Troublehunter 3

di Lamy_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Come farfalle intrappolate. ***
Capitolo 3: *** Come ai vecchi tempi. ***
Capitolo 4: *** Valanga di sangue. ***
Capitolo 5: *** L'incubo delle Tre Regine. ***
Capitolo 6: *** Il Re detronizzato. ***
Capitolo 7: *** L'erede fantasma. ***
Capitolo 8: *** Mors dilecti. ***
Capitolo 9: *** Segreti di famiglia. ***
Capitolo 10: *** Fiamma che arde non tace. ***
Capitolo 11: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


OTTO MESI DOPO:
 
La musica rimbombava in tutto il locale, il ghiaccio freddo creava una sottile nube bianca che si sollevava dal pavimento, e l'odore di alcol aveva impregnato l'aria. Il Pandemonium non aveva mai visto una festa come quella. Magnus si era dato molto da fare per far sì che la serata fosse speciale per una persona speciale: Alec compiva ventotto* anni. Il Nephilim non voleva festeggiare, ma Magnus aveva insistito con la promessa che avrebbe organizzato una cenetta intima. Infatti, Alec si era infuriato quando Jace e Izzy lo avevano bendato e trascinato fuori dal suo appartamento. Aveva intuito che qualcosa non andasse dopo che sua madre era passata a prendere Max e Rafe. Faretti incassati nel soffitto riflettevano sul pavimento bianco lucido un arcobaleno di colori, dal rosso al viola. La pista era stata impegnata da Nascosti e una manciata di Nephilim che ballavano allegramente. Il padrone del locale si muoveva fluido tra gli invitati, i quali si complimentavano con lui per gli ottimi gusti in fatto di party.
Dall’altra parte della città, Raphael aspettava pazientemente che Astrea fosse pronta. Controllò l’orologio e sospirò di sollievo perché erano ancora in tempo.
“Ahia! Mi fai male!”
“Taci. Non puoi andare alla festa di Alec con queste sopracciglia!”
Astrea sbuffò, poi si arrese lasciando che Sally le spuntasse le sopracciglia con la pinzetta. Era ancora in accappatoio, la pelle umida, e i capelli tirati indietro da una fascia. Non era una ragazza che si prendeva morbosamente cura dell’aspetto, non faceva ricorso a creme per il viso e per le mani, non trascorreva interi pomeriggi con cerchi di cetriolo sugli occhi, ma si limitava semplicemente alle cose basilari. Durante quegli otto mesi aveva cominciato a frequentare assiduamente Sally al punto da diventare migliori amiche, benché si scontrassero spesso per motivi futili. Da quando era stata scacciata dalla comunità dei Nephilim, si dedicava a lavorare sottobanco per i Nascosti, faceva loro favori in cambio di denaro, almeno così avrebbero potuto pagare le bollette. Alla fine, si trattava di favori fattibili quali gemme preziose per le Fate, taniche di alcol per i Vampiri, sessioni di allenamento per giovani Licantropi, e diverse volte si era ritrovata a rubare ingredienti magici per i folletti. Al contrario, il lavoro di Raphael era pulito e in perfetto stile mondano; si occupava di riparare le panche delle Chiese, gli organi, di stuccare e dipingere le pareti, e gli avevano anche chiesto di occuparsi del catechismo pomeridiano. La paga non era alta ma era comunque un punto di partenza per uno abituato al lusso e alle ricchezze senza freni. Si era abituato alla vita da mondano, al nuovo appartamento, ad avere una relazione stabile, ed era sicuro che Guadalupe sarebbe stata fiera di vedere il suo niño vivere in  modo del tutto normale. Doveva ammettere, però, che era stato difficile tornare insieme ad Astrea. Avevano deciso di passare l’intera estate a Santillana del Mar per discutere dei problemi di coppia e per superarli. Lei con riluttanza aveva appreso la notizia dello pseudo tradimento di Raphael, poiché si erano lasciati quando lui per un paio di volte era stato a letto con Sylvie, e per questo in tre mesi non si erano né baciati né sfiorati, per darsi il tempo di far rimarginare le ferite. Soltanto verso la fine di agosto era confermato che fossero tornati insieme. Avevano anche dovuto affrontare le morti di Remus, Mark e di Stan, amici che per uno strano gioco del destino erano stati vittime di un diabolico piano. Per lo meno il resto dell’estate era trascorso piacevolmente tra intere giornate al mare, cenette romantiche, escursioni, e notti di passione.
Astrea era la cosa migliore che gli fosse mai capitata nella vita e non poteva farsela scappare. Il ticchettio dei tacchi di Sally lo destò dai pensieri.
“Quella ragazza è un disastro come donna.” Disse la vampira lasciandosi cadere sul divano accanto a Raphael. Lui rise appena.
“Sì, non è pratica del mondo femminile.”
“Ragazzi! Come diavolo si mette questo affare?” la voce di Astrea giunse in salotto ovattata ma comunque palesemente affranta; Magnus le aveva fatto recapitare gli abiti che avrebbe dovuto ad ogni costo indossare quella sera.
“Pensaci tu.” Lo sguardo sgomento di Sally non ammetteva repliche. Raphael allora si alzò dirigendosi in camera. Sul letto giaceva un vestito nero dalla trama intricata; era di raso, una cintura sottile in vita di velluto rosso si abbinava agli stivali porpora nello scatolo posto sul cuscino. Astrea, braccia al petto, sopracciglia corrugate, lo fissava come fosse un macchinario di torture.
“E’ quello l’affare che ti crea fastidio?”
“Sì. La parte incrociata va davanti o dietro?”
Raphael afferrò il vestito, la stoffa liscia scorreva delicatamente tra le sue mani, e represse una risata.
“Basta controllare dove si trova l’etichetta. L’incrocio va dietro.”
Astrea arrossì per quel dettaglio stupido che le era sfuggito, ma era solita indossare jeans e maglie monocolore facili da infilare. Tolse l’abito di mano al ragazzo, si chiuse in bagno, e ne uscì un minuto dopo avvolta nel raso nero.
“Come lo chiudo?”
“Vieni qui, ci penso io.”
Ormai Raphael era avvezzo ad aiutarla, si prendeva cura di lei nei minimi dettagli: si accertava che mangiasse cibi sani e che si allenasse il giusto; si premurava di portarla a letto e coprirla quando era troppo stanca e finiva per addormentarsi sul divano; le comprava il necessario per quando affrontava il periodo più odiato dalle donne (assorbenti, medicinali, e dolci a volontà); alle volte le pettinava i capelli bagnati dopo la doccia come faceva sua nonna quando era piccola per farla rilassare. La coccolava e la viziava senza troppi problemi, Astrea se lo meritava e lui adorava avere qualcuno di cui occuparsi.
“Magnus non poteva scegliere vestito peggiore.” Borbottò lei guardando con disprezzo l’immagine che lo specchio restituiva. Raphael finì di allacciare i nastri per chiudere l’indumento, poi la fece voltare verso di sé e le sistemò la fascia di velluto poco sopra i fianchi. Poi le baciò velocemente la guancia. Astrea aveva deciso di tagliarsi i capelli fino alle spalle e tingerli di castano scuro, eliminando ogni traccia di argento come se potesse eliminare anche Thomas. E poi, come si suole dire, un taglio nuovo porta ad una nuova vita; e lei ci sperava con tutta se stessa.
“Sei stupenda. Magnus ha fatto un’ottima scelta.”
“Dici così perché sei il mio ragazzo e sei obbligato.”
“Dico così perché sei effettivamente stupenda.”
Astrea sorrise timidamente sentendosi stringere due mani sulla vita. La verità era che lo sguardo di venerazione con cui Raphael l’ammirava ogni momento le faceva esplodere il cuore di un’insolita gioia.
“Sappi che sei davvero sexy con questa camicia blu, Santiago.”
“Sempre così diretta, Monteverde.”
“Abbiate pietà del mio udito sviluppato e piantatela con le smancerie. Ho voglia di scolarmi un intero bar, perciò datevi una mossa!” Sally proprio non ne poteva più di aspettare e voleva godersi una serata di relax e follie.
Astrea si affrettò a calzare gli stivaletti e a truccarsi gli occhi con la matita nera. Il terzetto scese in strada e si incamminò verso la sgangherata Cadillac nera che Astrea aveva preteso con tutta se stessa e che Magnus aveva rimesso in moto con un pizzico di magia.
“Una Lamborghini era chiedere troppo.” Commentò Sally, il lungo abito vinaccio le si arricciava alle caviglia mostrando il costoso paio di Jimmy Choo che portava ai piedi.
“Non ti permetto di offendere il mio gioiello!” ribatté Astrea socchiudendo gli occhi a mo’ di sfida.
“E’ l’unico gioiello che hai e l’unico che puoi permetterti, amica mia.”
Raphael aveva lasciato tutte le ricchezze accumulate al DuMort, non volendone più sapere della sua vecchia non-vita, e non era in grado di regalare alla sua ragazza diamanti e altre pietre preziose, ma Astrea non badava a certe cose.
“Non fare la snob, morta vivente.”
Sally rise a quel nomignolo senza offendersi e fece l’occhiolino alla sua migliore amica. Quella sera avrebbe guidato Raphael, perché Astrea indossava i tacchi, e si prodigò per aprire la portiera ad entrambe le donne. La vampira fu la prima a sgusciare sui morbidi sedili di pelle color caramello (un'altra magia di Magnus), mentre Astrea sorrise in modo assai malizioso al ragazzo prima di entrare. La cappotta era alzata e la frizzante aria di settembre si fuse con le note di ‘Wake me up when september ends’ dei Greenday che si propagavano dalla radio.
 
 
Quando la Cadillac si fermò davanti al Pandemonium, Simon emise un fischio di apprezzamento. Izzy, invece, non comprese affatto tutto quell’entusiasmo per una macchina. Aguzzò lo sguardo sull’outfit di Astrea e Sally; entrambe furono promosse dal giudizio della Shadowhunter amante della moda.
"Sbrighiamoci ad entrare, altrimenti Alec dà di matto e strozza Magnus!" disse divertita Isabelle sfilandosi la stola argentata che le ghermiva con eleganza il collo. Un mini abitino bianco tempestato di perline e paillettes abbracciava con estrema sensualità le sue forme, e per un momento Astrea si chiese se anche lei facesse quell’effetto nell’abito che indossava, ma ovviamente Izzy Lightwood era imbattibile. Da una via laterale sbucarono Jace, pantaloni neri strappati sulle ginocchia e giacca grigia, e Clary, sobria in una gonna di jeans e in un top verde smeraldo, mano nella mano. Per quella, almeno, erano tutte giovani coppie senza figli e senza responsabilità.
“Ho bisogno di bere.” Disse Sally, quindi si avviò verso l’ingresso col suo unico e inimitabile passo sicuro. Raphael cinse le spalle di Astrea con un braccio e insieme agli altri si addentrarono nel locale.
Il Pandemonium era un universo parallelo, una mescolanza di mondi. Musica moderna teneva la gente piantata in pista, i camerieri si muovevano esperti e sinistri tra i tavoli e i numerosi divanetti di pelle argentata, e una nuvola di ghiaccio copriva le caviglie. Magnus li vide e si avvicinò al gruppo con passi di danza. Un completo blu elettrico fasciava la sua figura slanciata. I numerosi anelli brillavano sotto i riflettori, così come i glitter tra i suoi capelli e sulle palpebre. Alle sue spalle, una scritta luminosa proclamava: Buon ventottesimo compleanno, fiorellino. Astrea era sicura che Alec alla vista della scritta era rimasto interdetto e con una voglia disperata di sradicare lo striscione dalla parete.
"Alexander vi aspetta. Andate da lui prima che gli esploda la testa."
"Noi andiamo a fargli gli auguri. Ci si vede!" esclamò Izzy trascinando con sé Simon. Sally era già seduta al bancone a bere un drink e a chiacchiere con un’altra vampira, forse una del suo clan.
“Quello è sushi?” la domanda di Clary fece sorridere ampiamente lo stregone, dal momento che la festa era l’apice di quelle organizzate in precedenza.
“Ovvio, biscottino. Non mi sono fatto mancare niente!”
La Nephilim, senza aggiungere altro, spinse un Jace alquanto irritato all vista del pesce crudo verso l’abile cuoco che lanciava coltelli in aria e affettava filetti di orata in pochi secondi. Magnus tornò con gli occhi lucenti sulla silhouette della sua amica.
“Astrea Monteverde, sei uno spettacolo!”
“E’ solo grazie alla tua testarda crociata contro i miei vestiti che sono conciata così, altrimenti io avrei indossato un jeans e una felpa.”
La risposta dello stregone fu una smorfia disgustata.
“Almeno questo outfit mette in risalto la tua seconda!”
Magnus sparì tra la folla prima che Astrea potesse scaraventargli contro una lunga e triviale lista di insulti.
“Direi che possiamo andare a fare gli auguri ad Alec.” Esordì Raphael, e le indicò il festeggiato accerchiato da amici e familiari.
“Anche tu pensi che io abbia un seno piccolo?”
Raphael alzò gli occhi al cielo e scrollò la testa. Evitò di rispondere temendo di uscire leso da quella discussione.
 
 
“Un altro giro!” gridò Jace al cameriere. Il gruppo si era rintanato nel soppalco riservato solo a Magnus Bane occupando il divano circolare al cui centro spuntava un tavolino di cristallo. La pregiata superficie trasparente era sporca di liquore. Due camerieri riempirono per la terza volta i bicchieri e tornarono al bancone con l’ordine di servire loro un giro di shottini. Alec bevve per primo inaugurando la terza tranche di bevuta. Astrea mandò giù la sua Tequila Sunrise contenuta in un flute decorato da un ombrellino giallo e da una stecca sottile di liquirizia. Raphael, al suo fianco, stava sorseggiando blandamente un bourbon. I camerieri tornarono dopo due minuti circa, i visi pallidi e sudati, lasciando sul tavolino una serie di bicchierini multicolore. Magnus afferrò uno shottino e sollevò il braccio.
“Un brindisi all’uomo della mia vita, al padre dei miei figli, e al vostro eccezionale amico!”
“Ad Alec!”
I bicchierini si svuotarono in una manciata di secondi. Clary scosse la testa con una smorfia sul viso. Jace le tolse l’alcol di mano e lo buttò giù.
“Non sei abituata a bere, testa rossa.”
“Credo che solo Astrea riesca a bere quanto un ragazzo!” esclamò Isabelle mentre il suo drink era ancora a metà. Astrea rise portandosi i capelli dietro l’orecchio.
“Il Fuoco Rosso brucia qualsiasi sostanza estranea al mio corpo, e l’alcol è una di queste. Bere mi rende soltanto più allegra ma non posso ubriacarmi.”
In effetti, le sue gote erano tinte di rosso e la sua pelle scottava leggermente, segno che il Fuoco stava già smaltendo l’alcol.
“Questa è la mia canzone! Dobbiamo assolutamente scendere in pista a ballare!” esultò Simon balzando in piedi alle prime parole di ‘Titanium’ di Sia e David Guetta; spinse Izzy e Clary verso le scale per sollecitarle a ballare con lui.
“Astrea, anche tu!” la invitò Clary con un sorriso ampio, al che era impossibile rifiutare. Astrea si sfilò il giacchino a tre quarti e lo lanciò sul divanetto. Si chinò su Raphael e gli baciò la guancia.
“Torno subito.”
“Fa la brava, fuego. Non farti notare troppo!” l’avvertimento di Raphael la fece sogghignare. Poi si fece trasportare dalla musica e iniziò a ballare come se quella fosse l’ultima sera della sua vita.
 
 
La festa era finita intorno alle tre di mattina. Astrea e Raphael riaccompagnarono Sally al DuMort per poi tornare a casa una mezz’ora dopo. Alec era rimasto davvero stupito dalle frecce color blu metallizzato che gli aveva regalato Astrea, ma non immaginava che si trattasse di armi comprate illegalmente da una fata. Quando entrarono in casa, un forte odore di cenere li accolse. Raphael spalancò immediatamente la finestra.
“Raphael.”
Il ragazzo si avvicinò ad Astrea, che tra le mani stringeva qualcosa, e trattenne il respiro. Il Console aveva spedito loro un messaggio di fuoco da Idris. La Nephilim lo scartò e lo lesse:
“Gentilissimi Astrea Monteverde e Raphael Santiago, siete pregati di presentarvi domattina presso gli uffici del Console Blackwell. L’incontro verterà su una questione di urgenza vitale. Cordiali Saluti, la segreteria della Guardia.”
Non appena ebbe poggiato il foglio sul tavolo, il cellulare di Raphael vibrò un paio di volte; erano due messaggi da parte di Sally e Magnus.
“Anche Sally e Magnus sono stati chiamati dal Console.”
Tutta la spensieratezza e l’allegria di quella serata erano state spazzate via da quel messaggio. Una morsa attanagliò lo stomaco di Astrea e le venne la nausea.
 
 
Ritornare ad Idris dopo tutto quello che era accaduto fu un colpo per Astrea. Quando erano arrivati a casa di Alec, attraversarono il Portale. Ora stavano oltrepassando la Piazza dell'Angelo. Faceva abbastanza freddo, e così Astrea si strinse nel trench grigio scuro. I suoi stivali picchiavano contro le mattonelle della piazza. Ricordava le facce sbigottite dei suoi amici quando l’Inquisitore l’aveva dichiarata un Nascosto, ai mormorii dei Nephilim presenti, al Fuoco che desiderava dare tutta Alicante in pasto alle fiamme. Sally camminava al suo fianco senza dire niente, senza respirare, senza emettere un solo suolo vivo. Palpabile era la tensione di Raphael a pochi metri tra lei che bisbigliava qualcosa a Magnus; non aveva chiuso occhio la notte precedente e stentava a mantenere la sua solita flemma. Soltanto lo stregone era sereno, o almeno era quella l’impressione che dava. L’ufficio del Console spiccava con le sue guglie dorate e la sua facciata coperta di rune, il portone era aperto, una bocca pronta ad addentare chiunque entrasse, e vi erano soltanto due guardie appostate fuori. Non rivolsero neanche uno sguardo ai quattro amici, forse era stato loro imposto, e indicarono il corridoio da seguire. A metà scalinata li aspettava una donna dall’espressione cordiale e un sorriso appena accennato. Era Rita Blackwell.
“Benvenuti ad Idris. E’ un piacere avervi qui.”
“Disse la stronza che mi ha bandita.” mormorò Astrea non preoccupandosi che la donna potesse udirla. Magnus l’ammonì con un’occhiataccia severa.
“Ben comprendo che questa situazione possa generare una certa riluttanza da parte vostra.”
“Metta da parte i convenevoli, e andiamo al sodo. Non abbiamo tempo da perdere. I Nascosti non sono ben accetti ad Alicante.” Disse Sally, una macchia nera contro le pareti gialline dell’ingresso. La Blackwell annuì, poi fece loro cenno di andarle dietro e risalì le scale.
Lo studio del Console era stato spostato nell’ala est dell’edificio, mentre la vecchia stanza in cui aveva lavorato Goldstorm era stata sigillata e vietata a tutti. Era tipico degli Shadowhunters nascondere le loro malefatte. Il Console chiuse la porta a chiave e si sedette alla scrivania; una smorfia di preoccupazione le storceva i lineamenti fini del viso. Era senza dubbio una bella donna, aveva circa quaranta anni, lunghi capelli neri intrecciati a qualche filo grigio, e due occhi verdi sempre truccati di viola.
“Vi ho chiamati per sottoporvi una questione di vitale importanza. Sono stati ritrovati tre quattro cadaveri: una fata, un licantropo, un vampiro e un Nephilim. Inoltre, qualche settimana fa è scomparso uno stregone. Alle vittime è stato strappato il cuore e attorno ai loro corpi sono state disegnate delle rune.”
“Un serial killer. E quindi?” Sally non era per nulla toccata da quella situazione di morte, anzi si fissava le unghie curate con nonchalance. Rita si levò dal collo una chiave e aprì un cassetto, poi depose sulla scrivania cinque cartelle verdi. Magnus sussultò sulla sedia. Fu allora che Astrea si insospettì.
“Che succede, Mag? Che cosa sono quelle?”
Lo stregone con gli occhi chiese il permesso di parlare e il Console acconsentì con un battito di palpebre.
“Le cartelle verdi riguardano i testimoni della Guerra Oscura che sono stati messi sotto protezione. Solo il Console e l’Inquisitore conoscono le identità dei testimoni.”
“E’ un pericolo se qualcuno è arrivato a loro. Abbiamo inviato un Centurione a controllare e ci ha portato le foto, ma nulla di più. Essendo un caso di massima segretezza, io e l’Inquisitore abbiamo deciso di non coinvolgere nessun Nephilim.”
“Le vittime sono i testimoni?” domandò Raphael, comodamente seduto e falsamente calmo.
“No. I corpi senza vita sono stati abbandonati presso le abitazioni di quattro dei testimoni. E’ il segnale che qualcuno ha scoperto la loro identità e io non posso permettere che venga loro fatto del male, sia che si tratti di Nephilim sia di Nascosti.”
Astrea si alzò con impeto di rabbia e puntò il dito contro il Console.
"E' sicuramente colpa vostra. Chissà per quale antico torto state pagando. Qualcuno vi odia e vi sta attaccando, ed io non lo biasimo."
Raphael notò che gli angoli della bocca di Rita erano tirati, tremavano e faceva fatica a parlare.
“Perché noi?”
Sally proruppe in una risata agghiacciante.
“Ha scelto noi perché nessuno sospetterebbe mai che tre nascosti e un mondano si mettano ad indagare per conto del Clave. Potrebbe scatenarsi una rivolta dei Nascosti che costerebbe il posto al Console in carica. Mi corregga se sbaglio, signora Blackwell.”
“E’ così. Non posso chiedere a nessun altro di indagare. Non posso esporre i testimoni ad ulteriori pericoli. Soltanto voi potete capire chi sia il colpevole muovendovi nell’ombra.”
“Chi le dice che lo faremo senza nulla in cambio?” Astrea provocò il Console, ma sembrava proprio che avesse pensato a tutto.
“Sono disposta a scendere a patti. Posso garantire una doppia razione di sangue ai vampiri di New York e accesso illimitato alla nostra biblioteca per il signor Bane. E posso restituire l’Istituto di Lisbona alla sua legittima proprietaria.”
“Sta speculando sulla vita di quattro poveri ragazzi, Console. E’ meschino anche per lei.” Commentò Raphael, le sopracciglia inarcate, un sorriso di sfida sulle labbra. Astrea avrebbe voluto baciarlo per quella battuta. Rita non si sentì attaccata, ma la maschera di cordialità si spaccò e cacciò fuori il suo tono autoritario.
“Qualcuno è arrivato ai testimoni e io sono autorizzata dal Clave a ricorrere a qualsiasi strumento, e ho scelto voi. Pretendo un basso profilo, un lavoro rapido e una soluzione prima che una ribellione getti nel caos il labile rapporto tra Cacciatori e Nascosti.  Accettate?”
 
 
 
Dopo essere tornati a New York, avevano cenato a casa Lightwood-Bane. Raphael stava bevendo distrattamente la sua birra, perso in chissà quale pensiero. Astrea gli tolse la bottiglia dalle mani e ne benne un paio di sorsi, per poi restituirgliela.
“Avete intenzione di accettare?” chiese Alec dopo essersi assicurato che i bambini dormissero.
"Non ne ho idea. Prima mi esiliano e poi mi vogliono come agente segreto. Non vi convince."
"Quei ragazzi saranno terrorizzati." Magnus sospirò, forse immaginava che fossero i suoi figli ad essere attaccati a quel modo. Astrea lo fulminò con gli occhi.
"Fai sul serio, Mag? Dicono di voler proteggere le persone e chiamano noi? Gli ultimi esseri che gli Shadowhunters vogliono vedere."
"Magnus ha ragione. Credo che dovreste accettare. Così potrai ridare onore alla famiglia dei Monteverde." disse Alec.
"I miei genitori hanno ancora onore. Sono io quella caduta in disgrazia."
"Astrea..." provò a dire Raphael, ma lei era già scappata via.
"Va da lei."
 
 
"Sei sveglio?"
"Sì."
Astrea accese il lume sul suo comodino e il letto fu invaso da un debole giallastra.
Raphael già sapeva cosa stava per dirgli.
“Secondo te cosa dovremmo fare?”
“Astrea, tu hai già deciso. Devi soltanto ammetterlo ad alta voce.”
“Lo ammetto solo se tu giuri di restare con me.”
“Lo giuro.”
Astrea prese il cellulare e fece scorrere velocemente le dita sullo schermo indirizzando il messaggio a Magnus e a Sally: Accettiamo.
 
 
 
Salve a tutti! :)

Sono tornata (purtroppo per voi!).
Questa storia continua a frullarmi in testa di continuo e ho ben pensato di scrivere anche una terza parte.
Mi auguro che mi accompagnerete in questo nuovo viaggio leggendo, ridendo, imprecando contro le decisioni sconsiderate dei personaggi, soffrendo con loro.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima baci.
 
 
(*Alec nel 2017 ha effettivamente 28 anni essendo nato nel 1989)
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

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Capitolo 2
*** Come farfalle intrappolate. ***


 
CAPITOLO PRIMO: COME FARFALLE INTRAPPOLATE.
 
 
 
L'aria era gelida e il cielo grigio non prometteva nulla di buono. Astrea stava sistemando la corda della balestra ed esaminava minuziosamente le frecce che Alec le aveva prestato. Raphael la raggiunse a casa di Magnus un'ora dopo.
"Sei uscita presto stamattina." le disse, e il suo tono mal celava la rabbia. Odiava svegliarsi e non trovarla a casa.
"Ti ho lasciato un messaggio attaccato al frigo."
Ecco che la freddezza di Astrea veniva fuori di nuovo e sicuramente si sarebbe concentrata solo sulla missione, in fondo era una combattente. Lui non disse altro e si allontanò.
"Buongiorno, zuccherini! Come vanno le cose?" Magnus apparve in salotto con addosso un paio di pantaloni in pelle blu e una camicia con le balze bianca, i capelli tirati in su. Astrea lo fissò di sbieco e scoppiò a ridere.
"Sembri un pirata, Mag. Sei divino!"
"Puoi ben dirlo, cara!"
Mentre lo Stregone tornò in camera per mettersi un soprabito, Astrea ne approfittò per stuzzicare Raphael.
“Come mai quella faccia scura, Santiago?”
“Da dove posso cominciare? Mi sveglio da solo nel letto, ed è una cosa che detesto, poi ti cerco ma trovo uno stupido post-it sul frigo. Siamo andati a convivere, eppure a volte sembra che tu faccia una via completamente a parte.”
Per raggiungere un equilibro nella loro relazione avevano faticato, si erano impegnati con tutte le forze, e Raphael, nonostante l’apparente freddezza, era uno che necessitava di continue dimostrazioni e rassicurazioni.
“Mi dispiace. Ho pensato che fosse meglio lasciarti dormire un altro poco dato che negli ultimi tempi soffri di insonnia, però capisco di aver sbagliato. Raphael, devi metterti in testa che non sono una donzella da salvare, sono una che sa cavarsela. Prenditi una pausa dalla tua intensa attività di mammina apprensiva!”
Astrea gli si sedette accanto e intrecciò le dita alle sue in una presa salda.
“Non sono una mammina apprensiva, è solo che ci siamo persi troppe volte e non voglio starti lontano di nuovo. Ho bisogno di tenerti con me.”
“Sono con te, sempre. Non ti devi preoccupare. Adesso, però, lasciati dare il buongiorno come si deve!”
“Non aspetto altro, fuego.
Astrea si chinò per donargli un casto bacio sulle labbra. A interromperli fu Max che scorrazzava inseguito da Alec. Il bambino andò a nascondersi tra le braccia di Astrea.
“Che succede?”
“Papà vuole portarmi da zio Jace per gli allenamenti, ma io non ci voglio andare perché mi prende in giro!” sbraitò Max, gli occhi bagnati e la boccuccia che tremava per i singhiozzi. Astrea delicatamente gli asciugò le lacrime con le maniche della felpa.
“Jace non ti prende in giro, piccolo. Fa qualche battutina soltanto perché lui è fatto così!” cercò di giustificarsi Alec, anche se non era assolutamente certo di ciò che diceva. Max scrollò la testa e seppellì il viso nei capelli di Astrea, che lo strinse in un abbraccio.
“Facciamo così: vai ad allenarti con zio Jace e digli che glielo taglio se ti prende di nuovo in giro.”
“Che cosa gli tagli, zia?”
“Astrea, no!” gridò Alec in tono severo, poi afferrò la mano di suo figlio e lo aiutò ad infilarsi la giacchetta di jeans.
“Sei terribile.” Commentò Raphael alzando gli occhi al cielo.
“Avanti, Santiago, tu adori alla follia questa personcina terribile!”
“Tu dici?”
Astrea, sorridendo compiaciuta, accostò le labbra all’orecchio di Raphael.
“Ieri notte mi sembrava evidente che tu mi adorassi.”
“Direi che a me non era molto evidente, perciò che ne dici se stasera te lo dimostro di nuovo?”
“Adesso sei tu che mi stai provocando.”
Raphael le lasciò un bacio sul collo per poi proseguire sempre più giù, verso lo scollo della maglia, e si godeva i battiti accelerati della ragazza. Infine, le baciò la guancia.
“Ammetto di saper toccare i tasti giusti per provocarti.”
“Per Lilith, trattenete gli ormoni!” la fragorosa risata di Magnus annunciò la sua silhouette slanciata e ben vestita. Il mondano si scostò dalla Nephilim e consegnò allo stregone una cartelletta.
“E’ il momento di mettersi al lavoro."
"Sono d'accordo." convenne con lui Astrea. Magnus aprì il primo fascicolo sul tavolino di vetro sparpagliando dati anagrafici e foto. Si trattava della Fata, e avevano deciso di partire da lei perchè si trovava a New York. Astrea sbirciò la sua scheda.
"Si chiama Glenys. Ha diciassette anni. E’ una Fata. Credo sia nobile, almeno secondo il ciondolo a forma di rosa che porta al collo.”
Un rettangolo verticale alla destra del foglio riportava la foto di una ragazza dalla carnagione chiara, dai lineamenti fini, due grandi occhi verdi erano contornati da scure ciglia, e sui capelli castani vi era una corona di perle bianche e diamanti.
“Dal rapporto risulta che la vittima rinvenuta sia un giovanotto di nome Alun. Gli è stato strappato il cuore e attorno al suo corpo sono stati incisi dei segni simili alle rune.” Magnus leggeva con gli occhiali da vista sul naso, benché non ne avesse alcun bisogno, ma era un tocco in più per completare l’outfit.
“Per salvarla e scoprire qualcosa in più sulla vittima e sull’omicida dobbiamo andare a prendere questa Glenys.” Disse Astrea dopo alcuni minuti di silenzio. Raphael le lanciò un’occhiata scettica.
“Come hai intenzione di fare?”
“Vieni con me, Santiago.”
 
 
 
Un uomo alto e magro fece un inchino. Portava i capelli rosa pastello lunghi fino alla schiena ed erano decorati da perline viola, i suoi occhi sembravano di vetro, e la sua armatura lucente brillava al sole. Raphael lo fissò allibito, mentre Astrea sogghignava.
"Raphael, ti presento Hywel."
La Fata si inchinò e i capelli gli frusciarono attorno come un mantello.
"Egli è l'uomo di cui mi parlate? Sono ben consapevole di chi sia costui. Raphael Santiago, capo clan dei vampiri."
"In pensione." aggiunse Astrea con nonchalance.
"Perchè conosci tutta gente strana? Anzi, non lo voglio sapere." le sussurrò Raphael, l'incredulità aveva avuto la meglio anche sul riferimento alla sua vecchia reggenza.
"Ci puoi aiutare, Hywel?"
"Voi avete portato ciò che ho richiesto?"
Astrea tirò fuori dalla tasca della giacca un sacchetto di iuta e lo consegnò alla Fata.
"Seguitemi."
Hywel li condusse in una zona remota del parco facente parte del regno della Regina, uno dei tanti spazi verdi che fungeva da ingresso.
“Che cosa c’è il quel sacchetto?” domandò Raphael, non del tutto sicuro di voler ottenere una risposta.
“Le perle che ornano i suoi capelli sono molto rare e sono vendute sono dai folletti, ma non amano particolarmente le Fate, perciò sono io che compro le perle per Hywel.”
“Lui ci apre l’accesso al suo Regno in cambio di perline?”
“A quanto pare, sì. Con un messaggio di fuoco l’ho avvisato del motivo della nostra richiesta, e lui ha accettato di darci una mano a fare giustizia per un suo pari.”
Hywel si fermò davanti ad una quercia secolare, si voltò e tese una mano aperta per impedire ai due di avanzare.
“Eccoci giunti. Abbiate la cortesia di allontanarvi e di tacere durante il rituale.”
Astrea e Raphael si fecero da parte, e per fortuna quel settembre era ancora mite e all’ombra si stava bene. Hywel prese a recitare una cantilena, parole antiche, oscure, in lingua fatata, mentre agitava le mani in modo circolare e antiorario. Le fitte fronde verdi si squarciarono a mano a mano rivelando un varco che scintillava. La fata chinò il capo come se stesse rendendo grazie alla natura che si modificava al suo tocco magico.
“Il passaggio è dunque aperto. Ricordate che il tempo scorre diversamente nel mio Regno e che all’alba di domani il passaggio si chiuderà.”
La fata si inchinò di nuovo e poi svanì nel nulla profumando l’aria di bergamotto.
 
 
 
Central Park era molto frequentato di notte, ma per fortuna le entrate della Corte erano sempre irraggiungibili ai mondani. Astrea, Raphael, Magnus e Sally si muovevano con circospezione tra i cespugli, cercando di non destare sospetti. Attraversano quasi l’intero spazio verde fino a ritrovarsi nella fitta boscaglia ai margini del parco. Il Console Blackwell le aveva spedito da Idris la sua cintura da Shadowhunter, così Astrea illuminò il cammino con la stregaluce. Sally parlava fitto fitto con Magnus, mentre Raphael le stava affianco.
"Ehi, piccioncini! Siamo arrivati." strillò Sally a qualche metro da loro. Indossava un abito bianco che la rendeva più luminosa del solito. Un varco aperto in mezzo agli alberi si mostrò ai loro occhi. Era il passaggio di Hywel. Astrea si voltò per guardare gli altri, non sembravano spaventati, o almeno sapevano fingere.
"Il tempo a Corte scorre in modo diverso, perciò dovremo essere veloci. Non abbiamo tempo da perdere, il passaggio si chiuderà domattina e per allora dobbiamo essere di ritorno. Pronti?"
"Puoi contarci, fuego." la rassicurò Raphael con un sorriso. Magnus si avvicinò a Sally.
"Allora facci strada." mormorò la vampira con scarsa convinzione. Lei si fece coraggio e infilò un piede nella crepa buia che si spalancava nella terra. Alcuni scalini conducevano in basso, sempre più in basso. Astrea dovette fermarsi quando avvertì l’acqua sotto le suole degli anfibi.
“Ragazzi, fate attenzione perché da qui in poi il corridoio si riempie d’acqua.”
Notò la camicia di Raphael bagnata fino all’addome, così come i vestiti di Magnus e Sally. L’acqua aumentava di volume e diventata più fredda mentre raggiungevano il sottosuolo. Si avvertivano l'odore di muschio e rose tipico della Corte. Erano vicini. Il corridoio si aprì come un ventaglio: tre gallerie li invitavano ad entrare.
“Quale delle tre scegliamo? Facciamo la conta?” disse Sally scrutando i grossi buchi neri scavanti nella roccia.
“Mark Blackthorn mi ha detto che le gallerie portano ad uno specifico settore del Regno: la prima appartiene alla servitù, la seconda al Re Unseelie, e la terza appartiene alla nobiltà.”
“Vada per la terza!” esclamò Magnus con fare teatrale. Raphael controllò l’orologio.
“Sbrighiamoci.”
Avanzarono in silenzio, uno accanto all'altro, con la massima attenzione. Schiamazzi e musica provenivano dal fondo del tunnel, era una delle consuete feste della nobiltà. Quando si ritrovarono dinanzi ad un enorme portone di legno e foglie, dovettero arrestarsi. Fortunatamente non c'erano guardie, così fu facile spingere i battenti ed entrare. La scena che si presentò alla loro vista era magica: la sala ospitava un banchetto. Le Fate più nobili erano riunite tutte lì, con i loro abiti sgargianti e i capelli colorati, l'aria festosa e selvaggia. Danzavano attorno ad enormi vasche contenenti una sostanza viola molto viscosa su cui galleggiavano delle ninfee. L'odore dolciastro del vino pervadeva l'ambiente confondendosi con i mille odori diversi dei fiori che pendevano dal soffitto. Uno stuolo di farfalle colorate e di tutte le specie volava in tutta la stanza, sembravano coriandoli sparati in cielo da un ventilatore. Hywel era adagiato su un triclino e si faceva imboccare da alcune ancelle di chissà quale famiglia nobile, e trasalì quando vide Astrea e i suoi accompagnatori.
"Lady Astrea, ti stavamo aspettando." tuonò una voce divertita dall'alto. Astrea sollevò la testa e vide una donna dalla figura longilinea, pelle rosea e capelli grigi, scendere la scalinata di corteccia d'albero nella parte destra della sala. Il suo lungo abito giallo ocra ondeggiava ad ogni passo accompagnando la sua alquanto plateale entrata. Era Sive, la più nobile a Corte in quanto sorella della Regina Seelie.
"Devo supporre che abbiate organizzato questa festicciola in mio onore? Che gentili!" ribatté Astrea con sarcasmo, improvvisando un inchino. Sive sorrise in maniera inquietante.
"Suvvia, mettiamo da parte i convenevoli. Sono a conoscenza della vostra missione, il vostro Console mi ha informata. Avvicinati, fanciulla." lo sguardo di Sive non era duro come quello delle altre Fate che adesso li stavano fissando, anzi trasudava un certo allarmismo. Raphael afferrò la mano di Astrea per tirarla indietro, ma lei gli sorrise e si avvicinò alla scalinata. La Fata le fece segno di raggiungerla sul gradino, e così lei ubbidì. Si trovavano a pochi centimetri di distanza. Sive si chinò per parlarle all'orecchio.
"Mia figlia non è a Corte. L'ho nascosta in un convento fuori città. Perdonami per quello che sta per accadere."
Astrea si tirò indietro con uno scatto e la paura stampata negli occhi. Una lacrima rigava il volto di Sive, che risalì le scale e scomparve. Era sul punto di tornare dai suoi amici quando le mani di Hywel le impedirono di muoversi.
"Toglile le mani di dosso!" disse Raphael con un tono che non ammetteva repliche.
"Hywel, bastardo che non sei altro!" sbraitò Astrea dimenandosi.
Hywel rise e la costrinse a raggiungere il centro della sala. Magnus stava trattenendo Raphael dal prendere a pugni la Fata traditrice. Sally aveva sfoderato i canini e inveiva contro i commensali.
"Abbiamo delle tradizioni da rispettare, Lady Astrea. Siate partecipe della nostra festa."
"Giuro sulla tua Regina che ti strapperò i capelli uno ad uno e il dolore sarà così atroce che implorerai la morte."
Hywel la spinse sotto i lampioni di luce a forma di sole in modo che tutti potessero guardare. La teneva ancora per le braccia e non accennava a lasciarla. Astrea sorrise alle Fate, mentre le sue mani prendevano fuoco costringendo Hywel a scansarsi per non scottarsi.
"Ecco come stanno le cose: io e i miei amici adesso andiamo via e voi potrete continuare a banchettare come assennati. Buona serata!"
"Sappiamo cosa vuoi, strega!" gridò un ragazzo dagli occhi a mandorla, indossava una tunica blu e al collo portava un ciondolo a forma di rosa. Era un parente di Glenys, la fata che Astrea stava cercando.
"E cos'è che voglio?"
"Mia cugina Glenys. E saremo disposti a lasciarvi andare a patto che tu prenda parte ad un gioco."
"Accetto." disse Astrea, dopodiché fu scortata in una stanza secondaria per essere preparata.
"Tu non lo farai!"
Raphael spalancò la porta di legno con una tale rabbia da fare sussultare l'ancella che la stava aiutando a svestirsi.
"Non ti ho mica chiesto il permesso. Non mi dici cosa fare e cosa no, Santiago. Lo sai."
"Ti uccideranno!"
La ragazzina si schiarì la voce attirando l'attenzione della coppia. Astrea inarcò un sopracciglio.
"Il gioco consiste in una gara di equilibrio. Non vi uccideranno. Vogliono solo divertirsi."
"Visto? Non vogliono uccidermi!"
Raphael sospirò.
"Ti uccido io se solo ti fai male. Claro?."
"Claro." gli disse Astrea facendogli l'occhiolino. Si tolse la giacca e le scarpe, lasciò le armi e si legò i capelli. L'ancella diede loro un minuto prima di riaccompagnarla in sala.
"Sive mi ha detto che Glenys si trova in un convento fuori città. Dobbiamo trovarla prima che il gioco finisca. Tu e Sally dovete cercarla."
"Io? Non ci penso proprio. Devo restare qui con te!"
Astrea gli sorrise dolcemente e gli mise le mani sulle spalle.
"Ti voglio fuori di qui, Raphael. Io e Mag ce la caveremo."
"Astrea..."
"Ti prego, vai via. Non sei indistruttibile. Il rischio è troppo alto e non mi posso concentrare se sono preoccupata per te."
"Bien. Ci vediamo più tardi. Resta viva.”
Astrea gli stampò un bacio sulle labbra e lo vide allontanarsi assieme alla vampira.
 
 
 
Molte erano i conventi abbandonati, ma uno in particolare distava due ore di cammino dalla Corte, quella dei Francescani Conventuali dell’Holy Trinity. A prima vista dava tutta l’impressione di essere un Istituto se solo non fosse stata visibile ai mondani. Il portone nuovo di zecca era sigillato da un catenaccio e da un incantesimo di confinamento, le finestre erano intatte e buie, e Sally non coglieva alcun rumore all’interno.
“Probabilmente non sento nulla per via dell’incantesimo che blocca il portone. Dobbiamo trovare una seconda entrata.”
“Credo che sia sigillata da tutti i punti, perciò possiamo anche andarcene.”
La vampira rise tra se e se, quel ragazzo era la personificazione dell’ansia.
“Capisco che tu sia in pensiero per Astrea e che non ti importa della fata, ma a lei farebbe davvero piacere se la trovassimo.”
“Come faccio a pensare di salvare la fata quando quella pazza furiosa rischia di farsi male? Quel Fion non me la racconta giusta, anzi il Popolo Fatato in generale non me la racconta giusta!”
“Fion ha fatto del male a qualcuno?”
Una voce squillante e carica di paura giunse alle loro spalle. Dall’ombra emerse un’esile figura di donna in un ampio abito azzurro. Era Glenys. Gli occhi di Sally divamparono di stupore all’istante.
“Avanti, principessina, andiamocene.”
“Perché mai dovrei seguire un essere della vostra razza? Cosa volete da me?”
Prima che Sally stroncasse la vita della fata, Raphael intervenne diplomaticamente.
“Sappiamo che è stato scaricato proprio qui il corpo di una fata una settimana fa, noi siamo qui per indagare sull’accaduto. Altri cadaveri sono stati trovati. Abbiamo l’incarico di proteggerti da chiunque ci sia dietro a questi delitti.”
“Avete appena detto che Fion sta facendo del male a qualcuno, è stato lui ad abbandonare qui il corpo di quella povera fata?” lo sguardo di Glenys era terrorizzato e questo alimentava la preoccupazione di Raphael per aver lasciato Astrea partecipare al gioco.
“Non è Fion l’assassino, ma sta trattenendo presso la Corte una persona a me cara. Tua madre Sive ci ha detto che ti ha rinchiusa qui. Devi venire con noi, Glenys, altrimenti non è sicuro che sopravvivrai a lungo.”
“Non abbiamo tempo da perdere, fatina! Tra poche ore l’accesso alla Corte si chiuderà e per allora tu dovrai essere dei nostri.” L’autorevolezza di Sally fece vacillare la resistenza di Glenys.
“Come faccio a sapere che non state mentendo?”
“Sei una fata, hai poteri magici, e sai quando qualcuno mente. Sei davvero in pericolo.”
Raphael sperava vivamente che Glenys prendesse in fretta una decisione perché il tempo stava scadendo.
“State dicendo la verità. Comunque, non verrò con voi. Mi è stato vietato lasciare il convento senza il consenso di mia madre e della Regina.”
Rapida come la puntura di zanzara, Sally arrivò alle spalle della fata e le tastò il punto sensibile del collo che provoca la perdita di sensi. Glenys si afflosciò al suolo come una stella cadente. Raphael fischiò.
“Non potevi pensarci prima?”
“Chiudi la bocca, Raphael.”
 
 
 
"Ora ci legheranno in vite un tralcio di vite e noi dovremo mantenere l'equilibrio su quelle corde fatte interamente di radici d'albero. Chi cade nelle vasche... perde."
Non muore nessuno almeno, pensò Astrea. Due Fate trafficarono con la vite per fissargliela attorno ai fianchi e lei prese un respiro profondo. Magnus la guardava con apprensione dalla folla che si accalcava intorno alle vasche che, come aveva scoperto, contenevano vino acido. La issarono sulla pedana. Il ragazzo che l'aveva sfidata, Fion, sembrava avere già la vittoria in tasca, ed era normale dato che per anni lo aveva fatto.
"Pronta, Lady Astrea?"
"No, ma cominciamo perchè ho fretta."
Una tromba diede il via. Fion partì scattante come una molla, entrambi i piedi sulla radice d'albero, la postura in perfetto equilibrio. Astrea calcolò la distanza dalla partenza al punto d'arrivo: cinque metri e nessuna runa dell'agilità. Poggiò il piede destro sulla radice ben tesa, poi quello sinistro e roteò le braccia per mantenersi stabile. Fion la superava già di due metri. Le Fate urlavano inebriate dalla sfida e dal vino, eccetto Magnus, che se ne stava in disparte con le mani strette al petto. Astrea chiuse gli occhi e attinse agli insegnamenti di Raphael riguardo all'equilibrio. Ricordò di alcuni esercizi che le aveva fatto praticare sul tetto del DuMort. Immaginò di trovarsi di nuovo lì. Senza rendersene conto, aveva recuperato un metro. Due. Tre. Quando riaprì gli occhi, mancavano solo un paio di metri. Fion era quasi al traguardo.
Ci sono particolari regole da rispettare?
Da quando tu osservi la Legge?
Il gioco non prevedeva regole, così fece ricorso all'ingegno. La superficie ruvida della radice le stava facendo sanguinare i piedi, e alcune gocce scarlatte macchiarono il vetro del pavimento. Dovette arrestarsi quando un aculeo le si conficcò di qualche millimetro nella pelle. Si morse il labbro per non urlare.
Ti uccido se solo ti fai male. Raphael le avrebbe fatto sicuramente una bella ramanzina. Lanciò un'occhiata sofferente a Magnus, che stringeva le sue scarpe, la cintura con le armi e la giacca. Lo stregone le mimò 'fuoco'. Astrea tese la mano sinistra e la radice su cui procedeva Fion prese fuoco, negandogli la possibilità di andare avanti. Lei, malgrado il dolore, proseguì rapida e tagliò il traguardo. Fion era caduto nella vasca del vino acido, e ne riemersi del tutto imbrattato. Astrea balzò giù dalla pedana e corse verso Magnus.
"Corri, Mag!"
Magnus creò un muro magico che avrebbe rallentato le Fate, mentre Astrea si infilava le scarpe senza i calzini. Indossò la giacca e la cintura, poi strattonò Magnus nella galleria che avevano imboccato per entrare a Corte. L'acqua gelida investì di nuovo i loro corpi, ma non ci fecero molto caso. Continuarono a scappare, salendo sempre più in superficie. Il passaggio si stava restringendo bloccandoli sotto terra.
"Fa qualcosa, Magnus!"
Con uno schiocco di dita e alcune scintille blu, apparve un Portale nel buio pesto del tunnel. Astrea afferrò la mano dello stregone ed insieme saltarono. Colpirono il pavimento di casa Bane- Lightwood.
"Cazzo, che dolore." mormorò, distesa a terra.
Raphael le porse una mano per tirarla su, ma lei scosse la testa. Poi cadde in uno stato di incoscienza.
"Non può camminare. Ha un pezzo di legno conficcato nel piede." spiegò Magnus, i capelli arruffati e gli abiti sporchi.
"La porto a casa. Ci penso io." disse Raphael, e Astrea si sentì prendere in braccio.
"Con la Fata che facciamo?" chiese Alec.
"La porto nel mio appartamento in periferia." 
Sally, grazie ai poteri da vampiro, sollevò il corpo dormiente della Fata e la scortò a casa sua.
 
 
 
 
Salve a tutti! :)

Il primo capitolo getta un poco di luce sul misterioso assassino, ma è ancora tutto da scoprire.
L’unica cosa certa è che Astrea adora andare a caccia di guai.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

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Capitolo 3
*** Come ai vecchi tempi. ***


CAPITOLO DUE: COME AI VECCHI TEMPI.
 
 
 
Acqua. Tunnel. Gioco. Vino. Sangue. Fuga. Fate. Astrea spalancò gli occhi in preda all'ansia, che scemò quando riconobbe la sua camera da letto. Le coperte erano cadute dal letto, la finestra era chiusa e così anche le tende. Si mise seduta con fatica, sentiva la testa pesante e aveva fame. Si guardò attorno, tutto era nella norma, eccetto il suo piede. Era fasciato da uno strato di benda bianco e l'odore di disinfettante le dava la nausea. Una runa di guarigione le era stata tracciata sul polpaccio.
"Fuego!"
Raphael era uscito dal bagno e la guardava ansioso. Doveva essersi appena fatto la doccia, perché aveva addosso solo un asciugamano legato in vita e i capelli bagnati gli gocciolavano sulle spalle.
"Santiago." si limitò a mormorare, stanca e ancora stordita. Lui si sedette accanto e le accarezzò il dorso della mano lentamente, un gesto che era abituato a compiere.
"¿Cómo estás?"
"Bene. L'iratze... Chi é stato?"
Raphael sfiorò la runa con l'indice provocandole una scia di brividi.
"Ti agitavi nel sonno per il dolore, così ho chiamato Alec perché ti aiutasse. Per estrarre i frammenti di legno ci é voluta una notte intera. Per fortuna non avevo sonno."
"Dobbiamo risolvere questo problema, tesoro. Non puoi andare avanti così. Hai bisogno di dormire." stranamente Astrea aveva usato un tono morbido, privo di sarcasmo come sempre. Effettivamente Raphael aveva due profonde occhiaie che gli cerchiavano gli occhi e sembrava davvero stanco.
"Mi hai appena chiamato "tesoro"? Da quando tutto questo romanticismo?"
Astrea gli fece la linguaccia invogliandolo ridere.
"So essere romantica anche io, anche se adesso ti sbatterei al muro per baciarti come se non ci fosse una domani!"
Raphael sorrise e scosse la testa, quella ragazza era tutta un programma.
"Adoro l'idea, ma Sally e la Fata sono in salotto e ti aspettano. Ah, Magnus ha chiamato per avvisare che oggi non puoi esserci perché deve organizzare il party per la cerimonia parabatai di Rafe e Theodor.”
"Sì, hai ragione. Ora, però, ho bisogno di mangiare. Poi pensiamo ad organizzarci."
Astrea scese dal letto aiutata da Raphael, e riuscì a zoppicare in cucina. Sally discuteva animatamente con una ragazza: capelli scuri appuntati sulla nuca da una coroncina di fiori che le circondava il capo, un abito nero di seta pomposo le fasciava il corpo, e i suoi occhi erano truccati di verde e dorato. Glenys.
"Oh, buongiorno, amica mia!" esclamò Sally raggiante dopo la notte passata. Astrea la salutò con una mano, mentre i suoi occhi non si staccavano dalla Fata.
"Perché mi fissate con insistenza?" la sua voce era squillante, melodica, quasi poetica; tipico delle Fate.
"Astrea Monteverde, piacere."
"Siete voi la che mi avete tratto in salvo dal convento! Perchè mai?"
Astrea riempì una ciotola di latte e cereali, e si sedette sul divano per mangiare. Stette in silenzio per qualche minuto. Glenys spostò lo sguardo da lei a Sally, quindi significava che erano entrate in sintonia ed era un bene per la missione.
"Ti hanno tratto in salvo Raphael e Sally. Io giocavo a 'resta in equilibrio' con tuo cugino Fion. A proposito, è uno spocchioso."
Glenys sembrò scossa, aveva gli occhi sgranati e stringeva tra le mani il ciondolo a forma di rosa.
"Fion è un essere meschino e abietto. E' lui che ha convinto mia madre Sive e mia zia a rinchiudermi nel convento. Ho vissuto segregata negli ultimi anni, senza poter godere delle meraviglie del mondo. Mi era concesso stare a Corte solo il giorno del mio compleanno."
Un'espressione comprensiva era dipinta sul volto pallido e spigoloso di Sally, in piedi alle spalle di Astrea. Anche lei era stata segregata dai suoi genitori, quando avevano scoperto la sua nuova natura, ed era stata liberata da Mark. Istintivamente Astrea si toccò le cicatrici che gli artigli di Mark avevano impresso sul suo braccio e che lei teneva come un promemoria. No, non avrebbe permesso ai ricordi di andare via.
"Sappiamo che qualcuno ha ucciso una Fata e ha abbandonato il cadavere, in questo caso, davanti alle porte del convento. Sai dirci qualcosa al riguardo?"
Glenys riprese a parlare dopo aver riflettuto.
"Come sapete il convento è abbandonato, quindi è la meta di molti mondani che vogliono festeggiare e di innamorati. Una notte ho udito degli strani rumori in giardino, mi sono precipitata fuori ma non ho visto nulla. Solo in giorno seguente, alla luce del sole, ho notato il corpo senza vita della Fata e le rune marchiate a fuoco a terra. L'ho comunicato alla Regina e adesso mi ritrovo al vostro cospetto."
Astrea abbandonò la ciotola vuota sul tavolino.
"Marchiate a fuoco, hai detto? Ne sei sicura?"
La Fata annuì, il vestito nero le conferiva un'aria misteriosa e mitica.
"Sì. Non era opera di uno stilo."
"Conoscevi la vittima?"
"No. Era impossibile che la conoscessi perchè era un servo. Sulla sua tunica vi era scritto il suo nome, Alun.”
La porta della camera da letto si aprì e si richiuse: Raphael attraversò il salotto senza fare il minimo rumore, e Astrea riteneva che fosse una conseguenza della sua vecchia vita da vampiro. Di colpo Glenys arrossì. Astrea ridacchiò.
"E' lui il giovane uomo che mi ha salvata! E' così una cara creatura..."
Raphael, ignaro di tutto, stava bevendo la sua quotidiana tazza di caffè seduto all'isola della cucina.
"Sì, la cara creatura è mia. Adesso, vado a vestirmi e poi parliamo meglio."
"Oh, non era mia intenzione offendervi."
Astrea non le diede retta e si chiuse in camera sua per una doccia fredda, aveva bisogno di svegliarsi.
 
 
 
"Il Console ci ha davvero fatto un regalo del genere?" chiese Sally a bocca aperta. Rita Blackwell aveva dato loro in dotazione un jet privato per raggiungere gli altri ragazzi da usare qualora Magnus non potesse aprire un Portale, come quel giorno. Il pilota automatico li fece salire a bordo: l'interno era confortevole, numerose cuccette erano chiuse da tendine blu, molti sedili, due bagni e una cucina, anche la TV e un PC. Sistemarono i bagagli in un angolo e si riunirono in cucina. Sally e Glenys da un lato del tavolo e Raphael ed Astrea dall'altro. Un fascicolo aperto e una foto.
"Lui è Nikolai Larsen, ha sedici anni, è nato in Texas ma è cresciuto ad Oslo. Qui dice che è stato adottato all'età di sei anni, ma successivamente ha cambiato tre famiglie fino a quando è stato accolto dai Larsen. E' un licantropo." spiegò conciso e rapido Raphael, che aveva letto i dati dopo aver medicato Astrea.
"Non credete che voglia essere lasciato in pace? Ha avuto una vita difficile." disse laconica Sally.
"Qualcuno ha ucciso un suo simile e ha piazzato il cadavere davanti casa sua. Nikolai non può vivere in mezzo ai mondani, anche se sa controllare la trasformazione. Purtroppo appartiene al Mondo Invisibile." ribatté con veemenza Astrea. La vampira annuì. Il loro era un mondo che non risparmiava nessuno.
"Ritengo che voi abbiate ragione. Questo ragazzo ha bisogno di essere aiutato!” fu il commento di Glenys, la voce dolce e un sorriso cordiale sulle labbra. Raphael chiuse il fascicolo e si alzò.
"Dobbiamo dividerci i compiti: chi indaga sulle vittime e chi cerca di capire come avvicinare Nikolai?"
"Tu sei il leader, Santiago, perciò sarai tu a dirci come avvicinare il ragazzo. Glenys, tu ora sei una riserva del team, quindi devi darti da fare."
"Lavoro io con Glenys." Sally portò la Fata in cucina, dove analizzarono le foto e gli altri dettagli. Astrea e Raphael si spostarono nell'aria notte e cercarono sui social eventuali profili di Nikolai, magari avrebbero potuto adescarlo in internet. Astrea scartò un pacco di patatine e si sedette sul divanetto a mangiare, accanto a Raphael.
"Stai mangiando troppo in questi giorni, non abbiamo molto tempo per fare la spesa." rise lui, rubandole una patatina.
"Stamattina mi è venuto il ciclo, quindi ho fame. Lasciami strafogare in pace!"
"Devi essere sempre così diretta?"
Astrea scosse le spalle.
"Dico solo come stanno le cose. Comunque, hai trovato qualcosa?"
"Non ha profili né su Facebook né su twitter. Ha aperto un blog un anno fa su cui posta i disegni che lui stesso realizza. Guarda!"
La maggior parte dei disegni raffigurava demoni, rune, lupi, lune di tutte le dimensioni. Questo voleva dire che Nikolai aveva già ucciso la sua prima vittima e aveva attivato così il gene del mannaro.
"Conosce il nostro mondo. Chissà quante persone ha ucciso."
Raphael prese un'altra patatina mentre continuò a guardare lo schermo del PC.
"Sulla sua scheda c'era dell'altro, ma non volevo dirlo anche a Sally e a Glenys. Nikolai ogni venerdì va dalla psicologa che lo ha seguito dopo la morte dei suoi genitori. E' incline alla violenza e alla depressione."
"Ci capitano anche casi umani. Il Clave non poteva metterci in una situazione peggiore. Dobbiamo recuperare Nikolai il prima possibile."
"Oggi è venerdì, quindi ha una seduta. Potremmo adescarlo quando esce." propose Raphael, ma il cervello di Astrea aveva elaborato un piano più efficace.
"E se uno di noi fingesse di essere un paziente? Lo si invita a colazione e lo becchiamo!"
"Sally non può. Glenys non è in grado. Restiamo io e te, fuego."
Astrea sorrise e gli stampò un bacio sulla guancia.
"Infatti, andremo io e te. Non ti eccita scendere in campo, insieme, come ai vecchi tempi?"
"No, affatto." disse Raphael, mettendo via il computer. Astrea a quel puntò decise di prenderlo un po' in giro, giusto per fargli perdere la pazienza. Si sedette a cavalcioni e gli circondò il collo con le braccia.
"Astrea. Per favore, resta concentrata."
Lei non gli diede retta, anzi cominciò a baciargli il collo con eccesiva calma. Raphael non riuscì a rimanere indifferente, le strinse i fianchi attirandola. Si lasciò sfuggire un gemito che fece sorridere Astrea.
"Questo ti eccita, invece? Vero?" gli sussurrò Astra sulle labbra prima di baciarlo. Quel contatto bastò per innescare la scintilla. Baci e ansiti si alternavano. Le mani di Raphael stavano accarezzando la schiena di Astrea sotto la maglia e lei fu scossa dai brividi.
"A-astrea... non possiamo."
Astrea si allontanò sbuffando e si alzò. Raphael si sistemò la maglia e i capelli, mentre lei controllava il cellulare; sembrava arrabbiata, così lui la raggiunse abbracciandola da dietro.
"Sei arrabbiata?"
"No."
"Invece sì."
"Solo non capisco perchè tu debba essere sempre così morigerato e inflessibile."
"Forza dell'abitudine. Sono stato capo dei vampiri, Astrea, e mi riesce difficile staccarmi da quel ruolo. Mi dispiace."
Astrea si girò e lo guardò negli occhi. Non riusciva a tornare alla vita normale e forse mai lo avrebbe fatto. Gli diede un bacio a stampo.
"Non ti dispiacere. Va tutto bene. Pian piano ce la faremo, non sei solo."
"Grazie, mi amor." disse Raphael, e sembrava più calmo rispetto a pochi minuti prima.
"Adesso chiamo Magnus per sapere se ha scoperto qualcosa. Tu controlla quelle due."
 
 
 
"Ragazzi, ho delle novità." esordì Astrea dopo aver parlato con Magnus. Raphael, Sally e Glenys erano seduti di nuovo attorno al tavolo, qualche bicchiere d'acqua disseminano qua e là.
"Cosa vi ha detto lo Stregone?" chiese Glenys, l'abito che le si arricciava alle caviglia, i fiori ancora freschi tra i capelli scuri.
"Le rune che l'assassino disegna sono state marchiate a fuoco con dei ferri. Non si tratta di nessuno strumento conosciuto nel Mondo Invisibile, dunque non è un Nephilim né un Nascosto. Tramite un messaggio di fuoco ho chiesto ad un folletto, uno a cui vendo erbe magiche, di controllare se qualcuno del nostro ambiente avesse comperato ferri di quel genere, ma la risposta è stata no."
"Dobbiamo supporre che sia un mondano?" disse Sally con la bocca spalancata e l'espressione scioccata. Astrea si sedette e mostrò loro le foto delle rune zoomate.
"I bordi sono frastagliati e sono imprecise. Sono rune strane, non fanno parte del Libro Grigio. Non hanno alcun senso. Non è un esperto del nostro mondo ma ne sa abbastanza."
"Molti mondani possiedono la Vista." intervenne Glenys.
"Sì, può essere.”
"Chiarito questo punto, resta una sola domanda: l'assassino e l'artista sono la stessa persona?"
"I cuori sono stati strappati con abbastanza cura, e questo ci potrebbe far supporre che siano due persone diverse." continuò Astrea indicando i buchi nel petto delle vittime che le foto mostravano con chiarezza.
"Perchè un mondano dovrebbe mai assassinare creature magiche?"
"Non lo so, Glenys. Un passo alla volta." le sorrise Sally, e la Fata si zittì.
Astrea stava fissando il vuoto oltre le spalle della sua migliore amica, meditando su chi potesse aver compiuto quelle azioni e quanto potesse essere pericoloso. La mano calda di Raphael sulla sua coscia la fece rinsavire e sbatté le palpebre come per svegliarsi. Fece scivolare le dita tra quelle del ragazzo in cerca di conforto.
"Siamo giunti ad Oslo." annunciò la voce robotica del pilota attraverso l'altoparlante.
"Che lo spettacolo abbia inizio!"
 
 
 
"Quale sarebbe il vostro piano?" Glenys era appollaiata sulla poltrona del corridoio principale, quello rivolto verso i finestrini, e alle sue spalle c'era Sally, che si riparava dal sole. Raphael ed Astrea si stavano cambiando per scendere e incontrare Nikolai.
"Io fingerò di essere il fratello di Astrea che l'accompagna alla sua prima seduta. In questo modo Nikolai dovrebbe sentirsi al sicuro, invece di sospettare e magari scappare."
La Fata stava per ribattere, ma abbassò gli occhi di colpo arrossendo. Raphael si voltò: Astrea era in reggiseno e reggeva tra le mani una maglietta, era scalza e i jeans erano piegati alle caviglie.
"Perché devo indossare questa maglietta orribile? Questo rosa mi disgusta a livelli apocalittici!" si lamentò raggiungendo gli altri. Sally scoppiò a ridere.
"Potresti vestirti?! Grazie." le disse Raphael cercando di non guardarla.
"Siamo tutte donne e tu sei il mio ragazzo, quindi posso stare come mi pare. Detto questo, non posso indossare qualcosa di più decente?"
"Devi fingere di essere matta, non devi sfilare alla fashion week!" le fece notare Sally. Astrea, con gli occhi ridotti a fessure, si infilò la maglia e poi gli stivali. Si lego i capelli castano scuro in una accurata coda di cavallo.
"Avete un bell'aspetto, Lady Astrea!" esclamò Glenys con gentilezza. Astrea le fece un sorriso.
"Grazie."
Uno sguardo d'intesa tra Sally e Glenys non passò inosservato a Raphael, che si era appena legato al polso l'orologio. Aveva già notato che tra le due ragazze ci fosse sintonia, ma non credeva certo fossero così amiche.
"Santiago, sei pronto?"
"Assolutamente no.”
 
 
Oslo sarebbe stata una bella città da visitare se solo non ci fossero stati di mezzo un assassino, un gruppo di ragazzi da salvare e il Clave. Astrea e Raphael camminavano a passo spedito, mantenendo un profilo basso, per il finto appuntamento con la psicologa. Le loro mani si sfioravano senza allacciarsi.
"Posso farti una domanda?" fu Raphael a rompere il silenzio che si era creato.
"Spara."
"Sally e Glenys. Hanno fatto subito amicizia?"
Astrea rise e diede uno schiaffo lieve sul braccio del ragazzo.
"Tesoro mio, quanto sei perspicace! É ovvio che c'è attrazione tra quelle due. É così palese."
"Attrazione?! In quel senso...?" Raphael era sorpreso.
"A Sally piacciono le donne. E, si sa, le Fate sono volubili."
"A Sally cosa?! E Mark? Io credevo..."
Astrea si guardò velocemente il braccio, laddove bruciava ancora il ricordo del viso contento di Mark mentre moriva.
"Lui era innamorato di lei, ma non era ricambiato. Non conoscevi così bene i tuoi vampiri, Santiago!" lo stuzzicò lei.
"Ero il capo e non ho mai pensato alla loro vita privata."
"Avevi già troppi problemi con la tua, di vita privata. Non potevi provvedere a tutto tu."
"Non addolcire la pillola perché stiamo insieme." il tono di Raphael era contrariato, odiava che qualcuno giustificasse le sue azioni.
"Dico solo la verità, cretino. Gestire un intero clan non deve essere facile. Io non riesco a gestire nemmeno casa nostra, figurati un folto numero di persone!"
Raphael sorrise all'espressione 'casa nostra', lo fece sentire parte di qualcosa e di qualcuno. Si sentiva al sicuro, protetto nel cuore di quella strana ragazza tutta sarcasmo e guai.
"Mi stai forse dicendo che sono la tua governante?"
"Vediamo: cucini, fai la lavatrice e annaffi le piante. Sei il capo-clan di casa!"
Entrambi ridacchiarono e sembrò allentarsi la tensione per la missione. Una decina di minuti dopo raggiunse lo studio della dottoressa Ingrid Hansen, la terapeuta di Nikolai. Era un edificio imponente, fatto di vetro, dava l'impresso di essere ad Alicante, la cosiddetta 'Città di Vetro'. Astrea inforcò i fasulli occhiali da vista con la montatura spessa e sollevò il cappuccio sulla testa.
"Perché devo fare io la matta? Tu saresti stato perfetto." mormorò Astrea seguendo Raphael.
"Attieniti al piano, fuego."
"L’idea di Sally di dargli una botta in testa e rapirlo non era così pessima!"
"Farò finto di non averti sentita. Ora fa la brava e sta attenta." Raphael le diede un bacio sulla fronte e aprì la porta facendola entrare per prima.
"Scusate, voi siete nuovi?" una donna sulla cinquantina con un vestito a stampa floreale li fissava dalla sua scrivania.
"Ho portato mia sorella per la sua prima seduta. C'è qualche problema?" disse Raphael, Astrea al suo fianco taceva e si mascherava il viso con i capelli. La segreteria diede una rapida occhiata al registro e scosse la testa.
"Non c'è nessuna aggiunta alla lista di pazienti della dottoressa Hansen. Devo chiedervi di uscire."
Raphael appoggiò i gomiti sulla scrivania e si protese verso la donna con un sorriso privo di umorismo, quello che riservava alle sue vittime. Imprigionò lo sguardo della segreteria con i suoi occhi scuri, fissandola intensamente finché lei non si sentì del tutto indifesa. Riusciva a persuadere la gente senza i poteri da vampiro. Era un bel ragazzo e questo era una calamita per le donne.
"Ci farai entrare anche se i nostri nomi non sono sulla lista. Tutto chiaro?"
La donna annuì lentamente, l'aria spaesata e le labbra semiaperte.
"Potete accomodarvi all'interno."
"Gracias."
Una seconda porta che separava l'ingresso dallo studio della Hansen si spalancò con uno scatto metallico, e loro due entrarono in una saletta dalle pareti bianche; era una sala di attesa. Alcune persone leggevano delle riviste, una bambina giocava a terra, e un ragazzo stava creando forme con una molla. Era Nikolai. Raphael prese posto accanto a lui insieme ad Astrea.
"Scusami, é la prima volta che porto qui mia sorella e vorrei sapere che tipo é la dottoressa Hansen." Raphael parlò piano e con voce cantilenante, un vecchio trucco da vampiro. Nikolai alzò lo sguardo sulla ragazza con il viso coperto dal cappuccio.
"Ingrid, la psicologa, é brava. Sa fare il suo lavoro."
"Mi fa piacere. Voglio il meglio per la mia sorellina."
Nikolai tornò ad allungare e intrecciare la molla, estraneandosi dalla realtà circostante. Astrea fece segno a Raphael di lasciarla da sola, così lui finse una chiamata e si allontanò.
"Qual é il tuo nome?" chiese in un sussurro Nikolai.
"Agatha." rispose Astrea, senza guardarlo.
"Perché sei qui?"
"Mio fratello crede che io sia pazza perché dico di vedere dei mostri. Io so che ci sono, ne sono sicura. Vedo anche Fate e Vampiri, ma nessuno mi dà retta. Mi rinchiuderanno, Nikolai?" Astrea simulò paura e ansia, rivolgendo due occhi lucidi al ragazzo. Nikolai occupò il posto sulla sedia lasciata libera da Raphael e le afferrò la mano.
"Anche io vedo i tuoi stessi mostri e le creature magiche, Agatha. Non sei pazza. Anche mia madre mi obbliga a parlare con la psicologa per curare le mie visioni e farmi tornare normale."
"Anche tu li vedi? Sei sicuro? Non prendermi in giro come gli altri."
Nikolai si fece più vicino e si chinò per parlarle all'orecchio.
"Te lo giuro, non sei pazza. Non dirlo alla dottoressa, tienilo nascosto."
"Non posso. Ho promesso a mio fratello di parlarne e sfogarmi. Devo essere aggiustata."
"Non sei rotta, Agatha. Vedi oltre la realtà."
Raphael tornò in sala con un sorriso stampato sulla faccia, così Nikolai si rimise al suo posto.
"Sorellina cara, stasera ti portiamo in clinica. Mamma e papà hanno trasferito lì le tue cose stamattina."
Astrea si alzò con uno scatto tale da far ribaltare la sedia e cominciò a tremare, scuotendo la testa e piangendo. A momenti scoppiava a ridere, dovette trattenersi mordendosi la lingua.
"No. No. No. Non mi lasciare. Mi daranno le medicine dal cattivo sapore e mi terranno chiusa in camera. Non farlo!"
Tutti i pazienti la fissavano, eccetto la bambina che era del tutto indifferente. Raphael l'abbracciò, ma lei riuscì a scansarsi. Nikolai si pose tra i due fratelli.
"Lasciala in pace. Lei è normalissima. Siete voi i pazzi."
Astrea scappò via dalla clinica seguita da Nikolai, e Raphael sospirò di sollievo. Il gioco era fatto.
 
 
 
Il centro di Oslo era bellissimo, quasi magico avrebbe aggiunto Astrea. Nikolai l'aveva invitata a bere un the in un locale rustico della città. Aveva mandato un messaggio a Raphael comunicandogli la sua posizione quando il ragazzo era andato a recuperare le tazze.
"Tuo fratello è cattivo?" chiese Nikolai, le dita attorno alla tazza, le labbra sul bordo.
"No, almeno non credo. Esegue gli ordini dei miei genitori. Fa di tutto per compiacerli. Io sono la pecora nera della famiglia, l'ingranaggio che non funziona, la perdita che va colmata."
Astrea si prese qualche istante per osservarlo: aveva la pelle chiara, due grandi occhi azzurri e folti capelli castani, le ricordava Alec.
"Ti capisco. Anche i miei genitori sono convinti che la mia mente non funzioni per certi versi. Sono piuttosto violento e cado in lunghi periodi di depressione. Non sono come gli altri."
"Non devi fartene una colpa, Nikolai. Nessuno è normale a questo mondo. Noi siamo... solo un pochino più strani rispetto al mondo."
Astrea notò che le nocche del ragazzo erano coperte di croste, sanguinavano e sembravano dolorose. Doveva essersele procurate quando aveva le mani in tasca mentre raggiungevano il locale, altrimenti il lupo mannaro in lui avrebbe già rimarginato le ferite.
"Ehm...frequenti l'Università, Agatha?" la domanda di Nikolai la riportò alla realtà. Astrea non rispose, fissava il liquido ambrato nella tazza. Non se la sentiva di continuare a mentirgli, conosceva bene l'effetto delle bugie, lo aveva provato sulla propria pelle a causa di Thomas. Raccontargli frottole e prenderlo in giro non avrebbe agevolato la missione, e non avrebbe di certo rassicurato un ragazzo dall'animo fragile.
"Devo dirti una cosa, Nikolai."
"Cosa vuoi dirmi? Che ti chiami Astrea Monteverde? Che sei una Shadowhunter con poteri speciali? Che sei venuta ad uccidermi?"
Astrea strabuzzò gli occhi serrando le dita attorno ai braccioli della sedia. Nikolai aveva lo sguardo allucinato, sembrava sull'orlo di un crollo psicologico. Uno scintillio di follia gli balenò nei limpidi occhi azzurri.
"Non fare stupidaggini, Nikolai. Potrei ammazzarti se lo volessi, ma sei fortunato e oggi non ho voglia che mia lista di delitti si allunghi."
"Cosa vuoi da me? Sono un licantropo e con i Cacciatori non c'entro."
"Qualcuno ha abbandonato un cadavere senza cuore davanti casa tua e ha tracciato a terra della rune. Stiamo cercando il colpevole, e abbiamo l'ordine di proteggere te e gli altri ragazzi coinvolti."
Gli occhi di Nikolai si illuminarono di un verde intenso, un gorgoglio gli risalì dal petto e le zanne premettero contro la sua bocca. Astrea si alzò.
"Sta calmo, Nikolai. Non costringermi a farlo."
"Fare cosa?"
Una lingua di fuoco si attanagliò alla caviglia di Nikolai facendolo ricadere sulla sedia. La puzza di pelle bruciata era forte, eppure lui non voleva cedere. Astrea gli afferrò il polso e lo tirò in avanti, più vicino al tavolo. Nikolai aveva la fronte sudata per via del calore e a breve avrebbe chiesto che lei la smettesse.
"Astrea!"
Sally e Glenys, nascoste ai mondani, corsero verso di loro. Astrea mollò la presa, i capelli spettinati, i polpastrelli arrossati. Nel frattempo Nikolai aveva perso i sensi a causa delle fiamme. Anche Astrea era priva di forza, dal momento che il Fuoco Rosso risucchiava molta energia. Quando tentò di alzarsi, un forte capogiro la costrinse ad aggrapparsi al braccio di Glenys.
"Va tutto, Lady Astrea. Vi portiamo al sicuro."
 
 
 
“Allora? Cosa hai cavato da quei documenti?”
Raphael passò ad Astrea una tazza di camomilla fumante nel tentativo di alleviare i dolori dovuti al ciclo.
“Grazie. Beh, i ragazzi hanno assistito ai crimini della Guerra Oscura in tenera età. Il licantropo e il vampiro avevano la vista, a prescindere poi dalla loro futura trasformazione, che scherzo del destino! Nikolai ha assistito all’omicidio di una coppia di parabatai ad opera di uno degli Oscuri quando abitava nei pressi dell’istituto di Oslo. Tanisha, la vampira, invece, ha visto le Fate armarsi a favore di Morgenstern.”
“E Glenys?”
“Lei ha tentato di fermare sua madre Sive ma, venendo ignorata, si è rivolta al Clave per denunciarla. Ecco perché stata rinchiusa in Convento. Mentre lo shadowhunter ha ucciso uno Oscuro che minacciava due bambini piccoli.”
“E’ stato un periodo orribile quello.” Sentenziò Raphael, ora perso nei tragici ricordi di quell’esperienza. *Lui, Luke e Magnus erano stati imprigionati da Sebastian, alias Jonathan Morgenstern, per poi essere liberati da Alec e compagnia. Non amava particolarmente ricordare quel periodo, allontanava le immagini nitide, voleva dimenticare. Astrea gli accarezzò il braccio e gli fece un mezzo sorrise, poi richiuse i fascicoli e gli tirò leggermente la mano.
“Dai, Santiago, andiamo a dormire.”
 
 
Salve a tutti! :)

Ecco il secondo salvataggio della missione.
Si nascondono forze nemiche dietro questi omicidi, una antica vendetta.
Speriamo solo che i nostri amici, a fine compito, non abbiano bisogno di una psicologa!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
*Purtroppo nell’ultimo libro della saga Sebastian/Jonathan uccide il mio adorato Raphael che si sacrifica al posto di Magnus, ma è ovvio che io cambi la vicenda perché a me serve vivo.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

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Capitolo 4
*** Valanga di sangue. ***


CAPITOLO TERZO: VALANGA DI SANGUE.
 
 
 
Astrea la sera precedente era crollata subito dopo cena. Era stanca, dolorante e le bruciavano i polpastrelli. Quando l'indomani si svegliò, si sentiva in forma. Fece colazione e si chiuse in bagno.
"Posso entrare?" la voce di Raphael riuscì a sovrastare il rumore del phon.
"Entra."
La porta si aprì, Raphael si stava infilando la maglietta e fissò torvo Astrea.
"Perché continui ad asciugarti i capelli con il phon? Hai il fuoco che ti brucia nelle vene."
"Scusa se voglio fingere di essere normale! Comunque, hai dormito stanotte?"
"Non come avrei voluto. Volevo alzarmi, ma tu mi stritolavi." rise lui, sistemandosi i capelli meglio che poté.
"Sei comodo, Santiago. Ti porto con me per essere il mio cuscino personale."
"Ovviamente!"
Astrea uscì dal bagno e indossò una camicetta blu notte sopra una canotta grigia, poi calzò gli anfibi e infilò alle dita l'anello di famiglia e l'anello di pietra azzurra che un tempo era appartenuto a Yasirah Madani, la strega che aveva praticato un incantesimo per mascherare il Fuoco Rosso.
"Glenys come sta?" chiese, mentre piegava alcuni vestiti in valigia. Raphael, seduto sul letto, si allacciava l'orologio.
"Sta bene. Lei e Sally sono davvero amiche!" il tono sarcastico di Raphael fece ridacchiare Astrea, che ora lo guardava con le mani sui fianchi.
"Se sono rose fioriranno. Invece, Nikolai?"
"Intendi il lupo mannaro che abbiamo legato ai piedi del tavolo? Oh, lui si lamenta e impreca."
Quando Nikolai aveva perso i sensi per via dell'intenso calore, lo aveva portato sull'aereo e lo avevano ammanettato al tavolo per evitare che scappasse. Non aveva fatto alto che strillare e maledire chiunque lo avesse coinvolto, si era calmato solo dopo mezzanotte crollando a causa del sonno.
"Qualcosa non mi convince in questa storia."
Raphael, che ora le stava di fronte, le lanciò un'occhiata accondiscendente.
"Tutta questa storia non funziona, Astrea. Il Console ci ha nascosto di certo qualcosa."
"Sì, ne sono convinta anche io. Andiamo a vedere cosa combinano di là."
“Senza fretta, Monteverde. Me lo merito almeno un bacio?”
Astrea sorrise per la finta espressione da cucciolo bastonato di Raphael, poi si sporse e lo baciò. Fu lui ad approfondire il bacio, attirandola, mordendole il labbro, sorridendo sulla sua bocca.
“Adesso direi che possiamo andare.”
Insieme si recarono nel piccolo spazio della cucina, dove due divanetti erano disposti attorno al tavolo a cui era relegato Nikolai. Era sveglio, meno pallido della sera prima e Sally lo stava aiutando a bere dell'acqua.
"Come sta il nostro ragazzino ribelle?" chiese Astrea, lo sguardo sul licantropo e un'aria autoritaria che non le apparteneva ma che ostentava per finta.
"Liberatemi. Adesso." ringhiò Nikolai con gli occhi iniettati di sangue.
"Sta calmo, bamboccio. Non vogliamo ucciderti." disse Sally con la sua tipica flemma. Glenys era seduta in disparte, indossava una tunica verde ornata da foglie color oro, aveva i capelli intrecciati e i suoi occhi erano contornati da una matita marrone; sembrava aliena, così diversa e distante.
"Un vampiro, una ex Cacciatrice, un ex vampiro e una Fata. Che bella compagnia!" rise Nikolai, sedendosi meglio sul pavimento del jet. Raphael sollevò gli occhi al cielo e sospirò.
"Non credevo di essere così famoso tra i Nascosti!"
"Fino all'anno scorso tutti i Nascosti volevano uccidere la tua ragazza, quindi siete abbastanza conosciuti."
A Raphael non piacque quella constatazione, così lanciò un coltello che si piantò a pochi centimetri dalla faccia di Nikolai.
"Stammi a sentire, lupo: non siamo qui per gioco. Qualcuno ha ucciso uno della tua razza e lo ha lasciato davanti casa tua, e il nostro compito è scoprire chi è l'assassino. Perciò ti conviene collaborare se non vuoi che la prossima volta la lama ti trapassi il cervello spezzandoti uno ad uno i neuroni. Chiaro?"
"Meraviglioso." fu il commento di Astrea sul modo in cui Raphael si era rivolto a Nikolai. Sally sorrise felina, era contenta che il suo amico non avesse perso la fermezza di un leader.
"Cosa volete da me?" disse Nikolai, ormai si era rassegnato. Astrea lo liberò e lo fece accomodare, così sperava che la diffidenza del ragazzo sarebbe scemata. Gli fu offerta una tazza di caffè caldo che accettò volentieri.
"Vogliamo sapere come hai trovato il cadavere e se conoscevi la vittima. Tutto qui." adesso la voce di Astrea era più gentile. Il ragazzo bevve un sorso per schiarirsi la voce.
"Mio padre adottivo è morto due anni fa di infarto, così mia madre dorme in soggiorno con me perchè da sola non vuole stare. Quella sera sono rientrato a casa tardi, ero stato tutto il giorno in giro a disegnare, e lei mi aspettava in piedi in preda al panico. Le ho chiesto se avesse avuto una delle sue crisi di pianto, ma mi disse di aver visto qualcuno in giardino. Sono uscito per controllare che fosse tutto apposto e...ho trovato il corpo senza vita di quella ragazza. Aveva a stento sedici anni. Si chiamava Grace, l'ho incontrata un paio di anni fa in uno degli incontri per giovani lupi tenuti da alcuni ex affiliati del vecchio Praetor Lupus. Non la vedevo da allora, l'ho rivista morta nel mio giardino."
Per quanto la morte fosse qualcosa con cui Nascosti e Nephilim avevano quotidianamente a che fare, era comunque un argomento triste e difficile da affrontare.
I grandi occhi azzurri di Nikolai si erano persi nel ricordo di quella notte.
"Il cadavere dov'è?" chiese Sally.
"Sono tornato in casa e ho rassicurato mia madre che un gatto si fosse intrufolato, poi sono uscito dopo un paio d'ore. Ho seppellito il cadavere perchè nessuno lo vedesse, fino a quando sono arrivati i Centurioni a prelevarlo."
Astrea lanciò una rapida occhiata a Raphael, che si sporse per parlare con Nikolai.
"I Centurioni hanno esaminato i corpi e li hanno portati ad Idris, dove è giusto che vengano onorati."
"No. I Centurioni portano i Cadaveri nella Città di Ossa. Lo so perché un Fratello Silente era in compagnia di uno spilungone dalla divisa scura."
"Per quale motivo trasportare il corpo di un Nascosto nella Città di Ossa, luogo assolutamente dedito ai Nephilim?" intervenne Glenys, gli occhi sbarrati e le dita attorno al ciondolo a forma di rosa. Astrea abbassò lo sguardo sull'anello di famiglia; i loro dovevano essere ormai gesti consueti, un modo per sentirsi, dopotutto, ancora parte di una famiglia.
"Il Console non ci ha detto nulla riguardo alla sepoltura dei cadaveri, solo che i Centurioni li avevano esaminati stabilendo un legame tra le morti. Io e Magnus eravamo convinti che ognuno di voi avesse nascosto il corpo a modo proprio. Infatti, credevamo di non poter recuperare il corpo della Fata perchè il passaggio per la Corte è stato chiuso." disse Astrea, più a se stessa che agli altri. Raphael riconobbe l'indole curiosa e combattiva degli Shadowhunters, determinati a compiere il bene nonostante tutto.
"Invece le salme sono già state prelevate e portate dai Fratelli Silenti." concluse Sally, le unghie che picchiettavano sul tavolo e le labbra piegate in una smorfia seccata.
"Il vostro capo vi preso in giro, bello schifo!" esclamò Nikolai con un sorriso sghembo.
"Salviamo questi ragazzini, lasciamoli ad Idris e ritiriamoci." propose Astrea. Raphael fu sollevato, odiava il modo in cui Astrea cambiava quando si trattava di una missione, era più scostante del solito e tendeva a cedere alla sua parte oscura, quella dominata dal Fuoco Rosso.
"Altri due salvataggi e torniamo a casa!" disse Sally sorridendo alla sua migliore amica.
"Non potete scaricarci ad Idris!" si lamentò Glenys, gli occhi lucidi e la paura nella voce.
Sally la guardò e poi le strinse la mano.
"Puoi venire a stare da me, se non vuoi tornare a casa tua. Dopo aver concluso con il Console, puoi trasferirti nel mio appartamentino in periferia. Magari è la volta buona che io lasci il DuMort."
Raphael ridacchiò e Astrea gli tirò una gomitata nello stomaco. Glenys arrossì per poi annuire.
"Accetto volentieri la vostra proposta, Lady Sally."
"E io che faccio?"
Sally si voltò verso Nikolai e scosse la testa.
"Tu potrai tornare da tua madre oppure potrai vivere di stenti, non mi importa. Non è un mio problema!"
Astrea scoppiò a ridere alla faccia da pesce lesso assunta da Nikolai.
"Mia madre sarà sicuramente in ansia per me. Devo tornare a casa adesso!"
Glenys aveva un'espressione lontana, forse alla Corte, forse al Convento in cui era nascosta, forse il suo pensiero era rivolto a Sive, la madre che per nessuna ragione al mondo sarebbe stata in ansia per lei. Sally sorrise mostrando i canini e un'ombra oscura le attraversò lo sguardo. Anche lei era stata segregata dalla sua famiglia quando, dopo essere stata trasformata, si era recata da loro per chiedere aiuto, perciò anche lei non poteva capire appieno l’ansia della madre di Nikolai.
"Tua madre crede che tu sia in gita con i tuoi amici. Un piccolo trucco da vampiro." aveva fatto ricorso all'encanto per convincere la madre del licantropo a non preoccuparsi.
"Metodi ortodossi, mi dicono." disse sprezzante il ragazzo, incrociando le braccia.
"Che astuzia!" commentò Glenys con ammirazione, e Sally le fece l'occhiolino.
Astrea si era fatta stranamente silenziosa, poggiata contro la parete, lo sguardo assente e il cervello in funzione. Raphael scosse la testa, sapeva bene che lei non avrebbe rinunciato a svelare l'assassino, nonostante il Console le avesse nascosto la questione dei cadaveri. Anche la vampira si era resa conto dell'aria vacua della sua amica.
"Astrea, tutto bene?"
"Perchè la Blackwell non ci ha detto tutto?"
"Perchè te lo stai chiedendo? Non ci importa, lo hai detto poco fa." disse Raphael senza guardarla. Lei lo ignorò.
"Potrei chiamare Jem e chiedergli di fare un giretto nella Città di Ossa."
"Sei impazzita? Il Console ha chiaramente detto che ha scelto noi perchè possiamo muoverci senza che qualcuno sospetti." ribatté Sally, all'ombra dal sole che entrava dai finestrini.
"Jem è un tipo affidabile, non chiederebbe spiegazioni. Raphael, tu che ne pensi?"
Raphael, fino ad allora con gli occhi puntati sull'orologio al polso, guardò Astrea e si prese qualche istante per riflettere. Mettersi contro di lei avrebbe peggiorato solo le cose, ma non aveva neanche intenzione di appoggiarla, così decise per una via di mezzo.
"Sally ha ragione, ma sei libera di chiamare Jem e combinare guai."
Astrea non fu colpita tanto dalle parole del ragazzo, quanto dal tono duro che aveva usato.
"Non faccio niente se non mi dai il permesso. Sei tu il leader."
"Perchè?"
"Porque eu confio em ti."
Perchè credo in te, gli aveva detto in portoghese. Raphael si sentiva con le spalle al muro, schiacciato dai sentimenti che provava, come accadeva ogni qualvolta si trattasse di Astrea. Non era lucido, obbediva ad ogni suo ordine, avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.
"Va bene. Chiama Jem, ma resta vaga."
Sally imprecò a bassa voce, e mandò giù un sorso di sangue che si era versata prima in un calice. Astrea sorrise a Raphael e gli mandò un bacio volante, poi si allontanò per chiamare l'ex Fratello Silente.
"Sei un cretino. Quella ragazza ti dà alla testa. Capisco che tu sia innamorato di Astrea, ma non puoi rischiare ed esporti. Non più. Inoltre, io sono qui solo per eseguire agli ordini di Lily in quanto ricopro la carica di ambasciatrice, quindi non posso fare passi falsi." il rimprovero di Sally ferì Raphael, che ne era già consapevole.
"Il tuo compito è esclusivamente quello di aiutare, non di esprimere opinioni. Tienilo a mente." la gelida risposta di Raphael stupì la vampira, che scosse la testa e lasciò la stanza.
 
 
 
Quando si riunirono per il pranzo, attorno al piccolo tavolo della cucina, Astrea avvertì una tensione agghiacciante tra i presenti. Raphael mangiava tranquillamente la sua minestra, così come Nikolai, che non aveva protestato davanti ad un pasto caldo; Glenys affondava due bastoncini di legno grezzo in una mousse di bacche selvatiche e piante fluviali; Sally sorseggiava distratta il suo calice di sangue, senza curarsi di imbrattare i bordi.
"Vogliamo esaminare la prossima cartella?"
Nessuno aprì bocca, così Astrea diede loro una copia del documento originale del terzo Nascosto da salvare. Fu Sally a prende parola sentendosi chiamata in causa.
"Vediamo un po' di chi si tratta. Tanisha Emam 17anni, Africa- Johannesburg. Genere: vampiro. Anche lei ha qualche problemino come il nostro lupacchiotto?"
Nikolai rise senza umorismo, tornando serio un attimo dopo.
"Non riesco a gestire la rabbia, quindi sta buona, succhiasangue."
Sally sorrise sfoderando i canini e vi passò la lingua.
"Come siamo suscettibili oggi. La luna piena influisce anche su di te?"
"Basta, ragazzi. Concentratevi. Comunque, qui c'è scritto che fa parte del clan di un certo Viktor. Lo conoscete?" chiese Astrea, notando che lo sguardo allarmato che Sally rivolse a Raphael non fu ricambiato. Lui alzò gli occhi dal foglio solo quando la mano di Astrea lo rinsavì.
"Sì, lo conosco. Una volta era alleato del nostro clan, quando Camille era a capo, e spesso ha alloggiato al DuMort. E' un tipo...esuberante. Ama le feste, le belle donne, e il lusso. Possiede un centinaio di ettari in Africa, su uno di questi ha edificato una villa a tre piani con una piscina per ogni lato. Johannesburg è sotto il suo controllo."
"Egocentrico bastardo pervertito. Ecco chi è Viktor." il commento di Sally rese chiara l'idea. Glenys guardava Sally con un profondo rispetto, e non perchè la temesse, più che altro ne sembrava del tutto ammaliata. Certo, la vampira era una donna forte, intelligente e bellissima, ed era ovvio che attirasse l'attenzione. Astrea scioccamente si chiese se anche lei avesse quell’effetto sulle persone, eccezion fatta per Raphael, nonostante il suo viso pulito dal trucco e gli abiti monocolore che indossava ormai da anni. Scosse la testa come a scrollarsi di dosso quei pensieri futili e tornò al presente.
"Volete rapire anche lei?" scherzò Nikolai, ingoiando un pezzo di pane.
"Ti abbiamo forse rapito? Perdona la nostra corsa contro il tempo per salvare il tuo pelo umidiccio e crespo dalle grinfie di un assassino!" rispose Astrea, le sopracciglia sollevate, le mani sotto il mento. Raphael ridacchiò. Il licantropo sembrò in difetto mentre si stringeva nelle spalle.
"Il mio pelo non è umidiccio e crespo. E' solo...folto."
"Pelo a parte, come abbiamo intenzione di salvare la fanciulla in questione?" domandò con gentilezza Glenys.
"Questo è un intervento intelligente! Nikolai, prendi appunti." disse Sally ridendo di gusto. Prima che il ragazzo potesse replicare, Raphael fischiò per richiamare l'attenzione.
"Viktor dà una festa ogni sera, quindi anche oggi. Abbiamo bisogno di un piano per imbucarci e uno per avvicinare la ragazzina."
Astrea annuì.
"Sally e Glenys, lavorate su come avvicinare Tanisha. Io e Raphael ci occupiamo della festa. E tu, Nikolai, cerca di non combinare guai. Al lavoro!"
 
 
 
Dopo un pranzo abbastanza silenzioso, Astrea e Raphael si erano ritagliati un posticino nella sala giorno; dall'altra parte Sally, Glenys e Nikolai, che alla fine aveva deciso di dare una mano, stavano discutendo animatamente.
"Che succede tra te e Sally?"
Raphael non staccò gli occhi dalla scheda di Tanisha ignorando la domanda. Picchiettò il foglio con il tappo della penna, un gesto che faceva quando era nervoso. Astrea allungò una mano sul tavolino e la posò sulla sua interrompendo quel movimento convulso.
"Non succede niente."
"Non sai mentire, Raphael. Vorrei che tu mi parlassi, negli ultimi giorni sembri distante. Cosa c'è che non va?"
Raphael sollevò la testa e la guardò, strofinò col pollice il dorso della sua mano. Desiderava baciarla fino al mattino successivo, fino a dimenticare il proprio nome, ma no, non era ancora possibile.
"Va tutto bene. Sono solo stanco. Vorrei tornare a dormire nel nostro letto."
"Torneremo presto a casa, te lo prometto. So bene quanto questa situazione ti dia fastidio, e mi dispiace."
"Astrea, lascia perdere le scuse e le promesse. Sappiamo entrambi che la tua curiosità e la tua natura ti faranno inseguire questo fantomatico assassino." la voce di Raphael era dolce, ma celava un profondo risentimento.
"Non sei obbligato a venire con me."
"Non posso rischiare di perderti di nuovo. Non adesso che ti ho presa."
Astrea di scatto lo abbracciò. Lui le accarezzò la schiena lentamente e le diede un bacio sulla guancia.
"Torniamo ad ordire piani, dai. Come pensi di entrare?"
Astrea tornò al suo posto, e fissò la foto di Tanisha. Era una ragazza di colore, capelli lunghi lisci e due grandi occhi scuri.
"Possiamo far finta di essere membri del tuo clan, ovviamente Nikolai e Glenys restano qui, e avremo il lasciapassare per la festa."
Raphael scosse la testa.
"Viktor ti conosce e saprebbe riconoscere che io sono un mondano adesso."
"Certo, le notizie corrono quando hai una taglia sulla testa!"
Per un attimo vide i volti di Sylvie e Stan ridere di lei, poi ricordò a se stessa che la prima era stata incarcerata e l'altro era morto. Sia lei che Raphael avevano chiuso in gabbia due delle persone che avevano amato di più: un'amante e un parabatai. Si toccò la cicatrice che un tempo era la runa parabatai e avvertì un lieve dolore. Il tradimento faceva ancora male.
"Jem ti ha detto qualcosa?"
Astrea scosse la testa in segno di sconfitta.
"I Fratelli lo hanno rimandato indietro con la scusa di un importante incantesimo in corso. Ovviamente Jem non ci crede e neanche io. Stanno nascondendo questa storia dei cadaveri, quindi non abbiamo nulla in mano di nuovo."
"Abbiamo un'idea!" esclamò Nikolai col braccio alzato.
"Glenys ed io abbiamo un'idea, tu hai solo rotelle fuori posto." ribatté Sally, i capelli attorcigliati tra le dita, le sopracciglia sollevate. Nikolai sbuffò senza, però, aggiungere altro. Astrea e Raphael si sedettero con loro.
"Sarebbe?"
Glenys si schiarì la voce prima di intervenire.
"Ho pensato alle parole di Nikolai riguardo alle modalità con cui è entrato in relazione con il lupo deceduto. Ritengo che questa possa essere una strategia: fingiamo che Sally sia un membro del nuovo Praetor Lupus che recluta giovani Nascosti trasformatisi da poco per aiutarli, e pertanto sta cercando la nostra giovane vampira. Raphael potrebbe accompagnarla in vece di vecchio conoscente, malgrado sia un mondano."
"E io cosa faccio?" chiese Astrea, la bocca piegata in una smorfia di disapprovazione.
"Tu resti qui buona buona." le disse Raphael con un sorriso.
"Vengo con voi! Potrebbe succedere di tutto. Glenys terrà d'occhio Nikolai." ribadì lei.
"Senza azione tu non vivi." disse Sally con ironia. Astrea sospirò.
"Non lascio te e Santiago esposti al pericolo."
"Astrea si potrebbe presentare in qualità di Nephilim ambasciatore presso i vampiri. Le questioni politiche non interessano ai Nascosti." propose Glenys, che aveva le gote rosee per l'imbarazzo e teneva gli occhi bassi.
"Vi ricordo che l'ultima festa di vampiri a cui abbiamo partecipato è stata fallimentare." la cattiveria nelle parole di Sally si accompagnava ad un dolore antico. Quella sera lei, Stan e Mark avevano seguito Raphael e la Nephilim nella tana del nemico per il parabatai da salvare (che, poi, stava benissimo dov'era). Un brivido colpì il braccio di Astrea dove i graffi che Mark le aveva procurato segnavano la sua pelle. Dovette anche ammettere, però, che quella sera lei e Raphael si erano scambiati il loro primo bacio. Raphael si mise in piedi e allargò le braccia.
"Glenys ha avuto un'ottima idea. Adesso andiamoci a preparare. Che lo spettacolo abbia inizio!"
 
 
 
La campagna non era il luogo preferito di Sally, e si capiva dal suo continuo borbottio.  Il jet li aveva lasciati in un punto preciso fuori città, oltre la periferia, e da lì si erano dovuti muovere a piedi verso la villa di Viktor. La strada sterrata rendeva ostica la camminata, le gambe cominciavano a far male e l'afa di settembre non dava tregua da quando erano arrivati in Africa. Non avevano avuto la possibilità di visitare Johannesburg, anche se avrebbero voluto, invece erano stati costretti a vestirsi e a procedere in fretta. Il tutto avrebbe dovuto concludersi prima che il sole sorgesse. Mentre Sally aveva optato per un lungo abito porpora in tulle, Astrea indossava un paio di pantaloncini di jeans strappati qua e là, un top di seta color argento e i suoi stivaletti bassi. Entrambe avevano i capelli sciolti. Raphael era elegantissimo nel suo completo blu, camicia abbottonata interamente, scarpe italiane e capelli in ordine. Dovevano essere presentabili per essere sicuri che fossero invitati. Ci vollero ben due ore di tragitto per giungere nella dimora dei vampiri. Al contrario del DuMort, che a tutti gli effetti era un hotel, la Villa era un enorme casale rustico restaurato. A due piani, un’immensa facciata in pietra presentava ampie finestre e balconcini dallo stile moderno. La musica rimbombava in tutto l'isolato, urla e schiamazzi provenivano dall'interno, mentre all'ingresso una folla di vampiri si accalcava per entrare. Raphael si voltò verso le due donne.
"Sally, fingi bene la tua parte e cerca di essere convincente il più possibile. Tu, Astrea, sta vicino a me e non combinare guai."
Astrea sbuffò, stanca di essere considerata un pericolo costante. Con sé non aveva armi, eccetto il Fuoco Rosso che le scorreva nelle vene, e doveva anche fare la brava bambina. I tre si avvicinarono ai buttafuori che controllavano gli inviti e lasciavano entrare i membri del clan.
"I vostri inviti?"
Sally lanciò un'occhiata spaventata a Raphael, e Astrea temeva che non sarebbero mai stati ammessi alla festa. Raphael rise.
"Per favore, signori, siamo qui per affari. Viktor ci sta aspettando, e non credo sarebbe contento nel sapere che voi due non ci abbiate fatti entrare."
Uno dei due si irrigidì e un attimo dopo si scansò per farli passare.
"Bravi ragazzi!" disse Sally ammiccando ai buttafuori. L'interno era un delirio: La stanza dove si stava tenendo la festa era enorme e circolare, al centro due fontane erogavano alcol di ogni tipo, e i camerieri soggiogati strisciavano silenziosi e mogi tra i vampiri. La puzza di cadavere e l'odore metallico del sangue erano nauseanti. La pista era piena di corpi che dondolavo sulle ginocchia, che muovevano la testa e agitavano le braccia in alto, alcuni ballavano in coppia, altri bevevano soltanto. Astrea pensò che la festa di Katia alla quale si era imbucata due anni prima era più sofisticata, di tutt'altro livello, di tutt’altra malvagità.
"Raphael Santiago in casa mia, quale onore!" esclamò una voce alle loro spalle. Un uomo dalla pelle scura e con una corona sulla testa fece un goffo inchino. Era Viktor. Raphael gli strinse la mano e gli sorrise.
"Viktor, vecchia volpe, non ci vediamo da almeno trent'anni!"
"Ho avuto da fare. Questa villa e questa gente avevano bisogno del suo re!" disse Viktor indicando il diadema che gli cingeva il capo.
"Siamo qui per questioni politiche." esordì Sally con sicurezza. Il padrone di casa le rivolse uno sguardo felino, ma lei non si lasciò scalfire.
"Sally Palmer, mio piccolo zuccherino. Sei raggiante come sempre!"
"La faccenda è seria, Viktor." ripeté con urgenza Sally.
"Va bene, venite con me."
Viktor e la sua guardia del corpo, un omone alto due metri con delle profonde cicatrici sul volto, li condussero nel privè riservato al capo-clan. Si accomodarono su un divanetto blu e fu offerto loro qualcosa da bere, ma tutti e tre rifiutarono.
"Chi è la vostra accompagnatrice? Credete che io possa invitarla nelle mie stanze per mostrarle i gioielli di famiglia?" disse Viktor guardando Astrea con fare sensuale. Era strano che non l'avesse riconosciuta, probabilmente era uno che non si intrometteva nelle faccende dei Nephilim. Prima che Raphael potesse prorompere in una scenata di gelosia e farsi cacciare, Astrea rispose per le rime.
"Sono Astrea Monteverde, Shadowhunter di Lisbona. La Legge vieta qualsiasi tipo di relazione con i Nascosti, ed io rispetto la Legge."
"Nephilim, saccenti come sempre. Comunque, cosa cercate?"
"Il Praetor Lupus ha individuato una giovane vampira, Tanisha, che ha bisogno di un custode. Sono stata mandata io. Astrea è qui come ambasciatrice dei Cacciatori presso i vampiri del mio clan." spiegò Sally.
"Il Praetor Lupus è andato distrutto dieci anni fa per mano di Sebastian Morgenstern, e con esso sono morti tutti i suoi alti funzionari. Nessuno ha avuto l’ardire di ricostruirlo. Mi state mentendo, cari miei." Viktor mandò giù un sorso di sangue e li fissò dal bordo del bicchiere. Astrea con la mano toccò il ginocchio di Raphael, ma lui manteneva la sua maschera autoritaria.
"Tu sai del cadavere." disse all'improvviso, lasciando interdette Astrea e Sally. Viktor annuì divertito.
"Tanisha ha trovato un vampiro morto nella sua camera da letto e mi ha chiamato. Ho ordinato che venisse seppellito nella mia cripta fino a che il Clave non avesse mandato qualcuno a recuperarlo. Il Console Blackwell mi ha assicurato che qualcuno sarebbe venuto a prendere il corpo, ed eccovi qui."
Questo voleva dire che i Centurioni non avevano recuperato ancora tutti i cadaveri. Questo era forse diverso? Viktor stava mentendo? Il Console nascondeva qualcosa?
"I Centurioni non si sono fatti vedere?" chiese Sally, le sopracciglia inarcate, le braccia incrociate. Viktor era palesemente stupito.
"No. Dunque non siete qui per il vampiro morto?"
Astrea si irrigidì. Raphael le strinse la spalla e tornò a guardare il suo amico.
"Devi mostrarci il corpo e farci incontrare la giovane vampira. Tanisha è in pericolo."
Viktor si alzò e fece loro segno di seguirlo. Li accompagnò fuori dalla villa, qualche metro dietro il giardino, in quella che sembrava una botola. Scesero nel buio della cripta, molti metri sotto terra, dove il rumore della musica non era più udibile. La luce si accese e la stanza fu illuminata: una serie di bare giaceva in ordine sul pavimento grezzo, alte colonne riportavano incisioni latine, e diversi paletti sporchi di sangue secco erano sparsi su un tavolo. Viktor scoperchiò una delle bare e una faccia pallida sbucò dal nulla. Astrea sussultò, non abituata a quel genere di cose. Raphael si girò verso di lei e le accarezzò la guancia.
"Allontanati, non devi guardare per forza."
Mentre lei tornava vicino alle scale con Viktor, Sally e Raphael si chianarono per controllare il corpo. Il cuore era stato strappato come per le altre vittime, il fatto che fosse un uomo sulla ventina non aveva importanza per l'assassino, ma i bordi frastagliati e gli spruzzi di sangue sulla maglietta confermavano ancora una volta che il colpevole non era un Nascosto. Raphael poggiò una mano sul bordo della bara per sporgersi a controllare che non vi fosse nulla di nuovo rispetto agli altri cadaveri. Una scarica dolorosa gli attraversò il braccio e sembrò che qualcosa lo avesse punto sulla mano, ma non c'era alcun segno. Raggiunse gli altri scrollandosi quella sensazione di dosso.
"Allora? Avete scoperto qualcosa?" disse Astrea, ancora nauseata dalla scena.
"Stesso modus operandi, quindi è il nostro uomo. Niente di più." le rispose Sally. Quando risalirono, la guardia di Viktor li invitò a rientrare per il grande evento della serata.
"Questa non potete perdervela!" disse Viktor in preda all'eccitazione. Dopo aver ordinato ad un paio dei suoi di rintracciare Tanisha, invitò i suoi tre ospiti sulla pista da ballo. I vampiri si erano riversati al centro e gridavano il conto alla rovescia. Cinque, quattro, tre, due... uno! Una valanga di sangue e alcol venne giù da grandi tubi attaccati al soffitto. Astrea era ricoperta dalla sostanza rossa e viscosa, gli abiti si appiccicavano al corpo e gli occhi erano socchiusi. Le girava la testa e le si era stretto lo stomaco. Sally, invece, a suo agio, succhiava il sangue che aveva sulle mani, senza curarsi affatto che il suo bell’abito fosse sporco. Un'altra pioggia di sangue cadde su di loro. Era caldo e denso, l'odore stava facendo soffocare Astrea.
"Non è magnifico? E' una mia idea!" gridò Viktor per superare gli schiamazzi dei vampiri. Sally annuì energicamente. I vampiri attorno a loro sembravano in preda ad una follia cieca, come le baccanti durante le feste in onore del dio dell’ubriachezza e della smoderatezza Bacco. Raphael si tirò indietro i capelli ormai zuppi di sangue. Vide il viso di Astrea pallido come un cencio e decise di portarla via di lì.
"Astrea, guardami. Va tutto bene, adesso ce ne andiamo." Le afferrò delicatamente il braccio e disse a Sally di raggiungerli fuori non appena Viktor le avesse consegnato Tanisha. L'aria fresca li colpì come una doccia ghiacciata dopo la calura dovuta all’ondata di sangue che aveva investito poco prima i loro corpi. Raphael la depose su una panchina di plastica in giardino e cercò di pulirle il sangue dal viso con un fazzoletto.
"Come va?"
"Meglio, grazie. Per l'Angelo, hai dei capelli orrendi!"
Lui scoppiò a ridere e si portò una mano tra i capelli sporchi.
"Tu, invece, sei sempre bellissima."
"Ruffiano."
"Eccoci!"
La figura di Sally emersa dal buio mentre trascinava qualcuno che scalciava e piagnucolava.
"Non posso crederci che quello stronzo di Viktor mi abbia consegnato a voi per paura. Lo odio!" protestò una ragazzina dalla statura bassa, un abitino rosso succinto le fasciava il corpo minuto, e il trucco era esagerato per avere solo diciasette anni. Raphael aiutò Astrea a mettersi in piede cingendole la vita.
"Sei in pericolo, Tanisha." mormorò Astrea. La ragazza si liberò e mise il broncio.
"Sarete voi in pericolo se non mi lasciate andare subito!"
"Perchè tutti i ragazzini con problemi a gestire la rabbia capitano a noi?" domandò retorico Raphael scuotendo il capo. Sally tirò fuori dallo scollo dell'abito un sacchetto blu, lo aprì e rovesciò quella che sembrava polvere nel palmo della mano.
"Tanisha." disse, e soffiò la sostanza azzurrina sul viso della vampira. Tanisha crollò a terra.
"E' polvere di Fata, me l'ha data Glenys prima che scendessimo dal jet. Davvero utile, devo dire!"
"Andiamo via, vi prego." disse Astrea, aggrappandosi al braccio della sua amica. Raphael si caricò in spalla il corpo dormiente di Tanisha e tornarono al jet.
 
 
 
Salve a tutti! :)

Ecco il nuovo salvataggio della settimana. Un nuovo membro si aggiunge al gruppo, chissà come andrà avanti questa convivenza.
E chissà cosa nasconde il Console… ahi, ahi, questi Nephilim!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

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Capitolo 5
*** L'incubo delle Tre Regine. ***


CAPITOLO QUARTO: L’INCUBO DELLE TRE REGINE.
 
 
Alle sei del mattino Astrea stava già facendo colazione. Dopo essere tornati dalla festa di Viktor, aveva impiegato un paio d'ore per togliere i residui di sangue dai capelli e dalla pelle, mentre gli abiti erano irrecuperabili e li aveva dovuti gettare. Tanisha era stata sistemata, ancora sotto effetto della polvere fatata, nella cuccetta accanto a quella di Glenys, e Nikolai aveva occupato un divanetto della sala giorno perchè il suo rumoroso russare disturbava il riposo degli altri. Sally aveva deciso di dormire, per quelle poche ore dopo l'alba in cui dormiva, nella saletta notte in cui una brandina spoglia faceva da arredamento. La stanzetta matrimoniale, ossia un letto a due piazze e un comodino, era stata lasciata ad Astrea e a Raphael.
"Già sveglia?"
Nikolai si sedette al tavolino e si passò una mano tra i capelli scompigliandoli. Astrea gli passò una tazza di latte che lui accettò volentieri.
"Sì, non ho dormito molto. Come mai sei in piedi a quest'ora?"
"Mi sveglio sempre all'alba per annaffiare le piante di mia madre, e poi vado a fare visita alla tomba di mio padre."
Astrea si ritrovò nel ragazzo, comprendeva il dolore per la perdita, la sensazione costante di abbandono. Lei, al contrario di lui, allontanava il ricordo dei suoi genitori e continuava imperterrita le sue giornate per evitare che il dolore e la rabbia la consumassero.
"Nik, mi dispiace. Mi dispiace per averti strappato da tua madre e dalla tua vita da studente. Quando sarà tutto finito, ti prometto che tornerai a casa tua e dimenticherai tutto questo."
Nikolai sorseggiò il latte, i grandi occhi blu in netto contrasto col pallore del suo viso. Le ricordava Alec, sia nell'aspetto sia nel carattere. Quante cose erano cambiate tra lei e Alec, e a pensarci bene non avevano mai affrontato la questione nel modo giusto.
"Voglio solo tornare da mia madre, il resto poco mi importa. Senti, ma tu non eri stata derunizzata?"
Astrea fece un mezzo sorriso aspettandosi quella domanda da un momento all’altro.
“Beh, è vero che sono stata bandita dalla comunità dei Cacciatori, mi hanno sequestrato le armi, lo stilo, la strega-luce e anche l’Istituto, ma in fondo resto una figlia di Raziel e non ho commesso alcun reato per cui meriti la derunizzazione. Diciamo che mi hanno soltanto allontanata perché un Nephilim con le abilità magiche di un Nascosto fa paura e va tenuto a debita distanza. Le rune che scompaiono sono soggette ad un incantesimo che semplicemente le copre, ma restano comunque sotto pelle.”
Il giovane licantropo sembrò dispiacersi per la malasorte toccata a quella ragazza minuta e dai grandi occhi nocciola che celavano una profonda tristezza.
"La seduta per il gruppo degli alcolisti anonimi è finita?" esordì Sally, solo una camicia da notte a coprirla e i capelli perfettamente legati in una coda alta.
"Disse la vampira con una cotta per la fata stramba." ribatté Nikolai con un'alzata di spalle. Sally spalancò gli occhi, di certo non si aspettava quella reazione. Astrea ghignò.
"Abbassa la voce, stupido cagnaccio!"
"Quindi è vero?" disse Astrea con un finto stupore. Sally la spinse per farsi spazio e sedersi.
"Glenys mi piace come piace a tutti voi, niente di più."
"E' come dire che a me piace Astrea come piace a Raphael. Sei ridicola." la rimproverò Nikolai ridendo.
"Va bene, idioti. Mi piace Glenys. Adesso non ne parliamo più. E tu, cagnaccio, non dirlo a nessuno o ti raso il pelo."
"Bocca cucita!"
Sally rubò la tazza di Astrea e mandò giù un sorso di latte e caffè. Notò che la Nephilim era già vestita, indossava un paio di jeans e una maglia a maniche corte verde militare (faceva ancora abbastanza caldo per essere metà settembre), ed era scalza. Come al solito, i capelli scuri erano tenuti indietro da un fermaglio e il suo viso non registrava  macchie di trucco.
"Hai finito di fissarmi? Sei inquietante, Sally!"
La vampira distolse lo sguardo e le fece la linguaccia.
"Avete qualche indizio? Chi credete sia l'assassino?" chiese Nikolai, guardando prima Sally e poi Astrea. Quest'ultima scosse la testa.
"Immaginiamo possa essere un mondano, forse con la Vista. Non crediamo possa essere un vampiro perchè il cuore è stato strappato da mano inesperta e lo indicano i bordi frastagliati; lo stesso vale per un Nephilim e per qualsiasi altro Nascosto, perchè sicuramente sarebbero stati più precisi e metodici. In questi omicidi nulla è metodico, ma neanche lasciato al caso."
"Lo avrebbero potuto fare per depistare le indagini." rifletté Sally. Astrea scosse di nuovo la testa.
"No. Tutto fa pensare che l'assassino voglia lasciare un messaggio a qualcuno, ed è sicuro che questo qualcuno lo stia ascoltando. Potrebbe trattarsi di vendetta. Sono omicidi ben pianificati, anche troppo, per trattarsi di un semplice killer. Sta inviando dei segnali mettendo in scena questo teatrino.”
"Ha ucciso un membro di ogni razza, e questo vuol dire che ci sta dicendo che è lui ad avere il controllo. In questo modo ci sta guidando verso la verità, come se volesse essere scoperto." disse Nikolai, gli occhi azzurri fissi sulle mani, la bocca contratta in una smorfia di riflessione.
"Ammettendo che voi abbiate ragione, qual è il messaggio che sta lanciando e qual è il prossimo pezzo del puzzle?" chiese Sally, la curiosità aveva catturato anche lei. Astrea si portò le ginocchia al petto e poggiò la testa su di esse. L’anello di famiglia e quello di pietra azzurra erano freddi contro la guancia.
"Non possiamo neanche esaminare i corpi, dal momento che i Centurioni hanno seppellito tutto nella Città di Ossa. E il cadavere del vampiro non ci è stato molto d'aiuto. Dovremmo pensare a cosa possa collegare le vittime tra di loro, o cercare nella storia di ognuno un evento particolare che abbia innescato questa serie di omicidi."
"Credi che abbiano fatto qualcosa di male?" azzardò il licantropo, al che Astrea annuì.
"L'assassino potrebbe ritenerli responsabili di qualche malefatta per cui dovevano pagare con la morte."
"Non potrebbe trattarsi di magia incanalativa? Magari qualcuno ha bisogno di acquisire poteri magici attraverso il sacrificio di queste vittime." fece Sally, i capelli color platino erano in opposizione all'ombra che baciava la sua figura al riparo dal sole.
"Magnus ha ipotizzato la stessa cosa, ma non ci sono attività magiche sulle cartine. Forse si sta preparando, e la preparazione richiede tempo, quindi la magia potrebbe attivarsi più in là." disse Astrea con un'alzata di spalle.
"Almeno possiamo escludere tutti i membri del Mondo Invisibile!" esclamò Nikolai con un sorriso. Sally inclinò la testa e lo osservò per qualche istante, poi sospirò.
"Sai quanti mondani esistono al mondo? Potrebbe essere chiunque."
"Non è chiunque, è chi conosce il nostro mondo."
"Astrea!"
Glenys, ancora in tenuta da notte, con i capelli legati in lunghe trecce e senza trucco, corse lungo il corridoio principale del jet per raggiungere la cucina. Aveva il viso arrossato, le guance gonfie e respirava a fatica. Astrea scattò in piedi rapita da un brutto presentimento.
"Che succede?"
"Raphael non sta bene."
Astrea non diede peso al fatto che la fata per la prima volta si fosse riferita a loro senza convenevoli, e rimase interdetta a quelle parole. Sally le posò una mano sulla spalla per svegliarla dallo stato di trance.
"Cosa vuol dire che non sta bene?"
Veloce e abile come una Cacciatrice, Astrea andò a passo svelto nella sua camera da letto. Raphael non stava bene per davvero: era pallido, sudava freddo, i capelli gli si appiccicavano sulla fronte, si muoveva come afflitto dalle convulsioni. Aveva gli occhi chiusi, ma continuava a ripetere un nome: Guadalupe, il nome di sua madre. Astrea salì sul letto e prese a scrollarlo per farlo svegliare, eppure lui continuava con la sua cantilena. Al tatto era bollente come se avesse la febbre a quaranta.
"Che gli prende?" mormorò Nikolai a Glenys, ancora frastornata dal terribile risveglio. Sally si avvicinò al suo amico e gli toccò la gola, controllò che il cuore battesse e che il sangue scorresse.
"Che facciamo?" Astrea era sotto shock, gli occhi spalancati e lucidi, le mani sulle spalle del ragazzo.
"Chiamo immediatamente Magnus. Glenys, cerca tra le tue polveri qualcosa che possa aiutarci; Nikolai, tu pensa a Tanisha."
I tre lasciarono la stanza in fretta. Raphael aveva smesso di chiamare sua madre, eppure continuava ad agitarsi come se stesse facendo un brutto sogno da cui non riusciva a riprendersi. Astrea bagnò un asciugamano e gli tamponò la fronte e il collo accaldati, mentre lo cullava perchè si calmasse.
 
 
New York , 1952.
La famiglia Santiago si era da poco trasferita nella grande mela. Un anno prima il capofamiglia, Benito Santiago, aveva lasciato Madrid per emigrare negli Stati Uniti d'America, dove aveva trovato lavoro presso un'industria di gomme per automobili. Da una settimana lo avevano raggiunto sua moglie Guadalupe e i suoi figli, entusiasti di vivere in quella città che apriva loro numerose possibilità. Raphael era il più diffidente della famiglia, sempre sospettoso che qualcosa di brutto potesse accadere, ma era il più gentile e dolce dei ragazzi. Sua madre pensava che da grande sarebbe diventato un uomo eccezionale, migliore di suo padre e dei suoi fratelli.
"Mamma, credi che potrei iscrivermi ai corsi di studi della Facoltà di Legge a settembre?" chiese Raphael, chino sul terzo libro della settimana, mentre sua madre tagliava a piccoli tocchetti le carote. La donna sorrise.
"Oh, mi amor, puede hacer lo que quiera. Sei tanto giovane ed intelligente, ragazzo mio, hai il mondo ai tuoi piedi. Sarei così contenta di avere un figlio avvocato! Immagina la reazione di tua zia Maria, quella vecchia invidiosa, che faccia farebbe, perchè suo figlio è un semplice muratore."
Il ragazzo rise al pensiero di zia Maria e della sua faccia verde di invidia. Il giorno dopo si iscrisse a Legge, e le lezioni sarebbe cominciate una settimana successiva. Raphael pensò che, dopotutto, quella città gli stava portando fortuna. Aveva conosciuto Sylvie, l'amore della sua vita, e adesso si spianava la strada per fare carriera.
 
 
"Hai trovato qualcosa?"
Sally colse Glenys nel momento in cui passava in rassegna le numerose ampolle che aveva portato con se dal convento.
"Ecco!" esclamò la fata con un sorriso. Richiuse il cofanetto e si avvicinò a Sally con due boccette di polvere bianca, una a granelli più grandi e l'altra più piccoli.
"Cosa sono?"
"Queste polveri di fata fanno abbassare la febbre e mantengono costante la temperatura del corpo, evitando che il sangue vada in ebollizione. Lui come sta?"
"Continua a delirare, e Astrea sta provando a tamponargli la fronte con un panno bagnato, ma non sembra sortire effetti. Magnus sarà qui a momenti."
Sally accompagnò Glenys nella camera del 'malato'. La scena era triste: Astrea col viso stravolto e la paura negli occhi sedeva accanto a Raphael e gli stringeva la mano, mentre lui tremava e continuava a sudare.
"Astrea, abbiamo qualcosa. Queste dovrebbero aiutarlo." disse Sally, e Glenys le mostrò le polveri. Attraversò la piccola stanza e, quando Astrea si fu messa da parte, tolse il tappo di sughero e rovesciò entrambe le sostanze sulla fronte di Raphael. La fata pronunciò una frase rituale perchè si manifestasse la magia. Pochi istanti dopo la temperatura era tornata normale, umana, e il sudore diminuiva lasciando traccia nei capelli scuri arricciati e sulle lenzuola. Astrea tornò al suo posto e, recuperato un altro asciugamano, continuò il suo lavoro. Nikolai apparve sulla soglia della porta e fece cenno a Sally di seguirlo, lasciando solo Glenys nella stanza.
"Lo stregone è arrivato." sussurrò il lupo mentre raggiungevano lo spazio giorno. La figura magra di Magnus riempiva l'ambiente, pantaloni neri di pelle, camicia e giacca in seta vinaccio, e un paio di scarpe eleganti. La sua espressione preoccupata era in opposizione al suo abbigliamento.
"Cosa è successo, per Lilith?!"
"Sta calmo, Magnus. Astrea si sta preoccupando per tutti, non abbiamo bisogno di un’altra persona ansiogena. Ti voglio lucido." disse Sally con risolutezza. Magnus si ricompose, ed annuì.
"Ci sono. Ditemi tutto."
 
 
Raphael riprese a farfugliare, ed Astrea balzò sulla sedia per cercare di capire. Non era il nome di sua madre, non stava parlando in spagnolo, era... un altro nome. Stava chiamando Sylvie. Per un attimo un moto di gelosia le oscurò il cuore, ma poi ricordò che lui era in fin di vita e poteva dire di tutto. Il ragazzo strinse le lenzuola continuando a ripetere una sola frase, quasi fosse un ricordo a cui si stesse aggrappando: Sylvie, io ti sposerò. Quando una mano le toccò gentilmente la spalla, Astrea sollevò lo sguardo e vide Magnus. Si abbracciarono.
"Lo sto perdendo di nuovo." mormorò Astrea contro la giacca costosa dello stregone. Magnus la scostò il giusto per poterla guardare negli occhi. Anche Sally, Glenys e Nikolai, che aveva somministrato un'altra dose di sonnifero fatato a Tanisha, si erano riuniti in quella stanza.
"Devo porvi delle domande per capire quale sia la natura di questo malessere." disse Magnus spicciolo, troppo afflitto per parlare.
"Credo si tratti di un incantesimo." esordì Glenys, ora indossava un lungo abito di pizzo rosa e tra i capelli erano intrecciati dei fiocchi di seta. Sally la guardò di traverso.
"Cosa te lo fa pensare?"
"La temperatura corporea non può alzarsi in modo tanto celere, soprattutto in un corpo umano. Inoltre, se non erro, è in preda a delle visioni tipiche di una potente magia." riprese la fata, intimidita da tutti gli occhi puntati su di se. Nikolai, nell'angolo della camera, fu catturato da un dettaglio: la vista sviluppata da licantropo gli permise di intravedere un segno scuro sul palmo della mano di Raphael.
"Dovete dare un'occhiata alla mano di Raphael."
Astrea afferrò la mano di Raphael e controllò il palmo. Una specie di marchio intricato macchiava la sua pelle, erano una serie di linee nere che si univano al centro. Quasi simile ad una runa. Magnus si sporse per vedere e sospirò.
"Che cos'è?" la domanda di Sally diede voce ai pensieri di tutti.
"E' un vecchio incantesimo di magia nera. Raphael è stato maledetto. Questo simbolo sta a significare che la follia oscura ha scelto lui come vittima, si chiama ‘l’incubo delle tre regine’ poiché si è tormentati dalle tre donne che più si ha amato nella vita. I ricordi e le visioni lo condurranno alla morte prima che possa aprire gli occhi un'ultima volta."
 
 
"Io ti amo, Sylvie."
Sylvie, arrivata da Madrid da poche ore, sorrise divertita. Raphael era un ragazzo fantastico, era dolce, galante, sofisticato, colto, e anche ingenuo. Certo, ormai stavano insieme da sei mesi e lui aveva dimostrato in più occasioni il suo affetto ma Sylvie non era pronta ad una relazione seria. Voleva solo divertirsi come tutte le sue amiche, anche se sua madre non avrebbe condiviso.
"E' scorretto dire certe cose dopo aver fatto l'amore." ribatté la francesina ridacchiando.
"Perchè? Io ti amo, e ti amavo anche ieri che non eri qui con me."
"Sei un romanticone, Raphael. La vita non è rose e fiori, è più pietre e pioggia acida."
Raphael depositò un bacio sulla spalla nuda della ragazza, poi un altro sulla guancia, ed un altro ancora sulle labbra.
"Resta con me. Ti prometto che ci saranno solo rose per noi."
Sylvie annuì e gli diede un bacio carico di passione.
"Ti sposerò, Sylvie."
 
 
Astrea aveva lasciato la stanza di Raphael, che incessantemente era afflitto dalle convulsioni e visioni, e si era rifugiata nella piccola cucina. Prese una bottiglietta d'acqua dal frigo e lasciò che la gola secca si sciogliesse. Avrebbe voluto piangere, ma le lacrime non scendevano, sembravano essersi cristallizzate come aghi nel suo cuore. Sua madre diceva sempre che c'è da preoccuparsi quando non si piange, perchè vuol dire che il dolore è arrivato al culmine, si era cementato nel petto e non voleva uscire fuori. Ed era proprio così per Astrea. Era la terza volta che rischiava di perdere Raphael. Era morto, era tornato umano, ed ora era stato maledetto. Cominciava a credere che fosse lei a portargli sfortuna. A volte pensava che, se due anni prima non si fosse presentata al DuMort, ora lui sarebbe ancora il capo-clan, Stan sarebbe vivo, sarebbe potuto tornare insieme a Sylvie, e soprattutto non sarebbe esposto al costante pericolo di morte. Ancora non capiva perchè Raphael fosse rimasto al suo fianco nonostante tutto. Certo, l'amore rende sopportabile l'insopportabile, ma lei era convinta che anche all'amore ci fosse un limite, che sembrava non esserci per Raphael. Lui era estremamente fedele e credeva che tutto capitasse per una ragione.
"Mi aspettavo di trovarti attaccata ad una bottiglia di birra."
Sally, poggiata contro lo stipite della porta, la guardava con compassione.
"Raphael odia il fatto che io beva, lo sai."
"Raphael non è qui e potrebbe non esserci mai più."
Astrea alzò gli occhi sulla sua migliore amica e inclinò la testa sperando di aver capito male.
"Che hai detto?"
"Oh, avanti, Astrea. Lo sappiamo che Raphael sta per morire. Non c'è soluzione alla morte."
"Magnus e Glenys stanno cercando una cura, tu cosa stai facendo? Stai perdendo tempo invece di salvare il tuo amico." sputò acida Astrea, aveva iniziato a crollare e non si sarebbe fermata.
"Devi fartene una ragione, amica mia. Hai salvato Raphael troppe volte. Ti devi abituare all'idea che lui è umano, potrebbe morire e lasciarti da un momento all'altro. Non resterà al tuo fianco per sempre. Un domani ci saremo solo io, te, Magnus e Max. Raphael, Alec e Rafe saranno solo un lontano ricordo. Niente dura per sempre." l'espressione di Sally si era addolcita, ma quella di Astrea era una maschera di dolore e rabbia.
"Ho fatto di tutto per salvarlo e non lo lascerò morire proprio adesso. Raphael è troppo importante perchè io possa vivere senza di lui. La nostra immortalità è una condanna, Sally, e noi siamo stati condannati all'ergastolo. Sarà un'eterna sofferenza. Io una vita senza Raphael non me la immagino. Non posso farcela se lui se ne va. Lo salverò ogni qualvolta sarà necessario."
Adesso il viso di Astrea era stravolto dalle lacrime che cadevano pesanti come macigni. Il cuore le era esploso, non riusciva più a mantenere la calma. Lei era sempre stata quella superficiale, quella spericolata, quella che non si preoccupa mai, ed invece era fragile, sensibile e si abbandonava alla tristezza troppe volte.
"Hai sfidato la morte, Astrea. E ricorda che tornerà un giorno e vincerà. Una vita per una vita, la morte non risparmia nessuno."
Astrea puntò il dito contro Sally, gli occhi lucidi, la voce tremante, ma ancora tanta voglia di combattere.
"Qui nessuno muore."
 
 
 
Glenys e Magnus si fissarono in silenzio mentre le grida che provenivano dalla cucina si facevano sempre più animate. Sally ed Astrea non litigavano mai, ma in quel momento sembrava che fosse scoppiata una guerra. Raphael si lamentava ancora, alternando brividi, preghiere in spagnolo, e visioni. Nikolai stava consultando un libro di magia che lo stregone gli aveva chiesto di controllare.
"Cosa sta dicendo?" disse Glenys, che accostò l'orecchio al viso di Raphael per capire cosa stesse blaterando. Resterò con te. Stava anche sorridendo.
"Credo si tratti di un ricordo legato ad Astrea. Scopriamolo!"
Magnus tese una mano alla fata, che titubante la strinse, e chiuse le dita attorno al polso di Raphael; era magia comunicativa, con un tocco tutti avrebbero visto quale visione il malato stesse figurando.
 
"Hai finito di lavorare, super capo?"
Raphael stava lavorando da ore chiuso nello studio, quello che un tempo era appartenuto a Carlos Monteverde, ed Astrea aveva pensato di accertarsi che non fosse sommerso dalle cartacce. Il vampiro se ne stava seduto alla scrivania e scarabocchiava su un foglio.
"Non immagini quante rogne mi stanno dando quei maledetti vampiri. Stan non riesce a tenere a bada le lamentele. Guarda!"
Le passò un foglio stropicciato su cui si sovrapponevano diverse calligrafie che avanzavano pretese: lenzuola di seta; nuovi calici; tende più scure; doppia razione di sangue a pranzo.
"Beh, a quanto pare gli abitanti del DuMort sono esigenti." scherzò la Nephilim, al che il vampiro rise.
"Alle volte sanno essere proprio dei bambini, ma non carini, quelli piagnucoloni che strillano capricci!"
"Mi dispiace. Sei lontano dal tuo clan per accontentare me." il tono rammaricato di Astrea costrinse Raphael a staccare gli occhi dal foglio.
"Non dire stupidaggini, por favor. Sono qui perché é dove voglio essere, accanto a te. É complicato gestire il clan a distanza, ma preferisco di gran lunga stare lontano da loro che da te."
"Stan mi odia per questo." ammise la ragazza, poggiata al bordo della scrivania, dando le spalle al Nascosto. Raphael le si avvicinò, silenzioso e felino come suo solito. Le accarezzò dolcemente una guancia. Lei gli sorrise.
"E da quando a te interessa cosa pensa Stan?"
"A me interessa cosa pensi tu, e non cosa pensa quella testa dura. Voglio essere sicura che resterai qui, con me."
"Resterò con te, Astrea. Sempre."
 
 
Era giunta la sera, e le condizioni di Raphael non miglioravano. Erano tutti alla disperata ricerca di una cura. Consultavano libri di magia, leggevano le indicazioni su pozioni e polveri, cercavano nei vecchi manuali di magia nera che Magnus aveva accumulato negli anni. Sally, sebbene vampiro, era stanca e aveva fame, al contrario di Astrea che non si era presa nemmeno una pausa per mangiare. Litigare con la sua migliore amica era stato orrendo, le pesava sul cuore ciò che le aveva detto, ma in fondo lo aveva fatto a fin di bene. Quando ebbe finito di esaminare la lista di pagine che lo stregone le aveva suggerito, si allontanò con la scusa di doversi nutrire.
"Vi state forse nascondendo, myLady?" il sorriso di Glenys fece spuntare un sorriso anche a Sally.
"É la prima volta che io ed Astrea litighiamo. Prima d'ora non era mai successo e adesso sembra che un solco invalicabile ci divida." confessò la bionda, le labbra contornate dal rossetto rosso piegate all'ingiù, le braccia incrociate come a volersi consolare da sola.
"É normale discutere tra amici. Malgrado io non abbia vaste conoscenze in campo poiché ho trascorso la mia vita chiusa in un convento da sola, credo che questi momenti chiariscano quanto importante e solida sia il vostro rapporto. Astrea é sconvolta per ciò che sta capitando al suo amato, e anche voi vi comportereste così in tale circostanza, e tocca a voi comprendere che la sua disperazione é plausibile e giustificata. Non allontanate la vostra amica per uno screzio da poco." la gentilezza e la sincerità di quella parole sorpresero la vampira abituata ad avere e accettare consigli solo dai suoi amici più stretti. Sally osò guardare Glenys, il suo viso decorato da un leggero make-up, i capelli castani ben pettinati, e quel vestito che le conferiva un non so che di principesco.
"Sei bella." disse poi di getto, senza pensare, decisa a godersi quel momento. Glenys arrossì violentemente, si portò una mano sul petto e abbassò gli occhi. Sally le sollevò il mento con delicatezza, quasi fosse una bambola di porcellana, e le sorrise ampiamente.
"Lady Sally, io..."
Ma Glenys non ebbe mai la possibilità di continuare: le sue labbra entrarono in contatto con quelle fredde della vampira dando vita ad un bacio dolce ma intenso. Sally non accennava a volersi staccare e Glenys sperava che non lo facesse. Quello era il suo primo bacio e lo stava dando ad un vampiro, per lo più donna, quando invece doveva essere destinato al marito che sua madre Sive avrebbe scelto per lei. Quando si allontanarono, Sally aveva gli occhi luminosi così come quelli della fata.
"Chiamami solo Sally d'ora in poi."
 
 
 
"Ho trovato qualcosa!" esclamò con eccessiva allegria Nikolai, sventolando in aria un libro massiccio dalla copertina incrostata di muffa. Era trascorsa un'altra ora prima che il licantropo facesse quella uscita, un'ora in cui Sally e Glenys aveva mantenuto un continuo gioco di sguardi, e nella quale Astrea e Magnus si erano dati il cambio per assistere Raphael.
"Fammi vedere." disse lo stregone, e cominciò a leggere la pagina indicatagli da Nikolai.
"Trovato qualcosa di utile?" chiese Astrea con l'ansia che le vibrava in tutto il corpo. Poche ore e Raphael sarebbe morto, questa volta per sempre. Magnus annuì sorridente.
"Qui dice che la follia oscura può essere recisa compensandola. Dobbiamo recuperare gli oggetti legati alle persone che lui ha visto nelle visioni, poi dobbiamo recitare una formula contro la maledizione e ci serve il Fuoco Rosso per evitare che il marchio ricompaia in futuro."
Astrea non si abbandonò al sollievo, anzi sembrava più cupa.
"Le visioni riguardavano sua madre, me e Sylvie. Possiamo usare il crocifisso che Guadalupe donò a suo figlio ed io posso usare qualcosa di mio, ma per Sylvie? Non abbiamo nulla di lei."
"Magia sostitutiva!" disse Glenys indicando Sally. Sul viso di Magnus si accese la speranza, mentre Astrea era ancora scettica.
"Possiamo usare Sally al posto di Sylvie. Dunque, ho bisogno di un recipiente di pietra, di un vostro oggetto caro, e di Raphael. Diamoci una mossa, non abbiamo molto tempo!"
Glenys e Nikolai si occuparono del recipiente; Sally cercò un oggetto da sacrificare; Astrea seguì Magnus in camera. Raphael era pallido, sudato, e il suo lamento in spagnolo sembrava non voler cessare.
"Perché ti serve il Fuoco Rosso?"
"Oh, cara, tu sarai la ciliegina sulla torta di questo incantesimo! Il Fuoco Rosso brucerà il punto del palmo dove si è formato il marchio, in questo modo sparirà per sempre."
Nikolai porse un recipiente di pietra che aveva trovato nella dispensa a Magnus. Era rimasto stupito dalla quantità di oggetti magici o utili alla magia conservati sul jet, allora era vero che gli Shadowhunters erano pronti a tutto. Glenys stava accanto a Sally, entrambe sulla soglia della porta.
"Avete gli oggetti? Nel recipiente, per favore." disse Magnus allungando le mani. Sally fu la prima a consegnare una pagina ingiallita e piegata in quattro.
"É una pagina della Bibbia di Raphael in cui si parla del perdono. Me l'ha regalata quando ci siamo conosciuti." spiegò la vampira gettando la carta nelle mani dello stregone. Astrea frugò nella valigia di Raphael e ne estrasse una collana, era il crocifisso di sua madre. Lo diede a Magnus.
"Manca solo il tuo oggetto personale, Astrea."
La ragazza era incerta, non aveva nulla che potesse ricondurre a lei. Poi un luccichio la fece sorridere appena. Si sfilò l'anello dei Monteverde e lo fissò per qualche istante.
"I miei genitori sarebbero d'accordo." così dicendo, lo consegnò nelle mani di Magnus.
"Adesso preparati ad usare il tuo potere. Quando vedrai il marchio sciogliersi, dovrai agire ed evitare di ustionarlo, ovviamente!"
Magnus prese ad agitare sapientemente le mani sopra al recipiente, scintille blu sprizzavano nella stanza, e recitò un antico incantesimo. Astrea tornò con la mente a quel ricordo che le permetteva piena facoltà del Fuoco e di dosarlo: sua madre che le raccontava la favola della buonanotte, la pace nel cuore, un senso di felicità totale.
"Adesso!" gridò quella che doveva essere la voce di Sally. Astrea aprì gli occhi e le fiamme arsero in esse: tese il dito indice e si sprigionò un filo di fuoco che si abbatté sul marchio bruciandolo e consumandone la magia nera. Ad incantesimo terminato, Astrea cadde a terra e fu afferrata da Nikolai prima che battesse la testa.
"Ha funzionato?" disse con un filo di voce, stanca e dolorante. Nikolai guardò Magnus, poi sorrise.
"Ha funzionato. Sei stata brava."
 
 
 
Erano le dieci di sera passate. Il jet era silenzioso: Magnus era tornato da Alec; Nikolai stava scaricando la tensione costruendo il modellino di un drone; Sally e Glenys stavano chiacchierando tra di loro; e Tanisha era ancora sotto effetto del sonnifero. Raphael si era ripreso meglio di quanto tutti si aspettassero, ma al suo risveglio Astrea non c'era. Aveva chiesto di essere lasciata da sola ed era stata rispettata la sua volontà. Raphael aveva cenato, si era fatto una doccia, aveva cambiato le lenzuola e si era addormentato. Alla fine Astrea, con lo stomaco che brontolava, aveva ceduto alla fame e si era preparata un panino accompagnato da una birra. Era rientrata in camera e si era diretta in bagno per una doccia veloce. Infilatasi la biancheria e una canottiera nera, uscì per prendere il pigiama.
"Questo é il premio per essere ancora vivo?" la voce divertita di Raphael fece sobbalzare Astrea, ch si voltò con una mano sul cuore. Era così bello vederlo sorridere. Aveva davvero temuto di perderlo quella volta. Si ricordò di indossare solo gli slip e una canottiera, ma non si sentì in imbarazzo. Si sedette sul letto in silenzio.
"Sono vivo, Astrea. Va tutto bene."
"Sei quasi morto, ho rischiato davvero di perderti, quindi non va bene proprio niente."
"Guardami."
Astrea si girò a guardarlo e riconobbe il solito Raphael, i capelli scuri spettinati, il sorrisetto di scherno, gli occhi penetranti, eppure lo stava amando più di prima. Lui la costrinse a sedersi a cavalcioni in modo da non doversi spostare ma da poterla guardare negli occhi.
"Non mi perderai mai qualsiasi cosa succeda. Vivo o morto, resterò sempre con te."
"Resta vivo più a lungo che puoi, ti supplico." quella preghiera morì sulle labbra di Raphael che premevano sulle sue. Un bacio lento, intriso di tristezza e speranza, di voglia vivere e restare insieme. Quel toccò sembrò riportare entrambi a galla dopo una tempesta, come se la luce fosse esplosa in quella stanza semibuia.
"Ti amo così tanto, Astrea. Dios." sussurrò, stampandole un bacio sulla fronte.
"Non lasciarmi." fu la risposta di Astrea, una muta disperazione che bruciava come sale su una ferita aperta.
“Hai davvero sacrificato l’anello di famiglia per me? Non avresti dovuto.”
“Ho anche bruciato il crocifisso che ti aveva regalato tua madre. Non fa niente, gli oggetti non contano nulla se servono a salvarti la vita. Io ti salverò sempre, costi quel che costi.”
E nell'oscurità di quella notte, la luna a fare da sfondo, entrambi si aggrapparono l'uno all'altro per non affondare o per affondare insieme, a seconda dei punti di vista.
 
 
 
Salve a tutti! :)

Che fatica questo capitolo, accidenti!
Astrea proprio non si arrende alla morte, lei la combatterà sempre. Del resto, Sally ha ragione quando sostiene che un giorno dovrà pagare il conto “una vita per una vita”. Però, di certo, Raphael non morirà oggi.
Spero che questo capitolo vi piaccia perché ci tengo particolarmente.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

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Capitolo 6
*** Il Re detronizzato. ***


CAPITOLO QUINTO: IL RE DETRONIZZATO.
 
 
 
"Astrea, é permesso?"
"Entra!"
Glenys aprì la porta lentamente e Astrea, che si stava allacciando gli anfibi, le fece cenno di avvicinarsi.
"Gli altri ci aspettano in cucina, e il vostro compagno mi ha detto di sollecitarvi a raggiungerci." il tono altisonante della fata spiazzava Astrea, abituata a un linguaggio pratico e informale.
"Il mio compagno?! Lasciamo stare. C’è altro? Ho come la sensazione che tu voglia confidarmi qualcosa."
Glenys arrossì portandosi le mani sulle labbra, gli occhi emozionati, un sorriso candido a illuminarle il volto. Si sedette sul letto accanto ad Astrea con discrezione, come per timore che qualcuno potesse sentire.
"Sally mi ha baciato!" sussurrò con enfasi, le dita strette attorno al tessuto color blu notte dell'abito, l'espressione contenta. Astrea si strofinò i graffi, dolorosi ricordi di Mark, e sentì la pelle bruciare. Ricordava ancora le ultime parole del ragazzo, 'dille che l'amo', quelle parole che spesso abitavano i suoi incubi. Sorrise per non sminuire l'entusiasmo di Glenys.
"E tu cosa ne pensi? Lei ti piace?"
"Oh, io...non ne sono certa. Non so come ci si comporta in queste circostanze." adesso la fata sembrava frastornata, avvilita da quella domanda come se in ballo ci fosse il proprio destino. Ed era così per lei che era costretta a sposare un uomo di un rango nobile.
"Glenys, vacci piano. É stato solo un bacio, d'accordo? Potrebbe non significare nulla."
"E voi come avete capito di amare Raphael?"
Astrea ridacchiò e si stese di schiena sul letto, e così Glenys la imitò. Sembravano amiche di vecchia data che si raccontavano la propria vita personale.
"Quando io e Raphael ci siamo baciati, non pensavo che saremmo davvero arrivati a questo punto. Mi sono detta che era solo un bacio e che ci sarei dovuta andare con i piedi di piombo, e ti consiglio di fare lo stesso. Sally é fragile sotto quella maschera di freddezza e per lei voglio solo il meglio, così come per te."
Glenys di scatto l'abbracciò e lei ricambiò.
"Avete ragione, dunque seguirò il vostro consiglio. Siete così cara con me!"
"Direi che é arrivato il momento di darmi del tu."
 
 
 
"Raphael, devo parlarti." esordì Sally interrompendo la chiacchierata tra Raphael e Nikolai riguardo alle moto.
"Io mi allontano un attimo." disse Nikolai, poi sparì nella sua cabina. Sally si lasciò cadere accanto a Raphael e sospirò frustrata.
"Di cosa mi vuoi parlare?"
"Glenys."
Raphael spalancò gli occhi e ripensò a quando Astrea gli aveva confessato il segreto circa la sessualità di Sally. Ora il momento di affrontare quell'argomento non poteva essere procrastinato.
"Va bene. Dimmi tutto."
"L'ho baciata." sputò senza tanti preamboli la vampira, le dita a tormentare le punte dei capelli, le sopracciglia aggrottate.
"Non mi sembra una cosa terribile, almeno credo." Raphael proprio non sapeva come uscire da quella conversazione.
"Non è affatto terribile. Lei mi piace, molto, ma le fate sono una gran palla al piede. Sai bene quanto siano doppiogiochiste, e lei potrebbe essere fatta della loro stessa pasta."
"Hai paura."
Sally lo guardò inorridita e scrollò le spalle.
"Ma sei impazzito? Io non ho paura di una ragazzina alta un metro e sessanta. Ho solo qualche dubbio."
"Sally, ti conosco da venti anni e posso dirti con certezza che hai paura. Non mi hai mai detto che ti piacessero le donne e lo hai tenuto nascosto per timore di innamorarti davvero. Conosco quel tipo di situazione. Quando ho conosciuto Astrea e ho capito di provare qualcosa per lei, ho avuto paura perchè lei era una Shadowhunter e la Legge vieta qualsiasi contatto con i Nascosti. Ero certo che mi avrebbe rifiutato, invece mi ha salvato tre volte la vita e conviviamo."
"Mi stai dicendo che devo rischiare di morire tre volte per capire le intenzioni di Glenys?" l'ironia nella voce di Sally fece sospirare Raphael, che le rivolse un'occhiata esasperata.
"Sto dicendo che ti serve tempo per capire le intenzioni di Glenys, senza morire possibilmente."
Prima che Sally potesse aggiungere altro, la stanza fu sommersa dalle risate di Glenys e Astrea. Raphael improvvisamente si illuminò; Sally si chiese se anche lei avrebbe mai provato quel tipo di amore.
"Buongiorno. Sally, vi vedo in forma stamani." squittì la fata con un cenno del capo e un sorriso allegro.
"Io sono sempre in forma." fu la risposta breve e lapidaria della vampira, dopodiché tornò in cucina picchiando con decisione i tacchi sul pavimento del jet. Glenys, intristita da quel comportamento, fu spronata da Astrea a seguirla.
"Scommetto che ti ha raccontato del bacio." mormorò Raphael alzando gli occhi al cielo. Astrea si sedette sulle sue gambe e gli mise le braccia attorno al collo.
"Sì, me lo ha raccontato. Troveranno la loro strada se l'Angelo vuole."
"A proposito di baci, saresti così benigna da concedermene uno?" chiese Raphael con un sorriso infantile e Astrea avvertì il cuore stringersi e battere più veloce.
"Concesso." gli sussurrò sulle labbra prima di baciarlo. Lui rispose mordendole il labbro inferiore, mentre le accarezzava i fianchi con delicatezza.
"Tutta questa dolcezza è una conseguenza della mia quasi terza  morte?" la canzonò quando si staccarono.
"Idiota!"
Astrea fece per alzarsi, ma Raphael l'afferrò prima che potesse allontanarsi e la fece stendere sul divano. Prese a farle il solletico e lei rideva di cuore.
"La smetto solo se mi dai un altro bacio."
"Questa suona come una minaccia." disse Astrea con il fiatone, le lacrime agli occhi, i crampi allo stomaco per via delle risate. Raphael si chinò e le stampò un bacio, che lei approfondì attirandolo. Erano avvinghiati su un piccolo divano, a baciarsi, a sorridersi, ed era la sensazione migliore del mondo.
"Se avete finito di amoreggiare, abbiamo un problema da risolvere." strillò la voce divertita di Nikolai dalla cucina. Astrea scoppiò a ridere insieme a Raphael. Si resero presentabili sistemandosi i vestiti stropicciati.
"Aspetta, Santiago."
Quando Raphael si voltò per controllare che fosse tutto apposto, ricevette un bacio dolce sulle labbra e sorrise.
"Sei sicuro di volerti mettere di nuovo a lavoro? Non devi preoccupartene, io e gli altri ce la caviamo benissimo."
“Dovrei lasciare due matte come te e Sally a badare a un trio di Nascosti in piena crisi adolescenziale? Muovi quel bel paio di gambe che ti ritrovi, Monteverde, il mondo non andrà in malora per colpa mia!” il sarcasmo nelle parole di Raphael fecero corrugare le sopracciglia ad Astrea.
“Comincia a prepararti il funerale per la quarta morte, Santiago, perché potrebbe essere la volta buona.”
Dios, tu eres increìble cuando me hablas  de este modo!”
“Sono incredibile quando ti parlo in questo modo? Sei un lurido ruffiano. Cammina!”
Astrea alzò gli occhi al cielo e sorrise.
 
 
Quando Astrea e Raphael si unirono agli altri, la stanza era nella totale confusione: Glenys era appollaiata su una sedia con espressione sofferta; Sally si specchiava e si sistemava l'ombretto; Nikolai teneva per le spalle una ragazzina di colore, era Tanisha. Si dimenava e sguainava i canini.
"Voi! Siete voi che mi avete rapita!" inveì contro Astrea e Raphael.
"Per la tua incolumità, sta zitta." disse spazientita Sally. Astrea si poggiò contro la parete per osservare meglio Tanisha. Aveva solo diciassette anni e le sembrò crudele tenerla lì contro la sua volontà.
"Tanisha, puoi stare tranquilla. Non ti abbiamo rapita." tentò di spiegarle con voce bassa.
"Tecnicamente ci avete rapito!" commentò Nikolai con un'alzata di spalle. Raphael scosse la testa e sospirò.
"Vi lasceremo andare non appena sarete al sicuro a Idris." disse Astrea nella vana speranza di stemperare le anime ribelli. Poi il rumore di ossa rotte fendette l'aria. Un attimo dopo Tanisha si lanciò contro Astrea con ferocia, graffiandole le braccia e cercando di morderla. La Nephilim si coprì il volto con le mani e avvertì un intenso bruciore seguito dall'odore del sangue. Vide i canini della ragazza sfoderati, così vicini e letali. Fece leva con le ginocchia sull'addome di Tanisha e riuscì a togliersela di dosso.
"Diamine..."
Astrea afferrò la mano tesa di Raphael e si tirò in piedi. Alcune macchie di sangue le imbrattavano la maglietta e l'avambraccio destro era ricoperto di abrasioni. Si sedette a terra tenendosi il braccio al petto, mentre Raphael bagnava uno straccio. Lo passò sulle ferite con delicatezza, anche se il dolore non pareva diminuire.
"Dovresti usare lo stilo." le disse Raphael osservando le gocce di sangue colorare come tanti pois la pelle della Nephilim. Dall'altra stanza provenivano le urla di Tanisha e Sally, che molto probabilmente era diventata una furia, e la voce sottile di Glenys cercava di calmare le acque.
"Quella cosina é una vipera!" esclamò Nikolai tornando in cucina.
"Finiamo questa missione prima che mi venga un esaurimento nervoso." mormorò Astrea, dopodiché con lo stilo attivò una iratze, e un attimo dopo i segni sul braccio erano svaniti. Insieme a Raphael e a Nikolai, raggiunse la vampira nella saletta accanto alla zona notte. Sally l'aveva legata, polsi e caviglie, ad una sedia. Glenys, ancora scossa, era in disparte.
"Prova a romperti di nuovo le ossa per liberarti e giuro che ti stacco gli occhi dalla faccia. Sono stata chiara?" la voce di Astrea era ferma, tanto da far calare il silenzio nella stanza. La ragazzina annuì.
"Raccontaci come hai trovato il cadavere e se lo conoscevi."
"Sì, lo conoscevo. Frequentava la compagnia di mio fratello. Si chiamava Kabir, aveva diciannove anni, ed era orfano. Lo incontrai la sera prima, stava raccogliendo la sua roba per partire alla volta di New York. Voleva unirsi al clan di Raphael Santiago. Diceva che era un ottimo leader e che Viktor non era mai stato il suo capo. Quella sera stessa, io e qualche altro ragazzo da appena trasformato decidemmo di seguirlo, di lasciare tutto e ricominciare nella grande mela. Ci diede appuntamento per la notte successiva. Quando arrivai nel luogo stabilito, lui non c'era. Poi... Vidi il suo cadavere. Qualcuno gli aveva strappato il cuore e aveva fatto dei disegni strani, come quelli che porti sulla pelle. Viktor e i suoi uomini si occuparono del corpo ed io tornai a casa per dare la notizia a mio fratello." la forza che prima Tanisha aveva manifestato si era persa, ora era così piccola e fragile, vuota e sola. Alcune lacrime di sangue le bagnavano il viso spigoloso. Raphael si era allontanato nella penombra quando era stato nominato, ed era ovvio che la vampira non l'avesse riconosciuto. Astrea si chiese quale effetto avesse avuto su di lui la storia di Tanisha.
"Nulla di nuovo, insomma. Anche Kabir sembra essere una vittima casuale." disse Sally, l'aria pensierosa, lo sguardo puntato sulla nuova arrivata.
"Kabir è morto per uno stupido gioco. Meritava di avere una seconda possibilità nel clan di Santiago." Tanisha non si dimenava, era immobile come una bambola di pezza, ed era inquietante.
"Il tuo amico non avrebbe avuto posto a New York. Raphael Santiago non è più a capo del clan." il tono usato da Raphael celava la tristezza, un forte senso di disagio.
"E tu come lo sai, mondano?"
Astrea guardò Raphael, ora illuminato dalla luce del neon, così bello e regale nell'atteggiamento, così spezzato nell'animo. Raddrizzò la schiena e si schiarì la voce. Aveva tutta l’aria di essere un re detronizzato davanti ad un suddito deluso.
"Perchè sono io Raphael Santiago."
 
 
 
"Hai intenzione di fissare quei fogli ancora per molto?"
Raphael, dopo l'incontro con Tanisha, si era defilato con la scusa di cercare qualche informazione utile, così si era chiuso in un silenzio tombale. Alzò gli occhi su Astrea e fece spallucce.
"Non so di cosa tu stia parlando."
"Oh, non fare il bambino con me!" borbottò Astrea, quindi prese postato di fronte a lui.
"Da quando hai un dottorato in psicologia? Credevo che tu fossi capace solo a combinare guai." il tono di Raphael era cattivo, e in quel momento sembrava il vampiro arrabbiato e ingannatore di qualche tempo prima.
"Sei infantile, Santiago."
Senza aggiungere altro, Astrea lo lasciò da solo tornando dagli altri. Nikolai le fece cenno di avvicinarsi.
"Abbiamo un problema." sussurrò il licantropo portandosi una mano alla bocca per nascondere il labiale.
"Che succede?"
"Siamo tutti in crisi. Tanisha e Sally ha bisogno di sangue al più presto; Glenys é davvero esausta, ed io necessito di respirare aria fresca."
"Nik, non possiamo fermarci adesso."
"Come vuoi risolverla?"
Astrea si posizionò al centro della cucina e fischiò per richiamare gli altri, Raphael compreso.
"So che siete tutti stanchi, lo sono anche io, ma ora non possiamo mollare. La soluzione migliore sarebbe portarvi a Idris, dove sarete al sicuro e starete comodi. Sally, tu tornerai al DuMort. Io continuerò a cercare l'assassino.
"Non ci penso nemmeno a lasciarti da sola. Io resto con te." protestò Sally, le braccia incrociate, le sopracciglia sollevate. Anche Glenys si fece avanti.
"Io non mi sentirei a mio agio ad Idris. Vorrei restare con voi, Lady Astrea."
"Siamo un gruppo bizzarro, ma ce la caviamo abbastanza bene." disse Nikolai con un sorriso. Astrea spostò l'attenzione su Tanisha, che se ne stava appollaiata sul divano.
"Voi mi rapite, mi legate ad una sedia, e sperate che vi segua? Accidenti, certo che vi seguo, non credo di avere altre possibilità!"
Tutti si voltarono nella sua direzione con immenso stupore, quella ragazzina era passata dall'essere aggressiva ad acconsentire a restare, anche se era dovuto al fatto che fosse sola senza un clan di appartenenza.
"Allora ci fermeremo quando andremo a prelevare l'ultimo ragazzo. Per adesso cerchiamo di capirci qualcosa. Sally, tu vieni con me!"
Quando tutti si furono dileguati, Astrea e Sally si chiusero in camera della vampira.
"Io e te dobbiamo capire cosa ci stia nascondendo la Blackwell, perché é scontato che non ci abbia detto tutto.
"Che succede tra te e Raphael? Vi siete praticamente ignorati poco fa."
"Ha bisogno di schiarirsi le idee, tutto qua. Leggiamo i fascicoli dei ragazzi."
 
 
Astrea si massaggiò con cautela gli occhi arrossati e stanchi. Avevano trascorso l’intero pomeriggio a consultare i fascicoli, a cercare in altri documenti che il Console aveva mandato loro, e si erano fermati solo per cenare, per lo più in silenzio, tornando poi ad indagare. Nikolai era al telefono con sua madre, che lo credeva in gita, e Astrea fu contenta di vederlo sereno. Sally e Glenys si erano trattate con indifferenza, mentre Tanisha aveva tempestato tutti di domande. Raphael, che non si era mai preso una pausa, sbucò dalla cucina con due bicchieri colmi di quello che pareva un cocktail improvvisato e fece cenno ad Astrea di seguirlo. Lei, nonostante volesse prenderlo a schiaffi, si chiuse la porta della loro stanza da letto alle spalle.
“Tieni. Bevi. Ne abbiamo bisogno.” Raphael le allungò il bicchiere di vetro ma lei rifiutò allontanandogli il braccio.
“Non mi va. Che vuoi, Santiago? Non ho tempo da perdere.”
“Sai, non volevo che tu accettassi questa missione. Non volevo perché, quando il mondo dei Cacciatori ti chiama, tu parti spedita senza riflettere. La missione viene prima di tutto. Devi per forza risolvere l’enigma, non importa cosa accade nel mentre. Siamo stati talmente bene nei mesi passati. La nostra relazione ha fatto degli enormi passi avanti, e sapevo che accettare questo incarico ti avrebbe allontanata da me.”
“Non mi sono allontanata da te. Sono sempre qui.”
“Non è vero. Tu hai difficoltà a relazionarti e stare così distanti ci fa solo male.”
Astrea ammutolì. Aprì la bocca per parlare ma la richiuse in stato confusionale. Non voleva credere a ciò che aveva appena udito.
“Scusa se sono in pericolo le vite di quei ragazzi ed io cerco di aiutarli. Scusami se ferisco i tuoi sentimenti mentre tento di scovare un assassino. Scusami se sono distante perché voglio a tutti i costi che uno dei quei cadaveri non siano le persone che amo. Scusami se sono incapace di esprimere liberamente quello che provo. Scusami se sono un disastro ambulante. Scusami tu, io non sono in grado di farlo.” Senza rendersene conto, Astrea aveva alzato la voce e appariva esasperata, triste, tormentata. Raphael abbandonò i cocktail sul comodino e l’abbracciò. Era dimagrita in quelle settimane, il suo respiro era più affannato, le occhiaie più marcate. Eppure era tremendamente bella.
“Mi dispiace. Non combini guai, anzi ti prodighi sempre per aiutare gli altri e dimentichi te stessa. Mi hai salvato di nuovo e te ne sono grato. Non c’è nulla da perdonarti. Vai bene così come sei. Non volevo dire quelle cose, sono soltanto sfinito da tutta questa storia.”
Astrea artigliò la stoffa nera della camicia di Raphael e premette la fronte contro la sua spalla. Cercava un riparo dalla sua vita, da se stessa.
“Non mi lasciare, Raphael. Ti supplico.”
“Non ti lascio, fuego. Non ti lascio.”
 
 
“Sally, vieni qui!” gridò Glenys, accucciata sulla sedia della cucina, scalza e con i capelli sciolti. La vampira in un baleno fu accanto a lei.
“Che succede? Hai trovato qualcosa?”
“Stavo osservando le foto ma non riuscivo a vedere molto, così le ho accostate e guarda cosa ho trovato.”
Sally prese dalle mani della fata le foto di Kabir e Grace, il vampiro e il licantropo morti, e si rese conto che quelle che a loro erano sempre sembrate rune in realtà si congiungevano in un unico disegno, o meglio in un’unica parola: mors; ‘morte’ in latino.
“Prova con le foto della fata e del cacciatore.”
Anche se la foto del cacciatore era praticamente oscurata, pian piano le linee scure delle presunte rune si collegarono dando vita ad un’altra parola: dilecti; ‘amato’ in latino.
“Mors e dilecti.” Mormorò la vampira mettendo in moto il cervello per dare un senso a quelle parole. Glenys le lanciò uno sguardo smarrito.
“Che cosa può voler significare?”
 
 
Salve a tutti! :)

1. Perdonate il ritardo ma sono appena tornata a casa.
2. Perdonate il capitolo abbastanza noioso, ma è di passaggio per quello che verrà dopo.
Gli animi si stanno agitando e l’allegro gruppetto non è più tanto allegro, eh. I nervi cominciano a cedere a poco a poco.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura e il pessimo spagnolo preso da internet.
 
PICCOLO ANGOLO (sono una palla al piede, lo so, scusate!)
Ma se stessi scrivendo una ff su Teen Wolf  voi la leggereste?

 

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Capitolo 7
*** L'erede fantasma. ***


CAPITOLO SEI: L’EREDE FANTASMA.
 
 
La scoperta di Glenys era stata la prima svolta sensata in tutta quella faccenda che sembrava proprio non averlo un senso. Alle prime luci dell’alba Astrea si era svegliata e si era rintanata in cucina per ricontrollare le foto.
“Adesso chi è quello che non riesce a dormire?” esordì la voce vagamente divertita di Raphael, che si era accorto della mancanza di Astrea e si era alzato per cercarla.
“Quando hai un assassino per le mani il sonno è l’ultimo dei pensieri. Tu come stai? Riesci a dormire meglio?” Astrea sollevò gli occhi dai fogli per guardare Raphael riempirsi una tazza di caffè fino all’orlo.
“Certo, si dorme benissimo su un jet costantemente in movimento, in compagnia di una brigata di ragazzini rumorosi!”
“Almeno non hai perso il sarcasmo.”
“Ho perso la pazienza.”
“La pazienza non l’hai mai avuta, Santiago.”
“Fai la simpatica? Sappi che non ti riesce bene.”
Astrea ridacchiò e gli fece la linguaccia. Le cose tra di loro non si erano sistemate del tutto, e avrebbero dovuto di sicuro affrontare la situazione, ma era meglio per tutti procedere con serenità. Raphael, che era seduto accanto a lei, le circondò le spalle con un braccio. Fingevano che tutto fosse al proprio posto.
“Il vostro chiacchiericcio è snervante. Non riesco a riposare.” Sally comparve in cucina in un abito viola e un paio di stivaletti bianchi di pelle; forse Magnus le aveva dato qualche consiglio di moda. L’assenza dello stregone si avvertiva, ma era giusto che si occupasse in primis della carriera da Cacciatore di Rafe. Sebbene non fosse con loro fisicamente, erano in costante contatto telefonico.
“Sei sempre così di buon umore, amica mia, che mi stupisci ogni giorno.” Disse Astrea sorridendo alla smorfia disgustata di Sally.
“Il buonumore è sopravvalutato.”
“E’ il titolo della tua biografia?” chiese Raphael mentre sorseggiava il suo caffè. La vampira lo guardò di traverso e sorrise mostrando i canini.
“Che cosa avete combinato stanotte? Vi vedo particolarmente contenti.”
“Non abbiamo combinato niente. Adesso, per favore, concentriamoci su questa missione. Prima finiamo, prima torniamo a casa.”
La risposta di Astrea era difensiva. Negli ultimi tempi la relazione con Raphael procedeva a gonfie vele, ma bastava una piccola emergenza per spazzare via tutto quanto. Avevano superato di tutto insieme, eppure sembravano sempre sul punto di lasciarsi. Erano sempre così fragili. Sally, che sapeva riconoscere i segnali di disagio della sua migliore amica, lasciò cadere il discorso e tornò all’argomento principale. “Dopo aver recuperato lo Shadowhunter, andiamo a Idris. Abbiamo bisogno di una pausa.”
“Dove ci nascondiamo? Glenys è una fata e ci vuole un permesso speciale perché possa entrare ad Alicante; Raphael è un mondano; tu, Nikolai e Tanisha non passereste inosservati; ed io sono stata esiliata. Non abbiamo una base di appoggio.”
“Ho la soluzione.” Disse Raphael, lo sguardo illuminato, le labbra curvate in un sorriso compiaciuto.
“Un’altra safe house di nonna Santiago? Pessima idea.” Commentò Sally.
Astrea e Raphael si scambiarono un’occhiata eloquente, entrambi ricordavano che un anno prima a Santillana del Mar per la prima volta avevano fatto l’amore.
“Lasciami parlare, poi commenti. A ogni membro del Clave viene consegnata una dimora nella periferia della Città in occasione di riunioni o feste in cui sono coinvolti sia Shadowhunters che Nascosti. Dopo la Guerra Oscura, ho tenuto le chiavi della magione riservata ai vampiri e sono sicuro che la serratura non sia stata cambiata. Questo mese il calendario non prevede eventi particolari, e ciò significa che possiamo nasconderci lì senza che gli Shadowhunters applichino misure cautelative.”
Il ragionamento di Raphael non faceva una piega. Inoltre era l’unico porto sicuro ad Alicante.
“Dobbiamo abbandonare il jet prima delle mura della città. Poi attraversiamo la foresta di Brocelind e ci muoviamo verso Nord.” Astrea aveva già in mente il percorso che avrebbero compiuto.
“Perché verso Nord?” era chiaro che Sally non avesse mai messo piede a Idris.
“Perché i Nascosti possono entrare solo dai cancelli a nord di Alicante.” Spiegò Raphael, e stranamente nella sua voce risuonò l’eco del disprezzo per la Legge che trattava i Nascosti come reietti.
“Qualcuno ha citato Alicante?” squittì Glenys in preda all’emozione; quel giorno un paio di pantaloni di pelle verde smeraldo si abbinavano ad una casacca aderente di pelle dello stesso colore, tra i capelli spuntavano bacche e foglie di abete, e i suoi occhi splendevano d’oro. Sally la guardò ammaliata per qualche minuto prima di allontanarsi con la scusa di dover bere sangue.
“Abbiamo intenzione di andare a Idris?” domandò Nikolai, i suoi grandi occhi azzurri puntati in quelli di Astrea. Indossava una maglietta grigia con il logo della NASA e un paio di scarponcini slavati; Magnus lo avrebbe criticato di certo.
“Sì, Nik. Abbiamo un rifugio sicuro in città. Abbiamo bisogno di riprendere fiato e fare il punto della situazione. Tanisha, hai domande?”
La ragazzina non staccava gli occhi da Raphael, lo ammirava e lo giudicava al tempo stesso. Lui era un mito presso i vampiri, tutti lo avevano idealizzato, e per Tanisha era stato un vero shock scoprire che il miglior leader vampiro fosse ora un semplice umano.
“E’ vero che il tuo sangue cura i Nascosti?”
Adesso tutta l’attenzione si concentrava su Astrea, intimorita da quella domanda e spaventata dalle facce allibiate dei ragazzi.
“I Nascosti non devono essere curati, non sono mica malati. Il mio sangue annulla gli effetti magici, ma non deve essere considerato un siero. E’ solo una stupida maledizione.”
“Tu hai il dono del Fuoco Rosso, vero?” l’insistente curiosità di Tanisha stava mettendo a dura prova la calma di Astrea che non voleva parlare del suo potere.
“Sì, ma non è del tutto un dono. Sono metà Shadowhunter e metà Stregone, sono un ibrido. Posso bruciare tutto quello che voglio, chi voglio, come e quando voglio. Tutto questo alle volte mi rende un mostro. Ho perso un amico ed ho ucciso un uomo per colpa del Fuoco. Ho ferito la mia migliore amica. Ho messo in pericolo la persona che amo. Non è un dono. E’ una condanna eterna.”
Con quelle parole sputate fuori con veemenza, Astrea sgattaiolò dalla stanza prima di crollare davanti a tutti. Non voleva spettatori ad ammirare il suo tragico dolore.
 
 
“Astrea.”
Non era necessario voltarsi per capire chi fosse.  I ricordi erano troppo dolorosi per essere trattenuti. Aveva deciso di chiudersi in camera e riprendere il controllo delle proprie emozioni. La sua mente continuava a restituirle immagini che cercava a tutti i costi di evitare. Il volto di Mark mentre moriva, il sangue di Remus sulle mani e sui vestiti, il corpo di Stan che si scioglieva tra le fiamme, il dolore di Sally, lo status mondando di Raphael. Tutto le era tornato in mente in un attimo e aveva ricominciato a farle male.
“Va via.”
Raphael sospirò nel notare le lacrime che bagnavano il cuscino. Si sdraiò accanto a lei e le diede un bacio sulla fronte.
“Resto qui con te, a darti fastidio.”
Quelle semplici parole fecero sorridere Astrea, poi ricadde nella sua disperazione. Era rannicchiata sul letto, il viso premuto contro il cuscino, gli occhi gonfi e rossi.
“E’ tutta colpa mia. L’amico di Tanisha voleva far parte del tuo clan e invece tu sei umano per colpa mia. Mark è morto. Ho ucciso Stan. Tutto questo è soltanto colpa mia.”
Escùchame, mi amor. Non hai nessuna colpa. Mark non era in sé, lo sai, e si è dato la morte da solo quando le sue stesse mani hanno affondato il coltello nel suo cuore. Sono stato io a uccidere Stan, sono stato io a piantargli la freccia in corpo, e non ho alcun rimpianto perché ti ho salvato la vita. Non ho mai voluto essere un vampiro, sebbene avesse i suoi vantaggi, e tu mi hai dato la possibilità di vivere come mia madre ha sempre voluto e come io ho sempre voluto. Devi smetterla di accusarti ingiustamente. Astrea, ti stai soltanto facendo del male. Ti prego, smettila. Non è colpa tua. E’ la vita ad essere difficile.”
Raphael era davvero stanco di vederla soffrire in quel modo, sempre a incolparsi senza motivo, sempre a giudicarsi l’essere peggiore del mondo, e desiderava solo che lei si liberasse di tutto quel dolore, dell’odio per se stessa, del rancore. Desiderava che fosse serena e combattiva, come forse lo era stata soltanto quando erano in vita i suoi genitori. Le accarezzò la guancia cancellando le lacrime, e avrebbe voluto cancellare anche la sofferenza.
“Sono così piena di dolore, Raphael. Non ne posso più.”
“Non c’è solo dolore in te. Guarda oltre. Sei piena di cose belle. Sei divertente, sei altruista, sei coraggiosa, sei intelligente, sei fragile, sei testarda e il tuo cuore è puro. Tu eres una maravillosa.
Era la stessa frase che le aveva sussurrato nella safe house un anno prima mentre consumavano il loro amore. Raphael stupidamente pensò che tutta quell’afflizione rendesse Astrea più vera e più bella di qualsiasi altra donna. E tutta quella bellezza era sua, solamente sua.
“Non posso smettere di pensare a tutto quello che è successo. Non ci riesco.” I singhiozzi si erano placati, le lacrime si erano seccate lungo le guance, ma la sua voce era incrinata. Si sentì avvolgere dalle braccia di Raphael e si lasciò cullare dall’unica persona a cui aveva dato in pasto i suoi smarrimenti.
Harcelo por mì, mi amor.”
Fallo per me, amore mio. Suonava tanto come una preghiera, una di quelle che almeno una volta al giorno il ragazzo dedicava alla sua fede. Astrea si accucciò contro il suo petto, gli strinse il tessuto della maglia tra le dita, affondò il naso sul suo collo per farsi consolare dal suo profumo all’acqua di colonia.
La porta si aprì dopo due colpi e sulla soglia apparve Sally che corrugò le sopracciglia quando li vide abbracciati. Raphael le mimò un ‘ha pianto’ e la invitò ad avvicinarsi.
“Oh, piccolina.” Sally si sedette accanto ad Astrea, al lato opposto, e l’abbracciò poggiando la testa accanto alla sua sul cuscino. Astrea riprese a piangere, ma questa volta non era sola, c’era la sua famiglia con lei.
 
 
“Allora, come avete intenzione di svignarvela?”
“Scusami?”
Nikolai e Glenys allibirono alla domanda di Tanisha. La vampira stava bevendo sangue da una sacca e sembrava gradire il B+ che Sally le aveva dato. Gli shorts di jeans che indossava mostravano dei tatuaggi tribali sulle cosce e attorno alle ginocchia e il top corto metteva alla mercé di tutti il piercing all’ombelico.
“Quei tre ci hanno rapiti e vogliono portarci ad Adris. Vi sembra normale?”
Glenys si infastidì perché quella sconosciuta stava insinuando tali accuse nei confronti di chi l’aveva resa di nuovo libera.
“Idris, si dice Idris. E, sì, ci sembra normale. Non ci hanno rapito, anzi ci hanno salvato da un assassino. Dobbiamo restare con loro se vogliamo continuare a vivere.”
“Anche se tecnicamente tu sei morta.” Aggiunse Nikolai con un’alzata di spalle.
“Si dice non-morto. Non possiamo restare con una mezza strega, un mondano e la loro amica tutta bei capelli e vestiti costosi. Adesso siamo liberi di fare quello che ci pare. Possiamo andare a Las Vegas e spassarcela!”
Tanisha aveva dato subito l’impressione di essere una festaiola, amante del caos e dell’avventura, una libertina avversa alle regole. Nikolai richiuse il libro che Raphael gli aveva suggerito e puntò l’indice contro Tanisha per farle una ramanzina ma Glenys fu più veloce e scattò come una molla.
“Stammi bene a sentire, vampiro. Astrea non è una mezza strega, è un dono della natura ed ha un buon cuore. Raphael ha le doti da vero leader e sa come sopravvivere. E Sally non è solo bei capelli e vestiti costosi, è una creatura che ha patito, che ha sofferto molto e che si è riscattata con le proprie forze. Mentre tu sai solo startene seduta a sputare velenose sentenze riguardo ai nostri salvatori.”
“Già, sono d’accordo con lei. Puoi andare via se non vuoi restare con noi. Fatti strappare il cuore dal petto, avanti!” inveì coraggiosamente Nikolai, scocciato dalle lamentele di Tanisha.
“Per quanto strappare cuori dal petto sia un argomento allettante, direi che abbiamo una missione da portare avanti. Astrea vi aspetta in cucina.”
Tutti e tre sobbalzarono per lo spavento: Sally era entrata senza fare il minimo rumore, invisibile come un’ombra. Teneva le mani sui fianchi e li guardava con alterigia. Nikolai e Glenys furono i primi a uscire, ma Tanisha fu bloccata da Sally.
“Conosco i tipetti come te, volete solo creare scompiglio perché il disordine vi diverte, ma sappi che la circostanza è seria. Quei due ragazzi resteranno sotto la nostra protezione, anche se cerchi di convincerli a scappare. Ti spezzo il collo se disobbedisci ancora. Sono stata chiara?”
“Cristallina.” Convenne Tanisha mantenendo il contatto visivo con l’alto vampiro.
 
 
 
Astrea appariva serena come al solito. Ogni traccia di pianto era sparita, gli occhi erano luminosi come sempre, la voce sicura, e sorrideva cordiale. Aveva imparato a mentire così bene che avrebbe meritato un Oscar. Doveva farsi forza per quei ragazzi. Raphael e Sally l’avevano coccolata fino a farla addormentare, e al suo risveglio erano ancora lì. Li aveva ringraziati con immensa gratitudine, poi si era sciacquata il viso e li aveva incitati a proseguire la missione. Non aveva immaginato che sarebbe crollata a quel modo, ma i sensi di colpa l’avevano divorata in una manciata di secondi e la tristezza l’aveva attanagliata con forza. Ricordò un detto turco che suo padre le ripeteva ogni qual volta piangesse: piangere è un bene perché poi si vede meglio. Se fosse vero o falso Astrea, non lo avrebbe saputo dire, ma le era stato utile in momenti come quello per rammentarle che una soluzione si trova sempre. Nikolai e Glenys si sedettero attorno al tavolo, Tanisha e Sally erano rimaste in piedi, e Raphael stava alle spalle di Astrea, che era al centro della stanza.
“Dobbiamo prelevare l’ultimo ragazzo. Si chiama Carter Whitelaw, è uno Shadowhunter di diciotto anni. Dalle testimonianze risulta che Carter frequenti i locali clandestini dei Nascosti, in particolare il ‘Fantasy Club’.” 
“L’ironia della sorte.” Mormorò Nikolai, sembrava proprio che i Nascosti fossero dei simpaticoni.
“Si sentono delle voci assurde sul quel posto.” Disse Tanisha, le parole distorte dalla gomma che stava masticando, le sopracciglia sollevate. Sally le diede una gomitata.
“Avanti, parla. Non nascondere la mano dopo aver lanciato la pietra.”
“Sta calma, amica. Adesso parlo. Il Fantasy Club è un posto esclusivo, il lusso è il protagonista di ogni serata. Lì è possibile giocare d’azzardo, fare gare clandestine con le auto magiche, e pare proprio che disputino incontri di box. E’ molto frequentato dalla feccia dei Nascosti, e anche dai Cacciatori a quanto pare.”
“Levati quel sorriso dalla faccia, Tanisha. Nessuno qui ha mai detto che i Cacciatori siano persone corrette.” Fece Nikolai, quindi rivolse alla ragazza un’occhiata severa. Tanisha sorrise di più appiattendo gli occhi a fessure per guardare Astrea.
“Oh, è vero, ogni Shadowhunter ha il suo lato oscuro.”
“Ragazzina, bada a come parli. E’ solo merito nostro se sei ancora viva. Non fare la sciocca e sta zitta.” il rimprovero di Raphael fu così risoluto che Tanisha si zittì all’istante.
“Quindi abbiamo buone possibilità che stasera Carter si presenti al locale. Come agiremo?” era la prima volta che Glenys parlava in termini di collettività, ed infatti lo sguardo allarmato di Sally si posò sulla fata.
“Agiremo? Non c’è nessun ‘noi’. Andranno Astrea e Raphael a prendere il bamboccio, noi quattro restiamo qui a guardare i cartoni in tv.”
“Tu guardi i cartoni? C’era la televisione quando eri ragazza?” la domanda di Nikolai provocò una risatina generale. Sally incrociò le braccia e storse le labbra.
“Sono una trentenne da cinquanta anni, cagnaccio, quindi la televisione già c’era quando ero in vita. Non sono così vecchia e non lo sarò mai.”
“Età a parte, come possiamo avvicinarlo senza che lui scappi?” Astrea era tornata serie e aveva posto la questione a Raphael. Era lui il leader.
“Immagino che sia attratto dalle belle ragazze, perciò una di voi gli offre da bere e lo attira lontano dalla folla. Non avrà scampo.”
“L’unica che dimostra effettivamente la sua età è Astrea.” Osservò Nikolai, ma la diretta interessata scrollò le spalle.
“Potrebbe avermi già vista il giorno in cui sono stata esiliata, all’assemblea c’erano tutti. Potrebbe farlo Glenys, lei dimostra diciannove anni.”
“Oh, sarei onorata di dare una mano. Accetto volentieri. Ci appropinquiamo alla terra?” l’entusiasmo fiabesco di Glenys fece sorgere dei dubbi sulla buona riuscita, ma era l’unica possibilità che avevano.
“Hai bisogno di cambiare abiti e acconciatura.”
 
 
“Sei uno schianto.”
Glenys arrossì al complimento di Tanisha, poi si guardò allo specchio e quasi non si riconobbe. Astrea le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sorrise soddisfatta. Il trucco era stato opera sua, mentre per gli abiti e per i capelli ci aveva pensato la vampira più giovane. Nikolai ogni tanto era entrato in bagno per farsi due risate vedendo la situazione isterica delle donne. Due colpi alla porta furono seguiti dalla voce di Raphael.
“Avete finito lì dentro? Siamo atterrati.”
“Arrivo.”
Quando Glenys uscì, il cuore di Sally fece le capriole: il corpetto viola le stringeva sul seno lasciandole per il resto la schiena scoperta ed era evidente che non indossasse il reggiseno, i pantaloni neri stretti e le decolleté di vernice nere la slanciavano; gli occhi erano colorati di nero e il rossetto era di un intenso color bordeaux; i capelli erano stati arricciati e tirati indietro con dei ferrettini invisibili. Raphael e Astrea si lanciarono uno sguardo complice ridacchiando per l’espressione esterrefatta della loro migliore amica.
“Direi che sia tempo di scendere. Io, Raphael e Sally verremo con te. Nik e Tanisha, restate qui e cercate di non combinare guai. Torneremo presto.”
                                                                                                                     
 
 
I deja-vu sono fenomeni che ti costringono a credere di rivivere un momento per la seconda volta, ed era quella la sensazione che stava provando Astrea. Era seduta a un tavolo del Fantasy Club insieme a Raphael e le sembrava di essere tornata indietro nel tempo a quando riforniva il Red Demon, il locale di Remus, di intere casse di sangue per i vampiri e alcolici per i licantropi. Allora aveva al suo fianco Thomas, insieme si rifugiavano nella soffitta e ridevano per i litigi stupidi dei Nascosti ubriachi. Allora la vita sembrava più facile. Distrattamente passò le dita sull’anello di pietra azzurra appartenuto a Yasirah.  Sussultò quando Raphael le accarezzò la guancia.
“Non volevo spaventarti. Sembravi lontana anni luce. Va tutto bene?”
“Sì, stavo soltanto pensando. Dovremmo invitare Elizabeth a cena quando tutto questo sarà finito.”
“Credo che dovremmo anche procurarci una scorta di sangue altrimenti l’invito a cena non ha senso.”
“Hai ragione, Santiago. Ogni tanto lo usi il cervello.”
“Sì, direi di sì.”
Al bancone Sally non staccava gli occhi di dosso a Glenys, che se ne stava seduta fingendo di essere una normalissima ragazza in cerca di divertimento. Erano trascorse già due ore e di Carter non c’era traccia.
“Una cosa mi sembra strana.” Disse Raphael mandando giù un sorso di bourbon che gli bruciò la gola. Astrea mangiò una patatina e aggrottò le sopracciglia.
“Cosa?”
“Whitelaw è uno dei cognomi di Shadowhunters più antichi e da diversi anni non si è più sentito. Le eredi sono state tutte donne e l’ultima componente della famiglia è morta trenta anni fa. Come è possibile che Carter porti questo cognome e abbia diciotto anni?”
Astrea sospirò, poi ingoiò un’altra patatina.
“Questo cambia tutto: Whitelaw non è il vero cognome di Carter. Non appartiene a quella famiglia. I documenti riportano una falsa identità, ora c’è da capire perché stia mentendo.”
“Stanno cercando di coprirlo. Ma adesso si apre un’altra questione: chi è Carter?”
“Avevamo ragione a dubitare di Rita Blackwell. Dobbiamo trovare questo tizio e dobbiamo farci raccontare parecchie cose.”
Raphael piantò lo sguardo alle spalle di Astrea e le fece segno di voltarsi. Un ragazzo alto, capelli castano chiaro e numerose rune sulle braccia stava parlando con Glenys.
“Il punto debole di un uomo è sempre una donna.” mormorò lo spagnolo con tono ironico.
“Il tuo punto debole è l’ego, Santiago!” ribatté la Nephilim ridendo, poi si alzò per avvicinarsi a Sally.
 
 
 
“La puzza di sudore mi sta uccidendo più di quanto abbia fatto la morte.”  Si lamentò Sally mentre si faceva spazio tra la folla per vedere meglio ciò che stava accadendo. Carter aveva invitato Glenys nel retro del Fantasy Club, dove al centro torreggiava una gabbia d’acciaio in cui avvenivano gli incontri di box. Le aveva promesso di vincere per lei e per l’occasione aveva sfidato chiunque avesse voglia, a detta sua, di perdere. Tutti sembravano intimoriti da lui, abbassavano gli occhi e indietreggiavano; era come se fosse il più forte. Una stupida idea balenò nella mente di Astrea, e già prevedeva la reazione dei suoi amici.
“Avanti, codardi. Nessuno vuole essere riempito di calci?” Carter emise una risata grossa, teneva lo sguardo sulla calca attorno a lui e faceva l’occhiolino a Glenys, che si era ritagliata un angolino a debita distanza.
“Ti sfido io.” gridò Astrea alzando il braccio per farsi notare. Raphael la guardò sbalordito.
“Cosa? Non puoi andare. Non erano questi i piani!”
“Non abbiamo tempo di aspettare che Glenys lo distragga. Dobbiamo agire in fretta. Sta tranquillo, non può battermi.”
Prima che il ragazzo potesse rispondere, Astrea stava già correndo verso il ring. Si tolse la felpa, abbandonò le armi e si legò i capelli. Entrò nella gabbia e un folletto chiuse la cancellata con un catenaccio; erano letteralmente in trappola. Nel frattempo Carter si era liberato della maglietta mettendo in mostra il fisico scolpito ed esaminava la ragazza che aveva deciso di battersi con lui. Era minuta, poche rune pallide sporcavano la sua, e questo la rendeva una perdente in partenza. Raphael intanto si era disposto in prima fila, accanto a lui c’erano Sally e Glenys, erano lì per fare il tifo. Lo spagnolo aveva lo sguardo indignato, le spalle rigide, e sicuramente le avrebbe riservato una paternale degna di nota al loro rientro.
“Ai vostri posti, combattenti. L’incontro non prevede armi ma per il resto potete usare qualsiasi mezzo pur di vincere!” gracchiò la voce stridula del folletto, cieco ad un occhio e zoppo. Carter divaricò le gambe e sollevò le braccia, tipica posizione di attacco, mentre Astrea tenne le braccia lungo i fianchi.
“Tre, due, uno, via!” tuonò il pubblico in un turbinio di voci e risate. Il ragazzo era grosso, le sue spalle erano il triplo delle sue e le mani almeno il doppio ma Astrea ricordò a se stessa di essere riuscita a colpire un vampiro con una freccia e allora sarebbe riuscita a battere quel bestione. Carter fu il primo a sferrare un colpo ma andò a vuoto perché Astrea si spostò velocemente.
“Credo che tu abbia problemi di vista, Carter. Hai bisogno di una runa?”
“Ho paura di rovinare la tua bella faccia.”
Raphael sospirò alla strafottenza con cui Astrea si atteggiava, e sapeva che cercava di innervosire l’avversario per farlo cedere. Carter piombò sulla ragazza come un fulmine colpendola alle ginocchia e la fece crollare al suolo. Gli schiamazzi degli spettatori lo fecero sorridere e gli fecero credere di aver vinto. Si dovette ricredere quando Astrea gli assestò un pugno in faccia rompendogli il naso; il sangue gli sporcò la bocca e il collo.
“Adesso mi hai fatto arrabbiare, ragazzina. Vengo lì a distruggerti!”
La furia con cui Carter si scatenò era impressionante: muoveva braccia e gambe con forza, agitava calci e pugni colpendo Astrea ripetute volte. La ragazza cadde sul pavimento della gabbia, aveva la vista appannata e sentiva dolore dappertutto. Sul sopracciglio destro si aprì un taglio sanguinante. Doveva essersi anche spaccata il labbro perché in bocca avvertiva il gusto metallico del sangue.
“Apri la gabbia e fa uscire la ragazza.” Udì la voce di Raphael ovattata inveire contro il folletto. Si rimise in piede e dichiarò di essere ancora in condizione di continuare. Raphael si scrollò di dosso il braccio di Sally che cercava di trattenerlo e si incamminò verso il locale.
“Carter, ragazzo mio, tu pecchi di onnipotenza. Brucia!”
Il calore del fuoco divampò nelle mani di Astrea ed illuminò il buio della gabbia. Un moto di sorpresa strisciò tra l’audience. Sally sorrise fiera della sua migliore amica. Raphael, in fondo alla folla, si voltò e restò immobile. Carter arretrò nel panico, fu limitato dalle sbarre d’acciaio a cui si aggrappò con forza. Il Fuoco Rosso stava dando il miglior show che il Fantasy Club avesse mai visto, brillava di luce intensa, scottava come lava e incendiava d’oro le vene di Astrea.
“Ma cosa sei? Un mostro?” strillò Carter per coprire il vociare confuso dei presenti. Astrea rise.
“Non essere offensivo! Sono una fenice, risorgo dalle mie ceneri.”
La paura negli occhi di Carter svanì quando Sally, che era riuscita ad entrare nell’arena, gli aveva dato letteralmente una botta alla testa.
“Sei sempre così teatrale, Monteverde.”
Astrea richiamò a se il Fuoco Rosso, dopodiché si mosse per tornare al jet.
 
 
“Per l’Angelo!”
“Ti lasci pestare ma non sopporti il disinfettante. Comico!”
Astrea alzò gli occhi al cielo e lasciò perdere la medicazione con cui tentava di placare il dolore al palmo della mano bruciato. Non riusciva a controllare del tutto il suo potere e si scottava quasi sempre.
“Non essere arrabbiato, Santiago. Sai che sono capace di cacciarmi nelle situazione più scomode.”
“Vorrei non saperlo. Vorrei che tu la smettessi di correre sempre il rischio. Finirai col farti davvero male. Non è un bello spettacolo vedere al propria ragazza presa a calci e non poter fare niente.”
Raphael, seduto sul letto, strinse le mani attorno alle ginocchia in un gesto di sfogo. Astrea si sentì terribilmente in colpa, soprattutto perché lo aveva visto morire tre volte a capiva l’impotenza dinanzi a certi eventi.
“Scusami. Sono stata una sciocca.”
“Sei follemente innamorata del dolore. Ti piace provarlo in tutti i modi. Lo cerchi.”
“Raphael…”
“Ti sei lasciata picchiare volontariamente, altrimenti avresti sfoderato il Fuoco subito, invece hai scelto di provare dolore. Il dolore fisico ti aiuta a non pensare, dico bene?” la voce di Raphael trasudava cattiveria e una nota di ironia amara. Le sollevò il mento con le dita e scrutò i suoi occhi: era così triste ed esausta.
“Mi sono ripromessa di lasciarmi tutto alle spalle e ricominciare da capo, perciò ti sbagli a dire che oggi ho cercato il dolore. Avevo paura di usare il Fuoco perché avrei potuto uccidere Carter e ho soltanto cercato di battermi in modo normale. Voglio scoprire la verità, chiudere la missione, tornare a casa e vivere al tuo fianco. L’ho fatto per noi, per la nostra vita insieme.”
Raphael si sporse per baciarla. Un bacio dolce, rassicurante, un anestetico per il dolore.
“Quella mano aspetta di essere medicata, fuego. Andiamo.”
 
 
“Sally, disturbo?”
Sally balzò in piedi quando si accorse che alla sua porta, a mezzanotte, in attesa c’era Glenys. Si tirò giù dalla brandina e si affrettò a farla accomodare.
“Astrea sta bene? Raphael sta per morire di nuovo? Tu stai bene?”
L’apprensione della vampira fece ridacchiare la fata.
“No, stiamo tutti bene. E’ gentile da parte vos…tua preoccuparti. Sono venuta a ringraziarti per non avermi lasciata da sola al Fantasy Club e per aver seguito ogni mio movimento. Ho apprezzato molto il tuo compito.”
“Compito? Credi che lo avrei fatto per chiunque altro? No. L’ho fatto per te, Glenys, solo per te. Non volevo che qualcuno mettessero gli occhi su di te perché solo il mio sguardo può ammirarti.”
Glenys ghiacciò sul posto, incapace di articolare una frase sensata. Nessuno si era mai rivolto a lei con quelle parole tanto dirette e tanto significative. Non voleva pensare alle conseguenze il quel momento, voleva solo agire per sentirsi libera. Baciò le labbra di Sally con impeto, l’abbracciò come se potesse sparire da un momento all’altro, e fu lieta nel constatare che la vampira stava ricambiando le sue emozioni.
 
 
 
“Che ci fai già in piedi? Hai dormito solo un paio d’ore.”
Raphael leggeva il libro di poesie di Pablo Neruda alla torcia del telefono perché il sonno non voleva sopraggiungere, ma Astrea lo aveva scovato ed era determinata a farlo rilassare.
“Non riesco a dormire.”
“Chiudi il libro e avvicinati.”
Raphael ubbidì, poi si coricò accanto alla Nephilim. Astrea gli stampò un bacio sulla guancia e lo costrinse a poggiare la testa sul suo petto. Gli accarezzò i capelli con estrema lentezza, proprio come faceva sua madre per farla addormentare.
“Il tuo cuore batte forte.” Sussurrò il ragazzo, le braccia attorno alla vita di Astrea, il rimbombo del suo cuore contro l’orecchio.
“Dormi, Raphael. Dormi.”
 
 
 
Salve a tutti! :)

Qualcosa si muove nell’ombra, chissà cosa c’entra questo Carter…
Astrea sta cominciando a cedere e noi possiamo solo sperare che arrivi a fine missione con il cuore intatto.
Comunque, tutti noi ci meritiamo un Raphael Santiago dolcissimo e coccoloso che ci consola, eh!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura e lo spagnolo terribile
 

 

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Capitolo 8
*** Mors dilecti. ***


CAPITOLO SETTE: MORS DILECTI.
 
Le torri di Alicante svettavano verso il cielo in tutto il loro immenso splendore. L’ultima volta che Astrea aveva provato gioia a essere lì era stato in occasione della cerimonia che l’aveva legata a Thomas. Era ironico che undici anni dopo si ritrovasse a entrare in quella stessa città con un gruppo di Nascosti, in esilio, e con un segno biancastro sull’addome a ricordarle che un tempo aveva avuto un parabatai e un migliore amico. Scosse la testa per allontanare quei pensieri che ormai non avevano più valore.
“Capisco dalla tua espressione assorta che ti frulla qualcosa in testa. A che stai pensando?”
Astrea si guardò di fianco e fece un mezzo sorriso, al che Raphael le mise un braccio attorno alle spalle e le baciò la tempia.
“Stavo ricordando l’ultima volta che sono stata qui con i miei genitori.”
“Racconta.”
“Mia nonna organizzava dei ricevimenti meravigliosi in onore dell’elezione del Console e partecipava tutta la città. Avevo circa undici anni quando partecipai alla prima festa. La sala da ballo era immensa, piena di gente, Nephilim e Nascosti, e ricordo che sorridevo nel vedere i miei genitori ballare al centro, eleganti e felici.”
“E’ un bel ricordo. Bisogna sempre tenerli a mente i ricordi perché tutti i giorni ci fanno vivere il passato nel presente. Li puoi rivivere all’infinito ed essi non andranno mai via, o almeno così diceva mia madre.”
Si creava sempre un certo alone di nostalgia e dolcezza quando parlavano delle loro famiglie, quando l’uno si mostrava debole senza che l’altro se ne approfittasse.
“Guadalupe Santiago, che donna saggia. Tu, invece, sei soltanto irritante.” Disse Astrea ridendo per il finto muso di Raphael, che in realtà ridacchiava sotto i baffi.
“Mi chiedo perché io non ti abbia ancora lasciata.”
“Perché ti ho salvato la vita tre volte e sei in debito con me. Potrei farti diventare il mio schiavo e costringerti a fare tutto ciò che desidero.”
“Oh, ma io volentieri posso esaudire i tuoi desideri.” Le sussurrò Raphael all’orecchio in tono suadente passandole il braccio intorno alla vita. Astrea, che non se lo aspettava, fu attraversata da una scarica di brividi e avvampò.
“Sei un pervertito, Santiago!”
Raphael scoppiò a ridere, attirando anche l’attenzione degli altri, e fece spallucce.
“Piccioncini, siamo arrivati.” Annunciò Sally alle loro spalle, al suo fianco Glenys la seguiva fedelmente. Durante il tragitto non aveva parlato, si erano limitate a qualche sguardo dolce e a qualche sorrisetto complice.
“Non posso credere che sto per farlo.” Mormorò Carter fissando la cancellata a pochi passi dal gruppetto. Nikolai scosse la testa e si accostò al Nephilim.
“Affronti orde di demoni e hai paura ad attraversare un cancello?”
“L’ironia non è una delle tue doti, lupo. E neanche l’igiene dato il cattivo odore di pelo bagnato che emani.”
La mascella di Nikolai si irrigidì, strinse le mani in tasca, ma ignorò il commento e proseguì da solo. Tanisha rise regalando un’occhiata d’intesa a Carter.
“Lo odio. Uccidiamolo.” Propose Sally sussurrando all’orecchio di Astrea, che storse le labbra.
“Non sarebbe male come idea. Lo dissanguiamo o lo bruciamo vivo? Come preferisci? Poi ci pensa Raphael ad occultare il cadavere.”
Raphael, sentitosi chiamato in causa, si girò verso le due ragazze con un’espressione sprezzante e severa al tempo stesso.
“Voi due mi spaventate alle volte. Usted està locos.”
“Non siamo pazze,vogliamo solo che quel presuntuoso chiuda la bocca. La morte ci sembrava una soluzione permanente!” ribatté Sally, poi scoppiò a ridere assieme alla sua migliore amica.
“Siate ragionevoli, per cortesia. Non potete eliminare il problema, anzi dovete affrontarlo senza timori, con cuore impavido!” l’incitamento di Glenys, il suo tono da maestrina e la postura regale, aumentarono le risate delle due amiche.
Aborrecidos.” Disse Astrea; noiosi, in portoghese. Sally prese a braccetto Astrea e si allontanarono continuando ad alternare schiamazzi e battute. Raphael sospirò, la solita smorfia accigliata dipinta sul viso.
“Hanno una capacità di intendersi unica.” Esordì Glenys fissando quelle due coinvolgere il povero Nikolai nella conversazione. Raphael fu contento nel constatare che la morte di Mark non le aveva allontanate ma le aveva unite.
“Separate sono già terribili, ma insieme sono una bomba ad orologeria. Mi faranno uscire pazzo.”
“Sally è così orgogliosa e testarda, finge che nulla la tocchi ma dissimula il dolore.”
“Astrea fa esattamente la stessa cosa, pretende di mostrarsi menefreghista e alla fine soffre il doppio. E’ maldestra, il che è insolito per un Cacciatore, è disordinata, scherza la maggior parte delle volte, si caccia sempre nei guai, è irrequieta come una bambina. Hanno solo bisogno che qualcuno si prenda cura di loro.”
Glenys rimase stupita dalla dolcezza che traspariva dalle parole di Raphael benché avesse elencato solo i difetti di Astrea, e si chiese se avrebbe mai provato quel tipo di amore che ti fa sorvolare sugli aspetti negativi. Eppure il concetto d’amore delle fate era più pratico, quasi materialistico, e poco romantico.
“Sei molto qualificato per pretenderti cura di Astrea. Ha bisogno di essere seguita.”
“Io non la seguo. Io la amo.”
 
 
La villetta riservata ai vampiri del Consiglio era di modeste dimensioni. In pietra e archi di legno, si presentava alquanto impolverata e abbandonata. Nikolai manomise la serratura con un pugno e fece entrare gli altri. Accesero le luci e ai loro occhi si mostrò un soggiorno semplice, un divano, un mobile tv, e qualche bottiglia di alcolici.
 “Dobbiamo considerarlo come un rapimento?” esordì Carter spezzando il silenzio con cui sino ad allora il gruppo aveva avanzato. Astrea roteò gli occhi.
“Non si può considerare rapimento un atto consenziente. Ci hai seguiti di tua spontanea volontà.”
“E’ questa la bugia che raccontano per giustificarsi.” Ribatté Tanisha rivolgendosi a Carter.
“Potete andare via quando vi pare. Nessuno vi trattiene. Vi ricordo, però, che un assassino per qualche ragione vi ha presi di mira e potrebbe uccidervi.” Disse Sally, le braccia incrociate, lo sguardo risoluto.
“Cerchiamo di capirci qualcosa, così ce ne possiamo tornare tutti a casa.” Intervenne la voce di Nikolai, che sembrava particolarmente giù di morale; Astrea sapeva bene che il licantropo aveva la tendenza a periodi di depressione e sperava che quello non ne fosse uno.
“La cucina, il soggiorno, due bagni e tre camere da letto si trovano su questo piano, mentre in mansarda c’è solo un letto ed un armadio.” Spiegò Raphael, e sarebbe stato un ottimo agente immobiliare se si fosse impiegato nel campo.
“Prima che voi ragazzini scateniate una guerra, decido io la sistemazione: Tanisha e Glenys nella prima stanza a destra, Nikolai e Carter in quella a sinistra, io prendo quella in fondo al corridoio, e la coppietta si rintana la mansarda.” Stabilì Sally nel modo più democratico possibile, anche se la stanza delle ragazze era molto vicino alla sua e avrebbe potuto vedere la fata in ogni momento.
 
 
La mansarda era più spaziosa di quanto Astrea credesse. Il letto era spoglio, nel buio si distingueva solo il biancore del materasso. Le ante dell’unico armadio presente erano spalancate, l’interno era vuoto, eccetto per qualche granello di polvere e un paio di grucce. Raphael aprì il cassetto dell’armadio e ne tirò fuori delle lenzuola rosse, le spiegò e cominciò a ricoprire il letto. Astrea lo guardava dallo stipite della porta: sembrava così normale, così umano, eppure non aveva perso il suo atteggiamento fiero e morigerato, anzi restava lo stesso che due anni prima aveva conosciuto come il capo-clan dei vampiri di New York. Sentendosi fissato, sorrise e inarcò un sopracciglio.
“Mi stai fissando, fuego.”
“Noto con piacere che le tue abilità di vampiro non sono del tutto svanite.”
“In effetti hai ragione. Riconosco ancora l’odore del sangue, a volte l’udito sembra essere quello da vampiro, ma poi il mio stomaco brontola e mi ricorda che sono un mondano.”
“Un mondano sexy.” Aggiunse Astrea, gettandosi sul letto e disfacendo in poco le lenzuola.
“Sempre così diretta, signorina.” Quello di Raphael fallì come rimprovero e ne uscì un altro sorriso.
“Che ne dici di lasciar perdere quella valigia e di venire qui ad esaudire i miei desideri?”
Raphael fece ricadere un paio di camice nella valigia, non smettendo di sorridere maliziosamente, e si sdraiò accanto ad Astrea. Le infilò le dita sotto la maglia per accarezzarle la pelle dell’addome, segnato da qualche cicatrice e un paio di rune che presto sarebbero scomparse. Le sue braccia erano ormai spoglie, pulite da quei segni intricati che caratterizzavano ogni Nephilim.
“Tu lo sai che si sotto ci sono tre Nascosti con l’udito sviluppato? Non vorrei declinare il tuo invito, ma mi vedo costretto a farlo.”
Ignorando del tutto quella constatazione, Astrea lo intrappolò in un bacio appassionato, un gioco di lingue, una frenesia di mani che si toccavano. Per quanto la sua parte razionale lo incitasse a smettere, Raphael la fece stendere sotto di sé sfilandole la maglia. Le lasciò una scia di baci languidi sul collo e sulle spalle, compiacendosi dei sospiri della ragazza.
“Sento i vostri ormoni in subbuglio dal piano di sotto. Non mi sembra il caso di darsi alla pazza gioia!” strillò la voce divertita di Sally, che sostava fuori dalla stanza. Astrea roteò gli occhi e sbuffò.
“Grazie per aver rovinato il momento, Sally. Faremo i bravi. Promesso.”
La risata della vampira giunse ovattata mentre scendeva le scale per tornare in camera sua.
“E’il caso che tu ti rivesta, Astrea. Altrimenti così non mi aiuti.” Le suggerì Raphael indicandole con un cenno del capo che fosse coperta solo dal reggiseno. Indossò il pigiama- un pantalone di tuta ed una canotta bianca- e si coricò.
Li attendeva una giornata intensa.
 
 
“Sì, mamma. Tranquilla, mi sto divertendo. No. Sì. Va tutto bene. Non so quando tornerò. Sì, ti farò sapere. A presto. Un abbraccio.”
Raphael aveva origliato la telefonata di Nikolai con sua madre, fingendo di preparare il caffè, e aveva notato il tono spento del giovane lupo.
“Come sta tua madre?”
“Oh, beh, le manco. Non mi piace mentirle. Quando ho scoperto di essere un licantropo, è stata dura non confidarlo ai miei genitori. Mi rammarica il fatto che mio padre sia morto senza conoscere la mia vera natura.”
“Anche io non ho mai raccontato nulla alla mia famiglia. Dopo la trasformazione, mi sono rimesso in sesto, ho ripreso il controllo di me stesso, ho lottato contro la bramosia di sangue, e solo allora sono tornato a casa mia. Erano gli anni Cinquanta, ti lascio immaginare quanto fosse più difficile all’epoca nascondersi.”
Nikolai si stupì dell’improvvisa apertura di Raphael, perché di certo non era una persona cattiva, ma era molto riservato e non lasciava trasparire alcun sentimento, eccetto gli occhioni a cuoricino ogni qualvolta Astrea gli fosse vicino.
“Sono finito in terapia perché, quando ho ucciso per la prima volta, sono completamente uscito di senno. Sono un depresso violento, o almeno così dice la mia psicologa, ma soltanto adesso mi rendo conto che avrei dovuto parlarne con qualcuno che mi capisce.”
“Hai detto di aver visto Grace al Praetor Lupus, giusto? Perché non ti sei fatto aiutare da loro?” chiese Raphael. Si sedette di fronte al ragazzo e gli passò una ciambella.
“Mi era stato assegnato un custode dal Praetor Lupus, ma ero ancora sconvolto dalla morte di mio padre e dalla mostruosa azione che avevo commesso, così avevo deciso di allontanarmi dal Mondo Invisibile per stare accanto a mia madre.”
“So bene quanto sia sconvolgente la trasformazione, specialmente per i licantropi, ma da solo non puoi risolvere tutto. Come i vampiri, anche i lupi hanno bisogno di un branco e tu devi trovare il tuo. Devi imparare a dominare i tuoi istinti, a controllare la tua forza, e devi imparare a convivere con te stesso, che forse è la parte più difficile.”
Raphael si accorse in quel momento di starsi comportando come se Nikolai fosse un nuovo vampiro, un uccellino, e in cuor suo sapeva che quel lato del suo carattere non sarebbe mai cambiato. I grandi occhi blu di Nikolai sembravano essere più sereni rispetto a una decina di minuti prima.
“Vorrei regolarizzarmi, per me stesso, per mia madre, ed anche per una ragazza.”
“Una ragazza? Parlami di lei.”
“Si chiama Vanessa, frequenta il mio stesso corso di biologia e matematica. E’ incredibilmente bella, dolce, spiritosa, ma piace al capitano della squadra di basket, ergo non ho alcuna chance di piacerle.”
“Questa storia mi sa tanto di: si chiama Astrea, frequenta il mio stesso Mondo, ma è una Nephilim, ergo non ho alcuna chance di piacerle. Lascia perdere gli stereotipi, Nikolai, e fatti valere se proprio ti interessa. Anche io credevo che non avrei avuto possibilità con Astrea ed invece stiamo insieme da due anni. Quando sarà tutto finito, tornerai a Oslo e le chiederai di uscire. Basta un pizzico di fiducia in se stessi!”
“Oh, che dolci! Due amichetti che si raccontano le disavventure sentimentali!” esclamò sarcasticamente Sally mentre entrava in cucina in un tubino blu scuro.
“Dovresti unirti anche tu alla nostra conversazione. Stanotte ti ho vista sbaciucchiarti con Glenys in camera tua.” Le disse Nikolai con un sorriso divertito. Raphael fischiò.
“Chi è che ha gli ormoni in subbuglio adesso?”
Lo sguardo truce che riservò loro Sally non zittì le risate dei due ragazzi.
“Sta zitto, Raphael. Per fortuna ieri sera ho impedito che tu e la tua bella faceste sesso quando noi tutti su questo piano abbiamo il super-udito.”
“Touché. Resta il fatto che io e la mia bella riusciamo a trattenerci, al contrario di te e della Fata che vi incontrate in modo assai clandestino nel cuore della notte.”
Quel battibecco fu interrotto dalla porta del bagno che sbatteva con violenza contro il muro. Qualche istante dopo una Tanisha infuriata li raggiunse.
“Voi non chiudete mai la bocca? Avete la chiacchiera facile.”
Sally sbiancò, la paura che qualcun altro di fosse accorto dell’attenzione particolare che aveva per Glenys la terrorizzava. Raphael sembrava aver captato i suoi pensieri e azzardò una domanda.
“Hai per caso ascoltato qualcosa di quello che abbiamo detto?”
“No. L’acqua della doccia sovrastava le vostre fastidiosissime voci. Per fortuna!” Tanisha lasciò cadere l’argomento, facendo sospirare Sally di sollievo, e annusò l’aria.
“Che stai facendo?” disse Nikolai inclinando la testa nel tentativo di comprendere cosa avesse attivato l’olfatto della vampira.
“Sangue. Sento odore di sangue.”
“La colpa è mia!” strillò Astrea mentre scendeva di corsa le scale. La preoccupazione adombrò il volto di Raphael.
“Che cosa è successo?”
“Mi sono tagliata con la lametta mentre mi depilavo le gambe. Ho disinfettato la ferita e ho applicato un cerotto. Sono ancora viva purtroppo per voi!”
“Che seccatura doversi depilare.” Commentò Sally, le braccia incrociate, le sopracciglia corrugate. Astrea rise, poi rubò un biscotto dalla mano di Raphael e lo mangiò.
“Sei morta, Sally, e non hai bisogno di depilarti.”
“Mmm, sì, hai ragione. Una rogna in meno.”
“Buongiorno a tutti voi.”
La vocina delicata di Glenys fece voltare tutti nella sua direzione. Il suo abito lungo in seta color porpora e gli occhi colorati dall’ombretto bianco completavano la sua entrata scenica. Astrea guardò il proprio abbigliamento-jeans, maglietta nera, anfibi- e storse il naso; era così monotona in confronto alle altre donne della stanza. Raphael l’abbracciò da dietro stringendole i fianchi e le diede un bacio sulla guancia.
Buenos dìas, fuego.” Le sussurrò, appoggiando il mento sulla sua spalla. Astrea gli strinse contro come se cercasse rifugio in quelle braccia.
“Buongiorno a te, Santiago.”
“Che fine ha fatto Carter? Ero stata chiara sul programma della giornata. Dobbiamo impegnarci a trovare l’assassino.” Sbraitò Sally, gli occhi puntati sulla porta della camera ove dormivano Nikolai e Carter con la speranza che il Nephilim ne uscisse per miracolo.
“Cominciamo senza di lui.” Propose Astrea, dopodiché tutti la seguirono in salotto.
“Vuoi che ci alterniamo come fate di solito tu e Magnus?” le domandò a bassa voce Raphael nel frattempo che gli altri prendessero posto.
“Sì, te ne sarei infinitamente grata.”
“Partiamo dal principio!” suggerì Sally, che non a caso era schiacciata sul piccolo divano contro Glenys.
“All’inizio pensavamo che le vittime fossero collegate a voi, ma ci siamo accertati che sono casuali e che nulla le lega a voi. A tutti i cadaveri è stato strappato il cuore, attorno vi sono state impresse quelle che erroneamente credevamo rune a fuoco, ma unendo le foto abbiamo scoperto che trasmettono una parola: mors dilecti.”
Raphael lanciò un’occhiata ad Astrea perché continuasse il filo del discorso.
“Prima di arrivare ad Idris, io e Raphael abbiamo fatto delle ricerche e abbiamo scoperto che mors dilecti vuol dire ‘morte di una persona amata’. Ragionando, abbiamo notato che nessuna vittima era una persona vicina a voi: Glenys ha trovato un servo, Nik ha trovato una ragazza che a malapena conosceva, Tanisha ha trovato l’amico di suo fratello e Carter ha trovato uno sconosciuto. La domanda è: perché uccidere persone quasi del tutto estranee? Se l’assassino avesse voluto colpirvi davvero, avrebbe ucciso un vostro parente o un amico. Non ha senso.”
“Quindi li ha uccisi solo per avvertirci che è sulle nostre tracce?” la domanda di Nikolai era più che lecita. Raphael annuì.
“Noi crediamo che fosse solo un modo per trasmettere un messaggio a qualcuno. ‘Mors dilecti’ non è riferito a voi, ma a qualcuno che avrebbe sicuramente recepito l’avvertimento. L’assassino non vuole voi. Cerca qualcuno attraverso voi.”
Tanisha si alzò per affacciarsi alla finestra e respirare, anche se non ne aveva bisogno, perché poteva avvertire la tensione che batteva nei cuori dei presenti.
“Perché abbandonare i corpi davanti alle nostre case?”
A questo punto intervenne Sally che, avvicinatasi ad Astrea, raccolse i fascicoli dei quattro ragazzi.
“Ipotizzavamo che l’assassino vi volesse punire per una qualche azione negativa che avete commesso, ma ci siamo accorti che vi accomuna una sola cosa: avete assistito da bambini a crimini commessi durante la Guerra Oscura, avete testimoniato, e siete stati inseriti nei fascicoli verdi che attestano la vostra partecipazione al processo contro Morgenstern. E c’è di più: abbiamo soltanto trovato il cadavere della fata, del lupo e del vampiro, ma all’appello mancano quello dello Shadowhunter, la cui foto è censurata, e dello stregone, che molto probabilmente potrebbe ancora essere vivo.”
“Forse non ha intenzione di uccidere lo stregone.” Disse Glenys, gli occhi verdi spalancati per quelle rivelazioni, le mani nervose che si stringevano.
“E se l’assassino avesse ritenuto che quattro morti fossero sufficienti perché il messaggio arrivasse al destinatario?” intervenne Nikolai.
“No. Se l’assassino vuole che il messaggio arrivi diretto deve completare il progetto.” Fece Sally mentre controllava di nuovo i fascicoli.
Raphael guardò Astrea e le fece segno di confessare la loro recente scoperta.
“Io e Raphael abbiamo scoperto un’altra cosa, molto strana. Carter non è un Whitelaw. Gli eredi della famiglia sono stati tutte donne e trenta anni fa è morto l’ultimo membro. Non è possibile che Carter abbia ereditato il cognome dalla madre ed è anche impossibile che l’ultimo erede sia suo padre perché ha solo diciotto anni. Allora Carter chi è?”
“Bugiarda!” ringhiò Carter dal corridoio della sua stanza. Sulla mano vi era una runa del suono che la sera prima non c’era, quindi aveva ascoltato tutto. Astrea non fu turbata dall’insulto, anzi era decisa ad andare fino in fondo.
“Allora come lo spieghi? Sei orfano di entrambi i genitori, vivi lontano da Idris da quando sei bambino e gli archivi dimostrano che i Whitelaw hanno depositato la stirpe trenta anni fa con la morte dell’unico uomo della famiglia. Non sei uno di loro.”
“Mentite. Voi, bastardi col sangue avvelenato, state gettando in cattiva luce l’unica creatura pura soltanto per i vostri sporchi giochi!”
“Dove hai vissuto da bambino? La dimora dei Whitelaw è inabitata da trenta anni. Dov’è il tuo anello di famiglia? Tutti gli Shadowhunters lo ereditano dal padre. Quando sei nato? Dove? Hai altri parenti in vita? Rispondi!” lo incitò Raphael, gli occhi ridotti a fessure, la bocca in una linea dura.
“Mio padre e mia madre sono morti durante la Guerra Oscura. Ho vissuto ad Idris fino al processo e poi sono stato collocato all’Istituto di Chicago. Sono nato il venti giugno del 1998 qui. L’anello di famiglia è andato perduto con mio padre. E sono da solo perché i miei parenti non ne hanno voluto sapere nulla di me.” La voce di Carter aveva perso la stessa convinzione di prima, adesso stava vacillando e non ci avrebbe messo molto a crollare.
“Questa è la versione della tua vita che ti è stata inculcata. Hai commesso un errore: anche l’ultimo erede dei Whitelaw era una donna, ti abbiamo tratto in inganno. E dunque vuol dire che non era tuo padre. Carter, tu chi sei?” Raphael aveva disseminato una sorta di suspense che stava tenendo tutti in allerta come se da lì a poco sarebbe esploso un ordigno atomico.
“Non gettare disonore sulla mia famiglia, mondano. Perché sei qui adesso che ti sei liberato del vampirismo? Ah sì, è perché al tua Nephilim strega te lo succhia divinamente!” il sorriso di Carter ricordava quello spietato e senza umanità di Valentine. Prima che Astrea potesse ribattere, Raphael aveva tirato un pugno a Carter facendolo cadere a terra. Scrollò la mano per via del dolore e arretrò di qualche passo. Alcune gocce di sangue gli costellavano le nocche.
“Stai bene, Raphael?” chiese Astrea avvicinandosi a lui e prendendogli la mano.
“Sì. Tu?” il fatto che lui si stesse preoccupando per quelle parole maligne la fece sorridere dolcemente.
“Qualche insulto non mi ucciderà. Hai le nocche spaccate, andiamo a curarle.”
“Voi andate. Io mi occupo di questo imbecille. Non lo ucciderò, se è questo che pensate. Ha solo bisogno di essere aiutato a ragionare. Nikolai e Glenys, voi mi aiuterete. Tu, Tanisha, sta ferma e zitta. Abbiamo già abbastanza problemi.” Ordinò Sally, e in pochi istanti tutti si furono dileguati per obbedire.
 
 
 
Provare il dolore era una sensazione umana che Raphael disprezzava. Abituato a ferite che si marginavano in pochi minuti nella sua precedente vita vampiresca, adesso il disinfettante a contatto con la pelle lo faceva sussultare. Astrea con cura gli ripuliva il sangue dalle nocche, tamponando piano i piccoli tagli con una garza, e gli stringeva debolmente la mano.
“Non dovevi farlo. Non era necessario che tu mi difendessi.”
“Lo so che sei capace di difenderti da sola ma quell’idiota un pugno lo meritava da quando ha aperto bocca due giorni fa.” Quel fare protettivo di Raphael fece sorridere Astrea, che lo aveva sempre visto calmo e paziente e non lo riteneva il tipo di ragazzo che prende a cazzotti chi parla male della propria fidanzata.
Obrigado.
Grazie, gli aveva sussurrato in portoghese, la sua lingua d’origine, il suo mondo.
Todo para mi reina.
“Sai che ti trovo particolarmente attraente quando parli in spagnolo?” gli domandò retorica Astrea, mentre riponeva la cassetta di pronto soccorso nel mobiletto del bagno. Raphael provò a muovere le dita della mano destra e digrignò i denti a causa del dolore.
“Ah, sì? Credevo di essere attraente ventiquattro ore su ventiquattro. Che insolente, signorina Monteverde!”
Raphael l’abbracciò da dietro lasciandole piccoli e veloci baci sul collo. Astrea fu scossa da una caterva di brividi, come accadeva ogni volta che erano vicini, e si voltò verso di lui portandogli le braccia al collo.
“Dovrei essere punita per la mia insolenza, non credi?” gli mormorò a pochi centimetri dalle labbra, gli occhi colmi di malizia, le mani sulla sua nuca. Raphael si morse il labbro per evitare di cedere.
“Non mi tentare, Astrea.”
Dal momento che Astrea amava giocare, fece scorrere le mani sul petto del ragazzo lentamente, senza mai staccare lo sguardo dalle sue labbra, fino a quando la discesa fu bloccata dalle mani di lui. Sbuffò e si allontanò da Raphael con le mani in tasca.
“Non è il momento. Ho recepito il messaggio.”
Capendo che quella tensione tra di loro li avrebbe portati ad allontanarsi di nuovo, le afferrò il braccio e la costrinse a girarsi.
“No, adesso non è il momento, non ora che dividiamo l’alloggio con esseri soprannaturali. Lo voglio. Ti voglio, Astrea. Solo che non è una buona idea in questo momento. Quando torneremo a casa, ti giuro che accontenterò ogni tua richiesta.”
“Contrariamente alla mia voglia di buttarti sul letto e spogliarti, capisco che la situazione non consenta distrazioni. Ricordati del giuramento, Santiago!”
Raphael si chinò e sorrise nel bacio, conscio che i sentimenti per Astrea sarebbero soltanto aumentati.
 
 
New York, casa Lightwood-Bane.
“Max, smettila di giocare con il mio stilo!” strillò Rafe per la terza volta in mezz’ora da quando suo fratello era tornato a casa accompagnato da nonna Maryse. Max abbandonò lo stilo a terra quando Alec entrò in soggiorno con la tipica espressione severa che assumeva per rimproverarli.
“Bambini, lo sapete che litigare con serve a niente. Rafe, non lasciare lo stilo in giro, conservalo in camera tua prima della Cerimonia. E tu, Max, non toccare le cose di tuo fratello perché sai quanto ci tiene.”
“Va bene, papino. Scusami, Rafe, ti prometto che non lo faccio più.” Disse Max con voce dolce e sottile stringendosi nelle spalle; la sua pelle blu risaltava alla luce artificiale che illuminava l’appartamento. Rafe, altezzoso come un Nephilim, strinse la spalla del fratello e gli fece un cenno solenne.
“Non fa niente. Voglio solo che tu stia attento quando usi le mie cose, però lo stilo non lo prendere mai più!”
Max abbracciò Rafe sollevandosi sulle punte per via della differenza d’altezza. Alec sapeva che il piccolo stregone fosse un bambino estremamente dolce ed affettivo, al contrario di Rafe che sembrava in tutto e per tutto introverso e risoluto come i Lightwood. Quel clima familiare e intimo fu spezzato dai passi concitati di Magnus che correva verso il suo studio con indosso il grembiule e sulla testa un cappello da chef; aveva proposto l’arrosto per cena.
“Restate qui.” Alec ammonì i bambini e seguì il suo compagno. Lo ritrovò chino su una mappa, con l’indice seguiva una scia di luce gialla che pulsava sulla carta.
“Magnus?”
“Devo raggiungere Astrea. Ho notizie sulla sua missione. Non aspettatemi per cena.”
 
 
“Quello lo mangi?”
Gli occhi di Astrea guardavano con adorazione la fetta di pizza che giaceva solitaria nel cartone di Raphael, che la depose su un piatto e gliela porse.
“Tieni, io non la voglio più.”
“Lo so che dici questa frase solo per farmi contenta, ed inoltre il tuo stomaco sta brontolando. Grazie mille.” Così dicendo, addentò la pizza e la mangiò con gusto. Raphael le lanciò uno sguardo divertito mentre mandava giù un sorso di acqua.
“Sei magrolina e hai bisogno di mangiare più di me.”
“Siete nauseanti.” Spuntò acida Sally. Si sedette sul divano accanto alla sua amica con un bicchiere di sangue e gli angoli delle labbra sporchi. Astrea si pulì la bocca con il tovagliolo, chiuse i cartoni della pizza e ridacchiò al tono corrosivo della vampira.
“Come va con Glenys?”
“Ci siamo baciate qualche volta ma non sembra voler approfondire la situazione, è come se si pentisse di provare attrazione nei miei confronti. Lei mi piace, la trovo adorabile, però non posso costringerla ad accettarsi se non si sente ancora pronta.”
“Forse ha solo bisogno che qualcuno le ricordi che l’amore è giusto in qualsiasi forma esso venga vissuto. Falle capire che provare quei sentimenti è assolutamente normale, che la rendono quella che è, che accettarsi è l’unico modo per vivere bene.”
Sally ed Astrea restarono interdette dal consiglio di Raphael, solitamente avverso alle questioni amorose altrui, e quella era proprio un’ottima tattica.
“Ragazzi, abbiamo visite!” gridò Nikolai dalla cucina. In pochi attimi Magnus fece la sua entrata in soggiorno, gli occhi contornati di brillantini bianchi, completo elegante color rosa pastello e scarpe nere lucide; sembrava che lui, Glenys e Sally comprassero gli abiti nello stesso negozio. Astrea gli corse per abbracciarlo e lui fu contento di stringere di nuovo la sua amica.
“Mag, mi sei mancato!”
“Anche tu, cara. Anche tu. Sono qui per darvi delle informazioni.”
“Vieni, siediti.”
Quando tutti si furono accomodati, eccetto Carter che se ne stava chiuso in camera dal litigio avvenuto in mattinata, lo stregone si espresse in merito alla sua scoperta.
“Tempo fa mi avete chiesto di continuare a controllare le linee di magia nel caso qualcuna di esse si fosse attivata e avesse rivelato l’attività dell’assassino. Ebbene, poche ore fa la linea magica di Chicago è entrata in funzione, ciò vuol dire che qualcuno lì sta praticando incantesimi. Potrebbe non trattarsi dell’assassino che state cercando.”
Bastò uno sguardo perché Astrea e Raphael capissero al volo ciò che stava succedendo. Dal corridoio emerse la figura slanciata di Carter, i piedi scalzi, a torso nudo, una smorfia di terrore sul viso.
“Chicago è la mia città. Si tratta dell’assassino per forza!”
“La Blackwell ci ha detto che la specie degli stregoni non era stata intaccata, ma uno di quelli che rientravano nel programma di protezione è scomparso. Lo stregone non è morto, potrebbe essere stato rapito dall’assassino e costretto a praticare la magia.” Dedusse Astrea mentre il suo cervello cercava di agganciare tutti i punti.
“Ed è lo stesso stregone che ha lanciato l’incantesimo sulla bara di Kabir cosicché avrebbe maledetto chiunque l’avesse toccata. Noi abbiamo recuperato Nikolai, Glenys, Tanisha e Carter, ossia il lupo, la fata, il vampiro ed il Nephilim. I cadaveri di Kabir, Alun e di Grace presentavano lo stesso modus operandi: cuore strappato e disegni tracciati a fuoco attorno ai corpi. Lo stregone è stato rapito. E all’appello manca soltanto lo shadowhunter morto di cui non possiamo sapere nulla perché i Centurioni lo hanno portato alla Città di Ossa per essere seppellito.” Il riassunto di Raphael non faceva una piega, eppure i dubbi erano ancora molti. Sally sfogliò ancora i fogli contenenti i dati sui ragazzi e sulle vittime, cercava qualche lacuna che potesse aprire loro nuovi quesiti e la trovò nel file dello shadowhunter.
“Perché il Console non ci ha mai rivelato l’identità del Nephilim assassinato? Il suo fascicolo è criptato, il corpo è trattenuto dai Fratelli Silenti e Carter dichiara di non aver rinvenuto nessun cadavere.”
“E’ normale che abbia mantenuto la privacy sul Nephilim. Di sicuro ha incaricato i Centurioni di indagare mentre noi continuavamo nella nostra ricerca.” Disse Magnus, il quale conosceva il modo di agire furtivo del Clave. Astrea osservò Carter per la prima volta da quando era comparso, tentò di decifrare la sua espressione, e tentò anche di farlo uscire allo scoperto smascherando la sua falsa identità. Un’intuizione le balenò in mente.
“Non c’è nessuno shadowhunter morto. Carter non è un Whitelaw. La Blackwell aveva urgenza di scoprire l’artefice e ne sembrava terrorizzata. Il tutto riconduce a lui!”
Tutti si voltarono nella direzione di Carter per giudicarlo severamente. Il ragazzo sbiancò e scosse la testa.
“Sentite, il fatto che io non abbia trovato il cadavere può significare che i Centurioni lo abbiano preso prima che io me ne accorgersi. Sono un Whitelaw. Non c’entro nulla con tutto questo!”
“Come si chiamavano i tuoi genitori?” domandò dal nulla Magnus. Aveva conosciuto molte generazioni di Shadowhunters e quella di Carter era una delle più antiche e note.
“Jackson e Barbara.”
Il volto dello stregone fu attraversato da un fremito, come se un lontano ricordo si fosse appena impossessato della sua memoria.
“Barbara Blackwell, sorella di Rita Blackwell e moglie di Jackson Highsmith.”
Astrea spalancò gli occhi e in essi era dipinta l’incredulità di quella scoperta.
“Tu sei il nipote di Rita?!”
 
 
 
Salve a tutti!:)
Ve lo dicevo che Carter non era un tipo affidabile, nasconde un segreto oscuro … Vedremo!
Spero che vi piaccia il capitolo.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

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Capitolo 9
*** Segreti di famiglia. ***


CAPITOLO OTTO: SEGRETI DI FAMIGLIA.
 
I legami interpersonali sono sempre un dilemma, soprattutto quando si tratta della famiglia. Si presuppone che i genitori siano le prime persone di cui ci fidiamo e grazie alle quali ci sentiamo protetti, ma la sera precedente queste premesse erano crollate. Astrea sapeva bene quanto fossero labili le relazioni, lo aveva vissuto sulla propria pelle a causa del tradimento di Thomas, il suo parabatai, quella persona che sarebbe dovuta restare al suo fianco malgrado tutto. Aveva dormito a stento quattro ore perché l’immagine del volto sconcertato di Carter era terrificante. Venire a sapere da uno sconosciuto che la tua vita è una grande bugia è un duro colpo da incassare. Ripensò a quanto Thomas l’avesse ferita, a quanto la sua fiducia negli altri fosse ostacolata dalla paura, ed inevitabilmente spesso si chiedeva se le sue giornate fossero solo frutto dell’immaginazione, se la sua fosse l’ennesima illusione. Si mise a sedere sospirando stancamente. Sorrise nel constatare che Raphael dormiva tranquillo. Gli passò le dita tra i capelli delicatamente per evitare di svegliarlo, poi gli stampò un bacio sulla fronte e si alzò per farsi una doccia. Venti minuti dopo scese in cucina, dove vi trovò Carter che limava le spade angeliche.
“Buongiorno.” Gli disse, anche se non si aspettava un saluto gentile.
“Come abbiamo intenzione di risolvere questa storia?”
Astrea prese un bicchiere e si versò del latte fino ai bordi. Lo bevve distrattamente.
“Carter, non sei lucido adesso. Hai bisogno di sbollire la rabbia. Ne vuoi parlare?”
“Parlare di cosa? Del fatto che i miei genitori non sono i miei genitori? Che i Blackwell mi hanno rigettato? Che in realtà sono solo al mondo? No, preferisco tenermi tutto dentro.”
“Perché avrebbero dovuto mentire? Io credo che ci sia molto di più. La sorella e il cognato del Console sono morti e a loro non possiamo più fare domande, ma l’unica che può aiutarci è tua zia Rita.”
Carter storse le labbra alla parola ‘zia’ perché non avvertiva alcuna parentela con quella donna che aveva visto soltanto alle riunioni ufficiali.
“Perché lo fai? Perché vuoi aiutarmi?”
“Non lo faccio per te. Lo faccio perché Raphael ha rischiato di nuovo la vita per colpa dei segreti del Console. Non posso perderlo. A questo proposito, dobbiamo aiutarci a vicenda: io aiuto te ad indagare sulla tua famiglia e tu aiuti me a scovare il bastardo che voleva far fuori il mio fidanzato.”
Astrea allungò una mano verso Carter e mantenne lo sguardo puntato sul suo.
“Affare fatto.”
Detto ciò, i due si strinsero la mano assicurandosi sostegno reciproco.
 
 
“Ricordami perché stiamo facendo questa cosa.”
“Non ti lamentare sempre, Santiago. Sai meglio di me che questa è l’unica soluzione.”
“Strisciare nelle gallerie sotterranee di Alicante non è una grande idea. Definisci ‘unica soluzione’.”
Astrea sollevò gli occhi al cielo e trattenne un urlo isterico. Avevano deciso che per proseguire con la caccia all’uomo avrebbero dovuto capire i veri motivi che si nascondevano dietro alla missione. Inoltre, Magnus li aveva avvisati che la linea di magia si era spenta a Chicago e si era attivata a New York durante la notte, perciò erano a corto di tempo. Gironzolare nel centro della città per un mondano ed una Nephilim esiliata non era una giusta tattica, così avrebbero dovuto raggiungere l’abitazione del Console attraversando il sottosuolo. Raphael si era proposto per accompagnare Astrea e Carter, anche se in realtà era in costante apprensione per lei e voleva accertarsi che non le capitasse nulla di male, mentre Sally e gli altri avrebbero controllato i registri, i quali erano comparsi per magia grazie a Magnus, che Carlos Monteverde aveva redatto nella sua carriera di archivista riguardo alle famiglie di Shadowhunters.
“Che cosa pensi troveranno i tuoi amici nel lavoro di tuo padre?” domandò Carter, simile ad un corvo nella sua tenuta nera e con il volto cupo.
“Mio padre era l’archivista di Stato, a dirla in breve, e ha stilato un censimento degli ultimi trentacinque anni di tutte le casate Nephilim, ha riportato nomi, date, battaglie, insomma tutti gli episodi salienti. Speriamo di trovare un collegamento tra te e i Blackwell.”
Astrea era fiduciosa che qualcosa di losco sarebbe venuto fuori da quelle carte, soprattutto perché suo padre era un tipo pignolo ed era quasi certo che avesse notato tutte le anomalie.
“Siamo arrivati.” Annunciò Raphael qualche metro davanti a loro, le mani infilate nelle tasche della giacca di pelle, l’atteggiamento guardingo. Una serie di porte costeggiava la lunga galleria, al loro interno una cisterna riforniva le abitazioni di acqua, e su di esse vi era stampato a caratteri cubitali il cognome della famiglia cui era destinato il carico. Astrea disegnò una runa di apertura sulla porta  di Rita Blackwell. I cardini cedettero e in pochi istanti furono dentro.
“Come facciamo adesso? Bussiamo al campanello?” disse sarcastico Carter mentre si appoggiava contro una parete con le  braccia incrociate. Raphael gli lanciò un’occhiata sprezzante.
“Sei stupido? E’ ovvio che sia possibile accedere alla casa da qui. La vedi quella scaletta? Ecco, collega questa stanza alla cucina nel caso in cui la cisterna si rompesse e ci fosse bisogno di manutenzione.”
Frattanto che i due ragazzi battibeccavano, Astrea aveva spalancato la seconda porta e si piegava sulle ginocchia, dato che il passaggio era alto un metro scarso.
“Avete finito di fare i bambini? Chiudete la bocca e salite.”
Carter fece due passi ma Raphael lo precedette e seguì la sua ragazza. La cucina in cui si ritrovarono era enorme, i mobili color bianco latte illuminavano la stanza, molte stoviglie erano ordinate, eppure sembrava tutto così freddo. Il rumore di lama che sfrega contro la pelle acuì l’attenzione di Astrea.
“Carter, per l’Angelo! Metti via quel coltello!” disse a bassa voce notando l’arma che impugnava il Nephilim.
“Non sai contro quali pericoli stiamo andando.”
“Fai sul serio? Già irrompere nella casa del Console è illegale e potremmo essere incarcerati, direi che minacciarla non sia propriamente un’ottima idea.” Intervenne Raphael, allora Carter depose l’arma.
“Credo che la servitù non ci sia. Possiamo muoverci indisturbati. Dobbiamo agire prima che Rita vada via.”
Astrea fece loro segno di dirigersi al piano di sopra, dove era ubicato lo studio, perché molto probabilmente l’avrebbero trovata là. Le cose non andarono nel modo previsto. Una spada angelica sfiorò la gola di Astrea e lei fu costretta ad alzare le mani come atto di resa. Rita Blackwell la guardava con fare altero.
“Astrea Monteverde e Raphael Santiago.”
“Già, sono proprio io. Che coincidenza, non crede?”
Raphael insultò mentalmente Astrea per l’inadeguatezza di quella battuta, poi poggiò l’indice sulla spada e l’abbassò allontanandola dal collo della sua fidanzata.
“Si calmi, Console. Siamo qui soltanto per chiarire un paio di cose. Abbiamo ricorso ad altri metodi perché presentarci alla sua porta con una torta al cioccolato non ci sembrava il caso.”
“Perché siete qui? Vi avevo assegnato un compito.” La voce di Rita adesso era nervosa, quasi impaurita. Astrea, che un po’ voleva vendicarsi per le bugie di quella donna, sorrise maligna.
“Abbiamo un regalo per lei. Carter, fatti avanti.”
Dalla cucina sbucò Carter in tutta la sua sicurezza e la sua megalomania. Con la mano destra sul pomo del coltello che teneva nella cintura, si inchinò dinanzi al Console.
“Ciao, Zia.”
 
 
“Giuro che vi stacco le dita a morsi se non la smettete di parlare!”
Quella minaccia fece tacere i tre Nascosti.
“Sono stanca. Stiamo leggendo queste cartacce senza trovare nulla di utile. Cosa ci importa di quel Cacciatore spocchioso? Andiamocene a New York e diamoci alla bella vita!” esclamò Tanisha sorridente, incrociò le caviglie sul tavolo e osservò le reazioni degli altri. Nikolai e Glenys sembravano spaesati, ma Sally la stava guardando con il sopracciglio sollevato e la faccia di una che aveva appena ascoltato una barzelletta poco divertente.
“Ascoltami, ragazzina, sei stata trasformata da poco e ancora non ti è chiaro come funzionino le cose. Non puoi vivere senza un clan, hai bisogno di appartenere ad un gruppo e a New York non c’è posto più per nessuno. A noi non interessa un bel niente di quella sacca di organi e muscoli di nome Carter, però il mio capo mi ha affidato un ordine che devo portare a termine e devo inseguire la follia della mia migliore amica. Fino alla fine di questo incubo tu la smetterai di fare la bambina e comincerai a pensare anche agli altri. Sei un vampiro, sii superiore a tutti.”
“Tecnicamente avresti dovuto dire ‘non-vivere’ anziché ‘vivere’. Siete non-morti.” Obiettò Nikolai, tranquillo nella sua accurata correzione di termini. I canini di Sally scattarono fuori per la rabbia e fecero sobbalzare il licantropo sulla sedia.
“Anche tu vedi di non fare l’idiota o ti strappo i peli dal corpo. Adesso state buoni. Necessito di sangue.”
“Va’ dietro alla tua ragazza!” Tanisha schernì Glenys, che raccolse la gonna vaporosa dell’abito e andò in soggiorno.
“Ho detto che voglio restare da so… ah, sei tu. Entra pure.” Il cipiglio di Sally si sciolse in un sorriso.
“Credo di aver trovato qualcosa nella cartella dedicata all’anno 1998. Il padre di Astrea era un uomo molto accorto.”
Glenys mostrò una pagina ingiallita alla vampira: era l’elenco dei neonati maschi nati nell’estate del 1998. Scorrendo velocemente i nomi, saltò all’occhio quello di Carter. Sally lesse ad alta voce.
“Carter Whitelaw, 22 giugno 1998, maschio. Madre: Barbara. Padre: Jacob. Altri parenti: nessuno. Beh, non c’è nulla di strano.”
La fata indicò sul foglio un puntino rosso.
“Accanto al nome vi è un asterisco che riporta una notazione in basso a destra. C’è scritto che un anno dopo qualcuno ha richiesto i dati anagrafici del bambino ma per privacy non sono stati divulgati. E’ riportata la firma del richiedente: Adam Miller. La cosa strana è quest’uomo è un mondano.”
“Un mondano va all’Istituto di Lisbona nel 1999 per avere informazioni su Carter. Perché? Che motivo avrebbe un mondano per rivolgersi all’archivista degli Shadowhunters e chiedere notizie su un Cacciatore?”
“Pensavamo che l’assassino fosse un mondando con la Vista e che abbia saputo che Carter non è chi dice di essere.” Disse Nikolai alle loro spalle mentre si avvicinava assieme a Tanisha.
Sally rifletté su quanto Carlos Monteverde avesse annotato e capì che erano ad un passo dalla risoluzione.
“Adam Miller solo grazie alla Vista sapeva dove si trovava l’Istituto. E’ il nostro assassino.
Lo sguardo di Glenys si rabbuiò.
“Allora perché cercava Carter?”
“Nikolai, invia un messaggio a Raphael e aggiornalo. Tanisha e Glenys, cercate notizie su questo Adam Miller. Io contatto Magnus. Mettiamoci a lavoro!”
 
 
 
Ad Astrea venne quasi da ridere per la paura e l’incredulità che adombravano il volto del Console. Sembrava che avesse visto un fantasma. Si sedette allo sgabello posto sotto l’isola della cucina, le tremavano le mani e i suoi occhi erano diventati lucidi. Era ironico che si ritrovasse di nuovo a tendere un’imboscata al Console, proprio come aveva sorpreso Goldstorm con Jace.
“Come avete capito che …”
“Che Carte non è un Whitelaw?” terminò Astrea, e Rita annuì piano. Raphael, la schiena contro il muro, il ginocchio destro piegato, fece un mezzo sorriso.
“Gli ultimi membri della famiglia erano donne, e proprio trenta anni fa la stirpe si è spenta con la morte di Melissa. Facendo due calcoli, è impossibile che Carter sia uno di loro. Mai sottovalutare la memoria di un vampiro di settanta anni.”
Carter, spazientito da quella perdita di tempo, sbatté un pugno sul piano cottura per richiamare l’attenzione. Si voltò verso Rita e il suo sguardo era di ghiaccio.
“Bando alle ciane. Raccontaci la verità. Non tralasciare nulla.”
La Blackwell continuava a guardarlo con commozione, come se si trattasse di una visita di cortesia. Bevve dell’acqua per sciogliere il nodo alla gola e cominciò a parlare.
“Non sono tua zia, Carter. Sono tua madre. Diciannove anni fa, una notte di primavera, io e la mia migliore amica, Abigail Greenheart, eravamo in ronda a New York. Eravamo invisibili ai mondani, ma un ragazzo mi ha versato il suo drink addosso. Aveva la Vista. Si chiamava Lucas. Ci siamo frequentati, vedendoci di nascosto, per un paio di mesi, poi ci siamo messi insieme. Avevamo grandi piani per il nostro futuro. Sono rimasta incinta, eravamo entrambi così felici, trascorrevamo le giornate ad immaginare gli occhi, il naso, le mani del nostro bambino. Quando mio padre scoprì tutto, mi vietò di vedere Lucas e mi chiuse in casa. Lui mi cercava dappertutto. Ha persino cercato di contattarmi tramite Abigail, ma i miei genitori intercettavano tutte le lettere e le bruciavano. Mi permisero di portare avanti la gravidanza e di dare alla luce il bambino, dopodiché lo avrebbero abbandonato in un orfanotrofio mondano. Fui fortunata: mia sorella Barbara e suo marito Jacob erano sposati da cinque anni, avevano scoperto di non poter aver figli, così li pregai perché adottassero loro il mio bambino. Dopo la nascita di un bellissimo maschietto, mio padre ha costretto mia sorella a restare ad Idris mentre io sono stata trasferita presso l’Istituto dei Rosales in Spagna. Non ho più avuto più notizie di Lucas, di mia sorella, di mio figlio. La Guerra Oscura ha ucciso tutta la mia famiglia, così sono tornata ad Alicante dopo otto anni e ho inserito Carter nel programma di protezione perché lo mandassero a Chicago per evitare di incrociarlo per strada.”
Il silenzio che era piombato nella stanza era carico di tensione, di delusione, e i singhiozzi di Rita erano l’unico rumore. Carter era diventato pallido, la sua solita posa fiera aveva lasciato spazio alle spalle ingobbite e alle sopracciglia corrugate.
“Perché ci ha chiesto di trovare l’assassino?” fu la domanda secca di Astrea a rimettere in moto la conversazione.
“Quando sono stata avvertita che erano stati rinvenuti dei cadaveri presso le abitazioni dei ragazzi inseriti nel programma di protezione nello stesso anno di Carter, ho temuto che sarebbero arrivati anche a lui. Non c’è una vittima Shadowhunter, ecco perché il corpo sulle foto è stato censurato, perché in realtà non c’è nessun corpo. Ho inscenato la morte del Nephilim cosicché voi salvaste Carter prima che l’assassino lo raggiungesse. Lo stregone scomparso, Haru, mi ha aiutata  a partorire e non è un caso che lo abbiano rapito.”
“Adam Miller. Le dice qualcosa?”
Raphael passò il cellulare ad Astrea, che lesse un messaggio da parte di Nikolai: ‘Adam Miller ha chiesto al padre di Astrea info su Carter. Chiedi al Console’.
L’espressione sofferente di Rita mutò in una maschera di orrore. Bingo!, pensò Astrea.
“Chi è Adam Miller? Avanti, parla!” gridò Carter facendo sussultare quella che da poco si era rivelata sua madre.
“Adam Miller è il padre di Lucas. E’ tuo nonno, Carter!”
 
 
 
“Rita Blackwell è la madre di Carter?”
Sally tirò un tovagliolo in faccia a Tanisha per farle abbassare la voce. Da quando erano tornati, Carter aveva preteso di essere lasciato da solo. Era l’ora di pranzo, quindi gli alti erano seduti a tavola mentre si scambiavano le novità.
“Adam è il nonno di Carter, non gli sarà andato giù il fatto che suo nipote fosse sparito nel nulla. Noi abbiamo scoperto che Lucas è morto nel 2000, ovvero due anni dopo la nascita di Carter. Sicuramente avrà sofferto molto per la perdita del figlio.” Disse Sally riempiendosi per la terza volta il calice di sangue. Raphael rubò una forchettata di spaghetti dal piatto di Astrea e lei lo colpì giocosamente ad un fianco.
“Adam si sta vendicando. Aveva trovato suo nipote diciotto anni fa, però mio padre non gli ha dato nessuna informazione a riguardo, e questo vuol dire che ha indagato da solo. Ha rapito Haru perché era lo stregone che aveva aiutato Rita a partorire e che aveva poi portato Carter a Chicago. Ha ucciso Grace, Kabir e Alun solo per mettere in guardia Rita e farle capire che lui sta arrivando.”
“Probabilmente il cadavere di Shadowhunter sarebbe stato proprio quello di Rita Blackwell.” Commentò brevemente Glenys per poi tornare a spiluccare la sua insalata. Tanisha, che faceva a gara con Sally per accaparrarsi il sangue, diede la sua opinione:
“Non è solo questo. Ha uno stregone dalla sua parte, tre corpi di esseri magici, e Magnus ha bene ipotizzato che li stia usando per incanalare potere. La linea magica di New York è attiva da ieri sera. Adam si sta preparando a qualcosa.”
“Mors dilecti. La morte di una persona amata.”  La voce di Raphael serpeggiò spaventosa tra il tacito gruppetto quasi fosse una serpe velenosa. Astrea sospirò.
“Perché è a New York? Chi vuole uccidere?”
“Credo di saperlo.”
Tutti guardarono Nikolai mentre smanettava con il cellulare. Sally sotto al tavolo gli diede un calcio al ginocchio perché parlasse.
“Avanti, pelo bagnato, che cosa sai?”
“Sono entrato nel PC del Console. Ha un appuntamento a New York con Abigail Greenheart, pare che voglia festeggiare il compleanno con la sua amica del cuore.”
“Adam sa che Rita si troverà a New York questo fine settimana. La vuole uccidere.” Disse Astrea camminando su e giù. Raphael, quando ebbe esaurito la bottiglietta d’acqua, si alzò per gettarla nel cestino.
“Hai ragione, fuego. E se i nostri calcoli sono giusti, Adam userà la magia affinché la Blackwell abbia una morte spettacolare.”
Uno trillo avvertì Astrea di un messaggio, fece scorrere le dita sullo schermo e lo lesse: All’angolo tra 6th Ave. e 20th St. l’influenza magica ha toccato il picco nell’ultima ora. C’è una chiesa sconsacrata. Sapete cosa fare. Cercate di restare vivi. (Magnus).
“Dobbiamo andare a New York. Immediatamente.”
 
 
 
La frescura di ottobre si fece sentire quella sera. Erano rientrati a New York grazie ad un portale di Magnus, avevano recuperato alcune armi, e si erano diretti verso la linea magica. Mentre Nikolai, Glenys, Tanisha e Carter erano stati bloccati nell’appartamento di Astrea con un incantesimo di confinamento, lei, Raphael e Sally stavano raggiungendo l’area dove si era attivato Adam.
“Questo mi ricorda tanto quando siamo entrati nel regno delle fate e Fion ti ha costretta a fare quel gioco idiota.” Esordì Sally, avvolta in un impermeabile grigio scuro, i capelli biondo platino che rilucevano sotto la luna. Astrea si strinse nella giacca di jeans ed emise una risatina.
“Beh, non è stato poi così brutto quel gioco.”
“A parte il pezzo di legno che ti si è conficcato nella pianta del piede, è stato un gioco talmente divertente!” le parole di Raphael erano farcite di ironia, come del resto lo era la maggior parte delle cose che diceva. Sally attraversò il marciapiede ma Astrea fermò Raphael con una mano sul petto.
“Non essere sempre così negativo, Santiago.”
“Non sono negativo. Mi preoccupo per la mia cacciatrice di guai.” Rispose lui con serietà, poi l’avvicinò per stamparle un bacio sulla fronte.
“Ragazzi, non è il momento per la luna di miele. Sbrigatevi!”
Nel giro di pochi minuti arrivarono davanti alla chiesa dismessa. Doveva trovarsi in quello stato dal almeno dieci anni, e lo testimoniava l’intonaco che si staccava, il portone ridotto ad un paio di assi di legno marcio, le vetrate rotte, eppure la porticina laterale che conduceva in sagrestia sembrava essere stata aggiustata di recente. Sally chiuse gli occhi, si isolò dal resto del mondo, fino a quando il suo udito captò un flebile rumore. Era un battito.
“C’è qualcuno all’interno, sento un cuore battere.”
Astrea armò la balestra e la puntò contro la porta. Per strada si era tracciata la runa del colpo sicuro, dunque non poteva sbagliare mira; ormai era l’unico segno nero che imbrattava la sua pelle.
“Entriamo.”
Sally forzò la maniglia e in pochi istanti furono dentro. Il corridoio stretto e polveroso che stavano percorrendo era lungo circa cinque metri, poi svoltando a destra si ritrovarono in quella che un tempo doveva essere stata la cucina. Raphael sbirciò le carte abbandonate sul tavolo, ma non vi era nulla di utile.
“Sally, riesci a capire se i corpi sono qui?” le chiese Astrea a bassa voce. La vampira si concentrò di nuovo, cercava di spronare i sensi, però riusciva a captare solo i battiti accelerati di un cuore.
“I cadaveri non sono qui. Sento che qualcuno è vivo e ha paura.”
Una trave precipitò sul pavimento con uno spaventoso boato che fece trasalire dal terrore i tre amici. Raphael prese un respiro.
“Non sono più abituato a certe cose.”
Astrea trattene una risata. Continuò a girovagare nella stanza, poi si incamminò in un secondo corridoio che portava ad una scaletta: era la cantina.
“E’ qui.” Mormorò Sally.
Scesero tutti e tre insieme, guardandosi a destra e a sinistra, evitando di fare rumore, quindi ruotarono il pomello della porta. Era buio pesto. Astrea fece luce con la strega-luce. Era un piccolo ambiente spoglio, soltanto una vecchia lavatrice e alcune casse di incenso secco. Raphael picchiettò l’indice sul braccio di Astrea e le indicò una coperta raggomitolata all’angolo. Sally sorrise mettendo in bella mostra i canini, nel caso in cui avesse dovuto difendersi mordendo Adam. Scostò il panno ma rimase sgomenta. Anche Astrea e Raphael si avvicinarono.
“Ma che diamine…”
Accucciato in posizione fetale, Haru nascondeva il volto tra le mani e tremava come una foglia. Alzò le mani per arrendersi.
“Vi prego, non mi fate del male!”
Astrea abbassò la balestra, si inginocchiò accanto allo stregone e lo aiutò a mettersi seduto. Aveva l’aspetto di un sedicenne, anche se in realtà aveva duecento anni, gli occhi a mandorla chiarivano la sua origine giapponese, e aveva del sangue secco sulla guancia e attorno ai polsi. Era incatenato al pavimento da diverso tempo, il viso era magro, e le labbra erano asciutte per mancanza d’acqua. Raphael si tolse la giacca e la poggiò sulle spalle di Haru, che indossava soltanto una camicia a maniche corte ormai logore ed un pantalone viola di lino, meritandosi un sorriso colmo di gratitudine da parte di Astrea.
“Sta tranquillo, Haru. Siamo qui per portarti via. Ti ha rapito un uomo di nome Adam Miller?”
“S-sì. Lui mi ha legato qui. V-voleva che io incanalassi potere dai cadaveri di tre poveri ragazzi. Sono stato costretto.” Lo stregone prese a piangere, non smise di tremare, ed era intenzionato a darsi tutta la colpa.
“Non è sicuro restare qui. Ce ne dobbiamo andare.” Suggerì Sally, poi agguantò la catena che teneva Haru legato e la ruppe in una sola mossa.
Raphael aiutò Astrea a far alzare dal pavimento Haru. Non aveva le scarpe e sembrava che la caviglia fosse lussata. Trascinarlo in strada richiese tempo e fatica.
“Chiamo Magnus e gli dico di ospitare Haru per stanotte.” Così dicendo, Raphael si allontanò per chiamare il Sommo Stregone di Brooklyn.
Haru, affamato e sfinito, fece scivolare la testa sulla spalla di Astrea.
“Resisti, Haru. Tra poco sarai al sicuro.”
“Oh, che eroico salvataggio!”
L’inconfondibile voce aspra di Lily colpì come un fulmine a ciel sereno. Con passo deciso nel suo tailleur blu cobalto, camminava sul cornicione della chiesa. Si lanciò a capofitto in strada ricadendo perfettamente illesa.
“Che ci fai qui?” Sally non fu particolarmente felice che il suo capo fosse piombato in quel frangente.
“Ieri c’è stata una riunione tra vampiri e fate. Abbiamo deciso di riprenderci la nostra gente. Il tuo compito con i Nephilim è terminato, Sally, è tempo che tu ritorni al DuMort. Ovviamente è un ordine.”
“Tornare all’Hotel? Il Console ha promesso al clan doppia razione di sangue per sei mesi a missione compiuta, abbiamo ancora dei conti in sospeso!” protestò Astrea.
“Non posso rischiare di perdere uno dei miei per aiutare gli Shadowhunters. Abbiamo già perso Raphael per colpa tua. Sally, andiamo.”
Lily era determinata a riprendersi il suo ambasciatore, a rimettere ordine nella divisione tra Figli della Notte e Cacciatori.
“Fa’ come ti dice. Torna al DuMort.” Esordì alle loro spalle la voce di Raphael. Vestito di nero e con il suo tipico cipiglio, ricordava il capo clan di qualche tempo prima. Lily fece un goffo inchino.
“Quale onore! Sono contenta che tu sia ancora vivo. Sai bene che i vampiri hanno bisogno del proprio clan per sopravvivere, per questo lei deve rientrare.”
“Non posso tornare adesso. Ho promesso ad Astrea che l’avrei aiutata!” ribatté invano Sally.
Raphael cercò sostegno in Astrea, che dovette aggregarsi a quella decisione.
“Non ti preoccupare, hai fatto il possibile. Torna al DuMort. Terrò d’occhio Glenys per te.”
 
 
 
 
“Come stai?”
“Ti mentirei se ti dicessi che sto bene. Sally è fondamentale nella mia vita, mi è sempre stata accanto, e mi rattrista il fatto che non sarà con noi quando tutto questo finirà. Chissà come la prenderà Glenys.”
Raphael rafforzò la presa sulle sue spalle e le depositò un bacio sulla tempia. Stavano tornando al loro appartamento dopo aver lasciato Haru alle amorevoli cure di Magnus, nessuno meglio di lui poteva aiutare un Nascosto. Era notte fonda, i locali erano all’apice del lavoro, ragazzi ubriachi ridevano sguaiatamente in mezzo alla strada, e loro erano una coppia ordinaria che passeggiava al chiaro di luna.
“Non mi importa di Glenys, a me importa sapere che resterai lucida. Abbiamo accettato questa missione, abbiamo scovato la verità, e adesso la portiamo a termine.”
“Sono lucida. Non essere sempre in pensiero per me.”
“Oh, ti prego, sei la mia reina e devo prendermi cura di te. Lo so che te la cavi da sola, che basti a te stessa, però mi piace illudermi che tu abbia bisogno di me.”
Astrea gli si parò davanti e gli prese entrambi le mani. Era bello da togliere il fiato, quella sicurezza che l’aveva sempre intimorita, quell’aria quasi regale, quel suo fare orgoglioso e mai banale, erano tutte quelle piccole cose che la facevano innamorare ogni giorno sempre di più.
“Ho bisogno di te, Raphael. Okay? Non è un’illusione, è la pura verità.”
“Sei quasi credibile quando fai la dolce.”
Prima che Astrea potesse riversagli addosso una lista di insulti, le afferrò i fianchi e la baciò. Lei sorrise contro le labbra di Raphael e si alzò sulle punte per godersi meglio quel contatto.
“Sei un cretino, Santiago.” Disse Astrea con un sorriso a trentadue denti.
“Almeno sono riuscito a farti sorridere!”
“Sei la ragione di tutti i miei sorrisi.”
Il cellulare di Astrea interruppe la loro intenzione di baciarsi di nuovo. Raphael sbuffò facendola ridacchiare. Era un messaggio di Nikolai: Casa. Adesso.
“Dobbiamo tornare a casa perché credo che i ragazzi siano in pericolo.”
 
 
Il palazzo era immerso nel silenzio. Il gatto della signoria Murray era rientrato, la coppia francese del secondo piano aveva già barricato le finestre, e il portinaio era rincasato. Astrea e Raphael risalirono di fretta le scale cercando di fare il minor rumore possibile.
“Aspetta!” ordinò sotto voce Raphael trattenendo Astrea sul pianerottolo del primo piano.
“Che c’è? Hai sentito qualcosa?”
“Guarda a terra. Petali di rose e ali di farfalla spezzate. Lily ha detto che le Fate e i Vampiri volevano riprendersi i propri membri.”
In effetti, le mattonelle erano disseminate di petali colorati, blu, rossi, gialli, e le ali di farfalla sembravano scaglie di pittura per via delle loro vivaci decorazioni.
“Le fate non sono pressoché animaliste!”
Raphael sollevò le sopracciglia e la guardò di traverso ma Astrea era impegnata ad estrarre dal giubbino un coltello di adamas. Giunti al terzo piano, dove si trovava il loro appartamento, l’ex vampiro infilò le chiavi nella toppa e spalancò la porta. Il soggiorno era inghiottito in un buio pesto, nulla si muoveva nella stanza, neppure era possibile udire il proprio respiro.
“Ferma.”
Astrea si sentì pungolare la spalla destra, così lasciò cadere il pugnale e pregò che ai ragazzi non fosse capitato nulla di male. Le luci esplosero e tutto fu più chiaro: Tanisha, Carter e Nikolai erano imballati in quelli che avevano tutta l’aria di essere bozzoli di rami e foglie, tipiche trappole del popolo fatato. Hywel ratteneva Raphael al muro puntandogli una freccia al cuore. Indossava l’armatura lucente, i lunghi capelli adesso color oro erano nascosti sotto l’elmo, e la sua espressione era seria, combattiva. Glenys era assente. Astrea lanciò uno sguardo alle sue spalle e sospirò.
“Lieto di rivederti, strega!” esclamò Fion, che indossava una tunica verde cinta in vita da un intrico di bacche e spine; Astrea si chiese se non si pungesse i fianchi con quella robaccia.
“Fion, amico, come va? Spero che l’umiliazione per aver perso non bruci ancora.”
“Sono qui per mia cugina Glenys. Mi è stata promessa in sposa sin dalla nascita, i nostri primi vagiti hanno sancito l’unione tra le nostre famiglie, ed è giunto il momento che l’alleanza si completi attraverso il matrimonio e la nascita di un erede.”
Ad Astrea venne da ridere dal momento che a Glenys gli uomini non interessavano e di conseguenza giacere con uno di essi le avrebbe dato il voltastomaco, ma decise di restare concentrata e di trovare il modo di uscire vivi. La freccia che mirava al cuore di Raphael non ci avrebbe messo molto ad ucciderlo.
“Glenys non è qui, non la vedo, e questo mi dice che te la sei ripresa. Lasciaci andare. Non hai motivo di minacciarci.”
Fion ridacchiò a metà tra il divertimento e il disgusto.
“Tra i Nascosti si racconta che tu sia alla costante ricerca di guai, che adori cimentarti in stupide battute, che sei combattiva come una leonessa. Dovrò spargere la voce che non sei poi così straordinaria come dicono.”
“Puoi dire quello che ti pare, però adesso lasciaci andare.”
“E se, invece, bucassi il cuore del tuo uomo, la tua ferocia si risveglierebbe?”
L’intento di restare calma era appena scemato cedendo il posto alla rabbia cieca. Nessuno osava minacciare la sua famiglia. Il ricordo di sua madre che le raccontava la favola della buona notte si mescolò alla forza, al sangue, alla sete di vendetta. All’improvviso la fiamma sul palmo si spense. Fion e Hywel scoppiarono in una fragorosa risata.
“Hai già dato prova dei tuoi poteri, strega, e dunque ho riempito la stanza di polvere marina in modo che l’acqua imprigionasse in Fuoco Rosso nelle tue vene. Sei inutile.”
Lucha!” le gridò Raphael. Combatti!. Muoversi senza che Fion avesse la possibilità di bloccarla era difficile, allora Astrea preferì l’elemento sorpresa: si spinse indietro e la punta della lancia fatata le lacerò la pelle. Fion ritirò l’arma indietreggiando per il colpo di scena. Astrea stava soffrendo, il sangue colava dalla spalla lungo il braccio e dalle dita gocciolava sul parquet. Non poteva farsi aiutare dal Fuoco Rosso, perciò doveva ricorrere alle sue abilità di Nephilim malgrado non avesse rune che le dessero forza e non potesse prendere lo stilo per rimediare.
“Adesso scatenerai la forza dei tuoi pugni su di me?” la schernì Fion benché la sua voce tremasse.
“E’ palese che la sconfitta sia ancora una ferita aperta per te, ma sappi che io l’ho superata!”
Prendere tempo era l’unico modo per elaborare un piano che li avrebbe liberati. Fion non sembrava contento, anzi era più irritato di prima.
“Basta, strega! Seppelliamo la questione.”
“Con ‘seppelliamo la questione’ intendi che porterai il tuo muso lungo fuori da casa mia?!”
Nel frattempo Hywel si era distratto, allora Raphael lo spintonò e si allontanò. Il soldato balzò in piedi, spaesato e infuriato, e guardò a terra in cerca della freccia.
“Stai cercando questa? L’odore mi suggerisce che la punta di questa freccia sia intrisa di veleno demoniaco, letale  per tutte le creature, magiche e non.”
Astrea si maledì mentalmente per aver gettato la balestra sulla soglia della porta. Poi le venne un’altra idea: la sua mira era ben allenata, quindi poteva comunque scagliare quella freccia. Si avvicinò a Raphael e se la fece consegnare. Sorrise a Fion e gli puntò la freccia al cuore.
“Non essere sciocca, strega. Non puoi uccidere una fata della nobiltà.”
“Non ho intenzione di ucciderti.”
Fu un attimo. La freccia attraversò la stanza andandosi a conficcare nel braccio di Fion che stringeva la lancia. Astrea raccattò il pugnale dal pavimento e premette la lama alla gola di Fion.
“Lady Astrea, lasciate stare il mio signore!” l’atteggiamento di Hywel ricordava quello dei teatranti veneziani, altisonante ed inverosimile.
“Libererò il tuo signore soltanto con la promessa che ve ne andrete senza causare altri danni.”
Raphael strappò la spada dalle mani di Hywel e afferrò la lancia di Fion, poi tagliò l’involucro mucoso in cui erano incastrati Tanisha, Nikolai e Carter.
“Ve lo prometto.” Disse Hywel brevemente. Astrea colpì Fion alla testa con l’elsa del pugnale e lo fece svenire, giusto per assicurarsi che non avrebbero attaccato.
“Prendi il tuo signore e andate via. Non tornate mai più, oppure la prossima volta brucerò la vostra carne e mi farò una collana con le vostra ossa!”
 
 
 
“Ahia!”
“Ho quasi finito. Sta buona.”
Raphael finì di ricucire la ferita di Astrea con ago e filo, dopodiché vi applicò un cerotto bianco e le ripulì il braccio e la mano dal sangue. L’iratze ci avrebbe impiegato più del solito a lenire la ferita causata da un’arma del Popolo Fatato.
“Grazie.”
“Dovere. Adesso stenditi e riposati, io vado a vedere come stanno i ragazzi.”
Le accarezzò una guancia e le diede un bacio sul dorso della mano; Astrea impiegò una decina di minuti per addormentarsi. Raphael tornò in salotto, dove si erano accampati i Nascosti per dormire, e si sedette sul divano.
“Come sta Astrea?” chiese con apprensione Nikolai.
“Sta meglio, domattina sarà guarita. Fion ha detto qualcosa?”
Tanisha sbuffò.
“Quel tipo ha blaterato qualcosa sul fatto che Glenys è la nipote della Regina Seelie e che a lui serve il matrimonio per salire di rango. Principino dei miei stivali!”
“Beh, almeno Glenys conosce i suoi parenti.” Disse laconico Carter, che già si era infilato nel sacco a pelo.
“Haru ha detto che Adam Miller ha usato i cadaveri per incanalare magia. Domani riprenderemo il discorso, adesso è meglio che andiamo a dormire.”
 
 
 
Salve a tutti! :)

Ecco svelato il mistero! Ve lo aspettavate?
I segreti, soprattutto in famiglia, sono sempre dannosi.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.
 
 
 

 

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Capitolo 10
*** Fiamma che arde non tace. ***


CAPITOLO NONO: FIAMMA CHE ARDE NON TACE.
 
Era noto nel Mondo delle Ombre che le armi delle fate sono le più dannose, sono le più temute, le più difficili da distruggere quasi quanto l’adamas che impugnano i Cacciatori. Astrea allo specchio osservò l’alone rossastro attorno alla cicatrice che le aveva causato la lancia di Fion.
“Non è così brutta come ti sembra.”
Raphael se ne stava poggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate, sorrideva appena, forse per smorzare il malumore della Nephilim.
“L’iratze ha guarito la ferita ma questa cicatrice è davvero orribile. E’ comunque un monito per evitare di infilzarsi una lancia nella spalla.” Disse Astrea, poi si infilò un maglioncino grigio e uscì dal bagno.
“Te ne sarei grato, anche perché è stato difficile togliere il sangue dal pavimento!”
“Sei una donna di casa a tutti gli effetti, Santiago.”
Astrea rise ma dovette fermarsi perché la spalla le doleva ancora.
“Visto? Il karma ti punisce sempre.”
“Araldo del karma, senti un po’, me lo dai un bacio?”
Raphael si girò verso di lei con una finta espressione meditabonda, al che lei sorrise di più.
“Mmh, credo di dover prima annaffiare le piante!”
Estùpido. Sei un adorabile stupido.” Gli mormorò Astrea a un centimetro dalle labbra mentre gli metteva le mani sulle spalle; lui le cinse la vita.
“Che fai, insulti e chiedi un bacio? E’ proprio da te, fuego.
La porta si aprì all’improvviso facendoli allontanare. Tanisha, camicetta a maniche corte, shorts di jeans e tatuaggi sulle ginocchia in bella mostra, fece loro un cenno del capo.
“Mi dispiace interrompere il vostro momento da coppietta innamorata ma Carter si sta scaldando e temo che Nik possa stenderlo con un pugno in pieno stile lupo mannaro!”
Così dicendo si dileguò con la sua velocità da vampiro. Astrea era confusa.
“Che cavolo vuol dire ‘in pieno stile lupo mannaro’?”
Raphael era davvero stufo di tutta quella gente in casa sua, dei morti, dei non-morti, dei vivi, di quella missione, e desiderava disperatamente che tutto finisse entro quella sera stessa. Gli dispiacque soltanto per Astrea, per lei che adorava le avventure e il pericolo, per lei che trascorreva interi pomeriggi sdraiata sul divano in totale apatia, per quella ragazza a cui lui non avrebbe potuto dare altra vita se non quella da semplice mondano.
“Andiamo, Cacciatrice. Abbiamo bisogno di te.”
 
 
 
“Ho qualcosa sulla faccia? Ti ricordo una star del cinema?” Astrea non sapeva davvero più che pensare. Dopo aver placato gli animi di Nikolai e di Carter, Magnus era comparso nel bel mezzo dell’appartamento in compagnia di un Haru del tutto ripresosi, che ora fissava insistentemente Astrea senza dire una parola.
“Sei muto, stregone?” intervenne Tanisha, scrollando il braccio di Haru.
“Oh, accipicchia! Siete davvero Astrea Monteverde e Raphael Santiago!”
L’entusiasmo di Haru sorprese tutti, soprattutto quelli che sembravano essere i suoi idoli.
“Tu sai chi siamo?”
“Ovvio! Lo sanno tutti! Siete la coppia più bella che il Mondo delle Ombre abbia mai visto, anche più belli di Jace e Clary! Non posso crederci di essere in casa vostra, seduto sul vostro divano, al vostro cospetto!” lo stregone batté le mani in preda all’eccitazione, e le sue guance paffute erano gonfie e rosee per l’emozione. Raphael si sedette sulla poltrona davanti a lui e curvò la schiena in avanti posando i gomiti sulle ginocchia.
“Haru, metti da parte l’euforia e dicci quello che sai. Vorremmo chiudere la questione e tornare alle nostre vite senza perdere tempo.”
Astrea lo colpì ad una caviglia per il tono duro che aveva usato, ma lo stregone lo ignorò e fece un sorriso imbarazzato.
“Scusate l’invadenza. Ecco, circa due mesi fa Adam Miller mi ha rapito fuori dal Pandemonium. Mi ha trascinato con sé in lungo e in largo, ad Oslo, a Johannesburg, a Chicago, poi mi ha costretto a portarlo ad Alicante con un portale, ed infine mi ha rinchiuso nella sagrestia di quella Chiesa qui a New York. Mi ha mostrato tre cadaveri, un lupo, un vampiro, una fata. Mi ha obbligato ad incanalare il loro potere in un pugnale: ha la lama corta e l’impugnatura è di bronzo con delle striature in oro. Ha abbandonato i corpi esattamente dove gli aveva uccisi per lasciare delle tracce, diceva che erano un messaggio per una persona che doveva pagarla cara. Si è accertato che i Centurioni nascondessero i corpi nella Città di Ossa, eccetto quello del vampiro per il quale mi ha ordinato di creare un incantesimo di magia nera per maledire chiunque lo avesse toccato; sa che qualcuno di voi è stato maledetto e che è ancora vivo. Sono stato io ad imprimere quelle linee che, una volta unite, danno ‘mors dilecti’. Non so chi sia il suo obiettivo. Posso soltanto dirvi che la magia del pugnale darà una morte lenta e agonizzante. Ha intenzione di uccidere con ferocia.”
Il racconto di Haru, scandito da occhi lucidi e parole tremule, creò un alone di tristezza e preoccupazione nei cuori dei presenti.
“L’obiettivo è ferire Rita Blackwell per avergli sottratto suo nipote, ma vuole uccidere qualcuno che le sta a cuore.” Astrea osò proferire parola spezzando quella cupezza che aveva investito la stanza.
“Chi? Tutta la sua famiglia è morta. Lui non farebbe mai del male a me dopo essersi impegnato a cercarmi e a vendicarmi. Non le resta nessun altro.” La rabbia nelle parole di Carter era comprensibile, specialmente se tuo nonno ce l’ha a morte con tua madre ed entrambi sono estranei per te.
“Il Console ha un fidanzato? Magari è lui la persona amata che sta per morire.” domandò Nikolai come se dalla risposta potesse dipendere la soluzione. Tanisha alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, poi rivolse la sua attenzione ad Astrea.
“Se qualcuno vuole ferirti quale persona a te cara uccide?”
Astrea ripensò alla notte in cui Stan aveva minacciato di uccidere Raphael, alla notte in cui poi lo stesso Raphael aveva ucciso il suo migliore amico.
“Raphael. Sally. Magnus. Alec. Il mio ragazzo e i miei migliori amici.”
A Raphael fu subito perspicuo il vero bersaglio di Adam.
“Abigail Greenheart! Il Console e Abigail si incontrano stasera in un bar vicino alla chiesa per festeggiare i suoi quarantadue anni. E’ l’occasione perfetta per mettere in atto il suo piano.”
“Ecco perché sei un leader, Santiago. Sei sempre due passi avanti!” si complimentò Astrea  e gli diede un bacio a stampo sulla bocca.
“Contattiamo Rita Blackwell e mettiamo in salvo Abigail. Muoviamoci!”
 
 
“Non hai proprio intenzione di dirmi che stai complottando in quella testolina?” la domanda di Astrea fece scrollare le spalle a Raphael mentre indossava la giacca di pelle e infilava nella tasca il cellulare.
“Tu pensa a mettere in salvo il Console, io penso ad un modo per rimediare a questo guaio. Ho un’idea ma evito di parlarne per non creare false speranze.”
“Okay. Solo, Raphael, sta attento.”
La preoccupazione in quegli occhioni color caramello che tanto adorava gli spezzarono il cuore. Portò entrambe le mani sulle sue guance e la baciò con dolcezza, un semplice tocco, una rassicurazione.
“Sta attenta anche tu, fuego.
La metropolitana fu il mezzo più veloce per raggiungere la dimora Lightwood-Bane. Raphael bussò con forza, non aveva tempo da perdere e non era sicuro che gli altri riuscissero nel loro intento. La porta si aprì e lo accolse il visino blu e tenero di Max, che in mano reggeva un pasticcino coperto di glassa bianca.
“Ciao, zio!”
Max lo vedeva con un eroe da quando aveva saputo che suo fratello Rafael si chiamava così in onore del vampiro che aveva salvato Magnus dalle grinfie di Jonathan Morgenstern*. Il rumore di passi affrettati attirò l’attenzione di Raphael, e fece un cenno di saluto ad Alec.
“Accomodati. Max, va a chiamare papà.”
Il piccolo corse nello studio dello stregone stando attento che il suo dolcetto non cadesse. Da sotto il tavolo della cucina sbucò Rafe, jeans piegati alle caviglie e pantofole a forma di navicella spaziale, tutto assorto nella lettura delle avventure di Geronimo Stilton. Alzò lo sguardo su Raphael e sorrise, e lo faceva ogni qualvolta l’ex vampiro fosse nei paraggi perché era fiero del suo nome.
“Ecco il Sommo Stregone! Che succede?” Magnus saltò fuori dalla porta scorrevole quasi a passo di danza, le dita inanellate, i pantaloni di pelle bianchi, e quella camicia nera che conservava dai tempi della Rivoluzione Francese.
“Abbiamo scoperto che il bersaglio del ‘mors dilecti’ di Adam è Abigail Greenheart, amica del cuore di Rita Blackwell. Ovviamente Carter vuole affrontare la sua famiglia e Astrea è mossa dalla vendetta per la maledizione che mi ha quasi ucciso, perciò sono qui a chiederti aiuto.”
“Certo. Cosa posso fare per te, mio vecchio amico?” adesso Magnus era seduto accanto ad Alec, così visibilmente innamorati malgrado non si guardassero neanche negli occhi. Raphael estrasse dalla giacca un anello che era l’esatta copia di quello della famiglia Monteverde. Lo stregone parve confuso.
“Voglio che incanali nell’anello il Fuoco Rosso.” Disse Raphael senza alcuna esitazione.
“Oh, per Lilith! Che cosa hai detto?”
“Magnus, ascoltami bene perché non ritratterò. Astrea non riesce a gestire il suo potere, è ancora molto precaria, e potrebbe anche commettere un grave errore se dovesse arrivare a fronteggiare Adam. Non può permettersi di ammazzare qualcun altro altrimenti non avremmo più speranze di aiutarla. Se perdesse il controllo del Fuoco e facesse del male a qualcuno, non se lo perdonerebbe mai e noi la perderemmo per sempre. Ha sofferto per delle morti che non ha nemmeno causato, pertanto immagina come potrebbe sentirsi se superasse il punto di non ritorno.”
Raphael aveva rimuginato tutta la notte sulle parole che Astrea gli aveva confessato qualche giorno prima: Avevo paura di usare il Fuoco perché avrei potuto uccidere Carter e ho soltanto cercato di battermi in modo normale. Lei voleva soltanto battersi ad armi pari perché era spaventata di perdere il dominio del suo potere, di perdere se stessa ferendo gravemente o uccidendo Carter. Le causava un dolore immenso far del male agli altri, buoni o cattivi che fossero, e non riusciva a perdonarsi ancora per Remus, per Mark, per Stan, per i suoi genitori, e anche per tutte le volte che Raphael stesso stava per morire. Doveva proteggerla dal Fuoco Rosso, da se stessa, dall’oblio che l’avrebbe spazzata via se avesse condannato qualcuno a morte. Amava Astrea e l’avrebbe difesa a qualsiasi costo.
“Per incanalare il Fuoco nell’anello è necessario la presenza di Astrea e una quantità di magia che può derivare solo da un sacrificio oppure da una fonte di potere molto forte, però noi non abbiamo nessuna delle tre!” l’osservazione di Magnus non scatenò alcuna reazione in Raphael, fermo come una statua e la determinazione che sprizzava dal suo sguardo imperturbabile. Dalla giacca tirò un altro oggetto: una spilla a forma di tulipano che le aveva regalato la nonna, quella che Astrea era solita portare attaccata alla corda sinistra del reggiseno come portafortuna.
“Non c’è bisogno che Astrea sia qui, possiamo ricorrere alla magia sostitutiva usando questa spilla. Riguardo al sacrificio non abbiamo nessuna possibilità ma credo che un ex vampiro sia una buona fonte di potere.”
“Hai studiato proprio tutto nei minimi dettagli. Però non capisco a cosa possa servire mettere il Fuoco nell’anello.” Commentò Alec, lui che non sarebbe stato capace di pensare ad una tale soluzione. Ma Raphael avrebbe fatto di tutto per Astrea, anche passare la nottata a studiare un grimorio. Magnus si alzò in preda all’agitazione.
“Trasferire il Fuoco nell’anello permetterebbe ad Astrea di gestirlo più facilmente e in modo da non distruggere tutto ciò che le sta attorno. A noi servirebbe trasferirne solo una piccola quantità, il giusto perché lo tenga a bada.” Rispose Magnus pensieroso e incerto.
“Quindi puoi aiutarmi?”
“La magia sostitutiva andrebbe pure bene, ma non posso usarti come fonte perché è troppo pericoloso.”
“Devi trovare un modo, Magnus. Non te lo ripeterò di nuovo.”
Raphael intascava da sempre il vantaggio migliore per sé e Astrea era quel vantaggio, Magnus lo aveva capito e non poteva esitare a quella richiesta.
“Alexander, per favore, traccia sul palmo della tua mano una runa di forza. Attingerò alla potenza della runa e alla magia che ancora scorre nelle tue vene da ex vampiro. La spilla sostituirà Astrea.”
Frattanto che Alec, senza alcun ripensamento, si abbozzava una runa sulla mano, Magnus preparò il tavolino in salotto. Raphael si tolse la giacca e si sollevò le maniche pregando che funzionasse. Alec ordinò ai bambini di chiudersi in cameretta e di non uscire per nessuna ragione, poi tornò in salotto e si inginocchiò accanto agli altri due.
“Sono pronto.” Disse Raphael, gli occhi sulla spilla e un barlume che luccicava in essi.
“Anche io.” Convenne Alec.
“Bene. Adesso ci stringeremo le mani, io prenderò forza da voi per trasferire in Fuoco nell’anello tramite la sostituzione della spilla. Resistete il più possibile.”
Quando il cerchio delle loro mani si chiuse, Magnus si concentrò sugli oggetti che giacevano sul tavolino e cominciò a recitare un incantesimo. Il tavolino tremò, così come il lampadario e le sedie. Il tono di voce dello stregone andava man mano aumentando, quasi gridava, e le loro mani sembravano stessero bruciando per la portata dell’incantesimo. L’anello prese fuoco, una fiammella si aggrovigliò attorno ad esso come se volesse abbracciarlo e poi l’argento lo risucchiò all’interno.
Magnus sgranò gli occhi tirandosi indietro ed Alec lo aiutò ad alzarsi. Raphael afferrò l’anello ancora bollente, imprecando, e lo porse sotto lo sguardo del suo amico.
“Ha funzionato?”
“Sì. Ha funzionato. L’abbiamo salvata.”
“Non è detta ancora l’ultima parola.”
 
 
Lo Champagne Restaurant era un posticino esclusivo di New York. Il suo interno era curato nei minimi dettagli, dalle sedie a forma di calici alla fontana che zampillava di champagne. Astrea capì che il loro abbigliamento non era di certo all’altezza di quel luogo. Improvvisamente le venne un forte capogiro e le vene si illuminarono facendo sembrare che lo champagne scorresse anche in esse. Nikolai la resse per un braccio.
“Stai bene?”
“Sì, è stato solo un momento. Sto bene.”
“Non è che sei incinta?” tutti si voltarono sconvolti a guardare Tanisha per l’assurdità che aveva detto.
“Non ho fatto colazione. Tranquilla, non ti libererai facilmente di me.”
Carter, che aveva rinunciato a fare parte del gruppo, scrutava attentamente la sala in cerca del Console. Si rifiutava di considerare quella donna sua madre, quel posto spettava soltanto a Barbara, benché non lo fosse biologicamente e fosse sua zia in verità. Intravide i capelli corvini della Blackwell e i suoi orecchini a cerchio.
“Il Console si trova in balconata. Andiamo.”
Astrea spronò anche gli altri due a seguirlo. Le vibrò il cellulare in tasca e vide un messaggio:
Come stai? Ho fatto una cosa, ne parliamo a casa. (Santiago)
Ho avuto un capogiro per colpa tua? Che hai combinato? Vuoi uccidermi? :p
Non scherzare. Ci vediamo tra poco. (Santiago)
Astrea era davvero stranita dal comportamento di Raphael. Forse quel capogiro aveva a che fare anche con Magnus. Scacciando via quel pensiero, raggiunse i ragazzi. La signora non era Rita Blackwell: indossava il suo impermeabile, i suoi orecchini, e aveva il suo stesso taglio di capelli, ma era un’altra.
“Come è possibile?” le sussurrò Nikolai, al che lei scosse la testa.  Si avvicinò con calma alla donna e le picchiò la spalla.
“Le serve qualcosa?”
A primo impatto non ci fu nulla di particolare, poi Astrea fu costretta a contenere un urlo di rabbia. Un bigliettino era attaccato alla schiena della donna senza che se ne fosse accorta, riportava la data odierna e una frase: Siete arrivati in ritardo! A.M. Staccò il biglietto e se lo infilò in tasca.
“Mi perdoni, devo averla scambiata per una mia amica!”
Astrea si allontanò in fretta, le dita che volevano agguantare Adam Miller e bruciarlo vivo, la rabbia che la teneva sotto scacco. Carter le andò incontro con uno sguardo altrettanto furente.
“Scommetto che le ha già rapite.”
“Quel bastardo è in vantaggio, ma non per molto. Torniamo a casa e cerchiamo un modo per salvare Rita e Abigail.”
Una volta usciti sconfitti dal ristorante, i ragazzi si avviarono verso casa ma Astrea notò un’ombra seguirla. Si voltò pronta a colpirla con la spada angelica quando riconobbe gli occhi azzurri della sua migliore amica.
“Sally! Che diamine ci fai qui? Lily è stata molto chiara al riguardo, devi restare al DuMort.”
Sally storse le labbra in una smorfia di fastidio, irritata da quella costrizione politica che l’aveva esclusa dalla missione. Ad aggravare le cose c’era l’imminente matrimonio di Glenys.
“Lily è stata invitata al matrimonio di Glenys e Fion questa sera perché la Regina Seelie, nonché zia di Glenys, è soddisfatta di come si siano concluse le trattative tra il Popolo Fatato e i vampiri. Ieri sera nel messaggio non mi hai specificato tutto questo!”
La sera precedente, mentre Raphael le cuciva la ferita alla spalla, Astrea aveva avvisato Sally che Fion aveva preso Glenys, che aveva intenzione di sposarla sin dalla nascita e che avrebbero procreato, ma non aveva alluso a nessuna data.
“Come potevo sapere che si sarebbero sposati oggi? Fion ha soltanto blaterato che lui e Glenys sono di nobile stirpe e che sono promessi sposi da neonati, non ha certo fatto un invito aperto a tutti! Capisco che tu sia arrabbiata ma non te la prendere con me. Avevo pensato di andarla a salvare entro domani pomeriggio e non avevo idea che le nozze sarebbero state così precipitose.”
Senza ribattere, Sally abbracciò forte Astrea. Erano migliori amiche, nonostante tutto.
“Scusami. E’ normale che tu non ne sapessi niente, è solo che sono preoccupata per lei. Ci tengo troppo per poterla perdere. L’hanno rinchiusa in un convento e adesso voglio obbligarla a sposarsi, io non posso restarmene inerme.”
Carter, Nikolai e Tanisha fingevano di non dare ascolto alla conversazione, ma era facile individuare il motivo che aveva agitato la sempre risoluta e fredda vampira.
“Tu devi salvarla. Porta con te Tanisha, così magari impara anche qualcosa, e salva Glenys. Riportala a casa. Riportala da noi.”
Dopo i saluti, Sally e Tanisha si mossero per raggiungere il Regno delle Fate. Astrea tornò da Nikolai.
“Dov’è andato Carter?”
Il licantropo si guardò in giro e parve allibito.
“Ti giuro che un attimo fa era qui.”
“Quell’imbecille ci farà ammazzare tutti.”
 
 
 
“L’ho fatto per te, Astrea!”
“Oh, ma che gentile! Nessuno te lo ha chiesto!”
Nikolai riservò uno sguardo imbarazzato ad Haru per le urla che provenivano dalla camera da letto. Raphael aveva combinato qualche cosa assieme a Magnus e Alec facendo andare Astrea su tutte le furie.
“Sai meglio di me che non sai gestire le emozioni e di conseguenza non sai gestire il Fuoco Rosso. L’ho fatto per evitare che compiessi azioni di cui in futuro ti saresti potuta pentire.”
Astrea stringeva l’anello e lo sentiva freddo contro il palmo della mano, ma sentiva anche il calore del Fuoco brulicare al suo interno. Non poteva crederci che lui e Magnus avessero ordito quel piano assurdo.
“Non so gestire le emozioni? E da quando? Io credo che tu stia parlando della nostra relazione piuttosto che del mio potere!”
“Hai troppo cuore, Astrea, e ti lasci abbattere dai sentimenti. Ami e odi con troppa intensità, non conosci mezze misure, e questo ti condanna a soffrirne le atroci conseguenze. Non lascerò che tu ti faccia di nuovo male. Non starò a guardare mentre piangi e ti disperi per le uccisioni che nemmeno hai commesso. Non sopporterei di vederti di nuovo divorata dal dolore, dai sensi di colpa, da te stessa. Mi ha detto di non aver usato il Fuoco Rosso nella gabbia per paura di uccidere Carter, allora ho pensato a questa soluzione che ti avrebbe permesso di avere maggiore controllo sul potere. Sarò anche un egoista, ma non rinuncerò a te e alla vita che insieme abbiamo faticosamente costruito!”
Raphael aveva tanti pregi, e altrettanti difetti, ma la schiettezza era una dote che Astrea ammirava in lui. Adesso era lì, in piedi davanti a lei, la postura fiera, compatto nella sua decisione, il solito cipiglio severo e irremovibile dipinto sul viso, ed era una delle cose più belle che lei avesse mai visto.
“D’accordo. Indosserò l’anello se è questo che vuoi, almeno non morirà nessuno bruciato.”
“Non lo capisci, vero? Non me ne frega niente di chi vive e di chi muore. A me interessi tu, Astrea, soltanto tu.”
Si rese conto che, dopo suo padre, l’unico uomo ad amarla davvero era proprio Raphael. Tutto quello che faceva era inteso a salvaguardarla, a proteggerla, a renderla felice. E, per quanto lei fosse testarda nel mostrarsi forte ed indipendente, era grata che lui le stesse accanto e vegliasse su di lei. Si infilò l’anello all’indice, dove per anni era stato collocato quello originale, e ne avvertì subito la potenza del Fuoco Rosso.
“Visto? Sono capace di ascoltare i consigli!” la battuta di Astrea servì a stemperare l’atmosfera tesa creatasi tra di loro. Raphael si passò una mano sul viso, però non riuscì a nascondere un sorrisetto.
“Vieni qui.” Le disse poi con tono autoritario. Astrea, alquanto intimorita, avanzò di qualche passo fino a ritrovarsi a pochi centimetri da lui. Osò guardarlo negli occhi solo quando Raphael le sollevò il mento.
“Sono una cretina, lo so. Prendermela con te che stai solo cercando di aiutarmi è stato ingiusto. Io pensavo di essere in grado di proseg…”
“Ti amo, Astrea.”
La Nephilim si zittì all’istante quasi come se le parole si fossero volatilizzate. Poggiò un bacio casto sulle labbra di Raphael, a malapena si toccarono, tenendo gli occhi chiuse.
“Anche io.”
 
 
 
“Avete idea di come agire?”
Astrea si strozzò con il biscotto a forma di gattino che stava mangiando e dovette tossire per tornare a respirare regolarmente.
“Noi non abbiamo un piano.” Rispose Nikolai, le braccia incrociate, il cappuccio sulla testa.
“Abbiamo un piano che consiste nel rintracciare Carter, salvare Rita e Abigail, catturare l’omone cattivo, e tornare in tempo per cena. Semplice, rapido, indolore.”
“Pessimo piano.” Disse Raphael. Haru fece notare agli altri che tra le mani teneva una maglietta di Carter, poi si avviò verso la cucina.
“Io comincio a rintracciare Carter mentre voi elaborate una strategia.”
Astrea finì di mangiare e prese posto sul divano, si preparò ad essere seria e a combattere.
“Sappiamo che Adam vuole uccidere Abigail con il pugnale carico di magia nera e vuole che Rita sia spettatrice. Carter avrà seguito le sue tracce grazie ad una runa, pertanto possiamo ipotizzare che già si trovi sul posto. Nikolai ed io saremo gli unici a poter entrare. Non possiamo delineare un programma dettagliato adesso, anzi potremo agire soltanto al momento.”
“L’ho trovato! Si trova tra la 6th Avenue e la 20th Street, nella chiesa dove ero prigioniero.” Il faccione bonario di Haru fece capolino in salotto sventolando l’indumento.
“Nik, sei pronto?”
“Niente affatto.”
“Magnifico. Direi che possiamo procedere!”
 
 
La porta della sagrestia era aperta, così come l’avevano lasciata l’ultima volta che erano stati lì. Dopo aver controllato il perimetro, Astrea e Nikolai entrarono. Il lampione esterno gettava un’ombra di luce all’interno del corridoio e ciò permise loro di proseguire senza impedimenti. Si ritrovarono nella cucina, buia, silenziosa, alquanto sinistra.
“Nik, avverti qualcosa?”
“A parte il battito accelerato del tuo cuore, non riesco a sentire nulla!”
“Concentrati, per favore.”
Nikolai fece scricchiolare le ossa del collo, scrollò le spalle e si concentrò su qualsiasi cosa potesse essere utile. Astrea, a pochi metri da lui, rinsaldò la presa sulla balestra e si accertò che almeno fossero al sicuro in sagrestia. L’anello che Raphael le aveva consegnato era caldo, la fiamma del Fuoco Rosso vibrava in esso e sembrava scalpitare per poter uscire.
“Sento qualcosa. Seguimi!”
Gli occhi di Nikolai erano diventati più grandi e di colore giallo, la sua voce era roca e velata da ringhi, gli artigli erano affilati come lame. La Nephilim lo seguì su per la scalinata che portava direttamente nella chiesa.
“Dove andiamo?”
“Ho captato odore di sangue, sudore, e quattro battiti diversi.”
“Adam, Carter, Rita ed Abigail. Il quartetto degli orrori!” esclamò Astrea ridacchiando fra sé e sé.
Il buio ormai aveva divorato tutto e, mentre il licantropo avanzava grazie alla vista potenziata, Astrea dovette tirare fuori dalla tasca la strega luce che illuminò i suoi passi. Non aveva un piano di attacco, né di difesa a dirla tutta, però era sicura che sarebbe stata una lunga notte di sopravvivenza. Si domandò se Carter li avesse traditi e se, dunque, fosse stato complice di Adam sin dall’inizio, anche perché il suo stesso parabatai l’aveva tradita senza battere ciglio. Alla terza rampa di scale, la luce naturale prodotta dalle candele era appena visibile, l’odore di sangue era dappertutto, e anche uno strano odore di incenso impregnava l’aria. Era giunti nella zona riservata all’organo, in alto, a dieci metri dalle panche di legno.
“Eccoci.”
Astrea fece segno a Nikolai di inginocchiarsi, poi si avvicinarono al parapetto per portare guardare giù. La prima cosa che videro mozzò loro il respiro: Abigail Greenheart era appesa al centro della chiesa a due catenacci posti in alto, ricordava la croce che pendeva sull’altare. Sanguinava dai polsi e dalla fronte, il volto e le gambe erano coperti da diversi lividi, e il mento ricadeva sul petto come se il collo avesse perso resistenza.
“Sembra una bambola di pezza.” Sussurrò Nikolai, la paura impressa negli occhi e le mani sudate. Astrea si sporse un altro po’ e riuscì a vedere Rita Blackwell incatenata al pulpito ormai ridotto ad una massa informe di marmo nero. Alla sua destra c’era Carter, nella sua tenuta lucida, che appariva agitato e sul punto di piangere.
“Perché non hai insistito? Perché hai abbandonato le ricerche?”
“Ci ho provato, ragazzo mio. Dopo che l’archivista della comunità dei Cacciatori ha rifiutato di darmi tue notizie, ho continuato a cercare per conto mio, ma è diventata una ossessione ed ho perso la testa.”
Nikolai ed Astrea, ancora accucciati dietro la balaustra di ferro, allungarono il collo per poter guardare meglio l’interlocutore di Carter. Era un uomo, probabilmente sulla cinquantina, di alta statura, dai capelli lunghi grigi, dal viso scavato col mento lungo. Era Adam Miller.
“Abigail morirà se non ci sbrighiamo.” Disse Nikolai, mentre teneva l’orecchio teso per assicurarsi che Abigail respirasse ancora. Astrea era consapevole che i minuti scorrevano, però dovevano agire saggiamente.
“Adam non porta addosso il pugnale, forse lo ha nascosto da qualche parte nella chiesa. Io vado a distrarli e tu cerca il pugnale. Poi lo distruggeremo in qualche modo.”
Nikolai annuì, poi scattò in avanti abbracciandola forte e si sentì stringere a sua volta.
“Non combinare guai, Astrea!”
“Io sono una cacciatrice di guai, lo sai.”
Dopo che il licantropo fu tornato in sagrestia per ispezionare l’intero complesso alla ricerca del pugnale intriso di magia, Astrea salì sull’organo, incoccò una freccia, e la sparò ai piedi di Carter. Adam indietreggiò di scatto e il suo sguardo saettò verso l’alto, ma non vide nulla. Un attimo dopo, con sua grande sorpresa, una macchia scura si lanciò dal bordo del parapetto per poi atterrare agile come un gatto su una panca.
“E tu chi diavolo sei?!”
Astrea camminò sul tappeto lercio al centro della navata e fece un inchino allargando le braccia.
“Astrea Monteverde, ibrido di giorno, combina guai di pomeriggio, e giustiziere di notte!”
“Mio nipote Carter mi aveva avvisato che saresti arrivata.” Adam era stranamente calmo, la sua postura rilassata e il sorriso sbilenco sembravano studiati a tavolino. Lo tradì il tremolio al labbro che suggerì ad Astrea l’insicurezza del nemico.
“Mio nipote Carter? Suona tanto come ‘Ivan il Terribile’!” disse Astrea compiendo teatralmente un giro su se stessa, anche se il suo fine era capire come liberare Rita e Abigail senza rischiare le loro vite. Carter la fissava con evidente agitazione. Adam rise.
“Anche tuo padre era così simpatico. E’ un peccato che sia morto, un vero peccato!”
L’ammonimento di Raphael a non rispondere alle offese la trattenne dal conficcare una freccia nel cranio di quel mondano. Adesso Astrea non scherzava più.
“Puoi tenerti Carter, a nessuno importa di lui. Rilascia Rita e Abigail.”
“E tu chi sei per dirmi cosa devo fare? Ho faticato a lungo per ordire la mia vendetta. Ho ucciso, ho rapito uno stregone, ho creato un’arma potente per uccidere la persona più a cara al tuo Console. Mio figlio Lucas, il mio adorato figlio, è morto per colpa della sua famiglia malvagia e mio nipote è stato nascosto, allontanato, dimenticato da quella donna che si crede sua madre. Ho lottato per riprenderlo, per riprendere il sangue del mio sangue, ma mi è stato impedito. Mia moglie è morta di dolore per la perdita atroce che ha colpito la nostra famiglia. Da diciotto anni sto cercando Carter e, ora che l’ho travato, mi vendicherò e potrò rendere onore alla memoria di Lucas.”
La rabbia aveva deformato i tratti di Adam rendendo il suo viso una maschera di cattiveria, non si sarebbe arreso perché era convinto delle sue ragioni.
“So cosa vuol dire perdere la propria famiglia, e questo lo sai. Conosco il dolore, la rabbia, il desiderio di vendetta che corrode l’anima, ma non è questo il modo giusto. Porta con te l’ultimo membro ancora in vita della tua famiglia, amalo, difendilo. Se adesso uccidi sua madre sarà difficile avere il suo perdono.”
“Quella donna non è mia madre!” urlò Carter indicando Rita, che singhiozzava sia per il dolore fisico che per quello emotivo. Il sangue di Abigail aveva cominciato a gocciolare sul pavimento procurando un rumore orribile, non le restava molto tempo.
“La voce della verità ha parlato.” Disse Adam con un sorriso meschino. Per tutto il tempo aveva tenuto le mani incrociate dietro la schiena e tra di esse stringeva il pugnale. Astrea, avendolo notato, aveva fatto allontanare Nikolai di proposito per salvarlo. Basta morti, si ripeteva da quando aveva indossato l’anello che regolava il suo potere.
“Carter, ragiona! Non puoi davvero lasciar morire due persone solo per vendetta. Sii migliore della tua famiglia.”
Carter si voltò verso di lei, le dita serrate sull’elsa di una lama angelica, lo sguardo vitreo, colmo di ira. Le venne in mente quando incontrò Thomas nella villa di Katia con quello stesso atteggiamento che dichiarava guerra al mondo.
“Sono già migliore della mia famiglia. Il sangue avvelenato che scorre nelle mie vene può essere purificato solo con lo spargimento del sangue di mia madre, poi io sarò libero dai Blackwell e dai Whitelaw. Tonerò ad essere Carter Miller.”
Astrea sollevò la balestra e la puntò contro Adam, che era troppo lontano per poter scagliarle contro il pugnale, continuando a tenere gli occhi su Carter.
“Avvicinati a Rita e tuo nonno muore.”
“Hai mietuto già troppe vittime, strega.”
“Infatti, e mieterne un’altra non mi costa nulla. Fai un passo indietro e abbassa la spada.”
Carter, grazie alla runa della velocità che aveva attivato in precedenza, fu alle spalle di Rita in un secondo e le poggiò la lama contro la gola. Il Console piangeva e si dimenava invano mentre alcune gocce di sangue le colavano sulla camicetta. Astrea lanciò la freccia senza guardare: colpì Adam ad una spalla.
“Vattene. Questo non è affar tuo!” le intimò Adam con una mano premuta sulla spalla ferita.
“Diventa affar mio quando due squilibrati uccidono persone innocenti.”
“Rita Blackwell non è innocente!”
“Grace, Kabir, Alun, Abigail, queste sono persone innocenti. Il mio fidanzato è una persona innocente che tu hai tentato di ammazzare. I tuoi peccati non resteranno impuniti!”
Adam, fiaccato dal dolore causatogli dalla freccia, scese dall’altare per avvicinarsi a suo nipote e gli consegnò il pugnale di magia nera.
“Carter, sangue del mio sangue, uccidi questa ragazzina e poi continua il processo di purificazione!”
Carter accettò il pugnale, e fu allora che Astrea si preoccupò. Non aveva vie di uscita.
Scoccò un’altra freccia che si piantò nel ginocchio di Carter costringendolo a cadere sul pavimento. Corse verso Abigail, caricò una freccia e la scagliò contro la corda che reggeva la Nephilim in fin di vita dal polso destro. Abigail oscillò come una bandiera sbatacchiata al vento e, rallentando di velocità, sbatté abbastanza dolcemente contro la parete. Astrea la raggiunse e tagliò con un coltello l’alta corda.
“Abigail, mi senti? Scappa. Esci da qui senza voltarti indietro. A Rita ci penso io. Vai!”
Abigail, dopo aver regalato uno sguardo triste alla sua migliore amica, barcollò fino alle porte divelte per metà della chiesa e svanì nel muto buio della notte. Dalla’altra parte del marciapiede l’attendevano Raphael, Alec e Magnus, che l’avrebbero soccorsa. Adesso doveva trovare un altro modo per far allontanare Rita, solo allora avrebbe posto fine a quella faccenda.
“Non ti permetterò di rovinare tutto!”
Senza che Astrea potesse rendersene conto, Carter le conficcò il pugnale nel fianco destro. Si accasciò in ginocchio col sangue che scivolava dalla ferita rapidamente, rosso e nero insieme. Il dolore che stava provando era indicibile, superiore a qualsiasi altro dolore, quasi quanto la morte. Poteva sentire la magica nera insinuarsi tra gli organi, tra i tessuti, tra le ossa del suo corpo; sì, era decisamente la rappresentazione della morte. Prese a sudare per il caldo e a tremare per il freddo allo stesso tempo, la testa le pulsava e linee violacee le contornavano gli occhi. Cadde di schiena sul pavimento boccheggiando in cerca di aria. Mosse a scatti le palpebre, le ciglia che svolazzavano come ali di farfalla, le labbra secche che sputacchiavano sangue. Rita dovette chiudere gli occhi per non assistere a quella scena apocalittica.
“Carter, basta! Smettila! Sei un pazzo furioso!”
“Nessuno può intralciare la famiglia Miller!” tuonò Adam in preda ad un delirio folle. Scese dall’altare per osservare meglio gli effetti che il pugnale aveva, e ne sorrise compiaciuto.
Astrea, tramortita dalle sofferenze, tentava di reagire, ma la magia nera stava penetrando nel suo organismo in modo assai celere e distruttivo. Pensò che fuori dalla chiesa Raphael aspettasse il suo ritorno, un ritorno che non ci sarebbe stato, e cominciò a piangere. No, non poteva abbandonarlo, non poteva deluderlo, doveva alzarsi e uscire da quel maledetto posto. Nonostante il dolore atroce, riuscì a togliersi il falso anello dei Monteverde e lo fece cadere in tasca, poi circondò con entrambe le mani l’impugnatura del pugnale e richiamò a sé il Fuoco Rosso. Le sue vene scintillarono mentre il Fuoco si riversava nelle sue mani e si avvolgeva attorno all’arma magica.
“Che sta succedendo?” strillò Carter, che stava slegando Rita per fuggire e completare la purificazione altrove. Adam si avvicinò al corpo della Nephilim ma una vampata lo sbalzò sugli scalini dell’altare. Astrea si rimise in piedi, simile a Raziel che risale dalle acque del Lago Lyn, angelo tenace e potente, e lasciò che il Fuoco Rosso agisse senza restrizioni. Il pugnale si liquefece, la magia al suo interno si sciolse e si fuse in un piccolo bastoncino di ferro ormai inoffensivo.
Adam spalancò la bocca, troppo sorpreso da ciò che era appena avvenuto. Astrea si infilò di nuovo l’anello e sorrise a Carter.
“Te l’ho detto, Carter, io risorgo dalle ceneri come una fenice!”
“E mio nonno ti ha detto che nessuno intralcia il destino glorioso della famiglia Miller. Vendicherò mio padre e mia nonna, vendicherò me stesso per l’oltraggio che mi è stato perpetrato in tutti questi anni!”
Così dicendo Carter si lanciò all’attacco contro Astrea, però il suo tentativo fallì: Rita, malgrado tremasse a causa delle ferite multiple su braccia e gambe, spingeva un pezzo colorato di una delle vetrate sulla gola di Adam.
“Tu sei un pazzo furioso come tuo nonno! Lucas era un uomo meraviglioso, amorevole e gentile, non si sarebbe mai sporcato le mani di sangue innocente. Tu non sarai mai come lui. Sei destinato ad essere dimenticato, figlio mio, proprio come è successo diciotto anni fa.”
Astrea approfittò della distrazione di Carter per scivolare sul pavimento e riprendesi la balestra e la faretra.
“Come osi rimproverarmi proprio tu? Hai abbandonato tuo figlio senza lottare. Hai lasciato che crescessi convinto che i miei zii fossero i miei genitori. Barbara è stata più madre di quanto tu possa mai esserlo in una vita intera!” Carter stava piangendo, sconfitto dal disprezzo che sua madre gli stava dimostrando.
“Provami che mi sbaglio. Provami che sei un ragazzo equilibrato, che sceglie il bene, che distingue il vero dal falso, che aiuta gli indifesi. Provamelo!”
Gli occhi di Rita si sgranarono, dalla gamba si riversò un fiotto di sangue, poi cadde a terra. Adam l’aveva colpita con il coltellino svizzero che teneva nella scarpa.
“Console!”
Astrea andò in suo aiuto. Premette le mani sulla coscia per arrestare il sangue ma non funzionava, allora optò per un piccolo soccorso extra. Così come aveva saturato la ferita di Raphael poche settimane prima, poggiò la mano sinistra sulla ferita e in un baleno il Fuoco Rosso bruciò e richiuse lo squarcio. Rita gridò di dolore, poi tornò a respirare regolare.
“Vada via, Console. Si faccia guarire da Magnus Bane.”
“Aspetta, tu …”
“Io devo chiudere questa storia.”
Rita scappò incespicando per la scalinata che portava giù in sagrestia.
“Adesso morirai, strega!”
Astrea si voltò e ficcò tre frecce nel braccio destro di Adam. Gli assestò un calcio che lo fece sdraiare a metà su una panca, totalmente inerme. Lanciò un’occhiata a Carter.
“Questa storia può concludersi solo un due modi: o esci da qui con me o non esci. A te la scelta”
La ferita del pugnale continuava a grondare sangue, le gambe vibravano di dolore, e la vista si appannava sempre di più. Non ce la faceva più.
“Scelgo la terza opzione: tu che non esci da qua.”
Carter partì alla carica. Scaraventò Astrea contro la parete che riportava la Passione di Cristo e la riempì di calci alle costole. Astrea gli afferrò la mano, lo spinse in avanti e lo costrinse ad inginocchiarsi bloccandogli il braccio sulla schiena. Si sentì tirare per i capelli, si ritrovò ancora una volta sbattuta sul pavimento e picchiò forte la testa al primo scalino dell’altare. Intravide il pezzo di vetrata che aveva usato Rita per minacciare Adam e lo prese strisciando con difficoltà. Carter le saltò addosso nel disperato tentativo di strapparle via l’arma, ma Astrea gli conficcò il vetro nella gamba, poi lo spinse giù, verso le panche. Tese la mano sinistra e assorbì il potere contenuto nell’anello: una lingua di fuoco creò un cerchio al cui interno intrappolò Carter, che cercava di estrarsi il vetro penetrato in profondità. Astrea sapeva di poter controllare il Fuoco Rosso, lo sentiva nel cuore, nella mente, nelle vene. Manipolando le fiamme come fossero argilla, costruì attorno a Carter una prigione con sbarre di fuoco.
“Nessuno intralcia una Monteverde, stronzo!”
“Mai dire mai!”
Adam si era ripreso e stava appiccando un incendio dando fuoco alla chiesa per mezzo di un candela. Astrea inorridì. Era finita ormai.
 
 
 
Un’esplosione fece salire il cuore in gola a Raphael. Rita ed Abigail erano state recuperate ore addietro, ma di Astrea nessuna traccia. La chiesa stava andando a fuoco. Le fiamme avevano dipinto il cielo di rosso e arancio, mentre il fumo sporcava l’aria.
“Astrea è ancora lì dentro!” disse Alec.
Nikolai si affrettò ad ascoltare: eccetto i loro, nessun battito era udibile. L’espressione sul volto di Raphael era la personificazione della sofferenza.
“Raphael!”
Tutti si voltarono verso la porta della sagrestia e poterono sospirare di sollievo. Astrea stava trascinando fuori dalle fiamme i corpi di Carter e di Adam. Raphael corse da lei con la felicità che gli pervadeva il corpo. Si abbracciarono come mai avevano fatto prima. La ferita all’addome non faceva più così male, così come il resto dei lividi e delle abrasioni non le davano più fastidio, purché continuasse a rifugiarsi tra quelle braccia che sapevano di casa.
“Ho temuto per un attimo di averti persa.” Le mormorò, accarezzandole i capelli.
“Sono qui, Raphael.”
 
 
 
Salve a tutti! :)

Eccoci giunti al capolinea! Adesso manca solo l’epilogo all’appello.
E’ stata dura, ma i nostri eroi ce l’hanno fatta.
Abbiamo imparato che non bisogna mai sfidare Astrea Monteverde ahahaha
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
*Tutti sappiamo che Raphael è stato ucciso da Jonathan in ‘Città del Fuoco Celeste’ per salvare Magnus, però ho modificato l’evento perché Raphael mi serve vivo e vegeto.
 
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.
 
 

 

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Capitolo 11
*** Epilogo. ***


EPILOGO.
 
Due mesi dopo.
“Ulisse! Dove sei?”
Max controllò sotto il letto, nell’armadio, ed anche in biblioteca, ma non vi era traccia di Ulisse. Raphael sbucò dalla porta del giardino con il piccolo gattino dal pelo rossiccio tra le braccia.
“Trovato!”
Lo stregone dalla pelle blu afferrò il gatto e lo accarezzò, già abituato ai felini di papà Magnus.
“Dov’è zia Astrea? Le voglio far vedere il giochino che ho comperato per Ulisse.”
“Credo che stia ancora dormendo. Tu scendi in cucina e dà del latte al gatto, io vado da zia.”
Max annuì e sparì saltellando da scalino a scalino. Era strano che Astrea stesse ancora dormendo, perciò Raphael si precipitò nella loro stanza per accertarsi che lei stesse bene. Dopo aver terminato la missione, ad Astrea era stato prescritto riposo obbligatorio perché il suo fisico aveva subito numerosi danni per via del pugnale e dello scontro corpo a corpo con Carter. Il Console aveva mantenuto la promessa e aveva restituito l’Istituto di Lisbona ad Astrea, ma non l’aveva reintegrata nella comunità degli Shadowhunters. L’edificio era stato adibito come rifugio per i Nascosti e per i Cacciatori, e settimana dopo settimana le numerose camere si erano riempite di fate, stregoni, vampiri, lupi e Nephilim, tutti in cerca di un posto dove poter ricevere aiuto. Nikolai e sua madre si erano trasferiti a New York; Tanisha era stata accolta nel clan di Lily; Glenys abitava nell’appartamento in periferia di proprietà di Sally, che continuava ad alloggiare al DuMort, e la loro relazione cresceva timidamente; Haru era diventato lo stregone di riferimento a Lisbona e la camera più grande e comoda dell’Istituto era stata riservata a lui. Adam e Carter erano stati curati, imprigionati ad Alicante e processati secondo le Leggi dei Nephilim, anche se il più anziano era un mondano. Era la fine di novembre, New York si raffreddava sempre di più, e la vita, in un modo o nell’altro, andava avanti per tutti. La porta era aperta, così Raphael la scostò di poco e si affacciò in silenzio. Astrea, davanti allo specchio, si puliva la ferita al fianco. Trattandosi di magia nera, Magnus le aveva detto che la ferita le avrebbe provocato ancora dolore perché i tempi di guarigione erano piuttosto lunghi.
“Hai bisogno di una mano?”
Astrea sussultò, si abbassò in fretta la maglietta e si voltò in totale imbarazzo. Gettò le garze sporche nel cestino del bagno, poi torno in camera con disinvoltura. Era evidente che la ferita, più simile a una cicatrice col passare dei giorni, le creava disagio. In particolare, non si faceva mai vedere da lui senza maglia, tendeva a sottrarsi a qualsiasi contatto fisico, e si proteggeva il fianco quasi sempre con il braccio.
“No, tranquillo, ho fatto da sola. Ho sentito che Max cercava Ulisse. Lo ha trovato?”
Ulisse era stato un gentile regalo di Abigail, amante degli animali, che aveva pensato di ringraziare la sua salvatrice con un dono peloso, dal musetto simpatico, e dall’aria terribilmente goffa e tenera. Tutti se ne erano innamorati al primo sguardo, soprattutto Astrea.
“Sì. L’ho travato in terrazza che rincorreva un’ape.”
“Oh, bene. Sarà meglio che vada a preparare la colazione a Max.”
Prima che potesse uscire per raggiungere il soggiorno, Raphael la bloccò afferrandola per un braccio.
“Dobbiamo parlare, signorina.”
“Di cosa dovremmo parlare? Non ti seguo.”
“Della tua ferita.”
Raphael tentò di sollevarle la maglia, al che Astrea si tirò indietro con uno scatto repentino.
“Ti ho appena detto che non ho bisogno di una mano! Che stai cercando di fare?”
“Sto cercando di capire cosa ti sta succedendo. Non ti lasci avvicinare, non ti lasci abbracciare, non ti lasci toccare, neanche sfiorare! E non provare a contraddirmi. Cosa c’è che non va, Astrea? Io sono qui per aiutarti.”
Gli occhioni di Astrea erano tristi, spenti, e li abbassò come se si vergognasse di qualcosa. Raphael la conosceva talmente bene da riuscire a comprendere un certo malessere da parte sua.
“La verità è che odio profondamente questa ferita. E’ dolorosa, mi dà il tormento, ed è ripugnante alla vista. Non voglio che qualcuno la veda, specialmente tu.”
“Lo sapevo. Sapevo che eri così distante per colpa della ferita. Comunque non l’hai disinfettata bene, perciò lascia che ti medichi io.”
“No!”
Raphael aveva già recuperato la cassetta del pronto soccorso, la poggiò sul letto e vi si sedette accanto. Fece cenno ad Astrea di avvicinarsi.
“Non fare la bambina, fuego, e lasciati aiutare.”
La Nephilim, sbuffando e borbottando, si alzò la maglia e si staccò il cerotto che aveva applicato pocanzi.
“E’ repellente.” Mormorò nello sconforto, mentre si mordeva le labbra e socchiudeva gli occhi.
“Repellente è un neo-vampiro che vomita sangue mescolato ad alcol su tutto il pavimento dell’ingresso del DuMort. Repellenti sono gli abiti di Magnus, i suoi glitter e la sua ossessione per lo shopping. Diamine, quello sì che è repellente! Questa ferita è una semplice ferita, nulla in più rispetto alle altre.”
Astrea si sentì rincuorata da quelle parole e si diede della stupida per averlo allontanato a causa dei suoi complessi femminili.
“A parte il fatto che continua a spurgare sangue nero infetto.”
“Sì, a parte quello. Adesso trattieni un respiro, sta ferma, e presto sarà finito tutto.”
La Nephilim spalancò gli occhi quando Raphael le ripulì la ferita con un intruglio magico di Glenys che disinfettava il veleno. Il Fuoco Rosso faticava ad espellere la magia nera dalla ferita, dunque servivano altri supporti.
 Il bruciore diminuì rapidamente, così Astrea poté tornare a respirare. Raphael coprì il tutto con un altro cerotto, mise a posto la cassetta, e si sciacquò accuratamente le mani.
“Saresti stato un ottimo medico, Santiago.”
“Dici? Avrei preferito diventare avvocato.”
“E avresti voluto sposare Sylvie.” Aggiunse Astrea con una risata, poi si infilò gli stivali e prese il cellulare. Raphael le lanciò un’occhiata irritata.
“E’ successo tanto tempo fa. Adesso non importa più, anzi forse non è mai importato, come per te non valgono più i sentimenti che provavi per Thomas. Appartiene tutto al passato.”
Astrea gli scoccò un bacio sonoro sulla guancia e gli sorrise.
“Noi pensiamo soltanto al futuro, Santiago. Un futuro che affronteremo insieme.”
 
 
 
“Apriamo i regali!” esclamò Magnus nel pieno della felicità. Era il ventotto novembre, quindi era il compleanno di Astrea. Per l’occasione Magnus aveva organizzato una cena per sole donne, eccezion fatta per se stesso, in un ristorante chic nel centro di New York. Palloncini a forma di cuore erano attaccati alla spalliera di ogni sedia, il tavolo era decorato da posate rosse e bicchieri a forma di fiamma (ironia della sorte o uno scherzo dello stregone?). La tavolata era stata imbandita nell’area solitamente riservata ai pezzi grossi della società ma Sally con uno sguardo l’aveva prenotata per la sua migliore amica. La festeggiata era stata costretta ad indossare un vestito, allora aveva optato per una gonna a vita alta nera ed una camicetta di seta verde acqua, aveva lisciato i capelli con la piastra, e si era passata un filo di ombretto e di lucidalabbra. Izzy tese verso di lei un pacco ricoperto da una lucente carta regalo fucsia. Al suo interno vi era una deliziosa giacca di pelle a tre quarti, con delle rose bianche cucite sulla schiena e i polsini delle maniche erano di pizzo bianco.
“Adoro questa giacca, è appena diventata la mia preferita. Grazie mille!”
Astrea abbracciò Isabelle, dopodiché aprì il regalo di Jace e Clary. Il piccolo pacchettino era leggero, molto più di quanto ci si potesse aspettare, e custodiva un libro sulle tattiche di combattimento giapponese che si conservava da anni presso l’Istituto di Jace e che Astrea aveva a lungo reclamato. Clary tirò fuori dalla borsa quattro fogli e li porse alla festeggiata.
“Questi disegni sono da parte di Max, Rafe, Stephen e Céline.”
“Ti ringrazio, sia per il regalo sia per i disegni.”
La festeggiata riservò qualche minuto a sbirciare i fogli colorati: al centro era stata disegnata una figura femminile con indosso la tenuta da cacciatore, alla sua destra la tenevano per mano un bambino dalla pelle blu e un altro con capelli e occhi scuri, mentre alla sua sinistra erano stati collocati una bambina dai riccioli biondi e un bambino dalla capigliatura rossiccia.
“Tocca al nostro adesso!” strillò Tanisha dall’altra parte del tavolo. Lanciò il regalo ad Astrea, che lo afferrò per un pelo, per poi scartarlo velocemente. Un biglietto le augurava un buon compleanno ed era firmato da Tanisha e da Glenys: una coroncina di margherite e piccoli diamanti luccicava nella scatola.
“Per l’Angelo, ragazze! E’ bellissima! Grazie mille!”
“Onorata che sia di tuo gradimento.” Le disse la fata con un sorriso mentre Tanisha le fece l’occhiolino. Era il turno di Sally, che le offrì un sacchettino di velluto blu. Astrea parve sorpresa e, colta dalla curiosità, slacciò il nodo senza esitare.
“Sally…”
“Ah, no. Non dire niente. I regali si accettano per quello che sono!”
La Nephilim dal sacchetto estrasse un bracciale il cui pendente a forma di luna era uguale a quello che Sally portava al collo; era il simbolo della loro amicizia.
“Sei pazza, Sally Parker!” così dicendo, Astrea intrappolò la sua amica in un lungo abbraccio, e se ne staccò solo quando Magnus insistette perché fosse aperto il dono che lui e Alec avevano pensato per lei.
“Alexander ed io ci siamo prodigati molto perché tu lo riavessi.”
Le parole e gli occhi dello stregone fecero commuovere Astrea che, una volta svelato il contenuto, scoppiò a piangere di gioia: l’anello originale dei Monteverde reclama di essere indossato, e fu proprio Magnus ad avere l’onore di metterglielo al dito.
“Come avete fatto? Era andato perduto nell’incantesimo per salvare Raphael.”
“Alexander ha fatto richiesta al Clave di poter visitare la cittadella e, quando ci è stato accordato, abbiamo convinto le Sorelle di Ferro a forgiare un nuovo anello per l’ultimo membro dei Monteverde dallo stampo originale. E’ stata dura, ma ce l’abbiamo fatta!”
Astrea, ancora con le lacrime agli occhi e visibilmente emozionata, sollevò il bicchiere e invitò gli altri a fare lo stesso.
“Ringrazio tutte voi, e Magnus, di essere qui. E’ importante per me. Grazie della serata, dei fantastici regali, ma soprattutto grazie della vostra amicizia. Brindisi!”
Il tintinnio dei flute e le urla delle ragazze congedarono quella serata, solo per il momento.
Astrea rientrò a casa verso mezzanotte. Si tolse le scarpe sul pianerottolo, troppo esausta dei tacchi, e si richiuse in fretta la porta alle spalle. Abbandonò chiavi e telefono sul mobiletto all’ingresso, appese il cappotto, e si sfilò anche le calze. Portò la busta colma di regali in salotto, e si insospettì che l’appartamento fosse immerso nel buio. Nonostante Raphael non avesse più problemi a dormire, era un orario insolito perché fosse già a letto.
“Raphael?”
Quando la Nephilim superò la cucina, sorrise allo spettacolo che le si parava davanti agli occhi. Un sentiero di petali di rose rosse era costeggiato da candele a forma circolare che designavano il percorso dal divano alla camera da letto. Un post-it giallo era attaccato alla parete, recitava così: sigue las floras, mi amor.
Segui i fiori, amore mio. Astrea abbandonò la busta sul pavimento e lentamente perseguì quel percorso improvvisato. Continuava a sorridere, mentre camminava verso la camera da letto, e si sentì stranamente felice e serena come mai prima. Entrò in camera, le candele circondavano il letto, sulle lenzuola vi era una rosa rossa col gambo, e a terra vi era un tavolino basso di legno su cui giaceva una torta al cioccolato e due calici di vino rosso.
“Buon compleanno, mi amor.” Astrea sussultò appena quando avvertì due mani sui fianchi, si voltò e ritrovò il sorriso raggiante di Raphael.
“Tu sei completamente pazzo, Santiago!”
“Non potevo mica lasciarti festeggiare il compleanno soltanto con le tue amiche e Magnus. Sono stati due mesi impegnativi, abbiamo discusso e ci siamo allontanati, quindi ho colto l’occasione per passare del tempo con te. Ce lo meritiamo.”
Raphael la invitò a sedersi attorno al tavolino e allungò verso di lei il bicchiere. Astrea notò che sulla torta erano state disposte venti candeline a forma di rosa.
“Questa torta è così bella che mi dispiacerebbe mangiarla.”
“Ti assicuro che il sapore supera l’aspetto. Provare per credere!”
Astrea portò alla bocca un pezzo di torta ed un’esplosione di cioccolato al latte e caramello confermò le parole del ragazzo. Poi bevve un sorso di vino addolcendone ancora di più il gusto.
“Tu mi stai tentando, Santiago.”
“Può darsi. Comunque, ho una cosuccia per te.”
Raphael cercò nel suo comodino una custodia nera lucida, afferrò la rosa che stava sul letto e porse entrambi i regali alla Nephilim. Quando Astrea sollevò il coperchio della custodia, le venne un colpo: una catenella sottile d’oro bianco era ornata da una perla color avorio. I suoi occhi si fecero subito lucidi, non poteva credere che lui avesse deciso di consegnarle quel cimelio che per anni era appartenuto a Guadalupe Santiago.
“Raphael, io non so se…”
Il ragazzo le tolse di mano la collana e gliela appuntò attorno al collo, la fece girare verso lo specchio sopra al comò e le sorrise.
“Ti sta benissimo. Settantadue anni fa ho chiesto a Magnus di realizzare un amuleto contro gli incantesimi per mia madre e lei per anni ha portato questa collana al collo, l’ha sempre protetta e le ha sempre ricordato che io ero con lei in ogni momento. Armando voleva venderla per pagarsi i debiti, ma un paio di mesi fa me l’ha restituita con la promessa che l’avrei conservata con cura. Adesso voglio che l’abbia tu, che la indossi sempre, anche perché l’incantesimo di protezione funziona ancora. Soltanto una donna eccezionale merita questa collana e, dal momento che mia madre non c’è più, da ora in poi appartiene a te.”
Molte ragazze avrebbero pensato che fosse un gesto da mammone, che quel regalo fosse un vecchio ricordo di famiglia ma Astrea era onorata di avere con sé un oggetto così prezioso che anni prima era stato in possesso di una donna altrettanto preziosa. Non avrebbe mai avuto la possibilità di conoscere Guadalupe, ma era sicura che quell’amuleto l’avrebbe difesa anche grazie al lascito della sua vecchia padrona.
“Ti giuro che la indosserò sempre. Grazie davvero, è un gesto meraviglioso.”
Raphael si limitò ad annuire, il groppo in gola gli impediva di parlare, ed era il suo sguardo commosso a parlare per lui.
Dopo quel momento così forte, le due ore successive le trascorsero ad ingozzarsi di torta e a bere tutto il vino, seduti a terra, la notte che incombeva scura e silenziosa.
“Sono le due del mattino, la torta e il vino sono finiti, e comincia a fare freddo.” Disse Astrea alzandosi per dare una ripulita. Le candele fortunatamente erano ancora accese e creavano un lieve calore. Tornò in camera dopo aver messo in ordine, e trovò Raphael che spegneva le fiammelle.
“Quella busta sembra pieni di regali.” Commentò lo spagnolo mentre lanciava un’occhiata alla sacca che la Nephilim stava riponendo nell’armadio.
“Sì, questa serata è stata un successo. Perché spegni le candele?”
“Perché sono le due del mattino e hai freddo, ho pensato che tu volessi andare a dormire.”
“Ti ricordo che qualche tempo fa mi hai promesso di esaudire ogni mio desiderio.” Fece Astrea con tono malizioso e un sorriso furbo sulle labbra.
“ Beh, che uomo disonorevole sarei se non esaudissi le richieste della mia reina!”
“Vedo che hai centrato il punto, Santiago.”
Raphael l’attirò a se stringendole i fianchi, le baciò dapprima la fronte, poi le guance, ed infine le labbra.
“Desidero fare l’amore con te lentamente, dolcemente, fortemente, fino a dimenticare tutte le preoccupazioni e le ansie, fino a ricordarti quanto ti amo.”
Astrea non seppe replicare, quelle parole l’avevano destabilizzata del tutto, parole sussurrate all’orecchio, parole sincere, parole cariche di sentimento. Gli circondò il collo con le braccia, sorrise, e gli baciò le labbra languidamente, mentre il desiderio di entrambi cresceva. Raphael le sbottò la camicetta poco a poco, continuando a baciarla, poi scese a torturarle il collo beandosi dei sospiri della ragazza. Le mani si muovevano frenetiche, i baci si susseguivano famelici, e i loro corpi si reclamavano.
“Aspetta, aspetta, aspetta.” Astrea lo allontanò di poco per prendere un respiro.
“Qualcosa non va?”
“Piano, andiamo piano.”
I grandi occhi scuri di Astrea erano così infantili, in senso positivo, da smuovere anche i cuori più duri, e Raphael dinanzi alla loro forza si arrendeva sempre. La fece stendere sotto di sé, le abbassò entrambe le corde del reggiseno, indugiando con le mani sulla pelle morbida e calda della Nephilim, e si curvò a baciarle le spalle, il collo, scendendo verso le clavicole sporgenti, fino a depositare dolci baci sull’addome. Astrea stava letteralmente andando a fuoco, poteva sentire le vene pulsare e il cuore pompare il doppio. La cura e la pazienza con cui Raphael le dedicava attenzione era disarmante, da mozzare il fiato. Tornarono a baciarsi, labbra contro labbra, pelle contro pelle, e cuore contro cuore. La stanza si riempì presto di gemiti, parole sussurrate, mentre fuori da quelle mura il mondo cadeva in rovina e qualcosa si muoveva malvagiamente nelle tenebre. Loro, però, per una volta avrebbero fatto finta nulla, avrebbero continuato a fare l’amore come se non esistesse nient’altro.
Erano circa le sette di mattina quando Astrea si svegliò e si accorse che l’altra parte del letto era vuota. I vestiti erano stati ripiegati sulla poltrona, come era solito fare il ragazzo, e le tende erano ancora chiuse. Dalla cucina proveniva un invitante odore di caffè. Indossò la biancheria e la canotta, e raggiunse il soggiorno. Raphael era di spalle, chino sulla macchina del caffè, con addosso soltanto i pantaloni del pigiama. Si perse ad ammirare quella schiena marmorea che aveva avuto il piacere di accarezzare e a cui si era aggrappata poche ore prima.
“Lo so che sei qui, fuego.”
“Ma come diamine fai a capirlo ogni volta? Ormai i poteri da vampiro dovrebbero essere svaniti del tutto.”
Il ragazzo le diede una tazza fumante di liquido scuro e un bacio sulla fronte.
“Non lo capisco grazie ai poteri, lo capisco grazie al tuo odore.”
“E quale sarebbe il mio odore?”
“Zucchero bruciato, dolce e amaro al tempo stesso.”
Raphael restava una persona comprensiva, attenta ai dettagli, estremamente interessante anche senza i completi di alta sartoria e le abilità dei Figli della Notte.
“Ora mi sto mentalmente paragonando allo zucchero filato.”
“Lo zucchero filato non è bruciato!” ribatté Raphael scoppiando in una fragorosa ristata. Astrea sorrise solo come fa una bambina.
“Non prendermi in giro, Santiago!”
“Sei un caso perso, un vero caso perso.”
“Adesso sono ufficialmente offesa.”
Mettendo un finto muso, Astrea si allontanò ma Raphael la trattenne e caddero sul divano. Le loro risate si mescolarono alle prime timide luci di quel freddo novembre.
Raphael, tornato serio, prese ad accarezzarle il collo con l’indice, procurandole una caterva di brividi.
“Sai cosa avrei fatto in questo momento se fossi stato ancora un vampiro?”
“No. Cosa avresti fatto?”
“Ti avrei osservata, ti avrei scelta come preda, e avrei perseguito ad ogni costo l’impulso irrefrenabile che spinge i vampiri a nutrirsi. L’odore dolciastro del tuo sangue mi avrebbe causato un enorme piacere che mi avrebbe poi convinto a morderti. Ti avrei morso proprio qui, dove la carne è più tesa, dove la vita fluisce veloce, dove sotto la pelle batte una vena piena. Il sangue mi avrebbe fatto sentire talmente appagato, mentre tu avresti continuato ad annaspare per l’effetto allettante dei miei canini.”
Astrea ghiacciò sul posto. L’intensità con cui stava parlando Raphael e la musicalità nel pronunciare quelle parole la mandarono in visibilio. Aveva le labbra socchiuse e gli occhi spalancati, e tremava.
“H-hai mai pensato di mordermi quando eri un vampiro?”
“Oh, avrei voluto morderti la prima volta che ti ho vista. Le tue vene, ogni singola fibra del tuo corpo saturo di sangue mi chiamava, mi ordinava di nutrirmi. Ho pensato tante volte di farti provare piacere con un morso, e puoi solo immaginare come ti avrei fatto sentire al settimo cielo, ma gli altri se ne sarebbero accorti e avrebbero fatto domande. Inoltre, da anni non bevevo sangue umano fresco né tantomeno angelico. Ti avrei morso esattamente qui…”
Le parole di Raphael morirono sul collo di Astrea. Le mordicchiò la pelle, poi vi lasciò un bacio umido. La Nephilim, colta di sorpresa, trattenne il respiro e si lasciò sfuggire dalle labbra un gemito. Una piccola parte di lei desiderava che quel morso potesse essere vero.
“Raphael…”
“Non adesso, Astrea. Ai problemi ci pensiamo domani.”
E la passione che avevano dovuto trattenere durante la missione si consumò come un fiamma, senza, però, spegnersi mai.
 
 
“Come ho fatto a lasciarmi convincere?”
“Taci. Sei meravigliosa. Ho fatto un ottimo lavoro!”
Magnus fece un giro attorno ad Astrea e sorrise soddisfatto del proprio lavoro. L’aveva obbligata ad indossare un pregiato abito color oro dalle spalline sottili e dallo scollo incrociato, un ampio spacco si apriva sul davanti mostrando le costose scarpe col tacco anch’esse dorate. Le aveva truccato gli occhi di un bronzo tenue e le labbra di un leggero rosa, mentre le aveva legato i capelli grazie alla coroncina di fiori che le avevano regalato Tanisha e Glenys al suo compleanno. L’attenzione, però, veniva catturata dalla perla che le ornava il collo in modo assai elegante.
“Oh, sì, davvero un magnifico lavoro!” sbraitò Astrea sarcasticamente. Aveva vergogna a farsi vedere conciata così da tutti, soprattutto perché era abituata a jeans e a maglie monocolore. L’occasione era la cerimonia parabatai di Rafe e Theodor, migliori amici da sempre. In realtà, non sapeva se fosse più nervosa e irritata per colpa di quel vestito o perché il ricordo di Thomas voleva irrompere violentemente nella sua testa. Lottava per non lasciarsi sopraffare dai ricordi.
“Vedrai che Raphael apprezzerà.” Le disse Magnus con un sorriso divertito, poi si versò un bicchiere di Martini e lo mandò giù in un sorso soltanto.
“Cosa vuoi che mi importi dell’apprezzamento di Raphael? Può anche andarsene se non gli piacciono i miei vestiti tristi, come li chiami tu.”
“Qual è il vero problema, zuccherino? Ti conosco e sono sicuro che qualcosa ti turba.”
“Non lo neanche io, Mag. Sono nervosa negli ultimi giorni, ho un brutto presentimento e non riesco a stare tranquilla. Quando mi sento così, di solito è la mia relazione con Raphael a subirne le conseguenze.” Lo sconforto di Astrea preoccupò Magnus, così le sedette accanto e le circondò le spalle con un braccio.
“Andrà tutto bene. Sono settantadue anni che conosco quello spagnolo fastidioso e posso assicurarti che quando vuole qualcosa fa di tutto pur di averla, ed è proprio quello che fa con te. Non ti lascerà mai.”
“Non voglio che passi il resto della sua vita ad occuparsi di me come una mamma farebbe con la figlia. Voglio solo che si goda la vita senza doversi continuamente trovare in pericolo e senza ansie. Se lo merita dopo tutto quello che ha vissuto.”
Sally aprì la porta senza bussare e i due amici scattarono in piedi cercando di fingere che fosse tutto normale. La vampira splendeva nel suo abito bordeaux di seta e pizzo.
“Vi date una mossa? All’Istituto sono arrivati tutti, manchiamo solo noi.”
“Sì, andiamo.”
Astrea sorrise a Magnus, dopodiché tutti e tre sparirono nella parete liquida di un Portale.
 
 
Quando Raphael vide Astrea fare la sua entrata accompagnata da Magnus, si sentì il cuore in gola. ‘Bellissima’ non rendeva giustizia alla donna che stava a pochi metri da lui. Sembrava brillare di luce propria in quel vestito, una fiamma che arde intensamente e che non può essere facilmente soffocata. Se fosse stato ancora un Figlio della Notte, Astrea sarebbe stata la sua luna e le sue stelle.
“Stai sbavando, fa’ attenzione al pavimento!” lo derise la voce allegra di Simon, che lo infastidiva come sempre. Si voltò verso di lui con la sua solita espressione accigliata.
“Resti irritante ed inopportuno anche da Cacciatore, Simon. Idiota!
“Sai, non mi mancano affatto i tuoi rimproveri in spagnolo.”
Raphael scrollò la testa sollevando le sopracciglia.
“Non importa a nessuno quello che pensi, soprattutto a me.”
“Non so come faccia quel tesoro di ragazza a sopportarti. Sei crudele!” Simon accennò con la mano ad Astrea mentre rinfacciava a Raphael quello che pensava, ma l’ex Capo Clan era rimasto indifferente.
“Ingenuo io a domandarmi come faccia Isabelle ad avere sposato un ipocondriaco, goffo, imbranato, logorroico, per nulla divertente, che gioca ancora ai videogame.”
Simon, offeso, gli lanciò un’occhiata truce e svanì confondendosi tra gli invitati.
“Sei gentile quanto un pugnale intriso di magia nera nel fianco, Santiago!” quel sarcasmo apparteneva ad una sola persona, allora Raphael si girò verso di lei con un sorriso spontaneo.
“Chi si rivede! Magnus ti ha dovuto rapire alle cinque del pomeriggio per convincerti a vestirti così?”
L’insicurezza di Astrea venne a galla, e incrociò le braccia al petto come a volersi difendere.
“Mi sono vestita così soltanto perché questa cerimonia è importante per Alec e Rafe.”
Raphael la strinse in un abbraccio e lei si sciolse quasi come fosse neve al sole.
“Sei perfetta, Astrea.” Le mormorò nell’incavo del collo mentre Astrea si faceva consolare da quelle braccia che l’avrebbero sempre accolta e protetta.
Dopo la lunga cerimonia, Magnus e Alec invitarono tutti nel loro appartamento per continuare i festeggiamenti. Rafe e Theodor erano impegnati a ricevere le congratulazioni, gli ospiti si godevano cibo e alcol, e Max se ne stava accucciato contro il petto di Astrea.
“Piccolo, sto crepando di caldo. Che ne dici di scendere?”
“No, sto bene qui.” Ribatté lo stregone afferrando con le mani le spalline di Astrea come a reggersi.
“Beh, ci credo che sta bene!” disse Raphael ammiccando, e l’allusione al fatto che il bambino fosse accoccolato sul seno della Nephilim era davvero sottile, anche perché quella era la posizione che assumeva quando non riusciva a dormire e Astrea lo coccolava dolcemente.
“Sei un cretino, Santiago.”
“E va bene, fuego, ci penso io. Max, vieni, dai.”
Max, gli occhioni blu e i capelli arruffati, passò dalle braccia di Astrea a quelle di Raphael.
“Questo lo mantengo io.” Fece Astrea mentre reggeva il bicchiere di champagne di Raphael e lo sorseggiava. Un fischio destò tutti dalle proprie attività: Magnus aveva preso posto al centro della stanza tenendo sollevato un calice e al suo fianco vi era un Alec sorridente.
“Buonasera a tutti, gentili ospiti! Io e Alexander siamo lieti di avere riuniti tutti qui per celebrare l’unione parabatai di nostro figlio. Siamo onorati che Rafael abbia deciso di legare il suo destino a quello di Theodor. Un Lightwood e un Penhallow destinati a combattere fianco a fianco, a vivere insieme, a morire l’uno per l’altro, sono un dono per i Nephilim, per i Nascosti e per i Mondani, perché i loro cuori perseguiranno sempre il bene. Ai parabatai!”
Gli invitati alzarono i calici tra esclamazioni e sorrisi per poi bere insieme ai padroni di casa. Astrea finì lo champagne di Raphael in un colpo solo.
“Stronzate. Sono tutte stronzate. E’ un legame labile, teso alle bugie e ai tradimenti.”
Raphael comprendeva quelle parole così dure e severe, aveva visto come Thomas aveva distrutto il rituale fondamentale degli Shadowhunter e come Astrea ne aveva sofferto.
“E’ finita, Astrea. Thomas non può più farti del male. Pensa al futuro.”
Raphael era così maestoso nel suo completo nero, uno di quelli che indossava da vampiro, così sorprendente mentre teneva in braccio Max, così speranzoso nel futuro. Gli baciò a stampo le labbra.
“Destinazione futuro, Santiago!”
Da lontano Alec le fece segno di raggiungerlo in terrazza. Astrea si precipitò da lui e, mentre percorreva quelle mattonelle color ruggine, ricordò le serate trascorse in quella casa quando era arrivata da Lisbona. Allora era una bambina impaurita, con l’anima legata ad un bugiardo, con la mente confusa, e quelle persone le avevano dato una famiglia dopo tanto tempo. Alec era particolarmente bello, i capelli in ordine, il completo blu scuro, e un’espressione insolitamente allegra.
“Da qui le stelle si vedono magnificamente. E’ una delle cose che amo di più di questo appartamento.” Alec parlò senza guardarla, le mani in tasca, il viso rivolto al manto stellato che incombeva su di loro.
“Già.” Fu la risposta di Astrea, e un terribile nodo alla gola. Negli ultimi mesi le cose tra di loro non erano state positive, la missione li aveva divisi, e di rado si erano scambiati messaggi. Si domandò se tutti i suoi rapporti sarebbero finiti così, tra incomunicabilità, reticenze, e abbandoni.
“Sai, ne ho viste di stelle passare di qui. Alcune erano davvero straordinarie, luminose e inarrestabili. Però, nessuna stella brilla quanto te. Quando ti ho portato in casa nostra due anni fa, sentivo il bisogno di aiutarti, di darti quella famiglia che ti mancava, ti farti sentire a casa dopo quello che avevi dovuto affrontare. Col tempo ho capito che, invece, sei stata tu a completare la mia famiglia. Sei come una figlia per me e per Magnus, i bambini ti adorano, e siamo davvero felici di averti con noi. A parte il Fuoco Rosso, tu bruci di un’intensità propria, ardi come fuoco grazie al tuo coraggio, alla tua forza, e il tuo grande cuore, troppo grande per quel corpicino, è il centro vitale che ti porta ad essere una stella in fiamme destinata a splendere per sempre. Sono così fiero di te, Astrea. Fiero come solo un padre può esserlo della propria figlia. Hai lottato, hai perdonato, hai imparato ad amare, e hai dato forma alla tua vita da sola. Lo so che ultimamente siamo stati distanti, che ci siamo visti e sentiti poco, ma volevo che con questa missione tu te la cavassi da sola per dimostrare a te stessa quanto vali. Sei una donna eccezionale, però non dimenticare che per me sarai sempre la mia bambina.”
Astrea era ormai in lacrime. Sentire Alec pronunciare quelle parole le fece scoppiare il cuore di gioia. Per la prima volta dopo anni sentiva di appartenere a qualcosa, a qualcuno. Lui non era un semplice migliore amico, Alec era il suo papà adottivo che, come amava Max e Rafe, adesso amava anche lei. Gli gettò le braccia al collo e lo strinse come se avesse paura che evaporasse e con lui quella sensazione di pace che le pervadeva il cuore.
“Ti voglio tanto bene. Anzi, vi voglio tanto bene. Tu, Mag e i bambini siete la mia famiglia. Certo, siamo una famiglia un po’ bizzarra, ma siamo uniti e indistruttibili. Non ti ringrazierò mai abbastanza per avermi offerto una casa, un aiuto, e soprattutto la tua fiducia. Sei il padre acquisito migliore che potessi mai chiedere. Grazie di tutto, Alexander Lightwood. Grazie di avermi dato una seconda possibilità.”
Magnus e Raphael si scambiarono un’occhiata loquace mentre guardavano le persone che più amavano al mondo abbracciarsi in una delle notti più belle.
 
 
 
“Dannazione!”
Raphael si affacciò in camera da letto e ridacchiò per la disperazione della sua fidanzata. Di spalle verso lo specchio, tentava più volte di raggiungere i bottoni del vestito collocati sulla schiena.
“Sei talmente imbranata.”
“Vieni ad aiutare questa imbranata, forza!”
Raphael la raggiunse, si mise dietro di lei e studiò l’abbottonatura per qualche istante.
Ulisse balzò sul letto, poi sulla poltrona ed infine si strusciò alle gambe di Astrea miagolando contento.
“Prima Max e adesso Ulisse, sei una che attrae!”
“Dedico le giuste attenzioni anche a te, impertinente.”
Astrea gettò uno sguardo alle sue spalle mentre Raphael allentava i bottoni con il massimo della concentrazione. Il ragazzo, con la camicia già aperta e le maniche tirate ai gomiti, faceva di tutto pur di sfiorare la schiena di Astrea e farla tremare, era un mago nel gioco della seduzione. Aperto anche l’ultimo bottone, poggiò il mento sulla sua spalla ossuta, dove depose un bacio, e le sorrise attraverso la superficie riflettente dello specchio.
Maravillosa.
“Sei un adulatore, Santiago.”
Astrea rise, e stranamente quella sera era l’unica cosa che le andava di fare. Voleva dimenticare tutto ed essere spensierata come dovrebbe esserlo una ragazza di venti anni. Il bracciale con il ciondolo a forma di luna tintinnò quando afferrò Raphael per il colletto e lo avvicinò per baciargli le labbra con fervore.
“Ti amo così tanto, Astrea.” Sussurrò Raphael tra un bacio e l’altro, e nel frattempo avevano raggiunto il letto.
“Anche io ti amo, spagnolo sempre imbronciato.”
Raphael, sdraiato sul materasso, con Astrea seduta sul bacino, non poté evitare di ridere per quelle assurdità. Le cinse la vita con le braccia e assunse una falsa smorfia pensierosa.
“E lei, madame Monteverde, sarebbe così gentile da cancellare il broncio dal mio viso?”
La risatina di Astrea preannunciava come sarebbe terminata quella giornata già di per sé positiva.
“Ho il rimedio al suo malanno, monsieur Santiago!”
“Allora non esiti a guarirmi, madame!”
Il sorriso di Astrea morì soavemente sulle labbra di Raphael, e la nottata proseguì all’insegna di amore e ottimismo.
 
 
 
Una cattivo presagio interruppe il sonno di Raphael. Sbarrò gli occhi e si passò una mano sul viso, poi si mise seduto contro la testiera del letto. Fece un mezzo sorriso notando che Astrea dormiva beatamente, avevano appena trascorso una nottata piena di emozioni e al solo pensiero gli batté il cuore.
 Si infilò i boxer per dirigersi in cucina a prendere un bicchiere d’acqua. Sembrava tutto tranquillo quando ad un tratto la voce concitata di Astrea lo fece tornare in camera da letto. Lei si stava dimenando in preda ad un incubo, agitava le mani e ripeteva ‘no’.
“Astrea, svegliati!”
 
 
Astrea non capiva perché si trovasse a Lisbona, nella Biblioteca dell’Istituto. Poche ore fa era a New York e non aveva senso. Doveva essere nel suo letto a dormire, invece vagava nell’enorme stanza circolare fiancheggiata da scaffali di libri. Una musica giungeva dallo studio di suo padre, era cupa e inquietante. Passi svelti si inseguivano nel corridoio. Si volse a guardare la soglia della porta e vide una bambina. Lunghi capelli castano chiaro e grandi occhi azzurri, la bambina saltellò fino ad Astrea e si fermò per prenderle la mano. Sulla veste bianca che aveva addosso c’era scritto ‘Celina Rosestal’.
“Celina? E’ così che ti chiami? Io sono Astrea Mon…”
“Lo so chi sei, Astrea Monteverde.” Disse la piccola con una vocina amorevole.
“Che sta succedendo?”
“Non avere paura. Sono qui per consegnarti un messaggio da parte di Raziel.”
Astrea era impaurita e faceva fatica a capire se quello fosse un sogno o se fosse reale.
“Raziel ha un messaggio per me? Qual è?”
Celina cominciò a saltellare attorno a lei, i capelli che frusciavano, le manine che battevano tra di loro, le scarpette rosse di vernice che stridevano sul pavimento.
“Il messaggio è questo.
Cuori legati,
baci mai dati,
storia di due innamorati
quel che io e te
non siamo mai stati.”
“C-che cosa vuol dire? Che sta succedendo?”
La musica riprese a suonare, ora più tetra di prima. Celina andò via così come era venuta.
Astrea scattò in avanti sbattendo le palpebre più volte. Sussultò quando si sentì toccare.
“Astrea, sono io. Sono Raphael. Va tutto bene. Guardami. Amore, guardami!”
Raphael l’abbracciò per calmarla, le accarezzò i capelli e le sussurrò che andava tutto bene. Astrea pian piano smise di tremare e si rilassò, anche se le lacrime fluivano sul suo viso. Si appigliò alle spalle nude di Raphael come se potesse affogare da un momento all’altro.
“Va tutto bene. Non piangere più, Astrea.”
“S-son-no q-qui.”
“Sì, sei qui. Ci sono io con te.”
 
 
 
Astrea bevve nella speranza di schiarirsi la voce e raccontare cosa aveva vissuto. Era rannicchiata sul divano, vestita dalla camicia di Raphael, e si copriva con una coperta in pile che sua mamma aveva cucito per lei quando era piccola.
“Stai meglio?”
Raphael si sistemò accanto a lei ma non si avvicinò più di tanto per non spaventarla.
“Sì, sto meglio. Grazie.”
“Che cosa hai sognato?”
“Mi trovavo nella biblioteca del mio Istituto, risuonava una musica tetra dallo studio di mio padre, e poi è apparsa una bambina di nome Celina Rosestal che mia riportato un messaggio da parte di Raziel.”
L’ex vampiro inarcò un sopracciglio, come faceva quando qualcosa non gli era chiaro, e apparve perplesso.
“Perché Raziel avrebbe mandato una bambina a darti un messaggio?”
“Capita che gli Angeli comunichino servendosi di messaggeri. Comunque, il contenuto del messaggio è: Cuori legati, baci mai dati, storia di due innamorati, quel che io e te non siamo mai stati.”
“E che cosa vorrebbe dire?”
“Non ne ho idea. Credevo che riguardasse noi due, ma non ha senso ‘baci mai dati’ e ‘innamorati che io e te non siamo mai stati’. Voglio dire, stiamo insieme da circa due anni e Raziel ne è al corrente. Raphael, mi stai ascoltando?”
Raphael le indicò la finestra che dava sul cortile interno. Sul vetro comparve una scritta a caratteri cubitali intinta di sangue: où tu mourras, je mourrai aussi; et je serai enterré.
Astrea indietreggiò portandosi le mani alla bocca per reprimere un urlo.
“E’ una parte del giuramento parabatai ed è in francese. Baci mai dati e innamorati mancati non si riferisce a noi due.”
Raphael serrò i pugni, la rabbia gli stava corrodendo l’anima, e sentiva tutta la felicità accumulata di recente cedere all’ansia.
Thomas e Sylvie stanno tornando.”
 
 
 
Salve a tutti! :)

Eccoci giunti alla fine.
Ve lo aspettavate un finale così triste?
Credevamo che fosse tutto finito, e invece siamo solo all’inizio della guerra.
Voglio ringraziare tutti coloro che hanno letto, recensito, ecc…
Mi farò viva con la quarta e, ahimè, ultima parte di Troublehunter.
Guardatevi le spalle, Thomas e Sylvie stanno tornando!
 
Ps. Ringrazio stardust94 per avermi ‘prestato’ il personaggio di Celina Rosestal.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 

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