Sposata con un diavolo [in revisione]

di MonAnge
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Conoscenza ***
Capitolo 2: *** La mia cara Evelyn ***
Capitolo 3: *** Sebastian ***
Capitolo 4: *** Ciao...Jace ***
Capitolo 5: *** Jace ***
Capitolo 6: *** Accordo ***
Capitolo 7: *** Nick ***
Capitolo 8: *** Ubriaco ***
Capitolo 9: *** Mercedes ***
Capitolo 10: *** Consolazione ***
Capitolo 11: *** Buonanotte ***
Capitolo 12: *** Intervento ***
Capitolo 13: *** Cosa farei senza di te? ***
Capitolo 14: *** Eccoti ***
Capitolo 15: *** Vattene ***
Capitolo 16: *** Sangue ***
Capitolo 17: *** Non interromperci ***
Capitolo 18: *** Verità ***



Capitolo 1
*** Conoscenza ***



Sposata con un diavolo.

Capitolo 1 - Conoscenza

 

~~<>~~

 

Ciao, mi chiamo Kristine Adams e voglio raccontarvi la storia della mia vita.

Tutto iniziò da quando avevo 17 anni perchè scoprii che mi sarei dovuta sposare con una persona che non avevo visto neanche una volta.

Quello che posso dire di me è che avevo finito la scuola superiore, facevo danza, ed ero un’alta e simpatica ragazza con dei capelli neri lunghi e dagli occhi castani. Pensavo che il mio fisico fosse abbastanza buono, ovviamente chi non l’avrebbe detto, dopo le due ore al giorno in palestra e il rifiuto dei dolcetti. Ma sentivo che con i fatti che sarebbero poi avvenuti e con i miei nervi che non resistevano più, sarei diventata grassa.

Invece non posso dire che il mio carattere era (e non lo è tuttora) semplice.  Ero abbastanza testarda, decisa e coraggiosa. Per me era importante sentirmi libera. Odiavo quando qualcuno mi impartiva ordini. I miei genitori - degli imprenditori-  sono Marie e Albert. Abitavamo a Los Angeles. Io li amavo più della mia stessa vita e sapevo che anche loro mi volevano bene allo stesso modo. Erano buoni e capaci di capirmi, si prendevano sempre cura di me e mi auguravano il meglio. Dovevo a loro la mia perfetta infanzia.

Ma qualche giorno prima si era creata una certa situazione. Stavano per perdere il lavoro e tutti i soldi che investirono -a causa di un affare andato male- e per non fallire le attività e non diventare poveri, loro decisero di darmi in sposa al più giovane milionario di Los Angeles - il ventenne Jace Howard.

Non sapevo nulla di lui, avevo solamente visto le sue foto su Google e sentito su di lui molte cose. Molti dicevano che era un uomo crudele che odiava quando qualcuno o qualcosa lo disturbava. Toglieva subito di mezzo quelli che lo ostacolavano. Non l’avevano mai visto con la stessa ragazza per più di una volta. Di solito lui appariva sempre con una diversa donna. E così arrivai a dire di lui che era uno stupido donnaiolo e che cambiava le ragazze “come guanti”.

Come mi dissero i miei genitori, Jace doveva firmare un contratto che lo avrebbe portato a raddoppiare i suoi soldi. Per firmare questo contratto, gli serviva una moglie.

Quando chiesi ai miei genitori se non poteva procurarsi i documenti falsi, scossero la testa dicendo che Jace mi avrebbe spiegato tutto dopo.

Sentii che lui era arrivato ad avere questo ricco patrimonio in un modo non del tutto legale. Qualcuno diceva anche che sulla sua coscienza c’erano un paio di morti.

Scoprendolo ero caduta nel panico, provai a convincere i miei genitori a non farmi sposare con quel mostro. Ma loro neanche mi ascoltavano, dicendo che era per il mio bene.

Discussi a lungo con loro ma alla fine mamma mi disse che dovevo rimanere sposata con lui soltanto per mezzo anno. E poi avrei potuto tranquillamente divorziare e ottenere anche una grande somma di denaro.

-Eh..se sono solo 6 dannati mesi, ce la potrò fare. - pensai, sospirando pesantemente.

-Ricorda, Kristine, lo stai facendo per i tuoi genitori- ogni volta, pensando a questo matrimonio, dicevo tra me e me per rincuorarmi.

Dovevo assolutamente parlare con qualcuno e decisi di chiamare la mia migliore amica, Evelyn.

Lei era una ragazza alta con dei bellissimi capelli biondi che aveva sempre potuto ascoltarmi e aiutarmi durante i momenti difficili della mia vita. Eravamo amiche sin dall’infanzia ed era solo a lei che posso affidare i miei segreti, come lei a me. Adesso era da sua nonna e per questo motivo non potevamo incontrarci per discutere su questo argomento dal vivo.

Decisi di chiamarla. Ascoltavo i lunghi《 tuuu 》 dal telefono.

-Si?- mi rispose dopo qualche secondo.

-Ciao Evelyn!

-Ciaoo Kri.- mi salutò.

-Pesciolino, quando torni? - io la chiamavo “pesciolino” perché a volte si ricordava qualcosa di importante per 3 secondi e poi se lo dimenticava, distraendosi sulle inutili informazioni.  

-Dopodomani cara.. cos'è successo? - mi chiese.

-Allora verrai direttamente al mio matrimonio…- “se questo matrimonio ci sarà”, pensai..

-Cosa?! Sebastian ti vuole sposare?! - urlò costringendomi ad allontanare lo smartphone dall’orecchio.

-No, no, no, no. - cercando di calmarla, risposi io.

Ah si, mi sono completamente scordata di raccontarvi del ragazzo che avevo. Si chiamava Sebastian Dyce ha 20 anni ed era il mio partner di ballo. Era alto con dei capelli scuri. Era forte e aveva un fisico muscoloso. Un ragazzo intelligente che mi amava... e io amavo lui. Ci conoscemmo al ballo, 2 anni fa. Per metà anno eravamo solo amici ma poi ci accorgemmo che di amarci entrambi.

Ed ecco che eravamo fidanzati da 1 anno e mezzo ed era tutto apposto, ma non gli avevo ancora detto del matrimonio, avendo paura della sua reazione e che avrebbe potuto capirmi male. Ma stavo pianificando il nostro incontro per domani mattina.

-COSA?- urlò sorpresa Evelyn.

-Uff, è una lunga storia ma sintetizzando, i miei genitori mi hanno organizzato un matrimonio con un milionario. - dissi tutto con un respiro.

-Quale milionario?- con sospetto mi chiese.

-Jace Howard.-

-LO STESSO JACE HOWARD? IL PIÙ GIOVANE MILIONARIO DI LOS ANGELES E UN BELLISSIMO UOMO CHE OGNI RAGAZZA SOGNA?!- non credendomi mi richiese.

Si, Evelyn faceva parte di quelle ragazze che erano al corrente di tutto e sanno tutti e tutto di tutti.

Ma su Jace si sapeva solamente che era il più giovane milionario di Los Angeles e il resto era solo un sospetto e un ipotesi. Lui non parlava mai di sé e su internet si trovavano solamente le sue foto.

-Si..- sospirando chiusi gli occhi.

-Ma..come? - parlò lei rimanendo scioccata dalle parole da me dette - tu non stai scherzando?-

-Evi, non riuscirei neanche a scherzare su questo argomento. I miei genitori hanno avuto dei problemi con il lavoro e se non mi sposo con lui, possono rimanere senza soldi.- risposi io trattenendo il pianto.

-Cavolo, stai piangendo? Alloooora se la mia forte e coraggiosa amica Kristine Adams ha pianto quindi la situazione è veramente schifosa. OK, sto partendo, domani verrò da te.- e chiuse la chiamata.

Questa era Evelyn..

Guardando l’orologio, mi accorsi che era già mezzanotte. Mi misi a dormire con i pensieri sulla giornata di domani.

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Capitolo 2
*** La mia cara Evelyn ***


Sposata con un diavolo.

~~<>~~
Capitolo 2 -  La mia cara Evelyn. 

Mi svegliò il rumore di una porta che si era chiusa e il rumore dei passi di qualcuno.
In camera entrò Evelyn impazzita che mi tolse la coperta.

-Dai, mamma, fammi dormire- dissi girandomi e abbracciando il cuscino.

-DORMIRE? Ho fatto 500 km per niente?! Alzati e raccontami cosa sta succedendo! - esclamò Evelyn.

-Kristine Adams! Conto fino a tre..se non ti alzi, porto l’acqua e te la metto in testa! Non sto scherzando! - mi minacciò la mia amica.

Ops...Ops..solitamente Evelyn faceva sempre quello che diceva.

-Uno- cominciò a contare. 

-OK...ok… mi sto alzando! - dissi per, finalmente, fermarla.

Mi alzai dal letto, guardandola male.

-Dai, dai- mi sorrise. -ora raccontami tutto nei minimi particolari.

E le raccontai tutto come era, come per tanto tempo chiedevo ai genitori di annullare questo cavolo di matrimonio, come piangevo e addirittura provavo a scappare da casa.

Evelyn mi ascoltò attentamente senza interrompermi.

-Mm...già, amica...la tua situazione è veramente uno schifo. - commentò e poi si portò la mano per chiudere la bocca..come se avesse detto qualcosa di sbagliato.

-Si...lo so.- mormorai.

-Dici che non puoi stare con lui solamente per metà anno e poi tranquillamente separarsi e ottenere un sacco di soldi? - mi chiese sorridendo in modo furbo. -Allora che problema c'è?? Vivrai con lui questi 6 mesi e sei libera, cara!

-Evi...per te è semplice parlare così… ma io sono sicura che questi 6 mesi saranno un inferno.. non per niente parlano IN QUESTO MODO di lui…-sospirai.

-Nah calmati, io e Sebastian ti saremo sempre accanto.

-Ah..a proposito di Seb… lui non sa ancora niente.- ammisi.

-COSA?!- esclamò lei. -forse adesso non ho capito una cosa… tu domani ti sposi con un uomo che non conosci e non l’hai ancora detto al tuo ragazzo??!

-Evi...ho paura che mi lascia. Sai quanto lo amo.

-Kri.. non preoccuparti. Non ti lascia. Ti ama anche lui e sono sicura che capirà tutto. - cercò di calmarmi. 

-Evi pensaci. Se tu fossi lui e il tuo ragazzo ti dicesse che deve sposarsi con un’altra ragazza…quale sarebbe la tua reazione?

-Ma dipende dalla situazione. Se fosse stata simile alla vostra attuale io avrei capito. - rispose pensierosa - ...PROBABILMENTE

-Ecco, proprio questo PROBABILMENTE mi fa venire paura. Sai com'è Sebastian….irascibile. Uff...cosa posso fare.- infilai le mani fra i capelli.

-Kristine, calmati. Semplicemente chiamalo e organizza un incontro. - disse prendendo il mio cellulare e mettendomelo in mano.

-Va bene..va bene, più tardi lo chiamo. - le dissi, ma lei aveva già composto il suo numero facendo partire la chiamata.

-Evi! - urlai cercando di spegnerla ma dopo pochi secondi si sentì la sua gradevole voce.

-Ciao, piccola..- mi salutò Seb e nella sua voce sentii un sorriso.

-Ciao…- risposi lanciando un’occhiataccia a Evelyn ma lei sorrise.

-È successo qualcosa?- subito mi chiese.

Sì..durante questi due anni avevamo profondamente studiato l’uno all’altra che sentendo la voce potevamo capire se ci fosse accaduto qualcosa.

-Temo di sì...dobbiamo incontrarci.-

-Kristine..è qualcosa di grave?- chiese preoccupato.

-Sebastian..tra un’ora e mezza vicino al bar dietro casa mia.

-Va bene, piccola. T'amo.

-Anche io.- risposi e chiusi la chiamata.

Evelyn incominciò ad applaudirmi sorridendo.

-Ecco vedi...hai già fatto metà delle cose.

-Evi, non è la metà, è solamente una minimicroscopica parte- risposi.

-Ma come ti adoro! Solo tu potevi inventare parole come “minimicroscopica”. Va bene, ora dobbiamo prepararti.-

-Verrai con me, vero? - le chiesi, quando iniziò a tirare fuori i trucchi dalla mia borsetta.

-Perché? - domandò, non capendo.

-Per sostenermi, Evi.. non so cosa potrebbe succedere.

-Va bene...se lo vuoi così tanto. Ma mi metterò distante da voi. - accettò e cominciò a truccarmi.

-Grazie- le dissi alla fine.

In 40 minuti il trucco era pronto e in altri 20 i miei capelli divennero ondulati.

Mi guardai allo specchio. Vidi una ragazza elegante ma dagli occhi si capiva che era stanca. Si vedevano due frecce fatte dietro gli occhi e delle bellissime ciglia nere.
Sul viso soltanto del fondotinta che lo faceva sembrare molto più fresco nonostante non avesse molto trucco addosso.

-Evi, sei veramente bravissimaa! -dissi guardandomi allo specchio.

-Lo so- rispose modestamente lei.

-Quando mi insegni a truccarmi così?-

-Ahah un giorno, forse.. -sorrise Evelyn.- andiamo a sceglierti un vestito.

Dopo 15 minuti, e dopo aver completamente disordinato il mio guardaroba, Evelyn, trovò una salopette con abbinata una maglietta corta.

Guardando l’orologio mi accorsi che erano già le 11:30 e al mio incontro con Sebastian mancavano solo 15 minuti.

-Kristine...sbrigati! - mi avvisò Evelyn portandomi delle scarpe con dei tacchi abbastanza alti..

Presi lo zainetto beige: ero pronta.

Evelyn sollevò il pollice per valutarmi. 

-Ma quanto sei perfetta! Sono sicura che a Sebastian piacerà..-

Sorrisi e insieme uscimmo verso quel bar.

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Capitolo 3
*** Sebastian ***


Sposata con un diavolo

 

Capitolo 3 - Sebastian

~~<>~~

Entrando nel bar, lo notai subito. Un ragazzo meraviglioso e alto era seduto dietro un tavolino vicino alla finestra. Sebastian era molto pensieroso e guardava, attraverso la finestra, fuori.

-Buona fortuna- mi sussurrò Evelyn, mi baciò sulla guancia e si diresse dall’altra parte del bar.

Sospirai e, sicura, mi avvicinai al nostro tavolino. Sebastian sentendo i miei passi alzò lo sguardo e mi sorrise.

-Ciao, piccola.- mi salutò alzandosi e baciandomi leggermente sulle labbra. Mi invitò a sedermi.

Come potevo dirgli di questo matrimonio senza distruggere la nostra relazione? Era una domanda troppo complicata e ormai mi perseguitava da un mese.

Non volevo rompere con Sebastian perché ero sicura al 100% del mio amore per lui.

-Seb..dobbiamo parlare- gli sussurrai staccandomi dalle sue labbra.

-Amore che è successo?- chiese diventando più serio. Mi sedetti di fronte a lui. Chiamò, muovendo il braccio, il cameriere.

-Tu, come sempre, vuoi il gelato al caramello?- chiese sorridendo.

-E tu come pensi?-

-Allora quello. E il cocktail alla vaniglia?-

-E il cocktail alla vaniglia..- confermai.

Mentre Sebastian ordinava, io mi girai da Evelyn che parlava con il barman e, come se avesse percepito il mio sguardo, si girò.

Facendomi vedere un “okay”, mi sorrise. Mi sentii più sicura. Sebastian, dopo aver finito, mi chiese:

-Allora...di cosa volevi parlarmi?

-Aspettiamo il nostro ordine, va bene?- gli chiesi e lui accettò.  -Tu, invece, come stai?

-Tutto apposto, piccola, non preoccuparti. Sono pieno degli esami all’università, non vedo l’ora di finire. A proposito, che ne dici di andare in California, durante le vacanze?

Aprii la bocca dalla meraviglia. Certo sapevo che Sebastian provenisse da una famiglia ricca ma non mi aveva mai chiesto una cosa del genere. Avrei accettato sicuramente….ma ora a causa delle condizioni, non sapevo neanche cosa rispondere.

-Sebastian.. è molto inaspettato...ma io, non lo so. - dissi.

-Hai già da fare?-

-No...cioè sì. -

-Sì o no? - chiese impaziente.

-Insomma..penso sia l’ora di raccontarti tutto.- dissi e subito cominciai a mangiare il gelato, cercando di tranquillizzarmi. - Sebastian...ecco, vedi, domani mi sposo.

Ora toccava a lui ad aprire la bocca. La sua faccia era completamente cambiata. Voleva dire qualcosa ma io subito lo interruppi.

-Fermo. Non è un vero matrimonio. Ricordi che i miei genitori avevano problemi con il lavoro? Ecco… hanno completamente fallito, ora. E per non perdere tutti i soldi hanno deciso di darmi in sposa.

-A chi?- mormorò lui.

-Jace Howard.- risposi a bassa voce, abbassando lo sguardo.

-È quel giovane milionario di Los Angeles? - chiese alzando lo sguardo.

-Sì…-

-Ma… ma come hanno potuto?! CONTRO LA TUA VOLONTÀ FARTI SPOSARE CON QUEL DIAVOLO DI MILIONARIO? CON LA PERSONA CHE NON CONOSCI! -cominciò ad urlare, innervosendosi.

-Basta...ho accettato io. Certo..ho discusso per molto con loro ma poi capii che lo stavo facendo per il loro bene!

-COSA? PER “IL LORO BENE”? MA HAI PENSATO A TE? A ME? A NOI??

-È soltanto per 6 mesi..-

-"Soltanto”??- richiese lui..

-È un matrimonio per sei mesi. E alla fine potrei semplicemente divorziare e ottenere una grande somma di denaro..-

Sebastian chiuse gli occhi, sospirò, cercando di calmarsi.

-Kristine...capisci che non è necessario. Posso aiutarvi io con i soldi.

-No. Non serve, è già tutto deciso. E poi non voglio che tu usi i tuoi soldi sulla mia famiglia.

-Kristine, STAI PENSANDO PRIMA DI PARLARE? CAVOLO, TI AMO, IO...Non me ne faccio un diavolo con questi soldi, l’importante è avere te accanto!

-Sebastian... io ci sarò accanto.. certamente, ci sarò. Perché anche io ti amo, ma non intendo prendermi i tuoi soldi.

-Va bene..allora- pensò un attimo lui, si alzò dalla sua sedia e si mise in ginocchio - sposami!

-Cosa?

-Kristine Adams, voglio sposarla. - ripeté in modo calmo e per niente insicuro.

-Lo stai dicendo solo perché non vuoi che mi sposi con Jace.

-Si cavolo, non voglio!! Ma te lo sto chiedendo anche perché TI AMO e non posso immaginarmi la mia vita senza di te.

-Amore, ci sposeremo sicuramente...ma non adesso. Tra metà anno sarò libera e con tantissimi soldi e potremo fare quello che vorremo- sorrisi difficilmente.

-E quando intendevi dirmelo?- mi chiese ancora nervoso.

-Ho sperato fino alla fine che questo matrimonio non ci sarebbe stato. E poi temevo che mi potessi lasciare.- sussurrai e poi aggiunsi- e pure adesso lo temo.

Dopo qualche secondo, sentii delle dita sulla mia faccia.

-Kri..- mi sollevò la testa. - come potevi averlo pensato? Anche se per me è piuttosto difficile trattenermi dal distruggere la faccia a quel cavolo di Howard, non ti avrei mai lasciata.

Dopo queste parole, avvicinò la sua faccia alla mia e mi baciò, mordicchiando leggermente le mie labbra.

-Quando vi incontrerete? - mi chiese staccandosi e respirando difficilmente.

-Oggi sera.-

-Vengo con te.-

-No..non lo sa che ho il ragazzo e non voglio che lo sappia.

-Non m’importa. Voglio venire con te.

-Sebastian...ti prego.

Lui sospirò:

-OK,  ma mi metterò lontano da voi e vi guarderò.

-Così va bene.- sorrisi e sentii lo squillare del suo telefono.

-Cavolo, scusa piccola, ma devo scappare, ci sono dei problemi con il lavoro.- si alzò mi baciò velocemente -Ti amo- e lasciando i soldi corse via.

Da me si avvicinò subito Evi sedendosi al suo posto.

-Allora? Com'è andata? - mi chiese impaziente.

-Penso bene.. all’inizio si era arrabbiato, mi ha chiesto anche di sposare lui al posto di Jace - sorrisi e Evelyn mi guardò curiosa.

-Povero ragazzo.. e poi?

-Poi ha capito, si è calmato e ha detto che verrà al mio incontro con lui.

-E perché è scappato così dal bar?

-Per il lavoro- risposi in modo corto.

-Vedi...è tutto a posto. - disse la bionda.

-Già..poteva andare peggio. Ora andiamo a casa mia che devo prepararmi per stasera.- dissi alzandomi.

-Andiamo, Kristine. - rispose Evelyn e uscimmo dal bar.

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Capitolo 4
*** Ciao...Jace ***


Sposata con un diavolo.

 

Capitolo 4 - Ciao...Jace

~~<>~~

Appena entrammo a casa, mia mamma ci disse che Jace aveva deciso che dovevamo incontrarci alle 7 di sera al ristorante “Gold Space” al centro di Los Angeles. Cavolo, per arrivare lì, ci sarebbe voluta 1 ora.

Lui aveva la macchina (e penso più di una) e un autista personale, allora perché mi costrinse ad andare in quel ristorante al centro di Los Angeles se poteva sceglierne uno più vicino?

Lo odiavo già.

-Evi...ho paura- le dissi quando siamo entrate in cucina.

-Dio...Kri ti capisco ma avrai Seb vicino.

-Seb non sarà sempre accanto. Dovrò pur vivere con questo Howard per 6 mesi..

-E se non dovessi convivere con lui? Magari dice “Puoi abitare a casa tua e venire qui quando ce ne sarà bisogno” - mi rispose mangiando qualcosa.

-Io, ovviamente, lo spero...ma così sembra troppoo facile.

Sospirai e bevvi un bicchiere d’acqua.

-Ti devi cambiare?- mi chiese.

-Certo che no… devo chiamare Sebastian, lui voleva venire con me.- risposi e prendendo il cellulare chiamai il mio ragazzo.

“Si, piccola, ciao.”

-Sebastian..allora Jace mi ha detto di andare alle 7 di sera al ristorante Gold Place, sai dov'è?

“Certo in questo ristorante di solito vanno i ricchi...lì i prezzi sono cosmici. “

-Ecco perché quel nome..

“Okay passerò a prenderti alle 6.”

-Ce la facciamo ad essere lì alle 7?

”Certo cara. Dai devo andare, ti amo.”

-Anche io. -spensi la chiamata.

Evelyn, che aveva ascoltato il nostro dialogo, propose:

-Se vuoi posso venire con voi..

-No Evi...grazie. hai già fatto molto per me. Ora devo farcela da sola.

-Okay. Sicura che non vuoi cambiarti? Alla fine stai andando a incontrare un milionario…- mi richiese - ti ho portato un bellissimo vestito nero. -

Ma che cavolo… sapeva benissimo che io ADORAVO i vestiti neri e non potevo rifiutare.. Prendendomi per mano mi accompagnò in camera. Mi fece vedere il vestito e io impazzii. Era veramente bello. E, dopo averlo messo, potevo dire che si adattava perfettamente al mio corpo.

Lasciai stare i capelli e il viso. Evelyn prese dall'armadio delle scarpe nere e me le diede. Sembrava​ che stessi per andare ad un funerale..

Vestito nero, scarpe nere e una borsetta nera… Ma in un certo senso stavo veramente andando ad un funerale...quello della mia libertà. L’ansia mi assaliva. E nella mia testa apparivano tanti pensieri..(come sempre al momento giusto.)

 

Io non lo conoscevo....ma se per caso gli sarei servita anche per quello? Per soddisfare i suoi bisogni fisiciOdiavo questo pensiero e questa ipotesi...ma non riuscivo a liberarmene. Ma alla fine...a che gli sarei servita io?? Poteva avere tutte le donne che voleva e quando voleva. 
Anche se sinceramente non capivo mai i ragazzi che si comportavano in questo modo.

Guardai l’ora: segnava le 17.45. Tra quindici​ minuti sarebbe arrivato Sebastian e saremmo andati all’incontro.
Suonava strano dire tra un quarto d’ora io con il mio amato ragazzo andiamo ad incontrare il mio futuro sposo..”

Avrei dovuto rimanere sposata con Jace quello che rimaneva dell'estate, tutto l'autunno e metà inverno. Pensando a queste cose non notai come passò velocemente il tempo.

-Kristine...è arrivato..- mi abbracciò Evelyn - buona fortuna, respira profondamente...- cercò di calmarmi.

-Si..grazie Evelyn.- le dissi mettendomi il rossetto. Presi le chiavi e uscii dalla casa.

Vicino c’era la Bentley bianca di Sebastian. Era una macchina cara e sicuramente troppo cool. Guardandola si poteva subito capire quanto erano ricchi i Dyce. Sebastian uscì dalla macchina e mi aiutò a sedermi davanti.

-Il mio galantuomo preferito..- sorrisi sedendomi in macchina.

Anche lui entrò dentro e mi baciò profondamente...sembrava voler dire “sei mia e non ti lascerò mai a nessuno”.

Mi guardò negli occhi e si allacciò la cintura.

-Sei bellissima Kristine. - mi disse dopo 5 minuti di silenzio.

-Grazie Sebastian… Cos’hai? È successo qualcosa? - mi preoccupai.

-Kristine sai benissimo qual'è il problema..- disse senza degnarmi di uno sguardo.

Decisi di non discutere su questo argomento e tutta la strada fino al ristorante rimasi zitta guardando il finestrino. Si creò un silenzio imbarazzante in macchina.

Alle 7 meno dieci eravamo già lì. Sebastian parcheggiò la macchina nella zona dedicata alle auto dei clienti del ristorante.

Qui c'erano solo macchine costose come le Ferrari, Lamborghini, Bentley e altre. Prima di uscire dalla macchina, mi prese per mano e mi guardò negli occhi.

-Kristine...capisci che non sei obbligata a farlo.- mi disse con un tono tranquillo cominciando di nuovo a parlare su questo argomento.

-Sebastian smettila, è già tutto deciso. Sono in ritardo ora.-

Uscii dalla macchina e cercai di aumentare il passo. Sebastian era dietro che mi seguiva.

Davanti all’ingresso una donna mi chiese:

-Lei è Kristine Adams?

-Si..-

-Andiamo..la accompagno da Jace Howard.- continuò a parlare gentilmente. Jace Howard … appena sentivo questo nome mi veniva la pelle d’oca.. lo temevo.

Mi girai da Sebastian. Lui mi guardò male e se ne andò verso il bar. La ragazza però mi accompagnò in una stanza VIP, dove Sebastian non poteva vedermi.

Sospirai cercando di calmarmi..il mio cuore stava battendo all’impazzata. Decisa, aprii la porta provocando uno scricchiolio.

Dentro c'era un ragazzo bellissimo, alto, dai capelli biondi e occhi azzurri che, dopo aver sentito lo scricchiolio, alzò lo sguardo e mi notò. Lui era cento volte più bello di come sembrava nelle foto.

Addosso aveva una camicia (dalla quale si intravedevano i muscoli scolpiti) e dei pantaloni neri. I suoi occhi che emanavano freddezza, mi fissavano.

Mi feci avanti:

-Ciao...Jace.


 

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Capitolo 5
*** Jace ***


Sposata con un diavolo

Capitolo 5 - Jace

~~<>~~

Il mio nome è Jace Howard e ora vi racconterò la difficile storia della mia vita. Avevo solamente 20 anni ma ero ormai diventato il più giovane milionario di Los Angeles.

Sicuramente avreste voluto sapere: “Come tu, Jace, a 20 anni sei riuscito ad arrivare a questo successo?”

Rispondo lealmente...non del tutto in un modo giusto. Avevo tradito, ucciso, non sempre fatto quello che avevo promesso e tolto di mezzo tutti gli avversari.

Ero crudele, e questo, lo so. Ero crudele, insensibile e senza cuore. E non sono parole vuote.

Ai tempi avevo già ordinato di uccidere 17 persone in 2 anni. Ma odiavo sporcarmi le mani di sangue.

Non avevo genitori. Precisamente, li avevo...ma tanti anni fa. Sia mia madre che mio padre morirono in un incidente autostradale, quando avevo 3 anni. La cosa più strana è che io in quel momento mi trovavo con loro...ero in quella macchina. Ed ero sopravvissuto...con qualche osso rotto e un trauma psicologico..ma ero sopravvissuto. Ho pensato a molto su questo incidente. Perché io ne sono rimasto vivo...e loro no?

Ora non mi ricordavo più niente dei miei genitori. Dopo la loro morte, di parenti, mi rimase solamente lo zio. Uno zio fuori di testa e sempre ubriaco.

Vissi con lui fino ai 5 anni, ogni giorno lo sopportavo, lui mi picchiava, e io rimanevo sempre con i lividi e ferite.

Bruciature, pugni, parolacce, urla - tutto questo non era più nuovo per me. Mi ero già abituato.

Questo mostro provò una volta ad uccidermi. Anzi no. Più di una volta.

Ma finalmente, ai miei 5 anni, mio “zio” morì. Perse giocando a un gioco d’azzardo. Aveva fatto tanti debiti. I creditori lo trovarono e lo ammazzarono in un modo lento e doloroso. Se lo meritava.

Per la mia età ero già un bambino intelligente, e, rispetto ai miei coetanei, capivo ormai molte più cose. Ero felice che l’incubo era finito. Ma a quanto pare mi sbagliavo. Divenni un misero bambino affamato, pieno di ferite e bruciature.

Mi trovarono delle donne buone. Mi salvarono, curarono, vestirono e portarono in un orfanotrofio.

Lì iniziò l’inferno. Non approfondirò questo argomento...penso che tutti sappiano cosa succede ai bambino in un posto come quello. Pessime condizioni, maestre alle quali non importa niente di noi e poveri bambini che, come me, incontrarono un destino crudele.

Già da lì, cominciai ad odiare la mia vita. Inutile vita.

Bisognava ammettere, però, che tra tutti quei bambini, io ero il più bello. Non mi rovinarono neanche le ferite. Molti mi detestavano e invidiavano e dovetti di nuovo sopportare le crudeltà degli altri. A quei tempi ero molto sensibile. Riuscivano a ferirmi anche con le parole.

Quando crebbi un po’, cominciai a difendermi. Quando mi picchiavano - lo facevo anche io.

Creai un gruppo di bambini monelli come me. Rubavamo, scappavamo, facevamo quello che ci veniva in mente.

L’orfanotrofio trasforma i ragazzi in dei mostri. E lo ero diventato pure io. Un egoista crudele che se ne frega dei sentimenti degli altri.

Fino ai 15 anni continuai a sperare che qualche coppia mi potesse venire a prendere da questo inferno. Ma tutte le mie speranze furono inutili. Praticamente sparivano. A chi serviva un ragazzo come me?

Giusto..a nessuno. E io lo capii. Cominciai ad aspettare i miei 18 anni per uscire da questo orribile posto. Ma quando compii 16 anni, una coppia che non poteva avere figli arrivò nell’orfanotrofio. Un marito e una moglie che sembravano molto ricchi per il modo in cui erano vestiti. Imprenditori, pensai.

Ci misero molto tempo per scegliere il loro futuro figlio. Cercavano un maschio con un bell’aspetto.

E qui​ videro me. Mi guardavano con uno sguardo sospettoso e strano. Mi chiedevano tutto. Li serviva un ragazzo bello e intelligente per ereditare, dopo la loro morte, tutto il patrimonio. Scelsero me.

A loro non importavano i miei sentimenti, i miei traumi psicologici, il mio carattere. Dovevo essere solamente intelligente per poter dirigere l'azienda dopo di loro.

Nei due anni successivi imparai quello che dovevo e incominciai a lavorare. I miei “genitori” erano orgogliosi di me.

Ma dopo un anno sparirono anche loro dalla mia vita. Stavano partendo con l’aereo per un incontro di lavoro...ma ecco un altro incidente. L’aereo ne era uscito distrutto.

Ma io ormai ero rimasto con tantissimi soldi. Incominciai a lavorare su di me. Non sul mio carattere, ma sul corpo.

Ogni giorno in palestra, tanti allenamenti, mi portarono ad avere un fisico molto muscoloso e forte.

Ricevevo l’amore e l’attenzione di tutte le donne che volevo. Questo mi permetteva di cambiare le ragazze ogni notte. Me ne fregavo dei loro sentimenti . L’unica cosa di cui avevo bisogno era il loro corpo. Donne e alcol - la mia passione.

Ma un giorno mi accorsi che c’era una ragazza che mi attraeva più delle altre. Era avvenuto non molto tempo fa. Ero in un bar e la vidi. Riempì tutta la mia testa completamente di sé. Tutti i miei pensieri erano rivolti a lei. Era bravissima a ballare, il suo corpo era perfetto. Lei era bellissima: piccolo naso, occhi profondi e delle labbra rosse.Quel giorno tutti i ragazzi in quella sala, la fissavano. Ma lei guardava solo uno - il suo partner di ballo. L’uomo che per tutta la notte aveva ballato con essa.

La guardavo ogni secondo, i suoi passi, i suoi sguardi. La volevo. Nessuna donna mi aveva mai attratto così prima d’ora.

Iniziai ad immaginarmela sola, davanti a me. Sul letto di casa mia. Ma non riuscii a chiudere gli occhi che, insieme al suo ragazzo era uscita dal bar.

Non la rividi mai più. Non avevo ancora visto una donna più bella di lei.

Provai anche a cercarla. Ordinai ai miei uomini di trovare almeno qualche informazione su di lei, ma era stato inutile.

E attualmente, tra poco, avrei dovuto firmare un contratto che mi avrebbe portato ad avere molti più soldi. Ma per questo mi serviva una ragazza che sarebbe diventata  mia moglie. Solo per farsi vedere vicino a me, ai giornalisti durante le feste, incontri, ecc. Doveva essere solamente bella. Non mi interessava neanche che facesse  i doveri di una moglie”. Era un matrimonio per 6 mesi e poi poteva andarsene.

Questo scoprirono gli amici dei miei “genitori” morti e proposero la loro figlia in sposa. Non sapevo chi fosse , non l’avevo mai vista, ma secondo le loro parole lei era bellissima con un corpo perfetto. Io credevo a loro perché sapevo che queste persone non mi avrebbero mai mentito.

Mi trovavo già al ristorante dove avevo organizzato il nostro primo incontro. Preparai una stanza VIP apposita per parlare senza che gli altri ci vedessero.

Sapevo solo che aveva 17 anni e si chiamava Kristine Adams. E qui sentii lo scricchiolio della porta...alzai lo sguardo e la vidi.


 

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Capitolo 6
*** Accordo ***


Sposata con un diavolo.

Capitolo 6 - Accordo

~~<>~~
 

-Ciao..Jace. Sei Jace, giusto? - dissi, elegantemente sedendomi sul divanetto e mettendo una gamba sopra l'altra.

La paura aumentava con ogni secondo che passavo in questa stanza con lui. Ma mi mascherai con una faccia indifferente. Ad ogni modo provai a mascherarmi.

Lui rimase a lungo fermo, mangiandomi con lo sguardo. Gli riuscì male nascondere il suo interesse e desiderio per me...ma io ero già abituata a queste attenzione da parte dei ragazzi e quindi semplicemente sospirai. Lui si riprese, si sistemò la camicia e cambiò l’espressione, diventando molto più serio.

-Kristine…- mosse la testa per salutare - desideri qualcosa?

-Desidero soltanto andarmene il più presto da qui- risposi orgogliosa di me stessa.

-Capito..- mormorò muovendo il braccio per chiamare la cameriera.

Dopo un minuto lei era già da noi. Aveva una camicia bianca molto scollata che metteva in risalto il petto; una minigonna e un rossetto molto acceso.

Stavo per vomitare da questa visione. Si muoveva sensualmente e si avvicinò a Jace. Mi girai..non potevo più sopportarla.

Notai l’espressione di quel Howard. Probabilmente non piaceva neanche a lui il comportamento​ di quella donna, e non ce la facendo più la prese per braccio e si allontanò.

Di quello che riuscii a sentire mi pareva che avesse detto di smettere di comportarsi in quel modo e la riempì di parolacce, minacciando di licenziarla.

La donna diventò pallida, chiuse i bottoni della camicia e disse:

-Certo signore. Desiderate qualcosa?

Mah..forse era quello che mi sarei dovuta aspettare. Un crudele ricco viziato che credeva che a lui era permessa ogni cosa: una situazione classica.

Ordinando il più caro vino del ristorante e qualcos’altro che io non sentii, lui si girò e si sedette di fronte a me.

-Non intendo bere io..- incrociai le mani.

-Non te l’ha chiesto nessuno.

-Cosa? -non capii- Ma come ti permetti?

-Va bene, lo dico in un altro modo, - sospirò cercando di non arrabbiarsi -Kristine...non voglio litigare con te. Così hai capito?

Dio..in ogni parola sentivo soltanto l’intenzione di comandarmi. Da dove l'ha presa tutta questa crudeltà e severità a 20 anni?

-E io non volevo venire qui. Così è chiaro? -lo feci arrabbiare di più.

Lui cercava di trattenersi, mordicchiandosi le labbra.

-Allora perché sei qui?

-Per i miei genitori.

-Non mentire. Non saresti qui se non l'avessi voluto.

-Per i miei genitori e la loro felicità farei di tutto. Sopporterò anche la tua presenza.- dissi sicura delle mie parole.

Lui per un momento si meravigliò, ma non lo fece vedere.

-Perché questo odio, piccola?- mi chiese alzando le sopracciglia.

-Non chiamarmi così.- dissi con un tono arrabbiato e lui sorrise.

Lui era bellissimo ed era da stupidi non ammetterlo. Denti dritti e perfettamente bianchi, bellissime guance, capelli biondi e occhi profondamente blu, insomma tutto era perfetto.

-Non arrabbiarti- mormorò lui smettendo di ridere. Nel mentre arrivò la cameriera portando il vino. Lui lo prese e lo versò in due bicchieri.

-Ho detto che non voglio bere.- dissi allontanando il bicchiere che mi diede Jace.

-Se non bevi e non ti calmi, noi non potremo parlare tranquillamente. Non intendo sopportare i tuoi capricci - guardandomi disse - Ora bevi-

-Uff..ok. solo perché stai rompendo. - mi arresi facendo un sorso.

Il vino era perfetto. Né troppo dolce né amaro. Aveva buoni gusti il Howard.

-Allora, Kristine. Cosa ti hanno detto del matrimonio? -mi chiese diventando di nuovo serio.

-Che tu vuoi ricevere soldi da un contratto ma per questo ti serve una moglie che si farà vedere alla gente. Ho capito bene? - chiesi pulendo con la lingua il vino rimasto sulle labbra.

Lui mi fissava, anzi fissava i movimenti della mia lingua. Strinse più duramente il bicchiere col vino.

Poi si calmò, bevette un bicchiere e chiuse gli occhi.

-Quasi tutto giusto. Ma - sottolineò- per te le regole saranno un po’ diverse.

-Perché? - mi preoccupai.

-Perché lo voglio io. - di nuovo ordini.

-Non me ne frega se lo vuoi tu - dissi senza nascondere la paura nella mia voce.

Notando la mia reazione, lui sorrise felice.

-Quali regole?

-Prima di tutto tu non verrai soltanto alle feste o incontri, ma anche quando lo vorrò io. Secondo..tu abiterai a casa mia. E terzo, il tuo dovere da moglie non l’aveva annullato nessuno. -lui spiegò in un tono calmo continuando a guardare la mia reazione.

Io ero seduta lì, completamente scioccata. Dovere da moglie?” intendeva….

-Che significa “dovere da moglie”? - calmandomi chiesi.

-Non sai cosa significa? Devo mettermi a spiegarlo come ad una bambina? - bevette un altro sorso di vino.

-So cos'è- mormorai guardandolo negli occhi - quindi tu vuoi dirmi che mi costringerai a..

Non finii di parlare. Diventò difficile e complicato aprire la bocca. Ora neanche il vino mi aiutava. Mi aspettavo che potesse volerlo ma fino alla fine speravo di no...e non riuscivo a crederci.

Osservando i miei occhi che si stavano muovendo non riuscendo a fermarsi, lui cominciò a sorridere.

Dio...solo ora capii il significato delle sue parole. Dovevo andare a letto con questo uomo! No, no, no, no e ancora no. Non intendevo farlo proprio! Era sicuro.

-È giusto quello che pensi, piccola. Voglio dire proprio questo.

-M-Ma perché? Perché per me le regole sono diverse? Non sono l’unica ragazza in questo mondo!

Squillò il suo cellulare.

Jace sembrava seccato ma rispose alla chiamata.

-Che c'è, Ambrose?

Chi era Ambrose?

Jace ascoltò a lungo e attentamente colui che lo chiamò e si arrabbiò ogni secondo di più.

-Ok. Ho capito. Adesso arrivo. Aspettami. -disse e chiuse la chiamata.

Jace chiamò di nuovo la cameriera. Pagò il conto e si alzò. Mi diede un foglio e prendendo elegantemente la mia mano, la baciò. Andò verso la porta e facendo per uscire esclamò:

-Domani alle 5. L’indirizzo l’ho scritto sul foglio. Non arrivare in ritardo, piccola.

Chiuse la porta e uscì.





Angolo dell'autrice

Ciaoo, ecco che siamo già al sesto capitolo e ho deciso di dedicare questo spazio a coloro che seguono la mia storia. In particolare voglio ringraziare quelli che l'hanno messa tra le preferite/seguite. Sono felice che vi piaccia))
Aspettatemi domani con un nuovo capitolo che si chiamerà "Nick" (sì ho i prossimi capitoli tutti pronti..)
Vi saluto e alla prossima!

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Capitolo 7
*** Nick ***


Sposata con un diavolo.

Capitolo 7 - Nick

~~<>~~

-Ambrose, nel mio ufficio! - gli ordinai sedendomi nella mia nuova Ferrari alla quale oggi, per la prima volta, cercarono di sgonfiare le ruote. Ambrose era il mio autista personale.

Lui obbedì e fece partire la macchina subito. Dopo essermi allontanato dal ristorante cominciai a pensare a Kristine. Cavolo, era veramente la stessa ragazza che aveva ballato qualche settimana fa in quel bar.

Era strano che il destino, dopo tutto quello che avevo vissuto era ancora dalla mia parte. Ricordando la sua bellezza e perfezione non potevo non essere orgoglioso della mia futura moglie. Dio, quant'era bella. Mi era costata una fatica enorme trattenermi lì. Se non fosse per la chiamata di Ambrose non ce l’avrei fatta. Non c'era fine alla mia fantasia perversa durante il nostro incontro. Dio, quanto sarebbe stato meraviglioso vivere 6 mesi con lei nella stessa casa. Ma forse sarebbe stato più difficile di quanto pensassi..

Dovevo dire che nessuna ragazza mi aveva attratto come Kristine e c'era qualcosa in lei che mi aveva colpito. Questo suo senso di libertà oppure la sua testardaggine, decisione e sicurezza? Si poteva capire subito che era una ragazza diversa dalle altre egoiste che da me volevano solo i soldi. Ma era chiaro che Kristine non pensava a sé...anzi si era fatta sfruttare per far ottenere soldi ai propri genitori. Si capisce che li voleva tanto bene e si preoccupava di loro. Non le ero piaciuto. E anche con questo si differenziava dalle altre. Ma non le ero piaciuto per adesso.

Non avevo mai amato nessuno nella mia vita. Non sapevo cosa fosse l’amore o la simpatia. Nessuna ragazza mi interessava per più di una notte. Non mi piacevano le relazioni lunghe. Sapevo come sarebbero finite nella maggior parte dei casi.

Il massimo che provai per una donna era il desiderio. Ma anche questo non era così forte come quello che provavo per Kristine. Volevo conoscerla meglio.

Ma con il suo carattere questo sarebbe stato difficile.

Forse lei sembrava una tigre ma ero sicuro che in fondo lei era solamente un piccolo gattino che, senza mostrare niente, aveva paura. Ma capivo benissimo che questo gattino era in grado di graffiarmi.

Cercavo di non ammettere che ero così tanto interessato a quella ragazza. Mi piaceva la mia vita anche senza Kristine. Forse.

Eravamo arrivati al mio ufficio. All’ingresso incontrai Nick.

Nick era il mio unico migliore amico e lavorava nel mio ufficio. Eravamo cresciuti insieme all’orfanotrofio diventando grandi amici.

-Hey, ciao Jace- si avvicinò a me.

-Ciao Nick-

-Com'è andato l’incontro con la tua? - mi chiese dandomi un colpo sulla spalla.

-Direi bene..ricordi di quella ballerina al bar?-

-Quella di cui ci stavi parlando per intere settimane? Oh be’..non potrei mai scordarmelo. È la prima volta che ti innamori veramente.-

-Lei è Kristine. Quella con cui mi dovrò sposare.. - ammisi.

-Tu stai scherzando..-

-No..-

-È fantastico allora!! Che posso dire...hai avuto una grande fortuna. L’hai conosciuta?

-Non chiedermelo. Ha un “bel” caratterino.-

-Ahah… capito. La prenderai con forza?

-Sinceramente non vorrei. Sembra forte ma all’interno è molto più debole. È troppo testarda..

-Si ne conosco ragazze come queste… sarà dura, amico.- mi disse strofinando il mento.

-Senti, per oggi notte ho chiamato Angelica. Ti rilasserà.

-Okk...Il tipo che mi ha cercato di sgonfiare la ruota, invece?

-Oh si..l’abbiamo trovato. - mi disse.

-Perché non me l’hai detto prima, cavolo. - mormorai -Dov'è ora?

-Sta’ calmo.. è nel seminterrato…- Nick voleva dirmi qualcos’altro ma ero già corso giù. Poi mi raggiunse.

-Aspetta Jace, scendo con te! Non si sa mai cosa potresti fargli dalla rabbia.- Si preoccupò.

Lo ignorai pensando a queste parole. Ero veramente così crudele?! Ma anche se lo avessi ammazzato….se lo sarebbe meritato. Presi l’ascensore e scesi giù.

Mi arrabbiai sempre di più.  Non potevo sopportare coloro che volevano distruggere le mie cose. Aprii con la chiave la porta e il tipo,  appena mi vide, sembrò morire dalla paura.

-S-signor Howard. - mi salutò.

Volevo punirlo. Punirlo duramente. Dietro sentii qualcuno esclamare il mio nome ma non diedi importanza. Il tipo era sui 17 anni ed era legato ad una sedia. Non era simile ad uno che poteva fare una cosa del genere e il mio intuito mi convinse a calmarmi. Si capiva che l’aveva costretto qualcuno. Il mio desiderio di picchiarlo fortemente, svanì. Ma volevo scoprire chi gli aveva ordinato di farlo. Mi avvicinai a lui e sospirai.

Lui chiuse gli occhi preparandosi a un possibile pugno.

-Perché l’hai fatto? - parlai in modo chiaro per farmi temere di più.

-M-Mi scusi.. No-non sono stato io. Mi hanno costretto. - parlò lui - Non picchiarmi!

-Chi ti ha costretto?! - esclamai fortemente.





Prossimo capitolo:    Ubriaco.



 

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Capitolo 8
*** Ubriaco ***


Sposata con un diavolo

Capitolo 8 - Ubriaco.

~~<>~~
 

Non appena Jace uscì dalla stanza, potei finalmente calmarmi e sospirai.

Questo ragazzo creava intorno a sé una specie di cerchio energetico ed era difficile rimanere lì tranquilla e indifferente. Soprattutto quando ti guardava in quel modo.

I primi minuti del nostro incontro sembrò mangiarmi e spogliarmi con i suoi occhi, ma poi si riprese e i suoi occhi diventarono di nuovo diversi e freddi come il ghiaccio.

Sotto questo sguardo volevo nascondermi, coprirmi con una grossa coperta al fine di non vedere più questi occhi.

Adesso nella mia testa regnava il casino. Non capivo più niente. Tutti i sentimenti si mischiarono e negli occhi apparve la nebbia.

Ma capii una cosa. Io lo temevo. Temevo profondamente. Con uno sguardo riusciva a farmi impazzire e andare fuori di testa. Strano. Non avevo mai incontrato persone così.

Mi ricordai delle sue parole.

Per te le regole sono diverse”

“I doveri da moglie non li ha annullati nessuno”

Piccola”

Il mio cervello cominciò a pensare. Perché per me le regole erano diverse? Perchè cavolo si permetteva di chiamarmi “piccola”? E davvero mi avrebbe costretta ad andare a letto con lui?

Cavolo. E se avessi rifiutato mi avrebbe potuto…

-Certo che potrà- rispose un’altra voce dentro di me- l'hai visto, Kristine! Se ne frega dei sentimenti altrui. Se lo vorrà, lo farà, indipendentemente dalla tua volontà. - continuò quella voce.

Dio...non sarei mai riuscita a difendermi.

Mi sentii male da questi pensieri e mi venne la voglia di piangere. Non avevo più scelte. Non potevo fare nulla.

Mi erano venuti i capogiri e per non svenire, bevetti il vino rimasto. Presi il bicchiere e lo finii tutto. Mi aiutò a calmarmi, liberandomi da quei pensieri.

Finalmente prestai attenzione al foglio di carta che avevo in mano. Subito mi venne in mente Jace che baciò con gentilezza la mia mano e che se ne andò chiudendo la porta. Eppure in quel momento sembrava completamente diverso.

Guardai il foglietto. Tenendolo in mano capii che non era la carta semplice che tutti utilizzavano. Era fatta di un materiale diverso. Più caro. Era molto più morbida della carta normale. Uff...anche qui doveva differenziarsi. Lessi attentamente il biglietto ma ero attirata dalle bellissime lettere scritte in riga.

Cavolo, pure la sua scritture era perfetta.

“Centro Los Angeles, Morgan Street, 312”

Sotto c'era scritto il suo numero. Lo aggiunsi nel mio telefono e lo registrai con “Futuro marito - un egoista milionario”

Sorrisi. Speravo che nessuno mai lo avrebbe visto. Guardando nel telefono notai l’ora - erano già le 8 di sera.

Cavolo mi ero completamente scordata di Sebastian!

Mi misi ancora un po’ di vino, lo bevetti velocemente e alzandomi dal divanetto, corsi fino alla porta sistemandomi i capelli.

Appoggiai la mano alla maniglia ma la porta si aprì inaspettatamente da sola.

Fuori c'era Sebastian. Respirava profondamente, il suo petto si alzava e si abbassava e da questo capii che era arrabbiato. I suoi capelli erano disordinati, aveva sangue che gli scorreva da un labbro e gli occhi rossi. Aveva bevuto??? E si era anche picchiato con qualcuno?

Sembrava proprio di sì.. e aveva bevuto molto.

-È ancora qui? - mi chiese freddamente spingendomi e entrando nella stanza.

Si fermò al centro e osservò il tavolino. Notò una bottiglia di vino vuota e si arrabbiò di più.

-Sebastian…- mi avvicinai a lui e sussurrando tranquillamente.

-Buono il vino?- disse prendendomi in giro e osservando la bottiglia. -Mhm sembra caro.

-Ho bevuto un bicchiere dopo che se n'è andato..-risposi cercando di calmarlo.

Seb in queste condizioni avrebbe potuto fare qualsiasi cosa. Lui lentamente si avvicinò a me. Aveva uno sguardo freddo e arrabbiato.

Non l’avevo mai visto così. Addirittura si rifiutava sempre di bere davanti a me!

In questo momento lo temevo. Avevo tanta paura e, per reazione, cominciai a fare dei passi indietro man mano che si avvicinava.

Ero schiacciata dal corpo di Sebastian e dal muro che ormai avevo alle spalle. I nostri visi erano vicini. Sentivo il suo respiro. Abbassai lo sguardo avendo paura di guardarlo negli occhi.

Le sue dita toccarono il mio mento, alzando la mia testa.

-Allora? Com'è il Howard? Meglio di me?

Dovevo assolutamente fare qualcosa.

-Sebastian...ti prego cal…- non riuscii a finire la frase che il ragazzo diede un potente pugno alla porta, rompendola. Io urlai. Nella stanza precipitò subito la cameriera che, scioccata dalla porta rotta, ci chiese:

-Che sta succedendo qui?

-Signora ci lasci soli per 5 minuti. Pagherò tutto io. - esclamai e la guardai negli occhi.

Lei sentendomi si tranquillizzò e uscì dalla stanza.

-Sebastian…-lo chiamai in silenzio e lui si girò.

Presi il suo viso con due mani e lo avvicinai a me. Per non perdere l’equilibrio lui strinse le sue braccia intorno alla mia vita.

-Guardami- gli chiesi aspettando il suo sguardo.

Avvicinai le mie labbra alle sue. Lui osservava attentamente i miei movimenti.

-Nessun Jace Howard riuscirà a separarci.- gli sussurrai sperando che si calmasse.

Dopo qualche secondo lui mi schiacciò di nuovo contro il muro. Mi baciò crudelmente ispezionando con la sua lingua ogni angolo della mia bocca..dopo qualche secondo i baci sono diventati più leggeri e fummo interrotti da una finta tosse della cameriera. Io arrossii pesantemente.

Sebastian sorrise e si allontanò... le diede i soldi e mi prese per mano.

-Seb..fermo! - Vidi il suo sguardo che non capiva più nulla e continuai - la mia borsa!

Lui si calmò e sorrise. Mi avvicinai al tavolino, nascosi il biglietto in borsa, la presi e uscii insieme a Sebastian.

La cameriera ci guardò seccata.

-Come intendi guidare? Hai bevuto..- gli chiesi quando fummo già fuori.

Lui sospirò. - ho già chiamato Alex, è qui dietro. - mi tranquillizzò.

Alex è il migliore amico di Sebastian e sono amici da molto tempo, da più di 10 anni.

-Ciao, ubriaco- salutò Alex facendo arrabbiare il ragazzo mentre salivamo dentro.

-Zitto, idiota. - rise il moro chiudendo lo sportello.

Dio che cambiamenti d’umore..

-Portaci a casa mia- disse il mio ragazzo.

-A casa tua? - richiesi.

-Mi aiuterai a dormire, piccola.- mormorò Seb mettendo la sua mano sul mio ginocchio.



 

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Capitolo 9
*** Mercedes ***


Sposata con un diavolo

Capitolo 9 - Mercedes

~~<>~~
 

Un silenzio imbarazzante  - era quello che regnava in macchina nel mentre stavamo andando a casa di Seb. Ero troppo stanca per parlare. Come se non bastasse avevo la sensazione che qualcosa di brutto stesse per accadere. E questo pensiero non mi lasciava in pace.

Lui guardava fuori senza staccare la sua mano dal mio ginocchio.

Capivo perfettamente che non era il momento migliore per andare a casa sua ma adesso era inutile litigare con lui. Né lasciarlo solo, non volevo, chissà cosa sarebbe potuto succedere.

Tirando fuori il telefono notai che erano già le nove. Fuori stava cominciando a fare buio e il sole tramontava. Il cielo non era pulito perché c’erano tantissime nuvole e probabilmente questa notte avrebbe piovuto. Come se il giorno di oggi non fosse già pieno di imprevisti.

Guardai il finestrino, Alex ci stava portando in una strada senza gente.

In questo momento volevo solo tornare a casa il più presto possibile, mettermi a dormire e svegliarmi tra minimo 12 ore.

-Seb - lo chiamai in silenzio con la speranza di potergli parlare. Domani avrei dovuto sposarmi e vorrei riposare. Pensai a cosa dire per non farlo adirare di più, scegliendo le parole giuste. - senti, hai bevuto molto oggi e devi riposare, a proposito anche io lo devo fare, per questo, torno a casa anche io, va bene?

Lui si arrabbiò visibilmente in viso, pensando a qualcosa e poi mi rispose:

-Piccola, quindi non aiuterai a dormire il tuo amore?- sorrise in modo strano.

Non mi piaceva il suo tono. Sapevo che era ancora completamente ubriaco...ma non mi immaginavo cosa aspettarmi da lui in queste condizioni.

Però in questi due anni che ci conoscevamo, mi fidavo di lui.

-Seb...è già tardi e voglio tornare a casa. Penso che potrai addormentarti benissimo senza di me. -cercavo di convincerlo a lasciarmi.

-Domani ti sposerai con uno ricco bastardo e non vuoi passare almeno l'ultima notte con il tuo amato? Permettimelo, Kri.. - mi disse tranquillamente a bassa voce.

-Questo matrimonio non cambierà i miei sentimenti per te. - cercavo di rassicurarlo.

“Si certo non cambierà nulla...ovviamente se Jace non mi costringerà ad andare a letto con lui..” - pensai.

Mi dispiaceva mentire a Sebastian..ma anche a me stessa. Speravo tanto che le parole dette a lui sarebbero state vere...ma capivo che non era più possibile. Non con lui. Non con quel Howard.

-Tu credi a quello che dici, Kristine? Ho sentito dire molte schifezze su di lui. Non è quella persona con cui puoi sentirti sicura. Né tanto meno credergli. Ma pensi veramente che dopo che firma il contratto non ti toccherà? Pensi che a lui serve solamente la tua presenza nelle foto? Lui è un pazzo, credimi. E puoi esserne certa che dopo il matrimonio diventerai la sua moglie ufficiale. Diventerai sua. Nessuno riuscirà a fermarlo. Sarai tutta nella sua disposizione. - lui si liberò dai pensieri.

Avevo detto quello che io avevo paura di accettare. Tutto ciò era assolutamente vero. Volevo semplicemente mettermi a piangere. Volevo aria. Aprii il finestrino perché non riuscivo più a respirare a causa di queste parole pesanti.

-Scusami..non dovevo dirlo.- disse colpevole, vedendo la mia reazione.

-Già non dovevi.- risposi trattenendo le lacrime.

Non capisco perché l’abbia detto...per aprirmi gli occhi e farmi notare la realtà oppure per semplicemente trovare un altro motivo per litigare.

Eravamo arrivati a casa sua dopo i 5 minuti da questa discussione.

Alex fermò la macchina di fronte a casa di Sebastian. Quest'ultimo uscì per primo e mi aiutò, aprendo lo sportello e tenendomi per mano.

-Seb, rimango un po’ e poi torno a casa. - dissi chiudendo lo sportello e salutando Alex che tornò a casa sua.

-I tuoi genitori torneranno domani

-E quindi? Ho le chiavi…- dissi controllando nelle tasche. - Cavolo...la mia borsa?!

-Temo che te la sei dimenticata nella macchina di Alex…-

-Sembra proprio di sì…-

-Dormirai da me- mi guardò osservando il vestito che metteva in risalto le mie forme.

-Non ho neanche il pigiama per dormire..- guardai anche io lo stesso.

-Ti presterò la mia maglietta.- rispose velocemente lui.

Mi prese per mano e mi accompagnò in casa sua.

Entrando a casa lui chiuse la porta a chiave. Poi cominciò ad avvicinarsi a me.Passò la lingua sulle sue labbra e si avvicinò al mio viso.

-Sebastian..voglio dormire, andiamo ti aiuto a metterti sul tuo letto.- lo interruppi cercando di allontanare da me il Sebastian ubriaco.

-Anche io voglio andare a letto..- mi rispose accarezzando la mia guancia. - con te.-

Il mio cuore cominciò a battere più velocemente quando capii cosa intendeva. Che cavolo di pessima giornata era stata oggi!?

Non voglio perdere la verginità  oggi con un Sebastian ubriaco. Neanche per sogno! Ma il verde sembrava più serio che mai. Mentre cercavo di inventarmi scuse, il ragazzo aveva fatto in tempo a bloccarmi contro un muro.

-Sebastian...aspetta. emhh.. Evelyn, sì Evelyn mi aveva chiesto di passare da lei oggi.- cercai di giustificarmi.

Ma lui non mi lasciò.

-Non vai da nessuna parte. - pronunciò queste parole in un modo da farmi venire brividi. Si avvicinò a me e cercò di baciarmi.

-Sebastian! Emhh.. il tuo odore.. sa di alcol. Mi dà fastidio. Vai a lavarti!

Ma lui mi ignorò e prese le mie due mani che gli bloccavano il torso e me le alzò sopra la testa.

Poi toccò le mie labbra con le sue crudelmente.

Mai i suoi baci, per la prima volta, mi davano tremendamente fastidio. Chiusi la mia bocca per non farlo entrare. Praticamente mi attaccò con quei suoi baci. Mi faceva male. Ero sicura che domani sarebbero rimasti dei segni che testimonieranno ciò che era avvenuto qui.

Ogni secondo il dolore aumentava e il mio istinto di autodifesa reagì da solo. Non feci in tempo a pensare che la mia gamba lo colpì sotto la pancia.

Sebastian si staccò da me inchinandosi dal dolore. Dio...sono veramente riuscita a colpire il mio ragazzo?!

Cercai di scappare verso la porta. Ma non riuscii ad allontanarmi più di qualche metro che trovai di nuovo le sue mani addosso a me.

Spingendomi, mi ha subito portato in camera da letto.

-Sebastian, lasciami! Mi fai male! -urlai cercando di scappare.

-Se ti tranquillizzi, non farà così male. - mi spinse verso il letto, chiudendo dietro di sé la porta.

Mi girai per guardare la stanza. Tutto quello che riuscii a vedere nel buio era un grande letto e due comodini messi ai lati.

Si avvicinò a me, costringendomi di fare dei passi indietro e avvicinarmi al letto.

-Sebastian..non sono pronta, lasciami andare...ti prego.- singhiozzando gli dissi con la mia voce tremante.

-Quindi sei pronta a metterti sotto di lui, e sotto di me non ancora? - mormorò arrabbiandosi.

 le sue parole mi rimasero nel cuore. Non me l’aspettavo da Sebastian. Erano come una pugnalata nella schiena. Gli occhi cominciarono a lacrimare. Volevo vendicarmi. Fargli tanto male quanto ne ha fatto a me. Anche se capivo che era sotto l’effetto dell’alcol, non doveva dirlo.

Strinsi la mano nel pugno. Non capivo se volevo farlo, ma dopo qualche secondo lo colpii in faccia.

La mano iniziò a vibrare dal dolore, come se mi fossi rotta tutte le dita. Mi girai e feci passi indietro. Di nuovo un muro. Sebastian lentamente mi prese per il collo e cercò di sollevarmi, staccando i miei piedi dal pavimento..

Non riuscivo a respirare. Ve l’avevo detto che era forte..

Nel frattempo nei suoi occhi si leggeva la rabbia e la pazzia. Sembrava che ora senza problemi potesse ammazzarmi.

-Allora con me fai così, Kristine?- mormorò continuando a tenermi per il collo.

Mi prese in braccio e improvvisamente mi buttò sul letto, io rimbalzai e chiusi gli occhi.

Sebastian si tolse la camicia e, a torso nudo, si mise sopra di me.

-Se ti muovi, ti lego, e ti farò più male di adesso. - mi minacciò in silenzio cominciando a mordermi il collo.

Lentamente scendeva sempre più giù, strappando il vestito che lo ostacolava.

Io girai la testa dall’altra parte. Notai sul comodino un vaso di vetro.

Tutto era buio, la mia mente era annebbiata. Non riuscivo a capire più niente. Ma il piano di autosalvataggio si creò da solo. Presi il vaso e lo sbatetti sulla testa di Sebastian.

In quel momento il vaso si ruppe e i piccoli frammenti di vetro rimasero sulla mia mano. Sebastian cadde su di me senza coscienza e mi accorsi solo ora di quello che ho combinato.

Cominciai a tremare e le lacrime mi scendevano dagli occhi.

-Ok Kristine, hai rotto il vaso sulla testa del tuo ragazzo. - parlò la mia mente.

-Ha p-provato a violentarmi... io...io volevo solamente difendermi- singhiozzando dissi io, cercando di credere alle mie parole.

Con le mani tremanti spostai Sebastian dall’altra parte del letto e sobbalzai in piedi, continuando a guardare il casino che avevo fatto.

La prima cosa che mi era venuta in mente era controllare se il suo cuore batteva ancora. Mi abbassai e toccai il suo polso cercando di sentire il battito.

Lo sentii, era vivo.

Mi calmai e mi allontanai da quel letto pensando a cosa dovessi fare. Tutto il mio corpo continuava a tremare. Camminare mi risultava complicato. Continuai a piangere.

Uscii dalla stanza.

Cavolo dov'era la mia borsa? Proprio oggi dovevo dimenticarmela in quella macchina?

Rimanere in questa casa non potevo. Decisi di uscire e raggiungere il primo bar per chiamare a qualcuno.

Misi sopra la giacca di Sebastian perché il mio vestito non era nelle migliori condizioni.

Aprii la porta e uscii. Sentii un forte vento che mi disordinava i capelli più di quanto lo fossero già. Dal cielo caddero alcune gocce.

Cavolo.

La pioggia aumentava velocemente e le gocce diventarono sempre più grandi. Era un vero e proprio diluvio. Le gocce della pioggia e le lacrime dei miei occhi si mischiarono.

Continuai a camminare pesantemente non sapendo dove. L’odore della giacca mi ricordava ciò che successe, tutto per colpa di quel dannato matrimonio.

Passavano macchine che mi bagnavano schizzando le pozzanghere. Non mi interessava nessuno. Avevo lo sguardo abbassato.

Dopo qualche attimo notai che affianco a me si fermò una nera Mercedes e, dopo che il finestrino si aprì, sentii esclamare il mio nome.

-Kristine?



 

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Capitolo 10
*** Consolazione ***


Sposata con un diavolo

Capitolo 10 - Consolazione

~~<>~~
 

-Kristine?- sentii una profonda voce dalla macchina. Per colpa della pioggia era difficile capire di chi fosse.

Cavolo questa voce, l’avevo già sentita da qualche parte. Profonda, capace di scioglierti tutti i pensieri del momento. Ed ecco un altro ricordo.

Jace. Era sicuramente lui.

Non guardai dalla sua parte e, ignorandolo,  continuai a camminare aumentando il passo. Era pesante per me farlo. Non mi bastavano le forze. Ero pronta a tutto. Ma non all’incontro con Jace. Non volevo parlare. È colpa sua se la mia vita stava cominciando ad andare peggio.

Ero distrutta, sentivo il mascara che mi calava dagli occhi, i capelli che, bagnati, peggio non potevano essere, il vestito strappato. Menomale che era buio. Il collo era rosso per i segni lasciati da Sebastian.

-Kristine!- lo sentii di nuovo, ma la voce diventò più dura e preoccupata. La macchina si fermò e lui uscì.

 

Che fare? Se urlassi, senza girarmi, che mi ha scambiato per un’altra? No…- pensai. Cercai di nuovo a velocizzarmi, ma era inutile. Jace corse verso di me, mise la mano sulla mia spalla e mi costrinse a girarmi.

Gemetti per il dolore provocato da quel tocco.

-Perché non mi rispondi?- mormorò lui, guardandomi negli occhi da me abbassati. - Guardami! - continuò lui.

Lo ignorai di nuovo, girando la testa dall’altra parte e muovendo la spalla per fargli togliere la mano.

-Piccola, guardami! - disse cercando di farmi calmare. Toccò il mio mento sollevando la mia testa.

Io la sollevai. Alzai i miei occhi pieni di lacrime e gocce di pioggia.

Mi osservò a lungo e la sua espressione d’un tratto cambiò. Poi il suo sguardo scese. Spostò i capelli e fissò il mio collo, i suoi occhi si erano inscuriti per la rabbia.

-Per favore...lasciami. - dissi singhiozzando in modo silenzioso. Ma volevo urlare.

Tolse la mano dal collo.

-Chi ti ha fatto questo? - chiese arrabbiato e io mi limitai a fare un passo indietro.

La pioggia continuava e anche Jace ora si bagnò.  Ma i suoi occhi freddi continuavano ad osservarmi con rabbia e preoccupazione.

-No...non importa...devo tornare a casa- mormorai abbassando lo sguardo e sperando di andarmene da qui il più presto possibile.

Un improvviso e freddo colpo di vento mi spinse verso Jace e mancava poco alla mia caduta sopra di lui. Il biondo mi abbracciò circondando la mia vita.

-Cavolo, dobbiamo andare via da qui. Stai prendendo freddo...- sussurrò, mi prese tra le braccia e mi portò verso la macchina.

Non avevo forze per rifiutare o respingerlo e per questo rimasi zitta e mi accocolai al suo caldo petto, chiudendo gli occhi. Sembrava che in questo momento potevo semplicemente svenire.

Non riuscivo ancora a credere che Sebastian fosse capace di farmi una cosa del genere. Sembrava che stessi vivendo un incubo. Nella mente entrarono di nuovo i ricordi.

Ristorante. Jace. Doveri da moglie. Piccola. Porta rotta. Sebastian ubriaco. Urli. Segni rossi. Pioggia.

“Lui non è quel tipo di uomo del quale ti puoi fidare e credere”. “Pensi che, dopo che firma il contratto, non ti tocchi?”

“Lui è un pazzo, Kristine.”

Il giorno e la notte peggiori della mia vita. Il giorno e la notte che mai dimenticherò.

I baci dolorosi e forti di Sebastian. La sua mano che mi stringeva forte il collo. “Quindi sei pronta a metterti sotto di lui e sotto di me, non ancora?”

E poi un altro forte ricordo:

Prendo il vaso di vetro e glielo spacco in testa.

Ma davvero tutto questo era avvenuto realmente? Davvero mi voleva violentare e io per difendermi lo feci svenire?

Mi venivano i capogiri. Non potevo crederci. Infilai le mani fra i capelli e piansi. Non ce la potevo più fare. Stavo diventando pazza. Tutti stavano diventando pazzi.

Volevo isolarmi dalla gente, perdermi in un angolo della Terra, urlare e piangere. Ma sapevo che era impossibile. Non ora.

Mi stava portando tra le braccia il ragazzo che domani sarebbe diventato mio marito. Non era un semplice ragazzo. A 20 anni è riuscito ad arrivare al successo, superando tutti gli ostacoli.

Il mio corpo ricominciò a tremare.

Jace si fermò non capendo cosa stesse succedendo.

-Hey...Piccola, piano, sono con te. - mi strinse più fortemente continuando ad andare verso la sua macchina, aumentando il passo.

In questo momento, quando lui era accanto, per un ignoto motivo, mi sentivo bene. Meglio. Sembrava che volesse proteggermi da tutto e tutti. Sembrava che mi stesse stringendo forte per non perdermi. Sembrava che aveva paura di perdermi.

In fondo in fondo, però, la mia mente diceva che non dovevo fidarmi ed era meglio correre più lontano possibile. Ma io allontanai questi pensieri e mi fidai. Forse mi sbagliavo ma non potevo fare in un altro modo. Avevo il telefono e le chiavi di casa nella borsa… la borsa nella macchina di Alex.

Sospirai e asciugai il viso con la mano. Respirai profondamente.

Nel frattempo Jace tenendomi con una mano, aprì con l’altra lo sportello della sua Mercedes e mi aiutò a sedermi.  Poi si sedette dietro pure lui, continuando a tenermi per mano.

-Che è successo a questa bellissima ragazza?- sentii una voce più avanti.

Alzai lo sguardo e vidi uno simpatico ragazzo, probabilmente coetaneo di Jace. Poi, sempre davanti, vidi un altro uomo più grande di Jace. Ma non mi guardava.

-Nick- parlò Jace con una voce minacciosa. -Lasciala in pace.

Dopo queste parole volevo ringraziare il biondo. Non volevo parlare con nessuno adesso. Continuai a tremare, ma questa volta dal freddo.

-Piccola, togli quella giacca, è bagnata.- disse gentilmente.

Scossi la testa. Non volevo che tutti si fossero messi a guardarmi. Avevo il vestito strappato.

Jace sospirò, -Nick dammi la tua giacca. - disse al ragazzo seduto davanti. - e anche tu Ambrose.-

Da quello che capii l’uomo che guidava era Ambrose. Jace prese le giacche e me le porse. Io mi attaccai allo sportello.

-Piccola, permettimi di riscaldarti- propose elegantemente Jace. Non potevo dire che la frase aveva un unico senso.

Lo ascoltai e mi avvicinai a lui.

Jace si sporse aiutandomi a togliere la giacca di Sebastian. Poi mi mise sulle sue ginocchia e mi fece indossare le giacche di quei ragazzi. In seguito mi abbracciò e inchinandosi per arrivare al mio orecchio, mi sussurrò:

-Dormi un po’- posò dolcemente le sue labbra sulla mia fronte.

Era stato come se ricevessi una scossa elettrica. Ma poi, cercai di distogliere i pensieri e chiusi gli occhi.

-Ambrose, nell’hotel. - ordinò Jace.

La macchina iniziò a camminare e io mi addormentai.





 

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Capitolo 11
*** Buonanotte ***


Sposata con un diavolo
 

Capitolo 11 - Buonanotte

~~<>~~

 

Aprii gli occhi, mi trovavo su un letto, in una camera che vedevo per la prima volta. Guardai la finestra: era notte fonda, della pioggia sembrava non esserci traccia. Dove mi trovavo? Come ho fatto ad arrivare qui?

Mi alzai di scatto, ma fui costretta ad appoggiarmi su un armadio per non perdere l’equilibrio. Mi faceva male tutto. Ero distrutta.

Vidi su una sedia il mio vestito, mi avvicinai e lo osservai...era strappato. Ma se il mio vestito era qui, cosa stavo indossando io?
Notai uno specchio e andai verso esso. Addosso avevo una maglietta grigia che mi stava molto larga e mi arrivava alle cosce. Non ricordavo più nulla.
Poi mi soffermai a guardare il collo. Dio...era tutto rosso. In viso ero pulita. Non avevo trucco. Strano.
Dopo, improvvisamente la mia testa si riempì di nuovo dei pensieri e dei ricordi. Ripensai a quella serata. Sebastian. Vaso..Macchina..Jace.

Jace!

Oh cavolo era stato lui che mi accompagnò qui...nella sua Mercedes! Il vento che mi spinse sopra di lui, il ragazzo che mi portò in braccio nella macchina, io che mi addormentai nel suo abbraccio, lui che mi baciò sulla fronte… sprofonderei dall’imbarazzo.

Dovevo assolutamente chiamare Evelyn e andarmene da qui...Diavolo, è vero..il mio telefono, le chiavi... la mia borsa.

Dovevo farmi prestare un telefono...possibilmente non da Jace. Osservai la stanza. Sembrava la stanza di un hotel a 5 stelle. C'era un meraviglioso letto matrimoniale, il quale era messo in disordine. Sembrava esserci passato un tornado. Dio...non mi ricordo nulla, che era successo quando sono arrivata qui con Jace?
Guardai l’orologio..era l’una di notte.
 
Sentii delle voci fuori dalla stanza. Mi avvicinai alla porta per ascoltare.

 
-Dai, Jace, caro! - esclamò una voce femminile. Si capiva che non era felice. 

Ero curiosa sin dalla nascita.
 
-Jace! L’hai voluto tu che oggi notte arrivassi! - si arrabbiò la ragazza. Aveva una voce molto squillante e dava molto fastidio. 

-E adesso voglio che te ne vai. Cosa non ti è chiaro? - disse in modo distaccato il biondo con una voce piuttosto stanca, come se non avesse dormito. 

Non osavo immaginare cosa fosse successo tra me e lui nelle ultime ore. Non ricordavo nulla. 

-È tutta colpa di quella prostituta che ti sei portato dietro? 

Come mi aveva chiamata?? Se non ci fosse stato Jace accanto a lei...avrebbe avuto già il naso rotto. Cercai di calmarmi.

-Angelica..- continuò con una voce minacciosa il biondo - se un’altra volta, ti sento dire su di lei una cosa del genere, ti prometto che nessun uomo ti guarderà più.  Spero che sono stato chiaro. E adesso togliti di mezzo. 

Wow.. non me l’aspettavo. Era stato crudele con lei. Ma devo ammettere che mi era piaciuto come si era messo a difendermi. Ma, a dire il vero, ero piuttosto preoccupata per lui... dalla voce sembrava molto stanco.

Sentii dei passi che si avvicinavano. Corsi subito sul letto e feci finta di dormire. Non avevo fatto in tempo, però, a mettermi la coperta.

Ed ecco lo scricchiolio della porta che lentamente si aprì. Ma avevo sempre delle difficoltà nel far finta di essere addormentata... ogni volta che mamma entrava a controllare se stessi già dormendo, non riuscivo a farcela e mi mettevo a ridere. Ma in questa situazione sicuramente...non potevo mettermi a ridere davanti a Jace. 

Sentii il letto piegarsi e un respiro posarsi su di me.

-Sai che è da monelli spiare gli altri? - disse sorridendo con una voce tranquilla, dietro di me. 

Accarezzò il mio braccio con due dita. Io rabbrividii al suo tocco. 

Quanto scema sembravo in quel momento...mi aveva aiutato, cambiato ( e per questo gli dovevo chiedere spiegazioni) e io come una vera scema, mi misi ad ascoltare i suoi discorsi con altre. Che maleducata.

Non risposi. Probabilmente avrebbe pensato che io fossi ancora addormentata e se ne sarebbe andato.

-Basta fare finta. A dir la verità non sei una brava attrice.

Era stato offensivo….Okay, decisi che non aveva più senso continuare questa sceneggiata e mi sedetti tirando su la coperta.

Jace era girato. Io lo osservai, aspettando le sue nuove parole.

-Sento che mi stai fissando la schiena. - disse lui in un tono tranquillo abbassando la testa.

Io mi girai rossa. Sentivo le mie guance scottare e arrossire crudelmente.

-Pff… ma a chi serve la tua schiena? - dissi e poi subito aggiunsi - se a qualcuno serve...di sicuro non a me. - mi giustificai orgogliosamente.

Sentendo che lui rise, le mie guance divennero bordeaux. Stavo diventando un pomodoro. 

Sperai che Jace non si girasse per non vedermi in quelle condizioni. Sarebbero nati molti più problemi.

Dopo qualche minuto di un silenzio imbarazzante, cominciai a parlare..e a chiedere la cosa che mi preoccupava di più in quel momento.

-Sei tu che mi hai cambiato e lavato?- dissi cominciando a fissare di nuovo la sua schiena. 

Lui si girò e mi guardò.
 

-Vedi qualcun altro qui, piccola?- mi rispose.

Un’altra scossa elettrica. Rabbrividii nuovamente.

I suoi occhi blu fissarono i miei. Erano freddi e senza vita ma allo stesso tempo, mentre mi guardavano, sembravano più morbidi e caldi.

Respirai profondamente. Ero sicura che questa notte non mi avesse fatto niente. Più precisamente questi pensieri sparirono dalla mia testa. Non credevo che la persona che ti avesse appena salvato potrebbe averti violentato dopo.

Cavolo. Che è successo alla mia memoria? Mi sono dimenticata anche del matrimonio! Decisi di continuare a parlare per interrompere questo silenzio.

-Ehm...potevi chiedere a qualcuno di cambiarmi.

Le sue sopracciglia si alzarono e lui sorrise.

-Okay, piccola. Prima di tutto oggi diventerai mia moglie e sarai a mia disposizione. Anche se lo sei già adesso.

-Ma..-  lo interruppi.

-Shh, piccola, non ho finito.- mise il suo dito sulle mie labbra per zittirmi. -Secondo, non volevo che qualcuno, tranne me, ti guardasse.

Sospirai. 

-Potevi chiederlo ad una femmina…-

Alzò di nuovo le sopracciglia e sorrise. - Perché dovrei farlo? - Si sedette più vicino a me e mi guardò dritto negli occhi. - Posso cambiarti anche da solo..-

-Ma..ma… tu sei un maschio! - avrei voluto sprofondare- cioè...un ragazzo! Non dovresti vedermi nuda…- che cavolo gli stavo dicendo?

Lui rise ad alta voce mettendosi una mano sulla fronte. Volevo andarmene di qui…misi una gamba fuori dal letto.

-Piccola, quanto sei carina! - disse dolcemente smettendo di ridere.

“Carina”...ma veramente? Intendeva stupida e scema….

-Io vado... - lo avvisai alzandomi dal letto e andando verso la porta. Anche se non capivo dove dovevo andare. I miei genitori non c'erano a casa, io non avevo le chiavi. Poi vestita così… avrei provato a chiamare Evelyn..

Misi la mano sulla maniglia e sentii la sua voce esclamare: 

-Ferma.- mi ordinò in modo severo. - Dove stai andando?-

Girai la testa per guardarlo. Sorrisi e provai a mentire.

-Ehm...mia madre mi sta aspettando, devo tornare-

-So che i tuoi genitori oggi non sono a casa.-  disse e si alzò lentamente, camminando verso di me.

C'erano pochi millimetri che ci separavano. Mi toccò il mento e mi fece sollevare la testa. Mi guardò negli occhi.

Ad un tratto era diventato difficile respirare.. volevo girarmi e chiudere gli occhi con le mani, al fine di non vedere più questi due oceani.

-Perché mi vuoi mentire sempre? - mi sussurrò tenendo le dita sul mio mento - Non sono un idiota, Kristine.

Ok...questa volta speravo che l’hotel crollasse veramente.. Mordicchiai le mie labbra. Lui fissò quel mio movimento e strinse le dita più fortemente.

-Non volevo...solo che devo tornare a casa….-

Mentii di nuovo..

-Senza le chiavi?-

-Ehm..sarei entrata dalla finestra... Ma..come fai a sapere che sono senza chiavi?

Cavolo…

-Piccola, io so tutto.- Allora, sapeva anche quello che era successo con Sebastian?

-Quindi….- Ma non mi fece terminare di parlare che avvicinò le sue labbra alle mie.

Giuro, pensavo volesse baciarmi.

E mi disse - Ora dormi, parliamo di questo domani mattina. - stavo per impazzire a causa di questa sua vicinanza. - Non preoccuparti, non ti sfiorerò neanche con un dito, piccola. Buonanotte. - mi rassicurò e posò le sue labbra sulla mia fronte.

Jace si staccò da me e si tolse la camicia.Dio quanti muscoli.

-Ehm..Jace posso avere un’altra stanza?- chiesi in silenzio.

-No..tu dormirai qui. 

-E tu? 

-Con te.-

Ma veramente….?

-Non puoi prenderti un’altra stanza?
 
-No..sono tutte occupate.-

-Puoi andare in un altro hotel.. oppure a casa tua.

“Statti zitta, Kristine..”- parlò la mia mente.

-Certo, piccola, posso fare di tutto, ma sono troppo stanco e voglio dormire. Adesso. Qui. Con te. Vai a sdraiarti.

“OK Kristine, metti da parte il tuo orgoglio e smettila di essere così egoista. Non stancare di più questo ‘povero’ ragazzo.” - pensai.

Mi coricai sul letto e mi girai dandogli le spalle. Il letto si piegò e la luce nella stanza si spense. Appena la mia testa toccò il cuscino, gli occhi si chiusero e mi addormentai subito.

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Capitolo 12
*** Intervento ***


Sposata con un diavolo

Capitolo 12 - Intervento

~~<>~~

 

Aprii gli occhi a causa dei rumori che provenivano dal corridoio. Mi alzai guardando intorno. In stanza non c’era nessuno, tranne me. Guardai l’orologio che segnava le 10 di mattina. Dalle finestre entrava una forte luce e io ero costretta a chiudere gli occhi con le mani. Il sole era già alto in cielo. Dal corridoio provenivano urla, erano delle voci che io conoscevo.

Finalmente ricordai la persona con cui mi addormentai oggi. Guardai la sua parte del letto: era vuota. Sospirai.

Mi avvicinai allo specchio...non mi riconoscevo più. Le guance rossissime, il collo aveva dei segni viola-scuri, delle forti occhiaie. Sentivo la mia testa esplodere. La mia mano destra faceva male e c’erano dei segni rossi. Tutto questo mi ha fatto Sebastian? Il mio Seb?

Fuori sentii le urla di una donna e, non aspettandomelo, rimbalzai e corsi verso la porta.

Quello che vidi paralizzò il mio corpo. C'era Jace che teneva attaccato Sebastian al muro. Evelyn era vicino che cercava di separarli con la bocca aperta e quando mi vide esclamò:

-Kri!-

I due ragazzi si girarono di scatto per guardarmi e si fermarono dalla meraviglia. Solo adesso notai un livido sulla faccia di Seb, fatto ieri da me. Non era curato e si capiva, dal disordine sui suoi capelli e vestiti sporchi che si era appena svegliato. Mi guardava con preoccupazione, quando finalmente notò i segni rossi sul mio collo, i suoi occhi si riempirono di dolore e di...dispiacere.. Ma era serio?

E solo adesso mi ricordai che addosso avevo solamente la maglietta di Jace che mi arrivava a metà coscia. E qui spostai il mio sguardo su Jace. Anche lui mi fissava con meraviglia e indebolì la presa su Sebastian.

Perché, cavolo, mi stavano fissando tutti e due, in quel modo?

Poi guardò il mio collo. Gli occhi gli si riempirono di nuovo di rabbia e lui stava per dare un pugno al moro. Ma quest’ultimo si riprese e lo spinse più lontano. Corse verso di me. Ma in quel momento Jace si rialzò e si mise tra me e lui, bloccandogli in questo modo la strada.

-Prova ad avvicinarti a lei più dei 5 metri e sei morto. - urlò serio il biondo.

Io continuavo a rimanere ferma senza muovermi di un millimetro. Questa situazione mi imbarazzava e spaventava nello stesso tempo. Mi spaventavano le persone che si erano riunite in questo corridoio. Il ragazzo con cui sono fidanzata da 1 anno e mezzo che provò a violentarmi e un altro ragazzo, colui che oggi sarebbe diventato mio marito e poi la mia migliore amica, Evi.

Jace mi coprì la visuale con il suo corpo. Anche se non ero bassa, con lui mi sentivo veramente uno gnomo. Le sue spalle erano larghe il doppio delle mie. Cercai di spostarlo di lato ma...era inutile. Era molto più forte di me.

-Spostati da lei. Devo parlarle in privato. - disse Seb.

Io non volevo parlargli. La ferita sul cuore era ancora nuova e non pensavo che le sue giustificazioni avessero potuto curarla.

-No..non devi. - disse Jace.

Ero felice che Jace si comportasse in questo modo e che mi difendesse...ma un giorno dovrò pur parlargli. 
Guardai Sebastian...lui lanciava occhiatacce a me e a Jace. Come se quella notte fosse successo qualcosa tra noi, visto che ero uscita dalla stessa stanza di Jace e avevo pure la sua maglietta.. Avevo paura di immaginarmi lo sguardo del biondo al moro.

Vicino al muro c’era Evelyn, scioccata dalla situazione. Le lanciai uno sguardo e dissi con le labbra di fermare tutto questo.

-DEVO.PARLARE.CON.KRISTINE. - disse in modo chiaro alzando la voce Seb.

-TU.NON.PARLERAI.CON.LEI. - ripeté usando lo stesso tono Jace.

Ma a quanto pare Seb non aveva intenzione di andarsene. Se non l’avessero smessa adesso, questo sarebbe potuto trasformarsi in una dura rissa. E non immaginavo minimamente chi sarebbe potuto uscirne vincitore.

-Hey...- mormorai per ottenere l'attenzione.

-Kristine, per favore, prendi la tua amica e andate in camera, devo parlare con questo signorino qui.- disse severamente Jace.

-Cosa? Io non…-

-Forza! - urlò costringendomi a fare un passo indietro.

-NO! Non vado da nessuna parte! Non intendo sottomettermi!- cominciai a gridare in modo coraggioso. Camminai e mi misi tra i due ragazzi. Jace mi guardò male..non gli piaceva il fatto che non lo ascoltavo. - Che vi sta succedendo?!

Tutti e due erano meravigliati dal mio comportamento ma non lo facevano vedere. Io stessa ne ero meravigliata...ma forse più arrabbiata. Diedi un colpo al petto prima a Jace e poi a Seb..Anche se questi colpi erano deboli e per loro non significavano niente, per me sì. La mano mi faceva molto male ma avrei fatto di tutto per fermarli.

-ANDATEVENE TUTTI E DUE DA QUI!

Il moro fece un passo avanti e disse in modo calmo:

Piccola, dobbiamo veramente parlare.

-La mia piccola non ti parlerà. - rispose seriamente Jace. Voleva di nuovo mettersi tra noi due ma io non lo permisi.

-BASTA! Deciderò da sola con chi voglio parlare e con chi no… - guardai Jace ma lui non intendeva distogliere il suo freddo e iroso sguardo dal moro. - Sebastian  non ti voglio vedere adesso.-

-Ma..-

-L’hai sentita! - gridò Jace.

-Non sto parlando con te. - mormorò Seb.

Sentivo i loro pesanti respiri. C’era molta tensione tra i due ragazzi. Non ce la facendo più, urlai:

-Smettetela tutti e due! Non intendo parlare con nessuno! Lasciatemi in pace!. Uff…-

Mi avvicinai a Evelyn, la presi per mano, la spinsi nella camera e chiusi con forza la porta davanti ai due ragazzi.





 

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Capitolo 13
*** Cosa farei senza di te? ***


Sposata con un diavolo.

Capitolo 13 - Cosa farei senza di te?

 

~~<>~~

 

-Loro...loro sono insopportabili! - mi lamentai, facendo giri nella stanza davanti a Evelyn che si sedette all’angolo del letto e fissò il vuoto. - Evi non tacere!

Finalmente si girò da me. 

-Sono solo un po’ scioccata…-

-Un po’? - alzai le sopracciglia.

Non riuscivo a togliermi dalla mente il pensiero che due ragazzi, lì, nel corridoio, erano capaci di uccidersi a vicenda. Ero così arrabbiata con Seb, ma anche con Jace, nonostante sapevo che mi stava solamente difendendo. Non potevo sopportare quando qualcuno mi impartiva ordini.

-Ok, molto! Non me l’aspettavo da te.

-Già neanche io lo aspettavo da me…ma cosa ci fai qui?

-Mi ha chiamato Seb.. ha raccontato tutto quello che si ricordava. Mi ha veramente delusa. Non riuscivo a credergli. Cosa gli è venuto in mente? Tu come stai?

-Come vedi...ma devo ringraziare Jace. Mi ha salvata lui, per quanto riguarda Seb, ha bevuto troppo mentre parlavo con Jace..E sai l’alcol e la gelosia sono pericolosi se messi insieme..

-Già...ma prova a capirlo anche tu. Lui è il tuo ragazzo e tu ti stai sposando con un milionario che uccide le persone..

-Si..ma non gli dà il permesso di violentarmi! Neanche io voglio sposarlo però, come vedi, non ho altre scelte! - alzai la voce senza accorgermene..

-Sono d’accordissimo con te...ma lo capisci che prima o poi dovrai parlare con Seb?

-Lo capisco - sussurrai sedendomi sul letto. - Ma adesso...non posso. - mi abbracciò Evelyn.

-E Jace?

-Jace cosa?

-Oggi notte eravate insieme?

-Si.-

-Kri..non dirmi..-

-No...noo, che ti viene in mente..- la interruppi e cominciai a raccontare tutto ciò che era successo.. dalla sua Mercedes, da me accoccolata tra le sue braccia fino alla notte quando eravamo andati a dormire nello stesso letto.

Parlammo per un’altra decina di minuti. Evelyn era quel tipo di amica che ti poteva sostenere in qualsiasi momento,e io la adoravo.

Ci dimenticammo anche dei ragazzi che probabilmente si stavano picchiando a sangue fuori dalla porta...ma dal corridoio non si sentivano più rumori. C’era silenzio.

Aprimmo la porta e piano piano uscimmo dalla stanza.

Strano. Il corridoio era completamente vuoto. Senza sangue nei muri o nel pavimento, senza nessuna traccia di una probabile rissa.

-Cavolo, cosa significa? - chiesi a Evi chiudendo la porta.- forse era meglio vederli svenuti qui che ora non sapere dove erano finiti.

-Non direi che è una buona idea..ma dipende.. dai ho chiamato Louis adesso dovrebbe arrivare.

Ah si, Louis era un ragazzo di 18 anni, innamorato di Evelyn. Ma essa lo stava friendzonando già il secondo anno. Poverino… anche se era piuttosto simpatico e alto con un bel corpo muscoloso. Ma Evi pensava che era troppo immaturo e bimbo per lei, però affermava che un amico così era utile avere sempre.

Sì, Evi faceva parte di quelle ragazze che aspettavano “il principe azzurro”, un ragazzo ideale. E quando l’argomento dei fidanzati toccava a lei, essa rispondeva che “non ha ancora trovato quello giusto”..

Inizialmente anche io facevo parte di questa categorie di ragazze ma poi cominciai a guardare il mondo con occhi diversi. Anche se quando incontrai Sebastian pensai che fosse veramente quello giusto. Com'era orribile sapere, adesso, che non era così. Già, la dura verità.

-Cavolo...sono ancora con la maglietta di Jace, non è che per caso avresti qualcosa? - guardai prima il mio vestito strappato e poi Evelyn.

-Sei fortunata che Seb mi ha detto che ha distrutto il tuo vestito e quindi ti ho preso questi. - mi diede una borsa dove c’era un vestito azzurro.

-Sai quanto ti adoro, vero?

-Certo che lo so- rise felice Evi.

Mi cambiai e mi misi quel vestito velocemente. Mi pettinai i capelli e mi truccai leggermente per nascondere le occhiaie utilizzando i trucchi di Evelyn.

Uscimmo dall’hotel. Fuori erano parcheggiate 2 macchine. Una di Louis e l’altra la nera Mercedes, nella quale ieri mi aveva portato qui Jace.

Cavolo. Non volevo incontrarlo adesso.

Il biondo era fermo, appoggiato allo sportello della macchina e mi fece segno di venire.

-Arrivo subito..- dissi a Bibi che si stava dirigendo verso la macchina di Louis.

Mi avvicinai a lui e incrociai le braccia.

-Sei bellissima con quel vestito.- disse osservandolo.

Ignorai il suo complimento e continuai a guardarlo negli occhi.

-Dov'è Seb ? Gli hai fatto qualcosa?

-No..ma dovevo. - la sua voce divenne più dura. - Se n’è andato.-

-Dove?-

-Che ne so?- mormorò- Dimenticalo -

-Cosa? Non ho capito.

-Dimenticalo- ripeté lui - Non è più nessuno per te.

Dio…

-Gli hai fatto sicuramente qualcosa. Dov'è?







 

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Capitolo 14
*** Eccoti ***


Sposata con un diavolo 

Capitolo 14 - Eccoti.
~~<>~~

-Adams, smettila di fare la bambina e siediti in macchina. - disse arrabbiandosi Jace e prendendomi fortemente la mano. -Andiamo.-

-Cosa? Non vado da nessuna parte con te. Non mi sposterò di un millimetro da qui se non mi dici cosa gli hai fatto.- dissi tutto con un respiro orgogliosamente, alzando lo sguardo su di lui.

Sentii uno stanco e arrabbiato sospiro.

-Sai che posso semplicemente prenderti in braccio e metterti in macchina? Non mi ci vuole niente. - mormorò continuando a bombardarmi con quei suoi sguardi freddi e decisi.

Ma come si permetteva? Non ero un oggetto o la sua domestica che doveva eseguire tutto ciò che mi ordinava. Mai nella mia vita avevo incontrato persone viziate come lui.

-Non lo farai! - risposi sicura.. ma capii che lui pensò che gli avessi lanciato una sfida. 

-Piccola, mi stai sottovalutando…- disse avvicinandosi a me, si inchinò, prese le mie gambe e mi mise sulle sue spalle.

-Noo, lasciamii! Sono con il vestito!! - lui mi lasciò di nuovo a terra e si appoggiò sulla macchina mettendosi nella posa precedente. 

-Sto già andando con Louis.- ammisi.

Lui guardò la macchina parcheggiata vicino, poi me, poi di nuovo la macchina.Lanciò l’ennesimo sguardo a me come per chiedere spiegazioni.

-È un amico di Evelyn. - lo rassicurai. 

-Non m’importa chi è. Tu vieni con me. - disse severamente e, vedendo che volevo aggiungere qualcosa, continuò- Discussione chiusa.

-Non è chiusa! - la mia testardaggine si fece avanti- Con te non vado da nessuna parte!

Lui si arrabbiò e guardò in cielo come se volesse dire “Dio...ma mi sono meritato tutto questo? Che ho fatto?” 

-Ma ti sei dimenticata che posso semplicemente prenderti in braccio e metterti in questa cavolo di macchina?

In ogni parola sentivo la sua stanchezza di combattermi e rabbia. “Stai giocando col fuoco”, mi dissi. Non potevo non dire però che mi piaceva farlo arrabbiare, mi dava soddisfazione. 

-Ne dubito. - Oh ne ero sicura al 100% che potesse farlo. La mia bocca non voleva starsi zitta.

Si inchinò improvvisamente facendo attenzione a non sollevare il vestito e mi prese in braccio.

-Aaaah, lasciamii! Adesso mi metto a urlare che mi vuoi violentaree! - dissi io sentendo come risposta un sorriso. - GENTEE!! MI VOGLIONO VIOLEEEN….- Ma non finii la frase che mi mise in quell’auto.  Cavolo. Dovevo pensare a qualcosa!

Certo! Nel mentre che Jace andò dall’altra parte della macchina per sedersi, io saltai fuori e corsi fino alla macchina di Louis. Mi sedetti e urlai:

-Vaaii!!- dissi a Louis che reagì subito. 

Guardai nel finestrino: c’era Jace fermo vicino alla sua macchina tutto arrabbiato. Mi calmai e mi sentii al sicuro.

-Che è successo, Kristine?- mi chiese Evelyn - Sembra che ti stava attaccando un orso. - Si girò da me. 

-Un orso no, ma posso dire che era un diavolo.. hai visto cosa mi stava facendo? Mi ha preso sulle spalle!! Che idiota.-

Louis e Evelyn si guardarono e scoppiarono entrambi a ridere.

-Che ridete, imbecilli? Mi può rimanere un trauma psicologico!

Loro risero più fortemente.

Dopo mezz’ora eravamo già vicino a casa mia.

-Grazie per il passaggio, imbecilli. - dissi prima di uscire dalla macchina e sentendo di nuovo le loro risate.

Cavolo...non avevo le chiavi. Mi rimaneva sperare che i genitori fossero già tornati.

Suonai il campanello e aspettai. Dopo un minuto la porta si aprì e vidi mia madre. Sentivo che mi aspettava un interrogatorio da parte sua. 

-Kristine Adams- cominciò severamente lei- devi ringraziare Jace che gentilmente ci ha avvisati che oggi notte saresti rimasta con lui..-

-Mamma, io…-

-Fammi finire! Ci ha detto che il tuo telefono si era scaricato e non potevi tornare a casa perché non avevi preso le chiavi. Devi vergognarti signorina! Saremmo impazziti se non ci avesse chiamato.

Signorina? Non mi aveva chiamato mai in questo modo.

-Jace…?-

-Sì mi ha riferito che ti sei sentita male al ristorante e ti ha portato a casa sua.-

-E tu mi hai affidato così semplicemente a lui?! Mi poteva fare del male! - urlai io.

-Smettila di dire sciocchezze, Kristine! Ah a proposito...ha detto che visto che non ti senti ancora completamente bene il matrimonio non ci sarà oggi. Ha detto che poi decide un altro giorno.-

-Decide? Farà tutto lui?!

-Kristine! Ah si e per favore assicurati di avere il cellulare sempre acceso e non dimenticarti le chiavi. -

Decisi di non continuare questa discussione e entrai in stanza. Quindi Jace le aveva mentito. Mi buttai sul letto e subito dopo i miei occhi si chiusero e mi addormentai dalla stanchezza.

Li aprii a causa di un continuo bussare di qualcuno.

-Mamma apri!! - urlai mezza addormentata. 

Ma niente. Il bussare continuava. Cavolo, dove se ne erano andati di nuovo?

Alzandomi vidi attaccato alla mia porta un biglietto.

 
Figliola, un mio parente si è sentito male. Siamo dovuti partire subito, ci devi scusare. Arriviamo tardi, ti ho preparato il pranzo. Baci♡.
 

Guardai l’orologio, segnava le 19.00

“Più che pranzo, ora è cena.” - pensai a voce alta.

Qualcuno non smetteva di bussare. Mi avvicinai e aprii la porta.

Alla vista il mio corpo si paralizzò...


 

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Capitolo 15
*** Vattene ***


Sposata con un diavolo 


Capitolo 15 - Vattene
~~<>~~

-Perché sei venuto?- chiesi freddamente io, cercando di non guardarlo. Tenevo la mano sulla maniglia ed ero pronta a chiudergli la porta in faccia.

-Ti avevo detto che dovevamo parlare. - rispose Seb - Fammi entrare.

-No. - cercai di chiudere la porta ma lui mise il suo piede in mezzo per impedirmi di farlo.

-Togli il piede.- gli ordinai.

Continuai a non guardarlo ma sentivo che lui mi stesse fissando.

-Piccola, dobbiamo parlare- ripeté lui tranquillamente.

-Non chiamarmi così.- mormorai - Vattene da qui, non voglio parlare!

Non riuscii più a trattenere le lacrime. Diavolo, adesso mancava solo quello.

-Guardami.- sussurrò.

Io lo ignorai continuando a fissare la porta.

-Per favore. - continuò.

Lentamente posai il mio sguardo su di lui. Volevo che vedesse in cosa mi aveva trasformato. In una ragazza con lividi e segni rossi, una ragazza debole piangeva su qualsiasi cosa che succedeva. Mi guardò tristemente.

Gli dispiaceva? Lui era serio?

Non potei fermare la lacrima. Mi scese lungo la guancia. Lui la asciugò lentamente, passando le dita sulla mia pelle. I ricordi dei suoi tocchi dolorosi mi vennero in mente. Non sarei mai riuscita a perdonarlo, non sarei mai riuscita a dimenticare quello che mi aveva fatto.

Feci un passo indietro per non farmi toccare e lui, approfitandosene entrò in casa.

Non riuscivo a fermare le mie lacrime. Entrò chiudendo dietro di sé la porta. 

Incrociai le braccia e mi appoggiai al muro.

-Ho..ho portato la tua borsa..- disse a bassa voce.

La sporse verso di me. Io allungai il braccio e la presi. La buttai sul comodino accanto a me.

Capii che Sebastian era imbarazzato e dispiaciuto. 

-Parla..- dissi freddamente.

-Possiamo entrare in camera per non parlare nel corridoio?

Andai nel soggiorno e mi fermai vicino al divano.

-Siediti.- gli indicai il divano. Appena si sedette, aggiunsi: - Hai 5 minuti.

-Piccola,- iniziò lui.

-Smettila di chiamarmi così! - dissi alzandomi la voce - Di’ quello che volevi e vattene. 

-Kri, scusami, mi dispiace davvero tanto…

Non gli feci finire e chiesi:

-È tutto?

-Fammi parlare!- alzò la voce. Si permetteva anche di urlare? -Cavolo, scusami, non volevo..- sospirò. 

-Parla- gli dissi impaziente.

-Perdonami Kristine, mi sono comportato da idiota, mi dispiace tantissimo di averti fatto del male. So che è difficile per te ma è il mio dovere chiederti scusa. Ora mi odio per quello che ti ho fatto, che ho fatto con la migliore persona al mondo. Non so cosa mi è preso. Ho visto come sei entrata in quella stanza VIP, cavolo, mi sono arrabbiato e ingelosito. Volevo rompere la faccia a quel Howard. Non posso semplicemente darti a lui. Tu sei mia. E non intendo condividerti.-

Non sopportando più, lo interruppi e gridai:

-Non sono più tua! Hai perso la tua ultima possibilità quando hai sollevato la mano su di me.

Cavolo, di nuovo queste lacrime. Sarei mai riuscita a parlare senza quello stupido stimolo?

-Kristine - lui si alzò e si avvicinò a me. - Non prendere le decisioni da sola. Io ti amo, ti amo talmente tanto che non sono pronto e mai lo sarò a lasciarti. E so che anche tu mi ami ancora.

-Chi sei per conoscere i miei sentimenti? Non puoi sapere cosa penso meglio di me stessa!

-Lo so, ma sono pronto a fare tutto quello che vuoi per farmi perdonare e per non farti sposare con quello. Vi assicurerò e aiuterò con i soldi. Non c'è bisogno di sposarsi.

Seb era vicinissimo a me e teneva il suo sguardo fisso sui miei occhi. Non potevo trattenere le lacrime.

-Ma non capisci che non sto parlando di lui, ma di te! Sei tu che hai provato a violentarmi, tu che hai sollevato la mano, non lui; tu che hai fatto di me una persona così! Tu! Lui mi ha salvato la vita quando di notte, priva di forze, camminavo sotto la pioggia con il vestito che tu mi hai strappato! - mi accorsi che stavo urlando mischiando l’urlo con le lacrime. Non ce la potevo più fare. - Non riuscirò mai a perdonarti.  Mai. E per questo è meglio che te ne vai. Mi hai fatto molto male durante questi giorni, mi hai ferito. Ti prego, vattene. Non voglio più piangere per colpa tua. Ho pianto troppo questi due giorni. Tra di noi non ci sarà mai più quello che c'era stato prima. Lo ammetto, stavo bene con te. Molto bene. Avevo capito cosa significava amare. Ma ora, se veramente vuoi aiutarmi in qualche modo, vattene.  Aiutami a dimenticarti. Io voglio dimenticarti, Sebastian. Aiutami a farlo . Sparisci dalla mia vita. Trovati una ragazza che ti amerà come ho fatto io. Ora, vattene. -

Le lacrime continuarono a calare con una velocità incredibile. Finalmente dissi quello che pensavo. Mi sentii più leggera.

Sebastian avvicinò le sue dita al mio mento, alzò la mia testa e mi guardò negli occhi. Poi improvvisamente avvicinò le sue labbra e mi baciò leggermente.

-CHE CAVOLO STA SUCCEDENDO QUI?

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Capitolo 16
*** Sangue ***


Sposata con un diavolo

Capitolo 16 - Sangue.

~~<>~~

 

Girai subito la testa e vidi quello che adesso volevo vedere di meno. Perché ora? Avrei preferito che fossero venuti i miei genitori al posto suo. Era fermo, vicino alla porta del soggiorno, che ci guardava con gli occhi che avevano uno strano sentimento che la mia mente in quel momento non riconosceva.  

Il suo sguardo si fece più crudele e duro ma ben presto divenne indifferente, come sempre. Nascondeva sotto questa maschera tantissime emozioni pericolose.

-Dio...che hai fatto, Seb.- mi spaventai e lo respinsi.

Lui mi prese il braccio spingendomi contro di sé. Che stava facendo? Io lo guardai negli occhi chiedendogli spiegazioni. Ma non capiva in quale situazione eravamo e chi c’era dietro di noi, adesso?

Cercai di liberarmi dalla forte presa di Sebastian, ma era inutile. Era troppo forte. I ricordi della serata peggiore della mia vita mi assalirono. - Lasciami.- gli dissi.

-Farai meglio ad ascoltarla. - esclamò la voce fredda. In ogni parola sentivo le minacce che potevano, ad ogni secondo che passava, essere realizzate. E questo mi faceva temere. Cercai di togliere il braccio di Sebastian, ma non ci riuscii.

-Perché? Cosa mi farai?- chiese freddamente, lanciando una sfida a Jace.

Cosa? Veramente? Lui che aveva lanciato una sfida a Jace? Volevo urlargli addosso “SEI UN IDIOTA? O LO STAI FACENDO APPOSTA?”.Mi era venuta la sensazione che io ero diventata il premio della rissa tra i due. Volevo picchiare a sangue entrambi, i quali pensavano che li appartenessi.

-Ti uccide, scemo! - urlai io arrabbiandomi.

-Hai ragione, piccola. - disse maliziosamente Jace, sottolineando l’ultima parola. Mi era sembrato oppure lo stava facendo apposta?

-Come l’hai chiamata?- mormorò Sebastian.

-Piccola. - rispose sorridendo e continuò- La mia piccola.

Lo guardai stupita e arrossii fortemente. Ero la sua piccola? Jace mi sorrise maliziosamente. Ma era serio?

Il suo sguardo faceva capire solo una cosa: lui era felice dell’effetto che mi provocava. Ma soprattutto adorava le reazioni di Sebastian. Gli piaceva il gioco che stava mandando avanti. Era soddisfatto. E sapeva che in esso ci sarebbe stato l’unico vincitore: lui.

Decisi di rompere i suoi piani e provargli che non sempre le cose vanno come decide lui.

Posai il mio sguardo su Sebastian. Lui guardava, non nascondendo il suo istinto omicida, Jace, poi guardò me e io gli sorrisi.

Il mio gioco stava proseguendo. Sapevo benissimo che mi comportavo male ma avevo già cominciato e non mi sarei tirata indietro.

-Non dargli retta, amore. - sussurrai avvicinandomi sensualmente a lui.

“Hey, portatemi un premio, sono una bravissima attrice.” pensai.

Sebastian mi accarezzò la guancia. Cavolo. Ora odiavo i suoi tocchi ma dovevo continuare.

Lui avvicinò il proprio viso al mio. Io socchiusi gli occhi aspettando il bacio. Dopo pochi secondi dell’attesa non sentii nulla. Aprii gli occhi e vidi quella scena che avevo paura di immaginarmi nella mente. Jace prese Sebastian per la maglietta e lo allontanò da me. Poi gli diede un forte calcio e il moro fu costretto a inchinarsi.

“Ok, Kristine, brava, hai solamente velocizzato ciò che doveva accadere.” - pensai. Ero rimasta a bocca aperta. Jace venne verso di me.

-Aspettami qui, piccola. Non provare a scappare. Ah si...e farai meglio a chiudere gli occhi.-

Il mio corpo si paralizzò e c’era stato bisogno di un urlo per risvegliarmi. Vidi davanti a me una scena violenta. I ragazzi si picchiavano: tutti e due erano sul pavimento a darsi forti pugni e già si notavano tracce di sangue. Non avevo idee di chi potrebbe uscirne vincitore. Certo, Jace era molto più forte e allenato rispetto a Seb, ma quest’ultimo si dava da fare.

Sebastian diede un forte pugno spaccando la parte sotto il sopracciglio di Jace. Quest’ultimo gli ruppe il naso. Il moro diede un altro pugno ferendo il labbro del biondo. Una grande goccia di sangue gli calò dal viso sul tappeto bianco. Era il preferito di mia madre.

Corsi da loro cercando di separarli. Sebastian era messo sopra Jace e lo picchiava con tutte le forze. Il biondo aveva tutta la faccia rossa. Mi avvicinai e provai a toglierlo tenendolo per la spalla.

-Basta! Sebastian smettila! - gridai. Il gomito di Seb mi arrivò in faccia e io sentii il colpo doloroso che mi aveva allontanato da loro e mi aveva spaccato il labbro. Lo toccai sentendomi il sangue addosso. Mi scese anche una lacrima. Sebastian mi aveva fatto di nuovo male.

Tutti e due smisero di picchiarsi. Il moro mi lanciò uno sguardò dispiaciuto e Jace mi osservò con preoccupazione. La rabbia si fece maggiore e lui cominciò a picchiare più crudelmente Sebastian. Vedevo sangue dappertutto.

-Che sta succedendo qui?! - squillò una voce femminile. Girando la testa dalla sua parte, vidi i miei genitori sorpresi e spaventati dal comportamento dei ragazzi.

Poi mi guardarono e notarono sangue sulle labbra e sulle dita e sono immediatamente corsi verso di noi.

Mamma si avvicinò a me e si abbassò sulle ginocchia prendendo la mia faccia tra le sue mani. Per un attimo chiusi gli occhi.

-Kristine, che è successo?

-Mamma...i r-ragazzi..- singhiozzando cominciai a parlare io, continuando a guardare Jace e Sebastian che si davano forti pugni e calci.

-Albert, separali! -urlò mamma.Le urla dei miei genitori ben presto riuscirono a fermare la rissa. Jace si staccò da Sebastian.

Il biondo cominciò ad avvicinarsi a me lentamente con la faccia insanguinata.

Dal suo sopracciglio scorreva, lungo tutta la faccia, il sangue, lasciando la guancia tutta rossa. Anche l’occhio era diventato dello stesso colore e il labbro era spaccato.

Anche Sebastian si alzò tutto insanguinato. Era in una situazione peggiore rispetto al biondo.

-Dio..- sussurrò mamma spaventata da quello che combinarono.

-Nel frattempo Jace mi porse la sua mano.. io poggiai la mia e lui mi abbracciò. Sentivo il corpo paralizzarsi a causa dei suoi tocchi.

-Chiedo scusa - disse ai miei genitori Jace - non sono riuscito a fermarmi.

Ci lanciavamo sguardi a vicenda: mio padre e mia madre a Jace e a me. Io a loro e al biondo che poco fa mi aveva abbracciato; e lui a Sebastian.

-Vi spiegherò tutto più tardi- dissi con un tono preoccupante - Mamma aiuta Sebastian...io curerò le ferite di Jace.-

Circondai con le mie braccia la sua schiena e lo aiutai ad andare nel bagno di camera mia.



 

Angolo dell’autrice

Buongiorno ragazzii! Uhm, siamo già a questo punto della storia...il prossimo capitolo è il mio preferito e penso che lo sarà anche per molti di voi.  

A presto!

MonAnge



 

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Capitolo 17
*** Non interromperci ***


Sposata con un diavolo

Capitolo 17 - Non interromperci.

~~<>~~

 

Salimmo al secondo piano, portai Jace in bagno per lavargli via il sangue dalle mani e dalla faccia. Era stato piuttosto complicato portarlo fino a qui.

Vicino alla porta sentii un piccolo rallentamento da parte sua. Lui si fermò e guardò prima me e poi la porta.

-Devo toglierti il sangue dalle mani. - spiegai e aprii la porta con una gamba.

Accompagnai Jace dentro avvicinandolo al lavandino. Sopra il lavandino c'era uno specchio e, per quanto potevamo essere stanchi e disordinati, notai che esteticamente eravamo magnifici insieme. Era più alto di me e le sue spalle larghe il doppio delle mie. Ero una gnoma vicino a lui.

Il mio bagno era piuttosto piccolo ma era qui, nella vasca da bagno, che amavo passare il tempo.

Aprendo il rubinetto dell’acqua calda volevo mettermi affianco a Jace, visto che gli ero sempre di fronte ma neanche quello riuscii a fare. Non me lo fece fare.

Jace bloccò con le sue braccia muscolose il passaggio, rinchiudendomi tra il suo torace e il lavandino.

La distanza tra di noi era catastroficamente minuscola, cosa che faceva automaticamente aumentare il mio battito cardiaco. Nell’aria regnava il silenzio e pregai che il biondo non sentisse la reazione che aveva provocato su di me e il mio cuore.

Involontariamente mi leccai le labbra, diventate secche in questo momento, e sentii su di me un profondo respiro.

Alzai lo sguardo su Jace che, incantato, continuava ad osservare le mie labbra e tutti i movimenti che facevo. Questo sguardo nascondeva tante emozioni, la maggior parte pericolose per me.

Non controllandomi più, mordicchiai il labbro inferiore. Jace mi guardò pieno di desiderio e mi spinse ancora contro il lavandino. Ero schiacciata.

Le mie gambe cominciarono a tremare come se stessi facendo un discorso su un palco davanti a tantissime persone. Feci un profondo respiro, l’aria cominciava pericolosamente a mancare. Il mio petto toccò quello di Jace. E non lo notai solamente io.

-Ti piace farmi impazzire? - mormorò il biondo sopra di me.

-Cosa?- feci finta di non capire.

-Smettila di fare così.- mi sussurrò portando le sue dita alle mie labbra. Quando le sue dita toccarono un angolo della bocca sentii la pelle d’oca. Continuò a toccarmi disegnando i contorni.

-Hai delle labbra morbidissime. Chissà che sapore hanno..- mi sussurrò.

Continuava a toccarmi e io chiusi gli occhi. Mi piaceva.

Toccò la mia ferita sulle labbra e io gemetti per il dolore.

-Dovevo ammazzarlo. - ringhiò continuando a tenere le dita sulle mie labbra.

-No!- inaspettatamente esclamai e gli presi la mano. Notai una smorfia sul suo viso. Gli faceva male. - Cavolo, scusami.. Dai, te la lavo.

Mi girai dandogli le spalle e misi la sua mano sopra la mia, portandola più vicino al rubinetto.

-Abbi pazienza- dissi sentendolo gemere per il dolore. Poi lui si avvicinò alla mia schiena, toccandola con il petto. Mise la testa tra i miei capelli.

Sentii che fece un profondo respiro per odorarli. Questo lo tranquillizzò.

Nel frattempo continuavo a lavare la sua mano cercando di non guardare lo specchio dove si vedevano tutti i nostri movimenti. Sentendo che lui spostò da una parte i miei capelli per liberare il collo, alzai lo sguardo e ci osservai per vedere cosa aveva intenzione di fare.

I miei occhi castani incontrarono nello specchio i suoi azzurri pieni di desiderio.

Continuavamo a fissarci senza sbattere le palpebre.

-Dio…- respirò profondamente - quanto sei bella…-

Ora era lui che mi stava facendo impazzire. Osservai i suoi movimenti allo specchio. Si inchinò avvicinandosi al mio collo, riscaldandolo con un bollente respiro. Non smise di guardarmi negli occhi. Mi immaginai cosa volesse fare, ma chiesi:

-C-cosa stai facendo?

Lui alzò le sopracciglia sorridendo maliziosamente.

-Piccola, non capisci? Sto facendo quello che volevo fare da tanto tempo. Baciarti.

I miei occhi diventarono più grandi e lui improvvisamente toccò con le sue labbra la mia pelle facendomi aumentare il battito del cuore.

Le sue labbra erano calde. Mi stava incantantando con i suoi movimenti. Le sensazioni che mi stava provocando erano nuove per me. Non le avevo sentite prima d’ora. Ma tutto questo mi stava portando anche paura. Non sapevo che tipo di paura era.

Io, per reazione, abbassai la testa, liberando di più il collo.

Continuava a baciarmi e con la lingua cercava di disegnare qualcosa. Mi stavano venendo i capogiri. Mi stava stringendo più fortemente contro quel lavandino. Sentivo il suo desiderio che stava diventando sempre maggiore.

-Cavolo, sei troppo squisita, - mi sussurrò fermandosi per un attimo- Stai continuando a farmi impazzire.

Urlai quando lui improvvisamente mi girò verso di sé e, prendendomi per le cosce, mi fece sedere sul bordo del lavandino. Non fece ampliare il mio urlo e mi chiuse la bocca con un suo profondo bacio. Infilò una mano tra i miei capelli stringendo la mia testa contro la sua senza darmi la possibilità di scelta e senza farmi respirare. Con un'altra mano mi abbracciò la vita schiacciandola contro i suoi addominali.

Le mie gambe per reazione, strinsero il suo corpo per non farmi cadere. Anche se questo era impossibile dato che lui mi stava già tenendo con tutte le forze.

Come risultato, ero più seduta su di lui che sul lavandino. Ormai era percepibile e visibile il desiderio che provava per me.

Mi spaventava ma ormai questo timore era inferiore rispetto alle emozioni che mi stava facendo provare. Ero troppo scioccata e, come conseguenza, chiusi le labbra. Jace ci passò con la lingua come per chiedere il permesso. Mi mordicchiò il labbro e io li aprii facendolo entrare.

-Finalmente..- disse il biondo senza staccarsi da me.

Io gemetti e lui trasformò i suoi baci crudeli in dei baci più leggeri.

La passione mi stava comandando. Mi strinsi più fortemente al suo corpo. Lui si sistemò meglio inchinandosi sopra di me. Le nostre lingue stavano combattendo e Jace ne stava uscendo vincitore. Non potevo controllarmi e avevo la sensazione che a farlo era lui. Tutto quello che potevo era impazzire per il piacere.

Ma poi qualcuno bussò alla porta.



 

 

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Capitolo 18
*** Verità ***


Sposata con un diavolo

Capitolo 18 - Verità.

 

~~<>~~

 

Il bussare continuava e mi fece diventare sobria. Capii finalmente cosa stessi facendo e con orrore e paura mi allontanai dalle labbra di Jace.

Entrambi respiravamo difficilmente, tanto che mi sembrava che avessimo corso per tutto il giorno. Il biondo continuò a tenermi stretta a lui. Poi attaccò la sua fronte alla mia e mi guardò negli occhi.

Che cosa ho combinato? - chiusi gli occhi maledicendomi per la follia che feci.

Mi aveva baciato...e io avevo fatto lo stesso. Lui mi aveva stregata.. o ipnotizzata! Si, ne ero sicura. Altrimenti non sarei riuscita a capire il mio comportamento irragionevole. Non potevo non ammettere, però, che mi era piaciuto. Molto. Ancora adesso avevo la pelle d’oca. Ma...Dio… lo conoscevo da massimo una settimana!

Avevo appena chiuso con il ragazzo che amavo e subito dopo ero in bagno ad impazzire per i baci di un altro?!

Mi accorsi che mi stava ancora tenendo così fortemente che sentivo i suoi addominali scolpiti attraverso la mia pancia. Avevo bisogno di aria. Sentivo il suo desiderio e notavo i suoi sguardi.

Tolsi la mia mano dal suo collo. La misi tra di noi, sul suo petto. Cercai di allontanarlo, come sempre senza successo. Respirai profondamente.

-Hai intenzione di lasciarmi?- chiesi continuando a tenere la mia mano contro di lui.

-No.- rispose e sulla sua faccia nacque un malizioso sorriso.

Sospirai percependo ancora il suo desiderio e il rigonfiamento nei pantaloni.

-Kristine?- sentii una voce preoccupante di mia madre fuori dalla porta.

Cavolo...mia madre. Eravamo fritti. Anzi, ero fritta.

Lanciai uno sguardo alla porta, poi di nuovo a Jace. Ero sicura che i miei occhi dicevano solo una cosa: CHE FACCIAMO? PERCHÉ È ARRIVATA PROPRIO ADESSO? SIAMO MORTI!

Jace mi guardò severamente e scosse la testa. Che significava? Non ero una veggente, non potevo capirlo così!

Aprii la bocca per urlare a mia madre che sarei arrivata subito ma Jace mise la sua mano su di essa, chiudendola in questo modo.

Ma che?

Alzai le sopracciglia e guardai il biondo.

-Shhh- mi fece tenendo ancora la mano.

-Mm-mm-m- cercai di liberarmi ma lui non me lo lasciò fare.

Presa della rabbia, gli morsi la mano. Lui gemette ma sicuramente più perché non se l’aspettava che dal dolore.

Io sorrisi - Mamma, vengo subito! - urlai con un una voce ancora piena di passione.

-Ehm..si si okay. State tranquilli. - disse sospettosamente e si sentirono dei passi allontanarsi.

Jace si staccò da me facendomi sedere sul bordo del lavandino.

-Ti fa male? - sorrisi guardando la mano da me morsa. Lui mi guardò senza rispondere. - Così impari!

-Ora mi hai trasmesso la tua pazzia?

Wow questo tipo sapeva anche scherzare.

-Hahaha…- feci finta di ridere.

Alzai lo sguardo. Vidi davanti a me un bel ragazzo che sorrideva osservandomi.

Si avvicinò al mio viso. - Sei così bella quando ti arrabbi. Sembri un gattino al quale hanno rubato cibo.

Gli diedi un colpo sulla spalla e lui fece una smorfia.

-Cavolo..- esclamai - non abbiamo fatto quello per cui siamo venuti qui.-

-Fa’ nulla...ci siamo divertiti lo stesso.- disse malizioso.

-Sì che fa’ cosa. Mamma ti vedrà e chiederà cosa stavamo facendo tutto questo tempo.

-Le dirai la verità...se non l’aveva ancora capita prima. - disse continuando con quel sorriso.

-Sei scemo?

-Forse. - mi rispose. - tanto sarai mia moglie tra 3 giorni e ti avrò a disposizione come e quando voglio.

-Tra 3 giorni? - chiesi meravigliata lasciando perdere l’ultima parte della frase.

Jace di nuovo mi bloccò tra il lavandino e il suo corpo. Nel frattempo cominciai a togliergli il sangue dalla faccia.

-Ahi.- esclamò lui quando gli toccai la ferita sul sopracciglio.

-Un po’ di pazienza. - sussurrai - Allora?

-Ah si.. ho spostato il matrimonio dopo che quel tipo stava per…- cominciò a spiegarmi senza riuscire a completare la frase.

-Per violentarmi? - aggiunsi io.

-Si.. sto pensando di denunciarlo. - mormorò.

-Non serve.

-Perché lo stai proteggendo? Ti ha picchiata! Per te lo ammazzerei..

-Io lo amavo… e non voglio che distruggi la sua vita per un suo errore. Certo, io non riuscirò mai a perdonarlo ma ti prego, dagli una possibilità.

Passai alla mano continuando a togliere sangue anche da lì.

-Tutto bene, sta’ tranquillo. - dissi dopo che vidi un’altra smorfia.

Dopo una decina di minuti finii.

-Ora tocca a te. - sussurrò Jace guardandomi le labbra ferite.

Quando appoggiò un po’ di cotone umido su di esse, la mia pelle divenne di nuovo d’oca.

Gemetti dal dolore che mi provocava. Mi bruciava.

Jace notò l’espressione del mio viso e cominciò a soffiare avvicinando le sue labbra alle mie. Mi faceva impazzire e, per non perdere il controllo un’altra volta, chiusi gli occhi. Dopo dieci secondi li aprii vedendo delle dita messe sul mio mento e lui che mi osservava attentamente.

-Che c'è? - gli chiesi.

-Hai paura di me?

-No. Perché? -

-Sicura?- si accertò lui e improvvisamente avvicinò il suo viso al mio e mi guardò negli occhi. - Anche se faccio così?

Inchinò la sua testa sul mio collo e ci passò con la bocca. Io gemetti e un’altra scossa elettrica mi ricoprì il corpo facendomi sobbalzare e allontanarlo.

-Pensi che sia un idiota? Pensi che non sento come batte il tuo cuore quando mi avvicino? Pensi che non ci ho fatto caso alle tue mani che mi stringevano il collo quando ti baciavo? Oppure come mi rispondevi ai baci? So cosa provi quando ti tocco. Non mentire a te stessa Kristine. Se lo amassi veramente, adesso non ti comporteresti in questo modo. Hai paura di ammetterlo. Ma mancano 3 giorni e diventerai mia. E in quel momento ti costringerò a capire cosa vuoi veramente.

Lui mi lasciò, si girò e uscì dal bagno chiudendo la porta.

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