L'Ultimo Narratore

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** PRIMA PARTE ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


Era giugno ed era buio... proprio così...
- Era giugno ed era molto buio, proprio così. Quella notte mi svegliai e mi resi conto... di essere morta. -
Nuhr raccontava la sua storia a chiunque la visitasse: medico, mago, sciamano che fosse.
Le parole le uscivano dalle labbra screpolate come vetri rotti.
Lei rannicchiata, annichilita, si stringeva le gambe scheletriche con le braccine sottili. Sembrava un manichino ipnotizzato, accasciato al suolo umido e grigio accanto al letto.
Il suo mentore Carrol era certo ormai che Nuhr fosse impazzita.
- Prima della tragedia si era lamentata di essere fortemente malata e la notte sognava che qualcuno le mangiasse lo stomaco - diceva Carrol a chiunque la visitasse.
- Ma ormai non ha importanza - concludeva Nuhr - Mi hanno divorato lo stomaco, ormai sono morta. -
Accadde che malgrado la buona volontà di Carrol e malgrado le incredibili cure a cui decine di specialisti si erano offerti di sottoporla, Nuhr parve incurabile e dunque fu portata nell’ultima stanza della torre più alta del suo palazzo, lasciata a morire.
Si sa che foglie in autunno cadono dai rami, tuttavia l’anima di alcune, per qualche misterioso motivo, continua a sopravvivere, nonostante il corpo si sia dato per vinto da tempo.
Sempre per qualche misterioso motivo esse rimangono, se pur fragili, forti nel tempo e resistenti all’inverno.
L’anima di Nuhr era come una di quelle foglie, e per un terribile interminabile periodo essa dovette aiutare quella fragile creatura che la conteneva, a mantenersi in vita proprio partendo dall’idea di essere morta.
Una notte, durante una tempesta qualcuno bussò alla porta di Carrol.
Gli aprirono gli armigeri e rimasero incantati dalla splendida visione di un vecchio uomo alto e canuto dal corpo luminoso.
Era tutto avvolto in un mantello bianco, come se lo tolse diffuse nella stanza un delizioso profumo di lavanda e miele.
Aveva la faccia ovale adornata da due occhi azzurri. I capelli e la barba bianca perfettamente in ordine e uno strano sorriso di comprensione.
A giudicare dall’aspetto non si saprebbe se definirlo orientale o occidentale, le guardie avrebbero detto piuttosto che si trattava di un alieno ma si tennero quell’osservazione per loro.
Il vecchio aveva un portamento composto ed elegante.
Egli chiese gentilmente di vedere il mentore e fu subito accontentato, Carrol lo accolse con sincera curiosità.
- Il mio nome è Meyer - si presentò lo strano individuo - Sono qui perché ho il modo per guarire la giovane Nuhr. -
- Impossibile, ormai Nuhr è morta. -
- Ne sei forse certo? Portami da lei ti prego. -
Incoraggiato dallo sguardo forte del nuovo ospite, Carrol lo condusse fino alla stanza in cui la giovane era stata isolata, pensando che prima o poi sarebbe dovuto andare a raccoglierla.
Rimase però congelato, scombussolato, stupefatto sulla soglia della stanza nel sentire ancora, seppure debole, il respiro della ragazzina.
Nuhr, viva, stava nel letto rannicchiata a dondolarsi contro il muro. Le ossa della schiena le sporgevano fuori dai vestiti strappati come squame e il viso, spigoloso e ossuto, era illuminato dalla sola luce dei lampi che precedevano i tuoni fuori dalla finestra.
A ogni rimbombo del cielo Nuhr tremava e si guardava attorno come intrappolata in una gabbia d’oro, gli occhi sbarrati, circondati da profondi solchi si muovevano irrequieti a destra e sinistra impauriti dall’ombra dei suoi deliri. I capelli neri le si erano seccati sulle spalle, cadevano di tanto in tanto delle ciocche sul suo cuscino.
Carrol sospirò e uscì dalla stanza.
Come chiuse la porta, l’energia di Meyer avvolse Nuhr in una calda coperta di commozione.
Meyer le si avvicinò senza interrompere il suo delirio, rispettò la sua follia e rimase in silenzio a guardarla, uno sfocato sorriso sulle labbra.
- Sono morta. - disse ad un tratto Nuhr.
- Interessante. -
Lei si voltò aggressivamente ma senza guardarlo negli occhi:
- Beh, cosa vuoi tu, eh? Sono morta, lasciami in pace! -
Lui non rispose.
- Vuoi provare a curarmi? -
- Voglio riuscire a curarti. -
- Sei forse un altro medico? -
- Un guaritore. -
- Guarda che le ho provate tutte... -
- Certo. -
- Secondo te sei diverso da tutti gli altri? -
- Secondo te com’è? -
Nuhr si azzittì e ci pensò, quella vocina che aveva resistito per tutto l’inverno finalmente si mosse:
- Secondo me... - iniziò a parlare, ma sembrò fosse rivolta più a sé stessa che a Meyer.
- Che genere di guaritore sei tu? - gli chiese poi.
Meyer sorrise:
- Io racconto storie. -
- Dunque è questa l’ultima trovata del mio tutore? Un guaritore racconta storie? Non ti sembro un po’ troppo cresciuta per le tue favolette, vecchio? -
Meyer si sedette sul letto e le prese il viso tra le mani:
- Non abbastanza, tesoro. -
Gli occhi di Meyer erano azzurri e immensamente vivi: le sue iridi si trasformarono in onde del mare e la trascinarono al loro interno, tant’è che Nuhr si trovò realmente immersa nell’acqua dove un caldo senso di conforto le accarezzò lo spirito.
Nuotò fino in superficie e si sorprese di vedere un’isola davanti a sé dalla quale sbucava un’imponente montagna.
Accanto a lei Meyer le stringeva la mano:
- Dobbiamo nuotare fino a riva, tesoro! Forza, a questo mare piace cambiare! -
Si misero a nuotare e arrivarono su una bellissima spiaggia con la sabbia grigia.
Nuhr stanca e debole si appoggiò con le ginocchia a terra scoprendo che nel prenderla tra le mani era ricca di strani sassolini spiraliforme scintillanti.
Intanto dietro di lei il mare cantava e le sue onde erano altissime.
Seguì Meyer in un bosco finché non arrivarono in un’antica caverna dalle rocce calcaree.
La condusse ad un portone che una volta aperto avrebbe per sempre cambiato la vita di Nuhr.
- Coraggio, tesoro. Entra! -
Nuhr curiosa accettò l’invito e si trovò all’interno di un enorme salone luminoso. Quando l’occhio si abituò a tanto chiarore, lei si stupì di meraviglia: era interamente circondata di libri!
Ce n’erano di tutte le misure, di tutti i colori e in tutte le lingue!
Si sentì talmente emozionata che scoppiò a piangere. Il suo corpo provò un piacevole torpore lì dentro.
Meyer la fissò teneramente
- Qui dentro la morte è lontana! -
Nuhr annuì sorridendo, il volto illuminato interamente da uno splendido sorriso.
- Benvenuta nella Biblioteca Universale, è da qui che nascono tutte le storie! - esclamò Meyer.
- Vuoi dire che qui dentro ci sono tutte le storie del Mondo? -
- Non solo... -
- Tutti questi libri, sento che in qualche modo mi appartengono... -
- Molto interessante... scegline una, te la racconterò! -
- Meyer, non sono più una bambina, posso leggermele da sola! -
- Oh mia cara, quante cose ti perderesti! Perché negarti il piacere di ascoltarle? -
Le si avvicinò sorridendo, aveva un viso molto bello nonostante l’età e forse per questo una parte di Nuhr si sentiva privilegiata a stargli accanto.
- Proviamoci! - le disse poi con convinzione.
Nuhr accolse la sfida.
Dunque prese una scala e iniziò a ricercare un libro di scaffale in scaffale, finché si sentì particolarmente attratta da uno di color turchese: “Lo Scongelamento”.
Fu curioso scoprire che al suo interno era inserito un bigliettino:

Mio giovane amico,
è giunto per me il momento di partire, lei mi sta aspettando.
Scrivo quest’ultimo libro in dono a Silenziosa che tu potrai leggere prima di cominciare il tuo percorso.
Te lo lascio davanti alla porta, sono certo che saprai dove collocarlo.
Ora me ne andrò, ma ci rincontreremo.
Non fermarti mai, non sei solo.
Ti lascio con gioia l’eredità di questa Biblioteca.
So’ che ne farai buon uso.

A presto

L’ultimo Narratore


- Meyer - chiese Nuhr - Meyer, chi è l’Ultimo Narratore? -
- Oh! Molto bene! Molto bene, tesoro! Portalo qui! Non c’è storia migliore con cui cominciare la nostra avventura! Eh eh eh! -
Nuhr si lasciò trasportare dall’entusiasmo del suo compagno e gli portò il libro.
Meyer tirò fuori un paia di occhiali dorati dalle grandi lenti rotonde con piccoli rubini blu e rossi incastonati dentro la montatura.
In seguito fece comparire sotto i loro piedi un bellissimo tappeto blu cobalto con strani simboli alchemici dipinti sopra:
- Ora accomodiamoci pure mia cara! E che la narrazione abbia inizio! Siediti pure dove preferisci ma non ingombrare tutto il tappeto, le grandi storie hanno bisogno di spazio! Eh eh eh! -

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Capitolo 2
*** PRIMA PARTE ***


La terra dei Ghiacciai era ormai lontana, sarebbe stato impossibile giunti a quel punto ritornare indietro.
Era notte e pioveva, il vento mostruoso scuoteva il mare alzando grandi onde. Esse si mescolavano le une contro le altre facendo tremare tutto attorno a loro, nessuno avrebbe avuto il coraggio di sfidarle.
Solo un piccolo marinaio, in fuga da un congelamento universale osò farlo.
Il giovane Gabriel, bambino di estrema sensibilità e dolcezza, si era messo in viaggio da mesi verso l’ignoto portando con sé una bussola, un cannocchiale e tutto quello che gli era rimasto delle sue emozioni.
Inizialmente aveva intrapreso la sua folle avventura come una missione personale, ma ora, bagnato fradicio dalla testa ai piedi e scosso da mille timori, iniziava ad avere un po’ paura.
Oh Cielo, glielo avevano detto: mai avventurarsi in mare aperto solo per il gusto di imparare a nuotare! Sarebbe stato meglio non oltrepassare il confine dei Ghiacciai! Che errore hai fatto Gabriel!” pensò piangendo “Hai voluto conoscere il mare? Hai voluto esporti all'ignoto? E ora eccoti in mezzo a un naufragio! Ma dopotutto va bene così. Nemmeno ora che stai rischiando di affondare in quello stesso mare, in cui avevi deciso di avventurarti, torneresti a casa. Piuttosto muoio affogato!”
Proprio mentre andava pensando a tutte quelle storie, iniziò a piovere più forte e lampeggiare. Dietro ogni lampo si mostrava lo scenario spaventoso di un mare infuriato, la pioggia battente e il boato di un tuono.
Gabriel vacillava dalla paura ma non mollò, si aggrappò a un lato della barca e lì rimase, terrorizzato.
Il Mare, ammirato dal grande coraggio di quel pargolo si commosse:
-Mi dispiace! - gridò - Mi dispiace se ti sto creando tutte queste difficoltà, ma non posso farne a meno! Tornatene indietro, sei ancora in tempo! -
Il piccolo marinaio non lo avrebbe mai fatto.
Da dove veniva lui faceva sempre freddo, tutti i giorni dell’anno a tutte le ore.
Gabriel si era messo in viaggio proprio per ritrovare un po’ di calore.
Ma c’era davvero bisogno di affrontare tutta quella tempesta?
“Perché! Perché non te ne vai?” chiese il mare “ Cosa ci stai a fare ancora qui? Tornatene a casa!”
- No! Ti prego Mare, se ti muovo così tanta premura in cuore, allora ti prego smettila di farmi tremare! -
Gabriel speranzoso non avvertì alcun eco di risposta.
Allora si alzò sulla barca bagnata e scivolò, scivolò, scivolò ancora.
Infine prese in mano il timone e provò, malgrado fosse impossibile a reggersi in piedi.
Proprio quando sembrava aver trovato la forza di continuare, avvertì dietro di sé la presenza di un’alta onda azzurra, così alta che col riflesso dei lampi parve accendersi anche lei e diventare fosforescente. Era immensa, grossa da non far capire l’inizio dalla fine, decisa ad avventarsi contro l’insignificante barchetta del giovane eroe.
Ma qualcuno lo prese di peso e lo sollevò in aria. Gabriel urlò terrorizzato.
“Ormai è la fine” pensò.
Iniziò a scuotersi per liberarsi; non riuscendoci provò a capire con le mani cosa lo stesse sostenendo, ma nulla, era come sospeso nel vuoto da un forte vento pervasivo.
Proprio pochi istanti dopo si sentì posare dolcemente su un terreno rigido e cadde a terra, triste e affranto, iniziando a piangere come un rubinetto guasto che non smette di gocciolare.
Una voce parlò dal nulla:
- Or dunque ragazzo mio, mi chiedevo se sei sempre così sensibile ai salti nel vuoto. -
Gabriel si guardò attorno ma non vide nessuno, tutto era dannatamente buio.
Il capo chino, il corpo umido sul terreno gelato.
Seppure stanco e desolato trovò la forza di rispondere:
- Chi... chi sei tu? - sussurrò.
- Oh! Questa si che è una bella domanda! Faresti meglio a chiedermi qualcosa di più semplice per cominciare! -
Gabriel alzò il capo incuriosito e provò a rialzarsi. Quando si rimise in piedi si guardò attorno ma non vide che il buio.
Solo dritto davanti a sé poteva notare la sagoma di un ometto discretamente alto.
- Non ti vedo- disse Gabriel - dimmi chi sei. -
- Prima di aprire la bocca, occorre imparare a sentire. -
- Ma non ti vedo. -
- Anche prima di aprire gli occhi, occorre aprirsi e sentire. -
Intanto la tempesta era calata e nemmeno il vento soffiava più.
Era tutto buio e immobile, scuro, senza movimento.
“Forse stavo meglio in mezzo al mare rispetto a questo profondo enigma!” pensò Gabriel.
- Ragazzo mio, hai chiesto tu di essere salvato. - intervenne la nuova voce come se gli avesse letto nei pensieri.
Gabriel chiese di nuovo informazioni:
- Ehi, curioso ometto, per caso sai se... sono qui  anche le mie cose? -
- Quali cose? -
- Ma come?! Quelle che c'erano sulla mia barca! -
- Ah! È Nathan l’addetto alle cose che c’erano!
- Nathan! Nathan! - chiamò urlando.
Dopo una breve attesa, Nathan arrivò: l’aria si riempì del dolce rumore che fanno i bambini quando corrono.
Svampito, agitato e un po’ assonnato, la sagoma smagrita di Nathan sbucò saltellando davanti a Gabriel.
Si trattava di un tipetto sottile sottile con una strana antenna sulla fronte.
Aveva una voce simpatica, sembrava davvero un bambino:
- Ciao Ciao Raphael! Ciao ciao amico di Raphael! Facciamo un gioco? -
- Nathan, non vedi che il gioco è già iniziato?! -
- Ma Raph! Perché non mi hai chiamato! -
- Oh quante noie! Sai che a questo gioco qui si è sempre in tempo!
- Ma ora ti prego, abbiamo un ospite, non vedi? -
- Oh! Oh! -
Il nuovo arrivato prese la mano a Gabriel con dolcezza e gliela strinse come se mai ne avesse viste al mondo:
- Che pelle morbida, come quella di un micino... - poi sollevò il capo - Anche i tuoi capelli sono lisci... oh... -
Si fece triste. L’altro ometto grassottello sospirò:
- Cosa c'è? -
- Ha un nasino piccolo piccolo. -
- Non fa niente, va bene così com'è. -
- Va bene, anche se all'inizio sarà più... difficile... -
- Nathan - li interruppe Gabriel - Posso riavere le mie cose? -
- Quali cose? -
- Quelle che c'erano! - rispose soddisfatto Raphael.
- E dove sono? - continuò Nathan.
- Ma qualcuno le ha prese?! - esclamò Gabriel.
- Oh! - dissero in coro gli altri due.
- Ma come “Oh!” ! - urlò il bambino temendo di averle perse per sempre - Raphael aveva detto che tu Nathan le avevi prese! -
Nathan non rispose ma, se solo Gabriel lo avesse potuto vedere in quel momento, si sarebbe di certo pentito di aver usato maniere così brusche.
Accade a volte di parlare nella stessa lingua e non capirsi. In questi casi finisce sempre che quello più sensibile tra tutti ci rimane male.
Nathan, per l’appunto, si mise a piangere:
- Basta! Non fare così, sono delicato. Cerca di capire! Cerca di capire che sono sensibile e se urli piango! -
Era sana abitudine tra quegli strani tipetti che avevano salvato Gabriel, trasformarsi in vere e proprie fontane per mandare via i pensieri cattivi.
Proprio allora Nathan decise di dare inizio alla sua metamorfosi.
Il suo corpo si immobilizzò come di pietra e chinò la testa ad un lato, stinse gli occhi iniziando a singhiozzare. Deglutì e scoppiò in un lamento straziante.
Gabriel si sentì preso in causa e diventò terribilmente triste.
Intanto il vento ricominciò a battere ma ormai nulla aveva più importanza perché qualcuno piangeva.
- Come si fa a farlo smettere? - chiese a Raphael.
- Spiacente, non ha bottoni. -
- In che senso? -
- Funziona a emozioni e le emozioni non si spengono mai. -

Raphael si avvicinò a Nathan e lo accarezzò dicendogli che tutto sarebbe andato bene e che gli voleva tanto bene.
Delicato gli cinse le braccia attorno al corpo e lo strinse forte a sé finchè da fontana non si trasformò in risata.
Tornò il silenzio e Raphael si rivolse a Gabriel:
- Parti con noi? -
- No! - esclamò lui come se la risposta fosse ovvia - Prima rivorrei le mie cose! -
- Vieni con noi. - ritentò Raphael dolcemente - Fidati di noi. -
Gabriel non rispose di nuovo a tono, ma si fece pensieroso.
- Fidati in che senso? Che cosa significa? -
Fustino e Raphael fecero in coro un'esclamazione di stupore e delusione assieme, il più esile tra i due intervenne sbigottito:
- Non... non sai davvero cosa voglia dire... fidarsi? - la sua voce un soffio infantile.
Gabriel scosse la testa.
“Fidarsi, chissà che assurdità sarà.” si mise a pensare “di certo non è roba di cui gli uomini hanno bisogno, se no lo avrei imparato a scuola!”
Raph tossì:
- Perchè non glielo spieghi tu, Nathan? -
Nathan si rianimò e prese a parlare in modo incantevole:
- Allora... fidarsi... mh... ci sono!
- Fidarsi di una persona è credere che quella persona farà in modo che tu stia sempre bene anche quando nemmeno tu non ci credi più!
Tutti hanno bisogno di qualcuno di cui fidarsi se no diventi matto, capito? -
- Non mi è chiaro... -
- Non... non hai qualcuno di cui ti fidi? -
- Non lo so, nella terra dei Ghiacciai, che è il mio Paese di provenienza, non ci si fida di nessuno. -
- Certo che tu sei strano! - gli disse spontaneamente.
Gabriel sgranò gli occhi: Strano? STRANO? Lui?!
Avrebbe proprio voluto rispondere a quello lì ma temeva di ferirlo.
E se si fosse messo di nuovo a piangere?
No, meglio di no, avrebbero perso altro tempo a farlo smettere.
La mano calda di Raphael strinse quella di Gabriel:
- Coraggio! Fidati di noi! -
- Ma è tutto buio, non vi ho mai visti! Come potrei fidarmi? -
- Coraggio! -
- Sarebbe come fare un salto nel vuoto! -
- Ci vuol coraggio. -
- Potreste portarmi in un luogo sbagliato! -
- Ti abbiamo salvato da un naufragio! -
- Mi state mettendo in crisi! -
- Fa parte del gioco! - intervenne Nathan.
- Eri già in crisi. - concluse Raphael
Gabriel taque, avevano proprio ragione.
Era in crisi, terribilmente in crisi. Per questo era partito, per questo aveva sfidato il Mare e la sua tempesta.
Ci pensò su, aveva perso tutto ormai, le possibili alternative erano ben poche. Inoltre una parte di lui, remota, sepolta, ma tuttavia ancora perfettamente funzionante, conservava un’ incontrollata passione per la scoperta:
- Come... - riprese timidamente - Come faccio a fare questo "fidati di noi" ? -
Due grandi sorrisi luminosi esplosero nel buio, essi furono la prima cosa che il piccolino vide dopo tanto tempo in mezzo alle tenebre.
Raph, che aveva di recente vinto un dottorato in Storia della Fiducia, si illuminò di una geniale trovata:
- Allora... - iniziò avvicinandosi a Gabriel - Si inizia piano piano . -
- Molto piano. -
- Grazie Nathan. -
- Dammi un dito... uniscilo al mio... ecco così. Ora lasciati guidare. -
Raphael prese a camminare lentamente accogliendo il compagno a cui era collegato.
Quest’ultimo lo seguì a stento.
Non potendolo vedere bisogna immaginarselo: un ghiacciolo tutto intimidito, avanza a piccoli passettini e rigido nei movimenti tiene gli occhi serrati.
Si può facilmente comprendere che non avere punti di riferimento in una realtà sconosciuta, all’inizio può fare un po’ paura.
Le due creature non parlarono più, il silenzio avvolse ogni cosa e assistette con curiosità alla lenta trasformazione di un bambino congelato.
All’inizio Gabriel strinse forte il dito di Raph in quanto l'unica cosa sicura, l'unico mezzo per non perdersi.
Solo col passare del tempo si rese finalmente conto che Raph non lo avrebbe mai lasciato, allora si rasserenò e provò a sentirlo: una pelle ruvida, una presa salda, le mani di un amico.
Gabriel abituato da buon umano moderno a far tutto da solo, non aveva ancora capito la necessità di stare tutti e tre così vicini.
Soprattutto non capiva come mai andarsene in giro insieme piuttosto che pensare ognuno ai fatti propri.
Eppure con quei due strani esseri al suo fianco ammise che stava facendo molta meno fatica.
Gabriel iniziò ad apprezzare la loro cura.
Raph parlò con tono premuroso come se potesse comprendere le emozioni che stava vivendo:
- Qualsiasi strada diventa un percorso se si segue assieme ad altri, imparalo già adesso. -
Il tempo, dapprima lungo, infinito, divenne piacevole.
Alle sue spalle sentì il sostengo di Nathan.
Sorpreso da un improvviso torpore si mise a colorare con la mente piccoli pensieri:
“ Forse anche le cose più strane vengono meglio se affrontate insieme agli altri.”
Nel suo corpo un pezzo di ghiaccio si sciolse.
Ad un tratto Raphael si fermò:
- Siamo arrivati! -
Gabriel aprì gli occhi, era ancora buio ma qualcosa era cambiato: si sentiva scorrere l'acqua di un ruscello e fischiare un vento tiepido.
La freschezza della natura arriva anche dalle anime cieche, perché perfino esse le appartengono.
- Siamo in un bosco! - esclamò Gabriel entusiasta.
Natan rise dolcemente, l’altro lo corresse: - Ci siamo sempre stati. -
- Oh, vorrei tanto riuscire a vederlo. -
- Fallo allora! - lo incoraggiò Nathan.
- Ma è buio! -
- È buio soltanto se lo decidi tu. - concluse Raphael.
Nathan era agitato, lo si capiva perché batteva un piede sul terreno come un leprotto impaziente.
- Che cosa vuoi tu? -
- Raph... Raph! Il benvenuto, proviamo a dargli il benvenuto! -
- Oh, ben detto! Nathan, per tutte le Ninfe, hai ragione! Diamogli il benvenuto! -

Nathan e Raphael cinsero Gabriel in quattro grandi ali d'amore e i loro corpi diventarono morbide piume su cui potersi lasciare andare.
Un tenero senso di protezione si tuffò nel cuore di Gabriel coperto di ghiaccio e si espanse, scongelandogli prima le arterie, poi le vene, fino a scorrergli in tutto il corpo assieme al sangue.
La gioia lo travolse come un'onda dalla testa ai piedi, i suoi occhi vennero attraversati da una nuova luce .
- Se vuoi puoi farlo anche tu... abbracciarci voglio dire... - gli sussurrò timidamente Nathan - Mi piacciono gli abbracci! -
Gabriel sorrise e strinse i due amici forte a sé. Allora capì finalmente di essere stato salvato.
A un tratto, il buio si dissolse.
Foglie verdi! Migliaia di foglie verdi!
Alberi! Migliaia di alberi!
Migliaia di alberi con migliaia di foglie verdi!
“Il sole! Ma allora esiste davvero!”
Esiste eccome e con i suoi raggi dorati ti bacia il viso Gabriel!
- Buongiorno, piccolo amico! Benvenuto! - esclamò Raphael.
Gabriel sciolse l’abbraccio, ora poté finalmente osservarli: Raphael era grosso e basso con uno sguardo da pigna.
Natan portava dei grossi occhiali da vista, era calvo con solo tre capelli: gli sbucavano diritti al centro della testa come un'antenna.
Tutti e due avevano un grosso naso a patata tutto rosso.
Gabriel scoppiò a ridere (dopotutto non si poteva non farlo, quei nasini erano così buffi!), la sua risata echeggiò in tutto il bosco.
Più rideva e più quel posto, che all'inizio gli era sembrato buio ed estraneo, gli piaceva.
Il tempo passava ma lui continuava a ridere, non riusciva proprio a fermarsi.
Oh, finalmente sentiva un po' di calore, com’era felice!
Nathan applaudì contento:
- Gli abbracci funzionano sempre! -
- Ora posso vedere anche io! Il prato verde, la terra marrone, il sole dorato! E guarda là: scorre un ruscello! -
- Gli abbracci colorano il Mondo! -
- Sento il fruscio delle chiome degli alberi! L'acqua! -
- Gli abbracci sturano le orecchie! -
- Oh come sto bene! -
- Adoro gli abbracci! -
- Bene. È giunto il momento delle presentazioni ufficiose: io sono Raphael. Lui si chiama Nathan. -
- E siete due... ? - lo interruppe Gabriel.
- Noi preferiamo chiamarci umani correggiuti. -
- E cioè? -
- Siamo stati geneticamente modificati all'amore. - si intromise Nathan - Vedi, il fatto è che durante l'esperimento qualcuno non ha chiuso la porta del laboratorio e al risveglio abbiamo tutti avuto un gran raffreddore! Dopo un mese ci è passato ma siamo rimasti così, con questo grosso naso rosso! -
Gabriel era senza parole:
- Geneticamente modificati... all'amore? -
- Nel senso che amiamo senza vergognarcene. - spiegò Raph.
- E facciamo tantissime cose!
- Sì, sì, sì!
- Piangiamo, ridiamo, ci abbracciamo. Ci divertiamo un sacco... anche se non tutti ci riescono subito. Sai , all'inizio è molto difficile!
- E poi... ah! Sì, Sì, Sì! Giochiamo! Giochiamo! Giochiamo? Raph, stiamo andando bene, vero? -
- Molto bene, Nathan. -
- Che bello! Ma ora tocca a te! Devi dirci da dove vieni e come ti chiami! -
Natan attese la presentazione di Gabriel fissandolo con due grandi occhioni coccolosi.
Col passare del tempo li spalancò sempre di più trasmettendogli sincero affetto.
- Sono Gabriel e vengo dai Ghiacciai, al di là del mare dei Misteri.
- Il nostro mondo è fatto di persone senza età, senza amore e senza abbracci. -
Natan rabbrividì.
- Siamo cresciuti per essere creature di ghiaccio. Non esistono i grandi o i piccoli, siamo tutti adulti. Siamo tutti uguali, forti, razionali e... profondamente soli. -
Gli si soffocò la voce in gola a pronunciare quest’ultima parola.
Gabriel aveva sofferto la solitudine più di tutti gli altri in quel Mondo così ingiusto. D’un tratto assunse un’espressione insofferente, come assente a sé stesso.
- Un tempo - continuò con distacco - anche la mia Terra era bella come questo bosco ma purtroppo negli ultimi anni c'è stato un Congelamento di massa e ora è diventato tutto di ghiaccio, anche le persone che ci vivono! -
- Brr! Ma è terribile! - Nathan si sfregò le mani come per scaldarsi - E perchè vi siete congelati? -
- Non lo so. Nessuno lo sa. O meglio, nessuno vuole scoprirlo perchè stanno tutti bene così. -
- Che strani che siete. -
- Il problema è che questo congelamento ci ha resi molto deboli, perchè non sentiamo più il nostro cuore!
Solo i bambini all'inizio sentono di averlo, ma i genitori non li ascoltano, danno loro dei bugiardi piuttosto che essere ragionevoli. Crescendo i bambini smettono di pensare al loro cuore e seguono l'esempio dei genitori, assimilandosi a loro.
Se sei orfano però è diverso: puoi continuare a credere che il tuo cuore batteva un tempo perchè gli adulti non ti parlano, ti lasciano in disparte.
I loro figli ti ascoltano, anche se crescendo  ti abbandonano.
Se sei emarginato hai un vantaggio: puoi credere in cose che gli altri di norma non credono e soprattutto... andare a vedere il Mare.
Un giorno, mentre fissavo il Mare, scorsi una bottiglia galleggiare nell'acqua. Stava proprio sotto i miei piedi. Mi colpì subito perchè era verde, un colore insolito in mezzo al grigio quotidiano.
La presi e la aprii. Dentro c'era questo messaggio... -
Gabriel mostrò ai compagni una piccola pergamena dalla tasca e cominciò a leggere ad alta voce cosa c'era scritto:


Oltre il Mare dei Misteri si nasconde un gran Tesoro.
sulla Montagna Silenziosa
è custodito in un forziere d'oro.
Per aprirlo esso aspetta
una Volontà molto Curiosa
Trovalo e porta a casa la tua fetta
La Magia sarà tua sposa.
Se a trovarlo riuscirai
sciogliere i Ghiacciai tu potrai
ma se alla proposta si rifiuterà
La tua terra si congelerà
e il tuo popolo cadrà.
Dura prova è la conquista
sapere lottare è la giusta pista
l'Umorismo è la chiave
ora sai che cosa fare!


Quando smise di leggere la filastrocca Raphael sembrò molto pensieroso.
Strofinandosi una mano al mento, camminò avanti e indietro con la testa china.
- Raphael! Alla fine di questo bosco c'è una Montagna: la chiamiamo proprio Montagna Silenziosa ! - esclamò Natan.
- Oltre il Mare dei Misteri si nasconde un gran tesoro... - ragionò Rapahael.
- Sulla Montagna Silenziosa c'è il nostro tesoro! Potrebbe essere quello di cui parla la filastrocca! -
- È custodito in un forziere d'oro... -
- Il nostro tesoro è in un forziere d'oro! Ce l'ho messo proprio io! Me lo ricordo perché faceva rima! -
- Dunque, il messaggio parla chiaramente di un tesoro da trovare... un tesoro... -
- Natan! Ti dice niente questa storia? -
- No, Raphael. -
- Ah Natan! Per favore! Stammi dietro! -
Così Rapahael riprense a pensare girando in cerchio e Nathan lo seguì. Quest’ultimo annoiandosi, decise di provare a imitare la camminata dell’amico.
Alla fine camminarono l'uno dietro l'altro finché non fu più Nathan a seguire Raph, ma il contrario.
Alla fine accadde che Nathan diresse il cerchio e Raph imitò la camminata dell’amico finché non si fermò di scatto e gli diede un colpetto sulla collottola:
- Ma come cavoletti e broccoletti cammini, pagliaccio? -
Natan parve prendersela:
- Ma come cavoletti e broccoletti caminetti te! -
- Io non sono un caminetto! -
- Ma prima camminavi! -
- Non darmi del caminetto solo perché camminavo! -
- Non urlare, sono sensibile! -
E così dicendo si sedette a braccia incrociate sul prato.
- Scusa, Nathan. - disse Raphael dopo un po'- Hai proprio ragione. Sono stato un caminetto perché ho pensato troppo. E quando pensi troppo si sa... diventi come loro: bruci un sacco di legna ma se nessuno ti aiuta a metterla al posto giusto fai un sacco di fumo. -
Natan si rialzò:
- Succede Raph che quando pensi troppo... diventi solo. -
- E non pensi più agli altri. -
- Ti fai così tante idee che ti ci perdi dentro. -
- E non pensi più agli altri. -
- E il tuo cervello inizia a fumare, proprio come un caminetto.
- Oppure inizia a pedalare, come una bicicletta che parte per un viaggio e a un certo punto non si ricorda più perché è partita ma continua a pedalare. -
- È meglio pedalare con gli altri. -
- Sì. Se pedali da solo non puoi accorgerti se sbagli strada. -
Gabriel proprio a quel punto ritenne opportuno intervenire:
- Raphael, Nathan diceva che esiste una montagna su quest’isola che si chiama proprio Silenziosa! -
- Giusto! Hai ragione! - esclamò Raph illuminandosi in volto.
Allora guardò Nathan con meraviglia:
- Che sia proprio... -
Nathan alzò le spalle:
- Oh si... potrebbe essere proprio... -
- Nathan! Si tratta proprio di quel tesoro lì! -
- Gabriel diverrà il nuovo custode! -
- Oh! - esclamarono in coro.
Gabriel non capiva proprio, di che tesoro stavano mai parlando quei due?
- Piccolo mio - iniziò Raphael - In questo gioco dovrai essere molto astuto per poter vincere. Ma il tuo caro amico Raphael ha qui una cosetta che potrebbe tornarti utile! -
Raphael si tolse una delle sue grosse scarpe gialle, la capovolse e ci infilò una mano dentro.
Dopo pochi istanti tirò fuori un cartiglio tutto attorcigliato.
- Che cos'è? - chiese Gabriel.
- La mappa di quest’ Isola! - rispose Raphael srotolandola.
- E perchè la tieni nelle scarpe? -
- Mi aiuta a rimanere con i piedi per terra. -
- Coraggio, amico. - continuò poi - Prendila! -
- Ehm... Mettiamola sul prato così... possiamo vederla tutti insieme! -
- Oh sta' imparando a condividere le cose! - intervenne Natan.
- Giusto, e io che pensavo fosse per l'odore di calzino sudato! Mai pensar male dei bambini! Facciamo pure come vuoi tu, Gabriel. -
Così misero la mappa in mezzo all'erba.
Ritraeva l’intera isola, circondata dal Mare dei Misteri. Al suo interno c’era disegnato un grande bosco suddiviso in cinque zone, oltre questo si estendeva una vallata con il Lago delle Emozioni e successivamente, dopo un breve tratto paludoso ecco la bellissima Montagna Silenziosa dalla vetta talmente alta che non era stata disegnata la punta nel cartiglio.
- Perché il bosco è diviso in zone? -
- Perché non ci siamo solo noi nasi rossi ad abitarlo: al nostro arrivo abbiamo dovuto dividerci il territorio con altre creature che ci vivevano prima di noi! -
Raphael spiegò al bambino che doveva seguire il sentiero indicato nella zona verde, lì avrebbe potuto incontrare altri nasi rossi come loro che lo avrebbero condotto dritto al tesoro.
Gabriel non curandosi minimamente di quelle parole lo interruppe con una domanda:
- E cosa c’è nelle zone di colore diverso? -
- Non sono di nostra competenza. Se ti perdessi lì in mezzo non sapremmo come ritrovarti, e non lo sapresti nemmeno tu. Rimani nella zona verde e arriverai alla Montagna Silenziosa il più presto possibile. Io e Nathan non possiamo venire con te. Dobbiamo mantenere questa Postazione. -
- E perchè ? -
- Perché Noi ci siamo divisi la nostra fascia in Postazioni e ognuno di noi svolge compiti diversi a seconda di dove si trova. Io e Nathan, ad esempio facciamo parte della Stazione Direzionale. -
- Nel senso che indichiamo a chi si è perso la strada migliore per tornare a casa. - intervenne Nathan.
- Esattamente... Poi ce ne sono altre... -
- E gli altri invece? Dove sono? Dove posso trovarli? -
- Gabriel - Raphael assunse un tono molto serio - Noi non siamo creature che si possono trovare. Piuttosto siamo noi a trovare te, quando meno te lo aspetti e quando più ne hai bisogno! -
- Ma c'è sempre bisogno di noi! - osservò Nathan.
- No, non sempre. A volte basta quello che abbiamo dentro. -
Raphael arrotolò la mappa e la porse a Gabriel.
- Mi raccomando, segui il percorso verde e arriva alla Montagna Silenziosa! Trova il tuo tesoro e torna nei Ghiacciai a scongelare il tuo Popolo! So che puoi farcela!! -
Natan intervenne saltellando:
- Aspetta! Io so una cosa! La dico? La dico? Posso dirla Raph? -
- Sentiamola. -
L'altro intonò un "LA" con una bellissima voce da tenore.
- Bravissimo. -
- Grazie! -
Un istante di silenzio.
Nathan si guardò attorno, poi si mise le mani dietro la schiena e ondeggiò spostandosi da un piede all'altro.
Quando Raphael incrociò il suo sguardo, divenne di miele e gli fece un sorrisone splendente. Smise di ciondolare su sè stesso, sbatté ripetutamente le ciglia.
- Scommetto... - disse finalmente Raphael - Scommetto che Gabriel sta' morendo dalla voglia di scoprire qual'è la cosa che sai e che volevi dirci, Nathan! -
Il piccolo scattò come una molla urlante:
- Yu-uh! Allora, allora, allora! Se dovessi mai perderti, chiedi aiuto ai Saggi! Loro sicuramente sanno la via! -
- Bene! - esclamò Gabriel - E dove sono questi Saggi? -
- Ne siamo circondati! - Raphael fece un cenno con la mano per indicare il bosco.
- Ma qui ci sono solo alberi. - osservò Gabriel in tono ragionevole.
Natan scosse la testa con aria importante:
- Sono Faggi. -
- E allora? -
- E allora i Faggi sono Saggi! -
- E perchè mai? -
- Perchè fa' rima! -
- Ma Natan, i Saggi parlano! I Faggi no! -
- Beh, con me sì! -
- Sei forse impazzito? -
- No, sono Natan! -
- Ma che cosa c'entra! -
- Io sono Nathan e tu no! Pa-ra-pa-ra-pap-pe-ro! -
- Natan! - lo sgridò Raphael - Siamo tutti importanti allo stesso modo! -
- Ma non c'entra! - si scaldò Gabriel.
- Se non c'entra sicuramente quadra. - concluse Raphael.
Gabriel si buttò sull'erba esausto, Natan lo imitò divertito.
- Gli alberi non parlano. - ripetè poi con convinzione.
Raphael gli sorrise:
- Gli alberi parlano. -
- Non li ho mai sentiti parlare! -
- Ormai nessuno li ascolta più... -
- Noi si Raph! - intervenne Nathan, poi tacque e si mise a giocherellare con i fiori nell'erba.
Gabriel riprese il discorso:
- Come faccio a farlo anche io? -
- Sono cose che non si spiegano, devi sentire tu qual'è il giusto modo.
- Ma tu pensa Gabriel, pensa se non ci fossero più alberi nel mondo. -
Natan sobbalzò, lo sguardo impietrito.
- Che cosa succederebbe? - continuò Raph.
- Ci sarebbe silenzio! - Natan ritornò partecipe alla conversazione.
- Chi ti proteggerebbe dal sole quando fa' caldo? -
- Fin troppo silenzio. -
- Chi ti scuoterebbe la chioma quando tira il vento? -
- Quel tipo di silenzio che porta il freddo. -
- E chi riempirebbe i parchi di colore in autunno? -
- Fin troppo freddo. -
- Non ci sarebbero più foglie colorate perchè non ci sarebbe più l'autunno e nemmeno le altre stagioni! Ci sarebbe un perpetuo ed eterno... -
- Inferno. -
- Inverno Natan, si dice inverno. -
Natan dilatò gli occhi e spalancò la bocca.
Non voleva fare una pernacchia ma tirò fuori la lingua lo stesso perché era inorridito:
- Un mondo solo di inverno è un mondo grigio. Ho paura Raph, ho paura! -
Prese fiato e diventò pallido, fece un grido spaventato singhiozzando, ricominciò a parlare con la voce sottile sottile:
- Ho paura! Oddio! I nostri alberi! I nostri preziosi alberi! Li sto' vedendo mentre li fanno a pezzi! Oddio! - e scoppiò a piangere.
Gabriel pensò straziato che nel suo Mondo li avevano abbattuti tutti.
Natan balzò in aria e corse ad abbracciare un albero, dopo poco tempo il suo viso tornò progressivamente più felice.
Baciò il Faggio a cui si era aggrappato:
- Non permetterò a nessuno che ti facciano del male. Ti proteggerò perché sei amore e anche io sono amore. Tutto sopravvive quando c'è amore perché tutto è protezione quando c'è amore. -
Gabriel si avvicinò alla piccola creatura e gli disse:
- Allora i Faggi sono Saggi perché c'è amore non perché fa' rima! -
Natan sciolse l'abbraccio col Faggio e fissò speranzoso Gabriel. Stavano uno di fronte all'altro:
- Ma fanno anche rima! -
- Ma... -
Raph tossì forte ammonendo Gabriel con lo sguardo.
- Natan - continuò Gabriel con dolcezza - aiutami a capire quello che dici, perché da solo non ci riesco. -
Natan sorrise:
- Che strano che sei. -

Non bisognava aspettare altro tempo, Gabriel doveva mettersi in viaggio.
Una nota di malinconia gli si accese negli occhi:
- Venite con me, dai! Solo per un pezzetto! -
Raphael scosse la testa:
- Non possiamo lasciare la nostra Postazione. -
- Ma voglio attraversare il bosco con voi! -
- Oh! Arrivare al tesoro è la tua missione.
- Noi possiamo indicarti la strada migliore per poterlo raggiungere, spetta a te seguire il cammino. Dovrai farlo da solo. -
- Vedrai che quando arriverai sarà bellissimo scoprire di avercela fatta! - intervenne Natan - E poi... Se avrai delle difficoltà potremo aiutarti anche se non ci vedi! -
Raphael gli mise una mano sulla spalla:
- Ora va! E rimani sul sentiero che ti ho tracciato! -
Natan scoppiò a piangere per l'emozione.
In seguito si soffiò il naso alla camicia di Raph:
- Sono sensibile! -
Gabriel lo guardò intenerito:
- È una bella cosa. -
- Oh! Abbraccio! Abbraccio! -
Si strinsero forte tra loro mentre Natan continuò a piangere, poi Gabriel se ne andò con l'eco di sottofondo delle raccomandazioni di Raphael:
- Lava le orecchie! -
- Mangia!
- Non strappare i fiori!
- Non lasciar rifiuti!
- Non uscire dalla zona verde! -
Quando scomparve nella foresta, Natan si tolse dalla tasca delle cianfrusaglie: una bussola, un cannocchiale, un sacco di monete e una copertina blu.
- Raphael, ha dimenticato le sue cose! -
- Quali cose? -
- Quelle che c'erano! -
- Ah! Qualcuno le ha prese! Natan, quel Qualcuno eri tu!
- Beh... Se le ha scordate, si vede che non erano poi così importanti! -

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