Yuri On Ice: Storia di Una Piccola Tigre

di LaVampy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tutto ha un inizio ***
Capitolo 2: *** perchè è tutto, dannatamente, complicato? ***
Capitolo 3: *** Ti odio, tu non sai quanto, ma ti odio ***
Capitolo 4: *** turbamenti ***
Capitolo 5: *** che cosa ha lui, che io non ho?? ***
Capitolo 6: *** vecchi rancori ***



Capitolo 1
*** Tutto ha un inizio ***


Perché doveva essere così diverso? Perché doveva sentirsi sbagliato? Cosa c'era in lui che non andava? Erano ormai anni che Yuri, stella del pattinaggio su ghiaccio, fuggiva da ogni sguardo e da ogni tipo di interazione.

Quando fin da piccolo aveva manifestato, grande maestria nei balletti scolastici, il nonno per regalo lo aveva portato alla pista di pattinaggio, e si era innamorato. Indossò i pattini per la prima volta, sbuffando per tutti quei lacci lunghi, guardando la pista come se dovesse inghiottirlo. Ma quando poggiò la lama sulla superfice lucida, sentì una scossa dentro si se. Si sentiva vivo, giusto. Iniziò a risparmiare ogni paghetta, faceva le commissioni per i vicini e piano piano raggruppò abbastanza soldi per permettersi un paio di pattini tutti suoi, e anche se erano di seconda mano, per lui erano la cosa più bella che avesse mai avuto. 

Quando il gestore della pista aveva visto la sua passione, gli aveva dato il permesso di utilizzarla ogni volta che volesse, purchè gli desse una mano con le pulizie. E nonostante tutto era comunque uno dei migliori della scuola. Perché se c'era una cosa che da quando aveva memoria lo accompagnava era che lui voleva essere il migliore in tutto. Passava ore e ore in pista, pattinando alla musica che sentiva dentro la sua testa, non aveva bisogno di altro, sentire le lame che veloci passavano sul ghiaccio, gli faceva provare qualcosa dentro. La sua vita era divenuta monotona, scuola, pattinaggio, casa. Casa, pattinaggio, casa, e scuola. Non aveva amici, perché non li aveva mai voluti. Chiudendosi giorno dopo giorno, sempre di più in se stessi, gli unici sorrisi li regalava alla pista di ghiaccio. Poi un giorno, in quella pista, erano arrivati un gruppo di ragazzi e ragazze, si allenavano per la nazionale. Erano i migliori, e lui si limitava a guardarli da distante, mentre ultimava le pulizie. Fino a quando un giorno non si rese conto di essere osservato, mentre pattinava, la pista era vuota e per una volta poteva dare il meglio di se stesso senza il pericolo di scontrarsi con qualcuno. Azzardò qualche salto, cedendo pesantemente sul ghiaccio, ma ogni volta si rialzava, pronto a ricominciare. Imparando caduta dopo caduta come migliorare. E quando riuscì a saltare senza cadere, sentì dentro di se una forza nuova. 

Stava pulendo il cestino del bagno, quando si era trovato faccia a faccia con un ragazzo con i capelli lunghi e gli occhi azzurri. Era stato gentile, fin troppo, sempre con il sorriso, abbastanza irritante per lui.  

-Pattini molto bene- gli disse il ragazzo. 

-lo so-gli rispose allontanandosi. 

-Beh, potresti allenarti con me, diventeresti molto bravo- disse l'atro, sorridendo. 

-Io sono già bravo, di certo più di te- disse uscendo da bagno, continuando le sue pulizie. 

Fu in una domenica pomeriggio noiosa che riconobbe quello strano ragazzo: Viktor Nikiforov, astro nascente del pattinaggio su ghiaccio. E guardando quel ragazzo e il suo odioso sorriso, promise a ste stesso che un giorno lì ci sarebbe stato lui. 

-Nonno, un giorno quel posto sarà mio- disse alzandosi. 

-Ne sono convinto Yurochka- disse il nonno sorridendo al nipote, che guardava la televisione concentrato. 

Fu così che Yuri si dedicò anima e corpo al pattinaggio, nonostante il dolore ai piedi, le ore estenuanti sulla sbarra, fino a che Yakov non lo fece entrare nella nazionale russa. Il primo piccolo passo era compiuto, ora restava solo da schiacciare chiunque gli passasse davanti. Nessuna emozione, nessun amicizia, un solo obiettivo: vincere. 

Quando gli capitò per la prima volta di eccitarsi era in piscina, stava svolgendo alcuni esercizi per allungare la massimo i muscoli delle spalle. Gli era bastato vedere Viktor, fasciato dal costume olimpionico per sentire un formicolio alla parte bassa del suo ventre. Era solo un ragazzino biondo, sconosciuto a tutti, ma quando Viktor, uscendo dall'acqua si era tolto la cuffia e i lunghi capelli gli avevano accarezzato le spalle, era uscito veloce dall'acqua ed era corso in bagno. Il viso rosso e le lacrime agli occhi per la vergogna. Da quel giorno aveva continuato ad isolarsi sempre di più, parlando il minimo indispensabile con tutti. Urlando e imprecando con tutti quelli che cercavano di essere gentili con lui. E per un po' le cose si erano calmate, apprezzava la vista delle modelle sui giornali e delle belle ragazze che cercavano sempre di abbordarlo, quando lo vedevano a scuola. Sapeva che c'era una ragazzina che era follemente innamorata, ma l'unica volta che gli si era avvicinata, lui le aveva detto, senza mezzi termini che non aveva intenzione di fare amicizia, nemmeno le lacrime lo avevano smosso, e quella fu l'ultima volta in cui, qualcuno, gli rivolse la parola. 

-Yuri, dovresti essere più gentile- gli aveva detto una volta Viktor. 

-Non tutti hanno sempre da sorridere come degli idioti- gli aveva risposto. 

-Mi hai dato dell'idiota?-aveva chiesto stupito Viktor. 

-Tu sorridi sempre?- gli aveva risposo l'altro, mettendo i pattini nella sacca. 

-Certo che si- rispose Viktor. 

-Ti sei risposto da solo- gli disse il biondo, alzandosi e uscendo dalla porta. 

-Essere idiota è meglio che essere stronzi- gli aveva risposto Viktor, più per punzecchiarlo che per altro, ma il biondo si era limitato a fulminarlo da sopra la spalla, sbattendo un piede ed alzando il  dito medio. 

Essere stronzo, irrispettoso era diventata la sua filosofia, non dava nulla, non si aspettava nulla, ma pretendeva il massimo solo da se stesso, portando il suo corpo allo sfinimento, restando ad allenarsi anche quando era già buio, arrivando a crollare nel letto per la fatica. Fino a quando, in albergo, non aveva incontrato gli occhi neri di un ragazzo. E quel giorno, tutto quello in cui credeva, tutto quello per cui aveva lottato, venne messo in discussione. 

 

L'angolo della Vampy 

E nulla, intanto: ciao! Non resistevo più, e ho dovuto pubblicare nonostante l'altra sia ancora in fase di svolgimento. Ho in mente questa storia da un po' di tempo e la voglio scrivere perché beh, tutti conosciamo Yuri ma io, l'ho immaginato leggermente diverso. Spero di cuore che vi piaccia e come sempre, consigli e critiche sono sempre ben accette.

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Capitolo 2
*** perchè è tutto, dannatamente, complicato? ***


 -Sei sempre così stronzo?- aveva chiesto Yuri, guardando Okabek Altin. Non aveva trovato una frase migliore, per uscire da quell'imbarazzante attimo, in cui il suo cuore, aveva deciso di iniziare una corsa furiosa. Mentre prendeva consapevolezza di quello che gli stava dicendo il suo corpo. Era eccitato, era bastato incontrare per pochi secondi quello sguardo. Come un cavallo libero, sulla riva del mare. Cosa aveva di così particolare quel ragazzo, da aver smosso dentro di lui, qualcosa che credeva assopito, o meglio che credeva non esistesse più. Lui non era Viktor, o quel becero porchetto, lui era Yuri, la fata della Russia, la Tigre pronta a sbranare chiunque, tranne quel kazako. L'irritazione crebbe dentro di lui, quando vide le porte dell'ascensore chiudersi, ed incontrò lo sguardo degli altri, si sentiva osservato, come se fosse trasparente. Odiava quella sensazione di impotenza, e maledicendo se stesso, si voltò. C'era qualcosa di sbagliato in tutto quello, mise la mano nella sacca toccando le gelide lame, calmandosi immediatamente. Forse era perché non aveva più contatti con gli altri? O forse, semplicemente era lui sbagliato? Aveva quindici anni, gli ormoni a mille, bastava vedere una pubblicità per sentire lo stomaco formicolare. Era così in imbarazzo per il suo corpo, che chiedeva sempre una stanza singola, per evitare che la gente vedesse cosa gli succedeva ogni mattina, quando andando in bagno , afferrava la prima rivista e cercava di darsi piacere, devastato da quelle sensazioni che il corpo gli dava. Aveva fatto delle ricerche era una cosa normale soprattutto per un ragazzo come lui, in piena tempesta ormonale, ma allora come mai lui si sentiva sbagliato? 
 
Aveva avuto delle fidanzatine, o meglio ci aveva provato. La prima  era una biondina di nome Eva, bella come il sole, la più bella della classe. Ci aveva impiegato un paio di giorni e tanto coraggio per chiederle di uscire insieme. Per poi ritrovarsi in un parco su una panchina, imbarazzato. I minuti scorrevano lenti, mentre entrambi osservavano la natura, era un pomeriggio soleggiato, non faceva freddo. 
 
Era fermo che spiava la sua compagna sulla panchina, in silenzio. -Tu hai mai baciato qualcuno?- le aveva chiesto ed Eva era arrossita, scuotendo la testa. 
-Nemmeno io- aveva risposto, -Non so nemmeno come si faccia, l'ho visto solo nei film-.  
 
-Puoi baciare me, possiamo provare- aveva risposto la ragazzina, timidamente, alzando però il viso e avvicinandosi appena. E Yuri preso coraggio e un profondo respiro, aveva appoggiato la sua bocca su quella dell'altra.

Era stato strano, forse sbagliato, perché non aveva sentito nulla. E quando Eva aveva cercato di prendergli la mano, lui l'aveva allontanata, per poi vederla scappare piangendo. Aveva ripensato più volte a quello che era successo, cercando di capire dove avesse sbagliato. Nei film tutto era semplice, ma la verità era che era tutto dannatamente complicato. Un paio di anni dopo, era toccato a Melinda. Una ragazza mora, con gli occhi azzurri come il ghiaccio, si era innamorato, spiandola giorno dopo giorno, non aveva permesso più a nessuno di avvicinarsi a lui, ma lei era diversa dalle altre. Erano andati al cinema, avevano riso, scherzato e stranamente si era rilassato. Una volta fuori dal cinema, aveva passato la sua sciarpa alla ragazzina, per poi accompagnarla a casa. Prima di dargli la buonanotte, Melinda gli aveva appoggiato le labbra fredde sulla guancia, ringraziandolo e lui ne aveva approfittato per baciarla sulla bocca. Era stato un bacio bagnato, diverso da quello precedente, che lo aveva emozionato, si era rivisti altre volte, nonostante gli impegni di entrambi con lo sport. Ma poi Melinda era tornata in America e lui si era ritrovato  solo e con il cuore spezzato. Pattinare era diventato la sua unica e sola salvezza. Deciso più che mai ad allontanare ogni pensiero che non fosse ghiaccio e medaglie. E fanculo a tutti quelli che lo ritenevano un asociale, e un burbero, le emozioni era per i deboli e lui non aveva tempo per le debolezze, lui doveva solo vincere. E così aveva fatto per anni e anni, insieme a Viktor, Mila e Georgi.  

 
-Dove diavolo è quel vecchio?- chiese Yuri a Mila, nella reception dell'albergo, erano andati in trasferta un paio di giorni, prima di partecipare alla gare vere e proprie, per rilassarsi lontano da tutto e da tutti, ma ovviamente Viktor, con grande disprezzo del biondo, era conosciuto ovunque e la pace era sempre distante. 
 
-Sta rilasciando autografi e fotografie- rispose la rossa, indicando davanti alla porta. 
 
-Ma non si stanca mai di essere toccato da quelle ninfomani?-. 
 
-E tu? Posso toccarti un po' io, visto che sei sempre così solo?-aveva chiesto Mila, sorridendo. 
 
-Brutta vecchia, sono un bambino io, cercatene uno vecchio come te, e non rompere a me- aveva urlato, ringhiando Yuri, per poi avvicinarsi all'allenatore.
 
-Yakov, chiama quel vecchio, voglio andare in aereoporto, c'è il nonno che mi aspetta- aveva urlato abbastanza forte perché Viktor lo potesse sentire, infatti l'albino strizzandogli un occhio gli aveva sorriso. E il cuore di Yuri aveva fatto una capriola. Maledetto russo bastardo. 
 
-Muovi il culo, vecchio pervertito- aveva urlato nuovamente sedendosi sulla sua valigia. 
 
-Yuri, dovresti essere più gentile con le tue fans, potresti incontrare la ragazza della tua vita, la fuori. O il ragazzo- aveva detto Viktor rientrando. 
 
-Io non sono come te, e mi piacciono le ragazze- ringhiò l'altro. 
 
-E come mai non ne abbiamo mai conosciuta una?-chiese Mila. 
 
-E tu perché non ti fai i cazzi tuoi?- aveva risposto il biondo, alzandosi. 
 
-Siamo suscettibili, per quanto riguarda argomento fidanzate- aveva riso la rossa, tenendosi la pancia. 
 
-No, semplicemente vi dovete fare i cazzi vostri-. -E poi io ho una fidanzata-aveva risposto, arrossendo. 
 
-Oh e da quando?-aveva risposto Viktor, guardandolo. 
 
-Da un po'-aveva risposto evasivo. Perché non lo lasciavano perdere? Perché doveva essere tutti così tremendamente imbarazzante e sbagliato? 
 
-E quando la vedi?-. 
 
-Abita vicino al nonno la vedo la sera- aveva risposto sperando che questo avrebbe fatto desistere i due, ma non era servito a nulla, anzi. Avevano continuato a riempirlo di domande e richieste, fino a quando, finalmente sull'aereo, potè isolarsi con la sua adorata musica, chiudendosi in quel mondo giusto. Il suo mondo. Avrebbe dovuto scaricare della musica nuova, qualche pezzo diverso. Ora intanto non gli restava che sognare un mondo alla sua altezza. Ad altezza podio. 

L'Angoletto della pazza
si lo so la tiro per le lunghie ma giuro, dal prosismo capitolo interagirà meglio con il Beka, promesso. intanto che ne dite di dirmi cosa ne pensate?
Grazie a tutti di cuore, la storia, vedo con piacere, è già seguita, recensita e preferita... abbraccione (*.*)/

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Capitolo 3
*** Ti odio, tu non sai quanto, ma ti odio ***


Ehmmm,  
Si lo so vi aspettate Beka ma...  
… I'm sorry! 
 
C'era stato un periodo buio nella sua vita. Era quando aveva capito che era bravo, più di molti suoi compagni, ma Yakov lo limitava, pronto a tarpargli ali le ogni volta che cercava di fare qualcosa in più. Lui era un vincente, a dieci anni era già in grado di eseguire con classe e senza errori una buona parte dei salti del programma di Viktor. E fu quando decise di sfidare Yakov, e provare in gara il nuovo salto, imparato di nascosto, che ottenne finalmente qualcosa di concreto oltre alla medaglia. Una promessa. La promessa di Viktor, di preparagli una coreografia degno di un vincitore. Ed improvvisamente si era sentito forte, potente, in grado di scalare la montagna. Aveva vinto, eppure non era contento, non del tutto, quel pezzo di oro, non era nulla, lui voleva il tetto del mondo. Viktor se ne stava li sorridendo con l'ennesimo oro. Un sorriso che però non raggiungeva gli occhi, lui lo conosceva. Un sorriso di circostanza, e per un attimo ebbe paura, sarebbe divenuto anche lui così? Stava camminando sfuggendo come al solito ai paparazzi e fans impazzite, il cappuccio calato sulla testa, e le mani in tasca. Nascondendosi al mondo come solo lui aveva imparato a fare. Si fermò un attimo, si osservò intorno, un suono diverso dal solito lo aveva distratto. Aprì la porta del bagno, c'era il silenzio, ma durò solo alcuni secondi. Dal bagno giunse un lamento, poi la voce soffocata, non era inglese, nemmeno russo era giapponese. Ecco davanti a lui, separato solo da un inutile pannello di legno, Yuuri Katzuki. Colui che aveva attirato l'attenzione di Viktor, l'anno prima. Colui che ubriaco aveva dato spettacolo, mettendolo in ridicolo anche lui. L'unica fortuna era stata che non ci fossero dei giornalisti. Non era bravo, era addirittura troppo grasso, ma aveva qualcosa che aveva fatto illuminare Viktor. E lui aveva visto la sua occasione sfumare lentamente. Quel piccolo ed insignificante ammasso di lardo stava rischiando di mettere in pericolo la sua prima esibizione ufficiale.  e non si era sentito in colpa quando in inglese lo aveva guardato sprezzante, urlandogli il suo disgusto, e dicendogli che la pista non era abbastanza grande per due Yuri, che lui era e sarebbe sempre stato il migliore. E uno che si nasconde in un bagno a piangere come un bambino non era nessuno per affrontare il mondo del pattinaggio. Non si era sentito in colpa quando gli aveva voltato le spalle ed era uscito, per poi appoggiarsi al muro. Il giapponese era solo in un bagno a piangere, lui era solo in un corridoio a pensare, forse la differenza tra loro non era così tante, se non fosse che lui era Yuri, la tigre della Russia. L'altro al limite poteva essere il maialino del Giappone. Raggiunse il gruppo, proprio quando Viktor stava sorridendo alla stampa, e quando all'aereoporto girandosi Viktor si era illuminato, Yuri aveva ringhiato tra se. Non si era voltato, non ne aveva bisogno. Quella palla di lardo era certamente dietro di loro. Erano trascorsi alcuni giorni da quell'episodio. Ed arrivando alla pista non vedendo Viktor non si era preoccupato. La stella era così. Ogni volta che vinceva si prendeva una settimana per sballarsi, tra alcool e sesso. Era il suo modo di festeggiare, ma quando aveva visto Yakov urlare al telefono aveva capito che qualcosa non andava. 
 
-Hai visto quel piccolo Russo?-stava dicendo Mila ad una ragazza, guardando il telefonino. 

-Chi l'avrebbe mai detto che era così bravo?- aveva detto la ragazza, sorridendo. 

-E pensare che era tutto sussulti e rossore, eppure guarda che sequenza di passi, quasi meglio di Viktor- aveva continuato Mila. 

-Ora ho capito come mai Viktor è corso da lui- disse l'altra ridendo, per poi scattare in pista quando Yakov aveva urlato. 

Ma se c'era una parola che nel vocabolario del biodo non c'era era : arrendersi. Chiamò Yakov dicendogli che si sarebbe riposato un paio di giorni, con la scusa di uno strappo muscolare, del resto tutti lo avevano visto zoppicare. E senza dire nulla aveva comprato un biglietto per il Giappone ed era andato a riprendersi la sua speranza di vittoria. Quando era arrivato però non avrebbe mai pensato di trovarsi quel piccolo giapponese così determinato. Ma gli era bastato guardarlo per poco per capire: il giapponese pendeva dalle labbra di Viktor, così come una pera matura. Aveva storto il naso, schifato. E aveva odiato profondamente il giapponese. Nessuno gli avrebbe portato via il suo premio, aveva sputato sangue e sudore. Ed ora che era ad un passo dal suo sogno, avrebbe sterminato chiunque gli si parava davanti. Ma non aveva fatto i conti con l'amore e la determinazione del giapponese. Lo aveva visto in pista e per la prima volta in vita sua aveva provato quella sensazione di paura. Viktor lo aveva sfidato. Agape e Eros. Eros ad un maialino, e non alla tigre. E a nulla era valsi i suoi sforzi. Devi fare quello che la gente non si aspetta. E per un attimo aveva pensato che colpire Viktor sarebbe stata una grande soddisfazione, migliore dell'oro, ma allo stesso tempo, il profumo della sfida gli aveva risvegliato l'adrenalina che aveva perso, quando aveva visto la sua coreografia svanire. Doveva solo battere il maiale. Quanto ci avrebbe messo la tigre per mangiare quel piccolo giapponesino e lasciare di lui solo le ossa? 

Ma non aveva fatto i conti con l'amore. Quella maledetta forza che aveva trasformato il piccolo maialino tutto rossori e sussulti in un leone da palcoscenico. Aveva visto Viktor come lo guardava, aveva capito ancora prima la decisione del russo. Mentre il sapore della bile raggiungeva la sua gola costringendo ad appoggiarsi al muro per vomitare tutta la sua rabbia ,la sua frustrazione, mentre l'odio piano piano cresceva a dismisura. Per la prima volta nella sua vita era stato sconfitto, tradito da quel sentimento che aveva cercato di evitare come la peste. Ma non si sarebbe arreso.

Ora oltre all'oro aveva una nuova missione: umiliare Katzuki. E se per farlo avrebbe dovuto vendere l'anima al diavolo l'avrebbe fatto. 
 

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Capitolo 4
*** turbamenti ***


Ennesima caduta, ennesimo dolore e l'orgoglio a pezzi che si infrangeva come un bicchiere di cristallo, tagliando con le schegge quella corazza in cui si racchiudeva, ogni volta che scendeva sulla pista, fosse questa di legno, cemento o di ghiaccio. 
 
 -Rialzati subito-urlò Lilia. -Le prime ballerine non piangono- urlò ancora più dura, calpestando il parquet della sala da ballo, per posizionarsi davanti a lui.  

-Non sto piangendo- ringhiò il biondo tra i denti, asciugandosi il viso con rabbia. 

-Mi sa che è inutile con te, non sei abbastanza motivato e io non ho tempo da perdere, io alleno solo i migliori- sbuffò allontanandosi. 

-Io sono il migliore- urlò alzandosi, incurante del dolore alla caviglia. 

-Tu non sei il migliore, lo sarai se e quando vincerai quella medaglia, per ora il migliore resta Viktor, e ha un vantaggio su di te di cinque medaglie- disse una voce dietro di loro. E in quell'attimo Yuri sentì la bile in gola, la voglia di urlare e prendere a pugni tutto e tutti. Anzi la voglia di prendere a pugni solo una persona, o meglio un ragazzo. La voglia di ridurre ad un ammasso di carne trista: Yuuri Katsuki. 

-Ci mancava solo il vecchio, a rompere i co...-ma fu interrotto dalla bacchettata della sua insegnante, sulla sua mano. Veloce e letale, come fuoco. 

-Non una parola, non dire un'altra parola. Prima ballerina non è solo saper ballare, ma è grazia, portamento e classe.
E sciogliti i capelli, se li vuoi tenere lunghi devi imparare a ballare con loro. Sono stata chiara?-disse con voce che non ammetteva repliche. 

-Cristallina come sempre-ringhiò ancora, andando in centro alla pista per riprendere i passi, che stava eseguendo. Ingoiando quel groppo alla gola che sentiva nascere dentro di se, mentre una lacrima silenziosa scivolava sulla guancia. 

In Cina, il maiale si sarebbe dovuto classificare in Cina per riuscire forse ad accedere ai campionati successivi, giurando a se stesso che il ghiaccio si sarebbe sciolto sotto le sue lacrime. Sibilò di dolore quando si tolse le scarpe da ballo che avevano marchiato i suoi piedi. Nonostante strati di cerotti, sanguinavano e pulsavano. Si sedette e delicatamente tagliò quel piccolo tessuto, trattenendo ogni smorfia di dolore. Aspettava sempre di essere da solo, nello spogliatoio, perché si poteva lasciare andare. Nessuno lo avrebbe visto piangere di dolore, e di paura. Quell'ansia che lo assaliva ormai ogni sera. Era solo un quindicenne solo, in un mondo di grandi mostri. Avrebbe lottato con le unghie e con i denti per strapparsi un pezzo per se stesso. Sussultò quando il freddo della forbice incontrò la carne viva, senza riuscire a trattenere un gemito di dolore. Una volta rimossa la parte più grande, si diresse nella doccia. L'acqua calda avrebbe certamente portato via il resta del cerotto, e avrebbe riscaldato i suoi muscoli tesi. Si sciolse i capelli, massaggiandosi la cute. Non c'era una sola parte del suo corpo che non dolesse. Si massaggiò con cura il collo, scendendo sulle spalle, passando per il petto. E quando portò le mani insaponate sulle natiche non potè urlare di dolore. Un vistoso ematoma partiva dal fianco destro per terminare sulla natica, ed era solo la parte che riusciva a vedere. Blu come la notte, prese coraggio, passo di nuovo la mano, questa volta delicatamente. Una volta terminato si guardò i piedi. Piccoli rivoli di sangue lasciavano le sue dita, mischiandosi con la schiuma. Si abbassò per tanto per toccarle, facevano male, le unghie martoriate erano nere, ma nulla era paragonabile al dolore che aveva nel cuore. Quella rabbia che cresceva ogni volta che nello spogliatoio vedeva l'armadietto di Viktor. Quello stronzo si era addirittura dimenticato della promessa, e aveva scelto un perfetto sconosciuto. Ma se Viktor aveva messo in discussione la sua carriera, lui non avrebbe fatto lo stesso. Alla fine era riuscito ad ottenere la sua coreografia, ma aveva perso un amico. Colpì con forza il muro davanti a se, imprecando per la sua stupidità. I segni dovevano restare in punti in cui non si vedevano e non il contrario. Anche quello faceva punteggio, e di certo non voleva dare modo a quella vecchia gallina di urlargli contro. Uscì dalla doccia poco dopo, asciugandosi i capelli con un asciugamano. Si fermò un attimo prese il telefono e si sedette sulla panca. Suo nonno sarebbe arrivato da li a breve. Accese google senza cercare nulla di specifico, ma la foto sorridente di Viktor, con il braccio sulle spalle del maiale lo colpì come un pugno, lasciandolo senza fiato. Perché doveva fare così male? Lacrime lente scesero, incapace di fermarle. Lacrime di un ragazzo quindicenne che cercava in tutti i modi di apparire un uomo, di essere grande ma che in realtà restava sempre e solo un bambino. 

E come bambino non si vergognò di correre tra l'abbraccio del nonno, che da sempre lo aveva sostenuto ,anche quando tutti dicevano che non era lo sport adatto a lui, che lo seguiva orgoglioso. Che sapeva come abbracciarlo per ricomporre la sua anima distrutta da un mondo troppo grande per lui, così come si incastrano i pezzi per un puzzle. Guardando quell'unico e solo sorriso che amava. 

-Andiamo Yura-gli aveva detto il nonno, baciandolo sulla testa. -Hai ancora i capelli bagnati-. 

-Scusa nonno ho fatto tardi, è tanto che aspetti?-chiese sottovoce. 

-Sono appena arrivato- mentì il nonno, felice di vedere suo nipote sorridere. -Ma ti alleni troppo duramente- disse, accendendo il motore. 

-Non abbastanza, voglio l'oro nonno, posso farcela- disse piano, prendendosi le ginocchia con le braccia. 

-Non ho dubbi Yura, sei il migliore, sei mio nipote. E io sarò sempre orgoglioso di te- disse sorridendogli, dirigendosi verso casa. 

E quando finalmente fu a letto, avvolto dal colore e del profumo di casa, si lasciò andare a quelle sensazioni piacevoli.

Accese il computer mettendoselo sulla pancia. Scorrendo le foto dei suo possibili rivali. E quando dopo alcune ricerche giunse alla pagina di Altin Otabek, il suo cuore ebbe un sussulto. Al contrario di Giacometti, Viktor e altri come Crispino, ove su internet c'era vita, morte e miracoli. Di lui si sapeva solo che aveva diciannove anni e nulla di più. Guardò quel viso spigoloso, cercando di immaginarselo con un sorriso, ma nonostante le innumerevoli ricerche non ne trovò. Come mai di quel ragazzo non si sapeva nulla? Chiuse di scatto il portatile, turbato.

Perché gli interessava così tanto scoprire qualcosa su di lui?. Diede la colpa alla sua mania di voler conoscere il volto degli avversari, ma sapeva di mentire solo a se stesso. Si mosse e schiuse la lampada accesa sul comodino, ma per quanto cercasse di dormire il suo corpo era teso. Troppo teso. Scese con la mano sulla pancia. Toccandosi attraverso i boxer, era veramente troppo teso. Chiuse gli occhi, respirando sempre più affannosamente, mordendo la coperta con i denti, per non emettere alcun suono. C'era vicino, lo sentiva, sentiva i muscoli dello stomaco contrarsi. Aumentò la velocità della mano e quando finalmente si lasciò andare, in un urlo soffocato, chiuse la palpebre. Pronto come sempre a vedere il viso di Viktor, ma quella volta, non c'erano due occhi color del ghiaccio, ma neri come il carbone. Si sedette sul letto, cercando di regolarizzare il respiro.

Cosa diavolo era appena successo? 
 

 

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Capitolo 5
*** che cosa ha lui, che io non ho?? ***


Yuuri Katsuki e Viktor Nikifovor sono una coppia? Non c'era un solo dannatissimo giornale che non riportasse la notizia, come se non gli fosse bastato vederli in mondovisione. Anche ogni maledettissimo edicolante gli doveva ricordare di quel traditore. Quello che per amore si era dimenticato della promessa, quello che per amore si era dimenticato di lui. Aveva sopportato ore ed ore estenuanti in palestra, senza mai riposarsi. Ed era diventato quello che voleva, anche se guardandosi allo specchio, ancora non si piaceva. Ma del resto c'era tempo per migliorare, e aveva il tempo dalla sua. Il suo corpo ancora acerbo, nei suoi quindici anni, non era ancora formato, e poteva avere un vantaggio sugli altri. Ed intendeva usarlo, senza guardare in faccia nessuno. Nemmeno Viktor. Viktor, con cui aveva passato anni, rincorrendo la sua perfezione. Ma, li ora avrebbe dimostrato a tutti che Viktor era ormai da pensione, che Viktor non era più nessuno, che il cinque volte campione del mondo era destinato a cedere il posto a lui: la tigre della Russia. E non avrebbe permesso a nessuno di portargli via il trono. Nemmeno a quell'esaltato di JJ, dato per favorito da tutti.  

Fece in modo di non incrociare mai ne Viktor ne Yuuri, una volta che tutti si ritrovarono nello stesso albergo. Doveva restare concentrato, non poteva perdere la calma. E di certo se avesse visto Viktor, sarebbe esploso. Fu proprio mentre nel freddo della sera, stava camminando a testa bassa, nel cappuccio. Che si ritrovò davanti Viktor. 

-YuriO-lo salutò l'ex compagno. 

-Mi chiamo Yuri, usa i tuoi nomignoli per il tuo fidanzato-ringhiò il biondo, cercando di superarlo.  Dopo il giapponese, Viktor era la seconda persona che non voleva vedere. Lo odiava, ma allo stesso tempo, sarebbe bastata solo una parola, e lo avrebbe perdonato, perché per quanta rabbia provasse, Viktor era l'unico amico che aveva. L'unica persona che non lo aveva mai trattato con sufficienza, e che credeva in lui.  

-Non sarai geloso di Yuuri?-chiese l'altro sorridendo appena. 

-Io geloso? Di chi? Di un essere inutile? Io non sono come te- disse voltandosi. 

-Perché io come sono?-chiese ancora il russo. 

-Tu sei... sbagliato- gli urlò contro, alzando il viso, facendo arretrare di un passo Viktor. E per un attimo maledì la sua lingua tagliente, mentre vedeva l'altro incassare in silenzio l'insulto. Si maledì quando lo sguardo di Viktor, per un attimo, perse la sua brillantezza. Cazzo, non voleva ferire Viktor, ma era così arrabbiato.  

-Sbagliato?-chiese, poco dopo, stupito e deluso allo stesso tempo. 

-Si, sbagliato, cos'ha di speciale lui? Che io non avevo? Che ti ha spinto ad andartene senza dirmi nulla?-chiese il biondo, trattenendo a stento la rabbia. -Sei andato via, senza dirmi nulla, l'ho scoperto dalla televisione. Io, il tuo amico. Te ne sei andato e ti sei dimenticato che esistevo. E quello che è peggio, ti sei dimenticato della promessa, sono dovuto venire in Giappone, perché te ne ricordassi. E li mi hai umiliato, davanti a tutti-. 

-Non è andata così, non l'ho detto a nessuno. Solo a Yakov, perché dovevo. E non ti ho umiliato, hai perso lealmente- si scusò Viktor. 

-io non ho perso, contro un sacco di lardo, non osare mai più dire una cosa del genere. Che cosa cazzo ha lui che io non ho Viktor. Rispondimi! Almeno quello me lo devi-. 

-Lui è... speciale- gli rispose Viktor , e questo fece infuriare ancora di più il giovane russo. 

-Speciale? Ti è bastato vederlo in un video e decretare la fine della tua carriera, credevo avessi smesso di correre incontro ad  ogni caso umano, prima Chris ora lui-. 

-Cosa ti fa veramente arrabbiare Yuri?-chiese Viktor, dopo un attimo di silenzio. -Yuuri è uguale a te, è solo un ragazzo incompreso con un potenziale, e tu sai benissimo come mai  ho smesso di pattinare-. 

-Potevi pattinare con me, quest'anno faccio l'esordio, io ti ho sempre imitato , stimato, ti ho  sempre …- si interruppe prima di dire troppo. 

-Amato? Stavi per dire quello?-disse Viktor, comprensivo. -Tu non mi ami Yuri, tu mi hai idealizzato per troppo tempo, è solo questo, nulla di più. Tu sei come lui. Sei sempre solo, eviti la gente, gli amici. Ma sei stato allenato da Yakov, hai la classe e sei giovane. Siete così simili che è per questo che lo odi così tanto-. 

-Io non lo odio, io lo detesto, vorrei sparisse inghiottito da una voragine- disse sottovoce il biondo. 

-Perché?-chiese l'altro. 

-Perché si è portato via il mio amico, l'unico che mi capiva, l'unico che mi sosteneva, sono solo Viktor, ed è tutta colpa sua-. 

-Io non me ne sono mai andato- disse l'altro avvicinandosi. -Ti ho sempre seguito, ho chiesto di te a tutti, ho visto i tuoi progressi-. 

-Non è vero, non mentirmi. Hai scelto lui, e io ti odio. Vi odio, dovete stare distanti da me, se tanto ami Yuuri...-ma fu interrotto da Viktor. 

-Quando mai ho detto di amarlo?-chiese stupito Viktor. 

-Sarò piccolo, ma non sono scemo, lo difendi come una mamma orsa, chi nega l'evidenza ora? Mi fai schifo- ringhiò il biondo. 

-Dici cose che non pensi- cercò di calmarlo Viktor. 

-Io so benissimo cosa penso. Hai fatto la tua scelta, lo hai portato in Russia, e forse loro ti amano, ma non ameranno mai lui. E quando sarà di nuovo chiuso in un bagno a piangere, lo schiaccerò del tutto- ribadì il biondo. 

-Quanta cattiveria Yuri, non ti conoscessi, direi che hai paura di lui. Forse è perché anche tu all'inizio ti nascondevi nei bagni a piangere?- chiese dolcemente Viktor. 

-Tu non mi conosci, tu non sai un cazzo di me- ringhiò l'altro con le lacrime agli occhi, per poi stringersi a Viktor, quando questi lo abbracciò con forza. 

-So molto più di quello che credi-rispose l'altro, appoggiandogli il mento sulla testa. -Ti conosco meglio di tutti, tu non sei cattivo.  Sei arrogante, presuntuoso e sboccato, ma non sei meschino. E sono certo che se Yuuri avrà bisogno di un amico, tu ci sarai. Perché te lo sto chiedendo io-. 

-Non lo aiuterò mai- rispose con la voce attutita dalla giacca del russo. 

-Fallo per me, Yurah-rispose Viktor. 

-Mollami! Io non sono come te. Io non sono come voi, voi siete sbagliati- disse allontanandosi. 

-Di cosa hai paura veramente Yuri, siamo amici a me puoi dirlo- disse Viktor, guardando il ragazzo, e vedendo davanti a lui solo un piccolo ragazzino spaventato. 

-Noi non siamo amici. Io non ho amici. L'amicizia e l'amore non fanno per me. Io non voglio diventare come te. Io sono migliore di tutti voi- disse stringendo i pugni e correndo lontano. 

-Yurah- disse Viktor cercando di fermarlo, ma fu impossibile. 

Come pretendeva di parlargli così? Dopo che lo aveva abbandonato per seguire uno sconosciuto. Perché faceva così male? Perché Viktor lo conosceva così bene? Quante volte aveva pianto negli spogliatoi in silenzio, mentre tutti andavano a casa, mentre lui restava solo, convinto che nessuno lo vedesse, per poi uscire e trovare Viktor, davanti allo spogliatoio che lo aspettava. E non c'erano bisogno di parole e di commenti. Viktor sapeva, Viktor capiva. Ogni volta che inveiva con Yakov, pronto ad andarsene, Viktor era li sempre pronto a difenderlo. Forse Viktor aveva ragione, non era poi così diverso da Yuuri. Semplicemente lui aveva imparato a bloccare le emozioni, in un angolo del cuore, chiuse sotto quintali di catene e lucchettiYuuri invece era emotivo, un libro aperto. E Viktor sapeva benissimo, come leggere entrambi. Trafelato continuò a correre, con il vento che gli sferzava il viso, gelando le lacrime calde che continuavano a scendere, maledicendo se stesso. Corse ancora e ancora fino a quando non giunse davanti a casa del nonno. Yakov non voleva che stesse lì, voleva che stesse con tutta la squadra, ma lui aveva bisogno di sentire il profumo di casa, aveva ancora nel naso l'odore di Viktor, un odore diverso da quello che ricordava. Perché Viktor era diverso, e forse anche lui stava cambia. Forse Yuuri meritava una possibilità, così come l'aveva avuta lui? Si sedette sui gradini freddi, la testa appoggiata alla porta, mentre dentro di se, la battaglia più grande , era appena iniziata. 

 

 

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Capitolo 6
*** vecchi rancori ***


Era il grande giorno. Il suo esordio tra pattinatori di un certo calibro. Nervoso si osservava allo specchio, la sua figura slanciata, quasi femminile. Forgiata da mesi e mesi di esercizi massacranti. Quella strega non lo lasciava respirare. Gli controllava ogni giorno il corpo, come se fosse uno stupido pezzo di carne. L'aveva obbligato ad usare una shampoo per rendere i capelli ancora più biondi e lucenti, alla camomilla. Aveva cambiato il barattolo quando aveva scoperto che era quello che usavano i bambini. Ora avvolto dal suo vestito, il vestito di Viktor, si sentì invincibile. Bello. L'avevano sottovalutato, quel maiale e il suo allenatore. Allenatore, certo. Che schifò si trovò a pensare. Due uomini che dichiarano così il loro amore. E se al posto del giapponese ci fosse stato lui? Come si sarebbe comportato? Un fremito attraversò il suo corpo a quel pensiero, si schiacciò il fianco, dove il giorno prima aveva urato la barra degli esercizi, e il dolore lo fece tornare padrone di se. Stava per uscire quando vide la sua allenatrice entrare. -Siediti-gli ordinò senza nemmeno salutarlo. 

-Ho detto siediti -ripetè quando vide che il ragazzo non si era mosso. Si sedette, voleva evitare qualche bacchettata, o peggio. La donna aprì la borsa e tirò fuori l'occorrente per pettinarlo, passando, senza molta delicatezza il pettine tra i capelli, facendogli venire le lacrime agli occhi. 

-Ahia- ringhiò sottovoce, ma quella vipera la sentì lo stesso, e in risposta prese il ciuffo del biondo tirandolo con rabbia.  

-Dopo tutto quello che hai sacrificato, piangi per due nodi? Sei una prima ballerina. Io alleno solo le migliori, ti senti la migliore?-chiedeva mentre trafficava con i capelli, per poi mollargli la testa. -Guardati- disse solo indicando lo specchio, posando poi un piccolo oggetto, sul tavolo. -Mettitelo- disse uscendo e sbattendo la porta. Quella strega maledetta. Lo trattava peggio di un ragazzino, mai un complimento, solo esercizi e punizioni, ma anche lei si sarebbe inchinata davanti alla sua bravura. 

-Ma che cazz...- disse guardando quel tubetto rosa. -Col cazzo che mi metto quello- disse sbattendolo a terra. Poi ripensò alla fatica fatta, si osservò allo specchio, i capelli acconciati, quasi in modo femminile. Il suo sguardo sembrava più grande. Cercò quel piccolo tubicini, lo prese tra le mani e se ne mise una piccola quantità sull'indice, avvicinandolo al naso. Sapeva di cicca. Allungò la lingua e anche il sapore era simile, guardandosi allo specchio se lo passò sulle labbra, stupito. Era bellissimo. Le labbra piene, gli occhi brillanti. -Tocca a te- disse Yakov entrando nella stanza. Afferrò la felpa del ragazzo e gliela lanciò. 

-Sta per scendere in pista, katsuki- disse l'uomo guardandolo. -Vuoi vederlo?-. 

-No-rispose mettendosi le cuffie, tirò su il cappotto, camminando lentamente verso la pista. Non voleva distrazioni, doveva concentrarsi. Era il suo momento, c'era in palio tutto quello per cui aveva lottato. Per un attimo, quando scostò la tenda rimase senza fiato, c'era tantissima gente. Era nervoso. Lui era Yuri, era a casa sua. E forse era proprio quello che lo terrorizzava. Era a casa sua, ma si sentiva solo. Ripensò al nonno, alla fatica che aveva fatto per comprargli i pattini, a tutto quello che aveva passato, e per un attimo ripensò a Viktor. Non ci aveva più parlato, non dopo quella volta. Era stato troppo duro, ma non era quello il momento in cui pensarci. Stava per scendere in pista. Si tolse lentamente il cappuccio, facendo scivolare la felpa sulle spalle. -Spostati- ringhiò a Yuuri che si era fermato a guardarlo, con quegl' occhioni lucidi. Non erano amici, non erano amici, quanto ci voleva per capirlo. Yuuri gli faceva schifo, doveva stargli lontano, eppure lo invidiava. Aveva fatto degli enormi progressi, era diventato un avversario temibile, certo non era al pari con quel pallone gonfiato di JJ, ma era pericoloso. I suoi coach parlavano ma lui non li ascoltava, lo faceva spesso, spegneva il cervello, e annuiva, e loro parlavano, parlavano. Ma quando sentì Yuuri chiamarlo ed urlare Davai, e poi lo fece anche Viktor, fu assalito dalla rabbia. Loro non erano amici, loro non dovevano pensarlo, erano degli avversari, e glielo avrebbe dimostrato. Quel ghiaccio all'improvviso sembrava acqua, le gambe che tremavano, un unico obiettivo: vincere. Il suo programma era difficile, voleva che gli annali ne parlassero. Voleva che il nonno fosse orgoglioso di dire : quello è mio nipote. Sentì i muscoli bruciare, mentre milioni di pensieri gli passavano per la mente. Pensieri che urlavano talmente tanto, che quasi non sentiva a base musicale. Si ritrovò ansante e sudato ascoltando quel pubblico che lo lodava,  ogni peluche che cadeva in pista era per lui un abbraccio. Sorrise felice salutando il pubblico. Cedendo a quella gioia abbassò la sua corazza, e raccolte un paio di orecchie da gatto si voltò dirigendosi al Kiss and Cry, si guardava in giro stupito, Lilia e Yakov, parlavano di miglioramenti ed errori, ma lui era felice. Il nome urlato dal pubblico era il suo, il suo sogno era lì ad un passo, poteva toccarlo con mano. Poi un'ombra si frappose l'ombra di JJ. Doveva solo sperare che sbagliasse, ma quel pallone gonfiato aveva dalla sua il pubblico e quelle galline urlanti delle sue fans. Uscì fumante di rabbia, si diresse negli spogliatoi, si fece una doccia calda, appoggiando la fronte alle fredde piastrelle, piangendo in silenzio come era solito fare. Quanto avrebbe voluto che fuori ad attenderlo ci fosse Viktor come sempre ed invece non c'era nessuno.  

 

Stava uscendo per andare in albergo quando vide correre verso di se Viktor, trafelato. Parlava talmente veloce che quasi non lo capì. Aveva realmente chiesto a Yakov di occuparsi di Yuuri il giorno successivo? Arrivato in albergo, lanciò lontano la sua borsa. Yakov, quel vecchio dal cuore d'oro aveva detto si, e anche se per un solo giorno, Yuuri sarebbe stato suo compagno di squadra? Quella cosa lo mandò fuori di testa. Si infilò una felpa nera, un paio di pantaloni e si diresse fuori, doveva camminare, doveva pensare. Fu in quel momento che un taxi si fermò a pocjo metri da lui, da cui scese Viktor. Era sconvolto. -Non voglio parlare con te-disse sorpassandolo, ma quando sentì Viktor pregarlo si fermò, senza voltarsi. 

 

-Lo so che odi, e ne hai tutte le ragioni, ma non prendertela con Yuuri per un mio errore,ti prego. Non è colpa sua. Makkachin sta male, devo rientrare in Giappone altrimenti non lo lascerei qui-continuò. 

-Cosa vuoi Viktor, cosa cazzo mi stai chiedendo?- chiese l'altro. 

-Ti sto chiedendo di controllare Yuuri, sarà stressato, non è abituato a tutto questo, come noi. E' fragile...- iniziò Viktor. 

-Mi stai chiedendo di fare da babysitter al porcello?- chiese stupito, voltandosi. 

-Ti sto chiedendo di mettere via questo rancore e di comportanti come un amico, non è colpa di Yuuri, se sei arrabbiato con me-. 

-Si che è colpa sua, smettila di difenderlo. Te ne sei andato e ora torni con questa richiesta assurda. Mi hai abbandonato-. 

-No Yuri, questo non è vero, anche dal Giappone ho sempre seguito i tuoi miglioramenti, se non mi credi chiedi a Mila a Yakov. Avrei voluto chiederli a te, ma non mi rispondevi, mi hai ignorato e ho smesso di cercarti-. E Yuri sapeva che era vero, aveva riletto ogni messaggio di Viktor, quando era solo, non ne aveva mai cancellato uno, anche se non aveva mai risposto. 

-Perché lo chiedi a me?-. 

-Perché sei l'unico di cui mi fido, l'unico a cui affiderei la mia vita e la vita di chi amo, Yuri. Solo a te- rispose Viktor sincero. 

-Io lo odio- disse l'altro piano. 

-Non sei capace ad odiare, Yuri. Io ti conosco, sei burbero, maleducato ma non odi le persone, le eviti- ma venne interrotto dal suono del clackson del taxi. -Ti prego Yura- disse solo. -Devo andare l'aereo non aspetta-disse avvicinandosi e abbracciandolo ancora più forte quando sentì il si mormorato sul suo petto. -Grazie-disse solo voltandosi e salendo sul taxi. 

Osservò il taxi allontanarsi svoltando l'angolo e si diresse verso l'albergo, doveva dormire, il giorno dopo aveva il libero e un pallone gonfiato da schiacciare. Con quella consapevolezza, si mise a letto e contrariamente a quanto pensava, si addormentò subito. 

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