Moments

di rocchi68
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap 1 ***
Capitolo 2: *** Cap 2 ***
Capitolo 3: *** Cap 3 ***
Capitolo 4: *** Cap 4 ***
Capitolo 5: *** Cap 5 ***
Capitolo 6: *** Cap 6 ***
Capitolo 7: *** Cap 7 ***



Capitolo 1
*** Cap 1 ***


Scott ricordava perfettamente cosa aveva detto Chris riguardo quella stagione.
Era stata un fallimento solo perché appartenevano alla vecchia guardia e, quindi, dopo anni a tirare la carretta, erano diventati inutili.
Così si era ritrovato nella fattoria dei suoi genitori a rigirarsi i pollici.
Terminate le superiori, con risultati non proprio invidiabili, piuttosto di rimanersene a casa a sparare contro i topi dalla mattina alla sera, si era lasciato convincere a tentare l’Università.
Rimaneva comunque uno scoglio molto duro da superare: l’estate.
La stagione maledetta che prosciugava le energie di molti, tendeva a svuotarlo tanto da impedirgli di muoversi dal divano.
Perfino i topi si facevano beffe della sua pigrizia e  lui, annoiato come non mai, fissava i genitori e la sorella intenti a correre per la casa.
Proprio in uno di questi pomeriggi pensò che solo uno degli stramaledetti reality di McLean potevano risvegliarlo.
Strategie, soldi, eliminazioni brutali, sfide mortali e perfino la sbobba di Chef gli mancavano in quella noia insopportabile.
Alberta, la sua dolce sorella maggiore, stanca di vederlo insofferente e inutile, decise di rendere movimentata e interessante quella giornata.
Le seccava che lui rimanesse a poltrire, mentre si spaccava la schiena e credeva fosse giunto il momento di fargli smuovere il culo.
Non pensava a un lavoro estivo. Quelli li conosceva bene, dato che si trattava di uno sfruttamento bello e buono, finalizzato a un guadagno piuttosto esiguo.
E poi vedere Scott in qualche bar o ristorante, uniche attività redditizie anche in estate, sarebbe stato assurdo, se non esilarante.
Avrebbe solo sfruttato uno dei favori che una compagna di corso le doveva da qualche tempo.
Quella calamità naturale, alta 170 cm, mora, occhi di un verde intenso, che si avvicinò al divano su cui Scott riposava, era avvolta da un’aura poco rassicurante.
In quel caldo pomeriggio indossava una canottiera sgargiante che stentava a mettere in risalto il suo fisico, un paio di bermuda color ciliegia e delle infradito inguardabili con un fiore appoggiato sopra.
Le sue labbra, avvolte da un lieve strato di rossetto, incontravano puntualmente il disappunto dei loro genitori che non vedevano il motivo per cui doveva truccarsi se era da alcuni anni che non usciva più con nessuno.
Suo padre, un omaccione di 45 anni, alto quasi 2 metri e dal sorriso rassicurante, non avrebbe mai capito la sua Crostatina.
La chioma di questo energumeno consisteva in ciuffi rossi irregolari che rapava a zero a causa del sopraggiungere delle calvizie e che, se lasciati crescere, avrebbero creato solo un contrasto deciso con i suoi occhi glaciali.
Per il resto si notava una barba appena accennata che spesso incontrava il disappunto della tenace e caparbia consorte, spesso confusa come la sorella maggiore di Alberta tanto erano simili.
Uniche differenze erano il fisico ben più prosperoso e una colorazione di capelli più chiara.
Seppur fosse molto più bassa del marito, era lei a portare i pantaloni che altrimenti sarebbero stati destinati al gigante.
A vedere il quadro della sua famiglia Scott si era quasi convinto che nessuno si fosse mai comportato come un cinico bastardo.
In quel pomeriggio, però, perfino i suoi avi si sarebbero allontanati dinanzi alla crudeltà infinita di Alberta.
La sua tipica dolcezza era andata a farsi un viaggio di sola andata con l’ultimo idiota che aveva varcato la porta d’ingresso in sua compagnia.
“Alza il culo e vai a questo indirizzo.” Borbottò lei, sventolandogli davanti agli occhi un fogliettino minuscolo.
“Che vuoi, Alberta?”
“Se resti fermo, farai la muffa.”
“Mi annoio.”
“Lo vedo.” Sospirò la maggiore, indicando un topo che stava scorrazzando indisturbato tra le piastrelle chiarissime del pavimento.
“A settembre farò qualcosa.”
“E vorresti restare così fino a quel giorno? Non te lo permetto.”
“Mi sto riposando per l’Università.” Tentò il rosso, facendola ridere sprezzante.
“Non m’interessa.”
“Come puoi essere così crudele?” Chiese Scott, afferrando il foglietto che lei gli porgeva e leggendolo con attenzione.
“Vuoi che parliamo di quello che hai combinato in televisione?”
“Ancora con questa storia?” Domandò il rosso, tornando ai reality di Chris.
Lui ricordava perfettamente cosa aveva fatto.
Nella prima stagione si era fatto odiare da tutti, mentre nella seconda era stato ad un passo dalla vittoria, si era preso una bella cotta per Courtney ed era caduto per colpa di Mike e Zoey.
Aveva perso anche in ambito sentimentale laddove la sua stupida attrazione non faceva altro che parlare di Duncan e di tutte le sue malefatte.
Se avesse voluto sapere quante volte era finito in riformatorio, avrebbe letto la sua fedina penale oppure, nonostante la rivalità in gioco, lo avrebbe preso in disparte e gliel’avrebbe chiesto.
In 2 stagioni non aveva ottenuto nulla, se non l’odio dei suoi compagni di sventura e una cicatrice sul sedere a forma di denti di squalo.
“Ancora con questa storia.” Ribadì Alberta, risvegliandolo dai suoi pensieri.
“Poi ho cercato di sistemare le cose.”
“Almeno qualcosa di buono in un mare di cazzate.” Borbottò sibillina, incrociando le braccia sotto il seno.
“Ma sta roba è vicino al benzinaio.” Sospirò il rosso.
“Sta roba ti piacerà.”
“Io sono convinto che sta roba sia una fregatura.”
“Sta roba è un laboratorio di pasticceria in affitto.”
“Che?” Chiese Scott.
“Te la faccio semplice: una mia amica mi deve un favore e le ho chiesto di farti usare il suo laboratorio per qualche ora.”
“Che noia.” Sospirò il rosso.
“Essendo un dilettante, sarai affiancato a qualcuno che ti darà qualche consiglio.”
“Cucinare è un lavoro da donne.” Borbottò, alzando i piedi dal pavimento, per adagiarli sul tavolino pieno di riviste.
“E provvedere alla propria famiglia è un lavoro da uomini.”
“Cosa cambia che io partecipi o meno a sta roba?” Sbuffò, mentre Alberta afferrava la mazza da baseball che il fratellino aveva adagiato vicino a sé.
“Partecipi e non ti ficco la mazza in quel posto. Non lo fai? Ti ritroverai questa mazza in un posto doloroso che farà ridere i dottori.” Rispose la maggiore, facendolo trasalire.
Scott dinanzi a quella minaccia non seppe ribattere.
Se conosceva sua sorella, lei avrebbe mantenuto la parola e ciò avrebbe significato passare le calde giornate estive con dei medici che ridevano per quella sventura.
Anche perché non avrebbe saputo come spiegare quella situazione.
Quale dottore avrebbe mai creduto che una gentile e pacata ragazza potesse picchiare il fratello, infilando qualcosa in un punto orribilmente doloroso?
“Per quanto?”
“Ti sei ammorbidito, fratellino.”
“Ti conviene rispondere, prima che cambi idea.”
“Questo dipende dalla persona che dovrai incontrare.”
“Quando?” Chiese con fastidio.
“Alle 19 a quell’indirizzo.”
“Così tardi?” Sbuffò il rosso, domandandosi quale mente inferiore potesse aver partorito quell’orario come decente per il loro incontro.
“Non rompere le scatole, segui le indicazioni dell’istruttore e in 2 ore, forse, sei anche a casa.”
“Tutto qui?” Chiese Scott, mentre la sorella era tornata a dargli le spalle per continuare con le faccende domestiche.
“Voi sarete gli ultimi a sfruttare il laboratorio, quindi, potresti trovare i dolci delle altre persone e dovrai fare le pulizie.”
“Mi stai chiedendo di non rovinare quelle robe zuccherose?”
“Non te lo sto chiedendo. Ti sto ordinando di tenere le tue sporche manacce lontane dal lavoro altrui e di preparare i dolci preferiti di papà e mamma.” Rispose Alberta, afferrando uno strofinaccio.
“C’è altro?” Domandò il rosso, mettendosi in piedi e sentendo alcune ossa scricchiolare dalle tante ore di riposo che si era concesso.
“Divertiti e non fare casino.”
 
Scott, in condizioni normali, non avrebbe accettato un simile ordine.
Avrebbe sbraitato qualcosa, ma mai si sarebbe sognato di alzarsi dal suo divano che aveva modellato sotto forma del suo corpo.
Era stato il suo istinto di sopravvivenza ad avergli dato uno slancio vitale e ad averlo spinto a seguire le indicazioni di sua sorella.
Niente casino.
Niente battibecchi.
Niente problemi.
Erano queste le regole che, in soldoni, Alberta gli aveva appiccicato addosso.
Se fosse venuta a sapere che qualcosa nel laboratorio della sua amica era andato distrutto, allora quella mazza da baseball sarebbe stata usata come arma contundente.
Rabbrividendo al solo pensiero, aveva afferrato il cellulare e il mazzo di chiavi ed era uscito, avviandosi lentamente verso la sua destinazione.
Il laboratorio distava pochi chilometri e stranamente gli sembrava perfino piacevole passeggiare con quel lieve venticello a fargli compagnia.
Mancavano pochi minuti alle 19, quando suonò al citofono e quando sentì qualcuno aprirgli la porta.
Non si pose troppe domande ed entrò, squadrando la sala che l’avrebbe accolto.
Quel luogo era pieno di strani aggeggi perfettamente brillanti e di tavoli stracolmi d’ingredienti.
Davanti a quella roba, il rosso pensò che forse era eccessivo.
In fin dei conti doveva solo preparare qualche muffin e ciambella senza troppe pretese.
Dopotutto anche se qualche dolcetto fosse collassato su se stesso, lui poteva sempre affermare con spavalderia che la cucina era roba da donne represse e che essendo uomo non si poteva pretendere troppo.
Doveva solo impastare qualche ingrediente a caso e infornare a una qualsiasi temperatura: non gli sembrava troppo difficile.
“Prendi il grembiule sulla sedia che arrivo.” Borbottò una voce alle sue spalle, prima che lui prendesse l’abito in questione.
Ebbe solo il tempo di metterselo, di osservare qualche torta lontana dalle sue grinfie e di girarsi che si trovò 2 occhi conosciuti a leggere il suo volto.
“Tu?”
“Potrei dire lo stesso.” Sospirò il rosso, retrocedendo di qualche passo e chiedendosi per quale motivo dovesse sopportare quella seccatura.
“Che cosa ci fai tu, qui?”
“Potrei farti la stessa domanda.”
“Io uso questo laboratorio da 2 anni.”
“Interessante.” Sbadigliò, facendola innervosire.
“Sei venuto qui per rovinare anche questo mio passatempo?”
“Mi spiace deludere la tua cieca sicurezza, ma non voglio guai.”
“Sai che dopo quello che hai fatto, non dovrei nemmeno parlarti?” Chiese la ragazza.
“Ti ho chiesto scusa, mi sembra.”
“Nonostante sia arrabbiata, non ho intenzione di rovinare la mia pace interiore.” Sospirò, facendo annuire il compagno di sventura.
“Fai bene perché ho solo 2 ore per imparare a fare muffin e ciambelle.”
“In 2 ore non riusciresti nemmeno ad accendere un fornello senza spaccare tutto.” Lo sminuì lei.
“Questo lo credi tu.”
“Lo credo perché so come sei.” Soffiò convinta.
“Ma davvero?”
“La tua anima mi dice che sei un individuo crudele e che farei bene a negarti il mio aiuto.” Affermò con risolutezza.
“Ascolta…so che tra noi c’è dell’astio e non posso chiederti di dimenticare, ma vorrei una tregua.”
“Una tregua?”
“Non mi sembra di pretendere troppo.” Borbottò, stiracchiandosi appena, mentre lei riprendeva a leggerne l’aura.
“E va bene, ma solo per oggi.”
“Sarà sufficiente.” Promise il rosso, prendendo una ciotola celeste da un ripiano per porla sul tavolo davanti a sé.
“Sei cresciuto in questi anni, Scott.” Tentò la giovane, cambiando discorso.
“Anche tu.”
“Ricorda comunque d’impegnarti e di non distruggere questo posto.”
“Ma è una cospirazione questa?” Sbottò il rosso, grattandosi la testa.
“Tutti sanno che sei un casinista distruttore.”
“La mia pessima fama mi precede.”
“Comunque credo sia saggio cominciare dalle cose più semplici.” Propose la ragazza, mentre Scott annuiva appena.
 
Nei 10 minuti seguenti lei aveva cercato di insegnare le nozioni basilari al compagno, il quale nonostante tutto cercava di collaborare e d’impegnarsi.
In quegli istanti aveva tentato di stuzzicarla con alcune frecciatine che lei puntualmente finiva con l’ignorare o con lo snobbare.
Terminata la parte noiosa, avevano iniziato a impastare, anche se al primo tentativo Scott aveva confuso lo zucchero con il sale, creando un qualcosa che era andato a incontrare da molto vicino il bidone dell’immondizia.
Scusatosi per l’incidente, era tornato a lavorarci su e dopo aver riempito gli stampini, aveva passato la teglia alla sua improbabile maestra.
Lei quindi aveva infornato il tutto e si era messa su una sedia ad aspettare che il tutto fosse pronto.
Le ciambelle erano già cotte e mancavano all’appello solo i muffin che Scott aveva preparato con tanto impegno.
“Pensavo di annoiarmi, venendo qui.” Borbottò il rosso ad un certo punto, restando in piedi.
“E invece?”
“Non è stato male.”
“Ricorda, comunque, che la cucina richiede impegno costante.”
“E tu, Dawn?” Chiese il giovane.
“È la prima volta che mi chiami per nome, Scott.”
“Solo perché ti definivo un po’ strana, non significa che anche il tuo nome lo sia.”
“Hai detto una cattiveria e una cosa carina insieme.” Borbottò la ragazza, facendolo annuire.
“A quanto pare.”
“Se devo essere sincera, non parteciperò più ai reality di Chris.”
“Solo perché ti ho eliminato senza ripensamenti?” Chiese Scott, facendola negare.
“Non è questo.”
“Allora cosa?”
“All’inizio questa cosa mi ha ferito, ma poi mi son detta che faceva parte del gioco e che mi hai eliminato solo perché mi temevi.”
“In un certo senso.”
“Non mi temevi?” Domandò la ragazza.
“Più tardi ho capito che come scusa poteva anche reggere.”
“La verità è che non voglio più partecipare perché ho visto come le persone si sfruttino a vicenda e come le prove non siano così facili da portare a termine.” Soffiò triste, ripensando ai progetti che aveva per curare la natura.
“Chris non ha mai detto che fossero semplici.” Le fece presente il ragazzo, mentre lei si rialzava per controllare come procedeva la cottura.
Tempo di estrarre la teglia e di girarli un attimo e si rese conto che altri 5 minuti non avrebbero fatto male a quei dolcetti all’apparenza sinistri.
“E poi non voglio rivedere i miei amici soffrire.”
“Posso immaginarlo.” Sospirò il rosso.
“Anche tu, se vuoi, puoi essere un mio amico.” Borbottò Dawn, facendolo arrossire appena.
“Non so che dire.” Ammise Scott.
“Sta a te decidere.”
“Non credevo di meritarmi una seconda possibilità.”
“La verità è che tu non sei cattivo: fai solo finta.” Ammise Dawn, mentre il rosso si aggirava tra i tavoli, osservando le varie torte fatte da quelli che li avevano preceduti.
“Anche se eliminarti così malamente, non è stata la migliore delle strategie.”
“Perché?”
“Mi sono sentito in colpa.”
“Potevi pensarci prima.” Sospirò lei.
“Non rimpiango, però, d’averti eliminato all’inizio.”
“Perché?” Chiese Dawn, innervosendosi un po’.
“Se non l’avessi fatto, saresti diventata importante e non mi sarei mai perdonato di farti correre dei rischi inutili.” Rispose, facendola arrossire.
“Anche per me eri importante.”
“Posso tornare a esserlo, se ci lasciamo questa cosa alle spalle.” Tentò, avvicinandosi a Dawn, mentre lei si alzava, incrociando il suo viso.
“Prima pensiamo ai tuoi muffin e poi vediamo.” Sospirò lei, prendendo la teglia e studiando la pila di dolcetti in fila.
Si trattavano di una decina di muffin dall’aspetto non esaltante, anche se dal gusto delicato.
Estratta la teglia, i 2 si trovarono in contrasto.
Lei desiderava decorarli con della panna montata, mentre Scott preferiva del cioccolato fuso.
Fu, mentre agitava il tubetto con la panna, che Scott per sbaglio la urtò e lei si ritrovò con una mano nella crema pasticcera.
“L’hai fatto di proposito.” Sbottò lei, girandosi verso il rosso che si era messo a sghignazzare.
“Ti sbagli.”
“Non mi chiedi nemmeno scusa?” Chiese, cercando di ripulirsi.
“Io…”
“Non te la perdono, Scott.” Tuonò, svuotando il tubetto sul viso di Scott.
Il rosso, non aspettandosi quella mossa da una ragazza normalmente pacifica e disinteressata a contrasti di ogni genere, sgranò gli occhi dalla sorpresa e afferrò la ciotola con il cioccolato fuso, versandogliela sulla testa.
Quella semplice contromossa fu in grado di azzerare il poco controllo di Dawn che s’incamminò decisa verso un tavolo centrale, raccogliendo una torta e studiandola con attenzione.
“Non ci provare, Dawn.” Borbottò Scott, assaggiando con curiosità parte della panna che gli copriva buona parte del volto.
“Chi me lo impedisce?” Chiese lei, tirandogli una torta che lo prese in pieno.
Scott, raccolto il guanto di sfida, mise al sicuro i muffin per la sua famiglia e si avviò su un altro tavolo, iniziando un’autentica battaglia.
Nei 5 minuti seguenti quella cucina venne riempita da urli e da lanci di cibo in ogni direzione.
Avevano sfruttato ogni dolce che avevano trovato nella sala e alla fine erano ricorsi anche al lancio degli ingredienti che riposavano sui tavoli.
Con solo le uova al sicuro, situate su un mobiletto vicino al tavolo di lavoro, entrambi si erano ritrovati nuovamente vicini.
Scott ricoperto di panna e marmellata, mentre Dawn appena uscita da un bagno di cioccolato e crema pasticcera.
Entrambi gocciolavano e la cucina sembrava essere stata attraversata da un tornado implacabile.
Giunti vicino al loro obiettivo, si contesero anche l’ultimo ingrediente.
Più tiravano, più si ritrovavano una forza opposta che gli vietava di vincere.
Più si guardavano negli occhi, notando le loro condizioni pietose, più si mettevano a sorridere.
“Sono stanca.” Borbottò Dawn a un certo punto, lasciando al rosso l’intera scatola, temendo comunque che lui la usasse per colpirla.
Invece a sorpresa, lui rinunciò a quell’idea vigliacca e la fece scivolare al suolo, perdendosi nei suoi occhi chiari.
“Per una volta siamo d’accordo su qualcosa, Dawn.”
“Strano.”
“Comunque sarà un po’ difficile uscire da qui in questo stato.” Riprese il rosso, fissando intensamente la ragazza.
“Possiamo sempre usare il bagno esterno per una risistemata.”
“Io comunque non sistemo i danni di questo posto.” Ribatté Scott, voltandosi per la prima volta a fissare la carneficina che avevano causato.
Mobili chiari macchiati da miscugli di vario genere.
Forno, frigo e altri apparecchi appiccicosi come non mai.
Pareti una volta bianche, macchiate dal cioccolato.
Pavimenti completamente sommersi.
“Nemmeno io, hai cominciato tu.” Sbuffò Dawn, cercando di tirargli un lieve pugno sul petto, salvo poi fermarsi e pulirlo appena.
“Lo so e ne sono felice.” Sospirò, tirandola a sé e baciandola.
Il cioccolato si riunì, quindi, alla panna e la marmellata incontrò la delicatezza della crema pasticceria.
Entrambi usciti sconfitti e vittoriosi da quella strana battaglia, si fissarono nuovamente negli occhi, sorridendo.
Ora rimaneva solo un piccolo problema da risolvere: come avrebbero spiegato che quel disastro non era colpa loro?
Al massimo potevano incolpare la passione che li aveva traditi, anche se sapevano che da quella sera, quel laboratorio non avrebbe più voluto saperne nulla della loro presenza.






Angolo autore:

Dopo quasi un mese sabbatico (diciamo sabbatico per non parlare di maturità e altro) esco con questi momenti che non mi fanno proprio emozionare.

Ryuk: Pubblichiamo tanto per.

Esatto.
È qualcosa di talmente zuccheroso che mi fa senso, ma ormai è tardi per lamentarsi.
Saranno solo 7 Moments (per mia fortuna) e quindi la tortura sarà breve e indolore.
Aggiornerò ogni martedì e venerdì così in poco tempo ce la leviamo dalle scatole.

Ryuk: Sperando di trovare qualcosa di degno come prossima storia.

Spero solo di non ritrovarmi con centinaia di lettori che vogliono la mia testa e che mi riempiono di bandierine arancioni.
Detto questo vi saluto.
Al prossimo venerdì (per la mia povera pace interiore).


 

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Capitolo 2
*** Cap 2 ***


Da quando si erano dichiarati guerra in quel laboratorio e si erano messi insieme, Dawn e Scott avevano passato gli ultimi pomeriggi insieme.
Avevano camminato alcune volte per negozi, anche se il rosso non amava aggirarsi tra magliette e cose simili.
Tutti quei vestiti erano solo robaccia.
Se non si trattava di armi con cui sterminare i topi della fattoria, allora nulla valeva il suo prezioso tempo.
Tuttavia se Dawn era felice, lui stesso si sentiva soddisfatto.
Certo aveva passato una brutta giornata solo quando sua sorella lo aveva malmenato per la faccenda dei dolci, ma per il resto gli andava tutto alla grande.
Usciva insieme alla ragazza che amava, tenendo lontano con lo sguardo tutti quelli che le si avvicinavano troppo.
In fin dei conti era la sua fidanzata e non voleva certo perderla per colpa di qualche idiota troppo avventato.
Per questo, alle uscite per negozi, preferiva invitarla nella sua fattoria.
Lontano da occhi indiscreti potevano ricordare il passato, ridere e punzecchiarsi, ricordando la guerra che avevano combattuto.
Scott, nonostante fosse passata quasi una settimana da quel giorno, era stato spesso propenso a ricominciare da dove si erano interrotti, giusto per saggiare la dolcezza che aveva provato in quell’indimenticabile serata.
Tuttavia si tratteneva e finiva con lo stringerla a sé per annegare quella curiosità.
“Questa sera voglio uscire.” Cominciò Dawn un pomeriggio, facendolo annuire.
“Qualche idea?”
“Non so.”
“Vuoi uscire senza sapere dove?” Chiese il rosso, accarezzandole la schiena.
“Io…”
“A essere sinceri non mi dispiacerebbe un’altra guerra del cibo.” Ridacchiò Scott, facendola trasalire.
“Perché?”
“Mi hai fatto innamorare con quello strato di zucchero addosso.”
“Ti ricordo che sei stato tu a cominciare.”
“Se avessi aspettato una tua mossa, non avremmo risolto nulla.”
“Lo credi tu.”
“L’ho fatto perché mi sembrava giusto permetterti di vendicarti in qualche modo.” Soffiò il rosso, facendola arrossire e avvicinandosi per baciarla.
“Sei così ingiusto a volte, Scott.”
“Ti sei divertita quella sera?” Domandò lui, mentre lei si accoccolava addosso al suo petto.
“Un po’.”
“Avrei scommesso d’averti sentito ridere.”
“Lo ammetto: sei stato molto bravo a farti perdonare.” Sorrise, risollevandogli il morale.
“Anche se non ho capito il perché mi consideri ingiusto.”
“A volte mi dai come l’impressione d’essere confuso.” Ammise la ragazza.
“Confuso?”
“Non capisco il perché ti sia più facile comportarti male, per poi sforzarti al massimo di sistemare le cose.”
“Credo tu sia la prima a farmelo notare.” Borbottò lui.
“Non sarebbe più semplice comportarsi sempre al meglio?”
“Se lo facessi, diventeresti gelosa.” Ridacchiò, mentre lei si staccava per fissarlo nei suoi grigi e annoiati occhi.
“Come?”
“Io mi comporto bene solo con le persone che se lo meritano e tu, insieme alla mia famiglia, meriti il massimo.”
“Un giorno ti farò cambiare idea.”
“Se ci riesci, significa che sei la ragazza perfetta per un pessimo individuo come me.”
“Comunque non mi hai ancora detto, dove vuoi andare.” Tentò lei, sperando nella sua notevole capacità d’inventiva.
“Pensavo fosse compito tuo scegliere.”
“Il solito spirito da cavaliere del prima le donne?”
“Una specie.” Rispose, facendola sorridere.
“Non so che fare, Scott.”
“Cinema?” Tentò dubbioso il rosso, odiando quasi subito quella proposta.
“Meglio di niente.”
 
Normalmente Scott aveva sempre evitato di andare a vedere qualche stupido film.
E come aveva sentito da alcuni suoi compagni di classe aveva fatto bene perché probabilmente avrebbe dovuto sorbirsi qualche strazio romantico.
Qualcosa dove uno dei protagonisti schiattava malamente, lasciando la metà da sola a struggersi dal dolore.
Infatti Dawn l’aveva quasi obbligato a guardare un film sempreverde: Titanic.
Il rosso conosceva quasi a memoria quella storia.
Parlava di uno sfigato che si innamorava di una passeggera e, sul più bello, la nave dove viaggiavano  si ritrovava ad affondare per colpa di un iceberg.
Lui moriva e lei passava una vita a piangersi addosso.
Proprio il massimo per una coppia che stava insieme da poco e che, con quel film, poteva rischiare un ripensamento improvviso.
Inoltre quella pellicola l’aveva già vista almeno 3 volte.
Le prime 2 volte era stato costretto dalla sua famiglia, mentre l’ultima era stata gentile concessione della sua vecchia classe delle superiori.
E, infatti, verso metà film, si ritrovò a socchiudere gli occhi e fu solo quando sentì Dawn irrigidirsi addosso al suo corpo, che capì che il protagonista era morto.
Subito si risvegliò e come se non fosse successo nulla, l’abbracciò per rassicurarla, mentre dai suoi occhi scendevano alcune lacrime.
Terminato quel mortorio e svanite le luci, erano usciti con Dawn che ancora non si capacitava per quello che aveva visto, rimanendo attaccata al braccio del suo ragazzo.
“Che cosa orribile.”
“A volte non c’è un lieto fine.”
“Io ho sempre sperato che Jack tornasse indietro.” Borbottò lei, facendolo annuire.
“Era solo un film, Dawn.”
“Solo un film? Tu non pensi a quei poveretti?”
“Quei poveretti sono al sicuro e guadagnano un sacco di soldi.” Sbuffò Scott, negando con il capo.
“Lo so, però…”
“Un film è solo un film e non rispecchia la realtà.”
“Però i sentimenti sono autentici.” Ribatté lei.
“Vuoi parlarne?”
“Di cosa?”
“Anche i loro sentimenti sono comprati con il denaro dei produttori.”
“Intendevo i sentimenti che dovevano far trapelare.” Borbottò nuovamente.
“Non saprei.”
“Sei sempre così freddo.” Sbuffò, rattristandolo appena.
“A essere sinceri, Dawn, se dovesse accadere una cosa simile, io sarei combattuto, anche se penso che farei la scelta più sensata possibile.” Ammise il rosso, invitando la fidanzata a fermarsi prima di accompagnarla a casa.
La notte era ancora lunga e lui sentiva i primi morsi della fame.
Avrebbe tanto voluto portarla in un qualche ristorante sontuoso che potesse deliziare il suo palato, anche se le sue finanze lo rimproveravano.
Senza il poco denaro che sua madre gli prestava, senza qualche lavoretto per qualche amico del padre e senza le entrate generose di sua nonna, lui non si poteva permettere nemmeno una fottuta gomma da masticare.
Invece quei pochi dollari gli permettevano di togliersi qualche sfizio e poi stare con Dawn lo aiutava a spillare qualche soldo extra dal portafoglio dei genitori.
Con la scusa di non avere denaro a sua disposizione e di non voler rendere infelice la ragazza, lui riusciva a spuntarla, intenerendo spesso anche sua sorella Alberta che gli allungava un pezzo da venti con la pretesa eccessiva del resto.
Un qualcosa che mai avrebbe visto in vita sua.
Inoltre con la scusa d’offrire qualcosa a Dawn, lui faceva risaltare un lato del carattere raramente visibile, nonostante sapesse d’essere solo una sporca sanguisuga.
Adocchiato un piccolo bar che conosceva bene, aveva convinto la sua fidanzata a entrare.
Lei aveva blaterato qualcosa riguardo il fatto che la sua famiglia le aveva imposto il coprifuoco e di come non potesse spendere troppo, ma il rosso non aveva sentito ragioni.
Entrato, stringendone la mano, si era avviato verso il bancone e aveva ordinato un toast, un panino vegetariano e 2 bibite.
Resasi conto che era inutile discutere, non aveva opposto resistenza e si era seduta su uno dei tanti tavoli interni, mettendosi a fissare il fidanzato.
Persa quella battaglia, voleva quantomeno sapere cosa intendeva dire con scelta più sensata.
“Di cosa parlavi prima?”
“Non so se è il caso di parlarne ora.”
“Con te non è mai il caso.”
“Vorrei un po’ di privacy a riguardo.” Sbuffò lui, scontrandosi con le sue mani che torturavano la tovaglietta del tavolo.
“Se siamo a casa tua non va bene perché temi che Alberta ascolti tutto e che poi possa prenderti in giro o ricattarti.”
“Già.”
“Mentre se siamo a casa mia, temi che i miei genitori si facciano strane idee.”
“Detta così non sembra mai il momento.” Rise il rosso, ringraziando il cameriere che aveva appena portato le loro ordinazioni.
“Siamo lontani dagli altri tavoli e se non urli, forse, riesci a confidarti.”
“Non ti arrendi con facilità, vero?” Chiese, facendola sorridere.
“Ti torturerò per tutta la sera se necessario.”
“Come se fosse facile.”
“Posso sempre chiedere aiuto a tua sorella.”
“La bastonata dell’altra volta mi è bastata.” Sbuffò Scott, ricordandosi bene la mazzata che aveva ricevuto sulle gambe e che gli aveva sfiorato la testa.
“Di cosa parlavi prima?” Borbottò, tornando seria e fissandolo negli occhi.
“Dawn penso che ogni fidanzato debba fare la cosa più logica per rendere felice la propria metà.”
“Continuo a non capire.” Soffiò lei.
“Se, e spero non accada mai, dovesse succedermi qualcosa, ti prego solamente di non rendere le cose troppo difficili.”
“Come?”
“Mi piacerebbe sapere che la mia ragazza mi ama così tanto da voler morire con me, ma ciò mi renderebbe infelice.”
“Tu…”
“Io avrei fatto come l’idiota che è affondato. Morire per qualcuno non è una cosa di cui ci si deve vergognare dopotutto.”
“Scott…”
“Anche se, conoscendoti, so che faresti di tutto per evitarlo.” Ghignò il rosso, mangiucchiando un angolo del toast che gli era arrivato.
“Infatti.”
“Moriresti davvero per uno come me?” Gli chiese il giovane, sollevando lo sguardo e sorridendo con amarezza.
“Ma perché parli sempre di cose così tristi?”
“Sei tu che volevi parlare del film.”
“Lo so e comunque non voglio stare senza di te.” Riprese la giovane, facendolo sorridere.
“Mi renderesti felice, anche se forse è una scelta egoistica.”
“Cosa c’è d’egoistico, se io voglio stare con te?”
“Egoistico nel senso che per rendere felice l’altro, dobbiamo sacrificare qualcosa.” Borbottò il rosso, bevendo un sorso della sua bibita.
“Tipo?”
“Come nel film: noi non possiamo stare divisi, ma so che davanti a una scelta, finirei sempre con il pregiudicare la nostra felicità a vantaggio della tua vita.”
“Io…”
“E non devi pensare che la mia scelta sia fatta perché non ti amo.”
“A me sembra proprio così.”
“Io ti amo troppo per permetterti di fare una qualche cavolata.” Sbottò, terminando velocemente la sua cena.
“Grazie.”
“Ora però non parliamo più di queste cose, te ne prego.” Tentò, portando il discorso altrove e sperando che lei raccogliesse le sue intenzioni.
 
Scott non avrebbe mai voluto rovinare quella serata.
Sapeva bene che quel ragionamento, lo stesso che avevano affrontato per oltre 2 settimane alle superiori, non si sarebbe risolto con alcune carezze o con un bacio.
Perché, quando avevano visto quel film, lui e la sua classe ne avevano discusso molto sul pensiero vita-morte che avevano evocato.
Quell’idea era presente in moltissimi altri film, ma nel caso del Titanic veniva come ingigantito e risplendeva di luce propria.
Inutile negarlo, anche il più cinico, menefreghista e annoiato ragazzo, avrebbe sempre convenuto con la massa che la discussione vita-morte del Titanic era complessa.
E rapportandolo a quel momento e al rapporto difficile che stava vivendo con Dawn, gli sembrava ancora più complicato.
Ammettendo che entrambi fossero animati dallo stesso livello d’amore, Scott sapeva che lasciarla sola l’avrebbe ferita, anche se si sarebbe sentito in pace.
Allo stesso modo, però, rimanendo solo avrebbe provato l’infelicità e avrebbe desiderato stringerla per dirle quanto l’amava.
Ma questo significava essere egoisti perché si pensava prima alla propria gioia, a scapito di quella altrui.
Sacrificarsi, però, senza accettare la sua presenza sarebbe stato oltremodo sbagliato.
Infatti Dawn avrebbe potuto affermare che nel proteggerla, non considerava i suoi sentimenti e questo l’avrebbe ferita.
Qualunque scelta fregava quella precedente e si scontrava con il loro bisogno di felicità.
Scott, dopo esser tornato a casa e averci riflettuto ancora, era giunto a una soluzione: mai nella vita avrebbe fatto una crociera e mai più l’avrebbe portata al cinema per vedere qualcosa di romantico senza avere la sicurezza che i protagonisti potessero vivere felici e contenti.
 



Angolo autore:

Rieccomi con l'aggiornamento.
Tutto lo zucchero che vi ho somministrato nel  capitolo precedente, mi è andato di traverso e mi stava per far dimenticare che dovevo pubblicare.

Ryuk: Ricordate che ci avete sulla coscienza, se  non arriviamo alla fine.

Questo capitolo è un po' più breve del precedente e può essere riassunto in una parola: Titanic.
Non ho mai visto il film e non m'interessa vederlo per sapere che non è il mio genere.
Il riassunto che mi ha fatto un mio amico anni fa mi è bastato per non chiedere un posto in prima fila sull'iceberg.

Ryuk: Siamo piuttosto ignoranti per quanto riguarda il cinema.

Già.
Vi chiederete come faccio a sapere del pensiero vita-morte del film: beh...in parte è pura invenzione, l'altra è analisi settimanale storica attraverso pellicola di quella sciroccata della mia prof delle superiori.
Non mi dilungo oltre per non risultare noioso, ma porgo comunque i miei ringraziamenti a chi ha recensito la storia.
Spero di non dimenticare nessuno e pertanto ringrazio: Dawn_Scott, Face of Fear, Raymox, Tirene e Anown.

Ryuk: E ora possiamo anche andare.

Martedì prossimo sapremo se tutto questo zucchero mi farà diventare diabetico.
Alla prossima (ahimè)!

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Capitolo 3
*** Cap 3 ***


Trascorsero diversi giorni dalla serata al cinema e Scott non aveva notato nulla di strano dal confronto che aveva avuto con la sua ragazza.
La vita estiva continuava a scivolare via nella sua calda noia con rarissimi sprazzi di divertimento, conditi solamente da alcune passeggiate o da una vaschetta al cioccolato e panna divorata sul divano a scambiarsi sguardi complici.
Dawn da quel lunedì aveva sempre bussato alla sua porta e si soffermava nella sua abitazione fino a tardi.
Allontanato il discorso Titanic, diventato quasi tabù per il rosso, si erano confrontati sugli impegni scolastici che da lì a poche settimane avrebbero preso il sopravvento.
Seppur fossero destinati a seguire corsi agli antipodi, non sarebbe stato difficile incontrarsi e passare alcune ore in intimità.
Magari, aveva abbozzato Dawn, con degli aiuti finalizzati a passare senza fatica gli esami che avrebbero incrociato sulla loro strada.
In quei giorni, Scott si era reso conto di una cosa che, prima del maledetto film, non aveva notato.
Lei sembrava sempre più restia ad abbandonare la sua baracca e in alcuni momenti si ricordava di quando un suo amico gli aveva raccontato che almeno una volta nella vita gli sarebbe capitato una ragazza talmente asfissiante e gelosa da rimpiangere la vita da single.
Nonostante ciò era felice che qualcuno si preoccupasse per lui.
Le sue ex non erano mai state delle tipe così interessate alla sua sfera privata.
Courtney, ad esempio, non faceva altro che parlare di Duncan e il rosso si era sempre sentito schiacciato dalle sue azioni.
Il punk era arrivato alla finale di un reality.
Il punk si era messo con quell’odiosa di Gwen.
Il punk ha imbrattato e fatto esplodere il monte Chris.
Il punk faceva tutto ed era sempre il migliore.
Scott, invece, quasi svaniva a sentir parlare Miss perfettina.
Lei, di Scott, ricordava soltanto che aveva eliminato un’accozzaglia di perdenti e che non era all’altezza di Duncan e di un ispanico fastidioso.
Alejandro, per il rosso, era solo però un belloccio odioso, furbo, avido e dotato del complesso d’inferiorità verso i fratelli della sua famiglia.
Un figone, parole della perfettina, che aveva preferito Heather, poiché più affine come malvagità, classe e altri dettagli cui Scott preferiva sbadigliare sopra.
Era questo continuo rimarcare la loro perfezione che spinse Scott a mollare quell’insopportabile e inflessibile ragazza.
Quella, poi, giocava sempre con le sue regole.
Lei poteva fare tutto: uscire con le sue amiche, sempre che non le tirassero buca, andare per negozi, girovagare con i suoi ex senza una meta e parlare al telefono con Duncan, Gwen e altri ex membri dei reality.
Scott, per uscire con Brick, Jo, Lightning e forse Sam per una schifosa birretta in un pub da 4 soldi, doveva chiedere il permesso con quasi un mese in anticipo, perché gli impegni di Courtney erano più importanti e necessitavano di una buona spalla.
Poi se un qualche intoppo improvviso avanzava miserabile nella vita di Courtney, ecco che lui doveva dare pacco alla classica uscita del giovedì.
 “Non troverai nessuno come me.”
Dinanzi a quella promessa, Scott tirò un sospiro di sollievo.
Un’altra ragazza come Courtney e la suite del manicomio sarebbe stata sicuramente per lui.
Per fortuna nella sua vita comparve quella pasticceria scintillante e tutto si sistemò in un incastro che credeva impossibile.
Ora si sentiva felice e stava con Dawn.
 
Erano circa le 14 quando Scott aprì la porta per accogliere la sua ragazza.
Come sempre era vestita impeccabilmente e stringeva una borsa rossa con una R bianca più grande del normale.
“Non sei ancora pronto?”
“A cosa?”
“Ieri mi avevi promesso d’uscire.”
“Me lo ricordo bene.”
“Non sembra che tu ne abbia voglia.” Soffiò lei, facendolo ghignare.
“Pensavo che sarebbe stato più divertente stare da soli nella mia stanza.” Ribatté, mentre le guance di Dawn si coloravano di un rosso intenso.
“Maniaco.”
“Possibile che voi ragazze pensiate solo a queste cose?”
“Tu…”
“Volevo solo invitarti a guardare un film, ma se vuoi andare al sodo mi sta bene.” Ridacchiò, prendendo i manici del borsone, portandolo vicino alla cucina e ritornando davanti a lei.
“Pervertito.”
“Sarebbe il momento perfetto.”
“Per cosa?”
“Per baciarti.” Mormorò, guardandosi intorno e fiondandosi sulle labbra della fidanzata, salvo poi stringerla e trascinarla verso il divano.
“Scott…”
“Tu vuoi uscire e perderti questi bei momenti? A volte non ti capisco.”
“Io volevo un aiuto.”
“In cosa?”
“Se mi segui senza fare domande, potresti scoprirlo.”
“Oppure potremmo restare qui e saresti tu a scoprirmi.” Ghignò il rosso, facendola arrossire e baciandola nuovamente.
I baci, le coccole e le carezze che riceveva e donava a Dawn erano quanto di più bello avesse mai sognato di vivere con una ragazza.
Con le altre era stato tutto talmente breve che, in quei momenti, non aveva mai capito se fosse stato vero amore.
Anche i suoi continui punzecchiamenti venivano ben sopportati, a differenza della perfettina che spesso s’infervorava e scappava manco avesse visto un mostro.
Staccatasi dalla sua ragazza, la fissò brevemente negli occhi e poi si rimise in piedi.
Sapeva che l’estate era destinata a infrangersi molto presto e preferiva bearsi di quei momenti il più possibile.
Lui avrebbe fatto di tutto pur d’accontentarla.
“Puoi dirmi dove vorresti andare?”
“Secondo te?”
“Non credo che i negozi accettino un borsone di quel tipo e non credo che le biblioteche ti facciano entrare senza fare storie.”
“Piscina.” Mormorò Dawn, sbattendo i suoi occhioni.
“Piscina?”
“Prometti di non prendermi in giro, Scott?”
“Non te lo garantisco, ma posso provarci.” Promise, ponendo la mano destra sopra il cuore come se stesse giurando.
“Io non so nuotare.”
“E allora?”
“Potresti insegnarmi?” Mormorò imbarazzata.
“Posso provarci.”
“Bene.”
“Anche se non capisco. Mi pareva fossi capace di nuotare.”
“Cosa te lo fa credere?”
“Il primo giorno nel reality di Chris in spiaggia.”
“Mi stavi osservando?” Domandò maliziosa, mentre lui s’inginocchiava a prendere una rivista scivolata sul pavimento per mascherare il suo imbarazzo.
Riappoggiato quel fascicolo di pettegolezzi, intrugli mortali culinari e consigli medici per non vivere oltre i 60 anni, Scott era tornato a fissarla nei suoi occhi chiari.
Qualsiasi richiesta lei avanzasse in quei momenti, lui sentiva che, Dawn, sbattendo quei magnifici occhioni avrebbe ottenuto di tutto.
Se gli avesse chiesto di essere portata in braccio fino a casa o di accompagnarla l’indomani per delle commissioni, ecco che Scott si sarebbe piegato pur di renderla felice e sorridente.
“Mi pareva sapessi nuotare alla perfezione.”
“Il mio contatto con la natura mi permette d’essere aiutata dagli animali.”
“Se mai dovessi ripartecipare ai reality di Chris, probabilmente ti chiederei qualche lezione per evitare guai con Zanna.”
“Come se ti permettessi di partecipare.” Soffiò lei, sedendosi meglio e assumendo una delle posizioni di yoga più semplici.
“Ti piaccio così tanto, da volermi evitare guai?”
“Esatto.” Ammise, chiudendo gli occhi.
“Mi spieghi perché stai meditando, se abbiamo intenzione d’uscire?”
“Ora vuoi uscire?”
“Sì.”
“So che non vedi l’ora di gettarmi in piscina.” Sorrise lei, restando ferma nella sua posizione.
“Non è per questo.”
“Per cosa allora?”
“Guarda che quella roba della pace interiore non funziona se continui a parlare.” Ghignò il rosso, facendola annuire.
“Posso interrompere in ogni momento la circolazione della mia energia positiva.”
“Com’è che la tua energia positiva non è contaminata dalla mia negatività?”
“Dovresti sapere che il vero amore sconfigge ogni cosa.” Affermò Dawn, spostando lievemente la mano destra, fino a quel momento stretta alla sinistra, e ponendola sopra la testa.
“Non è una cosa valida solo per i film?”
“Per questa volta ignorerò la tua domanda.” Ringhiò lei, facendogli intuire che aveva appena detto una grossa cavolata.
“In 5 minuti sono pronto, se hai pazienza.”
“Ti aspetto.”
“Ancora poco e vedrò il tuo costume.” Ghignò, sfregandosi le mani.
“Sei un pervertito.”
“Guarda che accetto di accompagnarti in piscina e d’insegnarti a nuotare, solo perché sarebbe troppo noioso stare qui con un manichino intento a fare yoga.”
“Manichino?” Domandò Dawn alterata, aprendo gli occhi.
“Rifiutando, finirei con il farti arrabbiare e ti vendicheresti in qualche modo.”
“Come fai a saperlo?” Chiese lei divertita.
“Conosco bene l’universo femminile.” Affermò Scott, salendo di corsa le scale e gettando al suolo lo zaino che aveva buttato in fondo ad un armadio.
Evitato di raccogliere i libri, aprì l’anta dell’unico armadio che non aveva subito l’onta assassina di sua sorella.
Ogni volta, infatti, Alberta uccideva il mobile vicino al suo a suon di pugni e di calci, colpevole a suo dire, di non essere abbastanza capiente e che era inconcepibile che un centinaio di capi, solo estivi, non entrassero con facilità.
Spesso scaricava la colpa sul mobile, altre volte sul reparto lenzuola e coperte e altre volte sul fratello che, secondo la sua modesta e corretta opinione, si era arroccato la proprietà dell’armadio più grande e capiente.
Solo con una misurazione al millimetro, dopo l’esasperante ed ennesima minaccia di sottofondo, entrambi furono soddisfatti.
Il mobile di Scott non solo conteneva meno vestiti, coperte e accessori, ma era anche più piccolo di una ventina di centimetri.
L’unica vera colpevole, il rosso ne era più che convinto, era sua sorella che ogni volta che andava in giro, tornava con almeno una borsa carica di vestiti che, cacciati con foga nell’armadio, uscivano ogni eclissi lunare.
Pensando a ciò, sorrise e si sedette sul letto, cercando di scegliere cosa portarsi.
Il costume blu dell’estate precedente era l’unico sicuro d’entrare nello zaino, così come l’asciugamano celeste che aveva afferrato con i suoi possibili ricambi.
Tolti i pochi dubbi, afferrò una maglietta rossa sgargiante, un paio di pantaloncini corti e le sue immancabili infradito.
Riempito lo zaino, lo soppesò tra le mani e trovatolo leggero, scese lentamente i gradini e si ritrovò ben presto in salotto.
Dawn, percependo il suo avvicinarsi, aveva sciolto la posizione di meditazione e si era avviata verso la porta d’ingresso, non prima d’aver recuperato il borsone che si era portato dietro.
Seppur fosse incuriosito, preferì aprire la porta, sigillarla a chiave dietro di sé e avviarsi verso la piscina che la fidanzata aveva scelto.
 
La piscina era a metà strada tra i loro appartamenti.
La struttura in sé non era nulla di speciale.
Fuori erano ancora presenti le ultime impalcature per ridipingere gli esterni e dentro, forse per via dell’estate e delle ferie, era completamente deserto.
Un solo istruttore in tutta la sala impegnato nel suo ufficio per compilare l’orario di lavoro, una ragazza al bancone per i vari appuntamenti e appena 3 famigliole intente a insegnare ai bambini le prime nozioni di nuoto.
Dawn avanzò subito verso il tavolo, fissando con i suoi occhioni la segretaria che stava scrivendo al computer.
Scott, dopo aver osservato la figura anonima dietro il bancone, si girò a osservare il resto della struttura che, in un punto del soffitto, mostrava una qualche perdita che sarebbe stata tamponata non appena fosse terminato il periodo estivo.
La ragazza che digitava freneticamente al computer aveva quasi la loro età ed era perfettamente nella media.
Non era splendente come le modelle che riempivano le riviste della sala d’attesa e non era nemmeno come quelle che andavano in discoteca ubriache marce e che speravano in un colpo di fortuna, tanto erano brutte e indesiderate.
Di certo lei, la signorina Holsen, così era scritto sul cartellino che era stato appiccicato alla camicetta rossa, attirava l’interesse con la sua carnagione chiara.
Era castana, con qualche lentiggine a ornarle le candide guance, gli occhi di un verde intenso e il naso sottile e leggermente all’insù.
Le labbra coperte di un lieve strato di rossetto erano sottili e il collo era avvolto da una collana di perle e da un foulard per evitare malanni a causa del clima alle sue spalle.
Magra, quasi anoressica e un pelo più alta di Dawn non rientrava e mai sarebbe rientrata negli interessi di Scott.
“Desiderate?” Chiese con lieve timidezza, squadrando i 2.
“Ho prenotato la zona B per qualche ora.”
“Vediamo.” Soffiò la segretaria, sfogliando l’agenda.
“Dovrebbe essere fino alle 17 circa.” Aggiunse Dawn come per aiutarla.
“Avete bisogno di un istruttore?”
“Non serve.”
“Preferite pagare ora o al termine?” Domandò, prendendo il telefono e fissando una seduta di massaggi per l’interlocutore.
“Tu che dici, Scott?”
“Pago subito così ci leviamo il pensiero.” Sospirò il rosso, recuperando il portafoglio ed estraendo 2 pezzi verdi che la segretaria prese subito e che nascose in un cassetto della sua scrivania.
“Sapete dove si trova la sala o vi devo accompagnare?”
“Non si preoccupi.” Rispose Dawn, salutando la ragazza e avviandosi lentamente verso un lungo corridoio che si sarebbe congiunto con la piscina da loro prenotata.
Prima di seguirla, Scott percepì lo sguardo intenso della Holsen sulla sua schiena con tanto di commento piccante.
“Peccato che sia già impegnato.”
Seguendo la fidanzata, il rosso si perse per un secondo in quel bisbiglio e ghignò.
Lui poteva anche essere interessante, ma di certo non avrebbe gettato via Dawn per una che, in confronto a lei, era solo una cozza.
 
La sala B era una delle piscine migliori della città.
Così era stata descritta durante un’intervista per un noto giornale locale.
Non a caso rispettava perfettamente le normative statali e le gare spesso si disputavano in questo posto solo perché le altre strutture non erano a norma.
 Studiata un attimo la piscina, i 2 si separarono per andare nei rispettivi spogliatoi e per mettersi in costume.
Usciti nuovamente, si osservarono per un istante.
Scott, coperto dal costume blu, mostrava il suo fisico muscoloso causa soprattutto dei lavori nei campi, mentre Dawn invece aveva un due pezzi scuro e molto sobrio che ricevette un fischio d’ammirazione e apprezzamento.
“Che sventola.”
“Pervertito.”
“Non so come riesco a resisterti.”
“Sempre il solito.”
“Sai bene Dawn che adoro il tuo fisico e che ti sarò sempre fedele.” Mormorò, sfiorandole la spalla.
“Fedele? I tuoi occhietti si sono posati un po’ troppo su quella della reception.” Lo rimproverò, fissandolo con rabbia.
“Gelosa?”
“Di quella? Mai.” Sbottò, facendolo sorridere.
“Tu sei gelosa e quella era invidiosa.” Ammise Scott, facendola imbronciare e suscitandole un senso di fastidio.
“Non me ne sono nemmeno accorta.” Tuonò, dandogli le spalle infuriata.
“Lei, però, non m’interessa neanche un po’.”
“Voi uomini siete tutti uguali: vedete un paio di tette e sbavate come maiali.”
“Non m’interessa perché io sono tuo.” Replicò, cercando di abbracciarla da dietro.
“Non mi stai prendendo in giro, vero?”
“E tu sei mia, bella sventola.”
“La smetti di dire certe cose?” Gli fece osservare Dawn con un sorriso.
“Ti vergogni tanto se il tuo ragazzo apprezza come sei?” Chiese, aggirandola e mettendosi davanti a lei.
“So cosa vuoi fare: la tua aura parla chiaro.”
“Ah sì?”
“Non ci provare.”
“Non credevo che essere soli qui dentro mi piacesse così tanto.” Soffiò, prendendola delicatamente e stringendola a sé.
Il contatto tra i loro corpi paralizzò per un attimo Dawn, la quale avvampò all’istante.
“Maniaco.”
“Senti, senti…ti piace così tanto che sei perfino rossa come un peperone.” Notò, soffiando appena sulle sue labbra.
“Lasciami prima che chieda aiuto.” Lo minacciò lei, anche se non sapeva esattamente come sottrarsi da quella situazione.
Dopotutto erano in una piscina isolata, senza persone che potessero soccorrerla, con l’impossibilità di comunicare con gli animali e con il suo ragazzo che, baciandole il collo, la mandava in confusione.
Anche urlando, nessuno sarebbe accorso per salvarla da un giovane troppo innamorato.
“Non dovresti vergognarti, Dawn.”
“Ma…”
“Se tu mi hai scelto, significa che sai come sono.” Borbottò, staccandosi e prendendole la mano.
“Già.”
“Non ti farò mai nulla che tu non voglia.”
“Davvero?”
“Nonostante abbia quel desiderio, aspetterò che tu sia pronta.”
“Sei sempre il solito pervertito.” Sorrise, arrossendo appena.
“Ma cosa hai capito?”
“Tu non vuoi approfondire il nostro rapporto?” Mormorò lei.
“Mi piacerebbe, ma fino a quando non impari a nuotare come puoi realizzare il tuo desiderio?” Ghignò, sedendosi sul bordo e bagnandosi i piedi.
“Detesto i tuoi doppi sensi.”
“Credevo che il tuo sogno fosse quello di nuotare in mare aperto.”
“Io…”
“A quanto pare anche tu hai una mente perversa.” Affermò, sbattendo leggermente gli arti inferiori sulla superficie limpida e creando, quindi, dei piccoli vortici.
Dawn, nel discutere con Scott, era rimasta ancora in piedi, distante di qualche passo dal bordo e ancora lontana dal contatto con l’acqua.
“Cosa devo fare per nuotare?”
“Devi essere sciolta nei movimenti e non devi avere paura.”
“Ma io…”
“Io sono qui per aiutarti.”
“Lo so.”
“E comunque non mi hai spiegato perché tu abbia deciso d’imparare così di punto in bianco.” Soffiò, mentre gli  si sedeva vicino.
“Ho paura che mi capiti qualcosa come in quel film.”
“A volte sei davvero assurda, Dawn.”
“Non ridere.” Sbuffò la ragazza, mentre lui scivolava in acqua.
Vederlo sguazzare senza difficoltà, l’aveva convinta che non fosse così difficile.
Nonostante lo sapesse, era ancora intimorita dall’acqua e, tenendosi seduta, non accennava la minima intenzione di tuffarsi.
Il rosso fu vinto dal desiderio di forzare la mano.
Se lei non si fosse mai buttata, avrebbero pagato molte lezioni per nulla e sarebbe stato destinato a nuotare con quella spettatrice insolita.
Non gli dispiaceva che Dawn lo fissasse per tutto il tempo, ma non voleva nemmeno essere l’unico a divertirsi.
Scott dopo aver trovato un giusto equilibrio, la osservò e le rivolse uno dei suoi soliti ghigni poco rassicuranti.
Era lo stesso di quando avevano combattuto nella pasticceria e il medesimo che aveva sfruttato per baciarla senza la minima esitazione.
Nel vedere quello sguardo sfuggente e birbante, Dawn tentò di rimettersi in piedi, convinta che covasse qualche brutta intenzione.
Il suo movimento, reso lento e goffo per paura di scivolare in acqua a causa del bordo viscido, fu intercettato da Scott. Il fidanzato allungò le forti braccia e la tirò a sé in acqua, bagnandola da testa a piedi e stringendola con forza.
Il contatto con l’acqua, infatti, la fece rabbrividire e senza volerlo si ritrovò ancora più stretta al corpo di Scott in cerca di calore.
“Maledetto.” La sua voce tremò.
“Dovevo farlo per il tuo bene.”
“Io ti odio, quando fai così.”
“Anch’io ti amo.” Ghignò divertito.
“Non dovevi farlo: dovevi avere pazienza.” Lo rimproverò.
“La mia pazienza ha un limite.”
“Scott…”
“Stare qui da soli non mi dispiace, ma preferirei passare il nostro tempo in un luogo più appartato.”
“Sempre il solito.”
“Già.”
“Cosa dovrei fare ora per imparare, Scott?” Domandò, fissandolo intensamente negli occhi.
“Mio padre mi ha insegnato che devi prima imparare a galleggiare.”
“Sembra semplice.”
“Se sei così sicura perché mi stai ancora attaccata?” Domandò il rosso, allontanandosi un po’ e facendo le prime bracciate.
Dawn, rimasta sola, lontana dal bordo fu colpita dal panico e si agitò sempre di più, facendo sorridere il fidanzato.
Nel vederla scalciare e tirare manate, Scott si riavvicinò e le prese le mani, facendole iniziare il primo esercizio.
Distesa sullo stomaco e tenuta per le mani, doveva imparare a far galleggiare le gambe senza alcuno sforzo mentale.
Superato questo scoglio, di certo non insormontabile, avrebbe dovuto imparare a compiere lo stesso esercizio solo girata sul dorso.
Di volta in volta le avrebbe ripetuto gli stessi consigli che il suo vecchio aveva insegnato a lui e ad Alberta in una giornata primaverile.
Anche se la regola essenziale del nuoto era una sola: niente panico.
Dal suo impegno Scott poteva dedurre che in pochi giorni avrebbe potuto allentare la presa e lasciarla libera di sguazzare.
Ma fino a quando avesse avuto paura, si fosse sbracciata all’inverosimile, avesse respirato affannosamente e non si fosse presa tutto il tempo necessario, sarebbe rimasto al suo fianco.
Ben sapeva che i prossimi giorni sarebbero scivolati via in quel modo.
Avrebbe aspettato che il campanello suonasse, che lei parlasse con Alberta, per poi correre in piscina, ben sapendo che Dawn si sarebbe stretta al suo corpo per via del contatto gelido con l’acqua.






Angolo autore:

Che dire?
Sono ancora vivo.

Ryuk: Stranamente la storia piace.

Davvero strano.
Siccome funziona e dato che ve l'avevo promesso, eccomi con l'aggiornamento e con il tanto atteso cambio di registro.

Ryuk: Che poi consiste nel rendere Scott un po' maniaco.

Nulla di dannoso per la coppia, anche perchè avevo sempre tentato di creare un mix tra romanticismo, divertimento e riflessione.

Ryuk: Ringraziamo tutti i recensori che ci hanno seguito fino a qui.

Ryuk...dovresti fare nome e cognome.
Grazie a Tirene39, Face of Fear, Dawn_Scott402 e ad Anown per i consigli.
Grazie anche alla new entry Kurumi e al buon vecchio Raymox.
Conclusi i ringraziamenti e con la promessa di pubblicare venerdì (probabilmente sul tardi), vi saluto.
Alla prossima!

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Capitolo 4
*** Cap 4 ***


 
Mancavano pochi giorni all’inizio di settembre e con esso sarebbero ripresi gli impegni di ogni bravo studente.
Dawn e Scott avrebbero iniziato l’Università con tutta l’ansia del caso.
Sarebbero entrati in quella nuova scuola, avrebbero conosciuto i compagni di corso e avrebbero dovuto studiare una tonnellata di pagine e di appunti solo per superare degli esami preparati da alcuni individui troppo repressi per avere una vita privata.
Perché alcuni di loro si erano fatti conoscere durante le ore di Orientamento al liceo e puntualmente avevano ricevuto diversi nomignoli.
Si passava dal vecchio, al preistorico, alla donna che sembrava un uomo tanto il suo aspetto era raccapricciante, alla montagna umana e al nanetto delle scienze sociali.
Tanti professori si erano inventati una scusa pur di non sgolarsi a quell’assemblea, mentre quelli sprovvisti di ferie erano stati trascinati in quella sede per attirarsi risolini, battutacce di pessimo gusto, domande intime e personali.
Almeno in questo Scott aveva evitato di farsi riconoscere.
Sapeva che il suo aspetto era riconoscibile ovunque e se mai avesse accettato la vita universitaria, non voleva inimicarsi i professori solo per qualche commento.
Quella mattina aveva pensato che fosse meglio tenere le proprie considerazioni per sé e annotare alcune informazioni su un quadernetto con muto disinteresse.
 
Era il 29 agosto quando Dawn suonò il campanello della casa del rosso.
Inizialmente sia lui, sia la sua famiglia avevano pensato al postino che aveva iniziato di buon’ora il suo turno.
Fu nell’alzare la cornetta che Alberta sorrise.
“Scott hai una visita.” Mormorò la sorella, mentre lui ingurgitava un boccone di frittelle di mele che sua madre aveva iniziato a preparare all’alba.
“Chi è?”
“Quante ragazze potrebbero sopportarti a questo mondo?”
“Oltre a te?”
“Esatto.”
“Deve essere la tua Dawn, figliolo.” Affermò il padre, sorseggiando il suo caffè e complimentandosi per l’ottima scelta del figlio.
“Dopotutto non puoi stare troppo lontano dal tuo angioletto.”
“Anche tu cominci a rompere, mamma?” Sbuffò il rosso, scattando in piedi e avvicinandosi alla fidanzata che aveva sentito ogni sillaba.
Lei era subito arrossita e allo stesso modo anche Scott era stato colpito dall’imbarazzo.
“Vuoi alcune frittelle, Dawn?” Chiese Alberta, invitandola a sedersi vicino al fidanzato e porgendole un piatto pieno di leccornie.
“Non sono portata per i dolci.”
“Sei a dieta, cara?” S’inserì nuovamente la madre del rosso.
“Sì.”
“E tu, Scott, non le dici niente?” Borbottò Alberta, mentre il primo uomo di casa restava in silenzio, bevendo il suo caffè.
Di tanto in tanto leggeva alcune righe dalla cronaca sportiva e poi posava il suo sguardo sulla consorte e sulla figlia maggiore che avevano occhi solo per l’altro suo erede e per la fidanzata.
“Io la rimprovero, ma non mi dà retta.”
“Tu non sei obiettivo.”
“Non sono obiettivo, Dawn? L’ultima volta in gelateria ti ho detto che non era il caso di vestirsi come a una cena di gala.”
“Sempre il solito rozzo.” Mormorò Alberta, ricevendo una gomitata dalla madre.
“Ti ricordo, zucca vuota, che sei ancora single.”
“Zucca vuota?” Sbraitò lei, mettendosi in piedi.
“Ti mancano una ventina di anni scarsi e sei sulla strada per diventare una vecchia zitella allevatrice di gatti.” Ribatté il rosso, strappando una rara risata al padre.
“E io ti ricordo che vivi ancora sotto questo tetto e che posso vendicarmi quando voglio.”
“Credo che Dawn abbia qualcosa da ridire su questo.” Tentò la madre, porgendo alla giovane il vasetto con lo zucchero.
“Comunque non dovresti prendere in giro tua sorella, Scott.” Borbottò il padre con un’occhiata severa.
“E va bene: mi spiace Alberta.”
“Adesso ti dispiace? Non me la bevo.”
“Scusate, io…” Soffiò Dawn, intromettendosi con la massima delicatezza.
“Vedi come sei, Alberta? Hai spaventato la mia ragazza.”
“Meglio che stia zitta prima di pentirmene.” Protestò lei, risedendosi pesantemente sulla sedia e inforcando una frittella intera.
“Comunque mia sorella ha ragione riguardo alla dieta.”
“Ragione?” Mormorò Dawn.
“Sei talmente piccola che tra un po’ faticherò pure a vederti.”
“Io…”
“E poi tra il nuoto e le altre attività dove trovi l’energia per continuare?” Chiese il rosso, passandole il braccio dietro la schiena e avvicinandosi.
“Io sto bene.”
“E poi se non mangi, sarai stanca per i nostri giochi.” Le bisbigliò all’orecchio, facendola arrossire e scoccandole un bacio a tradimento.
Svuotati i piatti e data una mano a riordinare la tavola, Scott e Dawn erano saliti in camera e lei aveva passato al fidanzato un piccolo dépliant.
A sfogliare quelle 2 paginette contenenti solo immagini e qualche breve didascalia, il rosso si era già fatto mezza idea del perché fosse passata così presto.
I suoi occhi scattarono verso il fondo della pagina e già sentì piangere il portafoglio che dormiva ancora dentro i jeans.
Un rapido calcolo e 30 dollari avrebbero preso il volo solo per l’ingresso e altrettanti sarebbero svaniti per souvenir, foto e cibarie.
Se era fortunato, ci avrebbe rimesso solo 50 dollari in tutta la giornata.
 
Avvicinatosi alla sedia dove abbandonava i suoi vestiti, Scott tastò nella tasca destra dei pantaloni e afferrò il piccolo astuccio in pelle nera che custodiva il suo piccolo tesoro.
In mezzo a bigliettini da visita, numeri di cellulare da annotare su agenda e vecchi aiuti cartacei delle superiori, svettavano 2 pezzi verdi, uno arancione e uno rosa.
Poteva dirsi fortunato che il vecchio Winston, amico di suo padre, avesse rispettato i termini per l’ultimo lavoro mensile e che pertanto avesse riempito le sue finanze di 50 dollari fruscianti.
Senza fare domande, staccò il cellulare dalla presa e spese pochi secondi per verificare che sullo sfondo ceruleo non fossero comparse notifiche.
Per sua fortuna solo l’ora, il giorno e l’85% di ricarica troneggiavano sul suo display.
“Lo zoo?” Chiese il rosso, girandosi verso la ragazza che si strinse nelle spalle.
“Sì.”
“Perché sei interessata a vedere quei poveri animali in gabbia?”
“Voglio aiutarti a superare la tua fobia.”
“Solo perché temo gli squali come Zanna, ciò non significa che abbia paura.”
“Mi sembrava divertente fare qualcosa di diverso, Scott.”
“Anche distendersi su un letto, può essere diverso.” Ghignò lui con malizia.
“Quando finirai d’essere un pervertito?”
“Se non lo fossi, ti annoierei di sicuro.”
“È per questo che evito di farti stare con la mia famiglia.”
“Sono troppo affascinante?” Si vantò, sistemandosi i capelli.
“Sei volgare, rozzo e insopportabile.”
“Quando ti bacio, però, non mi sembra d’essere così male.” Ribatté, indossando la maglietta verde che aveva adagiato sopra la sedia della scrivania.
“La mia famiglia ha brontolato parecchio prima d’accettare la nostra relazione perché crede che tu non sia adatto, ma sono riuscita a farli ricredere.”
“Dev’essere stata dura.” Mormorò, mentre la giovane si sedeva sopra il suo letto.
“Abbiamo discusso a lungo.”
“Ho capito.”
“Cosa?”
“Anche tu menti.”
“Su cosa?”
“Tuo padre, in verità, mi adora da quando gli ho risistemato il televisore.” Ridacchiò il rosso con un’aria di superiorità che sconfisse la ragazza.
“Non sono proprio capace di mentire.”
“È fin troppo evidente per una ragazza come te.”
“Una ragazza come me?” Domandò innervosita per quel strano rafforzativo.
“Tu non saresti mai capace di mentire e questo ti rende diversa dalle altre.”
“Io…”
“Tu pur di non mentire e di non offendere la tua natura, sei capace di una sfacciataggine e di una sincerità da far impallidire i santi.”
“Lo prendo come un complimento.”
“Lo è infatti. Tu dovresti lasciare le bugie a ragazzi come me e Brick.”
“Brick?”
“Quello è da quasi 5 mesi che mente sulla sua evidente relazione con Jo.” Ghignò il rosso, stiracchiandosi le braccia.
“Ricordo ancora quando facevano a gara con il cibo di Chef.”
“La sbobba di Chef, vorrai dire. E comunque continuano a gareggiare con le birre.”
“Che tipi.”
“Tuttavia, a volte, sei anche troppo sincera.”
“Io…”
“Qualche volta le bugie non sono così malvagie.”
“Le bugie sono sempre cattive.” Ribatté lei.
“Quelle dette a fin di bene sono spesso migliori di una realtà umiliante.”
“Come?”
“Mi piace credere d’aver perso ai reality di Chris solo per sfortuna e niente più.”
“Il karma, Scott.”
“Quello che mi ripeto è solo una bugia che serve a spronarmi a diventare una persona migliore.”
“È da un po’ che te lo faccio notare.” Brontolò lei, credendo che i suoi discorsi fossero sempre stati ignorati dal ragazzo.
“Ho perso solo per colpa mia, ma è dura ammetterlo così facilmente.”
“Guarda che andando avanti così lo zoo finirà con il chiudere.”
“Dawn lascia a me le bugie.” La pregò il rosso con un tono serio che non usava mai e che non gli si addiceva particolarmente.
“Nemmeno tu dovresti mentire in un rapporto di coppia.”
“Farò del meglio.” Promise, aprendo la finestra della sua stanza.
“Bene.”
“Comunque non serve che borbotti, sbuffi, mi minacci o t’inventi storie sulla tua famiglia: ti avrei accompagnato comunque allo zoo.”
“A volte è così semplice convincerti.” Sorrise, abbracciando il fidanzato che aveva appena finito di prepararsi.
 
Usciti per strada e preso al volo l’autobus, i 2 scesero alla penultima fermata.
Camminarono all’incirca per altri 10 minuti e finalmente giunsero dinanzi al faraonico cancello che li divideva dalle varie gabbie.
Quello zoo in particolare esibiva soprattutto specie erbivore, qualche uccello, molti rettili e una piccola zona coperta dedicata alla conversazione degli insetti.
In particolar modo si trovavano video molto lunghi su scarabei e aracnidi, insieme a farfalle perfettamente allineate nelle teche di vetro.
L’ultimo leone era deceduto di vecchiaia anni prima e i proprietari non avevano avuto ancora modo di sostituirlo, anche a causa delle manifestazioni degli animalisti.
La prima area era dedicata specialmente alle giraffe e qui Dawn si soffermò a lungo.
“Che animali magnifici.”
“Sono così alte.” Commentò il rosso.
“Già.”
“Anche fissandole a lungo, non hai speranze di diventare più alta.”
“La smetti di dire certe cose?”
“Mi piace metterti in imbarazzo.” Ammise Scott, scattando una foto agli animali.
Dawn avrebbe tanto voluto frapporsi e rovinargli l’immagine, ma preferì desistere.
Invece di vendicarsi, passò oltre e si soffermò davanti al recinto dei rinoceronti.
A fissare la mappa che avevano ricevuto all’ingresso quella sarebbe stata una giornata molto lunga che si sarebbe conclusa solo dopo aver visto ogni singolo animale.
Verso metà giornata e quando ormai restavano ben pochi animali da osservare, si fermarono in un piccolo baretto per il pranzo.
Scott aveva ordinato un semplice panino con la cotoletta e una lattina di aranciata, mentre la fidanzata un sandwich vegetariano con del the verde.
Era da quando si erano seduti e da quando avevano iniziato a mostrarsi le foto che avevano scattato che Dawn era strana.
Il suo silenzio non era convincente per Scott.
Lui non avrebbe mai imparato a leggere l’aura delle persone e di certo non era nei suoi interessi cominciare quel giorno.
Eppure la sua mancanza era compensata con altro.
La sua esperienza, quella acquisita con i “Ti lascio” delle sue ex, gli urlava che la sua lettrice d’anime aveva qualcosa di strano.
Qualcosa pulsava in quella testolina piena di sogni e speranze per il futuro.
Scott, dopo aver dato un morso al suo pranzo, lo riappoggiò con un pizzico di stizza sul piatto di plastica e la fissò dritta negli occhi.
“Ho fatto qualcosa di sbagliato, Dawn?”
“Hmm?”
“Hai capito bene la mia domanda.”
“Direi di no.” Mormorò la giovane.
“Allora perché sei così silenziosa?”
“Non ho niente da dire.”
“Tu hai sempre qualcosa da dire.”
“Non so di cosa parli.”
“Ti ho detto che non devi mentire.” Sbuffò il rosso, sorseggiando la sua bibita.
“Io non mento mai.” Ribatté lei.
“Puoi dirmi qualsiasi cosa.”
“Io…”
“Non era mia intenzione paragonarti di volta in volta ai vari animali che abbiamo visto.” Affermò con disinvoltura.
“Vorrei chiederti una cosa, Scott.”
“Sicura di non essere arrabbiata con me?”
“Un po’ lo sono, ma tanto riuscirai a farti perdonare.” Sorrise maliziosa.
“Adesso sei tu a fare la pervertita.”
“Avrò imparato da qualcuno molto esperto.”
“Devo solo imparare a leggere le foglie, come fai tu, e siamo quasi uguali.”
“In questi mesi mi sono divertita molto in tua compagnia.” Ammise Dawn, facendo preoccupare il fidanzato.
In passato non era mai uscito vivo da quella frase.
Quello era sempre l’anticipo della fine.
Restava il classico “ti vedo solo come un amico” e la relazione si rompeva in milioni di pezzi.
Era stato colpito diverse volte alle superiori con quei discorsi senza capo né coda e puntualmente era tornato a casa, sbattendo con rabbia la porta della sua stanza e gelando i discorsi insensati di sua sorella Alberta.
“Vuoi già lasciarmi?” Chiese serio, facendola sobbalzare.
“Stai scherzando, vero?”
“Sembrava volessi sbarazzarti di me.”
“E perché dovrei farlo?”
“Perché se fossi al tuo posto, con tutto quello che ti ho fatto passare, questa sarebbe una vendetta molto dolce.”
“Io…”
“Se avessi vissuto la sofferenza che hai provato, ti avrei fatto cadere ai miei piedi e poi ti avrei liquidato come spazzatura."
“Scott…”
“Mi fa male essere così cinico, specie ora che sono felice e non ho bisogno di simili pensieri.” Sospirò il rosso, riprendendo il panino e staccandone un boccone con voracità.
“Non dire così.”
“Hai intenzione di lasciarmi anche tu, Dawn?” Chiese, abbassando la testa e perdendosi negli avanzi distesi sul piatto.
Quella giornata così soleggiata stava diventando sempre più cupa.
Scott sapeva bene che per quanto s’impegnasse, nulla poteva cancellare i suoi sbagli.
Era la stessa roba che gli ripeteva suo padre quando era bambino per insegnarli il giusto comportamento da tenere.
“Tutti, nessuno escluso, ricorderanno sempre il male che causi e mai la gioia che porti.”
Dopotutto non era in torto.
Per quanto volesse la felicità, qualcuno degli ex campeggiatori continuava a rinfacciargli qualcosa.
Lo faceva perfino Lightning che era un’idiota e che non faceva altro che magnificare i suoi muscoli, i suoi intrugli energetici e la sua furbizia.
Era lo stesso fardello che portavano tutti i cattivi.
Nessuno avrebbe mai creduto in un suo cambiamento.
Eppure Heather si era umanizzata dopo alcune stagioni.
Anche Alejandro non era più il freddo calcolatore che aveva deliziato i suoi telespettatori.
Pure Duncan si era rammollito.
“Se mi lasciassi, ti capirei.”
“Mai.”
“Guarda che le bugie ti potrebbero accorciare.”
“Scott sei uno stupido.”
“Stupido?” Chiese, alzando la testa e sussultando nell’incrociare i suoi occhi.
Lei, stanca di quei discorsi, aggirò il tavolo e si sedette comodamente sopra le sue ginocchia.
“Sono arrabbiata con te.”
“Io…”
“Questa mattina mi hai fatto andare in Paradiso e ora mi butti all’Inferno.”
“Mi spiace, Dawn.”
“Sai benissimo che ti amo.” Mormorò, alzandosi quel tanto che bastava per girarsi verso di lui.
Seduti insieme, in una posizione alquanto scomoda, Scott la strinse il più possibile, mozzandole il fiato.
“Io…”
“Quello che hai detto poteva andarmi bene prima che ci incontrassimo di nuovo.”
“Davvero?”
“Prima della notte in pasticceria, ero propensa a chiedere a mio padre di fare qualcosa per fartela pagare.”
“Perché ci hai ripensato?”
“Perché l’odio non risolve le cose e i miei sentimenti negativi avrebbero danneggiato la perfetta armonia che vive intorno a me e avrebbe intaccato la natura che rispetto.”
“Un po’ contorto il tuo ragionamento.”
“Se ti comporti male una volta, poi tutti te lo ricorderanno per sempre, anche se ti spacchi per la loro felicità.” Ammise, facendolo annuire.
“Io…”
“Poi ci siamo ritrovati e ed eri cresciuto.”
“Ma…”
“Dopo alcuni anni è normale cambiare atteggiamento.” Sorrise, appoggiando la testa sul suo petto muscoloso.
“A volte sono un vero idiota.”
“Rischi sempre di perdere e allontanare le persone che ti vogliono bene.” Confermò lei, soffiando appena e beandosi della leggera brezza che si era alzata.
“Non accadrà mai più.” Promise, facendola sorridere.
“Devo crederti?”
“Che cosa posso fare per convincerti?”
“Potresti non interrompere le persone quando parlano.”
“Ci proverò.”
“Così saresti venuto a sapere che domani siamo liberi di passare un’intera giornata a casa mia.” Ridacchiò, sorprendendo il fidanzato.
Nell’udire quelle parole, era sbiancato per un attimo.
Scott sapeva che Dawn era strana, ma lo era molto più delle sue ex ragazze.
Era di una stranezza piacevole che lo colpiva e che lo tranquillizzava.
Magari un giorno sarebbe pure riuscito a sentirsi al suo stesso livello, anche se la sua speranza, per una volta, era quella d’essere inferiore.
Solo dal basso poteva rimanere sorpreso della sua bellezza.
Solo dal gorgo in cui era caduto e da cui stava rifiorendo, poteva bearsi di una luce, quella di Dawn, che oltre ad essere abbagliante, era anche calda e irresistibile.
 



Angolo autore:

Scusate per l'imperdonabile ritardo.

Ryuk: Avremmo tanto voluto aggiornare questo pomeriggio, ma un piccolo intoppo ci ha costretti a rinviare.

Ho riletto il capitolo e non dovrebbero esserci errori.
E sono felice di affermare che siamo andati oltre le mie più rosee aspettative.
Credevo fosse un miracolo arrivare anche solo a 10 recensioni e invece avete confermato tutto il mio pessimismo.

Ryuk: E speriamo che i nostri cari recensori continuino con questo ritmo.

Sarebbe il massimo, considerando anche il periodo (estate = Ferie = pessimo periodo per iniziare un progetto).

Ryuk: Speriamo che questo capitolo sia di vostro gradimento.

Se perfino Ryuk si è ammorbidito c'è speranza per l'umanità.

Ryuk: Fa troppo caldo per essere cinici.

Cinici o meno, ringraziamo chi legge, segue, recensisce e dà consigli per migliorare questa storia e di conseguenza i progetti futuri.
Detto questo vi saluto e vi auguro un buon week-end.
Ci ritroveremo martedì con l'aggiornamento.
Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Cap 5 ***


Scott non credeva che lei intendesse quello con il passare il pomeriggio insieme.
Credeva che si mettessero a parlare oppure a guardare la televisione.
Qualsiasi fossero i suoi progetti difficilmente avrebbe ascoltato i vaneggi della hippie o il brontolare del vecchio orso.
Poteva anche essere una qualche sorpresa con la casa usata come scusa solo per fargli smuovere il culo dal divano.
Non pensava che lei lo portasse nel suo giardino e che si mettesse a meditare.
Non aveva niente contro quella strana abitudine, anche se invitare qualcuno per poi restarsene zitti e immobili non era il massimo dalla vita.
Seduto sul prato, tagliato di recente, e all’ombra di un piccolo albero si chiedeva per quanto potesse rimanere in quella posizione, a suo parere scomoda, senza annoiarsi.
Le ricordava una lucertola.
Una schifosa lucertola che si crogiolava al sole per delle ore e che non aveva niente di meglio da fare.
“Dawn…mi annoio.” Mugugnò, spegnendo il cellulare che sul display, già prima di uscire, segnava appena il 15% di batteria.
“Hmm…”
“Non è possibile che tu mi abbia invitato solo per questo.”
“Hmm…”
“Se racconto a mia sorella che sono stato qui a fare niente, potrebbe anche uccidermi.” Brontolò, continuando a fissarla e rabbrividendo al solo pensiero.
Anche se la pregava con lo sguardo d’interrompere quella pagliacciata, lei con i suoi occhi socchiusi non poteva avvedersene e avrebbe continuato con i suoi esercizi utili a purificare la sua anima.
“Hmm…”
“Mi annoio.” Sbadigliò, stropicciandosi gli occhi.
“Lascia confluire la tua energia positiva.”
“Non importa: farò altro.”
“Hmm…”
“Continua pure con i tuoi esercizi.” Soffiò il rosso, chiudendo gli occhi e iniziando a dormire.
La lieve brezza che rinfrescava quella giornata aveva permesso a Scott di prendere sonno quasi subito.
 
Qualcosa pizzicava.
Non faceva male, ma era comunque fastidioso.
Quella sensazione stava rovinando il sogno di quelle ore.
Lui che correva sulla spiaggia dorata e Dawn che lo seguiva poco dietro senza perderlo d’occhio.
Era questa la parte che più gli piaceva: erano soli e non c’era nessuno che potesse intromettersi e potesse infastidirli.
Lontano, ma neanche troppo, sferzato dal lieve venticello, c’era un orripilante ombrellone arancione con tanto di fiori rosa disegnati sopra.
Quello stile poteva andare bene per una qualche hippie di sua conoscenza: lui non avrebbe mai fatto salire quella robaccia sul mezzo che il suo vecchio gli avrebbe prestato.
All’ombra vi erano 2 teloni e alcune borse stracolme di creme, asciugamani e cibarie.
E loro continuavano a correre.
Scott non sapeva quanto era passato, ma presto raggiunsero l’ombra e si distesero tranquilli.
“Mi piace qui, Scott.”
“Anche a me.”
“Non credevo conoscessi un posto così bello.”
“Anche se non hai ancora imparato a nuotare.” La rimproverò, rimettendosi seduto.
“Non ne sono capace.”
“Sei tu che non vuoi imparare.”
Il fastidio continuava.
Stava distorcendo quel sogno che miseramente iniziava a svanire e a scivolare lontano dai meandri della sua mente.
“Prometti di non arrabbiarti mai con me Scott?”
“Ci posso provare.”
“E se facessi qualcosa di stupido?”
“Come puoi fare qualcosa di stupido se sono sempre con te?” Domandò spiazzandola.
“Può sempre capitare.”
“Con te? Non credo proprio.” Ammise, mentre anche lei si rimetteva seduta e si metteva ad armeggiare con la sua borsa.
Scott credeva stesse cercando il suo cellulare e non immaginava di ritrovarsi il tubetto bianco con la crema oliante tra le mani.
“Puoi passarmi la crema sulla schiena?”
“Solo sulla schiena?” Domandò, provocandola e suscitandole un lieve imbarazzo.
“Forse…” Borbottò languida.
“Io credevo di meritarmi qualcosa in più.” Ammise, riempiendosi le mani e poggiandole dietro le sue scapole.
“Dipende da quanto sarai bravo.”
“Io pensavo che tutto il tuo fisico avesse bisogno d’essere protetto.” Brontolò, facendola avvampare.
“Sei solo un…”
“Maniaco, lo so.”
“Anche se non mi dispiace: significa che ti piaccio davvero tanto.”
“Tu non mi piaci tanto…io ti adoro.” Ghignò, rimettendo il flacone nella sua borsa e invitandola a girarsi nella sua direzione.
“Scott…”
“E anche se sei un po’ strana, non ti sostituirei mai.”
“Non sono strana!” Sbottò lei.
“Questo dipende dai punti di vista.” Ghignò il rosso, tirandola a sé e baciandola con passione.
 
Iniziava a fare male.
Tirava e diventava sempre più intenso.
Era come una lieve morsa…sul braccio destro.
Lo stesso braccio che, nel sogno, iniziò a illuminarsi.
Non capiva come fosse possibile e a cosa fosse dovuto quel segno che diventava sempre più grande e doloroso.
Più lo osservava o lo toccava più s’ingrandiva.
E più s’ingrandiva, più gli faceva male.
Perfino il volto di Dawn era contorto in una smorfia di fastidio: era come se quel dolore fosse avvertito anche da lei.
“Mi sento strano…”
Erano queste le ultime parole che riuscì a dire, prima che la figura di Dawn svanisse, anche se non era solo lei a essere sparita.
L’ombrellone era scomparso.
I teloni con i loro sacchi volatizzati.
La spiaggia con il sole e il fresco venticello aveva lasciato il posto all’oscurità.
In tutto questo solo una cosa era rimasta costante: la voce della sua fidanzata.
“Non dovevi prendere sonno!” Sbuffò nervosa, mentre lui teneva gli occhi chiusi e sperava di recuperare l’immagine svanita.
Lo schiaffo che ricevette sulla gamba sinistra e che lo risvegliò del tutto era figlia dei suoi continui pizzicotti per riportarlo all’ombra del suo albero.
“Ahia…”
“Sei un maleducato, Scott.”
“Stavo…sognando…” Borbottò con voce impastata.
“Quando ti ho invitato qui, non volevo darti il permesso di dormire: dovevi farmi compagnia.”
“Mi annoiavo.” Soffiò, cacciando un altro sbadiglio.
“Ho dovuto interrompere la meditazione perché russavi.”
“Russavo perché mi annoiavo.” Spiegò con calma, stiracchiandosi appena.
“Solo perché non provi mai a seguire le mie indicazioni.”
“Scusa Dawn, ma ti sembra normale invitare qualcuno per poi lasciarlo annoiare?”
“Avevo bisogno di qualcuno che potesse bilanciare la mia energia positiva.”
“Potevamo bilanciarci in camera tua.” Ghignò il rosso, facendola arrossire.
“Ringrazia che mio padre non c’è altrimenti saresti morto.”
“Non vuole che la sua principessa sia felice?”
“Certo che lo vuole: è solo che non mi sento pronta.”
“Posso sempre aspettare.” Ghignò il rosso.
“E pensare che stavo meditando così bene, poi ti sei messo a russare come una locomotiva e la perfetta armonia non ha calmato la mia anima.”
“Perché doveva calmarla?”
“Perché si agita quando sono con te.” Ammise con lieve imbarazzo.
“Se ti agiti per così poco, chissà cosa potrebbe accadere se ti raccontassi il mio sogno.”
“Quale sogno?” Chiese vinta dalla curiosità.
“Perché dovrei parlarti del mio sogno se poco fa eri arrabbiata perché dormivo?”
“Io…”
“Sei stava brava, nel mio sogno intendo.”
“Che cosa avrei fatto?” Domandò alterata.
“Se ben ricordo non avevi ancora imparato a nuotare e ti riempivo la schiena di crema.”
“Solo?”
“Stavamo per divertirci e poi mi hai svegliato.” Sospirò rassegnato.
“Mi dispiace.”
“Poi mi hai detto che non devo mai arrabbiarmi con te e che potresti fare qualcosa di stupido.”
“Nel tuo sogno sembra che tu abbia imparato qualcosa sul mio conto.”
“Ti sbagli: sapevo già che eri avventata e mi ero già ripromesso di starti vicino.”
“Scott…”
“Molto più vicino in futuro.” Borbottò, attaccandosi a lei e baciandola.
“Hmm…”
“Lo sai? Baci quasi meglio rispetto alla Dawn del mio sogno.”
“Ehi!”
“Potrei cambiare idea se provassimo qualcosa di diverso.” Ghignò, ottenendo un rifiuto.
“Non ora, Scott.”
“So essere molto paziente, quando ne vale la pena.”
“Vedrai che non ne resterai deluso.” Promise lei, distendendosi sopra il suo corpo.
“Lo spero.”
“Pensa che prima di sentirti russare, volevo interrompere la meditazione per chiederti se eri libero di fermarti per cena.”
“Io sono sempre libero per te.”
“Peccato che abbia mandato a tua sorella un messaggio e lei non era felice di sapere che dormivi.” Sbuffò, facendolo tremare.
“Io…”
“L’avrei fatto, ma non sarebbe stato divertente quanto questo scherzo.” Sorrise, mentre lui la afferrava e rigirava la situazione a suo vantaggio.
“Hai mentito, ma è stata una bugia molto buona.”
“Non sono una così brava ragazza.”
“Le cattive ragazze meritano una punizione.” Ghignò, prendendola in braccio e portandola fino al suo divano, laddove riprese a baciarla con passione.
“E quelli che dormono, mentre qualcuno parla, cosa meriterebbero?” Chiese lei dopo quei minuti d’intimità, accendendo il televisore.
“La mia stima.”
“Riprova…prima di essere sbattuto fuori.” Ringhiò, prendendo il telecomando e girando verso una delle sue sitcom preferite.
“Piuttosto di guardare sta roba andrei fuori volentieri.”
“La tua punizione sarà stare qui con me a guardare la televisione e a rendermi felice.”
“Hai un disperato bisogno di felicità per guardare questa robaccia.” Ridacchiò, mentre lei si appoggiava alla sua spalla, ignorando quell’ultima frecciatina.
 
Scott si rese subito conto che quel programma era di una palla mortale e più cercava di cambiare canale, più si scontrava con il mutismo di Dawn.
Per la prima mezzora lei aveva riempito quel salotto di chiacchiere e poi si era azzittita.
Fu nel spostare lo sguardo che capì il motivo del suo silenzio: si era addormentata.
Anche volendo gli sarebbe stato impossibile agire su quel maledetto televisore e se si fosse alzato, l’avrebbe risvegliata rovinandole il sonnellino.
Sbuffando appena e girandosi a fissarla si chiese cosa potesse fare oltre a studiarne il volto rilassato e a spostarle un ciuffo che le copriva gli occhi.
“Solo per questa volta.” Mormorò, permettendole di continuare nel suo meritato riposo.
“Non diventerà un’abitudine.” Promise, sbuffando appena.
Per quanto si sforzasse di negare, lui avrebbe sempre perso.
Sarebbe stato sufficiente che lei sbattesse i suoi occhioni, che si distendesse al suo fianco e che appoggiasse la testa sulla spalla per fargli dimenticare quella promessa.
L’avrebbe fatto solo perché era la luce che gli era mancata per troppo tempo e perché non voleva rovinare la sua pace interiore.
E se la pace di Dawn era compromessa, Scott si sentiva responsabile.
“Cercherò di non farti più arrabbiare.” Bisbigliò, mentre lei assottigliava le labbra a formare un delicato sorriso.
Il suo respiro era rallentato all’improvviso, gli occhi si erano aperti del tutto, nonostante la luce intensa che poteva provocarle fastidio e aveva cambiato canale.
Per Scott era ovvio che Dawn fosse stata sveglia per tutto il tempo ed era rimasta in trepidante attesa delle sue parole.
Alla fine, nonostante potesse approfittarsi della situazione, era rimasto immobile e si era fatto perdonare per quel pisolino insolente all’ombra del suo albero.





Angolo autore:

Buonasera cari lettori e rieccoci a un nuovo aggiornamento di Moments.

Ryuk: Detta così sembri ridicolo.

Hai ragione.
Questa volta ho riletto la storia con attenzione e non dovrebbero esserci troppi errori.
Mi scuso per la lunghezza, ma devo avvertirvi che purtroppo sarà così anche per i prossimi e ultimi capitoli.

Ryuk: È faticoso essere romantici, almeno per noi.

Quando c'era la possibilità di scegliere tra amore e ragione, io ero in fila per la seconda qualità e, quindi, nisba.
Accontentatevi dei miei sforzi.

Ryuk: Qualora aveste dubbi, domande o consigli vi ascolteremo a orecchie spalancate.

E detto questo possiamo andare.
Prima di sparire, ringrazio coloro che hanno letto, seguito e recensito la storia.
Il prossimo capitolo uscirà venerdì pomeriggio.
Alla prossima!

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Capitolo 6
*** Cap 6 ***


Si era appena stravaccato sul divano, quando Alberta si era palesata con 3 borse gialle della spesa.
Nonostante il peso extra che gravava sulle sue mani e i suoi sbuffi di rimprovero, lui non si era mosso di un millimetro.
La sua testa era altrove.
Di solito sarebbe scattato sull’attenti nel sapere che la credenza si sarebbe riempita dei suoi biscotti preferiti e a costo di urtare la sorella si sarebbe impossessato del pacchetto color crema e avrebbe iniziato a ingurgitare dolciumi come se non vi fosse un domani.
Quel pomeriggio i cioccolatini di sua madre erano rimasti nella borsa, così come i suoi biscotti alle gocce di cioccolato e come la torta al limone che suo padre e Alberta si dividevano senza discutere.
C’era un chiodo fisso che continuava a pungerlo.
E Scott non sapeva cosa avesse sbagliato.
L’unica cosa di cui era convinto è che Dawn fosse arrabbiata per un motivo incomprensibile.
Fino a qualche giorno prima s’incontravano a metà strada per l’Università, si scambiavano un bacio e si tenevano per mano fino al cancello.
Da lì ognuno prendeva strade diverse, salvo poi rincontrarsi dopo 6 ore e ripetere la cerimonia dell’andata: nuovo bacio e tutto come il solito.
Le solite battute pervertite del rosso si alternavano all’arrossire della fidanzata e così fino a quando non si chiudevano in stanza per studiare.
Era la loro routine.
Erano i loro momenti.
Era la loro felicità.
E questo, per Scott, era tutto.
In quelle ore, però, aveva sbagliato qualcosa.
Lei si era allontanata ed evitava di rispondere ai suoi messaggi.
E questo disinteresse insolito l’aveva spinto nella più totale confusione.
Si svegliava la mattina con l’emicrania e con delle occhiaie molto vistose, si trascinava a scuola, collassava sul suo banco, non ascoltava minimamente i professori, fissava il cancello sulla via del ritorno con tristezza e si stravaccava sul divano, abbandonando lo zaino ai suoi piedi e tenendo il cellulare a portata di mano.
Passavano le ore, i programmi televisivi si alternavano senza sosta, si sedeva per la cena, torturava il cibo che aveva nel piatto, mangiucchiando metà della sua solita razione e tornava sul divano, prima di afflosciarsi sul suo letto a fissare il soffitto nero e a chiedersi cosa avesse sbagliato di preciso.
“Tutto bene fratellino?”
“Alberta…”
“Sei più fiacco in questi giorni o sbaglio?”
“È l’Università a stancarmi.”
“E stanca anche Dawn?”
“Io…”
“Ecco perché non viene più a farci visita: deve essere piuttosto stanca.” Commentò la giovane donna, spegnendo il televisore.
“È impegnata con gli esami.”
“Se lei è impegnata, tu allora stai perdendo tempo.”
“Quando finirai d’infastidirmi?” Chiese il rosso, tirando un calcio al suo zaino.
“Quando mi dirai cosa ti preoccupa.”
“Perché dovrei?”
“Preferisci che sia la mamma a torturarti?” Ironizzò, prendendo il suo cellulare e formulando il numero della donna.
“Dawn è arrabbiata con me.”
“Avrai fatto qualche cazzata.” Sospirò Alberta, riappoggiando il telefonino sul mobile ed evitando di chiamare la madre.
“Nessuna…almeno credo.” Borbottò sconsolato.
“Se non vuole più vederti, forse si è offesa per qualcosa che hai detto.”
“So come farmi perdonare quando dico qualche cazzata.”
“O che hai fatto.” Continuò, gelando la sicurezza del fratellino.
“Non saprei.”
“L’hai tradita?”
“Vorrai scherzare, vero?” Domandò, alterandosi e fissando Alberta con rabbia.
“Non so cosa passi per la testa di Dawn, ma se ti ha beccato con un’altra, posso capirla e ha tutta la mia solidarietà.”
“Io non ho fatto niente.” Scandì con calma.
“Dawn è di tutt’altro avviso.”
“Ma…”
“Sforza il tuo cervellino e pensa agli ultimi giorni: non hai notato niente di diverso in lei?” Tentò, facendogli socchiudere gli occhi e dandogli il tempo di riflettere.
Anche nel sforzarsi non ricordava nulla.
Non aveva sentito niente di anormale nella sua vita.
La sua famiglia continuava a essere allegra e scanzonata come il solito, il suo corso all’Università proseguiva senza intoppi, facendola risultare come una delle allieve più promettenti, e il loro tempo libero era favoloso.
Uscivano insieme, parlavano a lungo, si baciavano e si accarezzavano per delle ore.
L’ultimo campo era quello degli hobby, ma nemmeno qui riusciva a trovare qualcosa.
Lei continuava a meditare, a leggere la sua aura che spesso la faceva imbarazzare e a parlottare con gli animali, rassicurandoli sul suo sguardo.
“Niente.” Soffiò deluso.
“Proprio niente?”
“Farei qualsiasi cosa per stare con lei.”
“Non hai dimenticato nulla?”
“Che cosa vuoi insinuare?” Domandò il rosso, facendola sorridere.
“Noi ragazze vogliamo sentirci dire determinate cose da voi.”
“Del tipo?”
“Le hai mai detto che l’ami?”
“Se non l’amassi, non sarei qui.” Rispose, digrignando i denti.
“Da quanto vi conoscete?”
“E questo che cosa centra?”
“Non puoi rispondere con una domanda.” Ridacchiò Alberta, facendolo annuire.
“Sono passati quasi 3 anni dall’ultimo giorno dei reality di Chris.”
“E non è una data speciale.”
“Una data speciale?” Chiese il rosso visibilmente confuso.
“Perché voi uomini siete così stupidi?”
“Io…”
“Quanti mesi sono passati dalla sera in pasticceria?” Soffiò con calma glaciale, risvegliando i neuroni assopiti del fratello.
 
La pasticceria.
A questo non aveva proprio pensato.
Al primo giorno da quando si erano rincontrati e che avevano ammesso i loro sentimenti.
Era stata quella la scintilla che li aveva fatti innamorare e che continuava ad alimentarsi ogni volta che si stringevano.
Scott, però, non aveva ancora chiuso con il passato.
Fino a quando non le avesse dato un simbolo materiale del suo amore, sarebbe sempre stato destinato a perderla.
Era questo che intendeva dire sua sorella.
Il tempo che era passato.
I mesi che si erano rincorsi per renderli felici.
Era il 23 di luglio quando si erano scontrati e poi baciati.
E oggi era il 23 ottobre.
3 mesi: una specie di anniversario anche se molto più semplice.
E per quante volte avesse detto il classico ti amo, per poi baciarla, lui avvertiva il pericolo di perderla.
Dall’eliminazione brutale di qualche anno prima a quel pomeriggio disteso sul divano, non le aveva consegnato nulla.
Le aveva dato il suo cuore e la sua fiducia, ma non era stato sufficiente.
Non sarebbe stato abbastanza nemmeno se il reality si fosse concluso in modo più proficuo.
E ora capiva di cosa aveva veramente bisogno.
Per lui non era mai stato così lampante, ma per Dawn, nonostante il suo odio per gli oggetti materiali, doveva essere una questione vitale.
“Cazzo…”
“Ci sei arrivato finalmente.”
“3 mesi…non ci avevo fatto caso.”
“Per voi uomini può sembrare una stupidaggine, ma per noi ragazze sentirsi amate e regalate ogni giorno è motivo di assoluta felicità.”
“Devo andare.” Borbottò, scattando in piedi e aprendo il portafoglio in cerca di una serie di banconote.
“Vai e rendila felice.”
“Mi sembra strano che tu sia ancora single Alberta.”
“Che ci vuoi fare: gli uomini hanno dei gusti pessimi.” Sorrise la maggiore, aprendo la borsetta e sventolando davanti agli occhi del fratello un pezzo da 20.
“Non diventerai mai una vecchia zitella.”
“Fila prima che i negozi chiudano.” Ridacchiò, vedendo il fratellino correre fuori di casa, rischiando di urtare il padre che era appena tornato dal suo turno.
L’uomo, nel vedere il figlio correre in quel modo, negò con il capo e si chiese il motivo per cui doveva vivere in un ambiente così strambo che poteva solo peggiorare.
 
Il centro era l’unico luogo che poteva salvarlo.
Erano le 18.
Molte serrande erano già abbassate e altre erano ancora impietosamente sollevate con grande fastidio dei proprietari che a causa di qualche indeciso stavano perdendo minuti preziosi.
Era talmente disperato che approfittò della prima gioielleria che gli era capitata a tiro e da cui uscì come una scheggia in 5 minuti scarsi.
Giratosi intorno e alzato lo sguardo al cielo, riprese a correre verso l’appartamento della fidanzata cui bussò con veemenza.
Si aspettava che ad aprire venisse uno dei suoi genitori.
Se gli fosse toccato il padre, quasi sicuramente avrebbe avuto a che fare con un orso che l’avrebbe sbranato per aver fatto soffrire la sua cucciola.
Con la madre sarebbe stato anche peggio. Avrebbe tirato fuori discorsi su energie negative confluenti in una determinata area e che erano responsabili per l’amnesia che l’aveva colpito.
Gli avrebbe consigliato qualche tisana a base di strane erbe oppure di una qualche radice che si trovava in qualche paese sperduto nel mondo.
Di peggio poteva, se in preda a crisi mistica, mettersi nella posizione più semplice della ginnastica yoga e menzionare vecchi discorsi di uomini pacifici e ligi alla felicità del popolo.
Sì, conoscendo la sfiga degli ultimi periodi, gli sarebbe capitato uno dei 2 oppure entrambi.
In quel caso, mentre veniva sgretolato dall’omone, lei avrebbe ragionato e lottato per assicurare la salvezza del mondo.
Avvolta da un pigiamone rosa, mentre lui fissava lo zerbino, Dawn si era palesata alla porta e l’aveva fissato dal basso.
“Scott?”
“Sei qui.” Si risvegliò, fissandola negli occhi.
“Perché? Dove dovrei essere?”
“Pensavo non mi aprissi più.”
“Non lo farei mai.”
“Meno male.” Borbottò, abbassandosi per baciarla con foga e spingendola all’interno.
Chiusa la porta con un calcio, aveva ripreso a bersagliarla di baci e a stringerla il più possibile.
Dawn era il suo tesoro.
Era il suo bene più prezioso e non l’avrebbe lasciata mai più.
Staccatasi da lei e fissata negli occhi, senza darle tempo di dire nulla, si era inginocchiato, estraendo il pacchettino che aveva comprato qualche minuto prima.
“Scott…”
“Sai che sono un idiota e ti chiedo scusa se non ho capito che avevi bisogno di un regalo per questo nostro anniversario.”
“Io…”
“Non voglio perderti: sei tutto quello che mi resta.” Ammise, versando qualche lacrima.
“Stai piangendo?”
“Tu sei la mia ragazza, ma non avevo capito che avevi bisogno di un regalo per lasciarti alle spalle tutta la storia dei reality.”
“Scott…”
“Sono stato così ottuso che credevo bastasse il mio amore per rassicurarti, ma mi sbagliavo.”
“Perché?”
“Mi piace stare con te, mi piace tutto di te e spero tu possa perdonarmi.”
“Ma tu non hai sbagliato.”
“E allora perché mi hai ignorato in questi ultimi giorni?” Chiese, mentre lei lo invitava a sedersi sul divano del salotto.
“Perché avevo bisogno di tempo.”
“E per cosa? Sei ancora insicura sulla nostra storia?”
“Ero insicura su cosa regalarti.” Borbottò, prendendo da un mobile poco lontano una piccola scatolina avvolta da della carta rossa.
“Anche tu?”
“Non sapevo se i nostri 3 mesi avessero bisogno di un regalo e poi mi sono detta che non voglio lasciarti in giro con qualcuno che potrebbe pensare che tu sia libero.”
“Mi conosci.”
“Io ho fiducia in te, ma non nelle altre.”
“Quali altre? Tu sei l’unica donna per me.”
“Noi ragazze non ci arrendiamo facilmente e una molto testarda sarebbe capace a fare di tutto pur di convincerti del contrario.”
“Forse hai ragione.”
“Avevo bisogno di qualcosa che mi permettesse di dormire la notte.” Riprese, porgendo il suo regalo nelle mani del ragazzo.
“Lo stesso vale per me.”
“Alla fine siamo stati così stupidi da non renderci conto che bastava parlarne per risolvere tutto.”
“Purtroppo noi 2 siamo un po’ scarsi nel comunicare.” Commentò il rosso, concentrandosi sul pacchettino che stava stringendo.
“Forse perché siamo più bravi ad amarci?”
“Perché siamo più bravi a divertirci a letto.” Ironizzò, facendola arrossire.
“Pervertito.”
“Sono felice che tu non sia più arrabbiata con me.”
“Non sono mai stata arrabbiata.”
“Ma…”
“Ero impegnata con il regalo, anche se devo ammettere che è stato molto divertente vedere i tuoi tentativi di farti perdonare.” Sorrise divertita, togliendo le prime striscioline di scotch dalla decorazione che Scott aveva preteso da una stanca commessa.
“Vediamo un po’ cosa hai pensato per me.” Ribatté lui, togliendo la carta che avvolgeva il suo regalo e scoprendo il coperchio della scatola che conteneva un anello.
3 mesi.
Era quello il dono più logico per una coppia che si era formata da poco e che si apprestava a stare insieme per molto tempo.
Dawn, nell’infilare l’anello, si sorprese nel notare che Scott le aveva riservato lo stesso pensiero e sollevata di avere al dito il suo segno d’amore, si accoccolò al suo petto, lasciandogli il compito di carezzarla e di farla sentire amata e protetta.
 



Angolo autore:

Salve cari lettori.
Stranamente aggiorno a un orario più consono e come mi avevo predetto, sarà un capitolo un po' corto.

Ryuk: E siamo al penultimo capitolo...che tristezza.

Suvvia Ryuk non disperare.
Abbiamo altre storie da pubblicare, anche se questa ci resterà nel cuore per diversi motivi.
1. Prima volta che tentiamo con qualcosa di romantico (diciamo al 70%).
2. Serie con un successo oltre le mie aspettative.
3. Partecipazione molto più attiva del solito con consigli e opinioni da parte dei recensori.

Ryuk: La storia che credevamo fosse destinata a ricevere 10 recensioni al massimo, ci ha regalato una gioia doppia.

Ringraziamo Tirene, Face of Fear, Dawn_Scott, Anown per l'appoggio dimostrato.

Ryuk: Sarebbe un sogno se riuscissimo ad arrivare a 30 recensioni su 7 capitoli.

Oro colato, ma come tutti i sogni una volta raccontati, ecco che diventano irraggiungibili.
Sarebbe un bel regalo.
E detto questo (con la speranza che non vi siano errori) vi saluto e vi confermo la pubblicazione dell'ultimo capitolo per martedì.
Alla prossima!

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Capitolo 7
*** Cap 7 ***


Era libero finalmente.
In quei 5 anni d’Università ne avevano passate di cotte e di crude.
Avevano litigato un sacco di volte e tutto per questioni di scarsa importanza.
Vuoi una volta per la gelosia di Dawn nei confronti di Courtney.
Vuoi per un esame passato con un risicato 20.
Vuoi per l’ennesimo anniversario dimenticato…tanti erano i motivi che li avevano spinti al litigio, salvo poi riconciliarsi come se nulla fosse successo.
La passava a prendere, le chiedeva perdono e tutto procedeva liscio fino al prossimo litigio che combaciava sempre con il week-end.
Suo padre ogni volta gli ripeteva che l’amore non era bello se non era litigarello.
A volte, però, il rosso avrebbe voluto starsene in santa pace senza scannarsi all’inverosimile.
Con la laurea tra le mani e con le mille avventure passate, ripensò ai vari problemi che aveva vissuto.
A tutti gli step che si erano resi necessari per rafforzare il loro amore con punto di partenza la serata in pasticceria.
Poi era venuto il cinema e tante altre situazioni che sfociavano nel loro fidanzamento e nelle loro continue rotture con successive riappacificazioni.
Ricordava perfino le prime giornate di dicembre passate in biblioteca per prepararsi all’esame con la sua sicurezza che vacillava e che pendeva verso le notti insonne.
Credeva d’aver sbagliato.
Credeva di non essere portato per lo studio e che suo padre, se avesse saputo d’avere un figlio insufficiente, l’avrebbe rincorso per tutta la casa.
Era seduto a un vecchio tavolo della biblioteca quando progettava di acquistare un biglietto di sola andata per qualche paese straniero in cui risiedere fino alla successiva primavera.
L’unica rottura in questo piano era l’impossibilità di convincere Dawn a partire.
Anche se era ancora arrabbiata, l’aveva salvato da quei propositi inconcludenti e gli aveva permesso di passare un esame dietro l’altro.
Non sarebbe passato come il laureando più colto della storia dell’Università.
Nemmeno come quello con le raccomandazioni migliori.
Ma se ci fosse stata la categoria dell’impegno per rendere felici qualcuno, lui avrebbe occupato il primo posto senza fatica.
Con i suoi 22 tirati aveva passato un esame dietro l’altro e aveva superato l’Università, giungendo all’ultima estate da disoccupato, prima di cercare lavoro.
“Andiamo al mare!”
“Scott?”
“Non mi hai sentito? È estate e non voglio rigirarmi i pollici.” Borbottò, facendola rialzare dal divano e trascinandola fino alla sua auto.
“Io…”
“Mi avevi promesso che se avessi raggiunto la laurea, avresti esaudito un mio desiderio.”
“Com’è che queste cose le ricordi, ma le formule di fisica non ti entravano in testa?”
“Perché tu sei più importante dello studio.” Ghignò, mettendo in moto il catorcio che suo padre chiamava orgogliosamente macchina.
“Credevo volessi divertirti in altro modo.”
“Da quando sei diventata una maniaca?”
“Stando con te, credo sia normale.”
“Una volta avresti detto che non potevi permetterti simili pensieri perché avresti rovinato la tua energia positiva e la tua anima.”
“Sai bene che voglio aspettare il matrimonio prima di parlare di certe cose.” Ammise, facendolo annuire appena.
“La cosa non mi sorprende.”
“Perché no?”
“Perché sei così pura che sarebbe un peccato se io rovinassi tutto.”
“Da quando sei diventato così strano?”
“Io sono sempre stato così: solo te ne sei accorta un po’ tardi.” Borbottò, raggiungendo l’incrocio e girando a destra.
Altri 20 minuti e avrebbero raggiunto il mare che Scott aveva sognato a lungo in quei mesi a scuola, conditi tutti da temperature gelide e da piogge torrenziali.
 
Raccolto l’ombrellone, per fortuna molto lontano dal sogno di quella volta, e i teli si avviarono lentamente, passeggiando in cerca di una zona tranquilla e che fosse la più intima possibile.
Scott nello zigzagare tra tutti quei turisti si chiese se non avevano niente di meglio da fare.
Avrebbe tanto voluto essere da solo con lei e nel loro lungo peregrinare trovò un piccolo spiazzo lontano dal mondo e immerso nella natura.
Gli scogli che si ergevano maestosi erano un’ottima barriera per quel posto che oltre a essere pulito era accarezzato da un mare limpido.
Era il posto perfetto per rilassarsi e per ammirare il panorama da cartolina che si apriva ai loro occhi.
La sabbia bollente bruciava sotto i loro piedi e Scott, in quell’ambiente, già s’immaginava Dawn a cercare conchiglie con cui fare qualche collana.
Una collana che il rosso avrebbe poi regalato ad Alberta per tutte le volte che l’aveva fatta disperare con i suoi drammi giovanili e con tutte le litigate che aveva avuto con la fidanzata.
Gli sembrava strano di pensare alla maggiore che doveva essere in libera uscita con un collega con cui faceva coppia fissa da ormai 8 mesi.
Scacciato quel pensiero, si guardò intorno, distese i teloni e incastrò l’ombrellone, per poi sedersi con Dawn a fissare il mare.
“Conoscevi già questo posto, Scott?” Esordì la giovane, restando meravigliata da quel Paradiso che aveva sempre e solo visto in televisione.
“L’ho sognato.”
“Hmm?”
“Ho sempre sperato di stare in un posto come questo con la mia fatina.”
“E ora ci siamo.”
“Era questo il mio sogno segreto e ora che hai imparato a nuotare possiamo concederci le gite al mare tutte le volte che desideri e possiamo visitare posti nuovi.”
“Infatti.”
“Potremmo viaggiare e divertirci molto insieme.”
“Dove vorresti andare?” Domandò lei, facendolo sussultare.
“Ci sono tanti posti che mi piacciono, ma solo se tu sei al mio fianco.”
“Scott…”
“Una volta, quando parlavamo di queste cose, dicevi che eravamo troppo giovani e che ne avremmo riparlato quando saremmo stati più maturi.”
“Io…”
“È per questo che ho aspettato di finire l’Università per confermarti la scelta che avevo fatto anni fa.”
“Quale scelta?”
“Tu sei la donna della mia vita e lo sarai sempre.”
“Scott…”
“Un giorno, però, questo mio amore potrebbe spegnersi e potrebbe farti soffrire, anche se non te lo meriti.” Mormorò il rosso, soffiando con calma.
“Cosa?”
“In questi attimi vorrei chiederti di sostenermi e di fidarti di me.”
“Sai che mi fido ciecamente di te Scott.”
“Anche se sarai gelosa?” Domandò con malizia il fidanzato.
“Gelosa? E di chi? Stai parlando di Courtney, vero?”
“Io dovrò riversare il mio amore in egual misura su di te e su nostra figlia, se mai dovessimo avere questa fortuna in futuro.”
“Scott…” Mormorò, arrossendo vistosamente.
“Non ho finito. Questo, poi, potrebbe essere il nostro posto segreto.” Borbottò, spiazzandola.
“Non sarebbe il nostro unico segreto.”
“Sarà unico perché quando ti chiederanno dove te l’ho chiesto e com’era il tempo, tu mentirai.”
“Di che parli?”
“Non voglio che altri utilizzino il nostro posto.”
“Continuo a non capire.” Ammise, mentre Scott si rimetteva in piedi.
Osservato il cielo di un azzurro intenso, si tastò la tasca destra dei pantaloncini, prendendo ciò che aveva nascosto prima di partire.
Giratosi di spalle, mentre lei lo fissava con curiosità, aveva soppesato tra le mani la scatolina, sperando che il contenuto fosse al suo posto.
Anche lei, quindi, si era rimessa in piedi, non riuscendo tuttavia a scorgere nulla.
Scott guardandola con la coda dell’occhio aveva notato i suoi tentativi e si era allontanato di qualche passo per maggior sicurezza.
Non avrebbe mai voluto fare la figura dell’idiota, non proprio nella posizione in cui si apprestava a mettersi.
Stringendo il pacchetto e inginocchiandosi ai suoi piedi, ripeté il discorso che si era preparato nei giorni precedenti.
“Tu sai che sono un idiota e che ti farò soffrire fin troppo spesso.”
“Già.”
“Sai che sono un impiastro e che non combinerò mai nulla di buono.”
“Non è vero.”
“Potresti lasciarmi finire? Sono pieno di difetti, sono un ritardatario cronico e non avrò memoria delle nostre date, ma posso garantirti che farò di tutto per farmi perdonare.”
“Hmm…”
“Ogni giorno ti amerò come se fosse l’ultimo e se dovessi farti arrabbiare, vedrò di trovare qualcosa con cui renderti felice.”
“Scott…”
“Te lo chiedo ora perché so che guardi oltre a certe cose.”
“È tipico della mia natura.” Ammise, facendolo annuire.
“Un giorno avrò modo di comprarti tutto quello che desideri, ti renderò la mia regina e non avrai modo di darmi del maniaco.”
“Eh?”
“So che può sembrarti avventato e che può essere insolito, ma vorresti passare il resto della tua vita con uno squattrinato come me?”
“Io…”
“Per il momento non ho nulla da offrirti, anche se ti prometto che non sarà sempre così e che farò di tutto per vederti sorridere.”
“Sei sicuro di quel che dici?”
“Io ti conosco, Dawn. So che adori meditare durante le ore più fresche, quali sono i tuoi gusti e che non vedi l’ora di giocare con me.” Borbottò, facendola arrossire.
“Non ti sembra che sia un po’ troppo intima questa cosa?” Domandò, alterandosi e poi ritornando calma nello scontrarsi con lo sguardo amorevole di Scott.
“Siamo soli e nessuno mi avrà sentito.”
“Non è comunque una cosa da urlare ai 4 venti.”
“Avrei bisogno di una risposta.” Mormorò, interrompendo la furia che quel piccolo corpo emanava e che aveva rimpiazzato la sua armonia.
“E tu, Scott? Sei sicuro di voler stare con una matta come me che potrebbe costringerti a diventare vegetariano?”
“Non mi sembra d’avere troppa scelta.” Sorrise, porgendole l’anello e mettendoglielo al dito.
“Non ne hai, infatti.” Ironizzò con sarcasmo.
“La cosa potrebbe essere complicata.”
“Ti arrendi in fretta Scott? Credevo mi amassi.”
“Se per sposarti, per dormire insieme nello stesso letto e per giocare senza problemi, devo rinunciare alla carne…così sia.”
“E diventeresti vegetariano solo per me?” Continuò sorniona.
“Senza dubbio.”
“Non sarà necessario: essere sposati significa sacrificare qualcosa per rendere felici la metà e, stando con te, potrei essere io a sacrificare la mia dieta.”
“Non ti chiedo di sacrificarla.” Brontolò il rosso.
“Senza carne come posso giocare con te?” Domandò, riuscendo a farlo arrossire dopo molto tempo.
“Ora te lo chiedo con la massima serietà e lasciando perdere tutte queste sciocchezze: Dawn Moon vuoi sposarmi?”
“Certo che lo voglio.” Soffiò, abbassandosi per baciarlo e suggellando un amore che in tanti anni non si era mai sciolto e che si era soltanto rafforzato.
“Abbiamo solo poche settimane per prepararci.”
“Perché così tanta fretta?” Domandò lei, cercando risposta nella sua aura che, però, non lasciava trasparire nulla.
“Vorresti far coincidere la data con quella sera alla pasticceria?” Mormorò il rosso, vedendola sciogliersi a quel pensiero.
“Non hai mai smesso di pensarci, vero?”
“E continuerò a pensarci fino a quando non saremo all’altare e avrò la possibilità di renderti mia per tutta la vita.”
“Se abbiamo poche settimane, credo dovremo muoverci.” Sorrise, chinandosi per riprendere i teloni che avevano adagiato qualche minuto prima.
Nel vedere quel movimento leggiadro, Scott recuperò e richiuse l’ombrellone, incamminandosi con lei verso l’auto e stringendole la mano rimasta libera.
Quel capitolo della loro vita si era da poco concluso e si apprestavano a entrare in una società fatta di responsabilità, progetti, obblighi, lavoro e piccoli marmocchi da accudire e cui riversare amore e attenzioni.
 
 
Angolo autore:

Ryuk: È finita.

Già.
Faticoso e strano mettere la parola fine a una storia che era partita come la mia più odiata e che mi ha fatto cambiare idea verso metà.

Ryuk: Ci scusiamo per la lunghezza e per gli eventuali errori.

E ci scusiamo anche per la semplicità di chiusura.
È un po' difficile per noi finire le storie con questioni aperte o con un qualcosa di triste.

Ryuk: Ringraziamo ovviamente i nostri benefattori.

Coloro che hanno recensito, seguito e dato consigli per supportare questa piccola serie.
Ultimo ringraziamento per Face of Fear, Tirene, Dawn_Scott e Anown.
E ora possiamo anche andare.

Ryuk: Come abbiamo detto a un recensore dovremmo pubblicare qualcosa per venerdì.

Al massimo (e speriamo di no) per martedì prossimo.
Non vi dico nulla sulla prossima serie perchè sono ancora combattuto su 2 storie.

Ryuk: Niente spoiler che è meglio.

Detto questo vi saluto e vi auguro una buona settimana.
Alla prossima!

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