Bloody Dream

di KiarettaScrittrice92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio dell'avventura ***
Capitolo 2: *** Una giornata di battaglie ***
Capitolo 3: *** L'accampamento di Pitti ***
Capitolo 4: *** Il Triste ***
Capitolo 5: *** La città invisibile ***
Capitolo 6: *** I Lacourier ***
Capitolo 7: *** Un palazzo avvolto nel mistero ***
Capitolo 8: *** Il risveglio di Superbia ***
Capitolo 9: *** L'assoluta follia di Stor ***
Capitolo 10: *** La ricerca di una verità ***
Capitolo 11: *** La fine dell'aventura ***



Capitolo 1
*** L'inizio dell'avventura ***


L'inizio dell'avventura


Kirka scese le scale in legno di quella rustica locanda. Trovandosi nuovamente nel caotico piano del bar. Non c’era niente di speciale in quell’edificio. Era una locanda come le altre che costellavano le terre di Anerion e in particolare quelle della Confederazione. Eppure quella situazione la eccitava a dismisura.
Da quando aveva sei anni non aveva più messo il naso fuori dal collegio di magia dell’Impero Solare, tranne per la sua iniziazione da Stenzl, e quando le annunciarono che avrebbe avuto la sua prima missione si sentì elettrizzata.
E lo era ancora. 
Era vero, la missione di sicuro avrebbe richiesto lucidità e serietà e, con la rigidità degli insegnamenti avuti in collegio, di certo quelle caratteristiche non le sarebbero mancate. Però non voleva neanche perdersi l’occasione di respirare finalmente l’aria della libertà.
Proprio per questo motivo era arrivata alla locanda parecchie ore prima del vero e proprio appuntamento con gli altri Stenzl e aveva prenotato una camera in cui si era ritirata per quel lasso di tempo, in modo da riposarsi e concentrarsi.
Appena scese cercò con lo sguardo quelli che sarebbero dovuti essere i suoi compagni, in quella locanda piena di avventori che parlavano rumorosamente, creando confusione e suscitando allegria. A meno che non nascondessero il loro marchio da Stenzl, doveva essere alquanto facile riconoscerli. 
Quel marchio, lo stesso che lei aveva sull’avambraccio sinistro. Delle stelle piene messe in cerchio attorno a una stella più grande fatta solo di linee, il tutto di un blu acceso. Non solo acceso perché il colore era sgargiante, ma quel simbolo era veramente luminoso, perché permetteva agli Stenzl di essere riconosciuti per quello che erano, ovvero guerrieri scelti per combattere le forze del male che infestavano Anerion. Per questo motivo i marchi si potevano anche rendere invisibili ad occhi altrui.
Finalmente li vide. 
Due persone stavano parlando a un tavolo. Davanti a loro avevano due boccali di birra e sembravano chiacchierare in modo tranquillo e pacato, quasi si fossero appena conosciuti. Il primo era quello che sembrava un druido che aveva superato di non molto la mezza età, visti i capelli lunghi e brizzolati. Indossava un mantello da viaggio verde che gli copriva le spalle. L’altra era una ragazza che aveva probabilmente qualche anno in più di lei, ma la sua muscolatura delle braccia, tipica dei barbari, la faceva sembrare molto più grande. La sua età si percepiva solo dal viso rilassato e delicato da ragazza contornato da dei capelli corvini, raccolti in una treccia che le cadeva lunga sulla spalla. Indossava un’armatura leggera ed era armata di tutto punto, come fosse pronta a un’improvvisa battaglia.
I loro marchi erano ben visibili sui loro avambracci, appoggiati al tavolo.
La ragazza si avvicinò ai due. 
Ebbe appena il tempo di salutare e presentarsi, che un’altro individuo si avvicinò al tavolo. Era un ragazzo della sua età, dal volto pallido che spiccava mostruosamente sul suo abbigliamento completamente nero e i suoi corti capelli corvini. Aveva due penetranti occhi verdi che per qualche secondo scrutarono il resto del gruppo, in particolare i marchi visibili da Stenzl di tutti e tre, che poi si rilassarono.
“Piacere di conoscervi! Io sono Stor Lackman.” disse presentandosi agli altri.
La ragazza dai capelli lunghi e scuri fu la prima a rispondere. Colpita da quel ragazzo misterioso e aitante.
“Io sono Korhan, sono di qui, della Confederazione e non sono Stenzl da molto tempo, ma questa non è la mia prima missione.” si presentò con tono tranquillo.
“Mi chiamo Varlinox, anche io vengo dalla confederazione, sono un druido al servizio dell’Ordine da parecchio tempo.”
Tutti e tre si voltarono verso la più giovane, solo a quel punto lei si riscosse dal suo attento studiare i compagni e si presentò.
“Mi chiamo Kirka, sono un mago dell’Impero Solare, sono uscita dal collegio di magia solo una settimana fa, quindi questa è la mia prima missione da Stenzl. Sono onorata di fare la vostra conoscenza.” spiegò con tono educato.
Agli altri dava l’impressione del burattino. Brava, ubbidiente, educata. Solo Varlinox, con la sua varia esperienza delle terre di Anerion, poteva tentare d’immaginare, cosa avesse passato quella ragazza nel collegio e come fosse stata istruita. Ma non gli interessava più di tanto, il pensiero di avere come compagna una ragazza giovane e inesperta lo entusiasmava, sia perché avrebbe reso la missione più interessante, sia perché era pur sempre una bella ragazza.
“Non penso che dovremmo parlare qui della nostra missione. Iniziano a guardarci tutti.” sentenziò il druido, dopo le varie presentazioni.
“Io ho affittato una camera se volete, possiamo recarci lì, finché non arriva l’informatore.” disse la ragazza.
“Bene, andiamo!” le rispose prontamente lui, mentre tutti e quattro facevano sparire i loro marchio da Stenzl.
La stanza era piccola, all’incirca quattro metri per sei e una parte era occupata da un semplice letto dalle lenzuola ruvide. Le due ragazze si sedettero sul letto, Varlinox si sistemò di fianco a loro, mentre Stor con un’aria molto rilassata si appoggiò alla porta.
Avevano da poco iniziato a ipotizzare la loro missione, quando qualcuno bussò alla porta della stanza.
Fu il ragazzo ad aprire. Poco prima si era presentato come un abile ladro viaggiatore, proveniente addirittura dall’Arebon.
L’Arebon era la terra più terribile di Anerion, le peggiori creature vivevano nelle foreste dell’Arebon, quelle stesse creature che gli Stenzl erano addestrati ad affrontare e cacciare.
All’uscio della porta, aperta da Stor, apparve un uomo. Poteva avere una cinquantina d’anni, forse un po’ di più. Indossava un mantello da viaggio marrone e sotto la sua veste verde scuro si notava la muscolatura ancora abbastanza definita. Si vedeva che anche lui era stato uno Stenzl a suo tempo. Gli mancava l’occhio destro, su quel lato al posto dell’occhio aveva una cicatrice che gli chiudeva la cavità oculare, che probabilmente era vuota.
L’uomo porse loro la lettera per la missione, fu sempre Stor a prenderla e tutti si avvicinarono per leggerla.
La missione appariva alquanto chiara. Sarebbero dovuti andare in un villaggio dell’Arebon, nel punto in cui la grande foresta si diradava, e salvarlo dai lupi mannari, prima che arrivasse la luna di sangue.
La Luna di Sangue. Solo a quelle parole ci fu un fremito nervoso che attraversò tutto il gruppo. Essendo Stenzl sapevano che la luna rossa era il presagio peggiore che si potesse incontrare nelle terre di Anerion. Era il momento in cui le creature del male erano più forti.
Fu Korhan a chiedere informazioni in più al vecchio.
“Che effetto ha la luna rossa, sui lupi mannari?” 
“Con la luna rossa, possono infettare, quindi cercate di non venire morsi. E se accade non tentate di salvare il vostro compagno infetto, sarebbe inutile.” disse sfiorandosi la ferita sull’occhio.
“Gliel’ha fatto un suo compagno trasformato, quello?” chiese con tono talmente tranquillo e dolce Kirka, da sembrare una domanda innocente.
L’uomo rispose solo con un cenno di testa. Dopodiché iniziò a grattarsi la nuca pensieroso.
Il gruppo distolse l’attenzione da lui e iniziò a pensare a come arrivare al villaggio. 
“La luna di sangue è tra tre settimane, abbiamo due direzioni possibili: o prendiamo la via principale mettendoci circa due settimane, oppure passiamo dai boschi dell’Arebon e arriviamo lì nella metà del tempo.” disse Varlinox valutando la mappa che era stata consegnata loro assieme alla missione.
“Io proporrei la strada per il bosco, prima arriviamo al villaggio prima possiamo organizzarci e preparare un piano.” sentenziò Korhan.
“Voi che ne pensate?” chiese il druido agli altri due.
“Per me va più che bene.” disse Stor.
“Anche per me.” confermò la giovane maga, che però stava continuando a guardare il vecchio.
Ancora non si era mosso dall’uscio della porta, e si stava grattando la testa nervoso.
“È tutto ok?” chiese Varlinox, questa volta rivolto all’uomo.
“C’era qualcos’altro che dovevo dirvi, ma non ricordo bene cosa…”
“Cominciamo bene…” sussurrò Stor irritato, e Kirka gli tirò una gomitata come rimprovero.
“Ah, sì! State lontani dal luogo di morti… Dal mausoleo… O forse era una tomba… Credo sia un mausoleo, ma non ne sono sicuro… Comunque statene alla larga!”
L’ultima frase la disse con un tono quasi perentorio, poi voltò le spalle al gruppo e se ne andò.
Rimasero per qualche secondo in silenzio, a guardare il vecchio sparire dalla loro vista, poi fu Stor a parlare per primo.
“Allora, che facciamo?”
“Direi di partire subito. Come dice Korhan, prima arriviamo e meglio è.” disse Kirka, prendendo i suoi pochi effetti dalla stanza.
“Bene, allora partiamo!” disse Varlinox.

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Capitolo 2
*** Una giornata di battaglie ***


Una giornata di battaglie

Uscirono dal villaggio dopo poco, e iniziarono il loro viaggio, attraversando la terra brulla e arida della Confederazione.
Il sole primaverile illuminava il loro cammino senza bruciare, anche se un vento caldo soffiava sui loro visi.
Fu il più anziano del gruppo a prendere l’iniziativa. Dopo più di tre ore di viaggio, decise di fare qualcosa.
“Che ne dite se io vado avanti per vedere quanto manca ai monti ed essere sicuro che non ci siano rischi?” disse, con tono tranquillo.
“Bene, ma non superare le catene montuose senza di noi.” gli disse Korhan con tono serio.
“Assolutamente no.
rispose alla barbara, poi però si volse verso Kirka facendole l’occhiolino  A dopo.”
La ragazza arrossì lievemente, mentre il druido con i suoi poteri si trasformò in un’aquila e si alzò in volo.
Gli altri tre lo seguirono con lo sguardo, per un po’, finché non diventò un puntino indistinto nel cielo azzurro, poi ripresero il cammino, sperando di non essere così lontani dalla catena montuosa.
Il viaggio fu lungo e faticoso e la sera arrivò per tutti. 
Varlinox era giunto alla catena montuosa che divideva le terre della Confederazione con quelle dell’Arebon. 
Si era appollaiato su una sporgenza all’inizio dei monti. Essa era abbastanza larga, tanto da poter tornare tranquillamente al suo aspetto normale.
Si poggiò con la schiena sotto la roccia e si rilassò, senza però addormentarsi. Non poteva permettersi di dormire stando da solo.
Anche il resto del gruppo si era fermato per la notte.
A metà pomeriggio si era iniziata a vedere la catena montuosa all’orizzonte, risollevando i loro animi stanchi.
Ora che si era fatta sera, i monti erano molto più vicini, e nella mattina successiva sarebbero bastate circa tre ore di cammino per raggiungere le pendici.
Si accamparono in una radura, un po’ più rigogliosa del resto del paesaggio e, dopo essersi rifocillati, Stor disse alle due ragazze di riposarsi, mentre lui faceva il primo turno di guardia.
Non fu però una nottata tranquilla.
Poco dopo essersi messa il più possibile comoda, per appisolarsi, Kirka, come d’altronde i suoi compagni, iniziò a udire degli ululati in lontananza. Si capiva che non erano mannari, ma erano comunque agghiaccianti.
A metà nottata Kirka, non riuscendo a dormire decise di dare il cambio al ladro, ma quei versi non accennarono a smettere. Così tra l’ululato del vento e quello dei lupi, la notte passò.
Il gruppo si rimise in viaggio la mattina presto, ma non sapevano a cosa stavano andando incontro.
Varlinox qualche ora dopo il sorgere del sole vide finalmente i suoi compagni all’orizzonte. Subito dopo averli avvistati però, udii un’ululato più vicino di quelli che avevano accompagnato anche la sua nottata insonne.
Si voltò verso il monte e li vide. Due lupi si erano affacciati da una delle sporgenze che si trovavano più in alto da dove si trovava lui. Ringhiavano e sembravano minacciare il druido di occupare il loro territorio.
L’uomo non perse la calma e, con molta razionalità, cercò una soluzione in pochi secondi. Attraverso uno dei suoi incantesimi, decise di comunicare coi due lupi, dicendo loro che né lui, né i suoi compagni che stavano arrivando, avevano cattive intenzioni.
Uno dei due lupi guaì, come se stesse rispondendo al druido, che grazie al suo incantesimo riusciva a comprendere. Gli aveva detto che non era una scelta che spettava a loro, ma al loro capo branco.
La conversazione mediatica durò una buona mezz’ora. Varlinox non riusciva a convincere i lupi che non volevano attaccare, ma soltanto passare dall’altra parte della catena montuosa illesi. 
Si era avvicinato pure il capo branco. Un lupo enorme, molto più grande del normale, talmente grande da far sembrare i normali lupi dei cuccioli. Ma niente.
La situazione degenerò quando il resto del gruppo raggiunse le pendici della catena montuosa e vide cosa stava accadendo.
“Varlinox!” urlò Kirka.
Non sapeva se essere preoccupata o tranquilla del fatto che il druido sapesse gestire al meglio la situazione.
Il suo urlo però attirò altri lupi che scesero dal sentiero che portava in cima ai monti, per raggiungere il gruppo.
“Non è molto leale. - sentenziò Varlinox, rivolto al capo branco - Pensavo stessimo trattando.”
Il lupo gli rispose che non poteva certo privare i suo branco di carne fresca.
A quel punto non ci fu più niente da fare. Il gruppo avrebbe dovuto affrontarli. 
Fu Korhan la prima ad attaccare i lupi che si erano avvicinati a loro. Tirò fuori la sua ascia e iniziò una sanguinosa battaglia con il lupo che aveva più vicino. Subito dopo anche Kirka e Stor iniziarono ad affrontare i lupi che si stavano avvicinando. La giovane maga iniziò a sparare raggi di ghiaccio che venivano emanati dal ciondolo che portava al collo, mentre Stor attaccava con il suo fidato stocco.
Anche Varlinox tirò fuori la spada e iniziò ad attaccare il capo branco.
Fu un massacro. Il gruppo si era salvato, riportando solo qualche ferita, mentre i lupi erano stati decimati. Il capo branco giaceva ai piedi di Varlinox con uno squarcio alla giugulare e varie ferite fatte nel tentativo di ucciderlo. Almeno sei carcasse circondavano il gruppo ai piedi della catena, tra cui due congelate dai raggi di Kirka.
Il resto dei lupi, quelli sopravvissuti, fuggirono, rifugiandosi in una delle tante tane che costeggiavano la catena montuosa.
I tre giovani raggiunsero il druido attraverso il sentiero.
“Ce l’abbiamo fatta!” esultò Stor euforico.
“Puoi dirlo forte!” disse Korhan guardandosi indietro con aria soddisfatta.
“Ottimo lavoro ragazzi! - si complimentò Varlinox - Ora però ci conviene proseguire se vogliamo arrivare dall’altro lato della catena montuosa in tempo per il tramonto.” disse perentorio.
E senza nessun altro commento, il gruppo ricominciò a camminare.

Come aveva detto il druido ci misero quasi tutta la giornata per scendere dalla catena montuosa e ritrovarsi finalmente nell’Arebon. 
Ma in quella terra non era più sicuro dormire all’aperto, a meno che non era strettamente necessario, per questo, sebbene mancasse qualche ora al tramonto, decisero di accamparsi in una specie di grotta alle pendici dei monti.
Purtroppo però la loro giornata non era ancora finita. 
Avevano appena finito di sistemarsi, quando, dal sentiero che portava ai monti iniziò ad avvicinarsi un gruppo di uomini. 
Erano Pitti. I nomadi delle terre dell’Arebon, conosciuti in tutte le terre di Anerion come degli eccellenti combattenti barbari.
Varlinox, prontamente trascinò Kirka in una rientranza nella grotta. 
“Resta qui, e non ti muovere per nessun motivo!” sussurrò, per poi fondersi con la roccia della grotta. 
Non voleva abbandonare gli altri suoi compagni, ma era sicuro che se la sarebbero cavata. Inoltre se le cose fossero andate male, loro due avrebbero dovuto risolvere la situazione e, se si fossero nascosti tutti e quattro, il gruppo di Pitti si sarebbe insospettito. I due rimasti compresero, per questo motivo uscirono dalla grotta, in modo che i loro compagni non venissero scoperti.
Rimasero lì, a qualche metro dalla grotta, finché il gruppo non arrivò di fronte a loro.
A guidarli vi era una donna. Era in sella a un cavallo dal manto candido. Il suo abbigliamento tipicamente barbaro era composto da un semplice vestito in pelle tenuto da una cintura nera, degli stivali dello stesso materiale, e una mantella di pelliccia bianca. I suoi capelli erano acconciati in modo particolare, sul davanti erano delle treccine dipinte di bianco, e poi scendevano sciolti e mossi, mostrando il loro colore naturale, ovvero castano scuro. Il suo viso pallido era decorato da linee blu sugli zigomi e sul mento. Mentre i suoi occhi scuri scrutavano seri i due forestieri che aveva davanti.
“Chi siete?” chiese schietta in arabonese.
Ovviamente dovette rispondere Stor, che era l’unico dei due a comprendere quella lingua.
“Viaggiatori. Non abbiamo cattive intenzioni. Vogliamo solo superare la grande foresta.” disse con tono tranquillo.
“Allora dovrete pagare il passaggio.”
“Quanto volete?”
“Le armi della tua compagna.”
Il ragazzo si zittì. Fu Korhan a spronarlo a parlare di nuovo.
“Allora? Che ha detto?” chiese dandogli una gomitata leggera.
Il giovane ladro gli riferì le poche parole che si erano detti, ma la ragazza non gradì affatto quella richiesta.
La sua indole barbara venne fuori in pochi secondi e tirando fuori la sua ascia, minacciò la donna.
“Se vuoi le mie armi devi guadagnartele!” disse furiosa.
La donna la squadrò per qualche secondo, poi scese tranquillamente dal cavallo e, con nella mano destra la lancia e nella sinistra lo scudo tondo tipico dei barbari, si mise in posizione da combattimento.
“Korhan, – disse Stor
non mi sembra il caso di…” 
“Non t’immischiare!” lo zittì la ragazza, facendo roteare l’ascia.
Le due donne si scontrarono, con due urli che arrivarono fino al cielo.
Stor e i Pitti accompagnatori rimanevo a guardare, ma mentre il gruppo di nomadi era tranquillo e rilassato, Stor era teso e preoccupato per la sua compagna di viaggio. Farsi dei nemici in questo modo non era affatto consigliabile, soprattutto a pochi giorni dall’inizio del viaggio e senza un’effettivo motivo.
Ben presto si rese conto che la sua preoccupazione era fondata. La donna arabonese era nettamente superiore alla giovane barbara. 
Dopo quasi una mezz’ora di combattimento, Korhan era ormai una maschera di sangue. La donna continuava prenderla a scudate in faccia e il viso della ragazza era tutto tumefatto. 
Kirka, che come le aveva detto Varlinox era rimasta nascosta dietro la roccia, stava guardando tutto. Era uno spettacolo terribile, qualcuno doveva salvarla. Con la sua irruenza e testardaggine sarebbe stata capace di farsi ammazzare.
“Varlinox, fa qualcosa…” sussurrò alla roccia davanti a lei.
“Basta!” tuonò la voce del druido, poco dopo.
Tutti i presenti s’irrigidirono e iniziarono a guardarsi intorno per capire da dove arrivava quella voce. Persino Stor rimase un’attimo pietrificato, prima di razionalizzare che quella era la voce del suo compagno. Solo Korhan non fu toccata da quella voce. Non tanto perché non era sorpresa, ma perché era talmente stanca da non riuscire nemmeno a stupirsi. Cadde sulle ginocchia, tremante.
“Chi sei?!” chiese la donna, mentre i suoi uomini si mettevano in posizione da combattimento, pronti ad attaccare qualsiasi persona si avvicinasse troppo a lei.
“Prendi le armi della ragazza e vattene!” disse nuovamente Varlinox con quella voce cavernosa.
La donna, a quel punto, credette di avere a che fare con uno spirito dell’Arebon, quindi senza farselo ripetere strappò l’ascia dalle mani deboli di Korhan e se ne andò. Non prima, però, di aver avvisato la ragazza.
“Mai sfidare Etain, mia cara!” poi risalì a cavallo e si allontanò, con il suo gruppo al seguito.
Stor corse subito a soccorrere la compagna. Poco dopo, quando il gruppo di Pitti era ormai lontano, Kirka e Varlinox uscirono dai loro nascondigli e raggiunsero gli altri due.
I tre accompagnarono Korhan all’interno della grotta e iniziarono a medicare le ferite della poveretta.
“Maledetta…
sussurrò lei ancora furiosa Mi riprenderò la mia ascia!” disse, strappando un sorriso intenerito ai suoi compagni.

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Capitolo 3
*** L'accampamento di Pitti ***


L'accampamento di Pitti

Il giorno dopo fu di nuovo tutto di viaggio, ci misero tutta la giornata ad arrivare ai limiti della Grande Foresta dell’Arebon.
Visti i pericoli che potevano venire dal bosco e le condizioni ancora un po’ instabili di Korhan il gruppo doveva trovare una soluzione alternativa al riposarsi all’aperto.
Molto vicino alla foresta c’era un piccolo villaggio di Pitti, in cui avrebbero potuto chiedere rifugio per la notte. Il problema però era sempre lo stesso. Glielo avrebbero dato? Oppure anche loro avrebbero chiesto un pegno troppo alto per il pernottamento?
“Dobbiamo essere sicuri che non sia pericoloso.” disse Stor con aria nervosa.
“Non vi preoccupate, – ripose prontamente Varlinox
 ci penso io, farò un sopralluogo del villaggio, e se è sicuro torno a riferirvelo.”
Appena finito di parlare si trasformò in un gatto della sua terra, snello e agile, dal manto grigio con striature più scure e penetranti occhi gialli.
Con un balzo salì sul muro di cinta ed entrò indisturbato nel piccolo villaggio.
Non c’era molto da vedere, il posto era davvero piccolo, non vi erano più di quattro o cinque tende di Pitti, e andando verso il centro del villaggio vide che molto probabilmente quel gruppo nomade venerava il totem cavallo, visto l’enorme stemma sulla tenda principale.
Dopo un lungo giro, che però durò non più di venti minuti, decise di tornare indietro per riferire ai compagni cos’aveva scoperto.
“Beh, allora dovrebbe essere sicuro!” disse Kirka alla fine del racconto.
“Frena l’entusiasmo ragazzina, Varlinox non ha incontrato nessuno!” la rimproverò Korhan.
La maga si sentì per un attimo offesa. Non era una ragazzina, almeno non più di quanto lo era lei, visto che probabilmente le differenziava solo qualche anno di età. Poi però capì che la giovane barbara aveva tutte le ragioni di essere diffidente nei confronti dei Pitti, visto cosa le avevano fatto la sera prima, così rispose prontamente.
“Sì, forse è vero… Ma allora come facciamo?”
“Forse, a questo punto, qualcuno di noi dovrebbe entrare in veste di semplice viaggiatore e negoziare con loro per l’intero gruppo.” propose Stor.
“Buona idea! Allora…” iniziò la giovane maga, ma fu interrotta.
“Vado io!” sentenziò il druido.
“Ma perché? Insomma fai sempre tutto tu, capisco che sei quello con più esperienza, ma siamo una squadra.” protestò lei.
“Kirka, ragiona. Tu sei troppo giovane, Stor ha tutta l’aria di essere un tipo fin troppo losco e Korhan ha il viso ancora gonfio. È l’unica soluzione.”
“Va bene…
sbuffò lei  Ma devi smetterla di prenderti tutti gli incarichi e i pesi della missione tu.”
“Ah, quindi ti preoccupi per me piccoletta?” disse facendole di nuovo l’occhiolino.
A quel gesto, questa volta, Korhan e Stor lanciarono un’occhiataccia al druido, mentre la giovane maga imbarazzata abbassò lo sguardo.
Proprio in quel momento, qualcuno corse loro incontro. Era sicuramente un’abitante del villaggio, perché parlava in Arabonese.
Tutto il gruppo, eccetto Korhan comprendeva quella lingua. Stor era di quelle terre, quindi ci era cresciuto. Mentre Kirka e Varlinox l’avevano imparato, la prima tra i vari studi imposti dal collegio di magia, il secondo per semplice conoscenza ed esigenza da Stenzl.
L’uomo chiese esplicitamente a Varlinox di seguirlo all’interno dell’accampamento. Lo stupore percorse il gruppo, ma considerato che avevano appena deciso, che comunque sarebbe dovuto andare, non lo bloccarono.
Fu Korhan che gli sussurrò semplicemente di fare attenzione.
Dopodiché videro Varlinox allontanarsi seguendo l'uomo.
Il druido seguì la sua guida fino al centro dell’accampamento. Arrivando proprio davanti alla tenda che lui, in versione felina, aveva riconosciuto come la tenda del capo villaggio, in cui era dipinta la figura del cavallo. Tra tutte le poche tende che c’erano nell’accampamento era quella meno decorata, ma era la più grossa.
L’uomo gli fece segno di entrare, così lui con mano decisa scostò il lembo di stoffa che separava l’interno della tenda dal resto del villaggio e, con due passi, si ritrovò dentro.
Anche l’interno era molto spartano. Vi era solo lo stretto necessario per vivere, nulla di più.
La persona che si trovava all’interno era il classico uomo che ci si può aspettare a capo di un’accampamento di Pitti. Un uomo muscoloso, alto e spesso, dai lineamenti duri e decisi. Indossava stivali in pelliccia e pantaloni leggeri, ma il petto era completamente nudo e mostrava una particolarità nota al popolo nomade. La parte destra superiore del suo corpo, compreso il braccio e la mano, era completamente dipinta di un blu inteso. Stesso colore che aveva intorno agli occhi, creando quella che poteva sembrare una maschera. Il cranio era rasato, se non per una cresta, castana, non troppo lunga al centro. A completare il volto duro e serioso, vi erano un paio di baffi e un pizzetto, dello stesso colore dei capelli.
Ma fu un’altro dettaglio che attirò subito l’interesse del druido. Un segno blu, luminescente, sul braccio sinistro. Delle stelle piene messe in cerchio attorno a una stella più grande fatta solo di linee. Era uno Stenzl.
“Benvenuto nel mio accampamento druido!” lo salutò il Pitto, proprio con la lingua che accomunava tutti i membri scelti.
“Grazie, è sempre bello incontrare una faccia amica.” disse Varlinox sollevato.
“Mi chiamo Talorc, figlio di Murtolic, dell’Arebon.”
“Varlinox, druido e Stenzl della Confederazione.” si presentò a sua volta lui.

Intanto, altri due Pitti, avevano invitato ad entrare nell’accampamento anche i tre ragazzi.
Stor e Kirka accettarono subito l’invito, mentre la barbara della Confederazione rimase ferma per qualche secondo.
“Avanti Korhan!
 la incoraggio il giovane ladro  Se avessero voluto a quest’ora ci avrebbero già attaccati.”
Lei valutò e soppesò quelle parole per qualche secondo, poi seguì i suoi compagni.
Appena entrati nel piccolo villaggio si accorsero che alcuni uomini erano intenti a montare una tenda ai limiti delle mura. Molto probabilmente la stavano allestendo per loro.
“Penso che dovremmo andare anche noi a presentarci dal capo dell’accampamento. Quantomeno per ringraziarlo dell’ospitalità.” disse di nuovo Kirka, e i due acconsentirono.
Poco dopo raggiunsero Varlinox nella tenda. Era intento a discutere con l’uomo massiccio con metà corpo blu.
Anche i tre ragazzi rimasero per un attimo stupiti del simbolo che l’uomo portava al braccio sinistro, ma dopo il primo impatto si presentarono anche loro.
“Non posso fare a meno di ringraziarvi dell’ospitalità, Talorc.” disse il druido a nome di tutto il gruppo.
“Dovere verso altri Stenzl, inoltre non posso certo lasciarvi fuori, vicino alla Grande Foresta, con i rischi che si possono correre, soprattutto ora che si sta avvicinando la Luna di Sangue.” rispose l’uomo.
“Lo sappiamo. È proprio per questo che siamo in missione, come vi ho raccontato poco fa.” concluse Varlinox, facendo riferimento al discorso che avevano intrapreso, lui e il capo villaggio, prima che i suoi compagni entrassero nella tenda.
“Scusa…
 intervenne Stor, subito dopo  Ma tu sei uno Stenzl giusto? Come mai stai qui a capo di un’accampamento di nomadi e non pratichi più?”
In un’attimo il giovane ladro fu linciato con lo sguardo da quattro paia di occhi. Quelle dei suoi compagni, che volevano rimproverarlo per quel gesto, e quello tra lo stupito e il furioso di Talorc che si era sentito offeso, non solo per la domanda, ma anche per il modo poco formale con cui si era rivolto a lui.
Subito dopo Korhan e Kirka afferrarono il loro compagno, vestito di scuro, dalle braccia e lo trascinarono fuori dalla tenda, congedandosi. Mentre il più grande del gruppo si scusava della poca delicatezza del suo compagno, per poi ringraziare di nuovo e congedarsi anche lui.
“Ma che ti è saltato in mente?” lo rimproverò dopo averli raggiunti.
“Che ho fatto di male? Non era una domanda così terribile…” protesto il ragazzo.
“Probabile, ma sono affari suoi
 continuò il druido  e tu non ti devi immischiare. Ci ha dato un posto in cui dormire, quindi evitiamo di farci odiare ok?”
Dopo quel rimprovero si diressero tutti verso la tenda che avevano allestito per loro e si organizzarono per i turni di guardia.
Era vero, erano al riparo, ma era anche vero che non potevano fidarsi ciecamente di chiunque incontrassero, come era anche vero che la loro tenda era la più esposta dell’accampamento. Fu Korhan la prima a proporsi per rimanere sveglia.
Tutta la notte, come la precedente, fu accompagnata dai soliti ululati che rendevano l’aria e l’atmosfera molto più lugubre di quanto fosse davvero.
L’ultima a fare il turno fu Kirka, ma all’albeggiare del sole dei movimenti inconsueti per quell’ora attirarono la sua attenzione. La giovane maga si affacciò dalla tenda e per un’attimo rimase paralizzata da ciò che vide.
Un gruppo di Pitti a cavallo stava entrando nell’accampamento e, purtroppo, era proprio il gruppo che la squadra aveva incontrato alle pendici della catena montuosa e che aveva sottratto a Korhan la sua ascia.
La giovane ritirò la testa dentro la tenda e svegliò i suoi compagni. Ci volle qualche minuto prima che tutti fossero svegli e lucidi per capire cosa stava accadendo, ma il primo ad accorgersi dell’agitazione di Kirka fu Varlinox.
“Che succede?” chiese mettendosi subito sull’attenti.
“I Pitti dell’altro giorno. Sono qui, credo facciano parte dell’accampamento…” rispose subito lei.
“Che cosa?!” esclamò la barbara, la sua rabbia stava già prendendo il sopravvento.
“Calmati Korhan, non credo che sia il caso che ti fai portare di nuovo in fin di vita da quelli.” la rimproverò il druido con la solita freddezza.
“Che facciamo?” chiese poi Stor.
“Direi di far finta di nulla, andare a ringraziare Talorc dell’ospitalità e togliere le tende il prima possibile.”
Raccolsero i loro effetti e uscirono dalla tenda, per poi dirigersi verso il centro dell’accampamento.
Più si avvicinavano alla tenda di Talorc, più l’aria si faceva caotica e tesa. Un capannello di persone circondava la tenda del capo villaggio e i quattro dovettero farsi spazio a fatica.
Ad un tratto dalla tenda spuntò la punta di una lancia e, subito dopo, il viso pallido e dipinto dalle decorazioni blu della donna che due sere prima aveva ridotto Korhan ad una maschera di sangue. Dietro di lei Talorc.
I due sembravano litigare animatamente, in un dialetto molto stretto che solo Stor riuscì a capire e che Varlinox comprese appena.
La donna, ad un tratto, indicò con rabbia Korhan che era tra la gente. Subito dopo, mentre si girava per continuare a discutere con il capo villaggio, Kirka afferrò velocemente il braccio della barbara e la portò verso l’ingresso dell’accampamento.
Gli unici del gruppo rimasti tra la folla furono il ladro e il druido. Il primo si nascose tra la folla, cercando di non farsi vedere più dagli occhi fiammeggianti e iracondi di quella donna, in fondo lei due sere prima aveva visto solo lui e Korhan. Varlinox invece rimase ad ascoltare. Alla fine, anche comprendendo poche parole, non era difficile immaginare quale fosse il motivo della conversazione. Probabilmente la donna non era d’accordo sul fatto che Talorc avesse lasciato che il loro gruppo pernottasse nel loro accampamento, soprattutto dopo la sfrontatezza che Korhan aveva avuto con lei. Il druido ne ebbe la conferma dallo stesso capo villaggio, quando la discussione finì ed Etain se ne andò furibonda.
“Dovete scusare mia moglie, a volte sa essere davvero arrogante.” disse l’uomo rivolto al druido.
“Non vi preoccupate Talorc, è stato un motivo in più per svegliarci presto e riprendere il nostro viaggio. Vi ringrazio ancora di tutto.” disse infine con un leggero inchino.
“Di nulla, e buon viaggio!”
Si congedarono e, poco dopo, sia Stor che Varlinox raggiunsero le ragazze all’ingresso del villaggio. Erano appena le cinque del mattino e sapevano di avere davanti una lunga giornata di viaggio, ma soprattutto sapevano che in poco più di mezza giornata sarebbero giunti all’ingresso di una foresta oscura e per niente sicura da attraversare.

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Capitolo 4
*** Il Triste ***


Il Triste

Fu proprio così. All’ora di pranzo arrivarono finalmente al limitare della foresta. Decisero di fermarsi una mezz’oretta per rifocillarsi e riposarsi un’attimo poi sarebbero ripartiti.
La mezz’ora passò apparentemente tranquilla, ma fu dopo che le cose iniziarono a complicarsi.
Avevano appena finito di risistemare tutto e raccogliere i loro viveri, quando Varlinox si bloccò di scatto.
“Che succede?” chiese Kirka atterrita da quella reazione improvvisa, poi capì.
Alle loro spalle, dal lato opposto del bosco, in lontananza si vedeva la figura massiccia di Talorc avvicinarsi.
“Andate avanti.” disse tranquillamente Varlinox, poggiandosi poi con la schiena su un albero.
“Sei sicuro?” chiese Stor, con aria dubbiosa.
“Tranquilli, vi raggiungo subito. Se ci avrà seguiti ci dev’essere un motivo, no?”
Per l’ennesima volta il druido si stava facendo carico di tutto. Ancora un po’ diffidenti e restii, gli altri tre componenti della squadra decisero di proseguire verso il bosco, andando lentamente e non lasciando mai il sentiero, in modo che poi il druido potesse trovarli.
Varlinox invece rimase lì, finché il capo barbaro non lo raggiunse.
“Cosa vi porta qui Talorc?” chiese, sempre educatamente, Varlinox.
“Etain… Da quando vi ho lasciati andare non fa altro che assillarmi. Ho decisamente bisogno di un po’ di libertà.” rispose.
A quel punto l’uomo notò che il barbaro era equipaggiato per un viaggio.
“Volete venire con noi?” chiese stupito.
“Se a voi non arreca disturbo.” rispose nuovamente.
“Assolutamente no. Un uomo in più fa sempre comodo, soprattutto in missioni simili.”

Non ci misero molto a raggiungere nuovamente gli altri tre membri della squadra e, dopo aver spiegato ai compagni cosa era accaduto, proseguirono il loro viaggio.
Più si inoltravano nel bosco più l’aria si faceva lugubre, gelida e pesante. Le fronde degli alberi iniziavano ad essere più rigogliose e folte, nascondendo quasi interamente il cielo e non permettendo alla luce del sole di filtrare. Comunque sia non era così buio da non riuscire a vedere.
Camminarono per molto, tanto che si fece mezzo pomeriggio prima che qualcosa li mettesse di nuovo sull’attenti.
I primi a percepire che qualcosa era cambiato furono Varlinox e Kirka.
“La sentite anche voi?” chiese il druido, fermando tutto il gruppo.
“Che cosa?” chiese un po’ spaventata Korhan.
“Io sì… – rispose la giovane maga
 è… musica.”
Dopo quell’affermazione, cercando di fare il più assoluto silenzio, la percepirono anche gli altri due.
Non era una musica dolce e rassicurante. Pure se era accompagnata da suoni delicati, aveva un che di inquietante e quasi malinconico.
Per l’ennesima volta fu Varlinox e la sua esperienza a prendere la situazione in mano e con un incantesimo di comprensione parlò con l’unica cosa vivente che si trovava intorno a loro.
Chiudendo gli occhi, poggiò la mano sulla corteccia dell’albero e fece in modo che tutti i suoi compagni potessero sentire.
“Chi ci allieta con questa musica?” chiese come se la melodia non fosse macabra e inquietante.
Poco dopo una voce echeggiò nell’aria, come un sussurro.
“Il Triste” disse.
Il gruppo si lanciò occhiate nervose, poi Varlinox decise di porre un’altra domanda.
“Dove si trova questo Triste?”
“Al centro della foresta…” rispose nuovamente l’albero.
Il druido stava per porre un’altra domanda, quando fu distratto dalla voce di Stor.
“Ragazzi, Talorc è sparito nel nulla!”
L’uomo interruppe il contatto con l’albero e si voltò verso di lui, come fecero tutti gli altri. Iniziarono a guardarsi attorno, a cercarlo, ma di lui neanche l’ombra. Nemmeno una traccia, un’impronta di piede, nulla. Era come se si fosse volatilizzato.
“Forse è tornato indietro.” suggerì Kirka.
“O forse non è mai stato lui.” disse Korhan, attirando l’attenzione del resto del gruppo.
“È inutile pensarci.
È uno Stenzl, un barbaro ed un bravo combattente, se la saprà cavare. Non abbiamo tempo, la Luna Rossa è sempre più vicina e noi dobbiamo arrivare al villaggio prima che sia troppo tardi.” sentenziò Varlinox, e così dicendo riprese a camminare, seguito dagli altri tre.
Non passò molto, una ventina di minuti, non di più.
La foresta diventò se possibile ancora più tetra e inquietante, mentre quella musica, che all’inizio sembrava appena percettibile, diventava sempre più intensa, gelando il sangue nelle vene ai quattro Stenzl.
D’improvviso i tronchi degli alberi si fecero più scuri, come se fossero più vecchi e magari qualcuno era anche marcio. Appese ai rami più grossi c’erano enormi gabbie di metallo. Sembravano gabbie per uccelli, ma molto più grandi. Dentro vi erano cadaveri di uomini. Il puzzo era insopportabile e un po’ per il terrore, un po’ per l’odore tutti e quattro si dovettero coprire il naso con lembi degli indumenti che avevano addosso.
Poi apparì.
Era una figura esile e slanciata, coperta da una veste nera, munita anche di cappuccio che teneva calato sul viso. Le uniche parti del corpo visibili erano la parte inferiore del viso e le mani. Entrambe erano pallide in un modo quasi spettrale. La mano destra era allungata verso una delle gabbie e stava tenendo saldamente il braccio di uno dei cadaveri.
Il gruppo si fermo, immaginando che ormai lo scontro era inevitabile. Ma non estrassero ancora le armi. Rimasero fermi, immobili. Quella canzone continuava ad entrare nelle orecchie in modo insidioso, confondendo loro le idee e rendendoli ancora più vulnerabili di quanto potevano già essere di fronte a ciò che stavano vedendo.
La figura alzò lo sguardo verso di loro e la sua bocca si stese in un sorriso inquietante.
All’improvviso riecheggiò la sua voce. Non muoveva la bocca, e la voce non riecheggiava nell’aria, come la musica. Era un sussurro agghiacciante nelle loro teste. Come se stesse parlando nella mente di ognuno di loro. Ad ognuno nella loro lingua madre.
“Rimanete con me a giocare!”
L’ultima parola fu l’unica che suonò anche all’esterno, rimbalzando da un’albero all’altro.
“Gio
 Giocare?” chiese Kirka con voce tremante.
“Gli ultimi giocattoli si sono rotti…” rispose nuovamente a tutti, sebbene la domanda gliel’avesse fatta la giovane maga, per poi spezzare il braccio del cadavere chiuso nella gabbia di fianco a lui.
Il sonoro schiocco delle ossa del braccio che si frantumavano riecheggiò per tutta l’area intorno a loro, mettendo i brividi.
Rimasero tutti paralizzati dal terrore. L’unico che riuscì a reagire fu il più anziano del gruppo, che tirò fuori la sua spada e si buttò sulla figura, cercando di attaccarla.
Kirka stava guardando con occhi sbarrati il druido che combatteva senza freni, da solo, contro lo spettro. Non riusciva a muoversi però. Il terrore le teneva inchiodate le gambe al terreno. Quelle parole gelide le riecheggiavano ancora in testa, la musica ormai era come una cantilena che le rimbombava nel cervello e il suo cuore batteva frenetico. Se avesse saputo che diventare Stenzl voleva dire rischiare di finire in una gabbia per uccelli per diventare il giocattolo di uno spettro, non avrebbe mai accettato.
Scosse la testa nervosa, chiudendo gli occhi. Non era vero. Lei voleva l’avventura. Voleva l’aria aperta e pericolosa delle terre di Anerion. Fin da pochi mesi dopo essere entrata al collegio per maghi aveva sognato di diventare uno Stenzl e una cacciatrice di mostri. Ed ora che si ritrovava davanti ad un semplice spettro si fermava? Riaprì gli occhi. Varlinox era in difficoltà. Doveva aiutarlo.
Con una fatica immane diede ordine alle sue gambe di muoversi e di avvicinarsi. Non aveva bisogno di avere un corpo a corpo, essendo una maga e potendo usare gli incantesimi. Il suo primo attacco fu un raggio di ghiaccio, ma si maledì subito dopo. Il ghiaccio contro uno spettro? Ma a cosa stava pensando?
Iniziò quindi a lanciare sfere di fuoco verso la creatura e finalmente i suoi attacchi andarono a segno.
Dopo il secondo colpo di fuoco andato a segno, sembrò prendersi di una nuova energia. Comprese che il fuoco era il suo punto debole e prese in fretta una decisione sul da farsi.
“Varlinox, indietreggia!” urlò.
Quando vide il druido eseguire il consiglio, eresse un muro di fuoco attorno allo spettro, in modo che lo tenesse bloccato e lo colpisse ogni qualvolta cercasse di muoversi.
“Bell’idea piccoletta!” si complimentò Varlinox, che ebbe finalmente la possibilità di riposarsi un po’.
“Sì, ma non durerà molto. Non più di un paio di minuti.” disse la ragazza con le mani tese verso il muro di fuoco per mantenerlo.
“È meglio di niente…” disse volgendosi verso gli altri due compagni.
Stor aveva già in mano il suo fioretto. L’aveva estratto poco prima che Kirka iniziasse ad attaccare, ma non era comunque riuscito ad avvicinarsi. Era come se le sue gambe si rifiutassero di muoversi.
Anche Korhan era paralizzata dal terrore. Lei, che di solito era una ragazza tosta e combattiva. Lei che aveva affrontato Etain a muso duro e che aveva giurato di rifarsi. Ora non era in grado di affrontare un semplice spettro.
Il fuoco si dissipò e i due combattenti non ebbero il tempo di reagire all’attacco improvviso dello spettro, furioso per quell’affronto.
La creatura si lanciò contro Kirka con ira e con un fendente le ferì il braccio.
“Kirka!” urlò Varlinox per poi frapporsi tra lei e lo spettro e ricominciare ad attaccarlo con la spada.
Ma quel colpo alla loro compagna riuscì a smuovere anche Stor che strinse saldamente l’elsa del suo fioretto e si lanciò verso lo spettro dando man forte al druido.
Nonostante la ferita le sanguinasse vistosamente, Kirka  continuò a lanciare sfere di fuoco per dare man forte ai loro compagni.
Fu proprio lei a dare il colpo di grazia allo spettro. Che si dissolse con un urlo agghiacciante.
Assieme a lui sparì anche la musica, che li aveva accompagnati fino a quel momento.
Quando fu sicura che lo spettro era sparito definitivamente, Kirka cadde con un tonfo a terra, afflosciandosi sulle ginocchia esanime.
A quel gesto stremato, Varlinox fu subito da lei, ma si premurò prima, di dare ordini ai suoi compagni sul da farsi.
“Anche se l’abbiamo sconfitto, non è sicuro stare qui troppo tempo. Korhan, Stor cercate tra le gabbie se c’è qualcosa che può tornarci utile.”
I due ragazzi con un cenno di testa si mossero. Korhan si sentiva ancora in colpa per non aver fatto nulla in quella battaglia. Non era tanto per la figura che aveva fatto coi suoi compagni, che né in quel momento, né successivamente nel procedere della missione, glielo fecero pesare. Più che altro era una questione di orgoglio. Si sentiva frustrata, era la seconda volta che veniva sconfitta, la prima volta da una guerriera come lei e la seconda volta dalla paura. Si ripromise che non sarebbe più capitato.
Raggiunse Stor e volgendogli un sorriso mesto, quasi di scuse, iniziò a cercare assieme a lui.
Intanto il druido si era avvicinato alla giovane maga. La ragazza dai capelli a caschetto aveva il fiato grosso e si teneva convulsamente il braccio sinistro con la mano opposta.
“Conosci delle magie curative?” chiese il druido con tono gentile.
Lei rispose solo con un movimento della testa, scuotendola a destra e a sinistra, ad indicare la sua negazione.
Lui sospirò, dopodiché rovistò nella sua bisaccia per qualche secondo, fino a trovare ciò che gli interessava. Era un sacchetto di un rosso acceso, da cui tirò fuori una grossa foglia che sembrava ancora parecchio fresca, come appena staccata dall’albero. Sacrificando un po’ della sua acqua sciacquò la ferita, dopodiché adagiò la foglia su di essa e recitò un’incantesimo.
Subito Kirka percepì un calore tenue e rassicurante, inondarle il braccio.
“Appena senti che l’effetto di calore svanisce puoi toglierti la foglia.” disse.
Lei annuì, accompagnando il gesto con un sorriso di ringraziamento.
Poco dopo si avvicinarono a loro gli altri due.
“Avete trovato qualcosa?”
“Non molto.
 rispose Stor  Solo questo coltello in argento quasi completamente incrostato, questo medaglione ed il vestito.” disse infine indicando una veste che Korhan teneva in mano.
“Della veste non ce ne facciamo nulla, mentre il coltello essendo in argento può esserci utile quando ci toccherà affrontare i licantropi. Fammi vedere il medaglione.” sentenziò il druido porgendo la mano vuota al giovane ladro.
Lui glielo lasciò cadere sul palmo vuoto. Era un medaglione dalla forma strana. Largo all’estremità superiore, in cui vi passava la catena, e nella parte inferiore, e stretto nel centro. La parte superiore ricordava molto il muso beccuto di un uccello, forse un gufo.
“Non credo di averlo mai visto,
disse Varlinox  ma di certo nessuno c’impedisce di tenercelo.” dopodiché lo riporse a Stor.

Subito dopo, decisero di riprendere il cammino. Come aveva detto Varlinox, stare lì era troppo pericoloso. Volevano uscire dalla foresta e volevano farlo il prima possibile. Non si sarebbero mai accampanti in quel luogo tanto pericoloso.
La notte però arrivò più in fretta ed il buio diventò insostenibile. La prima ad inciampare fu Korhan che non vide una radice proprio davanti a lei.
Fu Kirka a prendere una decisione. Si mise in testa al gruppo e con un semplice incantesimo di luce fece in modo che il ciondolo azzurro che portava al collo emanasse luce. Non era una luce forte, ma tenue in proporzione all’oggetto che la emanava. Avrebbe potuto scegliere qualsiasi oggetto da illuminare, ma pensò bene che era meglio vedere poco e il minimo indispensabile, piuttosto che farsi scoprire da qualche creatura della notte che popolava quella foresta.
Finalmente alle tre o quattro del mattino, in quattro videro l’uscita. Era ancora buio, ma il cielo stellato e una luna lattiginosa illuminavano il paesaggio.
Di fronte a loro vi era un enorme lago, che se fosse stato terra avrebbero impiegato almeno un giorno di cammino per attraversarlo. Oltre il lago tutti e quattro notarono una vera e propria città. Le sue costruzioni scure si stagliavano sul cielo, e i bagliori delle luci ancora accese si riflettevano sull'acqua scura.
“Una città? Qui?” chiese stupito Stor.
“Effettivamente è un po’ strano…” disse a mezza voce la ragazza dalla treccia corvina.
“Ricordo di una città…” sussurrò Kirka, ma era un sussurro che avevano percepito tutti.
“Cosa?” chiese Korhan.
“Sì… Devo averlo studiato al collegio. Una città nell’Arebon, al limitare del lago. È lì che è nato…”
“L’ordine degli Stenzl!” concluse Varlinox, ricordandosi anche lui di quella storia.
“Il nostro ordine? Davvero?” chiese Stor.
“Non ne sapevo nulla.” rispose Korhan, rassicurando il ladro di non essere l’unico ignorante in materia.
Rimasero lì per qualche minuto, ad ammirare il panorama, poi Stor ruppe nuovamente il silenzio.
“Beh direi che a questo punto possiamo riposarci.”
“Concordo!
 affermò il druido  È da ieri notte che non dormiamo, e la battaglia contro il Triste ci ha sfiancati tutti, sia fisicamente che psicologicamente.”
“Farò io il primo turno di guardia!
 irruppe subito Korhan  È l’unico modo per sdebitarmi, dopo non aver fatto nulla nell’ultima battaglia.”
A quelle parole tutti e tre sorrisero in modo rassicurante e Kirka le poggiò per un attimo la mano sulla spalla come a volerle dire che non importava.

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Capitolo 5
*** La città invisibile ***


La città invisibile

Si misero nel limitare della foresta. Non avrebbero voluto rientrare in quel luogo lugubre, ma allo stesso tempo non se la sentivano di rimanere scoperti in bella vista di fronte al lago.
Come aveva promesso, fu Korhan a fare il primo turno di guardia. E mentre Stor e Kirka si misero ai piedi di due alberi, Varlinox decise di arrampicarsi su uno di essi.
Non si sentiva sicuro a stare in basso, inoltre l’aria lì sù sembrava un po’ più fresca. Si sistemò comodo su un ramo che sembrava abbastanza resistente, prese una corda dalla sua bisaccia e s’imbragò per bene, facendola passare prima attorno al tronco dell’albero e poi attorno al suo busto proprio sotto le ascelle.
I turni di guardia, passarono alquanto in fretta. Dopo Korhan fu il turno di Kirka e, a quel punto, la barbara poté riposarsi, ed anche lei decise di salire e imbracarsi su un albero. Poi a dare il cambio alla giovane maga, ci fu Stor, che per passare il tempo della veglia si mise a cercare di scrostare il coltello che aveva trovato tra le gabbie del triste.
Era passata poco più di mezz’ora da quando Stor aveva iniziato il suo turno di guardia. Varlinox stava ancora dormendo tranquillo, quando all’improvviso il ramo su cui si trovava cedette, con un sonoro schiocco, lasciandolo penzoloni, appeso all’albero per la vita. Il rumore, non solo attirò l’attenzione di Stor, che scoppiò immediatamente a ridere, ma svegliò anche di soprassalto le due ragazze, tanto da far fare a Korhan la stessa fine del compagno.
Stor allora smise di ridere e corse subito a soccorrere la giovane barbara, mentre Varlinox, che era comunque già a pochi centimetri da terra, scese da solo, e recuperò la corda, rimettendosela nella bisaccia.
Essendo ormai tutti svegli decisero così di riprendere il cammino. Riuscirono dalla foresta e si trovarono di nuovo di fronte a quello spettacolare panorama.
Il sole era nel punto più alto del cielo, il che confermava che fosse mezzogiorno, e si rifletteva in modo frastagliato nell’acqua cristallina del lago, finalmente del suo colore chiaro naturale. Ma qualcosa di diverso c’era.
“Che spettacolo meraviglioso!” esclamò il giovane ladro stiracchiandosi, poi però si accorse che i suoi compagni guardavano stupiti un punto preciso di fronte a loro.
Solo a quel punto si accorse di cosa li aveva stupiti. La città, che la sera prima era dall’altra parte della sponda del lago era sparita.
“Com’è possibile?!” chiese Korhan stupita.
“Forse è qualche incantesimo di protezione…” ipotizzò Kirka, ma non ne era molto sicura.
Nei suoi studi aveva anche imparato l’incantesimo per riuscire a vedere gli oggetti resi invisibili, ma mai aveva sentito parlare di una città intera che spariva nel nulla.
Poi qualcosa attirò di nuovo la sua attenzione.
“Che stai facendo?!” chiese sconvolta, vedendo Varlinox, seduto a terra, tagliarsi il palmo della mano con un coltello e buttando qualche goccia sul terreno.
“È un’incantesimo di divinazione… Voglio capire se ci sarà utile andare a vedere quella città!” disse deciso, poi chiuse gli occhi e cadde in trance.
“Ma Varlinox, la missione è…” Kirka schiaffò la mano sulla bocca di Stor, per farlo tacere.
Sapeva che un’incantesimo di divinazione aveva bisogno della massima concentrazione, ed effettivamente anche lei era curiosa di sapere perché quella città era sparita nel nulla.
Appena caduto in trance Varlinox chiese mentalmente, come se parlasse tra sé e sé, se andando verso la città avrebbero trovato pericoli. Poco dopo, sempre nella sua testa rimbombò una voce. Non era né maschile, né femminile. Era afona e melodica.
“La città è importate… Ma fate attenzione… Potrebbe richiedere un prezzo più grande di ciò che vi aspettate…”
Dopo quella frase, il druido tornò in sé.
“Allora?” chiese la giovane barbara.
Mentre si fasciava la mano con un pezzo di stoffa preso dalla borsa, l’uomo spiegò ai suoi compagni cosa aveva scoperto, o meglio riferì le parole che aveva sentito nella sua mente.
“Quale prezzo richiederà quindi?” chiese Stor, nervoso per quella risposta enigmatica.
“Questo non lo so… Comunque a questo punto dobbiamo decidere se andare avanti con la missione oppure, passare dalla città.”
“Ha detto che è importante?” chiese la maga.
“Già!”
“Ma importante, può esserlo in generale e non per la missione.” intervenne Korhan
“Perché non facciamo così… Adesso proseguiamo nella missione, in modo da arrivare in tempo al villaggio prima che arrivi la Luna di Sangue. A fine missione torniamo indietro e prima di fare rapporto, passiamo per la città.” propose Kirka.
“Sì, forse è l’idea migliore…” acconsentì il druido.

In mezza giornata attraversarono la radura che precedeva il lago. La percorsero in diagonale, in modo da arrivare alle montagne che costeggiavano il lago, così che poi riprendessero il cammino da là.
Decisero quindi di fermarsi a dormire proprio alle rive del lago.
Si diedero gli stessi turni di guardia e, proprio mentre era il turno di Kirka, la città riapparì pian piano, come se l’incantesimo protettivo che l’avvolgeva si affievolisse. A quella constatazione, prese una decisione, in fondo tentare non costava nulla. Quando la mattina dopo la città sarebbe sparita di nuovo, avrebbe provato a fare l’incantesimo per riuscire a vedere gli oggetti resi invisibili.
Dopo non molto, le diede il cambio Stor, che come la sosta precedente si mise a pulire il suo nuovo coltello in argento, finendo finalmente l’opera. Non era affatto una cattiva arma, e poteva usarla come alternativa al suo stocco.
L’ultimo turno fu di Varlinox, che passò il suo tempo da sveglio a meditare. Fu proprio durante il suo turno, all’albeggiare del sole, che la città svanì di nuovo.
Dopo poche ore dall’alba anche gli altri tre si svegliarono.
“Quando è sparita?” chiese subito Stor, dopo un lungo sbadiglio.
“Appena si è fatta l’alba…” commentò il druido alzandosi.
A quelle parole, Kirka, con sguardo deciso si mise proprio sulla riva del lago e chiuse gli occhi.
“Che sta facendo?” chiese Korhan stupita.
Non ebbe bisogno della risposta di nessuno, perché subito dopo la giovane maga recitò un’incantesimo e riaprì gli occhi, che apparivano strani.
Erano sempre azzurri come il ghiaccio, ma in quel preciso istante sembravano quasi iridescenti, come se delle pagliuzze di altre milioni di tonalità di azzurro le fossero entrate nelle iridi.
Attraverso quegli occhi finalmente Kirka vedeva la città anche di giorno.
“È un incantesimo! – disse mentre continuava a scrutare la città e l’alone di magia che lo avvolgeva
 Una volta durava sempre, ma con il tempo si è indebolito e la notte cede.”
“Quindi è qualcosa che gli Stenzl vogliono tenere nascosta…” commentò Varlinox pensieroso.
La giovane maga sbatté un po’ le palpebre e le sue iridi tornarono normali.
“Nascosta? Insomma noi siamo Stenzl, lo dovremmo sapere.” commentò Stor.
“Dici?
 chiese il druido quasi ironico  Io credo proprio che ai piani alti dell’ordine ci siano segreti che non direbbero mai a gente come noi…”
“Concordo!
 confermò Kirka  Se c’è una cosa che ho imparato al collegio è che ognuno si tiene i propri segreti per sé, soprattutto quelli più pericolosi.”
“Sentite,
 intervenne Korhan  è inutile stare qui a rimuginare su questa stramaledetta città, dobbiamo andare. Al ritorno ci passeremo e forse scopriremo qualcosa, ma adesso abbiamo una missione da compiere.”
“Giusto!” esclamò Stor deciso.
E a quelle parole ripresero il cammino.

Dopo non più di una mezz’ora il gruppo entrò di nuovo nella folta vegetazione. Non era cupa e inagibile come quella da cui erano usciti il giorno precedente, ed anzi permetteva di avere una protezione dalla vasta pianura che costeggiava il lago. Quella vegetazione costeggiava tutti i monti fino a congiungersi con l’altro bosco, dall’altro lato del lago. Quel bosco che, per la sua estensione e la sua fama di dimora delle più disparate creature oscure, era il più conosciuto nelle terre dell’Arebon, come anche in tutta Anerion.
Dopo qualche ora di viaggio, i due uomini della compagnia, che marciavano davanti, si fermarono.
“Che succede?” chiese Korhan vedendo i compagni fermi.
Non sembravano paralizzati, più che altro incuriositi.
“Là!” disse Stor indicando un punto preciso del costone che stavano fiancheggiando.
Quando fu indicato anche a loro, le ragazze capirono il motivo della curiosità dei ragazzi.
Proprio nel punto in cui il giovane ladro aveva indicato, vi era una rientranza nella roccia, come se fosse una specie di grotta. Poteva essere a non più di un quarto d’ora da dove si trovavano in quel momento.
“Non sarebbe una cattiva idea usarla per fermarci.” commentò di nuovo Stor.
“Ma potrebbe essere la tana di qualche animale.” constatò Korhan.
“O anche peggio…” aggiunse Kirka.
Ci fu qualche minuto di silenzio, in cui probabilmente ognuno di loro pensava a quale alternativa o soluzione sarebbe stata la più adeguata.
Poi come al solito fu Varlinox a prendere una decisione.
“Vado a vedere io, vedo se è sicuro e torno!” disse deciso.
“Avevi promesso che non avresti più fatto tutto tu.” protestò la giovane maga.
“Ci metto poco, vado e torno. E prometto che non affronto nulla senza di voi. Ok piccoletta?”
Non aspettò la risposta di Kirka, che era nuovamente arrossita per gli sguardi divertiti che gli aveva lanciato mentre diceva quelle parole. Si trasformò in una marmotta dalla pelliccia color cannella e schizzò via, arrampicandosi sulla scarpata e dirigendosi verso la grotta.
Non ci mise molto ad arrivare. Entrò con cautela, sempre sotto le sembianze del piccolo roditore. Si guardò intorno, per assicurarsi che non ci fossero pericoli. Dopodiché tornò alla sua forma normale.
Il posto era angusto. Anche avessero voluto rifugiarsi lì, ci sarebbero stati a malapena tutti e quattro, seduti, di certo non sdraiati.
Di fronte all’entrata, proprio dal lato opposto, c’era un muro levigato e una porta di legno massiccio a doppie ante. Senza pomelli, maniglie o battenti. Senza cardini ai lati. Solo due piani di legno uno di fianco all’altro. Provò a spingere, ma esse sembravano irremovibili.
Decise così di tornare indietro per raccontare ai suoi compagni cosa aveva visto. Così si trasformò di nuovo nel piccolo animale e rifece la strada all’inverso, fino a raggiungere il terzetto.
Appena arrivò tornò con il proprio aspetto.
“Allora?” chiese subito Korhan
“È libera e vuota, ma non è una grotta normale.”
“Cioè?” chiese nuovamente la barbara.
È piccola, ma è stata chiusa. – fece una pausa, cercando di spiegare cosa intendesse dire, ma le parole non venivano, così con un sospiro decise di cambiare sistema  Forse se venite a vedere è più facile che tentare di spiegarvelo.”
I tre acconsentirono e seguirono il loro compagno, che ovviamente, viste le loro sembianze umane dovette scegliere una strada più agibile e più lunga per arrivarci. Come avevano calcolato non ci misero comunque più di quindici minuti.
Arrivati alla grotta Kirka notò qualcosa che il druido non avevano notato nella sua prima visita. Era un mucchietto di ossa, accatastate in un angolo della grotta, ossa che appartenevano probabilmente a qualche piccolo animale.
“Siamo sicuri che non sia la tana di qualche animale?” chiese dubbiosa, facendo notare anche ai compagni il mucchietto d’ossa, indicandolo con l’indice.
“Ed un animale, potrebbe costruire quella?” chiese Varlinox indicando, a sua volta, le due tavole di legno.
A quella segnalazione del druido il primo ad avvicinarsi fu il ladro.
Per qualche secondo regnò il silenzio assoluto, mentre Stor poggiava l’orecchio nella piccola fessura che c’era tra le due ante della porta per cercare di capire se c’era qualcosa dall’altra parte. Non ci mise molto a staccare la testa e scuotere il capo.
“Non sento assolutamente nulla. Sembra tutto statico là dentro, non credo ci sia qualcuno.” sentenziò.
“Sì ma come l’apriamo?” chiese scocciata Korhan, quella situazione stava iniziando ad irritarla.
“Potremmo usare la testa di Varlinox, secondo me è abbastanza dura…” scherzò il giovane ladro.
“Ah… Ah… Molto spiritoso Stor…” rise il druido con un’evidente risata finta, tirandogli poi un buffetto alla nuca e scompigliandoli i capelli corvini.
“Ah, basta!
 li interruppe Korhan  Ci penso io!”
Presa da un moto di rabbia furiosa, che solitamente caratterizza le giovani guerriere barbare della Confederazione, sfondò con un paio di spallate le massicce lastre di legno.
Si ritrovarono così in una grotta molto più grande, ma questa volta non era affatto vuota. Essa infatti era completamente attrezzata, come se una volta fosse stata abitata. Era nella penombra. La luce veniva solo dalle loro spalle che illuminava davvero poco. Il gruppo non vedeva il fondo della grotta, non sapevano nemmeno quanto fosse profonda.
Fu un’attimo. Varlinox aveva notato, nel buio assoluto di fronte a loro, due bagliori azzurri. Due occhi, due tizzoni ardenti che li fissavano. Poi da due diventarono, quattro, poi sei.
Capì subito che non erano esseri viventi, che erano creature oscure.
Non ebbe neanche il tempo di avvisare i suoi compagni o di tirare fuori la sua arma, che un paio di quegli occhi si avvicinano con uno scatto fulmineo, attaccando Korhan che, dopo aver sfondato la porta, era quella rimasta più avanti rispetto al resto del gruppo.
La ragazza però non si fece intimorire. E dopo aver schivato il colpo della creatura, tirò fuori l’ascia e lo attaccò tranciandogli un braccio di netto. La sua furia però non bastò a fermarlo, anzi attirò altri occhi bluastri e fluorescenti, altre creature mostruose.
Ormai li vedevano tutti, perché la distanza tra loro e quelle mostruose creature si era ridotta.
Erano Ghoul. Creature orripilanti, dall’aspetto evidentemente poco sano, mezze ingobbite e con la pelle bluastra. Due file di denti affilati e resistenti sbucavano dalla bocca fetida, avevano l’aria di poter staccare la carne a morsi. E quegli occhi. Quegli occhi blu fluorescenti che sembravano poterti paralizzare semplicemente con lo sguardo.
Il secondo ad agire fu finalmente il druido, ma invece di tirare fuori la sua arma, decise di aiutarsi con la magia. Con un breve sussurro levò la mano e proprio sotto il Gohul con il braccio mozzato dalla compagna, apparvero degli spuntoni acuminati che trafissero in più punti la gamba destra del mostro immobilizzandolo.
Quel gesto però non fece altro che far infuriare ancora di più le creature, che aumentavano ormai a dismisura e si avvicinavano pericolosamente.
Kirka ragionò in fretta e, con un veloce gesto della mano, evocò il suo muro di fuoco, bloccando completamente i Ghoul dall’altro lato della grotta.
“Non so quanto riuscirò a reggerlo!” disse tenendo le mani tese verso le fiamme.
“Tutti fuori, forza!” ordinò Varlinox.
Korhan e Stor corsero verso l’uscita, seguiti dal druido, mentre la giovane maga indietreggiava pian piano.
Appena anche lei fu fuori, l’uomo tentò attraverso un’incantesimo di evocare una vegetazione rigogliosa in modo da bloccare le creature dentro la grotta.
La vegetazione stava per bloccare la porta, quando all’improvviso svanì nuovamente nel nulla.
“Cosa diavolo è successo?” chiese Stor, stupito.
“Non lo so, è come se qualcosa avesse assorbito il mio incantesimo…”
Non ebbe tempo di spiegare altro, perché il ladro iniziò a tossire.
“Stor, che cos’hai?” chiese preoccupata Korhan, avvicinandosi a lui.
“Varlinox, non ce la faccio più!” protestò Kirka.
Si sentiva stranamente più debole del normale, come se qualcosa le stesse prosciugando tutte le energie.
Finalmente il druido capì da dove scaturiva il problema. Sulla sinistra tra le rocce c’era un piccolo fungo che sembrava emanare una nume tossica.
Con uno scattò ed un preciso fendete di spada lo distrusse, ma fu un errore fatale.
Non appena si disintegrò il fungo rilasciò tutto il gas che aveva ancora in sé.
Con le ultime forze che gli rimanevano evocò di nuovo la magia della vegetazione, bloccando finalmente la porta della grotta, dando la possibilità a Kirka di lasciare l’incantesimo.
Non appena vide l’entrata completamente ostruita la ragazza si afflosciò, e se non fosse stato per Varlinox che la prese al volo, probabilmente si sarebbe schiantata al suolo stravolta.
“Kirka, stai bene?” chiese preoccupato.
“Non lo so… Mi gira la testa…”
Effettivamente anche a lui girava la testa.
Si voltò verso gli altri due compagni, stavano parlando.
“Voi due tutto ok?” chiese.
“Io sì!
 rispose Korhan  Ma credo che Stor sia avvelenato. Quello era un tipico fungo dell’Arebon.”
“E cioè?” chiese lui avvicinandosi, ed aiutando la giovane maga a fare altrettanto.
“E cioè che se non facciamo qualcosa vi rimangono al massimo dodici ore di vita…” disse pallida la ragazza guardando il volto sudato ed emaciato del compagno.

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Capitolo 6
*** I Lacourier ***


I Lacourier

Il gruppo decise di ridiscendere il sentiero, optando per proseguire fiancheggiando le la catena montuosa. Forse sarebbe stato meno sicuro, ma visto che non sapevano quanti altri funghi potevano esserci sul costone delle montagne, almeno non avrebbero rischiato di essere avvelenati un’altra volta.
Arrivati a valle erano tutti stravolti. Kirka e Stor erano ormai talmente pallidi da sembrare spettri, mentre Varlinox manteneva ancora un po’ di colore e lucidità, solamente perché era più massiccio dei suoi compagni.
“Hai qualche idea?” chiese Korhan preoccupata, aiutando il giovane ladro a poggiarsi contro una grossa roccia.
“Sì, conosco un’incantesimo contro i veleni, ma avrò bisogno del tuo aiuto.” disse con un tono di voce stanco il druido.
La ragazza rispose con un cenno di testa e dopo che lui le diede alcune brevi istruzioni su cosa fare, si misero entrambi a curare dal veleno tutti, Varlinox compreso.
L’ultima ad essere disintossicata e ad aprire gli occhi, fu Kirka. La ragazza dovette sbattere le palpebre un paio di volte, prima di riuscire a vedere bene e rendersi conto di dove si trovasse. L’ultimo ricordo che aveva era quello di Varlinox che la prendeva sulle spalle, dicendo che dovevano tornare a valle, poi il vuoto più assoluto.
Ora si sentiva meglio, le forze sembravano tornarle e percepiva di nuovo l’energia magica scorrerle in corpo.
La prima cosa che vide aprendo gli occhi, fu il druido.
“Finalmente ti sei svegliata piccoletta! – esclamò divertito
 Pensavo che avessi dovuto farti la respirazione bocca a bocca…” scherzò.
A quelle parole la giovane maga diventò paonazza per l’imbarazzo.
“Varlinox, la vuoi piantare!
 lo rimproverò l’altra ragazza del gruppo, che stava aiutando Stor ad alzarsi  Non fai altro che tormentarla!”
Lui sorrise mesto, come a dire che non c’era bisogno di farglielo notare, poi porse la mano a Kirka, che ancora un po’ imbarazzata l’afferrò.
“Scherzavo pulce, non ti preoccupare!” la rassicurò lui, aiutandola a mettersi in piedi.
Poco dopo, quando furono tutti ristabiliti, lucidi e abbastanza in forze, ripresero il cammino, forse avrebbero potuto riposarsi per qualche ora, ma ormai stavano fiancheggiando la Grande Foresta ed era poco sicuro accamparsi senza delle mura in cui ripararsi.
Il sole era nel punto più alto del cielo quando il gruppo scorse un agglomerato di case in legno. Un paesino di  medie dimensioni. La cosa però che mise tutti all'erta, era il fatto che quel piccolo villaggio, era proprio in mezzo alla foresta e non aveva nessuna palizzata a proteggerlo dalle creature maligne che vivevano in quei boschi.
"Sono case vecchie..." constatò Korhan, che era in testa al gruppo.
"E sembrano disabitate..." aggiunse Kirka.
"No guardate!"
Il gruppo guardò nella direzione in cui la barbara aveva indicato, era la via principale del villaggio e al fondo della strada in terra battuta c'erano due donne, vestite con abiti di buona fattura, di certo non erano contadine, che sembrava stessero scappando da qualcosa.
Finalmente il gruppo entrò nel villaggio.
Mentre i suoi tre compagni imboccavano la via principale, andando così incontro alle due donne, Stor decise invece di rimanere tra gli edifici in legno. In fondo nascondersi era la cosa che sapeva fare meglio, inoltre se quelle due donne, o chi le inseguiva, fossero state un pericolo era meglio avere un piano di riserva e un minimo di effetto sorpresa.
Percorsero il viale lentamente, calibrando i passi sempre in all'erta e pronti in qualsiasi momento a tirare fuori le armi. Quando furono vicini alle donne capirono da chi erano inseguite.
Loro erano due. La bionda, con un bel vestito viola, elegante, ma allo stesso tempo molto semplice, senza troppi merletti o decorazioni. Stringeva in mano un coltello e stava davanti alla sua compagna, mora, con un vestito azzurro di identica fabbricazione, che non riusciva più a reggersi in piedi, dopo essere caduta rovinosamente a terra. Attorno a loro si stava avvicinando un branco di lupi, che le stavano accerchiando.
Di nuovo, non erano lupi mannari, ma erano molto più grossi di quelli che il gruppo di Stenzl aveva incontrato sulla catena montuosa ai confini dell'Areborn, e dal pelo più scuro.
Korhan, che si trovava davanti a tutti, fu la prima ad attaccare. Con un colpo deciso della sua ascia colpì il lupo più vicino a lei ferendolo gravemente.
Appena la creatura iniziò a uggiolare, ferita, i lupi aumentarono, dando man forte al ferito, ma la stessa cosa fecero i compagni della barbara, compreso Stor, che, sbucato da dietro una delle case di legno, si era tuffato a difendere la ragazza, ferendo a morte il lupo, già colpito da lei, con il suo stocco.
Dopo quell'ennesimo colpo, la battaglia si fece più intensa, a colpi di spada, fioretto, ascia e magia. Tutti e quattro s'impegnavano per difendere quelle due donne, che intanto li osservavano con sguardo quasi indifferente.
Kirka stava nelle retrovie, lanciando magie a qualsiasi lupo le capitasse a tiro. Finché non sentì la voce furiosa dell'altra ragazza del gruppo urlare il nome del loro compagno.
"Stoooooor!"
Mentre Korhan andava in furia, uccidendo tutti i lupi che si trovava davanti, lei lanciò un raggio di ghiaccio nella direzione del lupo che stava attaccando il giovane ladro, salvandolo da quello che poteva essere un colpo mortale.
Non andava bene, Varlinox si guardava intorno e si rendeva conto che non andava affatto bene. I lupi sembravano non finire mai e soprattutto sembravano non volersi arrendere nel tentativo di attaccare le due donne. Pensò in fretta a una soluzione e finalmente gli venne un'idea brillante. Diede un colpo di spada al lupo che aveva di fronte e si voltò verso quello che lo stava raggiungendo da destra. Lo fissò negli occhi e sussurrò alcune parole, facendo così un incantesimo.
Dopo quelle brevi parole il lupo scosse il muso, come fosse stordito, subito dopo chinò il capo, uggiolando un po'.
"Vai a difendere le due donne!" gli ordinò il druido e lui come un ubbidiente cagnolino, balzò verso le donne e si parò davanti a loro, difendendole dai suoi stessi compagni.
Nello stesso momento Korhan fu atterrata da uno dei lupi più grossi del branco. L'animale le aveva messo una zampa sul petto e stava cercando di morderla, mentre lei lo respingeva con il manico della sua arma. Sentiva il suo alito pestilenziale, un misto di sangue e morte, penetrargli le narici e vedeva i suoi denti voraci e affilati minacciarla.
Usando la rabbia che aveva accumulato, decise di reagire. Con un colpo di reni si issò, scaraventando il pomello del manico della sua ascia contro la pancia della creatura, lanciandolo poco più in là. Quando fu in piedi si scaraventò contro di lui e lo colpì, uccidendolo.
Un altro grosso lupo stava combattendo contro Stor, mettendolo in serie difficoltà. A quella vista, le due ragazze andarono a dargli man forte e bastò distrarre con qualche colpo l'aggressore, per permettere al giovane ladro di calibrare il colpo e colpire con precisione il cuore della creatura con il suo stocco.
La battaglia durò più di qualche ora e, dopo l'ennesimo lupo morto, sia dai quattro Stenzl che dal lupo, convertito da Varlinox, il resto del branco fuggì via, in un misto di uggiolii e ringhi. Un lupo passando vicino alla giovane barbara, ringhiò il suo disappunto per essere stato sconfitto e la ragazza rispose digrignando i denti e imitando il suo verso, furiosa. A quella reazione Stor le si avvicinò, tranquillizzandola.
Quando la via principale fu completamente vuota, tranne per i quattro Stenzl, le due donne e il giovane lupo, ancora al servizio del druido, la compagnia di cacciatori si avvicinò alle due, cercando di capire le condizioni in cui vestivano entrambe.
“Va tutto bene?” chiese Korhan, rivolgendosi alla bionda.
Lei rispose a mala pena con un cenno di testa.
Intanto Varlinox si avvicinò al lupo e dopo aver curato le sue ferite con la magia si rivolse a lui incitandolo a fuggire via. Il quadrupede fece come richiesto e appena ebbe la possibilità di reggersi bene sulle sue zampe si allontanò dal gruppo e dalla via principale, sparendo nelle stradine laterali.
Solo quando non vide più il lupo, il druido si rivolse anch’egli alle due donne, più precisamente a quella ancora a terra.
“Mi permette di controllare le sue ferite, madame?” chiese, notando il lungo taglio che aveva allo sterno e che spariva sulla curva del seno, ben nascosta dal vestito azzurro.
“Varlinox la smetterai un giorno o l’altro di comportarti come un villano senza ritegno?” lo rimproverò la giovane barbara lanciandogli uno sguardo tagliente e di rimprovero.
“Sul serio, ogni volta che parli a una donna sembra che tu non riesca a fare a meno di fare battute indecenti!” le diede man forte Stor, senza però usare lo stesso tono duro.
“Andiamo ragazzi, lasciatelo stare…
 intervenne invece la giovane maga  Le parole non sono i fatti, sono sicura che Varlinox non ha mai avuto nessuna intenzione di quel genere…” lo difese invece lei, rivolgendogli poi un dolce sorriso.
“Grazie piccoletta, sei davvero unica nel tuo genere.” gli rispose lui accennando un leggero sorriso.
Dopodiché entrambi curarono la ferita della donna. Lui tirò fuori dalla bisaccia una delle foglie che aveva usato con il braccio dell’amica e lei, in modo che nessuno potesse criticare il druido, la poggiò delicatamente sul petto della donna, facendo in modo che aderisse alla ferita, a quel punto a Varlinox non restò che recitare l’incantesimo.
Ben presto la donna riprese colorito e riuscì tranquillamente a rialzarsi, aiutata da Varlinox da un lato e dalla bionda dall’altro.
Quando furono entrambe finalmente in piedi le due donne fecero una leggera riverenza ai quattro guerrieri.
“Grazie per averci salvate.
 disse la bionda  Noi siamo Mary e Gené Lacourier, siamo sorelle. Quei lupi ci hanno sorpreso nella foresta e questo è stato il primo posto che ci è venuto in mente in cui ripararci. Era il nostro vecchio villaggio, prima che un’attacco di lupi mannari decretò la sua fine. Oramai è completamente vuoto e disabitato. Noi siamo le figlie del feudatario…”
“Seriamente?
 la interruppe la giovane barbara stupita  Com’è possibile che due nobildonne come voi, figlie del feudatario, non abbiano una scorta al seguito?”
“A dirla tutta l’avevamo, ma ci siamo separate da loro allo scorso villaggio e non li abbiamo più ritrovati.”
“E adesso siete completamente sole?” chiese Stor stupito, dando voce ai pensieri di tutto il gruppo.
Come potevano, due semplici donne, difendersi da tutte le insidie che nascondeva una foresta come quella con solo le loro forze e un misero coltello.
“Non dovete preoccuparvi.
 rispose la mora che fino a quel momento era rimasta in silenzio, guardando la sorella parlare con quello strano gruppo di avventurieri  Il nostro castello è ormai a qualche ora da qui, non avremo problemi.”
“Almeno permettetemi di accompagnarvi al vostro palazzo…
 propose il druido, ma subito dopo ricevette una gomitata sul fianco da Korhan che lo guardò nuovamente con quello sguardo di rimprovero  Che ho detto questa volta?” protestò, massaggiandosi la parte colpita.
“Abbiamo una missione, lo hai dimenticato?” disse lei sempre con quel tono superiore.
“Andiamo Korhan se dista poche ore potremmo sempre accompagnarle. Almeno siamo certi che quando le lasceremo al loro palazzo saranno al sicuro.”
Kirka che stava seguendo la conversazione, senza però dire nulla, si volse nuovamente verso le due donne, per cercare di convincerle ad essere scortate da loro, ma queste si stavano già allontano dal gruppo.
“Ehm… Ragazzi…
 tentò di chiamarli, ma quelli continuavano a discutere sempre più animatamente  Ragazzi!” urlò più forte, fino a che non si voltarono tutti verso di lei.
“Che succede?” chiese Stor, stupito dal grido acuto che aveva lanciato la più giovane tra di loro.
Lei tranquillamente indicò le donne che, reggendosi gli ingombranti vestiti, stavano scappando via, come spaventate da tutti quei battibecchi.
“Maledizione… Si faranno ammazzare!
 disse Varlinox tra i denti  Ascoltate, voi proseguite fino al prossimo villaggio, se loro vengono da lì non deve essere così lontano, io le seguo finché non le vedrò al sicuro e poi vi raggiungerò.” disse risoluto, dopodiché pronunciò un incantesimo e si tramutò.
Davanti a loro apparve una volpe dal pelo fulvo e scarlatto con il muso affusolato e gli occhi lucenti.
“Stai attento…” disse Kirka grattando la testolina della volpe, proprio dietro l’orecchio destro.
Dopodiché l’animale fuggì via, lasciando i tre da soli in mezzo alla via principale di quel villaggio abbandonato.

 

Appena lasciati i suoi compagni la volpe si diresse nella direzione in cui aveva visto fuggire le due donne. Uscì dal villaggio poco dopo e tentando di fiutare anche il minimo odore iniziò a seguire le tracce che avevano lasciato.
Il suo musetto, che culminava con il tartufo nero era attaccato al terreno, ma ben presto quell’odore sparì. Subito la sua mente di uomo iniziò a cercare una soluzione per ritrovare la pista perduta, ma prima ancora il suo istinto animale, che aveva ereditato con la trasformazione, gli suggerì che innanzi tutto non doveva perdersi lui e prima ancora che se ne rendesse conto, stava marcando il territorio, in modo che poi avrebbe riconosciuto il suo stesso odore e avrebbe ritrovato la via del ritorno.
A quel punto però doveva seriamente trovare un modo per riprendere le tracce delle due donne. Non aveva la più pallida idea di come fare, finché la soluzione non gli passò davanti agli occhi.
A pochi metri di distanza da lui, un’altra volpe, aveva appena catturato un piccolo coniglio e si stava sfamando, addentando vorace la carne tenera del piccolo batuffolo bianco. Con molta cautela si avvicinò a lei, ma come poteva immaginare, la volpe iniziò a ringhiare contro di lui, probabilmente convinta che le volesse rubare il pasto.
“Tranquillo amico, non voglio assolutamente rubarti la tua cacciagione.”
Per un attimo si spaventò dei versi acuti e prolungati che uscirono dalla sua stessa bocca, o meglio muso, poi si ricordò che era ancora una volpe e che quindi stava guaendo proprio come quell’animale. La conferma a quel suo pensiero arrivò quando l’altra volpe smise di ringhiare, tranquillizzata da quella sua rassicurazione, ed era tornata a mordicchiare vorace il piccolo coniglio ormai stecchito.
“Posso avere un’informazione?” chiese nuovamente Varlinox.
La volpe alzò appena il muso guardandolo, come a invogliarlo a parlare.
“Hai visto due donne passare di qui?
 chiese, l’altro inclinò la testa di lato, come cercasse di capire cosa stesse dicendo  Due donne, esseri umani, le hai viste?” chiese ancora, ma l’altra volpe cambiò solo lato, senza rispondere.
Forse sul serio non riusciva a capirlo, chissà, magari era un’altra razza di volpe. Ci riprovò, sperando di essere più fortunato.
“Conosci per caso una costruzione umana da queste parti?”
Questa volta la volpe fece un cenno di assenso e dopo che Varlinox, sollevato, le chiese se gliela potesse indicare, questa gli diede tutte le indicazioni per raggiungerla.

 

Era quasi il crepuscolo quando gli altri tre Stenzl iniziarono a vedere finalmente il villaggio. Questa volta, con loro grande sollievo attorno ad esso c’era un’alta palizzata costruita con spesse travi di legno che proteggeva tutto il perimetro di quel grosso agglomerato di costruzioni. Il grosso portone, che si trovava all’ingresso sembrava aprirsi verso l’esterno e ai due lati di essa c’erano due uomini, muniti di lancia ed elmetto. Non sembravano due soldati o delle vere e proprie guardie, più che altro due popolani, messi lì come sicurezza oltre al portone serrato. Di fianco a loro due grossi bracieri che emanavano un po’ di luce nella zona, visto che quella del sole, ormai calante, non riusciva più a filtrare bene tra il folto della foresta.
“Non credo sia il caso di dire chi siamo. Non sempre possiamo essere fortunati nel trovare un’ex Stenzl che possa accoglierci cordialmente.” disse Stor mentre si avvicinavano all’enorme palizzata.
“Sono d’accordo. Diremo che siamo dei semplici viandanti.” suggerì la barbara.
Arrivati a una decina di metri dal portone i due uomini gli imitarono di fermarsi.
“Chi siete?” chiese uno dei due.
“Viandanti!
 rispose deciso Stor, parlando per tutti  Cerchiamo un luogo in cui passare la notte.” specificò dopo.
“Dovrete pagare una moneta d’oro per l’ingresso.” rispose lo stesso uomo.
Tutti e tre stavano per mettere mano alle loro bisacce, ma il ladro fermò le due ragazze.
“Tranquille, ci penso io.” disse con un sorriso, più rivolto a Korhan che alla giovane maga, ed entrambe si fermarono in quel loro gesto. Appena Stor tirò fuori la moneta l’altro uomo, quello che non aveva ancora parlato, si avvicinò a loro.
Quando fu di fronte a loro allungò il braccio con il palmo della mano rivolto verso l’alto in attesa che fosse colmata dal denaro, dopodiché serrò le dita attorno ad essa per poi portarsela davanti al viso ed osservarla, se la mise anche sotto i denti per testarla ed essere sicuro che fosse vera. Solo quando fu sicuro se la cacciò in tasca e li invitò a seguirlo.
Arrivati davanti all’enorme palizzata, lo stesso uomo che aveva preso la moneta emise un fischio e poco dopo insieme al suo compagno iniziò a tirare con fatica le due ante dell’enorme portone, quando iniziò ad aprirsi il gruppo notò che dall’altro lato c’erano anche due persone che stavano spingendo.
I tre entrarono con passo svelto.
“Grazie mille!” disse Kirka con un sorriso, rivolgendosi a tutte e quattro le persone che avevano permesso loro di entrare al villaggio.
Dopodiché s’inoltrarono nel piccolo paesino. Le case erano molto vicine l’una all’altra e sembravano parecchio più nuove rispetto a quelle che avevano lasciato ore prima, nonostante non davano l’aria di essere fatte con cura. Sicuramente quel villaggio era stato costruito velocemente per dare rifugio agli uomini che avevano dovuto abbandonare quello precedente.
“Ascoltate, io ho bisogno di vedere un fabbro, magari riesco a trovare qualche arma utile e a farmi affilare lo stocco.” disse Stor, rivolgendosi alle sue compagne di viaggio.
“Non c’è problema, noi intanto cerchiamo un posto in cui poter riposare per la nottata.” gli rispose Korhan con un tono che sembrava più mieloso del solito.
Kirka aveva notato che da quando erano ridiscesi dalle montagne ed erano guariti dal veleno del fungo, la giovane barbara si comportava in modo diverso con il ladro. Riconosceva perfettamente quei comportamenti, sebbene non li avesse mai provati. Si rendeva conto che tra i due stava accadendo qualcosa e iniziava a sentirsi di troppo. A quel pensiero, la sua mente si rivolse a Varlinox, si chiese dove poteva essere il loro amico e soprattutto se non aveva trovato impedimenti.
“Allora ci vediamo dopo.” rispose Stor per poi allontanarsi.
Camminò per un paio di minuti in quelle piccole viuzze strette, ma ben presto si rese conto che non poteva continuare ad inoltrarsi nel cuore del villaggio, girando a vuoto, nonostante fosse alquanto piccolo, così fermò un’uomo che stava incrociando il suo cammino.
“Scusi, mi potrebbe dire dove si trova il fabbro di questo villaggio?”
L’uomo lo guardò tra lo stupito e il divertito, dopodiché gli indicò che strada prendere.
Arrivato alla bottega il ragazzo capì il perché dell’espressione del villeggiante che gli aveva dato le indicazioni. Lì non avrebbe trovato assolutamente nulla che gli potesse interessare. Esposti nel negozio c’erano solo attrezzi agricoli e coltelli da cucina, nulla che potesse anche minimamente essere usato come arma. Chiese inoltre al fabbro se gli potesse affilare lo stocco, ma lui rispose negativamente, dicendo che non trattava le armi.
Le ragazze invece, per fortuna, trovarono in fretta una locanda. Erano state attirate dalla musica che proveniva dall’interno del locale, una musica allegra e spensierata e forse avevano bisogno proprio di quello oltre che, finalmente, di un letto comodo.
Entrarono spingendo la porta di legno usurata, che cigolò sinistramente, ma con la musica e i commensali dentro la locanda, non si sentì nemmeno. Ciò che si sentiva per primo, su tutto, era il vociare tonante di cinque soldati, seduti a uno dei tavoli che stavano bevendo e sicuramente bevevano ormai già da molto, perché ridevano fragorosamente, importunando le cameriere che passavano di là o che erano costrette a fermarsi al loro tavolo per servir loro un’altra birra. Il proprietario guardava il gruppo irritato, probabilmente nella speranza che se ne andassero in fretta.
Sul lato destro della locanda, proprio di fianco all’uomo che suonava il piano a manovella da cui veniva quell’allegra musica, c’era una scala che probabilmente portava verso le stanze.
Le due ragazze si avvicinarono al bancone, passando il più lontano possibile dai cinque soldati che ancora sghignazzavano importunando una cameriera bionda che sembrava nel più totale imbarazzo.
“Vorremmo prendere una stanza per la notte.” disse Kirka con il suo solito tono cordiale e tranquillo.
“Nessun problema.
 rispose il proprietario, lasciando con lo sguardo il fragoroso gruppo e rivolgendosi completamente a loro  Volete assaggiare anche una birra? La nostra è una delle migliori dell’Areborn.” aggiunse.
“Bene, dammi la tua birra migliore!” disse Korhan risoluta.
“Io invece ne prenderei una un po’ più leggera.” decise Kirka, non era abituata agli alcolici e nonostante avesse bevuto birra ogni tanto, al collegio dell’Impero Solare le avevano insegnato che un buon mago deve sempre tenere la mente lucida.
Poco dopo due bei boccali, pieni di quel buon liquido ambrato e spumoso, apparvero davanti a loro, serviti dallo stesso proprietario.
Korhan guadò il suo boccale con aria scettica, osservava quella birra, attraverso lo spesso vetro che la conteneva, come se volesse contare ogni singola bollicina che risaliva tutto il boccale. Mise la mano sul manico e si bagnò appena le labbra, sempre con quell’aria poco convinta, mentre Kirka beveva già tranquillamente la sua.
Non buttò giù nemmeno un sorso, che con un movimento improvviso e violento sbatté il boccale contro il bancone, mandandolo in frantumi.
“E questa lei la chiama birra? Quella della Confederazione è molto meglio!”
“Korhan…!” la rimproverò la giovane maga, che per un attimo rischiò che la sua birra le andasse di traverso per lo spavento.
“Come si permette?!” inveì il proprietario furioso, guardando i pezzi di vetro sparsi sul banco e per terra.
“Mi permetto eccome. Questa birra è pessima!” rispose di nuovo a tono la barbara per poi allontanarsi e uscire dalla locanda.
“Mi… Mi scusi… Davvero le ripagherò il boccale, oltre ovviamente a entrambe le birre.” disse Kirka, imbarazzatissima, tirando fuori i soldi e poggiandoli sul piano in legno.
L’uomo li afferrò con un sbuffo e se li cacciò in tasca.
“Per la camera?” chiese lei dando l’ultimo sorso alla sua birra e lasciando il boccale vuoto.
“Sono tutte occupate.” rispose bruscamente lui guardandola malissimo.
La ragazza non insistette, aveva capito che, per via del comportamento della compagna, in quella locanda non sarebbero state più benvolute. Così si diresse anche lei all’esterno raggiungendo l’altra che aspettava fuori furiosa, con le mani incrociate davanti al petto.
“Korhan, cosa ti è preso?” chiese passandosi, quasi esasperata, una mano sulla fronte e sollevandosi per qualche secondo la frangia corvina che gliela copriva.
“Quella birra era pessima. Io non bevo assolutamente birre scadenti!” ripose lei, con ancora quel tono orgoglioso.
“Ok, ma c’era bisogno di comportarsi così? Ora non abbiamo un posto in cui dormire… Va beh non importa, cerchiamo Stor, poi penseremo a una soluzione.” disse subito, evitando di far arrabbiare ancora di più l’altra, che sembrava già abbastanza irritata.
Raggiunsero il ladro poco dopo e Kirka gli raccontò ciò che era avvenuto nella locanda, l’unica che avevano trovato in tutto il villaggio, oltretutto. A quel racconto, lui, scoppiò a ridere divertito.
“Non c’è niente da ridere Stor, dove dormiamo adesso?” protestò la giovane maga, mentre l’altra faceva finta di niente, come se non fosse stata colpa sua.
“Tranquille ci penso io. Voi copritevi il volto coi cappucci dei mantelli e lasciate fare a me.” disse lui, appena finì di ridere, asciugandosi le due lacrime che gli erano uscite appena dagli angoli di entrambi gli occhi.
Le due ragazze fecero come richiesto e si sistemarono il mantello in modo che i loro visi non si potessero riconoscere, dopodiché si diressero nuovamente verso la locanda.
“Rimanete qui!” ordinò loro appena arrivati di fronte al locale, dopodiché entrò da solo.
La situazione che gli si presentò davanti era bene o male la stessa che avevano trovato le due ragazze vari minuti prima.
Si avvicinò al bancone e si rivolse cordialmente al proprietario.
“Vorrei una buona birra, una delle migliori che può offrirmi e poi avrei bisogno di una camera per la notte, per me e due compagni.”
“Certamente!” rispose l’uomo con un sorriso entusiasta.
Poco dopo gli servì la birra, dandogli anche una chiave mezza arrugginita dicendogli che avrebbe avuto la stanza numero cinque.
Il ragazzo bevette la birra con gusto. Lui, che era dell’Areborn, amava quel gusto aromatizzato e un po’ più dolce della birra normale. Era davvero la birra migliore di quella zona ed era davvero un peccato che Korhan non riuscisse ad apprezzare quel sapore così particolare.
“Bene, allora esco un’attimo a chiamare i miei compagni e torno.” disse, lasciando la chiave lì sul bancone.
Raggiunte le ragazze disse loro di aver risolto e tutti e tre rientrarono, loro due ancora coi cappucci calati sul viso.
Solo in quel momento Stor rivolse la sua attenzione agli altri avventori della locanda, in particolare era interessato al gruppo di cinque soldati che rideva e scherzava. Si avvicinò a loro con fare amichevole.
“Ehi amici, come va?” chiese, mentre le due ragazze lo guardavano stranite da lontano.
“Alla grande, amico!” rispose uno, prima di fare un sonoro singhiozzo.
“Ehi, oste… Altri tre giri di birra per i miei amici soldati!” urlò il giovane, per superare la risata fragorosa di un’altro.
Ancora sotto lo sguardo dubbioso delle sue compagne lui si avvicinò ancora di più al gruppo, fino a che non riuscì finalmente a infilare le mani nelle tasche dei mantelli dei soldati. Con movimenti precisi e lenti rovistò in tutti i mantelli, trovando però solo una piccola saccoccia di cuoio che s’infilò subito in tasca.
Poco dopo sentì qualcuno sfiorargli il braccio e voltandosi appena vide la giovane maga, molto vicina a lui.
“Stor, il proprietario ci sta guardando male, credo cominci a sospettare che siamo noi.” sussurrò nervosa.
Il ladro allora decise di concludere lì la sua ricerca e si allontanò dal gruppo, salutando per l’ultima volta i soldati e augurando loro una buon proseguimento di serata. Dopodiché andò al bancone, afferrò la chiave e, seguito dalle due ragazze, si diresse nel sottoscala, dove ci stavano le stanze dalla uno alla cinque.
Appena entrati in camera si accorsero che era molto piccola e ci si stava a mala pena. Il letto era abbastanza grande da far dormire due persone, non di più, poi c’era una piccola striscia libera.
“Mettetevi pure sul letto, non ho nessun problema a dormire per terra.” disse Stor, molto galantemente, mentre apriva la saccoccia che aveva sottratto al soldato, notando che non aveva guadagnato molto, solo un paio di monete d’argento.
I tre si sistemarono come meglio poterono e quando furono tutti comodamente, o quasi, sdraiati, Kirka fu la prima ad augurare un buon sonno ai compagni.
“Buonanotte Korhan, buonanotte Stor…” disse con quel suo solito tono dolce e tranquillo.
“Buonanotte a tutte e due.” disse il ladro.
“Buonanotte” ribatte Korhan, per poi mandare un bacio affettuoso con la mano al ragazzo che arrossì un poco.
A quel gesto Kirka si sentì nuovamente a disagio e chiudendo gli occhi il suo pensiero tornò a Varlinox.

 

Intanto il druido, seguendo le indicazioni della volpe, arrivò finalmente al palazzo. In tutto il tragitto per arrivare fino a lì nemmeno la minima traccia delle due donne, come se si fossero volatilizzate e la cosa non gli piaceva per niente. Si accostò all’enorme struttura e la guardò con occhio attento, cercando di scoprire qualcosa. Era un’edificio in pietra e parecchio particolare, l’ingresso dava sulla struttura principale che si allungava dividendosi a due altezze e a due distanze diverse in due camere circolari, più avanti faceva una curva a destra, dividendosi in altre due zone.
Fece un giro esterno della struttura, rimanendo sempre nascosto nella vegetazione e mantenendo l’aspetto animalesco. Quando completò tutto il tragitto, ritrovandosi al punto di partenza e avendo notato che tutte le finestre erano chiuse da inferriate e deducendone che era tutto su un piano, decise che era inutile continuare a nascondersi.
Riprese il suo aspetto e dopo essersi sgranchito un po’ le ossa e aver preso di nuovo dimestichezza con gambe e braccia si avvicinò al portone. Il castello da vicino aveva un’aria ancora più curiosa. Le pietre che lo componevano avevano l’aria di essere parecchio vecchie, ma nonostante tutto, l’intera struttura era tenuta molto bene.
Il druido bussò alla porta, ma non ricevette risposta. Solo quando provò la seconda volta, qualcuno aprì la finestrella del portone all’altezza occhi e chiese chi era.
“Mi chiamo Varlinox, sono un viandante, cerco asilo per la notte.” disse lui.
“Mi spiace non può entrare!” rispose bruscamente l’uomo per poi chiudere la finestrella con uno scatto e lasciare il povero Stenzl lì.
Varlinox decise così, di ritornare indietro, in modo da non perdere troppo tempo. Prima di abbandonare il castello però, il suo sguardo fu attirato dalla bandiera rossa che sventolava in cima a una delle stanze circolari del castello. Su di essa, in nero, vi era uno stemma, uno scudo con dentro un calice. Facendo mente locale, si ricordò di aver già visto quel simbolo in qualche libro, era sicuramente lo stemma della casata dei Lacourier, quindi forse, per fortuna, le due donne erano arrivate salve a palazzo.

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Capitolo 7
*** Un palazzo avvolto nel mistero ***


Un palazzo avvolto nel mistero

Era a malapena l’alba quando il gruppo si sveglio, disturbato da un trambusto che proveniva dall’esterno della stanza. Voci, confusione e poi all’improvviso qualcuno aprì furioso la porta della camera.
“Tu! Non avevi detto che la stanza era per queste due! Uscite subito!” sbraitò il proprietario furioso rivolto al giovane ladro che ancora mezzo assonnato si tirò su dallo scomodo pavimento.
“Beh io…”
Non fece in tempo a dire un’altra parola che un’altra persona spuntò alla soglia della porta.
“Sì è lui! È lui quello che mi ha derubato ieri sera!” lo accusò il soldato che la sera prima faceva più chiasso di tutti gli altri.
I tre si alzarono di corsa, ma non sapevano cosa fare. La porta era bloccata da quei due e non vi era altra via di uscita. molto probabilmente avrebbero dovuto combattere.
All’improvviso però i due uomini crollarono a terra come sacchi di pietre e dietro di loro sbucò il druido.
“Varlinox!” lo chiamò entusiasta Kirka.
“Sono contento di vederti, amico.” lo ringraziò Stor, scavalcando i due corpi esanimi che stavano a terra, molto probabilmente svenuti per qualche incantesimo, e poggiando la mano sulla spalla del compagno come gesto di ringraziamento.
“Siete proprio un branco di ragazzini! – li rimproverò lui, con un tono però molto ironico
 Com’è possibile che non riuscite a stare da soli senza combinare casini?”
È colpa loro che spacciano la loro birra come la migliore in assoluto e poi servono quella brodaglia…” protesto la barbara.
“Korhan ti prego, non ricominciare.” le chiese esasperata l’altra ragazza, per poi far scoppiare a ridere tutti gli altri.
Uscirono dal villaggio, consapevoli che non avrebbero potuto proseguire oltre perché visto il grado di quel soldato che Stor aveva abilmente e scioccamente derubato, sarebbero stati ricercati per un bel po’ in tutta la zona.
A quel punto Varlinox propose di andare a controllare il palazzo dei Lacourier assieme al resto dei suoi compagni.
“Forse scopriremo qualcosa d’interessante.” disse nel tentativo di convincerli.
“Ma la missione?” chiese la giovane maga.
È impossibile arrivare in tempo per la luna di sangue ormai.” le rispose stizzita Korhan.
“Sì ma…” cercò ancora di protestare la giovane.
“Insomma andiamo è solo una missione, perché insisti?”
“Korhan smettila!
 la rimproverò il druido  Questa sarebbe stata la sua prima missione. Prova a comprenderla.” spiegò poi con calma.
La ragazza rimase zitta, con un aria stupita in volto. Se n’era completamente dimenticata. Durante le lunghe camminate del loro viaggio, la giovane maga di quasi un anno più piccola di lei, aveva raccontato di come per diciannove anni era rimasta sempre tra le mura di un certo collegio dell’Impero Solare che addestrava i giovani maghi e di come quella non solo era la sua prima esperienza fuori da quel luogo, ma anche la sua prima missione da Stenzl dopo la sua iniziazione.
“Perdonami Kirka io… Non volevo…” cercò di scusarsi.
“Ascolta Kirka, purtroppo essere Stenzl comporta anche delle scelte. Scelte improvvise che spesso cambiano i piani.
È vero, avevamo una missione e non portandola a termine probabilmente condanneremo un villaggio intero, ma in quel castello c’è qualcosa di strano, quelle due donne erano strane. Al villaggio arriveremo in ritardo, ma forse possiamo scoprire qualcosa di più importate.”
La giovane fece un sospiro e subito dopo un cenno con la testa.
Era metà pomeriggio quando arrivarono di fronte all’enorme edificio, Varlinox raccontò al resto del gruppo ciò che gli era successo quando il giorno prima era passato lui di lì.
Alla fine del suo racconto tutto il gruppo rimase qualche secondo in assoluto silenzio, come se ognuno di loro dovesse valutare quei semplici eventi misteriosi.
“Bene, andrò a fare un sopralluogo al palazzo.” disse Stor, alzandosi in piedi.
“Io chiederò a qualche animale nelle vicinanze, magari sanno qualcosa di più.” propose invece la barbara imitandolo.
“Bene vi aspettiamo qui.” rispose il druido sdraiandosi comodamente sull’erba.
Subito dopo i due si allontanarono, prendendo due strade opposte, la barbara andò verso la boscaglia, mentre il ladro si diresse verso l’imponente struttura.
È una mia impressione o quei due sono sempre più affiatati?” chiese l’uomo osservando le fronde degli alberi sopra di lui.
“Ehm sì… Direi proprio di sì…
 rispose lei un po’ imbarazzata  Ieri sera mi sono sentita in imbarazzo… Continuavano a farsi gli occhi dolci e Korhan ha anche mandato un bacio a Stor…”
A quel commento un po' intimidito lui scoppiò a ridere divertito.
“Non sei abituata a questo genere di cose, vero piccoletta?”
“No… Non è quello… Insomma anche se ho sempre vissuto in collegio so benissimo come funzionano queste cose, però… Insomma non è stato affatto divertente fare il terzo incomodo.” disse sempre con lo stesso imbarazzo nella voce, ma un po’ più decisa.
La conversazione fu interrotta da uno dei due diretti interessati che stava tornando dal bosco.
“Allora?” chiese il druido, continuando a stare sdraiato sull’erba.
“Ho chiesto a due conigli. Dicono che ogni tanto si sente della musica provenire dal castello, ma che comunque tu sei stato l’unico essere umano che hanno visto.” commentò lei dubbiosa, riferendo tutto quello che aveva appreso.
“Stor?” chiese nuovamente l’uomo, mettendosi seduto e volgendo lo sguardo verso il giovane ladro che stava tornando anche lui dal suo giro di ricognizione.
“Assolutamente nulla. Nessuna finestra aperta, niente di sospetto. Nulla.” rispose lui.
“Quindi dobbiamo trovare un’altro modo per entrare, sempre se vogliamo farlo, visto che Varlinox non ci è riuscito ieri.” disse Kirka, cercando di pensare a una soluzione.
“Potrei fingermi una musicista itinerante, magari m’invitano ad entrare. Insomma se i conigli hanno sentito della musica provenire dal castello, magari i suoi ospiti gradiscono la musica e potrebbero cascare nel tranello.” propose la giovane barbara.
“Non credo sia una buona idea.
 disse il druido  potrebbero scoprire che li stai ingannando.”
“Sì, inoltre non sappiamo che tipi sono, potrebbero anche non gradire la scusa e decidere di ucciderti senza pensarci due volte.” commentò Stor, con tono preoccupato.
“Facciamo così.
 disse il druido guardando intensamente l’unica porta che si parava loro davanti, ossia quella sul retro  Io mi trasformo in un’animale, magari un insetto e faccio un sopralluogo del castello all’interno. Dopodiché domani mattina, entriamo da lì e con l’incantesimo dell’invisibilità di Kirka ci intrufoliamo dentro.”
“Sì, si può fare.” commentò Stor.
“Ci sto!” lo seguì la barbara.
Mentre la giovane maga fece solo un cenno di testa.
Dopo aver avuto la conferma di tutti, Varlinox si alzò dirigendosi verso la piccionaia della struttura, che stava appena girato l’angolo a sinistra. Arrivato proprio di fronte si trasformò in un piccolo ragno, in modo che potesse entrare dalla fessura della finestra che dalla piccola torre in cui venivano tenuti i volatili dava all’interno del palazzo. Con le sue lunghe zampette si sistemo sul soffitto, decidendo che sarebbe rimasto lì sopra per fare il sopralluogo, al sicuro da piedi, manate e qualsiasi altra minaccia ci poteva essere per un esserino così piccolo qual era diventato.
Proprio davanti alla porta della prima stanza, quella collegata alla piccionaia, vide un uomo. Sembrava una guardia, nonostante non fosse ben vestito e non indossasse una vera e propria armatura, dava l’impressione di essere un soldato ed era armato. Si mise in un angolo in penombra, sempre bene ancorato al soffitto e rimase qualche minuto a studiarlo, ma questi non faceva altro che sbadigliare e picchiettare le dita sulla porta che stava controllando, annoiato.
Il piccolo ragnetto, dopo aver compreso che non c’era assolutamente nulla da vedere lì, decise di passare dalla fessura della prima porta, ritrovandosi così in una grossa stanza o meglio in uno slargo di un corridoio. All’improvviso da un angolo spuntò una delle due donne che avevano incontrato il giorno prima al villaggio abbandonato, quella col vestito azzurro di nome Gené. Questa era scortata da due guardie, in assoluto silenzio. Varlinox decise di seguirli e, girando a destra, si ritrovò in un corridoio su cui si affacciavano tre porte. Le due guardie accompagnarono la giovane donna fino alla seconda, quella in centro, rimanendo poi fuori dalla stanza, a quel punto pensando che quelli probabilmente erano i suoi appartamenti, decise di entrare nella terza, quella che dava più sull’esterno, trovando conferma nella sua idea che fosse la stanza con la porta che dava sul retro. Dentro vi erano altri due soldati che, seduti a un tavolino malmesso, giocavano a carte.
Fece dietrofront e ricominciò a visitare il palazzo, tornando nello slargo e andando dalla parte opposta, anche lì c’erano altre tre stanze e in una di esse trovò l’altra donna, Mary. Dopodiché prosegui prendendo la porta che stava proprio dal lato opposto alla piccionaia. Si ritrovò in un corridoio che curvava a destra e lo percorse tutto, appena girato, subito sulla destra trovò un magazzino con dentro due soldati, era pieno di cianfrusaglie: tappeti, scrigni, scatoloni, vasi e ciarpame vario. Insomma niente che attirasse la sua attenzione più del dovuto. Uscì nuovamente verso il corridoio e subito dopo il magazzino, una porta aperta dava sulla cucina. Anche in questo caso due persone si trovavano nella stanza e stavano trafficando con il cibo, forse nel tentativo di preparare la cena agli ospiti del palazzo. Proseguendo avanti per il corridoio infine c’era una sala da pranzo, in cui quattro soldati stavano già seduti a tavola, bevendo vino e attendendo che arrivasse l’agognato pasto.
Il piccolo ragno, Valrinox, continuò la sua visita, ritrovandosi proprio nell’ingresso del palazzo, quello a cui aveva bussato lui il giorno prima e davanti alla porta vi era la stessa guardia che gli aveva negato il permesso di entrare.
Decise di proseguire verso sud, visto che era l’unica ala che gli mancava da visitare e si ritrovò in una grossa stanza ottagonale, decorata con anfore antiche e arazzi magnifici che però messo a testa in giù com’era non riusciva a vedere bene, al centro vi stava un’enorme braciere fiammeggiante con a fianco due uomini, che avevano l’aria di essere due preti, che sussurravano parole specifiche, come se fosse una specie d’incantesimo. Non capiva cosa dicevano, sembrava quasi una lingua sconosciuta, il che lo stupì non poco, visto che conosceva abbastanza bene tutte le lingue parlate nelle terre di Anerion. Si convinse però che quella cantilena e quel restare immobili come fossero in trance aveva sicuramente a che fare con la negromanzia.
Rimase più di un’ora ad osservarli, nella speranza che succedesse qualcosa, ma quelli sembravano non accennare a smettere o a muoversi dalle loro posizioni, nonostante fossero visibilmente stanchi e sudati, forse anche per il calore che emanava il braciere. Inoltre la sua trasformazione era durata ormai per troppo tempo e stava iniziando a fare fatica nel mantenerla. Decise così di fare tutta la strada a ritroso e quando fu nuovamente alla piccionaia, scese lungo il muro esterno e finalmente riprese le sue sembianze con un sospiro di sollievo.
I tre lo stavano aspettando. Avevano accesso un fuocherello, non troppo appariscente, giusto quelle piccole dimensioni che consentivano di cuocere qualcosa da mettere sotto i denti. Quando lo videro arrivare non gli chiesero subito tutto, si rendevano conto che era stato lì per parecchio tempo e probabilmente vedevano dal suo viso che era stanco.
Kirka gli porse con un sorriso uno spiedino di carne e lui lo accettò di buon grado, sedendosi di fianco a lei.
Durante la cena il druido raccontò tutto ciò che aveva visto, insistendo sul fatto che quei preti non lo convincevano e che era meglio cercare di scoprire cosa stessero architettando i Lacourier.
“…Perciò domani mattina entriamo dalla porta sul retro, che Stor scassinerà e…”
“Ecco a proposito di questo, Varlinox, sono andato a studiare la serratura, mentre tu eri dentro, ed è piuttosto complicata. Non credo riuscirò a scassinarla, o almeno non ci riuscirei in tempo breve.” disse il giovane dai capelli corvini, non avendo il coraggio di alzare lo sguardo verso il druido.
“Mi spieghi che razza di ladro sei, se poi non sai neanche scassinare velocemente una porta?” ribatté l’uomo scocciato.
“Andiamo, ci sarà un’altra soluzione…” cercò di difenderlo Korhan.
“Va beh, forse possiamo comunque entrare tutti dalla piccionaia… Ci penseremo domani.” commentò lui esasperato.
“Giusto. Ora è meglio riposarsi.” confermò la giovane maga, nel tentativo di quietare gli animi.
Spensero il fuoco e decisero i soliti turni di guardia.

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Capitolo 8
*** Il risveglio di Superbia ***


Il risveglio di Superbia

Erano le quattro del mattino quando Varlinox, che aveva l’ultimo turno di guardia, decise di svegliare i suoi compagni. Se volevano seriamente infiltrarsi nel castello era meglio farlo il prima possibile, in modo che ci fosse meno gente in giro.
Dopo aver fatto un’abbondate colazione e aver ripreso energie e lucidità, si radunarono sotto la piccionaia e con un sussurro il druido si rivolse alla giovane maga.
“Kirka riesci a rendere voi tre invisibili?” chiese.
“Certo! L’importante è che rimangano abbastanza vicini a me.” rispose lei decisa.
“Perfetto! Allora io userò di nuovo la metamorfosi in ragno e voi tre sfrutterete la sua magia.” concluse risoluto.
Dopodiché si chinò un po’ e mise le mani poco sopra il ginocchio, intrecciando le dita. Incitò Korhan che era la più vicina a lui a salire per prima. Lei mise un piede sulle mani che aveva preparato e l’altro sulla sua spalla e con una spinta si issò per poi aggrapparsi alla finestrella che dava sulla piccionaia. Quando fu su, toccò a Kirka ed infine a Stor, dopodiché la barbara e il ladro aiutarono anche l’uomo a salire.
Non appena furono nella piccionaia, bastò un cenno di testa di tutti per comprendere che era ora di mettere in atto il piano che avevano escogitato.
Kirka chiuse gli occhi per qualche secondo, concentrandosi profondamente, dopodiché pronunciò alcune parole e subito lei, Stor e Korhan sparirono alla vista del druido. Quando non li vide più e fu sicuro che l’incantesimo avesse funzionato bene, assunse di nuovo le sembianze del piccolo ragnetto e si arrampicò sul muro proprio di fianco a loro.
Arrivati alla prima stanza, trovarono la stessa guardia che il giorno prima aveva trovato Varlinox, probabilmente era di nuovo il suo turno. Se ne stava tranquillamente seduto su una sedia in legno, dall’aria alquanto scomoda e sembrava guardare attentamente un libro illustrato. I tre ragazzi invisibili rimasero fermi cercando di capire il da farsi, anche se non potevano essere visti era possibile che facessero rumore e in una stanza così piccola sarebbero stati scoperti subito. Varlinox invece, che non aveva avuto problemi nemmeno il giorno prima, superò la stanza andando verso la solita fessura della porta e notò dal lato opposto di essa altre due guardie. Tese le orecchie, nonostante i ragni non ne avessero alcune capacità da umano per fortuna gli erano rimaste, per cercare di capire cosa stessero dicendo e comprese che già erano stati scoperti. Muovendo il più velocemente possibile le zampette pelose, tornò indietro e si appoggiò sulla spalla di Stor. Era sicuro che fosse lui, perché quel sesto senso che aveva guadagnato nel diventare ragno percepiva perfettamente la sua presenza.
“Ascolta… Ora controllo se questa guardia qui è un semplice essere umano, se lo è credi di essere in grado di eliminarlo?” gli chiese in un sussurro.
Percepì appena un lievissimo sì, da parte del ladro e quando fu sicuro che avesse capito si diresse di nuovo verso l’uomo, ancora intento ad ammirare il suo libro illustrato che in questo momento si trovava su una pagina che rappresentava un bel paesaggio innevato.
Creando una solida ragnatela iniziò a scendere fino a posizionarsi sul collo della guardia. Doveva vedere la sua reazione, un normale essere umano avrebbe tentato di scacciarlo o una cosa simile, e se fosse stato umano Stor l’avrebbe potuto far fuori senza nessun problema. Come si aspettava non appena zampettò per qualche secondo sul collo dell’uomo, questi tentò di levarselo di dosso con una manata. Per un attimo, mentre la mano calava inesorabilmente verso di lui, gli sembrò di sentire come qualcuno che trattiene il fiato, sicuramente era Kirka. Lui però scansò agilmente quella manata, zigzagando tra le dita adunche, dopodiché tentò di arrampicarsi verso la testa, ma la mano piombò di nuovo, prendendogli questa volta una delle otto zampe. A quel colpo la trasformazione finì seduta stante e il druido, ritrovatosi praticamente sulle spalle dell’uomo, ebbe l’unica idea di coprirgli gli occhi con la mano in modo che non vedesse il suo viso, dopodiché si trasformò di nuovo nel piccolo insetto e uscì subito dalla porta, nel tentativo di capire se il trambusto che aveva fatto si era sentito anche da fuori.
In quello stesso istante, non appena Varlinox riprese le sembianze da insetto, Kirka pronunciò alcune parole estendendo il suo potere anche oltre la porta e sia la guardia che era in quella stanza, che si era alzata in piedi allarmata, sia una delle due che c’erano fuori, caddero a terra addormentate.
Non appena il soldato fuori dalla porta vide il suo compagno cadere a terra come un sacco di pietre, questi iniziò a preoccuparsi e a chiedergli se stesse bene, scuotendolo energicamente, ma l’altro sembrava non potergli rispondere, mentre i tre si avvicinarono alla porta cercando di ascoltare e capire se potessero uscire o no.
Il piccolo ragno, ancora rintanato nel suo nascondiglio sulla parete del corridoio vide le guardie aumentare, prese quasi da un moto di frenesia, come se fossero alquanto preoccupate. Decise così di proseguire all’interno del palazzo, per vedere se c’erano davvero altri pericoli, oltre a tutti quegli uomini armati. In fondo conosceva bene la strada, visto che l’aveva già visitata tutta il giorno prima, nelle stesse sembianze, ed era sicuro che i suoi compagni se la sarebbero cavata per un po’ senza di lui, aveva fiducia in loro. Andando avanti, vide molti altri soldati, immobili, come fossero delle statue. Avevano stampata sul viso la stessa aria preoccupata di quelli che correvano, ma rimanevano fermi, come se avessero avuto l’ordine di non muoversi da lì. Decise d’ignorali, non aveva senso continuare a fissarli, non ce n’era nessun motivo. Iniziò a muovere velocemente le zampette pelose e si diresse verso la stanza in cui si trovava il braciere. I sacerdoti erano ancora lì, a cantare quella cantilena, come se non si fossero mossi per tutta la notte e, probabilmente, era così. Non sapeva per quale motivo stavano lì notte e giorno e non comprendendo la cantilena non sapeva neanche che incantesimo stessero pronunciando e a quale scopo, ma decise che non potevano andare avanti così. Non solo perché sicuramente era qualcosa di oscuro e misterioso, ma anche perché avevano ormai l’aria stanca, affaticata, quasi malata e avevano bisogno di riposo. Doveva fermarli, ma come?
Intanto nella stanza subito dopo la piccionaia i tre giovani non sapevano più cosa fare, fuori ormai si sentiva un vociare insistente, non sapevano quante guardie si erano radunate, ma sicuramente erano più di due. Fu Korhan a prendere l’iniziativa, stanca di rimanere ferma lì ad aspettare. Insomma, lei era una barbara, una guerriera, non poteva rimanere ferma a non fare nulla.
“Ascoltate, io torno indietro e cerco un diversivo, visto che ancora non hanno capito che siamo qui dentro rimarrete al sicuro.” disse, dopodiché si voltò e ripercorrendo la scala della piccionaia sparì dalla loro vista.
A quel gesto il ladro sospirò, come se fosse esasperato dal carattere impulsivo della ragazza, ma non riuscisse comunque a resisterle.
“Kirka, tu rimani qui, cerca di nasconderti. Non uscire finché non sei sicura che non ci sia niente di strano.” disse, dopodiché aprì la porta, ma essendo ancora sotto l’incantesimo d’invisibilità della maga nessuno lo vide.
Le guardie ebbero appena il tempo di avvicinarsi dubbiose e stupite verso la porta che si era spalancata, quando la barbara con un urlo disumano, buttò giù la porta più in basso sul lato ovest del palazzo. Aveva già ucciso le due guardie che si trovavano in quella stanza e che aveva sorpreso a giocare tranquillamente a carte. Le guardie che si trovavano nel corridoio in quel momento, già stupite dalla porta di fronte a loro che si era misteriosamente aperta, si voltarono ancora più sconvolti verso Korhan, allo stesso modo di come fecero i suoi due compagni, ancora invisibili.
Mentre nella zona ovest dell’edificio il caos regnava già da padrone, nel lato est, dove si trovava Varlinox tutto sembrava scorrere come se non fosse successo nulla. Varlinox aveva ripreso le sue sembianze, eppure i sacerdoti attorno all’enorme braciere sembravano non curarsene affatto e continuavano imperterriti il loro rito. Il druido decise di tentare il tutto per tutto, lanciò un’incantesimo, facendo innalzare un muro di fuoco che circondasse completamente il braciere e i sacerdoti stessi, ma quelli non mossero un dito nemmeno in quel caso. Decise così di non avere altra possibilità che eliminarli. Non appena lo fece, il suo muro di fuoco, che fino a quel momento aveva divampato ruggente venne risucchiato dallo stesso braciere al centro della stanza, come fosse stato assorbito e dopo qualche secondo di scoppiettii, in un lampo apparì una colonna di fuoco che tocco il tetto del torrione. La cosa fu talmente improvvisa che Varlinox indietreggiò di qualche passo. Dopo pochi secondi, però, come apparì, la colonna di fuoco scomparve e il braciere si spense con uno sbuffo, facendo tornare il più assoluto silenzio. Un silenzio che ora, senza la cantilena dei sacerdoti e senza il fuoco scoppiettante, era quasi inquietante. L’uomo si trasformò di nuovo in ragno, avvicinandosi al braciere, per cercare di capire meglio cosa era successo e cosa significasse veramente tutto quello che aveva appena visto. Tutto quello che vide però fu solo l’alone che avevano lasciato nel pavimento i sacerdoti, rimanendo lì in piedi attorno al focolare, da quelle tracce, sembrava fossero lì praticamente da sempre. Comprese che sebbene fermarli aveva interrotto qualcosa, forse era stato anche un errore, perché sicuramente quella colonna di fuoco aveva attivato qualcos’altro.

Di fronte alla piccionaia, in quella piccola stanzetta, con la porta spalancata sul corridoio e ancora sotto l’incantesimo dell’invisibilità, Kirka non poté far altro che addormentare altre due guardie, mentre le prime due che aveva fatto svenire iniziavano a riprendersi, un po’ intontite. Intanto Korhan sembrava non curarsi affatto del sostegno che le stava dando la sua compagna di avventure, mentre continuava a sfondare porte e mietere vittime. Stor guardava il tutto allibito, senza sapere precisamente cosa fare, se dare una mano alla barbara o rimanere ancora sotto l’incantesimo dell’invisibilità della giovane maga e pensare a una strategia.
All’improvviso dalle due stanze antistanti l’una dall’altra uscirono le due nobildonne che il gruppo aveva incontrato nel villaggio abbandonato. Da quella di destra ne uscì Mary che, non potendo accorgersi di Stor per via dell’incantesimo, proseguì dritta, dirigendosi verso l’altro corridoio e fermandosi a guardare. Dall’altra, invece, ne uscì la bruna, Gené, che sembrava essersi completamente ripresa sia dallo shock che dalle ferite infertegli dai lupi e senza nessun preavviso, si avventò su Korhan, tirando fuori dalla sottoveste un pugnale. La giovane barbara però, schivò senza alcun problema l’attacco. Nello stesso istante dalla stanza a fianco uscì anche un uomo, sembrava molto più adulto e maturo delle due donne, forse era il padre, vestito in modo distinto e con un aria serissima e disinvolta. Non si preoccupò affatto della battaglia che stava ormai incombendo anzi ignorò completamente tutti.
In quello stesso istante, mentre vedeva la sua compagna e, ormai poteva dire anche, la sua donna, combattere contro la più giovane delle sorelle Lacourier, sentì la voce dell'altra. Non echeggiava fuori, non veniva da fuori, facendogli vibrare i timpani. No. Era una voce che sentiva in testa, proprio come quando il Triste nella foresta aveva parlato ad ognuno di loro. Percepii quella voce suadente e melodiosa e non poté fare a meno di ascoltarla.
“Tu ora sei mio… Soltanto mio… Devi uccidere i tuoi compagni, mio adorato… Fallo per me…”
Qualcosa dentro di lui stava ancora cercando di lottare, di protestare, di dire che non era giusto, che il suo compito era un’altro, ma la voce insisteva e aveva tutta l’aria di essere un’incantesimo d’infatuazione molto potente. Con l’unico briciolo di volontà che gli era rimasto, mentre la voce armoniosa di Mary continuava ad assillarlo, decise di cominciare da Varlinox, magari allontanandosi dalla fonte del sortilegio, sarebbe riuscito a tornare un po’ più lucido.
Kirka vide Stor allontanarsi e perdere la protezione della magia dell’invisibilità, senza dare nessuna spiegazione. Si sarebbe aspettata che andasse ad aiutare Korhan, che stava combattendo contro Gené, invece proseguì dritto per poi svoltare l’angolo. Lo seguì con lo sguardo, finché l’urlo del padrone del palazzo, non la fece voltare di nuovo dal lato opposto.
“Chi è il pazzo che ha spento l’unica cosa che lo teneva imprigionato!?” tuonò furioso, facendo riecheggiare la sua voce per tutto il corridoio.
Non ebbe il tempo di dire altro, perché una delle pareti ovest che dava sul corridoio si frantumò in mille pezzi. L’aura che ne fuoriuscì fu talmente potente che ruppe anche la parete di fronte a Kirka che rimase tremante e basita di fronte a ciò che era accaduto.
In realtà tutti si erano ammutoliti a quell’evento inaspettato. Dalla frattura che si era creata nel muro ne uscì quello che pareva a tutti gli effetti uno Stenzl. Indossava un’armatura e portava una spada al fianco, ben sistemata nel fodero, che emanava una strana luce bluastra. I suoi capelli biondi ricadevano un po’ sul viso, mentre due occhi di un viola accesso sondavano tutto intorno, come se volessero scrutare ognuno dei presenti. Quando quegli occhi color ametista si posarono su di lei, nonostante avesse ancora l’incantesimo dell’invisibilità addosso, Kirka provò un brivido, come se lui avesse potuto vederla. Il suo simbolo, identico a quello che aveva un qualsiasi Stenzl era però rosso e, all’interno della stella centrale, vi era scritto superbia.
In un attimo Korhan percepii il suo simbolo di Stenzl che aveva sull’avambraccio formicolare fastidiosamente e si allontanò di qualche passo. Chi era quell’uomo? Era amico o nemico? E se era nemico cosa voleva?

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Capitolo 9
*** L'assoluta follia di Stor ***


L'assoluta follia di Stor

All’improvvisa entrata in scena di quel misterioso ed inquietante cavaliere tutte le guardie, che fino a poco prima si stavano impegnando ad affrontare la furia implacabile di Korhan, rivolsero le loro attenzioni a lui. Quello più vicino, si lanciò verso di lui, calando la spada su quel capo biondo e perfetto, ma questi alzò semplicemente la mano e fermò la lama, dopodiché gli bastò un semplice sguardo per intimidire il povero soldato che indietreggiò, lasciandogli la spada.
Stor aveva appena girato l’angolo e incrociato lo sguardo di Varlinox che stava tornando indietro dalla sala del braciere, quando la voce della bionda intonò ancora parole suadenti e quasi autoritarie.
“Mio adorato… Torna indietro… Proteggici… Attacca il cavaliere… Ho bisogno di te…”
Non riuscendo più a resistere a quella voce e a quell’incantesimo, seguì alla lettera quell’ordine e in pochi secondi tornò indietro e si diresse quasi inconsciamente verso il cavaliere. Non sapeva se sarebbe riuscito a sconfiggerlo o anche solo a scalfire la sua armatura e ferirlo, ma nella sua testa ormai non c’era altro che la voce melodiosa di Mary. Avrebbe fatto di tutto per lei, anche morire se ne fosse stato costretto. Con un preciso affondo del suo stocco lo colpì in pieno addome. Quasi con soddisfazione vide la lama della sua arma scalfire e penetrare la cotta in metallo del suo avversario, ma qualcosa, forse la mancanza di sensazione di affondo nel morbido, gli fece capire che non aveva nemmeno toccato la pelle. Sfilò la lama dalla cotta, pronto per un altro attacco, ma improvvisamente, nel millesimo di secondo in cui ritirava lo stocco, una sensazione di impotenza e paura lo immobilizzò completamente, come vittima di un’ennesimo incantesimo. Cadde in ginocchio, con ancora l’elsa dello stocco in mano, scoppiando a piangere, come un bambino spaurito.
“Mary… Mia amata, Mary… Aiutami!” urlava tra i singhiozzi, ma ovviamente la bionda Lacourier si teneva a debita distanza da quello scontro più grande di lei, continuando però a incitare mentalmente il suo burattino.
Il cavaliere intanto, ignorando completamente il giovane ladro piangente davanti a lui, si rivolse verso il proprietario del palazzo a solo qualche metro da lui. Tanto che gli bastò allungare un braccio per strattonarlo verso di sé e squadrarlo con quegli occhi freddi come il ghiaccio.
Approfittando della distrazione del mostruoso cavaliere, che non accennava a cedere alle suppliche tremanti del padrone, che improvvisamente da essere l’orso della situazione era passato ad essere l’agnellino, Korhan afferrò Stor, che era ancora lì a terra piangente e mettendoselo in spalla lo portò via di peso. Cercando d’impedirle di portarlo via, due guardie si avvicinano pericolosamente a lei, che senza nessun timore aveva già tirato fuori la sua ascia puntandola verso di loro, ma queste non ebbero nemmeno il tempo di avvicinarsi del tutto a loro che una svenne e l’altra si tagliò la gola con la sua stessa spada.
La giovane barbara rimase sbigottita solo per qualche secondo. Ebbe appena il tempo di domandarsi cosa stava succedendo in quel palazzo. L’improvvisa follia di Stor, le guardie completamente fuori controllo e tutto da quando era apparso quello strano cavaliere. Questo pensiero però venne interrotto dal suo amato che, ancora caricato sulla sua spalla destra, aveva smesso di piangere e aveva iniziato a divincolarsi dalla sua presa salda.
“Lasciami andare donna! Lasciami! Devo affrontarlo! Devo farlo per la mia amata! Devo ucciderlo per lei!” urlava furioso, finché non riuscì a farle mollare la presa.
Cadde rovinosamente a terra, ma si rialzò sedutastante e corse nuovamente ad attaccarlo, come se tutta la paura che aveva avuto fino a poco prima fosse sparita. Ora si sentiva pieno di energie, forte anzi no invincibile. Esatto. Lui era invincibile e bellissimo. Lui era bellissimo e velocissimo. Lui era perfetto. Questo pensiero gli inondava la mente, mentre ricominciava ad attaccare imperterrito il cavaliere e, stranamente, più continuava ad attaccarlo più sentiva quella sua convinzione e forza smisurata crescere in lui, nonostante l’evidenza fosse ben altra.
Il cavaliere continuava ad ignorarlo e dopo aver gettato con un gesto scocciato l’uomo che aveva minacciato poco prima, ordinò a tutti d’inchinarsi davanti a lui. Come se una forza invisibile controllasse i loro corpi tutti i presenti s’inchinarono. Chi dubbioso, chi sbigottito, chi stranito. Persino Kirka che era andata poco avanti, prendendosi un po’ di coraggio, si era ritrovata in ginocchio, nonostante il suo incantesimo la proteggesse ancora dagli sguardi di tutti quanti. Gli unici che non furono soggiogati da questa forza misteriosa furono Varlinox, probabilmente perché era troppo lontano perché quella specie d’incantesimo potesse raggiungerlo, nonostante Kirka lo vedesse distintamente proprio nel punto in cui il corridoio svoltava a destra, e Stor, che ancora imperterrito attaccava, senza alcun timore.
La giovane maga non sapeva cosa fare. Il suo corpo era completamente bloccato in quella posizione di ubbidienza e improvvisamente sentì le forze magiche mancarle e l’incantesimo dell’invisibilità svanire nel nulla, lasciandola completamente visibile agli altri. Nonostante ciò nessuno sembrò degnarla di un solo sguardo, solo Varlinox le lanciò un occhiata, cercando forse di capire se stava bene. Entrambi si guardarono un attimo e poi guardarono il cavaliere, per poi scambiarsi un’altro sguardo. Kirka era sicura che il druido la pensasse esattamente come lei. Quello Stenzl in armatura, biondo e con gli occhi color dell’aurora mattutina, l’aveva già visto. Ricordava bene quel volto. L’aveva visto dipinto nell’enorme sala in cui era avvenuta la sua iniziazione di Stenzl. Ricordava che era stata parecchi minuti ad ammirare quel bellissimo dipinto, finché uno degli anziani, che le dovevano dare gli onori della associazione di cacciatori di mostri, non si avvicinò a lei dicendogli che i cavalieri ritratti in quell’opera erano i sette Stenzl fondatori.
I suoi pensieri furono nuovamente interrotti dagli urli ormai sempre più decisi, ma comunque rochi, di Stor, che attaccava senza nessun senso o motivo il cavaliere, nell’assoluto silenzio della sala. Gli urli diventano sempre più bassi, come se ormai non avesse più voce a forza di urlare. Un burattino che non sa quando smettere di muoversi.
Improvvisamente, con un semplice gesto della mano, il cavaliere creò un’oda d’urto che smosse tutta l’aria intorno. Nessuna delle persone inchinate davanti a lui venne seriamente colpita da quella folata, che parve seriamente solo vento, nessuno tranne il proprietario della magione, che si tramutò subito in cenere, sparendo completamente. Le figlie invece, non appena furono colpite cominciarono ad andare a fuoco, come se quella folata di vento avesse smosso delle scintille e quelle scintille avessero intaccato i loro eleganti vestiti di broccato.
Solo in quel momento, mentre alle urla ormai quasi inesistenti del ladro, si aggiunsero quelle acute e disperate delle due donne, il cavaliere si degnò finalmente di volgere il suo sguardo a Stor.
“Smettila, umano!” disse con tono autoritario.
La sua voce suonò tonante, come se fosse amplificata.
Il ladro però era ormai in preda a milioni d’incantesimi e nella sua mente ancora, nonostante tutto continuava ad assillarlo il pensiero che doveva combattere per la giovane Lacourier, fino alla morte. Attaccò un’altra volta, imperterrito, ma questa volta il cavaliere aveva tutte le attenzioni rivolte verso di lui e con un veloce gesto gli fece perdere la mano destra, polverizzandola completamente e facendo cadere lo stocco, che fino prima era stretto fra le sue dita, a terra con un tintinnio.
Genè e Mary con un ultimo urlo acuto e agghiacciante fecero la stessa fine del padre, lasciando al posto dei due roghi due piccoli cumuli di carne carbonizzati. A quel punto preso completamente dalla follia, alla morte della bionda, Stor afferrò nuovamente l’arma con l’unica mano rimasta e, nonostante non fosse affatto mancino, ricominciò ad attaccare imperterrito. Ora il suo unico pensiero era vendicarla. Vendicare la sua adorata e amata Mary.
“Ti ho detto di smetterla, umano!” tuonò di nuovo il cavaliere, irritato dall’insistenza di quel moscerino.
“Ti prego risparmialo!” lo supplicò Korhan, ormai anche lei in preda al panico più totale.
Era rimasta tutto il tempo lì, costretta in ginocchio, ad osservare l’uomo di cui si era innamorata durante quel viaggio tentare l’impossibile, tentare quello che sarebbe stato sicuramente un suicidio. Tutto questo per chi? Per un’altra donna. La giovane barbara sapeva bene che il ladro era sotto incantesimo, ma sperava che con la morte di Mary, per mano di quel misterioso cavaliere, ci fosse qualche possibilità che rinsavisse. Invece sembrava ancora più furioso di prima.
“Mi hai stancato, umano!” lo ammonì per l’ultima volta lo Stenzl in armatura, come a dargli l’ultimatum.
“Risparmialo! Non vedi che è sotto incantesimo? Risparmialo!” urlò ancora la barbara e lui si rivolse a lei, sempre con quella voce tonante e autoritaria.
“Non siete degni di stare qui alla mia presenza! Andatevene!” le intimò.
Lei si sentì subito libera dai vincoli di quell’inchino forzato, come anche Kirka, e si lanciò verso Stor, cercando in tutti i modi di portarselo via. Nonostante cercasse di metterci tutta la forza possibile e nonostante il ragazzo fosse particolarmente mingherlino e gracile, sembrava essere decisamente più forte di lei, che non poteva più fare affidamento nemmeno alla sua furia, visto che ormai era completamente allo stremo delle forze.
Le sfuggì dalle braccia ed ebbe appena il tempo di vederlo buttarsi con un ultimo grido verso il cavaliere, che questi lo trafisse con una mano, trapassandogli il petto da parte a parte e trasformandolo anche lui in cenere.

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Capitolo 10
*** La ricerca di una verità ***


La ricerca di una verità

Korhan vide Stor tramutarsi in polvere e in un attimo sentì tutto il suo mondo crollare. Quando era partita sapeva benissimo che quel viaggio sarebbe stato pericoloso, sapeva benissimo che avrebbe rischiato la vita, ma mai avrebbe pensato di provare un dolore tale, molto più forte di quello fisico, molto più lacerante e sconvolgente. Come poteva immaginare che avrebbe trovato l’amore, come poteva immaginare che sarebbe stata talmente tanto coinvolta da quella passione e da quell’emozione travolgente da soffrire così tanto nel vederlo sparire. Eppure non era passato molto da quando aveva cominciato a rendersi conto di ciò che provava, tre o quattro giorni, non di più. Ora però, aveva perso tutto. Non sentiva più niente, né l’amore, né la sua furia. Nulla. Solamente un dolore lacerante che la torturava.
Percepii le lacrime iniziare a pungerle gli occhi e poi scendere placide sul viso. Con ancora quel briciolo di raziocinio che le rimaneva, decisa a non volersi far vedere in quello stato da nessuno, amici o nemici che fossero, scappò via. Uscì dal castello di corsa, non riuscendo più sopportare la vista di quel cumulo di cenere che una volta era il giovane ladro.
Kirka era rimasta completamente immobile, sentiva ogni centimetro della sua pelle tremare per la paura e il terrore di ciò che aveva visto. La sua lucidità tornò solo quando vide, la sua amica lanciare un urlo e fuggire via. All’inizio credeva che avrebbe attaccato anche lei il cavaliere, facendo la stessa miserabile fine, ma questa invece scappò in preda alla disperazione.
“Korhan aspetta!” urlò cercando d’inseguirla.
Oltrepassò la porta che conduceva all’ingresso sul retro del palazzo e che dava sulla foresta, ma non appena la barbara oltrepasso il confine di alberi Kirka capì che non l’avrebbe più trovata, o almeno non così facilmente.
Anche Varlinox, aveva visto tutto e nonostante non fosse rimasto scioccato come le sue due compagne, veder morire quello che comunque era stato un’amico in quell’avventura gli aveva fatto male. Nei suoi svariati anni di Stenzl non gli era mai capitato di perdere un compagno in una missione e quell’evento nonostante tutto l’avrebbe segnato. Si riscosse quando sentì la voce profonda del cavaliere parlare.
“È ora di svegliare gli altri.” disse.
Non sembrava parlare con qualcuno, più che altro sembrava dirlo a se stesso, come un pensiero a voce alta. Dopodiché fece dietrofront e uscì dal varco che aveva fatto nel muro e dopo un altro assordante rombo, in cui probabilmente aveva rotto la parete opposta per uscire completamente dal castello, Varlinox si ritrovò di nuovo solo, visto che tutti i soldati e le guardie erano scappate via nel panico, non appena ne avevano avuto la possibilità.
Non poteva fermarsi. Aveva visto Kirka inseguire Korhan e sperò che entrambe stessero bene, anche se ne dubitava, soprattutto per la giovane barbara, ma non poteva preoccuparsene ora. Aveva avuto la conferma di quello che sospettava da quando aveva proposto ai suoi compagni di andare in quel palazzo, lì c’era qualcosa di molto più importante e grave di quanto potesse essere stata la loro missione iniziale in cui avrebbero dovuto semplicemente difendere un villaggio dai lupi mannari. Lì c’era in gioco qualcosa di molto più grande, qualcosa che era appena cominciata, ma che se avessero lasciato continuare, sarebbe finita in catastrofe.
Per questo motivo doveva rimanere lì, doveva investigare su ciò che era appena accaduto, su chi era davvero quel cavaliere, su che intenzioni avesse.
Entrò nella stanza da cui era uscito il cavaliere, quella che all’inizio aveva trovato chiusa e inaccessibile. Dentro vi era una tomba, probabilmente quella da cui era uscito l’antico Stenzl. Sui lati del sarcofago in pietra vi erano delle incisioni. Varlinox si rese subito conto di leggere lo stenzl, la lingua che usavano i cacciatori di mostri per parlare fra di loro e questo lo stupì non poco, proprio per quel motivo, lo stenzl era una lingua solo parlata, era impossibile trascriverla, forse era anche per quello che non riusciva a comprendere davvero cosa stesse leggendo. La lastra sopra era ovviamente spezzata, come se il cavaliere l’avesse frantumata per uscire, non appena si era ritrovato sveglio in quella tomba di pietra. Proprio di fianco ad essa vi era un cadavere, completamente carbonizzato, con un’espressione sconvolta in viso.
Non trovando più nessun dettaglio interessante decise che era inutile continuare a stare lì. Voleva soltanto ricopiare quelle scritte incise ai bordi della tomba, per poi cercare di comprenderli con calma in un’altro luogo, magari più sicuro di quel castello sperduto in mezzo ai boschi e ormai abbandonato. Iniziò così il suo lavoro, riscrivendo esattamente ciò che c’era scritto, ma più andava avanti più i caratteri si facevano complicati e incomprensibili. O forse, era solo la sua mente che gli dava quell’impressione. Le lettere s’incrociavano e vorticavano davanti ai suoi occhi, mentre la vista si annebbiava, poi, improvvisamente crollò a terra, senza un verso o una smorfia, come caduto in sonno, un sonno senza sogni, dove l’unica cosa che regnava era il nero assoluto.

Korhan era scappata in preda al dolore. Sentiva la presenza della giovane maga alle sue spalle, qualche metro più in là. Sapeva bene che la stava inseguendo per consolarla e rassicurarla, ma sapeva anche che non sarebbe servito a nulla e che in quel momento voleva soltanto stare sola con la sua disperazione. Dopo essersi inoltrata un po’ nel bosco che affiancava il palazzo ed aver fatto perdere le sue tracce a Kirka, notò finalmente un posto dove rimanere tranquilla, un albero cavo, talmente grosso da poterci stare tranquillamente accovacciata. Si chinò e proseguendo a gattoni s’inoltrò nel cuore del tronco, finché attorno a lei non fu quasi tutto buio, se non per il cerchio luminoso dell’ingresso, ormai lontano. Si fermo e si mise seduta avvolgendo le braccia intorno le ginocchia. Le lacrime ormai cadevano copiose lungo le guance e avevano bagnato completamente il viso, mentre da lontano sentiva la voce dolce e preoccupata della sua compagna di avventure chiamarla. Lei però non avrebbe risposto, non voleva rispondere, per ora nella sua testa non c’era nient’altro che Stor. Il suo Stor. Il ragazzo di cui si era perdutamente innamorata e che ora non c’era più. Non riusciva a capacitarsene, continuava a domandarsi come era potuto succedere, non riusciva nemmeno a comprenderne il motivo. Improvvisamente Stor era impazzito e aveva iniziato ad attaccare senza motivo il cavaliere. La cosa che però ancora la faceva infuriare era come l’aveva chiamata quando per la prima volta aveva cercato di fermarlo, l’aveva nominata ‘donna’, come se non la conoscesse affatto, mentre la sua amata era quella bionda snob. Sapeva che era sotto incantesimo, ma quella cosa ancora la irritava. Come si era permessa quella donna di controllare proprio lui. Si meritava la morte che aveva avuto. Sì, forse era vero, ma alla fine era morto anche Stor e lei era rimasta sola. Non era neanche riuscita a confessargli quello che provava per lui, quel sentimento che era cresciuto pian piano in lei standogli vicino in quell’avventura assieme. Più la disperazione e la tristezza si trasformava in rabbia e in frustrazione, più la voce di Kirka si allontanava, probabilmente convinta che la stesse cercando dalla parte sbagliata.
Questa infatti era tornata indietro, verso il palazzo. Era inutile cercare la compagna, soprattutto se questa non voleva farsi trovare. Forse quando si sarebbe calmata sarebbe tornata di sua spontanea volontà. Rientrò dentro il palazzo, ormai completamente vuoto. Era decisamente scossa da quello che era successo, ma non poteva certo farsi prendere dalla disperazione in un momento simile. Non era né il luogo né il momento adatto, quindi strinse i denti, nonostante sentisse i brividi, dell’adrenalina che se ne andava, scuoterla. Si avvicinò al cumulo di cenere che una volta era Stor e recuperò il pugnale che aveva trovato tra le gabbie del Triste, mettendoselo nella bisaccia, dopodiché decise di trovare l’altro compagno. Aveva solamente incrociato il suo sguardo prima che il cavaliere uccidesse il giovane ladro, poi, per rincorrere Korhan l’aveva perso di vista. Doveva assicurarsi che stesse bene almeno lui.
Entrò nella stanza da cui era uscito il cavaliere e lo trovò disteso a terra, di fianco a un’enorme sarcofago in pietra. Era vivo, ne era sicura, vedeva chiaramente il suo petto alzarsi e abbassarsi regolarmente, ma qualcosa gli aveva fatto perdere i sensi.
Si avvicinò a lui e, dopo essersi chinata, cominciò a scuoterlo dolcemente.
“Varlinox, Varlinox, svegliati…”
Lo vide aprire pian piano gli occhi e tirò un sospiro di sollievo.
“Kirka… Cosa è successo?” le chiese, mettendosi seduto e cercando di capire dove si trovasse.
“Non lo so, ti ho trovato qui svenuto…” rispose lei, facendo cadere lo sguardo su un foglio vicino a lui.
Anche lui spostò lo sguardo verso il foglio e si ricordò di cosa stava facendo. Con l’aiuto della maga raccolse tutti i fogli su cui aveva ricopiato le scritte del sarcofago.
“Korhan?” chiese, mentre entrambi si alzavano.
“Ho provato a seguirla, ma ho paura sia scappata. Era parecchio scossa.” disse.
“Lo siamo tutti, credo… Non avrei mai immaginato che sarebbe potuta succedere una cosa simile.” disse l’uomo passandosi una mano tra i lunghi capelli castani e brizzolati.
“Cosa intendi fare?” chiese la giovane maga.
“Dobbiamo raccogliere il più informazioni possibili su questo luogo, in modo che possiamo fare rapporto.” rispose risoluto.
“Va bene…” rispose lei un po’ timorosa.
La brutta sensazione che aveva avuto per tutto quel tempo, da quando era apparso lo Stenzl originario non era passata, come se la sua aura fosse ancora lì che incombeva in quel palazzo e su di loro.
Uscirono dalla stanza e proseguirono nel corridoio che ormai il druido aveva in realtà percorso più di una volta.
Si fermarono proprio di fronte a una porta che si trovava dal lato opposto del corridoio rispetto a dove si trovavano le cucine. La porta era chiusa e forzarla, senza l’aiuto di Stor, era praticamente impossibile, per quanto era massiccia.
“Maledizione!” imprecò lui innervosito di quel nuovo buco nell’acqua.
“Posso vedere se c’è della magia se vuoi.” propose la ragazza.
Lui si voltò verso di lei con un leggero sorriso.
“Sei sempre piena di risorse piccoletta.” si complimentò.
Lei sorrise di ricambio, per poi concentrarsi sulla porta. Poggiò la mano sul legno e cercò di portare la sua mente oltre lo spessore del materiale, per entrare così nella stanza e percepire la magia che c’era all’interno. Non ci volle molto a comprendere che c’era qualcosa di molto potente oltre quella porta, talmente potente che improvvisamente, quando iniziò a provare a capire cos’era, sentì la testa spaccarglisi in due dal dolore. Si portò entrambe le mani alle tempie chinandosi dolorante.
“Ehi…” disse il druido preoccupato accovacciandosi di fianco a lei.
“Mi spiace Varlinox, non riesco a capire…”
“Non ti preoccupare, ci ripasseremo dopo piuttosto. Per ora andiamo avanti, va bene?” chiese porgendole la mano.
Lei la prese con un cenno d’assenso per poi alzarsi. Dopodiché proseguirono oltre.
Nel corridoio che precedeva la stanza del braciere, videro degli arazzi. L’uomo si chiese come aveva fatto a non notarli, ma si ricordò che entrambe le volte che aveva attraversato quel corridoio era stato con le sembianze da insetto, quindi gli era stato impossibile notare un dettaglio come quello. Fu Kirka a fermarsi davanti a uno di quegli arazzi attirata da ciò che rappresentava. Era sbiadito, ma riconosceva perfettamente i sette cavalieri in armatura. I sette Stenzl originali che combattevano contro i demoni. Tutto attorno, su quella che si poteva definire la cornice dell’arazzo, nonostante fosse sempre in stoffa, erano cuciti gli stessi caratteri o almeno simili di quelli che erano incisi nella tomba in pietra nell’altra stanza.
Proseguirono trovando un’altra stanza con la porta chiusa.
“Credo di aver un’idea.” disse la giovane maga, analizzando il rettangolo in legno che li separava dalla camera.
Quella porta era molto meno massiccia di quella che avevano incrociato prima, quindi forse c’era qualche possibilità che riuscissero ad aprirla.
Lanciò un incantesimo del ghiaccio contro la serratura, proprio all’attaccatura dello stipite. A quel suo gesto il druido comprese e con due calci ben assestati riuscì ad aprirla.
Capirono subito che era la stanza di Percival Lacourier, lo si capiva dall’elegante arredamento e dal letto a baldacchino messo proprio al centro della stanza. Mentre Varlinox si guardava attorno incuriosito, Kirka si avvicinò alla scrivania, nell’angolo che fungeva da studio.
“Varlinox, vieni a vedere.” lo incitò, prendendo in mano alcuni fogli.
Erano documenti, in cui veniva riportata più volte la data della luna di sangue, quella che ormai era quasi imminente e diceva esattamente cosa fare in quell’occasione, per evitare il peggio.
Sentì la presenza del druido alle sue spalle e glieli porse. Lui gli diede una veloce lettura e poi li intascò, come aveva fatto con quelli su cui aveva preso appunti.
“Mi sa che ci è rimasta solo quella stanza da perlustrare. In qualche modo dobbiamo riuscire ad aprire quella porta.” commentò Valrinox, mentre entrambi facevano dietrofront e tornavano verso la massiccia porta in legno scuro.
Preso dalla foga Varlinox tentò di aprirla a spallate, ma senza successo. Il fatto che non si aprisse lo irritava, ma in realtà era probabilmente tutto lo stress accumulato e il fatto che non si aprisse lo innervosiva ancora di più. Vi scagliò contro due sfere di fuoco, ma anche in quel caso nulla.
“E se provassimo a disperdere la magia che la tiene chiusa? – propose Kirka
 Insomma io non sono capace, almeno con una magia così potente, ma forse tu puoi riuscirci.” concluse.
Il druido accettò la sua proposta e dopo aver chiuso gli occhi si concentrò anche lui sulla porta, proprio come aveva fatto la sua compagna poco prima, ma in modo diverso, cercando sì di percepire la magia ma dissipandola, come se fosse nebbia e lui potesse controllarla. Non fu facile, ma dopo vari minuti di tentavi, sentirono un sonoro clangore e la porta cigolò lentamente come se qualcuno l’avesse finalmente aperta per farli entrare.
All’improvviso però, da quel piccolo spiraglio fuoriuscì qualcosa di terribilmente malvagio. Non era visibile, per niente, ma quella sensazione di oppressione e di ansia che Kirka aveva provato fino a quel momento, si quintuplicò, accompagnata da una sensazione di puro terrore, quasi come fosse di nuovo sotto l’incantesimo del Triste, o peggio ancora del cavaliere.
“Nasconditi là dietro e non ti muovere per nessun motivo.” le disse Varlinox indicandole un’angolo del corridoio, dal lato opposto della porta.
Lei fece come chiesto, mentre il druido tirò fuori la spada, lentamente, e spinse la porta per entrare.
L’interno sembrava un Sancta Sanctorum dedicato ai sette cavalieri. Tutto attorno nella stanza ottagonale c’erano le armature di tutti gli Stenzl fondatori. Sette piedistalli, messi in circolo alla stessa distanza l’uno dall’altro, sette armature sopra di essi, sette cavalieri che avevano combattuto contro i demoni e avevano fondato l’associazione dei cacciatori di mostri. Varlinox le guardò una per una, finché non arrivò a quella alla sua sinistra. Superbia. Era l’armatura del cavaliere che aveva ucciso Stor.
Esattamente al centro della stanza poi c’era un buco. Una fossa, coperta da una grata. Varlinox si avvicinò ad essa, affacciandosi e non ci mise molto a capire cos’era, una fossa comune. Non tanto per ciò che vide, ossia decine di sacerdoti scheletrici e consumati, ovviamente morti, ma anche per il tanfo ripugnante che saliva su non appena ci si avvicinava troppo.
“Varlinox… Hai fatto?” sentì la voce di Kirka dal corridoio.
Decise di uscire, non aveva più senso stare lì, in fondo aveva visto tutto quello che voleva vedere e come se non bastasse aveva la terribile sensazione che quelle statue, ricoperte dalle loro armature, lo stessero osservando.
Appena si trovò di nuovo davanti alla giovane maga, fece un sospiro, quasi dispiaciuto, forse sperava davvero di scoprire qualcosa di più su quello che era accaduto.
“Forse dovremmo cercare Korhan. Comincio ad essere un po’ preoccupata.” commentò la corvina.
Lui accettò senza discutere e assieme uscirono dal castello.

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Capitolo 11
*** La fine dell'aventura ***


La fine dell'avventura

Korhan uscì dal suo nascondiglio dopo quasi una mezz'ora dal momento in cui si era nascosta. Quando ormai la disperazione si era trasformata in rabbia e la rabbia in folle certezza. Non avrebbe vissuto così. Con la consapevolezza di aver fallito la sua missione da Stenzl e di aver perso il suo primo vero amore. Assolutamente no. Lei era una barbara, una nativa delle terre della Confederazione, una guerriera. Non avrebbe assolutamente accettato una fine così, piuttosto avrebbe preferito la morte.
Decise che sarebbe tornata da Etain, la capo Barbara del villaggio al limitare della foresta. Voleva recuperare la sua ascia e soprattutto voleva recuperare la sua autostima. Se poi fosse stato suo destino morire sotto l'arma della sua avversaria almeno l'avrebbe fatto con onore e con la consapevolezza che era quello che voleva.
Ci avrebbe messo almeno un paio di giorni a tornare lì, quindi doveva mettersi subito in viaggio. Si diresse verso il villaggio abbandonato, da lì poi avrebbe fatto la strada a ritroso, magari evitando la foresta del Triste, non voleva assolutamente fallire la sua ultima missione prima ancora di cominciarla.
Quando però Varlinox e Kirka uscirono dal castello lei si era già allontanata da parecchio tempo e fu inutile per loro cercarla nella foresta. 
Si era ormai fatto il tramonto, quando entrambi si arresero, stanchi per le ricerche e quasi senza voce per le grida nel tentativo di chiamare la compagna. Di comune accordo decisero di recarsi al villaggio abbandonato e rimanere lì per la notte. Non era una grande idea, lo sapevano bene. Ma di dormire all'aperto non se la sentivano, rientrare nel castello era fuori discussione e il paese abitato era troppo lontano.
Arrivati nella via principale cercarono l'abitazione meno fatiscente ed entrarono.
"Beh a parte la polvere e le ragnatele non è messa male..." commentò il druido guardandosi attorno.
Si sistemarono in quella che pareva la camera da letto e dopo aver ripulito un po' il materasso con la magia Kirka si sedette su di esso. Il telaio sotto era quasi completamente rovinato, talmente tanto che cigolava sinistramente, mentre il materasso era fin troppo sottile e pieno di bitorzoli, evidentemente usurato.
"Che ne dici se prima di metterci a dormire leggiamo i documenti che hai trovato al castello?" propose Varlinox poggiando la sua bisaccia su un tavolo lì a fianco.
Lei senza parlare, si spostò poco più a destra sul materasso, lasciandogli quindi lo spazio per sedersi. A quel muto invito il druido prese i fogli dal suo bagaglio e si mise di fianco a lei.
Non appena posarono entrambi gli occhi sul primo foglio la prima vera cosa che notarono fu la più sconvolgente e si stupirono entrambi di non averla notata prima.
"Com'è possibile? – disse la giovane maga
 Qui parla di una data diversa per la Luna di Sangue."
"Già.
 rispose pensieroso l'uomo, quasi stesse parlando più a se stesso che a lei  Sono sei giorni in più di quanto ci era stato scritto nella lettera." 
"Avevamo tutto il tempo di salvare quel villaggio. Senza di noi sarà condannato." disse quasi frustrata la ragazza, si sentiva chiaramente dalla sua voce quanto si sentisse in colpa di aver fallito la sua prima missione da Stenzl.
"Sempre se questi documenti sono attendibili." specificò Varlinox, continuando a leggere.
Continuarono a leggere fino a notte inoltrata. Non appena la luce che proveniva dalla finestra fu insufficiente per proseguire nella lettura, Kirka fece illuminare il suo pendente in modo che potessero proseguire. 
Quei documenti specificavano i piani di Lacourier per uccidere il cavaliere. L'aveva tenuto addormentato per anni, sacrificando molti sacerdoti, in attesa che arrivasse la Luna di Sangue. In quel periodo infatti lui, come ogni creatura oscura, sarebbe stato nel pieno dei suoi poteri di vampiro e sarebbe stato capace di ucciderlo, visto che secondo lui al momento del risveglio sarebbe stato più debole.
"Mah...
 commentò scettico il druido  Se davvero quando l'abbiamo visto noi era più debole del normale, forse è stato meglio non averlo affrontato."
"Guarda c'è qualcos'altro." disse la corvina indicando un'ultima breve frase al fondo del foglio e puntandovi il cristallo illuminato a fianco in modo che entrambi potessero leggere.
"Devo assolutamente trovare colui che domina i draghi prima che lui trovi noi." lesse Varlinox ad alta voce, dopodiché girò la pagina e trovò una mappa su cui era segnata una certa "Tomba dei draghi".
L'uomo fece un sospiro. Era inutile continuare a studiare quei documenti, o meglio la sua curiosità lo spingeva a volerne sapere di più, ma vedeva l'ansia, la preoccupazione, ma soprattutto la stanchezza solcare gli occhi della sua giovane compagna e non le avrebbe dato un altro inutile peso da portare sulle spalle.
"Ascolta,
 disse  riposiamoci quattro ore ciascuno. Domattina appena svegli decidiamo il da farsi, che ne dici?" 
A quella proposta, la ragazza annuì e lui le lasciò il letto mettendosi comodamente sulla sedia. La osservò distendersi su quello scomodissimo materasso e addormentarsi dopo poco. La vide spesso, durante le sue quattro ore di veglia, rigirarsi nel letto in un sonno agitato, sicuramente gli eventi di quel giorno l'avevano scossa non poco, nonostante non lo desse molto a vedere. Era rimasto stupito di come aveva reagito a quella sua prima avventura. Era stata davvero coraggiosa. Non avrebbe mai pensato che una giovane maga, appena uscita dall'Accademia e quindi inesperta a qualsiasi relazione con il mondo esterno potesse essere così sensibile e allo stesso tempo formale da rimanere sempre lucida in ogni situazione. Insomma si era comportata meglio di Korhan, che non appena aveva visto la sua nuova fiamma perdere la vita se n'era andata via sconvolta.
Non appena passarono le quattro ore, fu la stessa Kirka a svegliarsi, come se quel sonno, seppur turbolento, le fosse bastato per riprendere le energie. Si scambiarono di posto, in modo che Varlinox potesse dormire comodamente, o per meglio dire, più comodamente che sulla sedia e sebbene lui ci mise un po' di più a prendere sonno, ben presto anche per lui le palpebre si fecero pesanti.

La mattina dopo il sole era già alto quando il druido aprì gli occhi.
La sua compagna, per ringraziarlo di tutto quello che aveva fatto per lei, aveva apparecchiato la tavola per bene, sistemando due piccole pagnotte con un pezzo di formaggio e due piccole ciotole di un qualche liquido.
"Questo viene dall'Impero Solare, l'avevo portato per festeggiare la fine della missione, ma ormai credo che si possa bere." disse indicando uno dei due recipienti.
Fecero tranquillamente colazione, dopodiché Varlinox propose di provare a fare un'incantesimo di divinazione per capire dove si trovava Korhan.
La ragazza accettò e mentre Varlinox faceva il solito rito, con il coltello ferendosi il palmo della mano, la ragazza risistemò tutto ciò che aveva usato per quel pasto frugale.
Il druido non ci mise molto e dopo un paio di minuti tornò nuovamente in sé.
"Tra circa una settimana sarà alle montagne, in direzione del villaggio dei Pitti, più di questo non sono riuscito a scoprire." rivelò.
"Bene, allora possiamo partire oggi stesso così da tentare di raggiungerla." disse la giovane maga, pronta all'ennesimo viaggio.
"No Kirka, io ho bisogno di fare delle ricerche riguardo ai sette cavalieri. Non sappiamo ancora se siamo in pericolo o no e questa è una cosa che non può attendere."
"Ma Korhan..." tentò di dire la ragazza, che però fu nuovamente interrotta.
"Tu vai a cercarla e tornate entrambe a Birbacte a fare rapporto. Io andrò alla biblioteca dell'Arebon a cercare di dare una spiegazione a tutto questo."
"Da solo? Sei sicuro che non vuoi che ti accompagni?" chiese nuovamente la ragazza.
"Stai tranquilla, me la so cavare. Inoltre Korhan ha molto più bisogno del tuo aiuto di quanto ne abbia bisogno io."
"Quindi immagino ci dobbiamo salutare." commentò lei stringendo la cinghia della sua bisaccia che si era già messa a tracolla.
"Direi proprio di sì. Abbi cura di te piccoletta." si raccomandò l'uomo scompigliandole il caschetto corvino.
"Anche tu Varlinox." gli rispose di rimando lei sorridendogli. 

Tutto quello che successe dopo quel saluto è in realtà quasi sconosciuto, o per lo meno ancora più avvolto nel mistero della storia stessa.
Si dice che Kirka raggiunse Korhan al villaggio dei Pitti, passando dalle montagne e trovandola appesa a un palo in alto, conciata male. Questo perché, Talorc aveva dovuto separare brutalmente lei ed Etain dopo quasi un giorno intero di lotte senza tregua. La giovane maga ci mise molto a trattare la libertà della sua amica, ma con molta pazienza e determinazione riuscì a convincere il capo villaggio, che in fondo era stato molto gentile con loro all'andata.
Si racconta che dopo averla liberata entrambe le ragazze tornarono a Birbacte, dove si erano incontrate per la prima volta e dopo aver fatto rapporto all'ordine degli Stenzl, attraverso la magia, usarono la stessa premura con l'uomo che aveva dato loro la missione, ma questi dopo aver ricevuto la notizia, riuscì solo a dire che aveva fallito nella sua ultima missione, prima di spirare davanti a loro.
Di Varlinox invece si sa molto meno. Si dice che dopo i suoi studi e le sue ricerche nella biblioteca dell'Areborn, riferì all'ordine che Superbia non era il primo cavaliere ad essere stato risvegliato e che avrebbe continuato le sue ricerche. Le ultime sue notizie furono alla città invisibile, dopodiché di lui non si seppe più nulla.

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