La proporzione perfetta

di Akane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Davvero bello ***
Capitolo 2: *** Maledettamente carino ***
Capitolo 3: *** Ho te ***
Capitolo 4: *** Un errore di valutazione ***
Capitolo 5: *** Perdonami ***
Capitolo 6: *** Finchè avremo cuore ***
Capitolo 7: *** La mia vita e la tua cicatrice ***
Capitolo 8: *** Non dimenticarmi mai ***
Capitolo 9: *** È il presente che conta ***
Capitolo 10: *** Il miracolo te lo devi creare ***
Capitolo 11: *** Che tu possa tornare indietro ***
Capitolo 12: *** La ruota riprende a girare ***
Capitolo 13: *** Un partner eccezionale ***
Capitolo 14: *** Non si danno false speranze ***
Capitolo 15: *** semplicemente poteva fidarsi ***
Capitolo 16: *** La vera forza ***
Capitolo 17: *** Il bello è così fragile ***
Capitolo 18: *** Sei molto importante ***
Capitolo 19: *** Gli scopi cambiano ***
Capitolo 20: *** Con tutti noi stessi ***
Capitolo 21: *** La promessa ***
Capitolo 22: *** Innocente e puro ***
Capitolo 23: *** Lo seguirei lo stesso ***
Capitolo 24: *** Non dimenticare cosa ti fa felice ***
Capitolo 25: *** Sopiti nel profondo ***
Capitolo 26: *** Ricordi autentici ***
Capitolo 27: *** Un compromesso accettabile ***
Capitolo 28: *** Hai solo il presente ***
Capitolo 29: *** Ti amerò comunque ***
Capitolo 30: *** Le cose importanti ***
Capitolo 31: *** Redenzione ***
Capitolo 32: *** Tu sei tu perchè... ***
Capitolo 33: *** Non molleremo ***
Capitolo 34: *** Che torni da me ***
Capitolo 35: *** Ed io dovrei accettarlo? ***
Capitolo 36: *** In questo mondo meraviglioso ***
Capitolo 37: *** Se è con lui ***
Capitolo 38: *** I predicatori scrittori ***
Capitolo 39: *** Fra civiltà avanzata e pirati ***
Capitolo 40: *** Una faida lunga un secolo ***
Capitolo 41: *** Quel pezzo che rimane di lui ***
Capitolo 42: *** Congelare i sentimenti ***
Capitolo 43: *** L'amore di chi lascia andare ***
Capitolo 44: *** Luce eterna ***
Capitolo 45: *** Un sole per sempre ***
Capitolo 46: *** Il giorno delle promesse mantenute ***
Capitolo 47: *** Il giorno perfetto ***



Capitolo 1
*** Davvero bello ***


la_proporzione_perfetta1
PREMESSA: Eccoci qua, una nuova fic ha inizio. Il manga è Letter Bee di Asada, in questa pagina fatta da me ci sono molte informazioni a riguardo, l'ho fatta io un paio di anni fa. Dovete sapere che la devo sistemare perchè certe cose scritte non sono completamente esatte e mancano alcuni dettagli poichè all'epoca mancavano dei numeri che spiegavano molte cose importanti. (per esempio Lode non è ciò che ho scritto, così come i gaichu, Reverse, molti dettagli non sono proprio corretti...) Però la potete usare per farvi un'idea. Alcuni link non funzionano ed anche quelli dovrò sistemare. In linea di massima, se non avete mai letto il bellissimo manga potete rimediare ora perchè è la meraviglia, ma se non vi va, potete leggere lo stesso come una sorte di original, perchè nella fic ho spiegato al mio meglio ogni cosa per capire pur senza aver letto il manga. Certo ve la godete meglio col manga, ma anche senza si può fare.
La fic è quasi completa, ho scritto 36 capitoli, sono ferma nel finale perchè manca l'ultimo numero del manga ed in base a quello scriverò il finale della fic. E' divisa in 3 parti: la prima parla di Gauche e Jiggy, la seconda di Zazie e Lag, la terza di tutti e quattro. Seguo le vicende del manga per quel che ce n'è, in certi punti ho inventato perchè se per Lag e Zazie c'era molto materiale, per Gauche e Jiggy no. In effetti loro non sono una coppia accennata nel manga come invece Zazie e Lag, ma ci sono tante similitudini fra Gauche - Lag e Jiggy - Zazie, sia come personaggi, che come coppie: Lag adora Gauche, Zazie adora Jiggy, Lag e Gauche hanno uno splendido rapporto e ad un certo punto Jiggy e Zazie hanno una splendida collaborazione, perciò se Zazie sta con Lag e si vede... anche Jiggy deve stare con Gauche, anche se non si vede! Ecco così che ho iniziato a vedere in Gauche e Jiggy una splendida coppia. Tecnicamente è una crack pairing, anche perchè nel manga Asada accenna più a Jiggy e Largo, ma a me piace troppo con Gauche. Una volta che ho iniziato a vedere tutte le similitudini, mi è partita la proporzione. Jiggy sta a Gauche come Zazie sta a Lag. Perciò Jiggy come Zazie e Gauche come Lag. Semplicemente perfetto.
I nomi: nel manga tradotto in italiano Gauche è Goos, ma io ormai ero abituata a chiamarlo Gauche che è il nome originale. Si trova materiale in rete se lo chiami Gauche, perciò... Gli altri nomi sono tradotti circa bene, ho tenuto la traduzione italiana sempre per abitudine, ma è vero che c'erano minime differenze.
I disegni che metterò ad inizio capitoli sono tutti fan art trovate in rete, non mie ma degli aventi diritti. Così come i personaggi ed il fumetto sono di Asada, io ci scrivo su per puro divertimento.
Le canzoni che ho scelto nei capitoli sono alcune delle quali che mi hanno aiutato a scrivere, mi sono fatta la mia bella playlist.
Alcuni dettagli sui personaggi li ho dedotti dalle informazioni inserite nel manga, altre le ho edulcorate, altre ancora inventate completamente. La prima parte è stata quella più complicata e semplice allo stesso tempo: è antecedente al manga, perciò le cose scritte sono inventate da me, ho cercato di inserire le cose che Asada aveva messo a riguardo, per esempio su Jiggy si sa poco del suo passato, per cui quel poco che sapevo l'ho usato, poi ho aggiunto di mia intuizione.
Ok, come introduzione penso possa concludersi. Ci risentiamo nelle prossime. Metterò circa un capitolo a settimana, ma c'è la mia pagina autore se volete rimanere aggiornati su quando di preciso lo faccio. Buona lettura. Baci Akane

LA PROPORZIONE PERFETTA



PARTE PRIMA
JIGGY STA A GAUCHE



1. DAVVERO BELLO



"Viaggiare insieme e' come un tango
come strade che si incrociano
un po' d'asfalto
un po' di fango per due vite che si sfiorano..... Cercano
viaggio verso qualche cosa che e' gia' dentro di noi
dentro gli sguardi e dentro le parole
siamo passeggeri e nn so ancora dove "
/Viaggio - Piero Pelu/


Gauche, Jiggy e Aria si guardarono l’un l’altro, in piedi davanti al direttore dell’Alveare, tutti e tre in fila. Di lato a loro, ad osservarli sorridente, c’era Largo. Tre su quattro Bee si sorrisero, il quarto rimase serio con l’aria dura e lo sguardo imperturbabile, anche piuttosto sottile e penetrante, in effetti. Gli occhi azzurri si soffermarono in particolare su Gauche, il quale rabbrividì, ma accentuò il sorriso.
- Bene, sono orgoglioso di presentare i nuovi Letter Bee. - Comunicò l’uomo paffuto e sorridente seduto dietro la scrivania.
- Gauche Suede, ottimo esame, hai stabilito il record di velocità nell’abbattere il gaichu… - Indicò un ragazzo di media statura e corporatura dai capelli albini e gli occhi gentili color viola, la pelle molto pallida. Indossava la divisa da Letter Bee fornita insieme all’annuncio dell’esame passato a pieni voti. Costui fece un cenno di saluto sorridendo e ringraziando per il complimento.
- Aria Rink. - Continuò il direttore. La ragazza aveva biondi e lisci capelli  sciolti, in mano il cappello, come anche gli altri. Una bella ragazza dall’aria gentile e sorridente.
- Jiggy Pepper. Ci aspettiamo molto anche da te, hai dimostrato eccellenti doti nell’uso del cuore. - Erano andati tutti bene, ma i due ragazzi erano spiccati per le loro doti di gestione dell’energia, cosa che solitamente si imparava con anni di esperienza sul campo e soprattutto maturando. Loro, nonostante fossero dei ragazzi giovani, sapevano già manovrare molto bene il proprio cuore. Jiggy non fece cenni e non sorrise. Aria seria, occhi azzurri e sottili, capelli mal gestiti castano rossicci che gli incorniciavano disordinati il viso magro e per nulla amichevole.
 - Vi presento Largo LLloyd, forse lo conoscete già. È al momento uno dei nostri Bee più esperti. - Il ragazzo dai capelli biondo cenere, lunghi fino alle spalle e gli occhiali. Aria enigmatica, sorriso enigmatico. Fece un cenno e li salutò, Jiggy lo guardò senza espressioni, Aria fece un passo di lato verso Gauche, suo amico d’infanzia. I due insieme avevano deciso di diventare Bee e si conoscevano molto bene. Gauche sorrise per il gesto diffidente della ragazza, ma non disse nulla.
- Oggi è il vostro primo giorno di lavoro, per cui vi darò io gli incarichi, da domani andrete in segreteria. Per il primo incarico voglio che lavorate in coppia, per prendere la mano. Andrete in zone mediamente pericolose. Aria lavorerai con Largo, ti affido al nostro miglior Bee. Tu Jiggy con Gauche poiché avete dimostrato già ottime doti e penso che vi troverete bene insieme. Ecco i pacchi delle lettere da consegnare. Ricordatevi la firma di ricevuta. -
Con questo li congedò senza troppe cerimonie, ritenendo che consegnare in coppia come primo giorno ufficiale era già un bel regalo che gli faceva.
Quando i quattro uscirono, si guardarono sorpresi proprio per il fatto che sarebbero andati a coppie. Aria, un po’ delusa, disse a Gauche che le sarebbe piaciuto fare il primo giorno con lui, ma Largo le mise un braccio intorno alle spalle e sorridendo le disse spavaldo che ci avrebbe pensato lui a lei. Aria lo guardò severa e si scrollò da lui.
- Non ho bisogno di una guardia del corpo, me la cavo bene. È solo che avevo piacere ad andare con lui! - Largo non si perse d’animo e continuò ad avvicinarsi un po’ damerino:
- Sarà mio dovere farti sentire al sicuro! - Aria sospirò seccata ed alzando gli occhi al cielo partì stringendo il pacco di lettere da consegnare nella loro zona, dopo alcuni passi inciampò e cadde, presa al volo da un pronto quanto mai sorpreso Largo che le impedì di prendere una bella botta al sedere.
- Vedo come te la cavi bene da sola! - Commentò sarcastico. I due andarono senza salutare, facendosi sentire in tutto l’enorme Alveare di Yusari.
Gauche e Jiggy rimasti soli si guardarono, uno sempre col sorriso gentile stampato in faccia e l’altro serio.
- Diamoci una mossa, abbiamo un po’ di strada da fare! -
Disse freddamente infilandosi il cappello in testa, imitato da Gauche che lo seguì incuriosito da quella strana figura misteriosa.
- Chi è il tuo Dingo? - Chiese riunendosi a Lode, il suo lupo, che l’aveva aspettato fuori dall’ufficio del direttore. - Il mio si chiama Lode. - Disse indicandogliela. Jiggy non si girò a guardare e non rispose subito. Una volta fuori, fischiò verso l’alto e nel giro di pochi secondi un meraviglioso falco planò sulla sua spalla.
- Harry. - Rispose senza guardare la sua faccia meravigliata.
- Wow, è davvero molto bello! Complimenti! - Jiggy non disse nulla e silenzioso si avviò verso la stazione, alla ricerca di una carrozza che li avrebbe potuti portare a destinazione.
L’alveare forniva anche il biglietto del viaggio per chi non poteva viaggiare in modo indipendente.
Gauche lo seguì mentre saliva su una carrozza, capendo che non sarebbe stato un viaggio molto comunicativo.
- Tu da dove vieni? Io vivo poco distante da qua… - Cominciò Gauche stufo di stare lì in silenzio già dall’inizio.
Jiggy rispose col nome di un paese di Yodaka, piuttosto lontano da lì. Gauche rabbrividì.
- Ne avrai visti di gaichu… - Commentò sapendo che in quella zona ce ne erano molti.
Jiggy alzò le spalle.
- Dopo un po’ ti abitui ed impari i sistemi per evitarli. - Gauche lo guardò sorpreso della sua indifferenza, ma almeno aveva parlato, era già una bella conquista, pensò felice.
- A parte che con l’esame per Letter Bee io non ne avevo mai visti, per fortuna. Vivo in una zona abbastanza protetta… - Cominciò a spiegare. - Ma ne hai già dovuti affrontare, a parte che in esame? - Ma quando lo guardò in attesa di una risposta, lo vide pallido come un cadavere, tutto teso e contratto, le braccia conserte strette e dure. - Jiggy, stai bene? - Chiese notando chiaramente che stava male.
Jiggy fissava dritto davanti a sé senza vedere niente e nessuno, all’ennesimo saltello della carrozza trainata da due cavalli, si alzò, si sporse fuori dal finestrino e vomitò. Gauche rimase esterrefatto e senza parole ad assistere alla scena, quando Jiggy tornò seduto dentro aveva un’aria che era peggio di uno zerbino, tornò alla posizione rigida di prima cercando quel contegno che ormai era andato bello che perso.
- Soffri di mal di carrozza? - Jiggy voleva negare l’evidenza ma sapeva avrebbe fatto una figura peggiore, così stizzito rispose:
- Non si nota? - Gauche a quel punto non trattenne un risolino.
- Scusa, ma hai un’aria così tutta d’un pezzo che vederti così è in qualche modo divertente! Non avrei mai detto che il tuo punto debole erano i trasporti! - Jiggy lo fulminò col suo sguardo peggiore e Gauche smise di ridere e tornò a scusarsi. - Perdonami, non lo faccio più. Mi farò perdonare. - Anche se non era chiaro come avrebbe potuto.
- Avrai debolezze anche tu! Tutti ne hanno! - Commentò seccato per essere in qualche modo in svantaggio rispetto a lui. Come se fosse impensabile mostrarsi con punti deboli. Gauche in poco inquadrò il suo carattere e con un certa abilità iniziò le contro misure.
- Certamente, io ad esempio non ho il senso del gusto. Per me i sapori sono tutti uguali. Tutti mi dicono che mangio schifezze senza fare una piega. - Jiggy lo guardò torvo, mentre cercava di domare un altro conato di vomito.
- Puoi evitare di parlare di cose che mi fanno vomitare più di questa carrozza? - Lo rimbeccò. Gauche sorrise scusandosi ancora.
- Hai ragione. Dunque… punti deboli… ecco, sì! - Ci pensò un po’, poi se ne uscì trionfante: - Preferisco i ragazzi alle ragazze! - Questo ebbe il potere di sorprendere totalmente Jiggy che smise di avere la nausea per un momento proverbiale. - Ma non dirlo in giro, è un segreto che non sa nessuno! - Jiggy rimase ebete a fissarlo, la prima espressione vera e propria che gli vide. Un’espressione un po’ buffa che Gauche non avrebbe mai dimenticato, che mostrava il suo viso affilato, un po’ duro, ma affascinante ed interessante.
Poi la carrozza saltò ancora e lui tornò a vomitare.
- Dovresti stenderti a terra, senti meno i salti… - Suggerì Gauche sinceramente preoccupato. Jiggy non voleva fare la parte del debole, addirittura stendersi a terra. Gli piaceva fare una certa figura, sembrare forte lo aiutava a diventarlo. Certe cose erano per i deboli, i sentimenti, le lacrime, i sorrisi, le amicizie. Lui doveva essere produttivo, pratico, forte. Certe perdite di tempo non erano per lui.
Però all’ennesimo conato, si stese per terra e Gauche, sorridendo, si sedette giù con lui per non farlo sentire inferiore, capendo com’era il tipo poteva essere una mossa vincente.
- Ecco, metti questo sotto la testa. - Gli diede la propria borsa a tracolla e gliela sistemò sotto la nuca. Jiggy non aveva più le forze per opporsi e appena vide che l’operazione l’aiutò davvero, si sentì molto meglio.
- Penso che ci siano soluzioni per questo genere di problema, no? Forse qualche erba medica? - Suggerì senza saperne abbastanza. - Magari se vai dal dottore dell’Alveare… - Jiggy alzò le spalle.
- Appena ricevo il primo stipendio mi prendo un cavallo di ferro. - Fu la prima volta che Jiggy si aprì davvero di sua volontà senza essere costretto da qualche domanda. Che poi avrebbe potuto rifiutarsi di rispondere, ma l’aveva sempre fatto. Del resto Gauche non era proprio fastidioso come certe altre persone.Un po’ impiccione, forse, ma abbastanza passabile.
- Ma quelli li devi alimentare col tuo cuore attraverso un’ambra spirituale, come si fa con le armi… - Gli fece presente Gauche, sorpreso della sua idea. Lo guardava da seduto, mentre lui rimaneva steso e addirittura con gli occhi chiusi, trovando più facile non fissare nulla. Lo stomaco cominciava a dagli tregua.
- Lo so, ma sono capace di gestire il cuore. Se devo stare male ogni giorno che porto lettere, finisce che non riesco a sparare nemmeno un proiettile quando scendo da qui! - Il suo ragionamento era molto più logico.
- Ed in quel cavallo di ferro non soffri il mal di trasporto? - Chiese curioso. Jiggy alzò le spalle.
- È un’altra cosa. Mi è capitato di salirci su una una volta. È quello che fa per me! -
Rispose sicuro di sé. Gauche lo osservò ammirato, sorpreso che alla fine si fosse sciolto con lui e seguendo un impulso indomabile, gli sistemò alcune ciocche disordinate di quel bel color rossiccio, sparsi sulla propria borsa blu scuro.
Jiggy sentì il gesto delicato ed intimo delle sue dita, non aprì gli occhi e non si oppose. Fu investito da un piacevole formicolio che si espanse dalla testa al resto del corpo ed in breve si sentì anche meglio.
- Sai, io faccio il Letter Bee perché è il lavoro più retribuito e se lavori bene puoi fare carriera e guadagnare anche più soldi. Mio padre è morto recentemente, mia madre Silvet è appena rimasta incinta ed ora spetta a me occuparmi di lei e della mia futura sorellina o fratellino. Perciò mi sono deciso a fare l’esame di Letter Bee. - Il silenzio calò fra loro, solo il rumore della carrozza che dal pavimento si sentiva meno traballante. Jiggy aprì gli occhi e li posò su quelli tristi di Gauche, tristi come il sorriso che aleggiava sul su viso mentre cercava di essere forte.
- Come è morto? - Quella fu la prima domanda che Jiggy pose a Gauche.
- Un incidente. - Rispose semplice Gauche senza esagerare in discorsi che non aveva voglia di fare.
- Anche i miei sono morti. Ho dovuto lasciare mia sorella minore in quel paese dimenticato da tutti per il tuo stesso motivo. Il Bee è l’unico lavoro che paga davvero bene. Devo guadagnare per loro. - Anche questo non glielo aveva chiesto Gauche e i due si guardarono da quella posizione insolita, seri, capendosi l’un l’altro molto bene.
- Io però lo faccio anche perché lo trovo un bel lavoro. Consegni i cuori delle persone, le rendi felici. Penso che sia appagante. - Aggiunse poi sempre guardandolo, reggendo il suo sguardo intenso e non più ostile.
- Però è molto pericoloso. Affrontiamo pericoli di ogni genere, per non parlare dei gaichu. - Gli fece presente con un certo pragmatismo. Gauche sospirò ed annuì.
- Sì certo… ma ne vale la pena se qualcuno ne trae della gioia, non credi? Non è la felicità che conta? E anche se è quella di qualcun altro, poi quella diventa anche tua. - Jiggy l’ascoltò mentre faceva filosofia a ruota libera, alla fine non disse nulla, non avendo mai pensato all’aspetto della missione. Per lui era solo stata una questione di soldi, nato e cresciuto in povertà, aveva fatto sempre tutti i lavori possibili per aiutare la sua famiglia composta da madre e sorella. Il padre era morto che erano piccoli e sua madre per aiutare i figli si era messa con un altro uomo che Jiggy aveva rifiutato. Era rimasto lì, ma senza vivere con loro. Rimaneva in contatto con la sorellina a cui dava i soldi che guadagnava coi lavori di fortuna giornalieri perché il patrigno non si occupava di loro. Poi quando aveva capito che per aiutarli davvero doveva allontanarsi per fare il Letter Bee, per quanto dura era stata, l’aveva fatto. Adesso c’era riuscito, ma gli ci voleva ancora un po’ per raccogliere i frutti. Non si sarebbe fermato davanti a niente. Sarebbe diventato forte ed un bravo Letter Bee per aiutare la sua famiglia, questa era l’unica cosa che contava davvero.

Quando finalmente arrivarono, Jiggy ci mise un po’ a riprendersi, lo stomaco era ancora tutto sotto sopra e Gauche non lo prese in giro, ma aspettò paziente che riprendesse colore dandogli un po’ d’acqua da bere.
Jiggy l’accettò e quando cominciò a sentirsi meglio, si avviò con Gauche verso il primo paese dove avevano delle consegne.
La qualità migliore di Gauche era quella di non essere un gran chiacchierone, sapeva stare in silenzio ed essere discreto e questo Jiggy lo apprezzava molto. Tuttavia sapeva anche parlare, chiaramente, e riusciva a farlo fare anche al silenzioso collega.
Per il primo paese le consegne andarono bene, se le divisero per fare prima ed una volta concluso si ritrovarono alle soglie per passare al prossimo.
Fra uno e l’altro c’era un po’ di strada da fare e siccome era zona gaichu,  seguiti rispettivamente da Lode ed Harry, uno in cielo ed uno accanto a Gauche, si avviarono insieme.
Fuori dal paese, il buio divenne sempre più intenso, ma grazie a questo alzando la testa verso il cielo, potevano godere di un miglior spettacolo.
- Qua il cielo è più scuro. - Commentò Gauche che non era mai stato così lontano da casa tanto da non vedere molto bene per terra.
- Il sole è lontano. - Commentò logico Jiggy senza guardare in alto.
- Ma hai mai visto così tante stelle? Da Yusari il cielo non si vede così bene, la luce del sole artificiale attenua un po’ e non si vedono così tante! - Commentò Gauche. - Guarda che belle che sono! - Jiggy stava per guardare in alto, quando il verso di Harry che sorvolava il cielo lo mise in allerta e senza esitare afferrò Gauche per il braccio e lo strattonò spingendolo contro la parete rocciosa che stavano costeggiando. Gauche sorpreso e per nulla pronto, si prese una botta, poco dopo vide il proiettile di Jiggy partire verso il burrone dall’altra parte della parete rocciosa. Un secondo dopo, il gaichu faceva un salto in alto staccandosi dal precipizio dove era salito attirato dai cuori delle loro lettere. Colpito, ma non nel punto debole,cadde proprio davanti a loro due. Lode in posizione a difendere Gauche, Jiggy la pistola in mano che aveva appena sparato fermo davanti a lui, automaticamente, senza nemmeno che ci avesse pensato un secondo.
Appena lo vide, lo riconobbe subito e chiamò il gaichu col suo nome.
- Il suo punto debole è nella coda! - Disse Gauche riprendendosi immediatamente, prendendo in mano la sua pistola sparacuore.
Un istante dopo erano entrambi uno di fianco all’altro a fissare il gaichu che, ripresosi dal primo colpo, tornava alla carica.
- Dobbiamo separarci. Io lo distraggo, tu gli vai dietro e gli spari alla coda! - Ordinò deciso Jiggy, approfittando del fatto che erano in due.
Gauche annuì e accucciandosi contro l’angolo della parete del sentiero non molto largo che stavano percorrendo per passare da un paese all’altro, si preparò allo scatto per passargli dietro appena il gaichu si sarebbe distratto.
Jiggy così si mise a correre nella direzione opposta e una volta sufficientemente lontano, gli sparò sul muso. Questo ovviamente attirò l’enorme animale che gli andò dietro, affamato di altro cuore.
I proiettili della sparacuore erano frammenti di cuore di chi sparava. La piccola pietra spirituale posta nella pistola faceva da tramite, prendeva l’energia della persona che sparava e la gettava fuori, chi la possedeva doveva indirizzarla nel punto preciso.
Il gaichu era un enorme insetto gigante attirato proprio dal cuore degli altri, perché lui non ne possedeva, perciò sparandogli contro lo si attirava poiché gli si dava esattamente ciò che voleva. Energia.
Il gaichu lo inseguì e Jiggy si voltò per vedere se il piano funzionava, riuscì a intravedere Gauche che si infilava dietro, una volta fattosi superare dal mostro.
Lo vide prendere la mira e caricare il proiettile, così Jiggy si buttò a terra di schiena e sparò anche lui sul davanti, per tramortirlo e distrarlo. Nello stesso momento, il proiettile di Gauche risuonò nella coda ed esplose dentro il gaichu che morì andando verso il dirupo al loro fianco. L’animale lì esplose in mille piccole stelle d’energia, ma nessuna di esse si posò su di loro.
Jiggy si lasciò andare a terra sospirando di sollievo per avercela fatta, poco dopo Gauche lo raggiunse per vedere se stava bene.
- Tutto ok? - Chiese preoccupato nel vederlo steso. Jiggy però stava lì perché lo sguardo era rimasto attratto dal cielo stellato e a quel punto gli tornò in mente quello che aveva detto prima dell’arrivo del gaichu.
- Hai ragione, è un bel cielo da qua. È uguale a quello che vedevo io da piccolo, nel mio paese. - Un altro piccolo tassello donato gratuitamente e di sua volontà. Gauche rimase stupito della condivisione e del suo lasciarsi andare. Vide uno sguardo nostalgico in quegli occhi azzurri e sempre freddi.
Gauche si sedette a terra accanto a lui, stendendosi con lui, poi prese dalla borsa a tracolla un panino, ne spezzò un pezzo e lo diede a Jiggy il quale senza ribattere l’accettò e lo mangiò. Rimasero stesi ad osservare il cielo mentre si prendevano una giusta e meritata pausa, mangiando un boccone.
- È proprio bello, eh? - Ripeté Gauche rivolto al cielo stellato. Jiggy girò lo sguardo su di lui, sul suo viso sereno e felice solo per l’essere lì a guardare le stelle.
- Davvero bello. -

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Capitolo 2
*** Maledettamente carino ***


la_proporzione_perfetta2 *Ecco il secondo capitolo. E' bello scrivere su Jiggy, si sa un po' ma non troppo perciò ho potuto spaziare molto. Poi la logica dice anche che per avere quel carattere duro e difficile, deve avere avuto un infanzia non facile. Il verso della canzone scelto era specifico al femminile, ma a parte il dettaglio ho rivisto molto Jiggy, così l'ho usato lo stesso. Oltretutto quella canzone era una di quelle che ascoltavo quando scrivevo (la mia famosa playlist per il fantasy...). Il disegno è sempre una fan art della rete, anche se nella mia fic a questo punto lui non ha ancora né moto né cicatrice. A proposito della moto... il così detto cavallo di ferro credo l'abbiano fornito l'Alveare a Jiggy, ma ho voluto fare questa cosa che leggerete. Insomma, in questo capitolo delineo più Jiggy, entriamo piano piano nel suo mondo per capire meglio le sue fisse ed i suoi modi di fare. Buona lettura. Baci Akane*

2.  MALEDETTAMENTE CARINO




"Apri i tuoi occhi e guarda fuori, cerca di trovare uno scopo (alla vita)sei stata rifiutata, e adesso non riescia trovare quello che hai lasciato dietro sii forte, sii forte, adesso troppi problemi, troppi problemi. non so a quale posto appartiene, lei appartiene. lei vuole andare a casa, ma la casa di nessuno è dove lei sta, distrutta dentro senza nessun posto dove andare, nessun posto dove  andare, per asciugare i suoi occhi, distrutta dentro"
/Nobody's home - Avril Lavigne/

A fine giornata i Bee tornarono all’Alveare con le ricevute, facendo rapporto. Quando Largo e Aria videro arrivare Jiggy e Gauche parlando insieme, rimasero stupiti e si fermarono dal fare quel che facevano.
Gauche sorrideva e Jiggy aveva una strana cera, si teneva lo stomaco come se avesse qualche problema, ma arrivati in segreteria, li incontrarono e smisero di parlare.
Gauche salutò cortesemente i due colleghi e Jiggy non fece nemmeno un cenno, come se loro non ci fossero.
- Allora è andato tutto bene, mi pare! - Disse Largo a Jiggy allusivo. Jiggy alzò le spalle fingendo di non avere per nulla la nausea per il viaggio di ritorno.
- Facile! In due è una passeggiata! - Si concesse per dare più forza a quel che diceva.
Largo sembrava riferirsi a ben altro, ma Gauche partì col resoconto dei gaichu incontrati. Non disse nulla del mal di trasporto di Jiggy.
- Anche noi abbiamo affrontato dei gaichu, ma è andato tutto bene! - Disse Aria. Largo poi si intromise mettendole un braccio intorno alle spalle.
- Ehi, ma sapevate che lei suona il proiettile? Lo crea suonando il violino! Non spara con una sparacuore! - Era rimasto sorpreso di quella scoperta, ma Gauche chiaramente lo sapeva.
- Certo che lo so, è molto brava a suonare, vero? -
- Ed anche a cadere! - Commentò poi senza pietà, ridendo di un’imbarazzata Aria.
- É un po’ distratta in effetti… - Rispose Gauche cercando di essere meno impietoso.
- Un po’? Fortuna che ha il suo dingo, altrimenti non arriverebbe più! La sorregge tutte le volte, è come se avesse un sesto senso per le sue cadute! - I tre parlarono spediti di Aria, delle prime missioni dei tre nuovi e dei rispettivi difetti, ma al momento di dire se anche Jiggy ne aveva visto che se ne stava lì zitto senza spiccicare parola, Gauche alzò le mani in alto.
- So che sembra impossibile, ma non ha mostrato debolezza! È impeccabile! Spero di fare altre consegne con lui, è un ottimo partner! - Con questo sorrise a Jiggy che lo guardò stupito del fatto che non l’avesse preso in giro in merito al suo mal di trasporto.
Largo notò quello scambio impercettibile, come notava molte cose e se le annotava mentalmente.
Aria ovviamente non si rese conto di nulla.
Quando poi si salutarono uscendo insieme, Largo trattenne un attimo Aria.
- Ma quei due? - Chiese sorpreso. Aria, ingenua, chiese:
- Cosa? -
- Insomma, vanno che sono sconosciuti e tornano che sono amici! Jiggy parlava con Gauche quando siamo arrivati! E c’era intesa! - Aria alzò le spalle.
- È impossibile non fare amicizia con Gauche! - Per lei non c’era nulla di strano, ma Largo ovviamente stava andando già oltre.

Gauche uscito fuori accompagnato da Jiggy, prese verso sinistra, per tornare a casa, poco fuori la città.
- A domani! - Salutò Jiggy che invece rimaneva incerto prima di prendere una direzione.
- Sì… ciao… - Salutò distratto il giovane. Gauche si fermò e lo guardò grattarsi la nuca, poi aprire la borsa e tirare fuori i propri spiccoli. Infine sospirò.
- Problemi? - Jiggy, che pensava di non essere visto, si ricompose.
- No, no… - Mise via e fece per avviarsi.
- Mi sembravi in difficoltà… - Ormai Gauche aveva imparato a tradurre i suoi impercettibili momenti di espressione. Jiggy esitò, poi alzò le spalle.
- Tutto bene. - Con questo si avviò, cercando di essere indifferente. Ma Gauche, seguendo un istinto, insistette ancora.
- Hai bisogno di un prestito? Guardavi i soldi, forse non sei riuscito a fare la spesa? - Non riusciva a capire, aveva intravisto un reale problema nel suo viso serio. Jiggy tornò a guardarlo e pensando che non avrebbe mai mollato, si decise a rispondere. Forse perché sentiva, dentro di sé, che di lui poteva davvero fidarsi.
- Non ho ancora i soldi per affittare una camera o un appartamento. - Gauche si fece serio e preoccupato.
- E dove dormi? - Jiggy si strinse nelle spalle.
- Fuori città. - Gauche inarcò le sopracciglia senza capire. - All’aperto! - Esclamò allora seccato Jiggy, non felice di mostrare quell’enorme debolezza. Ma prima era stato corretto, per cui poteva fidarsi.
Gauche, realizzandolo, si prese il viso fra le mani.
- Cosa?! - Disse scandalizzato, impallidendo. Jiggy si avviò.
- Non sono problemi, guardavo quanti soldi ho prima dello stipendio. Devo mangiare almeno una volta al giorno. - Vedendo che andava verso l’esterno della città e non verso una locanda od un’osteria, capì che non avrebbe mangiato.
Infatti lo seguì.
- E perciò oggi non mangerai di nuovo? - Jiggy alzò ancora le spalle indifferente.
- Una dormita mi basterà. Poco distante c’è una radura con un lago, mi rinfrescherò. Tanto il mese passa in fretta. - Mise di fila più di un paio di parole per convincerlo che non c’erano problemi, ma a quel punto Gauche lo afferrò per il braccio e se lo tirò verso la propria strada usando anche una certa forza.
- Andiamo, ti ospiterò io finché ti servirà! - Disse deciso.
- Non se ne parla, posso arrangiarmi! - Ma Gauche alzò la voce seccato.
- Non ti farò fare lo straccione! Non ci dormirei la notte! Ho una camera grande, ci starai senza problemi! A mia madre andrà benissimo! -
Jiggy alla fine si decise ad accettare.
- Potevo cavarmela. Non ho vissuto tanto meglio prima di venire qua. - Spiegò per convincerlo che andava bene lo stesso. Ma Gauche non volle sapere ragioni.
- Ma adesso hai me. Se non recuperi le forze come potrai lavorare tanto per guadagnare abbastanza per te e per loro? -  Jiggy rimase colpito dalla sua presa di posizione e dal suo ‘adesso hai me’.
A quel punto si zittì e non insistette. Gauche sentendo che non tirava, lo lasciò ed i due camminarono insieme verso casa e Jiggy apprezzò una volta di più la sua capacità di stare in silenzio in certi momenti. Quelli in cui aveva bisogno di realizzare quanto bello fosse qualcosa che stava vivendo. Sorprendentemente bello.
“Forse non ci sono solo difficoltà da superare. Forse ogni tanto capitano anche cose belle.”
Pensò stordito da quella strana ma bella sensazione.


La madre di Gauche era molto gentile. La pancia leggermente gonfia si cominciava a vedere, lui ricordò quella della propria madre, quando aveva partorito la sorella. Aveva sensazioni contrastanti con il concetto di gravidanza. Da un lato gli piaceva avere una sorella. Dall’altro se sua madre non si fosse ritrovata incinta e vedova, non avrebbe accettato la compagnia di un altro uomo. Quell’uomo che l’aveva fatto andare via di casa per non doverlo sopportare un minuto di più.
- Meno male che non volevi mangiare di nuovo! - Commentò ironico Gauche vedendo che poi Jiggy aveva prosciugato il piatto. Questi lo guardò senza imbarazzarsi.
- Quando non sai se puoi mangiare sempre, non sprechi nulla. -
Gauche sorrise dolcemente.
- Vieni, ti mostro il bagno e la camera, hai qualche vestito? - Guardò la borsa con cui girava, che aveva lasciato all’ingresso. Jiggy si strinse nelle spalle.
- Un paio… - Gauche non fece una piega pensando che se avesse di nuovo fatto facce scandalizzate, si sarebbe potuto sentire inferiore e da quel che aveva capito di lui, era una cosa che odiava.
- Ti presterò qualcosa io, abbiamo la stessa taglia. -
Jiggy chiuse gli occhi ed esitò prima di alzarsi dal tavolo, la madre girata verso il lavandino che lavava i piatti.
- Non voglio disturbare troppo. - Gauche sorrise ancora, gli prese la borsa e salì le scale.
- Ho sempre sognato avere un fratello coetaneo. - Jiggy alla fine si arrese e lo seguì, dopotutto gli stava dando aiuto senza mostrarsi superiore, non glielo stava facendo pesare. Era così naturale nel suo dargli quel che gli necessitava.
- Quindi un gemello. - Precisò pignolo. Gauche alzò le spalle.
- Anche! - Jiggy fece un cenno di sorriso, poi entrò nella sua camera dove adagiò sul letto la sua borsa.
- Sistemerò un materasso per terra. - Jiggy lo precedette.
- Dormirò io per terra. - Rimase serio nel dirlo, non ammetteva mai repliche quando diceva qualcosa. Gauche si grattò la nuca chiara e spettinata con un sorrisino buffo.
- Immagino non posso convincerti del contrario. - Jiggy non lo guardò nemmeno, andò alla borsa e tirò fuori l’unico altro paio d’abiti che aveva, che provvedeva a lavare e asciugare quando serviva con mezzi di fortuna.
- Perciò quando dicevi ‘un paio’ era proprio un paio? - Chiese Gauche vedendo che si toglieva la camicia della divisa da Bee. Jiggy non rispose e si sfilò anche i pantaloni.
- Ti ripagherò per la cortesia. Appena mi arriva lo stipendio andrò per conto mio. - Gauche scosse il capo e gli indicò la porta del bagno, appena fuori dalla camera.
- Non sono problemi, sono felice di avere un fratello! - Ribadì gentile. Jiggy uscì, lo superò e gli lasciò uno sguardo sottile intenso, che non seppe interpretare e che lo lasciò senza fiato, come ormai spesso succedeva quando i due incrociavano i loro occhi.
Rimasto solo, Gauche sorrise e si toccò le guance per assicurarsi di non essere arrossito troppo. Fortunatamente aveva un buon controllo di sé, cosa che non guastava.

Al suo ritorno Jiggy trovò alcuni abiti da casa su una sedia ed un letto pronto per terra.
- Mi sono preso la libertà di far lavare la tua divisa insieme alla mia. - Disse Gauche prendendo il cambio per andare a lavarsi a sua volta dopo di lui.
Jiggy rimase incerto, ma alla fine decise che non poteva discutere su tutti gli atti di gentilezza di quel ragazzo, potevano essere pesanti.
Però era sempre più deciso a ripagarlo.
Quando Gauche tornò dal bagno, Jiggy era steso nel proprio letto per terra, sotto le coperte, le mani sotto la nuca, i capelli spettinati che spiccavano sulle lenzuola bianche.
Gli sorrise. Sorrideva sempre quel ragazzo. Aveva un sorriso gentile e genuino. Non faceva le cose per dovere, per educazione o per un tornaconto. Le faceva perché voleva farle.
Per questo gli piaceva.
Si sistemò nel proprio letto, vicino al suo, e si girò sul fianco sporgendo il viso per vederlo.
- Stai abbastanza comodo? - Chiese piano.
Jiggy in compenso non sorrideva mai, era sempre serio, era come se avesse dimenticato il sorriso. Forse non l’aveva mai fatto.
“Magari a sua sorella…”
Si disse Gauche al suo cenno affermativo.
- Come ti è sembrato il primo giorno da Bee? - Chiese Gauche per fare un po’ di conversazione, non voleva dormire anche se era stanco, aveva una specie di frenesia nello stare in camera con lui. Gli piaceva, gli stava piacendo molto e se ne stava accorgendo in modo inequivocabile.
Dormire poneva fine a quel momento insieme e voleva prolungarlo il più possibile, con discrezione.
- Si può fare. - Rispose pragmatico, pensando al lato pratico del lavoro. - Sapevo che era difficile e sarà ancora più pericoloso, però si può fare. -
Gauche tornò a sorridere e fece cadere la mano giù dal letto a giocare con le sue ciocche rosse sul cuscino. Jiggy non lo respinse, era delicato. Piacevole.
- A me è piaciuto quando abbiamo consegnato le lettere. Erano tutti così felici e sorpresi di riceverne. In molti ci hanno chiesto se eravamo nuovi. Qualcuno era ostile, però appena hanno visto la lettera che eravamo venuti a consegnargli, si sono subito aperti. - Gauche vagò con lo sguardo altrove mentre giocava coi suoi capelli provocandogli molti brividi di piacere. Jiggy non poteva staccare gli occhi dai suoi, di quel colore così strano. Viola, ma sotto una certa luce anche dai riflessi rossi. - La luce che si accende in loro quando ne consegno una è bellissima. È come se riprendessero a vivere! Lo trovo un lavoro bellissimo, non immaginavo fosse così tanto appagante consegnare i cuori delle persone. - Jiggy rimase colpito dal suo trasporto e lo invidiò. Lui metteva una barriera fra sé e gli altri. Persino con sua sorella l’aveva messa. Perché altrimenti non poteva fare quello che andava fatto. Se aveva legami con qualcuno, non poteva riuscirci.
Doveva rimanere sempre lucido, perciò qualunque concessione era fuori discussione per lui.
Eppure lo lasciava giocare coi capelli.
E lentamente gli occhi si chiusero, stanchi, pesanti, inebriato da un piacere insolito, mai provato. Da quel contatto spontaneo, intimo, bello.
- Come sei puro. - Mormorò con voce impastata mentre si addormentava. Forse in un certo modo sarebbe stata una presa in giro, ma lì sembrò un complimento a Gauche il quale lasciò cadere la mano e accolse il sonno a sua volta, felice di vedere il suo viso segnato prima di dormire, felice di vederlo al mattino, quando avrebbe riaperto gli occhi.

Aperti gli occhi, trovò la propria mano stretta nella sua ed in un primo momento rimase inebetito a fissarle, ma non la ritrasse.
Fece mente locale come se avesse un sogno sulla soglia della mente da ricordare.
Poi sentì Jiggy lamentarsi nel dormiveglia e si ricordò.
Si era lamentato nel sonno tutto il tempo, agitandosi. Quando ad un certo punto aveva provato a svegliarlo per calmarlo, Jiggy sentendo nel sonno la sua mano gliela aveva afferrata stretta e solo a quel punto si era quietato. Aveva dormito in quella posizione tutta la notte, sereno.
Gauche sorrise dolcemente, stava per ritrarla pensando che uno come Jiggy si sarebbe sentito debole svegliandosi con la mano nella sua, ma non fece in tempo. Il giovane aprì gli occhi e come lui vide per prima cosa la sua mano.
Appena realizzò, la ritirò.
- Scusa, ti agitavi e quando ti ho toccato per svegliarti mi hai preso la mano, ma visto che ti sei calmato non l’ho tolta… - Spiegò subito Gauche tirandosi su sulle ginocchia raggomitolate sotto di sé.
Jiggy fece un broncio e si sedette stropicciandosi gli occhi sottili, i capelli ancor più spettinati.
- Ho incubi da quando mio padre è morto. Mia sorella mi teneva la mano per calmarmi. - Poi pensò senza dirlo, fissando per terra con sguardo duro:
“L’unico segno di debolezza. Mentre dormivo. Da svegli non siamo mai stati così uniti. Certo non eravamo disuniti. Eravamo normali, insomma.”
Gauche però non chiese nulla, accettò quel po’ che gli aveva detto e si alzò sbadigliando e stiracchiandosi.
- Dormito bene, comunque? - Chiese facendo come se non fosse successo nulla. Jiggy l’apprezzò e si alzò a sua volta uscendo dalla camera per andare al bagno.
- Molto bene, grazie. - Rispose ricordandosi le buone maniere.
Gauche rimase ad aspettare fuori dalla porta che Jiggy finisse, appoggiato alla parete, pensieroso al ricordo dolce delle loro mani allacciate.
Sapeva che gli piacevano i ragazzi, anche se non aveva mai avuto esperienze in quel settore. Così come sapeva di piacere molto ad Aria, ma che lui invece provava solo del semplice affetto fraterno.
“Quello che provo per lei è ben diverso da quello che mi fa provare Jiggy!”
Pensò con le idee fin troppo chiare.
Quando Jiggy aprì la porta, aveva appena avuto quel pensiero e arrossì inavvertitamente.
- Stai bene? Hai la febbre? - Jiggy gli toccò la fronte senza rifletterci, non un gesto da lui, troppo attento. Quando lo toccò se ne rese conto tardi, aveva superato un limite che non aveva mai superato con nessuno e che non avrebbe certo voluto superare. Si era ripromesso di non legarsi, di non avere contatti, di non avere motivo per essere debole.
Gauche rimase sorpreso, più rosso che mai, senza più la capacità di controllarsi. E Jiggy, realizzando che non era febbre ma imbarazzo, lo trovò carino. Arruffato, in canottiera e pantaloncini. Rosso in un viso solitamente pallido.
“Maledettamente carino!”
Pensò ritirando la mano come se si fosse scottato.
- No, mi sembra che non hai la febbre. - Poi, rigido, andò oltre.
Gauche rimase sorpreso, chiuso in bagno, a toccarsi la fronte.
Era la prima volta che aveva riscontri su quel che aveva sempre pensato. Sapeva d’aver avuto certi pensieri per alcuni ragazzi, ma lì era la prima volta che ne aveva conferma. Che, avendo contatti con uno di loro, si sentiva rintronato e al settimo cielo. Era proprio il suo mondo, quello gli piaceva, quello lui era.
E, senza farsi grossi problemi, l’accettò.

A colazione rimasero un po’ in silenzio, poi la madre cominciò a parlare e le cose scivolarono via come se fossero sempre state normali.
Dopotutto dipendeva solo da loro.

Jiggy e Gauche uscirono insieme di casa e, mani in tasca, con la divisa completa e le lunghe sciarpe bianche che scendevano intorno al loro collo, ripresero a conversare discretamente, tranquillamente, amichevolmente, come se nulla fosse successo.
Del resto ufficialmente non era successo nulla.
- Sai, mi è venuto in mente che conosco una persona… è un amico di famiglia, un fabbro. Sicuramente costruisce cavalli di ferro, o quanto meno ne aggiusta. Sono mezzi rari perché sono poco usati visto che funzionano con il proprio cuore e devi saperlo quantificare, però sono certo che ne ha almeno una, magari vecchia da aggiustare. Intanto che metti via i soldi posso chiedergli se te ne prepara una, così quando potrai prenderla, sarà pronta! - Jiggy rimase colpito dal fatto che si era ricordato di quel piccolo dettaglio di cui gli aveva parlato. Alzò le spalle cercando di non mostrare inclinazioni, sebbene dentro di sé fosse felice di sapere che poteva avere davvero quel mezzo che aveva sempre sognato.
- Grazie, mi piacerebbe. - Un piccolo segno verso di lui.
Un altro. Il cuore di Gauche riprese a battere emozionato e accentuò il sorriso.
Con questo arrivarono all’Alveare, dagli altri già lì che, di nuovo sorpresi, li fissarono in quella dinamica chiaramente d’amicizia. E forse già qualcosa di più.
Se non altro per Largo era evidente, non certo per Aria che era innamorata di Gauche.
- Vi siete incontrati qua fuori? - Chiese la ragazza salutando l’amico.
Gauche guardò Jiggy per sapere se poteva dire che era senza casa e che lo ospitava, ma pensando che sarebbe stato un segno di debolezza che non voleva mostrare, evitò di dire la verità.
- Sì, proprio qua fuori! - Largo però assottigliò gli occhi e si sistemò gli occhiali, sicuro d’aver percepito un’inclinazione sospetta nella voce.

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Capitolo 3
*** Ho te ***


la_proporzione_perfetta3 *Ecco un altro capitolo. Torniamo nel mondo di Jiggy, così criptico, di cui non si sa molto. Sappiamo che Jiggy deve il suo essere Bee a Largo Lloyd, ma non è mai stato specificato nulla a tal proposito. Anche sulla sua infanzia si sa poco se non  che ha una sorella ed un fratello, di cui in certe occasioni li definisce sorellastra e fratellastro, perciò ho spaziato un po'. In questo capitolo ho creato un idolo nell'infanzia di Jiggy collegato alla sua passione per il cavallo di ferro ed hai suoi modi da tenebroso. Di Largo ce ne occuperemo più avanti. Buona lettura. Baci Akane*

3. HO TE




"Seduti fuori in attesa che le parole arrivino Vivo la mia vita Cercando di fare ciò che è giusto E spero in un giorno migliore Sai quelle parole che mi hai scritto mi hanno portato in ginocchio E tutto ciò che sto dicendo è che... Sei a casa Non sarai mai solo"
/Active Child - Silhouette (Feat Ellie Goulding)/

Un’altra giornata di lavoro finì nel migliore dei modi. Quel giorno erano andati da soli a consegnare lettere, alcune vicine, altre un po’ più lontane. Entrambi avevano affrontato alcuni gaichu ma se l’erano cavata bene.
Una volta concluso il turno di quel giorno, Gauche e Jiggy salutarono ed uscirono insieme di nuovo, lasciando Aria e Largo a guardare perplessi.
Giusto in tempo per sentire parte del dialogo.
- Sai, oggi sono andato a consegnare in un erboristeria. Ho provato a chiedere se avevano qualche rimedio per il tuo problema… - Ma la porta si chiuse e Largo rimase con la curiosità, nonché lo shock, per la realizzazione del fatto che Jiggy avesse un problema e che Gauche lo stava aiutando a risolverlo.
- Non capisco cosa c’è di male se sono amici. - Disse Aria fissando male Largo che faceva l’aria esterrefatta.
- Nulla! - Esclamò lui allora. - Sono loro che lo nascondono! - Aria sospirò e scosse il capo andandosene a sua volta.

- Ecco, mi hanno dato questa erba da sciogliere nel the prima di usare un mezzo, attenua i sintomi della nausea! - Gli diede un sacchetto con le erbe, un sacchetto abbastanza consistente. - Se funziona e te ne serve ancora, possiamo andare insieme a prenderne!- Jiggy lo guardò e glielo riconsegnò.
- Non posso accettare anche questo. - Gauche però glielo infilò in borsa.
- Il mio ospitarti è qualcosa per cui mi ripagherai. Non è gratis. Questo invece è un regalo, voglio fartene uno! - Jiggy sospirò lasciandosi andare di nuovo, suo malgrado accettò.
- Allora ricambierò. - Gauche alzò gli occhi al cielo.
- I regali non si ricambiano, altrimenti non sono regali! - Jiggy si strinse nelle spalle rispondendo indifferente, sebbene fosse colpito dai modi di quel ragazzo.
 - Non sono abituato ad avere debiti. - Gauche gli diede un pugno sulla spalla, il primo gesto di stizza e rimprovero.
- I regali non sono debiti! Mi dai la gioia di potertene fare uno? - Con questo Jiggy strinse le labbra e lo guardò trovandolo di nuovo carino, come l’aveva trovato quella mattina. Aveva dei momenti in cui si sentiva strano, accanto a lui. Sorprendentemente bene. Non si era mai sentito così.
A quel punto si guardò intorno e vedendo che lì nei pressi non c’era nessuno, gli tolse il cappello, gli sistemò i capelli e rimase con la mano sulla sua nuca in quella che era a tutti gli effetti una carezza.
Aveva seguito il suo istinto.
- Ti ringrazio. - Si decise, pur senza sorridere. Gauche si bloccò e avvampò, rimase ebete a sentire quelle mille sensazioni che lo invadevano da quello strano, bellissimo gesto per nulla da lui. Così bello. Così intimo.
Jiggy, però, vedendolo così imbarazzato e trovandolo ancora più carino, realizzò quale era quella sensazione che provava da quando l’aveva visto la prima volta, dai loro primi contatti.
La notò, la capì, la tradusse e l’accettò senza perdere tempo.
E sorrise.
Con questo demolì definitivamente Gauche che rimase imbambolato, fermo lì nell’angolo, rossissimo in viso, senza la capacità di muoversi.
Jiggy gli rimise il cappellino da Bee e riprese a camminare facendo finta di nulla.
“Ok, mi piace. Mi piace parecchio. Ma posso gestirla, posso conviverci e gestirla.”
Con questo Jiggy si illuse che sarebbe riuscito a non superare quei limiti che, ne era convinto, l’avrebbero indebolito.
Si illuse, appunto.

Gauche rimase un attimo indietro, inebetito da quel bel gesto inatteso, poi realizzando che si stava allontanando, avanzò di corsa per riaffiancarlo, ricordandosi quello che voleva fare prima che lo interrompesse…
- Senti, ti va di venire con me da quell’amico di mio padre a vedere se ha un cavallo di ferro? -
Jiggy lo guardò mentre lo affiancava trafelato, ancora un po’ deliziosamente rosso in quel suo viso sempre pallido, poi annuì.

I due arrivarono insieme nell’officina poco fuori città. L’officina era un garage di medie dimensioni situato accanto ad una casa, Gauche entrò nel garage per primo, seguito dal solito silenzioso e discreto Jiggy.
Il garage era pieno di cianfrusaglie, come un vecchio antiquariato, con la differenza che erano tutte cianfrusaglie da aggiustare. Di ogni tipo. Soprammobili, materiale, strumenti.
Jiggy rimase impressionato dalla quantità di roba che c’era e per poco pensò che qualcosa potesse cadergli in testa e soffocarlo.
- Signor Ogure? - Chiamò Gauche senza vederlo. Lo richiamò una seconda volta e a quel punto un rumore da un punto imprecisato li fece girare. Il rumore divenne una piccola frana che i due ragazzi seguirono, quando lo raggiunsero, l’alzarono fino a trovare un piccolo signore intorno ai cinquant’anni, basso e mingherlino, gli occhiali spessi e tondi, pochi capelli brizzolati sulla testa, tutto sporco.
Quando Gauche lo rimise in piedi sorridendo, il signore lo guardò e lo riconobbe.
- Oh, Suede! Che piacere rivederti! Cosa ti porta in questo disastro? -
Gauche continuando a sorridere, si raddrizzò e gli indicò Jiggy.
- Lui è il mio amico Jiggy Pepper. Ha un lavoro da commissionarti. - Jiggy sentì del calore sentendo che lo chiamava ‘amico’, ma come sempre non fece pieghe.
Ogure allora spostò lo sguardo su di lui e notandolo lo salutò gentile.
- Piacere Pepper! Dimmi tutto! Come posso esserti utile? -
Jiggy a quel punto spiegò quello che cercava, specificando che non poteva acquistarla subito e che se costava troppo, l’avrebbe pagata a rate.
Appena spiegò quel che voleva, cioè un cavallo di ferro che funzionava col cuore, il signor Ogure si illuminò tutto e come se tornasse bambino, cominciò a scavare nel mezzo delle mille cianfrusaglie del suo garage, buttando all’aria, alla ricerca di qualcosa.
- Ecco qua, vieni, vieni da questa parte! Non avrei mai immaginato di trovare una persona con questa passione in grado di usarla! L’ho costruita perché mi piaceva, ma pensavo l’avrei esposta e basta, sapere che può essere usata mi riempie di gioia, così tanta gioia che non immagini. -
Ogure mostrò loro un cavallo di ferro già pronto, solo da ritoccare. Era grande, coi manubri alti, il sedile lungo, imbottito e comodo dove ci si poteva salire in due. Nel serbatoio lo spazio per l’ambra spirituale.
Jiggy, quando la vide, rimase di sasso e per una delle rare volte mostrò sorpresa e meraviglia. Gauche vide chiaramente i suoi occhi brillare, accendersi e diventare vivi.
- Ma questa… - Ogure capì dalla sua reazione.
- L’hai già vista? - Chiese sapendo che poteva essere possibile. Jiggy annuì.
- Quando ero piccolo un Bee è venuto su questo stesso cavallo di ferro, tutto nero. Era un Corriere Espresso. Sembrava così forte su questo gigantesco cavallo! - Gauche rimase shoccato da quella sua condivisione, ma anche dal modo in cui l’aveva raccontata. Poi proseguì dispiaciuto, toccando il manubrio impolverato.
- Purtroppo quando sono venuto a fare l’esame da Bee, mi hanno detto che lui era morto in un attacco di gaichu. - Gauche si riempì di tristezza, ma Ogure rimase sorridente, come colpito da un’apparizione.
- Quel ragazzo adorava questo posto. Ha costruito lui il cavallo di ferro, con me. È una sua idea, non ce ne sono molti in giro, perché devi essere in grado di gestire il tuo cuore. Era un mio caro amico. - Il silenzio calò, nessuno parlò di come era morto, di qualche triste dettaglio. La malinconia li avvolse nostalgica. Poi il signor Ogure si riprese carezzando il mezzo. - Sarebbe felice di vedere che qualcuno lo usa. Ed io sarei orgoglioso di aggiustarlo per te. - Gauche sorrise anche per Jiggy, commosso, mentre lui dopo aver guardato con morbidezza quello che sarebbe stato il suo grande compagno per sempre, tornò a guardare Ogure e chinando il capo, accettò.
- Sarei onorato di avere proprio il suo. - Disse con formalità. - tornerò a prenderlo quando avrò il primo stipendio, così parleremo anche di prezzi… - Ogure scosse il capo.
- Lo prenderai domani, non mi ci vorrà molto per rimetterlo in sesto! - Jiggy si irrigidì.
- Ma non posso ancora pagare… - Ogure allora mise entrambe le mani sul cavallo di ferro.
- Non importa, lo farai con calma quando potrai. Intanto voglio che lo usi, mi dai la gioia più grande. Torna domani e l’avrai! - Con questo Ogure si mise a lavorare sul mezzo, senza ammettere repliche.
Jiggy non trovò modo di rifiutarsi e sorpreso di tutta la gentilezza che stava ricevendo da quando era lì, capì che valeva la pena tenere duro e resistere e provare le strade difficili. Perché poi ricompensavano.


Una volta fuori Gauche sembrava volare.
- Pensa te il destino! Dovevi avere proprio il suo! Che bella storia! - Era molto entusiasta della cosa e questo calmava Jiggy, che comunque era sorpreso delle coincidenze che si erano verificate.
- Farai il secondo giro con me. - Concluse deciso come se questo non fosse in discussione.
Gauche però lo guardò dubbioso spegnendo il suo sorriso raggiante.
- Ma lo sai usare? La prima volta non sarà mica facile… - Jiggy così lo fissò storto lasciandolo solo più inquieto di prima, ed in risposta avanzò verso casa. - E quello cosa significherebbe? - Chiese Gauche convinto che non sapesse guidare un cavallo di ferro.
Ovviamente non ne cavò un ragno dal buco.

- È per questo che hai quest’aria da bel tenebroso? - Chiese Gauche in camera, dopo aver cenato ed essersi preparati per dormire.
Jiggy lo guardò ironico, seduto per terra nel proprio letto di fortuna. Gauche, in quello più sollevato, arrossì. - Intendevo che hai un certo stile… parli poco, non sorridi mai… hai modi da… beh, tenebroso… ti dai un tono, non mostri debolezze perché vuoi apparire forte e… ti ispiri a quel Bee? - Jiggy capendo cosa intendeva smise di guardarlo e annuì, poi decise di parlargliene.
- È venuto una volta sola nella mia città dimenticata da tutti. Io non sapevo cosa fossero i Bee… mi ha detto che consegna lettere per conto della gente. Era gentile e forte al tempo stesso. Mi ha fatto fare un giro sul cavallo di ferro con lui. Credo fosse originario di quel posto. - spiegò. - E così mi sono messo a sognare di diventare come lui. Aveva un lavoro che lo portava a viaggiare per tutto il mondo, aveva un mezzo meraviglioso ed era una persona carismatica! Mi piaceva. - Gauche si chiese se il senso del suo piacergli fosse ammirazione o altro, ma non osò chiederglielo.
- Credo che tutti abbiamo dei miti che ci ispirano. È bello quando ci riusciamo, non trovi? - Jiggy tornò ad osservarlo preso da quel discorso idealista e si ricordò di quanto, idealista, lo era anche lui. Ed aveva deciso di diventare un Bee.
- L’importante è riuscire negli obiettivi che ci poniamo. Non importa a quale costo. - Disse di nuovo pragmatico e deciso. Gauche si toccò la nuca ricordando di quando l’aveva fatto lui prima ed arrossì sperando in qualche altro gesto del genere.
- Sei felice di guidare il suo? - Chiese riferendosi alla moto del suo idolo. Jiggy annuì rimanendo però serio.
- E perché non sorridi? Prima per un momento ti sei emozionato. Quando l’hai riconosciuto. - Jiggy lo guardò pensieroso, poi si alzò e si sedette sul letto con lui, gli sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, poi si limitò a guardarlo da vicino, sfiorandolo col proprio corpo, con l’aria così intensa ed intrigante da turbarlo e togliergli il respiro.
- Non è più un gesto automatico. Il sorridere è automatico per chi lo fa. Per me no. - Gauche, colpito dal suo discorso che mostrava un infanzia davvero difficile, dispiaciuto per lui, ma emozionato da quella vicinanza, mormorò con un filo di voce:
- E cosa è automatico, per te, invece? -
Jiggy ci pensò un po’, poi tornando a sistemargli i capelli, come un istinto indomabile, rispose malinconico:
- Tenere le emozioni lontane da me. Ma ultimamente non ci sto riuscendo benissimo. - Gauche si aggrottò.
- Perché? -
- Perché le emozioni sono segno di debolezza, io devo diventare forte se voglio aiutare la mia famiglia e la mia città. - Gauche si riscosse e batté le palpebre un paio di volte.
- Io intendevo perché non ci stai riuscendo bene ultimamente… - Jiggy scivolò con la mano sulla sua schiena, avvolta solo da una canottiera intima bianca, i brividi lo ricoprirono.
- Perché ho qualcosa che non avevo mai avuto. - Gauche lo guardò interrogativo, mentre dentro di sé aveva mille accelerazioni e si sentiva male. - Ho te. - Non fu meno criptico, ma trattandosi di uno che non diceva nemmeno se aveva fame, era una grande cosa.
Gauche arrossì felice di essere ‘qualcosa’ per lui. Non aveva importanza di cosa. Era felice così.
- E ti dispiace? - Chiese ritornando al discorso, mentre la mano di Jiggy indugiava sulla sua schiena scivolando di lato, sul suo fianco permettendogli di avvolgerlo con il braccio.
Gauche si sentiva morire.
- È molto bello. Spero non lo sia troppo. - Gauche senza capire si aggrottò di nuovo.
- In che senso? -
- Che non mi distolga dai miei obiettivi, dal mio lavoro, da quello che sono venuto a fare. Voglio guadagnare molto per aiutare la mia città, la mia famiglia. -
- Ma io non potrei mai farti venire meno ai suoi doveri… so che per te è importante e… - Gauche con un pizzico di sana e vera ingenuità, fece di nuovo sorridere Jiggy in quel modo per nulla automatico e per questo ancora più incredibile.
- Non tu di proposito. Ma potrebbe essere una tua dote innata! - Gauche non capì subito cosa intendeva e Jiggy così si avvicinò e gli sfiorò la tempia con le labbra, seguendo l’ennesimo istinto indomabile. Pensando che, nonostante si fosse detto di non fare nulla, una volta che stava provando cosa significavano le emozioni, era difficile gestirle. Gauche era difficile da gestire.
“Spero che non mi deconcentri davvero.”
E con questo, indeciso sull’essere pronti o meno, decise di prendersi ancora un po’ di tempo prima di arrendersi a quel che provava.
- Buonanotte. - Mormorò senza spiegare nulla, tornando più criptico di prima. Jiggy si rimise nel suo letto a terra e si girò dall’altra parte per dormire. Ovviamente non riuscì ad addormentarsi. E non lo fece nemmeno Gauche, troppo eccitato ed emozionato per riuscirci.
Confuso, felice, pieno di un turbinio interiore, inebetito.
Incapace di capire se gli piaceva o se aveva frainteso quelle parole dette e non confermate.
I sentimenti erano più complicati dei gaichu!

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Capitolo 4
*** Un errore di valutazione ***


la_proporzione_perfetta4 *Ecco un altro capitolo. Il rapporto fra Jiggy e Gauche progredisce molto velocemente ed entrambi se ne rendono conto, ma se nello scorso capitolo Jiggy era convinto di poterlo gestire, adesso comincia a capire che gestire dei sentimenti come quelli che sta iniziando a provare per lui, non sono facili. Vediamo in questo capitolo anche un po' di Largo Lloyd: nel manga sappiamo che Jiggy gli deve il suo essere Bee e che un certo rapporto c'è. Capiamoci un po'. Buona lettura. Baci Akane*

4. UN ERRORE DI VALUTAZIONE




"Posso resistere a tutto tranne alla tua tentazione ma preferisco camminare da solo piuttosto che cercarti qua attorno. Cadrei da solo piuttosto che farmi trascinare da te Non avrebbe funzionato in ogni modo quindi adesso è solo un altro giorno di solitudine"
/Another lonely day - Ben Harper/


Salire sul famoso cavallo di ferro fu un’emozione senza pari, per Jiggy. Tale da riportarlo bruscamente alla vita, più di quello che Gauche in quei due giorni era riuscito a fare. Un brusco risveglio in quella che sembrava una bella vita, degna di essere vissuta non solo per i doveri verso la propria famiglia, ma anche perché si potevano provare emozioni e sensazioni fine a sé stesse e stare bene.
Il vento fra i capelli, la sciarpa bianca che volava dietro, il paesaggio che si mescolava diventando una macchia violacea e poi su, il cielo al crepuscolo, le stelle invisibili.
Una dura giornata di lavoro, un gaichu difficile da uccidere ed alla fine quella ricompensa.
Ne valeva la pena, si disse. Si poteva vivere di sacrifici, ma si poteva anche fare il proprio dovere togliendosi delle piccole soddisfazioni, cercando in qualche cosa un angolo di felicità.
Jiggy cominciò a sorridere da solo, sapendo che nessuno lo stava vedendo e che non sarebbe apparso debole.
La sua vita stava cambiando e non avrebbe mai immaginato che potesse essere anche bella, oltre che difficile.
Quando tornò indietro da Ogure e Gauche, guardò quest’ultimo e tendendogli la mano come con una fanciulla, gli disse di salire, serio e composto.
- Ma ti piace? Pensi che sia fattibile? Sei già caduto? - Chiese Gauche ignorando la sua mano, eccitato e ansioso al tempo stesso.
Jiggy si alzò gli occhialini per il vento che gli aveva dato il signor Ogure e lo guardò penetrante, convincente.
- Sono nato per questo! - E alla risata di Gauche, tornò a tendergli la mano. - Vieni, ti piacerà! - Così Gauche la prese, provò il consueto brivido e salì a cavallo, stringendo le braccia intorno alla sua vita stretta. Gauche sentì subito la sensazione di forza provenire da lui, una forza che indicava sicurezza in quel che faceva. Sentì i suoi muscoli rigidi per il dover gestire un mezzo così grande, gli addominali tesi.
- Tieniti stretto. - E dopo di questo, l’ambra posta sul serbatoio brillò. Un secondo dopo i due stavano girando per le stradine sterrate fuori città.
La sensazione di Gauche fu immediata. Strinse ulteriormente le braccia intorno a Jiggy e per questo provò un forte calore espandersi ovunque. Il vento fra i capelli, la sciarpa svolazzante, il paesaggio sfumato, le stelle invisibili, colori che si mescolavano. Era tutto bello, ma ancora di più lo era poter abbracciare così Jiggy senza inventarsi qualche scusa. Stringerlo, appoggiare il mento alla sua spalla, il petto alla sua schiena. Essere lì con lui.
- Ti piace? - Chiese Jiggy girando il capo verso il suo, i visi più vicini per questo, gli sguardi ad un soffio uno dall’altro, separati solo dagli occhiali da guida.
- È bellissimo! - Esclamò entusiasta, senza capire bene se era bellissimo la corsa o Jiggy.
Lui a quel punto sorrise di nuovo, felice che a Gauche piacesse anche perché era merito suo.
Girò ancora un po’, prima di tornare indietro, afferrando un’idea, un sentimento, una sensazione.

- Sai, forse essere un po’ felici non ti impedisce di adempiere ai tuoi doveri. - Disse più tardi, in camera insieme. Entrambi stesi nei rispettivi letti, senza guardarsi. Gli occhi rivolti al soffitto, l’aria sognante di Gauche, quella piena di ideali di Jiggy.
- Lo penso anche io. - rispose sorpreso Gauche di sentirgli dire questo.
- E penso anche che aiuti più gli altri dando a loro i mezzi per aiutarsi da soli. - Gauche ci mise un po’ a tradursi quella frase, si mise sul fianco senza guardare giù dal letto e poco dopo spuntò il viso di Jiggy, più acceso che mai e per questo strano. Particolarmente bello in quella luce negli occhi azzurri e sottili. I capelli rossicci spettinati. - Potrei dare alla mia famiglia una somma di denaro mensilmente per aiutarli, ma non risolverei davvero i loro problemi e se dovessi morire facendo questo lavoro pericoloso, tornerebbero al punto di partenza, non devono dipendere da me. Ma devo aiutarli in qualche modo. -
- E come pensi di fare? - Chiese Gauche che si sorprendeva ogni volta che parlava di sé e di cose personali.
- Come loro, ci sono moltissime persone senza casa, senza soldi… io vorrei dare loro un lavoro, a tutti loro. Perché è questo che può aiutarli sul serio! Un rifugio. -
A quel punto Gauche capì.
- È un’idea fantastica, ma come puoi fare? Ti serve una somma di denaro cospicua per aprire un’impresa che… che dia lavoro a tante persone! -
- Voglio risolvere due problemi in uno. - Riprese Jiggy deciso con le idee chiare. - Darò loro lavoro ed anche un rifugio. - Gauche si era completamente perso, ma lui continuò sicuro: - Farò costruire una cattedrale con un enorme campanile. Quello diventerà il punto di riferimento di tutti i cittadini, il rifugio di quelli senza casa. E per costruirla, loro avranno lavoro! - Gauche capì che bella idea era.
- Potranno rifugiarsi lì e poi trovare lavoro anche dopo, per mantenerla, per la gestione. Un posto del genere nasce per aiutare i poveracci che non hanno cibo, un tetto… - Cominciò Gauche abbracciando la sua idea sorpreso.
- In quel paese manca la speranza, la speranza di avere un futuro migliore, di risolvere i propri problemi, che le cose andranno meglio un giorno. Manca un luogo dove rifugiarsi per regalare preghiere e prendere speranze e sentirsi meglio. Darò quella speranza. Un luogo dove raccogliersi e pregare e sentir suonare una grande campana che ti dica ‘un giorno le tue preghiere si realizzeranno’. -
Gauche rimase ad ascoltare la sua idea a lungo, colpito dalla sua voglia di parlare, dalle sue confidenze, dal cuore che gli stava consegnando.
Rimasero a parlare insieme gran parte della notte, finché il sonno li prese dolcemente.
Piano piano le cose stavano andando in una bella direzione. Una direzione sorprendentemente meravigliosa.


- Manca da tre giorni, deve essergli successo qualcosa! Non è possibile che manchi da così tanto tempo! - Esclamò Gauche preoccupato, camminando su e giù. Aria lo guardò sorpresa, sconvolta quasi da quella sua reazione ansiosa. Gauche era famoso per rimanere sempre calmo e composto.
- Capita spesso che i Bee stiano via per più giorni per delle consegne. Hai detto che ne ha chieste tante, giusto? - Gauche sospirò capendo che lei aveva ragione, così si sedette e cercò di calmarsi.
- Sì, ha detto che voleva lavorare di più perché ha bisogno di soldi. Siccome oltre ad un fisso mensile, ci corrispondono le approvvigioni, lui ne vuole consegnare tante… con il cavallo di ferro, poi… - Aria era sorpresa di quel che sapeva di lui, ma ancora di più della sua preoccupazione. Sentendolo un po’ più calmo, gli chiese:
- Siete diventati tanto amici, vedo… - Gauche abbassò le spalle tese fino a quel momento. - Non avevo nemmeno idea che lo ospitassi. Per questo non ci vedevamo dopo il lavoro? Stavi con lui? - Gauche si rese conto solo in quel momento della sua mancanza di tatto, d’aver trascurato la sua migliore amica.
- Mi dispiace… - Disse con la sensibilità che lo caratterizzava.
Aria arrossì e sorrise.
- Ma non importa, va bene lo stesso… è bello se uno solitario come Jiggy si fa degli amici. - Gauche a quel punto si chiese se fosse il caso di confidarsi con lei, ma proprio in quel momento dall’orizzonte si sentì il rumore di un motore e Gauche alzò la testa per guardare attento come spesso faceva Lode che percepiva qualcosa. Infatti anche lei fece altrettanto. Poco dopo, dal cielo apparve Harry, il falco di Jiggy. Gauche si rilassò immediatamente, sorridendo sollevato.
- È tornato! - Esclamò felice. Aria rimase colpita, ma sapeva che poteva prendersi molto a cuore i propri amici e le persone a cui teneva, perciò non ne fece una questione di stato.

Quando Jiggy giunse all’Alveare, davanti cui i due erano seduti in attesa di andare a casa, lasciò il cavallo di ferro e fece loro un cenno. Gauche si alzò in piedi ansioso e lo guardò, era molto sciupato e sporco, ma fortunatamente integro. Jiggy fece un cenno semplice e avanzò per entrare, ma lui ovviamente lo fermò aprendo le braccia.
- Ma cosa è successo? Perché sei stato così tanto via? Ero preoccupato! - Jiggy lo fulminò con lo sguardo. Definire ‘fulmine’ i suoi occhi era il termine più appropriato.
Gauche si immobilizzò capendo che non voleva scene del genere specie davanti ad Aria o altre persone.
- Ho preso molto lavoro, sai perché. - Disse a denti stretti, come se lo rimproverasse per averlo esposto in quel modo davanti ad un’altra persona. Poi entrò. Gauche ci rimase male, guardò Aria che aveva un’aria di scuse, come se sapesse che era colpa sua la reazione di Jiggy, infine entrò a seguirlo.
- Senti, Aria è una mia cara amica, perché non può sapere che lo siamo anche noi? -
Jiggy non rispose, continuò ad avanzare verso la segreteria.
- Ok, comunque il fatto che lavori tanto perché hai bisogno di soldi per l’impresa, non significa che non hai bisogno anche di riposare! Guidi un mezzo col tuo cuore, poi affronti gaichu sempre sparando con il tuo cuore, poi fai viaggi infiniti e consegni lettere… devi anche riposare! Io ero preoccupato, pensavo ti avesse mangiato un gaichu! Non avevo più tue notizie! - Gauche era partito, colpa dell’agitazione che lo stava uccidendo. Non ragionava, non capiva che non era proprio quello il luogo.
Jiggy alzò gli occhi al cielo, poi si voltò di scatto e lo fermò freddamente:
- Suede, sto lavorando. E lavorerò così tanto sempre. Ed il motivo lo sai. Adesso lasciami in pace! - Non avrebbe voluto bloccarlo in quel modo, ma sentitosi messo alle strette dopo che bene o male aveva sempre deciso da solo per sé stesso e fatto le sue scelte liberamente, dover rendere conto a qualcuno lo fece rivoltare.
Gauche si zittì e smise di seguirlo, il cuore per un momento fermo.
Jiggy si rese subito conto d’aver esagerato, ma non aveva nemmeno idea di come si metteva a posto qualcuno a cui teneva senza mortificarlo. Era la prima volta che gli capitava.
Poi scosse il capo ed andò a lasciare le ricevute delle consegne.
La segretaria rimase sorpresa di tutto il lavoro portato a termine con successo.
- Se continui così potrai prendere in consegna il ruolo di corriere espresso. È un ruolo vacante e molto remunerativo! - Disse la donna gratificandolo proprio nel modo in cui Jiggy aveva sperato. Lì vicino, Largo fischiò nel sentire e nel vedere.
Solo allora si resero conto della sua presenza e Jiggy lo guardò male poiché doveva aver chiaramente sentito troppo.
- Sei in gamba, eh? Come ci si aspettava! - Jiggy non rispose a Largo, ringraziò la segretaria e se ne andò. Largo lo seguì ed i due passarono davanti ad un Gauche ancora tramortito dalla brutale reazione di Jiggy. Non avevano mai litigato, anche se definirlo litigio era una parola grossa.
Decise di non seguirlo, non aveva nemmeno idea se voleva tornare a casa sua. Una volta fuori, vide lui seguito da Largo e scuotendo il capo con le lacrime sulla soglia degli occhi, si avviò così demoralizzato che ad Aria si strinse il cuore. Evidentemente essere amico di uno come Jiggy non era facile. Proprio come sembrava.

- Lasciami in pace. -
- E perché? - Largo tormentava Jiggy senza parlargli, si limitava a stargli vicino mentre lui andava a scaricare i nervi che gli erano saltati per via di Gauche. L’intenzione era quella di trovare un alloggio alternativo, ma piuttosto che chiedere a Largo dormiva all’aperto.
- Perché voglio stare solo e riposare. - Jiggy era grato per quel che aveva fatto Largo per lui prima di arrivare a Central per l’esame da Bee, però adesso era diverso.
- Dove alloggi? - Nessuno sapeva che i due vivevano insieme per quel periodo. Jiggy scrollò le spalle andando verso l’esterno della città.
- Sono affari miei. - Largo rise e non si perse d’animo.
- Voglio farti una domanda, poi ti lascerò in pace. -
Jiggy alzò gli occhi al cielo esasperato, perché non lo lasciavano stare? Cosa avevano tutti con lui?
- Perché devi farti gli affari miei? Cosa ti interessa? Mi hai aiutato a trovare la mia strada come Bee e ti ringrazio, ma mi chiedo perché l’hai fatto. Così come mi chiedo cosa vuoi ora? - Esclamò secco, fermandosi improvvisamente. Largo allargò le braccia senza turbarsi.
- Perché sei un tipo interessante, spicchi subito. - Jiggy non capiva.
- Questo non spiega perché ti devi fare gli affari miei! - Largo decise di fare la sua domanda.
- Perché se non vuoi amici, e non voglio sapere perché non ne vuoi sebbene la cosa susciti la mia curiosità, hai accettato l’amicizia di Suede? Si capisce che siete diventati amici, anche se ti sforzi di nasconderlo! E non ti chiedo nemmeno perché ti sforzi di nasconderlo, anche se vorrei sapere anche questo. - Largo gli aveva fatto tre domande in una volta, spacciandola per una. Jiggy lo fissò torvo, gelido e furioso.
- Vorrei sapere cosa avete tutti con me. Io devo fare la mia vita, devo fare le mie cose, ho i miei obiettivi e intendo raggiungerli a qualunque costo!Ti sono grato per l’aiuto che mi hai dato per arrivare ad essere Bee, ma questo non ti permette di farti gli affari miei. Se avrai bisogno di favori chiedi pure, altrimenti lasciami in pace! - Questa non era una risposta, ma un piccolo sfogo. I nervi tesi pronti a saltare.
Largo si accese una sigaretta e attese enigmatico la sua risposta. Jiggy capì che se non gli diceva qualcosa, non ne usciva, così si decise a rispondere:
- Non voglio amici perché mi distraggono dal mio dovere. Per me è importante lavorare il più possibile, guadagnare quanto più posso. Suede… - Esitò senza saper cosa dire a proposito, poi scosse il capo e si voltò a guardare da un’altra parte, quasi vergognandosi. - Suede è un errore di valutazione! - Pensando d’aver risposto, se ne andò. Doveva riposare, per questo aveva lasciato il cavallo di ferro in consegna in Alveare, perché altrimenti non si sarebbe più ripreso se avesse continuato ad usarla.
Largo, mani in tasca, sigaretta fra le labbra, sorrisino curioso, aggiunse:
- Credevi di poterlo gestire e non ci riesci? I sentimenti stanno prendendo il sopravvento? - Jiggy si fermò di spalle, strinse i pugni e si morse il labbro. Ci aveva perfettamente preso. Ma odiava l’idea di parlarne con un altro. - Ascolta, non voglio diventare tuo amico, non voglio rubarti tempo e distrarti dal tuo compito. - Aggiunse capendo che si frenava per questo. Jiggy si voltò duro.
- E allora cosa vuoi? - Largo si strinse nelle spalle.
- Sono un ficcanaso di natura! - Jiggy concordava, ma ancora non capiva cosa volesse.
Abbassò il capo rimanendo di lato, pugni sempre stretti.
- Non ho previsto Suede. È capitato. Pensavo di poterlo gestire, ma mi sta sfuggendo di mano. Non voglio ferirlo, ma io non posso fermarmi ora. Ho un progetto importante da realizzare, e lui lo sa. - Alla fine si stava confidando con lui per cui non provava nulla, forse era per questo che lo faceva. I due si misero finalmente a camminare insieme uscendo dalla città.
Largo offrì un tiro della sigaretta quasi finita a Jiggy il quale rifiutò.
- Pensi di riuscire ad escluderlo, ora? - Era proprio il problema di Jiggy.
- Sì. Posso escluderlo. So tagliare fuori le persone. - Disse freddamente. Poi aggiunse stanco. - Però non so se voglio farlo con lui… - Largo sorrise.
- Parlagli, apriti, spiega i tuoi dubbi e le tue motivazioni, vedrai che capirà e ti verrà incontro. - Non serviva parlare nel dettaglio di quel che Jiggy provava per Gauche e viceversa. Era evidente, a Largo.
- Perché ti stai interessando, sul serio? - Chiese Jiggy senza negare che forse parlare con Gauche piuttosto che escluderlo era la cosa migliore.
Largo buttò il mozzicone consumato e sorrise.
- Aria. - Jiggy lo guardò senza capire. - Mi piace. Ma a lei piace Gauche. E a Gauche, a quanto pare, piaci tu. A te chi piace? Non dire me, perché la cosa farebbe complicata! - Scherzò per sdrammatizzare, ma Jiggy capì.
- Vuoi farci mettere insieme perché così tu hai campo libero con Aria? - Chiese trovando la cosa meschina e contorta. Largo rise ma sventolò le mani per frenarlo.
- Sebbene sarebbe una cosa degna di me perché mi piacciono i raggiri e gli intrighi, non è questo il caso. - Poi si mise a spiegare, mentre intanto erano arrivati nella radura dove Jiggy si era rifugiato la prima settimana. - Mi piace Aria, cercando di capire se avessi campo, ho capito che a lei piace Gauche. Cercando di capire se stessero insieme, se anche a lui piaceva lei, ho notato questo vostro strano rapporto che tentate di nascondere. Apparentemente è solo amicizia, ma non si nasconde l’amicizia. - Jiggy però lo fermò con un gesto della mano.
- Non stiamo insieme. - Largo annuì ed alzò le spalle.
- Non cambia molto. - Poi continuò: - Perciò una volta che noto qualcosa mi sale la curiosità e divento impiccione. Comunque sono amico di Gauche, al di là di Aria sarei felice se anche lui fosse felice. - Jiggy lo guardò penetrante cercando di capire quanto sincero fosse e dietro le lenti dei suoi occhiali vide due occhi enigmatici che sicuramente nascondevano delle cose, ma non certo cattiveria. Era più simile a sé, si disse.
“Ha dei motivi suoi per fare quel che fa e sicuramente è disposto a tutto per riuscirci, come me. Ma non è una cattiva persona, tanto meno meschina. Ci somigliamo più di quel che sembra. Io sono scostante con gli altri, lui ride e scherza, ma è una forma di allontanamento anche questa.”
Per questo, Jiggy accettò quel rapporto. Perché non si sarebbero disturbati a vicenda.
- Non sono convinto che parlare con Gauche l’aiuterebbe a stare meglio quando me ne vado per giorni di fila a fare consegne. Se mi detesta, però, smetterebbe di preoccuparsi. - Espresse il suo pensiero e Largo alzò le mani.
- Lungi da me dal convincerti ad aprirti con qualcuno, però farsi odiare da qualcuno non è facile come sembra, credimi. - Con questo Largo sentendo la campana diciannovesima, si ricordò di un impegno e salutandolo, si allontanò in fretta senza aggiungere altro.
 Jiggy sospirò e si sporse verso il lago a guardare sulla superficie che rifletteva le stelle ed il cielo al crepuscolo che si vedeva a Yusari.
- Io sono bravo a farmi odiare. In questo modo le persone fanno la loro vita senza preoccuparsi per me e stanno molto meglio. Lloyd questo non lo sa. - E di questo Jiggy ne era convinto, ma non aveva idea che avrebbe finito per ricredersi.

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Capitolo 5
*** Perdonami ***


la_proporzione_perfetta5 *Ecco un altro capitolo. Jiggy è stato leggermente indelicato ad allontanare Gauche, è convinto che sia la cosa migliore per tutti e fondamentalmente ha una paura folle di legarsi troppo a Gauche tanto da perdere di vista il proprio obiettivo: fare soldi per poter costruire una cattedrae nella propria città natale e dare lavoro e rifugio a tutti i poveri, fra i quali sua sorella. Ma fra il dire ed il fare c'è di mezzo Gauche e lui il suo allontanamento non l'ha preso molto bene. Buona lettura. Baci Akane*

5. PERDONAMI




"E' così che io dimostro il mio amore [...] E' così che muore un angelo [...] Forse dovrei gridare e chiedere aiuto [...] forse sono di una razza diversa"
/Sail - Awolnation/


Gauche rimase sveglio fino a che non lo sentì arrivare, poi sospirò e si stese facendo finta di dormire.
Lo sentì parlare con sua madre, gentilmente, sedersi a tavola accettando la cena che gli aveva tenuto in caldo nonostante il tentativo di rifiuto, poi finalmente salì.
Aprì la porta, Gauche rivolto verso il muro, di spalle.
Silenzio. Traffici, probabilmente si stava cambiando.
Dopo un po’ lo sentì sedersi nel suo letto a terra, infine la sua voce, fredda:
- Cosa stai facendo? - Chiese.
- Ti lascio in pace! - Rispose Gauche sorpreso che non ci fosse cascato, non aveva nemmeno respirato.
Appunto.
- Come mi hai chiesto! - Aggiunse seccato.
Era strano sentirlo così. Jiggy sospirò e non lo forzò a girarsi e guardarlo.
- Era quello che non volevo succedesse. Quando dicevo che non voglio distrazioni dai miei obiettivi, intendevo questo! E tu mi hai detto che non avresti mai potuto distrarmi, perché hai capito quanto è importante per me realizzare il mio progetto. E poi mi fai storie se sto via per giorni a lavorare! Davanti a tutti, per di più! Non siamo niente, Gauche. Siamo solo amici, non abbiamo fatto nessun passo proprio per questo motivo ed avevo ragione a frenarmi! - Silenzio. Le lacrime silenziose scesero dagli occhi di Gauche, lacrime che Jiggy percepiva nonostante non facesse un singhiozzo. Fece molta fatica a non andare da lui ad abbracciarlo. Ci mise un po’ a parlare, cercò di soffocare il proprio stato d’animo e facendo violenza su sé stesso, disse sforzandosi di essere il più sostenuto possibile.
- Non preoccuparti, non saremo mai niente. Fai quello che credi, non mi importerà più niente! Non ti distrarrò e non ti parlerò davanti a nessuno, nemmeno da soli! - Non avrebbe potuto reagire meglio, non gridò, non fece sceneggiate, ma non fu dolce e comprensivo, perché il dolore che stava provando era così umano che quella, dopotutto, era il minimo come reazione.
Jiggy chiuse gli occhi e si morse il labbro. Si stava odiando, ma quel che contava era che fosse Gauche a farlo. Così poteva fare la sua vita concentrato e non preoccuparsi per lui, perché non poteva fermarsi, a nessun costo.
Jiggy non rispose, non disse nulla. Però non dormì, come non dormì Gauche che rimase rigido verso il muro a piangere silenzioso.


Il giorno dopo, la tensione la si poteva tagliare con un coltello.
Il gelo che c’era fra loro si respirava lontano un chilometro, tanto che Aria chiese subito a Gauche cosa fosse successo, stessa cosa fece Largo con Jiggy. Gauche spiegò che aveva litigato con Jiggy, mentre questi non rispose nemmeno, ma Largo immaginò facilmente cosa doveva essere successo, infatti scosse il capo dileguandosi silenzioso verso l’ufficio del direttore con cui aveva certi rapporti privilegiati per il suo talento nel rigirarsi le persone.
Poco dopo furono chiamati tutti i Bee e consegnò il direttore stesso gli ordini di giornata, arrivato a Gauche e Jiggy, disse:
- Questa volta farete la consegna insieme, è lontano, in uno dei posti più pericolosi. In questi casi si va in due e si portano tutte le lettere radunate, per fare un giro una tantum. - Spiegò serio l’uomo.
- Non serve che andiamo insieme, posso farlo da solo. - Disse secco Gauche dimostrando per la prima volta ostilità aperta verso qualcuno. Jiggy non emise un sospiro.
- Non puoi andare solo laggiù… - Cominciò freddo.
- Sì che posso, se non sono in grado di farlo che Bee sono? Non voglio solo gli incarichi facili! - Gauche era lanciato, si capiva che ce l’aveva con Jiggy, il direttore cercò di imporsi, ma non ci fu verso.
- Con il dovuto rispetto, me la sento di farlo da solo. E poi ho il mio dingo con me. Ho affrontato gaichu anche in gruppo, ce la posso fare. - Era vero, aveva portato a termine già missioni considerevolmente pericolose, il direttore non poteva obbligarlo. Alla fine cedette, mentre Largo lo guardava torvo.
Una volta fuori, Jiggy prese Gauche per il braccio, fermandolo.
- Non fare l’orgoglioso. Qua si tratta di essere professionali e lucidi. Non puoi farlo solo! - Ma Gauche usando il suo stesso tono brusco e tagliente, rispose:
- Invece posso, proprio come tu che non vuoi distrazioni e lavori meglio così! - Infine strattonò il braccio per poi andare, chiamando Lode che lo seguì senza fare una piega.
Jiggy rimase fermo a guardarlo dirigersi verso la stazione delle carrozze, sospirò e scosse il capo.
- Si farà ammazzare. -
- E rimarrai a guardare? - Chiese Largo sorpreso che mollasse la presa.
- Ho voluto io farmi odiare. Ho solo quel che ho cercato. - Rispose Jiggy conscio che lui sapeva perfettamente cosa stava succedendo fra loro. Largo si accese una sigaretta apparentemente a suo agio, come se già sapesse tutto.
- Hai cercato la sua morte? Evidentemente i sentimenti sono molto più complicati di come pensavo. -
Con questo andò oltre, chiamando il proprio Dingo per andare alla consegna.
Jiggy rimase fermo a guardarlo allontanarsi, seccato da quel suo modo saccente di fare e ancor peggio di aver ragione.
Strinse la sua di consegna e valutando che non era molto lontano, decise di avviarsi e poi, eventualmente di decidere successivamente il da farsi.
Montò sulla sua moto, si sistemò gli occhialini da guida, l’accese e partì attivando l’ambra spirituale.


- Che si impicchi! - Grugnì Gauche sceso dalla carrozza che non andava oltre un certo pezzo. Aveva un bel po’ a piedi e purtroppo era uno di quei posti pericolosi pieni di gaichu, ma arrabbiato com’era, era quasi felice di affrontarli per poter sfogare la propria rabbia. Ed il dolore.
Come si poteva trattare in quel modo qualcuno dopo quello che c’era stato?
Per Jiggy si metteva tutto da parte in un attimo, senza problemi.
Come ci riusciva?
Stava superando una salita rocciosa collegata all’altro versante da un pericolante ponte, la gola era molto ventilata e buia, il sole da lì quasi non si vedeva.
Gauche si strinse la borsa che le lettere da consegnare, guardò Lode e inghiottendo a vuoto, riprese a camminare. Non era il posto più bello del mondo, sotto non si vedeva niente, se non un buio profondissimo da cui potevano saltare su miliardi di gaichu.
- Forse non è stata una grande idea venire da solo… potevo chiedere se Largo Lloyd veniva con me… - Stava per mettere piede sul ponte, quando non dal burrone, ma dalle proprie spalle, sentì un verso purtroppo familiare.
Lode schizzò in posizione d’attacco, dietro Gauche, mentre lui prendeva subito la pistola sparacuore. Quando si girò a guardare, rimase senza parole. Non uno, ma tre erano lì davanti a lui a sbarrargli la strada, l’avevano seguito aspettando il momento migliore per attaccarlo.
- Dannazione! - Disse a denti stretti cercando di individuare le tipologie.
Era buio, non era facile. Decise di tirare un primo colpo per poter vedere meglio. Sapeva che scappare sul ponte era una condanna a morte, non sarebbe mai tornato indietro. Doveva sconfiggerli in quel momento. Subito.
- Lode, dobbiamo capire che tipologia sono! - Disse a Lode. Il colpo partì e si infranse sul primo, quello più davanti. Esplose sul suo muso e Gauche poté vedere, fortunatamente li riconobbe e disse il loro nome.
- Il punto debole è sulla schiena! - Gridò. - Ma da qua non ci sono modi per saltargli sopra e ferirli. - Erano già in alto, non c’erano rocce da usare per sovrastarli. La fortuna era che non volavano. - Non hanno le ali, se riesco a farli cadere giù… - Gauche sapeva che era rischioso, ma decise di tentare il tutto per tutto. - Lode prendi la borsa con le lettere, vai dall’altra parte e aspettami lì, è importante salvare le lettere! - Lode lo guardò contrariata, uno dei lupi più espressivi mai visti. Gauche sorrise mentre teneva sotto tiro i gaichu che piano piano si avvicinavano. - Me la caverò, vedrai che funzionerà! - Ma ovviamente non poteva saperlo. L’ideale sarebbe stato affrontarli in due, uno faceva da esca e li distraeva e l’altro trovava un sistema per colpirli sulla schiena.
Gauche legò la borsa sulla schiena di Lode ed il lupo corse sul ponte, leggerissima e veloce. Una volta dall’altra parte Gauche pensò per un momento a Jiggy.
Se solo avesse aspettato a litigare con lui. Non per averlo lì ad aiutarlo, ma per non rischiare di morire senza aver risolto le cose con lui.
“Morire senza fargli sapere quello che provo per lui… che sciocco che sono!”
Infine, senza dargli le spalle, indietreggiò iniziando a camminare sul ponte, con attenzione, pronto a sparare per tramortirlo nel caso in cui fosse avanzato troppo presto, doveva essere sufficientemente vicino all’altra sponda, per il ritorno avrebbe cercato un’alternativa nel caso in cui il ponte sarebbe caduto.
“Sono in tre, mica saliranno tutti sul ponte!” Era a metà, quando si rese conto che non lo seguivano. “Me li ritrovo lì al ritorno, che diavolo dovrei fare? Se non la risolvo ora, dovrò trovare un modo dopo…”
Gauche si fermò a tre quarti di strada, guardò quanto mancava, poi tornò a guardare i gaichu e sospirando tentò il tutto per tutto.
“Forse con un incentivo…”
Gauche così sparò verso di loro, colpendoli di proposito come per indicargli che ne potevano avere ancora di più.
- Avanti, saltate giù! - Così sparò anche in basso verso il fondo del burrone, sotto di sé. Guardò la luce illuminare il buio fitto e notò qualcosa muoversi. Gauche strinse gli occhi distraendosi da quelli davanti a sé, tornò a sparare sotto e guardò meglio.
A quel punto si sentì morire.
- Oh merda! Ma è un nido di gaichu! Se cado è la fine. E se volano? - Stava per fare attenzione per capire se si levavano rumori di ali, quando  il ponte iniziò a traballare violentemente e lui dovette aggrapparsi alla corda laterale che faceva da sponda. Per poco non cadde, strinse forte la corda e la pistola e tornando in equilibrio guardò la sponda dei gaichu.
L’esca del proiettile composto di cuore aveva funzionato e l’istinto si sopravvivenza era stato superato da quello di nutrimento.
Stavano cercando di raggiungerlo, Gauche sparò verso quello che cercava di salire e che l’aveva fatto quasi cadere, il colpo lo sbilanciò e tramortito, cadde giù.
Gauche sentì un moto di vittoria.
- E fuori uno! Avanti, fatevi avanti! - Pronto a ricaricare e rifare la stessa cosa, il secondo gaichu si fece avanti, ma con più decisione dell’altro, con molta più fame e rabbia. Il ponte roteò completamente su sé stesso facendo un giro della morte e Gauche non riuscì a rimanere su, infatti fece appena in tempo ad aggrapparsi con entrambe le mani alla corda per non cadere, la pistola rimase appesa al braccio grazie all’elastico a cui l’aveva assicurata per casi simili.
Il ponte era tutto storto, ma ancora legato all’altra sponda, forse per qualche strano miracolo.
Era appeso ad un filo, letteralmente, e sapendo quale sorte l’attendeva se non sarebbe riuscito a risalire, imprecò capendo quanto fosse nei guai.
Il ponte riprese a tremare brutalmente, il gaichu stava tentando di salire di nuovo. Per quanto fosse largo, quel ponte non avrebbe mai tenuto un gaichu.
Gauche lasciò una mano capendo che doveva sparargli ora, conscio del rischio e conscio di non avere scelta per la propria sopravvivenza, prese la pistola che fece scivolare dal braccio alla mano, l’afferrò al volo, la caricò, puntò e sparò. Il gaichu, colpito in pieno e sbilanciato, cadde di lato e finì giù come il suo compagno.
- Ne manca uno, solo uno… - Cercò di farsi forza e di riprendere la corda anche con l’altra mano, ma il gaichu rimanente decise di salire in quel momento e Gauche mancò la presa, ritrovandosi a tenersi con le dita di una sola mano. Stava cedendo, stava mollando. Non poteva farlo.
“Non posso finire così, devo trovare un sistema, un modo. Non voglio finire così. Non voglio!”
Pensò aggrappandosi con unghie e denti alla vita che non voleva lasciare a nessun costo. Il volto della madre, del padre che non c’era più, di Jiggy!
Jiggy.
Lui e quel grande rimpianto, quello d’averla gestita male, non averlo capito davvero, non averlo aiutato, d’aver sprecato tutto. Il ponte continuò a tremare, Gauche si sentiva ormai mancare, la presa sempre meno forte. I proiettili sparati stavano chiedendo il conto, le energie ormai scarseggiavano. Poteva sparare con la mano libera, ma sapeva che a quel punto avrebbe completamente mollato la presa, il cuore era stremato, lui lo era.
Non c’era una via d’uscita.
- Avrei dovuto accettare la compagnia di Jiggy! - Disse a denti stretti.
- Già, avresti dovuto! - Una voce da lontano, da dietro il gaichu. Una voce familiare.
Poi una luce. Gauche vide solo la bestia cadere giù mentre risuonava ed esplodeva in mille piccole stelle, l’energia che un tempo aveva avuto e che ora cercava dagli altri, dalle lettere, dalle persone.
Cercò di rimettere a fuoco la sponda, ma la mano cedette e mollò la corda proprio in quel momento.
Non ci fu il tempo di pensare, non ci fu il tempo di respirare, nemmeno di sentire qualcosa, di capire cosa provava, cosa succedeva. Fu troppo veloce.
La prima cosa che riuscì a realizzare, fu che non stava cadendo, non si stava schiantando in un nido di gaichu. Era ancora sospeso nel vuoto, ma la sua mano non stringeva. Era stretta. Da un’altra mano.
Quando aprì gli occhi e li alzò, vide. Jiggy lo stava tenendo, tutto steso sul ponte di nuovo stabile poiché nessun gaichu stava tentando di salire.
Solo loro lì, uno appeso, l’altro che lo teneva.
Poi delle gocce caddero sul viso di Gauche, chiuse gli occhi, scosse il capo e li riaprì. Le gocce continuavano a scendere, ma non era pioggia. Il cielo era stellato.
Le gocce venivano da Jiggy. Dal suo viso. Dal suo occhio.
- Mio Dio Jiggy! La tua faccia! - Esclamò sconvolto Gauche vedendolo solo in quel momento, pur il buio non aiutasse non aveva dubbi. Quello che colava sul proprio viso da quello di Jiggy era sangue e quell’ombra sulla sua guancia era uno squarcio. Enorme. Orribile.
- Tu ne vedevi tre, lì sulla sponda… - Rispose senza fare una piega. - Ma ce n’erano almeno altri cinque o sei! L’ultimo è spuntato dal nulla, non l’ho visto in tempo! - E con questo, Gauche capì e lasciò scendere le lacrime.
- Perdonami. -

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Capitolo 6
*** Finchè avremo cuore ***


la_proporzione_perfetta6 *Ecco un altro capitolo. Gauche arrabbiato con Jiggy era andato da solo a fare una missione molto pericolosa ed infatti poi nel percorso ha trovato dei gaichu che l'hanno attaccato. Sarebbe finito male se non fosse arrivato Jiggy a salvarlo. Un Jiggy ferito in viso. Il capitolo si chiudeva con Gauche che si scusava con lui. Continuiamo da lì. Trovo la parte che arriva ora molto bella e dolce e triste al contempo, quel triste fra le righe per chi ha letto il manga. Beh, in ogni caso... buona lettura. Baci Akane*

6. FINCHÈ AVREMO CUORE




"Esplodendo in un cielo rosso sangue Una lenta frana E il mondo che ci lasciamo alle spalle È quanto basta per perdere la testa Scomparire e non tornare più… Quando cado a terra Parlando con il cuore in mano Capisco che non ha alcun senso Tu sei il mio porto di scalo Spari e mi lasci scorticato Adesso so che sei incredibile Perché l’unica cosa che mi serve È l’amore che respiri Metti le tue labbra sulle mie E potrò vivere sott’acqua Sott’acqua, sott’acqua Sott’acqua"
/Underwater - Mika/


Una volta issato su, Jiggy si lasciò andare su mani e ginocchia in cerca di recuperare le forze per finire il ponte ed andare dall’altra parte.
- E la moto? - Chiese Gauche che, steso, si massaggiava il braccio con cui era rimasto appeso per un tempo indefinito, forse un paio di minuti.
- L’ho messa al sicuro. - Jiggy ansimava e si teneva metà faccia con la mano da cui continuava ad uscire il sangue. - Adesso andiamo al paese e consegnamo, poi potremo riposare e recuperare le forze. Non so te, ma io non ne ho più. - Stabilì Jiggy stremato ed ansimante, eppure sempre cercando di darsi un tono.
Gauche lo guardò da steso, lo vide alzarsi su con la schiena ma per via della mano sul viso, non vedeva bene l’entità del danno sul suo viso.
- Hai bisogno di cure immediate, quanto ti fa male? È profondo? Fammi vedere… - Jiggy alzò l’altra mano libera per impedirgli di toccarlo e guardare meglio, poi si alzò faticosamente. Gauche strinse le labbra e si alzò in piedi anche lui, poi con decisione lo prese dalla parte più sana e lo trascinò via dal ponte.
- Non hanno costruito un ponte più grande e resistente per impedire ai gaichu di passarlo. Sembra che siano giù nel fossato e poi dall’altro lato dell’altura. Chi abita al di qua è dimenticato dalla civiltà, ma anche dai gaichu. Paradossalmente è pericolosissimo arrivarci, ma una volta che ce la fai è il luogo più sicuro. Qua… - Gauche si mise a parlare di quel che sapeva del paese in questione e Jiggy registrò sempre meno le sue parole, fino a che la sua voce si fece un sussurro indistinto lontano, sempre più lontano.
Ormai lui era salvo, il resto non contava.
Gauche si sentì Jiggy completamente addosso e realizzò che era svenuto. Lui non era messo tanto meglio, ma avrebbe dato fondo anche a quel che non aveva pur di aiutarlo. Si sarebbe preso cura lui di Jiggy.
Cercò di rimanere saldo e non farsi prendere dal panico, ragionando per priorità.
- Devo raggiungere il villaggio. Una volta là, troverò un rifugio e lo farò curare da qualcuno mentre consegnerò le lettere. - Non si sarebbe dato per vinto, a nessun costo. Ormai l’aveva capito.
A Jiggy importava, a Jiggy importava di lui al punto da rischiare la vita.
- L’avrebbe data. Per colpa mia. E devo sperare che si riprenda. È così buio che non vedo quanto è ferito! Per aver perso i sensi, lui che gestisce così bene il proprio cuore, deve aver dato fondo a tutto! -
“Forse non erano nemmeno solo 5 o 6… “
Gauche accompagnato da Lode e sorvolati da un silenzioso Harry, avanzarono faticosamente verso il villaggio e solo una volta arrivato ai limiti si fermò nella prima casa, quella un po’ più isolata che sembrava facesse da vedetta, bussò e fece appena in tempo a chiedere aiuto, che crollò in ginocchio davanti al proprietario, sorpreso di vedere due Bee proprio lì.
- La prego, ha bisogno di essere curato, lui ha ucciso 6 gaichu da solo ed io… - Gauche non riuscì a finire la frase che l’uomo, guardando Jiggy, si mise la mano davanti alla bocca.
- Per tutti i Santi! - Esclamò impressionato. Gauche seguì il suo sguardo e solo allora vide in che condizioni era effettivamente Jiggy, alla luce della casa.
Il viso era profondamente squarciato sullo zigomo destro, proprio sotto l’occhio, un segno in verticale che attraversava l’occhio chiuso ed uno in orizzontale che lo sottolineava in modo macabro. Una bella croce che sanguinava copiosa. Il viso ammaccato in diversi punti, pallido e sporco.
Anche l’altro braccio e la spalla erano feriti, lo si capiva dalla divisa strappata ed insanguinata. Gauche allargò la mano con cui lo sosteneva intorno alla vita e realizzò che era rossa anch’essa.
“Pure il fianco. Tutta la parte destra… ma come ha fatto a tirarmi su?”
A Gauche vennero di nuovo le lacrime, ma si ricordò che aveva una priorità essenziale. Salvare Jiggy. Si fece forza e l’uomo annuì prendendo al suo posto Jiggy, alzandolo e trascinandolo dentro come aveva fatto Gauche fino a lì, ora fermo in ginocchio all’ingresso senza la forza di muovere un muscolo oltre lì.
- Vieni, vi aiuterò. Sono il medico del paese. Qua ci arrangiamo come possiamo, vivendo fuori dal mondo abbiamo la nostra comunità, il nostro modo di sopravvivere… - Cominciò a parlare sorprendendo Gauche che fu felice di sapere che non era ostile per il fatto che il mondo si fosse dimenticato di loro.
“Del resto i medici hanno una missione, di solito… forse ho incontrato l’unico disposto ad aiutarci!”
Con questo si rialzò facendo un grande sforzo, infine si trascinò dentro fino a dove lo sentiva parlare, in quello che doveva essere l’ambulatorio.
Gauche non notò la presenza di nessun altro, ma realizzò che era una casa con annesso uno studio dove riceveva i pazienti che necessitavano.
“A quale divinità facciamo appello? A chi si crede? Chiunque sia, lo ringrazio. Se la prima casa non fosse stato un medico, che avrei fatto?”
Gauche si lasciò cadere in una sedia, stremato, mentre Lode si sedeva lì accanto. L’accarezzò facendole i complimenti, aveva ancora la borsa con le lettere legata alla schiena, gliela sciolse e le appoggiò giù.
L’uomo che stava occupandosi di Jiggy togliendogli i vestiti per capire l’entità del danno completo, vide la borsa.
- Siete davvero dei Bee! Non ero sicuro visto le condizioni in cui eravate. Qua non vengono Bee da secoli. - Gauche tentò un flebile sorriso, mentre si concentrava su Jiggy e sullo spettacolo impressionante che presentava il suo corpo martoriato.
- Non ce l’ha con gli inviati del governo? - Chiese sorpreso Gauche. L’uomo rise.
- Li vediamo così poco che avercela con loro è una sciocchezza. Almeno per me. E poi quei pochi coraggiosi che affrontano quel mare di gaichu solo per delle lettere non posso certo mandarli via. Siete l’unico collegamento col mondo reale. Per quanto possiamo avercela col governo… - Continuò a parlare come se non avesse un ragazzo in pessime condizioni, ma non per questo smise di fare il suo lavoro. Per prima cosa constatò che aveva dei graffi profondi, come quelli del viso, sia nel braccio e spalla destri che nel fianco fino a scendere sulla coscia.
- Gli rimarranno delle cicatrici profonde, ma guarirà. - Poi cominciò col viso, la parte più grave. - L’unica cosa che devo capire è se il suo occhio avrà conseguenze. - Gauche si preoccupò.
- Pensa che perderà la vista? - il dottore dopo avergli pulito per il grosso la ferita, gli aprì l’occhio per una prima diagnosi, vide sotto la palpebra gonfia e chiusa, il bulbo intatto.
- La pupilla reagisce, retina e cornea sono intatti. In effetti anche la pupilla non presenta graffi. Comunque gli hai salvato la vita. L’hai portato qua in tempo, adesso è in buone mani. - Gauche sentendolo sospirò di sollievo, poi guardò il resto del suo corpo nudo, le ferite non sanguinavano più, segno che non erano troppo profonde.
Poi realizzò.
Jiggy era nudo, gli aveva lasciato solo l’intimo.
Arrossì e distolse lo sguardo. Il medico lo prese per un gesto di impressione.
- È la prima volta che vedi tanto sangue? - Chiese pulendo meglio nel dettaglio la ferita del viso per avvicinare i lembi di carne squarciati, sistemarli e fermarli insieme per quanto possibile con garze e cerotti. Richiuse tutto con un’enorme benda che gli coprì tutto l’occhio e la parte destra del viso, poi passò al resto del corpo, eseguendo la stessa procedura.
- Sì io… devo dire che è la prima volta… - Ammise dicendo una mezza verità. Era vero che non aveva mai visto tanto sangue, ma nemmeno Jiggy così nudo era uno spettacolo che si era concesso spesso, non fino a quei livelli in realtà.
- Se te la senti, di là c’è il bagno. Puoi farti una bella doccia ed un bagno caldi. Non mi sembra di vederti ferite addosso… - Gauche si guardò solo in quel momento.
- Sì, io… stavo per cadere dal ponte, ho usato molto cuore contro i gaichu, ma poi lui ha fatto il grosso e mi ha salvato. - Spiegò. Il medico sorrise ammirato.
- Hai un amico proprio in gamba. - Gauche si alzò lentamente, sentendosi ancora senza forze.
- Lo è davvero. - Con questo andò al bagno a prendersi cura di sé, cercando di recuperare anche lui un po’ di forze.


Gauche si svegliò per primo, il dottore gli aveva prescritto un po’ di riposo prima di andare a consegnare.
Gli aveva detto che poteva usare uno dei due lettini per i pazienti, ne aveva due nel caso si presentassero più urgenze. Gli aveva spiegato che normalmente aveva un infermiera che l’assisteva, ma in quell’occasione era a casa.
Quando aprì gli occhi, la prima cosa che mise a fuoco fu Jiggy, steso accanto, dove l’aveva lasciato. Dormiva, respirava regolarmente, aveva bende su tutto il corpo perché dopo avergli pulito le ferite per chiudergliele con il sistema che aveva utilizzato, aveva dovuto ricoprire perciò risultava tutto bendato.
“Sembra una mummia.” Pensò sorridendo. “Ma una mummia viva!”
Cercò di capire che ora poteva essere e vide un orologio appeso al muro che indicava la seconda ora della notte. Era troppo presto per andare in giro a consegnare. Sospirò. Doveva riposare un’oretta ed invece non si era più svegliato.
“Si vede che avevo bisogno…” Notò che vicino ai loro due lettini c’era un carrello con l’occorrente per le medicazioni e c’erano delle barrette energetiche e dell’acqua per entrambi. Gauche sorrise e si alzò piano a sedere. Lode alzò la testa, fuori la finestra il falco di Jiggy era appollaiato a dormire.
Bevve un po’ d’acqua, poi iniziò a mangiare la barretta guardando Jiggy. Il respiro regolare indicava che stava bene, per quanto le ferite riportate potessero farlo stare bene.
“Avrebbe dato la vita per me. È venuto a morire per me. Ed io l’avevo allontanato per orgoglio, perché ero ferito. Se non mi vuole vicino perché lo distraggo in qualche modo, accetterò la sua volontà, ma non lo metterò più in croce. Lui lo fa per la sua gente, sua sorella. Non è giusto che pretenda qualcosa che non può darmi. Sono stato egoista.”
Jiggy in quel momento mosse la mano e lui mise giù la barretta che stava mangiando, scese dal proprio lettino e si avvicinò al suo, trovata una sedia, si sedette accanto e gli prese la mano che stava muovendo.
“Se ci fosse Aria potrebbe risuonare il proiettile curativo!”
Pensò chiedendosi se il dottore aveva usato qualche sistema per rigenerargli il cuore, come facevano all’Alveare coi Bee malconci.
L’occhio scoperto si strinse più volte, fino a che si aprì, istintivamente Gauche gli strinse la mano e Jiggy girò la testa, lo vide e rimase serio a realizzare dove erano.
- Cosa… - La voce di Jiggy era roca e provata, ma Gauche con un dolce sorriso gli spiegò dove erano e cosa era successo, concludendo con un commosso:
- Mi hai salvato la vita. Ti sarò per sempre debitore. - Jiggy non aveva la forza di cambiare la sua mimica facciale, ma strinse a sua volta la mano di Gauche. - Perdonami per essere stato così egoista e capriccioso! Non ti ho capito, ti ho messo nella condizione di dovermi allontanare e mi sono messo in pericolo pesando sulla tua coscienza, se non fosse stato per questo mio sciocco comportamento tu… - Jiggy tentò di fermarlo senza successo e Gauche scosse il capo e proseguì preso dai sentimenti sconvolgenti che provava, il nodo alla gola, le lacrime sulla soglia degli occhi. Si sforzò, respirò con calma e sorrise. - Accetterò la tua scelta di non legarti a nessuno, non ti farò pesare più nulla, ti starò vicino se avrai voglia, ma non ti chiederò più niente, lo giuro. Mai più. - Jiggy sospirò, chiuse l’occhio sano e raccogliendo le forze si portò la mano di Gauche alle labbra, infine gli baciò le dita. Il ragazzo trattenne il fiato guardando quel gesto così intimo e dolce, un’ondata di calore in grado di fargli recuperare tutte le forze perdute in un attimo.
- Non voglio che ti allontani da me, ti voglio vicino. - Gauche lo guardò sorpreso, emozionato, il cuore in gola. - Sbagliavo a volerti lontano. Non capivo che la tua preoccupazione per me è il motore che mi fa muovere. Che tu sei la ragione per cui torno all’Alveare dopo che ho fatto tutte le consegne. - Gauche si aggrottò e lo guardò senza capire, convinto che stesse delirando e l’avesse scambiato per i suoi familiari.
- Pensavo che fosse tua sorella, la tua gente… - Jiggy chiuse l’occhio.
- Loro sono la ragione per cui lavoro tanto e faccio il Bee. Tu sei la ragione per cui torno. - Gauche inghiottì a vuoto, sempre più emozionato. Era molto più di quello che avesse mai osato sperare, non voleva altro.
- Ti starò vicino, ci sarò sempre. - Mormorò con un filo di voce. Jiggy riaprì l’occhio e lo posò sul suo di quel bellissimo colore così innaturale, eppure pieno di sentimenti vivi.
- Pensavo che legandomi mi sarei distratto e non volevo che ti preoccupassi perché io non posso fermarmi, starò via per tanto tempo, molte volte. Non voglio che mi aspetti con l’angoscia. Per questo ti ho allontanato. - Jiggy mano a mano che ne parlava, si sentiva meglio e trovava via via sempre più le forze, aiutato da quelle loro mani strette, dalla sua vicinanza, dal fatto che si stavano donando a vicenda i rispettivi sentimenti.
- Ti avrei aspettato con angoscia anche se ti avessi odiato! - Jiggy accennò ad un sorrisino.
- Il punto è che sono io che avrei aspettato te con angoscia. Se per colpa mia dovesse succederti qualcosa non me lo perdonerei. Non voglio avere rimpianti, quando morirò voglio andarmene dopo aver fatto tutto quello che potevo, che dovevo e che volevo. -
Gauche era confuso, capiva che si stava legando a lui, ma non era chiaro in che modo, così decise che ne avrebbero potuto riparlare quando sarebbe stato meglio, con più lucidità, magari.
- Va bene, ora dormi. - Jiggy scosse il capo.
- Aiutami a bere, alzami un po’ le spalle. - Chiese. Gauche pensando che fosse una buona idea, gli mise un braccio intorno alle spalle e lo sollevò dolcemente, poi prese l’acqua e lo fece bere.
Jiggy bevve tutto, era molto assetato.
- Vuoi una barretta? - Jiggy scosse il capo.
Per l’operazione Gauche gli aveva lasciato la mano, fu quella che Jiggy gli mise sulla nuca, fra i capelli bianchi spettinati che gli incorniciavano il viso dai lineamenti delicati.
Gauche non realizzò subito, sentì solo un brivido dietro la nuca, poi le sue labbra si posarono delicatamente sulla proprie.
Gauche trattenne il fiato e si irrigidì un istante. Uno solo. Quello dopo ogni parte del suo corpo si stava rilassando e tenendo con una mano l’acqua e con l’altra le sue spalle, si lasciò dolcemente fare, assaporando la sua bocca che lo accarezzava senza osare niente alto.
Jiggy lo baciò a fior di labbra, poi lo lasciò andare e da quella vicinanza ancora ubriacante, disse guardandolo negli occhi così belli.
- Farei di tutto per la mia famiglia, ma darei la vita per te. Stammi solo vicino. Ho bisogno del tuo amore. - Questa volta fu estremamente chiaro, lucido e talmente intenso da farlo arrossire e morire seduta stante.
Gauche chiuse gli occhi lasciando scendere due arrendevoli lacrime cariche di emozioni e di cuore, tutto il suo cuore lì. Appoggiò la fronte alla sua.
- Non ti lascerò mai. Ci penserò io a te. Fai quello che devi fare, io ti aiuterò, ti aspetterò, ti curerò. Ci sarò sempre. - Quelle promesse che si facevano, quelle promesse che si sentivano, che si volevano mantenere, quelle promesse che poi potevano volare via in un attimo, come un battito di ali. Quelle promesse che non si sarebbero mai dimenticate finché il cuore ci sarebbe stato.
Finché il cuore ci sarebbe stato.
Jiggy, commosso, lasciò andare una piccola lacrima a sua volta, sconvolto dalle emozioni che ora ribollivano in lui.
La vita era anche bella, la vita poteva diventare meravigliosa.
- Finchè avremo cuore. - Disse Jiggy.
- Finchè avremo cuore. - Ripeté Gauche baciandogli l’occhio da cui brillava la lacrima. 

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Capitolo 7
*** La mia vita e la tua cicatrice ***


la_proporzione_perfetta7 * Ecco un altro capitolo. Gauche e Jiggy si sono messi insieme, finalmente. Ci han quasi rimesso la pelle, però alla fine ne è valsa la pena. Vediamo com'è il viaggio di ritorno, perchè a volte è proprio quello il bello. Il viaggio. Non la meta o lo scopo. Adesso siamo in una delle mie parti preferite, i due stanno felicemente insieme fino a che... beh, chi non ha letto il manga si aspetti di tutto, ma per ora c'è da godersi dei bei momenti felici. Buona lettura. Baci Akane*

7. LA MIA VITA E LA TUA CICATRICE


/Aria sulla IV corda - Bach/

Non ripartirono prima di essersi ripresi, le bende su Jiggy erano diminuite di molto, la divisa era stata ricucita da una gentile sarta del paese dopo aver ricevuto alcune lettere importanti.
L’ultimo giorno, il dottore tolse la benda dal viso e constatando che ormai si stava rimarginando e gli avrebbe fatto bene ossigenarsi, gli permise di rimanere senza.
- Ti rimarrà una bella cicatrice a forma di croce sotto l’occhio, ma non dovresti mai avere problemi alla vista. - Concluse dandogli il nullaosta per muoversi.
Jiggy era stato diligente, aveva seguito tutte le terapie imposte per recuperare le forze e le energie ed ora poteva riprendere la sua vita, rimasta in sospeso anche per troppo.
- Ti dona! - Commentò allegro Gauche felice di poter tornare a casa. Gli mancava sua madre, Aria, gli amici, l’Alveare…
Jiggy non disse nulla, si mise gli occhiali da motociclista per vedere se gli facevano male, constatando che erano sopportabili annuì, se li tolse e ringraziò il medico tendendogli la mano.
- La ringrazio infinitamente. Mi ha salvato la vita. - Il dottore sorrise e gli strinse la mano.
- È il tuo amico che te l’ha salvata, io ho solo fatto il mio dovere… - Gauche sorrise e l’abbracciò di slancio.
- È lui che ha salvato me, senza il suo arrivo sarei sul fondo del burrone, pasto per gaichu! -
- Tutti si sono salvati a vicenda. Anche voi dandomi quella lettera, mi avete salvato. Mi avete ridato la vita, pensavo che mio figlio fosse morto, non ricevevo sue notizie da anni… sapere che è vivo e sta bene ed è felice, è la salvezza, per me. -
La vita era strana, la vita era difficile, ma poi poteva anche diventare bella. La vita poteva essere molte cose, una più diversa dall’altra.
Erano saluti, erano addii, erano rivelazioni, erano sorprese, erano lacrime, erano sorrisi, erano felicità, erano dolori.
La vita era anche amori e amicizie.


Tornarono sul ponte con circospezione, a pistole spianate, ma constatarono che, fortunatamente, all’orizzonte non se ne vedevano più. Tutti i gaichu della zona dovevano essersi concentrati quel giorno e chiaramente avendo fatto piazza pulita, ce ne sarebbe voluto un bel po’ prima di rivederne.
- Se non altro dovrebbero poter essere più collegati col resto del mondo, ora. - Disse Gauche felice per loro.
- Finchè non ne arriveranno altri. - Poi indicò il fondo del burrone che stavano sorvolando sul ponte. - Qua ne restano comunque molti! -
Jiggy lo riportò bruscamente alla realtà, ma Gauche ormai era nella fase della gioia per quel che aveva ottenuto da quella potenzialmente disastrosa esperienza.

Arrivarono al cavallo di ferro nascosto poco distante, sollevato nel vederlo intatta, Jiggy l’carezzò e Gauche scoppiò a ridere.
- Sembra tuo figlio! - Il compagno lo fulminò con lo sguardo.
- Lasceresti mai Lode da sola in un posto simile? - Chiese severo, mentre  la muoveva e la spolverava.
- Io non lascerei mai Lode da nessuna parte! - Rispose subito Gauche rabbrividendo all’idea di separarsi dal suo lupo. - Ma Lode è un animale vivo,     questo è un oggetto inanimato! - Gli fece notare divertito Gauche, sorpreso di quel suo attaccamento a qualcosa, dopo che aveva passato i giorni a star distante da tutto e tutti.
Jiggy lo ignorò e salì sopra al mezzo.
- Ma basta soffiarci un po’ di cuore dentro e trova la vita! - Così dicendo, l’attivò ed il grande cavallo di ferro ruggì come un toro pronto alla carica.
Gauche sorrise a quel suo bizzarro lato sentimentale.
- Sei insensibile su tutto, ma non tocchiamoti questo coso! - Commentò divertito, schernendolo. Jiggy accelerò controllando che fosse sempre tutto a posto.
- Lo vuoi un passaggio da questo oggetto inanimato? - Chiese polemico. Gauche ridendo gli mise una mano sulla spalla e salì a cavalcioni come lui, stringendogli poi le braccia intorno alla vita, appoggiando il petto alla sua schiena. I brividi percorsero entrambi, così come una sana eccitazione che li riscaldò subito.
- Non farmi cadere! - Disse trovando imbarazzante la posizione del bacino contro il suo.
Jiggy capendo che era una delle prime volte che faceva qualcosa di tanto audace, fece un sorrisino malizioso, ma non disse nulla e semplicemente partì.
Il paesaggio cominciò presto a mescolarsi davanti a loro, il vento li carezzò dolcemente, facendo alzare le loro sciarpe bianche.
Gauche alzò gli occhi in alto, il cielo era ancora nero, ma non si vedevano le stelle perché si muovevano ad una velocità costante, non troppo sostenuta. Jiggy si stava risparmiando, non gli interessava arrivare prima. Guardò la sua sciarpa e seguì i lembi che poi si univano ai propri, intrecciandosi. Sorrise.
Era una bella sensazione.
Si sentiva al sicuro, si sentiva bene. Era così bello essere lì con lui, appoggiato alla sua schiena, lasciarsi trasportare come se avessero le ali. Gauche chiuse gli occhi e si immerse ancor più vividamente in quella sensazione specifica.
- Sembra di volare, se chiudi gli occhi. - Disse.
- È meglio che io non provi l’esperimento. - Rispose Jiggy serio. Gauche aggrottò la fronte e li aprì sollevando la testa per guardare una piccola parte del suo viso.
- Questa era ironia? - Chiese incerto. Jiggy continuò su quel tono apparentemente serio.
- Ironico io?! Mai stato! Ma se vuoi provo a chiudere gli occhi. - A quel punto Jiggy si raddrizzò, alzò la testa e chiuse gli occhi, Gauche se ne rese conto ed impallidendo saltò sul sedile in ginocchio per arrivare ai manubri e tenere dritta la moto che già cominciava a traballare paurosamente. Per farlo si issò su Jiggy ricoprendolo col suo busto sopra la sua testa, spuntò di lato ed arrivò schiacciandolo brutalmente ai manubri che afferrò sopra le sue stesse mani.
- Sei pazzo? I gaichu ti hanno mangiato il cervello? - Gridò isterico per la prima volta nella sua vita.
- I gaichu mangiano il cuore, non il cervello! - Lo corresse Jiggy aprendo gli occhi, tuttavia continuò a lasciarlo fare, guardò il suo viso così vicino al suo, appiccicato in effetti, contratto in un’espressione di paura, infine scoppiò a ridere.
Gauche si mise ad imprecare.
- E questo ride! Non ha mai riso in vita sua e lo fa mentre cerca di suicidarsi con me! -
- Dici che non sono mai romantico! - Rispose sempre con ironia, questa volta marcata.
Gauche sarebbe rimasto shoccato e felice di sentire questi suoi lati nascosti emergere, ma al momento era più invogliato a dargli un colpo in testa per la paura che gli stava facendo provare.
- Ma puoi fare il romantico mentre siamo giù da questo affare! - Commentò acido, tirando anche lui fuori un lato che nemmeno sapeva di avere.
Jiggy continuò a stare piegato in avanti, con Gauche tutto appoggiato alla sua schiena, alto sulle ginocchia per arrivare con le mani sulle sue e guidare, sentiva la propria nuca appoggiata sul suo petto ed il suo viso a portata di labbra.
Jiggy realizzò che c’era anche un’altra cosa che sentiva oltre a tutto il resto.
- Mi pare che una parte di te non sia tanto spaventata! - Gauche spalancò gli occhi e lo fissò dimenticando la guida, in quello si ritrovarono a due centimetri di distanza, Gauche arrossì violentemente e Jiggy tornò a ridere e vedendolo, l’arrabbiatura e la paura scemarono finendo anche lui per ridere e rilassarsi inspiegabilmente.
- Credo sia l’adrenalina, pensavo ci schiantassimo! - si giustificò imbarazzato, tornando a guardare avanti.
- Oppure semplicemente ti piace guidare! - Gauche si zittì e ci fece caso, rimanendo in quella particolare posizione dietro di lui, tutto coricato sopra.
Guardò davanti, il paesaggio roccioso, il punto focale davanti a sé, quella strada sterrata, il cielo che si faceva via via sempre più chiaro.
- È bello vero? - Disse Jiggy senza forzargli la guida e lasciandolo fare docile. Gauche tradusse in sé quella sensazione di brivido che l’attraversava dalla testa ai piedi, quell’energia che sentiva rigenerarsi pur stesse usando anche il proprio cuore per guidare, tenendo le mani sui manubri.
- Ora ho capito. - Disse Gauche senza tornare a sedersi dietro.
- Cosa? - Chiese Jiggy senza spingerlo.
- Come ci riesci, perché ci tieni tanto, perché lo fai. - Jiggy rimase in silenzio e aspettò che completasse la frase. - L’energia che dai per guidare, la prendi da questa meravigliosa sensazione che hai guidando. Il vento in faccia, il potere di decidere una direzione, di raggiungere velocemente o lentamente un posto, controllare il tempo, quasi. È talmente bello, che questo ti carica mano a mano che tu carichi questo affare gigantesco. -
Jiggy sorrise.
- Segreto svelato! - Gauche decise di lasciarglielo fare, seppure rimase un attimo lì ad imprimersi quella sensazione particolare, mentre l’abbracciava e guidava la sua moto. Poi gli lasciò un dolce bacio sulla guancia e tornò a sedersi dietro, questa volta a cavalcioni e cingendolo per bene, aderendo alla sua schiena ed al suo bacino, le braccia intorno alla sua vita, il mento che spuntava sulla sua spalla.
- È bellissimo. - Disse Gauche. Jiggy rispose come spesso faceva alle sue affermazioni su quanto qualcosa fosse bellissimo.
- Sì, lo è. - E mai si capiva se si riferisse alla stessa cosa che intendeva lui, oppure a Gauche stesso.


Al loro arrivo, furono guardati come si potevano guardare dei fantasmi.
Gauche sorrideva, Jiggy era serio come sempre. Solo con un segno in più sul viso.
- E non avete visto il corpo com’è ridotto! - Rispose scherzando Gauche, mentre indicava Jiggy accanto a lui che avanzava verso la segreteria in mezzo a un sacco di gente sorpresa e shoccata.
- Vi abbiamo dato per dispersi! - Disse Largo, il primo a riprendersi dallo shock. Gauche consegnò le ricevute e disse che avevano avuto successo.
- Abbiamo avuto qualche intoppo, ma ce l’abbiamo fatta. - Disse Jiggy incolore.
- Qualche? - Fece ironico Largo. - Il tuo viso sembra un quadro cubista! -
Gauche si girò verso di lui.
- Se non fosse venuto a cercarmi, non mi avreste più rivisto! - Disse sorridendo pacato. Non finì di dirlo che Aria gli piombò al collo abbracciandolo forte.
- Oh Dio ero così preoccupata, volevo venire a cercarti ma me lo impedivano, dicendo che poi dovevano venire a cercare anche me! Stavo impazzendo dall’angoscia! - Aria solitamente era una ragazza abbastanza timida che stava al suo posto, anche se amava profondamente Gauche ed era sua amica d’infanzia.
Però in certi casi era difficile trattenersi persino per lei.
Gauche l’abbracciò a sua volta guardando di sfuggita Jiggy che li fissava con quel suo tipico sguardo sottile inquietante.
- Sto bene, sto bene. Grazie a Jiggy. Ce la siamo vista bruttissima, ma abbiamo portato a termine la missione e abbiamo recuperato le forze. - Gli diede due pacche sulla schiena e si sciolse dal suo abbraccio.
- Serve un proiettile curativo? - Chiese Aria ansiosa, i due si guardarono allettati dall’idea.
- Beh, il viaggio è stato lungo e lui ha ancora diverse cicatrici da rimarginare, non sarebbe male. -
Il proiettile di Aria lavorava sulle energie, rigenerandole. Queste, poi, permettevano una guarigione più veloce al corpo esterno.
- Accettiamo volentieri… - Disse grato Gauche.
Jiggy non ribatté e decise di lasciarlo fare.
- Quanti gaichu erano? - Chiese Largo volendo sapere i dettagli, mentre andavano in un luogo più appartato, all’interno dell’Alveare.
- Un paio. - Disse vago Jiggy.
- In fondo alla gola c’erano almeno un centinaio, un nido intero, però non potevano volare o arrampicarsi per fortuna. Poi nella sponda da dove venivamo noi, io ne ho visti 3 che mi hanno quasi fatto cadere dal ponte. Due sono riuscito a gestirli, il terzo non ce l’ho fatta, ma è arrivato lui. Poi è venuto fuori che ne aveva fatti fuori 5 o 6… ma quando siamo tornati indietro, ne ho visti almeno una decina di corpi morti! - Jiggy alzò gli occhi al cielo.
- Esagerato. -
- No no, ho contato! Erano di più! -
- Beh, anche 5 o 6 sono molti… - Commentò impressionato Largo.
- E non sai che ferite profonde aveva! Sanguinava molto! - Aria era molto preoccupata e colpita dal racconto, i quattro si fermarono in una stanza di riposo, i tre ragazzi si sedettero, Gauche e Jiggy vicini, per ricevere il proiettile, Largo dietro di Aria, in piedi davanti ai due.
- Come vi siete curati? - Chiese conscia che dovevano aver avuto bisogno di un dottore vero.
- Sono riuscito a trascinarci al villaggio da quell’altra parte della sponda e per fortuna il primo caseggiato era un medico. -
Aria sospirò di sollievo.
- Grazie a Dio! - Largo sorrise enigmatico.
- Evidentemente non era la vostra ora. - Lui era più fatalista, lei era più credente.
Gauche e Jiggy non avevano una particolare tipologia di pensiero, vivevano il momento senza farsi domande o giungere a conclusioni particolari.
- Siete pronti? - Chiese Aria, che a sua volta lo era.
Aveva tolto il violino dalla custodia, l’aveva preparato ed ora, in posizione, aspettava di poter cominciare.
Gauche guardò Jiggy inespressivo ed annuì.
A quel punto, la musica del violino di Aria, cominciò a suonare la musica rigenerativa.
Aria sulla quarta corda, la malinconica e bellissima sonata che riservava per le cure.
La pietra sul violino brillò e dopo poco il proiettile risuonò prendendo forma in un lungo serpente luminoso che volteggiò nell’aria fino ad arrivare ai due ragazzi che, appoggiando le teste all’indietro, chiusero gli occhi abbandonandosi a quella meravigliosa sensazione.
Sentirono l’energia fluire in loro, ricoprirli di brividi e scaldarli. Lentamente le teste scivolarono di lato una verso l’altra, le spalle si incontrarono, i capi si incastrarono e tutto divenne sfumato, ogni cosa assunse un’importanza diversa, ogni cosa venne messa da parte per lasciare spazio a quel momento, quell’istante. Qualcosa di bello, così bello da dover essere vissuto con abbandono. La mano di Gauche trovò le dita di Jiggy il quale, troppo stanco, non la ritrasse. Largo uscì dalla stanza, lieto che Aria suonando con gli occhi chiusi non li vedesse.
Alla fine, per quanto rischioso era stato, era andato tutto a buon fine.
“Direi che ne è valsa la pena!”


Gauche guardò Jiggy dal proprio letto, mentre sistemava il materasso per dormire per terra. Era da molti giorni che mancavano, la madre dalla preoccupazione aveva quasi partorito.
Si mordicchiò il labbro, poi indeciso ed imbarazzato, Gauche disse:
- Vuoi dormire qua per stanotte? - Jiggy per un primo momento pensò lo dicesse perché era ancora un po’ provato dalle ferite.
- No, non preoccuparti, dormi pure tu. Aria ha fatto un ottimo lavoro con quella sonata. - Perché mai nella sua vita avrebbe immaginato che lui non intendesse separati.
- Ma io non intendevo scambiarci di posto. - Lo disse rossissimo in viso, non sapendo dove avesse trovato il coraggio per dirlo.
Quando Jiggy capì, lo fissò subito, in piedi, sorpreso.
Chiuse la bocca dimenticata aperta e lo guardò stranito.
- Oh. - A quello Gauche si traumatizzò e cominciò a ritrattare come se gli avessero pestato un piede.
- Scusa, era fuori luogo, sono stato precipitoso, dimentica, cancella, io… - Non aveva nemmeno il coraggio di guardarlo, il cuore gli batteva fortissimo. Specie perché aveva tirato fuori un bel coraggio per dire una cosa così poco da lui.
Jiggy realizzò quanto doveva averci messo a dire una cosa simile e sorridendo si sfilò la maglia, rimase in canottiera e si sedette nel letto con lui. Poi senza dire nulla chiuse la luce e si stese.
- Beh? - Chiese come se fosse normale, per non fargli pesare nulla più di quanto già fatto.
Gauche lo guardò rossissimo, senza respirare. Era lì nel suo letto, steso, in pantaloncini e canottiera intima, sotto le coperte che teneva aperte per farlo stendere.
- Su! - Lo incitò ancora vedendolo imbamolato. A quel punto si decise e si stese con lui.
Infilò le gambe sotto e si mise in un primo momento sulla schiena, poi non sapendo come fosse il caso di posizionarsi, con Jiggy che lo ricopriva con la coperta, lo guardò. Sorrideva dolcemente. Quei rari sorrisi che non gli aveva mai visto che di rado e solo in quell’ultima settimana insieme.
Fu lì che decise di non lasciar cadere quel dolce sorriso nel nulla. Si girò sul fianco, verso di lui, nella posizione di Jiggy, solo a specchio, e si accoccolò contro di lui che l’abbracciò dolcemente e gli baciò la fronte. Poi gli prese il mento, gli alzò il volto verso il suo e senza esitare lo baciò sulle labbra.
Non avevano esagerato con baci e manifestazioni d’affetto. Gauche non aveva voluto fare troppi passi, pensando che Jiggy non fosse per quelle cose.
Ed ora veniva ricompensato per la sua audacia e per avergli lasciato tempi e spazi di manovra.
Le sue labbra coprirono dolcemente le sue, poi delicatamente si fece largo la lingua calda e bagnata, il suo sapore di dentifricio, forse lo stesso che aveva anche lui.
Piano piano il bacio divenne sempre più naturale ed audace, fino a che Gauche perse completamente la ragione e si lasciò trasportare da lui e da quel calore che gli stava facendo girare la testa.
Si baciarono per un tempo interminabile, poi senza andare oltre, senza nemmeno fare mezzo cenno, Jiggy si sistemò sulla schiena e se lo tirò sopra facendolo accoccolare sul suo petto. Gauche, mite, non oppose resistenza mettendo il capo sull’incavo del suo collo, respirando il suo profumo. La mano sul suo petto scivolò sulla spalla non più fasciata, sotto i polpastrelli i segni delle cicatrici ancora fresche.
- Ti fa male? - Chiese riferendosi ai vari segni che aveva. Jiggy gli prese la mano e se la portò al viso, Gauche alzò il capo e lo guardò mentre si faceva toccare di proposito la cicatrice sotto l’occhio, quella più evidente, che non aveva mai osato sfiorare.
- Ogni volta che la toccherò e la guarderò ricorderò di te e di quello che provo per te. Che era tale da ottenere questo senza alcun rimpianto. - Jiggy era sempre molto deciso, aveva le idee chiare e quando parlava era molto sicuro di sé. Gauche a volte era un po’ insicuro, ma dopo di quello decise che non avrebbe più avuto dubbi su di sé, su di lui e sulla propria vita. Che, come lui, sarebbe andato avanti senza esitazione, seguendo il proprio cuore in ogni caso.
Sorrise, lo baciò per primo di nuovo, poi disse scivolando a baciargli proprio la cicatrice sotto l’occhio.
- Ed io vivrò felice per te. Perché sono vivo grazie a quel che ci lega. La mia vita sarà il segno del nostro legame. La mia vita e la tua cicatrice. -
Perché niente avrebbe potuto separarli finché uno avrebbe avuto quella cicatrice e l’altro la sua vita.
Eppure qual è la condizione che ci rende vivi? Cos’è che ci fa capire che lo siamo? Svegliarsi ogni giorno, muoversi, respirare? O c’è qualcosa in particolare che rende la vita tale?
Né Gauche né Jiggy avrebbero potuto capire, in quel momento, che non era la vita in sé la questione, quanto ciò che li rendeva loro stessi.
Non la vita, ma il cuore.
L’anima.
Perché si vive in tanti modi, ma come?

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Capitolo 8
*** Non dimenticarmi mai ***


la_proporzione_perfetta8 *Ecco il nuovo capitolo. Un po' in ritardo, ma eccoci. In questo capitolo siamo su una delle parti descritte nel manga che riguarda Gauche. Nel manga lui perde il ricordo di sua madre la notte del balenio, quando lei muore e nasce Silvet. E' uno dei momenti chiavi per quel che lo riguarda e qua lo viviamo dalla parte di Jiggy, soprattutto il dopo. Buona lettura. Baci Akane*

8. NON DIMENTICARMI MAI



Presi gli incarichi, i letter bee uscirono alla spicciolata dalla segreteria, diretti all’uscita per cominciare i loro compiti giornalieri.
Gauche vedendo che Jiggy rimaneva stranamente indietro, lo aspettò senza capire cosa avesse.
- Che succede? - Chiese con aria interrogativa.
Jiggy non fece espressioni particolari, sembrava aspettasse qualcosa.
- Stai poco bene? Vuoi passare in infermeria? - Continuò senza capire.
A quel punto il corridoio si svuotò sufficientemente e negli occhi azzurri inespressivi di Jiggy apparve una luce maliziosa.
- In effetti ho bisogno di una controllata… ma non dal dottore… - Gauche, ingenuamente, allargò le braccia senza capire.
- Devi sempre essere così criptico? Di cosa hai bisogno? È il cavallo di ferro? - E Jiggy, con un sorrisino, lo prese per il braccio, lo tirò bruscamente in uno degli angoli ciechi dell’Alveare e spingendolo contro il muro lo coprì col proprio corpo, fermandolo con le mani.
- Ho bisogno di una controllata da te! - E con questo lo baciò veloce e deciso.
Gauche in un istante si ritrovò bloccato in un angolo dal suo corpo ben sviluppato, la sua bocca contro la propria, la lingua ad invaderlo, il suo sapore di dentifricio. Gauche tornò a respirare poco dopo con un sorriso e lentamente scivolò con le mani intorno al suo collo e poi sulla nuca, fra i suoi capelli rossicci spettinati.
Il calore li avvolse con dolcezza, mentre le loro labbra si fondevano in un bacio che li avrebbe accompagnati per tutto il viaggio.
- Stai attento. - Mormorò Jiggy protettivo, sulle sue labbra.
Gauche sorrise.
- Anche tu. - Dopo di che gli sistemò il colletto della giacchetta, gli infilò il cappello e controllò che i suoi occhiali da motociclista fossero a posto. Infine gli diede un altro dolce bacio sulle labbra e con un sorriso andarono ognuno per la propria strada.

Le cose andavano bene ultimamente.
Jiggy aveva trovato un appartamento, aveva ricevuto il primo stipendio e se l’era preso. Poi aveva iniziato a pagare la rata del cavallo di ferro, si era fatto la scorta sufficiente di cibo per il mese ed infine il resto l’aveva messo via, al sicuro, per poter realizzare il suo progetto di costruire una cattedrale nella propria città natia.
Gauche lo vedeva felice mentre si sistemava e realizzava passo dopo passo i suoi obiettivi. Non l’avrebbe mai fermato o contrastato, sebbene gli mancasse averlo in casa, dormire con lui.
Avevano sempre dormito abbracciati da quando si erano messi insieme, Jiggy non aveva insistito per andare oltre coccole e abbracci, come se sentisse che non era ancora pronto.
Come se non volesse rubargli la sua innocenza.
In cambio Gauche non lo riempiva di domande apprensive su come stava e come era andata la consegna, pur stando via per dei giorni.
Funzionavano bene, Jiggy era sempre più aperto e rilassato, con lui, e Gauche si sentiva più sicuro di sé, le idee chiare, sereno e tranquillo.
Lentamente cominciarono a sentirsi come se niente al mondo avrebbe mai potuto rovinarli in alcun modo. Proprio niente.


Jiggy stava portando a termine delle consegne, quando arrivò quel giorno.
Gauche aveva finito presto e stava guardando la vallata dalla sua postazione preferita, dove si vedeva il sole artificiale risplendere sulla capitale.
Quando balenò ripetutamente, quando si spense e si riaccese, qualcosa accadde.
Gauche si sentì spegnere insieme al sole, quel giorno.
Per alcuni secondi, ripetuti successivamente, il buio calò su tutta la notte. La notte si fece oscura e si portò via molte cose, da molte persone.
La sensazione di spegnersi, la sensazione di non esistere, la sensazione di staccare la spina, sospendersi, dimenticarsi di esserci.
Quella sensazione. Gauche dimenticò anche quella, quella notte.
Furono istanti bravissimi che fecero rabbrividire tutti, ma colpirono davvero solo alcuni.
Quando il sole smise di balenare, Gauche tornò presente e si ritrovò sulla collina, davanti alla vallata che si vedeva di nuovo.
Per lui fu come non essersene mai andato, quasi che nulla fosse successo, alcun brivido, alcuna sensazione mostruosa, gelida, di strappo interiore. Nulla. Gauche si girò stranito, smarrito, con la sensazione che fosse successo qualcosa di importante, una sensazione incapace di afferrare. Senza capire, senza realizzare di cosa si trattava. Che a lui qualcosa mancava, che gli era stato strappato qualcosa.
Aria corse a chiamarlo dicendo che la madre stava partorendo ma si sentiva male, lui la guardò senza capire, ma lei lo prese per il braccio e lo trascinò a casa agitata.
Quando entrarono, c’era la levatrice mortificata che piangeva.
- Ho fatto il possibile, sono riuscita a salvare la bambina, ma purtroppo tua madre… - Si fece forza e lo disse. - Lei è morta. - Aria si raggelò coprendosi la bocca con le mani, guardò subito Gauche cercando di capire come aiutarlo, come avrebbe reagito. Forse avrebbe odiato per sempre la sua sorellina che gli aveva tolto sua madre, in qualche modo.
Ma lui rimase inebetito, immobile, indifferente per un secondo, si avvicinò al letto e alla donna che stringeva fra le braccia una bambina che piangeva. Infine prese la bambina, come se il letto fosse vuoto.
La strinse, l’alzò davanti al viso per guardarla bene e sorridendo le parlò dolcemente:
- Silvet! La mia piccola tenera Silvet! La mia unica famiglia! -
Dapprincipio le due donne non capirono, si guardarono perplesse e guardarono Gauche che dava le spalle al letto e cullava la sorellina che finalmente si calmava fra le sue braccia.
- Suede, tua madre… - Tentarono di fargli capire meglio la situazione, ma lui come se loro nemmeno parlassero, andò fuori e cominciò a mostrarle il mondo, come se niente altro esistesse. Come se niente mai fosse esistito prima di allora.
Aria iniziò a piangere, mentre la levatrice semplicemente coprì il volto della donna morta, capendo che quel balenio, che quelle tenebre di qualche minuto prima, si erano portate via molto più che la vita di una donna che aveva messo al mondo una bambina.
Si erano evidentemente portate via anche un pezzo di cuore di Gauche, il quale, dopo quel giorno, non avrebbe più ricordato sua madre.
Mai più.


Quando il sole balenò, Jiggy era ben lontano dalla capitale ed anche da Yusari. Era in una zona di Yodaka.
Si accorse dei flash del sole artificiale, ma non ci fece molto caso.
Dopo un giorno rientrò a Yusari e appena messo piede nell’Alveare, Aria si precipitò da lui, all’ingresso, avendo sentito il motore del suo cavallo di ferro. Jiggy ed Aria non avevano mai avuto grossi contatti, in competizione per Gauche. O meglio, Aria non si era mai resa conto che l’astio di Jiggy derivava da quello, secondo lei a Jiggy semplicemente non piaceva nessuno tranne che Gauche, ma solo in qualità d’amico.
Perciò quando le si fiondò addosso prendendolo per il colletto della giacca strattonandolo con le lacrime agli occhi, gli venne un colpo.
Si sentì immediatamente morire, sentì uno schianto dentro di sé, come se il suo cuore gli cadesse finendo a terra.
Con la stretta dentro di sé, spalancò gli occhi e riuscì a malapena a dire:
- Cosa è successo a Suede? - Perché solo per lui, solo per quello lei poteva ridursi in quello stato e correre dalla persona con cui aveva avuto meno contatti.
- Suede è… Suede è… - Ma non riuscendo a dire nulla di più perché i singhiozzi le strozzavano la voce, fu Largo a spiegare per lei, molto più calmo e distaccato.
- Suede ha dimenticato la madre. - Fu come una sentenza. Jiggy lo guardò convinto che lo prendesse in giro, essendo Largo Lloyd poteva essere. Ma Aria piangeva troppo, tanto che dovette tenerla per le braccia per non farla scivolare a terra.
- Cosa? - Chiese aggrottando la fronte, mostrando per la prima volta un’espressione, un’inclinazione, un sentimento.
- C’è stato il balenio del sole artificiale, ieri, non so se l’hai visto e dove eri… - Jiggy non mosse un muscolo e Largo continuò. - Lui era sulla collina, è stato colpito in pieno dall’oscurità. Quando è finita, è andato da sua madre che aveva partorito la sorellina. Lei era morta, non ce l’ha fatta. Ma lui l’ha completamente ignorata, come se non ci fosse mai stata. Tutte le volte che le diciamo di lei, lui dice che non aveva una madre, se proviamo a farlo ragionare non c’è verso. È come quando un gaichu ti colpisce e ti ruba un pezzo di cuore… e tu dimentichi qualcosa… lui ha dimenticato sua madre! - Jiggy, una mano sulla spalla di Aria col viso affondato sul suo petto a piangere, l’altra stretta a pugno a cercare di gestire, di controllare quell’enorme frana che l’aveva appena investito.
Le ginocchia gli si irrigidirono, i piedi si fecero pesanti e per un momento il sangue si gelò.
“E se ha dimenticato anche me?”
- Vai a vederlo, il dottore lo sta riempiendo di visite… ma non sembra trovare risposte e soprattutto… pare che non ci sia nulla da fare… -
Largo non poteva essere più delicato di così. Si avvicinò, prese Aria sotto braccio e la tolse da Jiggy il quale, una volta libero, si voltò verso le scale. Le guardò con un sacro terrore ben evidente nel viso, non riusciva a parlare, a respirare, a pensare.
La paura lo aveva gelato completamente. In vita sua ne aveva passate tante, tanti brutti colpi duri da digerire, durissime prove da superare, ma non aveva mai avuto la paura che aveva in quel momento.
“La prima cosa bella, la prima cosa davvero bella e che funziona, che mi aiuta, mi fa stare bene, mi fa andare avanti ad ogni costo e tornare indietro… non può essere finita così… come è possibile?”
Largo gli mise una mano sulla schiena con gentilezza e questo lo riportò alla realtà, dandogli la forza di muoversi e salire quelle maledette scale.
Quando raggiunse la porta dell’infermeria, bussò e attese la voce che gli permettesse di entrare.
Quando lo udì, aprì e si fece forza.
Quel passo fu la cosa più difficile mai fatta.
Dentro c’era Gauche con una neonata in braccio che dormiva succhiandosi il pugnetto, lui la guardava con una dolcezza infinita e sorrideva.
Se non ci fosse stato un retroscena così raggelante, Jiggy si sarebbe sciolto in quella che era la visione più meravigliosa del mondo.
Ma in quel momento non riuscì ad ammirarli. Scivolò coi piedi dentro, il cuore batteva impazzito nel petto, la testa esplodeva, le gambe così maledettamente pesanti.
Gauche poi si girò a guardare chi era entrato, lo vide e sorrise con la stessa dolcezza riservava alla sorella. Si alzò e andò da lui felice, leggero, entusiasta.
- Ehi ciao! Guarda chi è arrivata? Ti presento Silvet! Non è bellissima? Ha i capelli color del grano! - Jiggy continuava a non respirare, ma si rese conto che il cuore rallentò, smise di cercare di esplodere. Sgranò gli occhi e lo guardò con attenzione nel viso, gli occhi spenti anche se felici, del suo solito colore ambrato così belli. Gli mancava qualcosa, in quegli occhi. Gli mancava un pezzetto di cuore. Però non il suo.
- Ti piace? - Chiese Gauche con dolcezza. Jiggy allora la guardò come se si ricordasse della bambina solo in quel momento, annuì spaesato, poi tornò a guardare lui preoccupato, gli occhi pieni di lacrime, traduzione di un istante in cui si era sentito morire.
- Sì… è bellissima… ma tu come stai? - Gauche sorrise ancora e si sporse verso di lui baciandogli le labbra. Questo gesto lo riportò alla vita in un istante, restituendogli l’anima persa per un momento infinitamente lungo.
- Bene, sono tutti preoccupati, ma io sto bene! - E con questo, Jiggy lo strinse forte a sé, lui e Silvet, affondando una mano fra i suoi capelli bianchi e spettinati, nascondendogli il volto contro il proprio collo. Chiuse gli occhi e liberò un’espressione mista fra il sollievo ed il dolore.
- Non dimenticarmi mai, non dimenticarmi mai, ti prego… non dimenticarmi… - E mentre lo diceva, non trattenne più le lacrime.
Gauche, sorpreso e sconvolto da quella reazione, spostò Silvet su un braccio per poterlo circondare con l’altro.
- Ehi… ehi… - mormorò dolcemente. - Non potrei mai dimenticarti… come potrei? - Ma Jiggy a quello scattò col terrore di cui non riusciva ancora a scrollarsi, lo guardò come se dicesse un’eresia indicibile:
- Come potresti? Hai dimenticato tua madre! - Disse agitato per la prima volta in vita sua. Gauche era sempre più sconvolto di vederlo così, infatti sospirando indietreggiò e mise giù Silvet sulla carrozzina, poi tornò a lui sempre calmo e paziente, nello sguardo qualcosa di diverso, qualcosa che non sarebbe più tornato, come una nota inconsapevolmente nostalgica.
- Tutti mi parlano di questo fatto, ma io non so cosa dire, non ricordo nulla, per me non c’è stato nulla prima di Silvet. -
- Ma noi ricordi, di essere un Bee ricordi, Aria la ricordi! - Rispose concitato, incapace di capire come si potesse dimenticare una persona, per di più così importante.
Gauche spaventato da quella sua reazione così shoccante, si strinse nelle spalle.
- Sì, ricordo tutti… ma per me non c’è mai stata una donna a crescermi fino ad oggi. Io non… non ricordo… non c’era, non c’era e basta… - Jiggy lo prese violentemente per le spalle, sconvolto da questo, incapace di farsene una ragione per la paura ancora così grande di poter finire come lei.
- Ma non stai male? Non ti senti che manca qualcosa? Non senti il dolore, l’angoscia? Come pensi di essere vissuto fino ad ora? Come è arrivata Silvet? Dal nulla? - Domande una più lecita dell’altra, Jiggy le sputava fuori gridando, scuotendolo, spaventandolo, ma lui non lo respinse e non chiamò nessuno, lo lasciò fare, poi vedendolo terrorizzato, con le lacrime che scendevano, lo abbracciò di slancio e lo strinse forte cercando disperatamente un modo per rassicurarlo e calmarlo.
- Non sto male, non sto male, credimi… non ti dimenticherò mai! Mi ricordo di te, di Aria, dell’Alveare, del mio lavoro, di quel che ho fatto. Ma per me Silvet è comparsa in casa mia ieri, non so come, non focalizzo il dettaglio sul modo in cui è arrivata da me. So come nascono i bambini, ma non c’è un ricordo di Silvet prima di ieri, mia madre non c’è, non esiste, non so nulla… ma sto bene, non mi manca nulla, non ho dolore, non ho tristezza, non ho nulla… sto bene, devi credermi. Se è successo qualcosa, io non ne sono consapevole, sto bene. - Lo ripeté cercando di calmarlo, sentendolo scuotersi come non l’aveva mai visto.
Jiggy si calmò alla sua stretta ed alle sue parole, fino a che gli rimase solo una grande tristezza, un’infinita tristezza, mentre la paura rimaneva dietro l’angolo. Dove sarebbe sempre rimasta fino alla fine dei suoi giorni, convinto che prima o poi sarebbe successo ancora, incapace di capire come poteva essere.
 - Ma hai affrontato un gaichu? - Gauche si strinse nelle spalle separandosi da lui.
- No, io stavo guardando la vallata, il sole artificiale… e poi ha balenato. Si è spento e riacceso un paio di volte e poi… Aria è venuta a chiamarmi in lacrime. Dopo di che c’era Silvet. - Spiegò. Per lui era tutto normale, era tutto a posto. Non realizzava, non lo sentiva come una cosa grave, non la viveva male.
Jiggy non sapeva più come sentirsi, confuso e sconvolto si asciugò le lacrime, poi gli prese il viso fra le mani fissandolo da vicino, intensamente, quasi arrabbiato.
- Giurami che ti ricordi di noi, di tutto. - Gauche sorrise e gli carezzò il viso.
- Di tutto. Di come ti ho fatto venire in casa con me perché vivevi all’aperto e non avevi soldi nemmeno per mangiare, del cavallo di ferro che ti ho aiutato a trovare, del primo giro insieme, di queste cicatrici… - A quel punto a Jiggy gli venne in mente la promessa che si erano fatti.
Che sarebbero stati insieme finché avrebbero avuto cuore.
Rabbrividì e premette disperatamente le labbra sulle sue, rimanendo così, come ad imprimersi nella sua mente, risucchiare quell’istante, cristallizzarlo, cercare qualcosa di impossibile da dimenticare.
Gauche, sconvolto da quelle sue reazioni, capì quanto grave doveva essere stato quello che gli era capitato anche se non riusciva a percepirlo da sé, non riusciva proprio a realizzarlo.
Lui davvero non stava male, lui veramente non provava niente.
Appunto, niente.
Non verso una madre che per lui non era mai esistita.

Jiggy accompagnò Gauche e Silvet a casa, dove vide che ancora non c’era alcun allestimento per la piccola. Ma, al contrario, c’era ancora il letto della madre. Lei era stata portata via.
Jiggy rimase fermo a guardare la stanza della donna, mentre Gauche posava la piccola sul letto libero come se non fosse mai stato di nessuno, come se l’avesse preso proprio per lei.
- Ci costruirò delle spondine, altrimenti rischia di cadere. - Disse Gauche uscendo per poi tornare con delle assi in legno e degli attrezzi.
Il magone salì di nuovo in Jiggy. Gli dispiaceva per la madre di Gauche, era una donna così dolce, l’aveva accolto senza problemi, l’aveva aiutato il primo mese. Ed ora se ne era andata in quel modo, velocemente.
Non se ne capacitava, pur sapendo che nel parto poteva essere dolorosamente normale.
- Anche mio padre è morto. - Disse lugubre, mentre si avvicinava trasalendo ad una trave caduta troppo rumorosamente.
- Come? - chiese Gauche non sapendo le dinamiche.
Jiggy lo guardò impressionato, l’ombra della paura sempre in agguato.
“Ecco, adesso mi guarderà e mi chiederà chi sono…”
Prese l’asse e decise di aiutarlo, testando il periodo per capire se poteva essere una condizione anomala ma momentanea.
Assecondarlo forse poteva essere l’unico sistema per non farlo stare davvero male.
“Se lui non prova nulla ma vede che siamo tutti angosciati, si angoscerà per colpa nostra… e non potendo fare nulla per risolvere la situazione, starà male e basta. Ora come ora, per aiutarlo, dobbiamo fingere che vada tutto bene e alleggerirgli un peso che non deve portare, perché non può fare proprio niente.”
Jiggy tornò con fatica alla sua logica pratica e sempre utile nei momenti critici, così sforzandosi di usare un tono piatto, spiegò del padre.
- Ti avevo detto che era morto contro un gaichu. -
Gauche annuì cominciando a fissare le travi verticali allo scheletro del letto. Jiggy gliele teneva, lui batteva coi chiodi. Silvet, stranamente, non piangeva nonostante il rumore del martello.
- Sì, è vero. - Si ricordò Gauche. Jiggy lo osservava ad ogni mossa, con cura, cercando di capire se ci fosse qualche cambiamento, se stesse peggiorando o migliorando.
- Ti ho parlato di mia sorella, vero? - Chiese cercando di sembrare distratto. Gauche senza fermarsi dal lavorare, annuì.
- Sì, certo. È rimasta con tua madre e suo padre ed è molto forte. Non avete lo stesso padre, ma la stessa madre. Vuoi far costruire una cattedrale per dare lavoro alla tua gente e poi creare un rifugio sicuro per tutti quelli come voi che sono senza lavoro e senza casa. - Gauche sapeva perché lui gli aveva fatto quella domanda, l’aveva messo alla prova così rispose con molta precisione. Jiggy sospirò di sollievo cercando di non darlo a vedere, ma lui sorrise e gli sfiorò la fronte con il martello fingendo di giocare.
- Visto che va tutto bene? - Jiggy voleva ripetere che non andava tutto bene se stava facendo una culla sul letto della madre morta solo il giorno prima, specie se lo faceva perché non si ricordava di lei. Però si mangiò la risposta ed alzò le spalle.
- Non si sa mai, mi sembra che ti servano dei test ogni tanto. Magari ti dimentichi anche di come ci si lava i denti, vai a sapere tu! - Cercò di essere acido come suo solito per farlo ridere, ci riuscì ed il suo sorriso lo rassicurò. Era bello. Un po’ naturalmente malinconico, ma sempre bello.
Splendido, anzi.
- Cosa vuoi sapere? - Chiese Gauche fissando altre travi, capendo che così lo tranquillizzava.
“Lo fa per me. Mi ha visto sconvolto e sta cercando di tranquillizzarmi.”
Pensandolo, scosse il capo e facendo un’aria incerta, gli chiese la prima cosa che gli venne in mente.
- Il nostro primo bacio? -
Gauche smise di battere e lo guardò con quella dolcezza che lo contraddistingueva, anche se innegabilmente malinconica.
- Fuori dal mondo, appena scappato dalla morte. Dopo che mi hai fatto venire un colpo ed hai fatto l’eroe! E senza nemmeno chiedermi il permesso! - Scherzò Gauche. Jiggy fece un piccolo sorriso, dopo di questo smise di riempirlo di domande, cercando faticosamente di domare quel suo stato angoscioso che continuava ad attanagliarlo, nel terrore di vederlo dimenticarsi anche di lui.

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Capitolo 9
*** È il presente che conta ***


la_proporzione_perfetta9 *Ecco un altro capitolo. Gauche ha dimenticato sua madre per colpa del balenio del sole artificiale, senza avere idea di che cosa sia, del motivo e cosa succederà poi, Jiggy cerca di affrontare la situazione in modo pratico e lucido, cercando di capire come aiutare concretamente Gauche. Ma è anche molto spaventato, in cuor suo, che Gauche possa dimenticare anche lui. Come vivere da qui in poi con questa atroce consapevolezza? Buona lettura. Baci Akane*

9. È IL PRESENTE CHE CONTA




"Io – ti guarderò le spalle Io – ti aiuterò a vedere oltre Io – ti proteggerò di notte Io – sto sorridendo accanto a te, in una lucidità silenziosa"
/Silent Lucidity - Queensryche/


Silvet dormiva nella culla che avevano finito di costruire, Jiggy aveva aiutato Gauche ad adattare la casa alle esigenze di una bambina, facendo in modo che non potesse mai farsi male da sola.
Dopo gli adattamenti alla casa, gli preparò da mangiare mentre Gauche trasferiva il letto nella camera di Silvet per starle vicino le prime notti, nel caso in cui si sarebbe svegliata.
- Come farai quando lavori? -
- La mamma di Aria mi ha detto che mi aiuta con piacere, almeno fino a che non potrà stare in casa da sola. Ho accettato il suo aiuto, perché non posso permettermi di non lavorare, Silvet ha solo me. -
Gauche e Jiggy finirono di mangiare dopo aver fatto un po’ di piani pratici per affrontare quella nuova vita, ma nell’aria apparentemente tranquilla di Jiggy, c’era sempre un’ombra di paura.
Un’ombra vivida, che Gauche vedeva molto bene.
Misero a dormire Silvet dopo che Gauche gli aveva dato da mangiare e, sempre su indicazione della levatrice, gli aveva fatto fare il ruttino.
- Sei portato. - Disse Jiggy dopo aver sistemato la cucina, cosa che non aveva mai fatto.
- Per i bambini? - Chiese Gauche posando la bambina addormentata nella nuova culla, nell’ombra della camera dove solo una candela rimaneva accesa sul comodino.
Jiggy si strinse nelle spalle e Gauche sorridendo gli arrivò davanti e gli carezzò il viso.
- Vuoi fermarti qua stanotte? - Jiggy lo guardò serio, senza fare espressioni od inclinazioni, mentre si domava a stento.
- Hai paura per la prima notte da solo? - Lo testò di nuovo abilmente, incapace di smettere.
Gauche però non spense il sorriso e nemmeno la sua serenità, una serenità un po’ offuscata.
Gli sistemò una ciocca rossiccia dietro le orecchie e contemplò la sua cicatrice ed i suoi occhi azzurri.
- Come lo sono sempre stato, a parte quando vivevi con me. Era bello, mi piaceva. - Non si era tradito, non aveva esitato.
- Perché proprio stanotte mi vuoi qua? - Gauche non sospirò, ma continuò a carezzargli il volto delicatamente.
- Perché hai paura che se te ne vai, domani non mi ricorderò di te. Solo che non hai il coraggio di dirlo. Non vuoi che questa situazione mi pesi. Ti stai sforzando, ma sei terrorizzato. Ed io… - Si strinse nelle spalle. - Non so in che altro modo convincerti che non mi dimenticherò di te! - Jiggy a questo punto tornò a scoppiare nonostante avesse giurato di trattenersi.
- Non puoi saperlo, hai dimenticato tua madre anche se tu non ricordi d’averlo fatto. E come hai dimenticato lei senza nemmeno affrontare un gaichu, puoi dimenticare me! Non dire più che non mi dimenticherai, perché non lo sai, un giorno succederà, potrebbe succedere, tu non puoi assicurarmelo! - Gauche così gli prese le mani e se le portò alla bocca cercando di placarlo, sempre rimanendo calmo.
- Anche tu potresti dimenticarmi, lavori molto più di me, usi un mezzo col tuo cuore, affronti tanti gaichu pericolosi… - Jiggy scosse il capo stizzito.
- Non è la stessa cosa, a me non è successo niente solo perché il sole si è spento! - Gauche si rese conto che con le parole non poteva convincerlo, non in quel modo, comunque. Ma le sue mani tremavano, i suoi occhi limpidi erano di nuovo cristalli di acqua pronti a scendere sulle guance. Era forte, Jiggy, incrollabile. Ed ora era così fragile e spaventato. Come poteva aiutarlo? Come poteva?
Così si fece indietro verso il letto preparato per terra e si sfilò la maglia.
- Per questo devi dormire qua stanotte. - Disse suadente Gauche.
Jiggy si aggrottò senza capire. Gauche si tolse anche i pantaloni.
- Perché non abbiamo tempo da perdere. - Jiggy pensò subito che fosse impazzito e lo fermò dal togliersi anche i boxer.
- No senti, non è così che mi tranquillizzi! In effetti non c’è un modo, mi abituerò a vivere con questa paura, come mi sono abituato a tutto… ma tu non devi… - Gauche però gli prese la camicia da Bee che ancora indossava e gliel’aprì deciso.
- Sì che devo. Perché hai ragione, invece. Non posso assicurarti che non ti dimenticherò. Così come tu non puoi assicurarlo a me. Col lavoro che facciamo, sappiamo cosa può capitarci. Perciò non ho promesse adatte da farti, niente che possa tranquillizzarti sul serio. - Jiggy si fermò e smise di bloccarlo. Gauche gli fece cadere la camicia bianca dalle braccia, si adagiò a terra come una foglia.
Le sue dita, poi, gli aprirono i pantaloni che caddero ai piedi.
- Per cui dobbiamo creare dei ricordi. - Disse prendendogli il viso fra le mani, le labbra sulle sue. - E fare in modo che anche se li dimenticheremo, saranno valsi la pena di essere comunque vissuti. Perché è ora che dobbiamo vivere, visto che forse domani non ci saremo. Finché ci siamo, dobbiamo fare tutto senza rimpianti, senza rimandare nulla. Perché poi potremmo non esserci. - Con questo Jiggy se ne convinse definitivamente.
Era questo.
Era esattamente come diceva lui.
Si faceva le cose finché si poteva farle, finché si era ancora sé stessi. Tutto lì.
E se poi ci si sarebbe dimenticati uno dell’altro, si avrebbe pianto e si sarebbe stati male, ma almeno avrebbero avuto un momento, anche uno solo, dove erano stati felici perché avevano vissuto a pieno tutto.
Con questo lo baciò con trasporto, togliendogli il fiato e facendo propria la sua bocca.
Le mani scivolarono veloci sul suo corpo a fargli cadere il resto che indossava, altrettanto fece con sé stesso, infine lo prese per la vita, lo sollevò facilmente e gli fece circondare i fianchi con le gambe che si allacciarono intorno a lui. Gauche lo strinse anche con le braccia cingendogli il capo e si lasciò adagiare a terra, sul materasso e sulle coperte.
Il cuore iniziò a battere fortissimo in entrambi, il sangue così veloce nei loro corpi, la voglia, il desiderio, un’emozione così forte, così viva.
Si guardarono, una volta stesi uno sull’altro.
- Mi sembra che il cuore debba scoppiarmi! - Esclamò con un sorriso dolcissimo e gli occhi che brillavano di un’emozione che Jiggy non avrebbe mai dimenticato.
Glieli baciò perché finalmente non c’era l’ombra di prima, quell’ombra inconsapevole.
Finalmente era felice mentre lo guardava.
Gauche sciolse le gambe, si sistemò sotto di lui e Jiggy gli si mise sopra in modo da strofinare i loro bacini, le loro erezioni che per la prima volta andavano oltre in modo tanto audace.
Jiggy gli baciò gli occhi, gli zigomi e scese sull’angolo delle sue labbra beatamente piegate in un tenero sorriso dove non c’era nessun rimpianto.
Era semplicemente felice così e Jiggy lo sentiva, lo percepiva.
E finché lui era così felice e così vivo, non importava più niente.
Contava solo quel momento, quel momento presente così vero, così bello.
Le loro labbra si sigillarono di nuovo, mentre i desideri salivano. Scoprirono ogni cosa di loro stessi, di cosa significava il piacere, l’amore, di cosa si provava quando si andava oltre, quando si faceva la cosa più intima con la persona che si amava.
E capirono cos’era amare.
Lo capirono mentre Jiggy scivolò delicatamente e lentamente in lui, mentre lo lasciava che si abituava al normale dolore della prima volta, mentre preoccupato si chiedeva se fosse il caso di rimandare, mentre cambiavano posizione, mentre tornavano a riallacciarsi, mentre ci riprovavano finché non andava meglio, mentre poi riusciva ad entrare bene, finalmente, e a muoversi.
Lo capirono mentre il mondo spariva e rimaneva un cielo stellato, il vento in faccia e le sciarpe al vento. Le menti vagarono ai ricordi che li avrebbero per sempre legati, con le mani di Gauche che carezzavano le sue cicatrici e quelle di Jiggy che invece gli scostavano i capelli dal viso per capire quanto stava bene e se doveva fermarsi.
Ma infine tutto andò bene, ci fu qualcosa in quell’unione forse imperfetta perché la prima, ma proprio per quello così bella.
L’inesperienza, i corpi non abituati, però loro. Loro lì insieme, uno nell’altro, in sincronia, uniti e fusi. Loro così belli. Loro così innamorati. Loro che vivevano in pieno quel presente che forse non sarebbe stato eterno, ma che per quel momento era semplicemente tutto quello che contava.
Tutto.
- Ti amo, non so se lo ricorderò per sempre, ma so che adesso non sono mai stato così felice. Ti amo Jiggy. - Jiggy tornò ad emozionarsi, mentre una lacrima scendeva ed il corpo fremeva per il piacere raggiunto fino ad ogni massimo consentito, gli baciò di nuovo gli occhi, bagnati della sua stessa emozione.
- Ti amo anche io, non sapevo cosa fosse l’amore, non sapevo che si potesse amare. Non so se lo ricorderemo per sempre, ma so che non amerò nessuno così. Se non dovessi più avere te, non avrò nessun altro. - Gauche lasciò andare le lacrime per la prima volta, d’emozione e felicità, lacrime belle. E forse era meglio così, pensò Jiggy asciugandole con le sue labbra.
Che piangesse di gioia non d’angoscia. Che pensasse che la vita era così bella che valeva la pena di essere vissuta, che i dolori forse un giorno arrivavano, ma che per ora stava così bene che non serviva pensarci.
Era meglio così, si disse Jiggy.
“E finché avrò un briciolo di forze, farò tutto quello che è in mio potere per proteggere la sua felicità e la sua vita, in qualsiasi modo io posso, lo farò.”
Con questo giuramento, lo strinse a sé e chiudendo gli occhi catturò quel momento meraviglioso, perfetto e sconvolgente.
Qualcosa era cambiato per sempre, però lui era ancora lì.
Il suo Gauche era ancora lì.


Jiggy si stava allacciando i bottoni della camicia della divisa, fermo davanti allo specchio del bagno la cui porta era aperta.
Si guardava con aria seria cominciando il nodo della cravatta. I capelli erano bagnati ed in disordine intorno al viso magro, ma stavano comunque meglio del solito poiché da asciutti prendevano fantasiose direzioni.
Gauche si svegliò dopo di lui per il lamento della bambina. Fu così che si rese conto di essere steso da solo sul letto improvvisato la sera prima.
Fece mente locale, si ricordò di Jiggy e nel non vederlo si oscurò un attimo. Poi vide da fuori la porta socchiusa una luce e immaginò fosse lui, così sorrise, sospirò di sollievo e si alzò infilandosi la canottiera e i boxer della sera prima. Tanto doveva farsi la doccia, si disse. Prese in braccio Silvet che si era svegliata e le baciò la guancia.
- Sei un angioletto, hai dormito tutta la notte, non so come hai fatto! - Si era preparato del latte, come suggerito dalla pratica mamma di Aria, ma non era servito.
Con lei sul braccio ed il visino appoggiato alla spalla, uscì dalla camera e guardò subito verso la luce che trovò provenire dal bagno. Oltre la porta aperta, c’era Jiggy che si faceva il nodo alla cravatta.
Sorrise ed andò da lui, annusò il profumo del bagnoschiuma e del vapore della doccia appena fatta, poi si sporse immettendosi fra lui e lo specchio e disinvolto come aveva fatto molti altri giorni prima di quello, gli rubò un veloce bacio dalle labbra.
Era il primo in presenza di Silvet, a Jiggy parve strano.
Si erano messi insieme prima di andare a vivere per conto suo e per non farsi scoprire dalla madre sempre intorno, si rubavano i baci di nascosto. Era una specie di gioco che facevano anche all’Alveare. Uno controllava che non ci fosse nessuno, trovava un posto adatto al volo e spingeva l’altro lì, nascosto, a baciarlo. Oppure alle spalle di qualcun altro, per essere più audaci.
Jiggy lo trovava divertente, anche se non rideva come faceva Gauche.
Era la prima mattina che non lo facevano a casa di Gauche nascondendosi dalla madre.
Non si nascondevano proprio. Non dovevano.
Per un momento sentì un moto di tristezza simile a quello provato anni addietro, alla morte di suo padre. Poi lo vide sorridente e spettinato e tutto venne spazzato via.
“Ora Gauche ha bisogno di me. La versione più forte e serena di me. Ora e fino a quando ci sarà concesso.”
Divenne molto più fatalista di sempre, conscio che il destino poteva rubare la loro felicità in qualsiasi momento.
- Dormito bene? - Chiese Gauche allegro. Jiggy annuì facendo finta di nulla, il solito musone di primo mattino. Non che poi negli altri momenti fosse più allegro.
- Tu? - Chiese poi, al contrario delle altre volte che non glielo chiedeva mai. Gauche sapeva perché glielo chiedeva, ma almeno non lo guardava più con il terrore in quei due occhi azzurri.
Lo sentiva molto più rilassato e sicuro, ora.
- Benissimo, grazie a te. - Disse con una punta di malizia, riferendosi al fatto che avevano fatto l’amore. - E sicuramente dopo ogni notte, andrà sempre meglio. - Jiggy a questo faticò a non mostrare imbarazzo, ma chiaramente riuscì egregiamente anche in questo. - Dicono che la pratica aiuti a godersi meglio ogni volta di più l’atto. - Disse senza usare parole esplicite. Gauche andò in cucina a preparare la colazione sempre con la piccola in braccio, ridacchiando davanti al suo stoicismo. Appena solo Jiggy arrossì, ma scosse il capo, sospirò e sorrise brevemente. Era meglio così che assente.
Aveva visto persone senza il cuore, completamente senza il cuore. Aver perso una piccola parte di sé era un esito sorprendentemente buono se si considerava quanto brutto poteva essere perderlo del tutto.
Doveva solo abituarsi a certe piccole cose.
Lo raggiunse e lo vide alle prese con la colazione ed una Silvet che ora non ce la faceva più a stare buona e silenziosa. Non aveva pianto per tutta la notte, ma ora voleva mangiare. Aveva fame. Cominciò tirandogli i capelli che gli ricadevano sul collo, poi partì lamentandosi.
- Su, su, solo un attimo che… - Ma girandosi vide Jiggy pronto, così senza pensarci due volte andò da lui, gli consegnò la piccola Silvet e con lei il biberon.
- Ecco qua, mentre tu non fai niente, renditi utile! Io preparo la colazione e mi lavo! - Jiggy non ebbe tempo di lamentarsi, non glielo permise.
- Ma io non… - Tentò senza successo.
- Non ci vuole niente, è a temperatura ambiente come mi hanno insegnato, ficcaglielo in bocca e lei farà tutto da sola! - Jiggy cominciò a mugugnare da solo convinto che non fosse davvero così facile, ma dovette ricredersi perché effettivamente appena Silvet aveva sentito sulle labbra il biberon, si era attaccata vorace.
Così si zittì di colpo e rimase fermo con la bambina fra le braccia a reggere il latte. E a fissarla dapprima impacciato e col broncio, perfino imbarazzato, poi sempre più sorpreso ed infine addirittura intenerito.
Dopotutto era bella davvero, non aveva avuto tempo di ammirarla con tutto quello che era successo.
Gauche si fermò un attimo a vedere come procedeva e vedendo che andava alla grande, sorrise intenerito. Quella era un’immagine che sperava proprio di non dimenticare mai.
Non commentò sebbene volesse, fece finta di nulla così Jiggy non si imbarazzò.
Una volta pronta la colazione, si sedette a mangiare.
- Vuoi che faccio io? - Chiese. Jiggy alzò le spalle trovando il modo di tenere Silvet sul braccio ed il biberon con la stessa mano, il sederino sulle gambe. Così liberata l’altra mano, poté mangiare anche lui.
- Combino. - Disse senza mostrare particolari inclinazioni.
Gauche sorrise anche per lui.
- Sembri un padre impacciato alle prime armi, ma te la cavi bene! - Jiggy alzò gli occhi su di lui ironico.
- E tu sembri la madre, se è per questo! Servizievole, attento e dolce come tutte le madri. - Gauche si spense per un momento provando a ricordare se avesse ragione, ma non gli venne in mente.
- Mi fido di te. - Concluse. Jiggy non sospirò, ma si sentì di nuovo sconfitto.
La memoria non gli sarebbe più tornata.
- Posso lasciartela mentre mi faccio una doccia? - Chiese poi Gauche sparecchiando la tavola.
Silvet aveva finito il biberon e Jiggy annuì col capo.
- Deve fare il ruttino… mettila sulla spalla… - Gli sistemò un tovagliolo sulla spalla per evitare che gli sporcasse la camicia, poi gli mise una mano sulla schiena della piccola e disse di massaggiare un po’.
- Fra un po’ ti fa una sinfonia! - Disse scherzando, mentre gli lasciava un bacio sulla testa ancora umida ed andava al bagno.
Jiggy, rimasto solo, guardò la piccola alzando la spalla su cui poggiava, la occhieggiò come riuscì, poi sorrise teneramente.
- Almeno non ti ha dimenticato ancora prima di averti con sé… sei fortunata, sai? -
Poi pensò alla notte che avevano passato insieme ed il sorriso rimase magicamente sulle sue labbra, appoggiando la guancia sulla testina della bambina.
Una notte che sperava di non dimenticare mai.
“È il presente che conta. Stop.”
Con questo Jiggy divenne più forte e davanti a Gauche, non vacillò più.

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Capitolo 10
*** Il miracolo te lo devi creare ***


*Ecco un altro capitolo. Gauche si accorge che Silvet non cammina e comincia coi suoi progetti per aiutarla, progetti che lo porteranno in una strada oscura. Ma per ora lui e Jiggy hanno solo il presente e continueranno a prendersi cura uno dell'altro, mentre guardano avanti ad un futuro che, ancora non lo sanno, ma non sarà luminoso. Buona lettura. Baci Akane*

10. IL MIRACOLO TE LO DEVI CREARE




"Ovunque guardi adesso  sono circondata dal tuo abbraccio  tesoro riesco a vedere la tua aura  sai che sei la mia unica buona qualità  sei tutto quello di cui ho bisogno e di più  è scritto su tutto il tuo viso  tesoro riesco a sentire la tua aura prego che non svanirà mai "
/Halo - Beyonce/

Gauche lasciò Silvet che cadde immediatamente a terra, per l’ennesima volta.
Lo sguardo oscurato.
- È piccola, magari camminerà dopo, no? - Disse Jiggy cercando di fare l’indifferente, anche se era altrettanto preoccupato.
Gauche strinse le labbra in una smorfia per nulla convinta.
- Non le muove. Non l’ho notato subito, però non ha mai mosso le gambe… sai, di solito scalciano i bambini, gattonano… lei… - La voce gli si incrinò e Jiggy guardò la piccola seduta a terra che giocava ignara della preoccupazione del fratello maggiore.
- Falla visitare. - Gli suggerì pratico. Gauche annuì. - Magari basta qualche cura particolare. Ci sono sistemi di stimolazione… viaggiando ne ho viste di tutti i tipi. - Cercò di proporgli delle soluzioni senza azzardare teorie od ipotesi inutili. Gauche sospirò e cercò di non farsi prendere da un’eccessiva preoccupazione, pur non essendo facile.
Jiggy gli carezzò i capelli e tornò a leggere il giornale che parlava del progetto che un misterioso benefattore voleva far costruire in uno dei paesi di passaggio vicino al ponte che collegava Yodaka a Yusari.


Jiggy tornò da Gauche dopo quasi una settimana di consegne, lavorava sempre molto in qualità di unico nuovo corriere espresso. I soldi che prendeva ne valevano la pena. Dopo l’Head Bee, il Corriere Espresso era il più retribuito.
Non aveva potuto sentire e vedere Gauche, il patto era che ognuno faceva la propria vita pur stando insieme. Jiggy addirittura cercava di non passare troppe notti con lui, per non essere troppo attaccato a Gauche o farlo dipendere da lui. Voleva che se la cavasse da solo con Silvet, per quanto accettasse naturalmente gli aiuti necessari.
Quando tornò dopo tutto quel tempo senza vederlo, aveva una voglia incredibile di abbracciarlo, invece rimase basito davanti al disordine ed allo sporco.
Quasi che fosse una casa abbandonata. Si guardò intorno sorpreso mentre il cuore cominciava a giocargli brutti scherzi.
Brutti a dir poco.
- Cosa… - Poi impallidì provando ad immaginare cosa potesse essere successo. - Gauche? - Si precipitò col cuore in gola in cucina, ma era altrettanto sporca, sicuramente non mangiava lì da un paio di giorni. Così sempre più spaventato, quella paura che aveva provato il giorno dopo del balenio, andò alla camera di Silvet e lì tirò un respiro di sollievo, infatti si coprì la bocca con la mano cercando di ricomporsi. Per un momento si era sentito morire. Aveva pensato che fosse rimasto ucciso e nessuno gli avesse detto nulla.
- Gauche, che è successo? - Comunque qualcosa doveva essere accaduto di sicuro.
Lode alzò la testa e lo guardò felice di vederlo, scodinzolò e gli andò incontro. Jiggy la carezzò, ma tornò a Gauche seduto per terra che fissava il vuoto, la testa fra le mani, tutto ricurvo.
Jiggy era sempre preoccupato, ma lo vedeva vivo e reattivo, perciò non doveva essere niente di così tanto grave. Non avrebbe certo immaginato le ripercussioni di quell’evento.
Si avvicinò e si accucciò, la mano sulla schiena e di nuovo lo chiamò.
- Gauche? - Piegò la testa per vederlo in viso e solo allora, nell’ombra della camera, Gauche si accorse della sua presenza. Alzò la testa, lo guardò e reagì. Era come se fosse stato da un’altra parte per molto tempo e fosse tornato solo ora.
- Oh, sei tornato! - Esclamò con voce rauca. Jiggy annuì senza sorridere, conscio che qualcosa doveva essere andato male. Vedeva Silvet nel letto, seduta a giocare,  Lode lì con loro. Cosa poteva essere andato male?
Lo baciò delicatamente, infine gli chiese cosa fosse accaduto. Gauche se ne ricordò e tornando cupo, si voltò verso Silvet.
- L’ho fatta visitare già a due medici, dicono che non camminerà. Ha una lesione alla colonna vertebrale, sembra irreversibile per le conoscenze attuali. Quando hanno saputo che è nata il giorno del balenio non si sono stupiti, hanno detto che quando si è spento il sole, ci sono state ripercussioni di vario genere. - Gauche cominciò a parlare inizialmente calmo, poi sempre più agitato, tanto che Jiggy si trovò a stringergli la mano e intrecciare la dita.
- Continueremo a cercare, giusto? Ci sarà qualcuno che può fare qualcosa. Quelle stimolazioni funzionano con dei cavi che si attaccano ad un’enorme scatola che si attiva con un’ambra spirituale. I cavi si attaccano a qualcosa e a seconda dell’intensità con cui la si regola, dà delle scariche. Sono vibrazioni che penetrano nel corpo della persona, non sono letali, non fanno male. Stimolano i muscoli atrofizzati. È una cura usata per guarire più velocemente alcune ferite, ci sono ospedali all’avanguardia che… - Jiggy iniziò a parlare di questa cura sperimentale che aveva visto in qualche viaggio vicino alla capitale, nelle zone migliori di Yusari.
Gauche lo guardò tornando piano piano alla luce, alla speranza persa per tutto quel tempo.
- E poi comunque chiederai anche altri pareri medici! E se qua non c’è nulla di utile, andrai nella capitale, in qualche modo, da qualche parte, troveranno una cura! - Jiggy non era abituato ad arrendersi ai problemi, ma li sradicava sempre, li affrontava e li abbatteva. Per questo non si sarebbe mai fermato davanti ad un problema, di qualunque tipo.
Questa sua enorme forza d’animo aiutò Gauche che tornò a rasserenarsi e a respirare, dopo giorni di apnea.
Con un abbraccio pieno di slancio e disperazione, si appese al suo collo e stringendo gli occhi, mormorò:
- Grazie. Grazie per essere tornato. Non so cosa avrei fatto senza di te, lo giuro. Non lo so proprio! Non abbandonarmi mai! - Jiggy sorrise.
- Sei tu che non devi mai abbandonare me. - Gli ricordò. Gauche sorrise e tirando su la testa, trovò le sue labbra che fece proprie.

- Notizie? -
Chiese la sera dopo Jiggy, mentre rientrava da lui per il consueto saluto.
Gauche stava cambiando la piccola Silvet dopo il bagnetto serale, lo trovò in bagno intento a vestirla.
Il ragazzo si voltò e gli sorrise con dolcezza.
- Ho trovato qualcuno che sa di quella cura, dicono che è sperimentale e non è sicura e quindi costa molto. Dicono che su un adulto non provoca danni eventuali, ma su una bambina così piccola rischia di avere effetti collaterali. Perciò mi hanno suggerito di aspettare che cresca e diventi più forte in modo da, nel peggiore dei casi, non avere conseguenze. Così posso mettere via i soldi. - Jiggy si sentì subito fiero di lui, aveva tutt’altro atteggiamento dalla sera prima. Era sicuro, deciso, le idee chiare. Appariva forte, come voleva che fosse.
- Ottimo. Mi sembra un buon piano. Comunque senti altri pareri, non è detto che ci sia solo quello. - Gauche annuì e gli diede la sorellina perché era tutto bagnato anche lui per averle fatto il bagno, così Jiggy prese Silvet mentre lui si sfilava la canottiera ed i boxer facendo venire subito strane idee al suo pubblico speciale. Gauche non se ne accorse nemmeno, continuò invece a parlare di quel che aveva pensato, rimboccandosi le maniche.
- Certo, non starò fermo ad aspettare! Lavorerò molto di più, guadagnerò tutto quello che posso, cercherò una cura, la troverò! Sai… - Fece poi con aria particolarmente risoluta, mentre finiva di asciugarsi. - Se divento Head Bee oltre che guadagnare di più, posso andare alla capitale. Là sicuramente c’è qualcuno che la può aiutare. - Jiggy con quello si distrasse completamente e gli ormoni si calmarono mentre quella strana sensazione di disagio lo lasciava perplesso.
- Head Bee? - Gauche annuì infilandosi il cambio che si era portato. - Ma è difficile… e poi per un periodo dovrai stare fisso alla capitale, non so quando potrai tornare… - Gauche alzò gli occhi.
- Sono sacrifici accettabili. Pensa lei senza camminare… no, se posso fare qualcosa lo farò, non importa cosa. - Jiggy da un lato era felice che lottasse senza arrendersi, quella forza di carattere era bellissima, dall’altra era dispiaciuto all’idea di dover stare un po’ senza di lui. Ma dopotutto si erano promessi di non intralciarsi mai.
Così mascherò come sempre tutto quel che provava ed annuì vago.
- Fissa l’obiettivo e non fermarti. Ricorda sempre il motivo per cui lo fai. - Gauche sorrise andandogli davanti una volta vestito.
- Ora capisco come ti sentivi quando mi dicevi di non distrarti. - Jiggy si chinò verso di lui alla ricerca della sua bocca che, piegata in un dolce sorriso, trovò.
- Ed io ti ricordo di quello che mi dici sempre. - Gauche separò le labbra dalle sue, lo guardò sorpreso e lo disse:
- Ricorda perché lo fai, ma ricordati anche di tornare da me? - Jiggy annuì serio, lo sguardo intenso di chi voleva quella promessa solenne.
- Fai quello che devi, ma torna sempre qua da me e da lei. - Gauche gli carezzò la guancia teneramente.
- Come fai tu. -
Jiggy a quel punto accennò ad un sorriso.
- Come mi fai fare tu. - Gauche rise e lo abbracciò tornando a baciarlo, la piccola Silvet con la testina appoggiata sulla spalla di Jiggy, a guardare dietro di loro, buona come il pane.
- Lo prometto. - Disse infine appoggiando la fronte alla sua, occhi negli occhi, uno sguardo, un momento che non avrebbero dimenticato, coi cuori che battevano veloci come avrebbero fatto dopo cena, quando Silvet si sarebbe addormentata e loro avrebbero finito di mangiare.
Quando, stesi nel letto, avrebbero suggellato quella promessa con l’unione solenne dei loro corpi ed un ‘ti amo’ che ormai non avevano paura di dirsi, perché era vero e reale.


Quando era sovra pensiero, il suo sguardo era nostalgico.
Jiggy se ne era accorto subito, lo osservava ogni istante in cui erano insieme, senza che se ne accorgesse.
Gauche non ne era conscio, ma gli mancava sua madre.
Il non ricordarsi di lei gli aveva reso più facile affrontare la sua vita dopo, però quando faceva le sue cose in casa senza interagire con nessuno, lui aveva quell’aria nostalgica. Appena qualcuno gli parlava o si rivolgeva a lui, era di nuovo allegro e dolce.
- Questa settimana ho fatto molte consegne difficili, ho chiesto di affidarmi gli incarichi più complessi perché voglio diventar Head Bee. - Disse Gauche sedendosi sul divano con lui a rilassarsi mentre Silvet giocava per conto suo nella sedia con le rotelle che le aveva comprato. Poteva muoversi da sola usando le mani sulle manopole poste sulle ruote grandi, sotto la seduta.
Era una bella invenzione e per lei andava più che bene.
Jiggy lo guardò sedutogli vicino e gli alzò una ciocca di capelli dal collo facendolo rabbrividire.
- Questo è fresco… - Commentò riferendosi ad un cerotto bello grande sul collo scoperto. Di solito c’erano o i capelli o la sciarpa, perciò non si vedeva. Gauche sorrise come se non ci fossero problemi.
- Lo sai meglio di me, no? - Disse con un pizzico di malizia. - Conosci ogni centimetro del mio corpo, meglio di come lo conosca io stesso! - Jiggy ebbe un lampo di malizia a sua volta e lasciando i suoi capelli scivolò con la mano sulla sua coscia, a sfiorargli l’inguine coperto da dei comodi pantaloncini corti. Non andò oltre perché ora Silvet cominciava a crescere e a capire cosa succedeva, perciò davanti a lei tenevano un certo contegno.
- L’importante è che qua rimanga tutto a posto! - Gauche non arrossì più come faceva ai primi tempi, rise e girandosi verso di lui gli lambì l’orecchio con le labbra sussurrando:
- È più che a posto, lì! - E con questo vi infilò la lingua dentro facendo rabbrividire Jiggy che spostò la mano dalla coscia all’inguine stesso.
- Ma senti lì… e poi sono io il maniaco! - Gauche ridacchiò mentre stava per accogliere le labbra di Jiggy e la sua lingua, quando Silvet andò a sbattere con la carrozzina contro le loro gambe intrecciate facendoli ululare e saltare sul posto. Le mani presto si separarono e tornarono ad un normale contegno.
Jiggy imprecò e Gauche rise.
- Dai, quando dorme sarò tutto tuo! - Disse appoggiando la testa alla sua spalla e chiudendo gli occhi.
- Eh appunto… quando dorme? - Fece imbronciato Jiggy. Gauche rise ma  si mise ancor più comodo sul compagno.
- È meglio che cominciamo ad andare nella mia camera a passare la notte… - Disse Gauche mentre la voce cominciava ad impastarsi dal sonno. - Tanto ormai dorme tutta la notte, è brava. Se si sveglia le ho insegnato a chiamarmi. -
A Jiggy quell’idea piacque molto, perciò cominciò a guardare la piccola in attesa che le calasse la palpebra.
Purtroppo la palpebra calò a Gauche poco prima di un’ultimo discorso nel dormiveglia.
- Non devi preoccuparti per me, anche se torno stanco ed ammaccato sono contento. Faccio un bel lavoro, consegno i cuori delle persone e le rendo felici. Nel mentre guadagno per la mia Silvet e porto avanti il mio sogno di diventare Head Bee. Sono felice e realizzato. - Mormorò voltando leggermente il capo verso la sua comoda spalla.
Jiggy piegò il proprio sul suo con dolcezza.
- Me ne guardo bene. Io torno in condizioni peggiori. So bene cosa significa dare tutto per i propri obiettivi. Non ti fermerei mai. Le ferite sono importanti, mostrano l’impegno che mettiamo. Se non torniamo stanchi ed ammaccati significa che non ci abbiamo dato abbastanza. - Gauche sorrise e cercò la sua mano, Jiggy l’accolse ed intrecciarono le dita.
- Sapevo che mi capivi. Sei l’unico che mi incoraggia. Gli altri sono sempre preoccupati a dirmi che esagero… ma io so che posso farlo. - Jiggy gli baciò i capelli argentei.
- Guai se non lo fai. Non puoi piangerti addosso per le disgrazie e stare fermo ad aspettare un miracolo. Il miracolo te lo devi creare tu. - Gauche aumentò la presa, poi accolse il sonno con un dolce e tenero:
- Ti amo. - Ricambiato da un altro bacio di Jiggy sulla sua testa.
- Anche io. -
Perché vivere il momento, ormai, era diventata la cosa più essenziale di tutte. I progetti andavano bene, erano vitali. Ma se la testa era giusto che fosse al futuro, il cuore doveva essere al presente. Quello era il loro nuovo stile di vita.
Gauche si addormentò su di lui e Jiggy rimase lì a pensare a lui e a come cambiava quando interagiva con gli altri, piuttosto da quando era solo o pensava di non essere osservato.
“Anche se gli manca qualcosa, io e Silvet colmeremo sempre questa mancanza!”
Dopo un po’ Jiggy si alzò lentamente dal divano e lo stese mettendolo più comodo.
Poi prese Silvet ancora sveglia e pronta per dormire, la cullò un po’ come ricordava che sua madre faceva con la propria sorellina ed infine, una volta che gli occhi si furono chiusi, la mise nel lettino che avevano costruito insieme in uno dei momenti più duri della propria vita.
“Camminiamo in un percorso oscuro ed il sole è così lontano che è irraggiungibile. Però spesso le stelle arrivano e ci scaldano. Anche se piccole, sono sufficienti. Non abbiamo molti motivi per essere felici, ci sono sempre problemi e sempre ne avremo e forse i nostri scopi sono troppo pretenziosi, ma non ci fermeremo. E riusciamo ad essere felici, ogni tanto, nonostante tutti i maledetti problemi. Anche se per poco, possiamo ancora essere felici.”

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Capitolo 11
*** Che tu possa tornare indietro ***


la_proporzione_perfetta11 *Ecco un altro capitolo. Questa volta succederà qualcosa di particolare, Jiggy incontrerà Zazie per la prima volta, che non è la prima volta del manga, bensì... ho voluto fare questa aggiunta al manga, dove anche Jiggy e Zazie si erano incontrati prima che la storia iniziasse ufficialmente. Perchè Gauche aveva incontrato Lag ispirandolo a diventare Bee, dando inizio alla sua storia. Così anche Jiggy deve aver incontrato Zazie ispirandolo a diventare Bee, dando inizio alla sua di storia. Questi i miei ragionamenti. Sebbene quando poi Asada mostra la storia di Zazie, non ci sarebbe spazio per il loro incontro, io ho voluto fare quest'aggiunta innocente eppure importante. Così si motiva in particolare il motivo dell'idolatria di Zazie a Jiggy. Buona lettura. Baci Akane*

11. CHE TU POSSA TORNARE INTERO


"Io – Io lo supererò Io – Io sopravviverò Quando il mondo cadrà a pezzi Quando cadrò e toccherò il fondo Mi tirerò su Non provate a fermarmi Io – Io non piangerò"
/Alice - Avril Lavigne/


Jiggy strinse le mani sulle maniglie del cavallo di ferro e assottigliò gli occhi. In  alto, sopra un punto specifico, Harry stava facendo diversi cerchi come ad indicare che lì c’era il pericolo. Prese così la pistola sparacuore pronto ad usarla ed accelerò l’andatura.
In breve arrivò nel punto designato e vide che effettivamente c’era un enorme gaichu. Quando Jiggy lo vide bene, realizzò che era uno dei più rari e feroci, di cui non si sapeva quasi nulla. Non ricordava nemmeno il nome, ricorda solo d’aver letto qualcosa nel manuale dei gaichu, qualcosa sul fatto che era a forma di scorpione e che non si sapeva nulla a proposito. Pensando a come identificare i punti deboli sconosciuti, fu allora che se ne accorse.
Il gaichu non veniva all’attacco perché stava mangiando.
Sgranò gli occhi sorpreso mentre il proprio cuore accelerava i battiti, conscio della portata del problema.
- Merda, sta succhiando il cuore di qualcuno! -
Così con il cavallo di ferro si spostò il più vicino possibile e cercando i tipici tentacoli con cui i gaichu tenevano avvolte solitamente le vittime, vide che erano due persone.
- Per prima cosa devo liberarli! - Disse alzando la pistola e puntando proprio alla base dei tentacoli che uscivano dalla bocca.
Sparò lì e fortunatamente questi cedettero facendo cadere due persone, non si fermò a testare le loro condizioni.
Una volta che ebbe mollato, Harry si abbassò volando in circolo in direzione della bocca.
- Suggerisci la bocca? Hai ragione, il resto sembra corazzato e quella coda ha tutta l’aria di essere velenoso… - Il falco stridette e Jiggy così si mosse sul mezzo e si spostò in tempo per evitare il colpo di un infuriato gaichu che era stato interrotto mentre mangiava. Jiggy non perse tempo, mirò subito alla bocca e fortunatamente il gaichu si illuminò da dentro, purtroppo non esplose in tanti pezzi e stelle luminose, perse un pezzo dal muso, stridette di dolore ed in quello, prima che Jiggy potesse caricare un altro colpo e finirlo, quello sparì sotto terra e fu impossibile ritrovarlo. Jiggy rimase lì sperando che Harry lo individuasse, ma purtroppo non ci fu verso. Il gaichu era sparito, sarebbe andato a rigenerarsi ed avrebbe fatto altri danni.
Jiggy imprecò fermandosi e rinfoderò la pistola.
- Merda, ha fatto un sacco di danni e non l’ho ucciso! - Esclamò guardando i ricordi che si mostravano a lui grazie all’energia esplosa nella ferita procurata con il colpo della pistola sparacuore.
Ricordi di due genitori ed un piccolo bambino dai capelli neri. Una storia dolorosa e triste nella quale avevano dovuto abbandonare il proprio figlio per il suo bene, per salvargli la vita. E che, proprio quando erano tornati da lui a prenderlo, questi li aveva rifiutati. I genitori se ne erano andati senza potersi spiegare, e proprio lì erano stati attaccati dal Laphroaig.
Jiggy chiuse gli occhi realizzando che probabilmente quel bambino ora non avrebbe più saputo la verità su di loro e lui non aveva nemmeno fatto giustizia.
Voltò il capo in direzione dei corpi inermi, era chino su di loro a controllarli quando una voce lo riscosse alle proprie spalle. 
- Oh merda! - Sentì poco finemente. Si girò sorpreso di quell’esclamazione e appena vide il bambino, lo riconobbe subito. Era il figlio dei due che avevano appena perso completamente il cuore.
Il piccolo non doveva avere più di sei anni, probabilmente, e mano a mano che si avvicinava e vedeva chi era stato colpito dal gaichu, rallentava e si faceva shoccato.
Lo raggiunse senza nemmeno notarlo, concentrato, inorridito sui corpi riversi a terra. Si chinò per toccarli, probabilmente girarli, ma Jiggy lo fece al suo posto e il piccolo strinse i pugni incupendosi.
Jiggy lo guardò stupito. Non stava piangendo e nemmeno facendo scenate. Era immobile, rigido, duro e cupo. Stringeva i pugni come un adulto, ma non si stava piegando, non stava scappando, non stava facendo nulla. Non una lacrima.
Ricordò le memorie appena viste dai genitori e capì che probabilmente si sentiva in colpa, li aveva appena mandati via, li aveva appena rifiutati, comprensibilmente. Come ci si poteva sentire?
- Hanno perso il cuore. Del tutto, temo. Però un medico potrà sapertelo dire meglio. - Disse cauto, piano, senza indorare alcuna pillola.
Jiggy si rivide in lui in qualche modo. Quando il padre era morto attaccato da un gaichu, salvandogli la vita, un Bee era arrivato a strapparlo dal suo corpo inerme e l’aveva portato a sua madre, dopo aver ucciso il gaichu. Sì, quel bambino gli ricordava sé stesso. Troppo. Istintivamente, sentendosi partecipe del suo dolore poiché l’aveva provato a sua volta, caricò i due corpi ridotti allo stato vegetale, li mise riversi sul cavallo di ferro, infine prese il bambino in braccio senza chiedergli nulla. Se lo mise davanti a sé e salì a sua volta accendendo il motore.
- Tieniti. - Mormorò come se non avesse scelta. Il bambino, perso in un mondo cupo a cui non aveva accesso, lo fece come automaticamente e appena l’abbracciò, nascose il viso contro il suo torace. Quell’abbraccio fu strano, lo investì di una strana sensazione. Un tuffo nei ricordi, quelli che gli avevano strappato il padre e si rese conto che stava facendo come quel Bee quel giorno aveva fatto con lui.
Sospirò muovendosi  verso il villaggio vicino, alla ricerca di un ambulatorio medico. La presa aumentò, le sue piccole braccia fecero finalmente forza, reagendo e Jiggy ricordò come quella presa ferrea l’aveva aiutato a ritrovare il coraggio di aprire gli occhi e smettere di piangere.
Non sapeva cosa dire, non c’erano parole che potevano essere di conforto, specie per un bambino così piccolo con una storia come quella.
‘Non piangere’, ‘torneranno’, ‘andrà tutto bene’, ‘è finita’.
“Non è finito proprio niente. È appena iniziata!Moriranno.” Pensò. “Sono ancora vivi, ma moriranno. Sono dei vegetali e lo saranno fino a che non si consumeranno anche nel fisico e moriranno. Non mangeranno più, non faranno più nulla. Sono finiti.”
Il bambino sempre stretto a sé, come se dentro per quanto piccolo fosse avesse capito che non avrebbe più avuto una seconda possibilità, o meglio dire nel suo caso terza, coi suoi genitori.
Una volta arrivato dal medico della zona, lo aiutò a tirare giù i corpi mentre, con aria grave e dispiaciuta, conveniva con quel che aveva già capito da solo.
- Hanno completamente perso il cuore, non gli rimarranno molti mesi di vita, così. -
- Come si chiama questo bambino? Ha qualcuno? - Il medico scosse il capo dispiaciuto.
- Zazie è un gatto selvatico, non ha nessuno. Se questi sono i suoi genitori, li ha appena ritrovati per perderli subito. - Jiggy non fece alcuna espressione particolare davanti ad un fato espresso in modo tanto crudo e realista, ormai non si illudeva più che ci fosse un lieto fine per qualcuno, ma sapeva che lottando e insistendo, i lieti fine potevano essere creati dalle persone stesse che soffrivano.
Sperò che quel piccolo Zazie fosse abbastanza forte da costruirsi da solo un futuro migliore di quello che era ora il presente.
- Li terrete qua? - chiese sentendo che il bambino si era chiuso in sé stesso senza ascoltare e guardare quello che avveniva intorno a lui.
Il medico annuì guardando i due corpi ormai inermi stesi in due letti singoli, uno vicino all’altro, sembrava stessero solo dormendo.
- Zazie se l’è cavata da solo fino ad ora, non so come… se la caverà ancora. Solo che un po’ mi dispiace che lì ha ritrovati e persi lo stesso giorno. - Disse il medico come se fosse pratico. Probabilmente in tutta Yodaka lo erano tutti, chissà quante storie così, chissà quante tragedie.
Jiggy annuì e cercò di staccarsi da Zazie, il bambino aumentò la presa e gli venne un nodo allo stomaco. Era come stringere sé stesso, era come tornare indietro nel tempo, quando il Bee aveva cercato di lasciarlo alla madre. Come si affrontavano certi tragici eventi?
Con la verità.
Il medico cercò di aiutarlo, ma Zazie non volle saperne, così Jiggy annuì dicendo che se ne occupava lui. Il medico allora si congedò e lo lasciò solo in quella stanza d’ospedale fin troppo grande per un bambino solo così piccolo.
Si sedette con lui e ancora abbracciato e carezzandolo come ricordava gli era piaciuto a lui quel giorno di tanti anni fa, parlò con calma ma chiarezza, senza indorare alcuna pillola.
- I tuoi genitori sembrano vivi e staranno così per un po’ di tempo, purtroppo si spegneranno senza che nessuno possa farci nulla. Quel mostro, il gaichu, ha divorato tutto il loro cuore. Non reagiranno più a nulla, non mangeranno, non berranno, non parleranno. Non sarà facile, non sarà bello. Devi prepararti. Ti aspetta la cosa più brutta della tua vita, ma se sarai così forte da superare questo, supererai tutto. Niente nella tua vita sarà peggio di questo. Per cui devi resistere perché loro hanno dato la vita per te e non vorrebbero che ti spegnessi come loro. Hai capito? - Il bambino respirava piano cercando di capire bene quello che diceva. Gelato, fra le sue braccia. - Devi diventare forte anche per loro, devi trovare un motivo per vivere, uno scopo. Vivranno in te se tu sarai così forte da sopravvivere. Trova uno scopo e vivi per quello. Hai capito? Non devi arrenderti. La vita è orribile, è la cosa più brutta del mondo. Ma un giorno, se stringerai i denti e lotterai sempre con tutto te stesso, scoprirai che ci possono essere anche cose belle. Te lo prometto. Che le cose belle ci sono. Voglio che lotti per cercarle. Hai capito? - Parlando pensò a Gauche ed una voglia immensa di vederlo e stringerlo lo invase. Ingoiò il magone e sospirò, infine lo prese per le spalle e lo staccò. Finalmente lo guardava in viso.
Il piccolo Zazie non piangeva più. Forse gli aveva spezzato il cuore, forse non ce l’avrebbe fatta.
Ma in quei begli occhi da gatto, Jiggy sperò ardentemente un giorno di rivederli vivi e sorridenti.
“Se dovessi pregare, pregherei che questo bambino ce la facesse!”
Pensò baciandogli la fronte.
- Tieni duro, me lo prometti? - Zazie annuì col broncio e gli occhi incupiti, arrabbiati. Gli occhi di un bambino che aveva sapeva già quanto brutta era la vita e che probabilmente non ci poteva fare nulla.
L’innocenza oscurata.
- Sono Jiggy Pepper. - Disse infine. Dirgli il proprio nome poteva essere come donargli una piccola speranza, un piccolo unico ricordo decente. Qualcuno l’aveva aiutato e si chiamava Jiggy Pepper.


Stesi sul letto, nudi, la pelle candida imperlata di sudore, quella di Jiggy coperta anche di cicatrici, una nuova sulla guancia di Gauche. La sua testa sulla sua spalla. Ascoltare i respiri.
- Sai, ho conosciuto un bambino, oggi. Si chiama Lag Seeng. Era la lettera che dovevo consegnare. Un pacco, in realtà. -
Disse Gauche con voce sfumata.
- È stato difficile? - Chiese Jiggy. Gauche sorrise.
- Mi ha fatto un segno alla guancia con la pistola… è particolare… ha un ambra spirituale sull’occhio sinistro, è albino come me. All’inizio ha opposto resistenza, voleva la mamma. È stato separato da lei e pare non abbia un padre. L’ho portato da questa zia. - Spiegò Gauche come se sentisse che in qualche modo era un evento importante di cui parlare. L’aveva fatto anche con Silvet prima di uscire con Jiggy, i quali poi erano finiti a casa di quest’ultimo.
Da quando lei era grande Jiggy si era rifiutato di passare tutte le sere lì, come se lo inibisse. Come se volesse limitarsi ad essere il mondo di Gauche e basta, una sorta di esclusiva.
- Alla fine si è calmato ed è diventato un bimbo dolcissimo! Aveva solo molta paura e voleva la mamma. È triste perché forse non la vedrà mai più, ma gli ho promesso che se fossi diventato Head Bee e sarei andato alla capitale, avrei provato a cercarla. È stata portata là. - Jiggy ascoltava, parlava dell’andarsene alla capitale Akatsuki come se fosse semplice. Jiggy non voleva immaginare cosa poteva significare lasciare casa, Silvet, lui, per andare a ricoprire una carica prestigiosa e molto ben retribuita lontano da lì.
Avrebbe potuto tentare anche lui quella strada, ma il ruolo di Corriere Espresso gli permetteva di lavorare tanto ed essere al tempo stesso vicino alle persone che per lui contavano.
Ora però quella cosa stava per cambiare.
Perché Gauche stava andando in un luogo dove lui non poteva raggiungerlo con un giro sul cavallo di ferro. Ma non glielo avrebbe mai detto o fatto pesare, perché era felice che inseguisse i suoi obiettivi ad ogni costo.
- Siamo diventati amici, l’ho potuto abbracciare e lui piangeva! Piange un sacco, ma è un bambino, penso che crescendo maturerà e diventerà forte! - Jiggy l’ascoltò e gli venne in mente il bambino che invece aveva incontrato lui un po’ di tempo prima.
- Anche io ho incontrato un bambino. I suoi genitori hanno perso il cuore per colpa di un gaichu. Sono diventati dei vegetali e moriranno. E lui è solo e così piccolo. - Silenzio. Un silenzio pesante per quel che aveva detto. - A volte mi chiedo chi diavolo ha costruito questo mondo di merda. - La finezza di Jiggy rese l’idea e Gauche si mise a pancia in giù alzando il capo, lo guardò da vicino giocando con le sue ciocche rossicce spettinate sul cuscino, percorse la cicatrice sulla guancia.
- Non mi hai mai raccontato delle tue avventure. Ti ha colpito questo bambino? - Chiese Gauche non sapendo cosa rispondere.
Jiggy lo guardò sentendosi meglio per quelle dita dolci sulla propria pelle ruvida.
- Mi sono rivisto in lui. Mi è successa una cosa simile. Un Bee mi ha salvato da un gaichu, ma purtroppo mio padre non ce l’ha fatta. Ma io non ero completamente solo, avevo mia madre. - Gauche l’ascoltò attento, era bello ogni volta che si apriva con lui.
- Quel Bee era Largo Lloyd. - Gauche lo guardò meravigliato. - Mi ha ispirato lui a prendere quella strada. Lui… è tornato anche altre volte a vedere come stavo, mi ha proposto di diventare Bee perché ero portato e… mi ha dato il manuale da studiare, le domande di iscrizione… mi è stato tanto dietro. Se lo sono, è merito suo. - Gauche sorpreso sorrise.
- È il candidato al ruolo di direttore, sapere che gli importa tanto degli altri lo rende un candidato perfetto, non trovi? - Jiggy annuì senza sorridere a sproposito, mentre una mano carezzava la curva lombare della sua schiena.
- È un ficcanaso insistente che vuole sapere i fatti di tutti, mi ha tormentato più volte per sapere cosa succedeva fra noi, ha macchinato un sacco per farci mettere insieme… forse solo perché punta ad Aria, in realtà… - Gauche rise.
- Però ci ha aiutato! - Jiggy allora accennò ad un sorriso e alzò la testa baciandolo per imprimersi quella bella visione.
- Ha detto che domani spediranno il modulo per l’accettazione del nuovo Head Bee. - Disse poi Gauche. Jiggy tornò serio, ma non cupo, solo pensieroso.
- Per cui in poco tempo dovremmo sapere se ti accettano. - Guche annuì.
- E se così fosse, partirò per la capitale per un tempo indefinito. Non so quando potrò avere la libertà di tornare a casa, spero in un po’ di giorni di congedo ogni tanto. Così torno a vedere te e la mia Silvet. - Jiggy scosse il capo e gli mise la mano sulla faccia spostandoselo da sopra.
- Tu sei così sicuro di essere accettato, sì? - Disse acido, alzandosi a sedere. Gauche rimase steso a braccia larghe, divertito.
- Certo! Ho lavorato tanto! Ormai è fatta! Hanno detto che se portavo a termine questo compito difficile, il posto sarebbe stato praticamente mio! E ci sono riuscito! - Poi ci rifletté.  - Lag Seeng è stato il mio biglietto per diventare Head Bee. Non lo dimenticherò mai quel bambino! -
Jiggy pensò a Zazie e si chiese se ce la stava facendo.
“Se tornassi si aggrapperebbe a me, invece deve farcela da solo. Come Silvet. Se stessi da lei e continuassi a frequentare casa sua anche dopo, quando Gauche non ci sarà, poi si aggrapperebbe troppo a me e non diventerebbe mai forte. Anche Gauche. È diventato forte perché ha camminato con i suoi piedi. Mia sorella deve farcela da sola, è forte perché ce la fa da sola. Io sono forte perché ce l’ho fatta da solo.”
Jiggy aveva quell’ideologia che l’aveva portato a traguardi importanti, perciò non si sarebbe piegato facilmente.
Gauche scivolò sul bordo del letto dove Jiggy era seduto, dandogli le spalle. Gli circondò la vita nuda con le braccia e fece capolino col volto appoggiando il mento sulla sua coscia. Alzò gli occhi viola e l’osservò dal basso. Lui aveva un’espressione pensierosa, impenetrabile come sempre.
- A cosa pensi? - Chiese Gauche. Jiggy a quel punto, dopo averci riflettuto, abbassò il capo e lo guardò.
- Che mi mancherai. E spero che tu possa tornare ogni tanto. - Il resto non lo disse.
“E che tu non ti dimentichi più di niente altro. Specie di me.”
Era inevitabile pensare che andava più vicino alla causa che gli aveva tolto la madre dalla memoria.
Quando quel giorno il sole artificiale aveva balenato, in qualche modo gli aveva strappato un pezzo di cuore. La madre dai suoi ricordi.
Ora andava proprio lì dove quel sole poteva completare l’opera.
Come non pensarci?
“Che sciocchezze. Tanti ci vanno e tanti tornano! Ci sono funzionari statali di continuo che rompono le palle. Perché dovrebbe succedere sempre qualcosa a Gauche?”
E così non disse nulla delle proprie preoccupazioni, né ne diede cenno.
Gauche gli baciò il fianco e rimase così, mentre Jiggy faceva scendere la mano sulla sua nuca e l’accarezzava sui capelli bianchi e spettinati.
- Tornerò di sicuro. Potrò curare Silvet e quando la vedremo correre saremo così felici da sposarci! - Disse felice, entusiasta e sicuro di sé.
Jiggy ridacchiò scuotendo il capo.
- Sposarmi io? Sei pazzo? - La risata di Gauche non l’avrebbe dimenticata. Lui no.
- Ci amiamo, perché no? - Jiggy scivolò giù dal letto e si sedette per terra, affacciato sul bordo dove stava lui a pancia in su. Gli prese il viso fra le mani e lo baciò al contrario.
- Intanto parti e vedi di tornare intero. Poi ci pensiamo a queste sciocchezze! -
Qualcosa a cui si sarebbe sempre aggrappato, negli anni a venire.
In quei lunghi cinque anni di assenza.
- Tornerò con un anello enorme! - Gauche continuò a parlare di un ipotetico matrimonio fra loro e Jiggy a tentare di farlo desistere, solo per puro divertimento. Mentre, in cuor suo, sperava di poterlo fare davvero, un giorno.
Un giorno.

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Capitolo 12
*** La ruota riprende a girare ***


la_proporzione_perfetta12 * Un nuovo capitolo inizia, è la fine della prima parte della fic che è divisa in almeno 4. Gauche parte per la Capitale e chi ha letto il manga sa cosa succede, altrimenti sorpresa! Per cui è un capitolo malinconico, Gauche va per diventare il nuovo Head Bee e saluta Jiggy. Dal prossimo cambiamo personaggi, si comincia con la seconda parte, ovvero quella su Zazie e Lag e si prende l'inizio del manga. Buona lettura. Baci Akane*

12. LA RUOTA RIPRENDE A GIRARE



Ormai aveva salutato Silvet che, fra le lacrime, gli aveva chiesto di non andare, che non le importava di camminare, perché se lui era con lei, era felice lo stesso.
Ma lui era uscito di casa comunque. Per l’ultima volta, nei panni di Gauche.
Jiggy l’aspettava fuori casa, quella notte era stata l’ultima insieme.
Avevano spedito la richiesta e ricevuto conferma.
Il messo statale stava venendo a prendere il nuovo pretendente al ruolo di Head Bee.
Quel giorno sarebbe partito.
Gauche sorrise e si protese verso di lui, solitamente Jiggy si scostava e gli diceva di controllarsi. Era sempre convinto che mostrarsi in rapporto con qualcuno potesse renderlo debole.
Ma in quel momento Jiggy non si scostò, gli andò incontro col capo e prese le sue labbra con la consapevolezza che poteva essere l’ultima volta e la speranza che così non fosse.
Gauche lo visse con un senso di tragicità dentro. Quello segnava la preoccupazione di Jiggy che si stava tanto sforzando di non mostrargli.
In silenzio, serio, salì sul cavallo di ferro e gli cinse la vita con le braccia.
Il petto contro la sua schiena, il mento sulla sua spalla. Insieme a guardare la strada illuminata dai fari del mezzo che si muoveva grazie al cuore di Jiggy.
- Tornerò. Tornerò per te e Silvet. - Mormorò. Jiggy non diceva nulla, solitamente. Ma lì, senza girarsi a guardarlo, duro come da molto non lo era con lui, disse:
- Promettilo. - Gauche gli baciò il collo in un piccolo pezzettino lasciato libero dalla sciarpa bianca.
- Lo prometto. Tornerò sano e salvo, intero, da te e Silvet. Farò camminare Silvet e sposerò te! - Jiggy non aveva mai pregato, sebbene stesse facendo costruire una cattedrale nella propria città.
Però lì pregò per la prima volta.
“Se esiste un Dio, me lo devi restituire!”
Con questo arrivò all’Alveare, dove tutti i Bee e gli impiegati erano raccolti per salutare la nuova leggenda fra loro. Ogni volta che qualcuno stava per diventare Head Bee, era sempre una grande notizia per loro.
Jiggy si fermò imprecando sul fatto di essere visti arrivare insieme davanti a tutti quanti, ma Gauche ridendo scese e gli lasciò la mano sulla spalla un pochino di più, poi lo lasciò e facendo finta di non essere guardato da una cinquantina di persone, si voltò verso Jiggy.
- Mi accompagni dentro? Devo fare un’ultima cosa prima di partire, ma mi serve la tua assistenza. - Disse tranquillo e misterioso.
Jiggy immaginava di cosa si trattava. Largo in parte sorrideva soddisfatto, Aria invece era in lacrime e lui la stava consolando.
Jiggy scese dal cavallo di ferro ed entrò con lui ignorando tutti, Gauche li salutò composto.
Una volta dentro salirono le scale e raggiunsero l’infermeria, bussarono e lieti che fosse vuota, si infilarono dentro chiudendo la porta a chiave.
Una volta lì, Gauche si voltò verso Jiggy, gli occhi lucidi, il volto sorridente.
- Ho un po’ paura. - disse. - Ma sono anche eccitato. - Ammise. Jiggy gli sistemò il cappello sulla testa e la sciarpa intorno al collo, stessa cosa fece con la giacca allacciata di cui poi tenne il colletto per tirarlo a sé.
- È normale. Quel che conta è non fermarsi mai. Devi andare avanti fino in fondo a qualunque costo. Ma ricordarti sempre di… - Gauche completò per lui più calmo.
- Di tornare da chi amo, da chi mi ama. Di fare in modo di tornare sempre. - Jiggy, felice che avesse imparato, annuì e gli regalò un sorriso che nascondeva bene il proprio stato d’animo.
- Tornerai da me e Silvet. - Concluse per lui. Poi gli prese i viso fra le mani e lo baciò. Le labbra e le lingue divennero una cosa sola. Il mondo sparì per un momento e rimasero solo loro, aggrappati a quelle emozioni, a quei sentimenti che nessuno poteva sapere se avrebbero potuto provare ancora.
“Fa che non sia l’ultimo bacio!”
Pensarono entrambi.
Il bacio si protese per qualche istante di più, poi sospirarono, si separarono, gli occhi di entrambi lucidi. Jiggy toccò il mento di Gauche con l’indice ed infine gli fece l’occhiolino.
- Te la caverai alla grande. - Ma quello poteva solo sperarlo.
Gauche si riprese e più tranquillo di come era entrato, gli strinse la mano, poi guardandolo negli occhi disse che l’amava.
- Non dimenticarlo mai. Qualunque cosa possa succedermi, anche se non dovessi più tornare, tu sai che ti amo e il sentimento non muore anche se muore la persona che lo prova. Possono succhiare via il cuore, ma una volta che si prova l’amore, con o senza cuore… rimarrà per sempre. - Con queste parole Gauche baciò ancora Jiggy, infine se ne andò.

Mentre saliva nella carrozza col funzionario statale che lo doveva portare ad Akatsuki, una capitale inaccessibile se non a chi aveva un permesso speciale come quello di Gauche, Jiggy sospirò con la sensazione più brutta della sua intera esistenza.
La sensazione che sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe visto.
Largo gli mise una mano sulla spalla dopo aver consolato Aria che era infine corsa via. Jiggy non fece nulla.
- Tornerà? - Chiese a Largo, il quale rispose con sincerità.
- La vera domanda è come. - E con questo i due rientrarono, come se sapessero che qualcosa in tutto quello stonava.
Avrebbero capito di cosa si trattava solo cinque anni dopo.


Come uno sparo nel buio, lo sparo nel buio non sai chi colpisce e se colpisce qualcosa e non sai l’entità del danno.
Quel proiettile colpì nel buio e lo abbatté inesorabilmente.
Jiggy non avrebbe mai dimenticato quel momento.
Il momento in cui la notizia della nuova carica di direttore era arrivata insieme a quella della scomparsa di Gauche.
Jiggy era così in piedi, rigido, silenzioso, accanto ad Aria, davanti al novo direttore.
Largo, seduto dietro una ‘scomoda’ scrivania, guardò Aria con gli occhi gonfi di lacrime e sospirando cercò di essere più umano e comprensivo possibile.
- Le circostanze sono le peggiori che si potevano immaginare. - Disse Largo, mani giunte sotto il mento, aria composta, tono dispiaciuto.
Le sciolse e allungò sul tavolo di legno elaborato, due buste.
- Aria Rink, la tua richiesta di impiego nell’Alveare con compiti diversi dal Bee è stata accolta. Sarai la mia assistente personale, la mia segretaria. - Jiggy avrebbe pensato malizioso che aveva ottenuto il suo scopo, alla fine. Ma in quel momento si era decisamente dimenticato delle mire presunte di Largo su Aria. Lei prese la busta con l’incarico ufficiale ed annuì.
Dopo le tracce perse di Gauche, Aria aveva iniziato a lavorare sempre peggio e rischiando la vita ripetutamente, aveva capito che non poteva più fare quel lavoro.
Largo poi guardò Jiggy.
- Il tuo ruolo non cambierà, sei confermato come Corriere Espresso. Però avrai un compito in più oltre alle consegne speciali. - Disse serio e professionale senza lasciar trapelare nulla.
Jiggy prese la busta, l’aprì freddo e lesse.
- Voglio che cerchi Gauche Suede. Sei l’unico che può continuare a svolgere i tuoi compiti di Bee e contemporaneamente cercare Suede. - Disse sempre composto.
- Pensavo fosse stato dato per disperso. - Disse gelido, duro. Un muro innalzato fra lui e loro. Largo sospirò.
- In via ufficiosa… - Jiggy e Aria lo guardarono. - È un disertore. È andato via e non è più tornato. Ma siccome non si è fatto vivo nemmeno qua, con Silvet, penso che gli sia successo qualcosa. Voglio che lo cerchi, mentre porti avanti i tuoi soliti incarichi. Che indaghi, cerchi di capire cosa può essere successo. Sei l’unico in grado. Sei il più discreto. -
Aria rimase colpita da quel dialogo e ancor di più dal sapere che Gauche era effettivamente scappato dalla capitale abbandonando il suo ruolo di Head Bee.
- Non avrebbe mai lasciato il suo ruolo dopo averlo faticosamente conquistato. - Disse lei.
- Per questo voglio capire cosa è successo. Deve rimanere fra noi, ma penso che la capitale ci stia nascondendo qualcosa. Cercheremo di capirlo senza farci notare. - Jiggy provò un po’ di calore nel sentire quelle parole, quella confidenza, quella verità da scoprire.
Come se avere uno scopo per Gauche, potesse dargli la forza di andare avanti, qualcosa a cui aggrapparsi per non crollare, per rimanere in sé.
Jiggy annuì senza fare una piega, infine si congedò silenzioso. Aria rimase lì con lui, ancora persa nelle rivelazioni scoperte, ignara di quel che Jiggy stava passando, cosa di cui invece era consapevole Largo.
- Pensi che ci sono speranze? -
Mormorò.
- Penso che quello che è successo è ben lontano dal normale e se possiamo fare qualcosa, Jiggy Pepper è l’unico che ci può aiutare a farlo. - Aria allora sospirò, si sistemò gli occhiali da vista che aveva iniziato a mettere da un po’, infine lo guardò con più risolutezza.
- Fino ad allora, c’è un lavoro da svolgere, vero? - Largo sorrise appoggiandosi allo schienale.
- Direi proprio di sì! -
- Congratulazioni per la carica di nuovo direttore. - Fece Aria. Largo annuì.
- Grazie signorina Rink. Congratulazione anche a lei. Come prima cosa le chiedo di accogliere i nuovi aspiranti Bee. Si chiamano Zazie e Connor. - E così stava per cominciare di nuovo.


Jiggy stava percorrendo il corridoio con la lettera d’incarico in mano, stretta nel pugno. L’aria dura che fissava davanti a sé, intransigente, inaccessibile.
L’aria di chi stava giurando a sé stesso che non sarebbe mai crollato, che sarebbe andato avanti per sempre ad ogni costo senza mai dimenticare i propri obiettivi e le promesse.
Ricordandosi che non si pensa al futuro ma solo al presente.
E che qualunque cosa sarebbe successa od era già accaduta a Gauche, niente avrebbe tolto loro quel che avevano vissuto e che erano stati.
“Forse è finita davvero o forse c’è ancora qualcosa che si può fare, una piccola speranza. Non lo so. Ma non mi fermerò. Perché niente mi toglierà quel che ho vissuto, la felicità di quei giorni, la pienezza di quei sentimenti. Niente.”
Niente l’avrebbe fermato, perché l’aveva sempre promesso a Gauche.
Era all’accettazione a prendere le consegne, quando notò la presenza di due nuovi bambini probabilmente coetanei.
Uno dei due aveva un’aria familiare, rallentò e l’osservò senza fare una piega.
Il piccolo non lo vide.
Aveva un’aria da gatto, in qualche modo glielo ricordava.
Un flash, un ricordo. Infine si voltò in fretta e andò oltre, mentre sotto la sciarpa nascondeva un sorrisino felice.
“Il piccoletto ce l’ha fatta. Come si chiamava? Zazie?” Lo sentì esclamare, proprio mentre usciva.
- Lui è il grande Jiggy Pepper?! Ma è il mio idolo! Io sono qua per lui! -
Jiggy si affrettò a chiudere la porta e ad arrivare al cavallo di ferro, mentre un po’ di calore, almeno un pochino, gli permetteva di trovare la forza di riaccendere il proprio mezzo e salirci sopra.
“Ecco che la ruota riprende a girare.”

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Capitolo 13
*** Un partner eccezionale ***


la_proporzione_perfetta13 *Ecco la seconda parte della fic, questo gruppo di capitoli è esclusivamente su Lag e Zazie, in particolare tenerò a seguire un pochino di più Zazie perchè nel manga si è seguito Lag e per non riproporre le medesime cose, non sempre quanto meno, ho 'giocato' così con le prospettive. Oltretutto le vicende seguono la serie originale, molte delle cose inserite sono successe realmente, ho proprio scritto manga alla mano, facendo naturalmente le mie aggiunte. Perciò, come sempre, buona lettura. Baci Akane*

PARTE SECONDA
ZAZIE STA A LAG



13. UN PARTNER ECCEZIONALE



"E tu pensi che la compassione sia una colpa E non lascerai mai che gli altri vedano la tua E sei sicuro di essere stato ferito come nessuno capirà mai Ma un giorno il peso del mondo ti donerà la forza di andare avanti."
/Robot boy - Linkin Park/


Bisognava essere in grado di cavarsela da soli.
Essere forti da soli.
Andare avanti da soli.

Wasiolka, un enorme felino nero dalle sembianze simili a quelle di una pantera, stava ancora dormendo quando Zazie si alzò sbuffando dal letto e con la faccia imbronciata già di primo mattino, si trascinò al bagno a fare i consueti bisogni. L’animale, suo dingo, a quel punto si tirò su, si stiracchiò e seguì il proprio padrone che continuò a trascinarsi fino in cucina. Zazie aprì la porta del frigo e prese il latte. Appena lo fece, quattro deliziosi gattini si arrampicarono su di lui miagolando con le vocine stridule.
Erano un gatto nero, due bianchi e l’altro rosso.
- E piantatela! - Grugnì Zazie bevendo il latte per primo.
Le zampette di quello rosso e di quello nero si artigliarono sulle sue guance, uno per lato, come per ricordargli di non berlo tutto. Erano uno per spalla. Poi c’era uno bianco sulla testa che guardava da sopra ed infine l’altro bianco era arrampicato sul petto, fortunatamente le unghie sulla canottiera e non sulla pelle nuda.
Wasiolka aspettava seduta per terra e lo guardava seria, in attesa della propria razione.
Zazie bevve ancora, i miagolii divennero sgraziati e assordanti e così imprecando si chinò e versò il latte in una ciotola piccola ed un’altra grande.
I gatti finalmente scesero giù e bevvero facendo le fusa felici. Anche Wasiolka andò a bere soddisfatta.
Zazie fece un sorrisino, poi scosse il capo e si ricompose col proprio broncio.
Infine andò a prepararsi.

Era un Letter Bee da un po’ di tempo, ormai. Aveva subito dato prova delle sue ottime doti di ammazza gaichu più che di consegne lettere. Non gli importava molto delle lettere, era diventato Bee per poter uccidere i gaichu. Voleva ucciderli tutti, specie quelli più cattivi e grossi.
Per questo si era tenuto in vita, si era trascinato nei giorni successivi alla morte dei suoi genitori solo per trovare un modo per dare senso alle loro vite.
Quello era stato il modo che aveva trovato.
Si era alzato ed aveva fatto domanda per diventare Bee, poi aveva studiato tutti i gaichu dal manuale. Aveva imparato in fretta tutto quello che era conosciuto su di loro.
Mano a mano che li studiava, si era sentito montare da una rabbia sempre più grande.
Ne esistevano moltissimi, di ogni tipo. Ma lui li avrebbe uccisi tutti.
Jiggy Pepper era un Bee, ma non un Bee qualunque. Era il Bee che aveva trovato i suoi genitori, che aveva allontanato il gaichu. Se non fosse stato per lui sarebbe morto quando sarebbe arrivato a vedere di loro, li avrebbe trovati col gaichu che si sarebbe cibato anche di lui.
Era stato lui a fargli capire qual era l’unico modo per dare senso alle vite dei genitori.
I Bee uccidevano i gaichu, i gaichu avevano ucciso i suoi genitori, lui avrebbe ucciso tutti i gaichu diventando un Bee, fino a trovare quello che aveva ucciso i suoi. Il resto non sarebbe più stato importante.
Fino a quel giorno.

Imbronciato e sbuffante alzò gli occhi al cielo corrucciato e per nulla felice.
- Ma perché devo farlo io?! - Si lamentò senza ritegno con il direttore Lloyd.
- Perché dopo Jiggy Pepper sei il più bravo ad uccidere gaichu, fra quelli rimasti. Se dovessero avere problemi, sicuramente sei il solo in grado di aiutarli. - Zazie alzò ancora seccato gli occhi al cielo, senza riconoscere l’autorità del direttore. Del resto non ne riconosceva mai una.
- Ma Connor? O Sullivan? - Insistette.
Lloyd sorrise enigmatico dietro le sue lenti da vista e cominciò a prepararsi la pipa.
- Sullivan è veloce a concludere le consegne e Connor è bravo ad interagire con le persone e a convincere gli altri ad accettare le lettere che non vogliono. Ma tu sei il migliore ad abbattere i gaichu. E visto che si tratta di un esame per Bee e che dovranno affrontare un gaichu per la prima volta, tu devi essere il loro ispettore d’esame! - Con questo il direttore concluse, non avrebbe cambiato idea e sebbene non volesse sentirsi orgoglioso, alla fine inevitabilmente se ne sentì.
- Certo che sono il migliore, ma è una palla di incarico lo stesso! - E con questo uscì sbattendo la porta.
Zazie aveva mantenuto un certo contegno solo i primi giorni, poi aveva lasciato perdere i convenevoli e aveva tirato fuori il suo caratteraccio.
Quello che rispondeva male e che attaccava tutti.
Lloyd sapeva la sua storia e aveva capito che era il suo modo per non affondare. Per rimanere aggrappato alla superficie. Così si sentiva forte. Avrebbe imparato che essere forti era una condizione, non lo facevi. Lo eri.
E Zazie, sopravvivendo all’assenza di cuore dei suoi genitori e poi alla loro morte, era diventato forte.


Aveva letto il suo dossier.
Non sembrava gran ché, si disse.
Lag Seeng era di razza albina un po’ più piccolo di lui. Si presentava come un nanerottolo dall’aria delicata. Ma il direttore aveva scritto che aveva un’ambra spirituale nell’occhio sinistro e che il suo potere con la pistola sparacuore era quello di intercettare e mostrare il cuore delle cose.
Capacità interessante, anche se non utile in battaglia.
Apparentemente.
L’altro Bee era un tipo apparentemente forte ed in gamba, dava più affidamento.
Letti i dossier, si avviò nella gola, nascosto fra le alte rocce, in attesa che Wasiolka, il suo dingo, l’avvertisse dell’arrivo del primo Bee. Quella era la strada del gaichu dell’esame, quando gli aspiranti Bee sarebbero passati di lì, avrebbe dovuto controllare che sostanzialmente non si ammazzassero.
“Spero di beccare il piccoletto imbranato, così potrò menar le mani anche io!”
Pensò convinto che quello fosse l’unica nota positiva.
Zazie rimase ben sorpreso di scoprire il contrario.
Il primo ad arrivare fu l’altro Bee, quello apparentemente più in gamba, ma appena il gaichu si era presentato, lui si era bel bello bloccato.
Completamente.
Stava per intervenire, quando un fulmine urlante gli era sfrecciato accanto, accompagnato da un’altra saetta dorata.
I due si buttarono in un attimo nella mischia, in fondo alla gola, al combattimento del gaichu che effettivamente era piuttosto grande.
Zazie rimase senza parole a vedere la loro modalità di combattimento, pistola stretta in mano e nemmeno il tempo di realizzare che… beh, non avrebbe avuto bisogno di intervenire.
La saetta era proprio il piccoletto, Lag Seeng, col suo dingo. Una ragazza maka.
Incredulo, assistette alla loro vittoria e alla morte del gaichu.
Così, quasi in un attimo, quasi come se fosse stata una passeggiata.
Condizioni finali a parte, visto il tuffo nel fango dove aveva sporcato oltre che sé stesso e il suo dingo, anche la lettera da consegnare, aveva fatto obiettivamente un ottimo lavoro con il gaichu. Chiaramente la cosa che Zazie aveva notato maggiormente, indipendentemente dalla missione in sé stessa, ovvero la consegna della lettera.
Rimase in parte senza farsi avanti, non andò a complimentarsi o a dirgli nulla.
Rimase indietro ad osservarlo riprendersi e proseguire per la strada, verso la città dove avrebbe dovuto consegnare.
“Però… vedi che le apparenze ingannano! Quell’altro non è stato capace di fare nulla, lui ha abbattuto il gaichu in un attimo!” Questo lo colpì come sul momento non si rese nemmeno conto. Fu qualcosa che lavorò in lui lentamente nel corso del tempo.
Il momento in cui Zazie, guardando qualcuno, non l’aveva odiato per partito preso ma invece ne era rimasto colpito.
Zazie non odiava tutti, poteva riuscire ad avere rapporti vari, buoni, anche d’amicizia. Ma in un primo impatto respingeva e detestava chiunque. Ad eccezione di Jiggy Pepper, il quale però non aveva più rivisto una volta cresciuto. Quell’incontro rimaneva nebuloso nella propria mente di bambino, shoccato per l’esperienza vissuta e per i propri genitori. Gli era rimasto il nome e la forza con cui l’aveva salvato. Solo quello.
Ma lì, in quel momento, davanti a Lag che proseguiva il suo esame imperterrito, Zazie provò qualcosa di ben diverso dall’astio.
Provò sorpresa.
Solo semplice e pura sorpresa.

Prima i complimenti, poi un pugno.
Quello era Zazie.
L’approccio diretto con Lag fu un po’ caotico, preso in contropiede dalla sua reazione alla notizia della scomparsa di Suede, Zazie l’aveva respinto e trattato male.
Solo dopo, una volta saputa da Connor la sua storia, si era pentito di come l’aveva messo a posto.
Come sempre prima reagiva, male ovviamente, poi pensava. Se pensava. Spesso non faceva nemmeno quello.
Suede era l’idolo di Lag, era diventato Bee per lui. Un po’ come lui che lo era diventato grazie a Jiggy Pepper.
Ed ora Suede dopo essere andato alla capitale per ottenere il titolo di Head Bee, aveva lasciato il lavoro ed era sparito.
La tristezza di quella storia era pari solo alla propria, pensò Zazie andandosene e chiedendo a Connor di scusarsi con Lag al proprio posto per il modo in cui l’aveva trattato.
Era scappato da un momento imbarazzante. Non si era mai scusato con nessuno, iniziare ora con quel ragazzino non era il massimo della vita. Però aveva agito d’impulso dicendo a Connor di farlo al suo posto.
Poi era andato via.
“Diventerà forte ora. Io lo sono diventato vivendo coi miei genitori col cuore perduto e sono venuto qua inseguendo la strada mostrata da Jiggy Pepper. Lui è venuto qua per inseguire, come me, il sogno mostrato dal suo idolo, Suede, per poi scoprire che ha mollato tutto e se ne è andato. Adesso starà male, ma poi si rialzerà e diventerà forte. Il dolore aiuta, l’odio aiutano a restare a galla, a non affondare. Imparerà anche lui, come ho fatto io, come hanno fatto tutti.”
Con questo, Zazie corse a comunicare al direttore che l’unico ad aver passato l’esame era stato Lag Seeng.


Come di tradizione, la prima missione ufficiale di Lag come Bee, fu affiancato da un altro, in quel caso uno più esperto.
Zazie, sbuffando, si avviò con Lag verso la meta prescelta.
Inizialmente il silenzio fece da padrone, ma una volta superato il centro della città, Zazie cominciò a guardarlo di sottecchi, imbarazzato e per questo seccato.
Voleva capire se ce l’avesse ancora con lui e se Connor gli avesse detto che gli dispiaceva.
Lag leggeva l’ordine consegnato dal direttore Lloyd e non si accorse di essere fissato goffamente. All’ennesimo minuto di silenzio, Zazie ovviamente esplose alla sua maniera, incapace di usare gentilezza.
- Ce l’hai ancora con me? No perché se è così devi crescere un po’! Quando ti ho trattato male non sapevo molte cose, e poi comunque potevi parlare, no? Spiegarti meglio! Dovevo venire a saperlo da Connor che Suede è il tuo idolo? - Zazie attaccò Lag con un tono sostenuto e sgarbato, Lag così lo guardò meravigliato, preso in contropiede, senza capire cosa stava dicendo.
Ritrovatosi con quello sguardo innocente e sorpreso, Zazie arrossì ancora di più e guardò in alto allargando esagerato le braccia.
- Perché non accetti le mie scuse? - Gracchiò esasperato, seccato dal fatto che dovesse rendergli così difficile la questione. Che poi perché mai se ne preoccupava tanto? Aveva fatto altre missioni in coppia con gente che detestava. Il silenzio era stato d’oro!
Adesso gli sembrava di non poterlo sopportare, con quel ragazzino.
- Ma io le ho accettate! Connor mi ha detto che ti dispiaceva e che ti scusavi per il tuo atteggiamento, che non sapevi la mia storia… sei stato molto carino. - Poi aggiunse con un sorriso tenero: - Mi ha detto che sei un po’ difficile come carattere, impacciato coi sentimenti, però sei un bravo ragazzo. - E così Zazie divenne color pomodoro mentre si irrigidiva e andava avanti come una scheggia per evitare quel momento eccessivamente sdolcinato.
- Va bene, allora muoviamoci! - Borbottò seccato, odiandosi per aver stupidamente sollevato quella questione.
- Ero pensieroso perché cercavo di capire la strada migliore per arrivare qua e… - Zazie sbuffò.
- La so io, basta che mi segui! - Lag rimase un po’ spiazzato da quei suoi modi, tuttavia ricordandosi le parole di Connor sospirò ed aumentò l’andatura.
Niche e Wasiolka dietro di loro controllavano i loro padroni.
- È un bellissimo animale, il tuo dingo! - Wasiolka alzò la testa e mosse le orecchie orgogliosa del complimento. Zazie, che adorava il suo dingo, cadde facilmente nella sua trappola.
- Il più bello ed il più forte! - Rispose fiero affiancando di nuovo Lag il quale sorrise dolcemente.
- Ti piacciono i gatti? - Chiese capendo che anche come modi di fare Zazie era selvatico come un gatto.
Zazie annuì, solo se parlava di quel che gli piaceva era una persona normale.
Lag ci mise poco a capirlo e a prenderlo per il verso giusto.
- Sì, molto! - Esclamò Zazie con un certo entusiasmo. Poi tossicchiò e si ricompose. - Il tuo dingo invece è davvero una ragazza maka? - Chiese un po’ per curiosità ed un po’ perché le conversazioni si facevano in quel modo. Il silenzio era peggio.
- Sì, in realtà non so che razza sia, dicono che abbia a che fare col maka… per me è un’amica preziosa! -
- Niche è il dingo di Lag! - Esclamò Niche convinta e decisa, sentendo che parlavano di lei.
- Non sai niente di lei? - Lag si strinse nelle spalle.
- L’ho incontrata mentre venivo qua per fare l’esame, era un pacco abbandonato in una nicchia e… - Zazie rise.
- Perciò l’hai chiamata Niche? - Lag arrossì e Zazie si trovò a pensare instupidito che fosse molto carino quando arrossiva.
- Sì, non ho molta fantasia, vero? - Si derise da solo imbarazzato. Zazie così smise di ridere e scosse il capo.
- È un nome come un altro. - Lag così si rilassò capendo che Connor aveva avuto ragione su Zazie.
- Connor ha ragione, sei un ragazzo difficile ma in gamba. - Disse senza rifletterci. Zazie avvampò totalmente a disagio coi complimenti, specie se fatti così dolcemente, fece finta di sentire qualche rumore dietro l’angolo.
- Aspetta qua, io e Wasiolka andiamo a controllare se ci sono gaichu, ho sentito qualcosa! - Lag ci credette e rimase indietro, mentre lui e la sua pantera correvano dietro una parete rocciosa.
Poi ci ripensò.
- Ma insomma, mica sono una principessa da proteggere! Anche io sono un Bee! - E così gli corse dietro.
Per fortuna di Zazie si trovarono effettivamente contro un gaichu che comunque sconfissero in pochissimo, con un’eccezionale e sorprendente coordinazione.
Per un momento, pensò Lag stordito, pensò che fosse il suo partner da sempre.
Zazie pensò la stessa cosa mentre si vantava della propria bravura coi gaichu e del fatto che Lag fosse fortunato ad essere affiancato da lui nella prima missione. Ovviamente per mascherare l’imbarazzo sia di prima, sia quello provocato dall’eccitazione di quella coordinazione.
“È un partner eccezionale, in realtà!”
- Però devi imparare a dosare il cuore o sverrai ogni volta che spari un colpo! - Lo rimproverò brusco, lieto di aver qualcosa da ridirgli. Troppi complimenti non andavano mai bene.
Lag, con la testa che gli girava per il colpo eccessivo sparato, annuì e rimase un attimo giù.
- Hai ragione, scusa… è che non so bene come si fa… - Zazie sospirò e gli andò davanti accucciandosi. Piegò la testa e lo guardò con quella sua aria selvatica.
Lag alzò lo sguardo e vedendolo in quella posizione, sorrise.
- Sembri un gatto! - Commentò poi.
Zazie arrossì, essere paragonato al suo animale preferito era un bel complimento.
- Ti devi concentrare quando spari, non devi eccitarti troppo, non caricarti così tanto di entusiasmo. Vai con troppa foga. Devi essere più distaccato quando spari, se la situazione non richiede eccessivi sforzi. -
spiegò deviando da quello che per lui era un complimento. Lag si mise a sedere ascoltandolo ed annuì interessato.
- Ok, credo d’aver un po’ capito. - Disse. Zazie vide il copricapo tutto storto che gli stava in modo buffo sulla testa, così ridacchiando glielo sistemò.
- Sembri un moccioso! - Lo prese in giro. Lag arrossì e Zazie tornò a trovarlo carino, per questo si voltò in fretta e tolse subito le mani dai suoi capelli. - Andiamo! - Disse poi brusco, sperando di aver ritrovato un po’ di contegno.
“Sembro un idiota! Spero non se ne accorga!”
Pensò arrabbiato con sé stesso perché gli stava piacendo Lag troppo facilmente.
Piacendo, poi, in sensi che nemmeno lui stava comprendendo bene.
Lag rimase male del fatto che non lo aiutasse ad alzarsi, ma lo fece Niche che lo pulì dalla polvere perché il suo Lag doveva essere lindo e perfetto in ogni momento.
Zazie scosse il capo e si affrettò ad avanzare, poco dopo Lag e Niche lo seguirono.
Il silenzio durò poco. Lag riprese con le domande su quello che aveva percepito sembravano essere i gusti di Zazie, in quel caso i combattimenti, e così il dialogo tornò in un attimo con una facilità che, trattandosi di uno complicato come Zazie, era davvero da rimanere sconvolti.

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Capitolo 14
*** Non si danno false speranze ***


la_proporzione_perfetta14 *Ecco il nuovo capitolo. Lag e Zazie approfondiscono la loro conoscenza e Zazie finalmente comincia a mostrare anche altri aspetti di sé, pur rimanendo il solito selvatico. Le vicende si intrecciano con quelle reali del manga e fra quelle inserisco dei retroscena che non c'erano. Le parti del manga in certi punti sono raccontate velocemente per non riprodurre del tutto numero per numero. Buona lettura. Baci Akane*

14. NON SI DANNO FALSE SPERANZE



 "Noi popolo combattiamo per la nostra esistenza
non pretendiamo di essere perfetti ma siamo liberi
sognamo i nostri sogni da soli senza nessuna resistenza
svanendo come le stelle che vorremmo essere"
/Oasis - Little by little/

Zazie lo confondeva.
Istintivamente gli piaceva, ma non faceva molto testo perché a lui istintivamente piacevano tutti.
Però aveva certi atteggiamenti che sembravano lo respingessero.
Sapeva bene cosa aveva detto Connor, però ugualmente non lo capiva.
Era scorbutico e tendeva a stare per conto suo, ma se aveva bisogno c’era sempre. Spesso Zazie compariva nei momenti più topici, come per magia. Come se sapesse che Lag aveva bisogno in quel momento.
E per questo suo confonderlo, ovviamente, lo incuriosiva.
- Come è andata oggi? - Chiese Lag gentile, una volta tornato all’Alveare ed averlo incontrato mentre scendeva dall’infermeria con un cerotto sulla faccia.
- E secondo te come è andata? - Disse sgarbato tenendo il cappello in mano e trascinando la giacca. La camicia bianca tutta sporca e fuori dai pantaloni, i bottoni mezzi slacciati.
Lag ci rimase male e nella sua incapacità di mascherare le emozioni, fece un’espressione mortificata. Zazie si morse il labbro e fece una smorfia, poi girò la guancia e gliela mostrò sebbene fosse coperta da un cerotto.
- Sto bene, potevo fare a meno di farmi medicare da quel pazzo, ma Connor ha insistito. - Il tono era sempre un po’ sostenuto, ma meno antipatico di prima.
- Mi dispiace. - Lag non registrò la questione ‘quel pazzo’, rimase concentrato sulla sua ferita.
- Non è mica colpa tua. - Rispose sempre su quel tono, andando avanti.
- No, ma mi dispiace lo stesso. - Replicò seguendolo poiché aveva dato le consegne alla reception.
- Come vuoi. - Rispose andando oltre. Lag stava per arrendersi quando lo vide zoppicare un po’, così si raddrizzò e gli corse ancora dietro.
- Zazie, ma zoppichi! - Zazie sbuffò.
- Oh, è una sciocchezza! -
- Ma se… - Zazie però uscì dall’alveare e così Lag col broncio lo inseguì insieme a Niche e Wasiolka.
- Che c’è ora? - Chiese Zazie sempre seccato vedendo che lo seguiva.
Lag non avrebbe mollato certo ora che aveva visto che zoppicava.
- Vengo a darti una mano! Devi riposare e tenere il piede alto! Se ti lavi la divisa e ti fai da mangiare da solo, non ti riposerai! - Insistette. Zazie replicò che non serviva e che stava bene, ma ovviamente non ci fu verso e alla fine Lag si introdusse da solo nel piccolo appartamento di Zazie dove quattro gattini gli vennero incontro miagolando e facendo le fusa.
Zazie non lo invitò ad entrare, ma non si diede per vinto ed entrò lo stesso.
Appena Niche e Wasiolka misero piede dentro, i gatti andarono da loro ed in breve i sei finirono in un loro mondo.
- Che belli! - Esclamò Lag guardando la scenetta che lo faceva sorridere teneramente. - Come si chiamano? - Zazie lo guardò come se dicesse eresie, mentre faceva volare le scarpe, la borsa da viaggio, la sciarpa, il cappello e la giacca. Lag corse dietro a raccogliere.
- Gatti! - Esclamò finendo anche di togliersi la camicia sporca. Lag recuperò tutto e riordinò, poi lo seguì per la casa disordinata e silenziosa.
- Ma avranno un nome! -
- Non gliel’ho chiesto! - Esclamò Zazie senza scomporsi.
- Certo, perché non parlano! Glielo devi dare tu! - Fu la risposta logica di Lag. Zazie sbuffò e si tolse anche i pantaloni, rimanendo in boxer. Lag arrossì finendo in bagno con lui, si bloccò un momento, poi prese i pantaloni sporchi e la camicia lasciata per terra e, insieme alla giacca, la mise in una cesta con la quale sarebbe andato alla ricerca del necessario per il lavaggio.
- Avanti, lascia perdere… - Disse Zazie.
- Che ne dici di scegliere dei nomi insieme? - Disse con un dolce sorriso, mentre aspettava con la cesta in mano che Zazie finisse di spogliarsi per lavare anche il resto.
Zazie alzò un sopracciglio scettico, per nulla intenzionato a denudarsi del tutto davanti a lui.
- Gatto uno, gatto due, gatto tre, gatto quattro. Adesso esci che finisco di spogliarmi! - Lag fece il broncio.
- E di che ti vergogni? Siamo due ragazzi! Non hai niente che io non ho! - E con questo Zazie alzò gli occhi al cielo e seccato si tolse anche il resto, lanciandoglielo addosso.
- Vuoi anche lavarmi per caso? - Così dicendo aprì l’acqua calda e si infilò dentro. Lag rimase imbambolato, rosso scarlatto, a guardarlo nudo. Impreparato.
- Pensavo di non avere niente in più di te! - Lo scimmiottò Zazie notando il suo fastidioso imbarazzo.
Stare lì completamente nudo non era certo l’ideale, ma l’imbarazzo di Lag cominciava ad essere terapeutico e sicuramente divertente.
Così invece di lanciargli l’acqua per farlo uscire, gli indicò il lavandino.
- Metti ammollo lì la roba con un po’ di detersivo, poi mi arrangio. - Lag si riscosse staccandogli finalmente gli occhi di dosso e senza dire nulla, eseguì ma in aggiunta strofinò le macchie da pantaloni e camicia, limitandosi ad una passata generale sulla giacca.
- Lag, davvero… - Ma Lag, che sembrava per nulla intenzionato dal muoversi da lì, continuò il suo compito ricoprendo la sua voce con altre chiacchiere che non c’entravano nulla.
- Secondo me quello nero ti somiglia! - Disse riferendosi di nuovo ai gatti. - quello nero lo chiamiamo Zazie! - Zazie scosse il capo e finì per ridacchiare.
- Uno di quelli bianchi allora sarà Lag, visto che somiglia a te! - Lag sorrise radioso.
- Che bello, un gatto che si chiama come me! - Zazie ridacchiò imbambolato e finì di sciacquarsi.
- L’altro bianco lo chiamiamo Gauche se vuoi. - Disse con un tono sorprendentemente leggero. Lag lo guardò con le lacrime agli occhi al solo sentirlo e sorrise grato, facendo imbarazzare di nuovo Zazie che si ricordò di essere nudo. Chiuse il rubinetto e si avvolse nell’asciugamano. Lag si dimenticò di Gauche e del gatto e fece scivolare lo sguardo su Zazie che zoppicò fuori cercando di far finta di nulla.
Era una situazione strana, pensarono entrambi.
Lag aveva pensato che fra quasi coetanei non ci dovessero essere problemi nel vedersi nudi, per questo si era imposto di rimanere per aiutarlo e fare quello che gli aveva promesso, ma ora era sempre distratto.
Chissà perché, si disse.
Calò il silenzio e Zazie, imbarazzato ed impacciato, andò in camera e si vestì lasciando che il silenzio continuasse il suo corso.
Lag uscì dal bagno dopo aver steso i panni e lo vide che cercava di fare la cena.
- No, siediti, faccio io! - Corse da lui ai fornelli e lo spinse su una sedia.
- No senti, hai fatto abbastanza, me la sono sempre cavato da solo, perché… - Lag però prese le uova e le aprì sulla padella sul fuoco.
- Chi ti piace a te? Hai un idolo? Così chiami il quarto con quel nome! - Disse Lag tornando al discorso gatti. Ogni volta che fra loro si creava dell’imbarazzo in qualche modo, tirava in ballo i gatti.
Zazie rimase preso in contropiede, così rispose subito senza nemmeno rifletterci.
- Jiggy Pepper! -
Lag lo guardò sorpreso.
- Il signor Jiggy è il tuo idolo? - Chiese incredulo.
Zazie annuì, poi guardò il gatto rimasto, il rossino.
- Il colore è perfetto per lui! -
Lag lo vide sorridere dolcemente, una di quelle sfumature che non gli aveva mai visto. Poi guardò meglio.
“No, ma è proprio arrossito!” E a questo fece quasi bruciare la frittata.
- Lag, vorrei mangiare qualcosa di commestibile e non di cancerogeno! - Esclamò Zazie indicando la padella. Lag allora si riprese, mentre sconvolto realizzava che oltre allo shock per vedere Zazie arrossire nel pensare a Jiggy, aveva anche sentito un certo fastidio.
“Potrei anche dirgli che ho incontrato una persona che dice che Jiggy non è così grandioso come dicono tutti.” Ma poi inciampò guardando Zazie che prendeva in braccio proprio il gatto rosso con un’espressione davvero tenera. Il fastidio aumentò, in contrasto con il senso di tenerezza che gli stava ispirando.
Così decise di lasciar perdere.
“Quando lui ha parlato male di Suede io sono uscito di testa. In realtà non ne so così tanto di Jiggy Pepper, ma sta facendo costruire una cattedrale nella sua città natale, ha fatto un bel gesto.”
Dopo di questo si sedette a mangiare con lui pensando che tanto poi Silvet gli avrebbe fatto la zuppa super schifosa e quindi non avrebbe mangiato niente.
Niche mangiava con loro, al tavolo, mentre Wasiolka aspettava il proprio turno dopo.
- E quindi hai la passione per Jiggy Pepper? - Chiese Lag curioso di saperne di più, senza capire cosa fosse quello strano sentimento.
Zazie arrossì.
- È un gran figo! Voglio diventare come lui! Guida il suo cavallo di ferro e gira il mondo! Non c’è consegna che non gli riesca! - Lag lo guardò un po’ dubbioso sul termine ‘gran figo’ ma decise di non sottolinearlo. Zazie sembrava partito nel parlare di lui, perciò alla fine lasciò perdere.
- Tu invece? Come hai conosciuto Suede? Era una leggenda prima di quello che è successo… - Rimase vago sapendo che Lag era molto suscettibile, così il ragazzino spiegò la storia.
Che era stato consegnato da lui in qualità di pacco postale. Gli aveva salvato la vita.
- Capisco perché non puoi credere alla storia che ha lasciato il lavoro. - Disse serio Zazie, guardando il proprio piatto vuoto.
Lag si strinse nelle spalle.
- Non so cosa gli sia successo, ma lo scoprirò. - Zazie non replicò, trovandolo interessante in quel suo lato deciso e sicuro.
“Più che interessante, intrigante!”
Pensò senza mezzi termini.
I due rimasero lì ancora un po’ a fare conversazione, a parlare di Lag e di Jiggy e di quel che significavano uno per l’altro, senza che Zazie raccontasse la propria storia e che Jiggy l’aveva salvato da piccolo dal gaichu.
Infine Lag si congedò, dicendo che se gli fosse servito qualcosa avrebbe dovuto chiamarlo.
Zazie sorrise malizioso.
- Sembri una moglie premurosa! - Commentò facendolo arrossire. Lag, con Niche a seguito, rimase impalato sulla porta dove Zazie era in piedi per chiudere e salutarlo. Poi la malizia lasciò il posto a qualcosa di semplicemente dolce, piccolo e breve.
- Grazie, comunque. - Zazie gli spettinò i capelli sulla fronte facendogli sentire dei strani e piacevoli brividi. Poi, con quella calda sensazione nel cuore, Lag andò a casa da Silvet.
Felice d’aver aiutato Zazie e legato un pochino di più con lui.
Sperando di poter conoscerlo ancora meglio, assetato di novità al suo riguardo.


- Non sarai mica esaurito? Ti stai facendo visitare come si deve? - Disse Zazie notando un giorno che Lag veniva a lavoro con delle occhiaie profonde ed un’aria sciupatissima.
L’aveva notato immediatamente ed aveva capito cosa poteva avere, specie considerato che aveva capito il tipo. Lag era ancora incapace di dosare bene il proprio cuore.
“Quell’idiota!” Pensò mentre anche Connor si sincerava della cosa. Non fecero in tempo a dire molto che fece il suo ingresso trionfale il dottore dell’Alveare, Thunderland Jr.
Alla sua presenza, al primo piano, affacciato alla balconata delle scale, cominciò a parlare con aria lugubre spiegando che non si doveva usare troppo cuore.
- Suo padre è l’head doctor del laboratorio scientifico mondiale. Sono una famiglia di pervertiti! - Presentò Zazie inorridito ricordando tutte le volte che aveva cercato di spogliarlo con la scusa di vivisezionarlo.
Chiaramente sapeva che non poteva farlo, per cui la sua conclusione era la perversione!
Dopo la presentazione ed una spiegazione ancor più raccapricciante di quello che faceva quell’uomo, ovvero dissezioni per la ricerca scientifica, Zazie si divertì a vedere il viso spaventato di Lag.
Dopo, ovviamente, le cose degenerarono come al solito.
Il dottore aveva preso Steak per dissezionarlo, così Niche aveva attaccato il dottore, soprannominato da Zazie dottor Cadavere. Questi si era chiaramente buttato nella mischia chiamando a raccolta anche Wasiolka.
Se poteva menar le mani, specie contro l’odiato pervertito, non si tirava certo indietro.
Sempre perché era fin troppo ovvio, le cose nelle stanze del dottor cadavere degenerarono fino a che Lag, per contenere Zazie oltre che Niche, che stavano di nuovo esagerando con la foga degli attacchi, dovette intervenire sulla sua testa, dandogli un colpo col taglio della mano.
Solo così Zazie si arrestò dalla sua intenzione di sparare malevolenza a tutto andare per il gusto di ferire il famoso pervertito.
Fu così che alla fine della fiera, Lag riportò la calma e quietò gli animi alquanto agitati di un po’ tutti, ma in particolare del selvatico Zazie.
“Se fosse lui accoppiato con Niche sarebbero terribili!”
Pensò Lag ansimante dopo aver liberato Steak e visto che in realtà il laboratorio del dottore era del tutto normale.
Zazie ci rimase male dall’essere stato impunemente fermato, ma visto che era stato Lag non si vendicò come avrebbe fatto con qualunque altro essere umano vivente. Anche non umano.
Dopo, Lag venne colpito dai ricordi legati a quella stanza, ricordi dove c’entrava il suo obiettivo, la sua ossessione, tutto ciò per cui aveva lavorato e continuava assiduamente.
Gauche Suede era amico del dottore e rivederlo lo riportò in uno stato emotivo di profondo turbamento.
Al suo risveglio stavano tutti bene e si erano calmati, Niche era di nuovo con Steak e per questo buona come un agnellino. E Zazie era con altri gatti che il dottor pervertito aveva osato rubare senza spiegazioni, conquistando così altro nuovo odio da parte sua.
Per questo ora anche Zazie era un cucciolo felice che faceva le fusa coi suoi adorati gatti.
La visione di Zazie coi gatti piacque particolarmente a Lag, tanto che si riprese dallo shock di quella visione del dottore con Gauche.
Fu in quell’occasione che in qualche modo si ridiede una sorta di luce di speranza, una nuova flebile, soffocata luce.
Il dottore sperava di avere una traccia su Gauche e sapendo del forte legame di Lag con lui, decise di mandarlo in missione affidandogli una missiva in un posto dove voleva che il piccolo Bee trovasse tracce di Gauche.
Sentendo cosa il dottore stava chiedendo a Lag, Zazie si fece attento e serio, consapevole fin troppo bene cosa comportava quella richiesta.
Aggrottato, non disse nulla e si limitò ad uscire di nuovo di malumore.
Non disse una sola parola, né a Lag, né a Connor.
Silenzioso se ne tornò per conto suo, alle sue consegne, per nulla intenzionato a saperne qualcosa, come se volesse innalzare un muro.
Profondamente infastidito non tanto dalla nomina di Gauche Suede, quanto da quello che significava mandare Lag in missione alla ricerca di una traccia del suo idolo.
“Non si danno false speranze ad uno che ha così tanto a cuore una situazione tanto disperata. Lag ne uscirà distrutto e nessuno potrà consolarlo! Quel dottore è un idiota!”
Pensò avviandosi verso nuove consegne, solitario e arrabbiato.

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Capitolo 15
*** semplicemente poteva fidarsi ***


la_proporzione_perfetta15 *Ecco il nuovo capitolo. Continuiamo ad intrecciarci con gli eventi del manga. Nella missione affidata dal dottore, Lag e Connor finiscono come sempre nei guai e se non fosse per l'arrivo tempestivo di Zazie, non ce l'avrebbero mai fatta. Non sono andata nel dettaglio, ma ho descritto abbstanza velocemente, soffermandomi poi sui punti importanti che mi interessavano, per sottolineare i momenti in cui le cose iniziano a rinforzarsi fra Lag e Zazie. Nella seconda parte invece passiamo alla parte del manga in cui Lag incontra Noir, ho deciso di descriverlo riportando anche i dialoghi e le scene del manga perchè era una cosa importante ai fini della storia, visto che nella fic si legge di un Gauche sparito nel nulla. Mentre sono meno dettagliata nelle parti meno importanti ai fini della fic. Spero che sia chiaro quel che intendo. Comunque, buona lettura. Baci Akane*

15. SEMPLICEMENTE POTEVA FIDARSI




"Fai attenzione a ciò che desideri,
e un giorno arverrà,
come il giorno in cui ti ho visto e il mio passato non c'era più."
/Ruu Campbell - The Call/


Lag andò in missione a cercare tracce su Gauche Suede, accompagnato da Connor. Per strada, parlando con lui, lo ringraziò d’averlo accompagnato perché così si sentiva più sicuro, ma non poté fare a meno di pensare anche a Zazie, infatti disse che sarebbe stato meglio avere anche lui.
Non era tanto una questione di sicurezza personale, quanto che, semplicemente, gli piaceva stare con lui tutte le volte che poteva.
Ed anzi ogni volta che sapeva qualcosa su di lui, la curiosità saliva, il cuore batteva fortissimo.
Fu così che approfittò e senza usare alcuna astuzia o malizia, chiese a Connor di lui il quale fu ben lieto di parlare del suo amico e della sua particolare capacità di battere i gaichu e il suo poco rendimento nel consegnare le lettere.
- I genitori di Zazie vennero attaccati da un gaichu quando lui era piccolo e persero la vita. Dice che è diventato Bee per vendicarsi dei gaichu. Perciò a volte sembra che la sua priorità sia uccidere gaichu e non consegnare la posta. -
Quel discorso sconvolse Lag in qualche modo.
Lo sconvolse nel profondo, turbandolo e macchiando in qualche modo quel sentimento che stava nascendo nel suo cuore.
Come poteva uno forte e gentile sotto la dura corazza, essere anche così insensibile? I Bee consegnavano i cuori delle persone, era un lavoro importante. Come poteva essere più interessato ad uccidere gaichu?
Poi pensò al suo tipo di proiettile, che sparava malevolenza poiché evidentemente carico di odio.
“Lui è vivo grazie all’odio che prova per quei gaichu. Non posso sapere cosa ha passato, da solo, dopo aver perso i genitori. E se è qua, se è vivo grazie all’odio per i gaichu… beh, non posso colpevolizzarlo. Però come… come si può fregarsene delle lettere? Il cuore è la cosa che conta di più! Zazie non può essere così!”
Lag ne sarebbe rimasto turbato fino al momento del confronto con lui, fino a quando non l’avrebbe rivisto e avrebbe capito.
- La persona che ha perso tutto il cuore per colpa del gaichu smette di parlare e di mangiare e alla fine s’indebolisce e muore. Sono privi di cuore, come delle marionette. Io non l’ho mai visto di persona ma… - Per lui concluse Lag, realizzando che davvero non si poteva giudicare qualcuno senza aver vissuto le sue stesse cose.
- Chissà se Zazie l’ha visto accadere con i suoi occhi… - La tristezza lo invase pensando a cosa poteva aver vissuto, con cosa poteva essere cresciuto.
Non poteva immaginare di vedere le persone che amava senza cuore, completamente senza cuore.
Il dolore per Zazie fu grande, nonostante la delusione nell’apprendere che non gli importava molto delle lettere, ma solo dei gaichu.
Comprensibile, ma triste nel suo complesso. Enormemente triste.


Arrabbiato col dottore, arrabbiato col direttore, arrabbiato col vicedirettore, arrabbiato con Gauche Suede, arrabbiato con Connor e arrabbiato con Lag.
Ma, peggio di tutto, fortemente arrabbiato con sé stesso.
Perché, nonostante fosse contrario con le false speranze che tutti continuavano a dare a quel ragazzino, Zazie era andato da Lag e Connor a controllare che stessero bene.
Che Lag stesse bene.
Perché false speranze o meno, sofferenze inutili o meno, non poteva permettere che quel tipo morisse per la stupidità di qualcuno e perché amava troppo uno disperso che probabilmente aveva perso il cuore.
“Perché io so come si sta quando chi ami perde il cuore. E non so se è il caso del signor Suede, ma per aver lasciato la sorella ed un lavoro che amava tanto, può essere solo morto o aver perso il cuore. Ed in entrambi i casi io so come si sta. Perciò se c’è qualcuno che può aiutare Lag, dopo questo disastro di missione suicida, quello sono io. Non lo merita nessuno, il mio aiuto. Però Lag è stato messo in mezzo in un modo crudele da un Bee che prima l’ha conquistato e poi l’ha abbandonato.
Quel Suede non risponderà mai per questa ossessione malata di Lag e per tutti i pericoli che gli farà correre per causa sua. Però non gli permetterò di fare ulteriori danni a quel ragazzino.”
Se qualcuno gli avesse chiesto il motivo per cui lo faceva, non avrebbe saputo rispondere. Anzi, non avrebbe detto nulla.
Ma il suo arrivo alla città di consegna-missione-ricerca, fu a dir poco provvidenziale e, come spesso era successo nel caso di Zazie e Lag, arrivò a salvarlo col suo solito tempismo eccezionale.
E lo fece con un ghigno orgoglioso di esserci riuscito e fiero di sé stesso.
Lag era ormai salvo, lui era arrivato.

Appena lo vide, gli vennero le lacrime agli occhi.
Zazie era arrivato, sarebbe andato tutto bene.
Il sollievo, la gioia, la sicurezza di farcela.
La gratitudine perché, qualunque fosse il suo obiettivo principale, comunque di base rimaneva quel bravo ragazzo che a modo suo l’aiutava nei momenti giusti.
Sempre.

Zazie attaccò i malintenzionati che stavano facendo del male a Lag e Connor ed in un attimo li annientò con una precisione, forza e sicurezza ammirevoli.
- Non fate i furbi, voi. Io non sono caro e buono come i Bee dietro di me. - Disse seccato e minaccioso puntando la pistola ai due uomini che avevano reso la vita di Lag e Connor a dir poco complicata.
Calmate momentaneamente le acqua, Zazie fece il gradasso denigrando i due in difficoltà, per alleggerire la situazione e non dover fare la parte del bravo ragazzo che arrivava a salvare gli amici. Cosa che per qualche motivo lo faceva sentire un debole.
Lag era felice di vederlo, ma si sentiva infastidito dall’essere denigrato da lui.
Tuttavia rimase colpito dagli occhi concentrati e seri di Zazie quando venne a sapere la storia toccante della ragazza che stavano aiutando, con cui si erano imbattuti per quella missione che era di gran lunga degenerata.
La ragazza si chiamava Ann ed aveva perso il padre per colpa di un gaichu.
Lag fissò immediatamente Zazie e lo vide diventare cupo e serio, mettere da parte le proprie manie di grandezza e buttarsi in quella missione nuova, come se fosse un ordine del direttore, come se fosse così importante aiutare quella ragazza, che non poteva farne a meno.
Lag lo guardò confuso. Dava come sempre mille segnali contrastanti.
Passava dal fare la parte di quello che non gli importava di niente e nessuno se non dei gaichu, a quello che invece aveva a cuore tutto e tutti.
Da girare la testa.
Anzi. Da perderla proprio.
Suo malgrado sentì gli ordini del piano di Zazie e si concentrò sui propri doveri, decidendo di chiarire a missione conclusa.

La missione si concluse con un doloroso combattimento con un gaichu che tirò fuori un po’ di ricordi di Zazie, il piccolo in attesa del risveglio dei suoi genitori. Un piccolo che non aveva mai pianto, mai più nemmeno una volta.
Lag in quel momento non era presente, ma sentì le voci dal tunnel e capì che dovevano essere quelli di Zazie, capì che doveva essere stato preso dal gaichu, capì che doveva essere sul punto di non farcela.
Con la paura di perderlo, con la paura di perdere anche lui, Lag pregò di fare in tempo e arrivò all’ultimo a salvare lui il principe che solitamente lo salvava in extremis.
Lag arrivò da sotto, come il piano di Zazie voleva, colpì il gaichu che aveva avvolto lui, la ragazza Ann ed altri accorsi ad aiutare. I ricordi esplosero insieme al proiettile che uccise il gaichu, tutti furono liberati e dalle memorie di una di quelle persone, poterono vedere Gauche che, anni addietro, dopo aver salvato le stesse persone uccidendo un gaichu, incontrava un membro di Reverse, l’organizzazione che puntava a rivoluzionare il governo di Amberground.
‘Colui che non poteva essere diventato spirito’, una creatura umana solo per metà, in questi ricordi fluttuanti nell’aria, aveva proposto a Gauche di far parte della loro organizzazione perché il governo nascondeva molte verità, fra cui il motivo per cui Silvet non poteva camminare e quello che l’aveva privato del ricordo della madre.
Ma in questi ricordi Gauche rifiutò la sua proposta tornando per la sua strada.
Un rifiuto che lasciò dell’amaro per l’espressione sicura di questo individuo rivoluzionario misterioso che, chiaramente, non aveva avuto l’aria di arrendersi al suo ‘no’.
Fu lì che in Lag si insinuò l’idea che fosse stato preso da lui, successivamente. Che Gauche non se ne fosse andato, ma fosse stato rapito da loro.
Fu lì che, come predetto da Zazie, la luce di una speranza si accese seriamente in modo che, un giorno, sarebbe stata anche troppo dolorosa.

Zazie si avvicinò a Lag, dopo aver concluso le ultime cose nella città e tornare al lavoro, prendendolo in parte.
- Stai bene? Sei sicuro? - Chiese Zazie col broncio e brusco. Lag lo guardò spaesato. - Hai usato troppo cuore? Quando torni all’Alveare fatti visitare. - Grugnì ancora serio senza l’ombra di un sorriso, chiaramente impacciato, ma non per questo dimentico delle cose davvero importanti: la salute di Lag.
Questi rimase perso a guardarlo preoccupato, così come si era inebetito ad ascoltarlo mentre rassicurava Ann, la ragazza del posto che avevano aiutato, che d’ora in poi sarebbe venuto lui a ritirare le lettere dei cittadini.
Ed in un attimo decise che poteva anche rinunciare a capire quel ragazzo così complicato e difficile, così contraddittorio e pieno di aspetti spigolosi e spesso proprio misteriosi.
Non perché non potesse fare luce, ma perché non serviva.
Semplicemente poteva fidarsi.
Lag sorrise dolcemente ed annuì.
- Sto bene. Adesso torniamo a fare rapporto. Tu non vieni? - Zazie si grattò la testa arrossendo.
- Ah, ho ancora molte consegne, vado per conto mio! - Lag ci sarebbe rimasto male prima.
Lì, invece, sorrise ancora di più e gli sfiorò il braccio.
- Grazie per essere venuto, senza di te non so cosa avremmo fatto. - Zazie a quel calore nel cuore arrossì e si sentì leggero. Stupido.
Così scosse il capo e imbarazzato salutò e se ne andò.
Lag stava bene, il pericolo era passato. Il resto non contava.
Sebbene quelle cose sapute sul conto di Suede potevano avere certe ripercussioni che sperava non avrebbero turbato troppo Lag. Perché, ormai sempre più, era lui quello che contava.


Lag e Niche stavano tornando indietro dalla cittadina della missione a piedi, separato da Zazie e Connor. Stava guardando la lettera che il dottore gli aveva chiesto di consegnare a ‘Colui che non è diventato spirito’, nella speranza che le ultime parole che gli aveva detto Gauche prima di non vederlo più, più di cinque anni prima, avessero un senso o li aiutassero a capire se questa creatura potesse sapere qualcosa di Gauche.
Non aveva potuto consegnare la lettera al vero destinatario, ma avevano salvato delle persone innocenti e scoperto nuovi indizi, per cui era contento. Stava maturando in lui l’idea che potesse essere stato rapito da Reverse, quando la sua mano venne presa da qualcuno che fermò il suo cammino.
Niche, in quel momento, si era separata da lui per seguire qualcosa che aveva sentito, una potenziale minaccia.
Lag, in quel momento, in quel posto buio, davanti a quella persona vestita con lunghi abiti neri ed un copricapo scuro dello stesso colore, era solo.
Il sangue si gelò quando mise a fuoco il suo viso. Il suo indimenticabile viso, la cicatrice sotto l’occhio destro che gli aveva provocato lui nel primo e unico viaggio insieme, identica a come la ricordava nonostante gli anni passati.
Il ricordo del dolce Gauche che l’abbracciava affettuoso si sovrappose a quello di questo ragazzo vestito di nero, con un mantello che lo ricopriva.
I suoi occhi erano bui, spenti, vuoti, privi di una qualunque luce, di un qualunque tipo.
- Gau…che? - Mormorò Lag senza realizzare, senza riflettere, senza capire.
- Per ordine di una data persona, io prederò la presente lettera indirizzata a ‘colui che non è potuto diventare spirito’. La prego di collaborare. - Disse freddamente quello che sembrava Gauche, prendendogli la lettera.
Lag rimase fermo senza parole, senza ancora la capacità di capire e ragionare.
Il giovane, fatto quel che doveva, si girò e fece per andarsene. Solo a quel punto Lag si riattivò e lo inseguì chiamandolo a gran voce, dicendogli che era vivo e che era felice di vederlo, convinto che fosse lui, perché nonostante i vestiti lunghi e neri, i capelli nascosti e l’aria seria e fredda, il viso era il suo, la cicatrice anche.
- Sono io! Sono Lag Seeng! Cinque anni fa mi hai consegnato come lettera! - Per un momento, nella fretta e nello shock, senza saper cosa pensare, credette che potesse averlo dimenticato. Non si chiese perché gli prendesse la lettera e se ne andasse, non aveva nemmeno capito cosa aveva detto.
Perché il suo Gauche non poteva averlo dimenticato.
L’aveva salvato, l’aveva protetto e portato sano e salvo dalla zia, poi l’aveva abbracciato e gli aveva detto che erano amici.
Aveva dato una luce, una speranza, una ragione di vita, qualcosa da inseguire, uno scopo da raggiungere.
Lag era diventato un Letter Bee solo per poter essere come lui, lui che aveva sempre consegnato le lettere perché erano i cuori preziosi delle persone, lui che le consegnava a costo della sua stessa vita, nonostante amasse la sorellina sola al mondo senza di lui.
Lag non poteva concepire una sola valida spiegazione a quel suo comportamento.
Con le lacrime agli occhi gli chiese se si ricordava di lui, gli disse che era diventato Bee solo per emulare lui. A quel punto, Gauche si fermò e si girò, lo guardò vuoto, freddo, scostante, privo di una qualunque inclinazione.
Il viso magro, sciupato, i capelli lunghi sotto il cappello nero, il viso mezzo nascosto dalla stoffa scura del mantello che scendeva lungo il corpo, coprendolo, svolazzando.
- Questa è la prima volta che la incontro, piccolo letter Bee. A quanto pare mi ha scambiato per qualcun altro. E addirittura per un letter Bee. - Era davvero completamente diverso dal suo Gauche, nei modi, negli sguardi. Però era lui, Lag lo vedeva, quel segno sul viso, i suoi tratti distintivi, il colore dei suoi capelli bianchi e dei suoi occhi viola.
- NON È POSSIBILE! - Gridò Lag incapace di accettare che non fosse lui.
- Io sono un marauder, un predone. Se il mestiere di voi Bee è consegnare, il mio è sottrarre. - Rispose calmo e gelido, fissando senza inclinazioni.
- Marauder? Allora hai davvero perso il cuore?! - Per la prima volta cominciò a crederci, a concepirlo, a lasciare spazio nella propria mente l’idea che fosse così, che non ci potesse essere altra spiegazione che quella che aveva sempre rifiutato. Poi gli chiese se si ricordava di Silvet, sua sorella, testardamente convinto che comunque se era vivo dovesse esserci qualcosa da fare.
Gauche tornò a voltarsi per andarsene, con un silenzio come risposta.
Ma si fermò, rimase di spalle.
- Io non ho intenzione di farle del male, quindi arrivederci piccolo Letter Bee. - Disse calmo avviandosi.
Quella era l’indifferenza. Non l’odio. Non una qualche intenzione negativa.
Quello era perdere il cuore, si disse Lag per un istante, prima di rincorrerlo ancora, incapace di lasciarlo andare in ogni caso, in qualunque stato lui fosse.
Incapace di mollare.
Lo raggiunse di nuovo, gli afferrò i vestiti e gridandogli, lo scosse piangendo con la sua tipica esplosione di sentimenti e di emozioni.
Tante Gauche non ne aveva, tante lui ne era pieno per tutti.
Gli disse di Silvet che continuava ad aspettarlo sola, gli chiese di tornare con lui, gli disse di Aria e del dottore, gli disse che tutti stavano aspettando il suo ritorno, senza sapere che quello che l’aspettava più di tutti era Jiggy Pepper.
Gauche aspettò che si calmasse e lo lasciasse andare, ma non vedendo altra scelta alzò la pistola con l’ambra spirituale nera, la puntò al piccolo Bee di cui non ricordava nulla e che insisteva con una storia che per lui non aveva senso. Poi disse:
- Io sono un marauder, il mio nome è Noir. - Dopo di che sparò stordendolo e tramortendolo col potere della sparacuore.
Non gli fece effettivo male fisico, lo paralizzò mentre le lacrime si cristallizzavano nei suoi occhi, a terra, impossibilitato a muoversi.
La sua schiena che si allontanava ed infine un ultimo flash, un ricordo flebile trasmesso direttamente dal colpo del cuore di Gauche.
Nero, buio. Un risveglio difficile.
‘Dove sono? Io chi sono?’ E nel buio un’altra ombra, la stessa che aveva visto nei ricordi della missione appena conclusa, il famoso essere chiamato ‘colui che non poteva essere diventato spirito’.
‘Lo sceglierò io, il tuo nome sarà Noir…’
Un momento troppo breve per fargli capire come dal suo Gauche dolce e determinato, era arrivato ad essere lui, indifferente, vuoto, freddo. Nero.

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Capitolo 16
*** La vera forza ***


la_proporzione_perfetta16 *Ecco un altro capitolo. Il capitolo riprende il momento nel manga in cui Lag torna indietro dopo aver incontrato Noir, in quell'occasione Niche se ne va convinta di non essere un bravo dingo. Non ho descritto gli eventi nel capitolo, però ne ho parlato perchè ho scritto del prima e del dopo. Poi saltiamo e passiamo al momento nel manga in cui Lag incontra Jiggy, quello l'ho inserito un po' anche se non nel dettaglio e poi mi sono soffermata sul dopo, che ho aggiunto ed inventato. Le cose fra Lag e Zazie continuano a crescere a vista d'occhio, arriverà presto il momento in cui non potranno fare a meno di vedersi per quel che sono. Buona lettura. Baci Akane*

16. LA VERA FORZA




"Noi tutti stiamo vivendo in un sogno, Ma la vita non è ciò che sembra Oh tutto è un casino E tutti questi dolori che ho visto Mi portano a credere Che tutto è un disastro Ma voglio sognare Voglio sognare Lasciatemi sognare"
/Dream - Imagine Dragons/


Zazie non sapeva nulla di quello che era successo poi una volta che si erano separati, ma rimase col presentimento che Lag avesse bisogno di qualcosa, sentì così la necessità di vedere come stava.
Rimase un po’ indeciso sul da fare. Andare a casa sua era troppo, forse, però non poteva rinunciare a vederlo. Stava bene? Era successo qualcosa?
Quando prima era tornato all’alveare aveva sentito tutti parlare di Gauche Suede e di un incontro con Lag. Si era fatto raccontare ed avevano detto che pareva che Gauche avesse perso i ricordi e lavorasse come marauder, probabilmente per Reverse, e si faceva chiamare Noir.
“Come starà Lag?”
Si era chiesto uscendo dall’Alveare, capendo che senso aveva avuto la sua sensazione per tutto il viaggio di ritorno.
Era un passo troppo lungo, forse, ma l’idea che quel piccoletto piangesse lo infastidiva, così semplicemente l’aveva fatto.
Era andato da lui.
Silvet era fattibile, si disse.
Poteva vederla anche ogni giorno. Non gli dava troppo fastidio, tutto sommato e così avrebbe fatto.
Da lì in poi, Zazie non avrebbe saltato un giorno, spesso nemmeno una mattina. Sarebbe venuto lì sempre, tutte le volte per vedere Lag, tutte le volte possibili ed oltre.
Zazie sarebbe tornato lì sempre.


- Hai risolto con Niche? - Chiese Zazie accompagnando Lag a casa, dopo che era diventato matto a cercarla in giro per la città.
Lag, stanco ma felice, camminava con Niche attaccata all’altro braccio, di nuovo serena.
Era stato a ringraziare il signor Gobeni per essersi preso cura momentaneamente di Niche ed in quell’occasione avevano parlato di Gauche e del fatto che anche lui veniva a fare manutenzione della sua arma lì.
Infine gli aveva dato un proiettile lettera. Un particolare proiettile dove dentro andava inserita una piccola lettera arrotolata, il proiettile messo nella pistola e sparato al destinatario.
Molto più potente del consueto proiettile del cuore semplice che sugli umani aveva relativo effetto.
Lag l’aveva preso e ci pensava tornando insieme a Zazie e Niche.
- Sì, tutto bene. - Disse tornando a lui.
- E con il signor Suede? - Chiese impacciato e arrossendo perché era una cosa sentimentale per i suoi canoni chiedergli di quello che sicuramente l’aveva fatto piangere. Lag trasalì al suo nome, poi sospirò mentre Zazie lo scrutava apprensivo.
- È stata dura. Molto. - Ammise finalmente. - Però questo proiettile lettera mi dà la speranza di farlo tornare un po’ in sé. Voglio riportarlo qua comunque. - Zazie sospirò e scosse il capo chiedendosi se potesse lasciargli la sua illusione o se dovesse ridimensionarlo per impedirgli poi di stare troppo male.
Lag si accorse che era contrariato e ormai, avendo imparato a conoscerlo, lo guardò diretto e gli chiese cosa avesse, cosa ne pensasse.
- Senti, io ho visto coi miei occhi gli esiti della mancanza di cuore. Non c’è verso di recuperarlo. Si può solo morire, dopo. - Lag fece il broncio, rallentò e Zazie l’aspettò.
- Sì, però lui cammina, parla, respira… lui non è… - Zazie capì che doveva aver saputo dei propri genitori ed un po’ si sentì in difetto, in qualche modo. In qualche stupido modo. Come se ora fosse debole ai suoi occhi.
- È vero, forse non ha perso del tutto il cuore. Forse gli rimane un briciolo minuscolo che gli permette solo di vivere, ma senza i ricordi non è più Suede. Non… non li recupererà, non lo sarà più! - Lag a quel punto si fermò e lo guardò torvo, arrabbiato, di nuovo acceso.
- Non puoi saperlo! Ci proverò in tutti i modi! Sempre! Se il proiettile lettera non funzionasse gli sparerò tutto il mio cuore! Lo farò incontrare da Silvet, lo porterò dal dottore! Non mi arrenderò! Lui è vivo, Zazie! Non è inanimato! - Insisteva come aveva sempre insistito su tutto. Sul scoprire di Suede, sul ritrovarlo, sull’indagare, sul vederlo. Alla fine ce la stava facendo.
Zazie capì d’aver esagerato come sempre così sospirò e gli mise le mani nelle spalle per calmarlo. Lag smise di respirare.
- È solo che non voglio che passi quello che ho passato io. Quando preparavo ogni giorno una zuppa per i miei genitori, per quando si sarebbero ripresi. Una zuppa che non hanno mai mangiato. Voglio che tu capisca perfettamente che a questo mondo quando perdi una cosa, la perdi per sempre. È brutto, ma è così! - Lag gli prese le mani dalle spalle e le strinse forte fra le sue, le lacrime agli occhi, la foga ma non la rabbia. Zazie provò un calore ubriacante.
- È orribile quello che ti è successo. E non oso immaginare cosa hai passato. Ma Suede è vivo. Non è come era una volta, ma è vivo. Non è inanimato. Finché si muoverà e respirerà e parlerà, io tenterò qualunque cosa. Non mi perdonerei mai di non aver provato. - Zazie capì che aveva sempre sbagliato tutto.
Aveva sempre pensato che essere forti significava non provare sentimenti, combattere e non legarsi a nessuno. Non mostrare debolezze. Debolezze come le emozioni belle, buone, delicate.
La speranza.
Ma il modo di vivere di Lag, per quanto fosse sicuramente più doloroso e difficile, lo portava ad essere sicuramente più forte.
Tentare qualunque cosa, in qualunque situazione, nonostante non ci fosse speranza. Provarci comunque. A costo di rimanere delusi, di ricevere una brutta botta. E poi rialzarsi e riprovarci la volta dopo.
“Questa è la vera forza.” Pensò sconvolto Zazie, con le mani strette nelle sue.
Infine sorrise in una delle rare volte che lo faceva, poi si chinò e gli baciò la guancia in modo molto casto, per i suoi canoni.
- Grazie per essere come sei. - Lag arrossì violentemente e rimase imbambolato, Zazie così poté sfilare le mani e con un occhiolino malizioso che gli ridava un po’ di tono, se ne andò.
Lag si toccò la guancia mentre Niche, stanca, lo tirava da sola verso casa di Silvet.
Qualcosa era successo.
Qualcosa era decisamente successo.

L’incontro con Jiggy fu qualcosa di spirituale, di mistico, da un certo punto di vista.
Un po’ per il modo in cui era successo, in una di quelle situazioni spiritualmente spossanti e sconvolgenti dove un gaichu gli aveva quasi rubato l’identità, fino al flash dei suoi veri ricordi, della sua vera persona. Il primo che gli era tornato a riportarlo alla realtà, era stato su Zazie.
Jiggy arrivò a salvare Lag in quel frangente, abbatté il gaichu in questione e lo caricò nel cavallo di ferro riportandolo a casa. In quell’occasione parlarono di quanto successo, dell’avventura appena vissuta e della morte di Lag scampata per un pelo. Si era trovato risucchiato in una falsa realtà per colpa dei sentimenti troppo negativi.
Jiggy per cui spiegando quanto accaduto, finì anche per rimproverarlo un po’.
Aggiungendo anche cose che colpirono Lag, poiché l’idea che dava il signor Jiggy Pepper era uno che non si interessava a niente e nessuno, eppure era venuto a salvarlo e gli aveva poi detto cose particolari.
Colpito. Come se avesse percepito qualcosa, dietro quel discorso. Lo stato d’animo stesso di Jiggy, qualcosa serrato dietro a mille muri di cemento armato. Un animo inaccessibile, un cuore nascosto.
La prima cosa che venne in mente a Lag fu Zazie. Si emozionò come se fosse stato lui, poi capì la sua ossessione per quel ragazzo. Un’ossessione che l’aveva ingelosito inspiegabilmente, ma che ora capiva.
Jiggy aveva una specie di aura intorno. Forse perché allontanava tutti e per questo risultava attraente nei modi, nel tipo che era, nel fare.
- Da quanto ho visto deduco che tu abbia il potere di percepire il cuore immesso negli oggetti, ma… finire suo prigioniero è saltato debolezza. -
Lag amareggiato non trovò più il coraggio di guardarlo ed annuì con una sensazione di deja vu. Zazie aveva quel modo di pensare.
“Buffo che non si conoscano e non si siano mai incontrati, visto che la pensano uguale sull’essere forti!”
Lag si scusò e si giustificò dicendo che entrando in quella torre e leggendo le lettere di un uomo anziano, morto lì dentro, aveva assorbito il suo risentimento ed aveva perso la memoria per un momento, vivendo la realtà che quell’uomo voleva vivesse. Tuttavia, pur in quella situazione negativa, quell’uomo era stato gentile con Lag e l’aveva riempito di una nostalgia che finì col farlo piangere nel fargliene parlare a Jiggy.
- Le lettere incarnano il cuore che le persone vi infondono. Però può trattarsi di sentimenti a senso unico. E non è detto che siano benevoli nei confronti del destinatario. Diventa un Bee dal cuore forte che non si lascia condizionare né dalle buone né dalle cattive intenzioni altrui. -
Disse Jiggy a quel punto senza fare una piega davanti alle sue lacrime ed al suo dispiacere per quel che il vecchio aveva passato.
Lag era troppo emotivo, tutto l’opposto suo.
Jiggy non mostrò compassione, lo rimproverò e gli disse che la forza era estraniarsi dai sentimenti.
Quello di cui era convinto Zazie
Lag pianse, pianse anche una volta salito sul suo mezzo con lui, con Niche dietro di loro.
Dopo un po’ si calmò e ci ripensò.
Percepiva qualcosa dal signor Jiggy. Come la voglia di dire qualcosa, qualcosa che però l’avrebbe reso debole, sentimentale.
In un secondo momento ci ripensò e capì che dare consigli su come migliorare, per uno così freddo e scostante, non era molto comune.
Però con lui l’aveva fatto, quasi l’avesse a cuore nonostante non si fossero mai conosciuti prima.
Dopo un po’, col vento che lo carezzava strappandogli via ogni pensiero ed emozione, Lag alzò la testa e vide il cielo che sfuggiva alla vista, grazie alla velocità del cavallo di ferro.
Le sciarpe che volavano alte dietro di loro. Le braccia di Lag intorno alla vita di Jiggy.
Così, col cuore stranamente più leggero, guardò le cose da un’altra prospettiva e si scusò, ringraziando la premura del signor Jiggy. Dicendo che aveva imparato qualcosa di nuovo sulle lettere.
A quel punto avvenne il secondo miracolo che diede conferma che dietro quel muro di cemento armato, o di ghiaccio allo stato puro, c’era un cuore palpitante come quello che avevano tutti.
- Anch’io volevo incontrarti. -
- Eh? - Chiese Lag convinto d’aver capito male.
- Mi è arrivata un lettera dai miei fratellastri nella città di Kyrie… -
- Eh? Da Neri? - Chiese stupito Lag. Neri era una ragazza che aveva incontrato Lag prima di diventare Bee, aveva avuto una disavventura con lei, ma l’aveva aiutata a fare emotivamente pace con Jiggy. La prima volta che aveva sentito parlare di lui.
- Sì, ti sono grato Lag Seeng. Hai salvato mia sorella.. Non lo dimenticheremo mai. - Disse arrivato alle porte della città dove viveva Lag con Silvet.
Jiggy si fermò permettendogli di scendere, mentre Lag rimaneva smarrito davanti alla sua gentilezza e gratitudine.
A bocca aperta lo vide infine girare per andarsene, alzare le dita in segno di saluto e con un piccolo sorrisino e la cicatrice ben visibile alle luci della città, mormorò:
- Incontriamoci ancora, Lag. - Infine Jiggy se ne andò col vento ed il rombo del cavallo di ferro.
Lag rimase fermo a guardare la scia luminosa del suo mezzo, incantato, ammaliato.
Sebbene inizialmente gli avesse fatto un’impressione strana, una bella  persona ma sulle sue ed indifferente a tutto, adesso si era ricreduto.
Aveva qualcosa, aveva qualcosa di grande dentro di sé.
E capiva come Zazie si era potuto infatuare di lui, nonostante la cosa gli creasse fastidio per qualche motivo.
“È davvero un gran figo!” Si disse ripetendo le tipiche parole di Zazie. “Sarà gelosissimo ed invidioso quando glielo dirò!” E con l’intenzione di fargli gola, corse a casa di Silvet sperando di trovarlo lì come ogni giorno da un po’ di tempo.
Felice della prospettiva di rivederlo così tanto, sempre di più, come se ormai fosse parte della famiglia. Parte di sé.

Zazie andò ovviamente fuori di testa. Ed ovviamente era da Silvet ad aspettare l’arrivo di Lag, insieme a Connor. Ormai facevano tappa fissa.
Appena Lag arrivò disse con gli occhi che brillavano:
- Zazie non ci crederai mai chi ho incontrato! -
Zazie, che stava mangiando evitando con cura la zuppa super schifosa di Silvet, disse disinteressato:
- E chi sarà mai, un moccioso piagnucolone come te? - Lag con aria tronfia che solitamente non aveva mai, sapendo di suscitare una grande invidia in Zazie, si avvicinò a lui ed imitando la sua espressione da ‘gran figo’ come la definiva Zazie, disse abbassando il tono della voce:
- Il signor Jiggy Pepper in persona! - Zazie che stava masticando un boccone, aprì la bocca e lasciò uscire tutto il contenuto che si rovesciò sul piatto facendo una figura alquanto obbrobriosa!
Si dimenticò di masticare ed ingoiare ed anche respirare. Divenne un ciocco di legno, rosso acceso, con gli occhi fuori dalle orbite. Lag si mise a ridere tutto felice d’averlo colpito, così iniziò a togliersi un po’ la divisa e si aprì i primi bottoni della camicia, sedendosi infine a tavola per mangiare anche lui.
Connor continuò ad ingurgitare, al contrario di Zazie che smise completamente per riempire di domande Lag su cosa era successo, cosa aveva fatto, come era stato, cosa aveva detto, come aveva respirato, come si era mosso.
Lag raccontò mangiando fino al ‘Fammi vedere!’ di Zazie, che ordinò a Connor di impersonare il ‘cavallo di ferro’ di Jiggy su cui mise Lag sopra, a cavallino.
Lag, ridendo, fu felice di ripetere la scena del saluto, con le due dita alte e l’aria da bel tenebroso.
- Incontriamoci ancora Lag! - Zazie gridò come una ragazzina innamorata, una groupie, Connor rimase a fare da cavallo a Lag e Lag rimase lì sopra a ridere spensierato, divertito e felice d’aver provocato tale reazione in Zazie che, comunque, era tutta per un altro individuo e non per lui.

Avevano fatto gli scemi per tutta la serata, poi Connor era andato a casa sua dopo aver fatto il cavallo di Lag, mentre Niche e Silvet erano andate a dormire a loro volta.
Zazie troppo eccitato per andare a dormire, aveva obbligato Lag a rimanere ancora lì a parlargli di Jiggy, fin tanto che Lag, facendo il serio, gli aveva chiesto come mai aveva quella fissa per lui.
- Seriamente, dico. Capisco la cosa del ‘figo’ eccetera, ma la tua è un’adorazione particolare… - Lag voleva capire, un po’ perché era davvero geloso nonostante capisse che l’adorazione di Zazie per Jiggy non toglieva niente alla loro amicizia, un po’ perché era una cosa che per Zazie era importante e quindi la voleva conoscere meglio.
I due erano rimasti per terra dopo aver fatto a ripetizione la scena del saluto, erano appoggiati alla parete con la schiena e Zazie con un sorriso che si spegneva, un po’ malinconico, si strinse nelle spalle guardando in basso. Lag, accanto a lui, lo scrutò. Era scarmigliato e spettinato, molto a suo agio. Era contento che rimanesse lì e che si sentisse a suo agio in quel modo. Ed era contento che venisse ogni giorno ed ogni mattina.
- Mi ha salvato lui. Il gaichu stava per prendere anche me con i miei genitori. Lui è arrivato ed è riuscito a far sì che se ne andasse. Purtroppo per i miei non c’era niente da fare. Jiggy ha cercato di uccidere il gaichu, ma l’ha solo ferito gravemente ed è scappato. Era bello grosso e forte. Purtroppo è scappato per rigenerarsi e lui, che era solo, non ha potuto fare molto di più. Ma mi ha salvato. - Lag rimase colpito, non respirava nemmeno.
Non aveva mai saputo niente di quella storia, Zazie gli aveva raccontato poco e niente, mai dei genitori in particolare, del momento in cui il gaichu l’aveva derubato dei suoi.
Rimase di sasso nell’apprendere che era stato Jiggy a salvarlo.
- Proprio come Suede ha salvato me… - Disse fra sé e sé, a fior di labbra, abbassando lo sguardo.
Cominciava a sentirsi stupido della gelosia che provava per quell’adorazione che Zazie aveva per Jiggy. Era come se Zazie lo fosse di lui e Suede.
- Ho pochi ricordi di quel giorno, ero sotto shock. So che mi sono appeso al suo collo e mi sono ripreso quando mi ha lasciato a casa. I miei erano stesi nei letti, immobili, dei vegetali. Mi avevano cercato di spiegare che non sarebbero tornati, ma io mi concentrai su Jiggy e sulle sue parole. Più che lui, che ero piccolo, mi sono rimaste impresse le sue parole, la sua voce bassa e profonda. Era ferma, forte. Ha detto di diventare forte anche per loro, di trovare uno scopo e non arrendermi mai, di lottare a tutti i costi e stringere i denti, che le cose belle ci sono, un giorno le troverò. Devo lottare per trovarle. -
Lag rimase colpito da quella storia e da quel discorso, non avrebbe mai immaginato che Jiggy potesse dire cose del genere, di incoraggiamento, ma anche positive.
- Non sembra positivo e felice. In effetti è molto enigmatico. Non… non si mostra mai. Fa quello che deve, aiuta, ma poi è distante, freddo. È come se ci fosse un muro fra lui e gli altri. - Disse Lag condividendo le sue impressioni.
Zazie l’ascoltò curioso.
- Hai detto che hai conosciuto la sua sorellastra, Neri? - Lag annuì e spiegò le circostanze, Zazie ascoltò bevendo ogni parola, arrossendo nel finale.
- E così ha una sorellastra ed un fratellastro… si è occupato di loro finché era lì, poi è andato a fare il lavoro più retribuito e pericoloso per avere i soldi per dare una casa, un rifugio, una speranza, un lavoro a loro… è un grande. Vedi la concezione di aiuto di cui parla? Dare la possibilità agli altri di essere forti, di sopravvivere da soli, di farcela da soli. È così che si deve fare. Sei forte se ce la fai da solo. - Lag ricordò le parole di Jiggy sulla moto.
- Ha detto una cosa simile. Che devo diventare forte senza farmi più coinvolgere dai sentimenti positivi e negativi delle lettere e delle esperienze che incontro lavorando. Praticamente di tenere fuori i sentimenti. Così si diventa forti. - Zazie annuì con un sorriso, arrossendo per aver avuto una visione così simile alla sua. Lag fece il broncio infastidito del suo rossore, della sua dedizione.
- Ma per me non è vero. - Zazie così tornò alla realtà e lo guardò.
- Certo che è vero! Te l’ho detto! Non vivere con la speranza di salvare tutti, non farti coinvolgere così tanto! Potrebbe andare male e poi come la supereresti? Io ho visto cosa succede a chi è senza cuore. - Ribatté duramente Zazie. Lag sospirò e si girò verso di lui, gli prese la mano con trasporto, mentre si faceva di nuovo investire dai mille sentimenti che provava. Gli occhi lucidi, ma l’aria risoluta e convinta.
- I sentimenti ti rendono più forte, Zazie! Senza forse non soffrirai, ma non soffrire non significa essere forti! Sei solo più povero! Sono i sentimenti che ti rendono umano, è il cuore che ti rende umano, vivo. Svuotarlo di sentimenti non ti rafforza. - Zazie rimase smarrito, specie dalla mano che stringeva la sua e dal trasporto del suo dolce viso a poca distanza del proprio.
- Io non lo so, sai. Ho vissuto allontanando tutti e fidandomi di pochi. E sono diventato forte. Supero gli ostacoli grazie al mio odio, i proiettili contengono il mio dolore. Cosa sarei senza? - Lag si fece più vicino, con foga.
- Appunto! Sono i sentimenti che ti rendono forte! -
- Ma sono sentimenti negativi, tu parli di tutto quello che porta un’emozione! - Lag insistette:
- Te l’ha detto Jiggy! Il bello esiste! Cercalo! - Zazie non sapeva più cosa pensare, aveva paura che se si fosse aperto troppo alla vita, ai sentimenti e alle persone, poi avrebbe solo sofferto e si sarebbe indebolito.
- Io non odio, non riesco ad odiare, e forse è vero che non sono abbastanza forte, però non mi arrendo e vado avanti per la mia strada! A tutti i costi. Coi miei sentimenti. - Zazie fece un’aria smarrita, poi un sorriso strano e mettendo la mano sulla sua guancia, lo carezzò.
- Tu ami così tanto che un giorno starai così male che non ce la farai a rialzarti. Ma a quel punto sarò lì per te. - Infine gli baciò l’angolo della bocca, seguendo quell’impulso indomabile. Positivo. Bello.
“Le cose belle esistono davvero. Ed ora che ne ho trovata una, che dovrei fare, Jiggy? L’accetto nella mia vita o la escludo? Sarebbe debolezza?”
Lag rimase esterrefatto dal gesto, avvampò e si beò di quel calore immediato che lo fece sentire carico di un’energia strabiliante.
- Però non voglio che cambi mai. - con questo Zazie si alzò e gli diede la buonanotte, lasciandolo imbambolato sul pavimento a guardarlo.
Era una scelta di vita, era una cosa complicata. Avere un sistema che funzionava, che un giorno veniva rivoluzionato. Cosa fare? Adeguarsi, cambiare, oppure rimanere fedele ai propri modi?
Zazie non sapeva proprio cosa fare, ma non aveva idea che presto avrebbe semplicemente agito, senza più chiederselo. Seguendo semplicemente il proprio istinto. Né più né meno.

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Capitolo 17
*** Il bello è così fragile ***


la_proporzione_perfetta17 *Il nuovo capitolo si colloca negli eventi riguardanti Blue Notes Blues: all'inizio ci sono Lag e Zazie prima della sua partenza, poi però non seguo nel dettaglio quanto succede, poichè è già illustrato a dovere nel manga e questa parte di fic si concentra sul rapporto fra Lag e Zazie. Poi seguiamo nel manga l'incontro fra Zazie e Gauche versione Noir, quello l'ho descritto perchè l'ho ritenuto importante nell'ottica del far avvicinare interiormente Zazie a Lag ancora di più. Buona lettura. Baci Akane*

17. IL BELLO È COSÌ FRAGILE




"Vengo su solo per scoprire il tuo gioco vengo su solo per mostrarti che hai torto fuori, le foglie morte sono sospinte dal vento prima che morissero avevano degli alberi ai quali appendere le loro speranze"
/The funeral - Band of horses/


Lag si sentì strattonare la sciarpa tanto che per poco non si strozzò.
Si fermò e stringendosi il collo, si girò tossendo con un colore bluastro poco rassicurante. Vedendo che era un imbronciato Zazie, si riprese e si mise a sorridere.
- Zazie! - Esclamò. Zazie però non ricambiò il sorriso e lo puntò severo con un dito.
- Non ci devi andare da solo! - Esclamò infuriato. - È pericoloso! Ho appena detto di tutto al direttore! Come può mandarti solo? - Lag capendo che era preoccupato, sventolò le mani cercando di apparire come uno che aveva tutto sotto controllo.
- No, andiamo, non è così pericoloso in realtà. Vado solo a vedere a cosa portano le tracce che hanno trovato su Suede. - Zazie però si avvicinò ancora di più, di scatto, e sempre più furioso.
- APPUNTO! - Gridò. Poi sospirò spazientito ed abbassando il tono, lo tirò per una manica in parte vedendo che attirava troppi sguardi nella grande hall dell’Alveare.
Trovato un angolo appartato lo mise contro il muro e con le mani ai fianchi, cominciò a brontolare di nuovo.
- Senti, stai cercando le tracce di un marauder! È una persona pericolosa! E per di più in uno dei paesi più lontani di Amberground. Blue Notes Blues è all’estremo nord! - Lag sospirò sorridendo pacifico, lieto che si preoccupasse tanto per lui. Lo trovava dolce nella sua brutalità.
- Sto cercando le tracce di Gauche Suede, un mio amico che ha perso la memoria, ma non sé stesso. - Zazie sospirò alzando gli occhi al cielo.
- Stai cercando Noir un predone che ruba le lettere per conto di Reverse, l’organizzazione antigovernativa! Non sono dei santi! -
- Ma è Suede! - Replicò ancora Lag insistendo, facendosi più serio.
- Quando si tratta di lui non capisci nulla! - L’apostrofò geloso guardando altrove. Poi riprese di nuovo infervorato. - Non ha ancora i ricordi. Forse col tuo proiettile lettera li recupererà, ma non lo sai! Per il momento è Noir, un marauder. È pericoloso! Quando l’hai incontrato ti ha sparato per impedirti di seguirlo! - Gli ricordò il momento più doloroso dopo l’allontanamento di sua madre, anni addietro. Lag si oscurò ed i suoi occhi sempre dolci e sorridenti si fecero pieni di lacrime pronte ad uscire. Zazie capì e sospirò scuotendo il capo. - So che tenterai sempre il tutto per tutto per lui o non te lo perdoneresti, e non voglio che lasci perdere. È solo che… non voglio che lo fai solo, tutto qua! Finché non recupererà la memoria, lui è un nemico. E fargliela ritornare non sarà facile! Tu prendi questa cosa troppo sottogamba. Tu e tutti gli altri! - Scoppiò ancora Zazie con un tono meno astioso e brusco di prima, comunque preoccupato e per questo imbronciato.
Lag capì che lo era, così prese un paio di respiri, si asciugò le lacrime sulla soglia e gli prese le mani facendosi guardare e guardandolo.
- Vado solo ad indagare, non farò nulla. Se le cose si fanno pericolose, correrò a chiedere rinforzi! Non andrò oltre quel che posso fare da solo. - Lo rassicurò col suo dolce sorriso. Zazie arrossì nel sentire un tale calore provenire dalle loro mani allacciate. - Non preoccuparti. - Disse ancora. Zazie scosse il capo sempre rosso in viso, impacciato.
- Mi preoccupo invece. Faccio le consegne e corro da te! Non sarò molto lontano da lì! - Zazie gli disse le consegne che doveva fare, così Lag sorrise.
- Visto? Non sarai dall’altra parte del mondo! - Questo forse doveva aiutarlo a tranquillizzarlo.
Zazie trattenne poi le sue mani.
- Promettimi di non esagerare, di non mettere a rischio la tua vita se proprio non serve! -
Quando erano arrivati a quello? Se lo chiese Lag mentre dolcemente annuiva.
- Lo prometto. - Con questo Zazie provò un enorme istinto di baciarlo, come se la sua paura di non rivederlo intero lo divorasse spingendolo a cogliere ogni istante possibile con lui, senza sprecare un solo soffio di vita.
Dopo aver vissuto una vita come la sua, trovare una persona a cui teneva tanto gli faceva capire che Jiggy Pepper aveva avuto ragione. Che le cose belle capitavano. Ma anche che come capitavano, potevano svanire in un attimo.
“Il bello è così fragile ed evanescente!”
Pensò guardandolo andare via senza averlo baciato.
“Giuro che quando ci rivediamo lo faccio e al diavolo tutto!”
Con questo, arrossendo, arrabbiato anche per questo suo atteggiamento così idiota, tale lo definiva l’imbarazzo, andò anche lui verso la propria destinazione con a seguito Wasiolka.
Certe cose non erano facili.
Lasciar andare nel probabile pericolo chi si voleva bene, per esempio. Quella era una delle cose peggiori che Zazie stava sperimentando.


Lag a Blue Notes Blues fece esperienze molto intense.
Prima di tutto scoprì moltissime cose su Suede, perciò il viaggio aveva dato i suoi frutti dal punto di vista del motivo per cui era venuto lì.
Ed in secondo luogo, aveva scoperto la storia e la provenienza di Niche, la bambina Maka.
Una storia dolorosa ed impressionante che vedeva la sua preziosa amica Niche come una creatura leggendaria di duecento anni, figlia di una donna e di una divinità animale dalla forma di uccello immortale.
Nonché gemella di una ragazza che si era sviluppata più di lei.
Fu lì che Lag e Niche si separarono momentaneamente, per permettere alla sorella e al Maka di rigenerare la piccola Niche ferite gravemente e addestrarla almeno un po’, poiché era davvero indietro per i suoi duecento anni.
Lag acconsentì alla separazione capendo che era per il bene di Niche e decise che nell’attesa si sarebbe unito a Zazie, nella città vicino.
Nel tragitto rifletté sulle tristi e sconvolgenti notizie apprese.
Gauche aveva perso il cuore nella capitale, era stato salvato alla deriva da Reverse, dall’essere inumano chiamato ‘Colui che non è potuto diventare spirito’.
Costoro erano esperimenti, erano molti. Il governo negli anni aveva cercato di riprodurre gli insetti spirituali, incrociando umani a creature animali. Questo però non aveva portato a buoni risultati e quindi avevano scaricato gli esperimenti, tutti falliti, e chiuso il progetto. Tali persone si chiamavano ‘coloro che non erano potuti diventare spirito’.
Avevano capacità superiori agli umani, a seconda dell’incrocio con cui erano stati fatti.
Gli insetti spirituali erano insetti fusi con le ambre, pietre magiche. L’unione aveva dato vita alle ambre spirituali che davano energia al pianeta in mancanza di un sole vero. Erano la fonte di energia che gli umani usavano per qualsiasi cosa, attivata in una certa maniera, grazie al cuore delle persone.
Lag rimuginò sulle notizie scoperte.
Gauche dopo aver perso la memoria ed essere stato salvato da quell’individuo, era stato affiancato ad un altra ragazza frutto di esperimenti che l’aveva curato e rimesso in piedi, insieme avevano visitato la città natale di Gauche per vedere se qualcosa ritornava nella sua mente, ma poiché nulla era successo, Gauche aveva deciso di tornare a Reverse e far parte di loro poiché l’avevano salvato.
Lag pensò che potesse essere per quello, ma nei ricordi non si capiva il motivo per cui aveva deciso di lavorare per loro. Questo essere, questo loro leder, aveva chiamato Gauche ‘Noir’, dandogli una serie di ordini.
Fra cui andare a Blue Notes Blues, entrare nella caverna dove riposavano i gaichu in embrione, congelati dal Maka che li sorvegliava insieme alla gemella di Niche, e svegliarne uno, il più grosso che trovava.
Gauche l’aveva fatto, così adesso Lag aveva scoperto la presenza, da qualche parte, di un enorme e pericoloso gaichu risvegliato da Reverse, probabilmente per attaccare la capitale.
Lag concluse che Reverse era un’organizzazione malvagia che volevano far del male alle persone solo per sovvertire il governo. Erano imperdonabili, andavano trovati, sorvegliati e fermati.
Ma Gauche che operava per conto loro sotto le sembianze di Noir, non aveva certo colpa.
Si limitava ad eseguire gli ordini di chi l’aveva salvato.
“Eppure ha dato alla ragazza che lo aiuta il nome di Lode. Non ricorda nulla ma qualcosa c’è. Ha delle sensazioni, ha dei rimasugli. Ed è vivo. Ci deve essere ancora qualcosa di Gauche lì dentro. Deve.”
Lag non si sarebbe arreso, ora meno che mai.
Era così vicino a lui che doveva andare avanti. Doveva assolutamente farlo.


Zazie stava setacciando tutto il nord-est per raccogliere le lettere da portare all’alveare, come il compito dei Bee voleva da sempre.
Quando si ritrovò con la metà delle lettere che solitamente ritirava in quella zona, capì che Reverse aveva il dominio di quelle terre e che qualunque cosa stessero architettando, era in pieno svolgimento.
Non si capacitava di cosa pensavano di trovare nelle lettere della gente comune, poveracci per lo più, che potesse servire loro per sgominare il governo contro cui lottavano. Tuttavia non era tipo da farsi troppe domande. L’unica cosa era che non riusciva a fare bene il suo lavoro per colpa di questo problema.
Reverse aveva rubato un sacco di lettere e sicuramente lui era a rischio, dal momento che girava in pieno territorio nemico.
Nonostante questo, nonostante fosse lui quello più in pericolo, si preoccupò per l’ennesima volta di Lag.
“Spero che stia bene!”
Pensò seccato e di malumore per il lavoro che stava andando male.
Stava pensando a lui, quando sentì poco distante dei rumori, confermata la presenza di qualcuno da Wasiolka, Zazie si precipitò infuriato, sperando di trovare uno dei responsabili delle poche lettere raccolte nelle città.
- Non so chi cacchio sei ma adesso sono di pessimo umore! Se vuoi qualcosa da me vieni fuori entro dieci secondi! UNO DUE TRE QUATTRO DIECI! TEMPO SCADUTO! AOTOGE! SPINA AZZURRA! - Zazie gridò facendo il solito baccano e impaziente sparò subito il proiettile del cuore contro chiunque esso fosse, fregandosene dell’idea di poter colpire qualcuno che non c’entrava.
Non gli importava. E poi l’istinto gli diceva che era un marauder.
Poteva essere solo uno di loro!
Appena sparò arrivò a visibilità e mentre la scia del proiettile svaniva mancando il bersaglio, Zazie rimase di sasso, bloccato. Il tempo si sospese del tutto, fu come se per un momento il mondo si fermasse.
Davanti a lui c’era Gauche Suede, lo scopo di Lag, la sua ossessione.
La sua fonte di gelosia.
- Il mio nome è Noir e prederò le sue lettere! - Disse gelido fermo davanti a lui, puntandogli la sua pistola sparacuore, senza farsi turbare dal fatto che davanti a sé aveva un ragazzino di quattordici anni.
Zazie si riprese subito dopo le sue parole e ricaricando la pistola, grugnì furioso:
- Non dire cazz… - Purtroppo non fece in tempo: Noir, ovvero Gauche, sparò il proiettile del cuore a Zazie tramortendolo e facendolo finire a terra privo di forze, incapace di reagire nell’immediato.
Sparò anche a Wasiolka che gli si stava gettando contro, mettendo anch’essa fuori combattimento, poi si chinò sul piccolo Zazie a terra e prese le lettere dalla sua borsa.
In quello, stremato, Zazie cercò di fermarlo. Gli afferrò il braccio e disperato, furioso, pieno di un risentimento per lui e per quanto stava facendo soffrire Lag, disse:
- Non ti lascio le lettere stronzo di un Gauche Suede… - Gauche lo afferrò per il colletto alzandolo verso di lui di scatto, lo guardò in viso sentendo quello che gli avevano detto essere il suo vero nome. Zazie lo guardò a sua volta sotto sforzo, cercando di rimanere sveglio, mentre l’effetto del suo proiettile lo bloccava e gli toglieva via via sempre più forze.
Riuscì a sogghignare sarcastico e provocatorio:
- Macchè Noir del cavolo… - Disse faticosamente, senza mollare fino all’ultimo briciolo di forze. - Lag ha detto che riporterà indietro il tuo cuore… aspetta e vedrai! - Si aggrappò a Lag e alla sua promessa, trovando in lui una pallida speranza di rivincita. Poteva uccidere quell’odioso Suede oppure aspettare di rivederlo tornare in sé e ricoprirlo di insulti. In ogni caso, per quanto debole fosse come rivincita dal suo punto di vista di orgoglio ferito, pensò che Lag fosse comunque la sua migliore opzione.
Gauche con un copricapo nero ed i capelli bianchi più lunghi che scendevano sul collo, non fece una piega, lo scaraventò a terra e si alzò andandosene con le lettere ormai rubate.
- Aspetta, voi di Reverse che diavolo state tentando di fare?- Chiese mentre Suede se ne andava.
Non si fermò e non rispose, ma proprio mentre la sua figura solitaria se ne andava, Zazie fu colpito dagli effetti del proiettile del cuore di Gauche e vide parte della sua vita fino a quel momento.
Nel perdere i sensi fu risucchiato da quel suo ricordo, il momento in cui Gauche aveva liberato la larva del gaichu, il Cabernet, permettendogli di completare la trasformazione in un mostro enorme e gigantesco dall’aspetto di una grande spaventosa libellula.
Vedendolo librarsi in volo nei ricordi di Gauche, Zazie si svegliò di scatto e si alzò a sedere gridando agitato:
- QUELLO È… -  ma non finì perché la sua testa si scontrò con quella di Lag con un suono sordo.
Lag tramortito finì steso in KO, mentre Zazie sembrò non aver nemmeno sentito il colpo.
Vedendo Lag lì, Zazie capì che doveva essere stato trovato da lui.
“Ma guarda che caso!”
- Dove siamo? - Chiese lasciando il povero Lag steso a terra con un bernoccolo enorme sulla fronte che si era scontrata con la sua in quel risveglio traumatico.
Lag dopo un po’ si riprese e si rimise a sedere massaggiandosi la fronte.
- Nella città di Pierce. - Spiegò che alcuni cittadini l’avevano trovato privo di sensi poco lontano da lì e l’avevano portato in città per curarlo. Lag, finita la sua missione ed in attesa del ritorno di Niche, era arrivato lì alla ricerca proprio di Zazie, trovatolo in quelle condizioni che l’avevano fatto preoccupare molto.
- Noir mi ha fregato le lettere! - Disse come prima cosa. Lag si alzò e lo guardò sconvolto.
- Gauche?! L’hai incontrato? - Chiese shoccato e pieno di speranza. Ma Zazie non sembrava intenzionato ad approfondire l’incontro, disse solo che sicuramente quelli di Reverse erano nei paraggi e che se non erano a Pierce allora erano nella città vicina, dove stava lavorando Connor.
Così Zazie senza spiegare altro per non far rimanere troppo male Lag, si alzò e gli ordinò di sbrigarsi che dovevano andare da Connor a controllare che stesse bene e che Reverse non stesse facendo danni.

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Capitolo 18
*** Sei molto importante ***


la_proporzione_perfetta18 *Con un po' di ritardo arriva un nuovo capitolo. Nel manga c'è una scena specifica che ho sempre pensato fosse una 'zag' perfetta, era come se i due avessero appena fatto qualcosa di tenero e coccoloso. Mi riferisco a quando Lag e Zazie sono sulla carrozza per andare a Lament, dopo che Zazie ha avuto lo scontro con Noir e Lag lo ha recuperato. Stanno raggiungendo Connor per vedere se sta bene e là incontreranno proprio Noir e Lode che, con Reverse, stanno agendo in un convento per portare avanti i loro loschi piani che hanno a che fare col risveglio di un gaichu di nome Cabernet, molto molto forte. Ed in quel piccolo momento Asada ha mostrato Lag e Zazie seduti vicini nella carrozza che guardano il proiettile spalla contro spalla. Quella scena mi ha sempre fatto pensare a quello che ho scritto qua. Infine si comincia con il glorioso travestimento di Lag in ragazza, altra cosa che mi ha fatto impazzire nello shipparlo con Zazie visto che si capisce che è lui che lo aiuta a travestirsi e che poi lo vediamo mentre lo apprezza rosso in viso. Insomma. Siamo seri. Asada voleva questo, ed io l'ho scritto per lui! Buona lettura. Baci Akane*

18. SEI MOLTO IMPORTANTE





"Esplodendo in un cielo rosso sangue Una lenta frana E il mondo che ci lasciamo alle spalle È quanto basta per perdere la testa Scomparire e non tornare più… Quando cado a terra Parlando con il cuore in mano Capisco che non ha alcun senso Tu sei il mio porto di scalo Spari e mi lasci scorticato Adesso so che sei incredibile Perché l’unica cosa che mi serve È l’amore che respiri Metti le tue labbra sulle mie E potrò vivere sott’acqua Sott’acqua, sott’acqua Sott’acqua"
/Underwater - Mika/


Trovarono una carrozza e chiesero di dirigersi a Lament, la città vicino, dove c’era Connor.
Con loro non c’era nessuno, così si sedettero nel sedile di legno, uno accanto all’altro.
Zazie in quel momento si ricordò della promessa che aveva fatto a sé stesso.
Quando l’avrebbe rivisto l’avrebbe baciato perché non si poteva lasciar andare il presente, la cosa più preziosa.
Però quello era il momento migliore?
Zazie si voltò verso un Lag pensieroso.
“Potrebbe anche essere l’unico…”
Pensò tragico e negativo come suo solito.
Arrossì pensando a come si dava un bacio sulla bocca a qualcuno, non ne aveva mai dati, non sapeva nemmeno bene come si faceva.
Cioè teoricamente sì, ma non l’aveva mai fatto.
E dunque? Si voltava, afferrava Lag per la faccia e gli stampava la bocca sulla sua?
Non aveva avuto problemi a riconoscere in lui il suo unico momento felice, perciò chi se ne importava anche se era un ragazzo e solitamente si baciavano le ragazze?
“E poi è così carino che starebbe bene anche come ragazza!”
Pensò come se avesse senso.
Zazie stava un po’ sragionando, ma alla fine fu Lag ad interrompere il momento.
- Senti Zazie, perché non mi dici cosa è successo di preciso? -
- Eh? - Chiese senza capire a cosa si riferisse, soprappensiero.
- Sì, con Gauche… - Zazie tornò ad infastidirsi. Parlava sempre di lui. Parlava sempre e solo di lui. Aveva solo lui in testa!
Chi poteva sapere se lo ricambiava? Magari lo respingeva!
- Quello non è Gauche. Quello è Noir! - Lag non capì subito e lo guardò interrogativo.
- Ma è la stessa persona. - Zazie sospirò spazientito e si voltò di più verso di lui.
- No! quello con cui abbiamo a che fare ora è Noir! Noir! Gauche Suede non farebbe mai quello che fa Noir! Non colpirebbe altri Bee, non ruberebbe le lettere! Non risveglierebbe degli enormi Cabernet gaichu! - Lag lo guardò sconvolto.
- È quello che ho visto io nella grotta a Blue Notes Blues! - Esclamò. Zazie si ricordò di quello che era andato a fare.
- Cosa hai scoperto? -
Lag non ebbe problemi a dirglielo, così gli raccontò di come era andato a risvegliare un gaichu embrionale.
Zazie scosse il capo.
- Non capisco cosa abbiano in mente… - Brontolò Zazie col broncio.
- Ma quindi ti ha colpito con un proiettile? - Zazie alzò le spalle.
- Non dormivo perché ero stanco, sai? - Rispose sgarbato, infastidito che si interessasse sempre tanto di Gauche.
- Lo so… - Disse Lag pensando a come ottenere le informazioni senza infastidirlo ancora. Sospirò e guardò dispiaciuto a terra. - Quando ti ho visto privo di sensi in quel posto mi è venuto un colpo. Non ti svegliavi e stavo morendo di preoccupazione. - Disse piano. Questo funse da calmante a Zazie che lo guardò più schiarito di prima.
- Sto bene, era solo uno stupido proiettile del cuore. Niente di che. - Improvvisamente quello che gli aveva fatto Noir non era nulla di grave, pur di non far preoccupare Lag.
- Davvero? - Chiese tornando ad alzare gli occhi.
Così si trovarono a guardarsi seduti vicini, spalla contro spalla. Zazie sorrise.
- Davvero. - Poi sospirò e si fece serio. - Noir mi ha sparato, mi ha tramortito e rubato le lettere, non c’è niente da dire. Quando l’ho chiamato Gauche Suede mi ha afferrato, ha avuto una reazione, ma quando gli ho detto che tu l’avresti riportato indietro, lui non ha fatto nulla. Se ne è solo andato. - Concluse raccontandogli quel poco. Evitò di dirgli che il gelo di quel ragazzo l’aveva impressionato.
Gli occhi di Lag si riempirono di lacrime alla fiducia cieca di Zazie, una fiducia che in quel frangente non gli aveva mai dimostrato. Gl aveva sempre detto di non fare troppo affidamento su quella missione, che poteva anche andare tutto male. Ed ora era lì a crederci.
Il calore che sentì lo ricaricò di una forza ed una voglia senza pari.
- Grazie di credere in me, Zazie. Per me è molto importante. - Poi vedendolo serio nel ricambiare il suo sguardo, un po’ imbarazzato aggiunse: - Tu lo sei. - Si morse il labbro facendosi forza, andando fino in fondo, per far sì che Zazie si fidasse sempre di lui come in quel momento. Doveva averlo dalla sua parte per riuscire in quell’impresa. - Sei molto importante. - Aggiunse impacciato non sapendo come spiegare quello che provava. Sapeva sempre parlare bene di sentimenti ed ora, di quelli, non ne era proprio in grado. Proprio per nulla.
Zazie e la sua felicità nel sapere che provava la stessa cosa, fecero il resto.
Lo trovò adorabilmente impacciato, sorrise e sicuro di sé si protese e lo baciò.
Semplicemente appoggiò le labbra sulle sue, senza toccarlo con niente altro che le sue labbra. Un bacio dolce, leggero, semplice, caldo.
Le mani abbandonate giù, non la capacità di toccarsi, di muoversi.
Lag avvampò, Zazie si rilassò felice.
- Le cose belle esistono. - Ripeté le parole di Jiggy che gli erano sempre risuonate nella testa sin da piccolo.
In quel momento sperò di incontrarlo di nuovo per potergli dire che quel giorno, quelle parole, l’avevano salvato in più di un modo.
“Spero di poterlo ringraziare.”
Lag guardò Zazie sentendosi mollo, completamente privo di forze. Che effetto strano gli stava facendo. Si sfiorò le labbra da solo, dove poco prima c’erano state quelle di Zazie.
- Anche tu sei molto importante. Lo sei in questo modo. - Zazie ripeté le sue impacciate e tenere parole, poi appoggiò la testa all’indietro, la nuca sullo schienale di legno della carrozza che si muoveva. Lag fece la stessa cosa.
- Ce la faremo tutti insieme. - Disse poi tornando a respirare e riallacciandosi ai discorsi di prima, come se quel piccolo bacio fosse una meravigliosa parentesi. La più importante.
Dopo di quello, Zazie tornò all’argomento preferito di Lag, rassegnandosi a parlarne ancora e ancora.
- Hai scritto la lettera per il proiettile che gli devi sparare? - Chiese. Lag lo prese e glielo mostrò avvicinandosi di nuovo a lui. Zazie lo prese e lo guardò.
- Sì, prima di andare da Pierce. -
- Sul serio? Bravo, ce l’hai fatta! - Zazie sorrise entusiasta, cambiando completamente modi e tono. Non era mai stato così positivo. Lag, spaesato, fece la parte che solitamente faceva lui esprimendo il dubbio su fatto che potesse funzionare, così Zazie proseguì con la sua opera di incitamento, cosa che non aveva mai fatto perché solitamente sempre pessimista e negativo.
Però lì era diverso.
Lag l’avrebbe fatto comunque, perciò doveva fare in modo che lo facesse credendoci e che agisse sempre senza il minimo dubbio, per evitare che in quelli inciampasse e sbagliasse.
Non doveva esitare.
- Certo che lo raggiungerà! - disse sicuro di sé e maligno. - Altrimenti gli sparo un proiettile di malevolenza e lo deprimo di brutto! Gli devo ricambiare il favore! - Sbottò mettendola su un piano di scherzo, per sdrammatizzare. Lag cominciò a sentirsi meglio. Era bello che lui credesse tanto in sé. Era meraviglioso.
Parlarono di Reverse e dello scopo che potevano avere nel rubare le lettere e nel risvegliare un gaichu di quel genere, Lag tornò a preoccuparsi e Zazie a quel punto lo afferrò per il collo stritolandolo col braccio e strillando allegro gli disse di non pensare che tanto era inutile.
Lag per poco non soffocò, poi lui allentò la presa e gli lasciò un dolce bacio fugace sull’orecchio, dove mormorò un tenero:
- Ce la farai e basta. Vedrai. - Lag arrossì e si ammorbidì fra le sue braccia in quello che improvvisamente era diventato un abbraccio da dietro dove poter stare comodamente appoggiati e sentirsi al sicuro.
Adesso che ci credeva anche lui, non poteva certo sbagliare. Nella maniera più assoluta.

Si ricongiunsero con Connor il quale era perso dietro ad una bellissima ragazza che aveva visto una volta sola in un convento, si era arenato lì perché cercava di rivederla, così ogni giorno comprava biscotti da Sunny, un’altra ragazza che lavorava allo stesso convento, sperando di rivedere quella che gli piaceva.
Lag e Zazie inizialmente sottovalutarono la cosa, ma quando ad un certo punto videro che si trattava di Lode, la ragazza-dingo di Gauche-Noir, Lag capì che i sospetti erano veri.
Reverse aveva piani a Lament, stavano architettando qualcosa e visto che erano lì per indagare e scoprirne di più, il piccoletto partì in quarta per approfondire le ricerche e del tutto intenzionato ad infiltrarsi nel convento in questione, cominciò a spartire ordini a Zazie, irritandolo non poco.
I nervi di Zazie saltarono del tutto quando realizzò che era tutto fuoco e fiamme perché pensava che nel convento ci fosse anche Gauche insieme a Lode, la ragazza che non era diventata spirito, che avevano visto prendersi cura di lui nei suoi ricordi. Gauche l’aveva chiamata come il suo lupo, dimostrando d’avere ancora qualcosa di lui dentro di sé.
Le vene delle tempie iniziarono a battere forte. Zazie stava per esplodere.
- Quando si tratta del signor Gauche tu perdi la testa! ‘Va a chiedere istruzioni!’ un cavolo! - Ribatté seccato, con la gelosia salita a livelli esponenziali. Poi capì che comunque Lag sarebbe entrato in quel convento a fare ricerche lo stesso, perciò capì che era meglio aiutarlo invece che contrastarlo.
- ‘Ccidenti! E va bene! - Poi lo guardò esasperato, scocciato dal vederlo così preso da quel ormai ex bee. - Però tu come hai intenzione di infiltrarti? Quello è un monastero femminile! L’ingresso è vietato agli uomini! -
Lag a quel punto si fermò e guardò seccato il posto come se fosse un nemico, infine sbuffando si mise le mani ai fianchi, gonfiò il petto e sbottò:
- E va bene! Mi vestirò da donna! - Zazie per poco non si soffocò con la saliva nel sentirlo, poi lo guardò bene per capire se fosse serio. Constatato che lo era, scoppiò a ridere.
- Ma dai, ti farai beccare subito! Lag! Sarai ridi… - Ma Lag sparì e riapparve con dei vestiti femminili pagati ad una ragazza col bucato steso fuori da casa sua.
Lag, deciso ad andare fino in fondo, spinse Zazie in un vicolo cieco dove nessuno avrebbe potuto vederli e si spogliò. Zazie continuò a ripetere che sarebbe stato ridicolo mentre lo vedeva denudarsi. Ad un certo punto si fermò e si zittì.
Il piccoletto si voltò verso di lui facendo cadere la gonna sulle gambe.
- Beh? Sono davvero così tanto ridicolo? - Chiese consapevole che sicuramente non faceva una grande figura.
Quando mise a fuoco la faccia di Zazie, capì che non era rossa dal ridere, ma rossa dall’imbarazzo.
Stava facendo pensieri poco casti su di lui, Lag lo capì nell’immediato e allargando le braccia, disse:
- Zazie, ti sei incantato? - Zazie si riscosse e riprese colore. - Sto male? Non sono credibile? - l’altro tossì.
- Male non è il termine che userei, in effetti… - Lag non capiva.
- Insomma, sono tanto terribile? - Zazie sogghignò e gli mise il mantello rosso intorno alle spalle, allacciandoglielo sotto il mento, poi gli sollevò il cappuccio e gli sistemò i capelli in modo che gli coprissero il più possibile il viso.
- Terribile? Sei più carino di tante ragazze! - Lag lo guardò con i suoi occhi spalancati trattenendo il fiato.
- Non prendermi in giro, basta che sia passabile. - Zazie ammiccò prendendogli poi il viso fra le mani con decisione.
- Passabile? Sei molto più che passabile! - Infine avvicinò le labbra al suo orecchio dove sussurrò suadente: - Sei terribilmente carino! - Poi si corresse. - Anzi, carina! - Dopo di questo gli leccò il lobo con estrema malizia, senza resistere. Lag venne ricoperto da brividi e spalancando gli occhi si immobilizzò mentre il calore divampava a quel gesto. - Miao! - Miagolò scivolando sul viso per baciarlo sulle labbra, un po’ meglio di quanto aveva fatto sulla carrozza.
Lag rimase imbambolato fra un’emozione e l’altra non sapeva proprio come muoversi e che pensare. Solo che quando Zazie faceva così, lo scioglieva in una pozzangherina. Era così bello!
Zazie lo lasciò andare guardandolo insistentemente, con uno sguardo affiliato ed affamato, di chi si mangiava qualcuno.
- Sto davvero bene? - Chiese impacciato.
- Sei perfetto! - Poi lo tirò verso l’esterno mettendogli un cestino in mano con la pistola sparacuore dentro, coperta da un canovaccio. - Ora va. - Disse mentre lo faceva passare davanti a lui, lì gli diede una pacca sul sedere e con l’occhiolino, aggiunse: - Mia bella gattina! -
Lag avvampò come non mai e rigido come un pezzo di legno, si ritrovò spinto in mezzo alla stanza, con Zazie dietro l’angolo che lo guardava e rideva esterrefatto di quanto stesse bene.
Lag alla fine entrò nel convento e come detto da Zazie, fu così credibile che Sunny, la ragazza all’accoglienza, non dubitò mai delle sue sembianze.
Una volta visto entrare ed appurato che era maledettamente carino vestito da donna, Zazie andò da Connor dicendogli di tenere d’occhio il monastero perché era una sede di Reverse, si assicurò che facesse da guardia a Lag che era anche senza Niche, infine, per nulla convinto di lasciarlo lì, si rassegnò ad andare a Central, all’Alveare, a chiedere istruzioni.
Lasciare Lag in un covo di Reverse, da solo, non era un pensiero che lo tranquillizzava, Anzi. Lo detestava proprio, ma non poteva farci molto. Quando Lag si intestardiva su una cosa, non cambiava idea. Poteva solo assisterlo come poteva.

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Capitolo 19
*** Gli scopi cambiano ***


la_proporzione_perfetta19 *Il nuovo capitolo da ora lo metterò il martedì, fissiamo nuovi giorni col nuovo anno. Allora... siamo ad un punto cruciale del manga, perciò ho dovuto riportare le vicende descritte nel fumetto, in certi punti sono stata fedele e dettagliata, altri invece sono  stata più veloce e generica sempre per il discorso che comunque non volevo riscrivere completamente il manga. Però qua succedono cose importanti, perciò mi sono giostrata così. Siamo allo scontro decisivo fra Lag e Noir, Lag spara il suo proiettile lettera a Noir, ma arriva anche il Cabernet che vuole succhiare tutto il loro cuore, Zazie cercherà di proteggerli, ma il gaichu è davvero enorme. Buona lettura. Baci Akane*

19. GLI SCOPI CAMBIANO




"Qui non c’è più traccia di te Posso vederlo nei tuoi occhi Canta l’inno degli angeli E dì l’ultimo addio Luce fredda sopra di noi La speranza riempie il cuore E svanisce Pelle bianca come l’inverno Mentre il cielo ritorna grigio I giorni vanno avanti per sempre Ma sono ancora dalla tua parte Possiamo inseguire l’oscurità insieme Se  vai tu lo farò anch’io"
/Anathem of the angels - Breaking Benjamin/


Corse come se avesse il diavolo dietro, con la sensazione più terribile della sua vita.
Era quello trovare la cosa più bella?
Aver paura ogni secondo di perderla?
Zazie alla fine non ce l’aveva fatta a tornare indietro all’Alveare e lasciare lì Lag in quel covo di pazzi. Ci aveva provato ma il suo istinto aveva preso il sopravvento. Era come se non potesse andare contro sé stesso, fare una cosa con la testa piuttosto che col cuore, l’istinto, non era nelle sue capacità.
Mandò Wasiolka a fare rapporto, con una lettera di spiegazioni, poi fece dietrofront e corse verso Lament, sperando di trovare Lag in tempo.
La corsa diede i suoi frutti, stava arrivando alla cittadina quando si fermò vedendo un grande flash rosso.
- L’inconfondibile proiettile del cuore di Lag! - Esclamò aggrottandosi. - Se spara significa che è nei guai! - Così aumentò la corsa, dirottando all’esterno, in direzione della luce.
Giunse appena in tempo. Lag stava per essere colpito dal proiettile cuore di Gauche, il quale con un tono odioso stava dicendo che non era più amico di Lag, perché era Noir, e che avrebbe predato la sua vita.
- Un paio di palle! - Grugnì saltando da una roccia, afferrando Lag per il cappuccio e togliendolo dalla direzione del proiettile nero di Gauche.
Il secondo dopo lo teneva sempre per il cappuccio rosso, appoggiato a terra su un’altra roccia dove era approdato col salto, e pistola alla mano tuonò furioso e geloso:
- Giù le mani dalla mia bella! - Esclamò infervorato, col cervello totalmente sconnesso.
Lag avvampò capendo di essere stato salvato da Zazie, ma che lo aveva chiamato in modo imbarazzante.
L’imbarazzo crebbe quando Zazie rincarò la dose, sragionando alla grande:
- NON TI PERMETTERÒ DI FARE I TUOI PORCI COMODI! NON SOTTOVALUTARE NOI LETTER BEE! - Il problema non era poi tanto le lettere che predava e l’essere dalla parte di Reverse, quanto l’aver tentato di far del male ripetutamente al suo Lag.
Come poteva?
E dire che Lag tentava sempre il tutto per tutto per lui, per salvarlo.
Quel maledetto meritava dolori atroci, non salvezza!
Per un momento lo odiò, poi si ricordò di Lag ancora steso a pancia in giù ai suoi piedi, con la gonna ancora indosso. Così sogghignò e mise totalmente da parte Noir per occuparsi del suo Lag. Lo aiutò a sollevarsi e tenendolo per la schiena, come fosse la sua principessa, disse avvicinando il viso al suo a chiedere un bacio:
- Sono venuto ad aiutarti bella gattina! - Lo chiamò di nuovo così e di nuovo Lag avvampò, tuttavia imbarazzo a parte, si sentì felicissimo di vederlo.
- Zazie! Non eri tornato all’alveare? -
- Ho affidato il rapporto a Wasiolka! - Esclamò Zazie tirando fuori i suoi vestiti e dandoglieli. - Lo sapevo che se non ci sono io… - Disse con il suo solito ego gigantesco.
Lag lo lasciò dire, felice di potersi mettere dei pantaloni al posto di quegli imbarazzanti abiti da donna per cui tutti l’avevano stranamente preso in giro.
Zazie infine lo lasciò affacciandosi dalla roccia alta su cui erano approdati.
- Mettiti almeno il pezzo sotto dolce Lag! - Disse col solito ghigno divertito. Ormai era partito. Lag era suo, poteva dire quello che voleva, trattarlo come voleva. Era suo. Stop.
Lag avvampò ancora.
- Quanto insisti. Zazie! - Cercò di riprendere un po’ di contegno, ma così dimostrò solo di essere una ‘dolce fanciulla’ adorabile.
Zazie era felice di essere arrivato in tempo, il suo Lag doveva rimanere intatto, innocente, puro e naturale.
Come piaceva a lui.
Con l’entusiasmo per essere arrivato al momento giusto, tese il braccio oltre la rupe e impugnò la pistola sparacuore con tutta l’insana intenzione di tramortire Gauche il più possibile. Sapeva che Lag ci teneva, ma qualche sbattuta non gliela toglieva nessuno. Per il momento, lo stava odiando. Detto fatto, sparò verso di lui.
Gauche fece la stessa cosa e i loro proiettili del cuore si scontrarono annullandosi. Una grande luce esplose nel posto accecando tutti e Zazie approfittò per prendere di nuovo Lag e scendere dall’altra parte, nascondendosi momentaneamente a loro.
Lì Lag, di nuovo vestito da ragazzo, si lamentò con Zazie del fatto che aveva perso il proiettile lettera e che aveva sparato un proiettile normale a Gauche mostrandogli tutti i propri ricordi, ma che non gli aveva fatto il minimo effetto.
Zazie lo guardò stupito.
Lag stava vacillando.
Il suo Lag, per la prima volta da quando lo conosceva, stava vacillando nella storia con Gauche. Vacillando davvero.
No, non poteva. Non poteva proprio.
Per questo gli spinse il proiettile lettera trovato per terra poco prima di raggiungerlo, glielo mise sulla guancia con forza e seccato disse:
- Guarda qui! - Esclamò imbronciato.
- IL PROIETTILE LETTERA! - Strillò entusiasta Lag, meravigliato di vederlo ancora, convinto d’averlo perduto per sempre. La sua unica speranza di aiutare Gauche.
- Con quello lo raggiungerai! - Asserì Zazie preparandosi ad uscire allo scoperto, pistola alla mano, aria divertita. Se si menava un po’ le mani, come poteva non esserlo? - Ti copro io! -
Lag tornò a sentirsi sicuro.
Se c’era Zazie dalla sua, poteva riuscirci.
- Andiamo dolce Lala! - Disse alzando il braccio verso l’alto dal rifugio in cui erano.
- Guarda che mi sono messo i pantaloni! - Brontolò Lag senza capire come mai era tanto in fissa col suo travestimento.
Suo malgrado, come ordinato da lui, uscì allo scoperto sul suo sparo verso il cielo.
La pistola sparacuore di Zazie sparò la spina azzurra, il proiettile del quattordicenne. Fu come un fuoco d’artificio che esplodeva, le scie azzurre vibrarono nel cielo blu oltremare, la notte divenne giorno per un istante e mentre Lag correva verso Gauche, distratto dal proiettile di Zazie, la pioggia di spine azzurre cadde su Lode.
“In fondo al cuore di Noir c’è sicuramente Gauche Suede.” Pensò Lag correndo a perdifiato mentre caricava la pistola col proiettile lettera. “Devo sparare con la convinzione che il proiettile lettera raggiungerà il suo cuore!”
- Riporterò indietro Gauche e fermerò Reverse! - Gridò arrivando innanzi a Noir.
Questi, che non vedeva per via della pioggia di Zazie, allungò il braccio per sparare.
- Non puoi fermare Reverse, la rinascita è già iniziata! - Proprio nel momento in cui i due erano uno davanti all’altro e si stavano per sparare, Lode li fermò dopo aver in qualche modo superato la pioggia del proiettile di Zazie.
Disse che non avrebbe mai permesso a nessuno di loro di toccare Noir perché era troppo importante per il progetto di Reverse, di rivoluzionare il mondo. A modo loro lo stavano salvando. L’idea era quella di spegnere il sole artificiale che suddivideva il mondo in classi sociali dove l’ultima era all’ombra di sé, immersa nelle tenebre.
Esattamente in quel momento arrivò Connor con la dolce Sunny priva di cuore, fra le sue braccia. L’amico in lacrime che diceva che il gaichu aveva appena mangiato il cuore di tutto il monastero di Lament, compresa Sunny.
Questo funse da interruttore per Lag il quale non riuscì a fermare quell’enorme ondata di sentimenti che sarebbero esplosi fuori da lui come una bomba atomica, la cui onda d’urto avrebbe investito tutti con esiti perenni.
Noir a quel punto sparò per fermarlo, come intuisse, come sentisse che gli stava succedendo qualcosa, però Lag esplose comunque in una luce ancor più grande.
Il suo occhio spirituale brillava come se si stesse caricando per far risuonare un proiettile, ma lui era fermo, preda dei sentimenti di dolore che stava provando per quel che aveva fatto Reverse.
Assorbito il proiettile di Noir, rimase avvolto in una luce luminose che rese la notte come il giorno.
Zazie mise sotto tiro Lode impedendole qualunque mossa, Noir immobile incapace di capire cosa fosse successo e cosa fare, Connor con Sunny, tutti esterrefatti.
Infine Lag alzò la pistola verso Noir e con le lacrime di una rabbia bruciante, gridò:
- NOIR, NON RIPORTERÒ INDIETRO GAUCHE! CANCELLERÒ LA TUA ESISTENZA! - E con questo, sparò.

Il proiettile passò il corpo di Gauche in un istante, poi tutto si fece silenzio.
Dall’esplosione al nulla, un istante, un momento.
Il corpo di Gauche cadde a terra privo di sensi, Lode si precipitò da lui mentre Zazie correva da un luminescente Lag, esterrefatto per quel che aveva fatto ma ancor di più preoccupato. Non ebbe tempo per assicurarsi sulle sue condizioni.
In cielo, proprio verso di loro, stava volando l’enorme gaichu cabernet con le sembianze di una libellula enorme.
Quattro ali ed una lunga coda massiccia.
- È stato attirato qua dal tuo cuore, hai finito per creare problemi! - Disse seccata Lode che non sapeva cosa fare con Noir svenuto.
Zazie si mise davanti ad un Lag finito a terra per l’enorme scarica di cuore, mentre Connor, furioso per lo stato della sua amica Sunny, andò contro il gaichu senza esitare, per vendicarsi.
Connor cominciò ad inveire furioso contro il gaichu sopra le loro teste e Zazie capì subito che da sotto erano troppo esposti.
- Smettila, qua giù siamo solo delle prede! - E come se fosse una predizione, il gaichu buttò  fuori dei lunghi e sottili tentacoli coi quali colpì alla cieca sotto di sé.
Con una forza incredibile aprì delle profonde crepe nel terreno, una delle quali fece cadere Noir, preso al volo da Lode che tentava di non farlo andare giù.
Ferma in un posto estremamente esposto ad altri attacchi, capì che sarebbe finita male. Nessuno sarebbe arrivato per loro. Ormai erano spacciati. Era la fine.
Connor venne sbalzato via e Zazie afferrò Lag per la giacca e lo tirò via portandolo al più sicuro possibile.
Per un momento fu il caos più totale, sotto le mire del gaichu che reclamava altro cuore, altro cibo. Il loro.
Lag cercò di alzarsi per combattere, ma la pistola gli cadde di mano. Tremava.
- Non ho più forze… - Mormorò stupito senza capire, rimanendo in ginocchio accanto a Zazie.
- Hai usato troppo cuore con quel proiettile lettera. Se spari di nuovo lo perderai del tutto. Tu prendi il signor Gauche e allontanati da qui! -
Un altro tentacolo si conficcò nel terreno davanti a loro, mancandoli di poco e Zazie si girò per andare incontro al gaichu che continuava a volare sopra di loro, alla ricerca di cuore.
- ZAZIE! - Chiamò preoccupato Lag capendo cosa voleva fare.
Zazie sapeva che voleva fermarlo, ma sapeva anche che non avevano scelta.
Per Lag, Gauche era troppo importante, mentre per lui lo era Lag. E comunque era troppo debole per combattere.
Non avrebbe mai permesso a Lag di morire.
- Vai, lo terrò a bada io! Non permettere che quella donna si porti via Gauche! - Ordinò brusco senza fermarsi un secondo. I suoi occhi lo imploravano, ma Lag capì che non c’era alternativa. O così o rimanevano tutti a morire lì!
- Perdonami Zazie! - Mormorò Lag con un filo di voce e le lacrime agli occhi. Un’ultima occhiata. Il cuore in gola. La paura che potesse essere l’ultima. Sempre quella, ma ora più di altre.
In risposta Zazie si girò dandogli la schiena, alzò la pistola e si mise a sparare verso il gaichu per distrarlo.
Lag a quel punto andò.
Zazie sapeva che si stava sacrificando, che la speranza di uccidere quel gaichu erano pari a zero.
Era un gaichu antico, totalmente sconosciuto. Non si sapeva nulla e per scoprire il punto debole doveva essergli vicino, ma se lo era poi lui l’afferrava coi tentacoli per divorargli il cuore.
Senza contare che aveva appena combattuto contro Gauche e Lode ed era al limite anche lui. Pochi proiettili ancora, uno, forse… e si sarebbe perso.
La situazione era a dir poco disperata, ma sapeva che lo stava facendo per la sua unica cosa bella. La cosa più bella della sua vita.
La cosa per cui valeva la pena morire nonostante la propria vendetta non era ancora consumata.
“Gli scopi cambiano, quando incontri le persone giuste!”
- Che bel casino! Per quanto ci pensi non ho la minima impressione di poter vincere! - Disse sorridendo con un ghigno tipico suo, l’aria da gatto stremato che non si arrendeva.
Lag lontano a recuperare Gauche, poco distante da lui Connor privo di sensi.
- A quanto pare non è ora di piagnucolare! - Esclamò infine rialzando il braccio con la pistola.
Pallido, sudato, con le occhiaie, estremamente provato e senza forze. Tremava.
Non ce l’avrebbe fatta.
Ma Lag era ancora lì. Non era ancora in salvo.
Così caricò quel po’ di cuore che aveva dentro e sparò al gaichu conscio che senza colpire il punto debole, era cuore del tutto sprecato.
Disperazione.
O forse amore.
Quell’unica cosa in grado di far andare avanti qualcuno finito. Quell’unica cosa che muoveva ancora e ancora e ancora, anche quando non se ne aveva più.
Zazie non si sarebbe mai arreso. A costo di morire.
Per Lag.

Lode riuscì a tirare su dal dirupo buio Gauche, che lei chiamava Noir, ma purtroppo cadde giù al suo posto. Lag arrivò in tempo per afferrarla, cercò di salvarla lo stesso, eppure lei colpita dal cuore di quel bambino, capendo che non sarebbe mai riuscita a tirarla su senza cadere anche lui, lasciò la presa e si abbandonò al buio che la inghiottì.
Proprio in quel momento lui e Gauche vennero presi dai tentacoli del gaichu, poco distante Zazie aveva esaurito la sua riserva e pur volendo sparare, non poteva. Le sue forze erano svanite del tutto, era sulle ginocchia, cercò di rialzarsi senza successo e quando assottigliò la vista, vide che Lag e Gauche erano stati presi.
Ma come fare?
Come salvare il suo Lag?
Non poteva arrendersi.
Non poteva…

Lag e Gauche, presi dal gaichu cabernet erano alla deriva, avvinghiati a lui ai suoi tentacoli che succhiava il loro cuore senza fermarsi.
Lag non sapeva cosa fare, aveva quasi finito il cuore e non poteva sparare, ma era anche vero che il gaichu glielo stava comunque prendendo.
Decise di tentare il tutto per tutto e sparare ancora una volta, alzò gli occhi e cercò di capire dove fosse il suo punto debole. Da sotto non vedeva molto se non la sua pancia da cui uscivano altri tentacoli e le quattro grandi ali.
Fu lì che la voce fin troppo familiare di Gauche si sentì.
Era provato, estremamente debole ma sveglio.
Lag cercò di capire chi fosse, Gauche o Noir, ma non ne ebbe tempo.
Gauche parlò come se facessero quello da una vita.
- Il cabernet ha più di un punto debole, ma dobbiamo sceglierne uno insieme e sparare all’unisono, perché abbiamo esaurito entrambi il cuore. Dobbiamo unire le forze. Miriamo ad una delle sue ali. - Lag non ci pensò nemmeno.
Semplicemente lo fece.
Si concentrò, tese il braccio nello stesso identico momento e modo di Gauche e uniti dalla presa del tentacolo, spalla contro spalla, caricarono il cuore facendo risuonare il proiettile ad una delle ali.
Il colpo esplose nel cabernet che li lasciò andare e mentre loro cadevano, con essi anche una delle ali.
Erano momentaneamente liberi. Il gaichu stava scappando, battendo in ritirata, per rigenerarsi. Sconfitto solo per quell’istante.
Un istante necessario per salvare tutti.

Zazie corse da lui appena riuscì a recuperare un briciolo di forze, col cuore in gola e la paura bruciante di vederlo morto, privo di cuore.
Invece lui e Gauche erano lì a terra vivi. Gauche svenuto, lui chino a piangergli sopra mentre diceva che si era svegliato per un momento e l’aveva aiutato.
- L’ho percepito! Il suo cuore dolce e gentile era tornato per un momento! Era la persona forte e gentile che conoscevo! - Disse piangendo mentre Zazie li guardava smarrito, sollevato che lui fosse vivo, ma non sapendo cosa sperare da quel momento.
Non sapendo cosa aspettarsi.
Gauche era con loro, privo di sensi, Lag gli aveva sparato il proiettile ed ora piangeva.
Da lì poteva cambiare tutto. In meglio, o in peggio.
Zazie pregò che fosse in meglio. Ora come ora, contava solo la felicità di Lag. Solo quella.

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Capitolo 20
*** Con tutti noi stessi ***


la_proporzione_perfetta20 *Qua oggi finisce la seconda parte della fic dedicata a Lag e Zazie, con il prossimo ci sarà la terza e torniamo a parlare di tutti e quattro, perchè Gauche torna all'ovile, anche se... beh, leggendo il manga lo sapete, per gli altri: sorpresa! In questo capitolo Lag e Zazie tornano verso l'Alveare con Gauche privo di sensi ed ormai i due si sono messi insieme, è solo ora di parlarne e consolidare il loro tenero e dolce percorso! Buona lettura. Baci Akane*

20. CON TUTTI NOI STESSI



"Riesco a sentirlo venire nell'aria stanotte, oh Dio ho aspettato questo momento per tutta la mia vita, oh Dio "
/In the air tonight - Phil Collins/


Le sue lacrime non si sarebbero mai fermate se non si fosse chinato Zazie e, prendendogli il viso fra le mani, non l’avesse baciato.
Zazie fermò le sue lacrime, quel giorno come molti altri aveva fatto a modo suo.
Con le labbra, bruscamente e poi via via sempre più dolcemente, sulle sue guance bagnate e salate e poi sul suo orecchio dove mormorò con gli occhi chiusi e voce sfinita, rotta di preoccupazione.
- Sono così felice che stai bene. - Perché poi il resto era in secondo piano.
Lag aprì la bocca sorpreso, il calore esplose e smise di piangere, gli occhi rimasero bagnati, ma le lacrime non scesero più.
Così Zazie approfittò e gliele chiuse con le proprie in un bacio casto.
Lag arrossì ma si lasciò fare mettendogli le mani sulle braccia, tenendolo a sé, traendo da lui la forza per rialzarsi ed andare ancora avanti.
Chiuse gli occhi sorpreso e felice, felice di essere lì con lui che aveva sempre creduto nelle sue capacità nonostante tutto. Si abbandonò con trasporto ad un bacio a cui da lì in poi si sarebbe sempre più abituato, eppure sempre con la sua caratteristica innocenza, sempre, sarebbe arrossito un po’.
Zazie gli prese il viso fra le mani, sorrise e lo guardò felice.
- Sapevo che ce l’avresti fatta. - Lag si ricordò della paura nel separarsi da lui.
- Pensavo sarebbe stata l’ultima volta che ti avrei rivisto. -
Zazie sorrise e gli schiacciò la punta del naso con il dito.
- E dire che di solito sei tu quello positivo convinto che ce la facciamo sempre! - Zazie aveva quel modo di risollevarlo e girare le cose. Anche quelle che l’angosciavano. Zazie arrivava e lo prendeva in giro e tutto assumeva un tono leggero, sopportabile, diverso.
Se aveva dei dubbi, Zazie glieli toglieva.
Se stava male, Zazie lo faceva sorridere.
Se non sapeva cosa fare, Zazie sì.
- Non avrei mai fatto niente senza di te! - Disse seguendo quel pensiero, rimanendo seduto a terra accanto ad un Gauche che continuava a dormire. Zazie rise e gli spettinò i capelli.
- Sei tu quello che ha staccato un’ala al cabernet! Io non l’ho nemmeno scalfito! - Solitamente Zazie si auto celebrava per alleggerire le situazioni, ma in quel caso con Lag non lo poteva fare.
- No dico davvero. Se non mi avessi ridato il proiettile lettera… è stato grazie a quello che Gauche è tornato in sé in quel breve istante. Io non avrei saputo che fare… e poi sempre, ogni volta che io mi perdo, dubito, mi scoraggio arrivi tu e mi dai un pugno in testa e mi dici di non pensare e di farlo e basta! Quante volte mi hai incoraggiato? Se non ci fossi stato tu, tutte quelle volte, io… - Zazie decise di sdrammatizzare sorridendo trionfante.
- Ebbene lo so, sono vitale. L’ho sempre detto! - Lag si rilassò e smise di sentirsi in procinto di piangere di continuo.
- Grazie di esserci. - Disse poi dolcemente. Zazie gli fece l’occhiolino e lo baciò di nuovo.
- Di niente. - Rispose per chiudere quel discorso imbarazzante.
Lag gli prese il viso con le mani e lo fermò lì avanti a lui ad un soffio dalle labbra. Zazie sospese il respiro.
- Ti voglio bene, Zazie. Ti voglio bene in un modo che non so nemmeno definire. - Zazie, piano, aggiunse.
- Come… come lo vuoi a Gauche e Silvet? - Lag ci pensò, poi deciso scosse il capo.
- È diverso. È un bene grande per tutti, ma… ma gli altri non mi piace quando mi baciano. - Con questo arrossì ed abbassò gli occhi lasciandogli il viso. Zazie morì di tenerezza ed esplose nel sentirlo e nel vederlo così timido e spontaneo.
Era così per lui.
- Allora sarà meglio che lo rifaccio… - Disse basso avvicinando il viso, chinandolo di lato fino a che i loro occhi tornarono ad incontrarsi, le labbra le une sulle altre. I fiati trattenuti. - Le cose belle si devono fare tante volte, no? - Disse malizioso. Lag arrossì e chiuse gli occhi abbandonandosi a quel bacio che voleva, come aveva voluto gli altri che erano arrivati in contropiede ed inaspettatamente.
Eppure naturali come una favola, come se fosse l’unica cosa giusta da fare.
Si baciarono e Zazie fu più audace delle altre volte, gli diede un bacio vero, uno di quelli che fermò il tempo per un momento togliendo ogni dubbio su quel che provava uno per l’altro.
Quel volersi bene, andava decisamente oltre. Molto oltre. E lo sarebbe andato ancora di gran lunga.

Connor si rimise in piedi ed andò con Sunny a Lament sperando che la ragazza si riprendesse. Invece Zazie e Lag salirono sulla carrozza con Gauche ancora svenuto. La carrozza faceva tappa a Pierce, una città vicino. Lì Zazie sarebbe sceso per cercare il gaichu, mentre Lag e Gauche sarebbero andati all’Alveare.
Nella carrozza i due rimasero ancora soli, seduti sulla panca di legno.
Zazie amava i gatti, ma non era tipo da troppe coccole, non era una persona fisica nel senso appiccicosa. Però era entusiasta e rumorosa quando c’erano occasioni particolari. Come ad esempio entrare in azione per i gaichu, in quei casi si esaltava un sacco. Oppure quando rivedeva Lag dopo un po’.
- Vorrei tornare con te all’Alveare, ma è più importante dare il colpo di grazia al gaichu finché è ferito. -
- Sono preoccupato che ci vai da solo. - Disse infatti Lag col broncio. Zazie ridacchiò schernendolo, colpendolo col piede che aveva alzato sulla panca in una posa comoda e scomposta.
- Adesso che so che bisogna colpirlo alla base delle ali è diverso! Vedrai che non avrò problemi! - Per lui era più importante mettere al sicuro Lag, questo significava anche finire la minaccia numero uno, il gaichu.
- Però non esagerare, se vedi che è troppo difficile torna indietro a cercare aiuto! - Insistette Lag. Zazie rise mettendosi le mani dietro la nuca.
- Promesso. - Lag si sentì meglio, mentre i due si guardavano felici che quello non fosse stato l’ultimo sguardo.
Non avrebbero mai dimenticato i sentimenti provati in quei momenti.
- Sai… ho avuto paura. Ce l’ho tutte le volte che ci separiamo. E se non ti rivedo? Come si fa? - Chiese smarrito Lag.
Lag sembrava forte perché andava sempre avanti e tentava il tutto per tutto, ma la verità era che esitava e dubitava molte volte. A spronarlo, tutte le volte era sempre Zazie, il quale senza il minimo dubbio gli dava le risposte che lo tiravano su rafforzandolo davvero.
Zazie infatti si protese verso di lui, mise giù il piede e con aria decisa gli carezzò il viso con un dito, sorridendo sicuro di sé.
- Per questo si vive il presente senza pensare al futuro e a cosa sarà o non sarà. Si vive con tutte le forze possibile il momento, battendosi ora, come se domani non ci fosse. - Lag rimase colpito da questa sua filosofia di vita, qualcosa che non gli aveva mai sentito.
Però era vero, si disse rilassandosi.
Non poteva pensare sempre a cosa sarebbe stato, bisognava avere fede nel presente, vivere quello che c’era lì. Lag gli prese la mano e annullò la piccola distanza dandogli un dolce bacio, il primo di sua iniziativa.
Zazie, sorpreso, lo subì di buon grado e lo guardò felice di vederlo così meglio rispetto ad altre volte.
Zazie si appoggiò con la schiena alla carrozza allungando le gambe sul sedile, Lag si girò verso Gauche di nuovo e sospirando si lasciò andare giù steso, con la testa sulle gambe di Zazie che gli fece posto. Si appollaiò sul suo grembo come uno dei gattini che cercavano coccole. Zazie sorrise sorpreso, impacciato con i contatti così teneri, ma suo malgrado gli carezzò la testa sistemandogli i capelli bianchi sulla fronte.
- Sai, dai ricordi raccolti nelle mie ricerche, ho visto che Gauche e la signorina Aria dovevano avere una relazione. O meglio lei ne era innamorata, non so se lui la ricambiava. Però… pensavo… cosa deve essere per lei o per chiunque fosse nel suo cuore, vedere che chi ami ti ha dimenticato e lasciato così? L’ho sempre vista forte e sicura, però chiaramente penso che soffra, ha un cuore gentile. - Zazie alzò le spalle.
- La signorina Aria con Gauche? - Fece quasi scettico.
- Perché no? - Chiese Lag capendo che non ci credeva. Zazie alzò le spalle.
- Non so, una sensazione. - Lag sorrise, di solito avevano motivo di esserci.
- Però anche se stava con qualcun altro… beh, lui se ne è andato, ha dimenticato tutto e tutti. Anche Silvet, per esempio. Fanno tutti i forti, non ci pensano, vanno avanti sperando di rivederlo e che tutto torni come prima… ed ora una speranza c’è, ma… cosa deve essere per chi lo amava? - Zazie capì dove voleva andare a parare e continuò a carezzarlo con la dolcezza inattesa che nessuno poteva vedere in lui se non Lag.
- Stai pensando se succedesse a noi? -
Silenzio.
- Dopotutto potrebbe succedere. Quel gaichu, prima… ci era quasi riuscito e quando tu mi hai detto di prendere Gauche e tornare all’Alveare… - La sua voce si ruppe di nuovo e Zazie lo sollevò da sé fino a farsi guardare in viso, con la sua solita aria sicura e decisa, un sorriso incrollabile. Lag si sentì subito meglio.
- Rimarranno i ricordi in chi che non perde il cuore. Chi siamo rimarrà vivo nell’altro. Quel che proviamo, lo vivrà l’altro per entrambi. E anche se non dovesse più esserci speranza, vivremo ricordando quel che avevamo, perché l’abbiamo vissuto a pieno, senza risparmiarci nulla, senza rimpianti. - Zazie diede molta forza alle sue parole e Lag tornò a stare meglio, come sempre. Sorrise in quella posizione a gattoni che gli faceva vincere di nuovo il soprannome di ‘Bella gattina’ che gli aveva dato Zazie.
- I sentimenti non muoiono. Anche se li dimentichiamo, una volta che sono esistiti, in qualche modo, in qualcuno, in qualcosa esisteranno sempre. - Aggiunse Lag riprendendosi. Zazie sorrise e gli rubò le labbra di nuovo, come a suggellare quella specie di promessa che fece anche a voce.
- Prometto che se dovessi perderlo tu il cuore… farò quello che stai facendo tu per Gauche. Tenterò qualunque cosa. E mi aggrapperò a quello che abbiamo ora, che vivremo con tutti noi stessi. -
Lag, con dolcezza:
- Con tutti noi stessi. - Promise a sua volta.
Una promessa come un eco che si agganciò ad un’altra.
L’eco del tempo che corse a rotta di collo all’indietro, intrecciandosi in altri due destini simili, tristi, forse senza speranza o forse con una luce che si era appena riaccesa.
Quell’eco risuonò a loro insaputa, mentre il vento riportò a Jiggy una sensazione strana, senza motivo.
Come se quel giorno, tornando all’Alveare, l’avrebbe rivisto.
Poi una fitta fastidiosa che ricacciò oltre il proprio muro di gelo.
Gauche non c’era più.

Lag tornò a guardare Gauche che dormiva, poi tornò ad appoggiarsi su Zazie sospirando, scaldandosi in quel torpore interiore che lo stava ricaricando lentamente, dolcemente.
L’eco tornò.
Le promesse a volte si spezzavano, ma a volte si potevano mantenere.

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Capitolo 21
*** La promessa ***


la_proporzione_perfetta21
* Inizia la terza parte della fic. Qua i protagonisti sono tutti e 4, infatti le loro vicende si intrecciano, loro si intrecciano e soprattutto seguiremo tutti e quattro. E' un po' la mia parte preferita perchè non devo fare a meno di due e poi torna Gauche! Anche se inizialmente, chi ha letto il manga lo sa, sarà Noir. Ad ogni modo andiamo per gradi: Largo Lloyd non ha mai acceso una sigaretta, ma è una cosa che Jiggy rivela solo nell'ultimo numero, perciò se prima avevo parlato di sigarette fumate, era un mio errore. Che altro dire? Spero che vi godiate il momento toccante. Largo dice a Jiggy che hanno trovato Gauche. Buona lettura. Baci Akane*

PARTE TERZA
JIGGY COME ZAZIE, GAUCHE COME LAG

21. LA PROMESSA


"I miei occhi sono d'acqua
Lo specchio più fedele
Intrepido nel mio sussurro
Lacrima sul fuoco
di una confessione"
/Teardrop - Civil Twilight/


Era abituato al buio, ma quel giorno era particolarmente pressante, soffocante.
Jiggy era tornato all’Alveare a fare rapporto a Largo Lloyd in persona circa i suoi svariati compiti che faceva per conto suo.
Quel giorno c’era qualcosa di strano, aveva avuto una sensazione durante la strada. Come se quella sera, tornando lì, avrebbe rivisto Gauche. Poi l’aveva scacciata con la razionalità tipica con cui faceva tutto.
Varcata la soglia sentì fermento. Tutti i Bee non facevano che parlottare, ma non capiva cosa poteva essere.
Era arrivato dopo il solito, l’ora di chiusura dei turni era passata da un pezzo, i Bee cominciavano ad andare a casa, così come gli impiegati. Però lo facevano parlando strabiliati di qualcosa che non distingueva.
Jiggy se ne disinteressò, eppure con una piccola parte di sé continuava a sentire, come se sapesse che era importante.
Entrato nello studio di Lloyd, lui era rivolto verso la grande finestra che dava su Central, la città dell’Alveare, la provincia di Yusari.
Jiggy fece rapporto come al solito, freddamente, scostante.
Era stato lui ad individuare un predone sospetto e a comunicarlo al direttore il quale aveva mandato Lag ad indagare a Blue Notes Blues.
Jiggy non l’aveva mai incontrato, più volte ci era andato vicino e l’aveva cercato come a sentire che lui, che quel marauder in particolare, era importante, era diverso.
L’aveva sempre sfiorato, ma Lloyd l’aveva trovato per lui e portato lì.
Anzi.
Riportato.
Per lui, perché glielo aveva promesso.
‘Il tuo cuore è sempre più gelido.’, gli aveva detto un giorno nel corso di quei cinque anni.
‘Parli tu che sembri mister ghiacciolo? Sorridi e fai il gentile, sembri avere a cuore tutti, ma ti importa davvero?’ Aveva risposto acido Jiggy.
Lloyd aveva sorriso come sempre, gentile ed enigmatico. Poi aveva detto:
‘Non so quanto mi ci vorrà, ma prometto che te lo riporterò qua. Perciò non perdere la chiave per aprire di nuovo il tuo cuore.’ Jiggy ormai non ci credeva più, perciò disilluso aveva risposto.
‘Ormai non ci credo più, non serve che ti sforzi. Per il mio cuore è tardi, non c’è una chiava per riaprirlo. Gauche se l’è portata via.’
Solo con lui ne parlava, solo lui sapeva. Lloyd ne sapeva molte di molti.
‘Non so in che condizioni sarà, non so che Gauche Suede sarà. Ma te lo riporterò.’
Jiggy non aveva mai dimenticato quella conversazione. Era una serata simile a quella.
Lloyd rivolto alla finestra, in piedi, ascoltava il suo rapporto con voce gelida.
Come quella volta, si era voltato. Come quella volta gli aveva sorriso gentile, con una luce enigmatica nello sguardo.
Jiggy non aveva mai capito Lloyd, perché aiutava gli altri, che tornaconto avesse. Però l’aveva sempre fatto, apparentemente gratis. Aveva capito che non si poteva ottenere tutte le risposte e che a volte bisognava solo accettare gli altri per quello che erano.
Con lui era sempre stato giusto ed in gamba. L’aveva aiutato molto. Il resto non contava.
- Ho io delle notizie per te. - Disse con quel sorriso strano, la sigaretta spenta all’angolo della bocca.
- Sarebbe? - Chiese Jiggy dritto, i capelli spettinati sparati da tutte le parti, rossi. La cicatrice sotto l’occhio.
- Ti ricordi la promessa che ti feci? Te l’avrei riportato. - Jiggy non l’aveva mai dimenticata, anche se non aveva voluto darci peso, sarebbe stato doloroso crederci.
Jiggy smise di respirare.
- È in infermeria. Il dottore sta cercando di curarlo. È privo di sensi e non capiamo le sue effettive condizioni. Ma troveremo un modo per aiutarlo. - Poi sorrise. - Dopotutto è qua, no? -
Jiggy non sentì più il proprio corpo, la sua bocca si mosse da sola alla ricerca di qualcosa di razionale a cui aggrapparsi.
- Come… -
- Lag Seeing. - Rispose calmo. - Gli ha sparato il proiettile lettera. Deve aver provocato qualcosa in lui. Adesso vediamo se è possibile recuperare il suo cuore coi suoi ricordi. Non voglio creare false illusioni, conosci meglio di me i rischi e le possibilità, però è qua. Dopo cinque anni, è di nuovo qua. - Con questo gli fece il cenno di andare a vederlo.
Jiggy non sapeva come muoversi, si ritrovò a camminare come in un sogno, dimenticandosi del mondo esterno, delle persone che scivolavano via intorno a lui.
Dimenticandosi di pensare.
Gauche era lì, Gauche era di nuovo lì. Il suo Gauche era lì.
Se lo ripeteva come un forsennato, la sola cosa che ripeteva.
I suoi piedi raggiunsero l’infermeria dove il dottor Thunderland Jr stava prendendo le funzioni vitali di un Gauche steso nel letto, privo di sensi, con un casco carica cuore sul capo.
La pelle diafana, i capelli candidi sparsi sul cuscino, un lenzuolo che mostrava solo il suo petto in una canottiera bianca.
Il cuore cominciò a scoppiargli e per un momento guardò se aveva in mano la pistola.
Non si stava controllando tanto bene, come sempre.
Respirava? Camminava? Cosa stava facendo?
Jiggy raggiunse il letto, il dottore lo vide e si sorprese. Non l’aveva mai visto interessarsi a nulla, vederlo lì lo shoccò.
Gli disse qualcosa, ma la sua voce rimase lontana.
Poco dopo il silenzio, il vuoto intorno a lui.
Jiggy realizzò che li aveva lasciati soli.
Lo sguardo focalizzato sul suo viso addormentato, la cicatrice piccola sotto l’occhio che gli aveva fatto proprio Lag, si ricordava di quella volta. Quando era tornato a casa e gli aveva parlato di quel bambino particolare. Quando l’aveva visto anche lui, gli era sembrato di essere lì con Gauche di nuovo.
Aveva provato un enorme desiderio di far parte della vita di quel bambino, al contrario di come invece era uscito da quella di Silvet per far sì che crescesse forte. O forse per non sentire troppo la mancanza di Gauche. Vederla, essere in quella casa… non sarebbe andato avanti, non ce l’avrebbe fatta. Si sarebbe indebolito e lui aveva bisogno di essere forte, per trovarlo e realizzare i suoi obiettivi.
Ed invece con Lag Seeing aveva voluto rivederlo, anche se poi non l’aveva mai fatto.
Era sciupato, ma era lui.
Inconfondibilmente lui. Lo sfiorò sul petto scostandogli il lenzuolo dove vide le molte cicatrici che aveva in più spuntare dall’indumento sottile che indossava.
Erano aumentate, come le proprie.
La vita era andata avanti, ma a che prezzo?
La sensazione della sua pelle ruvida e fredda sotto le dita lo scosse di nuovo, gli occhi gli si offuscarono.
Cosa stava facendo? Cosa stava provando?
Cosa stava vivendo?
Vide delle gocce scendere sulla pelle di Gauche, le toccò, alzò le mani e se le guardò.
Lacrime.
- Sto piangendo? - Si chiese roco. Si toccò le guance. Bagnate. Stava piangendo. Dio, stava piangendo ora dopo una vita passata ad ingoiare dolore e difficoltà? Quando era scomparso Gauche non una lacrima, quando aveva dimenticato la madre non una lacrima, quando Jiggy stesso aveva perso il padre non una lacrima.
Ed ora che Gauche era di nuovo lì, piangeva.
Sentì le proprie forze venirgli a meno, così si sedette sul bordo del letto e appoggiando i gomiti ai lati di Gauche, strinse i pugni vicino alla sua testa, gli prese i capelli lunghi, bianchi, strinse e si chinò su di lui poggiando la fronte alla sua. Le lacrime non gli permettevano più di vedere. Ma le labbra si posarono sulle sue inanimate, fredde, immobili.
Respirava, il cuore batteva, flebile. Era vivo. Non aveva idea in quali condizioni, ma era lui. Era lui ed era vivo.
Aveva passato gli anni senza avere sue notizie, poi improvvisamente aveva avvistato e sentito di un marauder di Reverse su al nord. Aveva cercato di incontrarlo, con la sensazione che fosse importante trovarlo di persona. Non ci era mai riuscito.
Ma forse l’unico in grado di fare qualcosa era stato proprio Lag, per il suo particolare potere di rivelare il cuore degli oggetti, delle persone.
Forse in qualche modo le loro vite erano intrecciate ed indissolubili, ognuno col proprio ruolo, ognuno col proprio scopo.
Forse, in qualche modo, andava bene così.
Non avrebbe più separato le sue labbra, sarebbe rimasto lì su di lui per sempre.
Ma un rumore alla porta lo riportò alla realtà, bruscamente.
Sobbalzò e si alzò, si asciugò in fretta gli occhi, sfiorò di nuovo la mano di Gauche e prendendo respiro, andò verso la porta aprendola lui stesso.
In viso di nuovo l’espressione indifferente, i modi sicuri.
Il dottore lo guardava curioso:
- Lag sta venendo con Silvet. - Avvertì come se intuisse che non volesse farsi trovare lì mentre c’erano altri.
Jiggy annuì.
- Ci sono speranze? - Chiese freddamente, sperando non si capisse quanto contava quella risposta. Il dottore sospirò e si strinse nelle spalle.
- Non lo so, Jiggy. Il fatto che sia qua vivo in qualche modo è già molto più di quello che per anni abbiamo osato sperare. Però non ti nascondo che è difficilissimo che recuperi la memoria. Quella volta non c’è stato verso di restituirgliela, no? Ricordo che i dottori fecero di tutto, ma sua madre la perse per sempre. Non voglio creare illusioni per nessuno. Finché non si sveglia, non posso azzardare ipotesi. Potrebbe recuperare qualcosa, potrebbe usare i ricordi immessi da Lag per interpretare Gauche… potrebbe non cambiare niente… io non lo so. Finché non si sveglia… - Jiggy annuì, strinse i pugni, indurì il respiro e lo sguardo, poi andò via dritto per la sua strada, uscendo da lì, sperando, pregando dentro di sé che l’universo gli regalasse un secondo miracolo.
Scendendo le scale incrociò Lag che aiutava Silvet a salire con la carrozzina, aiutato da altre persone. Lo salutò, Jiggy sorrise fugace, grato per la sua piccola grande impresa.
Stava parlando a Silvet spiegando che senza Zazie non ce l’avrebbe mai fatta, che lui era stato essenziale, perché ad un certo punto aveva perso il proiettile e la speranza e lui glielo aveva riportato dicendo che ce l’avrebbe fatta, e l’aveva aiutato anche contro il cabernet mentre gli permetteva di recuperare Gauche privo di sensi.
Jiggy si sentì più leggero.
Quel Lag poteva fare miracoli, evidentemente. Forse gli riuscivano perché non era solo a tentarli.
“Zazie, eh? Vuoi vedere che è QUEL Zazie?”
Pensandolo, uscì e tornò a casa.
Per una sera sarebbe riuscito a dormire abbastanza bene. Per una notte, la campana della speranza avrebbe suonato per lui.


Zazie era tornato senza successo.
Fatto rapporto al direttore Lloyd, aveva parlato delle sue impressioni e delle varie possibilità, poi era uscito congedandosi.
Stava andando da Lag quando lo incontrò che usciva dall’infermeria.
- Hai finito le consegne? - Chiese avendo saputo che aveva fatto consegne anche lui nonostante Gauche non si fosse ancora svegliato. Lag quando lo vide sorrise.
- Sì. Sono passato a vedere come sta Gauche, ma non ci sono cambiamenti. - Disse poi.
- Bisogna avere pazienza, eh? - Cercava di essere tranquillo anche Zazie anche se si sentiva strano all’idea che ora Gauche fosse lì, l’idolo di Lag.
Anche se poi bisognava vedere come si svegliava.
- Senti, devo andare a casa a lavare la divisa e mangiare qualcosa, ti va di farmi compagnia? Lavo anche la tua! - Chiese Lag con un’aria imbarazzata e quasi di scuse. Zazie si ravvivò subito e con un’espressione maliziosa annuì.
- E me la togli tu, bella gattina? - Chiese ironico.
Lag avvampò e roteò gli occhi in alto dandogli un pugno sul braccio.
- Ma la smetti di chiamarmi così? -
- No, stavi così bene vestito da donna… - Lag sbuffò sentendosi svirilizzato, cosa che di solito non gli faceva problemi ma lì con lui sì.
Zazie lo circondò col braccio stringendoselo a sé.
- E va bene, ti faccio compagnia. Ma solo se ti tolgo io i vestiti! - Commentò sempre malizioso, in pieno suo stile. Lag era sempre un po’ imbarazzato, ma gli piaceva quando faceva così. Sdrammatizzava. Alleggeriva una situazione potenzialmente pesante e strana.
Cosa erano? Una coppia?
Era difficile da dire… comunque stavano insieme, questo era tutto quel che contava.
- E Silvet? - Chiese poi Zazie uscendo dall’Alveare.
- È lì, non si stacca da suo fratello. Ha detto che è tornata un attimo a casa e mi ha preparato la cena. - Zazie sorrise.
- Anche se c’è suo fratello, pensa sempre a te, eh? - Lag si strinse nelle spalle con aria un po’ generica.
- Mi vede come suo fratello, l’ho sostituito per molto tempo… - Lag piegò la testa e si rivolse a lui. - Sei geloso? - Fece poi improvviso. Era un’impressione che aveva avuto da molto, non aveva mai avuto il coraggio di esprimerlo, poi sentendolo irrigidirsi perché lui non glielo chiedeva scherzando, ma serio, aggiunse ridacchiando rosso in viso: - Ammetto che io un po’ lo sono quando parti in quarta per il signor Jiggy. Diventi di mille colori, gli occhi ti brillano! -
Spiegò col cuore in gola, spaventato dal fatto che Zazie potesse prendersela.
- Ti secca se andiamo a casa mia? Ho i gatti da dar da mangiare. - Gatti che magicamente apparivano anche all’Alveare durante le riunioni coi Bee. Non quelli di casa sua, ma probabilmente tutti i gatti del vicinato. Si arrampicavano su Zazie e stavano con lui.
- Ma la cena di Silvet… - Disse Lag incerto.
- La zuppa super schifosa? La vuoi proprio? - Lag rise.
- No, in effetti salterei volentieri… è solo che non vorrei che ci rimanesse male… - Zazie alzò le spalle.
- Passerai a buttarla via di nascosto! - Disse con la sua tipica cattiveria.
- Oh andiamo, non potrei mai! -
- Allora lo farò io al tuo posto! -
I due continuarono a scherzare, alleggerendo ulteriormente un’atmosfera sempre sul filo, da quando la questione di Gauche era diventata così gigantesca.
Gauche, Reverse, la rivoluzione, il Cabernet…
E poi i sentimenti…
Zazie aprì la porta di casa e i quattro piccoli gatti l’attaccarono affamati, miagolando a lungo ed incessantemente, si arrampicarono su di lui e gli rimasero addosso mentre lui faceva finta di niente, con Lag che rideva.
Una volta in casa si diedero da fare, Lag per le divise e Zazie per le cene di tutti, animali compresi.
Niche e Wasiolka mangiarono poi si accoccolarono insieme per terra, le due erano molto legate e si adoravano, specie perché Niche capiva gli animali e parlava il loro linguaggio.
Ben presto Lag e Zazie rimasero soli, con le pance piene. Lag si mise a sistemare la cucina in pantaloncini e canottiera, lo stesso vestiario di Zazie in quel momento.
- Dormi qua? - Lag lo guardò sorpreso, ricordandosi improvvisamente di quello strano rapporto nato non da molto fra loro e di cosa significava passare la notte insieme.
Avvampò.
- Devi mica andare dal signor Gauche? Tanto se si sveglia ti chiamano! - Disse brusco Zazie col broncio, vedendo che se la stava prendendo, Lag si affrettò ad accettare.
- Va bene, dormo qua per stanotte. Devo riprendere le forze… -
Zazie sorrise vittorioso illuminandosi tutto, poi lo prese per la canottiera e se lo tirò poco gentilmente in camera dove si buttò con lui sul letto e chiudendo la luce lo abbracciò da dietro, come fosse il suo peluche.
Lag si lasciò fare, rimase lì fra le sue braccia, contro il suo petto, a guardare il buio davanti a sé prendere forma. Si concentrò sul suono del suo cuore che sentiva contro la schiena, mentre il calore della loro pelle e del loro abbraccio lo riscaldava facendolo stare bene.

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Capitolo 22
*** Innocente e puro ***


la_proporzione_perfetta22 *Ecco un nuovo capitolo, anche questo è diviso in due, uno su Lag e Zazie ed un altro su Jiggy e Gauche. Per il momento è la prima coppia a darci delle gioie, gioie molto tenere e cucciolose. Affrontare l'argomento intimità con loro è stato parecchio complicato, spero di essermi giostrata abbastanza bene. Per gli altri due invece bisogna avere pazienza, Gauche è ancora addormentato e Jiggy non se la passa ancora bene. Nel frattempo ho accennato a quello che nel manga, a livello di trama, succede realmente intorno a loro. Buona lettura. Baci Akane*

22. INNOCENTE E PURO




"Avanti ora prova a capire Il modo in cui mi sento Quando sono nelle tue mani Prendi la mia mano vieni al riparo Loro non possono ferirti adesso Perché la notte appartiene agli amanti Perché la notte appartiene al desiderio Perché la notte appartiene agli amanti Perché la notte appartiene a noi"
/Because the night - Patty Smith/

- Senti Zazie… ma ti dà fastidio se mi preoccupo di Gauche, se mi prendo cura di lui come posso? - Tornò sull’argomento di cui poi non avevano parlato e Zazie sospirò capendo che non poteva scapparne. Le sue mani sul petto di Lag continuavano a carezzarlo, mentre le gambe rimanevano agganciate intorno alle sue, come bloccandolo.
Il broncio.
- No, non mi dà fastidio… è solo… beh, vorrei essere io il centro di tutti i tuoi pensieri, invece è il signor Gauche. Tutto lì. -
Lag si aggrottò.
- In altre parole sei geloso! - Zazie saltò subito su raddrizzando la testa, ma non lo mollò ovviamente.
 - E anche tu lo sei del signor Jiggy! - Replicò come per non mettersi da solo in una posizione scomoda.
Lag avvampò poi sospirò ammettendolo.
- Siamo gelosi. - Zazie si calmò di nuovo e le mani cominciarono a scendere furbe, il più giovane continuò il proprio discorso. - È una cosa bella? Vuol dire che ci vogliamo tanto bene… pensiamo sempre uno all’altro, oltre che… al signor Jiggy e a Gauche… - Espresse il pensiero ad alta voce, mentre Zazie finiva con la mano sulla sua pancia liscia, sotto la canottiera intima. Lag sospirò di sorpresa e piacere ai brividi che gli trasmetteva, mentre con le labbra Zazie andò a parlargli all’orecchio, scivolando sul collo, sfiorandoglielo come se lo carezzasse. Lag si immobilizzò, pieno di scariche elettriche.
- Cosa provi per Gauche? - Chiese in un sussurro.
Lag trovava difficile rispondergli con la sua bocca e la sua mano che gli facevano quelle cose che non aveva mai provato.
- Mi ha salvato la vita da piccolo. Quando gli uomini cattivi sono venuti a prendere la mia mamma per portarla alla capitale, sono rimasto solo. Lui è arrivato, mi ha preso e mi ha portato dalla zia Sabrina che mi ha cresciuto come un figlio finché non sono diventato Bee e sono venuto qua. Gauche mi ha salvato la vita, mi ha fatto capire cosa volevo diventare. Lui. Ero una lettera, per lui, ma ha rischiato la vita per me, l’avrebbe data e solo per consegnarmi. Perché ero il cuore di qualcuno, il cuore della mia mamma. Mi ha insegnato come bisogna essere. Forti e gentili. Se sono quello che sono lo devo a lui, quando ho dei dubbi penso a cosa farebbe Gauche. - Zazie non era meno geloso, però poteva capire meglio il suo sentimento perché era uguale a quello che nutriva lui per Jiggy.
- Anche per me è una cosa simile. Jiggy… non ricordo molto di lui, ricordo il suo nome e la sua voce che mi diceva di diventare forte da solo, senza nessuno. E di cercare le cose belle nella vita, di non arrendermi a nessun costo. Fissare l’obiettivo e vivere per quello. Senza di lui non so, forse sarei rimasto a piangermi addosso. Perdere i miei in quel modo è stata dura, ha dato il via ad una serie di situazioni brutte, non è stato facile e… beh, quando pensavo a chi volevo diventare, pensavo Jiggy Pepper. Perché lui è forte e combatte i gaichu. -
Lag fece il broncio.
- Però tu arrossisci quando si parla di lui… e dici che è figo e… - Zazie rise contro il suo collo, baciandolo, mentre la mano andò giù sotto i suoi pantaloncini.
- Ma che carino che sei così geloso! Guarda che per me ci sei solo tu! - Disse facendo squittire Lag per l’intraprendenza improvvisa.
- Zazie! Ma che fai!? - Disse stridulo cercando di fermare la sua mano che faceva festa da solo.
Zazie ridendo non si fermò.
- Ti dimostro che per me sei l’unico! L’unico che amo alla follia e che voglio sempre per me! - Rispose con il suo tipico fare possessivo.
Lag tentò di opporsi, imbarazzatissimo, però alla fine l’insistenza di Zazie vinse grazie al piacere inevitabile che scaturì da quei gesti intimi.
Lentamente si arrese, lasciandolo fare. Mentre sempre rosso in viso, chiudeva gli occhi e si abbandonava a quelle sensazioni incredibili e nuove.
Il piacere esplose con il suo occhio di pietra spirituale che iniziò a brillare rosso vivo nella stanza. Questo bloccò immediatamente Zazie che pensò di vederlo esplodere in mille stelline luminose.
Lag ebbe il suo primo orgasmo, ma Zazie si spaventò rimanendo a secco del medesimo piacere.
In quel momento ebbe una strana impressione.
“Sembra come una pistola sparacuore sempre in procinto di caricarsi ed attivarsi. Se prova qualcosa di troppo forte, quell’affare nell’occhio si attiva. E se non si dovesse fermare? Se non dovesse più calmarsi? Quella pietra cosa farebbe? Cosa succederebbe? Un conto è se si attiva con la pistola in mano, la pistola spara. Ma quando si attiva senza alcuno strumento, che fa poi? Prima quando si combatteva contro il cabernet e contro Gauche e Lode… lui si è illuminato tutto in questo modo, la sua pietra nell’occhio ha iniziato a fare questa cosa… ha assorbito il colpo ricevuto, ha annullato il proiettile… ma cosa significa? Devo preoccuparmi per lui?”
Zazie iniziò a realizzare che in Lag c’era davvero molto più di quello che appariva.
Non disse nulla, sorrise malizioso, se lo girò posizionandolo supino e guardandolo con la testa appoggiata al braccio piegato accanto a lui, gli carezzò sicuro di sé il viso controllando che l’occhio fosse tornato a posto.
- Convinto? - Lag lo guardò smarrito.
- Eh? -
- Mi dicevi perché arrossisco col signor Jiggy… pensi ancora che mi piaccia più di te? - Lag si morse il labbro, non sapendo come gestire quelle cose da grandi.
- Beh io ora… sono confuso… non ho mai provato cose simile e… - Zazie rise e gli baciò la guancia accoccolandosi accanto a lui.
- Non ti chiederò di ricambiare se non ti va. Voglio che tu faccia quello che ti senti. E non andrò oltre finché non ti sentirai pronto. Sei così innocente e pure che forse è sbagliato sporcarti, no? - Lo disse senza avere idea di averlo pensato, ma poi realizzò che era vero.
Innocente e puro.
Era questo Lag, forse era questo che lo bloccava e che lo faceva esplodere di luce in certi momenti. Forse era sbagliato fargli provare cose da grandi, pensò.
Forse Lag doveva rimanere così come era, innocente e puro.
Lag si voltò sul fianco e nascose il viso contro di lui.
- Mi è piaciuto. È stato strano ed intenso, la prima volta che provavo fisicamente una cosa così bella che poi è stata anche emotivamente incredibile. Bellissimo… - Poi la voce si impastò e scemò nel sonno. - La prossima volta voglio che lo provi anche tu… - Zazie sorrise. - … perché è davvero meraviglioso… -
Dopo di questo Lag si addormentò e Zazie sospirò di sollievo.
Non l’aveva macchiato, non l’aveva rovinato. Anche se ora rimaneva con la voglia anche lui.
Dopotutto era l’età in cui gli ormoni partivano a mille immettendo una voglia matta di provare certe cose, la curiosità, sperimentare, viverle.
Era l’età in cui si cominciava a pensarci, a volerlo. Per lo meno per Zazie. Forse per Lag era un po’ presto.
“Magari aspetto che sia più pronto…”
E con questo incredibile riguardo che Zazie non avrebbe certo potuto avere per nessun altro, si addormentò anche lui.
Non sapeva cosa pensare, ma era bello e basta. Poteva anche semplicemente viverlo.


Jiggy sentì il rintocco della notte fonda, così si alzò, si preparò e senza usare la moto per non farsi sentire da tutti quanti, andò all’Alveare.
Allontanarsi dalla casa di Gauche era stato un modo per allontanarsi da tutto quello che glielo ricordava.
“Se non guardi i luoghi dove sei stato con lui, se non guardi gli oggetti che ha usato tanto, se non stai con le persone con cui lui stava, lentamente il sentimento si offusca. È come se te lo dimenticassi. Se non avessi fatto questo non sarei sopravvissuto al dolore. Adesso sono gelido, come dice Lloyd, però sono ancora vivo e non sono crollato. È stata pura sopravvivenza.”
Silenzioso entrò nell’Alveare, si guardò intorno. Era tutto vuoto e buio.
Piano salì le scale e senza incrociare nessuno fece capolino nell’infermeria.
Silvet era lì, ma dormiva nella sua sedia, dall’altra parte del letto.
La guardò.
Non l’aveva voluta vedere nemmeno una volta, dopo che Gauche se ne era andato. Lei non sapeva del rapporto che li legava, quando aveva frequentato casa era troppo piccola, poi avevano iniziato a stare insieme al di fuori, o a casa propria.
“Però è cresciuta bene, vive la sua condizione svantaggiata con forza e coraggio. Era sola, ma se l’è cavata bene, si è rinforzata.”
Era il suo modo di vedere le cose.
Lo sguardo tornò subito su Gauche, addormentato.
Indossava ancora la canottiera bianca ed il casco e delle flebo attaccate al braccio, il misuratore di cuore indicava che c’era ancora riserva, che non era esaurito.
“Perché non si sveglia?”
Si chiese senza poterlo chiedere a nessuno.
Sospirando gli prese una mano fra le proprie e strinse, la sollevò e gliela baciò, poi si sedette sul bordo del letto e rimase a vegliarlo per il resto della notte, pensando che così forse il proprio cuore potesse infondersi in Gauche e svegliarsi.
“Se solo funzionasse così. Se solo un tocco, la forza del pensiero, potesse trasferire la propria energia ad un altro. Invece solo se hai un certo tipo di potere, ma solo grazie ad una pietra, uno strumento adeguato e ad una predisposizione naturale. Come Aria. Lei ha queste caratteristiche. Lo fa. Però evidentemente non è sufficiente. Io vorrei solo che da queste mie mani, il mio cuore passasse a lui, che Gauche si svegliasse e tornasse quello che era prima che sparisse.”
Jiggy rimase ad osservarlo a lungo, pensando a lui, a loro. A quanto l’aveva cercato, ai ricordi più belli insieme, a cosa aveva significato la loro relazione, come l’aveva cambiato, in meglio? In peggio?
Jiggy non riusciva a capirlo. Ma ora stare lì e sperare in un risveglio, in un miracolo… era peggio di quando lo cercava in giro per il mondo senza successo.
L’aveva creduto morto, si era adeguato. Ed ora era lì, con un altro nome, senza ricordi.
“Quella volta ho accettato il Gauche che non ricordava sua madre. L’ho preso com’era, l’ho accettato com’era. Ma ora non ricorda nulla. Sarebbe sempre il mio Gauche? Cosa lo rende il mio Gauche? I ricordi? Sono quelli che gli danno il carattere, la personalità che amavo? Sono il vissuto che plasma la persona o è la persona che plasma i ricordi?
Se ora si sveglia senza memoria e non la recuperasse mai… sarebbe sempre lui? La sua persona, la personalità, i modi di essere, ciò che mi ha fatto innamorare, ci sarebbe ancora?”
Jiggy rimase a pensarci senza risposta, poi sentì il rintocco del mattino, sospirò, si alzò, si chinò e lo baciò dolcemente sulla bocca. Lo carezzò.
Poi se ne andò silenzioso, come era arrivato. Come un fantasma.
Nella mente fece risuonare la campana della sua città, la campana che aveva fatto costruire per le preghiere.
La fece suonare con la mente e accompagnò al suono la sua richiesta al Cielo.
“Che si svegli e stia bene. Solo che si svegli e stia bene e possa vivere ancora sereno. Che possa essere ancora felice. Non importa come e con chi e cosa ricorderà. Con o senza di me non importa. Solo che si svegli, che stia bene e che sia ancora felice.”
La sua preghiera volò al Cielo e si unì a quella di molte altre persone che pregavano per lui nella speranza di rivederlo di nuovo.


Il ritrovamento di Gauche, anche seppure nelle sembianze di Noir, aveva dato il via ad una serie di eventi destinati ad andare in crescendo sempre più, purtroppo non avevano la benché minima idea di dove si sarebbero spinti, pur senza volerlo.
Un destino che faceva girare la ruota in modi misteriosi, intrecciando le vite di persone che apparentemente avevano poco a che fare le une con le altre. O forse molto più di quello che si poteva sembrare.
Un intreccio unico nel suo genere.
In qualche modo le cose erano già scritte, in qualche modo il sentiero era già tracciato.
In qualche modo Gauche era stato destinato ad andare nella Capitale, perdere il cuore nella Luce, scomparire, essere ritrovato e riportato all’Alveare.
In qualche modo, tutto quello che era successo anche dopo, era importante per l’umanità.
Seppure sembrasse crudele e grottesco, una storia scritta da un sadico, probabilmente.

All’Alveare vennero due inviati statali con il compito di attestare le voci che giravano. In particolare quelle che volevano il ricercato Bee, Gauche Suede, tornato all’ovile.
Garrard e Valentine. Ex Bee, uno dei più famosi, insieme al suo dingo, un uomo barbuto, eccentrico, caotico e molto forte, estremamente legato al suo ormai non più Bee.
Garrard prese in breve il comando della situazione e vedendo molte infrazioni e azioni losche da verificare, come prima cosa destituì il direttore Largo Lloyd dal suo ruolo, sostituendosi ad esso momentaneamente. Poi rifilò Lag alle Cold Letter, come in una sorta di retrocessione. Infine spedì Zazie alla caccia del Cabernet con l’ordine di non tornare all’Alveare senza il grande gaichu che ancora minacciava il mondo.
Dopo di che, ordinò al dottore di rimettere in sesto Suede perché una volta sveglio avrebbe dovuto portarlo alla Capitale, per il giudizio che l’aspettava con l’accusa di diserzione.
Gauche Suede era scappato nella funzione dei suoi doveri, senza lasciare spiegazione. Era il grande ricercato.
Tutto questo ebbe un certo esito sulle vicende successive.
Sebbene la destituzione di Lloyd sembrasse crudele, così come tutte le altre mosse di Garrard, successivamente si sarebbe rivelato l’unico vero alleato contro un Governo che usava i Bee per i loro comodi da ormai fin troppi anni. Un Governo che teneva dei segreti inenarrabili che ormai era ora di svelare per poter rimediare.
Era ora di fermare l’organo mondiale che metteva in ginocchio la povera gente.
Fu per questo che Garrard sollevò Lloyd dal suo incarico, perché lui aveva un ruolo troppo importante in quella storia, un ruolo che non avrebbe potuto ricoprire rimanendo legato alla sedia dell’Alveare.

Gauche continuava a non dare cenni di ripresa, Thunderland Jr non sapeva cosa fare, aveva tentato un po’ tutto.
Quella mattina Aria gli portò un febbricitante Lag, lo mise nel letto accanto a Gauche e mise anche a lui un casco che ricaricava il cuore.
Lag aveva dato fondo a troppo cuore dopo il nuovo incarico di Cold Letter, le lettere mai consegnate per svariati motivi che lui una ad una stava riuscendo a recapitare.
Purtroppo il suo cuore non aveva retto e aveva dovuto arrendersi alle cure del dottore.
Stava parlando con lui circa il giorno del balenio ed i ricordi di Gauche sottratti in quell’occasione. Il pezzo di cuore che era stato divorato dal sole. Quello non era stato l’unico, il dottore disse a Lag che anche lui aveva dimenticato delle cose lo stesso giorno e pareva non essere stato l’unico ad avere conseguenze anche più catastrofiche.
Quel giorno, infatti, era stata fissata una missione di manutenzione per il sole artificiale, durante il volo di un dirigibile con a bordo diverse persone fra cui il dottore stesso, alcuni Bee, dei tecnici addetti ai lavori e un esponente del governo.
Il sole aveva iniziato a balenare e mentre si accendeva e spegneva, il dirigibile cadeva. I danni che provocò specie ad alcuni di loro furono inenarrabili e permanenti, alcuni persero un pezzo di cuore, altri lo persero del tutto. Molti però riportarono danni fisici notevoli.
Il balenio lasciò il segno per sempre in molti.
Lag realizzò che quel sole doveva avere un segreto dietro di sé ben più grande di quello che loro, semplici persone, potevano immaginare.
Capendo con una piccola parte di sé che doveva essere colpevole e responsabile in qualche modo delle condizioni di Gauche, poiché lui era stato nella capitale e quindi nella Luce, il suo cuore iniziò a caricarsi tramite l’ambra dell’occhio che cominciò a brillare.
Il dottore cercò di calmarlo, ma purtroppo l’ambra continuò a brillare sempre più del suo tipico rosso acceso, come se dovesse sparare un proiettile, come in alcune altre occasioni era successo. Quando si emozionava troppo, quando i suoi sentimenti erano talmente grandi da non poter essere contenuti dal suo piccolo corpo di dodicenne.
Il misuratore di cuore andò oltre il limite massimo senza il minimo cenno di normalizzazione. Il dottore iniziò a preoccuparsi, non sapendo cosa fare per riportarlo alla normalità.
Lui infatti aveva il problema opposto di Gauche. Se Gauche aveva poco cuore, Lag ne aveva troppo.
- Così esploderà! - Esclamò agitato.
Fu esattamente lì che tutto cambiò di nuovo.
O meglio, che l’ingranaggio momentaneamente inceppato, riprese a girare e muoversi.
La ruota tornò ad avviarsi a pieno ritmo, e mentre il piccolo era in uno stato di trance, iper caricato di un’energia strabiliante proprio lì accanto a Gauche, sognò di paesaggi bianchi mai visti e scenari ben lontani da lì, che altri occhi avevano vissuto, non i suoi.
Silvet arrivò in quel momento e assistette ad un Lag in sovraccarico e ad un dottore preoccupato che non sapeva come calmarlo.
Lag si illuminò e dalla sua luce uscirono le finestre dei suoi ricordi, visibili ai presenti.
Ricordi di Lag, ma anche ricordi non suoi, di persone e scenari che non poteva aver mai visto, perché illuminati dalla luce.
Immagini della capitale.
E in aggiunta, finestre oscurate, bloccate, ricordi in attesa di essere sbloccati e ricordati.
Fu allora che il dottore iniziò a realizzare che in Lag doveva esserci ben altro, oltre che un’ambra spirituale al posto dell’occhio sinistro.

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Capitolo 23
*** Lo seguirei lo stesso ***


la_proporzione_perfetta23 *Ecco il nuovo capitolo. Si riferisce in modo piuttosto preciso e dettagliato agli eventi del manga, quando Noir si sveglia e nel frattempo Largo Lloyd chiede a Jiggy si aiutare Zazie a far fuori il Cabernet, il grande gaichu, che vola verso la capitale. Le cose che descrivo sono le stesse dal manga, ma approfondisco il loro punto di vista e come si sono sentiti. In due parole,  qua abbiamo Lag e Gauche all'inizio e Zazie e Jiggy alla fine! Buona lettura. Baci Akane*

23. LO SEGUIREI LO STESSO


 
"Posso dirti perchè la gente muore sola Posso dirti perché  La gente impazzisce Posso mostrarti come Puoi fare lo stesso Posso dirti perché La fine non arriverà mai Posso dirti che sono Un'ombra sul sole Forme di ogni grandezza Si muovono dietro i miei occhi Porte nella mia testa Sigillate dall'interno Ogni goccia di fiamma Illumina una candela Ricordi di colui Che vive nella mia pelle."
/Shadow on the sun - Audioslave/

Dopo l’esplosione, la luce si quietò improvvisa, come un boato che devasta e poi lascia la pace ed il silenzio più assordanti.
Il misuratore di cuore tornò a dei livelli accettabili, l’occhio si spense e Lag smise di vibrare.
- Si è stabilizzato… - Disse il dottore sorpreso guardando il bambino.
Silvet si avvicinò agitata chiamandolo ed in quello lui si voltò e la vide, era sveglio, cosciente, la vedeva. Era di nuovo lì.
Sudato, ansimante, arrossato per la fatica e la febbre, ma lì.
Lag la guardò con aria sconvolta, poi faticosamente parlò:
- Ho appena fatto un sogno molto lungo… ho visto il paesaggio nostalgico di questo mondo così bello… tanto… tanto tempo fa… -
- Dottore… - Chiamò alle loro spalle una voce flebile ed incerta.
Il dottore si voltò e spalancò l’unico occhio che gli era rimasto, poiché l’altro era stato strappato via nel giorno del balenio.
Incredulo. Shockato.
Anche Silvet e Lag si voltarono a guardare e quel che videro li lasciò sconvolti al suo pari.
Gauche era seduto sul letto, sveglio, e li guardava.
I piedi appoggiati a terra, il lenzuolo scostato, la biancheria intima addosso, i capelli bianchi lunghi fino al collo tutti spettinati, l’aria provata, un po’ spenta. Ma lui lì, sveglio.
I suoi occhi viola si posarono sulla sorella e la riconobbero.
- Silvet. - La chiamò calmo.
Il tempo si fermò, nessuno fiatava, nessuno osava nemmeno pensare.
Fu lei la prima a reagire, sebbene fosse sotto shock come gli altri.
Cinque lunghi anni ad aspettare quel momento, il momento di poterlo riabbracciare, ed ora era lì, sveglio, la guardava e la riconosceva.
Corse con la carrozzina da lui, si precipitò oltre e si aggrappò a lui che la prese e la strinse con dolcezza, sorridendo dolcemente e, dolcemente, carezzandola.
- Sei diventata grande, Silvet. - Mormorò con la sua tipica delicatezza. qualcosa che Noir non aveva mai avuto in nessuna occasione.
Solo in un breve momento, quando l’aveva aiutato a ferire il Cabernet per potersi liberare. Quando in quel momento Gauche aveva chiamato Lag per nome, l’aveva fatto col suo tono. Quello lì.
Il tono gentile.
Il dottore era stordito quanto gli altri, convinto che anche se si fosse svegliato sarebbe sempre stato nei panni di Noir, ovvero senza memoria.
- Gauche… - Mormorò Lag nel letto, incredulo, incapace di capire, di reagire. I sentimenti, le emozioni bloccate per un lunghissimo proverbiale momento.
Poi Gauche lo guardò, sorrise dolcemente e lo chiamò per nome.
Di nuovo.
- Sei Lag Seeing vero? Volevo tanto incontrarti… - Con quel sorriso, con quella gentilezza, con quell’aria un po’ nostalgica e sempre un po’ stanca, ma dolce, così dolce…
Era esattamente come Lag lo ricordava, come l’aveva conquistato, come gli aveva dato la forza di voler essere. Era esattamente lui. E si ricordava. Lo ricordava.
Il suo Gauche era tornato.
Le lacrime, il tuffo, l’abbraccio. Le sue braccia ad accoglierlo insieme a Silvet, i tre caduti a terra. Loro stretti insieme, i piccoli a piangere, Gauche a consolarli. Dolcemente. Gentilmente.
Gauche era tornato.
Colui che gli aveva dato uno scopo, un obiettivo, un motivo, che l’aveva salvato, il primo amico, la persona migliore che avesse mai incontrato. Lui, il suo Gauche, era tornato.


Quando Jiggy aveva ricevuto l’incarico dal direttore Lloyd di recarsi in un luogo specifico, era in osteria a bere e a farsi bello davanti ad altri Bee o impiegati dell’Alveare. Era molto apprezzato nell’ambiente, lo idolatravano, lo mettevano su un piedistallo come se fosse un VIP e qualunque cosa dicesse o facesse, lo ammiravano. Questa cosa gli piaceva, così ci marciava su. Era uno dei pochi vizi che si concedeva.
Ne stavano parlando in quel momento.
- Un incarico del direttore Lloyd?! -
- Ex direttore vorrai dire!-
- Cosa?! -
- Ma sì, non sai che è stato licenziato? -
- Il direttore Lloyd?! Ma da chi? -
- Un incaricato del governo! - Esclamò. - Un tale Garrard che ora è momentaneamente direttore. -
Jiggy riconobbe il suo nome, Garrard era un famoso Bee che era andato alla capitale per diventare Head Bee, poi non si era sentito più nulla di lui e si era vociferato che ce l’avesse fatta.
“Ma che succede?”
Si chiese Jiggy alzandosi dal tavolo seccato.
- Andrai dal direttore Lloyd lo stesso? - Chiese qualcuno ad un silenzioso Jiggy che non aveva proferito parola.
Jiggy non rispose ed uscì.
“Me lo deve dire in faccia che non fa più questo lavoro.” Poi si incupì ulteriormente e mentre si metteva gli occhiali da corsa e saliva sul cavallo di ferro, aggiunse: “E comunque decido io a chi obbedire!”
Largo Lloyd era stato molto importante per Jiggy, l’aveva salvato da piccolo da un gaichu e l’aveva chiaramente invitato a diventare forte e Bee per imparare a difendersi e proteggere chi amava. Perché solo così si poteva vivere alla pari di chi cercava di schiacciare i poveracci.
Quelle sue parole rimbombavano ora nelle orecchie.
Non si era mai interessato a lui, era stato lui ad interessarsi a Jiggy. E l’aveva aiutato anche una volta diventato Bee.
Largo aveva fatto il Bee per un po’, il tempo di fare carriera a Yusari e raggiungere la carica di direttore. Non aveva mai avuto un dingo, ma aveva sempre portato a termine le sue missioni.
L’aveva aiutato con Gauche come se fosse una missione sua, anche quando era sparito gli aveva promesso che avrebbe fatto luce sulla faccenda. Ora glielo aveva riportato.
“Volevo rivederlo prima del prossimo incarico, ma è più importante vedere che diavolo ha in mente Largo!”
Pensò Jiggy aumentando l’andatura.
Non era mai stato bravo ad esprimere i propri sentimenti, ma in qualche modo era legato a Largo, a modo suo gli voleva bene e se aveva un amico, poteva dire che era lui. L’aveva un po’ plasmato, in un certo senso. Mentore?
Non aveva mai voluto dimostrargli i propri sentimenti, la gratitudine l’aveva espressa seguendo il suo consiglio di diventare Bee. Per lui quello era stato il momento in cui lo ringraziava.
Eppure ora che stava per andarsene chissà dove a fare chissà cosa… ora era lì a correre per dirgli che non gli importava da che parte stava, cosa faceva, che piani aveva e perché faceva quel che faceva.
Contavano le azioni e le sue non avevano mai portato al male di qualcuno. Anzi.
Jiggy lo raggiunse mentre Largo diceva stupito che aveva fatto presto.
Una volta che si fermò e si tolse gli occhiali spegnendo il motore, lo rimbeccò acido:
- Con chi credi di parlare? - Lo sguardo si sollevò al cielo dove il grande gaichu Cabernet volava via verso Yusari. - Sono arrivato tardi, quello è il cabernet di cui parlava l’incarico… - Disse poi facendo finta di nulla, non intendeva nemmeno accennare agli ordini a cui non doveva tecnicamente obbedire.
- Già… quel cabernet si sta dirigendo verso la Capitale, inseguilo in fretta ed intercettalo. - Disse Largo facendo finta anche lui di nulla, come se tutto fosse normale.
- Ricevuto. - Rispose serafico Jiggy accendendo il motore assordante.
- Aspetta! - Lo fermò un momento Largo e a quel punto sollevò da terra Zazie.
- Ti affido anche questo, è Zazie, portalo sul tuo cavallo di ferro! -
Jiggy si fermò e lo guardò con stupore.
- Zazie… - Mormorò come se lo conoscesse, ma non direttamente. Ed infatti era così.
Eccolo lì il piccolo Zazie che aveva salvato da piccolo da quell’orribile gaichu Laphairogh. Un insetto scorpione enorme.
Zazie era cresciuto, aveva quattordici anni, si era fatto un nome, cominciava ad essere noto. L’aveva sentito spesso, ma non l’aveva mai incrociato di persona.
Lo osservò svenuto appeso alla mano di Largo che lo teneva per la collottola della divisa. Del sangue scendeva dalla sua fronte, era stato colpito duramente.
- Un ragazzino che tra i Bee gode di capacità di combattimento particolarmente alte. - Disse Largo che l’aveva salvato dal gaichu.
Zazie, su ordine di Garrard, aveva cercato e trovato il cabernet, aveva tentato di farlo fuori ma purtroppo era stato ridotto male ed era stato salvato da Largo, arrivato lì giusto in tempo proprio alla ricerca di tracce di Reverse. - Ti sarà certamente d’aiuto e sarà una buona esperienza per lui. - Jiggy non accennava a prenderlo, al contrario, dopo averlo guardato seriamente, disse:
- Direttore… è vero che è stato destituito? - Chiese infine, colpito da questo fatto di cui non poteva davvero far finta di nulla.
Ritrovava Gauche, ammesso che poi si sarebbe svegliato, e se ne andava Largo?
- Sì… ormai non sono più un tuo superiore né altro… quindi ero anche preparato a ricevere un rifiuto quando ti ho inviato l’avviso di incarico.. Garrard ha dato ordine di rientro alla sede, no? -
- La smetta! - Jiggy gli dava del lei da quando era diventato direttore, era nel suo stile eseguire ordini e sottostare a regole alla lettera, facendo finta di nulla. Largo lo guardò senza capire e lui proseguì questa volta seccato: - È stato lei a fare di me un Bee. Mi ha donato qualcosa di cui andare orgoglioso. E questo non lo dimenticherò mai per tutta la vita. Sono io che decido da chi prendere ordini! -
Largo ne rimase estremamente colpito e ovviamente ci scherzò su per sdrammatizzare e alleggerire un momento che gli stava pesando dentro. Non sapeva cosa sarebbe successo, aveva dei piani, ma erano azzardati e non certo perseguibili da tutti. Per cui per lui quello era un addio. Aveva provato a farlo nel suo stile, scherzando con tutti. Aveva scherzato con Aria per la quale provava qualcosa da molto tempo.
Ed ora provava a scherzare con Jiggy, a cui si era legato in qualche modo, forse rivedendosi, forse provando a sperare per lui quello che non aveva mai potuto avere per sé.
- Gwaaa! Mi fai venire i brividi, Jiggy Pepper! - Disse con una smorfia divertita. Jiggy non si scompose, sapendo che era il suo modo per ringraziarlo. Non voleva mai niente in cambio se non fedeltà.
Quello era il suo modo per ringraziarlo di ciò che aveva fatto per lui.
Eseguendo i suoi ordini anche ora che non aveva l’autorità per darglieli.
- Tieni prendi questo! - Disse ancora alzando Zazie svenuto.
- Ha preso una bella botta, sarà in grado di lavorare? - Chiese prendendolo a sua volta per la collottola.
- A-ha… quando si sveglierà dietro al suo idolo diventerà vispo e arzillo in un baleno! - Disse semi scherzando e semi serio, come sempre.
Jiggy caricò Zazie dietro, a cavallo come lui, Largo glielo sistemò e gli legò un laccio intorno ai loro corpi.
- E lei direttore? - chiese Jiggy pronto per ripartire, il motore acceso, uno sguardo a quello che era stato il suo unico amico per cinque lunghi anni di assenza di Gauche.
- Vi raggiungerò subito… - disse sorridendo.
Jiggy lo guardò bene e capì che dietro quel sorriso gentile, c’erano dei piani di cui non voleva renderlo partecipe. Probabilmente per proteggerlo.
- Ok. - Disse capendo che era un addio.
“Spero di rivederlo comunque.”
Dopo di questo, aumentò il motore e partì all’inseguimento del cabernet.
Il mondo poteva sprofondare nelle tenebre, ma quel che contava era rimanere fedeli a sé stessi. E questo lo si poteva fare solo in un modo.
Non tradendo chi l’aveva sempre aiutato.
Il vento in faccia, un senso di libertà. Ecco che la calma tornava a scorrere dentro di lui, in contrasto con l’inquietudine.
“E se Gauche dovesse rimanere Noir per sempre, lo seguirei lo stesso. Perché anche se lui ha perso tutto il suo cuore e non può recuperarlo, una sua parte è sempre in me. Perciò lo seguirò ovunque. Non posso tradire me stesso. Chi amo. Non importa se lui non se lo ricorda. Lo ricordo io.”
Con questa decisione, aumentò la velocità.


L’aria sul viso fu la prima sensazione fisica. Poi il rumore, un rumore assordante a disturbare il suo sonno.
Una posizione non proprio comoda, seduto appoggiato con la faccia a qualcosa. Qualcosa di abbastanza comodo, ma nel complesso non certo meglio di un letto.
E le mani erano legate intorno a quel qualcosa.
Piano piano Zazie riprese possesso di sé.
Il vento, un rumore assordante, un qualcosa a cui era aggrappato. Un senso di movimento.
Non era fermo.
Il paesaggio scorreva via e vibrava tutto. Era una sensazione confortante nel complesso. A Zazie piaceva. A Zazie piaceva davvero molto.
Aprì gli occhi e cominciò a muoversi, le prime fitte lo colpirono, si lamentò, poi si guardò intorno e cercò di fare mente locale e mettere a fuoco.
- È vero, sono stato messo KO da un marauder… - Disse ricordandosi la lotta col marauder di Reverse a guardia del Cabernet. Poi aveva combattuto anche con lui. Infine il buio. - Ma questa? - Disse riferendosi al mezzo che lo stava trasportando.
Poi capì guardando meglio.
- Un cavallo… di ferro?! -
- Ti sei svegliato? - La voce lo raggiunse da davanti, placido, calmo.
Zazie lo guardò e solo lì, solo allora, la sua nuca, il suo profilo, gli fecero davvero realizzare.
Il suo cuore si fermò di colpo.
- J-JIGGY PEPPER?! - Strillò come una ragazzina isterica, assordando Jiggy che se lo teneva dietro la schiena.
- Zazie. - Si girò brevemente per guardarlo, i loro occhi si incontrarono. Zazie stava per svenire, ma era troppo felice ed eccitato e aveva di nuovo improvvisamente una grande energia in corpo. Stava per scoppiare, gli venivano le lacrime.
Cominciò a bofonchiare e gorgheggiare dimenticandosi l’uso corretto delle parole. Ci infilò a caso un ‘sto sognando?’.
- A dopo le chiacchiere Zazie. - Lo redarguì frettoloso Jiggy, trovandolo particolarmente ed insolitamente divertente quel suo idolatrarlo in una situazione tanto critica.
“Che priorità ha?!”
Ma Zazie era istinto e cuore. Non ragionava di certo.
- Ora stiamo inseguendo il gaichu Cabernet diretto verso la capitale, guarda… - Lo aggiornò brevemente mentre passavano in mezzo ad una città deserta e distrutta. Non più un’anima viva.
Il gaichu era passato di lì e si era ‘rifornito’.
- Lo prenderemo nella prossima città, tieniti forte! - Concluse Jiggy pragmatico senza troppi giri di parole.
Zazie arrossì e annuì stringendo meglio le braccia intorno alla sua vita.
L’emozione era alle stelle e sebbene fossero in stato d’allarme e stessero andando a rischiare la vita, Zazie era felice di avere le braccia intorno al suo adorato Jiggy Pepper.
Per Zazie si stava realizzando un sogno e le cose andavano di gran lunga oltre i suoi massimi desideri.
Jiggy era stato il suo modello da seguire, diventare forte come lui per ottenere i propri scopi.
In qualche modo gli era entrato dentro ed ora l’incarnazione dei suoi desideri era lì con lui, era reale, era effettiva.
Il suo cuore scoppiava di gioia.
Pochi chilometri e il cabernet era di nuovo visibile all’orizzonte color indaco tempestato di stelle, un orizzonte che sfociava in un sole luminoso, un puntino per ora lontano.
- Eccolo. - Disse Jiggy. Zazie si affacciò alla sua spalla e vide quel che vedeva lui. Una scena rivoltante. Il cabernet era giunto alla città successiva e si stava abbuffando di cuore.
I due si precipitarono lì e con una coordinazione perfetta, senza bisogno di parlarsi e darsi ordini, agirono nell’immediato.
Avvicinati notarono che il gaichu aveva preso un neonato. Zazie si sganciò dai lacci che lo tenevano a lui al sicuro, poi si piegò di lato insieme a Jiggy che girava il mezzo intorno al Cabernet, aiutando le manovre curve. Infine raggiunto il punto più vicino ai suoi tentacoli, Zazie saltò dal cavallo in corsa e afferrò al volo il neonato, strappandolo al gaichu.
Cadde a terra con lui, proteggendo il piccolo che consegnò felice alla madre accorsa.
 - Lo inseguiamo, sali Zazie! - Disse Jiggy aspettando Zazie prima di ripartire.
Zazie con un sorriso inspiegabile sulle labbra, saltò dietro di lui e tornò ad abbracciare la sua vita.
- Andiamo! - Gridò con un entusiasmo che lasciava perplesso Jiggy.
Era come se fosse felice di andare a caccia di un gaichu così forte.
“Ma era moribondo, dove ha trovato le forze? Quando Largo ha detto che sono il suo idolo pensavo scherzasse…”
Evidentemente il potere dei sentimenti non era da sottovalutare, si disse tornando all’inseguimento del cabernet che non distava molto.
- Di qui in avanti il gioco si farà pericoloso. Vuoi scendere? - Disse Jiggy per puro scrupolo. In un certo senso gli dispiaceva perdere Zazie perché inadeguato al combattimento, o spaventato dalla dura lotta.
- NEMMENO PER SCHERZO! - Strillò Zazie stringendosi di più alla sua schiena. Jiggy ridacchiò.
Da quanto non lo faceva?
Le ultime volte erano state con Gauche.
Stava sentendo qualcosa, ora con Zazie così eccitato. Forse era la sua incoscienza, ma qualcosa di quel ragazzino gli stava piacendo, lo stava trovando divertente.
“Andare a caccia di gaichu sul cavallo di ferro col signor Jiggy Pepper? Non scenderei neanche morto!”
Pensò felice, senza la minima esitazione. In quel momento c’erano solo lui, Jiggy, il cavallo di ferro ed il cabernet. Non poteva chiedere di meglio.
Lag, magari. Ma non lì in quel disastro apocalittico a vederlo rischiare la sua vita troppo preziosa. Lag era meglio al sicuro a casa. L’avrebbe protetto lui, poi gli avrebbe raccontato di quell’incredibile avventura meravigliosa.
Jiggy aumentò l’andatura prendendo una piccola salita ed eccolo lì il mostro, sopra le loro testa, che volava a pochi metri dal terreno.
Zazie lo guardò e non se ne spaventò nemmeno un istante.
- Signor Jiggy! Si dice che il punto debole del Cabernet sia alla base delle sue quattro ali! -
- Si dice? Non è un dato certo? - Chiese perplesso dei modi di fare e affrontare le cose di Zazie. Poteva essere un disastro avere un informazione sbagliata, ma per lui non sembrava un problema. Si andava e si provava, se poi andava male pazienza. Si riprovava in un altro modo. Certo l’opzione ‘resa’ non era contemplata.
E se nel frattempo si moriva o si perdeva il cuore?
Pazienza, era successo facendo il massimo, lottando con unghie e con denti, senza darla vinta a dei bastardi mostri giganteschi.
- È un mostro che non si fa vivo dall’antichità, quindi non ci sono testimonianze dirette! Sai che soddisfazione sconfiggere quel bastardo… Stavolta lo abbatto di brutto! - Gridò Zazie sempre da dietro la sua schiena, alzando la pistola con una mano, mentre con l’altra si teneva a Jiggy.
Questi rise davvero.
- Sei divertente Zazie. - Disse sorprendendo il ragazzino dietro che lo guardò con gli occhi fuori dalle orbite. - Guardando te mi torna alla mente Dead End, il mio paese natio. - Gli ricordava la propria infanzia, sé stesso nei primi anni di vita, quando le cose erano anche belle, quando si giocava alla lotta, quando i pericoli erano divertenti, quando i cambiamenti erano eccitanti. Nonostante la povertà, i rischi, le cose brutte e tristi. Zazie era quello. Erano in un enorme pericolo, rischiavano la vita, ma lui era eccitato dall’idea di combattere ed era sicuro di farcela. Non aveva un solo pensiero negativo o pessimista.
Lui era certo che ci sarebbero riusciti.
Non c’erano dubbi. Quel Zazie gli piaceva proprio.

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Capitolo 24
*** Non dimenticare cosa ti fa felice ***


la_proporzione_perfetta24 *Ecco un nuovo capitolo. Passiamo dal seguire fedelmente le vicende del manga all'andare 'dietro le quinte'. La battaglia contro il gaichu cabernet è lunga e si articola in diverse fasi, ora si conclude un di queste e prima di passare a quella finale, vediamo un po' se Zazie approfitta di questi momenti preziosi con Jiggy. Mi è sempre piaciuta la particolare simlarità e sincronia innata fra loro due, dovevo approfondire. Buona lettura. Baci Akane*

24. NON DIMENTICARE COSA TI FA FELICE



"durante la battaglia
ci tireranno giù
ma per favore, per favore
usiamo questa possibilità
per far cambiare le cose
e stanotte
possiamo dire per davvero
che insieme siamo invincibili"
/Muse - Invincible/


- Miriamo all’ala anteriore sinistra, Zazie! Non lasciarti sfuggire il momento giusto! - Ordinò Jiggy riportandolo alla realtà del mostro che inseguivano poco sopra le loro testa, a rotta di collo su per una rupe di rocce.
Una rupe che stava per terminare in mare aperto.
- Sissignore! - Strillò Zazie entusiasta preparando la pistola.
Zazie aveva visto quella stessa ala essere fatta fuori da Lag e Gauche, purtroppo aveva avuto tempo di rigenerarsi ed era cresciuta.
Ma avrebbero finito il lavoro loro.
La roccia sotto le loro ruote finì, la moto continuò a correre nell’aria. Zazie guardò sotto e invece di gridare spaventato e tenersi più stretto a Jiggy, gridò e rise divertito, meravigliato, estasiato:
- UOAAA! SIAMO IN ALTO DI BRUTTO! - Risata. - Proprio quello che ci si aspetta dall’uomo tra gli uomini, Jiggy Pepper! - Ormai Zazie era partito, non che si fosse mai trattenuto, ma ora era proprio impossibile chiudergli la bocca e pretendere contegno. A momenti poteva dirgli che l’amava alla follia. - CHE BELLA VISTA! - Sotto di loro non c’era il mare come aveva pensato, ma un precipizio a strapiombo che finiva su un’altra distesa rocciosa e impolverata. Non certo un bel paesaggio, tanto meno un posto sicuro dove atterrare.
Rischio, pericolo, probabilità di schiantarsi se non di morire carpiti dai tentacoli del Cabernet.
E lui era lì a ridere meravigliato di quel che stavano facendo, sospesi nel nulla, sotto un mostro pericoloso.
“Ma è reale o lo sto proiettando io perché mi sentivo solo ed avevo bisogno di un nuovo amico?”
Pensò incredulo Jiggy, sempre con un ghigno sulle labbra nel sentirlo tanto felice proprio nel momento più sbagliato di tutti.
Fu proprio a quel punto, senza bisogno di dirglielo, che i due tesero le braccia con le pistole e caricando i proiettili del cuore, li spararono in perfetta sincronia contro l’ala sinistra anteriore dal cabernet.
Perfettamente un’unica cosa.
La luce azzurra e blu partì dalle loro pistole e si schiantò sull’ala che si staccò completamente in un colpo solo.
L’obiettivo era stato colpito.

Il Cabernet cominciò a volare storto e sbattere contro le molte rocce presenti.
Il posto era come una sorta di Kenyon con molte rocce allungate e ricurve dove correre con la moto e lanciarsi da una all’altra, saltando come dei grilli.
Ed era quello che Jiggy e Zazie stavano facendo, rincorrendo il gaichu con tre ali, che volava storto e basso senza riuscire a prendere il volo.
Non avrebbero mollato.
Sapevano che c’erano vicini e sebbene Zazie si stesse divertendo molto, capiva perfettamente l’importanza di dargli il colpo di grazia ora.
- Dobbiamo avvicinarci! - Disse dopo aver pensato che Jiggy non poteva averne ancora per molto. Aveva corso col cavallo di ferro usando il proprio cuore per molti chilometri, aveva sparato un proiettile. Non poteva avere ancora molte riserve. Eppure continuava a correre e saltare col suo mezzo, come niente.
Sicuramente un numero che solo al grande Jiggy poteva riuscire.
Purtroppo stavano per finire il percorso per rincorrerlo. Se arrivava al fiume, poi non avrebbero potuto continuare ad inseguirlo e a quel punto sarebbe arrivato a Yusari.
Zazie cercò ci incitare Jiggy consapevole che avevano i minuti contati, ma fu proprio a quel punto che all’orizzonte di una delle rocce curve e strette che stavano percorrendo, fece capolino un altro Bee, Moc Sullivan.
C’erano dei rinforzi. Forse potevano farcela.
Anche Harry e Wasiolka stavano aiutando cercando di deviare la traiettoria del gaichu. Erano tutti lì.
Moc li aiutò permettendo a Wasiolka di liberarsi, poi Jiggy e Zazie ripresero a rincorrerlo per dargli il colpo di grazia, ma a quel punto anche il proiettile della signorina Aria si levò vibrante nell’aria e con esso apparve lei, tornata in servizio per l’occasione.
Zazie rimase esterrefatto nel guardarla vestita da Bee. Il proiettile colpi il gaichu, non un proiettile curativo, ma uno d’attacco questa volta.
Tutti stavano dando il loro contributo.
Non potevano mancare l’appuntamento, pensò Zazie. Toccava a loro, dovevano farcela. Dovevano abbatterlo ora. In quel momento, l’ultimo capolinea prima del fiume.
- Zazie occupati dello sterzo! - Disse a quel punto Jiggy. A Zazie venne un colpo. - Collabora alla guida così potrò sparare meglio il mio proiettile. - Aggiunse mentre Zazie tornava dal mondo dei morti per la notizia che doveva guidare.
Non tornò subito di un colorito normale, Jiggy gli spiegò come fare per guidare il cavallo di ferro e lui rimase rosso ed eccitato tutto il tempo, senza il minimo ritegno.
- SISSIGNORE! - Strillò ancora senza sapere dove trovasse forze ed entusiasmo per gridare felice. - Il cavallo di ferro dei miei sogni! -
Zazie si puntellò nelle piccole pedane che c’erano una per lato, così in piedi sulla destra, proprio attaccato a Jiggy che vi stava seduto a cavalcioni, prese al suo posto il manubrio ed eseguendo gli ordini continuò a guidare mentre lui, mollando la presa, poté afferrare meglio la pistola sparacuore e caricare completamente il suo proiettile.
- Il fiume signor Jiggy! - Esclamò Zazie che guidava verso il finale della roccia.
Jiggy caricò sentendosi stremato, si concentrò, prese la mira all’ala ferita, attaccata per poco. L’unica speranza per farlo cadere in acqua.
Sulle grida di Zazie, Jiggy sparò. Il proiettile blu esplose contro il cabernet ed ecco un’altra ala staccarsi, l’anteriore destra.
Il cabernet rimase con due ali sole a volare sul fiume, Zazie si fermò a guardare gridandogli contro rabbioso.
- Cadi, perché non cadi maledetto?! - Purtroppo il cabernet, pur volando basso, non cadde.
Continuò a volare piano ed incerto, ma la direzione rimase invariata.
Yusari prima, la capitale poi.
Era la fine?
Non ci erano riusciti, ci erano andati vicini, ma non ci erano riusciti.
Zazie crollò a terra lasciando che la moto si spegnesse, Jiggy si lasciò scivolare giù a sua volta con lui, stremato, senza riuscire a stare più in piedi, e prima di pensare, realizzare, organizzarsi ed allarmarsi, la melodia curativa di Aria si levò vibrante nell’aria.
Il violino, Aria sulla Quarta Corda, li carezzò dolcemente e piano il mondo riprese colore, mentre l’energia tornava piacevole.
Jiggy e Zazie rimasero a terra seduti insieme a bearsi di quella piccola dolce magia. Una magia che a Jiggy riportò alla mente quel che forse Gauche aveva scordato, ma che lui, invece, non avrebbe mai dimenticato.
Uno dei momenti più belli con lui.
Quando lei li aveva curati suonando quella stessa canzone.
Quando si erano presi dolcemente per mano.
Guardò quella di Zazie lì vicino e pensò con tristezza.
“Se solo fosse lui.” Poi alzò gli occhi alle stelle. “La speranza risuona. Finché c’è vita, si può sperare. Lui è ancora vivo. Si sveglierà. Sarà in qualche modo ancora il mio Gauche. Devo tenere viva la speranza.” Chiuse gli occhi e pregò. La campana suonò nella sua mente. Una preghiera salì al cielo.

I Bee si misero d’accordo per tornare all’Alveare, mentre Harry volava con un avviso per dire di mettersi in stato d’allarme.
Aria andò con Moc con la carrozza, mentre Jiggy disse che si sarebbe rimesso subito in corsa con Zazie.
Questi lo guardò da terra, con occhi luminosi.
Jiggy si era già rialzato e si stava rimettendo a posto i vestiti tutti scomposti per la folle corsa.
Aria e Moc ripartirono.
Jiggy era perplesso sulla notizia che gli aveva portato Aria. Quando Lloyd l’aveva salutata, le aveva detto che voleva provare a prendere contatti con Reverse per capire le loro vere intenzioni. Cosa che chiaramente lasciava perplesso Jiggy.
“Mi fido di lui, però vorrei che fosse meno enigmatico!”
- È stato incredibile! - Disse Zazie rimanendo a terra con le gambe aperte ed alzando le braccia in alto coi pugni chiusi, come esultasse.
Jiggy lo guardò senza capire come potesse essere tanto entusiasta di aver fatto scappare il Cabernet.
- Far scappare il Cabernet? - Chiese acido, mentre si metteva meglio anche il cappello.
Zazie, che si era tolto il suo, rise lanciandolo in aria e riprendendolo per poi rimetterselo al contrario:
- Quello è stato meno incredibile! Ma io intendevo guidare il tuo cavallo di ferro! Combattere al tuo fianco! Quello è stato incredibile! - Jiggy fece un ghigno voltandosi dall’altra parte, cercando un po’ di contegno, sempre per la sua distorta idea che le emozioni indebolivano e sorridere era un’emozione.
- Lo so. - Disse strafottente riferendosi al fatto che era incredibile guidare il proprio mezzo e combattere con lui.
“Sei stato anche tu incredibilmente all’altezza!”
Pensò sorpreso, guardandosi bene dal dirlo.
- Dobbiamo muoverci, ora! - Zazie lo guardò stupito dal basso.
- Ti sei già ripreso? Guidare il cavallo è faticoso. - Jiggy lo guardò altezzoso.
- Per chi mi prendi? Mi basta poco! Se ci impiegassi una vita a recuperare non avrebbe senso guidare il cavallo di ferro! - Zazie ridando allargò le braccia e senza ritegno esclamò a gran voce:
- Hai ragione, non può essere che il grande Jiggy Pepper ha una debolezza! Sei un grande! Spero di diventare come te, un giorno! -
“Non che tu lo sia già, ma sei sulla buona strada… “ Pensò Jiggy guardandolo mentre sbrodolava cuori per lui senza ritegno.
“È imbarazzante. Non per me, ma per sé stesso!”
Avrebbe voluto ridere un sacco, dentro di sé si stava divertendo molto. Non aveva mai avuto a che fare con uno così!
Non aveva problemi ad esprimere in modo estremamente diretto il proprio stato d’animo.
- Se continui a lavorare così, hai buone possibilità. - Disse Jiggy ammettendolo ad alta voce, come per dargli un piccolo premio che, dopotutto, si meritava.
Era stato bravo fino a lì, non aveva mai dovuto dirgli nulla, solo quando gli aveva spiegato come guidare la moto.
Zazie aveva occhi e bocca spalancata, le stelle al posto dello sguardo ebete.
- Davvero?! - Jiggy tese la mano in sua direzione per aiutarlo ad alzarsi.
Zazie lo guardò con quasi le lacrime agli occhi, ormai la dignità non sapeva proprio cosa fosse.
- Certo. - Asserì calmo Jiggy, Zazie gli prese la mano e lui lo tirò su in piedi, poi andò al cavallo di ferro e lo mosse preparandolo a ripartire. Gli diede un’occhiata per vedere se c’erano danni, ma sembrava tutto a posto, così lo girò.
- Non è facile guidarlo, tu ci sei riuscito subito e fra l’altro non l’ho mai dato a nessuno. - Volle ricompensarlo per l’ottimo lavoro, senza di lui non sarebbe riuscito a staccare ben due ali al Cabernet.
“Sono sempre stato convinto che i calci in culo aiutano più delle parole dolci, però è anche vero che quando avevo Gauche che mi incoraggiava a mettercela tutta, ero molto più forte di ora.”
Pensò chiedendosi poi come stava.
- Chissà il signor Suede se si è svegliato? E Lag starà bene? Non lo vedo da un sacco di giorni, sono a caccia di questo bastardo da un sacco, ho perso la cognizione del tempo… hai notizie? - Jiggy rabbrividì. Nel modo in cui aveva pronunciato il nome di Lag, c’era la stessa sfumatura con cui lui pronunciava quello di Gauche.
- No, quando sono andato via da Central, dormiva ancora. -
La notizia del suo risveglio non l’aveva raggiunto in tempo.
Non sapeva che intanto lui non solo si era svegliato grazie ad una strana risonanza con il cuore di Lag, ma sembrava anche ricordarsi di tutto e di tutti. Sembrava essere tornato il vecchio Gauche gentile e forte. Quello che viveva con la sorella Silvet e con il suo amico Lag.
Jiggy salì e avviò il motore col proprio cuore, poi fece un cenno a Zazie che saltò sopra in un attimo, afferrandosi alla sua vita, appiccicandosi a lui.
I due partirono lasciando il promontorio a ridosso del grande fiume che separava Yodaka da Yusari.
Dovevano raggiungere il ponte e attraversarlo in fretta, nel frattempo gli altri Bee rimasti a Central avrebbero protetto i cittadini facendo del loro meglio.
Il paesaggio riprese a scorrere veloce, il vento a colpirli e sopra di loro, le stelle divennero delle piccole scie luminose che scivolavano via veloci.
Le sciarpe dei due Bee si unirono dietro di loro, come due paia di ali.
Ogni volta che lo toccava, Zazie si emozionava ed il suo cuore si caricava di una gioia incredibile.
Ricordava quel flash di quando era piccolo, sebbene era stato sotto shock.
Le circostanze del loro incontro erano state particolari.
Il gaichu Laphariog aveva attaccato i genitori di Zazie che l’avevano abbandonato da neonato e che per questo lui, nel rivederli dopo diversi anni di povertà e maltrattamenti nell’orfanotrofio, dopo che era diventato un teppista solitario chiamato randagio il cui unico amico era rappresentato da una specie di gatto troppo cresciuto, Wasiolka, lui li aveva cacciati via pieno di odio e risentimento.
Poco dopo, mentre loro se ne erano andati, aveva sentito un gaichu attaccare nelle vicinanze ed era corso a vedere. Troppo tardi.
Non aveva provato nulla, nel vedere i genitori privi di cuore. Non sapeva nemmeno cosa era successo loro, era la prima volta che incontrava un gaichu. Se non fosse arrivato Jiggy, avrebbe riservato lo stesso trattamento anche a lui, il grande scorpione stava per attaccarlo, quando un proiettile blu lo aveva fatto scappare in fretta. Jiggy aveva provato ad inseguirlo, ma vedere un bambino in condizioni incerte l’aveva fatto fermare.
Non sapeva perché si era fermato, per Zazie non aveva avuto senso.
Stava cercando di abbattere un gaichu in fuga, perché era tornato indietro?
Zazie ci pensò in quel momento. Vissuta dal suo punto di vista, la cosa era ben diversa da come l’aveva percepita Jiggy quel giorno.
- Sai, quelli erano i genitori che mi avevano abbandonato da piccolo. - Disse improvviso appoggiando la fronte alla sua schiena, come se si vergognasse di dirlo, ma non potesse evitare di confidarsi. Come se fosse impossibile, per lui, evitare quel dialogo.
Jiggy capì che si ricordava.
- Pensavo l’avessi dimenticato, mi sei sembrato sotto shock. -
Rispose Jiggy apparentemente indifferente. Zazie continuò.
- Lo ero, ma non mi sono dimenticato il tuo nome e le tue parole. Di diventare forte e lottare per quel che volevo. Trovare uno scopo e fare di tutto per ottenerlo. Che i miei genitori non si sarebbero mai ripresi. Che sarebbe stata dura, da lì in poi, ma che dovevo lottare. E che le cose belle esistevano, di cercarle. - Jiggy non ricordava nemmeno di aver detto quelle cose. Gli era sembrato di prendere il bambino per vedere come stava e, una volta sentiti arrivare i cittadini in soccorso, andarsene.
Eppure sentendo le sue mani stringersi intorno alla sua vita, ricordava d’averlo stretto. E ricordava di nuovo quel che aveva provato.
Si era rivisto in lui, in quel che era successo a lui da bambino. Quando suo padre era morto per proteggerlo da un gaichu, quando poi era arrivato Largo Lloyd a salvarlo e gli aveva detto che solo un Bee poteva uccidere i gaichu, che i Bee erano quelli davvero forti e di non fare l’eroe. Che avrebbe ucciso lui il gaichu per il piccolo Jiggy.
L’aveva fatto davvero, poi era tornato altre volte a fornirgli inviti a diventare Bee. Il manuale da imparare, la scheda d’iscrizione, il permesso di passaggio provvisorio.
Lloyd si era impegnato molto per lui, non aveva mai capito perché, lui non gli aveva mai chiesto nulla.
Ma quando aveva salvato il piccolo Zazie aveva capito perché l’aveva fatto.
Si era rivisto in lui e probabilmente anche Lloyd aveva passato una cosa simile.
- Sei diventato Bee. E sei anche piuttosto conosciuto per le tue capacità di combattimento. Ce l’hai fatta, alla fine. - Zazie sospirò e sorrise con un pizzico di nostalgia e malinconia.
- Ho anche trovato qualcosa di bello. Però finché non porto a termine la mia promessa, non posso distrarmi troppo. - A Jiggy venne un flash.
Lui e Gauche avevano preso le stesse decisioni, all’inizio. Non distrarsi con una relazione per non perdere di vista i loro obiettivi.
Ma non erano riusciti a starsi lontani. Alla fine era contento d’aver vissuto, sia pure per un paio di anni soltanto, quella storia. La migliore della sua vita. Almeno in punto di morte avrebbe avuto qualcosa di davvero bello da ricordare.
- Le cose belle non ti indeboliscono, Zazie. - Disse mentre si avvicinava al ponte di collegamento fra le due zone di Amberground.
Zazie alzò lo sguardo e occhieggiò stupito il suo profilo.
- Però possono far perdere di vista l’obiettivo. - Jiggy non fece una piega, ma rispose.
- Ti danno la forza per andare fino in fondo. - Con questo non aggiunse altro.
Zazie voleva chiedergli perché l’aveva salvato quel giorno, ma la risposta la sapeva. L’aveva fatto per lo stesso motivo per cui Zazie salvava tutti quelli che incontrava.
Era una vocazione.
Al contrario fremeva per chiedergli cos’era la sua cosa bella, visto che non sapeva di una compagna o nulla di simile.
Ma si mangiò la domanda e al contrario continuò la propria confidenza:
- Ho promesso ai genitori con cui ce l’avevo, che li avrei vendicati ed avrei ucciso quel gaichu. Sono diventato Bee per ucciderlo. Mi sento in colpa perché se non li avessi mandati via, se avessi accettato il loro ritorno forse saremmo stati felici, avrei avuto un’altra vita. Invece sono cresciuto da solo dal primo alito di vita fino al mio arrivo all’Alveare. A rubare, a lottare, a venire denigrato. Aspettavo che si svegliassero, preparavo la zuppa per farli mangiare quando si sarebbero ripresi. Ma non l’hanno mai mangiata. Sono morti con me lì. Forse avrei dovuto… forse avrei dovuto saperli perdonare anche se mi avevano abbandonato… - I sensi di colpa avevano divorato Zazie da quel giorno, si era tormentato e non ne aveva mai fatto parola con nessuno.
Connor era l’unico che sapeva un po’ più di altri la sua storia. Poi Lag. A Lag aveva detto qualcosa, ma non sapeva molto.
Eppure ora era lì a parlarne con Jiggy, a confidarsi, a dirgli tutto, aprirgli il suo cuore con una facilità sconcertante. Dopo aver combattuto all’unisono contro il gaichu, come se non avessero fatto altro che quello da una vita.
Jiggy l’ascoltava silenzioso senza interromperlo, capendo cosa doveva essere stata la sua vita e perché il suo proiettile erano frammenti di odio e malevolenza. Un randagio. Zazie era cresciuto come un randagio. Eppure ora aveva conosciuto l’amicizia, l’amore ed era così entusiasta di fare quel lavoro, di andare in missione con lui, di superare le prove. Aveva trovato un suo equilibrio, aveva trovato un modo per farcela e non continuare ad essere triste e pieno di odio.
- Cosa ti ha salvato? - Chiese improvviso Jiggy, per la prima volta a mostrare interesse per altri al di fuori di Gauche e magari di Largo Lloyd.
Zazie alzò la testa e appoggiò il mento sulla sua spalla come un gattino.
- Come fai a dire che mi sono salvato? Non ho ancora mantenuto la mia promessa… - Zazie non capiva.
Jiggy voltò il capo verso di lui e si guardarono da vicino, sempre in movimento, sempre con l’aria che li carezzava.
- Sei una persona in gamba, Zazie. E non sei triste. Sai essere gioioso anche solo per una lotta ad un gaichu gigantesco. Ho visto persone consumate e senza speranza, tu non sei fra queste. - Zazie, colpito dal modo in cui l’aveva visto, si rese conto che aveva ragione.
Non era triste, non era demotivato, non era ancora pieno di odio come prima di diventare Bee.
Ci pensò per capire cosa era successo che gli aveva dato l’entusiasmo di affrontare le cose, sempre a modo suo, ma comunque di non abbattersi.
- Essere Bee. - Asserì poi. Jiggy sorrise tornando a guardare l’orizzonte. Stavano percorrendo il ponte, ormai erano alla volta di Yusari. La seconda parte della lotta li avrebbe attesi, una lotta senza possibilità di fallimento, quella volta.
- Mi ha salvato diventare Bee. Non perché ho sconfitto molti gaichu. Quello mi faceva godere molto, lo ammetto. - Jiggy sogghignò. Era davvero il suo compagno ideale. Peccato per la differenza d’età e per l’amore incancellabile che provava per Gauche! - Sono i cuori che consegno con le lettere. Quando faccio felice qualcuno per una cosa che faccio io. Ecco cos’è che mi ha salvato. -
“ E poi Lag sta dando un grande contributo!”
Ammise fra sé e sé, trovando un’informazione eccessiva da dare al suo idolo.
Già andare in missione con lui era una gran cosa. Se poi ci si aggiungeva il confidarsi, aprirsi, confessarsi, era il massimo. Se fosse finita con loro che ammazzavano il Cabernet, sarebbe stato un sogno perfetto. Meraviglioso.
- Non dimenticarlo mai, Zazie. - Disse Jiggy uscendo dal ponte, imboccando Yusari. - Non dimenticare mai cosa  ti fa sentire felice. Non perdere di vista le cose importanti, a nessun costo. - Zazie sorrise trovando in quelle parole, nuova linfa vitale che l’avrebbero aiutato ancora ad andare avanti, senza mai fermarsi, per nessuna ragione.

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Capitolo 25
*** Sopiti nel profondo ***


la_proporzione_perfetta25 *Ecco un altro capitolo, è tutto ambientato nel manga, ovvero sono scene ed eventi inseriti nel manga, però siccome erano importanti per la trama li ho messi anche io, non è facile descrivere quel che succede in un fumetto, specie lì che sono scene piuttosto movimentate e succedono moltissime cose. La prima parte è su Lag e Gauche, si scopre chi è davvero lui dopo il suo risveglio. Nella seconda si torna con Zazie e Jiggy che arrivano a Central inseguendo il grande gaichu cabernet. Perciò ci giostriamo fra rivelazioni, considerazioni ed azioni. Buona lettura. Baci Akane*

25. SOPITI NEL PROFONDO



"Tu nei miei ricordi
stai ancora splendendo nel mio cuore
Il cuore che mi passa accanto
si bagna di lacrime copiose"
/Kurenai - X Japan/

Zazie era molto felice, anche se era stato quello più di tutti a scontrarsi con il cabernet e quindi quello che si era fatto più male rispetto agli altri.
Era felice perché le cose con il suo idolo, Jiggy Pepper, andavano bene. E lo era perché era a caccia del gaichu con lui, sul suo cavallo di ferro.
Nonostante stesse compiendo una missione rischiosissima ormai da giorni, lui era felice e niente l’avrebbe abbattuto.
Non avrebbe mai immaginato che rincorrendo un mostro, si sarebbe ritrovato poi così al settimo cielo. Questo era chiaramente grazie a Jiggy.

Non era la stessa cosa per il piccolo Lag, il quale dopo aver svegliato Gauche in un modo che non era chiaro nemmeno a lui, si era ritrovato ad affrontare la verità più dolorosa di tutte.

Gauche in qualche modo era riuscito ad andare a casa con Lag e Silvet, però dovendo andare a fare delle consegne, li aveva lasciati cercando di sbrigarsi.
Sembrava proprio il loro Gauche. Aveva gli stessi atteggiamenti, modi di fare, gusti. Era lui. Non lasciava dubbi.
Sembrava che il proiettile lettera l’avesse riportato alla sua vita, non poteva crederci nemmeno lui.
Stava cercando di sbrigarsi, quando si ritrovò nei guai fino al collo. L’intervento di Gauche gli salvò la vita, come quel giorno di molti anni prima, quando l’aveva consegnato come lettera alla zia e gli aveva salvato la vita.
Tornarono insieme a casa dopo aver completato la missione, Gauche si caricò in spalle il piccolo Lag stremato, anche questo come quel giorno, quando si erano conosciuti.
Lag non ci poteva credere. Era la cosa più bella che avesse mai osato sperare.
Il suo Gauche era lì con lui, l’aveva aiutato, l’aveva salvato, lo trasportava come quel giorno. Sembrava che il tempo non fosse mai andato avanti, che le cose brutte non fossero mai capitate. Gauche era esattamente come l’aveva lasciato, come lo ricordava. Proprio uguale.
Eppure.
Eppure?
Solo dopo a casa il flash ritardato di un frammento del cuore di Gauche, gli aprì gli occhi.
Per salvarlo, Gauche l’aveva colpito con la sua sparacuore poiché aveva anche la capacità rigenerante.
Solo seduti tutti insieme con Silvet a mangiare la cena, a tavola, Lag venne colpito dal frammento del suo ricordo.
Il suo cuore gli mostrò quel che aveva dentro attualmente Gauche. Vide quello che aveva vissuto lui fin lì, vide chi aveva dentro.
E il dolore che provò nel constatare che erano solo ricordi di Noir, non ebbe paragoni.
Lag pianse incapace di trattenere le lacrime, ma non disse nulla. Non gli chiesero nulla. Anche Silvet aveva le lacrime facili specie ora che il suo fratello era lì.

Lag ingoiò la verità che aveva scoperto, poi dopo cena, una volta che Silvet si fu addormentata, lo raggiunse fuori, affacciato al tetto della casa. Lo spettacolo notturno della città di Central li avvolse, una brezza soffiava, mentre il silenzio li cullava.
Un silenzio innaturale. Come la bellezza che si apriva davanti ai loro occhi.
Tetti illuminati dalle luci delle case, più avanti, verso la capitale, il sole artificiale portava loro parte della luce tanto agognata da tutti.
Una bellezza ed un silenzio momentanei, come quella pace.
Come la felicità che Lag aveva provato nell’essere lì con il suo Gauche.
Era in piedi a guardare il paesaggio che invece non gli era mancato.
Il vento gli portò il profumo di bagno fresco di Lag. I capelli e la camicia si scostavano all’indietro.
Gauche non si voltò verso Lag che rimase indietro.
- Te l’ho detto. Che tutto il tuo cuore è passato attraverso me. - Iniziò calmo, con voce che tradiva un’emozione sofferente enorme. - E con il trascorrere del tempo riesco a percepirlo sempre più. - Disse ancora Lag, stingendo il pugno come faceva anche Gauche, rigido, fermo sul bordo della terrazza sul tetto, fatto di pietra.
Continuò a dire quel che aveva visto, la sua vita nei panni di Noir, quel che gli aveva fatto capire che non era Gauche.
Poi l’emozione fu incontenibile e Lag iniziò ad alterarsi, alzando la voce, mentre le lacrime ormai impossibili da trattenere scesero senza pietà:
- Io ho visto la persona che c’è nel profondo del tuo cuore… colui che ha ricevuto la mia lettera. Da quando ti sei svegliato tu ci hai ingannato per tutto il tempo? - Il dolore esplodeva attraverso la sua voce rotta dal pianto, ma Gauche continuava a dargli le spalle e a stare zitto.
- I MIEI RICORDI E I TUOI CON SILVET, TUTTO… HAI SAPUTO OGNI COSA TRAMITE IL PROIETTILE LETTERA CHE TI HO SPARATO IO?! - Sperava lo smentisse, che gli desse una prova contraria, perché Lag avrebbe sempre sperato, nonostante le evidenze, il dolore, la crudeltà di una verità che non aveva cuore di vivere, ma che non poteva nascondere.
- Io ci credevo, credevo che fosse tornato il vero Gauche… Silvet lo crede ancora e invece… tu non sei Gauche… sei Noir, vero? - Solo a quel punto Gauche finalmente si voltò, lo sguardo non più dolce e gentile, non più il suo sorriso. Solo un’aria fredda, vuota, indifferente.
Ed eccola lì la verità, davanti ai suoi occhi.
- Se potessi avrei voluto diventare Gauche Suede. - Mormorò tristemente Gauche, abbassando lo sguardo mentre un sorriso nostalgico e dispiaciuto aleggiava sul suo viso, bello come lo era sempre stato. - È come dici tu, Lag Seeing. Io sono Noir il marauder di Reverse. - Dall’alto di un tetto vicino, il suo mantello nero cadde verso di lui che lo prese con una mano, il fruscio fu accompagnato da un salto silenzioso di un’altra figura agile e sottile.
Lode, la ragazza che non era potuta diventare spirito, saltò davanti a Noir col coltello in mano per attaccare Lag nel caso avesse posto resistenza.
- Lode, sei ancora viva! - Disse Lag sorpreso, senza nascondere la sua gioia nel saperlo.
Noir fermò Lode dall’attaccarlo, non intendeva fare nemmeno un graffio a Lag.
- Mi spiace di averti ingannato ma c’è qualcosa che devo fare assolutamente fino al punto da spingermi a tanto. - Disse consapevole che aveva ferito enormemente Lag.
Eppure c’era qualcosa che gli impediva di affondare il colpo definitivo. Poteva semplicemente tramortirlo e andarsene senza spiegazioni, senza una sola parola.
Invece era rimasto lì facendo la parte di Gauche, coccolandosi Silvet e Lag. Uno privo di emozioni, uno vuoto come Noir non avrebbe mai finto. Per quale motivo farlo?
Lag non capiva, così come non capiva cosa dovesse fare a tutti i costi.
- Devi spegnere il sole artificiale? Perché? Perché devi depredare le persone della luce? Perché continui a rubare le lettere e il cuore degli altri? Non ti ricordi niente della capitale, no? Eppure perché? - Lag non capiva e piangeva e gridava, addolorato per questo. Incapace di farsene una ragione. Senza capire nemmeno perché avesse finto fino a quel momento.
Per lui, quel Noir ora era un mistero insoluto.
Noir non era tenuto, non avrebbe dovuto.
Eppure gli spiegò della povertà e sofferenza vista a Yodaka, la fascia sociale più povera di Amberground. Gli spiegò delle persone soggette agli esperimenti, buttate via in una discarica dal governo. Gli spiegò del dolore per cui combatteva al fianco di Reverse. Ma aggiunse anche un’altra verità, come se non fosse capace di nasconderla, di evitarla, di non parlarne. Seguendo questo richiamo di gentilezza ed onestà verso Lag.
- Hai detto di aver visto il mio cuore, allora anche tu li conosci il terrore e il disgusto nei confronti del sole artificiale che giacciono sopiti nel profondo del mio cuore. Nei ricordi di Gauche non c’è nulla di ciò che gli è accaduto nella capitale, però faccio sogni spaventosi, sono frammenti ma quando mi sveglio capisco che sono scene reali vissute strettamente legate al sole artificiale e non ne capisco il significato ma so che è rimasta incisa nel mio cuore una sola volontà. Devo assolutamente spegnere il sole artificiale. Lo devo al me stesso che è rimasto qua dentro. Se l’hai visto anche tu dovresti capirlo. Se mi fermerai dovrò spararti. Ti chiedo di lasciarmi andare. - Gauche tirò fuori la pistola, ma tutti sapevano che non l’avrebbe usata per fargli del male, solo eventualmente per fermarlo.
In Lag rimaneva quell’incertezza.
Perché aveva fatto finta di essere Gauche. Perché, perché?
Non poteva darsi pace. Per quanto fosse sconvolto, addolorato, arrabbiato per l’inganno, non capiva perché fare finta? Per sfuggire a Garrard?
Eppure no, eppure doveva esserci qualcosa, come c’era quando parlava delle memorie rimaste di Gauche. Qualcosa di lui c’era ancora. Qualcosa ci sarebbe sempre stato.
E a rispondergli le sue lacrime.
- Niente, non percepisco niente… volevo solo incontrare di nuovo Gauche Suede… -
Fu così che Gauche abbassò l’arma capendo che non l’avrebbe fermato, consapevole di quello che aveva percepito dall’inizio.
Che quel Lag Seeing non sarebbe mai stato una minaccia.
Noir non sentiva molto di Gauche. Ma quel poco, per lui, era impossibile non seguirlo. Era un istinto così forte e nostalgico che gli impediva di andare contro di esso.
Avrebbe potuto evitare di fingersi Gauche, ma quando si era svegliato con Lag e Silvet aveva percepito il forte desiderio di Gauche di stare ancora una volta con loro. Non era riuscito a contrastarlo.
E con esso, altri desideri, altre persone, altri volti da vedere.
Era come se dentro di sé sentisse scalpitare Gauche per uscire, ma non avesse la forza di farlo definitivamente.
Ricordi, memorie incise in lui, in fondo al suo cuore. Memorie così radicate grazie ai sentimenti provati per quelle persone che niente, nemmeno il sole artificiale, avrebbe mai potuto cancellare.
- Potresti dire a Silvet che Gauche è dovuto partire prima per la capitale con il signor Garrard? Non vorrei ferirla più di così. - Disse piano, con un sussurro gentile.
Lag, sconvolto, scattò verso di lui per gridargli che non doveva fare Gauche se non lo era. Perché quello era il suo sguardo gentile, la sua voce gentile, il suo Gauche gentile.
Ma lì c’era Noir!
Stava per colpirlo per farlo smettere, quando la campana delle emergenze suonò in tutta Central.
Lag si fermò e si girò a guardare, nel mentre Noir si mise il mantello nero e si avviò con Lode, poi si fermò e con un’aria triste, lo salutò.
- Non posso andare contro il mio cuore. Però i sentimenti che nutro per te e Silvet appartengono a Gauche, sono autentici, vengono da dentro di me. - Lag lo guardò, le lacrime agli occhi nel riconoscerlo ancora una volta. - Grazie della lettera Lag Seeing. - Dopo di questo, con una folata di vento lui e Lode se ne andarono per i tetti, verso quella che era la loro missione di spegnere il sole artificiale e vendicare il Gauche Suede sopito dentro di sé.

Era vero, si disse Noir correndo insieme a Lode dopo averle detto che non dovevano depredare i Bee. Loro facevano ciò in cui credevano e non era niente di male nei confronti delle persone. Anche loro cercavano di proteggere le persone che avevano sofferto. Non aveva senso combattere i Bee, per abbattere il governo.
Il Noir prima del proiettile lettera avrebbe sparato a Lag per assicurarsi di poter portare a termine i propri scopi, ma lui non se l’era sentita.
In lui, ormai, non c’era solo Noir.
In lui, ormai, c’erano dei sentimenti ingovernabili, sentimenti di un Gauche Suede, forse, non del tutto perduto.


Per quanto si erano organizzati, per quanti avessero dato la loro disponibilità, per quanti piani avessero usato, il Cabernet arrivò nei pressi dell’Alveare, pochi chilometri e sarebbe arrivato lì a riempirsi di cuore prendendo tutte le lettere nell’archivio e continuando a divorare i cuori delle persone di Central radunate dall’altra parte, sulla collina.
Persino Garrard si buttò nella mischia nel disperato tentativo di rallentarlo.
Per tutti la priorità era fermarlo in attesa dell’arrivo di Jiggy e Zazie, gli unici che avevano avuto risultati concreti contro il mostro, staccandogli ben due ali.
Il fatto che l’altra l’avesse staccata Lag e Gauche era emblematico, poi era ricresciuta, ma l’avevano fatto.
All’orizzonte si poteva sentire il rumore del motore del cavallo di ferro. Dovevano resistere poco.

Dopo la botta emotiva presa con Noir, Lag aveva avuto problemi a sparare il proiettile che non era uscito, così era rimasto anche gravemente ferito.
Connor era arrivato e l’aveva tratto in salvo ed insieme avevano proseguito l’inseguimento del Cabernet.
In uno stato d’animo di totale incertezza, Lag si fece portare dall’amico in carrozza nel disperato tentativo di riprendersi e di riuscire a sparare ancora. Nel dubbio più totale, uno di quei dubbi neri da cui non sapeva sa si sarebbe risollevato, veniva portato nella lotta all’ultimo sangue.

Jiggy e Zazie arrivarono nell’esatto istante in cui Garrard era preso dai tentacoli del Cabernet. I suoi dolorosi ricordi di un’anticamera della capitale dove aveva vissuto per gli ultimi anni a lavorare, si liberarono nell’aria, mentre lui pareva sempre più perdere le proprie forze insieme al suo cuore.
Ricordi di un dialogo con Largo Lloyd che gli diceva che era libero di agire perché quello era il momento di rivoluzionare il governo e di vendicarsi.
Jiggy e Zazie frenarono ai limiti del luogo del combattimento e con una sincronia ormai assodata, anche se del tutto naturale per loro, mirarono e spararono insieme.
Il proiettile liberò l’attuale direttore che cadde e venne raccolto dal suo possente dingo.
Zazie venne distratto dai restanti frammenti del cuore di Garrard che rivelavano dei segreti ben nascosti, ma Jiggy lo richiamò portandolo all’ordine.
Zazie scese per combattere con più libertà, ma Jiggy lo fece rimanere con sé. Si trovava bene a combattere insieme a quel ragazzino, capiva perfettamente la strategia in qualunque situazione, era come se gli leggesse nel pensiero. Non doveva dirgli cosa fare, lo faceva.
Zazie si concentrò e tornò al Cabernet che cominciava ad assumere sempre più delle grottesche ed enormi sembianze umane. Rideva inquietante. Aveva mangiato così tanto cuore, che cominciava ad assumere caratteristiche umane.
Il primo degli ultimi rinforzi ad arrivare fu Connor.
Appena lo vide, Zazie si esaltò come un matto, come sapesse che con lui doveva esserci per forza il suo Lag. Lo sentiva nell’aria, sentiva che era vicino. L’avrebbe rivisto dopo tanto, avrebbero ancora combattuto insieme. Lui, Lag e Jiggy. Cosa chiedere di più?
Senza bisogno di mettersi d’accordo, Connor e Zazie cominciarono a sparare proiettili e Jiggy si avvicinò con il cavallo di ferro al bordo del precipizio su cui il Cabernet stava in precario equilibrio.
Sparò con loro, nella simbiosi già comprovata.
Uno dei migliori attacchi combinati mai ricordati.
Il gaichu incassava ed incassava e non era chiaro quanto subisse e quanto si nutrisse. La forza raggiunta era mostruosa, ma non si sarebbero mai dati per vinti e fu allora, fu proprio allora, mentre il Cabernet perdeva il poco equilibrio che aveva, mentre stava per cadere, che Lag si precipitò dalla collina ripida, si tuffò come non avesse gravità. Per un momento parve volasse.
E mentre era lì in volo, con la pistola in mano caricata, lo sguardo fisso sul Cabernet in procinto di cadere, pensò solo alle persone che aveva ferito, quelle che aveva perso, quelle senza il loro prezioso cuore. A quelle che voleva proteggere. Tutte. Non ne dimenticò una.
In quel modo, sparò al centro del gaichu, trapassando i suoi orribili tentacoli a forma di bocca. Sparò il suo proiettile del cuore color rosso intenso e lo passò da parte a parte, entrando nella corazza.
Finalmente il cabernet cadde nel precipizio che si era aperto sotto di lui.
Niche afferrò Lag al volo impedendogli di cadere a sua volta e si puntò a sua volta nella parete rocciosa a lato. Teneva sospeso Lag nel vuoto, proprio al centro di quel buco nero profondo.
Sopra, ai bordi e tutt’intorno, si affacciarono tutti gli altri che avevano contribuito in quella lotta all’ultimo sangue.
Il primo a strillare felice ed entusiasta fu ovviamente Zazie, troppo felice di rivederlo. Il cuore carico come se non avesse sparato da giorni e giorni all’inseguimento più faticoso della storia dei Bee.
Il suo Lag era lì e stava bene, il resto non contava.
- LAG SEI SANO  E SALVO! -
- ZAZIE! - Esclamò felicissimo Lag nel vedere Zazie. Quanto gli mancava?
- Te la cavi bene bella gattina! Miao! - Fece il verso Zazie in quello che era diventato un loro codice segreto. Ormai Lag aveva rinunciato a redarguirlo, sebbene l’avesse chiamato così davanti a tutti.
Jiggy infatti aumentò il motore richiamando la sua attenzione, capendo che quei due dovevano essere la coppia di turno.
Lag lo notò e lo salutò, Jiggy ricambiò col gesto delle dita.
“Come me e Gauche… “ Pensò mentre Lag salutava anche Connor, Garrard e Valentine, il suo dingo rumoroso. “spero che a loro vada meglio di come è andata a me…”
Ma di tempo per i convenevoli non sembrava essercene molto.
Il cabernet era caduto colpito duramente, ma era morto? Il suo corpo non era esploso, nessuna luce si era dispersa nel cielo.
Poteva essere ancora vivo.
Garrard riportò tutti alla realtà e Lag rimase lì sospeso da Niche, completamente esposto al possibile ritorno del gaichu. La pistola puntata nel vuoto, concentrato a sparare ancora. Era al limite, sanguinava ed era ferito. Non sapeva nemmeno se poteva sparare ancora, ma lì cerano tutti quelli che contavano, che amava. Silvet poco più lontano con gli altri del villaggio, il suo Zazie, l’Alveare, i suoi amici.
Non avrebbe più vacillato. Con o senza Gauche. Con o senza obiettivi raggiunti. La vita di chi amava era troppo importante.
Non avrebbe mai più dubitato di sé.
Zazie, Jiggy, Garrard e Connor si sporsero a loro volta nel burrone mirando nel vuoto per coprire Lag nel caso in cui il Cabernet sarebbe spuntato, ma nel silenzio apparente di quell’istante infinito, fu Jiggy a notarlo.
Appena lo vide, chiamò Zazie, il primo nome, l’unico che riteneva alla sua altezza, così utile da affiancarlo nelle battaglia peggiori e più rognose e pericolose.
Le battaglie che si facevano con strategia, senza bisogno di mettersi d’accordo.
- Zazie… - Disse solamente. Zazie alzò lo sguardo all’orizzonte buio, dove guardava anche lui. Assottigliò lo sguardo e vide quel che vedeva lui.
Uno stuolo infinito di gaichu strisciava veloce verso di loro, attirato dal cuore sparato per colpa del Cabernet.
E a Zazie fu chiaro cosa voleva da lui Jiggy.
Chiaramente non si sarebbe tirato indietro, anche se quella era davvero una di quelle missioni impossibili. Affrontare un enorme gaichu, ma uno, era un conto. Tanti, una marea infinita, tutti insieme… beh, quello equivaleva a scavarsi la fossa.
Eppure Jiggy l’aveva chiamato per farlo e lui non si sarebbe tirato indietro. Oltretutto lì c’era il suo Lag. Doveva proteggerlo a tutti i costi.

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Capitolo 26
*** Ricordi autentici ***


la_proporzione_perfetta26 *Ecco il nuovo capitolo. Rimaniamo in quel che è successo nel manga, perciò in scene originali descritte già molto bene da Asada, ma riempiamo e arricchiamo con i retroscena di Noir. Cosa gli è successo fra il voler usare il Cabernet per distruggere il sole e la decisione di aiutare gli altri Bee ad uccidere il gaichu? Cerchiamo di capirlo meglio in quella fase confusa e particolare. Anche perchè abbiamo un Jiggy a poca distanza da lui. E se l'avesse visto durante la battaglia? Buona lettura. Baci Akane*

26. RICORDI AUTENTICI




"allora dammi una ragione

per dimostrare che ho torto
per lavare questa memoria pulita
lascia che le alluvioni attraversino
la distanza nei tuoi occhi
dammi una ragione
per riempire questo vuoto
riempi lo spazio che c'è
fa che sia abbastanza
da raggiungere verità e bugie
attraverso questa nuova divisione"
/New Divide - Linkin Park/

Noir e Lode lasciarono la città di Central recandosi alla periferia. La loro intenzione era quella di attirare il Cabernet, guidarlo in un certo modo verso la Capitale.
Si misero al riparo dalla folla e dagli occhi, in attesa dell’arrivo del gaichu che sapevano era alle soglie.
La città era in allarme, le persone non in grado di combattere si radunavano nella collina dietro la città, mentre ogni Bee in grado di combattere era chiamato ad impugnare la propria arma e andare al di là delle mura, nell’ultima difesa della gente innocente.
Avrebbero dato la vita.
Noir si fermò a guardare la scena che si consumava davanti ai suoi occhi, avvolto nel suo mantello nero, con il copricapo del medesimo colore.
Lo sguardo non era freddo e vuoto come prima. Lode lo guardava e lo vedeva diverso.
Aveva fatto cose non da lui. Aveva risparmiato quel ragazzino, aveva giocato a fare il loro amico ed ora i suoi sentimenti, il suo modo di fare era differente.
Dopo averla condotta vicino a casa di Silvet, si era appostato lì in attesa di vedere cosa sarebbe successo al Cabernet.
Silvet con tutta la gente era uscita all’estremità della collina, sperando di salvarsi.
Noir non disse una sola parola, non mosse un dito.
Il cabernet era arrivato, ogni Bee si era buttato nella battaglia, sparando proiettili per lo più inutili.
Garrard, il direttore e funzionario del Governo, stava rischiando la vita per impedire al gaichu di andare dalla gente.
Non sarebbe mai stato sufficiente. Cercava di farlo cadere in un burrone che si era aperto nelle rocce.
Non ci sarebbe riuscito.
Noir vide arrivare in suo aiuto due ragazzi, due Bee, sopra un cavallo di ferro che faceva un gran baccano.
Vide i due fermarsi e sparare in sincronia contro il Bee e salvare Garrard.
Il Cabernet era sull’orlo del precipizio ma non sarebbe bastato nemmeno quello.
Quando Noir mise a fuoco i due Bee, uno dei due attirò in particolare la sua attenzione. Assottigliò gli occhi color viola, qualcosa in lui stava reagendo alla vista del Bee più grande, quello coi capelli rossi spettinati, coperti in parte da un cappello.
Degli occhiali in plastica sul viso per proteggerlo dal vento e sotto, su una guancia, una grande cicatrice a croce.
Una cicatrice a croce.
Improvvisamente il cuore di Noir cominciò a battere forte, quasi come quando era entrato in risonanza con quello di Lag, ma era un po’ diverso.
Era la stessa cosa che gli era successo quando si era svegliato, quando aveva visto Silvet e Lag lì.
Il cuore gli aveva fatto male, ma non male di sofferenza. Male di gioia.
Noir si strinse il petto, più pallido del solito, mentre una reazione in lui lo stava quasi mettendo in ginocchio.
Gli occhi gli bruciavano. Era paralizzato, non riusciva a muoversi. Lode lo vide e si preoccupò chiedendosi cosa gli stesse succedendo.
- Forse non ti sei ripreso dal proiettile del moccioso? - Disse preoccupata per l’unica persona che per lei contava, anche più di Reverse stessa.
Noir scosse il capo e sorpreso disse:
- Non lo so… - Si concentrò su quel Bee che combatteva insieme all’altro. - È come se ci fosse una reazione… - Lode lo guardò senza capire cosa intendesse.
- Una reazione di chi? -
- Di Gauche Suede. - Lode spalancò gli occhi sorpresa come poche volte era stata da quando si era svegliata nei panni di quella creatura mezza umana, mezza fiore e mezza animale.
- Gauche Suede?! - Esclamò incredula. - Ma non dovresti avere ricordi suoi. Sono autentici o sono i ricordi immessi da Lag Seeing? - Noir scosse il capo focalizzandosi completamente su quel Bee lontano non così tanto da non vederlo distintamente, si muoveva a cavallo della sua moto, sparava insieme all’altro Bee più piccolo. A loro si erano uniti altri a dare man forte, il Cabernet stava per cadere ed in quello arrivò il piccolo Lag precipitandosi su di lui a sparare un forte proiettile del cuore.
Il Cabernet cadde giù e Lode si protese incredula e nervosa. Non potevano averlo sconfitto.
- Sono sensazioni autentiche. Non c’erano traccia in quelli di Lag… - Lode allora lo guardò di nuovo, sempre pallida.
- Ma su chi? -
- Su quel Bee… - Disse puntando al Bee sul Cavallo di Ferro. - Capelli rossi con la cicatrice sul viso. -
Lode lo guardò.
Erano tutti fermi immobili in silenzio, attenti a guardare nel buco. Lag tenuto su dalla sua dingo, Niche. Sospeso nel vuoto, la pistola puntata sul fondo pronto a sparare ancora se fosse risalito.
Poi il Bee dai capelli rossi alzò la testa vedendo all’orizzonte altri gaichu. Noir si voltò e vide la stessa cosa e si riprese allarmandosi, guardò subito Silvet, troppo esposta a questi altri che stavano sopraggiungendo in cerca di cuore. Un branco enorme.
- Silvet si farà male! - Esclamò guardando gli altri Bee troppo lontani da lei. - Lode, ti prego! - Un gaichu spuntò proprio vicino alla gente dove c’era anche Silvet e lei, sbuffando seccata perché non capiva cosa c’entrassero con lui, si precipitò da lei, la prese al volo poco prima dell’attacco di uno di quei gaichu minori e la mise in salvo dicendo di stare attenta perché poi lui si sarebbe rattristito.
Infine corse da Noir che si affrettò a nascondersi.
I Bee si misero a combattere contro gli altri gaichu, erano arrivati altri due. Riconosceva uno come Aria Rink, una ragazza che, dai ricordi di Lag, doveva essere stata una amica di Gauche.
- Non ce la faranno mai! - Disse Lode negativa, vedendo la fatica che facevano nel tenerli a bada. - E se torna il Cabernet a guardia c’è solo… - Ma non riuscì a finire la frase che un getto dalle profondità della terra, risalì enorme e potente investendo Lag e Niche, i quali, feriti, volarono via mentre il Cabernet risaliva ricomponendosi in un’altra forma, una forma umana, grottesca, gigantesca, deformata, ma vagamente umana.
- Ha preso così tanto cuore che assume fattezze umane. - Disse Lode.
Ma Noir era ora concentrato su Lag, avvolto da una parte dei capelli in movimento di Niche. Una Niche ben diversa da quella che avevano visto fino ad ora, bambina. Quella Niche era improvvisamente cresciuta e molto più forte, usava i capelli come fossero mani che mutavano in forma e grandezza, sembravano infiniti. Niche, furiosa, iniziò a fare a pezzi il Cabernet fino a fermarsi a metà, quando la bestiola con loro le disse che Lag era vivo, anche se molto ferito.
A quel punto Niche abbandonò la battaglia e saltò sulle mura della città, dove c’era il dottore a controllare la situazione.
Noir si voltò verso il Bee che aveva risvegliato in lui una reazione e stringendo le labbra, sollevato nel vederlo vivo a combattere senza mollare, andò a Central, tornando fra le mura che aveva abbandonato poco prima.
Lode lo seguì chiedendogli cosa volesse fare e perché si comportasse in quel modo.
- Sento qualcosa, Lode. Come sento l’odio verso il sole artificiale, sento l’affetto verso Silvet e Lag. E lo sento anche per quel Bee. Un affetto diverso da quello per i due bambini. Per lui è qualcosa di… - Noir cercò dentro di sé il termine adatto, poi lo disse sicuro. - carnale. - Lode arrossì gelosa.
- Gauche era in rapporti con lui. - Dedusse freddamente. - Ma che vuoi fare, ora? Non hai detto che è più importante spegnere il sole? Se loro sconfiggono il Cabernet, chi spegnerà il sole? -
Noir però non si fermava, come animato da qualcosa di più forte di qualunque ragionamento fatto fino ad ora.
- Non è questo il modo giusto. - Asserì deciso. - Voglio spegnere il sole per la memoria rimasta di Gauche Suede, me stesso. Però non a scapito di tutto il mondo. Non è questo il modo, Lode. - Asserì deciso correndo dal dottore per vedere come stava Lag. Sentendo il bisogno di assicurarsi delle sue condizioni. - E poi una volta che il Cabernet mangia il sole, chi lo ferma dal mangiare il resto del mondo? - Lode rallentò rimanendo indietro. Erano ragionamenti umani, erano ragionamenti di chi aveva un cuore, ma non un cuore qualunque. Di chi aveva un cuore gentile, forte e onesto.
“Gauche Suede è ancora vivo.”
Pensò senza esitare. Si chiese se doveva seguirlo ancora, se avesse senso farlo. Poi sentì una spinta dentro di sé che la intimò a seguirlo nonostante tutto, ovunque.
Evidentemente la stessa che provava Noir in quel momento.
Un essere dentro di sé, probabilmente l’animale con cui l’avevano incrociata, voleva rimanere con Noir. O meglio, con Gauche.
“Hanno detto che Suede aveva un dingo lupo. Che sia quello l’animale con cui mi hanno incrociato?” Si chiese ricordandosi che nei ricordi di Gauche, introdotti da Lag, il suo dingo si chiamava Lode, proprio il nome che Noir aveva dato a lei.
“Che io sia quel dingo?”

Noir arrivò nella postazione del dottore che stava curando Lag il quale si era risvegliato. Era ferito e affaticato e a malapena teneva gli occhi aperti, non riusciva nemmeno a stare in piedi, ma stava dicendo che doveva andare, doveva andare dagli altri ad aiutarli. Il Cabernet si era rigenerato quando Niche aveva smesso di farlo a pezzi.
- Se prende fattezze umane, il suo punto debole deve essere lo stesso degli uomini. - Ripeté il dottore. - Dovete distruggere il suo cuore, posto nello stesso punto di un uomo normale, nel petto. - Aveva mandato Niche a farlo, ma Lag si era svegliato dicendo che doveva andare anche lui.
- Ma tu non puoi farcela, Lag. - Ripeté Thunderland.
Noir a quel punto si fece avanti.
- Lo accompagno io. - Aveva seguito il suo indomabile istinto. Quello che lo stava facendo rimanere, quello che gli stava facendo provare dei sentimenti per Silvet, per Lag e per quel Bee.
Il dottore guardò Lag che perdeva i sensi, poi vide Noir e si sorprese. Sapeva da Lag che Gauche era Noir che fingeva di essere Gauche, sapeva che se ne era andato per seguire i suoi piani. Ma ora perché era lì, vestito da Noir, ma con uno sguardo gentile?
- Cosa vuoi, Noir? Una volta per tutte… non puoi interpretare tutte le parti che vuoi di continuo! Tu devi sceglierne una e seguirla! - Il dottore non aveva paura di Noir nonostante fosse teoricamente dalla parte di Reverse, coloro che avevan risvegliato quel mostro gigantesco.
Noir si avvicinò, Lode era a controllare la battaglia dove Niche faceva a fette, letteralmente, con una potenza devastante, il Cabernet nella sua forma più grande mai avuta.
Si chinò e prese il piccolo Lag fra le braccia, guardandolo con un affetto naturale e spontaneo.
Il dottore lo vide e si zittì. Non stava fingendo, anche perché ormai era venuto allo scoperto, sapevano tutti di lui.
- Sto solo seguendo la memoria incisa nel mio cuore. Ho provato ad ignorarla concentrandomi sulla volontà più grande residua nel cuore di questo corpo. - Disse sincero guardandolo negli occhi. - Ma non posso ignorare che lui non vuole che contribuiamo a ferire così tante persone. E non vuole che lasciamo indietro Lag. O che Silvet muoia. - “O che quel Bee finisca male.”
Pensò senza dirlo, come sentendo di non doverlo fare.
- Chi non vuole? - Chiese il dottore senza capire. Noir si alzò e si caricò Lag, ancora svenuto, sulle spalle, prendendo per lui anche la sua pistola. Poi lo guardò sapendo che non l’avrebbe fermato.
- Gauche Suede. - Con questo, Noir andò accompagnato da Lode che l’aggiornava sull’andamento della battaglia.
- Niche sta scoprendo il cuore del Cabernet. Gli altri Bee si concentrano sui gaichu tutt’intorno, li tengono a bada a stento. Ma alcuni si stanno per esaurire, non so quanto ne avranno. -
Noir annuì gentile.
- Grazie Lode. -
Se Lag voleva andare dai suoi amici a combattere, lui l’avrebbe portato lì e l’avrebbe aiutato. Perché era quello che voleva Gauche.


Un colpo, un gaichu che esplodeva.
Quello era Jiggy.
Zazie era di poco da meno. Non ci metteva molto di più. Concentravano al massimo il loro cuore per non doverne usare troppo per un solo mostro. In modo da poterne abbattere di più.
Niche stava facendo un gran lavoro col Cabernet, facendolo in pezzi.
Dopo che si era interrotta per portare Lag dal dottore, il Cabernet si era rigenerato, ma lei era tornata ed aveva continuato a colpirlo coi suoi capelli di lame.
- Zazie! - Chiamò Jiggy, attirato dalla luce delle mura. Il dottore stava comunicando con loro col codice morse dicendogli un messaggio. Senza pensarci Jiggy aveva chiamato Zazie, come se comunque gli altri contassero ben poco e lui fosse l’unico utile, l’unico a cui dovesse dirlo.
- Il punto debole è il cuore del Cabernet. -
- Steak e Niche lo stanno scoprendo, preparatevi a colpirlo. - Gridò poi a voce il dottore anche agli altri.
- Sali Zazie! - Chiamò Jiggy rianimando il cavallo di ferro, il motore riprese a ruggire e Zazie saltò dietro Jiggy seguendolo alla volta del Cabernet sempre più ridotto.
Era bello, pensò Zazie. Era bellissimo far parte della squadra personale del signor Jiggy.
Ma non aveva idea che era bello anche per lui avere un partner su cui contare, uno affidabile, degno delle sue lotte di alto livello che si trovava sempre a fare.
Jiggy e Zazie arrivarono ai piedi dei resti del Cabernet.
Niche lo aveva fatto a pezzi fino a scoprire il muscolo cardiaco, un enorme cuore sospeso sopra le loro teste.
Dall’altra parte, Lag e Noir.
Poco distanti Connor, Garrard e chiunque altro ancora in piedi a combattere con una pistola spara cuore.
Tutti i presenti alzarono perfettamente sincroni le pistole e caricarono i loro proiettili.
E, tutti insieme, gridarono ai proiettili di partire, ognuno col proprio nome.
Istantaneamente molteplici scie colorate corsero impazzite da mille direzioni alla velocità della luce e tutte insieme arrivarono all’enorme cuore, l’unico resto del terribile Cabernet che aveva seminato tanto dolore.
Tutti in quel colpo misero la disperazione, la rabbia, l’odio, la speranza. Tutti pensarono alle persone perse per colpa di quel mostro. Tutti pensarono al bene che stavano facendo, che avrebbero fatto da lì in poi.
Ognuno mise tutto sé stesso.
Le scie luminose colpirono il cuore contemporaneamente che esplose nel cielo notturno, un cielo che divenne azzurro chiaro per degli infiniti secondi. Il cielo si nascose a quella luce accecante. Poi tante piccole stelle scesero su di loro, dolcemente si posarono su ognuno, mentre solo il silenzio, dopo il boato.
Un silenzio innaturale.
Nessuno osava respirare, nessuno osava muoversi. Tutti rimasero immobili con i capi rivolti al cielo, gli occhi stretti a cercare di capire se era finita, se era finita davvero.
E così era.
Il gaichu Cabernet era svanito, svanito del tutto. Il cielo tornò buio, le stelle lì meravigliose a tempestare il manto blu scuro.
Zazie si lasciò cadere giù dal cavallo di ferro di Jiggy che si spense, ognuno aveva esaurito del tutto le proprie riserve, non sarebbero riusciti a sparare ancora, né Connor, né Aria, né Garrard.
I dingo, compresa Lode, continuavano a respingere gli altri gaichu minori rimasti che continuavano ad arrivare alla ricerca del cuore che li aveva attirati lì.
Ognuno ne aveva esaurito, perciò i gaichu si concentravano nell’unico posto da cui ne percepivano.
Uno solo.
Dove erano Lag e Noir.
Lag, dopo il colpo, era svenuto.
Noir aveva colpito Lag con un proiettile curativo, che però non era il suo forte. Lag aveva potuto sparare solo un colpo, adesso non riusciva proprio a rimettersi in piedi.
I gaichu stavano arrivando da lui, come invece percepissero che c’era. Nonostante a lui non sembrasse perché non riusciva più a risvegliarsi, lì il cuore c’era.
I gaichu dicevano questo.
Noir, ancora in piedi, sparava a raffica ai mostri che si avvicinavano affamati, chiamava a gran voce Lag dicendogli di svegliarsi che gli serviva aiuto.
Ma Lag non poteva sentirlo.
Il proiettile sparato da Noir aveva riversato in lui un ricordo che nemmeno lui sapeva di avere.
Un ricordo di quando era nella capitale.
Una sorta di ricordo bloccato.
Lag era in Noir. Lag era in Gauche.
Nel bianco del suo cuore, c’erano tante finestre, tanti ricordi. In primo piano quelli di Noir, che ricordava senza fatica. Ma Lag capì di dover cercare quelli di Gauche. Se era in lui, nella sua coscienza, dovevano esserci anche i suoi.
Cercò e trovò una cassetta chiusa, trovandosi magicamente una chiave in mano, aprì e una volta che vide, ne rimase sconvolto.
Il buio di Gauche che dormiva in un luogo oscuro, con un casco in testa che gli succhiava via tutta la forza vitale ed il cuore.
Era nella capitale? Erano i ricordi dimenticati di Gauche della capitale?
E poi una voce di donna, gentile. Che gli diceva di chiamarsi Anne e che aveva visto dai suoi ricordi il suo piccolo Lag.
- Gauche, tu hai perso molti ricordi ma non hai perduto te stesso. Fuggi. - Disse quella voce liberando un Gauche senza memoria.
Dopo di quella scena, il buio si fece bianco e la voce di quella donna si mise a parlare a Lag stesso, come se fosse lì. Era una lettera ricordo sopita dentro un istante mnemonico di Gauche.
La voce parlò a Lag dicendogli di essere sua madre, di andare dalla zia Sabrina che l’aveva cresciuto e ascoltarla, di cercare la verità. Infine disse che gli voleva bene, infinitamente bene. E che era la loro unica speranza.
Lag capì che era sua madre, la madre perduta, che gli avevano strappato dalle braccia per portarla alla Capitale, che non aveva più rivisto, la madre che cercava disperatamente.
E con tale disperazione si mise a piangere, il dolore di Lag esplose e proprio mentre fuori c’era Noir attaccato da mille gaichu, la luce uscì da lui come era già successo in altre occasione in cui si era sovraccaricato di emozioni e sentimenti.
La luce uscì da lui e accecò tutti, mutando di nuovo la notte in giorno. Ogni gaichu venne spazzato via e per un momento, per un momento lunghissimo, nessuno vide più nulla, sentì, capì.
Per un istante fu come il vuoto.
Poi, tutto tornò alla normalità.
La notte, di nuovo con le sue stelle. Nessun gaichu, un silenzio piacevole, la brezza, gli amici che gli correvano incontro per vedere se stavano bene e i ricordi di Lag ben impressi, ricordi di quel che aveva visto in Noir, ricordi del suo Gauche e di sua madre.

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Capitolo 27
*** Un compromesso accettabile ***


la_proporzione_perfetta27 *Eccoci qua, in questo nuovo capitolo invento tutto completamente, la battaglia è finita e prima di tornare alle scene del manga, mi sono divertita un po' a metterci del mio. E fra questo, c'è il tanto atteso incontro fra Jiggy e Noir. Avrà reazioni quest'ultimo? Buona lettura. Baci Akane*

27. UN COMPROMESSO ACCETTABILE




"Quando ho già visto questo luogo? dove ho visto il tuo viso? dobbiamo esserci incontrati attraverso gli anni spiriti nell'iperspazio siamo già stati innamorati non è un déjà vu, la prima volta che ti ho baciato ho incoraggiato il tuo ritorno una vita un rapido sguardo di Grazia e poi nulla più un amore per sempre, nella mia anima l'eternità nei tuoi occhi l'infinito tra le mie mani attraverseremo i cieli il viaggio non finirà mai"
/Foreverland - Belladonna/



Zazie scese dalla moto cadendo per terra, privo di forze. Non ce l’avrebbe fatta a rialzarsi in tempi brevi. Aveva sparato più di chiunque altro, era alla caccia del Cabernet da prima di tutti gli altri, prima ancora di Jiggy.
- È finita davvero. - Disse Zazie dopo la grande luce proveniente da Lag che aveva ucciso gli altri gaichu.
- Ma chi è quel ragazzino? - Chiese Jiggy stupito di quanto aveva visto.
- Lo chiamano il figlio della luce. Ora hai capito perché. - Zazie voleva rialzarsi e trascinarsi da lui, ma non ne aveva le forze, le gambe non gli reggevano.
- Ma come fa? - Jiggy era sinceramente stupito. Zazie si girò verso di lui alzandosi a sedere, sorrise in un modo indecifrabile.
- E chi lo sa? Quel che conta è che lo faccia! -
- Ma non vuoi cercare di saperne di più? - Per Jiggy era normale, non era una persona curiosa, ma Lag che brillava come un sole annullando tutti i gaichu in un attimo, aveva dell’incredibile. Persino per lui era impossibile non farsi domande.
- No, non voglio. - Disse Zazie a quel punto, posando i suoi occhi castano scuri in quelli azzurri di Jiggy. - Lag è Lag, non importa chi o cosa sia. Non lo amerei di meno! - Jiggy rimase colpito dalle sue parole, così come dalla sua forza nel dirle.
Che provava qualcosa di speciale per lui l’aveva dedotto stando tanto con lui in quella lunghissima giornata. Era bello che lo ammettesse senza problemi, lui non aveva mai voluto far trapelare i propri sentimenti per Gauche, solo Lloyd li aveva visti.
“Non importa chi o cosa è, per lui non cambia niente. Lo ama comunque.”
Jiggy chiuse gli occhi e sorrise pensando a Gauche. Forse era quella la risposta che cercava.
Cosa rendeva una persona tale? I ricordi conservati riguardo la propria vita vissuta? La consapevolezza di sé?
“Il carattere, la personalità innata incisa nel nostro DNA. Il carattere dipende da quel che viviamo, se ce lo scordiamo, che carattere viene plasmato? Eppure due persone vivono la stessa cosa, ma hanno due caratteri diversi. Perché dipende dal proprio essere.”
Jiggy scese dal cavallo di ferro ormai spento, non aveva nemmeno un po’ di cuore, ma riusciva a reggersi ancora un po’ in piedi, così tese la mano a Zazie e l’aiutò ad alzarsi. Questi sorrise e lo ringraziò.
- È l’amore di chi ci ama a renderci chi siamo. - Concluse Jiggy. Zazie si strinse nelle spalle.
- Secondo me è così. - Jiggy fece così un cenno leggero, come di gratitudine.
- È stato bello combattere insieme. - Zazie avvampò e trattenne il fiato.
- Anche per me. Un onore. Grazie. - Jiggy fece un piccolo ghigno, poi sentendo Connor avvicinarsi, lo lasciò.
Connor arrivò a verificare le condizioni del suo amico ed insieme si avviarono uno appoggiato all’altro alla volta di Lag. Jiggy guardò il cavallo di ferro spento ed alzando le spalle si accinse a spingerlo verso casa, per farlo doveva passare per la vallata dove si era consumata la battaglia finale, proprio dove Lag aveva brillato. Poi risalire la collina ed allora avrebbe trovato l’ingresso a Central.
Era poco dietro Zazie e Connor, quando lo sguardo risalì sulle figure che stavano controllando le condizioni di Lag.
Silvet era scesa dalla collina con la signorina Aria, Zazie e Connor arrivarono anche loro da Lag.
Jiggy si fermò, le gambe smisero di funzionare definitivamente.
Era diventato di piombo ed anche il respiro non usciva regolare, piuttosto era come se il cuore mancasse dei battiti.
Lo stomaco si contrasse in una morsa durissima.
Lì, vicino a Lag e agli altri, c’era una persona che mai in vita sua avrebbe immaginato di vedere, non in quelle circostanze, non in piedi con una pistola in mano.
- Gauche…? - Chiamò con un filo di voce, senza riuscire a farsi più avanti.
L’aveva lasciato addormentato, poi se ne era dovuto andare e non aveva saputo più nulla.
Ed adesso era lì. Era lì in piedi, aveva chiaramente combattuto con Lag. Era lì.
Gauche era lì. Il suo Gauche era lì.
Sveglio. Vivo.
Ma era davvero lui?
Sentendolo chiamare, Gauche si girò e quando lo vide, anche lui ebbe una reazione, ma non propriamente quella che si sarebbe aspettato, non quella in cui aveva sperato.
Gauche impallidì più ancora di quanto già non era di norma, spalancò gli occhi viola, così simili a quelli autentici del ragazzo che amava. Così uguali.
“Sono i suoi, sono i suoi ma…”
Tremante, il giovane si avvicinò. Era provato quanto loro, ma il suo tremore derivava da dentro. Era simile al proprio. Per un momento il mondo intorno si annullò, per un momento Jiggy provò l’irrefrenabile impulso di buttarsi su di lui e stringerlo davanti a tutti, baciarlo forte.
- Credo che noi fossimo legati, giusto? - Disse Gauche con un tono gentile, così simile, così uguale al SUO.
Per Jiggy fu come se una lama si conficcasse nel cuore dandogli il colpo di grazia.
- Sei Noir… - Mormorò con voce sospesa, in procinto di crollare. Noir annuì, dispiaciuto.
- Il proiettile lettera di Lag mi ha dato i ricordi che mi riguardano, ma solo quelli che erano a sua conoscenza. Purtroppo pare che ciò che è andato perduto, lo sia per sempre. - Disse cercando di essere il più delicato e gentile possibile. Jiggy non capiva perché lo era, non capiva perché era tanto dolce nel parlare con lui, non capiva nemmeno perché lo guardava così come l’aveva sempre guardato il suo Gauche.
E lì, in piedi, in un istante, fissandolo in quegli occhi tanto amati, vedendo la sua luce in fondo ad essi, capì.
“Ciò che rende sé stessa una persona è l’alito di vita stessa. Finché anche un soffio di cuore vibra dentro, lei sarà sempre lì! E Gauche c’è. Non ricorderà nulla, ma lì c’è il mio Gauche. Lì c’è.”
Jiggy allungò la mano tremante per toccarlo, gli occhi gli bruciavano lucidi, ma in quello Silvet arrivò chiamando Gauche. Ancora non sapeva.
Noir chiuse gli occhi dispiaciuto, li riaprì e scusandosi con Jiggy con un sorriso malinconico, si voltò verso la sorella per dirle che non era Gauche, ma Noir.
Jiggy strinse il proprio mezzo e si avviò verso l’Alveare, aveva bisogno di ricaricarsi. Come tutti, naturalmente.
E Gauche aveva bisogno di… poi si corresse. Noir? Noir aveva bisogno di trovare un posto?
“Gauche ce l’ha un posto, non deve trovarlo. Il fatto che lui non ricordi coscientemente, non toglie che lui è il mio Gauche e che il posto ce l’ha!”
Decise di lasciargli del tempo per consolare la sorella, poi sarebbe tornato da lui per fargli il suo bel discorsetto.
Prima l’aveva colto impreparato, non si era di certo aspettato di rivederlo sveglio.
Se era Noir perché si era schierato con loro, alla fine?
“È Gauche, solo che lui non ne è del tutto consapevole. Ma finché c’è chi lo ama, lui non smette di essere chi è davvero. Forse faticherà ad accettarlo, ma deve capire chi è. Io l’aiuterò a farlo. Adesso non lo lascerò più andare.”


Zazie riabbracciò Lag e subito si sentì meglio, come se si rigenerasse all’istante.
- Sai, ho combattuto tutto il tempo con Jiggy Pepper! Sono salito sul suo cavallo di ferro, ho corso con lui, l’ho anche guidato per un certo tratto! Lag, è stato meraviglioso! Eravamo sincronizzati, non abbiamo mai avuto problemi a capire cosa volevamo uno dall’altro! Io… non so cosa dire, è stata l’esperienza più bella della mia vita! - Zazie parlava a macchinetta mentre aiutava Lag a risalire la collina per andare all’Alveare, insieme ad un Connor che rideva un sacco.
- La più bella?! - Chiese Lag stupito e con un delizioso broncio. Zazie lo guardò sorpreso.
- Certo! Sono sicuro che mi capisci, hai combattuto con Gauche, alla fine si è svegliato, era lui, no? Altrimenti se era Noir di certo non ti avrebbe aiutato… alla fine tutto è andato bene, te l’avevo detto di non dubitare! - Zazie sembrava incapace di zittirsi e Lag sospirò mentre si girava dietro per vedere Noir che avanzava con Aria e Garrard. Silvet aveva deviato verso casa, probabilmente piangeva.
Lode punzecchiava Niche e Valentine punzecchiava entrambi. Gli altri Bee a seguito e tutt’intorno.
- Non è così. - Disse Lag rattristandosi con un sospirone. Zazie lo guardò spalancando gli occhi.
- Come no? Lui… - Lag si strinse nelle spalle dispiaciuto, confuso.
- Ha deciso di aiutarci perché ha… - Lag cercò le parole per descriverlo. - una memoria residua di Gauche, una sorta di istinto verso determinate cose. Per questo lui fino ad ora ha cercato di abbattere il sole. Sente che Gauche lo odia. Però ha anche sentito che non vuole ferire la gente innocente, per questo ha smesso di seguire Reverse e ci ha aiutato. E poi… - Abbassò lo sguardo pensieroso, insicuro, Zazie strinse la presa intorno al suo braccio che lo reggeva, reggendosi a lui a sua volta.
- E poi? - Chiese.
- Ha detto che non vuole ferire le persone che sono care a Gauche, Silvet, me… sta solo seguendo quello che sente provenire da Gauche, il residuo di Gauche… non so se questo potrà crescere o se è il massimo che avremo, ma è molto più di quanto credevo quando mi ha detto di essere Noir e che Gauche non sarebbe mai tornato. - Zazie lo fissò sorpreso, non sapeva come la stava prendendo, era dispiaciuto ed incerto ma sembrava aver ammortizzato il colpo. La stava prendendo sorprendentemente bene. Così gli diede una testata per stimolarlo e tramortendolo lo fece finire addosso a Connor che si lamentò.
- Bene, no? Abbiamo un membro di Reverse dalla nostra parte, magari ci aiuterà a stanare quei bastardi! E poi fra avere un bastardo che finge di essere nostro amico ed uno sincero che non finge di essere nostro amico, ma che è comunque dalla nostra parte… beh, è meglio quest’ultimo, no? - La metteva giù facile e leggera, come una sciocchezza. Lag con un bernoccolo in testa lo guardò in trance senza capire una parola di quel che aveva detto, così Zazie col broncio grugnì:
- È un compromesso accettabile! - Tradusse. - È dalla nostra parte, non finge più e soprattutto lascia che l’istinto di Gauche prevalga per quel che può. C’è ancora Gauche lì dentro. - Lag non l’aveva ancora vista sotto questo punto di vista. Lo guardò sorpreso, Zazie aveva la capacità di vedere le cose con chiarezza ed obiettività. Per questo stava bene con lui.
- Giusto. - Disse sorridendo di nuovo leggero, girandosi verso un gentile Noir che spiegava ad Aria come stavano le cose. Dietro, Niche e gli insulti a Lode e Valentine. Wasiolka lì con loro. - Un compromesso accettabile. - Molto più di quel che, ad un certo punto, aveva pensato di poter avere. Quando aveva perso la fede e creduto che tutto fosse andato perduto.


- Avanti, spogliati! - Disse il dottore.
- Nemmeno per idea! - Grugnì Zazie.
Il dottor Thunderland jr lo guardò male.
- Ho detto spogliati! - Ordinò più seccato.
- Ed io ho detto di no! E aggiungo pervertito! - Rispose sfacciato Zazie. La vena nella tempia del dottore si vide pulsare.
- Come faccio a visitarti se non ti spogli? -
Zazie rimase seduto sul letto, ma a braccia conserte e rivolgendogli la schiena, occhi chiusi, aria testarda.
- Tu fai sempre spogliare tutti per visitarli quando poi basta che gli ficchi quegli aghi nei bracci e ci dai quelle sostanze rigenerative! -
Il dottore rimase impettito a guardarlo, poi con la pressione alle stelle e la voglia di dare una testata a quel ragazzino impertinente, andò da lui e lo spogliò con la forza. Zazie pose resistenza, ma era parecchio indebolito per via della lunga lotta a cui si era sottoposto, così finirono sul letto, Zazie sotto il dottore che lo sovrastava schiacciando per immobilizzarlo, cercava di respingerlo, ma ormai gli aveva tolto tutto, rimanevano solo i boxer.
Fu in quel momento che Lag entrò sentendo le urla di Zazie.
- Ehi tutto ben… - Ma quando vide Zazie steso, nudo, sotto il dottore tutti avvinghiati uno all’altro, sbiancò, poi divenne di mille colori fra cui uno strano blu feroce e con occhi fiammeggianti e l’ambra che sembrava caricare un proiettile, un grugnito al posto della sua voce si sentì:
- Voi… voi cosa… cosa… - Lag era geloso marcio, aveva ovviamente frainteso tutto e sebbene il dottore non capisse cosa avesse tanto da prendersela, Zazie che lo capiva scoppiò a ridere trovandolo molto carino così geloso.
- Sto cercando di spogliarlo per… - Spiegò il dottore, ma Lag a quel punto prese e se ne andò sbattendo la porta.
- Siete due pervertiti! - Esclamò furioso.
Zazie continuò a ridere, mentre il dottore si alzò a sedere a cavalcioni sul ragazzino con le sole mutande addosso.
- Ma cos’ha capito? Figurati se mi piacciono i bambini! A me piacciono gli adulti! -
- Sì e intanto mi spogli ogni volta che devi visitarmi! - A quel punto il dottore tornò ai suoi doveri e guardandolo finalmente nudo, si illuminò e prendendo lo stetoscopio, si chinò su di lui auscultandogli il cuore.
- Hai passato molto tempo dietro al Cabernet, più di tutti gli altri. Sei stato il primo ad inseguirlo appena appresa la sua esistenza, sei quello che ha speso più cuore contro di lui. Voglio essere sicuro che tu stia bene. Se sei ferito sei il tipo che non lo dice. - Zazie scosse il capo e si arrese alzando le braccia alte sopra la testa, smise di combattere, troppo stanco per avere successo.
- Sbrigati che devo spiegare a quello scemo che non è come pensa! - Il dottore auscultò il suo cuore che in realtà sembrava regolare, così scese da lui e cominciò a controllare bene ogni centimetro del suo corpo.
- E cosa gli interessa se io e te abbiamo davvero una relazione? - Zazie alzò gli occhi al cielo seccato.
- Saresti un pedofilo, tanto per cominciare! -
- Oh, andiamo… come se ti dispiace essere toccato da me! - Il dottore adorava stuzzicare Zazie, non lo faceva con tutti, ma lui sì perché reagiva sempre come un esagerato. Con le dita gli pizzicò un capezzolo e Zazie scalciò sfiorandolo di poco.
- Sei un pervertito, visto? -
Il dottore rise sadicamente mentre gli scostava i capelli dalla fronte per controllare la ferita che non sanguinava più copiosamente, ma che non era ancora rimarginata.
- Questa è profonda… - Così dicendo prese gli strumenti e iniziò a medicarlo.
Zazie sospirò e tornò a quietarsi, arrendendosi. Le sue mani esperte sulla fronte gli stavano dando tanto fastidio quanto sollievo, a breve sarebbe stato di nuovo bene. Sebbene stare nudo davanti a lui non gli piaceva per nulla.
- Quindi tu e Lag… - Zazie avvampò e fece una smorfia cercando di guardare da un’altra parte.
- Macché… - Il dottore ridacchiò chiudendogli la ferita sulla fronte con una benda.
- Perché no? È piuttosto evidente che vi piacete, non c’è mica niente di male… - Zazie sospirò e aprì di nuovo gli occhi guardando nel vuoto, accanto a sé, serio e pensieroso. Il dottore gli mise il casco che misurava il cuore, mentre infilava il famoso ago al braccio per iniettargli un siero che l’avrebbe aiutato a rigenerarsi più in fretta.
- Ma Lag è… piccolo… non capisce bene la natura dei sentimenti, ne prova tanti, forti, per tutti e… - Non voleva illudersi di essere così speciale, anche se effettivamente un certo rapporto ormai ce l’avevano.
- Mi sembra che non faccia scenate di gelosia per tutti. - Rincarò indulgente il dottore.
Zazie alzò le spalle sempre senza guardarlo, mentre il dottore preparava il secondo letto per un altro paziente da controllare. Aveva deciso lui la priorità, in base a chi aveva combattuto e quanto.
- Mi sembra di sporcarlo. Lo sento puro e innocente, ci ho provato, si lascia fare, prova qualcosa, ma non… non so, mi sono bloccato ad un certo punto. Ho come la sensazione di sporcarlo. Come se lui fosse speciale. - Il dottore lo guardò colpito dal suo discorso maturo per un quattordicenne. Piegò il capo di lato e senza farsi vedere sorrise dolcemente.
- Che sia diverso dagli altri è vero, ma non devi evitare per partito preso. Scoprilo, conoscilo. Non pensare di sapere com’è. Vivilo sulla pelle. - Zazie lo guardò stupito di quel suo discorso, si girò incredulo della sua serietà e della sua utilità, però non fece in tempo a ringraziarlo che aveva aperto la porta e chiamato il prossimo paziente.
- Jiggy! - Zazie avvampò di nuovo realizzando che doveva visitare e curare lui. Quando si voltò, vide il giovane in uno stato di crisi mistica, occhi spalancati, alzato sui gomiti e di mille colori.
- Che c’è? Jiggy Pepper ha consumato molto cuore, ha combattuto quasi quanto te… per di più lui guida il cavallo di ferro, devo assicurarmi che prima di riaccenderlo, sia del tutto rigenerato. E non è tipo da aspettare molto prima di rimontare in sella. - Spiegò il dottore.
Zazie non riuscì a proferire parola e il secondo dopo, Jiggy entrava sistemandosi nel letto accanto a quello di Zazie. Lo notò e lo salutò come se ormai fossero qualcosa di molto simile ad amici, per quanto il grande Jiggy potesse averne.
- Spogliati. - Disse il dottore a Jiggy che si sedette sul letto. Questi lo guardò fulminandolo con le sue due lame sottili e azzurre, affilatissime.
- Scordatelo. - Il dottore alzò gli occhi al cielo esasperato!
- Siete uguali voi due! Siete gli unici che mi creano sempre problemi! Vi ho visto nudi mille volte! Siete fra i più incoscienti, quelli che si riducono sempre peggio! Perché non volete mai spogliarvi davanti a me? - Jiggy rimase duro davanti a lui mentre Zazie rimaneva a bocca aperta a guardarlo, incredulo che anche lui avesse i suoi stessi problemi col dottore.
- Si chiama pudore! - Rispose gelido Jiggy, lanciando poi uno sguardo eloquente a Zazie. Zazie avvampò.
- È per me? Posso andarmene! Devo trovare Lag per dirgli che questo è un pervertito, ma che non lo sono pure io e… - Quando Zazie era imbarazzato parlava a macchinetta. Jiggy così lo fermò.
- Non sei tu. -
- E comunque non puoi andare da nessuna parte. - Lo fermò il dottore che poi prese un’ascia in mano rivolto a Jiggy. - Se devo costringere anche te, lo farò! -
- Ah, ma lui mica lo violenti, eh? - Strillò Zazie indignato. Jiggy lo guardò meravigliato.
- Ah, violenti ragazzini, eh? Ma bravo! Lo sapevo che eri un pervertito! Se osi toccarmi guai a te - Il dottore così si ritrovò con la seconda vena pulsante sulla tempia.
- Sebbene tu rientri più nei miei gusti personali… fidati che non alzerò un dito nemmeno su di te. Se collabori. - E così dopo la consueta mezz’ora passata a convincere i due più testardi dell’Alveare a spogliarsi per farsi visitare, ebbe successo e riuscì a fare il suo dovere.
Zazie non voleva guardarlo per non metterlo in imbarazzo, ma chiaramente non poteva evitare che i suoi occhi si incollassero al suo corpo quasi del tutto nudo.
E appena lo vide, smise quasi di respirare.
Il corpo di Jiggy era coperto di cicatrici dalla testa ai piedi, frastagliate e di diversa natura, ottenute in molti modi nel tempo. Aprì la bocca meravigliato mentre il dottore gli infilava l’ago per la flebo e gli metteva il misuratore di cuore in testa intimandolo di stare steso.
- Sorprendentemente oggi Zazie ti batte in quanto a ferite! - Disse il dottore ironico.
- Visto che non serviva mi spogliassi? -
- Ma che vuoi, amo vederti nudo. -
- Lo so. - E questa conversazione assurda ebbe fine con il dottore che usciva dall’infermerie dicendo che sarebbe tornato dopo.

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Capitolo 28
*** Hai solo il presente ***


la_proporzione_perfetta28 *Ecco un altro capitolo. Dopo la lotta contro il cabernet servono cure e riposo e c'è un momento preciso fra la fine della battaglia e la riunione dei Bee con Noir in cui i ragazzi hanno tempo di trovarsi, respirare e confrontarsi. In principio Zazie ha l'occasione di parlare di nuovo con Jiggy, così come Lag con Noir, ma poi finalmente le coppie si ritrovano. Ma come sarà l'incontro privato e da svegli di Jiggy e Noir? Buona lettura. Baci Akane PS: il disegno che ho scelto è di Asada, ma non è Jiggy però visto che me lo ricorda molto, l'ho scelto lo stesso per lui. Così come Akane Tachibana di I'll è uguale a Zazie...*

28. HAI SOLO IL PRESENTE



"Tu sei la ragione per la quale ho aspettato tanti anni."
/Can't find my way home - Blind Faith (Alison Krauss version)/


Il silenzio non rimase molto, li coccolò per un paio di minuti, poi Zazie fu il primo ad interromperlo. Non osava guardare ancora Jiggy.
Aveva passato una vita ad idolatrarlo a distanza, ed ora in poco tempo l’aveva visto e ci aveva combattuto a fianco. Non sapeva bene cosa dire, ma non voleva sprecare quel tempo prezioso concesso ancora una volta con lui.
- Quel dottore è proprio strano. - Disse facendo finta di nulla. Jiggy rispose secco:
- È un pervertito! - Zazie così prese il via a parlare infervorato.
- Infatti, ha candidamente ammesso che gli piacciono anche gli uomini! - Jiggy così lo guardò con aria apparentemente indifferente, ma nessuno dei suoi sguardi era tale sul serio, altrimenti non li lanciava proprio.
- Piacere uno dello stesso sesso non è essere pervertiti… tu stai con Seeing, giusto? Sei pervertito? - Zazie avvampò per il suo essere tanto diretto, ma era lo stesso per lui, sempre. Così incassò.
- Infatti io sono pervertito. Ma con lui e basta. Anche se… - Arrossì ancora e guardò dall’altra parte, vergognandosene. - è difficile fare il pervertito con lui, perché mi sembra di sporcarlo troppo! - Aveva questo peso dentro e non sapeva come levarselo, prima ne aveva parlato addirittura con il dottore che gli aveva consigliato di non precludersi nulla. Ad un certo punto l’avrebbero saputo tutti e non gli importava molto.
Non lo poteva sapere ma in quello lui e Jiggy erano diversi.
Come lo erano nell’esprimere i loro istinti, i sentimenti, le emozioni. Zazie era puro istinto selvatico, esagerava quasi in tutto, era estremamente diretto. Jiggy ingoiava tutto, teneva ogni cosa dietro un muro, non esprimeva nemmeno uno starnuto.
- Come mai? - Chiese interessandosi a qualcuno e qualcosa per la prima volta dopo tanto tempo. Aveva un tono vagamente indulgente, oltre che interessato, anche se cercava di mantenere il solito contegno. Non voleva sembrare troppo coinvolto, ma quel Zazie… quel Zazie non riusciva a tenere le distanze. O meglio era lui che non riusciva a tenerle da Zazie. Lo viveva diversamente dagli altri. Anche da Gauche stesso chiaramente. O da Lloyd, per cui provava un senso d’amicizia abbastanza netto.
Per Zazie…
“È più come se mi rivedo in lui. E spero che non diventi come me. E che sia più felice di me.”
Non voleva facesse i suoi errori.
- Perché è pulito, è diverso dagli altri, ci ho provato, ci sta, ma… è troppo pulito. Non ci sono riuscito. - Era chiaro a cosa si riferiva, ma Jiggy non se ne imbarazzò, così decise di premiare il suo coraggio.
- Io ho passato gli anni a combattere con la speranza di rivederlo. - Disse enigmatico e sibillino. Zazie trattenne il fiato e si girò a guardarlo, Jiggy fissava il soffitto mentre la sostanza iniettata dal dottore cominciava a fare effetto anche su di lui. - Da un lato non volevo sperare perché poi se non fosse tornato ci sarei rimasto troppo male. La speranza è debolezza. Io devo essere forte. - Continuò serio, composto, senza particolari inclinazioni. - Dall’altro ho sempre continuato a cercarlo e sperare di ritrovarlo, sapendo che doveva esserci da qualche parte. - Zazie voleva chiedergli se si riferiva al signor Gauche, ma non osava andare così oltre.
- E alla fine? - Chiese con un filo di voce.
Jiggy si voltò a guardarlo con un’aria un po’ più morbida.
- Alla fine non so cosa abbia vinto, la speranza o il cinismo. Però lui è tornato. Non è come speravo, come pensavo, come doveva. Però è qua e non importa in che condizioni è e che destino ha. È tornato qua e a me basta. - Zazie capì che parlava proprio di lui e decise che questo sarebbe rimasto fra loro, non l’avrebbe detto nemmeno a Lag. Anche perché lui non sapeva tenere la bocca chiusa.
- Ma col senno di poi era meglio sperare o no? - Jiggy fece uno dei suoi rari e brevi sorrisi appena accennati.
- Non lo so. Il punto è questo. Non puoi sapere come sarà una cosa, o come è davvero. Ti puoi fare i tuoi film e credere in quello che vuoi. Alla fine le cose vanno come devono andare, le persone sono come devono essere. Indipendentemente da come le vivi tu. Perciò cerca solo di non avere rimpianti se un giorno lui dovesse perdere sé stesso. Il presente è tutto ciò che hai. Il passato spesso viene perduto, il futuro a volte è inarrivabile e non sarà quello che volevi. Hai solo il presente. - Zazie si sentì più leggero e più chiaro con le proprie emozioni ed i sentimenti.
Dopotutto aveva ragione.
Avevano solo il presente.
Capendo che Jiggy e Gauche erano una coppia, e nel saperlo si sentì un privilegiato perché era chiaro che nessuno nemmeno sospettava, e vedendo cosa era successo a loro, capì quello che doveva fare.
“Lag è qua adesso. Non posso sprecare il prezioso presente con lui. Potrebbe essere tutto quello che ci è concesso. Non avrò rimpianti, un giorno.”
- Grazie. - Mormorò colpito e grato, quasi con una strana dolcezza. Un Zazie ben diverso da quello scontroso e rumoroso e selvatico che conoscevano tutti.
Jiggy non fece nulla.
- Spero che alla fine valesse la pena sperare… - Aggiunse poi riferito alla sua triste storia con Gauche.
Jiggy sospirò e guardò in alto con gli occhi che pizzicavano.
- Lo spero anche io. -


Lag e Noir erano nell’altra stanza, l’infermeria era composta da un paio di queste e all’occorrenza potevano allestirne altre.
Il dottore aveva finito anche con loro, ci aveva impiegato poco perché avevano collaborato.
Rimasti soli, Noir fu il primo a parlare come se avesse bisogno di confidarsi e sentisse di poterlo fare solo con lui, perché dopotutto lo capiva meglio degli altri. In qualche modo. Forse.
- Sai, quando ho incontrato quel Bee con la cicatrice in viso… - Lag lo guardò sorpreso.
- Jiggy Pepper? - Nella sua ingenuità Noir annuì e fece quel che Gauche non avrebbe mai fatto. Parlò della sua storia con Jiggy.
- Ho avuto una sensazione come quella che ho con te e Silvet. Il cuore di Gauche reagisce a certe persone, a quelle a cui teneva particolarmente. Anche col dottore, per esempio. - Lag sorrise sapendo che avevano un bel rapporto.
- Quindi eri amico di Jiggy? Ma lui non sembra… - Noir annuì.
- Per questo… non si è mai avvicinato a me. Tutti da quando sono qua sono venuti a parlarmi, ma lui no. Eppure quando l’ho visto ho sentito una forte reazione. Non so proprio cosa fossimo, ma il fatto che lui non mi abbia cercato… - Lag era molto sorpreso, ma capendo che Noir aveva bisogno di confidarsi più di ogni altro, l’ascoltò.
- Ma prima avete parlato, mi sembra… - Noir annuì ancora stringendosi calmo e placido nelle spalle.
- Sì, mi è sembrato emozionato anche lui, ma era anche rigido, come se volesse ma non potesse. Non so, non capisco bene. Tu non lo conosci? - Lag si strinse nelle spalle e disse quel poco che sapeva.
- Jiggy Pepper è solitario, nessuno sa molto di lui. Sembra che solo l’ex direttore Largo Lloyd fosse in sufficienti rapporti da saperne qualcosa. Però non so altro. - Poi ridacchiò. - Zazie lo adora, è il suo idolo. È una persona molto forte, però è solitaria. - Noir ascoltò bevendo ogni cosa che poteva dirgli, con un interesse spontaneo e assetato. - Secondo me devi parlargli e chiedere a lui, non penso che nessuno sappia nulla. Non ho mai saputo niente di voi due, so molte cose di Gauche, ho incontrato molte persone che lo conoscevano, mi hanno dato i loro ricordi con lui, ma di Jiggy Pepper non una traccia con nessuno. Nessuno sa nulla di voi se c’è qualcosa da sapere. Perciò devi chiedere a lui. - Noir annuì.
- Grazie. Lo farò. - Perché sentiva dentro di sé che lui era una delle cose che non poteva, non poteva assolutamente lasciar perdere.


Le due coppie uscirono nello stesso istante dalle due infermerie.
Usciti dalle porte, si fermarono e si guardarono notandosi.
Il primo a reagire fu Zazie che si avvicinò a Lag ricordandosi della scenata di gelosia di prima, quando era entrato col dottore che lo stava spogliando.
- Ehi, senti, il dottore è un pervertito, ma io non c’entro nulla! Non devi essere geloso! Io sono solo tuo, bella gattina! - Lag avvampò e fissò i due ragazzi che si facevano indietro, mentre Niche e Lode riprendevano a discutere come sempre.
- O… ok… è che vi ho visto in quel modo e non ho ragionato. Ma va bene… scusa! - Zazie sorrise compiaciuto.
- Ma dai, è stato bellissimo vederti così! - Continuò malizioso e totalmente a suo agio in quei discorsi. Poi riprese: - allora come stai, ti sei ripreso? -
Lag sorrise dolcemente annuendo.
- Bene, il dottore mi ha dato una cosa che mi ha aiutato subito. - Poi mostrò le molte bende che aveva per le ferite riportate. - queste le devo portare per un po’. -
- Ma ti fa male? - Chiese Zazie impressionato di quanto era messo male e del fatto che fosse già in piedi. Lag continuò sorridendo.
- Un po’ ma non è niente di eccessivo. Posso farcela. - Nella sua ingenuità non c’era di certo niente di malizioso. Jiggy, dietro di loro di un paio di passi, accompagnato da Noir apparentemente indifferente come lui, fece un ghigno impercettibile. Zazie rise ben più sguaiato e lo circondò col braccio avvicinando la bocca al suo orecchio malizioso:
- Sono contento, mia bella gattina, perché sono in astinenza! - Lag capì cosa intendeva ed avvampò mentre Noir li guardava stupiti ed ammirato della loro disinvoltura. Specie quella del ragazzino dai capelli neri. Jiggy non fece espressioni, però scosse il capo.
“Ha decisamente le idee chiare!”
Ed ovviamente lo invidiava per questo. Come invidiava che Lag fosse sé stesso e non avesse perso praticamente tutto il suo cuore.
Lasciò che le loro voci sfumassero davanti a loro per rivolgersi a Noir, per lui comunque sempre il suo Gauche.
- Dobbiamo aspettare per la riunione, ci sono molte persone da curare e cose da sistemare. Però hanno richiesto tassativamente la nostra presenza per gli aggiornamenti e fare il punto della situazione. -
Noir annuì con gentilezza e calma, Lode dietro di loro che li seguiva con la solita Niche che starnazzava insulti alla dingo di Noir. Per qualche ragione le due non si prendevano affatto.
Davanti, a ridosso delle scale, Lag e Zazie si erano appartati a parlare. Jiggy e Noir videro le loro espressioni ora serie e non più maliziose.
Passandogli vicino, prima di decidere come e dove aspettare l’inizio della riunione in quel caos che si espandeva davanti a loro in quasi ogni parte dell’Alveare, sentirono Lag dire a Zazie che dopo la riunione sarebbe partito per andare dalla zia Sabrina che aveva una cosa importante da dirle.
- Quando Noir mi ha sparato un proiettile curativo, mi ha mostrato un ricordo di Gauche. Era proprio l’ultimo ricordo di Gauche, di quando era alla Capitale. Aveva già dimenticato tutto, ma ha incontrato mia madre che l’ha liberato dicendo che non era ancora del tutto perduto. E gli ha detto di dirmi tramite una lettera ricordo di andare dalla zia Sabrina a cercare la verità su di me. - Spiegò Lag ad un Zazie attento ed imbronciato.
- Qualunque cosa sia devi aspettare di rimetterti! Sei molto ferito! - Lag sorrise.
- Certamente, il dottore non mi farebbe mai partire subito. - Lag sospirò.
- E poi vengo con te! - Aggiunse Zazie convinto. Lag rise.
- Devo farlo da solo e poi siamo a corto di personale, qualcuno deve riprendere a consegnare. - Lag aveva ragione, ma ci mise molto a convincere Zazie della cosa.
- Ti va se andiamo ad aspettare da qualche parte più tranquilla? Io ho ancora un po’ di mal di testa. - Disse Jiggy dando per scontato che avrebbero aspettato insieme. Noir rimase stupito dell’invito, ma si sentì felice dentro di sé.
Gauche era contento di appartarsi con lui. Poi una frase si formò nella testa.
- Non ti piace molto la gente, vero? - Jiggy lo guardò sorpreso. Aveva capito che in lui di Gauche c’erano solo istinti primordiali, per così dire. Per cui come sapeva che non gli piaceva la gente?
Noir sorrise gentilmente proprio come faceva Gauche.
- È un’intuizione. - Spiegò. Poi si rivolse a Lode. - Lode, puoi darmi un po’ di tempo? Devo parlare con lui. - Lode guardò Jiggy che la guardava a sua volta chiedendole privacy. La ragazza dingo annuì seria. - Credo che anche Lag abbia bisogno di un po’ di tempo con Zazie. - Aggiunse intendendo di badare a Niche. Lode alzò gli occhi al cielo seccata.
- Ecco, anche da baby sitter alla stupida dingo sbadata di Lag! - La soprannominava stupida e Niche ricambiava con altri vari epiteti poco gentili.

Noir sorrise un po’ divertito, seppure sempre tranquillo. Poi guardò Jiggy e attese che gli facesse strada.
Era emozionato e felice, non sapeva come esprimere quel che sentiva, però sapeva che voleva essere lì con lui.
Per lui era difficile giostrarsi.
Quando si era svegliato nella discarica attraverso la quale era scappato, Lode l’aveva aiutato e salvato, ma non aveva mai avuto l’ombra di un ricordo di sé. Perciò gli era venuto spontaneo seguire Lode e poi Lawrence di Reverse e fare quello che volevano.
Quando dormiva aveva degli incubi terrificanti che riguardavano il sole, sentiva un odio profondo, un terrore acuto. Perciò aveva seguito Reverse. Spegnere il sole era la sola cosa sensata per sé stesso.
Però piano piano aveva aggiunto tasselli ad un sé stesso a pezzi che non sapeva nemmeno cosa dovesse provare.
Lag piano piano e con insistenza gli aveva restituito sensazioni ed impressioni e poi dei ricordi suoi che però venivano da lui. Ma adesso era meglio di prima. Adesso aveva un film, od una parte di esso, che gli mostrava chi era. Non sentiva di essere quella persona, però sapeva di esserlo. Era meno angoscioso di prima. Anche se, chiudendo gli occhi, aveva sempre gli stessi incubi ed ora che le sensazioni e le emozioni di Gauche prendevano il sopravvento, Noir non sapeva come muoversi. Non aveva veri e propri ricordi di sé, erano istinti, erano comunque qualcosa, ma non abbastanza da poter tornare a vivere come prima.
Era incerto su come comportarsi, come muoversi, cosa fare.
Perciò nella confusione profonda in cui si trovava, aveva deciso di vedere come andavano le cose con calma e poi di vivere secondo il proprio cuore, quel po’ che gli era rimasto, quelle briciole di sé che gli parlavano.
Jiggy era uno di quei frammenti, anche se molto confuso e flebile.
Lo portò nel magazzino, un posto impolverato e poco illuminato, dove c’erano molti armadi e scaffali pieni di vecchie lettere mai consegnate, ammucchiate ovunque.
Noir rimase impressionato nel vedere, ma notò che alcuni scaffali erano vuoti e che su una scrivania c’era una targhetta.
‘Sezione Cold Letter’
- Cold Letter? - Chiese. Jiggy si appoggiò proprio al tavolo, le braccia conserte, l’aria d’attesa.
- Qua possiamo parlare tranquilli. - Disse aspettandosi qualcosa, forse un cambiamento, una rivelazione, una maschera che veniva via. Non sapeva nemmeno lui cosa, in realtà.
Noir, in piedi davanti a lui a poca distanza, lo guardò meravigliato.
- Di cosa? - Chiese gentile.
Jiggy sospirò infastidito stringendo le mani sulle braccia incrociate sul petto. Si morse il labbro cercando di non dargli un pugno. I nervi, già messi molto a dura prova, stavano per saltargli.
- Di noi! Di cosa ricordi! Insomma! Non ci vediamo da cinque anni, non ho notizie di te e poi spunti improvvisamente nei panni di un marauder. E non solo! Fai lo smemorato! Poi fai il bello addormentato e Dio solo sa se ti risveglierai! Infine combatti con noi ma dici di non essere Gauche! Andiamo! Sii coerente! - Noir non sapeva come prenderla, non sapeva cosa dire.
- Capisco che posso confondere, però non è una posa. - Disse serio, dispiaciuto di seccarlo tanto.
Jiggy sbuffò e sciolse le braccia, prese bordi e strinse. I capelli erano liberi dal cappello, tutti spettinati che andavano da ogni parte, di quel colore rosso castano delizioso. I suoi occhi sottili erano inferociti e azzurri, lo penetravano denudandolo.
Noir era attratto dalla cicatrice sotto l’occhio.
Aveva come una sensazione. Uno strano senso di colpa.
Jiggy notò che gliela fissava e se la toccò.
- Cosa ti ricorda questa? - Noir scosse subito il capo.
- Nulla. - Jiggy capì che mentiva e si staccò dal tavolo.
- Forse hai le idee un po’ confuse. - Iniziò camminando lento ma deciso verso di lui, Noir non aveva paura di niente, aveva affrontato qualunque situazione e prova, ma quella lo metteva a disagio.
Tanto che indietreggiò con la stessa lentezza con cui Jiggy avanzava.
Per lui era impossibile fermarsi, aveva atteso cinque lunghi anni senza speranza, chiudendo il proprio cuore in una morsa d’acciaio. Poi l’aveva rivisto ed era crollato. Aveva pianto sul suo volto addormentato, senza sapere se era arrivato tardi o se si sarebbe risvegliato.
Era vero, forse non era del tutto Gauche, forse era ancora confuso e certe cose non le ricordava, ma l’aveva guardato col suo sguardo, si era emozionato, non poteva negarlo.
L’aveva visto.
Qualcosa c’era.
E comunque quello era Gauche, il suo corpo, il suo amore era sempre lì, intatto. Non importava che lui invece non si sentisse Gauche e non ricordasse d’amarlo. Lui l’amava. Disperatamente. E stava per scoppiare a guardarlo senza poterlo toccare.

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Capitolo 29
*** Ti amerò comunque ***


la_proporzione_perfetta29 *Ecco un altro capitolo. Qua in parte ci sono certi fatti successi nel manga che descrivo senza essere particolareggiata, perchè poi per lo più mi concentro su Noir e Jiggy. La strada è lunga, ma Jiggy non si darà mai per vinto, ora che ha ritrovato il suo Gauche, anche se non ricorda più niente, non lo lascerà più andare! Purtroppo però lì c'è solo Noir, ci sono davvero speranze o è una battaglia persa in partenza? Buona lettura. Baci Akane*

29. TI AMERÒ COMUNQUE



"Sono stato in ogni buco nero  All'altare della stella scura Il mio corpo ora sta implorando  Sebbene stia supplicando di tornare  Al mio cuore  Al ritmo della mia anima  Al ritmo della mia coscienza  Al ritmo dei "si" Di essere liberato dal controllo"
- U2 - Moment of surrander -

Noir continuò ad indietreggiare fino a scontrarsi con una parete di scaffali piena di lettere, alcune caddero. Jiggy lo bloccò fermandosi a pochi centimetri da lui.
Le mani ai lati dei suoi fianchi ad impedirgli una fuga. L’aria sicura di sé, anche un po’ arrabbiata.
- Io non ricordo nulla, sono Noir, so che per chi era legato a Gauche è difficile crederlo visto che questo è il suo corpo, ma sono Noir e… - Ma Jiggy non era più in grado di ascoltarlo. In parte non gliene importava nulla di chi pensava di essere o non essere, tanto meno di cosa era matematicamente o moralmente giusto.
D’altro canto nessuno poteva sapere cosa sarebbe successo dopo, quante occasioni avrebbe avuto di stare con lui. Jiggy ormai aveva capito che bisognava cogliere l’attimo e non stare fermi ad aspettare. E se l’attimo non arrivava, doveva crearselo. Non transigeva proprio a tal proposito.
Non più.
Così gli prese il viso fra le mani e senza esitare, posò le labbra sulle sue, zittendolo.
Le fece sue, gliele succhiò e appena lo prese, la foga esplose in lui insieme ad ogni sentimento possibile.
La disperazione, la mancanza, la tristezza, l’angoscia e poi ora la felicità, il piacere, il sollievo. Era tutto lì.
Noir posò le mani sul suo petto, ma invece di respingerlo il suo corpo rimase immobile, lo tenne contro di sé e lasciò che anzi Jiggy si appoggiasse di più a lui. Il suo bacino prepotente aderì al proprio ed un’ondata di calore immane lo invase. Cos’era?
Cos’era quel caldo?
Le ginocchia molli, il sangue correva nelle vene ed il cuore andava così folle nel petto.
Non riusciva più a pensare e capire, gli occhi gli si riempirono di lacrime mentre una sensazione nostalgica si faceva largo.
Noir aveva passato i primi tempi a rifiutare quel che gli diceva Lag, rifiutare di essere Gauche perché lui non ricordava, perciò non aveva senso, non era lui.
Poi piano piano aveva capito e si era arreso al fatto che anche se non lo ricordava, comunque non completamente, beh, lui era ugualmente Gauche,
La lingua di Jiggy si infilò fra le sue labbra decise, incapace di fermarsi. Noir preso in contropiede schiuse la bocca, piegò la testa e gli venne incontro. Il contatto, l’intreccio lo portò in una dimensione meravigliosa dove era leggero e bello.
Non sapeva perché farlo, nemmeno come, semplicemente il proprio corpo si stava muovendo da solo.
Ed eccolo lì. Eccolo lì quel sentimento sfiorato, intuito, confuso. Ora era lì bello chiaro. L’amore non si cancellava. Così come non si era cancellato quello verso Silvet e Lag ed altre persone.
L’amore restava in una sorta di bolla smerigliata, che non gli permetteva di vedere bene attraverso. Non sapeva nulla, se non che Gauche amava quel ragazzo. Il resto forse non contava. Le domande sarebbero sorte un altro giorno su cosa era giusto o sbagliato, sul perché farlo, se farlo. Per il momento contava quel bacio e quell’incapacità di staccarsi. Presero respiro, Jiggy si separò appena dalla sua bocca. Continuava a tenergli il viso fra le mani e lo guardava con una tale dolcezza e commozione che Noir ne rimase profondamente colpito.
- Lo amavi tanto… - Disse piano, con voce roca.
- Lo amo ancora. Più di prima. - Rispose senza esitazione. - La memoria della testa non funziona ancora, ma hai la memoria del copro. Il tuo corpo reagisce. Ti aiuterò a ricordare. - Noir sospirò chiudendo gli occhi.
- Potresti non riuscirci mai. - Jiggy alzò le spalle deciso.
- Ci proverò lo stesso. -
- E se non funzionerà? -
- Ti amerò comunque. Non ti lascerò più andare, non importa il resto. - Noir non sapeva cosa pensare e come comportarsi, aveva molte cose a cui pensare ed era sempre confuso, inebriato in quel piacere e nella gioia del cuore di Gauche. Forse era meglio prendersi una pausa per riflettere.
- Devo assimilare la cosa. - Mormorò. - Quando sarò pronto ti chiederò di noi. - Jiggy tornò a baciarlo.
- Ti dirò di noi anche se non sarai pronto. - Jiggy sembrava avere molto le idee chiare. Davvero molto.
Forse l’unico che sapeva come fare con lui e che non andava sulle uova, senza osare, senza sapere, senza capire. Jiggy sapeva, capiva. Voleva.
- Non importa cosa ricorderai e se ricorderai. Io ti amo lo stesso e ti amerò per sempre. Non amo i tuoi ricordi o il nostro passato. Io amo te. Sei sempre tu. Gentile, dolce, calmo, forte. Sei sempre tu. E ti amo così. Ricorderò io per te. - Dopo di questo Jiggy chiuse gli occhi e appoggiò la fronte contro la sua guancia, in un gesto d’abbandono e cedimento.
Ce l’aveva fatta. Non importava se non era perfetto. Ce l’aveva fatta. Era lì. Era lì e basta. Il resto non contava. Noir, colpito dalle sue emozioni e dai sentimenti che gli trasmetteva, lo avvolse dolcemente fra le braccia, seguendo un impulso indomabile. Chiedendosi quanto giusto fosse alimentare quella speranza.


Conclusa la riunione d’aggiornamento, le notizie che erano venute fuori non erano per nulla confortevoli.
Mettendo insieme il sapere di Garrard che veniva dall’anticamera della Capitale, con quello che sapeva Noir tramite la visione di Lag, venne fuori che la situazione non era rosea e probabilmente era anche peggio di come sapevano.
Il sole artificiale era creato dal governo ed era composto dal cuore delle persone che vivevano nella capitale Akatsuki.
Perciò chiunque vi entrasse si ritrovava come Gauche, privo di cuore.
La madre di Lag, chiunque essa fosse, doveva ricoprire una certa carica perché aveva potuto vedere nei ricordi ormai perduti di Gauche, suo figlio Lag. Grazie a ciò l’aveva liberato. Però una persona che poteva fare una cosa simile doveva essere importante. Lag non aveva idea di chi fosse, perciò Garrard autorizzò la ricerca del piccolo Bee che doveva andare a scoprirne di più da sua zia.
Appreso che il sole era fatto dai cuori delle persone, erano tutti concordi nello stare attenti, tenere un profilo basso ma gli occhi aperti, perché era il caso di iniziare a pensare a qualcosa.
Garrard inoltre rivelò a Noir di essere stato lui e Valentine, con l’aiuto del suo capitano, a farlo fuggire da là.
Infine stabilirono di tenere d’occhio Lloyd che aveva preso contatti con Reverse, rivelando indirettamente d’avere qualcosa in mente, di voler fare qualcosa.
Lloyd nascondeva qualcosa di importante, Garrard ne sapeva qualcosa, ma si limitò a chiedere a qualcuno di controllarlo da lontano per capire se potevano fidarsi di lui o temerlo.
Jiggy si incaricò di farlo, colpito dal fatto che fosse apparentemente passato dalla parte del nemico.
Reverse era un’organizzazione contro il governo, quello stesso governo che faceva esperimenti incrociando persone con animali e vegetali, uccidendo e torturando chiunque non fosse riuscito. Quel governo che aveva creato un sole usando il cuore delle persone.
Garrard aveva visto cose rivoltanti nella città che circondava la capitale di cui nessuno era a conoscenza.
Perciò definire Reverse il nemico era prematuro, così come capire da che parte stesse Lloyd.
Jiggy aveva fatto quel ragionamento, come tutti, ma in aggiunta aveva messo la consapevolezza che non era cattivo. Aveva avuto mille occasioni per essere malvagio e ferire gli altri, invece aveva sempre aiutato tutti nell’ombra, senza quasi farsi scoprire, facendo sempre un po’ il buffone che prendeva tutto alla leggera.
Lloyd nascondeva qualcosa, Jiggy lo sapeva, ma si era sempre fidato perché era una persona buona, in fondo.
Adesso doveva capire perché era passato dalla parte di Reverse, se doveva seguire lui o andargli contro.
Le cose erano ben diverse da come aveva pensato e da come erano state fino a quel momento.
La riunione venne sciolta dopo aver assegnato ad ognuno vari compiti ed aver accolto Noir e Lode fra i loro.
- Per il momento andate tutti a riposare, quando vi siete ripresi voglio ognuno ai propri compiti! -
Li congedò burbero Garrard, il direttore.
Avevano molto a cui pensare, da assimilare, considerare. Dovevano capire da che parte stare, chi erano i buoni, chi i cattivi. Dovevano capire tante cose.

- Accetterai la proposta di Silvet? - Chiese Lode camminando a fianco di Noir, nella città tranquilla.
Non la si riconosceva nemmeno, considerando quanto caos c’era stato prima.
- Non lo so, dovrei farlo? Dopotutto non sono suo fratello. -
Lode rispose indifferente:
- Lei lo sa. - Aria aveva fatto da tramite tra i due e gli aveva detto che la piccola aveva piacere di averlo a casa sua lo stesso.
Noir sospirò.
- Non so cosa dovrei fare. Sono tutti così convinti che io sia comunque lui in qualche modo. Ma io non mi ci sento. Dovrei? - Lode non sapeva cosa rispondere.
- Dopotutto loro lo sanno e ti vogliono lo stesso. - Poi vide oltre l’angolo, in una via secondaria di Central, una figura appoggiata fuori da una porta. Il cavallo di ferro parcheggiato fuori. Lode aveva capito che c’era qualcosa con quel ragazzo, ora era anche lì ad aspettarlo e Noir pur non ricordando nulla a livello cosciente, aveva fatto la strada per casa sua.
- Devi solo seguire il tuo cuore. Ne hai poco, ma non significa che tu non ce l’abbia. - Lode voleva solo che Noir fosse felice, a lei poco importava con chi.
Non conosceva Jiggy, però era meno pressante di Silvet e Lag, per esempio.
Noir rallentò vedendo la sua figura seduta fuori casa. L’aria pensierosa.
- Io vado a fare un sopralluogo per vedere se è tutto tranquillo e faccio il solito rito. - Lode aveva bisogno di un po’ di tempo, di notte, per rigenerare la sua parte composta da fiore. L’altra era composta da un animale, mentre quella predominante era quella da ragazza.
Noir capì che a Lode piaceva spontaneamente Jiggy, così sorrise, annuì e la ringraziò.
Non sapeva nemmeno lui cosa fare, però era vero che camminando senza meta era arrivato a casa sua. E lui l’aspettava fuori.
Si avvicinò e si fermò. Noir era avvolto nel suo mantello nero, ma senza il copricapo i capelli bianchi erano liberi, gli carezzavano il viso serio, un po’ confuso, senza particolari espressioni.
Un piccolo sospiro. Jiggy alzò i suoi occhi azzurri penetranti e li posò sui suoi viola.
Rimasero un po’ a guardarsi. Poi Jiggy si alzò in piedi e chiuse la porta di casa e la luce.
- Voglio fare una cosa. - Disse senza salutarlo, anche un po’ brusco in effetti. Noir ci rimase di stucco.
- Cosa? -
Jiggy prese il mezzo e lo sistemò davanti a lui, poi ci salì e l’avviò, infine si mise gli occhiali per poter vedere anche col vento in faccia.
- Sali. -
- Ma non ti sarai ripreso da tutto il cuore usato… - Disse preoccupato. Jiggy fece un sorrisino trionfante.
- Lo sapevo che non sei cambiato sul serio. Solo in apparenza, ma se ti lasci un po’ andare sei sempre tu. - Poi allungò la mano aperta verso di lui. - Avanti. - Lo intimò ancora.
Noir non sapeva se doveva alimentare la speranza di quel ragazzo, ma sentì il proprio corpo ricoprirsi di brividi e scalpitare per farlo.
Così, lentamente, titubante, mise la mano sulla sua. Jiggy gliela strinse, lo tirò verso di sé e lo fece salire dietro, a cavallo di quel mezzo strano e rombante.
Infine gli prese le mani e se le mise intorno alla vita.
- Tieniti. - Detto questo, sgasò e partì.
In un primo momento Noir andò all’indietro, poi si prese a Jiggy e aderì a lui per non cadere.
Jiggy sentì la sua presa farsi più forte, lo sentiva rigido dietro di sé, la testa alta, a disagio.
Uscì velocemente dalla città e scese per la collina dove avevano combattuto il Cabernet. Infine arrivò sulle vie rocciose che si dilungavano intorno a Yusari.
Salite e discese scoscese, salti su rocce ricurve e poi ancora su, ancora più in alto.
La sensazione era semplicemente incredibile. Noir non si era mai sentito così, ma il suo corpo era a suo agio. Dopo un paio di corse e salti, si sentì rilassare magicamente. Gli stava piacendo.
“Anzi, è una cosa che a Gauche piaceva.”
Non aveva dubbi che fosse così. Noir si trovò a sorridere sorpreso, lo sguardo correva nel paesaggio intorno che si confondeva come una macchia indistinta. Il vento che l’accarezzava, il profumo dei capelli rossi di Jiggy che gli solleticavano il viso.
Appoggiò il mento alla sua spalla facendo capolino, per vedere l’orizzonte.
Una linea sottile che si muoveva e sfumava come tutto intorno, dei colori violacei. E poi su.
- Guarda! - Esclamò Jiggy alzando il mento. Noir seguì la direzione indicata e guardò in alto.
Il fiato gli si fermò.
Il cielo era meraviglioso, visto in movimento.
- Le stelle sono scie luminose! - Commentò. - È veramente bellissimo! - Disse sincero, sorpreso di quel che stava provando, di come poteva sentirsi ancora vivo.
- Lo è davvero. - E nella mente una piccola vaga  risonanza. Avevano avuto una conversazione simile?
Un’impressione. A volte l’aveva.
Jiggy si fermò in un luogo completamente disabitato e deserto, a riprendere un po’ di energia. Spense il motore rumoroso e rimase un silenzio dolce e vellutato.
Si spostarono sul lato del cavallo di ferro, le gambe giù dallo stesso lato, uno seduto accanto all’altro a guardare in alto, il cielo così bello di una notte così perfetta, per una volta.
- Mi piaceva andare in giro con te così… - Disse più sicuro. Jiggy sorrise brevemente ed annuì. Noir lo guardò. - Perché non sorridi quasi mai? Se lo fai poi ti ricomponi. -
Jiggy rabbrividì. Erano dialoghi che avevano avuto a suo tempo e allo stesso modo rispose.
- Se non sorrido mi sembra di dare l’idea di essere più forte. E se la do, mi ci sento davvero. - Noir rimase impressionato. - Anche tu non sorridi. Un tempo lo facevi sempre. - Noir abbassò lo sguardo dispiaciuto.
- Non ci riesco. Penso a quello che ho perso e che forse non tornerà, ma che vorrei riavere. A quello che ho passato, al terrore che sento senza ricordarlo. A come sono ridotto. Non riesco a sorridere. Ogni tanto mi riesce… -
Jiggy non parlò subito. Lasciò che il silenzio si ricomponesse, poi dopo un po’ gli prese la mano e giocò con essa. Era rovinata, c’erano cicatrici sul dorso e sul polso.
- Non devi opporti. - Disse poi. Noir si girò a guardarlo sorpreso.
- A cosa? -
- Alle cose che provi, che vivi, che senti. Devi lasciarti andare. Non devi combattere l’essere Gauche. -
Noir rimase colpito da questo suo consiglio.
- Una volta sono venuto qua. Per vedere se i ricordi mi tornavano. Ma non ho provato nulla. - Jiggy scosse il capo ed intrecciò le dita alle sue senza chiedere il permesso. Noir lo lasciò fare.
- Ti opponevi. Non volevi essere chi non ricordavi. Eri chiuso. Adesso hai vissuto una serie di cose che ti hanno aperto. Lag ha fatto molte cose… - Noir annuì concorde, guardando le loro dita intrecciate e sentendo un dolce calore. Non riusciva a respingerlo, non riusciva proprio.
- È perché sono aperto che sento cose che prima non sentivo? - Jiggy alzò le spalle.
- Il ricordo che Lag ha visto dentro di te era di Gauche. Non di Noir. E sua madre ha detto che non sei del tutto perduto. Per me questo basta. - Per lui non c’erano dubbi. Era lui, avrebbe ricordato. E comunque, in ogni caso, rimaneva la persona che amava. Ma ne era sicuro?
- Tu mi vedi ancora come il tuo Gauche nonostante tutto. Ma è vero o ti stai solo illudendo? - Jiggy si girò e lo guardò con una pace nel viso che Noir la vide subito. Un’espressione distesa molto dolce e rilassata. Allungò l’altra mano e gli carezzò la guancia.
- Ma tu sei il mio Gauche. Solo che non lo sai. Sto con te e non mi sembra di essere con uno sconosciuto. Ti riconosco. In questa dolcezza, in questo abbandono, in questa pazienza. In questa gentilezza. Sei sempre tu, Gauche. - Noir sussultò a quel nome e a quelle parole e sussultò alle sue dita che scivolavano sulle sue labbra.
Infine non si oppose di nuovo, non ne aveva la forza, non pensava di poterlo fare.
Sentiva una forza attrattiva per lui che non aveva mai provato per nessuno, non a quei livelli così carnali.
Jiggy si protese e lo baciò ancora, Noir si rilassò e aprì subito le labbra accogliendolo e venendogli incontro.
Forse non era giusto, ma non riusciva ad opporsi. E questo era un fatto.
- Perciò forse non devo oppormi nemmeno a Silvet e agli altri… - Jiggy sorrise vicino alle sue labbra contemplando la sua bellezza così delicata seppure un po’ oscura per quello che aveva passato e per ciò che aveva perduto.
- Secondo me è la cosa migliore. Lascia che il residuo di Gauche che c’è, viva quello che amava. Ti sentirai meglio tu stesso. - Eppure lui lo sentiva, lui lo vedeva.
Noir abbassò gli occhi sulla cicatrice, ma ancora non osò chiedere.
Jiggy decise di aspettare e vedere se per caso gli tornava in mente da solo.

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Capitolo 30
*** Le cose importanti ***


la_proporzione_perfetta30 *Ecco un altro capitolo, qua le cose si fanno particolari. Da un lato c'è Lag e la scoperta della sua vera identità e di chi sia sua madre. Era una parte molto importante, perciò l'ho messa, solo in una versione più 'narrata' che 'mostrata', visto che effettivamente è già tutto nel manga. Nell'altra parte c'è Noir e quel suo essere sempre più un 'due in uno'. Piano piano che vive le persone del suo passato, gli istinti di Gauche riemergono spontanei e lui invece di combatterli, si lascia sempre più andare. Perciò vediamo con Jiggy fin dove si spinge, cosa prova, cosa vuole. Buona lettura. Baci Akane*

30. LE COSE IMPORTANTI



"Ero malridotto e non riuscivo a capire  cosa sentivo  Non riuscivo a riconoscermi  Vedevo il mio riflesso in una vetrina e non riconoscevo la mia stessa faccia "
/Street of Philadelphia - Bruce Springsteen/


Le luci si erano spente e Silvet si era addormentata con Niche e Wasiolka.
Connor era andato a casa sua e Zazie, in camera con Lag, se lo studiava attento a capire cosa pensava e come si sentiva.
- Stai pensando al sole, all’ex direttore Lloyd, a tua madre e a Noir? - In breve riassunse piuttosto precisamente quello che albergava in lui. Lag, sovra pensiero, lo guardò meravigliato sentendosi in colpa per non essere lì presente con lui.
- Scusa… - Zazie rise e si sfilò la camicia dando per scontato che avrebbe dormito con lui. Lag non se ne turbò, anzi. Notando che si metteva comodo nel suo letto sorrise sollevato: non avrebbe potuto passare la notte da solo. Aveva bisogno del calore di qualcuno che lo amava così com’era senza sapere nulla di lui.
- E di cosa? È il minimo che tu sia pensieroso e preoccupato, con tutto quello che è successo in poco tempo. - La sensazione era quella di avere una spada di Damocle sulla testa. Poteva essere un disastro, oppure andare avanti con un po’ di fortuna.
Ma era ora di sapere. Lag ormai era risoluto ad andare in fondo a tutto.
Zazie lo vedeva e lo capiva, non intendeva fermarlo.
Si stese e scostò le coperte facendogli posto. Lag arrossendo dolcemente, si stese con lui, accoccolandosi sul suo braccio, contro il suo collo. Zazie se lo tenne a sé e lo avvolse con le braccia rimanendo sul fianco, rivolto verso di lui.
- Finchè non avrò la mia vendetta non riesco a pensare al mio futuro, lo sai? Vivo il presente come se non avessi un domani. Finché non avrò ammazzato il gaichu dei miei genitori io… non riesco a pensare ad altro. È tutto in secondo piano… - Disse un po’ per fargli sapere che anche lui aveva pensieri, un po’ per dirgli che lo capiva.
Lag lo guardò stupito, da vicino.
- Davvero? Tutto questo non ti turba? - Zazie alzò le spalle.
- Mi turbano molte cose, ma la mia priorità è quel gaichu. Quando l’avrò abbattuto inizierò forse a preoccuparmi delle cose come fai tu, come fate tutti. - Il pensiero andò a Jiggy, persino lui era interessato alle vere intenzioni di Largo Lloyd, anche lui era toccato da quella faccenda e ci teneva a capire perché e cosa stesse facendo. Tutti avevano qualcosa: lui semplicemente annuiva e andava oltre, alla prossima consegna, sperando di incontrare quel maledetto Laphairog.
- E… e lui è più importante anche di me? - Zazie sorrise mentre Lag arrossiva timidamente. Così gli scostò i capelli dal viso e glieli sistemò meglio, poi avvicinò le labbra all’angolo della sua bocca e lo baciò piano, gustando quel momento.
- Nessuno è più importante di te. Però questo non toglie che ho il mio obiettivo. - Lag capì cosa aveva voluto dirgli e girandosi a guardarlo negli occhi, sorrise grato perché, ancora una volta, l’aveva rimesso in piedi togliendogli ogni esitazione e dubbio. Come faceva sempre.
- L’obiettivo è una cosa, le cose importanti sono un’altra. - Zazie sorrise e lo baciò sulla bocca, delicatamente. La mano sul petto esitò. Ripensò ai discorsi fatti col dottore e con Jiggy sullo sporcare Lag e ai loro consigli di non sprecare il presente perché era l’unica certezza.
Però la mano rimase ferma, non tornò ad esplorare come quella volta, quando era quasi esploso per le emozioni forti provate.
Non sapeva cosa c’era in Lag, ma c’era qualcosa di diverso e se sperimentare certe cose prima di saperne di più lo poteva portare in qualche modo a ferirlo, era meglio trattenersi e aspettare, anche se gli faceva male l’idea di non sfogare i propri ormoni sparati al massimo.
Lag si rilassò nel sentire che non sarebbe andato oltre, così si accoccolò contro di lui e si lasciò andare.
- Ti voglio bene, Zazie. Come non ne voglio a nessuno. - Poi si corresse. - Voglio bene a tutti, ma a te in modo diverso. Se non ci fossi tu io… - Ma il sonno prese il sopravvento e non finì la frase. Zazie sorrise e lo guardò soddisfatto e dolcemente.
Voleva fare quello che avevano detto loro: non sprecare le occasioni, potevano essere le uniche. Non vivevano in un mondo sicuro, e le cose che stavano scoprendo davano esattamente quella conferma. Ma non poteva, non ci riusciva proprio.
Forse un giorno sarebbe successo qualcosa che li avrebbe sbloccati, ma fino ad allora, più di quello non sarebbe riuscito a fare.
“Spero solo che la verità che cerchi non ti ferisca.”
Pensò ascoltando un istinto dei suoi, una delle sensazioni che poche volte sbagliavano.
Eppure sapeva che dal proprio destino non si scappava e se lo si faceva, poi le conseguenze erano devastanti. Lui, i suoi genitori, lo sapevano.


Lag partì e lasciò il magone a Zazie.
Era una missione a tempo indeterminato, Lag tornava da sua zia Sabrina alla ricerca della verità sul suo conto, sulla sua nascita. Avevano tutti la sensazione che su Lag ci fosse qualcosa di grosso da sapere, ma Zazie meglio di chiunque altro, più ancora di Lag stesso. Perché l’aveva visto tutte le volte esplodere di luce od essere sul punto di farlo. Sentiva, percepiva, toccava la sua purezza,  quella che lo bloccava dal stare con lui ed andare fino in fondo.
Aveva una sensazione, ma non la espresse a nessuno.
“Quando tornerà tutto sarà diverso, tutto cambierà. Ed ho paura del modo in cui cambierà!”
Suo malgrado lo incoraggiò a cercare la verità e a non fermarsi a nessun costo.
Lui prese le consegne di Lag delle Cold Letter e vedendo alcune destinate a dei luoghi risaputi pericolosi, Aria chiese a Connor di andare da lui.
Quei luoghi sarebbero stati fatali, ma forse dopotutto destinati a lui. Forse, in effetti, se Lag era a cercare la verità su di sé, era giusto che anche lui mettesse un punto sul proprio passato che lo tormentava impedendogli di andare oltre.


Il dottore propose a Noir un esperimento.
Quando Lag era entrato nei suoi ricordi grazie ad un proiettile sparato da lui, aveva avuto accesso ad un ricordo sigillato, Lag l’aveva aperto ed aveva visto qualcosa di Gauche. Perciò pensò che valesse la pena controllare.
Fece sparare a Noir tanti proiettili a seconda di quanto poteva resistere e mano a mano che sparava, controllava i ricordi che emergevano.
Erano tutti o di Noir o i ricordi immessi da Lag, però ce n’erano molti bianchi, ovvero sigillati. Il dottore sperava di poterli sbloccare in qualche modo come aveva fatto Lag, così i due lavorarono a lungo su quello.
Fra tutti, un solo ricordo fu visibile. Appena lo vide, Noir si rese conto di non conoscerlo coscientemente.
Rimasero di stucco nel constatare che quella era l’imperatrice.
Una bellissima donna dai capelli dorati incastonata in un macchinario enorme simile ad un organo, alla cui base stava seduto un individuo, da dietro sembrava un Bee.
- Quello deve essere l’Head Bee. E quel macchinario su cui sta l’Imperatrice… cosa sarà? - A Noir venne una fitta, vedendolo si rese conto di saperlo, dentro di sé c’erano quelle informazioni, scalpitavano per uscire. Lui lo sapeva. E quel viso così familiare, quel viso… di chi era?


Lo stesso viso lo stava vedendo Lag dopo aver aperto e ‘rivelato’ la lettera che la madre di Lag, Anne, aveva lasciato alla zia Sabrina.
Raccontò della nascita di Lag come di un miracolo, generato e non creato.
Anne era arrivata dalla signora Sabrina una notte di dodici anni fa, aveva vissuto un po’ lì con lei cercando di rendersi utile, aveva modi aristocratici e non era per nulla pratica della vita comune che si faceva a Yodaka. Sbrina aveva capito che aveva un segreto ed un’identità ingombrante, ma non le aveva mai chiesto nulla.
La notte del balenio, lei era fuori a guardare il sole accendersi e spegnersi.
Poi improvvisamente la luce del sole l’aveva trovata e colpita in pieno ventre, si era gonfiato e Sabrina l’aveva aiutata a partorire. Non un bambino, ma luce pura. Incontaminata.
Anne diede a Sabrina un’ambra spirituale rossa da mettergli nel corpo per non farlo sparire, appena lo fece lui aveva preso forma umana, un bellissimo neonato piangente con l’occhio sinistro di ambra.
Il bambino fu chiamato Lag Seeing e visse con loro per un po’ di tempo, fino a che la madre venne portata via da degli uomini dalla capitale e lui abbandonato.
La verità non si fermò a quello.
Sabrina la quale si era separata da loro dopo la nascita, si era vista recapitare Lag come pacco da Gauche Suede. Anne l’aveva affidato a lei, la sola che avrebbe potuto crescerlo.
Anne era una bellissima donna dai lunghi capelli color del grano.
La stessa donna apparsa nei ricordi di Noir.
La stessa impressa nelle medaglie che la gente idolatrava.
L’imperatrice.
La sua voce salutò Lag attraverso la lettera che stava rivelando col suo proiettile speciale, parlò al suo prezioso figlio, ringraziò Sabrina per essersi presa cura di lui e aver mantenuto il segreto.
Spiegò che nonostante la sua nascita anomala, lui rimaneva il suo figlio prezioso.
Lag era il frutto della luce del sole, il sole creato dai cuori delle persone per uno scopo importante, lo stesso scopo che la stirpe della sua famiglia adempiva da generazioni nel posto antecedente alla capitale, Kagerou.
Lo faceva usando ‘imperatrice’, un macchinario enorme posto al centro della Capitale Akatsuki, a forma di organo suonato dall’Head Bee.
Non gli spiegò nel dettaglio di che compito si trattava, ma era in relazione al sole artificiale ed era molto importante.
Gli disse che l’attuale imperatrice stava morendo e che presto sarebbero venuti a prenderla per sostituirla.
Lag scoprì così che sua madre era stata presa per sostituire a sua volta la sua, di madre, per un compito misterioso ma importante legato al sole, un sole composto dai cuori delle persone. Lo stesso sole che poi dodici anni fa aveva creato lui.
Realizzò così anche che la loro stirpe generava donne, le uniche in grado di portare avanti il compito in questione. Ma Lag essendo nato maschio, era stato scartato. Il problema sorto, che loro non potevano ancora immaginare, era che nel non avere un’erede della stirpe, una volta che Anne sarebbe morta, quel compito sarebbe rimasto in sospeso. Un compito che, in sospeso, non poteva rimanere.
Lag, accompagnato da Niche e Lode, rimase basito nel realizzare quella verità, ma le parole dolci e amorevoli della madre l’aiutarono a non crollare sotto un peso schiacciante.
Era luce, non carne ed ossa, però era una persona lo stesso ed aveva un compito importante.
Anne gli disse di cercare le persone nate nel giorno del balenio e di guardare attraverso di loro i segreti celati dal sole in quella notte. I segreti primordiali del loro mondo.
Una verità nascosta doveva essere svelata e lentamente cominciava a rivelarsi a loro.
Lag se ne andò con l’incertezza di come sentirsi. Non era arrabbiato con sua madre, aveva fatto quello che doveva, sentiva attraverso quei ricordi tutto l’amore che nutriva per lui.
Era una stirpe speciale e lui era fatto di luce, ma perché era nato uomo? Perché se tutti nascevano donne per far brillare il sole, lui era nato uomo?
“Forse lo devo spegnere, quel sole. Rubano i cuori delle persone per tenerlo acceso, perché? Perché? Come possono? Come può mia madre sacrificare tante persone per farlo brillare?”
Tale verità non gli si sarebbe rivelata ancora, non prima del ritorno di Largo Lloyd, l’unico a conoscere tale verità.


Mentre Noir scendeva dalle scale dell’infermeria per raggiungere il salone principale dell’Alveare, Jiggy arrivava coi rapporti della giornata conclusi.
Lo vide e si fermò aggrottandosi, si indurì e alzò lo sguardo verso il dottore affacciato al balcone.
“Quel maniaco ha esagerato, come al solito!”
Noir aveva effettivamente una brutta cera, era pallido e stremato. Saltava subito all’occhio che aveva esagerato.
- Sto bene. - Disse Noir con gentilezza. - Abbiamo fatto un esperimento. Ci sono ricordi di Gauche in me, li stiamo sbloccando. - Jiggy si fermò, aveva capito che era contrariato e così gli stava spiegando cosa era successo. Jiggy sentì un paio di occhi addosso, stupiti nella loro conversazione.
- Vai a riposare? - Noir annuì. - Casa mia è aperta. - L’altra volta, prima della sua scomparsa, Jiggy aveva sempre fatto tutto di nascosto per non sembrare debole ed esporsi. Adesso sembrava intenzionato a lasciarsi un po’ più andare.
Aria li vide, stupita, e si ricordò dei vaneggiamenti di Lloyd di quegli anni, quando le diceva che fra quei due c’era una strana amicizia.
Il fatto era che Jiggy, a parte che con Lloyd stesso, non aveva mai avuto rapporti e vedere che ne aveva era sorprendente, con Noir era anche shockante.
“Forse si prendono perché entrambi hanno i cuori nascosti dietro dei muri di cemento armato!” Si disse divertita.
Noir chinò il capo gentilmente.
- Grazie, pensavo di andare da Silvet. È stata così gentile da portarmi la zuppa e chiedermi di venire da lei. Anche Lode è via, con Lag. Forse si sente sola. Ti va di venire a cena con noi? - Jiggy si irrigidì, si guardò subito intorno e scosse velocemente il capo. Era andato ben oltre.
- No, grazie. Comunque non esagerare con quell’idiota! -
‘Quell’idiota’ era il dottore. Noir sorrise divertito quasi come una volta, pensò Jiggy leggero.
C’erano buoni segni di speranza, in Noir c’era sempre più Gauche ed i ricordi ne testimoniavano il suo ritorno. Forse non sarebbe mai tornato del tutto, ma anche un solo vago soffio andava bene.
Quei sorrisi gentili, quei modi pacati dicevano che era lui comunque. Non importava come voleva farsi chiamare. Era il suo Gauche. Il resto non contava.
Con questo Jiggy andò via obbligandosi ad andarci piano, per quel giorno ne aveva avuto abbastanza di esperimenti. Doveva proteggerlo.

Ovviamente, le intenzioni erano buone, ma rimasero tali perché dopo aver mangiato da solo a casa, si era alzato seccato ed era andato a farsi un giro. Un giro che, casualmente, era terminato davanti casa di Silvet e di Gauche.
“Come una volta. Quando Silvet è diventata grande, io rimanevo qua e lui usciva, passavamo il tempo insieme fuori o da me. Mi sentivo a disagio persino con lei. Ero maniacale nel nascondere la nostra relazione. Ed ora, se tornassi indietro, la mostrerei al mondo. Ora non sono capace di stare zitto davanti a cinquanta persone che ci guardano. Non sono capace di non mostrare la mia preoccupazione. Mi sono rammollito! Che incapace! Lloyd riderebbe di me!” Pensando a lui si fermò alzando gli occhi verso Yodaka, dove sapeva era rintanato con Reverse ad architettare qualcosa.
“Lloyd… sarebbe felice di vederci di nuovo insieme. Direbbe di non darmi per vinto e proporrebbe qualche assurdo esperimento. “ Poi ci pensò meglio. “O forse ci spierebbe mentre ci baciamo!”
Jiggy scosse il capo, poi gli occhi si stesero in uno sguardo sereno nel vederlo uscire.
- Silvet dorme, vuoi entrare? -
Noir non ricordava veramente, aveva quelle memorie recondite, quegli istinti inarrestabili. Ed in tale modo, ormai, viveva.
Jiggy annuì e si fece avanti passando l’uscio dove lui era fermo per farlo entrare, rallentò, lo guardò intensamente, mise la mano sulla sua sullo stipite e si chinò a sfiorargli le labbra seguendo il suo indomabile desiderio di toccarlo ogni volta che poteva, di non negarsi mai quella gioia.
- Mi sei mancato. - E di dirglielo senza paura di sembrare debole.
Era stato forte abbastanza, adesso poteva anche essere debole, se in quello poi era felice.
“Adesso è ora di essere felice.”

Jiggy l’aveva baciato poi gli aveva tolto lentamente i vestiti, stessa cosa aveva fatto con sé, erano rimasti con la biancheria intima e l’eccitazione visibile. Noir lo notò e si sentì presto allo stesso modo.
Lo desiderava molto, non era difficile capirlo.
Però era ancora incerto su quanto giusto fosse.
- Mi sento un intruso fra voi. - Ammise con le sue mani sui fianchi. Jiggy sorrise sul suo collo, facendolo rabbrividire.
- Ed io mi sento felice per la prima volta dopo cinque lunghi dolorosi anni. - Noir gli mise le mani fra i capelli spettinati e con dolcezza lo abbracciò nascondendogli il viso contro il collo.
La voce di Jiggy aveva tremato d’emozione.
Si lasciò stringere e lo strinse a sua volta, mentre il calore lo avvolgeva.
- Non sei un intruso, sei il mio amore. - Sdolcinato oltre ogni dire, debole, fragile, osceno quasi. Eppure così felice.
- Ma non sono né Noir né Gauche… sono un po’ l’uno ed un po’ l’altro… - Jiggy lo spinse fino a stenderlo sul letto, con lui si stese e se lo coricò sopra tirandosi su le coperte. Non avrebbero fatto nulla finché Gauche non si sarebbe sentito meno incerto ed ‘intruso’.
- Sei il mio compagno, sei l’uomo che amo. Non importa come vuoi chiamarti. Sei tu. E sei mio. - Disse deciso carezzandogli i capelli sottili e bianchi.
- Giorno dopo giorno mi abituo sempre più, sto trovando una sorta di equilibrio, ma penso che ci voglia un po’… - Jiggy sorrise ed annuì.
- Ed io testerò il tuo livello. Giorno dopo giorno. - Noir sorrise e mise la mano sul suo petto. Non importava nei panni di chi lo abbracciava o a chi Jiggy riservava tutto quell’amore. Stava bene ed entrambi erano consapevoli di tutto.
“Oltretutto pur volendo fermarmi, non ci riesco. Sono riuscito a tenere le distanze con tutti, ma con lui non riesco. Non posso respingerlo. Il modo in cui lo vuole Gauche è sconvolgente. Il modo in cui lo voglio io. Ma è giusto lasciarmi andare anche se non mi sento del tutto LUI?”

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Capitolo 31
*** Redenzione ***


la_proporzione_perfetta31 *Ecco un altro capitolo. Da un lato Zazie a le vicende col suo gaichu, quello che aveva ucciso i suoi genitori. E' una vicenda Zazie-centrica che nel manga è descritta molto bene, per cui non ho preso tutto per riportarlo, ho cercato di descriverla dal punto di vista di Lag. Dall'altro sbirciamo come se la cavano Jiggy e Noir, se la loro confusione si dipana o se hanno un piano. Buona lettura. Baci Akane*

31. REDENZIONE




"Quando ti trovavi nella veglia della devastazione quando aspettavi sul bordo dell'ignoto E con il cataclisma che pioveva giù piangendo dentro, "salvami adesso" eri lì impossibilmente da solo Ti senti freddo e perso nella disperazione ? Fai crescere la speranza ma il fallimento è tutto quello che hai conosciuto Ricorda tutta la tristezza e frustrazione E lasciala andare lasciala andare Ed in uno squarcio di luce che ha accecato ogni Angelo Come se il cielo avesse esploso i Paradisi nelle stelle Hai sentito la solennità della grazia temprata Cadendo nello spazio vuoto Nessuno lì ad afferrarti tra le sua braccia"
/Iridescent - Linkin Park/


In un momento per Zazie si cancellò ogni cosa.
Appena vide la sagoma nelle rocce, realizzò che era quello il momento. O ora, o mai più, era arrivato il momento di chiudere i conti col passato, chiuderli definitivamente e saldare il suo debito, ammesso che ne avesse mai avuto uno.
- Laphairog... - mormorò guardando la sagoma dell'enorme scorpione.
Un gaichu antico e per lo più sconosciuto.
In pochi l'avevano visto in azione, in pochi erano sopravvissuti.
Non si sapeva quale fosse il suo punto debole.
Vedendo la faccia di Zazie, ma ancor prima sapendo che quella era l'alcova del gaichu a cui aveva dato la caccia da una vita, Connor corse verso l'Alveare a chiamare rinforzi, conscio che ne avrebbero avuto bisogno e che Zazie non avrebbe ragionato nel migliore dei modi.
Zazie rimase solo a far fronte a quella minaccia, inizialmente doveva solo localizzarlo, poi aspettare Connor coi rinforzi per attaccarlo, ma tutti sapevano che non avrebbe aspettato nessuno.
Connor ne era cosciente, per questo quando incontrò per strada Lag, pensò che fosse un segno del cielo e che dovevano sbrigarsi.
Connor spiegò a Lag la situazione e questi non si fece dire nulla.
Tempo due secondi e stava correndo verso il villaggio in cui aveva lasciato Zazie.

Lo conosceva, sapeva che quando si fissava su una cosa non lo smuovevi. Era per giunta selvatico, non usava mai il cervello, specie per combattere.
Mentre si dirigeva a rotta di collo da lui, nella mente le parole di quando si erano salutati.
"Sono importante, ma il suo obiettivo è un'altra cosa." Quella volta gli era sembrato rassicurante, ora non gli sembrava così tanto bello.
"Ti prego, ti prego fa che arrivi in tempo, ti prego..." Ogni falcata una preghiera, consapevole che era quasi una lotta disperata.
Sicuramente Zazie aveva trovato il gaichu e ci stava combattendo, ne era certo.
Il cuore gli stava scoppiando nel petto e non si rese conto subito che non stava più pensando alla questione della sua nascita e di sua madre.
Che fosse un essere e non una persona, ormai era in un piccolo angolo di sé.
Adesso contava solo Zazie.
Il suo Zazie. Il resto era in secondo piano.

Quando arrivarono, il mostro aveva già colpito, lo potevano vedere, ma la scheggia che cadeva verso un precipizio al momento fu giudicata molto più importante del gaichu e di qualunque cosa stesse per succedere.
Zazie era caduto, Zazie non stava cercando di rimanere su, di afferrarsi a qualcosa. Zazie stava cadendo.
- NICHE! - gridò Lag disperato verso la sua dingo. Niche non se lo fece ripetere, si buttò e lo prese al volo, prima dell'impatto col suolo di sterpaglie, terra e roccia.
Appena in tempo.
Lag e Connor, accompagnati da Lode, accorsero in fretta da lui passando dalla strada che portava lì sotto.
Si precipitò su di lui e iniziò a scuoterlo, Zazie era messo male, non reagiva, era svenuto e ferito.
- Ha combattuto da solo! Questo scemo! - stava dicendo Connor arrabbiato,
- Ti prego, ti prego Zazie, Zazie sveglia! -
Lag iniziò a scuoterlo forte e a gridare, Lode sbuffò pensando che se era in fin di vita, così poteva solo morire, Niche invece cominciò a dire a Lag di leccarlo che se stava male lo curava la saliva, come faceva solitamente lei quando Lag era ferito.
Questi arrossì fra le lacrime. Era in confusione, non capiva cosa avesse senso e cosa no, lo stava per fare quando si sostituì a lui Wasiolka che si mise a leccarlo in faccia come aveva suggerito Niche.
A quel punto si svegliò, Zazie riprese i sensi e la prima cosa che mise a fuoco dopo la lingua ruvida e familiare di Wasiolka, fu la mano di Lag che stritolava la sua fin quasi a rompergliela.
- Zazie stai bene? Mi hai fatto morire! - strillò Lag con ventimila decibel che perforarono il cranio dolorante di Zazie. Si mise a sedere e scostò Lag, non doveva deconcentrarsi, lui lo deconcentrava sempre.
Il Laphroaig era troppo importante, ora.
- Si sto bene, ora vado a finire il lavoro, il bastardo si sta dirigendo in città! Quella maledetta ha un anello che lo controlla! Controlla il gaichu! Vuole fare una strage! - Zazie si stava riferendo ad una ragazza cieca che inizialmente l'aveva aiutato, fino a che non aveva scoperto che voleva uccidere il gaichu; l’aveva avvelenato poco per giorno, a sua insaputa.
Questo aveva reso impossibile a Zazie il combattimento, il gaichu l'aveva sopraffatto in poco che ora era alla volta della città. La ragazza aveva sofferto, l'aveva visto nei suoi ricordi, però quello che era diventata, una guida per un gaichu malefico,  non era la risposta alle sue sofferenze.
Zazie si rialzò e traballando si diresse all'uscita di quel posto.
- Che fai?!- chiese allarmato Lag.
- Vado a rincorrerlo, devo farlo fuori io! - Ringhiò seccato Zazie testardo. Non avrebbe mollato, a nessun costo.
- Ma non puoi, hai preso un duro colpo! -
- Non importa, devo andare! - Zazie non avrebbe mollato, così Lag gli diede un calcio che lo fece finire a terra in un attimo!
- Lo vedi? Sei così debole che ti atterro perfino io! - esclamò Lag planando su di lui. Zazie rimase giù stringendo i denti furioso.
Le lacrime di rabbia si affacciavano proprio ora, non aveva mai pianto, mai. Era stato forte, ed ora doveva fare quelle scenate? Ma dai!
Lag capì che per lui era davvero molto importante, così sospirando gli prese le mani e con dolcezza lo fece ragionare.
- Zazie, tu non sei solo... - Zazie a quel punto spostò gli occhi sui suoi d'ambra. Le lacrime si fermarono. Non scesero. - Usa noi! -
Zazie lo guardò e poi guardò gli altri, persino Lode era lì in attesa della loro decisione.
- Lo faremo insieme! Useremo una strategia! -
- Non sappiamo nemmeno quale sia il suo punto debole! - Asserì Connor.
Zazie annuì arrendendosi, non era solo. Aveva sempre pensato a quella lotta come la sua, ma aveva sbagliato. Non la doveva fare solo, lui non era solo.
Fu così che si convinse, sia pure riluttante, a farsi momentaneamente da parte per poter abbattere quel maledetto Laphroaig.

La strategia consisteva nell'aspettare il gaichu nella cattedrale dove la gente si era radunata per scappare. Il gaichu dopo aver setacciato la città sarebbe andato in cattedrale e avrebbe trovato Zazie ad aspettarlo. Dopo essere stato attaccato da Lag, Connor, Niche e Lode.
Fra tutti l'avrebbero stancato e trovato il punto debole, poi Zazie l'avrebbe ricevuto e dopo essersi ripreso dal veleno, l'avrebbe fatto fuori.
Fu una strategia abbastanza vincente, anche se poi abbatterlo del tutto non fu facile.
Tutti diedero un prezioso contributo e Niche e Lode dimostrarono, sia pure riluttanti, di essere una squadra formidabile.
Il Laphroaig guidato da Emille, che si era fatta prendere da lui per fornirgli cuore di continuo, stava andando verso Zazie in attesa proprio del gaichu, ma più indebolito di quanto non arrivò.
Un istante intercorse fra la loro resa dei conti.
Zazie in quel momento ripensò al proprio tuffo nei ricordi, alla difficoltà avuta da piccolo come randagio, al rifiuto per gli altri, alle cose che rubava perché non aveva scelta. Alla rabbia provata nel rivedere i suoi genitori che l'avevano abbandonato. Il suo rifiuto.
Se non li avesse rifiutati, se solo non li avesse rifiutati...
Se l'era ripetuto per molto tempo, per sempre. Ora poteva fare una cosa per loro.
Uccidere quella bestia.
Lag e Niche dietro il gaichu gridarono quale era secondo Steak il suo punto debole.
Zazie così gli andò incontro, i propri genitori nel cuore, curati fino alla fine senza risultato se non la morte.
Ciò che era perduto non lo si recuperava.
In quel colpo Zazie mise tutto il suo dolore, il suo rimpianto, la sua tristezza, i suoi sensi di colpa.
Avrebbe potuto avere una vita felice se non li avesse odiati, quando li aveva rivisti.
Invece li aveva odiati ed aveva avuto una vita triste.
Solo Lag, solo il suo Lag gli aveva ridato la gioia di vivere, un'altra prospettiva.
Solo lui.
E a lui pensò mentre si lasciava cadere dal ponte, stremato, senza forze, dopo aver esaurito il cuore, o per lo meno pensandolo.
A lui e al dispiacere di averli lasciati.
Lui, i suoi amici.
Aveva ucciso il gaichu, aveva vendicato i suoi genitori, poteva abbracciare un po' di pace. Un po’.
Eppure quanto avrebbe voluto abbracciare Lag, invece.
Si abbandonò al destino, senza averne più.
E il destino lo baciò.
A volte ciò che si perdeva, non era andato per sempre.

Riaprire gli occhi e rivedere Lag che aveva saputo prenderlo al volo grazie a Niche, fu trovare il paradiso.
Quel benessere, quello stare bene, quel calore. E quelle lacrime.
Il suo amore era lì ed insieme avevano fatto giustizia al suo cuore.
Leggerezza.



Si tolse il braccio dalla vita con delicatezza, poi scivolò giù dal letto e andò fuori dalla camera cercando di fare il più silenziosamente possibile.
Jiggy era molto insistente, ma nella sua insistenza, non lo forzava troppo.
Insomma, l’aveva fatto rimanere a dormire da lui, ma non gli era saltato addosso.
Non capiva cosa aspettava, eppure era chiaro che lo voleva ed anche molto.
A Noir andava meglio così, non riusciva a respingerlo e a stargli lontano, aveva come una frenesia innata. Però era anche vero che era agitato, dentro di sé. A disagio.
“Mi sembra di essere un ladro, un intruso…”
Pensò andando fuori in terrazzo a guardare la città addormentata.
Alzò lo sguardo sulle stelle e sorrise mentre si sentiva meglio.
Inconfondibilmente meglio.
Era una visione che lo metteva a suo agio.
Il vento, da lì, soffiava un po’ più fresco. Noir rabbrividì stringendosi nelle braccia, non si era messo nemmeno una giacchetta, era uscito con la canottiera.
Come faceva Jiggy a desiderarlo e a non saltargli addosso?
Per quanto era incerto sul da farsi per una questione etica e morale nei confronti di Gauche, lo voleva. Sapeva di volerlo. E se Jiggy l’avesse fatto, aveva deciso di non respingerlo.
Ma Jiggy sembrava intenzionato ad aspettare che fosse lui a farlo per primo, proprio per evitare di forzarlo, in qualche modo.
Insomma, un giro un po’ contorto di attese vicendevoli. Il risultato era che dormivano insieme anche abbracciati, si baciavano, ma non facevano altro.
Il sesso era tabù.
“Eppure se era una cosa che facevano, forse stimolerebbe qualcosa in Gauche…”
Una folata di vento più forte scompigliò i capelli in avanti, si strinse di più le mani sulle braccia e proprio in quell’istante una coperta l’avvolse da dietro e con essa due mani e due braccia.
Noir si rilassò subito contro di lui e lo guardò con gratitudine sentendosi meglio.
- Grazie. - Mormorò tornando alle stelle che lo calmavano.
- Non riuscivi a dormire? - Chiese Jiggy.
Noir annuì.
- Mi sento un intruso. - Ogni tanto glielo ricordava e Jiggy diceva che erano solo sciocchezze.
- Quando la smetterai? - Noir non fece una piega e appoggiò solo la testa alla sua che lo teneva fra le braccia possessivo.
- Pensi che ricorderò mai? -
- Gli esperimenti col dottore stanno portando a galla qualcosa, no? - Noir annuì.
- Dice che fare le cose che facevo prima mi aiuta a tornare sempre più me stesso. - Jiggy girò il capo per guardarlo meglio in viso.
- Ed è così? Come ti senti? -
- Ho dei flash ogni tanto. Sovrapposizioni di ricordi. Confondo qualcosa del passato con qualcosa di ora. Ma solo se faccio le stesse cose di prima. Per questo sto da Silvet. Il dottore vuole convincere il direttore a farmi rifare il Bee. - Jiggy lo guardò con un sopracciglio alzato.
- E tu vorresti? - Noir si strinse nelle spalle, lo guardò con un’aria che non gli dispiaceva e carezzando l’idea sorrise senza staccargli gli occhi dai suoi, così vicini.
- Perché no, dopotutto mi piace riavvicinarmi al vero me stesso. È come se trovassi la strada di casa dopo essermi perso per molto. Sono belle sensazioni. - Jiggy capì che Noir voleva tornare Gauche, però non voleva essere già confuso con lui perché non lo era ancora.
- E cosa pensi di noi? - Chiese poi Jiggy. Tendeva a non mettergli pressione, però non mollava mai. Stava sempre con lui appena poteva. Era come se volesse che succedesse in modo naturale, ma al tempo stesso tentasse di farlo accadere.
Noir non si opponeva.
- Forse sto rubando la vita di Gauche, il ragazzo di Gauche, la casa di Gauche… - Jiggy si aggrottò.
- Sono le tue… -
- Sì, infatti. Però sono ancora nella fase… beh, è proprio tutto mio? - Per Noir non era facile e Jiggy lo capiva, per questo non voleva esagerare e violarlo troppo.
Rimase a guardarlo intensamente, con un desiderio molto forte. Lo guardò e lo strinse, poi fu Noir ad annullare la distanza delle loro labbra.
Jiggy aprì le proprie e accolse le sue, succhiò la sua lingua e lo accolse con la propria.
Calore, dolcezza, sollievo.
- Però non riesci a trattenerti quasi più… - Gli fece notare Jiggy con un sorrisino malizioso, vicino alla sua bocca.
Noir si colorò leggermente di rosso sulle guance candide e nascose il viso contro il suo collo, girandosi un pochino verso di lui anche col corpo.
- Certe cose sono più forti di me. Perché è lui. -
Rimasero in silenzio così, stretti uno all’altro, ad ascoltare il vento e guardare le stelle.
- Sai cosa rende tale una persona? - Chiese Jiggy dopo un po’. Noir voleva proprio saperlo, era la grande domanda.
- Cosa? -
- Ognuno ha un’essenza. Una caratteristica che lo distingue, che lo fa essere sé stesso se c’è. Tu sei tu perché sei gentile. - Noir si sentì caldo ed in pace nel sentirlo. Forse non era davvero perso, a volte lo credeva, a volte ci si sentiva. Altre arrivava Jiggy e gli dava tutte le sue certezze. La sua forza. Specie quella interiore. Così Noir lo disse senza saperlo davvero, senza ricordarlo. Lo disse perché lo sentiva.
- E tu sei tu perché sei forte. - Jiggy si ritrovò con gli occhi che gli pungevano. Era quello che cercava di essere da una vita, sentirselo dire da lui era una bella conferma.
“È Noir, non è Gauche. Però sono sicuro che ad averlo detto era il mio Gauche…”
E con questo lo baciò lui, carezzandogli il viso.
Non sapeva quanto giusto fosse quello che faceva. Però non intendeva cedere, non intendeva mollare. Noir era l’unica possibilità di riavere il suo Gauche. Doveva insistere, tenere duro, non mollare.
Doveva.
Doveva proprio.
Se non ci sarebbe riuscito, sarebbe successo dopo ogni suo possibile tentativo.


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Capitolo 32
*** Tu sei tu perchè... ***


la_proporzione_perfetta32 *Ecco un altro capitolo, in questo c'è un pezzettino di Noir e Jiggy parecchio importante perchè Noir comincia ad avere dei vaghi flash della sua vita precedente, in quanto in lui, in un piccolo angolino di sé, c'è ancora un pochino di Gauche ed emerge nei sentimenti e negli istinti. Poi passiamo a Lag e Zazie: tornano a casa dalle loro missioni ed è tempo di raccogliere impressioni e motivazioni: per Lag non è facile affrontare la verità su di sé, specie perchè ancora non sa bene tutto. Ma per fortuna Zazie non ha dubbi su ci sia il suo ragazzo. La scena (capirete quale leggendola) non è stata facile, fino all'ultimo ero indecisa se farla (in assoluto nella fic) o no, ma alla fine ho deciso di scriverla. Spero sia venuta decente: considerando che sono dei ragazzini per me non è stato facile. E dunque buona lettura. Baci Akane*

32. TU SEI TU PERCHÉ…




"Di te l'odore che respirai Mi segue come una piuma perchè ti sto amando ancora. Forse non lo sai ma è vero perchè ti sto amando ancora. Forse non ci credi ma spero"
- Zucchero - Una carezza -
  
- Cosa?! Un giorno intero per ripararlo?! - Esclamò Jiggy seccato. Il povero meccanico lo guardò mortificato.
- Mi dispiace però non posso metterci di meno… - Jiggy grugnì qualcosa, poi se ne andò altezzoso e teatrale, gelando il meccanico con uno sguardo di lame affilate.
Noir sorrise, si chinò e si scusò con lui al suo posto.
All’uomo che li aveva visti insieme il giorno in cui Jiggy aveva preso il cavallo di ferro, sembrò di tornare indietro nel tempo.
Fu una bella sensazione.
Anche Noir ebbe un flash, di quell’uomo sorridente che consegnava la moto per la prima volta a Jiggy.
- Gauche, ho molte consegne da fare e sono senza mezzo, ti va di accompagnarmi e mi aiuti? - Disse Jiggy improvviso appena fu fuori. Noir era uscito con Jiggy e l’aveva accompagnato all’Alveare: il dottore aveva detto che per ora avevano finito con gli esperimenti e che voleva convincere il direttore a fargli fare di nuovo il Bee.
Lode era ancora con Lag in missione, tardavano a tornare, ma si supponeva che si fossero incontrati con Zazie e Connor e che avessero avuto dei contrattempi.
Poi Jiggy era uscito con le consegne, si erano salutati facendo attenzione a non essere visti ed infine aveva cercato di mettere in modo i suo cavallo di ferro. Senza successo.
Così l’aveva accompagnato dal meccanico.
- Ma… dici che posso senza il permesso? - Jiggy alzò le spalle.
- E chi mai dovrà saperlo? - Noir fece un sorrisino, poi annuì e mentre una strana frenesia lo inebriava, accettò.
- Ma come ci muoviamo? Senza il tuo mezzo faremmo molto tardi… -
- Lo so. Dovremmo usare una carrozza. - Noir annuì seguendolo, trovò strano il suo tono freddo e teso. Era sempre un po’ così, ma ora lo era davvero tanto.
Poi una sensazione, un flashback o qualcosa di simile. Non disse nulla, si limitò a seguirlo verso la zona delle carrozze, ne pagarono una dicendo il percorso che dovevano prendere.
Infine, silenziosamente, salirono.
Il mezzo partì e Noir non ci mise molto ad assumere un curioso colorito verdastro.
Noir così completò il suo flash con una sorta di ricordo vero e proprio e lo fece ridendo.
Ridendo davvero.
Se Jiggy non fosse stato troppo male, l’avrebbe abbracciato felice di vederlo così. Se appunto la voglia di vomitare non fosse più grande in lui.
- Tu soffri il mal di trasporto! - Esclamò ricordandolo. Jiggy ne era felice, ma si sentiva male lo stesso. Si mise una mano davanti alla bocca e fece per vomitare, così Noir lo prese per le spalle e lo accompagnò a stendersi sul pavimento della carrozza.
Si mise con lui, supino, a guardare il soffitto. I movimenti si sentivano di meno.
Jiggy stava male, ma decise di concentrarsi su quel momento magico.
- L’hai fatto identico anche la prima volta che ci siamo incontrati. Prima missione insieme. Non avevo il cavallo di ferro. -
Noir rimase con un sorriso nostalgico che gli aleggiava nel bel viso marmoreo.
- Ti ho fatto stendere e ti ho toccato i capelli. E tu non hai detto nulla. - Jiggy voleva piangere, ma a quello si contrapponeva l’istinto di vomitare.
- Lo ricordi? - Noir allungò la mano girando la testa verso di lui, sorrise appena, dolcemente gli toccò i capelli alla stessa maniera.
- Non proprio. È quello che ho fatto e che volevo fare ora. E se è vero quello che dite, cioè che la mia essenza è invariata… - Jiggy gli prese la mano e intrecciò le dita.
- Sei proprio tu. Sei tu e basta. Accettalo. - Noir non disse nulla, si sentiva euforico anche se non voleva osare esserlo. Si soffocava, si tratteneva. Non era proprio tornato Gauche, non aveva i suoi ricordi, semplicemente aveva i suoi sentimenti, i suoi modi, il suo carattere. Era lui, come diceva Jiggy, e ne era sempre più consapevole. Ma il fatto di non avere i suoi ricordi, lo frenava dal lasciarsi troppo andare.
Eppure quella mano non riusciva a staccarla dalla sua. Non poteva proprio.


- Per quanto sia un maniaco, è bravo, lo devo ammettere… - Disse Zazie tornando a casa dopo essere stato spogliato e curato dal dottor Thunderland Jr.
Lag rise mentre diceva a Niche e Lode che potevano andare perché lui accompagnava Zazie a casa.
- Voglio assicurarmi che stia davvero bene… - Disse cercando di convincere Niche a lasciarlo solo.
- Niche è il dingo di Lag ed in quanto dingo di Lag deve stare con Lag! -
Lode sbuffò alzando gli occhi al cielo seccata.
- Stupidona, devono stare soli! - Ormai Lode aveva capito quel sistema. Anche Noir e Jiggy lo usavano. Una scusa qualunque per poter stare soli.
Adesso Lode cominciava a recuperare, sia pure in pochi istanti, i ricordi del lupo di Gauche, a conferma che era stata incrociata proprio con lei. Forse per questo aveva trovato Gauche dopo che era scappato senza memoria dalla capitale.
Comunque voleva solo che lui fosse felice, il resto non contava, non come, non perché.
Quindi lo lasciava solo con quel Jiggy, anche se non capiva perché dovessero fare quel che facevano prima, quando Noir era Gauche. Ora non lo era davvero, non del tutto.
Lode non capiva, ma non le importava. Era più importante aiutarlo ad essere felice e quando era con quel ragazzo, per qualche strana ragione, lo era.
- Perché devono stare soli? E poi Wasiolka va con loro! - Niche insisteva per stare con Lag il quale rosso ed imbarazzato per la schiettezza di Lode, rimaneva rigido per la strada, con Zazie che invece rideva ed avanzava senza problemi.
- Wasiolka non gli crea imbarazzo. - Niche così cominciò chiedendo cosa era ‘imbarazzo’ sbagliando ovviamente la parola. Lode l’afferrò per i capelli e la tirò verso casa di Silvet, dove Noir le aveva detto che voleva alloggiare.
Le loro voci si persero per le vie in breve tempo.
- Quelle due fanno una bella coppia, non credi, bella gattina? - Chiese Zazie tutto allegro, ostentando una gioia un po’ sospetta.
Lag si lasciò prendere per mano da lui e tirare verso casa.
- Bella coppia in che senso? - Ovviamente Lag non ci poteva arrivare e Zazie rise divertito, aprendo la porta di casa. Venne investito subito dai suoi gatti affamati, ben cresciuti rispetto a quando erano appena arrivati.
Lag si ricordò i nomi che gli avevano dato e si perse a sorridere.
- Hanno portato fortuna, secondo te? - Zazie non capendo a cosa si riferiva, lo guardò e solo dopo capì.
- Perché li abbiamo chiamati come loro ed adesso Gauche è tornato? -
Lag si strinse nelle spalle.
- Dire che è tornato è una cosa grossa. - Asserì togliendosi la giacca logora e le scarpe piene di polvere.
- Però è quanto di più vicino a Gauche, dici che ha i suoi modi, il suo carattere è invariato. - Lag annuì. Era un modo di vedere le cose.
Zazie era notoriamente negativo e pessimista, ma solo con lui diventava ottimista e positivo. Perché Lag era sempre pieno di dubbi ed incertezze, così si preoccupava di tirarlo su.
I due diedero da mangiare ai gatti, poi lavarono velocemente le divise e le misero a stendere.
La cena l’avevano fatta all’Alveare, il dottore non li aveva mandati a casa senza.
- Sei sicuro di stare bene? - Chiese Lag guardando Zazie mentre si sedeva piano sul letto.
Zazie lo guardò.
- Certo, te l’ho detto. Il dottore fa magie. Per quanto per farle mi debba palpare… beh, insomma, sto bene. Ma tu non te ne vai mica anche se io sto bene, no? - Lag lo guardò senza capire a cosa si riferiva. Zazie si stese e gli fece spazio. - Passi la notte qua? - Lag capì e arrossì.
Suo malgrado annuì meccanico e rimanendo in biancheria intima come lui, si stese accanto a Zazie nel suo letto.
Si vergognava un po’, ma quella notte più che mai aveva bisogno di lui.
Dopo la scoperta sconvolgente, non aveva avuto tempo di assimilare nulla. Era subito stato sbalzato nella realtà di Zazie, nel suo problema. L’aveva aiutato a non pensarci, ma doveva farlo, si sentiva in un limbo ed ora che tutto era fatto e finito, aveva bisogno di qualcuno che lo capisse e sapesse come gestirlo, come raddrizzarlo, come rimetterlo in carreggiata.
Chi era? Cos’era? Una stirpe, non davvero umano. Che cosa doveva fare? Che compito aveva sua madre?
Tante domande, poche risposte ed una sensazione.
Quella di doversi sbrigare.
- Io intendevo… come stai dopo aver ucciso il gaichu dei tuoi genitori… - Disse piano con un tono intimo. Non ne aveva parlato. Aveva solo pianto appeso al suo collo.
Zazie che piangeva, che impressione.
Poi si era asciugato subito le lacrime ed aveva fatto lo scorbutico dicendo che stava bene.
Le bende intorno al petto dicevano che aveva altri segni sul corpo, forse non gli facevano male, ma li aveva.
Zazie si sistemò sulla schiena mentre Lag si mise sul fianco per guardarlo, curioso di quel che si teneva dentro, conscio che qualcosa c’era.
Inizialmente non aveva pensato di dover dire nulla, di non volerlo fare. Ma lì con Lag accanto a lui che glielo chiedeva, come non rispondere?
Così ci pensò per la prima volta da quando era successo.
Come stava?
Sospirò.
- Leggero, credo. Sai… io ho vissuto sentendomi fortemente in colpa… i miei sono stati attaccati da quel gaichu perché io li ho respinti quando eran venuti a riprendermi. Ho vissuto nel rimpianto e nel senso di colpa, riversando in questa vendetta la mia liberazione. - Lag lo guardò attento trattenendo il fiato.
- E ti senti libero? - Chiese piano.
Zazie si girò e lo guardò con uno sguardo diverso dal solito sempre un po’ scorbutico e selvatico, uno sguardo adulto, consapevole.
Sereno.
- Sì. Forse non è vero che uccidendo quel gaichu ho saldato il mio debito. O forse un debito non l’avevo perché loro mi avevano abbandonato… -
- Ma… - Lag stava per partire ma Zazie lo fermò alzando un po’ la voce.
- Lo so che l’hanno fatto perché altrimenti mi avrebbero venduto come schiavo per dei debiti che avevano. - Lag gli aveva mostrato la lettera col suo proiettile speciale che i genitori avevano lasciato a Zazie prima di abbandonarlo. Zazie non aveva mai avuto il coraggio di aprirla e leggerla. Lag gliel’aveva ‘mostrata’.
La loro storia era molto triste e giustificava di gran lunga il loro doloroso gesto, però quel che aveva passato Zazie da piccolo, dopo il loro abbandono, non era stato facile.
- Non so. - Fece Zazie dopo un po’ di pausa. - Avevo un debito? L’ho saldato? Chi lo sa. Però io ho fatto il mio, ho fatto quello che potevo, quello che dovevo. E mi sento leggero. Punto. - Poi si voltò verso di lui e lo guardò risoluto e sorridente. - E felice. - Lag capendo che era riferito a lui, sorrise e appoggiò la fronte alla sua tempia chiudendo gli occhi. Zazie si rilassò e chiuse anche lui i propri. Quel momento era perfetto.
- Redenzione. - Disse. - Penso si chiami redenzione. La trovi da solo facendo qualcosa che ti fa sentire riscattato. - A Zazie piaceva la redenzione e annullò la poca distanza che c’era, baciandolo dolcemente sulle labbra.
Lag l’accolse sentendosi meglio e sollevato lui stesso. Quella notte aveva bisogno di lui, una specie di bomba atomica era in procinto di esplodere e più evitava di pensarci, peggio stava.
Zazie sollevò il braccio e lo mise intorno a lui avvicinandolo a sé, se lo sistemò addosso e Lag adagiò la testa contro il suo petto.
Dopo quella volta Zazie non aveva più esagerato coi contatti che lui stesso definiva da maniaco. Gli era piaciuto molto, non capiva perché non avesse più voluto. Forse si era pentito? Eppure lo cercava sempre lo stesso, era così dolce.
- E tu invece? - Chiese Zazie dopo aver finito la propria confessione.
Lag sospirò. Ora toccava a lui. Era lì per quello, l’aveva cercato apposta.
Si morse il labbro e Zazie iniziò a giocare coi suoi capelli, cosa che lo rilassò, mentre lo ricopriva di brividi.
- Io… beh, ti ho già raccontato tutto… - Disse incerto non sapendo nemmeno cosa dire, non ne aveva idea. Come si sentiva? Cosa ne pensava?
- Credi di essere diverso da prima? Ti senti inumano? Credi di non dover fare le cose che fanno gli altri per qualche ragione? - Zazie iniziò con le domande a raffica, probabilmente quelle che sapeva doveva avere per la testa perché lo conosceva.
Il peso era così grande, ora. Un macigno che lo schiacciava a terra, non riusciva a risalire, a respirare. Non ce la faceva proprio.
Zazie sentendo che non rispondeva, alzò la testa e lo guardò.
Quando vide le sue lacrime silenziose scendere dagli occhi, la sorpresa lo colse.
- Lag! - Esclamò meravigliato. Lag però si coprì il viso con le mani non avendo il coraggio di mostrarsi così debole per un motivo che nemmeno sapeva. Perché aveva voglia di piangere? Perché?
Zazie lo spinse stendendolo sulla schiena e gli si mise sopra, appoggiato su un gomito, l’altra mano a prendergli un polso per scostare la mano dal viso. Lo guardò mentre piangeva copiosamente, senza fare il solito chiasso.
- Lag… ehi, dai… - Lì per lì non sapeva cosa dire, Lag piangeva e basta così lo abbracciò si appoggiò a lui ricoprendolo col proprio corpo, come per nasconderlo. - Va tutto bene, non vede nessuno. Puoi piangere. - Mormorò capendo che invece ne aveva bisogno.
Lag abbracciò Zazie e aumentò le lacrime. I singhiozzi sempre più forti scuotevano il suo corpo e quando un po’ si calmò, Zazie con le labbra al suo orecchio iniziò a mormorare.
- Sei sempre il mio Lag. La mia bella gattina. - Lag strinse gli occhi che gli bruciavano.
- Non lo so. -
- Lo so io. Sei sempre tu. -
- Ma non sono fatto di carne e sangue, sono fatto di luce. Sono diverso. Non so cosa sono, cosa devo fare, perché… - Iniziò con la raffica di domande che lo tormentavano da quando era uscito da casa di zia Sabrina.
Zazie allora si alzò sui gomiti e lo guardò torvo.
- Sei concreto come me! Sarai anche nato dalla luce, ma ora sei umano! - Lag però era completamente confuso su questo, non sapeva cosa dire, cosa pensare e Zazie glielo lesse negli occhi d’ambra pieni di lacrime.
- Cosa mi rende umano? La mia essenza è diversa dalla tua! - Non sapeva cosa  e come pensare. Mentre lo diceva, realizzava cosa aveva dentro di sé, cosa macinava.
- Questo ti rende umano! - E partì con la mano fra le sue gambe, prese la sua erezione e iniziò a muovere. - Il piacere. Le sensazioni. - Lo baciò sulle labbra, scese sul collo. - I sentimenti. - Zazie era un treno e Lag preso in contro piede iniziò a sentire mille sensazioni insieme, brividi di piacere, eccitazione, desiderio inaspettato.
- Quello che provi, è la stessa cosa che provo io! - La bocca di Zazie scese sul suo petto, dove gli aveva alzato la canottiera. Corse con la lingua sui suoi capezzoli, stava andando molto oltre e nemmeno ci stava pensando. Era troppo lanciato, l’idea che Lag non si sentisse umano era assurda, era molto più umano di molti altri.
Lag ormai era confuso nel piacere, riusciva a pensare sempre meno.
- Ti tocco e sei reale. - Aggiunse scendendo con la bocca sul suo ventre. Lag trattenne il fiato sentendolo che sostituiva la lingua alla mano nella sua stessa prima volta. L’aveva desiderato ed immaginato a lungo ed ora era lì. Stava succedendo. Lo stava facendo. Gli stava piacendo.
Lag spinse automaticamente il bacino contro la sua bocca alzando le mani ai lati del viso, si prese al cuscino e strinse. Le emozioni traboccavano in lui, così vivide e sconvolgenti, così forti. Di nuovo il suo cuore iniziò a caricarsi tramite l’ambra all’occhio e Zazie si fermò, la pietra tornò a spegnersi, ma lui era eccitato e lo guardò in attesa, sperando che non si fermasse.
Si stava sentendo così meravigliosamente umano, per la prima volta da quando sua madre gli aveva detto la verità.
Ed era la sola cosa che aveva cercato.
- Quello che provi tu, è quello che provo io. Ed è estremamente umano e reale. -
Zazie finì di togliere gli indumenti che rimanevano, andò fra le sue gambe, lo preparò alla meglio ed infine pensando che doveva provare tutto nel modo più umano possibile, entrò in lui.
Lag si sentì lacerare e le lacrime tornarono agli occhi.
Gli fece male, ma Zazie ebbe la delicatezza di fermarsi e permettergli di abituarsi, gli carezzò il viso e gli baciò le lacrime, infine riprese a muoversi.
- È quello che provo io… così bello… così doloroso… così umano… - Una spinta, dolore. Un’altra, sempre più in dentro.
- Lo senti? - Chiese ansimando mentre l’eccitazione saliva sconvolgente.
Lag stringeva gli occhi, annuì.
- Fa male? - Lag annuì.
- Ma è anche bello. È strano… è così caotico… - Rispose fra i respiri affannati. Zazie gli prese il labbro e succhiò continuando a muoversi.
- Sei così umano, Lag. Sei così vivo. Sei vivo. Sei vivo. - Iniziò a ripeterlo ad ogni spinta che cresceva in lui l’eccitazione e il piacere. Fino a che i gemiti si unirono e le braccia di Lag lo circondarono. Zazie così rallentò e andò a stuzzicarlo con la mano per completare l’orgasmo, quando vide il suo occhio brillare capì cosa gli stava succedendo e non si spaventò.
Non stava per esplodere. Erano i suoi sentimenti di luce che traboccavano in lui.
Non c’erano gaichu da eliminare, Zazie riprese a muoversi insieme alla sua mano, seguendo la reazione della sua ambra e l’orgasmo li avvolse in una luce meravigliosa che li cullò e li scaldò portandoli in un universo ben diverso da quello in cui vivevano. Un paesaggio di luce, verde e azzurro. Una posto meraviglioso.
Si ritrovarono poi ansimanti, sudati, sconvolti e pieni di una frenesia nuova.
I corpi caldi, allacciati insieme. Le lacrime agli occhi cristallizzate.
Un istante. Un istante quasi eterno. I loro occhi si incontrarono e lì videro l’amore. Così umano anche quello.
- È il fatto che ami, che ti rende te, Lag. Così come Gauche è Gauche perché è sempre gentile e premuroso. Tu sei tu perché ami. Non importa come sei nato e cos’altro hai dentro. Ti amo lo stesso. - Non glielo aveva mai detto.
Lag strinse gli occhi e nascose il viso contro il suo collo. Lo abbracciò e rimase così contro di lui.
- Ti amo anche io. Qualunque cosa succederà ed io debba fare ti amerò sempre. Ricordalo. - Non aveva idea del motivo per cui glielo aveva detto in quel modo, a Zazie fece impressione, si alzò aggrottato ma lui lo baciò subito.
Quel momento, quell’istante non sarebbe andato perduto. Quello era il loro presente e al momento era tutto ciò che contava. A prescindere da quanto sarebbe stato inciso nelle loro memorie.
Comunque era lì, ormai era loro.

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Capitolo 33
*** Non molleremo ***


la_proporzione_perfetta33 *Ecco un altro capitolo. L'ho corretto guardando la partita perciò spero di non aver fatto strafalcioni, in quel caso chiedo scusa. Siamo tuffati completamente nel mondo di Noir: Jiggy ha le idee chiare, in lui vede Gauche e farà di tutto per riaverlo o per lo meno per avere quanto di più possibile c'è lì ancora del suo Gauche. Per Noir è diverso, non è fcile capire qual è il suo posto e sebbene ha sempre più sensazioni e sentimenti di Gauche, non si sente ancora lui sul serio, tuttavia non contrasta quel che è rimasto dentro di sé. Lag arriva come un piccolo angelo a dargli un po' di luce. Buona lettura. Baci Akane*

33. NON MOLLEREMO


"Non puoi capire che non ti laserò finchè non avremo finito qui, e poi scoprirai dove tutto è andato storto. Niente dura per sempre tranne te e me, tu sei la mia montagna tu sei il mio mare, l'amore può durare per sempre tra me e te. Tu sei la mia montagna tu sei il mio mare."
/Mountains - Biffy Clyro/


Era un paesino posto a ridosso di un monte, per arrivarci bisognava attraversare la gola su un ponte traballante.
Jiggy avanzò per primo pensando che effettivamente fosse perfetto per ripercorrere le loro tappe.
“Se lo cercavo apposta, non mi veniva così.”
Poi si voltò a guardare la sua reazione e lo vide fermo all’inizio. Non aveva ancora messo piede sul ponte.
Jiggy fece un ghigno.
- Reminiscenze? - Chiese divertito. Noir si riscosse, lo sguardo serio e concentrato su quel vuoto sotto il ponte, così nero.
La luce del sole artificiale non arrivava nemmeno di poco, si vedeva solo grazie alle stelle.
- Gauche? - Chiamò visto che non rispondeva.  Jiggy era fermo proprio ad un paio di metri da lui, sospeso nel vuoto.
Noir si riscosse e lo guardò stupito.
- Ecco… ho una certa inquietudine… - Jiggy si avvicinò e gli tese la mano, Noir la prese silenzioso e lo seguì mentre lo guidava davanti a sé.
La sua stretta gli infuse subito più tranquillità, strinse a sua volta la mano istintivamente e Jiggy sorrise. Era così bello essere di nuovo con lui a consegnare. Come quel giorno, come quella volta.
- Cosa ti ricordi? - Chiese sperando in qualche flash. Noir si strinse nelle spalle esitante, camminavano piano, ma Jiggy era molto più concentrato su di lui che sui probabili gaichu che potevano venire dal fondo della gola.
- Niente di specifico. Forse è successo qualcosa in un posto del genere? - Jiggy annuì e composto si girò a guardarlo, ma appena posò gli occhi su di lui impallidì e senza pensarci un secondo lo strattonò e lo spostò dietro di sé, alzò il braccio libero, puntò la pistola e sparò.
Non potendo riflettere su che gaichu fosse e su quale fosse il suo punto debole, il gaichu non morì. Indietreggiò, ma poi tornò alla carica.
- Maledetto. - Ringhiò Jiggy dovendo lasciare la mano di Noir per poter muoversi meglio. Voleva correre verso il gaichu e mirare meglio, il ponte era troppo ballerino e non riusciva a combattere in modo efficace, ma Noir si prese alla sua sciarpa e per poco non lo strozzò.
- Non andare! - Disse con un tono spaventato.
Jiggy lo guardò distraendosi.
- Questo non è da te! Non mi impediresti mai una lotta, ma mi… - Noir non lo fece ripetere, avanzò deciso verso di lui, tese il braccio che appoggiò alla sua spalla e con maggiore stabilità, nonostante il ponte tremasse, disse:
- Dimmi dove! - Noir non aveva ancora tutte le sapienza sui gaichu che aveva Gauche, perciò chiese a lui e Jiggy senza rifletterci che non era mai consigliabile permettergli di sparare, rispose quale era il punto debole del gaichu.
Noir sparò e grazie all’appoggio di Jiggy, riuscì a colpire subito.
Il gaichu esplose nel cielo in mille piccole stelle che caddero come per magia su di loro e i ricordi partirono da entrambi, ricordi che, per guardarli, non si resero conto dell’equilibrio che andò a mancare a Noir.
Jiggy se lo vide cadere da davanti agli occhi proprio mentre cercava fra i ricordi di Gauche qualcosa di utile.
Lo afferrò al volo proprio mentre cadeva dal ponte, il proiettile del cuore sparato l’aveva momentaneamente debilitato e l’instabilità del posto in cui erano, non gli aveva permesso di rimanere saldo. Aggiungendoci i ricordi che si mostravano sopra le loro teste, il quadro era completo.
Jiggy si stese sul ponte nella posizione più sicura possibile, poi con le spalle e col busto si sporse tenendogli la mano.
Noir alzò lo sguardo su di lui e nello stesso momento che un flash gli attraversava la mente, la stessa scena si mostrava sopra la sua testa. Spostò gli occhi viola e guardò il ricordo di Jiggy su loro due nella stessa posizione di ora.
Nel ricordo un Jiggy ferito al viso e tutto malconcio nel resto del corpo, vestiti strappati, sporco, sanguinante teneva un altrettanto malandato Gauche appeso solo alla sua mano.
Il sangue colava dal viso di uno a quello dell’altro e nel vedere quel ricordo, le lacrime scesero dagli occhi di Noir. Lacrime che non pensava nemmeno d’aver mai potuto versare di nuovo. Non ricordava come si piangeva, non ricordava cosa fossero i sentimenti positivi. Non ricordava più le cose belle, sapeva che c’erano state nella vita di Gauche, le invidiava e sperava di potergliele restituire per sentirsi di nuovo così, ma non l’aveva mai davvero provato.
Anche se… anche se con Jiggy era stato così bene che aveva voluto rimanere con lui proprio per questo.
Il suo Jiggy.
Il suo amore. Lui che gli aveva salvato la vita, lui a costo della propria.
- La cicatrice… - Mormorò… Jiggy capì che aveva ricordato e che probabilmente guardava sopra di loro la scena. E con un sorriso sicuro di sé e felice, completò la frase:
- E la mia vita. -
- La nostra promessa… - Anche Jiggy aveva voglia di piangere, non capiva se aveva ricordato o se stava guardando il ricordo, però stava piangendo, si stava emozionando, Noir stava avendo dei sentimenti autentici.
Jiggy lo sollevò e lo riportò sul ponte, al sicuro, dove si stesero entrambi supini, sulla schiena, a guardare il resto dei ricordi sopra di loro.
Loro in quel paesino sperduto, in quella casa durante le cure. E poi quel primo dolcissimo bacio, la loro promessa, il risultato di quel che ormai provavano da un po’, la resa.
Finché ci sarà la vita e quella cicatrice sul viso di Jiggy, il loro amore sarebbe sempre esistito. In un modo o nell’altro.
Noir girò la testa fino a guardarlo in viso, poi con le dita sfiorò la cicatrice che guardava da giorni con una sensazione nostalgica.
- Perdonami… se non fosse stato per te sarei morto. Ma se non fosse stato per me, non avresti avuto questa. - Jiggy si voltò verso di lui sorridendo, uno dei rari sorrisi che aveva solo con pochi eletti.
Gli prese la mano posata sul proprio viso e se la portò alle labbra.
- Senza di questo non ci saremmo mai decisi a metterci insieme ed è stata la cosa più bella della mia vita. Non rimpiango nulla, anche se poi tu sei scomparso ed hai perso la memoria. Perché mi hai restituito la vita. - Noir si mise sul fianco a guardarlo meglio.
- Ma poi quanto sei stato male? Io tutt’ora non ricordo… -
- Ma quel che provi c’è sempre. L’amore non viene cancellato da nulla. Anche se perdi il cuore, l’amore rimane. - Jiggy era diventato quasi un poeta perché gli piacevano le scene ad effetto, perciò anche le frasi. Ed essere acclamato. Lo trovava divertente, anche se non lo dimostrava mai.
Aveva anche scritto delle poesie, dei pensieri su Gauche, delle lettere per lui che aveva promesso di dargli se fosse tornato.
Aspettava che tornasse davvero il suo Gauche.
- Mi dispiace non capire quanto sei stato male per colpa mia. - Jiggy si protese verso di lui, si issò sui gomiti e si mise sopra a tenerlo fermo.
Lo contemplò nel buio del momento, i ricordi erano svaniti e non c’erano più luci ad illuminarli, ma lo vedeva bene e gli piaceva alla stessa maniera in cui gli piaceva quella volta.
- Nemmeno io posso capire come ti senti e come sei stato. Sapere che nella capitale hai subito cose atroci, che ti hanno succhiato via tutto il cuore, è insopportabile… cosa deve essere per te? Hai ancora quel terrore per il sole ed io non posso nemmeno immaginarlo, non solo non posso capirlo. Vorrei solo poter condividere tutto con te, per darti sollievo, però posso solo cercare di ridarti la tua vita, la vita che ti spetta. Posso solo cercare di farti stare bene, di renderti felice ora. -
Noir, serio, gli prese il viso fra le mani e l’attirò a sé con dolcezza.
- Ma è giusto rifarmi una vita ed essere felice senza aver portato a termine la giustizia per Gauche e per tutti quelli che come noi hanno avuto la vita rubata dal sole? - Jiggy scosse il capo.
- No, ma noi non ci fermeremo. Abbiamo uno scopo e lo perseguiremo. Questo però non ci impedirà di stare insieme. Anche perché non hai scelta! Adesso che ti ho ritrovato non ti lascio più. - Noir si sentì scaldato da quelle parole, da quella seconda promessa fatta a lui. Non sapeva ancora come sentirsi. Gauche? Noir? Una via di mezzo? Però si sentiva bene con lui. Forse stava rubando da Gauche, forse era legittimo e giusto. Però sapere che Jiggy non avrebbe comunque mollato, come non avevano mollato Silvet e Lag, lo faceva stare bene, felice.
- Non molleremo. E aggiusteremo le cose per tutti. - Concluse. Jiggy sigillò quella decisione, quella promessa, baciandolo lì dove erano, in quel ponte sospeso nel nulla.


Le novità portate da Lag furono molte e sconvolgenti, la verità cominciava a delinearsi agli occhi di tutti e Jiggy era perfettamente consapevole che Lloyd doveva saperne più di tutti.
L’aveva sempre percepito, ma non si era mai interessato alla sua vera identità e alle cose che poteva sapere. Era sempre stato concentrato sullo svolgere il suo dovere.
Ma tornare in rapporti con Gauche e vederlo così preso dal risolvere quella situazione con Lag, specie dopo le notizie portate, lo aveva fatto repentinamente cambiare.
Fino a quel momento il suo mondo era stato quello.
Svolgere il lavoro di Bee, risollevare la sua vecchia e povera città con sua sorella e suo fratello. Pensare a Gauche. Stop.
Forse il governo era corrotto. Forse nascondeva una grande verità sconcertante.
Eppure chi se ne importava?
Dopo aver ritrovato Gauche le cose erano cambiate, gli era cominciata a montare dentro un’ira senza pari. Ogni volta che lo vedeva, pensava a chi l’aveva ridotto così. Chi gli aveva strappato la sua vita.
Come avevano potuto farlo? Come avevano osato?
Non era più stato capace di rimanere indifferente. Di fare il suo.
Non era proprio più stato in grado.
Ed ora era lì a pensare a come fare per saperne di più, per risolvere quella situazione, per far smettere il governo che rubava i cuori delle persone, che aveva rubato il cuore al suo Gauche.
Quando Lag disse che lui era parte di una stirpe speciale che aveva il compito di mantenere il sole artificiale, ma che dovevano trovare le cinque persone nate nel giorno del balenio per rivelare la verità di Amberground e scoprire come risolvere le cose, Noir aveva deciso di aiutarlo e di buttare tutto sé stesso in quella missione.
E se lo decideva Noir, lo decideva Gauche. Di conseguenza Jiggy realizzò che anche lui doveva fare qualcosa. Era arrivato il momento una volta per tutte.
“Largo Lloyd ha risposte, si è unito a Reverse. Sa delle cose che ci possono aiutare. Adesso basta tenerlo d’occhio da lontano, bisogna andare da lui e vedere cosa sa! O non ne usciremo vivi!” La sensazione era proprio che le cose stavano diventando davvero più serie di quel che avevano mai percepito.
Una sensazione precisa, in effetti.
Fu così che decise, senza condividere con nessuno, tanto meno Noir, di andare ad indagare a diretto contatto con Lloyd. Una sorta di ultima spiaggia.
Vista dal suo punto di vista poteva essere l’unico a sapere concretamente cosa fare, perché che il Governo lavorasse contro la gente di Amberground era ormai una realtà, ma bisognava capire cosa davvero facevano e soprattutto perché.
Un sole creato al costo dei cuori delle persone non era normale, andava molto al di là della voglia di vivere agiatamente.
Doveva scoprire la verità per il suo Gauche. Per la vita che gli avevano rubato per sempre.


- L’hai presa bene… - Mormorò Noir guardando davanti a sé il paesaggio stellato, fuori dalla terrazza di casa di Silvet.
- Che non sono una persona normale ma sono di luce? - Chiese Lag capendo a cosa si riferiva.
Una brezza leggera fece stringere Lag fra le coperte.
Vedendo che Noir si era deciso ad accettare la proposta di Silvet di vivere lì con lei, aveva deciso di ‘staccarsi’ per una notte da Zazie.
Lag aveva voluto un po’ indagare sullo stato d’animo di Noir, se c’erano delle speranze, come mai aveva accettato di vivere lì con Lode.
Lode dormiva con Niche nel salotto, non che le due avessero legato tanto da fare comunella e dormire insieme, ma Lode aveva bisticciato con Niche finché si erano addormentate.
Avevano un loro modo di stare insieme.
Lag aveva preso in parte Noir e gli aveva chiesto di andare fuori, sul terrazzo di casa, a fare due chiacchiere.
Avevano fatto una riunione ed avevano cercato un modo per trovare le persone nate nel giorno del balenio.
Proprio quella sera Lag aveva cercato di trovare le informazione insite in Silvet in quanto persona nata nel giorno del balenio.
Senza successo.
Silvet non aveva voluto saperne, spaventata all’idea che potesse vedere chissà cosa di segreto e troppo privato.
Per un momento si era dimenticata che Noir non era suo fratello, l’aveva chiamato ‘fratellino’ scappando da un Lag intenzionato a spararle il proiettile rivelatore contro. Era stato un momento particolare, intimo, divertente. Familiare.
Noir si era scaldato e non aveva messo le distanze.
- Io non riesco a capire chi sono fra Noir e Gauche e tu sembri a tuo agio con la storia del corpo di luce ed il compito speciale di tua madre, l’imperatrice di Amberground. - Aveva riassunto in modo concreto la situazione.
Lag sospirò guardandolo brevemente per poi tornare a fissare le stelle con un sorriso dolce sul viso, al ricordo di come l’aveva superata.
- Zazie. - Disse solo. Noir capì, chiuse gli occhi e pensò a quanto per lui Zazie fosse come Jiggy era per sé, nonostante i ricordi non fossero chiari.
- L’amore non chiude mai. - Lag sorrise ed annuì.
- Anche lui ha appena concluso un momento delicato, ha realizzato il suo grande scopo ed ora ha… come dire? Finito il suo percorso? Adesso ne deve iniziare un altro, è libero dalle catene di prima e così… beh, ci siamo trovati a parlarne. Io del mio ‘chi sono, chi non sono?’ e lui del suo ‘cosa farò ora?’. Ho avuto un bel crollo. Come ne ho spesso, in realtà. - Noir lo guardò stupito stringendosi nelle spalle coperte solo da una maglia leggera, rabbrividì per il vento e Lag gli porse un pezzo della sua coperta.
Noir decise di prenderla e lo ringraziò gentilmente stringendosi a lui, sedendosi accanto. Stretti sotto la stessa coperta, Noir chiese stupito:
- Crolli? Tu? - Lag rise.
- Non sembro averne? - Noir scosse il capo.
- Per quella che è stata la mia esperienza con te, no. - Lag, felice di essere lì con lui che sembrava proprio davvero il suo Gauche, arrossì e chiuse gli occhi appoggiando la testa sul suo braccio, come poteva fare con un fratello maggiore che l’aveva aiutato nei momenti più duri.
Noir non lo respinse, sorrise dolcemente e rimase così.
- Lo sono. Sono una persona molto insicura, ma tutte le volte ho avuto Zazie. Anche Connor mi ha aiutato molto. E Niche. Ma Zazie… senza di lui non avrei fatto nulla di tutto ciò che ho fatto. - Era bello che lo ammettesse senza problemi.
- Sei tutto l’opposto di Jiggy. - Lag lo guardò meravigliato che lo nominasse, specie nelle vesti di uno che doveva essere in rapporti con Noir. Davvero lo era? E quando lo era stato?
Ricordò la conversazione avuta dopo il Cabernet sconfitto.
- Allora la sensazione che lo riguardava? - Lag fece presto le operazioni deducendo da solo quel che Noir poi non gli aveva più detto.
Noir lo guardò di sottecchi per capire la sua reazione.
- Sì. Non mi sbagliavo. Lui però ha un modo suo di vivere le relazioni. Le nasconde. Pensa che lo indeboliscano. O meglio che se gli altri lo vedono legato a qualcuno, lo giudichino debole. Per lui è importante che tutti lo vedano e lo credano forte. E questo implica non mostrare debolezze, non ammettere di avere bisogno, di non essere in grado, di non essere capace… - Lag capì cosa aveva inteso.
- Per me è essenziale. Per me la vera forza sta nelle persone che mi circondano e mi aiutano. Non sono io ad essere forte, sono i miei amici, le persone che amo e che mi aiutano e mi sostengono, ad esserlo. E mi danno un po’ della loro forza. - Noir colpito dal suo modo di vedere le cose guardò la sua testa dai capelli bianchi come i propri, argentei sotto la luce delle stelle e quella tenue del sole che non era molto lontano da lì.
Dolcemente lo carezzò con lo sguardo mentre decideva di circondarlo col braccio.
Lag strinse gli occhi tenendosi aggrappato a quella bella sensazione. Gauche era sempre lì, non era svanito.
- Farò di tutto per proteggere chi amo ed anche tutte le persone di Amberground. Perché le sento vicine per qualche motivo. E mia madre ha dato un senso a questo bene che voglio a tutti, un bene immotivato, se non fosse che… -
- Sei fatto del loro cuore. Il cuore di tutti è lì dentro di te. - Lag sorrise e aprì gli occhi risoluto guardando avanti.
- Non so cosa posso o non posso fare, ma non mollerò. Farò di tutto per aiutare le persone che hanno sofferto e stanno ancora soffrendo. Fermerò quel Sole. In qualche modo lo farò. È questo che devo fare. - Noir lo guardò ammirato. Aveva le idee chiare, Zazie l’aveva aiutato a trovare il proprio posto.
Pensò a sé. Jiggy vedeva il suo. Jiggy vedeva il posto di Noir che Noir non riusciva a vedere. Eppure nonostante fosse insicuro su cosa dovesse fare e come dovesse sentirsi e considerarsi, non lo mandava via, non lo allontanava.
- Io non so quale sia il mio posto e come dovrei sentirmi. Jiggy dice che sono comunque Gauche e devo riprendere con la sua vita, seguendo il suo cuore, che è il mio. Senza sentirmi in colpa od un intruso. - Lag alzò la testa e lo guardò curioso.
- Ma tu? - Noir sospirò e guardò avanti, un’orizzonte dove si intravedeva il sole che odiava.
- Non lo so. Forse lo capirò solo dopo che avrò messo pace in questo po’ di cuore rimasto. - Lag capiva benissimo cosa intendeva. Non lo poteva biasimare.
- Spegneremo il sole e metteremo pace nei cuori di tutti. Ma lo faremo senza far soffrire più nessuno. -
Reverse ci aveva provato usando mezzi sbagliati che avevano sacrificato un gran numero di persone, non era quello il modo. Pensare che Lloyd si fosse unito a loro era inquietante, eppure aveva conosciuto quell’uomo, aveva visto, sentito la bontà che c’era in lui. Forse con delle ombre, dei segreti, qualche mistero insoluto. Ma non era cattivo, Lag ne era certo.
Il suo passare a Reverse lo lasciava senza parole.
Eppure ora erano tutti lì a cercare un modo per battere il Governo.
Forse era giusto unirsi tutti quanti e farlo insieme?
Ogni tanto se lo chiedeva, ma poi pensava a Zazie e a cosa avrebbe detto a proposito e ogni dubbio svaniva.
“Direbbe che il modo che si usa è essenziale perché ogni azione ha una conseguenza. E chi ottiene un risultato usando mezzi disgustosi, può solo avere conseguenze disgustose.” Lag sorrise. “Probabilmente direbbe qualcosa del genere! E avrebbe ragione.”
- Zazie è la tua forza. -
- È il motore che mi fa andare avanti senza perdere di vista me stesso. - Rispose senza esitare, ricordando come l’aveva rimesso in carreggiata proprio il giorno prima.
Noir pensò a Jiggy.
E per lui? Per lui cos’era Jiggy?
“La mia speranza di felicità. L’unico che mi fa stare bene. Eppure è mio davvero? È mio diritto? È la mia vita comunque?”
Noir non trovò risposta e sospirando rimase lì senza dire più nulla.
Era difficile, era così difficile. E forse non ne sarebbe nemmeno mai uscito.

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Capitolo 34
*** Che torni da me ***


la_proporzione_perfetta34 *Ecco un altro capitolo, un giorno di ritardo per via di Pasqua e pasquetta. Comunque siamo in un punto cruciale del manga, quando Lloyd finalmente svela tutta la verità sul sole artificiale. Quel che di cela dentro è agghiacciante ed il piano che presenta lui è molto estremo, ma del resto non sembrano esserci alternative. E su queste verità che ho deciso di descrivere in modo chiaro ma di non soffermarmi troppo perchè sono già ampiamente illustrate nel manga, vediamo la decisione di Lag e Noir che prende piano piano forma. Buona lettura. Baci Akane*

34. CHE TORNI DA ME


lag e zazie
"La luce all'orizzonte ieri era più luminosa con ombre che le sovrastano, Le cicatrici iniziano a scomparire, Abbiamo detto che sarebbe stato per sempre ma poi è scivolato via Siamo alla fine dell'ultimo ballo in maschera"
/Final Masquerade - Linkin Park/


Quella mattina Zazie andò a fare colazione da Lag, come sempre.
Noir lo guardò senza fare una piega, sorridendo dentro di sé per il modo tenero che avevano di stare insieme.
Zazie era molto sicuro di sé e adorava Lag, si vedeva.
Lo chiamava ‘bella gattina’ e Lag arrossiva tutte le volte, però nessuno poteva dire niente a Lag che altrimenti Zazie lo fulminava male.
Non gli importava proprio di nascondere quel che provava, né tanto meno la loro relazione.
Noir li invidiava. Li trovava belli e li invidiava davvero.
Uscirono tutti insieme, il direttore Garrard aveva appena accettato di riprendere Noir come Bee per aiutarli nella ricerca delle persone nate nel giorno del balenio, oltre che per aiutarli con le molte consegne rimaste.
Così la casa si svuotò improvvisamente.
Silvet nel vederli uscire ebbe una strana sensazione. Noir lo notò e le sorrise.
Si incamminò con Lode che battibeccava con Niche, mentre Zazie parlava fitto fitto con Lag mettendogli il braccio intorno al collo tutto allegro per sapere se aveva scoperto qualcosa da Silvet che era nata nel giorno del balenio.
I due fecero una scenetta divertente a riguardo, Lag era disperato e pensava di lasciar perdere Silvet.
- Avanti, troverai sicuramente gli altri! E vedrai che poi Silvet ti permetterà di guardarle dentro! - Zazie era sempre così ottimista quando si trattava di lui. Quella mattina sembrava non volergli restituire il braccio e arrivati all’Alveare a momenti glielo staccò quando vide Jiggy fermo lì con il suo cavallo di ferro.
Si tolse gli occhiali da guida, lanciò uno sguardo penetrante a tutti quanti e si soffermò su Noir, il quale ebbe un gran bel tuffo allo stomaco.
Lag sentì il braccio staccarsi e vide che Zazie era di nuovo perso, così gli diede una gomitata e geloso entrò di corsa senza dire nulla.
Zazie così si distrasse e facendo un segno reverenziale al suo Dio, Jiggy Pepper, inseguì di corsa Lag dentro, inseguiti da Wasiolka e da Niche. Lode rimase un attimo ferma seccata.
- Lode… - Chiese gentilmente Noir.
Lei sbuffò esasperata, suo malgrado con un ‘sì sì’ entrò.
Lode raggiunse le due dingo e rimasero nell’atrio a dare un po’ di spettacolo. Puro allenamento, dopotutto.

Lag aveva il broncio, stava andando dritto a prendere le consegne, quando Zazie lo afferrò per la sciarpa e per poco lo strozzò.
- Lag, andiamo! - Lag si girò col broncio.
- Cosa?! - Zazie scoppiò a ridere, cosa che non aiutò per nulla la sua posizione. Lag infatti lo fissò anche peggio e si tolse la sciarpa pur di andarsene. Era arrabbiato. Perché era sempre così svenevole con Jiggy? Non stava con lui?
Zazie con la sua sciarpa in mano riprese ad inseguirlo e gliela mise al volo intorno al corpo, legandogli anche le braccia. Lo voltò su sé stesso per un paio di volte in modo da imbrigliarlo del tutto, poi veloce come un lampo lo trascinò in uno dei famosi angoli dell’edificio.
Poi, al buio e al sicuro, come se poi gli importasse che qualcuno vedesse, gli prese il viso fra le mani e ridendo lo baciò.
- Smettila! Sai perché sono arrabbiato! Tu sei tutto cuori per Jiggy! Ma non è lui il tuo ragazzo! - Zazie scoppiò d’amore e di gioia, adorava quando faceva il geloso ma fu ancor meglio sentire che si definiva il suo ragazzo.
- Amore. Sai che ti amo! - Questo spense subito Lag. Adorava quando glielo diceva.
- È un colpo basso. - Disse sempre col famoso delizioso broncio.
- Sei la mia gattina! - Fece piano appoggiandosi a lui con tutto il corpo. Gli carezzava il viso e gli sfiorava le labbra con le proprie, l’aria sicura di sé, divertita. - Miao! - Concluse poi tornando a baciarlo.
Lag si arrese in fretta e ricambiò il bacio, sperando di essere liberato per poterlo abbracciare. Zazie lo accontentò e quando poté stringergli le braccia intorno al collo, una sensazione stranissima lo invase.
Nostalgia. Quasi paura.
Lag si aggrottò trasformando l’abbraccio ed il bacio in qualcosa di molto sentito, molto più di un semplice saluto giornaliero.
Era come… “se fosse l’ultimo.”
Ebbe un flash, come una voce non sua, una voce dentro di sé, recondita.
Lag spalancò gli occhi spaventato, terrorizzato, lo guardò e Zazie se ne accorse subito, pensando che fosse ancora geloso si affrettò a spiegare per la millesima volta:
- Lag, sai che adoro Jiggy, ma è te che amo! È solo te che desidero! Sei tu la mia gattina! - Era il suo modo impacciato per dire cose dolci e tenere che non era in grado di dire.
Lag scosse il capo ricacciando indietro le lacrime.
- No, non è questo. Lo so. - Sorrise cercando di farsi forza. Sospirò. - È…  - Ma non riusciva proprio a spiegarsi, così scosse il capo e sorrise sperando di essere convincente.
- Ma cos’hai? - Zazie ovviamente non l’avrebbe mai lasciato andare via, così Lag gli cercò le mani, gliele prese e sospirò.
- Ho una strana sensazione. Come se oggi dovesse essere un giorno importante. - Però era più negativo che positivo, solo che non glielo disse. Zazie sorrise e con la sua sicurezza caratteristica, lo strinse tirandolo verso l’ingresso.
- Allora sarà un grande giorno! - Lag non commentò, si tenne stretto a lui e pregò che fosse vero. Pregò che fosse proprio così.
Quando si separarono, si guardarono.
Ognuno la propria missione.
Ognuno il proprio compito.
Lag con una persona legata al giorno del balenio, Zazie altrove.
Uno sguardo. Una sensazione. Una preghiera.
Che quello non fosse l’ultimo sguardo.


Jiggy esitò con Noir prima di entrare, rimase davanti all’ingresso a guardarlo. Aveva deciso che quel giorno sarebbe andato a chiedere a Largo Lloyd cosa sapeva una volta per tutte. Si sarebbe finalmente mosso come si doveva.
Però decise di non dirglielo, se poi era un buco nell’acqua era peggio la speranza che poteva accendere in Gauche e poi spegnerla.
Noir fece un cenno composto senza capire cosa intendesse con quella lunga occhiata ferma, così si mosse per entrare, sapeva che non voleva fare ‘certe cose’ davanti agli altri.
Ma Jiggy, sorprendendolo profondamente, lo fermò per la mano, gliela strinse e si sporse a baciarlo. Un bacio sulle labbra, come uno stampo. Un saluto.
Noir ebbe una strana sensazione.
Molto strana. L’aveva già provata.
Come se quello dovesse essere l’ultimo bacio.
Jiggy non fece una piega, non lasciò trasparire nulla.
Noir rimase lì fermo, la sua bocca veloce, la sua mano esitante.
Un ricordo che non voleva saperne di uscire. Una sensazione inquieta.
Poi Jiggy, senza dire nulla, lo lasciò. Noir rimase inebetito, ma fece per entrare convinto di essere seguito. Quando vide che Jiggy invece si metteva gli occhiali e tornava al cavallo di ferro, si fermò e lo guardò meravigliato, sempre più inquieto.
- Cosa fai, non entri? - Jiggy allora tirò fuori uno dei suoi sorrisi particolari, un po’ un ghigno in realtà. Scosse il capo, salì sul suo mezzo e l’accese facendo un gran chiasso.
- Ho già una missione per oggi. È molto importante. -
Noir rimase incerto.
- Ci vediamo stasera? - Non glielo aveva mai chiesto, non l’aveva davvero mai cercato per primo. Non in quel modo. Jiggy sorrise meglio, più dolcemente, in quel modo che solo Gauche aveva visto.
- Non so… - Una risposta che lasciò l’amaro in Noir che non seppe cosa dire. Non disse nulla.
Lo vide andare con una strana sensazione e si ricordò di una sorta di pensiero già avuto non in modalità uguali, ma forse vagamente simili.
“Che torni da me.”
Una preghiera, una speranza.
La sua scia rimase nell’aria per un po’, poi sparì.
Qualcosa stava cambiando di nuovo, qualcosa non sarebbe mai più stato come prima.
Il tempo stava per scadere.


Le cose non andarono come previsto.
Ma le cose non sarebbero mai potute andare come previsto, perché nessuno avrebbe potuto prevedere una cosa simile.
Lag aveva trovato una creatura nata nel giorno del balenio e dopo averli aiutati, si era ritrovato lì con un Jiggy sopraggiunto quasi per caso ed un Noir accompagnato da Lode, versione Bee e Dingo.
Lag era a sua volta con Niche e una nuova Bee, una strana ragazza dai capelli rosa e una coda tonda nascosta dai pantaloni, il suo nome era Chiko.
Il suo carattere non era certo facile e sembrava sospetta.
La creatura nata nel giorno del balenio che avevano aiutato, rivelò un posto quando Lag sparò il proiettile del cuore su di lui. Un posto che aveva già avuto l’occasione di vedere con un’altra ragazza incontrata, nata nello stesso giorno.
Era un posto particolare e specifico, che però non aveva mai visto. Chiaramente un richiamo ad andarci, probabilmente la rivelazione di qualche segreto importante di Amberground.
Quando Jiggy arrivò per puro caso, attratto dai proiettili del cuore sparati da Lag, arrivò a cose fatte e rimase ad osservare l’evolversi delle cose passivamente.
Poco dopo arrivò anche Noir con Lode.
I due si scambiarono uno sguardo particolare, ma non si fecero cenni e non si dissero nulla.
Jiggy non aveva ancora raggiunto Largo, aveva deviato vedendo il proiettile sparare da lì vicino.
Noir, invece, era arrivato proprio cercando Lag.
Gli consegnò una lettera giustificandosi che visto il destinatario, aveva pensato fosse molto importante.
La lettera era proprio di Largo Lloyd, per conto di Reverse.
Era un invito a raggiungerlo nella nuova sede posta a Blue Notes Blues per condividere delle importanti verità.
Lag sparò sulla lettera e rivelò il cuore. Il suo proiettile gli permetteva di mostrare la storia degli oggetti o quel che era riversato in essi.
Così vide Largo mentre rimetteva in piedi Reverse insieme a Lawrence, che metteva insieme tutte le creature che non potevano essere diventate spirito, e trovava proprio Chiko.
La Bee era una delle creature che non potevano essere diventate spirito, ma Largo la trattava con affetto dicendo che lei era molto speciale per la salvezza del mondo.
Lei, infatti, oltre alla coda tonda, aveva anche due orecchie da coniglio.
Nei ricordi comparsi dalla lettera, si sentì anche la voce di Largo che parlava a Lag, conscio che avrebbe usato il proiettile per saperne di più.
La sua voce spiegava che c’era un grande segreto dietro il sole artificiale prodotto dal macchinario imperatrice, e dalla stirpe di Lag.
Il sole, infatti, era un enorme continuo proiettile del cuore sparato nel cielo, ma non a caso. Teneva a bada da secoli un gigantesco gaichu di nome Spiritus pronto ad uscire dall’ambra spirituale che lo intrappolava. Se si sarebbe schiuso e formato completamente, sarebbe diventato il gaichu più grande, feroce e primordiale mai incontrato. Ed esso avrebbe distrutto il mondo intero.
Decisero così di andare subito a Blue Notes Blues da Largo, Jiggy si caricò Lag, mentre Noir e Lode andarono con Chiko in carrozza, come erano arrivati.
Uno scambio di sguardi ulteriore fra Jiggy e Noir, poi nella testa del primo dei due un pensiero.
“Forse è destino che lo facciamo insieme.”
Non si spiegava il motivo per cui proprio il suo Gauche fosse capitato lì in quel momento a fare la stessa cosa per cui era lì lui.
Per il tempo di arrivare a destinazione, ognuno rimase per conto proprio a pensare a quello che il proiettile aveva rivelato.
Un enorme gaichu bestiale sopito dentro un’ambra che stava per liberarlo. Addormentato dal sole artificiale, un enorme proiettile del cuore sparato dall’Imperatrice, tramite un macchinario che portava lo stesso nome, usato dall’Head Bee. Attivato con i cuori delle persone della Capitale.
“Siamo alla fine del mondo?”
Pensò Lag chiedendosi se avesse rivisto Zazie.
“Farò di tutto, di tutto per salvare il posto dove Gauche possa essere ancora felice, almeno un po’. Non lascerò niente di intentato.”
Jiggy ormai era risoluto, era troppo importante. Prima del suo ritorno avrebbe lasciato che le cose andassero passivamente per il loro verso, ma ora che lui era di nuovo lì, non poteva stare fermo a guardare, ad aspettare.
Ed era tutto molto peggio di quel che avrebbe immaginato.

Da Reverse vennero accolti e condotti nel luogo della rivelazione.
Largo Lloyd e Lawrence tenevano regolarmente dei convegni durante i quali parlavano alla gente che veniva da tutte le parti di Yodaka per conoscere l’acclamata verità, il solo che si prendesse la briga di dirla senza mezzi termini.
E verità fu.
Largo era il figlio del generale del governo che era a capo di tutte le operazioni di Amberground, specie quella che aveva dato vita ad esperimenti umani, i cosiddetti ‘coloro che non potevano essere diventati spirito’.
Largo era uno di quegli esperimenti. In lui il padre aveva impiantato gli organi della madre, dopo aver trasformato lei stessa in una pianta ed averla infine uccisa.
Largo si era ribellato al padre dopo aver trovato tutte le informazioni possibili da reperire.
E fra queste c’era un antico manoscritto che rivelava l’esistenza di un enorme gaichu primordiale, Spiritus, tenuto a bada dal governo con un enorme sole artificiale, un proiettile sparato usando i cuori delle persone, sacrificati lentamente un po’ per volta nel corso degli anni.
La questione era che la vita dell’Imperatrice stava giungendo al termine e non c’era un erede in grado di continuare al suo posto. E comunque non poteva essere quella la soluzione. Prima o poi la gente da sacrificare sarebbe comunque finita e anche se così non fosse stato, non era possibile allevare in seno una bestia simile. Specie se per farlo si dava vita ad un sistema crudele che riduceva all’osso le persone e dava vita alle classi sociali preda di povertà estrema.
La proposta di Largo era quella di sparare un ultimo grande proiettile tramite la ragazza coniglio, Chiko, la più vicina al diventare spirito.
Il progetto originale era chiuso e fallito ma aveva dato vita a lei. Il governo a suo tempo si era ripromesso di creare gli insetti spirituali incrociando persone e cose o animali.
Lei era la più riuscita e la sola in grado di sparare un tale proiettile.
Questo proiettile, però, per essere sufficientemente forte, chiedeva il sacrificio di molte persone che avrebbero dovuto fornire tutto il loro cuore alla ragazza. Questo però avrebbe risolto il problema una volta per sempre, uccidendo il gaichu e mettendo fine al sole artificiale che aveva creato le classi sociali, la piaga di Amberground.
Era un sistema drastico, ma era l’unico per risolvere le cose per sempre.
Al termine della ‘rivelazione’, le persone si dispersero e Largo ricevette in privato Lag e gli altri, chi sconvolto, chi contrariato, chi apparentemente indifferente.
Lag si oppose subito dicendo che non poteva essere quello il modo per salvare il mondo, per quanto quella verità fosse terribile. Non si poteva sacrificare tante persone per salvarne altre, non sarebbe stato molto diverso da quello che aveva fatto per anni il Governo contro cui si combatteva.
Largo rispose calmo che era aperto ad altre soluzioni, quella era la sola che lui aveva trovato.
Lag e Noir non ci misero molto ad andarsene senza dargli il loro appoggio.
Noir se ne era andato da Reverse proprio perché non gli piaceva i loro sistemi troppo drastici.
Lag voleva le stesse cose, ma non a quei costi, perciò Noir si trovava molto più in linea con lui.
Quando i due se ne andarono, si fermarono realizzando che non erano seguiti a ruota da Jiggy, il quale rimase fermo nella stanza con Largo.
Noir si gelò, fermandosi a guardarlo incredulo. Le gambe si irrigidirono, il sangue ribollì nelle orecchie che iniziarono a fischiare forte. Lo sguardo di ghiaccio.
Jiggy non fece una piega. Non un’espressione. Non un solo gesto.
- Non vieni? - Chiese Lag per conto di Noir. Jiggy scosse il capo.
- Voglio parlare ancora con Lloyd. - Disse pacato.
Lag molto più espressivo di loro fece per esplodere, pensando alla delusione di Zazie nel vederlo lì che passava dalla parte di Reverse.
- Non puoi accettare i loro metodi, mi rifiuto di credere che si possa fare solo questo! - Jiggy socchiuse gli occhi sfuggendo quelli di Noir zitto che lo fissava furioso, senza proferire parola.
- È l’unico che ha offerto una soluzione concreta. Voglio solo capire bene di cosa si tratta e quanto altro sa. - Disse incerto se fosse il caso di far capire che non era dalla parte di Largo, ma voleva solo sfruttare a fondo ogni sua conoscenza, sicuro che se ne fosse tenuto un paio per sé, com’era nel suo stile.
“Certo se lo dico, Lloyd col cazzo che mi dice tutto. Devo mostrarmi incerto, possibilista… insomma…” E così Largo sorrise meravigliato del fatto che si fermava lì, ma forse non poi così tanto.
Noir vide nel suo sguardo la speranza di quel gesto. In realtà era quello che aveva sperato. Jiggy gli era sempre stato fedele, a modo suo. Averlo dalla sua parte era un bel sollievo.
L’ondata bollente che invase Noir gli fece dimenticare quel vuoto gelido provato per molto tempo. Lì, di freddo, c’era ben poco.
Non disse nulla, non fece nulla.
Solo si girò e se ne andò duro, rigido, pugni stretti e quella delusione, quella bruciante delusione che lo stava distruggendo.
Non aveva mai provato una cosa simile, non la ricordava per lo meno.
Ma se provare sentimenti era quello, non voleva. Preferiva non sapere come si amava, come ci si sentiva bene, come si era felici. Preferiva farne a meno.
Disse a Lag di dover andare a controllare una cosa in un posto lì vicino, mandò Lode con Lag e Niche il quale aveva ricevuto un messaggio dal ragazzo che avevano aiutato proprio prima di andare a Blue Notes Blue, il proprietario della creatura nata nel giorno del balenio che aveva rivelato un certo posto.
Nel messaggio scriveva che si era ricordato dove aveva visto quel posto, sapeva qual era e gli indicò come trovarlo.
Lag decise di andarci subito e sia Chiko, sia Lode lo accompagnarono.
Noir andò nella caverna dove aveva risvegliato il Cabernet per conto di Reverse poco tempo prima. La caverna del Maka, la creatura leggendaria genitore di Niche e di sua sorella.
Andò lì per sapere cosa fare e trovò il Maka morto e lei, la sorella di Niche, sul punto di mollare a sua volta.
Le due creature avevano tenuto a bada molti altri gaichu in fase embrionale come il Cabernet per molti anni. La loro morte avrebbe probabilmente liberato tutti quei gaichu.
Noir andò lì per avere delle risposte su Spiritus visto che il Maka era molto antico, ma vedendo che era morto si trovò a dover rinunciare e si chiese cosa dovesse fare a quel punto: tornare a Central? Cercare Lag?
Il pensiero di Jiggy lo stava uccidendo dentro, non voleva pensarci, voleva essere in grado di cancellarlo, voleva proprio.
Però come? Come faceva se bruciava tanto?
“Lo cancellerò. Se vuole passare dalla parte di Largo Lloyd e di Reverse che faccia. Per me è finito.”
Tornando indietro a Central in attesa di Lag per coordinarsi con un altro piano, la testa non si staccò da lui. La delusione era enorme, non poteva credere che dopo tutte quelle promesse, tutto quello che aveva fatto per tornare con lui, per tirargli fuori quei ricordi, i sentimenti sopiti… lui poi gli voltasse le spalle per le notizie sulla fine del mondo.
Non poteva crederci.
Si rifiutava.
La delusione era così grande da non poter essere digerita facilmente. Forse non l’avrebbe mai, mai accettata.

Eppure lui tornò indietro.
Lag non lo fece.

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Capitolo 35
*** Ed io dovrei accettarlo? ***


la_proporzione_perfetta35 *Ecco un altro capitolo. Le cose ormai sono ad uno dei punti di maggior phatos sia per Lag e Zazie, che per Jiggy e Noir/Gauche. Jiggy ha deciso di rimanere da Lloyd per capire quante cose sa e se possono fidarsi di lui, ma Noir non sa che intenzioni ha e pensa che sia semplicemente passato dalla sua parte. Non la prenderà bene, specie alla resa dei conti. Zazie, invece, deve affrontare la notizia più difficile della sua vita e non sarà facile. Buona lettura. Baci Akane*

35. ED IO DOVREI ACCETTARLO?

noir
"Vengo su solo per scoprire il tuo gioco vengo su solo per mostrarti che hai torto, le foglie morte sono sospinte dal vento, prima che morissero avevano degli alberi ai quali appendere le loro speranze"
/The funeral - Band of horses/

- Mostrami quello che c’è nel profondo del tuo cuore. - Disse Jiggy serio, mentre Lloyd sembrava voler solo scherzare.
Lo guardò per un paio di secondi cercando di capire quanta autonomia avesse e quanto ne potesse uscire quella volta, Jiggy però non cedette di un passo, fermo in piedi in mezzo alla stanza, appena lasciati soli dagli altri.
Lloyd non ce l’aveva con nessuno di loro, non ce l’aveva davvero con nessuno. Non ce l’aveva mai avuta, anzi.
Jiggy poi era fra quelli che gli erano sempre piaciuti, aveva un modo di fare molto quadrato e preciso.
- Come mai sei tanto interessato a queste cose, ora? Hai sempre fatto il tuo e basta. - Jiggy non fece una piega.
- Ti ho sempre ammirato. -
- Davvero? Mi fai rabbrividire! Non sei uno che fa complimenti! - Rispose scherzando ancora.
- Lo sai bene. - Aggiunse serio. - E sono sicuro che tu non sia un egoista che pensa solo a sé. -
- È questo che sembro? - Chiese facendosi serio.
- Sembri aver perso il tuo cuore. Ed io sono sicuro che ci sia, ci deve essere. Non mi piacerebbe una persona diversa. - Lloyd si aggrottò smarrito a quelle dichiarazioni così risolute.
- Ma Gauche? - Chiese sapendo della loro storia.
Jiggy si fermò, non doveva esitare. Doveva far sì che si aprisse.
- Sai bene che quello è Noir. Del mio Gauche non è rimasto nulla. Dopo di lui, poche sono le persone a cui voglio bene e che ammiro. - Lloyd era colpito dalle sue parole, così chiuse gli occhi e sospirò decidendo che poteva mostrarsi completamente a lui. Dopotutto Jiggy lo stava facendo, con fatica ma lo faceva.
Così, lentamente e con uno strano sorrisino che aleggiava sul suo viso, si tolse gli occhiali e cominciò a sbottonarsi la camicia.
Jiggy rimase di sasso.
“Cosa ha capito, ora?” Largo mosse dei passi verso di lui, sempre con quell’aria indecifrabile addosso, sempre spogliandosi.
Poi gli si fermò davanti e poco prima di sfilarsi la camicia, Jiggy gli mise le mani sulle sue.
- Hai capito male. - Lloyd chiuse gli occhi e si accese una sigaretta prima di finire.
- Ho capito benissimo invece. - E con questo, dopo un tiro di fumo, lasciò cadere la stoffa leggera lungo le braccia, questa poi a terra.
Tutto il suo corpo era pieno di enormi e profondi solchi, delle cicatrici che mai sarebbero andate via.
Jiggy sgranò gli occhi rimanendo senza parole, senza un briciolo di pensiero.
- Mio Dio… - Mormorò.
- Era vero quando dicevo che sono il primo esperimento di mio padre. - Jiggy così si riprese, batté le palpebre e si ricordò di Gauche. Questo non bastava per capire quanto sapesse e quanta altra speranza ci fosse per salvare il mondo dove voleva che il suo Gauche fosse ancora felice, per quel che poteva.
Così prese il bastone di Lloyd, tolse il tappo sul fondo e glielo mise in mano. Poi serio e risoluto, ordinò:
- Adesso mostrami. - Lloyd non era deluso fino a lì.
Ugualmente non avrebbe mai pensato di poter avere in lui un alleato. Forse aveva perso la speranza con Gauche, non credeva che potesse tornare e voleva vendicarsi, voleva capire se il suo sistema era efficace. Cercava di fidarsi del tutto. Comprensibile dopotutto.
Largo guardò la mano nella sua che gli metteva il bastone che usava per sparare proiettili. Poi guardò Jiggy. La sua mano fredda e ruvida come il resto del suo corpo coperto da cicatrici di altro genere rispetto alle sue. Cicatrici di battaglie estenuanti con i gaichu.
Lo meritava. Jiggy più di molti meritava tutta la verità, una vendetta, una fine migliore.
Così prese, glielo sfilò di mano e glielo puntò addosso. Infine senza esitare sparò.
Il proiettile del cuore di Lloyd penetrò Jiggy e con esso un insieme di ricordi reconditi lo fulminarono. Un film si svelò dietro i suoi occhi che roteavano all’indietro facendogli perdere i sensi per un tempo quasi infinito.
Un tempo che rivelò finalmente tutta la verità celata nel cuore di Lloyd.


Al posto di Lag tornò la ragazza Bee che non poteva essere diventata spirito, Chiko, con una lettera di Lag per tutti.
Una lettera che spiegò che nella grotta dei frammenti del cuore delle creature nate il giorno del balenio, perciò si parlava dei frammenti del sole stesso in un certo senso, aveva trovato delle creature mitologiche molto vicini agli insetti spirituali, si trattava della stessa razza di Steak, l’animaletto che stava sempre con Niche.
Lì era venuto a contatto con l’ultimo degli insetti spirituali che gli aveva mostrato come da secoli anche loro si erano immolati per mantenere sopito il grande gaichu primordiale, Spiritus.
Però aveva infine detto che grazie all’insetto spirituale che risiedeva nel suo occhio sinistro, Lag poteva trovare un modo per abbatterlo senza sacrificare nessuno come invece voleva fare Reverse.
Però questo modo richiedeva un grande sacrificio ed un lungo addestramento intensivo da parte di Lag.
Lag così aveva deciso di rimanere in quel posto con l’insetto spirituale ad addestrarsi, cercando di fare in tempo.
Probabilmente avrebbe dovuto rinunciare alla sua umanità e quando sarebbe tornato non l’avrebbero riconosciuto, ma lo faceva per poter salvare tutte le persone che amava, tutta Amberground ed il mondo stesso.
Lo faceva per loro.
Zazie rimase impietrito nel sentirlo.
Impietrito non si avvicinava nemmeno, in effetti, a quello che era il suo reale stato d’animo.
Zazie era tipico esplodere con mille emozioni e reazioni istintive focose, ma lì non fece nulla, non disse niente su Lag.
Fu come se il suo cervello bloccasse ogni flusso riguardante Lag. Come se lo cancellasse.
- Non ci posso credere che Jiggy sia passato dalla parte di Reverse! Quelli devono sacrificare persone! - Fu ciò che disse furioso. Connor lo guardò incapace di capire cosa c’entrasse con Lag che non sarebbe tornato.
- Penso piuttosto che voglia capire meglio e valutare la situazione più approfonditamente. - Spiegò Garrard, il direttore. - Mi aveva detto di volersi fare un’idea di tutto quello che sapeva Lloyd una volta per tutte. Penso che voglia questo. - Zazie scosse il capo aggrappandosi disperatamente a quella speranza.
Se anche lui lo abbandonava, se anche lui se ne andava… a cosa si sarebbe aggrappato? Come sarebbe andato avanti?

Conclusa la riunione, in molti si congedarono con degli ordini precisi che riguardavano effettivamente le richieste di Lag di fare ricerca e raccolta.
Noir espresso con compostezza a Garrard di voler dare il suo contributo alla causa. Sentendo la richiesta di Lag, a Noir era venuto in mente qualcosa legato alla ragazza maka, la sorella di Niche. Garrard accettò e se ne andò.
Zazie era ancora lì in quel momento, con Connor e Aria.
- Perché?! - Grugnì Zazie mentre tutti se ne erano andati, sciogliendo la seconda riunione.
- Il sole torna a balenare sempre più spesso, segno che l’imperatrice e l’Head Bee sono davvero agli sgoccioli, non resisteranno a lungo… - Disse Aria.
- Lo so, ma perché dovremmo fare quello che ci ha detto Lag? Non è nemmeno tornato a salutarci! Va a perdere la sua umanità e ci saluta con una lettera e noi dovremmo semplicemente accettare ed eseguire come dei bravi soldati? - Connor aveva aspettato quello scoppio, Zazie era rimasto impietrito per un bel po’, tutto il tempo della lunga riunione avuta, ma sapeva che non avrebbe resistito molto, anzi era strano non l’avesse fatto subito. Aria non sapeva cosa dire. Noir parlò calmo, comprendendo bene la sua delusione, la stessa che aveva per Jiggy.
- È la sola cosa giusta da fare. - Asserì. - E poi Lag ha dimostrato di meritare la nostra fiducia cieca. Non penso che lo faccia con piacere, lo fa perché è la sola cosa da fare. - Parlò con logica inoppugnabile e Zazie prese e scagliò la propria borsa contro il muro, a pochi centimetri da Noir. I capelli si mossero, lui no.
- E TU COME FAI AD ACCETTARE TUTTO COSÌ E BASTA? IL TUO JIGGY È PASSATO DAL NEMICO, FORSE! E NON FAI UNA PIEGA! LAG CHE DICI DI VOLERE ANCORA BENE COME UN FRATELLO SI SACRIFICHERÀ E TU NON FAI UNA PIEGA! ED IO NON RIESCO NEMMENO A PENSARE A COSA SARÀ LA MIA VITA SENZA LAG! MI SENTO COSÌ MALE CHE MI RIFIUTO DI PENSARCI, DI ACCETTARLO, DI ASSIMILARLO! MA PER TE È FACILE, NON CE L’HAI IL CUORE, VERO? È SEMPRE STATA TUTTA UNA FINTA! ALTRO CHE ‘IN LUI C’È SEMPRE GAUCHE! LUI È ANCORA LÌ’ E LAG? E LAG QUANDO TORNERÀ CHE NON SARÀ PIÙ SÈ STESSO? E LUI? SARÀ COME TE? ED IO DOVREI ACCETTARLO? JIGGY CI HA PROVATO ED È SCAPPATO! ECCO LA RISPOSTA! - Così se qualcuno ancora non l’aveva capito, lo scoprì in quel momento.
Noir rimase impietrito, non riuscì a dire una sola parola, ma l’esplosione di Zazie lo colpì dritto al cuore, così come le sue lacrime che furiose uscivano.
Noir respirò calmo, chiuse gli occhi cercando disperatamente di contenere quel turbinio di emozioni provocate da lui, poi con gentilezza chiese a tutti di uscire. Una volta rimasto solo con Zazie, gli prese le mani e con una dolcezza tipica di Gauche, colpito dal suo dolore così vivo ed invidiabile, disse:
- L’amore che provi per lui non morirà. Lui sarà sempre Lag finché tu lo amerai in questo modo. Non devi mai smettere di amarlo. Lag sarà Lag nell’amore che provi per lui. Abbi fiducia in lui. Lui può compiere le sue imprese immense solo perché tu credi sempre in lui. È questo che mi ripete sempre. Lo dice anche a Silvet e agli altri. Che se non fosse per te che hai sempre creduto in lui e l’hai aiutato, non ce l’avrebbe mai fatta. Non abbandonarlo ora, non ce la farebbe da solo. - Zazie rimase in silenzio, le lacrime cristallizzate nelle sue guance, la testa che esplodeva, il cuore gli faceva così male, così tanto male.
Il suo Lag forse non sarebbe tornato, non come prima. Forse l’avrebbe perso. Il suo Lag voleva sacrificarsi per salvare tutti. E a lui? A lui cosa sarebbe rimasto?
- Salverà il mondo e lo renderà meraviglioso com’era un tempo. È questo che ti lascerà Lag. - Aggiunse poi gentilmente, asciugandogli le lacrime, come se gli avesse letto nel pensiero.
- Vivi sempre questo amore per lui, non smettere mai di amarlo. Lui è fatto di cuore, un cuore è vivo quando ama e quando viene amato. - Zazie chinò il capo e si lasciò cullare da quelle parole che assorbì e fece sue.
Se ne bagnò e nascondendo la fronte contro il suo collo, pregò. Mentre il suono della campana della speranza rimbombava nella propria mente.
“Fa che ce la faccia. Ti prego. Fa che sopravviva, fa che ce la faccia e che sopravviva. Fa che non si perda. Fa che il mio Lag rimanga sempre il mio Lag.”
Non chiese la salvezza del mondo, non chiese un miracolo.
Chiese solo aiuto per Lag.
Tutto ciò che contava per lui.
Poi rialzò il capo, si asciugò gli occhi e sorridendo sicuro di sé come sempre alzò i pugni in aria con fare entusiasta.
- Ok, devo andare a cercare le persone che rimangono e a raccogliere lettere! Quando Lag tornerà, avrà bisogno di queste cose! - Come se non fosse successo nulla, come se avrebbe rivisto Lag a fine turno e sarebbe stato tutto come sempre.
Invece avrebbe dovuto aspettare un anno intero. E comunque non sarebbe più stato come prima. Niente lo sarebbe più stato.

Noir lo guardò uscire deciso, rinato, un altro Zazie.
Il cuore pieno del suo calore, dello sconvolgimento che la sua reazione gli aveva provocato.
Si guardò le mani, tremavano. Dio, quello era amare?
Quello era davvero amare?
Aveva aspettato molto tempo prima di muoversi in modo decisivo, prima di scegliere chi essere, come vivere, cosa fare.
Ed ora, proprio nella situazione peggiore di tutte, Noir aveva deciso.
“Jiggy si prenderà le sue responsabilità, che gli piaccia o no è colpa sua se io ho deciso così!”
Fu così che prese Lode con sé e se ne andò, tornando a Blue Notes Blues da Jiggy e Lloyd.
Era ora di andare fino in fondo a sé stesso.


Gauche tornò a Blue Notes Blues, l’ultima tappa conosciuta di Jiggy.
Quando vide che il suo cavallo di ferro era ancora lì fuori, assottiò furioso lo sguardo. Non era mai stato più arrabbiato di così. Mai.
Da quando era Noir, per lo meno. Probabilmente nemmeno da Gauche.
Vedendolo tornare, gli accoliti di Reverse lo respinsero dicendo che non poteva stare ancora lì, che l’altra volta era stato espressamente riferito di farlo entrare, ma quella volta non avendo disposizioni, non potevano. Lode fece per reagire subito, ma Gauche fuori di sé com’era alzò la pistola a proiettili di piombo contro di loro, in pieno Noir style.
Lo sguardo sottile e feroce, di un gelo senza pari, li immobilizzò all’istante facendo loro capire che poteva farlo. Che quel Noir non era da sfidare.
- Vorrei ricordarvi che ho risvegliato un potente Cabernet senza battere ciglio e che poi, sempre senza battere ciglio, ho tradito Reverse. Non mettetemi alla prova su cos’altro potrei fare senza battere ciglio. -
Lode lo guardò sorpresa. Nemmeno lei l’aveva mai visto così arrabbiato.
Minaccia efficace. I guardiani si fecero da parte pensando che Lloyd e gli altri sarebbero stati perfettamente in grado di cavarsela da soli.
Noir andò dritto nelle stanze di Lloyd, ricordandosi dove erano stati condotti l’altro giorno, dietro gli stessi che li avevano fatti passare, li seguivano per non alzare polveroni inutili.
Al momento di entrare, questi provarono a fermarlo.
- Aspetta, lo avvertiamo noi! - Ma Noir questa volta guardò Lode e lei scattò scaraventandoli in un battito di ciglia dall’altra parte del corridoio.
Una volta che la porta fu libera, Noir entrò senza esitare, senza bussare, senza annunciarsi.
Il cuore in gola, quelle emozioni in lui erano un turbinio schiacciate a stento pronte ad esplodere. Noir stesso aveva paura di cosa poteva succedere se fossero emerse, se le avesse lasciate andare.
Appena aprì la porta, la prima cosa che vide fu Largo Lloyd senza la camicia, a torso nudo. Le cicatrici sul petto. Profondi solchi chiari sulla pelle.
Poi vide Jiggy addormentato sul divano, i vestiti scomposti e disfatti, la giacca tolta, una coperta addosso.
Noir spalancò gli occhi per la prima volta e, sempre per la prima volta, quel calore divenne un fuoco bruciante che lo divorò da dentro. Il fuoco esplose e tutto in lui divenne un fischio assordante.
Lloyd si girò a guardarlo senza capire chi avesse osato entrare così, poi vedendo Noir rimase meravigliato. La sigaretta ormai consumata fra le labbra piegate in un sorriso enigmatico nei suoi che accentuò nel vederlo. Non aveva nemmeno gli occhiali.
Lloyd lo fece apposta. In quel momento capì probabilmente ogni cosa. Il motivo per cui Jiggy era rimasto e aveva voluto saperne di più, come stavano le cose fra loro. E volle divertirsi un po’, vendicarsi probabilmente. O testare.
Così portò le mani alla cintola dei pantaloni fingendo di allacciarli. Non se li era tolto, non avevano fatto nulla, ma Noir in quel momento non lo sapeva e quel che pensò fu inevitabilmente una cosa. Una ed unica.
“Come ho fatto a farmi prendere in giro così? Forse era tutto un piano di Lloyd sin dall’inizio, per mettermi alla prova e capire quanto potesse spingersi oltre con me, esperimento fallito o riuscito? Come usarmi? E Jiggy era dalla sua, lo è sempre stato. È il suo amante, il suo seguace! Mi ha preso per il culo tutto il tempo. Ed io che ho ritrovato l’amore che provavo per lui, che l’ho riesumato, che l’ho accettato, riavuto.
Ed io che lo amo ancora. Ma me la paga.”

Jiggy aprì gli occhi in quel momento, la testa gli doleva, la nebbia gli impediva di mettere bene a fuoco la realtà in cui era. Il sogno di Lloyd era stato lungo e tormentato, molto toccante e sconvolgente. E gli aveva aperto gli occhi.
La bontà nel profondo del cuore di Lloyd, le nobili intenzioni, le reali aspettative di un bambino che era scappato dalla casa degli orrori di un padre osceno, il suo cercare la verità del mondo per salvarlo, il suo diventare Bee per aiutare gli altri. La sua ricerca della luce, la luce buona, la luce pura. Largo Lloyd era Largo Lloyd. Ed il suo metodo non era né giusto né sbagliato. Era solo un metodo, forse difficile, forse troppo duro. L’unico?
Quando capì che c’era qualcuno nella stanza al di là di loro, cercò di metterlo a fuoco.
Era steso. Perché era steso? E si sentiva anche comodo coi vestiti. Coperto. Si abbassò le coperte e vide che l’aveva messo sul divano, gli aveva tolto la giacca e aperto alcuni bottoni della camicia.
- Maniaco. - Mormorò ricordando che ogni tanto aveva fatto finta di provarci con lui. Finta?
Ma quella fu esattamente la parola da non dire.
Quando vide Noir realizzò solo una cosa.
Quella furia nel suo sguardo non gliel’aveva mai vista. Mai. E di certo non avrebbe pensato di potergliela vedere, non a lui.
- Gauche? - No, a Noir no. Ma forse a Gauche sì.

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Capitolo 36
*** In questo mondo meraviglioso ***


la_proporzione_perfetta36 *Ecco un nuovo capitolo in mostruoso ritardo, chiedo perdono! Settimana piena e all'insegna dello scrivere. Dunque, siamo in un momento importante fra Gauche e Jiggy, infatti il capitolo è interamente dedicato a loro. Li avevamo lasciati a Blue Notes Blues da Lloyd, Gauche furioso, dopo aver saputo che Lag cerherà di sacrificarsi per salvare tutti e dopo aver visto la reazione devastante di Zazie, si convince a seguire il proprio istinto e torna da Jiggy che era rimasto da Lloyd apparentemente per passare dalla sua parte, in realtà per scoprire tutti gli altri segreti che nasconde. Ed ora vediamo che succede quando arriva lì! Buona lettura. Baci Akane*

36. IN QUESTO MONDO MERAVIGLIOSO


jiggy gauche

"Portami sull'ansa del fiume Portami alla fine della battaglia Lava via il veleno dalla mia pelle Mostrami come essere di nuovo completo Fammi volare su un'ala d'argento Oltre il nero ove le sirene cantano Riscaldami nell'incandescenza di una (super)nova E lasciami cadere nel sogno sottostante Perchè sono soltanto una crepa In questo castello di vetro"
/Castle of glass - Linkin Park/


Jiggy si alzò a sedere, la testa gli girava, ma certamente non poteva stare a poltrire ancora.
Gauche era chiaramente furioso con lui, ma cosa ancor più importante era tornato.
Poi si vide di nuovo. Era in condizioni equivoche. E guardò anche Lloyd. Pure lui non scherzava.
Così tornò a guardare Gauche.
Ovviamente la lingua non la frenò, non l’aveva mai frenata. Forse un giorno avrebbe imparato. Forse.
- Sei mica geloso? Guarda che non abbiamo fatto niente! Volevo solo… - Gauche stringeva la pistola a proiettili di piombo in mano. E la stringeva davvero convulsamente.
Per un momento pensò volesse sparargli.
Poi si diede dell’idiota, si alzò e gli andò vicino ignorando completamente Lloyd che sembrava anche divertirsi, chiaramente.
- Dovevo assicurarmi di come stavano le cose e… - Gauche fece un passo indietro deciso e altrettanto deciso alzò la pistola a piombo e la puntò contro di lui. Jiggy non respirò, sgranò gli occhi e mostrò per la prima volta sorpresa, timore. Poi effettivamente autentica fifa.
Alzò le mani in alto, ai lati della testa.
- Ehi, Gauche? - Chiamò cauto, il sangue gelato, le ginocchia molli. I suoi occhi viola erano due lame piene di un odio che non gli aveva mai visto addosso. Nemmeno nel momento peggiore di Noir.
- Perché mi hai preso in giro? Perché? - Jiggy sempre con occhi spalancati e shoccati cercò di annaspare e ragionare, di tornare a sé. Difficile con quello sguardo e quella canna puntata davanti alla fronte.
- Andiamo, non ti ho preso in giro, dovevo solo assicurarmi di tutta la storia una volta per tutte! Largo, diglielo anche tu! Non è successo nulla! Mi ha sparato il suo proiettile ed ho visto tutta la sua storia! -
Lloyd però rimase fermo sorridendo come un ebete.
- Oh andiamo Jiggy, perché devi sminuire quel che è successo? È stata una splendida connessione interiore… - Jiggy alzò gli occhi al cielo esasperato, mentre ovviamente Gauche diventava ancor più livido.
- Largo? Davvero? - Fece invece Gauche sottolineando che l’aveva chiamato per nome. Jiggy si morse il labbro, la pistola sempre più vicino.
- Ok, senti… - Ma non sapeva bene cosa dire a quel punto. - Non vorrai mica spararmi davvero! - Puntualizzò per prima cosa, come priorità assoluta.
- In questo momento lo voglio eccome! Mi hai tradito, mi hai usato, mi hai rigirato! Eri d’accordo con lui dall’inizio per testare i miei limiti, se fossi un esperimento riuscito o fallito, quanto utile potevo essere alla vostra stupida causa! E se penso che io invece sono riuscito a tirare fuori gli autentici sentimenti di Gauche per te, se ho addirittura accettato quella mia parte che soffocavo perché non sentivo mia. Se penso che, dannazione, ho accettato di amarti e di viverlo a pieno! E tu invece eri d’accordo con lui! Voglio spararti? Certo! - Gauche non urlava, Gauche non avrebbe mai urlato. Parlava sempre gelido, affettato, glaciale. Le sue parole tagliavano molto. Jiggy si sentiva morire. Si sentiva al colmo della gioia e si sentiva morire al tempo stesso.
L’aveva ritrovato sul serio. Quello era davvero lo sguardo di Gauche. Non un Gauche a metà. Un Gauche che aveva fatto pace con sé stesso, che aveva deciso di accettarsi, sia pure senza i ricordi di un tempo, ma con la personalità ed i sentimenti di prima, identici ed invariati.
Gauche si era accettato ed era lì per quello.
Peccato che ora aveva appena rovinato tutto.
Gli occhi gli si riempirono di lacrime sia di gioia che di terrore e dolore. Un miscuglio simultaneo di mille emozioni, poi Lloyd sospirò e scosse il capo decidendo di intromettersi.
- Sebbene volevo vedere fin dove poteva spingersi Noir o Gauche che sia, penso sia meglio in nome delle nostre vecchie autentiche, per quanto mi riguarda, amicizie, darvi una mano. - E con questo mise la propria sulla pistola di Gauche e la disarmò velocemente.
Altrettanto velocemente gliela tolse di mano, prima che Gauche potesse reagire ed usarla.
I due lo guardarono meravigliati, un po’ seccati, incerti.
Aveva fatto un gran disastro ed ora cosa voleva? Davvero aiutarli? Perché?
Ma Jiggy lo sapeva perché. L’aveva visto.
- Adesso che non siete pericolosi, parlate sul serio. - Gauche rimase a fissarlo torvo mentre invitava Lode ad uscire. - Hanno bisogno di stare soli. Credo che sia il momento. - Lode non era convinta di lasciare Gauche solo con Jiggy, ma l’amico la guardò accennando ad andare. Così uscì. Lloyd con la camicia in mano, li guardò prima di uscire e sorrise sornione.
- Poi non dite che non ho mai fatto niente per voi. - Dopotutto non era vero, Jiggy lo sapeva. Aveva sempre fatto le cose a modo proprio, però non per egoismo, non sempre.
Gauche e Jiggy rimasero finalmente soli e Jiggy come prima cosa andò a chiudere a chiave la porta. Si sentiva meglio.
Lo guardò da lì un istante, poi scrollò le spalle scacciando le lacrime scongiurate.
- Comunque a titolo informativo lui è innamorato perso per Aria. Sul serio, intendo. - Gauche lo guardò sempre furioso. Jiggy alzò le mani di nuovo in segno di pace e resa. - Sul serio, l’ho visto! Mi ha sparato il proiettile. Vuoi che te lo mostri? - Jiggy disperato ed esasperato alzò la pistola verso il soffitto pronto a mostrare i propri ricordi recenti, ma Gauche lo fermò convincendosi che quello era già una prova.
Eppure stava ancora bruciando, si sentiva ancora impazzire follemente.
E bruciava, non sapeva come fermarsi, come placarsi. Frenesia.
Vita. Una tale vita.
Alzò le mani ignorando i ricordi che voleva mostrargli e se la guardò. Stava tremando.
Jiggy abbassò la pistola e l’appoggiò insieme alla giacca. Poi andò da lui e delicato, come in punta di piedi, gli prese il mento fra le dita, leggero. Indice e pollice.
Sollevò il suo volto e lo guardò incerto, coi sentimenti sempre lì, quella paura d’aver perso e rovinato tutto e la speranza di averlo ritrovato per sempre.
- Volevo solo capire una volta per tutte la sua posizione. Doveva pensare che io fossi dalla sua parte, altrimenti non mi avrebbe mostrato nulla. Per convincermi definitivamente l’ha fatto. Ha una storia orribile, è figlio del generale Balor a capo dei progetti più osceni di Amberground. Quello che ha passato lui noi non lo immaginiamo nemmeno. Vuole spazzare via il Governo e riportare la luce su tutta Amberground e davvero non ce l’ha con nessun altro. Solo che non crede ci siano altri mezzi se non questo. È drastico, ma almeno è una soluzione definitiva. È sincero. Ed io, onestamente, vedendo le cose come stanno… non penso abbia torto. Se quello è il solo modo per salvare il mondo, il mondo dove voglio che io e te siamo felici per sempre… beh, forse dobbiamo lasciarlo fare. - Gauche lo guardò aggrottandosi serio, senza capire come potesse dirlo. - Io non posso stare fermo ad aspettare una probabile fine del mondo. Voglio provare a salvarlo, questo mondo. Per te. Darti un posto dove poter essere ancora una volta te stesso. E felice. E voglio esserlo con te. - Lo specificò e Gauche si rilassò sotto le sue dita, quelle due dita che lo tenevano.
Quel viola affilato si colorò di riflessi lucidi.
- Non c’è solo questo modo. Sono venuto a prenderti per portarti con me. Devi aiutarmi. Lag ha trovato un altro sistema, forse si sacrificherà, forse non sarà più sé stesso, ma dice che c’è quest’altro sistema. Ed io sono andato dalla ragazza maka, la sorella di Niche che ci può aiutare, ma ho bisogno di te, Jiggy. - Jiggy rimase sospeso, le cose si stavano muovendo molto meglio di quel che aveva pensato, sperava non fosse un sogno.
- Di qualunque cosa si tratti, sono con te. - Disse subito senza esitare. La gioia stava tornando a farsi strada nel suo cuore.
Il suo Gauche era lì, non l’aveva perso. E aspettava lui.
Il suo Gauche.
Il suo adorato Gauche. Gli occhi tornarono a pizzicare, le lacrime ad affacciarsi. Così li chiuse e semplicemente annullò la breve distanza rimasta. Lasciò il suo mento, posò la mano sulla sua guancia candida ed infine, con una delicatezza inaudita, lo baciò.
Lente le braccia di Gauche salirono a circondargli il collo e a stringersi a sé, fino ad appoggiarsi con candore e purezza.
Avergli sentito dire che voleva stare con lui, vivere quel che provava, che lo amava, gli aveva restituito un sogno che non aveva mai osato fare fino in fondo, l’aveva carezzato ed osservato, ma mai vissuto. Ed ora Gauche glielo aveva detto.
Staccò le labbra per un soffio, il suo sapore in bocca, aprì gli occhi e lo guardò intensamente da vicino con le sue iridi azzurre.
- Mi ami davvero? - Chiese prima di immergersi definitivamente in quel meraviglioso sogno.
Gauche sorrise dolcemente, arrendendosi a quelli che erano sentimenti autentici e reali di cui non poteva più fare a meno. Maledettamente, irrimediabilmente suoi.
- Sì, ti amo. E anche io voglio lottare per poter vivere con te, felice, in questo mondo meraviglioso. -
A quel punto le lacrime di Jiggy furono definitivamente liberate. Questa volta davanti a lui, non di nascosto. Gliele consegnò e Gauche, sorridendo dolcemente, se ne prese cura.
Quel bacio non si concluse lì.
Le dita di Gauche scivolarono sulla sua camicia già mezza slacciata. Il fastidio di sapere che gliel’aveva aperta Lloyd per chissà quale motivo, gliela fece togliere con più intenzione, quasi con foga. Jiggy rimase sorpreso del gesto e del modo, si separò dalla sua bocca per guardarlo incredulo che fosse davvero lui. Gauche aveva gli occhi chiusi e la fronte aggrottata, era seccato, infastidito e turbato di quel che provava.
Capì che era combattuto non sul cosa fare, e nemmeno sul farlo o meno. Era combattuto per il modo in cui doveva farlo.
Jiggy così gli prese i lembi della giacca e gliel’abbassò facendola cadere a terra.
Le dita di Gauche scorrevano sulle sue cicatrici vecchie provocate da molti gaichu. Jiggy gli aprì i bottoni della camicia da Bee.
Flashback vividi. Quante volte l’aveva spogliato prima di perderlo? Quante gli aveva tolto quella divisa?
Le mani non si sarebbero mai staccate da lui, mai più.
Quando ebbe il suo corpo caldo e liscio sotto le dita, trattenne il fiato.
Era identico a quella volta, era tutto uguale. Tutto.
Gauche lo sentì esitare, tendersi emozionato, così riaprì gli occhi e lo guardò. I suoi azzurri erano lucidi e non tradivano quell’emozione fortissima.
Fu Gauche il primo ad andare avanti.
Gli aprì la cintura, piano, mentre la foga passava, la lotta interiore, la gelosia, il fastidio.
Aprì i bottoni dei pantaloni. Il tempo iniziò a rallentare.
Lento.
Il respiro a fondo.
Gli occhi pieni del suo viso, non si perdevano un centimetro di loro, non riuscivano a smettere di guardarsi.
Lasciò che i pantaloni scivolassero fra i piedi, Jiggy se li levò insieme alle scarpe e andò a slacciargli i suoi. Gauche però non gli fece prendere il sopravvento, lo spinse leggermente indietro verso il divano e si inginocchiò davanti a lui, a quel punto gli abbassò i boxer, sempre con gesti lenti di chi pensava attentamente a quel che faceva e si godeva ogni singolo istante, ogni più insignificante gesto, come se ricordasse, come se facesse quel che da tempo voleva rifare.
Gauche si leccò le labbra e l’eccitazione divampò in un attimo.
Il tempo da lento iniziò a correre, ma senza esitazioni, lotte, incertezze di alcun tipo. Nessun intrusione.
Il tempo corse, il fuoco si accese e nell’istante in cui le labbra e la lingua di Gauche si posò sul suo membro, Jiggy gettò la testa all’indietro, si abbandonò e chiudendo gli occhi rivide, rivisse e riprovò ogni cosa. Intatta, tale e quale. Non c’era una sola sensazione differente da quella volta. Non una sola.
Era così uguale a lui, così uguale a quelle volte.
Era così dannatamente lui. Senza ricordi? Ma chi diavolo se ne importava?
Era lui.
Gli mise le mani sulla nuca, fra i suoi capelli lisci e bianchi e accompagnò i movimenti della sua testa contro il proprio inguine che cresceva eccitato insieme al calore, al fuoco.
- Gauche… - Lo chiamò roco sentendosi già al limite. Naturale dopo tutto quel tempo.
Gauche capì di interrompersi e smise. Jiggy lo fece alzare un po’ bruscamente, ma Gauche si eccitò ancora di più e si alzò togliendosi in fretta il resto di quel che ancora indossava.
Jiggy vide che era eccitato e carico, lo stava desiderando molto e vederlo così vivo, così talmente pieno di emozioni e sensazioni, gli fece scoppiare la gioia più profonda.
Gli prese il viso fra le mani e si avventò sulla sua bocca, lo violò e prese possesso di lui, della sua lingua, del suo sapore. Gauche si lasciò totalmente trasportare da quel Jiggy pieno di fuoco.
Finì per spingerlo sul divano, lo stese e si mise su di lui. Le mani lo inchiodarono, poi la bocca uscì dalla sua e assaggiò, mangiò il resto del suo corpo. Il suo sapore esplose nella sua lingua. Lo leccò, lo fece suo, lo avvolse, lo divorò fino a scivolare fra le gambe aperte per lui che l’aspettavano e prendergli tutto quello che era lì per lui. Gauche premette la testa all’indietro, gli occhi chiusi, l’aria in totale abbandono e il bacino a spingerlo nella sua bocca che lo possedeva.
Le mani fra i suoi capelli. Prese le sue ciocche rosse e lo chiamò perso.
- Jiggy… Jiggy non ce la faccio più… - Mormorò in piena esplosione. Non era mai stato così vivo.
O forse sì.
Jiggy lo accontentò, si staccò dal suo inguine e gli spinse le gambe contro il petto sparendo con il volto al di sotto, nella sua apertura. La bocca, la lingua e poi le dita si occuparono di lui, Gauche gemette ancor più forte, stava di nuovo per venire, era un’esplosione continua, sempre più forte di prima, che minacciava ogni volta di strapparlo via da lì.
“Ma io ho già provato queste sensazioni… il mio corpo lo ricorda…”
Pensò con trasporto, succhiandosi il labbro. Non resisteva, non poteva attendere ancora.
- Vieni! - Lo chiamò non potendo aspettare ancora.
Jiggy risalì e lo guardò. Gauche era eccitato ed accaldato, la pelle candida delle guance era rossa, il corpo imperlato di sudore. Così naturalmente sensuale. I capelli spettinati intorno al viso così meraviglioso come sempre, gli occhi di un viola acceso e le mani strette sulle ginocchia che stringeva al petto, in una posa provocatoria ed erotica. Così abbandonato.
I loro occhi si incontrarono, Jiggy calò su di lui col suo corpo, pronto ad entrare. Prima di farlo il viso sul suo, le labbra schiuse, gli leccò le sue che aprì e gli andò incontro. Un bacio umido e carico di desiderio.
Poi il mondo sparì. Jiggy con un movimento deciso e fluido entrò, Gauche si tese e si fermarono così. Un momento interminabile.
Infine i muscoli si rilassarono piano piano, lui si abituò. La memoria del corpo.
I brividi iniziarono a ricoprirlo, esplodere, confonderlo.
Dolore? Piacere? Elettricità? Cos’era?
Jiggy cominciò a muoversi in lui piano piano e nel farlo le cose in qualche modo andarono meglio.
Piano piano quei brividi confusi divennero sempre più chiari, un calore partì dal basso ventre ed esplosero in mille frammenti nel proprio corpo quando aumentò il ritmo e l’intensità. Jiggy toccò il punto di massimo godimento in Gauche ed il suo corpo che in un attimo aveva ricordato tutto, facendo come se non avessero mai smesso, gli rilanciò un piacere sempre più forte ed intenso. Piacere che divenne un orgasmo unito a miliardi di frammenti di Jiggy. Frammenti della loro relazione, frammenti della loro vita insieme, frammenti di tutto qui che aveva significato per lui, quanto bello era stato ogni singolo momento insieme. Frammenti preziosi, indelebili, vivi grazie ai sentimenti cristallizzati che non si erano mai spenti.
Gauche strinse le braccia introno alla testa di Jiggy attirandolo a sé, i gemiti esplosero insieme all’orgasmo e questo fece perdere totalmente il compagno che ebbe immediatamente un orgasmo a sua volta e l’esplosione fu identica, ogni ricordo, ogni momento, ogni pezzo di cuore di Gauche risuonò in Jiggy. Ogni cosa sopita, mai cancellata, gli ritornò centuplicata.
Era felice. Era maledettamente felice.
Di nuovo.
“Allora si può vincere questo maledetto destino del cazzo!” Pensò Jiggy lasciando una piccola minuscola lacrima.
Gauche lo strinse a sé sfinito, entrambi uno sull’altro erano crollati dopo il piacere provato, incapaci di muoversi.
I respiri in sincronia.
Il mondo svanito di nuovo. Ogni problema. Ogni dovere.
Solo loro due.
Potevano scappare, evaporare, svanire ed essere felici insieme fino alla fine del mondo, forse prossima, forse scongiurata da Lag o da Lloyd.
Jiggy uscì ma gli rimase sopra a ricoprirlo col suo corpo ruvido e forte, gli prese il viso fra le mani e lo carezzò dolcemente, con cura. Poi sorrise.
- Sarò con te fino alla fine, non mi importa che fine sarà purchè sia con te! - Gauche a quello rise.
- Come sei diventato poetico e romantico! La solitudine e la sofferenza ti hanno reso un autore senza tempo! - Lo canzonò nonostante adorasse quando parlava così. Jiggy gli mordicchiò l’orecchio nascondendo poi il viso contro il suo collo.
- Non ti piace il mio romanticismo? - Gauche chiuse gli occhi e lo tenne  sé, le dita fra i capelli rossi spettinati.
- Lo amo. Come amo te. E sono felice che tu sia con me ad ogni costo. -
- Fino alla fine. - Tornò a dire una delle sue massime ad effetto e Gauche sorrise, poi gli prese il viso e lo baciò.
Era bello così. Jiggy e la sua contraddizione fra romanticismo poetico e razionalità schietta.
Un contrasto meraviglioso.
- Andiamo ad aiutare Lag. - Con questo lo baciò, infine lo fece alzare ed iniziarono a vestirsi.
- Prima devo andare a salutare mia sorella e mio fratello a Dead End. - Disse Jiggy vestendosi.
Gauche, immaginandolo, annuì.
- Andrò a salutare anche io Silvet. Ma non dire nulla a nessuno di questo. Dobbiamo farlo solo noi e nessuno deve saperne nulla. - Jiggy annuì. Non era per lui un problema tenere segreti.
Pensò un attimo a Zazie, assurdamente. Con la storia di Lag in trasformazione e snaturazione, sicuramente stava perdendo la testa.
“Spero che tenga duro.”
- Passa a tranquillizzare Zazie. Non dirgli nulla, ma tranquillizzalo. perché è convinto che sei passato dalla parte di Reverse e con Lag che forse perderà sé stesso, è fuori di sé. Non sa dove sbattere la testa. - Disse Gauche leggendogli nel pensiero. Jiggy non fece una piega, ma annuì.
- Ci vediamo fra un giorno. - Si diedero appuntamento in un posto specifico, poi una volta ricomposti uscirono. Era ora di preparare le cartucce finali.

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Capitolo 37
*** Se è con lui ***


la_proporzione_perfetta37 *Ecco un altro capitolo. Quando ho scritto la fic, sono arrivata all'ultimo numero che mancava ed aspettavo che mi mostrasse che diavolo era andato a fare Noir, così dopo un'attesa considerevole, arrivato il fantomatico ultimo numero, sono riuscita a sapere che dopo aver liberato la sorella di Niche, si era fatto portare da lei oltre oceano per recuperare un sacco di altre lettere per Lag. Così questo capitolo in realtà l'ho scritto dopo aver letto l'ultimo numero, ma si riferisce al momento prima della pausa che c'è nel manga, quella finale, quando poi Lag va ad 'allenarsi' con l'insetto spirituale del suo occhio e Noir sparisce misteriosamente fino al momento della battaglai finale. Di Jiggy non viene espressamente detto nulla se non che si è sincerato con Lloyd delle sue intenzioni. Questo capitolo conclude la terza parte della fic, col prossimo inizia la quarta e ultima perchè credevate che mancasse poco? Illusi! Di cosa da scrivere poi ne ho trovate e non poche! E per ora, buona lettura. Baci Akane*

37. SE È CON LUI


jiggy
"Che Dio ci salvi tutti Bruceremo dentro ai fuochi di mille soli ? Per i peccati delle nostre azioni, I peccati delle nostre parole I peccati dei nostri padri I peccati dei nostri giovani"
/The requiem - Linkin Park/



Un sapore amaro in bocca.
Il sapore dell’addio.
Jiggy assottigliò gli occhi alzando il mento con aria dura e risoluta.
Quello non sarebbe stato un addio.
- Com’era? - Chiese Gauche a Jiggy, affiancandolo da dietro. Jiggy seduto sul cavallo di ferro si voltò a guardarlo e non fece nessuna piega particolare:
- Abbattuto, sta perdendo la fede. - Capì di chi parlava nonostante Jiggy avesse salutato anche la sua famiglia.
- Dovresti dargli motivo almeno tu di non perderla. - Disse Gauche calmo. Jiggy inarcò un sopracciglio senza capire.
- È Lag che gliene sta dando… - Gauche sospirò paziente guardandolo al suo fianco, Lode che scrutava calma l’orizzonte mentre Harry svolazzava sopra le loro teste.
- Sì, ma Lag è la persona che ama. Tu sei il suo Dio, da sempre. Lag gli mancherà e lo farà vacillare, ma se anche tu lo deludi perché sparisci, come si sentirà? Quale motivo avrà per andare avanti? - Jiggy rimase colpito dal suo ragionamento così altruistico in stile Gauche. Sorrise malizioso.
- Dovrei stare con lui invece che con te? Dovresti deciderti, prima mi chiedi di aiutarti e poi mi dici di non deluderlo? - Gauche scosse la testa sempre con un piccolo sorriso tirato, gli occhi malinconici di Noir gli ricordavano che non era ancora tornato.
- No, se mi lasci non avrò pietà. - Minacciò senza mostrare alcuna aria oscura e tetra. Jiggy pensò che fosse estremamente sexy così, ma si trattenne.
- Hai le idee molto chiare, vedo! - Rispose ironico.
- Devi venire con me, ma non per questo abbandonare Zazie. -
- Io non ho nessun obbligo verso nessuno, solo mia sorella e mio fratello! - Replicò seccato. - Da quando ‘devo’ qualcosa a Zazie? Perché? Sai di quanti sono l’idolo? - Jiggy ne era perfettamente consapevole e questo aveva ben nutrito il suo ego che tendeva a gonfiarsi di suo. Amava essere ammirato, essere il primo. A Gauche era sempre stato secondo, ma di lui poi si era innamorato, perciò l’aveva accettato.
- Hai instaurato un legame con Zazie, c’è una connessione. - Jiggy lo guardò corrucciato e lui continuò calmo e sorridente: - Avete combattuto insieme contro il Cabernet, vi siete confrontati molto volte successivamente, avete avuto modo di parlare ancora… quello significa avere un legame! - Spiegò quello senza cuore dei due. Jiggy, il quale per teoria aveva tutto il suo cuore nel petto, fece una smorfia imbronciata.
- Bene, gli manderò aggiornamenti regolari tramite Harry e me ne farò dare da lui! - Concluse seccato arrendendosi alla teoria per cui Zazie era importante per lui in qualche strana maniera. Poi mise in moto il rombo che a Gauche piacque e quando fu salito dietro di lui, a cavalcioni, lo prese per i fianchi e si assicurò di non volare via una volta partito.
- Sai, avete qualcosa in comune… - Disse come se rispondesse ad una muta domanda di Jiggy. Questi voltò la testa di lato.
- E cioè? - Gauche aveva saputo qualcosa di Zazie tramite Lag e Silvet i quali amavano parlare.
- Cioè eravate entrambi soli e arrabbiati prima dell’arrivo delle persone che avete amato. - Silenzio. Jiggy a quel punto non disse nulla, accelerò e partì.
Forse aveva ragione.
“Perciò anche Gauche e Lag hanno qualcosa in comune… “ Pensò fra sé e sé mentre si dirigeva a Blue Notes Blues. “Si fanno amare subito da chiunque!”

La grotta si stagliava davanti a loro, Jiggy non ci era mai stato. Gauche gli disse di fermare il cavallo e di spegnerlo fuori, perché l’abitante della grotta nel lago, era molto irascibile.
- Si può sapere una volta per tutte cosa dobbiamo fare? - Chiese Jiggy il quale ora era in vena polemica.
Gauche, che ormai era bravo a gestire i polemici, rispose paziente, sceso dal cavallo di ferro.
- Dobbiamo liberare la ragazza maka. - Jiggy si aggrottò.
- Chi? -
- La sorella di Niche. - Jiggy si figurò un’altra bambina petulante e selvatica.
- Per forza? - Chiese spontaneo non essendo felice di avere a che fare coi bambini rompiscatole. Gauche ignorò la sua domanda.
- Abbiamo bisogno del suo immenso potere per fare quello che dobbiamo. -
- Ma si può sapere che diavolo dobbiamo fare? - Chiese ancora. Gauche, paziente, continuò le sue risposte criptiche.
- Per prima cosa liberiamo la ragazza-maka. Poi ci porterà oltre oceano. - Jiggy rimase zitto, si corrucciò, cercò di immaginare l’oceano. E cercò di immaginare l’oltre oceano.
- Perché? - Chiese naturalmente. Gauche alzò finalmente gli occhi al cielo.
- Non puoi semplicemente fare una cosa che ti viene detta senza discutere sempre? - Domanda retorica che presupponeva il silenzio e l’azione.
- No! - Rispose invece secco Jiggy senza muoversi dall’ingresso della caverna, tutt’intorno era di neve e ghiaccio, c’era molto freddo, il rumore dell’acqua del lago che entrava nella caverna alta e buia era piacevole, pacifico, quasi.
Gauche scosse il capo e scrollò le spalle entrando. Jiggy rimase fermo sconvolto dal suo non rispondergli.
- Oltre oceano ci sono molte terre. - Rispose Lode per Gauche. Jiggy la guardò sempre polemico.
- Sì, inesplorate! - Lode alzò le spalle.
- Dobbiamo raccogliere quante più lettere possibili, l’ha detto Lag. Queste terre le setacceranno i Bee. Noi andiamo oltre. - E con questo Lode entrò seguendo Gauche.
Jiggy voleva ancora sapere molte cose, ma almeno aveva una vaga idea di che cosa stavano per fare.
Così sbuffando entrò ricongiuntosi a Gauche, poi nell’ombra della caverna che si allungava verso una sorta di antro, riprese sussurrando.
- Ma come ci andiamo oltre l’oceano? - Gauche alzò gli occhi di nuovo. Lui era l’unico in grado di mettere a dura prova la sua leggendaria pazienza.
- Per questo ci servono i grandi poteri della ragazza maka! -
- Ok, ora ho capito perché dobbiamo liberarla. Anche se ancora non capisco da cosa e soprattutto in cosa consistono questi poteri, Niche usa i capelli come spade, non mi sembra che abbia poteri particolari. - Gauche non rispose fino a che la caverna si aprì nell’antro dove da un lato si stendeva il lago. Le pareti erano completamente ghiacciate, ma c’era una sorta di luce che veniva dall’acqua e non solo dall’acqua.
Mentre Jiggy chiedeva:
- Comunque da cosa dobbiamo liberarla? - girò lo sguardo verso la fonte di luce e vide da cosa dovevano liberarla.
La ragazza maka, per nulla piccola, tozza e bruttina, era sospesa sul ghiaccio in tutta la sua intera e splendida nudità, una bellissima ragazza dai tratti un po’ selvatici, i lunghissimi capelli d’oro splendevano dando a quel luogo buio e freddo, un alone dorato meraviglioso.
I capelli si alzavano intorno a lei in tante corde che si concludevano con delle gabbie. Queste gabbie erano dorate come i suoi capelli e dure come delle spade infrangibili. Erano ovali, sembravano come delle uova gigantesche e stavano sospese, o meglio appese, intorno a lei.
- Oh merda. - Disse poco finemente Jiggy. All’interno delle gabbie, c’erano tanti gaichu embrionali che dormivano, gaichu che avevano iniziato a formarsi ma che non si erano mai completati. - Questo è il famoso cimitero dei gaichu! È qua che hai svegliato quel maledetto stronzo di un Cabernet!- Esclamò sconvolto e seccato Jiggy realizzando in cosa consisteva la prima parte della missione. - Ecco perché non potevi farlo da solo! - Gauche alzò la spalla.
- Potevo. Ma poi ci mettevo troppo! - Esclamò con aria vagamente boriosa. Jiggy lo guardò sorpreso, poi fece un fischio e scosse il capo prendendo in mano la pistola.
- Ce ne hai messo di tempo, stupido umano! - Gracchiò la ragazza maka.
- Ha un brutto carattere. - Spiegò piano Gauche a Jiggy.
- Ma dai! - Replicò ironico.
- Dovevo portare qualcuno che mi aiutasse. - Spiegò calmo Gauche.
- E quel qualcuno è quel petilante lamintoso? - Jiggy guardò Gauche aggrottato e spaesato.
- Ha qualche problema con la nostra lingua, ma si fa capire. - Spiegò ancora prendendo anche lui la pistola sparacuore in mano, mentre Lode ed Harry si preparavano all’azione.
- Ok scusa un secondo però. - Fece Jiggy alzando l’altra mano libera. Lode alzò gli occhi al cielo seccata, voleva darsi da fare e lui non era mai soddisfatto. - Perché li sta tenendo? È lei che li imprigiona! Pensavo dovessimo liberarla! - Gauche indicò la ragazza con la mano aperta, l’aria di chi voleva sparare a Jiggy invece che ai gaichu.
- Sono gaichu embrionali, non del tutto sviluppati. Per questo congelati e addormentati. Se lei li lascia, il ghiaccio si scioglierà e questi si svilupperanno del tutto e si sveglieranno. E sono tutti gaichu molto più forti degli altri, sono tutti simili al Cabernet. Finchè li uccidiamo ora è un conto. Ma poi ci vorrà più tempo! -
Jiggy a quel punto aveva capito e ironico tornò ad impugnare bene la pistola.
- Ma va! Mica mi ricordo quanto ho faticato a farlo fuori! -
- Tu? - Chiese Gauche polemizzando.
- Io ho fatto la gran parte del lavoro! -
- Con Zazie! - Puntualizzò Gauche.
- Con Zazie. Però gli ho strappato praticamente tutte le ali! -
- Avete, Jiggy, avete! Quando fai qualcosa con qualcuno si chiama lavoro di squadra e si usa il ‘noi’. - Spiegò ancora quello ‘senza cuore’. Jiggy sbuffò.
- Sì beh, noi! - Concesse Jiggy spostandosi per guardarli tutti.
- E comunque alla fine gli abbiamo sparato tutti insieme, a quel punto è morto! - Gauche ci teneva a precisare che tutti avevano fatto la loro parte.
- Devo ricordarti che se non fosse stato per te, quel maledetto Cabernet non avrebbe mai fatto quel disastro? - Gauche lo guardò con sguardo sottile, di nuovo indeciso se sparare a lui o ai gaichu.
- Devo ricordarti che all’epoca avevo perso me stesso? - Jiggy voleva replicare che ora non aveva proprio ritrovato il suo cuore, ma sarebbe stato un colpo mancino, così si mangiò la lingua per la prima volta.
- Se avete finito di discutere come una vecchia coppia bisbetica, abbiamo un lavoro da fare! - Li ammonì seccata Lode. I due ragazzi la guardarono ricordandosi per cosa erano lì e sospirando annuirono tornando al dovere.
- Direi di farlo uno per volta. - Disse Gauche.
- Tutti insieme è impossibile! - Rispose Jiggy.
- Se non la finisci ti sparo! -
Replicò freddamente Gauche. L’altro fece mezzo sorrisino.
- Così mi ecciti! - In risposta il compagno arrossì, poi finalmente indicarono il primo alla sorella di Niche, la quale lo lasciò andare liberandolo.
Il gaichu cadde nella terra dove il ghiaccio si faceva sempre meno intenso e duro.
Non sarebbero durati molti.
- Il maka è morto, era lui  che si occupava di controllare questi gaichu e tenerli addormentati, per impedire alla natura di venire rovinata. Però poi lui è morto e lei è rimasta a portare avanti da solo il suo compito, solo che i ghiacci si stanno assottigliando e questa caverna non rimarrà gelata per sempre. Un giorno si risveglieranno tutti. - La spiegazione completa arrivò durante la battaglia, Jiggy ascoltò senza replicare, poi iniziarono a sparare per rompere il ghiaccio, come Gauche e Lode avevano fatto tempo prima col Cabernet.
Non ci volle molto per il ghiaccio per sgretolarsi, quando fu a pezzi, il gaichu iniziò a muoversi come se non fosse mai stato sospeso nel gelo per anni immemori.
- È ancora un embrione, ma si sta già sviluppando! - Notò Gauche.
- È velocissimo! - Concordò Jiggy che l’aveva già visto con il Cabernet.
- Quale sarà il suo punto debole? - Chiese Gauche. I due ragazzi messi uno all’opposto dell’altro, intorno al gaichu che si muoveva e si sviluppava una volta scongelato, lo tenevano sotto tiro pronti a sparare. Lode dall’altra parte, verso il muso, per attirare la sua attenzione all’occorrenza.
- Harry! Fai attenzione! - A quel punto Harry, il falco di Jiggy, iniziò a sorvolare il gaichu fino ad avvicinarsi sempre più: sentendosi infastidito da qualcosa, il gaichu sebbene si stesse sviluppando e fosse quindi ancora molto confuso, iniziò a muoversi. Tentando di attaccarlo, venne distratto da Lode la quale si buttò contro di lui rovesciandolo. Il tentacolo mancò Harry, il gaichu rotolò come un cucciolo di tartaruga e rimase a pancia in su mentre i tentacoli dalla pancia cercavano di rimetterlo dritto.
- La pancia! - Concluse Jiggy dopo il test di Harry.
Con questo i dingo si fecero da parte e i Bee spararono contemporaneamente sulla pancia esposta, proprio dove i tentacoli spuntavano.
I raggi della sparacuore si concentrarono nello stesso punto, il proiettile  esplose e risuonò all’interno del gaichu che poco dopo esplose.
Jiggy rimase senza parole.
- È stato facile! - Esclamò incredulo ricordando la fatica fatta con l’altro gaichu.
- Siamo in quattro. - Spiegò Gauche. - E oltretutto se li affronti mentre sono in fase di sviluppo sono più deboli. Anche i dingo trovano più facilmente il punto debole perché solitamente è rappresentato dalla parte del corpo che sta cercando di crescere. - Jiggy annuì attento.
- Perciò quando è sviluppato e formato è difficile capire qual è il punto debole. -
- Si va più a tentativi. - Ma questo Jiggy lo sapeva. A volte era impressionato nel vedere quante cose sapeva Gauche, non per nulla era lui ad essere diventato Head Bee, l’unico della loro generazione.
Alzarono le pistole sparacuore appoggiandole sulle proprie spalle, Harry si posò su una sporgenza alta della caverna, mentre Lode con il coltello in mano si accucciò ai limiti del lago, pronta ad affrontarne un altro.
- Adesso dobbiamo farlo altre dieci volte! - Concluse infine Gauche serio osservando la ragazza maka ferma con altre bestie simili addormentate.
- Che stiamo aspettando? - Ora un sorriso divertito aleggiava sulle labbra di Jiggy, Gauche scosse il capo come se un’altra vecchia reminiscenza gli tornasse nel guardarlo così felice di combattere.
- Tu ti annoi proprio a non fare nulla, vero? - In risposta Jiggy chiese di librare il gaichu più forte.
- Cominciamo da quelli difficili, via il dente via il dolore! -
“Non cambierà mai.” Pensò istintivamente Gauche come se potesse ricordarlo davvero. Poi si fermò. In effetti no, in effetti non poteva. Però lo sapeva lo stesso.

- Potremmo mica darle un nome? - Disse Jiggy seduto a terra, vicino al lago. Il fiato gli era appena tornato regolare, ma il corpo gli doleva in molti punti. Non era stato facile farne fuori tanti, sebbene embrionali quei gaichu erano stati molto forti anche in quel momento.
Anche se poi essere i due bee più forti, specie a livello combattivo, aveva aiutato parecchio.
- I nemi sono per chi affartiene a qualcuni, io non affartengo a ninguno! - Jiggy alzò gli occhi al cielo.
- Come sopporti la sua parlata scorretta? - Chiese sgarbato davanti alla ragazza maka che si stava ricoprendo il corpo con una ciocca dei propri capelli, usati come vestiti aderenti.
- E lui come supporta te? - Chiese lei di rimando con la vena che le batteva sulla tempia.
- A dire il vero non so come sopporto entrambi! - Commentò basso Gauche sperando di non essere sentito.
Jiggy e la ragazza maka lo guardarono male, mentre Lode tornò con un po’ di provviste per il viaggio, nessuno chiese come le avesse procurate.
- Siamo pronti? - Disse lei freddamente. Gauche si asciugò il viso dopo esserselo sciacquato e si raddrizzò annuendo.
- Possiamo muoverci. - Rispose guardando Gauche che si decideva a sciacquarsi anche lui prima di rimettersi in moto.
- Tanto potremo riposare durante il viaggio. - Fece Jiggy tirandosi su in piedi. Si sentiva ancora molto debole, ma una bella dormita avrebbe fatto il suo dovere.
Gauche guardò la ragazza maka per capire se era pronta, lei si voltò verso la caverna che era stata la sua casa per tantissimi anni, guardò il luogo dove aveva vissuto con il maka a vegliare i gaichu, dove aveva osservato silenziosamente il mondo che andava via via sempre più in rovina, il luogo da cui aveva allontanato ogni forma di vita per preservarlo puro.
Non sapeva bene quel che provava, però era ora di andare oltre, si disse.
Era ora di provare qualcos’altro.
“Penso che il maka lo vorrebbe. Non per gli uomini stupidi, ma per il mondo che un tempo era meraviglioso.”
Pensò fra sé e sé senza accorgersi che nel pensare non sbagliava le parole!
Gauche e Jiggy, in piedi uno accanto all’altro, si girarono a guardarla, in attesa verso il tunnel che portava all’esterno. Lode già fuori, Harry inviato a Zazie con un messaggio che l’avvertiva che stavano andando oltre oceano con la sorella di Niche a raccogliere altre lettere.
Infine la ragazza maka uscì per prima, seguita dai due ragazzi che si guardarono colpiti della facilità con cui le cose stavano andando fino a quel momento.
- Non so ancora come attraverseremo l’oceano… - Chiese Jiggy il quale era irritato dal non avere chiaro ogni dettaglio del piano. Essere solo un gregario e non il comandante di una missione era seccante, ma se a comandare era Gauche andava bene.
Ogni tanto ripensava a come era iniziata, come erano stati inesperti… e vedere come ora erano forti ed i numeri uno, era davvero incredibile. Era una bella sensazione.
- Con una nave. - Rispose semplicistico Gauche uscendo dalla caverna del maka.
- Quale? -
- Quella che farà coi suoi capelli! - Quando finalmente lo seppe, Jiggy si sentì meglio. Annuì senza replicare su quanto efficace potesse essere una nave fatta di capelli, sapeva che il materiale di quei capelli era ben diverso da quelli normali.
- Chissà cosa troveremo nelle terre oltre oceano… - Disse invece recuperando il suo cavallo di ferro e salendoci sopra per condurlo alla riva dell’oceano.
La neve rifletteva una luce bianca che non c’era davvero, ma si vedeva sufficientemente bene considerando che Blue Notes Blues era ai limiti estremi della luce artificiale.
Seguirono l’affluente del lago che lo collegava all’oceano, non era un fiume molto lungo, non avrebbero tardato molto ad arrivarci.
- Non è una missione che avrei svolto da solo. - Ammise infine Gauche. - Proprio perché è estremamente pericolosa. Non immagino cosa ci troveremo. Forse nessuno ci conosce, forse non sanno nemmeno dell’esistenza del sole artificiale e del Governo. Perché dovrebbero aiutarci? No, non è una missione che avrei fatto da solo. - Jiggy lo guardò un po’ sorpreso, poi sorrise.
- Beh, non pensarci! Tanto ci sono io! - Concluse con il suo solito egocentrismo, in quell’occasione voluto. Gauche ridacchiò.
- Per questo la faccio. - A volte non serviva parlare di sentimenti. Nel loro caso, certe frasi, certe ammissioni, certi gesti valevano più di un ‘ti amo’ o di qualsiasi altra dichiarazione.

Arrivarono non molto dopo, in quel luogo la scogliera scendeva a strapiombo, ai suoi piedi l’immenso mare nero si infrangeva creando un fragore continuo. Quella notte il mare era un po’ agitato, il vento soffiava in modo particolare.
Il buio era fitto, pur assottigliando lo sguardo, non si vedeva una linea d’orizzonte, una fine, un qualcosa. Non si vedeva nulla.
Era come buttarsi dentro un buco nero, non c’era la minima idea di dove stavano andando e cosa stavano per fare. Non c’era.
- Siate sicuri? Può ezzere molto piriculoso. Potrebbe anche non ezzerci nulla oltre l’osceano. - Disse la ragazza maka seria, in direzione di Gauche e Jiggy.
I due si guardarono per capire se c’era dell’incertezza, se uno dei due aveva paura, se era un suicidio. Probabilmente lo era. E sicuramente entrambi avevano paura, perché era normale.
Si girarono verso la direzione del sole artificiale che da lì non si vedeva.
Presto sarebbe stato così sempre ed ovunque.
Tornarono a guardarsi ed infine annuirono.
- Andiamo. - Concluse sicuro Gauche. Jiggy lo lasciava comandare solo perché era lui, però poi avrebbe riscosso la ricompensa per la sua pazienza.
A quel punto la ragazza maka annuì, si sollevò oltre la scogliera, sul mare oscuro. Alzò le braccia in alto alla cui estremità, al posto delle mani, c’erano delle zampe da bestia con tanto di artigli, identiche a quelle di Niche. Lentamente al posto delle zampe si allungarono delle piume d’oro, le stesse che si estesero su tutto il corpo da donna sinuoso, piume d’oro che partivano anche dal viso e si aprivano in due meravigliose ali. Nel frattempo da dietro di sé i capelli iniziarono a muoversi e fluttuare. Nel buio si vedeva poco, ma mano a mano che i capelli prendevano forma e si ingrandivano, l’oro dei suoi capelli creavano come un alone di luce flebile, ma che permetteva loro di vedere a sufficienza.
Qualche istante dopo, davanti a loro e alla scogliera, sospesa sul mare e sulle onde, c’era un enorme galeone perfetto, completamente d’oro e dalla luce propria, non intensa, ma sufficiente.
Jiggy rimase senza parole e proverbialmente stupito, Gauche sapeva cosa poteva fare coi capelli, l’aveva visto da Niche, ma non aveva minimamente immaginato che potesse trasformarsi in una donna uccello, simile ad una fenice d’orata.
Sorrise con dolcezza e chinò la testa.
- Grazie mille, sorella di Niche. Il suo aiuto sarà prezioso. E questa nave è meravigliosa. - La ragazza dall’aria scorbutica e selvatica fece un’aria compiaciuta e si spostò mettendosi col fianco della nave verso la scogliera alla quale si accostò per permettere loro di salire. Jiggy prese il cavallo di ferro, l’accese e con una piccola rincorsa saltò dentro senza grossi problemi. Infine la spense e scese. Dopo di lui salirono Gauche e Lode.
- Siamo tutti? - Chiese la maka per sapere se potevano partire.
- Aspetta un secondo. - Rispose Jiggy guardando verso le terre che stavano lasciando. Assottigliò gli occhi azzurri, fischiò verso il cielo nero dove il vento faceva volare i capelli e le sciarpe, infine alzò il braccio piegato e qualche istante dopo, anche Harry approdò sul galeone.
- Ora possiamo andare! - Disse soddisfatto.
La maka in versione uccello, si spostò e cominciò a muoversi, decidendo di sorvolare l’oceano piuttosto che navigarlo, per facilitarsi il compito.
I ragazzi guardarono la terra conosciuta allontanarsi, uno strano senso di timore li invase, forse stavano andando a morire, ma rimanere lì senza fare nulla avrebbe probabilmente avuto lo stesso esito.
E comunque qualunque cosa sarebbe stato, l’avrebbero affrontato insieme.
“Anche la morte, se è con lui, mi sta più che bene!”
Pensò drammatico ma convinto Jiggy. Poco diverso fu il pensiero di Gauche mentre si girava a guardare il proprio compagno con il falco sulla spalla, mentre sfilava il biglietto di Zazie per leggerlo.
“Con lui andrà tutto bene.”
- Cosa dice? - Chiese mascherando benissimo i propri stati d’animo, come faceva pure Jiggy.
- ‘Voi siete pazzi da legare, ma è stato un onore conoscervi. Darò un’occhiata alle vostre famiglie per voi. Comunque ci rivedremo se non altro nell’aldilà. E mi sa che non aspetteremo molto! Il tuo fedele fan numero uno. Zazie!’ -
Silenzio.
- Ha scritto davvero così? - Chiese Gauche scettico. Jiggy gli diede la lettera annuendo serio. - Quanto ottimismo! - Commentò incredulo leggendolo.
- E cosa vi aspettate? Almeno lui è consapevole che è una missione suicida! - Replicò Lode lugubre e tagliente come suo solito.
- Non ha torto… - Sottolineò Jiggy.
Gauche sospirò e scosse il capo avanzando verso la coperta del galeone, cercando un posto meno ventilato del ponte di poppa.
- Attenzione a non mostrare troppo entusiasmo che vi potrebbe uccidere! - Sbottò ironico sparendo in coperta. Jiggy e Lode si guardarono ed alzarono le spalle, Lode fu la prima a seguirlo dentro, Jiggy esitò e diede un’occhiata all’orizzonte, col vento sferzante e gelido.
Che andassero a vivere o a morire, era con la persona che contava di più al mondo. E questo era tutto ciò che contava davvero.

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Capitolo 38
*** I predicatori scrittori ***


la_proporzione_perfetta38
*Ecco un altro capitolo. Scusate per il ritardo, ma purtroppo ho avuto una settimana impegnativa e quando pubblico voglio anche correggere prima. Allora, qua inizia la quarta e ultima parte, perciò abbiamo ancora un bel po' di capitoli da leggere. Iniziamo col gruppo più strano mai visto che, oltre oceano, viaggia alla cieca alla ricerca di lettere per Lag. Noir/Gauche con Jiggy, la sorella maka di Niche e Lode arrivano finalmente a destinazione, cosa troveranno nella prima terraferma? Lo ammetto, mi sono divertita molto a scrivere queste parti completamente nuove. Buona lettura. Baci Akane*

PARTE QUARTA:
LA PROPORZIONE PERFETTA


38. I PREDICATORI SCRITTORI
suede

"E tutte le cose che non mi hai mai detto E tutti i sorrisi che per sempre mi tormenteranno Non tornerai mai a casa Non tornerai mai a casa Io potrei? Io dovrei? E tutte le ferite che mi lasceranno cicatrici per sempre Per tutti i fantasmi che non mi raggiungeranno mai Se cado"
/The ghost of you - My Chemical Romance/


Lode era di vedetta, i suoi occhi speciali vedevano bene al buio e faceva un’ottima cronaca di quel che c’era innanzi a loro.
- Mare. Oceano. Notte. Nebbia. Vuoto. Mare. Ancora mare. Ancora mare. -
- Entusiasmante davvero! - Aveva commentato Jiggy dopo aver controllato che il suo cavallo non subisse danni.
- Certo che potevi lasciarlo là… - Commentò Gauche ironico vedendolo rientrare, portandosi un bel venticello fresco da fuori prima di chiudere la porta. Jiggy lo ignorò totalmente come se non avesse appena bestemmiato.
Il lavoro della ragazza maka era stato a dir poco eccezionale, aveva saputo curare ogni dettaglio, come se sapesse, come se ci fosse stata. E forse il maka che l’aveva generata, aveva visto un mondo prima di quello presente. Un mondo con galeoni, mercanti ed avventurieri, un mondo senza gaichu, un mondo piacevole dove vivere.
Gauche rabbrividì stringendosi nella giacca, seduto in un angolo della cabina.
- Freddo? - Chiese Jiggy notando il suo gesto.
Gauche fece spallucce.
- Un po’. Tu no? - Jiggy alzò le proprie poi piegò la testa.
- Un po’. -
- Non immaginavo che in mare aperto fosse così freddo. Secondo te quanto ci vorrà prima di raggiungere una delle terre? -
- A sentire Lode sembrerebbe mai! - Replicò acido ed infastidito, mentre si toglieva la giacca.
- Cosa fai? - Chiese Gauche vedendo che si slacciava anche i bottoni della camicia. - Ti sembra il momento? - Aggiunse arrossendo. Jiggy lo guardò in piedi e fece un sorrisino malizioso.
- Vedo che hai pensato subito a quello! - Gauche rimase ebete.
- A cosa dovrei pensare? Ti stai spogliando! - Jiggy gli diede le spalle e sistemò i vestiti che si toglieva uno sopra l’altro come a creare una sorta di coperta.
Gauche, seduto proprio vicino dove lui li stava mettendo, dapprima rimase stupito nel vedere che non rabbrividiva, poi notò le cicatrici che quando avevano fatto l’amore aveva percepito confusamente in quell’insieme di sensazioni meravigliose e fortissime.
Gli occhi abituati alla penombra e l’alone dorato che emetteva il materiale dei capelli della ragazza maka, gli permisero di osservarle. Allungò sorpreso la mano dimenticando il fresco.
- Sei… sei pieno! - Disse senza fiato, sfiorando con i polpastrelli i segni chiari che solcavano la sua pelle sulla schiena ruvida. Jiggy sussultò a quei tocchi e si girò.
- E dici a me che non è il momento? - Commentò malizioso. Gauche ignorò il tentativo di alleggerire un momento un po’ strano e vide che anche sul torace ne aveva molte.
- Quante… come le hai… - Chiese. Jiggy alzò le spalle e gli prese le mani che lo sfioravano colpito da quel che vedeva. Lo alzò in piedi e iniziò a spogliarlo a sua volta. Lentamente. Agganciando il suo sguardo un po’ perso, un po’ malinconico.
- Anche tu ne hai molte… - Le dita scivolarono dentro i lembi della camicia, sfiorarono i segni che aveva anche Gauche nella sua pelle candida. Portò lungo le braccia la camicia insieme alla giacca. Gauche rabbrividì ancora.
Jiggy prese i vestiti e li sistemò sopra i propri, infine si sedette a terra, si mise Gauche contro di sé fra le gambe aperte, l’avvolse e una volta che la sua schiena si adagiò sul suo petto e che la pelle calda fu una sull’altra, Jiggy sistemò quella sorta di coperta che aveva fatto sopra di loro, infine strinse Gauche avvolgendolo con le braccia cercando di coprirlo e tenerlo il più possibile.
- Meglio? - Chiese al suo orecchio. Gauche dopo lo stupore del gesto che non si era aspettato, annuì rilassandosi e girò la testa verso la sua, così vicine che i respiri erano uno sulla pelle dell’altro.
- Molto. - I corpi si scaldavano fra di loro, così come quei vestiti adagiati sopra di loro, le braccia intrecciate insieme alle dita e le bocche di nuovo unite a suggellare quella decisione.
La decisione di stare insieme del tutto senza precludersi più nulla, senza aspettare dei miracoli che non sarebbero avvenuti. Quel che era perduto, era perduto, ma loro rimanevano loro ed il sentimento che si era rinnovato forte e puro come prima, lo testimoniava.
Rimasero abbracciati così per il resto del viaggio senza fare niente altro di speciale. Sentendosi e stando bene in quel modo.
Parlarono un po’ delle esperienze passate, Jiggy raccontò qualche ricordo insieme, Gauche sorrise nostalgico. Infine si addormentarono, la testa di uno nell’incavo dell’altro.
Un quadro che nessuno rovinò fino all’arrivo alla prima terra.

Jiggy era a cavalcioni sul cavallo di ferro, Gauche seduto dietro di lui, le mani alla sua vita, pronti per scendere.
Lode aveva detto che erano arrivati alla terra ferma, perciò si erano preparati per scendere.
- Cosa ti sembra? - Chiese Gauche.
- Non si vede nulla, solo una spiaggia. È tutto buio. -
- C’è vita? - Chiese spazientito Jiggy. - Perché se facciamo tutta questa fatica per nulla… -
- Tu? Tu fai fatica? Sono io che vi transporto, io faccio fatica! Babbei! -
- Ah gli insulti li dici giusti! -
- Come diavolo faccio a sapere se c’è vita? Vedo solo un fazzoletto di terra! -
- Stiamo calmi, adesso scendiamo e vedremo. -
- È un eufemismo! Qua non c’è nemmeno un vago sentore del sole artificiale… -
- Bene, i nostri occhi ormai sono abituati al buio, useremo le luci del tuo cavallo di ferro e poi quando potremo accenderemo una torcia di fuoco! -
- Arrangiatevi, basta che snodate così ripposo! -
- Devi essere pronta a salpare subito, potrebbe essere così pericoloso che dobbiamo scappare. -
- Scappare? Nemmeno per sogno! Si combatte! Ad ogni costo! -
- Oh cielo, ti prego, abbiamo una missione più importante del tuo orgoglio! -
- Cosa c’è di più importante del mio orgoglio? -
- Siete una perdita di tempo, io vado! -
E mentre Lode stava saltando giù, Harry tornò dopo essere stato in avanscoperta. Trillò qualcosa avvicinandosi e Lode, ferma sulla balaustra della nave, guardò ed ascoltò.
- C’è gente oltre la spiaggia e gli scogli. - Tradusse la dingo. Gauche sorrise trionfante.
- Andiamo! - Concluse vittorioso pizzicando i fianchi di Jiggy il quale scrollò la testa e mise in moto il cavallo. Il rombo fece il solito chiasso, ma le tenebre vennero finalmente un po’ illuminate e poterono vedere oltre la nave dorata.
- Senti, ma come pensi di scend… - Non fece in tempo a chiederglielo, che Jiggy dopo aver dato gas, partì spedito. Il cavallo con loro due sopra, passò subito oltre il ponte e la balaustra e con un enorme salto poderoso, planò giù sulla spiaggia a poca distanza da loro. Lode a terra ad aspettarli, Harry a volare in cerchio sopra le loro teste.
Con un salto e alcuni piccoli rimbalzi sul sedile, i due ragazzi arrivarono a terra e si fermarono, coi fari Jiggy illuminò un po’ la spiaggia che si alzava su alcuni scogli.
- Trovi una strada per andare oltre? - Chiese Gauche spuntando alla sua spalla. Jiggy si mise la sciarpa bene intorno al collo e si sistemò gli occhiali protettivi. Guardò a destra e poi a sinistra, infine fece gli abbaglianti e realizzò.
- Ok, tieniti forte. Non mi fermerò finché non troverò forme di vita. - Poi si corresse lugubre. - Sperando che siano intelligenti e non un branco di imbecilli ritardati come il governo. - Gauche rise e sulla sua risata Jiggy partì, mentre Lode si arrampicava direttamente sulla scogliera.
L’avventura iniziava sul serio, non c’era più un viaggio nel nulla da aspettare, ora dovevano darsi da fare.
La spiaggia verso sinistra si alzava congiungendosi gradualmente alla scogliera e di conseguenza al resto della terra ferma.
La spiaggia di ghiaia sottile divenne ben presto una stradina compatta di terriccio e proprio come un tipico paesaggio di Amberground, il deserto roccioso si srotolò intorno a loro.
Inizialmente in attesa della neve e del ghiaccio, una sorta di prolungamento di Blue Notes Blues, si accorsero che dovevano essersi spostati più ad est che a nord e che questo determinava aride terre di canyon dove si poteva scendere e salire con il cavallo di ferro in corsa, dove si poteva anche saltare e divertirsi non poco.
Gauche, stringendo le braccia intorno al suo corpo, notò una sorta di frenesia provenire dal suo addome, dal suo respiro.
- Ma ti stai divertendo? - Chiese Gauche appoggiando il mento sulla sua spalla. Jiggy voltò leggermente il capo e sorrise con un ghigno.
- No, che dici! - Gauche rise appoggiando la fronte contro il suo collo in un gesto molto intimo e naturale. - È il paradiso per uno che usa il cavallo di ferro! - Dopotutto, si dissero, non era così male quella missione.
I fari illuminavano la strada che saliva e scendeva e si interrompeva, giunto nei pressi di un salto particolarmente lungo, Jiggy aumentò l’accelerazione e lo fece mentre Gauche impallidiva nel realizzare cosa stava facendo quel pazzo. Non riuscì nemmeno a dire ‘ci schianteremo’ che stava volando letteralmente nel vuoto.
Gauche curioso guardò giù e da pallido divenne direttamente un cadavere.
Le mani si strinsero ad artiglio sulla pancia piatta di Jiggy e finì per morderlo incapace di emettere un suono.
Di cose ne aveva viste, ma un nido di serpenti giganti gli mancava proprio.
- Vai vai vai che se cadiamo qua… - Disse poi al suo orecchio stringendo gli occhi. Jiggy, fra il dolore del pizzicotto ed il morso e poi l’urlo all’orecchio, si shoccò della sua reazione tanto che sbagliò l’atterraggio e invece di arrivare nella roccia più alta, mancò la ruota posteriore e scivolò giù, nel gradino più basso del burrone. A quel punto Jiggy si fermò stabilizzando la moto in quello scalino roccioso basso e stretto. Intorno a loro pareti alte, al di sotto un buco di non molti metri che li separava da quel nido di serpenti giganti.
- Come se non bastassero i gaichu ci sono anche gli animali geneticamente modificati! Cos’è, una base segreta del governo? - Jiggy iniziò a brontolare in direzione dei serpenti come se il modo in cui erano caduti non fosse poi così rilevante.
- Jiggy, ma dovevi proprio saltare? Non potevi fare una delle strade meno pericolose? Sul versante destro c’erano meno buchi fra le rocce! - Lo rimproverò Gauche come una fidanzata seccata. Jiggy si scostò e lo guardò incredulo.
- Che ne hai fatto del mio Gauche impassibile? Stai andando fuori carattere! Ne hai viste e passate molte. Sia come Noir che come Gauche! - Questo lo riportò un po’ in sé, sia pure con fastidio. Gauche sospirò e si ricompose.
- Hai ragione, ma questo tuffo nel buio non è il meglio. L’ultima volta ci ho rimesso un bel po’ se te ne sei dimenticato… ora… ora che mi sono un po’ ripreso a fatica, che ho un nuovo senso per vivere… insomma, ho paura di perdere di nuovo tutto. E la prossima volta non so se riuscirò a rimettere i pezzi insieme. - Jiggy, sconvolto da quell’ammissione, scese dal cavallo di ferro e lo guardò meglio, corrucciato, sconvolto.
- Ma era così anche prima… - Gauche si strinse timidamente nelle spalle.
- Sì, beh… ma prima non avevo te… non per quel che potevo ricordare. La mia vita inizia con la nascita di Noir, lo sai. E da quel momento in poi per me ci sono state solo angoscia e tenebre. Poi Lag mi ha restituito gradualmente dei pezzi di me. E tu… beh, tu… - Jiggy sorrise e lo circondò con un braccio nascondendogli deciso il viso contro il proprio collo.
- Non esiste nulla al mondo in grado di portarti via di nuovo da me. - Poi prese la pistola sparacuore dalla borsa sul cavallo di ferro, la caricò e ad una velocità tipica sua, con uno sguardo feroce, sparò alle spalle di Gauche, verso il fondo del burrone buio, dove le ombre sibilline si allungavano verso di loro.
Jiggy sparò stringendo Gauche e i serpenti, colpiti in pieno, si ritirarono colti di sorpresa e tramortiti.
I due si sciolsero e guardarono in fondo, anche Gauche strinse la pistola sparacuore, pronto a sparare.
- Non sono gaichu, non credo che faccia effettivamente molto un proiettile… -
- Dobbiamo risalire. - Jiggy guardò l’altezza e lo spazio di manovra. - Ma mi serve più spazio per la rincorsa ed il salto e poi in realtà… -
- Io non so sincha di me cosa foreste! - La voce seccata e severa e poi un istante dopo, una presa di oro solido ad avvolgerli un istante prima che i serpenti tornassero all’attacco. Mancarono le loro fauci per pochi secondi, poi i capelli della ragazza maka posarono Gauche e Jiggy sulla parte alta del canyon, insieme al mezzo di trasporto che Jiggy si preoccupò di controllare.
- Pensavo dovessi riposare. - La ragazza maka alzò le spalle.
- Non mi serve molto per ricoricarmi! - Gauche sorrise e chinò il capo gentile, ringraziandola.
- Sei preziosa. Ti ringrazio. - Lei ritirò i capelli che la ricoprivano come un costume e guardò verso un punto preciso, puntandolo con il suo artiglio di drago.
- Là c’è un viggallio. Credo che la vostra amica meza raggazza, mezo lupus e mezo flore sia quasi arrivata. - Gauche e Jiggy annuirono, salirono di nuovo sul cavallo di ferro che ruggì riaccendendosi. - E là, invece… - Disse la ragazza maka che vedeva egregiamente in quell’immensità oscura. - Ci sono alcuni gaichu che vi ispettano! - Jiggy rimase perplesso sui toni che usava per dire le cose, ma non la corresse sapendo che era permalosa.
- Grazie. - Disse di nuovo Gauche paziente stringendo la pistola.
- Propongo di ammazzarli per dimostrare la nostra buona fede. - Disse Jiggy muovendosi verso i mostri.
- Propongo di ammazzarli per sopravvivere! - Corresse Gauche perplesso anche lui per le sue priorità.
- Beh, anche. - Gli concesse il compagno accelerando per arrivare prima dai gaichu.
Ma del resto quando i due migliori Bee combattenti erano insieme in missione, cosa c’era che non potessero fare con successo?

L’ultimo gaichu esplose con un bagliore luminoso, portando un’insolita luce nel grande canyon buio e deserto.
Jiggy e Gauche si fermarono, ansimanti, a guardare l’effetto che conoscevano bene, le stelle scaturite dall’esplosione del gaichu li ricoprì e in quel momento molte finestre di ricordo si aprirono sopra le loro teste, mostrando frammenti di cuore dei due ragazzi lì presenti.
Alcune si posarono sulla sorella di Niche che aveva scoperto poteva essere divertente combattere.
Ricordi della sorellina, di quando si erano separate con dolore, quando poi aveva incontrato il maka che l’aveva cresciuta come una figlia. Il dolore nel separarsi da lui una volta morto, la promessa di vegliare nella loro grotta, la capacità di trasformarsi nella forma più simile al maka padre, ovvero un uccello leggendario a forma di fenice.
Di Jiggy si videro dei ricordi insieme a Gauche il quale li vide curioso e meravigliato, un enorme senso di nostalgia lo investì, come se gli mancassero quei ricordi che non aveva più, come se volesse averli di nuovo.
In uno di questi, dopo aver sconfitto un gaichu insieme, erano rimasti stesi per terra in una delle terre più buie di Amberground e insieme avevano guardato il cielo stellato.
Gauche aveva detto che il cielo stellato era davvero bello, Jiggy aveva risposto lo era davvero, ma l’aveva detto guardando Gauche al suo fianco.
Gauche sorrise cercando Jiggy il quale arrossì distogliendo lo sguardo. I ricordi scemarono con il solito alone di meraviglia e nostalgia.
- Guarda, non è meraviglioso? - Disse allora guardando il cielo stellato, tanto simile a quello del ricordo appena visto.
Jiggy sussultò e alzò lo sguardo. Era identico. Lo stesso cielo, nonostante le terre ed il tempo fosse diverso. Le stesse stelle, tantissime, luminose.
Poi guardò Gauche, sorrise come quella volta e rispose.
- Davvero bello. - Gauche abbassò lo sguardo su di lui, memore del ricordo appena visto, e vide che faceva come in quella finestra di ricordo. Sorrise dolcemente e gli prese la mano seguendo quell’istinto così forte che lo faceva essere proprio come l’autentico Gauche, proprio lui in ogni gesto, esclamazione, istinto, solo senza i suoi ricordi.
Jiggy la strinse sentendosi meglio ed un verso schifato li fece distrarre uno dall’altro.
- Sto per vommitare. In tanti anni di sveglia non ho mai vissuto niente di più noioseante. - La ragazza maka non era molto sentimentale, anzi, per nulla. Per questo era riuscita a diventare tanto forte, probabilmente. Anche se poi in realtà a rinforzare i maka erano propri i sentimenti.
Gauche sorrise divertito in sua direzione, mentre Jiggy recuperò il cavallo di ferro rispondendole sferzante:
- Disse quella che non ha osservato altro che gaichu addormentati per duecento anni! -
Gauche sogghignò mentre lei si sollevava in volo sopra di loro, trasformandosi di nuovo in una donna uccello il cui corpo femminile era ricoperto di piume dorate che si estendevano nelle grandi ali sulle braccia, tirando a Jiggy un calcio con le gambe trasformate in coda nel superarlo. Jiggy la fissò male con la vena della tempia pulsante, ma quando Gauche salì dietro di lui carezzandogli il braccio, si quietò subito.
- Andiamo? Ormai siamo vicini. - Jiggy partì senza ribattere più, docile come un agnellino quando a gestirlo era lui.

Il villaggio era stile nomade, ma le tende avevano l’aria di essere ben costruite e solide.
- Mercanti. - Disse Lode ferma sul limitare del villaggio, le braccia conserte, l’aria seccata. Harry si posò sulla spalla di Jiggy una volta fermato, li aveva aiutati a combattere i gaichu mentre Lode era andata in avanscoperta.
Fermata poi, probabilmente, dall’astio che i mercanti dovevano avere nei confronti degli stranieri.
- Quanto sarà grande questa terra? - Chiese Gauche pensieroso.
- Harry dice che sono un gruppo di isole più o meno ravvicinate fra loro. Alcune grandi, altre più piccole. - Spiegò Lode. Gauche annuì.
- Penso abbiano fatto un mondo a parte. Sono abbastanza isolati da Amberground, perciò hanno trovato un loro modo di vivere e andare avanti. Non sarà facile convincerli ad aiutarci. -
- Comunicheranno in qualche modo, vuoi che non conoscano i Bee? - Disse Jiggy incredulo che lì, con tanto di gaichu, non avessero alba dei porta lettere e di tutto quello che ne concerneva.
- Non è detto. -
- Mi sono avvicinata, ho provato a dare un’occhiata, ma mi hanno subito guardato male. Ho provato a parlare con qualcuno ma mi hanno ignorata. Ho capito che sono mercanti, vivono come i nomadi, solo che non credo si spostino tutti, mi sembrano ben sistemati… -
- Non mi stupisce che non ti abbiano calcolata. - Commentò Jiggy acido beccandosi una brutta occhiata dall’interessata.
- Cosa vorresti dire? -
- Che non sei socievole! -
- Parla l’amico di tutti! - Rispose acida a sua volta.
- Per questo deve andare Gauche. Lui ispira fiducia. Sa sorridere! -
- Ma essattamente cosa diabete fare? - Chiese la ragazza maka, ferma accanto a loro.
- Chiedere lettere. Chiedere che scrivano lettere di speranza per Lag. -
- Sapranno descrivere? - Chiese la ragazza.
- Intendi scrivere? Beh, speriamo… - Dopo un po’ di incertezza, Lode e Jiggy mandarono Gauche a socializzare e tastare il terreno.
Tornò poco dopo a mani vuote.
- Non si fidano. -
- Hai detto che abbiamo ucciso dei gaichu? -
- Non mi credono, non sanno chi siamo, da dove veniamo e cosa sono i Bee e non credo abbiano mai scritto una lettera in vita loro. - A quel punto capirono quanto invece difficile poteva essere quella missione. Un conto era chiedere lettere a chi conosceva la situazione di Amberground e si sentiva coinvolto in prima persona dall’Apocalisse che stava per arrivare, un altro era chiedere collaborazione a chi non era mai stato coinvolto negli affari di un mondo a loro troppo lontano.
- Come li sconfiggono i gaichu? -
- Hanno creato armi con le pietre spirituali, come noi. Solo che le usano le persone comuni, sono più o meno tutti in grado di combattere, sanno difendersi, insomma… - Gauche era perplesso, non sapeva se fosse il caso di insistere o meno, forse dovevano andare al prossimo villaggio sperando in più collaborazione.
- Oltretutto credo che usino le pietre molto meglio di noi. - Aggiunse Lode la quale aveva dato uno sguardo anche prima.
- Sì, fanno funzionare molti oggetti, come tu fai muovere il cavallo di ferro. - Gauche aveva notato anche quello.
- Mi chiedo in città cosa ci sia. - Rifletté curioso Jiggy.
In quel momento, un tonfo fra loro ed il villaggio li fece saltare sorpresi.
Dopo che la polvere della terra sollevata si riabbassò, davanti a loro ed alla gente che si era girata sorpresa, comparvero i resti dei gaichu morti. Poi la ragazza maka, seccata e scontrosa, indicò coi capelli Gauche e Jiggy.
- Ecco cusa hanno fatto per voi quegli inciapaci. Descrivere qualche stupita lottera non è la fine del mundo! - Tuonò arrabbiata la sorella di Niche, mentre gli altri stupiti la guardavano. - ALLORA ANDATE A DESCRIVERE O NO?! - Gridò furiosa vedendo che ancora stavano lì e non reagivano. Gauche si coprì la fronte sconsolato, mentre Jiggy ghignava rivalutando quella creatura pesante e fastidiosa.
- Noir… - Disse invece Lode seria.
- Sì, sì, vado… - E così tornò dai mercanti a spiegare meglio le cose, notando che ora se non altro aveva tutta la loro attenzione.

Ci volle un notevole impegno nel far capire la situazione, la storia di Amberground, chi erano loro e cosa stava per succedere. Ci volle ancora più tempo per insegnare cos’era una lettera e, peggio del peggio, a scrivere.
Però alla fine, dopo diversi giorni passati coi mercanti del canyon, se ne andarono con un bel numero di lettere, radunate in molti sacchi e sistemate su una specie di carrello fatto dai capelli della ragazza maka che dopo essere diventata una nave, ora era un carro.
Non senza continue lamentele sgrammaticate.
Tuttavia, alla fine, il risultato era quello che contava.

Ben presto il gruppo dei quattro stranieri composto da due umani i cui uno senza memoria, una ragazza drago ed un esperimento fallito, venne conosciuto nelle terre oltreoceano come il gruppo dei predicatori scrittori. In quanto predicavano una storia da profeti, quasi, ai limiti del fantasy per gente come loro vissuta ben lontano da soli artificiali e Governi loschi. E, comunque, chiedevano di scrivere.

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Capitolo 39
*** Fra civiltà avanzata e pirati ***


la_proporzione_perfetta39 *Ecco un altro capitolo. Continuano i capitoli ambientati 'nella mia testa', ovvero quello che io ho completamente inventato ed immaginato liberamente. La seconda isola in cui Jiggy, Gauche e gli altri si imbattono è più avanzata della precedente e più organizzata, ma ha anche una storia che inizialmente non si noterà. Nel mentre Jiggy si interroga sul motivo per cui lo sta facendo, se crede davvero nella salvezza e soprattutto come vede Gauche ora che non è più né Noir né il ragazzo di cui si è innamorato la prima volta. Buona lettura. Baci Akane*

39. FRA CIVILTÀ AVANZATA E PIRATI


suede jiggy
"Sono un angelo con un fucile Combatterò finché la guerra non sarà vinta Non mi importa se il cielo non mi riaccoglierà Getterò via la mia fede, piccolo, Solo per poterti tenere al sicuro Non sai che sei tutto ciò che ho? E io Voglio vivere, non solo sopravvivere, Stanotte"
/Angel with a shotgun - The Cab/


La seconda isola non era molto distante, era più grande della prima ed era più sviluppata, persino per loro. In molti usavano strani mezzi di trasporto per muoversi, simili al cavallo di ferro di Jiggy, solo a forma di scatola enorme, con quattro ruote. Erano simili a dei rottami, però grazie ad una pietra spirituale che il guidatore usava, si potevano muovere da un posto all’altro.
La città era ben costruita e molto grande, sicuramente una capitale per l’isola.
Case di pietra con diverse funzioni, moltissime persone usavano le loro pietre in molti modi per avere comodità quotidiane.
- Penso che queste isole trabocchino di pietre spirituali… - Disse Jiggy logico vedendo quanta roba c’era che funzionava con quelle pietre.
- Se è così, ci saranno anche molti gaichu… - Rispose altrettanto logico Gauche.
- Sapranno difendersi, tutti usano i poteri delle pietre ed anche molto meglio di Amberground. - Replicò Lode ammirata di come lì la vita si era sviluppata a modo loro.
Non l’avevano nemmeno finito di dire, che furono distratti da una sirena che suonò sopra la città, tutti gli abitanti intenti nelle loro faccende, si fermarono alzando le teste; riconoscendo l’allarme, tutti si misero a correre, chi al riparo, chi a recuperare armi per poi schierarsi verso i limiti della città, in posizione d’attacco.
Armi simili a pistole sparacuore, alcune davvero grosse che si appoggiavano sulla spalla e sembravano degli enormi tubi.
Jiggy, Gauche e Lode rimasero fermi, le loro armi in mano automaticamente capendo che doveva trattarsi di un allarme gaichu.
Una voce dall’alto gridò la direzione ed un nome, probabilmente la tipologia di gaichu con cui li avevano categorizzati. La voce doveva essere dell’uomo di vedetta e probabilmente stava su una sorta di torre.
I tre si schierarono insieme alle persone pronte a combattere, decidendo di cominciare rendendosi utili.
Poco dopo proprio dalla direzione annunciata, un grosso gaichu poco più piccolo del Cabernet, comparve ai limiti della città. In poco, con sistema ed organizzazione, le persone si mossero ed alcune cominciarono a fare da diversivo, mentre le altre si posizionavano più in alto per colpire meglio. I primi spari di cuore colpirono la corazza senza sortire effetto, il gaichu cercò di attaccarli infastidito e così scoprì la schiena, punto debole. Appena ebbero visuale, molti raggi colpirono contemporaneamente dall’alto e il gaichu esplose risuonando con la tipica luce stellata. Finestre di ricordi di chi veniva colpito da quei piccoli luccichii di cuore comparvero sopra le loro teste, come una magia a cui qualcuno guardava, qualcuno no.
E proprio mentre le scene di vita di qualcun altro si esprimevano davanti agli occhi distratti di tutti, un secondo allarme risuonò.
- Gauche! - Chiamò Jiggy che non si era perso a guardare gli affari degli altri. La gente si riscosse e si rimise in posizione, ricaricando le proprie armi, ma prima che loro potessero capire di cosa si trattava, Jiggy, Gauche e Lode erano già partiti verso il secondo gaichu che, proprio da dietro la collina da cui era venuto l’altro, era comparso enorme e strisciante.
Senza seguire alcuna strategia ed agendo completamente di testa loro, i tre si mossero con una sincronia perfetta. Lode andò contro la bestia distraendola, Jiggy saltò di nuovo sul cavallo di ferro accendendolo e Gauche corse in una posizione congeniale per osservare come reagiva il gaichu a Lode. Infine quando notarono qual era il posto che aveva difeso istintivamente dall’attacco di Lode e del suo coltello, i due capirono e a distanza lo dissero contemporaneamente.
- La pancia! -
- Dobbiamo farlo saltare! - Esclamò allora Gauche. Jiggy sorrise accelerando.
- Ci penso io, tieniti pronto! - Gauche impallidì nel capire cosa aveva in mente, si sentì un attimo mancare le forze nel vederlo correre come un pazzo contro il mostro.
- Jiggy, sei pazzo, non ce la farai… - Ma non riuscì a finire che lo vide arrivargli proprio davanti, l’enorme insetto strisciante era pronto a fermarlo, ma Jiggy invece di virare o fermarsi, impennò il proprio mezzo ed usando il muso del gaichu saltò su di lui volando verso il cielo. Per prenderlo si alzò inarcandosi, inseguendolo con lo stesso muso che era stato colpito dalle sue ruote.
A quel punto Gauche mirò e caricò il proiettile verso la pancia completamente scoperta, sparò e il raggio lo colpì proprio nel suo punto debole.
La bestia, colpita, si sollevò completamente in aria sbattendo contro Jiggy il quale perse il controllo del cavallo di ferro e mentre il gaichu risuonava nell’aria con una luce accecante, lui cadeva a terra da un’altezza considerevole e per non rompere il suo adorato mezzo, si fece più male lui ovviamente.
Gauche si assicurò che il mostro andasse al creatore, poi corse preoccupato verso Jiggy, a terra sotto il cavallo di ferro.
- Jiggy! Jigggy, come stai? - Chiamò agitato. Quando lo voltò tenendogli la testa, la prima cosa che vide fu il suo sorriso divertito.
- È stato un bel salto! - Poi cercò subito con lo sguardo il cavallo di ferro. - È mica rotto? - Gauche sbuffò scuotendo la testa e offeso per la sua insensibilità e per la sua incoscienza, lo lasciò di schianto facendolo cadere con la nuca sul terreno. Jiggy si lamentò e si alzò a sedere faticosamente.
- Ahio! Andiamo, Gauche! Che ho fatto ora? - Si lamentò massaggiandosi la nuca da cui notò usciva anche del sangue.
- Guarda, cadendo mi sono pure fatto male… merito un bacio! - Disse con gran faccia tosta mostrandogli il palmo insanguinato.
Gauche lo guardò convinto di ignorarlo perché l’aveva fatto preoccupare troppo, però quando vide che effettivamente perdeva sangue da qualche parte, si preoccupò e gli tolse sciarpa e cappello per controllare.
- Brutto idiota, ti sei fatto male. - Brontolò come avrebbe fatto l’autentico Gauche. Jiggy sorrise compiaciuto e felice. Si poteva essere felici con la fine del mondo alle porte ed i ricordi del proprio fidanzato perduti per sempre?
A volte se lo chiedeva.
- Se mi curerai tu, starò bene! - Disse malizioso tendendosi verso il suo viso per prendersi un bacio.
- Io al vostro posto riconsidererei il momento per certe cose. - La voce di Lode li fermò brusca, i due si girarono a vedere cosa intendeva e quando notarono una bella folla radunata intorno a loro, realizzarono che forse era il caso di rimandare la pomiciata.
Avevano giusto un paio di cose da spiegare ad un bel po’ di sconosciuti che, loro ancora non lo sapevano, avrebbero tassativamente collaborato con loro.
La conquista, talvolta, non era facile. Ma nemmeno impossibile, dopotutto.

- Almeno questi sanno scrivere! - Disse Jiggy sedendosi nel letto, tenendosi la testa fasciata dove era stato medicato meticolosamente poche ore prima.
Gauche, dopo essersi sfilato i vestiti, si sedette dall’altra parte del letto matrimoniale che avevano loro fornito.
- La questione gaichu ci sta facilitando molto il compito. - Disse Gauche stendendosi sotto le coperte, imitato da Jiggy anch’egli senza vestiti. Si accoccolò contro di lui e si girò per guardarlo in viso. Una mano ad accarezzarlo dolcemente sul viso, a scostargli i capelli bianchi cresciuti che glielo incorniciavano fino al collo. I piedi intrecciati subito ai suoi, freddi, si scaldarono poco dopo.
- Quando vedono che li combattiamo, ci ascoltano. - riassunse Jiggy. Gauche sorrise guardandolo, rilassandosi ai suoi tocchi. Poi sfiorò la sua fronte fasciata da una benda bianca che gli stringeva i capelli rossi come un cerchio.
- Come stai? - Chiese dopo aver passato le ore a spiegare a quella gente chi erano e qual era il loro compito e come stavano le cose oltre oceano.
Dopo averlo spiegato ad un paio di persone, accettarono il loro aiuto per spargere la voce. Sarebbero rimasti in città un po’ di tempo, il necessario per permettere a tutti di sapere quei fatti e di scrivere delle lettere.
Il medico che aveva curato Jiggy, aveva fornito loro una camera dove dormire.
- Bene, ne ho passate di peggio. - E con peggio intendeva un certo ricordo legato al primo bacio.
- Lo vedo. Il tuo corpo parla, il viso è una cartina geografica… - Commentò Gauche sfiorandogli la croce sotto l’occhio. Jiggy sorrise e lo baciò dolcemente.
- Quando me la sono fatta eravamo in una situazione simile. Poi, mentre aspettavi che guarissi, ti ho baciato per la prima volta e ci siamo messi insieme. - Rivelò divertito Jiggy. Gauche, malinconico, si rese conto in cosa ancora mancava nell’essere sé stesso. E si dispiacque d’aver perso un ricordo tanto bello e prezioso.
Jiggy glielo lesse negli occhi che per lui non avevano segreti e carezzandogli la guancia, mormorò avvicinandosi alla sua bocca.
- Ma creeremo altri ricordi che non perderai mai più. - Quando lo disse, suggellò la promessa con un bacio che trasmise a Gauche di nuovo la tranquillità che ultimamente era diventata una sorta di motore essenziale.
Le loro labbra si schiusero e si fusero insieme, mentre le lingue si mescolavano in un tutt’uno.
Era la fine del mondo? Forse.
Ma i loro corpi rispondevano al piacere che si trasmettevano. I loro corpi si perdevano nel piacere immenso che provavano mentre le mani si sfioravano, si toccavano fino ad ogni punto più intimo.
Il calore cresceva insieme alla loro energia, mentre i corpi si strofinavano ed il mondo spariva in uno che entrava nell’altro.
Che fosse la fine o l’inizio, per loro, in quell’istante, non contava più. Contava solo poter essere lì insieme una volta ancora. Una volta in più. Ed un’altra di nuovo.

Jiggy si svegliò per primo, stare lì era strano. Era come essere fuori dal mondo, in un altro universo parallelo, dove nessuno Spiritus stava per risvegliarsi per risucchiare i cuori di tutti.
La gente viveva coi problemi della gente di Yodaka, ma non sapendo dell’esistenza di una classe sociale medio e alto borghese, non viveva nel dolore e nell’invidia. Semplicemente lì erano tutti sullo stesso piano, nessuno stava meglio e non c’erano angoscia e dolore da affrontare.
“Le tenebre le ha create la luce… il male lo ha creato il bene. L’invidia lo ha creato il bello. Il negativo lo ha creato il positivo.”
La riflessione appena sveglio si perse sulla visione di Gauche che, addormentato sul letto, aveva il lenzuolo abbassato alla vita. Era prono e un braccio finiva sotto il cuscino. I capelli bianchi si perdevano sulle lenzuola chiare. Jiggy glieli scostò sorridendo.
“Il nero lo ha creato il sole.” Pensò a lui, a Noir. Lo viveva come Gauche perché si era lasciato andare ai propri istinti primordiali, si comportava come Gauche, parlava come Gauche, ma in realtà era ancora Noir.
Ormai era abituato al fatto che quello era la miglior versione di Gauche che avrebbe potuto avere. Non aveva le sue memorie, però era lui. Provava i suoi stessi sentimenti per lui. Si amavano ancora. Una cosa autentica non poteva morire mai.
“Non tutto è perduto per sempre.”
Pensò poi chinandosi a baciarlo prima di alzarsi silenzioso e scivolare nel bagno a rinfrescarsi.
Dovevano stare lì un po’, il tempo di radunare le lettere come da richiesta.
Avevano trovato pratico mostrare ai responsabili della città i propri ricordi in modo che vedessero coi loro occhi quel che succedeva oltre oceano.
Erano rimasti sconvolti dalla verità.
“Forse questo li rovinerà, li macchierà.” Rifletté togliendosi le bende dalla testa e sciacquandosi sotto l’acqua. “Però se non facciamo niente, comunque moriranno e non sapranno nemmeno perché. Almeno così c’è una possibilità.” Anche se non era convinto di poterci credere. Forse non ci credeva. Nemmeno nel metodo estremo di Largo Lloyd.
“E allora perché sto facendo tutto questo? Per seguire Gauche? Per passare tutti gli ultimi istanti con lui?” sorrise fra sé e sé mentre il sapone scivolava via dal suo corpo. Era probabile. “Ogni istante con lui lo vale tutto, considerato l’inferno passato senza. Sì, lo farei. Anche solo per questo.”
La tenda si scostò ed una figura familiare lo spostò rubandogli il getto dell’acqua. Jiggy si voltò sorridendo ad un insonnolito Gauche che si accoccolò contro di lui, raccolto con le braccia contro il suo petto. L’acqua dolcemente ad avvolgerli.
“Oh, sì… è per lui che lo faccio. Almeno se moriremo, sarà comunque insieme.”
No, Jiggy non credeva proprio nella salvezza, però se doveva scegliere un modo di morire, sceglieva quello. Il corpo snello e pallido di Gauche, i suoi occhi sottili e d’ambra, le sue labbra morbide. Quell’aria così spenta, eppure così dolce al tempo stesso.
Gauche non era del tutto lì, però il suo cuore c’era. Lo abbracciò. Lo sentiva.

Non avevano finito di vestirsi, che un secondo tipo di allarme risuonò su tutta la città chiamata Hunkrast.
Jiggy e Gauche si guardarono attenti.
- Non è l’allarme gaichu. - Disse Jiggy infilandosi in fretta la camicia sotto ai pantaloni, e poi la fibbia della cintura. Gauche concordò finendo di vestirsi in velocità, poco dopo Lode comparve alla porta senza bussare, ma loro avevano già le armi in mano.
- Quelle non vi serviranno! - Disse sbrigativa indicando le pistole sparacuore.
- Che è successo? - Chiese Gauche.
- Questo è l’allarme pirati. -
- Pirati?! - Loro avevano a che fare coi predoni, i pirati erano la versione marina.
- Pare che qua ci siano frequenti attacchi pirati, è un arcipelago, un insieme di isole, questa è la più grande e avanzata, ha un incredibile miniera di pietre spirituali e degli ingegneri capaci di creare qualsiasi cosa con esse. È la città più assediata dai pirati. - Spiegò sbrigativa Lode mentre metteva loro in mano due pistole normali a proiettili di piombo. Gauche le aveva già usate quando era Noir, Jiggy la guardò perplessa, mentre suo malgrado seguiva Lode che spiegava quel che aveva saputo.
- Ma sanno difendersi bene dai gaichu, avranno prevenzioni anche con i pirati, no? - Lode si fermò alla porta principale della locanda dove erano ospiti d’onore.
Strinse le spalle e piegò la testa dubbiosa.
- Sì, beh… a quanto pare affrontare i gaichu è più facile delle persone… -
Il caos era scoppiato davanti a loro, gente che correva, colpi di armi da fuoco, fendenti, colpi di mazze, lame affilate, ogni sistema per combattere. Vetri rotti, oggetti lanciati.
In breve era l’anarchia, come se l’ottimo sistema d’organizzazione visto il giorno prima, fosse solo un ricordo lontano.
- Pazzesco! - Esclamò Jiggy convinto di avere una missione facile per le mani.
- Avranno attaccato la sorella di Niche? - Chiese Gauche preoccupato per la ragazza maka che era rimasta a riva con i capelli trasformati in nave e le prime sacche di lettere sopra.
- Potrebbero averci anche provato… - Disse Lode, ma Jiggy completò per lei leggendo il tono.
- A loro discapito! - Un ghignò aleggiò e Gauche annuì concorde.
- In effetti sa difendersi. Preoccupiamoci di aiutare questa gente, altrimenti altro che lettere… - Con quello controllò il caricatore della pistola, mentre Jiggy lo guardava stupito, corrucciato.
- Non siamo assassini di persone, Gauche. - Gli ricordò temendo per un momento che Noir avesse ripreso il sopravvento. Gauche prese la pistola di Jiggy e la controllò, poi gli spiegò come usarla. Infine gliela restituì e sorrise.
- La useremo per difendere della brava gente che vuole aiutarci. Con queste si può anche solo ferire, non necessariamente uccidere. - Jiggy guardò come qualche uomo stava usando le pistole in questione e l’effetto sulle persone colpite.
- Beh, non mi pare che quelle siano solo ferite… - Disse acido indicando un pirata morto.
- Non possiamo controllare gli altri. - Disse Gauche spingendo Jiggy dietro una colonna, subito fuori la locanda, per proteggersi dai colpi vaganti. - Ma possiamo controllare noi. - Gauche così strinse la pistola e la puntò contro un pirata che stava per colpire a morte un civile. Sparò alla gamba e questi cadde ferito e dolorante, perdendo l’arma. Lode corse a recuperarla e la tenne per sé, infine diede un colpo alla nuca al ferito che svenne, mettendolo fuori gioco.
- Gambe e braccia e li ferisci. Li disarmi. Li metti fuori gioco. Passi oltre. - Spiegò pragmatica Lode, Gauche annuì e la dingo partì uscendo dal riparo per buttarsi nella cosiddetta mischia.
Gauche poi guardò Jiggy per vedere se era pronto. Jiggy guardò il marasma che si consumava davanti a lui, guardò la pistola e sospirando alzò le spalle annuendo.
- E andiamo! - Dopo di questo, insieme uscirono avanzando all’attacco dei pirati. Dicendo ufficialmente addio al loro ‘viaggetto niente male’.

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Capitolo 40
*** Una faida lunga un secolo ***


la_proporzione_perfetta40 *Ecco qua un altro capitolo. Continuano le vicende di Jiggy, Gauche & co! Giunti in un'isola apparentemente normale, Hunkrast, dove la gente ha avuto un buono sviluppo autonomo, lontani dagli affari e dalle vicende di Ambeground e dal Governo, proprio quando sembrava che le cose stessero andando bene per una volta, arriva un attacco pirata ed ecco che le cose si complicano. Una nuova battaglia all'interno di una guerra più grande prende forma ed anche se loro non avrebbero voluto intromettersi, questa volta non hanno scelta. Vediamo cosa significa Gauche per Jiggy nonostante non sia più il suo autentico ragazzo, ma quanto di più vicino. Buona lettura. Baci Akane*

40. UNA FAIDA LUNGA UN SECOLO


gauche jiggy
"La tua libertà si sta consumando, quel che diventeremo è il contrario di quel che vogliamo. Inchinati."
/Muse - Take a bow/

Gli spari delle pistole facevano un gran chiasso, lasciando una puzza di piombo nell’aria. Una nuvola si alzava lenta e incessante sopra la città. Ad un certo punto vedere divenne complicato e Jiggy si mise la sciarpa sul viso per coprire naso e bocca e solo con gli occhiali da corsa riuscì a continuare a mettere fuori combattimento i pirati il cui numero era sorprendentemente elevato.
“Sono ben organizzati per essere dei bastardi!”
Pensò non avendo idea di cosa ci fosse dietro attacchi simili.
Purtroppo perse presto di vista Gauche e Lode, sperò che se la cavassero e che stessero bene e appena notò che i pirati rimanenti si ritiravano, i residenti alzarono le armi in alto gridando vittoriosi.
- Si ritirano! - Urlarono felici. Jiggy rimase con occhialini e sciarpa sul viso, mise alla cintura la pistola di piombo, vicino alla sparacuore, e prendendo un pezzo di cartone da terra iniziò a sventolare per togliere la polvere, in modo da dissiparla e ritrovare Gauche.
Lo chiamò inizialmente calmo, poi spazientito, poi arrabbiato.
Gauche non rispondeva e mano a mano che trovava persone, feriti, morti o sani che fossero, mano a mano che la nuvola si diradava, si rese conto che di Gauche non c’era traccia.
- Hai visto Gauche? - Chiese Lode senza assicurarsi sulle condizioni di Jiggy di cui probabilmente le importava poco.
Jiggy scosse il capo corrucciato, chiaramente nemmeno lei lo aveva visto.
- Dividiamoci, questa zona l’ho già setacciata. - Disse lui indicando quel che aveva controllato.
- Io ho visto di là! - Rispose lei pratica partendo alla volta di un altro angolo di città.
Dopo diverso tempo passato a cercare Gauche, realizzarono con orrore e angoscia quale era la verità.
- Ragazzi, mi dispiace essere io a dirvelo, ma probabilmente i pirati lo hanno rapito. - Disse uno dei responsabili della città. Jiggy lo fissò come si poteva fare con uno scarafaggio, Lode fu più brava a controllarsi.
- Come rapito? E perché? È un forestiero, non ha nulla a che fare con voi! - tuonò Jiggy mettendo automaticamente la mano alla pistola di piombo.
- E vallo a chiedere a quei pazzi! Ogni volta che attaccano rubano tutto quello che riescono, per lo più pietre ed oggetti che funzionano con le pietre. E poi se riescono rapiscono consiglieri, capi o responsabili! - rispose veloce e spaventato dai suoi modi furiosi, le mani alte davanti al viso.
- Ma perché?! - Tuonò ancora, avvicinandosi sempre più adirato. - Non ha senso! Prendono oggetti che non hanno, che per loro sono preziosi! Che se ne fanno delle persone?! - Jiggy non riusciva proprio a capire e si aggrappava a quello per sapere quanto grave potesse essere il rapimento di Gauche.
- Beh… c’è una faida fra noi e loro. Noi siamo la città sviluppata, siamo i ricchi, per loro. Loro invece sono quelli sotto sviluppati. I poveri. Sono nati in terre desolate, senza pietre e ricchezze di alcun genere e tutto quello che sono in grado di fare è rubare. -
- Questo lo capisco, ma perché prendere le persone e non solo le cose? - Jiggy stava per estrarre la pistola e sparargli, la vena gli batteva nella tempia e la rabbia cresceva copiosa.
- Vedi… - Fece a quel punto l’uomo, come se capisse che in qualche modo la sua gente era responsabile. - Loro hanno da sempre chiesto di integrarsi a noi, di vivere con noi. Ma noi glielo abbiamo sempre impedito… -
- E perché?! - Jiggy cominciò a gelarsi nel vedere finalmente l’odio recondito e probabilmente giusto di quei pirati.
- È semplicemente così da generazioni, noi ci limitiamo a portare avanti una sorta di usanza. Sono problemi che risalgono ai nostri nonni. Forse, semplicemente, una mela marcia non diventerà mai buona da mangiare! - La spiegazione sconvolse e shoccò Jiggy come ancora non pensava potesse succedere. Guardò Lode la quale aveva un’aria liberamente schifata, poi lui scosse il capo e alzò gli occhi al cielo incredulo.
- E poi sono loro i bastardi? -
Poi voltò lui le spalle andandosene affiancato da Lode.
- Senti, mi dispiace, è che… - Cercò di giustificarsi l’uomo. Jiggy si fermò e strinse i pugni, voleva tagliarli fuori, ma poi si rese conto che non poteva assaltare i pirati nel loro covo da solo con Lode. E poi aveva bisogno delle loro lettere.
Si morse il labbro e sospirò frustrato. Lode lo guardò stupita.
- Ok. - Grugnì a denti stretti. — Ok!- E si voltò puntando il dito furioso contro di loro, il tono duro: - Adesso raduna tutti quelli rimasti in grado di combattere! Tutti insieme andremo a recuperare le persone rapite! Dopo di che ci darete le vostre lettere e ce ne andremo! Queste sono le uniche scuse che accetteremo! Altrimenti suggerirò al gaichu Spiritus, quando si sveglierà, di cominciare da questa città! - Chiaramente non poteva farlo, ma loro non avevano idea di cosa poteva fare la gente di Amberground. Per loro erano al pari dei maghi, quasi. Per qualche strana ragione ignota.

Jiggy aveva dato l’ordine di radunare tutte le armi a disposizione, sembrava avere tutta l’intenzione di fare una strage e da come controllava le munizioni che gli portavano come se fosse il generale dell’esercito, aveva un’aria furiosa.
- Vuoi ucciderli tutti? - Chiese Lode che si limitava ad affilare il suo coltello.
- Certo! - Rispose secco senza alzare lo sguardo dalle numerose armi, fra pistole, mitraglie e addirittura dei cannoni chiamati bazooka.
- Questo è quello che farei io. - Disse lei prendendo in mano una mitraglia che vedeva per la prima volta. Erano molto sviluppati, ma non avendo mai avuto a che fare con il governo, i problemi e gli affari di Amberground, per questo avevano potuto e dovuto arrangiarsi e seguire un progresso sorprendente.
- Ed è quello che farò io. - Concluse secco Jiggy prendendo una pistola e puntandola per provarla. Non era molto diversa dalla sparacuore, solo che serviva più fermezza nell’uso.
- Certo. Prima di Noir. - Poi Lode alzò gli occhi al cielo e sospirò infastidita. - Gauche. Prima di Gauche, o nel periodo in cui non c’era… avresti agito così. Ma lui ti ha cambiato. Ti cambia ancora. Non sei più così. Non devi. - Jiggy mise giù la pistola con un tonfo, mentre intorno a loro nella sala centrale del palazzo militare, il via vai continuava. Prese una mitraglia e cercò di capire come si usava, i movimenti erano sempre più furiosi, come la sua espressione cupa.
- Invece ti sbagli! Sono ancora così. Devo. E voglio! Hanno preso Gauche, hanno preso il mio Gauche! Non la passeranno liscia! Non importa chi sono e che storia hanno. Non sono affari miei! - Era incastrato in un’inquadratura rigida con dei paraocchi enormi, Lode sospirò e gli corresse la posizione della mitraglia, più pratica di armi di lui.
- Non vuoi, invece, perché sai che Gauche non vorrebbe. E tu sei il primo a non volerlo scontentare. - Con questo Lode si prese una pistola a piombo e delle munizioni, poi disse che lo aspettava fuori, dava un’occhiata di perlustrazione al porto e che controllava la sorella di Niche.
Jiggy rimase solo a pensarci, dubbioso, arrabbiato, nervoso e con la voglia di usare quel cannone così grande. Poi sospirò e scosse iroso la testa strofinandosi il viso.
Voleva solo riavere Gauche, tutto lì. Quella storia per lui era una seccatura, non gli importava nulla di aiutare quella gente, non più di quanto potesse importargli aiutare il resto di Amberground.
Per lui contavano sua sorella, suo fratello, le persone che aveva conosciuto, che lo avevano aiutato, che erano stati buoni con lui. Come Lag, Lloyd, Aria, il dottor Thunderland Jr.
Zazie.
“Quello non sarebbe in grado di guidare un esercito. Lavora meglio da solo. No, Zazie si sarebbe infiltrato da solo di nascosto, avrebbe recuperato Lag, sempre di nascosto, e se ne sarebbe andato. Poi Lag lo avrebbe obbligato ad aiutare anche gli altri!”
A quel pensiero sorrise, poi si fermò e si raddrizzò serio mentre l’idea prendeva forma rapida.
“Però ha ragione, se vado con un gruppo armato fino ai denti quel che ottengo è l’ennesimo scontro sanguinoso e chissà quante vittime, magari fra le quali proprio Gauche. In realtà sebbene il primo istinto è quello di andare con un cannone a farli tutti fuori, devo usare il cervello. Se l’obiettivo è riavere Gauche sano e salvo, devo usare l’astuzia, non la forza.”
Jiggy rimase ancora un attimo a pensare fissando assente le armi che venivano portate e la gente che andava a radunarsi in un salone a parte, come da lui ordinato, in attesa di un piano.
Ci mise qualche minuto al termine del quale scosse il capo ancora, prese due pistole e diverse munizioni, si assicurò di avere il solito coltello di scorta, la pistola sparacuore, infine prese una giacca ed un copricapo tipici di quelle parti, ammassate in un tavolo in fondo. Li indossò e silenzioso senza farsi notare se ne andò.


Quando Gauche si svegliò, la prima cosa che sentì fu una forte fitta alla testa sfociata ben presto in un dolore continuo. La seconda fu il freddo e l’umido che penetrava fin nelle ossa.
Si raggomitolò e si strinse nei vestiti logori e bagnati che indossava, probabilmente si stava anche ammalando, da quanto dormiva in quel freddo, bagnato a quel modo?
I capelli si erano asciugati male ed erano un bianco sporco, sul crespo andante e spettinati. Gauche si guardò intorno, era più buio di fuori dove almeno le stelle davano una minima visuale.
Cercò di abituare gli occhi al buio e di capire se c’erano rumori o respiri. E c’erano entrambi.
Persone che tremavano, dal respiro si capiva bene.
- Quanti siamo? - Chiese per capire dove fossero e quanti.
- Almeno una decina, temo… - La voce familiare dell’uomo responsabile della città con cui aveva parlato il primo giorno, gli rispose. Gauche gattonò fino a raggiungerlo e vide la sua ombra seduta contro una parete dura e bagnaticcia. Da qualche parte uno scolo, delle gocce.
- Siamo in una grotta. - Disse capendolo dall’umidità e dal rimbombo di quelle gocce. - Da quanto? -
- Sarà un paio d’ore… - Gauche annuì.
- Dobbiamo stare vicini e cercare di scaldarci. - Il capo concordò e chiamò a sé gli altri prigionieri, poi Gauche si fece raccontare la storia, il motivo dei rapimenti oltre che dei saccheggi.
- È una guerra che va avanti da generazioni, si è perso il vero senso di questa faida. Noi ci siamo ritrovati con questo odio sfrenato e basta. -
- Potrebbero occupare la città, impossessarsene. Farvi prigionieri nel vostro paese. Perché rubare, rapirvi e ritirarsi? - Il capo si strinse nelle spalle.
- Siamo superiori in numero ed armi. Siamo più forti. - Gauche annuì capendo, anche se era incredulo sulla motivazione di quella guerra.
- Perché non trovate un accordo per smetterla? Non avete nemmeno idea del perché vi combattete e vi fate del male… - Il capo non sapeva cosa rispondergli, in realtà.
- Non hanno mai cercato il dialogo, noi ci siamo sempre limitati a difenderci, loro capiscono solo il linguaggio delle armi. Noi rispondiamo a tono. Se volessero parlare, noi parleremmo! - Una risposta ragionevole, si disse Gauche.
Ora stava solo da sentire l’altra campana e vedere perché non cercavano un dialogo.
Gauche ne aveva passate molte e sapeva che da solo poteva fare poco se non provare a capire al meglio la situazione. Jiggy sicuramente stava per guidare un assalto in stile distruttivo, voleva evitare di fare stragi inutili. E poi magari fare qualcosa gli impediva di sentire quel freddo micidiale.

- Dov’è lo straniero di Amberground? - Una voce bassa e seria si levò dal fondo della caverna in cui erano radunati. Gauche si drizzò, quella voce era familiare. Era mascherata, forse, ma familiare.
Non riuscì a fare velocemente mente locale, specie per il fatto che aspettava Jiggy ad armi spianate con un gran chiasso a seguito. Perciò pensando che fosse il momento perfetto per parlare con i pirati, come li chiamavano i residenti, si fece avanti alzandosi in piedi, sempre intirizzito e freddoloso.
- Eccomi, sono qua. - Rispose con voce chiara e calma, avanzando verso la voce, per ora solo un’ombra e niente altro.
- Per di qua, il capo vuole parlare con te. - Disse l’uomo a Gauche, una volta che l’ebbe davanti. Gauche avanzò e appena furono fuori dall’antro della caverna, in una sorta di galleria di collegamento fra un antro e l’altro, la mano ferrea si chiuse sul braccio di Gauche fermandolo. Poi immediatamente imprecò.
- Dannazione, sei così bagnato! Tremi! Porca puttana, così ti ammalerai! Maledetti bastardi! - E prima di poter capire cosa stava succedendo, Gauche si trovò ricoperto di una giacca uguale a quella dei pirati.
- Ma che… - L’uomo lo spinse in un angolo ancora più buio e contro la parete gli si mise davanti, poi vicino al suo viso si scoprì la parte inferiore, la bocca ed il naso. La testa era avvolta in una stoffa lunga legata sulla nuca che scendeva sulla schiena, in stile pirata. Ma Gauche riconobbe la voce e la cicatrice che al buio intravedeva.
- Jiggy! - Esclamò mettendogli le braccia al collo. L’abbraccio li riscaldò entrambi lasciandoli in una sorta di pace momentanea, un sollievo che non pensavano avrebbero mai potuto provare solo per essersi rivisti.
- Ti aspettavo con un esercito a sparare a caso! - Disse separandosi da lui, Jiggy ridacchiò mettendogli in mano una pistola a piombo.
- Era quello che volevo fare, ma Lode ha detto che non ti sarebbe piaciuto. - Gauche sorrise.
- Per quanto mi abbia conosciuto come Noir, ora ha capito subito qual è la mia autentica indole… - Rispose sorpreso, sorridendo. - Dov’è? -
- È fuori, controlla la situazione, che non arrivino rinforzi e cose così. Mi sono infiltrato da solo, ho messo fuori gioco le guardie fuori dalla caverna e ho preso i loro vestiti. Qua dentro è così buio che non ci si vede un cazzo! Non è stato difficile. Adesso ce ne andiamo. Tieni, nascondi i capelli bianchi! - La giacca era la stessa usata dai pirati che aveva abbattuto fuori di guardia, era nera. Jiggy tirò fuori una seconda bandata e gliela legò sulla testa, ma Gauche alzò il dito e lo fermò deciso.
- Non se ne parla, cosa facciamo una volta che ce ne andiamo? - Chiese con fermezza. Jiggy alzò gli occhi al cielo.
- Cerchiamo delle isole senza psicopatici! -
- E pensi di trovarle? -
- Intanto penso che dobbiamo andarcene! - Brontolò seccato. Gauche però calmo e deciso non cambiò idea.
- Senti. Ci sono almeno una decina di prigionieri, oltre tutto ci servono le lettere di tutti! E quest’isola è grande, ci saranno altre città da controllare. Non possiamo semplicemente andarcene! - Continuò Gauche usando la bandana non per mascherarsi ma per asciugarsi meglio. Gli restituì la pistola.
- E cosa suggerisci di fare? - Gauche sorrise e gli prese il viso fra le mani con un sorriso placido in quel misto fra il vero Gauche e Noir.
- Semplice. Risolviamo questa vecchia faida! - Jiggy alzò gli occhi al cielo di nuovo imprecando.
- Facile! - Brontolò. Gauche sorrise e lo baciò.
- Fai finta di essere uno dei loro, copriti la faccia. Certo che con quella cicatrice non fatichi a passarti per uno di loro. - Gauche era convinto di quello che faceva, Jiggy per nulla, ma chiaramente, come sempre, si faceva quello che voleva lui. Perché Gauche era Gauche.
“E poi prendo in giro Zazie che accontenta sempre Lag?”
Così dicendo lo vide che si toglieva la giacca dei pirati, lui a quel punto si coprì la faccia, strinse la pistola e scuotendo la testa gli fece strada verso la grotta dove erano radunati gli altri pirati.
A quel punto rimaneva solo una cosa. Sperare che Gauche sapesse davvero quello che faceva. Anche se dal fatto che era l’unico sopravvissuto dalla capitale e poi da Reverse, c’era da credere che potesse fare qualunque cosa.

Per Jiggy comportarsi come uno di loro non fu difficile, usò semplicemente il suo tipico tono duro e tagliente quando introdusse Gauche con i polsi legati per finta.
- Il prigioniero di Amberground ha chiesto udienza. - Disse secco.
Gli altri pirati si stupirono della richiesta.
Nell’antro in cui erano radunati, sufficientemente grande per contenere una ventina di uomini dai trent’anni in su, c’era un fuoco acceso attorno cui erano radunati per scaldarsi, sembravano intenti in una riunione per stabilire il da farsi coi prigionieri.
Si fermarono e guardarono Jiggy, nell’ombra, la bocca coperta con un fazzoletto, una bandana sui capelli, la pistola stretta in mano, l’altra a tenere Gauche.
- E tu l’hai accontentato? - Chiese iroso uno di loro staccandosi dal gruppo. Quella era una sorta di prigione, i presenti erano una minima parte dei pirati totali radunati in altri lidi.
- Non avevo ragione per rifiutarglielo. Non è uno di loro, è uno straniero. - La logica di Jiggy non la batteva nessuno, Gauche si sentì soddisfatto al suo fianco. Gli uomini si guardarono scrutandosi per capire cosa fosse il caso di fare, poi quello che sembrava il capo si staccò dal gruppo e si fece avanti. La pistola nella cintura insieme ad un notevole coltello a portata di mano.
- Parla, straniero. Vuoi proporci uno scambio? - Era la cosa più sensata a cui pensare.
Gauche non aveva la minima paura, paura era la luce del sole artificiale, paura era Akatsuki, paura era la montagna di corpi scartati dal progetto sperimentale spirito artificiale. Paura era ben altro, che quello.
Lo sguardo alto, gli occhi viola fissi su quelli dell’uomo poco più alto di lui, sulla cinquantina, un ruolo ereditato da un padre morto, probabilmente, che l’aveva indottrinato per far quanto più male possibile.
- Vorrei chiarire subito la mia posizione. Io sono neutro, non sono dalla parte di nessuno. Mi trovavo là per gli stessi affari per cui poi avrei cercato voi. - Disse calmo ma con voce chiara.
- E sarebbero? - Chiese l’uomo un po’ impaziente ed un po’ curioso.
- Sono nativo di Amberground, Yusari. Sono un Bee, un portalettere. Sono stato nella capitale, ho visto il sole artificiale coi miei occhi. Ho perso il cuore in quel sole. Sono quasi morto. Sono resuscitato col nome di Noir. Mi sono perso. Ho viaggiato alla ricerca di una vendetta, un riscatto, ma poi mi sono ritrovato ricongiungendomi con la mia vita precedente. Ma quel che ho perso non lo ritroverò più e questo per colpa del sole che ha fatto a me quel che ha fatto e continua a fare a miliardi di persone innocenti. Sono qua per portare un messaggio, per spiegare come stanno le cose nel mondo che abitate, per svelare segreti vitali e per una richiesta d’aiuto disperata. In cambio di questo, vi aiuterò a mettere la pace fra voi ed i residenti di Hunkrast. - Lo disse con una calma ed una padronanza di sé che colpì subito il capitano davanti a lui. I suoi occhi fissi non batterono ciglio, il suo tono non esitò un istante.
Jiggy sospese il fiato, la mano stretta nella pistola abbandonata lungo il fianco, pronto ad usarla a costo di andare contro tutti al suicidio sicuro.
Ci fu un momento durante il quale era chiaro l’esito incerto.
Poi l’uomo davanti a loro incrociò le braccia al petto e con aria interessata e corrucciata, disse:
- Ti ascolto. Come pensi di aiutarci a porre fine ad una faida che va avanti da un secolo? - Il tono non era canzonatorio, non era convinto che fosse uno spaccone anche perché Gauche non si era assolutamente presentato con presunzione. Però era sinceramente curioso di sapere come lui, straniero di un altro mondo, potesse aiutarli.
Gauche non sorrise, non si turbò, non si intimidì.
- Voglio sapere la vostra storia. - Disse semplicemente, senza fare discorsi altisonanti di pace ed uguaglianza. Il capitano rimase di nuovo colpito da quei suoi modi semplici e diretti, non aveva paura di essere sfacciato. Alcuni reagirono con rabbia, convinti che stesse esagerando in qualche modo, ma poi l’uomo alzò la mano e li fermò serio senza guardarli nemmeno. Nessuno fiatò.
La luce tenue e calda del fuoco li illuminava solo parzialmente, la voglia di avvicinarsi e scaldarsi nonostante la paura di essere riconosciuto per Jiggy era alta, però non si mosse.
- Sai, quello che hai detto… sulla luce che ti ha rubato il cuore, e poi sul perderti e ritrovarti seppure senza quel che hai perduto… mi colpisce… sembra il destino simile a quello di molti dei miei uomini andati alla ricerca di posti migliori dove stabilirci. - Gauche e Jiggy cominciavano ad immaginare una storia infame e triste dove un popolo nato nella sfortuna di un’isola priva di pietre spirituali e ricchezze, si era ritrovato a stare lì nell’ombra e nel freddo a macinare odio ed invidia, trasformandosi in quel mostro che poi, a guardarlo alla luce di un fuoco tenue, non sembrava altro che un povero animale denutrito.

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Capitolo 41
*** Quel pezzo che rimane di lui ***


la_proporzione_perfetta41 *Eccoci con un altro capitolo, questo è l'ultimo sulle avventure di Gauche, Jiggy, Lode e la sorella di Niche nel mondo oltre oceano. Concludiamo le vicende dell'isola Hunkrast e della faida fra i residenti ed i pirati ed immergiamoci in un'altra reatlà dove, per uscirne, dovranno essere pronti a sacrificare di più che qualche ora del loro tempo. Mi sono divertita molto a creare situazioni e scenari nuovi incrociandoli con il mondo di Letter Bee, in un ipotetico oltre oceano peggiore di Amberground per certi versi, per altri più fantasioso. Avrei una mezza idea di tornare con un'altra fic a scrivere ancora di questi posti e di queste avventure, ma vedremo. Buona lettura. Baci Akane*

41. QUEL PEZZO CHE RIMANE DI LUI


suede jiggy
"Una gara La vita è una gara Ma io vincerò Sì, vincerò Ed accenderò la miccia E non perderò mai E scelgo di sopravvivere A qualunque costo"
/Muse - Survival/


Jiggy guardava Gauche esterrefatto, scuotendo la testa mentre il capo del villaggio stringeva la mano al capo dei pirati in una sorprendente tregua che non aveva portato ad alcun spargimento di sangue, non più di quello che era stato prima, in città.
- Che c’è? - Chiese Gauche notando che Jiggy lo guardava senza crederci.
- Riesci a fare qualunque cosa. Non importa cosa. Tu riesci. - Disse incredulo. Gauche sorrise dolcemente e si avvicinò al compagno piegando la testa di lato.
- Stai bene con la bandana, ora che ti vedo fuori dalla caverna. - Rispose come se fosse normale.
Jiggy prese una ciocca incrostata dei suoi capelli con aria schifata.
 - Tu invece fai schifo coi capelli sporchi! -
- Perciò significa che non mi toccherai finché non mi lavo? - Chiese malizioso. Jiggy annuì convinto.
- Matematico! - Con questo tornò a controllare i due uomini rappresentanti di due fazioni opposte da generazioni.
- Il male comune crea alleanze? - Lode intervenne raggiungendoli dopo aver avvertito di corsa il gruppo di residenti radunati in mare, pronti a sbarcare e attaccare.
Gauche si strinse nelle spalle e Jiggy li indicò col mento.
- Hanno visto coi loro occhi quel che succede ad Amberground… si sono cagati sotto! - Gauche ridacchiò al modo in cui l’aveva detto e aggiunse un po’ del suo:
- Hanno capito che se c’è speranza di salvarsi, è solo unendo le forze di tutti. E poi ho usato il trucco dei proiettili del cuore con loro. - Lode lo guardò senza capire come avesse potuto.
- Gli ha dato la sparacuore ad uno e poi all’altro, nel faccia a faccia. Naturalmente quei due imbecilli si sono sparati pensando che potessero farsi del male, anche se non come i proiettili di piombo. -
- E poi il proiettili del cuore hanno fatto il resto. - Concluse lei.
- Hanno visto e sentito che ognuno era in buona fede e che non avevano la minima idea del perché dovessero odiarsi. L’hanno semplicemente fatto. - Continuò Gauche calmo mentre i prigionieri uscivano scortati dai pirati con le armi abbandonate.
- I pirati rubavano perché non avevano scelta. I residenti li respingevano perché loro li derubavano. Ed in pochi anni si è perso il senso di tutto questo. - Riassunse Jiggy amaro, con aria di disapprovazione e rimprovero.
- Odiare è più facile che amare. - Disse Lode con la stessa durezza.
- La verità è che erano così stanchi anche loro di uccidersi a vicenda, che appena qualcuno ha mostrato loro la verità, l’hanno abbracciata. - Gauche rimase ad osservare le due diverse popolazioni che cominciavano ad interagire fra di loro, andando verso le navi per spostarsi nell’isola più grande di Hunkrast, dove il resto della popolazione li aspettava per ricominciare e ricostruire, increduli che davvero fosse finito tutto.
- La paura fa miracoli. Questa pace la dobbiamo all’imminente Apocalisse. Se dobbiamo trovare qualcosa di buono da questo scempio è questo. - Disse infine Jiggy osservando i due capi parlare di piani e programmi, in quando i pirati erano molto più capaci nel combattere, mentre i residenti nel costruire. Gauche e Lode lo guardarono incuriositi e lui continuò: - Nessuno vuole morire davvero ed il mondo sta finendo. Si stanno creando alleanze inaudite ovunque, le faide crollano, si collabora a vicenda. Reverse e i Bee alleati? Ma ci credete, voi? - Con questo Jiggy si voltò e se ne andò alla ricerca di un posto in una della navi di salvataggio, voleva solo tornare in quell’albergo e aspettare che Gauche si disincrostasse per poi scaldarsi con lui nel letto, mangiare, riposare.
Ogni momento poteva essere l’ultimo, lui lo viveva così.
Gauche sorrise dolcemente mentre Lode lo seguiva indicandogli una piccola scialuppa che stava già per partire.
“Se sopravviveremo tutti, il mondo non sarà mai stato così unito! Forse per avere la pace, bisogna avere la guerra. Ha senso?” Al richiamo di Jiggy, Gauche si affrettò e li raggiunse. Un’altro passo per completare la sua missione, era stato fatto.
E Jiggy e Lode stavano bene.
C’era ancora speranza dopotutto.


I polsi stretti nelle corde che tiravano le braccia allargandole. Ogni muscolo era indolenzito, mentre i brividi di freddo li percorrevano.
Anche le caviglie erano legate in modo da tenere le gambe larghe. Bloccati come appesi in una croce.
- Se riusciamo a liberarci da qui, questa volta rinunciamo alle lettere! - Grugnì a denti stretti Jiggy esasperato.
A volte gli sembrava di essere in una giostra dove quando ti fermavi, scendevi in una casella a caso e dovevi avere fortuna, una maledetta fortuna.
- Se ci liberiamo li facciamo ragionare! - Commentò Gauche calmo guardando Jiggy nella sua stessa posizione a croce.
- Auguri per quello! - Sbottò seccato. - Non è che ci fanno un favore dandoci retta, lo fanno a loro stessi! Sembra che ci venga qualcosa in tasca venendo ad avvertirli! - Continuò arrabbiato cercando di non abbandonarsi al freddo che lo intorpidiva.
- Beh, gli chiediamo delle lettere… - Lo fece ragionare Gauche ancora una volta, sempre mantenendo la tranquillità. Jiggy scosse il capo incredulo.
- Vorrei sapere come fai! - Gauche sorrise.
- Presto Lode arriverà. - Commentò calmo.
- Bene, nel frattempo pensa a come convincere quegli idioti a farti sparare un proiettile per mostrare quello a cui non credono! -
Nell’isola successiva i due ragazzi erano stati catturati e disarmati, creduti delle spie venute dall’altro mondo per sovvertire le sorti del Paese. Non potendo sparare con la sparacuore, non avevano avuto l’occasione di mostrare la loro buona fede. Li avevano subito imprigionati.
Almeno erano insieme!
Un movimento fluido e leggero attirò la loro attenzione, i due si girarono e videro con sollievo Lode ed il suo coltello saltare giù dal soffitto.
- Siamo finiti all’inferno! - Commentò Lode liberando prima Gauche e poi Jiggy.
- Quanto ottimismo! - Commentò acido Jiggy.
- Beh dai, non sarà così grave… - Cercò di alleggerire Gauche massaggiandosi i polsi liberi. Jiggy si avvicinò per vedere le sue effettive condizioni, poi gli mise la giacca che gli avevano tolto, recuperatala da una sedia nell’angolo della stanza in cui erano tenuti prigionieri.
- Lasciate che vi spieghi! - Rispose secca Lode mentre cercava in giro delle armi senza successo, ripiegando perciò su dei tubi in ferro che consegnò a Gauche e Jiggy.
- Siamo nei sotterranei. La struttura è scavata nel terreno, è come una torre al contrario, noi siamo nel livello più basso. I livelli sono 6. Il sesto è il piano terra, da cui si può uscire. Su ogni piano c’è un laboratorio sperimentale. Credo che siamo finiti negli scarti del governo. Se il governo è il cattivo perché hanno fatto sperimenti e hanno dei segreti atroci, questi sono i cattivi dei cattivi, sono quelli che il governo ha reputato eccessivi ed hanno esiliato. Perciò le cose che vedrete nei piani superiori fanno schifo, ma se vogliamo salvarci e continuare con la missione, non possiamo fermarci e porre fine a tutto. Dobbiamo salire silenziosi come dei fantasmi e salpare da quest’isola! Qua non troveremo lettere, solo orrori. -
- Come dicevi, l’inferno. - Concluse di nuovo Jiggy concordando con Lode.
Gauche, sistemato nella sua calda giacca da Bee, si avvolse la sciarpa intorno al collo, mentre Jiggy si allacciava la propria stringendo meglio l’asta di ferro che sarebbe stata l’arma.
- Proprio per questo non ce ne andremo senza fare nulla. - Disse Gauche sicuro.
- Hai sentito che ho detto? Non troveremo lettere! - Gauche scosse ancora la testa.
- Non lasciamo indietro nessuno, non chiuderemo mai più gli occhi. Siamo scappati da un ambiente uguale a questo. E non faremo finta di nulla. - Gauche era molto serio e chiaramente non sembrava ammettere repliche.
Jiggy e Lode lo guardarono risoluto e sospirarono in perfetta sincronia, scuotendo i capi rassegnati.
- Siamo in tre, siamo disarmati e non conosciamo niente di questo posto. - Tentò infine Jiggy sapendo la sua risposta.
- Allora come prima cosa ci armeremo. Devo essere io a ricordarvi che siamo fra i tre più forti nel combattimento e nelle strategie? - Rispose sempre calmo e padrone di sé e della situazione Gauche. Jiggy sospirò mentre Lode alzava gli occhi al cielo.
- Se dobbiamo farlo è meglio sbrigarci, parlavano di un grande evento fra non molto. - Con questo i tre si guardarono e d’accordo per cominciare, si avviarono alla porta che separava i sotterranei dalle scale e quindi dal piano superiore.


Il caos dirompeva intorno a loro, l’ultimo piano divenne palco di una battaglia molto più sanguinosa di quel che avrebbero voluto od immaginato.
Guidati dai tre stranieri, i prigionieri liberati, cavie delle iene del governo, così li aveva soprannominati Jiggy durante la conquista dei vari piani, ognuno stava dando il proprio contributo, ma chiaramente incattiviti da quello che avevano subito, presto divennero praticamente ingestibili.
Gauche andava dritto senza fermarsi, sparava ad uno e proseguiva, sparava all’altro e proseguiva.
Nella mente i ricordi di quello che aveva trovato nei piani appena superati, ricordi che si sovrapponevano coi propri, quando era finito nella discarica del governo insieme a migliaia di corpi morti.
Non poteva, non voleva fermarsi.
Uno ad uno cadevano. Jiggy, vicino a lui, faceva piazza pulita preciso e senza esitare. Non guardava intorno, non cercava alcun capo o membro importante. Lui si limitava a fare spazio intorno a Gauche e a controllare che nessuno arrivasse a lui una volta che andava avanti.
E fece in tempo ad alzare gli occhi oltre la sua testa per vedere il fucile di precisione nell’angolo alto del piano che stavano conquistando.
Fu una frazione di secondo, più un riflesso che altro.
Come se il suo corpo fosse programmato per muoversi in quel modo in una situazione del genere.
Il luccichio, un rumore secco provenire dall’alto e prima ancora di pensare, Jiggy si stava buttando su Gauche, trascinandolo a terra.
Gauche non avendo visto il cecchino, si sentì spingere a terra improvvisamente e senza capire si sgrovigliò da Jiggy.
Rimase seduto e appena lo vide, impallidì.
Jiggy non si mosse subito.
Gauche lo prese per le spalle e lo girò supino, guardandolo in viso.
- Jiggy! Jiggy! - Chiamò agitato, improvvisamente quella guerra era dimenticata, era uno sfondo lontano. Improvvisamente il caos intorno non esisteva.
Per un momento Gauche riconobbe la disperazione, strisciante, avvolgerlo. Riconobbe perfettamente quella sensazione di paura raggelante che gli impediva di ragionare e capire. Le sue mani sporche di sangue, il sangue del ragazzo che amava, che Gauche amava, un Gauche non del tutto tornato ma che in quel momento sembrava esplodere dentro di lui, come se fosse lì, sempre lì, pronto ad uscire.
Il mondo sbiadì e gli occhi si offuscarono, poi bruciarono e le lacrime scesero mentre prendeva il suo viso privo di sensi, lo stringeva a sé, lo abbracciava gridando senza la forza di urlare, di usare la voce.
Gridò disperato dentro di sé stringendo forte gli occhi.
- Dai, è solo una ferita… - Disse tossicchiando, la voce flebile contro il suo collo, dove aveva nascosto il suo viso. Gauche lo scostò e lo guardò sospendendo lacrime, fiato e reazioni.
Jiggy lo guardava con un’aria sorridente, divertita, maliziosa. Poi alzò la mano e lo carezzò.
- Quanto sei apprensivo, sembravi molto più distaccato! - Disse cercando di scherzare, sia pure lo facesse con fatica visto il dolore alla schiena.
- Come… come stai? Dove ti ha colpito? - Jiggy si mise faticosamente sul fianco.
- La schiena… ma penso verso la spalla… - Il dolore era espanso ovunque e non era facile capire, in un momento simile, quando sentivi un calore bruciare ovunque.
Il sangue era caldo, ma Jiggy conosceva la sensazione fin troppo bene.
- Andiamo, devo portarti via di qua, devo curarti! - Disse cercando di alzarsi con lui, tenendolo dalla parte più sana.
- Ehi, adesso che la battaglia è al culmine vuoi filartela? - Lo prese in giro. Gauche appoggiò la fronte alla sua chiudendo gli occhi, ritrovando un po’ della calma persa.
- Ho delle priorità, fra le quali c’è salvarti. - Ammise di nuovo calmo e diretto. Jiggy sorrise e gli rubò un bacio veloce.
- Sistemami nell’angolo e vai dal capo di questi sciroccati. Fatto fuori lui, finirà tutto… - Disse Jiggy alzandosi aiutato da Gauche, preoccupato.
- Ma tu… -
- Non morirò se ti sbrighi! - Alla fine Gauche tornò lucido ed in sé e capì che Jiggy aveva ragione, arrivati a quel punto non solo non potevano fermarsi, ma avevano la responsabilità di farlo finire.
Riluttante lo mise in un angolo, coperto da un’impalcatura che gli permetteva non essere visto. Gli lasciò la pistola carica e dopo un ultimo sguardo apprensivo che ricordava tanto i tipici sguardi di Gauche, andò di nuovo nella mischia. Jiggy strinse le labbra in una smorfia, chiuse gli occhi, prese respiri profondi, poi riaprì gli occhi, impugnò bene la pistola, sollevò il braccio e appoggiandolo all’impalcatura davanti, seguì Gauche puntando a tutti quelli che gli stavano intorno, pronto a sparare all’occorrenza.
Nessuno, nessuno glielo avrebbe mai portato via.
Nessuno.


Steso a pancia in giù in uno dei letti del laboratorio che avevano appena conquistato, le dita sottili ed esperte di uno dei medici che vi lavoravano, stava richiudendo la ferita di Jiggy.
Lui gli occhi aperti posati su un concentrato Gauche che guardava con cura quel che il dottore faceva.
Avevano prosciugato quel posto, la torre degli orrori, avevano liberato ed aiutato tutte le vittime e quelle in condizioni instabili, ora erano in cura dagli stessi medici e scienziati che li avevano ridotti in quelle condizioni.
Uno di loro ora stava curando Jiggy.
Nessuno di loro si era messo a fare cose simili intenzionalmente, si erano limitati a lavorare sotto le direttive costrittive delle iene del governo, perciò non avevano avuto scelta che eseguire. L’unico da cui si erano dovuti guardare era stato il direttore scientifico, colui che aveva progettato i vari livelli e che controllava che i suoi sottoposti eseguissero gli ordini, nessuno era lì di propria spontanea volontà, nessuno godeva nel trasformare quella gente o nel vivisezionarla.
Dopo aver fatto fuori il direttore scientifico e quello esecutivo di quel posto, in poco tempo la battaglia era stata sedata con un annuncio e la dimostrazione che i responsabili di quel posto erano morti. Così ogni soldato, ogni scienziato, chiunque combattesse costretto dagli eventi, si era fermato ed arreso.
Lode aveva aperto le porte esterne per far andare via chiunque volesse andarsene, mentre aveva obbligato gli scienziati a sistemare quel che si poteva sistemare sulle povere vittime.
- Stai facendo grandi cose per essere Noir. - Disse Jiggy il quale ogni tanto cercava di ricordare a sé stesso che non era completamente il suo Gauche.
Gauche lo guardò sorpreso:
- L’istinto di una persona, l’essere profondo e recondito, non muore finché un briciolo di cuore resiste. - Spiegò calmo il compagno. Jiggy sorrise da steso, con la faccia schiacciata sul lettino, mentre il dottore chiudeva la ferita curata. L’ennesima cicatrice di guerra in un corpo non certo liscio e perfetto.
Allungò il braccio verso di lui e Gauche gli prese la mano.
- Lo so che lì c’è ancora un pizzico di Gauche. - Rispose più calmo. - Ogni tanto ho bisogno di sentirlo. - Sorrise.
- Perché non mi senti ancora completamente lui? - Chiese l’altro, sapendo perché Jiggy di tanto in tanto lo testava. Lui spense il sorriso, ma tirò a sé la sua mano facendolo avvicinare al lettino, se la portò alle labbra e la baciò.
- Perché so che un giorno tornerai tu al cento percento. Fino ad allora mi tengo quel pezzetto di lui che mi è rimasto. -
“Perché pur di stare senza, anche un piccolo pezzo va bene.”
Eppure era strano, eppure era quasi come tradire l’autentico Gauche. A volte gli sembrava di stare facendo un torto alla sua memoria, altre sapeva di non avere scelta, che quella era la realtà, ora. Quello era il Gauche più Gauche che avrebbe mai avuto e non aveva i suoi ricordi, ma c’era il suo carattere, i suoi comportamenti. Lui li vedeva, come li aveva visti Lag. Quel modo di salvare chi incontrava, quel rivedersi in ogni vittima, quel non lasciare indietro nessuno.
Ed il preoccuparsi fino allo stremo per le persone che amava.
Lì c’era sempre Gauche.
Eppure… eppure quel pezzo mancante, di tanto in tanto, mentre lo guardava assente nei propri pensieri, in un ricordo che non tornava, in un cuore martoriato… quando Gauche aveva lo sguardo di Noir, a Jiggy in quei momenti si sentiva stonato e si chiedeva se mai, alla fine di tutto quello, avrebbe ritrovato quella nota. La nota che mancava, che stonava.
“Qualunque cosa succeda lo seguirò ovunque. Perché in ogni caso lui è lì. E sarà comunque per sempre il mio Gauche. In ogni caso.”
Con questo giuramento, lo attirò a sé e gli rubò un bacio suggellando a sé stesso quella promessa. Aveva smesso di sperare nella vita da tempo, adesso si limitava ad accettarla così com’era. Semplicemente.

La nave d’oro composta dai capelli della ragazza maka, trasformata nel corpo in ragazza uccello con delle splendide ali per volare e sorvolare il mare, salpò sollevata nelle oscure acque. Metà del ponte era pieno di sacchi di lettere, il viaggio era ancora lungo e di isole da scoprire, isole da conquistare, isole da salvare ce ne erano molte.
Gauche, Jiggy e Lode, aiutati dalla sorella di Niche, non si sarebbero fermati fino a che non avrebbero scovato ogni forma di vita, fino all’ultimo giorno, fino all’ultimo secondo disponibile.
Per Lag, per la speranza di un futuro migliore in cui forse solo Gauche credeva ancora, ma per cui valeva la pena dare fondo ad ogni istante delle loro vite.
Perché per gente come loro, la resa non era mai stata un’opzione, né mai lo sarebbe stato. E se per salvare il mondo Lag aveva bisogno di lettere, loro gli avrebbero raccolto tutte le lettere del mondo. Tutte.
Ad ogni costo. Nella speranza che il sacrificio che stava compiendo il loro piccolo amico, non fosse vano. Mai.

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Capitolo 42
*** Congelare i sentimenti ***


la_proporzione_perfetta42 *Ecco un altro capitolo. Da qui si torna a Zazie e Lag e agli eventi del manga, certe parti sono le stesse del fumetto perciò lì non sono stata molto approfondita e descrittiva, mentre mi sono soffermata di più sul resto, retroscena e scene extra. Ormai ci avviciniamo al gran finale, ma questo non significa che mancano pochi capitoli, che poi totali sono 47. Penso di aggiornare sempre il sabato salvo eccezioni. Buona lettura. Baci Akane*

42. CONGELARE I SENTIMENTI


lag zazie

"L'erba era più verde La luce più brillante Il gusto più dolce Circondati da amici  Le notti di meraviglia La lucente nebbia mattutina L'acqua corrente Il fiume senza fine Per sempre e sempre"
/High Hopes - Pink Floyd/

 
‘Devi lasciarlo andare.’
“Come posso?”
‘Se non riuscirai a lasciarlo andare, fallirai. Tutti saranno perduti.’
“Ma io lo amo.”
‘Se fallirai, morirà anche lui.’
“Come posso lasciarlo andare così? I sentimenti sono sempre stati la mia forza…”
‘Proprio perché sono la tua forza, devi chiuderli. Altrimenti quando ti serviranno per salvare tutti, non ne avrai abbastanza.’
“Ma io non posso semplicemente smettere di provarli.”
‘Non è questo che devi fare. Devi chiuderli. Soffocarli. Congelarli.’
“Congelare i miei sentimenti…”
‘Specie quelli per lui.’
Silenzio.
‘Se lo ami, ci devi riuscire. Devi riuscirci.’
Lacrime.


I giorni passarono, la disperazione aumentò.
Il sole si spegneva sempre di più, per sempre più tempo e Zazie aveva iniziato a capire che qualcosa che poteva fare per Lag c’era, oltre a quanto aveva chiesto. Poteva diventare più forte.
Per lui.
- Un mondo salvato da Lloyd chi mai lo vorrebbe? - Si diceva con Connor, in attesa del suo ritorno. - Mentre un mondo salvato da Lag, quello sì… -
Zazie non perse mai la fede, giorno dopo giorno si rafforzò mentre il mondo andava via via sempre più alla deriva.
I Bee si divisero nettamente da Reverse cominciando a lanciare una personale campagna per la salvezza di Amberground. Non li combattevano e non erano in guerra con loro come una volta, ma non erano nemmeno effettivamente alleati. Ormai non nascondevano più la verità catastrofica, avevano svelato tutto sia Reverse che i Bee, volevano far sapere come stavano le cose, cosa c’era dietro al sole che si spegneva sempre più spesso.
L’imperatrice stava morendo, il sole era un caricatore che teneva sopito l’enorme gaichu primordiale, Spiritus. Alla sua morte, egli si sarebbe svegliato.
Oltre questo, avevano rivelato che il sole era il sacrificio dei cuori di tutte le persone.
In molti si schieravano dalla parte di Reverse. Lloyd aveva raccolto molti sacrifici umani mentre la ragazza coniglio, Chiko, arma finale per il proiettile che avrebbe dovuto uccidere il gaichu, si preparava per andare alla capitale. Sarebbe stata scortata dall’ufficiale governativo che aveva ufficialmente richiesto un sostegno per l’Head Bee. Lloyd, poi, con tutte le persone pronte a sacrificarsi per diventare parte del proiettile della ragazza, si sarebbero mossi in modo alternativo.
Garrard aveva raccolto la richiesta di sostegno da parte del governo per l’Head Bee che aveva il compito, tramite il macchinario nella capitale, di sparare attraverso l’Imperatrice conto il gaichu nel cielo.
Aveva intenzione di proporre Lag, se fosse tornato in tempo, ma aveva chiesto agli altri Bee che se la sentivano di prepararsi e proporsi per essere valutati ed eventualmente prelevati dal capitano proveniente dalla capitale.

Così Zazie aveva passato il resto dei mesi lontano da Lag.
L’aveva aspettato rinforzandosi in attesa del suo ritorno. Sapeva che sarebbe tornato e lui l’avrebbe sostenuto con tutto sé stesso.
La consapevolezza che forse non sarebbe più stato sé stesso lo frenava dal sperare che il suo ritorno fosse idilliaco, però l’avrebbe amato comunque. Se l’era giurato. Lag l’aveva fatto anche per lui, non gli avrebbe voltato le spalle.
Era sicuro che ci sarebbe riuscito, come l’aveva sempre saputo tutte le altre volte che poi aveva compiuto i suoi miracoli.
Ogni tanto si parlava di Jiggy e Noir che erano spariti nel nulla, avevano chiaramente in mente qualcosa. O meglio Noir.
Di Jiggy nessuno aveva avuto notizie dopo il suo avvicinamento a Reverse.
Solo Zazie.
Per puro caso, probabilmente.
L’aveva visto nella sua città natale, era lì per delle consegne e ritirare le offerte per Lag che aveva richiesto lettere di sostegno da parte della gente.
Jiggy era lì, quel giorno a salutare suo fratello e sua sorella.
Da Lag aveva saputo la sua storia il quale li aveva incontrati come primissima avventura, prima ancora di diventare Bee.
Gli aveva detto che non aveva mai rivisto i suoi familiari dopo che era diventato Bee, ma che aveva fatto costruire una cattedrale ed un campanile, il rifugio di tutti loro senza una casa, senza una speranza.
Realizzando quanto strano fosse, si era fermato. Un miscuglio fra la gioia ed il terrore. Non aveva la divisa da Bee. Però non era là con Reverse.
Cosa pensare?
- Jiggy? - Aveva chiesto incerto.
Jiggy così l’aveva visto ed era rimasto impassibile per un po’, incerto probabilmente sul da farsi. Poi aveva sospirato e si era avvicinato anche a lui. I due si erano appartati insieme al cavallo di ferro su cui si erano seduti entrambi.
- Devo andare. - Gli aveva detto criptico come se fossero in rapporti, come se gli dovesse spiegazioni. Il cuore di Zazie aveva preso a battere impazzito fino a fargli male, gli occhi a bruciargli.
- Passi con quelli là? - Aveva detto sprezzante, quasi schifato. Jiggy aveva chiuso gli occhi sospirando.
- No, ma non so se tornerò e non so cosa vado a fare. So solo che devo andare. - Non che questo fosse meglio.
- Ma… ma scappi? Lasci loro per cui hai lavorato tanto? So che non hai mai dimostrato di provare qualcosa, ma so che lo provi! Hai fatto costruire una cattedrale… -  Zazie era partito col suo consueto turbinio esplosivo. Jiggy aveva sorriso ricordandosi perché gli era piaciuto tanto quando avevano lavorato insieme. Poi, con fermezza, aveva spiegato.
- Gauche ha una specie di piano, mi ha chiesto di aiutarlo. Non so di cosa si tratta, so solo che gli serve il mio aiuto. Ed io ovviamente glielo darò. Qualunque sia il costo finale. - Zazie era rimasto colpito dal suo discorso, l’aveva guardato da vicino, il suo profilo dritto, impassibile, uno sfondo o
di mare e stelle meravigliose. Il sole aveva di nuovo balenato. Quanti avevano appena perso il cuore? Ogni volta che succedeva, qualcuno si perdeva inesorabilmente.
Erano rimasti fermi, sospesi in quel nulla, un vuoto straziante che decideva chi avrebbe vissuto e chi sarebbe morto.
Sarebbe toccato a loro?
Zazie aveva stretto gli occhi convinto di dimenticare tutto proprio lì e si era aggrappato al pensiero di Lag.
“Spero di rivederti anche se mi perdo. In qualche modo.”
Pensiero sconnesso, il solito che aveva.
Quella volta la sua mano si era istintivamente stretta su quella di Jiggy il quale l’aveva tenuta.
Poi il sole era tornato. Qualunque significato avesse, la vita del mondo era agli sgoccioli.
Zazie aveva riaperto gli occhi. Erano ancora tutti lì. L’aveva guardato in fretta per vedere se Jiggy si era perso, ma dal suo sguardo aveva capito che era ancora lui.
Quello che si sforzava di essere forte, ma che in realtà teneva solo duro.
Così era arrossito, si era scusato e gli aveva lasciato la mano.
- Scusa, non è facile. - Jiggy non aveva fatto una piega.
- Per questo dobbiamo fare qualcosa. Non staremo a guardare la fine o la salvezza. Tenteremo qualcosa. Perciò sii forte, Zazie. Continua a lottare per quello che vuoi, con ogni mezzo. La resa è essa stessa la morte. Se lo fai, togliti subito la vita, sarebbe inutile proseguire. - Era stato particolarmente drastico in quel momento. Zazie ne era rimasto colpito, ma le sue parole si erano incise nella sua memoria, nel suo cuore.
Si era riempito e scaldato mentre una forza d’animo subentrava con la forza di una frana rocciosa che investiva tutto.
E lì aveva deciso che sarebbe diventato più forte. Non per sostituirsi a Lag, ma per aiutarlo. Perché quando sarebbe tornato, avrebbe avuto comunque bisogno di aiuto.
- Sono contento che non sei passato da Reverse. Quelli non hanno capito nulla. - Aveva detto pur non sapendo i dettagli come lui. Jiggy non glieli aveva spiegati.
- Gauche è venuto a prendermi. - Zazie si era aggrottato, aveva notato che non lo chiamava Noir come tutti.
- Ma è tornato lui? - Una domanda che nascondeva una speranza. Se Noir poteva tornare Gauche dopo essersi perso, allora anche Lag nel caso in cui si fosse perso, sarebbe potuto tornare.
Jiggy si era stretto nelle spalle guardando insicuro in alto.
- Non i suoi ricordi. La memoria del corpo sì. Così come il suo cuore di fondo è sempre lo stesso. Il DNA. Ciò che lo compone. Lui è Gauche, Punto. Può non ricordare cosa ha fatto da piccolo, ma non toglie che lui è lui. E se una volta mi ha amato, mi ama anche la seconda. Perché se una cosa deve andare in un modo, ci andrà comunque. - Zazie era rimasto colpito anche da quel discorso, il calore lo aveva invaso, gli occhi si erano messi a bruciargli.
- Allora posso sperare ancora… - Aveva detto riferendosi a Lag. Jiggy sapeva che parlava di lui. Aveva sospirato.
- Devi. - Aveva risposto deciso. Zazie aveva preso così respiro e si era riempito di una forza rinnovata.
Ce l’avrebbe fatta.
Aveva deciso che ce l’avrebbero fatta.

Perciò quando Lag tornò, lui era in un’astinenza di un anno completo passato ad aspettarlo senza lo straccio di una notizia. Tutti erano convinti che non ce l’avrebbe fatta in tempo, molti cominciarono a perdere la speranza. Forse non era riuscito nella sua impresa di rinnovarsi.
Ma Zazie aveva atteso consapevole che sarebbe tornato.
Perché lui lo sapeva, dentro di sé.

Un gaichu, un balenio, il buio, un flash.
Il proiettile da dietro le loro teste vibrò nell’aria, sfiorò delle lettere sulla carrozza, la luce esplose accecante ed il gaichu venne totalmente investito, abbracciato e annullato.
Zazie non aveva bisogno di girarsi per sapere che era lui.
Si girò già con le lacrime agli occhi, il cuore smise di battere, il petto gli fece male.
Il mondo era appena esploso con il gaichu.
Lag era tornato. Lag, il suo Lag, era di nuovo lì.
Lag.
Zazie e Connor corsero da lui, ma presto si fermarono realizzando che c’era qualcosa.
Lag era diverso, ma solo un po’ cresciuto. I capelli candidi, lisci e più lunghi gli incorniciavano il viso, gli occhi d’ambra.
Un sorriso dolce, composto. I lineamenti maturi, ma sempre delicati e belli.
Non un’ombra di qualcosa di disumano, anzi.
Eppure non era questo che bloccò Zazie dal saltargli addosso.
Tanto meno Connor.
A bloccarlo, a stonare, furono le lacrime che mancarono.
Lag non piangeva. Non saltava per primo su di loro, non gridava esuberante e felice. Sorrideva, diceva di essere felice di rivederli, ma non lo dimostrava.
Zazie se ne rese conto all’istante.

La conferma l’ebbe quando gli mostrarono Silvet, priva di cuore. In uno dei baleni svariati di quell’anno, lei aveva perso completamente il cuore.
Noir non si era più fatto vivo, nessuno nominava Jiggy. Lloyd e Revere avevano in mano metà della popolazione pronta a sacrificarsi per i loro figli, mentre l’Alveare lavorava sul rafforzare i Bee, l’unica cosa.
I cambiamenti erano molti, la situazione disperata, le notizie orribili.
Ma Lag ascoltò tutto, guardò tutto e rimase composto. Freddo. Apparentemente sembrava dispiaciuto e colpito, Connor non se ne era reso conto, forse anche gli altri. Aria e Garrard avevano notato la sua crescita, avevano attribuito a quello il suo cambiamento.
Ma Zazie non ne era ingannato e in lui la delusione esplose mutandosi in una rabbia ed un rifiuto esemplari.
Tutta la sofferenza, quanto aveva tenuto duro senza non averne più? Quanto gli era mancato?
Era stato disposto a tutto per lui, però cosa era successo al suo Lag?
Prepararsi ad un Lag diverso era un conto, ma quello non era il suo Lag.
Quello era come Noir.
Era un essere che aveva completamente perso il cuore.
“E questo dovrebbe salvarci tutti?”
Eppure non era per quello la sua rabbia.
La sua rabbia era per il modo in cui aveva tenuto duro e per cosa?
Per questo?
Se fosse rimasto con lui forse il mondo sarebbe finito, ma almeno sarebbe morto insieme al suo Lag, al Lag autentico che amava.
Perderlo per un fantoccio inutile che comunque non poteva salvarli era orribile, non poteva accettarlo. Non per tutte le volte che si era rifiutato di piangere la sua assenza.

Lo prese in parte, la prima notte. Fu subito.
Lag era tornato a casa propria, quella ormai vuota di Silvet. La casa abbandonata anche da Noir e Lode.
Zazie l’aveva accompagnato.
Niche e Wasiolka come ai vecchi tempi, addormentati insieme, felici di rivedersi.
Loro seduti insieme al tavolo della cucina, dopo un pasto del tutto normale.
Le cose sembravano non essere cambiate molto, apparentemente. Solo loro erano cresciuti nell’aspetto, erano maturati nel carattere.
Eppure era diverso.
- Che è successo, Lag? - Chiese Zazie andando subito al punto appena erano rimasti finalmente soli.
Lag sorrise composto.
- Molte cose, Zazie. Ma non saprei nemmeno descrivertele… - Zazie si alzò e si sedette sul tavolo, proprio davanti a lui. Le braccia conserte. L’aria corrucciata.
- Ero pronto a rivederti con delle corna e le squame da drago… - Disse esagerando quello che intendeva con ‘perdere la propria umanità’, come gli aveva detto nella lettera d’addio.
Lag rise ma fu una risata di facciata. Costruita.
Zazie si sentiva montare.
- Anche io pensavo di tornare così, quando l’insetto spirituale mi ha detto che avrei perso la mia umanità per fondermi con l’essere della pietra del mio occhio. Invece pare che dopotutto avesse esagerato. Meglio no? - Zazie voleva prenderlo a pugni, ma decise di fare un ultimo disperato tentativo. Perché lui voleva, lui voleva crederci. Credere in lui. Voleva sbagliarsi, ma sapeva che non era così.
Si protese così verso di lui, gli sollevò il mento con due dita e piegò il capo alla ricerca delle sue labbra.
Lag non si oppose, rimase morbido verso di lui, lasciò che le sue labbra lo toccassero, lasciò che lo baciassero. Ma non reagì, non rispose sul serio. Fu un bacio del tutto freddo.
E tanto freddo fu quello, quanto doloroso fu per Zazie. La rabbia uscì, si staccò, scese giù dal tavolo e fissandolo furente e tempestoso, lo puntò col dito.
- Non so chi tu sia, ma rivoglio il mio Lag. Non ho aspettato tanto per questa pallida imitazione! - Ringhiò subito, cominciando a camminare per la cucina come un toro impazzito. Lag rimase seduto, sorpreso che gli ci fosse voluto così poco per capirlo.
Voleva spiegargli, voleva potersi lasciare andare, ma ormai era bloccato, severamente bloccato. Ormai nemmeno volendo avrebbe potuto.
Eppure quanto voleva corrergli incontro e piangergli addosso.
- Non so di cosa parli. - Rispose freddamente invece.
Zazie così prese il piatto da cui aveva appena mangiato e lo scagliò contro di lui, lo sfiorò di un soffio, i capelli si spostarono e Niche si svegliò di soprassalto, imitata da Wasiolka.
- Sì che lo sai! -
- Zazie… - Lag si alzò, ma Zazie fece un altro passo indietro coi pugni stretti.
- No senti, finché non torni Lag non rivolgermi la parola! Non credere di potermi ingannare! Io lo amo, io lo conosco! Chiunque tu sia aveva ragione Lag quando diceva che non saresti più stato umano. Ora capisco cosa intendeva. Però sappi una cosa! Per salvare il mondo ci vuole cuore. E tu non ce l’hai! Se pensi che questo possa salvarlo, ti sbagli di grosso! Lag ha qualche speranza. Tu no! - Zazie eruttò tutto fuori in un’esplosione di lava furente, gridò ogni cosa, pugni stretti, forsennato. Poi sentendo le lacrime pungergli gli occhi, tirò un calcio alla sedia, la ruppe e arrabbiato con sé stesso per aver resistito tanto, uscì di corsa sbattendo la porta, seguito dal suo dingo.
Il mondo poteva anche cancellarsi, ora. Non gliene importava più.
In un momento non gliene importava più.
Lag rimase solo, Niche a guardarlo seria.
Si voltò di spalle, alzò gli occhi in alto, trattenne il fiato e si morse il labbro convulsamente.
“Non posso nemmeno questo?”
‘No. Lo sai che lo fai anche per lui.’
E Lag lo sapeva, ma questo non lo rendeva più facile.

Fu la cosa più difficile non dirgli nulla, non condividere quel fardello e continuare sulla via imposta ed imparata dalla guida dell’insetto spirituale del proprio occhio che ormai aveva preso il sopravvento.
Quello era il loro modo di essere.
Soffocare i sentimenti, contenere il proprio cuore per esplodere in un unico determinato momento.
E poi, forse, si sarebbe consumato e sarebbe diventato quello che tutti gli insetti spirituali diventavano quando si esaurivano.
Gaichu.
E i suoi amici avrebbero dovuto sconfiggerlo ed ucciderlo.
Ma almeno avrebbe salvato tutti.
O forse si sarebbe semplicemente dissolto visto che era la pietra spirituale a dargli forma umana, se la pietra si fosse esaurita del tutto con quel colpo, lui non avrebbe più avuto forma.
Almeno avrebbe regalato a loro, al suo Zazie, un mondo meraviglioso in cui vivere ancora.

Il test consisteva in una prova particolare dove i candidati all’aiutare l’Head Bee nella capitale dovevano uccidere un numero considerevole di  gaichu.
Chiko, la candidata di Reverse, non combatté dicendo che avrebbe sparato un unico proiettile contro il gaichu della capitale.
Zazie esplose furioso contro Lag, incapace di trattenere la sua rabbia ormai alle stelle.
Lag salvò Zazie.
Quando esplose il suo proiettile per salvargli la vita, Zazie perse i sensi e vide.
Vide Lag e le conversazioni con l’insetto spirituale del suo occhio di ambra, sentì il suo dolore, provò le sue lacrime.
Lag non glielo avrebbe potuto dire, ma glielo poté mostrare.
Quando si svegliò pianse lacrime amare, dolorose, tutte quelle che Lag aveva faticosamente imparato a soffocare per diventare ‘insetto spirituale’ lui stesso.
Lag era lì, era dentro quella persona tornata improvvisamente per la missione.
Lag era dentro quell’involucro esteticamente convincente.
E piangeva. Piangeva di continuo. Piangeva tutte le lacrime che il Lag esterno non poteva piangere.
E gridava tutto il suo immenso amore per loro.
Zazie sapeva di non poter andare da lui, abbracciarlo e dirgli che sapeva. Però non farlo fu la cosa più difficile della sua vita.

Quando il giorno dopo andò alla stazione per salutarlo, lo chiamò come una volta.
‘Bella gattina’.
Lo strinse con un braccio facendo un enorme sforzo per non baciarlo, stringerlo più forte, abbracciarlo come si doveva.
Fu bravo, rimase lì.
Fece finta di nulla, cercando di fargli sentire che aveva capito, che lo perdonava. Per farlo partire leggero. Per far partire il Lag dentro quello esterno.
- Ti amo. - Poté mormorargli all’orecchio senza farsi sentire dagli altri.
Forse l’ultimo che gli diceva. Forse l’ultimo ricordo insieme.
Il cuore di Zazie stava esplodendo anche per Lag, ma ora sapeva che lì dentro anche lui stava esplodendo allo stesso modo.
“Eppure fa che lo riabbracci ancora.”
Pregò Zazie lasciandolo andare.
Salì sul treno con le lettere raccolte durante l’anno e a Chiko, entrambi scelti dall’esaminatrice.
Costei era un capitano dell’esercito di Amberground, un membro del governo, però era allo stesso tempo parte di un gruppo di ribelli, nonché fidanzata di Garrard.
Una volta che il treno fu partito, Garrard raccolse tutti e spiegò che il piano era di andare anche loro alla capitale ed aiutare Lag nella battaglia finale.
Zazie rinacque e così come lui rinasceva, proprio mentre Lag e Chiko andavano alla capitale, il sole si spense di nuovo.
L’apocalisse stava per cominciare.

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Capitolo 43
*** L'amore di chi lascia andare ***


*Ecco un altro capitolo. Ormai siamo 'in pieno manga', perciò ho deciso di descrivere più i retroscena che le scene da Asada mostrate, capirete cosa intendo leggendo. Se nel manga si segue il punto di vista di Zazie sul treno e nella battaglia contro i Gaichu, e poi quello di Lloyd nell'incontro con suo padre, qua seguo Jiggy sempre nelle medesime scene. Ho usato questo trucco per non ridescrivere tutto quel che già è stato visto e letto. Le cose ormai sono critiche e si sa che si va incontro alla morte e alla distruzione, ma loro nonostante tutto ci vanno e combattono dando tutto quello che hanno, Jiggy e Zazie sono lì per dare una grande forza di volontà: combattere nonostante da qualche parte i loro compagni stiano rischiando la vita. Combattere comunque. Buona lettura. Baci Akane*

43. L’AMORE DI CHI LASCIA ANDARE


suede jiggy
"Oggi Siamo stati in piedi sul muro Abbiamo riso del sole Abbiamo riso delle pistole Abbiamo riso di tutto E quando loro Ci hanno detto di andare Non li abbiamo considerati Come tutte le altre volte Ma sapevamo poco.
Oggi cerco un segno  con le fiamme tra le mie mani  una linea nella sabbia  tra il tuo e il mio spazio  ed è venuto, come il fuoco da sotto.
Puoi provare ad intimidire  o a ruggire ma quando il momento ti chiama sì, otterrai ciò che è tuo!  "
/A line in the sand - Linkin Park/


Zazie stava salendo sul treno, quando sentì uno stridio lontano raggiungerlo. Si aggrottò e si girò verso il cielo stellato, buio come ormai era abituato a vedere.
Era da molto che non sentiva quel verso, aveva perso le speranze di tornare a sentirlo, a volte credeva di avere le allucinazioni. Ma in quel momento capì che non stava sognando.
Nel via vai generale dei caricamenti delle lettere, una volta che il capitano dell’esercito della capitale aveva riportato indietro il treno per loro, Zazie seguì il verso provenire dal cielo. Nessuno lo notò correre incontro a qualcosa di invisibile, quasi. Nessuno notò che senza respirare e con gli occhi sgranati e pieni d’emozione, alzava il braccio in attesa.
E nessuno vide Harry, il falco di Jiggy, planare su di lui e posarsi con le zampe ad artiglio, come se ormai fosse un’abitudine, quasi.
- Allora è vivo! - Esclamò con l’emozione alle stelle. Lo scoppio di felicità gli procurò gli occhi lucidi e faticò a non piangere, ma da dietro, dal treno, Garrard richiamò tutti all’ordine. - Dannazione, devo andare! -
Zazie si affrettò a slegare la lettera di Jiggy dalla zampa e l’aprì usando una delle torce poste nei dintorni per vedere al buio completo.
Aprì la lettera e la lesse.
‘Ciao Zazie, spero tu stia bene. Non ho potuto scriverti prima, eravamo troppo lontani anche per Harry. Però stiamo tutti bene e stiamo tornando. Ci incontreremo nella Capitale, da Lag. Mi raccomando, non è il momento di mollare, è il momento di conquistare. Sono sicuro che un modo per arrivare ad Akatsuki lo avrete trovato. A fra poco. Jiggy.’
La gioia che scaturì in lui nonostante la situazione ed il saluto a Lag che gli era parso tanto un addio, fu rigenerante.
Jiggy stava bene e l’avrebbe rivisto e qualunque cosa erano andati a fare al di là dell’oceano, dovevano esserci riusciti.
- C’è speranza, c’è speranza, cazzo! - Esclamò più a sé stesso che ad Harry.
Garrard lo richiamò di nuovo e lui rispose che stava arrivando.
Prese in fretta carta e penna e sbrigativo scrisse nel foglio stropicciato quattro parole, poi le diede ad Harry e gli disse di portarlo a Jiggy.
Un colpo del braccio ed il falco spiccò di nuovo il volo. Dopo di ché Zazie corse sul treno carico di una voglia di sbaragliare un esercito intero pur di aiutare Lag nella sua impresa titanica.
- Non lo lasceremo solo, non è solo. Non lo sarà mai. - Ripeté a denti stretti salendo sul treno.
- Siamo tutti? - Chiese Garrard. Zazie annuì vedendo Wasiolka.
- Andiamo da Lag! - Borbottò con una convinzione che fino a pochi giorni prima non aveva avuto, non così spiccata.
Garrard diede l’ok al macchinista ed il treno partì, poi notando la differenza da prima di Zazie, lo occhieggiò sospettoso.
- Si può sapere che succede, ragazzo? - Zazie stava cercando fuori dal finestrino per vedere Harry, ma non era già più visibile. Così scuotendo il capo sospirò.
- Niente, non vedo l’ora di fare a pezzi un po’ di mostri! -
- E allora andiamo a farli a pezzi! - Replicò Garrard dando una pacca compiaciuta a Zazie. Gli era sempre piaciuto quel ragazzino, aveva una forza d’animo che in pochi mostravano, nonostante fosse anche fragile.
“A volte sembra che la sua forza derivi da quel che prova per Lag. Mi chiedo se non dovesse tornare da noi, alla fine di tutta questa storia… che ne sarà di Zazie.”
E con questo pensiero andò a controllare che tutto fosse pronto.


Jiggy stava controllando il cavallo di ferro, in uno dei pochi angoli liberi della nave composta dai capelli magici della maka.
Con le sue grandi ali, create da un corpo che era una via di mezzo fra quello di una donna e quello di un uccello dorato leggendario, il maka, volavano verso la capitale dopo aver superato l’oceano.
Il ponte era pieno zeppo di lettere, Lode era sistemata su uno dei pali orizzontali della nave e controllava la vedetta.
Gauche si sedette vicino a Jiggy, mentre si muovevano a gran ritmo e velocità.
- Tutto ok? - Chiese guardando i suoi movimenti sicuri mentre stringeva alcuni bulloni sui freni.
- Sì, perché? - Rispose Jiggy fingendo indifferenza.
- Beh, stiamo tutti convergendo ad Akatsuki… - Disse come se fosse ovvio. - Se hai conti in sospeso dovresti provare a chiuderli. Non penso ci sarà un’occasione migliore, sai? - Jiggy lo guardò senza capire e Gauche sorrise dolcemente pulendogli un segno di olio nero dal viso.
- Di chi parli? - Gauche si protese poi e gli baciò le labbra leggero.
- Lo sai di chi. Pensi che possa farcela da solo? Hai visto che sta morendo, sai cosa vuole fare. Vuoi lasciarglielo fare? - Jiggy gli aveva raccontato di Largo Lloyd, di quel che aveva visto, le sue reali intenzioni e quello che Largo aveva fatto per lui da piccolo, quando l’aveva convinto a diventare Bee e l’aveva aiutato in ogni passo.
Jiggy lo guardò, Gauche rimase con il mento sul suo braccio, seduti per terra vicino al cavallo di ferro. Smise di trafficare, si pulì le mani e pensieroso lo tirò verso di sé appoggiando la guancia sulla sua fronte.
- Gli devo tanto, è vero. E sta morendo. - Gauche chiuse gli occhi rilassandosi un po’ per il viaggio che rimaneva prima dell’arrivo nell’occhio del ciclone.
- Non solo sta morendo. Lui sta andando a morire. - Inizialmente Gauche era stato ferocemente geloso di Largo, ma poi Jiggy gli aveva spiegato tutto ed aveva capito. Tutti avevano il proprio mentore, il proprio idolo, la propria guida. Lloyd era quello di Jiggy, così come Jiggy era quello di Zazie.
- Lo so. - Rispose serafico, indurendo lo sguardo verso l’orizzonte buio. Il sole artificiale si era spento di nuovo, ma non accennava a riaccendersi. Le cose stavano andando sempre peggio ed ormai gli occhi erano abituati a vedere al buio.
- Farai qualcosa? - In quel momento lo stridio di Harry lo riscosse, così si sciolse da Gauche per alzarsi in piedi, sollevò il braccio piegato e il falco si posò poco dopo, lasciando andare il foglio stropicciato.
Gauche si alzò e si appoggiò a lui per vedere. I capelli della maka erano di un particolare materiale d’orato che creava una sorta di alone luminoso, fioco ma sufficiente per poter leggere.
- Zazie. - Disse aggrottandosi per capire gli scarabocchi scritti. - Stiamo andando ad ammazzare i mostri alla capitale. Ci vediamo là! - Jiggy si sentì orgoglioso per qualche ragione della sua risposta. Forse sapere che in tutto quel tempo era ancora vivo, stava bene e non aveva perso la voglia e lo spirito combattivo.
Forse, dopotutto, si era preoccupato per lui.
- Per prima cosa andrò ad aiutarlo. Ci saranno molti gaichu, cercheranno l’enorme quantità di cuore che Lag sparerà a Spiritus, e poi stanno arrivando valanghe di lettere piene di cuore. - Disse Jiggy ragionando con logica. Gauche lo guardò consapevole che non sarebbe stata la sola cosa che avrebbe fatto una volta sceso.
- Spero che lo trovi in tempo. - Rispose poi misterioso, sedendosi di nuovo sul ponte della nave, vicino al cavallo di ferro, fra i mille sacchi di lettere raccolti.
Era ovvio che non si riferiva a Zazie. Jiggy sospirò e si sedette.
- Non posso lasciare Zazie solo. - Gauche annuì.
- Guai se lo facessi. - Era felice di vedere che era sensibile anche davanti ad altre persone, che ci teneva, che cercava di aiutare anche gli altri e non solo lui.
Però ormai lo conosceva, sapeva che aveva quel tormento, dentro di sé.
Lloyd gli aveva dato la vita, spingendolo a diventare Bee.
Non l’avrebbe abbandonato, non poteva. Era venuto via per aiutarlo, ma adesso doveva continuare facendo quello che era giusto.
Jiggy si sedette accanto a lui e gli circondò la schiena col braccio tenendolo contro di sé.
- Quando arriveremo alla capitale per prima cosa cercherò Zazie e lo aiuterò coi gaichu. - Ripeté convinto.
- E gli altri Bee… - Puntualizzò Gauche facendogli notare che pensava solo in termini di ‘Zazie’, come se lui fosse non proprio il suo fratellino, in quanto quello vero l’aveva lasciato un po’ a sé stesso perché doveva crescere e diventare forte da solo, la sua famosa filosofia. Ma forse più come una missione. Come Jiggy era stata la missione di Lloyd.
- Sì, beh, anche… - Gauche ridacchiò divertito e Jiggy fece finta di nulla alzando un po’ il tono. - E poi vedo se trovo Lloyd e come sta. - Decise. Gauche annuì rimanendo con un bel sorriso sulle labbra.
- Io porterò le lettere a Lag. Ci vediamo quando abbiamo finito tutto. - Lo disse con la sicurezza che ce la facessero. Che alla fine di tutto, sarebbero riusciti a rivedersi e a stare insieme, proseguire come niente.
Jiggy lo scostò per guardarlo serio, intensamente. Gauche sorrideva, ma gli occhi erano quelli di Noir. C’era sempre quella piccola mancanza, nel suo sguardo. Sempre ci sarebbe stata.
- Miraccomando. Lo scopo è di rivedersi, alla fine. - Sottolineò secco. Gauche annuì.
- Mi sembra ovvio. -
Jiggy gli prese il viso con una mano, stringendogli un po’ il mento fra le dita, l’aria risoluta.
- Non mi importa salvare il mondo se tu muori. - Gauche rise divertito.
- Come sei melodrammatico! - disse baciandolo.
- Seriamente, Gauche. - Lo richiamò Jiggy.
- Seriamente. - Rispose l’altro tranquillo. - Ci rivediamo dopo che abbiamo fatto tutto. - Dopo che lo disse, suggellarono quella promessa con un altro bacio, uno di quelli che rimanevano nelle bocche per un po’, il cui sapore accompagnava anche dopo che si separavano.
Poco dopo, Lode gridò.
- Capitale! - E così iniziò anche per loro.

Jiggy avviò il motore, si era fatto un po’ di spazio nel ponte per poter saltare giù.
L’altezza non era elevata, la maka volava ad un paio di metri dal suolo e Jiggy aveva fatto questi voli molto spesso dalle rocce durante le consegne.
- Li vedi? - Chiese Jiggy mentre scaldava il motore del cavallo di ferro.
- Vedo il treno, ci sono gaichu in arrivo, sembrano cercare loro! - Rispose Lode dall’alto del palo di vedetta.
- Staranno trasportando altre lettere per Lag. - Rispose Gauche vicino alla balaustra per guardare giù a sua volta.
- La nave di Reverse è arrivata da un pezzo, sono già sbarcati tutti. - Aggiunse Lode.
- Va bene. - Fece poi con le mani strette sul manubrio, Gauche si voltò a guardarlo e da oltre la propria spalla i due si scambiarono un ultimo sguardo. Annuirono, Gauche sorrise, Jiggy fece un cenno teso. - Io vado da Zazie, voi trovate Lag. A dopo. -
Dopo di questo, Jiggy partì, attraversò tutto il ponte e la passerella fra i sacchi di lettere, infine volò oltre il parapetto, sfiorando Gauche di pochi centimetri. La sua sciarpa ed i suoi capelli bianchi si scostarono, il suo sguardo lo seguì trattenendo il fiato.
Strinse le mani convulsamente nel bordo fino a che divennero bianche, si morse il labbro ed un senso di preoccupazione l’accompagnò per tutto il volo di Jiggy col suo cavallo di ferro. Un cavallo che per un momento sembrò avere le ali.
“Fa che lo riveda davvero, dopo…” Pregò Gauche con gli occhi che gli bruciavano. Lasciarlo andare ed esortarlo a fare la cosa giusta non era stato facile, ma sapeva che doveva aiutare Zazie e Lloyd. Lo sapeva.
- A volte lasciar andare è il più grande atto d’amore. - Disse Lode sapendo cosa si agitava nel suo compagno di viaggio.
Gauche annuì, poi proteso tutto in avanti per vedere quando atterrava, lo vide arrivare sulla terra ferma sano e salvo. Il cavallo di ferro fece un paio di sobbalzi, ma Jiggy aumentando l’andatura riuscì a rimanere in piedi e a proseguire la corsa come se non avesse appena fatto un volo di svariatissimi metri.
- Atterrato. - Disse poi Lode, Gauche sospirò di sollievo.
A volte si chiedeva cosa sarebbe cambiato in lui ritrovando il cuore che aveva perso.
Avrebbe amato di più le persone che amava ora? Che amava proprio per la memoria dell’anima insita in lui? Oppure avrebbe amato di meno, magari?
Cosa, in che modo la sua vita sarebbe diversa?
Ma poi si diceva che era inutile pensarci, perché quel che era andato perso, era perso per sempre.
Anche se poi pensava con affetto a Silvet, a Lag, ad Aria, al dottor Thunderland. Ed amava profondamente Jiggy.
Allora si diceva che in ogni caso non tutto si perdeva. Che qualcosa restava lo stesso, qualcosa era incancellabile. E quello nessuno glielo avrebbe mai portato via.

Accelerò quando in lontananza vide sopraggiungere una marea di gaichu piazzarsi proprio davanti alle rotaie.
I gaichu bloccarono la strada del treno che iniziò a frenare per non arrivargli addosso, Jiggy assottigliò lo sguardo con l’ansia che saliva.
Forse non si sarebbe fermato in tempo e comunque quei gaichu erano davvero tanti.
Per un momento la questione lettere venne messa in totale secondo piano.
Accelerò l’andatura, prese la sparacuore e la tese davanti a sé, infine mirando ad un dei punti deboli del primo gaichu in vista, sparò.
Il raggio blu oltremare sfiorò la fiancata del treno e colpì il mostro che esplose in mille piccole luci che illuminarono quel buio ormai pesto.
Il sole era definitivamente spento, non si sarebbe più illuminato e qualunque cosa stesse succedendo dentro Akatsuki, dove c’era l’organo dell’imperatrice, ormai era chiaro che lei doveva essere morta.
Jiggy fermò il cavallo di ferro sopra una collina a ridosso delle rotaie e con ancora la pistola in mano, cercò immediatamente Zazie all’interno del treno. Lo vide affacciato ad uno dei finestrini, il mezzo ancora in movimento, ma in rallentamento.
Una strana gioia nel rivederlo, si sentì vagamente idiota ma fece egregiamente finta di nulla. Zazie riconosciuto immediatamente il suo proiettile, lo cercò sulla collina e appena lo vide, si illuminò arrossendo come suo solito.
- Nella vita si può conquistare tutto quello che si vuole, a patto che si sia disposti a perdere tutto. E questo Zazie è il momento di conquistare! -
Disse Jiggy a voce chiara parlando proprio a lui, per incoraggiarlo a darci dentro e a non mollare.
Sapeva quanto doveva essere dura per lui, stava andando dalla persona che amava senza avere idea di che intenzioni avesse, come pensava di concludere tutta quella storia.
E sopra le loro teste il grande uovo gigantesco che conteneva Spiritus, il gaichu primordiale, risuonava come se stridesse. Era una specie di lamento, un verso, un urlo. Non era chiaro cosa fosse, ma qualcosa da lì stava uscendo.
Il guscio che aveva contenuto il gaichu per secoli, lo scheletro del sole artificiale, iniziava a sprigionare delle lingue di luce attraverso le crepe.
Spiritus stava uscendo e ad ogni crepa, ad ogni spiraglio che trovava, risucchiava da qualche parte nel mondo un’intera città privandola completamente dei cuori. Nemmeno il bisogno di avvicinarsi fisicamente, pur da lì, pur così distante, lui riusciva a nutrirsi.
La speranza stava morendo, la speranza era appesa ad un filo sottile e si chiamava Lag.
Jiggy pensò a cosa avrebbe fatto se la speranza della salvezza del mondo intero fosse stata nelle mani di Gauche.
“Io l’avrei rapito e glielo avrei impedito. A costo di gettare il mondo nel caos! Non l’avrei mai lasciato.”
Perciò sapeva quanto dura dovesse essere per Zazie, quanta voglia di correre da lui a vedere come stava. Invece serviva lì fuori a combattere i gaichu.
Zazie saltò giù dal treno chiamando a gran voce Connor e senza discutere, si mise a sparare ai gaichu e a combatterli.
Un colpo, due colpi, correndo, saltando, andando loro incontro. Senza sosta, senza arrendersi.
Ben presto a loro si unirono anche gli altri Bee del treno in grado di combattere, ma tanti gaichu abbattevano, tanti ne arrivavano. Come se non ci fosse fine.
Jiggy sparava e combatteva senza perdere di vista Zazie, se la stava cavando meglio di come ricordava. Era migliorato molto. Lo guardò muoversi e sentì uno sciocco moto d’orgoglio, come se fosse una sorta di erede.
Ci teneva in qualche modo.
Una strana sensazione d’euforia lo invase, ricordò in un istante quando avevano combattuto insieme contro il Cabernet, le prodezze realizzate insieme sul cavallo di ferro, durante il lungo inseguimento.
La sorpresa e l’imbarazzo di Zazie nel ritrovarsi con lui e poi la gioia pura e spontanea nel fare una cosa simile col suo idolo.
L’aveva fatto sentire di nuovo vivo, dopo lunghi anni passati a sentirsi sempre più morto senza Gauche.
Gli era piaciuto essere sincronizzato in modo così spontaneo con qualcuno.
Ed ora era uguale, se ne rese conto mentre dalla distanza prendevano di mira gli stessi gaichu grossi per colpirli nello stesso punto, contemporaneamente, e farli fuori in un istante. Mentre poi colpivano i gaichu più piccoli dividendoseli senza doversi mettere d’accordo.
Sapevano chi, quando e come.
Euforia.
Erano fatti per combattere insieme.
Jiggy fece un ghigno e guardò nella sua direzione, fra un colpo e l’altro.
Anche Zazie stava sorridendo, nonostante la situazione disperata. E non si sarebbe fermato.
“Sta bene, sta meglio di quel che pensavo. Avevo paura che avesse perso lo spirito combattivo, la sua vitalità, invece è lì come sempre che non si ferma e non si darà tregua finché l’ultimo mostro non sarà caduto. Non c’è da preoccuparsi per lui.”
Poi con la coda dell’occhio vide una carrozza ferma ad un albero, poco distante dalla ferrovia.
Due figure in piedi vicino all’albero rinsecchito, una delle due familiari.
Jiggy trattenne il fiato.
Largo Lloyd con suo padre. Smise di respirare per un istante.
“Forse è ora che ricambi il bene che mi ha fatto.”
Pensò ricordando quello che aveva visto nel cuore di Lloyd, quando glielo aveva finalmente mostrato.
Non voleva uccidere suo padre, semplicemente guardarlo un’ultima volta prima di morire. E ricordargli cosa aveva fatto a sua madre, sua moglie.
Solo questo. Poi, semplicemente, voleva porre fine alla propria vita già duramente provata, una vita che comunque non sarebbe andata avanti per molto.
Jiggy si trovò ad un bivio a quel punto. Intervenire sui suoi desideri letti fin troppo facilmente, oppure lasciargli fare come voleva?
Aveva diritto lui di decidere come Lloyd doveva morire? Aveva diritto di impedirglielo?
In un nano secondo, guardando che dopo aver salutato suo padre se ne andava tirando fuori una sigaretta da un contenitore diverso dal solito, un contenitore dove ce ne era solo una, Jiggy decise.
Che fosse suo diritto o meno, non era il momento di arrendersi comunque, come aveva detto a Zazie per stimolarlo a non darsi per vinto nonostante tutto.
Così senza aspettare un secondo di più tese la pistola e sparò verso la sigaretta sulle sue labbra, la prese in pieno e prima che se l’accendesse, la fece volare via.
Non era quello il modo di morire. Se proprio doveva, poteva farlo in modo più utile per la causa mondiale.
Lag aveva bisogno di aiuto, non di gente che si sacrificava da sola.
Questo gli avrebbe detto a Largo.

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Capitolo 44
*** Luce eterna ***


la_proporzione_perfetta44 *E qua c'è la fine del manga, ma non della mia fic. Non potevo concludere così. Chi ha letto il manga sa cosa sta per succedere. Per scrivere come sempre ho cercato di amalgamare le scene importanti scritte nel manga con qualcosa di extra, da 'dietro le quinte' per così dire. Chiaramente quel che fa Lag era centrale e così spero solo di averlo reso bene. Se possibile sarebbe meglio leggere ed ascoltare le due canzoni scelte per questo capitolo. Buona lettura. Baci Akane*

44. LUCE ETERNA


lag
"Che Dio ci benedica tutti Siamo gente che ha perso la fede che vive sotto il tiro di un'arma carica E non può essere sconfitta, Non può essere superata, Non può essere sopraffatta, Non può essere sorpassata NO ! Come ricordi in freddo decadimento, Trasmissioni che echeggiano lontano, Lontano dal mio mondo e dal tuo, Dove gli oceani sanguinano nel cielo. E Quando chiudo gli occhi stanotte, verso sinfonie di luce accecante. Sollevami, lasciami andare"
/The catalyst - Linkin Park/


Chiko non era riuscita a sparare il suo proiettile contro Spiritus usando il macchinario dell’Imperatrice, i cuori delle persone arrivate da Reverse per sacrificarsi per farle sparare quel proiettile, erano così pieni d’angoscia che lei non ce la fece. Così, dopo aver fallito, si rimise anch’ella nelle mani di Lag, come tutti.
Per lui non fu facile riprendersi dallo shock di vedere la madre morente, la loro guida, nonché Head Bee, gli spiegò che non potevano liberarla perché era la sola che impediva ala grande quantità di cuori nel calderone di disperdersi. Tuttavia lei ormai non era più in grado di sparare alcuna energia vitale contro Spiritus per tenerlo a bada, ormai era morente e non sarebbe riuscita a riprendersi. Lag non poteva fare assolutamente nulla per lei, se non spazzare via definitivamente Spiritus e per quello gli servivano le lettere della gente, i cuori di tutti.
Dentro la capitale, nel cuore del calderone, dove erano loro, non si percepiva quel che stava succedendo fuori.
Da dentro, l’esterno era un mistero, era quasi lontano anni luce. Ma a riportarli alla realtà delle cose, a fargli capire quanto grave fosse la situazione, arrivarono i residui della battaglia che si stava consumando.
Le vetrate del soffitto si ruppero e finalmente poterono vedere.
Spiritus si stava risvegliando, il guscio che lo conteneva, un sole ormai spento poiché non più nutrito da nessuno, si stava crepando e da ogni fessura lingue luminose scaturivano come delle fruste che avevano vita propria. Fluttuavano nel cielo fino ad arrivare a terra, in una qualunque parte del mondo, piombavano su una città intera e in un battito d’ali tutte le persone perdevano i loro cuori completamente.
Una, due, tre, cinquanta, cento città in un lampo ed aumentavano mentre erano lì a chiedersi come fare.
Non ce l’avrebbero mai fatta prima della fine, Spiritus ormai, da dentro, era sveglio. Presto sarebbe uscito del tutto. Presto non avrebbero visto solo le sue lunghe code di luce che succhiavano via la vita della gente. Presto avrebbero visto tutto il grande gaichu primordiale.
Esattamente nell’istante in cui si chiesero come fare, dal pezzo di cielo che vedevano da lì dentro, si mostrò a loro un grande galeone fluttuante, creato e condotto dalla sorella di Niche versione ragazza-uccello dorato.
Al suo interno, oltre a pacchi di lettere infiniti, c’erano anche Lode e Gauche.
La sorella di Niche prese lei e Lag e li spostò sul tetto del calderone della capitale, una specie di grande cattedrale visto da fuori, il soffitto sfondato.
Li posò sopra mettendoli così esattamente sotto Spiritus.
Poi la ragazza maka con la nave si sistemò fra Lag e Spiritus in attesa.
Dalla nave spuntò Gauche sorridendo verso Lag il quale, sorpreso, felice e a bocca aperta, lo vide e lo salutò.
I due si rividero di nuovo dopo un tempo quasi infinito, un tempo a digiuno per molti.
Fu strano vedersi in quel momento. Lag era più adulto, mentre Noir era molto più simile a Gauche.
- Con l’aiuto della sorella maggiore di Niche ho portato i cuori di tutti quelli che vivono lontano da qui, nelle terre oltre l’oceano. Qua ci sono i desideri e le speranze di tutti. - Disse Gauche calmo. Sotto di loro, la ragazza maka aveva preso il treno con le lettere portate dai Bee, rimasti a terra a combattere contro i gaichu che li cercavano attirati dalla marea di lettere accumulate.
Ed ora erano tutti lì. I desideri ed i cuori di tutti. Tutte le persone del loro prezioso mondo, in attesa di essere utili, di poter aiutare Lag in quell’impresa disperata.
Un peso enorme, un mondo intero sulle spalle.
Il momento era giunto.
Lag rimase un istante fermo, senza respirare, a guardare le lettere sopra la sua testa. Quel peso, quel mondo, quell’universo ora aspettava lui. Sarebbe stato in grado? Avevano tutti sacrificato ogni cosa per questo. Zazie stesso aveva sacrificato i propri sentimenti per permettergli di salvare tutti, capendo che la propria felicità non poteva venire sopra quella di altri.
Gauche e Jiggy avevano rischiato le loro vite per raccogliere tutte quelle lettere nelle sconosciute terre oltre oceano. Così come tutti i Bee rimasti che avevano fatto esattamente la stessa cosa.
Ognuno, lì dentro, persino Lloyd aveva fatto del suo meglio pensando di salvare le persone.
Adesso tutto si radunava sopra la propria testa, tutto finiva nelle proprie mani.
Tutto.
- Spara. - Sentì poi. - SPARA! - Gridò infine Gauche verso Lag, tuonando senza esitazione. - SPARA LAG SEEING! -
E fu così che Lag ritrovò la sicurezza e di nuovo con la convinzione di quando era arrivato, strinse la pistola sparacuore ed iniziò a caricarsi per sparare il nuovo proiettile imparato. Un proiettile che si amplificava coi cuori delle persone, con le lettere.
Un proiettile che avrebbe dato fondo all’intero potere dell’insetto spirituale nel proprio occhio, colui che gli dava forma e che gli permetteva di non tornare ad essere luce pura.

Jiggy si avvicinò a Zazie con Lloyd dietro le sue spalle.
Gli aveva chiesto di poter parlare con Lag, l’ultimo desiderio. Si stava spegnendo, non ce l’avrebbe fatta ad andare oltre per molto tempo. Non si era ucciso, però voleva parlare con Lag, così Jiggy voleva portarlo sulla nave di Gauche e Lode sul cavallo di ferro.
Si fermò da Zazie che teneva ancora a bada i gaichu.
- Ascolta! - Disse poi interrompendolo. Zazie smise di sparare e si girò, quando lo vide con Largo Lloyd in quelle condizioni emise un verso schifato, Lloyd lo ringraziò ironico.
- Beh, direttore, ha un’aspetto orrendo! - Disse senza peli sulla lingua.
- Non sono più il vostro direttore. - Corresse paziente Lloyd, sempre con il suo strano sorriso sulle labbra.
- A dopo i dettagli! - Li interruppe seccato Jiggy. - Zazie, lo porto sulla nave. Non ci stiamo più di due. - Disse rivelando poco velatamente la sua intenzione originale di portare lui con sé.
- Chiedo scusa, ma ogni tanto prendo ancora la via preferenziale… - Scherzò Lloyd per allentare la tensione. Zazie sparò ad un gaichu tornando a guardare i due sul cavallo di ferro che aspettavano una sorta di benestare.
- Come pensi di fare? Non sono dietro l’angolo… - Gli fece notare Zazie. Jiggy puntava all’interno delle mura, il portone ormai sfondato da Reverse lasciava la via aperta a tutti. Da lì si intravedeva l’interno della capitale, fatta di colline, alberi rigogliosi e salite che si concentravano intorno alla cattedrale, ovvero il calderone dell’alveare, dove per anni erano rimasti addormentati i cuori da sacrificare per Spiritus, dove l’Imperatrice e l’Head Bee avevano reso possibile quell’orribile destino.  Da lì, verosimilmente, avrebbe trovato un posto dove buttarsi per raggiungere la nave. 
- Mi lancerò! - disse come se fosse una cosa da nulla.
- Oh beh, allora in questo caso… - Commentò Zazie sapendo cosa poteva fare con quel cavallo di ferro visto che l’aveva fatto con lui.
- Come, che pensi di fare tu!? - Stridette Lloyd invece guardandolo contrariato. Non aveva mai avuto molta simpatia per quel mezzo, al contrario di Zazie.
- Vuoi parlare con Lag? - Chiese freddamente Jiggy fissandolo di sbieco. Lloyd sospirò rassegnato. 
- Immagino che se chiedo a te una cosa simile, non ci si può aspettare niente di indolore… -
- Pensavo che volessi morire! - Lo rimbeccò seccato Jiggy.
Zazie lo guardò torvo.
- Era tutta una scena per passare come eroe! - Disse velenoso, geloso che fosse sul cavallo di ferro con lui.
Jiggy sospirò spazientito, sparando ad un gaichu alle spalle di Zazie.
- Sono venuto solo per dirti che non posso portare te. Però torno quando lo lascio. - Comunicò senza ammettere repliche di nessun tipo. Zazie rimase sorpreso delle sue intenzioni, non aveva immaginato che fosse così preoccupato per lui. Certo, che gli scrivesse ogni tanto per dirgli cosa stava facendo era sospetto, però sentirlo che voleva portarlo con sé ed aiutarlo era motivo di gioia.
Annuì sorridendo orgoglioso.
- Andate. - Disse quindi. Jiggy girò il mezzo per partire, Lloyd si tenne stretto pregando se non altro di arrivare vivo sulla nave, non voleva che la propria morte fosse invano. - Lloyd. - Lo fermò poi Zazie. Si voltò, i suoi occhi si posarono sui suoi scuri, attraverso le lenti da guidatore. - Portagli i miei saluti. -
Non disse ‘lo aspetto’, o ‘che si sbrighi’. Perché in cuor suo ormai lo sapevano tutti.
Lo sapevano che non sarebbe tornato.
Lloyd annuì, Jiggy girò il volto per non guardarlo oltre, perché non poteva reggere il suo sguardo e dirgli che lo sapeva anche lui, che Lag non sarebbe tornato da loro.
Infine partirono.
Poco dopo da dentro le mura, proprio sotto la grande nave volante dove erano tutte le lettere, una luce iniziò a brillare e a scaturire.
Zazie la riconobbe subito. La sua luce era diversa da quella di chiunque altro. Persino da quella del sole artificiale.
La sua luce era un’altra.
- È Lag! - Esclamò guardando in sua direzione.
Poco dopo, quella luce divenne un raggio, il raggio di luce colpì le lettere e si centuplicò, infine continuò il suo viaggio contro il guscio di Spiritus e lo investì completamente.
In un istante si fece giorno su tutta la capitale ed il tempo si fermò. Per un momento fu come se si fermasse. Nessuno respirava, nessuno si muoveva, nessuno sapeva nemmeno di essere ancora vivo. Per un momento fu come la fine del mondo concentrata in un istante. Poi, quando la luce scemò, lo stesso mondo sospeso nel nulla iniziò a tremare, un rombo viscerale li scosse, qualcuno azzardò l’ipotesi che fosse il tentativo di Spiritus di opporsi al proiettile di Lag, qualcun altro gridò che qualunque cosa fosse, era ora di scappare e mettersi in salvo.
- Scappare? E dove? - Gridò Zazie ironico non vedendo vie di fuga.
Fu tutto veloce e caotico, il rombo, il tremore generale e poi delle strilla, strilla acute, potenti, che ferivano le orecchie.
Il guscio si era rotto e da quello erano usciti tutti i cuori rubati nel corso di anni ed anni.
Una valanga di luce ritornò indietro dal guscio aperto e tutti i cuori che stavano nutrendo Spiritus, da esso scapparono e tornarono ai legittimi proprietari.
Da fuori loro videro solo questo.
Poi le urla. Urla particolari, urla inumane. Urla indescrivibili.
Il terrore nelle ossa di chiunque. E tutti lo sentirono.
‘MAMMA CUORI’
Come se fosse vivo, come se fosse senziente, come se avesse uno scopo, un motivo, una coscienza, un’anima.
Infine lo videro, mentre cercavano di scappare da lì.
Lo videro mentre realizzavano il vero significato della parola paura, un significato che fino a quel momento non avevano capito davvero.
Dal guscio aperto da Lag, dopo tutti i cuori rubati, uscì Spiritus molto più affamato di prima, perché ogni pasto che lo teneva relativamente calmo, era ora svanito.
Il gaichu primordiale aveva così una forma di ape, un’ape gigantesca il cui pungiglione posteriore era lungo e acuminato.
Quello stesso pungiglione iniziò a scagliarlo sotto di sé, alla ricerca del nemico che gli aveva rubato i cuori.
Alla ricerca di Lag.
Zazie lo realizzò, mentre lo guardava da fuori e Garrard lo trascinava via a forza, al posto di permettergli di entrare nelle mura e raggiungere Lag. Zazie lo realizzò e si sentì morire.
Stava succedendo ora, stava succedendo in quel momento.
Lag aveva sparato il suo proiettile, aveva liberato i cuori, ma purtroppo anche Spiritus ed ora questi si stava vendicando. L’avrebbe trovato. L’avrebbe trovato e l’avrebbe trapassato col suo maledetto pungiglione gigantesco.
Il suo Lag stava per morire, stava morendo in quel momento.
La fine era ora, si disse Zazie mentre le proprie lacrime restavano congelate sulla soglia degli occhi, incapaci di uscire, com’era incapace il proprio tempo di proseguire.
Non ce l’avrebbe fatta. Era stato tutto vano.
Tutto vano.


Dopo che Lag sparò Hikaribari, il proiettile di luce amplificato dai cuori delle lettere, il guscio che conteneva Spiritus ed i cuori rubati, si ruppe definitivamente e da quello spiraglio fuoriuscirono tutti i cuori che per anni ed anni erano stati risucchiati. Ogni cuore, ogni anima, ogni pezzetto di consapevolezza, di speranza venne liberato dalle catene di quel lungo incubo.
Lag venne investito in pieno da quel flusso e la sua anima funse da calamita per quelle che gli stavano nel cuore.
Perciò trovò Silvet e l’afferrò al volo.
Vide quel che aveva passato sin da piccola e poi nella sua assenza, infine vide il resto del puzzle che rimaneva.
Quando sua madre, Ann, l’Imperatrice, gli aveva detto che per sapere cosa fare doveva radunare le memorie antiche dei soggetti nati il giorno del Balenio, lui non era riuscito a radunarle tutte.
Ma lì in quel flusso trovò le due memorie mancanti, quella di Silvet e quella dell’ultimo individuo. Così Lag che teneva in sé anche quelle delle altre precedenti, si abbandonò ad esse e poté finalmente vedere le origini del loro mondo, quel segreto inenarrabile che avrebbe potuto salvare tutti, la sola cosa rimasta, l’ultimo atto, il gesto estremo.
Tutto racchiuso in quell’istante.
Una storia intera durata anni, secoli da un certo punto di vista, per concludersi in quel momento, in quell’atto, in quella visione.
Fu così che Lag vide. Vide tutto.
Ed in quello capì cosa avrebbe dovuto fare, qual era l’ultima cosa rimasta.
Nello sparare il proiettile dell’insetto spirituale del proprio occhio, questi si era consumato per dare fondo al suo potere completo.
Quel che rimaneva di Lag, la forma umana, sarebbe rimasta tale per poco, ormai.
Per agire gli rimanevano pochissimi aliti di vita, prima di dissolversi.
Istanti. Istanti eterni. Istanti vissuti per sempre nei cuori di chiunque l’avrebbe ricordato.
Un destino, una vita, una luce, un senso, un significato.
Il riassunto di ogni domanda, il riassunto di ogni gesto, il punto conclusivo.
Un istante per realizzare ogni cosa.
Quando Lag riprese i sensi, dopo la visione avuta, vide Niche sopra di sé che lo riparava coi propri capelli posti a scudo. I due si guardarono. Lei sorrise perché stava bene ed era vivo.
Poi gli cadde sopra.
Il pungiglione di Spiritus l’aveva trapassata completamente e lei, per proteggere Lag, se lo era preso tutto.
Niche cadde su Lag, morta.

- Farò disperdere le tenebre! Porterò la luce!È il momento di far risuonare questi cuori! -
Puntò la sparacuore stringendo a sé l’inerme Niche e caricando l’arma di tutto sé stesso, s’incanalò e si sparò da solo verso Spiritus, il gaichu primordiale che stava uccidendo chiunque incontrasse.
Si sparò prima di disperdersi nel nulla. Nel farlo, mentre spariva, si concentrò perché lui ora sapeva cosa fare e come farlo. E l’avrebbe fatto.
Infine sparì, l’arma cadde a terra senza più nessuno a stringerla.
Il dolore di Lag fu assoluto ed immediato, come un’esplosione atomica.
Il mondo intero si illuminò con la potenza di mille soli esplosi insieme.
Chiunque fosse nelle vicinanze fu investito da una calda e dolcissima onda d’urto che lo fece cadere a terra e chiudere gli occhi.
Poi, nelle menti, una voce.
Una tenera, delicata dolce carica di dolore, consapevolezza, accettazione e maturità.
La voce di chi ora avrebbe preso le cose nelle sue mani, la voce di chi sapeva cosa fare e l’avrebbe fatto.
La voce della conclusione.

Jiggy saltò dalla roccia più alta trovata all’interno della capitale e planò direttamente sul ponte della nave di Gauche, il quale si fece in parte e per quel breve lasso di tempo si sentì sollevato nel rivederlo.
Lo fece come se fosse abituato, Lloyd lo notò, ma non disse nulla.
Scese subito dal cavallo di ferro e si affacciò al bordo della nave piena di sacchi di lettere. In parte Gauche guardò shoccato Jiggy e per un momento, un momento troppo veloce per essere colto e capito, fu come se Gauche guardasse Jiggy per la prima volta dopo un lungo sonno.
Il flusso di Lag divenne un fiume in piena, una cascata che sgorgava al contrario, dalla terra al cielo e lì investì tutti.
Lloyd chiamò Lag dicendo di portarlo con sé, trasformarlo in luce, consumare il suo cuore per usarlo come energia contro il gaichu, ma lui non lo prese.
L’anima di Lag incontrò quella di Niche e di sua madre e da esse trasse la forza per completare l’atto finale, poiché nessuno li avrebbe più separati.
Fu così che Lag si infranse contro Spiritus ad una velocità massima, nelle vesti del proiettile definitivo e finale.
Il grande gaichu risuonò sopra di loro illuminando il mondo a giorno e mentre egli si dissolveva in miliardi di piccole stelle luminose, Lag scendeva sotto forma di essenza, dolcemente dai suoi amici a salutarli, spiegando loro cosa sarebbe successo da lì in poi.
La voce della consapevolezza, la voce della conclusione, la voce dell’amore, la voce della luce.
Lo videro un’ultima volta nelle sue sembianze di bambino, sembianze assunte grazie ad una pietra spirituale che ormai non c’era più, sembianze che non servivano essere mantenute.
Con dolcezza spiegò.
Quando aveva potuto vedere la memoria antica di Amberground, aveva visto che prima di Spiritus c’era un sole vero che illuminava tutto il mondo, ma poi l’oscurità l’aveva mangiata gettando il mondo nelle tenebre.
Così Lag aveva capito il significato della luce dentro di sé e mentre si incanalava abbandonandosi alla sua forma reale e definitiva, disse che sarebbe diventato lui il nuovo sole.
Un sole che avrebbe brillato per tutti quanti, per sempre.
Infine ringraziò tutti uno ad uno, affidò la gente di Amberground a Largo Lloyd chiedendogli di guidarli per il tempo che gli sarebbe rimasto, lo ringraziò per la speranza che aveva riposto in lui quando aveva condiviso la verità celata dietro al sole artificiale, ciò che aveva dato inizio a tutto.
- Connor, Zazie, amici miei… - Zazie era a terra, in quel momento. Avvolto dalla sua luce calda, una luce che aveva vissuto, nella quale si era bagnato molte volte, una luce che amava profondamente in un modo inspiegabile.
Vi si abbandonò sentendolo lì con lui. In lui.
- Vi voglio e vi vorrò sempre bene. - Connor scoppiò a piangere, Zazie non trattenne le lacrime e sentì quel ‘ti amo e ti amerò sempre’ dritto nel proprio cuore, qualcosa che sarebbe stato solo suo per sempre, che lui avrebbe sempre saputo, sempre sentito.
Un’ondata di calore lo invase mentre cercava di mitigare il grande dolore che avrebbe potuto farlo impazzire.
- Ma tu guarda questo stronzetto malefico… bella gattina, fai sempre di testa tua, eh? - Ma dopotutto l’aveva saputo dal momento in cui aveva ricevuto quella lettera insieme agli altri, quando aveva detto che avrebbe trovato un modo per salvarli tutti.
L’aveva capito in quel momento ed il dolore vissuto da quel momento poi era stato un lungo e faticoso cammino verso l’accettazione di qualcosa difficile da digerire, ma che alla fine aveva capito non poter cambiare.
Accettare l’inaccettabile. Era possibile?
Venendo ad Akatsuki quel giorno, l’aveva fatto.
Quando aveva stretto il collo di Lag prima di farlo salire sul treno, l’aveva salutato in quel momento. Per sempre. L’ultimo istante in cui le sue braccia avevano toccato il suo corpo umano. E forse l’aveva sentito davvero, in quel momento, che poi non l’avrebbe più toccato. Ma allo stesso modo aveva saputo che l’avrebbe risentito ancora, che l’avrebbe avuto ancora davanti a sé. Quello l’aveva percepito col suo istinto selvatico. Che era un addio, ma non la fine.
Zazie visse quel saluto con rassegnazione, piangendo perché era inevitabile, ma pronto ad esserne colpito.
Lag salutò Gauche e Lode chiamandolo Noir, quando aveva liberato i cuori aveva incontrato quello di Silvet, ma non aveva capito cosa poi era stato di quelle anime.
Gauche era in piedi e sorrideva con la dolcezza tipica sua, la dolcezza che aveva visto quel giorno, quando si erano incontrati per la prima volta, quando poi dopo averlo consegnato alla zia si erano salutati.
Lag gli disse che se era diventato un Bee era stato grazie a Gauche e Lode, perciò li ringraziava dal profondo del suo cuore per essere semplicemente esistiti.
Gauche però sorridendo disse che se c’era qualcuno che doveva ringraziare, quello era lui. E che piuttosto sperava di diventare lui un Bee come Lag.
La voce ed il dolce saluto di Lag raggiunse tutti su Amberground, chiunque avesse incontrato in vita sentì la sua carezza, infine andò da Silvet, a casa insieme ad Aria ed al dottore in attesa della fine.
E la fine arrivò.
Sotto forma di luce.
Silvet, che aveva perso completamente il cuore nel lungo periodo passato da sola in attesa del ritorno di Lag, si alzò in piedi ritrovando non solo il proprio cuore, ma anche la capacità di camminare perduta quando era nata, per via del Balenio.
Silvet piangeva, in piedi sulle sue gambe, le braccia aperte.
Lag prese forma nella luce che le venne incontro, un’ultima volta, insieme a Niche.
La salutò.
Infine si dissolse definitivamente diventando quel sole che sarebbe per sempre rimasto con loro, un sole che li avrebbe accompagnati in ogni passo, che avrebbe sostenuto, consigliato, ascoltato e che non avrebbe mai fatto sentire solo nessuno.
E per chiunque avesse cercato ancora Lag, avrebbe potuto sentire la sua voce. La sua risata cristallina. Il suo spirito nel loro cuore per sempre, in ogni istante, ovunque.

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Capitolo 45
*** Un sole per sempre ***


la_proporzione_perfetta45 *Ecco un altro capitolo. Sappiamo che Silvet si è risvegliata e si è alzata, perciò sappiamo che ha recuperato tutto il suo cuore. Da questo principio ho scritto questo capitolo. Lag è diventato il sole, un sole vero, che splende alto ed illumina tutto e si muove nei cicli di giorno e notte per ricoprire tutto il pianeta. Prima di lasciarli ha salutato tutti ed ha chiesto a Lloyd di guidare Amberground in questa rinascita, anche se ormai il suo corpo sta morendo. La vita riprende, ma Zazie rimane senza il suo Lag, vediamo come reagisce e come farà. Buona lettura. Baci Akane*

45. UN SOLE PER SEMPRE


zazie jiggy
"Tu lo sai che non è la fine Si' che lo sai... Che viene maggio E sciolgo le brine.
[...]Così ti cerco E grido forte Da in mezzo al mondo Solo io Posso trovarti Solo io E inginocchiarmi Solo io per innalzarti Mio sole mi senti Solo io Da quante lune Solo io Ti aggiusto il cuore Solo io Io sono un'ombra E tu, e tu sei il sole Così mi manchi E grido forte"
- Zucchero - E' delicato -

Non avrebbe più rialzato gli occhi, fosse stato per lui.
Quando Jiggy era arrivato per vedere come stava, l’aveva visto seduto per terra a piangere con il viso chiuso fra le mani, così l’aveva raccolto e fatto salire sul cavallo di ferro dicendo che l’avrebbe riportato a casa.
Jiggy e Gauche stavano andando a casa da Silvet, Aria ed il dottore. Quest’ultimo sarebbe stato preso e portato alla capitale per aiutare Largo Lloyd e tutti gli altri feriti i quali considerato quel che era successo, non erano molti.
Lloyd doveva essere rimesso in sesto il più possibile per poter condurre la gente in quel nuovo Amberground e predisporre bene le cose per il nuovo domani. C’era solo una persona in grado di curare qualcuno in maniera adeguata.
Così Jiggy, Gauche e Lode avevano deciso di tornare a Central a recuperarlo, usando la nave volante della sorella di Niche.
Non avevano idea di che cosa avrebbero trovato, avevano visto tutti le anime volare via, ma non sapevano cosa ne era stato.
‘Vado a recuperare Zazie.’
‘Perché?’
‘Perché ha perso Lag. Sarà distrutto. Avrà bisogno di me.’
‘Ma lui non l’ha perso…’
Jiggy non aveva capito subito le parole di Gauche, così come non aveva capito cosa gli era successo mentre i cuori venivano liberati.
A prima vista sembrava uguale, Noir aveva iniziato a vivere secondo l’istinto insito in sé da un po’, ormai, e si comportava già come Gauche, per questo Jiggy lo chiamava così. Per cui no, non aveva notato.
A quel punto aveva allargato le braccia, aveva alzato il viso e chiudendo gli occhi si era rilassato in un’espressione di gioia ed abbandono. Jiggy aveva tremato, per un momento, a quella visione. Ma ancora non ci aveva voluto intenzionalmente vedere quello che gli era parso per un istante, un flash velocissimo.
‘Non lo sentite?’ Aveva detto rapito. Jiggy e Lode avevano guardato in alto, verso il cielo azzurro e terso, più bello di così non era mai stato, il colore vero del cielo non l’avevano mai visto.
E quel sole, quel sole era così bello, ora.
Jiggy così aveva capito.
‘Lo porto con me, torno subito.’
Jiggy era sceso con la moto con una facilità quasi sconcertante, portando giù Lloyd come richiesto, il quale voleva rimanere lì e vedere cosa rimaneva della capitale dopo l’attacco sia dei gaichu ora annientati insieme al colpo finale di Lag, sia dopo l’attacco di Spiritus.
La ragazzo maka accontentò Gauche e spostò la nave abbassandola alla portata di Jiggy e Zazie.
Erano risaliti più in fretta, ma il piccolo bee non si era staccato dal cavallo di ferro e nemmeno da Jiggy, così insieme erano ripartiti.
I due giovani si guardarono eloquenti.
‘Non vuole staccarsi.’ Diceva lo sguardo di Jiggy.
Gauche sorrise consapevole, poi annuì e si avvicinò dolcemente, gli mise una mano sulla schiena e lo carezzò confortandolo senza troppe cerimonie, gesti o parole.
- Zazie… - Mormorò piano. Zazie non si mosse, strinse di più la presa intorno al corpo di Jiggy. - Zazie… - Insistette Gauche piano. - Guarda… - Disse poi. Zazie non si mosse ancora, così gli mise la mano sulla spalla tirando leggermente. - Guarda su… - Zazie scosse il capo. - Sì… guarda solo questo… - Zazie sospirando snervato, decise di staccarsi per guardare, per farlo smettere. Appena mosse gli occhi verso il cielo, Gauche poté aggiungere sorridendo. - Guarda quanto è bello. -
A quel punto gli occhi si spostarono in alto, la prima cosa che videro e che prima si era rifiutato di guardare, fu l’azzurro intenso. Uno splendido azzurro chiaro.
Zazie spalancò gli occhi e trattenne il fiato, gli occhi pieni di lacrime si cristallizzarono e smisero di scendere lungo le guance.
Jiggy si girò verso di lui a guardare la sua reazione, interdetto, incredulo, poi indicò col braccio di affacciarsi giù dalla nave, Zazie si protese senza fiato.
Sotto, la nave sorvolava l’isola di Akatsuki dove erano stati ora, un’isola verde e rigogliosa grazie al sole artificiale che aveva splenduto per anni. Alberi verdi, erba brillante, fiumi.
Poi l’isola finì e cominciò il mare.
Un grande mare blu, le cui acque specchiavano il cristallo del cielo e la luce brillante del sole che rimandò tanti piccoli diamanti, come stelle accecanti, su verso di loro. La superficie quel giorno era calma, un piatto con alcune piccole dolci onde che portavano bellezza all’occhio umano.
Zazie riprese a piangere, ma non di angoscia.
Poi spostò lo sguardo più avanti, scendendo dal cavallo di ferro, per guardare meglio. Si affacciò al parapetto e vide verso Yusari, il cerchio di terra di mezzo, dove aveva lavorato come Bee per la maggior parte dei suoi anni. La rotaia che stavano sorvolando si sarebbe presto congiunta alla seconda isola circolare, un enorme anello che si allargava intorno ad Akatsuki, la capitale.
E da lì già la vedeva.
Terre aride dove la polvere faceva da padrone, ma non era polvere grigia, era polvere marroncina, il colore della terra era marrone. Vide i manti rocciosi di svariate qualità di grigio brillare al contatto con il sole, alcune erano bianche e sembravano minerali preziosi.
In alcune zone c’era un po’ di erba secca che a fatica si trascinava verso l’entroterra dove villaggi colorati davano sfoggio di un’architettura che non aveva mai notato, di cui non aveva mai goduto.
- Non è bellissimo? - Ripeté Gauche. Zazie non si asciugò le lacrime, quella volta.
Sorrise ed annuì capendo cosa voleva dire.
- Era così meraviglioso? - Disse riferendosi ad Amberground. Gauche sorride avvicinandosi, si appoggiò alla balaustra insieme a lui, i gomiti e le mani giunte, un’aria persa in quel bellissimo spettacolo sotto di loro.
- Lo è sempre stato. Solo che non potevamo vederlo. - Poi spostò gli occhi viola sui suoi scuri e pieni di lacrime che lentamente avevano smesso di scendere. - Grazie a lui adesso lo vediamo. - Jiggy si avvicinò ai due, rimanendo in piedi dietro, Lode seduta su uno dei pali portanti della nave a guardare dall’alto lo stesso scenario che non aveva mai pensato potesse essere così bello.
Jiggy sorrise vedendo Zazie aprirsi e risollevarsi e sorrise vedendo Gauche con la sensibilità che gli aveva fatto perdere la testa la prima volta. Invariata nonostante tutto.
Nonostante tutto.
Jiggy strinse gli occhi con un’intuizione che tornò a scacciare per paura di una cocente delusione.
- Lag non è morto, Zazie. Non è svanito per sempre. Non lo senti? Lui è qua! Ci ha salvato, ci ha regalato questo mondo meraviglioso che grazie a lui sarà sempre bellissimo ed ora lo possiamo vedere davvero. Ed è qua. Non lo senti? Devi farci caso, devi concentrarti, lo devi cercare perché altrimenti non lo noti, però se ti fermi, ti raccogli e ti concentri, lo senti. - Gauche chiuse gli occhi ed alzò il volto verso il cielo, il caldo sole lo carezzò dolcemente e Zazie fece la stessa cosa, mentre Jiggy preferiva perdersi nel suo ragazzo.
Zazie chiuse gli occhi e abbandonò il capo all’indietro, si rilassò, respirò calmo, svuotò la mente da ogni paura, angoscia e pensiero e si concentrò solo sul calore di quel sole che non aveva mai provato. Un calore vero, autentico, diverso da quello del fuoco. Un calore che penetrava fin dentro le ossa, fino all’anima e ricaricava il cuore sfinito, perso e sgonfio.
L’energia riprese a scaturire lentamente.
‘Ciao Zazie’
La sua voce risuonò nella mente e Zazie spalancò gli occhi di scatto, incredulo, shoccato.
Gauche li aprì a sua volta, sorridendo consapevole. Jiggy, capendo cosa doveva essere successo, rimase senza parole e si avvicinò a Gauche mettendogli le mani alla vita per baciargli la nuca, come a ringraziarlo d’averlo salvato nel momento in cui Zazie stava per perdersi.
- Lo posso sentire! - Gauche annuì maturo e fraterno.
- Lo potrai sentire sempre. Lui non è morto. Lui è qua. E lo sarà più di prima. Solo che è in una consistenza e forma diversa. Ma non ti mancherà mai davvero se vivrai aperto come lo sei ora. Se lo lascerai entrare, lui non ti farà mai sentire solo, lo sentirai sempre. - Zazie tornò a piangere, ma di gioia, incapace di concepire la sua vita con un Lag spirituale ma comunque estremamente presente.
Chiuse di nuovo gli occhi e si sedette alla balaustra, le gambe verso l’esterno senza la minima paura di cadere. Le mani ai lati, un sorriso sulle labbra.
“Bella gattina, non te ne sei andato!”
‘Fai una cosa per me, Zazie, puoi?’ Disse poi la tenera voce di Lag, una voce più adulta e soave, ma sempre sua.
“Tutto quello che vuoi.”
‘Sorridi, Zazie. Sorridi sempre. Perché il mondo è un posto meraviglioso. E voglio vederti ridere sempre.’
Zazie così sorrise pensando che fosse sempre lui, che diventare il sole non l’aveva cambiato per niente e che era meglio così. Perché era quel Lag ingenuo, dolce ed ottimista di cui si era innamorato ed era quel Lag che avrebbe sempre amato.
Non era come averlo vicino, stringerlo, baciarlo, parlargli di persona. Non era come averlo lì sul serio. Però poteva abituarsi, poteva farselo bastare. Purché la sua presenza non gli fosse mai mancata.
Una folata di vento caldo l’avvolse, Zazie piegò la testa e sorrise con dolcezza aprendo gli occhi sulle terre di Yusari che cominciavano sotto di loro.
No, non gli sarebbe mai mancato. E sì, ce la poteva fare.


Approdati a Central, nello spiazzo subito fuori le mura della città, Jiggy e Gauche si separarono. Gauche e Lode andarono da Silvet, Aria ed il dottore per vedere come stavano e spiegare cosa era successo, mentre Jiggy accompagnò Zazie a casa sua, avendo chiesto di stare un po’ in pace.
Jiggy poi sarebbe andato a trovare sua sorella e suo fratello, dopo molti mesi che non li vedeva più.
I due si congedarono momentaneamente per andare ognuno dalla propria famiglia.
Rivederlo fu per Silvet un tuffo nel passato, come se dopo un lungo incubo si fosse risvegliata rivedendo la cosa più bella di tutte.
Nonostante fossero rimasti lì, Aria ed il dottore avevano capito cosa doveva essere successo perché dopo il risveglio di Silvet, era scoppiato un sole incandescente e mentre esso si era alzato su nel cielo, più alto del sole artificiale, la figura di Lag e Niche era scesa salutandoli sorridenti.
Gauche così la vide alzarsi e corrergli incontro, gettandogli le braccia al collo e piangendo di gioia nel rivederlo, e di tristezza nel sapere che Lag non sarebbe tornato, nell’averlo capito in quella visione di prima.
Lo strinse senza pensare che l’ultima volta che l’aveva visto, un anno prima, lui era Noir e non sembravano esserci speranze per Gauche.
Lo abbracciò come se fosse suo fratello, forte, felice di rivederlo dopo quel lungo buio angosciante.
Gauche così la vide correre e saltargli con le braccia al collo, rimase pietrificato nel vederla camminare.
Silvet, la sua Silvet camminava. La sua piccola dolce sorellina stava bene e camminava e nonostante lui l’avesse sentito sulla propria pelle, non aveva osato immaginare cosa avrebbe potuto significare ad ampio spettro, non aveva osato sperarlo, forse. Nel caos di tutte quelle cose successe in un attimo, non aveva avuto modo di riordinare le idee.
Ma la strinse a sua volta, forte, e lasciò che le lacrime scivolassero per la prima volta dopo un lungo tempo, così gli parve in quel momento.
Il cuore gli sembrava scoppiare nel petto.
La tenne forte a sé, le carezzò i capelli setosi e con un dolce sorriso fra le lacrime silenziose, mormorò al suo orecchio, davanti agli occhi attoniti di Aria e del dottore.
- Nostra madre sarebbe così felice di vederti camminare, sorellina. - Appena lo disse, Silvet e gli altri capirono immediatamente cosa significava e anche per loro, sebbene avessero visto Silvet svegliarsi e camminare, non avevano avuto modo di capire fino in fondo quanto era successo.
Solo lì, solo in quel momento.
Fu un momento sacro, indescrivibile per tutti e persino Lode, lì in un angolo, sentì un’inconcepibile voglia di saltare loro addosso e stringerli forte, come un tempo avrebbe fatto nella propria forma animale.
I ricordi del lupo che per anni aveva accompagnato Gauche e Silvet tornarono davanti a quella scena e mentre la famiglia si riuniva, una lacrima traditrice scese, testimonianza dello spirito del lupo ora forte in lei. Il lupo che avrebbe per sempre, di nuovo, vegliato su di loro.
- Sei tornato. - Mormorò Silvet piangendo. - Sei tornato da me! Lag ci è riuscito. -
Mai un pianto fu più consacrante.


Zazie rientrò silenzioso in casa, sospirò guardando i gatti venirgli incontro, mentre Wasiolka li salutava come fosse loro madre.
- Dovete essere affamati… - Mormorò guardando le ciotole vuote.
I gatti ormai erano grandi rispetto a quando li aveva mostrati a Lag la prima volta, il ricordo di quel giorno, di quando avevano scelto i nomi insieme, tornò inesorabile e si sentì strano, ora, ad essere lì proprio con Jiggy.
Zazie si voltò verso di lui fermo all’ingresso che li fissava un po’ torvo, come se fossero dei nemici.
- Si chiamano Lag, Zazie, Gauche e Jiggy. - Disse tirando fuori dall’armadio una scatoletta di cibo per gatti e versandogliela nella loro ciotola, poi prese quella dell’acqua e la riempì.
Fece la stessa cosa con quelle di Wasiolka, mentre Jiggy si aggrottava.
- Chi li ha decisi? - Chiese stranamente interessato.
- Lag. - Rispose con un sorriso Zazie a quel caldo ricordo piacevole. Una risata nella mente lo fece trasalire, una risalta acuta e cristallina.
Sentendola Zazie andò svelto alla finestra e l’aprì lasciando entrare i caldi raggi del sole, appena lo carezzarono insieme ad una folata tiepida di aria, si sentì meglio.
Jiggy stava scuotendo la testa.
- Hai molti ricordi con lui… - Disse poi guardandosi intorno, l’appartamento di Zazie era un gran caos e sicuramente prima di partire per la capitale non era stato molto in casa, qualcuno probabilmente aveva badato ai gatti, ma lo riconoscevano come padrone. Zazie si sedette sul divano, stanco.
- Ne ho davvero tanti. - Il sole riempiva la stanza e Zazie spostò il cuscino per fare posto. Jiggy però scosse la testa.
- Devo andare, voglio sbrigarmi ad arrivare a Dead End. - Era la città dove sua sorella e suo fratello vivevano.
- Lo so, non è per te. - Disse Zazie sorridendo come non aveva mai fatto nemmeno dopo l’arrivo di Lag nella sua vita. Jiggy lo guardò meglio.
Era diverso, lo vedeva bene.
In cosa era diverso? Sembrava più solare, aperto. Sorrideva molto e sebbene appena l’aveva raccolto sulla moto gli fosse sembrato angosciato ed appesantito tanto da credere d’averlo perso per sempre, ora sembrava più leggero e sereno che mai.
“O è impazzito o sta davvero bene. Ma vorrei saperlo prima di partire.”
Ormai Zazie era come un fratello, oltre che una sorta di erede. Si rivedeva in lui e quella reazione era insolita.
Ricordava come era stato quando Gauche era stato dato per disperso. Erano stati anni terribili e appena appresa la notizia aveva avuto voglia di sparire e non farsi più vivo con nessuno.
Aveva addirittura avuto pensieri suicidi, sul ciglio di dirupi altissimi col suo cavallo di ferro pronto a buttarsi.
La reazione di Zazie era sconcertante e non capiva se poteva esserne sollevato oppure se dovesse preoccuparsi.
Zazie gli era entrato in qualche modo, vedeva molti pezzetti di sé e forse era per le circostanze con cui l’aveva incontrato. Vedere il Bee forte che era diventato l’aveva riempito di orgoglio.
“Forse è così che si sentono i genitori quando hanno a che fare con i guai o le soddisfazioni dei figli!”
Lo pensò ma non l’avrebbe mai condiviso con nessuno.
- Stai bene? - Chiese poi serio. Zazie annuì, sospirò e si guardò intorno allargando le braccia, come se accogliesse qualcuno seduto accanto a lui.
- Non lo vedo, ma lo sento. Lo sento benissimo. Lui è seduto qua vicino a me, non mi lascia. E capisco che ora Lag è il sole, che è alto nel cielo, scalda tutto, e che farà le cose che il sole fa qualunque esse siano. Però in qualche modo lui è qua ed io lo sento. È come se fosse… - Zazie cercò il termine giusto senza che gli venisse e Jiggy, impressionato, lo capì da solo.
- Onnipresente… - Disse sorpreso, pensando invidioso che se in quegli anni oscuri lui avesse sentito Gauche in quel modo, forse, non avrebbe cercato di togliersi la vita tante volte, non sarebbe andato contro qualunque missione suicida, qualunque gaichu forte. E non avrebbe passato le notti a piangere sperando di perdere anche lui il cuore per sempre.
Il male che aveva provato non l’avrebbe mai abbandonato, ma vedere che non sarebbe stato così per Zazie fu un enorme sollievo.
- Sì, è una presenza costante, ovunque, sempre. Non so spiegarlo, penso che in qualche modo il suo spirito, il suo cuore, la sua coscienza sia rimasta ed è legata a chi lo ha amato. Ha senso secondo te? - Jiggy sorrise, forse per la prima volta davanti ad un altro che non fosse Gauche. Zazie rimane senza parole ed impallidì.
- Lo ha per te, non conta niente altro. - Disse semplicemente senza analizzare delle sensazioni tanto personali.
Zazie rimase a guardarlo, poi abbassò gli occhi sui gatti che salivano a cercare coccole e carezze facendo le fusa. Tutti e quattro facevano a gara a chi se ne prendeva di più e Zazie si mise a ridere, mentre i gatti chiamati Zazie e Gauche andavano ad accoccolarsi nell’alcova vicino a lui, che aveva sistemato come se dovesse esserci davvero Lag lì con lui.
Jiggy sorrise guardandoli.
- Loro due erano molto affezionati a Lag. - Spiegò Zazie avendo conferma che in qualche modo lì c’era qualcosa di Lag, che il suo essere il sole non lo faceva sparire, ma essere presente in modo diverso da prima. Non aveva una forma, ma aveva sempre il suo cuore, la sua anima, la sua coscienza e tutto il suo vissuto.
Jiggy sorrise senza stupirsi più di nulla, sollevato di vederlo così sereno.
- Allora io vado, mia sorella e mio fratello saranno preoccupati. - Zazie annuì e lo salutò. Felice di vederlo lì, interessato e che si prendesse cura in quel modo di lui.
- Starò bene, grazie. - Disse sereno. - Appena torna il direttore mi rimetterò a lavorare, c’è un sacco da sistemare. - Aggiunse poi mentre le energie gli tornavano all’idea di tenersi occupato e darsi da fare.
Soprattutto all’inizio, dare fondo ad ogni briciolo di forza l’avrebbe aiutato ad abituarsi a quel nuovo modo di vivere. Un modo dove Lag non era fisico ma inconsistente, eppure lì, sempre lì con lui.
Jiggy annuì fiero dietro quel suo sguardo azzurro ed apparentemente composto, poi andò via.
La porta si chiuse e Zazie abbandonò il capo dietro di sé, le mani sul pelo dei gatti che gli trasmettevano il loro piacevole vibrato grazie alle fusa.
- Andrà tutto bene, da qui in poi, vero Lag? - Chiese ad alta voce Zazie.
‘Assolutamente sì.’
Zazie sorrise e si abbandonò alla stanchezza e ai nervi che finalmente si rilassavano, mentre il calore del sole lo avvolgeva con una dolcezza familiare, accompagnandolo in un sonno dove Lag era di nuovo lì, intento a cucinare qualcosa che avrebbe bruciato come al solito.

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Capitolo 46
*** Il giorno delle promesse mantenute ***


la_proporzione_perfetta46 *Ecco un altro capitolo, siamo agli sgoccioli ma non è ancora l'ultimo. Credo che un po' tutti ora aspettiate quello che sta per succedere, che dopo tutta la fatica che fa Lag (tutto il manga si basa su questo in realtà) per ritrovare prima Gauche e poi il suo cuore, questi finalmente se lo viva appieno. Adesso è ora di vivere e di essere felici e di mantenere tutte le promesse fatte e mai mantenute. Arriva l'ora di un giorno davvero bellissimo. E niente, buona lettura. Baci Akane*

46. IL GIORNO DELLE PROMESSE MANTENUTE


suede jiggy

"Ricominciamo da capo perchè non possiamo ricominciare da capo? Diamoci la possibilità di ricominciare da capo! E saremo buoni Questa volta faremo faremo le cose giuste è la nostra ultima possibilità di perdonare noi stessi"
/Muse - Redemption/


“ZAZIE ZAZIE ZAZIEEEEE!”
La sua vocina trillò nella testa di Zazie facendolo svegliare di soprassalto, spalancò gli occhi e si alzò a sedere sul letto, i capelli neri particolarmente sparati, gli occhi così sottili che le pupille nemmeno si vedevano. Si guardò intorno e la sua voce tornò a trapanargli il cervello:
“ZAZIE, ANDIAMO! STA SUCCEDENDO ORA!”
- Ma cosa? - Biascicò senza capire che stava dicendo. I gatti salirono di corsa e Wasiolka si mise a camminare per la camera come se fosse eccitata. I gatti miagolavano ma non per la fame, bensì per qualcosa che li rendeva felici.
“GAUCHE E JIGGY!”
- Ahio e smettila di gridare, ti sento bene! - Si lamentò Zazie tappandosi le orecchie, come se questo potesse mitigare la sua voce che trasmetteva direttamente nella sua testa.
“Scusa, non è facile capire come funziona ora!”
Zazie sospirò e si alzò trascinandosi giù dal letto, verso la cucina, alla ricerca del latte che per lui era meglio del caffè. Cose da selvaggi!
- Di cosa parli, che sta succedendo a Gauche e Jiggy? -
chiese ad alta voce, com’era consuetudine. Chi lo sentiva parlare da solo lo spediva dal dottore per delle visite, ma ormai anche il dottore aveva capito che Zazie sentiva Lag. Cioè lo sentiva davvero, mentalmente.
“Jiggy sta per scoprire che Gauche è di nuovo Gauche!” Zazie si aggrottò guardando dritto davanti a sé, ripetendosi le sue parole per provare a darci un senso.
- Perché, chi era prima? -
“Noir. Cioè era Gauche, aveva i suoi comportamenti, i suoi istinti profondi, i suoi sentimenti… però non ricordava nulla, no? Aveva perso quasi tutto il suo cuore!”
Spiegò Lag faticando a calmarsi.
- Ok. Ed ora invece li ha recuperati? - Chiese pacifico come se non fosse quella gran cosa interessante come la credeva Lag. Mise il latte nelle ciotole dei gatti e di Wasiolka.
“Ma certo, come tutti! Quando ho aperto il guscio di Spiritus col primo colpo, sono tornati indietro tutti i cuori risucchiati e sono tornati ai legittimi proprietari, è stata una sorta di calamita naturale!” Continuò a spiegare Lag nella sua testa. Zazie si diresse al bagno facendo i propri bisogni mentre parlava privo di entusiasmo.
- Ma scusa, è successo giorni fa, tutti abbiamo capito che i cuori sono tornati indietro, Silvet cammina ed è sveglia… - Rispose schietto senza capire come potesse succedere solo ora.
Lag sospirò spazientito e seccato trasmettendogli così un mal di testa lancinante di cui Zazie si lamentò.
- Ahia! -
“Scusa!” Disse subito Lag calmandosi. “Ma Jiggy non ha visto Silvet, è andato via subito, ricordi? È andato da sua sorella e suo fratello! Ci è rimasto un po’, ha aiutato la città che era stata attaccata da gaichu e da uno degli attacchi di Spiritus!”
- Perciò non sa che i cuori sono tornati indietro? - Chiese Zazie sciacquandosi il viso. - Io sono già tornato al lavoro, c’è un sacco di lavoro arretrato, Lloyd sta disponendo la ricostruzione delle città disastrate… - Zazie lo spiegò come se Lag non lo sapesse.
“Ovunque c’è molto lavoro da fare, Jiggy ha capito che deve essere successo qualcosa perché si è chiesto come mai le città sono state attaccate e si vedono le macerie, ma non ci sono vittime senza cuore? Come mai stanno tutti bene? Ha finalmente capito che qualcosa non quadra e siccome Gauche comunque si comporta da Gauche da un po’, non collega tutto, non gli torna qualcosa, ma non gli è venuto su che Gauche deve aver recuperato la memoria! Ma ora sta tornando all’Alveare da Gauche e lui gli ha preso un anello, perché si erano promessi che quando Gauche sarebbe tornato dalla capitale, dopo essere diventato un Head Bee di successo, si sarebbero sposati e lui gli avrebbe regalato un anello! È una promessa fatta prima di separarsi e di perdere la memoria, una cosa che sa solo Jiggy e basta! Ed ora lui tornerà e Gauche vuole dargli l’anello e scoprirà che ha recuperato la memoria, che è tornato il suo Gauche al cento percento!”
Zazie capì, difficile il contrario. Si mise a ridere mentre si spogliava per indossare la divisa da Bee, aveva un’altra giornata di lavoro che l’aspettava e intendeva farlo con entusiasmo.
- E li devi spiare per forza? -
“Non è che li spio, io li vedo. Sono ovunque, ricordi? Sento i pensieri ed i sentimenti di tutti, capisco tutti e vedo. Vedo cosa stanno facendo. Vedo contemporaneamente cosa fa Jiggy e cosa fa Gauche! Se ti sbrighi e corri all’Alveare ora, dovresti vedere la scena! Andiamo, è bellissimo!”
Zazie sospirò, poi provò ad immaginare la faccia di Jiggy che si commuoveva e non riuscendoci si decise che effettivamente questo non lo poteva perdere.
- Ok, hai ragione! Jiggy commosso che risponde ad una proposta di matrimonio non lo posso perdere! WASIOLKA, ANDIAMO! -
E così, vestito in fretta coi vestiti ancora fuori ed i capelli in disordine, si mise a correre fuori di casa, col sole caldo e dolce che gli carezzava il viso di primo mattino, insieme al tenero buongiorno di Lag che spuntava ad est colorando il cielo di meravigliosi bagliori rosa e viola.
Il mondo esterno non era mai stato tanto bello.


Gauche era nervoso per la prima volta in vita sua.
Stringeva l’anello che gli aveva preso e cercava di capire se gli sarebbe piaciuto, poi si rispondeva che tanto il problema non era il piacergli l’anello o meno ma la risposta in sé.
Avrebbe potuto dire che dopo tutto quello che era successo non credeva nei legami eterni e che sposarsi era una stupida istituzione inutile, che non rendeva un legame più stretto e che non impediva alle cose brutte di succedere.
Lo conosceva bene e poteva essere così.
Però sperava ugualmente che avrebbe risposto di sì.
- Tornerà oggi? - Chiese Silvet consegnandogli la scorta della zuppa super speciale per la giornata di lavoro che si apprestava a svolgere. Gauche trasalì e la vide in piedi davanti a lui che lo guardava con uno splendido sorriso e due occhi bellissimi, vivi. Per un momento si perse in lei, la sua sorellina ora era una ragazza bellissima, stava bene e camminava.
“Non solo le cose brutte accadono, anche quelle belle. Ora Jiggy lo sa. Vedrai che dirà di sì!”
La voce di Lag risuonò nella sua testa. L’aveva aiutato a scegliere, aveva scrutato nei gusti di Jiggy ed aveva visto che genere di anello gli sarebbe piaciuto. Era suo complice dall’inizio. Gauche sorrise anche a lui e si rilassò.
- Lag ha ragione. - Disse Silvet la quale aveva sentito la sua stessa frase, avendo lui parlato ad entrambi.
- Come sempre… è snervante il fatto che quel mostriciattolo abbia sempre ragione! - Scherzava così Silvet per contrastare il magone che aveva tutte le volte che lo sentiva, le mancava molto, ma sentirlo sempre presente l’aiutava.
- Però Jiggy non sa le conseguenze di quello che è successo quel giorno. È andato nella sua città natale e si è fermato per aiutare a ricostruire, ha mandato Harry ad avvertire il direttore che oggi sarebbe potuto tornare operativo, che sarebbe tornato puntuale per il turno di inizio. - Spiegò lui pragmatico come non sempre riusciva ad essere. - Non è detto che abbia capito che i cuori sono stati restituiti a tutti. Non ha visto Silvet e non si è accorto che sono tornato me stesso al cento percento. -
Silvet rise e lo abbracciò.
- Non ti facevo così ansioso, quando eri con me lo mascheravi dietro quel sorriso tranquillo e sicuro! - Gli baciò la fronte fra i capelli bianchi e lunghi. - Andrà tutto bene, vero Lag? -
“Ne sono sicuro!”
La sua voce lo tranquillizzò.
Uscì così di casa con la borsa e la divisa da Bee, una volta fuori vide Lode che parlava con la sorella di Niche.
- Abbiamo finalmente un nome! - Disse lei trionfante, stufa di parlare dell’utilità di accettare un nome, come aveva fatto Niche.
La ragazza maka aveva ripreso le sembianze umane, ad eccezione per le mani da bestia. Il corpo era vestito grazie all’uso dei propri capelli, come aveva fatto altre volte. Sembrava una donna bellissima a tutti gli effetti, la versione adulta che avrebbe potuto avere Niche un giorno.
I lunghi capelli dorati, gli occhi blu con le pupille sottili, le zampe da maka.
- Ah sì? - Chiese Gauche avviandosi con Lode e la ragazza. - E quale sarebbe? -
- Sun. -
- Per il sole? - Gauche lo capì subito. - In onore di Niche? -
- Per far sentire in colpa quell’egoista di sorella che è diventata sole insieme al piccoletto! - Lo corresse. Lode scrollò le spalle senza replicare, almeno aveva parlato in modo corretto ed era una bella conquista.
“NICHE NON È EGOISTA, NICHE È UN BRAVO DINGO!” La vocina stridula e petulante di Niche tuonò nella testa della sorella la quale si mise a discutere con lei sul motivo per cui era in realtà egoista, Lode avvicinò Gauche ignorandola.
- Ha deciso di rimanere, non ha più un compito in quanto erede maka, perché l’abbiamo liberata dai gaichu, i gaichu non ci sono più, almeno per il momento. Dice che vuole esplorare il mondo che non ha mai potuto vedere dovendo rimanere rintanata nella grotta col maka. - Gauche annuì sorridendo felice.
- Siete diventate buone amiche, ti dà molto ascolto… - Lode sbuffò scrollando di nuovo le spalle, cercando un po’ di contegno mentre arrossiva.
- È lei che si è attaccata a me, io le lascio fare quello che le pare. - Gauche ridacchiò capendo che non amava dimostrare i propri sentimenti, ma chiaramente si era legata alla ragazza maka che cercava un nuovo ruolo nel mondo.
- Tu piuttosto, torna oggi, no? - Disse lei riferendosi a Jiggy. Gauche si tese un po’ ed annuì. - Glielo darai? - Si strinse nelle spalle spaesato, incerto.
- L’idea è questa. Spero che accetti. - Lode non sorrise, fece finta di nulla fingendosi brusca come sempre.
- È ovvio che accetterà, ti amava prima, ti amava dopo e ti amerà ancora di più ora! Che sciocchezze! - Gauche sorrise contento e rilassato, anche se in cuor suo continuava a rimanere ansioso.


Aria disponeva i compiti ai Bee mano a mano che arrivavano, secondo gli ordini del direttore Garrard.
Non guardava nemmeno in faccia chi arrivava. Seduta dietro il banco d’accoglienza, guardava la lista che aveva in mano dove c’era scritto il nome del Bee ed il numero della borsa da consegnare insieme al foglio delle consegne, il Bee diceva il proprio nome, lei automaticamente leggeva il numero e consegnava foglio e borsa con lettere o pacchi.
- Zazie. -
- Oh Zazie, aspetta qua, il direttore ha deciso di formare una squadra per una missione speciale oltre oceano. Sarete tu, Jiggy Pepper, Gauche Suede e rispettivi dingo. Spera che la ragazza maka si unisca alla squadra e vi aiuti ad attraversare l’oceano come ha già fatto prima, perché ci sono moltissimi pacchi e lettere da portare nelle terre oltre il mare e visto che Suede e Pepper lo hanno già fatto, vuole rimandarli, ma vorrebbe ci andassi anche tu. -
Zazie colto di sorpresa annuì.
- Non sono arrivati Gauche e Jiggy? - Aria non lo guardò nemmeno, scosse il capo e si sistemò gli occhiali sul naso passando alla lista.
- Arriveranno. Prossimo? -
- Visto che andate nelle terre oltre oceano vorrei che deste un messaggio a tutte le loro città da parte della nuova guida di Amberground… -
Zazie guardò chi aveva parlato e spalancò gli occhi, Aria non si degnò nemmeno continuando a leggere fra i documenti e a rispondere in perfetto automatismo, fredda e calcolata.
- Per una cosa simile serve il permesso del signor Lloyd, nessuno può parlare a nome suo se non lui stesso o dei diretti incaricati. -
- Per questo sono venuto di persona, speravo che Garrard potesse aiutarmi con questo compito e vedo che mi ha letto nel pensiero. -
Aria così, seccata e sbrigativa, alzò la testa per vedere chi le stava facendo perdere tempo, ma si fermò vedendo un enorme cesto pieno di molte cose davanti al viso della persona che aveva parlato.
- Chi… - Chiese perdendosi nella risposta ed in una voce che ora cominciava a riconoscere, nonostante fosse diversa.
- Questo è per te, dolce Aria. Sono i souvenir che ti avevo promesso quando ho lasciato il ruolo di direttore dell’Alveare. Spero che ti piacciano e che mi perdonerai per il ritardo. -
Quando finalmente abbassò il cesto appoggiandolo sul bancone, davanti agli occhi esterrefatti di Aria, la vide senza respiro fissare prima il cesto e poi, finalmente, lui.
Zazie si fece in parte mentre nella testa la voce di Lag risuonava commossa con uno stucchevole:
“OHMMIODDDIOOO!”
Che lo rese sordo per un momento.
Davanti ad Aria, sorridente e con una sigaretta spenta, stava Largo Lloyd. I capelli biondo cenere lunghi fino alle spalle, lisci ed in ordine, gli occhiali neri squadrati, una camicia tenuta fuori dai pantaloni ed i primi bottoni aperti.
- Ben ritrovata mia dolce Aria, spero che ti sia mancato! -
Aria rimase senza fiato e parole per un lungo momento, quando capì che era Lloyd e che stava molto meglio di quello che le avevano raccontato, che la sua pelle stava tornando rosea e liscia e che stava addirittura in piedi da solo, fece il giro del bancone e si precipitò ad abbracciarlo. Gli gettò le braccia al collo sorprendendolo, lui non aspettandosi un gesto simile, così impetuoso e fuori dal suo stile, rimase con le braccia larghe fino a che poi, un istante successivo, le mise le braccia intorno alla vita e si decise a stringerla a sua volta, sollevandola da terra.
Aria piangeva, nascondendo il viso contro il suo collo ancora un po’ ruvido, non del tutto cicatrizzato.
Ma comunque suo.
La sensazione della stretta gli ridiede vita e li riportò alla realtà.
- Pensavo non ti avrei più rivisto, ero furiosa con te perché avevi scelto una strada del genere, da solo, senza accettare l’aiuto di nessuno e… e credevo saresti morto! Come mai… come mai stai meglio? Si vede che stai meglio! - Lloyd era diventato la guida di Amberground rifiutando qualsiasi soprannome altisonante come Re, Imperatore, Presidente o simili. Aveva accettato solo Guida.
Dopo aver iniziato a disporre le ricostruzioni in tutto il paese e mandato esploratori a visionare i danni, era potuto venire a Yusari, a Central, al suo adorato Alveare.
- Beh, si chiama elioterapia. A quanto pare Lag è un sole migliore di quello finto di prima e… basta che sto esposto per minimo otto ore al giorno al sole e le mie cellule si rigenerano, lentamente. Forse dovrete sopportarmi per più tempo del previsto, spero non sarete tristi all’idea. - Scherzò spiegando come stavano davvero le cose e Aria si separò dalla stretta per poterlo guardare corrucciata.
- Sii serio ogni tanto! -
- Ma lo sono! Chissà quanto mi avrete odiato tutti ed ora sono la guida di Amberground! Dubito che sarete tutti contenti che il capo di Reverse… -
Aria gli pizzicò le guance seccata per farlo smettere.
- Siamo tutti felici che tu stia bene e sapere che non morirai ma anzi guarirai è splendido. Io… - Si asciugò il viso dalle lacrime rendendosi conto della scenata che aveva appena fatto nella hall dell’Alveare, davanti a chissà quanti Bee.
“Zazie, si amano, guarda come sono belli, non sono bellissimi?” Disse Lag a Zazie controllando che la comunicazione arrivasse solo a lui e non a tutti i presenti.
Zazie sospirò ed alzò le spalle andando verso l’uscita, totalmente disinteressato a quelle cose romantiche.
- Prendetevi una camera! - Lanciò uscendo, Aria arrossì e si separò in fretta, imbarazzata, mentre Lloyd ridacchiando si sistemò i vestiti e gli occhiali.
- Mi piacerebbe tanto poter bere una delle tazze di thè che mi preparavi tu… - Disse calmo e tranquillo senza il minimo imbarazzo, colpito in cuor suo da quella bella reazione. Dopotutto qualcosa di buono doveva averlo fatto se quella era la sua reazione.
Dopotutto aveva scelto bene. Vivere.
“Ne varrà ancora la pena.” Pensò fra sé e sé seguendo Aria che lasciava il proprio compito di consegnare ai Bee le lettere ad una sostituta.
“Ne dubitavi?” La voce di Lag lo fece sorridere.
“Prima sì, ma ora sono pieno di speranza. Grazie a te!”
Lag gli carezzò la schiena facendogli sentire la sua mano calda invisibile sotto forma di raggio di sole che filtrava dalle finestre aperte.

Zazie uscì dall’Alveare con Wasiolka che raddrizzò le orecchie in una direzione specifica, anche il ragazzo guardò dalla stessa parte come per una sorta di istinto. Qualche istante dopo il rombo del motore di Jiggy lo raggiunse, la sua figura sul cavallo di ferro si fece sempre più vicina, fino a che si fermò proprio davanti a lui, posando il piede con lo scarpone a terra, si tolse gli occhialini e gli fece un cenno senza nemmeno mezzo sorriso. Zazie sorrise al suo posto, arrossendo emozionato come ogni volta che lo vedeva. Lag gli lanciò una fitta alla nuca, geloso. Anche quello come sempre.
“Ehi senti piantala, tu non ci sei fisicamente ed io non sarò per sempre consacrato a te, sappilo! Se dovessi innamorarmi per qualche miracolo, non puoi boicottare tutta la mia vita!”
Pensò infervorato perdendosi perciò il saluto di Jiggy che gli chiedeva come andava.
“Lo so, che credi, ma non avrai mai Jiggy!”
“Perché dovrei volere Jiggy?”
“Non lo so, dimmelo tu!”
- Zazie? - Chiamò il soggetto conteso vedendolo assente, impalato davanti a lui con aria battagliera. Zazie si riscosse e lo guardò spaesato. - Tutto bene? - Chiese poi.
- Oh sì, Lag è geloso, ma si abituerà a questo nuovo assetto! - Jiggy stava per chiedere di cosa dovesse essere geloso, ma da dietro l’angolo arrivarono Gauche, Lode e la sorella di Niche.
“Zitto e guarda!” Tuonò Lag tutto eccitato nella sua mente, mentre assisteva al loro incontro quasi sacro.
Una sorta di canzoncina solenne si udì nella testa di Zazie che voleva andare a mangiare limoni. Per il momento odiava ogni forma di romanticismo e relazione felice, però non poteva negare che era curioso della reazione di Jiggy.
I due si videro, Jiggy scese dal cavallo di ferro spegnendolo, si tolse il cappello e lo sbatté dalla polvere, gli occhiali appesi al collo con l’elastico nero.
Gli occhi azzurri e sottili si posarono su quelli di Gauche, Lode rallentò separandosi da Gauche di proposito, chiedendosi se volesse farlo ora o aspettare la fine del turno. Fece un cenno a Sun di seguirla e lei senza capire lo fece solo per chiederle cosa significasse quel cenno.
Le due ragazze, per così dire visto che in realtà erano entrambi incroci con altri animali, si fermarono da Zazie, anch’egli in parte rispetto a Jiggy e Gauche.
In pubblico non avevano ancora fatto nulla, nessuno aveva mai visto i due avere rapporti ed approcci né in amicizia né tanto meno in chiave di coppia.
Si guardarono con aria significativa, sostenuta, entrambi incerti su come comportarsi. Erano al momento davanti a persone fidate che sapevano tutto, ma erano davanti all’Alveare, poteva entrare ed uscire chiunque da un momento all’altro.
Eppure non si vedevano da alcuni giorni, l’entusiasmo nel ritrovarsi uno davanti all’altro fu per entrambi innegabile.
La gioia, la sensazione di calore associata al sole che li coccolava alzandosi in cielo. Un sole particolarmente caldo, effettivamente. Raggiante.
- Come va? Tutto bene? - Chiese Jiggy rigido, domando a stento la voglia di abbracciarlo e baciarlo. Gauche sorrise dolcemente.
- Molto bene. Tu? Non tornavi più ero preoccupato. - Disse senza sforzarsi di nascondere quel che pensava. La mano stringeva il pacchetto con l’anello che gli aveva comprato in quei giorni.
Non era il posto migliore, nemmeno il momento. Ma dopo aver atteso letteralmente una vita, la voglia di farlo subito era tale che rendeva Gauche impaziente e sull’orlo di una crisi di nervi.
Jiggy capì subito che c’era qualcosa e lo guardò curioso.
- C’erano disordini nella mia città, ho aiutato a sistemare. Però stavano tutti sorprendentemente bene! - Gauche sorrise annuendo.
- Ne sono contento. Perché sei sorpreso? - Jiggy si strinse nelle spalle, rimanendo davanti a lui, fermo sugli scalini insieme a Gauche che decise di sedersi in parte rispetto all’ingresso, opposti a Lode e Zazie che però fissavano cercando di non essere notati. Scarsi risultati ovviamente.
Jiggy ebbe conferma che Gauche aveva qualcosa, sedersi lì a chiacchierare prima di un turno non era di certo la cosa più sensata da fare. Capì che doveva dirgli qualcosa e che forse non sapeva come, siccome di norma non succedevano mai cose simili, lo assecondò e si sedette vicino a lui.
- Beh, Spiritus colpiva coi suoi raggi di luce acchiappando cuori di città intere, noi l’abbiamo visto. Ma sebbene le città siano distrutte, nessuno ha perso il cuore. - Spiegò Jiggy calmo.
- Lag ha sistemato tutto, come aveva detto. Ha liberato i cuori che aveva preso, questi sono tornati ai proprietari. - Rispose sforzandosi di non arrivare subito al sodo, stringendo con una mano il pacchetto nella tasca della giacca da Bee.
Jiggy lo guardò attentamente, gli nascondeva qualcosa e se non si sarebbe sbrigato a dirgliela l’avrebbe obbligato con la forza. Però in quel momento le sue parole risuonarono come un campanello.
- Un momento, hai detto che i cuori sono tornati indietro? - Lo realizzò solo in quel momento. Aveva avuto così tante cose a cui pensare, così tante persone da controllare… Zazie, la sua famiglia, la sua gente… che si era completamente dimenticato di fare il punto effettivo della situazione in quel senso.
Non aveva minimamente pensato al flusso di cuori liberato da Lag che, davanti ai suoi occhi, era fuoriuscito dal guscio di Spiritus una volta rotto.
Gauche sorrise annuendo, mentre capiva che forse ci era arrivato. Il cuore iniziò a battergli forte, impazzito, come se dovesse scoppiargli. Non si era mai sentito tanto emozionato e tanto vivo come in quel momento. Da un lato il terrore di essere per qualche ragione rifiutato, dall’altra la frenesia di chiederglielo subito.
Jiggy così si voltò a guardarlo, spaventato dentro di sé dal capire quello che gli era appena sorto.
“É lui? È tornato il mio Gauche per intero? O non c’era niente da fare?”
- Sai, Silvet cammina ora… - Iniziò piano con un filo di voce, guardandosi le mani strette insieme fra le gambe. Jiggy fissava intensamente il suo profilo regolare, le sue sopracciglia chiare quasi trasparenti, i capelli candidi come la neve di quel colore così incredibile.
- Cosa…?! - La voce gli morì in gola realizzando cosa significava che Silvet camminava.
Gli morì senza possibilità di tirare fuori un suono, un solo suono, ma spalancò gli occhi mentre immobile lo fissava con l’ansia alle stelle. Lo stomaco stretto in una morsa, non si era mai sentito così male.
Gauche infine trovò il coraggio, tirò fuori il pacchetto, lo aprì e gli mostrò il contenuto. Jiggy lo guardò perdendosi un istante.
Due anellini, due piccole fedine d’argento brillavano davanti ai suoi occhi, particolarmente belle sotto la luce del sole.
Jiggy li guardò, si aggrottò senza capire, poi sgranò di nuovo gli occhi e si dimenticò di respirare e chiudere la bocca.
- Oh mio… - Non disse nulla di più. Gauche sorrise, prese una delle due fedi e gli prese la mano, prima di infilarglielo all’anulare sinistro, lo guardò attentamente.
- Prima di andarmene alla capitale per diventare Head Bee ti ho promesso che sarei tornato con un anello e che ti avrei sposato. Purtroppo ci ho messo un po’ a mantenere quella promessa, ma spero che vorrai accettare ancora. - Una piccola pausa, Gauche alzò lo sguardo sul suo in totale assenza. Si fece ancora più forza, poi con un sorriso incoraggiante chiese: - Jiggy Pepper vuoi sposarmi? -
E lì, solo lì capì davvero cosa significava riavere del tutto il suo Gauche e non accontentarsi di una delle sue versioni, la più vicina all’originale.
Lì capì cos’era che rendeva tale una persona.
Poterla guardare negli occhi e sapere che non aveva perso un solo istante della sua vita fino a quel momento.
In quel momento lo guardò e vide quella luce, la luce di Gauche. Il suo Gauche.
Gli occhi gli bruciarono e non riuscì a trattenere le lacrime che non si rese conto nemmeno di stare versando.
- Sei tornato… - Mormorò infine sconvolto, forse a quel livello per la prima volta. Al livello da non riuscire a muoversi e a dire altro. Il livello in cui piangere era la sola cosa che il proprio corpo riusciva a fare.
- Vuoi sposarmi. Jiggy? - Ripeté Gauche più sereno ora che lo vedeva così felice.
Jiggy non riuscì a dire nulla, la gola era legata, perciò si limitò ad annuire piangendo più forte e Gauche sorridendo gli infilò l’anello, infine l’abbracciò stretto nascondendogli il viso pieno di lacrime contro il proprio collo. Jiggy si strinse a lui e respirò il suo sapore, mentre la sensazione di quell’anello al dito era la più bella mai avuta, la migliore.
Quando glielo aveva detto, anni fa, l’aveva preso in giro dicendo che per gente come loro sposarsi era assurdo.
Poi aveva passato i mesi e poi gli anni sperando di poterlo fare, sperando ardentemente di vederlo tornare con quell’anello. Quando era tornato, ma non era più stato lui, aveva capito che a volte i sogni rimanevano tali. Però aveva lottato facendo di tutto per riavere la versione migliore del suo Gauche, consapevole che non avrebbe mai riavuto quello vero, quello completo, quello che se ne era andato sorridendo, dicendo che un giorno l’avrebbe sposato.
Ed ora era lì e quell’anello stringeva nel suo dito, a smentirlo e dirgli che invece i sogni si potevano realizzare e che si poteva essere felici ancora, dopo che si perdeva tutto.
Ancora.
- Ti amo e voglio sposarti. Se mi lascerai di nuovo ti ucciderò! - Disse poi fra i singhiozzi ma ben convinto e convincente. Gauche sorrise e rabbrividì, era così da lui quella risposta che si rilassò solo nel sentirla. Anche Jiggy ora stava bene ed era tornato in sé. Però lo lasciò solo per farsi mettere a sua volta l’altro anello uguale al proprio e per farsi baciare.
Si presero i visi fra le mani e al diavolo il posto, al diavolo dove erano, al diavolo che sentiva la presenza di altre persone. Al diavolo tutto.
Lì in quel momento, guardandosi negli occhi, c’era una cosa ben più importante.
Sorrisero e finalmente si baciarono.
Le labbra suggellarono quella promessa finalmente portata a compimento, una promessa che aveva dovuto aspettare molti anni, ma che alla fine era stata realizzata.
“Grazie d’avermelo riportato, Lag. Ti sarò per sempre debitore!”
Pensò Jiggy.
“Ho solo mantenuto una promessa.”
Finalmente il giorno in cui la parola data veniva realizzata, era arrivato. Dopo una lunga attesa, era arrivato.
Tutt’intorno la vita continuava, la gente andava a veniva, passavano davanti ai due che si baciavano fra le lacrime e dall’altra parte Zazie si asciugava una lacrima brontolando con Connor per sfogare i nervi, mentre Sun chiedeva a Lode cosa stessero facendo e Lode le rispondeva che si facevano i fatti propri, sia pure in mezzo alla strada.
Anche Lloyd con il solito sesto senso speciale per i momenti perfetti, uscito a prendere un po’ di sole insieme ad Aria, guardò soddisfatto la scena mentre cingeva il braccio intorno alle spalle della donna che gli piaceva da sempre.
Ognuno, alla fine, aveva mantenuto le proprie promesse.
Il sole quel giorno splendeva alto e caldo nel cielo azzurro, così limpido e terso da riempire i cuori di tutti quelli che lo guardavano.
Era un sole vero, che arrivava in ogni angolo del pianeta.
Un sole davvero perfetto.
Le vite di tutti proseguivano per la loro strada, da dove si erano interrotte, senza più la paura per il domani.
Da lì in poi si poteva ricominciare a ricostruire.

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Capitolo 47
*** Il giorno perfetto ***


la_proporzione_perfetta47 *Ecco qua il finale di una fic chemi ha tenuto compagnia per molto tempo fra il scriverla prima e il pubblicarla poi, sarà un anno in tutto? Penso di sì... La mia conclusione arriva col desiderio di scrivere qualche fic ancora su questo nuovo futuro, vediamo se mi uscirà qualcosa, state sintonizzati sulla mia pagina facebook per aggiornamenti di vario genere. Spero che la fic sia piaciuta, così come il finale e questo splendido manga, uno dei più belli mai fatti di sempre. Grazie per avermi seguita. Buon finale. Baci Akane*

47. IL GIORNO PERFETTO



"Ho trovato un modo per farti entrare  ma non avevo mai davvero avuto un dubbio  restando nella luce della tua aureola  ho il mio angelo, adesso  E' come se tu mi avessi svegliata  ogni mia regola che tu hai infranto  è il rischio che sto correndo  non ti respingerò mai  Ovunque guardi adesso  sono circondata dal tuo abbraccio tesoro riesco a vedere la tua aura sai che sei la mia unica buona qualità sei tutto quello di cui ho bisogno e di più  è scritto su tutto il tuo viso  tesoro riesco a sentire la tua aura prego che non svanirà mai (Riesco a sentire la tua aura) aura"
/Halo - Beyonce/


“Smettila di grattarti!” Disse Lag a Zazie.
- Ma mi gratta! - Rispose lui arricciando il naso, grattandosi a tutto andare mentre si avviava per strada accanto a Wasiolka.
“Però stai benissimo!” Esclamò entusiasta Lag nella sua testa.
- Ma mi gratta! -
- Zazie, smettila, sembra che hai le pulci! - Disse Connor raggiungendolo dalla propria via che si incrociava con quella di Zazie. Questi lo guardò e sbuffò smettendo di grattarsi.  - Stai bene, sembri una persona normale! - Aggiunse guardando il suo amico vestito sorprendentemente bene, con un completo serio di colore nero. La camicia bianca, la cravatta ancora slacciata. - E quella? -
- Hai finito col terzo grado? - Sbottò Zazie sulla difensiva trattandolo male perché si sentiva ridicolo con quel completo.
Connor ormai era abituato e lo ignorò attaccando a parlare di tutto quello che gli passava per la testa, a ruota libera.
I due arrivarono davanti all’Alveare dove alcune carrozze erano in fila pronti per partire una volta che tutti gli invitati sarebbero arrivati.
Radunati c’erano già quasi tutti.
Zazie vide Aria più bella che mai accanto ad un raggiante ed anche lui ben vestito Largo Lloyd. Lloyd dopo ulteriori giorni di elioterapia era migliorato ancora ed i due sembravano essersi messi finalmente insieme.
Il dottore Thunderland Jr stava tormentando Lode, Sun e Chiko perché voleva vivisezionarle, Garrard e Valentine parlavano con Aria e Lloyd e quando arrivarono Zazie e Connor si radunarono per salutarli, Lloyd si mise a ridere della cravatta aperta di Zazie, Aria si offrì di chiuderla, ma lui sventolò la mano dicendo che sarebbe stata l’ultima cosa prima di entrare in chiesa, o sarebbe morto soffocato.
- Comunque sei un figurino! - Disse il dottore sistemandogli una ciocca di capelli neri, perfettamente pettinati e quindi con una forma per una volta normale. - Anzi, sei irriconoscibile! - Zazie si girò con una smorfia. - Quasi da mangiare! - Il dottore amava fare il maniaco con lui perché lui reagiva sempre male ed infatti gli lasciò un pestata nel piede che lo fece ululare e ridere insieme.
- Dov’è Jiggy? - Chiese sperando di poter partire presto.
- Mio fratello lo sta convincendo a venire! - Silvet spuntò da dietro, arrivata in quel momento. Il gruppetto si girò a guardarla. Silvet era lì sola ed era anch’ella molto bella, quel giorno. Un bell’abito sbarazzino che probabilmente non aveva mai messo, i capelli raccolti in un’acconciatura ed un filo di lucida labbra.
- Cosa significa che lo sta convincendo? - Chiesero tutti in coro in allarme. Silvet chiuse gli occhi e sospirò.
- Non lo so esattamente, siamo passati a prenderlo e lui ha detto di andare che non poteva uscire, non so bene. Mio fratello ha detto di andare avanti. -
- Non se ne parla nemmeno, non si parte senza gli sposi! - Esclamò Lloyd.
- Probabilmente è un po’ di ansia, dopotutto è il loro grande giorno! -
Lode alzò gli occhi al cielo seccata mentre Sun non capiva cosa ci fosse da allarmarsi. Chiko rideva.
- Ha scelto lui la location! Ha voluto a tutti i costi sposarsi nella sua cattedrale, dalla sua famiglia. Che ha, ora? - Si lamentò Garrard che non amava molto aspettare senza fare nulla.
- Vado a vedere… - Disse Lloyd il quale era amico di Jiggy da molti anni.
- No lascia, vado io! - Lo superò Zazie. - Sono più veloce! - Con questo si mise a correre verso casa di Jiggy, lasciando un contrariato Lloyd a lamentarsi dell’insolenza dei giovani.
- Giovani? Sei tu che sei vecchio! Io mi sento ancora giovane! - Esclamò il dottore lanciandogli una frecciatina al suo amico.
- Lo dici solo perché così ti senti più libero di provarci con Zazie! Ti ricordo che questo non toglie i dieci anni di differenza che avete! E poi lo sai che è proprietà privata! - Per quanto scherzasse, Lloyd conosceva bene Thunderland. Proprio per le sue stravaganze non andava sottovalutato o dato per scontato. Era effettivamente in fissa con Zazie.
In risposta lui rise ma non disse nulla, con Garrard che alzava gli occhi al cielo e Valentine che si lamentava dell’attesa.
- Un matrimonio! E che sarà mai? Tutte queste cerimonie! -

Zazie arrivò presto da Jiggy e vide fuori appoggiato alla porta Gauche, ben vestito di bianco e pettinato anche lui.
Per un momento Zazie ebbe una visione e sovrappose il viso di Lag al suo che gli sorrideva mortificato.
“Credo che se fossi rimasto umano e fossi cresciuto, saresti diventato come lui, sbaglio?” Chiese Zazie ebete. Lag sorrise.
“Ho preso molto da lui quando mi sono formato, perché quando io prendevo forma, lui perdeva un pezzo del suo cuore, nello stesso identico momento.” Zazie annuì alla spiegazione, così si avvicinò a Gauche e gli mise una mano sulla spalla.
- Che dice? - Gauche si strinse nelle spalle senza capire.
- Che devo andare e che non può venire con me. Non mi fa entrare, è chiuso a chiave. -
- Ma ha detto che non vuole sposarsi? - Era così assurdo che gli veniva da ridere nel dirlo, Gauche fece un’espressione preoccupata.
- No, certo che no, ma… - Zazie capì che doveva prendere le cose nelle sue mani, per una volta, e affrontarle alla sua maniera, sebbene di solito nessuno voleva che lo facesse.
- Ok, ci penso io, vai dagli altri. - Gauche lo guardò esitando, ma Zazie sorrise spingendolo poco gentilmente.
- Forza forza, fra simili ci si intende, te lo spedisco subito! -
Così dicendo, con un calcio che per poco non lo sporcò nel suo bel vestito bianco, lo allontanò.
Quando fu andato, Zazie bussò coi pugni come per buttare giù la porta, poi spazientito chiamò a gran voce:
- Avanti Jiggy, sono Zazie, è andato via! Se non apri butto giù la porta, lo giuro! E guarda che sono capace! Volevo essere io oggi a sposare Lag invece sei tu che sposerai Suede, scusa se ho le palle girate! Esci subito o… - Finalmente la porta si aprì, per poco il pugno non colpì il viso di Jiggy, ma si fermò in tempo. Zazie lo guardò sorpreso, convinto di trovarlo in pigiama.
Invece indossava il suo vestito da cerimonia, trovato grazie ad un utile Largo Lloyd che aveva ben pensato di fargli un bel regalo di nozze.
Se non fosse stato lui il cerimoniere, in quanto unica guida ufficiale di Amberground ne aveva il potere, avrebbe scelto lui come testimone di nozze, invece aveva ‘ripiegato’ su Zazie.
Vestiva perciò bene, col suo abito di nozze color blu, perfino i capelli quel giorno erano sconvolgentemente a posto. Tutto perfetto. E dunque?
Jiggy buttò la cravatta e Zazie provò il forte istinto di fare la stessa cosa, poi prese gli occhiali da corsa e le chiavi del cavallo di ferro.
- Cosa vuoi fare? - Chiese senza parole Zazie mentre tornava dal suo imbambolamento. Jiggy vestito da sposo stava maledettamente bene e Lag gli diede un colpo in testa per il rossore particolarmente accentuato, una cosa che non gli sarebbe mai andata via.
- Cosa ti sembra? - Zazie spalancò gli occhi vedendolo chiudere la porta e andare al suo mezzo, non ci stava credendo nemmeno vedendolo, non poteva essere come sembrava.
- Scappi e lasci Suede? Sei pazzo? È l’amore della tua vita, lo hai aspettato cinque anni, poi quando è tornato nei panni di Noir hai fatto di tutto per riaverlo al meglio che potevi ed ora che è tornato lui al cento percento e che ti ha chiesto di sposarlo, dopo che hai detto sì, scappi? Non è un comportamento degno del mio Dio! - Zazie non si rese nemmeno conto d’averlo detto. Non aveva mai fatto mistero della sua adorazione nemmeno davanti a lui, ma non era mai andato oltre un certo limite.
Sentì la gelosia bruciante di Lag che si limitava ad ascoltare incredulo a quel che succedeva.
“Lag, vuole davvero andarsene?” Chiese mentre Jiggy saliva sul cavallo di ferro col suo bel vestito elegante.
“Non lo so, non mi fa mai entrare, è uno dei pochi che non mi ha mai permesso. Devono lasciarmi entrare e così posso leggere in loro e posso comunicare…” Zazie sospirò impaziente constatando che nemmeno un vero Dio poteva essere d’aiuto. Effettivamente le cose che Lag poteva fare a parte illuminare il mondo e dare una serie di benefici anche a livello salutare, erano ben pochi.
Jiggy avviò il motore, poi lo guardò in attesa.
- Non vieni? - Zazie rimase senza parole di nuovo. Il suo Dio, il suo idolo, la persona che aveva sempre venerato gli chiedeva di passare il resto della sua vita con lui?
Da un lato si trovò seriamente allettato dalla cosa, per quanto fosse impossibile crederci ci pensò. Lag era una sorta di spirito divino inconsistente, c’era, ma non fisicamente. Sarebbe stato solo tutta la vita e lì che altro aveva? Amici, un lavoro che gli piaceva, ma la sua vendetta personale era stata consumata, i gaichu probabilmente erano morti per sempre… cosa c’era lì per lui? Solitudine, rimpianti. Quando andava in giro a consegnare lontano, ci pensava. E se non tornava più? Perché tornare?
Però Lag gli diceva che comunque ormai aveva la sua vita, la sua vita era il Bee e gli piaceva rendere felici gli altri, gli piaceva molto quel che aveva indietro e lui lo sentiva. Zazie rispondeva che però gli mancava davvero. Davvero molto. Troppo per fare quel che faceva prima come niente fosse, ora lui non c’era, non c’era davvero. Non come voleva che ci fosse.
Guardò così Jiggy che gli chiedeva di seguirlo e pensò che forse con lui potesse andarsene nonostante tutto.
Poi però immaginò Gauche piangere e immaginò Lag piangere di conseguenza, perché se Gauche piangeva, apriti cielo. Il dolore di un Dio Sole poteva essere devastante! E poi lui non poteva saperlo triste.
- Jiggy, si affrontano i problemi, me lo hai insegnato tu. Nella vita si può conquistare tutto quello che si vuole, a patto che si sia disposti a perdere tutto. E questo Jiggy è il momento di conquistare! Hai l’amore della tua vita a portata di mano, il Jiggy che adoro e che venero e che mi fa andare avanti sperando di poter essere come lui, il Jiggy che a volte è l’unica ragione di vita rimasta, non scapperebbe! - Esagerò di proposito, però era vero che lo vedeva come il suo modello da sempre ed ora che Lag era il dio del sole e che i gaichu erano morti, compreso il responsabile della morte dei suoi genitori, poche cose, davvero poche, gli rimanevano. L’adorazione per Jiggy era una di queste. Il volerlo emulare, l’essere il più possibile come lui.
Jiggy lo guardò colpito da quelle sue parole, dai suoi sentimenti. Rimase serio per un istante soppesando il suo stato d’animo che doveva essere ben più devastante di quel che desse a vedere, infine chiuse il motore del cavallo di ferro, gli occhiali di gomma non ancora infilati pendevano intorno al collo.
- Zazie, non voglio scappare. Si può sapere perché diavolo l’hai pensato? Non lascerei mai Gauche nemmeno se lui mi respingesse e tornasse ad essere Noir! - Zazie si irrigidì facendo il broncio.
- Beh, tu hai mandato via Suede dicendo di andare che non potevi venire con lui… - Jiggy chiuse gli occhi lasciando andare la testa all’indietro, rivolta verso il cielo, snervato.
- Ed è così! Non si può fare il viaggio verso la chiesa insieme, porta male! Dannazione, Zazie! E dannazione a lui! Cosa ha capito? - Solo lì si rese conto che probabilmente Gauche insisteva nell’andare insieme perché aveva capito che non volesse più sposarlo.
- Beh, non è che sei stato tanto specifico quando hai detto ‘non posso venire con te!’ - Saltò su sulla difensiva Zazie. Jiggy scosse la testa esasperato e prese carta e penna dal taschino interno, dove su un tovagliolo scrisse a Gauche che si sarebbero visti direttamente in cattedrale e che lui e Zazie andavano col cavallo di ferro, perché gli sposi non potevano viaggiare insieme prima delle nozze.
Poi diede il biglietto ad Harry che volò a pochi isolati, andando da Gauche.
Zazie rideva insieme a Lag.
- A volte la tua stitichezza di parole è leggendaria, Jiggy! - Ormai aveva una certa confidenza con lui, anche se continuava a fargli lo stesso effetto di sempre.
- Andiamo? - Zazie sospirò e salì in moto decidendo che i capelli ordinati non erano cosa che faceva per loro.

Il paesaggio scorreva veloce come avevano potuto ammirare altre volte, un paesaggio però diverso, non più arido e notturno. Il cielo era terso ed azzurro, il sole li scaldava e l’erba cominciava a mutare l’aspetto di quegli spazi sconfinati.
- Stai bene, Zazie? - Chiese da davanti, mentre guidava.
- Sì, certo. E tu? - Rispose di rimando.
- Bene, è ovvio. - Domanda strana, si disse. - Ma come stai senza Lag? - Zazie si aggrottò.
- È sempre con me… - Diede la prima risposta, quella che dava sempre. Ma Jiggy non si fece sfuggire quello che vedeva fra le righe.
- Prima quando pensavi che ti proponessi di scappare insieme hai esitato. - Zazie fece una smorfia nascondendo il viso contro la sua schiena, strinse la presa intorno alla sua vita istintivamente, sentendosi meglio.
- È che a volte vorrei poterlo stringere ancora. Lo sento ed emotivamente non mi manca, anzi. Però… però mi mancano le braccia che mi stringono, mi manca il suo corpo da abbracciare, la sua bocca. Certe cose, sai… - Jiggy sapeva bene, sapeva anche meglio di lui anzi.
- Ad un certo punto mi sono rassegnato. Quando Gauche era disperso. Mi sono rassegnato, dopo un po’ che lo cercavo senza notizie. Ed ho aspettato la fine inesorabile, speravo di morire in qualche missione, mi buttavo in quelle peggiori ma nessuna era abbastanza difficile. - Zazie sollevò il volto a guardare la sua nuca dove i capelli rossicci volavano al vento, spettinandosi di nuovo.
- Come ci sei riuscito? A rimanere vivo, intendo. - Chiese piano capendo che la risposta poteva aiutarlo, sperando che lo facesse.
- Era troppo vivo in me. Ogni volta che la fine era vicina, ogni volta che bastava una mia piccola spinta ed il gioco era fatto, lo sentivo. Sentivo che mi diceva di alzarmi e di muovermi, che non era ancora ora. Non era ancora ora. E non sapevo perché, però mi alzavo e riprendevo. Non ho mai saputo perché in cinque lunghi anni di assenza totale, io dovessi andare avanti. Ma l’ho fatto. Solo dopo ho capito. Gauche non era morto, sarebbe tornato da me. - Zazie si rattristò appoggiando la fronte sulla sua schiena, sulla sua giacca liscia che si gonfiava con l’aria.
- È diverso, io so che non tornerà. Lag è il sole e sentirlo con me è già un grande regalo. A volte però vorrei solo… fare così! - Strinse la presa intorno al suo corpo e lo fece con una tale nostalgia che a Jiggy vennero le lacrime, mentre Zazie sentiva dentro di sé quelle di Lag, silenzioso e dispiaciuto per quella sua mancanza che mai in nessun modo avrebbe potuto colmare. Mai.
- Quello che volevo dire è che non puoi sapere perché è giusto resistere e andare avanti. Però dentro di te lo senti. Senti che devi. E segui quella forza invisibile che ti dice di andare avanti comunque, perché un giorno troverai la risposta. Un giorno capirai perché dovevi resistere. - Zazie non rispose, lasciò che le parole potenti e penetranti di Jiggy gli entrassero dentro e vi si aggrappò. Se il suo dio in terra diceva di tenere duro, valeva la pena tenere duro. Lui ci era riuscito ed oggi si sposava. Oggi colmava la sua felicità ai massimi storici.
Valeva la pena dargli retta.

Jiggy e Zazie arrivarono per primi alla cattedrale dove la sorella Neri ed il fratellino, cresciuti a vista d’occhio in poco tempo, li accolsero con un bel sorriso.
Dopo aver finito la costruzione della cattedrale, era stato disposto un rifugio per bisognosi e loro due ne erano a capo, se ne occupavano su richiesta del benefattore della cattedrale, Jiggy Pepper.
Dead End era rinata.
Jiggy e Zazie scesero dal cavallo di ferro e si sistemarono i capelli ormai sparati in mille direzioni come sempre. Neri scosse il capo ed invece di abbracciare Jiggy chiese all’altro fratellino di recuperare un pettine.
- Dai non serve… -
- Certo, ti sposi facendo il porcospino, sai che bello! Potevi venire in carrozza almeno oggi? - Chiese lei seccata guardando poi Zazie. - E tu? Bello il testimone con la cravatta aperta! Non chiedo nemmeno che fine ha fatto la tua! Vi siete trovati, non poteva essere una coppia diversa di sposo e testimone! Ah vieni qua e sta zitto! - Così dicendo prese Zazie per il colletto della camicia e iniziò a legargli la cravatta intorno al collo, mentre Zazie si lamentava del fatto che non voleva minimamente avere un guinzaglio al collo.
- Non ti ho chiesto il parere! Almeno tu sii decente! - Ordinò Neri stile generale. Jiggy fece segno a Zazie di non ribattere, infine arrivò il fratellino con il pettine e Neri pettinò entrambi rendendoli di nuovo decenti.
- Adesso si ragiona! Su entrate! - Con questo li spinse dentro. - Andate all’altare! -
- E la canzone? - Neri alzò gli occhi al cielo esasperata e facendo un cenno al famoso fratellino minore, gli disse di andare a suonare.
Il piccolo corse a lato dell’altare ed iniziò a suonare l’organo rendendo sacro quel luogo estremamente bello.
La cattedrale da fuori era grande e presentava un campanile molto alto, la campana d’oro rintoccava a festa. Dentro era ancora più bello, ogni dettaglio era curato ad arte e sebbene Zazie non se ne intendesse, rimase a bocca aperta a percorrere la navata centrale, fra i sedili di legno.
Si emozionò camminando accanto a Jiggy, pensò che aveva un suo modo di voler bene.
Non era stato molto accanto alla sua famiglia, ma aveva lavorato duramente per costruire un luogo così bello e carico di una sacralità che riempiva di speranza. Si fermò davanti all’altare insieme a Jiggy e guardò l’affresco lì davanti. Una donna con un bambino, l’imperatrice e Lag, tali lo vide Zazie. Sorrise con gli occhi lucidi.
“Questo posto è come te, Lag. Rappresenta la speranza per tutti i poveracci di questo mondo. Ed ora tu, come sole, rappresenti la speranza per i poveracci di tutto il mondo. Sono fiero di te. Anche se mi manchi da morire.”
Lag non rispose, ma due braccia lo strinsero forti e sicure togliendogli il fiato. Zazie spalancò gli occhi e per un momento pensò che Lag si fosse incarnato per un istante, un breve istante. Poi sentì le braccia troppo adulte per essere le sue e realizzò che era Jiggy. Questo non rese il momento meno emozionante, perché capì come mai lui, proprio lui, faceva una cosa simile. Si abbandonò all’abbraccio più incredibile di sempre e lo ricambiò stringendo gli occhi, mentre una lacrima scappava fugace.
“Ti amerò per sempre anche io, Zazie. E lo sai.”
- Non puoi avere l’abbraccio di Lag, ma puoi avere l’abbraccio di ogni altra persona. Non è la stessa cosa. Ma è un abbraccio. Ed in ognuno c’è un pezzo di lui, no? - Mormorò contro la sua testa. Jiggy lo fece solo perché in quel momento quel posto era completamente vuoto ad eccezione per il fratellino che suonava all’organo una dolce sonata.
Il mondo andava avanti, così come la vita ed anche se non era perfetta, poteva ancora valere la pena di essere vissuta.


La carrozza arrivò con una certa calma, con la ferrea convinzione di Lloyd che le spose dovessero farsi attendere. Gauche dopo la seconda volta che ribadiva che erano due sposi uomini, ci aveva rinunciato.
Scesero tutti quanti e Lloyd chiese di aspettare qualche istante ad entrare per dargli modo di sistemarsi e prepararsi.
Gauche e Jiggy non avevano voluto un prete, nonostante Jiggy avesse fatto costruire una cattedrale non era particolarmente credente.
Avevano deciso per un matrimonio civile, però avevano scelto la location per motivi prettamente sentimentali. Quel posto era caro a Jiggy.
Neri, vicino alle porte aperte, indicò agli invitati di entrare e disporsi nelle prime file dei banchi. Entrando videro Jiggy e Zazie con sollievo, sorpresi nel vedere un Jiggy così ben vestito ed entrambi così ben pettinati.
Gauche e Silvet si guardarono, soli davanti all’uscio.
Il sole splendeva alto, Lag era lì con loro ed entrambi lo sentivano chiaramente.
- Sto bene? - Chiese Gauche a Silvet. Lei sorrise con gli occhi pieni di lacrime che stentava a fatica a trattenere, la risata altrettanto lacrimosa di Lag.
“Non piangere Silvet!” Le disse con la voce rotta di pianto.
“Nemmeno tu, Lag!” Gauche sorrise pulendole una lacrima che scivolava traditrice da sotto l’occhio lievemente truccato.
- Sei perfetto, fratellone! -
- La mamma sarebbe contenta… - Disse poi, felice di poterla ricordare, mentre si rendeva conto cosa gli era mancato dal giorno del balenio in poi. Quel calore nel ricordo di lei. - Le somigli molto, lo sai? - Aggiunse poi lasciando perdere l’idea di asciugarle tutte le lacrime che ormai scendevano copiose.
- Davvero? - Chiese piangendo. Lui annuì sorridendo. - Jiggy è fortunato a sposarti, sarete felici! - Rispose lei a quel punto sistemandogli una ciocca di capelli bianchi.
Gauche annuì e si girò porgendole il braccio.
- Andiamo? - Lei annuì e lo prese, insieme varcarono la soglia percorrendo la navata, insieme ad un felicissimo Lag, davanti agli occhi raggianti di tutti i loro amici.
Ed era bello farlo sulle proprie gambe, insieme, fratello e sorella, entrambi con ogni cosa al proprio posto.
Gauche alzò gli occhi, notò brevemente tutti che li guardavano sorridenti, poi finalmente vide l’altare davanti cui c’erano Lloyd vestito per bene pronto a celebrare il matrimonio civile, poco distante c’era Zazie col suo tenero broncio e l’aria sempre un po’ malinconica.
Poi lì, in mezzo a loro, c’era lui.
Jiggy vestiva di blu, un bel blu oltremare, pantaloni e giacca lisci di una stoffa molto più pregiata di quel che avrebbe potuto immaginare per lui. La camicia classica, bianca. Nessuna cravatta o farfallino. Gauche sorrise notandolo. I capelli rossicci erano pettinati, era forse la prima volta che li vedeva così in ordine che gli incorniciavano il viso ed il collo. La cicatrice sotto l’occhio destro simbolo del loro amore. Come dimenticare ogni istante così prezioso?
Gauche percorrendo la chiesa accanto a sua sorella, verso l’unica persona che aveva davvero amato, si emozionò nel capire la differenza da prima. Da ogni versione di sé ad ora, gli era comunque sempre mancato qualcosa, c’era sempre stata una sorta di nostalgia incomprensibile. Sempre.
Ed ora che ogni pezzo era tornato al proprio posto, solo ora lo capiva. Solo ora vedeva la differenza.
Essere davvero vivi, completamente vivi, essere veramente sé stessi era ben diverso dall’accontentarsi di quel che si poteva essere, di quel che si poteva avere.
Aveva vissuto sempre pensando che un giorno forse avrebbe trovato quello strano qualcosa che gli mancava, ed ora che percorreva la chiesa verso la persona che amava e che stava per sposare. Ora capiva che quel giorno era arrivato. Il giorno in cui si sentiva pieno e completo.
Si fermò davanti a Jiggy lasciando Silvet dall’altro lato dell’altare rispetto a Zazie, in quanto sua testimone.
Si presero poi per mano, davanti a un Lloyd sorridente, pazientemente in attesa di quel momento forse da molto più tempo di tutti gli altri.
- Sei bellissimo. - Mormorò Gauche sorridendo felice, davvero completamente felice.
Il giorno in cui si poteva sentire pieno.
Jiggy sorrise ed un suo sorriso poteva valere tutte le fatiche che si dovevano fare per ottenerlo.
Lo guardò vestito di bianco, un abito elegante, in pantaloni, giacca e camicia dal taglio semplice ma perfetto. I capelli dello stesso colore, ordinati intorno al viso, un po’ più in parte del solito sulla fronte. Meraviglioso come sempre. Gli occhi viola brillavano pieni di una felicità che gli aveva visto identica solo prima del giorno del Balenio, quando si era innamorato di lui per la prima volta.
Jiggy riconobbe quella luce che per anni, poi, gli era mancata.
Il suo Gauche era tornato.
- No, tu sei bellissimo. - rispose indicando che lo era per quella parte che ora splendeva in lui.
Così Jiggy si protese e gli lasciò un bacio sulla guancia, dopo di che si girarono verso Lloyd, pronti a fare quel passo importante e tanto agognato.
Il girono in cui ogni risposta trovava luogo, ogni promessa vedeva la luce.
Il giorno in cui la felicità era totale e non solo a metà.
Il giorno in cui i sorrisi erano pieni e di desideri non ne nascevano più.
Il giorno in cui chi si amava l’avrebbe fatto per sempre e senza nuvole all’orizzonte.
Il giorno era quello.
Zazie li vide uno accanto all’altro, felici e raggianti, meritevoli di quel giorno perfetto.
Un po’ triste guardò fuori da una delle alte vetrate colorate, una era un po’ aperta e da lì vide un piccolo pezzo di cielo ed un piccolo pezzo di sole, i raggi penetravano la cattedrale in quel luogo sacro.
Infine sospirò e sorrise a Lag, comunque sempre lì con lui.

FINE

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