Serendipity.

di danielafaraoni
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***



Capitolo 1
*** Capitolo1. ***


«Devi superare il dolore. Se non lo superi,lui supererà te e si prenderà la tua vita,non proverai più altre emozioni se non il dolore,devi sconfiggerlo,come se fosse una brutta malattia. Sei giovane,ti aspettano tante belle cose e sicuramente il dolore tornerà nella tua vita,ma in diverse sfumature,non può essere lui a decidere per te» Forse vi starete chiedendo chi sia 'filosofo' dei nostri giorni,oppure no,ma per raccontarvi la mia storia devo partire da lui. Ecco,lui è il mio Psicoterapeuta,un uomo alto,con i baffi e una vita trascorsa a cercare di risolvere i problemi e ad aiutare gli altri,quando lui era il primo ad aver bisogno di un aiuto. Era scappato con una giovane donna,i suoi due figli avevano provavano rancore nei suoi confronti,per averli abbandonati per anni,poi la sua nuova fiamma lo aveva lasciato per un ragazzo e la sua vita era crollata come un castello di sabbia. Comunque,due giorni a settimana dovevo parlare dei miei problemi con lui,questo fu il patto con i miei genitori. Gli raccontavo come mi sentivo,cosa facevo durante le mie giornate,le mie 'emozioni'. 'Emozioni' tra virgolette perchè da come avrete letto prima,l'unica emozione che secondo lui,e non aveva tutti i torti,provavo era il dolore e in tutta quella paternale non ci fu una cosa che non sapevo fosse vera. Dopo la seduta tornai a casa,come al solito. Hanover era una cittadina molto tranquilla,se non fosse stato per la popolazione,contava poco più di 11 mila abitanti e tutti sapevano ogni affare dell'altro. 'Mi dispiace per ciò che ti è capitato,ora come stai?' oppure 'sei una ragazza fortissima,io al tuo posto non avrei reagito così bene'. Frasi del genere mi spiazzavano ogni volta,le persone non capiscono il dolore finchè non lo provano,finche esso non s'impossessa di tutto e gli toglie ogni singola forza rimasta nel loro corpo. Quel pomeriggio decisi di entrare in una caffetteria,aveva aperto da poco e non ci ero ancora entrata,ordinai un caffé e mi misi seduta su uno sgabello ad osservare l'arredamento. Era molto accogliente,sembrava quasi una baita di montagna,il legno dava un senso di calore,c'erano delle mensole con dei libri che si potevano leggere mentre si gustava la bevanda,i cuscini erano rossi e dal soffitto scendevano dei fiori. Ci rimasi poco,avevo detto ai miei genitori che sarei tornata a casa per cena e non volevo farli aspettare. Casa mia era poco lontana dal centro della cittadina,in un quartiere residenziale,aveva un piccolo giardino (grande vanto dei miei genitori) una bella veranda dove mi piaceva sedermi in estate e dal lato del retro affacciava su un piccolo bosco,ovviamente recintato,per paura che quando ero più piccola scappassi. Per il resto era una semplice e tipica casa americana,come quelle che si vedono nei film,. Al piano di sotto c'era un grande salone e la cucina,al piano superiore due camere con i rispettivi bagni e lo studio di mia madre. Mia madre era una sarta,aveva un negozio,cuciva bellissimi abiti per ogni occasione e il suo studio era pieno di tessuti,perline,strass e via dicendo. Il suo negozio era uno dei più famosi della città,tutte le ragazze si facevano cucire un abito per il ballo di fine anno,le spose compravano li i loro vestiti e tutti almeno una volta vi erano entrati per dare un occhiata ai capi. Mio padre era un medico,a dir la verità 'Il Medico',esercitava il suo lavoro sia nell'ospedale sia in uno studio privato,era stimato da tutti. Si possono avere due grandi fregature ad avere genitori così tanto elogiati,tutti si aspettano che tu segua le loro orme e se non lo fai sparlano,oppure,che tu venga messa ad un angolo e non conosciuta per qualcosa che sai realmente fare,solo perchè loro ti hanno messa al mondo. Prima di cenare andai in camera mia e accesi il computer per controllare la casella postale,lo facevo sempre,ormai era un'abitudine,ma ovviamente era vuota se non per le varie pubblicità dei siti online sui quali acquistavo in rare occasioni,ma che ti obbligavano ad iscriverti al loro sito per ricevere informazioni sulle novità. Mi lavai le mani e scesi in cucina dove mia madre aveva cucinato il mio piatto preferito: pollo al curry. Diedi un bacio a mio padre,che praticamente mi costrinse puntando il suo dito sulla guancia,e lasciai che me ne diede uno a me.  «Allora com'è andata dal dottor. Foster?» mi chiese prima di poggiarsi il tovagliolo sulle ginocchia «come al solito» risposi scocciata. Come se non lo sapessi che il giorno seguente non lo avrebbe chiamato per chiedergli se c'erano stati miglioramenti.  «Io e tua madre pensavamo di andare a trovare i nonni negli Hampton » annuii,tanto non stava chiedendo un parere,mi stava solo informando della loro scelta. La casa negli Hampton era stata per anni grande vanto della mia famiglia,i miei nonni ci si trasferirono definitivamente nel 2010 dopo aver messo a carico dell'azienda mio zio,il fratello di mio padre.  «Ascolta,Ev,io e tuo padre crediamo che dovresti tornare a scuola» ci fu qualche secondo di silenzio nel quale pensai a ciò che mia madre mi aveva appena detto «okay» risposi dopo qualche minuto,entrambi alzarono di scatto la testa e mi guardarono  «credo che potrei farlo,cioè,é okay per me.» Il resto della serata la passai aiutando mia madre a sistemare la cucina,a leggere qualche pagina di un libro e a cercare su google 10 modi per riniziare a vivere dopo una perdita. Li leggevo ogni sera,non perché effettivamente avrei fatto ciò che l'articolo diceva,ma soltanto perché non potevo credere che esistesse gente tanto stupida da scrivere cose del genere, da dare conisgli così banali come 'fai un viaggio' oppure 'pratica uno sport che ti faccia scaricare la tensione,a persone che stavano attraversando un momento difficile. Mi preparai per la notte,prima di mettermi al letto inviai un messaggio al mio fidanzato Ricky,scrivendogli che lo amavo e che non vedevo l'ora di rivederlo. Poi mi sdraiai infilandomi sotto al piumone,era caldissimo,ogni sera mia madre metteva una borsa dell'acqua calda ai piedi del letto per farlo riscaldare,in qualche minuto mi addormentai.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


Index
Index
*Sono veramente dispiaciura da come scritta la storia,ovvero tutta così appiccicata,temo di aver sbagliato qualcosa con l'HTML ma non so davvero cosa,cercherò di risolvere nei prossimi capitoli.
(Inizio) Un paio di giorni dopo tornai a scuola,pensavo che al mio rientro mi avrebbero guardata tutti,che avrei sentito sussurri vari al mio passaggio,ma non successe nulla di tutto ciò,forse mi ero sentita troppo importante,come se tutti pensassero a me. Andai al mio armadietto,ci misi dentro i libri e la borsa,quando lo chiusi davanti a me c'erano Piper e Abbie  «Non posso credere ai miei occhi!» Piper era mia amica fin dai tempi dell'infanzia,amica di famiglia,eravamo cresciute praticamente insieme.  «Come stai?» Abbie invece la conobbi quando avevo 13 anni in campeggio,ci legai da subito così che la feci conoscere a Piper e diventammo il trio PEA. Mi accompagnarono fino in classe,sapevo che lo avevano fatto solo per riempirmi di domande,ma infondo come biasimarle? La loro migliore amica era sparita per due mesi così di punto in bianco. Mio padre aveva incontrato Piper con la madre al supermercato qualche settimana prima e le aveva detto che ero andata a fare un corso che mi avrebbe preparato per l'università,sapevo che non aveva detto la verità. Dire che tua figlia diciottenne é depressa e non esce di casa dev'essere duro,sopratutto perché dicendolo ad alta voce lo stai anche ricordando a te stesso,mentre se te lo tieni dentro capace anche che ci pensi per 10 minuti al giorno massimo. Comunque la giornata a scuola fu molto tranquilla,neanche i professori dissero niente sul mio ritono,ma sapevo che mio padre aveva comunicato ogni mio problema alla scuola e così si comportarono come se non fosse successo nulla anche se in realtà sapevano tutto. Abbie mi diede un passaggio fino a casa,aveva una bella automobile,anche a me,prima,sarebbe piaciuto avere la patente per poter avere l'indipendenza che volevo. Quando rientrai a casa c'era un silenzio piacevole,mi tolsi le scarpe e lasciai la borsa a terra dopo di che andai in cucina per preparare qualcosa da mangiare. Index
Mi feci un panino e lo mangiai davanti alla televisione,ne guardavo poca e in quel momento dopo aver visto un programma su come le modelle si tenessero in forma,mi ricordai il perché. Dopo aver finito il pranzo salii in camera e mi feci una doccia,asciugai i capelli e in fine mi misi dei jeans,una felpa e delle converse. Aspettai la chiamata di mio padre,oggi era il giorno dello psicoterapeuta e mio padre ci teneva ad accompagnarmi,solo per assicurarmi che io ci andassi,come se non lo avesse scoperto subito se avessi saltato qualche seduta dato lo stretto contatto tra i due. Mi sedetti sulla poltrona nera del dottor.Foster «Allora,Evelinee com'è andato il ritorno a scuola?» ecco appunto,quello che vi dicevo. «Normale» sputai quella risposta quasi scocciata della domanda,ed eccola li,di nuovo la filosofia sul dolore. L'avevo sentita almeno una ventina di volte ma a lui piaceva così tanto che non lo interrompevo mai. Dopo la seduta tornai a casa,i miei genitori avrebbero cenato fuori,mi lasciarono un piccolo bigliettino sull'isola della cucina. Decisi di mangiare sul retro,c'era un piccolo tavolino con delle lucine simili a quelle che si usano per addobbare l'albero di natale. Cucinai delle verdure e della carne,presi anche un bicchiere di vino,che tra l'altro detestavo e non potevo bere a causa degli psicofarmaci,ci avrei appoggiato la bocca e il resto lo avrei buttato. Mi gustai la cena,la sera si stava benissimo fuori,stava arrivando l'estate e la sera si cominciava a stare bene. Entrai per prendere una coperta,una di quelle di pile che mia madre metteva sempre sopra a mio padre quando si addormentava in poltrona,riuscii fuori e me la misi sulle spalle. Guardai il bicchiere di vino,ne avevo bevuto un bel po senza nemmeno accorgermene. Portai le gambe al petto,rannicchiandomi su di esse,le strinsi con le braccia e ci poggiai la testa,rimasi così per qualche minuto prima di addormentarmi.  «Evelinee» mi svegliai di colpo «Evelinee» girai la testa per cercare qualcuno che avrebbe potuto dire il mio nome «Evelinee vieni da me» afferrai la coperta e il cellulare ed entrai in casa impaurita e cercando di fare il più infretta possibile. Mi sedetti con la testa tra le mani,
cercando di capire cosa fosse appena successo,diedi la colpa al vino che mischiato con le medicine,da quello che avevo sentito dire,poteva dare allucinazioni. Presi il telefono ed andai in camera mia,accesi il computer,controllai le email e successivamente presi un libro,quello che mi aveva regalato Ricky che era uno dei miei preferiti. Aprii la finestra,in camera avevo un grande terrazzo che si affacciava sul retro,avevo posizionato un piccolo divanetto e due poltroncine con un tavolino che le divideva,era molto rilassante sedersi li. Fu quello che feci,sedermi li,rilessi ancora una volta,ad alta voce,il mio passo preferito di quel libro: Non credo che la vedrò mai più. Non la potrò mai più vedere, sentire, toccare, abbracciare, ascoltare; non riderò più con lei, non aspetterò il rumore dei suoi passi, non sorriderò sentendole aprire la porta, non incastrerò il suo corpo nel mio, il mio nel suo. -Julian Barnes  «Evelinee» sentii ancora quella voce,chiusi di scatto il libro,d'istinto mi alzai e mi affacciai per vedere al disotto della terrazza «Evelinee vieni da me» questa volta la voce fu più nitida,un brivido percorse tutto il mio corpo e cominciò a tirare un vento freddo  «Evel non avere paura» il libro mi cadde dalle mani,le lacrime mi segnarono il viso,non avevo paura,sapevo che sarebbe tornato da me. Era la sua voce,la voce che mi aveva dato così tanti consigli,la stessa voce che mi consolava quando piangevo,la stessa voce che tanto avevo amato e odiato,la sua voce,la voce di Ricky.

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