La setta delle T.G.M.

di _viola02_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Liceo Half-Blood ***
Capitolo 2: *** Nuove conoscenze ***
Capitolo 3: *** Segreti, nottate e il primo giorno di scuola ***
Capitolo 4: *** Pensieri e sentimenti ***
Capitolo 5: *** Passati e pregiudizi ***
Capitolo 6: *** Rapporti ed emozioni complicate ***
Capitolo 7: *** Momenti di stallo ***
Capitolo 8: *** Ricordi, decisioni e fughe ***
Capitolo 9: *** Corse, incontri e svenimenti ***
Capitolo 10: *** Minaccia e amore ***



Capitolo 1
*** Liceo Half-Blood ***


Capitolo 1 - Liceo Half-blood

Leo Valdez era arrabbiato. Molto arrabbiato. Con sua madre, con il destino e con se stesso.
"Non ci pensare" si obbligò. Non doveva cascarci di nuovo. Non l'avrebbe avuta vinta LEI.
Si impose di continuare a camminare verso il suo nuovo inferno personale. La scuola della Half-blood.
Guardò con odio il suo nuovo liceo. Era il quarto, ed era solo al secondo anno.
Sperava ardentemente di poter andarsene il prima possibile, ma pur di sfuggire a LEI preferiva sorbirsene un altro.
Camminando, osservò i suoi nuovi compagni di scuola.
Fece una faccia digustata. Ovviamente, erano tutti ricchi e "cocchi di papà".
Tutti con le divise firmate, le scarpe all'ultima moda e i capelli in ordine. Che stupidi.
Bastasse così poco per avere una vita felice...
Scosse la testa liberandosi da quei pensieri.
Ignorando quelli sciocchi viziati, guardò il programma che gli era stato consegnato quando si era iscritto.
Per ovvi motivi, per prima cosa doveva passare dalla segreteria.
Alzò gli occhi al cielo sbuffando. Odiava le segretarie. Tutte un picci picci di qua, un pucci pucci di là... Mai che fossero sincere.
Seguendo le indicazioni del programma, arrivò al posto designato.
«Mi scusi signora, sono Leo Valdez, il nuovo iscritto al secondo anno» disse freddo ma educato, rivolgendosi alla donna dietro la scrivania.
La signora, senza neanche nasconderlo, lo squadrò, mettendoci ovviamente tutto il tempo che voleva.
I minuti passavano, e la donna non accennava a smettere.
Leo, che non aveva né il tempo né la voglia di aspettare i suoi comodi, sbottò:
«Signora?? Guardi che non ho tutta la giornata!»
«Oh, ma che modi sono?! Mi stavo solo accertando che fossi proprio tu il ragazzo nuovo» rispose indignata gonfiando le guance.
«Bene, ora che l'ha fatto, mi dia il numero della camera. GRAZIE» esclamò stufo, rasentando la maleducazione.
«Numero 537» borbottò seccata.
Avendo avuto la risposta che cercava, Leo girò sui tacchi e si incamminò verso la sua nuova stanza.

Guardando la piantina sul muro della scuola, Leo scoprì che la stanza era al terzo piano e perciò gli sarebbe toccato fare le scale. Di male in peggio.
Dopo tutte quelle scale, ed erano molte, il suo umore da pessimo era diventato completamente nero.
Trovò in fretta la sua stanza (era sempre stato bravo a orientarsi) e senza pensarci l'aprì. E rimase di sasso.
Davanti a lui c'era una stanza luminosa, le pareti dipinte di colori molto solari (arancione e giallo, con qualche sfumatura sul rossiccio), un armadio di legno chiaro e tre letti colorati: uno azzurrino vicino alla finestra (che dava sul cortile della scuola), uno rosso accanto all'armadio e l'ultimo nero che stava di fronte ad una porta (probabilmente quella del bagno).
Allibito, Leo chiuse gli occhi e li riaprì, come per resettare la vista che di è sicuro era in errore.
"Non è possibile..." pensò sconcertato, ma doveva arrendersi all'evidenza: c'erano TRE letti che occupavano la stanza.
E Leo esplose.
«No, no, no! Non esiste proprio! Io avevo ORDINATO di avere una stanza singola. SINGOLA!!!» urlò.
«Ehi, non è così male avere dei compagni di stanza!» gli rispose allegro un tipo che prima non aveva notato, seduto sul letto vicino alla finestra.
«Grazie dell'aiuto, Mr Allegria, ma se chiedo una stanza singola, è perché VOGLIO UNA STANZA SINGOLA, PUNTO»
Aveva chiesto ESPRESSAMENTE di stare da solo, ed era andato in quella scuola di merda convinto che avessero accettato la sua condizione.
Senza neanche entrare, fece dietro-front alla segreteria, cercando di calmarsi.
Arrivato, parlò alla segretaria con una calma ed una freddezza innaturale, non fosse stato così arrabbiato probabilmente si sarebbe spaventato​ di se stesso.
«Avevo chiesto una stanza singola, signora, mi sa che c'è stato un errore perché la numero 537 ha tre letti»
«Nessun errore. Il preside ha deciso così per mancanza di posto. Ora, se mi vuole scusare, HO DA FARE. Buona giornata»
La signora, neanche il tempo di replicare, sparì dietro la porta.
Imprecando senza mezzi termini, Leo tornò in stanza, cercando di farsene una ragione: avrebbe avuto dei compagni di stanza.





NOTA DELL'AUTRICE:
Ciao a tutti, questa è la mia prima fic, spero che il primo capitolo vi abbia interessato.
Beh, si vede un Leo freddo e scontroso, arrivato in una scuola nuova, la quarta... Ne ha cambiate molte, eh?
Poi c'è questa LEI, che non si sa chi sia, e c'è l'incontro con Mr Allegria.
Spero recensiate in tanti, che siano recensioni belle e brutte (se c'è qualcosa che non va o errori di ortografia ditemelo subito che li correggo, please) e annuncio che aggiornerò AL MINIMO una volta al mese.
Baci,
_viola02_

P.s.: Mi spiace per il capitolo corto, i prossimi saranno più lunghi😉

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Capitolo 2
*** Nuove conoscenze ***


Capitolo 2 - Nuove conoscenze

Nel capitolo precedente:

Imprecando senza mezzi termini, Leo tornò in stanza, cercando di farsene una ragione: avrebbe avuto dei compagni di stanza.



«Piacere, sono Jason Grace» disse Mr Allegria.
Leo notò istantaneamente che era decisamente un bel tipo, probabilmente molte ragazze gli andavano dietro. Era biondo con degli occhi di un azzurro ghiaccio, resi meno agghiaccianti da degli occhiali in bronzo.
Sorpreso, si accorse che non lo facevano sembrare un secchione (come accadeva spesso), ma gli davano quel tocco speciale che lo faceva sembrare bello E intelligente.
Mentre parlava, Leo notò che aveva una piccola cicatrice sul labbro, che spiccava sul colore contrastante della pelle.
«Leo Valdez. Piacere di conoscerti Mr Alleg... Ehm, Jason» rispose educato.
Visto che non aveva intenzione di continuare la conversazione, nella stanza scese silenzio.
Un silenzio imbarazzato per Jason (che non sapeva come prendere il ragazzo nuovo) e rilassante per Leo (che odiava gli impiccioni).
A far finire quell'atmosfera pesante, fu un ragazzo vestito completamente di nero (anche i capelli e gli occhi erano del medesimo colore), che entrò nella stanza puntando il bagno.
Jason prese la palla al balzo: «Nico, aspetta! Ti devo presentare il terzo coinquilino: questo è Leo Valdez» disse indicandolo.
«Io sono Nico Di Angelo. Piacere» si presentò il tipo, per niente interessato.
Poi, vedendo dove stava seduto Leo (ovvero sul letto vicino all'armadio), aggiunse con stizza: «Quello è il mio letto»
Leo, senza rispondere, si alzò e andò verso quello rosso, squadrandolo male.
Lui ADORAVA il rosso, ne era praticamente feticista.
Aveva tutte le magliette di colore rosso, persino le scarpe.
Ma i letti? No.
Semplicemente NON POTEVA neanche vederlo un letto rosso.
Gli ricordava troppo QUELLA sera. E lui non voleva ricordare. Gli faceva troppo male.
Senza girarsi, chiese agli altri due: «Ci sono altre lenzuola?»
Jason rispose cauto: aveva notato che, mentre faceva la domanda, il ragazzo si era irrigidito.
«Sì, ce ne sono di blu nell'armadio...»
«Grazie»
Senza altri indugi, Leo le prese e si rifece il letto.
Finito quello, disfò le valigie e, sedendosi sul suo letto, cominciò a usare il telefono.
Jason, da bravo impiccione, chiese: «Con chi stai chattando?»
«Non sto chattando» rispose, solo per essere educato.
«E che stai facendo, allora?» continuò l'altro.
Leo decise che aveva passato il limite.
«Cazzi miei» fu la risposta lapidaria.
Mr Allegria non replicò più, per la gioia di Leo.

Dopo qualche ora, però, Leo si pentì di essersi comportato da vero stronzo.
Ormai si era "sbollito" e l'umore tetro era sparito. Ma era stato sostituito da senso di colpa.
D'altra parte, non era colpa del tipo se aveva una vita grama...
Perciò, con cautela, lo chiamò: «Jason, senti... Mi dispiace di averti trattato male, solo che non era giornata...»
Leo sapeva che non sarebbe bastato. Probabilmente il tipo lo avrebbe mandato a quel paese, dicendogli che tanto ormai non gliene fregava niente e che per lui era uno stronzo. Leo avrebbe fatto così.
Ma l'altro lo sorprese.
«Ehi, amico, non c'è problema! A tutti capita una giornata storta!»
«Sicuro? Non mi consideri un idiota ed uno stronzo patentato?»
Leo era DAVVERO sorpreso.
«Beh, ammetto che ci ho pensato, ma poi mi sono detto che, quando sono di pessimo umore IO, altro che risposte male! Io spiaccico insulti a destra e a manca! Pensa che mio cugino Percy giura pure che quando sono arrabbiato mando scosse» aggiunse ridendo.
Leo, perso il senso di colpa, rise con lui e replicò: «Sei decisamente un tipo molto elettrico, dai una scossa ad ogni discorso!»
Nico (di cui si erano dimenticati tutti) sbuffò dicendo: «Non commento»
Leo, a quella uscita, fece un salto spaventato.
Per la prima volta veramente imbarazzato (soprattutto perché Jason si era accorto del balzo), Leo decise di cambiare discorso.
«In che classe siete qui al liceo?»
«Io in II C, Nico in I C» rispose Jason.
«Seconda C? Quindi fai il corso di scienze meccanica?»
«No no, durante quelle ore la mia classe si divide e, mentre alcuni miei compagni vanno a quel corso, io faccio scienze della Terra»
Poi, ripensandoci, esclamò: «Ma io non ti avevo parlato del corso! Verrai anche tu nella mia classe?»
Leo annuì, per poi aggiungere: «Già, però farò il corso di meccanica. Visto che sono nuovo, non potresti dirmi dove sono le classi? Domani abbiamo un'ora di matematica, una di fisica, due di inglese e poi quella di meccanica»
«Posso fare di meglio! Ti posso accompagnare in tutte le classi»
«Meno quella di meccanica...»
«Sì, è vero, però so dov'è e posso darti le indicazioni»
«Perfetto, grazie»
Poi, rivolgendosi a Nico, Leo chiese: «E tu? Che materie hai il primo giorno di scuola?»
«Due di inglese, una di matematica e due di scienze motorie»
«Che indirizzo fai?»
«Come il vostro, lo scientifico, solo che sono di un anno di meno»
Leo, soddisfatto delle risposte, guardò l'orario: 18:52.
Non aveva idea di come funzionasse la mensa, ne a che ora bisognasse andare, perciò richiamò Jason: «A che ora si mangia?»
«Diciannove in punto, perciò è meglio scendere» rispose lui.
«Io non scendo» annunciò Nico.
«Ma Nico, non puoi! Se non scendi adesso, non puoi ripensarci!»
«Perché non può ripensarci?» si intromise Leo.
«Perché le cuoche sono molto fiscali sugli orari: o si scende alle sette, o non si scende proprio» gli rispose Jason senza distogliere lo sguardo dall'amico.
Poi, rivolgendosi a lui, esclamò ridendo: «Pensa che noi le chiamiamo "le arpie" per quanto sono rigide!»
Leo scoppiò a ridere.
«Ma loro lo sanno?»
«Ovvio. Pensa che anche i professori hanno cominciato a chiamarle così! Però solo tra di loro: con noi le chiamano ancora "cuoche", ma sempre con una punta di ironia»
Jason rise di nuovo, poi un dubbio lo attraversò.
«Che ore sono ADESSO??» esclamò a voce alta senza rivolgersi veramente a qualcuno, guardando il cellulare.
«LEO CORRI!!! SONO LE 18:57!!!»
Senza neanche aspettarlo uscì di corsa e Leo, per niente intenzionato a farselo ripetere, lo seguì in fretta.
Arrivarono in mensa al pelo, per poi fermarsi ansanti.
Una cuoca vestita arcobaleno (se Leo avesse avuto più fiato sarebbe scoppiato a ridere solo a vederla), si avvicinò squadrandoli.
«Vedo che questa sera ce l'hai fatta a venire in orario, eh Grace?»
Poi, senza aspettare la risposta, gli consegnò un vassoio con della pizza e una bottiglia di coca cola.
«Grazie Iride. Ho qualche messaggio?»
«Sì, Piper ti aspetta al solito tavolo» gli rispose. Dopodiché si rivolse a Leo: «Cosa vuoi da mangiare, caro?»
«Posso avere lo stesso di Jason?»
La donna annuì. Si girò, andò in cucina e tornò qualche minuto dopo con il cibo.
«La ringrazio molto signora» le disse sincero Leo prendendo il vassoio.
«Oh, chiamami Iride, ragazzo, chiamarmi "signora" ha un che da vecchia»
«Okay... Iride»
Iride sorrise. Poi, senza aspettare oltre, tornò in cucina.
Leo si rivolse a Jason.
«A me non sembra così cattiva»
Jason concordò: «Iride è l'unica cuoca degna di questo nome. È simpatica e disponibile. Pensa che se dobbiamo chiamare qualcuno, o mandargli un messaggio, basta chiedere a lei e la persona di cui abbiamo bisogno è subito contattata. È un buon metodo qui a scuola, d'altra parte non possiamo usare i cellulari...»
«Ma funziona solo qui in mensa! Sicuro che sia utile?» esclamò Leo scettico.
«Certo! Anche perché Iride non fa solo la cuoca, è anche una bidella»
«Cosa? Ma non lavora troppo facendo due lavori?»
«In realtà non lavora veramente... Lei abita qui, perciò è come se si pagasse l'affitto stando al servizio della scuola»
Prima che Leo potesse replicare, Jason si incamminò verso il suo "solito tavolo".
Leo, avendo sentito che Jason era aspettato da qualcuno, non sapeva come comportarsi.
Decidendo che stare da solo era impensabile, gli annunciò strafottente: «Jason, vengo al vostro tavolo! Non potete fare a meno del Grande Valdez»
«Ma è ovvio!»
«Davvero?» Tornato serio, Leo guardò scettico il ragazzo davanti a lui, pensando che, se una ragazza lo invitava ad un tavolo, lui non avrebbe voluto nessuno tra i piedi: probabilmente a Jason questa non piaceva ed era solo la sua "amichetta del cuore". E molto probabilmente a questa lui piaceva e faceva la martire cercando di ingraziarselo.
Alzò gli occhi al cielo. Un classico.
E infatti...
«Certo! Perché non dovresti venire?»
«Boh, forse perché sei aspettato da una ragazza?» rispose ironico alzando un sopracciglio.
«Ma no, tranquillo. Piper è solo un'amica, e poi così te la faccio conoscere» concluse con un sorriso.

Arrivati al tavolo, Leo si guardò intorno.
Dalla sala buffet erano passati in una saletta laterale molto carina, sulla gradazione del verde. C'erano all'incirca una decina di tavoli (tutti occupati), intagliati in un legno chiaro, forse lo stesso dei mobili delle camere. Sulla parete di destra (entrando dalla porta) c'era una bacheca con tutti gli avvisi della settimana e del mese.
In quel momento, sentendo Jason presentarlo, Leo si girò.
E si paralizzò.
Davanti a lui, seduta sulla panca, c'era un ragazza di indubbia bellezza. Era semplicemente... Wow.
Aveva i capelli di un marrone chiaro, mentre la carnagione di un tono leggermente più scuro, color caffelatte.
I suoi occhi, invece, erano impossibili da definire. Continuavano a cambiare colore, probabilmente a seconda della luce: prima erano verdi, poi marroni, poi addirittura azzurri.
Leo notò con stupore che la ragazza era vestita in modo strambo, come se non cercasse di farsi vedere, ma anzi proprio il contrario. I suoi capelli, poi, erano assimmetrici: o se li era tagliati lei, o la sua parrucchiera si era vendicata per non si sa che cosa.
Tuttavia, la stramberia della ragazza non diminuiva la sua bellezza. Proprio per niente.
«Piacere di conoscerti, sono Piper McLean» si presentò lei, allungando la mano.
Aveva una voce così melodiosa, così bella... Con una voce così doveva per forza essere una cantante nata!
Leo ne era completamente ammaliato.
Vedendo che la ragazza lo guardava aspettando, cercò di riprendersi e allungò la mano stringendo quella di lei. Era calda e morbida.
Prima di poter dire qualsiasi cosa, Jason esclamò: «Sai Piper, siamo compagni di stanza! Finalmente avrò qualcuno con cui parlare... Nel senso, ovvio, ci tengo a Nico, ci conosciamo da anni e siamo cugini, ma è un tipo piuttosto solitario... Almeno adesso ho qualcuno con cui parlare!»
«Siete cugini?» si intromise Leo, cercando di non far vedere quanto era imbarazzato: Piper si era accorta che lui non riusciva a resistere al suo fascino, e aveva alzato gli occhi al cielo sbuffando.
«Sì, da parte di padre. Il mio e il suo sono fratelli» rispose Jason, che non si era accorto di nulla.
«Ma Nico si chiama "Di Angelo"... Come mai avete due cognomi diversi?»
«Beh, è una faccenda piuttosto delicata... Nico ha vissuto i primi anni della sua vita con sua madre Maria e sua sorella Bianca, senza sapere nulla del padre. Al suo settimo anno, però, le due sono morte in un incidente stradale di cui lui è stato l'unico sopravvissuto. Durante la riabilitazione, l'ospedale ha contattato il parente più stretto, ovvero Ade, il padre che non aveva mai conosciuto.
Così, ha scoperto che il padre aveva conosciuto la madre in una relazione extraconiugale, per cui era sposato con un donna, Persefone, da anni.
Detto questo, non era comunque così stronzo da lasciare il figlio in un orfanotrofio, per cui ne ha preso la custodia e Nico vive tutt'ora nella villa del padre»
«Villa?» fece Leo sorpreso.
«Sì... i Grace sono molto ricchi...»
Sembrava che il ragazzo non volesse andare avanti, come se fosse spaventato da...
Leo ebbe un'illuminazione. «Sei un cosiddetto "cocco di papà"!»
«Ehm... Sì...»
Leo scoppiò a ridere. Jason era così imbarazzato solo per quello?
Lui lo aveva capito subito: aveva una postura regale quando si muoveva, "da imperatore" per capire meglio.
«Quindi non ti dà fastidio?» chiese l'altro sorpreso.
Quando Leo negò, Jason aggiunse pensante: «Di solito quando le persone lo scoprono cominciano a trattarmi in modo diverso»
Poi gli venne un lampo di genio.
«Sei ricco anche tu!» esclamò, soddisfatto per la deduzione.
«No» disse Leo sorridendo.
Jason non si arrese.
« Davvero? Né tuo padre né tua madre?»
A quella domanda, Leo si rabbuiò.
Gli stava veramente chiedendo dei suoi genitori? Ma come poteva anche solo OSARE farlo?
Non immagina. Ovvio che no.
Nessuno lo fa.
"Vuoi davvero la risposta, Jason? Eccotela. Né mio padre né mia madre. Neanche uno, Jason. NEANCHE UNO"
Fece un sorriso. Un sorriso falso, ovvio.
I sorrisi erano la sua arma migliore .
Nessuno capiva che, sotto quel sorriso, si nascondeva un altro Valdez.
Sperando che nessuno si fosse accorto di quel momento, rispose, sempre sorridendo: «No, né l'uno né l'altra»
«Leo? Stai bene?» chiese una voce, con una punta sospettosa che difficilmente non poteva essere notata.
"Maledizione!" pensò Leo allarmato.
Se Jason non aveva notato il suo turbamento, Piper sì. Era sveglia, la ragazza.
E lui era stato colto sul fatto.
«Sì sì, sono solo un po' stanco» mentì, sapendo benissimo che la ragazza non l'avrebbe bevuta. Sperava solo che lasciasse perdere.
Infatti Piper assottigliò subito lo sguardo; stranamente, però, non replicò.
Leo, silenziosamente, gliene fu grato; dopodiché (sotto lo sguardo allibito di Jason) si alzò dal tavolo dicendo: «Scusate, ma vado a letto. Jason, abbiamo una chiave a testa giusto?»
«Sì, basta che chiedi a Nico e te la dà»
«Okay, allora a dopo. Ciao Piper»
Dopo il coro di saluti, Leo si incamminò verso la sua stanza, pensando che era stato fortunato: Jason era un bravo ragazzo e, se non lo erano adesso, sperava di diventarne presto amico.
Per Piper e Nico invece ancora non lo sapeva. Nico era un po' troppo assente, mentre Piper... Beh, era troppo presto.
Più che altro era una ragazza pericolosa... Era fin troppo intuitiva, e sapeva benissimo che non avrebbe lasciato perdere la bugia di quella sera.
Lei voleva sapere. L'aveva capito dal suo sguardo.
E lui non poteva essere scoperto, nessuno doveva sapere nulla. NULLA.

Era a metà del corridoio del terzo piano, quando gli squillò il cellulare.
Leo lo tirò fuori, guardò il numero, e lo reinfilò in tasca spegnendolo.
Voleva stare da solo, per una volta, senza interferenze. E comunque non le avrebbe risposto. Non le rispondeva mai.
LEI non era nessuno. Non l'avrebbe mai potuta accettare. Non dopo quello che aveva fatto.
«Leo, vuoi entrare?»
Senza accorgersene era arrivato alla stanza, e Nico, probabilmente a causa del rumore, aveva aperto la porta.
Leo sorrise, annuendo. Un sorriso forzato, senza energia. Perché Leo non ne poteva più, stava solo cercando di sopravvivere. Sopravvivere in un inferno.

NOTE DELL'AUTRICE:
Ciaooooo! Sono tornata! Certo, forse in anticipo, un po' TANTO in anticipo...
Però non importa, ero troppo gasata dall'idea di postare questo capitolo.
Allora, qui c'è Leo che incontra Jason, Nico e Piper. Scopre la storia di Nico, e capisce quanto Piper sia empatica (adoro questa parola😍😍).
Noi, invece, scopriamo qualcosa di più sul carattere di Leo e ci avviciniamo di più a questa LEI.

Dedico questo capitolo a:
* Clezio_Odio e Molly_weissman94 per aver messo la storia tra le seguite
* Zoe_Wolf per averla messa tra le preferite e per aver recensito
*time_wings e fenris per aver recensito

Avviso: per evitare incomprensioni, premetto che posterò i capitoli più o meno quando sono pronti e li ho riletti e sistemati...
Comunque, nel caso di blocchi dello scrittore, cercherò di non sforare lo stesso dal mese prestabilito. Al massimo avviserò per tempo.

Baci,
_viola02_

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Capitolo 3
*** Segreti, nottate e il primo giorno di scuola ***


Capitolo 3 - Segreti, nottate e il primo giorno di scuola

Nel capitolo precedente:

Leo fece un sorriso. Un sorriso forzato, senza energia. Perché Leo non ne poteva più, stava solo cercando di sopravvivere. Sopravvivere in un inferno.



«No... Te prego... Non farlo... No... Mamma!»
Jason si svegliò di colpo.
Intontito, guardò la sveglia sul suo comodino. 3:46.
Guardandosi intorno, cercò di capire che cosa lo aveva svegliato.
Jason si svegliava spesso di notte, era un ragazzo che non aveva bisogno di dormire più di tanto. Però, di solito, si svegliava verso le cinque, quando gli uccellini sugli alberi del cortile cominciavano a cantare.
Quindi, cosa lo aveva svegliato verso quell'ora?
Mettendosi seduto, assottigliò lo sguardo cercando nella penombra la causa del rumore. Così facendo, vide che Leo si stava agitando nel sonno. E che stava borbottando.
"Leo sta avendo un incubo!" dedusse un po' preoccupato.
Si alzò e si avvicinò al letto del ragazzo.
«No.. no... Mi madre...»
Leo continuava a parlare nel sonno, ma sempre con più agitazione.
«Mamma... Al fuoco... È dentro... MAMMA!!!»
Leo si alzò di scatto.
Jason, con uno scatto felino, si mise sotto il letto dell'amico, sperando che il ragazzo non lo avesse visto.
Poi, trattenne il respiro.
Leo non doveva accorgersi di lui, o non si sarebbe aperto con se stesso. E Jason voleva scoprirne di più.
«Calmati, calmati, calmati» sentì sussurrare dal ragazzo, come una specie di mantra per tranquillizzarsi.
Evidentemente non ci riuscì, però, perché il letto continuava a muoversi, segno che Leo fosse ancora turbato e che non riuscisse a riaddormentarsi.
Jason, che stava cercando di non farsi spiaccicare, rimase allibito quando improvvisamente tutti i movimenti si fermarono.
Leo non poteva essersi riaddormentato così di botto. Era semplicemente impossibile. Quindi, cosa stava facendo il ragazzo?
Tenendo le orecchie aperte, Jason cominciò a contare i minuti.
Dopo un po' di tempo (all'incirca una decina di minuti, secondo il suo conteggio) di letto completamente fermo, Jason decise che era arrivato il momento di uscire da lì sotto, sperando che Leo si fosse addormentato.
Era appena arrivato a metà stanza (strisciando sul pavimento) quando sentì dei singhiozzi soffocati.
Leo stava piangendo.
«Mama, perdoname! Perdoname... Te quiero» sussurrò con rimorso, non sapendo di non essere solo.
Jason si stupì. Leo parlava spagnolo? Certo, si era accorto dell'accento un po' strano, ma non avrebbe mai creduto non fosse statunitense: parlava in perfetto inglese... E poi, perché chiedeva perdono?
Cosa aveva combinato di così grave?
Qualche decina di minuti dopo (aveva ripreso a contare), durante i quali Jason si chiedeva chi fosse veramente Leo, il ragazzo sentì che il respiro dell'amico era diventato regolare: finalmente si era addormentato.
Senza fare alcun rumore, silenzioso come solo lui riusciva ad essere, tornò a letto.
Così, nel buio della notte, sorrise.
Gli era tornato utile l'allenamento, alla fine. Divertito, pensò che avrebbe dovuto ringraziare la sua maestra, una volta rivista.
In quella notte, ancora così giovane, aveva scoperto che Leo teneva più segreti di quanti si potesse immaginare.
E Jason non si sarebbe arreso fino a quando non li avrebbe scoperti tutti.
"Leo, capirò cosa nascondi, lo giuro sullo Stige".

Driiiin! Driiiin! Driiiiiiiiiiiiiiiiin!
Leo si svegliò di botto.
Guardandosi intorno (intontito) alla ricerca di quella che pareva un'orchestra (stonata, non sia mai che pensiate BENE), si tappò le orecchie, gridando: «Che cazzo è 'sto fracasso?!»
Nico rispose assonnato, ma senza essere shockato come Leo dal rumore assordante.
«La sveglia di Jason»
«Ma perché è così assordante?!» - urlò l'altro, cercando di sovrastare il casino - «E poi perché non la sente?!»
«Beh, Jason è abituato, come me: questa sveglia è rotta da sempre, che io sappia... Non l'ha mai portata dall'orologiaio, però, per paura che la rovini»
Vedendo come Leo lo stava guardando (alias un'occhiata alla "mi prendi in giro?"), continuò: «Lo so, è un'idea stupida, dato che gli orologiai le aggiustano, le sveglie, e non le rompono... D'altra parte, però, ci è affezionato e quindi non mi sono mai lamentato. Gliel'ha regalata la madre Beryl... Comunque ti ci abituerai, prima o poi»
Leo, pur non essendo una perla nel quadrare le persone (al contrario di Piper), capì istantaneamente perché Nico non avesse fatto "resistenza" al rumore assordante. Se Jason si era affezionato alla sveglia (molto comunemente chiamato l'aggeggio infernale) perché glielo aveva regalato LA MADRE, Nico doveva aver pensato che, se lui avesse avuto un regalo della sorella o di sua madre lo avrebbe conservato come oro, perciò non aveva detto niente.
E fu così che Leo si decise.
«Ci penso io!» esclamò, scendendo dal letto, ormai persa l'incazzatura per la sveglia brusca.
Con un Nico alquanto sorpreso che lo osservava, Leo prese la sua fidata cintura degli attrezzi (che aveva messo in valigia per paura di perdere), la cosiddetta sveglia e si sedette sul pavimento.
Attento a non perdere pezzi, il ragazzo smontò il tutto, lo oliò, cambiò i pezzi rotti con dei ricambi che aveva nella cintura e, in meno di cinque minuti, la sveglia rotta da anni era riparata.
«Co-come hai fatto?» chiese SBALORDITO Jason, che si era alzato non vedendo (e non sentendo) la sua "preziosissima" sveglia urlante.
Leo alzò le spalle.
«Non è niente... Te l'ho solo riparata...»
«SOLO riparata??»
«Beh, sì... È un mio piccolo hobby... Mi piace riparare oggetti o costruirne di nuovi»
A Jason, sentendo le parole "costruirne di nuovi", si illuminarono gli occhi.
«Ci fai vedere qualche tua creazione?» lo pregò curioso.
«Beh, se volete...» rispose Leo, vagamente imbarazzato.
«LO VOGLIAMO» esclamò Jason, perentorio.
Leo, anche se un pelo titubante, si alzò e rovistò nella valigia.
Poi, trovato l'oggetto, lo prese nella mano e lo mostrò ai suoi amici.
Era un piccolo drago di bronzo, con il muso sorridente e l'aria contenta.
Tuttavia, non era quello che lasciò basiti gli altri due, bensì fu che, quel minuscolo oggettino, era preciso in ogni dettaglio: aveva grandi zampe possenti e artigli affilati, delle ali a dir poco stupende e TUTTE le squame definite, neanche fosse stato vero.
Era bellissimo. Ma soprattutto perfetto.
Leo cominciò a parlare, raccontando la storia del piccolo draghetto: «È il mio portafortuna, non vado mai in giro senza di lui. L'ho costruito quando avevo circa sette anni con mia madre...»
La voce gli si incrinò un poco, ma proseguì sorridendo con dolcezza: «È stato il mio primo progetto serio. E si chiama Festus»
Jason scoppiò a ridere, nonostante avesse percepito che quel momento era speciale.
«Hai veramente chiamato il tuo drago "Festus"?? Il "drago felice"??»
Leo sorrise divertito.
«Certo! Lui è sempre allegro! Come potevo non chiamarlo così?»
In quel momento intervenne Nico, che seppur sorridendo appena, aveva alzato gli occhi al cielo.
«Okay, Leo ha chiamato il suo drago "Festus", Jason ha la sveglia riparata, ed è tutto quanto bello e carino, ma sono le 7.30 e nessuno a parte me si è ancora preparato. Ah, e vi faccio presente che abbiamo la colazione tra un quarto d'ora»
In effetti, si rese conto Leo, Nico era vestito. E, appena lo notò, ricordò che era vestito anche quando si era svegliato, come se fosse andato a letto di fretta. Che strano...
Poi gli venne in mente una cosa preoccupante.
Avevano solo un quarto d'ora prima di colazione. E UN SOLO BAGNO.
Sperando che Jason non se ne fosse reso conto, Leo scattò verso la porta del bagno.
Per sua sfortuna, tuttavia, anche all'amico era venuto in mente, quindi si trovarono a correre in sincrono verso la doccia, in una gara chi si sarebbe preparato prima.
Alla fine vinse Jason, per la gioia di Leo.

In mensa, Piper e Jason stavano aspettando l'amico (avevano deciso che Leo era, se non proprio amico, vicino a esserlo) guardando preoccupati l'orologio. 7:54.
Ormai erano una decina di minuti che lo aspettavano, si erano infatti dati appuntamento lì.
Jason, mentre ascoltava distrattamente Piper lamentarsi di quel ritardo, pensò che, sì aveva promesso a Leo di accompagnarlo per le classi, ma non avrebbe potuto aspettare troppo, dato che non voleva assolutamente beccarsi un richiamo il primo giorno di scuola.
Proprio mentre stavano per andarsene, videro arrivare qualcuno in gran fretta.
Quando questo si avvicinò, i due amici scoprirono che era un Leo molto bruciacchiato. Letteralmente.
«Non dite una parola» sibilò, vedendo gli amici trattenersi dal ridere.
«Che ti è successo?» chiese Piper che, anche se divertita, non poteva evitare di preoccuparsi. Certo, non erano ancora del tutto amici e voleva scoprire la verità sulla sera prima, ma lei era fatta così. Non poteva ignorare una persona né farle del male (solo se questa non le aveva fatto niente, però, perché se no ci andava giù anche MOLTO pesante).
«Corto circuito del computer. Avevo provato a collegarlo alle mie casse nuove, ma si vede che non vanno molto d'accordo» ammise, cominciando a trattenersi dal ridere anche lui per quella situazione assurda, ma sempre cercando di tenere un'espressione arrabbiata.
Come un fulmine a ciel sereno, a Jason venne un atroce dubbio.
Sperando che fosse solo una sensazione, chiese timoroso: «Quale computer hai usato? Il tuo?»
«Macchè, io non ho computer! Ho usato il primo che ho visto... Uno tutto nero, mi pare, quindi non si vede tanto il fatto sia rotto» rispose, rinunciando a tenere il broncio e facendo capire quanto in realtà lo divertisse quella situazione.
Jason, al sentire che i suoi dubbi erano confermati, ebbe paura di svenire.
Leo, vedendo l'espressione dell'amico, tornò serio e disse: «Lo so, non è molto carino distruggere computer, ma se non rido mi metto a piangere... Adoravo quelle casse!»
Piper cominciò a ridere per la sfrontatezza del ragazzo, coinvolgendo anche gli altri due.
Tuttavia, poche risate dopo, Jason scosse la testa, di nuovo la faccia allarmata.
«Leo, hai frainteso. Ti guardavo così perché quello era il computer DI NICO!!!»
L'espressione sorridente di Leo si spense.
«Co-cosa? Di Nico?»
Leo era molto intimorito dal ragazzo. Spesso non si vedeva, forse, ma quel ragazzo lo inquietava tantissimo: era troppo silenzioso!
E quando si arrabbiava, poi, (e lui ne aveva avuto solo un piccolo assaggio il pomeriggio prima) lanciava occhiate che parevano spedirti direttamente al Tartaro.
«Merda! Cosa mi farà appena lo saprà? Jason, dimmelo ti prego... Io lo conosco solo da ieri!»
«Meglio se non lo sai... E comunque sei salvo fino alla fine delle lezioni» rispose, partecipando silenzioso alla paura dell'altro. Nico arrabbiato era una BESTIA.
Fu in quel momento che tutti ricordarono.
«LE LEZIONI!!!»
E, senza mai fermarsi per riprendere fiato, corsero in più fretta possibile verso la prima aula: quella di matematica.

Arrivarono con ADDIRITTURA cinque minuti di ritardo (per citare il prof), perciò si beccarono una punizione il primo giorno di scuola.
Anzi, LEO si beccò una punizione il primo giorno di scuola.
Infatti, lo stronzo in questione decise, dopo aver sentito la storia dei ragazzi (cioè che Leo aveva fatto saltare in aria un computer ed erano arrivati tardi per quello), che la colpa era di quest'ultimo e che quindi gli altri non meritavano la punizione.
Quindi, Leo era stato obbligato a iscriversi "di sua spontanea volontà" ad un corso di religione che teneva il professor Kowalsky (sì, esatto, come i pinguini del Madagascar) e che era a corto di iscritti (con Leo erano solo in otto).
Quindi, per la bontà del professore, il ragazzo aveva, a partire dalla settimana dopo, tutti i lunedì occupati.
"Perlomeno questo FANTASTICO corso non parte oggi" si disse sarcastico.
Poi, finita la ramanzina, il prof li mandò al posto: Piper (Leo aveva scoperto che era nella loro stessa classe) prese posto in prima fila, vicino ad un tipo biondo, mentre Jason si sedette nella seconda vicino ad un banco vuoto.
Leo, non sapendo dove sedersi, decise di seguire Jason e "posizionarsi" nel banco libero, ben felice di avere vicino qualcuno che conosceva.
Qualche minuto dopo, che Leo aveva passato tappeggiando sul banco senza preoccuparsi minimamente di prendere appunti, sentì distintamente qualcuno che lo chiamava.
«Valdez! Valdez!»
Leo, attento a non farsi vedere dal prof (ormai soprannominato lo Stronzo), si girò quel tanto che bastava a capire chi lo stesse chiamando.
Era una ragazza dai capelli marrone scuro, molto robusta, con degli occhi così piccoli e marroni che sembravano due gocce di fango.
Il suo sguardo, tuttavia, era così rabbioso che poteva benissimo fartela fare sotto sul momento.
Tuttavia, Leo non ci badò. In fondo, la ragazza poteva essere in un momento strano... Magari era UNO DI QUEI GIORNI...
«Ehi!» salutò lui con un sorriso.
«Sei nuovo pivellino?» domandò lei, diretta.
«Sì, sono arrivato ieri» rispose lui, senza capire dove volesse andare a parare la ragazza.
«Perché?»
«Niente... Curiosità» rispose lei, con la faccia da angioletto.
Mentre si stava rigirando, però, al ragazzo sembrò di vedere, sul volto della ragazza, un sorriso malefico. Cercando di non farsi sentire dal profe, chiese a Jason: « Ehi, chi è quella qua dietro?»
«Clarisse La Rue. Stacci lontano» sussurrò l'altro.
«Come mai?»
«È la bulla per eccellenza della Half-blood. I suoi amici sono Silena Beauregard, Charles Beckendorf, Ottaviano Augusto e Chris Rodriguez»
«Tutti bulli?»
«Oh, no! Silena e Beckendorf sono molto simpatici e anche Chris... L'unico forse è Ottaviano... Ma neanche tanto» borbottò Jason, pensando.
«E allora perché devo starci lontano?»
L'amico scosse la testa.
«Mi sono spiegato male. Devi stare attento solo a Clarisse, per gli altri l'importante è che non li insulti, perché se no ti ritrovi con un pugno in faccia dalla ragazza»
«È molto protettiva nei loro confronti» aggiunse, cercando di farsi capire meglio.
«Quindi, se Clarisse mi avesse chiesto se sono nuovo, sarebbe un problema?»
«Sarebbe decisamente pericoloso. All'ultimo arrivato a fatto mettere la testa nel gabinetto delle ragazze... So che si diverte a cambiare metodo per ogni vittima. Lei lo chiama il suo "benvenuto a scuola"» disse alzando le spalle.
Poi, guardandolo negli occhi, aggiunse: «Ma tanto era una supposizione... Giusto?»
«Ehm... no» ammise Leo «Me l'ha appena chiesto»
«Due parole: sei morto. Appena suona, ti conviene scap-»
«Valdez! Già ti sei guadagnato una punizione per il ritardo, non fammi aggiungere anche un richiamo scritto» lo richiamò il professore, stufo della parlantina continua.
«Sì sì, ci scusi prof»
E, dopo quel richiamo, i due stettero zitti per il resto della lezione.

Driiiin​!
La seconda ora era appena finita.
Al rumore della campanella, Leo fece un sospiro preoccupato.
Durante il cambio delle lezioni (dalla prima alla seconda ora) era riuscito a seminare Clarisse cominciando a correre per i corridoi, fino a trovare la classe di fisica, ma adesso che doveva andare a quella di inglese sarebbe stato improbabile sfuggirle di nuovo. Probabilmente si era appostata davanti alla porta...
Ma non era questo quello che lo preoccupava, al momento. Era Piper.
La ragazza, infatti, appena entrata aveva notato il posto libero e, fatto l'occhiolino a Jason (maledetto traditore), si era seduta vicino a lui, con l'evidente intenzione di parlargli. O di estorcergli informazioni, per come la vedeva il ragazzo.
Durante la lezione, comunque, non era riuscita a dirgli niente, ma adesso Leo non aveva vie di scampo.
E lui non voleva parlare con Piper. Non poteva scoprire il suo segreto.
"Non l'avrà vinta" pensò con il broncio.
«Ehi, guarda che non ti mangio mica» lo riprese Piper, guardandolo divertita.
Leo arrossì. Come aveva fatto a capire cosa stesse pensando?
«Facile. Mi stavi guardando in cagnesco»
Ancora?? Ma leggeva nel pensiero??
«Non leggo nel pensiero, ma capisco il linguaggio del corpo... Prima avevi una faccia è una postura confusa» spiegò.
«Okay, ho capito. Leggi nel pensiero e basta» decise Leo. Piper rise.
Poi, senza tanti contenevoli, il ragazzo andò dritto al punto.
«Che vuoi?»
Piper sospirò, tornando seria.
«Voglio solo capire perché hai mentito... Ma non te lo avrei chiesto così, ci sarei andata piano e avrei aspettato che parlassi da solo... Ora però io ho risposto alla tua domanda e perciò esigo una tua risposta» ordinò.
Leo stette zitto. Non poteva dirglielo.
«Okay, ripeto. LEO VALDEZ, DIMMELO IMMEDIATAMENTE»
«Non ho avuto una infanzia felice»
Leo si tappò la bocca con la mano. Le erano veramente uscite quelle parole dalla bocca? Le aveva veramente detto la verità?
Doveva rimediare al danno, perciò sorrise, cercando di dare una luce vispa ai suoi occhi.
«Ma sai una cosa, Miss Mondo? Adesso va più che bene, non litigo più con mia madre... Neppure con mio padre!»
«Beh, ne sono veramente felice!»
«Ora scusa, ma è meglio che vada... Ho la lezione di inglese e, avendo già preso una punizione, non devo assolutamente arrivare in ritardo» le disse sbrigativo.
Piper (che non era stupida) capì istantaneamente che il ragazzo aveva bisogno del suo spazio, e perciò lo lasciò andare, salutandolo con la mano.
Quando ormai Leo era uscito e stava camminando in corridoio, le venne in mente una cosa. Come l'aveva chiamata???
«MISS MONDO?!» gli urlò dietro.
Leo si girò ghignando.
«PREFERIVI REGINETTA DI BELLEZZA?!» le urlò ironico di rimando, per poi andarsene fischiettando.
Appena girato l'angolo, quando ormai Piper non poteva più vederlo, Leo si fece serio.
Mezze verità... Ci viveva da sempre. Mentire lo faceva sentire male, dire la verità era impensabile.
"Non litigo più con i miei genitori... Buona questa" si disse con un sorriso amaro.
Piper non aveva capito. Alla fine, per quanto fosse intuitiva, non aveva capito nemmeno lei.
Ma gli andava bene così. Se avessero saputo quello che era, in realtà, non l'avrebbero neppure più guardato. Anzi, l'avrebbero evitato come la peste. E avrebbero fatto bene.



NOTE DELL'AUTRICE:
Ciaoooooooooo
Sono tornata 😀😀
Innanzitutto, dedico questo capitolo alle mie amiche e compagne di avventure, che mi hanno sostenuto e convinto a postare questa storia.
Poi, lo dedico a fenris e a Day_Dreamer05 che hanno recensito, e avalec04 per averla messa tra le seguite.
Anyway, mi dispiace stra tanto, perché avrei voluto postare prima, ma ho avuto problemi con il HTML (avete visto le frasi in spagnolo, no? Volevo metterle in corsivo, però veniva un disastro perciò ho rinunciato) e poi, mentre stavo postando su Efp, MI SI È CANCELLATO TUTTO!!
C'è, praticamente mi sono messa a sclerare per tutta la casa...
Va beh, l'importante è esserci riuscita, dopotutto.
Spero di non avervi annoiata (né col capitolo né con i miei scleri) e premetto che tutte le recensioni (positive e negative che siano) sono bene accette.
Baci,
_viola02_

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Capitolo 4
*** Pensieri e sentimenti ***


Capitolo 4 - Pensieri e sentimenti

Nel capitolo precedente:

Se avessero saputo quello che era, in realtà, non l'avrebbero neppure più guardato. Anzi, l'avrebbero evitato come la peste. E avrebbero fatto bene.


Leo era nel suo letto, con le braccia sotto la testa, perso nei suoi pensieri.
Era il 17 settembre. Ed era passata un'intera settimana di scuola. UN'INTERA SETTIMANA.
Leo non riusciva a crederci. Era impossibile.
Fino a qualche tempo prima era al suo primo giorno, poi, in un click, già a sabato. O domenica, dato che la mezzanotte era già passata da un pezzo.
Domenica?
Leo sorrise. Il fatto che fosse già domenica voleva dire solo una cosa: aveva meno di cinque ore per dormire.
Già, solo cinque. Poi avrebbe dovuto alzarsi e andare all'aeroporto con Piper e Jason.
La cosa più incredibile era che lui ODIAVA SVEGLIARSI PRESTO. Cioè, non era uno che dormiva fino a mezzogiorno, però aveva bisogno di dormire almeno otto ore, se no la mattina non connetteva.
E il fatto che si alzasse alle cinque tradiva tutto l'affetto che provava per i suoi amici.
Jason, Nico. PIPER.
Già, lo faceva per Piper. Incredibile.
La conosceva solo da una settimana, eppure le voleva un mondo di bene.
L'aveva odiata all'inizio, poi si era rivelata una vera amica.
Lo aiutava, lo consolava e addirittura era una buona confidente.
E ovviamente era bellissima, tratto che molti tendevano a sottovalutare, ma che se distribuito bene, era un'arma micidiale. Forse anche troppo.
Alcune volte capitava che, grazie ad un buon sorriso, Piper lo "stregasse". E così, mentre era in trance, lei si faceva dire tutto quello che voleva. Era insopportabile come lo fregasse sempre.
Eppure, ogni qualvolta che Leo aveva un buon motivo per odiarla, lei faceva uno di quei gesti talmente carini che al ragazzo veniva addirittura in mente di RINGRAZIARLA.
Nel buio, scosse la testa sorridendo.
Piper, anche se la conosceva solo da una settimana, era diventata praticamente la sua sorellina.
A quel pensiero il suo sorriso si spense. Leo non poteva affezionarsi a lei.
Non doveva affezionarsi a NESSUNO.
Eppure, l'aveva già fatto.
Quelle tre misere persone che aveva conosciuto lì, in quella scuola che già all'inizio non aveva sopportato, gli erano entrate nel cuore.
E Leo sapeva benissimo che, al contrario di quel che provava a convincersi, non ne sarebbero uscite.

«Leo... Leo, svegliati!»
Leo aprì gli occhi, piuttosto assonnato.
Davanti a lui, c'era Jason, con un sorriso stampato in volto.
«Finalmente ti sei svegliato, dormiglione! E meno male che Piper ci ha obbligati ad andare a letto presto, perché se no chissà quando ti saresti svegliato!» aggiunse ridendo, ma stando bene attento sul tono di volume.
Leo, Jason, Nico e Piper avevano avuto un permesso speciale per andare all'aeroporto di New York, per prendere la sorella di Nico e un certo Frank Zhang, il ragazzo di Haz (a Leo pareva si chiamasse così la sorella di Nico), per riportarli a scuola.
Dato che erano tutti minorenni, però, erano affiancati in questa "difficile impresa" da Will Solace, un ragazzo di quarta B (sezione scientifica, specializzazione medicina).
Alto, biondo, con dei splendenti occhi azzurri, sempre impeccabile, popolare e con dieci di media in tutte le materie, Will era il cocco del preside.
Con tutti questi dati inerenti a lui, Leo probabilmente avrebbe dovuto odiarlo.
Insomma, era intelligente, solare, bello e amico di tutti: chi non lo avrebbe invidiato?
Eppure, ogni volta che Leo era in sua presenza, non poteva far a meno di sentirsi grato: Will si era guadagnato tutto il suo rispetto.
E con un solo gesto.
Il biondo, infatti, lo aveva salvato da una bestia feroce MOLTO incazzata.
E stiamo parlando di un Nico di Angelo arrabbiato.
Ci voleva fegato, molto fegato, anche solo per OSARE contraddirlo.
E Will era riuscito a fermarlo.
«Finalmente torna Haz! Non vedo l'ora di rivederla!!»
Il gridolino eccitato di Jason lo fece tornare alla realtà, per poi fargli alzare gli occhi al cielo: l'amico non stava più nella pelle, neanche avesse dovuto conoscerla lui la ragazza!
Certo, anche Leo era ansioso di vederla, ma Jason la conosceva già da una vita!
In quel momento qualcuno bussò alla porta, e senza neanche aspettare risposta, entrò.
Era Piper.
Neanche fosse stato il suo compleanno, cominciò a gridare qualche «Si!!!», qualche «Rivedremo Haz!!» e qualche altro «Evviva!» giusto per far capire che era entusiasta per la giornata e che probabilmente (come pensò Leo) aveva bevuto qualche litro di caffè.
Ovviamente (erano le cinque di mattina, per carità!) si sentì un coro di «Shhh!», ma lei se ne fregò altamente e non abbassò il tono di una virgola.
Perciò, con la sua voce strillante, continuò tranquilla: «Dai ragazzi, muovetevi! Dobbiamo essere lì alle otto e ci sono due ore di viaggio... Perciò, su, forza, vestitevi e si va!»
«In effetti, Piper, dovremmo vestirci...» le fece notare Leo, per poi continuare «Certo, capisco che vuoi vedere il fisico del Grande Valdez, però preferirei che fossimo da soli... Sai com'è...»
Le guance di Piper si imporporarono in maniera impressionante e lei si voltò di scatto verso la porta.
Fece per uscire, ma, non appena sentì le risatine di sottofondo, il suo orgoglio ebbe la meglio: si girò, e puntò il suo sguardo carico di sfida negli occhi color nocciola di Leo.
Poi disse, con un sorriso malefico: «Il fisico del Grande Jason, semmai, tu non hai niente che sia degno di nota, Valdez»
A quelle parole, Leo fece finta di pugnalarsi il petto, dicendo con fare teatrale: « Come hai potuto farmi questo, amore mio? E io che ci credevo! Che illuso... Sappi che mi hai spezzato il cuore, lo hai distrutto! Calpestato con dei tacchi a spillo!!»
Poi, rivolgendosi a Jason: «E tu, il mio migliore amico! MI HAI TRADITO! MI HAI FREGATO LA RAGAZZA COME SE NON TI IMPORTASSE NIENTE!
Me povero, me tapino! Oggigiorno non si trovano più persone affidabili...»
Sempre muovendosi in maniera esagerata, si fece cadere sul letto, facendo strani movimenti che probabilmente dovevano essere convulsioni.
In fine, con un urlo gluttutrale, smise di muoversi.
Qualche secondo dopo (dopo che si era goduto dell'effetto della propria morte), si rialzò di scatto e fece un inchino dando baci al volo.
«Ecco a voi, il Mago Del Teatro Valdez. È stato un piacere, non dovete ringraziare»
Jason, Piper e Nico (sì anche lui) scoppiarono a ridere e Leo si unì a loro. Cominciarono a ridere in maniera così rumorosa che si stupirono che nessuno li venisse a sgridare.
E infatti...
La porta si aprì di nuovo, sbattendo, e Will entrò urlando.
«Ma siete matti?! Sapete che ore sono? Il preside mi uccide tra un po'!! Dovevamo uscire SENZA FARE TROPPO BACCANO perché sono le CINQUE DI MATTINA, perciò fuori tutti e via»
A fare le veci di tutti, fu Nico che con uno strano sorrisetto, disse beffardo: «Solace, dobbiamo vestirci»
A queste parole, il biondo realizzò che nella camera c'erano tre ragazzi in pigiama (o meglio, Leo in pigiama, Nico con una maglietta e dei boxer neri, Jason in maglietta bianca e boxer grigi) e arrossì furiosamente.
Si girò come aveva fatto Piper e fece per uscire, poi si rigirò (con le mani sugli occhi) e chiamò Piper con un sussurro, per poi uscire insieme.
I tre ragazzi nella camera si guardarono, e poi, senza ritegno, scoppiarono a ridere.
«GUARDATE CHE VI SENTO!» urlò Solace da dietro la porta.
Leo, ancora nel suo "bellissimo" pigiama (tutto arancione con delle chiavi inglesi ricamate sopra), rispose: «Ehi, Will, ma non ci avevi appena detto che non si deve urlare?»
Non ci fu risposta, perciò decisero che era venuto il momento di cambiarsi e uscire come gli aveva gentilmente "chiesto" Nico («Ragazzi, per quanto mi piaccia prendere per il culo Solace, è mia sorella quella che andiamo a prendere. Perciò, se non arriviamo in tempo e lei rimane da sola anche solo per un minuto, SIETE MORTI»).
Una decina di minuti dopo e tutti i cinque ragazzi erano in macchina.
Durante il viaggio, Leo si mise ad immaginare come poteva essere questa Haz Di Angelo. Probabilmente era un po' come Nico... Capelli e occhi neri, pelle cadaverica, un po' solitaria...
No, era impossibile che fosse solitaria. Se no come poteva essere la migliore amica di Piper?
Quindi... Solare e vivace? No. Chi ce lo vede Nico così? Cioè, era la sorella, ovvio, quindi poteva anche essere, ma un cadavere ambulante che ti dice «Ehi c'è il sole, fuori!» tutto allegro, Leo non ce lo vedeva proprio.
Dopo un po' di tentativi (scartati tutti), si arrese: avrebbe capito che tipo era la ragazza una volta conosciuta.

Arrivarono all'aereoporto con BEN dieci minuti in anticipo, per la gioia di Piper.
Con pazienza e con i timpani rotti (Piper continuava ad urlare di stare attenti "perché ci aveva messo una vita a farlo") tirarono fuori il cartellone segnalatore.
Ora, con molta probabilità, vi starete chiedendo: «Che cos'è un cartellone segnalatore?»
Beh, se l'era chiesto anche Leo e perciò lo aveva domandato all'amica.
In questo modo aveva scoperto che, quando qualcuno scende da un aereo e c'è gente ad aspettarlo, per trovare il suo "gruppo" cerca un cartellone con su scritto il suo nome. Ecco, questo è un cartellone segnalatore.
Quello della sorella di Nico lo aveva fatto Piper da sola, e ne era talmente entusiasta che aveva deciso di non farlo vedere a nessuno fino a quando Haz non fosse stata in vista, perché era una sorpresa.
L'unica pecca nel suo ragionamento era che così non sarebbe servito a nulla, però nessuno ebbe il fegato di dirglielo.
Insomma, Piper era troppo felice: chi le avrebbe rovinato la giornata per una cosa così idiota?
Leo si girò verso Jason.
«Ehi, amico, com'è questa Haz Di Angelo? Simpatica e carina o un po' come Nico?»
Jason aggrottò le sopracciglia, come se fosse contrariato per qualcosa.
«Ma Leo, lei non si chia-»
«PIPER!!!!»
Tutti e cinque i ragazzi si girarono verso la voce e Piper finalmente aprì il suo cartellone.
Era tutto nero con disegnate tante gemme di colore diverso e con due scritte: "Hazel Levesque" e "Frank Zhang".
Leo temette di star per vomitare. Hazel LEVESQUE?
«Jason, la sorella di Nico si chiama HAZEL LEVESQUE???»
L'amico annuì con un sorriso.
«È quello che cercavo di dirti: il padre di Nico aveva un'altra figlia illegittima, con una certa...»
«Marie...?»
«Esatto, proprio lei. Come facevi a saperlo?»
Leo fece un sorriso forzato, ma sapeva di non essere convincente: doveva essere sbiancato talmente tanto che probabilmente si vedeva anche da lontano.
Perciò, aggiunse, cercando di dare al suo tono un'ironia naturale: «Beh, sai com'è... Ci sono un sacco di Marie un giro...»
Leo tremava tutto. Probabilmente fu questo che convinse Jason a star zitto.
Leo comunque sapeva di non poter restare. Era sul punto di scoppiare, e non poteva farlo davanti Jason.
Certo che aveva proprio sfiga, però!
Possibile che doveva reincontrare proprio HAZEL?
Perché, tra tutte, proprio lei??
Ignorando lo sguardo curioso e preoccupato dell'amico, disse con la voce più ferma che avesse nel repertorio: «Jason, scusami, ma devo andare al bagno»
Senza aspettare risposta, girò sui tacchi e cominciò a correre.
Hazel... A lei doveva una risposta. Ma come poteva dirglielo? L'avrebbe ferita di più di quanto non avesse già fatto. E poi lui non avrebbe sopportato ferirla un'altra volta.
No, l'unica soluzione era ignorarla, fare come se non si fossero mai conosciuti.

«HAZEL!!!»
Piper, correndo verso la sua migliore amica, la chiamò a gran voce e con una gioia che si poteva vedere anche a kilometri di distanza.
Appena le fu vicina, le balzò letteralmente addosso, finendo per buttarle entrambe a terra.
«Piper! Sta attenta! Potevamo farci male!» la rimproverò Hazel ridendo.
Fece poi per alzarsi, ma Piper la abbracciò di nuovo, impedendoglielo.
«Come sono felice!! Finalmente sei qui!! Dobbiamo raccontarci un sacco di cose! E poi, ti devo presentare una persona...» rispose, lasciando cadere il discorso come se fosse un segreto.
«Davvero?? E chi?» chiese l'amica, decisamente curiosa.
«È un ragazzo... Si chiama Leo Valdez» disse Piper, maliziosa.
Piper, che conosceva l'amica, si aspettava di vederla sorridere furbescamente e poi di fare una battutina sul ragazzo in questione, ma rimase stupita.
Hazel sembrava sul punto di crollare.
Gli occhi della ragazza si riempiono di lacrime e Piper vide che cercava di non incrociare il suo sguardo.
«Scusa, Piper, devo andare al bagno» le disse Hazel, con un tono così basso da quasi non sentirsi, poi si girò e corse via.
«Hazel!»
Frank, avendo visto il comportamento anomalo della ragazza, fece per rincorrerla, ma Piper lo fermò: «Ci devo andare io, Frank. È una cosa da ragazze»
Per fortuna Frank capì, perciò Piper corse dietro all'amica, finendo per trovarla nel bagno, piangente.
«Hazel... Cosa è successo?»
«Oh, Piper... se sapessi... Il ragazzo... si chiama proprio... LEO VALDEZ?»
«Beh, sì... Ma perché fai così? Lo conosci già??»
«Sai... che ti raccontavo... del mio... ex?»
Hazel non riusciva a smettere di piangere.
«Beh, certo! Lo stronzo senza cuore che ti ha lasciata per messaggio! Quello che ho giurato, se l'avessi per le mani, di strozzarlo! Ma cosa c'entra?»
«Quello stronzo... è... Leo Valdez!!»
E riprese a piangere a dirotto.
«Leo Valdez?? Sei sicura? Io l'ho conosciuto, certo, solo da una settimana, ma mi sembra a posto!! Anzi, uno che si prende cura delle persone!»
«Eppure... mi ha lasciata... per messaggio!! Io... lo amavo... e mi ha lasciata... senza motivo!!
Finalmente pensavo... di avermelo lasciato... alle spalle... e invece torna... ADESSO!! PROPRIO QUANDO... FINALMENTE... HO TROVATO QUALCUN'ALTRO!!!»
«Beh, Hazel, come amica ti prometto che indagherò, okay?? Se è davvero uno stronzo senza cuore lo spedirò sulla Luna!! Te lo giuro! Per adesso credo che la cosa migliore sia che tu lo ignori del tutto... Continua a stare con Frank... Lui sì che ti ama davvero»
Rimasero nel bagno per un po', mentre Piper cercava di consolare l'amica.
Alla fine, dopo circa una ventina di minuti da quando erano entrate, Hazel riuscì a calmarsi.
«Grazie Piper, sei un'amica. Ma non so se riuscirò a ignorarlo... Io lo amo ancora!»
«Lo so, Hazel, lo so... Ma ti piace anche Frank, no? E lui sì che ti merita, non degli stronzi che non hanno neanche il coraggio di lasciarti guardandoti negli occhi. Secondo me, però, c'è qualcosa che non va... Leo non sembra il tipo da ferirti così. Indagherò, promesso»
«Okay... Torniamo da Frank e da Jason?»
«Sì, andiamo»
Hazel, anche se non vedeva l'amica da tempo, si rese subito conto che c'era qualcosa che non andava: la ragazza stava giocando con i capelli e aveva lo sguardo perso.
«Piper, c'è qualcosa che non va?» chiese, un po' preoccupata.
L'amica arrossì.
Hazel fece subito due più due: Piper non arrossiva così per un nonnulla!
«Centra Jason... Vero?» domandò con un sorrisino che Piper poteva definire solo MALEFICO.
«NO!»
Hazel alzò un sopracciglio, scettica, e Piper si arrese: «Va bene, sì, mi piace. Mi piace da morire... Però sono sicura di non piacergli, non mi guarda nemmeno!»
«Piper, mia cara Piper... Quando si tratta degli altri, hai sempre ragione sui "fatti amorosi", ma quando si tratta di te sei una frana!»
«Quindi dici che gli piaccio?»
La voce di Piper era un pigolio, da tanto era insicura. Hazel fece un sorrisone, rispondendole: «Ovvio! Sono ARCI-MEGA-SICURA che tu gli piaccia dall'anno scorso»
E, confortandosi a vicenda, tornarono dai ragazzi che le aspettavano in ansia.
«Hazel! Tutto a posto?» chiese preoccupato Frank.
«Sì, stai tranquillo» gli rispose, abbracciandolo.
«Mi sono solo sentita un po' male... Ma ora è tutto passato» aggiunse con un sorriso un po' forzato.
Se il ragazzo se ne accorse, comunque, non lo diede a vedere.
«Ragazzi, e Leo dov'è?» chiese Piper, scoccando un'occhiata di scuse a Hazel. D'altra parte, Piper voleva bene a Leo e non vedendolo si era preoccupata.
Le rispose Will: «Mi ha chiamato poco fa. Ha preferito andare con l'autobus e quindi lo rivedremo a scuola. Ora, se non c'è nient'altro da fare, direi che dobbiamo andare»
Nel viaggio di ritorno, Piper si chiese chi fosse veramente Leo.
Era un ragazzo perbene anche se un po' matto, o uno stronzo senza cuore come aveva detto Hazel?
E perché era tornato a scuola in autobus? Leo non soffriva di mal d'auto, da quel che ne sapeva, però la macchina è SEMPRE meglio di un autobus! Meno sporca, più puntuale e privata.
L'unica ragione per cui Leo aveva usato l'autobus, era perché voleva stare lontano da Hazel.
Ma questo voleva dire che provava ancora qualcosa per lei, perché se no non dovrebbe avere problemi a starle vicino... E allora perché l'aveva mollata per messaggio?



AVVISO DELL'AUTRICE:
Mi dò il bentornata a me stessa!😀
Mi scuso per averci messo un po', però l'inizio di questo capitolo non mi veniva proprio!
Tuttavia, scrivendo e riscrivendo, finalmente mi è venuto qualcosa di decente!!
Bando alle ciance, in questo capitolo conosciamo Hazel e Frank!!!
Si scopre che la nostra Hazel ha già conosciuto Leo e che addirittura SONO STATI INSIEME!!!
Poi lui l'ha lasciata, così senza motivo...
Anyway, devo chiarire un punto.
Durante la settimana Leo non scopre chi è Hazel perché la chiamano sempre "Haz" e, dato che gli dicono che è la sorella di Nico, crede che si chiami Di Angelo.
A proposito di questo bel ragazzo, ho inserito Will nella storia, come gentilmente chiesto da Day_Dreamer05.
Sappiate che non l'ho fatto solo per la sua richiesta, ma anche perché ci stava bene con la trama.
Comunque Will non ci sarà spesso perché non è uno dei personaggi principali ma ogni tanto comparirà, solo per far piacere a Nico...
Sempre riguardo a lui, so che molti si aspettavano di vedere la sua reazione al disastro del Grande Valdez, però ho deciso che non entrava bene e l'ho eliminato.
Però può darsi che farò una fiction a parte per quella scena, ci penserò.
Ringrazio quelli che hanno recensito (fenris, Day_Dreamer05, non finirò mai di ringraziarvi!!!) è quello che hanno messo la mia storia tra le preferite, tra le seguite o le ricordate.
Poi ringrazio anche i lettori silenziosi, che mi danno comunque la forza di continuare a scrivere.
GRAZIE A TUTTI!
Baci,
_viola02_

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Capitolo 5
*** Passati e pregiudizi ***


Capitolo 5 - Passati e pregiudizi

AVVISO:
Hazel, per motivi di trama, è coetanea di Leo, perciò va in seconda superiore ed è più grande di Nico di un anno.
Secondo avviso, la lezione di religione va dalle 15.00 alle 16.00, ci tenevo a sottolinearlo perché ho notato che non si capiva del tutto.
Buona lettura 😘

Nel capitolo precedente:

Nel viaggio di ritorno, Piper si chiese chi fosse veramente Leo.
Era un ragazzo perbene anche se un po' matto, o uno stronzo senza cuore come aveva detto Hazel?


Leo stava appoggiato al muro, indeciso se entrare o no nell'aula di religione.
Non aveva voglia di fare quel corso, e forse non l'avrebbe mai avuta, ma se non entrava lo avrebbero espulso.
Beh, forse espulso no, però avrebbero preso provvedimenti gravi. Tipo contattare la sua tutrice.
E, ovviamente, se succedeva era finito.
Non avrebbe più rivisto né Jason, né Nico, né Piper.
Quindi, era incastrato. Gli toccava entrare.
Ma Leo aveva così tanti pensieri per la testa! Perché non lo lasciavano in pace?!
Era stato sfortunatissimo a ritrovare Hazel, in quella scuola.
E dire che prima andava tutto bene, e la Half-blood era il primo VERO liceo che gli piaceva!
Certo, con un po' di intuito avrebbe potuto capire che "Haz" fosse il soprannome di Hazel, ma quante probabilità c'erano che lei fosse proprio la Hazel Levesque che conosceva?
Praticamente lo 0%. Forse anche di meno.
Insomma, si era trasferito! Era scappato a circa 3.000 kilometri di distanza! Come aveva potuto incontrarla proprio lì?!
Si impose di calmarsi e ripensò alla sua situazione. L'unica soluzione possibile era che Leo doveva ignorare Hazel come se non si fossero mai conosciuti. Come se non fossero mai stati insieme.
Se non altro, aveva la fortuna che la ragazza facesse il liceo classico, così la vedeva solo al pranzo o nei corridoi...
Però Leo non ce la faceva più. Aveva un disperato bisogno di staccare, di dimenticarsi dei suoi problemi e di tutta quella merda che era la sua vita.
"Okay" pensò "adesso entro in questa cazzo di aula, faccio questa cazzo di punizione e poi sono libero di uscire"
Entrando, ripensò a quella mattina. Era stata piuttosto triste, anche secondo i suoi standard.
Prima di tutto, non aveva fatto colazione in mensa (indovinate perché? Già, Hazel) e quindi si era rinchiuso in camera, poi, andando in classe, si era reso conto che forse (anzi, SICURAMENTE) Jason e Piper gli avrebbero fatto qualche domanda (cioè, anche lui le avrebbe fatte se un suo amico fosse stato fuori camera fino a mezzanotte passata...).
Per cui, quando era entrato nella loro solita aula si era seduto in fondo vicino a Chris Rodriguez, che non aveva protestato (tutti gli amici di Clarisse, a parte Ottaviano, lo avevano preso in simpatia e la cosa era reciproca: la settimana prima loro avevano bloccato qualsiasi tentativo di "benvenuto" di Clarisse, e perciò Leo si sentiva in debito).
Ovviamente, quando Jason era entrato gli aveva lanciato un'occhiata a dir poco ferita, però l'aveva ignorata: prima di rispondergli aveva bisogno di pensare. E anche di una scusa.
A distanza di qualche ora, Leo ripensò che era stato proprio fortunato. Jason, infatti, aveva provato a raggiungerlo durante i cambi dell'ora, ma non ci era mai riuscito grazie a Reyna, una ragazza che era cotta di lui da anni.
La ragazza, infatti, gli era stata appiccicata come una cozza, e perciò Jason aveva dovuto, rassegnato, guardar fuggire l'amico senza poter fare niente.
Piper, invece, l'aveva ignorato.
E Leo c'era rimasto proprio secco.
Insomma, non si era proprio aspettato che Piper-Dimmi-Tutto-Quello-Che-Sai-McLean lo lasciasse perdere così!
"Pazienza" si era detto "Meglio silenzi che domande".
Comunque, grazie ad una serie di FORTUNATI eventi, era riuscito a schivare tutti i suoi amici.
Leo, però, era indeciso: aveva senso continuare ad evitarli?
O era meglio dire loro alcune cose (solo quelle riguardanti Hazel, ovviamente) e provare a rimanere amici?
Era la prima volta che aveva dei veri amici da due anni: non voleva perderli.
Non aveva avuto più nessuno da quella maledetta fuga.
Maledetta e benedetta insieme. Perché ci sono sempre pro e contro.
Scappando, era finalmente riuscito ad essere libero, ma i suoi pensieri erano rimasti indietro.
Si erano ANCORATI al passato.
E questo rendeva tutto peggiore. Perché faceva male.
Tuttavia l'aveva preferito all'essere rinchiuso fisicamente. E non rimpiangeva la sua scelta.
Aveva fatto la scelta giusta a mollare tutto. Hazel se lo meritava.
Era decisamente contento che si fosse trovata un ragazzo come Frank. Lui sì che era giusto.
Ovvio, era MOLTO geloso, ma Hazel meritava un ragazzo DECENTE, e soprattutto non un...
«Ehi! Mi stai ascoltando?» esclamò seccata una voce.
Leo tornò al presente.
Guardandosi intorno, notò che tutta la classe (ma davvero, come si può chiamare sei studenti in croce UNA CLASSE?) lo stava fissando. E che lui era fermo al centro dell'aula come un ebete.
«E allora?! Siamo tornati dal fantastico mondo della fantasia?» continuò la stessa voce sarcastica, che Leo si rese conto essere quella del professor Kowalsky.
Aveva capelli biondo platino, degli occhi di un particolare grigio fumo e un naso così grosso da sembrare un cocomero.
Vestiva un completo giallo che faceva a botte con il suo colore dei capelli, orrendamente completato da una cravatta ROSA SGARGIANTE: stava malissimo.
Leo fece un sorriso sghembo. Si poteva divertire.
«Scusi, profe, stavo salutando gli ultimi amici! L'unicorno rosa mi ha appena detto di dirle che la cravatta le dona moltissimo. Sa, lui ADORA il rosa... È il suo colore preferito! Ah, dimenticavo, io sono Leo Valdez, piacere»
Tutta la classe, ormai, stava morendo dal ridere.
Il professore (che ormai era rosa anche in faccia) gli ordinò, balbettando dall'imbarazzo, di andare al posto.
Ma Leo non aveva assolutamente intenzione di lasciarlo perdere così: ignorando l'ordine, si girò verso la classe, esortantandoli a cantare "Il Piave" per onorare il professore-generale migliore del momento: IL GENERALE KOWALSKY.
Senza neanche farselo ripetere (si vede che molti erano in punizione come lui), i suoi compagni attaccarono con la canzone, mentre Leo e due gemelli (che, come Leo scoprì in seguito, si chiamavano Travis e Connor Stoll) cominciarono a marciare per l'aula facendo il suono della tromba a ritmo.
Il professore, per la sorpresa (o forse per lo shock), non mosse un dito fino alla fine del teatrino, dove finalmente si riprese e gridò un «Silenzio!» a voce talmente alta che Leo era sicuro lo avessero sentito pure in Tibet.
Vedendo che la faccia del povero professore era ormai viola, Leo decise che si era divertito abbastanza: andò in fondo all'aula e si sedette in un banco vuoto.
Una decina di minuti dopo (Leo si era messo a curiosare su Internet, con il cellulare sotto al banco), qualcuno bussò alla porta e il professore rispose con un «Avanti» che si trasformò in un sorrisone quando la porta si aprì.
Spinto dalla curiosità (insomma, se il prof sorrideva in quel modo un motivo doveva esserci!), Leo puntò gli occhi su colei che stava entrando.
E gli si bloccò il respiro.
La ragazza appena entrata era di carnagione scura, con capelli ricci color mogano, e con gli occhi (Leo ne era sicuro, dato che li aveva guardati milioni di volte) di un colore dorato più unico che raro.
Era Hazel.
«Buongiorno professor Kowalsky, scusi il ritardo ma stavo organizzando la mia presentazione»
La sua voce era ancora come la ricordava: dolce e vellutata, capace di consolarti con un "io ci sono" detto dal cuore, ma che poteva farti paralizzare se arrabbiata.
«Tranquilla Hazel, sei in perfetto orario. Vuoi presentarti tu hai novellini?»
«Salve a tutti, io sono Hazel Levesque. Vado in 2^E, sezione classica, da grande mi piacerebbe fare la speleologa» spiegò, con aria vivace «Io e il professor Kowalsky ci conosciamo da ormai circa due anni e, notato il mio amore per il terreno e la natura, mi ha portata in giro per l'America in uno stage che mi ha fatto salire la passione alle stelle. È grazie al professore che ho deciso ciò che farò di lavoro.
Questa settimana non sono stata presente a scuola perché, con il mio ragazzo, siamo andati a fare ricerche in Cina sulla fauna e la flora»
Poi, guardando il profe, fece un cenno, come per dire che aveva finito.
«Grazie Hazel. Tu puoi sederti laggiù, nel banco vuoto vicino al vostro nuovo compagno Leo Valdez» le disse, puntando l'indice in direzione di Leo.
Dopodiché, senza accorgersi che la ragazza si era tutta irrigidita, continuò: «Adesso, so che voi vi starete chiedendo come può essere che, un professore di RELIGIONE come me, si interessi AL TERRENO e alle sue proprietà. Beh, la risposta è questa: per me tutta la vita è importante, e la terra è la FONTE DELLA VITA. Vedere, poi, come questa si sviluppi, in forma animale è vegetale, è per me bellissimo. Ecco perché mi sono trovato subito bene con Hazel: condividiamo la stessa idea di vita»
Leo era stupito. Non si era immaginato un discorso così profondo dal professor-pinguino.
D'altra parte, riusciva perfettamente a comprendere l'ammirazione che Hazel provava nei confronti dell'uomo. Era sempre stata una patita di grotte, minerali, gallerie e tutta la roba connessa.
La osservò sedersi accanto a lui, rigida come un pezzo di legno, mentre guardava fisso fisso la lavagna.
Probabilmente aveva avuto la sua stessa idea e lo voleva ignorare.
"Meglio" si disse "mi risparmia dal dire scuse e dallo spiegarmi sul perché sia scappato in quel modo l'ultima volta".
Però faceva male essere ignorato in quel modo proprio da lei.
«La vuoi smettere di fissarmi?» sibilò lei, stizzita. «Non ti stavo fissando» borbottò in risposta, tuttavia eseguì l'ordine e spostò l'attenzione verso il cellulare.
No, non lo stava ignorando. Aveva deciso di adottare la tecnica del "ti odio e basta".
Leo non sapeva se era meglio o peggio.
Decise di essere ottimista e si mise a vagare su Google Maps. Anzi, su Leo Maps.
Sorrise, pensando che era un'applicazione decisamente utile. E l'aveva fatta da solo!
Sua madre sarebbe stata così orgogliosa di lui...
Leo scosse la testa. Quei pensieri non erano permessi.
Per distrarsi focalizzò la sua attenzione sul display.
Il puntino rosa era a sole due miglia dalla scuola.
«Maledizione! Come cavolo a fatto a trovarmi?!»
sbottò, dimenticandosi che aveva compagnia.
«Ma stai usando il cellulare?? Non è permesso!! Profe! Valdez sta usando il cellulare!!» Leo si voltò di scatto.
Hazel aveva attirato l'attenzione dell'insegnante, e lui, con un'espressione più che esasperata sul volto, si stava avvicinando ai loro banchi.
Ma da quando Hazel era così spiona? E così stronza tra l'altro!
Tuttavia, fece un sorrisetto furbo: nessuno poteva fregare Leo Valdez. E, soprattutto, nessuno poteva fregargli il telefono.
«Valdez, dammelo immediatamente» disse perentorio Kowalsky.
Senza neanche fiatare, Leo porse l'oggetto all'insegnante, e questi, squadrandolo male, lo mise nel cassetto della cattedra e riprese a spiegare da dove si era interrotto.
Hazel aveva una faccia particolarmente compiaciuta.
Leo alzò gli occhi al cielo, rimettendo la mano in tasca e tirandone fuori il VERO cellulare.
Poi, con un sorrisetto soddisfatto, lo sventolò in faccia alla compagna, stando bene attento che il professore non lo vedesse.
Leo sapeva benissimo che era una mossa più che azzardata, dato che a Hazel sarebbe bastato alzare la mano di nuovo e farlo scoprire, però contava sull'effetto sorpresa. Ed ebbe successo.
Hazel lo guardò confusa, per poi sussurrargli: «Ma non te lo ha appena confiscato?»
«Beh, ovvio che no, mia cara! Mi ha confiscato solo un involucro vuoto e inutile che tengo sempre in emergenza. Nessuno può prendermi il cellulare» rispose con aria di sfida, per poi aggiungere arrabbiato: «Ma com'è che TU fai la spia? Non ti è mai piaciuto, o sbaglio?»
Leo aveva deciso che lui non era tipo da riflessioni, anzi, seguiva l'intuito. E visto che l'intuito gli diceva di parlare con Hazel, al diavolo l'idea di ignorare la ragazza e il loro passato.
«Ci sono un sacco di cose che non sai di me, quindi evita di dire che ci conosciamo» gli rispose gelida, tornando a guardare la lavagna.
Grande! Anche il suo intuito era andato a farsi fottere!
«Sì, beh, in realtà un po' ci conosc»
«...avete capito, no? Entro la settimana prossima! Adesso passerò tra i banchi per l'estrazione»
No! Che cosa?? Quale estrazione??
Leo era andato in palla. Lui non aveva seguito niente della lezione! Che cosa dovevano fare?
Mentre il ragazzo diventava sempre più pallido cercando disperatamente una scusa, il professor Kowalsky arrivò ai loro banchi.
«Bene, allora chi di voi due pesca?» chiese con un sorriso.
«Ehm... Mi scusi prof, ma non ho capito bene... Potrebbe rispiegarmi?»
Sia ringraziata Hazel e il suo sguardo da damigella in pericolo!
L'insegnante, che adorava la ragazza, annunciò loro tutto contento che dovevano fare, in coppia con il vicino di banco, una ricerca sulle emozioni per poi consegnargliela il lunedì dopo.
Leo si irrigidì.
La ricerca si faceva in coppia. Con il vicino di banco.
Va bene che sembrava che avessero ripreso (più o meno) a parlare, ma un intero pomeriggio con Hazel non sarebbe sicuramente riuscito a sopportarlo.
Assolutamente no.
«Bene, ragazzi, sembra che il vostro argomento sia l'amicizia. Beh, buon per voi, secondo me è l'emozione migliore e la più importante»
Detto questo, il caro professore tornò alla lavagna, spiegando loro le ultime regole di ricerca, fino a quando non suonò la campanella.
Leo e Hazel, che erano rimasti paralizzati da quando l'insegnante aveva dato loro l'argomento di ricerca, rimasero gli ultimi in classe.
Ad un richiamo del professore, tuttavia, tornarono alla realtà e fecero le borse.
All'uscio, però, i due non potevano più rimandare.
Perciò, senza guardarla negli occhi, Leo chiese: «Allora, uhm... Quando ci troviamo? Per il lavoro intendo»
«Oggi, tra due ore, in camera mia. È la numero 387, secondo piano»
Detto questo, Hazel si girò e uscì.

Quando Leo si trovò davanti alla porta della camera di Hazel, era già andato in iperventilazione.
Cercando invano di calmarsi, si passò una mano nei capelli castani e si guardò l'orologio, che segnava le diciotto spaccate.
"Bene, Leo, sei in perfetto orario. Bussa ADESSO". Alzò un braccio e bussò.
Aspettando la ragazza, si mise a tappeggiare sui suoi pantaloni la canzone "Heart Attak" di Demi Lovato.
Era abbastanza sicuro che sarebbe morto di crepacuore, perciò era decisamente perfetta. E comunque era troppo nervoso per cercare di cambiare ritmo.
La porta si aprì in quel momento, e la ragazza che affollava i suoi pensieri si affacciò.
«Entra» lo gelò, con un'occhiata sprezzante.
Senza tanti indugi, si misero al lavoro, facendo a turno dei pareri sulle informazioni prese da Wikipedia.
Mentre Hazel parlava, teneva lo sguardo fisso sui suoi appunti, senza mai alzare la testa, e aveva la stessa voce fredda che gli aveva riservato nel pomeriggio durante la lezione: faceva quasi paura.
Leo si sentiva stanco, però.
Già la sera prima aveva fatto le ore piccole, e quella mattina si era svegliato decisamente presto...
E la voce di Hazel era così lenta... Così bassa...
Così...
«Valdez, mi stai ascoltando?? Io NON SOPPORTO parlare a vuoto. Se non vuoi ascoltare vattene e fai il lavoro da solo»
Leo riaprì gli occhi di scatto, trovando due occhi dorati che lo guardavano arrabbiati.
«No, no, scusa. Ehm... Cosa stavi dicendo?» rispose Leo arrossendo.
«Ho appena letto che l'amicizia si basa sulla fiducia, ovvero niente TRADIMENTI, SILENZI O SEGRETI. L'amicizia è anche la base di una coppia perché senza fiducia e senza confidenza LA COPPIA NON ESISTE»
Leo non poteva crederci. Lo faceva apposta!
Hazel stava facendo di tutto per ricordargli il SUO tradimento!
Ma con che coraggio lo faceva?? LEI NON SAPEVA!!
Lui... Lui l'aveva fatto per lei.
Si era distrutto quando l'aveva lasciata, perché anche lui la amava, ma si era fatto forza e se n'era andato.
E Leo, che non ne poteva più, scoppiò.
«TU NON SAI NIENTE! MA COME OSI?» urlò.
Lei subito fece un passo indietro, sorpresa, ma poi si riprese subito, urlando di rimando: «IO?? TU!! TU COME OSI!!! MI HAI MOLLATA COSÌ!!! DOPO DUE ANNI CHE STAVAMO INSIEME!!! E SENZA NEANCHE UNA SPIEGAZIONE!!! IO TI HO AIUTATO PER ANNI, TI SONO STATA ACCANTO, E QUAL È IL TUO RINGRAZIAMENTO?? UN MESSAGGIO SUL QUALE É SCRITTO "SCUSAMI NON SONO GIUSTO PER TE"??? SEI UNO STRONZO, ECCO COSA SEI!!!»
Leo si sgonfiò.
Hazel aveva ragione. Era uno stronzo. Anzi, no, era un assassino.
Non riuscendo a guardarla negli occhi, sussurrò: «Hai ragione. Scusa. Il progetto lo farò da solo»
E, senza aspettare risposta, uscì.
Lui era un assassino. Solo un assassino.
Non meritava amici, e non meritava nessun tipo di amore. Né materno, né fraterno.
No, lui doveva stare da solo. Era questa la sua punizione. Per sempre.




AVVISO DELL'AUTRICE:
Eccomi ritornata con un nuovo capitolo!
E un capitolo importante!
Già, questo è FONDAMENTALE, perché si scopre come mai Leo sia così insicuro, così deciso a isolarsi.
Per quanto riguarda Hazel, mi è dispiaciuto metterla più grande di Nico (io lo vedo SEMPRE come più grande), però lei è uno dei punti della storia e perciò DOVEVO METTERLA COETANEA CON LEO.
Spero che possa piacere lo stesso.
Prima di tutto, ringrazio i miei fantastici recensori, che non mi mollano mai: fenris e Day_Dreamer05; in più ringrazio di cuore la nuova arrivata Melody086.
Dedico questo capitolo a Redhairandgreeneyes, che mi ha aiutata e sostenuta. Grazie!!
Spero che possiate recensire in molti (più pareri ci sono meglio è) e ringrazio anche i lettori silenziosi.
Baci,
_viola02_

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Capitolo 6
*** Rapporti ed emozioni complicate ***


Capitolo 6 - Rapporti ed emozioni complicate

Nel capitolo precedente:

Lui era un assassino. Solo un assassino.
Non meritava amici, e non meritava nessun tipo di amore. Né materno, né fraterno.
No, lui doveva stare da solo. Era questa la sua punizione. Per sempre.


Quando quella mattina Leo si svegliò, pensò che la giornata sarebbe stata sicuramente bellissima.
Era martedì, c'era un sole spaccanuvole (a Leo piaceva dormire con le tapparelle tirate su, per svegliarsi con la luce della mattina) e quella mattina c'erano le lezioni che preferiva: informatica e chimica.
Insomma, cosa poteva andare storto?
Avrebbe fatto colazione con i suoi amici, sarebbe stato "contattato" da Iride che gli diceva di andare al solito tavolo e poi sarebbero arrivati tutti in ritardo alle lezioni (tutti tranne Nico, però: lui riusciva sempre ad essere puntuale. Prima era in un posto, e poi... PUFF, era in un altro. Chissà come faceva...) rimediando un rimprovero dal professore.
Benedetta routine!
Era ancora nella sua beata ignoranza, quando un pensiero gli stuzzicò la mente.
La sera prima cosa aveva fatto? Mmh...
Avevano giocato a Mitomagia (Nico era pazzo di quel gioco, ma Leo non ci capiva un tubo)?
O avevano guardato la TV (Jason era molto bravo a chiedere favori alle bidelle, del tipo una TV o una scrivania...)?
Non gli veniva proprio in mente. Eppure sentiva di esserci vicino, ce l'aveva sulla punta della lingua...
Ed ecco che i ricordi della sera prima lo assalirono. Il viso di Hazel, le sue frecciatine, la litigata, le urla...
Leo perse il sorriso. E il buonumore.
Come aveva fatto a scordarselo? Altro che amici!
Lui non ne aveva e non li meritava. Punto. Era la sua punizione. Ed era giusto così.
Decidendo che non valeva più la pena di stare a letto, Leo si alzò e si vestì di fretta, senza badare a come si vestiva.
Non voleva stare in quella camera un minuto di più. Guardò l'orologio, prese i libri e la sua fidata cintura degli attrezzi (che ovviamente non poteva mancare) e uscì.
Erano solo le sei e cinquanta, e perciò aveva ancora quasi tre quarti d'ora prima che la mensa di riempisse di ragazzi starnazzanti.
Scese le scale facendo i gradini due a due, arrivando così in un baleno alla mensa.
Sapeva benissimo che non ci sarebbe stato nessuno (era già venuto verso quell'ora per uno spuntino), e perciò si diresse sicuro verso la cucina.
Aveva appena finito di farsi un panino (o un paninone, visto che ci aveva messo dentro tre hamburger, l'insalata, i pomodori, la maionese e una montagna di formaggio), quando sentì una mano posarsi sulla sua spalla.
Leo, girandosi di scatto, fece un urletto dicendo qualcosa come «Aiuto, le arpie!!», per poi distogliere lo sguardo imbarazzato da Iride, che lo fissava divertita.
«Vedo che non hai smesso di venire presto, eh?»
Che sfiga. Lo avevano beccato a mangiarsi qualcosa fuori dall'orario (e sapevano che l'aveva già fatto più volte!) nonostante fosse vietato, come minimo gli avrebbero dato un'altra punizione...
"Ormai ho il record" si disse mesto.
Tuttavia, per buona educazione e per rispetto di Iride (cavoli, era la bidella più fantastica del mondo!) Leo non rispose sfrontato (come avrebbe fatto con qualsiasi altra bidella), ma fece solo una semplice alzata di spalle.
«Sicuro che lo mangi tutto quel panino?» continuò lei, gentile.
Non lo stava rimproverando?? Davvero?
Un po' impacciato, ma curioso per la piega della conversazione, rispose: «Io... Sì, sì lo mangio tutto.
Senti, mi dispiace per essere venuto presto, è solo che...»
Leo si interruppe.
Cosa poteva dirle? "Scusami tanto, ma preferisco venire prima perché non voglio vedere i miei amici, no anzi, EX-amici"?
E che non li voleva vedere perché è un assassino e sa che loro stanno meglio senza di lui? Perché sa di essere troppo ripugnante per delle persone belle come loro?
No, era fuori discussione.
Non sapeva ancora cosa dirle, quando fu interrotto dalla bidella: «Stai tranquillo, caro, se sei venuto qua avevi dei buoni motivi»
E gli sorrise.
Era il sorriso più bello del mondo, Leo ne era certo.
In quel sorriso si poteva vedere un affetto smisurato, materno e sincero.
Era il sorriso di una mamma.
Leo, con il cuore pieno di tristezza e di colpa, non riuscì a sostenere di più quello sguardo.
Doveva andarsene.
«Iride, mi è passata la fame. Lo mangio dopo... Ci vediamo un'altra volta»
E, senza darle il tempo di rispondere, infilò la porta.
Era strano pensare come, in quella settimana e mezza, fosse scappato dagli altri più volte che negli ultimi due anni messi insieme.
Ma Iride gli aveva ricordato un amore che non provava da troppo tempo. Un amore che aveva cancellato facendo una scelta. Quella che rimpiangeva da tutta la vita.
Ma era stata la SUA scelta, e non si poteva tornare indietro.
E perciò, doveva sopportare le conseguenze, anche lo stare da solo. Era meglio per tutti.

[Tre settimane dopo]


Erano passate TRE SETTIMANE. Se si vuole proprio precisare, un MESE dall'inizio della scuola.
E quello stronzo di Leo continuava ad evitarli.
Piper ricordava ancora la sera in cui si era eretto "Il Muro di Valdez", la sera nella quale il loro gruppo era morto.
Ogni volta che ci pensava, le sembrava di rivivere tutta la serata: Hazel, infatti, l'aveva chiamata incazzata nera (quella sera era andata fuori con Silena Beauregard, per lasciare la camera tutta per i due ex-piccioncini) subito dopo "la fuga di Leo", e si era sfogata apostrofandolo come "Il Verme Smidollato" o "Lo Stronzo Mollo Tutto Addio", e comunicandole con delle BELLISSIME grida (che avevano fatto benissimo alle sue orecchie, ci mancherebbe altro) quanto era stato IDIOTA, COGLIONE e STRONZO.
Ma, anche se Hazel continuava a ripeterle che era "la natura stronza di Leo" quella che sta sotto la facciata perenne del ragazzo, lei non poteva fare a meno di chiedersi come aveva fatto Leo (il mitico Leo!) ha diventare così freddo.
Certo, le battute le faceva ancora, i sorrisetti furbi che facevano esasperare i professori pure, ma era diverso. Era FINTO. Ma soprattutto era solo.
E a Piper si spezzava il cuore sapendolo in crisi, senza sostegno e senza amici.
Non le importava un fico secco se lo conosceva solo da un mese, o se erano stati "amici" per una settimana, lei l'aveva preso sotto la sua ala protettrice. Punto. Il resto non era importante.
Però, per quanto facesse la mamma-chioccia, non poteva certo dire che non fosse arrabbiata. Cazzo, era un codardo di merda!
Va bene che ha problemi a casa (non se l'era proprio bevuta quando le aveva detto "ma ora va tutto bene"! Leo chi pensava che fosse? Un'idiota?), va bene che vuole tenersi tutti suoi segreti, ma evitarli per TRE SETTIMANE?? È DA STRONZI. PUNTO.
Se poi avevano pure provato a parlarci e lui li aveva snobbati con un «Ho da fare, scusate», la pazienza finisce.
Ma la cosa che a Piper forse dava più fastidio, era che Leo, con qualcuno sì che parlava.
Già, perché Iride e non lei? Insomma, lei lo aveva aiutato la prima settimana, lo aveva sostenuto e lo aveva lasciato sfogarsi con lei!
E no, invece, lui sceglie Iride, la bidella vecchia. Grazie tante.
E Piper lo sapeva che era solo gelosia (Piper gelosa di Leo? Ma cosa succede, casca il mondo?), ma non poteva farci niente.
A Piper mancava. Era questa la verità, la pura e semplice verità.

Hazel stava in camera, sapendo che mancava ancora una buona mezz'ora prima che la sveglia suonasse.
Continuava a vagare per i suoi pensieri, ma ce n'era uno in particolare che continuava a ronzarle in testa: "Ho bisogno di parlare con Piper".
Okay, detto così poteva sembrare facile, visto che stavano in stanza insieme, ma non lo era per niente. Come faceva a dirle che, per quanto avesse parlato male di Leo, le mancava? O che era ancora indecisa tra lui e Frank?
«Hazel? Sei sveglia?»
Piper l'aveva preceduta.
Hazel scosse la testa sorridendo. Si stupiva ancora di quanta connessione c'era tra di loro.
«Sì, e volevo parlarti anche io. Chi comincia?»
«Decisamente tu. Dal tuo tono si capisce che è una cosa seria»
«Beh... Io volevo dirti che... ehm...» cominciò lei, impacciata, «sonoancoracottadileoenonpossofarciniente»
«Eh?? Hazel, guarda che non ci ho capito niente, non sono mica un'interpreta-lingue!»
Hazel fece un respiro profondo. Che bisogno c'era di tutta quella scena? Era solo Piper. Solo la sua migliore amica.
«Io sono ancora innamorata di Leo»
«Ah» fece Piper, per poi stare zitta.
Hazel stava sulle spine, aspettando il verdetto. Se Piper non le diceva niente non era un buon segno.
Doveva forse spiegarsi meglio?
«Cioè, lo so che non è per nulla bello, e che ho Frank che è disponibile e simpatico, e che non te l'ho detto prima, ma io non so cosa fare... Lui è il mio passato, Piper! È stato il mio ragazzo per tanto tempo, e soprattutto il mio migliore amico da quando avevamo nove anni. Come faccio a vederlo così lontano? Mi manca da morire...»
Fece una pausa, per capire meglio le sue sensazioni, e poi sbuffò, infastidita: «Pensa che mi manca di più adesso che ce l'ho qua vicino che due mesi fa quando lo credevo dall'altra parte del mondo!»
Piper stava ancora zitta, e sembrava che non avesse intenzione di parlare. Che si fosse offesa per non averlo saputo prima?
«Piper?? Lo sai che sono ansiosa, rispondimi, ti prego!»
«E tu, invece, lo sai benissimo che non serve che ti dica niente. Devi seguire le tue sensazioni e il tuo cuore»
A questo punto si zittì di nuovo, ma Hazel capì (grazie alle molle del letto) che si stava alzando per venirle vicino.
L'amica (HAZEL VOLEVA COSÌ TANTO BENE A PIPER) l'abbracciò, ed Hazel sapeva che stava cercando di trasmetterle tutto l'affetto che provava per lei.
«E comunque ti capisco. Leo manca anche a me e siamo stati amici per una sola settimana! Quindi posso capire cosa provi... O almeno penso» aggiunse ridendo «io non ho mai avuto una relazione lunga!»
«Ma cosa devo fare, Piper? Io non riesco a capirlo! E soprattutto non capisco cosa provo io! Mi sembra di tradire Frank...»
«Beh, per Frank posso solo dirti che secondo me ci devi parlare. Devi capire i sentimenti che provi per lui e i sentimenti che lui prova per te prima di decidere qualsiasi cosa. D'altra parte è ancora il tuo ragazzo! Mentre per Leo... Non lo so nemmeno io. Non riesco neanche a immaginare cosa gli passa per la testa! Se solo sapessi un po' di più sul suo passato...» aggiunse, staccandosi dall'abbraccio per guardarla negli occhi, con quell'espressione seria che Hazel le aveva visto solamente in occasioni importanti «Se solo mi dicessi COSA È SUCCESSO, Hazel, forse lo capirei di più!»
Hazel si girò a guardare i suoi piedi. Quello che le chiedeva Piper era difficile. Tanto.
Quando due anni prima Leo se n'era andato, Hazel aveva deciso di andare avanti, di fare come se non fosse mai esistito.
Certo, ogni tanto lo accennava, oppure non riusciva a resistere e scoppiava a piangere al ricordo, ma piano piano quel ragazzo era diventato un fantasma, una parte di lei nascosta che non veniva mai alla luce.
L'unica eccezione che aveva mai fatto alla regola di non parlarne era stata Piper.
A lei non aveva solo raccontato del ragazzo che l'aveva mollata e ferita (come faceva con tutti quelli che le chiedevano se aveva mai avuto un ragazzo), ma le aveva anche raccontato di come si era innamorata, del primo bacio, delle serate insieme.
Su un'unica cosa era stata categorica: non avrebbe raccontato niente dei segreti del ragazzo a Piper.
Ma aveva fatto bene? Insomma, stava tenendo quei segreti solo per una promessa fatta a Leo, e lui aveva infranto tutte le promesse fatte a lei.
"Mi aveva giurato di proteggermi e di starmi accanto!" pensò con rabbia.
"E ha distrutto tutto con un solo messaggio. Ha senso continuare a nasconderlo?"
E in quel momento la verità si fece strada in lei.
«No, Piper, non te lo dirò. Non infrangerò la mia promessa, anche se lui lo ha fatto con me. Se lo facessi non sarei meglio di lui. Quindi, mi spiace avere questo segreto con te, ma non dirò una sola parola. Se sarà lui a dirtelo, però, non avrò problemi»
Nonostante le avesse negato la risposta, Hazel vide l'amica illuminarsi e far spuntare sul volto un sorriso.
Con gli occhi ancora splendenti d'orgoglio, Piper le disse: «Sono fiera di te, Hazel, sappilo. Avevi davanti una strada facile, quella che ti avrebbe liberato di quel peso che ti grava addosso da anni, e tuttavia hai deciso di fare la strada più difficile, sapendo che era quella giusta. Hazel, ti voglio un mondo di bene e ci sarò sempre per te, che sia una cazzata o qualsiasi altro problema»
Detto questo, Piper l'abbracciò di nuovo, stringendola forte, e Hazel si sentì forte per la prima volta da quando Leo era tornato.
Lui non poteva rovinarle la vita. Certo, era il suo passato, e lo sarebbe sempre stato, ma adesso lei stava vivendo il presente, e lo stava vivendo con qualcun'altro. Con Frank.
Però, prima di concentrarsi su di lui, doveva mettere una fine alla sua storia con Leo. Per poter essere libera del tutto e per poter essere felice.
Così, mentre le due ragazze si abbracciavano, Hazel decise che lo avrebbe affrontato faccia a faccia. E poi sarebbe passata oltre.



ANGOLO DELL'AUTRICE:
Eccomi qua😀😀
Sono tornata con un nuovo capitolo, anche se molto diverso dagli altri.
In questo capito, infatti, non ho curato i fatti (non ci sono molti colpi di scena, per l'appunto, anzi probabilmente nessuno😅) ma ho curato i rapporti e le emozioni dei personaggi, come dice infatti il titolo del capitolo.
La prima parte parla di Leo, e l'ho inserita per far capire meglio come si senta: lui è convinto di non meritarsi affetto e continuerà per un po' (è un tale testone...😰😰😰); la seconda, invece, fa risaltare il rapporto tra Piper e Hazel.
Queste ultime due mi piacciono un sacco😍😍
È come se fossero sorelle, e non si nascondono niente.
Ho deciso di evidenziare questo rapporto perché è molto importante, e non va sottovalutato.
Jason, Nico e Frank arriveranno (lo so che li ho trascurati, mi spiace) molto presto, promesso.
Dedico questo capitolo a Day_Dreamer05, che mi ha dato consigli e mi ha consigliato di rallentare un po', per evitare di far diventare troppo frettolosa la storia (grazie!!!!); a fenris che mi sostiene con le sue recensioni; alle mie amiche Anna e Sele che mi hanno incoraggiata a continuare e infine alla nuova arrivata Redhairandgreeneyes che mi ha recensito la scorsa volta. Un bacione a tutti!
Ovviamente, ringrazio anche colore che l'hanno messa tra le seguite o le preferite, e anche chi l'ha solo letta.
Alla prossima,
_viola02_

P.s.: per chi volesse ho scritto una song-fic su Calipso e Percy, magari andatela a leggere, mi farebbe piacere qualche commento 😋

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Capitolo 7
*** Momenti di stallo ***


Capitolo 7 - Momenti di stallo

AVVISO:
La storia ricomincia esattamente da dove l'avevo lasciata la scorsa volta, per cui è lunedì e Piper ed Hazel si sono appena parlate.
Buona lettura 😘

Nel capitolo precedente:

Però, prima di concentrarsi su Frank, doveva mettere una fine alla sua storia con Leo. Per poter essere libera del tutto e per poter essere felice.
Così, mentre le due ragazze si abbracciavano, Hazel decise che lo avrebbe affrontato faccia a faccia. E poi sarebbe passata oltre.


Piper, al contrario di ciò che le aveva detto Hazel, voleva aiutarla. Voleva sapere anche lei.
Così, dopo che si erano cambiate e scese a far colazione, si era allontanata con una scusa e adesso era alla ricerca di Leo.
Per prima cosa, era andata in camera sua (e non aveva trovato proprio nessuno: né Leo, né Jason, né Nico), poi era andata davanti alla porta del bagno, aspettando che uscisse qualcuno che le dicesse se Leo Valdez era all'interno.
Niente neanche lì.
Ma dove si era ficcato quello stupido per riuscire ad evitarli così??
Fu in quel momento (mentre stava guardando l'orologio e realizzando che aveva solo una decina di minuti prima dell'inizio delle lezioni) che lo sentì.
«Ma che volete?! Voglio stare da solo, non vi basta come risposta? E lo so, Jason, che siamo in stanza insieme e perciò non posso evitarvi, ma adesso non ho voglia di vedervi. Punto»
Piper si nascose dietro la prima porta che vide, lasciando uno spiraglio per vedere ciò che accadeva.
Leo, visibilmente scocciato (e, capì Piper, anche impaurito), stava a braccia incrociate davanti a Jason e Nico.
Per il nervosismo, continuava a muovere il piede, seguendo un ritmo strano ma costante:

Tac tac tac, taaac, taaac taaac taaac. Pausa. Taaac taaac, tac, taaac tac, taaac, tac, taaac tac, taaac tac tac, taaac taaac taaac.

«Leo, noi vogliamo solo capire come mai tu ci ignori in questo modo! Credevo fossimo amici!
Ci hai mentito su un sacco di cose! O, se preferisci, ci hai OMESSO un sacco di cose! Per esempio, non ti pare buona educazione dirci che parli spagnolo? O che hai gli inc---»
«Ehi, tu! Cosa stai guardando?»
Piper si girò di scatto. Aveva un'intera classe dietro di lei che la guardava ridendo.
"Merda! Proprio in una classe dovevo entrare? Mai che sia uno sgabuzzino o una stanza vuota!"
Cercando di rimediare al danno, fece un sorriso a mo' di "sognatrice" (lasciando intendere che era PIÙ CHE NORMALE entrare in una classe e spiare qualcuno dalla porta), dicendo: «Ho sbagliato classe»
Poi uscì istantaneamente, cominciando a correre e sperando di non beccare qualche arpia.
Arrivata abbastanza lontano, si fermò cercando di riprendere fiato.
Ovviamente, però, la sua sfortuna continuava: la campanella suonò, e Piper si trovava al terzo piano. E la sua classe era al primo.
Una volta seduta sulla sua sedia, però (il professore era in ritardo), ripensò a ciò che avevano detto i suoi amici.
Leo parlava spagnolo.
Perché lui non glielo aveva mai detto? Non c'era niente di male a essere bilingue, anzi Piper lo trovava piuttosto figo.
Eppure, poco prima di venire scoperta, aveva visto la faccia di Leo all'accusa di Jason: era piena di paura.

Leo, seduto sul suo banco, era MOLTO nervoso.
Troppo nervoso.
Non riusciva a stare fermo un secondo, e per colpa del rumore causato dal suo tamburellare aveva già rimediato due rimproveri.

Tac tac tac, taaac, taaac taaac taaac. Pausa. Taaac taaac, tac, taaac tac, taaac, tac, taaac tac, taaac tac tac, taaac taaac taaac.

Era tutta colpa dei suoi presunti amici. Mai che lo lasciassero in pace.
«Leo, siamo tuoi amici, non puoi evitarci» li scimmiottò a bassa voce.
Ma chi si credevano di essere??
Loro non avevano il diritto di sapere. Era un peso solo suo.
E poi, se l'avessero saputo, dopo si sarebbero disinteressati... E a quel punto lui sarebbe stato inesistente.
Ma non era proprio quello che voleva? Essere lasciato solo?
Leo non ne era più sicuro. Certo, era quello che si meritava, ma lui VOLEVA DAVVERO essere amico di quelle persone. Era un desiderio incontrollabile.
Scosse la testa. NO. NON POTEVA. PUNTO.
«Valdez, basta! La prossima volta è una nota!»
Leo tornò al mondo.
«Ehm... Cosa?»
La professoressa lo guardò esasperata.
«Ma non ti accorgi neanche di continuare a fare rumore?! Se vuoi proprio tamburellare, va' a farlo nel gruppo musicale della scuola. Capito?»
«Sì, professoressa, mi scusi» rispose infine lui, chiudendo il discorso.
Mentre si stava girando per prendere il vero quaderno di inglese (quello che aveva sul banco era di matematica), notò che Piper lo stava guardando. Aveva uno sguardo incuriosito e accusatorio allo stesso tempo, e a Leo non piaceva per niente.
Perché era curiosa?? Fino a qualche giorno prima lo guardava incazzata come se volesse togliergli la testa a morsi...
Che avesse cambiato anche lei opinione e volesse tornare sua amica?
Drinnnnnn!
Cosa?? La campanella??
Leo guardò il suo orologio. La quarta ora era finita. Si diede dell'idiota. Erano passate due ore (ripeto: DUE ORE!) e lui non aveva seguito niente.
"Ma bravo, così ti toccherà studiare il triplo, visto che tra due lezioni ci sarà la verifica!"
Ancora più nero e nervoso di prima, prese la sua cartella e si incamminò verso meccanica, la sua lezione preferita in assoluto, sperando che almeno quella materia lo tirasse un po' su di morale.
Mano a mano che si avvicinava alla classe, tuttavia, Leo si sentiva sempre più agitato.
C'era troppo silenzio.
Dovete sapere che quando Leo arrivava nell'aula della professoressa Kylard, si sentiva sempre (e sottolineo il SEMPRE) rumore, che fosse per dei robot in costruzione o per le chiacchere dei suoi compagni.
E allora perché c'era un silenzio di tomba??
La soluzione (scoprì Leo) era ATTACCATA alla porta dell'aula: un foglio giallo annunciava che le lezioni di meccanica erano sospese per un mese per riparazioni del laboratorio.
E venivano sostituite con Scienze della Terra. "No! Non può essere!! Era la mia materia preferita!! E per di più l'unica lezione senza Piper e Jason!!
Questa si chiama SFIGA!!"
«LEO!»
Il ragazzo, al sentir gridare il suo nome, si girò sorridendo: conosceva bene quella voce.
Era Iride.
L'amata bidella (di nuovo vestita con tutti i colori dell'arcobaleno come la prima volta che l'aveva incontrata) stava ansimando per la corsa.
Iride che correva?? Questa era nuova.
«Ciao Iride, come mai così di fretta? Posso capire me, che dovrei avere lezione tra neanche un minuto, ma te... È successo qualcosa?»
Iride, anche se con un po' di fatica, riuscì a dire: «Si tratta... Di Te! Jason... Mi ha detto... Di dirti... Che devi andare... A lezione... O lui... Ti ucciderà... Con le sue mani!»
Leo alzò gli occhi al cielo.
Jason era sempre così palchista! Chissà da chi aveva preso questa mania teatrale...
Ricordava bene le storie che l'amico aveva fatto quando doveva andare in bagno, o le sue "mitiche" entrate ad effetto che ti facevano morire d'infarto.
Aspetta... Aveva detto AMICO?
Leo scosse la testa, doveva tornare alla realtà.
«Iride, non importa, potevi anche evitare di correre... Tanto non ci vado a quella lezione»
A quelle parole, Iride si gonfiò tutta arrabbiata.
«E invece ci andrai, fosse l'ultima cosa che faccio.
Dovete fare pace! Vi vedo io (cosa credi, che essendo una "vecchia" non sappia queste cose?), e siete tutti e due tristi! Anzi, tutti e cinque!
Tu, Grace, Piper, Nico e anche la Levesque!! Quindi tu andrai a quella lezione, vi parlerete, e tornerete un gruppo. E niente storie!!»
E Leo, pur essendo un ragazzo che solitamente non si faceva sottomettere, davanti ad una Iride così incazzata non poté fare nulla.

Jason era preoccupato. Per Leo.
Certo, non quanto Piper (l'amica lo aveva tartassato per giorni, dicendo che Leo aveva bisogno di un amico e che Jason doveva muoversi a farlo tornare), ma comunque preoccupato.
Era sempre da solo, con un broncio che faceva paura, e in classe faceva sempre meno lo sbruffone: non era normale!!!
Aveva mantenuto solo un carattere del vecchio Leo: il tamburellare.
Anche in quel momento (Leo era accanto a lui, e ovviamente non seguiva un'acca di ciò che diceva il prof).

Tac tac tac, taaac, taaac taaac taaac. Pausa. Taaac taaac, tac, taaac tac, taaac, tac, taaac tac, taaac tac tac, taaac taaac taaac.

Ormai l'aveva imparato a memoria.
Era sempre lo stesso schema. E non cambiava mai. Jason aveva pure pensato si trattasse di codice Morse, ma era impossibile.
Insomma, chi è che sa il codice Morse?
No, probabilmente era un ritmo che gli era entrato in testa e basta. Sì, era sicuramente così.
«Ehi Leo» sussurrò «come si chiama la canzone?»
L'amico lo guardò stranito, come a dire "Ma di che cavolo stai parlando?".
Jason non capiva. Si era spiegato male?
«La canzone che stai tamburellando. Qual'è? È famosa?» ci riprovò.
Okay, adesso Jason non capiva veramente più niente. Leo era impallidito?? E perché d'improvviso era completamente immobile??
Dopo qualche minuto di silenzio (nei quali Jason dedusse che probabilmente Leo era alla ricerca disperata di una risposta decente) il ragazzo rispose con un bellissimo «Fatti gli affari tuoi, Grace»
«Ma dai, ti ho solo chiesto che canzone è! La conosco? È di una cantante famosa? O è vecchissima e la conosci grazie a tua madre?»
Appena finito di parlare, Jason si rese conto dello STUPIDISSIMO errore che aveva fatto: aveva nominato sua madre.
"Idiota!! Lo sai che ha problemi a casa, e te che fai??
Ma sì, nominiamo la sua famiglia a colazione pranzo e cena, che più Leo soffre meglio è!" «Ehm, scusa Leo... Non intendevo...»
«Non mi interessa. Ciao Grace»
Senza che Jason se ne accorgesse anche l'ultima campanella era suonata, e se n'erano andati tutti.
Tutti tranne lui.

«Ma sei coglione?? Leo aveva ripreso a parlarti, o almeno a NON evitarti, e adesso sei tornato al punto di partenza!! Jason, ma si può sapere che cos'hai nella zucca??»
Ecco, questo era il bellissimo saluto che ti rende di buonumore, quello che fa divenire la tua giornata migliore, non c'è dubbio.
Tu arrivi in mensa, ti siedi con i tuoi amici (meno uno), e la prima cosa che ti senti dire è «Sei un coglione».
Fantastico.
«Ciao Piper» salutò Jason, con aria mesta.
Lei si limitò a guardarlo furibonda, aspettando il resoconto di ciò che era successo, nonostante lo sapesse già (Jason ne era più che certo).
Appena finito (non che fosse lungo, intendiamoci) Piper prese un'aria incuriosita.
«Stava tamburellando un ritmo preciso?»
«Già, sempre lo stesso»
«Che fosse codice Morse?» chiese Frank, unendosi alla conversazione.
Lui non conosceva Leo (e sinceramente non gli interessava neanche), però aveva notato che a Hazel importava parecchio, e se la sua ragazza stava male per quel tipo, più ne sapeva meglio era.
«Ci ho già pensato io, e non mi sembra probabile» rispose Jason.
«Beh, al momento non è quello che ci interessa.
Jason, non è che devi dirci qualcosa? O anche tu Nico, uno vale l'altro» domandò retorica Piper, scoccando loro uno sguardo incazzato.
Jason sputò l'acqua che stava bevendo. Come faceva a saperlo??
«Pips, posso assicurarti che non l'ho baciata io! È stata lei, giuro! Reyna mi ha attaccato al muro, e...»
«COSA??»
Jason sgranò gli occhi.
«Non stavi parlando di quell... Oh! Ehm... Dimentica quello che ho detto, okay? Tanto non è successo niente...»
«Certo! Ovvio! A parte il fatto che ti ha baciato!! Come hai osato non dirmelo??»
«Beh... Non è che sei la mia ragazza, non devo dirti tutto»
«CHE COSA?? SEI UN CAFONE!! AVRESTI COMUNQUE DOVUTO DIRMELO!!!»
«Jason, Piper, stavamo parlando di Leo. I vostri discorsi fateveli in privato grazie»
La voce pacata di Nico riportò tutti al discorso reale, nonostante ci fosse una Piper decisamente più nera del solito.
«Giusto... Di cosa stavi parlando, mia-NON-ragazza?» chiese sfrontato Jason.
«Del fatto che sapete che Leo parla spagnolo. Perché non ce lo avete mai detto?» li accusò lei, ancora offesa.
Rispose Nico.
«Semplicemente perché non ce lo avete mai chiesto»
«Sapete anche di che nazionalità è?»
«No, ma scommetto che Hazel lo sa»
Con lentezza disumana, come se le parole di Nico fossero inconcepibili, tutti i presenti al tavolo si girarono verso la ragazza in questione.
«Co-come? I-io? Ma no... Io non conosco Leo! L'ho conosciuto per la prima volta all'aereoporto tre settimane fa!» esclamò balbettando Hazel.
«Certo, come no. Credi che non ci siamo accorti che Leo si comporta così da quando ti ha incontrata? E che il nostro gruppo si è sciolto il giorno del vostro progetto? Non siamo idioti, sorellina» commentò seccato Nico «E sappi che non mi interessa sapere come lo conoscevi e cosa è successo, a me interessa solo che Leo non sia solo. E adesso lo è. Quindi, che ti piaccia o meno, ci dirai cosa sta succedendo»
«Io... Io non posso. Devo prima parlare con lui» sussurrò di risposta lei, evitando lo sguardo di Frank.
«E allora parlaci, Hazel, perché sono più che sicuro che Leo non sopravvivrà a lungo continuando in questo modo»
E con questa nota felice, Nico chiuse l'argomento.



NOTE DELL'AUTRICE:
Eccomi!!!!!🎉🎉🎉
Spero che questo capitolo sia all'altezza delle vostre aspettative perché per me le ha pure superate (sì, mi dò delle aspettative da sola), ho ADORATO scriverlo.
Niente da dire, per me le parti migliori sono quelle di Piper😂😂
Mi spiace per fenris, che voleva scoprire un po' di più su di Leo (e invece ci sono solo altre domande), ma dal prossimo capitolo, teoricamente, si dovrebbe venire a scoprire qualcosa.
(Teoricamente perché spesso i capitoli si scrivono da soli, hai un'idea in mente e invece te ne viene fuori una completamente diversa😂😂)
Ringrazio chi ha recensito e chi ha messo la storia tra le preferite e le seguite: siete fantastici!😘.
Spero che possiate recensire in tanti (e dirmi se anche a voi sia piaciuto tanto quanto a me) e vi sfido a capire cosa sia il ritmo che Leo continua a battere.
Alla prossima,
_viola02_

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Capitolo 8
*** Ricordi, decisioni e fughe ***


Capitolo 8 - Ricordi, decisioni e fughe

Nel capitolo precedente:

«Devo parlare con lui» sussurrò Hazel, evitando lo sguardo di Frank.
«E allora parlaci, sorellina, perché sono più che sicuro che Leo non sopravvivrà a lungo continuando in questo modo»


Nico stava in giardino, aspettando che il suo "amico" arrivasse.
Guardò il cellulare. Era l'una e mezza, esattamente l'ora che avevano stabilito.
E infatti, neanche un minuto dopo sentì un rumore venire da dietro di lui.
«Sei in ritardo, Sol---»
La voce gli si bloccò in gola. Non era Will.
«E tu che ci fai qui a quest'ora?»
«Volevo farti la stessa domanda. Sai com'è, non tutti vanno in giro all'una e mezza di notte, e soprattutto non tutti si aspettano di trovare Solace. Da quanto vi vedete in segreto?»
«Non ti interessa Valdez. Facciamo così, tu stai zitto e io pure. Nessuno ha visto l'altro. Okay?»
Leo alzò le mani.
«Hai vinto tu, Death Boy, i miei segreti sono troppo segreti»
«Leo, perc---»
«Leo? Non Valdez?? Cosa succede, casca il mondo?» lo interruppe l'altro, ironico.
«Valdez, zitto! Vogl---»
«Ah, finalmente! Era troppo strano sentirsi chiamare Leo»
«Hai finito?»
«Sì grazie, molto gentile»
«Perché ci eviti in questo modo?»
Leo stette zitto, e distolse lo sguardo da lui, ma Nico era tranquillo: Leo avrebbe risposto, e avrebbe detto la verità.
Non aveva altre scappatoie.
Visto che tanto doveva aspettarlo, Nico cominciò ad osservare i suoi movimenti: le parole di Piper "il corpo dice sempre più delle parole" erano sacrosante. E soprattutto VERE.
Il ragazzo era visibilmente imbarazzato, e anche molto nervoso: continuava a muovere le mani.
Prima le passava tra i capelli ricci, poi le metteva in tasca, poi giocava con un elastico, e le passava nei capelli di nuovo, ed eccolo per l'ennesima volta a tirare l'elastico, e continuava così, non le fermava MAI.
Non fosse bastato quello per capire quanto era nervoso, continuava a tappeggiare un ritmo con il piede destro, proprio come gli aveva detto Piper.
Proprio quando stava per cedere alla curiosità e chiedere che ritmo fosse, Leo finalmente si decise a parlare.
«Io non devo esservi amico, e basta. Fareste troppe domande e non posso rispondervi»
Nico alzò un sopracciglio.
«E chi ti dice che vogliamo delle risposte?»
domandò, senza neanche l'ombra di sarcasmo.
Leo si immobilizzò.
«Non... Non volete delle risposte?» chiese, come se fosse impossibile anche solo concepirne il pensiero.
Nico alzò gli occhi al cielo.
«Ovvio che le vorremmo, ma se non vuoi tu, NON DARCELE! Sei tu che scegli con chi aprirti, noi non possiamo mica obbligarti a raccontare la tua storia!
Essere amico di qualcuno vuol dire accettarlo così com'è, con i suoi difetti e i suoi segreti. Ovvio, ad un certo punto di una relazione, sia d'amicizia che d'amore (non fa alcuna differenza), ci si aspetterebbe che la fiducia prevalga, ma ognuno è fatto a modo suo e ha i suoi tempi.
Non avere fretta, e non eludere le domande: se non ti va di parlare di un certo argomento dillo e basta, noi ti capiremo»
Qui fece una pausa, per poi fare una smorfia.
«Bleah, che sdolcinato! Scordati il sorriso d'incoraggiamento, non lo farò neanche sotto tortura»
Leo scoppiò a ridere.
«Beh, ma non mi serve il sorriso... Questo BELLISSIMO discorso mi ha fatto capire che sotto sotto in realtà sei un tenerone, caro il mio Nicuccio»
Nico arrossì furiosamente, ed esclamò: «Se provi a raccontarlo in giro, o solo a ripetere quello che hai detto prima, sappi che io ti d----»
Leo non seppe mai a quale morte sarebbe andato incontro se avesse raccontato a qualcuno di quella notte, perché improvvisamente una voce allegra trillò un «Nico! Dove sei?» che lo fece quasi vomitare.
Ma invece del vomito (che era comunque marrone), si ritrovò immerso in un pozza di fango.
Nico Di Angelo lo aveva spinto in un cespuglio. Pieno di fango.
"Stronzo di un Di Angelo! Capisco che non voglia farsi vedere dal suo ragazzo INSIEME AD UN ALTRO RAGAZZO, ma un minimo di delicatezza..."
Imprecando contro un certo tipo vestito di nero e dalla dolcezza di un elefante, tornò finalmente in camera.
Quando fu sotto le coperte, però, si mise a pensare alle parole di Nico.
Aveva ragione. Lui VOLEVA essere amico di quelle persone.
E perché non poteva, allora?! Solo per un passato?
QUELLA sera gli aveva rovinato l'infanzia, non aveva senso lasciarle rovinare anche il suo presente.
No, lui sarebbe stato più forte di quei ricordi, e li avrebbe rinchiusi in un cassetto inespugnabile. E avrebbe ricominciato a vivere.

Quando quella mattina Leo vide Hazel sedersi al suo tavolo per fare colazione, pensò di essere ancora addormentato.
HAZEL e IL SUO TAVOLO, infatti, erano due parole che nella stessa frase non potevano essere neanche accennate.
"E infatti non sono parole" disse la sua coscienza.
"Zitta tu! Se Hazel è venuta qui DA ME è preoccupante lo stesso!"
"Sì, beh, "Hazel" e "il tuo tavolo" non sono comunque parole..."
Leo scosse la testa. Da quando parlava con la sua coscienza?
Stava dando di matto, non c'erano più dubbi.
«Leo?»
«Anche tu?? Ma cosa avete tutti, oggi? Prima Nico, poi tu, adesso manca solo Clarisse!» esclamò sgranando gli occhi.
«Nico? Clarisse? Ma cosa centrano?»
Hazel era perplessa.
«Ehm, nulla... Come mai ti sei seduta qui, Hazel?»
E meno male che si era ricordato del patto! Se avesse spifferato qualcosa...
Leo non voleva neanche pensarci. Nico lo avrebbe DIVORATO.
«Ecco... Io volevo parlarti. Sì. Volevo parlarti» disse lei, arrossendo.
«Okay... E quindi?»
«Volevo parlarti»
Leo sbuffò. Okay che Hazel era timida, ma ingarbugliarsi pure nei discorsi? Doveva essere un discorso serio.
E Leo ODIAVA i discorsi seri... Comprendevano risposte.
«Bene, Hazel, fin lì c'ero arrivato. Cosa devi dire al tuo FANTASTICISSIMO Repair Boy?»
Hazel smise di respirare.
Aveva... Aveva detto REPAIR BOY?
«Leo?? T-tu hai d-detto... Repair B-boy? Hai PRONUNCIATO il tuo n-nomignolo di quando avevamo undici a-anni??»
«Beh, sì... Ti dà fastidio?»
Ora Leo era veramente imbarazzato.
Okay che voleva tornare ad essere amico di quelle persone, e anche di Hazel, però forse correva troppo... Magari lei NON VOLEVA neanche tornare sua amica!
I suoi pensieri, però, vennero smentiti subito.
Hazel, con le lacrime agli occhi, lo aveva abbracciato, esclamando un «Mi sei mancato, Leo!» che lo rese piuttosto felice.
Poi, come un fulmine a ciel sereno, si ricordarono che erano stati fidanzati (e per quasi DUE ANNI!), e l'abbraccio confortevole divenne all'istante troppo caldo.
Si staccarono di colpo, arrossendo entrambi.
«Sì, beh, mi sei mancata anche tu»
Dopo una breve esitazione, lei parlò, senza guardarlo: «Leo... Io ho bisogno di sapere. Perché sei fuggito così? Perché non mi hai detto niente?
Solo questo, giuro, non voglio sapere il motivo della tua fuga. Io... Io voglio solo sapere perché mi hai lasciata sola»
Leo si fissò le mani.
Come faceva a dirle che l'aveva lasciata perché l'amava?
Certo, sarebbe stato un buon appoggio per ricominciare una relazione (lui che dice, straziato: «Io ti amo Hazel, è per questo che ti ho lasciata», lei che risponde, altrettanto straziata, ma attratta da quell'uomo così affascinante: «Anche io ti amo, Leo, sei stato così coraggioso, così bello...», ed infine, il bacio che suggella il loro amore: smack!), però lei adesso aveva Frank. E, se ancora non lo amava, di sicuro le piaceva parecchio.
E poi lui non era giusto. Almeno non per lei.
«Hazel non posso. Scusa»
E fuggì di nuovo. Dopo tutti i nuovi ideali che si era fatto quella notte, ecco che fuggiva di nuovo.
Ma Leo in fondo sapeva che non avrebbe mai smesso di fuggire dalle persone, perché era quello il suo modo di difendersi.
Lui non aveva una casa. Non più.
Da QUELLA sera era cambiato tutto. Compreso lui.
E, senza che se ne accorgesse, i ricordi lo inondarono come un fiume in piena.

La casa era in fiamme, e sua madre era dentro.
Leo la guardava bruciare, paralizzato dalla paura e ammaliato da quel fuoco che tanto gli piaceva.
Già, quelle fiamme lo avevano sempre incantato.
E, anche se era una situazione disperata, Leo non poteva fare a meno di pensare che erano bellissime. Quei colori, quelle danze.
Il giallo, il blu, l'arancione. IL ROSSO.
Era così bello, così incantevole... Così distruttivo. Già, perché il fuoco non era solo CREAZIONE, ma anche DISTRUZIONE.
E Leo adorava questo suo lato. Anche in quel momento.
Ed era questo che lo disgustava di più.
Sua madre era dentro la casa infiammata, e lui riusciva solo a pensare a quanto lo attraessero le fiamme. A quanto lo ammaliassero.
Ed era lui che aveva causato l'incendio, era lui che l'aveva appiccato. DI PROPROSITO.
Aveva usato l'accendino che gli aveva regalato la madre, guarda caso. Quello che adorava.
Aveva già chiamato i pompieri, ovviamente, ma lui non poteva fare proprio niente: stava lì, a guardare quei tizi in giallo cercare di domare le fiamme. E cercare di salvare il suo unico genitore.
Non si erano sentite urla, dalla casa, neanche una.
Anzi, nel giardino era echeggiata una risata.
E Leo sapeva a chi apparteneva quella voce che ancora gli rimbombava nelle orecchie. Apparteneva a LEI.
Quando l'incendio aveva preso vita, tra le macerie era comparsa una donna, vestita di un incredibile marrone color terra.
Sul volto, Leo le aveva visto un ghigno agghiacciante, e al ricordarlo gli venivano ancora i brividi.
Quel ghigno però, alla sua richiesta di aiuto si era trasformato in una risata cattiva.
«Te prego... Per favore! Salva a mi madre... È dentro... Morirà! Ti prego, salvala!!» aveva detto, e lei si era limitata a ridere. RIDERE.
E Leo si era arrabbiato. Quella donna non aveva diritto di ridere se sua madre stava morendo.
Quando la donna lo aveva guardato, tuttavia, non era riuscito a reggere il suo sguardo, e la sua rabbia si era trasformata in paura.
I suoi occhi, verdi come l'erba, erano folli.
Esprimevano un trionfo imbattuto, e luccicavano di sadismo.
Perché lei era contenta che sua madre fosse dentro. Anzi, no, era ENTUSIASTA che sua madre fosse dentro.
Lei ci godeva.
E glielo aveva fatto capire bene. Lei non l'aveva salvata, anzi, era rimasta a guardare.
«Guarda, piccino, come muore tua madre!» aveva detto, osservandolo compiaciuta «Io non muoverò in dito per lei... Ha avuto un onore immenso morendo per mano del fuoco! E so bene che anche tu ne sei estasiato, cucciolo, perché NOI SIAMO UGUALI...
E so anche che ti sei divertito parecchio a ucciderla così, già. Deve essere stato proprio bello... Sapere che quel fuoco che hai appiccato ha sciolto tua madre, che l'ha bruciata viva... Sei promettente, Leo Valdez»
Aveva fatto una piccola pausa, mentre sul volto le era comparsa una faccia dispiaciuta, quasi di compassione.
Poi, con tono abbattuto, aveva ripreso: «Mi dispiace, ma devo concludere il lavoro. Addio»
E lo aveva spinto tra le fiamme.
E mentre il suo viso si avvicinava al fuoco, Leo non riuscì a non pensare che fossero piacevolmente calde, come se lo stessero invitando, e che...

«NO!!! BASTA!!!» urlò.
Non ne poteva più. Doveva solo rinchiudere quei ricordi nell'angolo più remoto della sua mente, e ignorarli. IGNORARLI.
Non si accorse neanche della piccola folla di studenti che lo accerchiarono, tutto preso dal cercare di non fallire e di mantenersi integro.
Quando però sentì una voce (la SUA voce!) che cercava di parlargli, si rialzò di scatto e cominciò a correre.
Non ce la faceva più, spesso non si accorgeva neanche di ciò che faceva.
Come qualche minuto prima, che si era ritrovato per terra senza neanche saperlo.
D'altra parte, quando qualcuno cerca solo di sopravvivere e di non spezzarsi, certi sacrifici li deve fare.
E Leo corse, corse fino a stramazzare al suolo.
Perché correre era l'unica cosa che gli permetteva di non pensare.

Hazel non capiva. Proprio per niente.
Quando Leo l'aveva mollata in mensa, scappando come un codardo, lei non ci aveva pensato un secondo e lo aveva seguito per avere delle spiegazioni DECENTI.
"Nessuno può mollarmi così, e non mi interessa che abbiamo appena fatto pace. Ora parlerà, che lo voglia o meno!" aveva pensato, infuriata nera, maledicendolo e promettendogli ETERNA INIMICIZIA, come Didone aveva fatto con Enea (Sì, lo sapeva anche lei che era una patita di storia).
Tuttavia, non appena quell'urlo così familiare le era arrivato alle orecchie aveva cominciato a correre, già dimentica dell'offesa.
Quando lo aveva trovato (a terra e tutto tremante, come se avesse avuto un attacco di panico), non lo aveva riconosciuto.
Leo non era così, lui era allegro, solare, e buffone. Con un'ombra perenne negli occhi, ma pur sempre allegro, solare e buffone.
Perciò, indecisa sul come parlargli, aveva puntato su un approccio classico, chinandosi su di lui e sussurrando: «Leo... Stai bene?»
A quelle parole, però, il ragazzo aveva sussultato e, come se si fosse appena reso conto di essere stato accerchiato da una folla di studenti (l'urlo non era passato inosservato), era corso via.
Tuttavia lei ora stava davanti a Piper, che la guardava scocciata con le braccia sui fianchi e non accennava a muoversi.
Perché erano ancora lì? Lei DOVEVA rincorrere Leo, lui aveva bisogno di qualcuno. Lo aveva capito dal suo sguardo.
«Piper, ti ripeto per l'ennesima volta che dobbiamo seguirlo. Non è normale! LEO NON SCAPPA IN QUEL MODO!»
«E io ti ripeto per L'ULTIMA VOLTA che non possiamo, perché deve stare da solo» la riprese l'amica, sbuffando.
«NO, NON DEVE! SENTI, SEMBRAVA DISTRUTTO, E IN TUTTI GLI ANNI CHE L'HO CONOSCIUTO NON HA MAI AVUTO ATTACCHI DI PANICO!! IO DEVO SEGUIRLO!!!»
«Hazel, basta. BASTA. Tu Leo non lo conosci più, è cambiato, e avrà problemi che non aveva quando stavi insieme a lui. E se c'è una cosa di cui sono sicura, è che quando qualcuno esplode come ha fatto lui deve stare da solo e cercare di capire se stesso. PUNTO.
Se proprio ci vorrai parlare lo farai domani a scuola. Oggi lasciato in pace. Capito?»
«Okay» borbottò, come una bambina capricciosa, anche se questa volta era semplicemente preoccupata.
Poi le venne in mente una cosa INCONCEPIBILE.
«PIPER! Ma c'è scuola adesso!! Leo la sta saltando!»
Piper alzò gli occhi al cielo.
«Hazel, ANCHE NOI la stiamo saltando, se non te ne sei resa conto. Ormai sono le otto e mezza»
«COSA?? DOBBIAMO ANDARCI SUBITO!»
«Vai pure con calma, tanto non ci faranno entrare fino alla seconda ora. Sai come sono fatte le arpie...»
E, piano piano (anche se Hazel saltellava dal nervosismo), si incamminarono verso la lezione.
Nel mentre, i pensieri di Piper andarono a Leo.
Sperava veramente che un po' di pace lo calmassero, e soprattutto che lo facessero tornare il ragazzo spensierato che aveva conosciuto: Leo le mancava.
«Torna presto» sussurrò, guardando la direzione che l'amico aveva preso «Torna da noi, Leo Valdez»




ANGOLO DELL'AUTRICE:
Sono tornata!😘😘
Mi spiace per l'attesa, che è stata leggermente più lunga delle precedenti, ma avevo altre storie per la testa e ho partecipato (finalmente!) al mio primo contest (se vi va di darmi un parere è la storia chiamata "L'incanto oscuro"😉). Evviva!!
Sono piuttosto su di giri, non so se voi avete mai partecipato, magari fatemi sapere della vostra esperienza...😀😀
Parlando del capitolo, sinceramente non sono tanto convinta, è stato difficile scriverlo, è uno dei capitoli più importanti e complicati di tutta la storia.
Spero di aver reso l'idea della gravità di ciò che quei ricordi creano a Leo, di come sia stato traumatizzato. Se non è così, FATEMELO SAPERE, perché è importante. TANTO.
Per la prima parte della storia, però, devo spiegarmi, dato che molti mi diranno su per Nico.
Allora, io Nico lo vedo come molto intuitivo, distaccato e freddo. Lui, stando in silenzio, capisce tutto e tutti, e non ha bisogno di tante scene: quello che pensa dice. Magari ci pensa bene, formula la frase in un certo modo, ma se è convinto di qualcosa niente lo fa cambiare idea.
Spero che anche voi lo vediate così, se così non è, raccontatemi come lo vedete, mi farebbe piacere conoscere altri pareri😘😘
E ora viene la parte difficile. IL RICORDO.
Si è capito? Vi ha preso? Ho reso bene le emozioni di Leo? Qui mi SERVONO VERAMENTE dei pareri, devo capire come avete preso quella parte del passato di Leo, per migliorarmi nei prossimi flashback.
VI PREGO IN GINOCCHIO, DITEMI TUTTO QUELLO CHE PENSATE, A COSTO ANCHE CHE MI DICIATE CHE FACEVA PENA.
😅*fine sclero*😅
Scusate per il messaggio scritto in maiuscolo, non prendetelo come urlato o come obbligo, è solo una richiesta di una povera ragazza disperata.
Dedico questo capitolo a Melody086, che ha messo questa storia tra le preferite e ha recensito, a Day_Dreamer05, Redhairandgreeneyes e fenris (che hanno recensito anche loro), a _g10rg1a_ che anche lei ha messo la storia tra le preferite, ed infine a PANDACORNO_ARCOBALENO che l'ha messa tra le seguite. Grazie!😘😘😘
Uno speciale grazie alle mie amiche, che mi aiutano sempre e mi sostengono (anche quando non ne hanno voglia) e alla mia cara Radio.
Finisco qua con le note (anche perché tra un po' sono lunghe come il capitolo) e spero di sentirvi presto.
Baci,
_viola02_

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Capitolo 9
*** Corse, incontri e svenimenti ***


Capitolo 9 - Corse, incontri e svenimenti


Nel capitolo precedente:

I pensieri di Piper andarono a Leo.
Sperava veramente che un po' di pace lo calmassero, e soprattutto che lo facessero tornare il ragazzo spensierato che aveva conosciuto: Leo le mancava.
«Torna presto» sussurrò, guardando la direzione che l'amico aveva preso «Torna da noi, Leo Valdez»



Quando Leo si svegliò, si sentì subito spaesato. Era in una stanza spoglia, cupa e sporca, e tutto ciò che si trovava all'interno era sudicio: probabilmente la camera non veniva pulita da tempo.
Il letto su cui aveva dormito, per di più, aveva il materasso più duro che avesse mai provato, ed era abbastanza sicuro che fosse abitato da cimici, dato il pizzicorio che si sentiva sulla pelle.
Leo fece un sorriso amaro.
Tutto in quella stanza si intonava alla sua vita, che non poteva essere più squallida, più vuota e più inutile.
Alzandosi per fare una doccia, ripensò al giorno prima.
Subito dopo la sua "Nuova Grande Fuga" aveva vagato per Manhattan, girando per stradine deserte e cunicoli sotterranei, ed infine si era messo cercare un passaggio per la metropolitana.
Una volta trovato, era salito a sbafo su un Express (e quando era uscito aveva ringraziato tutti gli dei esistenti per non aver trovato il controllore), ed era poi sceso nel Bronx.
Lì, aveva percorso la solita strada ed era arrivato al Terry's Motel, motel che conosceva ormai da due anni e dove era diventato cliente abituale. Dean, il padrone, non si era mostrato sorpreso alla sua comparsa e gli aveva dato le chiavi della stanza 32 senza fiatare.
Ed ecco perché si trovava lì.
Ormai finita la doccia, Leo si sdraiò sul letto, prendendo il suo cellulare.
Come tutte le mattine, aprì Leo Maps e si mise a studiare la situazione.
Forse, anche se non programmata, la sua fuga non era stata negativa.
LEI era troppo vicina per poter rimanere a Manhattan ancora a lungo.
Se non fosse scappato il giorno prima, probabilmente avrebbe dovuto farlo a breve, quindi non doveva rimpiangersi troppo.
"Non avessi fatto la figura del pazzo, almeno..." si ritrovò a pensare. Lui non voleva che i suoi AMICI (sì, aveva deciso: loro erano amici e basta. Ci teneva troppo) lo credessero uno psicopatico, lo pensavano già in troppi.
E già ques...
Biiip biiip biiip, bip biiip bip, bip biiip.
«Merda!» esclamò, mentre si alzava di scatto e cominciava a vestirsi: aveva pochissimo tempo. Se il telefono aveva suonato in quel modo significava che LEI era riuscita a trovarlo. E lo stava venendo a prendere.
Appena fu pronto (cioè neanche un minuto dopo), si affacciò dalla finestra del motel, calcolando quanti metri stavano tra lui e il pavimento.
Sette, forse otto. Troppo per un salto.
Senza neanche pensare corse alla finestra affacciata sull'altro lato del palazzo, sempre cercando un buon modo per scendere, anche saltando da un balcone all'altro.
Niente. Neanche da lì era fattibile.
Stava per arrendersi all'evidenza (sarebbe stato catturato di sicuro!), quando si accorse che delle scale antincendio scendevano dal retro.
Corse immediatamente fuori dal monolocale, e si precipitò nel corridoio cercando la porta che portava alle scale; trovata, scassinò la serratura e finalmente uscì.
Stando bene attento a non ruzzolare (rotolare giù per le scale fa perdere come minimo un cinque minuti, senza contare che poi non si riesce a correre bene; in poche parole, se fosse caduto sarebbe stato preso sicuramente), fece le scale in tempo da record e ricominciò a correre, cercando di mettere più strada possibile tra lui e LEI.
Nel mentre, guardava preoccupato il puntino rosa sul cellulare, che non accennava a mollare quello blu.
Svolta l'angolo, corri fino alla prossima via, gira a destra, muovi le gambe più velocemente...
Leo non riusciva a pensare ad altro: doveva solo correre.
Quando ormai stava finendo il fiato, si accorse che LEI si era finalmente fermata. Ciò diede la carica giusta a Leo per continuare a correre: più distanza metteva tra loro più aveva possibilità di non venire preso.
Ritornò con gli occhi alla cartina della sua app, e notò con entusiasmo che girato l'angolo alla fine della via che stava percorrendo c'era un'entrata per la metropolitana.
Tutto preso dalla speranza di salvezza non fece caso ai due ergumeni davanti a lui, e si stupì non poco quando la sua corsa si fermò all'improvviso. «Ma che...??» urlò, sentendo i suoi piedi sollevarsi e due prese forti sulle sue braccia.
Ovviamente (in qualunque film che si rispetti c'è questa scena) una mano gli bloccò la bocca, e i due tizi lo portarono in una via laterale.
Leo cominciò a lottare per liberarsi, e a tirare calci a qualunque cosa gli si portasse a tiro, ma una voce familiare lo fece immobilizzare.
«Leo, Leo, Leo... Vedo che non sei cambiato in questi anni! Ancora testardo, sfuggevole e furbo, già.. Però questa volta lo sono stata di più!»
Leo si girò lentamente, come se dovesse prepararsi alla vista che avrebbe dovuto sopportare.
Davanti a lui, con tutto il suo metro e ottanta, una Gea in tuta e pistola lo guardava sghignazzando.
Leo fece per parlare, ma era ancora bloccato dalla mano del tipo alla sua destra e perciò il risultato fu un mugugno strozzato.
«Lascialo parlare, Efialte, voglio sentire cosa ha da dire» ordinò lei, con una luce divertita negli occhi.
Il tizio fece come gli era stato detto (anche se non gli mollò il braccio), e Leo finalmente poté parlare. Squadrandola, la provocò: «Furba tu, Gea? Io sono riuscito a sfuggirti per ben due anni, altro che spia internazionale! Sei solo una psicopatica che gioca a fare un lavoro non suo»
«Certo, una psicopatica! Lo sai che hai potuto girare per l'America solo per mia GENTILE concessione? Come se non mi fossi accorta della cimice che mi avevi attaccato alla tuta...
Io so tutto della tua FANTASTICA app, ho hackerato il tuo programma e ho mandato false coordinate. Tu non sei mai stato libero, ti controllavamo 24 ore su 24»
A Leo si congelò il sorriso.
Lei sapeva della cimice, e lo sapeva dall'inizio. Gli ultimi due anni erano stati solo finzione.
Non aveva scelto niente, probabilmente tutto ciò che aveva fatto era stato pilotato DA LORO, e a lui era rimasta solo l'impressione.
"Non sei mai stato libero, ma, anzi, sotto controllo 24 ore su 24!»
La sua voce continuava a rimbombargli in testa, come un mantra.
Senza neanche avere la forza di ribattere, sussurrò: «Perché? Perché mi avete lasciato libero se sapevate dove mi trovavo?»
Lei rise.
«Ma è semplice, caro il mio piccino, ci piace giocare!» rispose, con quel suo lato folle che l'aveva sempre caratterizzata.
«E poi» aggiunse «ci sei stato utile. Abbiamo trovato un'infinità di possibili candidati!»
«C-candidati?» chiese il ragazzo, rabbrividendo per il tono che aveva usato l'altra.
«Già, e molto dotati. Ora, però, non voglio parlare di questo. No, adesso parliamo di te.
Le Tre Grandi hanno deciso di portarti da Unità OG... Ed è ciò che faremo»
Dopo aver detto questo, fece un segno d'intesa all'ergumeno alla sinistra del ragazzo, e sorrise.
«Pronto per un sonnellino, Leo?»
Leo, allarmato, si girò di scatto, ma fece soltanto in tempo a percepire un lieve spostamento d'aria e un colpo al cranio.
Mentre i suoi occhi si stavano chiudendo, si accorse di una locandina appesa al muro di una casa.
Recitava a caratteri cubitali "Il gruppo di scienziati della Atlante&Co scopre una nuova stella!", ed era firmato da Rachel Elizabeth Dare, la famosa giornalista.
"Che ironia" pensò "sto svenendo e trovo un invito così interessante... Mi sono sempre piaciute le stelle"
E perse i sensi.

«... È O-RA DI MAN-GIA-RE»
«Ma, OG, se non si sveglia? Non mi metterò mai ad imboccarlo, sappilo»
«È TU-O DO-VE-RE, C---»
Leo emise un gemito, causando silenzio generale. Si mosse appena, aprendo gli occhi.
Si trovava in una stanza luminosa, pulita ed... ELETTRONICA.
A Leo non venivano in mente altri aggettivi.
Sembrava tutto meccanico, con chip, cavi e schermi, a parte per una ragazza che lo guardava con una smorfia sul volto.
Leo si concentrò su di lei.
Non gli sembrava di averla mai vista: aveva dei meravigliosi capelli color caramello, lisci (anche se erano raccolti in una coda di cavallo), e due stupendi occhi ambrati.
Sembrava una fata baciata dal sole.
«Ehi, tu, la smetti di fissarmi? Vedi, OG, te l'ho detto che era un Omuncolo svitato!»
Leo si riscosse.
Altro che fata, quella era una stronza!
«Scusami tanto, Raggio di Sole, mi sono solo svegliato dopo che mi hanno assalito per...»
Gli morì la voce in gola.
Che anche lei fosse una di loro? E lui dove si trovava? Gea aveva detto che lo avrebbero trasferito da una certa OG...
Leo scattò in piedi, e prese la prima cosa a portata di mano, non calcolando il fatto che la pentola appena presa (sì, perché, ovviamente, qual è l'unica cosa che trovi a portata di mano nel momento del bisogno? Un coltello? Ah, no, una pentola...) potesse essere piena di olio bollente.
Come al rallentatore, vide l'olio volare fino al tavolo al centro della stanza (ma cosa? Quel tavolo c'era anche prima??) che, essendo di legno (ma che diamine, proprio di legno doveva essere? Non poteva essere in marmo o in qualsiasi altro materiale??), cominciò a bruciare.
La ragazza-barra-spia-nemica si mosse così velocemente da non essere quasi visibile (fortunatamente Leo se ne accorse), e schiacciò un pulsante vicino ad un grande schermo che prima il ragazzo non aveva notato.
Per effetto del pulsante, dedusse, degli spruzzi d'acqua cominciarono a scendere dal soffitto, bloccando così l'incendio.
Quando fu del tutto estinto, la tipa fece un sospiro, per poi girarsi verso di lui e urlare: «Ma sei matto?? Stavi per bruciare il MIO tavolo da pranzo, e chissà cosa sarebbe successo senza l'aiuto di OG! Altro che Omuncolo, tu sei un PIROMANE!»
Detto questo, gli scoccò un'occhiata di puro odio e uscì dalla stanza.
Finalmente senza quella pazza svitata (che non aveva poi così torto dato che Leo le stava DAVVERO bruciando il tavolo), il ragazzo poté guardarsi veramente intorno.
Si trovava in una stanza semicircolare, molto ampia, e il tavolo rettangolare al centro (quello che Leo aveva fatto quasi distruggere) sembrava fatto per almeno una ventina di persone; appeso al muro ricurvo c'era uno strano schermo a dir poco gigante che mostrava una GRANDE FACCIA DIGITALE.
La faccia sorrise e, aprendo la bocca, disse: «BEN-VE-NU-TO! I-O SO-NO O-GI-GIA, CHI-A-MA-TA PI-Ù FA-CIL-MEN-TE U-NI-TÀ O-G»
Leo deglutì, sentendo il cuore battere all'impazzata. Quella COSA aveva davvero parlato? E aveva addirittura SORRISO...?
«CO-MUN-QUE, STA-I TRAN-QUIL-LO: LE-I TOR-NE-RÀ, LE-O»
Sapeva il suo nome. Il SUO nome.
Leo svenne per la seconda volta.

Quando si risvegliò («E che cazzo, non faccio altro che svenire!!»), non trovò nessuno ad aspettarlo: non c'era né la tipa pazzoide né la faccia digitale.
Aressosi al fatto che era stato rapito (va bene una volta, ma dopo due volte che si sviene e ci si risveglia non ci sono possibilità: quella era la realtà), decise di esplorare il posto.
Uscito dalla cucina (aveva stabilito che, dato che in quella stanza c'erano una padella e un tavolo, e che non importano le dimensioni, per quanto la stanza fosse enorme quella ERA una cucina) aveva percorso un lungo corridoio, ed era finito in una palestra.
Era grande il doppio della cucina (un campo da football, per intenderci) e conteneva una moltitudine di strani macchinari, che Leo dedusse servissero per aumentare la massa muscolare.
In più, appesi alle pareti, c'erano una moltitudine di schermi, all'incirca come quelli in cucina.
In preda ad un impulso "da meccanico", Leo cominciò ad osservare gli attrezzi.
«Mmh, del tapis roulant il nastro è in buone condizioni, ma l'amortizzatore è troppo usurato... Si rischia che la macchina si rompa... Bisognerebbe cambiare questo pezzo con... mmh... sì, mi pare di averlo...» borbottò, tirando fuori dalla sua fidata cintura degli attrezzi tutto il necessario per una riparazione.
Fu proprio mentre stava ancora aggiustando l'attrezzo che improvvisamente qualcuno irruppe nella stanza.
«Ma che acciderbolina stai facendo? Mi stai sabotando il tapis roulant??» urlò scandalizzata una voce, che prese Leo di sorpresa.
Il ragazzo, infatti (manco quella tizia fosse una sua professoressa che lo beccava mentre copiava), con un sussulto spaventato mollò immediatamente il cacciavite che stava usando, e alzò le mani in segno di resa.
«Ma che diamin-- Ah, sei tu, Raggio di Sole... Cazzo, potevi anche risparmiarti l'entrata di soppiatto, però! Mi hai fatto perdere trent'anni di vita» strillò Leo, posandosi una mano sul cuore, come se facendolo si potesse calmare.
La Pazzoide sbuffò, borbottando un qualcosa che a Leo sembrò: «Peccato... Non sono così fortunata»
Poi, ad alta voce, la tipa esclamò: «Mi stavi comunque distruggendo la macchina! Perché caspita lo stavi facendo?! E non chiamarmi Raggio di Sole, piromane-sabotatore che non sei altro»
Il ragazzo, al posto di scoraggiarsi per la scortesia di lei, sorrise amiccando: «Io ti posso chiamare come voglio, Raggio di Sole, io sono il Grande Leo Valdez, il grand---»
«Il grande Omuncolo Egocentrico» finì l'altra, guardandolo digustata.
«Eh, no, non puoi interrompermi così e alterarmi i soprannomi! Posso farlo solo io» replicò Leo, mettendo il broncio.
La Psicopatica alzò gli occhi al cielo.
«Non mi hai ancora detto cosa stavi facendo al MIO tapis roulant»
«Ma lo rovinavo, ovviamente! Cosa credi che stessi facendo, che lo aggiustassi? Ma che idea idiota» esclamò ironico l'altro, fingendosi scandalizzato per l'accusa.
La ragazza si rianimò: come presa da un impulso felino corse ad uno degli schermi, e urlò: «Hai sentito, OG? È un pazzo che complotta contro di noi!»
A quel punto, però, Leo si stufò: possibile che quella tipa non riuscisse a fare altro se non ad accusarlo?
«Raggio di Sole, mai sentito nominare il SARCASMO?» domandò, assottigliando gli occhi.
Lei alzò un sopracciglio, facendo una smorfia.
«Ovvio... Sei tu quello che non capisce proprio niente» rispose poi, mettendoci altrettanto veleno nella voce.
«Oh, ma si può sapere che cavolo ti ho fatto? Non fai altro che accusarmi!!»
«Ma... Non so... Forse il fatto che sei una LORO spia? O che mi hai quasi distrutto il tavolo? O che mi hai sabotato il tapis roulant? Guarda, non so proprio cosa mi hai fatto, idiota» concluse, fulminandolo con lo sguardo.
Poi, come accaduto in precedenza, uscì dalla stanza senza replicare.
Dopo essere rimasto a osservare la porta (per una buona dose di minuti) basito per la pazzia di quella tipa, decise di fare mente locale.
Allora, era stato rapito, era finito in una casa digitale DECISAMENTE INQUIETANTE, e aveva come "coinquilina" una ragazza svitata.
Normale in effetti, era proprio una sua giornata tipo! Smettendo di scherzare, però, si rese conto che quel giorno aveva fatto fin troppi casini.
Come avrebbe fatto ad uscire da quella casa? Sarebbe mai stato di nuovo libero?
E soprattutto, quale segreto si nascondeva lì dentro?
Se Gea lo aveva mandato in quella abitazione c'era una ragione.
C'era sempre una ragione. E non era mai buona.






NOTE DELL'AUTRICE:
Bene, eccomi qua😅
Lo so, vi ho fatto penare un po' (SOLO UN PO'? MA COSA CREDI, VIOLA? UN INTERO MESE!!), però lo fatto a fin di bene (sì, come no).
Volevo dedicare questo capitolo ad una persona speciale, a cui rompo tanto ma voglio un gran bene❤
Tuttavia, devo essere sincera: ho avuto per un bel pezzo il blocco dello scrittore😥😥
Non sono riuscita a scrivere per settimane, e tre giorni fa mi sono detta: «Ehi, il capitolo lo devi postare entro il 14!» e allora mi sono messa giù a scrivere come una pazza😅😅
Ma parliamo del capitolo.
Chi si ricordava di Calypso? Io scommetto nessuno😋
E invece eccola qui, la nostra cara Raggio di Sole😍
Allora, intanto la si vede litigare con il nostro protagonista (ovviamente 😉), mentre Ogigia è una faccia digitale. Vi è piaciuta come idea? (Tranquilli, poi si spiegherà tutto meglio)
All'inizio c'è la fuga, uno strano bip bip del telefono di Leo, e il fatidico incontro con Gea😊😊
AVVISO IMPORTANTE: HO CAMBIATO L'IMPOSTAZIONE DEI CAPITOLI, TANT'È CHE HO MESSO I TITOLI IN BLU. D'ORA IN POI SARANNO TUTTI COSÌ.
Anyway, ringrazio INFINITAMENTE fenris, Zoy_Wolf e Day_Dreamer05 per aver recensito la scorsa volta e tutti quelli che hanno messo questa storia tra le preferite e le seguite😘😘
Ma soprattutto ringrazio i lettori silenziosi, che ultimamente vedo crescerne il numero sempre di più, e mi fa un piacere immenso. GRAZIE 😘
Alla prossima (ancora scuse per il ritardo),
_viola02_

P.s.: per chi è fan come me di Rachel Elizabeth Dare, avete notato che l'ho inserita? L'ho messa giornalista perché le giornaliste sanno sempre di tutto, e lei, beh... è l'ORACOLO😉😉😉

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Capitolo 10
*** Minaccia e amore ***


Capitolo 10 - Minaccia e amore


Nel capitolo precedente:

Come avrebbe fatto ad uscire da quella casa? Sarebbe mai stato di nuovo libero?
E soprattutto, quale segreto si nascondeva lì dentro?
Se Gea lo aveva mandato in quella abitazione c'era una ragione.
C'era sempre una ragione. E non era mai buona.



Frank, seduto da solo ad un tavolo della mensa, ripensava con rammarico alla litigata con Hazel del giorno prima.

«Sei semplicemente un idiota!! Come puoi anche solo pensare ad una cosa simile?? Per quanto voglia bene a Leo non ti tradirei mai così!»

Avevano discusso talmente violentemente da lasciarsi, addirittura.

«Mi hai deluso, Frank. Pensavo ti fidassi di me, e pensavo mi lasciassi libertà. E invece adesso scopro che era proprio il contrario: tu mi consideravi un oggetto»

Eppure Frank non voleva aggredirla così, era stato mosso solo dalla cieca invidia che aveva di Valdez, che nonostante avesse tradito Hazel era sempre presente nei suoi pensieri.

«Ti lascio»

Frank si girò verso la finestra, osservando con malinconia un pettirosso cantare.
Aveva letto in un libro (al momento non si ricordava quale) che i pettirossi, da quando l'uomo aveva cominciato ad usare le macchine, cantavano di notte.
Poi, verso quell'ora del mattino (circa le sei e trenta), quando cominciava ad albeggiare, gli uccellini si ritiravano.
Frank si paragonava proprio ad un pettirosso: di giorno non riusciva a fare una cosa giusta, agiva prima di pensare e creava problemi, mentre di notte ragionava e trovava soluzioni per qualsiasi cosa.
E infatti, dopo aver ripensato a quel litigio per tutta la notte, aveva trovato altri tre metodi di approccio che, era sicuro, se il giorno prima avesse messo in pratica a quell'ora non sarebbe di nuovo single.
Ma, purtroppo per lui, era troppo tardi.
Si stava ancora maledicendo per l'idiozia del giorno prima, quando (causandogli un mezzo infarto) la porta della mensa si aprì.
Frank, ancora con il cuore a mille, si ritrovò a fissare una sbigottita Iride.
Dopo il primo sconcerto iniziale, però, la bidella-messaggera della scuola sorrise cordiale, mettendosi a sistemare alcuni sacchi con cui era entrata.
«Ehilà, Frank, ti sei alzato presto questa mattina!» disse, facendogli l'occhiolino.
Frank si limitò ad osservare fuori, annuendo distrattamente.
Non aveva infranto alcuna regola scolastica, per cui non doveva preoccuparsi di venire rimproverato: era assolutamente lecito andare in mensa prima dell'ora di colazione, bastava semplicemente non toccare cibo.
«Frank, caro, non è che potresti aiutarmi? Tu sei bello robusto e per te sarebbe molto più facile portare queste casse in cucina»
Il ragazzo si girò verso Iride (che al momento si trovava vicino alla porta della mensa aperta), scoprendo che, al di là della porta, c'erano ben tre casse di frutta fresca.
«Certo, aspetta solo un secondo che arrivo» rispose lui, accennando ad un sorriso.
Dopo una decina di minuti (e tre giri "mensa-cucina"), tutte le casse erano al loro posto.
«Allora, vuoi dirmi che hai o devo tirartelo fuori a forza?»
Frank si girò sbalordito per quell'uscita verso Iride, che dal canto suo lo guardava spazientita.
«Che c'è?! Anche noi bidelle possiamo essere perspicaci, non solo gli psicologi!»
Frank fece una smorfia.
«Scusa, ma che centrano gli psicologi??»
«Beh, sai, Leo continuava a dire che ero la sua psicologa personale, però io non sono una psicologa! Sono una bidella!!»
«Ah, ok»
Un minuto di silenzio.
«ALLORA, VUOI DIRMI CHE COS'HAI, O NO??»
Frank sospirò.
«Sì, va bene, però sediamoci. Sarà una cosa lunga»

«Quindi, ricapitolando, la tua ragazza ti ha lasciato perché era troppo impegnata a cercare il ragazzo-che-non-è-il-suo-ragazzo e tu, come ultime parole, le hai urlato in faccia che è una STRONZA DI MERDA CHE NON SA DECIDERSI A MOLLARE IL SUO EX?Beh, complimenti, non è da tutti essere carini con le ragazze!»
«Grazie, Iride, tu si che sai consolare le persone» borbottò Frank.
La bidella sorrise, alzando gli occhi al cielo.
«Stavo cercando di sdrammatizzare un po'... L'hai fatta grossa, e lo sai»
L'altro non poté darle torto: Hazel aveva fatto bene a mollarlo dopo tutte quelle brutte parole. Fosse stato al suo posto, si sarebbe mollato anche da solo...
«Comunque non posso aiutarti più di tanto, l'unico consiglio che posso darti è quello di scusarti e spiegare ciò che hai detto a me a lei. La verità è sempre meglio saperla, anche se fa male»
Frank annuì.
«Grazie, Iride, parlare con te mi è servito. Era da un po' che mi tenevo tutto dentro, ormai non ce la facevo più. Era decisamente stressante»
La donna sorrise.
«Io ci sono quando vuoi, sono sempre qui. Adesso però è meglio che vada, tra un po' arriva gente e deve essere pronta la colazione. A dopo, caro»
Il ragazzo osservò la bidella uscire.
La donna l'aveva aiutato molto, e adesso sapeva cosa fare: doveva scusarsi con Hazel a qualsiasi costo. E quando le avrebbe spiegato il perché aveva detto quelle cose orribili, dirle tutto. Sia della gelosia che dell'invidia. Proprio TUTTO.

Frank stava percorrendo un corridoio, pensando e ripensando al suo discorso già "preparato" (e che sarebbe stato, inevitabilmente, inutile) per chiarire le cose con Hazel (utili cinque ore di lezioni!), quando qualcuno lo fece cadere a terra.
«Ahio» mormorò, passandosi la mano sul ginocchio dolorante.
«Ma si può sapere chi è stato??» urlò poi furioso, guardandosi intorno alla ricerca dello "stronzo".
Tuttavia, nonostante fosse intenzionato a rispondere per le rime, quando vide chi l'aveva buttato a terra si paralizzò.
Era Nico. Ed era furioso.
Il ragazzo lo prese per la maglietta, avvicinandolo al suo viso e, con una calma glaciale, disse: «Sono stato io. Qualcosa in contrario, razza di bast---»
D'improvviso (lasciando l'insulto a metà) Nico venne sbalzato all'indietro, e una voce decisamente familiare esclamò: «Nico, così lo strozzi! E poi cosa ti ho detto sul linguaggio?»
Nico si girò di scatto verso il ragazzo biondo che aveva appena parlato (e che Frank identificò immediatamente come Will), ancora più nero di prima.
«Stai zitto, Solace, tu non hai il diritto di intrometterti. Questo idiot--»
«Nico!»
«--a ha fatto star male mia sorella. E non la passerà liscia. Ma come ti sei permesso?! Sai che Hazel, adesso, sta piangendo da Piper? Eh?!» chiese lui, incalzandolo sempre con più ira ad ogni parola che pronunciava.
Poi, vedendo la faccia terrea di Frank, continuò: «Ah, poverino, non lo sapeva... Beh, sta piangendo disperata per uno str- va bene, Will, allora stupido - come te»
Frank sbarrò gli occhi, prendendosi la testa fra le mani.
«Io... Io non volevo questo! Io volevo solo... essere considerato! Il mio è stato un attacco di invidia, solo questo!! Ero invidioso di quel Leo Valdez, perché, alla fine, Hazel parla sempre di lui... Io... Mi dispiace!!»
Nico distolse lo sguardo, ancora con una faccia disprezzante, e incrociò le braccia al petto.
«Non mi interessano i motivi» cominciò, tornando a posare lo sguardo su di lui «Quello che so è che Hazel, la ragazza che hai dichiarato di amare, sta piangendo disperata per le cose che le hai detto.
Ora, non so se ti ricordi ancora ciò che ti dissi due anni fa, però sappi che sono ancora valide»
Frank deglutì.
Nico non gli era mai andato veramente a genio, lo sopportava più che altro perché era il fratello della sua ragaz-- EX.
Tuttavia, non poteva certo scordarsi quella sera. Era stato quando gli aveva chiesto se per lui andava bene che stesse con la sorella.
E Nico gli aveva risposto con un'altra domanda. «Ti piace?» aveva chiesto.
E Frank, dando il tutto e per tutto (e sperando che fosse la scelta giusta), aveva detto: «La amo»
Nico era rimasto sorpreso per un secondo, poi aveva accennato solo un piccolo sorriso, quasi ironico.
E, girandosi per andarsene, lo aveva avvisato.
Frank quelle parole non poteva certo dimenticarsele, gli erano rimaste impresse nella memoria come delle impronte.
Testualmente, aveva detto: «Perfetto, Frank, chiediglielo. Penso ne sarà felice. Sappi solo una cosa, però: tu falle male e io te ne farò il doppio. E non importa che sia fisico o psicologico, lo farò lo stesso. Ci vediamo»
Frank, per un po', aveva preso molto seriamente la faccenda, tanto da prenderla al volo a costo di farsi male quando inciampava, o a raccontarle storie per farla dormire quando non riusciva a prendere sonno.
Con il passare del tempo, però, aveva abbassato le difese, fino al lasciarsi quella minaccia alle spalle. Adesso, tuttavia, la sentiva fin troppo reale: Nico lo aveva appena avvertito di stare attento, o ci avrebbe rimesso.
A distrarlo dai suoi pensieri-barra-ricordi ne fu, inaspettatamente, proprio il protagonista, che sghignazzò, sadico: «Vedo che non te ne sei dimenticato... Sono proprio contento»
Will, che era rimasto zitto fino a quel momento, sgranò gli occhi: Frank era impallidito ancora, tanto da sembrare più bianco che rosa.
Girandosi verso l'amico-NON-COSÌ-AMICO ancora sghignazzante, lo rimproverò, esclamando: «Nico, cosa cavolo gli hai detto due anni fa per farlo diventare così pallido?? E soprattutto, vacci piano: potresti causargli un infarto!!»
«Niente, Will, una cosa piuttosto stupida... Gli ho solo detto che se ferisce mia sorella io lo uccido» rispose Nico, sorridendo angelico.
Poi, notando la faccia dell'altro, aggiunse, alzando gli occhi al cielo: «Will, sono ironico»
«Tuttavia» continuò rivolgendosi a Frank, e ignorando l'evidente sollievo del biondo «Ora devi risolvere la faccenda, e, bada bene, non mi interessa come fai. Basta che la risolvi. Ci siamo intesi?»
Frank abbassò il capo, pieno di rimorso.
«Sì» sussurrò in fine.
Nico fece un sorrisetto bastardo.
«Scusa? Non ho capito»
Frank, con molta pazienza, prima infierì mentalmente su di lui in tutte le lingue conosciute, sconosciute e anche in quelle che NON POTEVA NEANCHE SOGNARSI DI SAPERE, poi, prendendo coraggio, gridò: «Sistemerò la faccenda, mi scuserò con Hazel e tornerà ad essere MIA!!»
Non aveva ancora finito il suo discorso, quando un tonfo lo fece girare di scatto.
Hazel, con i suoi occhi dorati sbarrati, lo guardava con le lacrime agli occhi, e la sua borsa era a terra.
Ci fu un attimo di smarrimento nel quale nessuno osò pronunciare parola, poi, improvvisamente, la ragazza fuggì per il corridoio da dove era venuta.
«No!! Hazel, non volevo dire quest--» urlò Frank, facendo per inseguirla.
«Lasciala stare»
Il ragazzo si sentì strattonare, e con uno sguardo vide che Nico l'aveva fermato.
«Perché?» chiese, quasi piangendo «Io la amo, devo andarla a riprendere!»
«Adesso non puoi. Dicendo che "tornerà ad essere tua" l'hai trattata nuovamente come un oggetto, e le hai riconfermato ciò che pensava. Devi parlarle più avanti»
«Ma...»
«Niente "ma"!! L'hai ferita ancora, lo capisci?! In questo momento non ti sto prendendo a botte unicamente perché so che non intendevi letteralmente, quindi non farmici ripensare e taci!!
Will, andiamo» lo gelò l'altro, guardandolo furibondo. Poi, preso Will per un braccio, si avviarono verso le camerate.
Guardandoli andarsene, Frank non poté non ripensare a ciò che si era detto all'inizio di quella mattinata: lui agendo d'impulso non ne combinava una giusta, c'era poco da fare.
Adesso, per di più, Hazel lo odiava ancora di più e probabilmente per lui era finita, non sarebbe più stato con lei.
Frank sospirò, e guardò l'orologio che aveva al polso: 14.17.
Forse avrebbe potuto trovare Iride libera.
Nonostante quella mattina fosse stata la loro prima "chiacchierata seria", il ragazzo sapeva che la bidella lo aveva aiutato tantissimo, e di lei si fidava.
Ironicamente, pensò, Leo aveva fatto la scelta giusta: Iride era la psicologa perfetta.




ANGOLO DELL'AUTRICE:
SCUSATEMISCUSATEMISCUSATEMI!! Mi dispiace, veramente, mi sarei linciata da sola!😥😥
So che non ci sono scuse (due mesi senza neanche un cenno), però avevo perso COMPLETAMENTE l'ispirazione, e piuttosto che scrivere stupidate e idiozie, ho preferito stoppare l'aggiornamento.
Finalmente, la settimana scorsa, mi è tornato il lampo di genio e sono riuscita a scrivere questo capitolo.👏👏
Non ne sono particolarmente soddisfatta, però non è male e mi serviva per definire il personaggio di Frank.
Come avete visto ne è il protagonista (dai, non l'avevate capito?😋) e viene svelato quanto sia preso da Hazel. Ve l'aspettavate che venisse mollato??😀😀
Il prossimo capitolo dovrebbe arrivare giusto (mi spiace ancora per il ritardo!!😅😅) e vi avviso che sarà su Leo e Cal. Da questo momento, infatti, ci sarà un capitolo sui ragazzi è uno su Leo e Calipso.
Alla prossima,
_viola02_

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