The One.

di Melissa88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 6 Mesi dopo. ***
Capitolo 2: *** 6 mesi prima. ***



Capitolo 1
*** 6 Mesi dopo. ***


‘Ehi..’
Un sussurro dolce mi destò dal sonno e mi riportò alla realtà. Feci una smorfia con le labbra, e mi girai su un fianco sapendo che lei era là. La avvolsi attorno alle mie braccia e la strinsi a me. Sentii la sua schiena nuda contro il mio petto e sospirai per quel contatto così piacevole. Sentii la sua mano avvolgere la mia e il suo bacino avvicinarsi. Si muoveva piano, con circospezione, roteando e muovendo quel suo didietro divino come solo lei sapeva fare, mentre io facevo l’ignorante di turno e rimanevo fermo. Beh, non tutto rimase fermo.
‘Buongiorno..’ – le sussurrai all’orecchio, una volta che decisi di aprire li occhi e accorgermi che le nostre mani, ora, erano sulle sue mutandine. Sorrisi e seppi che quel giorno sarebbe andato tutto bene. O almeno così credevo.
Voltò la testa e i suoi occhioni mi guardarono con un misto tra dolcezza e desiderio. Mi sorrise e si avvicinò piano alle mie labbra, accarezzandole senza toccarle veramente. Le piaceva giocare, era quello che mi aveva conquistato di lei. Era sensuale al punto giusto e dannatamente eccitante quando decideva che l’avrei posseduta. Mi baciò l’angolo delle labbra e scese lungo il collo. Mi uscì un mezzo gemito quando, ritornando verso le mie labbra, decise di usare la lingua per accarezzarle. Sentii le sue labbra aprirsi in un sorriso, e in un istante, la mia mano si divincolò dalla sua per abbassare le mutandine e farle fare, questa volta a lei, un gemito di sorpresa e piacere. In un attimo, le sue mani erano tra i miei capelli e le sue labbra mi furono concesse. Tolsi le coperte, che non sarebbero servite a niente, adesso, se non a farci perdere tempo. Lei se ne approfittò per salirmi sopra e dare il via a quello che sarebbe stato un buongiorno degno di questo nome.
La mattina la passammo così, tra lenzuola sporche, magliette rubate assieme a sorrisi e chiacchere che riempivano il silenzio di quella stanza. Quando, alla fine, decidemmo che era ora di prendere aria, il campanello suonò.
‘Aspettavi qualcuna?’ – eravamo sul divano, in quel momento. Le sue gambe erano poggiate sulle mie, mentre lei era stesa per metà e io ero seduto a guardarla. Non si fidava di me, non so se lo avrebbe fatto mai. Avevo accettato questa parte di noi, ma ciò non fece perdere al mio un cuore un battito quando, invece il maschile, usò il femminile in quella domanda.
Aggrottai le sopracciglia e rimasi fermo a guardare la porta chiusa che reclamava di essere aperta da qualcuno, che io non aspettavo minimamente. Pensai fosse mia sorella o persino mia mamma, in un primo momento. Ma, quando il campanello suonò di nuovo, non fui del tutto certo. Lei, d’altro canto, spostò le gambe e si alzò dal divano per andare a spiare dallo spioncino. La seguii poco dopo e la trovai immobile di fronte alla porta. Le misi una mano sulla spalla e quando si girò, notai del terrore nei suoi occhi. Non parlammo. Non voleva farlo. Avevo imparato a conoscerla e sapevo che non era il caso di fare qualcosa in questo momento. Così la scostai dalla sua postazione e vidi chi, per la terza volta, suonò il mio campanello. La guardai e lei se ne andò in camera. Sentii la porta chiudersi, mentre io la aprivo e lo vidi.

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Capitolo 2
*** 6 mesi prima. ***


''Sarebbe ridicolo e lo sai pure tu'' Alzai li occhi al cielo al’ennesima ‘critica’ che ottenni quel giorno. Erano le 10:30 del mattino e volevo già mandare a quel paese la metà delle persone che conoscevo. Mi misi il costume da bagno e una maglietta sgualcita sopra, prima di girarmi verso Jimmy e fargli il dito medio. Lui alzò le spalle e, ringraziando non so chi, non aggiunse nient’altro. Perché quando, secondo i tuoi ragionamenti, del tutto logici e intelligenti, hai un’idea geniale qualcuno deve sempre rovinarti la festa? Perché non può entusiasmarsi e farti le feste? Sarebbe tutto più bello ed eccitante così. Ma, sfortunatamente, niente è mai come credi. Uscimmo di casa dopo aver finito di fare colazione e prendemmo la moto che avevo lasciato nel vialetto. Sbattei la porta di casa, per farmi sentire da mia madre, che sicuramente era al piano di sopra a parlare al telefono con il suo compagno. Mi misi il casco senza aspettare la risposta, ossia un grido stridulo e confuso che mi urlava di non sbattere la porta, ma di salutare come una persona garbata. Sfortunatamente non ero quello che lei sperava. Quel giorno iniziava il campeggio. Era luglio ed era tipico del mio ristretto gruppo di amici accamparci in spiaggia e dimenticarci, per una settimana, delle responsabilità che ognuno di noi aveva. Con Jimmy ci saremmo fermati anche la settimana dopo, questa volta, però, avevamo pensato bene di prenderci una villetta, non troppo distante dalla spiaggia dove ci trovavamo ora. Giunti a destinazione, trovammo tutti in pineta. Tra saluti e abbracci vari, notai la presenza di tre ragazze vicino a Marcus. Non le avevo mai viste, quindi ciò significava che erano state rimorchiate quel giorno. Sorrisi tra me e me ed evitai di avvicinarmi. Non era il momento delle presentazioni, sarebbe stato più facile farlo la sera, quando avremmo iniziato a cucinare e a far girare l’alcool. Marcus, però, mi vide e mi fece segno. Quello era il suo modo per dire ‘Parliamo dopo’. Ci saremmo dovuti incontrare, per vedere chi aveva puntato lui e chi, secondo la sua modesta conoscenza di me, credeva sarebbe stata l’ideale per me. Marcus era un’ottima spalla, aveva sempre delle ragazze che gli giravano intorno e la ‘selezione’ era sempre gradita. Di solito andava lui o Jimmy a cercare, il resto poi veniva da sé. Passammo la mattinata e il pomeriggio così: carte, palle e racchettoni sparsi qua e là. Quando la maggior parte delle famiglie lasciarono la spiaggia e il sole calò, cacciammo le tende e andammo a cercare la legna da ardere. Io andai con Marcus che mi aveva preso per il collo e portato lontano da orecchie indiscrete. ''Allora.. Due sono accessibili, mi si sono buttate praticamente addosso quando sono andato al bar a prendere le prime birre della mattinata. Io voglio quella con i capelli fucsia. Ha un tatuaggio nascosto che mi deve far vedere, disse'' - si sfregò le mani e saltellò contento come un bambino. Scossi la testa, mentre raccoglievo i primi rami che vidi e lo lasciai parlare - ''Mentre quella bionda credo che la voglia Jimmy. Non capisco mai quando gli piace una o meno. Fa la parte del tipico amico carino e gentile che salva le donzelle dal Don Giovanni'' - si indicò con un dito prima di continuare ''Quindi, mettiti d’accordo con lui se ti interessa. Ti direi di provarci, ma ho paura che non sia esattamente il tuo tipo. Se non sbaglio studia e vive in un monolocale vicino alla sua università. Non ha nessuna coinquilina, quindi avresti casa sempre libera. È un punto molto a favore. Ma le sue tette non mi convincono, secondo me sono rifatte. Tuttavia quella mora credo sia lesbica, ma ha detto che stasera delle sue amiche la raggiungevano, quindi, occhi aperti zio.'' ''Perché credi che sia lesbica?'' ''Beh..'' - si voltò verso di me e fece segno al suo fisico, ondeggiando e facendo pure la rivolta per finire il quadro perfetto che era la sua figura, secondo lui, ‘troppo possente per non essere ricercato’ - ''Non mi è saltata sopra'' Lo guardai con un sopracciglio alzato e scoppiai a ridere - ''Certo certo, perché è così che si capisce l’orientamento sessuale di una persona'' ''Questo si chiama ‘Manzo’, come dicono le ragazze. E io so di esserlo. Quindi, secondo il mio parere, se non mi salti sopra, hai qualche problema'' - alzò le spalle e la conversazione finì lì. Marcus era il tipico ragazzo eccezionale nel rimorchiare, nel corteggiare e far ingelosire tutte le ragazze che gli andassero dietro. Sapeva gestire tutte le non-relazioni che aveva, eppure, quando si trattava di tenersi una ragazza diventava pessimo. L’ultima con cui era stato gli aveva bruciato la macchina e gli aveva scritto sulla porta di casa :‘Troione da guerra’. E da quello che avevo saputo, era l’insulto tipico che si scambiavano le ragazze. Mi avevano spiegato che era come dire che era un gigolò a cui bisognava mettere la museruola o la cintura di castità per poterlo tenere ‘sotto controllo’. Lo avevamo preso in giro per quasi un mese e mezzo buono. Poi avevamo smesso, perché nessuna gli dava più la possibilità di avvicinarsi e lui iniziava a diventare irritante. Una volta tornati, trovammo le ‘amiche’ di quella ragazza che era stata etichettata come omosessuale, sparse per tutto il nostro gruppo. La mora non c’era, o almeno, non la vedevo. ''Zio!'' - Melissa si avvicinò e mi baciò sulle labbra, prima di pormi una birra ghiacciata e prendermi a braccetto. Lei era la mia migliore amica, nel vero senso della parola. L’avevo conosciuta ad una festa, o, più precisamente, l’avevo rimorchiata. Ma ero stato bruciato, perché anche a lei piacevano le donne - ''Io vedo molte possibilità stasera di far festa, tu che vedi?'' - mi indicò il gruppo delle nuove arrivate. Annuii, mentre mi guardavo attorno, per fortuna avevamo comprato alcune aste di bambù che facevano luce e mi permettevano di vedere. ''Ma tu non ti stavi sentendo con una?'' ''Mmmh…'' – bevve un sorso di birra e guardò altrove. ''Che hai combinato?'' - mi fermai di colpo, per mettermi di fronte a lei. ''Niente..'' – usò il tono stridolo di chi aveva fatto qualcosa. La fissai finché non si girò a guardami. Sbuffò sonoramente e si accese una sigaretta - ''Forse non avevo capito che eravamo fidanzate'' ''Forse?'' – risi di gusto facendo un sorso alla bottiglia ghiacciata. Riprendemmo a camminare finché non incontrammo Jimmy, che, invece di parlare con la bionda, stava ballando con una riccia poco più bassa di lui. Gli passai affianco e mi divisi con Melissa che aveva adocchiato qualcuna vicino al fuoco. Io lasciai la legna e mi sedetti vicino a una con i capelli azzurri. Fu facile attaccare bottone. Aveva gli occhi rossi e sorseggiava del vino. Inizialmente parlammo di cose superflue: ‘cosa fai?’, ‘cosa non fai?’, ‘oh sei di qua?’, ‘ma dove esci che non ti ho mai vista in giro?’. Poi, come da manuale, iniziavano le frasi fatte che si dicono a tutte, per farle sciogliere e farle desiderare di essere possedute da te, come: ‘sei davvero bellissima lo sai?’, ‘non ti avrei mai lasciato andare fossi stato in lui’. E una volta che la ragazza inizia a trovare una qualsiasi scusa per sfiorarti o toccarti, lì capisci che è tua. La portai a guardare le stelle. Facemmo il bagno e la serata iniziò a farsi decisamente più interessante.

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