Love is what you feel

di Bruna_mars
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nice to meet you, glad friend ***
Capitolo 2: *** I don't trust your kiss ***
Capitolo 3: *** Fakely us/ Con finzione noi ***
Capitolo 4: *** Hiding / Nascondersi ***



Capitolo 1
*** Nice to meet you, glad friend ***


 
Capitolo 1
 
Nice to meet you, glad friend Alice
 
 
 
 
È un piacere conoscerti, felice amica Alice
 
Getting to know someone for yourself is better than listening to other peoples opinions on someone.
 
-     Anonimo
 
 
Quando entro nella stanza della piccola Sofia, mi rendo conto di quanto la mia famiglia sia diversa dalla sua. Lei vive nell’oro, negli agi e nelle possibilità. In un piccolo appartamento della periferia, minuscolo per una famiglia così grande. Odio dovermi lamentare delle mie condizioni, ma da quando papà è scappato ce la caviamo malissimo. Mia madre lavora come segretaria la mattina, mentre nel pomeriggio fa alcuni lavoretti come signora delle pulizie o come baby-sitter per i bambini dei vicini, mentre io ho iniziato a fare le pulizie a casa di una delle amichette di mio fratello Alfi. Ormai sono di casa, da un anno a questa parte lavoro qui e ne sono contenta. Mi pagano abbastanza bene e mi chiamano anche per fare da baby-sitter alla bambina, a cui ora sono profondamente legata.
La famiglia di Sofia è una delle più facoltose della città: il padre è il direttore di una fabbrica di bambole molto prestigiosa, mentre la madre era una famosissima modella in gioventù, mentre ora organizza eventi di moda esclusivi nelle città meno alla mia portata del mondo. La settimana scorsa è stata a Tokyo, la prossima chi lo sa. Magari a Londra, a Parigi, a Milano. Città che io non ho mai visitato e che mai visiterò. Sospiro e mi metto al lavoro.
Sofia è una bambina dolcissima, ma sa essere molto disordinata. Vengo qui tre pomeriggi a settimana, mi trovo a pulire un’enorme villa e la stanza di Sofia è quella in cui impiego più tempo. Sistemare i vestiti nell’armadio, piegarli, mettere a lavare quelli che ne hanno bisogno, fare le lavatrici, sistemare i giocattoli, la scrivania ed il comodino. E poi, dedicarmi al resto della casa. Sul letto della bambina, ci sono circa una decina di panni che costeranno più di tutto il mio povero outfit. Indosso semplicemente un paio di jeans strappati da me (tanto per seguire la moda), una t-shirt vecchia e rovinata di mia madre ed un paio di converse che ho dal terzo anno del liceo. I capelli, forse troppo lunghi, sono legati in uno chignon davvero disordinato e le mie mani piegano abilmente tutti i vestiti, per poi passare al pavimento. Alla fine, mi diverte sistemare. È quasi diventata un’ossessione, per me.
“Ciao Ali!” Esclama Sofia, entrando nella stanza. Mi abbraccia e mi sorride contenta. Di solito è di umore cupo, visto che a soli nove anni litiga in continuazione con i suoi genitori per capricci che considero inutili.
“Ehi Sofi, come va? Come mai così contenta?”
“Domani torna Paolo. Sono contentissima!”
“Che bello, sono contenta per voi.”
Paolo è il fratello di Sofia. Ha una ventina d’anni e vive e studia a Londra, come poi tutti si aspetterebbero da una famiglia del genere. Viene in Italia qualche volta all’anno, forse a Natale per non far spostare i nonni, a Pasqua e a Luglio per trascorrere le vacanze con i suoi genitori. Le altre volte, sono i suoi familiari che lo raggiungono. Non lo conosco personalmente, durante quest’anno non ne ho avuto l’occasione.
Lei saltella felice, dopo aver aperto la finestra che dà sul bellissimo giardino della loro tenuta. Poi si gira e mi dice: “Mamma ti ha detto di rimanere a cena, questa sera?”
“No, piccola.” Rispondo, mentre prendo il cesto dei giocattoli per rovesciare dentro tutte le bambole ed i puzzle buttati a terra. Sofia ricomincia a saltare: “Beh, rimani. Ha detto che loro hanno una cena.”
“Cavolo.. questa sera ho un impegno…” Sussurro io. Lei non sembra prenderla bene: “Dai, Ali! Ti prego.. altrimenti chiamano Sasha ed io la odio!”
Sasha è la baby-sitter numero due che chiamano per le emergenze, quando io non posso o quando sono impegnata in qualche altro lavoretto, come la spesa alle mie vicine di casa anziane.
“Tesoro, ne parlo con tua mamma e vedrai che prenderà la giusta decisione. Questa sera proprio no.” Dico io. È il compleanno di Marta, la mia sorellina di tre anni e non ho intenzione di perdermelo. Marta è nata quando la crisi di mamma e papà era all’apice. Dopo la sua nascita, papà ha cominciato a non tornare a casa la sera, a fare tardi o peggio ancora a scordarsi di prendere mio fratello da calcio o mia sorella Lisa dall’oratorio. Così, la piccola Marta è cresciuta senza la vera e propria presenza di nostro padre ed io e mamma abbiamo sempre fatto di tutto pur di non farle mancare l’affetto necessario. Lo stesso vale per i miei altri fratelli.
Alfi ha nove anni ed un sorriso adorabile, gli piace il calcio e da quando non può più frequentare i corsi per questioni economiche, ha cominciato ad andare sempre più spesso al parco vicino la chiesa, dove può liberamente giocare a calcio. Ha appena nove anni, ma è sveglio ed attento. Poi c’è Lisa, che ha tredici anni ed una ribellione continua. Da quando papà è andato via, ha sempre cercato di darci una mano con i soldi, mettendo da parte qualcosa, ma io e mamma ribadiamo in continuazione che quei soldini sono per lei e non per noi. È estremamente generosa e disponibile con tutti. Si vede che questo aspetto lo ha sicuramente preso da nostra madre Ambra.
“Alice! Oh, Alice! Eccoti. Allora, Sofi ti ha parlato della proposta?” La signora Trovati si affaccia alla porta della grande stanza rosa e Sofia le risponde subito: “Dice che non può!”
“Caspita, sei sicura, Alice?” Si preoccupa la signora Lucia.
Annuisco, dispiaciuta: “Purtroppo, ho davvero problemi a rimanere questa sera. Mi spiace.”
Lo dico mentre accarezzo la testolina di Sofia, ormai già imbronciata.
“Beh, fa nulla, dai. Chiameremo Sasha.” Annuncia la mamma. Sofia storce la bocca e la sento irrigidirsi.
“Sasha no!”
“Non fare capricci, cara.” Le dice sua mamma, con tono severo. Sofia tace per poco, poi ricomincia a chiacchierare: “Mamma, invitiamo Ali a cena la prossima settimana? Così conosce Paolo!”
Non penso che questa sia una buona idea. Passare in armonia serate con gente di questo rango mi ha sempre messo a disagio. L’anno scorso, ho partecipato ad una cena di beneficenza organizzata dalla signora Lucia Trovati e l’imbarazzo era colossale: ero circondata da individui che avevano un reddito annuale che raggiungeva le stelle e che continuavano a domandarmi e domandarsi cosa ci facessi io lì in mezzo. In realtà, ero lì per controllare Sofia e le sue due amichette, ma alla fine la signora Trovati mi iniziò a presentare a pezzi grossi della società e la situazione più imbarazzante della mia vita ebbe inizio.
“Assolutamente, devi essere presente! Se vuoi dillo anche a tua mamma, adoro sempre fare due chiacchiere con lei. E porta i bambini!” Esclama contenta la signora Trovati, prima di rispondere ad un’ urgente chiamata.
La possibilità che mia madre si presenti ad un’occasione del genere è minima: lavora tantissimo e quando torna a casa è distrutta.
“Vi faccio sapere. Dai, vai a giocare fuori che ora devo finire di sistemare.”
 
 
**
 
Appena tornata a casa, la piccola Marta mi salta addosso. Credo che non veda l’ora di vedere il nuovo regalo. Io le sorrido e la stringo forte a me, per poi entrare trionfante nel salotto. Alfi e Lisa stanno giocando a carte.
“Allora bimbi, che si dice?”
“Che non sono una bimba.” Dice Lisa, sprezzante. Poi mi sorride e io alzo gli occhi al cielo. Poso Marta sul divano e comincia a raccontarmi della sua giornata: “I miei amici mi hanno fatto un disegno. Ognuno gnuno! Tanti disegni per Marta!”
“Si dice Ognuno Uno.” La corregge Alfi, che intanto è corso a prendere le tovagliette per apparecchiare. La nostra casa è abbastanza piccola. C’è un grande salone, l’unica stanza ampia, in cui a lato si trova un angolo cottura, al centro un vero e proprio sofà ed un tavolino per mangiare e dall’altra parte un lettino che viene utilizzato da Alfi. I suoi giocattoli ed i suoi libri sono felicemente ordinati su un piccolo scaffale vicino al televisore, mentre i suoi vestiti si trovano in due cassetti nella stanza di mia madre. Poi, io condivido una stanza con Lisa. C’è un bagno e la camera da letto di mamma, dove dormono insieme lei e la piccola Marta in un lettino a parte, visto e considerato che mamma vuole abituarla a dormire sola. Mamma sta mettendo da parte dei soldi per permetterci una casa un tantino più grande, visto che in cinque questa casa è invivibile.
“Bravo Alfi. Dai, Marta, aiuta Alfi con i tovaglioli.” La bambina dalle ciocche dorate salta dietro al fratello e lo aiuta con grande piacere. Apro il frizzer, dove abbiamo lasciato la torta gelato per festeggiare la piccolina e chiamo Lisa. Stanca, mi raggiunge e chiede: “Che c’è?”
“Non abbiamo le candeline. Fai un salto dal cinese qui sotto.” Le do tre euro che mi sono rimasti in fondo al portafoglio e, contro voglia, si infila le scarpe e scende in strada. Io mi metto ai fornelli. Mamma dovrebbe arrivare per le otto e mezza. Stasera pollo e patatine fritte. Mi metto al lavoro, mentre la radio passa “Wake me up before you go-go” e così sia io, sia Marta cominciamo a scatenarci. Io mentre apro il frigo, lei mentre se ne sta dietro al bancone della cucina, in attesa dell’arrivo di mamma.
“Before you you..” canta lei, facendo confusione con le parole. Ridacchio e mi unisco a lei, cercando di spiegarle quale siano le parole corrette.
“Fate piano!” Mi dice Lisa, avvicinandosi. Da quando è ufficialmente in vacanza, dopo gli esami di terza media, vuole il massimo silenzio.
“E smettila di fare la noiosa.”
“Senti, ti devo parlare.” Mi dice, nervosa. Così, mi volto verso di lei, mentre le patatine friggono. Lisa mi sembra così indifesa, a volte. Sia io, sia mamma siamo poco presenti ed ho paura che questo la indebolisca ancora di più.
“Dimmi.” Marta raggiunge il fratello nella nostra stanza e così, Lisa finalmente si confida.
“Sai, c’è un ragazzo..” Sussurra. Io le sorrido maliziosamente e lei mi dà una bottarella sul braccio. Scoppio a ridere, sinceramente divertita dalla sua reazione.
“E allora?” La incito a parlare e Lisa mi rivela: “Beh, mi ha chiesto di uscire, l’altro giorno. Ma io devo tenere i bambini.. ecco, non è che un giorno della prossima settimana puoi tornare a casa prima?”
Le sorrido dolcemente ed annuisco. A causa mia e di mamma, ma prima ancora di papà, è costretta a rimanere buona parte della settimana con i piccoli, lei che è proprio in procinto di entrare al liceo ed ha bisogno di stimoli verso il futuro. E così, non me la sento di dirle di no. Cercherò di fare le commissioni per la signora Dana nella mattinata del giorno stesso.
“Grazie, sorellona.” Mi abbraccia forte e la stringo. Profuma di buono e di dolcezza.
Quando arriva mamma, ceniamo in tranquillità. Marta è contentissima della bambola che le ho portato. I signori Trovati mi hanno fatto un forte sconto e ne sono felice, so come Marta vada pazza per questi generi di regali. Il suo sorriso gaio mi ricorda quando ricevevo regali anche io. Mi rendevano la bambina più sorridente del vicinato.
Mamma chiacchiera tranquillamente, parlando di alcuni divertenti aneddoti della sua giornata, Alfi invece le racconta di come abbia vinto una partita facendo un goal dell’ultimo secondo, mentre invece Marta non riesce a togliere gli occhi di dosso alla sua bambola bionda, come lei. Tutti noi abbiamo i capelli biondi, perché sia mamma sia nostro padre li hanno così. Solamente che io e Marta abbiamo gli occhi blu di papà, Lisa li ha marrone scuro, come la mamma ed Alfi li ha verdi come la nonna materna. Siamo una famiglia varia e diversa. Diversa ma felice.
 
**
 
“Bene, Sofi, mi raccomando, comportati bene. Mi dispiace di averti avvisato all’ultimo, Alice, ma nostro figlio è scappato ad una delle rimpatriate di vecchi amici e non ce la sentivamo di dire di no. Noi torniamo per l’una, ti abbiamo preparato il letto nella camera degli ospiti. Mi raccomando, Sofia a letto alle undici massimo. Prima il solito, poca televisione, bagno, cena e magari falle leggere qualcosa, ultimamente fa poco e niente. Grazie, tesoro. Comportatevi bene.”
Quando la signora Trovati esce, io e Sofia ci lanciamo sul divano. So come i suoi genitori siano severi con lei, vogliono che viva una vita felice anche senza oggetti elettronici e questo è sicuramente qualcosa che va premiato. In realtà, Sofia ha talmente tante cose da fare nella sua lussuosa casa che non ne sente la mancanza. Inizialmente giochiamo insieme in giardino, dopo poco ci chiudiamo in casa e cominciamo a spettegolare su qualsiasi cosa. Prendiamo qualche rivista della signora Lucia e comincio a leggere: “Brad, un matrimonio crollato.”
“Mamma è fissata con Brad. Papà le dice che è matta.” Commenta Sofi divertita. Io ridacchio: “Beh, Brad Pitt è molto bello, non trovi?”
“No, troppo vecchio per me.” Aggiunge, girando pagina. Poi mi comunica: “Zayn sarebbe meglio per me..”
“Beh, sempre un po’ grandino, non trovi?” Scoppio a ridere. Sofia sembra avere un’ossessione per quel cantante, il che mi ricorda di come io invece ero fissata con Britney Spears ed ora nessuno la ricorda più. Scrollo le spalle e Sofia mi spiega: “Sai, io con Zayn ho solo quindici anni di differenza. Potremmo metterci insieme quando io ho vent’anni e lui trentacinque.”
“E tua mamma cosa dice di tutto questo?”
“In realtà ancora non lo sa..” Bisbiglia lei. Io scoppio a ridere di conseguenza. Stare con Sofia è sempre un piacere, al di là del pagamento e delle ore di sonno perse. Dopo poco ceniamo ed alle undici chiudo la porta della sua stanza, promettendole che sarò sveglia nella stanza accanto per quando ne avrà bisogno. Così, entro nella camera che la signora Lucia mi ha preparato e sistemo lo zainetto con le mie cose. Ho portato il pigiama ed un cambio veloce. Prima afferro il mio telefono e scrivo un messaggio a mamma.
La rospetta è a nanna. Adesso vado anche io. Baci a tutti.
Lei mi risponde e dopo aver letto il suo augurio di buona notte, decido di farmi una doccia. Controllo Sofia e dorme fragorosamente. L’estate le fa quest’effetto. E così, senza problemi e difficoltà, entro nella doccia.
Inizialmente tutto va bene e comincio a canticchiare, ma ad un certo punto, sento uno strano rumore provenire da fuori. Spaventata, decido di uscire dalla doccia. Mi avvolgo nel primo accappatoio che trovo ed afferrò il phon nello scaffale. Con passi lenti, esco dal bagno ed attraverso il corridoio. Quando arrivo in salotto, noto una figura di spalle. La prima impressione che ho è quella di terrore. Non so cosa fare, con un phon non ci faccio nulla. Sono immobilizzata, ma poi decido come usarlo.
“Fermo o te lo do in testa!” Esclamo, esasperata. I miei capelli bagnati cadono lungo le spalle, mentre le mie mani sono tese in avanti. La figura sobbalza e si volta. Davanti a me, trovo un ragazzo muscoloso ed alto, capelli neri ed occhi di un verde meraviglioso. La sua espressione sorpresa mi lascia quasi sconvolta. Non sembra spaventato, né tanto meno un folle pronto a far fuori me e Sofia. Quando fa un passo verso di me, mi allontano di circa cinque passi ed urlo: “Non ti avvicinare! Ho fatto karate!”
“Se avessi fatto karate, non saresti saltata così all’indietro. E comunque, qui dentro, io ci vivo.” Mi dice, un po’ seccato dalla scenata che ho appena fatto. I miei occhi, sconvolti, sono incatenati ai suoi, mentre mi guarda con un’aria di sufficienza.
“Oddio.. Oh.. tu sei..?”
“Sono Paolo. Abito qui. Non è che abbasseresti quel fono? Mi inquieta.” Dice, ridacchiando. Il suo atteggiamento sembra essere completamente cambiato. Lentamente, abbasso l’aggeggio, senza perderlo di vista. Ho fatto una figuraccia grande quanto un casa.
“Caspita, io.. noi… non ti aspettavamo per.. insomma, per quest’ora.” Lo informo. Cavolo, le mie rimpatriate durano fino alle quattro di notte e sono una ragazza che odia uscire, in particolare se si va in discoteca.
Scuote la testa, un po’ contrariato: “Avevo mal di testa. Beh, non sei niente male, ma ti vestiresti?”
Solo ora mi rendo conto che addosso ho solamente un accappatoio, che lascia intravedere anche qualcosina.
“Oltretutto, è il mio accappatoio.”
“Oddio, scusa, lasciami spiegare..”
Ma Paolo sembra tranquillo: “Ma no, figurati. Anzi, se vuoi rimani così.”
Sulle sue labbra sottili si viene a creare un sorriso smaliziato ed io mi sento subito imbarazzata: “Vado a cambiarmi.”
Mi volto e dal corridoio appare la testa pimpante della mia cara amica Sofia. Vorrei sotterrarmi. Chissà come potrà viaggiare la sua testolina.
“Sofi, scusami, pensavo fosse un ladro e…”
“Con il phon?” Mi chiede, alzando le sopracciglia. Guardo il fono e mi viene quasi da ridere. Annuisco e lei mi sorride divertita.
“Sorellina!”
Sofia corre tra le braccia del fratello e si stringono felicemente. Lei se lo sbaciucchia e poi annuncia: “Lolo, lei è la mia felice amica Alice. Fa la mia baby-sitter.”
Paolo mi lancia uno sguardo indecifrabile e poi sussurra, come se nella stanza ci fossimo solamente io e lui: “Beh, piacere di averti conosciuto, felice amica Alice.”

 

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Capitolo 2
*** I don't trust your kiss ***


Capitolo 2

 

I don’t trust your kiss

 

It’s easier to give a kiss that to forget it

 

È più facile dare un bacio che dimenticarlo

 

-Anonimo

 

La porta della mia stanza si apre lentamente e sento dei passi quieti ma sicuri irrompere. La finestra è aperta e lascia entrare una gentile aria che accarezza il mio corpo scoperto, considerato il pesante caldo che distrugge le nostre povere notti. Alzo lo sguardo e ciò che vedo non può che farmi piacere. Paolo è davanti a me, appena seduto sopra il letto, mentre le sue iridi sono incatenate alle mie, mentre il suo sorriso magnetico mi ha ormai fregata. Gli faccio spazio e si sdraia accanto a me. Indossa un paio di boxer neri ed una canottiera color grigio chiaro che lascia però in bella vista i suoi meravigliosi muscoli appena accennati. Mi piace. È bello, ha dei lineamenti che mi ricordano vagamente James Franco e, con questa impressione, lo abbraccio a me nel tepore della notte. Mentre la luna si affaccia dalla finestra per guardarci, lui si sporge e sfiora le mie labbra con quelle da me tanto agognate e così, un bacio casto e fedele si trasforma in qualcosa che va oltre il lecito ed il proibito. Il suo è un sapore buono ed adorabile, mentre stringo tra le mie mani i suoi capelli brizzolati, di quel colore più scuro della notte. Ricambia dolcemente, tenendomi tra le sue braccia ed accarezzandomi con una tenerezza tale mai raggiunta da nessuno, fino a questo momento. Sorrido, tra un bacio ed un altro, felice di un momento così intimo, così per noi. Ormai ansimanti, ci guardiamo per qualche secondo negli occhi e l’unica cosa che esce dalla sua bocca, con quelle labbra così delicate e graziose è un: “Che fai, non posi il phon per i capelli?”

Strabuzzo gli occhi e la sua figura svanisce, come anche il colore notturno penetrato dalla finestra illuminata dalla luna. Svanisce ogni sogno, ma non il ricordo e così, mi alzo rapidamente dal letto. Non riesco a credere di aver fatto un sogno del genere. Paolo. Quello stesso Paolo che ho sognato la notte scorsa. Il phon. Mi guardo intorno. Ho lasciato il phon proprio sul comodino accanto a me. Incredibile. Mi sfioro i capelli e sono terribilmente gonfi. Ieri sera, non ho avuto il coraggio di terminare la doccia iniziata e così sono andata a letto con i capelli bagnati. Sono senza speranze.

Trovo da qualche parte la mia dignità, mi vesto con il cambio che ho portato con me e vado in cucina. Tutti dormono, così decido di affogare alcuni sogni improponibili facendo il caffè. Lo lascio nella caffettiera, in modo che sia un po’ caldo quando lo berranno i padroni di casa. Prendo i biscotti dallo scaffale ed i cereali. Dal frigo, afferro il latte ed il succo. So che la piccola Sofia muore per il succo.

Così, mentre addento uno dei biscotti, sento la porta della cucina aprirsi. Spero vivamente che sia la signora Lucia o il signor Cosimo, ma niente di tutto ciò. Davanti a me, trovo la figura di Paolo. Occhiaie profonde, capelli disordinati ed occhi rossi dal sonno o da una canna. Quando lo vedo, in soli boxer, mi volto verso la cucina.

“Ops.” Dice lui e sento che in questo momento ha proprio quel sorrisino fastidioso che lo caratterizza. Mi porto la tazza di caffè alle labbra e continuo a riflettere nel mio silenzio.

“Allora, dormito bene?” Chiede lui. Annuisco, un po’ distratta e poi chiedo: “E tu?”

“Tutto bene. Certo, il letto è un po’ duro e troppo grande per una sola persona.”

Pronunciate quelle parole, mi strozzo con il sorso di caffè che sto mandando giù. Cosa caspita intende con queste parole? Paolo scoppia a ridere, divertito dalla mia reazione.

“Cosa c’è da ridere?” Esclamo io, evidentemente alterata dal suo modo di prendermi in giro. Mi volto verso di lui e punto ai suoi occhi. Scuote la testa: “Niente, sei divertente.”

“Cosa è divertente?” Chiedo, un po’ stizzita.

“Sei così pura.” Non so come, ma si trova ad appena qualche centimetro da me e mi sfiora delicatamente la gota destra. Mi volto di nuovo verso il lavello e mi scosto: “Non è una motivazione valida.”

“Non tutto ha una motivazione valida.”

“Invece sì.”

“Non credi, dunque, al mistero? Alla magia?” Chiede lui, in un soffio.

“Non credo in niente che non sia cosa reale. Dunque, no, non credo nella magia.”

“Ti ricrederai. Viviamo magia tutti i giorni. Io potrei dimostrartelo.”

Scoppio a ridere, anche se non so dove trovo questa sfacciataggine.

“Non ho tempo per queste sciocchezze.”

“Non lo sono.” Sussurra Paolo, mentre i suoi occhi sono vorticosamente su di me. Ho quasi paura di alzare lo sguardo dalla finestra per timore di dover trovare un motivo per non guardarlo. È un ragazzo bellissimo, ha dei capelli soffici ed un modo di fare davvero attraente, ma è assolutamente fuori dalla mia portata. Insomma, senza lavorare, guadagna al giorno ciò che io guadagno in due mesi.

Riesco a fuggire questa conversazione ambigua quando nella stanza entra la signora Lucia, avvolta in un’elegante vestaglia. Le rivolgo un sorriso intimidito, ma la sua attenzione ricade sul figlio: “Screanzato, abbiamo ospiti e te ne stai in cucina, senza maglia!”

“Mamma, ho ventisette anni, potrò fare un po’ come voglio?” Chiede Paolo esasperato. Io intanto, mi godo la scena di un sano litigio tra madre e figlio. Io e mamma non litighiamo mai, se non per cose tremendamente serie, come i pagamenti, le bollette e cose che riguardano i bambini.

“Ti ho detto di andarti a vestire. Sei sotto il mio tetto e fai come dico io.” Annuncia lei e Paolo si avvicina alla porta della cucina per uscire. Schiocca un bacio sulla guancia della madre e dopo, si volta verso di me. Non so se l’ho immaginato o meno, ma mi fa un occhiolino simpatico, si volta e se ne va, probabilmente nella sua stanza. Così, io e la signora Lucia rimaniamo sole.

“Sei stata un tesoro a preparare la colazione, davvero. Non dovevi.”

“Ma si figuri..” Le rispondo, sorridendole.

La piccola Sofia entra contenta e mi abbraccia: “Giorno, amica.”

“Giorno. Dai, mangia i biscotti. E lì c’è il succo.”

La bambina si siede e così, inizia a raccontare: “Sai, mamma, ieri sera, quando Paolo è rientrato..”

“.. Ha fatto rumore. E ci siamo svegliate.” Concludo io. Ho paura che la signora Lucia prenda male la cosa accaduta la sera prima e se la prenda con Paolo e poi con me.

Sofia mi guarda sconvolta: “Ma, in realtà, Ali..”

“Io ero ancora sveglia. Quindi, solo Sofia si è ufficialmente svegliata.” Spiego, mentre la signora Lucia mi guarda assolutamente coinvolta nel racconto. Si siede accanto alla figlia e le accarezza i capelli scuri.

“Beh, quel caprone di tuo fratello fa sempre troppo rumore.” Schiettamente, descrive suo figlio.

“E niente, alla fine siamo tornate a letto. Vero, Sofi?” Domando, cercando lo sguardo della bambina. Uno sguardo basta per convincerla a tacere. Dopo, scoppia a ridere.

“I tuoi capelli! Sono esilaranti!”

“Meglio che fai silenzio, Sofia Lucia. Sai bene che neanche i tuoi sono il massimo. Non commentare.” La sgrida la madre. Io faccio un piccolo sorriso e finisco di mangiare il mio biscotto.

Lucia, poi, dice: “Tesoro, hai bisogno di un passaggio a casa?”

“No, guardi, prendo i mezzi.” Mi dileguo. Non voglio approfittarne.

“Ma mi rifiuto! Ti accompagno io stessa.” Si propone.

“Ma no, davvero. Non voglio essere di disturbo.” Mi alzo da tavola. Ma, con grande fastidio, sento una persona quasi venirmi addosso: “La accompagno io.”

A parlare è stato Paolo. Mi giro verso di lui.

“Paolo, quando crescerai? Ti sembrava il caso di correre? E tu hai ben altro da fare qui, in città.” Ciò che percepisco è un segreto che viene custodito nell’occhiata ammonitrice della signora Trovati, nell’irrigidirsi di Paolo e nell’abbassare lo sguardo della piccola Sofi, che intanto fa finta di non stare nella stanza e di non conoscere ciò che la famiglia tiene tanto nascosto. In un primo momento, faccio finta di nulla, ma poi, infastidito, Paolo risponde alla provocazione della mamma e annuncia: “Posso fare benissimo entrambe le cose. Preparati, Alice, tra dieci minuti usciamo.”

 

**

 

In macchina, cala un silenzio totale. In radio gli DNCE suonano a volume altissimo, mentre io canticchio felice. Sono una band fantastica ed inoltre, c’è anche Joe Jonas, l’idolo della mia infanzia ed adolescenza. Muovo lentamente la testa, mentre la mia bocca parte e segue parola per parola la voce meravigliosa di Joe. Mentre canto beatamente, il signorino Trovati prende e cambia stazione radio. Mi giro a guardarlo, contrariata, e cambio ancora una volta. Per ripicca, lo fa anche lui e così, almeno quattro o cinque volte. Sospiro e mi rassegno.

“Sappi che lo faccio solamente perché la macchina è la mia.” Specifico.

“Ci mancherebbe, ti senti una roba inascoltabile.” Ridacchia lui.

“Come, scusa? E questa la chiami musica?” Domando sconvolta, mentre suonano le note di un cantante abbastanza sconosciuto. Paolo inarca le sopracciglia e si volta per qualche secondo verso di me, prima di riprendere la guida: “Beh, certo. Joe Jonas è davvero un mito, no?”

Noto l’ironia nella sua voce e dico: “Almeno qualcuno lo conosce.”

“Non bisogna esser conosciuti per far musica buona.” Commenta, un po’ toccato nel profondo. Ridacchio: “Sei uno di quelli?”

“No.” Risponde, fieramente. Scuoto la testa, disperata, e guardo fuori dal finestrino. Il viaggio procede tranquillamente, anche se il traffico ha peggiorato ogni cosa. Mamma mi chiama e, appena rispondo, dico: “Siamo imbottigliati nel traffico.”

“Siamo? Tu e chi?”

“Niente, poi ti spiego. Comunque, sei ancora a casa?”

“Appena uscita. Marta dormiva ancora e Lisa è andata a fare la spesa. Oggi ci sei, a casa?”
“Appena arrivo vado a fare la spesa ad Angela e poi ci sono per tutto il pomeriggio. Ma solo oggi. Domani, Liana mi ha chiesto di tenerle il neonato.”

“Che patatino che è! Bene, io devo entrare. A dopo, amore.”

“Ciao.” Riattacco e Paolo mi guarda interessato: “Quante cose che fai.”

Scoppio a ridere, alzando le spalle: “Niente di che. Lavoretti qua e là nell’attesa di uno fisso.”

Mi giro di poco e mi chiede: “Non ti basta il nostro?”

Mentre me lo chiede, le sue iridi assumono una sorta di consapevolezza che non lascerà più il suo volto. Ha la fronte corrucciata ed osserva un punto davanti a sé. I suoi capelli mossi ricadono dolcemente fino a poco prima la fine del collo e vengono continuamente spostati dalla piacevole aria che arriva grazie ai finestrini abbassati. Evito di rispondere alla sua domanda, non voglio che mi compatisca e non voglio che mi faccia altre domande del genere. Credo che lo capisca e così, mentre il traffico ci impedisce di proseguire, mi annuncia: “Senti, devo fare un salto dalle tue parti, non è che verresti con me? Poi, ti riporto subito a casa.”

La sua richiesta mi disturba un po’ e mi sconvolge, ma le sue iridi così preziose mi portano ad annuire senza dover aggiungere niente di più. E così, con un mezzo sorriso sulle labbra, mi giro, vergognosa, verso il mio finestrino e nel silenzio, la macchina procede.

 

**

 

Il luogo dove arriviamo è un bar che si trova a qualche isolato da casa mia. Ogni tanto, ci vengo insieme alla mia cara amica Giada, ma non sempre posso permettermi di spendere soldi così, dunque preferisco fare colazione a casa o, in caso, cucinarci qualcosa di buono. La macchina si ferma all’improvviso, parcheggia e quando spegne il motore, quasi sembra supplicarmi.

“Senti, adesso mi devi fare un enorme favore. Devi solo reggermi il gioco, okay? Annuisci a tutto quello che io dico e fa finta che sia tutto vero. Chiaro?”

“E’ un rapimento?” Domando, divertita.

“No, forse peggio.” Sulle sue labbra si dipinge un disegno malefico e la sua solita occhiata magnetica torna all’attacco.

Scendiamo dalla macchina. Quando ci troviamo davanti al bar, afferra la mia mano, il che mi lascia senza parole. Non faccio in tempo a replicare, perché Paolo apre la porta e mi trascina dentro con sé. L’ambiente è carino e pieno di gente, pronta alla prima colazione. Mi tira con sé e ci sediamo ad un tavolino appartato.

“Mi spieghi cosa succede?” Chiedo, alterata. Non voglio essere osservata o turbata in nessun modo.

“Senti, reggi il gioco. Per poco, okay?”

Non ho occasione di rispondere, visto che accanto a noi, appare una ragazza alta, con i capelli biondi, lunghi fino al sedere e due occhi scuri. È molto truccata ed ha un fisico da paura. Ecco il motivo di tutto questo.

“Ma guarda chi si vede! Polino. Con chi siamo, qui?” Mi chiede, sorridente.

“Mi chiamo Alice.”

“Alice.. mh, Alice, la nuova preda.” Poi scoppia a ridere. Paolo le lancia un’occhiata severa: “Non metterla in imbarazzo.”

“E lei lo sa?” Questa volta, la ragazza alta e carina si rivolge interamente al giovane davanti a me.

“Allora, ordiniamo.”

Paolo la ignora e così, ordina un cappuccino ed un cornetto. Ma abbiamo appena fatto colazione!

“E tu?” Chiede la donna, amareggiata.

“Nulla.” Bisbiglio. Quella se ne va ed io domando, a bassa voce: “E quello?”

“Quello cosa?” Fa anche finta di nulla.

“Quello. La devi far ingelosire?”

“Sei sulla strada sbagliata. Anzi, quando torna, dille che stiamo insieme da un anno.”

“Un anno?”

Annuisce. Prende la mano che ho poggiato sul tavolo e mi tira a sé: “Scusami.”

E dopo questo mi bacia. All’inizio non realizzo, ma poi noto che le sue labbra morbide sfiorano le mie in una danza lenta e desiderosa. Ricambio, anche se un primo impulso mi dice di scostarmi e di andarmene da qui. Ma poi la sua lingua, umida e dolce al punto giusto, apre le porte della mia bocca e così non riesco a dire di no. Il bacio si fa profondo, anche se la posizione è molto scomoda. Paolo stringe la mano che ha nella sua e continua indisturbato. Forse, il bacio più bello di sempre. Ma non gli risparmieranno un bello schiaffo appena fuori di qui.

“Devi fingerti la mia ragazza.” Mi sussurra sulle labbra, poco prima di ricominciare a baciarmi con trasporto. Sono troppo confusa per mettere fine al nostro bacio, dunque cerco di ignorare le sue parole e far finta che non siano mai state pronunciate.

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Capitolo 3
*** Fakely us/ Con finzione noi ***


Capitolo 3
 
Fakely us



 
So close to reaching that famous happy ending, almost believing this was not pretending
-     Come d’incanto, So close


 
 
 
Non riesco a credere di aver accettato questa follia. Davvero non posso. Ma ho troppo bisogno di soldi per pagare le bollette di questo mese che ormai non mi pento di nulla. Sono seduta in una stanza super elegante, al matrimonio di un amico di Paolo. Non so bene il motivo per cui un affascinante ragazzo non abbia una ragazza di per sé e soprattutto, ho cercato di spiegarmi come mai abbia scelto me come sua possibile finta ragazza.
Mi guardo intorno e mi rendo conto di come io sia in imbarazzo. Paolo si è alzato per salutare gli sposi, mentre io me ne sto seduta al tavolino che dovremmo condividere con altre due coppie, suppongo amiche del mio finto fidanzato. Nessuno è ancora venuto a sedersi, dunque me ne sto annoiata a fissare le persone. La sposa è una donna bella e prosperosa e sembra esser stata una delle vecchie fiamme di Paolo, da quello che mi ha detto una ragazza dai capelli rosa che sedeva accanto a me in chiesa. Mi ha raccontato che tra loro è tutto finito da secoli ormai e quindi non mi dovrei preoccuparmi, ma nella mia testa scoppiavo a ridere. Se sapesse che fingo di essere gelosa per avere trecento euro al giorno, non credo che mi racconterebbe più nulla. Lo sposo è un caro amico di Paolo, a sua detta si chiama Elias ed ha vissuto con lui a Londra per più di tre anni. È un uomo alto, forse sulla trentina e sorride come una scimmia davanti alla sua bella. Cavolo, se solo trovassi un uomo che potesse guardarmi a quel modo. Poi, i miei occhi tornano su Paolo e, disgraziatamente, se ne accorge. Così, si congeda e viene a sedersi accanto a me. Inaspettatamente, mi prende la mano e teniamo le nostre mani unite sopra al tavolo, per fare un po’ di scena.
Così, mi torna perfettamente in mente il discorso che ha fatto dopo il bel ceffone che ha ricevuto in faccia, appena usciti dal bar.
 
“Senti, devo dimostrare qualcosa a qualcuno. Ed ora è difficile spiegarlo, perché dovrei metterti a conoscenza di qualcosa che è uno dei miei problemi più grandi ed è il motivo per cui torno ancora a Roma. Te lo dirò. Ma per ora ti basta sapere che devo dimostrare di essere una persona seria, di poter prendermi cura di qualcuno e di poter amare qualcuna. Solo che nessuna mi è mai piaciuta tanto e tu sei proprio una bella ragazza, quindi sarebbe abbastanza credibile. Non dovresti fare chissà cosa, dovrai imparare qualche battuta e recitare, il che non mi sembra ti riesca male. Te ne prego. Ti chiedo scusa per il bacio, ma non ne sono pentito. So che sei l’unica che può aiutarmi. Con il tempo saprò fidarmi di te e confidarti il mio problema, ma fino ad allora mi serve il tuo aiuto. Per favore.”
 
Stringo la sua mano e gli lascio un misero bacio sulla guancia: “Come sta andando?”
Spero che nessuno ci stia guardando.
“Per il momento bene. Dovremo solamente recitare tanto quando saremo circondati da più persone, quindi adesso.” Mi schiocca un bacio sulle labbra, mentre mi maledico per la stupidaggine che ho fatto nell’accettare. Eppure, lo charme di Paolo mi incuriosisce ed il mio stupido cuore può soltanto aiutare più che può.
“Cara Vanessa!” Accanto a me, si siede la ragazza dalla chioma rosa di cui ho accennato sopra. Una ragazza magra, sorridente ed assolutamente elegante che sembra conoscere Paolo da ormai una vita. Le rivolgo un misero sorriso.
“Paolino! Allora, finalmente una ragazzetta eh? Non mi hai detto niente di te. E non mi sono neanche presentata.. che cafona. Io sono Vanessa.”
“Alice, piacere.” Dico io e le stringo la mano. A suo seguito, c’è un alto giovane il cui nome mi pare sia Antonio che deve essere il fidanzato di Vanessa.
“Piacere.” Dico distrattamente. Quando tutti e quattro siamo seduti intorno al tavolo, cerco di evitare le domande troppo personali, come ad esempio “Che lavoro fai?”
Il silenzio nato in quel momento viene rotto dalla domanda di Vanessa, che si dichiara molto interessata alla mia vita. Sorrido gentilmente, anche se dentro di me vorrei morire: “Lavoro per i genitori di Paolo. È così che ci siamo conosciuti.”
Lui mi guarda con un sorriso bello e dolce, anche se so che l’unico motivo per cui mi guarda così è perché tutti ci stanno guardando e perché sto rispondendo bene.
“Ah, sì? E di che ti occupi?” Chiede, sfacciata.
“Beh, un po’ degli affari di casa.” Lascio tutto sul vago, mentre lentamente la conversazione si sposta su un altro argomento. L’infanzia. Tema non toccabile, soprattutto quando stai fingendo di essere la fidanzata di un ragazzo di cui sai poco e niente.
“Cavolo, ne combinavamo io e te, eh, Paolì!” Esclama Vanessa, mentre lei, Paolo e Antonio si mettono a ridere. Annuisco un po’ annoiata quando mi fanno qualche domanda, ma quando si avvicina lo sposo per presentarmi voglio sotterrarmi.
“Da ormai un anno chiedo al mio amico di presentarmi la sua dama, ma niente, ho potuto farlo solo a questo matrimonio! Allora, a quando il vostro?”
Il cocktail portatomi dal cameriere mi esplode in bocca e comincio a tossire, inquieta: “Come?”
“Ma non stressarli, Damià! Non tutti trovano nel matrimonio la risposta giusta!” Mi incoraggia Vanessa.
“Sono giovane.” Spiego.
“Beh, anche la mia Isa ha appena vent’anni, ma si sa, l’amour!” Così, brindiamo e, dopo poco, si cominciano a servire i primi piatti.
Paolo cerca di portare l’attenzione su di noi. Non smette di accarezzarmi i capelli e si tenermi stretta a sé, anche se io non sembro collaborare riccamente a questo suo piano. L’altra coppia seduta al nostro tavolo è amica della sposa e cominciamo a conoscerci. Mi mostro molto interessata, visto che la ragazza davanti a me fa la donna delle pulizie per diverse famiglie. Ad un certo punto, la musica si alza e gli sposi iniziano il loro primo ballo in mezzo al grande salone. Tutte le coppie si alzano, ma io non voglio troppo dare nell’occhio.
“Allora, andiamo a ballare?” Domanda Paolo ed io chiedo, in ansia: “Cos’era quella cosa sul matrimonio?”
Prima sembra confuso, poi scoppia a ridere: “Ma figurati! Damiano è fatto così, non dà tempo al tempo. Lascialo perdere. Dai, andiamo in pista.”
E così, finiamo al centro della sala, a ballare un lento fastidiosissimo, se si conta il fatto che sto ballando con un completo sconosciuto fingendomi la sua ragazza e che ho un paio di tacchi rifilatimi dalla signora Lucia che fionderei dalla finestra all’istante.
Paolo mi cinge la vita con le sue braccia e cominciamo a ballare sulle note di Lost, di Michael Bublé. Cavolo, questa è la mia canzone preferita e la sto ballando con un totale sconosciuto.
 
I can't believe it's over
I watched the whole thing fall
And I never saw the writing that was on the wall
If I only knew
The days were slipping past
That the good things never last
That you were crying
 
Paolo mi stringe a sé e riesco quasi a sentire il suo cuore battere. Sembra un momento romantico e sereno, tanto che non ricordo tutti i debiti che ho, non ricordo i problemi in famiglia, mio padre, mamma ed i miei fratelli. Non penso alla gratitudine per i signori Trovati. Per Paolo e per la somma di denaro che mi dà per quasi nulla. Mi sento così bene tra le sue braccia. Riesco quasi a sentire il mio cuore parlare, dicendomi…
No. Non pensare a queste cose, Alice. Lo fa solo per i suoi affari e tu solo per i soldi. Scuoto la testa e mi lascio andare sulle note di questa meravigliosa canzone. Intravedo gli sposi stringersi ed amarsi, mentre la mia vita si baserà sempre e solo sui soldi, sui problemi, sulla tristezza.
Come se sentisse ciò che sto pensando, Paolo mi stringe ancora di più a sé.
 
'Cause you are not alone
And I am there with you
And we'll get lost together
Til the light comes pouring through
 
“Tu sei speciale, Ali.” Mi sussurra alle orecchie. Lo fa davvero. Mi cerca di consolare. No, nessuno può farlo, neanche lui. Soprattutto non lui. Annuisco distratta, quando mi sciolgo dal suo abbraccio e torno a sedermi.
Stupida, ma cosa ti prende?
Rimane un po’ scosso nella pista, poi esce con qualche amico fuori dalla sala. Io mi lascio andare sulla mia poltroncina. Controllo il telefono e leggo un messaggio di mamma: Ti ha cercata Cesare. Per favore, ricercalo, sembrava importante. Come sta andando la festa?
 
Ovviamente, ho mentito a mia madre e a tutti. Ho detto che andavo ad una semplice festa di una mia amica che lei ed i miei fratelli non conoscono. Mi sento così in colpa. Davvero. Non ho mai mentito alla mia famiglia, sanno tutto di me ed io di loro.
Ti ha accennato qualcosa? Comunque tutto bene qui
 
Sono contenta, divertiti amore. Mi ha detto che è tornato a Roma e vorrebbe rivederti. Tu che ne dici?
 
Cesare in questo momento proprio no. Cesare è stato il mio fidanzato storico. Ci siamo messi insieme per la prima volta quando avevo appena tredici anni e ricordo che la nostra era una meravigliosa storia. Siamo stati insieme per quattro anni, fino a quando la mia famiglia non ha cominciato a sfasciarsi terribilmente. Da quel momento, con la testa me ne stavo da tutt’altra parte. E così, lo lasciai. Ma lui continua da un anno a questa parte a farsi sentire, a chiedere di me, a voler uscire. Non riesce a credere che la nostra storia sia terminata così, ma non siamo più quelli di prima. Ero una bambina. Ora, da donna matura, so di non potermi permettere una storia seria e tantomeno con qualcuno che non mi piace più e che vedo solo come un grande e fantastico amico.
“Ehi, tutto bene?”
Vanessa si siede accanto a me ed io sorrido appena: “Sì, solo un po’ stanca.”
“Oddio, ma sei incinta?”
Scoppio a ridere per la prima volta in tutta la serata e poi aggiungo: “No, ma che dici!”
“Ah, bene.. intendo, Paolo ha già altro a cui pensare no?” Mi fa l’occhiolino, ma io non capisco cosa mi vuole dire. Così, cambio discorso e chiedo invece come lei ed Antonio si siano conosciuti.
“Lunga storia. Alle superiori lo detestavo, era un deficiente che si faceva tutte. Ma tre estati fa l’ho incontrato al mare ed è completamente cambiato. Poi, ora ci amiamo.” Si volta verso Antonio, che si scatena in pista, ed i due innamorati si scambiano uno sguardo celere.
“E tu, con Paolino? Caspita, si vede proprio che vi piacete tantissimo! Da quanto?”
“Un anno.” Dico, come mi ha preparato a parlare Paolo. Mi ha dato un biglietto con scritte le cose principali e ha detto che quando non so cosa rispondere devo un po’ vagheggiare.
“Beh, sembra che state insieme da una vita!” Commenta lei, entusiasta.
“Sì, stiamo davvero bene insieme.”
“Immagino che i suoi abbiano dato di matto quando l’hanno scoperto. E poi la distanza..”
“Beh, in realtà ci vediamo spesso.” Spiego, un po’ maluccio. Vanessa sembra super interessata: “Ah, sì?”
“Sì, lui viene spesso ed anche io a volte viaggio.” Sul vago. Bravissima Ali, svaga.
Paolo mi spunta alle spalle e me le accarezza con le sue mani suadenti. Io alzo lo sguardo e gli lascio un piccolo sorriso. Il mio finto fidanzato poi chiede: “Allora, Vane, vuoi rubarmi la ragazza?”
Lei ride sguaiatamente, mentre io mi do ad una leggera risata nervosa. La giovane dai capelli rosa chiarisce: “Non sono per le donne, anche se penso che siano di gran lunga migliori degli uomini, ma non del mio. A proposito, ho perso Toni, l’hai visto?”
Entrambi scrolliamo le spalle. Lei va a cercarlo ed io e lui rimaniamo così, in silenzio, per il resto della serata.
 
**
 
Sono ormai le tre di notte, io e Paolo ce ne andiamo. Prima, guardo lui e lo sposo abbracciarsi in una stretta fraterna ed agli occhi quasi mi vengono le lacrime per la commozione. Intanto, Isa, la sposa, che sembra trovarmi simpatica, mi viene a salutare: “E’ stato un piacere conoscerti. Spero ci rivedremo.”
Le sorrido dolcemente e passo allo sposo, che mi sussurra: “Prenditi cura delle sue ferite.”
Non comprendo le sue parole, ma, spudoratamente, gli dico che lo farò. Paolo mi prende per la mano e mi trascina fuori dalla sala. In macchina, mi tolgo le scarpe, che mi hanno lacerato i piedi.
“Sei disperata, eh?” Entrambi ci mettiamo a ridere e lui riparte, mentre la notte ormai calata sui nostri capi porta tutti, adulti e bambini a dormire. Guardo fuori dal finestrino e riconosco il Gran Carro. Osservo con attenzione il cielo, fino a quando sento le sue parole: “Tutti hanno pena per me, là dentro.”
Annuisco nel buio, anche se non capisco. È per caso ubriaco?
“Sì, hanno pena. Sono un povero disgraziato a cui è impossibile vedere la cosa più bella che ho.”
Sono confusa, ma il sonno mi porta a confondere le cose. Poi accende la radio e la conversazione finisce. Ma lo osservo, nella luce della luna. Ha un profilo misterioso, uno sguardo penetrante. I suoi capelli sono leggermente sistemati, ma si vede comunque il cespuglio che mi ha colpito la prima volta che ci siamo visti, una settimana fa circa. Non capisco quello che dice, quello che pensa. Ma la poltroncina della macchina sembra il luogo più adatto per addormentarsi, ora più che mai.

​Ciao, everybody! Voglio idee, secondo voi qual è questo graaaaande segreto che Paolo ha dentro? Fatemi sapere! Un bacio a chiunque segua ed abbia recensito la mia storia. Love ya xx

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Capitolo 4
*** Hiding / Nascondersi ***


Capitolo 4
 
Hiding
 
Nascondersi

 
Il paradosso è che si combatte l'ipocrisia, ma si finisce per evitare chi dice la verità.
Claudio Brunelli
 
 
Il giorno dopo, al mio risveglio, sono nella stanza degli ospiti di casa Trovati. La piccola Sofi non sa che sono qui e le farò una sorpresa. Ho detto a mamma che lavorerò tutto il giorno qui, ieri sera. Ma non riesco a credere alla scenata di ieri sera. Paolo mi ha preso dalla macchina. In braccio. E mi ha portato fino all’entrata. E lì, la signora Trovati ci ha aperto e ci ha visto. Io mi sono subito raddrizzata e sono balzata a terra, senza scarpe, ed ho cercato di dare una spiegazione plausibile, ma la meravigliosa signora Lucia, impeccabile come sempre, si è limitata a dirci di andare a riposare, così da parlare il giorno seguente. Ed ora che siedo sul letto in cui da un anno a questa parte dormo spesso, penso a cosa dirle. Non so se ha già parlato con Paolo, ma ne dubito, dunque dovrò trovare una spiegazione assolutamente credibile a questo terribile disastro.
Salve, signora Lucia, in realtà io e suo figlio ci siamo follemente innamorati ed in una settimana abbiamo deciso di fidanzarci, sposarci e fare dei bambini. Che meraviglia, sarà nonna!
Oppure
Io e Paolo ci siamo CASUALMENTE incontrati allo stesso matrimonio, sa, io frequento ambienti importanti, sono una cara amica della sposa e così, zack, dato che ero troppo stanca per tornare a casa ha deciso di ospitarmi e di portarmi in braccio fino alla porta!
 
Non capisco neanche come mai abbia fatto una cosa del genere, comunque.
 
Sorpresa, siamo venute per festeggiare il suo compleanno! AH, è tra sei mesi..?
Scuoto la testa, ma nel mentre la porta si apre e la signora Lucia è lì davanti. Ha i capelli raccolti in uno chignon che le dà un aria più anziana, mentre indossa una meravigliosa camicia rosa ed una gonna nera che le sta d’incanto.
“Posso?” Chiede.
Già è entrata, vorrei rispondere, ma entra e fa come se fosse a casa sua (coincidenze?) “Vorrei parlare di ieri sera.” (Io non credo.)
“Senta, posso spiegarle…”
“No. Paolo mi ha detto tutto. Senti, Alice, io provo per te l’affetto che provo per mia figlia, ma so che mio figlio può essere.. esuberante, alle volte, e sa anche bene fare il fuori luogo. Dunque, se ti farà soffrire, sta certa che gliene canterò quattro. Ma tu sei sicura?”
“Beh, io.. ehm, sì.” Sembro una balbuziente. Ma cosa mi prende!
Lei sembra rilassarsi: “Bene. Paolo questa mattina ti ha preparato la colazione. Incredibile. Toast e succo sono giù in cucina. Io ho alcuni affari da sbrigare, quindi fatta colazione fai fare qualche compito a Sofia e costringila, se non ha intenzione di farli. Poi potrà svagarsi un po’. E ti prego, potresti lavare i vetri? Sono indecenti, ormai.”
Annuisco ed esce così com’è entrata. Rapidamente. Caspita, chissà cosa penserà la signora Trovati. Devo trovare un modo per spiegarle che tra me e lui non c’è nulla davvero. Ma come faccio?
Devo prima parlarne con Paolo. Insomma, lavoro per i Trovati e non posso trovarmi in una situazione così scomoda per me e per loro.
Mi alzo dal letto e mi dirigo in cucina. Non riesco a credere che la tavola sia così ben apparecchiata. Sopra ci sono grandi leccornie, ma ciò che riesco a fare è solo guardare un piccolo biglietto sopra il tavolo.
 
Piccolo ringraziamento per ieri. I soldi sono nel primo cassetto nella camera dove dormi. Ci sentiamo più tardi, buona giornata.
 
Non capisco che motivo ci fosse di fare una cosa così grande. I soldi sarebbero bastati.
“Ali! E questo?”
“Non lo so. L’ha preparato tuo fratello..” Bisbiglio. Lei annuisce, un po’ intontita: “Deve avere qualche malattia incurabile per ordinare tutto questo cibo per altri.”
Scoppio a ridere e ci deliziamo così della nostra colazione.
 
**
 
“Sono a casa!” Alfi è seduto sopra il divano, mentre legge appassionatamente un libro.
“Ciao, Ali. Dormito bene?”
“Sì. Voi? Marta e Lisa?”
“Sono al parco. Io volevo restare qui.” Mi dice, prima di tornare alla sua lettura. Ho impacchettato qualcosa delle leccornie portate da Paolo e le ho portate qui a casa, in modo che le possano mangiare anche i miei fratelli. Quando mi vede tirar fuori un vassoio di cose buone da mangiare, domanda: “E tutto questo?”
Afferra un pasticcino e lo addenta, felicemente.
“Li mandano i signori Trovati.” Mento. Lui annuisce: “Mi hai salutato Sofi?”
Annuisco e gli sorrido. Vanno davvero d’accordo. Mentre metto le cose in frigo, squilla il mio telefono. All’inizio, la tentazione di non rispondere è grande. Davvero, non so cosa fare. Ma alla fine, porto il telefono all’orecchio e mi chiudo in bagno.
“Pronto?” Sussurro.
Cesare, dall’altra parte del telefono, esclama: “Dolcissima Ali. Ti cerco da ieri. Tutto bene? I tuoi?”
“Bene, si va avanti. Tu?” Chiedo, un po’ distaccata. Deve capire che con me non ha chances e che continuare a cercarmi disperatamente non lo aiuterà a dimenticarmi e ad andare avanti.
Mi racconta che i suoi ultimi viaggi stanno andando alla grande e che sta amando questo periodo. Ciò che gli manca sono solo io. Rimango un po’ interdetta davanti alle sue parole, e gli spiego, con estrema delicatezza, che le cose stanno come stavano prima, che ormai ciò che c’era è terminato. Dice di capire, ma non sa che percepisco la sua delusione. Gli dico le solite cose, che non mi va di lasciarci male e che voglio continuare ad essere sua amica, dunque mi invita ad uscire. Ora come ora, mi sembra strano avere un appuntamento con lui, ma non voglio privarmi della compagnia di qualcuno, nonostante il piccolo lavoretto che sto svolgendo per il signor Trovati.
E così, mi ritrovo ad uscire di nuovo con quella parte importante della mia adolescenza lasciata da parte.
“Con Cesare? Davvero?”
“Solo come amici.” Spiego a mamma, che mi guarda un po’ stupita. Stiamo preparando il pranzo insieme, mentre Lisa sistema la nostra stanza ed Alfi mette a posto i suoi giocattoli lasciati in disordine. La piccola Marta dorme appassionatamente nel suo lettino, abbracciata alla bambola che le abbiamo regalato.
Lei annuisce un po’ perplessa ed aggiunge: “Senti, ma lui ha chiaro come stanno le cose?”
Scrollo le spalle. Ne dubito, ma gliene ho parlato così tante volte che mi sembra strano che non abbia ancora afferrato il concetto.
Mi arriva un messaggio sul telefono e temo sia ancora Cesare. Lo avvicino a me. È Paolo.
 
Paolo Trovati: Ehi, piccola, come stai?
 
Me: Piccola? Sei entrato nel personaggio?
 
Paolo Trovati: Ma smettila! Volevo essere dolce!
                       Posso chiamarti?
 
Me: Con me non attacca, scemo.
       Ora no. Che succede?
 
Paolo Trovati: Niente, volevo portarti a cena
 
Me: Cena?
 
Paolo Trovati: Esatto. Come amici, per conoscerci. Insomma, sappiamo così poco l’uno dell’altra.
 
Me: O l’una dell’altro.
 
Paolo Trovati: Sei per la parità dei sessi?
 
Me: Ovviamente. Per quando?
 
Paolo Trovati: Questa sera?
 
“Chi è?” Domanda Lisa, che intanto si è avvicinata furtiva. Scosto il telefono e lo pongo nella mia tasca. Stizzita, dico: “Nessuno che ti interessi.”
“Mah, che noiosa che sei.” Commenta lei, mentre prende un pezzo di pomodoro. Mamma la fulmina e lei sorride, come una bambina birichina. Ridacchio.
Lisa, così, chiede l’intervento di mamma: “Mamma, non ti sembra che in quest’ultima settimana la casa Alis sia sempre furtiva e misteriosa?”
Mamma scoppia a ridere e si sistema una ciocca dietro l’orecchio: “Non penso, tesoro. Prova a chiedere.”
“Allora, che succede?” Mi domanda Lisa, insistendo.
“Niente, sto parlando con Paolo Trovati, il figlio dei Trovati. È per lavoro.”
Lisa alza lo sguardo al cielo. Pensa che io sia ossessionata con il lavoro e che io debba rallentare un po’. “Hai comunque vent’anni” mi dice sempre, quando le spiego che devo aiutare la mamma in ogni caso.
“E’ carino?” Domanda, eccitata.
Scuoto la testa: “Orribile. Occhi verdi, alto e capelli scuri.”
Mamma ironizza: “Insomma, proprio uno schifo.”
“Mi lasciate parlare in pace?” Lisa se ne torna in salotto ridacchiando, mentre mamma butta la pasta.
 
Me: Questa sera no, mi spiace.
 
Paolo Trovati: Domani?
 
Me: Non so, devo vedere.
 
Paolo Trovati: Antipatica! Non vuoi darmi chances?
 
Non farti illudere mi ripeto nella testa. È solo recitazione. Così, rispondo che domani può andare bene e di passare a prendermi verso le nove. A mamma racconterò qualcosa come “Devo occuparmi di Sofia”. Non voglio che scopra questo lavoro che sto facendo per Paolo, né tanto meno che stiamo davvero uscendo come amici. Niente di tutto ciò. Mi direbbe di finirla e addio soldi. Dunque, continuo a preparare il pranzo con grande interesse nei confronti dei discorsi che mi fa la mamma.
 
**
 
“Quindi stai uscendo ancora con quel Cesare?” Domanda Lisa, mentre io mi infilo un vestito color blu che ho comprato al mercatino insieme a mamma, qualche tempo fa. Mi osserva un po’ delusa, visto che lei ha grandi aspettative per me. Mi vuole vedere sposata con un miliardario, una villa gigante, una maison in Canada per le vacanze ed una piscina enorme. Cose che ovviamente non posso permettermi.
“Sì, ma come amici.”
“Certo ed io sono Obama. Insomma, si vede che ti muore dietro. Lo fa da quando vi siete lasciati.” Conviene mia sorella ed io mi giro verso di lei, mentre lego i miei capelli in una coda alta: “Dai, piantala. Ha chiaro anche lui come vedo le cose in questo momento.”
Poi, ignorandomi, aggiunge: “Ho incontrato sua mamma al supermercato. La solita stronza.”
“Lisa!” Esclamo.
“Ma lo sai anche tu! Detestabile è dire poco! Ha guardato Marta e ha chiesto se fosse tua figlia!”
Scoppio a ridere. Sì, ricordavo che la signora Innocenzi fosse così, ma pensavo anche che il tempo cura tutte le ferite e tutte le stronze.
“Insomma, mi ha parlato dei successi del figlio ed ha chiesto se sei fidanzata. Ovviamente, si aspettava che fossi sola.”
“Lasciala perdere e la prossima volta la ignori e basta, siamo state chiare?”
“Sì, sì, figurati. Mi sono inventata che dovevo venirti a cambiare il pannolino, per andare via.”
“Lisa!”
 
**
 
Quando esco da casa, noto subito la macchina che Cesare ha ormai da due anni. Una panda nuova color bianco, pulitissima e laccata da morire. Mi avvicino e gli faccio un cenno. Quando salgo in macchina, mi dà subito un bacio sulla guancia per accogliermi: “Ali, come stai? Sei sempre più bella, eh?”
Gli sorrido calorosamente e intanto, mette in moto. Cominciamo a parlare del più e del meno.
“Allora, lavori ancora per quei Trovati?”
“Eh già, non si sono ancora persi..” Mi lascio sfuggire. Lui scoppia a ridere, davvero divertito dalla mia pessima battuta e dice: “Beh, prova ad abbandonarli in un bosco.”
“Non sarebbe giusto, sono tanto carini con me.”
“Sai, ho saputo che il figlio di Trovati erediterà la fabbrica in questi giorni.”
Rimango un po’ perplessa. Io sapevo che a Settembre Paolo sarebbe tornato a Londra, dunque questa notizia mi lascia non poco sorpresa.
“Ah, sì? Dove l’hai letto?”
“L’hanno detto al telegiornale ieri e ti ho subito pensata. L’hai conosciuto?” Domanda, mentre prende la rotatoria per uscire dalla città. Un po’ distratta chiedo: “Chi?”
“Ma come chi, il figlio Trovati!”
“Ah, il figlio ritrovato.” Ci scherzo su “Beh, si. Paolo comunque abita dove lavoro.”
“Ovviamente, anche se è abbastanza grande per stare con i suoi.” Convengo anche io con Cesare, ma in realtà non so bene quali siano le abitudini di Paolo e quali i motivi per cui non abbia un appartamento per conto suo.
Scrollo le spalle: “Beh, non abbiamo parlato molto, ecco..”
“Ah, no? Beh, glielo potresti chiedere.”
“No! Insomma, abbiamo due diversi ruoli. Io sono la signora delle pulizie e baby-sitter di Sofia, niente di più. Se fossi una sua amica lo farei.”
Cesare tace e finalmente arriviamo al ristorante. Osservo l’ambiente e mi sembra tutto troppo costoso, dunque comincio a preoccuparmi per le intenzioni di Cesare. Sospiro e mi volto verso di lui, mentre il cameriere ci accompagna al tavolo.
“Non credi sia troppo? Andava bene anche una panineria!”
“Ma quale panineria! Insomma, una vecchia rimpatriata in panineria? Che tristezza! Dai, vieni a sederti.”
Mentre si siede anche lui, osservo Cesare e ritrovo in lui gli stessi caratteri che mi fecero innamorare di lui follemente: gli occhi azzurri, il volto dolce, le sue maniere gentili. Ci portano il menu e Cesare comincia a raccontarmi.
“Sai, ieri sono andato in una rosticceria deliziosa che si trova in via dei Mirti. Ti ci devo portare. Ci sono andato con quegli amici del liceo, Marcello e Davide. Te li ricordi? Ti salutano!”
“Ah, sisi..”
Mentre chiacchieriamo (o meglio, chiacchiera lui) vorrei affogare. Appena porto il mio sguardo sull’entrata, noto con tristezza Paolo, Vanessa ed un altro ragazzo alto e muscoloso. Come primo istinto, porto il menu davanti al volto in modo tale da non essere riconosciuta. In secondo luogo, penso di dover necessariamente andare via. Insomma, tutta la montatura salterebbe, se Vanessa mi vedesse con qualcun altro. Non crederebbe mai che Paolo mi lasci liberamente uscire con un maschio da soli. Cavolo, come faccio?
“Ehi, che ti succede?” Domanda Cesare, con le sopracciglia inarcate. Scuoto la testa e commento il menu: “Cavolo, ma non è troppo costosa quest’insalata? Sette euro? Ma se saranno due foglie e un po’ d’olio!”
“E invece la pasta? Venti euro e ce la serviranno scotta!” Ridacchio impacciata e noto, con estremo dispiacere, che i tre stanno per essere condotti proprio al tavolino vicino al nostro. Non riesco a crederci.
Tranquilla. Tu e Cesare siete amici di infanzia. Amici e basta. E Paolo ovviamente reggerà, qualsiasi cosa gli verrà detta.
 
“Ma guarda chi c’è! Alice cara! Ti ricordi, sono Vanessa! Non dirmi che vi siete messi d’accordo. E lei è..? Piacere, sono Vanessa, un’amica del fidanzato.”
“Fidanzato?” Domanda Cesare.
Gli lancio un’occhiata profonda in modo che capisca di fare silenzio: “Sì, fidanzato. Ciao, amore, che bello vedervi! Lui è Cesare, amico di infanzia e..”
Paolo non mi saluta, ma mi guarda profondamente deluso. Non so cosa stia girando nella sua testolina, ma dentro di me ho una profonda voglia di sprofondare da qualche parte.
“Ah, sì! Fidanzato! Ali me ne stava proprio parlando!” Esclama falsamente felice Cesare, mentre prima osserva Paolo e poi di nuovo me.
“Ma che ne dite di mangiare tutti insieme?” Annuncia gioviale Vanessa. Cesare aggiunge, contento: “Ma sì, dai..”
Paolo mi rivolge un finto sorriso: “Ma si, amore, dai. Sediamoci vicini.”
Cavolo… peggio non poteva andare!

 
 

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