Molto incinta

di Em_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue. ***
Capitolo 2: *** Six weeks pregnant ***
Capitolo 3: *** Seven weeks pregnant ***
Capitolo 4: *** Seven weeks pregnant (2) ***
Capitolo 5: *** Nine weeks pregnant ***
Capitolo 6: *** Eleven weeks pregnant ***
Capitolo 7: *** Eleven weeks pregnant (2) ***
Capitolo 8: *** Fifteen weeks pregnant ***
Capitolo 9: *** Sixteen weeks pregnant ***
Capitolo 10: *** Sixteen weeks pregnant (2) ***
Capitolo 11: *** Eighteen weeks pregnant ***
Capitolo 12: *** Eighteen weeks pregnant (2) ***
Capitolo 13: *** Twenty-eight weeks pregnant ***
Capitolo 14: *** Twenty-nine weeks pregnant ***



Capitolo 1
*** Prologue. ***


1. Prologue 





Oliver
Era da almeno due sabati filati che non uscivo, non ne potevo più di serate di beneficenza e incontri con i finanziatori. Avevo venticinque anni, per l’amor di dio, dovevo pur divertirmi anch’io. Nonostante mio padre mi avesse obbligato a presenziare ad un cocktail party, io avevo categoricamente rifiutato di presentarmi e avevo chiamato Tommy per trascorrere la nottata in giro per la città. San Diego era meravigliosa in questo periodo dell’anno, era popolata di gente e soprattutto di belle ragazze. Sia Tommy che io eravamo due scapestrati, single, e sempre con una donna diversa ogni settimana. E sinceramente mi andava bene così, non mi importava un bel niente delle relazioni, non facevano per me.
«Ehi, amico. Pronto per la festa?» mi chiese Tommy varcando la soglia della mia camera.
«Oh, sì.» risposi io sistemandomi la camicia bianca. Questa era la mia camicia portafortuna, ogni vota che la indossavo le ragazze mi morivano dietro.
«Ti propongo una sfida stasera. Il primo che adocchia una bella ragazza e se la porta a letto vince. Ci stai?» propose quell’idiota del mio migliore amico.
«Va bene. Ma sai già che perderai mio caro.» esclamai sicuro di me.
«Non credo proprio, Oliver.» affermò Tommy scuotendo la testa.
«Cosa succede a chi perde?» domandai incamminandomi verso l’auto.
«Mmm, chi perde dovrà presenziare a tutte le sedute del consiglio dell’azienda per un mese.»
«Scherzi? Come sopporterò quelle lagne dei collaboratori di mio padre?» mi lamentai.
«Se vinci toccherà a me, vedila così.» ridacchiò lui.
«Ti odio, Merlyn.» sbuffai accendendo il motore della mia Jaguar.
Giungemmo al locale più In di tutta la città nel giro di quindici minuti, e grazie alla nostra notorietà entrammo senza alcun problema. Questa discoteca l’avevano aperta da circa cinque mesi, ma in così poco tempo aveva superato tutti gli standard ed era divenuta la più popolare. Ottima musica, ottimi drink, ottimo terreno di caccia. Tommy ed io ci dirigemmo subito al bancone per ordinare della tequila, sapevamo già che le ragazze sarebbero arrivate di lì a poco e non dovevamo far altro che attendere.
«Ehi, Ollie. Guarda quella biondina laggiù.» mi disse Tommy «Potrebbe fare al caso tuo.»
«E da quando andiamo noi dalle donne?» gli chiesi mandando giù il secondo bicchierino.
«Proviamo qualcosa di nuovo, no?» esclamò.
«Okay, sei io mi devo prendere quella, tu ti prenderai… Mmm… Quella con qui chiacchiera la bionda.»
«La sua amica?» mi domandò stupito.
«Sì, perché? Troppo bella per i tuoi standard?» lo presi in giro. Erano entrambe due bellissime ragazze, tanto valeva tentare.
«Macché. Va benissimo. Chi comincia?»
«Io, così guardi e impari.» affermai.
«Io imparare da te? Non farmi ridere, Queen.» rispose Tommy ordinando un cocktail a base di frutta.
«Due Cosmopolitan, grazie.» ordinai al barista ignorando il mio amico.
«Ah, le offri da bere?» mi punzecchiò.
«Alle ragazze fa sempre piacere, dovresti saperlo.» ribattei.
«Okay, vedremo!» disse ridendo.
Mi alzai dallo sgabello dopo aver ricevuto i due bicchieri dal barista e mi avviai verso la biondina e la sua amica. Dovevo ammettere che Tommy me ne aveva scelta una molto, molto carina. Non era vestita in modo volgare, non era troppo truccata ed aveva tutte le cose al posto giusto, sembrava fare proprio al caso mio. Poco dopo l’amica si accorse della mia presenza sempre più ravvicinata e si mise a sorridere. La bionda appariva terrorizzata, non voleva che l’amica la lasciasse sola, ma l’altra prese e se ne andò verso il bancone. Bene, mi stavano rendendo le cose veramente molto semplici. Avrei battuto Tommy con facilità, alla faccia delle sue sfide idiote.
«Ciao!» la salutai per attirare la sua attenzione «Questo l’ho preso per te.» aggiunsi offrendole il drink.
«Grazie.» si limitò a dire la ragazza.
«Sono Oliver, piacere.» le dissi porgendole la mano.
«Felicity.» replicò stringendomi la mano a sua volta.
«Ti stai divertendo, Felicity
«Prima che tu facessi venire strane idee alla mia mica, sì, Oliver.» affermò bevendo il Cosmopolitan.
«Oh avanti, dì che ti dispiace.» le dissi maliziosamente.
«No, non mi dispiace. Avevo proprio voglia di un cocktail.» ribatté lei facendo la sostenuta, per poi andarsene in pista a ballare.
Questa ragazza era una bella sfida, mi piaceva. La seguii a ruota e mi buttai nella mischia insieme a lei.

Felicity
Questa situazione era surreale. Io che andavo in discoteca, io che mi facevo offrire un cocktail da un uomo come nulla fosse, io che flirtavo tranquillamente con uno come Oliver Queen. Sì, avevo decisamente riconosciuto l’individuo. Non che uno come lui passasse inosservato, era veramente un bel vedere, ma i social media e tabloid lo presentavano già al meglio. Classico figlio di papà, ricco sfondato, bello da morire, senza un minimo di testa sulle spalle. Il tipico uomo da cui io scappavo a gambe levate. Eppure stasera ci stavo ballando insieme tranquillamente, forse la colpa era dell’alcol o di Laurel che mi aveva mollata. Ma chi se ne frega, per una volta potevo concedermi pure io di ubriacarmi e ballare con qualche ragazzo.
«Allora, Felicity, sei di qui?» mi domandò Oliver a voce alta, vista la musica a palla.
«Non proprio, sono nata a Las Vegas. Ma vivo qui da cinque anni!» gridai per farmi sentire.
«Las Vegas, eh? Ci sono stato un paio di volte, casinò meravigliosi laggiù.» esclamò avvicinandosi sempre più.
«Credi che non lo sappia? Mia madre ci lavora.» gli risposi lasciando che il suo corpo entrasse in contatto col mio.
«Hai impegni per stasera?» mi domandò. Tanto avevo già capito benissimo dove voleva arrivare, ma decisi di fare la finta tonta.
«No, la mia amica ed io siamo venute qui per festeggiare la sua promozione al lavoro.» spiegai.
«Ottimo! Quindi ti andrebbe di fare un giro? Ho appena portato a lucidare l’auto.»
«È così che abbordi le ragazze solitamente?» chiesi divertita.
«No, di solito vengono loro ad abbordare me.» rispose ridacchiando. Non potevo negare che il suo sorriso dal vivo fosse ancora più bello e affascinante. 
«Chi mi dice che non sei un serial killer o uno stupratore?» lo presi in giro.
«Credo tu debba solo fidarti.» affermò ammiccando.
«Fidarmi di uno che ho conosciuto tipo dieci minuti fa?» replicai facendo una giravolta, giusto per provocarlo.
«Dai, non ti mangio mica.» disse lui col suo fare da seduttore.
«Va bene, ci sto. Ma solo se mi fai guidare l’auto.» dichiarai. Sapevo bene che macchina possedeva e, dio, non mi sarei mai persa un’occasione del genere.
«Sei proprio testarda, sai? Comunque okay, basta che non me la sfasci contro un platano.» 
«Ma se guiderò meglio di te!» esclami offesa.
Oliver ridacchiò e mi trascinò fuori con sé. Non avevo mai fatto una cosa tanto irresponsabile in vita mia, andare a casa di qualcuno solo per fare sesso non era da me, ma per questa volta avevo lasciato che le cose accadessero. Mandai velocemente un sms a Laurel per avvertirla, non volevo pensasse che mi avessero rapita contro la mia volontà. Anzi, probabilmente mi avrebbe risposto con un “evviva”. Salii nell’auto di Oliver dal lato del guidatore e accesi il motore. Mamma mia, quest’auto era spettacolare.
«Penso che ci divertiremo stasera io e te.» dissi.
«Credo anch’io.» rispose lui.
«Guarda che parlavo con la macchina, mica con te.» esclamai facendolo ridere.
«Devo ammettere che la tua guida è niente male, Felicity.» aggiunse.
«Te l’avevo detto. Ho avuto un buon istruttore.» commentai.
Oliver mi mostrò la strada fino a casa sua, anche se casa era riduttivo, era meglio villa, o castello. Parcheggiai la macchina all’interno dell’enorme garage, dove giacevano altre cinque automobili. In tutta tranquillità mi accompagnò di sopra e chiuse la porta di quella che doveva certamente essere la sua camera da letto.
«Sappi che non c’è nessuno in casa.» mi disse.
«Non che cambiasse molto se ci fosse qualcuno.» risposi alzando le spalle.
Lui sorrise e a passo lento venne verso di me, si slacciò un bottone della camicia solo per farmi un dispetto. Io posai la pochette a terra e mi sfilai i tacchi senza pensarci. Eravamo uno difronte all’altra e percepivo chiaramente la tensione e il magnetismo che stava venendo a crearsi. Pochi secondi dopo mi ritrovai le sue labbra sulle mie, la sua lingua dentro la mia bocca e le sue mani ovunque sul mio corpo. Mi slacciò il vestito grazie alla zip sulla schiena ed io gli tolsi la camicia come fosse una T-shirt, non avevo tempo di stare a slacciare ogni bottone. La camera da letto era enorme, ma presi dalla frenesia non ci accorgemmo nemmeno che eravamo finiti sul suo letto, entrambi con solo uno strato di indumenti a dividerci. Oliver mi baciò il ventre fino a scendere più giù verso il mio centro del piacere, io mi aggrappai alle lenzuola e cercai di godermi appieno il contatto con la sua bocca. Le mie mutandine presto volarono da qualche parte nella stanza e l’unica cosa che sentii fu il piacere pervadermi in tutto il corpo. Ci sapeva fare, cavolo se ci sapeva fare. Ma con mio dispiacere non finì il lavoro, mi lasciò lì ad ansimare e lo vidi togliersi i pantaloni e i boxer scuri. Prima che potessi rendermi conto di cosa stava accadendo lo sentii riempirmi completamente. Gridai. Forse anche troppo, e lui mi tappò la bocca con un bacio. Il ritmo era sfiancante, intenso, ogni spinta era come toccare il cielo con un dito. Sentivo che tra poco sarei esplosa, e dai suoi gemiti pure Oliver era vicino. Continuammo a muoverci senza fermarci per un lasso di tempo indeterminato fino a quando venimmo entrambi nello stesso istante. Lui si riversò dentro di me posandosi con la testa nell’incavo del mio collo, mentre io avevo le unghie piantate sulla pelle della sua schiena.
Era solamente sesso, ma cristo, che sesso.










Angolo autrice
Saaaalve! :)
Prologo della mia nuova storia! Spero vi sia piaciuto! Premetto che continuerò a pubblicare solo dopo aver concluso l'altra, così da non incasinarmi ahah.
Che dire? È un capitolo divertente, in cui i nostri due protagonisti si incontrano e finiscono la serata decisamente in modo alternativo xD
Si può capire che Oliver è ricco e viziato, non ha responsabilità e non le vuole nemmeno avere. Felicity invece lavora, ha la testa sulle spalle, ma non rinuncia neanche lei a divertirsi!
Penso abbiate capito cosa accadrà dopo questa nottata trascorsa a spassarsela, no? Il titolo non lascia dubbi lol.

Ho pubblicato il prologo per sapere se vi piace e se vale la pena continuarla, quindi fatemi sapere con una recensione (se vi va) come la trovate!

Un bacio e grazie in anticipo a chiunque mi lascerà un'opinione.
Anna

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Capitolo 2
*** Six weeks pregnant ***


2. Six weeks pregnant





Felicity
Mi sentivo strana dopo la cena di ieri sera al ristorante giapponese, ero come appesantita e completamente svogliata. In realtà era da almeno una settimana che mi sentivo svogliata in tutto, ero perennemente stanca e apatica e non era da me. Caitlin, Sara, Laurel ed io avevamo fatto le ore piccole ieri, eravamo state fino alle due del mattino in un locale a festeggiare la vittoria dei Bolts di San Diego. Ci eravamo ripromesse di rientrare non appena fosse finita la partita, ma chiaramente tra una birra e l’altra la situazione ci era sfuggita di mano. Non che fossimo ubriache, tranne Cait forse, lei poverina reggeva davvero pochissimo l’alcol.
Sbuffando mi tirai su dal letto, ma un grosso capogiro mi costrinse subito a risedermi sul materasso. Che mi stesse venendo l’influenza? Speravo vivamente di no visto che eravamo a luglio. Pian piano mi recai in cucina per mettere su del caffè, ma aprendo il barattolo e sentendone l’odore fui costretta a chiuderlo immediatamente, era come se mi nauseasse solo il pensiero. Tutto ciò non era normale, non per una come me che viveva con la tazza del caffè attaccata alla mano. Il cibo giapponese mi aveva provocato un’indigestione per caso? Mi limitai a mangiare tre biscotti con le gocce di cioccolato, anche se li mandai giù con molta difficoltà, non avevo per niente voglia di mangiare oggi. La nota positiva della giornata era che con oggi sarebbero cominciate le mie tanto desiderate ferie. Due settimane di totale relax! Avevo prenotato insieme alle mie amiche tre giorni in un centro benessere fronte spiaggia e non vedevo l’ora di fare la valigia e partire. Ce lo meritavamo.
Circa mezz’ora dopo qualcuno bussò alla porta del mio appartamento, io sorrisi immaginando già chi fosse. Con calma andai ad aprire la porta e mi trovai davanti esattamente la persona che credevo: Caitlin. 
«Ehi, Cait. Ti trovo bene.» la salutai prendendola in giro. Dopo la bevuta di ieri sera sicuramente non ricordava granché.
«Ti odio, anzi, vi odio. Lo sapete che non reggo l’alcol e voi cosa fate? Mi fate bere.» affermò entrando in casa.
«E perché te la prendi solo con me?» le chiesi ridacchiando.
«Perché Sara è ancora a dormire e Laurel sta concludendo il suo ultimo caso in tribunale prima delle ferie, quindi l’unica che rimane sei tu.» mi rispose massaggiandosi le tempie.
«Non posso credere che tu vada fuori di testa con sole tre birre.» ridacchiai offrendole il caffè che non avevo toccato a colazione.
«Non è colpa mia, Felicity.» si lamentò sorseggiando la bevanda «A proposito, dov’è la tua tazza?» mi domandò notando subito che non stavo bevendo nulla.
«Non ne ho voglia.» dissi io alzando le spalle.
Lei per poco non sputò tutto il caffè che aveva in bocca «Okay, sei seria?» mi chiese incredula.
«Sì… Credo che il sushi di ieri sera non fosse proprio fresco.» affermai.
«Io però sto bene, se tralasciamo il pungente mal di testa post sbornia.» replicò la mia amica.
«Non so che dirti, Cait. Avrò lo stomaco delicato.» esclamai sparando la prima cosa che mi venne in testa.
«Scusa e da quando? Mangi come un camionista e non ti ho mai vista ammalata. Sicura che sia tutto okay?» continuò lei squadrandomi.
«Ma sì, non è niente vedrai.» provai a tranquillizzarla.
«Felicity, lo sai che sono un medico, vero? Tu potrai anche mentirmi, ma il tuo corpo no.» affermò.
«Va bene, ora mi stai spaventando sul serio.» ribattei.
«È da almeno una settimana che sei strana, sai? E anche Laurel e Sara l’hanno notato…»
«Caitlin, dai, sarà solo stanchezza.» la interruppi.
«Facciamo delle analisi del sangue, giusto per scrupolo, che dici?» propose.
«I-Io… Non lo so…» balbettai. Avevo la fobia degli aghi, e lei lo sapeva.
«Va bene, ho capito, te la stai facendo sotto per il prelievo.» si arrese.
«Se è strettamente necessario lo farò, altrimenti preferirei passare.» 
«Io i miei sospetti li ho, ma non vorrei dire nulla prima di essere sicura al cento per cento.» esclamò guardandomi. Okay, ero ufficialmente nel panico.
«Dì quello che pensi, sei mia amica e puoi dirmelo.» le dissi sperando che non mi desse chissà che notizia.
«Ne sei proprio certa? Sì, insomma, magari mi sbaglio e non vorrei traumatizzarti.»
«Caitlin, sputa il rospo.» affermai sicura di me.
«Va bene, come preferisci.» ribatté alzando le mani in segno di resa «Non è che per caso… Sei… Ehm… Incinta
La guardai per qualche secondo e poi scoppiai a ridere, ma che diavolo stava sparando? Era seria? Caitlin era un ottimo medico, però secondo me vedeva donne incinte un po’ ovunque visto che era, appunto, ginecologa. Io incinta? Ma dai, era umanamente impossibile.
«Cait, io ti voglio bene, ma questa l’hai sparata grossa.» dissi ancora ridendo.
«Che simpatica.» borbottò lei.
«Di chi dovrei essere incinta? Dello spirito santo? Non so se hai notato che non ho un ragazzo.» esclamai.
«Fel, credi che non sappia della tua gita a casa di un certo amministratore delegato.»
Oh merda. Sapeva tutto! E se lo sapeva lei, lo sapeva pure Sara! Maledetta Laurel, doveva sempre raccontare ogni cosa. No, vabbè, non era colpa di Laurel, ma mia, non avrei dovuto saltare addosso ad un uomo conosciuto cinque minuti prima in un locale.
«Non dici nulla?» mi chiese la mia amica.
«Mi hai beccata, okay? Ma questo non vuol dire che tu abbia ragione.» le dissi subito.
«Ah no? Avete usato il preservativo? Visto che la pillola non la prendi più da quando Cooper ti ha lasciata.»
«Caitlin, è successo più di un mese fa, non me lo ricordo.» risposi acida.
«Non voglio farti arrabbiare… Pensaci e basta.» affermò più tranquilla.
«Sai una cosa? Togliamoci il pensiero subito. Vado di sotto a comprare un test in farmacia, giusto per dimostrarti che hai torto.» le dissi convinta.
«Ehm… Ti aspetto qui allora.» replicò aggrottando le sopracciglia.
Mi infilai le infradito di fretta e presi il portafoglio dalla borsa, poi con passo spedito scesi in strada e camminai fino alla farmacia. In poco tempo trovai le scatolette contenenti i test di gravidanza e ne presi due a caso, ma guarda te cosa mi toccava fare! La farmacista mi sorrise, come se volesse congratularsi ed io feci finta di niente. Dopo aver pagato ritornai nel mio appartamento dove Caitlin mi stava ancora aspettando, la invitai a seguirmi in bagno e a spiegarmi cosa dovevo fare.
«Devi… Devi farci pipì sopra, Fel. Non c’è molto da spiegare.» mi disse lei alzando le spalle.
«Mi devi una cena dopo questa cosa, e un drink, anzi, molti drink.» replicai spedendola fuori dal bagno.
Non potevo credere di star facendo la pipì sopra uno stupido test di gravidanza. Avevo venticinque anni e non pensavo di avere un figlio per almeno altri cinque anni, non sapevo niente di queste cose, semplicemente perché non sentivo neanche la necessità di informarmi. Non avevo nemmeno un ragazzo, quindi avere un bambino era l’ultimo dei miei pensieri ora come ora. Il mio pensiero adesso era il lavoro, fare carriera, divertirmi con le mie amiche e se magari capitava di trovarmi un uomo certamente non mi sarebbe dispiaciuto, ma da qui a farci un figlio ne sarebbe dovuta passare di acqua sotto i ponti. Non appena finii con lo stick richiamai la mia amica, volevo proprio vedere la sua faccia quando avrebbe visto che era del tutto negativo.
«Perché devo guardare io?» mi domandò.
«Perché è stata una tua idea, Cait.» risposi.
«In realtà anche Sara e Laurel mi hanno dato ragione…» precisò.
«Oh dio, ma vi siete alleate contro di me?»
«Beh, anche ieri sera voi tre non avete scherzato visto che ho vomitato l’anima stamattina.»
«Non ti faremo più bere, d’accordo.» le dissi ridendo sotto i baffi.
«Felicity, mi sa che un drink non te lo potrò offrire per un bel po’…» affermò Caitlin.
«E da quando sei così tirchia?» le chiesi sistemandomi i capelli.
«Da quando il tuo test di gravidanza è positivo.» mi rispose.
«Dai, Caitlin, non sei divertente.» esclamai guardandola.
«Non sto scherzando. Guarda.» ribatté porgendomi lo stick.
Rimasi lì impalata a fissarlo per non so quanto. C’erano due lineette blu. Due significava incinta, giusto? C’era scritto così nella confezione, no? Ma come potevano essere due linee? Ero andata a letto con un uomo una volta e poi con nessun altro. L’avevo fatto per divertimento, non per altro. Era impossibile che dopo una sola notte di sesso io fossi rimasta incinta, dai, era uno scherzo. Quante possibilità c’erano? Una su tre milioni?
«Ehi, stai bene?» mi chiese Caitlin dopo un po’.
«Sarà sicuramente un falso positivo, non sono incinta.» 
«Felicity, quando un test è positivo difficilmente sbaglia…»
«No, Cait, non sono incinta, non lo sono!» sbraitai gettando il test nel cestino del bagno.
«Guardami.» mi bloccò «Andrà tutto bene. Ci sono io, ci sono Sara e Laurel, accanto a te, okay?»
«In che casino mi sono cacciata?» domandai più a me stessa che alla mia amica.
«Sono cose che capitano a tante persone, non buttarti giù, un bambino è pur sempre una bella cosa.»
«E adesso che cavolo dovrei fare? Me lo dici?»
«Dillo al padre. Parti da lì. Credo sia la cosa più ovvia da fare, Felicity.»
«Hai presente chi è Oliver Queen?» chiesi retorica.
«Sì, certo. Ma è pur sempre il padre di tuo figlio.» rispose. E aveva ragione.
Oliver Queen era il padre del bambino.












Angolo autrice
Sì, avevo detto che avrei pubblicato solo dopo aver concluso l'altra, maaa... Siccome devo ancora impostare gli ultimi capitoli dell'altra e non ho molte idee, ho deciso di lasciarvi il secondo capitolo di questa visto che lo avevo pronto da un po'.
Essenzialmente qui scopriamo come Felicity si rende conto di essere incinta. Chiaramente è sconvolta e non ci crede, ma il test non mente. L'unica cosa che può fare ora come ora è contattare il diretto interessato, ovvero Oliver.
Come regirà il futuro paparino? Le crederà? Si prenderà le proprie responsabilità o lascerà che sia Fel da sola a occuparsi della gravidanza? :)

Piccolo spoiler: non sarà tutto rose e fiori per i nostri protagonisti, vi avverto ahah xD

Lasciatemi una recensione se vi va, il prologo è piaciuto a quanto ho visto quindi spero continuiate a seguirmi.

A presto!
Anna

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Capitolo 3
*** Seven weeks pregnant ***


3. Seven weeks pregnant





Felicity
Ero incinta. Aspettavo un bambino. Tra circa otto mesi sarebbe arrivato ed io non avevo la più pallida idea di come comportarmi. L’avevo scoperto per scherzo una settimana fa, credevo che Caitlin mi stesse prendendo in giro, invece aveva ragione. Quel maledetto test era positivo. Come potevo essere tanto sfigata da fare sesso una volta con un uomo e rimanere incinta? Come se non bastasse non riuscivo più a bere il caffè, solo il pensiero mi nauseava all’inverosimile. Poi c’erano le voglie strane che iniziavano a comparire, l’altra sera nell’insalata ci avevo messo persino la panna. Era una brodaglia assurda, eppure l’avevo trovata squisita. L’unica nota positiva era che per adesso non avevo le classiche nausee da gravidanza, sì, ogni tanto certi odori mi facevano rivoltare lo stomaco, ma nulla di così tragico.
Oggi avrei dovuto confessare la cosa al diretto interessato, ovvero Oliver Queen. Mi preparavo mentalmente da una settimana, avevo chiesto mille volte i pareri delle mie amiche, ma sostanzialmente non c’era molto da pianificare. Insomma, dovevo solo andare lì e… Dirglielo. Sapevo già che mi avrebbe presa per pazza, che non mi avrebbe creduto, però doveva sapere, era la cosa più giusta da fare. Sarei poi partita da lì, dalla sua reazione, per decidere sul da farsi. Probabilmente mi avrebbe detto di arrangiarmi, da quel poco che potevo vedere dai social non era un tipo affidabile, né uno che si prendeva le sue responsabilità.
Mi ero cacciata in un bel guaio, stavolta potevo realmente dire di essere nella merda fino al collo. Mi sentivo male solo al pensiero di confessare tutto a mia madre, dopo i sacrifici che aveva fatto per farmi studiare e ottenere di più dalla vita, io la ringraziavo così. Certo, avere un bambino a venticinque anni non era una tragedia, ma per una come me, che non ci pensava minimamente, lo era eccome.
«Felicity! Vuoi aprire questa dannata porta!» sentii urlare.
«Arrivo, arrivo!» gridai a mia volta infilandomi un paio di shorts.
«Eri caduta dentro al water?» mi chiese Sara piazzandosi sul mio divano.
«Mi stavo vestendo, scusate!» le risposi sbuffando.
«Non badare a lei, è solo infastidita perché il suo spasimante non l’ha richiamata.» mi disse Laurel, ricevendo in risposta un’occhiataccia da parte di Sara «Tu, piuttosto, come stai?»
«Sto… Bene. Non so esattamente come dovrei sentirmi, se devo essere sincera.»
«Fisicamente ti vedo bene, mentalmente come ti senti?» intervenne Caitlin.
«Agitata, incazzata, nevosa, vorrei spaccare qualcosa in questo momento.» risposi.
«Direi che è tutto nella norma.» aggiunse Sara.
«Non posso credere che tra un’ora dovrò dire al figlio dell’amministratore delegato della più grande azienda della città che aspetto suo figlio.» affermai con sarcasmo.
«Qualunque cosa accada, sai che noi ci siamo per te.» disse Laurel.
«Sì, sì, lo so. È solo che avevo altri programmi per la mia vita.» replicai.
«Beh… Non sei obbligata a tenerlo.» aggiunse Sara alzando le spalle.
«Lo so, Sara. Ma non me la sento di fare qualcosa di così drastico senza prima informare anche Oliver.»
«Credo tu abbia solo bisogno di tempo per accettarlo, Fel.» affermò Caitlin. Solo sentir parlare di aborto le faceva drizzare i peli, lei era totalmente contraria e questa cosa un po’ mi metteva in soggezione.
«Mi odieresti se lo facessi, Cait?» le chiesi a bruciapelo.
«Fare che cosa?» esclamò.
«Abortire.» risposi secca.
«Io sono contraria, non lo nego, ma la scelta è tua e tu sei mia amica, quindi non potrei mai odiarti.» mi sorrise.
«Quanto siete carine.» ci prese in giro Sara.
«Sta’ zitta!» la minacciai io lanciandole uno dei cuscini del divano.
«Ehi! Smettila!» si lamentò la mia amica.
«Non vorrei interrompere il visto divertimento… Ma come hai contattato Oliver?» mi chiese Laurel.
«Ehm…Su Facebook.» risposi io vergognandomi leggermente.
«Sei seria?» mi domandò Caitlin ridacchiando.
«Dai, finitela di prendermi in giro! Mica gli ho chiesto il numero di cellulare quella sera! Non pensavo minimamente di rivederlo…»
«Beh, ovvio che non glielo hai chiesto, eravate impegnati a far altro…» aggiunse Sara con uno sguardo malizioso.
«Come se tu non avessi mai scopato con un uomo per poi andartene la mattina dopo.» constatai.
«Almeno io non mi sono fatta mettere incinta.» replicò senza pensare «Scusa, Fel… Non volevo.» si scusò poi.
«È stato uno stupido sbaglio, nemmeno io volevo farmi mettere incinta.» precisai acida.
Infondo un po’ Sara aveva ragione, ero stata abbastanza idiota a non interessarmi per delle precauzioni. Avevo venticinque anni, certe cose avrei dovuto saperle giustamente. Però ormai era andata così, il bambino c’era e non ci si poteva fare niente.

Oliver
Non era da me incontrare di nuovo una ragazza con cui ero stato, di solito ci andavo a letto e la mattina dopo non le rivedevo più. Non sapevo esattamente cosa mi avesse spinto ad accettare l’invito di Felicity di vederci e bere un caffè. Forse era per il fatto che quella notte passata insieme era stata assolutamente fantastica… La ragazza ci sapeva fare, eccome. Dovevo ammettere che in quella serata mi ero divertito parecchio, e non parlo solo del sesso, ma di tutto il contorno. Lei sapeva tenermi testa e la cosa mi allettava moltissimo, me la faceva piacere ancora di più. Non che mi importasse averci una relazione, non era cosa per me, però tutto sommato ero contento mi avesse contattato. Magari da questo incontro sarebbe potuta nascere una bella amicizia con benefici.
Mi vestii sportivo, una polo blu scuro, un paio di jeans chiari, un paio di scarpe Adidas e i miei fidati Ray-Ban. Non avevo detto a nessuno dove andavo, solo a Tommy che ovviamente doveva sapere ogni cosa o non era felice. Tra l’altro, la scommessa del mese scorso l’avevo vinta io e lui aveva dovuto presentarsi ad ogni incontro del consiglio al Merlyn Global. Mi aveva odiato parecchio, ma non si era tirato indietro. Gli mandai un messaggio veloce prima di accendere il motore della mia fidata Jaguar e partire verso il centro di San Diego.
Dovevo incontrare Felicity in uno dei bar in centro, avevo scelto uno dei più conosciuti apposta per facilitare ad entrambi l’incontro. Dopo aver parcheggiato, entrai nel piccolo locale e mi sedetti in uno dei tavolini con i divanetti in attesa della ragazza. La vidi arrivare dieci minuti dopo, indossava un abito chiaro color verde mela e un paio di sandali bianchi, portava i capelli raccolti in una coda alta e gli occhiali da vista. Non sapevo portasse gli occhiali, quella sera probabilmente aveva addosso le lenti.
«Ciao!» le dissi salutandola.
«Ciao! Scusa il ritardo, ero imbottigliata nel traffico.» replicò sedendosi.
«Non fa niente, tranquilla.» affermai sorridendole «Allora, come stai?»
La vidi abbassare lo sguardo e trattenere il fiato, che avessi detto qualcosa di male? 
«Tutto bene, grazie. Tu, invece?» esclamò.
«Non c’è male.» risposi «Quindi… Se posso chiedere… Come mai volevi vedermi?»
«Vorrei parlarti di… Una cosa.» mi disse con tono nervoso.
«C’è qualcosa che non va?» le domandai io curioso.
«No… Beh, sì… Cioè… È complicato.» balbettò torturandosi le mani.
«Okay, ora sono davvero confuso…» affermai aggrottando le sopracciglia.
«Oliver… È che… Sì, insomma, è successa una cosa e non so esattamente come dirtelo.» continuò.
«Capisco… Ma qualsiasi cosa sia puoi dirmela.» esclamai provando a metterla a suo agio. Davvero non riscrivo a capire che cosa stesse succedendo.
«Sono incinta.» dichiarò.
Io rimasi lì imbambolato a fissarla per non so quanto tempo. Perché mi stava dicendo una cosa del genere? Era incinta, okay… Ma io che centravo? Continuavo a guardarla senza dire niente, anche se probabilmente lei si aspettava che parlassi e dicessi qualcosa. Dovevo chiederle come stava per educazione? Dovevo offrirle una cena?
«E perché lo stai dicendo a me?» le chiesi infine.
«Oliver, non scherzare, ti prego.» mi rispose lei. Io non ci stavo capendo più nulla, in realtà.
«Davvero, non ti capisco.» commentai.
«Lo sto dicendo a te perché sei tu il padre, idiota!» sbraitò, senza urlare troppo.
Cosa diavolo stava dicendo? Era forse impazzita? Io il padre del suo bambino? E da quando? Non credevo fosse il tipo di persona da inventarsi una cosa del genere per i soldi… Cioè, per cos’altro poteva essere se non per quello?
«Ascolta, Felicity, se hai bisogno di un aiuto economico bastava chiederlo, non serviva che t’inventassi una cosa simile.» esclamai tranquillo.
«Mi prendi in giro? Credi che mi stia inventando tutto per avere dei soldi da te? Sei fuori di testa? Non te lo avrei mai detto se non fosse la chiara e sincera verità.»
«E perché mai credi che sia io il padre?» le domandai.
«Perché sei l’unico uomo con cui io abbia scopato nell’ultimo mese e mezzo!» disse con uno sguardo furioso.
Non potevo credere alle mie orecchie, non poteva essere seria! Ditemi che non l’avevo messa incinta per davvero o mi sarei sparato un colpo. Io con un figlio? A soli venticinque anni? No, no, no e ancora no. Mai e poi mai avrei accettato una cosa del genere! Non sapevo neppure se volevo dei figli in futuro, figuriamoci adesso. Mi spaventava il fatto che Felicity sembrava fin troppo sincera, o era una maestra nel mentire o stava dicendo la verità sul serio. Maledetta quella volta che non mi ero portato dietro un preservativo, cazzo!
«Devo… Devo andare, scusa.» esclamai. 
Non la guardai neanche mentre uscivo, semplicemente perché così avrebbe capito che io una responsabilità del genere non me la sarei mai presa.














Angolo autrice
Ciao carissimi, sono di nuovo qui :) voi come state? Avete ripreso scuola?
Eccoci qui con il capitolo il cui la nostra Felicity sgancia la bomba atomica a Oliver xD come potete vedere nemmeno Fel è convintissima di tenere il bimbo, e ne parla con le sue tre migliori amiche, però riceve comunque pareri contrastanti e non sa che fare.
Oliver invece era ignaro di tutto e non crede neanche alla confessione di Felicity all'inizio, anche se lei è decisamente sincera. Però come tanti di voi immaginavano, Oliver se la da a gambe, letteralmente, lasciando Fel lì da sola.
Che cambi idea prima o poi sul bambino? O farà finta di niente? Come la prenderà Felicity? 

Grazie mille per le bellissime parole che mi avete lasciato allo scorso capitolo! :D ditemi che ne pensate anche di questo e... Come finirà la questione?

Un abbraccio,
Anna


 

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Capitolo 4
*** Seven weeks pregnant (2) ***


4. Seven weeks pregnant (2)





Oliver
Faticavo a credere a ciò che quella ragazza mi aveva rivelato solo tre giorni fa. Che ne sarebbe stato della mia vita? Della mia reputazione? Non potevo seriamente aver messo incinta Felicity. Non potevo e basta! Nonostante tutto, però, le credevo. Non sapevo perché, e anche se volevo negarlo, credevo davvero che stesse dicendo la verità. Fosse stata qualche altra donna mi sarei messo a ridere visto che una ragazza anni fa aveva finto di aspettare un figlio da me, ma l’avevo smascherata subito. Stavolta, invece, era completamente diverso. Ci avevo pensato per tre giorni, non avevo nemmeno dormito, ed ero certo che non avessimo usato precauzioni, quindi se non altro la sua storia era plausibile. Quella notte non mi era neanche venuto in mente di chiederle se prendeva la pillola, insomma, praticamente tutte la prendevano al giorno d’oggi, no? Ora riflettendoci su, avrei dovuto chiederglielo.
Chiaramente non l’avevo detto a nessuno, era una cosa troppo grossa per rischiare che venisse fuori. Forse avrei potuto dirlo a Tommy, ma ancora non me la sentivo ad esser sincero. Avevo bisogno di un buon consiglio, di sostegno morale, e in questa particolare situazione, il mio migliore amico non poteva fare nulla di tutto ciò.
Erano le undici del mattino, io me ne stavo tranquillamente nel letto a rimuginare, non avevo nemmeno la forza di scendere e fare colazione. L’unica nota positiva stava nel fatto che i miei genitori erano già fuori a lavorare, e quindi non li avrei incrociati. Se mi avessero guardato negli occhi avrebbero capito all’istante che qualcosa mi tormentava, soprattutto mia madre. Era raro, infatti, che riuscissi a mentirle, non so come, ma lei mi smascherava sempre.
«Oliver? Ollie? Ehi, ci sei?» sentii urlare mia sorella «Non sei nudo vero? Posso entrare?»
«No che non sono nudo, Thea!» le urlai di rimando sbuffando.
«Non credi sia ora di alzarsi dal letto?» borbottò lanciandosi sul materasso.
«Non credi sia ora di rompere meno le scatole?» ribattei forse con un po’ troppa cattiveria.
«Ti sei svegliato dal lato sbagliato del letto?» mi chiese acida.
«Scusami.» risposi con un mezzo sorriso «È solo una brutta giornata.»
«Cosa c’è che non va? Una ragazza ti ha rifiutato?» mi prese in giro.
«No, magari fosse solo quello.» dissi sovra pensiero, ma a Thea non sfuggì il tono preoccupato con cui le risposi.
«Dai, raccontami.» affermò mettendosi a gambe incrociate sul letto.
«Non posso, Thea. Davvero, non questa volta.» replicai.
«Ollie, a me puoi dire tutto, sai che non sono una che fa la spia.»
E adesso che dovevo fare? Confessarle ogni cosa? Sapevo di potermi fidare di lei, non avrebbe mai spifferato niente a nessuno, però il solo ammettere che questa cosa era reale mi spaventava a morte. Un bambino cambia tutto, ma veramente tutto. Ed io non ero pronto a prendermi la responsabilità di crescere un altro essere umano.
«Allora? Avanti, qualsiasi cosa tu abbia combinato sicuramente si può risolvere.» aggiunse mia sorella.
«Ho messo incinta una ragazza.» sputai tutto d’un fiato. E, da un lato, mi sentivo molto meglio ad averlo confessato a qualcuno.
«Scusa cosa?!» gridò incredula con la mascella che per poco non toccava terra «Dimmi che non sei così cretino da non aver usato precauzioni!»
«Ti prego non infierire.» la ammonii.
«Oliver! Cristo santo! Un minimo di cervello pensavo lo avessi.» continuò sempre con la voce alta.
«Non te l’ho detto perché mi urlassi contro come farebbe la mamma.» sbuffai.
«Sei almeno sicuro che non sia una bugia? Sei certo sia tuo?» mi chiese a raffica.
«Non sono sicuro al cento per cento, ma quando me lo ha detto ho capito che era seria.»
«Io non so che cosa dire… Ne hai discusso con questa ragazza?»
«No, sono scappato… Letteralmente.» esclamai abbassando lo sguardo.
«Credo dovresti contattarla e chiederle cosa vuole fare. C’è pur sempre la vita di un bambino in ballo.»
«Thea, io non sono pronto per una cosa del genere.»
«E pensi che lei lo sia? Si è ritrovata con in grembo il bambino di uno sconosciuto! Pensa se succedesse a me, che cosa faresti tu se il padre del bambino scappasse lasciandomi sola?» mi domandò.
«Beh, lo prenderei a calci finché non si prende le proprie responsabilità nei tuoi confronti e in quelli di suo figlio…»
«Ecco, appunto. Non dico che tu debba per forza stare insieme a questa persona, ma quello è tuo figlio… Non puoi abbandonarlo così.»
«È comunque un gran casino, Thea.» sospirai.
«Direi di sì. Però sappi che io sono qua se hai bisogno di un consiglio.» mi sorrise.
«Grazie.» le dissi abbracciandola.
Infondo aveva ragione, non potevo lavarmi le mani in quel modo. Sì, non ero pronto, non ero nemmeno sicuro di volerlo un bambino, ma era giusto che mi confrontassi con Felicity sul da farsi.

Felicity
Ero contenta di essere partita. Allontanarmi per un po’ da casa mia mi stava facendo molto bene. Ero incinta di circa sette settimane e mezza, ma ciò non mi vietava di andare a divertirmi con le mie amiche, in più Caitlin mi aveva dato l’ok quindi ne avevo approfittato. Il centro benessere dove stavamo era splendido, non appena avevo varcato la soglia mi ero subito sentita più leggera e più spensierata. C’erano un sacco di piccole cose interessanti e benefiche in questo posto e quasi mi ero dimenticata di aspettare un figlio da Oliver Queen. Sì, appunto, quasi. Era la notte il mio problema, tendevo a rimanere sveglia ore ed ore a pensare e questo non mi faceva bene, lo sentivo io stessa. Avevo riflettuto per un paio di giorni se tenerlo o meno, ma alla fine non avevo avuto neanche il coraggio di leggere qualcosa sulle procedure abortive o sulle adozioni. Forse non ero pronta ad avere un figlio, ma non volevo né abortire né darlo a qualche estraneo. Una piccola parte di me lo sentiva già come un vero e proprio bimbo anche se tecnicamente era grande quanto un fagiolo. Non m’importava di Oliver, né delle sue decisioni, se voleva scappare era libero di farlo, io di certo non l’avrei fermato. Ovviamente mi dispiaceva mettere al mondo un figlio che probabilmente non avrebbe mai conosciuto il padre, ma ce la saremmo cavata in qualche modo. Avevo le mie migliori amiche accanto e mia madre. Quest’ultima ancora non sapeva niente, però ero sicura che mi avrebbe appoggiata in qualunque mia decisione.
Oggi più che una giornata rilassante avevamo organizzato una piccola escursione lungo la costa di San Diego, idea di Sara naturalmente che era la più sportiva delle quattro. Tra me e Caitlin non sapevamo chi fosse la più pigra, eravamo più da libri, film e ciambelle. Laurel e Sara invece andavano in palestra, correvano, talvolta andavano persino in piscina. Nonostante ciò andavamo perfettamente d’accordo, avevamo trovato una sorta di equilibrio tra noi. Io non ero molto felice di camminare con uno zainetto in spalla, e volevo usare la scusa di essere quella incinta, ma con loro non funzionava.
«Ehi Fel, ci sei?» mi urlò Sara in lontananza.
«Sì, arrivo.» le gridai anch’io, alzando gli occhi al cielo.
Eravamo arrivate fino al famoso faro che caratterizzava questa spiaggia, era imponente e bellissimo, l’unica rottura era stata camminare mezz’ora fino a qui. Non che fosse una strada lunga, ma faceva piuttosto caldo.
«Saliamo di sopra?» propose Laurel «Tranquille, c’è l’ascensore.» aggiunse guardando me e Cait.
«Dai, andiamo.» sbuffò Caitlin trascinandomi dentro l’abitacolo.
La vista era spettacolare da quassù, si vedevano chiaramente le onde infrangersi sugli scogli, e le persone erano come dei puntini su uno sfondo giallino. Una leggera brezza mi mandava i capelli in mezzo agli occhi ed io ero come incantata. Troppa bellezza, o forse solamente troppe cose per la testa.
«Oliver ha chiamato?» mi domandò dolcemente Caitlin.
«No, e non credo lo farà.» risposi fissando l’oceano.
«Mi dispiace.» disse sospirando.
«È un coglione, e uno stronzo.» si intromise Sara con la sua solita grazia da camionista.
«Non so neanche perché per un attimo ho sperato che, almeno, mi chiedesse cosa volessi fare col bambino.» affermai.
«Gli uomini fanno casini e poi scappano.» constatò Laurel.
«Sì, ma poteva almeno chiederle se aveva bisogno di qualcosa.» intervenne Cait.
«Figurati, tanto passerebbe comunque Felicity dalla parte del torto, come la ragazza che si è fatta mettere incinta da un miliardario solo per fare soldi facili.» le disse Sara.
«Guardate che vi sento.» esclamai giusto per ricordar loro che fossi lì.
«Vorrei prenderlo a calci.» continuò.
«Sara, lascia perdere. Io ho fatto la mia parte, gli ho detto la verità, ora sta a lui decidere se gli importa o no.» affermai alzando le spalle.
«In ogni caso noi siamo qui per te.» disse Laurel.
«Per adesso è tutto ciò di cui ho bisogno.» risposi.
Ritornammo indietro giusto per pranzo, stavo morendo di fame, ma prima volevo farmi una doccia rinfrescante, ne avevo troppo bisogno. Quando uscii notai che tutte e tre erano già scese ed io approfittai per controllare il cellulare. Avevo promesso di lasciarlo spento per almeno due giorni, ma non avevo resistito nemmeno due ore. C’era una mail da parte del mio ufficio, un messaggio e una chiamata da mia madre e un messaggio di Oliver. Sì, era proprio lui. Il numero non era tra i miei contatti, ma era firmato da parte sua. Lo lessi attentamente e quasi non credevo ai miei occhi… Voleva vedermi e scusarsi di persona. Avrei dovuto credergli? Che avesse deciso di prendersi le sue responsabilità in questi quattro giorni? Lasciai il telefono sul comodino, non avevo voglia di rispondergli adesso, anche perché non sapevo come comportarmi. Dovevo assolutamente parlarne con Sara, Laurel e Caitlin. Però, tutto sommato mi aveva fatto piacere ricevere un suo messaggio, non ci speravo davvero più.











Angolo autrice
Rieccomi. Come state? Come sempre io sono incasinata con gli esami, quindi il tempo che ho è veramente stra poco.
Sono passati pochi giorni dalla confessione di Fel ed Oliver è nel panico. Ovviamente non sa cosa fare, non è pronto per un figlio. Nonostante tutto ne parla con Thea, sperando di trovare conforto, ma lei lo sprona a parlare con Felicity e a starle vicino in qualche modo. Per fortuna che c'è la piccola Queen ;)
Nel frattempo Fel, Laurel, Cait e Sara sono andate in vacanza. Oliver non l'ha ancora richiamata e le sue amiche gliene dicono di tutti i colori xD maaa... Magia! Verso fine giornata arriva un messaggio inatteso proprio da parte di Oliver. Che si sia dato una svegliata? Vorrà aiutare Felicity con la gravidanza? :)

Mini spoiler, dal prossimo inizieranno i guai per i nostri protagonisti. Ma non dico altro xD

Spero che la storia vi piaccia e se potete lasciatemi un parere :) li leggo sempre tutti!

Un bacio,
Anna

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Capitolo 5
*** Nine weeks pregnant ***


5. Nine weeks pregnant





Felicity
Le mie ferie erano appena terminate e sentivo già lo stress del lavoro crescere in me. In ufficio nessuno sapeva che aspettavo un figlio, tantomeno il mio capo. Ero stata assunta da poco e non volevo che pensasse male di me visto che questo bambino certamente non era in programma. Probabilmente avrei dovuto fregarmene dei commenti o dei futuri pettegolezzi, però non ero il genere di persona che riusciva a lasciar correre, non del tutto almeno.
Oltretutto non avevo richiamato Oliver. Cosa stupida forse, ma non avevo avuto il coraggio. Non negavo mi avesse fatto sorridere ricevere un suo messaggio di scuse, però non ero pronta a rimanerci male come la prima volta. Era letteralmente scappato due settimane fa e nonostante non ci conoscessimo nemmeno mi aveva ferita il suo comportamento. Sicuramente non eravamo le prime persone a trovarci in questa situazione, ed io speravo nel suo sostegno, almeno una minima parte. Avevamo sbagliato entrambi quella notte, avremmo dovuto pensarci due volte prima di darci dentro senza un preservativo, eppure io mi ero presa le mie responsabilità, e volevo lo facesse pure lui.
Mi tirai su dal letto a fatica, alzarsi oramai era diventata una specie di tortura cinese. Non soffrivo di nausee, ma in compenso ero perennemente stanca. Caitlin mi aveva prescritto qualche vitamina, però ad esser sincera facevano ben poco. Guardandomi allo specchio presi quasi paura, avevo delle occhiaie orrende! Non appena avrei varcato la soglia dell’ufficio avrebbero tutti capito che c’era qualcosa di strano. Forse era meglio confessare tutto al mio capo, fuori il dente fuori il dolore, come si suol dire.
Entrai nel suo ufficio con le mani che mi tremavano, tentai più volte di fermare il tremore, ma furono tutti tentativi vani. Il signor Green era un uomo di poche parole, non si perdeva mai in chiacchiere e non avevo idea di come avrebbe preso la mia confessione.
«Signorina Smoak, può dirmi perché voleva parlarmi con tanta urgenza?» mi chiese sfogliando dei fascicoli.
«Sì, ecco, io…» dissi prendendo un grande respiro «Ho scoperto di essere incinta…»
Lui alzò gli occhi verso di me e si tolse gli occhiali da lettura «Scusi, come ha detto?»
«Aspetto un bambino.» ripetei abbassando lo sguardo.
«Non credevo avesse programmato una gravidanza in così breve tempo dall’assunzione. I termini del contratto parlavano chiaramente a quanto ricordo: niente permessi straordinari per il primo anno di lavoro.» ribatté freddo.
«Sì, me lo ricordo. Non è stata una cosa… Programmata.» balbettai.
«Ed io dovrei crederle? Di certo non le concederò il permesso di maternità così che lei possa intascare più di un anno di stipendio senza effettivamente lavorare.»
«No, non voglio nessun permesso, continuerò a lavorare comunque.» affermai in mia difesa.
«Sì, certo come no. Ho un figlio anche io e so come funziona una gravidanza, tra visite, prelievi, ecografie e sbalzi d’umore. Mi dispiace ma non posso permettere questo nella mia azienda, non da una ragazza assunta da tre mesi.» dichiarò.
«Capisco cosa vuole dire ed ha pienamente ragione, ma ho bisogno di questo lavoro.» esclamai quasi disperata. Sapevo bene dove voleva arrivare.
«Non ho niente contro di lei, signorina Smoak, ma deve capire come funzionano le cose qui, ed il contratto stipulato parla chiaro.» continuò lui.
«Mi sta chiedendo di andarmene, quindi?» domandai sapendo già la risposta.
«Sì, è così. Mi dispiace.» sospirò «Le farò avere lo stipendio dell’intero mese di agosto, nonostante manchino più di venti giorni alla fine, più di così non posso venirle incontro.»
«Va bene.» dissi solamente.
Uscii dall’ufficio del signor Green piangendo, tutti si voltarono a guardarmi, ma io non li badai e me ne andai via. Non bastava che fossi incinta di uno sconosciuto, ora mi avevano pure licenziato. Meraviglioso! La mia vita stava andando di male in peggio e questi stupidi ormoni mi facevano piangere continuamente. Tornai a casa e mi gettai sotto la doccia, aprii l’acqua lasciandola praticamente gelata e non so per quanto ci rimasi sotto esattamente. Continuavo a piangere e a prendermela con il tubetto dello shampoo, di questo passo avrei spaccato la portiera della doccia. Volevo mandare a quel paese il mondo intero, ero veramente arrabbiata e frustrata e non sapevo cosa fare. Mi trascinai fuori dal box doccia e mi infilai l’accappatoio, non mi preoccupai neanche di vestirmi e mi lanciai sul divano con il cellulare in mano. Avrei potuto chiamare Laurel e spiegarle la situazione, lei era pur sempre un avvocato, ma non avrebbe potuto risolvere nulla alla fine, il contratto parlava chiaramente purtroppo. E sinceramente non mi andava di dirlo alle mie amiche, non ora.
Avrei potuto richiamare Oliver invece, visto che non avevo mai risposto al suo messaggio e sperare di ricevere una buona notizia almeno da lui. Forse era stupido pensare che sarebbe stato disposto ad ascoltarmi, ma sentivo di aver bisogno di una persona esterna. Tanto peggio di così non poteva andare la mia giornata, no?

Oliver
Avevo perso le speranze di ricevere una risposta da parte di Felicity, probabilmente l’avevo fatta talmente arrabbiare che non voleva nemmeno rispondere al messaggio. E tutto sommato aveva ragione, mi ero comportato da coglione quel giorno. Non che fossi pronto per crescere un bambino, però volevo almeno aiutarla e saperne di più. Oltretutto l’avevo confessato solamente a Thea e a Tommy, i miei genitori non avevano idea di cosa stesse succedendo. Il mio migliore amico aveva quasi dato di matto, era forse più sconvolto di me e ovviamente mi aveva dato dell’idiota. Infondo lui era come me, quindi non mi avrebbe certamente detto di prendermi le mie responsabilità nei confronti del bambino. Io sinceramente ancora non sapevo come comportarmi, un figlio avrebbe cambiato ogni cosa ed io semplicemente non volevo crescere.
Da un po’ andavo a correre tutte le mattine, mi aiutava a schiarirmi le idee, mettevo la musica ad alto volume e percorrevo le strade intorno a casa mia. Di solito non controllavo il cellulare, soprattutto perché il più delle volte erano messaggi scemi da parte di Tommy. Però mentre correvo tranquillamente questa mattina, il mio cellulare suonò in modo diverso e capii subito che non era il mio amico. Mi fermai vicino al giardino di casa e aprii l’sms. Era Felicity. Dopo quasi due settimane aveva deciso di rispondermi e ne ero felice.
“Ciao, Oliver. Ci ho messo un po’ a risponderti perché sinceramente non credo ancora alle tue parole. Non sono convinta che tu voglia davvero aiutarmi, ma voglio comunque darti un’occasione. Se vuoi puoi trovarmi al 645 di Logan Street, appartamento numero 3.”
“Sarò lì in venti minuti.” le risposi velocemente.
Feci una corsa fino al mio bagno personale e mi lavai velocemente, in qualche strano modo sentivo di non volerla deludere ancora, non se lo meritava infondo. Mi infilai una polo grigia e un paio di jeans corti e andai di sotto, in garage, a prendere l’auto. Nonostante avessi a disposizione una gran varietà di veicoli, non ci pensai due volte a prendere la Jaguar che Felicity stessa aveva guidato in precedenza. Con il navigatore trovai immediatamente il quartiere di Felicity, parcheggiai e mi recai al primo piano in cerca del suo appartamento. Il portiere di sotto mi squadrò, ma mi lasciò comunque passare senza esitazioni. Ero nervoso, dovevo ammetterlo. Suonai il campanello e poco dopo sentii dei passi dall’altro lato della porta. Lei aveva un’aria sconvolta, triste, aveva i capelli bagnati (probabilmente dopo una doccia) ed indossava dei pantaloncini di tuta con una canotta rosa.
«Vieni, entra.» si sforzò di sorridere.
«Come… Come stai?» balbettai non sapendo che dire.
«Di merda. Rende l’idea?» disse, quasi sarcastica.
«È per via del bambino?» le chiesi sedendomi accanto a lei sul divano.
«No, con il bambino va tutto bene. Mi hanno solo licenziato.» rispose senza guardarmi.
«Perché sei incinta? Non possono farlo! Ne so poco di queste cose, ma so che i miei genitori hanno moltissime dipendenti incinte, e lavorano tranquillamente.»
«Già, il più delle volte è così, ma il contratto di lavoro che ho… Avevo… Non prevedeva nessun tipo di permesso per almeno un anno.» mi spiegò.
«Non so che cosa dire… Mi sento in colpa.» confessai.
«Non è colpa di nessuno, Oliver. Sapevo a cosa potevo andare incontro scegliendo di tenere il bambino e non mi pento di averlo messo al primo posto. Sono solo incazzata.»
«Posso aiutarti in qualche modo?» le domandai.
«Non voglio la tua elemosina.» esclamò scuotendo la testa.
«Io ti credo Felicity, credo davvero che quello sia mio figlio, e non chiederò un test di paternità. Non dico di essere pronto per crescere un bambino, ma non voglio fregarmene come sono solito fare quando la situazione si complica. Sì, sono scappato due settimane fa, e credimi, mi sono sentito un cretino. Voglio davvero essere utile in qualche modo, sta a te dirmi quello di cui hai bisogno.»
«Non mi immaginavo un discorso del genere da parte tua.» affermò sorridendo lievemente «Ma ti ringrazio. Mi fa piacere che in qualche modo tu voglia aiutare.»
«Potremmo essere amici, sarebbe più semplice, non trovi?» proposi.
«Sì, sicuramente. Ma voglio chiarire una cosa da subito: non voglio dare il bambino in adozione. Non so se tu ci abbia mai pensato, io però ci ho riflettuto e mio figlio resterà con me, a qualunque costo.»
«No, non avevo mai pensato all’adozione, né all’aborto. Credo di aver sempre saputo, da quando me lo hai confessato, che l’avresti tenuto.» esclamai.
«Non ti sto costringendo a fare il padre quando nascerà, sappi solo che lui, o lei, rimarrà qui con me.»
«Io… Io credo di volerci provare.» aggiunsi. Non so perché, le parole mi uscirono di bocca così velocemente da non rendermene nemmeno conto.
«Beh, buono a sapersi.» rispose ridacchiando.
«Non posso crederci che avremo un bambino…» dissi sovra pensiero.
«Non dirlo a me.» ribatté alzandosi «Ti va un gelato?» propose.
«Volentieri.» accettai.
«D’accordo. Mi cambio e arrivo subito.» disse scomparendo in camera sua.












Angolo autrice
Ciaaaao! Sono ritornata. Dai, non ci ho messo moltissimo ahah.
Come vi avevo annunciato ecco che cominciano i problemi per la nostra Felicity. È stata appena licenziata dal suo capo perché il suo contratto non prevedeva alcun tipo di permesso per almeno un anno. Nonostante gli sforzi di Fel, lui non ha voluto concederle altro tempo... 
Però dobbiamo anche dire che invece di chiamare le sue amiche, chi chiama Felicity? Beh, Oliver! Che sia un segno? In quel momento aveva bisogno di un "estraneo" e chi meglio del padre di suo figlio?
Oliver dal canto suo non credeva che lei l'avrebbe richiamato e invece dopo 2 settimane si fa viva e lui non esita ad andare da lei (che dolce **).
Alla fine i nostri Olicity decidono di essere almeno amici, e tutto sommato è già un passo avanti, no?

Ps: tranquilli che i problemi mica son finiti qui ahahah, nel prossimo mi odierete so già xD però non spoilero nulla.

Grazie mille per le recensioni, vi adoro. Non rispondo sempre, però le leggo e mi faccio una risata il più delle volte.
Un bacio,
Anna

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Capitolo 6
*** Eleven weeks pregnant ***


6. Eleven weeks pregnant





Felicity
Mi ero divertita con Oliver durante queste settimane, mi era stato accanto e mi aveva distratta dal licenziamento, non credevo sarebbe andata così bene tra noi. Era ancora strana come situazione, non lo negavo, però sapere che ci sarebbe stato per nostro figlio era già un gran passo in avanti. Potevo considerarlo un amico a tutti gli effetti, riuscivamo a parlare tranquillamente e anche a scherzare qualche volta. Ogni tanto era imbarazzante parlare di visite mediche, culle, vestitini, ma tutto sommato stavamo andando in una direzione sempre più positiva.
Inoltre, avevo confessato tutto a mia madre ieri sera. Lei era rimasta cinque buoni minuti senza spiaccicare parola, la sua mascella toccava quasi il pavimento, e se non fossimo state su Skype l’avrei immaginata comunque. Abitavamo lontane ormai da anni, ma non me la sentivo di dirglielo al telefono o con un messaggio, quindi una video chiamata mi era parsa l’idea più sensata. Ammetto che mia madre non ne era entusiasta, sperava che prima trovassi “il principe azzurro”, però tutto sommato non l’aveva presa malissimo. Mi aveva dato il suo sostegno e mii aveva detto che se avessi avuto bisogno di una mano lei ci sarebbe stata per me. Insomma, mi ero levata un altro peso dalla coscienza.
Oggi avrei avuto la mia seconda ecografia, giusto per controllare se procedeva tutto per il meglio. Caitlin aveva accettato di essere il mio medico, ma si era rifiutata di assistermi durante il parto con testuali parole: “Felicity, ti voglio bene, ma non mi va di guardare tuo figlio uscire dalla tua vagina.” ed alla fine avevo accettato il compromesso. Io volevo lei perché era quella che riusciva sempre a tranquillizzarmi, in qualunque momento, però capivo le sue motivazioni e non volevo rovinare la nostra amicizia. Avrei potuto chiedere ad Oliver di venire con me oggi, ma non sapevo se avrebbe accettato. La verità era che avevo ancora paura di soffrire ed essere ferita da lui. Sì certo, non stavamo insieme, però era pur sempre il ragazzo che mi aveva messa incinta e il padre del mio bambino. Forse potevo chiedere consiglio alle mie amiche e vedere che ne pensavano loro.
Digitai velocemente un messaggio nel nostro gruppo whatsapp “Credete che dovrei chiedere ad Oliver di accompagnarmi alla visita oggi pomeriggio?”
Fu Sara la prima a rispondere con un “Oh mio dio, assolutamente sì. Deve capire a cosa va incontro!”
Poi anche Laurel “Concordo. Dovresti chiamarlo.”
Qualche minuto dopo rispose anche Caitlin “Sì, fallo venire. Credo che vedere effettivamente il piccoletto nell’ecografia gli farà bene.”
A quel punto sorrisi e scrissi “Okay, lo chiamerò. E vi terrò aggiornate.”
Non sapevo esattamente come fare, nel senso, dovevo chiamarlo e dirgli direttamente se voleva venire? Magari era impegnato, magari non aveva voglia, o magari ero io a farmi troppe paranoie inutili. Andai tra i contatti e feci partire la chiamata, così, senza pensarci troppo.
«Pronto?» disse la sua voce.
«Ciao, Oliver. Mi… Mi stavo chiedendo se… Se volessi accompagnarmi a fare l’ecografia oggi pomeriggio… Non sentirti obbligato eh.» balbettai.
«Io… Mmm, sì, ci vengo. A che ora?» mi chiese tranquillo. Dio, aveva accettato praticamente subito. Che stesse davvero cercando di cambiare?
«Alle quattro.» esclamai.
«Passo a prenderti allora.»
«Ma no, non è necessario. Posso prendere un taxi.» ribattei io.
«Felicity, ho detto che passo a prenderti.» disse con un tono che non accettava un “no” come risposta.
«Okay… Grazie. Ci… Ci vediamo dopo.» aggiunsi. 
Mi sentivo davvero un’idiota a non essere in grado di sostenere decentemente una conversazione sul bambino. Sarebbe stato così per i prossimi diciotto anni? Mi sentivo già male. Però Oliver aveva accettato, e questo mi rendeva meno nervosa dopotutto. Pareva davvero che volesse impegnarsi ed era meno stressante pensare al futuro sapendo che il bambino avrebbe avuto il suo papà accanto.

Oliver
Stavo letteralmente dando di matto. Camminavo su e giù in cucina senza sosta, facendo il giro dell’isola e del tavolo. Ero nervosissimo e penso l’avessero capito pure i muri. Felicity mi aveva chiesto di andare insieme alla visita medica e sul momento ne ero stato entusiasta, ero tranquillo e rilassato, come fosse la cosa più naturale del mondo. Poi mi ero reso conto che avrei visto il bambino per davvero, avrei sentito il cuore battere ed ero impazzito. Mi spaventava a morte questa cosa perché lo rendeva reale al cento per cento. Mi sentivo vulnerabile ed esposto, e non mi era mai capitato nella vita, solitamente tendevo ad essere chiuso, facevo l’idiota così che la gente stesse lontana e mi andava benissimo, ma adesso c’era questo bambino e stava già cambiando le cose ancor prima di nascere. Avrei voluto parlarne con qualcuno che capisse, ad esempio i miei genitori, ma non avevo il coraggio di confessare, non ancora. Dovevo anche tener conto che presto si sarebbe saputo in giro e non volevo che Felicity fosse tormentata dai giornalisti per colpa mia, quindi cercavo di farlo sapere a meno gente possibile. Thea mi aveva consigliato di sputare il rospo e dirlo a mamma e papà, però io non ne avevo la forza, davvero. 
Decisi di lasciar perdere per un po’ tutti i miei pensieri e di andare il più sereno possibile a questa visita. Era una situazione già complicata di per sé, era inutile aggiungerci altri problemi. Passai sotto casa di Felicity in orario e la feci salire in macchina per poi andare alla clinica dove lavorava la sua amica.
«Come ti senti?» le domandai.
«Un po’ stanca e annoiata, ma tutto sommato non mi posso lamentare.» mi rispose lei con un sorriso «Tu invece?»
«Ammetto di essere nervoso…» esclamai guardando la strada.
«Non preoccuparti, non è nulla di che.» disse alzando le spalle «Ah, ieri sera l’ho detto a mia madre.»
«Sì? Come l’ha presa?» le chiesi. Magari ne avrei estrapolato qualche consiglio.
«Mmm, non male tutto sommato. Sperava aspettassi un pochino di più, però infondo pensavo sarebbe andata peggio.»
«Sei stata coraggiosa, io al solo pensiero di dirlo ai miei genitori mi sento male.» affermai sospirando.
«Dovresti dirglielo e basta, alla fine siamo grandi e vaccinati, non possono farci molto.» replicò Felicity.
«Credimi, mia madre darebbe di matto. L’ho detto solo a mia sorella e al mio migliore amico.»
«Tua sorella che dice?» mi chiese.
«Mi avrebbe preso a calci se ti avessi lasciata da sola. Tanto per rendere l’idea.» risposi ridacchiando.
«Già mi piace!» dichiarò lei.
Arrivammo alla clinica giusti in tempo per l’appuntamento, a me tremavano le mani e penso che anche Felicity se ne fosse accorta. Lei invece sembrava a suo agio, forse dipendeva dal fatto che la ginecologa fosse una sua amica o forse semplicemente era tranquilla di suo. L’assistente ci fece accomodare nella saletta delle visite e Felicity si sedette nel lettino in attesa della sua amica.
«Ehi, Cait.» la salutò.
«Ciao, Fel.» disse ricambiando il saluto «Piacere, Caitlin Snow.» aggiunse poi rivolgendosi a me.
«Oliver Queen.» replicai.
«Oh sì, so chi sei.» esclamò con un tono strano.
«Caitlin.» affermò Felicity lanciandole un’occhiata di disapprovazione.
«Va bene, vediamo come sta il piccoletto.» dichiarò cambiando discorso.
Spalmò sul ventre di Felicity un gel azzurrino, molto simile a quello che usava Tommy per i capelli, poi prese in mano quello che doveva essere l’ecografo e poco dopo apparve un’immagine grigiastra sullo schermo del computer. Non si capiva molto bene in realtà, io speravo di vedere chiaro e tondo il bambino, ma con i miei occhi da “non medico” non ci capivo nulla.
«È cresciuto dall’ultima volta, direi che sta benissimo. È grande circa cinque centimetri e si muove un sacco. Guardate.» ci disse voltando verso di noi lo schermo del computer.
«Io però non sento niente, è normale?» chiese Felicity con una lieve preoccupazione nella voce.
«Sì, tutto normale, è troppo piccolo per sentirlo ancora.» la rassicurò la sua amica.
«Si sa già se è un maschio o una femmina?» domandai io. Non sapevo perché l’avessi chiesto, mi era uscito dalla bocca spontaneamente.
«No, è troppo presto. Ci vorranno altre cinque o sei settimane almeno.» rispose la dottoressa Snow.
«L’importante è che sia in salute per adesso.» aggiunse Felicity.
«Certo.» ribattei io.
Lasciai che Felicity si rivestisse e nel frattempo uscii per una boccata d’aria. Non ci credevo ancora che quel pallino grande quanto una mela fosse realmente un bambino, e per di più mio. Un po’ mi ero emozionato, dovevo ammetterlo. Pensavo mi sarebbe stato tutto indifferente, Felicity, la gravidanza, il bambino… Invece m’importava, volevo essere presente in qualche modo. Forse non sarei stato un granché come papà, però dovevo almeno provarci.
«Oliver, ehi?» mi richiamò una vocina femminile.
«Ehi, sei già qui.» risposi a Felicity.
«Stai bene?» mi domandò con un sorriso divertito.
«Mh, mh.» annuii «Ti accompagno a casa.»
In macchina non dissi nulla, ero troppo immerso nei miei pensieri per parlare. Sapevo di doverlo dire ai miei genitori, dovevo iniziare a pensare ad una sistemazione per me (di certo mia madre mi avrebbe buttato fuori di casa a calci), dovevo chiedere a Felicity come ci saremmo organizzati con il bambino, e tante altre cose. Mancava ancora molto alla nascita, certo, ma non volevo ritrovarmi la settimana prima del parto con mille cose da fare.
«Preparo un po’ di the, ti va?» mi chiese.
«Sì, grazie.» risposi.
Era già la seconda volta che mi invitava a casa sua, forse voleva davvero che le cose funzionassero in qualche modo. E lo volevo anche io. Salimmo al primo piano dove si trovava il suo appartamento e notammo che davanti alla sua porta c’era un ragazzo. Felicity si bloccò nell’ultimo gradino delle scale e rimase immobile. Chi era questo tizio?
«Cooper. Che ci fai qui?» disse ad un certo punto.












Angolo autrice
Ehi, sono tornata :) e anche puntuale questa volta! 
Le cose procedono bene tra Oliver e Felicity, sono amici e si vedono abbastanza spesso. Per loro è ancora imbarazzante parlare delle questioni riguardanti il bambino, però dai ce la stanno mettendo tutta xD
Oliver partecipa alla sua prima ecografia ed è un po' destabilizzato da tutto ciò, non sa come sentirsi, ma a parte questo capisce quanto sia reale la gravidanza di Fel.
Come avrete letto la mamma di Felicity ora sa tutto, non è entusiasta però ha accettato che sua figlia è "grande e vaccinata", e ha deciso di starle accanto. I genitori di Oliver invece non sanno ancora niente di niente perché lui non ha il coraggio di confessare... Ce la farà prima o poi?
Beh, l'ultima parte non ha bisogno di spiegazioni no? lol. Chi è comparso? Niente meno che Cooper! Prevedete guai?

Grazie mille come al solito per i commenti alla storia, mi fanno veramente tanto piacere!
Ps: Sono aperte le scommesse sul sesso del piccolo Olicity!

A presto!
Anna
 

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Capitolo 7
*** Eleven weeks pregnant (2) ***


7. Eleven weeks pregnant (2)





Felicity
«Ciao, Felicity. Sono passato a trovarti.» disse Cooper rispondendo alla mia domanda.
Il mio cervello faticava a connettere in questo momento, ero impietrita sulle scale con Oliver al mio fianco che mi fissava e con Cooper di fronte a me che attendeva una qualche sorta di risposta da parte mia. Che cazzo voleva da me ancora? Se non fossi stata incinta l’avrei preso a pugni davanti a Oliver, senza curarmi delle conseguenze. Aveva il coraggio di presentarsi davanti casa mia dopo avermi tradita e scaricata mesi fa? No, no e ancora no. Lo odiavo. Giuro su dio che lo odiavo. La mia vita era già un completo disastro senza che lui ricomparisse con la sua aria da ragazzo innocente.
«Che succede?» domandò Oliver dopo qualche secondo di silenzio.
«Niente.» replicai io, lanciando un’occhiataccia a Cooper.
«Felicity, chi è questo tipo?» chiese ancora Oliver.
«Il mio ex.» risposi sincera «Vorrei parlarci da sola se per te non è un problema.» aggiunsi poi.
«Ne sei sicura?» esclamò lui con un tono stranamente protettivo nei miei confronti.
«Sì. Grazie.» annuii.
Aspettai che Oliver uscisse dal palazzo, non volevo coinvolgerlo in faccende ormai chiuse per me. Nel frattempo Cooper se ne stava tranquillo e beato davanti alla porta del mio appartamento come nulla fosse, non avevo proprio idea di cosa si aspettasse da me.
«Hai un nuovo ragazzo, eh?» dichiarò con insolenza.
«Scusa, e anche se fosse?» ribattei io acida.
«Mi hai dimenticato in fretta.» affermò con quell’aria da idiota.
«In fretta? Cooper, mi hai mollata sette mesi fa.» gli ricordai incrociando le braccia al petto.
«Ho sbagliato, e mi manchi tesoro.» esclamò avvicinandosi.
«Ah, adesso ti manco? Dopo che mi hai tradita con Julie, Teresa e… Ah sì, Liza.» dissi prendendo nuovamente le distanze da lui.
«Ho fatto un casino, lo so! Ma sono cambiato! Non tocco un goccio di alcol da due mesi e ho un bel lavoro.» rispose in sua difesa. Certo che aveva sempre la battuta pronta, questo dovevo concederglielo.
«E credi che me ne freghi qualcosa? Senti, vattene dal mio palazzo e non farti più vedere.» tagliai corto.
«E dai, Felicity. Ho detto che mi dispiace!» continuò.
«Bene, a me no! Quindi addio, Cooper.» lo liquidai scansandolo dalla mia porta.
«Feli…» cominciò a dire, ma gli chiusi la porta in faccia prima che potesse continuare ancora quella stupidissima recita.
Aveva il coraggio di presentarsi qui dopo sette fottuti mesi per chiedermi scusa? Dopo avermi tradita con tre ragazze diverse? Neanche una, tre! Poteva andare al diavolo, per me non esisteva più. L’unica cosa triste in tutto ciò era che avevo dovuto mandare via Oliver senza uno straccio di spiegazione, ma non volevo coinvolgerlo con Cooper, non ne valeva la pena. Speravo solo che avrebbe capito e che non si sarebbe arrabbiato con me per quella scenata sulle scale.
«Oh, fanculo!» esclamai esasperata. Non me ne andava mai una giusta in questo periodo.
«Felicity? Tutto bene?» mi chiese una voce familiare fuori dalla porta.
«Oliver?» dissi avvicinandomi.
Aprii la porta d’ingresso e me lo ritrovai davanti con una vaschetta di gelato tra le mani e un’aria confusa in volto. Ed io che credevo se ne fosse tornato a casa! Dopotutto non potevo negare che fosse una brava persona, era un po’ infantile e sciocco a volte, però con me si stava comportando al meglio.
«Ti ho preso il gelato. Cioccolato e menta, giusto?» mi chiese.
«Sì. Te lo sei ricordato.» risposi sorridendo.
«Ora vorrei sapere che succede però.» affermò serio.
«Vieni.» ribattei facendolo entrare «Quello era Cooper, il mio ex. Mi ha tradita e mollata, non c’è molto da raccontare.»
«E che voleva da te?» mi domandò curioso.
«Voleva scusarsi e probabilmente voleva un’altra occasione.» risposi gustandomi il gelato.
«Coraggioso.» disse Oliver.
«Può andare a farsi fottere, è solo uno stronzo manipolatore che vuole scoparsi qualsiasi anima vivente.»
Oliver rise dopo la mia affermazione «Direi che non c’è da preoccuparsi.»
«Sei per caso geloso, Queen?» domandai con una frecciatina.
«Ehi, porti in grembo mio figlio fino a prova contraria.» mi rispose lui rimanendo sul vago.
«Non centra il bambino.» lo punzecchiai.
«Potrei essere un po’ geloso dei tizi che si presentano a casa tua, sì.» ammise.
«Addirittura? Così mi sorprendi davvero!» affermai buttando il discorso sul ridere.
Scoppiammo a ridere entrambi dopo quel discorso, Oliver era riuscito a farmi tornare il buon umore in pochissimo tempo e dovevo ringraziarlo per questo. Non credevo che Cooper si sarebbe arreso, non era da lui, ma non volevo preoccupare inutilmente Oliver, sapevo badare a me stessa. La cosa certa era che mai e poi mai avrebbe ottenuto un’altra occasione da parte mia, mi ero già fatta fregare una volta e mi era bastata. Non so nemmeno come mi fossi innamorata di lui, era un bel ragazzo sicuramente, però di qualità positive ne aveva ben poche. All’inizio mi aveva fatta sentire amata e rispettata, ed io ci ero cascata come una pera, infatti dopo sì e no cinque mesi di relazione mi aveva tradita. Io avevo scoperto tutto solo dopo tre mesi dall’accaduto grazie a Sara, avevo anche provato a chiedere spiegazioni a Cooper ma lui era in giro per locali la maggior parte del tempo, tanto che due giorni dopo avermi scaricata era stato arrestato con l’accusa di “guida in stato di ebrezza”. Ero stata con un vero e proprio coglione, non c’era altro da dire.

Oliver
Erano ormai due giorni che pensavo incessantemente all’ex ragazzo di Felicity. Non mi piaceva, aveva un’aria strana, oserei dire quasi pericolosa. Lei mi aveva rassicurato dicendomi quanto fosse cretino e menefreghista, ed io le credevo, ma non fino infondo. Non ero geloso di quel tipo, solo non mi piaceva che le girasse intorno soprattutto dopo quello che aveva fatto. Certo, io non ero un santo, non lo ero mai stato, ed era proprio per non ferire nessuno che mettevo in chiaro dal primo istante che non volevo relazioni con nessuna. Non mi sarei mai permesso di frequentare qualcuna e nel frattempo andare a letto con qualcun’altra.
Ieri mi ero messo in contatto con Jesse Sawyer, il nostro investigatore privato, perché volevo che indagasse su Cooper e stamattina mi aveva inviato per email tutto quello che aveva trovato. Forse non avrei dovuto immischiarmi così tanto nelle faccende personali di Felicity, ma lei adesso era incinta di mio figlio e questo doveva pur contare qualcosa, no? Oltretutto m’importava di lei e se questo sarebbe servito a proteggerla allora ero felice di farlo a sua insaputa.
«Ehi, Ollie.» mi chiamò la vocina squillante di mia sorella.
«Ehi, Speedy.» la salutai senza distogliere lo sguardo dal computer.
«Non stai guardando un porno in salotto, vero?» mi domandò schifata.
«No.» risposi alzando gli occhi al cielo.
«Posso curiosare?» mi chiese facendomi gli occhi dolci.
«E va bene, vieni qui.» le dissi ridacchiando. Magari un consiglio da parte sua non mi avrebbe fatto male infondo.
«Che cosa sono tutti quei documenti?» esclamò capendo subito chi fosse il mittente.
«Ho chiesto a Sawyer di indagare su una persona.» affermai rimando sul vago.
«Oliver. Chi è questo tizio?» mi domandò seria.
«Okay… Beh, è l’ex di Felicity. L’altro ieri si è presentato davanti a casa sua con l’intenzioni di scusarsi dopo averla tradita e scaricata.»
«Mmm. E tu sei geloso quindi vuoi trovare qualcosa per minacciarlo, giusto?»
«Non sono geloso.» borbottai «È solo che non mi piace. È strano.»
«Farò finta di crederti.» esclamò mia sorella con un sorrisetto «Dai, fammi leggere.» continuò prendendo possesso del mio MacBook «È stato arrestato due volte. Guida in stato di ebbrezza circa sette mesi fa, si è fatto 30 giorni di carcere. Poi, violenza domestica quando aveva diciotto anni, ma gli hanno pagato la cauzione, quindi niente prigione. Nato e cresciuto nella periferia di San Diego, madre cameriera e padre ignoto. Caspita, che bel tipo.»
«Aspetta, violenza domestica? Fammi vedere.» le dissi riprendendomi il computer.
«Sì, mi pare di aver letto che fosse contro la fidanzata dell’epoca.» replicò Thea.
«Guarda c’è il rapporto della polizia… Allora… Dice che le prove per accusarlo erano concrete, ma poi la ragazza ha ritirato la denuncia e lui è uscito su cauzione il giorno dopo.»
«D’accordo, le tue sensazioni erano più che giuste. Che farai?» mi chiese.
«Non lo so. La cosa positiva è che Felicity lo odia, quindi non resterebbe mai sola con lui.» risposi pensieroso.
«Dovresti comunque fare attenzione secondo me.» mi raccomandò Thea.
«Sicuramente.» confermai.
«Quand’è che mi fai conoscere la tua ragazza, eh?» dichiarò a braccia conserte.
«Uno, non è la mia ragazza. Due, siccome non è la mia ragazza non vedo perché io debba presentartela.» affermai.
«Che stronzo.» si lamentò.
«Dai, sto scherzando Thea!» le dissi ridendo.
«Allora ammetti che è la tua ragazza?» ribatté maliziosamente.
«No, su quel punto ero serio.»
«Però vorresti che lo fosse. Su, Ollie, si vede che ti piace! Tralasciando tutta la questione del bambino, passi un sacco di tempo con lei, quando la vedi sei sempre allegro e sorridente. Nessuna ragazza ti aveva mai fatto questo effetto. E non puoi dirmi che passate così tanto tempo assieme per via del bimbo visto che non è neanche nato.»
«Sei una rompi scatole, sai?» le dissi con un sorriso.
«Una rompi scatole che ha ragione però.» constatò lei.
Probabilmente sì, aveva ragione, ma non ero pronto ad ammettere che Felicity mi piaceva sul serio. Adoravo passare il tempo con lei, e riuscivo sempre di più ad accettare che saremmo presto stati genitori, io e lei. Questa cosa era capitata, era stato uno stupido errore, però mi aveva fatto incontrare una bellissima ragazza e non intendevo solo fisicamente. Riuscivo quasi a vedere la luce alla fine del tunnel.











Angolo autrice
Ciao cari, eccomi qui :)
È comparso Cooper come avrete sicuramente letto e non è un santo. Ha tradito e mollato Felicity dopo poco tempo e adesso ricompare per "riconquistarla", ma lei fortunatamente lo odia ahah. Che Oliver sia geloso? ;)
Alla fine il nostro caro Ollie, ad insaputa di Fel, si mette a fare ricerche su Cooper e quello che scopre non è mica tanto bello... Nel frattempo, la piccola Thea ha già capito tutto riguardo suo fratello. Oliver confesserà mai a Felicity che gli piace? Staremo a vedere.
E Cooper ricomparirà? Che dite?

Ringrazio sempre chi mi segue, siete fantastici *-* fatemi sapere che ne pensate del capitolo, mi raccomando.
Volevo anche ringraziarvi perché "Can you feel the love?" è entrata tra le storie più popolari <3

Un grande abbraccio,
Anna

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Capitolo 8
*** Fifteen weeks pregnant ***


8. Fifteen weeks pregnant





Felicity
Era trascorso quasi un mese da quello stranissimo incontro con Cooper, e fortunatamente non l’avevo più rivisto. Si era limitato a mandarmi qualche messaggio via Facebook, ma nulla che non sapessi gestire. Mi ero resa conto che ad Oliver non andava per niente a genio il mio ex, e da un lato lo capivo, Cooper era un coglione, però dall’altro non riuscivo a comprendere tutto questo interesse da parte sua. Eravamo amici, tutto qua. Niente più, niente meno. Mi piaceva trascorrere del tempo insieme, man mano diventava sempre più facile parlare del futuro del bambino, ma non avevo mai pensato a qualcosa di più tra noi. Visto com’era cominciato il tutto credo fosse impossibile per me andare oltre l’amicizia. Non potevo negare che Oliver mi attraesse, o non ci sarei andata a letto quattro mesi fa, però non potevo certamente basarmi sull’attrazione. Era anche gentile e premuroso nei miei confronti, ma lo faceva principalmente per starmi vicino durante la gravidanza. Era ovvio che pensassi che sarebbe stato meglio per nostro figlio avere due genitori sposati o perlomeno fidanzati, ma anche amici non era proprio male. C’erano situazioni peggiori, ecco.
In tutto ciò, oltre alla bellissima amicizia con Oliver, avevo anche trovato un lavoretto per pagarmi qualche spesa da sola. Odiavo che Oliver mi pagasse le visite, i pannolini, i vestitini eccetera. Non era niente d’importante, però mi trovavo bene e mi sentivo a mio agio. Lavoravo in una pasticceria poco lontano da casa, avevo un contratto per quattro mesi, il che era ottimo visto che mancavano poco meno di cinque mesi al parto, e ad esser sincera mi divertivo anche a volte.
Tornai a casa soddisfatta dopo quest’ultima giornata di lavoro, finalmente era arrivato il weekend e potevo rilassarmi un po’. In più mi avevano consegnato la mia prima busta paga e avevo già in mente di fare qualche acquisto per il bambino e qualcosa per me. Non sapevamo ancora se fosse una femmina o un maschio e ci eravamo limitati a prendere cose neutre per adesso, ma la curiosità oramai aveva preso il sopravvento nel mio corpo. Ancora una o due settimane e avremmo scoperto il sesso, ed io non stavo più nella pelle.
Il suono del campanello mi risvegliò dai miei pensieri, misi il mio assegno dentro la borsa e andai ad aprire senza pensarci troppo. Ero felice. Era stata una bella giornata. Solo quando aprii la porta, però, mi resi conto che forse non si sarebbe conclusa nel migliore dei modi.
«Cooper, che vuoi?» domandai al ragazzo.
«Posso entrare?» mi chiese lui con fare sfrontato.
«No.» risposi secca. Ci mancava solamente che entrasse in casa mia.
«E dai, Felicity. Voglio solo parlare un po’.» mi pregò lui.
«Puoi parlare da qui se vuoi, altrimenti vattene.» replicai rimanendo a debita distanza.
«Per piacere, Fliss.» continuò senza ascoltare.
«Non chiamarmi così, chiaro?» esclamai. Mio dio, volevo prenderlo a pugni.
«D’accordo. La smetto se mi fai entrare.» disse.
«Va bene! Ti do cinque minuti.» accettai esasperata. Me ne sarei pentita, già lo sapevo.
Lo invitai a sedersi così che si sbrigasse a dirmi cosa voleva. Non pensavo che si sarebbe presentato a casa mia dopo praticamente un mese, che faccia tosta. Volevo che sparisse e che mi lasciasse stare e magari questa era la volta buona.
«Quindi, cosa c’è di tanto urgente?» gli chiesi sospirando.
«Niente, volevo vederti.» rispose alzando le spalle.
«Beh, mi hai vista.» precisai acida.
«Non ti manco?» mi domandò. Ma che diavolo stava sparando?
«Direi di no, Cooper.» risposi sinceramente.
«Oliver Queen è il tuo nuovo ragazzo? Te lo sei trovata bello ricco, eh?»
«Uno, non è il mio ragazzo. Due, non penso siano affari tuoi. Tre, mi stai spiando?»
«Io ti amo ancora Felicity, non puoi stare con un altro.» affermò. Okay, la cosa stava degenerando.
«Ora puoi andare.» gli dissi alzandomi dal divano ed invitandolo ad uscire.
«Non me ne vado. Voglio stare con te.» annunciò avvicinandosi un po’ troppo.
«Cooper, ti prego, non fare così. Tu mi hai lasciata, tu mi hai tradita, non io.» provai a spiegargli.
«Sì! E ho sbagliato. Ora lo so.» esclamò afferrandomi un braccio. Puzzava di alcol. Aveva ricominciato a bere, ecco perché era qui.
«Lasciami.» dissi con tono fermo e deciso.
«Pochi mesi fa mi amavi!» gridò strattonandomi.
Non sapevo cosa fare. Come mi liberavo di lui? Di sicuro non potevo ragionarci visto che era ubriaco. Mi guardai intorno solo con gli occhi per trovare il cellulare, dovevo chiamare qualcuno.
«Ascolta, perché non andiamo a mangiare qualcosa?» proposi nella speranza che mi lasciasse.
Lui annuì scrutandomi e mi lasciò il braccio. Io indietreggiai fino al tavolino vicino al divano e presi il cellulare. L’unica soluzione era chiudermi da qualche parte, in camera oppure in bagno. Nascosi il telefono nella tasca dei pantaloni e presi un gran respiro. Dovevo farcela. Corsi più veloce che potevo e mi chiusi a chiave dentro il bagno. Cooper sbatteva contro la porta, ero riuscita a chiuderla a stento. Presi il cellulare e digitai il 911.
«911, come posso aiutarla?» disse la vocina di una donna.
«Il mio ex ragazzo è ubriaco, vuole farmi del male, la prego mandi una pattuglia.» risposi.
«Riesce a dirmi il suo indirizzo?» mi domandò.
«645 di Logan Street. Appartamento numero 3. Fate in fretta…» 
«La pattuglia sarà da lei in tre minuti. Stia al sicuro.»
«Certo. Grazie.» affermai solo.

Oliver
Ero certo che Felicity avrebbe adorato la mia proposta: cinema e gelato. Non era una ragazza di gusti particolarmente difficili e mi risultava semplice farla sorridere. Il fatto era che mi piaceva quando sfoderava quel suo splendido sorriso. In queste settimane mi ero reso conto di tenere davvero moltissimo a lei, ma ancora non avevo il coraggio di confessarglielo. Non credo che Felicity provasse qualcosa per me, quindi non volevo assolutamente rovinare la nostra amicizia per una stupidaggine.
Parcheggiai la mia auto vicino al suo palazzo e con molta calma mi avviai verso casa sua. Poco prima di suonare mi resi conto che il cancello era aperto e che c’era una macchina della polizia parcheggiata accanto al marciapiede. Questa faccenda non mi suonava giusta. Salii le scale e notai subito che la porta dell’appartamento di Felicity era aperta. Un agente sorvegliava la casa mentre l’altro stava accompagnando fuori un tizio in manette. Quando mi passò accanto lo riconobbi: era Cooper. Rimasi per un attimo intontito, poi senza preoccuparmi di quell’idiota provai ad entrare nell’appartamento.
«Mi scusi, non può entrare.» disse l’agente bloccandomi.
«No, senta, Felicity… Felicity è la mia ragazza.» risposi senza rendermi conto di come l’avevo definita «Per favore, è incinta.»
«Oh… D’accordo.» esclamò l’uomo facendosi da parte.
Lei era sul divano con una copertina sui piedi e si stringeva le ginocchia. Non volevo nemmeno immaginare cosa fosse successo. Avrei voluto uscire e prenderlo a pugni, ma sapevo che non meritava le mie attenzioni.
«Ehi, sei qui.» affermò.
«Volevo passare a trovarti… Cosa diavolo è successo?» le chiesi preoccupato.
«Niente.» mentì.
«La polizia non è niente, Felicity.» la corressi.
«Era ubriaco, voleva tornare con me, mi ha afferrata per un braccio, ho chiamato il 911 e bla bla bla.»
«Ti ha fatto qualcosa?» le domandai serio.
«No. So badare a me stessa, Oliver.» ribatté.
«Sicura di star bene? Sei un po’ pallida.» esclamai provando a capire meglio cosa fosse accaduto.
«Sono solo un po’ stanca.» disse mostrandomi un leggero sorriso.
«Signorina Smoak, avremmo bisogno della sua dichiarazione.» intervenne l’agente.
«Sì, certo.» annuì lei «Oliver, senti, me la cavo okay? Non è successo niente. Puoi andare a casa se vuoi.» aggiunse rivolgendosi a me.
«A casa? Scherzi? Quel bastardo ti ha aggredito ed io dovrei andarmene a casa?» sbraitai frustrato.
«Va bene, allora resta.» acconsentì.
Felicity non me la raccontava giusta, non so perché ma non le credevo. Come poteva non essere sconvolta dopo che il suo ex l’aveva aggredita in casa sua? Forse era sotto shock, era l’unica spiegazione plausibile. In ogni caso non me ne sarei andato, questo era certo, che lei lo volesse o meno.
«Mi racconti com’è andata.» la invitò l’agente gentilmente.
«Cooper è passato di qua per parlare, o almeno questo era quello che aveva detto. L’ho lasciato entrare solamente perché credevo che poi mi avrebbe lasciato in pace, ma immaginavo che me ne sarei pentita. Ho provato a farlo ragionare quando ha iniziato ad infastidirsi, ma lui era chiaramente ubriaco, mi ha afferrata per un braccio e non mi lasciava andare, così ho provato a stare al suo gioco… Gli ho proposto di uscire e lui dopo aver accettato ha lasciato la presa. A quel punto senza dare nell’occhio ho preso il mio cellulare e mi sono chiusa dentro il bagno, ho chiamato il 911 e il resto lo sapete.» disse «Ah, e come potete notare ha preso a calci la porta per entrare.» aggiunse mostrando i segni lasciati dalle scarpe di Cooper.
«Va bene, la ringrazio. Le faremo avere una copia del verbale d’arresto così che possa decidere se sporgere denuncia o meno. Io le consiglio vivamente di denunciarlo, ma la decisione è comunque sua.» spiegò l’uomo.
«La ringrazio.» esclamò Felicity accompagnandolo alla porta.
«Perché non andiamo insieme al pronto soccorso? Giusto per vedere se va tutto bene.» proposi. Non mi era di certo sfuggito il livido che le aveva fatto sul braccio.
«Non ce n’è bisogno, davvero.» replicò scuotendo la testa.
«Felicity, so che probabilmente sei scioccata, però non escludermi in questo modo, ti prego.»
«Scusa.» affermò solamente.
«Non scusarti. Voglio solo sapere se tu e il bambino state bene.» le dissi prendendole la mano.
«Sì, è tutto okay.» annuì «Ti posso chiedere un favore?» aggiunse.
«Certo che puoi.» confermai.
«Ti va di rimanere qui stanotte? So che Cooper è in prigione e non tornerà, però… Sì, insomma, vorrei avere qualcuno. C’è la camera degli ospiti, non ti faccio dormire sul divano.»
«Rimango volentieri se questo ti fa stare meglio.» le sorrisi.
Improvvisamente avvertii le sue braccia stringersi attorno al mio corpo e iniziò a piangere contro il mio petto. Non sapevo che fare. L’abbracciai anche io provando in qualche modo a rassicurarla, sperando che si calmasse.
«Va tutto bene, Felicity.» le sussurrai.
«Grazie di essere qui.» esclamò tra le lacrime.
“Non vorrei essere in nessun altro posto.” pensai tra me e me, ma non glielo dissi. Aveva già abbastanza cose a cui pensare, non volevo che sentisse anche il peso dei miei sentimenti per lei. Avrei aspettato che le acque si fossero calmate e che quello stronzo del suo ex fosse condannato.











Angolo autrice
Buonasera a tutti :) come va? Vi sta piacendo la nuova stagione di Arrow?
Comunque, come avevate dedotto il caro Cooper si è rifatto vivo. Ha ripreso a bere e voleva a tutti i costi che Felicity gli desse un'altra possibilità, ma quando lei ha detto no, lui è diventato violento. Non è successo nulla fortunatamente, ma Fel se l'è vista brutta. Oliver non ha fatto troppe domande, non era il caso. Ma come vedete lui c'è sempre, le sta accanto e cerca di fare il possibile. 
In tutto ciò Felicity non si rende conto di quello che Oliver comincia a provare, diciamo che è presa da altre faccende (tipo quella di Cooper), ma pian piano ce la farà xD
Ollie l'ha pure definita "la sua ragazza" eheh.
Spero vi sia piaciuto il capitolo :) 

Grazie per le bellissime recensioni! **
Spoiler piccolissimo: nel prossimo penso si scoprirà il sesso del baby Olicity. Vediamo chi ci azzecca!

A presto,
Anna

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Capitolo 9
*** Sixteen weeks pregnant ***


9. Sixteen weeks pregnant





Oliver
Ero ancora abbastanza scosso da ciò che era accaduto la settimana scorsa con l’ex ragazzo di Felicity. Non mi capacitavo del fatto che lui l’avesse aggredita, come poteva qualcuno prendersela con una persona buona come Felicity? Se non fosse stato arrestato l’avrei preso a pugni sul serio. L’unica, e sottolineo unica, nota positiva era il fatto che lei mi avesse chiesto di restare a dormire quella notte. Certo, mi ero accontentato della camera degli ospiti, ma non potevo mica lamentarmi, no? Felicity non aveva idea che io avessi iniziato a provare qualcosa per lei, ed era meglio così per adesso. Mi ero accorto quanto fosse ancora scioccata da ciò che le era capitato, nonostante provasse assiduamente a nasconderlo non mi era sfuggito. Tutto sommato, però, era tutto okay tra noi.
Il mio principale problema era che i miei genitori non sapevano ancora niente. Già, Felicity era incinta di quattro mesi e loro non ne avevano idea. Thea mi stava tartassando affinché glielo dicessi, ma io non ero ancora molto convinto. Sapevo di doverlo fare, ovvio, ma temporeggiare mi sembrava la cosa più sensata ora come ora. Di sicuro non lo avrei detto direttamente a mia madre, assolutamente no, o mi avrebbe ucciso e poi seppellito. Magari avrei potuto dirlo a mio padre, oppure girarci intorno e vedere che cosa ne pensava.
«Buongiorno.» disse lui. Ecco, parli del diavolo.
«Ciao, papà.» risposi bevendo il mio caffè.
«Eri da Tommy la settimana scorsa a dormire? Non sei rientrato.» esclamò tranquillo.
«Mi controlli adesso?» chiesi scherzosamente.
«Sei mio figlio, mi accorgo di certe cose.» affermò ridacchiando.
«Comunque no, non ero da Tommy.» replicai.
«Ah, eri con qualcuna.» esordì preparandosi delle uova.
«Papà, non iniziare ti prego, ho venticinque anni.» lo bloccai.
«Ultimamente sei sempre sulle nuvole, non è che hai una fidanzata segreta?» domandò facendomi quasi soffocare.
«No. Nessuna fidanzata segreta.» ribattei. Questo discorso non mi piaceva per niente.
«Quando sarai pronto a parlarne sappi che io sono disponibile, Oliver.» aggiunse rimanendo sul vago.
«Okay, grazie.» lo liquidai andandomene di sopra.
Dopo questa conversazione ero fermamente convinto che mio padre sospettasse qualcosa. Forse non aveva idea che avessi messo incinta una ragazza, ma di certo aveva notato dei cambiamenti. L’unica cosa che speravo era che non ne parlasse apertamente con mia madre, non perché non mi fidassi, ma a volte non era semplice avere a che farci. Avevo paura che dicesse qualcosa di sbagliato a Felicity e che lei così si sarebbe allontanata. Solitamente lo faceva per proteggermi, vista la notorietà della nostra famiglia, però stavolta era diverso. Non volevo che pensasse a Felicity come un’arrampicatrice sociale, perché era tutto fuorché quello. Non volevo credesse che si fosse fatta mettere incinta apposta. Probabilmente era arrivata l’ora di dire tutta la verità in qualche modo, dovevano assolutamente sentirlo da me e non da altri. Magari ero io a farmi seghe mentali per niente, magari avrebbero accettato il loro futuro nipote senza alcun problema. Alla fine un bambino non è mai qualcosa di brutto.
Mentre mi stavo cambiando sentii il mio cellulare suonare, ed istintivamente sorrisi nel vedere il nome sul display, era Felicity.
«Ehi, buongiorno.» dissi, felice che mi avesse chiamato.
«Ciao. Mi chiamo Laurel, sono una delle amiche di Felicity… Ascolta, lei è in ospedale, voleva che ti chiamassi e l’ho accontentata, se puoi raggiungimi qui.» esclamò la ragazza dall’altro alto della cornetta.
«Os… Ospedale? Che cos’è successo?» balbettai incapace di formulare una frase di senso compiuto.
«Non lo so di preciso, si è sentita male.» mi riferì.
«D’accordo, arrivo tra poco. Grazie.» affermai.
«Siamo in ginecologia, al secondo piano del San Diego Medical Center.» aggiunse.
«Va bene, ti ringrazio.» replicai chiudendo la chiamata.
Il mondo intero sembrava prendersi gioco di me e Felicity, prima Cooper, adesso questo. Speravo solamente che stesse bene, che lei e il piccolo stessero bene. All’inizio me ne ero fregato altamente del bambino, ma adesso avevo davvero paura che gli succedesse qualcosa. Ora lo sentivo davvero come mio figlio.

Felicity
Da qualche giorno mi sentivo particolarmente affaticata, insomma più del normale. Non avevo mai avuto nausee durante la gravidanza, eppure stamattina avevo vomitato tutta la colazione, e probabilmente anche la cena della sera prima. Tutto sommato era strano, ero al quarto mese e le nausee a questo punto non sarebbero dovute esserci proprio. Non ci avevo dato peso all’inizio, con tutto lo stress accumulato durante la settimana forse era anche normale che il mio corpo reagisse in questa maniera. Oltretutto mi era arrivata per posta la copia del verbale d’arresto di Cooper, quindi dovevo decidere se sporgere denuncia o meno. Non mi andava di pensare anche a questo ora come ora, ma sapevo di doverlo fare o l’avrebbero lasciato completamente libero se io non avessi fatto nulla, e chiaramente non lo potevo accettare. Nel pomeriggio avrei chiamato il distretto e mi sarei tolta il pensiero.
Per fortuna oggi avevo la giornata libera e Laurel sarebbe passata a prendermi per andare a fare un po’ di shopping. Avevo raccontato sia a lei, sia a Sara e Caitlin quello che era capitato con Cooper e ci era mancato poco che Sara si facesse arrestare visto che voleva andare al distretto a prenderlo a pugni. Io glielo avrei lasciato fare, ma avevo bisogno di lei qui, più che in carcere.
Quando sentii il campanello suonare mi resi conto che ero ancora in shorts e canotta da casa, dovevo muovermi «Laurel, scusa, scusa, ora mi preparo.» le dissi aprendo la porta.
«Okay, buongiorno anche a te.» ridacchiò lei.
«È che sono un sacco incasinata in questo periodo.» esclamai infilandomi un paio di jeans.
«Sicura di star bene?» mi chiese.
«Più o meno. Ho solo bisogno di distrarmi.» le risposi.
«Felicity, lo sai che capisco benissimo quando mi racconti balle.» affermò lei.
«Lo so, lo so. Sono solamente stanca, Laurel.» ribattei sedendomi sul letto.
«Dovresti rallentare un po’, non hai una bella cera.» constatò la mia amica «Perché non usciamo un altro giorno? Oggi posso restare qui con te e tenerti compagnia, sempre che tu non abbia di meglio da fare… Con qualcun altro…» concluse ammiccando.
«Idiota. Te l’ho detto che tra me ed Oliver non c’è niente.» le ricordai.
«Non finisce qui il discorso.» mi minacciò scherzosamente.
Mi alzai per sfilarmi la canotta e mettermi il maglioncino quando una fitta al basso ventre mi colpì come fosse una mazza da baseball. Mi misi una mano sulla pancia e ripresi fiato, non mi era mai successa una cosa del genere e non capivo cosa stesse accadendo.
«Felicity?» mi chiamò preoccupata la mia amica.
«Laurel, c’è qualcosa che non va.» le dissi.
«Stai male? Che cosa ti senti?» mi domandò.
«Mi fa malissimo qui, a livello dell’utero, o quel che è. Non mi è mai successo prima…» esclamai sospirando, e un’altra fitta mi colpì.
«Ehi, siediti. Chiamo un’ambulanza.»
Non potevo negare di essere spaventata. Il dolore si intensificava sempre di più e non accennava ad andarsene. Era come se mi stessero colpendo ripetutamente, non riuscivo a muovermi dal letto. Laurel era terrorizzata almeno quanto me e non sapeva che cosa fare per aiutarmi. A me, però, già il fatto che lei ci fosse, bastava.
«I paramedici stanno arrivando, vedrai che starai bene.» mi disse stringendomi la mano.
«Ho… Ho solo paura… Per il bambino.» balbettai provando a rimanere il più tranquilla possibile.
«Lo so, Felicity, lo so.» replicò Laurel standomi accanto come meglio poteva.
Fortunatamente i paramedici arrivarono in poco tempo, avevano previsto di essere qui in cinque minuti ed effettivamente così era stato. Avevano chiesto a Laurel di uscire dalla stanza, ma lei non voleva lasciarmi da sola, e l’adoravo per questo.
«Per favore, voglio solo tenerle la mano. È la mia migliore amica.» li supplicò.
«D’accordo, può restare.» aveva acconsentito infine uno dei paramedici «Signorina Smoak, ora devi dirmi cosa si sente e da quando ha questi dolori, okay?»
«È da qualche giorno che mi sento un po’ debole, ma dolori così forti non li ho mai avuti, sono cominciati poco meno di mezz’ora fa. È come se mi stessero colpendo al basso ventre…» spiegai.
«Va bene, chiaro. Le darò un antidolorifico che calmerà per un po’ il dolore, ma è necessario andare in ospedale.» continuò lui.
«Non farà male al bambino, vero?» chiesi retroagendo il braccio in cui volevano mettermi la flebo.
«No, assolutamente.» mi rassicurò la donna con un sorriso, mentre il suo collega le porgeva il medicinale.
Fecero scorrere velocemente il liquido della bustina ed il dolore pian piano si stava affievolendo. Poco prima stavo talmente male che quasi non mi ero accorta quando mi avevano bucato il braccio per inserire l’ago. Non appena il farmaco terminò, mi aiutarono ad alzarmi ed insieme a Laurel salii in ambulanza.
Arrivati al pronto soccorso un medico mi visitò rapidamente, giusto due minuti, e mi spedì in ginecologia, o almeno così mi era sembrato. Che avesse capito il problema in così poco tempo? Non mi fidavo molto ad essere sincera.
«Laurel, dovresti chiamare Caitlin, voglio lei.» dissi alla mia amica.
«Cait è da sua madre, non arriverebbe in tempo.» mi ricordò.
«Merda!» imprecai ancora stesa sulla barella dell’ambulanza.
«Ehi, cerca di rilassarti, andrà tutto bene lo stesso.» mi sorrise lei, ma io mi agitai ulteriormente.
«Puoi… Puoi chiamare Oliver?» balbettai leggermente imbarazzata.
«Certo.» annuì Laurel «Dammi il tuo cellulare.»
Feci giusto in tempo a porgerglielo che arrivò un’altra dottoressa (sicuramente la sostituta o una collega di Caitlin) e mi accompagnò in quella che sembrava una sala visite. Dalla sua espressione potevo dedurre con sicurezza che fosse preoccupata, e la cosa non mi piaceva. Non avrei sopportato di perdere il mio bambino, non ora, non dopo tutte le difficoltà che avevo affrontato. Sentivo il bisogno di condividere le mie paure con qualcuno che mi capisse realmente e quel qualcuno era sicuramente Oliver.












Angolo autrice
Ciao! Scusate per il ritardo, ma ho ricominciato l'università e ho lezione mattina e pomeriggio, quindi il tempo è quel che è...
In ogni caso, è trascorsa una settimana dalla storia con Cooper ed Oliver si rende conto che sta iniziando a provare qualcosa di vero per Felicity, ma non vuole dirle ancora niente perché la vede ancora scioccata per l'accaduto. Stessa cosa accade con i suoi genitori, che dopo 4 mesi non sanno niente di niente... Glielo dirà prima o poi? E Robert sospetta qualcosa?
D'altro canto Felicity non se la passa benissimo, con tutto lo stress accumulato finisce per stare male sul serio tanto da dover andare in ospedale. Sarà grave? Oliver saprà starle vicino? :)

Scusate ancora per il ritardo, spero che il capitolo vi piaccia! Fatemi sapere ;)

A presto,
Anna

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Capitolo 10
*** Sixteen weeks pregnant (2) ***


10. Sixteen weeks pregnant (2)





Felicity
Il cuore mi batteva all’impazzata, ero spaventata, davvero molto spaventata. Il mio bambino aveva qualcosa che non andava, me lo sentivo. La dottoressa mi stava visitando in silenzio, ed era proprio tutto questo ad agitarmi. Se fosse stato tutto okay non avrebbe esitato a dirmelo, no? Non appena finì di farmi l’ecografia prese uno sgabello e si sedette accanto a me. Io deglutii e la guardai negli occhi, credo riuscisse a capire perfettamente la mia paura e il mio disagio.
«Felicity, ascolta, ora ti spiegherò cos’è successo, ma non devi agitarti, d’accordo?» si raccomandò ed io annuii «Hai avuto delle contrazioni pre-termine, ovvero delle doglie molto prima della data del parto. Queste sono dovute principalmente al troppo stress o al troppo affaticamento. In sostanza il tuo corpo e il tuo bambino ti stanno dicendo di rallentare. Questa volta siamo riusciti a bloccarle prima che facessero danni, ma se continui così potresti andare incontro a gravi conseguenze, come un parto prematuro, e come penso tu sappia, partorire a sedici settimane significa perdere tuo figlio.»
«Ma adesso sta bene, vero?» chiesi allarmata.
«Sì, tutto bene, non preoccuparti. È stato solo un segnale d’avviso.» mi rassicurò.
«Che cosa devo fare perché non succeda più? Non voglio perdere mio figlio questo è certo.»
«Devi solo rallentare un po’, Felicity. Ciò non significa stare rinchiusa in casa o a letto, ma cerca di condurre uno stile di vita appropriato, ecco.» mi sorrise.
«Lo farò, grazie davvero.» dissi appoggiando la testa al cuscino.
«Ora riposati, ti faremo uscire in serata, ok?» esclamò lei «Oh, giusto, dimenticavo. Vuoi sapere il sesso?» mi domandò.
«Si… Si sa se è maschio o femmina? Sì, sì, lo voglio sapere.» replicai con un enorme sorriso. Questa era la notizia che serviva per tirarmi un po’ su.
La dottoressa si avvicinò a me e mi fece vedere dalla foto dell’ecografia il sesso del bambino. Ora si distingueva molto chiaramente dall’immagine ed era davvero straordinario riuscire a vedere mio figlio così chiaramente nonostante fosse ancora dentro la mia pancia. Non potei far altro che piangere e lasciarmi andare, tutto lo stress accumulato sembrava essersi sciolto nell’istante in cui avevo scoperto il sesso del mio bambino. Ed il mio primo penserò fu di dirlo ad Oliver, volevo lui accanto.
«La ringrazio moltissimo. Sono veramente felice.» le dissi asciugandomi le lacrime.
«È stato un piacere cara. I suoi amici la aspettano qui fuori, vuole che li faccia entrare?» mi domandò.
Amici? Quindi non c’era solo Laurel… Oliver era venuto? «Sì, grazie.» risposi poi.
Poco dopo vidi comparire Oliver con un’espressione davvero preoccupata in volto. Non sapevo che cosa gli avesse raccontato Laurel, ma speravo non avesse esagerato. Tutto sommato stavo bene, il problema si era risolto al meglio.
«Mi hai spaventato da morire.» mi disse lui sedendosi accanto a me.
«Mi… Mi dispiace, Oliver.» balbettai.
«L’importante è che stiate bene. Non so cosa avrei fatto se vi fosse successo qualcosa.» esclamò serio.
«Non preoccuparti, okay? È capitato per tutto lo stress che ho accumulato nelle ultime settimane, ma adesso sto, stiamo, bene. Sul serio.» affermai. Non lo avevo mai visto così preoccupato, non per me almeno. 
Oliver si limitò a sorridermi e iniziò a guardarmi, come se volesse capire se gli stavo mentendo o meno, poi sembrò rilassarsi. Ultimamente avevo notato qualcosa di diverso in lui, non sapevo spiegare cosa fosse, ma mi guardava in modo strano. Certo, ero felice che fosse presente e si preoccupasse per me e però non era il solito Oliver. Dovevo scoprire cosa c’era sotto, assolutamente.
«Oh, a proposito… La dottoressa mi ha rivelato il sesso del bambino.» aggiunsi con nonchalance. Volevo vedere la sua reazione.
«Co… Cosa?» chiese incredulo «Lo sai davvero?»
«Sì, davvero.» ridacchiai io «Vuoi saperlo?» domandai.
«Ovvio che sì.» replicò lui con un tono eccitato.
«È… È… Beh, è una bambina.» dissi solamente, non trovando le parole adatte.
«Sul serio? Oh dio… Una femmina? Come farò con una femmina?» disse ridendo nervosamente.
«Si sa che le bambine si innamorano dei loro papà, non sarà difficile.» lo rassicurai.
«Somiglierà a te, ne sono sicuro.» affermò sorridendomi leggermente.
«Forse. Non lo so.» replicai alzando le spalle.
«Beh io lo spero, perché sei bellissima.» esclamò facendomi arrossire vistosamente.
Ma che gli prendeva? Non era mai stato così esplicito nel farmi un complimento. Ci conoscevamo ormai da parecchio tempo, ma non avevo mai visto tra noi qualcosa che non fosse un’amicizia. Ora come ora mi chiedevo se Oliver provasse qualcosa di più profondo… Era realmente possibile? Che ci fosse attrazione tra noi era palese, o non sarei rimasta incinta la prima volta, però caratterialmente eravamo davvero troppo diversi. Non avevo idea di come prendere questa situazione, e non potevo cominciare a farmi seghe mentali o sarei finita in ospedale un’altra volta. Magari era più semplice mettere in chiaro da subito le cose con Oliver, dirgli che restare amici era la cosa migliore per noi e per la nostra bambina.
«Felicity? Va tutto bene?» mi domandò risvegliandomi dal mio momento di trance.
«Sì, scusa.» annuii distogliendo lo sguardo.
«C’è qualcosa che vuoi dirmi?» continuò.
«Oliver io… Non… Non so se sto fraintendendo tutto, ma… Le cose sono cambiate tra noi. Dimmi che non l’ho notato solo io.» provai a dire, non sapendo quale fosse il modo corretto.
«Che vuoi dire?» mi chiese confuso.
«Ti comporti diversamente con me… Sei premuroso, ti preoccupi, mi fai dei complimenti…»
«Felicity… Non…» iniziò a dirmi.
«No, aspetta.» lo interruppi «Non dire altro. Non voglio rovinare quello che si è creato tra noi, non voglio incasinare ogni cosa e mettere a rischio il futuro della piccola… Non lo faccio per cattiveria, credimi, è solo che ho davvero bisogno di stare tranquilla e preoccuparmi soltanto della salute di mia figlia.»
Oliver sembrò deluso dalle mie parole, e non lo biasimavo di certo. Però dovevo mettere in chiaro le cose per il meglio di tutti. Mi dispiaceva trattarlo così, non l’avevo nemmeno ascoltato fino infondo, ma sentivo di dovermi prendere una pausa da tutto dopo quello che era successo stamattina. Avevo rischiato di perdere la mia bambina per delle cose futili e non potevo permettere che accadesse ancora. Pian piano dovevo rimettermi in sesto e magari più avanti avrei anche potuto dare ad Oliver la possibilità di dirmi come stavano le cose, ma non ora.
«Forse ho rovinato tutto, mi dispiace, Oliver.» aggiunsi poi.
«No.» mi rispose scuotendo la testa «Voglio il meglio per te e per lei, e come ti ho già detto ci sarò per la nostra bambina.» continuò sorridendo «Ora è meglio che vada a casa, avevo promesso a Thea che le avrei dato una mano con un progetto che ha in cantiere, ma se hai bisogno di qualunque cosa chiamami, okay?»
«Certo, lo farò. Grazie.» affermai sforzandomi di rendere la situazione meno imbarazzante.
Prima di andarsene mi abbracciò e mi lasciò un leggero bacio sulla fronte, così, senza dire nulla. L’avevo ferito, ecco cosa avevo fatto. Mi ero ripromessa di non farmi coinvolgere troppo da lui, ma nonostante tutto mi sentivo terribilmente in colpa. Certo, anche illuderlo non sarebbe stata un’ottima scelta, però forse se gli avessi lasciato il tempo di spiegarmi, le cose tra noi non si sarebbero raffreddate nel giro di cinque minuti.
Non so quanto tempo era trascorso da quando Oliver se n’era andato, mi svegliai notando che fuori era quasi calato il sole e che Sara, Laurel e Caitlin erano mezze addormentate sulle sedie nella mia stanza.
«Che state facendo?» chiesi loro.
«Ehi, bella addormentata. Come stai?» mi domandò Sara in tono gentile.
«Molto meglio. Ma che ci fate tutte qui?» esclamai.
«Io sono rientrata da poco e sono subito venuta qui, loro c’erano già.» replicò Caitlin.
«Dopo averti lasciata con Oliver sono andata a casa a mettermi qualcosa di più comodo e ho chiamato Sara, quando siamo arrivate dormivi e non ti abbiamo svegliata.» aggiunse Laurel.
«Sono contenta che siate qui…» sospirai.
«Ne hai combinata una delle tue, vero?» mi disse Sara incrociando le braccia al petto.
«Forse. Non lo so.» sbuffai.
«Credo proprio si tratti di Oliver stavolta, o sarebbe qui accanto a te.» affermò Cait.
«Concordo.» ribatté Laurel.
«Penso… Penso che… Provi qualcosa per me.» balbettai arrossendo.
«Ah, e te ne sei accorta adesso?» mi chiese Sara.
«Scusami?» esclamai scioccata.
«Dai, Felicity, è evidente che prova qualcosa per te! Ed è tutto tranne che una cosa recente.» continuò.
«Ed io che ne sapevo! Potevate anche dirmelo.» mi lamentai.
«Pensavamo te ne fossi accorta! Persino un cieco l’avrebbe capito.» intervenne Laurel.
«Vi odio!» dissi coprendomi il viso con le mani «Ho fatto un casino.»
«Sono sicura che qualunque cosa tu gli abbia detto, le cose si risolveranno.» mi rassicurò Caitlin.
Io non ne ero molto convinta.










Angolo autrice
Rieccomi qua con il decimo capitolo :)
Allora, Felicity sta bene per fortuna, era tutto dovuto al troppo stress. Se l'è vista brutta, ma è andato tutto per il meglio alla fine!
E poi... IT'S A GIRL ;) qualcuno di voi aveva indovinato! Oliver è disperato poverino, non ci sa fare con le donne xD
Oltretutto nel momento in cui lui lancia dei chiari segnali a Fel, lei si fa prendere dal panico e lo "rifiuta". Insomma, mai na gioia, lo so.
Per adesso Felicity ha troppe cose per la testa, il lavoro, la faccenda di Cooper, e non ce la fa a riflettere sul rapporto con Oliver... Ma forse pian piano si ricrederà.
Ps: l'avevano capito tutti che Ollie prova qualcosa, tranne Felicity lol.

Fatemi sapere che ne pensate e... Non odiatemi per aver friendzonato Oliver xD

Un abbraccio,
Anna

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Capitolo 11
*** Eighteen weeks pregnant ***


11. Eighteen weeks pregnant





Oliver
«Ollie, è ora di alzarsi.» mi disse in lontananza la voce squillante di mia sorella, mentre faceva entrare la luce del mattino in camera mia.
«Thea, vattene.» mugugnai da sotto le coperte. Che rompiscatole.
«No. Non me ne vado, alzati.» continuò imperterrita togliendomi le lenzuola dal corpo.
«Non hai lezione all’università oggi?» chiesi seccato.
«Sì, ma ho cose più importanti da fare… Tipo badare a te.» rispose acidamente.
«Nessuno te l’ha chiesto, sorellina. Per piacere, lasciami in pace.» esclamai ficcando la testa sotto il cuscino.
«È almeno la terza volta questa settimana che te ne torni a casa ubriaco marcio, si può sapere che diavolo ti prende? Mamma e papà si stanno insospettendo e fidati che se scoprono di Felicity e il bambino tramite un investigatore privato, ti taglieranno le palle.»
«Non m’importa.» borbottai.
«Ah non ti importa? Da un momento all’altro hai smesso di preoccuparti di Felicity e di tuo figlio?» mi domandò. 
Non le avevo detto nulla dell’allontanamento che c’era stato tra me e Felicity due settimane fa, e non mi andava di parlarne. Sapevo che Thea voleva aiutarmi, era sempre stata dalla mia parte, però ad essere sincero ora come ora non mi interessava.
«Thea, non te lo ripeterò, lasciami in pace.» affermai bruscamente.
«Io davvero non ti capisco, Oliver.» replicò sospirando «Sembravi felice fino a due settimane fa, poi improvvisamente sei cambiato… Se non vuoi parlarne va bene, ma non comportarti come un quindicenne arrabbiato.»
«Felicity ed io abbiamo opinioni diverse riguardo il nostro rapporto, ecco tutto.» dissi sperando si accontentasse.
«Le hai detto cosa provi e ti ha scaricato?» mi chiese.
«No, l’ha capito da sola, e non vuole oltrepassare il confine dell’amicizia.»
«Ollie, ascolta, magari ha solo bisogno di tempo…» esclamò mia sorella mostrandomi un sorriso.
«Non lo so, e non mi interessa.» dichiarai.
«Sì, come no.» ridacchiò lei, prendendomi in giro.
«E per la cronaca… È una bambina.» precisai. Non le avevo detto nemmeno il sesso di mia figlia.
«Cosa? Davvero? Oh mio dio, è fantastico!» esultò.
«Già.» dissi solamente.
«So che adesso hai tante cose per la testa, ma dovresti mettere al corrente mamma e papà, magari possono darti una mano.» aggiunse Thea.
«Sì, so di doverci parlare, ma non so come dirglielo. Sai com’è fatta la mamma, darà di matto.»
«Probabile. Ma questo non vuol dire che non ti aiuterà.»
«Ci penserò. Ora per favore lasciami dormire, ho un mal di testa assurdo.» borbottai buttandomi di nuovo a letto.
«Sei impossibile.» esclamò alzando gli occhi al cielo.
Mezz'ora dopo decisi di alzarmi dal letto, avevo un mal di testa insopportabile dopo la sbronza della sera prima, ma cercavo di non darlo a vedere. Sapevo quanto Thea avesse ragione sull'argomento "diciamo del bambino a mamma e papà" e prima o poi dovevo seriamente decidermi a sputare il rospo. Era già molto strano il fatto che nessun giornale ne avesse ancora parlato, insomma passavo molto tempo con Felicity, però nessuno sembrava essersi accorto della gravidanza. Decisamente meglio così. 
Mentre scendevo le scale notai entrambi i miei genitori in cucina intenti a confabulare qualcosa. Mi salì letteralmente il panico. Avevano scoperto tutto? No, non era possibile! Mi avvicinai a loro facendo finta di niente, giusto per vedere se fossi io l'argomento di discussione. Mia madre mi lanciò un'occhiata preoccupata, mentre mio padre era solamente pensieroso. Okay, ero io il fulcro del loro discorso, oramai era palese.
«Oliver, avremmo bisogno di parlarti.» iniziò mio padre.
Mi sudavano le mani, non sapevo che dirgli, così mi limitai ad annuire.
«Da un po' girano delle voci in ufficio, inizialmente non ci abbiamo dato molto peso, ora però si stanno facendo più frequenti e fastidiose, quindi vorremmo sapere dal diretto interessato cosa sta succedendo.» aggiunse mia madre.
«Non capisco perché la gente non pensi agli affari propri.» borbottai.
«Oliver, con noi puoi parlare.» replicò papà.
«Va tutto bene. Dovreste far a meno di ascoltare le cazzate che girano alla Queen Consolidated.» sbuffai io. Mi sembrava strano non fossero girati pettegolezzi per quattro mesi.
«Di solito non badiamo a queste cose, ma non sono semplice storielle stavolta.» esclamò Moira con un tono di voce diverso.
«Cosa vuoi dire, mamma?» domandai cercando di fare chiarezza.
«Sai cosa voglio dire.» rispose seria. Quindi sapevano tutto?
«Moira, lascia che sia Oliver a spiegarci.» le disse papà con voce pacata.
Io rimasi muto come un pesce, a quanto pare in azienda giravano delle voci su di me e sicuramente si era venuto a sapere di Felicity. Non poteva essere altro. Ma che dovevo dirgli? Che sarebbero a breve diventati nonni e che glielo avevo tenuto nascosto per quasi dodici settimane? 
«È complicato.» affermai solamente.
«Complicato, Oliver? Cosa c'è di complicato nel dire che hai messo incinta una sconosciuta? Ti credevo più furbo di così!» sbraitò mia madre. Ecco, appunto, sapevano tutto.
«Non è così facile come l'hai detta tu, mamma.» replicai infastidito.
«Quindi lo confermi anche?! Robert, dì qualcosa.» 
«Figliolo, vogliamo sapere la verità, nient'altro.» aggiunse mio papà.
«Sì, è vero. Contenti?» confermai.
«Oh mio dio. Oh mio dio.» esclamò mia madre sentendosi quasi male «Non posso credere che tu abbia fatto una stupidaggine simile. Non ti rendi conto della gravità delle tue azioni, Oliver?»
«Avrò una figlia, mamma, non ho ammazzato nessuno.» sbuffai sentendo le sue parole.
«Non hai pensato alla tua reputazione? Alla mia reputazione? Non credi sia un po' presto per avere una figlia da una ragazza che nemmeno conosci?»
«Immaginavo si trattasse di questo.» affermai con un sorriso deluso «Non ti importa nulla di aiutare tuo figlio e la tua futura nipote, no? L'importante è che la famiglia Queen sia sempre ai vertici.»
«Oliver...» provò a dire Robert.
«No, papà, questa volta non me ne starò zitto. Sono stufo di sentirmi sempre giudicato da tutto e tutti, sono stufo di non poter condividere mai niente con voi per paura di essere una delusione. Per una volta sono felice, lei mi rende felice, e non voglio che mi portiate via niente di tutto ciò.» sbottai con rabbia.
«Non ti è passato per l'anticamera del cervello che forse questa "lei" si sia fatta mettere incita apposta?!» gridò mia madre.
«Felicity avrebbe potuto fare tutto tranne che una cosa del genere! E ora, se volete scusarmi, vado a preparare le valigie.» conclusi.
Non volli più ascoltare nessuno dei due, non mi interessavano le loro scuse, ero troppo arrabbiato e frustrato per starli a sentire ancora. Presi la prima valigia disponibile e ci ficcai dentro alcuni vestiti e un pigiama, non avevo un posto dove stare, ma sicuramente non sarei rimasto un minuto di più in questa casa.
«Ollie?» mi chiamò Thea facendo capolino nella mia stanza «Stavo studiando e vi ho sentito urlare... Va tutto bene?»
«No.» replicai.
«Perché stai facendo la valigia? Dove vai?» mi chiese.
«Non lo so, da Tommy forse.» risposi.
«Hai litigato con mamma e papà?» 
«No, ho solo capito cos'è importante per loro e cosa no. Ed io evidentemente non sono tra le loro priorità.»
«Non puoi andartene così...» balbettò lei.
«Ehi, per te ci sarò sempre, d'accordo?» la rassicurai.
«Sì, ma...» si lamentò.
«Thea, non ti sto abbandonando, vado solo via di casa. Non ce la faccio più a rimanere qui.»
«Okay, lo capisco... Ci... Ci sentiamo più tardi allora.» sospirò.
Le lasciai un piccolo bacio sulla fronte prima di andarmene, non mi piaceva vederla star male, ma adesso avevo bisogno di schiarirmi le idee e stare lontano dai miei genitori. Ero certo che mia madre l'avrebbe presa male, però non credevo che avrebbe insinuato cose del genere su Felicity. Dovevo sbollire la rabbia, stare fuori da quella casa almeno per un po'.
Salii in auto con l'intenzione di guidare fino a casa di Tommy, ero sicuro che lui mi avrebbe ospitato per tutto il tempo che volevo, solo che senza rendermene conto avevo imboccato una strada diversa. Mi fermai ad un semaforo e scossi la testa, non stavo andando da Tommy, questa era la strada per l'appartamento di Felicity. L'unica nota negativa era che avevamo discusso (più o meno) e non ci parlavamo da due settimane, che dovevo fare? Andare da lei comunque senza problemi? Forse avevo sbagliato a prendermela con lei per avermi detto quelle cose, ma infondo non potevo negare che ci fossi rimasto molto male. Pensavo che con una figlia in arrivo sarebbe stato bello provare a stare insieme, evidentemente mi sbagliavo. Nonostante ciò sentivo di voler risolvere, non potevo tenerle in muso o affogare i miei dispiaceri nell'alcol. Premetti l'acceleratore fino ad arrivare a casa di Felicity e senza farmi troppi problemi salii fino al suo appartamento e suonai il campanello.
«Ehi.» le dissi non appena aprì la porta.
«Ciao.» mi salutò lei con un mezzo sorriso.
«Mi dispiace.» affermai soltanto.
«Dai, entra.» mi invitò.
«Come stai?» le domandai. Ero felice di essere di nuovo accanto a lei dopo tanto tempo.
«Sto bene, grazie. Tu piuttosto? Sei letteralmente sparito.»
«Lo so, sono un cretino. Oltretutto i miei genitori hanno scoperto di te e della bambina, quindi ti chiedo scusa in anticipo se dovessero farti strane proposte.»
«Che vuoi dire?» mi domandò preoccupata.
«Non lo so... Mia madre l'ha presa molto male e conoscendola avrà qualcosa in mente.» spiegai.
«Gestiremo la cosa insieme.» esclamò stringendomi la mano.
«Avrei un favore da chiederti.» ridacchiai.
«Certo, dimmi.» annuì lei.
«Posso restare per un paio di giorni?»
«Ma sì, certamente.» mi disse senza farmi troppe domande.












Angolo autrice
Ciao, scusate il ritardo enorme ma purtroppo come ho già detto ad alcune di voi (che mi hanno scritto) ho fatto tanti esami e il tempo per pubblicare/scrivere era inesistente. Spero mi possiate perdonare :)
Il capitolo è stato difficile da buttar giù, non sapevo che cosa scrivere di preciso ma avevo bisogno di una svolta e ho pensato che questo fosse il modo migliore e più logico.
Oliver e Fel non si parlano da 2 settimane, da quando lei l'ha friendzonato per capirci lol. Lui si è lasciato andare ricadendo nelle vecchie abitudini nonostante Thea cercasse di aiutarlo il più possibile. Alla fine il succo del discorso è che Moira e Robert (che già avevano sospetti) scoprono tutta la faccenda della bimba e soprattutto lei si incavola a morte. Ed è qui che Oliver entra in gioco proprio perchè difende Felicity nonostante tutto e decide di andarsene.
Guarda caso dove finisce? A casa di Felicity xD
Ora come si metteranno le cose tra i due futuri genitori? :)

Spero vi sia piaciuto e spero anche mi lascerete un parere :)
Se non pubblico prima di natale vi faccio anticipatamente gli auguri <3

A presto,
Anna

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Capitolo 12
*** Eighteen weeks pregnant (2) ***


12. Eighteen weeks pregnant (2)





Felicity
Non avevo visto né sentito Oliver per più di due settimane. Dopo che lo avevo friendzonato (come si dice di questi tempi) lui era sparito ed io non avevo mosso un dito per contattarlo. Non che non mi mancasse, perché mi mancava molto, ma non sapevo che cosa dirgli, né come comportarmi. In fondo era stata colpa mia, ero stata io a mettere in chiaro che non volevo complicazioni tra di noi. E sotto sotto era vero, volevo mantenere un bel rapporto con lui in modo che nostra figlia avesse due genitori pressoché normali, ma non potevo negare che mi facesse piacere ricevere attenzioni da parte sua. Mi ero affezionata un sacco ad Oliver e forse questa mia paura di andare oltre all’amicizia mi aveva impedito di ascoltare ciò che lui aveva da dire. In qualche modo ero ancora influenzata dalla sua reputazione da sciupa femmine e non volevo essere una delle tante conquiste, non dopo aver scoperto di essere incinta. Lui mi aveva dimostrato chiaramente di essere cambiato, lo vedevo nei suoi gesti, nelle sue parole, persino nel suo sguardo, eppure ancora non riuscivo a lasciarmi andare del tutto. In queste settimane di totale silenzio non avevo fatto altro che pensare e ripensare al fatto che lui provasse dei sentimenti veri per me, oltre al classico affetto che uno può provare per la mamma di sua figlia. Sara mi aveva detto senza peli sulla lingua che anch’io provavo qualcosa per lui, ma che ero troppo codarda per farmi avanti. Nonostante mi fossi arrabbiata in un primo momento, dovevo ammettere a me stessa che aveva ragione lei. Certo, non potevo dire di essere innamorata di Oliver, ma stavano nascendo dei sentimenti profondi, e non potevo reprimerli ancora per molto visto che Oliver si era presentato alla mia porta con un’aria disperata.
«Puoi dormire qui.» gli dissi mostrandogli la sua stanza «È un po’ spoglia, lo so, ma non so proprio come arredarla.» continuai provando a distrarlo con qualche argomento stupido.
«Va benissimo così com’è. Grazie, Felicity.» rispose senza aggiungere altro.
«Mi dispiace davvero per quello che è successo con i tuoi genitori, Oliver.» mi sentii di dirgli, anche se non l’avrebbe risollevato molto.
«Non è colpa tua. Purtroppo sapevo che sarebbe finita così, mia madre è legata all’apparenza e mio padre l’ha sempre lasciata fare. Non dico che non mi vogliano bene, ma non accetteranno mai questa situazione.» sospirò lui.
«Tu che cosa vuoi, Oliver?» gli domandai di getto. Alla fine l’importante era ciò che lui voleva, non quello che volevano i suoi genitori.
«Che domande mi fai? Voglio mia figlia. E voglio te.» replicò sinceramente, senza pensarci due volte.
Io arrossii, non potei evitarlo. Oltre a nostra figlia voleva anche me, nonostante gli avessi detto che volevo solo un’amicizia tra noi, lui non aveva minimamente negato che mi volesse nella sua vita. Ero una stupida ad aver lasciato andare un ragazzo così? Sì, probabilmente sì.
«Voglio farti sentire una cosa.» esclamai, cercando in tutti i modi di evitare il discorso “amicizia o qualcosa in più”.
Lo invitai a sedersi sul letto della stanza ed io feci lo stesso. Mi misi accanto a lui e mi tirai su leggermente la maglietta, vidi Oliver strabuzzare gli occhi e mi venne spontaneo ridacchiare, chissà che cosa stava pensando in questo momento. Poi con calma gli presi la mano e la portai sopra la mia pancia così che potesse sentire la bambina.
«E… Era un calcio?» mi chiese impressionato.
«Sì. Ha iniziato a farlo la settimana scorsa, credo le mancassi.» replicai.
«A volte faccio ancora fatica a credere che lì dentro ci sia nostra figlia.» mi disse senza staccare la mano dal mio ventre.
Non risposi, mi limitai a sorridere e a distogliere lo sguardo. Stare lontana da Oliver per due settimane mi aveva aiutato a capire che io stessa provavo dei sentimenti, ma non avevo mai avuto le cosiddette palle per confessarglielo. La verità era che in questo momento averlo vicino mi stava mettendo in confusione, non avevo mai provato queste sensazioni, né con Cooper né con nessun altro. 
Volevo baciarlo. Lo volevo da morire. La vecchia Felicity non avrebbe mai fatto la prima mossa, ma oramai non ero più la vecchia Felicity. Mi voltai con naturalezza verso Oliver e senza pensarci due volte posai le mie labbra sulle sue. Fu un bacio leggero, appena accennato, ma segnò la svolta decisiva nel nostro rapporto. Ci eravamo già baciati, mesi fa, ma questo era tutta un’altra cosa.
«E questo per cos’era?» mi domandò sorridendo.
«Per scusarmi.» risposi.
«Scusarti?» esclamò non capendo.
«Avevo paura di ammettere che anche io provo qualcosa per te, Oliver. Volevo meno complicazioni possibili, volevo che la piccola ci vedesse andare d’accordo anche se non stavamo insieme, non avevo il coraggio di provare ad essere qualcosa in più, nonostante lo volessi.» 
«Credimi, Felicity, anche io ho paura per il futuro della bimba, ma non per questo mi voglio negare un po’ di felicità con la sua mamma.» affermò tranquillo.
Quel sorriso prima o poi mi avrebbe ucciso, non so se fossero gli ormoni o cosa, ma non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso.
«Dovremmo darci una possibilità.» aggiunse poi.
Annuii, arrossendo nuovamente come una ragazzina «Credo ne dovremmo riparlare domani mattina, sai? Non rispondo delle mie azioni stasera.» affermai facendolo ridere.
«Siccome sono un gentiluomo ti accompagnerò in camera tua e ti lascerò tranquilla, anche se non posso negare che una parte di me vorrebbe approfittare di questi sbalzi ormonali.» mi disse ammiccando.
«Oh, credimi, ne vorrei approfittare anche io, ma penso che si spezzerebbe il precario equilibrio in cui ci troviamo.»
«Concordo con te.» dichiarò dandomi la buonanotte con un altro bacio sulle labbra. Questa volta però fu lui a fare il primo passo ed io mi sciolsi come un pezzo di ghiaccio.

Oliver
Mi stesi a pancia in su sul letto e sospirai un paio di volte. Nella testa avevo una gran confusione, da una parte la rabbia e la delusione nei confronti dei miei genitori, dall’altra l’euforia e la felicità nel sapere che avevo una concreta possibilità con Felicity. Avremo potuto dare a nostra figlia una vera famiglia, due genitori che si amano e una vita normale. Nonostante fossi molto spaventato all’idea di crescere un neonato non potevo far a meno di pensare che in due sarebbe stato più semplice, sia per noi sia per la bambina.
La cosa che più mi aveva stupito era che fosse stata proprio Felicity a fare un passo avanti, non me lo sarei mai aspettato. Due settimane fa in ospedale aveva messo in chiaro che non voleva complicazioni tra noi e avevo rispettato questo suo desiderio, l’unica cosa che forse avrei dovuto fare era quella di non sparire nel nulla. In quel momento, però, non riuscivo a pensare ad altro e il solo starle vicino mi faceva star veramente male. Avevo provato ad affogare i dispiaceri nell’alcol come facevo sempre, ma non era servito a niente se non a portarmi un grandissimo mal di testa. 
Oltretutto non mi pentivo affatto di aver confessato tutto a mia madre e mio padre, ora lo sapevano ed era decisamente meglio così. Se erano arrabbiati o frustrati sinceramente m’importava poco e niente, era la mia vita e la mia bambina. Ammetto che un po’ di sostegno l’avrei apprezzato, ma se volevano allontanarsi e diseredarmi come figlio potevano farlo senza alcun problema.
Mi dispiaceva solo per Thea, lei ci era inevitabilmente andata di mezzo anche se non aveva nulla a che fare con la questione. Non volevo che fosse costretta a schierarsi e non volevo certamente che ci rimettesse. Lei era quella che mi aveva sostenuto più di chiunque altro e farle vivere questa storia con i nostri genitori non mi piaceva affatto.
Chiaramente non chiusi occhio per tutta la notte. Forse mi ero appisolato qualche volta, ma più che altro mi ero rigirato a destra e a sinistra per tutto il tempo. Alle sei e mezza circa decisi di alzarmi e scendere al bar vicino casa di Felicity per comprarle la colazione. Optai per un croissant ed una ciambella con glassa al cioccolato, sapevo che ne andava matta. Una volta rientrato frugai nel suo frigo e negli armadietti in cerca di un bicchiere e del succo di frutta. Volevo viziarla un po’, dopo tutta la storia con il suo ex capo e Cooper, se lo meritava davvero. 
Entrai in camera sua senza bussare, la porta era socchiusa e Felicity dormiva su un fianco con le coperte tirate su fino al collo. Appoggiai la colazione sul comodino, abbastanza lontano da evitare che finisse per terra.
«Ehi.» le sussurrai spostandole una ciocca di capelli.
«Ma che?» disse assonnata «Oliver! Ma cosa stai facendo?» sbraitò coprendosi.
«Guarda che ti ho già vista nuda.» le ricordai «Ti ho portato la colazione comunque.»
«Oh.» affermò rilassandosi «Grazie.»
«Come ti senti?» le chiesi.
«Sto bene, e tu? Credo di averti sentito sbuffare stanotte, o forse l’ho solo sognato.»
«Scusa.» ridacchiai «Non ho dormito molto.»
«Dovresti parlare con i tuoi genitori.» mi disse prendendo prima la ciambella «Wow, è deliziosa.»
«Non ora, non servirebbe.» replicai. In una notte non gli avrei certamente fatto cambiare idea.
«Sono pur sempre i tuoi genitori, capiranno in qualche modo. Siamo entrambi adulti, è successo e non stiamo chiedendo niente a nessuno, non vedo dove stia il problema.» commentò Felicity.
«I pettegolezzi, ecco qual è il vero problema.» le feci notare «Mia madre vuole i figli perfetti, la casa perfetta, il marito perfetto, l’azienda perfetta.»
Lei sospirò tra un boccone e l’altro «È un gran casino, lo ammetto. Ma credo che prima o poi si renderanno conto che non hanno motivo di prenderla così tanto sul personale.»
«Già, lo spero.» alzai le spalle «Comunque, oggi che vuoi fare?»
«Dovremmo comprare qualcosa per la bambina, non abbiamo assolutamente niente.» rispose.
«Buona idea.» annuii.
«Credi che ce la faremo?» mi domandò.
«A comprare dei vestitini? Penso proprio di sì.»
«No, intendo noi due… E poi noi tre…»
«Ehi, un passo alla volta, okay?» le dissi stringendole la mano.
«Un passo alla volta.» ripeté.











Angolo autrice
Sì, state vedendo bene. I'M BACK. Dopo 28773268 mesi sono tornata, ve l'avevo promesso no? Ho finito gli esami ieri, e sperando di averli passati ho deciso di buttarmi a scrivere il nuovo capitolo.
Riprende esattamente da dov'era finito l'altro, ovvero da quando Oliver si presenta a casa di Fel dopo aver confessato della gravidanza ai suoi genitori.
Che dire? C'è una piccola grande svolta. Dopo non essersi visti per più di due settimane, Felicity riflette seriamente su ciò che sente e capisce che sta solo mentendo a se stessa dicendo che non prova niente per Oliver. Nonostante tutto però decide di fare un passo verso di lui e provare a cambiare le cose. And finally, si baciano xD
È un capitolo tranquillo, in cui ho voluto dar spazio alla svolta nel loro rapporto :)

Spero ci sia ancora qualcuno che ha piacere di leggere questa storia, io attendo i vostri pareri!

Un bacio,
Anna

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Capitolo 13
*** Twenty-eight weeks pregnant ***


13. Twenty-eight weeks pregnant




Oliver
Erano trascorsi quasi due mesi e mezzo da quando Felicity ed io avevamo deciso di provare a stare insieme, e finora dovevo ammettere che era andato tutto alla grande. Nonostante i continui sbalzi d’umore di Felicity e il pancione che continuava a crescere, stavamo facendo progressi. Certo, non era ancora una relazione stabile, ci conoscevamo poco, ma ce la stavamo mettendo tutta per creare un ambiente familiare e sano per nostra figlia. 
«Oliver!» mi chiamò Felicity in preda ad una crisi isterica.
«Tutti bene?» le chiesi io pacatamente.
«Perché non mi entrano le scarpe?!» si lamentò.
«Hai solo i piedi un po’ gonfi, è normale stando in piedi tutte quelle ore al lavoro.» le feci notare.
«Te l’ho detto mille volte che non me ne starò a casa ad oziare, voglio lavorare.» sbuffò «Non siamo sposati e non devi mantenermi, il lavoro in pasticceria mi piace e non mi pesa.»
«Allora non ti lamentare se ti si gonfiano i piedi come dei palloncini.» ridacchiai io, cercando di non farla arrabbiare.
«Sei odioso.» commentò lei lanciando le povere scarpe dall’altra parte dell’appartamento.
«Felicity, calmati.» le dissi sedendomi sul divano accanto a lei. «Te l’ho detto mille volte che c’è un lavoro per te nell’azienda del padre di Tommy.»
«E come me lo sarei guadagnata, scusa? Non voglio avere tutta la strada spianata solamente perché mi hai messa incinta.»
«Non ho mai detto questo.» replicai sospirando. «Ti assumerebbero per il tuo cervello, non per il pancione.»
«In ogni caso tra due mesi dovrei prendermi un periodo ti aspettativa per badare alla bambina, quindi è inutile.» disse andando a recuperare le scarpe.
«Almeno fai una prova, poi quando la bambina sarà più grande potrai ricominciare a tempo pieno.» le proposi. Sapevo quanto le mancava il suo lavoro, dopo che il suo ex capo l’aveva licenziata ci era rimasta talmente male da cambiare completamente settore.
«Non lo so. Ci penserò su.» alzò le spalle «E comunque, dovremmo smetterla di chiamarla “la bambina”.»
«Io ti ho proposto dei nomi, ma sembravano farti schifo.» esclamai in mia difesa.
«Beh, se permetti Candy è un nome da prostituta, non da bambina.» ribatté.
«Dai, è carino!» affermai. A me piaceva personalmente, ma a Felicity faceva veramente ribrezzo.
«I nomi normali proprio non ti piacciono, eh? Tipo Grace, Lily, Jackie, Emily…»
«Ma sono banali, vorrei qualcosa di originale.» le spiegai.
«Ricordati che dovrà tenerselo per il resto della vita, Oliver.» 
«Lo so, lo so. Troveremo un bel nome, vedrai.» le dissi dandole un piccolo bacio sulla guancia.
«Farò tardi al lavoro, è meglio che vada. Ci vediamo verso le cinque.» esclamò ricambiando il bacio.
Da un lato non capivo perché Felicity si ostinasse a non volere il lavoro che sia io che Tommy le avevamo proposto. Non c'era nessuno tipo di favoritismo, loro in azienda cercavano una persona qualificata ed io gli avevo mandato il curriculum di Felicity. Da subito ne erano rimasti impressionati, ma lei non me voleva sapere. D'altro canto però la capivo, lei era orgogliosa e intelligente, voleva guadagnarsi il suo posto e forse non avrebbe mai accettato quel lavoro. Amavo questa particolarità che la distingueva, era la prima volta che mi capitava di stare con una donna così testarda e decisa. Con lei niente era mai banale e riusciva a tenermi testa senza problemi, quando litigavamo era difficile spuntarla con Felicity, ma alla fin fine era un altro tratto che adoravo di lei.
Oggi dovevo vedermi con Tommy per un’uscita tra amici. Erano un paio di settimane ormai che non ci sentivamo e sentivo il bisogno di passare del tempo con il mio migliore amico. Ero contento di avere almeno lui e Thea al mio fianco, visto che i miei genitori mi tenevano il muso da praticamente due mesi. Nonostante ciò, non avrei fatto io il primo passo, poco ma sicuro. Loro mi avevano escluso e dato dell’incosciente, ed io avevo scelto mia figlia e Felicity al posto loro. Non era giusto che mi trattassero come un criminale per una cosa del genere.
Misi in moto l’auto e mi diressi verso il porto di San Diego. Tommy aveva organizzato una battuta di pesca per rilassarci un po’ ed io avevo accettato, anche se a dicembre sarebbe stato difficile prendere qualcosa di decente. Quasi sicuramente avremmo passato il tempo sotto coperta a giocare con i videogiochi come quando eravamo adolescenti.
Tommy possedeva un bellissimo yacht da diciotto metri, se lo era auto regalato per i suoi ventuno anni facendo infuriare suo padre. L’aveva fatto un po’ per irritare il signor Merlyn, come al solito, un po’ perché gli erano sempre piaciute le barche. Si era persino impegnato a prendere la patente nautica e ci era riuscito al primo tentativo, nonostante lo studio non fosse il suo punto di forza (e neanche il mio).
«Sei arrivato finalmente.» commentò il mio amico vedendomi arrivare.
«Odio il traffico di questa città.» mi lamentai.
«Dai, sali e smetti di piagnucolare, salpiamo tra cinque minuti.» replicò Tommy.
Mi limitai ad ubbidire e salii a bordo raggiungendolo al piano superiore, dove si trovava la postazione di guida. Eravamo fortunati che in questa barca ci fosse il riscaldamento, o in mezzo all’oceano saremo congelati.
«Come vanno le cose, paparino?» mi chiese ridacchiando. Ancora non ci credeva che stessi per avere un bambino.
Alzai gli occhi al cielo «Vanno bene. Ormai manca davvero troppo poco.»
«Hai paura?» mi domandò, più serio.
«Me la sto facendo sotto, ma non dirlo a Felicity.» risposi ridendo.
«Cristo santo, Oliver, diventerai padre tra poco più di due mesi.» esclamò guardando dritto avanti a sé.
«Ma davvero? Non lo sapevo.» dissi ironicamente.
«Non ci credo ancora. Non riesco a capacitarmene. Fino a ieri andavamo per locali e facevamo a gara a chi scopava di più!» ribatté accelerando l’andatura dello yacht.
«Non ricordarmelo.» risi, passandomi una mano tra i capelli.
«Dovrò trovarmi un altro migliore amico con cui uscire?» mi domandò prendendomi in giro.
«No, per il semplice fatto che sono insostituibile.» mi vantai.
«Coglione.» sbuffò lui.
Gettammo le ancore a qualche miglia dal porto e Tommy iniziò a rovistare tra la sua attrezzatura da pesca per preparare le canne. Non che mi interessasse particolarmente tornare a casa puzzolente di pesce e con scaglie ovunque, ma ci divertivamo un sacco ogni volta che facevamo queste uscite. Il più delle volte i pesci abboccavano ma noi eravamo troppo distratti per tirarli su e alla fine in qualche modo si liberavano lasciandoci a mani vuote. Ricordo quando, circa tre anni fa, uscimmo a pesca promettendo alle nostre famiglie di offrir loro una cena di pesce, ma ci addormentammo sotto coperta. Una volta tornati indietro fummo costretti ad andare al mercato del pesce e comprarlo, anche se nessuno ancora lo sapeva a distanza di anni.
«Avete scelto il nome per la bambina?» mi chiese porgendomi una birra.
«Magari. Felicity mi boccia ogni nome, ma lei non ne propone neanche uno, quindi siamo sempre punto e a capo.»
«Secondo me dovreste smettere di pensarci e basta.» disse alzando le spalle.
«Grazie, Tommy.» sbuffai.
«Intendevo dire che il nome giusto arriverà. Se continuate a scervellarvi finirete solo per discutere.»
«Probabile.» annuii osservando l’oceano piatto «A proposito, ho saputo da fonti anonime che ti stai sentendo con una ragazza.»
«Con fonti anonime intendi Felicity?» mi chiese.
«Ovviamente.» confermai.
«Non è niente di serio comunque, solo attrazione fisica penso.» replicò.
«Dicevo la stessa cosa mesi fa, e guardami adesso.» affermai.
«Tu e Felicity avrete un figlio, Laurel ed io stiamo solo giocando, e per adesso va bene così ad entrambi.»
«Ammetti che un po’ ti piace.» lo incalzai.
«È una ragazza splendida, certo, ma non sono fatto per le relazioni, lo sai, finirei per rovinare ogni cosa.» esclamò gettando più lontano il filo della canna da pesca.
«E se poi ti penti di non averci provato?» gli domandai.
«Sei per caso diventato un consulente di coppia a mia insaputa?»
«Scusa.» ridacchiai «Ho l’influenza di due donne a casa, più quella di mia sorella.»
Passammo in tranquillità altre due ore, senza prendere neanche un pesce naturalmente, ma poco importava. Verso le due e mezza del pomeriggio notai dei grossi nuvoloni neri sopra di noi e il cielo cominciò a scurirsi. Guardai Tommy, che non sembrò preoccuparsene più di tanto, così non ci diedi troppo peso neanche io.
Il problema spuntò circa venti minuti più tardi, quando iniziò a soffiare un vento forte e freddo che fece agitare le acque del mare. Cominciammo a mettere al loro posto le canne e nel momento in cui iniziò a piovere a dirotto optammo per rifugiarci in cabina.
«Le previsioni non avevano messo temporale!» imprecò il mio amico.
«Sarà di passaggio, aspettiamo che finisca.» proposi.
«Non mi piacciono questa pioggia e questo vento. Dovremmo tornare indietro.»
«Non è più saggio aspettare?» gli chiesi.
«Rischiamo di rompere le ancore stando qui con il mare così mosso, è meglio provare ad andare verso il porto ed avvisare con il telefono satellitare del nostro rientro.»
«Va bene, tu metti in moto, io cerco di contattare la capitaneria di porto.» esclamai afferrando il telefono dello yacht.
Il temporale si era trasformato in una vera e propria tempesta, sembravamo fare un metro avanti e tre indietro. Di questo passo non saremo mai arrivati. Avrei tanto voluto telefonare a Felicity, ma il cellulare aveva smesso di funzionare nel momento in cui erano cominciati i fulmini.
«Odio doverlo dire, ma non si mette bene.» mi disse Tommy.
«Me ne sono accorto.» commentai indossando l’impermeabile, così da non bagnarmi eccessivamente.
«Hai contattato il porto?» 
«Sì, ma non possono mandare nessuno, è troppo pericoloso.»
«Ottimo, perfetto.» esclamò gettando qualcosa in mezzo al mare per la rabbia.
«Tommy, rifletti, c’è un posto raggiungibile da qui?» 
«Non lo so, Oliver.» 
«Pensa!» affermai, sapendo che lui se ne intendeva di barche e mare più di chiunque altro.
«La baia.» disse poco dopo «È riparata, ed è qui vicino. Dovremmo essere in grado di arrivarci.»
Gli diedi una pacca sulla spalla in segno di riconoscimento. Forse in qualche modo saremmo potuti ritornare sulla terra ferma. 











Angolo autrice
Ciao a tutti, sono tornata col capitolo 13! :) visto che puntuale? Confronto ai mesi di sofferenza per il dodicesimo direi che vado meglio no? xD
Allora, ricapitoliamo. Come vedete c'è un salto temporale di circa due mesi e qualcosa. Oliver e Felicity stanno ufficialmente insieme e sembra andare tutto bene (a parte qualche sbalzo d'umore ahah). È un capitolo dedicato quasi completamente ad Oliver, se lo merita un capitolo per sé no? A parte gli scherzi, lui e Tommy escono per una normale gita in barca e scopriamo che quest'ultimo ha iniziato una sorta di "amicizia" con Laurel eheh. Ma ovviamente che noia se andasse tutto liscio, vero? Ormai mi conoscete lol.
Ritorneranno tutti interi Tommy ed Ollie? Lo scopriremo... u.u

(Oltre ad Oliver e Fel anche io sono in crisi con la scelta del nome ahahah).

Grazie mille per le recensioni allo scorso capitolo, è bello vedere che ancora c'è gente che mi legge :)
Ps: nella mia testa sta frullando una nuova fan fiction, ma è top secret ancor ahah

A presto con il prossimo!
Anna
 

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Capitolo 14
*** Twenty-nine weeks pregnant ***


14. Twenty-nine weeks pregnant





Felicity
Una settimana. Una fottuta settimana. Ecco quant’era passato da quando avevano ritrovato lo yacht di Tommy. Vuoto
Ebbene sì, di Oliver e Tommy nessuna traccia. Si pensava fossero stati sbalzati in mare, ma come teoria non stava in piedi visto che mancava anche il piccolo gommone di bordo, ed i gommoni non sparivano nel nulla.
Avevo saputo la notizia dalla sorellina di Oliver, Thea, che mi aveva telefonato in lacrime spiegandomi a grandi linee ciò che era successo. In quel momento ricordo solo di essermi seduta sul divano e di aver iniziato a piangere senza potermi fermare. Erano lacrime di paura, di preoccupazione, sapevo che se fosse successo qualcosa ad Oliver ne sarei morta. Tra noi era stato tutto così incasinato, così frettoloso, eppure avevamo imparato a volerci bene, forse addirittura ad amarci. Ma non c’era solamente il sentimento reciproco in questo momento, c’era un piccolo essere umano che ne avrebbe subito le conseguenze, se fossero arrivate brutte notizie.
«Papà tornerà a casa, Lucy. Te lo prometto.» avevo detto alla mia pancia quella sera.
Non sapevo per quale strano motivo, ma avevo chiamato mia figlia con un nome, un nome vero. Mi era sempre piaciuto il nome Lucy, ed in quell’istante avevo sentito fosse il suo nome. In cuor mio sapevo che anche ad Oliver sarebbe piaciuto, me lo sentivo.
«Fel, vuoi qualcosa da mangiare?» mi chiese Laurel gentilmente.
«Sì, grazie. Penso che Lucy abbia fame.» le risposi sentendo la piccola scalciare forte dentro di me.
«Penso tu abbia trovato il nome perfetto per lei.» commentò la mia amica.
«Avrei voluto dirlo ad Oliver nel momento stesso in cui l’ho pensato.» sospirai cacciando via le lacrime.
«Glielo dirai presto.» mi disse solamente. Anche lei soffriva, me ne rendevo conto, ma lo faceva in silenzio.
Mi ero trasferita da Laurel il giorno dopo aver scoperto che Oliver e Tommy erano scomparsi. Non mi andava di stare sola e nemmeno a lei. Il giorno dopo ancora si erano unite anche Caitlin e Sara, rendendo la casa un po’ più allegra.
«Sara, quando ci presenterai il tuo ragazzo?» domandai alla mia amica. Volevo smettere di piangermi addosso almeno per un po’.
«Che c’entra adesso?» replicò stupita.
«Ho bisogno di distrarmi.» dissi semplicemente.
«In effetti Felicity ha ragione.» intervenne anche Cait.
«Non stiamo neanche insieme, quindi non c’è nulla da presentare.» si lamentò lei. Sara era sempre molto riservata riguardo le sue storie amorose.
«Non sarà mica sposato.» commentò Laurel dalla cucina.
«Macchè!» sbuffò Sara, quasi infastidita.
«È un criminale?» domandò Caitlin ridacchiando.
«Oh, ma per chi mi avete presa voi tre?» esclamò la bionda «È solo più grande di me… Di un pochino.» aggiunse.
«Ovvero?» intervenni io. Le proporzioni per Sara non erano mai uguali a quelle degli altri.
«Beh, sono quasi… Dieci anni.» balbettò abbassando lo sguardo.
«Tutto qui?» mi meravigliai.
«Pensavo mi avreste giudicata, insomma, io sono ancora una ragazza, lui è un uomo!»
«Io certamente non posso giudicarti visto che mi sono fatta mettere incinta dopo un’unica scopata.» replicai ridendo.
«Touché.» rispose divertita anche lei.
Era bello potersi in qualche modo distrarre e non pensare al peggio. Non potevo negare di aver più volte pianto prima di rispondere al telefono, pensando fosse la polizia che mi comunicava la morte di Oliver. Forse ero esagerata, non lo so, ma era trascorsa una settimana... e nessuno aveva notizie. Zero. Silenzio stampa. Che fossero bloccati da qualche parte senza cellulare? Possibile. Che fossero annegati? Possibile anche questo. Comunque, mi piaceva sicuramente pensare all'opzione numero uno. 
Avevano trovato quasi subito lo yacht, essendo dotato di gps non ci erano voluti grandissimi sforzi, ma il piccolo gommone che mancava all'appello certamente non era dotato di tale dispositivo, quindi era come cercare un ago in un pagliaio. O meglio, un ago in un oceano.
Essendo dicembre, tra l'altro, il sole calava molto presto al pomeriggio e di notte era troppo difficile portare avanti le ricerche. La nota positiva era che la tempesta era stata una cosa passeggera, il mattino seguente era ritornato il bel tempo, e le squadre di soccorso erano partite immediatamente. 
«Ragazze, io esco un attimo, devo fare una telefonata.» esclamò Sara dopo pranzo.
Caitlin, Laurel ed io ridacchiammo come tre pettegole, sapevamo bene chi doveva chiamare ed era divertente il fatto che non volesse farlo mai davanti a noi. Che facessero sesso al telefono? Nah, non era da Sara, lei preferiva andare al sodo se necessario. Non so perché stavo pensando a queste cose, magari voleva semplicemente sentire il suo "amico" e parlarci un po'. Era colpa di Lucy se i miei ormoni erano impazziti, a volte pensavo cose assurde o volevo mangiare cose assurde. 
Qualche ora più tardi ricevetti una chiamata da mia madre. Le avevo raccontato cosa fosse successo a grandi linee, non mi andava proprio di toccare l’argomento a meno che non fosse necessario, anche perché ne parlavano tutti i telegiornali.
«Mamma?» dissi rispondendo al cellulare.
«Felicity! Dammi il tuo indirizzo di casa.» esclamò lei senza neanche salutare.
«Il mio indirizzo? E a che ti serve?» domandai sorpresa.
«Per venire da te, ovviamente!» rispose quasi urlando nella cornetta.
«Mamma, non serve che vieni fino a San Diego, sto bene.» cercai di dire per rassicurarla.
«Ma sono già qua! Ho preso il primo volo disponibile.»
Rimasi per un attimo interdetta. Non sapevo né cosa pensare né cosa dire. Mia madre era venuta fino a qua da Las Vegas. Non ci potevo credere. Dopo un attimo di silenzio le comunicai il mio indirizzo di casa e salutai velocemente le mie amiche. Per la prima volta dopo giorni e giorni mi sentivo felice, felice di avere la mia mamma accanto. Sentivo di aver bisogno di lei più che mai ora, nonostante fosse un po’ matta e infantile sapeva sempre come consolarmi o come farmi stare meglio.
Arrivammo quasi nello stesso istante. Lei mi corse incontro ed io mi limitai a stringerla in un grande abbraccio. Mi veniva quasi da piangere, non lo negavo. Ci vedevamo veramente pochissimo da quando mi ero trasferita in California, ma il nostro rapporto era addirittura migliorato. Probabilmente ciò che ci serviva era proprio la distanza. Riuscivamo a volerci bene e a comunicare molto meglio così.
«Tesoro! Ma guarda che bel pancino!» mi disse entusiasta accarezzandomi la pancia sotto il cappotto.
«Più che altro pancione.» ridacchiai io.
«Dai, andiamo di sopra, ti preparo qualcosa.» si offrì subito.
«È bello averti qui, mamma.» sospirai sedendomi sul divano.
«Non potevo non venire, Felicity. Non oso immaginare cosa stai passando.» affermò portandomi una tazza di tè verde fumante.
«A volte credo di impazzire. È il non sapere che mi spaventa.» le confessai.
«Lo capisco.» replicò facendo una pausa «Non ci sono novità?»
«No, non ancora. Il tempo è buono e le ricerche vanno avanti senza sosta, ma potrebbero essere ovunque.»
«Li troveranno vedrai. Me lo sento.» cercò di confortarmi.
«Io lo spero, mamma. Non voglio che Lucy cresca senza padre.» le dissi.
«Lucy?» mi chiese con un sorriso.
«Già… Mi viene spontaneo chiamarla così.»
«È un nome bellissimo, Fel. Ad Oliver piacerà un sacco!»
Annuii «Non vedo l’ora che torni a casa…»
Lasciai a mia madre la camera degli ospiti per la notte, dopo aver cenato e guardato un po’ di televisione mi rintanai nella mia stanza, ma chiaramente non chiusi occhio. Continuavo a sognare che la guardia costiera mi chiamava dicendomi di aver ritrovato il cadavere di Oliver. Mi svegliavo di soprassalto ogni volta e controllavo compulsivamente il cellulare rendendomi conto, però, che non vi era alcuna chiamata. Ero stanca e spossata, la gravidanza certamente non aiutava a rilassarmi, ma il pensiero di mia figlia era forse l’unica cosa che m’impediva di crollare. Cercavo di non disperarmi per lei, cercavo di essere il più positiva possibile proprio per lei.
«Felicity! Felicity, svegliati!» mi chiamò mia madre.
«Cosa? Che c’è?» domandai lievemente intontita.
«Il tuo cellulare sta vibrando da un’ora, non lo senti?» 
«No… Io… Devo essermi proprio addormentata…» balbettai tirandomi su e afferrai il telefono «È Thea, la sorellina di Oliver. La richiamo.»
«È una vita che cerco di chiamarti!» mi urlò contro la giovane Queen.
«Scusa, sono crollata dal sonno… Hai novità?» le chiesi immediatamente.
«Li hanno trovati! Erano vicino alla baia! Li stanno portando in ospedale per dei controlli ma pare stiano bene. Se non sbaglio andranno al San Diego Memorial, vuoi venire?»
«Sì! Sì!» dissi senza esitare, non avevo metabolizzato ancora la notizia, mi era uscito spontaneo dire di sì.
«Passo a prenderti tra quindici minuti.» aggiunse Thea riattaccando.
«Mamma, li hanno trovati.» dissi sorridendo e piangendo allo stesso tempo.
«Te l’avevo detto! Sono così contenta!» esclamò abbracciandomi.
«Tu porti fortuna, lasciatelo dire!» replicai correndo in camera ad infilarmi qualcosa per uscire.
Non vedevo l’ora di vedere Oliver, ma già il fatto che stesse bene mi rasserenava moltissimo «Andiamo da papà, Lucy.» dissi a me stessa prima di uscire di casa.











Angolo autrice
Rieccomi qui! Scusate per l'attesa, ma avevo iniziato il capitolo tempo fa e l'ho finito solamente adesso!
Una settimana è passata dalla scomparsa di Oliver e Tommy e Felicity cerca di reagire come può. La cosa che la spaventa di più è che la sua bambina non abbia un papà... E a proposito di bambina, abbiamo anche un nome finalmente ahah: Lucy. Non so perchè ma adoro questo nome, poi Lucy Queen suona bene quindi punto a favore xD
Compare anche la mamma di Fel, che prende il primo volo e raggiunge la figlia. Sembra anche portare fortuna oltretutto, infatti Oliver e Tommy vengono ritrovati e pare stiano bene!
Nel prossimo capitolo i nostri due protagonisti si rivedranno dopo questa disavventura ;)

Un grazie sempre a chi mi segue e soprattutto a chi commenta! Mi fa sempre tanto piacere ricevere un parere!

A prestissimo,
Anna

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