L'ultima perla

di The Lunatic Timelady
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Amber ***
Capitolo 2: *** Dalek! ***
Capitolo 3: *** L'ultima perla degli Shmeri ***



Capitolo 1
*** Amber ***


Amber si svegliò. Dall'attrezzatura che vide appena sopra la sua testa si rese conto di trovarsi in quella che sembrava un'ambulanza, ma anziché avere attorno paramedici ed infermieri era circondata da poliziotti. Appena provò a muoversi scoprì di essere legata al lettino. “Perchè?” sussurrò appena se ne rese conto, ma subito chiuse la bocca: ora ricordava! 
Venne portata ammanettata attraverso i corridoi della prigione. Non fu necessario sedarla perché non oppose nessuna resistenza: camminava a capo chino, piangendo sommessamente. Alle sue spalle, appena dopo il suo passaggio, tutte le luci delle lampade al neon sfarfallavano per qualche secondo. Appena spalancarono la porta riconobbe una cella di isolamento: la stanza era grigia e spoglia, illuminata da una luce intensa da fare quasi male agli occhi, lei stessa era rivestita da un camicione grigio che le arriva alle ginocchia. Le tolsero le manette e chiusero la porta metallica con un tonfo.
Amber si sedette sul letto in fondo alla stanza, anch'esso completamente grigio e cominciò a singhiozzare, nascondendosi il viso tra le mani. Aveva letto e sentito parlare dei condannati all'isolamento, della pazzia portata dalla mancanza di distinzione tra il giorno e la notte, la riduzione al minimo di qualsiasi stimolo esterno, perfino i colori. I singhiozzi iniziarono a scuoterle le spalle, le luci della cella, che fino a quel momento avevano solo tremato leggermente, si fulminarono con un piccolo “tac”. Nello stesso istante anche le telecamere di sorveglianza che inquadravano ogni angolo della stanza si guastarono.

 
Intanto il Dottore proseguiva nella scansione della superficie terrestre, con il TARDIS posto in orbita geostazionaria sopra l'Europa.
“Eccoti qua!” disse con un ampio sorriso quando finalmente comparve un indicatore puntiforme sulla mappa a rilevamento elettromagnetico del pianeta sottostante. Controllò le coordinate e le inserì nel sistema di navigazione del TARDIS.

 
Amber aveva smesso di singhiozzare, si guardava intorno nel buio completo di quella stanza senza finestre. Fu allora che accadde qualcosa che mai si sarebbe sognata e che mai avrebbe dimenticato: accompagnata da uno strano rumore, quasi un rantolo, una cabina della polizia blu si materializzò davanti a lei, in mezzo alla cella. Una luce calda filtrava dalle finestre, unica fonte luminosa per gli occhi della ragazza, che rimase come pietrificata con le braccia intorno alle ginocchia.
Con un cigolio stridulo la porta si aprì e un uomo alto, in abito e cravatta con un lungo soprabito marrone chiaro ne uscì guardandosi intorno incuriosito. Subito notò la presenza di Amber nella stanza, i capelli rosso mogano che staccavano con decisione dal fondo grigio della stanza e dall'abito dello stesso colore.
Non appena fissò gli occhi su di lei, sentì un rumore di secchi scatti metallici alle sue spalle: uomini armati stavano per aprire il fuoco contro di loro e mentre già alcuni proiettili rimbalzavano contro il TARDIS senza poterlo scalfire, prese la ragazza per il polso dicendole: “Corri!”
Amber non seppe mai ridire cosa le fosse passato per la testa in quel momento, ma non esitò un istante a precipitarsi con un perfetto sconosciuto in una cabina apparsa dal nulla in una cella sigillata. Quando la porta di legno blu si richiuse alle loro spalle, dimenticò completamente la prigione, i poliziotti, gli spari: non riusciva a smettere di guardarsi intorno balbettando.
“Ma...ma… è più grande all'interno”.
“Non smetterete mai di dirlo, eh?” ridacchiò il Dottore mentre tirava leve e premeva pulsanti. “Per favore, potresti tenerle così?” le chiese guardandola, tenendo con entrambe le mani due leve a differenti altezze.
Amber, senza pensarci troppo, corse verso di lui, contrastando gli scossoni della nave e prese il suo posto con le leve. “Grazie!” le disse, correndo dall'altra parte della consolle di comando.
La ragazza intanto continuava a guardarsi intorno stupitissima. In pochi istanti però si ricordò di chi era e da dove veniva: scuotendo la testa lasciò andare le leve e stava già aprendo bocca per gridare qualcosa, quando il Dottore proruppe.
“Che ne dici di un tè nella Londra vittoriana? Dicono che sia il più buono di tutti i tempi!”
“Ehi, ehi, aspetta un attimo! Che cos'è tutta questa… roba? Chi sei tu?”
“Io sono il Dottore, e questo è il TARDIS” disse allegramente facendo una giravolta teatrale con le braccia alzate.
“TARDIS?”
“Time And Relative Dimension In Space. Con lei viaggio nello spazio e nel tempo, dall'origine dell'Universo alla sua fine, dalla stanza dell'adolescente Elvis Presley allo studio di Beethoven, fino alla tua spoglia stanzetta. E tu...” aggiunse avvicinandosi “Tu cosa ci facevi in prigione? E come ti chiami?”
Amber non riusciva a nascondere un'espressione a metà tra l'irritato e lo stupito. Balbettò qualche sillaba incomprensibile, cercando di frenare il suo istinto che in quel momento le diceva di iniziare a correre urlando. Prese un profondo respiro che mise ordine le cose nella sua mente: era nel luogo più strano che avesse mai visto, con un uomo che sembrava avere enormi poteri, ma scappare voleva dire prendersi una pallottola e morire per certo.
“Mi chiamo Amber. Perché mi hai liberata?”
Guardando verso l'alto il Dottore rispose: “Beh, non ti ho liberata, ti ho… Presa in prestito diciamo. Non posso interferire con la giustizia di altre civiltà, quindi presto ti riporterò indietro, se è questo quello che meriti” e dicendo queste ultime parole assunse un'espressione indecifrabile, sicura e corrucciata allo stesso tempo.
Ma dopo pochi secondi i suoi tratti si rilassano: “Allora andiamo a prendercela questa tazza di tè?”, disse correndo ad aprire la porta.
Amber si avvicinò con cautela alla porta e guardò fuori: subito riconobbe Trafalgar Square, ma rimase quasi stordita nel vedere che anziché macchine e semafori le strade erano piene di gente in abiti ottocenteschi e carrozze nere tirate da cavalli.
Fece qualche passo indietro: “No no non è possibile! È tutto uno scherzo, non è vero? È il set di un film, qualcosa!”
Poi guardò il Dottore che la fissava sorridendo e con una leggera aria di compatimento, tenendo le mani in tasca come in attesa che capisse tutto. Amber fece di nuovo correre lo sguardo tutto attorno a sé: quella stanza era enorme e guardando la porta ricordò il suo aspetto da fuori.
“Tu vieni dal futuro!” esclamò “Sì, non c'è altra spiegazione! Nel futuro avete imparato a piegare lo spazio tempo come un tessuto e in modo da chiuderlo in una cabina, a viaggiarci attraverso” esclamò trionfante, mentre gli zigomi le si dipingevano di un rosso intenso.
“È pazzesco! L'uomo potrà fare queste cose” ma non fece in tempo a finire di parlare che con un piccolo scoppio lo schermo attaccato alla consolle del TARDIS si fulminò. “Oh mio dio, mi dispiace!”
Il Dottore rivolse uno sguardo distratto e placido allo schermo. “Oh beh, era vecchio non importa! Hai palesemente i nervi a pezzi eh? Usciamo! Però prima è meglio coprire le tue… nudità”.
Lanciò un'occhiata alle gambe lasciate nude dal camicione grigio e corse in un angolo del TARDIS. Aprì una piccola porta da cui si intravedeva un'ampia cabina armadio: “Prego!”
“Wow!” esclamò Amber sgranando gli occhi.
Scelse un lungo abito bianco, non molto ampio per essere in stile vittoriano, e un soprabito azzurro. Anziché delle calzature dell'epoca indossò delle Converse bianche ed uscendo dal guardaroba alzò il bordo della gonna mostrandole al Dottore: “Mi piacciono le tue, e non so perché credo che queste siano la scelta migliore”.
“Allons-y!” le disse offrendole il braccio.

 
Pochi minuti dopo erano seduti in una sala da tè.
“Vedi Amber, mi sono materializzato nella tua prigione perché il TARDIS ti ha individuata come l'ultima perla degli Shmeri. All'inizio pensavo che si trovasse semplicemente lì, ma appena ti ho vista ho riconosciuto quella speciale luce negli occhi che solo gli Shmeri hanno”.
“Shmeri?”
“Sono una specie di alieni che credevo estinta, ma a quanto pare tu ti sei salvata”
“No, adesso stai esagerando, Dottore! Io non sono un alieno”
“Non c'è niente di male ad essere un alieno” le rispose lanciandole un'occhiata eloquente.
“Non mi dirai che sei… Ma... Sembri un umano! Hai due occhi, un naso, una bocca...”
“Due cuori!”
Amber lo guardò spalancando gli occhi. Il Dottore le prese le mani e le appoggiò sul proprio petto. Restò per qualche momento così, sentendo quel doppio battito a ritmo sfalsato. Lentamente tolse le mani dal Dottore e le portò al proprio viso, i suoi occhi terrorizzati dietro le dita: se quell'uomo era un alieno, se stava veramente dicendo la verità, allora anche lei…
“Scusami, non intendevo dire che sei una Shmeri, ma che l'ultima perla degli Shmeri è in te”.
“Com'è possibile? È pericolosa? Sto morendo?”
“No, non stai morendo. Ma di recente non ti è sembrato di poter fare cose un po' strane riguardo… che so... l'elettricità?”
“Dottore, mi dispiace, è per questo che ero in prigione. Ti prego, non mi giudicare, ma… Ho ucciso delle persone, senza volerlo, ma ora sono morte per causa mia”. L'espressione del Dottore si fece grave. “Capisco cosa vuol dire. Per favore, raccontami cos'è successo”.
“Era un venerdì sera. Era molto tardi e avevo passato la serata con degli amici. Eravamo lontani da casa mia e mentre tornavo in macchina si è scatenato un violento temporale. Avevo paura, i fulmini cadevano molto vicini alla strada, ma fermarmi sarebbe stato più rischioso, potevo solo andare avanti e sperare che non succedesse nulla. Avevo già pensato a come comportarmi in caso un fulmine colpisse la macchina: dovevo stare dentro e non fare da conduttore tra la macchina e la terra. Solo che prima di un fulmine è stato un lampione a colpirmi: è caduto sulla parte posteriore dell'auto, sfondando il tetto e mancandomi per poco. La macchina era rovinata ma io stavo bene. Stavo cercando il mio cellulare per chiamare i soccorsi, quando un fulmine mi colpì proprio in testa. È stato terribile, ho sentito l'elettricità attraversarmi dalla testa ai piedi, faceva un male atroce, al punto che sono svenuta. Mentre perdevo i sensi credevo che sarei morta. Invece mi sono risvegliata in ospedale.
“I miei genitori mi hanno detto che sono stata soccorsa da un uomo che passava per caso di lì, che sono stata in coma per alcuni giorni. Mentre mi raccontavano questo, tutte le apparecchiature elettriche nella mia stanza si sono fulminate, come sovraccaricate di energia, ma non ci abbiamo fatto molto caso, pensavamo fosse un guasto dell'impianto elettrico dell'ospedale. I medici non riuscivano a spiegarsi come fossi sopravvissuta ad una scossa elettrica di quel tipo riportando solo delle lievi ferite. Naturalmente sono rimasta in ospedale anche per quella notte, ed è stato allora che ho fatto quelle cose terribili.
“Quella notte ho sognato di nuovo l'incidente: la paura della guida al buio con il temporale, lo spavento della caduta del palo e quando ho risentito anche il dolore atroce del fulmine che mi attraversava mi sono svegliata urlando. Non so come sia successo, e se avessi saputo come evitarlo l'avrei evitato anche a costo di rimetterci la vita. Ma mentre mi svegliavo terrorizzata, in quei pochi secondi prima che mi rendessi conto che si trattava solo di un sogno, una potentissima scossa elettrica ha attraversato ogni materiale conduttore presente nell'edificio. Tutti i pazienti che erano attaccati a delle macchine, tutti quelli che in quell'istante stavano maneggiando del metallo e chiunque fosse vicino ad un apparecchio elettrico è stato fulminato, morendo sul colpo.
“Io non avevo la minima idea di avere quel potere. Sono passate tre settimane in cui la mia famiglia mi ha rinnegata, in cui la giustizia mi ha condannata a tre ergastoli, in cui ogni notte sento tutte quelle voci, 42 voci, che gridano di terrore per la loro morte...”
A queste parole scoppiò in lacrime e mentre piangeva delle piccole scariche elettriche cominciarono ad uscire dalle sue dita, frantumando la tazza da tè che teneva in mano. “Vedi Dottore? Vedi cosa succede? Come posso vivere così?”
Più si agitava e più quei piccoli fulmini diventavano forti, propagandosi nell'aria con improvvisi sfrigolii.
“Calma, calma. Adesso ascoltami”. Con una mossa fulminea il Dottore si era sporto sul tavolo e le aveva messo le mani ai due lati della testa. “Hai bisogno di un dottore, e io sono qui per questo. Lasciati andare, ecco!”
Come indotta dalla tranquillità del Dottore, Amber si accasciò sul tavolo, caduta in un sonno profondo. Naturalmente tutto questo aveva attirato l'attenzione degli altri clienti della sala da tè, che guardavano spaventati ed incuriositi la coppia.
“Hey! Salve a tutti! Avete appena assistito alle prove di un nuovissimo numero di magia del mago ehm… del mago Potter. Ci stiamo ancora lavorando. Venite… venite a vederci! Ci esibiamo qui domani sera alle nove! Ah, la mia assistente è narcolettica, povera ragazza! Si addormenta ovunque in qualsiasi momento, ora la riporto a casa” disse il Dottore, caricandosela in spalla e uscendo dal locale.
“Oh mio dio, ha bisogno di aiuto?” chiese il proprietario correndo verso di loro.
“No, no, non si preoccupi. Ci sono abituato ormai!” rispose il Dottore attraversando la porta.
Dopo qualche istante di stupore, il proprietario si affacciò in strada urlando: “Ehi! Non avete pagato il conto!”
Ma ormai il Dottore ed Amber erano spariti.

 
Percorrendo i vicoli più stretti e meno frequentati tornò al TARDIS.
Adagiò Amber sul pavimento e di nuovo ne sfiorò le tempie con le dita. “Coraggio, lasciami entrare” sussurrò, sforzandosi di vincere le difese psichiche della ragazza.
“Ecco!” esclamò dopo qualche secondo “Quel fulmine non era una normale scarica elettrica, gli Shmeri volevano che avessi tu la loro perla. Eri adatta!”
“Come?” mugugnò Amber, appena svegliatasi dal quel sonno indotto. “Cosa stavi facendo nella mia mente?”
“Ho dovuto controllare i tuoi ricordi e pensieri più recenti. A proposito, so di essere terribilmente sexy, ma non vado pazzo per quel genere di fantasia. Ad ogni modo, ho scoperto che gli Shmeri pensavano di riuscire a cancellare completamente il loro ricordo dal tuo cervello, invece è rimasta un'impronta. Sono venuti a trovarti più volte, ti hanno osservata e poi rimuovevano il ricordo: hanno scoperto che la tua affinità con l'elettricità era diversa da quella degli altri esseri umani, così ti hanno scelta per diventare la portatrice della loro perla se non ci fosse stata più speranza per il loro pianeta, e così è stato! Prima hanno controllato che fossi idonea al duro processo di impianto, ovvero il fulmine che ti ha colpita, e ora che la perla è parte di te hai la capacità di generare e controllare l'elettricità!”
“Io non voglio questo potere. Non voglio fare del male a nessun altro”.
Il Dottore si accovacciò di fronte a lei, mettendole una mano sulla spalla.
“Imparerai a controllarlo, ti prometto che non farai più male a nessuno. So cosa vuol dire avere delle anime sulla coscienza e non voglio che nessuno provi quella sensazione”.
“L'ho visto, quando tu sei entrato nella mia mente”.
“Come???”
“L'ho sognato, hai lasciato che alcuni dei tuoi ricordi mi scivolassero nella testa. Dottore, mi dispiace”.
Per una decina di secondi i loro sguardi si incontrarono in un lungo abbraccio affettuoso, in cui si scambiarono e accolsero a vicenda comprensione, tristezza e perdono.

 
Improvvisamente sentirono dei fortissimi colpi contro la porta del TARDIS. 
N.d.A. Spero che questa prima parte vi piaccia! A breve ne verrà caricata una seconda. Se siete arrivati fino qui vi chiedo per favore di recensire, anche solo con due parole: è la prima volta in assoluto che pubblico qualcosa di mio e ho un grande bisogno di avere feedback, anche negativi se necessario. A presto! 

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Capitolo 2
*** Dalek! ***


“Dannazione!” gridò il Dottore digrignando i denti “Sapevo che qualche altra razza avrebbe scoperto che l'ultima perla degli Shmeri è sulla Terra, ma non che l'avrebbero localizzata così facilmente”.
All'espressione spaventata di Amber il Dottore rispose: “Non preoccuparti, nemmeno l'orda di Attila è riuscita a sfondare questa porta”.
Intanto si era avvicinando per prima cosa allo schermo, ma rendendosi conto che era fulminato, corse alla porta, puntò il cacciavite sonico verso una delle finestrelle rendendola trasparente da opaca. Sbirciò fuori.
“Dalek!”
“Da… che?”
“Dalek! Guarda!”
Il Dottore lasciò il posto ad Amber davanti alla finestra. Dovette alzarsi sulle punte e allungarsi al massimo per riuscire a raggiungerla almeno con gli occhi.
“Sono una specie spietata e senza cuore, freddi come i gusci di metallo in cui vivono. Per loro non esistono sentimenti al di fuori della rabbia, della vendetta e del desiderio di potere. Uccidono chiunque senza scrupoli”.
La ragazza rimase a bocca aperta guardando quelle lattine dall'aspetto buffo ad una prima occhiata, ma un brivido di terrore le percorse la schiena ascoltando la spiegazione del Dottore e sentendo per la prima volta il loro grido.
STERMINARE!!!
Una piccola scarica elettrica attraversò un ciuffo di capelli di Amber e andò a colpire il pavimento del TARDIS.
“Beate suole di gomma!” sussurrò il Dottore.
“È veramente noi che vogliono sterminare?”
“Chiunque si metta tra loro e il loro scopo. E in questo caso… sì proprio noi”.
“Ma filiamocela allora! Hai pilotato questa… cosa...”
“TARDIS!”
“Quello che è… fuori da una camera di isolamento blindata, potrai anche farci scappare ora”.
Il Dottore sospirò ed azionò una leva dalla console. La colonna centrale cominciò a muoversi lentamente in su e in giù, con un leggero rumore.
“Vedi, i Dalek dispongono di uno dei sistemi di localizzazione più avanzati dell'Universo, e sono anche in grado di viaggiare nello spazio e nel tempo molto velocemente. Beh, non velocemente come il TARDIS naturalmente. Ma ovunque andremo ci troveranno. Ora sto facendo in modo che questo ovunque non sia la Terra del XIX secolo ma un piccolo pianeta disabitato, morto da tempo”.
Intanto i tre Dalek avevano iniziato un tentativo inefficace di sfondamento della porta del TARDIS. Proprio mentre stavano per ritornare all'attacco, il TARDIS scomparve.

 
“Erano solo tre” continuò a spiegare il Dottore “Probabilmente sono esploratori: significa che non hanno intenzione di invadere nulla ma solo recuperare...”
“È me che vogliono, vero?”
Il Dottore non rispose, voltandosi a premere altri bottoni e tirare leve.
“Dottore… Per favore”
Nessuna risposta.
Amber guardò verso il basso, alle converse bianche che facevano capolino dalla lunga gonna immacolata. Sentì crescere dentro di sé, insieme alla tristezza e alla frustrazione, quella strana elettricità, che subito saliva a fior di pelle su tutta la superficie del suo corpo in scariche talmente piccole da risultare impercettibili a chiunque la guardasse dall'esterno, ma che lei ora riusciva a sentire distintamente.
Provò a concentrarsi su di esse, ad utilizzare i propri sentimenti per dirigere quelle scariche in un unico punto nel palmo della mano destra. Cercò di aumentarne la potenza in modo graduale e controllato, finché un piccolo globo luminoso di scariche verde – azzurro non scoppiettò nella sua mano.
“Dottore...”
Il Dottore si voltò, con un leggero sorriso. “Sapevo che ce l'avresti fatta. Appena in tempo per fare un po' di pratica”.
Corse alla porta del TARDIS e l'aprì, rivelando un paesaggio che nessun terrestre aveva mai visto fino ad allora: uno sterminato deserto di sabbia verde smeraldo, da cui qua e là emergevano resti di opere in muratura dello stesso colore aranciato del cielo.
“Questo è Zaphod-1. Una volta viveva qui una grande civiltà, molto evoluta, che ha scelto di abbandonare il pianeta una volta finite tutte le sue risorse d'acqua. Pian piano il deserto ha ricoperto ogni cosa, come puoi ben vedere”.
Il Dottore uscì dal TARDIS e, senza pensarci troppo, porse la mano ad Amber che, senza pensarci troppo, la prese.
“Ah!!!” Non appena le loro mani si sfiorarono, il Dottore fu sbalzato indietro e finì lungo disteso sulla sabbia verde qualche metro più in là.
Amber corse verso di lui. “Mi dispiace! Mi dispiace tantissimo! Non pensavo che...”
Il Dottore ridacchiò mettendosi a sedere e togliendosi la sabbia verde dalle spalle, la punta dei capelli ancora fumante. “Errore mio. La forza dell'abitudine. Non temere, i Signori del Tempo hanno una resistenza all'elettricità decisamente migliore degli umani”.
Sorrise alla ragazza, ancora preoccupata. “Ti ho portata su questo pianeta perché sarà un terreno per noi favorevole tra poco, quando arriveranno i Dalek”.
Il sorriso non si perturbò nemmeno nominando i suoi nemici. “Guarda!”
Con un veloce movimento della mano spostò un sottile strato di sabbia fine scoprendo una specie di disco metallico, che subito prese a brillare della luce riflessa di quel cielo aranciato.
“Non sono semplicemente dischi, sono un'intera struttura”. Così dicendo scavò appena con le mani intorno all'oggetto, rivelando che si trattava più di un cilindro che di un disco “Scendono per molti metri sotto la sabbia, e sono tutti collegati tra loro. È l'antico sistema di comunicazione degli abitanti di Zaphod. Tutto il pianeta ne è pieno”.
Indicò altri tre dischi che facevano capolino da sotto la sabbia, a pochi metri di distanza. Aguzzando la vista, se ne potevano scorgere infiniti altri poco distanti l'uno dall'altro, alcuni appena affioranti dalla sabbia, altri completamente scoperti. Amber iniziava ad intuire il piano del Dottore.
“Sono fatti da una peculiare lega di rame e nichel, questo significa che conducono molto bene l'elettricità”. Continuò, rimettendosi in piedi. “Darai ai Dalek una prova di forza, capiranno che il danno che subirebbero cercando di catturarti supererebbe la convenienza dell'energia che saresti in grado di fornire loro”.
“Che IO sarei in grado di fornire? Aspetta, che la PERLA sarebbe in grado di dare loro, non io”.
Il Dottore esitò a rispondere, palesemente cercando la bugia giusta da dire. “No, Dottore! Voglio la verità!”
Sospirò, guardò verso il basso e poi fissò gli occhi in quelli della ragazza. “Amber, quando ho guardato nella tua mente non ho solo visto che gli Shmeri hanno impiantato nella tua testa la perla. Se fosse stato possibile l'avrei estratta senza che te ne accorgessi nemmeno, non ti avrei messa ulteriormente in pericolo… Ma… La perla ora è diventata parte integrante di te, estrarla vorrebbe dire ucciderti”.
“Questo vuol dire che… Per tutta la vita dovrò avere questo potere? Dovrò per sempre rischiare di uccidere chiunque in qualsiasi momento?”
Una lacrima le scese lungo la guancia, accompagnata dallo scoppiettio ormai famigliare di piccoli lampi che le balenavano vicino agli occhi e tra le dita.
“No Amber, non sarà così! Ora sei triste ed arrabbiata, è proprio questo il momento migliore: ascolta i tuoi sentimenti, sentili scorrere dentro di te”.
Amber chiuse gli occhi, mentre i lampi si facevano più potenti e frequenti. Il Dottore fece un piccolo passo indietro.
“Senti come la tua tensione emotiva genera corrente elettrica? Prendine coscienza, cerca di percepire la sua presenza così come puoi percepire le tue braccia e le tue gambe. Quando riesci a prenderne il controllo, concentra tutto in un unico punto”.
La giovane assentì col capo e pochi secondi dopo aprì gli occhi mostrando al Dottore entrambe le mani, che racchiudevano tra le dita piccole e continue scariche elettriche. Si sorrisero a vicenda e insieme alla sua gioia aumentò ancor di più l'intensità delle scariche.
“Le onde elettromagnetiche del tuo cervello vengono rilevate ed amplificate dalla perla, che le trasmette a tutto il tuo corpo sotto forma di energia. Per questo finora ad intensità di emozioni è corrisposta un'esplosione di elettricità. Ma come vedi puoi controllarlo, anche quando provi emozioni violente: tu puoi dialogare con la perla, è in te come tu sei in lei, ora siete una cosa sola”.
Gli occhi di Amber divennero lucidi, mentre gli zigomi si coloravano violentemente di rosso.
“Ora vediamo se il mio piano può funzionare!” riprese il Dottore, indicando con un lievissimo gesto della mano il disco metallico più vicino a loro.
La ragazza si avvicinò e diresse, tremante, le scariche di entrambe le mani verso il disco. All'inizio riuscì solo a trasmettere un veloce e debole fulmine.
“Concentrati”. Amber chiuse gli occhi e respirò profondamente. All'improvviso liberò una scarica lunga e potente, che brillò con un flusso continuo di pura energia oscillando in sfumature azzurre e verdastre. Delle piccolissime scariche iniziarono a formarsi sulla superficie dei dischi più vicini.
“Sì...” sussurrò il Dottore.
Con uno sforzo Amber aumentò la potenza, generando sempre maggior energia e riversandola nell'intero sistema metallico. Un'intensa luce esplose d'improvviso, spandendosi dai dischi che ora emettevano ognuno un potente raggio di energia.
“Aaargh!” La ragazza tentò di aumentare ulteriormente l'intensità. Perse il controllo e generò un'esplosione di energia che investì in piena potenza Amber e il Dottore. Mentre l'una era rimasta ancora incredula stesa sulla sabbia smeraldina, l'altro si era già rialzato con una risata folle.
“Ah-ah! Funziona!”
Amber si mise a sedere confusa, grattandosi la testa. Il Dottore la aiutò a rialzarsi tirandola per le mani, senza smettere di esultare.
“Ma… ma… Veramente io ho fatto questo? Veramente questa sono io?”
“Oh sì! Ed è fantastico!”
Amber generò ancora una piccola scossa tra l'indice e il pollice, osservandola con rinnovato stupore. Stava per parlare di nuovo quando il Dottore la afferrò per un braccio e la portò dietro di sé. Fissò gli occhi nella stessa direzione in cui lui stava guardando e vide una piccola capsula, alta nemmeno due metri e larga circa uno, che si avvicinava loro in volo. Si posò sul suolo del pianeta e ne uscirono gli stessi tre Dalek che avevano tentato di attaccare il TARDIS.
“DOTTORE!!!” Amber non riusciva a vedere chiaramente cosa stesse succedendo: più cercava di sporgersi dalla spalla del Dottore, più lui la spingeva con il braccio dietro di sé. Però sentiva chiaramente quella voce metallica ed isterica come un brivido lungo la spina dorsale.
“CONSEGNACI L'ULTIMA PERLA DEGLI SHMERI!!!”
Il Dottore rise. “Cosa vi fa pensare che l'abbia io?”
“IL MAGNETO-RILEVATORE DALEK SEGNALA CHE E' QUI! CONSEGNACI LA PERLA!”
“Vi spiacerà allora sapere che la perla non esiste più”
“NON E' POSSIBILE!!! SPIEGA! SPIEGA! SPIEGA!”
“A voi interessa avere l'ultima perla degli Shmeri, giusto? Avete bisogno di un puro amplificatore di energia. Peccato che la perla non sia più pura. Eh sì, cari miei! È stata contaminata da un'altra forma di vita e il processo ormai è irreversibile”.
Un secondo Dalek prese la parola: “RILEVO CHE LA PERLA SI TROVA NELL'UMANA CHE STA CON IL DOTTORE! CONSEGNACELA O VERRETE STERMINATI”.
“Amber, sta pronta” sussurrò il Dottore, e rivolto ai Dalek “Sarà inutile, sapete? Ormai la perla può obbedire solo a lei. Certo, potreste sempre estrarla dalla sua testa, ma non avrà più potere di un comune sassolino”.
Intanto, tenendo le mani ben nascoste dietro il Dottore, Amber aveva cominciato a concentrare tutta l'energia che poteva.
“IL DOTTORE STA MENTENDO! IL DOTTORE E' UN NEMICO DEI DALEK! VERRETE STERMINATI!!!”
“Amber, adesso!”
La ragazza si gettò sulle ginocchia e afferrò uno dei cilindri metallici con entrambe le mani. Infuse tutta l'energia che poteva, lampi di luce percorrevano tutto il suo corpo. Con uno strozzato urlo metallico i Dalek venivano fulminati, attraversati dalla base all'occhio meccanico da una potentissima scarica elettrica. La calotta superiore di due di loro esplose.
“ENERGIA! ASSORBIRE! ASSORBIRE!” Il terzo Dalek iniziava inaspettatamente a reagire.
Il Dottore spalancò gli occhi terrorizzato. “Amber!” le gridò, girandosi verso di lei “Stacca subito le mani! Ti ruberà tutte le energie vitali!”
“Ci… Ci sto provando, ma… Non posso!”
“Ti prego!”
“Mi tiene incollata. Non posso staccarmi”.
Il Dottore si stava già chinando su di lei, ma mentre allungava le mani per aiutarla, lei lo fermò.
“Dottore! No! L'energia è troppa anche per te. Moriresti fulminato!”
“Amber, no!”
La ragazza si accasciò a terra, il corpo tremante per le scariche elettriche che l'attraversavano, le mani ancora attaccate al pezzo di metallo. 


N.d.A.
1. Esplicito il mio tributo a Guida galattica per gli autostoppisti nel nome del pianeta su cui atterrano Amber e il Dottore. Per i profani, Zaphod è il nome di Zaphod Beeblebrox, uno dei protagonisti della Guida. 
2. Non restare in silenzio! Fammi sapere cosa pensi della mia storia: ho estremo bisogno di avere feedback e capire se sto facendo qualcosa di sensato. Sono ben accette anche critiche. 

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Capitolo 3
*** L'ultima perla degli Shmeri ***


Il Dottore guardò Amber esanime e si volse con rabbia verso il Dalek. “Ora smettila, ne hai assorbita abbastanza di energia!”
“NON E'. TUTTA”
“Lasciagliene abbastanza per vivere!”
“NO!”
Il Dottore si passò con rabbia una mano sul viso e tirò fuori il cacciavite sonico. “Non mi lasci altra scelta”. Velocemente lo impostò e lo puntò verso il Dalek. La calotta superiore girò per un paio di volte su se stessa, ma subito il Dalek ne riprese il controllo.
“IL TUO DISPOSITIVO SONICO NON PUO' NULLA CONTRO UN DALEK”
“Grazie Dottore” disse una voce femminile alle sue spalle. Era una una voce simile a quella di Amber, ma più melodiosa. Si voltò stupito.
Amber era in piedi di fronte a lui, e fluttuava ad una decina di centimetri dal suolo, trasfigurata. La sua pelle ora riluceva in ogni punto, come ricoperta di minuscoli bagliori verde – azzuri in continuo movimento. Il lungo abito bianco si muoveva come in balia ad un vento discontinuo e così i suoi capelli. Una piccola perla le brillava sulla fronte come una stella. Sorrideva ed era bellissima, come non lo era mai stata.
Il Dottore la guardò attonito mentre fluttuava al suo fianco per poi avvicinarsi al Dalek.
“STERMINARE!” gridò, prima di spararle. Amber non si turbò, ma semplicemente parò il colpo con la mano aperta, facendolo rimbalzare al suolo.
“NON PUO' ESSERE! SPIEGARE! SPIEGARE!”
La voce di Amber era più armoniosa, più pulita: parlava, ma i suoni che emetteva sembravano un canto. “Non sono più umana. Io sono la perla, l'ultima perla degli Shmeri, l'essenza stessa della loro civiltà antica di miliardi di secoli. Sono energia pura che si incarna nella materia. Sono il messaggio nella bottiglia che i migliori saggi hanno lanciato nell'universo prima di vedere il loro pianeta polverizzato, l'estrapolazione del segreto dell'energia di ogni cosa nell'universo”.
Il Dottore alle sue spalle balbettò qualcosa, per poi riuscire a dire con la voce soffocata dallo stupore: “Sei diventata la loro erede. Una di loro, o meglio… Una nuova specie: una sintesi di Shmeri e umani”.
La giovane assentì: “Posso percepire ogni forma di vita, ogni fonte di energia. Sono un tutt'uno con essa”. Fluttuò ancora più vicino al Dalek fino a toccarlo con il palmo della mano.
“Posso donare energia, ma posso anche toglierla”.
“NO NO NO!!!”
Il corpo metallico del Dalek iniziò a tremare e le piccole braccia armate ad agitarsi freneticamente mentre una lieve luce azzurra avvolgeva la mano di Amber.
“Potrei andare avanti fino a lasciarti senza nemmeno una goccia di energia”.
Alle sue spalle il Dottore gridò “Amber, no!”
La ragazza si voltò senza staccare la mano dal metallo che andava sempre più scaldandosi. “Dottore, lui con me non si sarebbe fermato”.
“Lo so, ma non devi cedere alla vendetta! Non risolverai nulla. Lascialo andare”.
Amber si voltò di nuovo verso il Dalek, incerta.
“Se lo uccidi ne arriveranno altri a cercarlo, ti daranno la caccia. Se lo lasci andare, racconterà cos'è successo e rinunceranno alla perla”.
Staccò la mano dal Dalek.
“Ti è bastato?”gli disse, con sguardo calmo e minaccioso. Il Dalek tirò un metallico sospiro di sollievo e non rispose per qualche istante.
“NON SEI UTILE ALLA CAUSA DALEK. SARESTI UN INUTILE SPRECO DI SOLDATI ED ENERGIE. NON RISPONDI AI CRITERI DI OTTIMIZZAZIONE”. Detto questo tornò a fatica nella capsula, che subito si chiuse e ripartì a gran velocità.
Amber guardò la capsula sparire nel cielo arancione, ma dopo qualche momento cadde a terra. La pelle tornò al suo aspetto normale, i vestiti e i capelli restavano fermi, la perla tornò ad essere invisibile. L'ultima cosa che vide prima di svenire fu il Dottore che correva verso di lei.

 
La giovane si svegliò distesa sul vecchio sedile consumato del TARDIS, sentì di essere al caldo e si accorse che una coperta arancione le solleticava la guancia. Si mise a sedere, guardandosi intorno ancora confusa. Vide il Dottore di spalle, che manovrava il TARDIS.
“Dottore...”
“Oh, eccoti! Appena in tempo” disse voltandosi. Indossava gli occhiali. “Come ti senti?”
“Ehm” si passò una mano sugli occhi “come se... mi fosse esploso un fuoco d'artificio nel cervello”.
Il Dottore ridacchiò avvicinandosi e si sedette di fronte a lei, guardandola con attenzione. “Ricordi cos'è successo qualche ora fa?”
Amber rimase per un attimo in silenzio, cercando di rimettere insieme pezzi di ricordi che le sembravano sparsi ovunque nella sua mente. Pian piano le immagini si ricomponevano. “Più o meno...”
“Ricordi cos'è successo con il Dalek?” La ragazza assentì.
“Dottore, è così strano, non ci capisco molto. Ma è come se fossi diventata un'unica cosa con la perla: l'ho sentita parlarmi, mi ha mostrato tutta la storia di una civiltà antichissima e… aliena. Eppure non era più aliena. Voglio dire, non era terrestre, ma non era nemmeno più aliena per me”.
Alzò gli occhi per guardare quelli del Dottore. “Mi è sembrata un'eternità, invece è successo in un attimo e grazie a te: appena hai distratto il Dalek, la perla ha reagito. Era lei a parlare ma allo stesso tempo ero anch'io”.
Si portò una mano alla testa, confusa. “Io… non...”
Il Dottore le afferrò le spalle. “Va bene, va bene, è sufficiente. Credo di capire”.
“Io no”.
“Amber, tu ora sei la prima di una razza completamente nuova. La tua precedente natura umana e la tua nuova natura Shmeri si sono fuse insieme. D'ora in poi potrai scegliere in qualsiasi momento quale delle due far prevalere. Prima quel Dalek ti stava uccidendo e il tuo istinto di sopravvivenza ha scelto di far prevalere il lato shmeri così da salvarti”.
Avvicinò il suo viso a quello della ragazza per guardarla fisso negli occhi, rivelando una commozione nuova.
“Sei una nuova incredibile creatura. Sintesi del passato di una civiltà e di un nuovo inizio. Sei unica in tutto l'universo”.
Gli occhi di Amber si riempirono di lacrime di commozione e gettò le braccia al collo del Dottore, che ricambiò l'abbraccio stringendola forte. Rimasero così per qualche istante, la ragazza sorrise sulla sua spalla.
Quando sciolsero l'abbraccio, il Dottore riprese: “Ti chiederei se vuoi tornare a casa, ma purtroppo, anche volendo, non posso più riportarti sulla Terra”.
Amber lo guardò con aria interrogativa. “Sei ancora troppo pericolosa, hai bisogno di imparare a controllare perfettamente questa tua nuova natura: non posso permettere che gli umani vengano messi in pericolo”.
La ragazza assentì. “Dove andrò allora?”
“Esiste un pianeta nel sistema che gli umani chiamano Trappist – 1. Lì c'è un luogo costruito appositamente per chi all'improvviso subisce una mutazione che lo porta ad avere delle nuove facoltà pericolose”.
Amber inarcò le sopracciglia incredula. “C'è anche il dottor Xavier per caso?” chiese ridacchiando.
“Non sto scherzando! Le mutazioni sono ampiamente diffuse in tutto l'universo. Da dove credi che abbia preso le idee Stan Lee? Comunque...” continuò il Dottore correndo alla console per fare qualche piccolo aggiustamento di rotta “è proprio lì che il TARDIS ci sta portando”.
Amber si alzò in piedi. “Cioè vorresti lasciarmi lì?”
Il Dottore assentì. “Una volta che avrai imparato a controllare i tuoi poteri, sarai libera di andare dove vorrai. Ma fino ad allora non posso lasciare che degli innocenti vengano messi in pericolo”.
La ragazza aveva già preso un profondo respiro per rispondere con l'irritazione che provava in quel momento, ma il Dottore la precedette.
“Lo so che non lo faresti volontariamente”.
Amber si rilassò. Il Dottore le si avvicinò di nuovo e le appoggiò una mano sulla guancia: “Grazie al loro aiuto non ferirai più nessuno, diventerai una creatura ancora più straordinaria e potrai fare cose incredibili. Stupirai il mondo”.
La giovane si lasciò andare ad un ampio sorriso. “Speriamo ci sia anche un Wolverine in questa scuola per mutanti”.
Il Dottore rise mentre si avvicinava alla porta del TARDIS. “Siamo arrivati!” disse aprendola.
“Wow!” proruppe Amber guardando fuori. Subito i suoi occhi furono colpiti da una grande quantità di verde, accompagnato da un leggero profumo di fiori e di erba appena tagliata: un grande giardino ben curato si estendeva per circa trecento metri, lasciando intravedere in fondo, tra fiori e alberi di tutti i colori, una grande casa gialla.
“È… È bellissimo”. Uscì dal TARDIS, seguita dal Dottore. Respirò a fondo quell'aria profumata e improvvisamente buona.
“Dottore, mi mancherà così tanto viaggiare con te”. Il Dottore le prese la mano.
“Nessuno ha detto che questo sarà il nostro ultimo viaggio insieme”. Sorrise, posandole un bacio leggerissimo sulla fronte.

 
Qualche ora dopo Amber era seduta accanto ad una delle finestre della casa gialla. Diede un veloce sguardo alla sua nuova camera, bella e confortevole, che aveva già cominciato a personalizzare. Sorrise rendendosi conto di essersi avvolta attorno al corpo un maglione over-size di quel blu che non avrebbe dimenticato molto facilmente. Tornò a guardare il cielo notturno, pieno di stelle completamente nuove o che aveva visto fino ad allora solo da un altro punto di vista.
Pensò ad uomo pazzo che attraversava il tempo e lo spazio in una cabina blu, che un giorno avrebbe mantenuto la promessa e sarebbe tornato a prenderla.
“Dottore...” le sfuggì dalle labbra in un sorriso. 


N.d.A.
Così si conclude per ora la storia di Amber e il Dottore. Vi invito di nuovo a commentare questa ff, così da capire se piace o meno. Qualsiasi tipo di commento è ben accetto! 

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