Il migliore amico del mio ragazzo

di shira21
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 01 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 02 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 03 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 04 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 05 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 06 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 07 ***
Capitolo 8: *** Castiel ***
Capitolo 9: *** Capitolo 08 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 09 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 01 ***


«Lys, dove stai andando?» Ho tutti i muscoli indolenziti, visto che alla fine mi sono addormentata su questa dannata poltrona. Socchiudo gli occhi e lo vedo mettersi la giacca. Dio, sembra uscito da un altro secolo.
Non solo per il modo di vestire ma, soprattutto, per il modo di comportarsi.
Lui mi guarda attraverso lo specchio e mi rivolge quel sorriso così dolce. Mi alzo e, con passo felino, gli arrivo vicinissima. Lo abbraccio da dietro, facendo scorrere le mani sul suo petto e aprendo bottone dopo bottone la camicia.
«No, El, devo andare» e io mi blocco. Stiamo insieme da cinque mesi ormai ma a parte qualche bacio non siamo mai andati oltre, in nessun modo. Inizio a chiedermi se tra noi ci sia qualcosa che non va. Se sia colpa mia o sua.
Mi metto in punta di piedi, cercando di farlo capitolare una volta per tutte. «Dai, principino. Lo so che lo vuoi anche tu» e con la punta delle dita gli percorro il ventre piatto. Non gli piace quando lo chiamo così ma spero che basti a scaldarlo un po'. In fondo, rabbia e passione sono molto simili.
Lo bacio sul collo, mordicchiandolo leggermente. Gli sfugge un gemito e sto quasi per esultare quando sento le sue dita chiudersi sul mio polso, impedendomi di scendere più in basso.
Mi stacco e lo guardo negli occhi. Ha le pupille dilatate e il respiro affannoso; inoltre se non vado errata qualcuno la sotto sembra entusiasta delle mie attenzione. Eppure per l'ennesima volta mi ha fermata.
«Lo sai che non sono così. Non forzarmi, ti prego».
Lo guardo scioccata e mi ritraggo come se mi avesse dato uno schiaffo. Mi avvolgo le braccia intorno al corpo mentre sento una stilettata di dolore al petto.
Forse in fondo sono io il problema.
In ogni caso cerco di sorridere come se il suo rifiuto non mi avesse appena fatto male.
Lui allaccia di nuovo la camicia e io torno alla mia poltrona.
«Farai tardi anche stasera?» Glielo chiedo ma so già la risposta. Negli ultimi due mesi ha iniziato a tornare quasi all'alba.
Quando ho deciso d'impulso di trasferirmi a casa sua mi era sembrata l'idea migliore che abbia mai avuto ma dopo tutte queste notti passate da sola, cenando con la sola compagnia del mio cane e dormendo in un letto vuoto, mi chiedo se non abbia fatto uno sbaglio.
«Mi dispiace, amore mio. Lo sai che questi concerti sono importanti, sono la nostra occasione per farci notare».
Mi mordo le labbra, cercando di mascherare la delusione. Possibile che per lui la musica venga davvero prima di tutto e tutti? Dio, sto iniziando ad essere gelosa di alcuni pezzi di carta. No, peggio. Di qualcosa di immateriale e generico.
Una minuscola idea mi attraversa la mente mentre sovrappensiero mi mordicchio la punta dei lunghissimi capelli castani. Ho dei ricci così indomabili, refrattari a qualsiasi molletta o elastico.
«Conosco quell'espressione, Elizabeth. Cosa stai pensando?»
Gli rivolgo il mio miglior sorriso mentre con la punta della lingua mi umetto le labbra. «Stasera posso venire con te?»
Lysandro si blocca dal sistemare il foulard e si gira a guardarmi. Se non altro per una volta ho la sua totale e completa attenzione.
«Dici sul serio?»
Annuisco sempre più convinta della mia idea «Certo. Mi sono resa conto che probabilmente invece di continuare a lamentarmi come una bambina, dovrei darti il mio supporto. Dopotutto sono la tua ragazza!»
Lui finalmente mi sorride. Viene verso di me e si china per baciarmi. Un bacio lungo e lento che va a risvegliare la mia parte più istintiva. Allungo il collo per migliorare l'angolazione e approfondire il contatto mentre passo le dita nei suoi capelli. Quando si stacca, mi accarezza una guancia e io quasi faccio le fusa. «É un idea fantastica amore mio. Così posso presentarti anche Iris e Castiel».
Annuisco e mi perdo nei suoi occhi profondi.
Fin da quando frequentavamo il liceo per me è sempre stato una specie di principe per via dei suoi abiti eleganti, i capelli argentati e gli occhi così strani, uno giallo e l'altro verde, che però nascondevano un cuore dolce e affettuoso, timido persino.
Quando ero arrivata al liceo era così triste, il suo migliore amico Castiel se n'era appena andato per seguire la sua ex nonché cantante di successo. Solo da poco si sono riuniti per suonare insieme e da allora noto una luce nuova nei suoi occhi.
Poco dopo si è aggiunta anche Iris come cantante femminile.
E da allora stanno riscuotendo un notevole successo. Certo, per ora si esibiscono principalmente in bar o locali ma sono certa che tra non molto qualche casa discografica li noterà.
«Allora vado a sistemarmi».
«Perfetto, amore. Intanto avverto gli altri che ci sei anche tu stasera, così ci tengono il posto».
Annuisco e vado in camera.
Stando quasi sempre sola, ormai passo quasi tutto il tempo nello studio. Almeno posso stargli vicino quando inizia a creare i testi delle canzoni. Motivo per cui la camera da letto mi sembra sempre fredda e vuota.
Apro la cabina armadio e tiro fuori qualche decina di vestiti. Un vestito da lolita per intonarmi allo stile del mio principino? Mah, meglio di no, non mi sentirei a mio agio. Uno in maglina? No, fa troppo caldo. Un look casual? Lo scarto senza neanche provarlo.
Alla fine, quando sono soddisfatta, vado davanti allo specchio a figura intera per studiare il risultato.
Studio con occhio critico e imparziale il body rosso con un profondo scollo a V che mette in risalto le mie grazie, un nastro nero sotto il seno e la stoffa in pizzo quasi trasparente sui fianchi; gli shorts di jeans con la cintura in cuoio e le classiche rovinature ad arte e gli alti stivali in cuoio nero con il tacco con i lacci davanti e che mi arrivano fino a sopra le ginocchia.
Sì, può andare.
Lego un nastro rosso intorno al collo per coprire le cicatrici e un altro dello stesso colore con tanto di fiocco sul polso.
Una passata di mascara e matita nera, un velo di rossetto rosso scuro e sono ufficialmente pronta.
Alzandomi sulle punte in modo da non fare rumore con i tacchi, raggiungo Lys. Gli passo le dita lungo la giacca, lisciando pieghe inesistenti. Lui si gira e mi squadra un paio di volte. «Come sto?»
«Sei molto carina, amore. Ora dobbiamo andare».
Ecco come spegnere qualsiasi entusiasmo. Se mi fossi messa una tuta avrebbe reagito allo stesso modo.
Io giuro che ci provo e ci provo ancora e ancora ma sto iniziando ad essere stanca ad essere l'unica a lottare per questa relazione. Mentre saliamo in macchina per andare al locale mi chiedo se forse non sarebbe meglio lasciar perdere e tornare solo amici, come prima di tutto questo.

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Capitolo 2
*** Capitolo 02 ***


Il locale è pieno e quando entriamo, Lys viene circondato da un nugolo di fan adolescenti. Alcune sono davvero carine ma penso di non aver mai visto tanta esposizione di pelle. Io in confronto sembro una puritana.
«Vado ad avvertire il proprietario che sono arrivato» mi dice all'orecchio prima di staccarsi da me. Giuro che il mio ragazzo è dolce, attento e affettuoso. Ma me lo devo ripetere almeno tre volte prima di smettere di ringhiare.
Con un sospiro inizio a farmi largo fino al bancone del bar dove recupero in fretta una birra. Non certo la mia bevanda preferita ma fa nulla.
Cerco con lo sguardo e, anche se non lo trovo, individuo una porta che conduce a una stanza decisamente meno affollata. Arrivata sulla porta noto con piacere che in effetti ci saranno al massimo una trentina di persone che contro le trecento che ci sono di là è un netto miglioramento. D'altro è uno dei locali più grandi dell'intero stato.
Mi avvicino a uno dei tavoli da biliardo e faccio scorrere con nostalgia le dita sul feltro verde. Quanti serate passate con mio padre a giocarci.
«Una ragazza stupenda e un tavolo da biliardo? Penso che rientri nelle fantasie di praticamente qualsiasi uomo».
La voce proviene da dietro di me ed è roca, bassa e morbida come velluto. Mi giro lentamente per osservare il proprietario e sento un inatteso frullio alla bocca dello stomaco. È... bellissimo!
Rimango senza parole, e anche senza fiato, mentre osservo i capelli rossi lunghi fino alle spalle con un ciuffo ribelle che gli sfiora la guancia, il volto a punta e gli occhi grigi con taglio orientale.
Cerco di respirare, di ripetermi che ho un ragazzo che non sarebbe felice se mi mangio con gli occhi qualcun altro ma sinceramente è impossibile smettere di farlo: ogni cosa in lui sembra essere creato apposta per essere al centro dell'attenzione.
In un angolo del mio cervello c'è un minuscolo ricordo che lotta per emergere mentre suona un campanello d'allarme. Purtroppo mi perdo nella contemplazione dei suoi addominali scolpiti e perfettamente delineati. Sì perché indossa solo una giacca di pelle nera e una specie di maglia nera che gli aderisce addosso come una seconda pelle.
Dal modo in cui curva le labbra direi che è perfettamente consapevole dell'effetto che fa.
Sento qualcosa che scatta dentro di me, una pezzo delle vecchia me, quella abituata a flirtare. Appoggio il fianco contro il legno del tavolo da biliardo e gli rivolgo un sorriso seducente «Sembra interessante come fantasia... in cosa consiste?»
Il suo sorriso diventa più profondo mentre vedo gli occhi diventargli più scuri. Si avvicina tanto che posso sentire il suo profumo tutto intorno a me. «A casa mia ho un tavolo simile a questo. Certe cose è meglio mostrarle che spiegarle». La sua voce si fa ancora più bassa, un sussurro che va ad incendiare le mie terminazioni nervose.
Sono talmente eccitata che senza rendermene conto mi ritrovo a stringere le gambe l'una contro l'altra.
E sono tremendamente tentata di accettare, anche solo per sapere che sapore hanno quelle labbra così provocatorie.
Prima, però, che dica qualcosa di cui mi pentirei mi ritrovo a pensare a Lys e che, nonostante i nostri problemi come coppia, non posso certamente fargli questo.
Motivo per cui mi allontano di un passo e, pur se con un certo rammarico, rifiuto la sua proposta. «Mi dispiace ma sono fidanzata», abbasso lo sguardo perché di colpo non sono sicura di riuscire a gestire tutte quelle fiamme.
Lui si avvicina di nuovo e mi sposta una ciocca ribelle dietro l'orecchio prima di chinarsi a sussurrarmi «Una donna soddisfatta non ha quello sguardo!»
Lo guardo attraverso le ciglia, il cuore che pulsa tanto forte che temo lo possa sentire anche lui. «La risposta è ancora: no, sono fidanzata!»
Finalmente esce dal mio spazio vitale e riprendo a respirare un po' meglio, anche se non molto visto che sono ancora al centro dell'attenzione di questa specie di divinità greca.
«Un vero peccato. Ho la sensazione che ci saremmo divertiti parecchio» e dal tono allusivo di certo sul tavolo da biliardo non intendeva giocare al gioco tradizionale. Inizio ad arrossire mentre nella mia mente si affollano immagini una più lasciva dell'altra.
«Eccoti, eri sparita!» Lys mi abbraccia con più slancio del normale e io gli rivolgo uno sguardo stranito. Ma lui non mi sta guardando, sta sorridendo al tipo di fronte a me che a sua volta ci fissa sconvolto.

Non ci sto capendo più nulla!
Poi Lys, che tiene ancora un braccio sulle mie spalle, gli da una scherzosa pacca sul braccio «Vedo che vi siete già conosciuti. Sono felice che le due persone più importanti della mia vita stiano già andando d'accordo!»
Finalmente il mio cervello ricomincia a funzionare e finalmente riconosco il tipo che ho di fronte: Castiel ovvero il famoso chitarrista dei Dreamer nonché migliore amico di Lysandro da tutta la vita.
Probabilmente anche lui sta iniziando a fare due più due perché sbianca completamente, esattamente come me.
Penso che sto per svenire!
Il sorriso di Lys inizia a ridimensionarsi mentre si rende conto che io e Castiel ci stiamo fissando sotto shock.
«Non l'avevi riconosciuto?» Sento il suo sguardo bruciarmi la pelle eppure non riesco a distogliere gli occhi da quelli grigi di fronte a me.
Non so come ma riesco ad allungare la mano e persino a tirare fuori un sorriso, o una pallida imitazione. «Ma certo, solo che non eravamo ancora riusciti a presentarci. Io sono Elizabeth».
Lui guarda prima me e poi la mia mano, su e giù per un paio di volte, prima di rilassarsi e stringerla nella sua. «Piacere di conoscerti finalmente. Lys mi ha parlato tanto di te!»
Le sue dita sono talmente lunghe da avvolgere completamente le mie e il palmo è talmente caldo con dei piccoli calli ruvidi, probabilmente dovuti alla chitarra, che questa stretta di mano mi fa venire i brividi così forti che mi si arricciano persino le dita dei piedi dentro gli stivali.
Sono certa di essere arrossita ancora di più.
Lys ci fissa sempre più perplesso man mano che nessuno dei due interrompe quel contatto.
Con mia vergogna, è Castiel a staccarsi per primo. Lo osservo chiacchierare con il mio ragazzo, affascinata dal movimento della sua bocca, fino a quando non arriva quasi di corsa una ragazza con una lunga treccia rossa, quasi arancione, e i vestiti che probabilmente hanno tutte le sfumature dell'arcobaleno. Sul volto arrossato ha una spruzzata di minuscole lentiggini e un sorriso dolcissimo.
«Scusate il ritardo ragazzi ma stasera la macchina non voleva saperne di partire».
«Tranquilla, noi stavamo facendo due chiacchiere. Lei è la mia ragazza Elizabeth. El, lei è l'altra cantante, Iris».
Io mi stacco dal braccio di Lys e mi avvicino per salutarla quando mi ritrovo avvolta in un abbraccio. «Sono così contenta di conoscerti finalmente!» La guardo ma sorride talmente tanto che è impossibile non crederle.
È Castiel a parlare per primo «Forse dovremmo andare a suonare prima che Dereck ci trascini sul palco per un orecchio!»
Iris annuisce con vigore mentre Lys mi prende per mano per farmi vedere il tavolo a cui posso sedermi, quello riservato a loro in quanto amici del proprietario.
Li osservo suonare una canzone dopo l'altra e la voce di Iris va ad armonizzarsi talmente bene con quella di Lysandro che sembra che cantino insieme da tutta la vita.
Ma per quanto io mi sforzi di tenere gli occhi sul mio ragazzo, quelli dispettosi vanno sempre a posarsi sul chitarrista. Ha legato una parte di capelli in una specie di coda e, anche se dovrebbe essere un acconciatura femminile, in realtà non fa che accrescere la sensualità dei suoi lineamenti.
Solo quando il concerto finisce mi rendo conto che non ho mai smesso di guardare Castiel, il sorriso sul volto.

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Capitolo 3
*** Capitolo 03 ***


Quella notte come quelle seguenti, ho fatto fatica ad addormentarmi. Ogni volta che chiudevo gli occhi, rivedevo quel volto, quello sguardo di brace. E subito dopo mi ritrovavo di nuovo a fissare il soffitto in preda ai sensi di colpa.
Non che abbia realmente tradito il mio ragazzo ma una mia maestra delle elementari diceva che il pensiero è intenzione e l'intenzione equivale al gesto.
In altre parole, mi sento di merda.
Esco dalla doccia e infilo una maglia dei Winged Skull che mi arriva appena sotto la linea delle natiche. La sensazione del pavimento freddo sui piedi nudi mi distrae brevemente dai miei pensieri.
Mentre scendo dalle scale diretta in cucina per la ma dose mattutina di caffè, mi tampono i capelli con un panno; quando sono bagnati sembrano quasi vivi.
Saltello da un gradino l'altro canticchiando a bassa voce.
Ieri notte, anzi ormai era stamattina, Lys ha fatto più tardi del solito; stava già albeggiando quando ho sentito varie voci in salotto. E non l'ho ancora visto.
Entro in cucina, tutta presa dal ritornello, e quello che vedo mi fa cadere l'asciugamano a terra. Castiel è comodamente appoggiato all'isola della cucina, una tazza in mano, e un sorrisetto.
Per qualche secondo mi chiedo se sto ancora sognando ma dai miei problemi respiratori direi che è piuttosto reale. Inoltre pensavo di ricordarmelo anche tropo bello, quasi le luci del locale esaltassero qualcosa in lui. Invece mi rendo conto che i miei sogni non sono neanche riusciti a rendergli giustizia. Non ha un solo difetto, è quasi troppo!
In ogni caso la sua risatina riesce a scuotermi di dosso il torpore in cui ero precipitata.
«Si può sapere cosa ci fai tu qui?»
«Wow, neanche un "ciao" o un "quanto è bello rivederti"? Penso che anche un "prendimi su questo tavolo" va bene.»
Alle ultime parole divento di brace, anche perché in realtà una frase simile mi era davvero venuta in mente quando l'avevo visto. Cosa che non ammetterei neanche sotto tortura!
«Nel caso te lo fossi dimenticato dall'ultima volta che ci siamo visti: sono fidanzata con il tuo migliore amico!» Sbotto irritata e, già che ci sono, sbatto anche un piede a terra.
Lui si porta la tazza alle labbra e mi fissa ironico da sopra la tazza. I suoi occhi si soffermano sulla maglietta tirata sul seno, a mia discolpa l'avevo comprata al liceo, per scendere lungo le gambe nude fino ai piedi con solo lo smalto rosa sopra.
Sento il volto bruciare. No, sento ogni lembo di pelle bruciare sotto il suo esame. Perché Castiel non mi guarda come mi volesse vedere nuda ma piuttosto come se l'avesse già fatto e sapesse bene cosa c'è sotto i vestiti. È destabilizzante. E anche incredibilmente eccitante.
Incapace di resistere a quello sguardo esclamo «Non puoi startene in cucina di altri come se niente fosse a bere chissà cosa!»
«È caffè... ne vuoi un po'?» E piega la testa di lato, ironico.
«Argh! Cos'è che non capisci?» Dio, quant'è irritante!
Proprio mentre sto valutando il modo peggiore per non essere l'unica imbarazzata, entra Lys fresco di rasatura.
«Ciao, amore. Già sveglia?»
In effetti è veramente presto ma mi sa che ci stiamo focalizzando sul problema sbagliato. Indico il suo amico, nonché la mia recente ossessione, e gli chiedo «Cosa ci fa lui in cucina a quest'ora?»
Lys se non altro ha la decenza di arrossire mentre dice «In realtà, casa sua è allagata quindi gli ho offerto di dormire qui...». Ed io faccio la cosa più ovvia in questi casi: sbatto le palpebre più volte con la bocca aperta.
Il braccio mi ricade lungo il fianco. «Stai scherzando?» Guardo il mio adorato ragazzo desiderando come non mai di strangolarlo.
«E la mia opinione immagino non conti nulla?»
Lui è mortificato ma la voce è ferma quando afferma «Io aiuto gli amici in difficoltà. Quando l'ho fatto con te non hai fatto tutti questi problemi».
Se ne pente appena gli escono le parole di bocca, me ne rendo conto ovviamente ma questo non m'impedisce di indietreggiare, ferita, una mano corsa istintivamente a coprire il collo. Non che serva visto che indosso sempre un nastro che lo copre, persino quando dormo.
Sento gli occhi bagnarsi di lacrime mentre Lys si avvicina velocemente «Scusami, amore mio! Sono stato uno stronzo, non intendevo dirlo in quel modo!»
Deglutisco a vuoto, cercando di trattenere il dolore mentre mi girò verso Castiel. «Benvenuto allora». Lui fa un sorriso ma non è malizioso o provocatorio. Al contrario, sembra preoccupato. Mi rendo conto che tengo la mano ancora a coprire il lato destro del collo e mi costringo ad abbassarla.
Ogni gesto è una forzatura ma trovo comunque la forza di sorridere e avvicinarmi al mobiletto dove teniamo le tazze «Allora, Cassy, mi hai lasciato un po' di caffè?»
Come sperato, le mie parole alleggeriscono l'atmosfera. Lysandro scoppia a ridere mentre Castiel emette un gemito strozzato «Cassy? Sei seria?»
Io mi avvicino, il sorriso che diventa più naturale ad ogni passo, e quando sono a pochi passi dal suo volto, inclino la testa in silenzio. «Sì, hai la faccia decisamente da Cassy, quindi ti chiamerò così». Poi gli rubo la tazza di mano ed esco dalla cucina dove sento Lys continuare a ridere.

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Capitolo 4
*** Capitolo 04 ***


«Io capisco che ora abiti qui... ma è mai possibile che ti trovo in giro a qualsiasi ora del giorno e della notte?»
Guardo Castiel sprofondato nella mia poltrona preferita, nel home theatre in taverna. Per una sera non dovevano suonare ma i miei progetti con Lys sono sfumati quando mi ha detto che doveva andare a cena con Leigh e la sua ragazza, per discutere di problemi di famiglia.
Io ovviamente non ero invitata.
Quindi mi sono armata di pop corn e sono scesa insieme a Wolf per vedermi un film. Beh, prima di trovare il mio personale tormento.
Lui mi guarda, come sempre sono troppo poco vestita per stargli vicino, prima di scrollare le spalle. «In realtà pensavo fossi uscita con Lys».
A quelle parole chino le spalle. Sento qualcosa di umido sfiorarmi le gambe e abbassando lo sguardo vedo che Wolf mi fissa preoccupato.
Gli do una grattata dietro le orecchie «Tranquillo piccolo, va tutto bene».
Castiel si alza e si avvicina.
«Che bello. L'avevo visto in foto ma in questi giorni non l'avevo mai incrociato.»
«Sì, stava male. Ha passato l'ultima settimana nello studio veterinario». Appoggio la ciotola sul divano e siedo sui talloni per abbracciare il mio piccolo.
«Cos'è?»
«Un pastore svizzero. Quando l'ho trovato era solo una piccola palla di pelo bianca, più morto che vivo. Da allora mi è sempre restato accanto.» Affondo il naso nel soffice pelo e Wolf mi da alcuni colpetti sulla spalla con il muso, consolandomi a modo suo.
«Sembrate molto legati...» quando lo guardo, noto che anche Castiel si è seduto a terra e ci osserva con un sorriso malinconico. Poi mi viene in mente una cosa «Anche tu avevi un cane, vero?»
«Demon... è morto in un incidente stradale...» io mi allungo e gli prendo una mano. É la prima volta che lo tocco dopo la prima stretta di mano e, malgrado tutto, non è un contatto passionale ma dolce, di conforto. So cosa significa perdere qualcuno che ami e tremo già al pensiero di perdere il mio Wolf.
Lui mi guarda con gli occhi sgranati poi fissa le nostre mani unite, che stano generando più calore di una centrale nucleare e... sorride. Un semplice, meraviglioso sorriso.
«Beh, se hai bisogno, Wolf è un ottimo analista. Puoi raccontargli di tutto e non ti giudica».
«E tu cosa gli racconti che hai paura di essere giudicata?» Molte cose, penso. Dal fatto che ho ancora gli uncubi dopo tutti questi mesi al fatto che desidero più Castiel del mio ragazzo!
In ogni caso non dico nulla, mi limito a fargli l'occhiolino prima di rialzarmi, sciogliendo le nostre mani.
«Okay, Cassy. Cosa dici se condividiamo il cinema? Non penso che una serata in compagnia dell'altro possa ucciderci». Beh, più o meno. Sempre che le farfalle nello stomaco non siano identificabili come arma impropria.
Lui mi guarda dal basso e brontola «Basta che la smetti di chiamarmi Cassy».
«Ma a me piace!»
«Non m'importa. Ho smetti o ti faccio smettere io» ma ha un sorriso talmente compiaciuto mentre fa la sua minaccia che non posso fare a meno di mettermi a ridere. Il suo sorriso si allarga.
«E come?» Riesco a chiedere alla fine.
«Non so, sembri una che soffre molto il solletico», io smetto di ridere e indietreggio perché maledizione a lui se non ci ha visto giusto.
«Non oseresti» dico scattando dietro al divano.
Qualcosa nel mio movimento gli accende una luce pericolose negli occhi, sembra un predatore pronto alla caccia.
Lui avanza e io indietreggio.
Fa uno scatto di lato e io mi metto a correre.
Lo sento dietro di me e non posso trattenermi dal ridere. Faccio per sgusciare fuori quando sento le sue mani intorno alla mia vita, le sue dita appoggiate direttamente sulla mia pelle nuda. Ridacchio e mi dibatto un poco. E quando cadiamo non capisco più di chi sia la colpa. So solo che di colpo sono intrappolata sotto di lui, il suo peso che mi tiene schiacciata a terra, incastrato su di me in una posizione che ricorda altro. Ha le braccia ai lati della mia testa e le mie ginocchia strette contro i suoi fianchi.

Ci guardiamo negli occhi, occhi verdi contro occhi grigi, e di colpo ogni voglia di ridere è scomparsa. Avvicina il volto al mio fino a quando i nostri respiri si confondono. Quando parla la sua sua voce è sensuale, urla sesso in ogni modo possibile e immaginabile.
«E ora che ti ho presa cosa ci dovrei fare con te?»
Avrei un paio di idee in effetti ma, invece, gli mormoro un poco convinto «Nulla?»
Lui sospira e affonda il volto tra i miei capelli. Lo sento fare un paio di profondi respiri per calmarsi e gli vorrei direi che considerato quello che sento premere, non gli sta riuscendo molto bene.
Alla fine si rialza e io osservo con la bava alla bocca il modo in cui gli si contraggono i bicipiti.
Mi offre la mano e, quando posso dentro la mia, mi aiuta ad alzarmi. Mi spazzolo i pantaloncini del pigiama con una mano.
Cercando di tenere un po' di distanza ci sediamo ai due capi del divano. Prendo la ciotola dei pop corn e mi sorprende che siano ancora caldi. Li guardo per qualche secondo prima di spingerli in mezzo a noi «Tregua?»
Non lo guardo anche se sento che lui guarda me. Poi prende una manciata di pop corn «E tregua sia!»
Mi chiede se voglio scegliere il film ma sono sovrappensiero, quindi quando mette su un film di guerra neanche ci faccio caso. Sto pensando ad un altra cosa, un dubbio che mi divora da un po' «Lys mi tradisce?»
Non mi rendo conto di averlo detto ad alta voce fino a quando non lo sento strozzarsi e tossire.
Mi giro verso di lui che mi guarda con un espressione quasi comica.
«Cosa, scusa? Stai cercando di ammazzarmi per caso?»
Io mi mordo il labbro e noto che lui segue con gli occhi il mio gesto. Ma poi ammetto quello che penso già da un po'. «Penso che Lysandro si vede con qualcun'altra... che mi tradisca, insomma».
Castiel mi guarda serio. «Lysandro non farebbe male a una mosca e non tradirebbe nessuno. E lo conosco meglio di te!»
«Tu non capisci... non sai tutta la situazione...».
«Allora spiegamela».
Castiel è il 99% del tempo malizioso o ironico, raramente è solo dolce e ancora più raramente è così serio.
Mi giro con tutto il corpo verso di lui e, mentre dallo schermo risuonano urla ed esplosioni, gli faccio questa piccola confessione.
«Io e Lys ci conosciamo da anni, sembrava normale ad un certo punto mettersi insieme. E quando ho avuto dei grossi problemi, mi sono trasferita da lui per non affrontare più quella realtà. Lui mi ha detto che mia ama, mi chiama amore mio, si ricorda quello che gli dico. Cose così. Però passa un sacco di tempo fuori e... non so, a volte sembra non capire neanche di starmi tenendo lontana. E io sono stanca di essere l'unica che cerca di rendere più profonda questa relazione. Soprattutto quando inizio a pensare che sia tutto un errore.» Prendo fiato prima dell'ultima confessione «In più non c'è mai stata nessun tipo d'intimità tra noi...».
«Aspetta! Nulla?»
Io divento rossa ma scuoto la testa «Ogni volta che provo a rendere le cose più personali lui mi blocca. Ed è frustante!»
Lui ragiona un attimo poi prende la ciotola e la appoggia a terra. Si siede accanto a me questa volta e mi alza il mento con un dito, in modo da costringermi a guardarlo negli occhi.
«Non capisco come Lys possa non aver fatto nulla in questi mesi perché Dio solo sa se io non avrei fatto cose che è meglio non dire ad alta voce ma una cosa è certa: Lys non ti tradirebbe mai. È troppo buono»
Annuisco e gli getto le braccia al collo. «Grazie» mormoro contro la sua pelle. Inizio a sentire la stanchezza farmi chiudere gli occhi ma rimango appoggiata alla sua spalla. «Sia cosa significa tutto questo?»
«Che ho una vena masochista?»
Ridacchio. «No, idiota. Significa che siamo amici» gli mormoro con la voce impiastrata di sonno.
Prima di addormentarmi, la guancia premuta sul suo petto e le sue braccia intorno al mio corpo lo sento dire «Sono davvero un idiota!»
Poi sprofondo nel mondo dei sogni, cullata dal suo profumo e dal suono del suo cuore.

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Capitolo 5
*** Capitolo 05 ***


Passo un velo di rossetto rosso scuro e sorrido al mio riflesso. Stasera le cose devono andare assolutamente bene e l'hanno capito persino i miei capelli che per una volta reggono alla perfezzione l'acconciatura. Certo, rinchiudere i miei ricci in uno chignon basso con treccia è stata comunque un impresa ma per ora ogni ciocca sembra stare al suo posto.
«Piccola, sei bellissima» dallo specchio guardo Lysandro appoggiato sullo stipite della porta che mi sorride e sento un piacevole calore scivolarmi nelle vene. Ho appena finito di truccarmi e i miei occhi sembrano brillare e sotto la leggera vestaglia di seta nera indosso già il mio vestito. Sì, sta andando tutto bene.
«Come mai così elegante?» Quattro parole, ecco quanto basta a spezzare qualsiasi mia illusione. Solo ora noto che in effetti non indossa lo smoking ma i suoi normali vestiti di scena.
Mi alzo dalla toletta e anche se sento di star per vomitare devo affrontare subito questo discorso. «Lysandro, stai scherzando... vero?»
«No, non cap... Cazzo!»
Sbarra gli occhi mentre si lascia sfuggire una delle sue rare imprecazioni. Per quanto mi riguarda non so se sono più vicina ad un attacco di panico o una crisi isterica.
«Cazzo? Ti sei dimenticato che stasera c'è la serata di beneficenza e che dovevi accompagnarmi? Ti sei completamente dimenticato di avermi fatto una promessa?» Ad ogni parola il mio tono di voce sale di un livello e quando finisco probabilmente potrei anche comunicare con i delfini. Wolf ci fissa dal letto, indeciso se tornare a dormire o scappare dalla stanza.
«El, calmati. Mi dispiace...»
Lo fisso con le lacrime agli occhi «Ovviamente hai già preso altri impegni, impegni più importanti di me!» Non riesco neanche più ad urlare. Se avevo dei dubbi che la nostra relazione fosse finita, ora non ne ho più. A che pro fare tutta la fatica?
A distrarmi dai miei pensieri è il rumore di una porta che si apre piano in corridoio. Anche Lys si gira subito. «Castiel!»
Sussulto sentendo il suo nome. Negli ultimi giorni siamo in qualche modo riusciti a convivere da amici, anche perché passiamo entrambi la maggior parte del nostro tempo tra queste quattro mura: io perché odio uscire e lui... beh, in realtà non so quali siano i suoi motivi ma in ogni caso abbiamo visto parecchi film, condiviso quantità sproporzionate di caffè e abbiamo parlato. Ma soprattutto mi ha fatto ridere tanto, come non mi capitava da una vita ormai. Penso che potremmo essere davvero grandi amici poi capitano momenti come quello di due giorni fa quando si è messo a canticchiare a bassa voce mentre suonava la chitarra; in quel momento, mentre lo fissavo affascinata, quasi ipnotizzata dal suo modo di muovere le dita che mi sono ricordata perché non siamo veramente amici: di solito io non vorrei baciare i miei amici!
Ma tra noi non ci sono stati più contatti fisici di nessuna maniera dalla sera in cui mi sono addormentata su di lui.
Lo osservo avvicinarsi a Lys che gli chiede se ha da fare stasera mentre mi viene in mente quando quella sera mi sono svegliata con la voce di Lys che ci chiamava sconcertato mentre ci guardava come se non capisse cosa succedeva; erano circa le tre e dormivamo entrambi, nel sonno eravamo scivolati distesi sul divano, intrecciati come amanti colti sul fatto, stretti come due naufraghi. Ci eravamo rivolti solo uno sguardo imbarazzato e poi io ero dovuta correre dietro a Lys, per spiegargli che ironia della sorte non era come pensava. Nessuno dei tre ne aveva più parlato.
«... a te andrebbe bene El?» La voce del mio ragazzo mi riporta al presente, facendomi rendere conto che non ho ascoltato neanche una parola che hanno detto. Incrocio gli occhi grigi di Castiel e per miracolo lui sembra capire che sono confusa perché aggiunge in modo casuale «Come ho detto, stasera non ho nulla di meglio da fare visto che sei tu quello tanto richiesto... che sia chiaro però che è la prima e ultima volta che vado ad una serata così noiosa quando potrei fare cose più... interessanti!» L'ultima parola è volutamente allusiva e mi sorride ma visto che non gli ho staccato un secondo gli occhi di dosso ho potuto vedere quel lampo gentile nel suo sguardo. Non m'inganna: se lo conosco anche solo un po' so per certo che sotto il bad boy c'è un ragazzo dolcissimo.
«Hai uno smoking?»
«Per chi mi hai preso, dolcezza?»
Inarco un sopracciglio, minacciosa quanto un chihuahua incazzato. Lui alza le mani ma continua a sorridere «Tranquilla tranquilla, ne dovrei avere uno nell'armadio».
«Bene, hai dieci minuti per prepararti» e con questo mi risiedo alla toletta senza degnarli di un altra parola. Castiel se ne va sbuffando ma Lys ci mette un po' di più a capire che non voglio parlare.
Sarà una lunga serata.

«Buonasera signorina Sanders, è un piacere rivederla», delicatamente lascio che un cameriere mi tolga il soprabito mentre il signor Flanders mi guarda radioso, come una figlia che non si vede da tempo.
Inclino la testa e gli sorrido. «Non mi sarei potuta perdere questa serata».
«Ne sono lieto e, se posso permettermi, è ancora più bella dell'ultima volta che ci siamo visti» poi si gira verso Castiel che divo dire che è una visione in nero con quello smoking che gli fascia i muscoli e mette in risalto i suoi occhi, rendendoli ancora più scuri. «Lei invece dev'essere il famoso signor Laurent?»
Arrossisco imbarazzata e Castiel mi lancia uno sguardo divertito.
«No, Flanders. Purtroppo il mio fidanzato stasera non sarà presente; questo è un mio amico, Castiel Rousseau», lo guardo e lui non ribatte. Mi conosce da quando ero solo una bambina con i codini bassi ma allo stesso tempo sa quanto deve stare al suo posto, mio padre lo diceva sempre anche se non l'ho mai capito prima di adesso che lo vedo stringere le labbra senza dire ciò che pensa davvero.
Non capirò mai questo mondo.
Prendo a braccetto Castiel ed entro nella maestosa sala: scintilla tutto, dai lampadari di cristallo fino alle dame che sfoggiano i loro vestiti più belli.
Sento molti di loro girarsi a guardarmi, a studiarmi e sento una morsa di panico stringermi lo stomaco.
«Ti ho già detto che con questo vestito rosso sei stupenda?»
La voce del mio accompagnatore è un roco mormorio destinato solo alle mie orecchie, simile a miele caldo per i miei nervi. Gli sorrido e piano mi appoggio al suo fianco.
Al collo ho il solito nastro intrecciato mentre stavolta a coprire i polsi porto dei guanti neri lunghi fino al gomito. Dai mormorii che sento so che questo vestito è più che bello, è indecente: lungo fino a terra e con uno spacco su quasi tutta la lunghezza della gonna, ad ogni passo s'intravede la pelle nuda delle mie gambe. Inoltre è modestamente scollato sul davanti ma dietro lascia tutta la schiena scoperta. Alzo le spalle e guardo il bellissimo uomo al mio fianco che mi sta portando con sicurezza verso la zona bar mormoro «Mi sono detta che se stasera dovevo far parlare di me, tanto vale che fosse per qualcosa di più recente!»
Lo vedo che sta per chiedermi qualcosa ma alla fine veniamo circondati da decine di persone, un coro di "Mia cara, che bello rivederti" e "Mia cara, sei deliziosa stasera" e troppi "Ma cara dove sei sparita in questi mesi?". Ogni donna e uomo che si avvicina per chiacchierare in realtà vuole solo spremermi informazioni.
Dopo tre ore di questa lenta agonia sono sul punto di scoppiare eppure continuo a sorridere in modo dolce e affabile, a rispondere a domande e bere champagne. Lancio un occhiata disperata a Castiel, che devo ammettere, si sta comportando assurdamente bene anche se a tratti sembra quasi il mio toy boy. La cosa è talmente ridicola che mi ritrovo a ridacchiare. Forse ho bevuto troppo!
«Scusatemi signore ma vorrei uscire a prendere un po' d'aria», lo dice con tono tanto sincero che se non avessi visto quel lampo beffardo nei suoi occhi ci avrei creduto anche io. E naturalmente loro si sciolgono e ci danno finalmente il permesso di scappare.
Con i tacchi alti di solito farei fatica a stargli dietro ma sono più impaziente di lui di uscire di qui.
Quando arriviamo in terrazza ci esce dalle bocche un identico sospiro di frustrazione.
Avanzo un po' fino ad appoggiarmi con i gomiti alla ringhiera che da sul vasto giardino. Dietro di me lo sento armeggiare con un accendino ma non mi giro, resto a fissare le ombre davanti a me illuminate solo dalla luna. Sulla terrazza l'illuminazione non è molto migliore, giusto un paio di graziose lanterne.
«Dio, è stato tremendo» a quelle parole scoppio a ridere.
«Il peggio è che è così ogni volta! Avidi avvoltoio pronti a gettarsi su qualsiasi carcassa, ecco cosa sono.»
Lui si avvicina e si appoggia al contrario rispetto a me, guardando il mio viso piuttosto che il giardino.
«E allora perché siamo dovuti venire? Non era per la compagnia e, di certo, non per la musica».
Rido di nuovo e alzo lo sguardo su di lui, in questo momento sembra un angelo caduto. Gli prendo la sigaretta della mani e faccio un tiro poi gliel'avvicino al viso, lui sorride e la prende di nuovo tra le labbra. Alla fine rispondo. «Perché questa serata è per beneficenza, l'organizzava ogni anno mia madre per aiutare le vittime di abusi. Ora che lei non c'è più tocca a me prenderne le veci, in fondo la mia famiglia è una delle più ricche grazie all'azienda di famiglia».
Lo sento tossire e guardarmi con gli occhi sgranati «Aspetta un secondo: tu sei la figlia di Richard Sanders?»
«Se mi stai chiedendo se sono l'unica erede delle aziende Sanders, sì sono proprio io». Il mio tono è amaro, non mi piace che la gente mi associ alla mia famiglia; forse è anche questo uno dei motivi per cui mi piaceva tanto Castiel, lui non sapeva chi fossi.
Lo guardo con la coda dell'occhio e lo vedo passarsi una mano tra i capelli.
«Porco cazzo...»
«Già, penso che quella sia l'espressione esatta!»
Rimaniamo in silenzio fino a quando in prenda all'agitazione sbotto «Ora non c'è bisogno che mi guardi in modo diverso!»
Ancora silenzio.
Poi mi prende una mano e mi fa girare su me stessa, mi blocca i polsi dietro la schiena con le sue dita lunghe e il mio corpo si ritrova imprigionato tra lui e la ringhiera. Appoggia la fronte contro la mia e respiro a fatica, le nostre labbra sono vicine, troppo vicine.
«Baby, pensi che me ne freghi qualcosa del tuo cognome? Basti tu a farmi impazzire, a farmi desiderare di tradire il mio migliore amico solo per sapere che sapore hanno le tue labbra» le sue labbra si appoggiano sulla pelle della tempia «e sapere se sei così morbida ovunque!»
Istintivamente mi spingo contro di lui, eccitata come non mi era mai successo.
Immerge di nuovo i suoi nei miei e sento il suo cuore battere veloce quanto il mio.
«Non è proprio tradire se io e lui siamo al punto di rottura, giusto?»
Lui sgrana gli occhi e io sorrido timida mentre tra i nostri corpi non passerebbe neanche un soffio di vento. E quando finalmente mi bacia mi sembra di aver aspettato questo momento da tutta una vita. Muove le labbra sulle mie, forzandole e marchiandole, in un bacio che esige prepotentemente eppure dolce allo stesso tempo. Mi perdo nel suo sapore, infilo le dita tra i suoi soffici capelli come ho desiderato fare dalla prima sera e lo attiro ancora più vicino. Le sue mani scivolano sulla mia schiena, lungo i fianchi e dentro lo spacco. Non ho mai provato nulla di simile, è come una fame che ti piega lo stomaco e toglie lucidità. Ecco, il nostro bacio sembra quello di due affamati, siamo stati vicini troppo a lungo reprimendo questa voglia di toccarci. Mi morde il labbro inferiore tanto forte da far uscire una goccia di sangue e con un gemito m'inarco contro di lui. Saccheggia la mia bocca, le nostre lingue che si sfidano a cedere. Stiamo prendendo fuoco e neanche ci importa.
«Vieni a letto con me» mi mormora con voce roca sulle mie labbra, tanto vicino che posso sentire il gusto peccaminoso di quelle parole.
«Va bene».

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Capitolo 6
*** Capitolo 06 ***


Nessuno dei due voleva rientrare per quella stupida festa quindi avevamo recuperato il mio soprabito ed eravamo corsi fino al taxi come due adolescenti alle prime armi; ero contenta che non fossimo venuti con la sua macchina perché altrimenti sarebbe stato troppo occupato a guidare. Invece così la portiera si era appena chiusa dietro di noi che mi ero ritrovata sulle sue gambe, le mie mani perse ancora una volta tra i suo capelli e le sue ancorate ai miei fianchi; ci baciamo come se dalla terrazza non avessimo mai smesso, prima delicato poi sfrenato per rallentare di nuovo. Mi sta facendo impazzire!
«Niente sesso sul mio taxi!» La voce seccata dell'autista ci raffredda quel tanto che basta da farci staccare. Appoggio la fronte alla sua, come aveva fatto prima lui, e riesco a vedere il mio riflesso nei suoi occhi. Sarei troppo delirante se dico che mi piace di più del riflesso che vedo tutti i giorni allo specchio?
Ridacchio piano e sorprendentemente Castiel mi imita.
«Non provavo nulla di simile da... no, penso di non averlo mai provato prima! Cosa mi hai fatto Cassy?»
«Baby, dovrei essere io a chiedertelo» mi bacia lungo la linea del collo e mi ritrovo a buttare indietro la testa, incoraggiandolo, dimentica dei nastri che mi coprono. Ma a quanto pare Castiel non è solo un bel volto ma è anche piuttosto intelligente visto che invece di mettermi pressione per quel pezzo di stoffa risale di nuovo fino alla pelle sotto l'orecchio.
Quando mi mordicchia il lobo mi sfugge un «Oh» dalle labbra, neanche mi rendo conto di star spingendo il mio bacino contro il suo talmente sono eccitata.
«Ti voglio vedere nuda dalla prima volta che ti ho vista sotto quei faretti al locale... eri così  sexy che ti avrei spogliata in quello stesso istante e messa su quel dannato tavolo da biliardo!» La sua voce roca mi trasforma il sangue in lava, spazzando via ogni residuo di razionalità. Voglio tutto da quest'uomo e la cosa mi spaventa tanto quanto mi eccita.
Non faccio caso al fatto che ci siamo fermati davanti casa o che Castiel stia già pagando la corsa, l'unica cosa che m'importa è che nonostante il venticello fresco sto bruciando e la cosa peggiora quando Castiel mi attira rudemente contro il suo petto. Incuranti di tutto ci appoggiamo al muro di casa e riprende a baciarmi con foga. Un lieve pizzicore alla schiena mi distrae ma è solo un secondo perché Castiel richiede tutta la mia completa attenzione. Non posso neanche dire che ci stiamo comportando così perché siamo ubriachi perché non abbiamo bevuto così tanto.
Mi discosto con una risata lieve e dopo tre tentativi riesco a chiedergli «Non avevi detto che mi volevi nel tuo letto?»
I suoi occhi sono tanto scuri da essere neri e al loro interno vedo tanta passione quanto la mia.
«Oh baby, neanche t'immagini quanto!»
Prendo le chiavi dalla borsetta e gliele porgo. Lui mi fa un inchino esagerato che gli costa uno schiaffo sul braccio, peccato che non gli faccia nulla visto che sembra avere dei muscoli di acciaio. Nel mentre mi tolgo i tacchi vertiginosi e torno ad essere incredibilmente bassa. Ma la cosa non mi preoccupa finché Castiel mi guarda come se fossi l'unica donna al mondo.
Entriamo ridendo e sbatto il fianco contro l'angolo del mobile all'ingresso. «Senti perché non vai in camera mentre io bevo un bicchiere d'acqua?» Glilo chiedo mentre in pratica mi arrampico su di lui. Sembra dubbioso per cui gli scocco un rapido bacio a fior di labbra e mormoro «Arrivo subito».
«Non farmi aspettare troppo, baby».
Davanti alle scale ci separiamo e io vado in cucina. Praticamente danzando raggiungo la credenza e tiro giù un bicchiere di vetro. Mi giro per riempirlo sotto al rubinetto quando vedo entrare Lysandro, lo sguardo distrutto.
Mi paralizzo, di colpo la bolla che mi circondava scoppia e ritorno alla realtà. Oddio ma cosa sto facendo?
Il bicchiere mi cade di mano e va a frantumarsi nel lavandino in decine di pezzi.
«El, tutto bene? Sembra che hai visto un fantasma...»
«Io?» Sembra distrutto e istintivamente corro da lui e gli prendo il volto tra le mani «Lys, cucciolo, cosa ti è successo?»
Per un attimo avevo pensato che ci avesse visto ma da come mi abbraccia direi che il problema è un altro.
Spaventata come non mi capitava da tempo gli prendo una mano e lo faccio sedere sul divano in soggiorno. M'inginocchio sul tappeto davanti a lui e gli prendo entrambe le mani tra le mie. È congelato, sta tremando!
«Ti prego, Lysandro, parlami. Cosa succede?» Tengo gli occhi fissi nei suoi e sento come se qualcuno mi stesse facendo a pezzi il cuore: tra noi è sempre stata così: il mio dolore era anche il suo e viceversa.
«Ho perso tutti i soldi della band!»
Deglutisco a fatica e lo guardo sconvolta. «Ma come?»
«C'era questo tipo, diceva di essere l'agente di una etichetta discografica piccola ma in rapida ascesa» gli esce un sospiro che sembra quasi un singhiozzo. Io rimango in silenzio e aspetto fino a quando non si sente abbastanza forte da continuare.
«Nell'ultimo mese l'ho incontrato spesso... avrei dovuto capire che c'era qualcosa che non andava visto che insisteva a vederci solo di notte nei bar.» Ed ecco dove spariva ultimamente e perché non volesse che lo seguissi «L'ho incontrato nel suo cosiddetto ufficio solo stamattina quando sono andato a dargli i soldi per i cd». Mio malgrado non posso fare a meno di inarcare le sopracciglia.
Non c'è bisogno che vada avanti, so già che quando è tornato in quell'ufficio non ha trovato più né il cosiddetto agente né i soldi che la band ha guadagnato a fatica. Ma come diavolo può essere stato così ingenuo?
«Mi dispiac-» la voce gli si rompe sull'ultima parola e di colpo sono seduta sulle sue ginocchia; lo abbraccio, cerco di calmarlo e consolarlo.
«Devi pesare che sono un idiota!»
Solo un pochino ma ovviamente non glielo dico. Invece gli sorrido e gli do un delicatissimo bacio. Mi scosto e lo guardo in quegli occhi tanto particolari. «Non lo penso, cucciolo mio. Vorrei solo che tu me ne avessi parlato prima... mio padre mi ha istruita a gestire un impero da quando ho smesso di giocare con le bambole... avrei potuto aiutarti!» Non glielo dico accusandolo, ormai il danno è fatto.
Con gli occhi ancora umidi mi fa scivolare più vicino e mi bacia; sgrano gli occhi perché non è mai stato tanto impetuoso. Mi bacia... beh, come se fosse disperato.
Le sue labbra sono salate eppure sa toccare tutti i punti giusti. Quando ci separiamo abbiamo entrambi il fiatone. Lys mi guarda come se non mi avesse mai vista prima e mi sposta alcune ciocche ribelli dietro l'orecchio. Mi accarezza il volto e io penso a quanto sembri incredibilmente giovane, quasi un ragazzino.
«Elizabeth?»
«Cosa?»
«Tu lo sai che ti amo vero? Anche se a volte non sembra o se non sono mai andato più in là di qualche bacio, io ti amo e voglio fare le cose nel modo giusto. Sei l'unica che mi è sempre restata accanto a dispetto della situazione e non riesco ad immaginarmi la mia vita con nessun'altra!»
Mi dice queste parole con la voce più dolce che abbia mai sentito e mi sento morire dentro se penso che fino a dieci minuti fa stavo baciando un altro uomo e volevo farci sesso.
Capisco di essere ad un bivio, questo è il momento per decidere se posso o meno spezzare il cuore a Lys. Ma più lo guardo e più le mie convinzioni vacillano.
Forse posso dare a questa relazione un altra possibilità. Per mesi ho chiesto al cielo che lui mi facesse capire cosa prova per me e ora lo so. E malgrado le sensazioni che Castiel mi provoca conosco Lysandro da anni e lo amo da troppo per buttare tutto via. Per questo gli sorrido e gli do un altro bacio. «Anche io ti amo, cucciolo mio».
Lys nasconde il volto nel mio collo e mentre lo fa vedo con la coda dell'occhio un movimento nel corridoio. Mi giro e vedo Castiel che a sua volta ci fissa. Mi chiedo quanto abbia sentito ma dal suo viso direi abbastanza.
Non è furioso, di più; lo capisco anche a questa distanza.
Gli mormoro uno "scusa" senza emmetere alcun suono ma lui scuote la testa e se ne va. Pochi secondi dopo sento la porta di casa sbattere violentemente. Sussulto ma quando Lys mi sorride faccio finta di nulla. Al contrario, mi rimetto in piedi e gli tendo una mano. «Andiamo a dormire» e lui mi sorride più sereno, non sapendo quanto male ero a un passo da fargli.

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Capitolo 7
*** Capitolo 07 ***


Dopo un intera notte passata senza chiudere occhio, decido di scendere a farmi un caffè anche se la sveglia mi segnala che sono solo le sei del mattino. Con delicatezza sposto il braccio di Lys dal mio stomaco e, dopo essermi accertata che non si sia svegliato, mi alzo e indosso una delle mie solite magliette post concerto che ho collezionato durante la mia adolescenza.
Prima di uscire dalla stanza lancio un ultima occhiata al mio ragazzo ancora profondamente addormentato. Ieri notte ci ha messo parecchio prima di riuscire a prendere sonno, ho passato parecchio ad accarezzargli i capelli e baciarlo nella speranza di calmarlo. Quello che ha fatto non è una cosa da poco ma penso che nessuno lo incolperà più di quanto faccia con se stesso.
Sospiro e richiudo silenziosamente la posta.
In cucina accendo la macchinetta del caffè e, mentre aspetto che si scaldi, mi siedo sul bordo del piano di lavoro. A tenermi sveglia tutta notte non è stato lo sbaglio di Lys ma il mio. Mi sento in colpa per quello che è successo e per quello che stava succedendo e mi sento ancora peggio al pensiero che sento ancora qualcosa per Castiel.
Mentre la stanza si riempe dell'amaro profumo di caffè chiudo gli occhi e faccio un sospiro di piacere.
«Lo sai che hai fatto lo stesso suono quando ti ho spinta contro il muro?»
Mio malgrado sobbalzo violentemente al suono di quella voce e quando mi decido ad aprire gli occhi noto che è troppo vicino. Ma non abbastanza... no, questo tipo di pensieri deve finire.
Mi mordo il labbro e i suoi occhi seguono quel gesto mentre si avvicina pericolosamente.
«Sai cosa mi sono chiesto per ore questa notte mentre bevevo dell'ottima tequila?»
Deglutisco a vuoto e scuoto la testa, i capelli che mi svolazzano intorno al volto.
Si avvicina ancora e smetto di respirare.
«Mi hai detto che era finita ma dopo averti aspettato per un po' in camera mia, scendo e ti ritrovo seduta sulle sue gambe mentre dici che lo ami... quindi, a che gioco stai giocando?»
«A nessuno...»
«Perché non ci riprovi e stavolta sii più convincente!»
«Per amor del cielo, Castiel!» Stiamo entrambi mormorando eppure è come se urlassimo. «Non era programmato: quando ti ho detto che era finita lo credevo davvero ma Lys era sconvolto per un altra cosa, aveva bisogno di me... cos'altro dovevo fare? Spezzargli il cuore? Allontanarlo? Dirgli che sono attratta dal nostro nuovo coinquilino e suo amico più caro talmente tanto che mi basta vederlo per farmi smettere di pensare e accelerare il cuore come un adolescente alla sua prima cotta?»
Okay, forse l'ultima cosa potevo anche tenermela per me.
Castiel colma anche l'ultima distanza che ci separava e s'infila a forza tra le mie gambe, stringendomi forte contro di sé.
«Gli hai detto che lo ami. È vero?» Mi chiede piano, le labbra sulla mia pelle. Ed io sono debole perché non riesco ad allontanarlo, perché mi sembra di riuscire a respirare di nuovo dopo ore e il suo tocco mi sembra la cosa più giusta del mondo.
«Io... io non lo so Castiel ma devo provare a dargli un altra possibilità! Non posso buttare in aria anni di amicizia e una relazione con base solide per qualcosa di tanto incerto!»
Ho gli occhi velati di pianto e quando si scosta per guardarmi in volto devo reprimere un singhiozzo. Perché dirgli queste cose mi fa tanto male? Non capisco…
«Certo! Perché io sono il tipo di uomo buono solo per fare sesso e non per avere una relazione profonda!»
«Non è quello che intendevo...» ma la voce mi si spezza prima che possa dire altro. Castiel infila una mano tra i miei capelli, li arrotola e tira verso il basso costringendomi ad inarcare il collo mentre mi bacia senza mostrare clemenza. Sembra quasi una punizione! Mi scendono un paio di lacrime mentre un lieve pizzicore di dolore mi fa bruciare il collo eppure Dio abbia pietà di me perché non riesco a non ricambiarlo. Socchiudo le labbra alla sua invasione e vengo ricompensata dal suo sapore, un misto di nicotina e menta, che mi manda completamente in tilt. Mi tiene bloccata al bancone:  una mano tra i miei capelli mentre l'altra affonda nella tenera carne del mio fianco, tanto forte che probabilmente lascerà il segno.
E quando si allontana sento come se il petto mi si stesse lacerando. Ho le guance bagnate, il collo dolente e se passo la lingua sulle labbra posso sentire il sapore del sangue. Ansimo violentemente e fisso le sue iridi divenute nere per l'intensità delle sue emozioni. Una serie di strisce rosa attira la mia attenzione e mi rendo conto con stupore che nella frenesia del momento l'ho graffiato tanto da far uscire alcune gocce di sangue.
Castiel segue il mio sguardo fino al bicipite e le sue labbra si piegano in un sorriso «Sapevo che dietro a quel musetto da gattina innocente si nascondeva una leonessa». Poi mi sussurra all'orecchio «Guardati! Guarda come il tuo corpo cede a contatto con il mio. Perché puoi dire a tutti che lo ami e vuoi stare con lui, convincere te stessa ma io so che sono tutte stronzate.» Fa passare la punta della lingua sulle ultime lacrime prima di continuare, duro «Puoi baciarlo, persino scoparlo per quanto mi riguarda. Ma ricordati che ogni volta sarà solo un mio misero rimpiazzo!» E con queste parole se va, lasciandomi frustrata e piena di dubbi.
Scendo dal bancone sentendomi ancora le gambe molli. Spengo la macchinetta del caffè, già sapendo che da oggi in poi ne assocerò l'odore a quello che è appena successo.
Senza berne neanche un goccio ritorno sui miei passi fino ad arrivare davanti alla porta della camera. Mi asciugo il volto con il bordo della maglia ed entro. Lys, il mio cucciolo, dorme ancora.
Mi infilo di nuovo al letto come se non ne fossi mai uscita, tra le sue braccia anche se non merito di starci e osservo ancora una volta il suo volto chiedendomi cosa c'è che non va in me.
Quando i miei genitori sono morti, per non andare a vivere in un continente diverso ho ottenuto l'emancipazione. Ma non potevo più restare in quell'ambiente fatto di vipere e avevo deciso di iscrivermi a una scuola normale.
Lys è stata la prima persona che ho conosciuto, il mio prima vero amico, e se non ho passato gli ultimi due anni di liceo rinchiusa dietro una corazza è stato merito suo. Mi ha sempre capita con un solo sguardo e non abbiamo mai trascorso molto tempo lontani; il pensiero di perderlo mi manda nel panico, mi fa male fisicamente.
Mentre sento nuove lacrime formarsi, nascondo il volto nel suo petto e, istintivamente, lui mi stringe tra le sue braccia. Io so di amarlo ma è possibile amare qualcuno e contemporaneamente sentirsi attratti da un altro? Io non credo...

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Capitolo 8
*** Castiel ***


Fisso il bicchiere vuoto di fronte a me e provo il desiderio di prenderlo e lanciarlo contro il muro. Invece faccio cenno al barista di riempirlo di nuovo. Dietro di me sento alcune voci femminili ridacchiare; non ho bisogno di girarmi per sapere che mi stanno guardando. D'altronde l'occhiata che mi hanno lanciato quando sono entrato lascia poco spazio ai dubbi. Fosse stata un altra sera mi sarei avvicinato affascinante, certo che a Debrah non sarebbe importato fino a quando facevo il bravo davanti le telecamere.
Butto giù l'ennesimo bicchiere di tequila e mi chiedo perché invece di scegliere una qualsiasi donna presente nel locale me ne sto qui come un idiota a pensare a quella ragazzina.
Un anno più piccola di me e Lys eppure così sexy. La sera che l'ho conosciuta non avrei mai immaginato che fosse lei la fragile fidanzata di Lys, non quella dea in miniatura con un cazzo di body del mio colore preferito e due gambe per cui sbavare che uscivano dagli shorts.
L'avevo vista ed ero rimasto incantato dal modo in cui si muoveva tra la folla. Mi ero avvicinato e avevo scoperto sotto quella massa di ricci castani, un visetto dolce, quasi innocente. Tranne gli occhi: oh no, quegli occhi verdi e il modo in cui mi guardavano erano tutto tranne che innocenti. Mi ricordo di aver pensato che quella ragazza sembrava come un affamata a dieta, costretta a contenersi anche di fronte al suo dolce preferito. Poi avevo capito il perché: fidanzata. Normalmente questo vorrebbe dire fine dei giochi invece non mi sono potuto trattenere dal chinarmi verso di lei e continuare a stuzzicarla. Ma neanche quello aveva funzionato. Fu a quel punto che arrivò la doccia fredda: quella bomba sexy era la ragazzina ingenua di Lys.
L'avevo vista sbiancare e inventarsi qualche scusa con il mio amico. Quando le avevo stretto la mano però avevo sentito qualcosa di strano, simile alla voglia primitiva di caricarmela su una spalla e portarmela via. Ovviamente non avevo detto o, ancor peggio, fatto nulla di ciò ma avevo continuato a parlare con Lys. Avevo ringraziato l'arrivo di Iris e la possibilità di andare a suonare. Il mio amico mentre aggiustavamo gli strumenti mi chiese cosa ne pensassi della sua ragazza e io cosa potevo dire se non «Carina se ti piace il tipo!»
Purtroppo per tutta la durata del concerto non potei fare a meno di cercarla con lo sguardo e una parte di me gioiva ogni volta che mi accorgevo che stava fissando me, solo me.
Che idiota che sono!
Ancora più idiota a pensare di poter fare a meno di vederla ancora. Eppure mi ero impegnato per far si che non succedesse perché voglio bene a Lysandro come a un fratello. Ma qualcuno la su doveva avercela con me visto che una sera mi sono scoppiate le tubature, rendendo completamente invivibile il mio appartamento. E comunque me lo sarei tenuto per me se per questo motivo non fossi arrivato in ritardo al locale, odorando di muffa. E ovviamente Lys, in nome della nostra grande amicizia, aveva insistito affinché andassi ad abitare con lui ed Elizabeth.
E quando la mattina dopo l'avevo vista con indosso solo la maglietta di una delle mie band preferite avevo capito che cazzata avevo fatto. Bevevo un caffè e non avevo potuto fare a meno di stuzzicarla, anche se dopo averle detto che la frase "prendimi su questo tavolo" andava bene e averla visto arrossire in modo così delizioso non riuscivo ad immaginarmi altro.
Mi aveva ribadito che era fidanzata ma mentre faceva i capricci come una bambina non si era resa conto che la maglietta troppo piccola non nascondeva il modo in cui si muoveva il suo seno senza reggiseno. E mi ero chiesto se era il tipo di ragazza la cui pelle diventa rossa anche da altre parti.
Continuai a provocarla solo per vederla diventare ancora più rossa fino a quando non arrivò Lys in cucina e lei si concentra su di lui. La cosa per qualche motivo mi fa innervosire e m'innervosisco ancora di più quando le fa notare che, come ha fatto con me, ha preso anche lei in casa. La guardo indietreggiare, gli occhi pieni di lacrime e una mano su uno die quei misteriosi nastri che le vedo sempre addosso. Mi chiedo cosa nascondano, cosa nasconda quella ragazza. E per la prima volta sento il bisogno di mettermi in mezzo per il semplice istinto di proteggere qualcuno. Oh certo che vorrei farci sesso per tipo una settimana di fila ma standole vicino ho scoperto che voglio anche sentirla ridere, guardare il modo in cui s'illumina quando parla di qualcosa che le piace o come sembra giovane quando gioca con Wolf e, soprattutto, vorrei poterla difendere dai mille demoni che ogni tanto si affacciano nei suoi grandi occhi.
Invece rimasi lì, a guardare Lys scusarsi per essere stato uno stronzo e neanche accorgersi di quanto fosse ferita e di quanto fosse finto il sorriso con cui cercava di far tornare tutto normale. Ecco un altra cosa che ho imparato di Elizabeth: non le piacciono le discussioni e, se può, preferisce fare finta che non siano mai esistite.
«Ancora un altro?» Mi chiede comprensivo il barista e annuisco. Purtroppo non posso neanche dimenticare con l'alcool perché per ubriacarmi mi ci vuole davvero troppo. Quindi non posso dimenticare il modo in cui le brillano gli occhi maliziosi quando mi chiama Cassy o quello che è successo quella sera nel home theatre sia prima quando me la sono ritrovata sotto, sorridente e dolcissima, sia dopo quando si è addormentata usandomi come cuscino. L'avevo guardata dormire come un idiota infatuato per un bel po' prima di addormentarmi anche io e nel sonno avevo fatto quello che non potevo fare da sveglio: l'avevo abbracciata e stretta il più forte possibile contro di me.
Oh, Lys non era stato contento di averci trovato così. Il giorno dopo mi aveva preso da parte prima dell'esibizione e mi aveva chiesto che cosa stessi facendo con la sua ragazza. Non l'avevo mai visto così, era la prima volta che in una discussione eravamo sui fronti opposti. Mi ero dovuto inventare una scusa sul momento e gli avevo detto che mi ero addormentato e probabilmente dormendo avevo creduto fosse un altra... ci aveva creduto!
E poi poche ore fa avevo completamente perso la testa. Ci avevo provato ad essere solo suo amico, giuro su Dio che ci avevo davvero provato. E il peggio è che sapevo che questa follia non era solo da parte mia, lo notavo come ogni tanto, quando pensava che non la vedessi, mi guardava. E più la conoscevo, conoscevo per davvero intendo, e più la volevo. E più la volevo e più mi chiedevo come facesse Lys a non vederla davvero perché Elizabeth non è fragile, per nulla. Non ho mai conosciuto nessuna donna capace di resistere a tutto come lei!
Butto un paio di banconote sul bancone mentre gli eventi della serata mi scorrono davanti agli occhi come un film, ancora e ancora.
Quando alla si era tolta il soprabito il mio battito era praticamente impazzito mentre mi si era seccata la bocca: era il significato vivente di bellezza. Indossava un vestito rosso -non avevo mai amato tanto quel colore come da quando l'avevo visto indosso a lei- ed era un misto d'indecenza e dolcezza. L'avevo guardata trattare con quella gente come se lo facesse da una vita ed era una ragazza completamente diversa da quella con cui abitavo. Misurava ogni parola e il suo sorriso non raggiungeva mai lo sguardo. Eppure si destreggiava con la grazia di una regina.
Ma era stanca e con una scusa riuscii a portarla fuori in terrazza. Ancora non so se avevo fatto bene o male, visto quello che era successo dopo.
Anche se lentamente, ero riuscito a mettere insieme qualche tessera del puzzle che era Elizabeth Sanders, penso amaro mentre mi dirigo verso casa, anche se non è decisamente casa mia quella.
Gli avevo chiesto se era la figlia di Richard Sanders perché mi ricordavo che Debrah mi aveva parlato della tragica morte dell'uomo e sua moglie e della povera ragazzina che ne era uscita viva per miracolo.
Elizabeth si era messa sulla difensiva, la serata era già stata abbastanza pesante. Ma quando mi aveva detto di non guardarla in modo diverso non avevo resistito perché El non aveva nessuna idea di come io la vedessi. L'avevo fatta girare su se stessa e bloccato i polsi dietro la schiena. Mi era bastata una sola mano per bloccarle entrambe le braccia talmente è piccola.
Mi ero chinato fino a quando non avevo visto le screziature castane nei suoi occhi verdi e le avevo detto la verità, di come mi facesse impazzire e quanto la desiderassi. Avevo tralasciato il fatto per cui forse mi stavo innamorando di lei.
Sentire il modo in cui s'inarcava contro di me, divorata dalla mia stessa passione, mi stava uccidendo ma mi era bastato sentire che aveva intenzione di rompere con Lys per perdere definitvamente il controllo. L'avevo baciata come sognavo di fare dalla prima sera, rivendicando quella bocca e quel corpo come mio. L'avevo trascinata su un taxi, ormai incapace di toglierle le mani di dosso. Volevo sentire tutto di lei, non mi sarei accontentato. Pensavo che le cose stavano andando finalmente nel modo giusto.
Mentre la baciavo, prima nel taxi e poi contro il muro di casa, avevo capito che non avevo mai dato abbastanza importanza a questa cosa, il baciarsi. Ma con Elizabeth era meraviglioso, come fare mille discorsi senza dire una parola.
Ma poi avevo capito che non ero io la sua scelta... io ero il rimpiazzo di qualcun altro, il tappabuchi in attesa di quello giusto, quello buono solo per fare sesso... perché a quanto pare non ho sentimenti. Ma evidentemente si sbagliano tutti o non avrei sentito come se avessi preso un pugno allo stomaco guardandola baciare lui come se pochi minuti prima non fosse stata avvinghiata a me, non mi sarei sentito morire dentro sentendola dire che lo ama.
Lo. Ama!
Furioso, tiro un pugno contro un muro ma neanche quel dolore basta a farmi smettere di pensare a lei.
Per questo quando entro in casa e la vedo in cucina non riesco a trattenermi. Mi avvicino, la provoco fino ad ottenere una reazione. La bacio ma non so se sto punendo lei o me. E quando mi stacco, sono eccitato, furioso e ferito; per questo cerco di farla sentire come me prima di andarmene. Ma l'unica cosa a cui riesco a pensare prima di addormentarmi è la frase che le è sfuggita nella rabbia del momento: "Dirgli che sono attratta dal nostro nuovo coinquilino e suo amico più caro talmente tanto che mi basta vederlo per farmi smettere di pensare e accelerare il cuore come un adolescente alla sua prima cotta?" Sapevo di non essere l'unico a provare queste cose ma ora so che lei non intende fare nulla in merito. Forse è meglio che anche io mi decida una volta per tutte a passare oltre.

«Amico, per l'amor del cielo. Non ti dico di non portartele a casa ma almeno fai un po' meno rumore!» Esclama Lys mentre si versa una tazza tè, ridendo.
Io sorseggio il mio caffè come se nulla fosse e alzo le spalle «Che ci posso fare se sono così bravo?»
Uno sbuffo mi ricorda che c'è anche Elizabeth in cucina che fissa il suo caffè come se le avesse fatto un torto personale. Ho notato che la sua pelle chiara è tirata e che sotto gli occhi sfoggia delle occhiaie non indifferenti ma faccio finta di nulla.
«Hai detto qualcosa?»
Okay, forse devo ancora lavorare sul far finta di nulla!
Lei alza lo sguardo e mi fissa con astio «Ho detto: mmmpf» e stavolta sbuffa a voce alta, senza distogliere lo sguardo dal mio.
«E cosa vorrebbe dire mmmpf?» La scimmiotto e mi diverto un mondo. Adoro anche il modo in cui le si dilatano le pupille, le guance gli diventano rosse e il respiro diventare ansimante. Farla arrabbiare è uno spettacolo!
«Vuol dire che forse le tue nuove amichette gemono e urlano un po' troppo. Chi mi fanno venire in mente? Ah sì... le attrici un film porno di serie B!»
«Davvero, dolcezza? Non sapevo fossero questi i tuoi gusti cinematografici. Buono a sapersi». E le faccio l'occhiolino da sopra la tazza, conscio di aver segnato un punto. La vedo gonfiare il petto, pronta al secondo round quando la voce di Lysandro ci riporta all'ordine. «La smettete di fare i bambini? Ma dico io, si può sapere da una settimana a questa parte che vi ha preso? Prima andavate tanto d'accordo e ora non fate altro che litigare!» Ah, se solo il mio amico sapesse.
Mi guarda ma io scrollo le spalle, indifferente. A quel punto guarda lei ma El non riesce a guardarlo, tiene gli occhi bassi e si morde il labbro. Vorrei avere il diritto di avvicinarmi e liberare quel povero labbro da quella tortura.
«Niente, Lys... non succede niente...» e la voce è spenta, come se di colpo non avesse neanche più voglia di stare in piedi.
Mi lancia un occhiata e mi sento il più grande stronzo del pianeta a farla soffrire così. Ma io soffro tanto quanto lei.
Per questo faccio un sorriso finto e tiro fuori il telefono «Scusate ma devo rispondere a Beverly».
Esco in giardino e mi lascio scivolare con la schiena contro il muro, seduto nell'unica zona non vista dalla casa.
«Pensavo che stessi rispondendo alla chiamata di una delle tue sciacquette!»
«Mi hai seguito, baby?»
Alzo lo sguardo su di lei e mi sorprendo quando la vedo sedersi di fronte a me, la schiena contro la corteccia di un albero.
«Sì, ti ho seguito».
«Non hai paura che il tuo ragazzo possa vederci?»
«Il tuo amico sta rispondendo per davvero a una chiamata e volevo lasciargli un po' di privacy».
Già, avevo detto a Lys che i soldi non erano un problema, ne avevo a sufficienza per tutta la band. Ma lui non aveva voluto saperne.
«Quant'è testardo» mi sfugge e vengo ricompensato dall'ombra di un sorriso.
«Lo so... non ha voluto neanche i miei di soldi!»
Visto che la cosa sembra lunga e non sono bravo a restare solo con lei, tiro fuori un pacchetto di sigarette e me ne accendo una.
«Posso?» E la sua domanda mi sorprende. Certo, quella sera mi aveva preso la sigaretta dalle labbra per farsi un tiro ma non pensavo fosse tipo da fumare. In ogni caso le passo il pacchetto e l'accendino. La vedo compiere i gesti come se li facesse ogni giorno e rimango incantato dal modo n cui chiude gli occhi e butta indietro la testa, godendosi appieno la prima aspirata. Mi muovo a disagio perché i jeans di colpo sono diventati troppo stretti.
Quando apre gli occhi la sta ancora fissando.
«Cosa?»
«Niente... solo che non pensavo fumassi!»
Si prende un attimo di tempo e quando mi risponde la sua voce è amara «Perché non mi hai conosciuta quando i miei genitori erano ancora vivi! Fidati, le sigarette non erano il peggio...»
«Pensavo che vivessi in un mondo dorato», lo so, avevo detto che non volevo farmi coinvolgere ma non posso neanche ignorarla in situazioni del genere. Non quando mi parla di argomenti tanto dolorosi per lei.
«Io la consideravo più una gabbia dorata. I miei genitori mi davano tutto ma in cambio volevano che fossi perfetta. E io perfetta non lo sono mai stata.» Si ferma per fare un altro paio di tiri, lo sguardo lontano «E quando sono entrata nell'adolescenza si può dire che fossi una ragazzina ribelle: le regole mi andavano strette!»
«Eravamo simili, in pratica».
Lei mi guarda sorpresa, forse si aspettava una critica da parte mia e stavolta quando mi sorride vedo anche i suoi occhi illuminarsi.
«Già... chissà, magari ti sarei anche piaciuta all'epoca!» Lo dice come se ora non mi piacesse, come se non fosse a lei che penso tipo ventitre ore al giorno.
«In ogni caso non sono più quella ragazza. Sono cresciuta!» Lo dice a bassa voce e mi chiedo se lo stia facendo capire a me o a se stessa.
Si alza e si scolla la terra dai pantaloni. Lancia uno sguardo alla porta e poi torna a guardarmi «Cosa significa quella parata di donne? Una diversa ogni notte a scaldarti il letto... anzi, penso che stanotte fossero in due!»
«Cosa t'importa? Hai già fatto la tua scelta» le ringhio addosso, ogni complicità di nuovo sparita.
«Già, la differenza è che io sto con qualcuno a cui voglio bene mentre tu... scopi in giro come se fossi un ragazzino che non sa tenerlo nei pantaloni!»
«Beh, grazie al cielo non sono affari tuoi».
Vedo le lacrime inumidirgli lo sguardo mentre si morde di nuovo il labbro. Guarda per un attimo il segno che ho sul braccio, il graffio che mi ha fatto lei per tenermi vicino mentre mi baciava, prima di guardarmi negli occhi. «Dimmi solo cosa significa».
La guardo e vorrei stringerla, baciarla fino a cancellare quel dolore invece rimango immobile.
«Castiel, per favore! Dimmelo!» Non credo si sia accorta di aver alzato la voce o del fatto che alla fine ha iniziato a piangere.
Mi fa male vederla così ma le rispondo ugualmente.
«Sinceramente, Elizabeth, cosa pensi che significhi? Mi ero preso una pausa, con il fatto della band nuova e tutto il resto. Ma ora sono tornato alla mia solita vita. In fondo, dolcezza, sono giovane bello e famoso... perché non mi dovrei divertire?» Sfoggio la mia aria più arrogante ma la verità è che quelle parole mi lasciano l'amaro in bocca.
La vedo portarsi una mano al petto e l'altra a coprire la bocca aperta in un oh di dolore.
Non mi risponde, la sento solo singhiozzare prima di voltarsi e correre via.
In fondo, lei ha fatto la sua scelta. Ma per quanto me lo ripeta, non mi sento meglio.

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Capitolo 9
*** Capitolo 08 ***


Ha ragione lui: ho fatto la mia scelta. Allora perché non ne sono felice?
Mi sciacquo il volto cercando di cancellare il pianto che mi sono appena fatta, non saprei come spiegarglielo a Lys.
Le mani mi tremano sotto l'acqua gelida e devo fare un enorme sforzo per recuperare il controllo.
Non so neanche io perché l'ho seguito quando ha detto che doveva rispondere alla ragazza di turno. Non credo che si ricordi neanche i loro nomi.
Sono gelosa, ecco l'ho detto.
Guardo il mio riflesso nello specchio e sono uno straccio. Non dormo da giorni, da quando Castiel ha deciso di comportarsi da stronzo, e si vede. La pelle è tanto chiara che si vedono le vene sotto e con gli occhi che mi ritrovo, arrossati e cerchiati di nero, sembro pronta a recitare la parte di uno zombie in un film horror.
Ma se dopo una sola settimana sono ridotta in questo modo, come farò ad andare avanti? Per carità, magari le cose miglioreranno.
Sconfitta, prendo la trousse dei trucchi e cerco di farmi bella o se non altro a somigliare ad un essere umano vivo.
In camera incontro Lys che mi sorride raggiante. Che strana equazione che si è formata: più sto male per Castiel e più Lys si fa in quattro per dimostrarmi il suo amore. Il risultato però è che così sto male e mi sento anche in colpa.
«Com'è andata?»
«Non ci crederai ma ci hanno chiesto di aprire per un grosso concerto. Vedi piccola, non tutto è perduto?»
Cucciolo, pensa che sono ridotta così per quello che gli è successo. Ma quanto sono stronza?
«Già» gli mormoro poco convinta, un sorriso più finto di quello delle barbie ma nascondo velocemente il volto nell'armadio. Tiro fuori un camicetta bianca e una gonna a tubino nera molto professionale.
Lys si avvicina e mi bacia alla base del collo; per una volta sono io ad allontanarmi.
Senza neanche guardarlo mi tolgo i jeans e il top rimanendo con indosso solo l'intimo di pizzo color perla. Sento Lysandro trattenere il respiro e lo guardo da sopra la spalla «Tranquillo amore mio, non è un modo per sedurti. Sono solo di fretta!»
Lui distoglie lo sguardo e si schiarisce la gola borbottando «Non lo credevo, tranquilla...».
Infilo i vestiti e mi abbasso per infilare un paio di decolté nere.
«Scusa, cosa significa? Pensavo che volessi fare le cose con calma e ti sto dimostrando che rispetto quello che vuoi!» Non si merita questo astio, non è con lui che sono arrabbiata ma purtroppo lo stronzetto dai capelli rossi non è qui.
«Sì, El. E ti ringrazio. Ma da qualche giorno non ti fai neanche abbracciare o, Dio non voglia, baciare!»
«Possiamo rimandare la discussione? Non ho la testa per affrontare anche te» lo guardo supplicante e lui subito si addolcisce.
«Scusami piccola. So che è una prova difficile per te ma vedrai che andrà tutto bene». Annuisco poco convinta mentre lego i capelli in una treccia e indosso una delle collane di perle di mia madre. Quando mi guardo allo specchio neanche mi riconosco: sembro lei quando la mattina si preparava per andare con papà in ufficio. Ricaccio indietro le lacrime e prendo una pochette.
A Lys gli do un frettoloso bacio sulla guancia con un «Non sto via molto», prima di sgusciare fuori dalla stanza.
E con mia grande fortuna incontro il mio incubo personale in fondo alle scale. Quando mi vede sgrana gli occhi mentre con lo sguardo sembra spogliarmi.
«Quanto siamo eleganti» mi sfotte con un sorriso ironico «appuntamento importante?»
Lancio un occhiata alla mie spalle ma Lys non è in vista quindi finisco di scendere e annullo le distanze. Sono furiosa, mi ha ferita come neanche s'immagina.
«Cosa t'importa, Castiel?» Sputo fuori il suo nome come fosse un insulto. «Poco fa in giardino hai chiarito piuttosto bene la tua posizione», potrei giurare che a quelle parole un lampo di dolore gli ha spezzato lo sguardo ma probabilmente è solo un riflesso del mio.
Deglutisco e abbasso la voce «Prima ero uscita per parlarti di questo perché avevo bisogno di un amico, del mio amico!»
Non piangerò. Non. Piangerò!
«El... baby...» mi sfiora il braccio ma mi ritraggo come fossi scottata.
«No! Niente El e niente baby. Negli ultimi tempi devo essere stata davvero stupida ma ora ho capito: io e te non siamo amici, non lo siamo mai stati!»
Sbianca e indietreggia di un passo. Sembra che gli abbia tirato uno schiaffo. Bene, ora sa come mi sono sentita io prima!
Poi, senza degnarlo di una sola occhiata, esco di casa ed entro nel taxi che mi stava aspettando.

Le mie scarpe ticchettano sul pavimento di marmo e sento gli sguardi degli altri seguire ogni mia mossa; all'esterno sono fredda, imperturbabile. Ogni tre mesi devo affrontare tutto questo: ore e ore di riunioni, decisioni da prendere e decine di impiegati che mi guardano come se tenessi le loro vita tra le mie mani. Non ho mai voluto amministrare le aziende dei miei genitori, non perché non ne sia capace visto che sono naturalmente portata per muovermi tra grossi numeri; non volevo semplicemente perché non mi piace. Eppure ogni trimestre vengo qui e mi fingo quella che non sono. Divento la perfetta figlia dei miei genitori, quella che quando erano in vita non sono mai stata.
«Posso portarle una tazza di caffè? O di the?» La segretaria mi guarda tenendo lo sguardo basso e potrei giurare che le stiano tramando le mani; è nuova e per assurdo non dev'essere molto più piccola di me. Al momento non credo che riuscirei a mangiare nulla ma mi sforzo di sorridere «Un caffè, sarebbe perfetto. Senza zucchero e con un goccio di latte freddo.» Lei fa un piccolo sorriso, so per esperienza che quando si è agitati si preferisce ricevere ordini dettagliati e senza margini di errore, e dopo aver praticamente squittito un «Arriva subito!» Scappa via.
Con un sospiro mi avvicino alla vetrate e sento il cuore fare una piccola capriola: alcuni bambini giocavano in giardino, io guardando una vista da milioni di dollari. Sfioro con la punta delle dita il vetro ricordando quando durante una sfuriata da adolescente ci ho tirato contro una sedia: neanche un graffio. E mio padre mi aveva guardata come se fossi divertente.
Quanto mi aveva fatto infuriare.
Dopo di che mi aveva detto che mi avrebbe ridotto il budget settimanale ed ero stata congedata; ricordo ancora come avevo preso le carte di credito e gliele avevo sbattute sulla scrivania. «Pensi che m'importi? Vorrei che per una sola volta mi guardassi come tua figlia e non come una tua dipendente o come la tua erede!» Me n'ero andata con le lacrime agli occhi ma dopo ero troppo fatta per importarmene.
«Persa nei ricordi, Elizabeth?» Una voce baritonale mi riscuote e mi strappa un sorriso. Mi giro e mi trovo di fronte un uomo imponente: Adam Solovyov, quasi due metri di altezza per ottanta chili: in confronto a lui sembro una bambina. I suoi capelli biondi stanno diventando bianchi sulle tempie e intorno agli occhi ha delle rughe nuove eppure mi sembra solido come sempre.
«Ciao Adam, è sempre bello vederti!» Mi avvicino e mi lascio abbracciare da questo orsetto russo gigante. «Ti vedo stanca, bambina. Qualcosa non va con il tuo ragazzo?» Scoppio a ridere perché so che se gli dicessi di sì, Lys si ritroverebbe con le ossa rotte ancor prima di sera. Adam non è solo il mio braccio destro, è la mia ancora di salvezza e il mio paladino fin da quando ero adolescente.
«Tranquillo, Lys mi ama e non mi ferirebbe mai», al contrario mio che continuo a star con lui pur essendomi innamorata di un altro.
Cos...? No, io non amo Castiel. La mia è solo una stupida cotta! Ecco, così è meglio.
Sento bussare alla porta e vedo la segretaria entrare. Lancia uno sguardo adorante ad Adam e devo ammettere che è piuttosto carina con i capelli biondi legati in una coda e gli occhiali neri stile geek. Noto che anche Adam la fissa con altrettanto interesse. «Posso fare altro per lei, miss?»
«No, grazie.» Posa la tazza sul ripiano e mi basta sentirne l'aroma per pensare alle labbra di Castiel.
Devo pensare ad altro e quindi mi rivolgo alla ragazza «Mi potresti ripetere il tuo nome?»
Lei sussulta «Irene Dormer».
«Inglese?»
Lei annuisce «Di Whitby, miss».
Adam mi guarda incuriosito mentre prendo la mia tazza e ne bevo un sorso. «Beh, spero davvero che si trovi bene qui», lei guarda per un attimo Adam prima di arrossire mentre suo malgrado la vedo sorridere. «Molto, miss».
«Bene! Sono sicura che avrà di meglio da fare che servirmi e riverirmi», negli suoi occhi vedo un lampo divertito. «È stato un piace incontrarla, miss» e dopo un mormorio rivolto ad Adam se ne va.
Quando mi giro verso di lui noto che sta osservando il punto in cui la ragazza è sparito, un sorriso idiota in volto. Incapace di trattenermi gli tiro una gomitata sul fianco «Da quello che so alle risorse umane hanno ancora le rigide regole di comportamento di mio padre... o sbaglio?»
«Non c'è nulla tra me e Irin- la signorina Dormer. E anche se non ci fossero anche quelle regole, abbiamo 22 anni di differenza!»
Lo guardo inarcando un sopracciglio ma non dico nulla.
Invece inclino la testa di lato «Andiamo?»
Lui guarda l'orologio e sospira «Forza, sarà una lunga giornata!»

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Capitolo 10
*** Capitolo 09 ***


Quando il taxi si ferma davanti casa, noto che è tutto buio e silenzioso. Non era una cosa così strana quando eravamo solo io e Lysandro ma da quando Castiel si è trasferito da noi non era mai successo; mi ero abituata ad averlo sempre intorno, sia quando eravamo amici -perché non importa così gli avessi detto questa mattina o quanto ci fossimo feriti a vicenda, noi eravamo davvero amici!- sia quando abbiamo iniziato ad ignorarci; mentre ora entrare in casa e non trovare nessuno mi riempe gli occhi di lacrime mentre una sensazione di vuoto mi striscia sotto pelle fino a stritolarmi il cuore in una morsa gelida.
Ti prego Dio, fai che non se ne sia andato!
Come una pazza, faccio le scale di corsa e apro la porta. Quando vedo tutte le sue cose al loro posto, il panico che non sapevo neanche di provare si allenta e mi lascio scivolare a terra, scossa dai singhiozzi. Quando ero nell'ufficio ho accantonato velocemente, forse anche troppo, i miei sentimenti per Castiel ma dopo gli ultimi minuti non posso più negarlo a me stessa: mi sono innamorata di Castiel, completamente. Sapere che Lys sarebbe andato via per alcuni giorni alla fattoria dei suoi genitori non mi aveva particolarmente scosso ma l'idea di non vedere Castiel mi ha quasi uccisa.
Quando ho iniziato a smettere di desiderarlo soltanto e ho iniziato ad amarlo?
Non lo so e onestamente il pensiero mi fa ancora paura. Perché rimane il fatto che ho il terrore di perdere la mia sicurezza con Lys mentre Castiel è come lanciarsi da un dirupo senza sapere se il paracadute si aprirà in tempo!
Ora mi rendo conto che ho mentito quando gli ho detto se non sapevo sa amavo ancora Lys... perché io non l'ho mai amato! Gli voglio bene e mi farei sparare per salvarlo ma, in confronto a quello che sto provando ora, sembra tutto così pallido e insignificante.
E ho sbagliato anche nei confronti di Castiel, io per prima dovrei sapere cosa significa quando qualcuno ti fa credere di essere uno sbaglio. Ho vissuto per quasi tutta la mia vita così.
Mi rialzo ma non voglio ancora andarmene; faccio scorrere le dita sulle sue cose: i libri accatastati, alcuni souvenir provenienti da chissà dove, la custodia della sua prima chitarra, il suo letto. Quando arrivo a quest'ultimo cedo alla tentazione e mi ci rannicchio sopra; il cuscino ha il suo odore, quel profumo che dannazione se mi è mancato. Le lacrime si stanno asciugando anche se probabilmente ora assomiglio a un panda e la treccia mi si è completamente disfatta. Abbraccio con ancora più forza il cuscino. Due minuti e me ne vado... solo due minuti.

«Baby», sento un respiro caldo contro il collo mentre una mano mi scuote gentilmente. Piano piano riemergo dal mondo dei sogni in cui ero sprofondata profondamente per la prima volta da settimane e mi ritrovo a fissare a distanza ravvicinata gli occhi argentati di Castiel. Ci metto qualche secondo a rendermi conto che mi sono addormenta sul suo letto che sto ancora stringendo il suo cuscino come una bambina bisognosa di affetto.
Lo guardo allontanarsi e fissarmi in modo spudorato: la camicetta sbottonata lascia intravedere il pizzo del reggiseno e la gonna si è arrotolata intorno alle gambe. Mi sento arrossire tutta, persino sul collo e il petto. Castiel sorride. «Non dico che non sia una piacevole visione ma posso sapere cosa ci fai qui? Soprattutto dopo tutte le cose carine che mi hai detto stamattina».
Mi tiro a sedere di scatto, certa di essere rossa come un pomodoro. Nei film c'è sempre quel momento in cui il protagonista di turno deve prendere una decisione e puntualmente fa la cosa sbagliata per poi passare il tempo seguente a cercare di rimediare. Io non so cosa sta succedendo alla mia vita ma so che non voglio fare la scelta sbagliata.
Posso andarmene e trovare rifugio nella relazione confortevole con Lys... o posso per una volta essere sincera con Castiel.
Ho paura, non so se lanciarmi da questo dirupo o meno. Ho paura di rimanere ferita.
Eppure quando lo guardo in volto, quel viso così bello, mi rendo conto che neanche lui sembra felice; sembra stanco tanto quanto me.
«Mi manchi» mi sfugge dalle labbra.
«Scusami ma faccio fatica a crederci!» Incrocia le bracia sul petto e si appoggia con la schiene contro lo stipite della porta. «Ogni volta che ci siamo parlati, sei stata piuttosto chiara su quello che pensi di me!»
Mi alzo perché se sono riuscita ad ammettere quella piccola verità, allora posso anche dirgli tutto il resto.
Mi avvicino fino ad essere a pochi centimetri da lui, per guardarlo devo buttare indietro la testa. «Possiamo per un momento deporre le armi e smettere di ferirci a vicenda?»
Castiel è sorpreso ma qualcosa nel suo atteggiamento sembra ammorbidirsi un pochino. Poi mi alzo in punta di piedi e faccio l'unica cosa che desidero da troppo tempo: lo bacio.
Gli sfioro le labbra con le mie e lo sento irrigidirsi. Non mi do per vinta mentre mi avvicino ancora di più. Sfioro il suo labbro inferiore con la punta della lingua, lo stuzzico, cerco una sua reazione. E non tarda ad arrivare quando sposta le braccia sui miei fianchi, annullando ogni distanza e il bacio diventa qualcosa di più. Affamato, voglioso e assolutamente perfetto.
Non ti rendi conto che ti mancava qualcosa fino a quando non lo trovi e io mi sento completa per la prima volta, a casa solo tra le sue braccia.
Sono in punta di piedi, tesa fino allo spasimo, e vorrei solo che questo momento non finisse mai.
Purtroppo non è possibile e quando si stacca mi sfugge uno mugolio di protesta. Lui sorride e m'infila una mano tra i capelli «Elizabeth, non giocare con me» e poi aggiunge, in tono quasi disperato «Per favore!» Le sue parole mi provocano una fitta al cuore. Lo prendo per mano e lo trascino fino al letto. Castiel, che non si può certo dire che sia stupido, si siede e mi trascina sulla sue gambe. Ora finalmente siamo alla stessa altezza, occhi negli occhi.
«Non sto giocando, Castiel.»
«Perché io non sono quello con cui fare sesso per toglierti la voglia prima di tornare dal tuo fidanzato perfetto, okay? Io non pos-» prima che possa dire altro mi sporgo e lo bacio di nuovo. Ci perdiamo l'uno nel sapore dell'altro e quando sono certa che non dirà altro, mi sposto e gli dico la verità come se fosse la cosa più semplice del mondo «Mi sono innamorata di te».
Guardo le emozioni rincorrersi sul suo volto e poi sussurrare «Fino a prima amavi lui, com'è possibile?»
«No, ho mentito. Gli voglio bene ma lui non è te!»
E quando mi bacia è come se fosse la prima volta! Mi divora le labbra fino a quando non riesco più a respirare e il cuore mi batte forte nel petto. Mi aggrappo a lui, faccio scorrere le dita tra i suoi capelli e li tiro strappandogli un altro mugolio.
Sposto indietro la testa, fremo quando lo sento scendere sul collo. Mi morde sulla clavicola e sento ogni terminazione nervosa infiammarsi; nel frattempo le sue mani scorrono voraci sul mio corpo e velocemente finisce di slacciare la camicia. Quando le sue labbra continuano a scendere, inarco istintivamente la schiena e un piccolo ansito mi graffia la gola. In questa posizione sento la sua erezione crescere contro di me e neanche mi rendo conto di aver iniziato a far oscillare il bacino contro.
Segue con la lingua la linea superiore del reggiseno e mormora contro la mia pelle «Sei bellissima!»
Gemo e tremo, ormai ho del fuoco liquido che mi brucia nelle vene.
«Non ho mai provato nulla di simile prima» ansimo e dire che non è ancora sceso più giù del seno.
Razionalmente so che sto sbagliando ancora, sono ancora fidanzata con Lysandro e quando gli ho detto cosa provo per lui non mi aspettavo di finirci a letto ma la verità è che sembra così giusto e il pensiero di staccarmi da lui mi fa fisicamente male! All'improvviso sposta le mani sulle mie cosce e con un semplice movimento inverte le posizioni, stendendomi con la schiena contro il letto mentre lui pesa sopra di me.
Si sposta quando basta per togliermi la gonna e io alzo le anche per aiutarlo. In questo momento farei qualsiasi cosa mi chiedesse, anche buttarmi giù da un ponte.
«Dio, non hai idea di quante volte ti ho immaginata così nel mio letto!» Il modo in cui mi guarda mi fa sentire davvero bella... no, mi fa sentire perfetta. Poi il suo sguardo si posa sul mio collo e noto la sorpresa e lo shock. Porto le mani al nastro... o dove dovrebbe essere perché mi rendo conto che si è sciolto e ora giace inerme sul letto.
Imbarazzata faccio per alzarmi ma Castiel mi blocca le braccia sopra la mia testa, anche questa volta gli ci vuole solo una mano per imprigionarmi i polsi, e di colpo mi sento vulnerabile come non mai.
Sento le sue labbra proprio sulla cicatrice e apro gli occhi di scatto. E dire che non mi ero neanche resa conto di averli chiusi! Ma quando lo guardo non vedo traccia di pietà o disgusto; mi guarda ancora come se fossi la donna più bella del mondo.
«Con me non ti devi nascondere, mai!» E quel suo tono autoritario e dolce allo stesso tempo accende un nuovo tipo di eccitazione in me. La mia cicatrice è davvero brutta, spessa e irregolare, prende tutto il lato sinistro del collo eppure quando si abbassa a baciarmi di nuovo me la dimentico. «Posso?» Mi indica il polso coperto che nasconde una griglia di cicatrici simile a quella sul collo ma annuisco lo stesso. Quando toglie il nastro mi sento nuda e per una volta non me ne importa.
Ci baciamo e trovo naturale perdermi in lui. E quando raggiungo l'orgasmo, ferocemente aggrappata a lui, urlo tanto da graffiarmi la gola.
La discesa dal paradiso alle sue braccia è lenta, adoro sentire il suo peso su di me. «Ti sto schiacciando», ridacchia Castiel prima di posarmi un bacio sulla punta del naso. «Non fa nulla» e mi trovo a ridere anch'io come un adolescente.
Onestamente riesco a respirare a malapena ma stare tra le sue braccia è un afrodisiaco naturale.
«Baby, ti sei addormentata?» Alzo le palpebre e lo guardo praticamente con i cuoricini negli occhi.
«Adoro starti così vicina» e pigramente faccio scorrere le dita lungo la sua spina dorsale. «Piace anche a me in effetti» e mi fa il suo solito sorrisetto malizioso. Poi, di colpo, si fa serio «Vuoi parlarne?»
«Del fatto che abbiamo appena fatto l'amore?» E lui scoppia a ridere, sento il suo petto vibrare in modo piacevole. «No, gattina. Delle cicatrici».
«Ah», rimango un attimo in silenzio e lui ne approfitta per girarsi sul fianco e trascinarmi con se. Affondo il volto contro il suo petto «Non c'è molto da dire. Quella sera guidava mio padre, mia madre era seduta al suo fianco e io dietro; loro stavano parlando di affari». Faccio un respiro profondo, fa male ricordarsi di quella notte. «Onestamente stavano proprio discutendo: mia madre urlava e mio padre era sempre più nervoso, negli ultimi mesi erano sempre in quel modo.» Gli bagno il petto con le lacrime, non ho mai smesso di piangere per quello che è successo, la mia scorta di lacrime sembra infinita.
«Respira, baby. Ci sono qui io con te» e io faccio come mi ha detto, abbracciandolo ancora più stretto.
«Cercavo in ogni modo di ignorarli, odiavo sentirli litigare in quel modo, e mi concentravo sul cellulare. Pioveva a dirotto e mio padre aveva un po' bevuto... non ha visto in tempo il camion che arrivava dalla direzione opposta.
Hanno dovuto segare il metallo della macchina per tirarmi fuori, loro erano già morti», le sue braccia mi stringono più forte, quasi volesse assorbire tutto il mio dolore «Non ho detto neanche ai poliziotti che sono venuti alcuni giorni dopo in ospedale di quel litigio... o che mio padre è morto sul colpo ma mia madre no! L'ho vista spegnersi lentamente, ogni minuto che passava un atroce agonia. Eppure nonostante soffrisse atrocemente, ha continuato a parlarmi; è persino riuscita a prendermi per mano. Mi sono resa conto che era morta quando ho sentito le dita strette alle mie perdere la presa e farsi pesanti. Penso che non ci sia nulla di più orribile di quella sensazione!»
Non mi ero mai resa conto di quanto avessi bisogno di parlarne con qualcuno, neanche a Lysandro ho mai detto tutta la storia. «Mi dispiace, Lizzie. Potessi, cancellerei tutto il tuo dolore!»
Alzo la testa e lo guardo, un minuscolo sorriso sul mio volto «Lizzie?»
«Beh, ti chiamano tutti El... dovevo trovare un modo per distinguermi!»
Ridacchio e onestamente solo lui sarebbe capace di farmi parlare dell'incidente per poi ridere subito dopo. Mi tiro un po' su e lo bacio piano «Fidati, tu ti distingui!»
Mi accoccolo di nuovo contro il suo fianco e con un sorriso mi addormento ascoltando il battito del suo cuore.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


A svegliarmi è la troppa luce che filtra dalla finestra. Lentamente prendo coscienza che non sono avvolta in circa una decina di piumoni ma è Castiel che è troppo caldo. Sorrido ancor prima di aprire gli occhi, già immaginandomi tutte le battutine che mi farà quando glielo dirò.
Quando alla fine decido di aprire gli occhi, guardo l'uomo sdraiato non accanto a me ma praticamente sopra di me. In qualche momento della notte ci siamo girati e attorcigliati e ora è sdraiato sullo stomaco con un braccio piegato sotto il cuscino e l'altro stretto intorno ai miei fianchi; inoltre, le nostre gambe sono un unico gomitolo. Capisco quali sono le mie soltanto perché sono quelle chiare e depilate!
Ridacchio piano per non svegliarlo mentre lentamente esco fuori dal suo abbraccio, oserei dire, possessivo. La mia prima intenzione era quella di andare in bagno anche perché sinceramente l'alito mattutino non è mai il più profumato ma ora che lo vedo bene, con il lenzuolo che a malapena gli copre i glutei, sento l'eccitazione crescermi dentro.
Mi dispiace aver tradito Lysandro ma non mi pento di nulla di quello che è successo. E poi credo che potrei svegliarmi così anche per il resto della mia vita ed esserne felice.
L'unico neo è che in tutto quello che ci siamo detti, Castiel non mi ha detto che anche lui mi ama; non sono una di quelle ragazze che vuole delle etichette a tutti i costi ma sentirselo dire sarebbe stato comunque... carino. In ogni caso scaccio questi piccole nuvole scure e mi siedo di nuovo sul letto. Lo bacio all'inizio della spina dorsale e Castiel emette un piccolo gemito di piacere. Sorrido contro la sua pelle che potrebbe rapidamente diventare il mio dolce preferito!
Scendo con le labbra lungo tutta la schiena, strappandogli vari brividi, e quando arrivo sul suo sedere faccio una cosa che non avevo mai fatto prima: gli do un piccolo morsetto.
«Buongiorno anche a te, tigre», lo sento ridacchiare, la voce impastata dal sonno. «Non sono riuscita a trattenermi: hai un lato B di tutto rispetto» gli rispondo con un sorriso mentre lui si gira e mi tira contro il suo petto. Quando mi bacia mi rendo conto che tutto questo non è un sogno e non sono mai stata tanto felice.
E questa volta facciamo l'amore lentamente, piano e tanto intensamente che quando raggiungo le vette del piacere l'unica cosa a cui riesco a pensare è solo il suo nome.

Ci è voluta un altra ora abbondante prima che riuscissimo lasciare il letto ma alla fine abbiamo deciso di dare le giuste priorità alle cose. Ridacchio mentre sciolgo del burro in una padella; Castiel è andato a farsi una doccia e abbiamo convenuto che non fosse il caso che lo seguissi altrimenti avremmo fatto tutto tranne lavarci.
Il sesso è fantastico, sarà perché non lo facevo da una vita o perché lui è particolarmente bravo, ma non è neanche la cosa migliore di questa mattina; c'è qualcosa di diverso in Castiel da quando gli ho detto che lo amo, come se avesse abbassato le difese.
Canticchio a bassa voce con le cuffiette alle orecchie, ballando a ritmo mentre inizio a sminuzzare alcune erbe aromatiche da mischiare alle uova.
Vado avanti alcuni minuti mentre il ritmo incalzante mi prende sempre di più. Velocemente metto tutto nella ciotola e con una frusta mescolo le uova, aggiungendo ad occhio anche un po' di sale, pepe e alcuni cubetti di pancetta e formaggio.
Quando inizia il ritornello di Wicked Games dei The Weeknd, faccio una giravolta che però si blocca a metà quando vedo Castiel appoggiato al muro della cucina che mi fissa con un sorriso.
Tolgo le cuffie, un po' imbarazzata. «Scusa, cantavo troppo forte?»
«Eri perfetta, anche se devo avvisarti che se continui a ballare e cantare in quel modo con indosso solo un paio di slip e la mia maglietta potremmo avere dei problemi a fare colazione», normalmente basterebbe anche solo quello sguardo per farmi arrossire ma con quella voce roca mi manda in tilt il cervello. Per questo mi giro e inizio versare in piccole dosi le uova nella padella con il burro. «Non possiamo passare tre giorni a fare sesso!» Gli dico non appena riesco a recuperare il controllo del mio respiro.
Lo sento ridere e basta quello per farmi sorridere. «Perché no? Sono abbastanza sicuro che questo tavolo ci reggerebbe entrambi».
«Castiel, per favore...» vorrei poter dire che sento così caldo perché sto cucinando ma sarebbe mentire spudoratamente. Gli lancio un occhiata da sopra la spalla, lo vedo appoggiato in avanti con i gomiti sul tavolo e una serie di immagine lascive mi strappa un piccolo squittio.
Castiel scoppia a ridere «Va bene, farò il bravo».
Faccio scorrere davanti a lui un piatto pieno di piccole frittatine, un paio di fette di pane tostato e una tazza di caffè nero, forte come piace a lui.
«Wow, tutto per me?»
«Beh, ho immaginato che dovessi recuperare le energie» e gli faccio l'occhiolino mentre mi verso un tazza di caffè anche per me.
Lui mangia una forchettata e quando lo mette in bocca gli esce un suono di piacere che basta a rendermi elettrica. «Cazzo baby, è stupendo. Non ho ancora mangiato qualcosa cucinato da te che non mi piacesse da impazzire!»
Il mio sorriso è talmente ampio che tra un po' inizierò a sentire dolore agli zigomi «Davvero? Non mi avevi mai detto nulla». In casa sono l'unica che cucina e, fino alla grande litigata di settimana scorsa, ero io ad occuparmi dei pasti per tutti ma c'è qualcosa di particolare nel cucinare appositamente per l'uomo che ami.
«Vieni qui».
«Perché?»
«Lizzie, è un ordine», mi mordo un labbro per non ridere al suo tono autoritario che comunque ha il potere di rendermi le gambe di gelatina. In ogni caso mi avvicino a lui ma prima che possa capire cosa voglia fare mi tira verso di sé, facendomi sedere di botto sulle sue gambe.
«Ecco, così è meglio» e mentre lo dice mi circonda la vita con un braccio, facendo aderire la mia schiena al suo petto. Stavolta ridacchio proprio prima di girarmi per baciarlo. «Chi l'avrebbe mai detto che sotto quest'aria da musicista di successo si nascondeva un uomo della caverne».
«Normalmente non lo sono, sei tu a rendermi così» mi bacia sul collo prima di aggiungere «dalla prima volta che ti ho vista desidero solo caricarti su una spalla e portarti in un grotta per farti mia!»
Mugolo e sospiro, Castiel saprebbe rendere perfetta anche una scena simile.
Mi bacia ancora sul collo, tanto forte da lasciarmi probabilmente il segno, prima di spostarmi leggermente di alto e mangiare un altro po'. «Forza, hai cucinato abbastanza per due» e mi porta la forchetta alle labbra. Alzo gli occhi al cielo e poi li riporto su di lui. «Sei serio? Mi hai fatto sedere sulle tue gambe e ora m'imbocchi... quanti anni pensi che abbia? Cinque?»
«Fidati baby, so benissimo quanti anni hai». Purtroppo prima che possa dire altro aggiunge «Cucini sempre e non mangi quasi nulla. Fammi contento!»
E onestamente quale ragazza sarebbe capace di dirgli di no?
Ma c'è un limite a tutto e gli prendo la forchetta di mano per mangiare da sola. In pochissimo finiamo di mangiare tutto, pur continuando a chiacchierare. Mi piace questa intimità che c'è tra noi: non è solo sesso, o fare l'amore, ma anche il fatto che possiamo parlare per ore di qualsiasi cosa e capirci al volo.
A un certo punto della colazione è anche arrivato Wolf, nella speranza di avere qualcosa da mangiare, e quando ha iniziato a fargli le coccole mi sono sciolta completamente.
Ci spostiamo nel home theatre, in fondo questo è un po' il nostro posto, il luogo dove prima stavamo insieme per ore. Castiel si porta dietro la chitarra e io lo fisso affascinata provare nuovi pezzi. È una di quelle giornata che scorrono pigre e il tempo pare muoversi a un altra velocità.

«Sai, ho sempre amato le chitarre, fin da bambino. Un giorno mia madre, di ritorno da un viaggio, mi ha portato questa piccola chitarra... avrò avuto otto anni e ancora oggi credo che è stato il regalo più bello che potesse farmi», finisce di raccontarmi di come ha iniziato a suonare e non posso fare a meno di sorridere.
«Dev'essere una buona madre».
«Lo è... quando ero adolescente ero perennemente incazzato con i miei genitori ma ora abbiamo ritrovato il nostro rapporto» si ferma e mi accarezza i capelli, intrecciando le dita ai ricci che oggi sono più ingestibili del solito. «Ti da fastidio parlarne?»
«Sinceramente no... mi chiedo solo se anche il mio rapporto con i miei genitori sarebbe migliorato con il tempo.» E mi rendo conto che per tutta il giorno non ho indossato neanche un nastro a coprire le cicatrici; è la prima volta in assoluto.
Gli rubo il peltro di mano -è stupendo, tutto nero con una scingola striscia rossa, mi ha spiegato che è stato il suo primo e lo usa solo in casa per paura di perderlo- e poi mi accoccolo contro di lui. «Sai, uno dei motivi di litigio con mio padre era proprio quello che avrei dovuto fare da adulta; per lui era inconcepibile che non volessi ereditare il suo impero».
«E tu non volevi?»
«Onestamente ancora non lo so se voglio gestire tutta l'azienda. Ora l'idea m'ispira ma forse ho troppa paura. Per questo vivo così male ogni incontro trimestrale!»
«E quando eri ragazza cosa volevi fare?»
«Volevo diventare uno chef!»
«E perché non l'hai fatto? Sei bravissima!»
Rido piano «Perché ho lavorato in un ristorante alcuni anni fa e sono resistita nove giorni!» Quando glielo dico sbarra gli occhi e si unisce alla mia risata «Nove? Sul serio?»
Al ricordo mi viene ancora più da ridere «Troppe persone che mi urlavano cosa fare, per me cucinare è un piacere personale non una guerra... e quindi per il nervoso ho fatto volare una pentola in cucina!»
A questo punto non so neanche chi dei due sta ridendo di più. Mi sto ancora asciugando le lacrime agli angoli degli occhi quando mi attira contro di se per baciarmi. «Eri una vere peste!»
«Secondo il padrone del ristorante sono troppo emotiva»
Andiamo avanti a baciarci per alcuni minuti, ora non stiamo più ridendo. Quando ci separiamo faccio fatica a respirare, credo che il cuore mi stia per rompere qualche costola talmente batte forte, le labbra mi formicolano e ho la testa leggera, euforica.
«Ti ricordi la  prima volta che ti ho trovato qui?»
«Sì, ho fatto fatica a non baciarti quella volta!»
Anche io. Non lo dico ma credo che lo sappia. «Tra noi c'è sempre stata una palpabile tensione sessuale fin dalla prima volta che ci siamo visti ma penso di essermi innamorata in quel momento, mentre scappavo per non farmi fare il solletico e l'unico posto in cui volevo andare era tra le tue braccia».
È sorpreso, si vede ma in realtà me ne sono appena resa conto anche io; non sapevo di portarmi dietro questi sentimenti da tanto tempo.
«Ieri sera mi hai detto di non giocare con te. Per me tutto questo non potrebbe mai essere un gioco perché sei diventato una parte importante di me. Ti amo fino all'inferno e ritorno!» Non sono brava a parlare dei miei sentimenti ma anche se forse sono stata troppo banale o semplice, erano comunque parole vere.
Castiel mi tira verso di sé e mi bacia; come ogni volta mi sciolgo contro di lui ma noto che ancora una volta il mio ti amo è stato accolto dal silenzio. Mi bacia piano, delicatamente e, da come mi prende in braccio per sistemarci meglio sul divanetto, sembra che io abbia scritto la parola fragile in fronte.
So che mi ama, credo che questo bacio sia il suo modo di rispondermi.
Un momento perfetto ma destinato a restare solo questo: un momento. Un rumore sordo ci fa separare di colpo e sulla soglia, con lo sguardo di uno a cui abbiano appena sparato, c'è Lysandro.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Rimaniamo a fissarci per per quella che a me sembra un eternità.
Lys sposta rapidamente lo sguardo da uno all'altro, cocci di vetro a terra intorno ai suoi piedi e una miriade di espressioni che si susseguono sul suo volto. Per assurdo la prima cosa che mi viene in mente è la frase "Non è come pensi"... beh, ora che mi sono ritrovata a un passo dal dirlo sul serio credo che non criticherò più i personaggi dei film!
Faccio ancora fatica a respirare ma questa volta non è per l'eccitazione ma per qualcosa di molto simile alla paura. Okay che volevo dirglielo ma non così, per amor del cielo!
«Amico, posso spiegarti» ed ecco la seconda frase da cliché, uscita dalla bocca di un Castiel cadaverico che si è alzato a una velocità assurda dal divano.
Mi stringo le braccia intorno al busto, di colpo sto congelando mentre Lys scoppia in una risata aspra, amara. «Dubito che tu possa spiegarmi qualcosa, amico» e da come pronuncia quest'ultima parola sembra più un insulto che altro.
Un lampo ferito passa sul volto di Castiel ma Lysandro non ha finito. «Mi sembra piuttosto ovvio che mentre io cercavo di far funzionare tutto, tu come al tuo solito ti sei dovuto prendere ogni cosa. Non ti bastano tutte le groupie che ti scopi, dovevi anche infilarti nelle gambe della mia ragazza?»
«Hai ragione ad essere furioso con me... mi sono comportato da stronzo e da pessimo amico».
A quanto pare è vero tutto quello che si dice sul non ferire mai una persona buona. Non riesco a risentirmi per le parole scelte da Lys perché so che è solo frutto del dolore ma non sopporto che Castiel si prenda tutta la colpa.
Prima però che possa dire qualcosa Lysandro ha tirato un pugno a Castiel, cogliendolo talmente di sorpresa da farlo finire a terra.
Non ragiono, non penso e onestamente non mi rendo neanche conto dell'urlo strozzato che mi si è formato in fondo alla gola; in un lampo sono a terra al fianco di Castiel... no, sono letteralmente tra loro due. Sento piccole fitte di dolore alle gambe ma non mi sposto.
«Non è stata tutta colpa sua. Anzi, se devi arrabbiarti con qualcuno, quel qualcuno sono io!»
Questo sembra sgonfiare di colpo il mio ormai ex ragazzo mentre Castiel si tira leggermente su, guardandomi strano.
«Perché?»
Abbasso lo sguardo sulle mie gambe nude, il contrasto della pelle chiara con il pavimento scuro e noto distrattamente delle piccole macchiette di sangue. Potrei dirgli decine di frasi fatte e alleviare il suo dolore e il mio senso di colpa ma merita che io sia onesta per la prima volta da mesi «Mi sono innamorata di lui». Sotto shock, si passa le mani tra i capelli «Non era programmato, cucciolo mio... è...» deglutisco a vuoto «é semplicemente successo».
«Oh, grazie: ora che so che non era programmato sto molto meglio!» Non l'ho mai sentito così sarcastico e fa male.
Faccio per dire altro quando sento una mano sulla spalla «Basta Elizabeth... stai solo peggiorando le cose!»
Sussulto e sgrano gli occhi sorpresa. Mi aspettavo l'odio di Lysandro ma non di certo da parte di Castiel; non capisco, come siamo passati dai baci dolci al tono duro di un attimo fa?
Castiel non mi guarda neanche, fissa solo Lysandro «Mi dispiace amico, è stato solo uno sbaglio... un errore!»
Cosa? Cioè... come?
Mi alzo in piedi e mi rendo conto che nella fretta di difenderlo sono finita sui vetri e ora ho le gambe sporche di sangue. Ancora una volta, non m'importa. Mi giro verso Castiel, sconvolta «Che cazzo significa che è stato un errore? Cassy?» Lui mi guardo con sguardo vuoto e io lo scuoto con violenza «Castiel?»
«Hai ragione, Castiel: sei uno stronzo!» Lysandro è appoggiato al mobiletto, i capelli che gli mettono in ombra il volto sconfitto. Sembra un generale che sta facendo la conta dei soldati caduti in guerra. Mi guarda e tutta la rabbia è sparita. «Ti amavo così tanto... anzi ti amo ancora così tanto, nonostante tutto. Quanto sono patetico? Tradito dalla mia ragazza e dal mio migliore amico» si volta per andarsene e ci rivolge un ultimo sguardo da sopra la spalla «Fatemi un favore tutti e due e andatevene da questa casa!» E sparisce.
Qualcosa dentro me si è rotto ed è andato a finire insieme ai vetri ai nostri piedi. Sapevo che avrebbe fatto male perdere Lysandro ma non avrei mai immaginato quanto: sento un dolore sordo al petto, nel punto in cui il cuore batte troppo veloce.
«Cazzo, cazzo e ancora cazzo!» Castiel tira un pugno al muro, riscuotendomi dal mio torpore. I capelli rossi sono un casino a furia di passarci le mani in mezzo e non ha ancora riacquistato colore. Ma il peggio è l'espressione accusatoria con cui mi guarda «Castiel», lo afferro per la maglietta «Guardami... dimmi perché sembri arrabbiato con me!» Quando ho iniziato a piangere? Non me n'ero neanche resa conto in tutto questo casino.
Mi aspetto che mi dica che è incazzato con la situazione, il destino o altro del genere ma non con me. Nulla mi poteva preparare ad ascoltare le successive parole che gli scivolano fuori dalle labbra «L'hai fatto apposta?»
Sussulto visibilmente e mi sfugge un suono che è metà un singhiozzo e metà un gemito di dolore. «Non capisco», lo fisso negli occhi perché non posso credere a quello che mi sta chiedendo. Ho capito quello che intendeva ma non ci voglio credere.
«Hai sempre avuto paura di avere un confronto diretto con Lys e guarda caso eccolo che rientra un giorno e mezzo prima e il primo posto in cui va è proprio qui, dove siamo noi!»
Lo guardo sconvolta per alcuni secondi e appena le sue parole si sedimentano nel mio cervello, riduco gli occhi a due fessure e gli tiro uno schiaffo in pieno volto. Forte a giudicare dal gelido suono che rimbalza in tutta la stanza e dal modo in cui il volto gli si gira completamente. Si porta la mano la mano sulla guancia dove sta già comparendo il rossore ma almeno ha smesso di dire stronzate. Non piango più ora; non so più neanche come mi sento. Dovrei essere ferita? O arrabbiata a morte con lui? In colpa per Lysandro? Sconvolta per il fatto che la mia vita mi sta scivolando dalle dita per la seconda volta?
Non lo so!
«Come puoi dire una cosa del genere? Se davvero mi conoscessi non l'avresti neanche pensato!» Avanzo e gli punto un dito al centro del petto «Ho dovuto lottare con me stessa prima di riuscire ad avvicinarmi a te perché avevo una paura fottuta e l'ho fatto perché mi sono innamorata di te, sia le cose belle che tutti i tuoi difetti! E ora mi accusi di aver cercato di... di far cosa esattamente?»
«Mi hai messo in trappola ed è quello che ha provato a fare anche Debrah. Ecco perché l'ho lasciata: secondo lei se le avessi chiesto di sposarmi le vendite dei CD sarebbero aumentate. Mi ha messo in un angolo, senza darmi la possibilità di scegliere o fare le cose con i miei tempi».
«E credi che io abbia fatto la stessa cosa?» Okay, ora so di essere estremamente infuriata con lui.
Non risponde ed è peggio di qualsiasi cosa potesse dire.
Annuisco sconfitta, esattamente come Lys poco fa. Avevo ragione quando mi dicevo che da questa storia nessuno ne sarebbe uscito vincitore eppure ho voluto comunque seguire i miei sentimenti.
Mi giro e salgo le scale.
Tra ieri sera e oggi gli ho detto più volte cosa provo per lui, credevo che non mi rispondesse perché era stato ferito in passato e aveva bisogno di tempo. Che stupida, è evidente che lui non mi ama o non mi avrebbe mai paragonata a quella strega della sua ex.
Faccio per andare in camera a prendere le mie cose quando vedo Lys, seduto sul divano, e faccio la cosa più stupida di tutte: mi siedo accanto a lui. Lo vedo irrigidire le spalle ma non si gira a guardarmi. Rimaniamo in silenzio uno accanto all'altro mentre Castiel sale prima in camera sua e poi se ne va, sbattendosi la porta alle spalle.
«Perché non te ne vai?»
«Perché ho paura che se me ne vado ora, non mi darai più la possibilità di parlarti!» E perché non sopporto di vederlo soffrire, sapendo che è colpa mia e del mio stupido cuore.
«Quando è iniziata?»
«Non lo vuoi sapere davvero, fidati».
«Già, forse hai ragione» ed ecco di nuovo quella risata amara.
Tiro su le gambe, rannicchiandole sotto di me. Dannazione, se fanno male... un angolo del mio cervello mi dice che dovrei andare a disinfettare i tagli e si chiede se mi resteranno nuove cicatrici. Ma è solo una piccola parte e alla fine resto dove sono.
«Ti ricordi quando sono arrivata al liceo Dolce Amoris?» Continua a non guardarmi e quindi vado avanti a parlargli «Sei stato la prima persona che ho visto: stavi parlando con Nathaniel e, mentre tu eri tranquillo, lui continuava a passarsi le mani in quel casino di capelli biondi. Solo molto dopo ho scoperto che lo stavi aiutando con la storia di suo padre, per quello era così sconvolto.» Sorrido e gli prendo una mano, lo costringo letteralmente a guardarmi. «Poi è arrivata Ambra, quella vipera e con una spallata mi ha fatto finire a terra e tutto quello che avevo in mano si è sparpagliato intorno a me». Finalmente una reazione nei suoi occhi, anche lui sta ricordando l'episodio. «Nat ha sgridato la sorella ma tu sei corso subito da me, ad aiutarmi. Non volevo neanche guardarti e quando mi hai preso per mano mi sono ritirata. Ma non ti sei arreso: hai raccolto le mie cose, controllato il mio orario e mia hai letteralmente scortata in classe.»
Mi appoggio alla sua spalla e lui mi stringe a sé, forse una reazione inconscia «La verità è che ero terrorizzata da tutto quel posto, tutte quelle persone nuove e sapere che ero orfana. Vuoi sapere una cosa buffa? Quando finii sul quel pavimento, fu la prima volta che usai quel termine per definire me stessa.»
Lo sento sospirare contro il mio collo e mi rendo conto di essermi infilata di nuovo sotto le sue difese.
«Perché?»
«Perché, cosa? Perché ti ho tradito o perché ti sto parlando del mio primo giorno di scuola?»
Esita prima di sussurrare tutto d'un fiato «Entrambi» e io sospiro. «Cucciolo mio, io e te come coppia non funzionavamo da molto prima di Castiel. Eravamo amici e alleati, ci siamo sempre voluti bene ma abbiamo confuso tutto questo con l'amore».
Alzo il viso e mi rendo conto che ha tutto il volto bagnato di lacrime «Mi stai dicendo che io non ti amo?»
«Esatto» si divincola, di nuovo arrabbiato e ferito ma lo fermo «No, Lys. Sappiamo entrambi che probabilmente questa è l'ultima volta che parliamo e allora mettiamo tutto sul piatto. Amo Castiel con ogni cellula del mio corpo ma è stato soltanto la goccia che ha fatto traboccare il vaso.» Faccio un respiro e continuo «Da quando abbiamo deciso di trasformare la nostra amicizia in una relazione sentimentale abbiamo iniziato a litigare, a farci saltare i nervi a vicenda e, in sostanza, ad allontanarci. Non mi sto giustificando, ho tradito la tua fiducia ed è una di quelle cosa di cui mi rammaricherò per il resto della mia vita. Ma eravamo già sbagliati e la verità è che ti sei aggrappato a me tanto quanto io a te e l'abbiamo chiamato amore. Ora io so cosa si sente a provarlo per davvero e credo che anche tu sappia già cosa significa essere innamorati perché lo sguardo che ho visto riflesso nello specchio quando pensavo a Castiel, te l'ho già visto una volta». Lysandro diventa rosso, credeva che non sapessi la verità, quella verità che io... no, che entrambi abbiamo voluto ignorare. Castiel ha tanti difetti ma siamo stati noi due a metterci in questa situazione.
Quando vedo che non intende dire nulla, mi alzo e gli poso un bacio sulla guancia umida. «Ti voglio bene cucciolo mio e spero che un giorno tu possa perdonarmi» e me ne vado.
Ieri avevo un ragazzo che non amavo e un coinquilino che mi faceva uscire matta ma che volevo più dell'ossigeno che respiro; oggi non ho più nulla.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


"Il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile, la invitiamo a riprovare più tardi. Grazie!"
Inizio seriamente ad odiare questa voce penso mentre cerco di non lanciare il telefono contro il muro; mi accascio sulla sedia e guardo fuori dalla vetrata mentre giocherello con la collana che porto ormai costantemente al collo. Non per la prima volta da quando Lysandro ci ha trovati mi ritrovo indifferente di fronte anche agli spettacoli più spettacolari, come la vista dal mio ufficio.
Ebbene sì, qualcosa di buono ne è uscito da tutto il dolore di aver perso l'unico uomo che abbia mai amato: ho deciso di prendere sul serio l'impero aziendale che aveva creato mio padre e ho scoperto anche che mi piace. Certo per alcuni è stato strano passare dal vedermi una volta ogni tre mesi a tutti i giorni anche per quattordici ore filate. Diciamo solo che ho scoperto che può essere un buon posto dove riposare, il divanetto nel mio ufficio.
Questa è la mia unica consolazione, sapere che mio padre sarebbe felice di vedermi seduta qui.
Sfilo con un gesto stanco i tacchi che mi stanno massacrando i polpacci e mi sfugge un sospiro di piacere quando posso i piedi sul freddo pavimento. I pantaloni a palazzo di seta neri frusciano delicatamente contro le mie gambe mentre slaccio qualche bottone della camicetta bianca che pare uccidermi. Non ho nulla contro i bei vestiti ma non mi sento mai me stessa quando li indosso, sembro una bambina con indosso i vestiti della madre. Eppure, fin dalla prima riunione trimestrale quando ho ereditato tutte le quote societarie, Adam mi ha fatto capire che se voglio apparire una donna forte e potente mi devo vestire come tale. A quanto pare le magliette extralarge dei concerti rock e i jeans non sono abbastanza forti e potenti.
Ridacchio al pensiero della faccia che farebbe Adam se mi presentassi vestita in quel modo.
Sento un bussare delicato e quando mi giro vedo Irene, un sorriso stanco sul volto e un grosso sacchetto tra le mani.
«Disturbo?»
«Dipende da cosa c'è in quel sacchetto» le dico con un sorriso e un alzata di sopracciglia.
«Cinese, il migliore della città. Ho preso pollo con le mandorle, manzo in salsa matrigna, ravioli al vapore, gamberi in salsa curry...»
Sgrano gli occhi quando vedo che l'elenco non è finito. «Scusa ma viene a mangiare tutto il palazzo?»
Irene scoppia a ridere e appoggia tutti i contenitori di carta sul tavolino di vetro posizionato ad arte davanti al divanetto.
«No, ho solo pensato che fossi affamata. Io lo sono di certo!»
«Per caso il motivo per cui hai intenzione di mangiare l'equivalente di una settimana di fabbisogno calorico ha un nome e un cognome?» Lei mi lancia un occhiataccia ma imperterrita io continuo «Non so, magari un tipo biondo e russo che oggi ha quasi mangiato vivo un cliente solo perché ti aveva fissata troppo a lungo secondo i suoi standard?»
Stavolta è lei a sgranare gli occhi prima di lasciarsi scivolare disperata sul divanetto «Se ne sono accorti tutti?»
La raggiungo e mi siedo accanto a lei, raggomitolando le gambe sotto di me. Irene mi imita subito, togliendosi le scarpe con il tacco e incrociando le gambe come una vera esperta. Io una pozione simile l'ho vista fare solo in yoga ma eviterò di aggiungere altro.
Quando ho iniziato a lavorare sul serio qui, io e Adam ci siamo resi conto che avrei avuto bisogno di un assistente personale. Il mio pensiero è corso subito a quella piccola ragazza geek che avevo conosciuto all'ultima riunione; avevo visto il suo lavoro e mi era parsa competente. Ma soprattutto mi era parsa simpatica, per cui le avevo chiesto senza troppi giri di parole se voleva il posto. Mi aveva guardata stralunata, facendomi notare che era solo una segretaria tra tante e senza neanche troppa esperienza ma qualcosa nel suo sguardo mi aveva fatto essere decisa. E meno male che è stato così perché abbiamo scoperto velocemente di essere un ottima squadra insieme e di avere così tanto in comune da poterci definire amiche.
E avere entrambe il cuore spezzato ci ha solo reso più unite.
Prende un raviolo, il movimento delle bacchette così veloce e preciso da farmi pensare che abbia sangue giapponese o cinese nelle vene.
«A volte penso di odiare sul serio Adam... non sono una ragazzina, per amor del cielo!»
Morde con una certa foga il secondo raviolo, facendomi ridere. Irene mi guarda un attimo prima di ridere a sua volta.
«Io ci ho provato a dirgli che non sono rigida come mio padre sui rapporti tra dipendenti» e con le bacchette sottolineo l'ovvio facendola annuire con un sorriso «ma lui, a parte diventare rosso, non ha detto nulla. Credo che nella sua testa lui ti stia proteggendo».
«Gli uomini... certe volte sanno essere dei veri idioti!»
«Solo certe volte?» E stavolta ridiamo entrambe ma c'è un pizzico di sofferenza nelle nostre risate.
Per un po' ci dedichiamo al cibo che è davvero ottimo; onestamente penso che non so chi tra me e Irene sia attualmente più specializzata in cibo d'asporto. L'ultima volta che ho cucinato è stato per Castiel e da quel giorno non sono riuscita a prendere in mano neanche un coltello.
«Non ha risposto neanche oggi?» Mi chiede a sorpresa Irene. Qualcosa nella mia espressione deve avermi tradito.
Scuoto la testa, con un sospiro penoso e di colpo i gamberetti sembrano fatti di carta.
Appoggio il contenitore sul tavolino, non ho più fame; mi giro in modo da poter circondare le ginocchia con le braccia, la schiena contro il bracciolo e la testa appoggiata sul cuscino.
«Era così evidente?»
«Stavi toccando il plettro che usi come ciondolo più o meno da quando ti conosco!» Non è un plettro qualsiasi, è il primo che Castiel abbia mai usato. Ce lo avevo in mano quel giorno e neanche mi ero resa conto di averlo tenuto con me per tutto il tempo. E, quando alla fine l'ho visto, ho capito che non potevo separarmene.
Lei mi guarda e nei suoi occhi vedo che è triste per me.
«Sono passati sette mesi ormai...»
«Sette mesi, ventuno giorni e...» guardo l'orologio appeso alla parete «nove ore, circa. Ma chi li conta?» Qual'è il confine tra ironia e pura acidità? Perché penso di essere giusto al limite.
Lei posa il contenitore e giuro che di solito è un impresa quasi impossibile anche se dal suo fisico non si direbbe.
«Lo chiami una volta al giorno, ogni sera allo stesso orario. Ormai è quasi una routine: controllare la chiusura delle borse? Fatto; pensare a cosa mangiare a cena? In elaborazione; chiamare Castiel? Fatto; guardare i files dell'azienda? Fatto.»
Ha ragione, lo so. Dannazione, certo che lo so. Praticamente sono quasi una stalker.
«Provo a parlare con lui da quel giorno; l'ho cercato ovunque, gli ho scritto e l'ho chiamato fino a ridurmi a uno straccio. Quindi alla fine ho deciso di limitarmi a una sola chiamata, sempre allo stesso orario. Se e e quando vorrà rispondermi, io sarò qui!» Perché ne sono convinta che un giorno lui mi risponderà, anche solo per pura disperazione.
Per quasi due settimane sono stata in uno stato pietoso, piangendo ogni notte e senza mangiare. Ho iniziato a sognarlo ogni volta che chiudevo gli occhi e non so cosa fosse più doloroso tra il rivivere il momento in cui l'ho perso e lo svegliarmi sapendo che lui non c'era.
Ma alla fine ho deciso di rialzarmi e lottare. In quel ultimo messaggio gli ho detto la verità: lo amo ma non intendo buttare la mia vita per il suo rifiuto.
Mi ha insegnato a non avere paura, di non ascoltare le paranoie che abitano nella mia testa e se sono tornata qui è stato per merito suo. Soprattutto volevo che sapesse che neanche per un attimo smetterò di sperare in noi, che lui lo capisca o meno.
Come ha detto Irene, a volte gli uomini sanno essere dei veri idioti.
«La vuoi sapere la cosa assurda?»
«Quale?» Mi fissa curiosa mentre attacca un nuovo contenitore, stavolta quello della carne.
«Lys mi ha perdonato ed ora mi parla di nuovo. Mi ha anche invitato al loro primo concerto, in un locale non molto lontano da qui, non molto grande ma un buon trampolino di lancio.» Con le dita tormento un filo della cucitura del divano e aggiungo «Mi ha perdonato e ha perdonato lui, suonano ancora insieme!»
Irene è sconcertata «Quel tipo dev'essere un angelo. Senza offesa ma al suo posto io non vi avrei più voluto vedere per il resto dei miei giorni!»
«Nessuna offesa... non dico che ora siamo i suoi migliori amici, dubito che si fiderà mai più allo stesso modo. Non solo di me e Castiel ma in generale.» Poi sottovoce aggiungo «Quello che gli abbiamo fatto è una cicatrice che si porterà appresso per sempre». E io ne so qualcosa di cicatrici, come quella sul collo che ho ripreso a coprire con i nastri o quella che porto nell'anima dalla morte dei miei genitori.
Mi riscuoto dal mio tormentato torpore ed esclamo «Sabato c'è l'inaugurazione di casa mia. Ci sarai, vero?»
Irene ride, distendendo l'atmosfera «Certo che ci vengo. Ci hai messo l'anima in quella casa, dev'essere venuto uno spettacolo!»
«Già, l'anima e un mucchio di soldi», le dico facendole l'occhiolino.
«Come se non te lo potessi permettere» e io le mostro la lingua. «Okay capo mi dici dopo questo come farò a prenderti sul serio?» Ma scrollo le spalle.
La verità è che sono orgogliosa dalla ristrutturazione della mia viletta; ho passato ogni momento libero nel progetto della casa e solo ora che è completa mi rendo conto che l'ho creata pensando ai momenti passati con Castiel. Perché, onestamente, io di un posto dove suonare la chitarra senza disturbare i vicini che me ne faccio?

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Mi tremano le mani, sono assurdamente nervosa per quanto io mi ripeta che non ha senso. La festa, se così la vogliamo chiamare, è in pieno svolgimento e anche se non ho invitato decine e decine di persone sembrano tutti a loro agio.
Eppure a giudicare dal bicchiere che tengo in mano, sto ancora tremando!
«Sono felice che tu mi abbia invitato, non pensavo...»
Mi giro e mi ritrovo a guardare gli occhi chiari di Iris. Rispetto alla solita esplosione di colori che si porta addosso ogni volta che la incontro, o che la incontravo, devo dire che stasera è piuttosto sobria ma anche elegante. Il vestito nero senza spalline le arriva a metà coscia e il corpetto in pizzo la fascia meravigliosamente. L'unico colore è la treccia rossa posata con noncuranza sopra il tessuto.
«Io non credevo che avresti accettato l'invito quindi direi che siamo in due ad essere sorprese!» Forse mi è uscito più ironico di quello che volevo ma grazie al cielo lei non sembra prendersela. Al contrario, prende un bicchiere dal tavolo e si appoggia al muro accanto a me. Restiamo qualche secondo in silenzio prima che Iris risponda alla mia ultima frase. «Non capisco perché non avrei dovuto accettare: mi stai simpatica!»
Devo essere sincera, le sue parole mi fanno piacere. Sono calde come una coperta offerta durante una nevicata.
«Anche tu mi stai simpatica» mi esce con un filo di voce, prima di guardarci con la coda dell'occhio e sorriderci.
Nella stanza ci sono Irene che chiacchiera con alcune ragazze che onestamente non ho mai visto mentre Adam non le stacca gli occhi di dosso. Ci sono alcune persone che ho conosciuto al lavoro e un paio di ragazzi che hanno lavorato alla ristrutturazione della casa.
Alcuni hanno portato anche dei bambini, ce ne sono tre in tutto, e per la prima volta mi chiedo come sarebbe vedere i miei figli tra queste mura, a giocare a pochi passi da me mentre io chiacchierò tranquilla con le amiche.
L'immagine mi da una strana sensazione. Sembra quasi nostalgia.
«La festa è carina, ci saranno una ventina di persone e si stano tutti divertendo. Inoltre la casa è probabilmente una delle più belle che io abbia mai visto. Allora perché hai quell'espressione così triste?» La voce di Iris mi riporta alla realtà e nel farlo quasi mi strozzo con lo champagne.
Devo fare un paio di respiri profondi prima di riuscire di nuovo a respirare.
«Come?»
Ma Iris ridacchia dal sopra il bordo del suo bicchiere. «Scusa, a furia di stare accanto a Priya ho iniziato ad essere molto diretta con le persone. Fidati, lei è anche peggio!» Sposta lo sguardo da me fino a una ragazza con la pelle caramellata e i capelli ancora più scuri e da divertita diventa dolce. Priya è china su una delle due bambine, quella con i capelli castano rossiccio e gli occhi azzurri che mandano lampi, mentre cerca di blandirla con un coniglietto di peluche. Sento la sua risata fino a qui, leggera.
Poi, come se avesse sentito il nostro sguardo su di sé, alza gli occhi di un azzurro quasi trasparente e sorride con dolcezza a Iris.
«Siete così carine insieme» mi sfugge prima che possa riconnettere il cervello alla bocca.
Iris mi guarda sorpresa prima di scoppiare a ridere. «Grazie! Spesso carine non è il primo termine che viene in mente alla gente quando ci vede insieme...»
«E qual'è?»
«Strane, anormali o indecise... una volta un tipo mi ha detto che capisce i gay ma non le lesbiche e che una donna sta con un altra donna perché non è mai stata scopata a dovere!»
«Che stronzo!» Esclamo esterrefatta, facendo girare più di una testa. Lo so, posso sembrare raffinata ma non ci sono termini raffinati per descrivere certa gente.
Iris si mette a ridere «Wow, penso che tu sia ancora più diretta di me», prima di tornare a sorridere nel suo solito modo caloroso ma calmo. Noto anche che le sono diventate le guance rosse: per far parte di una band, ha davvero poco piacere ad essere al centro dell'attenzione.
Prima però che posso dirle nulla la sento mormore con una voce tanto bassa che devo chinarmi per sentirla «Onestamente essere arrabbiata con te per quello che hai fatto a Lys sarebbe da ipocriti visto com'è nata la mia storia con Priya!» Io la guardo sorpresa e, dopo essersi morsa il labbro, aggiunge «Tra me e lei non è sempre stato facile. Certo, ora siamo felici... viviamo insieme e abbiamo adottato Nevaeh ma all'inizio... oddio, è stato una guerra arrivare a questo punto, a partire dai miei sentimenti per Priya».
«Non capisco... siete tanto innamorate che lo capirebbe chiunque!»
«Anche tu e Castiel lo siete eppure Lys non se n'è accorto» e io sento le guance diventare più rosse dei suoi capelli. Iris fa un risolino imbarazzato e continua «Allo stesso modo non l'aveva capito il mio ragazzo!»
«E quindi come avete fatto a trovarvi?» Le chiedo al colmo della curiosità. Con la coda dell'occhio vedo Irene andare verso la porta principale, subito seguita da Adam, ma sono troppo impegnata ad ascoltare Iris. Potrà non piacerle ma di certo sa come catturare l'attenzione!
«Io e Priya ci siamo conosciute al liceo. Suo padre è un diplomatico e per anni si è spostato da posto all'altro trascinandosi dietro tutta la famiglia. All'epoca ero molto timida mentre lei era persino più esuberante di com'è adesso. Era come fuoco vivo e io la povera falena che continuava ad avvicinarsi pur sapendo di rischiare di bruciarsi», so cosa intende! «Poi una sera, eravamo a casa mia con alcuni compagni per una cena e avevamo deciso di fare un gioco: scrivere delle penitenze su dei foglietti e poi, girando una bottiglia, chi capitava doveva sottostare a quello che c'era scritto sul biglietto». Mi sorride e scrolla le spalle «A me è capitato di dover baciare Priya. L'abbiamo presa sul ridere ma non fidarti da chi dice che un bacio non è nulla di ché: non c'è momento più importante di un primo bacio!»
Io mi rendo conto che nell'intensità delle parole del suo racconto non ho più bevuto neanche un goccio, il bicchiere ancora mezzo pieno.
«E poi cosa è successo?» Le chiedo portandomi finalmente il bicchiere alle labbra ma prima che lei possa dire nulla o io bere sentiamo un vociare confuso all'ingresso.
«Non credo che lei sia stato invitato!»
«Onestamente, non so chi sia lei ma o si sposta da sola o la sposto io!»
Oddio... quella voce!
Resto a guardare Castiel litigare con Irene in una sorta di trance finché il bicchiere non mi scivola di mano, finendo a terra e rompendosi in mille pezzi con un suono simile a uno sparo.
Ogni cosa si blocca, non respiro neanche quando lui si gira e mi guarda.
M'immergo nei suoi occhi grigi e me ne ritrovo prigioniera esattamente come la prima volta che l'ho visto.
Come in una scena da film, mi sembra che siano tutti spariti e vedo soltanto lui, bello come non mai nonostante abbia il volto stanco. Poi fa un passo verso di me e sento tutta l'agitazione, il panico e sì, anche un pizzico di rabbia, riversarsi in me. Per questo, dopo aver passato gli ultimi mesi a comportarmi come la peggio stalker per vederlo, ora che è di fronte a me mi giro e scappo via.

Attraverso la porta finestra che da sul giardino e sento alcune voce chiamarmi tranne la sua.
Mi siedo sul dondolo che ho appeso a un vecchio albero, alla faccia delle norme di sicurezza. Se prima mi sembrava di tremare allora adesso sto per avere una crisi epilettica!
Purtroppo Wolf è nella mia stanza e Irene stra gestendo al posto mio la situazione con i miei ospiti, quindi sono sola.
Beh, non proprio sola a giudicare dalla punta degli anfibi che si fermano davanti a me.
«Devo dire baby che fai abbastanza schifo a scappare!» La voce è divertita e dolce e al mio cuore basta questo per sciogliersi.
Non lo vedo da così tanto che ho dimenticato che gli basta starmi vicino per accendermi come un fuoco d'artificio.
«Baby, guardami!» Ma io scuoto la testa, ostinata quanto una bambina di cinque anni.
«Okay» sussurra, talmente piano da farmi credere che lo stia dicendo più a se stesso che a me. Non capisco quali siano le sue intenzioni fino a quando non appoggia le ginocchia a terra in modo che il suo volto sia all'altezza del mio. E quando appoggia un dito sotto il mio mento costringendomi ad incrociare il suo sguardo mi rendo conto che mi sto per mettere a piangere.
«Ciao» e il suo sorriso è dolce, la cosa migliore che abbia mai visto.
«C-ciao».
«Piacere, mi chiamo Castiel. Sono un chitarrista e un idiota. Sai mi ricordi una ragazza che una volta ho visto sfiorare con aria adorante un tavolo da biliardo e che da allora non mi più uscita dalla testa!»
A quelle parole mi esce un suono che un misto di una risata e un singhiozzo. Ricordo bene quella sera al locale, come fosse successo ieri.
«Piacere di conoscerti, Castiel» sto al suo gioco, ora come allora «sembra una ragazza importante per te... avete più giocato a biliardo?»
Il suo sorriso diventa più profondo mentre mi risponde «Purtroppo no, anche se le avevo assicurato che ci saremmo divertiti parecchio!»
Due piccole lacrime mi sfuggono dagli occhi mentre mi viene in mente quando si era chinato a sussurrami quelle parole. Castiel mi prende il volto tra le mani e me le asciuga con i pollici.
«Ti prego, Lizzie, basta lacrime! Non c'è nulla che mi faccia stare peggio che vederti piangere... o sentirti piangere, anche attraverso una dannata segreteria!»
«Hai sentito i miei messaggi?» Sono sorpresa lo so ma a un certo punto avevo iniziato a pensare di star parlando solo per me stessa. Invece lui si avvicina e posa la sua fronte contro la mia «Tutti. Ho ascoltato ogni singolo messaggio che mi hai lasciato!»
«E allora perché non mi hai mai risposto?»
«Perché... Lizzie, baby, io e te abbiamo fatto tutto nel modo sbagliato e onestamente non saprei neanche come o da dove ricominciare!» Apro la bocca per parlare ma la sua occhiata mi zittisce. «Quando Lysandro ci ha trovato mi sono sentito... non lo so neanche descrivere. Mi stava sfuggendo tutto delle mani e non sapevo come reagire e... e quindi me la sono presa con te. Neanche per un attimo pensavo che tu mi stessi per davvero incastrando ma...»
«Avevi paura?»
Castiel si morde il labbro e ho nostalgia delle volte in cui ero io a farlo.
Alla fine sospira e dice «Sì, onestamente avevo paura. Sai quando mi sono reso conto di essermi innamorato di te? Quella dannata sera sulla terrazza e la cosa mi terrorizzava a morte perché, onestamente, chi sceglierebbe me quando può avere qualcuno di tanto perfetto quanto Lysandro?»
Ogni sua parola va a fare breccia nelle mie già inesistenti difese. Castiel mi ama!
Mi.
Ama!
E mi rendo conto che le sue insicurezze sono impresse a fuoco dentro di lui e io ho contribuito solo a renderle più forti. Con uno slancio inaspettato mi butto su di lui, facendolo finire con la schiena a terra. I miei capelli creano un piccolo sipario intorno a noi, isolandoci dal resto del mondo. Con le gambe ai lati della sua vita e il seno schiacciato contro il suo petto, lo guardo negli occhi e mi chino fino a quando i nostri nasi non si sfiorano, i nostri respiri diventano una cosa sola. E quando parlo faccio in modo che capisca davvero ogni mia parola, che la senti e l'assapori.
«Io preferisco te. E, per amor del cielo, Cassy anche io ho paura. Paura che tu ti renda conto di quante paranoie ho nella testa, paura che tu possa incontrare una ragazza più bella di me, paura del futuro... ma ho ancora più paura al pensiero di svegliarmi ogni giorno e scoprire, come negli ultimi sei mesi, che tu non ci sei più sapendo che ti ho perso nel momento in cui ti avevo finalmente trovato. Quindi sì, ho paura ma ti amo. Per cui mettiti bene in testa che tra te e lui sceglierei sempre te... dio, tra te e sette miliardi di persone sceglierei sempre e comunque te!»
Castiel mi fissa con la meraviglia negli occhi prima di infilare le mani tra i miei capelli e tirarmi verso la sua bocca. E quando ci baciamo, è come la prima volta. Inizia piano, un semplice sfiorarsi di labbra poi sospiro di piacere ed entrambi perdiamo il controllo. Mi morde il labbro inferiore, facendomi inarcare, e mi pare quasi voglia marchiarmi come sua. Ed esattamente come la prima volta diventiamo presto troppo affamati per essere delicati.
Non sapevo quanto bello fosse baciare fino a quando non ho conosciuto questo ragazzo. Tra le sue braccia torno ad essere viva, ogni terminazione nervosa vibra al contatto con la sua pelle.
Quando ci separiamo, abbiamo entrambi il fiatone.
«Mi perdoni, Lizzie?»
Quasi faccio le fusa quando usa il nomignolo che mi ha dato lui. «Come faccio ad essere arrabbiata quando porti delle argomentazioni così valide?»
Castiel affonda il volto sul mio collo e ridacchia. «Sai, forse ora dovresti tornare a casa dai tuoi ospiti...» e io lo so che siamo sdraiati a terra, che ho lasciato i miei ospiti da soli e che francamente chiunque ci veda in questa posizione penserebbe male eppure mi rannicchio di più contro il suo petto, le mie dita perse tra i suoi capelli infuocati e mormoro semplicemente «Che si arrangino... io a casa ci sono appena tornata!» Perché una volta ho sentito dire che casa è quel posto che ti manca quando vai via e per me, quel posto, è tra le braccia di Castiel.

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