❤⚓ The Sea Girl ⚓❤

di Dalhia_Gwen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1 ***
Capitolo 2: *** Chapter 2 ***
Capitolo 3: *** Chapter 3 ***
Capitolo 4: *** Chapter 4 ***
Capitolo 5: *** Chapter 5 ***
Capitolo 6: *** Chapter 6 ***
Capitolo 7: *** Chapter 7 ***
Capitolo 8: *** Chapter 8 ***
Capitolo 9: *** Chapter 9 ***
Capitolo 10: *** Chapter 10 ***
Capitolo 11: *** Chapter 11 ***
Capitolo 12: *** Chapter 12 ***
Capitolo 13: *** Chapter 13 ***
Capitolo 14: *** Chapter 14 ***
Capitolo 15: *** Chapter 15 ***
Capitolo 16: *** Chapter 16 ***
Capitolo 17: *** Chapter 17 ***
Capitolo 18: *** Chapter 18 ***
Capitolo 19: *** Chapter 19 ***
Capitolo 20: *** Chapter 20 ***
Capitolo 21: *** Chapter 21 ***
Capitolo 22: *** Chapter 22 ***
Capitolo 23: *** Chapter 23 ***
Capitolo 24: *** Chapter 24 ***
Capitolo 25: *** Chapter 25 ***
Capitolo 26: *** Chapter 26 ***
Capitolo 27: *** Chapter 27 ***
Capitolo 28: *** Chapter 28 ***
Capitolo 29: *** Chapter 29 ***
Capitolo 30: *** Chapter 3O ***
Capitolo 31: *** Chapter 31 ***
Capitolo 32: *** Chapter 32 ***
Capitolo 33: *** Chapter 33 ***
Capitolo 34: *** Chapter 34 ***
Capitolo 35: *** Chapter 35 ***
Capitolo 36: *** Chapter 36 ***
Capitolo 37: *** Chapter 37 ***
Capitolo 38: *** Chapter 38 ***
Capitolo 39: *** Chapter 39 ***
Capitolo 40: *** Chapter 40 ***



Capitolo 1
*** Chapter 1 ***


Pirate Wedding Day - Cover







Chapter 1




Anno 1692, Cleggan. Irlanda.
 
Si svegliò, come suo solito, alle prime luci dell’alba, quando il buon vecchio gallo alzava il collo ed emanava il suo stridulo canto, rompendo la quiete che in quelle notti di inizio estate adorava avvertire sulla sua pelle.
Amava la notte estiva, decorava il cielo di una quantità talmente indefinita di stelle che era impossibile non rimanerne affascinati. Avrebbe passato ore ed ore stesa lungo il prato col capo rivolto verso quel manto blu scuro puntellato di bianco, con una mano puntata verso di esso al fine di delineare quelle che venivano chiamate costellazioni, preziose quanto un tesoro a pirati, corsari e bucanieri, capaci di interpretarle talvolta come strade da intraprendere al fine di raggiungere la loro meta, altre volte premonizioni di condizioni climatiche più o meno avverse. Un marinaio non poteva chiamarsi tale se non sarebbe stato in grado di leggere quelle enigmatiche forme, e lei non voleva affatto sembrare un marinaio che ignorava tutto ciò.

Chi era lei? Si chiamava Gwendolyne Smith, aveva appena 19 anni ed era una semplice contadina di quella piccola città che, come tante, aveva un sogno nel cassetto.

Oh no, non era il principe azzurro.

No, non era neanche un matrimonio con un goffo e straricco nobile.

Né tanto meno assumere chissà quale carica nobiliare al fine di alzarla di rango.

Il suo sogno era proprio diventare un marinaio.

Certo, ambigua come ambizione, ma lei era determinata a tutto: voleva diventare una donna al servizio del mare, la donna del mare, che non temeva affatto il giudizio degli uomini che, troppo orgogliosi e maschilisti, pensavano che una ragazza non sarebbe stata capace di poter vivere su una nave, con tutte le conseguenze che sarebbero derivate.

Sì, avrebbe dimostrato a tutti che anche una donna sarebbe stata in grado di sguainare una spada, fare nodi alle reti, caricare cannoni e liberare le vele.

Il suo era vero e proprio amore, e non avrebbe mai rinunciato.

Sin da piccola girovagava come un maschietto intorno alle imponenti navi che attraccavano al molo, infiltrandosi spesso e volentieri in una delle loro stive, alla ricerca di chissà quale tesoro. E, puntualmente, veniva beccata e fatta scendere dagli uomini dell’equipaggio, pronta a ricevere le punizioni che suo padre Ryan le affliggeva, ogni qualvolta gli disubbidiva.

Prima una tirata di orecchie, e poi una lunga settimana lontana dal porto.

Suo padre era un umile contadino, molto conosciuto dai nostromi e forestieri per la qualità dei suoi formaggi e latticini, che produceva personalmente nella sua piccola fattoria. I pirati lo conoscevano bene, ed ognuno di loro riforniva almeno una volta nella loro vita la loro nave con i loro prodotti. E poiché aveva una certa fama, detestava ogni qualsiasi forma di imbarazzo nei suoi confronti, specialmente se ad arrecargliela era qualcuno della sua famiglia, una donna, come lei stessa.
Purtroppo suo padre era un uomo testardo, irremovibile e terribilmente ostinato, che dava importanza solo ed esclusivamente al pensiero del popolo. Ovviamente lei era la sua esatta copia, e allo stesso tempo la sua peggior pena e condanna, per questo non ebbe mai avuto un buon rapporto con lui.
Non faceva altro che sgridarla e affibbiarle punizioni, e più la fanciulla cresceva e più si ribellava ai suoi divieti.

Non sopportava che lei, una donna, si recasse al porto anche solo per ammirare quella sconfinata distesa d’acqua salata che l’affascinava. Diceva che non era posto per una ragazza, era qualcosa di scandaloso ed impuro.

Ed ogni volta Gwen moriva dentro.

Secondo lui se ne doveva stare rinchiusa in casa a ricamare o a svolgere i compiti casalinghi, cosa che lei, nonostante ci provò un sacco di volte, non era proprio in grado di fare. Provò anche ad utilizzare le maniere forti ma, rendendosi conto anche lui delle incapacità di sua figlia, le assegnò qualche compito nelle stalle, seppur con un certo sforzo, insieme a suo fratello.

Il suo fratellone, Scott, non era tanto differente da lei, se non per il fatto che lui, essendo uomo, poteva fare qualsiasi cosa volesse, e andare dovunque gli dicesse la testa. Ma lui non amava il mare quanto sua sorella, anzi, ne era quasi allergico. Andava al molo solo per costrizione, quando c’era un carico da destinare ad un capitano e alla sua nave. Per il resto delle volte, preferiva stare con i suoi adorati animali da mungere.

Odiava quella condizione, quella sorta di discriminazione che durava oramai da secoli, e che nessuno si ostinava a cambiare, nemmeno provandoci. Per troppo tempo aveva atteso il momento, ma adesso era stufa e ne aveva abbastanza di essere trattata in maniera inferiore solo perché era una donna.

Solo sua madre Margaret riusciva a capirla. Da lei ereditò quell'attrazione fatale, e lei stessa l'alimentava. La consolava, quando suo padre le impartiva l'ennesima punizione, raccontandole storie pazzesche su quel mondo così diverso dal loro, e lei si perdeva ogni volta, chiuse nella sua camera. Poteva avvertire i suoi occhi brillare di emozione, le sue gote tingersi di un rosa delizioso e la sua bocca in un sorriso genuino quando raccontava di quegli uomini che descriveva così valorosi e coraggiosi, pronti ad affrontare la furia del mare quando si scatenava sulle loro povere teste. 
 
-Ricordati tesoro, non esiste uomo più nobile e fedele di un marinaio. Loro parlano col cuore, il loro punto debole ma fingono indifferenza per proteggerlo, perché sanno che, una volta arrivati al loro cuore, non hanno più via di scampo.- 
Erano queste le parole che echeggiavano sempre nella mente della ragazza, e poteva avvertire il loro peso da alcune lacrime che sua madre non riusciva mai a nascondere.

E lei nel frattempo cresceva, con quel bagaglio di nozioni che sua madre era felice di farle apprendere: grazie a lei imparò infatti a leggere le costellazioni ed a comprendere alcune carte nautiche. Diceva che per lei era pura e semplice passione, e che ebbe amici che la insegnarono a loro volta. Ogni volta Gwen pendeva dalle sue labbra, e si sentiva così fortunata ad avere lei. Poi però la peste si abbatté sul loro paesino, e lei la perse per sempre a soli 5 anni. In quel periodo suo padre era fuori e così lei doveva occuparsi dell'intera casa, oltre che ai suoi figli. Quando contrasse la peste, consolò i suoi figli, rinchiudendoli nella loro casa, mentre lei preferiva contagiare gli animali dormendo con loro nella stalla.
Scott si prese cura della sorellina, all'epoca aveva 9 anni, cercando di reprimere la comune voglia di andare dalla loro mamma.
Ma non ci fu molto da fare: al ritorno prematuro del loro padre allertato dalla peste, ritrovarono la donna in fin di vita, in mezzo agli animali, anche loro morenti di lì a poco.
Per la ragazza fu come perdere una parte di sé stessa, la più grande, e promise a sé stessa di far tesoro di tutte quelle giornate passate insieme a ridere e coltivare quella che era la loro comune passione: il mare. 
 

-Gwen, forza alzati, devi occuparti delle stalle!- ed ecco la sua seconda sveglia, Scott, che tornava dalla cucina dopo la sua solita consultazione con loro padre. Si era nuovamente persa nei suoi pensieri, che non si accorse che il Sole stava per elevarsi in cielo in tutto il suo splendore, e lei era già in ritardo per il suo appuntamento. 
-Maledizione!- imprecò sotto voce, mentre  
si catapultava letteralmente giù dal letto, con la mente già al porto: quel giorno avrebbero attraccato nuove navi, e chissà quali incredibili storie avrebbero portato con sé!
Sorrise eccitata immaginandosi quella bellissima sfilata di navi alte ed imponenti, ognuna con le proprie conquiste e le proprie perdite, ed una forte volontà di riscattarsi sempre e comunque.  

Fece una rinfrescata veloce al viso, e dopo aver addentato una fetta di pane, rubata a Scott, corse nelle stalle e si affaccendò con le pulizie e rifornì di cibo gli animali.
Dopo che ebbe finito, diede uno sguardo fuori, il Sole era già alto da un pezzo, ed a quel punto decise di indossare il suo mantello catapultandosi fuori, non prima però di assetarsi con un bel secchio di latte appena munto con le sue mani. Stava per uscire indisturbata, quando una voce forte ed autoritaria la fermò facendola sobbalzare. 
-Gwen, dove stai andando?- era suo padre Ryan che, con la sua figura forte ed imponente, attendeva dietro di lei a braccia conserte la sua risposta. Ricambiò lo sguardo truce con uno sereno e pacato, raccontando una scusa. 
-Vado a comprare il pane, padre.-  
-A quest'ora? Non è presto?- le chiese di nuovo lui, stavolta accigliandosi ancor di più.  
-Sì padre, non sapevate che il pane è più buono appena sfornato?- 
Disse continuando a sostenere il suo sguardo che come una lama cercava di colpirla e farla vacillare. 
Ma alla fine fu lui a cedere, e con un grande sospiro le fece segno di andare. 
-Ma torna in fretta.- fece per rientrare in casa, quando lei gli corsi incontro abbracciandolo da dietro, per poi svignarsela con la stessa velocità.






Angolo Autrice:
Ehilà sono tornata con una nuova storia!
​Visto che sta arrivando l'estate, ho deciso di crearne una in tema piratesco!
​Io amo questo contesto, ho una vera e propria ossessione, e il disegno di copertina è stato fatto da me :3
​Amore e avventura si fondono in un mix perfetto, tra le bellezze dei Caraibi e il fascino dell'epoca d'oro della pirateria *-*
​Ci saranno tantissimi personaggi, tra quelli del vecchio cast e quelli dei più nuovi, dovete solo seguirmi!
​Beh non mi resta altro che attendere una vostra recensione, sperando che vi abbia incuriositi con questo primo capitolo!


Dalhia_Gwen

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Capitolo 2
*** Chapter 2 ***


Pirate Wedding Day - Cover




 

Chapter 2


Percorse il sentiero che scendeva verso valle con un sorriso a trentadue denti, seguita dalla sua inseparabile Maya, un setter dal manto bianco a chiazze marroncine, di appena qualche mese e che ormai la considerava la sua mamma. Maya aveva un fratellino, Sparks, che invece era affidato a Scott affinché imparasse a fare la guardia. I due piccoli erano rimasti soli, e quando suo padre li trovò pensò di prenderli con sé ed istruirli in caso di ladri.
Ma Maya era davvero ribelle, e suo padre perse le speranze, affidandola a lei. Da quel giorno diventarono inseparabili. Lei capiva al volo quello che passava per la testa della fanciulla, e come lei era sempre pronta a rischiare pur di placare la sua voglia di conoscere.
 
- Forza Maya! Siamo quasi arrivati! - ricevette un gioioso scodinzolamento, mentre si precipitavano veloci verso il molo.
Gwen rallentò la sua corsa, col cuore in gola, mentre ricomponeva la sua figura cercando di essere più presentabile possibile. Solo in quel momento si accorse che, per la fretta, non si ero sciolta il grembiule che indossava per lavorare. Si guardò intorno, giusto in tempo per osservare la folla di persone che si era riunita al porto per osservare le navi in arrivo.  
E finalmente le vide anche lei. 
Una decina di navi si stavano avvicinando lente e maestose, mentre attraversavano il piccolo tratto di mare che le dividevano dalla banchina, così eleganti nel loro movimento ondulatorio.
Man mano che avanzavano verso di loro, ella riusciva ad ammirarle sempre meglio, fino a quando la sua attenzione non si soffermò su una in particolare, e quasi le mancò il fiato.
Era stata costruita con un legno scuro, tendente al nero, che non aveva mai visto adoperato su nessun'altra. Aveva tre alberi altissimi sui quali scendevano prepotenti funi che l'equipaggio era intento ad afferrare per legarvici enormi vele di color avorio, spiccando così nell'ombra che quella nave emanava.
 
Un brivido la percorse tutta la schiena: quella nave era bellissima quanto terrificante, e rubava tutta la scena.
 
- Wow - riuscì solo a dire e lentamente si avvicinava per ammirarla. Fu quando Maya cominciò ad abbaiare che Gwen si riscosse da quello stato di ipnosi in cui era caduta, accorgendosi della presenza poco lontana di due persone molto familiari.  
- Dannazione! - adocchiò un carico di frutta posto ai lati di un grosso carro, e si nascose dietro, non prima d'aver preso anche Maya con sé. 
 
Ma che diavolo ci facevano suo padre e suo fratello lì?! 
 
A quel punto si scostò per tentare perlomeno di ascoltare qualcosa. 
- È un onore vedervi qui, capitano Flinn. - disse Ryan, dopo aver stretto la mano a colui che doveva essere il capitano di una nave corsara inglese. Era piuttosto mal ridotta, ed era facile dedurre fosse reduce di un arrembaggio o di un attacco non previsto. 
-Sì sir Ryan, purtroppo abbiamo incontrato pirati spagnoli che ci hanno colti in un momento di difficoltà, abbordando la nostra nave e saccheggiandola. Per fortuna abbiamo incontrato la Warrior che si è offerta di scortarci fino a qui, avendo in comune la destinazione. - spiegò il capitano, visibilmente provato dall'accaduto.  Suo padre annuì, e lo stesso fece Scott, così l'uomo continuò. 
- A tal proposito, mi hanno consigliato voi per rifornirmi di viveri, perlomeno gli indispensabili. - 
- Sono lieto di sentirvelo dire. Io produco latte e i suoi derivati. Quanti ve ne servono? - chiese il padre guardando poi Scott che subito prese appunti. Il capitano Flinn espose il suo bisogno, e dopo aver cercato di contrattare sul prezzo, gli uomini si scambiarono una calorosa stretta di mano. 
- Ve li farò recapitare entro i prossimi tre giorni, cosicché possiate nuovamente prendere il largo senza perdere altro tempo. Mio figlio si assumerà la responsabilità dell’arrivo del carico fino a bordo della vostra nave. - disse suo padre, dando una pacca sulla spalla a Scott. 
- Vi ringrazio Ryan. Ad ogni modo… - proseguì il capitano, posando gli occhi su Scott.  
- Ho sentito dire che la Warrior sta arruolando del personale, tu giovanotto mi sembri molto adatto ad entrare in un equipaggio. Perché non ci provi? Potrei mettere una buona parola nel caso… -.  
A Scott scappò un leggero sorriso, tuttavia si trattenne nel liberare un pensiero poco gradevole.  
- Apprezzo il gesto, capitano, ma la vita in mare non fa per me. Preferisco toccare terra e mungere le mie belle mucche. - mantenne un sorriso scherno, mentre il capitano lo squadrava male. 
- È un vero peccato, giovanotto, un fisico dalla forza come la tua farebbe molto comodo al capitano di una nave, per non parlare degli innumerevoli benefici che potresti avere se solo provassi. - era chiaro, il capitano stava elevando quelli del suo campo, gli animali di mare come li chiamerebbe Scott, ma non sapeva con quanta testardaggine aveva a che fare in quel momento.  
- Sapete capitano, non tutti sono nati con le stesse ambizioni. Mio figlio è molto devoto all'attività di famiglia, ed avendo un solo maschio non posso permettermi di fare a meno di lui. L'altra è una femmina, ma a causa del suo temperamento avrei preferito fosse di gran lunga un maschio. - concluse il padre rimanendo impassivo di fronte alla proposta di Flinn. La ragazza sapeva che quella opportunità gli aveva dato fastidio, lui odiava il mare e tutto ciò che aveva a che fare con esso, ma tuttavia non seppe mai il motivo. 
 
Detto ciò, li vide allontanarsi, ma suo padre non aveva smesso di guardarsi intorno, come se stesse cercando qualcosa, o meglio qualcuno. 
 
Che stesse cercando proprio lei?  Non c’era da sorprendersi.
 
Si accertò che si fossero allontanati abbastanza da non avere più visibilità, e si rimise in piedi. Rimase imbambolata per qualche secondo, con la mente occupata a far riemergere la notizia appena saputa: un capitano arruolava persone nella sua ciurma qui a Cleggan.
 
Chi mai avrebbe potuto assumere gente di questo posto sperduto dell’Irlanda?
 
Pareva parecchio scioccata probabilmente, perché coloro che le passavano davanti le lanciavano occhiate sorprese, altri diffidenti, mentre continuavano a svolgere i loro compiti.
Adocchiò all’improvviso movimenti dietro di lei, ed istintivamente si misi in allerta, pronta a colpire chiunque avesse avuto cattive intenzioni.
Ma dovette ricredersi: un ragazzo di colore, alto e dall’aspetto rozzo e robusto, portava in una mano un volantino, dall’altra un pesante martello, sorreggendo con la bocca un chiodo di ferro. Rabbrividì nel momento in cui si rese conto che l’uomo si stava avvicinando alla sua esile figura, con fare minaccioso, per poi ignorarla completamente posizionandosi davanti al grande palo che sorreggeva la bandiera di Cleggan e cominciando a martellare contro di esso.  Cautamente e ancora intimorita dal suo aspetto, la fanciulla cominciò a posizionarsi dietro di lui e a sbirciare le informazioni della locandina appena affitta:
 
 
 
Cercasi persona coraggiosa, onesta e volenterosa per arruolamento in una ciurma corsara.
Numero massimo: 3
Appuntamento al tramonto del Sole, di fronte questa locandina.
Non sono accettati i nullafacenti.
Il Capitano
 
 
Chiaro, schietto e coinciso: il capitano di questa ciurma doveva essere un uomo determinato e… enigmatico, misterioso. Non si era nemmeno firmato.
 Scoprì tuttavia che la cosa la rendeva abbastanza irrequieta, ma eccitata al massimo.
Continuò a rimanere ferma davanti la locandina, mentre un sorriso radioso cominciava a delinearsi sulla sua bocca, risvegliando il suo animo avventuroso.
I suoi occhi neri brillarono di luce propria, mentre realizzava ciò che la vita le aveva appena dato: era la sua occasione, quella era la sua SOLA ed UNICA possibilità di poter salpare e realizzare il suo sogno: diventare un marinaio ed appropriarsi della sua libertà.

E lei, Gwendolyne Smith, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di diventare un membro di quella ciurma.

Anche vestirsi da maschio.



Angolo Autrice:
​Ciao a tutti, carissimi fans! ❤
​Rieccomi qui col secondo capitolo di The Sea Girl!
​Innanzitutto vorrei ringraziare col tutto il cuore coloro che hanno avuto il coraggio di recensire: ero partita con l'umore svantaggiato ma mi sono ricreduta! ❤
​Ma ovviamente non sono mancati i lettori silenziosi, che ringrazio allo stesso modo: spero di avervi incuriositi e di vedervi seguirmi! :3 ❤


Visto chi è comparsa? Maya, un piccolo setter irlandese! Sarà davvero di grande aiuto per la nostra Gwen, vedrete! ;)
​Eccola, per i più curiosi:
EPAGNEUL BRETON



​Ma non è finita qui! Al molo è attraccata una nave particolare: avete già in mente a chi potrebbe appartenere? >:)
​Ad ogni modo, potrete chiarire la vostra opinione solo seguendomi! :D
Aspetto i vostri pareri! ❤


Dalhia_Gwen


 

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Capitolo 3
*** Chapter 3 ***


Pirate Wedding Day - Cover




 

Chapter 3


 

Era ormai ora di pranzo, quando Gwen si accingeva a rientrare in casa col pane comprato in città.

Era radiosa, col cuore tanto leggero quanto una piuma: provò la sensazione di essere capace di librarsi in cielo, e il vento era complice di quella meravigliosa sensazione. Abbassò il cappuccio, mentre i capelli danzavano al tocco deciso della brezza marina che proveniva dal porto.

Chiuse gli occhi d’istinto, annusando l’aria salmastra ed immaginandosi già in mare aperto, su quella nave a issare vele, fare nodi e seguire la rotta. La gonna del vestito, bagnata a causa della lotta giocosa che fece con Maya in riva, si alzava in mosse audaci, ma non me se curò più di tanto: presto avrebbe abbandonato anche quegli indumenti, per fare posto ad un vestiario completamente maschile, in cui si trovava decisamente più comoda.

Arrivò davanti la porta di casa, ed avvertì Maya abbaiare in maniera insistente. L’aprì, e trovò suo padre Ryan e Scott che discutevano animatamente. Quando la videro entrare, con le guance rosee e i capelli scompigliati, le indirizzarono uno sguardo colpevole e sospettoso. Suo padre si alzò rumorosamente dalla sedia.

- Gwen, come mai sei tornata così tardi? - chiese lui con le braccia conserte. Quel suo modo di fare la faceva sentire così piccola, ma non abbastanza da farla intimorire.

- Sono andata a comprare il pane, come vi avevo già accennato. Poi ne ho approfittato per fare un giro al mercato generale: oggi c’era davvero una gran folla. - inventò lei rimanendo il più possibile calma.

Stava avanzando verso il tavolo per posare il pane, quando il padre la fermò afferrandole bruscamente un polso e facendola tornare col suo sguardo verso di lui. La violenza di quel gesto fu tale da farle perdere l’equilibrio ed istintivamente alzò la gonna per non cadere, rivelando così le sue caviglie cosparse di sabbia. Se ne accorse solo dopo lo spavento, ma era troppo tardi: suo padre lo notò, e il suo viso divenne paonazzo dalla collera.

- Sei stata al porto, quando io te lo avevo proibito, Gwen! Come ti sei permessa di disobbedirmi ancora?! - le urlò a pochi centimetri dal viso. La ragazza deglutì a fatica, ma anche lei era furiosa.

- Ma perché padre?! Che male c’è se vado a visitare il porto e a contemplare un po' il mare?! Io non ci trovo nulla di scandaloso! - alzò la voce senza accorgersene, fulminandolo con lo sguardo. Lui si imbestialì ancor di più.

- Non comportarti con me in questo modo, ragazzina ingrata! Io sono tuo padre e posso importi tutto! Se ti dico che dal porto devi stare lontana, tu NON DEVI tornarci! -

- Allora spiegatemi il motivo! Non posso accettare qualcosa che non comprendo! – insistette incrinando la voce che cominciò a tremare.

- No, tu non devi accettare, tu DEVI FARE QUELLO CHE TI DICO IO! - urlò stritolandole ancor di più il polso che non aveva ancora lasciato.

- Ma a Scott non imponete proprio niente! Lui è libero di fare qualsiasi cosa voglia! Mi trattate come se fossi una schiava ed io non ce la faccio più!!! - era al culmine dell’isteria.

- Scott è un UOMO! Lui è capace di difendersi da solo da quei schifosi lupi di mare, mentre una ragazzina ottusa come te può essere solo una preda per loro! – esclamò sbattendo una mano sul tavolo. Maya, che era rimasta vicino la soglia della porta, si rifugiò sotto una sedia poco distante, mugolando qualcosa.

- Quegli uomini non mi hanno mai toccata! Nemmeno sfiorato! Perché ce l’avete tanto con loro?! - A quelle parole Ryan si rabbugliò, volgendo lo sguardo altrove.

- Non sono affari che ti riguardano. - le disse immediatamente, incupendosi.

- Oh invece mi riguardano eccome, arrivata a questo punto! Voi uomini siete tutti maschilisti! Pensate che le donne non possano adattarsi ai vostri lavori, che non siano in grado di tenervi testa e soprattutto di essere più abili di voi! Sono stufa di essere trattata così, mi state rendendo prigioniera nella mia stessa casa privandomi di quello che avrei sempre voluto: essere vicina al mare, e l’avete impedito anche alla mamma!!! - urlò quelle parole senza accorgersene, in un impeto di rabbia improvvisa.

Quando realizzò ciò che aveva appena detto, sentì una mano enorme avvolgere tutto il viso investendolo con un sonoro schiaffo, così forte da farle perdere l’equilibrio.

- Non puoi colpevolizzarmi di una cosa del genere! Tu non puoi capire, figlia mia… tu non meriti di sapere… - sentiva suo padre cedere le forze al ricordo della loro madre, mentre faceva di tutto per non guardarli. A quel punto lei, decisa più che mai, gli prese il viso tra le mani costringendolo a non mentirle ancora.

- Provateci! Cosa non potrei capire? Perché mi definite tanto stupida da…? – sussurrò digrignando i denti dall’esasperazione, ma venne interrotta da un pugno sbattuto sul tavolo.

- VUOI LA VERITA’?! Eccola! TUA MADRE NON MI AMAVA! Non poteva farlo dopo aver conosciuto l’uomo della sua vita! Il suo capitano! - lacrime calde cominciarono a scendere sul volto di Ryan, che finalmente si liberò di quel macigno che tanto lo affliggeva. Di fronte a quella confessione, il cuore di Gwen perse qualche battito, mentre i suoi occhioni si sgranarono rivelando il loro colore nero penetrante.

Anche Scott era scioccato da quelle rivelazioni, tanto che dovette appoggiarsi al tavolo per rimanere in piedi.

Rimasero tutti così per qualche secondo, dopodiché la ragazza provò a dire qualcosa, ma loro padre glielo impedì.

- Conobbi vostra madre al porto, su una maledettissima nave mercantile, e me ne innamorai perdutamente. Lei era un’ospite imbarcatasi per sfuggire alle ribellioni che erano nate in Scozia, ed aveva chiesto un passaggio verso l’America al capitano di quella nave, sapendo che doveva trasportare dei viveri in qualche parte del continente. Ma la nave venne assalita da un galeone pirata, e i danni furono tanto gravi che dovettero effettuare un attracco forzato al primo molo alla loro portata, come quello di Cleggan. Quando uno di loro mi disse che il capitano era morto durante l’arrembaggio, egli chiese esplicitamente che qualcuno prendesse per moglie quella donna, che era sotto la sua custodia, per renderla libera come lei avrebbe voluto. Allora cominciai a corteggiarla, e lei accettava volentieri. Non fu facile, ma riuscii a farla innamorare di me. Così ci sposammo, e poi arrivò Scott. Tuttavia, nonostante il nostro pareva sincero amore, sentivo che qualcosa si stava sgretolando. Lei non era più la stessa e avvertivo che provava ancora nostalgia per la sua vita passata. Successivamente scoprii che quella nostalgia era amore verso il capitano deceduto, ma lei non me lo confessò mai. Col tuo arrivo, Gwen, sembrava che le cose si fossero calmate, ma lei insisteva a voler visitare il porto, con me, perché quella vita le mancava troppo e per farmi capire che oramai non poteva tornare indietro e che mi avrebbe amato come aveva sempre fatto. Io però avevo paura, timore che lo spettro di quell’uomo potesse portarmela via in un impeto di pazzia, conoscendo l’amore che scorreva nelle vene di vostra madre per il mare. Le vietai dunque di andarci lo stesso, e lei mi odiò, probabilmente cancellando anche quel briciolo di amore verso di me.-.

Quando l’uomo terminò il racconto, i due fratelli rimasero senza parole: si scambiarono qualche sguardo, ma solo lei sapeva cosa stesse succedendo nel suo cuore e nella sua mente. Si alzò di scatto dal tavolo su cui si era poggiata per ascoltare, avvicinandosi a Ryan, con una strana luce negli occhi.

- Padre, potreste rispondermi sinceramente a questa domanda? Se voi poteste tornare indietro, osereste di nuovo vietare a nostra madre la possibilità di visitare il porto? – lei era in piedi davanti a lui, con lo sguardo tagliente inchiodato nel suo, che sentì vacillare non riuscendo a sostenerlo.

- Sì, Gwen. Lo rifarei. Nessuno poteva portarmi via la mia donna, neanche un morto. - confessò lui impassibile.

A quel punto le nocche della fanciulla divennero talmente bianche da avvertire i tagli che si stava procurando all’interno dei palmi delle mani.

- Lo immaginavo, padre. Sarà che noi donne siamo deboli e vulnerabili, ma voi uomini siete un branco di idioti! - sputò schifata a quello che oramai non considerava più suo padre. Lui la guardò stordito dal suo comportamento, non seguendo il ragionamento.

- Ancora non capite che la sua era solo una richiesta di non dimenticare ciò che le cambiò la vita? Secondo voi è facile reprimere una voglia quando sai di poterla soddisfare, se solo fossi più audace? Lei non lo era, o forse non voleva esserlo, per non ferirvi! È vero, può essere che nostra madre riservasse a quel capitano un amore incondizionato che non si sarebbe mai spento, neanche con la sua morte, ma Margaret amava anche voi. E ve lo ha dimostrato, sposandovi e accettando le vostre volontà. E voi? L’avete protetta secondo voi? Avete salvato il vostro amore? Oh no, non potevate, perché chi si ama veramente si ricongiunge sempre. Non ve ne siete accorto ma l’avete uccisa con le vostre stesse mani. Quando si ammalò voi non c’eravate, l’avete lasciata andare verso colui che tanto aveva desiderato. Lei vi amava davvero, voi no. Non l’avete mai amata a dire il vero. Mi avete deluso, padre. - disse atona con gli occhi colmi di lacrime, ma che non avrebbe dato il piacere a quell’uomo di vederle attraversare le sue guance.

 

⚓⚓⚓

 

Dopo che si rese conto che non c’era più nulla da dire, la ragazza si rinchiuse in camera, rannicchiandosi e chiudendosi a guscio, e solo lì diede sfogo a tutta la rabbia e il dolore che aveva accumulato. Avvertì Maya accucciarsi sotto le sue gambe, nel piccolo spazio che inconsciamente ella creò, per poi sentirla mugugnare qualcosa.

Liberò dalla posizione conserta le mani, ed una la fece scivolare sul capo morbido di Maya, che gradì molto. La vide scodinzolare e a quella reazione la giovane sorrise.

Tuttavia non era felice, era tremendamente malinconica ma sicura di quello che voleva fare.

- Madre mia, quanto hai dovuto soffrire per un uomo tanto egoista. Ma non farò il vostro stesso errore, ve lo prometto. -



Angolo Autrice:
​Salve a tutti!
​Rieccomi qui col mio solito aggiornamento settimanale: come avete ben intuito preferisco aggiornare una volta alla settimana, cosicché tutti possano seguire le varie pubblicazioni.
​Inoltre ho i miei impegni lavorativi, e mi risulta difficile aggiornare prima.
​Ciò non toglie che potrei farvi qualche sorpresina mettendo un doppio capitolo... ma si vedrà! ;)
​Dunque, cosa ve ne pare?
​Abbiamo una Gwenny molto intenzionata ad andare fino in fondo al suo piano, soprattutto dopo aver saputo la verità dell'odio provato dal padre nei confronti del mare e del motivo dei divieti imposti alla figlia.
​Cosa si inventerà, Gwen?
​Riuscirà ad andare ad andare al colloquio del misterioso capitano?
​Lo scoprirete solo leggendo il prossimo capitolo!
​Se vi piace la mia copertina, ne approfitto per invitarvi a seguire anche la mia pagina artistica qui:

http://dalhia-gwen.deviantart.com/gallery/?catpath=/
adoro disegnare, soprattutto personaggi di A Tutto Reality e la bellissima coppia DxG.

​Ringrazio tutti coloro che seguono la storia, lettori silenziosi e non, siete fantastici e sono così felice che state seguendo la storia in tanti, nonostante il periodo morto del fandom!
​Non mi resta altro che aspettare un vostro commento, allora!
​Ci becchiamo nelle recensioni!

Dalhia_Gwen
 

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Capitolo 4
*** Chapter 4 ***


Pirate Wedding Day - Cover







 

Chapter 4








 
Si alzò con uno scatto deciso frugando nel baule di Scott, dove conservava i suoi indumenti maschili, e ne scelse qualcuno da indossare.
Provandoli, si accorse che erano larghi, ma non se ne importò, sarebbe stato un vantaggio se doveva nascondere il seno, al fine di fingersi uomo.
Tuttavia sarebbe stato un grosso rischio girovagare in quel modo, ma ad un tratto un’altra idea le balenò in mente, illuminandole gli occhi.
Si allontanò dallo specchio, per poi avvicinarsi ad un altro baule, stavolta il suo, dentro il quale vi era un doppiofondo.
Non era sicura di trovarlo, ma alla fine non riuscì a placare un gridolino di gioia.
Quello che aveva in mano era un bustino, utilizzato dalle nobili dame quando dovevano apparire più perfette di quanto già non lo fossero. Lo vinse ad una scommessa in una bettola: un pirata l’aveva sfidata a carte, e in palio lui mise il bustino di una delle sue tante prostitute, mentre lei gli avrebbe pagato un doppio boccale di birra.
Ovviamente, anche se non sapeva nemmeno in quale modo, vinse lei, e lui dovette separarsi da quell’oggetto così prezioso. Quel ricordo le fece tornare il sorriso, e ringraziò il suo buon senso per non averlo buttato.
- Fai proprio al caso mio. - disse al bustino, prima di infilarselo.
Osservò che il bustino reggeva sommariamente il suo odioso e prosperoso seno, e schiacciandolo sembrava che avesse un po' di pettorali.
Perlomeno avrebbe ridotto il suo volume.
Restavano solo i capelli da mascherare, e sperò di trovare qualche berretto tra le cose di Scott, perché tagliarseli era l’unica possibilità che non avrebbe voluto prendere in considerazione in tutta quella bizzarra situazione. Ma con sua grande euforia trovò anche quello, fu così che decise di specchiarsi di nuovo allo specchio e… sì, era decisamente soddisfatta del suo travestimento.
Stava contemplando meglio la sua figura allo specchio, per accertarsi che non sarebbero nati dubbi sul suo conto, quando sentì qualcuno dietro la porta che bussava. 
- Gwenny sono io, Scott, posso entrare? – la ragazza diede un'ultima occhiata al suo aspetto, notando con terrore che indossava ancora gli abiti del fratello.
Si sarebbe insospettito trovandola vestita in quel modo e le avrebbe sicuramente proibito di uscire di casa.
Non poteva permettere che scoprisse tutto, nonostante lei avesse col fratello un legame che andava aldilà del loro sangue: non avrebbe capito quanto fosse importante per lei, e così non pensandoci due volte si fiondò nel letto, coprendosi tutta.
 
- Entra. - disse dopo un paio di attimi di esitazione, e lui lo fece. 
Faceva sempre così: quando Ryan la rimproverava, lui cercava, quando poteva, di consolarla, soprattutto dopo la morte della loro madre.
 
Sapeva che erano soli, e lui faceva di tutto per non farlo pesare alla sua sorellina.
 
Si avvicinò al suo letto, si sedette al bordo, dopodiché le accarezzò dolcemente la testa. 
- Gwenny… - ripeté di nuovo lui, sorridendole e distendendo le guance piene di lentiggini. 
- Non ora Scott. Non mi va di parlare né tantomeno di sentire scuse che giustificano il suo operato. – ammise però lei decisa, guardando un punto imprecisato di fronte a lei.  Lui sospirò.
- Non voglio difenderlo, vorrei solo che tu placassi un po' la tua rabbia. In fondo è nostro padre. - disse lui in tono pacato. 
- E cosa dovrei fare? Perdonarlo dunque? L'hai sentito Scott! L'ha privata di qualcosa che per lei era di vitale importanza. Ho sempre creduto nel loro amore, ma quella che ha tradito non è stata nostra madre. – affermò stizzita da quelle parole insensate.
- Lo so, ma non è neanche facile per un uomo sapere che la donna che ha sposato non gli apparterrà mai completamente. -  continuò il ragazzo, non smettendo di accarezzarla.
- Questo non giustifica il suo atteggiamento autoritario. – Gwen era arrabbiata e non demordeva, non vi erano giustificazioni abbastanza forti per quello che Ryan aveva fatto.
 
Dopo quelle parole, rimasero in silenzio, non sapendo cosa dire. Avrebbero potuto continuare così all'infinito, ma Scott sapeva che sua sorella non avrebbe ceduto, fino a quando non le sarebbe passato. Dunque sospirò ancora, per poi allungarsi verso di lei dandole un bacio sul capo. 
- Mi prometti che ti calmerai? - le chiese, e lei fece l'errore di guardarlo in quegli occhioni grigiastri dallo sguardo che solo lui era in grado di fare, quando voleva qualcosa.
 
Alla fine Gwen cedette: in parte aveva ragione.
 
Era pur sempre il loro papà e un uomo innamorato sarebbe stato capace di fare qualsiasi cosa. 
 
- Va bene. - disse sconsolata, non riuscendo a trattenere il sorriso nato dallo sguardo ebete del suo fratellone. 
Anche lui rise, incassando la vittoria. 
- Vado a striare un po' i cavalli, vuoi venire con me? - le domandò ancora. 
- No, preferisco rimanere a letto. – ammise fintamente lei, per poi chiudere gli occhi. 
- Come vuoi, poltrona. Dormi tranquilla, allora. - e così dicendo lasciò la loro stanza, e la sua sorellina tutt'altro che tranquilla.  
 
⚓⚓⚓
 
Il sole stava per tramontare, e lei era ancora nella sua camera, pensando ad un modo per uscire senza che nessuno l’avrebbe vista.
Era pronta, dovevo solo uscire, ma il via vai in casa era più insistente degli altri giorni. Sentiva, con una certa alternanza, i passi del padre e del fratello che facevano ingresso nella casa, per poi uscire un istante dopo.
 
Imprecò: dalla porta non poteva uscire, l’avrebbero di sicuro scoperta. 
 
Si guardò intorno, fino a posare lo sguardo sulla finestra che si trovava a capo del suo letto. Improvvisamente le venne un'idea geniale quanto folle, ma la vedeva come unica soluzione al suo problema. 
Se fosse uscita da lì, nessuno l’avrebbe notata, in quanto la finestra si affacciava su una collinetta scoscesa, in direzione del mare.
Scelse apposta quel letto, la notte le piaceva godere dello spettacolo del firmamento, e sognare di poterlo vedere un giorno da una nave.
 
Si diede subito da fare: prese delle lenzuola pulite e le annodò in modo da formare una corda. Fece così per un paio di volte, dopodiché controllò la lunghezza appendendola alla finestra.
 
Sorrise soddisfatta, andava più che bene.
 
Dopo aver dato una rapida occhiata in giro, prese un lungo respiro e cominciò a calarsi dalla finestra cautamente.
Aveva il cuore che le batteva a mille, se l’avessero scoperta sarebbe stata la sua fine.  
Mise piede a terra, e una strana sensazione la riscaldò dandole una forza mai provata. Continuò a guardarsi in giro e, una volta appurata la tranquillità, avanzò. Notò, con un certo spavento, la sua Maya dormire profondamente e pregò che il suo fosse un sonno talmente profondo da non accorgersi della presenza della sua padrona.
 
Man mano che avanzava, la trepidazione era sempre più forte e, dopo che creò finalmente la distanza necessaria tra lei e la sua casa, corse più veloce che poté imboccando un sentiero erboso che fungeva da scorciatoia. 
 
Corse nonostante l'erba le tagliasse la faccia. 
Corse con un sorriso radioso e col cuore pieno di aspettative. 
Corse nonostante avesse scarsa visibilità, ma sapeva in cuor suo che quella fosse la sua strada, la strada verso il molo.

 
⚓⚓⚓
 
Quando uscì dal sentiero, aveva un gran fiatone.
Respirava fatica, dovuto anche alla stretta di quel busto, ma ci avrebbe fatto l'abitudine se fosse stato necessario.
Intravide finalmente l'orizzonte di fronte a lei e ne rimase estasiata: in quel momento il mare era colorato dal caldo arancione del Sole che, piano piano, si ritirava per dare posto alla Luna, la stella preferita dei marinai.
Intravide un gruppo formato da una decina di uomini, e immaginò che fossero lì per il suo stesso motivo. A quel punto si rifocillò di tutto il coraggio possibile e accelerò il passo, fino ad arrivare innanzi a loro. Non osò alzare lo sguardo, sapeva che la stavano squadrando da cima a fondo. A qualcuno scappò anche una risata, ma lei la ignorò, troppo occupata a vergognarsi della figura che stava facendo.
 
Ma cosa stava combinando? Era forse divenuta impazzita a sfidare tutti quegli uomini che, rozzi e crudeli, avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di ottenere quel posto?
 
Erano tutti alti il doppio di lei e molto più muscolosi, e avevano un'aria così minacciosa che erano perfetti per quel ruolo, a differenza sua.
 
Insomma, quale capitano avrebbe mai voluto per la propria nave un ragazzetto mingherlino, che di maschio non aveva proprio niente?
 
Stava perdendo tutte le speranze che aveva faticato così ardentemente ad alimentare, investita da un pesante sconforto, che non si accorse che un ragazzo con una bandana in testa li stava facendo cenno di seguirlo in una locanda.
 
Immaginò che il colloquio si sarebbe svolto lì dentro, così tutti si avviarono.
 
⚓⚓⚓
 
Conosceva quella locanda, il proprietario era un ex pirata che aveva solcato i profondi mari caraibici e conosciuto persone di tutti i tipi. Adorava il sig. Hugo ascoltarlo mentre raccontava le sue avventure a bordo di una nave pirata con un capitano fuori dagli schemi, e per questo altamente temuto.
 
Entrarono nella locanda, per poi essere condotti in fondo dove vi era una porta chiusa. Si posizionarono in fila in ordine di arrivo, ma ovviamente nessuno lo rispettò, e per non rischiare la vita decise di rimanere in fondo.  
Passò quasi un'ora, in cui lei si logorò tutte le unghie e faceva in modo di non incrociare lo sguardo di nessuno, quando finalmente toccò a lei.
 
Ormai non poteva più tornare indietro. 
 
Fece per entrare, quando il ragazzo che li scortò la fermò. 
- Ragazzetto, i minorenni non sono ammessi. - disse lui con tono sarcastico. A quelle parole lei ridusse gli occhi ad un'unica fessura e tutta la paura provata fino a pochi istanti prima si dileguò come una nuvola di fumo nell’etere, dando posto alla determinazione. 
- E chi vi dice che io sia minorenne, signore? – chiese lei a quel punto con altrettanta strafottenza, mascherando la voce che imparò a renderla roca sempre più durante le poche ore prima del colloquio.
D’altra parte lui la guardò di sbieco. 
- La tua statura. Ma guardati, non ti reggi in piedi! Ascoltami, torna a casa, la mamma sarà preoccupata! - la schernì cominciando a ridere da solo.
Di fronte a quelle arroganti parole, la ragazza stava perdendo completamente le staffe, quando dalla stanza fece capolinea un altro ragazzo. 
- Tyler, cosa sta succedendo? – tuonò questi.

I due litiganti si girarono di scatto, e lei se lo trovò a qualche centimetro distante.

Era alto, slanciato, e con un gran bel fisico nascosto dal cappotto di pelle blu notte. Portava un cappello da pirata, anch'esso nero, da cui pendeva una piuma a striature marroni. Era moro, aveva la pelle del mento ricoperta da una leggera barba su cui spiccava un pizzetto, e aveva due occhi color dell’oceano, talmente chiari e cristallini da farla perdere in essi e capaci persino di immobilizzare chiunque, come lei in quel momento.
- C-Capitano! - Tyler balzò dal suo posto per lo spavento, quasi avesse visto un fantasma.
 
Lei invece rimase imbambolata a fissarlo, incredula: davvero quel ragazzo così giovane, almeno nell’apparenza, era un capitano!?
 
- Stavo giusto dicendo a questo bambino che… - continuò l'arrogante pirata, ma la fanciulla andò su tutte le furie all'ennesima nota sarcastica. 
- Io non sono un bambino!! Ed ho più cervello di te! - gli sputò allora addosso, incurante della presenza del suo capitano, che avrebbe potuto benissimo fargliela pagare per l'offesa arrecata ad un suo membro dell'equipaggio. 
Tyler divenne rosso come un peperone, pronto a strangolarla, ma fu il capitano ad intervenire. 
- No. Non sei un bambino, sei una iena. Una piccola iena. Come ti chiami, ragazzo? - le chiese lui con tono curioso, focalizzando la sua attenzione su quella figura esile, che in quel momento si fece ancor più piccola di fronte a quello sguardo così giudicatore.
Gwen aprì la bocca per rispondere, rendendosi conto però che non aveva alcun nome in riserbo, se non il vero!
 
Era pazzesco, aveva studiato tutto il suo travestimento nei minimi particolari, per poi farsi sfuggire la cosa più importante e futile allo stesso tempo: il nome.
 
Ci mise qualche secondo per rispondere, cosa che il giovane capitano notò ma non osò sottolineare, e pronunciò il primo nome che le venne in mente.
- Mi chiamo Jordan, signore. E sono venuto qui perché voglio far parte della vostra ciurma. - di fronte a quelle parole il capitano sorrise, mostrando i suoi bellissimi denti bianchi. Ma egli non era ironico: era semplicemente sincero, e questo la destabilizzò.
- Ma quale assurda follia… - borbottò invece il marinaio, che era ormai annoiato della presenza del finto ragazzo.
A quel punto il capitano si spostò lateralmente e la invitò con un gesto della mano ad entrare nella stanza, sotto gli occhi scioccati di Tyler.
- M-Ma capitano…- iniziò lui incredulo, ma il capitano lo ammonì nuovamente.
- Taci, Tyler. - e così dicendo chiuse la porta, scaturendo nel marinaio una serie di imprecazioni sulla ragazza, non risparmiandosi proprio nulla.


 
Angolo Autrice:
​Buonsalve, miei cari lettori!
​Rieccomi, come promesso, col nuovo aggiornamento settimanale!
​La nostra furbetta Gwen è riuscita ad evadere da casa ed andare al colloquio, incontrando finalmente il misterioso capitano!
​Avete già capito di chi si tratta, non è vero?
​Inoltre è comparso un altro nuovo personaggio: Tyler! E' sempre il solito imbranato, e non è gradito dalla nostra gotica... spero di aver rispettato il personaggio, in quanto tale. :D
​Ma la domanda più importante è: riuscirà Gwen/Jordan a farsi arruolare come membro della ciurma?
​Lo scoprirete solo leggendo il prossimo capitolo!
Intanto attendo pazientemente le vostre impressioni su questo nuovo aggiornamento, se vi sta piacendo lo svolgimento della storia e se ci sono eventuali errori!
​Inoltre vi posto un'immagine della locanda in cui si svolgerà l'arruolamento:
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​Ci risentiamo nelle recensioni!

 
Dalhia_Gwen

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Capitolo 5
*** Chapter 5 ***


 

Pirate Wedding Day - Cover
 



 

Chapter 5
 





La stanza in cui ella entrò era molto piccola: vi erano giusto un tavolo al centro della stanza, due sedie e qualche scaffale colmo di libri. Non che le interessasse il luogo, ma l’atmosfera era alquanto tenebrosa.
Anche la candela che era posizionata sul tavolo, l’unica fonte di luce, si stava consumando, ed imperterrita cercava di rimanere retta, illuminando fiocamente ciò che le era intorno.
- Allora, Jordan… - esordì il capitano, che prese posizione dietro il tavolo, incitandole a fare lo stesso.
- Lo sai che stai giocando col fuoco, sì? - le chiese schietto, con tono pacato ma autoritario, alzando gli occhi e puntandoli sul viso candido della fanciulla.
Lei, che nel frattempo stava combattendo con la sua stessa paura, non appena udì le sue parole accolse la domanda come una provocazione, e per questo istintivamente si morse un labbro, innervosendosi.

Di fronte a quel gesto lui sorrise sornione, per niente sorpreso e a quel punto lei capì: voleva farla cadere.

Era un uomo molto furbo e astuto, non vi erano dubbi, ma non era certo un vano tentativo di lavaggio del cervello a farle cambiare idea ed abbandonare il suo sogno.
Rispose al suo sorriso provocatorio con uno ancor più arrogante.
- Certo, signore. So benissimo a cosa vado incontro, e non ho alcun timore. – rispose dunque lei con sicurezza, e a quelle parole lo vide irrigidirsi.

Non se lo aspettava, ovvio. Colpito e affondato.

- Bene, allora mi preme sapere il motivo di tutto ciò. Perché vuoi diventare un marinaio, Jordan? – domandò lui ancora, non staccando mai i suoi occhi da quelli di lei, allertato nel scovare un qualunque segno di cedimento da parte sua.

Ma non gli avrebbe mai permesso di averla vinta.

Se avesse voluto anche una minima speranza di arruolamento, allora agli occhi del capitano sarebbe dovuta mostrarsi perlomeno sicura di sé stessa.
- Perché l’ho sempre sognato, sin da piccolo. - rispose sorridendo, niente di più vero.
Al capitano scappò una sonora risata, mentre con i piedi si accomodava meglio, elevandoli sul tavolo e cominciando a dondolare la sedia su cui era seduto.
- Tutti così dicono, ragazzo. Ma ho bisogno di motivazioni vere, per convincermi a fidarmi degli uomini della mia ciurma. Sai, sto reclutando persone perché alcuni uomini in mare, durante una tempesta violenta, persero la vita. Sei pronto a sacrificarti per la nave e per il capitano? - stavolta glielo chiese con serietà, e lei non poté fare a meno di perdersi in quell’azzurro così chiaro dei suoi occhi.
- Signorsì, signore. – rispose dopo essersi ripresa, senza esitazioni.
- Mostrami cosa sai fare, allora. - le impose, inarcando le sopracciglia, dopodiché allungò verso di lei una serie di oggetti: ella poté distinguere mappe, cannocchiali, bussole e pistole. Li guardò uno per uno, per poi prendere tra le mani una bussola e una mappa, facendogli intendere che sapeva orientarsi e leggere coordinate.
Vide dipinta sul suo volto sorpresa e divertimento, mischiata a scetticismo.
- Sai leggere le mappe? Fammi vedere. - le chiese, per poi alzarsi e percorrere il perimetro del tavolo, posizionandosi accanto a lei. Arrivò alla sua stessa altezza, e dopo aver consultato la mappa le chiese le coordinate di qualche punto da lui scelto.
La guardò stupefatto, quando vide con quanta maestria la fanciulla faceva correre le dita sulla mappa, cercando di essere più precisa possibile.
Rispose approssimativamente in maniera corretta a tutti i punti che le chiese, e ricevette un buffetto sulla spalla e la sua risata contagiosa.
- Niente male. Chi ti ha insegnato? - chiese ad un certo punto, mostrandosi interessato.
A quella domanda Gwen sorrise dolcemente senza accorgersene, e poté notare il capitano avvertire le sue lacrime che prepotenti volevano uscire.
- Mia madre, signore. Lei era autodidatta, e amava il vostro mondo. Penso che mi abbia trasmesso la sua passione, per questo ne voglio farne parte. - abbassò lo sguardo per nascondere la commozione per il ricordo di sua madre. Il capitano sembrò non farci caso, ma sapeva di averlo turbato.
⚓⚓⚓

Gli dimostrò che riusciva ad orientarsi con la bussola e, in mancanza di essa, anche con le costellazioni.
Lui non fiatava né dava giudizi, assimilava solo le sue capacità, delineando il profilo di Jordan solo nella sua mente.
- E che mi dici con questa? – sfoderò ad un certo punto da una custodia che teneva legata al busto, sotto il cappotto, una spada, e gliela lanciò. Per paura di essere colpita, si scansò di scatto, e il suono della lama echeggiò nell’aria.
- Cos’è, hai paura? - le domandò divertito, mentre con passo lento minacciava di metterla alla prova.
- N-No signore… io non so… - la raccolse con insicurezza e subito sentì la sua spada stridere con quella che ella stessa aveva in mano, mentre in quel momento capì che doveva difendersi, nonostante non sapeva nemmeno come impugnarla correttamente.

La finta battaglia durò poco, poiché Gwen perse dalle mani la sua arma, cadendo all’indietro e rischiando di sbattere la testa.
Fece appena in tempo a portarsi una mano sul capo, evitando così di perdere il cappello e con esso l’intero travestimento.
- Mmh no, con le armi non ci sai proprio fare. Male. – rise allora lui di gusto, allungando una sua mano per aiutarla ad alzarsi.
Mentre lui si chinava, lei intravide un pugnale nascosto, e pensò che dovesse fare in modo che il capitano cancellasse qualsiasi dubbio sulla sua possibile inidoneità. Velocissima lo afferrò, e con uno scatto si alzò, arrivandogli alle spalle per poi puntargli la lama del pugnale alla gola.
Lo bloccò definitivamente.
- È vero, non ci so fare. Ma posso imparare, lo faccio anche in fretta. - soddisfatta di come si fosse ribaltata la situazione, sfoggiò uno dei suoi più sinceri sorrisi, mentre il capitano non osava muoversi. Poi lo sentì fare qualcosa, che la sconcertò.
Rideva, eccome, scuotendo la testa lentamente, mentre nella mente di Gwen balenò la paura di aver esagerato.
Ad un certo punto lui si girò per guardarla, e in quel momento si ritrovarono i visi vicinissimi. Gwen smise di respirare quando avvertì il suo intenso sguardo studiare ogni centimetro del suo viso, come se avvertisse qualcosa in lei che stonasse con tutto il resto.
Poteva avvertire il suo cuore accelerare i battiti, rischiando che lui lo sentisse sulla sua schiena. Ma nel momento in cui si accorse di avere le guance calde, si alzò di scatto allontanandosi da lui.
- Perdonatemi… forse ho esagerato… - sussurrò incerta, ma lui era troppo intento a rinfoderare le spade, per pensare alle sue scuse.
- Bene Jordan, benvenuto nel gruppo allora. - disse con naturalezza, mentre lei dovette sbattere più volte le palpebre, con in viso un’espressione sbigottita.
- M-Mi avete…assunto? - domandò, pregando che quella frase non fosse stata solo frutto della sua sconfinata immaginazione.
- Sì, ma se hai cambiato idea… - rispose lui, fintamente offeso, mentre si dirigeva verso l’uscita.
- O-Oh no no! Affatto! Grazie capitano! Non ve ne pentirete! - disse velocemente la ragazza, imbarazzata ed incredula più che mai.
Lui sorrise, ma non ebbe tempo di dire altro perché Tyler era palesemente infastidito del tempo trascorso per il colloquio, così pensò bene di impiegare il suo tempo ad importunare cortigiane che non sapessero cosa significasse il pudore.
Uscirono con una certa fretta e, alla vista di quello spettacolo indecente, il capitano si avvicinò al marinaio a grandi falcate, per poi assestargli un pugno in pieno volto.
- Tyler, non ti ho detto di spassartela mentre aspettavi fuori! Per amor del Cielo! Torniamo sulla nave, dobbiamo salpare. -

Di fronte a quelle parole la ragazza sbiancò. Salpare? Di già?

Avvertì l’ansia accrescere sempre di più nel suo animo, e la consapevolezza di dover dire addio, così presto, alla sua famiglia e alla sua adorata città, si fece dannatamente reale.
Non se l’aspettava, non era preparata, o per meglio dire, non aveva preparato suo fratello e suo padre al fatto di non vederla più, forse mai più.
Deglutì a fatica, mentre sentì le lacrime salirle agli occhi, in un tacito tentativo di uscire: non voleva che pensassero che se ne fosse andata per colpa loro.

No, non voleva che si sentissero odiati, perché non era così.
Non voleva passare per la figlia ingrata che aveva abbandonato la famiglia per ribellione.
E Maya? Avrebbe tradito anche lei.


Evidentemente aveva di nuovo un’espressione persa, perché vide il capitano che l’aspettava poco distante con le braccia conserte e una rabbia accrescere sul suo viso. Fu risvegliata immediatamente dalla sua voce che la chiamava e, nonostante rischiò di inciampare, lo seguì.
Notò il capitano avvicinarsi al gruppetto che prima di lei fece il colloquio, per poi sceglierne due e fare cenno di seguirlo.

Uscirono dal retro del locale, per non dare troppo nell’occhio, e appena fuori lei vide Tyler divenire paonazzo.
La guardava con uno sguardo indecifrabile, tra il rabbioso e lo scandaloso, non appena si rese conto che lei era tra gli uomini che il capitano aveva scelto di far entrare nell’equipaggio.
Tuttavia Gwen evitava le sue frecciatine che avrebbero alterato ogni uomo, troppo presa dai sensi di colpa che prepotenti si insediavano nella sua mente.

 
⚓⚓⚓

Mentre si dirigevano verso la sua nuova casa, diede rapide occhiate in giro, cercando di memorizzare più cose possibili di quel luogo, avendo il timore di non poterci più ritornare.
Si fermarono all’improvviso, e vide il capitano ordinare di far scendere una passerella per poter salire sulla nave.
Era oramai calato il buio, l’illuminazione del porto era decisamente scarsa, ma non le fu difficile riconoscere quella nave: se alla luce del Sole si distingueva perfettamente dalle altre, la notte sembrava un’ombra oscura di un mostro marino.
In entrambi i casi metteva i brividi, e lei ci stava salendo. Le mancò il fiato per l’emozione: era proprio la Warrior.





Angolo dell'autrice emozionata:
Buon compleanno a me! Vabbè a parte la ricorrenza che a nessuno importa...
Rieccomi con un regalo: il nuovo capitolo!
Così la nostra Gwenny ce l'ha fatta, eh? Sembrerebbe proprio che nessuno si sia accorto del suo inganno, ma chissà cosa potrebbe accadere ora che è a bordo!
A bordo della nave di cui si era innamorata fin dall'inizio: la Warrior, che ha scoperto che appartiene dunque al capitano dagli occhi acquamarina.
Allo stesso tempo però è tormentata dai sensi di colpa, verso la sua famiglia e la sua città.
Riuscirà a superare anche questo ostacolo?
Seguitemi allora nel prossimo capitolo! Grazie ancora per l'assiduità e la grande affluenza che dimostrate capitolo dopo capitolo, siente fantastici!

Gwen è pronta per salpare in questa nuovissima avventura, e voi?

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Dalhia_Gwen

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Capitolo 6
*** Chapter 6 ***


Pirate Wedding Day - Cover

 






Chapter 6








Non appena il capitano diede ordine di salpare, tutto l’equipaggio si mise in movimento, ognuno svolgendo il proprio compito.
Guardava affascinata con quanta dedizione gli uomini si affaccendavano ognuno nella propria mansione: c’era che slegava i nodi dei cannoni, c’era chi issava le vele, chi liberava la nave dall’ancora posta nel fondale e chi spostava i rifornimenti sotto coperta.

Tutto in perfetta sincronia.

Tutto ciò la fece distrarre dal pensiero logorante della sua famiglia, mentre una nuova consapevolezza nasceva dentro di lei, provocandole un sorriso radioso: aveva appena coronato il suo sogno, era su una nave, era un marinaio e avrebbe fatto del suo meglio per rimanerci.
Non poté fare a meno di notare lo sguardo curioso di alcuni marinai, riluttante di altri, ogni qualvolta le passavano davanti. E fu lì che si rese conto che non si stava dando da fare, a differenza degli altri nuovi ragazzi che si prestarono subito ad aiutare il resto della squadra. A quel punto la ragazza prese coraggio e cominciò ad inoltrarsi tra loro, con passo incerto e goffo, alla ricerca del capitano.

Quando lo trovò, era intento a dare indicazioni della nuova rotta al timoniere, un uomo abbastanza robusto ma non troppo, con una grossa benda all’occhio destro, e che scoprì si chiamasse Brick. Quando incrociarono gli sguardi, egli la salutò allegro con una mano, e in quel momento il capitano si accorse di lei, pietrificandola col suo solito sguardo glaciale ed indecifrabile. Gwen esitò solo per un momento, profondamente colpita dalla severità e dall’energia che la sua figura emanava.

- Jordan, raggiungi Light lì in fondo. Lui ti darà le mansioni che dovrai svolgere da ora in poi a bordo. – disse impassivo il giovane capitano, squadrandola veloce.
Dopo aver fatto un lieve inchino e aver ricambiato con un timido saluto quello di Brick, Gwen si avviò spedita verso un uomo nero, con muscoli da far paura e dall’espressione corrucciata.
Gli fu davanti in un baleno, e a quella distanza capì di averlo già visto: era lo stesso uomo che fissò la locandina al palo della bandiera di Cleggan.
Senza accorgersene ella venne attraversata dal medesimo tremolio provato quella mattina, ma cercò di essere più forte dell’apparenza che stava trasmettendo.

Doveva viverci, oramai, su quella nave e in mezzo a tutti quegli uomini dall’aspetto poco raccomandabile.

- Ehm…salve Light… - fece ad un tratto lei, vedendo la poca considerazione che le rivolgeva, ma quello la fermò in tronco facendola sobbalzare.
- Tu devi essere uno dei nuovi arrivati, il nanerottolo! - si rivolse a lei con riluttanza, squadrandola da cima a fondo con i suoi quasi due metri d’altezza.
La fanciulla fece una smorfia di fronte al nomignolo affibbiatole, per nulla intimorita dalla reazione che avrebbe potuto far scaturire.
- Bene, io sono Light, il quartiermastro, colui che si occupa dei compiti che ognuno di voi deve svolgere sulla nave. La mia opinione è molto influente sul capitano, quindi ti avverto: prova a disubbidirmi o a fare il furbo e non vedrai l’alba di domani! Intesi?! - a quel punto Gwen avrebbe tanto voluto rispondere alla minaccia, ma non le fu dato né il modo e né il tempo, in quanto si ritrovò tra le mani un secchio riempito di acqua e uno straccio. Guardò l’uomo confusa.
- Per iniziare, il tuo compito è quello di pulire tutto il ponte. Deve essere lucido al mio ritorno. - fece per andarsene ma lei lo trattenne con una nota di sdegno.
- C-Cosa? Pulire? Tutto il ponte?! - chiesi scioccata. Lui fece spallucce, con espressione indifferente che tradiva una rabbia sempre più crescente.
- E cosa volevi fare, con un fisico così flaccido? Ma guardati, non hai neanche un filo di muscoli! Comunque puoi benissimo rifiutare, ma in tal caso… sarai sbattuto immediatamente fuori! In pasto ai pesci cane!! - le sputò improvvisamente adirato, dopodiché se ne andò farfugliando tra sé parole a lei incomprensibili.
Dopo quelle parole, la ragazza non poté far altro che sospirare con una certa intensità: se fosse divenuta antipatica soprattutto al quartiermastro, la sua fine sarebbe stata imminente.

E, arrivata a questo punto, non avrebbe permesso alla sua indole ribelle di rovinare tutto.

Così si inginocchiò afflitta, imbevendo lo straccio di acqua, per poi passarlo sul pavimento, sbuffando: ancora non riusciva a spiegarselo, ma aveva la netta sensazione che la convivenza su questa nave non sarebbe stata facile.


 
⚓⚓⚓
 

Quando ebbe finito di lavare tutto il ponte, questi sembrava splendere.
Si aiutò a tornare in piedi aggrappandosi al parapetto, ma rimase a metà nel momento in cui avvertì le ginocchia farle un male tremendo. Se le sentì intorpidite, mentre un formicolio le attraversò lentamente.
-  Maledizione a me… - imprecò mentre si reggeva a fatica e, per far abituare le sue povere gambe alla nuova posizione, appoggiò la schiena al lato di babordo della nave.

Non era estranea ai lavori di casa, era una donna, ma lavare un intero pavimento di 40 metri, oltretutto ingrossato dalla sporcizia cui vi era attaccata, non era di certo una passeggiata.

Decise così di rilassarsi, volgendo il viso verso il mare.

Si accorse che era l’alba, e il Sole stava emanando il suo spettacolo insieme a quella immensa distesa d’acqua che gli faceva da complice.
Rimase estasiata di fronte a tanta bellezza: colori come l’azzurro e il rosa pastello del cielo, che si rifletteva nel mare, si univano per dare posto all’arancione vivace del Sole, che sarebbe divenuto splendente una volta raggiunta la massima altezza.

- Bello, eh? Un gran bello spettacolo della natura di cui possono godere pochi. – Gwen si destò dall’angolo di meritata tranquillità non appena udì una voce che sembrò provenire dall’alto, esattamente sopra la sua testa.
Alzò il capo con fare curioso, e finalmente lo vide: un ragazzo dai lunghi capelli biondi, con una bandana rossa sul capo, le sorrideva dalla cima dell’albero maestro, sbracciando al fine di salutarla.
- Già, e noi facciamo parte di codesti fortunati. – rispose lei sorridendo, disturbata però dai raggi solari che si abbattevano imperterriti sulla sua figura.
Vedendo la fatica che la compagna stava facendo per mantenere lo sguardo su di lui, il biondino scese dall’albero con una maestria e velocità fuori dal comune.
- Scusami, non ci siamo ancora presentati. Io sono Geoff, e sono la vedetta della nave. Tu invece sei…? - le chiese in tono cordiale e allegro, non smettendo di sorriderle.
- Jordan, piacere. E… non ho ancora capito il mio ruolo… - ammise lei imbarazzata, gesto che fece ridere il suo interlocutore.
- Beh io un’idea ce l’avrei…per essere alle prime armi non sei male come sguattero! Ottimo lavoro, questo ponte è uno specchio! - non seppe esattamente se quello appena pronunciato fosse stato un complimento o meno, ma il modo allegro e privo di malizia del ragazzo la fece sorridere.
- Non ci aspettavamo un ragazzo così giovane, ma sono felice di vedere un volto sereno e non provato da chissà quali sciagure, mi sento meno strano in mezzo a così tanti vecchi! – spiegò lui, facendole l’occhiolino.
- Perché? Quanti anni hai? - chiese a quel punto lei curiosa, appoggiandosi al parapetto.
- Ne ho 22. Qui tutti vanno dai 25 ai 37 anni, fatta eccezione per il capitano Evans che ne ha 24. Mi sentivo il più piccolo, ma penso di essere stato superato da te. – ammiccò il biondo, ma Gwen perse il discorso nel momento in cui venne nominato il capitano.
Si era talmente abituata al solo nome del ruolo che ricopriva che non le balenò mai il pensiero di chiedere come si chiamasse in realtà il suo superiore.

Il cognome non le era nuovo, ma quando sentì l’età rimase di stucco.

- 24 hai detto? Il capitano è così giovane? - domandò con la bocca semiaperta. Lui annuì divertito.
- Sì, Duncan è probabilmente il più giovane capitano mai esistito di una nave corsara. È nato per avere questo ruolo, e ha tutte le doti per divenire il migliore. Ha già affrontato un numero considerevole di flotte spagnole e navi pirata, uscendone sempre vincitore. E, data la sua giovanissima età, non è cosa da poco. - spiegò lui leggendo l’interessamento sul viso della ragazza.

Ella infatti non poté che essere d’accordo, rendendole così chiara la maestria con la quale usava spade e pistole, e tutta la strafottenza e la spavalderia con cui si prese gioco di lei durante l’arruolamento.

Tuttavia si chiedeva cosa mai avesse spinto un ragazzo così spigliato ed intelligente a sporcarsi le mani in questo modo.

Si era nuovamente persa nei suoi pensieri, e Geoff se ne accorse inviandole uno sguardo enigmatico.
- Tutto bene, Jo? - le chiese dunque teso, e a quelle parole ella rinvenne, sorridendo timida.
- Oh sì certo. Comunque hai ragione, ti ho battuto. Io ne ho 19. – rispose strizzando un occhio, cercando di cambiare il discorso che si stava facendo imbarazzante.
- Ma è fantastico! Stai attento, qui all’inizio è normale che ti tratteranno come uno straccio. - fece una breve pausa, guardando lo stesso straccio che Gwen aveva in mano, e gli venne da ridere da solo - beh lo stanno già facendo. Ma se ti dimostrerai fedele e volenteroso allora non potranno che accoglierti tra loro col benvenuto. – lei stava per ringraziarlo a dovere per la sua gentilezza, quando sentì la voce di Light dal cassero.

- Hey nanerottolo, già fai lo scansafatiche? Se hai finito di pulire raggiungimi, ho un altro compito da assegnarti! - le urlò infastidito, aspettandola a braccia conserte col solito sguardo truce.
- La vedo dura Geoff, con un cane da guardia come quello. Già gli sto sul naso… - ammise facendo una smorfia all’ordine appena affidatole.
A Geoff scappò una risata trattenuta.
- Sta tranquillo, fa così con tutti i nuovi arrivati. Ti accorgerai che è perennemente schizzato, ma in due anni che sono qui non ho ancora capito il motivo. Diversamente da quanto può sembrare, è il capitano che prende le decisioni, non lui, quindi tu continua a fare il tuo dovere. Se vali, a Duncan non sfuggirà. Vado a riposarmi un po', buona fortuna, Jo! - disse per poi correre saltellando verso la sua cabina, con il letto che lo aspettava.
- Grazie, ne avrò bisogno… - disse Gwen tra sé, per poi rimboccarsi le maniche e raggiungere Light, pronta al suo nuovo compito, qualunque esso sarebbe stato.

Non appena arrivò al suo cospetto, il quartiermastro fece una smorfia carica di disprezzo.
-  La prossima volta cerca di essere più veloce a pulire il ponte, i marinai non possono aspettare te con il lavoro che devono svolgere. Ad ogni modo, hai fatto un buon lavoro. – ella strinse i denti per l’impossibilità di prenderlo a ceffoni.

Quell’uomo era l’incarnazione della provocazione, si disse mantenendo la calma.

Le porse immediatamente una lettera, ricevendo uno sguardo interrogativo dal volto candido di Gwen.
-  Porta questa al capitano. Dovrebbe essere nella sua cabina, dopodiché puoi riposarti. - disse, per poi congedarla subito. Lei, decisamente sorpresa, abbassò lo sguardo sulla lettera: la carta era ingiallita, ripiegata in due su sé stessa, senza alcun sigillo.
Fece per girare i tacchi, quando si ricordò che non aveva idea di dove fosse la cabina del capitano, né tantomeno come arrivarci. Così raggiunse di nuovo Lightning che, dopo essersi dato una manata in faccia, le spiegò sommariamente la strada.







Angolo autrice:
Buongiorno a tutti coloro che sono arrivati a leggere il mio nuovo capitolo! ;D
Come ogni sabato, l'avventura di Gwen sulla Warrior continua!
Il nostro Jordan ha finalmente conosciuto alcuni membri dell'equipaggio, tra cui Lightning (l'omone già incontrato precedentemente
e di cui adesso sapete l'identità), Brick e Geoff: spero abbiate apprezzato i ruoli che ho assegnato loro, ma avrete modo
di conoscerli meglio più avanti.
Anche a Gwen sono stati assegnati i primi compiti, ma Gwen aveva creduto in tutt'altro!
Riuscirà a farsi valere e a farsi accettare da quella ciurma così indifferente a lei?
Continuate a seguirmi, non ve ne pentirete!

Approfitto col ringraziare i miei devoti recensori che non mancano mai un appuntamento, vi adoro ragazzi!

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Ci risentiamo nelle recensioni e vi dò appuntamento a sabato prossimo!


Dalhia_Gwen

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Capitolo 7
*** Chapter 7 ***


Pirate Wedding Day - Cover


 





Chapter 7






 
Gwen decise così di inoltrarsi in cambusa, scoprendo che quel mostro di nave fosse meraviglioso anche dentro.
 
Inutile dire che si perse immediatamente.
 
I corridoi le sembravano tutti uguali, e non capiva invece come gli altri fossero così abili a non imbrogliarsi. Ad un tratto si fermò esausta, ma fu in quel momento che venne attratta da un buon odore di zuppa, e il suo stomaco rispose con un brontolio.
 
- Potrei provare a chiedere al cuoco, e magari rubargli qualcosa da addentare…ho una fame da non vederci più! – pensò, mentre si avviò seguendo quel buon profumo.
 
Dalla porta aperta poté vedere il fumo delle pentole librarsi fino a dissolversi, e si avvicinò senza far rumore.
Sbirciò la cucina, che poteva essere tre volte quella di una comune taverna, e si impressionò nel vedere un unico uomo all’interno. Era un ragazzo davvero alto, di pelle nera, che portava un grembiule bianco che spiccava sulla sua carnagione.
Sorrise, le era già simpatico, perché l’espressione era un misto di allegria e serenità, ed era intento a cantare qualche canzone a lei sconosciuta: probabilmente perché era così stonato da non poter capire.
Le scappò da ridere, ma lui se ne accorse volgendo il suo sguardo verso la ragazza.
- Hey! Cos’hai da ridere? – le chiese stizzito, smettendo di mescolare nel pentolone. Istintivamente lei si tappò la bocca, arrossendo, e in fretta formulò qualche parola di scusa.
- Ehm perdonami, ma non ho potuto fare a meno di essere attratto dal questo buon odore.  Cosa stai cucinando? - chiese cambiando discorso. Lui ci cascò senza problemi, sostituendo l’espressione corrucciata con una spavalda, atteggiandosi.
- Oh mio caro, questa è una zuppa degna di un re! Ho pulito il pesce che i tuoi compagni hanno pescato durante la notte, e ho aggiunto le mie spezie segrete! Nessuno conosce la ricetta, tranne me e la mia mamma! - esclamò sognante.
Lei dovette fare un grande sforzo per non ridere, quel ragazzo era così divertente e… mammone! Si avvicinò quatta, sbirciando nell’enorme calderone.
Era estasiata, e poteva solo immaginare la bontà di quel piatto!
- Come ti chiami, ragazzo? Sei uno dei nuovi arrivati, non è così? - le chiese allora il cuoco, sorridendole, per poi ricevere l’attenzione della sua interlocutrice.
- Oh sì, mi chiamo Jordan, ed è un grande piacere per me conoscerti. – rispose la fanciulla con sincerità. Come risposta lui arrossì.
- Piacere mio, piccolo Jordan. Io sono Dj, e questo è il mio regno! - disse per poi allargare le braccia con fare teatrale. Lo guardò meglio: per essere un cuoco aveva un gran fisico, si chiese a cosa gli sarebbe servito se fosse dovuto rimanere lì dentro per la maggior parte del tempo, come si immaginava.
Ad un tratto però si ricordò del suo compito, e si affrettò subito a chiedergli aiuto.
- Scusami Dj, ma ho una certa fretta. Mi sapresti indicare dove posso trovare la cabina del capitano? Sono ore che la cerco ma probabilmente mi sono perso. Questa nave è immensa! - chiese sconsolata. Il cuoco parve illuminarsi.
- È normale che tu ti sia perso! Ma non ti preoccupare, sei molto vicino di quanto tu pensi! Una volta uscito da qui, prosegui alla tua sinistra, dopodiché troverai delle scale che ti faranno scendere. Seguile, ti troverai così al piano dove si trovano le nostre cabine. Percorri tutto il corridoio, troverai altre scale, che ti porteranno ad un altro piano. Qui troverai un’unica porta con maniglia e cerniere dorate. Quella è la porta della cabina del capitano, non puoi sbagliare. - spiegò lui, mentre a lei si illuminarono gli occhi.
- Grazie immensamente Dj, io vado! - lo salutò calorosamente e si avviò verso l’uscita.
Mentre usciva, però, i suoi occhi caddero su un cesto pieno di succulenti mele verdi, e a quella vista il suo stomaco si ribellò. Velocemente ne prese una senza che Dj se ne accorgesse, per poi fiondarsi veloce fuori dalla cucina.
Sorrise soddisfatta, perlomeno per oggi avrebbe fatto colazione.
 
⚓⚓⚓
 
Seguì le indicazioni di Dj, e finalmente arrivò al piano su cui vi era la cabina del capitano. Lì sotto regnava un silenzio tombale, tanto che riusciva ad udire persino il suo respiro che, con sorpresa, lo trovò pieno di tensione.
Una volta arrivata alla porta, alzò un pugno e fece per bussare ma ad un tratto si fermò a mezz’aria, con espressione assorta.
 
Una serie di dubbi le balenarono in mente: se il capitano stesse riposando? E se non volesse essere disturbato?
 
Non riusciva a spiegarsi quella serie di domande che emersero nella sua mente, né tantomeno il macigno in gola che non le faceva respirare regolarmente.
 
Ma che diavolo le stava succedendo?
 
Tuttavia dovette tornare con i piedi per terra con una certa fretta, in quanto improvvisamente la porta della cabina si spalancò e davanti a lei apparve il capitano con indosso solo i calzoni, tra l’altro sbottonati.
 
Si spaventarono entrambi, e lei si paralizzò davanti a tutta quella perfezione.
 
Inevitabilmente lo sguardo della fanciulla cadde sui pettorali del capitano che, nonostante le numerose cicatrici, sembravano scolpiti nella roccia. Intravide una fasciatura al lato destro dell’addome, mentre intorno al braccio sinistro vi era inciso un tatuaggio raffigurante una grossa catena che, ad un certo punto, si spezzava. Rimase per un momento incantata a guardare quel disegno, chiedendosi quale significato celasse, ma subito la sua attenzione tornò al viso del ragazzo, che non osava fiatare.
Non osò immaginare l’espressione che nacque sul suo volto, ma data quella del capitano, compiaciuta e sorpresa allo stesso tempo, se ne sarebbe vergognata per sempre.
-  Jordan…? - esordì allora lui, palesemente divertito della situazione appena creatasi.
A quel punto dovette tornare con i piedi per terra e, quando incontrò i suoi occhi chiari come l’oceano dovette usare tutto l’autocontrollo possibile per non arrossire.
- C-Capitano…i-io… - era completamente stordita, tanto da non ricordare più neanche il motivo per cui fosse lì davanti a lui. Poi guardò in basso e si accorse di avere la lettera in mano, e subito rinvenne.
- Questa è per voi, me l’ha consegnata Lightning. – disse velocemente porgendogliela e, dopo essersi assicurata della sua presa, portò le mani tremanti dietro la schiena distogliendo lo sguardo, imbarazzatissima.
Lui però continuò a guardarla scettico, assorto ed impressionato dallo strano atteggiamento del suo nuovo marinaio. Poi si riprese, e fece cenno con la mano di entrare nella sua cabina.
Ella sgranò gli occhi stupita, mentre la paura l’investì appieno.
 
Perché voleva che rimanesse con lui nella sua camera?
E se avesse capito qualcosa?
 
O peggio… se avesse scoperto tutto?
 
La testa le stava scoppiando, tuttavia un barlume di lucidità l’attraversò facendole riprendere il controllo, seppur in parte.
Decise di non opporsi per non destare altri sospetti, e lentamente lo seguì dentro.
 
La sua stanza era grande ed accogliente, con un bel letto a baldacchino in legno al centro, di fronte un grande oblò e ai lati del letto un’amaca ed uno scrittoio, su cui vi era un gran caos tra numerose carte nautiche e del rum. Ai lati della stanza vi erano delle sedie su cui giacevano degli indumenti oltremodo sgualciti, mentre in fondo vi era un’altra porta, probabilmente il suo bagno personale.
Nonostante la stanza le risultò estranea, la trovò calda e passionale, e stranamente non avvertì alcun desiderio di lasciarla.
Decise dunque di sedersi di fronte lo scrittoio, mentre il capitano al bordo del suo letto, intento a leggere la lettera. Passarono diversi minuti, e Gwen decise di sbirciare le carte sparse disordinatamente sul tavolo, e ne fu talmente presa che non si accorse che il capitano avesse perso ogni interesse della lettera e in quel momento la stesse fissando con una strana luce negli occhi.
 
- Capitano… – chiese la fanciulla dopo diversi minuti in cui lui, finito di leggere il contenuto del foglio, stava ricontrollando la risposta che aveva accuratamente scritto, prendendo anche lui posizione dietro lo scrittoio. Udendo il suo nome, il capitano alzò lo sguardo, scontrandosi con quello di lei che, alla luce fioca della lanterna, risultava ancor più nero e penetrante.
Ottenuta la sua attenzione, Gwen decise di continuare.
- Posso chiedervi per quale motivo mi avete scelto? Voglio dire, vi erano tanti altri uomini più forzuti e capaci di me. Invece avete scelto me, che non riesco nemmeno a sollevare da solo un barile. - avrebbe tanto voluto avere una voce più mascolina, ma in quel momento essere con lui da sola, nella sua cabina, le incuteva terrore, e la voce si incrinò fino a diventare un sussurro.
Lui la guardò intensamente, probabilmente preso alla sprovvista da una domanda del genere, ma alla fine posò il foglio che reggeva e si poggiò allo schienale della sedia.
- Perché mi fai questa domanda? - la fissò intensamente senza battere ciglio.
Lei ricambiò con sguardo accigliato.
- Non si risponde ad una domanda con un’altra. - lo accusò Gwen quasi d’impulso, tanto da far inarcare le sopracciglia del capitano in un’espressione di sfida.
- Io sono il capitano, posso fare quello che voglio. E da te esigo rispetto, così come dagli altri. – rispose infastidito lui, rivolgendole uno sguardo talmente penetrante che lei poté avvertire il suo cuore venir colpito e lacerato: se l’era cercata, ma la ragazza avrebbe tanto voluto una risposta sincera da parte sua.
Deglutì, mentre abbassava lo sguardo e prendeva ancor più coraggio di prima.
- Vi chiedo perdono, capitano. Ma… vorrei sapere cosa vi ha colpito di me rispetto agli altri. – ammise poi, e ringraziò il Cielo della penombra che godeva l’angolo di quella stanza, in quanto un forte rossore aveva acceso le sue guance.
Passarono diversi secondi, in cui il ragazzo parve pensarci su, mentre attento squadrava la figura buia di Jordan, con espressione imperscrutabile.
 
Un’espressione in realtà inconsapevole, indurita da un passato che lo segnò profondamente ed incapace di lasciarlo in pace, lo stesso che lo aveva portato a divenire un pirata.
Un’espressione che celava la sua vera natura, divenendone con gli anni uno scudo indistruttibile.
O quasi.
 
- Non lo so nemmeno io in realtà. Sei diverso dai soliti uomini che vogliono venire in mare solo per arricchirsi. Ho letto passione nel tuo sguardo quando sei venuto al colloquio, una passione che pochi posseggono. E questa è l’unica caratteristica che mi basta per capire se una persona possa fare carriera o no. Hai tanta strada da fare, ma sento che porterai soddisfazioni, Jo. - spiegò finalmente lui, non smettendo di guardarla, e in quel momento ella poté giurare di non avere più di fronte il solito uomo enigmatico, ma un ragazzo sincero e con cuore, e questo la sorprese non poco.
Nell’udire quelle parole, non poté fare a meno di sollevare lo sguardo e di sorridergli in un tacito ringraziamento, mentre le sue mani si contorcevano sul grembo.
Alla fine anche il capitano sorrise, mostrandosi più bello di quanto già non fosse.
Le mancò il respiro quando lo vide avvicinarsi, ma la paura scomparve quando le diede la risposta a quella lettera, riferendole che da quel momento sarebbe stata libera di tornare da Light e riposare per aver adempiuto al proprio compito.
 
L’accompagnò poi alla porta ma, nel momento in cui la ragazza stava per andarsene, lui la fermò prendendola per mano. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma lo vide intento ad esaminarla.
-  Hai dita sottili, queste non reggono nemmeno ad una fune. Cerca di farci il callo, non sarà una passeggiata rinforzarle. - e così dicendo la fece uscire chiudendo poi la porta, facendola rimanere senza parole e con la testa piena di dubbi.






Angolo autrice:
Buon pomeriggio a tutti!
Con questo caldo, piacerebbe anche a me essere a bordo di una nave e rifocillarmi con l'acqua salmastra! 
A parte questo...
Ecco a voi il cuoco di questa particolare ciurma: DJ! Era inevitabile assegnargli un ruolo del genere, spero siate d'accordo anche voi!
E poi c'è il capitano a cui non sfugge proprio nulla... e Gwen sempre più folgorata da lui. Riuscirà la nostra piccola marinaia a resistere ancora ai suoi occhi criptici e al suo fascino, per non rischiare la pelle?
Seguitemi, ci sarà da divertirsi! :)

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Capitolo 8
*** Chapter 8 ***


Pirate Wedding Day - Cover



 








Chapter 8










Finalmente ebbe un po' di tempo libero, e la prima cosa che fece fu scoprire la sua cabina. Con immensa felicità notò che fosse collocata di fronte a quella di Geoff ed in mezzo tra quella di Dj e quella di Brick.
Entrò, e poté respirare l’aria di salsedine di cui la stanza fu impregnata. Sorrise estasiata, e si buttò sul letto che profumava di pulito.
Si mise a pancia in su, e pensò alla svolta che la sua vita prese da qualche giorno.
Fu piacevolmente sorpresa da come pian piano stesse riuscendo a fare amicizia con un gran numero di marinai, e di quanti fossero diversi da come si mostrarono in realtà, facendo cadere tutte le leggende che descrissero questi uomini come lupi di mare, senza scrupoli pronti ad uccidere solo per denaro.
 
⚓⚓⚓
 
Passarono due settimane dall’arruolamento della ragazza, e le cose sembravano andare a gonfie vele.
Gwen e Geoff divennero inseparabili, tanto che divenne il suo miglior amico. Stavano sempre insieme, e si divertivano da matti a prendere in giro alcuni membri dell’equipaggio.
 
Pian piano la ragazza cominciava ad imparare la struttura della nave, i suoi passaggi segreti e alcune zone prima sconosciute.
Tuttavia, Geoff non fu il suo unico amico in tutto l'equipaggio.
Accaddero infatti avvenimenti più o meno bizzarri che la portarono a sfruttarli a suo vantaggio.
 
Non poteva di certo vantarsi di essere accettata da ogni membro, per questo creare alleanze sarebbe stata cosa buona e giusta: era pomeriggio inoltrato, e tutti i pirati erano sul ponte a godersi un po' di frescura dopo aver lavorato duramente sotto il Sole. Lei era con Dj ai fornelli, e in quel momento trasportava un grosso cesto pieno d'aglio. Arrivò in cambusa dolorante e affaticata, quando sorprese Brick, il timoniere, a rovistare tra le dispense del cuoco. Corrucciò la fronte posando il cesto per terra.  
- E tu cosa ci fai qui?! - chiese lei oltremodo curiosa.
Lui non sapeva come risponderle, era talmente rosso in viso che Gwen avrebbe giurato fosse scottante per la vergogna. Alzò le mani in gesto di arresa, facendole credere di non aver rubato nulla, quando dalle sue tasche uscirono dei frutti.
La ragazza non riuscì a trattenersi dal ridere: il caro Brick si era messo in un bel guaio. 
-  Ti prego non lo dire a Dj! Lo andrà a spifferare al capitano e solo il Cielo sa di cosa sia capace quell'uomo quando si arrabbia! - le supplicò, inginocchiandosi, gesto che enfatizzò la risata cristallina della fanciulla.  
Ella rifletté per un momento, estraniandosi dall’imbarazzante situazione, arrivando poi ad una interessante conclusione: il ragazzo aveva una certa paura del capitano e, anche se lei odiasse approfittare delle persone, pensò che avrebbe dovuto sfruttare quell’occasione, appurando anche le modalità. 
 
Con fare teatrale, dunque, si avvicinò lentamente al ragazzo che tremava, per poi chinarsi fino ad abbassarsi alla sua altezza, guardandolo poi negli occhi. 
- Non lo dirò al capitano, sta tranquillo. Ad una condizione, però… - iniziò lei con una strana luce negli occhi. Lui sbiancò ma, non avendo alternative, dovette cedere al compromesso. 
- A patto che tu mi insegna qualcosa su come manovrare la nave. – Gwen unì le mani in segno di preghiera, accompagnando il tutto con un'espressione infantile che con suo fratello funzionava sempre. 
Il timoniere esitò per qualche istante ma poi, non vedendoci nulla di male, accettò.  
- Accetto, ma guai… - stava per dire, ma lei lo fermò abbracciandolo entusiasta. 
- Non temere, parola di marinaio! - disse, mentre lui ne rimase scioccato. 
 
Fu così che si creò una certa intesa tra loro: lei si impegnava nel coprirlo mentre metteva qualcosa nello stomaco nelle ore di buca e, non appena poteva, lo affiancava davanti al timone assimilando qualsiasi tipo di nozione.
Tutto l'equipaggio era ormai al corrente di quelle lezioni quotidiane, persino il capitano che, avvertendo una certa instabilità della nave, si chiedeva se il timoniere stesse passando un brutto periodo. Quando decise di appurare personalmente la causa di quel dondolio fastidioso, si diresse verso la poppa con fare minaccioso, pronto a scagliare sul marinaio ogni tipo di ingiuria possibile ma, vedendo la situazione creatasi, rimase visibilmente sorpreso. 
Al timone vi era Gwen, affiancata costantemente da Brick, ed era palese che la ragazza stesse impiegando uno sforzo disumano per poter girare anche solo di qualche grado quella nave che pesava tonnellate. Vedeva l'allegria di Brick sul suo viso, e dopo aver asciugato per l'ennesima volta la fronte dal sudore, ella sospirò stanca ma entusiasta di quelle esperienze che credeva di poter vivere solo nei suoi più intimi sogni.  
- Hey, non te la cavi male! Quando svilupperai i muscoli saprai sicuramente controllare meglio il timone! - esclamò Brick allegro.
Poi il marinaio prese le mani della sua compagna e le appoggiò su alcuni perni, spiegandole la posizione comoda per persone di una certa statura, come la sua. Subito si accorse che in quel modo aveva maggior controllo della nave, ed istintivamente le nacque un enorme sorriso saltellando poi addosso a Brick, che per poco non perse l'equilibrio. 
- Wohoho! – esclamò la ragazza imitando un pirata, portando le braccia in alto, e Brick scoppiò a ridere come non mai.
Tutti questo tuttavia non sfuggì a Duncan, che osservò la scena con curiosità ed ilarità, non riuscendo a nascondere un sorriso puro e sincero. Quando Gwen se ne accorse, lui stava guardando proprio lei in maniera compiaciuta, ed ella non poté fare a meno di arrossire. Poi, con l’intento di connettere quei pochi neuroni che le fossero rimasti, si accorse del movimento del capitano che stava avanzando verso di lei con aria soddisfatta, non staccandole tuttavia gli occhi di dosso. Immediatamente la fanciulla cercò di tenere lo sguardo basso e il cuore a bada. 
- Gwen cerca di contenerti, stai facendo la figura dell'omosessuale… e tu non lo sei! – disse fra sé per calmarsi, ma la sua vicinanza, la sua voce calda e profonda, il modo con cui le riservava sguardi e sorrisi aveva un effetto devastante sui suoi sensi, che non riusciva ad opprimere. 
 
Possibile che si sia presa una cotta proprio per il suo capitano?
 
Sbiancò all'idea bizzarra quanto sempre più reale. 
 
- Jo, adesso vuoi anche prendere il posto di Brick? - le chiese Duncan divertito, una volta trovatosi di fronte a loro.  Lei scosse il capo imperterrita, mentre cercava di non farsi prendere dal panico e di assumere un atteggiamento quantomeno dignitoso. 
- Assolutamente no, capitano! Non potrei mai, Brick è perfetto nel suo ruolo. – affermò sinceramente, guardando sorridente il timoniere che, di fronte a quella risposta, si grattò la nuca imbarazzatissimo. Anche il capitano lo guardò giusto per qualche istante, dopodiché tornò a fossilizzare i suoi occhi sulla più piccola figura tra loro. 
- È vero, lo è. - rispose loquace, ed ella non poté che annuire entusiasta.
 
Col passare del tempo, però, il capitano le diede anche una nuova mansione: aiutante cuoco, ed ella fu più che felice.
Dj diceva che lei fosse nata per la cucina, ed ogni volta le scappava una risata, conoscendo la verità.
Il quartiermastro Light, invece, sembrava avesse deciso di riservarle un trattamento migliore dopo aver osservato i suoi constanti progressi, e lei espanse la sua sconfinata curiosità su qualsiasi cosa vedesse fare, innamorata sempre più di quel mondo: da fare i nodi alle reti, ad ammainare le vele.
E i membri dell’equipaggio apprezzavano i suoi tentativi, seppur a volte goffi, di imparare a dare una mano. Sempre stando attenta a non lasciar trapelare nessun indizio sulla sua vera natura, imparò a non togliere mai il cappello e ad avere la camicia abbottonata sempre fino al collo, nonostante il caldo afoso: era oramai estate piena e molti uomini, non sopportando il caldo opprimente che raggiungeva l’apice verso pranzo e nelle prime ore del pomeriggio, si spogliavano rimanendo a torso nudo, altri solo con l’intimo. Ed ella cercava di rimanere il più possibile impassibile ed indifferente.
Purtroppo però questo non accadeva se, a togliersi gli indumenti, fosse stato Duncan, il suo capitano: quando ciò accadeva sotto i suoi occhi, ella perdeva la completa concentrazione e finiva col passare il tempo ad ammirarlo in segreto.
Era come una calamita per lei, ma la consapevolezza di provare qualcosa per lui era ciò che più temeva per cui, a quel pensiero, tornava tristemente con i piedi per terra scacciando ogni fantasticheria su di lui.
 
Scoprì che Duncan fosse indispensabile per ogni mansione, ed anche molto disponibile nel dare una mano. Alcuni marinai, sotto al sole, soffrivano di cali di concentrazione, ed era in quei momenti che Duncan dava il suo aiuto.
Ella poteva leggere la gratitudine dei suoi uomini nei loro occhi, che lo guardavano con ammirazione.
Arrivò alla piacevole conclusione che tutto l’equipaggio, se avesse avuto l’occasione, avrebbe sacrificato la vita per la sua, e questo era impressionante. A confermare la sua tesi, tuttavia, fu Geoff che, chiacchierone com’era, le raccontò ogni avventura vissuta su quella nave in precedenza, di quanto la ciurma fosse fedele al capitano, specificando che egli salvò ognuno di loro da un destino che non avrebbero voluto.
Di fronte quella affermazione la ragazza si ritrovò a riflettere, e non poté far a meno di sorridere.

In fondo anche lei non fu da meno: Duncan, inconsapevolmente, la salvò da una vita che non voleva fare, e scoprì che anche lei avrebbe dato la propria vita per lui, se avesse potuto.

Ma era solo la gratitudine, l’unico sentimento in grado di farle prendere una decisione del genere?

Sulla Warrior, però, non vi era solo una ciurma totalmente devota al capitano.
Tra gli uomini dell’equipaggio, infatti, si era instaurato un vero e proprio legame di fratellanza: alcuni si consideravano tali, altri un po' meno, ma non vi era odio. Non li sorprese mai litigare veramente, se non quando si trattava di donne ed alcool. Beh lì potevano anche uccidersi.
Tuttavia, si rese conto che anche il capitano avesse delle persone con cui legò in particolar modo, e tra quelle persone vi era anche Geoff. La loro era una profonda e reciproca amicizia nata sin da piccoli, forte tanto quanto un legame fraterno.
 
Pensava a tutto questo poggiata al parapetto della nave, guardando assorta davanti a sé, mentre si gustava il suo dolce spuntino. Addentò l’ennesima mela verde che rubò dalle dispense, ma oramai quel gesto diventò un 'abitudine tanto che anche Dj se ne accorse, ma lasciandola tuttavia libera di farlo.
 
Era passato quasi un mese da quando Gwen era a bordo, e nessuno ebbe mai dubbi su di lei. Le venne da ridere al pensiero che ben 40 uomini non si fossero mai accorti della presenza di una donna tra loro.
 
Si riteneva troppa fortunata, ma non osava immaginare per quanto tempo sarebbe durato.
 
Ogni giorno avrebbero potuto incontrare bucanieri e pirati di qualsiasi tipo e ogni volta temeva che tutto sarebbe saltato fuori.
In fondo chi l’assicurava che una nuova nave, magari come quella che affrontarono prima del suo arruolamento, sarebbe sbucata ed avrebbe fatto a pezzi tutti? 
E di lei? Cosa ne sarebbe stato del suo sogno che si stava concretizzando?
 
-Hey scricciolo, a cosa pensi? - venne distolta da una voce inconfondibile. Non le fu neanche necessario girarsi per appurare la fonte.
Sorrise, avrebbe sicuramente sofferto la sua morbosa presenza, se fosse mai successo. Vide Geoff affiancarla, mentre veloce le prese dalla mano la sua mela, dandone anche lui un morso.
-Hey non vale! Quella era mia e me la sono guadagnata! - piagnucolò cercando di riprendersela, ma lui adorava farla arrabbiare.
- Guadagnata? Che parolone! Semmai rubata… - la canzonò lui, sfruttando il vantaggio della sua altezza su di lei, per non farla arrivare alla mela.
- Ed anche se fosse? Dj oramai è talmente abituato da non farci più caso! - esclamò e allo stesso tempo saltellando su sé stessa, così da arrivare ad afferrare la mela soddisfatta.
- Ma io ho fame! - si lamentò il compagno facendo il labbruccio. Lei alzò le spalle, vendicativa.
- Magari la prossima volta ne prendo due… - disse, dopodiché scoppiarono improvvisamente a ridere.
 
- Geoff, qual è la destinazione? – chiese poco dopo, guardando l’orizzonte bruno di fronte a sé. Il biondo si girò per guardarla stranito per qualche secondo, poi tutto d'un tratto si ricordò della poca presenza del suo compagno sulla nave e della sua giustificata estraneità al loro passato, così si sentì in dovere di spiegarle ogni cosa. 
- Londra, caro Jo, e siamo pure in ritardo. - disse con naturalezza. La curiosità della ragazza divenne sempre più forte, cosicché si mise a braccia conserte e comoda ad ascoltare tutto ciò che aveva da dirle. 
- Dobbiamo tornare in patria per riscuotere la ricompensa che il re ci ha offerto in cambio di un compito che abbiamo portare a termine. Siamo in ritardo perché purtroppo abbiamo perso degli uomini durante l'arrembaggio e avevamo urgenza di prenderne altri, sai com'è… per non essere ulteriormente scoperti, e così attraccammo al porto più vicino alla nostra portata, quello di Cleggan. Una volta arruolati gli uomini, siamo ripartiti per mare, verso Londra. L'hai mai vista? - le chiese allegramente, vedendola interessata. 
Ella scosse la testa lentamente. 
- Allora questa è la tua occasione. Tutti dovrebbero vedere Londra almeno una volta, soprattutto se si è inglesi, o perlomeno delle vicinanze. - annuì, e velocemente si mise sui gomiti, nel momento stesso in cui arrivò ad una conclusione. 
- Quindi saremmo corsari? Persone al servizio del re, è corretto? – domandò lei guardandolo negli occhi.  Geoff però rimase enigmatico. 
- In realtà neanche io saprei come definirci: per gli inglesi potremmo essere corsari, per gli spagnoli siamo pirati, per altri ancora delinquenti. Dipende come si vuole interpretare il proprio lavoro. Per me saremmo semplicemente uomini che lavorano per mare. Persone che fanno di un viaggio il proprio lavoro, che si difendono dai nemici in caso di attacco, e che servono coloro che li ingaggia. Siamo lavoratori come tutti, no? - concluse così, ammiccando.
E lei sorrise sorpresa: il suo discorso non faceva una piega.






Angolo autrice:
Nuovo capitolo appena sfornato!
Come avete potuto vedere, questo capitolo è prevalentemente riflessivo, quindi abbastanza statico ma necessario per chiarire alcuni punti ed introdurre la prossima azione.
Spero abbiate apprezzato i legami che si sono creati e l'appartenenza della Warrior alla corona inglese.
Il motivo? Lo spiegherò più avanti!

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Ci risentiamo nelle recensioni!


​Dalhia_Gwen

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Capitolo 9
*** Chapter 9 ***


Pirate Wedding Day - Cover




 











 
Chapter 9








L’indomani il Sole prometteva una bellissima e altrettanto focosa giornata, in cui gli sforzi si sarebbero raddoppiati a causa delle alte temperature che non lasciavano scampo a nessuno.
Quel giorno Gwen si svegliò grazie alla brezza marina che penetrava nella sua cabina dall’oblò che lasciò aperto durante la notte. Erano così afose che anche lei fu costretta a dormire con la sola biancheria, non prima però di essersi accertata di aver chiuso a chiave la stanza, al fine di scongiurare qualsiasi tipo di equivoco.
Il suo corpo ne stava risentendo della situazione e della pressione a cui lo stava sottoponendo così, una volta calato il Sole, ella non desiderava altro che tornare nella propria camera e liberarsi di quell’odioso bustino che le premeva il seno, appiattendolo. Durante la notte liberava anche i capelli che, tenuti nel cappello per tutto l’arco della giornata, si attaccavano tra loro, diventando unti e sudici. Ma quando poteva, li lavava velocemente col sapone per donare loro vitalità.
 
I primi fiochi raggi di Sole attraversarono la sua cabina, e alcuni di loro arrivarono dritti al suo cinereo viso. Istintivamente la fanciulla fece una smorfia, e fu così che capì che doveva alzarsi.
Si stiracchiò lentamente, mentre si avvicinò al pezzo di vetro che fungeva da specchio, posto nel cieco bagno della cabina. Osservò la sua figura che, dal momento in cui salì su questa nave, si irrobustì di massa muscolare: poteva sentire i suoi bicipiti e tricipiti accentuati sotto le sue dita, e la pelle colorata di una leggera abbronzatura che le donava molto. Le guance, le più soggette al Sole, erano perennemente rosse, e le sue labbra erano più carnose a causa del sale marino che, quotidianamente, le arrivava in faccia con le onde mentre puliva i cannoni posti lungo i lati della Warrior.
 
Dopo essersi data una veloce rinfrescata, indossò abiti puliti e rigorosamente prese in prestito da Geoff, e si catapultò fuori, gustandosi il chiasso che già echeggiava sul ponte.
Diede una rapida occhiata in giro, e notò subito che il capitano mancava all’appello.
Improvvisamente si rabbuiò: non era da lui non essere presente in tutto quel fracasso, soprattutto a prima mattina.
Deglutì, mentre avvertì una morsa a livello del petto, che stringeva facendole mancare il respiro. In realtà erano giorni che Duncan non si affacciava sul ponte per impartire ordini a destra e a manca, e la cosa la fece rimanere alquanto turbata.
Non chiese informazioni a Geoff, conoscendolo avrebbe fatto fantasticare il suo pensiero inventandosi chissà quale assurdo motivo dell’interessamento da parte del finto ragazzo, così pensò di interpellare Noah, il medico di bordo. Era un ragazzo bruno dai capelli lunghi, molto magro e composto, ed era maledettamente serio in qualsiasi situazione.
Tuttavia, quando lo raggiunse in una cabina che fungeva da laboratorio, lui non seppe darle notizie sul capitano, e in un certo senso questo la rincuorò.
Perlomeno non necessitò di cure, significava che stava bene.
- Non dovresti preoccuparti, spesso il capitano si chiude nelle sue stanze per giorni chiedendo di essere lasciato in pace. A volte lo fa per studiare strategie e mappe da seguire, altre volte semplicemente per avere un po' di tranquillità. -
Furono queste le parole del medico, dopo che la congedò per chiudersi nel suo laboratorio.
 
Così, sollevata da quel grosso pensiero, Gwen si fiondò nuovamente all’aria aperta, dove gli uomini erano intenti a trasgredire un po' le regole, sfruttando l’assenza del capitano. Vide Geoff scherzare con Brick, e fu lì che decise di unirsi a loro.
- Ragazzi, cosa state confabulando? - chiese sbucando improvvisamente, facendo spaventare entrambi.
- Jo! Per tutti i mari, mi hai fatto prendere un colpo!!! - esclamò Brick, mentre Geoff rideva a crepapelle.
- Hahaha scricciolo sarai veloce nel spaventare le persone, ma non riusciresti mai ad arrampicarti lì sopra prima di me. - disse, alzando poi il capo indicando poi l’albero maestro principale, alto ed imponente, e nient’altro che la sua postazione di lavoro.
Ella gli lanciò un’occhiata carica di aspettative: questa era una sfida, dunque, e lei non si tirava mai indietro.
- Cosa vogliamo scommettere? – chiese la ragazza, mentre sul viso nasceva un ghigno divertito.
- Se vinco io dovrai seguirmi in un bordello, una volta scesi a terra! - disse lui facendole l’occhiolino. Lei roteò gli occhi, esasperata.
- Se invece vinco io invertiremo le mansioni per un giorno. - la guardò divertito, dopodiché accettò.
Iniziarono così la scalata: lei adorava arrampicarsi, lo faceva sempre col fratello Scott, quando da piccoli si nascondevano sugli alberi, mentre il loro padre li cercava per impartire i suoi ordini. All’improvviso le venne una strana malinconia, ma che tuttavia scacciò subito dai suoi pensieri.
Salì veloce e con cautela sull’albero, e vedeva Geoff sempre più sconcertato che la fissava dall’alto non capacitandosi delle sue abilità.
- Non te l’aspettavi, eh Geoff? – urlò Gwen aggrappata all’albero sempre più in alto, mentre lo raggiungeva divertita.
Oramai lo spettacolo diventò pubblico, e tutti i marinai che erano presenti sul ponte si raggrupparono intorno all’albero per assistere a quella commedia.
E fu così che la ragazza raggiunse, perdendo la scommessa, Geoff, entrambi affannati più che mai, sotto lo sguardo scioccato di tutti i presenti.
- T-Tu… - iniziò Geoff mentre a stento si reggeva sulle braccia, guardandola allibito.
- Sei incredibile! Non avevo mai visto un ragazzo pelle e ossa arrampicarsi con così tanta agilità su un albero di nave!!! - esclamò fissandola con i suoi occhi azzurri come il cielo.
Lei si teneva il ventre con una mano, mentre con l’altra cercava di non collassare per terra.
- B-Beh, lo prendo come un complimento! - rispose ansimando. Lui allargò le braccia esasperato.
- Lo è! - e fu così che batterono il cinque con allegria. Nel frattempo, ai piedi dell’albero, i marinai assistettero a tutta la scena, e quando videro che ella arrivò sana e salva lì sopra, rimasero anche loro senza parole, elevando un rumoroso battito di mani, congratulandosi con Jo.
Lei era così felice, aveva finalmente dimostrato a quei rozzi uomini che anche lei poteva fare molte cose e che poteva essere d’aiuto a loro e alla Warrior. Ma proprio quando era intenta a sfoggiare un radioso sorriso a tutti loro in basso, si paralizzò nel vedere il capitano in mezzo alla folla, attratto anche lui dal caos che avevano creato lei e Geoff.
Nonostante l’altezza, poteva sentire il suo intenso sguardo lacerarle l’anima, ma non era uno sguardo da temere.
Affatto.
Era colmo di soddisfazione e ammirazione, sentimenti che stava avvertendo verso di lei, per la sua esile figura che pareva così insignificante in mezzo a tanta altezza e muscolatura.
Avvertì il suo petto gonfiarsi per l’emozione, mentre una strana ma piacevole sensazione stava colorando le sue guance di rosa.
Non era il Sole, non era il caldo.
Era… amore?
Non lo sapeva, non ancora almeno, ma quando lo vide sorridere radioso verso di lei tutto il mondo si fermò, e poté sentire il suo cuore battere impazzito per lui.

- Capitano, vedo qualcosa all’orizzonte!!!- Brick, l’unico pirata a non essersi spostato dal suo posto, si fece sentire tra il chiasso, nel momento in cui intravide delle macchioline di costa di fronte a loro, che si estendevano sempre di più.
Tutti rimasero a bocca aperta, tutti tranne Duncan che, veloce, estrasse il suo cannocchiale, lo allungò e verificò di persona.
- Geoff? - gridò poco dopo alla sua vedetta, e la risposta dell’amico arrivò quasi istantanea.
- 51 ° Nord e 2° Ovest. Confermo, capitano. Siamo arrivati, vedo Londra! - esclamò il ragazzo accanto a lei, mentre ella rimase senza parole per la sorpresa.





Angolo autrice:
Salve a tutti, popolo di EFP!
Perdonate il mio mancato appuntamento la settimana scorsa, ma non sono riuscita a stendere nulla su carta perchè molto impegnata. Ad ogni modo, dovete scusarmi di nuovo, perchè la settimana prossima sarò in ferie e quindi in vacanza. Dunque il prossimo capitolo sarà pubblicato presumibilmente il 12.
Tuttavia spero che questo vi sia piaciuto, alla prossima e buon proseguimento di vacanza a tutti!


​Dalhia_Gwen

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Capitolo 10
*** Chapter 10 ***


 
Pirate Wedding Day - Cover





 















 
Chapter 10












Finalmente, dopo settimane di navigazione, avrebbero fatto scalo e toccato terra. Non che Gwen ne sentisse la grande necessità, ma ella era oltremodo curiosa di visitare Londra della quale tutti ne parlavano largamente.
Fremeva dalla felicità e anche l'equipaggio pareva in agitazione. 
Vide il capitano correre da una parte all'altra della nave, facendo sentire la sua voce dappertutto. 
- Light, come stiamo di provviste? - chiese a quel punto arrivando a prua, laddove c'era il quartiermastro che teneva i conti. Egli mostrò immediatamente attenzione al capitano, passandosi una mano sulla fronte alquanto affranto. 
- Ho stilato questa lista, capitano. – quest’ultimo la controllò veloce, poi annuì. 
- D'accordo, occupatene tu, allora. – e, dopo aver ricevuto un inchino da parte di Light, Duncan proseguì ad impartire ordini. 
- Voi, ammainate le vele a nord est, così attracchiamo senza dare troppo nell'occhio. Voi altri, incominciate a calare l'ancora lentamente. E voi laggiù preparate le lance per arrivare a terra. – ruggì facendosi sentire lungo tutto il ponte di coperta, mentre le onde del mare sbattevano imperterrite ai lati della nave tanto forte quanto la sua voce.
Cori di consenso si elevarono nell'aria, dopodiché sul ponte si creò un vero caos.
Agli occhi della ragazza, il capitano si mostrava così serio e autoritario quando affidava i compiti, tanto che sembrava emanasse luce propria: quella mattina, infatti, indossava un cappotto marrone che teneva sbottonato, nascondendo in parte una spada e un paio di pistole, sotto un paio di calzoni dello stesso colore, solo più chiaro, e una camicia bianco avorio con rifiniture dorate. Sorrise senza accorgersene, constatando che stesse bene con qualsiasi cosa indossasse, al punto di perdersi nel contemplarlo.
 
- Jordan! - si sentì chiamare forte, destandola da un punto impreciso di fronte a lei, e così si accorse che fu proprio il capitano a pronunciare il suo nome. Corse immediatamente verso di lui, attenta a scansare gli uomini che, poveretti, svolgevano i loro compiti senza fermarsi neanche un secondo. 
Quando arrivò innanzi a lui, egli la squadrò col suo solito sguardo enigmatico, dopodiché cominciò a parlarle. 
- Va in cambusa e avvisa il cuoco che stasera ceniamo fuori. Dopo controlla che tutte le ante che coprono i cannoni siano ben chiuse e le polveri ben nascoste sotto la stiva. - le ordinò lui guardandola negli occhi. 
Ella annuì, ma non del tutto convinta. 
- Ma non siamo in terra alleata, signore? - chiese più che altro a sé stessa, ma la domanda arrivò lo stesso al capitano che, capendo il discorso, le poggiò le mani sulle spalle. Quel gesto, irrimediabilmente, le trasmise una scarica lungo tutto il corpo, facendola sobbalzare.  
- Sì Jo, ma la prudenza non è mai troppa. - le sussurrò, dunque, dopo essersi chinato, per arrivare alla sua altezza. Ella deglutì a fatica, avendolo così vicino, ed inevitabilmente si tuffò nelle sue iridi che somigliavano tanto all'oceano che amava. Tuttavia si riprese subito e, portando una mano all'altezza della fronte, obbedì. 
- Signorsì capitano! Agli ordini! – esclamò sicura, per poi sfuggire dalla sua presa non dandogli neanche il tempo di rendersene conto. 
 
Nel momento in cui fu lontana da lui, il suo cuore si calmò così come la sua mente.  
Sospirò, mentre portò le mani sul viso in segno di disperazione.
Non voleva ammetterlo ma si rese conto col tempo di provare qualcosa per Duncan, il suo capitano.  
Ma non una cotta passeggera. Era pesante e le stava creando un sacco di problemi. 
Spostò le mani sulle guance, scoprendole ancora calde, digrignando i denti in palese difficoltà. 
 
Come avrebbe potuto nascondere i suoi sentimenti se questi si manifestavano senza che se ne accorgesse? 
 
Ma soprattutto … se non fosse stata solo una cotta? Se poi si sarebbe rivelato qualcosa di più profondo? 
Sgranò gli occhi, immaginando la situazione e tutte le sue conseguenze. 
No, pensò scuotendo il capo, non poteva innamorarsi assolutamente di lui. Non l’avrebbe corrisposta e poi… come gli avrebbe confessato che in realtà lei fosse una donna?  
L'avrebbe preso come tradimento e lei non voleva perdere tutto quello. 
Non voleva perdere lui.
 
Aveva così tanta confusione nella sua testa che le sembrò di impazzire, allorché decise di smetterla di torturarsi e soprattutto di sognare qualcosa che non sarebbe mai accaduto. 
Quindi, dopo aver avvisato Dj così come le fu ordinato e accertatasi che anche i cannoni fossero a posto, ritornò in coperta e notò che tutti erano pronti per scendere a terra. Tutti tranne un gruppetto a cui toccò di rimanere sulla nave per tutelarla.
Si chiese immediatamente se anche lei non facesse parte di coloro che dovevano rimanere a bordo. 
Ad un tratto però si sentì strattonare.  
- Jordan! Ma dov'eri finito? Muoviti, dobbiamo scendere o ci lasceranno qui! - Geoff era così euforico di dover scendere che contagiò anche lei, tanto che quasi si dimenticò di dover passare nella sua cabina a prendere qualche soldo.
Desiderava tanto fermarsi al porto di qualche città, in quanto aveva intenzione di acquistare qualche indumento, e smettere così di usufruire di quelli di Geoff.  
- Devo prendere una cosa in cabina, torno immediatamente! – esclamò la fanciulla fiondandosi veloce nella sua stanza. Spalancò la porta con violenza aggrappandosi letteralmente al suo baule, quando intravide sul letto un foglio piegato e un sacchetto poggiato su di esso. 
Inarcò d’istinto le sopracciglia, assumendo un'aria interrogativa.  
 
Come ci era finito quel sacchetto nella sua cabina? 
 
Guardò il sacchetto con sospetto, mentre avanzava verso il letto, realizzando con rammarico che qualcuno si fosse azzardato ad intrufolarsi in camera senza il suo consenso. Sollevò il sacchetto, che emise un tintinnio leggero, per poi prendere la lettera e cominciare a leggerla. 
 
"Hai dimostrato di essere una persona in gamba e fedele, meritandoti appieno il tuo posto in questa nave.
Questa è una ricompensa, te la sei guadagnata.
Fanne buon uso.
Il Capitano"
 
Gwen rilesse più di una volta quel messaggio su quella carta, ma ogni volta che terminava non riusciva a credere ai suoi occhi.
Le sembrò di essere in un sogno, da cui non era in grado di svegliarsi, oppure semplicemente non voleva.
 
Non era possibile che avesse scritto quelle parole per lei.
No, non lui.
Non Duncan.
 
Si destò dallo stato di trans in cui era caduta e, non riuscendo più a captare il confine tra realtà e immaginazione, si pizzicò più volte il braccio.
Il risultato? Non si svegliò, tutto rimase perfettamente intatto, anche quella lettera e le sue parole, e una felicità incontrollabile si fece largo nel suo cuore, facendolo scalpitare come mai fece prima d’ora.
Non stava sognando: era sveglia e vigile, fin troppo.
Quella lettera era reale.
Le sue parole erano vere.
E fu proprio Duncan a scriverle.
 
Strinse forte ed istintivamente quel foglio al petto, come se volesse farlo diventare parte di sé, e lentamente lo portò all’altezza del naso, cercando di avvertire il profumo del suo capitano.
Rise, rendendosi conto che stava cadendo sempre più in basso, in un tunnel vorticoso nel quale non aveva scampo, ma oramai poco importava: quella era la sensazione più bella che ebbe mai sentito in tutta la sua vita, e la collegò ad una precisa fonte.
La stessa fonte che adesso le faceva sorridere come una bambina piccola e le imporporava le guance di rosso acceso.
La fonte che divenne il suo chiodo fisso.
Quella fonte aveva un unico ed insostituibile nome: Duncan Evans.





Angolo autrice:
Salve a tutti!
Rieccomi col nuovo capitolo, siamo arrivata a doppia cifra!
Perdonate il ritardo, ma tra un po' vado in ferie e sabato non riuscirò ad aggiornare. Vi prometto però che non appena torno l'aggiornamento tornerà ad essere costante ;)



Tesoro_pirata

Dalhia_Gwen
 

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Capitolo 11
*** Chapter 11 ***


Pirate Wedding Day - Cover





 









Chapter 11




 

Quando la fanciulla mise piede sul primo mattone del porto, stentava a credere di riuscire a stare dritta da sola, senza avvertire un irrefrenabile movimento ondoso sotto i suoi piedi: erano finalmente a Londra, la capitale inglese della Gran Bretagna.
E per essere la capitale, aveva esattamente tutte le caratteristiche: il molo era gremito di gente proveniente da ogni parte del mondo, mischiato tra coloro che ci lavoravano e coloro che erano di passaggio.
Regnava un caos infernale, cosicché il capitano pensò di dare raccomandazioni precise prima di perdere qualche membro per strada.
- Uomini, vorrei chiarire una cosa: non vi ho dato il permesso di venire con me a terra per lasciarvi dare sfogo a tutte le vostre voglie, per cui esigo un comportamento rigoroso mentre siamo qui, come ospiti del re. Io devo recarmi a corte, per concludere, e non tornerò prima di sera. Nel frattempo chi deve svolgere servizi di qualsiasi tipo, è libero di farlo, a patto che non combini nulla di osceno: in tal caso se la vedrà con me. Tuttavia, al mio ritorno voglio trovarvi tutti qui ad aspettarmi, intesi? - Duncan guardò i membri della sua ciurma uno alla volta negli occhi, mentre parlava, e Gwen non poteva fare altro che ammirare quel suo temperamento autoritario e rispettoso con cui aveva sotto controllo tutto l’equipaggio.
- Agli ordini, capitano! - dissero in coro e, dopo aver fatto un inchino, cominciarono a spargersi a macchia d’olio in tutte le direzioni.
 
La ragazza seguì con lo sguardo il capitano, che si fece scortare da due marinai, fino a quando la vista glielo permise, dopodiché anch’ella si allontanò dal luogo di ritrovo con l’urgente intenzione di voler fare compere.
 
Prima che potesse intraprendere qualsiasi iniziativa, prese per il polso il suo amico Geoff e gli si posizionò di fronte con un'espressione furba. Lui le rispose divertito e allo stesso tempo curioso di sapere cosa stesse passando per la testa al suo compagno. 
- Quel sorrisetto vispo non promette nulla di buono. - iniziò lui sorridendo. Lei fece di rimando. 
- Tu devi accompagnarmi in qualche posto a comprare degli indumenti. Non posso più continuare ad accettare i tuoi. – spiegò lei decisa, non mollando la presa dal suo polso. Il biondo la guardò stranito, tuttavia non se la sentì di rifiutare. 
- Hai abbastanza denaro con te? Londra è un po' caruccia per un pirata alle prime armi. - la informò con premura. A quell'affermazione Gwen sorrise, rimembrando la sorpresa nel trovare quella ricompensa così fruttuosa poche ore prima: avrebbe potuto sfamare la sua famiglia per due mesi con quel denaro, ed ella era a bordo da neanche 30 giorni.  
- Certo! Adesso però portamici, io mi perderei lungo queste strade a me sconosciute. Magari con te…- lo pregò con fare persuasivo, ma lui non era affatto uno stupido, e la fermò capendo già tutto. 
- Eh va bene, piccolo furfante. Ho afferrato il concetto, ti accompagnerò a fare spese. Ho una vecchia conoscenza che vende vestiti buoni a prezzi bassi. Ti porterò da lui. - le spiegò, e Gwen non poté fare a meno di esultare abbracciandolo. Poi le fece segno di seguirlo ed insieme si inoltrarono nella bella Londra. 
 
Si guardò intorno curiosa e attratta da quella moltitudine di persone che vivevano lí. Ogni via e ogni angolo erano sempre affollati, ed ella rimase stupefatta dalla densa popolazione. Niente a che vedere, si ritrovò a pensare Gwen, con la sua piccola e tranquilla Cleggan, in cui in determinate ore della giornata si poteva addirittura godere del silenzio che faceva padrone lungo molte delle sue strade.
Lì invece le sembrava che la città non riposasse mai.  
Geoff continuava ad attraversare le strade con passo deciso, fiero ed esperto di conoscere molto bene la città. 
- Non sei solo di passaggio da queste parti, non è vero Geoff? - gli chiese guardandolo con curiosità. Lui fece spallucce. 
- In realtà sono nato in una campagna vicino Londra, per cui quando potevo sgattaiolavo in città per visitarla. Mi aveva affascinato sin da piccolo, ma non ti nascondo che la maggior parte delle volte mi perdevo. E a casa erano botte. - le raccontò non nascondendo un sorriso radioso, rimembrando la sua infanzia.  
Anche lei rise, pensando che in realtà doveva essere stato una piccola peste da bambino, considerando i precedenti. 
- Eccoci arrivati! - esclamò soddisfatto, mentre le faceva segno verso una piccola bottega distante qualche passo. Gli occhi della fanciulla s’illuminarono colmi di aspettative.
 
Aprirono lentamente la porta, accompagnati da un tintinnio di una piccola campanella che si trovava penzolante sulle loro teste. Davanti a loro gli occhi dovettero sforzarsi di abituarsi alla penombra che quella piccola sartoria emanava, cosicché iniziarono ad avvicinarci al bancone, e lì riconobbero la presenza di un uomo anziano, di bassa statura, alle prese con ago e filo per aggiustare un capo di abbigliamento. Quando anche lui riuscì ad individuarli in mezzo a quel buio grazie alla sua lampada posta sul vestito che doveva rifinire, si spostò gli occhiali sul naso, puntando i suoi occhi marroni sui due presenti.
- Corpo di mille balene…Geoff! Sei proprio tu! - esclamò il vecchio non appena riconobbe il ragazzo biondo accanto a sé che, in tutta risposta, gli sorrise allargando le braccia.
- In carne ed ossa, vecchio mio! Il mare ancora non mi reclama! - scherzò Geoff, mentre raggiunse l’uomo dietro il bancone e lo abbracciò calorosamente.
 
Gwen sorrise di fronte a quella scena: dovevano volersi molto bene entrambi, per poter essere così in sintonia.
 
Dopo essersi aggiornati degli ultimi eventi capitati e del motivo per cui i due ragazzi si trovavano a Londra, il biondino la presentò.
- Robert, ti presento Jordan, il nuovo arrivato nella ciurma. È fragile e pieghevole come una foglia, ma è allo stesso tempo così forte e determinato da essersi rivelato un buon acquisto da parte del capitano. - spiegò Geoff facendo poi l’occhiolino all’interessata.
Il vecchio la guardò sospettoso, soffermandosi sui lineamenti del suo viso, come se avesse notato in quella nuova figura qualcosa che fosse stonante con tutto il resto, tuttavia le rispose con un lieto sorriso.
- In cosa posso esservi utile, ragazzi? - chiese così Robert, dopo essersi tolto gli occhiali.
- Jo avrebbe bisogno di indumenti per la vita in mare. - spiegò Geoff prima che la ragazza potesse dire qualcosa.
- Perfetto, direi che per la tua statura ho ciò di cui hai bisogno. Seguitemi. -  rispose dopo averla squadrato per bene, dopodiché fece cenno di avvicinarsi a lui: si ritrovarono di fronte ad una fila enorme di vestiti, tra camice e pantaloni, dalle più disparate fantasie possibili.
Ella rimase scioccata dalla quantità di indumenti che quella piccola bottega, nonostante l’apparenza, avesse, così decise di sbirciare qualcosa.
- Grazie sig. Robert, darò un’occhiata ben volentieri. – disse in tono cordiale all’uomo, per poi vederlo allontanarsi assieme a Geoff, intento a condividere ricordi a loro cari.
 
Rimase dunque sola, in mezzo ad una miriade di tessuti di ogni fantasia e colore, non sapendo neanche da dove incominciare.
Si passò una mano su una guancia, pensando che avrebbe impiegato parecchio tempo da passare in quella bottega, così sconsolata provò a cercare qualcosa che, per iniziare, l’attirasse.
A un tratto la sua attenzione venne catturata da una camicia nera, molto sobria, che aveva delle corde pendenti ai lati dell’abbottonatura. La prese tra le mani, ammirandone la qualità, quando scoprì che poco distante vi era un’esposizione di abiti da donna.
 
Improvvisamente il suo lato femminile, per troppo tempo represso, riemerse imperterrito acclamando la sua vera natura, cosicché mossa da una forza sconosciuta si diresse verso il reparto femminile, rimanendone estasiata.
Erano tutti vestiti rifiniti nei minimi particolari, e ve ne erano per tutte le occasioni. Venne irrimediabilmente attratta da uno di color verde smeraldo dalla lunga gonna sontuosa, fatto interamente di raso: aveva una scollatura abbastanza accentuata, decorata con un pizzo dorato che andava a coprire le fantasie perverse che sarebbero nate in qualunque uomo, rendendolo accattivante ed elegante allo stesso tempo. Al livello della vita, il corpetto terminava con delle pietre incastonate e la sua apertura lungo la schiena lo rendeva provocante.
Sorrise spontaneamente, accarezzando quel bel vestito, immaginandoselo addosso e in presenza del capitano, attendendo impaziente che glielo sfilasse con i suoi modi rudi ma delicati allo stesso tempo.
Scosse la testa cominciando a ridere da sola: si sentì ad un tratto patetica, in quanto non avrebbe mai avuto tale piacere, né tantomeno avrebbe avuto la possibilità di comprarlo, dato che decise di diventare uomo agli occhi di tutti, compreso il capitano.
 
Gwen strinse più insistentemente il tessuto tra le mani, tentando invano di placare la rabbia che stava accrescendo dentro di lei, quando venne sorpresa da Geoff che la stava cercando per darle una mano.
- Hey Jo, cosa ci fai in mezzo ad abiti femminili? – le chiese turbato l’amico, osservandola attentamente. La ragazza, di fronte quelle parole, boccheggiò per un paio di secondi, scoprendosi imbarazzata e tentando di prendere del tempo per rispondere.
- Oh sì, mi sono ritrovato attratto da questi vestiti perché… - cominciò allora con una certa fatica, poi il suo sguardo cadde sulle sue mani poggiate ancora sul vestito, e pensò di giocare d’astuzia.
- Perché sono così morbidi e lisci da farmi immaginare la pelle di una donna. - concluse, fingendosi il più possibile eccitata.
D’altro canto Geoff la guardò scioccato, però poi scoppiò a ridere a crepapelle, facendo spaventare lei e Robert.
- Per tutti i bucanieri… Jo! Finalmente la tua impurità sta cedendo il posto alla lussuria! Sei pronto per vedere qualche lato proibito, amico! - esclamò come se fosse una cosa normalissima da dire quando vi erano persone estranee.
Gwen provò ribrezzo verso di sé, ma fortunatamente il suo interlocutore era troppo preso dai suoi pensieri perversi che ci cascò in pieno.
Ciò però sembrò non ingannare l’anziano Robert che la guardava sospettoso, trasmettendole la sensazione di essere scavata nell’animo.
La ragazza si sentiva dannatamente a disagio, e pensò di dover uscire da lì prima che la situazione potesse degenerare, così decise di prendere a caso i primi indumenti che le capitavano, tra camice e pantaloni, per poi accingersi verso il bancone.
Nel frattempo Geoff preferì aspettarla fuori, attratto dai sederi di un gruppetto di fanciulle che stavano passando di lì. Gwen roteò gli occhi vedendolo sbavare e fare il cascamorto con quelle oche, così pensò di tornare a guardare di fronte a sé notando che il sig. Robert, nel frattempo, l'aveva raggiunta. A quel punto gli allungò i soldi e fece per andarsene, quando sentì la sua presa su un polso.
Gli lanciò un’occhiata interrogativa, ma questi non le fece pronunciare alcuna parola sino a quando davanti i suoi occhi apparve da sotto il bancone il vestito che l'aveva stregata.
- Quegli occhioni non mi hanno mai fregato, sapevo che in te c’era qualcosa di strano, mia cara. - iniziò, alludendo che avesse capito che lei fosse in realtà una donna. Udendo quelle parole, Gwen sbiancò dal terrore, mentre l’uomo continuava a parlarle non accennando ad alcun ripensamento.
- Infatti ne ebbi la prova quando li vidi luminosi su questo vestito. Prendilo, consideralo come un regalo da parte mia per il tuo coraggio. Tuttavia, sta attenta a non farti sgamare. Sai, i lupi di mare sono tanto forti quanto sinceri, ma se mai decidessi di tradire la loro fiducia sanno essere spietati. Trova il momento giusto per rivelare chi veramente sei, e vedrai che avrai molte occasioni per indossare questo abito. - il vecchio Robert era così premuroso con lei che con quelle parole la spiazzò completamente.
Decise allora di fare tesoro del suo prezioso consiglio e, dopo aver esitato un po' a prendere con sé quell’abito femminile, coprì i suoi acquisti con una grande stoffa di lino ed infine, piena di gratitudine, lo salutò calorosamente.
- Grazie di vero cuore, sig. Robert. – disse la fanciulla quasi sussurrando, ricevendo un largo e commosso sorriso, dopodiché raggiunse Geoff per tornare indietro.





Angolo autrice:
buonsalve gente!
come mai aggiorno la storia in un giorno prima di sabato? Beh volevo farmi perdonare del ritardo con cui sto continuando la storia. Ad ogni modo, sabato ne avrete un altro!
Grazie di cuore a tutti coloro che seguono la mia storia e che sono arrivati fin qui: non ve ne pentirete ;)

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Capitolo 12
*** Chapter 12 ***


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Chapter 12












Dopo essere usciti dalla bottega, Gwen continuò la sua perlustrazione nella bella Londra, scoprendola sempre più a fondo.
Geoff fu una guida impeccabile, ed insieme si divertirono un sacco a rubare qualche frutto qua e là, o a prendere in giro dei passanti che ignoravano la loro presenza.
Decisero dunque di tornare al luogo di ritrovo, accorgendosi del loro stesso ritardo.
- Speriamo che il capitano non sia già arrivato… - commentò lei mentre tentava di tenere il passo lungo e affrettato del suo amico.
- Ne dubito Jo, e anche se fosse in casi come questo è sempre meglio fare tardi. - affermò enigmatico col suo solito sorriso malizioso, ricevendo uno sguardo dubbioso da parte della ragazza.
Ad un tratto però lui sgranò gli occhi, come se avesse visto un fantasma.
- Oh no… non posso crederci! Miseriaccia! Non sapevi dove saremmo andati?! - chiese, poi lesse smarrimento sul giovane volto del suo compagno, e a quel punto scoppiò a ridere.
- Ebbene tu stai per perdere la tua purità e non ne sapevi neanche nulla? Che mi venga un colpo! - esclamò riprendendo il fiato.
Tuttavia lei stentava a credere alle sue orecchie e, mentre lo scrutava, sbiancava.
 
La sua purità? Aveva capito bene?
 
- Mi stai dicendo che dovremmo andare in un bordello? – chiese lei storcendo il naso. In tutta risposta il biondino allargò le braccia esasperato.
- E ti dispiacerebbe?! Comunque non è un bordello, non esattamente. È tappa obbligatoria per noi, quando torniamo a Londra. Il luogo è una locanda, la più famosa della città, in quanto servono i piatti più prelibati di tutta la Gran Bretagna, e con qualche servizio extra… - vide Geoff con un’espressione sognante, ed immediatamente le venne da vomitare al solo pensiero di essere circondata da oche sgualdrine che ci proverebbero anche con un ragazzino, come lo sarebbe stata lei.
Si limitò a roteare gli occhi sbuffando, ma lui le diede una gomitata nel costato.
- Vedrai, ti divertirai fratello! - le rispose entusiasta.
- Come no, come un naufrago in mezzo ad un’isola sperduta! – disse Gwen sarcastica. Geoff stava per ribattere di nuovo, quando ad un tratto si rese conto di essere arrivato, e subito furono circondati dagli altri loro compagni che li guardarono sorridenti.
Immediatamente lei si osservò intorno, e di fronte l’assenza del capitano si rabbuiò.
Si insospettì ancor di più constatando che nessuno se ne preoccupò.
- Ragazzi, ma il capitano non è ancora tornato? – chiese a quel punto con sguardo arcigno, incrociando le braccia e guardando negli occhi ognuno di loro.
Dopo aver udito la sua domanda, i suoi compagni si scambiarono occhiate furbe e maliziose, dopodiché decisero in tacito consenso di parlare.
- Il capitano è tornato, certo. È però sulla nave, e in dolce compagnia… - a parlare fu Tyler lanciandole una stilettata, mentre gli altri sghignazzarono.
Improvvisamente la ragazza avvertì un nodo alla gola, mentre sul suo viso si poté leggere chiaramente smarrimento. Geoff invece fischiettò, anticipando il suo intervento.
- Ah sì? Certo che il capitano non se fa sfuggire nessuna! Aaah beato lui!! - esclamò incrociando le braccia dietro la nuca e portando il viso all’indietro.
Tutti gli altri annuirono ridendo, tranne lei che rimase allibita e incapace di muovere neanche un muscolo.
Continuò ad essere paralizzata e un dolore all’altezza del petto si espanse piano in tutto il suo corpo.
- Hahaha eh già! Oramai tutte possono vantarsi di essere state con il capitano più temuto del Mar dei Caraibi, in Inghilterra! - disse Light, dopo essersi asciugato gli occhi con il dorso di una mano.
- Fortunato è dire poco! Sembra che le nobili siano attratte da lui come una calamita! E la cosa ancor più impressionante è che lui non muove un singolo dito per averle! - continuò invece un altro, alimentando le risate.
- Già me lo immagino ora nella sua cabina: lei tanto bella quanto tentatrice e lui spietato anche a letto! Oh ragazzi, vi ricordate le urla l’ultima volta che…? – ma un intervento da parte di Gwen pose fine a quell’assurda discussione, non riuscendosi a trattenere.
 
Non ne poteva più, dovevano smetterla o sarebbe impazzita.
 
In un moto di rabbia arrivata al culmine della sua sopportazione, prese di scatto il sacco in cui trasportò i suoi vestiti appena comprati e si fiondò su una delle loro lance, attaccate alla banchina, e si infilò dentro.
Alcuni degli uomini si spaventarono di fronte al suo gesto repentino e veloce, altri rimasero basiti. Tuttavia nessuno si preoccupò di chiederle il motivo.
O perlomeno tutti tranne Geoff.
- Ma... Jo, dove stai andando…? - tentò di sapere ma lei non lo fece finire.
- Vado a posare ciò che ho comprato nella mia cabina. Ci vediamo dopo. - disse in tono freddo e distaccato, prendendo i remi e cominciando a muoversi con la piccola imbarcazione, non guardando in faccia nessuno.
 
Sapeva di aver destato dubbi e sospetti con quel comportamento, ma in quel momento era l’ultimo dei suoi pensieri.
 
Remò senza sosta e, quando fu abbastanza lontana dalla loro vista e cullata dalle onde del mare, sbatté i pugni sul bordo della barca, rischiando anche di farsi male con i spintoni che mantenevano i remi.
Avvertì i suoi occhi inumidirsi, ma non pianse.
 
Era troppo arrabbiata con sé stessa, per la sua spavalderia e per la sua ingenuità.
Aveva calcolato tutto nei minimi particolari, ma non fece i conti con qualcosa di più grande ed imprevedibile: il cuore.
Scosse la testa, non capacitandosene.
 
Lei che bramava tanto la libertà, come poteva averla se si fosse sentita così legata ad un uomo?
 
Rise amaramente: quanto era stata sciocca ad aver deciso di imbarcarsi.
Ma in quel momento era lì, e non poteva più tornare indietro.
 
Remò così velocemente che non si accorse di essere arrivata accanto alla nave, sbattendoci contro.
In quel momento capì il motivo per cui il capitano decise di ancorare la nave in un posto riparato: nonostante fosse già tenebrosa, la notte la rendeva ancor più nera, facendola mimetizzare con gli scogli e permettendole così di sparire da occhi indiscreti.
Posò i remi dentro la barca, si mise in piedi mettendosi sulle spalle il sacco, dopodiché afferrò una fune lasciata di proposito libera dai marinai e cominciò ad issarsi su.
Una volta arrivata in cima, fece un ultimo sforzo scavalcando così il parapetto e ritrovandosi finalmente sul ponte.
Ansimò di fronte allo sforzo che fece, tuttavia non si fermò e, malgrado senza forze, trascinò il sacco fin sotto, arrivando alla sua cabina.
Attraversò il corridoio, fregandosene del rumore che avrebbe provocato, convita del fatto che il capitano fosse troppo occupato a tentare di rimanere lucido mentre faceva sesso con la sua nobile sgualdrina.
A quel pensiero le venne da vomitare, ma non voleva dargli quella soddisfazione: non le importava nulla di quello che faceva e con chi lo faceva, per quanto le riguardava lei aveva già firmato la sua condanna.
 
Lei era un uomo ai suoi occhi, era Jordan, il suo sguattero.
Niente di più e niente di meno.
E doveva farsene una ragione, il più presto possibile.
 
Prese lucidità ed entrò nella cabina, lasciando svogliatamente il sacco sul letto, per poi uscirsene e chiudere subito la stanza senza far rumore.
Era davanti la porta della sua stanza, immobile, e non poté fare a meno di volgere lo sguardo verso il corridoio del capitano. Deglutì avvertendo di nuovo una fitta al petto, cosicché decise di andarsene.
Ma fu proprio in quel momento che sentì dei mormorii provenire da quel corridoio e farsi sempre più vicini.
Non resistette e così decise di seguire quei suoni, attraversata da un sentimento di curiosità ed invidia.
Si ritrovò di fronte le scale che conducevano al piano del capitano e stava per percorrerle, quando si fermò di soppiatto rendendosi conto della presenza di due persone molto vicine tra loro.
Velocissima indietreggiò nascondendosi dietro una trave, sbirciando di tanto in tanto.
 
- Oh capitano, così non vale! - esclamò una voce squillante e femminile, dopo aver riso con fare teatrale affannata dalla sua corsa, conclusasi tra una parete della nave e il corpo di un uomo decisamente febbricitante.
- Non potete sfuggirmi, milady. Questa è la mia nave, non ha segreti per me. - disse quell’uomo con una voce calda e sensuale, che purtroppo Gwen riconobbe senza alcun dubbio.
La donna rise di nuovo.
- Siete sempre così sicuro di voi, Evans? - chiese lei sussurrando, probabilmente per mandare in subbuglio ancor di più il capitano che pendeva dalle sue labbra.
- Provate a fermarmi… - disse allora lui, che ci cascò in pieno e, senza pensarci due volte, baciò con violenza la fanciulla, destabilizzandola.
- Fermatemi, lady Barlow. Fatelo, ed io mi fermerò. - continuò, liberandole la bocca e cominciando a torturarle il collo, il tutto mentre l’afferrò per la vita in una morsa stretta e possessiva.
Lei rimase spiazzata da tutta quella passione e, inebriata di quelle sensazioni, non riusciva né a parlare né a fermarlo.
Evans sorrise soddisfatto dell’effetto che le faceva, e sentendola ansimare capì di averla in pugno. Quando però Gwen vide che passò a baciarle anche il seno semiscoperto, non resistette più e corse via, ripugnante e disgustata.
Quanto era stata stupida, pensò.
 
Era solo una stupida, infantile ed ingenua ragazzina.
 
Arrivò al parapetto ed immediatamente si catapultò fuori dalla nave, atterrando nella lancia.
 
Sciocca.
 
Prese i remi e si mosse in fretta, nonostante gli occhi pieni di lacrime.
 
Illusa e innamorata, dannatamente.
 
Scoppiò a piangere, rendendosene conto solo in quel momento.
 
Come permise ad un pirata di condizionarle la vita in quel modo?
 
Avvertì di nuovo una fitta al petto, ma stavolta fu persistente ed invase tutto il corpo.
 
Perché nel preciso momento in cui vide Duncan su quella donna, pensò di desiderare come non mai di essere al suo posto?
 
A quella inconscia domanda pianse ancor più forte, accasciandosi sulle sue gambe.
Credeva di essere immune a certe cose.
Credeva di essere forte ed inscalfibile.
Credeva di essere come il mare, come sua madre.
Ma la verità era che era solo una ragazza come tutte.
Una ragazzina con i suoi sogni che, nonostante folli, comprendevano anche un principe azzurro.
Solo che il suo principe non era né nobile e né azzurro.
Era un delinquente ed era nero.
Era un corsaro.
Era Duncan Evans, il capitano della Warrior.




Angolo autrice:
Beh... detto, fatto!
Ecco a voi il nuovo capitolo come vi avevo promesso. Spero davvero possa piacervi anche questo.
La storia si fa sempre più intrigante e la nostra protagonista sta sempre più perdendo il controllo della situazione.
Riuscirà a mantenere salda la sua reputazione e con essa la sua vita su quella nave?


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Dalhia_Gwen
 

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Capitolo 13
*** Chapter 13 ***


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Chapter 13







Dopo aver lasciato la Warrior, Gwen arrivò di nuovo alla banchina e notò che la maggior parte degli uomini preferì accomodarsi nella tanto adorata locanda. Ad aspettarla vi furono solamente Geoff, Dj e Brick con aria preoccupata.
Ogni tanto qualcuno dei tre guardava l’orizzonte scuro, nella speranza di vedere la piccola scialuppa con la loro compagna dentro, e quando avvenne per poco non l’assaltarono.
- Jo! Finalmente! Ma dove diavolo ti sei cacciato?! Mi hai fatto prendere un colpo! - esclamò Geoff in un impeto di rabbia, non appena ella mise piede a terra.
Dj provò a calmarlo, ma a prendere il suo posto fu prontamente Brick.
- Geoff ha ragione, Jo! Per tutti i tesori di Barbanera, se ci hai fatto spaventare! - sospirò, dopodiché però l’abbracciò.
Lei rimase per tutto il tempo in silenzio ed impassibile, come se non avesse udito nulla di tutto ciò.
Era palesemente troppo stanca, provata sia fisicamente e sia moralmente, tuttavia non voleva che qualcuno se ne accorgesse, così decise di far finta di niente e di tenersi dentro ogni cosa, per l’ennesima volta.
- Forza ragazzi, andiamoci a divertire! Siamo gli unici stupidi a non farlo! Giusto, Jo? - Dj prese parola, cercando di smorzare la situazione imbarazzante che si era venuta a creare e così, per la prima volta, Gwen non poté che essere più d’accordo.
Un lampo le illuminò gli occhi di una nuova consapevolezza e ghignò: in effetti non si capacitava per quale motivo avrebbe dovuto versare un’altra sola lacrima per un donnaiolo e viscido verme come il suo capitano.
 
Anche lei meritava di divertirsi, di dimenticare.
 
Guardò i suoi fedeli compagni, fulminandoli con lo sguardo in maniera furba.
- Giustissimo Dj. E adesso, con il vostro permesso, vorrei che mi portaste in questa famosa locanda! Stasera ci si diverte! – esclamò entusiasta aggrappandosi alle braccia di Geoff e Dj che annuirono soddisfatti. Scoppiarono tutti a ridere, sotto lo sguardo scioccato di Brick che però contagiarono subito dopo, non resistendo alla goffaggine di quella situazione.
 
⚓⚓⚓

Fu così che anche loro, avanzando sotto braccio, entrarono nell’Extreme Trip che, visto dall’esterno, dava tutt’altra impressione.
Una volta dentro, non poté fare a meno di paragonarlo ad un vero e proprio bordello:
i tavoli su cui i clienti stavano mangiando, erano invasi di donne quasi nude che strusciavano tra le loro braccia. Alcune pretendevano anche che gli uomini le palpassero, passando completamente la loro attenzione dal cibo al corpo di quelle ragazze. Altre si limitavano ad imboccare i loro clienti, altre ancora si atteggiavano in azioni alquanto oscene.
Gwen si ritrovò a storcere istintivamente il naso, mentre un conato di vomito si faceva largo nella sua gola, avvertendo una certa urgenza ad uscire. Decise di rimandarlo indietro, ma non poté fare a meno di osservare, con una certa prevedibilità, i suoi amici completamente rapiti.
A quel punto dovette smuoverli dandogli dei pizzicotti e, dopo essere tornati con i piedi per terra, si accomodarono ad un tavolo vuoto.
 
La ragazza si guardò intorno, cercando una cameriera o qualcosa del genere, e non si sorprese della mancanza del genere femminile tra i clienti.
 
Aveva così tanta voglia di bere in quel momento, voleva sentire quella tanto raccontata sensazione che tutti definivano “paradisiaca” ed “elettrizzante” capace di far dimenticare al soggetto le proprie frustrazioni e di farlo sentire subito meglio.
 
E tutto quello che voleva in quel momento era quello: dimenticare.
 
A soddisfare le loro esigenze arrivarono due donne, una mora e l’altra bionda e, una volta prese le ordinazioni, decisero di intrattenere i suoi amici che febbricitavano.
Stette alla larga dalle loro provocazioni, non aveva bisogno assolutamente quel tipo di distrazione per dimenticare.
Tuttavia non poté evitare che una meretrice provasse anche con lei, in maniera anche piuttosto insistente, e si vide costretta a far emergere il suo lato aggressivo per convincerla ad allontanarla.
 
Insomma… non poteva affatto affermare la sua reale indole naturale!
 
Il locale in quel momento fu colmo di clienti, e non le fu difficile distrarsi.
Arrivò finalmente il suo calice di birra, e cominciò subito a bere estasiata.
Continuò a guardarsi intorno e sorseggiando, quando notò un uomo che, a suo parere, doveva essere un capitano di una ciurma, constatando il suo abbigliamento e il suo comportamento strafottente.
Lo vide atteggiarsi con una cortigiana che accettò volentieri le attenzioni dell’uomo e, in meno di un minuto, questa gli fu addosso a cavalcioni, dando uno spettacolo a dir poco riluttante.
Improvvisamente le tornò in mente la scena a cui dovette assistere sulla nave, tra Duncan e la sua nobile, e per poco non si strozzò.
Mandò giù tutto il contenuto del boccale in un solo sorso, mentre strizzava gli occhi per lo sforzo. Le venne di nuovo da piangere, ma non lo fece.
 
Dimenticare, dovevo solo dimenticare.
 
Alzò la mano per attirare l’attenzione di un’altra cameriera, e veloce ordinò altri due boccali.
Non appena arrivarono, finì subito anche quelli, mentre i suoi amici ridevano della sua spavalderia.
- Hey Jo, sicuro di reggere tutto quell’alcol? Mi sorprende il tuo coraggio. - le fece notare Geoff con un ghigno divertito. Gli altri due risero, mentre lei cominciò già a sentire l’effetto di quei tre boccali.
- Cosa vuoi che sia amico mio, anche io sono un pirata, e mi devo comportare come tale! - esclamò portando i pugni al cielo.
- Alla Warrior! - dissero all’unisono, mandando giù l’ennesimo boccale, per Gwen il quarto.
 
Continuarono a ridere e a scherzare per tutto il tempo, deridendo del capitano e di certe situazioni che si crearono nel locale stesso.
Inutile dire che la ragazza si ridusse in uno stato pietoso: a malapena si reggeva in piedi e aveva un mal di testa tremendo.
In compenso ottenne il risultato sperato: la sua mente era totalmente svuotata.
Fin troppo.
Non capì però come i suoi compagni, nonostante i molteplici boccali bevuti, fossero ancora abbastanza lucidi per ragionare.
Ma soprattutto non si accorse che Brick, da momento in cui entrarono nel locale, fosse rimasto attento a qualsiasi cosa lei facesse, e per tutto il tempo rimase scioccato del comportamento sempre più insolito della giovane compagna.
Per di più non toccò neanche un boccale di birra, dicendo che non la digeriva bene.
Nonostante tutto la lasciò fare e, solo dopo che Gwen si fosse privata di qualsiasi forza e cognizione, decise di intervenire.
- Jordan, credo che tu abbia dato abbastanza spettacolo stasera. - le disse, dopo aver intercettato la sua ennesima mossa folle, per poi fermarla.
- Eddai Brick lasciami! Voglio cantare! Hahaha! – esclamò lei al limite dell’indecenza, tentando invano di scappare dalla sua presa. Lui fece più forza diventando più serio.
- Non se ne parla, Jordan. Adesso ti porto sulla nave e ti fai una bella dormita. - disse con un tono che non ammetteva repliche ma lei, non appena capì che sarebbe tornata sulla nave, si dimenò come una pazza.
- N-No! Non voglio tornare lì sopra! N-Non li voglio vedere! - balbettò dando pugni a destra e sinistra, alzando la voce ed ottenendo uno sguardo interrogativo.
Ad ogni modo Brick sembrò irremovibile: sentì che venne sollevata per essere portata sulle sue spalle, e lì cominciò a urlare.
- Lasciami stupido! Non sai chi sono io! - urlò, mentre lui la portava fuori, non prima di aver avvertito il resto della ciurma. Improvvisamente le tappò la bocca con un fazzoletto e le bloccò le mani, dirigendosi verso la lancia.
- Così stai un po’ zitto, ho un mal di testa terribile per colpa tua! - esclamò infastidito.
Gli diede pugni e calci senza sosta, ma sembrarono non scalfirlo nemmeno, così lei dovette arrendersi.
Venne posizionata in malo modo sul fondo della barca, mentre questa veniva trascinata sulla superficie del mare. Dopodiché anche Brick fu sopra, prendendo così i remi per poi avvicinarsi alla nave.
Ella mugugnò qualcosa, ma fu incomprensibile dato che aveva il fazzoletto in bocca. Così cominciò a piangere silenziosamente, ringraziando l’oscurità della notte di proteggerla dagli occhi premurosi e allo stesso tempo accusatori di Brick. Ogni tanto quest’ultimo le lanciava sguardi preoccupati, ma non osava chiedere né pronunciarsi, preferendo stare in silenzio per tutto il tragitto.
Quando arrivarono, lei smise di piangere già da tempo, incapace di cacciare altre lacrime, poi si sentì sollevare ed insieme salirono sulla nave.
Fu questione di attimi: probabilmente la calma o semplicemente la stanchezza che stava provando sulla sua pelle la portò a cedere al sonno.
Una volta sulla nave Brick se ne accorse, e tirò un sospiro di sollievo assaporando per un momento la pace tanto desiderata.
Tuttavia non si accorse di due occhi vigili e cristallini che, dalla poppa della sua nave, osservarono ogni movimento sulla sua creatura, nella più completa penombra.
Era assorto nei suoi pensieri, quando il capitano venne distolto dallo strano scricchiolio che venne dalla prua della nave. Immediatamente si mosse cauto e allo stesso tempo veloce, come un giaguaro, per poi mimetizzarsi dietro un albero, aspettando il momento opportuno per uscire e colpire.
Quando scoprì che fu un membro del suo equipaggio si tranquillizzò, ma solo per un istante, in quanto la sua vista cadde sul corpo che quell’uomo portava tra le sue braccia, e quando lo riconobbe gli mancò il fiato.
Immediatamente si avvicinò, mosso da un sentimento di inquietudine, incurante dello spavento che avrebbe provocante nell’animo di Brick.
 
- Cosa succede, Brick?! - chiese adirato Duncan, arrivando a pochi centimetri dal suo timoniere, che sobbalzò dallo spavento.
- C-Capitano! Non… Non pensavo di trovarvi s-sveglio… beh sì insomma, dopo aver... - imbarazzatissimo l’uomo tentò invano di giustificarsi, ma questo non fece altro che innervosire il capitano che, facendo cadere gli occhi su Jordan, venne colpito da una furia inspiegabile neanche a sé stesso.
- Stupido cane! Avanti, parla, prima che ti tagli la lingua! Maledizione! - urlò Duncan perdendo la pazienza e facendo rimanere a bocca aperta il suo interlocutore.
- S-Sì capitano. Eravamo tutti alla locanda, e Jordan ha semplicemente allungato troppo il gomito con i boccali di birra. Sapete come sono i novellini, vogliono fare tanto i duri e i cattivi, somigliare ai grandi. Ma devono ancora fare strada… - spiegò Brick abbastanza intimorito, ma il capitano udì quel che gli bastò per poi perdersi a guardare di nuovo Jo.
Deglutì saliva, non spiegandosi il motivo di quell’atteggiamento sconsiderato del ragazzino.
 
Non sembrava fosse il tipo che facesse certe cose.
 
In realtà era da tempo che Jordan si comportava in modo strano, e anomalo era il comportamento che riservava verso il suo capo.
Aveva giurato a sé stesso di volergliene parlare, prima o poi, ma l’ultimo avvenimento aveva portato inevitabilmente altri dubbi sul suo conto, tanto che il capitano era arrivato al punto di impazzire.
Arrivò a pensare qualsiasi cosa, anche la più assurda, ma non aveva prove, e per questo si dannava.
Quel ragazzino era un enigma per lui, ma era giunto il momento di togliersi ogni perplessità.
- Capisco, ad ogni modo lascialo a me, me ne occuperò io. - disse serio dopo minuti in cui rifletté e, senza aspettare alcun consenso, tolse il corpo di Jo dalle braccia di Brick, per poi dirigersi nella sua cabina, senza aggiungere altro.









Angolo Autrice:
Ciao a tutti i miei cari fans!
Sono tornata con un nuovo capitolo... e che capitolo! Gwen ha davvero esagerato, e per la prima volta ha perso la situazione di mano...e adesso si ritrova a dover fare i conti col capitano che, a quanto pare, nutre diversi dubbi sul suo conto. Riuscirà la nostra marinaia a svignarsela anche questa volta?
Beh non vi resta che attendere il prossimo capitolo che, non uccidetemi, verrà pubblicato tra due settimane: il prossimo weekend, infatti, non ci sono per nessuno, tranne per una persona in particolare. ♥
Dubito che riuscirò ad aggiornare prima... ci proverò! ;)
Grazie in anticipo per seguirmi e alla prossima!


Dalhia_Gwen

 

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Capitolo 14
*** Chapter 14 ***










 

Chapter 14




 

Percorse tutto il tragitto non distogliendo gli occhi da Jo, che giaceva inerme tra le sue braccia, completamente rapito dal sonno.
Arrivato alla porta, la spalancò con un calcio, facendo spaventare la sua ospite che, tra le lenzuola, lo aspettava impaziente di placare la voglia di poterlo avere tutto per sé.
- Finalmente mio caro… - iniziò lei, scoprendosi lentamente con fare sensuale, ma si ritrasse quando vide il capitano avere un’altra persona tra le braccia, intento a farla stendere sul suo letto, ignorando la fanciulla completamente.
- Vattene. - le disse irritato, mentre poggiava delicatamente Jo sotto le lenzuola.
La nobile parve non capire.
- C-Come tesorino…? - chiese, ma il capitano non le fece terminare la frase.
- Ho detto VATTENE! FUORI DALLA MIA STANZA E DALLA MIA NAVE! - urlò lui guardandola con odio.
La ragazza dalla pelle mulatta gettò un urlo per lo spavento, guardandolo stralunata senza capire il motivo di quel rifiuto netto ed improvviso.
Si alzò in fretta e si rivestì velocemente, lanciando occhiate assassine all’ospite che probabilmente fu la causa dell’ira incondizionata del capitano, il quale in quel momento sembrava avere occhi solo per lui.
Si sistemò al meglio che poté, e si avviò verso la porta con fare adirato.
- Devi riportarmi a terra. Altrimenti come torno a palazzo?! - chiese lei con la sua solita voce stridula, che ultimamente il capitano trovava sempre più insopportabile.
Il capitano non le degnò nemmeno uno sguardo.
- Troverai un mio uomo sulla nave. Chiedi a lui di portarti a terra. - disse serio, sistemando i cuscini. All’ennesima indifferenza da parte del ragazzo, lei perse completamente la pazienza e si rivolse a lui inorridita.
- Ma chi diavolo è quello lì!? Da quando l’hai portato qui sei totalmente cambiato!!! - strillò a limite della sopportazione.
- Non sono cambiato, Courtney. Ho solo aperto gli occhi, su di te e sul tuo schifoso mondo. Tra noi è finita, per sempre. - disse con tono che non ammetteva repliche, volgendo finalmente lo sguardo su di lei ed incenerendola. D’altro canto la principessa si sentì ribollire nell’animo: era una persona che detestava perdere, e il capitano lo sapeva benissimo.
Sapeva quanto erano simili nei loro difetti, e quanto sarebbero stati incompatibili nella vita.
Soprattutto dopo che seppe la verità dell’interessamento della ragazza nei suoi confronti.
La sentì strillare qualcosa di incomprensibile, dopodiché avvertì la porta della sua cabina sbattuta forte e un rumore di tacchi veloci che si allontanarono sempre di più.
Il capitano sospirò, assaporando il dolce sapore della tranquillità.
Non ne poté più di tutta quella falsa. Oramai il suo sentimento verso di lei si spense totalmente.

Courtney Elizabeth Beverly Barlow
* era la figliastra del re d’Inghilterra, e conobbe il capitano Duncan durante una delle sue convocazioni in cui il padre gli chiedeva di portare a termine determinati compiti. Cominciarono a frequentarsi in segreto, divenendo da subito amanti. Per Duncan fu attrazione a prima vista, era completamente ammaliato da quella fanciulla tanto vicina quanto lontana dalla sua portata, ma era disposto a combattere anche il suo stesso re pur di averla.
D’altro canto la principessa era una ragazza ostile e viziata, attratta da quel ragazzo affascinante che emanava una sicurezza e una determinazione tali da renderlo irresistibile.
Le piaceva stare con lui, ogni volta era un’emozione sempre nuova, ma sapeva bene che quello non era amore.
Erano due mondi completamente diversi ed incompatibili, dettati da leggi che andavano in contrasto con l’altro mondo.
E lei era cresciuta mentendo, le era talmente naturale che non aveva neanche bisogno di fingere.
Marchingegni, stratagemmi e manipolazioni erano all’ordine del giorno in una corte, e i nobili erano più che addestrati, lei compresa.
Per cui non le fu difficile non rifiutare quello che sarebbe stato un matrimonio più che vantaggioso con il futuro re della Giamaica, terra contesa tra nobili e pirati, facendo così in modo che l’Inghilterra si impossessasse di un pezzo di mondo che i pirati stavano colonizzando con la loro autorità.
Sapeva che in quel complotto vi era anche Duncan, per cui quale miglior occasione sarebbe stata quella di estorcergli informazioni preziose dei suoi compari, manipolando i suoi sentimenti più che evidenti verso la nobile, anticipando così le mosse?
La ragazza era più che d’accordo, aveva una dote naturale per certe cose, e così facendo non avrebbe di certo rinunciato al suo giocattolo serale, mentre allo stesso tempo sarebbe stata la moglie pura e casta che tutti avrebbero voluto.
Lei non sapeva cosa significasse amare, né tantomeno ci teneva, troppo presa dal potere e dai vantaggi da esso scaturiti.
Tuttavia però qualcosa andò storto nei piani tra padre e figlia, nel momento in cui Duncan chiese la mano del re per sposarla. A quel punto la verità venne a galla, ma Courtney fu talmente abile da raggirarlo di nuovo, spiegandogli che sarebbe stato solo un matrimonio di convenienza e promettendogli che il suo cuore sarebbe sempre appartenuto al pirata.
Quella scoperta segnò profondamente il giovane corsaro che, per la prima volta nella sua vita, mise finalmente da parte la sua maschera costruita duramente nel tempo, per dare sfogo ai suoi sentimenti, giusti o sbagliati che fossero stati.
Lui si denudò per lei, mostrò il suo lato debole per lei, rischiando di diventare un bersaglio facile per tutti i suoi nemici.
Avrebbe affrontato tutto, convinto che al suo fianco ci sarebbe stata lei che gli sembrò così simile ed incline al suo stile di vita.
Tutte menzogne, si ritrovò a pensare, nel momento in cui ricevette quella doccia fredda di verità, e da quel giorno si ripromise di non commettere più un errore del genere.
In quel modo mise in pericolo non solo sé stesso, ma anche la vita della sua intera ciurma: si comportò da debole, facendo sì che il suo cuore comandasse la mente, e fu un disastro totale.
Tornò così più spietato ed insensibile di prima, annebbiato da un unico obiettivo: la vendetta.
 
Giocò così d’astuzia, facendo credere alla bella principessa di accettare il compromesso da lei imposto, ottenendo due preziosi vantaggi: il primo fu tenere sotto controllo le mosse del re, e il secondo fu il suo compiacimento carnale, che non rifiutava mai.
Nonostante l’arte e l’indole della giovane per quel tipo di attività, Duncan si accorse col tempo che la fiamma che alimentò il suo piacere verso quella ragazza si stava spegnendo sempre più, dopo ogni loro incontro.
Il suo corpo non rispondeva più come prima, e le sensazioni che solo lei era in grado di fargli provare scemarono senza che lui potesse fare nulla, facendolo diventare insensibile ad ogni loro ricongiungimento.
Oltretutto, l’arrivo di quello strano ragazzo di nome Jordan, lo distolse completamente dalla crisi ormonale che stava attraversando, fino ad arrivare a quella sera in cui capì che non provava più nulla per lei.
Per questo all’ennesimo tentativo di lei di averlo tutto per sé quella notte, lui rifiutò il suo invito, trovando la scusa di dover prendere una boccata d’aria prima di scatenarsi sotto le lenzuola.
Fu così che si ritrovò sul ponte, poggiato al parapetto, con la mente persa tra le stelle, sempre più consapevole della pugnata di quel tradimento.
 
Si sentiva una pedina, un giocattolo, e questo gli logorava l’anima.
Non era rimasto più nulla da essere orgogliosi nel suo cuore.
Solo odio e ribrezzo, per averlo usato e gettato.
E si sa, chi avrebbe usato il cuore di un pirata ferendolo fino all’orgoglio, l’avrebbe pagata molto cara.
 
⚓⚓⚓
 
Rimasto finalmente solo, il ragazzo si sentì libero di rilassarsi e prendere consapevolezza di quello che stava facendo.
Si concentrò sul giovane steso di fronte a lui, e non poté fare a meno di ammirarlo.
 
Aveva un viso sereno, nonostante i fastidi che l’alcol gli fece provare poco prima di addormentarsi, ma ciò che lo colpì maggiormente furono i lineamenti così delicati del viso.
Le sue ciglia erano lunghe e delineate, e aveva una bocca così rossa e carnosa che gli venne quasi voglia di baciarla.
Si diede immediatamente del matto per aver permesso ad un pensiero così assurdo di oltrepassare la sua mente, ma proprio non riusciva a capacitarsi che quel Jo fosse quello che tutti credevano: un uomo.
Non resistette e, preso da una voga incontenibile, prese il berretto da cui il ragazzino non si separava mai e glielo sfilò delicatamente, per paura di svegliarlo.
Man mano che liberava la testa dal berretto, folte ciocche nere e lunghe si espansero imperterrite sul cuscino, dando alla figura assopita un aspetto completamente diverso.
 
Rimase scioccato nel constatare che tutti i dubbi che riservò e a cui non riuscì a dare una spiegazione, stavano man mano lasciando spazio a certezze sempre più reali.
 
Guardò poi il viso nell’insieme, e notò affascinato che il risultato non fosse poi così male.
 
Tuttavia non arrivò a conclusioni affrettate: poteva benissimo essere un ragazzo con i capelli lunghi e dai lineamenti gentili, ne vide tanti in giro, e li derise per non essere abbastanza mascolini.
Dunque pensò di andare avanti nelle sue ricerche, deciso e sempre più a fondo.
Cominciò a manovrare la camicia che Jo indossò quel giorno, sbottonandola lentamente fino ad arrivare a metà busto. Poi l’aprì completamente, rivelando così quello che nascondeva.
Un bustino avvolgeva il petto e gran parte del corpo del giovane, comprimendolo per divenire lineare, e fu lì che vide l’anomalia: il busto servì a comprimere il seno che, prosperoso, finì con l’eccellere sopra, dando l’impressione di avere un accenno di pettorali, oltretutto di dubbia natura.
La prova fu lampante, ed immediatamente il capitano capì tutto.
 
Jordan, che si spacciava tanto per un uomo, era in realtà una donna: una bellissima e dannata donna che aveva ingannato tutti, persino lui.
 
Inevitabilmente gli nacque un enigmatico sorriso, mentre una mano cadde sul viso caldo della fanciulla, accarezzandolo dolcemente. Sentì la pelle liscia sotto il palmo della mano, e improvvisamente un calore attraversò il suo corpo, arrivando fino in basso.
In fondo era quasi mezza nuda di fronte a lui, e la sua bellezza aveva un effetto devastante sul capitano.
 
Non aveva mai visto nulla di così bello, tuttavia si era ripromesso che non sarebbe caduto di nuovo nella tentazione.
 
Dopo essersi ripreso dallo stato di trans in cui cadde per pochi minuti, decise di chiuderle la camicia e le fece indossare di nuovo il berretto.
Si alzò frustato dal letto, respirando a fatica per le sensazioni che quella fanciulla gli provocò pochi istanti prima, non avendo però alcuna risposta.
Furono così diverse da quelle che provò con Courtney, ma tuttavia tanto intense da paragonarle a quelle che provò quando fece per la prima volta l’amore con la principessa.
 
E quelle erano sensazioni che nacquero col tempo.
 
Raggiunse in fretta e furia il tavolo su cui erano appoggiati due bicchieri e una bottiglia di rum.
Sentì l’esigenza di bere, così decise di riempirsi un bicchiere e lo mandò giù in un solo istante.
Stava impazzendo, decisamente, ma doveva trovare una soluzione a quello che divenne un grosso problema: odiava ammetterlo, ma aveva inconsapevolmente portato a bordo una donna, e una creatura del genere poteva essere solo oggetto di contese e di risse.
Non credeva alle leggende che condannavano la donna come causa delle sciagure che si imbattevano su una nave, ma era sicuro sul fatto che ognuno dei suoi marinai avrebbe abusato di lei senza neanche un minimo di contegno.
Oltretutto lei era anche molto bella, e ciò complicava ancor di più le cose.
Si riempì un nuovo bicchiere di rum e, dopo aver dato un sorso, si girò per guardarla nuovamente.
Aveva la pelle cinerea, provata tuttavia dall’eccessiva esposizione al Sole a cui fu costretta, e che le diede un colorito ancor più attraente. Aveva le gote rosse, e le mani erano rovinate dal lavoro troppo intenso. Ma non si era mai lamentata, anzi, pareva le piacesse, e questo lo mandava completamente in tilt.
In quel momento, stesa sul suo letto, sembrava un angelo.
 
Una creatura angelica che però di celestiale aveva solo l’aspetto: se era arrivata a tal punto, poteva essere solo pericolosa.
 
Improvvisamente la vide agitarsi, emanando piccoli lamenti, e in quel momento una strana consapevolezza di volerla difendere si fece largo nel suo cuore e annebbiò la sua mente.
Avrebbe retto al gioco, si era detto, altrimenti su quella nave si sarebbe scatenato il più totale caos.
Inoltre era stato preso in giro dall’ennesima donna, e questo non l’ammetteva.
La piccola fanciulla doveva avere una severa lezione: doveva capire che su quella nave comandava lui, e lei non poteva fare tutto quello che voleva, come invece fece.
 
Raggiunse l’altro capo del letto, rendendosi conto di essere parecchio stanco, dopodiché si stese e, non prima di averla contemplata nuovamente, attratto come una calamita, si addormentò.



*Nome puramente casuale




Angolo Autrice:
E finalmente la verità è venuta a galla! Il capitano ha scoperto tutto, l'nganno e la vera natura di Jordan.
Come si comporterà?
Cosa avrà in mente il giovane capitano?
Ma soprattutto... come reagirà Gwen?
Scoprirete tutto nei prossimi capitoli!
Intanto spero che questo vi sia piaciuto ed attendo impaziente le vostre recensioni!
Grazie di cuore a tutti e ci risentiamo presto ;)


Dalhia_Gwen

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Capitolo 15
*** Chapter 15 ***













 
Chapter 15











Il mattino fu subito alle porte del nuovo giorno: tutti i membri della Warrior erano pigri più del solito, complice la serata focosa ed elettrizzante che passò, e che segnò ognuno di loro.
Tuttavia il capitano fu il primo a svegliarsi, mattiniero come suo solito, deciso più che mai a lasciare quel porto quanto prima. Si avviò truce verso le cabine della sua ciurma e, dopo aver letteralmente buttato giù dal letto ognuno di loro, ordinò ad ogni membro un preciso compito. Fu così che in meno di dieci minuti, la Warrior salpò e lasciò il porto, come un fantasma e non destando alcun sospetto.
 
⚓⚓⚓
 
Quando Gwen si svegliò, la nave era già in alto mare verso una meta a lei ancor sconosciuta.
Provò ad aprire gli occhi, disturbata dai tiepidi raggi del Sole che attraversavano l’oblò con insistenza, facendole capire che era alquanto tardi.
Tuttavia trovò il gesto faticoso, e nemmeno le forze sembravano darle una mano.
- Porca miseria…ma quanto ho bevuto? - sussurrò constatando che era ancora indolenzita e la testa le continuava a pulsare, anche se in maniera meno insistente.
Sbuffò, accasciandosi di nuovo sul materasso e, man mano che la sua vista si abituava alla luce, notò che la sua stanza era totalmente diversa da come se la ricordava.
Aggrottò la fronte, confusa: era chiaro, non era nella sua cabina.
 
Ma allora dove si trovava?
 
La risposta arrivò quasi istantanea in quanto, senza neanche avvertire, la porta si spalancò e dietro di essa comparve il capitano, in tutta la sua bellezza.
A Gwen parve di sognare, ma subito si ricompose, rendendosi conto del gesto poco educato del giovane.
- C-Capitano… è modo di entrare in una stanza? - chiese lei, cercando di non apparire stordita ed impaurita della sua presenza. A quelle parole il capitano sorrise beffardo.
- Sì, ne ho tutto il diritto, dato che è la mia stanza. - iniziò, gustandosi lo sguardo scioccato e spaesato della fanciulla. Tuttavia non le diede modo di obiettare.
- Allora, smaltita la sbronza, caro? - le chiese in tono canzonatorio, incrociando le braccia al petto e fulminandola con lo sguardo.
D’altro canto lei, che doveva ancora realizzare di essere nella stanza del suo capitano ed esattamente sotto le coperte del suo letto, annuì velocemente, non riuscendo a nascondere l’imbarazzo che colorò le guance.
Il capitano, tuttavia, non riuscì a rimanere immune alle sensazioni scaturite da quella creatura che, appena sveglia ed intimidita, era meravigliosa. La guardò con una strana luce negli occhi, provando la tentazione di saltarle addosso. Ma si riprese, rendendosi conto che stava vagando con la mente troppo velocemente.
- Quindi non ti dispiace tornare sul ponte e svolgere i tuoi compiti, non è vero Jo? - le chiese nuovamente, vedendola impalata sul suo letto.
La ragazza non se lo fece ripetere due volte e, come se avvertisse improvvisamente allergia a quei tessuti così pregiati sulla sua pelle, provò ad alzarsi per prestare il suo contributo al resto della ciurma, a cui solo lei mancava.
Nell’atto di alzarsi, però, avvertì la testa girarle e d’istinto si accasciò stendendosi di nuovo sul materasso, provocando nel capitano preoccupazione e ira.
- C-Capitano…io non riesco ad alzarmi… - sussurrò allora lei, incrociando il suo sguardo accusatorio. A quel punto lui si avvicinò, destando in lei angoscia, con fare minaccioso.
- Vorresti dirmi che non adempierai al tuo compito, Jo? Potrei punirti severamente per questo, perché io ieri sera non ho mai detto che potevate ubriacarvi al punto di essere indisposti l’indomani! Ma cosa diavolo ti passa per la testa?! - disse adirato Duncan, allargando le braccia muscolose.
Di fronte a quelle accuse lei si sentì in colpa, tuttavia non poté fare a meno di rimembrare il motivo che la spinse a compiere un atto così sconsiderato e che non le si addiceva per niente.
Lo guardò male, mentre disgustata si rese conto di aver dormito nello stesso letto in cui lui e la sua nobile sgualdrina avevano consumato la loro passione.
- Non sono tenuto a rispondere, capitano. Ho avuto le mie buone ragioni per compiere un gesto del genere. - disse allora lei, sfidandolo con lo sguardo nero delle sue iridi.
Per un momento Duncan si perse nella loro oscurità, la stessa che vedeva nella sua Warrior facendolo innamorare. Sorrise maligno, pensando che finalmente l’avrebbe smascherata.
- Bene, allora farai meglio a spiegare il motivo a Noah, il medico. Sta venendo a visitarti, e sono davvero curioso a questo punto di sapere cosa abbia spinto un ragazzino pelle e ossa come te a lasciarsi andare in quel modo. - pronunciò quelle parole con soddisfazione, assaporando piano il repentino cambiamento di espressione che stava avvenendo sul volto del finto Jo.
Infatti la ragazza avvertì un senso di smarrimento, quando capì che il suo piano sarebbe stato smascherato se Noah l’avesse scoperta per visitarla.
Deglutì un paio di volte, non sapendo cosa fare.
 
E adesso cosa si sarebbe inventata?
 
- N-Non è necessario, capitano. I-Io sto bene, devo solo riprendermi dalla sbornia… - provò a dire lei, non riuscendo a nascondere il balbettio, ma il capitano non si fece intimidire.
- Non pensare di essere l’unico ad aver assaporato le sensazioni della prima sbornia, tuttavia non è normale che tu continua ad avvertire giramenti di testa e stanchezza. Ed è mio dovere farti stare meglio, non ti pare? - il capitano sapeva benissimo che non c’era niente di più vero delle parole della ragazza: tutte quelle sensazioni erano palesi per coloro che assaggiavano gli effetti della birra la prima volta. Non c’era nulla di cui preoccuparsi e non c’era bisogno di Noah. Era una grossa bugia, la sua, semplicemente per metterla alle strette e farle svuotare il sacco.
Ma la ragazza non cedeva, e il capitano iniziò ad innervosirsi.
- Devo forse pensare che mi stai nascondendo qualcosa, Jo? - chiese dunque lui, alzando la voce di fronte alla sua inutile insistenza. Si avvicinò cauto ai piedi del letto, per poi sedersi avendo così la ragazza alla sua portata.
Gwen sbiancò dalla paura, e d’istinto provò ad alzarsi per allontanarsi da lui. Ma fu proprio quel gesto a tradirla: nell’alzare il busto per avere maggior controllo, non si accorse di perdere il berretto che le copriva i capelli. Quest’ultimo cadde per terra, lasciando sbarazzini i capelli neri che, ondeggiando, caddero lungo il viso e sopra le scapole, mostrando così il caschetto. Gwen osservò esterrefatta il berretto sul pavimento, portando veloce le mani sui capelli, oramai evidenti, e lentamente incrociò lo sguardo del capitano che in quel momento le parve un mare in tempesta.
Tuttavia, si aspettava di leggere stupore sul suo viso, non certo indifferenza come invece si ostinava a mostrare lui.
A quel punto tutto le fu chiaro: il complotto e la sua insistenza.
 
Lui sapeva già ogni cosa.
 
Il capitano ghignò soddisfatto.
- Eh già dolcezza, so tutto. - ammise, squadrandola così come un predatore osservava la sua preda.
Ma la ragazza non se ne accorse, in quel momento troppo occupata a diventare rossa dall’ira e formulando frasi oscene sul suo conto.
- Voi… voi mi avete presa in giro! - esclamò adirata, incurante di poter essere sentita dal resto della ciurma. Duncan scoppiò a ridere.
- Un momento, vacci piano tesoro. In realtà quello che dovrebbe sentirsi tradito sono io, non tu. Ad ogni modo esigo rispetto, sono un tuo superiore. - disse guardandola di sbieco. Lei sembrò non ascoltare, accecata dalla rabbia che cresceva ad ogni risposta di lui.
- Mi avete prelevata dalla mia stanza e portata nella vostra per appurare che io fossi una donna! Siete un verme! Non vi è bastata la scopata…! - Gwen era completamente rossa in viso, mentre con la mente metteva in ordine tutti i tasselli che le mancavano della sera precedente, delineando un retroscena alquanto bizzarro.
Gesticolava come una pazza e rischiava di farsi scoprire, così il capitano, in un gesto istintivo, le si gettò addosso tappandole la bocca con una mano. Caddero a peso morto sul letto matrimoniale, e lei smise di blaterare scioccata e spaventata.
- Dimmi un po', cosa della frase che ho pronunciato poc’anzi non ti era chiara? Ad ogni modo, cerca di far calmare il tuo caratterino, o ti farai scoprire e ti assicuro che gli altri non saranno clementi come sono stato io. - sussurrò lui a pochi centimetri dal suo viso, mentre con l’altra mano l’accarezzava il fianco sinuoso, cercando di calmarla.
Gwen si perse completamente nelle iridi acquamarina di Duncan, stordita dalla sua vicinanza così improvvisa e dal suo odore mascolino che le inebriava i sensi.
Anche lui pareva in uno stato di ipnosi, non smetteva di guardarla e di far scorrere la mano avida lungo un lato del corpo, delineando una curva eccitante che scoprì volerla assaporare quanto prima.
- Mi prometti che smetterai di urlare come una vipera? - le chiese, dopo aver impiegato tutte le forze per tornare in sé, faticando moltissimo. Ricevette un lieve cenno positivo del capo, così lentamente le tolse la mano dalla bocca, riscoprendola rossa e gonfia.
- C-Cosa volete farmi? – chiese balbettando a quel punto lei, trovando il coraggio di parlare con lui.
Gli venne da sorridere: in quel preciso momento voleva semplicemente averla, accecato dal bisogno carnale che quella fanciulla inconsapevolmente gli risvegliava. Tuttavia, sentì il suo cuore perdere un battito leggendo la paura nei suoi occhi, appurata dal tremolio che pervase il corpo della ragazza e che arrivò anche a lui.
Si sentì in colpa: di certo non voleva stuprarla, malgrado lo meritasse per averlo preso in giro, ma in quel momento un senso di protezione prevalse sulla sua voglia di svagarsi su di lei, rendendolo succube.
 
Ne rimase confuso e stordito, e questo gli costò un bel calcio nei testicoli.
La ragazza, infatti, approfittò dello smarrimento del capitano per sfuggire dalla sua presa ferrea, assestandogli un bel calcio al basso ventre, per poi sgattaiolare lontano da lui.
Lui emise un urlo soffocato, e lei ne approfittò per scendere dal letto.
Cercò di sfuggire dalla sua presa, ma il capitano fu più veloce di lei, ed allungandosi la prese per una caviglia, facendole perdere l’equilibrio e facendola stendere nuovamente sul letto.
A quel punto l’uomo prese le precauzioni, bloccandole le braccia con una mano e le gambe col peso del suo corpo.
- Brutta gatta selvatica, io ti salvo e tu mi ripaghi in questo modo? - chiese lui affaticato dallo sforzo che fece per riprenderla. Lei intanto si dimenava come un’anguilla in trappola, cercando di morderlo ovunque potesse.
- Salvarmi?! Ma se mi avete messa voi in condizioni di difendermi! Scendete subito dal mio corpo, sporco maiale! - esclamò lei inviperita con occhi inceneritori.
- Vuoi essere stuprata a turno da ogni membro dell’equipaggio, eh?! Non ti credere che la prenderanno bene, venendo a sapere che tu sei una donna! Lupi di mare come loro, che non fanno sesso con una donna per mesi, possono mai lasciarsi sfuggire un’occasione del genere, sapendo di averne una a bordo?! - in quel momento fu il capitano ad urlare esasperato, guardandola adirato e digrignando i denti. Gwen fu colpita dal discorso e della reazione che ne conseguì, così smise di ribellarsi ed esausta si arrese al capitano.
- E cosa mi dice che voi non vogliate farmi la stessa cosa? - chiese lei in un sussurro, arrossendo timida al solo pensiero. Duncan rimase folgorato da quella spontaneità, che le regalò ulteriore bellezza.
Sentì di avere un debole per la sua timidezza, che sarebbe stata capace di disarmarlo completamente.
Decise di non farglielo capire, per il bene di entrambi.
- Se avessi avuto l’intenzione, ti avrei già fatta mia da questa mattina, quando ti ho presa inerme tra le braccia per portarti qui, al sicuro. - spiegò lui sinceramente.
Questa volta fu lei a rimanere senza parole, rendendosi conto di quanto fosse vero il suo discorso.
Lei era completamente intatta, e la verità sarebbe venuta a galla, in un modo o in un altro.
 
Ne era consapevole, non poteva mentire per sempre.
 
Poté leggere nello sguardo chiaro del capitano la sincerità che proveniva dal suo cuore, e non riusciva a non credergli. In qualche modo la sua presenza e la sua estrema vicinanza le facevano perdere la concentrazione, rendendola inerme di fronte alla verità.
Alla fine cedette, abbassando lo sguardo esausta di combattere contro colui che, odiava ammettere, fu il suo salvatore.
Sbuffò tuttavia divertita dalla situazione venutasi a creare, totalmente assurda:
lui, lo stesso uomo che la uccise nell’animo e poco dopo le salvò la vita.
- Dovrei punirti, lo sai? Questo è tradimento verso il tuo capitano. - spiegò lui vedendola riprendere il colorito. Lei lo guardò stranita.
- Tradimento? Ma se mi avete assunta voi, dicendo che fossi una persona dalle forti capacità, adatta all’apprendimento, nonostante fossi un mucchietto di ossa. - lo schernì lei guardandolo male.
In tutta risposta il capitano rise di fronte alla spavalderia della ragazza.
 
La gattina, nonostante l’apparenza, non aveva per niente abbassato la guardia, e questo lo eccitava inverosimile.
 
- Ti sei spacciata per un uomo, hai mentito sulla tua identità. È tradimento, tesoro mio. - spiegò lui calmo, accarezzandole una guancia col dorso della mano.
Lei lo ammonì togliendo sgarbatamente la sua mano dal viso, stizzita da ciò che udì.
- Sono stata costretta, mio capitano! Sarei stata scartata a priori, solamente per essere una donna, non valutando minimamente le mie capacità! Ma a quanto pare ho dimostrato di essere in grado di svolgere diverse mansioni qui, e sono stata accettata! Se adesso volete buttarmi in mare, fate pure, ma non mi pento di nulla! Morirò soddisfatta di aver dimostrato che una donna è capace di tenere il passo di un marinaio e di fare molto altro, confutando tutti questi stupidi stereotipi! -
Il capitano non faceva che guardare incantato quella piccola strega sotto di lui, che non aveva dimostrato alcun sentimento di vera paura nei suoi confronti, né inclinazione per essere stata scoperta.
 
Era una combattente, non vi erano dubbi.
Bellissima quanto letale, capace di stregare chiunque le capitasse davanti ed annientarlo senza neanche se ne accorgesse.
Furba e dannatamente attraente, nonostante fosse rigorosamente vestita.
Era la sua donna ideale, realizzò dopo averla contemplata in ogni minimo particolare.
 
- Ti propongo un patto. - le disse a freddo, inebriato dalle sensazioni che stava provando avendola così vicina. In tutta risposta lei lo guardò sospettosa.
- Ma prima voglio sapere il tuo vero nome, dolcezza. - continuò, guardandola con malizia. Lei avvampò, sentendo le sue mani sul suo viso. Ma non lo scansò, rendendosi conto di aver bisogno di quelle sensazioni che solo lui le faceva provare.
- Mi chiamo Gwen. Gwendolyne Smith, capitano. - sussurrò lei, incapace di distogliere gli occhi dai suoi febbricitanti.
- Bene, Gwen. Io manterrò il tuo segreto, permettendoti di continuare a rimanere con noi sulla nave. Continuerò a trattarti e a chiamarti Jordan, ma tu in cambio dividerai la cabina con me. - spiegò lui, sorridendo maligno non appena vide lo smarrimento di lei nei suoi occhioni neri che si dilatarono non appena capì il compromesso.
- V-Voi… non potete chiedermi di…! - iniziò lei rossa in viso come non mai, non riuscendo a controllare la sua voce che era diventata stridula e assordante a causa dell’ira.
Prontamente lui le tappò la bocca poggiandoci un indice.
- Ah, io non continuerei se fossi in te. Potrei improvvisamente cambiare idea, dandoti in pasto agli squali o, peggio, godendomi lo spettacolo di vederti come giocattolo di svago dei miei marinai…O magari il mio. - disse lui, sorridendo spietato e allo stesso tempo malizioso.
La ragazza strinse i denti mordendosi più volte la lingua.
Era in trappola, sapeva che doveva accettare, in quanto non vi erano altre allettanti alternative.
Lo guardò schifata: in fondo non era così diverso dai suoi simili, come invece credette lei.
Fece un profondo e provato respiro, prima di pronunciarsi.
- Accetto. Ma sappiate, mi fate ribrezzo. - disse lei piatta, passandosi la lingua sui denti.
Duncan rise di fronte a quell’affermazione, scuotendo la testa divertito.
- Oh mia piccola Gwen, così mi offendi! Ma cosa hai capito? Non ti torcerò un capello! - esclamò lui, facendo un’espressione innocente. Lei rimase impassiva.
- Promettetemelo. - disse a quel punto lei, incatenando i loro occhi in una tacita promessa.
Di fronte a quella richiesta il capitano si ricompose, prese le mani della ragazza, se le portò alla bocca e le baciò con delicatezza, non distogliendo mai lo sguardo dai suoi occhi neri.
- Lo prometto sul mio onore. - affermò lui serio, e in quel momento a Gwen parve di aver dimenticato come si respirasse.
La sua sincerità l’aveva disarmata, ma non volle farglielo capire.
Distolse la sua attenzione da quei meravigliosi occhi acquamarina, che stavano splendendo di luce propria, voltando il viso verso un punto imprecisato della camera.
Duncan sorrise divertito dal suo imbarazzo, incassando la vittoria e pregustandosi la prima di una lunga serie di meravigliose notti in compagnia della sua sirena.
- Ora però esigo che ti alzi, ti voglio sul ponte entro cinque minuti. E ti giuro che non sarò ancora così delicato e clemente con te. - tuonò lui tornando ad essere il solito temerario.
Detto questo, si alzò senza preavviso e, non prima di farle l’occhiolino, uscì dalla stanza per tornare sul ponte, rimanendo spiazzata la povera ragazza che non riusciva ad ancora ad assimilare tutto quello che le accadde in così poco tempo.
 
Era in trappola, si trovò a pensare, altro che libertà tanto desiderata!
 
Ma poi sorrise, come non fece mai prima d’ora, invasa da una sensazione di inebriante eccitazione: dopotutto, era una bellissima e piacevolissima prigione, la sua.






Angolo autrice:
Buonasera a tutti miei cari fans!
Finalmente riesco a pubblicare il tanto atteso nuovo capitolo ^_^
Chiedo perdono per il tempo trascorso dall'ultimo aggiornamento, ma ho sempre così tanto da fare.
Ad ogni modo, non dimentico questa storia, e spero che continui ad assere seguita nonostante i tempi lunghi.
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo nuovo capitolo, ci risentiamo nel prossimo capitolo che, premetto, non so quando uscirà: farò il possibile, ma volevo essere sincera come sempre.
Tornando al capitolo...la situazione si fa davvero piccante! Gwen ha accettato il compromesso del capitano, ma riuscirà davvero a mantenere tale promessa?
E Gwen continuerà a rimanere in incognito ancora al resto della ciurma?
Continuate a seguirmi!


Dalhia_Gwen  

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Capitolo 16
*** Chapter 16 ***



 


Chapter 16

 


Dopo essersi sistemata, Gwen tornò frettolosa sul ponte, laddove tutti i suoi compagni erano già intenti ed occupati nelle loro mansioni. Decise di non guardarli, sapeva che in quel momento tutti la stessero fissando con occhi accusatori, e lei non voleva certo far nascere ulteriori sospetti.
Ne aveva abbastanza, voleva tranquillizzarsi dal susseguirsi di eventi che misero a dura prova la sua pazienza, portandole inevitabilmente molte sorprese.
Ma nonostante le sue aspettative disastrose, lei era ancora lì, in piedi e su quella nave, a continuare a seguire il suo sogno.
Arrivò davanti a Light che l’attese fino a quel momento con aria adirata, ma senza dire nulla lei prese il secchio e i suoi stracci per poi iniziare a sgrassare il pavimento, che negli ultimi giorni divenne più sudicio per via della trascuratezza e dello svago in cui venne inevitabilmente coinvolta.
Occupò l’intera mattinata a pulire e successivamente a lucidare quel ponte, non fermandosi mai, se non per asciugarsi la fronte dalla fatica che quelle macchie le causarono.
Era arrivata a bordo della poppa, intenta a sfregare energicamente lo straccio su una macchia che non aveva intenzione di togliersi. Impiegò più forza e, solo dopo esserne uscita vittoriosa, alzò il viso in un sonoro sospiro, per poi concedersi un attimo di tranquillità.
Volse lo sguardo verso il parapetto, tuffando i suoi occhi nel mare che in quel momento si rivelò essere piatto come una tavola. Vide dei gabbiani precipitarsi verso un punto imprecisato della superficie, entrarvici ed uscirne con il becco pieno. Sorrise spontaneamente, affascinata dai misteri che celava quell’ immensa distesa d’acqua.

Amava il mare giorno dopo giorno, e sentiva di non poter desiderare altro che vivere lì, in quel modo, con tutte le difficoltà che quella vita spericolata preservava.

Sentì delle voci ovattate alla sua sinistra, e d’istinto si volse nella loro direzione. Vide il capitano e Brick discutere sulle rotte da seguire. Il primo gli impartiva gli ordini, il secondo annuiva entusiasta elevando talvolta le sue opinioni, che il capitano non osava mai ignorare. Si soffermò a guardare Duncan, in tutta la sua fierezza e compostezza, e non poté non rimanerne affascinata.
Ogni membro dell’equipaggio lo guardava in quel modo, e nessuno osava disubbidirlo.

Ma non perché ne avevano timore. Affatto.

Semplicemente perché non vi era un motivo valido. Era sempre così giusto e disponibile a coinvolgere i suoi ragazzi su qualsiasi manovra: e ascoltava ognuno di loro, spiegando e motivando le sue intenzioni e soppesando i loro interventi. Non screditava mai nessuno e, se ci fosse stato qualcosa da correggere, lui lo avrebbe fatto senza mai farlo pesare.

Non era un capitano qualunque: era il Capitano, quello che ogni marinaio avrebbe voluto avere.

Quello a cui promettere devota fedeltà, per il quale rischiare la propria vita.
E l’uomo perfetto che qualsiasi ragazza avrebbe mai potuto desiderare.
Mentre fece quelle riflessioni, sul volto di Gwen nacque un sorriso spontaneo e pieno d’amore, che Duncan intercettò non appena la guardò.
Gli si riempì il cuore di aspettative vedendola intenta a fissarlo con aria sognante, e gli venne da ridere quando la vide tornare con i piedi per terra e cercare di mascherare il rossore che colorò le sue guance, accentuato ancor di più dal Sole che le baciava la pelle.
Cadendo nella goffaggine, tentò invano di riprendere il controllo di sé stessa, strofinando lo straccio su un punto che già splendeva, ma il capitano non riuscì a non smettere di ridere.
Era così bella quando arrossiva, così angelica quando sorrideva e soprattutto così attraente in qualsiasi cosa facesse.
 
⚓⚓⚓
 
Il pomeriggio passò anch’esso velocemente, tra pelare carote e cipolle ed aiutare Dj a preparare la cena a ben 40 uomini.
Così tornò nella sua cabina con addosso una stanchezza mai provata prima d’ora. Stava per spogliarsi ed abbracciare finalmente il letto, quando si ricordò del patto del capitano che fu costretta ad accettare, e si maledisse per essere stata così sciocca a comportarsi come una ragazzina alle prese con il suo primo amore.
Attese che lungo il corridoio non volasse un solo filo d’aria, così cautamente uscì dalla sua cabina e, senza far rumore, imboccò quello del capitano.
Diede dei piccoli e leggeri tocchi alla porta, finché la voce calda del capitano le diede il permesso di entrare.
- Era ora. - disse lui, non appena scorse la figura minuta della ragazza che timidamente entrò nella stanza, chiudendola poi alle sue spalle. La sua risposta non si fece attendere.
- Sapete, ho dovuto attendere che tutti si addormentassero per poter raggiungervi. Scusate la mia prudenza, ma a mio parere era essenziale. - esclamò fingendosi dispiaciuta.
Lui tuttavia parve non ascoltarla, intento a non distrarsi dalla lettura di una miriade di carte poste sulla scrivania, laddove si sedette. Doveva essere parecchio concentrato, si disse la ragazza tra sé così, dopo un attimo di esitazione, si diresse verso il letto e vi si sedette ai bordi, cominciando a guardarsi intorno imbarazzata.
Cominciò a studiare quella che da quel momento in poi sarebbe diventata la sua cabina: era indubbiamente più grande delle altre, ed era arredata di oggetti di grande valore. Notò con curiosità la presenza di un’amaca posta in un angolino della camera e si chiese l’utilità. Solo in quel momento si accorse che le lenzuola su cui si sedette fossero pulite, e in un certo senso si sentì meglio. Non voleva ritrovarsi l’odore di quella nobile sul corpo, sarebbe stato rievocare qualcosa che stava cercando di mettere da parte per poter superare al meglio quella condivisione forzata.
Improvvisamente Duncan smise di scrivere, per poi sospirare visibilmente stanco.
Quasi le dispiacque, vedendolo con i gomiti poggiati sul tavolo e la testa tra le mani.
- Non sai quanto sia difficile, mia cara, fare il capitano. - disse ad un certo punto lui, sentendosi addosso gli occhi della ragazza. Lei non rispose, era evidente che non aveva nulla da obiettare. Con fare stanco si alzò dalla sedia e si diresse verso il comodino, laddove giaceva una bottiglia di rum. Se ne riempì un bicchiere pieno, e lo bevve in un solo colpo, tutto mentre lei lo guardò incuriosita.
Lui parve non accorgersene, così si diresse verso un baule posto ai piedi del letto e, come se fosse stato da solo nella sua cabina, si tolse la camicia, depositandola dentro e rimanendo in pantaloni.
Gwen arrossì violentemente nell’istante in cui lui si girò per guardarla, e cadde improvvisamente nel panico.
Cercò di darsi un po' di contegno, ripensando alle sue parole: non le avrebbe fatto del male, glielo promise sul suo onore.
Tuttavia non riuscì a placare il tremolio, mentre attonita si rese conto che lui si stava avvicinando sempre di più a lei, fino ad arrivarle davanti. A quel punto le si inginocchiò, e premuroso le prese le mani.
- Hai freddo? - le chiese sottovoce, ma lei parve immobilizzata, priva di ogni volontà.
- Non devi aver paura… - le sussurrò allora lui, non appena le fu accanto, allungando un braccio dietro di lei per portarsela poi sul suo petto.
Lei strinse gli occhi, non voleva sapere cosa sarebbe accaduto dopo, tanta era la paura che lui le incuteva. Ma non accadde proprio nulla di quello che temette.
Lui l’avvolse in un caldo abbraccio, mentre depositò sul suo capo dei lunghi e delicati baci, rasserenandola.
- Ti ho vista oggi sul ponte, hai dato tutta te stessa e adesso sei visibilmente provata dalla stanchezza. Permettimi di tranquillizzarti. - le disse lui non smettendo di tenerla stretta. Lei respirò a fatica ma, non appena udì le sue parole, un moto di fierezza la invase facendola sorridere.

L’aveva osservata per tutto il tempo, tenendola d’occhio e proteggendola da lingue indiscrete.

Solo in quel momento lo capì.
Fu allora che si lasciò andare, cullata dal suo calore e dal suo profumo invasivo. Lui sentì i suoi nervi cedere, e sorrise dolcemente tra i capelli, tenendola ancora tra le sue braccia per qualche minuto.
- Ti va se dormiamo e recuperiamo le forze? - domandò ad un tratto, facendola destare dallo stato di rilassatezza in cui cadde.
Fece cenno affermativo col capo, e subito si sentì sollevare per poi essere poggiata sul lato sinistro del letto. Dopo pochi istanti lui la raggiunse, occupando la destra e, dopo averle rimboccato le coperte, spense la lanterna.
- Buonanotte, Gwen. - disse lui a pochi centimetri dal suo viso.
- Buonanotte, capitano. - rispose lei pateticamente, drogata dalle sue attenzioni. Il ragazzo attese che la fanciulla cadesse nel sonno più profondo per avvicinarsi e provare di nuovo la piacevolissima sensazione di averla tra le braccia. Rimase senza parole dall’effetto che quella ragazza fu in grado di provocargli. Deglutì a fatica, rendendosi conto che il suo membro rispose ai suoi timori in maniera forte e chiara.

La voleva, voleva che quella ragazza diventasse sua e si promise che ci sarebbe riuscito, prima o poi.
Era disposto ad attendere anche anni se fosse stato necessario, ma avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.
Perché nessuna prima d’ora lo drogava in tal modo da renderlo completamente vulnerabile e dipendente da lei.
Per nessuna provava quello che avvertiva quando era con lei.
Per nessuna si eccitava al suo solo sguardo.
E nessun’altra desiderava tanto quanto quella ragazza, dalla pelle di porcellana e la bocca carnosa e rossa come una rosa.
Nessuna era speciale quanto lei, nessuna sarebbe stata Gwendolyne Smith.




Angolo Autrice:
E rieccomi con un nuovo capitolo! :D
Consideratelo come regalo di Natale, perchè la settimana prossima non avrò tempo di aggiornare per via della mia partenza per le vacanze.
Bene, bene, bene... qualcuno sta rivalutando una situazione che credeva fosse alquanto scomoda.
Ma sarà veramente così? Continueranno Gwen e Duncan a mantenere il loro patto sulla nave?
Lo scoprirete solo leggendo!
P.S.: Dunque vi dò appuntamento a dopo le feste, gente! Ne approfitto per augurarvi
Buon Natale e Felice Anno Nuovo

Dalhia_Gwen

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Capitolo 17
*** Chapter 17 ***











Chapter 17
 
 








La condivisione forzata si rivelò, sotto lo sguardo meravigliato della ragazza, tutt’altro che spiacevole e di costrizione.
Ogni sera il capitano le fece imparare qualcosa di nuovo: dalla lettura delle rotte a quelle dei venti, e si meravigliò quanto fosse divertente passare del tempo con lui.
Ridevano per qualsiasi cosa, e col tempo impararono anche a confidarsi l’uno dell’altra. Lei gli raccontò della sua vita contadina a Cleggan e del motivo per cui decise di imbarcarsi in una nave, affascinando sempre più il capitano che fosse ormai convinto di avere di fronte a sé una ragazza fuori dal comune.
 
Era speciale, e lui non aveva alcuna intenzione di perderla.
 
D’altro canto Gwen cercò di estrapolare dal giovane tutte le nozioni possibili. Paradossalmente la sera diventò la parte del giorno che aspettava più con ansia, e quando arrivava lei faceva emergere tutta la sua curiosità e la sua felicità.
 
⚓⚓⚓
 
Una mattina di agosto, però, dopo aver avvistato l’ennesima nave spagnola, il capitano era decisamente preoccupato. Erano diretti verso le Barbados, per un invito anonimo che il giovane corsaro ricevette per stipulare una plausibile alleanza per una questione di notevole importanza.

Era da settimane che lui e la sua ciurma erano fermi senza incarichi e la monotonia si faceva sentire, nonostante avesse a bordo un’ottima compagnia. Era demotivato, e per di più i galeoni giravano a largo riconoscendo la nave nera pirata.
Abbassò il cannocchiale adirato di fronte all’ennesimo buco nell’acqua, quando si rese conto che gli spagnoli si diedero a gambe levate, aumentando la distanza tra loro.
Era palesemente frustrato di girare a vuoto senza essersi imbattuto in qualche nemico e aver avuto il piacere di farlo a pezzi, e tale assenza era percepita anche dalla ciurma.
Poteva benissimo avvicinarsi ed inseguirli, ma la presenza di Gwen era diventata la cosa più importante per lui, e temeva per la sua incolumità. Non voleva esporla a rischi, non ora che nutriva fiducia verso di lui, ma allo stesso tempo si rese conto di aver trascurato la Warrior e la sua ciurma, nonché i loro interessi.

Sospirò sconsolato, non riuscendo a trovare una soluzione per uscire da quello stato di inattività.
Focalizzò lo sguardo sulla fanciulla, che in quel momento era intenta ad osservare Light fare nodi ai cannoni, cercando di rubargli qualche nozione. Era impaziente e buffa, ma quando ricevette l’ennesimo rifiuto da parte di Light, la vide adirarsi. Gli scappò un sorriso, constatando che fosse incantevole anche quando era arrabbiata.
Gwen infatti farfugliò una serie di spontanee imprecazioni sottovoce, ma nel momento in cui incontrò lo sguardo di Duncan si bloccò, arrossendo imbarazzata.
E fu in quel momento che al capitano venne in mente un’idea bizzarra quanto geniale: se voleva tornare a saccheggiare senza preoccuparsi eccessivamente di Gwen, doveva farla abituare anche a quella circostanza, e anche se non le avesse mai permesso di immischiarsi in certe situazioni, doveva pur sempre essere in grado di difendersi.

- Jordan, seguimi. - la chiamò allora lui col suo finto nome, e lei lo affiancò, seguendolo senza indugi.

- È arrivato il momento che tu sappia impugnare una spada. Siamo corsari, e come tali potremmo imbatterci in battaglie o abbordaggi, e tu devi essere pronto a difenderti. - le spiegò serio, non nascondendo la preoccupazione per la sua incolumità.
Lei lo fissava con sorpresa, non sapendo se essere contenta o meno di dover usare un’arma del genere.
Certo, al colloquio gli diede ampia consapevolezza della conoscenza che aveva nell’usare un pugnale, per questo non riusciva a capire il motivo per cui doveva essere in grado di utilizzare anche una spada.

- Ma capitano, posso difendermi benissimo anche con un pugnale. - gli fece notare lei, fissandolo negli occhi. Il capitano si fermò per prestarle attenzione.

- Lo so bene Jo, ma voglio che tu impari ad usare anche quella. Sarai meno vulnerabile. - e detto questo si volse verso un ragazzo seduto in disparte su un barile, intento ad intagliare pezzi di legno.

- Topher, vieni, ho un compito da assegnarti. - ordinò Duncan ad un giovane molto carino, che la ragazza non notò mai fino a quel momento. Quando egli cominciò ad avvicinarsi, Gwen ebbe modo di contemplarlo meglio: era alto, aveva capelli di un castano chiaro e due occhi verdi che le ricordavano tanto il prato della sua Irlanda. Nel ricordare le sue origini, la ragazza ebbe un momento di debolezza che le costò delle lacrime sfuggite al suo controllo, che tuttavia asciugò prima di essere vista dal capitano.

- Jo, ti presento Topher, ti insegnerà lui ad armeggiare una spada. Potete iniziare ora. - disse Duncan deciso, facendo rimanere di stucco sia lei che il ragazzo in questione.

Lui fece finta di non notare le espressioni sui loro visi e, dando loro le spalle, tornò a tuonare ordini su tutta la nave.
Dopo essersi guadagnata un’occhiata arcigna da parte di Topher, lo vide scomparire in coperta, per poi tornare dopo pochi minuti con due spade di legno. Lanciò una verso la ragazza che, presa alla sprovvista, tentò invano di afferrarla, perdendola per terra. Al ragazzo scoppiò una risata.

- Se iniziamo così, la vedo molto dura, caro Jo. - esclamò prendendosi gioco di lei. Lei, dopo aver recuperato la spada, lo guardò acida.

- La bravura di un allievo dipende essenzialmente dal suo maestro. Tienilo bene a mente, Topher. - lo schernì lei sorridendo furba, e come risposta ottenne uno sguardo sorpreso unito ad un sorriso sincero.
 
⚓⚓⚓
 
Si allenò per tutto il pomeriggio, schivando colpi e attaccando, ed imparando ad una velocità impressionante. Sul ponte si sentivano sguazzi di spade di legno che fendevano l’aria, mischiati ad urla e risate di Gwen e Topher. Il loro entusiasmo coinvolse anche gli altri marinai che, attratti dallo spettacolo, smisero di occuparsi dei loro doveri e si strinsero intorno ai due giovani, osservandoli con interesse.
All’inizio Topher ebbe seri dubbi sull’apprendimento del suo compagno novellino, ma non appena passarono alla pratica, dovette ricredersi: Gwen parava e attaccava ad istinto, mentre studiava il suo avversario silenziosamente. Sul volto le si poté leggere determinazione e volontà di dare il massimo, e questo alimentò gli animi del resto della ciurma che stava dando i loro voti e le loro preferenze: non le fu difficile trovare i punti deboli di Topher e, creando l’occasione giusta, lo spiazzò mettendolo in condizione di arrendersi, sorprendo tutti. Nell’aria si elevò un forte esulto, tra cappelli lanciati in alto e battiti di mani per il piccolo Jo che dimostrò di avere carattere anche nella lotta.

- Grande Jo! Sei un mito, fratello! - si sentì dall’alto del cassero la voce di Geoff che, sin dapprincipio, tifò il suo miglior amico. Gwen lo ringraziò elevando una mano, mentre venne riempita di complimenti e pacche potenti e calorose sulle sue spalle, sorridendo lusingata.

Duncan, che la tenne d’occhio per tutto il tempo dalla poppa, non poté fare a meno di gioire anche lui del suo operato, avvertendo il suo cuore gonfiarsi d’orgoglio ad ogni suo piccolo progresso.

- Capitano, quel ragazzino è un portento. Sono contento che lo abbiate introdotto nella nostra ciurma! - disse sinceramente Brick di ritorno alla sua postazione, che anche lui tifò segretamente Jordan e, non appena lo vide vittorioso, lasciò il timone per andare a congratularsi. Il capitano sorrise fiero ed ammaliato allo stesso tempo.

- Lo sono anche io. - disse, non staccando gli occhi di dosso alla ragazza. Tuttavia constatò che quella era solo una simulazione con spade finte, e pensò bene di metterla alla prova con spade vere e con un avversario degno. Allorché si avvicinò cauto, con gli occhi fissi su di lei e con un sorriso compiaciuto che non prometteva nulla di buono.
Gwen, che era ancora circondata dai suoi compagni, intravide il capitano farsi spazio in mezzo alla sua ciurma, e non riuscì a nascondere l’imbarazzo che ne scaturì non appena incrociò il suo sguardo brillante.
Finalmente il capitano le arrivò di fronte e, dopo averle messo una mano sulla spalla, la guardò intensamente.

- Ottimo lavoro Jo, hai dimostrato di essere in grado di utilizzare una spada. Ma adesso è arrivato il momento di fare sul serio. - affermò, e senza darle il tempo di assimilare la frase per il significato che nascondeva, le passò tra le mani una vera spada, postandosi di fronte a lei con un’altra.

- C-Capitano, cosa significa… - chiese lei in preda al panico, sperando con tutta sé stessa di aver intrapreso male ciò che stava accadendo.

Tutti i presenti si allontanarono di qualche passo, considerando azzardato il gesto del capitano di sfidare Jordan al suo primo apprendimento. Si sentirono bisbigli tra alcuni di loro, palesemente in disaccordo, altri febbricitanti di vedere il novellino alle prese con un combattimento vero, altri ancora rimasero in disparte non proferendo parola.
Nel frattempo Duncan si mise in posizione, ondeggiando la spada con una sola mano, ed incitando la ragazza a non cedere.

- Avanti Jo, vediamo come te la cavi con una spada ed un avversario veri! - la sfidò lui beffardo, mentre lei tremò scuotendo il capo.

- No capitano, io non posso… - provò a dire, ma il capitano fece la prima mossa e si scaraventò su di lei, cozzando la sua spada contro quella di lei. Immediatamente Gwen mantenne con entrambe le mani la spada troppo pesante per la sua portata.
L’impatto fu talmente forte che indietreggiò per lo spavento rischiando oltretutto di cadere all’indietro, ma Duncan la sostenne, avvicinandola a sé con la scusa delle loro spade in contrasto.

- Non pensare che sia io il tuo avversario. Colpisci piccola, fammi vedere cosa sai fare. So che puoi. - le sussurrò vicinissimo ad un orecchio, in modo da permettere solo a lei di sentire. Quelle parole diedero una scarica di adrenalina alla ragazza che, una volta staccatasi da lui, si armò di tutto il coraggio che possedeva per assestargli un colpo, emettendo un urlo.
Duncan fece forza per reggere la spada, soddisfatto della reazione della fanciulla alle sue parole, e si congratulò muovendo il labiale in un “Bravissima”.
Lei lo intercettò, ma non si fece emozionare: la riempì ancor più di carica. Così si preparò a parare un altro attacco del giovane, mentre tutti mantennero il fiato sospeso. Anche Geoff, dall’albero maestro, scese repentino per assistere con ansia e trepidazione a quel combattimento.

Entrambi schivarono ed attaccarono, ma nessuno mostrava segni di cedimento. Avevano la fronte imperlata di sudore, e tuttavia Gwen si mostrò in netto svantaggio di fronte alle forze che repentine la stavano abbandonando. Proprio mentre perse un attimo di concentrazione, lui le assestò un colpo che la fece piegare sul pavimento, e il peso delle due spade gravò sulla forza gracile della ragazza. Il capitano forzò tanto quanto bastava per spingerla contro il pavimento, bloccandola tra le spade.

- Maledizione! - si fece scappare lei, che non aveva alcuna intenzione di perdere. Lui sorrise sornione.

- Non hai scampo, Jo. - disse lui, quando all’improvviso accadde l’inaspettato.

Gwen approfittò del momento di spavalderia del suo capitano, per spingerlo di lato facendogli perdere l’equilibrio precario su cui si manteneva. Si ritrovarono così con le posizioni scambiate, e nello stupore gli assestò un calcio che gli fece perdere la spada tra le mani. Si ritrovò bloccato contro il pavimento con la ragazza su di lui, che era intenta a non farlo muovere, mentre con una mano teneva tremante la spada puntata al suo viso e con l’altra bloccava la gola del suo avversario.
Tutti si spaventarono quanto il capitano stesso, rimanendo esterrefatti e non avendo parole per descrivere tutto ciò.
Non seppe nemmeno come, ma solo in quel momento il ragazzo realizzò di essere stato battuto dalla sua innocua musa. Rimase scioccato quanto estasiato da tanta astuzia e furbizia che la ragazza dimostrò, affermando sempre più la sua opinione su di lei.
Non smetteva di guardarla incantato ed eccitato fino all’inverosimile, tuttavia non poté fare a meno di sentirsi in pericolo di fronte al tremolio che gli trasmetteva e che era visibile con la spada che teneva tra le mani.
Fu questione di attimi: la vide barcollare, e fulmineo si alzò afferrando il polso con cui lei teneva precariamente la spada. La ragazza cadde esausta su di lui che, dopo aver allontanato con un colpo secco le spade tra di loro, l’accolse tra le sue braccia, tranquillizzandola.
Lei singhiozzava, ma lui si infischiò delle occhiate sospettose della sua ciurma, e cominciò a cullarla sussurrandole parole di conforto.

- Stai tranquilla, piccola mia. Sei stata bravissima. - disse piano ad un suo orecchio, mentre lei si nascose nella sua camicia. Le baciò la fronte bagnata di sudore.

- Sono così fiero di te. - continuò non smettendo di cullarla, e a quelle parole lei lo abbracciò a sua volta.
Rimasero così per un periodo indeterminato, durante il quale il capitano non la lasciò mai, e con lo sguardo che non ammetteva repliche ordinò ai membri dell’equipaggio di tornare alle loro mansioni non facendo alcuna domanda, altrimenti avrebbero assaggiato le amare conseguenze. I marinai obbedirono senza indugi, promettendosi tuttavia di approfondire in un secondo momento il legame tra il capitano e Jordan, sempre più anomalo.








Angolo autrice:
Sono vivaaaa!
E con me la storia!
Perdonate il mio solito ritardo, ma davvero non ho avuto modo di aggiornare la storia prima di oggi.
Comunque, spero che l'episodio che vi ho raccontato vi sia piaciuto: oltre al piccante combattimento tra il capitano e il suo novellino, abbiamo l'introduzione di un nuovo personaggio, Topher! Spero abbiate apprezzato anche quello ;)
Da questo momento in poi cercherò di postare i capitoli più puntale possibile, se non anticipatamente, proprio per recuperare il tempo perso.
Quindi controllate spesso il sito, potreste trovare una bella sorpresa! ;)
Un abbraccio


Dalhia_Gwen
 

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Capitolo 18
*** Chapter 18 ***



















 Chapter 18














Quel combattimento portò fame tra i membri della Warrior, che felici cenarono ridendo e scherzando, congratulandosi innanzitutto con il piccolo Jo che poté vantarsi di aver battuto il loro capitano.
Tuttavia Gwen non ebbe tanta fame, ancora scossa dal terrore di aver potuto far del male a Duncan, con un’azione così sconsiderata.

Quando si fu calmata, lui la prese in disparte, dichiarando che non avrebbe corso nessun pericolo, in quanto sapeva cosa stava facendo e soprattutto sapeva quando intervenire in caso di pericolo. Lei parve rasserenarsi, ma in cuor suo vi era ancora trepidazione e una sensazione di spavento che non avevano intenzione di lasciarla.

Quella sera, tuttavia, aveva poca voglia di colloquiare e una volontà ancor minore di andare a dormire.
Così, quando si presentò come suo solito nella stanza del capitano, prese il diario di bordo che lui le concesse di sfogliare, e cominciò a leggerlo, sperando che quello l’avrebbe distratta.
L’aria era così afosa e appiccicosa che, nonostante lei avesse tagliato i pantaloni facendoli diventare dei pantaloncini e risvoltato le maniche della camicia fin sopra i gomiti, non riusciva a sentire giovamento.
Avvertiva sul suo collo i capelli incollarsi e questo le faceva mancare il respiro.
Inoltre, la presenza del capitano a torso nudo con le sole mutande, non l’aiutava di certo a mantenere i suoi ormoni a freddo.

Adocchiò sul tavolo su cui Duncan stava studiando una penna di gabbiano ancora intatta, e senza pensarci due volte decise di impossessarsene.
Si alzò veloce tanto da attirare l’attenzione del capitano, che solo in quel momento notò l’abbigliamento sempre più minimale con cui la ragazza, senza volerlo, lo provocava.
Dimenticò tutto quello che stava facendo, rapito dalle sue gambe che per la prima volta vide in tutta la loro bellezza, e dall’ombelico che lasciò scoperto, donandole un’aria sensuale.

La vide tornare a sedersi sul bordo del letto, sospirando, per poi utilizzare la penna di gabbiano per legare i capelli in un chignon mal riuscito. Alcune ciocche, infatti, sfuggirono repentine dalla sua presa, ricadendo sul collo bagnato.
Senza pensarci sbottonò la camicia per sventolarsi, e la luce della cabina picchiettò sulla sua pelle rendendola ancor più delicata. In quel preciso istante tutto l’autocontrollo del ragazzo sfumò come la schiuma del mare sulla riva, mentre altri sensi venivano risvegliati senza che lui potesse domarli.

Più la guardava e più la mente costruiva la sua perfetta ed angelica figura denudata sul suo letto, e consecutivamente sentì la risposta del suo corpo che partiva dal basso ventre e risaliva fino al cervello, fondendolo senza rendersene conto.

Stava impazzendo letteralmente, e presto non avrebbe più risposto delle sue azioni se la situazione fosse degenerata.

E vi erano tutti i presupposti.

Si alzò stizzito come se fosse stato scottato da qualcosa, cercando di spegnere il fuoco, che lei stava alimentando inconsapevolmente, con del rum. Bevve ben due bicchieri, uno di seguito all’altro, mentre era intento ad osservare il cielo stellato, con la speranza di riuscire a riprendere il controllo di sé e del suo corpo.
Come immaginò il rum fu un toccasana momentaneo, in quanto non appena si girò sentendosi osservato, incrociò lo sguardo della sua musa che lo scrutava con altrettanta attrazione.

D’altra parte lei, ingannata dal gioco di luci che la Luna era solita fare con la penombra delle cabine, paragonò la figura del capitano ad una statua perfettamente scolpita, ma si rese conto troppo tardi che il soggetto in questione aveva intercettato gli occhioni neri che brillavano per lui così, presa da panico, trattenne il respiro spostando la sua attenzione sul diario aperto sulle sue gambe.
Lui si beò del nervosismo che quella situazione aveva provocato in lei, attirato dalle mani che si contorcevano e dello sguardo posato sulle pagine bianche e non ancora scritte.
Le si avvicinò lento, sedendosi accanto a lei, e non smettendola mai di guardare.
Lei invece cominciò a tremare.

Ma non tremava per il freddo.
Neanche per paura verso di lui.

In realtà aveva paura di sé stessa, di quello che stava pensando e di quello che stava provando.

Sentiva che qualcosa si stava alimentando nel suo cuore, ed era qualcosa che centrava con Duncan.
Qualcosa di forte, inarrestabile, che non aveva mai provato per nessuno.
Sapeva cos’era, ma si rifiutava di accettarlo.
Sarebbe servito, tuttavia, porre freno a qualcosa che non puoi controllare?

Si può domare un cuore innamorato?
 
Non che non si poteva, e se ne rese conto subito, quando avvertì una mano posarsi su un suo fianco mentre il braccio l’abbracciava e l’attirava verso di sé.
Quel tocco la scottò tutta, e riuscì solamente a stringere gli occhi immaginando ciò che sarebbe accaduto subito dopo, sapendo di aver inviato dei messaggi sbagliati al capitano.

O forse non del tutto.
Tuttavia quell’uomo non smetteva mai di sorprenderla, in meglio.

Le fece poggiare il capo su una sua spalla larga, mentre con l’altro braccio l’avvolgeva in una morsa delicata.
La ragazza stava per ritirarsi, toccata dal gesto così intimo che lui creò, ma venne irrimediabilmente attratta dalla freschezza della sua pelle che, a contatto con la sua bollente, era un toccasana.
Istintivamente Gwen gli si aggrappò come un’ancora di salvezza: allungò le braccia circondandogli il collo e nascondendo il viso tra i suoi addominali, non importandosi della lussuria che in quel momento mostrava cercando giovamento per la maggior parte del suo corpo.
Assaporò lentamente quella sensazione rinfrescante, respirando lentamente e sentendosi improvvisamente meglio, e sorrise.
Tutto questo non sfuggì al capitano, che nel frattempo si stava drogando del profumo di ciliegie dei suoi capelli. Era così femminile che ne fu totalmente rapito.
- Va meglio? - chiese ad un tratto lui con voce roca, mentre tentava invano di tornare lucido. Lei parve risvegliarsi da quello stato di beatitudine, ma non accennava affatto a rinunciarci.
- Decisamente. Ma come fate ad essere così fresco in una serata così calda d’agosto? - sussurrò lei accennando ad un lieve sorriso, mentre alzava il capo per poi puntare lo sguardo verso di lui.
Non lo fece apposta, ma nel guardarlo i suoi occhi brillarono di una strana luce che a lui non sfuggì.

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Stavolta fu lui a sentire caldo.

- Sto tentando in tutti i modi di rimanere lucido, piccola, ma tu… solo il Cielo sa quanto tu mi stia facendo sudare freddo… - provò a dire lui sentendo di perdere man mano il minimo di lucidità rimastogli.
- Che il Cielo mi fulmini se non stessi dicendo la verità…- e dopo aver detto ciò la strinse forte a sé baciandola in un impeto di profonda passione.

Senza accorgersene, Gwen piegò la schiena all’indietro, tanto fu forte l’impatto tra le loro bocche, e sgranò gli occhi quando si rese conto di quello che stava accadendo. Oramai completamente devastato dalla passione, Duncan perse l’intero controllo di sé stesso dando così modo all’istinto di prendere il sopravvento: navigava imperterrito con le mani il corpo della ragazza, memorizzandolo nella sua mente, mentre la stava letteralmente divorando con la bocca. Si staccò solo quando sentì che lei cominciava a graffiarlo con le unghie, perdendo a poco a poco le forze per mancanza di aria. Immediatamente lei respirò ansimando forte, guardandolo stordita e confusa.

Doveva ammettere che quel bacio l’aveva completamente sconvolta, e fu talmente violento da rubarle tutte le forze. Tuttavia, lo stordimento di lei appagò interamente il giovane capitano che, soddisfatto, non le diede modo di ribattere tappandole di nuovo la bocca con un altro bacio rovente.
Stavolta l’allungò sul materasso, bloccandola col suo peso e non lasciandole così via di scampo.
Lei era sempre più sconvolta da quell’improvvisa e forte esternazione passionale.

Non l’aveva mai visto così preso.
E soprattutto non l’aveva mai visto così animalesco.

- C-Capitano… - provò a dire lei non appena le lasciò le labbra divenute gonfie, stordita dalle sensazioni che stava provando in quel momento, colta da un’improvvisa sensazione.
Ma lui parve non ascoltarla, e passò a torturarle il collo, scendendo sempre più giù. Fu quando provò ad insinuare le mani sotto la camicia che lei sembrò risvegliarsi, toccata da una paura che l’invase cuore e mente.

No, non era così che si era immaginata perdere la sua verginità.

Soprattutto non quando l’uomo con cui desiderava perderla sembrava posseduto.

- Capitano! Fermatevi! - urlò lei isterica e in preda al panico, spingendolo all’indietro con tutte le sue forze.
Ad un tratto qualcosa parve smuoversi nella mente di Duncan, facendolo tornare in sé. Col cuore in gola per la frenesia, riprese il controllo del suo corpo, e solo in quel momento capì cosa stava combinando.
Dall’alto della sua posizione, scrutò con i suoi occhi cristallini quelli neri della sua musa, e lì avvertì il suo cuore smettere di battere: la trovò sotto di sé in uno stato pietoso, ansimante e con gli occhi sgranati e lucidi, pronti a cacciare lacrime.

Lacrime che lui aveva scatenato.

Inoltre tremava: aveva le labbra torturate e gonfie a causa dei suoi baci violenti, e sul suo limpido collo cominciarono a svilupparsi piccoli lividi, laddove lui lasciò i suoi segni roventi.
Si sentì morire dentro, mentre una sensazione di ribrezzo verso sé stesso lo invase senza indugi.
La stava violentando, quando le giurò invece che non l’avrebbe sfiorata nemmeno con un dito.
No non era possibile, lui non le avrebbe mai fatto del male. Eppure era lì, sopra di lei e mezzo nudo, pronto a soddisfare i suoi piaceri se lei non avesse urlato.
Aveva rovinato tutto: ora che aveva conquistato gran parte della fiducia di Gwen, bastò che il suo stupido desiderio sessuale prendesse il sopravvento per distruggere quello che aveva faticosamente costruito tra loro.
Stava andando tutto così bene, ma lui preferì cedere ai suoi bisogni carnali per perderla per sempre.

E adesso? Cosa ne sarebbe stato di loro?

Provò a dire qualcosa, ma le parole gli morirono in gola, distrutto e addolorato dal suo comportamento.

Non era in sé, non era lui.
Non era l’uomo che si mostrò: come gli altri, rozzi e malati di sesso.
No, lui era… semplicemente innamorato.

Ma lei non l’avrebbe mai saputo, né l’avrebbe mai creduto.

Urlò dalla rabbia, sbattendo i pugni sul materasso, mentre si alzava veloce per creare distanza tra loro, prima che un altro impeto di passione gli avrebbe di nuovo annebbiato la mente.
Senza proferir parola, decise di stendersi sull’amaca: quella notte non avrebbe dormito nel suo letto, non ci sarebbe riuscito se lei gli fosse stata accanto e pronta a tormentarlo per l’accaduto, seppur inconsapevolmente.

In tutto questo lei si ritrasse a guscio sotto le lenzuola, nonostante il caldo incessante. Era troppo scossa per pensare con coerenza e né per rendersi conto di ciò che corpo e mente le stavano dicendo in quel momento.
Così entrambi esausti, si diedero le spalle ognuno nei loro rispettivi letti.

E nessuno riuscì a chiudere occhio quella notte.





Angolo autrice:
Rieccomi, nuovo capitolo arrivato!!! :D
Beh cosa dire, Gwen è proprio ingenua a non rendersi conto dell'effetto che fa allo spietato e selvaggio capitano pirata... ed ecco le conseguenze! xD
Ad ogni modo però, nulla toglie che Duncan abbia esagerato, non credete?
Così ecco il loro primo litigio. Si rappacificheranno?
Per saperlo continuate a seguire la storia!
Al prossimo aggiornamento!


Dalhia_Gwen

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Capitolo 19
*** Chapter 19 ***



















Chapter 19



















Mar dei Caraibi.

Dominica, Roseau.

Era passata una settimana da quando ci fu quel piacevole quanto equivoco incidente tra Duncan e Gwen.
Lui era intenzionato ad evitarla in tutti i modi, reputando che allontanandola dalla sua vista avrebbe giovato lui e la stessa ragazza. D’altro canto lei, ancora profondamente scossa dall’accaduto, subiva le decisioni, seppur sofferte, del capitano, non nascondendo una certa delusione e un senso di vuoto che si facevano sempre più intensi.
La situazione si era completamente capovolta, e anche l’aria che tirava sulla nave cominciava ad appesantirsi ogni qualvolta i due erano costretti ad avere un contatto.
Il giovane capitano non faceva altro che distrarsi dalle immagini di quella notte che, imperterrite, non lo lasciavano in pace: vedeva ancora il suo viso candido e rosso per la violenza a cui venne sottoposto, le sue labbra gonfie e gli occhi grandi come la pece e terrorizzati, che puntarono a lui.
Per evitare la pazzia, non stava un minuto fermo: passava intere giornate chiuso nella sua cabina a fare chissà quali calcoli di rotte mentre, quando era costretto a stare sul ponte, si accostava al quadro per controllare conti e rifornimenti da fare.
La sera, invece, quando lei lo raggiungeva nella sua cabina, si faceva trovare già sull’amaca, assopito e intento a dare le spalle alla porta.

Ed ogni volta la fanciulla ne rimaneva delusa.
Delusa da quel suo comportamento tanto indifferente quanto contraddittorio.
Delusa dalla consapevolezza che fu tutta una messa in scena per portarla a letto.
 

No, le faceva troppo male pensare che lui fosse in realtà così meschino ed egoista.
Non poteva pensare che quei occhi chiari e meravigliosi che si illuminavano quando la guardavano, le mentirono per tutto il tempo.

Pochi giorni prima si sentiva una principessa, riempita di attenzioni e desiderata fino all’inverosimile, e adesso tutto quello divenne solo un dolce e lontano ricordo.

Ciò che accadde le diede dimostrazione di quanto tutto fosse stato solo un modo per avvicinarla, eppure Gwen non era del tutto convinta.

Non se lo spiegava nemmeno lei, ma avvertiva qualcosa dentro che le alimentava il cuore di speranza ed indirizzava la mente verso pensieri positivi.

Era una forza sconosciuta, presente nel suo più profondo intimo, che inevitabilmente emergeva confutando anche ciò che era così evidente ad occhi delusi come lo erano i suoi.

E si dannava, per essere così debole ogni qualvolta si trattasse di Duncan.

Poiché, nonostante lo spavento e la paura o anche solo la violenza dei suoi gesti, a lei mancava.

Mancavano le attenzioni che lui le donava, scoprendo di desiderarle lei stessa.
Mancava quel calore che le trasmetteva solo guardandola, capace di farla sentire viva e capace di affrontare qualsiasi cosa.
Le mancava quel rapporto così strano tra loro.
E non ne sapeva il motivo.
 
⚓⚓⚓
 
 
- Hey, si può sapere a cosa stai pensando tutto il giorno? - una voce così allegra e familiare la destò da quel tormento giornaliero che puntualmente non eliminava i suoi dubbi, facendo sì che la ragazza gli rivolgesse l’attenzione.
- Ho dormito male Geoff, scusami ma non è giornata. - disse senza emozioni Gwen, che tornò a guardare l’orizzonte di fronte a sé, poggiata alla prua della sua amata nave.
Il ragazzo non smise di guardarla, rivolgendole uno sguardo preoccupato.
- Strano, sono le stesse parole del capitano. - osservò lui attento, ottenendo un’occhiata sorpresa ma allo stesso tempo inceneritrice.
- Avrà anche lui le sue buone ragioni. - affermò lei atona, combattendo contro le sue forti emozioni.
- E sarebbero le stesse? - continuò lui insistendo. Lei lo guardò male.
- Cosa stai insinuando? - domandò la ragazza con sguardo sospetto. La vedetta alzò le sopracciglia scettico, allungandosi verso di lei fino a sussurrarle in un orecchio.
- Quello che oramai si chiedono tutti sulla nave. Cosa credi, che non ce siamo accorti? Tu e il capitano vi evitate, ma non so per quale motivo. – disse a quel punto schietto ed infastidito.
Gwen rimase spiazzata da quella confessione, tuttavia cercò di mantenere la calma: non voleva creare altri casini, non ora che non aveva neanche la protezione di Duncan.
-Abbiamo litigato, per questo non ci parliamo. - spiegò, ma lui sembrava essere ancora distaccato ed incredulo.
- Ah sì? E quando? Mentre eri nella sua cabina, come ogni sera? - il tono di Geoff era così inopportuno che ferì molto Gwen, ma non poteva dargli torto: lui era il suo miglior amico e gli aveva nascosto troppe cose, tra cui anche questa.
La giovane deglutì a fatica, rendendosi conto che la situazione, per la prima volta, le stava sfuggendo di mano.
- Senti Geoff, la questione è abbastanza delicata…- iniziò lei dopo aver sospirato, ma il biondino non la fece finire.
- Delicata? Solo adesso? Se fosse stata realmente così me l’avresti raccontata, visto che dici di fidarti di me. - disse con l’amaro in bocca, e Gwen non poté non sentirsi colpevole.
- Hai ragione, ma ecco… - la ragazza si stava preparando a confessargli tutto, quando una voce la interruppe bruscamente.
- Ragazzi, venite subito! Non sapete quanto stia delirando Dj! - esclamò uscendo di corsa dalla stiva Topher, alquanto divertito. Gwen e Geoff si guardarono confusi, tuttavia decisero di seguirlo allarmati.

 
⚓⚓⚓
 

Arrivarono in cambusa fino a superarla per poi trovarsi nella stiva, che era sempre piena di rifornimenti di tutti i tipi.
Trovarono Dj confuso ed adirato, che gesticolava puntando le dita a qualcosa di imprecisato di fronte a sé, mentre Duncan era accanto a lui che lo ascoltava con sguardo vagamente assente.
I loro passi attirarono l’attenzione dei presenti, e lei si sentì immediatamente a disagio quando Duncan le puntò lo sguardo spento.

- Jo! Finalmente sei qui! - esclamò Dj allargando le braccia verso la ragazza. Lei lo raggiunse con fare indifferente e lui la incitò a prendere posto accanto a sé e il capitano.
- Guarda scricciolo, qualcuno sta consumando le nostre provviste! - disse quasi piagnucolando.
Ella sentiva gli occhi roventi di Duncan addosso che perlustravano tutta la sua piccola figura, e si sentì immediatamente spogliata di tutto.
- Cosa? E chi si è permesso di fare una cosa del genere? - chiese esterrefatta, constatando la confusione innanzi a lei.
I sacchi che contenevano frutta e verdura erano logorati da diversi buchi sparsi. Notò la loro dimensione, e pensò che fossero davvero strani per essere stati creati da un malfattore.
- Non è un ladro l’autore di questo artefatto, è chiaro dai segni che ha lasciato. - Duncan sembrò leggerle nella mente, e lei non poté fare a meno di annuire pensosa.
- Tuttavia, deve essere un qualcosa di abbastanza piccolo e furbo, visto che è introvabile. Ne sai qualcosa, Jordan? - le chiese poi, non riuscendo a guardarla negli occhi. Lei se ne accorse avvertendo ancora l’astio tra loro, e ne rimase delusa.
Di nuovo.
- No mio signore, ve l’avrei riferito. Vi pare? - domandò a quel punto lei, stizzita dall’allusione che lui fece. A quel punto lui le lanciò un’occhiata provocatoria.
- Ne sei sicuro? - le chiese infastidito.

Ma dove voleva arrivare?

Lo guardò di sbieco, innervosendosi non poco. Lo lasciò alle sue convinzioni, risponderlo avrebbe significato alimentare il suo ego e creare confusione negli sguardi attenti di Dj, Topher e Geoff, così decise di ignorarlo inoltrandosi tra le provviste, alla ricerca di qualche possibile traccia del ladro.
Adocchiò la scia di grano fuoriuscito da un sacco e lo seguì fino a raggiungerlo. Si inginocchiò davanti ad esso, osservandolo confusa: che bisogno c’era di rubare del grano in quel modo?
Non aveva senso bucare il sacco e perdere il suo contenuto.
Ad un tratto però venne attratta da suoni ovattati, che provenivano dalla penombra. Si avvicinò cauta, mentre il resto dei presenti l’osservava attento e guardingo, e venne assalita da una piccola ed esile figura che abbaiava e scodinzolava in festa.

Non era possibile…

- Maya!!! - esclamò lei sorpresa, abbracciando la sua adorata cagnolina che cominciò a leccarle l’intero viso.
I suoi compagni rimasero sbigottiti: alcuni ridevano, altri erano senza parole.
- Svelato l’arcano. - disse Geoff, il più divertito dalla situazione appena creatasi.
- Buona piccolina, come hai fatto a trovarmi? - chiese la fanciulla ridendo della spavalderia del suo animale: l’aveva addestrata proprio bene.
- Per tutti i mari, è un cane! - disse Dj confuso.
- Oltretutto una femmina! - esclamò invece Topher, mostrando tutta la sua disapprovazione.
- Non la possiamo tenere. - quella frase arrivò come una secchiata gelida addosso.
Gwen guardò sorpresa Duncan, e non poté fare a meno di deglutire, cercando dell’ironia sul suo viso.
Lui lo capì, ma non si scompose: non stava scherzando, affatto.
- Capitano, vi prego… - lo supplicò allora lei, cominciando a pensare al peggio per la sua Maya.
- Ma Jo! Cosa dovremmo farcene di una cagna che mangia le nostre provviste? - intervenne Topher, facendola innervosire: a volte quel ragazzo era tanto carino quanto odioso. Era palese che stesse prendendo le parti del capitano per accattivarselo.
- Ha ragione. E poi è una femmina, e si sa che le donne portano solo guai su una nave. - continuò poi Duncan, incenerendola con quella strana allusione.

Di fronte a quelle parole la fanciulla avvertì il cuore sgretolarsi, così come la stima nei suoi confronti.
Si sentì lacerata all’altezza del petto, come se qualcuno l’avesse colpita centrandola in pieno al cuore.

No, non poteva averlo detto.
Non a lei, che era una donna.
La sua donna.

Inevitabilmente sentì le lacrime salire e desiderose volevano uscire, ma il suo orgoglio era più forte dell’ennesima delusione che quell’uomo le stava arrecando.

Non si sarebbe piegata al suo volere.
Non si sarebbe fatta abbindolare dai sentimenti che provava per lui.

- Non arrecano danno, però, se sono usate per farci sesso. Non è così, capitano? - chiese a quel punto sorridendo spietata. Lui ebbe un momento di smarrimento, che lei intercettò notando i suoi occhi tremare, mentre gli altri presenti ridevano sotto i baffi.
- Permettetemi di assumermi la responsabilità di qualsiasi sua azione. - propose quindi approfittando del vantaggio, mantenendo il suo sguardo fiero e combattivo su di lui, non lasciandogli tempo di ribattere.
Lui parve pensarci su per un paio di secondi, incapace di staccarle gli occhi di dosso. Gwen pensava di averlo domato ma, scaduto il tempo, dovette ricredersi: fece l’ennesimo gesto inaspettato, disarmandola di nuovo.
Sorrise genuinamente, mostrando i suoi denti bianchissimi ed illuminando i suoi occhi, il tutto mentre lesse fierezza ed eccitazione nei confronti di lei.

Ad un tratto le parve ancor più bello di quanto già non fosse.

Lo vide avvicinarsi lentamente a lei, e con la stessa lentezza lei si sentiva morire man mano. Si fermò a pochi centimetri da lei, tanto quanto bastava per permetterle di vederlo combattuto tra i suoi stessi tormenti.
- E sia, Jordan, ma ad una condizione: che sia invisibile. Non voglio che combini altri guai a bordo. Ma qualora capitasse, non esiterò a farla diventare spuntino della ciurma. Sono stato chiaro? - disse cercando di rimanere più concentrato possibile.
Lei annuì veloce, più che altro per riprendersi da ciò che affiorava ogni qualvolta era in stretto contatto con Duncan.

Detto ciò, il capitano lasciò la stiva, e con essa tutti i dubbi che la ragazza si stava facendo.

Aveva deciso: avrebbe chiarito con lui, non importava come, ma ci sarebbe riuscita, o sarebbe impazzita.

Sì, Gwen non sapeva cosa pensare del suo comportamento, così altalenante quanto le emozioni che le provocava.

Doveva sapere se si fosse semplicemente illusa, perché era questa la sua paura più grande.
Illusa di quella vita che oramai ogni notte immaginava, accanto a lui.
Di un futuro, con lui.

Dovevano chiarirsi, perché a lei era tutto così improvvisamente più chiaro.








Angolo Autrice:
Buonasera e buon weekend, gente!
Ammetto che ho aggiornato con qualche ritardo ma, credetemi, questa volta è a causa del capitolo che è venuto bello lungo xD
Ma... bando alle ciance: visto chi è tornata?
La nostra Maya!!! Qualcuno di voi, tra le recensioni, mi aveva confessato di sentire la sua mancanza: beh, spero che abbiate apprezzato la sua originale rientrata in scena hahaha
Ma le sorprese non finiscono qui: se avete voglia di sapere come andranno le cose e cosa ho in serbo, continuate a segurmi e, se potete, invitate alla lettura persone che potrebbero gradire una storia del genere: vedo giorno dopo giorno il fandom perdere la propria popolarità e la cosa mi rattrista parecchio, sopratutto perchè, da quanto ho capito, dovrebbe uscire una NUOVA stagione in versione KIDS (che a me, sinceramente, non piace).
Bene, non mi resta altro che attendere un vostro parere sul nuovo capitolo!
Alla prossima cari fans! ;) 

 

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Capitolo 20
*** Chapter 20 ***




 








Chapter 20









Il mare assunse un movimento lento e piacevole, tanto da cullare quella nave che in quel momento si stava riposando, illuminata dalla sola luce della Luna e delle stelle che quella notte erano ancor più splendenti.
Gwen rimase nella sua cabina in compagnia della piccola Maya che, nonostante il nuovo luogo, non parve affatto spaventata. Correva ed abbagliava a qualsiasi cosa, ed era sempre così piena di forze che la ragazza non si capacitava di dare una spiegazione a quelle energie inesauribili.

Quella cagnetta era una forza della natura, era irrequieta ma allo stesso tempo cauta.
Come lei, dopotutto.

Le venne da ridere di fronte all’ennesimo tentativo da parte della cagnetta di salire sopra il letto e così, provandone pietà, la prese in braccio elevandola da terra per poi abbracciarsela.
Ringraziò il Cielo per averle fatto ritrovare la sua inseparabile amica: aveva bisogno di qualcuno con cui parlare, sfogarsi.
Qualcuno che la capisse, che la lasciasse piangere senza chiedere.

E qualcuno che le facesse compagnia in momenti del genere: quella notte non volle passarla nella cabina del capitano, voleva rimanere da sola e in pace per riflettere.
Per poi finire nel desiderarlo.

- Ma tu guarda questa piccola peste! Hai avuto il coraggio di seguirmi su una nave pirata pur di non lasciarmi? Pazza! - esclamò lei rivolgendosi a Maya, giocherellandoci. 

La cagnetta in tutta risposta abbaiò contenta per poi leccarle affettuosamente il viso. La ragazza sorrise sentendosi di valere per qualcuno. Le baciò la testolina, focalizzando i suoi pensieri sulla famiglia che lasciò per seguire quella strada, e sorrise malinconica.

- Chissà se mio padre e Scott mi stanno pensando, vorrei tanto sapere come stanno… - chiese ad un certo punto guardando la cagnolina che ovviamente non le rispose. A quel punto chiuse gli occhi, per assaporare la pace di quella cabina.
 
⚓⚓⚓
 
Improvvisamente sentì bussare alla porta, ed immediatamente i capelli le rizzarono sulla testa. Si ricompose come meglio poteva, alzandosi dal letto e rimettendosi veloce i vestiti di quella mattina.
- Chi è? - chiese titubante poggiandosi sulla porta per bloccarla, terrorizzata dall’idea che fosse il capitano stesso adirato per la sua assenza.
- Sono io Jo, Geoff. Posso entrare? - la voce ovattata del suo migliore amico arrivò come un’ancora di salvezza. Sospirò, ringraziando il Cielo per averla ascoltata l’ennesima volta. Così si allontanò dalla porta, aprendola e ritrovandosi l’amico in intimo.
Entrò senza troppe cerimonie, prendendo posto sul letto per poi venire investito dalla spensieratezza di Maya. Geoff venne subito coinvolto. 
- Eccola qui la nostra intrusa! Ciao… - disse lui scherzoso giocando con l'animale. Nel frattempo Gwen prese posto accanto all'amico sorridendo alla sua affermazione. 
Poi lo guardò con occhi ridenti e furbi.
- Cosa c'è Geoffrey, non riesci a dormire? - disse lei schernendolo.
Il ragazzo, che era intento a tormentare la piccola Maya, alzò lo sguardo limpido come il Cielo e che in quel momento venne attraversato da uno strano scintillio, facendolo sorridere sornione.
- In realtà, mio caro, la vedetta di una nave non conosce la parola riposo. È perennemente sveglio e attento a qualsiasi cosa, e non gli sfugge nulla. Neanche alcuni quotidiani spostamenti sospetti, come quello di un certo ragazzino gracile che sempre più volentieri visita la cabina del proprio capitano a notte fonda… - spiegò lui, riducendo gli occhi ad un’unica fessura, avvicinandosi piano piano al viso candido dell’amico che lo guardava senza proferir parola.
Gwen ebbe un sussulto non appena si rese conto che Geoff avesse scoperto il segreto fra lei e il capitano e, malgrado non fosse mai successo nulla di scandaloso, ebbe la sensazione che il suo interlocutore si fosse fatto diversi pensieri su ciò che avessero potuto fare da soli in quella stanza. Era così rossa in viso che avrebbe potuto sentirsi male da un momento all’altro. Aprì la bocca intenzionata a chiarire quanto più possibile, ma il ragazzo la precedette.
- Ascolta Jo, con questo non voglio affatto screditare le persone che hanno una certa tendenza. Certo, non me lo sarei aspettato da Duncan, ma vi rispetto, siete miei amici. Solo che, cavolo, potevate dirmi che… - Geoff si scoprì essere piuttosto imbarazzato, e nel frattempo si grattò la nuca nervoso per il suo stesso discorso.
Ma Gwen fu sempre più basita, e scosse la testa scioccata.
 
Un momento: Geoff credeva che lei fosse… sul serio?!
 
Fu inorridita.
 
- Oh no frena, Geoff! Stai insinuando che io e il capitano siamo omossessuali?! - chiese lei alzando la voce senza accorgersene.
- E cosa dovrei pensare, amico? Due uomini insieme in una stanza, ogni notte… cosa dovrebbero fare, secondo te? - chiese lui spazientito, mentre lei lo incenerì con lo sguardo.
- M-ma non è così! I-Io sono… - iniziò a dire, poi si bloccò incontrando gli occhi curiosi di Geoff che, vedendola tentennare, inarcò le sopracciglia assumendo un’espressione confusa. A quel punto la ragazza si sentì in trappola.
 
Era fatta, doveva rivelare all’amico che lei in realtà fosse una donna, e che per tutto il tempo l’aveva ingannato.
 
Si rabbugliò a quel pensiero, ma lei si fidava così tanto di quel ragazzo che era convinta che lui avrebbe capito.
E non l’avrebbe tradita.
 
Sì, poteva fidarsi da quel biondino dalla risata facile e dal sorriso spensierato.
Poteva confidarsi col suo miglior amico.
 
- E-Ecco io…io sono una donna in realtà, Geoff. E il mio vero nome è Gwen… - ammise lei con un filo di voce, mentre abbassava il capo, troppo imbarazzata. Ma il ragazzo scoppiò a ridere, circondandole le spalle con un braccio.
- Hahaha questa era bella, Jo! Quasi ci stavo cascando!!! - rise lui non riuscendo a trattenere le lacrime.
Ma smise immediatamente, vedendo quello che credeva fosse Jordan avvolto da un’aria fin troppo seria.
Il ragazzo deglutì, scansandosi di colpo da lei.
- No, non è possibile… tu come… una donna non può… - non poté crederci, gli sembrò tutto così surreale. Gwen gli rivolse un’occhiata truce.
- Una donna non può cosa, Geoff? Essere un marinaio e comportarsi come tale? Non può salire su una nave e svolgere le proprie mansioni? Avanti, dillo. – lo incitò lei sentendo il suo cuore divenire una pietra di fronte alle parole dell’amico.
Il ragazzo sgranò gli occhi facendo spallucce.
- È quello che dicono… voglio dire… - ma fu nuovamente interrotto.
- Una donna, se vuole, è capace di fare qualsiasi cosa voglia! Ed io, suppongo, ne sono la prova su questa nave!! - esclamò incrociando le braccia.
Il ragazzo non seppe cosa dire: lei aveva ragione, ma purtroppo sapeva quanto fosse difficile smuovere le convinzioni popolane, soprattutto tra uomini spietati e rozzi come i pirati.
Per lui non c’erano problemi se Jordan fosse una donna, anzi, l’ammirò: fu attratto da sempre dal suo coraggio, dalla sua forza e dalla tenacia ampliamente dimostrati.
Era così forte eppure così piccola.
Sorrise sinceramente, mentre guardò meglio il corpo della presunta ragazza: effettivamente era molto esile, per essere un uomo, e le mani erano troppo piccole e affusolate per svolgere quei compiti. Posò lo sguardo sul viso, e solo in quel momento notò i lineamenti aggraziati e morbidi, e si stupì per non averci mai fatto caso prima d’ora.
Gwen intanto studiò lo sguardo di Geoff, che a tratti cambiava da un momento all’altro.
Captò le sue perplessità, così decise di liberarsi del cappello e della camicia, mostrando così il petto schiacciato dal busto.
Di fronte la verità, Geoff rimase sorpreso da quanto fosse bella e semplice quella ragazza. I suoi occhi si spostarono inevitabilmente sul seno schiacciato dal busto, facendo intravedere la sua prosperità che dovette mascherare per tutto il tempo.
 
Sì, era decisamente una gran bella ragazza.
 
Quasi si pentì di aver già una fidanzata, ma scacciò immediatamente quel pensiero malsano.
- P-Puoi rivestirti comunque, mi stai tentando. Ed io ho una reputazione da mantenere. - affermò lui imbarazzato, cercando di soffermarsi con lo sguardo sul viso di lei, che divenne sorridente.
La ragazza si rimise veloce gli indumenti sorridendo soddisfatta, per poi tornare sul letto. A quel punto l’amico la prese nuovamente a sé per farle il solletico.
- Beh allora su questa nave qualcuno si stava divertendo a nostra insaputa! Cosa facevate di bello tu e il capitano nella sua cabina a quest’ora, eh?! Mi sembrava strano che proprio Duncan fosse così stupido da preferire gli uomini alle donne! - chiese malizioso, ridendo anche lui della sua constatazione. Gwen cercò di liberarsi della presa dell’amico, avvertendo improvvisamente un caldo eccessivo.
- Non abbiamo fatto niente, Geoff! Non ancora, almeno… - ammise timida lei, e con una puntina di rimorso che al biondo non sfuggì.
- No, non ci credo! Lui ottiene sempre quello che vuole, soprattutto se si tratta di questo tipo di cose!!! - Geoff fu talmente sorpreso del comportamento del suo fratellone che non lo riconobbe più. Lei accennò ad un sorriso, che però svanì subito ricordando il motivo per cui Duncan non esaudì il suo desiderio, quella notte.
- L’ho fermato, Geoff. E lui non si è ribellato. - continuò, iniziando a torturare un lembo della camicia, sempre più imbarazzata. D’altra parte Geoff non seppe cosa dire, se non che il comportamento del capitano facesse oltremodo discutere.
Conosceva Duncan, le sue abitudini, i suoi giochi e le persuasioni che utilizzava per ottenere quello che voleva.
Le suppliche erano inutili.
 
Quando voleva qualcosa l’otteneva. Sempre.
Ma quella ragazza, in qualche strano ed inspiegabile modo, era riuscita a bloccarlo.
A destarlo, a renderlo vulnerabile.
Lui aveva accettato il rifiuto di una donna.
E questo era fuori da ogni immaginazione.
 
La guardò con una strana luce negli occhi, e subito intravide la fisionomia della donna perfetta per il capitano.
 
Bella, intrigante, furba, coraggiosa e dolce: questa era Gwen, un miscuglio di caratteristiche contrastanti tra loro che la rendevano unica.
Speciale per Duncan.
E probabilmente se n’era accorto anche lui.
 
- Avete litigato. È per questo che sei rimasta qui, stanotte? - chiese lui di getto, mettendo in ordine i suoi pensieri che si fecero sempre più chiari. Lei annuì impercettibile, poggiata ad una spalla del biondo, mentre questi la coccolò.
- Da quell’episodio non fa altro che evitarmi. Mi ignora e fa finta che io non esistessi. A volte mi prende anche in giro, ma non ne capisco il motivo. - spiegò la fanciulla, girando i pollici tra loro. Geoff annuì senza accorgersene: conosceva troppo bene quel ragazzo che considerò da sempre suo fratello, nonostante le differenze di ceto. Tuttavia stava cercando di racimolare quelle nozioni per capire cosa lo spingesse a comportarsi in quel modo insensato.
Era palesemente spaventato, ma non sapeva il motivo.
Ad un certo punto venne distolto dai suoi pensieri da una sensazione di bagnato sul proprio petto.
Erano lacrime, lacrime di Gwen.
Stava piangendo silenziosamente.
- Hey… - iniziò lui, accarezzandole il viso. - Perché piangi? -
Lei scosse la testa.
- Non lo so Geoff, so solo che… mi manca, ecco. - disse lei, avvertendo un vuoto all’altezza del cuore, che da giorni ammonì il desiderio di battere più velocemente ogni qualvolta lei avesse un contatto con il capitano.

Le mancava il suo respiro sulla sua pelle, i suoi occhi che le ricordavano tanto il mare di Cleggan, le sue mani su di lei, i suoi baci e il suo sorriso.
E più ricordava, più stava male a causa dell’assenza di quelle sensazioni.

Le bastava che veniva pronunciato il suo nome, e lei avvampava come non mai.

- Lo ami, non è vero Gwenny? - chiese Geoff probabilmente troppo schietto, ma a lei parve la domanda più bella del mondo.
Non poté più negarlo oramai, fu così palese anche a sé stessa e si diede della stupida per essere stata così ostinata a non volerlo capire prima.
 Sorrise, annuendo dolcemente con la testa, e inevitabilmente la mente le proiettò l’immagine dei loro baci, facendole battere forte il cuore.
- Sì, lo amo Geoff. L’ho sempre amato, e credevo anche lui provasse qualcosa. Ma adesso non lo so più... - dichiarò lei, avvertendo le cosiddette farfalle allo stomaco.
E l’amico sentì che la ragazza stesse dicendo la verità. I suoi occhioni neri erano così luminosi quando si parlava di Duncan, che fu impossibile non accorgersi del grande amore che lei provava.

Sorrise euforico: era perfetta per Duncan.

A quel punto le alzò il capo, guardandola furbo negli occhi.
- Allora qui ci vuole qualcuno che smuova un po' la situazione! - esclamò, indicandosi. Lei mostrò uno sguardo confuso, ma Geoff non se ne curò.
- Non preoccuparti bambina, ci pensa zio Geoff a risolvere tutto! - e detto questo le fece l’occhiolino, che la ragazza ricambiò con un lungo ed affettuoso abbraccio, come tacito ringraziamento.






Angolo Autrice:
Heylà! Rieccomi qui con un capitolo fresco fresco!
Colpo di scena: finalmente Gwen si è tolta la maschera anche con Geoff, oramai la verità sta venendo sempre di più a galla.
Ma Geoff sarà in grado di mantenere il segreto per l'incolumità di Gwen?
E cosa avrà mai in mente il biondino per aiutare la fanciulla a riappacificarsi con il capitano?
Lo scoprirete la prossima settimana, continuate a seguirmi!
Prima di salutarvi, però, vorrei fare una precisione: nel testo si parla chiaramente di omosessualità e si potrebbe capire che io non lo approvi, ma vorrei smentire tutto questo.
Non ho nulla in contrario all'omossesualità, ma mi sono solo adattata all'epoca, e durante quel periodo infatti persone che avevano un certo orientamento sessuale non comune venivano tendenzialmente etichettati male.

Detto questo...
Buon weekend a tutti!


Dalhia_Gwen 

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Capitolo 21
*** Chapter 21 ***















 Chapter 21



 









Da quando Geoff seppe della reale natura di Gwen, non la lasciò mai sola e, nonostante lei gli chiese di non mutare il comportamento nei suoi confronti, il biondino non poté fare a meno di provare un certo senso di protezione verso quella piccola perla che l’oceano offrì alla Warrior.

Era arrivata in punta di piedi senza pretese, e adesso, come un’onda anomala, stava sconvolgendo le loro vite, soprattutto quella del capitano Evans.

Erano oramai in acque familiari e diretti verso le Barbados per incontrare a Bridgetown lo sconosciuto che inviò una lettera dal contenuto inequivocabile al capitano.
E quest’ultimo era ansioso di sapere cosa mai quest’uomo sarebbe stato in grado di offrirgli in maniera così allettante ad un tipo come lui.
- Geoff, aggiornami della situazione. - chiese Duncan non appena arrivò accanto alla sua miglior vedetta, intenta ad osservare con attenzione le poche miglia che li separavano dalla meta.
- Manca poco capitano, ecco. - disse lui allegramente, mentre gli passò il cannocchiale tra le mani. Duncan lo prese, e poté notare tanti puntini sparsi all’orizzonte.
Si trattavano delle isole vergini, ammassate tra loro tanto da dare l’impressione di essere una sola e grande isola, viste sotto una certa prospettiva. Si trovavano dunque nel mezzo tra le Grandi e le Piccole Antille, i cui territori erano sotto il controllo e la protezione dei pirati e dei corsari.
- Timoniere, vira a 60 gradi Nord-Ovest. - urlò da prua a poppa a Brick che, dopo un accentuato consenso, guidò la nave verso la direzione ordinata dal capitano. Dopo aver fatto ciò, chiuse il cannocchiale e lo passò a Geoff che nel frattempo lo stava guardando con aria preoccupata. Duncan corrugò il viso, sospirando.
- Conosco quella faccia. Cosa ti turba? - chiese ad un certo punto il ragazzo moro, poggiandosi al parapetto. Il biondo lo imitò.
- Penso che sia poco prudente incontrare questa persona misteriosa con un carico di quel valore a bordo, Duncan. - iniziò lui, non distogliendo lo sguardo dall’orizzonte che era di una calma assoluta in quel giorno soleggiato.
- Siamo a casa, Geoff. Qui tutti ci rispettano, non potranno farci alcun torto. - spiegò allora il capitano pacato. L’amico sorrise scettico.
- Ti ricordo che non siamo a Tortuga. Lì possiamo davvero essere sicuri: quando ci si conquista qualcosa si può con certezza dire di controllarla appieno senza che sfugga qualcosa. Avremmo dovuto prima passare alla tua villa a Tortuga, depositare il tutto e riprendere il viaggio verso Bridgetown, o devo ricordarti ciò che hai dovuto passare in quella città? - chiese allora Geoff ricordando il ripudio che suo padre Edward Evans mosse nei confronti del figlio, accusandolo di non essere degno di tutti i possedimenti che gli assegnò.
Duncan amava la libertà, la giustizia e l’onestà, per cui non riusciva a sopportare coloro che se la prendevano con i più deboli, e il padre era uno di quelli che abusavano.
Era un pirata, uno dei più temuti e spietati, capace di uccidere i suoi stessi simili se non si fossero sottomessi alle regole. Solo con la sua ferocia si impose di governare, insieme a suo fratello Hugo, le Barbados, facendole diventare un’isola dittatoriale.
Quando Duncan nacque, gli fu subito imposta un’educazione severa e rigorosa, all’insegna della violenza e delle pene di ogni prezzo. Ma lui, all’epoca bambino, mostrò con la crescita la sua inclinazione alla pace e all’onestà, tutte qualità che la madre Elizabeth gli trasmise con tanto amore, andando anche contro lo stesso marito. Ma questi, una volta scoperto, la uccise davanti a lui, cancellando così l’unica persona cara al figlio.
Duncan stette talmente male da non mangiare per giorni, creandosi intorno a sé una corazza talmente dura da impedire a chiunque di oltrepassarla e a sé stesso di divenire nuovamente incline alle emozioni.
Così il ragazzo crebbe con un unico sentimento nel cuore: l’odio.
Non sapeva cosa significasse amare ed essere amato, e considerava deboli coloro che ne erano attraversati.
Lui non avrebbe più vissuto quei momenti di dolore, sarebbe stato freddo ed impossibile da manipolare, e tutti l’avrebbero temuto, persino il padre. Non gli fu difficile dunque architettare l’assassinio dello zio, compiendolo senza intoppi, intenzionato a lasciare al padre una chiara minaccia.
La rabbia di Edward fu tale che lo considerò traditore e con esso lo cacciò da Bridgetown e da tutti i territori che governava, ma ciò fu tutto quello che Duncan desiderò: andare via da lì, avere la sua libertà, pensare a modo suo ed essere sé stesso senza filtri. Ed era anche l’ultimo desiderio che la madre gli confidò, prima di morire.
 
- Sii te stesso, figlio mio. Solo così avrai la tua felicità. Tu sei un ragazzo speciale, e sono sicura che la troverai. -

Duncan ricordava ogni singola parola di quell’episodio, dalle urla ai pianti, e si promise di farle giustizia.
Tuttavia ci pensò il mare a regalargli quel momento di soddisfazione: apprese in una taverna che il famigerato pirata Edward Evans morì durante una spedizione di grosso valore, perdendo la vita durante un nubifragio, lui e i suoi uomini. La nave venne inghiottita dall’oceano, e i corpi senza vita vennero trovati su una spiaggia isolata.
 
Ad un tratto però Duncan si riprese dai suoi pensieri, facendo scontrare i suoi occhi colore dell’oceano con quelli dell’amico, azzurri quanto il Cielo.
- No, ma ci sono nato in quella città. Tutti conoscono il mio nome e mi temono, ed ho persone di fiducia sparse in tutta l’isola. Sta tranquillo, non succederà nulla. - disse, e in quel modo mise a tacere ogni tentativo di ribellione.

Geoff tornò a guardare l’acqua verde di fronte a sé, scuotendo lievemente il capo: voleva troppo bene a Duncan, ma a volte voleva prenderlo a pugni per la sua testardaggine.

Come in quel momento.

Per fortuna però, una visione angelica si fece largo al suo sguardo.

Notò Gwen prostrarsi al parapetto poco distante da loro, con gli occhi chiusi e col naso all’insù per respirare quell’aria frescolina che ognuno di loro sognò tanto durante il viaggio. Aveva le mani rosse, segno della fatica che quella mattina impiegò per fare al meglio i nodi alle vele, ma sul viso ebbe sempre stampato un largo sorriso.

Era contenta di essere lì, con loro e accanto al capitano.

Ella decise che, se non l’avesse avuto interamente per sé, avrebbe voluto essergli perlomeno fedele come marinaio, lavorando ed impegnandosi come tale.
Geoff sorrise compiaciuto, quando si rese conto che Duncan si ipnotizzò nel guardarla.

Era pazzo di lei, glielo leggeva negli occhi.

Lei aveva ancora indosso il travestimento da uomo, ma erano settimane che entrambi sapevano che così non fu mai stato.
Poi si ricordò della promessa fatta alla fanciulla, impegnandosi a creare una situazione favorevole per farli avvicinare.
All’improvviso gli venne in mente qualcosa, e si mise subito all’opera.
- Hey Jo! Vieni qui a guardare il panorama con noi! - esclamò lui mostrando un largo sorriso. A quelle parole Duncan parve risvegliarsi dallo stato di semi-incoscienza in cui nel frattempo cadde e, vedendola avvicinarsi, si issò per allontanarsi, ma prontamente Geoff glielo impedì afferrandolo per una manica della camicia.
- Capitano, perché non insegnate a Jo un po' di geografia? Scommetto che non sa nemmeno dove siamo. - affermò lui con aria furba. Lui gli lanciò un’occhiata tenebrosa che Geoff fece finta di interpretare male, tuttavia dovette mantenere la calma quando sentì la presenza della fanciulla dietro di lui.
Ella gli si fermò a pochi centimetri, scrutando quelle macchioline che nel frattempo assunsero una grandezza maggiore.
- Ve ne sarei molto grato, signore. La meta mi è sconosciuta, e queste isole ancor più. - ammise lei, per poi guardarlo.
In quel momento il capitano si sentì in trappola, maledicendo la sua attrazione per lei e l’altruismo eccessivo dell’amico. Non poté rifiutare, altrimenti qualcuno si sarebbe insospettito, così dovette cedere e sopportare quella piacevole tortura.
La guardò sconsolato, ma decise di appoggiarsi di nuovo al parapetto per essere alla sua stessa altezza.
- La vedi quell’isola sulla quale volano quei gabbiani? Quella è Gustavia. - incominciò lui con voca calda, invaso dal suo odore femminile. Nel frattempo Gwen si perse tra le sensazioni che stava provando, sentendo le loro braccia sfiorarsi per la vicinanza.
- Quella che abbiamo appena oltrepassato, invece, è Anguilla, ed è più grande. - continuò lui imponendosi di resistere a non guardarla.

Se l’avesse fatto, l’avrebbe baciata senza esitazioni.

Lei annuì poco convinta, e le scappò una leggera risata, che non sfuggì a Duncan.
Egli infatti si girò senza pensarci, ma quando se ne rese conto fu troppo tardi: si specchiò nelle iridi grandi e luccicanti di lei, che nel frattempo sorridendo mostrò anche i denti e le sue gote si colorarono di un rosso acceso. Gli mancò il respiro di fronte alla sua bellezza: si perse a guardare il nasino che più di tutti era rosso per la scottatura e poi la bocca, che giorni prima ebbe l’onore di assaporare più a fondo.
A quel ricordo sentì i propri istinti riaccendersi, ma Gwen lo sorprese di nuovo: afferrò la sua mano sinistra penzolante e la strinse nella sua destra, accarezzandola col pollice. Lui sentì una scottatura in quel tocco e la ritrasse velocemente, ma lei si avvicinò ancor di più al suo viso.
Erano distanti tra loro di pochi centimetri oramai.
- Cosa vuoi fare? Ti scopriranno così... - disse lui sottovoce, cercando di non cedere alla sua voglia di baciarla.
- Voi mi proteggerete, l’avevate promesso. - disse lei, mordendosi il labbro inferiore con fare sensuale.
- Non lo farò, se a provocarlo sarai tu. - continuò lui, deglutendo rumorosamente. Lei non smise di guardarlo intensamente.
- Perché vi comportate in questo modo? Sono giorni che mi evitate. - chiese lei, soffermandosi su quegli occhi che tanto amava.
- Perché tu ti comporti in questo modo? - chiese di rimando lui, suscitando astio da parte di lei.
- Non si risponde ad una domanda con un’altra. Da quando è successo quello che… - stava per dire lei, ma lui la fermò in maniera brusca.
- Non è successo proprio niente, era quello che volevi, no? - disse lui irritandosi, non capacitandosi di quell’improvviso interessamento.

E adesso cosa diavolo voleva? Non l’era bastato di essere riuscita a piegare la volontà di un uomo? Un capitano, per giunta?

- Io non volevo proprio niente! - esclamò lei, ferita dal suo atteggiamento.
- Appunto! Sei un membro dell’equipaggio e questo è… - non fece in tempo a finire la frase che Geoff e Topher, alti sull’albero maestro, gridarono all’unisono.
- Pirati in vista, capitano! Si stanno dirigendo verso di noi! - a quell’affermazione Duncan strinse i denti correndo verso la prua veloce e, prendendo il cannocchiale, scrutò per indagare. Gwen lo seguì spaventata, mentre sul ponte si elevarono esultazioni ed esclamazioni poco gradevoli.
Una nave pirata, all’apparenza un galeone, stava attraversando il mare con una certa fretta ma, quando intravidero un’altra nave di fronte a loro, decisero di affrontarla a viso aperto.
- Sono spagnoli, e appaiono anche sicuri di sé. Che siano dannati! Non hanno la minima idea con chi avranno a che fare tra poco. - affermò il capitano Evans sorridendo spietato. Gwen continuò a guardarlo stringendo le mani al petto, non nascondendo un certo timore. Era pur sempre il suo primo scontro da quando salì su quella nave, doveva aspettarsi che prima o poi avrebbe dovuto combattere per la sopravvivenza.
- Uomini, preparate i cannoni. Oggi ci divertiremo un po'! - ordinò Duncan mentre sul ponte tutti fremevano dall’eccitazione di far saltare in aria quella nave.
Gwen fu un tantino impaurita da quella sete di violenza che lesse sui visi dei ragazzi: certo, erano corsari, pirati o qualunque altra cosa volessero essere, ma esultare per qualcosa di così sporco le sembrò un po' masochista.
Questa era la legge della vita a bordo, si disse, e doveva abituarsi.
Inoltre con le nozioni di difesa che apprese poco tempo fa, avrebbe finalmente mostrato di che pasta era fatta, dando così prova di quanto fosse fondamentale per la ciurma.

O perlomeno fu quello che credette fino a quel momento.

Inaspettatamente avvertì una mano afferrarla per un braccio per poi essere trascinata verso la porta che portava agli alloggi. Si voltò verso colui che la strinse e scoprì fosse Duncan.
- C-Cosa state facendo, capitano…? - disse lei confusa dal suo atteggiamento. Lui era così serio che quando le rispose non le degnò neanche di uno sguardo.
- Ti sto portando nella tua cabina, è meglio che rimani lì. - nel sentire quelle parole, le si gelò il sangue e sgranò gli occhi neri.

No, non era possibile. Lei era un membro dell’equipaggio e come tale doveva combattere come loro e accanto a loro!

- No! Fermatevi! Io sono un marinaio! So combattere! - esclamò lei in preda al panico, divincolandosi, ma lui non la considerò nemmeno. Parve non sentirla.
Cercò di liberarsi dalla presa ferrea del capitano, mentre la rabbia prese il sopravvento su di lei facendola diventare una belva.
A quel punto lui fece più forza per prenderla e caricarsela sulle spalle, attraversando il corridoio a falcate fino a raggiungere la sua cabina, entrandovici.
- Lasciatemi! Non potete isolarmi sul più bello! - urlò lei mentre cercò di spostare il corpo massiccio di Duncan che le si fu parato davanti impedendole di oltrepassare la porta.
- Non farmi arrabbiare Gwen. Sono il capitano e decido io. Tu rimani qui fino a quando non sarà tutto finito. - replicò lui guardandola severo dalla sua altezza. Lei strinse i pugni fino a sentire male nel palmo delle sue mani, mentre gli occhi le si riempirono di lacrime.
- Ma perché? A cosa è servito che mi avete fatto imparare ad usare la spada?! A cosa è servito tutto quell’addestramento?! - urlò di lei in crisi, graffiandogli le braccia che la tennero stretta a lui.
- Siete un uomo ripugnate ed egoista! Mi avete preso in giro per tutto il tempo! Vi detesto!!! - gridò battendo forte i pugni sul suo petto abbandonarvici, per poi scoppiare a piangere disperata.
Dopo quell’affermazione lui rimase senza parole, sentendo il proprio cuore sgretolarsi di fronte al pianto di lei, così istintivamente la strinse ancor di più a sé.

Stupida ragazzina, quanta devozione per il proprio dovere e quanta cecità di fronte alla sua incolumità.
Solo il Cielo sapeva quanto l’adorava: non vi era stato nessuno in quell’equipaggio che gli mostrò così tanta lealtà in così poco tempo.

Perché non capiva? Perché non si rendeva conto che lui era terrorizzato all’idea che le potesse succedere qualcosa?

Prese improvvisamente il suo volto tra le mani e senza darle il tempo di capire le sue intenzioni la baciò di trasporto, in maniera dolce e tenera. Lei non oppose resistenza, incapace di muovere un minimo muscolo e, dopo qualche attimo di esitazione, ricambiò con la stessa intensità.
- So benissimo che tu possieda tutte le capacità per potercela fare, ma non potrei mai perdonarmi se ti accadesse qualcosa. Tengo troppo a te, piccola. - le sussurrò a pochi centimetri, nel momento in cui si staccarono. Lei lo guardò incantata, avvertendo le proprie gote riscaldarsi di fronte al nomignolo che a lui piacque affibbiarle.
- Adesso smettila di piangere, ti prego, e resta buona qui. Verrò io a prenderti quando sarà tutto finito. Me lo prometti? - chiese lui, baciandole il naso e sorridendole appena.
Lei ricambiò il sorriso e, sorprendendo anche sé stessa, si avvicinò nuovamente e lo ribaciò, stavolta mordendogli il labbro inferiore. Poi annuì, ancora stordita dalle emozioni che solo lui le faceva provare.
- Fai attenzione, però. - disse lei, dopo aver asciugato una lacrima che volle solcarle il viso. A quelle parole lui sorrise ammaliato e, dopo averle annuito, corse fuori per prepararsi alla battaglia.
Non appena lui lasciò la stanza, un brivido le percorse la schiena e le venne voglia di rannicchiarsi sul letto, mentre avvertì le urla dei suoi amici e altre che suppose fossero degli spagnoli. Notò che Duncan non fece scattare la serratura ed improvvisamente la voglia di solcare quella porta pervase la sua mente.
La mise alla prova, ma lei si mantenne, strizzando gli occhi per lo sforzo.

Sarebbe rimasta buona lì, non l’avrebbe deluso.

Non di nuovo.











Angolo Autrice:
Ciao a tutti i miei carissimi fan!
Rieccomi qui con un nuovo capitolo, non potevo lasciarvi alle feste di Pasqua a secco ;)
Ad ogni modo, questo capitolo è molto importante per la storia: infatti abbiamo innanzitutto il riappacificamento tra Duncan e Gwen, avuta grazie lo zampino del mitico Geoff, è venuto a galla il passato di Duncan e il motivo per cui si comportava in maniera enigmatica e distaccata, nonché la scelta di voler divenire un pirata di quel calibro e spietatezza un po' dappertutto.
E cosa non meno importante sembra proprio che i nostri ragazzi debbano prepararsi ad una battaglia!
Cosa succederà? Ce la faranno?
Non vi resta che segurimi!
Spero con tutto il cuore che il nuovo capitolo vi sia piaciuto e vi dò appuntamento al prossimo!

Intanto vi auguro una serena e dolce Pasqua!

 
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Dalhia_Gwen 

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Capitolo 22
*** Chapter 22 ***



















 
Chapter 22

















Nella buia cabina, illuminata dalla sola luce fioca di una lanterna, Gwen attese impaziente che quei pirati fossero annientati e che tutto quel trambusto di spade fosse finito il più presto possibile. Rannicchiata in un angolino buio della stanza, pregò affinché tutto si fosse concluso senza imprevisti.
Pregò per la ciurma, affinché ne fosse uscita illesa.

Ma soprattutto pregò per Duncan, per riaverlo di nuovo vicino a sé.

Ad un tratto il rumore delle spade e delle pistole terminò, e urla di esclamazione si elevarono in Cielo.

Qualcuno aveva vinto, ma chi?

Si rizzò immediatamente in piedi, contando nervosissima i secondi entro i quali sperò di vedere Duncan fare ingresso nella sua cabina e dirle che il pericolo fosse ormai passato.
Furono i momenti più brutti e lunghi della sua vita, ma quando vide la porta spalancarsi e il suo bel capitano sorridente, urlò forte tanto quanto i suoi compagni.
Gli corse incontro saltandogli addosso, rimettendosi a piangere.

- Ce l’avete fatta! Siete salvi! - esclamò lei nascondendo il viso bagnato nell’incavo del suo collo. Lui l’abbracciò forte a sé, non smettendo di ridere.

- Avevi dubbi? - chiese lui malizioso, staccandola da sé. Lei scosse il capo, dopodiché si avvicinò per baciarlo, ma notò la porta aperta e d’istinto si scrollò da lui.

- Capitano, è ora di festeggiare con la ciurma, non trovate? - chiese lei accennando col capo la porta rimasta spalancata.

Lui capì subito, e con fare teatrale fece cenno di accompagnarla sul ponte, dove tutti erano intenti a guardare spietati la nave che, a suon di cannoni, stava affondando. Si guardò intorno, notando i corpi senza vita di alcuni spagnoli che furono così spericolati ad affrontare a viso aperto quei professionisti.
Le venne da vomitare, portandosi una mano sulla bocca, ma si riprese subito vedendo tutti i suoi compagni abbracciarsi e congratularsi tra loro.
Ad un tratto adocchiò tra la folla Geoff, e notò che era ferito ad una gamba. Subito gli corse intorno, col viso avvolto dalla paura.

- Geoff! Cosa ti hanno fatto?! - esclamò accasciandosi vicino a lui. Lui la guardò sorpreso dalla premura della ragazza, ma subito si riprese per rassicurarla.

- Oh tranquillo Jo, è solo una piccola ferita da sciabola. Ci vuole ben altro per uccidere Geoff McAfee! - disse lui col suo solito senso dell’umorismo. Di fronte quelle parole, Gwen non poté che ridere, sospirando.

Era incredibile. Riusciva a sdrammatizzare anche in situazioni gravi come questa.

- Sei incorreggibile, ma ti voglio bene lo stesso. - disse a bassa voce Gwen, per poi allungarsi verso di lui ed abbracciarlo forte mentre alcuni membri della ciurma, che erano lì ad assisterlo, risero annuendo.

- Lo sappiamo bene, Geoffrey. - disse una voce dietro la figura esile della ragazza. A parlare fu Duncan, arrivato poco istanti dopo e, con espressione preoccupata, si fece spazio tra i suoi uomini avvicinandosi alla sua vedetta.

- Come ti senti, amico mio? - chiese, per poi essere affiancato da Noah, il medico di bordo che, a battaglia terminata, si diede immediatamente da fare tra i feriti della battaglia. Il biondino non perse mai il sorriso.

- Colpito, ma non ancora affondato. - rispose dandogli una pacca sulla spalla. -Non ti libererai così facilmente di me. - continuò per poi ridere, contagiando anche il suo migliore amico.
Dopo essersi scambiati un affettuoso buffetto, il capitano si alzò e prese in mano le redini della situazione, facendo rientrare il caos.

- Uomini, hanno assaggiato la nostra forza e queste sono state le conseguenze! Adesso tornate tutti alle vostre mansioni, abbiamo una meta da raggiungere. - disse il capitano Evans, dopo aver attirato l’attenzione dei suoi ragazzi a sé. Il comando arrivò anche a Gwen che si affaccendò subito a ripulire il ponte, ma si sentì afferrare per un braccio ed essere avvicinata con delicatezza e forza allo stesso tempo.

- Segui Noah e vedi se ha bisogno di aiuto. Penseremo noi qui. - le sussurrò lui dolcemente e guardandola negli occhi. Lei gli rivolse un timido sorriso, per poi chinare il capo.

- Come volete, mio signore. - e detto questo scomparve sotto coperta, raggiungendo la cabina di Geoff.
 

 
⚓⚓⚓
 

Il giorno dopo la Warrior arrivò nelle Barbados attraccando al molo della capitale Bridgetown.

Come il capitano prevedette, Noah ebbe un gran bisogno tra disinfettare e ricucire la ferita, e Gwen era disponibilissima a fare tutto il necessario affinché Geoff si fosse ripreso nel migliore dei modi. Entrò ed uscì dalla cabina continuamente, raggiungendo il ponte e dividendosi tra le varie necessità, senza mai fermarsi.

Quando attraccarono, verso sera inoltrata, non se ne accorse nemmeno, stanca com’era e attenta alle esigenze di Geoff. Non appena Noah finì di medicare la ferita, le spiegò che questa non doveva essere soggetta a sforzi, o avrebbe rischiato di nuovo l’apertura. Così la ragazza pensò di rimanere accanto all’amico per tutta la notte: quando lo sentiva lamentarsi, era pronta ad offrirgli il suo appoggio, aiutandolo ad alzarsi e a cambiare posizione. Altre volte il ragazzo necessitava solo di bere, e lei premurosa lo aiutava ad assetarsi.
Quindi non vi era da meravigliarsi se si assopì sulla sedia accanto alla testata del letto di Geoff, mentre la nave galleggiava silenziosa tra le acque del molo, e veniva abbandonata piano piano dai suoi uomini.

Improvvisamente la porta della cabina del biondo venne aperta lentamente facendo un lieve cigolio, e dietro di essa apparve il capitano, con indosso il suo mantello blu notte e un cappello marrone scuro, leggermente calato sul viso. Con passo felpato si avvicinò al letto, ma ciò non bastò per evitare che la fanciulla si svegliasse.
Quasi si pentì di essersi inoltrato nella stanza, rompendo così il silenzio in cui i due ragazzi caddero. Sospirando, decise di sedersi ai piedi del letto.

-  Come ti senti, Geoff? - chiese premuroso, dopo aver osservato la sua musa ancora mezza assopita, regalandole un sorriso pieno di ringraziamento.

Lui annuì col capo in maniera vigorosa, ancora troppo assonnato per poter parlare.

- Senti, ho deciso che sia più opportuno che tu rimanga qui, sulla nave. - proseguì allora Duncan, serio. -Sei ancora troppo debole per permetterti di scendere…- di fronte quelle parole Geoff si rizzò veloce divenendo paonazzo.

- Te lo scordi, Duncan! - esclamò digrignando i denti, non nascondendo il dolore nell’essersi issato senza pensare.

- Cos’è, hai sbattuto la testa da qualche parte?! Sappiamo molto bene entrambi quanto siano ben attenti qui a Bridgetown ogniqualvolta arriva una nave nuova, e di certo non gli sfuggirà la presenza di un membro della popolare Warrior rimasto a bordo, mentre tutti gli altri sono a terra a divertirsi. Alimenterai i sospetti, e vorresti che scoprissero il nostro carico di fortuna? - si poteva leggere la rabbia di Geoff nei suoi occhi azzurri che, in quel momento, parevano il riflesso di un cielo invaso da una tempesta in azione. Duncan sostenne quel suo sguardo ghiacciante, riflettendoci su.

Aveva perfettamente ragione: conosceva molto bene la popolazione della sua città nativa e, malgrado li odiasse, erano pur sempre pirati spietati alla ricerca perenne di tesori.

Che siano di una nave di passaggio o di un saccheggio ben riuscito.
Avrebbero ucciso per quel materiale così luccicante, e le risse erano l’ultima cosa che voleva suscitare nella sua breve e forzata permanenza.
Tra l’altro la sua ciurma era visibilmente provata dallo scontro precedente, malgrado fosse sembrato di facile portata, e aveva un uomo ferito.

No, non avrebbe concesso altri inutili spargimenti di sangue.

- Inoltre la vista di nuove facce all’interno della nostra ciurma creerà maggior prudenza nelle loro menti, prima di poter decidere di attuare qualsiasi mossa sconsiderata nei nostri confronti. - continuò pacamente il biondo, guardando la fanciulla presente nella stanza.

- Va bene, verrai con noi. Ma sarai affiancato da Jo e Brick, cosicché potrai muoverti con maggiore libertà. - affermò allora il capitano col suo tono autoritario, per poi lasciare la stanza e preparare tutte le lance che li avrebbero portati a terra. I presenti rimasero in silenzio, in particolare Gwen che non fiatò per tutto il tempo.

- Il mio fratellone è troppo ingenuo, certe volte. - constatò lui dopo aver studiato l’espressione imbarazzata di lei, inviandole un’occhiata maliziosa. Gwen ricambiò il sorriso con uno più furbo.

- Forza pigrone, dobbiamo raggiungere gli altri, prima che il capitano cambi idea! - e così dicendo lo aiutò ad alzarsi, ed insieme si avviarono a passo lento verso il ponte laddove li stavano aspettando tutti.







Angolo Autrice:
Buonsalve a tutti bel popolo di EFP!
So di aver aggiornato con grande ritardo, ma oramai sapete bene i miei impegni, per cui vi ringrazio per la vostra pazienza e fedeltà!
Allora, ecco il nuovo capitolo: la battaglia è terminata, con la bella vittoria della Warrior, ed ora è arrivata a Bridgetown per il fatidico appuntamento.


Chi è colui o colei che li ha convocati? E soprattutto, cosa vorrà mai?

Non vi resta che segurmi! Ne vedremo delle belle!
Un abbraccione,


Dalhia_Gwen 

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Capitolo 23
*** Chapter 23 ***













 


Chapter 23











L’aria fresca e salmastra di quell’isola diede una boccata di vigore ai marinai che, distrutti dal caldo afoso di quei mesi estivi, sentirono i loro polmoni riempirsi e i loro sensi risvegliarsi. Gwen, invece, parve l’unica a non godere di quelle sensazioni: continuò imperterrita a cercare calore sfregando le mani sulle braccia, mentre i denti battevano tra loro. Si posizionò su una scialuppa in cui erano presenti Geoff, Brick e Dj e, malgrado la stazza muscolosa ed imponente dei suoi amici, non riuscì a ricavare calore neanche se fu in mezzo a loro.
-  Maledizione a me per non essermi portata una coperta… - farfugliò tra sé, mentre guardò esterrefatta come i suoi compagni non mostrarono nessun brivido. Ma il brivido più forte lo provò quando intravide lo sguardo del capitano, avanti a loro di un paio di imbarcazioni, che la fissava senza mai distoglierle l’attenzione. Aprì poco la bocca avvertendo la mancanza di aria, e da essa fuoriuscì una piccola nuvola di brina che evaporò immediatamente.
Il gesto fu immediato: il capitano si spogliò del suo cappotto e, ordinando il passamano, questi arrivò a Gwen che lo prese del tutto confusa.
- Te l’ha passato il capitano. Ha detto che non vuole un altro uomo indisposto. Soprattutto se è la sua leggerezza a farlo ammalare di febbre. - spiegò Dj con una nota di rimprovero riguardo al suo abbigliamento, intercettando lo sguardo della ragazza. Immediatamente Gwen divenne rossa in viso, non riuscendo a dire nulla. Subito cercò gli occhi cristallini del capitano, e li trovò senza indugi: furono più luccicanti del solito, e sotto la luce della Luna assunsero un colore grigiastro. Le sorrise come mai fece, mostrando i suoi denti bianchi in contrasto con il buio che li circondava, e lei sentì il suo cuore perdere un battito. Rispose al sorriso con uno timido, abbassando lo sguardo imbarazzato per qualche secondo, che gli fece perdere il lume della ragione. Indossò il cappotto poggiandolo sulle spalle, e si rese conto che l’avvolgeva tutta come se fosse una coperta. Se la strinse addosso strofinando il viso vicino al tessuto, e venne inondata del suo odore mascolino mischiato alla salsedine.
Quel connubio la fece impazzire, e il calore che le trasmise fece vagare la sua mente immaginandosi Duncan accanto, mentre la stringeva a sé.
 
⚓⚓⚓
 

Navigarono per una mezz’oretta fino ad arrivare alla banchina.
Gwen vide Duncan parlare con un gruppo di uomini dall’aria per nulla affidabile, ma decise di non indagare.
Era troppo spaventata: insomma, era appena approdata in uno dei territori più temuti del pianeta, controllati in tutto per tutto dai pirati, uomini senza scrupoli di cui si raccontava l’inverosimile.
In più era una fanciulla giovane e indifesa, preda molto prelibata per cannibali di sesso come loro.
Quel pensiero la fece rabbrividire, mentre cautamente si mosse dietro la sua ciurma diretta ad una locanda che il capitano conosceva molto bene. Disse che lì avrebbero passato la notte, il tempo necessario per far sì che lui incontrasse il misterioso sconosciuto della lettera e lasciare la città raggiungendo così Tortuga.
Certo, per gli uomini del gruppo sarebbe stata una specie di vacanza, ma per lei fu una tortura: non sapeva cosa aspettarsi, né sapeva come comportarsi. Quegli uomini parevano i padroni persino dell’aria che stavano respirando, e questo le incuteva timore.
Guardarono i nuovi arrivati con sospetto e indignazione, tanto che qualcuno digrignò anche i denti.

Di nuovo un brivido la percorse tutta.

Senza accorgersene, si strinse di più a Geoff che, poveretto, si reggeva a malapena in piedi, sorretto da lei e da Brick.
Egli infatti notò lo strano comportamento della ragazza, e subito si rese conto della paura che la stava divorando: aveva lo sguardo perso mentre osservava il territorio circostante, e le mani le tremarono nonostante avesse il cappotto del suo capitano addosso.
Posò la sua mano su quella tremante di lei che si resse al suo petto.
- Scricciolo, cos’hai? Stai tremando. - le sussurrò lui, premuroso. Lei alzò lo sguardo per incontrare quello di Geoff e subito lo abbassò turbata.
- Non mi piacciono queste persone, Geoff. Perché ci guardano così? - chiese lei volgendo di nuovo lo sguardo verso di loro. Ma l’amico non glielo permise.
- Innanzitutto non guardarli. Provocheresti la loro ira e loro non aspettano altro che metterti le mani addosso per litigare. - disse lui calmo, ma preoccupato delle sensazioni che anche lui provò incontrando i loro sguardi. Lei deglutì, ma necessitò di altre risposte.
- Accolgono sempre così i loro ospiti? - chiese lei storcendo il naso. Lui sospirò, avvertendo la fronte madida di sudore. La garza doveva essere pulita, altrimenti avrebbe passato una nottata tra dolori e bruciori.
- In realtà no. Diciamo che noi siamo poco graditi, per via del loro passato con Duncan. - spiegò, mordendosi il labbro inferiore per il dolore. A lei dispiacque, per cui provò ad accelerare il passo, cosa che fece anche Brick di rimando.
- Cosa ha fatto? - chiese ancora lei, dando una rapida occhiata preoccupata alla figura del suo capitano innanzi a sé.
Ebbe un’espressione di pietra che le congelò il cuore.
- Niente che tu possa mai sentire dalle bocche di questi cani. Lui è la sola vittima, credimi. - le disse, e lei si sentì in un certo senso risollevata.
- Come vedi, arriviamo qui e ce ne andiamo sani e salvi solo grazie a lui. Può sembrare paradossale ma non possono fargli nulla. Ti spiegherò tutto quando sarà il momento, non temere. - e con quella frase concluse il loro discorso, rendendosi conto di essere arrivati a destinazione.

 
⚓⚓⚓
 

La locanda era davvero enorme: era formata da due piani, su uno dei quali erano presenti gli alloggi, tutti forniti di tre letti massimo e i rispettivi accessori.
A quell’ora il locale era molto tranquillo. Erano presenti pochi clienti, e questi sembravano volersi fare i fatti propri.
Al bancone vi era una ragazza dai capelli rossi legati in due codine, magrolina e dall’aspetto cordiale, e non le fu difficile capire che fosse la figlia del proprietario.
- Zoey! Mia cara! - esclamò Duncan non appena mise piede nel salone, allargando le braccia e seguito da tutto il resto della ciurma. La ragazza, che fu intenta ad asciugare alcuni boccali appena lavati, elevò lo sguardo verso colui che la chiamò e quando lo riconobbe posò tutto quello che ebbe in mano e andò ad abbracciarlo contenta.
- Duncan! Che il Cielo ti benedica! È un piacere rivederti! - disse lei sprizzante di gioia, saltandogli addosso e ridendo.
Gwen, che assistette a tutta la scena, divenne bordeaux dall’ira, vedendo tutta quella smanceria.

Ma chi diavolo era quella?

Come osava strusciarsi in quel modo sul suo capitano?

E poi… mia cara?!

Strinse i denti e i pugni per contenersi, ma non le sfuggirono i sorrisi dolci che il capitano rivolse alla ragazza che, in tutta risposta, arrossì.
- Dov’è tuo padre, Zoey? - chiese poi lui, arrivando al dunque. Lei gli prese una mano e lo condusse verso una porta.
- È di qua, al suo solito posto. - affermò lei, poi scomparve di nuovo dietro il bancone allegra più che mai, e Gwen sperò di non rivederla, altrimenti le avrebbe rovinato quel bel faccino innocente che aveva.
Il capitano quindi bussò alla porta, e alla soglia comparve un uomo tutto d’un pezzo, alto e anche lui con capelli rossi e ricci. Aveva la barba lunga e folta, e sembrò parecchio stanco.
Ma non appena vide il giovane corsaro sorridente, gli si illuminarono gli occhi.
- Per tutti i tesori del mondo, Duncan! Vieni qui, farabutto! - l’uomo abbracciò affettuosamente il ragazzo che ricambiò con la stessa intensità, mentre sui volti della ciurma si delinearono sorrisi compiaciuti. Anche Geoff fu contento, ma Gwen non riuscì proprio a capirne il motivo.
Non sapeva che quell’uomo fu l’unico ad aver avuto pietà di quel ragazzino che perse la madre in età troppo precoce e in maniera così brutale. Clark e Zoey furono le uniche persone che gli rimasero in quella città, e il suo unico appoggio quando dovette per forza tornare.
- Clark, ho bisogno di affittare una decina di stanze. La mia ciurma alloggerà a terra per questa sera. - spiegò Duncan all’uomo, che annuì con vigore.
- Nessun problema, figliolo. Ho la maggior parte delle camere vuote, non sarà un problema sistemare i tuoi uomini. Dove colloco la tua? - chiese, ma il capitano fece subito cenno negativo.
- Io non alloggerò. Ho una faccenda da sbrigare. Il tempo di concludere e probabilmente già l’indomani stesso ce ne andremo. - spiegò sbrigativo.
L’uomo lo guardò con una nota di preoccupazione, ma non chiese nulla.

In fondo non era più un ragazzino da difendere, ora era un uomo maturo che aveva costruito la sua fama fronteggiando uomini di un certo calibro e di indiscussa notorietà.

E Clark, malgrado gli volesse bene come se fosse suo figlio, non aveva il diritto di immischiarsi.
- D’accordo, allora farò preparare le stanze per i tuoi uomini, cosicché possano riposare. - affermò quindi deciso. Stava per ritornare dentro la propria stanza per dare indicazioni alle sue cameriere, quando il ragazzo gli afferrò una mano e vi depositò un sacchetto pieno di monete.
- Tienile tutte, non mi interessa il prezzo. - disse velocemente, imbarazzato lui stesso dal suo gesto. L’uomo non poté fare a meno di commuoversi di fronte all’umiltà che lo caratterizzò da tutti coloro che, come lui, fecero i corsari.
- Non cambierai mai, eh? Che il mare ti protegga, Duncan. Tua madre sarebbe fiera dell’uomo che sei diventato. - disse sottovoce, per paura di arrecargli qualche imbarazzo di fronte alla sua ciurma. Ma loro erano troppo indaffarati ad ordinare da bere, che non si accorsero di quei scambi di parole.
Gwen fu l’unica che rimase lì impalata ad osservare la scena, e ad ascoltare tutto con una strana sensazione. Ebbe il cuore che non smise di battere veloce, rischiando di rompere la cassa toracica.

Sapeva che il suo capitano fosse un ragazzo speciale, diverso da tutti gli altri.

E sentirlo dire da terzi le dava ancor più conferma di quello che provava per lui.

Tuttavia allo stesso tempo non si spiegò l’irrequietudine che provò quando seppe che Duncan si sarebbe presentato all’appuntamento da solo e in piena notte.
Diede una rapida occhiata a Geoff, che si era seduto esausto ad un tavolo, e lo notò conversare animatamente con gli altri ragazzi, mentre sorseggiava un bicchiere di rum.
Non sembrò preoccupato della situazione.
Certo, si fidava di lui, sapeva che non era uno sprovveduto e che aveva sicuramente preso precauzioni, come spade e pistole, qualora si fosse presentato il pericolo.
Eppure fu certa che non sarebbe riuscita a dormire tranquilla sapendo che lui fosse lì fuori, da solo e in una città che non lo gradiva nemmeno.
Cominciò a camminare avanti e indietro, mentre venne assalita dalla paura.

Cosa doveva fare?

Ad un tratto alzò un indice, colta da un’improvvisa e semplice idea: l’avrebbe seguito.
Qualcuno l’avrebbe dovuto farlo, e lei ne aveva tutta l’intenzione.
Sorrise, e anche il suo cuore parve calmarsi. Dovette solo attendere che i suoi compagni di stanza si fossero addormentati, e lei sarebbe sgattaiolata fuori pedinandolo.

Non le importò della possibilità di incorrere a qualche pericolo: il suo chiodo fisso era la sua incolumità.

Solo così avrebbe oppresso quella sensazione di pericolo che l’attanagliò il cuore e le tormentò l’anima.










Angolo Autrice:
Salve popolo di EFP!
Sono tornata dalle vacanze toscane, e sono pronta a sfornare una serie di nuovi capitoli interessantissimi!
Vi avevo avvertiti: dal capitolo 22 accadranno avvenimenti molto importanti e particolari,entreremo nel cuore della storia!
Inoltre, abbiamo un nuovo personaggio: Zoey! La ragazza è barista presso questa locanda, e sembrerebbe che abbia un legame molto forte con Duncan.
Perdipiù il capitano sembra oramai in procinto di incontrare il famoso autore di quell'invito, e Gwen vuole seguirlo.

Cosa accadrà? 
Chi incontrerà Duncan?
Continuate a seguirmi, non ve ne pentirete ;)


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Capitolo 24
*** Chapter 24 ***












Chapter 24








Dopo che le camere furono pronte, gli uomini formarono gruppi per poter poi riposarsi negli alloggi affidatagli: Gwen decise di collocarsi nella stanza con Geoff e Brick.
E questo fu un grosso vantaggio: non appena avessero preso sonno, probabilità alquanto alta data la loro stanchezza che si poté leggere negli sguardi assenti, si sarebbe incappucciata perbene e sarebbe uscita. Venne a sapere che Duncan si sarebbe avviato solo quando si assicurò delle condizioni del suo miglior amico da Noah.

 
⚓⚓⚓
 
 
Si sedette ai piedi della sua brandina, ed impaziente ticchettò un piede per terra, assorta nei suoi pensieri.
Noah stava pulendo la ferita del suo amico di bordo, quando ad un tratto si tolse gli occhiali e si asciugò esausto la fronte.
- Ecco fatto, così può andare. - disse tirando un sospiro di sollievo, mentre attirò inconsapevolmente l’attenzione della ragazza che non aspettò altro che quel momento.
- Stai migliorando. Vado ad aggiornare il capitano. - e detto questo, ordinò tutti gli attrezzi nella sua borsa e uscì dalla stanza.
Gwen si rizzò subito in piedi, per poi appoggiarsi alla porta per udire la voce del capitano che seppe essere dietro l’uscio. Ma Geoff capì che la piccola donna stava architettando qualcosa: l’osservò per tutto il tempo, e non poté fare a meno di notare l’atteggiamento irrequieto che l’avvolgeva.
- Jordan, potresti passami un po' d’acqua, per favore? - chiese allora lui, per attirare la sua attenzione. Brick era già nel mondo dei sogni, sicché lei rimase l’unica che poteva esaudire il suo desiderio.
- Jo…? - la richiamò nuovamente lui, e Gwen spazientita non poté fare altro che versargli da bere. Stava per porgergli il bicchiere, quando lui lo afferrò e lo posò sul comodino con la stessa velocità, attirandola a sé e facendola spaventare.
- Cosa stai confabulando, signorina? - chiese serio, mentre la squadrò severo. Lei deglutì a vuoto, tentando di mostrarsi forte.
- Niente, Geoff. - disse fredda, mentre cercò di divincolarsi dalla sua presa. Ma lui non cedette.
- Allora perché sembri così ansiosa? - chiese ancora lui, incenerendola con lo sguardo. Lei divenne ancor più insolente.
- Devo andare in bagno, Geoff, va bene?! Non posso andare quando tutti sono ancora in piedi! Sono una donna, ricordi?! - sputò quelle parole con una certa sicurezza che non credette di possedere, meravigliando perfino sé stessa.
L’amico continuò a squadrarla ancora per qualche secondo, non del tutto convinto, poi la lasciò andare non sapendo come altro trattenerla, sospirando. Lei creò subito distanza tra loro e, non appena si accertò che le voci si dissolsero, decise di agire.
-  Vado. Torno subito. - disse, ma non lo avrebbe fatto.

E anche Geoff, in cuor suo, lo sapeva.

 
⚓⚓⚓
 

Nonostante fosse una notte tipicamente estiva, la brezza rendeva quel posto così selvaggio un luogo abbastanza ventilato. Non era abituata a quella freschezza, e si meravigliò di quanto potevano essere caldi quei luoghi tropicali. Ricordò la stagione estiva in Irlanda, le sue temperature calde, ma in confronto alle isole del Mar Dei Caraibi poté benissimo considerarla una tipica stagione primaverile.

Prendendo in prestito il mantello di Brick che lasciò su una sedia all’interno della stanza, la ragazza camminò a passo felpato lungo quei vicoli angusti e colmi di gente, non perdendo mai di vista il suo capitano.
Rimase a grande distanza da lui, sapendo che quel ragazzo avesse dei sensi fin troppo sviluppati che l’avrebbero scoperta facilmente.
Col cappuccio abbassato sulla fronte, che le copriva parte della vista, si aggirò cauta senza destar sospetti.
La sua piccola statura la rese quasi invisibile tra quei marcantoni che popolavano la città, e quando avvertì qualche sguardo curioso su di sé, si rifugiò dietro qualche carro, facendo perdere interesse verso la sua figura.
Non poté fare a meno di osservare la vitalità che quella città emanava anche durante notte fonda. Sembrava non si riposasse mai, e che raggiungesse il culmine della densità proprio durante quelle ore.
Adesso si spiegò la scelta del capitano di voler incontrare l’uomo misterioso durante la notte: sarebbe passato inosservato anche un soggetto noto come lui.
Fu difficile mantenere il passo tra quella folla gremita di persone, tra mercanti e uomini che volevano solo fare baldoria, ma riuscì comunque ad arrivare a destinazione.
Vide così il capitano entrare in una vecchia e piccola taverna che dall’esterno emanava un forte odore di rum.
Storse la bocca in una smorfia: non osò immaginare come sarebbe stata mal odorante all’interno.

Entrò con una certa fatica, e subito fu invasa da un tanfo nauseabondo di vomito mischiato a rum, mentre regnava il caos più totale.
Istintivamente portò una mano alla bocca, socchiudendo gli occhi nell’avvertire il disgusto all’altezza del suo stomaco. Subito venne spintonata da uomini completamente sbronzi, e quell’attimo le bastò per perdere Duncan.
- Porca miseria! - esclamò mentre si resse ad un tavolo semi vuoto di boccali più o meno svuotati, ma non ebbe nemmeno il tempo di rialzarsi che un altro spintone arrivò facendola cadere per terra. Il cappuccio cadde all’indietro, rivelando i suoi capelli neri che le scesero morbidi sulle spalle.

Fu questione di attimi: si rimise in piedi fulminea per poi precipitarsi in un angolo buio ed appartato col cuore in gola. Si diede una rapida occhiata intorno, e per fortuna il caos continuò a regnare senza che la sua comparsa l’avesse disturbato.
Sospirò tranquilla: se l’era vista davvero brutta.

Una donna all’interno di una taverna di uomini ubriachi fradici non sarebbe uscita certamente integra e casta.
Anzi, non sarebbe proprio uscita, constatò, provando disprezzo per quella massa di trogloditi.

Continuando ad avvertire il cuore accelerato per lo spavento, non perse altro tempo e cercò imperterrita il suo capitano, non trovandolo.
Strinse i denti e i pugni: quell’uomo fu veloce e invisibile come un ghepardo.
Guizzò più volte gli occhi a destra e a sinistra, perdendo la pazienza, ma poi i suoi occhi si sgranarono illuminandosi all’istante: Duncan si sedette ad uno di alcuni tavoli appartati della taverna, e di fronte a sé aveva un uomo vestito garbatamente, con cui stava conversando attento.
Le venne un sorriso che non riuscì a contenere e, riprendendo il controllo di sé, si avvicinò a loro in modo da udire qualche parola. Trovò riparo dietro un vecchio pianoforte, probabilmente rotto, e vi si sedette al posto del pianista, facendo finta di appoggiarsi. Notò anche un boccale vuoto, e decise di prenderlo fingendosi sbronza.
Sarebbe stata più credibile.

 
⚓⚓⚓
 

Dalla descrizione stilata nella lettera, lo sconosciuto doveva essersi seduto ad un tavolo, da solo, ed aver ordinato due porzioni di pollo con altrettanti due boccali di birra, e non avrebbe toccato boccone fino a quando lui non si sarebbe fatto vivo.
Nonostante la confusione, Duncan studiò ogni singola persona presente nel locale, cercando di capire chi fosse colui che l’avesse mandato a chiamare con così tanta insistenza.
Camminò con naturalezza e sicurezza, e sul suo volto non vi fu alcuna emozione. I suoi occhi acquamarina limpidi e cristallini scrutarono l’ambiente non tralasciando nulla, finché non notò un uomo che coincise con la descrizione della lettera.
Si avvicinò, tanto quanto bastasse per farsi notare, e lo fissò per qualche istante, provocandolo.
D’altra parte l’uomo in questione, sentendosi osservato, voltò lo sguardo in direzione della figura imponente di Duncan. Al primo impatto ebbe un sussulto, un brivido che lo attraversò tutto, poi riconobbe gli atteggiamenti, e trattenne a stento un sorriso di soddisfazione.

Il capitano della Warrior era lì, aveva accettato il suo invito.
Ed era esattamente come tutti lo descrivevano: imponente e terrificante.
Con uno sguardo che lacerava l’anima così come l’oceano squartava una nave durante una tempesta.
Era persino più agghiacciante della figura leggendaria del padre.

L’uomo fece cenno al giovane capitano di sedersi accanto a lui, laddove un arrosto fumava in attesa di essere mangiato, e Duncan capì di aver trovato la persona che stava cercando.
- Capitano Duncan Evans, uno dei più temuti corsari mai esistiti del Mar Dei Caraibi! È un onore per me fare la vostra conoscenza. - disse l’uomo enfatizzando l’esclamazione, tendendogli la mano.
Il giovane, prendendo posto, non mutò la sua fredda espressione, e non ricambiò neanche il gesto.

Voleva concludere quell’incontro il più velocemente possibile, aveva un carico importante da portare integro e al sicuro.
E di sicuro più tempo passava a Bridgetown e minore sarebbe stata la probabilità che ciò avvenisse.
- Evitate inutili ed irritanti riverenze nobiliari, non ne ho bisogno. - affermò Duncan infastidito dall’atteggiamento del suo interlocutore. Egli infatti ci rimase male, non smettendo però di sorridere.

- Bene, come volete allora: il mio nome è Devin Fournier, e sono l’ammiraglio della flotta militare francese. - disse gentilmente, e Duncan non poté fare a meno di mostrare un’espressione sospettosa.

Cosa voleva un schifoso nobile, tra l’altro francese, da un delinquente e ricercato come lui?

Tuttavia, non gli sfuggì la sua giovane età: potevano essere coetanei.
Devin aveva capelli corti e sbarazzini neri che, alla luce, mostravano delle sfumature tendenti al blu notte, ed aveva occhi dello stesso colore. Il viso era contornato da una barba appena accentuata, che lo rendeva più grande di quanto sarebbe stato.
Duncan si allungò sulla sedia assumendo un’aria scettica.
- Cosa vorrebbe mai un nobile da un farabutto come me? - chiese senza mezzi termini, mentre il ragazzo alzò un sopracciglio.
- Bisogna per forza appartenere allo stesso ceto sociale per poter creare alleanze? - chiese di rimando il giovane ammiraglio, e Duncan gli sorrise spietato.
- Beh sapete come funziona: buoni, cattivi… ma alla fine siamo sempre noi la feccia della società odierna. - affermò Duncan col suo sguardo carico d’odio, mentre addentò un pezzo di carne dal piatto divenuto tiepido. Il suo interlocutore sorrise compiaciuto.
- Sapete, vi mostrate esattamente come vi descrivono: arrogante e sfacciato. Ma sappiamo entrambi che la vostra è solo una maschera. - disse il giovane ammiraglio fissandolo con la medesima espressione, bevendo poi dal bicchiere del rum. A Duncan andò il boccone di traverso, per cui gli venne da tossire mentre mandò stilettate al ragazzo di fronte a lui.
Quell’ammiraglio era troppo sicuro di sé, si trovò a pensare. Aveva la capacità di leggere lo sguardo delle persone, e di capirne al volo i loro pensieri.
- Arrivate al dunque, signore. - disse spazientito Duncan. Non vedeva l’ora di liquidarlo, sembrava che quel ragazzo gli facesse il lavaggio del cervello. Di fronte a quelle parole, il ragazzo fece un lieve cenno affermativo col capo, e allo stesso tempo estrasse da una delle tasche della sua divisa un foglio accuratamente piegato.
Sembrò antico, e questo fece incuriosire il giovane capitano.
- Prima vorrei che controllaste l’autenticità di questa mappa. Chi meglio di voi può dirlo. - affermò Devin allungandogli il foglio ripiegato. Duncan lo prese e, dopo averlo aperto, lo esaminò attento con occhio critico.
Le fattezze del documento sembrarono buone, e anche le indicazioni: la mappa mostrò la presenza di un tesoro nell’isola di Oak, in America Settentrionale, e venne definito uno dei tesori più fruttuosi e ben nascosti mai trovati negli ultimi secoli.
Duncan conosceva bene la leggenda: il padre, quelle poche volte che lo ascoltava parlare pacificamente con la madre, raccontava delle sue spedizione che si concludevano senza successo, e una fra queste era proprio la ricerca di quel famoso tesoro. Ci provò molte volte senza mai riuscirci.

Si diceva fosse nascosto in un pozzo, ma tale pozzo non venne mai trovato. Inoltre il territorio dell’isola era così primitivo e pieno di insidie, che portavano alla morte la maggior parte di coloro che provavano ad esplorarlo più a fondo.
Stolti venivano chiamati coloro che intraprendevano quel viaggio, anche perché in quel tratto l’oceano era particolarmente insidioso da attraversare per gli inesperti.
La mappa delineava il percorso da fare all’interno dell’isola di Oak, fino ad arrivare al punto in cui sarebbe dovuto esserci il tesoro.
Sarebbe bastato seguirla e avrebbe trovato la sua più grande fortuna mai accumulata.

Il capitano posò una mano sull’inchiostro della mappa, constatando il suo altorilievo: non ebbe dubbi, quel pezzo di carta era puramente autentico in tutta la sua originalità.
Appena lo realizzò, gli mancò il respiro: nessuno aveva mai avuto quella mappa tra le mani, altrimenti sarebbe stata bruciata, una volta trovato il tesoro.

Significava che ancora nessuno era riuscito nell’intento.
Se la spedizione sarebbe andata a buon fine e la mappa sarebbe stata esatta, si sarebbero impossessati del tesoro.

E questo lo eccitava fino all’inverosimile.

Alzò lo sguardo dalla mappa per poi posarlo sull’ammiraglio, che attese ansioso di saperne l’esito. Il capitano trattenne a stento l’euforia.
- Altroché se è autentica, ammiraglio. Dove l’avete trovata? - chiese lui, e Devin non poté fare a meno di leggere stupore sul suo viso.
- Su un galeone. Mi sono imbattuto in una nave pirata spagnola poche settimane fa, e il capitano volle scambiare quella mappa per la sua vita. Io sono riuscito ad avere entrambe. - disse, mentre il suo sorriso si spense e sui suoi occhi cadde un velo, rendendoli opachi e scuri più di quanto già non lo fossero.
Duncan appurò quel cambiamento repentino nella sua espressione, trovando il gusto di voler approfondire.
- Ho notato astio per gli spagnoli nel vostro racconto. E questo è alquanto anomalo da parte di un francese. Posso sapere il motivo? - chiese Duncan poggiandosi sui gomiti ed incrociando le braccia. Devin sorrise amaramente.
- Per il vostro stesso motivo, capitano Evans. Voi lavorate per la corona inglese così come io lavoro per quella francese. - l’espressione di Duncan si fece più curiosa.
- Come mai? Mi sono perso qualcosa? - chiese il capitano. Di fronte quella domanda l’ammiraglio Devin parve rifletterci su, ma poi decise che, se avesse mai voluto piena fiducia da parte di Evans, avrebbe dovuto raccontargli tutto.
Fece un lungo respiro e, dopo aver dato una rapida occhiata intorno, incominciò a raccontare.
- Francia e Spagna non erano in conflitto tra loro, o perlomeno fino a qualche anno fa. Ero in spedizione verso le colonie francesi per la solita perlustrazione, quando un esercito spagnolo composto da circa duecento uomini varcò il confine francese ed irruppe nel territorio. Erano stati privati di molte flotte spagnole a causa della pirateria inglese e, sapendo che la Francia collaborava con l’Inghilterra per il rifornimento di beni come polveri da sparo e munizioni, decise di dare una lezione anche a noi. Attraversarono ogni angolo francese abitato, e fecero strage di tutti quelli che fossero inglesi di origine. A Lagrasse lasciai mia moglie Carrie e due bambini, Emilie e Francois. Carrie aveva origini inglesi, ma si era integrata bene in Francia, quasi non si sentiva più il suo accento londinese. Purtroppo però loro se ne accorsero e la uccisero senza pietà, e con lei anche i miei figli. Mi avevano tolto tutto quello che avevo di più prezioso, quei disgraziati. Solo per una loro stupida ripicca. – mentre raccontò l’episodio che stravolse la sua vita, il volto di Devin espresse tutto l’odio che provò per quello che subì, e Duncan avvertì ancor più rabbia nei confronti di quegli animali.
- Da quel momento decisi di uccidere qualsiasi spagnolo avessi trovato davanti, innocente o colpevole che sarebbe stato, perché anche loro lo erano. Sento di dover far giustizia alla mia famiglia, in qualche modo, e impossessandomi di questa mappa sento di aver tolto qualcosa di importante anche a loro. Voglio quel tesoro, solo così posso calmare i miei sensi di colpa. - continuò poi il giovane ammiraglio, non prima di asciugarsi le lacrime che non seppe trattenere. Poi si riprese subito sfoggiando un sorriso forzato, e lì Duncan capì quanta forza possedesse quel ragazzo così giovane eppure così segnato dalla vita.

Provò profonda ammirazione, in fondo lo capiva: anche lui era mosso da un sentimento di vendetta.

- Detto ciò, desidero chiedervi di prendere parte insieme a me alla ricerca di questo tesoro. Posso avere l’onore di avervi al mio fianco? - chiese a quel punto Devin, allungando la mano verso il corsaro. Duncan lo guardò ancora una volta, e non riuscì a trovare alcuna traccia di inganno: i suoi occhi erano così pieni di orgoglio, speranza e trepidazione verso qualcosa più grande di loro.

Ma era la forza che emanavano che lo convinsero ad intraprendere quella nuova ed emozionante avventura.

Sorrise sinceramente, per poi stringere con fervore la mano dell’ammiraglio.
- Avrete la mia completa collaborazione. - rispose poi Duncan fiero. Devin parve risollevarsi, e felice alzò il bicchiere di rum per fare un brindisi.
- Allora alla nostra alleanza, capitano Evans! - esclamò divertito, e Duncan venne contagiato.
- A noi, ammiraglio Fournier! - e dopo aver bevuto, si cimentarono a finire la loro cena.







Angolo Autrice:
Taaa daaaan!
Rieccomi qui, finalmente con l'identità dell'uomo misterioso: Devin! E non poteva mancare anche Carrie!
Qualcuno di voi ha indovinato? Se no, chi avevate pensato che fosse?
Fatemelo sapere, intanto spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Una nuova avventura sta per essere intrapresa dai nostri ragazzi, soprattutto da Gwen... Cosa accadrà? Continuate a seguirmi!!! <3



Dalhia_Gwen

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Capitolo 25
*** Chapter 25 ***


















Chapter 25











Mancavano poche ore all’alba, e solo in quel momento la città sembrava respirasse aria di tranquillità. I due ragazzi erano sulla soglia della taverna, ed entrambi si strinsero la mano per sigillare il loro accordo.

- Bene, allora agiremo in questo modo: voi sbrigate le vostre faccende a Tortuga, mentre io cerco di prendere tempo col mio re. Lui sa che io sono in Africa per una spedizione nelle colonie possedute. Non penso possa sottrarsi se gli raccontassi che quei territori avrebbero bisogno di rifornimenti di ogni genere. - spiegò Devin, sorridendo soddisfatto.

- Tra un paio di giorni, non mancherò. - rispose Duncan, ricambiando il sorriso.

Già non vide l’ora di tornare, il capitano, per mettersi immediatamente in viaggio verso un tesoro di inestimabile valore.
Da troppo tempo non avvertì più quelle sensazioni di euforia ed eccitazione tipici di un viaggio alla ricerca di qualcosa di misterioso.
Da poco tempo a questa parte si dedicò solo ed esclusivamente alle piccole ma fruttuose commissioni del re d’Inghilterra, all’insegna del dovere e della giustizia che non lo abbandonarono mai.

Ma lui e la sua ciurma erano pur sempre lupi di mare.
Probabilmente addomesticati, più gentili, ma erano comunque pirati. E il loro animo si infiammava non appena gli veniva offerta la possibilità di esplorare e soprattutto di arricchirsi.

Erano spiriti guerrieri, amavano l’avventura, e niente gonfiava i loro cuori più della libertà.

Duncan sapeva che quell’invito celava una realtà che li avrebbe sconvolti, ma non fino a quel punto.

Si trattava di un tesoro che avrebbe sfamato entrambe le ciurme per tutta la loro vita.
Quel tesoro era leggenda.
E lui aveva la chiave per arrivarci.
Bastava utilizzarla.
 
⚓⚓⚓
 
 
Gwen aveva la testa che le scoppiava: non era abituata a frequentare luoghi così chiassosi e pieni di gente malridotta. Inoltre l’odore di rum fu talmente forte che la stordì.
Nemmeno il mercato della sua piccola Cleggan era così rumoroso.
Man mano che vide le persone uscire dalla taverna, le sue orecchie smisero di pulsare e la testa tornò a riconnettere.
Ma in tutto questo non perse mai d’occhio il suo capitano.
Infatti quando vide Duncan alzarsi dal tavolo e, accompagnato dal suo nuovo alleato, si affaccendava ad uscire fuori, non esitò un solo istante a seguirlo.
Durante quelle ore di conversazione tra i due giovani, Gwen cercava in tutti i modi di udire i loro discorsi, ma in quel bordello era impossibile. Così si limitò semplicemente ad osservarli dal suo angolo angusto dietro il pianoforte.
 
Dopo essersi assicurata che il capitano si fosse allontanato dallo sconosciuto, Gwen riprese a seguirlo. Era veramente stanca e a stento si reggeva in piedi, ma ringraziò il Cielo per la quiete che in quel momento regnò nella città. Si sentì meno sottopressione dagli sguardi curiosi che le rivolgevano, così assunse maggior sicurezza. Mentre camminò, mantenne sempre il suo sguardo davanti a sé e il cappuccio abbassato sulla testa.
Ad un tratto vide Duncan fermarsi di colpo, e quasi non inciampò per trovarsi un nascondiglio qualora egli si fosse girato. Ciò non avvenne, ma capì che egli stava riflettendo in quanto lo vide accelerare il passo ed inoltrarsi in direzione del porto.
 
⚓⚓⚓

 
Il giovane capitano, infatti, era intenzionato a tornare sulla nave per ricalcolare le tempistiche. Sicuramente quell’accordo aveva sconvolto i loro piani e, se dagli ultimi calcoli avesse deciso di partire nel pomeriggio con la frescura dell’imbrunire, adesso avrebbe voluto partire quantomeno nelle prossime ore e per questo doveva accertarsi del quadro generale delle condizioni di navigazione.
Adocchiò gli alberi neri della sua nave, e veloce si diresse verso la loro direzione, quando si accorse di uno strano luccichio che in quel momento stava emanando e un conseguente movimento. Si accigliò immediatamente, mentre nella sua mente balenò un unico pensiero: il bottino.
Si mise a correre velocissimo fino ad arrivare davanti alla nave, rimanendo sconvolto: grosse carrozze erano davanti la sua Warrior intente ad essere riempite dell’oro che nascondeva la nave. Intorno ad esse non vi era nessuno, ma la rabbia che in quel momento provò fu tale da farlo scoppiare.

- Ma che diavolo…! - si diresse a grandi falcate verso la passerella con l’intenzione di salire a bordo, quando all’improvviso sbucò dietro ad una delle carrozze Lightning.

- Io non lo farei se fossi in voi, Evans. - urlò il nero sogghignando e puntandogli una pistola contro. Nell’udire la voce del suo uomo, Duncan si fermò di scatto per poi voltarsi indietro e trovarsi la canna della pistola a pochi centimetri dal petto.
Un misto di sorpresa e ribrezzo si dipinse sul volto del capitano, che tuttavia guardò il suo compagno con il suo sorriso indecifrabile.

L’aveva fregato.
Un membro del suo equipaggio, e questo significava tradimento.

Duncan tollerava qualsiasi cosa, dalle sbandate agli sbagli, ma essere tradito era ciò che lo faceva più imbestialire. E lui puniva con la morte.
Fu da sempre stato chiaro, e la ciurma lo rispettò sempre senza indugi.
Considerò ognuno di loro come un membro della sua famiglia, e Lightning non fu mai da meno.
In particolare, lo salvò da un mercato di schiavi: vide da subito le sue potenzialità, decidendo di inglobarlo nella sua squadra.
Lo fece crescere professionalmente, e non fece mancare mai nulla a nessuno di loro.
Tuttavia negli ultimi giorni notò lo strano comportamento del giovane a bordo, ma non ci fece molto caso, e lo associò ad un periodo non particolarmente buono per il nero.

Era stato così devoto che lo considerava uno dei migliori, ma purtroppo si sbagliò.
Doveva aspettarselo, si disse fra sé, che ingenuo che era stato a fidarsi anche di lui.

- Che sorpresa Lightning, proprio da te. - disse divertito Duncan, alzando un sopracciglio. L’uomo strinse l’arma ancor di più nella mano.

- Non muovetevi, o vi ammazzo. - affermò, facendo una smorfia infastidita dal comportamento tranquillo del capitano.

- Davvero avresti il coraggio di uccidermi? Dopo che ti ho salvato le chiappe trasformandoti da schiavo in un uomo rispettabile? - a quel punto il capitano sbottò adirato dal tono con cui quel nero gli si rivolse. Questi sorrise sornione.

- Me l’avete insegnato voi, Evans. Bisogna sfruttare le possibilità fintanto che ci fanno comode. Dopodiché ce ne si sbarazza, ed è quello che sto facendo. - disse guardandolo spietato. Duncan scoppiò a ridere.

- Vuoi sbarazzarti di me? Va bene, fallo pure. Ma non andrai lontano, senza una nave e con i tuoi ex compagni alle calcagna. - rispose con la stessa intensità Duncan, perforandogli l’anima col suo sguardo ghiacciato.

- Non se avrà un altro capitano a cui promettere devozione, amigo. -

Una voce autoritaria ed imponente, dall’accento spagnolo, si fece largo tra loro due, costringendo il capitano a voltarsi in direzione della sua nave.
In piedi sulla passerella vi era un uomo dalla pelle abbronzata, con capelli marroni e gli occhi color verde smeraldo. Aveva le braccia conserte, e il suo sorriso era falso quanto la sua persona. Di fronte a quella figura Duncan parve perdere tutta la sua calma e pazienza. Strinse i pugni mentre con i suoi occhi ridotti ad un’unica fessura pronunciava con astio il suo nome.

- Alejandro… - il suono che ne derivò fu pieno di disprezzo ed indignazione, tanto da fargli tremare la mascella.

Alejandro Burromuerto era un corsaro spagnolo ed era l’acerrimo nemico di Duncan. Inghilterra e Spagna erano perennemente in conflitto tra loro per via della supremazia e, benché Duncan rappresentasse l’incubo degli spagnoli, Alejandro divenne presto una spina nel fianco delle navi inglesi.
Era astuto e scaltro, e faceva razzia e distruzione su qualsiasi nave inglese incontrasse, per vendetta.
Furbo, viscido, ignobile e dongiovanni: fu così che venne descritto da uomini e donne con cui ebbe a che fare. Da quando la Spagna lo mise in gioco per rispondere ai saccheggi a cui fu quotidianamente sottoposta, Duncan non si diede pace: ci fu un periodo in cui lo cercò ininterrottamente in tutte le acque terrestri, ed ogni volta che lo aveva in pugno egli gli sfuggiva con un’abilità impressionante. Successivamente dovette occuparsi anche di altro, ma non smise maidi cercarlo.

Ed adesso eccolo lì, davanti a lui e sulla sua nave, intento a rubare il suo bottino.
L’odiava con tutti sé stesso, e si promise di ucciderlo con le sue stesse mani.

- Non ti aspettavi che un membro del tuo equipaggio ti tradisse per me, non è vero? Lo so, fa male, ma era esattamente ciò che speravo! - esclamò sistemandosi i capelli all’indietro.

- Comunque i miei complimenti per la ricompensa, vale tre volte di più di quello che ci avete rubato! Il mio re sarà entusiasta di vedere che la giustizia l’ha finalmente ripagato! - si sfregò le mani con un sorriso inquietante, per poi riempire i pugni delle sue mani con monete d’oro di alcuni bauli che furono posizionati sul pavimento in attesa di essere spostati.

Quello fu troppo.

In quel preciso istante Duncan non ci vide più: con uno scatto fulmineo, prese il polso di Light allungandosi dietro di sé, stringendogli tanto da fargli emettere un urlo. Questi infatti mollò immediatamente la presa dalla pistola, che cadde per terra, e il capitano ne approfittò per assestargli un forte pugno al viso ed uno allo stomaco, facendo piegare il nero in due da dolore. Dopodiché con la stessa velocità estrasse la sua spada da sotto il giubbotto e raggiunse il ponte della sua nave, fronteggiando Alejandro a viso aperto.
Questi non se lo fece ripetere due volte, e così forti rumori di fendenti cominciarono ad echeggiare nell’aria salmastra.

- Aspettavo tanto questo momento, mio amico inglese. - affermò lo spagnolo parando l’ennesimo attacco.

- Risparmia il fiato, schifoso spagnolo. Ti servirà per le tue ultime preghiere! - Duncan schivò con maestria un tiro mancino del suo avversario, e prontamente rispose colpendolo ad un braccio. Alejandro strinse i denti quando avvertì la lama del suo avversario attraversare la sua spalla destra, e non poté fare a meno di cacciare un urlo che fece sorridere Evans. Lo spagnolo perse l’equilibrio andando a colpire con la schiena alcuni barili posti dietro di lui, ma si rimise subito in piedi parando appena in tempo un altro attacco.

- E va bene. Finora abbiamo giocato, Evans. È ora di fare sul serio! - con un urlo si lanciò a picco su Duncan che, colto alla sprovvista, venne colpito in pieno e scaraventato per terra a causa del peso del corpo di Al. Partì un pugno in pieno viso al capitano con gli occhi acquamarina, facendogli perdere del sangue dalle labbra.

- Questa me la paghi, sporco cane spagnolo! - cominciarono così una lotta corpo a corpo, in cui entrambi subirono e sferrarono colpi l’uno all’altro, fino a quando poi Duncan, con una combinazione di movimenti agili, lo immobilizzò sotto di sé ponendo una mano al livello della gola.

- Il gioco è finito, Al. – disse Duncan all’estremo delle forze, sorridendo spietato mentre con l’altra mano si asciugò il sangue che colava da un sopracciglio.

- Sei uno sciocco, Evans. Sei caduto nella mia trappola. - disse nella sua lingua il corsaro spagnolo sfoggiando un sorriso beffardo nonostante avvertiva la mancanza di aria dai suoi polmoni. Duncan guardò confuso il suo avversario, ma nel momento in cui alzò lo sguardo notò un Lightning dolorante che era in piedi barcollante, reggendo una pistola che puntò verso di lui.

- Che gli squali mangino fino all’ultimo pezzo del vostro corpo, Evans. Addio. - e così dicendo, il suono di uno sparo echeggiò nell’aria.







Angolo Autrice:
Evviva! Finalmente sono riuscita ad aggiornare!
Scusate l'attesa ragazzi, ma spero tanto che ne sia valsa la pena!
Ecco a voi la svolta che dà inizio alla vera azione della storia: il tradimento di Light e... per conto di chi? Di Alejandro, il peggior nemico di Duncan!
Spero davvero vi piaccia e... vi prego, fatemi sapere cosa ne pensate!
Cosa sarà successo adesso? Adoro finire così i capitoli... a voi le ipotesi! ;)
Un abbraccio e al prossimo aggiornamento che arriverà presto!

Dalhia_Gwen
 

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Capitolo 26
*** Chapter 26 ***


 















Chapter 26













Gwen rimase scioccata dalla piega che gli eventi cominciarono a prendere: all’inizio non capì esattamente il motivo per cui Light si trovasse nascosto dietro ad una di quelle carrozze, ma quando poi lo vide in piedi dietro al capitano con una pistola puntatagli contro, le mancò l’aria.

Un membro dell’equipaggio decise di voltare le spalle a Duncan nella maniera più ripugnante possibile: rubandogli l’oro che tanto faticarono a conquistarsi.

Volle urlare, avvertirlo del pericolo dietro di sé, ma le parole le morirono in gola e un senso di angoscia cominciò ad espandersi nel suo cuore.

Tremava tutta, mentre uno strano presentimento si delineò nella sua mente.

Poi ci fu la comparsa di un uomo di origini spagnole, e tutto avvenne così precipitosamente: vide Light steso per terra dallo stesso capitano, e questi correre dallo spagnolo per fronteggiarlo in un duello. Istintivamente seguì il capitano agendo senza far rumore, e si ritrovò sulla poppa della nave, nascondendosi dietro il timone.
Non voleva perderlo di vista, aveva una paura inspiegabile che le attraversava tutto il corpo e non riusciva a calmarla, neanche quando vide il capitano esausto ma vittorioso che minacciava lo spagnolo bloccato sotto di lui.

Poi di nuovo una sorpresa che agghiacciò entrambi: fu talmente presa ad osservare il capitano combattere che non si rese conto che Light si rimise lentamente in piedi, recuperò la pistola senza troppi problemi e adesso la stava puntando di nuovo al suo ex capitano.
Non le fu neanche dato il tempo di far agire il suo istinto che il rumore assordante di uno sparo irruppe, facendole perdere un battito.
Spaventata più che mai, si voltò con le lacrime pronte ad uscire, ma con sua grande meraviglia vide il capitano ancora in piedi, mentre sul suo volto nasceva un’espressione stupita. Seguì allora il suo sguardo e trovò Geoff in piedi con una gamba fasciata che con una mano impugnava a stento una spada insanguinata, mentre Light giaceva morente ai suoi piedi.
Portò le mani alla bocca soffocando i singhiozzi che emise in preda alla paura, e ringraziò mentalmente il loro migliore amico.

Ma neanche questo bastò a farli rasserenare.

Geoff sbiancò alla vista di una spada affilata che veniva alzata dallo spagnolo che rideva vittorioso, ed era pronta a trafiggere Duncan. Provò ad avvertirlo, ma a quella distanza non ebbe neanche il tempo di urlare che Alejandro era già pronto a colpire.
Gwen intercettò immediatamente la mossa dello spagnolo e, vedendo improvvisamente la morte del suo capitano divenire così reale davanti ai suoi occhi, agì d’istinto.
Valendosi di tutta la forza che le rimase, mise da parte la paura e, con una freddezza che non seppe nemmeno di possedere, scattò in piedi estraendo un pugnale e lo conficcò all’altezza del cuore dello spagnolo nello stesso istante in cui egli pugnalò alle spalle Evans.

L’impatto fu devastante: la fanciulla scivolò per la velocità con cui si mosse, atterrando davanti al suo capitano, mentre lo spagnolo giaceva inerme in un lago di sangue.

Trovandosi di fronte a lui, col le lacrime agli occhi, gli sorrise contenta.

- Capitano, ce l’abbiamo… - non riuscì nemmeno a finire la frase che notò gli occhi di Duncan divenire opachi e nello stesso istante se lo trovò tra le braccia privo di sensi.
- D-Duncan! - esclamò spaventata lei, sostenendo il suo peso, e così facendo si accorse del sangue che fuoriusciva dalla sua schiena.

Poco prima di morire, infatti, Alejandro riuscì ad assestargli un ultimo e fatale colpo infieritogli con la sua stessa spada.

La ragazza sgranò gli occhi trattenendo a stento un urlo.

- No no no no! - strillò mentre venne assalita dalla paura più totale.
- Geoff! Aiuto!! - urlò con tutte le forze che le erano rimaste, versando nuovamente lacrime e stringendo convulsivamente a sé Duncan privo di sensi.
L’amico, non appena la sentì urlare, si precipitò il più velocemente possibile da lei, nonostante la gamba zoppicante che gli provocava dolore. Arrivò innanzi a lei col fiatone, ma le parole gli morirono in gola quando gli occhi si posarono sul corpo martoriato del suo migliore amico.
- Dobbiamo andarcene immediatamente! Va a chiamare tutta la ciurma e falla venire a bordo! Duncan non è al sicuro qui!!! - strillò lei con voce rotta dal pianto, cullando il ragazzo tra le sue braccia in preda al panico. Il biondo pareva immobilizzato, e con gli occhi ancora increduli slittava da Duncan alla ragazza in maniera morbosa.
Non riusciva a realizzare ciò che era appena accaduto al suo capitano, che considerava come un fratello a tutti gli effetti. Gwen parve mossa da una convulsione improvvisa.
- MUOVITI!!! - gli urlò contro stringendo i denti, e in quel momento il biondo parve riprendersi correndo veloce verso la locanda.
 - D-Duncan…cosa ti hanno fatto… - sussurrò lei tra i suoi capelli neri imperlati di sudore, non riuscendo a smettere di singhiozzare.
- Ci sono io qui con te… - continuò poi, rafforzando il suo abbraccio.







Angolo Autrice:
Eccomi fansetti miei!
Ecco cosa è successo... che casino, non trovate? xD
Abbiamo ben due colpi di scena: abbiamo visto quindi che il famoso colpo di pistola è andato a vuoto, perchè a deviarlo è stato Geoff che ha pugnalato mortalmente Lightning.
Ma non è tutto: infatti, Alejandro non s'è perso d'animo e addirittura ne ha approfittato per tentare di uccidere Duncan una volta per tutte. Ad intervenire però in questo caso c'è stata Gwen che ha cercato nel suo piccolo a salvarlo.
C'è riuscita in parte, perché nonostante tutto Alejandro prima di morire ha trafitto il capitano dagli occhi acquamarina, che è svenuto.
E più rimangono in quell'isola e più la loro sicurezza non è garantita.

Riusciranno a salpare senza altri intoppi?
Ma soprattutto... Duncan sopravviverà?


A queste domande risponderò, ma solo nei prossimi capitoli, per cui continuate a segurmi e nel frattempo ditemi cosa ne pensate di questo capitolo che, per ragione che comprenderete sicuramente, è venuto più corto degli altri ;)

Come sempre, un abbraccione!



Dalhia_Gwen 

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Capitolo 27
*** Chapter 27 ***


































Chapter 27






Fu questione di pochi minuti, e la ciurma accorse a bordo della nave rimanendo sbigottita di fronte alla scena a cui dovettero assistere. Immediatamente Gwen ordinò di togliere l’ancora e si ammainare le vele, mentre un altro gruppo di uomini l’aiutò a sollevare il capitano, seguito da Noah che prontamente capì la situazione.
- Fate attenzione, è ferito grave! Portatelo immediatamente nella sua cabina! - urlò tra le voci che si estendevano sul ponte, mentre li seguiva con espressione cupa.

Gwen rimase in piedi ed immobile a guardare il ragazzo ricoperto di sangue essere trasportato sottocoperta, avvertendo scariche continue lungo il suo corpo, che la fecero tremare.

Aveva veramente paura, per la prima volta in tutta la sua vita.
Lei che era così forte ed inarrestabile.
Lei che si sentiva come il mare: imperscrutabile e imbattibile.
Lei che aveva superato qualsiasi ostacolo, adesso si ritrovava a battere i denti al solo pensiero di perdere l’uomo della sua vita.

L’uomo che amava: il suo capitano.

- Gwen…Hey… - la scosse Geoff visibilmente preoccupato dallo stato in cui cadde la ragazza. Aveva le mani e gli indumenti completamente sporchi del sangue di Duncan, ed era bianca come un cadavere.
- Dove vuoi andare con Duncan in quello stato? - chiese per farla calmare, ma ebbe l’effetto contrario. Lo scansò violentemente, stizzita.

Possibile che non ci era arrivato?

- Nel posto più sicuro per lui, Tortuga! Hai detto che ha una villa lì, giusto?! - chiese con ovvietà ma non aspettò che lui le desse conferma e velocemente corse verso Brick che era al timone.
- Brick, quanto tempo ci vuole per arrivare a Tortuga? Il più presto possibile?! - chiese spazientita, mentre lentamente venne affiancata da Geoff esausto.
- Più o meno una mezza giornata, Jo, ma dovremmo forzare le vele e sfidare le correnti del mare… - spiegò il ragazzo visibilmente provato dalla situazione. Gwen stava per rispondergli ma Geoff la prese per un braccio girandola verso di sé.
- È una follia!!! Te ne rendi conto?! - le urlò contro, pentendosi tuttavia del suo comportamento poco elegante con una ragazza. Lei si liberò dalla sua presa senza indugi.
- Lo so benissimo! Ma è l’unica speranza per Duncan di essere al sicuro! Geoff, qui è odiato da tutti! Se in città si spargesse la voce sulle sue condizioni, come pensi che reagirebbero questi mascalzoni? Ne approfitterebbero per ucciderlo, ed io non voglio perderlo! Intesi?! - sputò con tutta la rabbia che accumulò. Poi una solitaria lacrima cominciò a scendere lungo il viso cinereo della fanciulla, e Geoff gliel’asciugò immediatamente.
Sospirò, quella ragazza non avrebbe mai ceduto se a comandarla fosse stato il suo cuore, come in quel momento.
- Corri di sotto, Duncan ha bisogno di te. Mi occuperò io di controllare la rotta. Arriveremo a Tortuga, parola di pirata. - le disse, sorridendole, e Gwen non poté far altro che ricambiarlo con gli occhi le brillarono in un tacito ringraziamento.
 

 
⚓⚓⚓
 

Arrivò nella cabina di corsa e, senza neanche bussare, vi entrò affannata.
Il capitano venne sdraiato sul suo letto in posizione supina, e svestito della sua camicia, mentre Noah gli era accanto che lo stava visitando con movimenti esperti e consapevoli. Immediatamente Gwen gli fu accanto.
- Allora, com’è la situazione? - chiese con un filo di voce, e vide il medico smettere di tamponare la ferita.
- Il capitano è grave: tralasciando i lividi sparsi in quasi tutto il busto, ha un taglio profondo che ha forato un’arteria, ma questo è il male minore. Se fosse stata utilizzata più forza nel colpo, la lama avrebbe raggiunto il cuore e sarebbe morto all’istante. - spiegò lui senza mezzi termini, asciugandosi la fronte bagnata di sudore e volgendo lo sguardo verso di lei.
- Ha un’emorragia interna e ho urgenza di intervenire internamente. Tuttavia il rollio della nave mi impedisce di ricucire la ferita in maniera precisa, e c’è il rischio che posso compromettere la situazione. - continuò poi il giovane medico, vedendo che la ragazza non riusciva a dire nulla.
D’altro canto Gwen avvertì nuovamente gli occhi pizzicarle, rimanendo a bocca aperta.
Guardò il suo capitano per qualche istante, e sentì il suo cuore stringersi osservando la grossa macchia dietro la sua schiena.
- Ma sta perdendo sangue! - esclamò non riuscendo a mascherare la voce tremante. L’uomo sospirò, riprendendo una nuova garza inzuppandola in un composto da lui preparato.
- Sì, ma l’unica cosa che possiamo fare è rallentare la perdita di sangue stringendogli la ferita fino a quando la nave smetterà di rollare così impetuosamente. - rispose tamponando la fronte del capitano con la garza appena imbevuta.
- Dobbiamo arrivare a Tortuga il più presto possibile! A terra puoi avere tutta la stabilità necessaria per l’intervento! - disse lei inchiodando gli occhioni lucidi e neri a quelli sottili e marroni di Noah. Lui sorrise amaramente.
- Certo, se ci arriva vivo… - constatò, guardandola pietoso.
Immediatamente Gwen avvertì il mondo cadergli addosso, mentre distolse lo sguardo da quello del medico.
Avrebbe pianto nuovamente, ma in quel momento Duncan non aveva bisogno di una ragazzina piagnucolante e in preda al panico.

No, non ci avrebbe rinunciato così facilmente.

Prese dalle mani del medico la garza con cui stava tamponando la fronte, prendendo così il suo posto.
- Cos’altro possiamo fare per rallentare il flusso di sangue, Noah? - chiese con una calma inaspettata, che fece rabbrividire anche un tipo privo di espressione come il medico.
- Potremmo creare un unguento con delle erbe che Dj ha in dispensa. Faranno da barriera per un po' di tempo tra la ferita e l’esterno. Ti va di andarle a prendere? - chiese Noah con espressione improvvisamente sicura e rassicurante, tanto da pervadere anche Gwen stessa.
- Subito! - e così dicendo corse in cucina per procurarsi tutto il necessario.
 

 
⚓⚓⚓
 

La nave era ormai in mare aperto, sfidando la sorte e le intemperie che in quel momento si affacciavano minacciose sull’oceano, che ricambiava con onde di altrettanta intensità.
Nonostante fossero passate un bel po' di ore, la Warrior non smise di rollare, e ciò fece capire a Gwen quanto burrascoso fosse lì fuori.
Pensò al resto della ciurma che dava anima e corpo per assicurare a tutti una navigazione sicura.
Pensò alla loro fedeltà emersa non appena videro il loro capitano giacente inerme tra le sue braccia: senza batter ciglio avevano accettato di sfidare mari e cieli per consentire al loro capitano la sopravvivenza.

Duncan meritava quella ciurma più di chiunque altro capitano esistente, ma soprattutto meritava di vivere.

Gwen invece non seppe nemmeno lei in quante persone si divise durante quel tragico evento: passava dal ponte per recuperare l’acqua e stracci che Noah le chiedeva, per poi passare alla dispensa e poi alla cabina.
E tutto si ripeteva con intensa morbosità.
Solo in tarda mattinata, Noah fu costretto ad abbandonare il capitano per occuparsi della ferita di Geoff, che seppe essersi riaperta dopo gli sforzi che fece.
Così Gwen era lì, presente in ogni istante, ad occuparsi del suo uomo: continuava imperterrita a tamponare la fronte con la garza, e quando smetteva massaggiava delicatamente la ferita spalmando l’unguento di erbe preparato da Noah.
Era a pezzi, sia moralmente che fisicamente: se ne stava seduta su una sedia accanto al letto di Duncan, con le maniche risvoltate, il corpo privo di forze e sul volto un’espressione assente.
Alzò lo sguardo sul viso martoriato del suo amato, e immediatamente l’orrore a cui dovette assistere si fece largo nella sua mente, non lasciandola più in pace. Fece uno scatto veloce voltando il viso come se volesse scuotersi, ma altre lacrime cominciarono a scendere lungo il suo viso tondo e senza colorito.
- P-Perdonami… - iniziò lei, avvertendo un nodo in gola. Si calò piano verso il viso del giovane, che venne riposizionato in maniera supina, ed avvicinò la sua fronte premendola contro la sua.
- Perdonami per non essere arrivata in tempo. Se solo mi fossi mossa prima a quest’ora tu…tu… - non riusciva a finire la frase, tanto era il dolore che il quel momento avvertiva dentro di sé. Allungò una mano verso il suo viso, scendendo sul mento ruvido e accentuato del ragazzo, e si ritrovò a desiderare di rispecchiarsi di nuovo in quelle iridi mozzafiato di cui si era tanto innamorata.

La facevano sentire al sicuro, trasmettendole fiducia e libertà.
In quelle iridi vedeva l’oceano che aveva tanto desiderato solcare.
Vedeva la sua vita.
Vedeva sé stessa.

- N-Non lasciarmi… ti prego, ho bisogno di te. Non potrei vivere senza l’uomo che ho sempre desiderato… - sussurrò dolcemente a pochi centimetri dal suo viso, non riuscendo a trattenere la voglia di baciarlo.
Lo fece delicatamente, convinta che anche quelle dolci carezze avrebbero aggravato la situazione, assaporando le sue labbra morbide ed esperte che adorava, e che adesso erano secche e piene di tagli.
Ripeté il gesto senza mai fermarsi, riempiendo poi ogni centimetro del suo viso, avvolta da uno strano sentimento di appartenenza.

L’amava alla follia, eccome se lo amava.
Gli avrebbe dato la sua stessa vita, se avesse potuto, e solo in quel momento se ne rese conto. Sorrise di fronte a quella consapevolezza, e non seppe nemmeno lei il motivo.

- Ti amo, mio capitano. - gli sussurrò, mentre scoppiò nuovamente a piangere contro il suo petto.






Angolo Autrice:
Rieccomiiiii!
Nuovo capitolo e nuove consapevolezze!
Vi piace questa coraggiosa ma allo stesso tempo fragile Gwen? 
Fatemi sapere se vi piace come sta continuando la storia!


Dalhia_Gwen

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Capitolo 28
*** Chapter 28 ***












 
Chapter 28









Pianse fino a quando la debolezza prese completamente il sopravvento e, esausta, si assopì poggiata al petto del suo amato. 

Non seppe quando tempo passò, ma delle urla provenienti dal ponte sopra di loro la fecero risvegliare. 
- Terra in vista! - urlò riconoscendo la voce di Topher nonostante la bufera che si stava imbattendo sulla povera Warrior. Improvvisamente le mancò l'aria per l'emozione: si alzò di scatto per poi catapultarsi fuori sul ponte.
 
I suoi occhi si dilatarono mentre la felicità cominciò ad alimentare quell'animo in pena.
 
Innanzi a lei si alzava la figura imponente di un’isola tanto somigliante ad una tartaruga e colma di una fitta ed alta vegetazione dai colori più disparati. Ogni tanto riuscì a scorgere delle macchie bianche e capì che, nonostante l'apparenza selvaggia e poco curata dell'isola, fosse abitata. 
Poco distante dalla sua vista la ciurma gioì entusiasta congratulandosi per l'ottimo lavoro svolto, abbracciandosi tra loro. Gwen non poté fare a meno di commuoversi e subito venne contagiata dalla loro felicità. Corse verso il gruppo che festeggiava e lo abbracciò da dietro per poi venir coperta dai loro corpi. Anche Maya si unì ai festeggiamenti, scodinzolando ed abbaiando contenta.  
- Siamo arrivati a Tortuga, Jo! - esclamò Brick tra la folla. 
E lei si sentì orgogliosa di far parte di quel gruppo di rozzi pirati, che in realtà si rivelarono essere persone completamente diverse dalle leggende e dai stereotipi costruiti su di loro.
 
 
⚓⚓⚓
 
 
Nel giro di una mezz'ora la Warrior spiaggiò al primo tratto di costa più vicino alla villa di Duncan.  
In circostanze diverse la ragazza avrebbe ammirato il paesaggio che la circondava, non perdendosi alcun particolare, ma sfortunatamente la situazione era più grave del previsto.
Non appena attraccarono, alcuni uomini dell’equipaggio scesero per andare incontro ad un gruppetto di persone che si avvicinarono nel momento in cui videro la Warrior ancorarsi e, senza indugi né esitazioni, afferrarono delle corde pendenti dalla nave e le legarono intorno ad alcune palme forti e robuste, cosicché la nave avrebbe avuto maggiore stabilità in quel mare alquanto mosso.
Gwen vide le loro facce preoccupate annuire velocemente, per poi scomparire in fretta tra le alte liane che dividevano la spiaggia e quello che doveva essere un bosco.
La ragazza fu alquanto confusa, ma non fece in tempo a formulare alcun pensiero, in quanto il gruppetto ricomparve all’interno di un grosso carro trainato da cavalli. Spalancò la bocca nello stesso istante in cui vide Duncan essere portato sulle spalle da Dj e Brick, mentre venivano continuamente ammoniti da Noah che raccomandava delicatezza durante il trasporto.
- Non devi preoccuparti, Gwenny. Loro sono nostri amici e ci stanno dando una mano. Non possono far del male al loro signore. - sussurrò Geoff che intercettò lo sguardo spaesato della ragazza, poco distante da lei.
- Signore? Cosa significa? - chiese perplessa, non smettendo di guardare il trasporto del suo amato nel carro. Geoff sorrise sincero.
- Duncan. Lui è il signore di Tortuga! - esclamò lui con ovvietà, ottenendo uno sguardo sbalordito di Gwen che lo fece ridere sarcastico.
 
Lei rimase impietrita, realizzando ogni cosa.
 
Duncan era il proprietario di quella meravigliosa isola, con tanto di abitanti che lo veneravano.
 
- Hey, cosa credi? Che noi pirati siamo solo uomini spendaccioni e volgari? - chiese fulminandola fintamente offeso. L’espressione la fece sorridere timidamente.
-Molti di noi hanno famiglia qui a Tortuga, altri vorrebbero costruirla mettendo denaro da parte, ad esempio per costruire una propria dimora. Come fece il capitano. - continuò, osservando il cambiamento repentino della sua espressione, che il quel momento si fece sognante.
- Ti piacerebbe viverci, Gwenny? - chiese allora Geoff, gustandosi l’imbarazzo che nacque immediatamente sul viso della fanciulla.
- Ehm, direi che non fa per me. La mia casa è il mare, ho scelto di diventare un marinaio. - rispose lei cercando di riprendersi dalle fantasie che inevitabilmente il suo cervello produsse a ritmo del suo cuore battente forte.
Gli aveva mentito, ma solo in parte.
Geoff diede un ultimo sguardo al carro in cui il suo migliore amico giaceva e subito prese per un polso la ragazza, trascinandola lungo la passerella.
- Ero della tua stessa opinione, fino a quando non incontrai Bridgette. Vedrai, aspetta di guardarla all’interno: sono sicuro che ti innamorerai anche della sua dimora. - disse, alludendo al sentimento che Gwen nutriva per il capitano, facendole l’occhiolino e mettendo piede a terra.
 

 
⚓⚓⚓
 

Gwen venne caricata sul carro insieme ad altri uomini, il restante della ciurma li seguì in sella ad alcuni cavalli.
Il tragitto che li divideva dalla villa durò una decina di minuti in cui Noah, a bordo anche lui, non fece altro che controllare la ferita del capitano che continuò a sanguinare, seppur lentamente. Gwen si offrì di far poggiare il capo di Duncan sulle sue gambe, in modo da offrirgli maggior conforto, e ne approfittò per carezzarlo e asciugargli la fronte perennemente bagnata.
Poi finalmente la vide, la grande villa del suo capitano: alta su un promontorio e godente di una vista mozzafiato sul mare, la casa si mostrò imponente in tutta la sua bellezza, così come il suo proprietario.
Gwen non aveva parole, tanto che le mancò il fiato.
Attraversarono un ampio arco di cespugli ben curati che faceva da ingresso al giardino, per poi superarlo fino ad arrivare all’ingresso.
Subito vennero accolti da una decina di servitori e camerieri di colore che si occupavano della dimora anche quando il proprietario non c’era. Erano felici ed accoglienti quando il signore faceva ritorno, ma in quel momento sui loro visi si poteva leggere preoccupazione non appena si resero dello stato in cui versava il proprietario.
Geoff fu il primo a scendere repentino dal carro.
- Forza, issiamo il capitano e portiamolo nella sua stanza. - esclamò forte e tutti, servitori compresi, si affaccendarono affinché ciò sarebbe avvenuto.
 

 
⚓⚓⚓
 

Percorsero una serie di innumerevoli corridoi, fino a quando una grande ed imponente porta venne spalancata per poi mostrare una bellissima e confortevole camera da letto: di fronte era posizionato un enorme letto matrimoniale a baldacchino poggiato su un pregiato tappeto persiano dai colori tenui così come erano colorate le pareti della stanza. Lateralmente vi erano alti e grandi armadi realizzati con legno di ciliegio e sulla parete opposta uno scrittoio e una enorme libreria. Lungo tutta la parete frontale su cui poggiava il letto, vi erano vetrate che si stendevano fin sopra il soffitto, regalando alla stanza luce propria e una bella vista sul mare.
Geoff aveva ragione: per quanto confusa ed irrequieta fosse la sua mente, Gwen riuscì ad intravedere qualche altra zona della casa e, arrivando alla camera da letto di Duncan, se ne innamorò follemente.

Quella sembrava la casa dei suoi sogni, quella che in cuor suo avrebbe voluto condividere con l’uomo della sua vita.

Adesso anche le parole di Geoff le furono ancor più chiare: la libertà non l’avrebbe persa se l’avesse condivisa con l’amore.

Era una simbiosi perfetta all’interno di quelle mura e con un uomo accanto come Duncan.

E sicuramente quella stanza sarebbe stato il nido d’amore in cui tutte le ragazze avrebbero desiderato perdere la propria verginità, lei compresa.

Arrossì di colpo quando si rese conto di fantasticare troppo e di creare pensieri impuri che non le si addicevano.
Lei che fu così restia a maritarsi, così selvaggia e ribelle, e incline a rifiutare ogni pretendente solo perché ragionava col cuore.

Così simile alla sua mamma.

Adesso anche quel cuore sembrò battere in modo anomalo, e tutto per colpa di quel ragazzo: il suo capitano Duncan.
Ad un tratto venne distolta dai suoi pensieri, nel momento in cui vide tutta la ciurma uscire dalla stanza per ordine del medico, e la realtà tornò a farle male.
 
Duncan era stato poggiato sul letto e svestito degli indumenti, cosicché Noah avrebbe avuto maggior raggio di visione. In particolare, lo vide maneggiare strani aggeggi metallici, mentre era intento a liberare la ferita dalla garza impregnata di sangue.

Immediatamente le venne il panico e sentì il sangue raggelarsi, portando le mani davanti al viso: Noah voleva operare Duncan.

Sentì nuovamente le lacrime agli occhi e, notando Noah volgerle uno sguardo teso e preoccupato, sentì il mondo crollarle addosso.
Stava per affiancarlo al fine di aiutarlo con garze e tutto l’occorrente necessario, quando Geoff, rimasto con loro nella stanza, notò l’ansia della ragazza così le si avvicinò per poi fermarla con una mano calda e tremante allo stesso tempo poggiata su una spalla.
- Dovresti aspettare fuori, scricciolo. Stai tremando… - le sussurrò lui prendendola in disparte mentre l’accarezzò per tranquillizzarla.
- N-No, voglio rimanere qui, con lui. Ha bisogno di me. - rispose lei, mostrando il volto rigato dalle prime lacrime. Al biondo fece pena, avvertendo una morsa al livello dello stomaco, facendolo arrendere comprensivo.
- Va bene, ma rimanigli accanto. Penserò io ad aiutare Noah con le medicazioni. - le disse, dopodiché le prese dalle mani un secchio e si allontanò per andare in bagno a riempirlo.












Angolo Autrice:
Hola fansetti, rieccomi tornata dalle vacanze estive, pronta più che mai a continuare questa storia!
E' proprio vero che staccare la spina serve...eccome se serve! Ed io ne ho approfittato per sfornare nuove idee per il proseguimento.
Dunque eccoci arrivati a Tortuga! Sembra che i ragazzi ce l'abbiano fatta a portare Duncan in un luogo sicuro.
Perdipiù Gwen ha scoperto che il capitano è in realtà il Signore dell'isola, e la cosa l'ha turbata non poco: secondo voi in positivo o in negativo?

Fatemi sapere se questo capitolo vi è piaciuto, io intanto vi dò appuntamento alla settimana prossima!

Un abbraccio,


Dalhia_Gwen

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Capitolo 29
*** Chapter 29 ***












Chapter 29









L’operazione durò un paio di ore, ma quelle furono le ore più agognanti di tutta la sua vita.
Per Gwen il tempo si era fermato: prese posizione sul letto matrimoniale accanto a Duncan, stringendogli forte una mano e recitando ogni qualsiasi preghiera che conosceva.
In quel momento si sentiva completamente inutile, tormentata dai sensi di colpa e arrabbiata con sé stessa.
Se non avesse fatto quella scelta, a quest’ora sarebbe stata la solita contadina irlandese che aiutava la sua famiglia ad andare avanti, il capitano non l’avrebbe mai incontrata e la ciurma non avrebbe avuto un impiccio come lei.
Eppure ella non riusciva a pentirsi della sua scelta: aveva desiderato con tutta sé stessa di poter realizzare il suo sogno.
E sì, l’avrebbe rifatto altre mille volte, se fosse stato necessario, perché sapeva che in quel modo sarebbe stata bene, consapevole di tutte le conseguenze e i pericoli che ne sarebbero derivati.
Su quella nave, con quella gente, col suo capitano.
Ma non aveva fatto i conti col cuore, e allora sì che fare il marinaio non era per niente facile.
Una lacrima solitaria scese lungo una guancia rosea, di un viso oramai privo di ogni espressione, mentre realizzava una realtà che non si sarebbe aspettata.
Amava il mare ed un suo lupo allo stesso modo, diventandone indipendente a tutti gli effetti.
 
Sorrise: il destino le era così avverso da regalarle tutti quei problemi?
 
Lo stato d’animo, tuttavia, non sembrava migliore fuori di quella stanza: tutto l’equipaggio era ansioso e preoccupato di sapere se il loro capitano si sarebbe salvato a meno. Il corridoio su cui si trovava la stanza, era affollato da ogni membro della ciurma che attendeva senza perdere le staffe: c’era chi si era poggiato al muro, chi si era seduto sul pavimento e addirittura chi andava avanti e indietro, e ognuno di loro pregava a modo suo.

Ma tutti erano uniti dallo stesso sentimento: il timore.

- Penso d’aver finito. - disse ad un tratto Noah controllando il battito del capitano, mentre Geoff gli asciugava per l’ennesima volta la fronte corrugata dalla fatica e dalla concentrazione. Gwen puntò immediatamente i suoi occhi neri e lucidi verso il medico, che non accennava a dire altro. Lo vide alzarsi massaggiandosi le tempie, respirando a pieni polmoni un’aria fin troppo arida e viziata. Poi notò Geoff poggiarsi al letto con aria distrutta ma allo stesso tempo ansiosa, volgendo anche lui lo sguardo verso Noah.

A quel punto Gwen non ce la fece più.

- Allora Noah? Duncan vivrà? - chiese spazientita, lasciando la mano del ragazzo e facendo un scatto fino ad arrivare innanzi al medico, che quasi si spaventò della sua reazione.
- È presto a dirsi, Jordan. - disse pacato, guardandola con i suoi occhi marroni.
La ragazza incominciò a scuotere la testa, mentre avvertiva le sue forze diminuire di fronte a quell’affermazione.
- C-Cosa vuoi dire? Spiegati, dannazione!!! - urlò a pieni polmoni, attirando anche l’attenzione del resto della ciurma. Il medico la guardò stranito.
- L’operazione è andata bene, ma non posso dire che il capitano sia fuori pericolo. È stata una ricucitura molto delicata che, se rigettata dal corpo, potrebbe comportare ad una riapertura della ferita e causare un’emorragia interna che gli sarebbe mortale. - rispose senza mezzi termini, guadagnandosi occhiate scioccate dai due amici. Sospirò, rendendosi conto di essere stato troppo crudo, e se ne pentì. Cercò dunque di sorridere, seppur tristemente.
- Deve passare l’intera notte per poter dire che il capitano si riprenderà. Fino a quel momento possiamo solo sperare. Ad ogni modo, ho fiducia in lui: è forte tanto quanto uno scoglio. - disse fiero, guardando il ragazzo interessato che sembrava dormiente.

Gwen non riuscì a trattenersi.

- Grazie Noah…Grazie per tutto! - esclamò abbracciandolo, mentre riprendeva a piangere tremante contro di lui. Il ragazzo, che non si aspettava una reazione del genere, rimase in un certo senso interdetto e scosso. Non era abituato a certe smancerie, la vita stessa in mare imponeva un certo rigore unito alla freddezza delle loro azioni, a cui tutti dovevano adattarsi. Ma quel ragazzino, dall’apparenza così stonato per quella vita, così semplice ed espansivo in qualsiasi cosa facesse, proprio non ce la faceva: aveva portato una rivoluzione, segnando i cuori di tutti, lui compreso. Aveva dimostrato che anche non mascherando le proprie emozioni, si poteva essere un ottimo lupo di mare, perché non c’era nulla di male nel dimostrare di essere umani nonostante le voci che correvano sul loro conto.

Gli si era davvero affezionato.

Per questo motivo, dopo qualche secondo di esitazione, si lasciò andare all’abbraccio, ricambiando affettuosamente.
- In realtà siamo noi a dover ringraziare te, Jo. - sussurrò, dopo che si fu staccato. Sul viso della giovane nacque un’espressione confusa.
- Se non fossi arrivato in tempo ad uccidere quello schifoso spagnolo, io non avrei potuto fare molto. Il capitano sarebbe morto all’istante. L’hai salvato, e per questo tutta la ciurma ti è debitrice. - concluse, sorridendo sincero come non fece mai prima d’ora, mentre la ragazza arrossì di colpo.
- I-Io… non penso di meritarmelo. Se mi fossi mosso prima, il capitano non sarebbe neanche in quelle condizioni, combattendo tra la vita e la morte. Se mi fossi mosso anche solo qualche secondo prima, probabilmente avrei evitato che quella lama lo toccasse. - affermò, abbassando lo sguardo sul pavimento, priva di forze.
- Non avresti potuto. Stando a quanto mi ha riferito Geoff, ti sei precipitato prima ancora che lui se ne fosse reso conto. Non devi darti alcuna colpa. - lo incoraggiò, notando la sua sofferenza per un qualcosa che non poteva assolutamente evitare.
- E poi adesso abbiamo una speranza, no? - si intromise il biondino, arrivando accanto al medico e regalandole un caldo sorriso.
Ricambiò, risollevandosi: non le restava che unirsi alle loro preghiere.








Angolo Autrice:
Salve a tutti, sono tornata col nuovo capitolo!
Spero vi sia piaciuto, a presto!


Dalhia_Gwen
 

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Capitolo 30
*** Chapter 3O ***















Chapter 3O











Il tramonto mozzafiato che si delineò sull’isola, rese il paesaggio ancor più bello.
Da lassù si poteva ammirare lo spettacolo del mare e del cielo che in quel momento erano divenuti di un caldo ed intenso arancione, fondendosi e regalando un po' di pace in quella villa. In men che non si dica, diede posto alla sera, con la sua Luna che accarezzò l’isola in un fresco ma oscuro tocco, lo stesso che fece rabbrividire la villa Evans.

La ciurma decise di mettere sotto i denti qualcosa, riunendosi così tutti nel grande salone della casa, cercando di sollevare i morali degli uni agli altri. Anche Geoff e Noah decisero di unirsi al gruppo consci di meritarsi un po' di tranquillità.
All’appello mancava Gwen, che rimase nella stanza insieme a Duncan, non volendolo lasciare nemmeno un istante da solo. Nonostante Dj avesse insistito, lei dichiarò di non voler mangiare nulla.
Ed era così: aveva lo stomaco sottosopra, dovuto ad un insieme di fattori concatenati.
Oltre alle preoccupazioni covate per il suo capitano, infatti, la mareggiata che dovettero affrontare per arrivare a Tortuga, la scombussolò non poco.

Il peggio era passato, ma non del tutto.

Era sdraiata alla sua sinistra e poggiata su un fianco, intenta ad osservarlo ammaliata.
Si era permessa di lavargli via le croste di sangue che si formarono sul viso e parte del busto, e adesso aveva un aspetto decisamente più decente.
Sorrise, rimembrando le sere trascorse a bordo, nelle quali le piaceva guardarlo sonnecchiare: come in quel momento, egli sembrava un angelo.
Notò l’espressione rilassata che aveva, e subito si rincuorò vedendolo così tranquillo. Venne posizionato su un lato, per favorire alla ferita maggior protezione, e in quel modo lo aveva faccia a faccia. Allungò una mano verso il suo viso e lo accarezzò dolcemente, mentre con l’altra mano si issò per avvicinarsi ancor di più. A quel punto non resistette e lo baciò delicatamente, sentendo il cuore aumentare i battiti per l’emozione. Lo coccolò in quel modo per diversi minuti, senza mai smettere di sorridere, poi lo abbracciò allungando le braccia verso il collo, avvertendo il gran bisogno di averlo così vicino a sé.
- Non mi abbandonare, ti prego. Ho bisogno di te. Tutta la ciurma ha bisogno di te, del capitano più valoroso del mondo. - gli sussurrò, come se avesse potuto sentirla, poi continuò.
- Sai? Dal momento in cui misi piede sulla tua nave, non avevo mai pensato alla possibilità di trovare l’amore. Io che volevo la libertà, pensavo che mi bastasse solo quella. Ma poi sei arrivato tu, e come una mareggiata mi hai travolta. Certo, all’inizio mi irritavi parecchio con le tue punzecchiate, ma dopo… dopo ho capito di amarti. Probabilmente ti amavo da prima, da sempre, e non lo sapevo. Pensavo fosse una cosa passeggera, non avevo mai provato nulla del genere né sapevo cosa significasse, ma non è stato così. È qualcosa che cresceva giorno dopo giorno, e non si poteva fermare. E lo capisci all’istante solo quando hai timore di perderlo. Ed io non voglio perderti, amore mio. Non posso… - gli sussurrò lei, cominciando a singhiozzare, poggiando ogni tanto le labbra sulla sua fronte.
- E-Ed anche se tu non ricambierai, sappi che ti amerò in segreto. Perché non posso smettere, non posso pensare una vita lontana da te. Mi basta rimanere al tuo fianco anche come semplice marinaio e me ne farò una ragione qualora mi rifiutassi. Ma ti prego, vivi. Vivi per la tua ciurma, per me. Sei un ragazzo così speciale, non meriti tutto questo… - Gwen era sull’orlo della disperazione.
Tornò a baciarlo in maniera più insistente, mentre lunghe cascate di pianto le solcavano il viso, come se volesse placare la disperazione.
Le venne da urlare ma non lo fece, non voleva disturbare i ragazzi che avevano finalmente preso un po' di sonno. Almeno loro.
Poi improvvisamente si calmò, chiudendo gli occhi ed accoccolandosi all’altezza del suo petto che sentiva gonfiarsi lentamente ad ogni lieve respiro.
Le parve di sognare qualcosa che desiderava così intensamente: quasi avvertiva le sue mani accarezzarle dolcemente le maniglie dell’amore, e il suo respiro scompigliarle i capelli.
Desiderò di non svegliarsi più, di rimanere intrappolata in quel sogno per l’eternità.

Aveva paura, troppa paura di non ritrovarlo vivo.

Di averlo morto tra le sue braccia.

Ma poi qualcosa la destò dal dormiveglia in cui era caduta: un suono ovattato, quasi impercettibile, che evocò il suo nome.
Sbarrò gli occhi quando i primi raggi del Sole penetrarono timidi nella grande stanza da letto. Stette sull’attenti immobile, per accertarsi che fosse tutto frutto della sua immaginazione.

Stava impazzendo, si ritrovò a pensare.

Ma nuovamente sentì chiamarsi, questa volta più nitidamente.

- G-Gwen… -

No, non poteva essere.

Alzò lo sguardo verso il viso di Duncan, e quasi le venne un infarto per l’emozione di rivedere di nuovo le sue iridi limpide come l’oceano di cui erano circondati.
Fu incapace di muovere qualsiasi muscolo, né di dare sfogo a qualsiasi altra azione.
Il cervello fu completamente fuori uso.
Rimase immobile, con gli occhioni neri incatenati agli occhi acquamarina del giovane che, nonostante fosse provato dalla stanchezza e dal dolore, le regalò un sorriso sollevato.
- Piccola mia… - continuò lui, non smettendo di guardarla, e lentamente elevò una mano per posarla su una sua guancia. Il tocco le fece avvertire una scossa che ebbe il terrore di non provare mai più.
- D-Duncan…s-sto…sto sognando? - disse lei completamente scioccata e confusa.
Lui tentò di scuotere la testa, con scarso successo.
- Stavo per farti la stessa domanda, dolcezza. - rise, gesto che però gli provocò dolore, facendolo lamentare.
A quel punto l’istinto la fece scattare.
- N-No non ti muovere! - esclamò elevandosi con un gomito, ritrovandosi così su di lui.
In quel preciso istante capì che non stava sognando: Duncan si era realmente svegliato, e le stava parlando.

Era vivo. Debole, ma vivo.

Portò di scatto una mano alla bocca, mentre nuovi singhiozzi si fecero largo nel suo sterno.

Ma non era disperazione quella.

No, era felicità: pura e semplice felicità.

- O-Oh sei sveglio…TI SEI SVEGLIATO!!! - urlò lei per poi cadere lateralmente a lui abbracciandolo forte, il tutto mentre diede sfogo ad un pianto disperato.
Scosso dall’impatto piacevolissimo, lui era visibilmente contento della sua reazione, sentendo il proprio cuore emanare un calore che lo avvolse interamente. La strinse forte a sé, per quello che poteva.
- Basta piangere, tesoro mio. Sono qui, non me ne vado… - le sussurrò roco, inebriandosi del suo profumo e delle convulsioni che lei aveva contro di lui.
- Promettimelo Duncan. Promettimi che non mi lascerai mai più… - lo pregò, per poi alzare il viso mostrando la sofferenza che dovette provare in quei giorni di agonia.
- Non ho intenzione di rimanere anche solo un misero istante senza di te. Ti amo. - disse lui guardandola intensamente, non smettendo di tenerla stretta a sé. Il cuore di Gwen sembrava in procinto di scoppiarle in petto, udendo quella frase, mentre il fiato le venne improvvisamente a mancare.
- Sì, ti amo alla follia, luce dei miei occhi. Sei la mia vita. Ed io non ho vita senza di te. - la guardò con così tanta dolcezza e desiderio che Gwen sentì che poteva svenire da un momento all’altro.
- Sei il mio tesoro più prezioso. - le confessò, e questo le bastò per regalargli il primo di una lunga serie di baci delicati, che aumentavano di passione man mano che lui scendeva con le mani sul corpo della ragazza.
- Ti amo anche io, capitano del mio cuore. - disse lei dopo aver preso fiato dal loro ultimo bacio, sorridendo radiosa e finalmente felice. Il ragazzo si perse in quel sorriso, e non resistette alle risposte che il suo corpo produceva ogni qualvolta l’avesse così vicina o anche solo guardandola.
La strinse a sé con tutta la forza che aveva, non potendo fare altro, mentre il suo corpo era febbricitante di eccitazione.
La ragazza rimase legata al suo collo, accarezzandolo e non riuscendo a distogliere lo sguardo da lui. Le rubò un bacio e poi un altro ancora, fino a che, nel tentativo di spostarsi su di lei, avvertì di nuovo un dolore dietro la schiena laddove vi era la ferita.
- Maledizione…- disse lui visibilmente arrabbiato, e lei lo riadagiò nella posizione corretta, al fine di calmarlo.
- Non devi sforzarti. - disse lei posandogli una mano sulla guancia, avvertendola calda.
- Ma tu sei irresistibile… - confessò lui sorridendo stanco. Lei lo notò e subito si impose di far calmare gli animi di entrambi.
- Sei debole, amore mio. Devi riposare. - disse lei prima di baciarlo dolcemente.
- Chiamami di nuovo così… - disse lui, estasiato da quel contatto. Lei divenne rossa dall’imbarazzo, e sorridendo divertita lo assecondò.

Improvvisamente però vennero colti di sorpresa da un tonfo proveniente dalla porta, che si spalancò e rivelò le figure di Geoff e Noah, seguiti dal resto della ciurma.
- Abbiamo sentito un urlo! Stai bene, Gw…? - il biondo si bloccò di colpo, di fronte alla scena intima che si presentò innanzi a loro: la fresca coppia era legata in un caldo abbraccio, che fece rimanere di stucco Noah e imbarazzato il loro migliore amico.
Ad un certo punto Gwen si sciolse, seppur controvoglia da Duncan, e mi mise in posizione seduta, mostrando a tutti finalmente quello che realmente era.
- Per tutti i lumi! Jordan…t-tu… tu sei… - Noah fu completamente scioccato da quella rivelazione, ma Geoff lo ammonì incontrando lo sguardo stanco ma severo del suo capitano che, a quanto pare, era ben sveglio e in ottima compagnia.
- Rimandiamo le spiegazioni a più tardi, va bene? - disse velocemente, prima che gli altri uomini potessero finire la sua frase.
- Piuttosto… ragazzi, il capitano si è svegliato!!! - urlò talmente contento da contagiare l’intera villa. Immediatamente da qualsiasi angolo della casa si elevarono esultazioni e grida di gioia che echeggiarono nell’aria, riempiendola di felicità e commozione. La stanza da letto divenne così improvvisamente piccola, contenente tutto l’equipaggio che applaudì entusiasta.
Noah si accinse subito a visitare il suo capitano, non prima di mostrare contentezza nel vederlo sveglio.
- Siete rinvenuto più velocemente di quanto pensassi. La ferita può solo che rimarginarsi. - disse il medico tornando alla sua solita serietà che in quel momento fu contagiata dall’entusiasmo.
- Sono indistruttibile. Lo so. - scherzò Duncan sorridendo sornione, guadagnandosi una risata da tutti i presenti.
- Evviva il capitano!!! - urlarono allora in coro i suoi uomini, lodando la bravura del medico.
Lo strattonarono vivaci, e il ragazzo non poté che sentirsi a disagio, mentre il capitano sorrideva divertito.
- Non dovete ringraziare solo me, ragazzi. - ammise Noah, dopo essersi liberato dai loro soffocanti abbracci. Di fronte a quella frase tutti lo guardarono confusi, il capitano compreso, ma il medico fece tacere ogni dubbio volgendo lo sguardo alla piccola ed esile figura che si mise in disparte in un angolo della stanza, osservando tutto con commozione e una certa nota di preoccupazione.

Come avrebbe spiegato al resto della ciurma che lei aveva mentito solo per integrarsi?

Tuttavia, quando si sentì tutti gli occhi dei presenti addosso, smise di pensare ritrovandosi tremendamente imbarazzata.

- Vedete, è stato Jo a salvare il capitano, in realtà. Se non fosse intervenuto tempestivamente, io non avrei potuto fare niente. - spiegò, e il resto della ciurma si immobilizzò.
Gwen divenne improvvisamente rossa in viso, confusa dalle loro espressioni: non sapeva infatti se quell’espressione sbalordita fosse dovuta al suo gesto eroico nei confronti del loro capitano o alla scoperta che fosse in realtà una donna.

Ma il più scioccato di tutti fu Duncan, che non smise di pensare al pericolo che lei dovette attraversare per salvargli la pelle.

Un gesto sconsiderato, folle, ma allo stesso tempo coraggioso e lodevole.

Dettato dal grande amore che lei provava per lui.

Non aveva mai conosciuto donne con quel carattere, e mai perse la testa così facilmente.

Aveva sempre pensato che fosse una ragazza speciale, ma non così perfetta.

Perfetta per lui, e glielo dimostrò con quel gesto.

Calò improvvisamente il silenzio nella stanza, che durò attimi interminabili in cui la fanciulla non fece altro che torturare il lembo della sua camicia, ad occhi bassi, non riuscendo a guardare in faccia nessuno.
- Lo posso confermare. - si intromise Geoff orgoglioso, spostando l’attenzione su di lui.
- Ero presente quando Gwen uccise Alejandro Burromuerto per salvare il capitano. Penso l’abbia seguito, ed io feci lo stesso avendo avuto la sensazione che le sarebbe successo qualcosa se non l’avessi avuta sott’occhi. - mentre spiegò, ottenne lo sguardo pieno di gratitudine della ragazza, e facendole l’occhiolino la rassicurò.
In tutto questo Duncan sentì il cuore gonfio di orgoglio, e non smise di guardare la sua piccola ed adorabile guerriera. Finalmente intercettò un suo sguardo, e lo incatenò al suo, infiammandogli l’anima come solo lei sapeva fare.
- Gwen? Un momento… non si chiamava Jordan?! - chiese spazientito uno dell’equipaggio. A quel punto la fanciulla, munendosi di una grande forza, ebbe il coraggio di confessare tutto.
- No, ragazzi. Non mi chiamo Jordan, ma bensì Gwen. E non sono uomo, sono una donna che ha la passione per il mare e la navigazione. - annunciò, sostenendo e spostando lo sguardo su ognuno di loro. Scrollò le spalle.
- Beffeggiatemi, se volete. Ma le mie intenzioni erano serie. Non volevo ferirvi, ma sono stata costretta dalle circostanze. Nessuno avrebbe voluto una donna a bordo, il capitano compreso. - disse, guardando per un attimo il suo uomo, che annuì delicatamente.
- Ma lui lo scoprì ed io lo pregai di tenermi, nonostante tutto. Vi giuro che avrei confessato tutto nel momento giusto. Mi spiace d’avervi mentito, davvero… - e niente in quel momento fu più vero dei suoi sensi di colpa verso di loro.

Trascorsero diversi secondi, in cui tutta la ciurma si guardò attonita senza fiatare: alcuni furono sorpresi, altri non trapelarono alcuna emozione.

- Scuse accettate. - disse ad un tratto Topher sorridendo e a nome di tutti, rompendo il silenzio insopportabile.
Gwen, con gli occhi sgranati, lo guardò incredula.
- Sei stata di grande aiuto Gwenny, in fondo hai dimostrato che una donna, se vuole, è capace di integrarsi nelle attività di una nave e nel suo equipaggio, divenendo una di loro. - a continuare fu Brick, con la piccola Maya in braccio, mentre fece un passo avanti sorridendo anche lui.
- E poi, da quanto abbiamo capito, c’è del tenero tra te e il capitano. Sbaglio? – disse poi Dj, così emozionato da non riuscire ad esternare la frase senza opprimere la sua felicità.
Tutto l’equipaggio cominciò a mormorare, tra il divertito e il sornione, dando occhiate loquaci ai due innamorati. Stavolta fu il capitano ad intervenire.
- Non sbagliate, e a tal proposito volevo ufficializzare la nostra relazione. Sapete le conseguenze, se osate importunarla o anche solo sfiorarla. - disse con una freddezza spietata, tale da far raggelare il sangue dei suoi uomini con il solo sguardo.
Nonostante fosse completamente inoffensivo, incuteva timore così come era in forze.
Poi la guardò, e la incitò a sedersi accanto a lui, sentendone la mancanza. E Gwen lo ascoltò, mostrandosi imbarazzatissima ed innamoratissima di lui.

Dopodiché lui fece un gesto di cui si meravigliò egli stesso.

L’avvicinò a sé e le regalò un bacio passionale, rafforzando così le parole dette in precedenza, seguito da fischi e applausi di mani dall’intero equipaggio. Gwen si sentì privata di ogni forza e ringraziò la sua presa possente su di lei a sostenerla, altrimenti sarebbe caduta come se niente fosse.
- Devo chiederti una cortesia, tuttavia, piccola. - disse lui tra le sue labbra, divenendo tanto serio da farla preoccupare.
- Non ti permetterai più di rischiare la vita per me. Questa volta ti è andata bene, ma non sopporterei se ti facessi del male per colpa mia. - la ragazza stava per ribattere, ma lui la fermò poggiando le proprie labbra sulle sue per un bacio veloce.
- D’ora in avanti sarai la mia donna, e come tale non voglio vederti sporcarti o fare sforzi che non sono di tua competenza. - disse guardandola intensamente, e come si aspettava ottenne una smorfia dalla ragazza, che sbottò contrariata.
- Questo no, Duncan, non posso accettarlo. Io voglio essere d’aiuto a tutti come ho sempre fatto! Voglio continuare ad essere un marinaio! Anche se adesso sono anche la tua donna… - disse frustrata non nascondendo il rossore che quella dichiarazione le provocò, ma lui le sorrise come programmato.
- Immaginavo la tua risposta, ma io non ho mai detto che smetterai di esserlo. Ho bisogno di una figura che mi aiuti a svolgere i miei compiti, visto che Lightning ci ha traditi. Prenderai il suo posto, Gwen. - affermò, e lei rimase sorpresa.

Un velo malizioso cadde sul volto della ragazza, che gli sorrise, sapendo di stregarlo in questo modo.

-Va bene, accetto. Ad una condizione…- disse, facendo percorrere l’indice di una mano lungo il torace del ragazzo che subito si eccitò.
- Aiuterò gli altri nelle loro mansioni, qualora fosse necessario. - affermò, baciandolo prima di poter dire altro. Egli sospirò, consapevole d’essere caduto nella sua trappola.

Era tanto bella quanto testarda: non sarebbe stato facile domarla, e questo lo eccitava e lo faceva impazzire allo stesso tempo.

Una sfida dura da vincere, e lui amava le cose impossibili.

- Solo se necessario, mia piccola volpe. - la schernì, mentre tutto l’equipaggio rise della bizzarra quanto incredibile situazione in cui si trovarono.
- Un applauso alla nostra donnina! Affinché ci porti fortuna a bordo della Warrior! - esclamò Geoff alzando un bicchiere di rum, e gli altri non poterono far a meno di annuire divertiti.





Angolo Autrice:
Eccomiii, rieccomiiiii!
E con Duncan VIVOOOO! <3
Ok, sono frebbricitante anche io per avervi svelato questo importante avvenimento!
Sono orgogliosa di questo capitolo, c'ho messo davvero tanto per stenderlo come avrei voluto, e spero che voi abbiate colto l'essenza! :3
Ecco a voi quindi un importante, anzi, importantissimo capitolo!

Non solo Duncan si è svegliato dall'operazione, ed è quindi vivo, ma Gwen ha finalmente SVELATO la sua vera identità e gli altri l'hanno accettata!

Sembra il finale di questa lunga storia, ma non è così! (risata malefica)
Perché ora arrivano altre emozioni, nuove avventure e soprattutto nuovi tradimenti!
Restate con me, non ve ne pentirete, e nel frattempo attendete il seguito vi prego di farmi sapere se questo capitolo vi è piaciuto!!! 
Grazie di vero cuore in anticipo e un abbraccio!


Dalhia_Gwen

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Capitolo 31
*** Chapter 31 ***












Chapter 31


 








Isola delle Bermuda, Oceano Atlantico.
Due mesi dopo.
 
La convalescenza del capitano fu lunga e non facile da gestire.
Egli era molto irrequieto di ritornare in mare, per inseguire quel tesoro che, insieme all’ammiraglio Devin, avrebbe trovato ad Oak, nella nuova Scozia, e Duncan doveva combattere contro la sua frenesia di compiere qualche atto sconsiderato.

Sotto il severo controllo della propria donna e del medico, che sembrava irremovibile, dovette rimanere per molte settimane a letto, mettendo a dura prova i propri nervi. Non poteva fare un granché, in quella posizione: leggeva, studiava e calcolava, ma lui si sentiva come un leone in gabbia.

Non era abituato ad una sosta così lunga e, anche se era a casa, voleva evadere spinto dal suo grande animo di navigatore. Sopportava per quieto vivere, ma quando gli sembrava di impazzire, si comportava male con tutti, compresa la sua Gwen che, pazientemente, sorvolava e tentava addirittura di calmarlo.

E ci riusciva sempre.

Considerato l’accordo che dovette fare con Devin, si sentì in dovere di avvisare del suo ritardo dovuto alle sue precarie condizioni di salute, scrivendogli una lettera. Gli spiegò di essersi imbattuto in uno scontro con il loro acerrimo nemico, e di aver visto la morte in faccia. Gli disse che si stava lentamente riprendendo nella sua dimora a Tortuga, e che aveva tutte le intenzioni di farla pagare agli spagnoli. Ad ogni modo, continuò, era ancora interessato alla sua proposta, ed era desideroso di mantenere il patto se lui fosse stato ancora intenzionato a collaborare con lui, perché si reputava un uomo d’onore.

E lo dimostrò molte volte.

La risposta arrivò dopo pochi giorni, in cui Devin era lieto di aspettare tutto il tempo necessario per vedere il suo ritorno in campo, in quanto non avrebbe voluto nessun altro alleato che non fosse stato lui, uno dei più nominati corsari dei Caraibi. Inoltre, gli spiegò, sarebbe stato onorato di essere ospitato a Tortuga nei giorni successivi, per definire i particolari della loro spedizione, cosicché sarebbero stati immediatamente pronti a partire non appena le sue condizioni gliel’avrebbero permesso.
E Duncan non poté che essere più entusiasta.
In questo modo, Gwen conobbe il giovane ammiraglio francese, e subito lo reputò una persona affidabile e un gran bravo ragazzo con cui allearsi.
 
⚓⚓⚓
 
 
Fu così che, passati un mese e mezzo dall’incidente, la Warrior e la Poque iniziarono a navigare insieme, diretti verso l’isola del loro tesoro.
Da quando tornò in mare, Duncan sembrava rinato, e Gwen lo ammirava emozionata nel rivedere di nuovo il suo uomo in azione. Era un capitano, e come tale doveva prendersi cura di tutto ciò che aveva a che fare con la nave e il suo equipaggio.
Come promesso, le insegnò a mantenere i calcoli delle dispense e di tutto l’occorrente che non doveva mai mancare a bordo. Le spiegò come determinare la qualità di un carico e quanto ne poteva distribuire in caso di condizioni critiche come un nubifragio o un attraversamento insidioso in acque poco sicure.

E Gwen imparava talmente in fretta che lui rimaneva basito ed affascinato.

Successivamente nella loro cabina e a giornata terminata, quando poteva o si sentiva in forze per farlo, le insegnava a leggere e a definire percorsi sulle mappe, non sottovalutando gli enigmi che ogni mappa racchiudeva in sé.
E adesso, a poche miglia dall’isola delle Bermuda, i due capitani avevano deciso di attraccare a metà strada, in territorio inglese per rifornirsi, dopo aver navigato per due settimane intere senza mai sostare.
 
Avrebbero raggiunto la costa solo verso sera, ma in quel pomeriggio settembrile il capitano dagli occhi acquamarina era intento a ricontrollare la mappa del tesoro per l’ennesima volta, attento ad ogni particolare. Era sua responsabilità far arrivare i suoi uomini incolumi al bottino, e sani e salvi li avrebbe dovuti far ritornare a casa.
Aveva sulle spalle il peso delle vite di ben quaranta uomini e, come buon capitano qual era, non aveva alcuna intenzione di perderne uno.
In più all’equipaggio si era aggiunta la sua dolce metà, e doveva ammettere che la sua presenza lo condizionava fino all’inverosimile. Tutto girava intorno a lei, e per questo si dannava per esserne troppo succube.
Aveva pensato più volte di lasciarla a casa a Tortuga, al sicuro, ma stare lontano da lei per così tanto tempo lo uccideva, e conoscendola nemmeno sotto costrizione avrebbe accettato, considerati anche i precedenti.
L’amava più della sua stessa vita, la voleva accanto a lui sempre ma aveva una paura disumana di metterla in pericolo in situazioni del genere.

Erano questi i pensieri che lo tormentavano da quando si erano imbarcati e in quel momento, su quelle carte, stava impazzendo.

D’altro canto Gwen non poté fare a meno di vedere il suo cambiamento repentino verso di lei. Era sempre così impegnato tra dare ordini ai marinai, confrontarsi con Devin e controllare che ogni cosa stesse al suo posto che, quando tornava nella loro cabina anche a notte inoltrata, cadeva immediatamente in un sonno profondo.

Ogni sera Gwen lo aspettava coricata nel loro letto con alte aspettative, e ogni volta ne rimaneva delusa. Tentò anche di farsi vedere solo con la biancheria addosso, ma neanche quello spingeva il capitano a lasciarsi andare a qualche loro intimo momento, facendole perdere l’autostima verso sé stessa e soprattutto cadendo nella paura di non essere più la donna per cui Duncan stravedeva.

Quel pomeriggio, tuttavia, la ragazza decise di metterlo alla prova per placare l’ansia che quei pensieri le scaturivano. Terminò le proprie stime più velocemente possibile e, sapendolo nella sua cabina a fare i suoi soliti calcoli, lo raggiunse con aria provocatoria.
Entrò senza preavviso, e come si aspettava lui non la degnò neanche di uno sguardo, troppo preso da quelle carte nautiche sparse qua e là sul tavolo.

Le nacque una smorfia sul volto, ma non si arrese.

Sbottonò con enfasi la camicia femminile che Duncan, insieme ad altri indumenti prettamente da donna, le comprò, lasciando scoperta la scollatura del seno che liberò dal busto opprimente. Sciolse i capelli neri e corvini che le arrivavano sulle spalle e li scompigliò, dandole così nel complesso un aspetto selvaggio e sensuale.
Con passo felpato si avvicinò a lui, che era seduto al tavolo, e con un compasso tracciava cerchi immaginari sulla mappa che in quel momento prese in esame. Lei lo guardò desiderosa, troppo attratta da quell’espressione seria e concentrata che inconsapevolmente l’attraeva come una calamita.
Lo raggiunse dietro la sedia e, senza dire nulla, gli avvolse le esili braccia intorno al collo in un caldo abbraccio, depositando contemporaneamente un lungo bacio sulla guancia sinistra. Lui le sorrise lievemente, ma non distolse gli occhi da ciò che stava facendo.
A quel punto la ragazza rincarò la dose, insinuando le mani dentro la camicia del capitano e mordendogli il lobo dell’orecchio per poi scendere lungo il collo lasciandogli una scia umida di baci delicati.

Finalmente attirò la sua attenzione, sentendolo tremare sotto il suo tocco leggero quanto letale. Lui si fece scappare un gemito, e subito lasciò tutto afferrandola da dietro per poi farla sedere sulle sue gambe.
- Era ora… finito di impazzire dietro tutti questi calcoli? - chiese lei soddisfatta del risultato ottenuto, sorridendo sensualmente. Posizionò le sue mani affusolate sul suo petto, in modo che lui potesse notare la scollatura intenzionalmente accentuata, ed accavallò le gambe in attesa di una sua risposta.
Come prevedette, gli occhi azzurri caddero sul suo seno prosperoso, facendolo inevitabilmente deglutire per le sensazioni che stavano nascendo in lui.
- E tu hai finito di provocarmi? Guarda che così facendo potrei saltarti addosso senza preavviso e non rispondere alle conseguenze… - affermò lui tornando a guardarla negli occhi con sforzo, non nascondendo il sorriso malizioso.
Lei sorrise imbarazzata, pensando che lo avrebbe preferito di gran lunga alla distanza che lui stava creando tra loro.
- Sei sempre così impegnato su queste carte che a volte mi fai preoccupare… cosa ti turba? Non avevi già definito tutto? - chiese lei poggiando una mano su una sua guancia, piegando leggermente il capo. L’espressione che le nacque in volto, così premurosa ed infantile, lo destabilizzò rendendolo completamente disarmato di fronte a lei.
La baciò di trasporto, non sopportando più la distanza tra di loro, poi la rispose.
-Sì, piccola mia… ma mi sento così in dovere verso tutta la mia ciurma che detesterei me stesso se qualcosa non andasse secondo i piani. - disse sospirando, non riuscendo a nascondere il disagio di quella confessione.
La ragazza rimase totalmente spiazzata da quella dichiarazione, tanto da sentirsi male nell’averlo giudicato male.

Come ha fatto ad essere così superficiale di fronte al ruolo del suo uomo?

Aveva una grossa responsabilità sulle spalle, forse più grande di lui, che solo in quel momento avvertì.

E soprattutto, come ha fatto a mettere in dubbio il suo amore per lei?

Si tuffò nelle sue iridi mozzafiato, e sentì la sua stessa paura attraversarla come una feroce burrasca.
Aveva sbagliato tutto, si sentiva sporca e infantile.
Sì, perché mentre lui doveva combattere contro qualcosa di più grande di lui, lei si faceva film mentali irrilevanti, come una ragazzina.
Così poggiò anche l’altra mano sul suo viso per poi costringerlo a guardarla negli occhi.
- Non succederà nulla, perché sei così in gamba che niente ti può prendere alla sprovvista. Sei il capitano che qualsiasi uomo di mare vorrebbe servire. Un uomo forte, umile e premuroso, ed io mi fido di te. Devi solo farlo anche tu. - gli disse dolcemente, sentendo il cuore parlare al suo posto, avvicinando i loro visi fino a poggiare la sua fronte su quella del ragazzo.
E Duncan sentì quel cuore parlare, e in quel momento niente lo fece rinvigorire come quelle parole pure e sincere della donna che amava. Le sorrise pieno di gratitudine e, dopo averle sussurrato un timido ringraziamento, le regalò un bacio talmente passionale da toglierle il fiato dall’emozione. La strinse tra le sue braccia facendo navigare le mani lungo la schiena che lei inarcava ad ogni suo contatto focoso.
Sembrava volessero fondersi in un unico corpo, tanto era il desiderio che quel contatto celava.
Il capitano la sentì perdere vivacità, e solo in quel momento si rese conto di averle rubato tutto l’ossigeno. Si staccò quasi controvoglia, vedendola ansimare contro di lui.

Si sentì soddisfatto e frastornato allo stesso tempo: solo quella donna era capace di fargli perdere il totale controllo di sé stesso.

E ne era quasi spaventato: quante volte aveva provato a possederla completamente, ma ogni volta che ci provava non riusciva a concludere nulla a causa dei suoi sensi di colpa.
Sì, perché Duncan voleva che quel momento fosse speciale per entrambi, in cui tutti e due avrebbero desiderato di unirsi in nome del loro amore.
Era un uomo romantico quando voleva, e si rese conto di quel lato solo dopo averla conosciuta.
A bloccarlo era la paura che leggeva sul suo bellissimo viso di porcellana, unita all’insicurezza che la sua giovane età faceva emergere.

Sapeva che fosse vergine, era fin troppo palese: i suoi tocchi leggeri, timidi e goffi la rendevano così angelica che Duncan capì immediatamente di essere stato il suo primo ragazzo in tutta la sua vita.

Significava che lei era sua in tutto e per tutto: e questo lo rendeva pieno di orgoglio, oltre che riempirlo di eccitazione.

Ma allo stesso tempo gli era difficile convincerla a lasciarsi andare, e cadeva nella paura di rovinare tutto.

Era sempre stato abituato a non essere rifiutato, anche perché le compagnie di cui si circondava erano tutte costituite da prostitute e nobili dalla scarsa reputazione, ed era la prima volta che si scontrava con una brava ragazza.
Per questo decise di escogitare un modo per farle capire che di lui si poteva fidare, che poteva lasciarsi andare alla passione che sapeva essere nascosta nel suo cuore così puro.

Aveva solo bisogno di una spinta.

- Ad ogni modo, ho una sorpresa per te. - disse ad un tratto, dopo essersi ripreso dalle vibrazioni che lei scatenò in lui.
Immediatamente i suoi occhi neri divennero più grandi e luminosi, accompagnati da un sorriso altrettanto radioso. Stava per risponderlo, ma lui la precedette.
- Ma devi aspettare a stasera, tesoro. Mi rendo conto di averti trascurata, e questo mi addolora. Voglio farti capire che, nonostante il viaggio avventuroso che stiamo vivendo, tu vieni prima di tutto. - spiegò, baciandola delicatamente. Gwen ebbe la sensazione di poter volare, dopo quel tocco, e rise sotto quel corpo muscoloso che l’avrebbe protetta sempre.
- V-Va bene… - disse, non riuscendo a dire altro, completamente spiazzata dalla piega degli eventi. Allora lui la rimise in piedi delicatamente e, guardandola predatore, le prese il viso tra le mani.
- Verrò a prenderti tra un paio d’ore. Tu intanto fatti bella, anche se già lo sei. - le sussurrò, dopodiché scomparve dietro la porta della cabina, facendola rimanere in totale balia delle sue emozioni.











Angolo Autrice:
Un capitolo appena sfornato, per voi!
Come avete inteso, la spedizione alla ricerca del tesoro con Devin continuerà, ma non possono mancare momenti romantici come questo!
In particolare Gwen vorrebbe passare più tempo da sola insieme al suo uomo/capitano, ed il ragazzo sembrerebbe averle fatto una sopresa,
Di cosa si tratterà? Lo scoprirete presto!

Spero il capitolo vi sia piaciuto, un abbraccio!


Dalhia_Gwen

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Capitolo 32
*** Chapter 32 ***











Chapter 32









Gwen non se lo fece ripetere due volte: si precipitò sul baule colmo di vestiti che lui le comprò, scegliendo accuratamente colore e scollatura. Sorrise, ricordando la prima volta che li vide: era rimasta talmente sorpresa da tutti quei regali che si commosse davanti a lui.

Insomma, per una contadina non era certamente quotidiano avere dei vestiti così eleganti e preziosi.
Poteva solo sognarsi indumenti del genere, invidiare le nobili che li indossavano e piangere perché non li avrebbe mai avuti tra le mani.
Ma dovette ricredersi, e quel giorno fu la ragazza più felice del mondo.

Cominciò a rovistare, ammirando uno per uno quel meravigliosi abiti da cerimonia ricamati e pieni di particolari. Li estrasse tutti, riempiendo il letto matrimoniale di tutti quei colori, eppure si ritrovò a non sapere quale scegliere.
Si massaggiò il mento pensosa, era indecisa: le piacevano tutti!
In più, non voleva fare brutta figura: voleva scegliere quello giusto, ma non sapeva come.
- Oh… non ce la farò mai a sceglierne uno! - esclamò esausta, sedendosi sulla sedia con fare sconsolato. Li guardò uno per uno, ma non era in grado di prendere una decisione. Poi il suo sguardo cadde su un altro baule posto vicino al comodino al lato su cui dormiva, ed improvvisamente il suo viso le si illuminò.
- Ma certo! L’abito di Robert! - esclamò euforica, incrociando le mani all’altezza del petto.
Si alzò di scatto, presa dalla contentezza, avvicinandosi veloce al baule ed aprendolo con altrettanto vigore: ed eccolo lì, quell’abito che le fece perdere la testa al primo sguardo.
Lo elevò delicatamente, come se avesse paura di romperlo, e lo ammirò come fece la prima volta: amava il colore verde smeraldo, e quelle ricamature dorate lo rendevano prezioso quanto bastava per l’occasione. Inoltre la scollatura lungo la schiena lo rendeva elegante e provocante, mandando messaggi dalla libera interpretazione.
Arrossì, mentre mille dubbi cominciarono ad attanagliarle la mente: e se al capitano non fosse piaciuto? Se fosse stato troppo schietto?
Non sapeva esattamente dove la volesse portare, ma un’idea di ciò che sarebbe accaduto a fine serata ce l’aveva, rendendola completamente febbricitante e ansiosa.
Scosse vivacemente il capo, dandosi della pervertita e della stupida.

Realizzò di voler fare l’amore con lui, più di ogni altra cosa, ma la paura la rendeva così insicura e rigida da fargli capire chissà cosa.

Aveva paura di deluderlo, di non essere alla sua altezza, di non meritarlo.

Lei era solo una ragazzina alle prime armi, e un uomo di mondo come lui cercava quella che lo mandava in escandescenza.

Non di certo una da guidare ed educare fino nei minimi particolari.

Sospirò, maledicendosi della sua totale ignoranza in materia.
Senza farlo apposta, diede uno sguardo alla clessidra che scandiva il tempo per assicurarsi di averlo sotto controllo, ma con suo orrore scoprì che aveva perso ben quasi un’ora dietro alla scelta dell’abito.
-Santi lumi! È tardissimo!!!- disse sgranando gli occhi e, arrendendosi di fronte alla sua lotta interiore, raccolse il suo abito preferito e si apprestò ad indossarlo.
 
⚓⚓⚓
 

Era alquanto sofisticato, ma alla fine ci riuscì. Si specchiò e mi mise una mano davanti alla bocca trattenendo il fiato: il vestito le scendeva perfettamente morbido lungo il corpo, delineando ed accentuando le sue curve generose. Si scostò lateralmente osservando l’ampia scollatura a cuore sulla schiena, che la metteva a nudo fino al bacino, lasciando scoperte anche le fossette di Venere.
Le venne da sorridere timida, mossa da una trepidazione incontenibile: adorava la sua figura con quel vestito addosso, sembrava apposta disegnato per lei. Si ritrovò un tantino in imbarazzo notando che non si sapeva muovere con tutta quella stoffa addosso, ma con un po’ di abitudine sarebbe riuscita anche in quello. Decise di rimanere sciolti i lunghi capelli neri, spostandoli solo lateralmente, e si affaccendò a dare un po' di colore al viso.

Quando vi era il mercato a Cleggan, a Gwen piaceva andarci per osservare i mercanti e ciò che vendevano: da quando incontrò Leshawna, un’africana migrata nel nord dell’Irlanda, tentò di imparare da lei qualche creazione dei trucchi che lei amava creare. Vendeva stoffe pregiate, ma aveva la grande passione per quelle polveri e quelle creme che erano in grado di colorare il viso. Così imparò a creare un rossetto e qualche cipria, e non mancò di riprodurli anche a bordo durante i tempi morti.

Tornò al baule di prima, e in fondo ad esso li trovò: cominciò a spalmare col dito una crema sulle labbra, vivacizzandole con un rosso delicato, mentre sugli occhi cosparse una polverina marroncina, dandole una forma allungata. Dopodiché colorò anche le guance con un leggero velo di rosa, e rimase entusiasta del risultato guardandosi allo specchio.

Fece appena in tempo a mettere in ordine la stanza, che qualcuno bussò alla porta.
Dopo qualche istante comparve il suo migliore amico, Geoff, che rimase imbambolato di fronte alla bellezza della ragazza. Ella infatti si trovava seduta a bordo del letto, torturandosi le mani per il nervosismo dell’attesa, e quando vide il biondino le si fermò il respiro colta dalla sorpresa di vedere lui e non il capitano. Poi arrossì imbarazzata, notando che il suo amico era rimasto impalato e non accennava a muoversi.
Egli infatti deglutì un paio di volte, prima di iniziare a parlare.
- Gwenny… sei meravigliosa! - esclamò non riuscendo a contenersi, per poi raggiungerla ed abbracciarla. Lei rise, ricambiando il gesto con altrettanta enfasi.
- Duncan mi ha dato l’ordine di scortarti da lui. Ma adesso capisco perché me l’ha ordinato… sarebbe caduto ai tuoi piedi all’istante! - rise Geoff della sua stessa battuta, contagiando anche la fanciulla che era diventata un peperone. Poi la prese per mano.
- Su forza, ti accompagno dal tuo principe. È talmente ansioso di vederti che tratta male chiunque gli passi davanti. - la ragazza rise di gusto, e lentamente lo seguì, col cuore gonfio d’amore.





Angolo Autrice:
Eccomiiiii!
Non trucidatemi, vi prego, so d'aver tardato e mi dispiace moltissimo.... spero possiate perdonarmi con questo capitolino, infatti è leggermente più corto rispetto ai miei standard, proprio perché introduce un capitolo mooolto caldo e piccante.
Incuriositi? Mi metto subito a lavoro allora! ;)
Prima di concludere, non potevo lasciarvi senza farvi vedere in uno dei miei disegni il famoso vestito di Gwen regalatole da Robert... ovviamente disegnato interamente da me ^-^




Un abbraccio,

Dalhia_Gwen 

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Capitolo 33
*** Chapter 33 ***


NOTA IMPORTANTISSIMISSIMA ^-^ :
Eccomi ragazzuoli, il capitolo è arrivato!
Giustamente vi starete chiedendo: come mai questo avviso prima delle lettura del capitolo?
Non preoccupatevi, la mia è solo una raccomandazione:  come avrete ben capito dal precedente capitolo, la nostra coppia preferita sta per vivere un momento intimo ed indimenticabile.
Dunque, avverto tutti che questo capitolo presenta contenuti a sfondo sessuale.
Ovviamente, non scandalizzatevi: non sono propriamente da rating ROSSO, motivo per cui l'intera storia l'ho sempre impostata sull'arancione e quindi senza vincoli. Sapete bene che, anche per me, scrivere scene di questo calibro, è qualcosa di estremamente difficile, perchè non è nella mia indole e soprattutto non opportuno, in quanto è pur sempre un cartone adatto ad un pubblico molto giovane (non giovanissimo, ma ci siamo capiti).
Però ecco, qualcosa c'è e mi sembrava giusto avvertirvi.
Detto questo, ora siete stati avvisati del "pericolo" che incorrerete. A voi la scelta di continuare la lettura o semplicemente saltare.
Tanto non è un capitolo da "non perdere per lo svolgimento della storia".

Uomini/donne avvisati/e, mezzi/e salvati/e. ;)




 











 
Chapter 33





Venne condotta in superficie, fin sopra il ponte in coperta dove regnava il più assoluto silenzio. Il mare e il suo delicato movimento contro la nave, facevano da sfondo a quella serata ricca di stelle nel firmamento. Gwen si fermò ad osservarle, rimanendo sbalordita dal loro grande numero. Riempivano l’intero cielo sereno, rendendo l’atmosfera ancor più magica. Intravide una stella più luminosa, e subito la sua mente andò alla sua mamma, che la vegliava dall’alto della sua posizione. Si commosse, ringraziandola per tutto quello che riuscì a fare per lei e per Scott, e le chiese semmai avesse fatto bene ad essere lì, su quella nave insieme a coloro che li considerava suoi fratelli e soprattutto se avesse fatto la scelta giusta a donarsi ad un corsaro.
Sorrise, fu esattamente la stessa sorte della madre.

Ma chi eravamo noi per programmare il nostro cuore e i nostri sentimenti?

Abbassò lo sguardo, mentre continuava a seguire Geoff, e solo quando si fermarono alzò il viso timidamente. Si ritrovò sul cassero della nave, su cui vi era un tavolino apparecchiato per due, illuminato dalla sola luce fioca di un lume posizionato al centro di esso. Regnava la quiete più assoluta, il pavimento venne cosparso da petali di rose rosse e poco più in là vi era una figura nera immobile, che sembrava stesse osservarla.
Rimase esterrefatta di fronte a tanta galanteria, avvertendo il cuore accelerare i battiti senza preavviso. Sentì le guance imporporarsi, mentre portava dietro l’orecchio una ciocca di capelli che era sfuggita all’acconciatura. Nel frattempo si rese conto che Geoff era sparito, lasciandola sola, ma solo dopo essersi girata per guardare nuovamente di fronte a sé sentì due mani bollenti afferrarla per la vita facendo aderire i loro corpi in convulsione.

- Sei incantevole, angelo mio. Più di quanto io stesso avessi mai osato immaginare. - le sussurrò roco ad un orecchio il suo capitano, non riuscendo a nascondere l’eccitazione che la sola vista della ragazza gli aveva risvegliato.

La fanciulla, imbarazzata più che mai, provò dei brividi sentendo la temperatura del suo corpo salire, mentre tentava di non saltargli addosso. L’odore di muschio che utilizzava quotidianamente la inebriava, tanto da farle perdere il controllo con la realtà.

- A-Anche tu… - rispose lei, non consapevolmente in sé, mentre portava le mani tremanti sul petto di lui. Di fronte a quelle parole lui sorrise compiaciuto, poi si calò lentamente per rubarle un bacio trasportato, pieno di desiderio ed autorevole, intrappolandola in una stretta possessiva.

Se fosse stato per lui, l’avrebbe fatta sua in quello stesso istante, sul quel pavimento e sotto quel cielo magico come il loro amore.
Ma avrebbe rotto quel momento così romantico tra loro, consapevole che l’attesa era molto più piacevole del desiderio stesso.

Si staccò senza preavviso da lei, che nel frattempo rimase stordita dall’intensità del bacio, e prendendola per mano la condusse verso il tavolo apparecchiato.
In un batter d’occhio si sentì nell’aria una leggera melodia di una fisarmonica, e poco distante la figura di un marinaio indiscreto che la suonava. Gwen si volse verso di lui, e riconobbe il ragazzo in questione: era Brick che, incaricato dal capitano, suonava abile la sua piccola fisarmonica e, intercettando lo sguardo ammirato di Gwen, le sorrise radioso facendole l’occhiolino. Lei fece un movimento leggero imitando un battito di mani, ringraziandolo dello splendido sottofondo che dava alla serata così perfetta. Duncan intanto si estraniò da tutto, si poggiò sui gomiti completamente ipnotizzato dalla figura della sua donna, non potendo fare a meno di mangiarla con gli occhi e fare pensieri perversi su di lei.
In quel momento fece il suo ingresso un Dj imbarazzato che, dopo aver fatto una riverenza, iniziò a parlare.

- Buonasera capitano e mi lady. Posso iniziare a servirvi? Stasera ho preparato solo per voi una cena alquanto afrodisiaca. Domani mi ringrazierete. - disse sornione, per poi finire la frase facendo un occhiolino ad entrambi. Gwen aprì la bocca basita e divertita allo stesso tempo, ma Duncan la precedette.

- E sia Dj, non vedo l’ora. - intervenne, regalandole un sguardo sensuale, che la infiammò fin sopra i capelli.

- Sei bellissima, non ricordo di averti donato quel bel vestito. - disse ad un tratto il capitano, mentre lei era intenta a sistemarsi i capelli per mangiare.

- In effetti è un regalo del caro Robert, un mercante che ha una bottega a Bridgetown. Gli promisi che l’avrei indossato per un’occasione speciale. - disse sinceramente lei, guadagnando un’espressione curiosa del capitano.

- Hai fatto bene, ti sta d’incanto addosso. Fin troppo. - ammise, dando un boccone al pasto caldo che gli fu appena portato.

Parlarono del più e del meno, ridendo e scherzando di qualsiasi cosa passasse nelle loro menti. Sembravano due adolescenti al loro primo appuntamento.
Gwen non si era sentita mai così bene in tutta la sua vita: scoprì che il suo amato capitano era una persona divertente e con un passato scalmanato, tanto da paragonarlo al suo.

Erano così simili che lei ne rimase scioccata.

Ma anche Duncan rimase sorpreso dai racconti della vita precedente della sua amata: gli raccontò di tutte le pazzie che fece, della sua indole ribelle e della sua forza, sua madre.
Gli raccontò di quanto fosse innamorata anche lei del mare e del capitano della nave di cui fu una passeggera, e della sorte che il destino le riservò, e il ragazzo non poté che provare ammirazione per quella donna.
Si spiegò così da chi avesse ereditato quella caparbietà la sua piccola sirena.

- Cosa mi dici della tua famiglia? È contenta di saperti in mare aperto con un gruppo di pazzi come noi? - chiese Duncan per cambiare discorso, vedendola rattristita per il ricordo della madre.

Ma quella domanda ebbe l’effetto contrario. Lo sguardo della giovane slittò verso l’orizzonte, perdendo tutta la spensieratezza che lui costruì con tanta fatica.

- In realtà non lo sanno. Mio padre e mio fratello erano sempre stati contrari al mio sogno. Dopo la morte di nostra madre, mio padre mi proibì di avvicinarmi al mare, notando la mia inclinazione verso di esso. Così un giorno, alla prima occasione, mi sarei ripromessa di abbandonare tutto. E quella occasione fu la Warrior. - disse, sorridendo sinceramente, ricordando la sua bellissima pazzia.
Il capitano venne contagiato da quel sorriso, poi prese una mano e la strinse tra le sue, attirando così quegli occhioni neri su di lui.

- E sei felice della tua scelta? Se potessi tornare indietro, la rifaresti? - quasi non si accorse di quelle domande che uscirono dalla sua bocca in maniera impulsiva, ed una grande paura lo investì come acqua gelida. Lei rimase spiazzata, e per la prima volta si trovò in soggezione nell’avvertire i suoi occhi che la squadravano intensi e ansiosi di sapere.

Semmai volesse tornare indietro? Ovvio che no.

Probabilmente quella fu l’unica buona decisione che riuscì a prendere da sola in tutta la sua vita.

- Sempre e comunque, se fosse necessario. - rispose dopo qualche momento, provata dall’imbarazzo della domanda, inchiodando gli occhi neri in quelli di lui.

La guardò incredulo, provando una felicità tale da mancargli il respiro.
Non riuscì più a trattenersi: si alzò di scatto dalla sedia e, prima che lei se ne rendesse conto, raggiunse la sua principessa e la sollevò tra le sue braccia, volteggiando un paio di volte.

Risero fino a non avere più il fiato, arricchendo l’aria di spiensieratezza e di pura allegria, contagiando anche i membri della ciurma, i più curiosoni e ficcanaso, nascosti dietro dei barili di vino, che si godevano la scena elevando commenti di tutti i tipi.

- No, sul serio, guardatelo: è fottuto. Quella femmina l’ha stregato. - disse Tyler, rimanendo sempre più esterrefatto di fronte all’emergere del lato romantico del capitano, di cui nessuno era a conoscenza né tantomeno aveva mai immaginato l’esistenza. Immediatamente costui ricevette una gomitata in un fianco, che lo fece gemere di dolore.

- Penso sia anche ora: ha sofferto abbastanza ed e giusto che anche lui trovi un po' di serenità con una donna che ne è degna. - a rispondere fu ovviamente Geoff, infastidito dal commento inopportuno del compagno, e conoscendo più di ogni altro il passato del capitano.

- Sì, ma devi ammettere che fa abbastanza senso, Geoff. Dai, non lo riconosco più. - aggiunse preoccupato Brick che, malgrado fosse felice per i due innamorati, rimase abbastanza scioccato nel vedere il capitano così umano. Il biondo sbuffò sonoramente.

- Ragazzi, devo forse ricordarvi cosa ha passato e quello che abbiamo dovuto subire? - chiese quindi spazientito, ottenendo un ammonimento da Topher, che rimase in silenzio per tutto il tempo.

- Ma insomma! Volete che ci scoprano?! Vi rammento le parole del capitano: NIENTE INTRUSI. O saremo pasto degli squali! -esclamò severo, e i compagni pensarono bene di ascoltarlo.
 
- Non hai idea di quanto questo mi faccia felice, amor mio! - disse il ragazzo, dopo averla baciata tenendola a sé come una sposa, mentre lei continuava a regalargli sorrisi di cui era diventato oramai dipendente.

- Ho un’altra sorpresa in serbo per te, però. - le annunciò poco dopo, sentendo i suoi sensi completamente annebbiati dal desiderio di possederla.

La guardò affamato non riuscendo a contenersi. Gwen venne colpita da quello sguardo magnetico, ed ebbe la sensazione che celasse qualcosa di estremamente proibito. Ma il ragazzo non aspettò alcuna risposta, e spedito scese sotto coperta in direzione della sua cabina.
Man mano che la destinazione si faceva sempre più ovvia, la ragazza avvertì una serie di sentimenti in netto contrasto tra loro.

Non sapeva se essere eccitata o impaurita.
O entrambe le cose.

Il risultato era un tacito consenso accompagnato da una sorta di adrenalina che attraversò corpo e mente.
Si rese conto che il suo corpo rispondeva in maniera diversa alla sua ragione, e questo la fece spaventare più dell’idea stessa di passare la notte col capitano.

E se, in qualche modo, lei fosse pronta a donarsi all’unico uomo che abbia mai amato?

Con un colpo secco di un piede, Duncan spalancò la porta della sua camera e con la stessa velocità fece scattare la chiave nella serratura. Fece scendere la ragazza dalle sue braccia, senza mai lasciarla libera e fulmineo le si avvinghiò baciandola con voga per placare i suoi istinti.
Irrimediabilmente lei si sentì scottata da quel contatto morboso, mentre dentro di lei si era scatenata una lotta interiore tra cuore e ragione.
Senza perdere altro tempo il ragazzo la bloccò a sé e lentamente la trasportò verso il letto. Quando lo avvertirono, caddero a peso morto su esso, incapaci di staccarsi.
Duncan si mise a cavalcioni su di lei, prendendole i polsi e bloccandoglieli all’altezza della testa per paura che lei scappasse, non smettendo mai di baciarla.
La sentì gemere per la passione che inconsapevolmente fece emergere in lui, e il ragazzo si sentì ancor più invogliato a continuare quella lenta e meravigliosa tortura. Si staccò dalle sue labbra carnose solo quando aveva finito aria nei polmoni, osservandola la prima volta dall’alto della sua posizione.
Ella sembrava un tumulto di emozioni in procinto di esplodere: ansimava indebolita psicologicamente da ciò che lui le faceva provare, ma lo guardava con occhi grandi che nascondevano paura e desiderio allo stesso tempo. Le guance avevano un delizioso colore roseo, che le donavano un’aria così infantile che lo disarmava ogni volta.
Le labbra, invece, erano socchiuse e gonfie per la voracità dei suoi baci, ed erano talmente rosse da fargli desiderare di assaporarle ancora una volta.
 
E lo fece, stavolta con meno intensità, godendo del contatto lento e del sapore che celavano.
Sorrise compiaciuto, quando la vide ancora con gli occhi chiusi ed intenta a riprendere il controllo di sé stessa. Passò repentino a torturarle il lobo dell’orecchio destro, e con lentezza scese lungo il collo diafano e delicato fino ad arrivare alla scollatura del seno. La sentì agitarsi quando cominciò a far navigare la mano libera lungo la schiena scoperta, intento a trovare l’abbottonatura del vestito. A quel punto decise di far aderire il suo corpo a quello gracile di lei, coprendola interamente e facendole capire che non sarebbe scappata dalla sua presa, non quella notte.
La baciò ancora quasi volesse divorarla, insinuando la lingua tra i suoi denti e facendole godere del dolce torpore di quel contatto. Istintivamente Gwen venne investita dalla passione che accresceva in lei ad ogni contatto rovente di lui sul suo corpo, qualunque esso fosse. Rispose con altrettanta voga iniziando una frenetica danza di lingue, in cui nessuno dei due voleva cedere.

E fu in quel momento che Gwen capì di non aver più paura di fare l’amore con lui.

Il suo corpo cominciò a muoversi sotto di lui non accorgendosene nemmeno, rispondendo alle sue provocazioni e trasmettendogli brividi che nessun’altra donna fu in grado di fargli provare. Non le fu difficile, infatti, capire cosa stesse accadendo in lui, quando si rese conto del suo respiro smorzato e la voracità con cui premeva  il suo corpo a quello di lei.
Sorrise compiaciuta tra un bacio ed un altro, portando le braccia finalmente libere intorno al suo collo, stringendolo a sé con tutta la forza che aveva.
Duncan venne preso alla sprovvista da quel naturale cedimento della giovane.
Non gli pareva vero e così, orgoglioso di sé e senza neanche avvertirla, abbassò veloce la cerniera del vestito, sfilandoglielo con una delicatezza e premura che non gli si addicevano.
Il vestito cadde sul pavimento, dando così al giovane la possibilità di bearsi di quella favolosa visione sotto di sé.
La sua piccola dea giaceva ansimante coperta solo dall’intimo nero che quel giorno indossò, imbarazzata più che mai dai suoi occhi acquamarina che parevano saette che si scagliavano sul suo corpicino. Paradossalmente Duncan parve immobilizzarsi, investito dalle stesse emozioni che provò la prima volta che la vide così seducente ed indifesa.
Anzi, in quel momento si rese conto che il suo corpo fosse ancor più sinuoso di come se lo immaginò. Si torturò il labbro inferiore tra i denti, per poi calarsi nuovamente su di lei fino a far scontrare le loro fronti.

- Lo sai che mi stai portando alla pazzia, bambolina? - le chiese con voce rotta dallo sforzo che stava compiendo nel rimanere lucido. Lei sorrise arrossendo di colpo, mostrando i denti bianchi e facendo affondare una mano nei capelli neri del ragazzo, scompigliandoglieli.

- Veramente. - ammise guardandola negli occhi, per poi sorriderle arrendevole. Lei elevò il capo quanto le bastava per congiungere le loro labbra in un leggero tocco, prima di rispondergli investita da una sensualità che non le si addiceva.

- Allora non impazzire. Fammi tua. Ora. - gli sussurrò tra le labbra, e a lui quella frase parve uno scherzo della sua perversa mente.

Rimase a bocca aperta deglutendo rumorosamente, mentre la sua mente cercava di connettersi almeno per un istante.

Era forse già impazzito?

Ma rinvenne non appena la ragazza fece scivolare una mano sulla camicia, cominciando a sbottonarla con tocco lento, delicato e scottante nel medesimo istante.

Non riuscì a non sorriderle radioso, non facendoselo ripetere due volte.

La spinse con forza sul materasso rubandole un bacio focoso, e facendole emettere un gridolino soffocato.
Cominciò a delineare estasiato le curve del suo corpo, arrivando alle natiche e tornando a salire. Quelle coccole la rendevano succube di quell’uomo dalle mille sfaccettature, che aveva imparato ad amarle tutte senza indugi.
Tuttavia la ragazza fece appena in tempo ad ottenere un po' di attenzione del capitano, sapendolo in totale balia della passione, avvertendo le sue mani esperte intente a liberarla del reggiseno.

- Promettimi di non essere violento. Perché questa è la mia prima volta ed ho una paura tremenda… - gli disse tutto d’un fiato, avvertendo di nuovo il timore prendere il sopravvento su di lei.
Duncan venne completamente spiazzato da quella richiesta, avvertendo il suo tumultuoso cuore perdere un battito: sapeva perfettamente che quella ragazza si stava presentando a lui ancora inviolata, ma per nessuna ragione avrebbe permesso alla sua indole selvaggia di farle alcun male.

Perché ciò che lui voleva non era semplice sesso.

Voleva fare l’amore con lei.

E solo in quell’istante ne capì la differenza.

Poté affermare di aver avvertito sulla propria pelle la medesima paura che invadeva la ragazza, rendendola in quel momento fragile ed insicura.
Così le prese il volto tra le mani, guidato da un’inspiegabile senso di protezione, e la rassicurò baciandole il naso.

- Non ti farei mai del male, angelo mio. Vorrei farti passare la paura che leggo nei tuoi occhi, ma non userei mai la violenza su di te. - disse, addolorato dai brividi che la investivano.

- Io ti amo, e vorrei solo che questa notte sia la più speciale per entrambi. Perché anche io, come te, sto facendo per la prima volta l’amore. - ammise, e a Gwen morì il fiato in gola avvertendo il tremolio della sua voce quando pronunciò quelle parole.

Sapeva che quell’arrogante quanto affascinante ragazzo fosse stato a letto con tante donne prima di lei, ma non si aspettava di certo una dichiarazione così profonda e romantica.
In quel momento, ponderando le parole, capì quanto amore era racchiuso in esse.

Poteva fidarsi, doveva.

Perché l’amava troppo.
Avvertì le lacrime appannarle lo sguardo e, prima di scoppiare a piangere, lo avvicinò a sé in un abbraccio morboso e lo baciò con tutta la passione che poteva avvertire.
Fu una lunga carezza piena d’amore, in cui entrambi potevano avvertire l’intensità dell’altro.
Adesso la ragazza poteva sentirsi sé stessa, felice di abbandonarsi ad un uomo che, era sicura, le avrebbe fatto toccare il Cielo quella notte.
In men che non si dica, le sfilò l’intimo con movimenti lenti e premurosi, che la imbarazzarono.
Lei si azzardò a fare lo stesso, portando una mano all’altezza dei calzoni per trovare la cintura, ma lui la soccorse, aiutandola a sfilarseli.
Poi si liberò anche lui dell’intimo, non smettendo di coccolarla.
Le condusse le mani dietro la sua nuca, come appoggio, ed insieme raggiunsero il loro paradiso.

Ed era incredibile come lui mantenne la sua promessa.

Quasi si commosse la ragazza avvertendo la premura e la delicatezza che le riservò, delle parole di conforto che lui continuava a sussurrarle e della sicurezza che lei assimilava ad ogni sua carezza.

Per lui, invece, fu come fare l’amore con una creatura divina.

Per la prima volta nella sua vita sentiva di non volere affatto il solo piacere sessuale: aveva avuto così tante donne accondiscendenti che poco gli importava se fossero state solo avventure passeggere.
Ma ora di fronte ad una donna a cui teneva più della sua stessa vita non sapeva come comportarsi.
Si sentì per un momento infantile e rammollito, ma non gli importava più oramai.

Voleva lei, voleva che sarebbe stata sua quella notte e per sempre.







Secondo angolo dell'autrice:
Rieccoci amici miei! Che dire, spero abbiate apprezzato tale momento romantico all'ennesima potenza, con la speranza che non sia stato troppo invasivo come temevo.
Ci aspetta una nuova avventura, ciurma... è ora di capire dove ci porterà!
A presto e ne approfitto per augurarvi un
sereno NATALE e felice ANNO NUOVO!
Baci,

Dalhia_Gwen
 

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Capitolo 34
*** Chapter 34 ***











Chapter 34









Si addormentarono solo quando le forze li abbandonarono completamente. Abbracciati l’uno all’altra, poterono dire di aver vissuto l’esperienza più bella della loro vita, e di aver provato una volta per tutte il loro incondizionato amore.
Avevano i volti rilassati ma provati dalla passione, mentre il Sole sorgeva in mezzo ad un cielo limpido privo di nuvole.
Il giovane capitano fu il primo a svegliarsi, con una strana quanto piacevole sensazione in corpo. Abbassò lo sguardo, ed ecco che la vide, la sua dolce metà che dormiva ancora profondamente tra le sue braccia: pareva così piccola e fragile, eppure così matura e donna.
Soprattutto dopo quella notte.
Sorrise estasiato, constatando che fosse ancora più bella quando dormiva. Poteva rimanere ore e ore a guardarla dormiente, vegliando su di lei e proteggendola da qualsiasi cosa.
Notò che aveva ancora il rossore sulle guance, e non poté che adorare anche quello.
Si diede del rammollito, deridendo sé stesso e di quanto potere avesse quella creatura su di sé.
Ma non poteva fare nulla oramai: ne era completamente succube e non aveva alcuna intenzione di liberarsene.
Infatti, dopo pochi attimi, non resistette alla tentazione di riempire di baci ogni centimetro del suo viso, rischiando di svegliarla.
E quando se ne accorse, fu troppo tardi.
-Hey…- le sussurrò dolce, a pochi centimetri dalla sua bocca, per poi calarvici regalandole un bacio delicato e pieno d'amore. 
Lei sorrise, ancora assonnata e avvolta dal suo torpore. Il suo contatto così magnetico le fece ricordare inevitabilmente gli avvenimenti della sera precedente e non poté fare a meno di arrossire e avvertire il cuore agitarsi nel suo petto. 
- Buongiorno dormigliona. - le disse poi facendosi scappare una leggera risata, della quale Gwen si beò del tutto. 
Lo attrasse a sé nell'attimo stesso in cui avvertì la necessità di un nuovo contatto, facendo affondare entrambi nel soffice cuscino.
 
Sembravano drogati di qualche sostanza in particolare, ma ciò che li rendeva così dipendenti l'uno dall'altra non era altro che puro amore.
 
- Dormito bene? Come ti senti? - le chiese premuroso e con una punta d’orgoglio negli occhi. 
Lei avvampò non riuscendo però a nascondere la sua felicità. 
- Sto bene, sono solo un po' stanca. - confessò cominciando ad accarezzargli il petto nudo e con occhi fiammeggianti di passione. A quel contatto lui ebbe un momento di cedimento.
- Non tentarmi, bambolina. Ritieniti fortunata che io sia il capitano di questa nave, altrimenti ti sottoporrei al secondo round in questo momento. - disse roco, avvertendo un calore che lo avvolse interamente. 
- Vorresti dirmi che un capitano del tuo calibro non è capace di fare entrambe le cose? - lo schernì allora suadente guardandolo con aria di sfida.  
Lui, che amava le sfide, si sentì colpito nell'onore, mentre la sua mente elaborava una vendetta adeguata.
 
Lentamente si delineò sul suo viso un sorriso per nulla rassicurante, trasmettendole trepidazione ed entusiasmo allo stesso tempo. 
 
Si sentì elevare dal materasso e una grande forza le bloccò ogni via di uscita. 
- Adesso ti faccio vedere io di cosa sono capace… - la minacciò, e mentre lei si aspettava chissà quale gioco impuro e perverso ecco che lui la colse di sorpresa, sbalordendola. 
 
Quell'uomo aveva la capacità di meravigliarla e di disarmarla in ogni circostanza, facendola rendere conto di amarlo giorno dopo giorno sempre più. 
 
Cominciò dunque a torturarla facendole il solletico, e la stanza si riempì di melodiche e frizzanti risate. 
 
- Dai, Duncan, smettila! - urlava lei tra una risata ed un'altra contorcendosi tra le lenzuola, mentre lui sorrideva beffardo. 
- Lo farò solo se mi chiederai di risparmiarti! - disse non riuscendo a trattenere neanche lui le risate, contagiato da lei che gli sembrava una sirena fuor d'acqua. 
- Tu sei pazzo! Non mi sottometterò alla tua volontà! - esclamò inviandogli una stilettata carica di orgoglio. 
Lui si sentì invadere da una fierezza tale da far nascere sul suo volto un sorriso di ammirazione. 
 
Solo lei aveva il coraggio di sfidarlo e di tenergli testa in quel modo. 
 
Ma lui sarebbe stato sempre quello che avrebbe avuto l'ultima parola. 
 
- Ti ricordo che stanotte hai fatto esattamente quello che volevo. - le disse a pochi centimetri, guadagnando un sorrisetto furbo. 
- E poi sì, sono pazzo, ma di te. - aggiunse, e lei si sentì sciogliere come ghiaccio al Sole. 
Si coccolarono così per diversi minuti, fino a quando qualcosa non attirò la loro attenzione: un suono tonfo si sentì dietro la porta, facendoli sobbalzare. 
- Cosa c'è? - urlò Duncan tenendo ancora Gwen tra le sue braccia. 
- Capitano, scusate il disturbo, ma stiamo per attraccare ad Oak. Attendiamo disposizioni. - gridò uno dei pirati della ciurma. 
- Arrivo subito. - disse, e il marinaio si allontanò tornando sul ponte di coperta. 
I due innamorati si scambiarono uno sguardo di complicità ed aspettative, poi si sorrisero. 
- Vengo con te. - affermò la ragazza che, senza neanche aspettare la risposta del suo uomo, s'alzò dal letto indossando velocemente i primi indumenti puliti.
 
⚓⚓⚓
 
Attraversarono di corsa i corridoi che li separavano dal ponte, mano nella mano, fino ad arrivare all'aperto. Trovarono la ciurma in festa, ed alcuni tra di loro si aiutavano per abbassare l'ancora. 
Non appena videro il capitano in dolce compagnia, fischi ed acclamazioni echeggiarono nell'aria già in festeggiamenti.  
- Alla buon'ora, capitano Evans! - urlò Devin a bordo dell'altra nave, mostrando un sorriso raggiante. 
- Se una donna mostri una capacità così abile da intrattenere per tanto tempo un uomo forte come voi, allora dovremmo preoccuparci. - affermò divertito, accendendosi un sigaro. Tutti risero, compresa la ciurma di Evans. Duncan stava per ribattere alquanto infastidito dall’offesa rivolta alla sua donna, ma fu la voce di Gwen a farsi sentire. 
- Dovreste signore, eccome. Se teneste alla vostra vita, non andrei oltre. - disse lei fulminandolo con lo sguardo. Lui sgranò gli occhi.
- E rovinare la nostra collaborazione quando siamo ad un passo dal bottino, mademoiselle? Sarei uno stolto. - l'assicurò, colpito dalla schiettezza di una fanciulla tanto piccola quanto pericolosa. 
- Allora tenete per voi le vostre considerazioni, ammiraglio. O sarei capace di mandare all'aria l'intera spedizione, facendovi rimanere scoperto. - disse Evans senza lasciar trapelare alcuna emozione, mentre il francese rimase completamente sbalordito. 
- Mandereste davvero tutto all'aria per una donna, corsaro? - chiese curioso, ma sapeva già la risposta. 
- Non è una donna, è la mia donna. Per lei farei questo ed anche peggio, per cui non tentatemi. - disse schietto, ponendo così fine alla discussione.  Dopo quelle parole sentì che la diretta interessata aveva aumentato la stretta che la legava a lui, volgendogli uno sguardo ammirato in cui egli si perse a contemplare. 
- Siete sempre una scoperta, Evans. Quando pensavo di conoscere tutto di voi, ecco che mostrate altri vostri lati. Tenetevela stretta, penso non ci sia altra donna alla sua altezza per rimanervi accanto. Vi auguro il meglio. -  
E il ragazzo parlava sinceramente, perso nei ricordi in cui c'era anche la sua Carrie e col cuore ancora innamorato nonostante la sofferenza. La giovane coppia si guardò intensamente ma non poté fare a meno di provare pietà per quel povero giovane ammiraglio che non riusciva a rassegnarsi di fronte alla perdita.









Angolo Autrice:
Sbam! Salve ragazzuole/i!
Innanzitutto buon anno a tutti, che sia iniziato nel migliore dei modi :)
Per quanto mi riguarda, io sono pronta a continuare questa storia, ed ecco un nuovo capitolo per voi!
Duncan e Devin hanno unito le loro forze e, insieme ai loro rispettivi equipaggi, sono finalmente giunti ad Oak :)
Cosa dovranno aspettarsi questi ragazzi? Quali avventure dovranno affrontare? Ci sarà l'oro?
E soprattutto, sarà pericoloso?
Non vi resta che seguirmi e godervi questa entusiasmante ricerca del famoso tesoro!
Buon weekend gente!


Dalhia_Gwen

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Capitolo 35
*** Chapter 35 ***










Chapter 35






 
L'isola sembrava deserta ed intoccata da un paio di decenni. La fitta vegetazione aveva reso quel luogo ancor più selvaggio e pericoloso, e gli animali osservavano silenziosi e autoritari. Una decina di uomini dell'equipaggio, i più capaci in realtà come Geoff, Tyler e Brick, aveva seguito i loro rispettivi capitani che, muniti del percorso principale disegnato sulla mappa, si muovevano cauti e con i sensi ben in allerta. Il restante aveva il compito di costruire un accampamento sulla spiaggia in modo da affrontare le temperature basse della notte.
 
Anche Gwen, suo malgrado, dovette rimanere in spiaggia, non potendo fare nulla contro la testardaggine del suo uomo che l'aveva quasi costretta a non prendere parte all'esplorazione.  
 
Era una scelta comprensibile quella del ragazzo, preoccuparsi dell'incolumità della sua donna non esponendola ad ulteriori rischi, ma Gwen non era affatto d'accordo.  
Si sentiva sottovalutata, messa da parte, come è sempre stato per una donna nei confronti di qualcosa di più indicato ad un uomo. Aveva dimostrato ampiamente di essere in grado di affrontare le intemperie e la vita su una nave, eppure Duncan si mostrava sempre restio di fronte l'atteggiamento coraggioso e mascolino di lei. 
 
L'aveva persuaso molte volte, ma in quel momento nulla lo smuoveva dalla sua autorità di capitano. 
 
Sbuffava, mentre era seduta sulla sabbia bianca e tiepida della piccola spiaggia, osservando con aria disinteressata gli uomini muoversi da una parte all'altra: stavano costruendo piccole tende con del legno ricavato da arbusti trovati in prossimità della foresta poco distante da loro, utilizzando poi del tessuto per avere il tetto. Avevano raccolto del fogliame e palme e ne avevano fatto da base per un letto provvisorio in ognuna delle tende. A Gwen venne concesso solo di creare due focolari grandi abbastanza per riscaldare le due ciurme ed aveva aiutato Dj a pulire il pesce pescato dai suoi compagni, per renderlo pronto alla cena che sarebbe avvenuta in poche ore. 
La sua mente, però, era in tutto e per tutto insieme a Duncan, e ansiosa aspettava il suo ritorno. 
 
- Non preoccuparti, piccola. Tornerò presto, è solo un giro di perlustrazione. - le disse prima di darle un ultimo bacio ed incamminarsi verso la folta foresta.
 
Ma Gwen venne irrimediabilmente divorata dall'ansia e della preoccupazione, nonostante l'enorme fiducia che gli riservava.
 
Il suo sguardo si posò sulla sagoma di Maya che giocava con l’acqua della riva, abbagliando quando ella si ritirava e saltando invece quando questa si infrangeva prepotente sul battiasciuga, rischiando di colpirla.
Sorrise di fronte alla sua spensieratezza, non potendo fare a meno di rimembrare quanto le assomigliasse. Si era talmente integrata bene tra la ciurma, che dovette ricredersi nel pensare che un cane sarebbe riuscito a resistere a bordo di una nave pirata. Lei infatti, come la sua padroncina, era stata in grado di resistere e persino di adattarsi: adesso aveva un ruolo, che consisteva nel dare la caccia a gatti e ratti che si intrufolavano nella nave, che razziavano il cibo e le dispense nella stiva.
Inutile dire che è presto diventata la paladina del cuoco Dj, che la viziava con premi ben meritati. Si muoveva disinvolta tra la nave, ed era ben disponibile in qualsiasi momento alle coccole della ciurma.
Ma ogni sera, fedele com’era, tornava nella cabina della sua padrona, e furba cercava attenzioni dalla coppia che alle volte preferiva invece un po' di riservatezza. Tuttavia era sempre ben accetta, tanto che anche il duro capitano se ne affezionò alla fine.
 
A quel punto la ragazza la chiamò con un fischio e l’animale rispose immediatamente: riconoscendo il richiamo della sua padrona, la cagna rizzò le orecchie e la coda volgendo il musetto gentile verso di lei e, senza indugi, le corse incontro travolgendola.
Gwen rise immediatamente di fronte al gesto affettuoso della sua cagnolina, trovando un po’ di conforto in quell’abbraccio. La strinse forte a sé, come per reprimere l’ansia che la stava divorando, così come faceva quando si sentiva frustrata e arrabbiata con suo padre dopo l’ennesima litigata.
E Maya pareva avvertire anche quella perché, quasi all’istante, le leccò una guancia sorridendole contenta, mentre lei rideva.
- Cos’è, mi stai confortando, piccola peste? - la cagna parve capirla, e le rispose con l’ennesima leccata. Gwen le strofinò una mano sulla testolina ed improvvisamente si sentì travolta da una lieve e leggera speranza.
 
- Lo spero davvero, Maya… -.
 
Decise di distrarsi un po’, seguendo il suo animale fino in riva, respirando a pieni polmoni l’aria salmastra dell’isola che stava subendo le mutazioni della giornata.
Il Sole stava per tramontare, così i ragazzi decisero di accendere i focolari per riscaldare l’aria, quando ad un tratto Maya venne attratta da alcuni suoni provenienti dagli alti arbusti che davano sulla foresta. Abbaiò diverse volte, attirando l’attenzione di tutti, soprattutto quella di Gwen che era con Dj a preparare la cena.
Subito ella smise di fare qualsiasi cosa, e con aria sospetta si avvicinò alla cagna richiamandola.
- Maya. - urlò seria la ragazza, conoscendo i modi per far obbedire il suo animale.
Ma questi non l’ascoltò: continuava ad abbagliare e, all’ennesimo richiamo, corse verso la foresta inoltrandosi e scomparendo alla vista degli esseri umani.
- Maya! - urlò ancor più forte Gwen, presa alla sprovvista e spaventata dall’atteggiamento della sua cagnolina. Le corse immediatamente dietro, ignorando il richiamo degli uomini di non seguire il cane, conoscendo i pericoli che solo una foresta poteva celare.
 
Per un momento venne raggiunta da Dj, che la fermò facendola quasi inciampare.
 
- Ferma, Gwenny! Dove pensi di andare col Sole che sta tramontando?! - le disse rimproverandola. Lei lo guardò truce, tanto che agli occhi del cuoco fece quasi male.
- Dove vuoi che vada?! Da Maya! Non posso lasciarla da sola! Avrà avvertito sicuramente qualcosa, ed io ho il dovere di sapere cosa! - esclamò furiosa, cercando di divincolarsi, invano.
- Ma è pericoloso!  Se il capitano venisse a scoprirlo… - stava per dire, quando ad un tratto vennero distolti di nuovo dall’abbagliare di Maya. Fu lì che Gwen, presa dalla paura, diede un forte spintone all’uomo, facendolo cadere per terra e riuscendo così a liberarsi.
Corse incurante delle bestemmie del ragazzo, assalita dal più puro terrore.
Constatò che il comportamento della cagna era alquanto anomalo, e vi era una sola spiegazione a tutti ciò: era successo qualcosa.
 
Ma la domanda era una: cosa?
 
Senza pensarci altro tempo, superò le liane della foresta, ritrovandosi in mezzo ad alti alberi che coprivano a chiazze la visuale del Cielo stellato. Col cuore in gola, si guardava intorno sospetta, fino a quando non vide la figura di Maya scodinzolare imperterrita.
Ridusse gli occhi ad un’unica fessura, fissando poi il punto verso cui Maya poneva la sua attenzione: una massa nera ed indefinita avanzava con in mano delle torce, ma a quella distanza non riusciva a delinearne la forma.
Tuttavia la cagna corse verso la massa con strana euforia, e solo quando le torce erano abbastanza vicine a lei riuscì a delineare dei volti.
 
E il primo a riconoscere fu quello di Duncan.
 
Inevitabilmente il suo cuore perse un battito, mentre tratteneva a stento il fiato.
Poi avvertì gli occhi inumidirsi di fronte ad una piacevolissima sensazione di serenità.
- DUNCAN!!!! - urlò trattenendo a stento i singhiozzi e facendo quasi sobbalzare il gruppetto che silenziosamente si muoveva per fare ritorno all’accampamento.
Al capitano venne un colpo nell’udire la voce della sua ragazza ma non fece in tempo ad inquadrare la sua posizione che se la ritrovò addosso, facendo diventare precario persino il suo equilibrio.
Infatti l’impatto fu talmente forte che il giovane dovette fare qualche passo indietro per reggere entrambi, per poi venire investito dalla contentezza della ragazza che posò le labbra sulle sue in un bacio impulsivo e liberatorio.
Gli si avvinghiò con braccia e gambe, mentre veniva invasa da tremolii sconnessi.
- Oh Duncan! Finalmente siete tornati! Ero così in pensiero!!! - esclamò non riuscendo a trattenere le lacrime che, copiose, si versavano sulle sue calde guance. Nel frattempo il ragazzo era stato completamente destabilizzato da quella entrata in scena improvvisa.
 
Non sapeva infatti se essere infuriato con lei per averla ritrovata a vagare da sola nella foresta e al buio, oppure se stringerla e baciarla con foga per riempire quel senso di vuoto che la lontananza stava allargando dentro di lui.
 
Per la quiete di tutti, optò per la seconda.
 
- Non dovevi, bambolina. Ti avevo promesso che sarei tornato. Adesso però non piangere, sta tranquilla… - le sussurrava piano mentre lei si rannicchiava a lui e poggiava il capo nell’incavo del collo del giovane. Fece cenno agli altri di continuare il cammino, mentre lui rimaneva ancora lì fermo a coccolarla tra le sue braccia.
Con loro la piccola Maya che li guardava sorridente, ma sempre in allerta per avvertire qualsiasi mossa falsa ed improvvisa.
- Mi sei mancata… Non ho fatto altro che pensare a te. - le disse poco dopo essersi accertato che il resto del gruppo si fosse allontanato abbastanza per non udire i loro discorsi.
La baciava di continuo, e questo sembrava fare effetto su di lei. Sorrise timidamente nell’udire le sue parole, mentre lentamente si staccava dal suo caldo corpo.
- Com’è andata l’esplorazione? - chiese lei sussurrando, asciugandosi le ultime lacrime.
- Esattamente come previsto. - le rispose lui, semplicemente, sorridendole e accarezzandole il capo dolcemente, senza mai lasciare la presa. A Gwen brillarono gli occhi, presa da un moto di trepidazione. Lui lesse la domanda nei suoi occhi, e prontamente le rispose entusiasta.
- Abbiamo seguito il sentiero descritto dalla mappa, e sembra proprio che ci abbia portati ad una caverna con le stesse sembianze di quella disegnata. Certo, dopo aver rischiato di essere linciati o fucilati, sembra sia quello il nascondiglio. - le spiegò non tralasciando nulla. Fu quando infatti notò il cambiamento repentino del volto della giovane che il capitano si maledisse per essere stato così sincero con lei.
- T-Trappole? - chiese lei deglutendo a fatica, nell’immaginare i pericoli che il gruppo dovette affrontare, senza che lei potesse fare qualcosa. Il ragazzo cercò in tutti i modi di rimediare, avvertendo la paura accrescerle di nuovo.
- Sì ma ora non sono più un problema, piccola. Una volta arrivati al covo, non c’è motivo di piazzare altre trappole, alcune delle quali anche arrugginite a causa dei decenni trascorsi senza mai essere state attivate. Adesso non ci resta altro che tornare domani mattina e prenderci il bottino. Sempre che la sua esistenza sia vera. – disse con una sorta di incertezza, non del tutto convinto delle sue parole, conscio del fatto di essersi fidato dei suoi sensi che però, doveva ammettere, li hanno salvati più volte quello stesso giorno.
La giovane lo guardò intensamente, leggendo nei suoi occhi, seppur luccicanti delle scoperte appena fatte, la sua preoccupazione fino in fondo. E ne rimase travolta anche lei. Ad un tratto però gli prese le mani attirando la sua attenzione.
- Avete incontrato qualcun altro? O trovato tracce che possano comprovare la presenza di terzi su quest’isola? – chiese cauta, non prima d’aver dato un’occhiata dietro le spalle del capitano.
- Abbiamo perlustrato tutta l’area boschiva e ci siamo addentrati nelle paludi. Non sembra esserci traccia di popolazioni indigene. Anche perché, qualora ci fossero state, ci saremmo imbattuti in una sorta di guardie che c’avrebbero ostacolato il cammino. Puoi stare serena, la zona è tranquilla. – affermò Duncan loquace, accarezzandole il volto.
Così la ragazza parve tranquillizzarsi e, invogliati dal buon odore di pesce arrostito che apriva i loro stomaci, decisero di tornare anche loro all’accampamento alquanto affamati.











Angolo Autrice:
Rieccomi qua per voi, ragazzuoli/e!
Siamo sull'isola di Oak, a quanto pare disabitata secondo il nostro capitano Duncan e, ammettetelo, anche voi vi siete presi un bello spavento come Gwenny, è vero? ;)
Ma per fortuna i nostri pirati sono salvi, per ora...
Cosa si aspetteranno? Troveranno il tesoro o torneranno indietro a mani vuote?
Non vi resta altro che seguirmi, dandovi appuntamento al prossimo aggiornamento!
Ragazzi, gradirei gentilmente se mi faceste sapere cosa ne pensiate, per me è molto importante il vostro parere e sarei ben felice di apportare modifiche o ricevere suggerimenti per rendere la storia ancor più seguita. Se potete fate passa-parola, grazie di vero cuore :3


 
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Un abbraccione!
La vostra insostituibile
Dalhia_Gwen... :3

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Capitolo 36
*** Chapter 36 ***








 
Chapter 36













Cenarono tutti insieme con una grande euforia nell’animo, ma i capitani decisero bene di raccomandare i loro uomini di riposare a sufficienza al cospetto della giornata che avrebbero affrontato l’indomani.
Anche Duncan e Gwen seguirono il consiglio, ed in quel momento si trovavano nella loro tenda, coricati nel loro letto provvisorio e abbracciati l’uno tra le braccia dell’altra.
Erano silenziosi, ognuno con i loro pensieri che li tormentavano.
Ad un tratto Gwen volse lo sguardo verso il viso pensoso del suo capitano, intento a guardare sopra le loro teste un punto imprecisato. Era talmente preso dai suoi pensieri che non fece caso agli occhi neri che lo fissavano da più di mezz’ora.
 
- A cosa pensi, Duncan? - chiese ad un tratto la fanciulla, poggiando una mano sul petto nudo del ragazzo ed avvicinando il viso al suo. Fu così che il giovane venne destato dalle sue riflessioni, e finalmente volse il capo scontrando il suo guardo con quello di Gwen.
 
- Pensavo a domani, piccola. Sai, ho così tanti dubbi… e se la spedizione si rivelasse infruttuosa? Se domani non trovassimo alcun tesoro in quella caverna? - le chiese sussurrando, guardandola intensamente negli occhi scoraggiato.
Lei sospirò, colpita dalla tenerezza con cui pensava a tutto e a tutti, così elevò una mano e gliela poggiò su una guancia attirandolo a sé.
- Non è certamente una colpa della quale devi addossarti. - disse la ragazza, accarezzando col pollice il mento che scoprì essere ricoperto da una iniziale barba.
 
Aveva trascurato persino sé stesso per quella missione, ma non aveva perso alcun fascino agli occhi della sua piccola donna.
 
- Guadagnerò sicuramente il malcontento degli uomini. Li deluderei, se fallissi, e questo porta a disagi a bordo. Gente così bisogna trattarla con i guanti, perché sono affamati sempre e solo di denaro e notorietà. - rispose sinceramente, dopo aver preso la mano della sua donna e se la portò alle labbra baciandone il palmo.
 
- Non devi dimenticare che hanno anche un cervello. Sanno benissimo che sei all’oscuro come loro. Non possono incolparti di nulla. - sussurrò lei, accoccolandosi a lui.
 
- Non dubitare mai di loro. L’unica persona su avresti dovuto avere qualche dubbio, beh, quella fu proprio Lightning. - continuò dopo pochi attimi, guadagnandosi un’occhiata sbalordita.
 
- Era sempre così schivo, Duncan. Io me ne accorsi, solo che non espressi mai nulla sul suo riguardo perché non lo conoscevo bene. Ma al giorno d’oggi sei circondato da persone che donerebbero la loro vita per salvarti, lo si legge nei loro occhi. Non dimenticarlo mai. - non distolse per tutto il tempo gli occhi neri da quelli acquamarina del suo capitano, con la volontà di trasmettergli tutta la sicurezza che ella stessa avvertiva quando guardava i suoi compagni. Egli infatti parve percepire quel sentimento, ed immediatamente si sentì pervadere da una strana serenità, che mise a tacere tutte quelle preoccupazioni che lo stavano assillando e lasciando così posto alla tranquillità.
Sospirò, guardando il suo angelo con occhi pieni di gratitudine, e non resistette a prendere la sua nuca per avvicinare il viso e regalarle un dolce bacio, che scosse di adrenalina entrambi.
 
- Grazie. - le disse, dopo essersi staccato, e lei sorrise vittoriosa.
 
- Adesso però hai bisogno di dormire, più di chiunque altro. - disse lei a pochi centimetri dal suo uomo, che nel frattempo stava facendo navigare le mani sul corpicino della fanciulla guardandola con aria persa.
 
-Con te accanto ho tutt’altro che voglia di dormire…- le sussurrò sorridendo a trentadue denti, sovrastandola poi col suo muscoloso corpo, in modo che non avesse scampo.
La ragazza avvampò immediatamente, sentendo il suo corpo rispondere alle vibrazioni del ragazzo sopra di lei. Senza perdere tempo, il capitano cominciò a torturarle il collo con piccoli morsi, e lei trattenne a stento gemiti di piacere.
 
- Sei il solito mascalzone… - disse non riuscendo a non ridere di fronte alla spavalderia che contraddistingueva il ragazzo, che scoprì tuttavia di adorare.
 
Lui si staccò giusto il tempo di rispondere alla sua provocazione.
 
- Non sono un mascalzone, sono un corsaro, dolcezza mia. - sorrise beffardo con gli occhi annebbiati di fervida passione.
 
Espressione che fece impazzire la sua donna.
 
- No. Sei il mio corsaro. - disse lei guardandolo negli occhi, e subito lo attrasse a sé riempiendolo di baci roventi, e dando così inizio ad una passionale quanto dolce notte d’amore.
 
⚓⚓⚓
 
Nel frattempo, in un’altra tenda, qualcun altro gioiva trepidante di essere in contatto con chi, seppur lontano, fu al corrente di ogni singolo spostamento della ciurma ed informazioni preziose della spedizione, ovvero la principessa Courtney Elizabeth
* Barlow. Ella, infatti, era a conoscenza del tesoro, dei viaggi e delle alleanze del suo amato e odiato pirata Duncan Evans, per nulla intenzionata a perdonargli il doppio tradimento, arrecato innanzitutto alla sua patria spagnola e poi a lei stessa, incapace di accettare i rifiuti alle sue attenzioni.
Quando suo padre, il temibile Carlos Raulo II
* re di Spagna venne a conoscenza della soffiata del pirata, andò su tutte le furie, decidendo così di mandare il suo più fidato uomo, nonché il braccio destro della corona spagnola Alejandro Burromuerto, affinché sottrasse il bottino al corsaro inglese dato che, secondo lui, appartenesse al regno.
Tuttavia sottovalutò non poso la furbizia e la forza del giovano pirata dagli occhi acquamarina, giungendogli dunque la notizia dell’omicidio dello spagnolo. Così cominciò ad architettare un’altra vendetta fino a quando arrivò una lettera anonima in cui vennero descritti i nuovi obiettivi che Duncan si prefissò di raggiungere. Leggendo l’esistenza del famoso tesoro di Oak, Carlos pensò di sfruttare la situazione a proprio vantaggio: mandò navi a sorvegliare il tratto di mare che circondava l’isola maledetta, attento a non farsi intercettare dalle sentinelle della Warrior. Ma il re di Spagna prese anche le sue giuste precauzioni, da colui che si firmò anonimo nella lettera, pensando tuttavia che il traditore così informato della Warrior dovesse per forza appartenere alla ciurma. Decise dunque di rispondere alla lettera, affermando che lui non si sarebbe fatto vedere fino a quando non avesse saputo l’identità dell’anonimo.
 
Quella sera, all’interno di quella tenda, Tyler informò del suo incontro con l’ammiraglio spagnolo al suo compagno di stanza, che tuttavia lo guardava alquanto dubbioso.
 
- Non credi sia rischioso? – parlò allora il ragazzo in questione, ottenendo uno sguardo carico di disprezzo da parte di Tyler.
 
- Rischioso sarà far finire questo tesoro nelle mani di quel schifoso corsaro. Gli sarà andata bene contro un solo uomo, ma non sarà così di fronte ad un intero esercito. La sua notorietà e spavalderia finiscono qui. E tu mi aiuterai, Topher. –
Quest’ultimo infatti era seduto di fronte Tyler nella loro tenda, ed entrambi si guardavano negli occhi cercando di captare l’uno i pensieri dell’altro. Tra loro echeggiava ansia, che però Tyler stroncò ad un certo punto.
 
- All’alba, quando il sole inizierà fioco ad illuminare l’isola, raggiungerò gli spagnoli, mentre tu seguirai gli altri nel ritrovamento del tesoro. Al momento opportuno, quando lo troverete, tu uscirai fuori e manderai un segnale fumoso. A quel punto io e gli spagnoli, che siamo già in cammino, vi raggiungeremo, e sarà lì che il capitano Duncan dovrà affrontare un esercito di cento uomini, e non avrà scampo. – spiegò Tyler con una strana luce negli occhi.
 
Topher lo ascoltò pensoso, ma poi intervenne.
 
- Quanti uomini credi seguiranno Duncan e Devin? Se ci fosse davvero questo tesoro bisognerà trasportarlo, e lui manderà qualcuno a chiamare rinforzi sulla nave. Potrei offrirmi per andar io. – concluse sorridendo il ragazzo, mostrando i denti.
 
- Vedo che hai capito. Non abbiamo altro da dirci. – disse Tyler, ipnotizzandolo con lo sguardo, dopodiché spense la luce della candela e riposarono, pronti a mettere in atto il loro piano.




*nome puramente inventato dall'autrice





Angolo Autrice:
Hola amici!
Rieccomi qui con un nuovo capitolo!
Sapete, ho ripreso col disegnare personaggi di A Tutto Reality, per questo motivo non ho avuto modo di aggiornare la storia prima di ora.
Ad ogni modo adesso sono qui, e un nuovo pericolo è in agguato per i nostri ragazzi!!!
So che molti di voi avevano intuito che qualcuno potesse fare qualche mossa falsa, e beh avete visto giusto!
Ma chi di voi aveva previsto che fosse il duo Tyler&Topher?
Fatemelo sapere nelle recensioni, mi raccomando!

Vi mando un abbraccio e al prossimo capitolo... che arriverà presto! Promesso!


 
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Dalhia_Gwen

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Capitolo 37
*** Chapter 37 ***













Chapter 37












La notte passò velocemente, ma i ragazzi furono già ben svegli e in piedi, fuori dalle loro tende e col cuore trepidante di euforia.
Tutti erano pronti per scovare quel bottino e portarselo a casa, e determinati erano i loro capitani a soddisfare quel desiderio.
Si divisero in gruppi, in modo da soppesare l’eventuale peso dalla caverna alle navi: non sapevano esattamente cosa avrebbero trovato, ma Duncan era pronto a non tornare a casa a mani vuote.
Gwen ebbe finalmente il consenso di seguire gli uomini, e gioiosa affiancò Duncan e Devin con le loro squadre.
Si guardava intorno curiosa, osservando e memorizzando ogni particolare di quella foresta così fitta. La giornata precedente, Duncan e i suoi uomini tagliarono gli arbusti per liberare il sentiero e rendendolo così più accessibile, per cui non le fu difficile attraversare quel tratto senza avvertire i rami conficcarsi nella pelle. Notò però la marea di insetti che invadevano l’aria, ma a parte loro non vi era alcun apparente ostacolo sul loro cammino.
Arrivarono così di fronte alla caverna e tutti trattennero il respiro quando, con le loro torce, cominciarono ad inoltrarsi cauti e con i sensi in allerta.
L’ambiente era umido e scivoloso, tanto che la ragazza dovette mantenersi al braccio del suo uomo per non cadere. Lui captò la sua difficoltà, così la prese per mano e la strinse forte a sé.

- Reggiti, Gwen. Il sentiero è in pendenza. - le sussurrò piano, e lei annuì velocemente.
 
Devin prese la prima posizione innanzi a tutti, sentendosi in dovere di fare maggior luce al resto del gruppo.
Man mano che scendevano in profondità, la luce già fioca del Sole che penetrava nella grotta si faceva sempre più debole, tanto da costringerli ad accendere le torce che portarono con sé.
 
Nessuno fiatava, troppo presi a guardarsi intorno e difendersi da qualsiasi cosa fosse capitata sul loro cammino.
 
L’unico suono percepito era il solo respiro unito alle gocce d’acqua che cadevano alternate dalle cavità della grotta.
 
Una melodia che per Gwen pareva inquietante.
 
Ad un tratto però Devin si bloccò di scatto, non accennando ad alcun movimento. Duncan aggrottò la fronte in un gesto di preoccupazione.

- Devin, hai visto qualcosa? - chiese serio, guardandosi intorno nel buio tenebroso, mentre il ragazzo annuiva impercettibilmente.

- N-Non posso crederci. - disse il francese a stento, avvertendo le gambe tremargli. Subito Duncan lo raggiunse affiancandolo, e capì al volo il suo sconvolgimento: un enorme spazio si allargava innanzi a loro, illuminato dalla luce delle monete che brillavano sotto i raggi del Sole di alcune inspiegabili insenature del soffitto dalle quali penetravano. Intere ed infinite pile di monete si innalzavano fino a toccare il soffitto, mentre una trentina di bauli erano sparsi sul pavimento. Alcuni avevano le serrature arrugginite, altri erano talmente colmi di ricchezze che furono lasciati aperti.
 
Vi erano monete sparse lungo tutta la superficie della caverna, alcune addirittura incastonate nella pietra.
 
Un sogno, dunque, agli occhi sgranati di ogni membro di quelle ciurme.
 
Ma non era finita qua: l’atmosfera sembrava ancor più magica dal gioco di luci che le gemme preziose riproducevano quando venivano colpite dai raggi solari.
 
Duncan, che stentava a credere ai suoi stessi occhi, avanzò di qualche passo e si calò per prendere tra le mani una delle infinite monete di cui era ricca quella caverna.
Se la girò tra esse, affascinato dalla sua lucentezza, testando che non stesse affatto sognando.
Sorrise radioso, voltandosi indietro incrociando gli occhi sbalorditi di ogni uomo, per poi soffermarsi su quelli di Devin, che tremavano di incredulità.
Mostrò orgoglioso la moneta che luccicò di luce propria, mentre non riuscì a contenere la felicità.

- Siamo giunti al famigerato traguardo, amico mio. - disse, ed immediatamente urla di felicità si diffusero tra i presenti.
 
Ci fu chi pianse dall’emozione, chi diede pacche sulle spalle al proprio amico congratulandosi a vicenda, mentre altri esultarono saltando sui loro posti.
 
Duncan abbracciò caloroso Devin che si commosse, ringraziandolo di tutto l’aiuto che ricevette da lui e dalla sua ciurma. Gwen invece rimase ancora lì impalata a contemplare quell’ammasso di ricchezze senza fine, non riuscendo a proferir parola.
 
Non aveva mai visto così tanta abbondanza di monete, né avrebbe mai creduto di averle nella sua misera vita.
Non osava nemmeno sognare una cosa del genere, non voleva illudersi.
Ma invece eccola lì, ad un passo da quel pozzo di ricchezze, che avrebbe potuto far vivere nel lusso ognuno di loro.
Era qualcosa di surreale, tanto da farle temere che fosse tutto un bellissimo sogno.
 
Tuttavia qualcosa le fece cambiare idea, mentre si sentì avvolta da braccia familiari, che la scossero euforiche.

- Gwenny! Gwenny! L’abbiamo trovato! Saremo ricchi per l’eternità!!! - la voce stridula era quella di Geoff che aveva abbracciato chiunque fosse capitato davanti a lui, ma quando vide la ragazza la stritolò come non fece mai in tutta la loro conoscenza.
 
Le voleva bene come se fosse stata sua sorella, e anche per lei era così oramai.
 
Lei finalmente riuscì a riprendersi e, guardando negli occhi azzurri e frizzanti dell’amico, si scatenò.
Gli saltò addosso urlando anche lei, contagiata dai festeggiamenti.

- Sì! Ce l’abbiamo fatta!!! - esclamò avvertendo gli occhi inumidirsi poi, una volta a terra, raggiunse il suo uomo, ancora intento a congratularsi con il francese, e lo abbracciò più forte che poté.

- Amore, sono così fiera di te! Tutto questo è una fortuna! - disse lei aggrappata a lui, sorridendo raggiante. Lui rise di gusto, prendendole il viso tra le mani e avvicinandolo al suo fino a sfiorare i loro nasi.

- Hai ragione, ma la mia più grande fortuna sei tu, Gwen. - le disse a fior di labbra sorridendole, per poi sigillare quella frase con un bacio, mentre lei si abbandonava interamente a lui imbarazzatissima.
 
⚓⚓⚓
 
Dopo essersi ripreso, il capitano cercò di ricomporre il gruppo, che era sparso in giro per la grotta a toccare con le proprie mani ciò che i loro occhi vedevano ancora increduli.
 
Come dar torto a quelle persone che, in quella ricchezza, vedevano la risoluzione ai loro problemi.
 
- Uomini! Cercate di contenervi, ascoltatemi tutti! – tuonò il giovane corsaro con tutta la sua forza, cercando di far calmare quegli animi in agitazione, nonostante lui stesso non riusciva ancora a contenersi del tutto.

- Miei fedeli compagni d’avventura e sventura, siamo arrivati al famoso tesoro. So che siete ancora increduli, io stesso stentavo a crederci ma, con l’aiuto del nostro amico ammiraglio Devin, siamo riusciti a trovarlo. Ho pensato di organizzarci in piccoli gruppi da tre e di trasportare quanto più possiamo a bordo. Ma dobbiamo fare in fretta. Neanche un’intera giornata ci basterà per svuotare questa grotta. – spiegò Duncan, mentre Gwen e Devin lo affiancarono anche loro raggianti.

A quel punto Topher, col cuore in gola per l’emozione ancora da smaltire per quella scoperta, guardò il suo capitano, che stava parlando a tutti loro, e non poté non notare la commozione nei suoi occhi chiari più luminosi del solito.

Ebbe un groppo alla gola, ma alzò comunque la mano, per proferir parola.

- Capitano, perdonate la mia insolenza, ma credo sia più opportuno andar a chiamare rinforzi. Come avete ben fatto notare, è davvero una caverna piena d’oro, e se volessimo salpare questa notte stessa, dobbiamo essere pronti con entrambe le navi cariche. – esordì così Topher, mentre veniva ascoltato con tutti gli sguardi puntati addosso, soprattutto quello del suo capitano.
Questi, infatti, non poté far a meno di pensare a quell’intervento, che pensò fu esatto: pensò a quanto avesse ragione, per non parlare dei vantaggi che avrebbero potuto avere nel partire quella notte stessa.
Guardò per un istante Gwen, che aveva le mani raccolte all’altezza del ventre, e poi Devin con le braccia conserte. Entrambi gli rivolsero uno sguardo d’approvazione, così si convinse anche lui.
Malgrado le loro attente perlustrazioni nella giornata precedente, in cui l’isola parve completamente deserta, non poteva dire d’essere totalmente sicuro di ciò.
 
Meglio andarsene subito, alla svelta.
Quella stessa notte.
 
- E sia, Topher. Sii tu a chiamare rinforzi. – gli ordinò guardandolo con fierezza, poi continuò rivolgendosi a tutti.

- Siete davvero degli uomini valorosi, mi avete servito egregiamente per tutti questi anni e, come me, non avete mani dubitato della vostra vocazione per questa vita così insidiosa. Sono fiero di voi, e per questo verrete ricompensati a dovere. – aggiunse così Duncan, sorridendo, tale da sorprendere non solo coloro che aveva di fronte, ma anche sé stesso.

- Viva il capitano!!! – esclamarono tutti all’improvviso, senza nemmeno guardarsi negli occhi, mossi dal profondo sentimento di gratitudine verso quel ragazzo così giovane ed intraprendente capace di mostrare al mondo la sua stoffa.













Angolo Autrice:
Allooooora, sono stata veloce questa volta, no? ;)
Amici miei, è ufficiale! Hanno trovato il tesorooooooooooooooooo!!! Yeeee! :D
Ma sarà davvero "oro tutto quello che luccica"?
Ovvero, il nostro pupillo Topher riuscirà nel suo intento insieme a Tyler e agli spagnoli?
Seguitemi ancora ragaziiii! Oramai manca poco alla fine della storia, resistete :')
Con ciò vi dò appuntamento al prossimo aggiornamento che, vi prometto, non tarderà ad arrivare!
Nella speranza che anche questo capitolo vi abbia soddisfatti, fatemelo sapere nelle recensioni!

 
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Baciiiiiii

La vostra pazza Dalhia_Gwen
 

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Capitolo 38
*** Chapter 38 ***













 
Chapter 38











Così, mentre gli altri si prestarono ad organizzarsi a riempire quanti più sacchi potevano con quelle monete e pietre preziose, Topher intraprese la strada del ritorno alla spiaggia, consapevole di provare sentimenti contrastanti che non mise in conto.
Si incamminò facendo poca attenzione tuttavia al percorso pieno di crepe che avrebbero potuto farlo inciampare.
Guardava innanzi a lui, con occhi fissi nel vuoto e col cuore che accelerò i battiti senza una giustificata motivazione, secondo lui.
Ad un tratto però, quando si rese conto di essere abbastanza lontano dai compagni, si arrestò, avvertendo un senso di fastidio a livello del petto.
 
Cos’è quel senso di rimorso che lo stava pervadendo con così tanta insistenza?
 
Dov’è finita quella sensazione di vendetta che aveva rapito il suo animo?
 
Scosse il capo, incapace di dare una risposta a quelle domande.
In quel momento si sentì confuso, stordito dalle parole del suo capitano che continuavano ad echeggiare nella sua mente e che non riusciva a far tacere.

- Ma cosa sto facendo? – si domandò tra sé il ragazzo, prendendo tra le mani la testa.
Quel pirata, Duncan Evans, in fondo, non lo trattò mai male, e non meritava una soffiata del genere.
 
Era un capitano intraprendente, volenteroso e giusto.
 
Troppo giovane, sì, ma per questo pieno di sogni.
 
E questo lo contraddistingueva da qualsiasi lupo di mare.
 
Erano fortunati ad averlo, e non aveva mai sbagliato a seguire le sue sensazioni.
La presenza dell’intero equipaggio su quell’isola e di fronte al famoso tesoro, fu solo grazie al suo giudizio realista e sognatore allo stesso tempo.
Ma soprattutto grazie alla sua lealtà nei loro confronti, che ha alimentato col tempo la profonda gratitudine che ora tutti avevano.
 
Che lui stesso aveva.
 
A quei pensieri Topher sorrise, battendo un pugno sul suo petto.

- Capitano, non vi deluderò. – disse, per poi correre verso l’uscita e, non appena vide la luce del Sole, ringraziò il Cielo di quella fortuna, inoltrandosi verso la vegetazione che nascondeva la spiaggia.
 
Reclutò tutti gli uomini che rimasero sulla costa, avvertendoli delle cattive intenzioni di Tyler e, una volta arrivato con i rinforzi nella grotta, andò alla ricerca di un luogo abbastanza lontano dal giacimento d’oro, e fu lì che appiccò il fuoco, con la speranza di essere in tempo per depistare Tyler e l’equipaggio spagnolo.
 
- Ecco fatto, te lo meriti Tyler. – disse il ragazzo.
 
Fece per tornare dai suoi compagni per contribuire, quando non vide un ramo all’altezza delle caviglie e vi inciampò, cadendo a peso morto per terra.
 
- Ahia! Maledizione! – esclamò furioso Topher, dolorante. Provò ad alzarsi, ma cadde nuovamente avvertendo una pulsazione alla caviglia destra con la quale cercò di attutire il colpo.
 
- Oh no… la caviglia! No! Aiutooooo!!! – gridò allora Topher, rendendosi conto di essere in serio pericolo.
 
⚓⚓⚓
 
Era ormai mattino inoltrato, e gli uomini stavano impiegando tutte le loro forza pur di accaparrarsi il bottino e portarlo tutto sulle navi.
Fecero già diversi trasporti, ed anche i due capitani si prestarono ad aiutare i loro equipaggi, ma senza ulteriore manodopera non sarebbero riusciti nell’intento.
Persino Gwen volle dare una mano, così le fu affidato il compito di cercare liane in superficie per legare i sacchi in modo da non perdere il loro contenuto per strada. Stava per tornare in grotta, quando vide diversi uomini marciare verso di lei.
Si accorse che erano membri dei due equipaggi, ma le loro espressioni erano tutt’altro che euforiche, ed improvvisamente venne assalita dall’ansia. Si avvicinò a loro perciò cauta.
 
- Ragazzi, qualcosa non va? È da un po’ che aspettiamo il vostro arrivo… - disse Gwen seria, guardando ognuno negli occhi. Questi ultimi si diedero un’occhiata preoccupata, ed uno di loro prese coraggio e parlò.
 
- Gwen, sull’isola non siamo soli. Topher ci ha informati che gli spagnoli son qui per impadronirsi del nostro tesoro. – spiegò, mentre la ragazza sgranò gli occhi incredula.
 
- C-Cosa? Gli spagnoli? E come hanno fatto…? – tentò di chiedere, ma un altro le rispose ancor prima di finire.
 
- Tyler. - esordì serio dunque. Gwen si crucciò, mentre l’odio cominciò a pervaderle l’animo.
 
- Quel farabutto… -  rispose la fanciulla, ottenendo l’approvazione del gruppo.
 
- Ma Topher, dov’è? – continuò, avvertendo un brutto presentimento.
I ragazzi parvero spaesati.
- Non lo sappiamo. Ci ha comunicato che c’avrebbe raggiunti più tardi nel cammino per raggiungere la grotta, ma noi siamo giunti fin qui e lui non è più tornato. – spiegarono, e Gwen rispose senza indugi.
 
- È terribile, potrebbe essere in pericolo! Presto, avvertiamo il capitano! Dobbiamo trovarlo prima che lo trovino loro! – disse, per poi dirigersi veloce all’interno della grotta, seguita dal resto delle due ciurme.
 
⚓⚓⚓
 
Duncan e Devin vennero avvisati dall’accaduto, e subito smisero di lavorare per pensare ad un piano per evadere col tesoro ed insieme a Topher.
 
- Sentivo di non dover fidarmi di Tyler. Era in combutta con Lightning ed io non l’ho capito… - disse Duncan, stringendo i pugni lungo i fianchi, avvertendo un moto di rabbia sempre più crescente.
 
-  Non c’è tempo di colpevolizzarsi, Duncan, dobbiamo trovare un modo per sbarazzarci di questo intralcio! – esclamò a quel punto Devin, visibilmente scosso per ciò che apprese.
Gwen, che era accanto a Duncan, lo osservò con aria preoccupata. Era attonito, provato, e gli occhi divennero scuri.
 
Come un mare in tempesta.
 
- Voi continuate a portare il bottino nelle stive, penso io a Topher. – disse con una fermezza degna di un capitano, tale da far rabbrividire tutti quelli che lo accerchiavano. Gwen lo guardò confusa.
 
- M-Ma Duncan… - provò a dire lei, ma il ragazzo dagli occhi acquamarina parve non ascoltarla e si avviò verso l’uscita.

- D-Duncan! Dove vai?!?! – esclamò correndo dietro di lui. A quel punto il giovane capitano si fermò, ma continuò a darle le spalle.

- Gwen, per favore, ho un conto in sospeso. Ora tocca a me. – disse il ragazzo e, senza attendere la risposta della sua amata, riprese a camminare, sicuro che ella avesse capito.
 
E non sbagliò.









Angolo Autrice:
Ragazziii, ecco un altro capitolo!
Sono stata veloce, ammettetelo ;)
Allooora! Ve lo sareste mai immaginato questo pentimento da parte di Topher?
E soprattutto, Duncan riuscirà a salvare Topher e l'intero bottino dalla minaccia spagnola?
Su ragazzi, fatemi sapere cosa ne pensate di questo nuovo capitolo, siamo oramai agli sgoccioli!!!
Siete pronti per il gran finale?
Vi dò appuntamento al prossimo capitolo!

 
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Baci e... buona domenica delle palme!

Dalhia_Gwen 

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Capitolo 39
*** Chapter 39 ***

















Chapter 39










Nel frattempo Tyler avvertì il segnale fumoso del compagno e condusse l’armata spagnola nel luogo in cui ci sarebbe dovuto essere il nascondiglio del tesoro ma, giunti a destinazione, tutto quello che notò fu solo un insieme di arbusti ed alberi molto fitti.
 
- Ma cosa diavolo…? – farfugliò tra sé Tyler guardandosi intorno con aria spaesata e preoccupata.
 
Anche gli spagnoli notarono che qualcosa non stesse andando nel verso giusto. L’ammiraglio spagnolo gli si avvicinò allora truce e minaccioso.
 
- Pirata, dov’è la grotta?! – chiese, captando quello che stava accadendo.
 
Tyler stava rispondendo, ma qualcun altro lo precedette.
 
- Non c’è, o meglio non è qui. – una voce strozzata dal dolore e poco distante da loro, esordì dietro una grossa felce.
 
Una voce che Tyler riconobbe chiaramente.
Avanzò dunque verso la voce, per poi trovare Topher adagiato sul terreno che, nonostante la ferita, ghignava divertito della reazione del suo ex compagno che non tardò ad arrivare.
 
- T-Tu… mi hai fregato! – urlò additandolo pieno di rabbia, per poi avvicinarsi con grandi falcate. Lo stava per calciare, quando qualcosa lo fece fermare.
 
- Io non farei un altro passo, se fossi in te. – un’altra voce improvvisa echeggiò nell’aria pungente dell’isola, forte come un tuono ed autoritaria da far tremare persino gli animali circostanti.
 
Duncan spuntò da dietro una palma, con espressione indecifrabile, mentre puntava una pistola verso Tyler.
 
Questi scoppiò a ridere, non appena lo vide.
 
- Ma guarda chi c’è, Duncan Evans, l’uomo più ricercato dei Mar dei Caraibi. Sei arrivato nella tana del lupo? Ti facevo più perspicace, ma questa è la prova che tu non sei mai stato in grado di essere a capo di un equipaggio. – lo beffeggiò Tyler, palesemente divertito della sua entrata in scena.
 
La risposta del giovane corsaro non si fece attendere.
 
- Io invece mi chiedo come mai, vermi come te e Lightning, intraprendano missioni che non porterebbero mai a termine, perché incapaci. Sono stato fin troppo indulgente con te, dovevo accorgermi da subito di ciò che valessi, ovvero meno di zero. – rispose in maniera strafottente il corsaro, tenendogli testa e facendo ruotare la pistola tra le mani.
 
Allorché Tyler, sentendosi colpito nell’orgoglio, si passò la lingua sui denti, ridendo e allargando le braccia.
 
- Ho svolto solo ciò che il mio compagno non fu riuscito a fare. Sparami e siete morti, entrambi. – sputò il traditore, non prima di avvertire un senso di disorientamento.
 
Stavolta fu Duncan a ridere.
 
- Oh no, farò molto peggio, sai? Mentre tu e i tuoi amici spagnoli eravate intenti a raggiungere la meta sbagliata, io e la mia ciurma abbiamo svuotato l’intera grotta e tutto si trova a bordo. -. Gli spagnoli, udendo quelle parole, divennero paonazzi mentre Tyler, preso dall’ira, urlò con tutta la voce che possedeva.
 
- Tu ci darai quel tesoro, altrimenti lo ammazzo… LO AMMAZZO! – urlò puntando la spada contro Topher.
 
Duncan però non si scompose.
 
- Ammazzalo pure, e sulle navi spagnole che stiamo saccheggiando, verrà appiccato anche il fuoco. Basta che io spari al cielo, ed i miei uomini faranno esplodere tutto. A te la scelta. – disse Duncan con tutta la franchezza di chi avesse la situazione in pugno.
Ad un tratto tutti gli spagnoli, ammiraglio compreso, accerchiarono Tyler, puntandogli ognuno la propria arma, sotto lo sguardo terrorizzato di quest’ultimo.
 
- Lascialo, altrimenti noi ammazziamo te. – tuonò l’ammiraglio su tutte le furie.
Fu così che, codardo qual era e senza nemmeno un attimo di esitazione, Tyler liberò Topher che raggiunse Duncan zoppicando, allo stremo delle forze.
 
- Ce la fai a camminare? – chiese il corsaro facendo appoggiare il giovane ad una sua spalla. Questi tentò di sorridergli, ma il dolore lo stava estenuando.
 
- No capitano… ma per voi posso provarci. Grazie per essere venuto a cercarmi. – rispose Topher visibilmente provato.
 
Duncan rispose provando sensi di colpa.
 
- Dovere, Topher. Non lascio uomini fedeli come te in balia della morte. – disse, per poi prenderlo in braccio ed andandosene.
 
- Non finisce qui, Evans! – ringhiò allora Tyler dietro di loro, ma la risposta del giovane corsaro arrivò solo dopo un po’ di tempo.
 
- Oh sì, io credo proprio che tutto finisca qui. – affermò Duncan ghignando, accompagnando la sua risposta con un colpo di pistola in cielo.
Dopo il breve silenzio scaturito dallo sparo, una voce straziante echeggiò nell’etere, ponendo fine alle sue sofferenze.
E fallendo anche lui.










Angolo dell'autrice:
Hola, ragazzuole!
Rieccomi qui ad aggiornare... sono stata puntuale, vero? ;)
E... c'è di più: Duncan ha salvato Topher, e il bottino è nelle mani dei pirati!!! :D
Sembrerebbe proprio che sia la fine della storia, ma... vi sbagliate! ;)
Il vero finale, quello conclusivo della storia, lo avrete la settimana prossima!
Dunque, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo e se siete entusiasti di leggere il finale!
Sono contenta di essere giunta fino a qui, e spero possiate dirmi anche voi lo stesso :')
Beh... ci risentiamo nelle recensioni, e Buona Pasqua!

 
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Dalhia_Gwen

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Capitolo 40
*** Chapter 40 ***




 







Chapter 4O

Epilogue










Duncan e Devin ripresero il mare con i loro equipaggi, in navi cariche di monete e pietre dal valore inestimabile e che avrebbero cambiato la vita di ognuno di loro.
Si spartirono equamente il bottino come da accordo, per poi salutarsi per sempre e prendere strade diverse, ma in cuor loro speranzosi di ricongiungersi ed intraprendere una nuova avventura insieme.
Da quel momento però, nonostante tutto, nessuno di loro pensò minimamente di abbandonare la propria vecchia vita, perché ciò che più importava era il sentimento che legava quei ragazzi al loro capitano, ovvero la passione per il mare.
 
Al parapetto Duncan guardava lo sconfinato orizzonte, in quel momento colorato di un focoso arancione sfumato all’azzurro del mare.
I suoi pensieri navigavano tra i ricordi più profondi, dalle vittorie alle sconfitte, ma ognuna di queste ha segnato ciò che era divenuto fino a quel momento.
Ovvero un nobile e rispettato corsaro.
 
- A cosa pensi? -  e rieccola, la sua musa ispiratrice, a destarlo dal suo arduo ruolo e a farlo sentire vivo come mai fece nessuna nella sua vita.
 
Era la sua medicina, pronta ad esserci nel momento del bisogno per farlo sentire meglio.
 
- A te. – rispose dopo un po’ di tempo, bozzando un leggero sorriso quando avvertì le braccia esili della sua amata cingerlo dietro la schiena.
 
La ragazza fece altrettanto.
 
- Bugiardo. – rispose lei, troppo sveglia per credere a quella mezza bugia.
 
- Alle volte penso a cosa ho fatto per meritarti. Ma poi guardo il mare e la vedo, mia madre, sorridermi. Allora capisco che è stata lei a mandarti da me, e la ringrazierò per sempre. – disse il giovane, per poi girarsi e raccogliere la fanciulla tra le sue braccia, stringendola forte.
 
- Anche io dovrei ringraziarla, sai? Con te ho realizzato la mia vita. – affermò la fanciulla sorridendo e specchiandosi nei suoi occhi, trovandoli incredibilmente luminosi.
 
Il corsaro non poté fare a meno di ricambiare il sorriso, rapito dalla spontaneità e sincerità di quella ragazza così piccola e forte allo stesso tempo.
Si sentì avvolgere da un piacevole ardore, che lo invase in poco tempo dalla testa ai piedi, mentre il suo cuore non accennava a calmarsi.
 
Quanto amava quella donna? Oramai non lo sapeva nemmeno lui.
 
- Tua madre invece sarebbe fiera di te. Hai realizzato ciò che lei avrebbe voluto fare, rendendolo possibile. E dimostrandolo anche a noi, uomini increduli. – il ragazzo lo disse con una sincerità tale da farla rimanere senza parole, commossa, pronta a cedere al pianto se lui l’avesse lasciata sola per qualche minuto. Ma non lo fece, anzi, intensificò la stretta per poi darle un bacio sulla fronte.

- A questo punto però c’è una sola cosa da fare. – affermò lui, prendendola alla sprovvista. Si avvicinò ad un suo orecchio, beandosi per qualche istante del suo profumo femminile unito a quello salino del mare, capace di stordirlo all’istante.
In quel frangente Gwen trattenne il fiato, divenendo rigida come un tronco d’albero, poiché nonostante il tempo passato assieme non sapeva mai cosa aspettarsi da un uomo così imprevedibile.
 
- Gwendolyne Smith, in nome del potere conferitomi come capitano della Warrior, sposami. – le sussurrò quindi lui, sorridendo sornione e attendendo ansioso la sua reazione.
 
Istintivamente Gwen sgranò gli occhi divenendo rossa come un peperone ma, diversamente a quanto si aspettasse Duncan, non lo allontanò e rincarò la dose.
 
- Cos’è? Un ordine, capitano? – chiese lei, con la sua stessa intonazione, e il corsaro non poté fare a meno di ridere.
 
- Mi sembra ovvio, e non te lo chiederò di nuovo. – rispose lui, questa volta però volle guardarla negli occhi, constatando quanto amasse sfidarla in quel modo.
Gwen avvertì il suo sguardo furbo infiammarle l’animo: era proprio un dannato pirata.
 
- In questo caso, mio capitano, non posso rifiutare… qualora fosse stato necessario. Ma non lo è. – sussurrò lei in maniera seducente.
 
Si guardarono ancora una volta negli occhi, per poi ridere entrambi.
Fu così che lui le prese il viso con una mano e la baciò, ed entrambi vennero avvolti dall’atmosfera romantica del momento.
 
Eh già, la nostra Gwen sembra proprio che abbia realizzato il suo sogno.



 
 
~FINE~
 












Angolo Autrice - Ringraziamenti


Ebbene fans, siamo davvero giunti alla fine.
Prima però di passare ai ringraziamenti, volevo spendere giusto qualche parola per questo capitolo:
sapete bene che io leggo ogni singolo vostro commento o recensione, e ho notato che molti di voi hanno espresso il desiderio di poter leggere nell'ultimo capitolo qualcosa inerente alla famiglia di Gwen.
Ci ho pensato, e tuttavia ho ritenuto più opportuno non menzionarlo per il semplice fatto che Gwen oramai ha chiuso con il padre: se ricordate, il padre le ha reso la vita un inferno e non le avrebbe mai concesso di seguire il suo sogno, ed ora che lo ha realizzato non ha senso voler tornare indietro. Spero possiate capirmi.

Ad ogni modo, con la bellezza di 40 capitoli, posso dire di essere più che soddisfatta, perché il merito non è solo mio, ma anche vostro.
Quindi grazie per il vostro supporto e per la vostra presenza costante, grazie per avermi dato fiducia e soprattutto di seguirmi.
Non smetterò mai di ringraziarvi, siete dei fans fantastici... e non potevo chiedere di meglio! :')
Ho in mente tanti altri progetti, tra cui anche altre storie, oneshot o long-fic, ma nel frattempo mi piacerebbe che mi seguiste su
Instagram in cui sono molto attiva in disegni e tanto altro!
In più, sempre su
Instagram pubblicherò news riguardo le nuove storie... quindi seguitemi con @dalhiagwen per essere aggionati su tutto! :3

Ancora grazie, grazie di tutto! 
♥♥♥

Un abbraccione e... arrivederci!

La vostra Dalhia_Gwen 

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