The angel of White Bor

di luciaprincen7
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo: White Bor ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo: l'angelo caduto ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo: et tantum amorem mortalis ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo: White Bor ***


Un vortice di aria nera e densa fin troppo familiare si avventò attorno al corpo inerme di Michael facendolo vorticare in aria e sbattendolo violentemente a terra un istante dopo. Sapeva esattamente ciò che stava per succedere: mille volte l’aveva provato e ogni volta era sempre più doloroso; non per il corpo, quello non era un problema, ma per l’anima. Essa diventava sempre più nera, proprio come quel vortice, e prima o poi - Michael ne era consapevole - il Demonio l’avrebbe appesa alla sua parete infernale come trofeo.
 
DIECI ANNI DOPO
 
“Aniel Stanford, giusto?” la docente di filosofia era la donna più muscolosa che Aniel avesse mai visto. Portava un cappotto di pelle così aderente che metteva in risalto ogni singolo muscolo sul suo corpo tonico. I suoi occhi neri scattarono dalla scrivania ad Aniel, che se ne stava lì sul ciglio della porta, impietrita.

“Sì, è esatto” disse, cercando di apparire sicura di sé. Ma chi voleva prendere in giro. Sicura di sé non era una caratteristica che le apparteneva, anzi, era sempre stata così chiusa in se stessa che alcune volte desiderava che una voragine infinitamente profonda si aprisse sotto di lei, in modo da risucchiarla e salvarla dagli sguardi indagatori della gente. E in quella stanza era gremita di gente. Forse perché era l’aula di un college.

“Benvenuta Aniel, prendi pure posto qui davanti” la voce della docente si fece più dolce e Aniel raggiunse a testa bassa il posto in prima fila. Per fortuna Miss Melville iniziò subito la lezione e tutta la classe iniziò a prendere appunti in maniera quasi compulsiva, senza prestare troppa attenzione alla nuova alunna, che cercava di orientarsi nella spiegazione. Controllando l’orario si rese conto che quel martedì avrebbe avuto solo due ore di filosofia e poi attività sportive al pomeriggio. Non che la cosa la entusiasmasse, ma era comunque meglio di una giornata piena di lezioni. In più sarebbe potuta andare in camera e conoscere la sua coinquilina.
Due ore più tardi si trovava davanti a una rampa di scale a chiocciola grigie e ammuffite. Sul corrimano, anch’esso nero e sudicio, si trovava un cartello in plastica con la scritta “DORMITORI- DALLA 45 ALLA 77” in un corsivo scivoloso e sbavato. Dopo aver salito le scale facendo attenzione a non toccare il corrimano, Aniel si ritrovò su un corridoio ricoperto di moquette verde scuro. La porta della sua stanza era semiaperta e da essa fuoriusciva un intenso profumo di incenso, che si diffondeva ad onde di fumo ambrate nel corridoio. All’ improvviso una porta infondo ad esso si spalancò.
“Sally, potresti chiudere quella camera gas, almeno di mattina?” sbraitò un ragazzo, alzando la mano destra e imprecando subito dopo.
“oh, scusami. Pensavo non ci fosse nessuno in corridoio a quest’ora” il ragazzo si rivolse ad Aniel, sfoderando un sorriso imbarazzato. Aveva due fossette profonde sulle guance pallide, occhi marroni e capelli che arrivavano fino alle spalle. Aniel pensò subito che somigliasse ad un attore di un film d’azione che aveva visto un anno prima con suo padre, l’ultima volta che l’aveva portata al cinema.
“Sei in camera con Sally, eh? Beh, se dovessi morire soffocata, sappi che la mia porta è sempre aperta” disse avvicinandosi lentamente a lei, sempre sorridendo.
“Piacere, sono Raphael. Tu sei nuova vero? Non ti ho mai visto gironzolare” si mise una mano dietro alla testa, fermandosi a pochi passi da Aniel.
“Sì, sono arrivata ieri mattina…” bofonchiò, torturando un pezzo di carta sulla moquette con la punta della scarpa.
“Sally! Qui c’è la tua nuova coinquilina!” urlò Raphael, dando un colpo alla porta con il gomito, che si aprì liberando una coltre di fumo denso. La stanza era abbastanza luminosa, con le pareti verde pallido e il soffitto bianco. C’erano due scrivanie color mogano e un letto a castello bianco e blu. Due lampade zen fatte di vetro di vari colori spiccavano su un comodino posto di fianco al letto, mentre una delle due scrivanie era ricoperta di fogli e pergamene. Una ragazza filiforme se ne stava appollaiata su una sedia girevole in un angolo della stanza, con un asciugamano rosso porpora arrotolato a mo’ di turbante in testa. La pelle olivastra era adornata con vari tatuaggi, tutti dello stesso genere che Aniel non seppe riconoscere, ma che di sicuro non le piaceva, soprattutto un grande lupo con le fauci spalancate sulla spalla destra che sembrava fatto apposta per intimorire la gente.
“oh, ma Raphael! Sai che non voglio essere disturbata quando medito! Ad ogni modo, tu saresti Aniel, giusto? Lo sai che devi tagliarti i capelli corti, per stare qui allo Union College?” sbuffò profondamente e rivolse uno sguardo divertito ad Aniel.
“Sì…cioè no…nessuno mi ha detto dei capelli…”
“Rilassati! Era solo uno scherzo! Nessuno ti taglierà quei boccoli bellezza” disse Sally con voce squillante e facendole l’occhiolino. Poi si alzò e prese Raphael per le spalle guidandolo fuori dalla stanza mentre gli sussurrava qualcosa all’orecchio che Aniel non riuscì a captare.
“Bene! Ci siamo liberate di quell’ameba di mio fratello e del suo irritante profumo di borotalco. Piacere, io sono Anita” le strinse la mano prima ancora che Aniel potesse tirarla fuori dalla tasca e tornò a sedersi sulla sedia girevole. Doveva ammetterlo, quella ragazza le piaceva. Non la conosceva, ma le aveva fatto una buona impressione, forse per tutta la vitalità che sprigionava e per la sua t-shirt a pois bianca e gialla che trasudava positività. Non assomigliava a Raphael: lui aveva capelli e occhi castani, mentre i capelli di Sally erano biondo cenere e gli occhi cerulei. Nessuno avrebbe detto che erano fratelli.
“Dall’accento tu vieni dalla Georgia, non è vero? Cosa ti ha portato in questo luogo dimenticato da Dio e da Satana?” Aniel non aveva molta voglia di raccontare la storia della sua vita, ma decise che di Sally voleva fidarsi. Sua madre le diceva sempre di non fidarsi delle persone perché sono tutte malvage e opportuniste. Nessuno era altruista secondo lei, perché tutti pensavano solo e unicamente al proprio benessere e a preservare il proprio stato di pace. Ma Aniel aveva imparato a non ascoltarla. Anche se la aveva influenzata molto, da quando aveva iniziato a frequentare il college aveva deciso di pensare con la sua testa.

“Vengo da Savannah, vicino alla costa. Mia madre è una psicologa e mio padre era uno scrittore. È morto l’anno scorso” sputò fuori quella frase come se fosse un peso di cui liberarsi.
“Santi Dèi…mi dispiace. La maggior parte della gente che viene in questa scuola ha storie del tipo i miei sono miliardari ma siccome non hanno tempo da dedicarmi allora mi hanno recluso qui” disse scimmiottando una voce stridula e attorcigliandosi una ciocca di capelli chiari che erano usciti dal turbante.
"Già…beh mia nonna sta piuttosto bene economicamente, così mi ha pagato lei gli studi qui e mia madre…è partita per chiarirsi le idee” ecco, lo aveva detto. Sua madre l’aveva abbandonata, era quella la verità, e dal suo viaggio non sarebbe mai tornata. Aniel questo lo sapeva bene, ma non aveva intenzione di aspettarla per tutta la vita. Voleva costruirsene una sua e andare il più lontano possibile.
“Uhm, capisco…quindi rimarrai qui ad Olympia per un bel po’”
“Pare di sì…tu invece?” era curiosa di sapere qualcosa in più su quella stravagante ragazza.
“Io? Non c’è molto da dire, a parte che quello che hai visto prima è mio fratello ed è l’unica famiglia che ho. E che detesto questo umido e puzzolente stato di Washington e rimpiango la mia amata e arida terra Arizona” disse tutto d’un fiato, come se davvero non avesse altro da aggiungere, dopodichè si tolse il turbante, ravvivò i capelli, spense l’incenso sul davanzale interno della finestra e si avviò verso la porta.
“Vado a prendere un caffè nero e un latte alla vaniglia per te. Ho l’impressione che sia il tuo preferito.” Rivolse ad Aniel uno sguardo complice aspettando una conferma.
“Sì…in effetti lo è…ma come fai..?” come diavolo faceva a saperlo? Prima ancora che potesse formulare la domanda, Sally aveva già chiuso la porta dietro di sé, lasciando una scia di intenso profumo ambrato alle sue spalle.
 

**************
 
 
 Aniel alzò gli occhi dalla sua copia de “Il buio oltre la siepe” alle sedici del pomeriggio. Aveva chiacchierato con Sally fino a quando non aveva finito il suo latte alla vaniglia. Lei le aveva spiegato come funzionavano le cose in quel posto, che si faceva scherma, nuoto, equitazione e arrampicata e che spesso quelli al terzo anno facevano escursioni nei boschi lì intorno. Le aveva detto che pioveva sempre, a parte due o tre giorni al mese e che i ragazzi carini stavano tutti con le ragazze della squadra di nuoto sincronizzato.
Si alzò dal letto, afferrò dalla valigia che ancora doveva disfare un paio di leggings e una t-shirt che le sembravano adatti a una lezione di scherma e salutò Sally prima di uscire dalla stanza e dirigersi in giardino, come le aveva spiegato poco prima.
L’umidità le riempì i polmoni e i capelli le si arricciarono più del dovuto quando raggiunse il centro del giardino, dove una grande vasca vuota, che un tempo doveva essere stata una fontana, occupava un grande spazio circolare. La vasca era piena di muschio verde e sul bordo dentellato era incisa la data di costruzione, secolo XII. Al centro si ergeva una colonna sottile e grigiastra sulla cui cima stava la statua di un angelo con le ali spiegate, come se stesse per buttarsi e prendere il volo. Le ali erano molto più grandi del corpo dell’angelo e bianche come la neve. Davano l’impressione di essere morbide e leggere, nonostante fossero di pietra dura e marmorea.
Vicino alla fontana c’era anche un piccolo pozzo ricoperto di edera e quindi poco visibile. Aniel attraversò in fretta il prato, maledicendo l’erba bagnata e arrivò davanti a un edificio bianco con la scritta PALESTRA in lettere sbiadite sul cornicione. Qualche studente si stava già cambiando negli spogliatoi e Aniel si fece forza ed entrò. Una mano calda le sfiorò il braccio.

“Wow, sono uscita dopo di te e sono arrivata prima. Ma che strada hai fatto, scusa?” Sally si era già cambiata e la tuta aderente valorizzava il suo fisico minuto. Aveva i capelli legati in una coda di cavallo.
“Non so, sono passata vicino a una fontana” disse Aniel con naturalezza.
“Oddio, sei passata vicino a White Bor. Non passarci più, la prossima volta ti accompagno” la faccia di Sally si fece preoccupata e più pallida, come se nominare quel luogo le fosse costato molte energie.
“Va bene, ma ho fatto qualcosa di male? È zona vietata?” Aniel pensò subito al preside che la espelleva per aver infranto una regola del college e che contattava sua nonna per venirla a prendere il giorno successivo.
“No, è solo che nessuno passa di lì, perché non è un bel posto. Ti racconto stasera in camera” nel frattempo dietro Sally si era materializzato Raphael, in completo ginnico e con i capelli legati uno stretto codino sulla nuca.
“Aniel! Sei sopravvissuta alle lezioni zen di mia sorella?” chiese divertito. Anche Raphael le piaceva. Non aveva mai avuto amici maschi nel vecchio college a Savannah a parte suo padre e l’idea la entusiasmava. Non aveva nemmeno mai avuto un ragazzo, ma solo perché pensava che il loro modo di ragionare non era adatto a lei e che non avrebbe saputo gestire una relazione con tutte le idee che le frullavano in testa in quel momento. Non lo aveva confidato a nessuno, ma ogni tanto sentiva la voce di suo padre. Le dava consigli e la consolava. Lo aveva fatto quando sua madre la aveva salutata ai tornelli dell’aereoporto, quando aveva detto addio al suo college e alla sua casa a Savannah e quando era arrivata a Olympia. Sapeva che non era normale, ma se lo avesse detto a qualcuno sicuramente l’avrebbero mandata da uno specialista. E ne aveva abbastanza, di psicologi.
“Uhm, sì, in realtà io adoro l’incenso, quindi penso che andremo d’accordo” disse cercando di abbozzare una risata.
“Hai visto, Raph? Io e la ragazza andremo molto d’accordo” disse Sally scoccando un’occhiata al ragazzo, il quale alzò gli occhi nocciola al cielo e alzò le mani in segno di resa.

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo: l'angelo caduto ***


Aniel correva verso una parete d’acqua argentea. Non sapeva dove fosse diretta, sapeva solo che quando avrebbe raggiunto quella parete sarebbe stata al sicuro. Doveva toccarla a tutti i costi. Era argentea e splendeva come illuminata dalla luna. Aniel non riusciva ad accelerare la corsa come avrebbe voluto, perché il vestito che indossava era lungo e ingombrante, di organza color porpora. Il vento le scompigliava i capelli neri e sferzava il suo corpo come tante lame ghiacciate. Quando finalmente raggiunse la parete, non vide altro che il suo riflesso. Ma pochi secondi dopo dietro di lei apparve un ragazzo. Era bellissimo, radioso e circondato da un’aurea di luce bianca. La guardava con sguardo triste, come se lei stesse per partire senza più fare ritorno. I suoi occhi erano oro liquido e la sua pelle ambra. Si avvicinò al suo collo, come se volesse baciarlo, ma con un movimento fulmineo avvicinò le sue labbra rosse all’orecchio di lei.
Beliar” le sussurrò. Aniel capiva il significato di quella parola, ma era come se la sua mente si rifiutasse di accoglierla. Poi tutto si dissolse. Lo specchio si frantumò e cadde ai suoi piedi, insieme al riflesso del giovane.
 
**********
 
Un raggio di sole attraversò le tende della finestra e Aniel fu costretta ad aprire gli occhi. Lei non sognava mai, ma quella notte era stata incredibile. Ricordava un nome…pronunciato da un ragazzo…Beliar. Ma chi era? Non le diceva assolutamente nulla. Di certo la frittata fredda della sera prima le doveva averle procurato un sonno tormentato. Ma il sogno sembrava così vivido…le sembrava ancora di sentire sotto le dita la consistenza viscida dello specchio argenteo e il respiro di quel ragazzo sul collo…quella sensazione le procurò un brivido. Guardò la sveglia sul comodino, le sette e un quarto. La colazione stava per essere servita. Si alzò cercando di fare poco rumore, perché sentiva Sally che respirava profondamente e bofonchiava nel sonno. I suoi sforzi però non valsero a nulla perché poco dopo la sveglia suonò. Sally si levò rapidamente dal letto, come se fosse stata sveglia fino a un secondo prima. Aniel la invidiò: lei ci metteva ore a svegliarsi completamente.

“Hmm, che splendida giornata!” esclamò Sally aprendo le tende e osservando la coltre di nebbia che si estendeva in tutto il giardino dello Union College.
“Dormito bene?” chiese ad Aniel. Prese una spazzola e iniziò a spazzolare i capelli ciocca per ciocca.
“Direi di no. Mi fa male ovunque” la lezione di scherma del giorno prima l’aveva distrutta. Non aveva mai praticato sport a parte qualche lezione di yoga con sua madre l’anno precedente.
“Ma dai, fai sul serio? Io adoro la scherma!” trillò lei. Come faceva ad avere tutta quell’energia alle sette del mattino?
Scesero in mensa a fare colazione. Aniel prese i pancakes con del miele e un po’ di the al bergamotto, il suo preferito. Verso le otto le raggiunse Raphael, in un completo ginnico blu. Gli stava molto bene e i capelli raccolti valorizzavano i grandi occhi castani.
“Buongiorno! Stamattina ho due ore di atletica, quindi penso che ci vedremo alla festa in spiaggia di stasera…” scoccò ad Aniel un’occhiata fin troppo confidenziale.
“Quale festa?” chiese Sally addentando un muffin ai mirtilli.
“Gabriel ha organizzato, chiedi a lui per i dettagli sorella” Sally sbuffò.
“Non mi sta simpatico, quel tipo. Ma adoro i falò, quindi digli che ci sarò. E anche Aniel ovviamente”
“D’accordo, glielo dico ora in palestra. A stasera, chicas!” si passò una mano tra i capelli e si avviò verso il corridoio. Una festa in spiaggia? Aniel era stata a feste in discoteca e a feste di compleanno, ma mai in spiaggia, nonostante casa sua distasse a meno di dieci chilometri dall’oceano.
“Stasera ti farò conoscere un po’ di gente, ti piacerà” disse Sally sorridendole. “poche cose sono buone allo Union College e una di queste sono le feste di Gabriel, anche se odio ammetterlo”
“Non ho neanche un vestito adatto” rispose Aniel mordendosi il labbro inferiore.
“Quello non è un problema, il mio armadio non vede l’ora di accoglierti nelle sue grinfie” Sally alzò un sopracciglio maliziosamente.

*************
 
La giornata trascorse tranquilla, anche se Aniel continuava a pensare a quel nome e a quel ragazzo nel sogno. Tra l’altro la sera prima Sally si era anche dimenticata di parlarle della storia di White Bor…così decise di glielo avrebbe chiesto quella sera.
 
Mentre Sally rovistava nel suo armadio, Aniel controllava la temperatura esterna sul suo cellulare. Dava dieci gradi verso le ventuno. Ormai era ottobre inoltrato e non si poteva andare in giro con tubini scollati o spaccature vertiginose come quelle del vestito che Sally le stava mostrando.
“questo è perfetto! L’ho preso in una botique a Parigi, due anni fa” era rosso, con una scollatura a cuore piuttosto accentuata e uno spacco sul lato sinistro.
“Non fa proprio per me, Sally…non hai nulla di nero?” implorò Aniel.
“Anima nera, eh? E va bene” affondò la mano in uno dei tanti cassetti e sfoderò un vestito nero, non molto corto e piuttosto aderente. Almeno non aveva una scollatura esagerata.
“Questo mi piace” disse Aniel, facendo scorrere tra le dita il tessuto liscio e morbido.
“Non ne dubitavo” sbuffò l’altra, prima di ridere.
Aniel iniziò a spogliarsi. “Senti Sally, ieri sera volevi dirmi qualcosa riguardo a un posto…” cominciò Aniel, con voce innocente. Era troppo curiosa. Non sapeva come, ma in qualche modo pensava che quel posto, quella fontana, c’entrasse con il sogno che aveva fatto la notte precedente.
Sally sbuffò, poi tirò fuori la testa dall’armadio. La sua espressione di solito sempre serena si incupì.
“Tu vuoi sapere di White Bor. D’accordo, siediti.” Quella frase suonò quasi come un ordine. Aniel si sedette sul bordo del letto dell’amica, mentre Sally si mise a gambe incrociate sul tappeto persiano.

“è una leggenda, okay? Quindi non spaventarti. Si dice che quel posto sia maledetto da Dio, perché si pensa che sia quello il luogo dove Satana fece cadere sulla terra l’angelo Michele. Michele una volta stava in Paradiso, al fianco di Dio. Quando Lucifero si ribellò e tutti gli angeli furono chiamati a scegliere tra Dio e la Stella del Mattino, fu lui che consigliò al Trono di far cadere tutti gli angeli che sceglievano Lucifero nell’Inferno. Si racconta poi che quest’ultimo provava così tanto odio per Michele da rapirlo dal Paradiso e tranciargli le ali, che poi appese come trofeo sopra il suo trono tra le fiamme” fece una pausa per prendere fiato, “si dice quindi che Michele fu fatto cadere sulla terra, privo delle sue ali, e imprigionato nelle profondità di un pozzo. Un anno fa una ragazza ha tentato di togliere l’edera da quel pozzo che tu hai visto ieri mattina. Ed è morta strangolata. Si chiamava Isabelle, ed era mia amica” guardò negli occhi Aniel che colse un profondo dolore. Le veniva quasi da piangere, ma cercò di rimanere calma.
“Tutti dicono che stava già male da un po’ e che l’ha fatto volontariamente…io credo che sia così. Non penso che una storia del genere sia vera, io non credo in Dio e nemmeno a questa cavolata” si alzò dal tappeto, strofinandosi gli occhi col dorso della mano.
“Sally…mi dispiace molto. Io ero solo curiosa, tutto qui” un pochino si sentiva in colpa. Infondo aveva riaperto una vecchia ferita e di certo non era quello il suo obiettivo.
“No, hai fatto bene. È acqua passata…e ora godiamoci questa serata!”

Poco dopo raggiunsero la spiaggia. Il vento era fresco, ma non gelido come ci si sarebbe aspettato. Aniel aveva ancora tante cose da chiedere a Sally, ma non se l’era sentita dopo quello che aveva scoperto. C’era qualcosa che non le aveva detto, l’aveva visto nei suoi occhi sfuggenti quando aveva parlato di quella ragazza, Isabelle.
La spiaggia era gremita di ragazzi che chiacchieravano animatamente e che arrostivano salsicce sui falò. Sally trascinò Aniel verso un gruppo di ragazze tutte elegantemente vestite.
“Ragazze, vi presento Aniel, la mia coinquilina!” squillò Sally, con tutta la felicità che aveva in corpo. Aniel avrebbe voluto scomparire.
“Aniel, loro sono Sophie, Annabelle e Linda” disse indicando rispettivamente una ragazza riccia con gli occhi verdi, una mora dal viso simpatico e una ragazza dai lunghi capelli castani e occhi azzurri. Aniel notò che tutte portavano un ciondolo al collo di una strana forma, forse una specie di runa.
“ciao!” dissero tutte in coro, sfoderando sorrisi incoraggianti. Erano tutte bellissime.
Dopo aver bevuto qualche drink insieme al gruppo di Sally, Aniel si sedette in riva al mare ad osservare l’oceano. Si strinse nelle spalle, perché l’aria notturna le stava congelando le punte delle dita. Continuava a pensare a quello che le aveva detto Sally…a quella ragazza. Chissà perché aveva tolto l’edera dal pozzo. Credeva davvero a quella leggenda e come Aniel era solo curiosa? Decise che la mattina dopo sarebbe tornata in quel luogo. Si sarebbe alzata prima di Sally e avrebbe attraversato il giardino, come la mattina precedente. Voleva osservare più a lungo quel posto, per capire di più cosa davvero era accaduto.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo: et tantum amorem mortalis ***


Erano le cinque e quaranta del mattino e Aniel stava scendendo le scale a chiocciola che portavano ai dormitori del primo piano. Il silenzio che la circondava era surreale e la metteva un po’ a disagio. Infondo sapeva che non avrebbe dovuto essere lì. Ma il desiderio di sapere era più forte.
Arrivata all’esterno si chiuse la porta dell’edificio alle spalle e si avviò verso il giardino. Le prime luci dell’alba illuminavano il sentiero stretto che attraversava il campo di erba ricoperta da una fitta coltre di rugiada. Dagli alberi colavano gocce di nebbia condensata e il cielo era coperto da nuvole basse e bianche. Dopo pochi minuti intravide la statua marmorea dell’angelo e accelerò il passo. Quando giunse alla vasca aveva i piedi e i capelli bagnati dall’umidità. Tutto era immobile. Aniel sentì un brivido percorrerle la schiena quando si avvicinò al pozzo ricoperto dalla pianta infestante. Con la mano tremante scostò un ramo più grosso degli altri, per poter osservare meglio i mattoni che lo componevano e scoprì che il pozzo era fatto di marmo, bianco e perfetto come se fosse stato costruito il giorno prima. Su un blocco di pietra alla base c’era un’iscrizione in una lingua che Aniel riconobbe come latino:

Qui dominus muscas provocare audeat
Sicut angelus ipse pati
Et tantum amorem mortalis
A maledictionem libero usque erit
Quam aspera mortuus est


La rilesse dieci, forse quindici volte, ma aveva fatto latino solo un paio di anni al liceo e non aveva nemmeno con sé il cellulare per fare una foto. Riuscì a tradurre solo la prima frase: chi osa provocare il signore delle mosche, come l’angelo dovrà patire. Sì, aveva abbastanza senso. Quell’iscrizione era la prova che qualcosa di terribile era successo in quel luogo, millenni prima che attorno fosse costruita una scuola. Forse millenni prima che qualcuno abitasse la città di Olympia.
 
Quando la sveglia di Sally suonò, Aniel era già sveglia da un po’. L’amica non sembrava essersi accorta che era sgattaiolata fuori alle cinque.
“Che nottata…ho avuto una cosa come mille incubi” disse strofinandosi gli occhi. I lunghi capelli chiari le scivolavano fino al fondoschiena, dritti e perfetti come appena stirati. La pelle olivastra era in contrasto con il paesaggio fuori dalla finestra. Dopo essersi lavate e vestite, scesero per la colazione insieme a Raphael, che le aspettava alla fine del corridoio. Indossava una maglia color rame e dei jeans logori sulle ginocchia. L’espressione non era per niente allegra, anzi, aveva gli occhi circondati da profonde occhiaie violacee.

“Dormito bene ragazze?” chiese con tono spento.
“Sì caro, non si può dire lo stesso per te, temo” disse Sally, indicando le occhiaie del fratello.
“Un imprevisto mi ha tenuto sveglio fino a stamattina…una cosa piuttosto importante” e scoccò un’occhiata gelida ad Aniel, che si sentì arrossire: che l’avesse seguita nel giardino e l’avesse vista rovistare tra l’edera del pozzo? Non era possibile, aveva controllato mille volte che nessuno la stesse seguendo.
“Tu e i tuoi imprevisti” lo liquidò Sally, avviandosi giù per le scale che portavano alla mensa.
Quella mattina alla terza ora, Aniel avrebbe avuto la sua prima lezione di religione. I suoi non erano mai stati credenti, ma sua nonna aveva insistito perché ricevesse almeno il battesimo, e così era stato. Tuttavia durante la sua vita non aveva mai creduto in Dio, tantomeno dopo la morte di suo padre. Ma allora perché interessarsi tanto alla leggenda dell’angelo caduto? L’esoterismo la aveva sempre attirata, ma questa volta c’era qualcosa di più. Decise che alla fine delle lezioni avrebbe saltato il pranzo per andare in biblioteca e rovistare tra i libri di latino e religione quando gli studenti erano tutti impegnati nel pasto e nessuno l’avrebbe disturbata. Magari sarebbe riuscita a trovare quella frase in latino inscritta sul pozzo.

*************
 
Alle tredici Aniel aveva detto a Sally che sarebbe rimasta in camera perché aveva mal di stomaco ed aveva percorso in fretta il lungo e stretto corridoio che portava alla biblioteca. Appena mise piede nella stanza, un odore di muffa le invase i polmoni. La luce era piuttosto fioca e si riusciva a malapena a vedere una scrivania posta in un angolo, con una donna grassoccia intenta a scarabocchiare su alcuni fogli di pergamena. Fantastico. E ora come avrebbe fatto a trovare ciò che cercava? Per quanto ne sapeva lei, poteva anche essere proibito stare in biblioteca a quell’ora. La donna alzò lo sguardo.
“Prego! Hai bisogno di qualcosa in particolare cara?” quando sorrise, le guance erano talmente rotonde e rosee da sembrare due palle da bowling.
“Ehm…no, stavo solo cercando un libro di filosofia…posso…?”
“Ma certo ma certo! Guarda tutto quello che vuoi!” rispose cordialmente la donna, e subito dopo tornò alle sue scartoffie.
Aniel tirò un sospiro di sollievo e si avviò verso gli scaffali. Quel posto era davvero pieno di volumi, non come la biblioteca del suo vecchio college di Savannah. C’erano perfino pile di libri ammassati sul pavimento. Andò nel reparto indicato con il cartello “LIBRI IN LATINO” e poi nella sezione “LIBRI SACRI”. Fece scorrere il dito sui vari volumi e uno in particolare catturò la sua attenzione. Si intitolava “de angelis lapsum” e aveva una copertina color avorio. Il nome dell’autore era stato cancellato da una macchia di inchiostro nero. Aniel sfogliò velocemente le pagine giallastre. Ogni capitolo iniziava con delle lettere decorate con colori sgargianti e alla pagina 76 Aniel riconobbe la scritta che aveva letto sul pozzo. Il cuore iniziò a batterle velocemente in gola mentre rileggeva la leggenda che Sally le aveva raccontato la sera precedente. Il finale, però, fu ciò che la sconvolse di più.
Solo una donna mortale può spezzare la maledizione dell’angelo, ma dovrà essere talmente devota al suo amato da lasciarsi annegare nel pozzo dove Egli giace.”
Così finiva il racconto. Mille domande iniziarono a frullarle nella testa. Quale ragazza si sarebbe sacrificata? Chi sarebbe morto annegato? E soprattutto, il sacrificio di una vita come sarebbe stato ripagato? L’ angelo avrebbe perso la persona che amava, quindi era comunque una punizione. A quel punto sarebbe stato meglio rimanere per sempre nel pozzo, piuttosto che vedere la persona amata morire davanti ai suoi occhi. Aniel non capiva. E poi, come faceva qualcuno ad innamorarsi di lui se nemmeno poteva vederlo? La mente la riportò a quello specchio argenteo. Chiuse gli occhi; ricordava tutto di quel sogno: la voce del ragazzo, la consistenza dello specchio, il vestito porpora…doveva parlarne con Sally.
 


La camera era densa di incenso quando Aniel varcò la soglia. Sally era lì, proprio come quando la aveva conosciuta, con il suo turbante e i suoi oli essenziali tra le mani. Doveva avere un’espressione sconvolta, perché Sally iniziò subito a farle domande.
“Ma non avevi mica mal di stomaco?” chiese alzando esageratamente il sopracciglio destro.
“Sì, ho preso qualcosa e mi è passato…dovrei parlarti di una cosa” cercò di assumere l’aria più seria che poteva.
“Oh, okay, dimmi pure” Sally si rilassò sullo schienale della sua sedia girevole.
“Stamattina sono stata al pozzo…so che non avrei dovuto, ma ero curiosa e ho scoperto un’iscrizione. Così sono andata in biblioteca e ho scoperto cosa significava. Tu non mi hai raccontato tutta la storia, vero?”
Vide l’espressione rilassata di Sally trasformarmi in un’autentica maschera d’orrore.
“Tu cosa?? Ecco perché Raphael…oh mie Dèi.” Aniel capiva dai suoi occhi che era arrivata alla conclusione di qualche ragionamento.
“Tu…hai sognato qualcosa di strano, ultimamente?” chiese alzandosi di scatto dalla sedia e prendendo Aniel per le spalle, che ancora non capiva la reazione dell’amica.
“No…cioè sì, uno specchio…e un ragazzo..” Sally fece pendolare le braccia lungo i fianchi e la sua espressione divenne vuota.
“Vieni con me, devi sapere tutto"

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