You're mine now, Jaeger

di Rivaille_02
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Distretto di Trost, 27 Marzo 2017.
Un normale giorno di scuola in quella città abbandonata dal mondo. Situata in una piccola isola, la città era circondata dalle mura. Al di fuori di esse, viveva un pericolo per il genere umano: i giganti. La gente non ci badava tanto, fino al giorno in cui fecero irruzione impossessandosi di Shiganshina, la città natale del ragazzo più intelligente là dentro: Eren Jaeger, un diciassettenne che aveva iniziato a studiare un metodo per uccidere quegli esseri che gli portarono via i genitori. Viveva insieme alla sorella adottiva, Mikasa Ackerman, in un piccolo appartamento nella periferia. Andavano entrambi nella stessa università insieme al loro carissimo amico d’infanzia, Armin Arlert.
Erano le ultime ore ed Eren si stava annoiando. Non faceva altro che ripetersi cose del tipo: “Io queste cose già le so...non ha senso stare qui ad ascoltare le lezioni”. Per lui ogni giorno era una noia. Anche a casa: Armin era troppo impegnato nello studio per giocare ai videogiochi con lui e Mikasa stava sempre fuori con la sua amica, Sasha Blouse.
Guardò fuori dalla finestra: le mura erano a pochi chilometri di distanza. “Li ucciderò tutti, dal primo all’ultimo. Non ne rimarrà nemmeno uno!” pensò stringendo i denti. Da quanto risentimento provava verso i giganti, la punta della matita che teneva in mano si ruppe, ma lui non ci fece caso. Vide un oggetto cadere. “Cos’era? Era nero...” rifletté il ragazzo reggendosi la testa con la mano.
«Jaeger!». La voce della professoressa Zoë lo riportò alla realtà. Eren si alzò e la donna gli fece ripetere quel che aveva spiegato fino a quel momento.  Disse tutto alla perfezione, non per nulla era “la speranza dell’umanità”. Data la sua intelligenza, i militari credevano che potesse ideare un piano in grado da uccidere i giganti.
Il ragazzo passò il resto della giornata scolastica pensando a quel misterioso oggetto caduto dal cielo. Quando finalmente poté uscire, si precipitò nel luogo in cui era caduto. Si fermò davanti ad esso, lo prese e si accorse che era un quaderno nero.
«Un dono degli Dei? Per forza. L’inferno si trova sotto di noi, e con lui gli shinigami. Quegli esseri sono come i giganti. Disgustosi» disse mentre scrutava l’oggetto. Lesse la scritta sulla copertina: “Death Note”.
«“Quaderno della morte”?» gli scappò una piccola risata. «Seri?». Lo aprì e lesse le regole:
1. L'umano il cui nome sarà scritto su questo quaderno morirà.
2. Questo quaderno non avrà effetto a meno che chi scrive non abbia in mente il viso della persona mentre scrive il suo nome. Quindi, eventuali omonimi non verranno colpiti.
3. Se la causa della morte viene scritta entro 40 secondi dopo aver scritto il nome della persona, questa si verificherà.
4. Se la causa della morte non è specificata, la persona morirà semplicemente di arresto cardiaco.
5. Dopo aver scritto la causa della morte, i dettagli della morte dovranno essere scritti nei seguenti 6 minuti e 40 secondi.
6. Tutti gli esseri umani muoiono, senza alcuna eccezione.
7. Dopo la loro morte, il luogo in cui andranno è il Mu (Nulla).
Eren se la rise di gusto.
«Voglio sapere chi è quell’idiota che l’ha creato!». Si asciugò le lacrime dovute alle troppe risate. Dopo essersi ripreso, rilesse attentamente le regole. Divenne serio. «Proviamo a scrivere un nome qui sopra. Se funziona, proverò ad uccidere un gigante». Si ricordò della morte di sua madre. «Ucciderò “quel” gigante per primo» si corresse.
Tornò a casa e si chiuse in camera. Sua sorella non era in casa, quindi poteva stare tranquillo. Si sedette sulla sua sedia nera, mise il Death Note sulla scrivania e prese una penna. Si stiracchiò e iniziò a pensare chi potesse essere la sua prima vittima.
«Di classe mia mi stanno tutti simpatici...magari i ragazzi che se la prendono sempre con Armin» rifletté portandosi le mani dietro la nuca. «So i loro nomi. Ne scrivo solo uno, in modo da non creare sospetti». Si ricompose subito. Aprì il quaderno nero, impugnò la penna e scrisse il nome del capo della banda. «Se non scrivo nient’altro, dovrebbe morire di arresto cardiaco. Lasciamo tutto così, domani si vedrà». Lo chiuse.
Il giorno seguente si presentò a scuola normalmente con il Death Note nella sua borsa blu a tracolla. Appena entrò in classe, trovò la professoressa di Scienze, Hange Zoë, con l’aria cupa. Quando tutti furono presenti, l’insegnante annunciò una terribile notizia: il ragazzo che Eren aveva scritto nel quaderno era morto di arresto cardiaco. Il castano ci rimase di sasso. La donna chiese un minuto di silenzio.
Durante il cambio dell’ora, Armin andò al banco del suo amico.
«Quello era il ragazzo che mi molestava sempre...» disse scioccato.
«Ora che non c’è più, non dovrai più preoccuparti, Armin! Devi essere felice!» cercò di rassicurarlo Eren.
«Forse hai ragione...ma è lo stesso una notizia scioccante...». Il biondo guardò il ragazzo. «Eren...» lo chiamò.
«Dimmi tutto».
«Puoi abbracciarmi, per favore?» gli chiese con gli occhi lucidi. Le lacrime stavano  per uscirgli da quei grandi occhi azzurri come l’oceano. Allora Eren si alzò e lo strinse forte a sé. Armin, sentendo il calore delle sue braccia, iniziò a piangere.
Continuarono a ricordarlo anche i professori delle ore successive.
Quando Eren ritornò a casa, Mikasa ancora non c’era. Trovò un bigliettino sul tavolo della cucina scritto da lei: sarebbe stata a casa di Sasha fino alla mattina dopo.
«Anche oggi devo prepararmi la cena da solo?! Nossignore! Vado a mangiare fuori piuttosto» esclamò il ragazzo frustato. Gli stava bene rimanere a casa da solo, ma non quando doveva mangiare. Sapeva fare calcoli, decifrare testi antichi, disegnare, analizzare dipinti. Tranne cucinare. Era l’unica cosa di cui non era capace. Andò in camera e, aperta la porta, fece un salto all’indietro urlando. «Chi diavolo sei tu?!» chiese agitato alla strana creatura che stava occupando la sua stanza.
«Io? Levi. Sono uno shinigami» rispose l’altro calmissimo. Era una creatura piuttosto grande, nera, con le ali. «Tu devi essere Eren Jaeger, l’umano che si è impossessato del mio Death Note». Aveva un tono severo. Il ragazzo annuì.
«Quindi sei stato tu a lanciare questo quaderno dal cielo? Ho davvero ucciso io quel ragazzo?».
«E chi l’avrebbe ucciso, scusa? Tua nonna?». Aveva assunto un tono ironico.
«Certo che sei divertente, Levi» gli disse Eren ridacchiando.
«Ammetto che qualche volta posso essere divertente». Il ragazzo entrò chiudendo la porta. Si mise a sedere di fronte allo shinigami.
«Ho due domande. Uno: perché hai fatto cadere questo quaderno? E soprattutto, perché l’hai creato?».
«L’ho creato per noia e mi è cascato per caso» rispose.
«Fai troppo ridere, Levi! Andremo molto d’accordo!» rise di nuovo. «Tornando a noi. Due: con questo quaderno...posso uccidere anche i giganti?» arrivò dritto al punto.
«Se hai in mente il loro volto, sì».
«E se non so il nome?» chiese preoccupato.
«Ti inventi un soprannome. Che ne so...un gigante che sta sempre a guardarti lo chiami “gigante stalker”». Eren tornò a ridere.
«Va bene, va bene. Ho capito, Levi!» cercò di tornare serio. «Quindi faremo coppia d’ora in poi, dico bene?».
«Sì, ma a una condizione» rispose alzando l’indice.
«Sarebbe?».
«Una cosa che mi piace molto fare, soprattutto con ragazzini come te». Eren non capì.
«Spiegati meglio».
«Pulire. Da cima a fondo. Detesto lo sporco, quindi voglio che tu pulisca casa ogni giorno quando torni da scuola. Capito?». Il ragazzo assunse un’espressione sconvolta.
«Vuoi questo? Davvero?» gli chiese deluso.
«Che ti aspettavi? Un bacio?».
«C-cosa?! Anche no!». Si allontanò.
«Guarda che se vuoi posso. Basta chiedere, ragazzino».
«Levi, sei uno shinigami!» esclamò Eren.
«Posso tornare umano e stare con te per sempre» disse. Il ragazzo spalancò gli occhi incredulo.
«Davvero?».
«Perché dovrei mentirti? Ormai facciamo coppia, no?».
«Come posso farti tornare umano, Levi?» chiese curioso.
«Prima raggiungi il tuo obiettivo, ovvero uccidere tutti i giganti. Il giorno in cui ci riuscirai, te lo dirò». Eren sorrise, quasi volesse sfidarlo.
«Mi impegnerò affinché quel giorno possa arrivare presto!». Strinse il pugno.
«Sei proprio curioso di vedermi?». Il ragazzo annuì senza togliere quel sorriso dal viso. «Allora domani iniziamo ad uccidere qualche gigante. Ora mettiti a pulire, moccioso» gli ordinò Levi.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Distretto di Trost, 17 Aprile 2017
Passò quasi un mese. Eren aveva iniziato il suo secondo anno di superiori senza uccidere nessuno mentre Levi rimaneva sempre a casa per pulire e rifare il letto del ragazzo. Ogni volta che lo faceva, pensava che sarebbe stato più veloce farlo nella sua forma umana. Il Death Note era nascosto nel cassetto della scrivania nella sua camera. La sorella non andava mai in quella stanza, quindi era fin troppo sicuro come posto. Stavano aspettando il consenso dell’esercito per andare fuori dalle mura ad esaminare i giganti.
“Ma quanto ci mettono quelli a darmi l’okay?”. Eren era scocciato. “Devo solo ammazzare quegli stupidi esseri, mica scappare e lasciarli morire. La miseria...”. Era di nuovo distratto durante la lezione di Scienze della professoressa Zoë che, preoccupata per l’alunno, andò da lui a fine ora.
«Jaeger, tutto bene? È un po’ di giorni che sei così...». Il ragazzo la guardò.
«Non si preoccupi, sto bene». Le sorrise. L’insegnante non ci credette.
«Come va a casa? Armin e Mikasa stanno con te dopo la scuola?» gli chiese mettendosi a sedere sul suo banco.
«Sì, certo».
«Allora cosa ti turba così tanto?». Eren prese un bel respiro, poi si decise a dirle tutto.
«Ho fatto richiesta per andare da solo fuori dalle mura». Hange spalancò gli occhi.
«Da solo?! Scherzi?! Non possiamo perdere uno come te, Eren!» esclamò.
«Stia tranquilla. I militari mi hanno portato là fuori qualche volta e ho avuto occasione di studiare il territorio. So dove nascondermi, come muovermi. Tornerò vivo, lo prometto». Eren mise la sua mano su quella della professoressa per tranquillizzarla.
«Mi raccomando, Eren. Fai attenzione».
Nel pomeriggio, durante la via del ritorno, il telefono del ragazzo squillò: era il comandante Erwin. Gli comunicò la conferma per l’uscita dalle mura. Quando arrivò a casa, lo andò a dire a Levi.
«Te l’hanno dato, finalmente» disse. Eren annuì entusiasta.
«Possiamo uccidere quei mostri!» esclamò andando indietro con la schiena, finendo per cadere e battere una bella testata contro il pavimento.
«Quanto sarai idiota».
«Sta zitto tu!» s’innervosì rialzandosi.
«Quindi quando si va?» chiese Levi.
«Domani mattina verso le dieci. Dobbiamo incontrare il comandante Erwin per farci dare un cavallo e poi possiamo uscire» spiegò sorridendo. All’udire quel nome, Levi sussultò.
«Un cavallo?».
«Non attirano i giganti, al contrario delle auto o delle moto».
«Capisco...».
«Qualcosa non va, Levi?» chiese preoccupato Eren.
«Niente».
«Sicuro? Guarda che mi preoccupo!».
«Non devi. Dopotutto, sono morto...». Il ragazzo non capì.
«Come “morto”? Io sapevo che gli shinigami non erano persone morte...».
«Hai capito male allora» disse in fretta. Eren sapeva che era una bugia, ma non glielo fece capire. Al contrario, rise.
«Allora, Levi! Vedi di riposarti bene che domani ci si sporca le mani!» esclamò sorridendo.
«Non devi sporcartele...» precisò.
«Ad ogni modo, si deve uccidere».
Il giorno seguente, Eren si svegliò presto per prepararsi al meglio. Sarebbero stati fuori fino alle cinque del pomeriggio, quindi doveva preparare anche dei panini. Una volta fatto, si avviò al cancello insieme a Levi. Nessuno poteva vedere o sentire gli shinigami, quindi era apposto. Arrivati lì, incontrarono il comandante Erwin. Mentre i soldati portavano il cavallo, si misero a chiacchierare. Al solo udire la sua voce, Levi si sentì come un vuoto dentro.
“Non è cambiato affatto, quell’idiota” pensò guardandolo. “È rimasto identico a vent’anni fa, anche le sue folte sopracciglia non sono cambiate...”.
Una volta portato l’animale, Eren ci montò sopra ringraziando la pazienza e la disponibilità dei militari. Il cancello si aprì e il ragazzo uscì insieme allo shinigami. Una volta che ebbero chiuso, erano completamente in territorio nemico. Per prima cosa, dovevano trovare un albero che sarebbe diventata la loro postazione momentanea. Lo trovarono a qualche chilometro di distanza. Il ragazzo lasciò il cavallo a terra e salì sul ramo più alto.
«Ci siamo, Levi. Dobbiamo solo aspettare che arrivi un gigante, inventare un soprannome, memorizzare quell’enorme testa e scrivere sul Death Note. Se funzionerà, sarà la prima vittoria dell’umanità» disse guardandosi intorno.
Dopo circa mezz’ora, passò davanti a loro un gigante. “Passò” per modo di dire. Stava come ballando. Faceva delle giravolte così, come se si divertisse.
«Gigante ballerina». Così lo chiamò Eren, che scoppiò a ridere appena lo vide.
«Concentrati, moccioso» gli ordinò Levi dietro di lui.
«Scusa Levi, ma quel gigante è troppo divertente!» esclamò scoppiando a ridere. Si riprese poco dopo e scrisse il soprannome sul Death Note e aspettò la sua morte. Questa avvenne poco dopo. Il ragazzo urlò di gioia. Sembrava Hange quando il preside le dava l’approvazione per fare esperimenti o quando le riuscivano.
«Guarda che caschi se ti agiti così, moccioso» gli disse lo shinigami tenendogli la schiena.
«Scusa, scusa! È che sono troppo felice, Levi!» alzò le braccia e strinse i pugni in segno di vittoria. «Ed è 1-0 per l’umanità!» esclamò.
«Guarda che non è una partita di calcio...».
«Abbiamo lo stesso ucciso un gigante!». Eren si girò e fece per abbracciarlo, ma venne bloccato dalla mano di Levi. «Che c’è? Non ti piacciono gli abbracci?» chiese deluso.
«No» rispose secco. Il ragazzo abbassò la testa. «Potrai abbracciarmi quando mi farai tornare umano». Il ragazzo alzò la testa mostrando il suo bel sorrisone.
«Dimmi che devo fare, per favore!».
«Ora come ora non puoi fare nulla. Quando sarà il momento, ti spiegherò tutto». Eren annuì felice.
Continuarono a uccidere giganti per il resto del pomeriggio, senza dire niente ai militari. Continuarono così per un bel po’ di giorni.
Territorio dei giganti, 5 Maggio 2017
“Eren Jaeger, il famoso sedicenne con un’intelligenza mai vista all’interno delle mura, in meno di un mese ha ucciso una trentina di giganti con un metodo sconosciuto persino ai militari! Crediamo in questo ragazzo dalle grandi potenzialità. E ora passiamo all’intimo femm...”. Eren spense la TV.
«Non t’interessa l’intimo femminile?» chiese Levi.
«Hanno parlato di me» rispose l’altro.
«È da una settimana che parlano di te» precisò lo shinigami. Il ragazzo si alzò e si buttò sul letto portandosi una mano sulla fronte.
«Oggi non possiamo uscire» sbuffò.
«L’avevo capito. Guarda che ore sono...».
«Devo andare da Armin» si rialzò velocemente. Aprì l’armadio e prese una maglietta a maniche corte.
«Perché ti vesti?».
«Non posso andare fuori a petto nudo, Levi. Soprattutto da Armin» rispose vestendosi.
«Ma eri così sexy». Queste parole fecero arrossire il ragazzo.
«Dillo quando sarai umano. Detto da uno shinigami mi fa un po’ senso...» si avvicinò alla porta e si fermò. «Se tornerai umano, quando anni avrai? L’età di quando eri morto?» chiese guardandolo.
«Esatto. I morti non crescono e non vedo l’ora di tornare in vita» rispose Levi bevendo del thè.
«Quando quel giorno arriverà, cosa farai?» domandò preoccupato.
«Deciderò sul momento, ma penso di saperlo già. Ora vai dal tuo amico» rispose. Allora Eren uscì e si diresse a casa di Armin.
“Quanti anni avrò? Cosa gli farò?”. Queste sono le domande che affliggevano Levi.
Il ragazzo, una volta a casa dell’amico, suonò il campanello. Non rispose.
“Eppure sono le undici...dovrebbe essere in casa” pensò. Si mise sotto la finestra di camera e iniziò a urlare.
«Armin!! Aprimi!!». Quando pensò che stesse giocando alla PlayStation, vide le tende spostarsi. Intravide il viso da bambino, i capelli biondi a caschetto e quegli occhioni color oceano che lo guardavano entusiasti. Andò subito ad aprire la porta facendo entrare l’amico.
«Vuoi qualcosa da mangiare Eren?» chiese gentilmente.
«No, tranquillo!» rispose l’altro sorridendogli. «Sono solo venuto a dirti una cosa...». Armin si mise davanti a lui, a pugni chiusi, emozionato.
«Cosa, cosa? È una cosa bella?» domandò saltellando.
«Molto bella». Il biondo si avvicinò contento. «Buona giornata dei bambini!» esclamò abbracciandolo.
«C-cosa...?». Il ragazzo era confuso. «Ma non sono un bambino...» ribattè gonfiando le guance.
«Infatti. Tu sei il mio bambino Armin!» precisò stringendolo. L’altro arrossì.
«E-Eren...era una dichiarazione o...?».
«Dichiarazione? Di che parli, Armin? Tu sei il mio migliore amico, lo sai!».
Levi, che lo aveva seguito, tirò un sospiro di sollievo.
“Non devo scrivere un nome sul Death Note facendo soffrire il mio ragazzo” pensò tornando a casa. “Quando mi farà tornare umano, vedrà cosa gli farò...quel ragazzino...”.

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