo-
-E’
una sfida?-
L’uomo
continuò ad arretrare. Poi all’improvviso si fermò
-Detective,
le devo chiedere un favore-
-Non
tirare troppo la corda, Pavlov-
-Quando
vedrà la piccola Birkof, la saluti da parte mia-
-Birkof?
Di cosa stai parlando?-
-Alla
prossima, detective-
All’improvviso,
le luci all’interno dell’intero edificio saltarono. L’unica fonte luminosa
proveniva dall’esterno. Maxwell osservò la figura di Pavlov, un’ombra scura
contro lo sfondo della città. Poi, all’improvviso, la figura sparì.
-Che
diavolo…-
Le
luci si riaccesero, e davanti all’uomo non c’era più niente. Maxwell si
avvicinò alla finestra. Era sparito. Per la frustrazione, l’uomo batté un pugno
contro il vetro. Poi, alzando lo sguardo, vide una rientranza nel soffitto
della stanza. Un agente si era avvicinato a lui
-Sergente,
svelto, lanci un allarme. Pavlov è sicuramente ancora nell’edificio. Chiudere
porte e finestre, sigillate ogni possibile uscita del tetto e delle fogne. Deve
ancora essere qui, da qualche parte. Trovatelo. Ogni guardia che incontrate,
chiedete identificazione e nome. Non deve sfuggirci, sono stato chiaro?-
-Si
detective-
Ma
Maxwell sapeva che ormai Pavlov era già sparito. Gli era sfuggito dalle mani.
Era da oltre dieci anni che lo inseguiva, finalmente lo aveva trovato. E gli
era sfuggito. Ma all’improvviso, una illuminazione.
-Sergente!-
L’uomo
entrò di corsa nella stanza
-Contatti
la sede centrale. Voglio che mi mandino qualsiasi cosa abbiano sull’omicidio
della famiglia Birkof. Ogni cosa, sono stato chiaro? Se devono chiamare in Russia
per avere altro materiale, lo facciano. Voglio tutto, e lo voglio entro domani,
sono stato chiaro?-
L’uomo
annuì, e sparì veloce ad eseguire gli ordini.
-Birkof…
Birkof… la piccola Birkof…cosa c’entra
ora lei con tutto questo?-
Buonasera
a tutti. No, non state sognando. No, non è un miraggio. Sono tornata. Ebbene
si, sono proprio tornata, più in forma che mai, almeno si spera. So che forse
molti di voi non si fideranno più di me, o non si ricorderanno nemmeno di me e
della mia storia, ma come avevo promesso, molto tempo fa, lo ammetto, non ho
intenzione di smettere di scriverla e lasciarla in sospeso.
Spero
che l’attesa sia valsa la pena, io ci metto sempre anima e cuore nel fare le
cose. Spero che almeno questo venga apprezzato.
So
che ci sono abbastanza indizi in questo capitolo, e so che ci sono circa
milleduecento nuove domande che vi sarete fatti ma… come sapete, dovrete
aspettare.
Come
sempre, se volete, lasciate una recensione per farmi sapere pregi, ma
soprattutto i difetti.
Grazie
anche a chi solo legge la storia, grazie a chi, nonostante il tempo passato, ha
aggiunto questa storia tra i preferiti e le seguite. Grazie, lo sapete che vi
adoro, vero?
Ci
vediamo al prossimo capitolo, come sempre la vostra
Il letto era piccolo, ma
confortevole, così come la stanza che le avevano dato al monastero. Era stata
fatta accomodare nella sezione delle ragazze. I ragazzi avevano fatto
decisamente un ottimo lavoro in quel posto. Le pareti erano colorate di un
delicato color pesca, i mobili, semplici e essenziali, erano di un bianco
leggermente decapato, e la testata del letto aveva una piccola decorazione di
roselline. Infine la finestra, ampia, che permetteva alla luce del sole di entrare
dalla finestra, era completata da una tenda bianca, con dei ricami di fiorellini
sopra. Si vedeva che era una stanza pensata per una ragazza e Hilary si era
trovata a sorridere, immaginandosi i ragazzi a scegliere cose così femminili.
Ma il risultato era decisamente piacevole. E il letto, con le sue semplici
lenzuola di cotone bianche e una coperta bianca, semplice, erano il tocco
finale. Hilary era sdraiata lì sopra, sul letto, intenta a pensare. Non
riusciva a togliersi dalla mente l’immagine dei bit power all’ingresso del
monastero. Nemesis, Dranzer e Wolborg erano legati. Questa era stata per lei
una sorpresa a metà. Sapeva che un collegamento doveva esserci, dopotutto erano
incisi su un muro insieme in quello stesso monastero, ma non si era mai immaginata
che una cosa del genere potesse succedere. Tutto la stava portando a pensare
che lì, in Russia, avrebbe trovato le risposte che cercava. Un deciso bussare
alla porta la destò dai suoi pensieri. Si affrettò ad andare ad aprire e si
ritrovò a fissare gli occhi colore ametista di Kai. Non le disse niente, le
fece solo un cenno con il capo, ma lei capì. Si lasciò guidare per i corridoi
del monastero. Sapeva dove la stava portando. Lo seguì fino ad una cantina e da
lì, nella stanza nascosta. Non era una stanza particolare, anzi, all’apparenza
sembrava totalmente priva di interesse, se non fosse per quello che era inciso
sopra la cappa del camino. Hilary si avvicinò lentamente al rilievo. Non
c’erano dubbi: quella era proprio Nemesis.
-Quindi il mio è un bit
power russo-
Kai le si avvicinò
-Non credo che abbiano
una nazionalità-
-Intendevo dire che è
legata alla Russia…-
-Io direi che è legata a
Dranzer e a Wolborg-
Hilary alzò gli occhi al
cielo
-Lo sai che ti preferivo
quando mi ignoravi? E quando non parlavi?-
-Sei stata tu a venire da
me-
-Io non sono venuta da
te…-
-Ma guarda caso vieni qui
quando io sono qui-
-Io…
Hilary non finì la frase,
si girò di scatto e gli diede uno schiaffo sul braccio, rossa in volto. Kai la
guardò, sorridendo sornione
-Non ridere di me-
-Non sto ridendo di te-
-E allora non sorridere-
-Devo farlo per sempre o
solo quando sono con te?-
-La vuoi smettere di punzecchiarmi?-
Kai ridacchiò e Hilary
ancora gli diede uno schiaffo sul braccio, sorridendo leggermente
-Lo sapete che a dispetto
di tutto, siete una coppia carina? Fino a qualche tempo fa pensavo che tu
saresti finita assieme a quel pazzo di Takao e invece ora… quasi quasi tifo per
Kai-
I due si voltarono di
scatto. Yuri era sulla porta, fermo, un sorriso sarcastico sul volto. Hilary si
fece tutta rossa in viso, e si voltò dall’altra parte, verso il muro. Kai
fulmino il rosso con lo sguardo
-Stavo solo esprimendo
un’opinione-
-Non era richiesta-
-Ma non vedo un valido
motivo per non esprimerla-
Kai notò che Yuri si
stava decisamente divertendo troppo da quando Hilary era arrivata, soprattutto,
si stava decisamente divertendo a prenderlo in giro.
-Sei venuto qui per darci
una mano? Perché se sei passato solo per dare fastidio, sono certo che ci sono
cose che ti aspettano-
Disse Kai, cercando di
dare una sorta di serietà a quella situazione, e di sviare l’attenzione da lui
e Hilary. Dopotutto il motivo per cui erano lì era un motivo serio. Yuri si
avvicinò ai due, e fissò a sua volta il rilievo
-Lo sai meglio di me che
non ho molte informazioni… ma sono anche dell’idea che tre teste funzionano
meglio di una-
-Allora cerchiamo di
rimanere seri e trovare delle informazioni-
-E' quello che sto
provando a fare-
-Forse non abbastanza-
-Ragazzi, finitela-
I due si voltarono verso
Hilary. Lei li stava fissando come di solito fissava Takao quando stava
decisamente esagerando
-Lo sapete, tra tutti
quanti voi siete quelli con la reputazione migliore. Siete seri, concentrati,
terribilmente maturi e non vi perdete in stupide discussioni da bambini di sei
anni. Non obbligatemi a smentire pubblicamente tutto questo o peggio, di
affermare che Takao e la scimmia che gli gira attorno sono più maturi di voi…-
Yuri e Kai la guardarono,
interdetti, e leggermente imbarazzati.
-Sentiamo, signorina… tu cosa
ne pensi di tutta questa situazione?-
Hilary ignorò il tono
sarcastico di Yuri e si mise a guardare il rilievo. C’era qualcosa che non le
tornava.
-A voi non sembra che ci
sia qualcosa di strano?-
I due guardarono il
rilievo. All’apparenza, nulla sembrava strano o apparentemente insolito.
-Cosa intendi?-
-Acqua, aria, fuoco e
terra-
I due blaider la
fissarono, non capendo cosa intendesse. La ragazza, vedendo i loro sguardi
straniti, si affrettò a specificare
-Tre animali per quattro
elementi-
-Come?-
Chiese Yuri, sbalordito
per quella affermazione. Hilary si mise di fronte al bassorilievo e indicando
con la mano, iniziò a spiegare
-Aria e fuoco per
Dranzer, aria e acqua per Nemesis, terra e ghiaccio per Wolborg. L’aria è
simboleggiata da Dranzer, lui sta volando, l’acqua da Nemesis, il cigno infatti
è dentro allo stagno, la terra da Wolborg che poggia le zampe sulla terra. Ma Wolborg
ha come elemento il ghiaccio, e qui non ce n’è traccia-
-Il tuo ragionamento non
funziona lo stesso, manca il fuoco. Non ci sono fiamme o immagini di un fuoco-
Disse Kai,
confuso.
-No ti sbagli. Le fiamme
ci sono, e sono anche rappresentate nel modo più eclatante-
-E sentiamo, Sherlock,
quale sarebbe? Perché ne io ne il qui presente asociale lo stiamo capendo-
-Il camino. Il fuoco è
rappresentato dal camino-
I due sgranarono gli
occhi e si voltarono a guardarsi. Hilary poteva avere ragione.
-Quindi il camino
potrebbe essere il pezzo di una chiave oltre che un indizio-
Si trovò a mormorare Kai.
-Potrebbe. Dopotutto, se
dietro tutto questo c’è la Suprema Essenza, questo non può solo essere un
indizio-
-Quindi cosa suggerisci
di cercare?-
-Un’immagine che possa
fare venire in mente del ghiaccio. O qualcosa di simile… non lo so. Non so in
che modo si possa rappresentare il ghiaccio-
I tre rimasero in
silenzio, ognuno fermo e intento ad osservare il rilievo dei loro bit power. Ad
un tratto Yuri si ritrovò a prendere in mano il suo bey, e a fissarlo. Senza
rendersene conto, si rivolse a Kai in russo
-E’ il mio bit power,
dovrei sapere cosa cercare e invece non ne ho idea-
Kai lo fissò, senza dire
niente. Sentiva la frustrazione nella voce del suo amico, ma non sapeva cosa
potergli dire per aiutarlo
-Se solo sapessi cosa
cercare… come si può rappresentare del ghiaccio? E soprattutto, dove potremmo
trovare un’incisione simile?-
-Al secondo piano, nel
settore delle ragazze-
Al suono di quella voce,
tutti e tre i ragazzi si voltarono di scatto. Fermo, sulla porta, c’era un
bambino che fissava i tre
-Alexander! Cosa ci fai
qua sotto?-
-Mi annoiavo di sopra…-
-Sparisci immediatamente
da qui. Non è posto per un bambino-
-Ma io…-
-Subito Alexander-
-Aspetta Yuri-
Il rosso si voltò verso
Kai, perplesso
-Non ti ci mettere anche
tu. Ci sono delle regole e…-
Kai alzò una mano,
zittendolo. Si avvicinò al bambino e lo fissò senza dire niente. Alexander
iniziò a tremare leggermente, e si ritrovò a deglutire un paio di volte sotto
lo sguardo intenso di quegli occhi. Iniziò a balbettare qualcosa
-Io non volevo… non
voglio mettermi nei guai solo che… insomma voi… io…-
-Cosa hai detto prima?-
Il bambino lo fissò
perplesso
-Prima? Io non… non ho
detto niente e-
-Sull’incisione. Di che
cosa stavi parlando-
Capendo all’improvviso,
Alexander si affrettò a rispondere
-Al secondo piano, nel
corridoio delle ragazze. C’è un’incisione, ne parlano spesso. Alcune ragazze si
sono addirittura inventate una storia secondo cui la notte…-
-Alexander. L’incisione,
che cosa raffigura?-
Chiese Kai, cercando di
rimanere il più paziente possibile. Dopotutto, stava parlando con un bambino di
sei anni
-Raffigura una donna, un
angelo, dato che ha le ali, ma ha sopra la testa una corona. Lo chiamano
l’angelo della neve, perché è raffigurata con una mano aperta e sopra di essa
sono disegnati dei fiocchi di neve. Sembra più una strega che un angelo secondo
me. Se cercate qualcosa che riguardi il ghiaccio, la neve dovrebbe contare lo
stesso… no?-
Kai si voltò verso Yuri
-Merita di essere
controllato-
-Direi proprio di si-
Hilary, che non sapendo
il russo, si era limitata a seguire quello scambio di parole senza capire
niente, vedendo l’improvviso sorriso spuntare sui volti dei due ragazzi, decise
che era il momento di capirci qualcosa
-Posso sapere anche io di
cosa state parlando? Sapete non lo so il russo, io-
Kai la fissò, improvvisamente
consapevole della sua presenza nella stanza.
-Alexander ci ha detto
dove possiamo trovare un’incisione che può raffigurare il ghiaccio. Al secondo
piano-
Hilary sgranò gli occhi
per la sorpresa
-E allora cosa stiamo
aspettando? Andiamo a vedere, no?-
Si avviò verso la porta e
si fermò vicino al bambino. Alexander non le toglieva gli occhi di dosso, non
sapendo cosa aveva appena detto e perché si era avvicinata poi a lui. Hilary
tuttavia si trovò a tendere la mano verso il bambino. In quel muto e silenzioso
scambio di gesti, non c’erano bisogno di parole, perché ciò che Hilary gli
stava chiedendo era terribilmente chiaro. Il piccolo non sembrò avere bisogno
di alcuna traduzione per capire. Afferrò la mano della ragazza e si avviò
veloce
-Приходите,
позвольте
мне показать
вам-
(Vieni, ti faccio vedere)
Il corridoio era vuoto in
quel momento. L’ala del dormitorio era poco frequentata di giorno, i ragazzi e
le ragazze infatti preferivano passare il tempo libero insieme, a giocare,
studiare o fare i compiti insieme, e i blaider avevano incoraggiato questo, in
modo da poterli riunire tutti in un luogo ben preciso in modo anche da poterli
controllare più facilmente. Tuttavia qualche ragazza era presente, e alla vista
di quello strano quartetto entrare nel loro corridoio, si erano subito incuriosite.
Tuttavia Yuri si fece serio e si ritrovò a dire, in un modo freddo e glaciale
che le spaventò a morte
-Se non volete avere dei
guai o peggio, sparite da questo posto. E non fate salire nessuna, sono stato chiaro?-
Svelte, le ragazze si
avviarono ai piani inferiori. Una volta che il corridoio fu vuoto, Yuri fece
cenno ad Alexander di fargli vedere ciò che erano venuti a cercare. Non ci
misero troppo a trovarlo, e infatti, inciso nel muro tra due porte, eccola,
l’angelo della neve. L’incisione raffigurava una donna, di tre quarti, quasi di
spalle. In quel modo erano possibili vedere le ali, chiuse intorno al corpo. Il
volto della donna era di profilo, e con lo sguardo osservava la sua mano
destra, che era aperta, con le dita leggermente piegate verso l’interno e sopra
di esse, erano incisi tre fiocchi di neve, ognuno diverso l’uno dall’altro-
-Sono tre fiocchi di
neve…-
-Come i nostri tre
bit-power-
-Non credo si tratti di
una coincidenza-
-Ma se questa è
l’immagine del ghiaccio, cosa vuol dire? Perché portarci qua sopra? Non c’è
niente qui-
Disse Hilary,
preoccupata. Effettivamente sembrava un vicolo cieco. Non era inciso niente che
potesse essere collegato ai loro bit power, o alla Suprema Essenza. Se quello
era un indizio, loro non ne riuscivano a capire il significato. Ma ogni
tentativo ulteriore di cercare o indagare fu improvvisamente fermato
dall’arrivo di Boris. Il ragazzo si era precipitato come una furia nel
corridoio, chiamandoli a gran voce
-Yuri, Kai, dovete
scendere subito di sotto-
-Che cosa succede?-
-Il presidente Daitenji,
è in televisione. Qualcuno ieri sera si è introdotto nella sede della BBA-
-Boris non capisco di
cosa…-
-Pavlov. Pavlov si è
introdotto nella sede della BBA-
Non ci fu bisogno di dire
altro.
Il notiziario stava
trasmettendo un servizio speciale riguardo l’accaduto. Ivan Pavlov, dopotutto,
era il più famoso ricercato russo degli ultimi vent’anni. Era il responsabile
di una lista infinita di crimini che andavano dal rapimento, estorsione, rapina
a mano armata e il più grave di tutto, l’omicidio. Era uno dei primi dieci
ricercati dell’interpol, e il fatto che fosse arrivato fino in Giappone e che
si fosse introdotto dentro la sede centrale della BBA, sfuggendo a quasi trenta
agenti, aveva dell’incredibile. Tuttavia, il motivo per cui l’uomo si era
introdotto, restava un mistero. Lo speciale in quel momento, stava trasmettendo
l’intervista fatta al presidente Daitenji, che stava commentando l’accaduto
-L’uomo si è introdotto
ieri sera nel mio ufficio ed è riuscito ad aprire la mia cassaforte. Tuttavia
non è stato prelevato niente, anzi, dopo un attento controllo, non risulta che
abbia preso niente ne dal mio ufficio ne dall’intero edificio. Non vi so
spiegare perché quell’individuo si sia introdotto nella nostra sede, ma posso
assicurare tutti quanti che ciò non comporterà alcun cambiamento. Il torneo
mondiale è assolutamente confermato, e non permetteremo certo a quest’uomo di
interferire con i nostri piani-
Il servizio poi passava a
far vedere le immagini dell’edificio e la voce di una giornalista che ripeteva
di nuovo l’accaduto. Yuri si voltò a parlare a Kai e a Hilary, in inglese, in
modo che i bambini presenti in quel momento, non capissero ciò che stava
dicendo
-Non può essere una
coincidenza. Anche se non ha preso niente, stava sicuramente cercando qualcosa-
Kai annuì, concordando
con il rosso. Il problema restava cosa, e perché proprio in Giappone.
-Cosa poteva volere però
da Daitenji? Cosa poteva cercare dal suo ufficio?-
-Non lo so. Forse
informazioni sulla Suprema Essenza…-
-Io lo so cosa stava
cercando-
I blaider si voltarono
verso Hilary. La ragazza non li stava guardando, aveva lo sguardo fisso sulla
sua mano, dove teneva stretta Nemesis
-Io so cosa c’era nella cassaforte
di Daitenji. So cosa stava cercando… lui vuole Nemesis. La sta cercando. E
questo vuol dire che prima o poi saprà che l’ho io e…-
Hilary alzò lo sguardo e
fissò Kai negli occhi. Il russo vide due lacrime scendere dai suoi grandi occhi
marroni e senza riflettere, si avvicinò a lei, le mise un braccio attorno alle
spalle, e la tirò contro il suo petto
-Non ti preoccupare. Non
permetterò mai che si avvicini a te o a Nemesis. Te lo prometto. Io e Dranzer
ti proteggeremo a qualsiasi costo-
Hilary, stretta contro il
petto di Kai, si sentì improvvisamente più tranquilla e protetta. E per qualche
secondo le sembrò che oltre al braccio di Kai, a proteggerla, ci fosse anche il
calore delle ali di Dranzer, che si erano dispiegate per proteggerla,
avvolgendola in un fuoco caldo e accogliente.
Mariam
stava passeggiando per le vie di Tokyo, pensierosa. Quando aveva saputo della
tentata rapina alla sede centrale della BBA, aveva avuto solo un pensiero:
Hilary. La ragazza aveva capito subito cosa ci fosse dietro, qualcuno voleva
impossessarsi di Nemesis e dato che il cigno ora si
trovava proprio nelle mani della sua amica nonché compagna di squadra,
automaticamente era diventata un bersaglio. E saperla in Russia, non la faceva
stare tranquilla. Sapeva che Kai, infondo, non era un
cattivo ragazzo, così come non poteva parlare male dei blaider
russi, ma c’era qualcosa che non la faceva stare tranquilla. Per fortuna che
con lei c’era Rei, che sapeva essere una persona molto prudente e riflessiva,
cosa che sperava li potesse aiutare a non finire nei guai. Eppure c’era
qualcosa che in tutta quella faccenda non la faceva stare tranquilla, e non era
solo la preoccupazione per Hilary. Era la sensazione che gli Scudi Sacri le
stessero tenendo qualcosa di nascosto, qualcosa che poteva essere legato a
tutta quella faccenda. Il sospetto le era venuto quando aveva provato a
contattare i capi del suo villaggio. Le avevano rifiutato l’incontro, e di per
se non era una cosa strana, le era già successo, ma era il tono di voce con cui
le avevano detto di no. Lei era stata chiara, aveva detto che voleva parlare
con loro riguardo la Suprema Essenza e sapere se loro ne sapevano qualcosa.
Aveva capito che loro sapevano, come aveva capito che non doveva chiedere. Fu distratta
dai suoi pensieri dal suono di un orologio che segnava l’ora. Erano le dieci di
mattina, e lei aveva appuntamento con le ragazze entro dieci minuti al parco
del belvedere. Dato che la sede della BBA era sotto sequestro, dato che era la
sede di una scena del crimine ancora in esame, le Wisteria
avevano deciso di vedersi al parco, per fare un po’ di allenamento… o solo per
stare un po’ insieme. Esattamente dopo dieci minuti Mariam
era arrivata. Mao la stava già aspettando. Vedendo la faccia della rosa, Mariam capì immediatamente a cosa stava pensando
-Lo so, ma dobbiamo
fidarci-
Mao annuì
-Anche tu pensi che sia
appena diventata un bersaglio, vero?-
-Si… anche se non capisco
cosa vogliano da Nemesis. Voglio dire, il nonno dell’Hiwatari era un pazzo, va bene, ma come può da una prigione
ancora essere pericoloso?-
-E se non ci fosse solo
dietro lui?-
-Che intendi?-
-Le risorse di quell’uomo
sono illimitate. Se ha degli altri seguaci che non conosciamo?-
-¡Quieredecirque le hallaremos,lederrotar,y
le enviar en cárcel !-
(vuol
dire che li troveremo, li sconfiggeremo, e li spediremo in galera!)
Julia era arrivata, il
suo sorriso sempre fiducioso sul volto.
-La fai facile tu… non
c’eri in Russia la prima volta. Non hai mai visto in azione quell’uomo-
Disse la rosa, per niente
contagiata dall’ottimismo della spagnola.
-Ma noi ora siamo molto
più forti. Somospasarestresañosdespués de todo-
(Sono passati tre anni
dopotutto)
-Si certo… ma Hilary non
è ancora pronta per…-
-Hilary è più forte di
quanto possiamo immaginare. Solo perché è da poco una blaider,
non vuol dire che non abbia lo spirito o la forza. Ci è sempre stata accanto,
in ogni momento, è una buona amica. E poi non vi dimenticate di una cosa-
Julia e Mao fissarono Mariam, in attesa
-Ci siamo noi a
proteggerla. È una compagna di squadra, e questo vuol dire che può e deve
contare su di noi-
-Hai ragione-
-Bienllamadoscapitánes-
(Ben detto capitano)
-Se solo sapessi che cosa
sanno i saggi del mio villaggio, sarei più preparata. So che stanno nascondendo
qualcosa, ma non so che cosa possa essere… Se solo avessi una qualche base su
cui cercare…-
Disse Mariam
più al vento che non a qualcuno in particolare. A quelle parole seguì un attimo
di silenzio, in cui nessuna delle tre sapeva cosa dire, o fare. Tuttavia, una
voce femminile rispose all’improvviso
-Ormai lo dovresti sapere
che siamo custodi di segreti e non siamo molto contenti quando qualcuno ci
chiede di parlarne, neanche se fa parte della nostra tribù-
Mariam
si voltò di colpo, spaventata. Una donna le stava fissando, uno sguardo
divertito sugli occhi. Doveva essere intorno alla quarantina, era alta, magra,
e aveva dei lunghi capelli blu raccolti in una treccia. Indossava dei vestiti
qualunque, un paio di jeans e una camicia, ma c’era qualcosa nel suo modo di
fare che faceva capire che non era qualcuno da sottovalutare. Le ragazze la
fissarono sorprese. Non si erano accorte che si era avvicinata a loro, e,
soprattutto, non sapevano che qualcuno le stesse ascoltando. Ma c’era una
persona che era rimasta più sconvolta di tutte. Mariam
si avvicinò a lei, sconvolta. Fu con un filo di voce che disse una sola, unica
parola
-Mamma?-
Rei osservava preoccupato
la scena. Kai era nervoso e preoccupato, e questo lo
poteva vedere da come stava facendo allenamento. Sembrava volere distruggere i
suoi avversari in mille pezzi, per sfogare una rabbia cieca. Rei sapeva che in
quello stato d’animo il russo poteva essere pericoloso, pericoloso perché
poteva improvvisamente prendere e sparire per giorni, e in quel momento non se
lo potevano permettere. Quindi non gli restava che una sola cosa da fare,
cercare di farlo parlare. Il che voleva dire che probabilmente avrebbe dovuto
sostenere un altro dei suoi monologhi, dato che Kai
raramente si degnava di rispondergli.
-Sfogare la tua rabbia contro
oggetti inanimati non risolverà il problema-
-Mi fa stare meglio-
-Non è vero… perché poi
sei di cattivo umore per tutto il giorno e anche quelli a venire… non che di
solito tu sia allegro e raggiante vorrei precisare, però almeno sei trattabile.
Quindi fammi un favore, smettila. E se non lo vuoi fare per me, fallo per lei.
Ha bisogno che tu sia concentrato, non arrabbiato-
Kai
fissò il cinese. Non gli disse niente, ma richiamò Dranzer
a se. Rei tirò un sospiro di sollievo. Almeno era ragionevole, per il momento.
-Non è colpa tua-
Kai
distolse lo sguardo. Sapeva che Rei aveva fatto centro. Si sentiva responsabile
-C’è mio nonno dietro. Come
non posso sentirmi responsabile?-
-Perché tu non sei tuo
nonno. E la aiuteremo, ci aiuteremo tutti tra di noi come abbiamo sempre fatto.
Troveremo quello che serve e prima o poi ci capiremo qualcosa-
-Qui sembra solo una serie
infinita di indizi che non portano a niente. Come stamattina…-
-Perché, che è successo stamattina?-
Kai
aggiornò Rei su quanto avevano scoperto nella stanza sotterranea, e sul rilievo
trovato nel corridoio delle ragazze.
-In effetti è strano-
-Non c’era niente lì,
niente. È solo un vicolo cieco-
-O forse non sapendo cosa
cercare, non avete visto niente. Tutto sta nel sapere cosa cercare-
Kai
alzò un sopracciglio fissando il suo amico
-Da quando sei così
filosofico e saggio?-
-Qualcuno deve pur esserlo,
non possiamo mica tutti pensare di prendere a pugni qualcuno per risolvere un
problema, no?-
-Per quanto possa
trovarlo incomprensibile, io la penso come il cinese-
Yuri era entrato nella
sala e si stava avvicinando veloce ai due ragazzi.
-Grazie… suppongo-
Disse Rei, leggermente
perplesso se ciò che gli aveva detto Yuri era un complimento, o qualcos’altro
-Sono tornato di sopra,a controllare.
La tua amata sta bene-
-Non è la mia…-
-Si si, ma sta bene. Ha
come minimo cinque ragazze che si stanno prendendo cura di lei. È una cosa
abbastanza inquietante, ma Hilary sembrava stare bene-
Rei e Kai
si fissarono perplessi, prima di guardare Yuri
-Cosa vuoi dire?-
-Che la tua ragaz… Hilary va bene, non si può più nemmeno scherzare
ora? Comunque stavo dicendo prima che mi interrompessi, che Hilary è diventata
una sorta di attrazione per le ragazze. A quanto pare le stanno facendo tutte
un sacco di domande su di te-
Kai
sgranò gli occhi
-Che cosa ti sei messo a
raccontare in giro?-
-Io niente. Hai fatto
tutto tu-
-Cosa?-
-Sei stato tu quello ad
abbracciarla, prima, in sala comune. Secondo te un branco di teenager cosa
dovevano pensare?-
Kai
fece per ribattere, ma si ritrovò senza parole. Arrossì leggermente, e distolse
lo sguardo. Rei e Yuri si lanciarono uno sguardo divertito, mentre
sogghignavano.
-L’ho solo consolata-
-Giurando di proteggerla-
-Avreste fatto la stessa
identica cosa anche voi nella mia stessa situazione!-
Disse Kai,
non sopportando quei discorsi. Tuttavia così facendo, Kai
stava semplicemente peggiorando le cose
-Quale situazione, scusa?-
Domandò Yuri, non
aspettando altro che un passo falso di Kai per poterne
approfittare
-Lo sai-
-No, veramente non lo
sappiamo. Vero Kon?-
-Vero. E poi non mi hai
ancora detto che cosa è successo quella mattina tra te e Hilary a casa tua-
Disse Rei, sorridendo. Kai, sentendosi accerchiato da due fronti, si imporporò
ancora di più, cosa che scatenò le risate di entrambe i ragazzi.
-Non c’è niente tra me e
Hilary-
Disse in un disperato
tentativo di farla finita con quei discorsi.
-Certo Hiwatari, certo. E io non mi prendo cura di un branco di
bambini urlanti ogni santo giorno-
Gli rispose Yuri. Rei
ridacchiò ancora, ma sia lui che il rosso avevano capito che quello era il
momento di farla finita. Non potevano tirare troppo la corda con Kai, e sapevano che il russo aveva raggiunto il limite.
-Comunque sembra stare
meglio. Cioè non la conosco bene, ma mi sembrava tranquilla-
Disse Yuri, tornato
serio. Kai annuì.
-Tuttavia ora dovremmo
stare doppiamente all’erta. Se è vero che tuo nonno o chi per lui sta cercando Nemesis e la vuole, non ci metterà molto a scoprire che è
Hilary a custodirla. Dovremmo essere pronti per quanto accadrà-
-E come pensi di fare? Io
sinceramente non vorrei affrontare un assassino-
-Nemmeno io, ma sto solo
dicendo che dovremmo stare attenti. Almeno su questo abbiamo un vantaggio.
Sappiamo quale sia il suo obbiettivo, e potremmo giocare d’anticipo-
Kai
annuì e anche Yuri lo fece.
-Per quello che possiamo,
la Neoborg vi darà una mano. Dopotutto, siamo quelli
che li conosco meglio. Ci abbiamo avuto direttamente a che fare. Forse non so
cosa pensa tuo nonno in questo momento, ma potremmo riconoscere dei segnali di
pericolo-
Rei annui. Kai tuttavia, aveva all’improvviso assunto un’espressione molto
seria e aveva nello sguardo, una rabbia che i due avevano visto rivolta solo
verso una persona. Rei e Yuri si trovarono a parlare nello stesso momento
-Non ci pensare nemmeno!-
Kai,
stupito, li fissò entrambi.
-Non ti azzardare a
pensare di andare a parlare con tuo nonno-
-Saresti pazzo Hiwatari a volerlo fare-
-Ma lui potrebbe…-
-Finirebbe con il
manipolarti. Non sai mantenere il controllo quando si tratta di lui e credimi,
io ti capisco. Ma non puoi andare da lui, almeno non ora. Dovresti avere
qualcosa in mano di importante per poterlo ricattare e ora questo non lo
abbiamo, e lo sai-
Rei appoggiò una mano
sulla spalla di Kai.
-Yuri ha ragione, e lo
sai. Lascia stare-
Kai,
suo malgrado, si ritrovò ad annuire. Suo nonno aveva dato prova di essere
scaltro anche da dietro le sbarre e doveva ammettere che in quel momento tra i
due era lui quello in svantaggio. Sentendo la frustrazione crescergli dentro,
tirò fuori dalla tasca Dranzer
-Qualcuno ha voglia?-
Chiese, conoscendo già la
risposta. Rei tirò fuori Driger, mentre si dirigeva a
prendere posto di fronte a Kai, pronto per duellare
-Spero che Yuri non si
offenda, ma sono certo che in questi giorni ha avuto modo di sfidarti. Ora è il
mio turno-
Yuri si limitò ad andare
a sedersi su una sedia, a guardare lo scontro
-Tanto durerai talmente
tanto poco, cinese, che mi troverò al tuo posto in pochi secondi-
-Lo vedremo-
Senza indugi, i due si
preparano al lancio. Erano proprio sul punto di tirare, quando Alexander
irruppe veloce nella stanza
-Kai…
Yuri… la ragazza-
I tre lo fissarono
-Cosa è successo a Hilary?-
-E’ sparita dentro il
muro-
I due si guardarono.
-Che cosa?-
-L’angelo… l’angelo ha
preso la ragazza e l’ha trascinata dentro il muro. È…svanita-
Kai
e Yuri si guardarono e non ebbero bisogno di dirsi niente. Si misero a correre
veloci, verso il piano superiore. Rei, che non capendo il russo, aveva capito
solo la parola Hilary, non aveva fatto domande. Quando gli altri avevano
iniziato a correre veloci, li aveva seguiti senza esitazione. Tuttavia, lungo
il percorso, si fece raccontare
-Che cosa è successo?-
-Hilary, ha trovato
qualcosa-
Hilary guardava confusa,
meravigliata e emozionata la stanza che aveva trovato. Quando era tornata nella
sua stanza, dopo avere saputo della notizia della tentata rapina nella sede
della BBA, aveva iniziato a pensare a cosa fare. Così si era diretta verso il
rilievo dell’angelo della neve e lo aveva fissato. Voleva, anzi, doveva trovare
un legame con Wolborg o con la Suprema Essenza. La
cosa stava diventando frustrante, perché non riusciva a capire. Certo, i
fiocchi di neve potevano essere collegati al ghiaccio, ma forse era il rilievo
sbagliato. Dopotutto, quello era un monastero antico, poteva esserci di tutto,
o poteva esserci un altro bassorilievo più pertinente. Magari quello era un
diversivo. Qualcuno poteva avere pensato di nascondere dei falsi indizi in giro.
Le possibilità erano infinite, e lei aveva bisogno di sapere qualcosa di più.
Si portò le mani tra i capelli, in un gesto di frustrazione
-Perchè
deve essere tutto così difficile… perché non puoi parlare e dirmi qualcosa?
Dovevi proprio essere un rilievo inciso nel muro, vero?-
-Ti serve qualcosa?-
La voce improvvisa la
fece balzare per lo spavento. Si voltò di scatto, e si ritrovò a fissare un
paio di ragazze che la fissavano.
-Come?-
La ragazza la fissò un
attimo perplessa, poi confabulò qualcosa con le altre ragazze e alla fine si
rivoltò verso di Hilary
-Possiamo fare qualcosa
per te?-
Le chiese di nuovo, in un
inglese con un forte accento russo. Hilary si rese solo conto in quel momento
che probabilmente aveva parlato in giapponese, e forse, vedendola lì, ferma,
davanti ad un muro, parlando in una lingua che sicuramente non conoscevano, si
dovevano essere spaventate, o peggio. Hilary sorrise alle ragazze, facendo
segno di no con la testa. Poi le parlò, in inglese
-No grazie. Anzi,
scusatemi se vi sono sembrata… pazza?-
Quella che le aveva
parlato le sorrise
-No non ti preoccupare.
Anche noi quando abbiamo qualche pensiero veniamo a parlare con l’angelo-
La castana si girò verso
il rilievo e poi tornò a fissare la ragazza.
-Come mai?-
-Per la storia-
-Quale storia?-
-E' più una favola ma…-
-Vorrei ascoltarla-
La ragazza la fissò, poi
parlò alle sue compagne, in russo, della richiesta di Hilary. Una alla fine la
prese per mano, e iniziò a trascinarla verso una stanza, sorridendole, e Hilary
non fece altro che farsi guidare. La portarono in una stanza abbastanza grande,
con sei letti, tre appoggiati ad una parete e gli altri tre di fronte. Una
finestra molto grande illuminava la stanza, e sotto di essa c’era una panca, su
cui era possibile sedersi per vedere il panorama o che serviva come appoggio.
Era una stanza molto curata, minima nell’arredamento, ma accogliente e viva. Si
capiva che la abitavano delle ragazze giovani. Alcuni poster di cantanti e
attori erano appesi alle pareti, un letto era quasi totalmente ricoperto di
peluche, ma quello che fece sorridere Hilary era la pila di vestiti
ammonticchiati praticamente ovunque.
-Non dovreste tenere
tutto in ordine?-
-I vestiti… i vestiti non
vogliono restare nell’armadio e quindi ormai ci abbiamo rinunciato-
Hilary scoppiò a ridere.
Una ragazza le fece cenno di sedersi su un letto e lei lo fece.
-Parli bene l’inglese-
Disse alla ragazza che le
aveva parlato fino a quel momento. Lei le sorrise orgogliosa
-Grazie… guardare tante
serie tv in lingua originale serve a qualcosa-
-Direi proprio di si-
-Io sono Oliviya. E loro sono Sonya, Eva e Galina-
Le ragazze le fecero dei sorrisi e un piccolo saluto con la mano
-Io Hilary, ma credo lo sappiate già-
Oliviya annuì.
-Allora, dimmi di questa storia-
-E' una cosa che si passa dalle più grandi alle più piccole. Quindi non garantisco
che sia proprio così ma… così è come ci è stata raccontata. Allora, molto tempo
fa esisteva una maga bellissima e anche molto potente. Viveva nella foresta, e
aiutava chiunque le venisse a chiedere aiuto. Le storie delle sue magie erano
note a tutti gli abitanti, e spesso, anche degli stranieri venivano da lei per
cercare un aiuto. Fu così che un signore di una terra lontana seppe di lei, e
saputo del suo enorme potere, decise di volerla con se. Così mandò i suoi
uomini migliori per catturarla. La maga, abituata ad essere trattata in modo
gentile, quando vide i cavalieri non vide avvicinarsi anche il pericolo e fu
così che la colsero di sorpresa e la fecero prigioniera. La portarono dal loro
padrone, il quale le disse che se non avesse esaudito ogni sua richiesta,
l’avrebbe fatta uccidere. Così la maga accettò. Rimase per tre anni al fianco
del suo nuovo padrone, facendo per lui incantesimi e malefici, ampliando i
confini del suo regno e donandoli un potere inimmaginabile. Tuttavia, più gli
anni passavano, più i poteri della donna sembravano svanire. Ma il signore non
se ne curò, fino a quando non divenne evidente che la donna stava per morire.
Preoccupato di perdere la sua maga, il signore iniziò a chiederle cosa potesse
fare per poterle salvare la vita. La maga, tuttavia, gli disse che non poteva
fare niente, perché lei si era mantenuta in vita con l’amore e la cortesia di
chi le era stato attorno, ma da quando era con lui non aveva avuto altro che
dolore, solitudine e tristezza. L’uomo si mise in ginocchio, chiedendole
perdono e chiedendole ancora cosa potesse fare per aiutarla. Tuttavia la maga
sapeva che nulla si poteva fare ormai e che anzi, anche la vita del signore era
condannata. Infatti la maga gli rivelò che nell’esatto momento in cui il suo
cuore avesse smesso di battere, tutto il male che lei gli aveva fatto compiere,
gli sarebbe tornato indietro. L’uomo, spaventato, fece rinchiudere la donna
nella sua stanza, e si preparò ad allontanarsi veloce da lei. Ma la magia non
poteva essere così facilmente sconfitta e la strega lo sapeva bene. La strega,
infatti, sapeva che non c’era luogo lontano in cui il signore si sarebbe potuto
nascondere, perché la magia lo avrebbe trovato e gli avrebbe fatto pagare il
prezzo delle sua azioni in vita. Fu cosi, che pochi giorni dopo la fuga del
signore la strega morì e non appena il cuore della maga smise di battere, dal
suo corpo prese vita una tormenta di neve e ghiaccio, che in poco tempo si abbattè su ogni cosa intorno. La tempesta durò per tre
giorni e tre notti e quando finalmente cessò, tutto sembrò sparito. Le uniche
creature ad essere rimaste in vita erano i pochi che avevano riversato un po’
di gentilezza durante gli anni di prigionia della maga. I sopravvissuti si
avviarono lentamente verso ciò che rimaneva dal palazzo del signore, ormai distrutto,
tranne la camera dove la maga era stata fatta prigioniera. Quando aprirono la
porta, videro che il suo corpo era ancora lì, ghiacciato, ma ancora integro. Spaventati
da quella vista, e preoccupati che un’altra ondata di ghiaccio e neve si
abbattesse su di loro, decisero di sigillare la stanza e crearono il
bassorilievo come monito, e la lasciarono lì. Si dice che ancora adesso, quando
si passa lì di fronte, si può sentire un soffio di aria fredda, perché il corpo
della maga è ancora lì dentro, custodito, a memoria-
Hilary aveva ascoltato attentamente la storia, cercando di capire dove
potesse esserci una connessione con i bit power o con
la Suprema Essenza, ma non ne aveva trovato, apparentemente nessuno. Eppure,
qualcosa le diceva che era sulla strada giusta. Sapeva che quel bassorilievo
era collegato a loro, e sapeva che poteva esserci un indizio importante per tutti
quanti. Ripensando alla storia, però, ad un tratto le venne in mente una cosa
-Hai detto che a volte si sente un soffio di aria fredda provenire dal rilievo?-
La ragazza annuì
-Si, ci sono alcune ragazze che hanno detto di averlo sentito-
-Strano…-
Disse Hilary, continuando a riflettere. Certo era possibile che alcune
ragazze si fossero fatte suggestionare dalla storia, e certamente in Russia,
d’inverno, faceva freddo, ma c’era qualcosa, un’idea improvvisa che le era
venuta in mente. Si alzò di scatto,
-Grazie per avermi raccontato la storia, sei stata molto gentile e
utile-
Oliviya le sorrise
-Prego-
La castana si avviò verso la porta, ma prima di uscire si girò
-Ragazze, un consiglio. I vestiti… sistemateli-
Oliviya arrossì ma si annuì
-Ci proveremo-
-Non portiamo avanti lo stereotipo che siamo disordinate… siamo migliori
dei maschi, dimostriamolo anche nelle piccole cose, ok?-
Hilary osservava il bassorilievo. Sapeva che qualcosa sarebbe successo,
doveva solo aspettare. Se la sua idea era valida, ne avrebbe avuto conferma
entro poco tempo. Con la coda dell’occhio vide qualcuno entrare nel corridoio,
ma fermarsi quasi subito. Forse era una ragazza che era tornata in camera.
Stava per voltarti e vedere meglio, quando ad un tratto lo sentì. Quasi impercettibile
ma lo aveva sentito. Era stato come un soffio di aria fredda sul volto, che le
aveva accarezzato la guancia, e poi era come svanito. Ma c’era stato, lo aveva
sentito, non se lo era sognata. Quindi, doveva essere come aveva pensato. Senza
pensarsi, si ritrovò a prendere in mano Nemesis, e a
stringerlo forte. Sapeva che era lì, davanti ai suoi occhi, doveva esserci.
-Ti prego Nemesis, fammi capire-
Si ritrovò a mormorare. Forse fu il caso, oppure fu Nemesis
a farle capire, ma ad un tratto, osservando i fiocchi di neve incisi, si
accorse di un dettaglio. Uno era leggermente più in rilievo degli altri. Hilary
passò una mano sopra, e si rese conto che al tatto, le sembrò di sentire sotto una
lettera incisa. Al tatto sembrava una “W”
-Wolborg-
Si ritrovò a mormorare. Continuando a cercare con la mano, passò sul braccio
dell’angelo. All’altezza dell’avambraccio, era incisa una fascia come se fosse
un bracciale. La fascia era incisa, e al suo interno conteneva delle piccole
gocce. Hilary passò sopra la mano, più attentamente, e dentro una delle gocce,
la percepì, una piccola lettera incisa, una “N”
- Nemesis-
Hilary continuò a passare la mano sulla pietra, e arrivata all’altezza
del punto di congiunzione tra ilcollo e il petto dell’angelo, inciso
c’era come un piccolo tatuaggio. Hilary passò sopra la mano, e si ritrovò a
percorrere il contorno di una fiamma. Era una piccola fiamma scolpita, e al suo
interno, un’altra iniziale, la “D”
- Dranzer-
Erano incise, tutte e tre. Le iniziali dei loro bit-power
erano su quel rilievo. Le incisioni formavano come un percorso, che partendo
dalla mano, saliva in alto, fin sopra al cuore. E in un flash, Hilary vide che
le iniziali dei nomi erano incisi nello stesso ordine in cui gli animali erano
rappresentati sul camino. Più in basso, era scolpito Wolbrog,
il fiocco di neve sulla mano, più in alto, sul braccio la goccia, Nemesis, che nella incisione del camino si trovava tra i
due bit power, e infine, in alto, la fiamma di Dranzer che sotto era raffigurato ad ali spiegate. Era
tutto collegato
-Cosa vuoi dirmi-
Mormorò all’angelo, cercando la risposta a quell’enigma.
-Le iniziali, i simboli… cosa devo fare-
La ragazza passò una mano di nuovo sopra il fiocco di neve e senza
rendersene conto, fece pressione. Qualcosa accadde. Il fiocco di neve sembrò
scivolare dentro nella parete, e un suono di un ingranaggio si sentì. Tuttavia,
non accadde niente.
-Andiamo…-
Hilary provò a passare una mano sulla goccia e una sulla fiamma, ma fu
inutile. Quelli non erano pezzi mobili, pur spingendo con tutte le sue forze,
non si spostarono ne ci fu un altro rumore. Si stava per far prendere dalla
disperazione, quando l’occhio le cadde sulle ali dell’angelo. Fu come una
rivelazione
-Le ali… sono tutti animali con le ali-
Senza pensarci troppo, la ragazza passò la mano sopra e premette. Questa
volta qualcosa accadde. Si sentì come il rumore di una pietra che lentamente si
spostava, e all’improvviso, l’incisione prese a ruotare. Sotto gli occhi
sorpresi della castana, si aprì nel muro una fessura, di circa trenta
centimetri, abbastanza grande per poterle permettere di passare. Dietro il
muro, si intravedevano dei gradini, una scala, scavata nella pietra, che
consentiva solo di salire. Era buio all’interno, e all’improvviso, una corrente
di aria fredda la attraversò, facendola rabbrividire. Sembrava una cosa poco
sensata inoltrasi là dentro da sola, anche perché non sapeva cosa avrebbe
trovato e in che condizioni avrebbe trovato qualsiasi cosa attendesse alla fine
di quella scalinata. La cosa più ragionevole era andare a chiamare i ragazzi e
andare insieme. Si, avrebbe fatto così. Yuri e Kai
dovevano esserci, dopotutto riguardava loro tanto quanto riguardava lei. E
naturalmente, con quei pensieri in testa, si ritrovò a fare l’esatto opposto. S’infilò
veloce nella fessura e prese a salire la scala, veloce.
Kai, Yuri e Rei arrivarono al piano delle ragazze in pochi minuti, e si
avviarono veloci lungo il corridoio. Non dovettero cercare molto, perché un
gruppo di ragazze erano assiepate in un punto preciso del corridoio. Quando arrivarono
davanti all’incisione dell’angelo, i tre videro una fessura nel muro.
-Ma che…-
Disse Yuri, meravigliato. Una ragazza si fece avanti e iniziò a parlare
-Non lo sappiamo. Siamo uscite due minuti fa dalla stanza e lo abbiamo
visto. Noi non siamo state Yuri, sul serio-
-Lo so che non siete state voi, tranquille. Ma ora andate di sotto,
veloci-
Le ragazze si avviarono ma ad un tratto Yuri le richiamò
-Galina, Eva, Sonya Oleviya… non dite niente e
non fate salire nessuno fino a quando noi non saremo scesi. Chiaro?-
-Si Yuri-
Le ragazze sparirono. Rei, che aveva fissato a bocca aperta l’apertura
nel muro, si voltò verso Yuri
-Stanze segrete nei sotterranei, muri che si spostano… ma non avevate
fatto controllare questo posto?-
-Si… lo abbiamo controllato. Da cima a fondo ma non credevo… insomma,
voglio dire…era solo una statua-
-Ora non è il momento. La cosa più importante è trovate Hilary e…-
Kai si bloccò a metà della frase, perché all’improvviso si sentì un rumore
provenire dal buio. Alexander, che era rimasto con i ragazzi, sentendo il
rumore, si era avvicinato a Kai, e si era aggrappato
ai pantaloni del ragazzo. Il blaider, senza
riflettere, aveva messo una mano attorno al corpo del bambino, per proteggerlo.
I quattro rimasero in silenzio, in attesa. Qualsiasi cosa stesse succedendo, il
rumore si faceva sempre più forte e vicino. Ad un tratto, una figura emerse
dall’ombra, e i ragazzi si trovarono di fronte ad una sorridente Hilary. Non
appena li vide, si trovò a sorridere ancora di più
-Bene siete qui. Non potete capire cosa ho trovato. È stato… dovete
vederlo, seguitemi-
Senza riflettere, Hilary afferrò la mano di Kai,
e si infilò nella fessura, tirandosi dietro il ragazzo. Yuri e Rei si guardarono,
e non ebbero bisogno di dirsi niente. Seguirono i due e sparirono anche loro
dentro il muro
Alexander, che quando aveva visto Hilary prendere la mano di Kai aveva prontamente lasciato la presa sui pantaloni del
ragazzo, era rimasto fermo a guardare i ragazzi sparire nel muro. Stranamente
per lui, era combattuto. Da una parte li voleva seguire, attirato da quel
mistero, dall’altro, invece, il buio lo spaventava. Si strinse al petto il suo
inseparabile blocco da disegno e si avviò verso il fondo del corridoio. Era
arrivato quasi all’ingresso, quando si fermò di colpo e si girò
-Ora basta fare il bambino fifone-
Mormorò a se stesso. Veloce si diresse verso la fessura nel muro. Si
fermò solo un attimo lì di fronte, ma senza pensarci oltre si fece coraggio ed
entrò dentro. I gradini erano alti, ma si poteva distinguere bene il profilo.
In un gesto di coraggio, appoggiò per terra il blocco da disegno, mise una mano
contro il muro e un’altra davanti a se e iniziò a salire piano, ma deciso. I
gradini sembravano non finire mai. All’inizio sembravano salire dritti, ma
presto Alexander si ritrovò su una scala a chiocciola, e il piccolo aveva la
sensazione che più saliva, più la scala si facesse stretta. Il buio dopo
qualche minuto, non era così fitto come sembrava. I gradini proseguivano senza
sosta e Alexander aveva perso il conto dopo il numero ventidue. Aveva rischiato
di inciampare, e quando si era rimesso in piedi, non si ricordava più su quale
gradino poggiava, se il ventidue, il ventuno o il venti. Così aveva smesso, e
aveva continuato la sua salita. Dopo un tempo che gli parve infinito, iniziò a
sentire delle voci. La luce iniziò a farsi più intensa e sentì anche un soffio
di aria fresca colpirgli il volto. Arrivò in pochi passi ad un pianerottolo e
presto si ritrovò in una stanza perfettamente quadrata. Il soffitto era a
volta, con una decorazione come se ci fossero state incise sopra delle stelle.
Un tempo doveva anche essere stato dipinto, perché in alcuni punti si poteva
vedere del colore, uno sfondo blu scuro e il giallo con cui erano dipinte le
stelle. Una finestra, grande, permetteva alla luce di entrare ma alcuni vetri
erano rotti, e questo faceva si che l’aria fredda entrasse. E i vetri rotti
avevano prodotto dei danni all’interno. Si vedevano delle chiazze di umidità
sotto la finestra e sul muro. Un tavolo di legno esposto alle intemperie, era
marcito, e giaceva per terra, una gamba completamente rotta. Il pavimento era
di pietra ma una gran quantità di esso era ricoperto da fogli, carte e foglie
secche. Ciò che si era salvato era una libreria, che era posta dalla parte
opposta della finestra, e sopra di essa alcuni libri e alcuni fogli erano
rimasti al loro posto. Ma la cosa che attirò subito l’attenzione di Alexander
era una cornice, non particolarmente lavorata, ma aveva tutto un motivo
tondeggiante e aveva dei colori che avevano attirato la sua attenzione: erano
rosso e oro. Il piccolo si avvicinò e passò la mano sopra il vetro, che era
coperto da un pesante strato di polvere e sporcizia. Sotto di esso, spuntarono
dei visi di alcune persone, che sorridevano. L’attenzione di Alexander fu
attirata da un volto, di una giovane donna, bionda, che aveva un paio di occhi
molto particolari, occhi che aveva visto solo in un'altra persona
-Kai, ma questa è la tua
mamma?-
Kai, sorpreso, si girò di scatto. I ragazzi, infatti, stavano parlando tra di
loro ed erano presi stati talmente tanto sorpresi dalla scoperta e da ciò che
avevano visto, che non avevano sentito minimamente avvicinarsi il piccolo.
-Alexander. Che cosa ci fai qui?-
Gli urlò Yuri, sconvolto nell’esserselo trovato dietro così
all’improvviso
-Soche
non sarei dovuto salire ma… Ero curioso-
Si difese il piccolo. Yuri stava per sgridarlo di nuovo, quando qualcosa
lo trattenne. Si avvicinò ad Alexander, si piegò in modo da poterlo guardare
negli occhi e gli mise una mano sulla spalla
-Non puoi stare qui, può essere pericoloso. E tu non vuoi farti male,
vero? Quindi ora fai il bravo e scendi di sotto, va bene?-
Il piccolo annuì, anche se aveva abbassato lo sguardo, abbattuto. Tuttavia,
prima di andarsene, rimise al suo posto la cornice e lanciò uno sguardo a Kai. Infine si girò piano e si avviò, pronto per la
discesa. Quando fu sparito, il rosso si girò verso gli altri
-Sono troppo giovane per dovermi preoccupare di bambini-
Rei gli sorrise
-Deve darvi un bel po’ di problemi-
-Alexander vive nel suo mondo. Segue le regole quando vuole e ficca il
naso dove non dovrebbe. Però, ammetto, che il suo spirito di osservazione è stato
utile. È stato lui ha trovare la stanza nascosta di sotto-
-E ha trovato qualcosa prima di tutti noi-
Kai si era avvicinato alla libreria e aveva preso in mano la cornice.
Utilizzando la manica della sua maglia, aveva tolto quasi tutto la sporcizia
dal vetro ed era rimasto ad osservarla in silenzio. Hilary si avvicinò al
ragazzo
-Kai che succede?-
-Quel ragazzino riesce a vedere cose che noi non riusciamo…-
Kai passò la fotografia a Hilary, e lei, osservandola, sgranò gli occhi
-Questa è..-
-Mia madre, già-
-Che cosa?-
Chiese Rei, stupito. Si avvicinò veloce verso i due e si mise a guardare
la foto. Effettivamente, era quasi impossibile sbagliarsi su chi fosse la donna
sorridente nella foto che li stava guardando. All’apparenza poteva sembrare una
donna qualsiasi, oltre per il fatto che era decisamente molto bella. Alta,
magra, i capelli lunghi biondi erano raccolti in una alta coda di cavallo.
Tuttavia, erano gli occhi ciò che lasciavano incantati: erano grandi e di un
inconfondibile colore ametista, esattamente uguale a quello di Kai.
-E' bellissima-
Disse Hilary, osservando la donna della foto.
-E questo uomo abbracciato a lei deve essere tuo padre-
Kai annuì
-Si, è mio padre. Mio nonno aveva una sua foto sulla scrivania, lo
riconosco-
-Chissà chi sono gli altri-
Mormorò piano Hilary, osservando i volti sorridenti della foto
-Lui è mio padre-
Yuri indicò con la mano un uomo che si trovava vicino alla mamma di Kai. Hilary lo fissò, cercando di scorgere delle
somiglianze con il blaider russo
-Gli occhi, hai preso gli occhi di tuo padre Yuri-
Il rosso annuì. Nella foto c’erano anche altre persone, due coppie per
essere esatti.
-Sapete chi sono gli altri?-
Yuri prese in mano la fotografia e si mise ad osservare i volti. Poi
però scosse la testa
-Di sicuro qualcuno della Suprema Essenza-
-Può trattarsi dell’altra coppia della foto di sotto-
Disse Yuri a Kai, ricordando la foto che
avevano trovato nello studio segreto di Vorkov. Kai annuì
-L’altra coppia però non so proprio chi possa essere. A guardarli meglio
non sembrano nemmeno russi, sembrano…-
-Sono cinesi-
Tutti e tre si girarono verso Rei. Il cinese, infatti, era rimasto in
silenzio da quando aveva visto la fotografia. Aveva riconosciuto subito la
coppia della foto. Non si poteva sbagliare sulla loro identità. Anche se ormai
erano passati quasi dieci anni, li ricordava ancora perfettamente. Erano
decisamente più giovani, forse all’epoca non si erano ancora nemmeno sposati o
avevano avuto lui.
-Sono due membri della mia tribù, o almeno, lo erano. Di preciso non si
sa cosa gli sia successo, una mattina sono semplicemente spariti. Ma sono loro,
non ci sono dubbi-
Hilary lo fissò incerta. Yuri e Kai, invece,
avevano capito subito di chi Rei stesse parlando.
-Sono Jun e Tao Kon-
-Kon… aspetta vuoi dire che…-
-Sono i miei genitori-
Hilary sgranò gli occhi per la sorpresa. Nella sala calò il silenzio.
Hilary fece per avvicinarsi a Rei ma il ragazzo fece un passo indietro. Le
sorrise, anche se si poteva chiaramente vedere che era un sorriso finto
-Tranquilla, non è una cosa così importante-
-Ma io credevo che…-
-Non credo che possa esistere un collegamento serio. Sono spariti da più
di dieci anni ormai e non credo possano essere collegati a tutto questo, o se
anche lo fossero stati, non credo siano più vivi ormai. Nessuno nella mia tribà li considera ancora in vita. Quindi qualsiasi cosa ci
fosse di mezzo, e quale possa essere il collegamento con la Suprema Essenza,
ormai quel legame non esiste più. E forse è meglio così-
-Rei…-
-Ragazzi, credo che la mia presenza qui non serva. Vado ad avvisare Boris
di quello che sta succedendo. Ci vediamo più tardi-
Rei, sempre sorridendo, si avviò verso la scala, e scomparve velocemente.
Hilary fece per seguirlo, ma Kai le afferrò una mano,
trattenendola. Hilary fece per dirgli qualcosa, ma Kai
scosse la testa, facendo capire alla ragazza di lasciare perdere.
-Ma non posso. È un mio amico, non posso lasciarlo andare così-
-Non puoi fare niente per lui ora, Hilary. È il destino degli orfani, è
un dolore che nessun altro può capire e tu sai di cosa sto parlando. So che lo
vorresti aiutare, ma non puoi ora. Quando ti vorrà parlare, verrà da te. Ora
devi lasciarlo stare-
Yuri aveva parlato con voce calma e tranquilla, ma Hilary aveva notato
la mano serrata a pugno del russo.
-Noi ora dobbiamo solo concentrarci su questa stanza-
Hilary, a malincuore, si ritrovò ad annuire.
-Va bene, farò come dite voi-
-Bene. Allora iniziamo a cercare qualcosa-
-Io inizio dalla libreria e da questi libri. Voi guardate i fogli che
sono per terra-
Sia Yuri che Kai la fissarono. Non erano
abituati ad avere qualcuno, una ragazza per la precisione, dare degli ordini.
Yuri, soprattutto, non stava prendendo molto bene quell’improvviso cambio di
ruoli
-Da quando tu comandi?-
Hilary, che aveva già preso un libro dallo scaffale e stava lentamente
aprendo la copertina, si girò quel poco che le bastava per potere fissare Yuri
diritto negli occhi
-Vediamo… ah si. Se non fosse stato per me, ora non saremmo in questa
stanza. E dato che sono stata la prima a salire quassù, sono la prima a potere
scegliere. Chiamiamolo un diritto da scoperta, ecco. E poi non vorrete che io,
una gentildonna, mi sporchi mettendomi a cercare in mezzo a tutto quello strato
di sporcizia e chissà che altro, vero? E io che credevo che i russi fossero dei
veri uomini…-
Detto questo, tornò a voltarsi e a studiare il libro che aveva in mano.
Yuri la stava guardando con gli occhi sgranati per la sorpresa. Kai si era limitato ad accennare ad un piccolo sorriso, poi
subito tornato serio, si era messo al lavoro. Il rosso fissò il suo amico e in
russo gli rivolse una sola, semplice, frase
-Ora inizio a capire perché la brunetta qui ti piaccia… è praticamente
la versione al femminile di te-
Mariam fissava senza sapere cosa dire sua madre. Erano rimaste sole, dato che
le altre due ragazze avevano deciso di lasciarle sole, in modo che potessero potere
parlare con calma. Sia Julia che Mao sapevano, infatti, che qualsiasi cosa si
fossero dette di importante, Mariam le avrebbe
aggiornate non appena si fossero viste più tardi. La ragazza fissava sua madre, incerta. Nessuna
delle due aveva più detto niente, da quando erano rimaste sole.
-Cosa ci fai qui mamma?-
La donna si voltò e la fissò. Non disse niente per qualche secondo, poi,
dopo un leggero sospiro, disse una frase che mai Mariam
si sarebbe aspettata di sentire da lei
-Hai fatto domande difficili, hai intrapreso un percorso lungo, buio e
tortuoso e di cui forse non te ne sei nemmeno resa conto. Credi di sapere, ma
sei ancora nel buio dell’ignoranza. Hai trovato un nome e ne hai cercato le
tracce, senza trovare niente. Ma non sei stata inascoltata. Ciò che cerchi è un
segreto, e non deve mai essere svelato-
-Mamma che cosa stai dicendo?-
-Cercavi la suprema essenza, ebbene, l’hai trovata. Io sono una parte di
essa, io sono un membro di ciò che cerchi. Se iniziamo a parlare di ciò che
vuoi sapere, non potremmo più tornare indietro. Se vorrai sapere, ci sarà un
prezzo da pagare. Sei pronta a sapere veramente ciò che desideri conoscere?-
Ogni tanto rispunto dalle nebbie del tempo, ma so che ormai mi conoscete
e non ci fate più nemmeno caso. Ma eccomi qua, con un nuovo capitolo che spero
come sempre che non vi deluda.
Non starò qua a dilungarmi troppo, ma ora come vi avevo già accennato mi
pare, si entra veramente dentro la storia a pieno, e anche se so che ci saranno
ancora molti segreti e spero qualche colpo di scena degno di nota, ora
finalmente, i nostri protagonisti troveranno le tante agognate risposte, o
almeno una parte.
Spero che la parte ambientata in russia della
caccia alla stanza segreta vi sia piaciuta e soprattutto non sia stata banale…
ho cercato di renderla il più “realistica” possibile e meno “fantasiosa”, spero
di esserci riuscita.
Infine, non troverete qui traccia ne di Pavlov ne di qualche cattivo
perché questo, a suo modo, è un capitolo dedicato interamente ai genitori, sia
in modo più esplicito che implicito. Non volevo rovinarlo con la figura di
Pavlov, lui questa volta resta fuori.
Come sempre grazie a chi continua a seguire questa storia, grazie chi perde
cinque minuti per lasciarmi un commento e grazie anche solo per dedicarvi alla
lettura di questa mia storia. Come sempre sapete che potete sempre dirmi cosa
ne pensate, critiche comprese anzi soprattutto quelle che servono a crescere. E
grazie come sempre per il supporto e l’affetto che mi mandate, è, lo dico e lo
ripeto, il regalo più bello che mi possiate fare.
Un bacio a tutti, spero abbiate passato un buon natale sereno e
tranquillo e vi auguro anche un buon inizio anno. La vostra